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Full text of "Archivio storico lombardo"

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HANDBOUND 
AT  THE 


UNIVERSITY  OF 
TORONTO  PRESS 


ARCHIVIO  STORICO  LOMBARDO. 


ARCHIVIO  STORICO 

LOMBARDO. 


GIORNALE 


SOCIETÀ  STOBICA  LOMBAEDA 


SERIE  SECONDA. 


VOLUME  _31  -    jLKrV'O    JL\r        . ,       \  \^ 

4887C7 


l^.to.  40^ 


MILANO 

SEDE  LIBRERIA 

DELLA   SOCIETÀ  FRATELLI  DUMOLARD 

Borgo  Nuovo,  H.  Corso  Vittorio  Em. ,  ?1. 

1888 


ietà  letteraria 

3  riservata  a 

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Gf6' 

Al 

A  H  ^0 

IS 

Milano,  18S8.  —  Tipografa  BortolotU  di  Giviseppo  Prato. 


4 


LE  COMMENDE  E  I  COMMENDATORI 

n  S.  GIOVANNI  DI  CREMONA  E  DI  S.  GIOVANNI  DI  PERSICHELLO. 


Fra  le  tante  istituzioni  e  i  tanti  edifici  che  nel  secolo  attuale 
sono  spariti  in  Cremona,  non  vanno  dimenticate  le  due  Commende 
dell'Ordine  Gerosolimitano  che  erano  nella  città  e  provincia  nostra, 
quella,  cioè,  di  S.  Giovanni  di  Cremona  e  l'altra  di  S.  Giovanni 
di  Persichello.  Nelle  scarse  notizie,  abbiamo  raccolte  queste,  che 
presentiamo  agli  studiosi  delle  patrie  memorie,  non  reputandole 
indegne  di  ricordo  oggi  che  quell'antica  e  gloriosa  Istituzione 
cavalleresca  va  ritemprandosi  nelle  opere  vivificatrici  della  be- 
neficenza e  del  patriotismo. 

Cremona  non  fu  al  certo  tra  le  ultime  città  che  accolsero  i 
Cavalieri  di  San  Giovanni,  dacché  il  15  marzo  1151,  ai  tempi 
gran  maestro  Raimondo  Du  Puy  (circa  quarant'anni  dopo  che 
l'Ordine  era  stato  fondato)  (1),  Oberto,  nostro  vescovo,  con  atto 
del  notaio  Genivolta,  concesse  allo  Spedale  di  Gerusalemme  (come 
era  anche  chiamato  l' Ordine  stesso) ,  in  persona  del  suo  procu- 
ratore Lantelmo ,  priore  dello  Spedale  di  Genova  e  figliuolo  di 
Ottone  conte  di  Lomello ,  tutto  ciò  che  apparteneva  all'  ospizio 
di  S.  Michele,  situato  in  Cremona  nel  borgo  di  questo  nome  e 
già  dato  dal  vescovo  Arnolfo  ai  coniugi  Romano  e  Angelberga 
sino  dal  1074,  come  si  ha  da  un  atto  del  Civico  Museo  di  Cre- 

(1)  E  non  solamente  nel  1331,  come  scrive  I'Agosti  nella  sua  Storia  Ec- 
clesiastica. 


6  LE    COMMENDE    E    I    COMMENDATORI. 


mona  (1).  Questo  spedale  era  posto  accanto  alla  chiesa  detta  oggi 
di  S.  Michel  Vecchio.  La  concessione  del  vescovo  Oberto  era  però 
vincolata  ad  alcuni  patti,  fra  i  quali  :  che  l'ospizio  di  S.  Michele 
semper  remaneat  hospilale  ;  che  ogni  anno,  nella  domenica  delle 
palme  e  in  quella  dell'ulivo,  si  pagassero  al  Vescovo,  a  titolo  di 
censo,  soldi  quattro  di  buoni  denari  milanesi  vecchi  (2)  ;  che  i 
cavalieri  non  kabeant  ibi  ullam  ecclesiam  aut  altare  aliquod,  et 
nunquam  ecclesia  et  altare  aliquod  ibi  idificetur  nel  habeatur  per 
ipsum  hospitale  de  Saneto  Michaele ,  nisi  fuerit  factum  in  con- 
cordia episcopii  Cremonca ;  e  che  finalmente  in  detto  spedale  in- 
ierdicta  obsercentur  ita  sicut  in  aliis  ecclesiis  Cremonce.  A  questa 
concessione  furono  presenti  Alberico  Ermizoni,  Ottone  Saettachie- 
rico  ed  Enrico  Mastali ,  consoli  di  Cremona  (3). 

Più  tardi,  in  luogo  di  questo  spedale,  e  non  ostante  le  condi- 
zioni della  donazione  del  vescovo  Oberto,  troviamo  non  solo  la 
casa  commendale,  ma  altresì  la  chiesa  di  S.  Giovanni;  e  infatti 
già  in  un  atto  del  1476  Giacomo  Antonio  Della  Torre  intitolavasi 
eques  hierosolimitanus  preeeptoricc  et  ecclesia'  S.  Johannis  liie- 
rosohjmitani  Cremona:.  La  chiesa  e  la  casa  sparirono.  La  seconda 
nulla  presentava  di  interessante,  meno  alcune  buone  sculture  nella 
porta;  la  prima,  conosciuta  in  città  sotto  il  nome  di  S.  Giovanni 
Vecchio,  aveva  esternamente,  al  dire  del  Picenardi  (4),  alcuni  buoni 
ornamenti  in  terra  cotta  rappresentanti  figure,  e  internamente  il 
sepolcro  di  Giovanni  Gaspare  della  Torre  coll'anno  1475  e  quelli 
del  conte  Uberto  Gambara  e  del  cavaliere  Francesco  Koncadelli 
morto  nel  1633,  de'  quali  leggonsi  le  iscrizioni  nel  Vairani  (5). 

(1)  Repertorio  Diplomatico  Cremonese.  —  Cremona,  1S78. 

(2)  Circa  due  once  e  due  quinti  d'oncia  d'argento. 

(3)  Repertorio  Dip.  Crem.  cit.  —  Nella  indicazione  di  questo  documento 
è  corso  però  un  errore,  cioè  Leoncello  in  luogo  di  Loniello  nel  nome  del 
padre  del  priore  Lantelmo.  Da  questo  documento  parrebbe  escluso  il  sospetto 
del  Vairani  (Inscriptiones.  Crem.  univ.)  che  l'Ordine  Gerosolimitano  venisse 
in  Cremona  in  luogo  degli  aboliti  Templari. 

(4)  Guida  di  Cremona.  —  Cremona,  1820. 

(5)  Vairani  :  Inscriptiones  Cremon.  unio.  —  Cremona,  1796. 


LE    COMMENDE    E    I    COMMENDATORI. 


La  Commenda  di  S.  Giovanni  di  Cremona  nel  Capitolo  Generale 
dell'Ordine,  celebratosi  in  Malta  nel  1631,  fa  eretta  in  Baliaggio  (1) 
in  luogo  di  quello  di  Pavia  ridotto  a  semplice  Commenda:  e  i 
Bali  di  Cremona  furono  immessi  nel  voto,  sessione  ed  onore  che 
spettavano  ai  Bali  di  Pavia  (2).  Durò  alla  Commenda  nostra 
l'onore  del  Baliaggio  fino  ali'll  febbraio  1762,  in  cui  il  Consiglio 
dell'Ordine,  presa  in  considerazione  la  relazione  del  Bali  de  Tencin 
e  del  Bali  Ximenes  de  Texada,  commissari  della  Lingua  d'Italia  (3) 
eressero  in  Baliaggio  la  pingue  Commenda  di  Torino,  e  ridussero 
in  Commenda  il  tenuissimo  Baliaggio  di  Cremona  (4).  Eppure  il 
Campo  parla  della  nostra  Commenda  chiamandola  ricca  (5).  Io 
ritengo  che  tale  potesse  relativamente  dirsi  sino  al  secolo  XVII 
in  cui  da  essa  vennero  smembrati  quei  beni  che  costituirono  la 
Commenda  di  Persichello  (6). 

Oltre  la  chiesa  e  la  casa  ricordate ,  possedeva  la  Commenda 
di  Cremona  alcune  altre  case  a  quella  attigue  e  beni  rurali  nel 
contado,  costituiti  da  pertiche  207  in  Cignone  e  Corte  de'  Cortesi  ; 
pertiche  80  in  Pizzighettone  ;  terre  e  livelli  in  Mlrabello ,  ove 
esisteva  altresì  un  Oratorio  di  padronato  dell'  Ordine  ;  in  Gadesco 
e  Ca'  de'  Quinzani  e  in  Zibello,  oltre  il  Po;  più  un  orto  in  città 
e  case  nei  sobborghi.  La  rendita  lorda  di  questa  Commenda  era 


(1)  Cosi  si  denominavano  quelle  Commende  il  cui  conferimento  portava 
all'investito  l'onoro,  della  Gran  Croce,  ossia  il  titolo  di  Bali. 

(2)  Codice  della  Dignità  della  Religione,  pag.  117.  Manoscritto  dell'Ar- 
chivio di  Malta.  Nell'ordine  di  precedenza  delle  Gran  Croci  Capitolari,  il 
Bali  di  Cremona  era  il  quarantasettesimo. 

(3)  L'Ordine  si  divideva  in  nazioni,  dette  Lingue;  queste  erano  7,  cioè: 
Provenza,  Alvemia,  Francia,  Italia,  Aragona,  Inghilterra,  detta  poi  Anglo- 
Bavara,  e  Allemagna;  e  queste  in  Priorati.  Eranvi  nella  lingua  d'Italia,  i 
Priorati  di  Roma,  Lombardia,  Venezia,  Pisa,  Messina,  Barletta  e  Capua. 
Oggi  esistono  solamente  tre  lingue:  Italia,  Aragona,  cioè  Spagna,  e  Allemagna. 

(4)  Liber  conciliorum  a.  1761-62-63.  —  Mss.  nell'.\rchivio  di  Malta. 

(5)  Cremona  fedelissima ,  etc.  —  Milano,  1645;  alfa.  1571. 

(6)  Nulladimeno  sul  finire  del  passato  secolo  il  Vairani  chiamò  la  Com- 
menda di  Cremona  satis pingue  (V.  Inscriptiones  Cremonenses  Universa?,  — 
Cremona,  1796). 


S  hV.    COMMENDE    E    I    COMMENDATORI. 


nel    1783    di    lire  milanesi    23,GG3,  gravate    dalle  seguenti    pas- 
sività (1)  : 

Estimo  scudi  3028.  2.  4.,  tassato  scudi  473     ..     .  L.  2942.  05 

Carichi  regi  sui  beni  di  Mirabello »  3500.  10 

Carichi  regi  sui  beni  di  Pizzighettone »  130. — 

Pei  Dugali  di  Due  Miglia »  48.  — 

Estimo  case  e  beni  nei  Corpi  Santi »  15G.  10 

Carichi  sui  beni  di  Gadesco,  Corte  Cortesi,  ecc.       .  »  1860.10 

Per  Messe  nella  chiesa  della  Commenda  in  città     .  »  300.  — 

Per  manutenzione  della  chiesa  in  città »  36.  — 

Per  messe  al  cappellano   in  Mirabello »  78.  15 

A  casa  Schinchinelli  per  fìtto  d'acqua »  525.  — 

Riparazione  fabbriche  città  e  campagna      ....  »  1100. — 

Liti  e  scritture »  90.  — 

Al  procuratore »  1100.  — 

Lettere »  10.  — 

Sommano  L.  11875.  50 

La  rendita  quindi  della  Commenda  riducevasi  a  L.  11787.  50, 
dalla  quale  detratte  anche  quelle  tasse  che  l'Ordine  imponeva, 
cioè  la  solita  cosi  detta  di  responsione  (2)  e  altre  eventuali,  oltre 
a  qualche  pensione;  la  rendita  che  percepiva  l'investito  non  era 
certo  molto  vistosa. 

La  Commenda  di  S.  Giovanni  di  Persichello,  smembrata  da 
quella  di  Cremona  nel  secolo  XVII,  e  però  detta,  nel  linguaggio 
dell'Ordine,  membro  della  Commenda  di  Cremona  (3),  consisteva 
in  una  possessione  di  pertiche  591.  8.  con  casa  civile  e  colonica 

(1)  Stato  ailU'o  e  passivo  delle  Commende  di  Lombardia  :  visita  prio- 
rale  eseguita  dal  Cavaliere  f.  Giulio  Renato  Litta  nel  1787  per  incarico 
del  Gr.  priore  f.  Francesco  Paterno  Castello.  Nell'Archivio  dell'Ordine  di 
Malta  in  Venezia. 

(2)  Cosi  è  detta  una  tassa  clie  si  paga  all'Erario  dell'Ordine  da  cLiinujiie 
ne  gode  una  Commenda. 

(3)  Membro  d' una  Commenda  era  detto  una  Commenda  distaccata  da 
un'altra  di  cui  un  tempo  formava  parte. 


I    COMMENDATORI. 


nel   luogo  di  Persichello ,    e  in    un  oratorio  detto  di   S.  Giovanni 
nel  Deserto. 

I  beni  di  questa  Commenda  nel  1699  erano  affittati  per  mila- 
nesi L.  2250,  dalle  quali  detratta  la  spesa  di  L.  130  per  la 
messa  festiva,  L.  250  per  la  tassa  di  responsione  da  pagarsi  al 
Tesoro  dell'  Ordine  e  altre  L.  50  per  riparazioni  ed  altre  spese, 
restava  1'  esigua  rendita  di  L.  1S20  (1).  Venne  però  in  seguito 
migliorata  la  condizione  di  questa  Commenda,  dacché  dagli  Atti 
della  Visita  Priòrale  (2)  del  1784  abbiamo  che  la  sua  rendita 
lorda  era  di  milanesi  lire  7569^  gravata  di  questi  oneri  (3): 

Estimo  scudi  519.10.18  gravati    di   scudi   81.2.10.  L.  1024.— 

Carichi  regi  circa »  1369. 05 

Tassa  dugali  del  Po    .     . »  54. 19 

Riparazioni  alle  fabbriche »  123.  — 

Messa  festiva  nell"  Oratorio »  357.  08 

Procuratore »  300.  — 

Spese  diverse »  13.  — 

Sommano  L.  3240.  32 

La  rendita  sarebbe  stata  dunque  di  circa  4300  lire,  se  queste 
pure  non  fossero  state  gravate  da  una  pensione  di  scudi  romani 
50  a  favore  del  comm.  Pietro  Antonio  Gaetani. 

Di  tutti  questi  beni ,  alla  venuta  dei  francesi  sulla  fine  del 
passato  secolo,  il  governo  prese  possesso;  e  poi  li  vendè.  Così  la 
casa  e  la  chiesa  in  Cremona  furono  acquistate  dal  signor  Andrea 
Lagomarsini  con  istrumento  21  febbraio  1806;  e  poi  negli  anni 
successivi  trasformate  e  finalmente  demolite  in  epoca  assai  più 
recente.  Chi  scrive  rammenta  che  sul  muro  della  casa  volto  verso 
la  chiesa  di  S.  Michele  si  vedeva  ancora,  trent'anni  fa.  Tarma 

(1)  Lettera  di  D,  Ferrante  Morenglii  del  3  ott.  1699  nelle  Lettere  di  di- 
versi neir  Arch.  dell'  Ordine  di  Malta  in  Venezia. 

(2)  Cosi  chiamavansi  le  visite  che  i  Priori,  o  i  loro  Luogotenenti  facevano 
ogni  cinque  anni  alle  Commende  del  loro  rispettivo  Priorato,  onde  assicurarsi 
dello  stato  in  cui  erano  tenute  dai  singoli  titolari. 

(3)  Stato  attico  e  passico  cit. 


10  I.R    COMMENDE    E    I    COMMENDATORI. 


del  comm.  Gasparo  Fraganeschi  (1),  come  sulle  case  annesse  si 
vede  tuttora  dipinta  la  croce  dell'  Ordine.  I  beni  di  Pizzighettone, 
consistenti  in  80  periiclie,  furono  venduti  al  sig.  Antonio  Smancini 
con  atto  18  giugno  1798;  le  207  pertiche  in  Cignone  e  Corte 
de'  Cortesi  al  sig.  Giuseppe  Gamia  con  rogito  20  luglio  1799;  la 
possessione  di  Gadesco  e  Ca'  de"  Stefani  al  marchese  Cesare  Luigi 
Magio  nel  1800,  22  dicembre;  e  i  livelli  furono  acquistati  nel 
1805,  1808  e  1809  dal  signor  Carlo  Tentolini ,  dal  principe  di 
Belgioioso  e  dal  conte  Alessandro  Schinchinelli. 

I  beni  della  Commenda  di  S.  Giovanni  di  Persichello,  colla  casa 
civile  e  l'oratorio,  furono  venduti  al  signor  Antonio  Casagrande 
con  atto  18  maggio  1798;  e  poi  passarono  in  proprietà  del  nobile 
Giuseppe  Manara,  cavaliere  di  devozione  dell'Ordine  Gerosolimi- 
tano, e  traduttore  di  una  storia  dell'Ordine  stesso  (2). 


SERIE  DEI  COMMENDATORI  DI  S.  GIOVAXXI  DI  CREMONA. 

Guglielmo  Ferrerò,  ricevuto  cavaliere  dell'  Ordine  nel  1433  (3). 
Abbiamo  di  lui  un  isirumento  rogato  dal  notaio  Giuliano  De  AUia 
del  31  gennaio  1438  (4)  in  cui  si  dice  Prceeeptor  (commendatore) 
domus  S.  Jo.  Illerosoli/mitani  Cremona^.  Benché  non  si  trovi  il 
suo  nome  nelle  tavole  genealogiche  dei  Ferrerò  nel  Litta,  tuttavia 
io  ritengo  che  questo  Guglielmo  Ferrerò  appartenga  alla  celebre 
famiglia  piemontese  di  questo  nome. 

(1)  E  non  del  comm.  G.  Batta  Petrucci,  come  leggo  nella  Storia  dell'Ordine 
di  Malta  nei  suoi  Gran  Maestri  e  nei  suoi    Cavalieri ,    del  cav.  Manara. 

(2)  Storia  dell'Ordine  di  Malta  ne'  suoi  Gran  Maestri  e  Cavalieri,  tra- 
dotta da  G.  Manara.  —  Milano,  1846.  È  tolta  dall'opera:  L' Ordre  de 
Malte,  ses  Grands  Mattres  et  ses  Checaliers,  par  M.'  de  Saint-Ali.ais.  — 
Paris,  1839. 

(3)  Dal  Pozzo:  Ruolo  generale  del  Cacalieri  ricevuti  nella  Vfi"  Lingua 
a  Italia.  —  Torino,  1738. 

(4)  Archivio  Notarile  di  Cremona. 


LF.    COMMENDE    E    I    COMMENDATORI.  11 


Giacomo  Antonio  Masal-iìh, . preeeptor  domus  seu  prcveeptoriee 
S.  Jo.  HlerosohjmUani  Cicilatis  Cremonce,  come  s'intitola  in  un 
atto  notarile  rogato  da  Giuliano  De  Allia  il  1^  ottobre  1465,  col 
quale  affitta  a  Cristoforo  Pasquale  la  possessione  di  Mirabelle 
per  r  annuo  canone  di  L.  200  imp.  (1).  Questa  è  la  sola  notizia 
che  ho  trovato  di  questo  Cavaliere  ,  che  non  é  ricordaio  né  dal 
Pozzo  nel  suo  Ruolo,  né  in  altri  documenti  o  storie  dell'  Ordine. 

Giorgio  Vistarini,  di  illustre  famiglia  pavese.  È  ricordato  nel 
Ruolo  del  Dal  Pozzo  come  ascritto  all'  Ordine  nel  1439 ,  ove  lo 
dice  Commendatore  di  Cremona.  Mi  é  ignoto  in  quale  epoca  ve- 
nisse investito  della  nostra  Commenda. 

Dionisio  Capranica,  di  celebre  famiglia  romana,  è  anche  indicato 
come  Commendatore  di  Cremona  nel  Ruolo  del  Dal  Pozzo.  Fu 
ascritto  air  Ordine  nel  1458. 

Giacomo  Antonio  Della  Torre,  prccceptor  domorura  S.  Jo. 
HierosoUmitani  Cremonce  et  Laudce.  Cosi  -  vien  chiamato  in  un 
rogito  del  notaio  De  Allia  predetto  sotto  il  giorno  4  novembre  1476: 
era  dunque  in  quest'  epoca  Commendatcre  di  Cremona  e  di  Lodi  (2). 
È  a  notarsi  che  in  questo  medeSmo  anno,-  ai  19  di  marzo,  venne 
trasferito  dalla  sede  di  Parma  a  questa  di  Cremona  il  vescovo 
Giacomo  Antonio  Della  Torre  (3),  che  il  Litta  dà  come  cavaliere 
gerosolimitano  (4).  Credo  sia  un  errore  e  che  egli  l'abbia  confuso 
col  nostro  Commendatore,  che  molto  probabilmente  era  suo  nipote. 
Che  non  fossero  costoro  una  persona  sola  lo  prova  il  fatto  che 
in  una  investitura  feudale  concessa  da  esso  vescovo  Della  Torre 

•a  Messer  Caccino  Sommi  il  30  dicembre  del  1476  fra  i  testimoni 
si  ritrova  Dominus  Jacohus  Antonius  De  la   Turre  eques  HierosO' 

■  Ifjmiianus  prceeeptorice  Ecelesue  S.  JoTiannis  de  Cremona  (5). 

(l)  Archivio  Notarile  di  Cremona. 

(?.)  Neil'  Archivio  Notarile  di  Cremona. 

(3)  Zaccaria:  Cremonengium  Episcopum  series.  —  Milano,  1769. 

(1)  Litta:  Famiglia  della  Torre. 

(5)  Archivio  Sommi. 


12  LE    COMMENDE    E    I    COMMENDATORI. 


Nel  1485,  godeva  egli  ancora  questa  nostra  commenda,  dacché 
abbiamo  sotto  il  giorno  10  dicembre  di  quest'  anno  un  atto  ove 
si  dice  miles  et  prcecepior  S.  Jo.  liieros.  Crcemonce  (1).  Anche 
di  questo  soggetto  non  è  ricordo  nel  Ruolo  del  Dal  Pozzo. 

Gaspare  Della  Torre,  prceccptor  prcecepioricc  et  domiis  S.  Jo. 
Hierosolym  Cro2moncv ,  come  si  ha  in  un  atto  dell'  11  dicem- 
bre 1509  (2).  Il  Dal  Pozzo  lo  indica  come  ascritto  all'  Ordine 
nel  1504  (3). 

Pn^TRO  SciiiNER,  detto  anche  Pietro  Svizzero,  nipote  del  noto 
cardinale  Matteo  Schiner ,  vescovo  di  Novara ,  morto  in  Roma 
nel  1522  (4).  Abbiamo  due  documenti  di  questo  nostro  Commen- 
datore; uno  rogato  il  3  gennaio  1517  in  cui  è  detto  jìrccceptor 
S.  Jo.  Hierosol.  Crcemonce  (5);  e  l'altro  nel  1558  nell'Archivio 
di  Firenze  dal  quale  rilevasi  che  in  quest'  anno  lo  Schiner  era 
tuttora  commendatore  della  nostra  commenda  (6). 

Emanuele  Airasca  dei  Conti  di  Piossasco,  piemontese,  di  fa- 
miglia che  diede  in  ogni  tempo  molti  ed  illustri  cavalieri  gero- 
solimitani. Il  Dal  Pozzo  lo  indica  come  ricevuto  nell'Ordine  nel 
1489,  e  come  Priore  di  Messina  (7).  Un  documento  del  26  set- 
tembre 1525  neir  Archivio  notarile  di  Cremona  ci  conferma  che 
in  quest'  epoca  era  1'  Airasca  Prior  Misince  (sic)  et  prccceptor 
domus  et  prceceptorie  S.  Jo.  Hierosoh/m.  Crem. 

Conte  Broccardo  Persico,  d'illustre  famiglia  Cremonese,  ascritto 
air  Ordine  nel  novembre  del   1561   (8).  Uomo  era  questi  di  gran 

(1)  Ardi.  Notarile  di  Cremona. 

(2)  Ivi. 

(3)  D.\L  Pozzo:  Ruolo  cit. 

(4)  Y.  GiAccoNio:  YUce  Pontificum  et  Cardinalium.  —  Roma,  1601. 

(5)  Ardi.  Not,  di  Cremona, 

(6)  C?irte  Strozziane,  filza  389.  Nell'Ardi,  di  Stato  di  Firenze. 

(7)  Dal  Pozzo:  Ruolo  dt. 

(8)  Dal  Pozzo:  Ruolo  cit. 


m 


LE    COMMF.NDE    I".    I    rOMMl-'-NHATOUF.  13 

conto  presso  il  Ro  Filippo  II,  che  gli  fu  largo  d'  onori  e  lo  volle 
membro  del  Consiglio  Segreto  del  Ducato  di  Milano,  Viceré  di 
Napoli  (1),  Commissario  generale  dell'Esercito  Cattolico  e  Mar- 
chese di  Cassano  :  fu  anche  legato  a  Pio  IV.  Il  Campo  (2),  dice 
che  la  Commenda  di  Cremona  fu  conferita  al  Persico  dal  Ro 
Filippo;  forse  dovea  dire  per  intercessione  di  questo  Monarca. 
Mori  in  Milano  nel  1571  in  aprile,  e  il  suo  corpo  fu  trasportato 
a  Cremona  e  sepolto  con  pompa  nella  cappella  di  S.  Caterina,  di 
padronato  della  sua  famiglia,  nella  Chiesa  di  S;  Domenico;  ivi 
nella  pala  dell'  altare  Antonio  Campo,  sopra  ricordato,  dipinse  il 
nostro  Commendatore  fra  S.  Caterina  e  S.  Gio.  Battista,  ai  piedi 
del  Crocifìsso  :  è  in  ginocchio,  vestito  d'  armatura  e  coperto  del 
manto  di  punta  (3)  dell'Ordine.  Questo  quadro  trovasi  ora  nella 
Chiesa  di  S.  Michel  Vecchio  (4).  Ebbe  il  Persico  una  figlia  naturale 
da  una  tale  Isabella  Napolitana;  fu  chiamata  Ippolita,  e  legitti- 
mata dal  padre  nel  1564,  sposò  il  capitano  Sforza  Picenardi  (5)  ; 
e  fu  madre  d'altro  Sforza  e  d'Ottavio,  chiari  fra  i  cremonesi  che 
nei  secoli  XVI  e  XVII  esercitarono  le  armi. 

Mario  Lucio  Grimaldi  di  Carignano,  ascritto  all'  Ordine  il  24 
dicembre  1578  (6).  Nel  1630  fu  Ammiraglio  della  Religione  e 
poi  passò  al  Baliaggio  di  Pavia  ^7)  dal  quale,  nel  1631,  venne 
alla  Commenda  di  Cremona,  nella  occasione  che  questa  fu  elevata 
alla  dignità  di  Baliaggio  Capitolare,  Fu  in  quest'  epoca  che  nella 
casa  commendale  mori,  nel  1633,  Francesco  Roncadelli,  patrizio 
nostro,  ascritto  all'  Ordine  dal  1614  (8)  come  si  ha  dalla  seguente 

(1)  Picenardi:  Guida  di  Cremona  cifc. 

(2)  Campo:  Cremona  fedelissima,  ecc.,  all'anno   1571. 

(3)  Specie  di  toga  nera  di  un  taglio  speciale  ornata  di  una  croce  di  tela 
bianca  sulla  spalla  sinistra. 

(4)  Vi  si  legge  il  nome  del  Campo  e  l'anno  1571. 

(5)  Archivio  Sorami. 

^(G)  Dal  Pozzo:  Ruolo  cifc. 
^7)  Dal  Pozzo:  Storia  della  S.  Religione  Gerosolimitana.   —  Verona  e 
Venezia,  1700-1715. 

(8)  Dal  Pozzo:  Ruolo  cit. 


14  I,r.    COMMENDE    E    I    COMMENDATORI. 


lapide  che  esisteva  nella  chiesa  della  Commenda,   ove  ebbe    se- 
poltura (1). 

D.  O.  M. 

FRANCISCO    RONCADEI.I.O    EQUITI    IIIEROSOI.YXUTANO 

PATUITIO    CREMON    .    VIRO    CLARISS. 

QUEM    A    MAGNO    MELITEN    .    MILITI.^;    MAGISTRO 

IN      PLURIMIS      ORD      .      SUI      NEGOTIIS      CUM      I.AUDF. 

SEMPER    ADHIDITUM 

IPSI    ETIAM    MEDIOLAMEN    .    DITIONIS 

PRO    CATII.    .     REGE    PRJìl-ECTI 

PLURIVM  PEDESTRir:\r  copiAra-rii  trip.unvm 

IIONORiriCENTISSniE    REXUNCIARUNT 

'  AC    UEMUM 

IN    SACRIS    IIISCE    S    .    JOAN    .    IIIEROSOL    . 

AEDIBUS    PIE    DECEDENTEM 

PATRIA    LUXIT    AC    DESIDERaVIT 

ANDREAS    RDNCADELI.I     FRATRl    OPT     . 

AC    liENEMEaiTO    MONUMENT    .    P     . 

OniIT    DIE    XXIX    MARX     .    AN    .    SAL    .    FUNDAT-K    IMDCXXXIII 

Bernardo  Vecchietti,  fiorentino,  nato  nel  1581  ed  entrato  nel- 
r  Ordine  nel  1589  in  grado  di  paggio  del  Gran  Maestro  Ugo 
Loubens  de  Verdalle  (2).  Fu  capitano  e  poi  generale  delle  galere 
nel  1640 ,  e  ottenne  il  Baliaggio  di  Cremona  nel  1638  ai  2?»  di 
agosto  (3).  Fu  anche  legato  a  Papa  Urbano  Vili ,  e  nel  1647 
Luogotenente  del  Gran  Maestro  Lascaris  alla  cui  elezione  aveva 
contribuito.  Mori  in  Malta  in  questo  ufficio  nel  mese  di  maggio 
del  1654,  ed  ebbe  tomba  nella  Chiesa  Conventuale  di  S.  Giovanni 
colla  seguente  iscrizione  (4)  : 


(1)  Vairani:  Inscrlptiones  Cremonenses  Unicerscr.  —  Cremona,  1796. 

(2)  Dal  Pozzo:  Ruolo  cit. 

(3)  Dignità  della  Reli'jione.  Mss.  nelT  ArcliivJo  di  Malta. 

(4)  A.  Feruis  :    Memorie    dell'inclito    Ordine    Gerosolimitano    esistenti 
nelle  isole  di  Malta.  —  Maka,  1881. 


LL:    commende    e    I    COMMENDATOUr.  15 


curisto  mortuorum  primogenito 

r.ernauijo  de  vecciuettis  hierosolymitano  cremon.f,  baiulivo 

eximia  in  del'm  pietate  rihida  in  se  ipsum 

teml'erantia  robusta  in  iiostes 
fortitudine  inflexidili  justitia  et  oculata 

PRUDENTIA    IN    OMNES    CELEBERRIMO 

QUI    EQUESTRI    S.    JO.    CINOULO    PUER   BENE    PR.ECINCTOS 

JUGUM    DOMINI    PORTAVIT    ET 

NUNQUAM    EXCUSSIT    ADOLESCEXS    IN    OSTEND.B 

MEMORAniI.I    OBSiniONE    MELIT.K 

TYROCINIUM    POSUIT    VIR    LEGATIONE    AD    URB    •    Vili    .    P    .    M    . 

ET    SUI    ORDINIS    MUNERIBUS    PRAECIPUIS    FUNCTUS 

EST    CLASSIS    MELITENSIS    PU.r.FECTUS    SPOLIIS    ONUSTUS 

ET    ROSTRATA    CORONA    DONANDUS 

VICTOR    SAEPE    PORTUM    INTRAVIT    VERGENTE    .F.TATE 

M    ,    M\GISTRI    LASCARIS  PER 

SEPTENNIUM    SUSTINENS    VICES    MANU    ET    CONSIGLIO    VALIDUS 

ARTIBUS    PACIS    ENITUIT    WEI.ir.13 

MORTALITATEM    EXPLEVIT    VII    ID    .  MAJ.    A    .    S    .    MDCLIIII    .    AETATIS    LXXUI 

Il  Dal  Pozzo  nel  suo  Ruolo  -nota,  oltre  a  questo,  un  altro 
Bernardo  Vecchietti ,  ricevuto  nell'  Ordine  nel  1G44 ,  e  lo  dice 
Bali  di  Cremona  pur  questo  e  Luogotenente  del  Gran  Maestro  ; 
lo  credo  un  errore,  e  mi  sembra  evidente  sia  stato  prodotto  dall'i- 
dentità del  nome  e  del  casato,  poiché  non  è  probabile  che  questo 
soggetto  ,  dopo  soli  tre  anni  dal  suo  ricevimento  fra  i  cavalieri , 
potesse  essere  elevato  all'alta  dignità  di  Luogotenente  del  Capo 
dell'  Ordine  (1). 

Pompeo  Rospigliosi,  di  Pistoia,  zio  di  Clemente  IX,  capitano 
di  galera,  Commendatore  del  S.  Sepolcro  di  Firenze  ,  nato  nel 
1582  e  ricevuto  nell'  Ordine  il  20  marzo  1606  (2).  Nel  1654 
consegui  la  dignità  di  Ammiraglio,  e  1'  11  maggio  dell'  anno  stesso 
ebbe  l' investitura  del  nostro  Baliaggio ,  avendo  ceduto  V  animi- 
ci) Dal  Pozzo:  Ruolo  cit. 
(2)  Pal  Pozzo:  Ruolo  cit. 


16  LE    COMMENDE    E    I    COMMENDATO  RI. 


ragliato  ad  Ottavio  Solaro  (1).  Mori  in  Malta  il  7  luglio  1662, 
d'  anni  80,  ed  ebbe  sepoltura  nella  Chiesa  Conventuale  di  S.  Gio- 
vanni con  questo  epitaffio  : 

ILLUSl-.MLS.      DNS. 

FR.    POMPEVS    ROSPILIOSUS     CREMOX.E    BAIULIVLS 

rOM.    S.    SEPULCRI    FLORENTI.E      FORLIVIQUE 

PR.T.CEPTOR 

AVIT.E    NOBILITATIS    SPLENDORE 

AC    lìELLICA    STRENUITATE    INTER 

COMMILITONES    APPRIME    CONSPICUUS 

OUATUOR    IMI  !:ni   iiiPlIS    CURSn5US    SIVE 

CARA  YANIS   DECEM  ADDIDIT  ULTRONEAS 

US(JUE      DUM      IN      AIAIIUMET.E        EXPEDITIONE 

INTER  PUGNANDUM  CAPTUS  AD   SUOS  U1!I 

REVERSUS  BIS  VICES   SEMEL   CAPITANEI 

TRIREMI     INCLITI     LAUDIS      NOVE      PRyEFUIT 

U  L  T  R  O       e  O  R  C  I  R  A  E      ET      CORINTI      E  X  P  U  G  N  A  N  I)  1  S 

INTERFUIT  PER  OMNES  GRADUS  SUI  ORDINIS 

ASCENDENS  AD  SUPREMUM  CULMEN  MERITI S 

VITEQUvE     CANDORE     PLVRIES     A  C  C  L  A  M  A  T  U  S. 

AD    Ca:LUAI     AiaiT    AN,    MDCLXlt 

DIE    VII    MENSIS    .JUNTl     .l-.IATIS    SUAE    LXXX. 

Girolamo  Grimaldi  ,  di  Castrogiovanni ,  entrato  nell'Ordine  il 
20  dicembre  1611  (2),  fu  promosso  al  Baliaggio  di  Cremona  a' 
9  di  giugno  1662  (3). 

Raffaele  Spinola  ,  genovese ,  ricevuto  iiell'  Ordine  il  16 
marzo  1613  (4),  Capitano  di  galera,  Ricevitore  (5)  in  Genova, 
Segretario    del  Comun  Tesoro  (6)  in  Malta  e  nel  1657  Ammira- 

(1)  Dal  Pozzo:  Storia  cifc.  Voi.  II,  e  Dignità  della  Religione  cit. 

(2)  Dal  Pozzo  :  Ruolo  cifc. 

(3)  Dignità  cit. 

(4)  Dal  Pozzo:  Ruolo  cit. 

(5)  Ricevitore  è  detto  il  Procuratore  del  Coraun  Tesoro  nei  diversi  priorati. 

(6)  Cioè  delle  Finanze  dell'Ordine. 


i.E  commendl:  e  i  commendatori.  17 

glie  (1),  Generale  dello  galere  nel  1672  e  Priore  di  Lombardia  (2), 
Consegui  il  nostro  Baliaggio  l'S  gennaio  16S0  (3).  Parlano  poco 
vantaggiosamente  di  lui  gli  storici  dell'Ordine,  incolpandolo  di 
avere,  nella  sua  qualità  di  Capo  della  Squadra  di  Malta,  ceduto 
davanti  certe  pretese  di  precedenza  (allora  di  grandissimo  mo- 
mento) della  Squadra  della  Repubblica  di  Genova  nel  Porto  di 
Milazzo,  l'anno  1674  (4). 

Alessandro  Castiglioni,  di  Milano,  ricevuto  nell'Ordine  il  9 
novembre  1614  (5)  ebbe  prima  la  Commenda  di  S.  Maria  del  Tem- 
pio di  Milano,  e  poi  il  Baliaggio  di  Cremona  il  30  marzo  1672  (6). 
Mori,  secondo  il  Litta,  nel  1684  (7). 

Giovanni  Carlo  Spinola,  genovese,  della  stessa  famiglia  del 
precedente  Raffaele  Spinola,  ascritto  all'Ordine  nel  1638,  18  di- 
cembre (8),  ebbe  l'investitura  del  nostro  Baliaggio  il  22  set- 
tembre 1693  (9). 

Girolamo  Antonio  Dainelli  da  Bagnano,  fiorentino,  nato  nel 
1646,  fu  ascritto  all'Ordine  il  17  ottobre  1652  (10)  ;  poi  maestro 
de' novizi  (11)  in  Malta,  Commendatore  di  Novara,  e  promosso 
al   Baliaggio    di  Cremona  il  7  gÌHgno  1707  (12).    Mori    ottuage- 

(1)  Dai,  Pozzo:  Stor.  cit. 

(2)  Dal  Pozzo  :  ivi. 

(3)  Dignità,  etc,  cifc. 

(4)  Vedi  il  Dal  Pozzo:  Stor.  cit.,  Voi.  II,  e  Vertot:  Histoire  des  che 
raliers  de  St.  Jean  de  JL-rusalèm.  —  Amsterdam,  1764. 

(5)  Ruoli  mss.  nell'Archivio  dell'Ordine  in  Venezia. 

(6)  Dignità  cit. 

(7)  Litta  :  Famiglia  Castiglioni. 
(•*)  Dal  Pozzo:  Ruolo  cit. 

(il)  Dignità  cit. 

(10)  Dal  Pozzo:  Ruolo  cit. 

(11)  Cioè  istitutore  dei  cavalieri  che  doveano  professare.  Questi  cavalieri 
erano  detti  anche  Fiernaldi,  voce  che,  secondo  il  Codice  del  S.  M.  Ordine 
Gerosolimitano  (Malta,  1782),  è  d'origine  francese. 

(12)  Dignità  cit. 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  2 


18  LE    COMMENDE    E    I    COMMENDATORI. 

nario  in  Malta  il  4  dicembre  1722,  e  fu  sepolto  in  quella  chiesa 
conventuale  coli'  iscrizione  (1)  : 

HIERONIMUS  ANTONIUS  A   lìAGNANO    EQUES  ILI.USTUIS    l'LOUF.NTINUS 

NOVAR/K     COMMENDATARIUS     AC    VENERANDUS    DE     CREMONA     DAJALIVUS 

MILES  IN  UTRAQUE   SPIRITUS    UT   CORPORIS    MII.ITIA  EQUES   VALIDIIS 

QUARE    NOBILIUM. 

TYRONUM    SACRiE     REUGIONIS      A    SUPERIORIB.     MAGISTER    ELECTUS 

SUO    EXEMPLO    BONOS    MORES     REGULAREMQUE    DISCIPLINASI    PRUDENTER 

ILLOS    ERUDIVIT,    ETIAM    TAMQUAM    PIUS    PATER 

ELEMOSINIS      FREQUENTIB.      PAUPERES      SUBLEVAVIT 

QUI  TANDEM  EX   IMPROVISO  ADORTUS  IN  GRAVE  MORBUM  INCIDIT 

ATQ.    ECCLETIAST.    SACRAM.    MUNITUS    PROPE     OCTOGENARIUS    FELICITER 

OBDORMIVIT    IN    DOMINO    DIE    IV    DECEMBRIS    ANNO    MDCCXXII, 

Carlo  Francesco  Del  Maro  Doria,  di  Torino,  nacque  nel  1639 
e  fu  ricevuto  nell'Ordine  il  16  aprile  1666  (2).  Ottenne  il  Ba- 
liaggio  di  Cremona  il  12  dicembre  1722  (3)  e  mori  in  Malta  di 
68  anni  il  23  dicembre  1727.  Ivi  nella  chiesa  conventuale  fu 
sepolto  colla  seguente  memoria  (4): 

D.  O.  M. 

l'R,    CAROLUS    FRANCISCUS    AB    AURIA 

EX    DYNASTIS    DEL    MARO    AUGUST.i:    TAURINORUM 

CREMONA    BAJULIVUS    CjETER    NEC    CRAS 

NAM    VAN^    GLORIA    COMPTEMPTER    EIUS    TANTUM    NOMEN 

SARCOPHAGO    INSCRIBI  SUPREMIS  TABULIS    JUSSIT 

OBIIT    DIE    23    MENS,    DECEMBRIS     AN.     SAL.     1727;    ^TATIS    VERO    68. 

Francesco  Maria  Ferretti,  d'Ancona,  nato  il  18  dicembre  1653 
e    ricevuio  cavaliere    il  9  ottobre  1667  (5).    Priore   d'Inghilterra 


(1)  Ferris:  Memorie  cit. 

(2)  Dal  Pozzo:  Ruolo  cit. 

(3)  Dignità  cit. 

(4)  Ferris  :  Mem.  cit. 

(5)  Dal  Pozzo:  Ruolo  cit. 


n 


LE    COMMENDE    E    I    COMMENDATOUI.  19 


e  Generale  delle  galere  pontificie  (1),  successe  al  Boria  nel  no- 
stro Baliaggio  il  30  dicembre  1722  (2)  e  lo  abbandonò  circa 
quindici  anni  dopo  per  il  Baliaggio  di  S.  Eufemia  (3).  Mori  in 
Malta  di  85  anni,  nel  1738,  e  fu  sepolto  nella  chiesa  conventuale 
con  questo  epitaffio  (4): 

VIATOR    QUACUMQUE    DUCEP.IS     VEL     GLORIA    VEL    GIOHIi    i)I'lNIONE 

IlL'ICl  E      OMNIUM      MRTUTLM      ET      HONORUM      COMPENDIO     ACIEM      PIGITOR 

VIR    ILLE    QUI    E    TENERIS    HIEUOSOLYMITAN^    MILITIAE    DATO    NOMINE 

MAGNUS    ANGLl^,    PRIOR     BAJ.      S.    EUPHEMIi:     EGIT    EXIMIUS 

SUB     \II    PONTIFICUM    AUSPICTIS    SEXAGENA    STIPENDIA 

CLASSIS    PK.EFECTUS    EMERITUS 

BIS    SEPTEM    CUM    CHRISTIANI     NOMINIS    HOSTE    COLLATIS 

SIGNIS     MANUS     CONSERVIT 

ARCIS    URBAN.F.    GUBERNATOR    GENERAI.IS    PROVENTIBUS 

QUOS    INDE    AMPLISSIMOS 

COLLEGIT    IN    PAUPUES    SUIQ.    ORDINIS    SUMPTIS    SANCTE    EROGATIS 

TANDEM    DEO    SOLI    VICTURUS    HEIC    SE    RECEPII' 

ANNUM    AGENS    QLTNTUM    SUPRA    LXXX 

FR.    FRANCISCUS    M.    FERRETTI    ANCONITANUS    ANIMA 

QUO    DELAPSA    FUERAT    REDEUNTE 

CTNERES    ET    OSSA    HOC    SUB    LAPIDE    HELIQUIT 

ANNO    DOMINI    MDCCXXXVIU 

Carlo  Benedetto  Giustiniani,  di  Roma,  nato  il  25  novem- 
bre 1697  ,  entrò  nell'  Ordine  il  1  luglio  1680  (5)  e  fu  promosso 
al  nostro  Baliaggio  per  rinunzia  del  Bali  Ferretti  il  3  otto- 
bre 1737  (6). 

Pompilio  Della  Ciaja,  di    Siena  ,  ascritto  all'  Ordine  il  18  lu- 

(1)  Dal  Pozzo:  Storia  cit.,  e  Guglielmotti  :  La  «(/«arfra  ausiliaria  della 
Marina  Romana  a  Canclia  e  alla  Marea.  —  Roma,  1883. 

(2)  Dignità  cit. 

(3)  Ivi. 

(4)  Ferris  :  Memorie  cit. 

(5)  Dai.  Pozzo  :  Ruolo  cit. 

(6)  Dignità  cit. 


20  LE  commi:nde  e  i  commendatori. 


glio  1688  (1),  fu  Capitano  della  Capitana  della  Religione  e  ot- 
tenne il  Baliaggio  di  Cremona  il  17  ottobre  1742,  per  rinunzia 
che  ne  fece  il  Bali  Giustiniani  (2).  Era  nato  nel  1676,  e  mori 
nel  1746. 

Benedetio  Ferretti,  d'Ancona,  nato  il  16  aprile  1682  (3),  ca- 
valiere dal  10  luglio  1694  (4)  e  capitano  di  galera.  Successe  ne! 
nostro  Baliaggio  al  Della  Ciaja  il  12  dicembre  1746  (5).  Durante 
la  vita  del  Ferretti,  nel  1762,  11  febbraio,  avvenne  la  riduzione 
del  nostro  Baliaggio  in  semplice  Commenda  passando  questa  di- 
gnità capitolare  alla  pingue  Commenda  di  Torino  (6),  alla  quale 
rimase  fino  alla  caduta  del  governo  dell'  Ordine  ,  trovandosene 
nel  1798  investito  il  Bali  Frisari  che  firmò  1'  atto  memorabile 
della  dedizione  dell'  isola  di  Malta  a  Buonaparte  (7), 

Rodolfo  Puppis,  del  Friuli,  nato  il  22  aprile  1678  e  ricevuto 
cavaliere  il  4  ottobre  1699.  Da  una  lettera  ad  esso  di  Giuseppe 
Dolara,  aoaministratore  dei  beni  commendali,  in  data  di  Cremona 
4  ottobre  1762  (8),  si  ha  che  il  Puppis  dovea  prendere  possesso 
della  nostra  Commenda  nel  maggio  1763,  stante  il  passaggio  del 
Bali  Ferretti  al  nuovo  Baliaggio  di  Torino.  Non  risulta  che  il 
Puppis  prendesse  poi  questo  possesso,  tanto  più  che  egli  tro- 
vavasi  nella  grave  età  di  85  anni.  Ho  qualche  sospetto  che  in 
suo  luogo  la  Commenda  venisse  conferita  a  Gaspero  Fraganeschi, 
patrizio  nostro  ,  nato  nel  novembre  1691  e  ricevuto  nell'  Ordine 
nel  maggio  1715  (9)  ,  dacché  non  saprei    altrimenti  spiegare    la 

(1)  Cosi  nei  Ruoli  mss.  del  Priorato  di  Veiìezia  ,  e  non  nel  28  luglio, 
come  si  legge  nel  Dal  Pozzo. 

(2)  Dignità  cit. 

(3)  Ruoli  mss.  del  Priorato  di  Venezia. 

(4)  Dal  Pozzo:  Ruolo  cit. 

(5)  Dignità  cit, 

(6)  Vedi  quanto  è  detto  precedentemente  a  pag.  3. 

(7)  Terrinoni  :  Memorie  storiche  della  Resa  di  Malta.    —  Roma,   1867. 

(8)  Archivio  deli'  Ordine  in  Venezia. 

(9j  Ruolo  dei  Caoalieri  rlcecuti  nella  V."  lingua  d' Italia.  —  Malta,  1763. 


i.r;  roMMENor:  e  i  commendatori.  -i 


ragione  per  cui  l'arma  sua  gentilizia  vedovasi  dipinta,  ancor  non 
-on  molti  anni,  sulla  muraglia  esteriore  della  casa  Commendale 
ii  Cremona,  come  sopra  fu  detto. 

Giovanni  Battista  Petrucci,  di  Siena,  nato  nel  1737,  cava- 
liere nel  settembre  1749,  ottenne  la  Commenda  di  Cremona  nel- 
l'anno  1764,  che,  per  la  prima  volta,  trovo  negli  ultimi  Buoli 
dello  scorso  secolo  ricordata  sotto  il  titolo  di  S,  Severo  e  Mar- 
gherita (1).  Fu  il  Petrucci  l'ultimo  Commendatore  di  S.  Gio.  di 
Cremona. 


SERIE  DEI  COilMEXDATORI  DI  S.  GiOVAXXI  DI  PERSICHELLO. 

Orazio  Tornielli,  di  Novara,  è  il  primo  che  mi  risulta  investito 
della  Commenda  di  S.  Giovanni  di  Persichello,  il  che  mi  conferma 
nel  credere  che  solo  al  principio  del  secolo  XVII  venisse  questa 
smembrata  da  quella  di  Cremona  con  cui  era  prima  una  cosa 
stessa.  Abbiamo  sotto  1'  anno  1620 ,  18  luglio  ,  V  istromento  di 
possesso  di  questa  Commenda  a  favore  del  Tornielli  che  è  uno 
iJei  cavalieri  dimenticati  dal  Dal  Pozzo  nel  suo  Ruolo  (2). 

Camillo  Bardi,  di  Firenze,  nato  il  23  febbraio  1685  e  ricevuto 
cavaliere  il  31  agosto  1697  (3).  Fu  Ricevitore  dell"  Ordine  in 
Torino,  e  godè  la  Commenda  di  Persichello  uell'  epoca  in  cui  era 
titolare  del  Baliaggio  di  Cremona  Benedetto  Ferretti ,  cioè  fra  il 
1746  e  il  1762. 

Pietro  Igneo  Aldobrandini,  di  Firenze,  nato  il  25  giugno  1717, 
ascritto  all'Ordine  il  3  ottobre  1733  (4);  fu  capitano    di    galera 

(1)  Ruolo  dei  Cavalieri  riceruti  nella  V.'^  Linrjua  d'Italia.  —  Malta,  1789. 

(2)  Tenuta  possessimis  Loci  Persichelli  Membri  Commendce  S.  Jo.  hie- 
rosol.  Crem.  ad  faeorem  ill.fr.  Horaiii  Tornielli,  eq.  hierosol.  —  Nel- 
l'Archivio Notarile  di  Cremona. 

(3)  Dal  Pozzo  :  Ruolo  cit. 
vi'   Ivi. 


22  LE    COMMENDE    E    I    COMMENDATORI. 


e  Commendatore  dell'  Impruneta.    Godeva    la   nostra    Commenda 
nel  1777  (1),  e  mori  nel  29  aprile  1783  (2). 

Luigi  Cacherano  d'Osasco,  piemontese,  nato  nel  1740,  godeva 
la  Commenda  di   Persichello  a  titolo  di  cabimento  nel   1784  (3). 

Gaspare  Faussone,  di  Mondovi,  nato  nel  1760,  ricevuto  nel- 
l'Ordine come  paggio  del  Gran  Maestro  De  Rohan  nel  1776,  18 
ottobre,  era  investito  di  questa  nostra  Commenda   nel   1792  (4). 

Pietro  Carlo  Dal  Verme,  di  Piacenza,  nato  il  10  agosto  1764, 
fu  ascritto  all'  Ordine  nel  1776,  12  agosto  (5),  come  paggio  del 
Gran  Maestro  predetto;  l'anno  seguente  prese  servizio  militare  in 
Francia  nel  Reggimento  Reale  Italiano,  e  non  tornò  in  Italia  che 
nel  1790.  Riprese  poi  servizio  presso  gii  Alleati  sotto  il  Duca  di 
Brunswich  ,  e  vi  rimase  sino  al  1793  ,  anno  in  cui  si  restituì  a 
Malta,  ove  dimorò  fino  alla  caduta  dell'  Ordine.  Il  suo  nome  va 
ricordato  fra  quelli  dei  Cavalieri  che  voleano  opporsi  alla  cessione 
che  dell'  isola  fece  a  Buonaparte  l'  imbelle  Hompesch.  Nel  1804 
il  Gran  Maestro  Tommasi  il  volle  a  Catania,  ove  erasi  rifugiato 
il  Convento  Gerosolimitano,  e  lo  fece  segretario  del  Tesoro,  ca- 
vallerizzo maggiore  e  capitano  della  sua  guardia.  Tornò  alla 
patria  nel  1809,  e,  dopo  la  ristorazione  ,  Maria  Luigia  duchessa 
di  Parma  gli  affidò  parecchie  cariche  di  Corte.  Nel  1821  pubblicò 
alcuni  lodati  apologhi  in  versi,  e  nell'anno  stesso,  dispensato  dai 
voti,  sposò  Carolina  Cavriani,  letterata  di  nobil  famiglia  viennese. 
Mori  il  Dal  Verme  in  Parma  il  6  novembre  1823  (6).  Egli  fu 
r  ultimo  Commendatore  di  S.  Giovanni  di  Persichello. 

G.  Sommi  Picenardi. 


(1)  Ruolo  ilei  Cavalieri  ricevuti  nella  V.'"^  Lingua  d'Italia.  —  Malta,  1673. 

(2)  Litta:  Fam.  Ai dobr andini. 

(3)  Ruolo  dei  Cavalieri  ricevuti  nella  V.®  Lingua  d'Italia.  —  Malta,  1789. 

(4)  ,/vi. 

(5)  Ivi. 

(6)  Litta:  Fam.  Dal  Verme. 


IL    CASTELLO    DI    GOITO. 


Sulla  riva  destra  del  Mincio,  dove  le  acque  di  questo,  lontane 
ancora  dalle  paludi  mantovane,  scorrono  rapide,  fresche,  lieve- 
mente azzurre,  come  uscissero  allora  allora  dal  lago  di  Garda, 
surge  Coito,  antica  e  grossa  borgata,  in  alta  ed  amena  posizione, 
ove  comincia  a  svilupparsi  quella  plaga,  che  potrebbe  a  ragione 
dirsi  la  nostra  Brianza;  dominando  il  fiume  e  a  media  via  tra 
città  dai  formidabili  baluardi ,  ebbe  sempre  ed  ha  tuttora  una 
grande  importanza  strategica;  ma  ad  una  data  epoca  sali  pure  a 
bella  fama  nella  storia  delle  arti  gentili. 

Già  il  marchese  Lodovico  Gonzaga,  1444-1478,  vi  aveva  fatto 
costruire  un  magnifico  palazzo,  a  cui  aveva  poi  aggiunto  un  vasto 
parco;  il  marchese  Francesco,  1484-1519,  continuandovi  le  cure 
dell'avo,  abbellì  il  palazzo,  e  popolò  il  parco  di  animali  selvaggi 
per  gli  esercizii  di  caccia,  ai  quali  egli,  dedito  al  mestiere  delle 
armi,  era  molto  inclinato;  il  marchese,  poi  duca  Federico,  1519-1540, 
ebbe  per  Coito  poche  simpatie,  e  prodigò  invece  i  suoi  tesori  e  le 
sue  attenzioni  alla  villa  e  al  parco  di  Marmirolo,  al  palazzo  del 
Te  e  al  grande  appartamento  di   Troja  in  Castello. 

Ma  spuntava  anche  per  Coito  il  suo  astro  luminoso;  il  duca 
Guglielmo  bigotto  e  sposo  di  una  Arciduchessa  d'Austria  ancora 
più  bigotta  di  lui,  non  si  trovava  a  suo  agio  nei  nuovi  palazzi, 
ove  i  dipinti  troppo  audaci  corrispondevano  cosi  poco  ai  sentimenti 
suoi  e  a  quelli  della  Duchessa;  amante  della  campagna,  deside- 


24  n.    CASTELLO    DI    GOITO. 


roso  di  un  aere  puro  per  la  sua  malferma  salute,  Goito  era  il 
luogo,  che  meglio  si  prestava  alle  aspirazioni  sue;  e,  benché 
tardi  per  lui ,  negli  anni  1584-85-86-87  vi  creò  una  residenza  , 
che  nulla  ebbe  da  invidiare  alle  più.  rinomate  ville,  che  i  Gonzaga 
possedevano  in  quasi  tutti  i  punti  del  loro  dominio;  e  nell'opera 
sua  egli  assai  economo,  anzi  quasi  avaro,  spese  l'ingente  somma 
di  300,000  scudi  d'oro. 

Già  sono  in  moto  architetti,  capomastri,  muratori,  marmorini  , 
falegnami,  vetrai  ;  già  si  invitano  a  lavorarvi  pittori ,  stuccatori , 
indoratori;  già  si  provvedono  a  Venezia  damaschi,  arazzi,  specchi; 
si  cercano  nelle  lontane  regioni  dell'Asia  e  dell'America,  che 
appena  allora  si  scoprivano,  piante,  fiori,  animali,  uccelli,  pesci 
per  i  giardini,  per  il  parco,  per  le  fontane;  quest'opera  princi- 
pesca del  duca  Guglielmo  sarà  il  soggetto  della  presente  memoria. 


I. 


Sotto  il  nome  di  Castello  di  Goito  si  comprendono  le  fortifica- 
zioni del  borgo,  la  rocca  propriamente  detta  e  il  gran  parco;  di 
tutto  r  insieme  abbiamo  neWArchivio  Gonzaga  un  tipo  disegnato 
nel  1706  da  Doriciglio  Moscatelli-Battaglia  prefetto  delle  fabbriche 
ducali.  Delle  fortificazioni ,  intorno  alle  quali  correva  una  fossa 
profonda  derivata  dal  Mincio  ,  e  che  furono  totalmente  demolite 
sullo  scorcio  del  secolo  passato,  non  è  intenzione  nostra  di  par- 
lare; parleremo  invece  della  rocca  e  del  vasto  parco,  guidati  da 
una  descrizione,  che  abbiamo  di  ceno  Giusti  in  data  25  gennaio  1587 
da  san  Benedetto,  testimonio  oculare;  e  meglio  ancora  dalle 
molte  lettere  dei  Segretari  e  degli  Agenti  del  duca,  Federico  Cat- 
taneo ,  Orazio  Arrigoni ,  Ottavio  Mainoldi  ,  Cipriano  Assendi  e 
Andrea  Canova;  degli  architetti  Pompeo  Pedemonte,  Francesco 
Trabalesi  e  Bernardo  Facciotto;  dei  pittori  Ippolito  Andreasi  detto 
per  vezzo  anche  V  Andre  asino,  Teodoro  Ghisi  e  Francesco  Bor- 
gani;  gli  Agenti  ducali  andavano  e  venivano  da  Goito  a  Mantova 
latori  degli  ordini  di  Guglielmo,  davano  schiarimenti,  decidevano 


IL    CASTELLO    1)1    COITO. 


controversie,  dibattevano  le  spese;  gli  architetti  presentavano  i 
progetti ,  ordinavano  i  materiali ,  dirigevano  i  lavori ,  fornivano 
dimensioni  e  consigli  ai  pittori;  questi  decoravano  le  sale,  dipin- 
gevano quadri  parte  a  buon  fresco,  parte  su  tela;  le  nostra 
fonti  dunque  non  potrebbero  essere  né  più  immediate  né  più 
sicure  (1). 

La  rocca  circondata  anch'essa  dalle  acque  del  Mincio,  e  con- 
giunta al  borgo  e  al  parco  con  due  ponti  levatoi ,  disegnava  un 
pentagono  quasi  perfetto;  nella  parte  quadrata  sorgeva  il  palazzo 
ducale;  nella  triangolare  si  riattava  in  proporzioni  minori  la  fab- 
brica detta  Monasierolo,  che  era  l'antico  palazzo  marchionale,  e 
che  ora  Guglielmo  destinava  per  abitazione  ai  Paggi. 

Il  palazzo  ducale  una  volta  ultimato  si  componeva  di  4  ap- 
partamenti o  piani,  e  ciascun  piano  aveva  otto  stanze  e  un  atrio, 
che  metteva  le  stanze  in  comunicazione  fra  loro. 

Il  primo  appartamento  o  piano  terreno  era  assegnato  per  il 
castellano,  le  guardie  e  i  servigi  ordiuarii  della  corte;  e  tranne 
le  molte  e  varie  comodità  che  presentava ,  non  aveva  nulla  di 
rimarchevole;  onde  non  è  il  caso  di  intrattenervisi. 

Gli  altri  tre  piani  erano  riservati  per  la  famiglia  ducale;  questa 
allora  si  componeva:  del  duca  Guglielmo,  che  aveva  47  anni; 
della  duchessa  Eleonora  d'Austria  che  ne  aveva  45;  del  loro 
figlio  principe  Vincenzo  che  erasi  recentemente  sposato  con  Eleo- 
nora dei  Medici,  la  quale,  intanto  che  si  costruiva  questo  palazzo, 
lo  faceva  lieto  di  due  figli,  Francesco  il  7  maggio  1586,  e  Fer- 
dinando il  26  aprile  1587;  le  altre  due  figlie  del  Duca  erano  già 
maritate  ,  Margherita  con  Alfonso  II  duca  di  Ferrara ,  e  Anna 
Caterina  coli'  arciduca  Ferdinando  d'Austria,  e  assai  di  rado,  spe- 
cialmente quest'ultima,  venivano  a  Mantova.  I  tre  appartamenti 
sebbene  per  certi  usi  fossero  promiscui  per  tutta  la  famiglia,  pure 
avevano  ciascuno  una  particolare  destinazione;  il  primo  era  spe- 
cialmente riservato  al  Principe  Vincenzo,  1'  altro  alla  Duchessa 
Eleonora,  il  terzo  al  Duca. 

(1;  Questi  documenti  furono  cortesemente  messi  a  nostra  disposizione  dal 
signor  Stefano  Davari,  egregio  Dirigente  dell'Archivio  Gonzaga. 


26  Uj  castello  di  coito. 


Quanto  alla  decorazione  di  questi  appartamenti ,  non  si  deve 
credere ,  che ,  essendo  il  Duca  e  la  Duchessa  vecchi  e  bigotti  , 
dovesse  riescire  d'indole  tetra  e  melanconica;  due  sole  cose  af- 
fermano i  sentimenti  personali  dei  Padroni ,  cioè ,  che  in  ogni 
appartamento  vi  fu  eretto  un  Oratorio,  e  che  dappertutto  vi  ven- 
nero proscritte  le  pitture  pornografiche;  di  queste  ve  ne  erano 
già  a  sazietà  nella  villa  di  Marmirolo  e  nel  palazzo  del  Te;  del 
resto  l'intonazione  era  gaia,  splendida  di  colori  e  d'oro,  ricca  di 
figure  simpatiche,  di  accenni  festivi,  di  simboli  graziosi  ;  vi  erano 
ridenti  allusioni  alla  Poesia,  alla  Musica,  alla  Gioventù,  all'  Ab- 
bondanza ;  vi  erano  dipinti  sulle  pareti  o  su  tele  i  fatti  più  im- 
portanti della  storia  mantovana ,  le  imprese  più  nobili ,  i  perso- 
naggi più  illustri  ,  le  principesse  più  eulte  della  Casa  Gonzaga  ; 
onde  il  palazzo  di  Goito  si  può  sotto  un  certo  punto  considerare 
come  l'apoteosi  di  Mantova  e  dei  Gonzaga. 

Teneva  la  direzione  suprema  dei  lavori  lo  stesso  Duca;  e  nulla 
si  faceva  senza  un  preciso  ordine  suo,  che  veniva  spedito  a  voce 
o  per  iscritto  a  mezzo  dei  molti  suoi  Agenti;  sul  luogo  sovrain- 
tendeva  in  principio  Pompeo  Pedemonte.  Discendeva  questi  da 
una  famiglia  Veronese,  che  era  venuta  a  stabilirsi  a  Mantova  nei 
primi  anni  del  1400;  suo  padre  Giovan  Francesco  era  stato  sco- 
laro e  aiuto  del  Mantegna  e  di  Giulio  Romano;  suo  fratello  Cesare 
era  addetto  alla  fabbrica  di  s.  Andrea,  e  vi  lavorava  come  pit- 
tore; il  nostro  Pompeo  era  Prefetto  delle  fabbriche  ducali,  e  diede 
i  disegni  delle  fabbriche  di  Goito  ;  più  tardi  per  le  molte  occu- 
pazioni sue  e  per  l'età  avanzata  gli  fu  aggiunto  l'architetto  Gio- 
vanni Trabalese  (1)  qui  venuto  da  Roma  raccomandato  dal  pro- 
tonotario  Capilupi  ;  e  infine  fu  applicato  a  queste  fabbriche  anche 

(1)  Vedi  in  fine.  Doc.  I.  —  Avvertiamo  una  volta  per  sempre,  die  forse 
in  nessuna  delle  lettere  ,  che  pubblichiamo,  si  parla  di  un  solo  argomento, 
ma  in  quasi  tutte  si  toccano  più  soggetti;  gli  Agenti  discorrono  promiscua- 
mente dei  varii  Artisti,  questi  delle  varie  opere,  a  cui  intendono;  per  non 
mutilarle  di  troppo,  il  Le'.tore  vedrà  in  ciascuna  il  punto,  che  riguarda  il 
fatto,  a  prova  del  quale  la  lettera  è  citata  ;  e  del  resto  il  documento  intero 
gioverà  a  rendere  un'idea  più  completa  delle  persone  e  delle  cose. 


IL    CASTELLO    DI    COITO.  27 


Bernardo  Facciotto,  che  dopo  alcuni  anni  diventerà  anch'esso 
Prefetto  delle  fabbriche  ducali. 

Gli  otto  locali  dell'appartamento  del  Principe  Vincenzo  si  chia- 
mavano: 1.  sala  dei  Festoni.  2.  vestibolo  dei  Cani.  3.  cappella 
della  Madonna,  4.  camera  dei  Leoni.  5.  camera  delle  Imprese. 
6.  camera  grande  degli  Scudi.  1.  camera  dei  Laghi.  8.  camerino 
delle  Palme.  Questi  nomi  delle  varie  stanze  sono  tolti  quasi 
sempre  dai  dipinti,  che  in  ciascuna  di  esse  principalmente  cam- 
peggiano ;  il  che  veggiamo  anche  nella  reggia  in  città  e  nel  pa- 
lazzo del   Te. 

Ben  poco  abbiamo  nei  nostri  documenti  a  illustrazione  di  queste 
stanze  ;  solo  sappiamo  che  la  sala  dei  Festoni  era  stata  dipinta 
dal  Borgani  (1);  in  quella  delle  Imprese  si  vedevano  rappresen- 
tate le  15  imprese^  che  in  varie  epoche  e  per  diverse  cause  erano 
state  assunte  dai  Principi  di  Casa  Gonzaga ,  e  qui  le  citiamo  : 
1.  una  Cerva  col  motto  tedesco  Biderkraft.  2.  un  Crogiuolo  sopra 
il  fuoco  con  verghette  d'  oro,  e  il  motto  Domine  probasti.  3.  il 
Monte  Olimpo,  e  sulla  sommità  la  parola  Fides.  4.  Una  Fortezza 
e  la  parola  greca  Au.(oy.o;.  5.  una  Museruola  di  fili  di  seta,  e 
il  motto  Cautius.  6.  un  Cane  levriero,  e  le  parole  Feris  tantum 
fensus.  7.  una  Salamandra  e  il  motto  Quod  huie  deest  me  torquet. 
8.  il  sole  nascente,  e  il  motto  non  mutuata  luce.  9.  il  sole  rag- 
giante, e  il  motto  Per  un  disir.  10.  la  Luna  crescente,  e  la  pa- 
rola Sic.  11.  due  Lancie  intrecciate  e  sotto  uno  scettro  col  motto 
Nulla  salus.  12.  un  Guanto  col  motto  spagnuolo  Buena  fé  no  es 
mudable.  13.  due  Mani  che  si  stringono  e  la  parola  In  ceternum, 
14.  un  fascio  di  freccie,  e  il  motto  Non  son  letales.  15.  un  uc- 
cello sopra  un  tronco  d'albero,  e  il  motto  francese  Vrai  Amor. 
Sarebbe  molto  curioso  dare  la  storia  e  il  significato  di  queste 
varie  Imprese,  ma  qui  non  é  il  luogo. 

La  camera  grande  degli  Scudi  era  una  specie  di  Armeria;  i 
Gonzaga  ebbero  sempre  un  gran  trasporto  per  questo  genere  di 
collezioni;  l'Armeria  della  reggia  era  cosa  veramente  mirabile. 


(1)  Doc.  II. 


28  H.    CASTELLO    DI    COITO. 


Nel  camerino  delle  Palme  vi  era  un  dipinto  allusivo  al  verso 
di  Virgilio 

Primus  Idnmacas  referam  Uhi,  Manina,  palmas. 

Il  principe  Vincenzo  veniva  assai  di  rado  a  godere  questo  ap- 
partamento; a  lui  giovane  e  libertino  dava  noia  l'austerità  del 
padre  e  la  vita  monotona  della  corte;  egli  preferiva  il  soggiorno 
di  Mantova ,  gli  svaghi  di  Marmirolo  e  quelli  di  Viadana  dove 
era  vicino  alla  contessa  Barbara  Sanseverino,  che  egli  sempre 
amava.  La  sua  sposa  Eleonora  era  dedita  alle  cure  della  famiglia, 
che  le  cresceva  d'intorno,  e  si  trovava  meglio  lontana  dagli  suo- 
ceri severi  o  cavillosi. 

Ancora  meno  possiamo  dire  del  secondo  appartamento,  di  quello 
cioè  riservato  alla  Duchessa;  gli  otto  locali  si  chiainavano  :  1.  sala 
delle  Aluse.  2.  vestibolo  dei  Monti.  3.  cappella  del  Salvatore, 
4.  camerone  quadro  delle  Aquile.  5.  camerino  degli  Spiritelli. 
G.  camera  di  mezzo  delle  Maschere.  7.  camera  della  Cerca.  8.  ca- 
merino delle  Sportelle. 

Graziosissime  —  dice  il  Giusti  nella  -sua  descrizione  —  erano 
Je  9  fanciulle  che  raffiguravano  1(3  Muse;  né  a  noi  deve  fare 
meraviglia ,  che  esse  sieno  state  dipinte  in  una  delle  sale  della 
Duchessa,  perchè  sappiamo,  che  ella  non  era  aliena  dalla  poesia, 
che  aveva  preso  sotto  la  sua  protezione  l' infelice  Torquato  Tasso, 
il  quale  poi  a  rimeritamela  le  intitolò  quel  nobile  Discorso  della 
Virtù  femminile  e  donnesca. 

Nella  cappella  del  Salvatore  vi  erano  due  dipinti  dell'Andrea- 
sino,  la  Risurrezione  e  la  Pietà;  in  essa  la  religiosa  donna  pas- 
sava il  meglio  del  suo  tempo  in    preghiere  ed  in  meditazioni. 

Il  camerone  quadro  delle  Aquile  era  la  sala  da  pranzo  della 
famiglia,  e  nella  sala  della   Cerva  dormiva  la  Duchessa. 

Né  più  altro  sappiamo. 

II. 

Invece  possiamo  descrivere  con  ogni  particolarità  l'appartamento 
del  Duca,  e  colla  scorta  dei  documenti  ricostituirne  tutte  le  sale. 
Gli    otto    locali  di  questo    piano  si  denominavano:  1.  saletta    dei 


IL    TASTEr-LO    DI    HOITO.  20 

Mesi.  2.  camera  delle  Arhii.  o.  cappella  lunga.  4.  cauiera  Mu- 
sicale. 5.  camerino  della  Rocca.  6.  camera  della  Vittoria.  7.  ca- 
mera dei  Frutti.  8.  camera  delle    Virtù. 

L'atrio  qui  si  chiamava  anche  s^la  dei  Paesi,  perché  vi  erano 
dipinti  i  più  grossi  borghi  del  Mantovano,  e  con  tale  arte  di 
prospettiva,  che  il  Giusti  nella  sua  descrizione  ne  esprime  la  sua 
alta  ammirazione. 

Nella  sala  dei  Alesi  vi  erano  4  grandi  quadri  del  Borgani  , 
che  rappresentavano  le  Stagioni  (1). 

La  camera  delle  Armi  era  cosi  detta,  perchè  vi  erano  dipinte 
le  armi  delle  otto  più  illustri  Principesse,  che  erano  venute  spose 
nella  famiglia  Gonzaga;  vi  si  vedevano  quindi  le  armi  di  Agnese 
Visconti,  di  Paola  Malatesta,  di  Barbara  di  Brandeburgo,  di  Mar- 
gherita di  Baviera,  d'Isabella  d'Este,  di  Margherita  Paleologa,  di 
Eleonora  d'Austria  e  di  Eleonora  de'  Medici,  le  due  ultime  spose 
viventi;  erano  dunque  le  più  ragguardevoli  famiglie  d'Italia  e 
d'Europa,  che  avevano  cercato  l'alleanza  dei  Gonzaga;  in  questa 
sala  per  mezzo  di  ricordi  gentili  si  richiamavano  alla  mente  le 
epoche  più  belle  e  più  floride  della  casa  Regnante. 

La  cappella  lunga  era  stata  ornata  con  cura  particolare  sotto 
gli  ordini  stessi  del  Duca  ;  quivi  Guglielmo  passava  lunghe  ore 
della  sua  giornata  ,  sia  solo  in  preghiere ,  sia  in  compagnia  dei 
varii  Frati,  che  egli  aveva  insediato  a  Goito,  in  dispute  teologiche, 
di  cui  compiacevasi  assai,  o  ascoltando  le  lodi  di  qualche  santo, 
specialmente  se  coronato;  ai  frati  egli  aveva  assegnato  la  paroc- 
chia  del  borgo,  una  chiesa  secondaria,  e  le  tre  cappelle  del  pa- 
lazzo ducale;  se  ne  vedevano  quindi  dappertutto,  ma  dappertutto 
erano  contenuti  ;  non  facevano  da  padroni.;  il  padrone  era  solo  il 
Duca,  il  quale  sentiva  tanto  della  autorità  sua,  che  non  ne  avrebbe 
ceduto  un  bricciolo  a  nessuno  per  nessuna  causa;  e  religioso, 
come  era,  sostenne  non  poche  controversie  colla  Santa  Sede  per 
mantenere  intatti  i  suoi  diritti  giurisdizionali,  e  lottò  a  lungo  per 
non  avere  i  Gesuiti  a  Mantova  ,    che    accettò    solo    per  liberarsi 

(1)  Doc.  III. 


30  ir.    CASTELLO    DI    COITO. 


dalle  insistenze  della  moglie,  la  quale  aveva  fatto  un  voto  di  in- 
trodurveli. 

Una  sala  delle  più  splendide  era  quella  denominata  musicale; 
la  ricca  ornamentazione  era  stata  disegnata  dal  Trabalese  (1);  Teo- 
doro Ghisi  vi  aveva  dipinti  sulle  pareti  in  gruppi  graziosi  giovinetti 
e  donzelle,  che  con  varii  strumenti  suonavano;  e  nel  mezzo  della 
vòlta  vi  era  raffigurato  per  mano  dell' Andreasi  il  Trionfo  della 
Musica.  E  come  nella  sala  delle  Armi  erano  ricordate  le  otto 
più  illustri  Principesse  della  Casa  Gonzaga,  qui  si  vollero  ricor- 
dati gli  otto  Cardinali  della  stessa  Casa,  ritratti  al  naturale  da 
Stefano  Sanvito,  pittore  abilissimo  a  cogliere  le  fisonomie;  i  Car- 
dinali erano  dipinti  a  due  a  due  per  ogni  angolo  della  sala,  e  disposti 
in  ordine  cronologico;  vi  si  vedevano  Francesco  eletto  da  Pio  II 
nel  1461,  Sigismondo  da  Giulio  II  nel  1505,  Ercole  da  Clemente  VII 
nel  1527,  Pirro  figlio  di  Lodovico  principe  di  Sabbioneta  pure  da 
Clemente  VII  nel  1528,  Francesco  figlio  di  Ferrante  principe  di 
Guastalla  da  Pio  IV  nel  1561,  Federico  pure  da  Pio  IV  nel  1563, 
Gian  Vincenzo  figlio  del  predetto  Ferrante  di  Guastalla  da  Gre- 
gorio XIII  nel  1578,  e  Scipione  figlio  di  Carlo  principe  di  Bozzolo, 
che  fu  eletto  da  Sisto  IV  intanto  che  si  costruiva  questo  palazzo  ; 
è  quel  medesimo  che  prima  era  Patriarca  di  Gerusalemme,  amico 
e  protettore  del  Tasso,  e  tanto  nominato  nello  lettere  dell'infelice 
Poeta. 

Questa  sala,  che  ricordava  le  glorie  ecclesiastiche  della  fami- 
glia, glorie  allora  tanto  apprezzate,  era  la  Camera  di  lavoro  del 
Duca;  quivi  teneva  consiglio  co'  suoi  ministri  Aurelio  Zibramonte, 
Tulio  Petrozzani,  Marcello  Donati  ;  quivi  dettava  le  lettere  a'  suoi 
Segretarii,  il  Cattaneo,  l'Arrigoni,  l'Assendi,  il  Mainoldi;  quivi  si 
occupava  di  tutta  1'  amministrazione  del  ducato  ,  dalle  cose  più 
importanti  alle  più  frivole,  dalla  nomina  d'  un  Generale  a  quella 
di  uno  scudiero,  dal  maritaggio  di  una  Principessa  alla  riscossione 
di  un  balzello,  dalle  relazioni  coll'Impero,  colla  Santa  Sede,  colla 
Spagna  alle  tabelle  di  un  gastaldo  de'  suoi  fondi  ;  qui  passava 
tanta  parte  del  suo  tempo  quanto  nell'oratorio,  religioso  e  avaro. 


(1)  Doc.  IV. 


IL    CASTELLO    DI    GOiTO.  ài 

Nel  camerino  della  rocca  vi  era  la  libreria;  e  da  esso  si  pas- 
sava alla  camera  della   Vittoria,  che  era  la  sala  di  studio. 

La  sala  della  Vittoria  è  la  più  importante  di  tutte  le  altre 
del  palazzo,  e  dei  lavori  in  essa  eseguiti  abbiamo  copiosi  docu- 
menti ;  era  cosi  detta ,  perchè  vi  si  vedevano  dipinte  le  vittorie 
riportate  dai  Gonzaga,  dalla  battaglia  del  Taro  alle  scaramuccio 
vinte  nella  Navarra  da  Vespasiano  di  Sabbioneta. 

Il  Pedemonte  aveva  dato  i  disegni  della  ornamentazione  (1)  ; 
altre  decorazioni  vi  aggiunse  il  Sanvito  ,  e  quattro  istorie  vi  di- 
pinse nella  soffitta  il  Borgani  (2)  ;  al  Ghisi  era  stato  dato  l' in- 
carico di  ritrarre  le  vittorie  di  Federico  ,  di  Ferrante  ,  di  Rodo- 
monte e  di  Vespasiano  ;  ma  la  vittoria  principale,  quella  che  ha 
tuttora  tanto  nome  nella  storia,  riportata  al  Taro  dal  marchese 
Francesco  contro  Carlo  Vili ,  venne  riservata  al  maggiore  degli 
artisti,  all'Andreasino.  Come  egli  la  ideasse,  come  per  dipingerla, 
abbia  prima  voluto  recarsi  al  Taro,  a  Fornovo,  a  visitare  il  campo 
di  battaglia,  lo  sappiamo  dalla  sua  lettera  (3).  11  quadro  non  era 
ancora  finito ,  che  già  vi  erano  disegnate  51  figure  d'  uomini  e 
36  cavalli  (4)  ;  la  grandiosità  del  dipinto  era  pari  alla  importanza 
della  battaglia,  e  degno  ornamento  di  tanta  sala. 

È  strano  che  il  duca  Guglielmo  abbia  scelto  per  sua  camera 
di  studio  questa  sala ,  che  ricordava  glorie  di  tal  genere  ,  che 
egli  non  poteva  emulare  ;  malaticcio  e  gobbo  non  sapeva  neppur 
montare  a  cavallo  ;  egli ,  che  rese  florido  il  suo  dominio  con 
savie  leggi  amministrative ,  economiche ,  giudiziarie ,  non  poteva 
farlo  glorioso  col  guidare  eserciti  ;  forse  a  consolarsi  di  questa 
sua  impotenza ,  si  compiaceva  ad  ammirare  le  vittorie  riportate 
da*  suoi  avi  e  da'  suoi  congiunti. 

Studioso  e  dotto  era  Guglielmo,  ma  la  sua  cultura  aveva  confini 
molto  angusti  ;    leggeva  volontieri  gli  Inni  Saeri  di  Marcantonio 


(1)  Doc.  V. 

(2)  Doc.  VI. 

(3)  Doc.  VII  e  Vili. 

(4)  Doc.   IX. 


32  IL    fASTRLLO    DI    COITO. 


Moreto,  di  cui  aveva  accettato  la  dedica  ,  e  i  Salmi  interpretali 
da  Giambattista  Folengo ,  fratello  del  poeta  noto  col  nome  di 
Merlin  Coecai  ;  tra  gii  storici  preferiva  il  Platina,  1' Equicola,  il 
Giovio;  disputava  volentieri  sul  libro  di  G.  B.  Possevino  seniore 
dell'  onore  e  del  duello,  materia  anche  allora  di  passionate  discus- 
sioni ;  0  nei  momenti  di  buon  umore  leggeva  V  Amadigi ,  di  Ber- 
nardo Tasso  ,  che  era  stato  suo  segretario^  la  Gerusalemme,  di 
Torquato,  che  in  questo  tempo  era  suo  ospite  a  Mantova,  e  al- 
cune liriche  del  Bembo. 

Altra  stanza  pur  mirabile  era  quella  denominata  dei  Frutti  ; 
l'ornamentazione  disegnata  dall' Andreasino  era  stata  eseguita  dal 
Ruboni  (1).  In  questa  sala  Guglielmo  volle  dipinti  tutti  i  Principi 
di  Casa  Gonzaga,  cioè  i  4  capitani:  Luigi,  Guidone,  Lodovico  e 
Francesco;  i  4  marchesi:  Gianfrancesco ,  Lodovico,  Federico  e 
Francesco;  e  i  tre  duchi  col  principe  ereditario,  F'ederico,  Fran- 
cesco, Guglielmo  e  Vincenzo  ;  era  tutta  la  Casa  Gonzaga  dal  suo 
giungere  al  principato  1328  fino  al  presente  1587.  Queste  figure 
furono  eseguite  dal  Sanvito  e  dal  Mainardi  ,  i  quali  usarono  la 
massima  cura  per  avere  i  ritratti  fedeli  e  i  costumi  delle  varie 
epoche  (2).  È  dunque  vero  che  il  palazzo  di  Goito  era  V  apoteosi 
di  Mantova  e  dei  Gonzaga. 

E  questa  era  la  sala  delle  udienze  ;  quivi  il  Duca  riceveva 
quanti  avevano  bisogno  di  parlare  con  lui ,  dai  dignitari  dello 
Stato  all' ultimo  dei  sudditi  :  tutti  ascoltava,  di  tutto  s'interessava, 
a  tutto  voleva  provvedere. 

Ultima  per  posizione,  non  certo  *per  bellezza  e  per  importanza 
artistica,  veniva  la  Camera  delle  Virtù;  vi  erano  dipinte  sulle, 
pareti ,  in  forma  di  giovani  donne  ,  le  varie  Virtù  coi  rispettivi 
loro  emblemi  ,  e  la  Carità,  come  la  prima  di  tutte  le  Virtù,  era 
rappresentata  nel  mezzo  della  vòlta. 

Questa  era  la  sala  di  svago  di  Guglielmo  ;  dalle  sue  finestre  , 
rivolte  a  settentrione,  egli  poteva  ammirare  quello  stupendo  pao- 


(1)  Doc.  X. 

(2)  Doc.  XI,  XII,  XHI. 


I 


H,    CASTELLO    DI    COITO.  33 


saggio,  che  a  guisa  di  anfiteatro  é  circoscritto  dai  colli  di  Custoza, 
di  Valeggio,  di  Volta,  di  Cavriana,  di  Solferino,  di  Castiglione; 
e  a'  suoi  piedi  vedeva  le  acque  azzurre  del  Mincio,  che  venivano 
a  lambire  il  palagio,  i  giardini  ,  il  parco. 

A  ornare  completamente  il  palazzo  occorrevano  ancora  tappeti, 
cortinaggi ,  damaschi ,  e  il  Duca  mandò  a  Venezia  Ottaviano 
Cavriani  della  Camera,  perché  coli'  intervento  del  suo  agente  Ca- 
millo Gattico  ,  dal  mercante  Bartolomeo  Del  Calice  ,  ne  acqui- 
stasse (1);  e  in  questa  occasione  e  per  lo  stesso  uso  si  compe- 
rarono anche  degli  arazzi  (2). 


III. 

Contemporaneamente  al  palazzo  ducale  e  coi  medesimi  artisti , 
architetti  e  pittori,  si  rinnovava  il  palazzo  secondario,  detto  Mo- 
nasterolo,  posto  nella  parte  triangolare  del  pentagono,  assegnato 
per  abitazione  de'  Paggi ,  ma  che  ebbe  momentaneamente  anche 
un'  altra  destinazione. 

Secondo  la  descrizione,  che  ne  abbiamo,  anche  il  Monasterolo 
si  componeva  di  quattro  appartamenti  o  piani ,  e  ciascuno  era  di 
quattro  stanze. 

Il  primo  piano  comprendeva:  1.^  La  sala  dei  Fogliami;  2.°  la 
camera  degli  Uccelli  ;  2°  il  camerino  dei  Grifoni  ;  4.°  la  ca- 
mera delle  Corone.  In  questo  appartamento  lavorarono  insieme 
il  Rubone,  il  Mainardi ,  il  Riva  e  Battista  Bresciano  (3). 

Le  stanze  del  secondo  piano  si  chiamavano  :  1.^  Sala  delle 
Istorie  ;  2.*  Camerino  dei  Quadretti  ;  3.^  Camerino  delle  Nicchie; 
4.^  Camera  dei   Tronconi. 

Nel  terzo  appartamento  vi  erano  le  stanze  dette  :  1.'  Sala  dei 
Pattini;  2.**  Camerino  dei  Grotteschi;  3."  Camerino  della  Fama; 
4."  Camera  degli  Armadi. 

(1)  Doc.  XIV. 

(2)  Doc.  XV. 

(3)  Doc.  XVI  e  XVII. 

Arch.  Stor.  Lomh.  —  Anno  XV.  3 


34  IL    CASTELLO    DI    COITO. 


In  questa  epoca,  come  abbiamo  già  detto,  nascevano  al  prin- 
cipe Vincenzo  due  bambini  ;  e  poiché  il  Duca  amava  vederli ,  e 
per  qualche  tempo  tenerli  presso  di  sé,  e  1'  aria  di  Coito  era  assai 
salubre,  cosi  furono  destinati  pei  bambini  questi  due  ultimi  ap- 
partamenti, che  si  dissero  perciò  anche  della  Culla. 

Il  quarto  appartamento,  che  era  il  più  bello,  era  talvolta  abi- 
tato anche  dal  Duca,  quando  gli  artisti  lavoravano  nelle  proprie 
sue  stanze.  I  vari  locali  si  denominavano:  1.°  Sala  del  Rosone; 
2.°  Sala  degli  Specchi;  3.°  Sala  della  Pace;  4.°  Sala  dell' ^6- 
bondanza.  Il  Rosone  del  primo  locale  era  stato  eseguito  dal  Ru- 
bone  (1),  e  i  quadri  della  Pace  e  deW Abbondanza  nelle  rispettive 
sale  erano  del  Borgani  (2). 

I  due  palazzi  erano  cosi  delineati,  e  mano  mano  si  liquidavano 
i  conti  dei  vari  artisti  che  vi  avevano  lavorato  ;  e  ora  il  Pede- 
monte ,  ora  il  Trabalese  ne  erano  gli  intermediari  ;  dovendo  il 
Pedemonte  fissare  il  prezzo  di  alcuni  quadri  del  Borgani  e  del 
Ghisi ,  scrisse  al  Cattaneo ,  segretario  del  Duca  ,  una  lettera , 
nella  quale  si  abbandona  a  tali  considerazioni  ,  che  crediamo 
degne  di  essere  qui  riportate  nel  contesto  della  nostra  me- 
moria : 

Mi  ricordo  liaver  scritto  a  V.  S.  sopra  il  quadro  del  Burgano  ri- 
cercandomi che  mi  paresse  chel  potesse  valere  che  V  averla  poi  pen- 
sato se  si  gli  havcsse  dovuto  dar  denari ,  al  che  gli  risposi  che  mi 
pareva  poter  valere  bora  doicenlo  scuti  ora  più  et  bora  manco  perchè 
non  era  finito  ,  ma  che  sapevo  ben  certo  che  si  gli  potevan  dare  li 
cinquanta  scudi  che  lui  domandava.  Ma  ora  rispondendo  alla  poliza 
sua  ricevuta  questa  mattina  sopra  dei  quadri  del  Ghisi ,  ne  gli  dirò 
però  essi  vagliano  così  ma  per  adurre  un  modo  che  possi  dar  luco 
del  valor  loro  farò  qui  per  esempio  un  paragone.  Come  a  dire  se 
opere  tali  fussero  state  fatte  per  mane  di  quegluomini  si  de  moderni 
come  di  antichi  tanto  famosi  et  eccel.^'  nella  pittura,  S.  A.  non  gli  pa- 
garla con  seicento  scudi  luno ,  se  già  non  vi  fossero  altri  che  giudi- 
cassero   non    si    poter    pagare  per  la  tanta  eccelenza  del  arte ,   e  qui 

(1)  Doc.  XVIII. 

(2)  Doc.  XIX. 


IL    CASTCLLO    DI    COITO.  85 


non  si  stima  mai  il  tempo  che  vadì  a  farle  porche  la  tanta  bellezza 
con  tanta  dottrina  ed  arte  non  Io  ricerca,  ne  credo  però  che  questi 
che  à  S.  A.  qui  in  Mantova  per  la  inteligenza  loro  vadino  tanto  al- 
tieri che  habbino  haver  a  male  se  io  non  li  appareggio  a  tali  di  sopra 
a  tutti  per  ciò  eh'  io  li  stimo  umili  e  virtuosi.  Intesi  una  volta  che 
gì'  Imperatori  fatti  da  Ticiano  l' Ecc.''  del  S.''  duca  Federico  padre  di 
S.  A.  gli  detti  una  gran  summa  di  denari ,  ma  V.  S.  mi  dirà  forsi 
egli  pagò  la  riputatione ,  ma  forsi  che  ne  perciò  che  per  la  ecc."  e 
dotrina  sua  fu  l' inventore  esso  Ticiano  dalle  Teste  in  fuori  perchè  le 
tolse  dallo  medaglie  ben  che  ancora  li  ci  wioìe  buona  inteligentia. 
Pagò  anco  per  quanto  intesi  a  Antonio  da  Coreggio  certi  puochi 
quadri  col  maritargli  due  figliuole,  ò  voluto  far  questo  puoco  discorso 
accio  S.  A.  possi  far  quella  risolutione  che  gli  pare  intorno  a  queste 
fatture.  ' 

Quanto  alle  imperatrici  non  è  dubbio  alcuno  che  la  fattura  di  cia- 
scuna escede  assai  a  quello  dei  papi  per  tanti  ornamenti  e  conciature  di 
tosta  con  varjj  modi  vestite.  V,  S.  mi  dirà  che  io  ò  voluto  dir  un 
mondo  di  cose ,  ma  io  le  ò  volute  dire  havendomi  parso  non  essere 
fuori  di  proposito da  Mantova  7  luglio  1587. 

Pompeo  Pedemonte, 

E  anche  a  noi  pare ,  che  le  cose  dette  dall'  egregio  artista , 
non  sieno  punto  fuori  di  proposito. 


IV. 

Dalla  parte  di  borea  e  verso  occidente  ,  dalle  rive  del  Mincio 
fino  al  grande  stradale  Bresciano,  si  stendeva  1'  ameno  e  delizioso 
parco.  In  origine,  quando  imperavano  Principi  dediti  alle  armi  e 
alla  caccia,  quivi  erravano  fiere  selvaggie;  sotto  Guglielmo, 
uomo  mite  e  dolce,  quelle  fiere  furono  sostituite  da  animali  do- 
mestici ,  da  uccelli  canori  ,  da  pasci  dorati  ;  a  disegnare  i  viali , 
i  boschi,  le  aiuole,  a  farvi  le  ricche  piantagioni  fu  chiamato 
certo  Bernardino  Passalacqua,  da  Casale,  ritenuto  assai  esperto 
in  simili  lavori  (1). 

(1)  Dee.  XX. 


36  IL    CASTELLO    DI    COITO. 


In  alto,  alla  estremità  del  parco,  vi  era  una  graziosa  palazzina, 
denominata  allora  palazzo  della  Costa,  che  serviva  di  abitazione 
ai  giardinieri  ,  di  tepidario  ai  fiori  e  agli  agrumi  durante  1'  in- 
verno ;  nel  centro  sorgeva  una  stupenda  fontana  in  marmi  lavo- 
rati su  disegni  del  Trabalese  ;  questo  architetto,  per  divertire  il 
Duca,  pensò  di  aggiungervi  alcuni  giochi,  a  descrivere  i  quali 
lasciamo  a  lui  la  parola  : 

Ho  fatto  un  modello  d'  una  burla  che  si  potrebbe  fare  in  detta  fon- 
tana ,  nel  mezzo  di  d.*-'^  fontana  fare  un  isoletta  pur  di  legname  con 
un  ponte  a  guisa  d'  una  zatta  dove  si  potrebbe  andare  a  mangiare  o 
per  altro  passatempo,  et  quando  fusse  congregato  là  otto,  o  dicci ,  la 
d.'^^  zatta  so  ne  va  al  fondo,  et  lassa  i  detti  abbandonati  suU'  isola,  et 
la  à.^^  isola  comincia  andare  al  fondo  ancor  lei ,  et  va  sotto  adagio 
per  maggior  tormento  di  chi  vi  si  trova,  et  quand'  ella  è  andata  al 
fondo  comincia  a  ritornare  di  sopra ,  di  poi  ritorna  il  ponte  acciò  i 
detti  se  ne  possino  andare  al  sole  a  rasciugare.  Vo  fare  sperienza  di 
un  altra  cosa  assai  dilettevole,  di  poi  fatta  ne  darò  aviso Goito  21 

Mag."  87. 

Fran."  Traballesi. 


In  questo  parco  discendeva  spesso  Guglielmo  a  passeggiare  ; 
spesso  seduto  sopra  sedili  di  vimini  all'  ombra  di  qualche  platano, 
si  intratteneva  a  discorrere  famigliarmente  colle  persone  che 
venivano  da  Mantova  e  da  Casale  a  ossequiarlo  ;  e  quando  si 
trovava  bene  in  salute  diveniva  espansivo  e  verboso  ;  adattava  i 
discorsi  alle  persone  che  1'  attorniavano  ;  cogli  ecclesiastici ,  che 
erano  gli  ospiti  più  graditi,  ragionava  del  cugino  nipote  Luigi  di 
Castiglione,  esempio  di  tutte  le  virtù,  che  dopo  morte  fu  poi  as- 
sunto all'onore  degli  altari;  della  chiesa  di  santa  Barbara,  che 
egli  ha  fatto  costrurre  a  complemento  della  sua  reggia  in  città  ; 
del  Concilio  di  Trento,  alle  cui  sedute  nel  1562  egli  aveva  assi- 
stito presso  lo  zio  cardinale  Ercole ,  che  lo  presiedeva  in  nome 
del  Pontefice;  coi  segretari  ricordava  la  sua  andata  alla  Dieta 
d'  Augusta  nel  1566 ,  dove  aveva  perorato  per  la  concordia  dei 
Principi    Cristiani ,    affine  di  opporsi  ai  Turchi  minacciosi  ;    cogli 


IL    CASTELLO    DI    GOITO.  37 


artisti  e  cogli  uomini  di  lettere  parlava  di  Giulio  romano ,  che 
egli  aveva  conosciuto,  della  sala  della  Mostra,  dove  voleva  isti- 
tuire un  Museo  di  storia  naturale  e  una  Protomoteca. 

Erano  quasi  condotte  a  termine  fabbriche,  decorazioni ,  parco , 
fontane ,  e  molte  ragguardevoli  persone  venivano  ad  ammirare 
questa  principesca  residenza  (1) ,  quando  il  14  agosto  1587  il 
duca  Guglielmo  moriva  ;  ecco  una  lettera  del  Trabalese  al  Cat- 
taneo, del  15  agosto,  che  parla  della  morte  del  Duca,  della  ma- 
schera che  ne  aveva  tratto,  e  se  avevansi  a  sospendere  o  pro- 
seguire i  lavori  della  rocca  : 

È  piaciuto  a  Dio  Ben.'o  lassarci  sconsolato  col  haverci  tolto  il  no- 
stro S.f^  eco Io  l'ho  formato  acciò  se  il  Ser.^o  S/  duca  suo 

figliolo  et  mio  patrone  ,  vorrà  che  gliene  faccia  un  ritratto  di  pittura 
o  ver  di  bronzo  come  alla  Altezza  sua  piacerà  comandarmi  sarò  pron- 
tiss.**  a  servirla.  Quanto  alle  fabbriche  qui  di  Goito  prego  V.  S.  vegga 
con  r  A.  sua  se  vuole  si  seguiti  o  si  soprasegga,  ma  harei  ben  caro 
prima  si  facesse  altro,  S.  A.  fusse  informata  come  sono  passate  le 
cose,  per  tanto  stanno  aspettando  la  sua  risposta di   Goito 

15  Ag.to  87. 

Fran.**  Traballesi. 

Ma  Vincenzo  aveva  in  uggia  il  palazzo  di  Goito  ;  quindi  vi 
fece  eseguire  solo  i  lavori  più  necessari ,  perché  non  rimanesse 
imperfetto ,  e  portò  invece  tutta  la  sua  attenzione  alle  fabbriche 
di  corte  in  città ,  alla  basilica  di  s.  Andrea ,  al  nuovo  palazzo 
della  Favorita,  al  castello  nel  Bosco  della  Fontana,  alla  villa  di 
Maderno,  dove  profuse  i  molti  tesori ,  che  il  padre  gli  aveva  ac- 
cumulato. 

Pure  anche  cosi  il  palazzo  di  Goito  rimase  un  gran  monu- 
mento della  splendidezza  dei  Gonzaga ,  una  bella  testimonianza 
delle  arti  gentili  mantovane  ;  ed  ebbe  al  suo  tempo  la  fama,  che 
prima  avevano  avuto  il  Castello  dipinto  dal  Mantegna,  il  palazzo 
del    Te,  opera  di  Giulio  Romano. 

(I)  Doc.  XXI. 


38  IL    CASTELLO    DI    GOITO. 


V. 


Benché  numerose  e  splendide  fossero  tutte  le  ville  dei  Principi 
di  Mantova,  questa  di  Goito  tenne  sempre  un  altissimo  posto. 
Quivi,  nel  1613,  fu  mandata  a  soggiornare  Margherita  di  Savoia, 
vedova  del  duca  Francesco,  quando,  essendosi  dichiarata  incinta, 
il  padre  suo,  per  mire  ambiziose,  la  voleva  richiamare  a  Torino  ; 
il  cognato  duca  Ferdinando  non  permise  che  partisse  dagli  Stati 
mantovani ,  e  a  lei  e  alle  persone  che  qui  erano  venute  dal  Pie- 
monte ,  assegnò  per  dimora  il  castello  di  Goito ,  ove  fu  trattata 
principescamente,  ma  anche  con  ogni  cura  vegliata  ;  quattro  mesi 
rimase  a  Goito  la  Principessa,  finché  avendo  dichiarato  d'essersi 
ingannata  sul  suo  stato  di  gravidanza,  abbandonò  questo  palazzo, 
e  per  la  via  di  Brescia  si  ritirò  alla  casa  paterna. 

A  Goito  soggiornarono  nel  settembre  del  1631  ,  il  duca  Carlo 
di  Nevers  e  la  nuora  Maria  Gonzaga ,  quando  aspettavano  che 
gli  Imperiali  abbandonassero  Mantova  per  poter  ritornare  alla 
reggia  dei  loro  Avi. 

Quivi  nel  giugno  del  1671  si  ritirò  col  suo  drudo  Carlo  Bul- 
garini  —  dicono  fosse  già  suo  marito  —  la  duchessa  Isabella 
Clara,  per  sfuggire  ai  sarcasmi  della  Corte  e  per  vivervi  in  pace 
i  suoi  ultimi  giorni  ;  e  di  qui  il  16  dicembre  dello  stesso  anno  , 
dopo  un  violentissimo  colloquio  coli'  ambasciatore  cesareo  conte 
di  Windisgratz ,  parti  precipitosamente  per  rifugiarsi  nel  mona- 
stero di  sant'  Orsola  a  Mantova,  mentre  il  Bulgarini  si  rinchiu- 
deva nel  convento  dei  Domenicani. 

Trovavasi  in  questo  palazzo  il  5  luglio  1693  il  duca  Ferdi- 
nando Carlo,  quando  avvenne  quello  spaventoso  terremoto  ,  che 
tanti  danni  portò  al  ducato  Mantovano  ;  e  pel  quale  crollarono 
alcune  stanze  di  questa  residenza. 

Ma  le  cose  dei  Gonzaga  volgevano  a  precipizio ,  e  la  rovina 
politica  travolgeva  seco  la  rovina  di  tutti  quegli  stupendi  palazzi , 
che  erano  veri  monumenti  d'  arte.    Nella   guerra  per  la  succes- 


IL    CASTELLO    DI    COITO.  39 

sione  spagnuola,  che  si  combatté  anche  sul  Mantovano  dal  1701 
al  1707,  Goito ,  preso  e  ripreso  dai  Galli-Ispani  e  dagli  Impe- 
riali, pati  orrendamente  ;  il  palazzo  era  ancora  in  uno  stato  tolle- 
rabile nel  1735  quando  vi  pose  il  suo  quartier  generale  il  re  di 
Sardegna  Carlo  Emmanuele  III,  che  nella  guerra  per  la  succes- 
sione di  Polonia  ,  che  essa  pure  si  combatteva  sul  Mantovano  , 
vi  comandava  i  Gallo-Sardi.  In  queste  scorrerie  di  eserciti  nemici 
la  villa  ducale  era  esposta  a  tutti  i  malanni  ;  erano  rubati  i 
quadri ,  gli  arazzi ,  i  vasi ,  i  cimelii  preziosi  ;  erano  devastati  i 
giardini,  il  parco,  uccisi  gli  animali,  infrante  le  fontane;  il" 
palazzo  danneggiato  dalle  artiglierie  e  noa  mai  restaurato,  ora 
caserma  ai  soldati,  ora  in  balia  dei  villici  che  lo  consideravano 
senza  padrone,  erasi  fatto  quasi  irriconoscibile  ;  un  giorno  ca- 
deva un  soffitto ,  un  altro  crollava  un  muro  ;  si  guastavano  i 
tetti ,  si  staccavano  i  marmi ,  andavano  in  pezzi  gli  usci ,  le  im- 
poste ;  era  tutto  una  rovina  ;  e  poiché  nessuno  pensava  ad  ar- 
restarla, quella  superba  mole  in  pochissimi  anni  si  sfasciò  com- 
pletamente ,  e  di  essa  non  rimase  altro  che  la  memoria  :  ove 
si.irgeva  la  rocca,  oggi  vi  sono  ortaglie  e  vigneti  ;  e  qua  e  là  si 
veggono  ancora  alcuni  ruderi  delle  grosse  muraglie  ,  soli  avanzi 
di  quella  principesca  residenza  che  ebbe  tanta  fama  nella  storia 
mantovana,  e  di  cui  parlano  con  tanta  esattezza  i  documenti 
dell'  Archivio  Gonzaga ,  quei  documenti  che  consentirono  a  noi 
(li  ricordare  il  suo  antico  splendore. 

G.  B.  Intra. 


40  ir.    CASTELLO    DI    COITO, 


DOCUMENTI  TRATTI  DALL'ARCHIVIO  GONZAGA 

Anxministrasione  interna  :  F.  IL  8. 


Minute.  —  Goito  10  Marzo  158G, 
Al  Maestrale  di  Mantova. 

Havendo  S.  A.  eletto  il  S.""  Fran.*'  Traballese  per  prefetto  delle  sue 
fabriche,  ma  che  per  adesso  habbia  principal  cura  di  questa  fabrica  di 
Goito  et  de  altre  fabriche  dell'.  A.  S.  fuori  di  cotesta  città ,  et  che  a 
quelle  d'  essa  città  attenda  per  hora  il  S/  Pompeo  Pedemonte  ser- 
vando r  uno  et  V  altro  d' essi  le  bolette  et  mandati  di  d.**^  fabriche 
conforme  al  carico  che  come  di  sopra  ciascuno  di  loro  adesso  esercita 
d'ordine  di  S,  A 


M.to   Ill..-e  s.''  mio  Oss.'iio  (1). 

S.  A.  me  comandò  che  ritrovassi  quel  intagliatore  Veronese  et  lo 
conducessi  da  Mes.""  Pompeo  ,  ma  si  ritrova  a  lavorare  al  duca  di 
Sabioneta  et  vi  starà  ancora  più  di  un  mese.  Io  diedi  il  disegno  della 
sofitta  al  d.to  Mes.'  Pompeo,  et  gli  dissi  che  S.  A.  comandava  che  gli 
disegni  delli  fogliami  sogli  facesse  por  di  dentro  alcuni  animali  et 
qualche  mezza  figura  per  uscire  dalla  stampa  vecchia,  che  cosi  ha 
usato  il  bon'  Antiche  (2)  et   in  particolare  Giulio  Romano.  Ho  veduto 

(1)  A  quasi  tutte  queste  lettere  manca  il  nome  della  persona,  a  cui  sono 
dirette,  perchè  a  molti  documenti  dell'  Archivio  Gonzaga  nei  tempi  trascorsi 
furono  levati  i  contrafogli.  —  Però  dal  contesto  delle  medesime  si  vede,  che 
sono  scritte  agli  Agenti  del  Duca,  e  specialmente  al  Cattaneo. 

(2)  L' Antiquo  era  uno  scultore  vissuto  in  Mantova  sulla  fine  del  se- 
colo XV,  e  il  suo  nome  era  Pier  Giacomo  Ilario. 


IL    CASTELLO    DI    COITO.  41 


poi  la  quartaparte  del  disegno  della  sofitta ,  il  quale  sarà  molto  bello 
et  benissimo  inteso.  Se  V.  S.  si  degnarà  dar  conto  di  ciò  al  S.''  Duca 
io  lo  riceverò  a  grandis.''  favore.  Mando  un  mio  Giovane  a  aparec- 
chiare  li  dui  quadri ,  il  quale  se  ne  spedirà  hoggi  et  dimane     .     .     . 

Da  Mantova  11  Agosto  1580. 

Fran.°  Borgani. 

DOC.  ni. 

Nel  vero  sono  sempre  stato  prontiss.'^  con  1'  animo  e  con  1'  opperà 
per  servigio  di  S.  A.,  ma  gli  è  occorso  che  la  mia  mala  sorte  a  guisa 
di  pestilenza  ha  infettato,  et  guasto  le  mie  forze,  perchè  son  stato  tre 
giorni  nel  letto  et  malamente  trattato  da  una  doglia  sotto  il  lato  del 
core  che  ne  per  medesine  et  mill'  altri  medicamenti  non  son  ancor 
fatto  sano,  però  così  a  malato  non  ho  voluto  mancare  del  debito  mio 
et  ho  finito  diligentem.te  li  quatro  quadri  (delle  stagioni)  tutti  di  mia 
ujano,  si  che  voria  pregare  Y.  S.  si  contentasse  per  sua  amorevolezza 
darne  conto  a  S.  A.  di  detti  quadri,  et  io  verrò  volentieri  costì  s'haverò 
comodità  di  carezza  perchè  non  posso  stare  a  cavallo  per  il  dolore 
ch'io  ho  dotto Di  Mantova  21  Tbre  1580. 

di  V.  S.  M.to   Ill.'-e  Ser.'-e 

Fran.co  Borgani. 

DOC.    IV. 

Feci  quelle  cartelle  et  1*  ho  fatte  mettere    d'  oro  insieme 

con  4  teste  di  leoni  di  rilevo  per   mettere    nelli    quattro   cantoni    del 

salon  musicale  eh'  hanno  a  reggere  4  festoni   pur  de  relevo    quali    io 

fo  horq,  che  daranno  un  ricco  finimento  a  quel  salone 

Goito  5  A2:.to  86. 

Fran.*'  Traballesi. 

Airill.  Sig.  Fed.^  Cattaneo. 


Adesso  bore  21  mi  è  sta  mandata  la  poliza  di  V.  S.  et  è-benis.° 
inteso  il  tutto,  ma  V.  S.  sappia  che  ancor  che  S.  A.  mi  babbi  detto 
di  voler  i  fogliami  nei  4  quadri  longhi,  io  però  non  ò  disegnato  da 
empirli  a  fatto,  ma  come  1'  avorà  visto  ci  vorrei  dipingere  delle  arme 
per  trophei  acquistati  in  quella    vittoria  et  anco  in  molti  altri  luochi , 


42  IL    CASTELLO    DI    COITO. 


ben  è  vero  che  sotto  le  piane  S.  A,  doverla  non  solo  contentarsi  ma 
desiderarvi  lo  intaglio ,  che  in  vero  saria  cosa  tanto  bella  quanto  dir 
si  possi  e  proprio  sarìa  un  mostrare  di  voler  per  tal  vittoria  far  qualche 
cosa  di  più  di  quello  che  si  fosse  pensato  ,  ne  pensa  V.  S.  che  altri 
intagli  vi  babbi  a  essere  se  non  le  rose  e  quelli  fiori  su  i  cantoni  e 
sulle  cornici  qualche  foglie  novoli  pater  noster  o  fusaruoli,  che  questi 
non  si  possono  fugire,  e  poi  in  una  camera  tale  che  quella  e  quella 
delle  virtù  sono  le  principali  e  le  ducali.  Però  aspetto  nuova  sopra  il 
terzo  disegno  mandato  questa  matina  in  vero  per  il  più  bello  di  essere 
esaudito,  ne  altri  disegni  per  ad  esso  manderò  a  V,  S.  perchè  voglio 
atendere  a  far  li  cartoni  della  grandezza  che  va  la  sofitta,  e  poi  partita 
che  sarà ,  farò  li  disegni  tutti  della  lor  giusta  grandezza ,  li  quali  ne 
mandarò  di  volta  in  volta  a  S.  A.  secondo  che  li  farò,  ma  havrei  ben 
caro  non  essere  tanto  incalzato  di  non    poter   far    cosa    buona ,  basta 

che  non  farò  altro Mantova  6  Ag.to  86. 

Pompeo  Pedemonte. 


Il  Sanvito  à  fatto  li  8  puttini  nel  sfondato  della  camera  Viteria,  gli 
manca  di  recercarli  et  fenirli ,  et  dice  che  in  una  settimana  la  finirà 
del  tutto.  Il  Burgano  dimanda  li  dinari  delle  quatro  istorie  fatte  nella 
sofitta  de  d.*^  camera  le  quali  sono  giudicato  per  il  Sanvito  et  per  il 
s.'  Trabalese  scuti  6  luna ,  se  li  farà  il  mandato  se  cosi  comanderà 
S.  A 

Goito  14  Mag.°  87. 

Cipriano  Assendi. 


Mi  ellesse  di  fare  alla  presenza  del  sig."^  Agosto  la  Giornata  che 
fezze  il  marchese  Fran.co  Cap."o  Generale  de  Venitiani  centra  Re  Carlo 
di  Franzia ,  e  perchè  il  fatto  fa  sul  fiume  del  Tarro  et  ivi  alle  ripe 
puoco  scostandosi  mi  parebbe  conveniente  cosa  haver  il  sito  giusto 
acciò  l'Istoria  eh'  io  ho  a  pingere  sia  più  al  vero  rapresentata ,  per 
tanto  ella  sarà  contenta  di  dire  alla  A.  S.  se  in  Corte  ve  ne  fosse 
qualche  quadro  che  fosse  stato  ritratto  a  quei  giorni  per  memoria  del 
fatto  che  io  me  ne  servirei,  et  non  potendone  bavere  se  1'  A.  S.  mi 
farà  dar  cavalcatura  andarò  a  ritrarlo,  e  quantonque  ne  lune  ne  l'altro 


IL    CASTELLO    DI    COITO.  43 

potesse  liavei-  me  servirò  alla  meglio  eh'  io  potrò  della   maniera    che 

lo  descrive  il  Giovio Dal  The  il  dì  14  marzo  1587. 

Aff.rao   Ser.re 
Hippolito  Andreasi, 

DOC.  vin. 

Subito  havuto  la  lettera  di  V.  S.  fui  da  Mes."  Ippolito  Andriasi  et 
da  Mes.""  Teodoro  Gbisi  et  ho  trovato  che  Mes.'  Ippolito  è  intorno  al 
diseguo  sul  cartone  che  non  può  cominciare  a  disegnarlo  su  la  tella 
sin  questa  sctimana  che  viene,  ma  che  li  farla  bisogno  li  colori  di  che 
erano  le  insegne  di  francesi,  come  ancor  di  la  contraria  parte,  et  le 
imprese  che  erano  sopra  le  insegne,  et  se  fosse  possibile  ancora  sapere 
li  colori  de  li  habiti  di  quei  soldati  che  seria  se  non  bene  poiché  dice 
in  quel  servitio  ve  ne  era  di  tedeschi  di  francesi  et  quasi  di  hogni 
natione  ,  et  che  non  mancha  con  quella  solicitudine  che  per  lui  sia 
posibile.  Mes.'  Teodoro  dice  che  il  suo  quadro  è  fatto  per  la  metà  et 
che  non  mancha  di  solicitudine,  ma  che  non  può  promettersi  dil  tempo 
perfiso  poiché  li  bisogna  quanto  agiongerci  quanto  levarne ,  ma  che 
promete  bene  che  il  suo  sera  il  primo  a  comparere  in  campo,  et  con 

non  mancare  de  quanto  V.  S.  comanda 

Di  Mantova  il  XV  di  Aprile  1587. 

Di  V.  S.  III.^-  Ser." 
Andrea  Cannova. 


Non  ho  scrito  a  V.  S.  in  darli  conto  del  quadro  che  fa  lo  An- 
droagio,  polche  essendovi  stato  giovedì  pross."  pas.°  il  Rev.<l'^  M.  D." 
Camillo  che  di  compagnia  lo  andassimo  a  vedere  qual  mi  promise  sì 
in  mio  nome  dire  a  V.  S.  quello  che  lui  et  io  havevarao  veduto  et 
quello  ancor  che  il  detto  Andriagio  li  haveva  ragualiato.  Hora  che  V. 
S.  mi  comanda  che  li  ne  dia  conto  ancor  che  pocho  sapia  che  dirli 
per  non  esserli  ancor  perfetione  alcuna  le  dirò,  prima  che  sul  quadro 
di  Mes.'  Hippolito  vi  sono  bozate  a  quest' hora  quarantasete  figure  tra 
grande  et  mezane,  et  cavali  trenta  uno,  le  qual  figure  sono  quelle  che 
si  rapresentano  dinanti  al  quadro,  ma  ve  ne  va  agionta  pur  dinanti 
asai  più.  HoUra  poi  a  quelle  che  andarano  finte  lontane,  et  dil  quadro 
vi  resta  ancor  dui  braza  di  voto  per  longeza  che  non  vi  è    se  non  il 


44  IL    CASTELLO    DI    GOITO, 


disegno  di  geso  ,  lui  non  li    manca  et  pur  ogi  giorno    di  8.*°  Jacomo 
lo  ritrovato  che  pur  se  non  lavorava  con  li    peneli  vi    era    intorno  a 

considerarli  quello  che  haveva  a  giongerli 

Da  la  Pisteiia  il  25  luglio  1587. 

Di  V.  S.  111.  Ser/e 

Andrea  Cannova. 

13  Agosto. 

Dopoi  lo  havcr  ultimamente  dato  ragualio  a  V.  S.  del  quadro  di  S.'' 

Andriagio,  vi  à  agionto  di  più  cinque  cavalini  et  tre  figure 

Dil  palazo  del  Te 

13  Agosto  87. 

Andrea  Cannova. 


Ho  mandato  al  Rubone  un  disegno  d'  un  satiretto  per  gli  otto  volute 
de  gli  quattro  cantoni  della  camera  dei  frutti,  e  così  ella  sarà  contenta 
d'intendere  se  la  mente  di  S.  A.  è  che  siano  tutti  a  un  modo  gli 
detti  satiretti  perche  se  fosse  tale,  bastarla  di  quello  ho  mandato,  però 
a  me  piaceriano  più  variate.  Poi  nel  ovato  vi  va  dui  altri  Putini  a 
sedere  su  corti  modiglioni  opposti  1'  uno  all'  altro  in  detta  camera,  et 
darò  pur  essi  nanti  mi  metta  a  cominciar  la  sfera  alla  quale  la  ho 
fatta  sbroccare  quella  già  comenzata  in  svilla  tela  in  casa  del  S.r  Amo- 
rotto,  et  ho  dissignato  di  servirme  d'  essa  degli  contorni,  ho  poi  havuto 
la  stanza  in  Corte  (quella  del  S.'"  Sannazzaro)  fornita  di  quello  gli  fa 
bisogno  et  andarogli  a  stan/iar   finito    che    habbia    questi    dissegni    o 

cartoni  per  Coito Dal  The  15  febraro  1587. 

Ilippolito  Andreasi. 


Il  Rubone  ha  atteso  questi  giorni  all'hovato  della  camera 

di  fruti  et  dimane  fenirà  tutta  1'  opera  che  va  finita  do  legname.  Il 
Mainardo  à  atteso  ahi  frutti  et  hogi  finirà  il  resto.  Il  San  Vito  non 
ha  ancora  dato  principio  alli  retrati ,  dice  per  non  haver  avuto  cosi 
presto  la  resolutione  delli  abiti,  et  ogi  da  principio  alle  fame.  Il  Bur- 
gano  lavora  con  quattro  omeni  intorno  alle  istorie  della  Camera 
Vitoria 

Coito  25  feb."  87. 

Cipriano  Assendi. 


ir-    CASTELLO    DI    COITO.  45 


Il  Rubone  dice  che  darà  fenita  la  camera  de  fruiti  a  pasqua  press.* 
quanto  sia  per  la  sua  facione ,  avendo  in  tempo  li  cartoni  dall'  An- 
dreaso ,  che  sin'  ora  non  ha  a^'uto  se  non  li  putini  et  un  satiro  ,  1'  i- 
stesso  termine  ha  tolto  il  Mainardo.  Il  San  Vito  dice  che  farà  il  poss.'» 
per  finire  la  sua  opera  al  istesso  tempo  et  desidera  avere  un  retrato 
del  duca  Federico  de  mane  de  Tesiano ,  qual  dice  essere  in  Corte 
vecchia.  Il  Burgano  fenirà  li  quadri  delle  istorie  della  Camera  della 
Viteria  per  tutta  la  settimana  che  viene 

Goito  20  feb.»  87. 

Cipriano  Assendi. 

DOC.    XII. 

Il  Sanvito  desidera  bavere  il  retrato  del  duca  Francesco  di  mane 
del  Costa  vecchio ,  dice  essere  in  Corte  vecchia ,  ha  fato  le  due  fame 
et  doi  retrati  è  drieto  al  terzo,  cominciando  a  Luigio  primo.  Il  Rubone 
à  fenito  irei  satiri  et  dimani  finirà  il  quarto.  Il  Mainardo  à  in  bou 
termine  la  faciata  verso  la  camera  Viteria  che  dimane  fenirà  li  fruti. 
Il  Burgano  spera  di  finir  hogi  le  istorie  della  sofita  della  camera 
viteria 

Goito  6  Marzo  87. 

Cipriano  Assendi. 

DOC.    XIII. 

Il  Sanvito  et  il  Mainardo  atendono  a  fenire  la  camera  di  frutti  et  a 
quest  ora  sono  fenili  li  quatro  Marchesi  et  dimane  fenirà  il  duca  Fe- 
derico, Il  Mainardo  a  fenito  doi  frutti   con  i   suoi   vasi 

Goito  8  Ap.'e  87. 

Cipriano  Assendi. 

DOC.    XIV. 

A  Camillo  Gatico  a  Venezia. 
Havendo  S.  A.  ridotte  le  sue  stanze  ad  alto  nella  Roccha  di  Goito, 
che  spera  sotto  pasqua  poter  andare  ad  habitarvi,  ha  pensato  di  farli 
far  i  suoi  finimenti  senza  porvi  più  tempo  in  mezo  ,  et  però  manda 
costì  Mes.""  Ottaviano  Capriano  della  Camera  et  M.''  Marsello  sarto 
con  le  tele  che  sono  per  fodra  degli  apparamenti    che  ricerca  et  con 


46  IL    CASTELLO    DI    COITO. 


alcuni  damaschi  che  già  mesi  sono  Bart.''  del  Calice  fece  havere  all'A. 
S.  acciochè  col  parere  di  V.  S.  et  con  1'  aiuto  del  sud."  S.'  Bari."  si 
facciano  essi  apparamenti  delli  sovradetti  damaschi,  se  si  trovarà  modo 
che  si  incontrino  i  lavorieri  l'un  col'  altro  overo  non  succedendo  questo 
si  vegga  di  contracambiarli  in  altra  sorte  de  damaschi    belli  et  buoni 

che  si  affacino  insieme Di  S.  Benedetto   6  marzo   87, 

Federico  Cattaneo. 

DOC.    XV. 

A  Camillo  Gatico  Cons.re  del  S.mo 

a  Venezia. 

Il  Fiamengo  che  ha  dato  li  Razzi  de  Fiandra  a  S.  A.  si  doverla  di 

ragione  contentare   di    essere   sodisfatto    secondo    l' accordo    di    tanto 

quanto  realmente  si  trovano  i  detti  razzi ,  i   quali    misurati  diligent.te 

qui  dalli  superiori  alla  drapparia  di  S.  A.  che  per   il  loro    ufficio    se 

gli  hanno  a  chiamare    non  sono  stati    trovati    se    non    come    è    stato 

avisato  al  S.'"  Bart.  del  Calice,  et  la  misura  è  stata  fatta  secondo  l'ala 

di  Fiandra,  alla  quale  fu  presente  Salamon  Ebreo  et  affermano  questi 

drappieri  et  per  i  loro  libri  appare   de  tutte   le    tapezzarie    che    sono 

state  comperate  da  S.  A.  costi  in  Venetia  come  fu  nell'  occasione  delle 

nozze  del  S."io  S.i'   Principe,  si  sono  sempre  tolte  al'a  mesura  che  si 

trova  in  effetto    et   non    altrimente 

Di  Goito  17  Marzo  87. 

Federico  Cataneo. 

DOC.    XVI. 

Mes.i*  GiuUo  Rubone  atende  alle  camere  et  sala  del  Monestirolo  nel 
apartamento  di  S.  A.  nominata  la  culla ,  et  Mes.'"  Camillo  Mainardi 
dipinge  sopra  la  porta  alla  quale  fattura  vi  attende  con  diligenza  es- 
sendo cusi  pregato  da  me  per  il  desiderio  che  ho  che  sia  una  volta 
levato  via  li  ponti 

Goito  18  lug.*'  1586. 

Orazio  Arrigoni, 

DOC.    XVH. 

11  Rubone  con  li  4  suoi  huomeni  dipingono  nel  apartamento  di  S. 
A.  nella  faljrica  Monestirola,  Mes.''  Camillo  Mainardi  fa  il  frigio  nella 


IL    CASTELLO    DI    COITO.  47 


Stanza  vecchia  attacato  alla  fabrica  Monestìrola,  che  già  soleva  abitare 
il  s.'"  Federico  Cattaneo,  et  Mas.»'  Alvise  Riva  dipinge  le  piazze  di  detta 
camera.  Mes.»"  Battista  Bressiano  con  un  compagno  darà  diman  prin- 
cipio a  fare  le  colonne  et  bassamenti  alla  stanza  che  è  in  capo  alla 
sala  et  attacala  alla  capelctta  del  apartamento  che  abitava  bora  S.  A., 
il  che  fatto  darà  principio  al  solaro  del  ultimo  triangolo  del  Monestirolo 
in  compagnia  del  Mainardi,  et  a  quest'  opera  vi  attenderanno  quando 
il  sole  li  caccierà  dall'  opera    delle    facciate 

Goito  22  luglio  1586. 

Horazio  Arrigoni. 

DOC.    XVIU. 

Il  Rubone  seguita  a  far  il  rosone  della  prima  stancia   nella  fabrica 

monestirola Goito  27  7bre  1586. 

Cipriano  Assendi. 

DOC.    XIX. 

Dalla  lettera  di  V.  S.  ho  inteso  che  S.  A.  aspettava  di  vedere  i 
quadri  finiti  a  questo  Natale,  ma  non  so  come  S.  A.  potesse  aspettare 
detti  quadri  finiti,  poiché  doppo  Ogni  santi  fu  spedito  solamente  li  dui 
quadri  della  Pace  et  Abondanza  e  di  subito  arivato  che  fui  a  Mantova 
feci  aparecchiare  i  dieci  quadri,  che  vanno  a  olio  et  otto  altri  a  secco 
con  fogliami,  hornamenti,  profili  et  rabeschi  d'oro  simili  alle  due  sofitte 
già  fatte  ,  doppoi  spedito  ogni  cosa  ne  diedi  aviso  al  S.'"  Ottavio  Mai- 
noldo ,  et  S.  A.  ordinò  che  facessi  li  disegni,  et  fa  questo  alli  18  di 
novembre  che  incominciai,  ed  ho  speso  un  mese  di  tempo  a  disegnarli 
tutti  due  volte,  cioè  li  primi  schizzi  et  poi  li  disegni  grandi,  e  perchè 
S.  A.  desidera  sapere  in  che  tei'mine  si  ritrova  1'  opera  ,  io  dico  a 
V.  S.  che  considerato  la  fattura  che  a  quest'  bora  è  fatto  di  tre  parti 
una,  e  spero  in  breve  spedirmene,  ma  non  posso  sin'a  qualche  giorno 
dire  il  tempo  eh'  io  potrò  dar  tutte  le  pitture  finite,  per  non  haverne 
fatto  la  prova  da  finirle.  Quanto  poi  delli  denari  che  dimandava  per 
conto  delli  quadri  io  intendeva  solo  d'  haver  da  pagare  la  spesa  del- 
l' oro  et  colori,  che  della  fattura  di  d.*'  quadri  farò  come  ho  fatto  delli 
altri,  aspetterò  che  sia  finito  1'  opera,  però  Mes.»"  Pompeo  vederà  ogni 
cosa  et  ne  darà  conto  a  V.  S 

Da  Mantova  10  Genaro  1587. 

Fran.o  Borgani. 


48  IL    CASTELLO    DI    COITO. 


DOC.   XX. 

Designando  S.  A.  di  fare  una  bella  vigna,  viali  et  altre  cose  dellciose 
nel  nuovo  barcho  che  vuol  fare  qui,  va  anche  pensando  alle  persone 
clie  per  tal  effetto  gli  bisogna  bavere  et  discorrendo  di  ciò  con  alcuni 
pratichi  di  cotesto  paese  ,  gli  è  stato  proposto  un  Bernardino  Passa- 
laqua  casalascho  che  sta  vicino  al  Senato  praticissimo  a  tal  servitio, 
sì  per  r  inteligenza  del  piantare  et  alevare  arbori  come  per  l'aiuto  che 
potria  bavere  dalli  due  figlioli  grandi  che  ha....  S.  A.  daria  per  pro- 
vigione  oltre  la  spesa  uno  scudo    al  mese    per    huomo 

Goito  5  Giug.«   1585. 

(corrosa  la  firma,  ma  certo 

di  un  Seg.io  del  Duca 

forse  di  Fed.  Cutaneo). 


DOC.    XXI, 

....  Oggi  è  stato  a  veder  la  rocha  et  barcho  dui  Gentilhomini 
veneciani  condutti  dal  s,»"  Commissario  ,  et  dice  che  sono  il  Claris." 
S.""  Leonardo  Mocenigi  et  l'altro  de  casa  Emi  et  non  li  sa  il  nome  , 
si  sono  maraviliati  delle  tre  fontane  dello  barcho  et  li  à  piaciuta  la 
rocha ...     Goito  18  Luio  87. 

Cipriano  Assendi. 


DIARJ  DI  MARIN  SANUDO. 


Sarebbe  troppo  tardi  il  venire  ora  a  parlare  di  una  delle  pubbli- 
cazioni più  importanti,  e  che  più  fanno  onore  alle  Società  Storiche. 
Per  semplice  richiamo  di  idee  e  di  fatti ,  forse  offuscati  dal  pre- 
sente turbinìo,  e  dal  vilipendio  di  tutto  ciò  che  è  serio,  dirò  come 
Marin  Sanudo,  patrizio  veneto  della  fine  del  quattrocento,  ancor 
giovine  cominciava  nel  1496 ,  essendo  doge  Agostino  Barbarigo  , 
a  scrivere  la  vita  dei  dogi:  e  compreso  dalla  formazione  dei  grandi 
Slati,  e  dal  gran  movimento  che  allora  succedeva  in  Italia,  dove 
Francesi,  Spagnuoli,  Tedeschi,  Svizzeri,  venivano  a  disputarsene 
il  possesso,  prese  a  narrare  l' impresa,  da  cui  cominciò  la  bieca 
tragedia ,  la  calata  di  Carlo  YIII  alla  conquista  del  Milanese  e 
del  Napoletano.  Non  eh'  io  tenga  autentica  la  narrazione  di  quel 
fatto,  che  ingannò  anche  il  Muratori ,  ma  nella  introduzione  dei 
Diarj  egli  toglie   principio  da  quel  fatto  : 

Essendo  ordinato  da  le  dispositione  dei  cieli ,  che  da  poi  la  venuta 
di  Carlo  re  di  Pranza  in  Italia  a  l'aquisto  del  regno  parthenopeo,  la 
cui  istoria  non  senza  grande  fatica  ho  compilata ,  io  debbi  essere 
quello  che,  fino  non  veda  la  quiete  de  Italia,  debba  farne  nota  di 
tutte  le  cosse  che  per  giornata  seguitano,  che  siano  degne  di  memoria; 
et  più  volto  fra  me  ho  pensato  di  voler  poner  fine  a  questa  lucubra- 
zione  et  non  piccola  fatica;  ma  vedendo  tramarsi  nel  scculo  presente 
tra  li  potentati  che  '1  mondo  gubernano  varii  disegni;  avendone  di 
]>oi    la    ritornata    del    prefato  re  di    Pranza   nel    regno    suo   di  là  da' 

Arelì.  Star.  Lomb.  —  Anno  XV.  4 


)0  DIARJ    DI    MAPJN    S ANUDO. 


monti,  del  reaquìsto  del  reame  di  Napoli  altra  non  picola  opera  scripto, 
et  finito  il  volume  i  doy  anni  compiti  a  l'ultimo  di  febraro  1497 
segondo  el  costume  nostro  veneto;  parcndome  le  cosse  de  Italia  essere 
in  grande  travaglio ,  ho  voluto  principiar  la  terza  deca ,  o  sia  ephi- 
merida,  dove  per  giornata  noterò,  al  Creator  Superno  piacendo,  le 
nove  so  intenderanp ,  non  seguendo  altro  limato  stile ,  perchè  cos'i 
come  in  la  seconda  opra  promissi ,  così  in  questa  terza  voglio  pro- 
mettere a  li  lectori  che,  avendo  più  ocio,  in  altra  forma  di  parlare 
nel  seguitare  la  istoria,  questa  sarà  redecta.  Adoncha,  lega  chi  voi, 
et  già  non  mi  riprenda,  perchè  il  successo  quivi  sì  vedrà  senza  altro 
elegante  stile,  comenzando  al.pi^imo  giorno  di  marzo  1498. 

E  difatti  allora  cominciò  a  scrivere  i  Dlarj  _,  cioè  gli  avveni- 
menti,  le  notizie,  gl'incidenti,  le  dicerie,  le  feste,  le  burle,  che 
vedeva  o  conosceva  con  incessanti  indagini, 

Venezia  allora  serbava  peranco  parte  della  sua  grandezza  e  at- 
tività, non  colpita  ancora  da  quelT  infausto  preludio  della  politica 
odierna ,  la  Lega  di  Cambray.  Le  sue  navi  scorrevano  ancora 
dal  Baltico  all'India;  in  Asia,  in  Africa,  in  ogni  paese  aveva 
oratori ,  balii ,  ambasciatori  ;  era  il  centro ,  come  del  com- 
mercio ,  cosi  della  politica  d'  allora  ;  laonde  era  opportunissima 
per  raccogliere  e  per  diffondere  le  notizie.  Gli  ambasciatori,  i 
governanti,  i  magistrati  inviavano  alla  Signoria  continue  informa- 
zioni ;  altre  le  spìe,  che  erano  i  reporter  d'allora;  altre  i  deputati 
speciali  al  campo  donde  una  curiosa  varietà  di  vedere  ,  di  ap- 
prezzare, di  giudicare  le  persone  e  gli  eventi.  E  il  Sanudo  stava 
tutt'  occhi  a  conoscere  questi  arrivi ,  ed  anche  le  lettere  che 
giungessero  a  privati  ;  e  colla  passione  di  tutti  i  colettori ,  se  ne 
insignoriva  e  li  copiava.  E  tutto  volea  vedere  ;  lesse  le  carte 
antiche  deposte  negli  Archivj  ;  le  nuove  trascriveva  di  proprio 
pugno;  i  magistrati,  anche  i  terribili  Dieci,  gli  comunicavano 
fin  i  carteggi  secreti. 

È  ovvio  capire  che  non  si  tratta  solo  di  Venezia  e  di  cose 
venete,  ma  di  quelle  di  tutto  il  mondo,  e  vi  ha  una  gran  parte 
il  ducato  di  Milano.  Assai  meglio  che  nelle  scolorate  frasi  del 
Guicciardini ,  e    nella    ingenua    grossolanità    del  Burigozzo ,  può 


niARJ    BI    MARIN    SANLDO.  51 


trovarsi  la  storia  di  Milano  di  quel  tempo  nei  Diarj,  sparpa- 
gliata, è  vero,  e  interrotta  da  fatti  d'altra  natura;  sicché  non 
sarebbe  opera  oziosa  il  radunare  quanto  si  riferisce  ad  avveni- 
menti della  Lombardia ,  i  cui  storici ,  eh'  io  sappia ,  non  si 
vantaggiarono  di  questa  fonte  per  conoscere  quei  trattati,  quelle 
perfidie ,  quelle  avidità. 

In  questo  uffizio  il  Sanudo  durò  dal  22  maggio  1496  al  set- 
tembre 1535.  E  ne  riuscirono  58  volumi  in-folio. 

Tutto  ciò,  lo  ripetiamo,  è  scritto  o  trascritto  di  proprio  pugno. 
E  a  chi  pensasse  la  fatica  poter  essere  leggera,  basti  notare  che 
solamente  dal  1  al  15  ottobre  del  1515  si  riempiono  216  co- 
lonne di  stampati ,  senza  indici ,  né  postille,  né  sommarj ,  né  note 
illustrative. 

Non  cercatevi  stile,  non  arte  di  composizione,  non  altra  lingua 
che  quella  che  si  parlava  sotto  le  Procuratie,  e  tanto  meno  le  fi- 
nezze del  contemporaneo  Comines,  Machiavello  anticipato. 

Chi  amasse  il  verismo  anche  nella  storia ,  non  potrebbe  tro- 
varne uno  specchio  migliore  che  in  questi  Diarj.  I  tempi ,  i 
luoghi,  le  persone,  vi  sono  descritti  per  filo  e  per  segno  ;  come 
era  addobbata  la  stanza  o  la  cappella ,  pavesate  le  navi ,  come 
parati  il  tempio  e  la  città  nelle  feste,  delle  quali  nessuna  dimen- 
tica; come  vestiti  il  Doge,  i  senatori,  i  prelati,  i  differenti  ma- 
gistrati ,  come  gli  ambasciatori ,  non  tralasciando  di  ridere  quando 
d'  estate  l'  ambasciatore  di  Francia  compare  nel  Consiglio  ,  con 
pelliccia. 

Unite  r  elezione  dei  diversi  magistrati  e  cardinali  alle  di- 
scusse trattative  coi  re  di  Francia,  col  Gran  Turco,  col  Soldano 
d'  Egitto  :  insieme  con  ragguagli  di  Corti  e  di  Potenze  ci  dà  il 
prezzo  delle  merci  e  del  pesce  ;  il  valore  delle  spedizioni  che 
arrivavano  dalle  Indie  e  dal  Nord  ;  il  corso  dei  cambj,  la  varia- 
zione delle  stazioni. 

Non  ommetto  le  satire  che  giravano  ;  e  fra  l'  altre  una  com- 
media ,  di  cui  rechiamo  il  principio  : 

ComcBdia  Veronte  hahita  coram  reverendissimo 
Gursensi  Cesareo  oratore  e  guhernatore. 


52  DIARJ    DI    MARTN    SANUDO. 


DIALOGUS. 

Senex    —    Italia 

Italia,  —  Senex ,  quoquo  Italia  vix  tandem  ex  tantis  procellis  mihi 
videor  portum  prospicere  me  miseram  ! 

Senex.  —  Quem  portum  prospicis  ?  quid  te  miSeram  appellas  ?  quid 
brachia  in  coclum  jactes  andax  et  temeraria? 

Italia.  —  Me  audacem  appellas  et  temerariam  ,  quibus  vitiis  ut 
carerem  semper  curavi,  en  quo  redacta  sum  ad  reliquas  miserias. 
Hoc  etiam  accedit  quod  me  anxietate  conficet,  quod  nemo  nostri  com- 
raiseratur,  sed  ultro  me  omnes  irrideant,  virgis  plerique  infectentur. 
Ah  me  miseram  !  o  ccclum  !  o  terra  !  o   mare  ! 

Senex.  —  Jam  me  fecisti  ut  tui  miserear,  quia  videam  formam  qui- 
dem  gravitatum  maximam,  imo  majestatem  prope  divinam  proc  se 
ferre,  habitu  vero  miserorum  omnium  miserrimam,  qua  re  nomen  tuum 
ede  ut  sciam  au  jure  tibi  compatiar. 

Italia.  —  Nomen  tibi  ut  edam  perfacile  est,  nam  ex  reliquis  orna- 
mentis  hoc  nobis  relictum  est  :  Italia  sum. 

Senex.  —  Italia  ne  ! 

Italia.  —  Quidem. 

Senex.   —  Tu  ne  es  Italia  ! 

Italia.  —  Ea  inquam  sum,  quamvis  omnibus  erumnis  confecta. 

Preziose  particolarità  offrono  le  feste  ;  anzi  il  diligentissimo 
Emanuele  Cicogna  ne  ritrasse  un  volume,  tutto  di  feste  veneziane. 
Tra  esse  furono  insigni  quelle  celebratesi  in  occasione  che  ,  nel 
maggio  1515,  si  solennizzava  quella  pace  perpetua,  che  doveva 
durare  pochi  mesi. 

In  questo  tempo  (1497)  ritrovandosi  esser  a  Brescia  podestà  Giorgio 
Corner  cavalier  splendidissimo  et  fratello  di  la  serenissima  regina  di 
Cypri ,  parsa  a  essa  regina  voller  andar  a  piacer ,  et  per  veder  la 
terra  et  il  fratello  ,  ad  Asolo ,  loco  suo  in  Trivisana  dove  habitava. 
Per  la  qual  cossa.  Bresciani  determinono  farli  grande  honor .  et  spender 
lire  10  milia  in  honorarla  e  farli  una  giostra.  Prima,  terminono 
Bresciani  mandarli  fino  a  li  confini  di  Bresciana  12  zentilhomini ,  ca- 
valieri et  doctori ,  ben  accompagnati,  A  Desanzan  ,  eh'  è  nel  lago  di 
Garda ,  anderà    esso  Zorzi   Corner    podestà    con    decente    compagnia 


D'ARJ    DI    MARIN    SANUDO.  53 

A  Lonado  sarà  la  podestaressa  con  molte  done.  Al  Ponte  di  S.  Marco 
40  zoveni  citadini  a  cavalo  vestidi  de  zuponi  rasi  cremesini  e  sai  di 
raso  paonazzo  ,  con  un  famejo  per  uno ,  con  calze  a  la  divisa  de  la 
regina.  Al  principio  di  la  campagna  di  là  da  Rezato ,  se  dia  apresen- 
tar il  conte  di  Pitigliano  alora  a  Ghedi ,  con  tre  squadre  di  gente 
d' arme  et  una  di  balestrieri  a  cavallo.  A  Rezado  se  apresentiva  Fran- 
cesco Mocenigo  capitano  con  bella  compagnia ,  poi  a  Santa  Eufemia 
la  capetania  con  più  de  60  donne  a  cavallo ,  per  aceptar  la  maiestà 
jjredicta.  A  la  porta  di  Brexa  sarà  preparato  una  ombrella ,  over 
baldachin  damaschin  bianco ,  portata  da  otto  doctori  e  soto  sarà  con- 
ducta.  Deve  alojar  in  Brexa  ne  la  caxa  di  Lodovico  de  Martinengo , 
che  fu  di  Bartholamio  Coglion  capitano  zeneral  nostro ,  e  da  la  porta 
di  la  dita  fino  a  la  porta  di  la  terra,  tutte  le  strade  saranno  coperte 
de  panni.  A  la  porta  sarà  un  carro  triumfal  bellissimo,  ornato  de  spi- 
ritelli ,  el  qual  costa  più  di  ducati  cento.  Et  il  zorno  seguente  che  soa 
maestà  sarà  intrata  in  la  terra,  si  farà  un  rinovar  di  festa,  poi 
una  oration  per  domino  Joan  Baptista  d'  Appian  doctor ,  e  compita 
la  comunità  li  farà  un  presente  a  la  regina  de  rebus  mangiatiois.  Poi 
al  di  deputato  ,  si  farà  la  giostra  a  do  manini ,  magnifica  e  suntuosa. 
Et  frachasso  dia  seguir  con  tre  giostradori,  e  tre  altri  ne  vien  di 
Milano,  Et  Brexani  spendevano  volentieri ,  si  per  esser  richi ,  qual 
per  amar  molto  il  loro  podestà ,  per  far  bon  reggimento  et  molto 
magnifico. 

Colle  comparse  e  il  fasto  vi  sono,  e  troppe,  le  miserie  di  quella 
interminabile  guerra  ;  e  per  la  nostra  regione  i  sofferimenti  di 
Bergamo,  di  Brescia,  di  Crema,  Trezzo,  Caravaggio,  il  forte  di 
Lecco;  danneggiati  non  meno  dai  saccheggi  dei  nemici,  che 
dalle  angherie  e  violenze  delle  guarnigioni,  sicché  uno  scriveva 
(dicembre  1515)  : 

Nego  esser  casa  o  homo  ne  la  terra  nostra  senza  parte  de  in- 
juria  :  nego  alcuna  generazione  de  scelerità  essersi  pretermissa  ;  talché 
men  detestabile  cosa  saria  stata  prendendola  li  irati  inimici  per  forza. 

E  qui  ci  si  fa  luogo  a  dire  come  ,  di  questi  Diarj,  il  nostro 
giornale  abbia  voluto  occuparsi  per  la  tanta  parte  che  conten- 
gono   di    storia  lombarda.   Si    combattevano    allora  le  miserabili 


54  DIARJ    DI    MARIN    SANUDO. 

guerre,  ove  Francesi,  Spagauoli,  Tedeschi,  Svizzeri,  Ungheresi, 
Turchi,  combattevano  sul  suolo  nostro  ,  o  per  avervi  dominio  di 
alcun  suo  brano,  o,  so  non  altro,  rapirne  la  ricchezza;  e  sa- 
ziar r  ambizione  e  1'  avidità  sulla  patria  nostra,  mentre  dal  Va- 
ticano echeggiava  il  grido  di  Giulio  II  perchè  si  cacciassero  i 
Barbari. 

Visto  questi  signori  che  li  inimici  declinavano  pei'  Pontevico  ,  né 
erano  per  venire  alla  volta  di  Cremona ,  acciò  non  ne  pervenissero 
el  camino  do  Milano  ,  deliberono  de  levarsi ,  el  terzo  zorno  venissemo 
con  tutto  V  esercito  a  Picigheton  ;  et  confermatone  lo  adviso  che  li 
inimici  tendevano  a  la  volta  de  sopra  per  passar  1'  Olio  ,  de  li  se  le- 
vassemo  jeri  da  Pizigheton  a  mezzanote,  et  fassemo  a  do  bore  de 
giorno  a  Lodi ,  dove  udita  la  messa  del  venere  santo  al  meglio  so 
potè,  venissemo  de  longo  qui  a  Zelo,  milia  8  lontan  da  Lodi  et  4  da 
Melz ,  et  uno  miglio  apresso  Adda ,  et  fucossemo  miglia  26  ,  che  vi 
prometto  le  fanterie  ebbero  che  fare  gionger  la  notte  al'allogiamento. 
Hora  monsignor  el  Contestabele  ò  sta  a  veder  el  sito  per  opponersi  a 
li  inimici  volendo  venir  avanti  ;  etini  i  quali  se  è  deliberato  de  venir 
a  la  giornata ,  né  si  po'  far  di  meno ,  stante  le  cose  nel  mezo  se 
trovano. 

Questa  matina ,  monsignor  de  Boibon  se  è  comunicato  cuin  gran- 
dissima devotione  ,  e  similmente  gran  numero  di  suoi ,  et  parmi  che 
tutti  siano  de  opinione  fermissima  do  vincer  o  morir. 

Da  Bergamo  circa  bore  22,  boggi,  fu  preso  uno  franzoso  di  anni  25, 
un  miglio  lontan  di  la  terra,  qual  menato  dal  proveditor,  et  examinato 
et  bauto  7  scossi  di  corda ,  non  ha  confessa  nulla  ,  non  dize  donde 
vien  né  donde  1'  andava.  El  proveditor  lo  voleva  far  apiccar  questa 
sera ,  e  sier  Vetor  (Lippomano)  ha  fato  tanto  che  l' indugiò  a  giorni  ; 
in  questo  mezo  forsi  confesserà  qual  cossa  e  poi  lo  farà  apiccar.  Si 
tien  questo  sia  uno  di  quelli  che  questa  notte  venne  in  la  Capella ,  e 
quel  castelan  lo  mandava  a  Trezo,  perchè  la  Capella  V  à  trato  oggi  uno 
colpo  di  bombarda  per  segnai  eh'  el  gè  mandava  indriedo  avisi ,  perchè 
con  fuoghi  e  bombarde  i  se  intendeno.  Disc  che  tutti  li  francesi  che 
sono  in  la  Cappella  hanno  assa'  denari,  mail  castelan  non  ha  niente, 
perchè  subito  eh'  el  vide  al  campo  de  sguizari  venir ,  mandò  tutto  in 
Pranza.  Questa  matina  è  venuto  uno  di  Crema,  disse  a  bocca  come  quel 
Crivello  avea  morto  Jeronimo  di  Napoli  che  voleva  dar  la  terra  a'  Mi- 


niARJ    DI    MARIN    SANUDO.  55 


lanesi,  et  eran  venuto  alcuni  di  Crema,  et  si  dize  che  oggi  nostri  devono 
entrar  dentro.  Questa  matina  era  venuto  giù  di  dita  Capella  mandati 
da  quel  castelan,  3  homeni ,  3  puti  et  5  femene  ,  i  quali  portone  una 
Ictera  di  esso  castelan  al  proveditor  nostro ,  scrivendoli  eh'  el  mandava 
queste  persone  a  casa  e  li  debbi  farli  bona  compagnia,  perchè  se  non 
lo  farà ,  anche  lui  farà  mala  compagnia  ad  alcuni  presoni  eh'  ha  in 
dita  Capella. 

Il  Sanudo  racconta  di  Beatrice  moglie  di  Lodovico  Sforza,  che 
il  29  gennajo  1497  mori  sopra  parto  di  soli  23  anni.  11  giorno 
era  stata  in  carrozzetta,  la  sera  avea  ballato.  Poche  ore  prima 
del  parto  erasi  trattenuta  in  preghiera  sulla  tomba  di  Bianca 
Sanseverino,  figlia  spuria  di  suo  marito.  Questo,  più  amoroso  che 
fedele,  ne  restò  inconsolabile,  e  fatto  tetro,  abbandonava  gli  affari 
dello  Stato  e  della  casa,  rifiutava  sino  la  consolazione  dei  figliuoli  ; 
per  quindici  giorni  si  tenne  chiuso  in  una  camera  «  tutta  di  panni 
negri,  serada  la  fenestra,  a  lume  de  candela  senza  visitazione»; 
0  ravvivando  i  sentimenti  religiosi  in  cui  era  stato  educato,  visitò 
i  santuarj  frequentati  da  Beatrice,  «diceva  l'officio  grande,  di- 
giunava e  viveva  casto  »,  per  un  intero  mese  nella  chiesa  delle 
Grazie  fece  ardere  cento  torcie ,  e  celebrare  cento  messe  di 
suffragio,  ed  egli  vi  assisteva,  e  volle  fosse  deposta  in  magnifica 
arca  (1). 

Il  Sanudo  reca  la  lettera  che  1'  imperatore  scrisse  a  Lodo- 
vico Sforza  qui  a  nobis  apprime  diligitur ;  per  consolarlo  della 
morte  della  moglie  Beatrice,  non  modo  dulci  conjugi ,  sed  ptin- 
eìpatus  ivi  socioe,  et  curarum  et  occupationum  iitarum  lecamini. 
—  Felieissimce  conjugi  tuce  nullum  tei  fortuna' ,  tei  eorporis  , 
vel  animi    bonum    desideravi  a  quocumque  poluit ,  nullus  decor  , 

(1)  L'insigne  monumento  della  duchessa  Beatrice  suole  attribuirsi  ad 
Andrea  Fusina,  ma  noi  abbiamo  provato  che  è  di  Xptoforo  da  Solaro  dicto 
el  Gobbo  (Chiesa  delle  Grasie,  p.  25),  grande  artisca,  che  non  sapendo  lui 
scricere,  fa  firmare  da  Francesco  Covro. 

Lo  stesso  Sanudo  dice  che  lo  Sforza,  nell'  atto  di  fuggire  da  Milano 
«  donò  a  mess.  Francesco  Bernardino  Visconti  una  sua  possessione  chia- 
mata la  Sforzesca;  «  si  dà  entrada  lire  undici  mila  »  (1499  settembre). 


56  DIARJ    DI    MARIN    SANUDO. 


nulla  dignitas  addì  ;  eum  et  te  viro,  et  princìpatu  totius  Italice 
Jlorentissimo  dlgna  fuerit  (1). 

Dal  Sanudo  apprendiamo  che  Lodovico  dava  udienze  e  con- 
vegni nella  chiesa  delle  Grazie  e  vi  ornava  cavalieri.  «  Marco 
Lipomano  orator  nostro,  entrato  in  chiesa,  non  andò  dal  Duca, 
et  andò  a  udir  messa,  et  verba  illorum  ad  invicem  non  è  a  pro- 
posito scrivere  ». 

Lodovico  assicurava  che  i  Francesi  non  verrebbero,  «  pur  fa- 
ceva fortificare  li  soi  lochi  e  li  confinì.,.,  attendeva  a  scuoter 
denari  più  che  il  facesse  mai,  angariando  molto  li  suoi  popoli  ». 

Parla  del  1497,  non  del  1888. 

Cosi  al  Doge  si  descriveva  1'  entrata  del  Cristianissimo  a 
Milano. 

Serenissimo  Principe,  ctc. 
Hogi,  da  po'  disnar,  la  Maiestà  Christianissima  triunphantemente 
è  intrata  in  questa  terra  con  tutta  la  corte  sua.  Prima  vene  il  pre- 
vosto con  ventidò  sergenti  driedo  a  cavalo  armati.  Seguirono  poi 
circha  1300  lanzinech  di  la  banda  negra,  sotto  17  bandiere,  tutti  gio- 
vcni  eletti,  armati  da  capo  a  piedi,  et  i  loro  capi  con  giuponi  e  calze 
di  restagno  d' oro  di  gran  penachi  in  testa  che  certo  fu  bel  ve- 
der. Seguirono  poi  200  balestrieri  a  cavalo  tutti  armati  et  vestiti  di 
sajoni  ad  una  livrea,  con  sue  lanze  et  bandiruole  a  la  stratiota, 
drieto  a  li  quali  vennero  300  arcieri  de  la  guai'dia  del  Cristianis- 
simo Re  armati  a  cavalo  con  li  soi  sajoni  rechamati  d'  argento  tutti 
ad  un  modo.  Vennero  poi  circha  110  pensionarli  di  la  Christianis- 
sima Maiestà ,  armati  tutti  sopra  cavalli  bardati ,  vestiti  loro  et  li 
cavali  de  diversi  brocati  d' oro  et  d' argento  che  mai  fu  veduta  la 
più  ricca  cosa,  tre  capi  de  li  quali  erano  monsignor  el  marescalche 
Pelissa  et  monsignor  de  Sciatiglion  (2)  tutti  armati  et  vestiti  d' oro  de 
ricamo  ricamente.  Seguirono  poi  lo  trombete  de  bataglia  et  trombe 
et  pifari ,  drieto  li  quali  vennero  1 1  regazi  de  la  Maiestà   prefata,  ad 

(1)  Tal  concetto  si  avea  del  nostro  paese!  E  quando  io  proposi  per  sog- 
getto al  sipario  della  Scala  le  nozze  di  Lodovico  e  Beatrice,  si  objettò  clie 
non  conveniva,  nelle  presenti  prosperità,  ricordare  tempi  infelici. 

(2)  La  Palisse  —  Chatillon  —  Alengon,  ecc. 


DIARJ    DI    MARIN    SANUDO. 


uno  ad  uno  sopra  11  corsieri,  tutti  vestiti  di  veluto  negro,  listati  di 
ricamo  d'  oro,  et  lo  ultimo  ragazo  haveva  in  testa  lo  elmeto  de  Sua 
Maiestà ,  sopra  el  quale  era  una  corona  d'  oro,  et  in  mezo  di  quello 
uno  jìordclise  d'  oro.  Poi  seguiron  gli  araldi  con  le  sue  sopraveste  a 
fìordelisi  d'  oro  in  campo  di  veludo  violetto.  Vennero  poi  5  cavali 
bardati  in  par  ,  coperti  de  brocato  d'  oro ,  et  furono  lo  illustrissimo 
Gran  Contestable,  el  qual  portava  el  stoco  regal  nudo  in  man  ,  mon- 
signor Loys,  barba  (zio)  de  monsignor  de  Vandome ,  monsignor  de  la 
Trimoglia,  e  '1  Gran  Scudier,  tutti  vestiti  d' oro,  et  uno  gentilhomo  che 
portava  el  scettro.  Venne  poi  una  umbrella  de  veluto  violeto,  lavorata 
a  fiordilise  d' oro  portada  da  4  dottori  giuristi  milanesi ,  sotto  la 
quale  il  Cristianissimo  Re  armato  de  tutte  arme,  sopra  uno  bello  corsier, 
moi-ello,  vestito  lui  et  cavalo  de  veluto  violeto  lavorato  tuto  a  fiordi- 
lisi  d'  oro,  et  in  man  portava  la  bacheta  d'  oro  regale,  che  a  una  mano 
in  cima ,  et  in  testa  una  baretta  di  veluto  negro  coperta  di  penachi 
bianchi  ;  et  intorno  al  suo  cavalo  erano  molti  stafieri  vestiti  di  seta,  ma 
ira  li  altri,  quatro  scozesi  pur  a  piedi^  vestiti  di  sajoni  de  brocato  d'  oro. 

Drieto  Sua  ^laiestà  immediate ,  ma  fora  de  la  umbrella ,  veniva 
Monsignor  de  Lanson  pur  armato,  vestito  lui  et  il  cavallo  ne  la  forma 
instessa  che  era  il  Cristianissimo  re  ;  drieto  il  quale  veniva  li  illustri 
duchi  di  Savoja  et  Lorena,  monsignor  di  Vandome,  marchese  di  Mon- 
ferato  et  marchese  di  Saluzzo,  armati  tutti  sopra  corsieri  bardati  et  ve- 
stiti tutti  de  bellissimo  brocato  d'  oro  con  gran  penachi  sopra  le  loro 
berette.  Poi  drieto  venne  Monsignor  de  San  Valier  con  cento  vinti  si'" 
gentilhomeni  di  la  casa  del  Re  tutti  armati  sopra  corsieri  bardati  et 
vestiti  d'  oro  ,  d'  argento  et  diverse  sorte  seta  ;  da  poi  li  quali  segui- 
rono altri  tanti  cavali  de  regazi  che  portavano  li  elmetti  et  lanze  de 
dicti  gentilhomeni. 

La  Maiestà  Sua  Cristianissima  intrata  per  la  porta  di  Pavia,  se  ne 
venne  al  Domo ,  dove  smontata,  entrò  in  la  chiesa  a  far  oratione,  et 
poi  tornata  a  cavalo,  se  ne  andò  al  suo  aloggamento,  che  è  la  Corte 
Vecchia,  a  l' bora  prima  di  notte.  Nui  non  acompagnassemo  Sua 
Maiestà ,  perchè  el  magnifico  Gran  cancelier  a  tutti  nui  oratori  fece 
intender  fin  questa  mattina  che  la  prefata  Maiestà  intraria  armata  et 
non  voleva  salvo  gente  armata. 

Mediolani,  die  11  Octubris  M.D.X.V^  bora  una  noctis. 

Marcus  Dandulo,  Petrus  Pasquahgo  doctores  et  o^^uires  oratores  (1). 


(I)  Voi.  XXI,  p.  234. 


58  niARJ    DI    MARm    SANUDO. 


Copio,  di  Icte.re  di  Zuaa  Jaeonio  Caroldo  secretano  con  li  oratori  ve- 
neti a  Milan  al  Cristianissimo  Re,  date  in  Milan ,  a  di  11  No- 
venibrio  1515 ,  dri2ate  a  suo  fratello. 

Heri  intrassimo  qui  in  Milano  molto  honoratamente.  Ne  vene  ad 
incontrar  quasi  fino  a  Melzo  dui  gentilhomeni  milanesi^  missier  Antonio 
de  la  Croce  e  missier  Agustin  da  Terzago,  per  condurne  al  loco  dove 
doveano  venir  ad  incontrarne  alcuni  personaggi  del  Sangue  del  Re  , 
come  segue,  et  poco  da  poi  venne  monsignor  d'Aste  con  molti  Triulzi. 
Gionti  a  San  Dioniso  apresso  Milan,  ne  venero  ad  incontrar  monsignor 
di  Vandomo  ,  conte  di  San  Polo  suo  fratelo ,  et  uno  suo  barba  del 
sangue  regio,  un  fratello  del  duca  di  Lorena,  con  gentilhomeni  200  de 
la  casa  dil  Re  con  li  dui  sui  capi,  »  qual  tutti  ne  acompagnono  fino 
qui  in  Santa  Maria  di  le  Gratie.  Li  nostri  gentilhomeni  andono  avanti 
a  duo  a  duo  assai  ben  vestiti.  Domino  Sebastian  Centanni  liavcva  una 
gioia  a  la  bereta  che  vai  ducati  1500.  Domino  Zuan  Contarini  una  altra 
gioia.  Domino  Piero  Trivixan,  fo  di  missier  Polo ,  haveva  una  bella 
catena  d'  oro^  e  %en  vestiti  con  saglioni  de  veluto.  Avanti  la  famiglia 
di  ambasatori  et  avanti  de  tutti ,  50  muUi  tutti  coperti  ;  siche  è  stata 
una  bella  intrata.  El  tempo  ne  servite  pur  :  ma  sempre  ne  menazava 
de  piover.  Oggi  che  dovemo  andar  a  1'  audientia  e  molto  meglio  in 
ordine ,  el  tempo  è  dato  tutto  a  1'  acqua.  Ne  sono  con  nui  de  bellis- 
simi cavalli,  con  adornamenti  molto  honorevoli,  oidelicet  domino  An- 
drea Diedo,  fo  de  missier  Antonio,  domino  Francesco  Zen  di  missier 
Piero,  el  magnifico  missier  Andrea  Griti,  un  cavalo  che  cavalcava  do- 
mino Andrea  Coadivacha  molto  bello  e  in  ordine ,  e  lui  etiam  caval- 
chava  un  bel  cavalo  ;  el  magnifico  missier  Antonio  Grimani  vestito 
con  una  vesta  di  veluto  violeto  fodrà  di  lovi  e  manega  stretta  sopra 
una  mula,  con  monsignor  di  Vandomo,  nò  fece  mai  altro  che  rider, 
tutta  volta  con  dignità  e  gravità.  Da  poi,  missier  Domenego  Trivixan 
0  messier  Zorzi  Corner  vestiti  d'  oro  di  restagno  a  manege  strette  a 
un  modo,  ma  missier  Zorzi  haveva  una  cadena  d'  oro,  e  missier  An- 
drea Griti  vestito  di  veludo  negro,  vìdclicet  uno  robone  che  li  stava 
molto  ben  in  dosso.  Ha  una  gratissima  presenza,  che  acharezava  tutti 
con  tanta  bona  gratia  et  gravità,  che  non  se  posia  dir.  Venne  etiani  ad 
incontrarne  el  fiol^dil  signor  marchese  di  Mantoa  ben  acompagnato  ; 
ci  qual  è  uno  bel  zovene  grazioso. 


DTARJ    DI    MARIN    ?ANl.DO.  59 


Poiché  i  nostri  cronisti  sminuzzarono  tanto  le  descrizioni  di  feste 
e  ricevimenti,  che  poi  anche  gli  storici  adottarono,  non  sarebbe 
fuor  di  posto  inserir  anche  queste.  Seguitando  le  quali  col  Sanudo  , 
si  trovano  i  nomi  dei  personaggi,  i  loro  vestimenti,  gli  atti,  e  con 
quanta  dignità  il  re  desse  udienza  agli  «  umili  suoi  carissimi  » 
oratori  di  Venezia;  scendesse  dal  trono  a  incontrarli,  li  abbrac- 
ciasse. Figurava  principalmente  Andrea  Gritti  «  con  una  vesta 
aperta  da  tutti  i  lati  larghi,  con  uno  bavaro  tondo  di  veluto  pao- 
nazo,  fodrà  di  raso  cremisino,  e  una  vesta  sotto  a  maneghe  strette 
de  raso  paonazo.  »  Il  re  era  vestito  «  di  un  robon  de  brocato  d'oro 
bianco  fodrà  di  zebelini ,  con  uno  sagio  de  recamo  d'  oro ,  con 
calze  bianche  et  scarpe  de  veluto  bianco,  con  guanti  in  mano  et 
anelli  che  pareva  fuor  dei  guanti  che  erano  tagliati  ,  con  una 
bereta  de  pano  negro  e  una  medaglia  d'  oro  al  lato  destro.  » 

Il  corrispondente  continua  :  «  Non  posso  scriver  tanto  de  la 
bone  ciera  fanno  tutti  questi  francesi  a  messer  Andrea  Gritti....  » 
e  tutù  dicevano  :  «  Ecco  messier  Andrea  ;  che  cosa  mirabile  è 
niessier  Andrea  :  è  homo  compito,  e  non  è  al  mondo  homo  che- 
sapia  meglio  acarezar  che  lui  e  con  parole  e  con  li  gesti  e  in 
ogni  cosa  è  signoril ,  ecc.  » 

Sior  Zuan  Corner  descrive  una  ^ena,  data  da  Barnabò  Visconti, 
«  la  qual  fo  da  varie  et  infinite  bandigioni,  e  ornata  di  forse  15 
donne  assai  brute,  e  tanto  sbellettate  che  1'  una  l'  altra  si  asso- 
migliavano. Di  poi  cena  venne  forse  10  maschere ,  tra  le  quali 
era  il  Re....  (1).  » 

Ecco  di  che  invogliare  gli  studiosi  di  costumi  del  Cinque- 
cento, e  di  usanze  milanesi. 

Ivi  pure  (voi.  XXI,  pag.  442-48)  è  il  giuramento  che  a  Mi- 
lano prestò  re  Francesco. 

Sempre  e  soprattutto ,  nel  Sanudo  campeggia  la  devozione ,  il 
culto  della  patria  ;  la  quale  è  sempre  più  amata  e  riverita 
quanto  è  più    limitata  ;    e  i  Romani    vincevano    e    morivano    per 

(l)  Della  Coronazione  del  Re  in  Nostra  Donna  di  Reims,  il  25  gen- 
najo  1515,  è  la  descrizione  nel  Sanudo,  voi.  XX,  pag.  24. 


co  DIARJ    DI    MARIN    SANUDO. 


essa  quando  arrivava  solo  ai  colli  Sabini ,  anziché  quando  si 
estese  dai  Garamanti  al  Baltico.  Il  nostro  Marin  ci  pare  vederlo 
sorridere  quando  racconta  che  il  re  di  Francia  ricevette  gli  am- 
basciatori veneti  tenendo  il  berretto  in  mano. 

De  Milan  vene  lettere,  come,  a  dì  nove  da  sera,  era  gionto  in  Mi- 
lano Zuan  Paulo  Gradenigo,  che  andava  provedador  sopra  i  stratioti, 
aleggiato  al  hostaria  di  Tre-Re,  dove  lo  vene  a  visitar  1'  orator  nostro. 
E  posto  r  ordine  di  andar  insieme  dal  duca ,  andato  a  disnar  con 
dicto  orator,  trovò  in  camino  uno  messo  del  duca  di  excusar  si  non 
era  venuto  incontra,  perchè  non  1  avea  saputo  la  sua  venuta.  Et  post 
prandium  ,  venuti  li  messi  dil  duca  a  compagnarlo  in  castello  ,  andò 
insieme  con  F  orator  nostro.  E  il  duca  gì'  venne  contra  con  uno 
mantello  longo  da  cerotto  ,  et  avia  barba.  Et  fato  le  acoglientie ,  an- 
dati in  camera,  parlavano  molto  insieme,  poi  andorio  dal  cardinal  di 
Santa  Croce  legato  apostolico  ,  aleggiato  etiam  in  castello ,  et  poi ,  il 
giorno  seguente,  partì  di  Milano  acompagnato  fuori  da  1'  orator. 

Non  dappertutto  ricevevano  si  onorevoli  accoglienze  ;  e  come 
il  Soldano  d'  Egitto  trattasse  superbamente  gli  ambasciatori  di 
Venezia,  vedasi  da  questo  passo  dei  Diarj,  voi.  XV,  pag.  18, 
anno  1512 ,  settembre;  da  lettera  di  Gio.  Marcello  da  Ales- 
sandria. 

Kavendo  nel  Cairo  il  clarissimo  orator  nostro  ,  con  il  consulto  de 
nostri  che  de  11  se  ritrova,  deliberato  di  acrescer  il  presente  dedicato 
al  signor  Soldan,  el  qual,  contra  ogni  solito,  volle  che  al  primo  montar 
a  sua  presentia  fusse  insieme  portato  il  presente  acciò  quello  publice 
fosse  da  tutti  i  signori  e  sua  corte  veduto,  e  per  quella  zornata,  fate 
le  solite  salutazioni,  ognuno  se  tornò  a  casa,  e  da  poi  zorni  2  dette 
secreta  audientia ,  e  per  quel  se  intcxe ,  par  rimanesse  sattisfato  e 
ben  edifichato  con  la  Signoria  nostra ,  volendo  però  nel  fine  di  dita 
audientia  che  1'  orator  si  promctesse  che  la  Signoria  de  pena  capital 
punirla  sier  Piero  Zen  consolo  di  Damasco  che  è  lì  al  Cairo  ;  al  che 
non  volendo  prometer  né  consentir  il  prefato  orator ,  pare  il  signor 
Soldan  rimagnesse  molto  adirato.  Da  poi  le  pratiche  et  mezani  co- 
racnzò  andar  a  torno ,  prometendo  post  multa  che  ,  montando  a  la 
publica  audientia,  el  dito  orator  li  meneria  sier  Piero  Zen  davanti,  e 


DIARJ    DI    MARIN    SANUDO.  GÌ 

li  confesseria  de  aver  falito  contro  il  signor  Soldan  ,  e  cusì  facendo 
lo  consegnerà  al  prefato  orator ,  con  dir  che  a  Vcnetia  l' avesse  a 
condur  da  esser  punito  secondo  il  beneplazito  di  la  Signoria,  e  che 
fatto  questo  tutto  seria  concio,  e  per  questo  havcria  bona  expedition. 
E  havendo  a  sua  corapiacentia  e  per  satisfar  l' animo  del  signor  Soldan 
concluso  de  cussi  far,  1'  orator  montò  in  castello,  dove  era  seduti  tutti 
i  signori  et  corto  ,  e  li  fu  conduto  el  dito  sier  Piero  Zen  ,  e  da  po' 
molte  zerimonie,  fu  consignato  in  cadene  al  dito  orator  secondo  1'  or 
dine  posto  ,  al  quale  poi  prceter  ordineni  el  Soldan  alto  e  superba- 
mente parlò,  dicendo  che,  se  venitiani  volea  praticar  nel  suo  paexe, 
de  primo  volea  che  tutti  li  capitoli  che  concluse  Tanguardi  suo  am- 
basador  fusse  anichiladi ,  e  che  lui  volea  reformar  patti  e  capitoli  a 
suo  modo  ;  etiam  voleva  el  tributo  di  Cypro  li  fusse  dato  non  come 
è  sta  fatto  ma  com  el  doveva  haverlo,  concludendo  che  1'  orator  do- 
vesse andar  a  casa  con  pensier  di  farlo  contento  de  tutto  quello  el 
voleva ,  altramente  deliberava  che  venitiani  uscisse  de  tutto  el  suo 
paexe ,  tornandoli  però  prima  el  suo  regno  de  Cypro  :  e  perchè  altri 
el  pregava  de  torlo  con  darli  doppio  tributo ,  e  che  V  havea  modo 
con  el  consulo  de  francesi  de  dar  esito  a  tutte  spezie  e  robe  di  suo 
paese.  E  con  altre  simil  superbe  e  dispiazevol  parole  dette  licentia  ; 
e  venuto  a  caxa  1'  orator,  li  mezani  et  pratiche  fu  atorno  dimandando 
molte  inhoneste  cose,  tra  le  qual  per  refacimento  di  tributi  di  Cypro 
più  de  ducati  30  mila  :  al  che  havendo  al  bisogno  risposto  1'  orator 
con  dir  se  maravigliava  di  tal  dimanda  essendo  in  esser  le  carte  di 
recever  de  li  tributi  saldi  e  satisfatti  di  tempo  in  tempo,  il  che  riferito 
al  ditto  Soldan  in  colera  feze  risposta  che  quelle  carte  erano  di  niun 
valore,  e  che  per  nulla  le  apreziava,  perchè  li  sui  secretari  et  scri- 
vani ,  che  quelle  avea  scritte  ,  havean  auto  da  la  nation  più  de  du- 
cati 1000  di  magnarla. 

Nei  Diarj  ricorrono  frequenti  memorie  di  personaggi,  rinomati 
nella  storia. 

Nel  1515,  moriva  il  capitano  generale  Bartolomeo  d'Alviuno  : 
gli  avevano  caca  le  budelle  e  chiuso  il  cadavere  in  una  cassa 
impegolada,  e  con  gran  segni  di  lutto,  e  drappi  neri  sul  feretro, 
ai  cavalli,  ai  paggi,  veniva  condotto  dietro  all'  esercito,  che  non  vo- 
leva abbandonarlo.  La  Si^^noria  mandava  condoglianze  alla  vedova. 


62  DiAn.i   DI   MAitix   r-;ANun!i. 

Vi  cometiamo  che  \i  conferiate  a  visitatione  di  essa  illustrissima 
Madona,  et  in  nome  di  la  signoria  nostra,  vi  dogliate  si  del  suo  come 
del  nostro  comune  infortunio  et  poi  che  non  se  li  può  far  altra  resi- 
stentia  o  rimedio  perchè  tutti  havemo  a  morire ,  la  voglia  con  la 
prudentia  sua  da  so  fugar  ogni  nube  di  dolente  o  tristo  pensiero  , 
rengratiar  il  nostro  Dio  con  portar  paclcntemente  tutto  quello  che 
piase  a  sua  Divina  pi'ovidentia,  et  in  lei  pensando,  non  dubitamo  rice- 
verà alcun  sufragio  di  mitigar  il  dolor  suo  ,  si  potrà  facilmente  con- 
siderare il  marito  suo  non  esser  morto  ma  partito  da  noi  a  la  vera 
et  eterna  et  felice  vita,  benché  et  con  noi  vive  et  viverà  sempre  glo- 
riosa memoria  de  le  prestantissime  virtù  et  de  li  gesti  memorabili 
di  la  excelentia  sua,  che  si  può  diro  essere  stata  vero  exempio  del 
roman  valore.  Appresso  di  questo  ,  sua  signoria  stia  di  bono  animo 
di  questa  partita  del  signor  suo  marito  ,  però  che  in  loco  di  lui  sera 
la  Signoria-  nostra  a  conservar  lei  et  nutrir  et  exaltar  la  stirpe  et 
posterità  sua,  la  qual  abraciamo  per  nostri  dilectissimi  figliuoli. 

Comettemovi  proeterea ,  che  per  una  zornada  tutto  quel  venerando 
clero  con  soniti  di  campane  et  tali  segni  funebri  faciate  celebrar  le 
messa  de  morti ,  et  orar  per  il  riposo  de  l' anima  di  questo  signor 
defonto. 

Data  in  nostro  Ducali  palatio,  die  10  octobris  1515. 

Da  Milan,  di  sier  Andrea  Trioisan  ci  cavalier,  orator  nostro. 

Di  coloquii  e  consulti  fati  in  casa  dil  signor  Zuan  Jacomo  (Triculzio)  col 
gran  contestabele  duca  di  Borbou  et  quelli  signori,  quid  fiendum  centra 
questi  tedeschi.  Et  che  lui  orator  parlò  gajardamento  era  di  uscir  a 
la  campagna  et  esserli  centra,  sono  zente  da  pocho  etc.  Monsignor 
di  la  Paliza  etiani  laudò  questo,  et  così  el  signor  Zoan  Jacomo,  unde 
dito    Duca   terminò  el    dì  seguente  partirsi  di  Milan  con  lanze  600  e 

venir  a  Lodi ,  poi  più  avanti ,  et  averà  li  soi  fanti  numero in 

ordine,  et  far  testa  centra  diti  sguizari  et  alemani.  Itenij  che  li  4000 
sguizari  fatti  erano  per  venir,  e  voi  la  Signoria  paghi  altri  4000  qual  è 
sta  già  scripti,  et  veranno,  et  con  questi  voi  andar  in  persona  e  aver  Ve- 
rona e  Bressa,  o  morir,  e  sopra  questo  disse  tre  volte.  E  1'  orator  scusò 
la  Signorìa  di  la  spesa  la  faceva,  et  era  contenta  pagare  li  2000.  Ditto 
duca  disse  :  «  A  questa  volta  bisogna  far  così,  perchè  havererao  Victo- 
ria »  ,  siche  r  orator  nostro  fo  laudato  di  le  parole  usate  nel  consulto. 


OrARJ     DI    MARIN    SANUDO.  G3 


Letera  del  cardinal  Medici  (che  fu  poi  Leone  X)  a  l'etro  di  Bibiena, 
data  in  Fiorenza. 

Missier  Pietro  nostro  carissimo. 
Questa  per  farvi  intendere  el  felice  successo  che  continuamente  lo 
cosse  nostre  sortiscono,  quale  è  questo.  Martedì  14  dil  presente,  ac- 
compagnati da  gran  moltitudine  de'  primarii  cittadini  di  questa  città , 
intrassimo  in  essa  bonorificientissimamente ,  e  con  comune  letitia  del 
populo,  usque  adco  che  in  questa  parte  la  nostra  opinion  fuit  re  ipsa 
longe  nuperata.  Oggi  15  del  medesimo,  questa  excelsa  Signoria,  una 
cani  li  nobili  della  città  et  populo,  hanno  hauto  comune  consiglio  pub- 
blicamente, nel  quale  hanno  constituito  certo  numero  di  citadini ,  at- 
tribuendoli ampia  facoltà  de  ordinare  el  stato  della  città:  da  quelli  se 
darà  opera  eh'  el  stato  predicto  se  ordina  e  constituisca  de  sorte  tale, 
che  la  santissima  Lega  se  potrà  accomodamonte  servire  di  quello  in 
le  cose  concernenti  al  proposito  et  stabilimento  de  epsa.  Habiamo 
queste  cose  voluto  significare  per  questa  nostra  adligata  a  quel  Sere- 
nissimo Principe,  a  la  cui  serenità  ne  recomanderete  come  se  con- 
viene, e  comunicherete  el  tenore  di  sopra  con  quelli  magnifici  patri 
nostri ,  quali  ve  pareranno  più  accomodati  alla  partecipatione.  Bene 
valete. 

Florenticc,  die  16  scptembris  1512. 

10.  Cardinalis  De  Medicis 
Legatus. 

Un'  altra  il  Bibiena  segretario  scrive  allo  stesso  Pietro  (pa- 
gina 574).  Del  1509,  è  una  lettera  di  Giulio  II,  al  G.  C.  Al 
30  febbrajo  1509,  il  Sanudo  traduce  una  lunga  lettera  del  Gran- 
maestro  di  Rodi ,  venuta  in  latino  (voi.  X ,  1057).  Nel  voi.  XV, 
pag.  58,  descrivesi  1'  entrata  di  Giuliano  De  Medici  in  Firenze. 

Il  Sanudo  credeva ,  come  tutti ,  alle  ubie  astrologiche  ,  e  reca 
un  giudizio  venuto  di  Alemagna  l'agosto  1512: 

Universis  ad  quos  pervenerit  etc. 
Magister  Luclias  maximus  philosophorum  (1)  et  omnes  sibi  concor- 
dantes  noveritis,  quod  anno  1512  in  mense  septembris,  Sol  existente 

(I)  Sarà  Luca  Guarico. 


64  DIAR.I    DI    MARIN    SANUDO. 


in  Libra ,  conveniunt  omnes  planeta3  insimul  cum  Sole  in  cauda  Dra- 
conis.  In  signum  mirabile  ,  fiat  quod  diluvium  per  Saturnum  crescet, 
quod  mirabilia  multa  et  magna  ultra  solitum,  orit  ventorum  tanta 
conflacio,  quod  conflabunt  omnes  insimul  et  obscurabunt  totum  aerem, 
sonosque  dabunt  horribiles ,  corpora  hominum  dissipantes  et  ccdificia 
subvertentes  ;  prseter  hasc  omnia,  erit  ecclipsis  Solis  a  tertia  bora  usque 
ad  undecimam  ante  meridiem  ignei  coloris  sive  rubicundi ,  quod  signi- 
fìcat  mirabilia  magna,  quai  hominies  audire  et  ridere  stupebunt  si  per 
bonitatem  Divinse  Providentitc  aut  sapientiam  aliud  non  arbitrabitur. 
Praeterea  erunt  pericula  multa  et  occisiones  in  diversis  partibus  ter- 
rooque  motus  universales,  mortalitates  quoque  gentium  ;  erunt  divisioncs 
regnorum,  ita  quod  post  flatum  ventorum  ipsorum  et  diluvium  ,  pauci 
liomines  remanebunt  viventes  ;  hahebunt  maximas  divitias;  orientur 
dubitationes  inter  Saracenos ,  et  relinquentur  patria3  suae ,  unientur 
cum  Cristianis  in  animarum  suarum  redemptiouem  ;  et  neurite  neces- 
saria vita3  per  30  dies,  nam  hccc  callamitates  triginta  diebus  durabunt. 
Ex  Germania  relata  fuerunt...,  do  fide  nihll  super  per  totam  Germa- 
niam  cantaturum. 

Al  voi.  X,  pag.  47,  ha  lunga  nota  di  cose  «  pronosticate  da  una 
predicatoria  nerona,  offerendosi  restar  ad  ogni  tormento  el  para- 
gone, et  star  in  carcere  fino  a  li  dicti  termini  »,  ecc.  Altrove  ad- 
duce risposte  di  spirito. 

Una  tale  miniera  di  notizie  era  naturale  che  fosse  vagheggiata 
ed  esplorata  da  tutti  i  serj  studiosi  di  storia.  Se  ne  valsero  in- 
fatti alcuni  in  passato  ,  ma  viepiù  ne'  nostri  tempi  ,  quando  fu 
mutato  il  concetto  della  storia,  e  nelle  cronache  e  negli  Archivj 
si  cercò  la  vita  della  società,  e  resuscitare  i  tempi  preterili  e 
gli  uomini. 

Uno  dei  primi ,  che  di  questi  Diarj  approfittasse  ,  fu  Roudon 
Brown,  che  con  lunga  pazienza  ne  estrasse  ciò  che  risguardava 
r  Inghilterra ,  e  ne  ebbe  lode  e  riconoscenza  nel  suo  paese. 
Gli  tennero  dietro  Armando  Baschet  pei  fatti  di  Francia,  Valen- 
tinelli  per  gli  Slavi ,  Ceresoli  per  la  Svizzera  ;  molti  per  alcuni 
fatti  e  tempi  particolari  ;  e  per  le  vicende  venete  il  Romanin 
ed  Emanuele  Cicogna.  Thiers  si  meravigliava  che  non  se  ne  af- 
frettasse la  pubblicazione. 


DIARI    DI    MARIN    SANUDO.  65 


Egli  stesso,  il  Sanudo,  aveva  presentito  l' importanza  della  sua 
fatica,  e  con  giusta  superbia  disse  :  «  Niun  scrittor  mai  farà  cosa 
buona  delle  «  istorie  moderne  non  vedendo  li  miei  Diarj.  » 

Cominciatesi  poi  varie  Società  storiche  ,  e  innanzi  a  tutte  la 
nostra  Deputasione  sopra  gli  sfiidj  di  storia  patria^  e  per  opera 
loro  la  pubblicazione  di  Cronache  e  di  Commentarj  inediti,  cre- 
sceva il  desiderio  di  rendere  pubblici  tutti  i  Diarj  del  Sanudo. 

Ma  si  trattava  di  58  volumi  in-folio  ,  scritti  currente  calamo, 
senza  ortografia  fissa,  né  fissa  lingua,  giacché  Marino  scriveva 
come  gli  veniva  fatto,  e  trascriveva  carte  di  persone  e  di  paesi 
diversi.  Qual  gravissima  spesa  e  qual  enorme  fatica  e  respon- 
sali tà  I 

Va  dunque  gran  lode  agli  studiosi  patriotti ,  che  non  si  sgo- 
mentarono delle  difficoltà,  e  dissero  :  «  Cominciamo  ;  al  proseguire 
si  provvedere.  * 

L'abate  Fulin,  prete  all'antica,  veneziano  dai  capelli  fino  alle 
scarpe,  affabile,  discorsivo,  si  direbbe  ignaro  dell'abilità  di  cui 
facea  si  buon  uso  ,  fu  V  anima  della  Deputazione  Veneta ,  e  at- 
torno a  lui  Federico  Stefani,  Guglielmo  Berchet,  Nicolò  Barozzi. 
Accinti  all'  ingente  lavoro,  cercarono  il  concorso  pecuniario  degli 
studiosi  ;  ma  appena  una  cinquantina  di  soscrittori  raccolsero. 
Non  importa  :  non  perdettero  il  coraggio  disinteressato,  e  avanti. 

Nel  luglio  del  77  cominciarono  l'  edizione  dei  Diarj  ;  ed  anche 
rapito  da  intempestiva  morte  il  Fulin,  seguitarono,  ed  ormai  hanno 
regalato  al  pubblico  XVIII  volumi   in-folio  a  doppia  colonna  (1). 

Ma  prima  di  arrivare  all'  effetto  si  affacciavano  molti  dubbj  e 
diffficoltà.  Doveasi  stampar  tutto  ,  anche  ciò  che  parea  futile  o 
superfluo  ?  Si  aveva  a  conservare  il  dialetto  veneziano,  o  darvi  la 
terminazione  letteraria  ?  In  quel  dialetto,  quale  parlavasi  nel  Con- 
siglio e  sotto  le  Procuràtie  di  S.  Marco,  occorrono  voci  che  ora 
non  sono  più  intese,  nemmeno  fra  le  lagune;  si  avevano  ad  eli- 

(1)  Ad  uno  degli  ultimi  volumi  è  apposta  questa  dedica:  a  Cesare  Cantò  — 

PRINCIPK    DEGLI    STORICI    NAZIONALI    —    DBLl'  ETÀ    NOSTRA    —    ESEMPIO    DI    LACO- 
RIOSITÀ    — ^.  NON    DOMATA    DA    SEDICI    LUSTRI    —    GLI    EDITORI. 

Arch,  Star.  Lomb.  —  Addo  XV.  5 


6G  DIARJ    DI    MARIN  ,SANUDO. 


minar  e  surrogarvi  delle  conosciute?  E  dietro  a  ciò  una  serie  di 
dubbj  particolari ,   alla  cui  discussione  noi  spesso    intervenimmo. 

Poteasi  desiderare  che  ,  p.  es, ,  nei  nomi  proprj  di  persone  e 
di  paesi  si  emendassero  le  storpiature,  che  talvolta  li  fanno  inin- 
telligibili ;  e  impunemente  poteansi  correggere  Margnan  (213)  , 
Ispurch  (243) ,  Tyram  per  Tirano  (242) ,  Marliam ,  Castiom  , 
San  Zumìriam ;  Paole,  Sihinico,  Vihondom,  Bresgapié,  in  l'Agna- 
cUna  alta  Curia  brusado  Soze  (Engadina,  Solio,  p.  884)  :  Calzo, 
Piumengo,  Antignano,  Leeho  (998),  Vigiana,  per  Viglieni,  Com- 
missario di  Cuora  (Coirà ,  1185)  ,  e  i  nomi  di  persone  :  Antoni 
Trum,  Lanezaro,   il  re  di  Palama. 

Né  il  testo  resterebbe  alterato  se,  invece  di  Brundizo,  Ruigo, 
Pitiano,  Bajom,  Zuam,  Dolze,  Zenoa,  Palma,  Castel  Dolze,  Ri- 
mano Vegia,  Corbavin,  Morexini,  Bentivoy,  Nepanto,  Navaier, 
Charavazo,  Salo,  Ojo,  Savogini,  Liesna,  Puja,  Tremuli....  si  fosse 
posto  Brindisi,  Rovigo,  Pitigliano  ,  Baglioni ,  Castel  Dolce,  Ge- 
nova, Polonia,  Castel  d'Este,  Rimini,  Veglia,  Crovazia,  Moro- 
sini ,  Benti voglio,  Lepanto,  Navagero,  Caravaggio,  Salò,  Oglio, 
Savoiardi,  Lesina,  Paglia.  Cosi  Veniexia,  Zustignam,  Brexa,  Vin- 
civera,  Modom,  e  tanto  più  nei  nomi  stranieri,  come  a  pag.  494  : 
Frusimburg,  Volfort,  Fedoco,  la  liga  dil  Bó,  Tava ,  Bregezo  , 
Terinto,  Ulmo,  Cha  di  Dio,  Venosa,  Bles,  monsignor  di  Libret. 

Trovi  a  pag.  809,  al  li  savii  volse  rispeto  ;  e  al  82  :  messeno 
banche,  tamen  non  fu  pagato  Jiomeni  ma  solum  scipto ,  e  2211 
hano  aoisi  de  zente  vene  verso  venoso  (Venosta)  porche  Aghelini 
(Engadini)  e  la  liga  grisa  è  pur  disposta  guerreger. 

In  altri  luoghi  il  testo  è  inintelligibile  ,  forse  per  colpa  della 
punteggiatura ,  che  di  solito  gli  editori  saviamente  adattarono 
colla  moderna  : 

Per  esempio,  a  pag.  467  : 

«  Qui  è  posto  per  eror  in  collegio  domenega  venne  1'  oi^ator  de  Na- 
poli, esponendo  haver  lettere  di  la  regina  vecchia  per  Andrea  uno 
di  Piero  ,  qual  era  venuto  a  Monopoli  per  comprar  ojo  et  il  prove- 
ditor  l'havia  fatto  retenir  per  maran  e  toltoli  danari  800  era  di  la 
majestà  de  la  regina  :  prega  sia  provisto  »,  ecc.  ecc. 


DIARJ    DI    MARIN    SANUDO. 


G7 


Quando  ancora  se  ne  discuteva,  era  parso  ad  alcuni,  e  a  me, 
si  potesse  il  testo  incivilire  con  pochissimi  cangiamenti.  Prendiamo 
a  caso  un  pezzo  del  voi.  IV,  pag.  262,  riferibile  al  maggio  1502 
e  a  tentativi  nichilisti  : 


Et  demum  nel  paexe  del  Rhen, 
in  Svevia  et  Franconia ,  da  un 
mese  in  qua  è  sta  discoperto  una 
conspiration  diabolicha.  Par,  che 
quelli  populi ,  et  maxime  vilani , 
tractavano  de  tuop  li  Stadi  a  tutti 
li  principi  ecclesiastici  et  seculari, 
et  pariter  a  li  prelati  et  zentilo- 
meni;  et  voleano  che  chadauna 
terra  et  locho,  fin  le  ville,  se  go- 
vernassero per  le  sue  comunità; 
immo  voleano  tuorli  fino  le  intrade 
e  limitarli ,  tanto  che  poteseno  vi- 
vere honestamente,  et  il  resto  re- 
manisse  in  comun  ;  superstizion 
simile  de  quel  profeta,  che  è  suble- 
vato in  Persia.  Ogniuno  fa  le  in- 
quisition  et  provision  debite  ne  li 
Stadi  sui,  in  modo  che  la  cossa  è 
rimasta  sopita.  Se  dice,  che ,  se 
stevano  tanto  a  discoprirse ,  che 
se  fusseno  sollevati ,  seriano  sta 
almancho  da  15  in  20  milia  per- 
sone, et  scoreva  pericolo  de  meter 
questa  Germania  in  gran  preci- 
pitio,  etc. 


E  finalmente  nel  paese  del  Reno, 
in  Svevia  e  in  Franconia ,  da  un 
mese  fn  qua,  è  stata  scoperta  una 
cospirazione  diabolica.  Par  che 
quelli  popoli,  ed  massimamente  vil- 
lani ,  trattavano  di  togliere  gli  Stati 
a  tutti  i  principi  ecclesiastici  e  se- 
colari, ed  egualmente  ai  prelati  e 
gentiluomini,  e  volevano  che  ca- 
dauna terra  e  luogo ,  fin  le  ville , 
si  governassero  per  la  sua  comu- 
nità; anzi  volevano  togliei^li  fin 
le  entrate ,  e  limitarli  tanto  che 
potessero  vivere  onestamente,  e  il 
resto  rimanesse  in  comune;  su- 
perstizione simile  a  quel  profeta 
che  si  è  sollevato  in  Persia.  Ognuno 
fa  le  inquisizioni  e  superstizioni  de- 
bite negli  Stati  suoi ,  in  modo  che 
-la  cosa  è  rimasta  sopita.  Si  dice, 
che,  se  stavano  tanto  a  discoprirsi 
e  si  fossero  sollevati,  sarieno  stati 
almanco  da  lo  a  20  mila  persone, 
e  correva  pericolo  di  metter  que- 
sta Germania  in  gran  precipi- 
zio, ecc.,  ecc. 


In  alcune  voci,  che  non  avrebbero  alterato  il  color  locale, 
noi  r  abbiam  fatto  si  nei  pezzi  che  qui  su  riportammo,  si  in  cita- 
zioni prodotte  in  lavori  storici.  Ma  di  un  principio  adottato  bi- 
sogna seguire  tutte  le  conseguenze ,  e  l' esito  mostrò  eh'  era 
meglio,  anzi  dovere  il  ritrarre  il  testo  tal  quale,  salvo  a  italianiz- 
zarlo chi  se  ne  varrà  ;  e  si  stette  alla  deliberazione  di  ripro- 
durre l'autografo  tal  quale,  sin  coi  suoi  sbagli,  a  modo  di  una 
fotografia,  eccettuando  solo  la  punteggiatura. 


68  DIARJ    DI    MARIN    SANUDO. 


I  valorosi  editori  hanno  provveduto  che  alla  fine  della  pubbli- 
cazione si  darà  il  lessico  dei  nomi  storpiati  dallo  scrittore  ,  e 
delle  voci  e  locuzioni  di  dialetto.  E  di  fatto  sono  una  meraviglia 
di  pazienza  e  di  esattezza  questi  indici,  del  cui  merito  può  esser 
giudice  solo  chi  vi  si  provò. 

Dopo  ciò,  che  cosa  dire  a  quei  nostri  socj  di  studj ,  che  osa- 
vano intraprendere ,  e  si  ostinano  a  compire  un'  impresa  vera- 
mente letteraria  e  patriottica  ,  per  ismentire  1'  opima  pigrizia,  rin- 
facciata ai  Veneziani  ?  Dire  Coraggio  è  superfluo  :  Perseverate , 
lo  fanno.  Esibimiamoli  come  esempio  e  stimolo  alle  altre  Società 
e  Deputazioni ,  perchè  preparino  buoni  materiali  alla  storia,  che 
è  il  pane  degli  stomachi  robusti. 

C.  C. 


IL  POETA  GIAMBATTISTA  MARTELLI 

E 

LE    BATTAGLIE    FRA    CLASSICI    E    ROMANTICI, 


Quando  mi  raccolgo  in  me  stesso  e  riandò  le  passate  cose , 
mi  appare  in  lontano  una  farraginosa  fantasmagoria  composta  da 
turba  varia  :  una  turba  che  come  fiumana  cammina  senza  requie 
e  si  rinnova;  sorge,  si  agita,  si  rincalza  si  accavalla,  si  inabissa 
e  sparisce  dalla  scena  del  mondo  per  far  posto  a  nuove  sorvegnenti 
ondate  umane.  Frammisto  a  codesta  caterva  multicolore,  che  ora- 
mai si  va  confondendo  nella  mia  labile  memoria,  discerno  un 
omicciuolo  con  un'  impronta  caratteristica  indimenticabile  :  una 
personcina  sorreggente  una  testa  colossale,  calvo ,  con  la  fiso- 
nomia  espressiva,  con  la  fronte  spaziosa,  e  un  par  d'  occhi  afifa- 
licati,  profondi,  orlati  di  un  cerchio  rosso ,  forse  per  soverchia 
lettura,  ma  che  alle  volte  schizzano  lampi.  Io  lo  conobbi  nella 
mia  prima  adolescenza,  alloraché  noi  si  comincia  a  volerne  sapere 
qualcosa  di  quanto  ci  si  svolge  intorno,  a  studiare,  per  cosi  dire, 
il  terreno,  e  sedendo  con  lui,  una  o  due  fiate  per  settimana,  al 
paterno  desco ,  nell'  ora  del  desinare,  l' osservava  con  attenzione 
intensa,  per  quanto  lo  comportasse  la  mia  giovanissima  età. 

Quest'uomo  fuori  dell'ordinario,  non  era  nato,  come  direbbe 
il  Giusti,  sotto  buona  luna,  e  se  l'accorto  Ulisse,  o  il  prudente 
Telemaco    lo  avessero    rintoppato    per   la    via,    non    l'avrebbero 


70  IL    POETA    GIAMBATTISTA    MARTELLI 


di  certo  scambiato  per  un  dio.  Quasi  povero ,  disconosciuto , 
senza  protettori,  non  fiancheggiato  da  cricche,  quantunque  affet- 
tuosissimo  coi  pochi  amici  :  negletto  come  un  Diogene  nel  vestire, 
aveva  nonpertanto  certa  nobile  finezza  nel  tratto,  certa  elevatezza 
innata  di  pensieri,  nonsochè  nel  conversare  di  scorrevole,  di  ab- 
bondante, di  incisivo,  di  attraente,  di  pittoresco,  contrastante  in 
modo  singolare  con  la  grottesca  trascuraggine  dell'  indumento 
esteriore.  Sarebbesi  pensato  che  quel  pellegrino  avesse  visto 
giorni  migliori  :  avesse  in  qualche  momento  di  sua  non  breve 
esistenza,  vissuto  in  un  ambiente  più  grande,  dal  quale  ne  sa- 
rebbe stato  sbalzato  per  capriccio  di  avversa  fortuna.  Benché 
persuaso  fin  dalla  balda  giovinezza  di  essere  spaventosamente 
infermiccio  ,  in  maniera  che  si  indugiasse  con  affettata  compia- 
cenza a  ragionare  de'  suoi  malanni ,  spesso  strani  e  oso  dire 
immaginari,  non  però  si  dava  per  vinto  :  il  suo  ingegno  robusto 
ed  agilissimo,  la  sua  raffinata  coltura  trionfavano  delle  miserie 
e  delle  grettezze  della  vita  pratica,  da  cui  era  fieramente  assediato, 
signoreggiando  quella  sua  grama  posizione,  come,  se,  dotato  di 
ali,  sorvolasse  sulle  contingenze  terrene,  per  librarsi  in  un'  atmo- 
sfera più  pura.  Tale  mi  apparve  la  figura  del  poeta  Giambattista 
Martelli ,  del  quale  sarà  opera  di  stretta  giustizia  il  ricordare 
la  laboriosa  e  modesta  carriera.  Tanto  più  è  ciò  doveroso,  quando 
si  pensi  che  il  suo  nome  è  omninamente  dimenticato  ;  cosa  del 
resto  da  non  recarci  meraviglia  ,  in  quest'  Italia  che  lasciò  emi- 
grare Metastasio,  Goldoni,  Foscolo,  cento  altri;  ed  erige  monu- 
menti ad  uomini  mediocri. 

Il  Martelli  potrebbe  giudicarsi  per  alcuni  rispetti  un  poeta  nel 
senso  più  ortodosso  della  parola:  un  cinquecentista  attardato, 
dello  stampo  dei  Molza,  dei  Caro,  degli  Anguillara,  dei  Berni,  dei 
Tolomei ,  capitato  ad  essere  contemporaneo  non  solo  del  Monti, 
del  Foscolo,  del  Pindemonte,  dell'Arici  e  del  Nicolini,  ma  di  altri 
non  pochi  militanti  sotto  opposta  bandiera.  Egli,  per  dire  tutto  il 
mio  pensiero,  amava  l'arte  per  l'arte,  ed  avrebbe  avuto  mestieri 
di  un  principotto  o  per  lo  manco  di  un  eminentissimo  cardinale, 
come  ne  fiorirono  tanti  nel  secolo  d'oro  della  letteratura  italiana, 


i:  lì:  battaglie  fra  classici  e  romantici.  71 

il  quale  da  cortese  mecenate  lo  ospitasse  nel  proprio  palazzo  di 
Roma,  con  l'incarico  del  poetare,  del  discutere  coi  filosofi  sul 
divino  Piatone ,  e  sul  bello  ideale ,  interloquire  coi  portentosi 
artisti  che  imparadisarono  quelle  fortunate  generazioni,  infine  te- 
nere una  geniale  corrispondenza  epistolare  con  dame  e  con  ca- 
valieri. 

Giambattista  Martelli  sorti  i  natali  in  Milano  ai  12  settembre  1780 
da  Cesare  e  da  Maria  Banfi.  La  famiglia  di  lui,  oriunda  della 
riviera  d'Orta,  fu  in  quella  plaga  altre  volte  ricca  e  ragguardevole; 
una  casa  tuttora  posseduta  dalla  famiglia  in  Miasino  é  1'  ultima 
reliquia  di  grandezze  svanite.  Studiò  contemporaneamente  leggi 
e  medicina  nell'università  di  Pavia,  e  ottenne  l'alloro  in  ambedue 
le  facoltà.  Finiti  gli  studi,  risiedette  alternativamente  in  Milano, 
in  Miasino  e  qualche  poco  in  Piacenza,  dove  i  genitori  di  lui 
tenevano  azienda  commerciale.  Fu  avvocato,  professione  che  non 
esercitò  a  lungo,  e  solo  come  consulente.  Nell'anno  1819  condusse 
in  matrimonio  Giuseppa  Savoini,  dalla  quale  ebbe  quattro  figli, 
due  maschi  e  due  femmine.  Al  primogenito  Cesare,  superstite, 
rendo  grazie  per  l'opera  prestatami  nella  ricerca  delle  notizie  di 
cui  mi  valsi  per  tessere  i  presenti  cenni  biografici  (1). 

Il  Martelli,  poco  più  che  ventenne,  trovava  Milano  in  pieno 
fiore  come  capitale  della  repubblica  italiana  succeduta  alla  ba- 
raonda cisalpina;  qui  accorrevano  da  ogni  parte  della  penisola, 
poeti,  artisti,  letterati,  incoraggiati  dal  vicepresidente  Francesco 
Melzi ,  uomo  di  alti  concepimenti ,  e  quant'  altri    mai  amante   di 

(1)  G.  B.  Martelli  nel  brindisi  letto  alla  mensa  data  dal  fratello  a  festeg- 
giare la  celebrazione  della  prima  messa  di  suo  nipote  Cesare  (poiché  i  tre 
fratelli  Martelli  diedero  il  nome  di  Cesare  ai  loro  figli  primogeniti  per  rinno- 
vare quello  del  padre  comune),  cosi  canta: 

Tre  Cesari  ha  dati 
La  nostra  famiglia; 
L'un  già  fra'  beati 
Trionfa  nel  ciel. 

Tu  l'altro  agli  altari 
Cedesti  di  Dio.... 
Sol  resta  del  mio 
Mal  noto  il  destin. 


72  IL    POETA    GIAMBATTISTA    MARTELLI 

Ogni  coltura:  si  può  credere  che  il  giovine  Giambattista,  appas- 
sionato per  le  arti  belle  e  per  la  musica,  poeta  nel  cuore,  ne  gon- 
golasse di  gioia.  Egli,  perduto  in  quel  caos,  vagheggiò  1' idea  di 
attaccarsi  a  Vincenzo  Monti ,  l' astro  del  giorno  ;  ne  cercò  bella- 
mente l'amicizia  e  seppe  meritarsela:  dalle  lettere  del  celebre 
vate  dirette  al  neofito,  e  pubblicate  nel  giornale  letterario  II  Ba- 
reni (Torino,  marzo  1874),  traspare  la  amichevole  confidenza  che 
correva  fino  dal  1803  fra  i  due  poeti,  e  vi  spicca  sempre  la  ten- 
denza nel  Martelli  alla  ipocondria,  ad  u.i  certo  malessere  morale 
indefinito,  nebuloso  ,  a  proposito  del  quale  il  Monti  lo  consiglia 
saviamente  a  medicare  più  che  il  corpo  la  fantasia  (1). 

Alla  caduta  dell'  edificio  napoleonico  usò  della  sua  mente  e 
della  sua  abilità  di  giureconsulto  per  giovare  alla  paterna  riviera, 
riuscendo  con  invidiabile  fortuna  a  conservare  ad  essa  parte  degli 
antichi  privilegi,  guadagnandosi  in  compenso  gratitudine  dai  pro- 
prii  compaesani  e  lodi  dal  re  sabaudo ,  che  volle  conoscerlo  di 
persona.  Il  Martelli  ne  esprimeva  la  sua  viva  gratitudine,  ma- 
gnificando il  principe  di  Casa  Savoia  con  un'  ode  da  me  posta 
in  fine  di  queste  pagine. 

(1)  Lettera  28  febbraio  1805. 

L'anno  innanzi  così  scriveva  Monti  al  Martelli: 

Milano  10  ottobre  1804. 
Mio  caro  amico. 

Mi  giunge  la  tua  carissima  sul  punto  di  partire  da  Milano  per  una  vil- 
leggiatura di  quattro  giorni,  e  ti  lo  una  breve  risposta. 

Per  quanto  io  vegga  serio  il  tuo  male,  nondimeno  il  cuore  mi  dice  clie 
tu  mi  sarai  conservato.  Ma  non  ti  meno  buona  la  sorgente  che  tu  m'  ac- 
cenni delle  afflizioni  che  ti  consumano.  Percliè  la  terra  è  coperta  di  scelle- 
rati dovremo  noi  abbandonarla  per  questo?  Se  vi  sono  delitti  non  vi  sono 
fors'  anche  delle  virtù  ?  E  appunto  perchè  sono  poche,  non  sono  forse  più 
belle  ?  Che  merito  avresti  tu  dell'essere  virtuoso  se  tutti  lo  fossero  ?  Caccia 
dunque  dal  cuore  le  malinconie  di  spirito,  e  conservati  all'amicizia,  a  questa 
buoaa  e  fedele  compagna  degli  infelici  ;  parlo  dell'amicizia  che  mi  ti  lega,  e  ti 
comanda  di  serenarti,  di  confortarti  e  di  vivere. 

Ove  potrai  farlo  senza  nocumento  della  tua  testa  continuami  le  tue  nuove, 
e  fa  che  io  le  intenda  sempre  migliori.  Ti  abbraccio  di  cuore. 

Il  tuo  Monti. 

Fuori:  Al  cittadino  Giambattista  Martelli,  Mia$ino,  nella  ririera  d'Orta. 


E    LE    BATTAGLIE    FRA    CLASSICI    E    ROMANTICL  7  3 


Intanto  la  Lombardia,  dopo  tremende  procelle,  era  venuta  sotto 
il  governo  di  casa  d'Austria;  il  Martelli  approfitta  della  bonaccia 
per  mettersi  tosto  all'opera.  Qualche  mese  dopo  che  le  truppe  con- 
dotte dal  Bellegarde  occupassero  Milano,  lo  vediamo  datare  da 
questa  città  (1  luglio  1814)  la  dedica  al  maggiore  generale  Ro- 
berto Wilson,  di  nazione  inglese,  della  versione  italiana  delie 
Odi  descrittive  ed  allegoriche  di  Guglielmo  Collins  (Piacenza,  dai 
torchi  del  Majno  1814).  Ignoro  se  questa  fosse  la  prima  volta 
che  egli  si  presentasse  al  pubblico  come  poeta,  ma  veramente 
nella  traduzione  del  fantasioso  lirico  britanno  si  mostra  addirittura 
maestro,  sia  per  grandiosità  di  stile,  sia  per  peregrina  sceltezza 
di  poetiche  forme. 

Finito  a  Waterloo  il  bellico  dramma,  e  spenti  i  lumi,  allo  stre- 
pito delle  armi  succede  il  silenzio  di  una  pace  imposta  da  ine- 
narrabile stanchezza.  Allora  sembrò  ridestarsi  negli  italiani  i  gusti 
arcadici  del  folleggiante  settecento,  per  quanto  smorzati  da  idee  più 
severe;  in  guisaché  il  genio  peculiare  di  nostra  razza,  cacciato 
dalla  porta,  come  dice  il  proverbio  francese,  ricompare  dalla  fi- 
nestra abbastanza  vivace,  se  non  vispo  come  prima.  La  società 
civile  europea  prima  divisa  in  due  strapotenti  fazioni  urtantisi  con 
orrendi  scrosci  sui  campi  di  battaglia,  rinsavita  da  miti  consigli, 
si  schiera  in  due  compatte,  ma  incruenti  falangi:  l'una  per  difen- 
dere   a    colpi  di  penna  l'  antica  scuola    classica   dei  greci   e  dei 

^romani,  l'altra  per  spingere  al  romanticismo,  scuola  dell'avvenire. 

^ Eschilo  contro  Shakspeare  :  Prometeo  di  fronte  ad  Amleto  :  la 
semplicità  e  la  purezza  scultoria  da  un  lato;  dall'altro  la  foga 
dei  contrasti.  Alla  lussureggiante  nudità  dell'  eroe  greco,  si  vuole 
sostituire    T  ombra  isterica    avviluppata    in    ferrea    armadura   del 

;  gotico  guerriero;  ai  raggi  luminosi  dell'attico  sole,  le  ondeggianti 

rnebbie  ossianesche.  Mentre  i  classicisti  si  cullano   beatamente  in 

.mitologiche  frondosità 

che  di  leggiadre 
Fantasie  già  fiorir  le  carte  argive 

e  non  risparmiano  sforzi  per  ripopolare  i  cerulei  spazi  del  firma- 
mento con  gU  aerei  abitatori  del  gaio  Olimpo,  del  Parnaso,  del- 


74  li.    POETA    GIAMBATTISTA    MARTELLI 


l'Elicona  e  del  Pindo:  le  ombrose  selve  e  le  chiaTe  fonti  di  ninfe, 
i  fiumi  di  naiadi,  il  mare  della  nereide  Anfìtrite;  i  romantici 
all'incontro  dannando  —  tutti  a  morte  gli  dei,  si  pascono  di 
leggende  paurose  o  funeree  ,  rifriggono  gli  inconditi  costumi 
medioevali  tirati  a  nuovo  per  la  circostanza;  sognano  paladini 
vestiti  di  acciaio  randagi,  setibondi  di .  avventure  ;  vereconde  don- 
zelle e  pallide  castellane  sospirose,  eternamente  innamorate:  tro- 
vatori e  menestrelli,  i  quali,  per  passare  il  tempo,  girano  il  mondo 
cantando  strofe  al  suono  del  liuto,  di  preferenza  nelle  tiepide  notti 
d'estate  quando  splenda  la  luna,  sotto  i  veroni  di  castelli  coronati 
degli  immancabili  merli;  abati  macilenti,  ma  terribili,  chiusi  in 
turriti  monasteri,  forniti  di  trabocchetti  fatti  apposta  per  seppel- 
lirvi alla  sordina  sudditi  ribelli:  boschi  dove  ronzano  eremiti 
misteriosi,  ognora  pronti  ad  accorrere  in  aiuto  di  qualche  bel 
cavaliere,  e  dove  orribili  streghe  gavazzano  in  oscene  tregenda 
e  danze  di  morti,  e  scheletri  che  galoppano  a  rompicollo  la  notte 
per  lande  e  per  balze,  in  groppa  a  cavalli  infernali,  al  chiarore 
azzurrino  dei  fuochi  fatui  ;  e  ,  volendo  anche  eliminare  il  fanta- 
stico ,  infiniti  particolari  non  consoni  alla  verità  storica  ,  che  la 
moderna  critica  e  gli  studi  paleografici  ridussero  a  proporzioni 
prosaicamente  minuscole. 

Tale  è  la  forma  esteriore,  sarei  per  dire,  la  caricatura  della 
scuola  romantica,  alquanto  esagerata  dai  classicisti,  poiché  in 
fede  mia  e'  è  in  essa  qualcosa  di  assai  più  serio,  di  veracemente 
filosofico,  l'ideale  dei  tempi  moderni,  tendente  a  rendere  più  popo- 
lare la  letteratura,  a  pascere  i  lettori  di  pensieri  e  non  di  vento  , 
infine,  a  dare  un  nuovo  indirizzo  alla  poesia,  principalmente  alla 
drammatica,  la  quale  da  greca  come  sempre  era  stata,  si  tras- 
forma in  germanica.  Un  critico  francese,  il  Taine,  paragona,  con 
similitudine  ingegnosa,  l' arte  romantica  a  quella  del  Rembrandt  e 
del  Rubens,  i  dipintori  del  mondo  sensibile,  a  cui,  io  direi,  fanno 
riscontro,  al  polo  opposto,  quella  tutta  idealista  di  Raffaello  e  di 
Michelangelo.  —  Greci  e  latini  conciliarono  il  piacere  con  l' or- 
dine, e  i  drammaturghi  classici,  da  Sofocle  a  Racine,  riprodussero 
il  bello  con  identici  mezzi.  Nell'arte  romantica  invece,  si  trabalza 


E    LE    BATTAOLIE    FRA    CLASSICI    E    ROMANTICI.  75 


senza  alcuna  preparazione  dal  tragico  al  buffonesco;  i  perso- 
naggi ciarlano ,  farneticano ,  se  occorre  battono  la  campagna , 
propalano  i  loro  ^nsieri  più  reconditi,  coram  populì,  mettendo, 
senza  alcun  riguardo,  carte  in  tavola.  In  quanto  allo  stile  in  tesi 
generale ,  la  scuola  classica  vuole  l' equilibrio  fra  l' idea  e  la 
forma  ;  questa  rappresenti  direttamente  1'  idea  ;  secondo  i  ro- 
mantici la  forma  deve  rappresentare  l'idea  indirettamente,  cioè, 
a  sbalzi,  per  contrasti. 

Dopo  che  i  due  fratelli  Federico  e  Guglielmo  Schlegel,  Lessing 
e  la  signora  di  Stael,  ebbero  propugnato  il  romanticismo  al  di  là 
delle  alpi,  dopo  la  visita  fatta  a  Milano  da  uno  dei  due  fratelli, 
Guglielmo,  da  Lord  Byron  e  dalla  rinomata  scrittrice,  in  Italia, 
primo  a  dare  il  grido  d'allarme  fu  Giovanni  Berchet,  con  uno 
scritto  che  porta  per  titolo:  «Sul  Cacciatore  feroce  e  sulla  Eleo- 
nora, lettera  semiseria  di  Grisostomo  al  suo  figliuolo  »  (1)  nel 
quale  viene  sciorinando  con  vena  satirica  le  nuove  dottrine,  su- 
scitando, come  era  naturale,  un  diavoleto  nel  campo  letterario 
della  penisola,  di  Milano  specialmente,  ove  Vincenzo  Monti,  ca- 
porione dei  classicisti,  aveva  stabilita  la  sua  corte,  e  dall'  alto 
dell'incontrastato  seggio,  stizzito  coi  romantici  spettri,  i  quali 
osavano  fare  concorrenza  al  delfico  rampollo  di  Latona,  fulminava 
V Audace  scuola  boreal,  col  suo  pugnace  sermone  sulla  mitologia. 

A  combattere  l' invadente  romanticismo,  insieme  agli  scrittori 
della  Rimsta  Scientifico- Letteraria  la  Biblioteca  Italiana,  che 
rinfocolavano  gli  animi  a  raccogliere  il  guanto  di  sfida,  scende 
in  campo  Carlo  Loudonio  coi  Cenni  critici  sulla  poesia  roman- 
tica (2):  ma  la  marea  ingrossa  ed  egli  é  sopraffatto  da  altri 
campioni  del  partito  contrario,  i  quali  si  presentano  nella  lizza 
armati  di  tutto  punto.  Giovanni  Torti,  col  suo  sermone  Sulla 
Poesia  (3),  ed  Ermes  Visconti  con  le  Idee  elementari  svila  poesìa 
romantica  (4).  Che  se    1'  uno  adopera  il  ritmo  poetico,  l'altro  la 

(1)  Milano,  dai  tipi  di  G.  Bernardoni,  1816. 

(2)  Milano,  Pirotta,  1817,  in-4. 

(3)  Milano,  dalla  tipografìa  di  Vincenzo  Ferrano,  anno  1818. 

(4)  Milano,  dalla  tipografia  di  Vincenzo  Ferrarlo,  anno  1818. 


7G  IL    POETA    GIAMBATTISTA    MARTELLI 


prosa,  i  loro  intendimenti  sono  i  medesimi,  vale  a  dire  si  sban- 
disca la  mitologia  :  il  poeta  sia  erudito  nelle  cognizioni  scientifiche 
del  suo  tempo:  i  temi  scelgansi  frale  istorie  dei  secoli  cristiani, 
tanto  meglio  se  fra  le  patrie  cronache;  non  necessaria  la  unità 
nei  poemi  epici,  e  si  segua  la  storia  anche  a  costo  di  incontrarvi 
più  di  un  protagonista:  le  unità  nei  componimenti  drammatici 
ritengansi  ubbie,  una  indegna  pastoia  di  sognate  leggi,  le  pas- 
sioni si  scolpiscano  in  modo  che  vi  fiammeggi  per  entro  il  pen- 
siero cristiano.  Sia  ormai  tempo  di  divezzarsi  dal  prendere  l'im- 
beccata dal  vecchio  Aristotile ,  non  importa  se  rinfiancato  da 
Orazio,  da  Quintiliano,  Longino,  Boileau,  la  Harpe,  e  da  altri 
illustri  dottrinari  più  o  meno  pedanti.  A  rassodare  le  nuove  idee 
letterarie  e  politiche,  veniva  in  luce  due  anni  dopo  (3  settem- 
bre 1818)  il  Conciliatore,  nel  quale  collaboravano  giovani  scrit- 
tori, come  Berchet,  Silvio  Pellico,  G.  B.  De  Cristoforis,  Ermes 
Visconti,  Pietro  Borsieri;  ma  la  sospettosa  polizia  austriaca,  su- 
bodorato r  andazzo  liberalesco  del  periodico,  lo  proibì  dopo  un 
anno  di  vita. 

Il  Martelli  come  si  è  detto ,  seguace  e  fido  amico  del  Monti, 
in  quella  inopia  di  giovani  atleti,  fu  incoraggiato  a  non  restarsi 
con  le  mani  alla  cintola,  a  prendere  parte  attiva  nelle  lotte  quo- 
tidiane. Egli  accetta  l' invito  e  ricorre  allo  stratagemma  —  uno 
stratagemma  che  davvero  oggi  parrebbe  alquanto  ingenuo  ;  ma 
settant' anni  fa  riusci  graziosissimo.  In  ultima  analisi^o  si  po- 
trebbe anche  interpretare  come  un  onesto  tentativo  di  conciliare 
le  due  scuole.  Ecco  in  cosa  consistette:  il  nostro  Giambattista, 
versato  a  fondo  nell' idioma  inglese,  scrive  una  breve  novella  in 
quella  lingua,  togliendola  di  pianta  dall'episodio  delle  Metamor- 
fosi di  Ovidio,  laddove  il  gran  poeta  narra  il  miserando  caso  di 
Ceice  e  di  Alcione,  vi  contrappone  una  bella  traduzione  in  terzine 
italiane,  la  intitola  Alminda  e   Sniceno,  novella  romantica  (1),  e 

(1)  Milano,  presso  Giovanni  Pirotta,  1818.  —  Un'ode  di  sapore  tutto  clas- 
sico pubblicò  il  Martelli  nel  1 822  coi  tipi  Bettoni,  «  Sul  Rapimento  di  Polissena  » 
((uadro  grande  esposto  a  Brera  di  Gioachino  Serangeli,  membro  della  I.  R. 
Accademia  di  Milano, 


E    LR    BATTAGLIE    FRA    CALSSICI    E    ROMANTICI.  77 


la  ammannisce  al  pubblico  col  testo  inglese  a  fronte,  intendendo 
con  questo  provare  qualmente  un  brano  di  poesia  prettamente 
mitologica  possa  sembrare  una  gustosa  novella  delle  più  roman- 
tiche, in  modo  da  ingannare  i  meglio  avveduti:  cosicché  in  so- 
stanza, la  arruffata  controversia,  secondo  lui,  si  risolverebbe  in  una 
quistione  di  pura  formalità.  Lo  scherzo,  come  si  può  immaginare, 
non  spaventò  i  romantici,  i  quali  contavano  già  nei  loro  ranghi, 
oltre  i  nominati,  il  Manzoni  che  se  n'era  fatto  il  capo  e  doveva 
pronunciare  un'ultima  parola  con  la  lettera  Sur  l'unite  de  temps 
et  de  Ueu  dans  la  tragèdie  (Parigi,  1822)  mentre  il  Porta,  con 
una  delle  sue  esilaranti  poesie  vernacole,  colorisce  il  lato  comico 
della  quistione.  Frattanto  attorno  a  questi  due  titani,  s'aggrup- 
pano premurosi  parecchi  uomini  valentissimi;  poi  altri  ed  altri 
ancora;  una  legione;  quasi  tutti  (1). 

Rinvenuta  la  società  da  una  incomparabile  catastrofe  politica, 
i  poeti  scattano  da  tutte  le  parti ,  classicisti  o  romantici  che 
sieno.  Di  già  Monti  aveva  tradotta  Vlliade,  Bondi  VEneide,  la 
Bàndettini  Balducci  i  Paralipomeni  di  Omero,  di  Quinto  Calabro 
Smirneo,  allorachè  molti  e  molti  prendono  l'abbrivo  e  si  votano 
alla  musa,  alcuni  per  conto  proprio,  mentre  un  buon  dato  pre- 
ferisce riprodurre  in  italiano  i  capolavori  delle  straniere  lettera- 
mre;  ne  citerò  alquanti,  mettendo  un  po' a  fascio  buoni  e  me- 
diocri. Giovanni  Resini  pubblica  le  sue  poesie.  Michele  Leoni 
traduce  Thomson,  Shakspeare,  Milton,  Ossian  Ottvay,  Goldsmith; 
Pellegrino  Rossi  il  Giaurro  di  Byron,  Lorenzo  Mancini  e  Bar- 
tolomeo Beverini  traducono  l'uno  Vlliade,  l'altro  VEneide  in  ottava 
rima;  poi  Cesare  Arici,  anch'esso  VEneide,  le  Georgiche  e  più 
tardi  scrive  un  poema  epico,  la  Gerusalemme  distrutta,  ed  altro 
poemetto  la  Pastorizia ,  assai  lodato  ;  Giovanni  Caselli  volge 
in  italiano  le  Odi  di  Anacreonte  e  di  Saffo,  Giuseppe  Borghi 
le    Odi   di    Pindaro  ;    Michele  Vismara    le    Elegie    di    Properzio. 


(1)  Corse  anche  un'  ode  ironicamente  mitologica,  da  alcuni  presa  sul  serio, 
intitolata  V  Ira  di  Apollo ,  recitata  dal  Manzoni  nella  villa  di  Sannazzarro 
sul  lago  di  Como,  lo  stesso  anno  1818.  È  dedicata  a  Giovanni  Berchet. 


IL    POETA    GIAMBATTISTA    MAHTl.l.LI 


L.  A.  Vincenzi  le  Favole  Esopiane ,  Antonio  Nervi  i  Lusiadi  di 
Camoens  in  ottava  rin:ia  ;  Pompeo  Terrario  il  Teatro  Scelto  di 
Schiller;  Giuseppe  Nicolini ,  da  Brescia,  il  Corsaro  di  Byron. 
Tedaldi  Fores  pubblica  il  Narciso  in  quattro  canti  ;  Manzoni 
nel  1815  ,  gli  Inni  Sacri  (i  primi  quattro)  ,  suggellendo  con 
questi  la  sua  evoluzione  verso  il  romanticismo,  e  qualche  anno 
dopo  il  Carmagnola,  il  Cinque  Maggio,  la  Pentecoste,  V Adelchi; 
Tommaso  Grossi  V Ildegonda  applauditissima  (1),  indi  i  Lombardi 
alla  Prima  Crociata,  poema  in  quindici  canti,  il  cui  annuncio 
suscitò  un'aspettativa  entusiastica,  ma  la  montagna  partorì  il  topo 
esopiano.  Giovanni  Torti  la  Torre  di  Capua.  Cesare  Cantù  V Al- 
giso o  la  Lega  Lombarda.  Tommaso  Gargallo  mette  in  veste 
italiana  le  opere  di  Orazio  Fiacco.  Felice  Belletti  le  Tragedie  di 
Eschilo  e  di  Euripide  (fino  dal  1813  aveva  pubblicate  quelle  di 
Sofocle),  Guglielmo  Manzi  le  opere  di  Luciano.  Antonio  Pazzi  la 
Batracomiomachia  di  Omero.  Andrea  Maffei  esordisce  con  gli 
Idillii  di  Gessner.  Angelo  Maria  Ricci  scrive  un  poema  eroico  , 
V Italiade  :  di  poi  un  secondo  poema  il  cui  protagonista  è  S.  Be- 
nedetto. Un  cavaliere  P.  e  un  Giuseppe  Indelicato  volgono  in 
italiano  la  Donna  del  Lago,  poema  di  Walter-Scott,  e  Pietro 
Bagno  viene  fuori  con  un  poema  in  venti  canti  il  Cadmo.  Ippo- 
lito Pindemonte  ci  regala  la  sua  versione  deW  Odissea  (ora  su- 
perata da  altra,  scritta  con  uno  stile  più  slanciato,  più  moderno, 
dal  Maspero).  Berchet  dichiarando  guerra  allo  straniero  con  ar- 
dimento da  patriota,  lancia  dall'esilio  gli  Esuli  di  Parga,  indi 
le  Fantasie,  ed  altre  liriche  che  ognuno  sa  a  memoria,  e  fecero 
di  lui  il  poeta  nazionale  per  eccellenza.  Antonio  Robiola  pub- 
blica il  Mosè,  poema  epico.  Il  Sestini  la  Pia,  novella.  Bernardo 
Bellini  il  poema  eroico  la  Colombiade ,  e  Giuseppe  Franchi  il 
poema  biblico  Mosè.  Lazzaro  Papi  ci  presenta  il  Paradiso  Per- 
duto di  Milton,  più  tardi  tradotto  anche  dal  Maffei. 

Il  genio  italiano  cerca  nella  letteratura  militante  uno  sfogo,  il 
solo  che  gli  rimanga  aperto  ,  nel   marasmo  imposto    dalle   dure 

(1)  Milano,  1820,  da  Vincenzo  Ferrano. 


I      I  !      BATTAGLIE    FRA    Cl-ASSICI    F.    ROMANTICI.  79 


condizioni  fatte  al  paese  ;  un  marasmo  di  cui  i  miei  giovani  con- 
temporanei, difficilmente  potrebbero  comprendere  tutto  il  signifi- 
cato, cosi  grande  fu  lo  sbalzo  avvenuto  in  tutto  il  mondo  euro- 
peo, e  singolarmente  in  Italia,  d'allora  in  poi.  Si  pensi  che  in 
Lombardia  ogni  quistione  implicante  anche  una  lontana  allusione 
politica,  era  severamente  esclusa  da  una  inesorabile  censura  pre- 
ventiva, dalle  riviste,  e  dagli  stessi  giornali  ebdomadari  e  quoti- 
diani, obbligati  per  conseguenza  a  pascere  i  lettori  di  frasche  e  di 
notizie  teatrali.  Si  menava  scalpore  per  dei  nonnulla  ;  una  predica 
un  sonetto,  un  articolino  da  giornale,  un  quadro  anche  mediocre,  un 
amico  che  ritornasse  dall'  aver  visitato  Parigi,  un  par  di  nozze, 
uno  scandalo  qualunque,  prestavano  materia  a  queigli  annoiati  di 
ciarlare  per  settimane,  più  di  quanto  lo  facciano  oggidì  le  stre- 
pitose notizie  che  ci  arrivano  sulle  ali  dei  fili  telegrafici  da  tutte  le 
parti  del  globo. 

In  questa  fiaccona  il  mio  protagonista,  che  decisamente  aveva 
disertato  le  pandette,  segui  la  corrente  stabilitasi  dopo  il  Con- 
gresso di  Vienna,  ubbedendo  nel  tempo  stesso  alT  impulso  che 
lo  trascinava  al  poetare,  e  compose  la  sua  opera  principale,  re- 
cando in  ottava  rima  la  prima  leggenda  del  poema  di  Edmondo 
Spenser,  la  Regina  delle  Fate.  Lo  Spenser,  poeta  di  gran  fama, 
vissuto  nella  seconda  metà  del  secolo  decimosesto,  fu  detto  l'A- 
riosto britanno  e  dal  Campbell  il  Rubens  inglese,  per  sua  sin- 
golare fantasia,  per  sua  vena  immaginosa,  bizzarra,  inesauribile. 
La  prima  leggenda  di  quest'opera  vastissima,  la  quale  doveva 
essere  composta  di  ventiquattro  poemi,  racchiude  in  dodici  canti, 
un'azione  compiuta,  e  forma  un  poema  di  andamento  classico  e 
di  regolare  sviluppo,  che  l'autore  intitolò  Leggenda  del  cavaliere 
della  Croce  Rossa  o  della  Santità;  ma  dal  Martelli  fu  appellata 
la  Vergine  Una  (1).  Le  ottave  del  nostro  traduttore  hanno  una 
disinvoltura  cosi  ariostesca ,  una  eleganza ,  una  scioltezza  cosi 
franca  e  maestosa  che  di  primo  colpo  conquistano  i  più  difficili. 


(1)  Milano,  per  Antonio  Fontana,  183L  —  Dedicato  alle  Ombre  Onorande 
de'  suoi  lagrimati  amici,  Vincenzo  Monti  e  Bernardino  Mandelio. 


80  IL    POETA    GIAMBATTISTA    MARTELLI 


Il  successo  di  questa  versione  fu  grandissimo:  però  non  riusci 
ad  allargarsi  fino  a  diventare  un  successo  popolare  per  parecchie 
ragioni:  bisognava  un  gusto  esercitato,  un  grado  di  coltura  su- 
periore, per  valutare  quello  stile  cosi  eletto,  per  non  impennarsi 
dinanzi  a  certe  astruserie,  a  certe  allegorie  filosofico-morali,  a 
cui  gli  italiani  d'  allora  erano  punto  avvezzi.  Non  tutti  sono  ca- 
paci di  respirare  liberamente  in  regioni  troppo  sublimi  !  Il  critico 
della  già  citata  Biblioteca  Italiana,  di  consueto  non  proclive  al- 
l'ottimismo, nel  fascicolo  del  mese  di  marzo  1831,  tesse  meditati 
elogi  a  codesto  lavoro ,  e  conchiude  accordando  al  traduttore 
pienissima  lode  (1). 

In  quegli  ultimi  anni  un  fatale  evento  colpiva  lo  sfortunato 
Martelli.  Vincenzo  Monti  carico  di  allori  era  passato  ad  altra 
vita,  spegnendosi  con  lui  1'  ultimo  dei  poeti  cesarei,  e  i  romantici 
avevano,  con  gran  fracasso,  preso  decisamente  il  sopravvento, 
fugando  i  rari  ed  avviliti  difensori  del  classicismo.  Al  Gran 
Traduttor  dei  traduttor  d'Omero  succede  nel  primato  poetico 
Alessandro  Manzoni,  trionfante  pe'  suoi  Promessi  Sposi,  circondato 
da  un  brillante  stato  maggiore,  con  Grossi  e  Torti  che  gli  ten- 
gono le  staffe  :  già  arrivati  anch'essi  a  qualche  rinomanza,  aiutati 
a  montare  l' ampia  scalea  del  Campidoglio  dalla  compiacente 
amicizia  del  loro  illustre  patrono  ,  il  quale  aveva  su  di  loro  ri- 
verberato un  raggio  di  sua  gloria,  apostrofandoli  nel  suo  famoso 
romanzo  con  parole  non  mai  dimenticate.  Di  tal  modo  il  nostro 
avvocato,  rimasto  privo  del  potente  amico,  abbandonato  a  sé  stesso, 
entra  in  una  fase  di  raccoglimento  assai  prolungata,  solo  inter- 
rotta da  scritti  di  occasione  per  strenne  e  per  giornali.  Un'  ode 
al  celebre  violinista  Nicola  Paganini,  comparve  nel    Censore  dei 

(1)  Riportiamo  la  prima  ottava  del  canto  I  : 

Nell'arme  avvolto  un  Cavalier  movea 

Lungo  il  piano ,  e  imbracciava  argenteo  scudo 

Che  ancor  profonde  1'  orme  impresse  avea 

Dell'  antico  di  Marte  orrido  ludo  ; 

11  suo  destriero  indomito  fremea 

Fra  le  spume  agitando  il  dente  ignudo  : 

Ei  cavalcava  maestoso  in  atto 

Qual  prode  a  guerre  e  lleri  scontri  adatto. 


F.    Lli    BATTAGLIE    FRA    CLASSICI    E    ROMANTICI.  81 

Teatri  (Milano,  28  gennaio  1835),  Sonetti,  leggonsi  nel  Pirata, 
giornale  di  letteratura  (Milano,  dicembre  1839  e  marzo  1840). 
Brindisi  a  Giovachino  Rossini  ,  nella  Gazzetta  Privilegiata  di 
Milano  del  gennaio  1840.  Forse  altre  cose  da  me  non  viste. 

Al  Martelli  veniva  indirizzata  una  lettera  critica  di  T.  C.  (Trus- 
sardo  Caleppio  da  Bergamo,  se  mi  si  permette  svelare  il  se- 
creto) (1),  nella  quale,  il  nervoso  ed  acuto  Aristarco,  con  lancia 
in  resta,  attacca  vigorosamente  l'  ultima  opera  poetica  di  Tom- 
maso Grossi,  Ulrico  e  Lida,  novella  in  ottava  rima,  la  quale, 
per  verità,  nulla  aggiunse  alla  fama  alquanto  illanguidita  del 
patetico  cantore  di  lldegonda.  Il  Caleppio  é  un  caldo  ammiratore 
del  nostro  Giambattista;  cosi  scrive  di  lui:  «Voi  suonate,  come 
diceva  il  Davanzati,  parlando  dell'alto  stile  di  Dante,  sempre  la 
campana  grossa  negli  epici  canti  della  Vergine  Una:  gli  ardi- 
mentosi e  poetici  voli  della  lirica  fate  ammirare  nella  versione 
del  Collins;  e  di  una  graziosa  evidente  poetica  semplicità  di  stile 
narrativo  vestiste  dopo  gli  affettuosi  concetti  di  Alminda  e  di 
Sniveno.  Con  questa  novella  voi  faceste  un  leggiadro  inganno  a 
coloro  che  si  dicono  romantici,  che  saliti  in  rigoglio  di  aver  in 
voi  un  possente  campione,  ali*  apparire  di  quel  componimento, 
clamorose  e  festanti  alzarono  le  voci  della  vittoria.  »  —  Nonper- 
tanto il  Martelli  non  ozia;  egli  scrive  indefesso  per  sostenere  sé 
e  la  famiglia  vivente  quasi  sempre  in  Miasino.  Oltre  alle  gior- 
naliere traduzioni  dall'  inglese  pei  periodici,  erasi  accinto  a  vol- 
gere in  versi  sciolti  il  Roderigo ,  o  V  ultimo  dei  Goti ,  poema 
storico-romanzesco  in  venticinque  canti,  di  Roberto  Sauthey,  che 
pubblicò  per  le  stampe  nel  1840  (Milano,  tipografia  Guglielmini 
e  Redaelli),  dedicandolo  alla  contessa  Giulia  Samoyloff,  dama 
russa,  assai  nota  nei  fasti  della  vita  elegante  italiana  di  quei 
tempi  già  tanto  lontani,  la  quale  in  mezzo  a  pompe  mondane,  a 
molte  stranezze,  di  tanto  in  tanto  pensava  che  una  particiuola 
di    sue  sfondolate  ricchezze,  poteva  essere  bene  impiegata  anche 

(I)  Lettera  di  T.  C.  all'avvocato  Giambattista  Martelli  intorno  la  novella 
di  Tommaso  Grossi,  Ulrico  e  Lida.  —  Milano,  presso  Paolo  Cavalletti,  1837. 

Arch.  Stor.  Lomh.  —  Anno  XV.  6 


-JL    POETA    GIAMBATTISTA    ?4ARTELLI 


ad  incoraggiare  un  poeta.  Questa  produzione  del  nostro  autore, 
benché  ricca  di  rari  pregi  e  benché  la  veste  martelliana  getti 
sul  poema  novello  splendore,  pure  venne  accolta  dalla  repubblica 
letteraria  con  qualche  freddezza.  L'ambiente  ò  mutato:  la  poesia 
perde  terreno  e  cede  il  passo  a  studii  più  complessi  incoraggiati 
dalla  poderosa  iniziativa  di  Cesare  Cantò,  di  cui  Y Enciclopedia 
Storica  comincia  in  quel  torno  a  vedere  la  luce  (1838)  :  nonché 
dall'  operosità  versatile  di  Carlo  Cattaneo,  il  quale,  co'  suoi  colla- 
boratori del  Politecnico,  si  erige  a  banditore  di  più  virili  aspirazioni. 
Indarno  Felice  Romani,  il  bardo  dei  musicisti,  nella  Gazzetta 
Piemontese  (1),  prima  della  pubblicazione  del  Roderigo,  discorre 
a  lungo  e  con  cerio  calore  del  Sauthey ,  tutto  ripromettendosi 
della  aspettata  traduzione  del  Martelli,  e  facendone  eziandio  pre- 
gustare a'  suoi  lettori  alcuni  brani,  che  aveva  avuto  il  destro 
di  procacciarsi  dall'  amico  :  ma  1'  articolo  del  critico-poeta,  super- 
ficiale, mancante  di  nerbo,  non  era  riuscito  a  scuotere  l'apatia 
predominante,  a  sdormentare  i  suoi  lettori. 

Dopo  tale  lodevole  versione ,  Giambattista  Martelli  non  più 
intraprese  lavori  di  lunga  lena;  bensì  brevi  componimenti:  alcuni 
sonetti  pubblicati  nella  Gazzetta  privilegiata  di  Milano  dei  3  set- 
tembrs  1843  e  dei  23  febbraio  1844:  un  Brindisi  e  Sermone 
letto  alla  mensa  di  suo  fratello  Giovanni  Antonio  il  giorno  27  di- 
cembre 1840,  giorno  in  cui  il  figlio  di  costui,  sacerdote  Cesare, 
celebra  la  prima  messa  {Pirata,  16  febbraio  1841 ,  di  poi  ri- 
stampato in  edizione  separata)  ;  la  Fortuna  ed  il  Tempo,  poesia 
di  una  efficacia  tutta  moderna,  che  lascia  profonda  impressione 
in  chi  la  legge  (48  strofe  nell'  appendice  della  Gazzetta  privile- 
giata di  Milano  dei  14  maggio  1843).  Infine  si  rinvenne  fra  le 
sue  carte,  un  poemetto  originale  in  terza  rima,  la  Mente,  diviso  in 
venticinque  brevissimi  canti,  tuttora  inedito,  che  spero  mettere 
con  r  opera  mia  all'  onore  della  stampa.  Intanto  la  nota  malin- 
conica andava  in  lui  ognora  più    rinforzandosi.  In  una  delle  sue 


(1)  Questo  articolo  fu  riportato  neWa  Gazsetta  pricilegìata  di  Milano  del 
giorno  30  ottobre  1840. 


i:    LF-    BATTAGLIE    FRA    CLASSICI    K    UOMANTICF.  83 

ultime  poesie    fatte  pubbliche,  prorompe  con    accento  tristamente 

convinto: 

Nel  turbine  avvolto 
Di  mali  e  d'  affanni 
Gravato  dagli  anni 
M'  appresso  al  mio  fin. 

Epperò  sconfortato,  disilluso,  protrasse  i  suoi  giorni  modestis- 
simamente in  Milano,  sorretto  nelle  sue  diuturne  infermità  dalla 
moglie  e  dai  figli,  ritornando  nei  mesi  d'  estate  e  d'  autunno  a 
Miasino,  sul  lago  d'Orta,  ovvero  a  Borgoticino,  ove  teneva  pure 
una  casuccia. 

Egli  nondimeno  amò  fino  all'  ultimo  mescolarsi  con  una  so- 
cietà spigliata,  né  si  adombrava  nel  trovarsi  al  contatto  con  gio- 
ventù briosa;  osservava  ogni  cosa;  di  tutto  si  interessava;  a 
volte  perfino  della  cronaca  piccante  della  città,  che  poi  sapeva 
ripetere  con  parole  argute,  scintillanti,  cosi  da  recare  vero  diletto 
in  chi  r  ascoltava  ;  a  tanto  maggior  ragione  ,  poiché  desso  per 
abitudine,  abborriva  dal  vernacolo  in  uso  nel  conversar  famigliare. 

Durante  le  interminabili  invernate  milanesi,  i  passanti  avreb- 
bero potuto  intravvedere  il  Martelli  ogni  sera,  e  tardi  nella  notte, 
in  una  lurida  bottega  da  caffè  (detto  del  Martini)  che  si  apriva 
nelle  demolite  case  ingombranti  lo  spianato  che  da  trent'  anni  di- 
stendesi  dinanzi  al  teatro  della  Scala.  Quelle  meschine  sale,  o  per  dir 
meglio,  bugigattoli,  e  per  posizione  topografica,  e  per  tradizione, 
erano  il  quartiere  generale,  non  solo  de'  giovani  scapigliati,  ma 
eziandio  di  uomini  di  garbo  e  di  persone  assennate;  quivi  con- 
venivano come  in  posto  in  cui  giornalmente  raccoglievasi  una 
compagnia  a  modo,  con  intonazione  alquanto  ardita,  tale  da  ren- 
dere quel  ritrovo  sovranamente  antipatico  alla  polizia  austriaca, 
diretta  dall'  aulico  Torresani.  Di  mezzo  all'  incessante  via  vai  di 
begli  umori  dediti  agli  spassi,  di  consiglieri  emeriti,  di  artisti,  di 
bellimbusti,  di  gran  signori,  in  un  angolo  di  una  delle  stanze 
terrene,  in  certi  momenti  della  notte  invase  da  un  visibilio  di 
gente  che,  sprigionandosi  dal  vicino  teatro,  vi  entra  a  fiotti  e  vi 
incrocia   discorsi    di  una  varietà    sorprendente,  ove  la  politica  si 


84  IL    POETA    GIAMBATTISTA    MARTELLI 

mischia  volontieri  con  le  enfatiche  ammirazioni  per  le  alunne  di 
Tersicore,  sedeva  quatto  il  vecchio  Martelli,  curvo  sulla  persona,, 
con  un  fascio  di  carte,  occupato  nel  tradurre  gli  articoli  di  qual- 
che giornale  inglese  di  cui  era  fornita  la  bottega.  E  protraeva 
fino  a  straore  la  sua  faticosa  veglia ,  senza  far  caso  del  bac- 
cano che  rombava  intorno  a  lui  :  sprezzando  qualche  frecciata 
scoccatagli  da  impertinenti  crocchi,  i  quali  lo  guardavano  con 
sorriso  sardonico,  come  a  persona  per  lo  meno  strana.  Solo  una 
volta,  dibattendosi  accanto  a  lui  la  grave  quistione  del  sapere 
quale  fosse  il  migliore  cavallo  fra  quelli  pronti  a  gareggiare  nella 
prossima  giornata  delle  corse,  un  capo-ameno  gli  si  avvicinò 
interpellandolo  con  aria  disinvolta,  se  lui,  che  tanto  scribac- 
chiava, avrebbe  saputo  sciogliere  1'  arduo  problema.  Il  Martelli, 
levando  il  capo  e  fissando  il  suo  interlocutore,  lo  squadrò  di  una 
occhiata  penetrante,  tutta  sua  propria,  come  volesse  dire  :  badi, 
mio  bel  signore,  e  mi  scusi  se  non  tengo  la  lingua  in  briglia, 
indi  rispose  secco:  —  Certo  lo  so.  —  L'altro  stupito,  chiamò  a 
sé  gli  amici  per  udire  il  responso  dell'avvocato,  e  farne  poi  le 
grasse  risa.  Raccoltosi  attorno  un  gruppo  di  giovani  sportsmen 
chiedenti  in  coro  il  suo  verdetto,  il  Martelli  rispose  a  quel  chiasso 
con  aria  di  fina  ironia:  —  Si,  lo  so,  il  migliore  cavallo  è  quello 
che  porterà  loro  signori  fuori  dei  piedi.  —  Un  bisbiglio  accolse 
questa  sentenza ,  e  ciascheduno  se  ne  tornò  silenzioso  al  suo 
posto;  né  dopo  d'  allora  alcuno  si  attentò  mai  più  a  distur- 
bare il  buon  poeta. 

Giambattista  Martelli  ebbe  parecchi  amici  nel  campo  letterario, 
ricorderemo,  oltre  il  Monti,  Felice  Romani,  il  Caleppio,  il  mar- 
chese Gian  Carlo  Di  Negro,  cultore  di  lettere,  ma  più  ancora 
munifico  mecenate;  il  quale  lo  ospitò  sovente,  nella  sua  deliziosa 
villa  di  Genova,  e  molto  a  lungo  nella  primavera  dell'  anno  1849, 
dopo  la  battaglia  di  Novara,  nei  giorni  nefasti  della  rivolta  cit- 
tadina. Consumati  i  disastrosi  eventi  del  1848,  lasciò  la  dimora  di 
Milano,  tornandovi  una  sola  volta  per  alcuni  giorni  a  salutarvi 
gli  amici,  e  si  ridusse  a»Borgoticino,  dove  accasciato  pei  tanti 
guai  desolanti  quell'  Italia  che   aveva    onorata    co'  suoi  scritti,  e 


E    LE    BATTAGLIE    FRA    CLASSICI    E    ROMANTICI.  85 

da  lui  amata  con  sincera  espansione,  spirava  ai  29  novembre  del- 
l' anno  1850.  Sulla  sua  tomba  1'  amico  Di  Negro  spargeva  una 
lagrima  con  un  sonetto  pieno  di  sentimento,  riportato  in  un  gior- 
nale genovese  (1).  Fra  le  mie  carte  trovo ,  oltre  a  molte  lettere 
insignificanti ,  un  autografo  poetico  del  Martelli ,  1'  ode  a  Vit- 
torio Emanuele  I  di  Savoia ,  che  ho  motivo  di  credere  inedita. 
È  sicuramente  scritta  nel  1814 ,  in  benemerenza  dei  benefici 
largiti  alla  avita  riviera,  poiché  essa  tratta  appunto  delle  con- 
cessioni fatte  a  quella ,  di  cui  egli  stesso  era  stato  caldo  patro- 
cinatore (2). 

Sarò  io  importuno  se  pongo  fine  a  questi  cenni  col  presentarla 
a'  miei  lettori,  quantunque  non  sia  per  avventura  fra  le  sue  mi- 
gliori ?  Spero  di  no;  in  ogni  modo,  se  ciò  fosse,  ripeterei  con 
Manzoni  :   «  credete  che  non   s'  è  fatto  apposta.  » 

Felice  Calvi. 


AL  RE  VITTORIO  EMANUELE  I  DI  SAVOJA 

Ode  di  Giambattista  Martei.t.i. 


Vittorio  Augusto  ,  le  tue  regie  bende 
Luce  di  sangue  non  circonda ,  affetto 
Sol  de'  sudditi  tuoi  nel  cor  ti  splende 
E  neir  aspetto. 

Vano  è  a  Regnanti  1'  ostentar  funesta 
Pompa  di  brandi ,  e  fantasie  d'orgoglio  : 
Grande  è  colui  che  all'  indigenza  appresta 
Pane  dal  loglio. 

0)  Il  Corriere  Mercantile. 

(2)  Le  lettere  del  Martelli,  che  io  conservo,    sono  dirette  a  mio  padre,  e 
s'  aggirano  quasi    esclusivamente,  sullo  stato  compassionevole  di  sua  salute. 


86  ir,    POETA    GIAMBATTISTA    MARTELLI 


Grande  è  colui  che  fa  suo  primo  vanto 
Largir  vita  a  chi  langue,  e  prima  cura 
Più  del  fasto  regal  1'  ascoso  pianto 

Della  sventura. 

Dal  santo  amor  de'  più  sublimi  esempi 
Tu  caldo  il  petto  e  la  serena  mento 
Sfiorando  il  meglio  do'  vetusti  tempi 

N'orni  il  presente. 

Tu  liberal  d'idee,  che  un  raggio  sono 
Che  a  magnanimi  pochi  il  Cielo  invia 
Ragion  francheggi ,  e  fai  reina  in  trono 
Brillar  sofìa. 

Tua  legge  il  guida  in  cui  raggiando  scritta 
Umanità  sorride  e  in  tener  chiaro 
Piotade  impone  da  ragion  prescritta 
Al  ricco  avaro. 

Legge  olocausto  a  Dio,  con  cui  sgomenti 
La  oscena  usura  e  il  monopolio  sordo 
Che  la  squallida  fame  delle  genti 

Calcola  ingordo. 

E  la  rapina  geme  e  sbigottito 

L'  assassin  si  rinselva ,  e  il  masnadiere 
Trema  al  solo  pensier  del  prode  ardito 
Carabiniere. 

Tu  alla  pietà  consorto  accoppi!  un  degno 
Guerriero  spirto  animator  dei  forti 
Che  anelano  affrontar  per  te,  pel  regno 
Splendide  morti. 

Te  guida  a  gloria  una  celeste  face 
Cui  plaude  ogni  vicina  Itala  terra 
Poiché  vede  fra  noi  sposo  alla  pace 

L'  onor  di  guerra. 

Socio  al  genio  del  mar.  Te  Padre  chiama 
Dell'  Eridano  il  genio,  e  della  Dora 
E  il  più  bell'astro  in  te  della  sua  fama 
Liguria  adora. 


E    I.F.    HAI!   V'W.Ii:     FRA    CLASSICI    E    ROMANTICI.  87 


Torino  esulta,  o  do'  stranieri  accoglie 

Ch' aman  [lorsl  a  tuui  pie  novero  immenso: 
Speme  esaudita  sta  nelle  tue  soglie 
E  popol  denso. 

Io  delle  Cusie  rupi  alpestre  figlio 
Io  pur  te  vidi,  ed  adorai  vicino, 
E  a  noi  propizio  nel  tuo  regal  ciglio 
Lessi  il  destino , 

AUor  che  al  novo  sfolgorar  de'  vivi 
Della  tua  maestà  raggi  diffusi 
Risorti  esponi  di  quegli  irti  clivi 

I  dritti  e  gli  usi. 

Dell  Tu  li  serba,  e  ricomponi  e  abbella 
Di  tua  virtude  il   secol  nostro  adulto 
Sicché  invecchiando ,  di  feral  procella 

Non  tema  insulto. 

Me  a  poetar  non  trae  diva  profana, 
Ma  sol  mio  nume  ,  verità  gagliarda. 
Pera  dei  re  1'  adulatrice  ,  infame 

Musa  bugiarda. 

Te  giunto  al  fin  de'  tuoi  t alidissimi  anni , 
Verrà  a  levar  fulgente  anima  amica , 
L'  angiol  della  pietà  sovra  i  suoi  vanni 
E  fia  che  dica  : 

«  Tu  che  imprimesti  nel  mortai  governo 
Per  divin  orma  i  tuoi  vestigi  augusti 
Vieni  a  regnar  nel  bel  mattino  eterno 

Col  Dio  dei  giusti.  » 


VARIETÀ 


DI  UN  CODICE  SFORZESCO  DI  FALCONERIA. 


I. 

L'ardentissima  passione  per  la  caccia,  che  signoreggiò  nel  medio 
evo  gli  ordini  più  elevati  della  società  europea  ,  ha ,  come  tutti 
sanno,  dato  origine,  o  per  dir  meglio  nuovo  incremento,  ad  una 
speciale  letteratura,  la  quale  non  solo  continuò  a  prosperare  an- 
che in  tempi  più  civili,  ma  vive  oggi  ancora  rigogliosissima  (1). 
Ed  è  pur  noto  come  dai  cultori  di  codesta  letteratura  la  caccia 
venisse  considerata  quasi  un'  arte ,  anzi  più  che  un'arte  ,  una 
scienza,  e  fosse  per  lei  singolare  oggetto  di  studio  il  modo  di 
allevare  e  di  educare  quegli  animali  che  l'uomo  aveva,  ab  antiquo 
addestrati  ad  aiutarlo  nella  soddisfazione  de'  suoi  istinti  sanguinari; 

(1)  Un'opera  recentissima,  che  descrive  in  gran  parte  codesta  produzione 
cinegetica  antica  e  moderna,  è  quella  di  R.  Souhaut  ,  Bibliographie  gene- 
rale des  ouerages  sur  la  chasse,  la  cénerie  et  la  faticonnerie,  publiés  ou 
composc's  clepuis  le  quinsième  siede  jusqu'à  ce  jour ,  en  frangais ,  latin, 
allemand,  anglais,  espagnol,  italien,  etc.  —  Paris,  Rouquctte,  1886,  in-8, 
730  col.  Cfr.  una  recensione  di  P[aul]  M[eyerJ  nel  Fase.  I,  p.  1  e  seg.  del. 
giornale  Le  Moyen  Age. 


DI    UN    CODICE    SFORZESCO    DI    FALCONERIA.  89 

i  cani  cioè  e  gli  uccelli  rapaci.  E  l'educazione  di  questi,  giudicati 
assai  più  nobili  di  quelli,  tenuti  in  altissimo  conto,  chiamati  anzi 
più  che  di  sovente  a  simboleggiare  la  generosità  de'  natali  di  co- 
loro che  li  possedevano  (1),  diede  origine  ad  un  ramo  parti- 
colare della  venatoria:  la  Falconeria,  che,  iniziata,  sembra,  dagli 
Arabi  (2),  venne  presto  in  onore  anche  in  Occidente,  dove  principi 
e  baroni    non    soltanto    gareggiarono    nel    procacciarsi   i   trattati 

(1)  Che  la  caccia  coi  falconi  fosse  più  nobile  di  quella  coi  cani  è  affermato 

in  modo  piuttosto  curioso  dall'autore  di  un  poemetto  francese  di  falconerìa, 

di  cui    un   frammento  ha  dato  in  luce  il  Wrigiit    nella   Reliquice    antiquce 

(v.  I,  p.  310).  Il  proemio  è  consacrato  a  screditare  la  caccia  del  cinghiale  e 

del  cervo  ; 

Est-ce  plaisir  de  se  combatre 

Et  faire  ses  membros  trencher 

A  un  serf  ou  à  un  senglier? 

Avoir  paour,  perii  et  paine? 

N'est-ce  mie  chose  grevaine? 

Certes  si  est,  que  que  nul  die.... 

La  falconeria  invece  è  un  altr'affare! 

Mais  il  est  trop  bon  assavoir 

Que  deduit  d'oiseaulx,  monseigneur. 

Est  sans  mal  en  bonté  greigneur, 

Car  donne  proflit  et  plaisance 

Et  (sic:  1.  qui  est)  bien  honneste  sans  grevance, 

A  tous  ceux  qui  l'aimera...  (1.  aimeront) 

Et  qui  loyalment  le  deservaint  (1.  deserciront) 

Trop  plus  grandement  [que  ne]  fait 

Deduit  de  chiens 

(2)  Probabilmente  da  fonti  arabe  proviene  il  de  arte  cenandi  cum  acibus 
di  Federigo  li,  del  quale  sono  ben  note  le  relazioni  coU'Oriente.  E  non  dif- 
ferente origine  deve  avere  avuto  il  libro  De'  falconi,  astori,  sparcieri,  loro 
malattie  e  rimedi  per  maestro  Guglielmo,  figlio  di  Malghero  falconiere  del 
re  Ruggeri,  che  si  legge  nel  cod.  A.  43  inf.  dell'Ambrosiana,  dal  quale  lo 
trasse  A.  Ceruti  (V.  Il  Propugn.,  A.  II,  pag.  221  e  sgg.).  La  qual  biblio- 
teca possiede  un  altro  libro  di  falconeria  tradotto  dall'arabo;  il  trattato 
De  acibus  rapacibus,  contenuto  nel  cod.  D.  11  inf.,  membr.  del  sec.  XIV, 
che  è  detto  Liber  Moamonfalconarii  de  arabicoin  latinum  translatus  per 
magistrum  Theodorum  physicum  apud  fancunin ,  nel  cod.  Z.  175  sup. , 
scritto  nel  sec.  XVI.  Cfr.  Crruti,  I.  e.  ,  p.  227. 


90  VARIF,  TÀ. 


orientali ,  ma  ne  fecero  scrivere  de'  nuovi  e  non  sdegnarono  in 
parecchi  casi  di  dettarli  essi  medesimi.  Le  bibliografie  venatorie 
vanno  quindi  a  buon  dritto  orgogliose  di  registrare  nelle  loro  co- 
lonne i  nomi  di  Alfredo  il  Grande,  di  Federigo  II,  di  Enrico  e  di 
Edoardo  d' Inghilterra,  per  tacere  del  principe  della  scienza  me- 
dioevale, di  Alberto  Magno  (1).  E  fu  precisamente  in  Inghilterra 
ed  in  Francia  che  1'  arte  di  educare  gli  uccelli  rapaci  die'  ma- 
teria ad  un  numero  ,  ancora  mal  conosciuto  ,  ma  certo  amplis- 
simo, di  opere  vuoi  latine,  vuoi  volgari,  vuoi  in  prosa,  vuoi  in 
versi  (2).  L'Italia  sembra  invece  aver  prodotto  poco  in  questo  ge- 
nere; esistono,  egli  è  vero,  molti  trattati  latini  di  Falconeria  nelle 
nostre  biblioteche;  ma  non  è  certo  che  sieno  stati  composti  fra 
noi.  E  dei  testi  in  volgare  poi  ,  ove  si  escluda  la  versione  fatta 
da  Bono  Giamboni  del  trattatello  inserito  nel  suo  Tesoro  dal 
Latini  (3),  i  più  non  sono  se  non  traduzioni  o  molto  o  poco  al- 
terate del  libro  famosissimo  di  re  Danco  (4) ,  l'  immaginario  so- 
vrano orientale  ,  al  quale  nel  medio  evo  si  dava  vanto  di  aver 
creato  la  Falconeria. 

È  per  l'appunto  un'altra  versione  di  questo  libro,  assai  più  tarda, 
ma  rivestita  in  compenso  di  forme  poetiche,  quella  che  dà  argo- 
mento a   questa    breve    notizia.    Essa   non    merita    già  la  nostra 

(1)  Per  ciò  che  spetta  ai  trattati  attribuiti  ai  tre  sovrani  inglesi  si  veda 
P.  Meyer  ,  Les  manuscrits  frariQais  de  Cambridge,  in  Romania,  XV, 
p.  277  e  sgg. 

(2)  P.  Meyer  ,  op.  cit.  1.  e.  Cfr.  anche  Dullettiti  de  la  Sociétc  des  Anc. 
textes,  1885. 

(3)  La  pubblicò  insieme  al  testo  originale  il  Mortaua  in  quella  raccolta, 
di  cui  si  parla  nella  nota  seguente. 

(4)  Non  ci  consta  se  abbiano  quest'  origine  i  Due  trattati  del  governo 
e  delle  infermità  degli  Uccelli,  editi  da  un  cod.  vatic. ,  nel  1864,  da 
G.  Spezi  ;  ma  possiamo  invece  con  certezza  attribuirla  ai  due  trattati  messi 
in  luce  da  A.  Mortara  nelle  Scritture  antiche  di  Falconeria,  Prato,  1851, 
ed  al  libro  di  Guglielmo,  «  translatato  di  provinciale  in  latino  »,  edito  dal 
Ceruti.  Si  aggiunga  a  questi  il  Libro  della  Natura  degli  uccelli/atto  per 
lo  re  Banchi,  testo  antico  toscano  messo  in  luce  da  Fr.  Zambrini.  —  Bologna, 
1874,   pp.   XXXVI-72,   con  tavole  cromolitografiche. 


DI    IN    rODICB    SFORZESCO    DI    FALCONERIA.  91 

attenzione,  lo  dico  subito,  per  il  suo  valore  letterario,  che  è 
minimo,  anzi  nullo,  ma  a  cagione  delle  circostanze  che.  l'hanno 
veduta  nascere.  Scritta  infatti  per  quello  fra  i  principi  milanesi, 
che  portò  anche  nella  caccia ,  della  quale  diletta  vasi  oltre  mi- 
sura, la  sua  veramente  regale  inclinazione  al  lusso  ed  alla  ma- 
gnificenza (1)  ;  per  Galeazzo  Maria  Sforza  ,  essa  ci  è  pervenuta 
in  un  solo  manoscritto,  che  è  precisamente  la  copia  che  l'autore 
aveva  fatto  trascrivere  ed  alluminare  onde  farne  omaggio  al  Duca. 
È  adunque,  secondo  tutte  le  probabilità,  il  codicetto,  di  cui  ora 
vengo  a  dare  la  descrizione,  un'altra  reliquia  di  quella  celebre 
biblioteca  del  Castello  di  Pavia,  che  i  capricci  della  sorte  hanno 
cosi  miseramente  dispersa,  e  di  cui  gli  eruditi  ed  i  bibliografi  vanno 
a  gara  ad  esumare  gli  avanzi  ed  a  ricostruire  l'  insieme  (2). 


II. 

Del  codice  che  ci  occupa  1'  esistenza  è  stata  segnalata  già  da 
gran  tempo  dall'Ilari  nel  suo  Catalogo  della  Comunale  di  Siena  (3); 
ma  io  non  mi  sarei  certo  dato  la  briga  di  ricercarlo  in  quella 
selva  di  titoli  di  stampati  e  raano!?c ritti,  che  il  brav'  uomo  mise 
fuori  nel  1844  ,  se  il  caso  non  mi  avesse  posto  fra  le  mani  la 
miscellanea  che  lo  contiene   (4),  mentre    lavoravo  in  quella    bi- 

(1)  Ecco  che  scrive  il  CoRio  nella  sua  Hìstoria  (ed.  Milanese  del  1503  , 
f.  326  r.;  De  Magri,  1865,  p.  314):  «  grandemente  si  delectava  de  occelare  e 
«  cacce  de  cani;  onde  una  volta  lanno  circha  di  ciò  spendea  sedcce  migliara 
«  de  Ducati ....  le  pertiche  de  Astori,  Falconi  e  Sparvieri  erano  adornate 
«  con  peze  de  veluto,  rechamate  doro  et  argento  fino  ale  Ducale  insegne...  » 

(2)  Non  è  possibile  però  identificare  il  codice  senese  con  quel  libro  De 
nutriendo  aces  et  falchones  ac  eorum  regimine,  che  si  trova  indicato  nel- 
Vlncentario  della  Biblioteca  Viscontea  Sforzesca,  edito  dai  Mazzvtjnti 
(Giorn.  Stor.  della  Lett.  Ital,  v.  I,  p.  43). 

(3)  La  Biblioteca  publica  di  Siena  disposta  secondo  le  materie  da  Lo- 
renzo Ilari,  Catal.  che  comprende  non  solo  tutti  i  libri  stampati  e  mss. 
che  in  quella  si  conservano,  ecc.,  t.  I,  p    216,  Siena,  1844. 

(4)  È  quella  segn.  H.  VI.  30,  formata  dalla  riunione  puramente  accidentale 
di  tre  mss.  diversi  per  mano  e  provenienza.  Il  primo  è  un  membr.  del  sec.  XV, 


"92  VARIETÀ. 

blioteca.  Distratto  da  altre  indagini  non  abbozzai  allora  che  una 
sommaria  descrizione  del  ms.  ,  e  se  ora  ne  posso  parlare  con 
maggior  ampiezza  di  particolari,  lo  debbo  alla  cortesia  ben  nota 
di  quel  solerte  ed  erudito  bibliotecario,  che  è  il  dott.  Fortunato 
Donati. 

Il  codice  senese  è  un  membranaceo  di  mano  della  seconda 
metà  del  sec.  XV,  in  ottavo  piccolo  (1)  e  di  carte  ventidue.  Di 
queste  la  prima  offre  sul  recto  de'  fregi  marginali  di  scuola  lom- 
barda, miniati  riccamente,  ma  di  mediocre  disegno.  Nel  margine 
inferiore  spicca  l'arme  sforzesca,  sostenuta  da  due  genietti  alati; 
nel  superiore  sopra  un  fondo  rosso  ed  azzurro  è  miniata  ad  oro 
in  lettere  capitali  la  seguente  iscrizione  dedicatoria  : 

ILLVS  •  Z  •  EX  •  DO  •  D  • 
GALE  •  PAP  •  ANG  •  q' 
co-  INVIO  •  SFOR- 
DVC  •  LIGUR.   •  I  •  GR  . 

Ogni  Stanza  del  poema  (giacché  il  cod.  contiene  un  poemetto  di 
78  ottave),  è  pur  ornata  di  una  piccola  iniziale  miniata  ad  oro 
o  in  azzurro,  e  nel  margine  inferiore  di  parecchie  carte  sono 
toccate  in  penna  le  figure  di  uccelli  di  rapina,  de'  quali  si  parla 
nel  testo;  ma  neppur  queste  mostrano  grande  abilità  nel  pittore. 
Nella  prima  carta,  come  nell'ultima,  non  é  scritta  che  una  sola 
stanza;  le  altre  facciate  ne  contengono  invece  due. 


ili  ff.  59,  che  contiene  i  Trionfi  di  F.  Petrarca,  miniato  e  ornato  di  uno 
stemma  nel  primoL  foglio,  eraso  più  tardi  per  sostituirvi  il  proprio  da  un 
possessore,  che  indicò  nell'ultimo  foglio  il  suo  nome  cosi:  A.  S.  I.  U.  D.  1683. 
(Più  sotto  altro  stemma  con  tre  rose  e  nuova  iscrizione:  R.  S.  I.  U.  D.  1733). 
Il  secondo  ms.  è  quello  di  cui  discorriamo,  che  forma  delia  misceli,  i  ff.  59-81. 
11  terzo  infine  è  un  codice  cartaceo,  di  mano  diversa,  ma  essa  pure  del  sec,  XV, 
di  ff.  121  ,  che  contiene  versi  e  prose  di  umanisti.  Porta  nel  frontispizio 
uno  stemma  e  la  firma,  di  mano  recente,  G.  Ccacckeri  ;  sul  f."  membran.  di 
guardia  si  legge  invece  Clemente  Clementi  1789. 

(1)  Mi  duole  non  poter  dare  la  indicazione  in  millimetri  della  misura. 


Ili    l:.\    (  Gi)irK    ^FOKZi;>-CO    M    1  A!. 


93 


Veniamo  ora  a  dir  qualcosa  del  poemetto.    Esso  comincia  con 
una  dedica  allo  Sforza,  che  è  racchiusa  in  quattro    ottave,  delle 
quali  basterà  riportarne  per  saggio  la  prima: 
Fortunato  figlici  eh'  arma  et  accende 
Di  giouinil  uirtute  Apollo  e  Marte, 
Cui  per  beltà  et  nobiltà  contende 
lulo  o  Ganimede  in  superarte, 
Ardente  affection  la  man  me  stende 
A  impire  in  tuo  piacer  mie  nude  carte. 
Che  da  eh'  io  nacqui  in  questa  uall'angusta 
Mai  tal  materia  a  me  se  fé  si  giusta. 

La  proiasi    del    poema  è  contenuta    nelle    tre    stanze  che  se- 
guono ;  esse  suonano  cosi  : 

Vedransi  in  questa  opretta  cose  assai, 

Che  parran  forse  a  chi  le  ascolta  enorme, 
A  [a  farne  proua  non  nocque  giamai, 
Ch'ella  risueglia  spesso  al  uer  chi  dorme  : 
Or  tu  al  mio  don,  benché  umile  e  diforme. 
Porger  la  ducal  man  te  degnerai. 
Non  risguardando  qualità  del  pregio, 
Ma  l'animo  che  in  te  posto  ha  so  segio. 

Ilauendo  uisto  i  sauii  antecessori 
Alcuni  belli  uccelli  aspri  trouarse. 
Che  per  malitia  e  perchè  son  magiori 
Sol  de'  uolatil  pur  soglion  cibarse, 
Cercar  d'auerli  e  farsigli  signori 
E  per  la  caccia  quei  domesticarse  ; 
Chi  il  crese  mai  (ai  natura  sagace) 
Di  quanto  uede  1"  huom  farse  capace! 

El  re  Dauco  inuentor  di  ciò  fu  prima 
A  lor  complexion  considerare. 
Quanto  el  falcone  e  1  sprauier  se  stima  (1) 
E  studiò  quelli  a  la  rapina  andare, 

(I)  Leggi  $pararier. 


94  VARIETÀ. 

Tornare  e  gir  dall'uno  a  l'altro  clima, 
E  lor  infirmi tà  ben  liberare  ; 
Altri  poi  molte  cose  experte  o  conte 
Di  tal  tractato  a  1'  inuentoro  han  gionte. 

Dichiarato  in  questa  guisa  qual  sia  la  fonte,  da  cui  provengono 
le  sue  notizie,  l'anonimo  poeta  inprende  a  discorrere  delle  varie 
sorta  d' uccelli  che  si  possono  ammaestrare.  E  prima  viene  a 
trattare  del  sparviero  (St.  8-42),  poscia  degli  astori  (St.  43-45); 
([uindi  del  falcone,  al  quale  consacra  parecchie  stanze  (St.  46-66). 
Succedono  lo  smerlo  (St.  67-68),  il  girifalco  (St.  69) ,  1'  aquila 
(St.  70-75)  e  le  civette  (St.  76-78).  Alle  quali  son  dedicate  le 
ultime  tre  stanze  del  poema,  che  chiudesi  bruscamente  con  questa 
poco  poetica  pittura: 

Da  tutti  gli  altri  ucei  che  uan  uolando 
Par  che  se  chiami  come  meretrice  ; 
Gridanli  intorno  come  e  l'abbia  bando 
Di  cosa  scelerata  che  non  lice. 
Queste  domesticate  uan  pigliando 
Per  casa  i  ratti,  si  come  se  dice  ; 
Volentieri  ne'  busi  alberga  ognuna, 
E  con  un  pasto  sta  tre  di  digiuna. 

La  maggior  parto  del  poemetto  é,  come  si  può  ricavare  da  questo 
breve  riassunto,  consacrata  a  discorrere  dello  sparviero,  e  ben  si 
capisce  il  perché.  Le  stanze  che  lo  riguardano  formano  uno  spe- 
ciale trattato,  diviso  in  sei  capi  :  Del  sparviero ,  De  lor  natione, 
De  segni  de  la  sua  Belleza,  Del  modo  de  nutrirli.  Del  modo  de 
domesticar  eli.  De  le  sue  infirmila.  Vien  secondo  per  lunghezza 
quello  del  falcone;  gli  altri  sono  assai  brevi  e  non  contengono 
se  non  un  cenno  delle  qualità,  dei  pregi  e  degli  usi  dei  vari  uc- 
celli ai  quali  si  riferiscono. 

Intorno  all'autore  ed  al  tempo  in  cui  egli  scriveva  non  c'è  da 
cavare  nessun  lume  dal  poema.  Ma  le  forme  dialettali ,  che  si 
avvertono  nelle  poche  ottave  che  abbiamo  riferite  ,  e  son  sparse 


•  (O    M     lALCONiaUA. 


•>r> 


abbondantemente  in  tutta  l'operetta,  ci  permettono  di  credere  che 
lo  scrittore  fu  lombardo,  come  la  rozzezza  della  lìngua,  la  sgra- 
ziata costruzione  del  verso  concedono  di  affermare  che  non  era 
certo  un  dotto.  Potrebbe  darsi  quindi  che  ei  fosse  un  falconiere 
di  professione,  ai  servigi  dello  Sforza,  da  poco  assunto  al  trono  (1), 
e  che,  come  parecchi  fra  i  suoi  predecessori,  avesse  creduto  op- 
portuno far  mostra ,  ad  ingraziarsi  sempre  più  il  suo  signore 
della  sua  dottrina,  se  non  della  sua  vena  poetica. 

F.    NOVATI. 


(1)  Nella  strofa  dedicatoria  si  allude  all'  età  «  giovinile  »  di  Galeazzo. 
Costui  era  nato,  come  ognun  sa,  il  18  Genn.  1444  e  successe  al  padre  nel  1466. 
Il  poemetto  dovrebbe  quindi  esser  stato  scritto  dopo  il  '66;  anzi  fra  il  '69  ed 
il  '76,  giacché  esso  non  è  menzionato  fra  i  «  libri  dell'Ili.*'  S.®  Duca  Galeaz 
Maria  repositi  nella  libraria  de  Pavia  a  di  primo  octobre  1469  »  (Mazza- 
tinti,  1.  e,  p.  56)  ;  la  maggior  parte  de'  quali  è  pur  formata  da  esemplari 
di  scritti  composti  per  il  Duca  o  dedicati  a  lui. 


SUICIDJ  NEL  QUATTROCENTO  E  NEL  CINQUECENTO. 


I  suicidj  vanno  oggidì  spaventosamente  aumentando  fra  le 
nazioni  civili ,  a  tale  punto  che  progrediscono  più  rapidamente 
della  popolazione  e  della  mortalità  assoluta  (1). 

L'antichità  classica  ce  ne  ha  pur  forniti  numerosissimi  esempj 
che  non  fa  mestieri  di  qui  ricordare  ,  mentre  rari  sono  quelli 
noti  per  il  secolo  XV  e  più  rari  ancora  i  documenti  d'  archivio 
che  li  denunziano  (2).  Né  conosciamo  un  autore  di  quel  secolo 
che  ne  abbia  scritto  ex-professo  (3). 

Taluni  poi  di  quegli  esempj,  resi  noti  dai  cronisti  nostri ,  più 
che  altro  sembrano  avvenuti  in  occasione  di  gravi  jatture  poli- 
tiche, come  nei  casi  di  Giovanni  Vignati ,  signore  di  Lodi ,  nel 
1415;  di  Tiberio  Brandolini  {'i),  del  Pellizari,  uno  dei  capi  in- 
sorti piacentini  nel  1462  (5)  e  di  altri. 

(1)  Morselli.  Le  leggi  statistiche  del  suicidio  secondo  gli  ultimi  docu- 
menti (1879-1885).  —  Milano,  1885,  p.  119. 

(2)  Il  gusto  del  suicidio,  ecco  una  fra  le  poche  cose,  diremo  anche  noi  col 
Gian ,  che  il  Rinascimento  nostro  non  ereditò  dall'  antichità  classica.  [Cfr. 
Nuoci  documenti  su  Pietro  Pomponas.iL  —  Venezia,  1887,  p.  22,  libro  nel 
quale  si  prova  il  lento  suicidio  avvenuto  jier  fame  del  celebre  filosofo  man- 
tovano]. 

(3)  Come  si  vedrà  dalla  Bibliografia  del  suicidio  che  noi  contiamo  di 
pubblicare  prossimamente.  Si  sorride?  una  bibhografìa  come  qualunque  altra, 
dato  di  vivere  nel  secolo  delle  bibliografie. 

II  Bandello  (n.  1480)  nelle  sue  Nocelle  prende  a  protagonisti  alcuni  suicidi 
per  innamoramento  o  gelosia  (vedi  i  n.  7,  18,  31  e  36). 

(4)  La  morte  del  Brandplini ,  mascherata  col  suicidio,  fu  piuttosto  un  as- 
sassinio politico;  ed  è  cosa  nota. 

(5)  CoRio,  III,  225  ed  altri.  —  Strenna  Piacentina  pel  1885,  p.  7. 


SUICIDJ    ^  \  rTROCENTO    E    NEL    CINQUECENTO.  [)7 


(gualche  caso  per  altro  abbiamo  per  la  Lombardia  nel  quat- 
trocento e  prima  metà  del  cinquecento  ed  eccoci  ad  elencarli 
brevemente. 

A  Lodi,  il  giorno  9  di  giugno  1468,  s'impiccava  nella  propria 
abitazione  un  Barano  Dell'Acqua,  comandante  delle  guardie  ducali 
in  rimpiazzo  di  Cosmo  Maletta.  A  si  tristo  passo  sembra  fosse 
stato  «  inducto  de  qualque  desperatione  ».  Era  però  quello  «  uno 
caso  molto  novo  »  per  la  città  ,  secondo  scriveva  quello  stesso 
i^iorno  il  commissario  Francesco  Maletta  al  Duca  di  Milano  (6). 

Il  vicario  del  Vescovo  di  Lodi,  il  giudice  del  maleficio  e  molti 
altri  ufficiali  delegati  sul  posto  trovarono  che  «  costui  sé  impi- 
chato  per  sé  stesso.  »  Per  le  leggi  dannanti  i  suicida,  i  suoi  beni 
valutati  dalle  300  alle  800  lire  imperiali  cadevano  al  fisco  ec- 
clesiastico mentre  i  parenti  del  morto  e  la  Camera  Ducale  li 
avocavano  a  sé.  Ignoriamo  chi  la  vincesse;  questo  soltanto  ag- 
giungiamo che  il  Vescovo  di  Lodi  (7)  supplicava  lo  Sforza  di 
cederglieli ,  se  non  in  via  di  diritto,  almeno  a  titolo  di  donazione, 
Kiule  adoperarli  «  per  fare  un  balduchino  »  essendone  privo  per 
essersi  1'  antico  «  ropto  et  squarciato  »  in  occasione  dell'  entrata 
in  Lodi  fatta  dal  duca  Galeazzo  Maria  Sforza,  in  occasione  della 
sua  assunzione  al  ducato  (1466). 

Un  anno  dopo,  siamo  al  caso  di  un  tale  ,  prigioniero  nel  ca- 
stello di  Porta  Giovia  a  Milano,  che  tenta  di  uccidersi  e  non  vi 
riesce;  e  del  duca  Galeazzo  Maria  Sforza,  il  quale  anziché  dis- 
suadere il  disgraziato  dal  suo  disperato  proposito,  si  duole  della 
mancata  morte ,  e  raccomanda  al  castellano  di  Milano  di  non 
impedirlo  in  un  nuovo  tentativo,  anzi  di  eccitarvelo.  O  chi  era  mai 
'luesto  prigioniero?....  Il  documento  non  ci  dà  che  il  nome  di 
Piattino ,  e  tentava  d' impiccarsi  ai  30  di  maggio  1469 ,  proprio 
nella  stagione  dei  fiori  (1). 

(1)  Documento  edito  noìXArcIdcio  storico  di  Lodi,  anno  li,  dispensa  IV, 
1882,  p.  57. 

(2)  In  allora  il  marcliese  Carlo  Pallavicino,  il  fondatore  dell'ospedale  mag- 
giore di  Lodi  e  del  tempio  dell'Incoronata. 

(3)  Doc.  da  noi  edito  nel  Boll.  stor.    della  Scùs.  Ital.,  1884,  p.  240,  ma 

Arefi.  Stor.  Lomb-  —  Anno  XV.  * 


98  V  A  R  I  11  T  À. 

E  sempre  a  Milano.  Neil'  anno  1480  si  contano  «  due  violenti 
contro  sé  stessi  »  come  Dante  ebbe  a  chiamare  i  suicida  che 
pone  nella  seconda  bolgia  trasformati  in  nodosi  tronchi  sui  quali 
le  arpie  fanno  lor  nido  (1).  Due  giovani  stanche  della  vita  ! 

Ed  ecco  come  le  fredde  pagine  del  necrologio  milanese  anno- 
tano i  malsani  e  riusciti  loro  tentativi  (2). 

Sotto  la  data  del  sabato  12  febbrajo  1480,  nella  parrocchia  di 
S.  Lorenzo  fuori  P.   Ticinese: 

«  Pasola  de  Troeazano,  annorum  XXI,  studiose,  anima  incitata 
passione,  asumpto  veneno  argento  sublimato  die  martis  proxime 
preterita ,  colirica  et  mortali  succedente  passione  judicio  Magi- 
strorum  Catellani  et  Dyonisij  decessit.  » 

Ai  24  giugno  dello  stesso  anno,  nella  parrocchia  di  S.  Michele 
al  Gallo  in  Porta  Comasina  : 

«  lohannina  famula  Magdalene  de  Guilis,  annorum  XVIII,  semi 
fatua  nec  ex  toto  sui  iuris,  se  ipsam  et  de  mente  propria  arse- 
ìiicho  venenavit,  et  yta  proprio  presbitero  confessa  est  penitentiam 
agens  et  in  presentia  lohannis  Petri  de  Affori  et  Bernardini  spe- 
ciarij  regis  et  sui  famuli  et  losephi  de  Ferrarijs  ,  quibus  fides 
adhibenda  est  ;  presentibus  etiam  duabus  raatronis  fidedignis 
judicio  Catellani  decessit.  » 

che    jier    la  sua  curiosità    si  riproduce    qui    in  nota.    K  tolto    dal    Registro 
ducale,  n.  86,  fol.  76  t.  à&WArch.  distato  milanese: 

Ambrogino  de  Longognana 
Dilecte  noster.  Havemo  inteso  per  tue  littore  quanto  ne  scrivij  del  Piattino 
che  herri  (jeri)  ad  vinti  doy  hore  se  volse  appiccare  luj  medesmo./^  che  ne 
rencresce  sumamente  non  habia  mandato  ad  executione  et  per  queste  te 
dicemo  che  non  solum  non  li  levi  denanti  le  cose  cum  le  quali  havea  ordi- 
nato fare  questo,  ma  etiandio  ne  ghe  facij  ponere  de  laltre  non  daghan- 
dole  però  ad  intendere  niente  asochè  vegnandonellj  (venendogli)  coglia  xin 
altra  colta  possa  exequire  la  sua  voluntà.  Et  cosi  dirai  al  castellano  da 
nostra  parte  che  vogliando  luj  più  facere  simile  experientia,  ce  lo  debia 
adiutare.  Dat.  Abiate  die  ultima  maij  1469.  Jacobus. 

(1)  Mentre  poi  mette  a  custodia  del  Purgatorio  il  suicida  Catone  e  s' in- 
ginocchia a'  suoi  piedi. 

(2)  Arch.  di  Stato,  Popolazione. 


UICIDJ    NEL    (JUATTROCENTO    E    NEL    CINQUECENTO.  90 


Nel  1488  è  la  volta  di  un  Giorgio  di  Piacenza,  trentenne,  che 
detenuto  nelle  carceri  del  Capitano  di  Giustizia,  vi  s'impicca  ai 
9  di  settembre  «  ex  melanconia.  » 

E  questi  sono  i  pochissimi,  unici  esempj  d^  noi  cavati  dai  re- 
gistri mortuarj  milanesi  del  secolo  XV,  esistenti  pur  troppo  non 
al  completo  nell'Archivio  di  Stato  di  Milano  (1).  E  pochi  ce  ne 
offrono  quelli  susseguentisi  dal  1500  al  1550  (2). 

Un  Maestro  Giorgio  da  Varese  fa  la  fine  di  re  Saul  nel  1507, 
ed  ai  4  aprile  nella  parrocchia  del  Monastero  Nuovo  in  Porta 
Vercellina  : 

«  Magister  Georgius  de  Varisio  ,  annorum  XL ,  factus  malan- 
cholicus  ,  ex  cujusdam  vomitivo  agitatus  et  ad  maniam  ductus, 
furore  compresus  entello  seu  gladio  semet  ipsum  occisus  judicio 
Magistri  Io.  Antonij  Canevexij  decessit.  » 

Un  anno  dopo  avvelenamento  del  nobile  Azzone  de'  Corio  a 
S.  Stefano  alla  Noce  in  P.  Orientale  (11  maggio  1508).  Morto 
di  47  anni  «  ex  febre  continua  propter  venenum  assumptum  dico- 
tioris  vipere  »  a  giudizio  del  medico  Lazzaro  Gropelli. 

Più  strana  la  fine  della  nobildonna  Elisabetta  Castiglioni ,  già 
sessantenne  (22  novembre  1512)  : 

«  Magnifica  Domina  Elisabella  Castiglionea,  annorum  60,  dum 
malefico  cuidam  anni  prestigiatam  se  asserenti  credit  illius  iussu 
caput  lavit  cum  aqua  cineris  frigida  et  calce  vive  inde  epilentica 
facta  et  subinde  letargica  sine  signis  suspictionis  judicio  Magistri 
Thome  Moroni  decessit.  » 

Al  1**  di  maggio   del  1519    un    Bartolomeo  di  Piemonte ,  ap- 

(1)  Ardi,  distato,  ibidem.  È  da  riconoscere  forse  un  altro  suicidio  nella 
morte  (2  luglio  1490)  di  Pietro  de  Cermiano,  d'anni  20,  morto  «  melanco- 
licus  atque  maniachus  et  ut  dicitur  maleficiatus  »  ?  Dimorava  a  S.  Lorenzo 
in  P.  Ticinese. 

Pochi  giorni  dopo  (1  agosto)  si  faceva  giustizia  di  un  tal  Masolo  Ferario, 
cinquantacinquenne ,  dimorante  a  S.  Satiro  :  <  ex  laqueo  suspensus  merito 
ebrietatis  sibi  domestice  decessit.  »   [/òt'rfem]. 

(2)  Hanno  principio  col  1452  e  continuano  saltuariamente  fino  al  nostro 
secolo. 


100  VARIETÀ. SUICIDJ    NEL    (JUATTROCENTO,    ECf. 


pena  diciottenae ,  si  rinviene  impiccato  nella  casa  di  Maestro 
Gerolamo  Vaironi  a  S.  Vittore  al  Teatro  [repertus  suspensus 
ipsemet  ex  relatione  astantiuni].  Il  di  lui  cadavere,  sepolto  nel 
cimitero  di  S.  Dionigi ,  ne  veniva  estratto  tre  giorni  dopo  per 
ordine  dell'  officio  di  Sanità.  Naturai  conseguenza  del  divieto  di 
sepoltura  in  luogo  sacro  ai  corpi  dei  suicida  ! 

Un  Santino  da  Lodi,  a  risparmiare  forse  all'autorità  inquirente 
un'esecuzione,  si  uccide  ai  13  luglio  1520  nelle  carceri  del  Capi- 
tano di  Giustizia  di  Milano,  dov'  era  detenuto.  E  pochi  mesi  dopo 
(17  novembre)  s'  avvelena  la  trentenne  Maria  dei  Garibaldi ,  a 
S.  Protaso  in  P.  Comasina. 

Leggesi  per  ultimo  alla  data  7  agosto  1543  il  suicidio  per  fame 
di  don  Ventura  de'  Bossi,  avvenuto  nella  parrocchia  di  S.  Eusebio 
in  P.  Nuova  : 

«  Dominus  Ventura  de  Bossijs  ,  annorum  70,  in  quo  tantum 
humores  melancolici  potuere  ut  sine  cibo  per  quinque  dies  vitam 
miserabiliter  traxerit  et  tamen  sine  cibo  ,  sine  quo  vivere  non 
possumus,  diem  suum  clauxit  extremum  juditio  Domini  Magistri 
Nicolai  Castilionei  phisici  »  (1). 

Emilio  Motta. 

(1)  11  crudo  documento  che  accenna  al  probabile  suicidio  per  annegamento 
della  badessa  di  Lomello  nel  1463  —  una  lettera  in  data  11  settembre  di 
queir  anno ,  del  Duca  di  Milano  al  Vescovo  di  Terracina  ,  luogotenente  del 
Cardinale  di  Pavia  —  fu  già  da  noi  edito  [Cfr.  Boll,  storico  della  Soiz.sera 
Italiana,  1886,  p.  235].  Proviene  dal  medesimo  nostro  Archivio  di  Stato. 
{Neg.  ducale,  n.  105,  fpl.  120  tergo). 


USI    E    COSTUMI    NUZIALI    PRINCIPESCHI 

(iEROr.AMO    RlARIO    E    CATERINA    SfORZA 

(1473). 


L'elezione  d'un  nuovo  papa  fu  sempre  un  fatto  troppo  impor- 
tante, perchè  principi  e  repubbliche  non  tentassero  con  ogni  mezzo 
di  far  cadere  la  scelta  su  di  un  pontefice  amico  e  favorevole  alle 
loro  mire  politiche. 

Per  raggiungere  tale  scopo  non  si  trascuravano  intrighi  ,  lu- 
singhe, promesse,  e  basta  leggere  le  istruzioni  rilasciate  in  tali 
occasioni  ai  rispettivi  agenti  e  ambasciatori ,  per  esserne  persuasi. 

Dopo  la  morte  di  Paolo  II,  il  duca  di  MilauQ  desiderava,  com'era 
naturale  ,  fosse  assunto  al  papato  uno  dei  cardinali  amici  e  be- 
nevoli suoi  ,  fra  i  quali  figurava  quello  di  S.  Pietro  in  Vincoli , 
Francesco  della  Rovere  di  Savona,  città  allora  soggetta  allo 
Sforza. 

All'annunzio  quindi  di  quella  morte,  mandava  tosto  al  suo  am- 
basciatore in  Roma  la  lista  dei  cardinali  suoi  amici,  coli'  ordine 
di  adoperarsi  in  modo  che  la  sorte  del  papato  avesse  a  perve- 
nire in  uno  di  essi.  Le  pratiche  dell'ambasciatore  e  quelle  d'un 
invia  o  straordinario,  mandato  contemporaneamente  a  Roma  con 
più  particolari  e  categoriche  istruzioni,  ottennero  l' intento  di  far 
escludere  gli  avversari  del  duca  ed  eleggere  il  Della  Rovere  che 
prese  il  nome  di  Sisto  IV. 

//  nuovo  papa.  «  Appena  vestito  il  gran  manto  »  scrive  il  Litta, 
«  pensò  a  far  grande  e  potente  la  sua  casa,  ad  estendere  ed  a  ta-.^ 


102  V  A  11  I  ]•;  r  A. 

più  solido  ed  influente  il  dominio  pontificio  in  Italia;  cominciando 
a  mostrare  quanto  un  pontefice  poteva,  e  come  molte  cose,  chia- 
mate per  l'addietro  errori,  si  poteva  sotto  la  pontificiale  autorità 
nasconderò.   » 

Onde  aver  libere  le  mani  nelle  cose  di  Romagna,  che  più  da 
vicino  lo  toccavano  e  potevano  somministrargli  frequenti  oppor- 
tunità all'agognato  ingrandimento  de'  suoi,  entrava  in  secrete  se- 
parate pratiche  col  re  di  Napoli  e  col  duca  di  Milano ,  cupidi 
anch'essi  di  ampliare  i  propri  domini  ed  influenza,  e  presto  an- 
darono d'accordo. 

Lo  Sforza,  ad  assicurar  meglio  le  fatte  intelligenze,  non  cre- 
dette di  rifiutare  al  papa  di  entrar  seco  in  relazioni  di  parentela. 
E  perciò  nel  giugno  1472  si  addiveniva  in  Milano  alla  solenne 
stipulazione  del  contratto  di  nozze  fra  il  conte  Gerolamo  Riario 
nipote  o,  come  altri  vogliono,  figlio  del  nuovo  papa,  e  Costanza 
figlia  del  defunto  Corrado  Fogliani  fratello  uterino  di  Francesco 
Sforza  e  di  Gabriella  Gonzaga  figlia  naturale  di  Lodovico  III  mar- 
chese di  Mantova. 

Sulle  prime  le  relazioni  fra  il  Riario  e  la  famiglia  della  pro- 
messa sposa  procedettero  bene,  e,  come  si  usa ,  alcuni  donativi 
si  erano  scambiati  fra  loro.  Quand'  ecco  la  madre  di  Costanza  , 
con  detti  e  con  fatti  si  mostra  contraria  alla  contratta  unione ,  e 
il  duca,  che  invece  ci  teneva  a  mantenerla ,  dovette  pregare  il 
duca  di  Mantova  ad  interporsi  presso  la  figlia  ,  onde  avesse  a 
desistere  dalla  strana  sua  condotta. 

L'opposizione  di  Gabriella,  più  che  da  riguardi  d'interesse,  era 
dettata  da  considerazioni  d'altra  natura  e  più  delicate  e  che  giova 
far  conoscere,  perchè  aggiungono  alcune  curiose  notizie  a  quelle 
già  noto  sugli  usi  e  costumi  nuziali  delle  corti  principesche  del 
secolo  XV. 

Nel  contratto  di  nozze  si  era  convenuto  che  il  Riario  aspet- 
tasse a  menar  seco  la  Costanza  quando  questa,  che  contava  al- 
lora soltanto  11  anni,  avesse  raggiunta  la  giusta  età.  Ma  lo  sposo, 
messo  certamente  sull'avviso  da  sospettosi  parenti,  temeva  che, 
nel  frattempo,  mutandosi  forse  le  circostanze  politiche  per  la  morte 


USI    E    COSTUMI    NUZIALI    PRINCIPESCHI.  103 


del  papa  od  altro,  lo  Sforza  non  trovasse  più  il  suo  tornaconto 
nella  stipulata  alleanza  e  parentela  o  cercasse  qualche  pretesto 
per  rompere  il  contratto.  A  scongiurare  una  tale  eventualità,  non 
ritenendo  sufficiente  l' avvenuta  solenne  celebrazione  degli  spon- 
sali ,  esigeva  di  passare  tosto  ad  un  effettivo  atto  matrimoniale  , 
e  il  duca,  sollecito  di  compiacerlo,  aveva  dato  gli  ordini  in  con- 
formità. La  madre  della  fidanzata  non  trovava  però  ben  fatto  di 
unire  cosi  la  giovinetta  Costanza  col  Riario ,  e  voleva  si  aspet- 
tasse a  far  ciò  al  tempo  stabilito.  Tuttavia  e  le  esortazioni  del 
padre  e  il  timore  di  disgustare  oltre  misura  il  duca,  la  persuasero 
ad  accettare  un  temperamento  propostole  dal  padre  stesso ,  per 
il  quale  pareva  venissero  ad  essere  soddisfatte  le  esigenze  del 
fidanzato  e  le  pudibonde  reticenze  della  madre.  L'  onesta  donna 
riteneva  per  fermo  che  tale  temperamento ,  altre  volte  praticato 
in  casi  consimili ,  dovesse  bastare  alla  soddisfazione  del  Riario 
e  a  rendere,  se  non  impossibile,  almeno  assai  difficile  la  revoca 
del  contratto.  Tutto  ciò  è  provato  dal  seguente  curiosissimo  do- 
cumento conservato  nel  nostro  Archivio  di  Stato  : 

1473.  6  gennaio 
(Potenze  Estere  —  Mantova) 

Magnifico  miles  tanquam  frater  noster  carissime.  Venuti  beri  qua 
;i  Pavia  per  poter  più  commodaraento  parlare  cura  la  Gabriella  (1) 
nostra  figliola  de  la  facenda  che  la  vostra  magnificentia  ne  ragiono  e 
da  parte  de  quello  illustrissimo  signore,  andessemo  a  cena  cum  lei  et 
havendoli  dicto  quello  cbe  sopra  ciò  ne  parse  conveniente,  confortan- 
dola a  fare  quanto  pare  et  piace  alla  exccllentia  sua,  la  ne  ha  risposto 
che  in  tuto  quello  glie  sera  possibile  la  ccrcbara  sempre  de  adhe- 
rirse  et  conformarse  ala  voluntado  del  prefato  illustrissimo  signore.  Et 
che  de  dare  il  dote  dela  figliola  al  conto  Hieronimo  (2)  non  gli  ha  al 

ti)  Gabriella  Gonzaga  vedova  di  Corrado  Fogliarli  di  Reggio.  11  Litta  e 
altri  genealog-sti  non  ne  indicano  la  paternità  ,  ma  da  questo  documento 
ài  raccoglie  clie  era  tìglia,  forse  naturale,  di  Lodovico  III  marchese  di 
Mantova. 

(2)  Conte  Gerolamo  Riario  nipote  o,  come  altri  vogliono,  figlio  di  Sisto  IV. 


104  V  A  R  I  E  T  A. 

presente  modo  alcuno  perchè  del  signor  Conrado  (1)  non  glie  remasei  o 
piuche  XII'"  ducati,  di  quali  VIIP  ne  ebe  il  signore,  duo  milia  ne  speso 
in  possessione  et  li  altri  nel  vivere  suo  ,  come  la  dice  de  monstrarc 
fin  ad  un  pizolo.  Et  aciò  che  '1  prefato  illustrissimo  signore  intenda 
che  la  è  in  tuto  disposta  a  satisfare  al  desiderio  de  sua  excellentia 
dice  che  la  mandarà  a  quella  la  netta  de  tute  le  intrate  sue  integra- 
mente, le  quale  sua  celsitudine  poterà  far  riscotere,  e  lassando  a  lei 
et  ali  figlioli  il  modo  del  vivere,  del  resto  ne  poterà  disponere  et  faro 
quanto  glie  piacerà  per  satisfare  a  questo  dote.  La  se  trova  etiam 
haver  alcuni  arzenti  et  tapezarie  del  prefato  signore  Conrado  che 
parendo  pur  ad  esso  illustrissimo  signore  se  vendessero  non  lo  vetara 
punto.  Le  possessione  dice  non  si  possono  obbligare  per  esser  feudo. 
Del  fare  alectare  la  figliola  (2),  quando  la  fosse  in  etade  conveniente, 
ne  seria  contenctissima ,  ma  non  havendo  se  non  XI  anni  non  glie 
parerla  ben  facto;  nondimanco  aciò  non  si  creda  che  la  voglia  esser 
renitente  al  volere  del  signore  et  che  '1  para  la  non  si  contenti  de 
quanto  ha  facto  sua  excellentia,  havendoli  nui  dicto  il  modo  serva>- 
semo  cum  la  nostra  come  anche  dicessemo  ala  vostra  raagnificontia , 
la  remara  contenta  de  farla  metter  in  lecto  cum  esso  conte  nel  modo 
facessemo  nui ,  purché  lei  gè  sia  presente  cum  qualcuna  de  le  sue 
donne  et  cum  dui  o  tri  de  quelli  d'esso  conte,  se  cussi  glie  piacerà  , 
senza  altramente  venire  ala  copula  (3),  et  questo  glie  pare  doverla 
satisfargli  et  poterà  esser  certo  che  mettendolo  in  lecto  cum  la  fìgliol  i 
non    bavera  animo  de  revocare  il  parentado.  Il  tuto  ce  parso   far  iu- 

(1)  Conrado  de'  Fogliarli  di  Reggio  fratello  uterino  di  Francesco  I  Sforza 
e  marito  di  Gabriella  Gonzaga,  era  morto  in  Milano  il  28   dicembre  1470. 

(2)  Gabriella  Gonzaga  ebbe  dal  suo  matrimonio  col  Fogliani  una  sola  fem- 
mina di  nome  Costanza  che  sposò  poi  Francesco  de'  Malaspina  del  ramo  di 
Pavia,  marchese  di  Sannazzaro  e  Scaldasole.  ■ —  Nel  registro  missive  N.  Ili  A. 
troviamo  sotto  il  2  febbraio  1473  —  che  la  Costanza  aveva  compiuto  l'uri - 
decimo  anno  il  3  agosto  1472. 

(3)  Da  tutto  ciò  si  raccoglie  che  la  cerimonia  ora  consigliata  dal  marchese 
di  Mantova,  era  già  stata  praticata  in  occasione  degli  sponsali  fra  Galeazzo 
Maria  Sforza  e  Dorotea  Gonzaga  liglia  dello  stesso  Marchese  nel  1457.  Ga- 
leazzo contava  allora  13  anni  e  la  Dorotea  ne  aveva  soltanto  7.  Tale  ceri- 
monia però  a  nulla  giovò,  e  Francesco  Sforza  riusci  nel  1465  ad  indurre  il 
marchese  di  Mantova  a  sciogliere  il  fidanzato  dalla  promessa  di  condurre  la 
Dorotea,  per  isposare  poi  Bona  di  Savoja,  cognata  di  Luigi  XI. 


!  !     MV.I  Af,!     VIV\  -     !!!.  10." 

londcre  ala  prel'ata  vostra  raagnificentia  ala  quale  ricomandamo  la 
prefata  Gabriella  nostra  figliola  et  ali  piaceri  (V  essa  se  offeremo  di 
continno  paratissimi. 

Papié  VI  Jaimarij  1  17.>. 

Ludovicus  marchio  Manlue.  etc. 
ducalis  locumtenens  generalis  etc. 

.  i    tcrijo  :    Magnifico   militi   tanquam   fratri   nostro   carissimo    dominò 
Cicho  Simonette  ducali  secretarlo  ac  consiliario  secreto  etc. 

La  cosa  pareva  in  tal  modo  combinata  ,  ma  vuoi  per  i  rina- 
scenti scrupoli  o  contrarietà  della  madre,  vuoi  perchè  il  Riario 
insistesse  nella  primitiva  pretesa,  tutto  andò  a  monte,  e  lo  sposo 
corrucciato  e  indispettito  minacciava  allontanarsi  da  Milano,  cre- 
dendosi deriso  e  vilipeso.  Il  duca  però,  al  quale  in  quel  momento 
premeva  innanzi  tutto  1'  alleanza  di  Sisto  IV,  dovette  pensare  al 
rimedio,  e  compensò  lo  sposo  con  un  partito ,  secondo  le  sue 
stesse  espressioni,  più  degno  e  onorevole,  dandogli  cioè  in  isposa 
nel  gennaio  1473  la  sua  figlia  naturale  Caterina  (1),  anch'essa 
di  soli   li>  anni.  Eccone  le  prove: 

1473.  n  gennaio. 
(Potenze  Estere  —  Roma). 
Papié. 

XVIJ  Januarij   1473. 
Episcopo  Novariensi  (2). 

Monsignore.  El  conte  Hieronjrao  nostro  per  el  tempo  che  è  stato 
e  sta  qua  con  noi,  per  la  condicione  sua  e  costumi,  et  perchè  è  de 
uno  gentile  ingegno    et    sentimento ,    ne    è    tanto  piaciuto  quanto  sia 

{[)  In  un  testamento  fatto  da  Galeazzo  Maria  Sforza  il  18  maggio  1470. 
in  occasione  di  una  sua  grave  malattia,  si  legge  che  Caterina  era  già  stata 
promessa  in  isposa  al  conte  Amorato  Torelli ,  coli'  assegno  dotale  di  dieci 
mila  ducati. 

(2)  Giovanni  Arcimboldi  figlio  di  Nicolò,  consigliere  e  allora  ambascia- 
tore ducale  a  Roma.  Ai  7  maggio  1473  fu  promosso  cardinale  del  titolo 
dei  SS.  Nereo  e  Archileo  di  Roma  colla  facoltà  di  conservare  anche  il 
vescovato  di  Novara. 


lOJ  V  A  R  I  E  T  À. 

stato  possibile,  et  ne  ha  satisfacto  in  modo  che  più  non  se  poteria 
dire  Et  così  lo  havimo  continuamente  veduto  voluntere  et  ricolto 
amorevolmente.  Et  invero  gli  portamo  singulare  amore.  Lui  haviva 
deliberato  mo  sposare  la  mogliere  solennemente  et  consumare  seco 
el  matrimonio.  Et  questo  ad  noi  piaceva  assai  per  satisfare  al  animo 
et  desiderio  suo,  imo  cosi  haveamo  ordinato  se  facesse.  Ma  ad  dirvc 
el  vero  questa  madonna  Gabriella  ne  pare  habbia  del  stranio  et  sel- 
vatico. Ella  se  ne  è  stata  sopra  di  se  e  non  ha  facto  cosa  che 
habbiamo  ordinato,  né  ha  servati  quilli  modi  honorevoli  et  amorevoli 
verso  epso  conte,  come  è  stata  admonita  da  noi  et  come  era  conve- 
niente fare.  Et  in  verità  se  non  che  noi  gli  havimo  pure  haute  ri- 
guardo perchè  è  donna  et  quia  est  ingonio  muliebri,  et  noi  non 
volevamo  debattere  con  donne,  haveressimo  pure  ad  omni  modo 
expedita  tutta  la  cosa.  Ma  nondimancho  pensando  noi  neli  modi  et 
costumi  et  bontà  de  l' ingegno  de  questo  giovene  che  ne  piace  sin- 
gularmente  et  ricordandone  dela  devotione  et  fede  nostra  verso  la 
sanctità  de  nostro  signore  (1)  et  de  1'  amore  et  benivolentia  portamo 
al  reverendissimo  monsignore  de  San  Sixto  suo  fratello,  havemo 
facto  un  altro  pensiero  più  honorevole  et  già  mandatolo  ad  execu- 
tione,  videhcet  che  questa  matina  de  domenicha,  ad  bore  XVIII, 
havemo  dato  nostra  figliola  Caterina  per  legitima  sposa  al  dicto  conte 
Hieronjmo  et  lui  per  anulum  et  osculum  1'  ha  desponsata.  Credemo 
de  ciò  la  sanctità  prefata  et  el  prefato  monsignore  ne  resteranno 
molto  più  contenti  che  del  partito  primo ,  sì  per  esser  questo  più 
degno  et  honorevole ,  si  perchè  ne  vene  ad  essere  tanto  più  pro- 
pinquo et  strecto.  La  putta  è  de  anni  dece ,  la  quale  in  tempo  con- 
veniente et  in  etate  legitima,  gli  la  daremo  che  la  meni  ad  casa.  Et 
così  gli  havimo  promesso  darli  decemilia  ducati  per  dote,  li  quali  li 
darimo  quando  la  menarà.  Tutto  havimo  facto  volontere  et  de  bona 
voglia  tanto  perchè  ne  piace  li  costumi  de  questo  giovene,  quanto 
perchè  para  havemo  facto  de  lui  quel  caso  che  se  conveniva  et  etiam 
adciò  che  la  sanctità  de  nostro  signore  et  lo  reverentissimo  monsi- 
gnore de  Sancto  Sisto  vedano  manifestamente  che  la  devotione  ed 
amore  nostro  verso  loro  non  se  poteria  ne  megliorare  ne  augumcn- 
tare.  Il  che  non  saperessemo  come  meglio  monstrarglilo  che  tirare  li 
soi  ala  coniunctione    affinità    et    sangue    nostro  et  farli  una  mcdesma 

(1)  Sisto  IV,  al  secolo  Francesco'  della  Uovcrc  di  Savona. 


USI    E    COSTUMI    NUZIALI    PRINCIPESCHI.  107 

cosa  con  noi.  Però  ne  andarete  dala  prefata  sanctità  et  così  dal  pre- 
lato monsignore  et  con  1'  una  et  con  1'  altro  ve  realegrarete  de  questo 
felice  matrimonio,  el  quale  sua  sanctità  se  degne  de  benedire,  et 
faretegli  intendere  che  noi  siamo  venuti  ad  questo  tanto  volontere  et 
liberamente  quanto  sia  possibile  ad  pensare.  Et  cosi  sempre  faremo 
tutto  quello  che  intendiamo  essere  voluntà,  piacere ,  honore  et  exalta- 
tione  de  sua  sanctità  e  deli  suoi  li  quali  hormai  extim'amo  essere  nostri, 
et  continuamente  gli  seremo  bono  figliolo  et  non  mancharemo  mai 
per  fede  ne  per  affectione  e  perseveraremo  continuamente  in  questa 
nostra  sincera  et  simplice   opinione. 

1473.  17  gennaio. 
(Potenze  Estere  —  Roma). 
Papié. 

XVIJ'  Januarij  1173. 
Cardinali  Sancti  SLxti  (1). 

Si  gratissima  nobis  fuit  Hieronjmi  fratris  tui  nostri  vero  ìam  vcl 
generi  vel  filij  consuetudo,  pater  optime,  si  iocundi  mores  ornamen- 
taque  virtutis ,  si  preterea  et  benivolontia  et  studium  in  nos  tuum 
delectavit,  nos  hactenus  atque  delectat  :  oportuit  sane  id  quo  reliquis 
omnibus  non  esset  obscurum  exterioribus  aliquibus  signis  declàrari. 
Idcirco  ne  occasìonem  amitteremus  qùoe  hoc  tempore  se  obtulerat  ad 

uiimum  hunc  nostrum  patefaciendum ,  pater  reverendissime,  Hiero- 
iijmum  nostrem  hodie  nobis  generum  fecimus.  Quippe  tametsi  antea 
patrui  nostri  filiam  eidem  prora iseramus ,  taraen  ut  est  singolari  vir- 
iate preditus  et  ingenio,  ut  summa  modestia  gravitateque  ornatus, 
ita  dignum  eum  censuimus  efferri  altius  et  arctiori  coniunctione 
nostri  sanguinis  honorari,  atque  ita  filiam  hodie  nostram  ei  uxorem 
ilodimus,  quam  ipso  et  anulo  presens  et  osculo  desponsavit.  Itaque 
^ratulaberis  tu,  pater  optime,  vel  nobis  ipsis  vel  fratri,  et  matri- 
monium  hoc  ut  felix  faustumque  sit  futurum  prec abere,  Nos  id  ipsum 
agiste,  si  cogitemus  singularem  tuum  in  nos  amorem,  si  observantiam 

lostram  in  pontificem  maximum  si  generi  nostri  probitatem  facili- 
tatem  humanitatem  poenitere  profecto  non  possit.  Filia  fratris  sponsa 

il)  Pietro  Riario  altro  nipote  o  figlio  di  Sisto  IV'  e  fratello  del  conte  Gè 
rolanio  Riario. 


108  VARIETÀ. 

puella  est  annos  non  pluiùs  naia  quam  decem ,  nec  dum  que  viro 
tradi  possit  matura,  hanc  ipsam  tamen  ubi  pleniores  anni  obreperint 
ad  se  ducet.  Et  nos  ut  cum  ea  diutus  et  tranquille  vivat,  deum 
optimum  precari  non  desinemus. 

1  173.  IS  gennaio. 

(Potenze  Estere  —  ?-Iintova). 

1173. 

Papié  die  18  Januarij. 

Illustrissimo  domino  marchioni  Tvlintue. 

La  signoria  vostra  sa  quanto  ne  siamo  afatichati  in  fare  questo 
parentado  dela  figliola  del  quondam  signor  Conrado  col  conte  Hiero- 
njmo  et  sa  ancliora  in  clie  termino  erano  le  cose  (juando  la  se  pai- 
ti  te  de  qua.  E  accaduto  dapoj  che  madona  Gabriela  continuamenti 
ha  servati  modi  et  termini  de  tale  natura  verso  esso  conte  Hicronjaio 
con  farli  cigni  in  dicti  et  in  facti  che  '1  non  fosso  digno  do  tale  mo- 
gliere  che  '1  era  corno  desperato  parendogli  che  '1  fosse  più  tosto 
delegiato  che  altramente,  et  per  questo  se  era  in  tutto  deliberato 
non  sposare  la  figliola  d'essa  madonna  Gabriela,  ma  partirso  hozi 
comò  despcrato.  La  qua!  cosa  vedendo  nuj  ne  siamo  trovati  de  una 
mala  voglia,  parendone  che  in  ciò  gli  sij  il  cariche  del  honore  nostro. 
Pur  per  non  essere  rasone  che  la  sanctità  de  nostro  signore  ei  così 
monsignore  el  cardinale  de  San  Sixto  pigliassero  sdigno  et  alterationc 
et  se  credessero  essere  delezati,  havemo  preso  uno  partito  ad  assexon- 
dare  et  contentare  l'animo  del  dicto  conte  Hieronjmo,  et  cosi  sapendo 
nuj  che  la  maestà  del  re  Forando  ha  date  doe  soe  figliole  ad  do 
nepoti  de  papa,  gli  havemo  dato  Catherina  nostra  figliola  per  mo- 
gliere,  et  così  heri  la  sposò.  Questo  havemo  facto,  comò  ò  dicto, 
per  non  lassare  partire  dicto  conte  desperato  et  per  non  sdegnare  i' 
papa  et  San  Sixto  et  per  descaricho  del  honore  nostro.  Ne  avisamo 
aduncha  la  signoria  vostra,  acciò  che  la  intendi  il  progresso  del; 
cosa,  et  li  deportamenti  de  madona  Gabriela  ala  quale  lassaromo  me 
el  caricho  de  maritare  soa  figliola  (f). 

(1)  11  duca  non  si  limitò  a  questa  leggiera  punizione,  ma  cercò  vendicar.-5Ì 
altrimenti  provocando  e  intentandole  poco  tempo  dopo  uno  scandaloso 
l>rocesso. 


1  i73.  :^*3  gennaio. 
(Potenze  F.stcrc  —  Mantova). 

Illustrisslino  princeps  et  eKcellenùssunc  domino  pater  Iionorando. 
U^  licovuto  la  littcra  dola  cxcellentia  vostra  et  visto  quanto  me  scrivo 
del  parenta  contracto  cum  il  magnifico  conte  domino  Hicronjmo.  Rin- 
<>i'essomi  asai  clie  la  Gabriella  sia  stata  renitente  ad  alcuna  voglia 
il'Ma  cxcellentia  vostra,  et  centra  quello  che  glie  havea  persuaso. 
Komcttendomo  sempre  ad  ogni  piacere  e  parere  de  quella,  ala  gratia 
>ua  me  racomando. 

Mantue  XXIIJ,  Januarij  1473. 

Filius  Lodovicus  marchio  ]\[antuc ,  ecc. ,  prò 
eadem  locumtenens  generalis,  ecc. 

A  tergo  :  —  Illustrissimo  principi  et  excellentissimo  domino  patri 
onorando  domino  Galeaz  Marie  Sfortie  Vicecomiti  duci  Mediolani ,  ecc. 

Colla  novella  sposa,  che  si  rese  poi  celebre  per  la  sua  intrepi- 
dezza nella  difesa  di  Forlì,  non  vi  furono  scrupoli,  onde  il  Riario 
dopo  avere  replicatamente  fatto  la  sua  volontà,  se  ne  partì  lieto 

contento  per  Roma,  come  si  raccoglie  dalla  seguente  missiva  : 

1473.  23  gennaio. 
(Potenze  Estere  —  Roma). 

l'apio 

XXIIl  Januarij  1 173. 
Ep!scop:>  Novariensi. 
ZZI  Omissis  = 

Epso  conte  Hieronjmo  questa  matina  se  parte  de  qui  por  ritornare 
ala  santità  del  papa  et  da  monsignore  suo  fratello.  Noi  lo  havimo 
liuclm  lo  è  stato  qua ,  recolto  sempre  volontere  et  amorevolmente  , 
perchè  no  ha  invero  satisfate  assai.  Et  lui  ha  dormito  con  la  moglicre 
un  altra  colta  et  tiene  ben  contento  et  lieto  (1).  Il  che  vogliate  refe- 
rì re  ala  prefata  sanctità  et  ad  monsignore  suo  fratello,  subiungendoli 

(1)  Cosi  si  praticava  allora  da  altri  principi.  Dal  dispaccio  IS  diceiuhrc  1465 
■ì  Zanone  Cerio  al  duca  di  Milano,  datato  da  Lione,  si  raccoglie  che  Luigi  XI, 
>'ì  di  Francia  maritò  una  sua  figlia  bastarda  di  soli  11  anni  col  duca  di 
:'>ourbon,  e  non  si,  ebbe  tanto  rispetto  di  farla  dormire  col  marito  per 
-ini  ercnto,  essendo  già  innanzi  negli  anni. 


110  VARIETÀ. 

che  noi  lo  havemo  acceptato  de  bonissima  voglia  non  solo  per  genero, 
ma  per  figliolo,  et  per  così  lo  volimo  tenere  et  reputare. 

Però  le  illegalità  ed  irregolarità  commesse  in  questa  unione 
erano  cosi  gravi ,  che  i  colpevoli  e  i  complici  >  per  evitarne  lo 
conseguenze  legali  e  canoniche,  sentirono  la  necessità  di  implo- 
rare e  ottenere  la  conveniente  dispensa  e  assoluzione,  come  si 
legge  nella  seguente  bolla: 

1473.  26  febbraio. 
(Registro  ducale  K-  N.  1,  fog.*'  138  t.°). 

Dispensatio  super  matrirnonio  contracto  Inter  raagnificum  comitoni 
Hieronjmum  et  illustrem  dominam  Catlierinam  filiam  illustrissimi  do- 
mini ducis  ctc. 

Sixtus  cpiscopus  scrvus  servorum  dei.  Dilecto  fìlio  nobili  viro  iric- 
l'oiijmo  de  Reario  comiti  Boschi  et  dilocte  in  Christo  filie  nobili  mn- 
lieri  Katerina3  dilecti  filij  nobilis  viri  Galeaz  Mariic  Sfortiai  ducis  Me- 
diolani  nate,  salutem  et  apostolicam  benedictionem.  —  Meretur  vestrn 
generosa  propago  sanctaj  romana'  ecclesiaì  semper  fìdelissima  ut  illa 
vobis  favorabiliter  concedamus,  qua)  juris  interdicit  severitas:  et  quem 
admodum  claris  ac  spetialibus  rclucetis  insignijs ,  sic  et  apud  vos 
apostolico3  sedis  munificentia  redundare  videatur.  Sane  prò  parte  vo- 
stra nobis  nuper  oblato  petitionis  series  continebat  quod  olim  postquam 
tu  Hieronjme  cum  dilecta  in  Christo  fìlia  Constantia  Conradi  de  Fo- 
gliano puella  mediolanensi  tunc  in  undecime  succ  etatìs  anno  dumtaxat 
constituta  et  tibi  Katherine  secundo  et  tertio  consanguinitatis  gradibu-^ 
coniuncta,  matrimonium  per  verba  de  presenti  et  annuii  immissionem 
mediante  certo  tui  Hieronjmi  procuratore  legitimo  contraxeris,  ac  di- 
lecta in  Christo  filia  Gabriela  mater  eiusdem  Constantie  tibi  Hieronjmo 
ut  matrimonium  cum  ipsa  Constantia  qua?  ut  verisimiliter  creditur 
a  contracto  cum  ea  per  te  matrimonio  huiusmodi  postmodum  resilijt 
consumares  dare  recusaverat  ex  premissis  et  certis  alijs  causis  ma- 
trimonium per  verba  legitime  de  presenti  contraxistis  illudque  insimul 
pernoctando  carnali  copula  tentastis  consumare  (I).  Cum  autem  ob- 
stante  prius  contracto  matrimonio  predicto  et  publice  honestatis  iustitie 
exinde    proveniente  impedimento  in  huiusmodi  sic  per    vos  contracto 

(1)  Le  parole  tentastis  consumare  nel  registro  ducale  appaiono  corrette. 


>l    E    COSTUMI    NUZIALI    l'IMN  111 


matrimonio  remanere  nequoalis  dispensatione  apostolica  d 
obtenta,  et  f=icut  eadem  petitio  subiumgebat  si  divortium  fìeret  iiitor 
vos  exinde  gravia  scandala  possent  verisimiliter  exoriri  tuque  Katlio- 
rina  remaneres  perpetuo  diffamata  prò  parte  vestra  nobis  fuit  humiliter 
supplicatum  ut  vobis  de  absolutionis  benefitio  ab  excessu  huiusmodi 
et  alijs  sententijs,  censuris,  et  penis,  si  quas  propterea  incurrisi 
non  opportune  dispensationis  gratia  providere  de  benignitate  aposioJKa 
dignaremur.  Nos  igitus  qui  inter  fideles  quoslibet  pacem  et  tranquil- 
litatem  confovere  ac  scandalorum  materias  redimere  propensius  affe- 
clamus  ,  vos  et  quemlibet  vestrum  ab  excessu,  ac  sententijs  censuris 
et  penis  huiusmodi  si  quas  propter  premissa  quomodolibet  incurristis, 
ut  prefertur ,  harum  serie  absolventes  et  absolutos  fore  censontes  ex 
eisdem  pra-missis  et  certis  aliis  nobis  expositis  causis  vestris  huiusmodi 
supplicationibus  inclinati  vobiscum,  ut  impedimento  non  obstante  pre- 
misso  in  huiusmodi  sic  per  vos  contracto  matrimonio  remanere  libere 
et  licite  valeatis  auctoritate  apostolica  di>pensamus  prolem  ex  huiu- 
smodi per  vos  contracto  matrimonio  suscipiendam  legitimam  decer- 
nendo. Nulli  ergo  omnino  huminum  liceat  hanc  paginam  nostre  ab- 
solutionis et  dispensationis  infringere,  vel  ei  ausu  temerario  contraire. 
Si  quis  autem  hoc  attentare  presumpterit  indignationem  omnipotentis 
Dei  ac  beatorum  Petri  et  Pauli  apostolorum  eius  se  noverit  incursurum. 
Datum  Rome  apud  Sanctum  Petrum  anno  incarnationis  dominice 
MCCCCLXX  secundo  (1),  quarto  kaìendas  .  martij  pontificatus  nostri 
inno  secundo. 

Gratis,  de  mandato 
Jomini  nostri  Pape 

N.  do  Albizis. 

L.  Grifus. 

I  mutati  costumi  e  un  più  retto  senso  della    decenza    e    della 
loralità    hanno    ormai    reso    impossibile    la   rinnovazione  di  atti 
cosi  turpi  e  contrarii  alle  leggi  d'  una  nazione  civile. 

P.  GniNzoM. 

(1)  L'arte  di  verificare  le  date  insegna  a  leggere  1473,  incominciando  allora 
fanno  nuovo,  a  Roma  e  altrove,  col   giorno  25  marzo.    La  bolla    originale 
irà  rimasta  presso  gli  sposi ,  principali  colpevoli ,  ai  quali  era   indirizzata, 
lo  Sforza  si  sarà  accontentato  di  farla  trascrivere  sul  suo  registro. 


IL  PAVIMENTO  DEL  DUOMO  DI  MILANO. 


Il  pavimento  attuale  del  Duomo,  costituito  da  lastre  di  marmo 
bianco  di  Candoglia  intarsiate  di  marmo  rosso  e  nero  a  forme 
geometriche  alternate ,  si  presenta  a  primo  aspetto  come  lavoro 
compiuto  in  quell'  epoca  nella  quale,  per  1'  impulso  del  cardinale 
Carlo  Borromeo  e  per  l'attività  del  Pellegrini,  vennero  iniziate  e 
condotte  a  termine  le  opere  interne  specialmente  attinenti  all'  e- 
sercizio  del  culto:  gli  organi,  i  pulpiti,  il -coro,  le  cappello  ai 
bracci  di  croce,  gli  altari  secondari,  il  battistero,  ecc. 


La  eventualità  della  rinnovazione  di  questa  parte  del  tempio, 
imposta  dal  graduale  suo  deterioramento,  ha  già  fatto  sorgere  la 
questione  del  restauro  in  base  ad  un  nuovo  disegno  conforme 
al  carattere  del  tempio.  Ora,  di  fronte  alla  mancanza  assoluta  di 
traccio  del  pavimento  primitivo ,  tale  questione  potrebbe  facilmente 
essere  studiata  e  risolta  in  modo  troppo  radicale  ed  astratto, 
trascurando  e  distruggendo  forse  inavvertitamente  qualche  indizio 
prezioso  che  1'  attuale  pavimento  può  fornire.  Infatti  il  motivo  fon- 
damentale dell'attuale  pavimento  -  del  quale  presento  uno  schizzo  - 


IL    PAVIMENTO    DEL    DUOMO    DI    MILANO. 


113 


per  la  combinazione  geometrica  delle  linee,  ed  astrazione  fatta 
da  qualche  particolare,  ha  qualcosa  che  ricorda  le  decorazioni 
geometriche  che  furono  caratteristiche  nel  medio  evo.  Il  sup- 
porre quindi  che  questo  scomparto  del  pavimento ,  benché  ese- 
guito sulla  fine  del  XVI  secolo  o  al  principio  del  XVII ,  ci 
ripresenti  il  disegno  primitivo,  alterato  inavvertitamente  nel  ca- 
rattere malgrado  l' intenzione  avuta  di  farne  una  materiale  ri- 
produzione ,  non  è  cosa  forse  troppo  arrischiata.  Infatti ,  basta 
correggere  le  forme  di  qualche  particolare  come  i  rosoni  e  i 
campanelli  che  si  frappongono  alle  linee  geometriche,  per  ottenere 
uno  scomparto  completamente  in  carattere  collo  stile  del  se- 
colo XIV.  A  maggiore  conferma  di  ciò  torna  interessante  il  se- 
gnalare una  decorazione  geometrica  della  fine  del  XIV  secolo  o 
della  prima  metà  del  secolo  XV,  la  quale  presenta  un'evidente 
e  spiccata  analogia  con  quella  del  Duomo,  e  che  perciò  riproduco. 


t  una  decorazione  la  quale  si  vede  dipinta  sulla  parete  di  fondo 
del  loggiato  nella  corte  interna  del  Castello  di  Pandino  (1). 
Salvo  qualche  variante  affatto  secondaria,    derivante   in    modo 


(I)  Il  Castello  di  Pandino  è  un  interessantissimo  esempio  di  costruzione 
militare  dell'epoca  dei  Visconti,  alla  quale  si  aggiunse  poi,  probabilmente  nel 
periodo  sforzesco,  la  torre  di  difesa  all'  ingresso  coi  piombato],  come  si  vede 
nello  schizzo  prospettico  qui  unito.  Il  trovare  nella  decorazione  geometrica 
l'impresa  della  scala  può  essere  indizio  per  assegnare  la  costruzione  a 
Bernabò  Visconti  eh'  ebbe  in  moglie  Beatrice  della  Scala. 

1/  analogia  dello  scomparto  di  Pandino  col  disegno  del  pavimento  del 
Duomo  venne  rilevata  anche  dall'egregio  signor  Paolo  Cesa-Bianchi ,  architetto 
del  Duomo. 

Arch.  Slor.  Lomb.  —  Anno  XV.  8 


114 


V  A  i:  I  !•:  r  a  . 


abbastanza  evidente  dalla  particolare  tecnica  dell'intarsio,  la  quale 
ha  imposto  una  semplificazione  in  quelle  linee  che  la  decorazione 
pittorica  poteva  invece  facilmente  complicare  a  capriccio,  la  di- 
sposizione fondamentale  dello  scomparto,  e  la  combinazione  geo- 
metrica è  la  medesima.  Non  é  il  caso  di  ravvisare  senz'  altro  nel 
dipinto  di    Pandino    1'  originale  ,    e   il  modello  del  pavimento  del 


Duomo,  del  quale  potrebbe  anche  essere  con  eguale  probabilità 
una  riproduzione  o  un  ricordo  :  basta  rilevare  il  fatto  che  nella 
prima  metà  del  secolo  XV,  e  quindi  nel  periodo  in  cui  appunto 
si  dovette  presentare  la  questione  del  pavimento  del  Duomo,  lo 
scomparto  geometrico  del  pavimento  attuale  era  in  uso,  ed  adot- 
tato come  decorazione. 


IL    PAVIMENTO    DEL    DUOMO    DI    MILANO.  115 

Pertanto  la  questione  del  restauro  di  questa  parte  del  Duomo, 
qualora  si  tenga  calcolo  di  tale  fatto,  potrebbe  informarsi  al  cri- 
terio di  rispettarne  la  disposizione  geometrica,  come  è  presumi- 
bile abbiano  fatto ,  per  quanto  si  disse ,  i  barocchi  allorché  al 
pavimento  primitivo  sostituirono  l' attuale  ;  il  problema  si  ridur- 
rebbe ad  epurare  qualche  dettaglio,  ripristinandovi  la  correttezza 
di  linee  della  decorazione  medioevale.  In  tal  caso  il  restauro 
del  pavimento,  ridotto  ad  essere  in  sostanza  una  semplice  sosti- 
tuzione di  materiale,  potrebbe  essere  un  lavoro  di  una  esecuzione 
graduale  a  norma  delle  necessità,  evitando  il  provvedimento  abba- 
stanza grave  di  una  riforma  radicale  di  grande  impegno,  la 
quale  potrebbe  distruggere  inconsultamente  quegli  indizi  di  una 
disposizione  originaria,  sui  quali  ho  creduto  interessante  di  richia- 
mare r  attenzione. 

Luca  Beltrami. 


BIBLIOGRAFIA 


A.  ToBLER,  Das  Spruehgedieht  des  Girard  Pateg .  Aus  den  Ab- 
handlungen  der  preuss.  k.  Akad.  der  Wiss.  zu  Berlin  vom 
Jahre  1886  (pag.  74,  in-4). 

Il  codice  1'  fra  gli  italiani  della  collezione  Hamilton,  or  pos- 
seduta dalla  R.  Biblioteca  di  Berlino,  ha  un'importanza  singo- 
larissima, come  sanno  ormai  da  un  pezzo  tutti  gli  studiosi  ,  per 
la  conoscenza  della  nostra  antica  letteratura  dialettale  (1).  Esso 
è  infatti  il  solo  ms.  che  ci  abbia  conservati  parecchi  monumenti 
assai  considerevoli  di  quella  poesia  didattica  ed  ascetica,  la  quale 
fiori  neir  Italia  nordica  dal  XIII  al  XIV  secolo  ,  ed  ha  attirato 
da  poco  tempo  1'  attenzione  dei  dotti  (2). 

(1)  Vedine  la  descrizione  presso  Biadene:  /  manoscritti  italiani  della 
Collezione  Hamilton,  in  Giorn.  Stor.  della  Letter.  Ital. ,  voi.  X,  pag.  325 
e  seguenti. 

(2)  Un  manoscritto,  il  quale  per  la  natura  dei  componimenti  che  racchiu- 
deva ,  dovrebbe  aver  avuti  parecchi  punti  di  contatto  con  il  ms.  Saibante , 
esisteva  sul  cadere  del  secolo  XV  in  Piemonte ,  ed  io  credo  utile  riferir  qui 
la  descrizione  che  ne  offre  un  documento  del  tempo,  benché  non  possa  nu- 
trir la  speranza  che  essa  giovi  a  farlo  rinvenire. 

11  prete  Antonio  Rovaria,  dottore  di  diritto  canonico,  faceva  il  13  otto- 
bre 1475  dono  fra  vivi  dei  suoi  beni  mobili  ed  immobili  alla  cappella  ed 
ospedale  di  Borgo  d'Ale,  sua  patria,  già  da  lui  istituiti,  e  1'  atto  che  ram- 


BIBLIOGRAFIA.  117 

Mercé  sua  alle  opere  volgari  di  Pietro  Barsegapé  e  di  Bon- 
vesin  da  Riva ,  milanesi ,  noi  possiamo  adesso  aggiungere  i 
poemi  di  altri  rimatori  lombardi,  quelli  cioè  di  Ugugon  da  Laodho 
e  di  Girardo  Pateg  da  Cremona.  Del  libro  del  primo  si  è  già 
toccato  in  quest'  Archivio  (1),  e  non  occorre  quindi  tornare  a  di- 
scorrerne ;  ma  sarà  in  quella  vece  opportuno  segnalare  adesso 
r  apparizione  del  libro  del  Pateg,  sottratto  finalmente  alle  tenebre 
in  cui  giaceva  dalla  solerzia  del  Tobler. 

Intorno  a  Gerardo  poco  o  nulla  si  sapeva  fin  qui ,  e  nulla  ag- 
giungono alle  nostre  cognizioni  le  ricerche  del  professore  berli- 
nese. Il  cognome  del  poeta,  che  leggevamo  latinizzato  in  Paiec- 
cliis  da  Salimbene,  e  toscanizzato  in  Paieechia  da  Antonio  Pucci, 
ci  è  offerto  nella  sua  vera  forma  dal  codice  Hamiltoniano.  Esso 
è  Pateg,  che  si  deve  pronunziare,  come  ha  fatto  testé  notare  il 


luenta  questa  donazione,  rogato  in  plano  Bugelle  vercellensis  diocesis,  ri- 
delicet  in  Claustro  Ecclesie  Sancii  Stephani  dicti  loci,  è  stato  edito  dal 
Manno  nel  suo  erudito  lavoro  sopra  «  alcuni  Cataloghi  di  antiche  Librerie 
Piemontesi»  (Misceli,  di  St.  It. ,  t.  XIX,  IV  della  nuova  serie,  1880,  pa- 
gina 361-91).  Fra  i  beni  donati  dal  Rovaria  vi  erano  anche  de'  libri,  e  fra 
questi  uno  così  descritto:  Item  donai  quam plurìmos  guiniernos  in  parua 
forma  descriptos ,  in  quibus  agitar  primum  in  uulgaribus  u  e  r- 
sibus  et  in  uersibus  (sic)  de  nac  i  tate  hominis,  de  ti  ita 
ipsius  et  de  morte  ad  longum ,  et  de  penis  inferni,  de 
g  au  di  i  s  Paradisi,  de  uii  a  r  eli  g  i  o  s  o  r  u  m,  de  e  e  nt  u  m 
ciuilitatibus  in  mensa  seruandis,  de  passione  do- 
mini nostri  Jesu  Christi  cum  aliis  quam  plurimis  bonis  documeniis,  nec  non 
de  scala  celi  et  eius  gradibus  et  de  In/ancia  domini 
nostri  Yesu  Christi  et  omnia  in  pulgari...  (pag.  374'.  Mi 
pare  più  che  probabile  che  questo  manoscritto  contenesse  roba  composta 
neir  Italia  settentrionale  e  forse  qualcuno  di  que'  poemi  che  per  altri  codici 
conosciamo.  11  poema  De  Cicilitatibus  in  mensa  sercandis  fa  ripensare  a  Fra 
Bonvesin  ;  ma  egli  non  ha  veramente  indicate  se  non  cinquanta  cortesie  de 
desco  !  Si  tratterebbe,  adunque,  di  un  suo  o  precursore  o  imitatore. 

(1)  A.  XI,  s.  II.  fase.  Ili,  p,  590.  È  forse  superfluo  avvertire  che  in  quel- 
r  articoletto,  scritto  del  resto  senza  alcuna  pretesa  di  competenza,  son  stati 
un  po'  stranamente  attribuiti  ad  Ugugon  i  versi  latini  sui  temperamenti  degli 
uomini,  che  il  copista  aveva  trascritti  in  calce  al  poema  di  lui. 


118  BIBLIOGRAFIA. 


Mussafia  (1) ,  Pateg  (cfr.  veg  =  vecehio).  Che  vuol  dire  Pateg  ? 
Confessiamo  ingenuamente  di  non  saperlo.  Ma  è  probabile  che 
esso  fosse,  non  già  un  soprannome,  ma  il  vero  e  proprio  cognome 
del  poeta. 

In  quanto  al  luogo  di  nascita,  il  codice  Hamiltoniano  pare  in- 
dicarlo con  sicurezza ,  chiamando  Gerardo  «  da  Cremona.  »  E 
questa  indicazione  conferma  anche  Fra  Salimbene,  il  quale  nella 
sua  celebre  Cronaca  ha  avuto  occasione  di  rammentar  più  di  una 
volta  magister  Girardus  Pateeelus ,  e  di  citare  alcuni  frammenti 
di  opere  sue,  delle  quali  sembra  anzi  fosse  ammiratore  non  tie- 
pido, poiché  giunse  ad  imitarne  una  in  quel  suo  libro,  composto 
nel  1259,  mentre  si  trovava  in  Borgo  San  Donnino,  ed  ora  per- 
duto, che  aveva  chiamato  de  Taediis,  ad  similitudinem  Pateceli. 
Salimbene  stesso  però,  in  un  certo  passo  pare  lasci  adito  a 
sospettare  che  Gerardo ,  sebbene  vivesse  in  Cremona ,  non  vi 
avesse  vista  la  luce  ;  ma  fosse  nativo  invece  di  Casalmonfer- 
rato.  Né  le  due  asserzioni  sarebbero  cosi  contradditorie  da  non 
esserci  modo  di  accordarle;  giacché  si  potrebbe  pur  sempre 
congetturare  che  Gerardo  si  fosse  recato  a  Cremona,  quando 
già  toccava  la  virilità  e  vi  avesse  aperto  scuola.  Cosi  dalla  lunga 
dimora  sarebbe  stato  chiamato  dai  contemporanei  «  di  Cremona  », 
pur  non  essendovi  nato.  Ed  in  tal  caso  si  avrebbe  proprio  l'oppo- 
sto di  quel  che  era  avvenuto  ad  un  più  antico  Gerardo  cremonese, 
il  celebre  medico  e  matematico  ,  il  quale  ,  per  aver  vissuto  ed 
insegnato  lungamente  a  Toledo,  vi  assunse  il  nome  di  Toledano. 

Comunque  sia  di  ciò,  ove  altri  argomenti  non  soccorrano  in 
favore  dell'ipotesi  contraria,  non  si  può  adesso  togliere  il  vanto 
a  Cremona  di  aver  dato  la  vita  ad  uno  de'  più  antichi  scrittori 
volgari  che  conti  l' Italia  ;  quantunque  essa  non  possa  lusingarsi 
di  ritrovare  nei  versi  del  suo  cittadino  un  monumento  del  proprio 
antico  dialetto. 

Sono  note  le  immense  trasformazioni  che  si  compiono  nei  dia- 
letti, senza  tregua  sottoposti  a  quelle  vicissitudini,  le   quali    sono 

(1)  Literatar  blatt  fi'ir  german.  uncl  romanisch.  Philol.,  1888,  n.  !,  pag.  34. 


BIBLIOGRAFIA.  119 


inerenti  ai  linguaggi  che  la  scrittura  e  I'  uso  letterario  non  ren- 
dono stabili.  Come  il  milanese  di  Fra  Bonvesin  è  tutt'  altra  cosa 
da  quello  cho  si  parla  oggi  nella  metropoli  lombarda ,  cosi  il 
linguaggio  di  Gerardo  si  scosta  assolutamente  da  quello  che  ó 
oggi  sulle  bocche  de'  suoi  concittadini.  Né  del  resto  vi  é  modo  di 
verificare  quanto  e  come  la  lingua  del  Pateg  sia  stata  alterata 
dai  copisti.  I  mezzi  per  istituire  un  confronto  fanno  intieramente 
difetto,  poiché  non  si  posseggono  documenti  dialettali  antichi  cre- 
monesi ;  e  que'  pochissimi  che  esistevano  un  tempo  ,  di  età  più 
tarda  (sec.  XV)  ,  sono  ora  andati  smarriti  (1). 

I  poemi  scritti  da  Gerardo,  o  almeno  quelli  che  correvano  alla 
metà  del  secolo  XIII  sotto  il  suo  nome,  erano  due:  uno  intito- 
lato :  Delle  Noie  (Salimbene  ,  che  ne  riferisce  de'  frammenti ,  lo 
chiama  De  Taediis)  ;  V  altro  :  Spianamento  de  Proverbi  di  Scb- 
lomone.  Il  primo  è  perduto,  e,  pare,  irremissibilmente.  Ma  per 
conoscerne  il  contenuto  danno  lume  più  che  bastevole  il  titolo 
stesso  e  i  pochi  frammenti  che  Fra  Salimbene  ne  ha  citati  (2). 
Si  deduce,  infatti,  da  essi,  che  il  maestro  cremonese  aveva  vo- 
luto con  questo  componimento  imitare  quel  genere  che  i  proven- 
zali chiamavano  enuecj ,  e  comprendeva  un'  enumerazione  più  o 
meno  arguta  delle  cose  che  offendevano  o  molestavano  lo  scrit- 
tore. La  perdita  di  quest'  operetta  è  tuttavia  assai  deplorevole  , 
poiché  da  essa  ci  sarebbero  forse  derivati  sui  sentimenti  e  sui 
gusti  del  poeta  ragguagli  ben  maggiori  di  quelli  che  si  possono 
desumere  dallo  Splanamento,  il  poema  che  il  codice  Hamilto- 
niano  appunto  ci  ha  conservato. 

Del  quale  sarà  tempo  che  veniamo  a  dir  qualche  cosa.  Il  suo 
autore  sembra  averlo  intitolato  :  Splanamento  de  li  proterhii  de 
Salomone;  ma  andrebbe  lungi  dal  vero  chi  credesse   all'esattezza 

(I)  Alludo  a  quel  manoscritto,  che  conteneva  Laudi,  le  quali  si  cantavano 
dai  membri  di  alcune  Confraternite  cremonesi  nel  XV  e  XVI  secolo,  del 
quale  era  un  tempo  possessore  il  Morbio.  Vedi  le  sue  Opere  Stor.  Numi- 
smatiche ecc.,  Bologna,  Romagnoli,  1870,  pag.  273;  e  cfr.  Robolotti  , 
Cremona  e  sua  Procincia,  pag.  59  e  seg. 

(3)  Vedi  singolarmente  Chron.,  Parma,  1857,  pag.  402. 


120  BIBLIOGRAFIA. 


di  questo  titolo.  Il  poema  contiene  in  realtà  molto  di  più,  perché, 
oltre  che  i  Procerhi ,  vi  è  fusa  buona  parte  AqW  Ecclesiaste  e 
de'  Distici  di  Catone.  Da  queste  fonti ,  che  i  moralisti  medievali 
avevano  già  sfruttate  a  sazietà ,  il  Pateg  ha  cavato  un  numero 
ragguardevole  di  sentenze  e  di  insegnamenti,  dei  quali  la  novità 
non  è  certo  il  lato  più  attraente,  e  li  ha  volti  in  linguaggio  vol- 
gare per  utilità  de' laici,  delle  persone  rozze  ed  ignoranti.  A  loro 
intenzione,  egli  splana  la  lettera  ;  da  essi  e  non  dai  dotti,  vuole 
essere  giudicato  : 

Li  sani  non  reprenda,  s'  eu  no  dirai  si  ben, 
Com  se  uoraue  dir,  o  s'  eu  dig  plui  o  men  ; 
Q'  eu  noi  trono  per  lor,  q'  ig  sa  ben  qo  q'  ig  de, 
Anz  per  comunal  omini  ,  qe  no  san  ogna  le  (1). 

I  comunal  omini  trovavano  nel  libro,  offerto  loro  cosi  amore- 
volmente dal  cremonese,  un  vero  manuale  per  apprendere  a  vi- 
vere in  pace  con  Dio  o  con  il  prossimo.  Il  dreto  ensegnamento 
e' aferma  Salamon  (2)  tratta  infatti, 

De  quili  che  parla  tropo  com  sen  debia  mondar, 
Com  li  irosi  e  li  soperbii  se  possa  omiliar, 
Com  li  mati  se  uarde  et  enprenda  sauer  , 
Com  a  le  done  couen  boni  costumi  auer, 
Com  un  amig  a  1' autro  de  andar  dretamente  (3), 
E  con  pouri  et  riqi  de  star  entre  la  esente. 

Da  questo  riassunto  che  il  poeta  medesimo  fa  della  sua  trat- 
tazione, è  facile  arguire  come  essa  offra  un  assai  scarso  interesse 
letterario  e  storico.  I  precetti  morali  si  sfilano  1'  uno  dietro  l'altro, 
come  le  Ace  Marie  d'  un  rosario  ;  1'  autore  non  ha  saputo  o  vo- 
luto   temperarne   l'edificante,  ma    arida  semplicità  con  qualche - 


(1)  Pag.  52,  V.  13-16. 

(2)  V.  4. 

(3)  V.  7-12. 


BIBLIOGRAFIA.  121 

•  Inno  di  quegli  ariitìci  ai  quali  ricorrevano,  e  non  senza  fruito, 
altri  poeti,  che  pur  miravano  allo  stesso  suo  intento.  Anche  Bon- 
vesin ,  poetando ,  aspira  ai  medesimi  risultati  ;  tratta  argomenti 
morali  ed  ascetici;  ma  con  maggior  brio,  con  maggior  senso 
d'  arte  del  suo  collega  cremonese.  Questi ,  che  non  ha  curato  di 
addolcire  un  po'  la  rigidità  dei  suoi  ammaestramenti  con  qualche 
piacevole  pittura,  qualche  tratto  arguto  ^  qualche  satirica  ripren- 
sione, non  può  perciò  pretendere  ad  un  posto  molto  elevato  nella 
schiera  de'  rimatori  lombardi  dugentisti  ;  ma  deve  rassegnarsi  ad 
essere  collocato  più  giù  del  Barsegapè  e  dello  stesso  Uguccione. 

F.  X. 


Dipinti  restituiti  a  Leonardo  da  Vinci  .  a  proposito  dell'  opera  di 
BoDF.  Wilhelm  :  Italienische  Bildhauer  der  Renaissance  — 
Stvdien  zur  Gesehichte  der  Italienisehen  Plasiik  nnd  Ma- 
lerei  auf  Grand  der  Biìdwerke  und  Gemàlde  in  den  k. 
Museen  zìi  Berlin.  (Scultori  italiani  del  rinascimento  — 
studi  per  la  storia  della  scoltura  e  della  pittura  italiana 
basati  su  scolture  e  dipinti -dei  R.  Musei  di  Berlino).  — 
Berlin,  W.  Spemann,  1887. 

Nella  stessa  guisa  che  parecchi  anni  or  sono  una  serie  di  studi 
sulle  opere  delle  pinacoteche  di  Monaco,  Dresda  e  Berlino  fu  un 
piacevole  pretesto  pel  nostro  valente  critico  italiano ,  senatore 
Giovanni  Morelli  (Lermolieff) ,  di  trattare  con  profonda  critica  e 
vasto  sapere,  nonché  con  indipendenza  di  concetti,  i  più  problemi 
ardui  intorno  ai  pittori  delle  scuole  italiane  ed  alle  opere  loro  , 
cosi  ora,  con  scienza  ed  erudizione,  il  Bode  pubblica  a  proposito 
di  scolture  e  pitture  dei  Musei  di  Berlino  i  risultati  dei  suoi  studi 
critici  su  artisti  italiani  del  rinascimento. 

In  quel  fortunato  periodo  dell'arte  nostra,  gli  artisti,  di  versa- 
tile talento  e  molteplice  attività,  trattaron  ad  un  tempo  i  vari 
rami  dell'  arte  e  cosi  gli  scultori  diventarono  naturalmente  anche 


122  BIBLIOGRAFIA. 


quasi  veri  pittori.  Or  appunto  notò  il  Bode  come  la  imperfetta 
cognizione  di  cotesti  artisti ,  quale  appare  dagli  scritti  degli  stu- 
diosi ,  proviene  precisamente  dalla  trattazione  finora  unilaterale 
di  una  o  di  un'  altra  sola  delle  varie  loro  attività. 

Si  è  quindi  da  questo  punto  di  vista,  con  questo  sano  sistema 
di  critica  vasta  e  complessiva  ,  che  1'  autore  tratta  di  Nicolò  , 
Giovanni  ed  Andrea  Pisano  ;  di  Donatello  e  della  sua  scuola  ; 
degli  scultori  fiorentini  che  oprarono  in  plastica  nei  primi  de- 
cenni del  quattrocento;  di  Luca  ed  Andrea  della  Robbia;  di, 
Andrea  del  Verrocchio,  del  suoi  seuolari  ed  imitatori,  della  tavola 
d'altare  della  risurrezione  di  Cristo  di  Leonardo;  dei  tipi  fem- 
minili (ritratti)  nella  plastica  del  quattrocento;  di  ritratti  scolpiti 
del  quindicesimo  secolo  ;  di  Michelangelo  Buonarroti  ;  di  Jacopo 
Sansovino. 

Secondo  la  consuetudine  di  quesi' Archivio  di  render  contezzi 
di  opere,  della  storia  dell'  arte,  entro  i  limiti  che  interessano  più 
davvicino  la  storia  della  regione  lombarda,  rendo  conto  di  questo 
lavoro  del  critico  tedesco  limitatamente  alla  parte  che  si  riferisce 
a  Leonardo  da  Vinci. 

Nel  capitolo  sul  Verrocchio  ,  il  Bode  fa  frequenti  accenni  al 
Leonardo  e  dimostra  come  di  già  il  Verrocchio  ne  appaia  il  vero 
maestro  e  precursore  nella  cura  del  costume  delle  sue  figure,  e 
cioè,  non  solo  nel  getto  delle  pieghe,  ma  anche  nella  scelta  e 
nella  disposizione  del  costume.  Richiama  1'  attenzione  sulla  pre- 
senza nei  disegni  del  Vinci  di  certi  profili  di  giovani  donne  che 
paion  lo  schizzo  di  medaglie  o  ritratti  a    rilievo   del  Verrocchio. 

E  dopo  aver  ricostituito  l'opera  scultoria  del  Verrocchio,  il 
Bode  s'  accìnge  pure  a  ricostituire  quella  pittorica,  notando  anzi 
tutto  che  il  fatto  della  cooperazione  di  Leonardo  nella  celebre 
tavola  del  Verrocchio  il  battesimo  di  Cristo  (nell'  Accademia  di 
Firenze)  ,  la  sola  sua  opera  accertata ,  ha  cagionato  che  anche 
per  rispetto  a  quest'unico  dipinto  accertato  rimanesse  offuscato 
nel  giudicio  dei  critici  il  discernimento  della  vera  propria  maniera 
di  dipingere  del  Verrocchio  e  che    ne  conseguissero  grandi    dif- 


BIBLIOGRAFIA.  123 


ficoltà  per  In  ricerca  e  restituzione  ai   medesimo    di  altri    dipinti 
di  sua  mano. 

Ovvio  era  quindi  che  il  Bode  incominciasse  dal  distinguere  nel 
Battesimo  dell'  Accademia  la  parte  del  Verrocchio  da  quella  del 
suo  allievo.  Egli  giunge  alla  conclusione  che  la  parte  dello  scolaro 
è  eseguila  ad  olio  (mentre  che  quella  del  maestro  lo  fu  a  tempera) 
e  che  non  si  limita  all'  angelo  veduto  di  profilo  che  porta  la 
veste  di  Gesù,  ma  si  estende  a  tutto  il  fondo  di  paese  (eccezion 
fatta  del  lato  estremo  di  destra),  a  Giovanni,  a  parte  della  figura 
di  Cristo  ed  al  secondo  angelo,  quello  veduto  di  fronte,  i  quiili 
furon  bensì  prima  dipinti  a  tempera,  ma  verosimilmente  non  ul- 
timati, vennero  poi  ridipinti  ad  olio. 

Il  colorito  ad  olio  è  di  tocco  bruno  e  si  trova  ancora  nella  più 
celebre  opera  del  Leonardo  ,  la  Gioconda  del  Louvre,  che  pa- 
rimenti non  è  finita.  Nel  fondo  non  finito  della  Gioconda  si  ri- 
conoscon  i  paesi  propri  del  Leonardo  e  cosi  nel  battesimo  in 
egual  forma  ed  esecuzione,  e  son  diversi  dalla  deficiente ,  stentata, 
parte  di  fondo  a  tempra,  ed  in  quella  pure  a  tempra  che  si  travede 
sotto  la  ridipintura  ad  olio.  Par  quindi  che  Leonardo  abbia  ri- 
preso il  dipinto  non  ultimato  dal  maestro  suo ,  dopo  la  costui 
morte,  o,  quel  che  sembra  più  probabile,  essendo  occupato  il 
;maestro  in  altre  opere,  siasi  egli  assunto  di  condurlo  a  termine 
ripigliandolo  ex  novo.  Alla  sua  volta  poi  1'  avrebbe  pur  lasciato 
incompiuto. 

Ridotta  cosi  la  parte  del  Verrocchio  in  questo  quadro  ,  1'  A. 
spassa  alla  ricerca  delle  altre  opere  ancor  esistenti  dello  stesso 
^Verrocchio  e  sinora  attribuite  ad  altri  pittori  o  ad  incogniti. 

Non  posso  seguirlo,  atteso  lo  scopo  di  questo  Archivio  ,  nello 
studio  critico  e  nella  restituzione  di  pitture  al  Verrocchio,  però  non 
^tralascierò  di  richiamar"  l'  attenzione  sul  ritratto  di  giovane  don- 
zella della  Galleria  di  Berlino  (N.  80)  che  il  Bode  dichiara  po- 
Ltersi  assegnare  colla  più  grande  certezza  allo  sludio  (bottega) 
i,del    Verrocchio  o  ad  un    suo    allievo.    Egli  ne  loda  la  chiarezza 


124  BIBLIOGRAFIA. 


del  tono  e  1'  armonia  del  colorilo ,  le  quali  mi  permetto  sog- 
giungere son  appunto  le  doti  dei  dipinti  giovanili  di  Leonardo , 
quali  rilevansi,  ad  es. ,  nel  dipinto  della  Galleria  Lichtenstein  di 
cui  è  parola  nelle  pagine  seguenti.  Ma  ciò  che  maggiormente 
mi  colpisce  è  la  circostanza  che  in  una  sua  annotazione  il  Bode 
dichiara  che,  al  rovescio  ,  cotesto  ritratto  della  Galleria  di  Ber- 
lino porta  la  seguente  iscrizione  : 

FV    CHE    mio    VOLLE    —    SARA    CHE     IDIO     VORRÀ      —      TIMORE"  DIN- 

FAMIA    E    SOLO    DISIO    DOìNORE    PIANSI    CIA    QVELLO    CIIIO    VOLLI   POI 

CHIO    LEBBI. 

L'  ultimo  di  questi  versi  appartiene  a  quel  noto  sonetto  ,  che 
dal  Lomazzo  in  poi  fu  sempre  dato  come  composizione  poetica 
di  Leonardo  da  Vinci,  finché  nel  1884  Gustavo  Uzielli  (1)  provò 
che  il  suo  vero  autore  fu  Antonio  di  Meglio.  Non  rimane  però 
escluso  che  Leonardo  poetasse,  il  Govi  nel  18  72  (2)  pubblicò 
alcuni  versi  indubbiamente  del  Leonardo  e  soggiunse  pure  che  il 
Vinci  probabilmente  usava  trascriver  versi  :  ed  invero  ottima 
guida  nel  discerner  gli  uni  dagli  altri  è  il  fatto  che  i  primi  son 
per  lo  più  corretti  e  ripetuti  sullo  stesso  manoscritto  o  codice  , 
mentre  i  secondi  son  tracciati  senza  pentimenti ,  anzi  alcuni  di 
essi  sono  persino  di  metro  sbagliato.  Ammesso  pure  ,  adunque  , 
che  il  celebre  sonetto  non  sia  del  Leonardo,  tuttavia  la  trascrizione 
ch'egli  ne  aveva  fatto  (dando  cosi  origine  all'  equivoco)  e  1'  abi- 
tudine sua  di  copiar  versi  ed  anche  di  comporne ,  fa  supporre 
che  potrebbe  esser  stato  egli  stesso  a  tracciar  sul  rovescio  del 
ritratto  di  Berlino  quella  iscrizione  fv  che  idio  volle  ecc.  che 
termina  col  verso  piansi  già  ecc.  del  celebre  sonetto.  E  se  il 
Bode,  che  pervenne  a  dichiarare  1'  opera  dello  studio  del  Ver- 
rocchio  o  di  un    suo    allievo  ,    giungesse  ,  dopo  ulteriore  studio , 


(1)  Gustavo  Uzielli  :  Ricerche  intorno  a  Leonardo  da    Vinci.  Serie  se- 
conda. —  Roma,  Salviucci,  1884. 

(2)  Govi:  Saggio  delle  Opere  di  Leonardo  da    Vinci.  —  Milano,  Ricordi, 
1872. 


BIBLIOGRAFIA.  125 


a  pronunciare  per  considerazioni  stilistiche  il  nome  del  Leonardo, 
r  iscrizione  del  rovescio  ,  qualora  sia  genuina  e  contemporanea  , 
porgerà  un  elemento  induttivo  di  più. 

Notevole  è  la  chiusa  del  capitolo  su  Andrea  del  Verrocchio: 
<s.  il  suo  sforzo  verso  la  caratteristica,  il  suo  alto  sentimento  della 
«  bellezza ,  la  sua  ricerca  del  perfezionamento  della  tecnica  del 
«  dipingere  ,  le  sue  costruzioni  di  paesi  per  il  fondo  dei  dipinti, 
«  provengono  da  un  serio  lavorio  dell'  artista,  il  quale  sempre  ha 
«  1'  occhio  rivolto  al  grandioso  e  che  per  raggiungerlo  non  tra- 
«  scura  nemmeno  la  minuzia.  Se  soltanto  il  suo  scolaro  Leonardo, 
«  consegui  pienamente  ciò  eh'  egli  si  sforzò  di  ottenere,  si  fu  però 
«  il  suo  costante  lottare  verso  questo  scopo  che  formò  la  scala 
«  colla  quale  il  grande  scolaro  vi  pervenne  trionfante.  » 

Nel  successivo  capitolo,  Scolari  ed  imUaiori  di  Verrocchio,  il 
Bode  non  si  prefigge  di  seguire  T  influenza  del  Verrocchio  al  di 
là  delia  sua  scuola  o  studio  nello  sviluppo  dell'arte  italiana,  bensi 
egli  ricerca  la  relazione  degli  scolari  col  loro  maestro  e  studia 
fin  dove  negli  scolari  si  possa  ancor  riconoscere  il  maestro,  cioè 
fin  dove  nelle  opere  di  quelli  se  ne  specchi  1'  opra. 

In  queste  pagine,  in  cui  il  critico  ha  cercato,  scandagliato  pro- 
fondamente e  ricostituito  con  successo  la  figliazione  di  Leonardo 
dal  Verrocchio,  si  sviluppa  uno  dei  più  interessanti  capitoli  della 
storia  dell'arte  del  rinascimento  italiano.  Quanta  parte  spetti  al 
Verrocchio  della  sublime  figura  pittorica  del  Leonardo,  ivi  risulta 
chiaramente.  Né  é  il  caso  di  provare  quel  senso  di  teorie  sfatate, 
di  idoli  annebbiati.  Oramai  il  concetto  del  costante  e  progressivo 
sviluppo  della  forza  artistica  ha  da  alcuni  anni  preso  la  via  ra- 
zionale che  lo  rannoda  al  concetto  generale  del  costante  e  pro- 
gressivo sviluppo ,  dell*  esperienza  e  del  sapere  accumulato  del- 
l'uomo e  delle  generazioni  sociali.  I  recenti  studi  che  hanno  provato 
la  filiazione  del  Rembraudt  dal  suo  maestro  A.  Van  der  Venne 
non  ne  hanno  punto  sminuito  l'  aureola  né  l'  importanza  di  alto 
genio  e  sapere;  né  menomamente  ne  torna  ora  perturbato  l'alto 
concetto  ammirativo  del  Leonardo.  Che  più,  dato  l'odierno  studio 


126  BIBLIOGRAFIA. 

cui  è  giunto  il  raziocinio  umano,  che  nega  ogni  miracolo  di  genio 
balzato  tutto  armato  dal  cervello  di  Giove ,  data  la  somma  di 
gusto,  coltura,  esperienza  e  sapere  che  il  Verrocchio  trasmise  a 
Leonardo,  rimane  ancor  un  tal  salto  ,  un  tal  progresso  dall'  uno 
all'  altro,  che  la  figura  artistica  del  Vinci  ne  spicca  con  ancor 
maggior  portentoso  ed  abbagliante  splendore  ,  cotanto  la  mente 
dello  studioso  è  cosciente  questa  volta  di  poggiare  sul  razionale, 
sulla  realtà  e  non  più  sulle  speculazioni  trascendentali. 

Che  r  influenza  del  Verrocchio  sul  suo  grande  scolaro  possa 
in  nessuna  guisa  esser  contrastata,  non  deriva  soltanto,  dice  il 
Bode,  della  circostanza  che  egli  era  il  solo  maestro  di  Leonardo 
e  che  egli  lo  accolse  giovanissimo  quale  scolaro  (nella  sua.  fan- 
ciullezza  scrisse  il  Vasari)  ;  deriva  bensì  dal  fatto  che  Leonardo, 
il  quale  già  nel  1472  era  stato  accettato  quale  maestro  nella 
compagnia  dei  pittori  di  P'irenze,  nel  1476  e  cioè  di  anni  25  di 
età  viene  ancor  presentato  quale  compagno  di  studio  del  Ver- 
rocchio. Anzi  il  Bode  soggiunge  poi  ancora  che  ,  da  una  comu- 
nicazione orale ,  ha  potuto  aver  contezza  di  un  altro  fatto  che 
cade  soltanto  nel  1478.  Della  comparsa  di  Verrocchio  e  Leo- 
nardo nanti  i  giudici  per  giustificarsi  d'  un'  infame  accusa  ano- 
nima (1),  Onde  torna  assai  verosimile  che  anche  Leonardo,,  come 
Lorenzo  di  Credi  e  probabilmente  Fiorenzo  di  Lorenzo,  prendesse 
parte  alla  esecuzione  di  alcuni  dei  grandi  lavori  del  Verrocchio. 

A  questo  punto  l'A.  torna  nuovamente  ad  esaminar  la  celebre 
tavola  del  battesimo  di  Cristo  del  Verrocchio,  allo  scopo  di  indagar 
nella  parte  compiuta  dal  Leonardo  lo  sviluppo  giovanile  di  que- 
st'  ultimo.  Che  questa  vischiosa  parte  di  pittura ,  condotta  ad 
olio,  sia  realmente  di  Leonardo  ne  risponde  non  solo  la  circo- 
stanza che  la  figura  d'  angelo  accertata  dal  Vasari  è  trattata  in 
cotesta  guisa  ma  anche  il  fatto  che  lo  è  del  pari  il  fondo  di 
paese  (salvo  1'  estremo  lato  di  destra).  Ora  le  forme  di  questo 
paese  non  rispondono  al  carattere  assolutamente  proprio  del  Ver-  ^ 

11 

(1)  Il  Bode  fa  pur  voti  perchè  non  rimanga  piìi  a  lungo  inedito  l' interes- 
sante documento  che  risguarda  ({uelT  avvenimento. 


fJinLIOGUAI  lA.  1-' 


rocchio,  bensì  alle  pitture  posteriori  di  Leonardo.  Sotto  a  questa 
iidipintura  ad  olio  di  quasi  tutto  il  fondo  travedonsi  ancora  le 
forme  del  paese  dapprima  eseguite  a  tempera,  le  quali  son  par- 
ticolari per  lo  appunto  al  Verrocchio. 


L'  asserzione  del  Vasari  che  la  partecipazione  di  Leonardo  in 
questo  dipinto  cada  nel  tempo  in  cui  esso  era  nella  media  età 
fanciullesca  e  cioè  imparava  dal  Verrocchio,  come  già  dissi  vien 
respinta  dal  Bode.  Anzi  egli  crede  che  se  anche  una  più  precisa 
determinazione  del  tempo  della  sua  esecuzione  non  è  ora  possibile 
pel  limitato  punto  d'  appoggio  per  la  primiera  attività  di  Leo- 
nardo, questo  lavoro  però  non  é  neppure  il  più  antico  che  di  esso 
ci  sia  conservato. 

Anzitutto  r  A.  trova  già  quasi  contemporanea  all'  angelo  del 
Battesimo  1'  Annunciazione  di  Monte  Olivete  ,  ora  negli  uffizi  al 
N.  1288,  della  quale  si  è  assai  e  variamente  discusso  in  questi 
ultimi  tempi.  Ritiene  quindi  il  Bode  che  non  sia  da  mantenersi 
ulteriormente  1'  attribuzione  a  Ridolfo  Ghirlandaio  data  dal  Ler- 
niolieff  (Morelli)  in  concordanza  con  Crowe  e  Cavalcasene  (1). 
Il  carattere  dell'  architettura,  della  decorazione,  del  paese  inducono 
il  Bode  a  far  risalire  questo  dipinte  a  veni'  anni  più  innanzi  dei 
primi  dipinti  di  quel  poco  felice  motteggiatore  del  grande  maestro 
fiorentino.  Ciò  che  già  a  tutta  prima  ricorda  Leonardo  (un'attri- 
buzione che  è  dovuta  col  signor  Liphart  e  che  fu  accolta,  benché 
qual  dubbiosa  ancora,  dall'  amministrazione  delle  gallerie  fioren- 
tine) è,  dice  il  Bode  ,  il  veramente  caratteristico  color  ad  olio , 
vischioso  e  profondo,  con  cui  il  dipinto  è  condotto,  esattamente 
come  la  parte  eseguita  da  Leonardo  nel  Battesimo  di  Cristo. 

(1)  In  questa  divergenza  di  opinioni,  anche  se  avessi  dinanzi  le  fotografie 
dei  dipinti  in  discussione,  non  riterrei  seria  da  parte  mia  una  disamina  delle 
ragioni  prò  e  contro  ed  un  tentativo  di  conclusione.  Rimando  quindi  il  be- 
nevolo lettore  alle  opere  del  Lermolieff  e  dei  signori  Crowe  e  Cavalcasene 
per  quei  maggiori  confronti  che  crederà.  Voglia  solo  avvertire  che  nella 
critica  d'  arte,  per  lo  più  ogni  nuova  indagine,  ogni  nuovo  studio  la  fa  pro- 
gredire e  reca  nuovi  materiali  per  conseguir  nuovi  e  più  seri  accertamenti. 


128  niBLIOGRAFIA. 


Inoltre  a  suo  giudicio  non  è  a  disconoscersi  anche  negli  altri 
punti  il  carattere  di  Leonardo  sotto  l' immediata  influenza  del 
Verrocchio.  Cosi  il  panneggiare  é  nella  disposizione  la  più  scelta 
e  piena  di  gusto,  il  getto  di  pieghe  grandiosamente  tenuto,  alta- 
mente pieno  di  grazia  e  di  studio  è  1'  eccellente  riproduzione  del 
panneggiare  che  trova  la  sua  analogia  nell'  angelo  leonardesco 
del  Battesimo  di  Cristo  ,  nei  celebri  studi  del  Vinci  degli  Uffizi  , 
del  Louvre,  ecc.,  che  appaiono  quali  studi  preparatori  pel  dipinto, 
ma  già  si  discernono  in  origine  nelle  opere  del  Verrocchio,  par- 
ticolarmente nei  dipinti.  Cosi  dicasi  per  le  figure  giovanili ,  per 
la  posa,  per  la  movenza. 

La  prateria  fiorita  davanti  al  palazzo  ,  nella  cui  ombra  Maria 
si  trasse  a  quieta  lettura,  é  nella  fedele  ed  amorosa  riproduzione 
della  natura,  nella  disposizione  piena  di  gusto  dei  fiori,  il  modello 
di  una  di  quelle  piantagioni  che  sbucano  dalle  aride  roccie  nella 
vierge  aux  rochcrs. 

Per  la  magica  lontananza  del  fondo  il  maestro  prese  ancora 
il  motivo  dai  dintorni  di  Firenze. 

La  valle  del  fiume  che  si  apre  largamente  al  mare  con  un 
porto  di  città  corrisponde  al  paese  del  Battesimo  di  Cristo  ed  a 
quello  della  Madonna  di  Francoforte. 

Un  piccolo  dipinto  di  identico  soggetto,  esistente  nella  Gallerln 
del  Louvre  al  N.  158  e  segnatovi  quale  di  Lorenzo  di  Credi,  ha 
la  più  sorprendente  analogia  con  questo  degli  Uffizi  e  potrebbe,  a 
parere  del  Bode,  essere  precisamente  un  pezzo  di  predella  di  picco! 
dipinto  di  mano  del  Vinci,  opinione,  che  formulata  dapprima  dal 
dottor  Bayersdorffer,  fu  di  recente  accolta  dal  Lermolieff  (188G). 

Lo  studio  per  la  testa  di  quest'  opera  si  ritrova  nella  raccolta 
degli  Uffizi  secondo  il  Bode,  benché  peraltro  gli  studiosi  vi  muo|| 
vano  qualche  eccezione.  Egli  trova  inoltre  che  il  getto  delli 
pieghe,  il  colorito  concordano  coW Annunciazione  di  Monte  Olivetl 
e  non  coi  dipinti  di  Lorenzo  di  Credi.  Nella  esecuzione  poi  abl 
bastanza  facile  e  spiccia  egli  troverebbe  un  lavoro  preparatori^ 
per  opera  più  grande. 


BIBLIOGRAFIA.  129 


Passa  successivamente  il  Bode  ad  esaminare  un  piccol  dipinto 
del  Magazzeno  degli  Uffìzi  ,  già  scelto  da  anni  per  le  pubbliche 
gallerie ,  il  quale  sta  cosi  vicino  sotto  ogni  rapporto  ai  due  di- 
pinti d'  annunciazione,  che  parimenti  esso  deve  ritornare  a  Leo- 
nardo ,  se  pur  anche  non  segna  un'  epoca  ancor  più  primitiva 
del  suo  sviluppo.  Il  piccolo  dipinto  reca  il  profilo  a  sinistra  d'un 
giovane  paludato,  con  una  ghirlanda  che  orna  la  sua  rossa  ca- 
pigliatura; dietro  si  svolge  un  paese  dirupato  collo  sfondo  del 
mare.  Il  profilo,  dice  1'  A.,  ha  interamente  il  tipo  del  Leonardo, 
proprio  come  si  trova  in  diversi  disegni,  particolarmente  a  Vindsor. 
Il  paesaggio  corrisponde  al  fondo  del  dipinto  dell'annunciazione  ; 
nelle  forme  delle  rupi  si  avvicina  di  già  al  paesaggio  della  Vlrge 
auT  rockers.  Il  colorito  vischioso  ed  il  tono  bruno-scuro  sono 
parimente  caratteristiche  proprietà  dell'opera  giovanile  leonardesca, 
come  pur  anche  lo  speciale  trattamento  della  capigliatura. 

Come  già  nell'  Annunciazione  degli  Uffizi  il  colorito  ,  special- 
mente il  tono  straordinariamente  chiaro  della  carnagione  tradisce 
r  imitazione  del  Verrocchio  ,  cosi  ciò  é  ancora  più  notevole  nel 
ritratto  di  una  giovane  ragazza  nella  Galleria  del  Principe  Lich- 
tenstein  a  Vienna  (N.  38),  dov'  esso  finora  è  rimasto  quasi  sco- 
nosciuto (1).  Waagen  ha  pel  primo  pronunciato  il  nome  di 
Leonardo  nei  suoi  «  monumenti  dell'  arte  a  Vienna  »  (p.  276)  ; 
purtroppo  però  lo  pronunciò  solo  come  una  congettura  e  colla 
restrizione  che  «  per  lo  meno  però  poteva  esser  attribuito  ad  uno 


(1)  Questa  parte  del  lavoro  dell'A.  mi  ha  fatto  provare  una  delle  maggiori 
soddisfazioni  che  uno  studioso  possa  ambire.  Trovandomi  nell'SS  in  Vienna  e 
visitando  la  Galleria  Lichtenstein,  sentii  vivissimo  interesse  parlo  appunto  nel 
1  ontemplare  cotesto  ritratto  dal  tono  latteo  e  nel  mio  intimo  sia  dalla  prima 
impressione,  sia  dall'  attento  esame,  si  formò  il  convincimento  che  mi  stava 
innanzi  un'  opera  di  Leonardo.  Mi  rammento  anzi  che  richiesi  il  vecchio 
custode  che  mi  accompagnava  del  perchè  non  si  facesse  questa  restituzione, 
al  che  con  certo  fare  incredulo  egli  mi  rispose  «  difatti  vi  son  degli  studiosi 
che  voglion  che  questo  dipinto  sia  del  Leonardo,  ma....  » 

Arch.  Stor.  Lomh.  —  Anno  XV.  9 


130  bibliografìa. 


dei  migliori  allievi  di  Leonardo,  forse  al  Boltraffio.  »  II  nuovo 
catalogo  del  Falke  di  questa  Galleria  già  di  nuovo  s'  allontana 
dalla  giusta  attribuzione  là  ove  ritiene  di  migliorar  il  battesimo 
del  Vaagen  coli' avvertenza  «  forse  più  giustamente  Gianautonio 
Bazzi.  »  Entrambi  i  nomi  di  Boltraffio  e  Sodoma  non  possono  ad 
ogni  modo  esser  proprio  presi  in  considerazione  dopo  un  esame 
anche  puramente  esterno;  il  costume  è  cioè  fiorentino,  come  lo 
si  portava  verso  il  1480.  Uno  sguardo  agli  affreschi  del  Ghir- 
landaio, basta  per  convincersene.  Si  confronti  all'  incontro  questo 
dipinto  col  ritratto  del  Verrocchio  di  giovane  donna  del  Musco 
di  Berlino  (1)  ,  come  pure  col  busto  nel  Bargello  e  con  quello 
di  Dreyfuss ,  ne  risulterà  cosi  evidente  la  parentela ,  che  quasi  , 
dice  r  A.  ,  non  mi  rimane  più  che  da  provare  perchè  io  ,  non 
ascriva  il  dipinto  di  cui  ora  discorro  al  Verrocchio,  ma  lo  dia 
invece  al  suo  scolaro  Leonardo. 

E  qui  il  Bode  si  ferma  a  dimostrare  come  1'  analogia  leonar- 
desca non  consista  soltanto  nei  caratteri  esterni  del  costume  e 
dell'  acconciatura,  ma  bensì  nel  complesso,  nelle  forme,  nel  modo 
con  cui  la  testa  posa  sul  collo  ben  costrutto ,  nel  modo  di  tener 
la  testa,  nella  forma  del  viso  alquanto  molle,  negli  occhi  a  man- 
dorla e  semi-aperti  con  grandi  palpebre,  nella  bocca  strettamente 
chiusa ,  neir  espressione  dello  sguardo.  Del  pari  è  pur  anche  la 
chiarezza  della  carnagione  in  questo  ritratto  femminile,  dal  viso 
bianco-latteo ,  e  la  maniera  con  cui  persino  le  ombreggiature  vi 
son  tenute  chiare ,  è  tuttociò  che  forma  un  segno  caratteristico 
pei  dipinti  del  Verrocchio.  Ma  in  verità  concorda  ancor  più  in 
tutti  cotesti  punti  colla  più  volte  citata  Annunciazione  del  Leo- 
nardo; e,  come  là.  qui  pure  traspare  il  genio  del  grande  scolaro 
mercé  la  grandiosità  del  complesso ,  la  libertà  e  maestria  della 
pratica  pittorica  nella  nuova  tecnica  ed  il  talento  nel  disegnar  la 
figura  di  color  eburneo  davanti  al  fantastico  cespuglio  verde- 
scuro, che  lascia  penetrar  lo  sguardo  sopra  un  limpido  e  lucente 
laghetto  in  un  paese  coltivato  a  giardino. 

(1)  Cioè  il  ritratto  recante  riscrizione.,,  piansi  giù  quello  ch'io  volli....  e 
sul  quale  nelle  precedenti  pagine  richiamai  1'  attenzione  del  lettore. 


DIBLIOGRAFIA.  -     131 

Si  sofferma  quindi  V  A.  ad  esaminare  se  la  giovane  donna 
ritratta  in  cotesto  dipinto  della  Galleria  Lichtenstein  non  sia  la 
Ginevra  do'  Benci  della  quale,  appunto  secondo  il  Vasari ,  Leo- 
nardo fece  il  ritratto.  Conchiude  infine  come  in  questo  meravi- 
glioso, facile  studio  dal  vero,  ove  si  collega  pure  1'  attrattiva  del 
genio  consapevole  del  suo  futuro  sviluppo,  in  quest'opera  adunque 
siano  superate  quasi  trastullandosi  le  durezze  ,  che  quali  traccie 
di  faticoso  conato  traspaiono  ancora  nella  maggior  parte  delle 
opere  del  maestro  di  Leonardo  (1). 

Ripigliando  poi  ancora  1'  argomento  il  Bode  avverte  una  cir- 
costanza assai  notevole,  che  cioè  questo  dipinto  relativamente  alla 
tecnica  ha  caratteristiche  diverse  da  quelle  dei  posteriori  dipinti 
più  noti  del  Leonardo,  i  quali  recano  ombreggiature  nerastre.  Qui 
all'incontro  è  straordinaria  la  chiarezza  della  carnagione  dalla 
tinta  eburnea,  persino  nelle  ombreggiature ,  il  color  ad  olio  è  di 
una  vischiosa  consistenza  ed  il  verde  del  paese  è  profondo  ed  é 
annerito  fortemente  col  tempo. 

E  siccome  poi  il  Leonardo  lasciò  un  cosi  gran  numero  di 
molteplici  disegni,  nei  quali  non  solo  puossi  rintracciare  le  opere 
lasciate  incomplete  e  quelle  scomparse,  ma  puossi  anche  assor- 
gere allo  studio  dello  sviluppo  giovanile  del  maestro,  non  manca 
il  Bode  di  soffermarsi  intorno  ad  alcuni  disegni  che  ci  mostrano 
il  Leonardo  ancor  in  stretta  correlazione  col  suo  maestro  Verroc- 
chio  ed  accennano  alla  origine  verrocchiana  del  tipo  di  bellezza 
femminile,  che,  sviluppato  dal  Leonardo  da  questi  prese  il  quali- 
ficativo. Del  pari  provano  i  disegni  giovanili  del  Leonardo  come 
egli  abbia  pur  studiato  ripetutamente  il  tipo  del  Colleoni  giun- 
gendo persino  a  farlo  proprio  e  cosi  pure  come  pel  suo  studio 
del  monumento  allo  Sforza  non   solo    abbia    utilizzato  il  modello 


(1)  11  che  del  resto  non  fa  impallidire  il  valore  del  Verrocchio,  ovvio  es- 
sendo che  del  suo  accumulato  conato  trasse  profitto  il  suo  grande  allievo,  il 
quale  non  ebbe  più  a  rifare  la  dura  strada  del  perfezionamento  dell'  arte 
pittorica  dal  punto  in  cui  1'  aveva  trovata  il  Verrocchio  a  quello  in  cui  il 
medesimo  1'  aveva  portata. 


132  BIBLIOGRAFIA. 


del  SUO  maestro  pel  Colleoni,  ma  abbia  persino  copiato  quelle  pic- 
cole figure  equestri  che  ancor  si  conservano  nel  libro  degli 
schizzi  attribuito  al  Verrocchio. 


Dopo  di  aver  ancor  accennato  alla  traccia  dell'  influenza  del 
Verrocchio  sul  grande  suo  scolaro  nelle  figure  di  puttini  (nella 
Vierge  aux  rochers  ed  in  parecchi  disegni) ,  sugli  angeli  ,  sugli 
studi  dal  vero,  sui  paesaggi,  il  Bode  dedica  un  paziente  studio 
critico  intorno  ad  una  tavola  che  in  questi  anni  addietro  fu  già 
oggetto  di  discussioni  nei  periodici  artistici  tedeschi. 

Trattasi  di  una  tavola  d'altare  in  legno  di  pioppo  italiano  alta 
m.  2.32  e  larga  m.  1,83  ,  stata  acquistata  dal  Museo  berlinese 
nel  1821,  catalogata  dal  Waagen  nel  1830  quale  opra  della  scuola 
milanese  sotto  l'influenza  di  Leonardo  da  Vinci  e  relegata  nel  1843 
in  un  corridoio.  Ivi  rimase  nascosta  dai  quadri  ,  che  le  venner 
successivamente  addossati  ;  fino  a  che  ,  anni  sono,  il  magazzeno 
o  corridoio  fu  vuotato  ed  il  dipinto,  riapparso  alla  luce,  diventò 
nuovo  argomento  d'  esame,  a  tal  segno  che  nel  1884  fece  ritorno 
nelle  sale  del  Museo  berlinese. 

Rappresenta  questo  dipinto  la  Risurrezione.  Il  Salvatore  glorioso 
ascende  al  cielo  e,  genujiessi  ai  due  lati,  stanno  in  ammirazione 
San  Leonardo  e  Santa  Lucia.  Il  fondo  è  costituito  da  un  pae- 
saggio di  rupi  ,  che  nella  parte  sinistra  si  svolge  in  una  valle 
bagnata  da  un  tortuoso  e  lucente  fiume  ,  sulle  cui  sponde  sorge 
una  città. 

Il  Bode  narra  che  egli  ebbe  sin  dalla  prima  impressione  l'in- 
tuizione che  cotesta  fosse  opera  del  Vinci ,  impressione  che  gli 
si  tramutò  poi  in  convinzione  allorquando  alcuni  documenti  antichi 
vennero  a  convalidare  i  risultati  di  pazienti  e  lunghe  considera- 
zioni stilistiche. 

Dirò  sinceramente  che,  a  parer  mio,  sulle  opere  le  quali  appar- 
terrebbero a  certi  autori  che  una  regione  ha  quasi  fatti  suoi  ed 
i  studiosi    della    quale    diuturnamente   discutono  ,    è    concesso    a 


BIBLIOGRAFIA.  133 


questi  studiosi  più  libera  discussione,  anzi  è  concessa  tanto  più  se 
l'esame  si  limita  allo  scopo  di  conchiudere  se  cotali  opere  siano  o 
non  suscettibili  di  appartenere  alla  maniera  di  quegli  autori. 

Mentre  quindi  nella  discrepanza  delle  autorità  della  critica  in- 
torno ad  alcune  opere  che  il  Bode  ascriverebbe  all'  attività  gio- 
vanile di  Leonardo,  mi  limitai  a  semplici  considerazioni,  pur  ri- 
conoscendo la  dottrina  e  verosimiglianza  delle  ragioni  date  dal 
Bode,  in  questa  discussione  sulla  tavola  della  Risurrezione  mi 
faccio  ardito  ad  esporre  il  mio  avviso  se  1'  opera  possa  o  non 
attribuirsi,  ascriversi,  al  ciclo  delle  creazioni  dell'  attività  milanese 
di  Leonardo. 

Importa  anzitutto  eh'  io  ricordi  in  succinto  su  quali  considerazioni 
stilistiche  e  su  quali  documenti  il  Bode  si  appoggi. 

Cita  il  Bode  parecchi  disegni  ed  opere  che  posson  giovare  al 
confronto  per  la  figura  del  Salvatore  ,  tra  altri  uno  studio  o  di- 
segno annunciatogli  da  L  C.  Robinson  ed  esistente  nella  raccolta 
Malcolm.  Cita  pure  altri  confronti  pel  San  Leonardo  e  segnata- 
mente un  disegno  a  matita  rossa  nella  raccolta  del  Louvre.  Così 
ancora  per  la  Santa  Lucia,  nella  quale  egli  trova  un  sapore  tutto 
Leonardesco  che  ricorda  la  Gioconda  e  Sant'  Anna.  Quanto  al 
complesso  poi  dell'  opera  egli  avverte  il  carattere  prettamente 
leonardesco  del  panneggiare  e  l' indipendenza  della  composizione, 
r  assenza  dei  guardiani  del  sepolcro  e  la  forma  triangolare  della 
composizione,  dipoi  adottata  da  Raffaello. 

A  proposito  dei  confronti  dei  disegni  va  notata  1'  avvertenza 
dell'  A.  intorno  al  carattere  di  autenticità  dei  disegni  del  Vinci  e 
la  sua  conclusione  che  il  sommo  pittore  faceva  i  suoi  studi  e  schizzi 
spediti  tanto  colla  destra  che  colla  sinistra  o  meglio  disegnava 
colla  sinistra  quasi  tutte  le  teste  o  figure  rivolte  a  destra  e  colla 
mano  destra  quelle  rivolte  a  sinistra. 

La  seconda  parte  delle  ragioni  stilistiche  sviluppata  dal  Bode 
concerne  la  tecnica  o  fattura  che,  ben  a  ragione,  egli  avverte  il 
più  sicuro  segno  di  riconoscimento  della  originalità  di  un  dipinto. 
E  siccome  il  Bode  tratta  questa  parte  con  argomenti  prettamente 
personali,  stimo  necessario  tradurre  materialmente  il  passo  : 


134  BIBLIOGRAFIA. 


«  Lo  stato  incompiuto  della  maggior  parte  delle  opere  di  Leo- 
«  nardo,  delle  sue  varie  età ,  ci  permette  di  penetrar  cosi  com- 
«  pletamente  nella  sua  tecnica,  pittorica  come  ben  poco  ci  é  con- 
«  cesso  per  la  trattazione  di  altri  artisti:  noi  seguiamo  i  suoi  di- 
«  pinti  dalla  semplice  preparazione  (sottostrato)  brunastra  ,  come 
«  nel  S.  Gerolamo  e  nell'  adorazione  dei  Magi,  alla  sotto  dipintura 
«con  colori  locali,  come  nel  ritratto  d'uomo  della  Ambrosiana 
«  e  nella  Madonna  della  Grotta  di  Londra  e  finalmente  al  com- 
«  pimento  della  Mona  Lisa ,  che  1'  artista ,  non  mai  contento  di 
«  sé  ,  mai  volle  dar  per  terminata  ,  benché  ci  sembri ,  almeno 
«  nelle  sue  parti  principali,  già  più  che  terminata.  È  caratteristica 
«  nelle  opere  compiute  di  Leonardo  una  fluidezza  dei  colori  al- 
«  quanto  vischiosa  (eccezion  fatta  dei  primieri  dipinti  che  hanno 
«  una  applicazione  del  colore  più  asciutta  e  pastosa)  ,  i  quali 
«  colori  sono  striati  da  una  rete  di  numerose ,  fine  e  regolari 
«screpolature,  che  lascian  apparire  i  colori  press' a  poco  come 
«  il  eracquelé  della  porcellana  chinesc.  Siccome  ciò  nonostante  la 
«  applicazione  del  colore  é  proporzionatamente  sottile,  cosi  queste 
«  screpolature  si  sono  evidentemente  formate  per  mezzo  di  una 
«vernice  di  tono  caldo,  colla  quale  l'artista  passò  sopra  i  freddi 
«  colori,  prima  che  questi  fosser  del  tutto  asciutti.  Si  trova  spe- 
«  cialmente  questo  genere  di  eracquelé  nella  carnagione ,  dove 
«  esso  però  non  turba  in  alcun  modo,  accresce  molto  più  l'effetto 
«  della  realtà  ad  una  certa  distanza  mentre  lascia  apparire  la  pelle 
«  come  porosa  e  solcata.  Tutto  questo  appare  precisamente,  come 
«  l'osserviamo  nei  ritratti  della  Crivelli  e  di  Mona  Lisa ,  anche 
«  nella  nostra  risurrezione.  E  nella  stessa  guisa  che,  in  quelli  e 
«  nella  maggior  parte  delle  già  accertate  opere  di  Leonardo , 
«  r  effetto  di  alcuni  colori  nelle  ombreggiature  coli'  annerirsi  loro 
«  ne  risultò  alterato  ed  intorbidito  ,  così  accade  pure  in  questa 
«  tavola  specialmente  nel  manto  di  SM  Lucia.  Anche  la  propria 
«  alterazione  del  colorito  della  carnagione  in  un  rosso-violaceo , 
«  che  in  parte  già  appare  nella  Mona  Lisa  ma  ancor  più  nel 
«  cosi  detto  Bacco  del  Louvre  in  forza  del  crescere  del  violetto- 
«  ferro ,  appare  nella  risurrezione  del  San  Leonardo  e  maggior- 


BIBLIOGRAFIA.  135 


«  mente  ancora,  proprio  perturbante,  nelle  parti  della  carnagione 
«  della  Santa  Lucia.  Dove  la  superficie  del  dipinto  é  ancora  in- 

<  tatta,  il  colore  ha  pure  il  bel  effetto  smaltato  proprio   di  Leo- 

<  nardo,  specialmente  nella  testa  e  nel  panneggiamento  di  Cristo, 
«  e  poi  anche  in  parte  nelle  vesti  dei  due  santi.  » 

Il  documento  letterario  infine  che  convalidò  pel  Bode  la  sua 
convinzione,  sarebbe  la  citazione  fatta  dal  Torre  di  questo  dipinto 
nel  suo  ritratto  dì  Milano  donde  risulta  che  nel  17°  secolo  si 
trovava  nella  chiesa  di  Santa  Liberata  nelle  vicinanze  del  castello 
di  Milano. 

Ora,  alla  mia  volta,  mi  arrischierò  ad  alcune  obbiezioni  e  con- 
siderazioni. 

Anzitutto  ho  trovato  che  VA.  si  era  data  poca  briga  in  questa 
sua  ripetizione  di  dissertazione ,  ripetizione  che  porta  la  data 
del  1887,  delle  molte  obbiezioni  mossegli  dalla  critica  artistica  (1). 
Una  confutazione  delle  principali  opinioni  contrarie  avrebbe  assai 
giovato  non  solo  all'  argomento  in  questione  ma  pur  anche  alle 
discussioni  di  principio. 

Mi  permetterò  inoltre  di  avvertire  che  : 

È  assai  discussa  la  genuinità  Vinciana  dei  disegni  presi  a 
prova  del  suo  asserto  e  sovra  tutto  del  disegno  della  raccolta 
Malcolm,  del  resto,  ammesso  pure  che  i  disegni  sian  del  Leonardo, 
ciò  non  basta  a  stabilire  ed  accertare  che  il  dipinto  sia  davvero 
del  Leonardo.  Quante  opere  non  abbiam  noi  della  scuola  leonar- 
desca che  trovan  la  loro  prima  origine  in  disegni  od  in  dipmti 
esistenti  o  scomparsi  del  grande  maestro  !  Con  questo  ragiona- 
mento si  dichiarerebbero  del  Vinci  tutte  le  ripetizioni  di  scuola. 
Air  incontro ,  di  recente  ,  il  dottor    Frizzoni    (2)  rendendo    conto 

(1)  Per  tacere  delle  crìtiche  deìV  Atheneum  e  dell'Art  ricorderò  che  di 
questa  tavola  si  occuparono  : 

Il  Kunstfreund.  —  Anno  l**,  N.  5,  art.  del  Sbidlitz  con  lettera  del  pro- 
fessore Lance.  La  Kunstchronik  nella  sua  20*  annata  nei  numeri  11,  15, 
25,  44  e  45,  art.  di  Rosbnbbrg,  Heyden  e  Richtbr. 

(2)  Nella  Kunstchronik,  23"  anno,  N.  1. 


136  BIBLIOGRAFIA. 


delle  novità  della  Galleria  Nazionale  di  Londra,  richiamava  l'at- 
tenzione sulla  tavola  la  Vierge  aux  rochers,  identica  a  quella  del 
Louvre  è  vero,  ma  probabilmente  di  artista  lombardo  della  scuola 
del  Vinci. 

Di  tanti  disegni  certi  del  Vinci  non  se  ne  conosce  poi  alcuno 
che  risponda  alla  tesi  della  duplice  maniera  di  tratteggiare  a 
destra  o  sinistra  a  seconda  del  lato  cui  son  rivolte  le  figure.  Tutti 
quelli  che  ho  esaminato  testé  e  in  originale  e  in  fotografia  son 
trattati  in  una  maniera  sola,  in  quella  sinora  conosciuta.  Sarebbe 
quindi  bene  che  l'A.ne  facesse  un  elenco  distinto  ad  appoggio 
della  sua  nuova  teoria. 

Relativamente  poi  alle  ragioni  stilistiche,  nelle  quali  il  chiaris- 
simo Bode,  dimostra  tanta  intuizione  nella  parte  relativa  alle 
opere  del  Verrocchio  ed  alle  giovanili  del  Vinci ,  confesso  che 
provo  una  vera  titubanza  nella  parte  relativa  alla  tavola  della 
Risurrezione  del  Museo  di  Berlino  (1). 

Ne  volli  dar  la  traduzione  appunto  perché  dubitai  di  me  stesso, 
della  sincerità  o  chiarezza  del  mio  modo  di  sentire  e  pensare. 

Provai  davvero  meraviglia  nel  leggere  tutta  una  nuova  teoria 
sul  sistema  o  procedimento  tecnico  del  Leonardo,  il  quale  avrebbe 
eseguito  i  suoi  dipinti  in  guisa  da  ottener  quelle  screpolature  cha 

(1)  Aggiungo  ancora,  in  fatto  di  osservazioni  stilistiche,  che  mentre  il  Bode 
mantiene  al  Leonardo  il  ritratto  d'  uomo  dell'  Ambrosiana  e  lo  dà  come 
specimen  dei  suoi  lavori  preparati  a  sotto  dipintura ,  con  colori  locali ,  qui 
in  Lombardia  non  v'  ha  più  studioso  che  persista  nella  attribuzione  al  Vinci. 
Da  anni  si  convenne  che  il  dipinto  non  è  e  non  può  essere  e  non  è  degno 
del  Leonardo  ,  per  quanto  opera  pregevole ,  ma  di  carattere  e  fattura  ben 
diversa. 

Anche  in  un  altro  passo  più  innanzi  il  Bode  aveva  rammentato  quale  opra 
del  Vinci  il  ritratto  di  Beatrice  Sforza  dell'  Ambrosiana,  ritratto  che  è  invece 
di  Bianca  Maria  Sforza  e  fu  eseguito  dal  De  Predis  e  ad  ogni  modo  non 
potè  mai  essere  del  Vinci  e  per  la  maniera  e  pel  carattere,  tagliato  qual'  ù 
seccamente  colle  forbici  ed  applicato  sul  fondo ,  mentre  non  esiste  né  una 
tavola,  nò  un  disegno  di  Leonardo  che  provi  abbia  egli  mai  ideato  una  figura 
non  ammorbidita,  non  fusa  nell'  ambiente,  nel  fondo,  una  figura  secca  anziché 
raddolcita  nei  contorni. 


I 


BIBLIOGRAFIA.  137 

f^inora  apparvero  e  nelle  opere  Vinciaiic  e  in  luiie  le  opere  amiche 
(sempre  con  caratteri  distinti  s' intende)  quale  semplice  effetto 
del  tempo. 

Sarà  vero ,  positivo ,  1'  asserto  del  Bode  ;  ma  mi  sia  concesso 
rimanerne  assai  impressionato. 

Che  il  chiaro  Autore  avesse  sostenuto  che  le  screpolature  nei 
dipinti  del  Vinci  si  verificano  diversamente  che  non  nelle  opere 
degli  altri  artisti,  che  perciò  identiche  screpolature  provino  identico 
pittore,  niente  di  nuovo.  Su  ciò  mi  basai  io  pure  mesi  sono  per 
la  restituzione  di  un  dipinto  a  Bernardino  Luini.  Ma  la  teoria  di 
screpolature  ottenute  dall'  artista  stesso  sarà,  per  quanto  positiva, 
di  assai  difficile  accoglimento. 

Ora  possono  le  ragioni  stilistiche  messe  in  campo  dall'A.  con- 
fermare r  origine  Vinciana  della  tavola  della  Risurrezione  ? 

Le  screpolature  che  egli  osserva ,  siano  effetto  originario  od 
elìetto  deir  alterazione  del  dipinto  ,  non  presentano ,  nelle  poche 
parti  non  ritoccate  (1) ,  stretta  concordanza  colle  screpolature 
delle  più  certe  opere  del  Vinci,  ad  es.,  del  ritratto  della  Gioconda. 
L'  alterazione  delle  tinte  della  carnagione  in  un  rosso-violaceo 
non  è  propria  ed  esclusiva  delle  tinte  del  Vinci.  Quante  opere  di 
scolari  leonardeschi  non  presentano  quest'  analogia?  L'Ambrosiana 
e  la  Pinacoteca  Braidense  sarebbero  in  tal  caso  ricche  di  pa- 
recchi originali  del  Vinci! 

Se  la  figura  poi  del  San  Leonardo  presenta  carattere  grandioso, 
quella  di  Santa  Lucia  nell'  ampia  Silhouette  tradisce  più  influenza 
veneziana  della  maniera  del  Palma  che  non  influenza  leonardesca. 

Confesso  poi  che  a  stento  mi  persuado  come  avrebbe  mai  il 
Vinci  potuto  tracciare  le  due  mani  di  questa  Santa  cosi  strana- 
mente disegnate  nel  loro  incrociarsi ,  al  punto  di  formare  lo 
sgraziato  contorno  di  due  ale  appiccicate  V  una  all'  altra. 

Chi  osservi  inoltre  la  figura  del  Cristo  dalla  testa  cosi  larga  e 
banale  ,  la  intera  corporatura  tozza  e  sgraziata ,  di  leonardesco' 
non  troverà   che  il  modo  di  gettare  il  panneggiamento. 

(l)  La  testa  del  Redentore,  specialmente,  e  nella  figura  di  San  Leonardo. 


138  BIBLIOGRAFIA. 


Il  fondo  di  paese  inoltre  ,  come  fu  giustamente  osservato  dai 
critici,  presenta  una  miscela  delle  forme  basaltiche  e  dolomitiche, 
che  Leonardo  trattò  bensì  ma  sempre  distintamente;  e  la  maniera 
poi  colla  quale  è  eseguito  il  sarcofago  ,  e  son  trattati  i  fiorellini 
che  risaltano  sul  sarcofago  e  sul  lago  ,  rammenta  ben  più  una 
preoccupazione  fiamminga  che  non  il  fare  leonardesco. 

Queste  mie  osservazioni  mi  feci  ardito  di  esporre  perché,  mentre 
il  eh.  Bode  a  prima  impressione  del  dipinto  fu  persuaso  di  aver 
innanzi  un'  opera  del  Vinci,  a  me  principiante  a  prima  impressione 
della  fotografia  si  formò  l'  intuizione  di  un'  opera  incerta,  magari 
lombarda  ma  non  del  Vinci. 

Il  eh.  Autore  con  idea  preconcetta  cercò,  studiò  ogni  elemento 
probante,  confermante  la  sua  intuizione. 

Dal  canto  mio  lessi  quanto  fu  scritto  prò  e  contro,  mi  rituffai 
nello  studio  delle  opere  e  dei  disegni  leonardeschi  e  per  quanto 
io  abbia  fatto  per  riavvicinarmi  all'  opinione  di  quell'  autorità 
critica  non  ci  sono  riescilo. 

Probabilmente  il  mio  studio  rappresenta  una  forza,  una  traiet- 
toria esagerata  ed  è  opposta  e  divergente  da  quella  del  eh.  Bode. 
Altri  adunque  cerchi  la  risultante  di  queste  due  forze  e  forse 
troverà  la  verità.  Ad  ogni  modo  avverto  che  mentre  il  Bode 
neir  importante  studio  di  restituzione  di  opere  del  Verrocchio  e 
di  opere  giovanili  del  Vinci  dimostrò  esser  rimasto  nell'ambiente, 
nello  studio  della  tavola  della  risurrezione  si  mantenne  lontano , 
nella  brumosa  Berlino.  Porti  il  quadro  nel  suo  ambiente,  a  Pa- 
rigi ed  a  Milano  tra  le  opere  certe  del  Vinci  e  poi.... 

Giulio  Carotti. 


niBMOGKAFIA.  139 


(iuida  del  Famedio  nel  Cimitero  Monumentale  di  Milano.  — 
Edizione  riveduta.  —  Milano,  G.  Galli,  Libraio-Editore,  1888. 
—  Un  volume  di  pag.  216,  con  fotografia  e  pianta  del 
Famedio. 

A  chi  ama  gli  studi  di  storia  patria  e  ne  segue  con  vivo  in- 
teresse le  pubblicazioni ,  che  più  o  meno  direttamente  vi  si  rife- 
riscono, deve  senza  dubbio  tornar  gradita  questa  Guida  del 
Famedio,  che  per  cura  del  Municipio  venne  or  ora  pubblicata 
in  una  nuova  edizione,  elegantemente  illustrata.  Fin  da  quando 
si  iniziarono  i  primi  studi  per  designare  i  nomi  dei  cittadini 
degni  delle  onoranze  del  Famedio,  la  Commissione  eletta  a  tal 
uopo  'dal  Municipio  deliberava  di  raccogliere  in  un  volume  brevi 
cenni  biografici  intorno  agli  illustri  Milanesi ,  o  ne  affidava 
l'incarico  al  suo  Relatore,  Conte  Emilio  Belgioioso.  Tale  fu 
r  origine  del  volume,  di  cui  vogliamo  brevemente  occuparci. 

Sebbene  codesto  fosse  un  lavoro  di  compilazione,  e  più  che 
agli  eruditi  dovesse  servire  alla  maggioranza  dei  cittadini,  non 
era  però  senza  difficoltà^  come  forse  potea  sembrare  ad  alcuno; 
e  la  difficoltà  stava  appunto  nel  raccogliere  con  sapiente  parsi- 
monia le  notizie  biografiche ,  ed  esporle  con  forma  semplice  e 
popolare,  ma  non  senza  eleganza.  Il  Belgioioso  ha  saputo  de- 
gnamente corrispondere  all'  importanza  dell'  argomento  ed  alla 
fiducia  dei  Colleghi, 

Alle  notizie  biografiche  il  Conte  Belgioioso  ha  saviamente 
pensato  di  premettere  alcune  pagine,  in  cui  narra  brevemente, 
quando  sorgesse  il  primo  pensiero  di  elevare  un  Panteon  o 
Famedio  milanese,  e  come  dopo  non  poche  vicende  il  progetto 
avesse  il  suo  pieno  compimento.  Il  primo  disegno  di  un  Panteon 
risale  al  1809,  quando  il  Viceré  d'Italia,  Eugenio  Beauharnais, 
pubblicava  dal  quartier  generale  presso  Comorn  (22  giugno)  il 
('Decreto  :  che  la  sepoltura  dei  cittadini  segnalati  alla  patria 
tnelV  esercizio  delle  prime  dignità  e  magistrature ,  nelle  cariche 
civili  o  nel  coltivare  le  scienze    e    le    arti    dovesse  trovar  luogo 


140  BIBLIOGRAFIA. 


nella  Chiesa  del  Foppone,  convertita  in  Panteon  italiano.  Le 
prime  onoranze  furono  decretate  al  valoroso  generale  Pietro 
Teulié.  Caduto  il  Regno  d'Italia,  cadde  in  oblio  anche  il  De- 
creto Vicereale,  né  più  si  pensò  ad  un  Panteon  cittadino ,  finché 
nel  1869,  proseguendosi  i  lavori  del  Cimitero  Monumentale, 
parve  al  Municipio,  che  fosse  ormai  venuto  il  tempo  per  effet- 
tuare un  disegno  da  tanto  tempo  vagheggiato.  Tre  Commissioni 
furono  nominate  dal  1869  al  1886  dal  Municipio,  dapprima  per 
determinare  il  luogo  del  Famedio  e  le  norme  fondamentali  per 
la  sua  costruzione,  e  quindi  per  designare  i  nomi  degli  illustri 
uomini,  che  vi  avessero  onoranza  di  iscrizioni  o  di  monumenti. 
Dopo  molti  studi  e  discussioni  veniva  dal  Consiglio  Comunale 
approvato  il  Regolamento  in  10  articoli ,  che  la  Commissione 
aveva  elaborato.  Le  proposte  della  Commissione  sono  informate 
a  savi  principi  e  rivelano  uno  studio  amoroso  ed  imparziale 
delle  patrie  vicende.  La  distinzione  delle  onoranze  fra  i  cittadini 
illustri  e  benemeriti,  come  fra  i  cittadini  e  gli  ospiti,  e  la  divi- 
sione delle  pareti  del  Famedio  in  tre  zone ,  che  rispondono  a 
tre  grandi  periodi  nella  storia  del  Comune ,  il  primo  dalle  sue 
-origini  fino  alla  metà  del  secolo  XVIII,  il  secondo  dal  1750 
al  1850,  e  l'ultimo  dalla  metà  di  questo  secolo  in  poi,  è  assai 
opportuna  e  risponde  egregiamente  allo  scopo  che  si  volea 
raggiungere.  Anche  per  la  scelta  dei  nomi  e  per  la  loro  clas- 
sificazione in  diversi  gruppi,  la  Commissione  va  lodata  assai 
per  aver  saputo  fare  un'  equa  parte  a  tutti  gli  elementi ,  apprez- 
zando con  sapiente  criterio  le  opere  dell'  ingegno  e  le  virtù 
dell'animo,  i  servizi  resi  all'intera  nazione,  o  in  più  modesta 
sfera  alla  città  natale. 

Se  non  che  da  una  parte  1'  angustia  dello  spazio  disponibile 
e  dall'  altra  il  desiderio  di  riunire  in  gruppi  e  con  certa  sim- 
metria i  nomi  dei  cittadini  e  degli  ospiti ,  rendeva  più  difficile 
il  lavoro;  mentre  poi  la  diversità  dei  criteri,  con  cui  si  possono 
estimare  i  meriti  degli  uomini,  potea  condurre  ad  esclusioni  od 
ammissioni,  che  forse  ad  alcuni  non  paiono  giuste.  Sulla  scelta 
dei  nomi  più  illustri  non  potea  cader    dubbio  ;    ma    piuttosto  in- 


BIBLIOGRAFIA.  141 

torno  alla  celebrità  di  secondo  ordine,  di  cui  soltanto  una  parte 
potea  trovar  posto  nel  Famedio.  Cosi ,  per  citare  qualche  esempio, 
parmi  che  fra  i  cittadini ,  se  non  ilhistri ,  almeno  benemeriti ,  si 
dovesse  inscrivere  il  nome  del  Padre  Ermenegildo  Pino,  che 
coltivò  ad  un  tempo  la  filosofia,  la  fisica  e  la  mineralogia, 
fondò  la  prima  cattedra  di  idraulica  e  di  idrostatica  in  Lom- 
bardia, e  istituì  nel  1813  il  più  ricco  museo  di  storia  naturale 
che  allor  fosse  in  Milano  ;  è  il  nome  del  valoroso  Giambattista 
Martelli,  che  per  le  poetiche  versioni  della  Vergine  una  di 
Spencer,  del  poema  Roderigo  di  Southey  e  delle  Odi  di  Collins 
merita  di  essere  collocato  fra  i  più  eleganti  verseggiatori  del 
secolo  XIX.  E  fra  i  nomi  dei  64  ospiti,  che  nati  fuor  di  Mi- 
lano ,  per  opere  in  questa  compiute  vi  ,  acquistarono  fama  e 
benemerenza  (Art.  S*'),  e  che,  come  già  i  profughi  greci  in 
Italia,  ricambiarono  1'  ospitalità  colla  scienza,  non  dovea  scor- 
darsi il  Petrarca ,  che  ,  ospite  festeggiato  dai  Visconti ,  illustrò 
cogli  scritti  e  colle  opere  la  città  nostra  ;  e  quell'  Angelo  Mai, 
che  alla  Biblioteca  Ambrosiana  accrebbe  rinomanza  colle  sue 
immortali  scoperte.  Ospiti  più  illustri  del  Petrarca  e  del  Mai  non 
so  davvero ,  se  possano  con  più  degna  compiacenza  vantare 
altre  città  di  Lombardia.  Codestejpmissioni  non  tolgono  però,  che 
il  lavoro  della  Commissione  Mila;nese  sia  degno  di  molta  lode, 
e  meriti  di  essere  studiato  dagli  altri  Municipi  italiani. 

Né  minor  lode  vuoisi  dare  al  Conte  Belgioioso,  il  quale  rac- 
colse con  molto  amore  le  notizie  biografiche  degli  illustri  Mila- 
nesi e  le  espose  con  brevità  efficace  e  con  semplice  eleganza 
di  stile.  Nel  compiere  questo  lavoro,  che  dovea  servir  di  guida 
ai  visitatori  del  Famedio,  ciò  che  veramente  importava  si  era 
di  mettere  in  luce  i  titoli  speciali  di  benemerenza,  che  valsero 
gli  onori  del  Famedio,  e  di  esporre  con  qualche  larghezza  la 
biografia  di  quegli  uomini,  che  per  l'indole  degli  studi  e  per 
le  opere  loro  son  più  noti  alla  schiera  degli  eruditi,  che  alla 
maggioranza  dei  cittadini.  Degli  uomini  altamente  famosi,  come 
s.  Ambrogio,  i  due  Borromei,  il  Beccaria,  il  Parini,  il  Man- 
zoni e  molli  altri,    bastavano    pochi   cenni.  Questi  criteri  guida- 


142  BIBLIOGRAFIA. 


rono  appunto  il  Belgioioso  noi  dottare  le  sue  biografie,  le  quali 
tanto  più  si  allargano,  quanto  più  si  tratta  di  uomini  non  molto 
popolari,  ma  pur  benemeriti  della  nostra  città,  forse  più  di 
molt' altri,  il  cui  nome  suona  glorioso  da  un  capo  all'altro 
della  penisola.  Con  savio  pensiero  aggiunse  ad  ogni  biografia  un 
cenno  delle  fonti  storiche,  antiche  e  moderne,  a  cui  può  ricor- 
rere chi  voglia  procacciarsi  più  ampie  notizie  od  appurare  la 
verità  delle  cose.  Una  bella  pianta  dell'  edificio  nelle  sue  linee 
perimetriche,  ove  si  può  facilmente  rilevare  nei  colori  la  distin- 
zione delle  tre  zone,  superiore,  mediana  ed  inferiore,  rende  più 
agevole  agli  studiosi  la  ricerca  dei  nomi  illustrati. 

Codeste  brevi  biografie  son  218,  quanti  sono  appunto  i  nomi 
degli  uomini  illustri ,  che  nel  civico  Famedio  son  ricordati  o  con 
semplici  iscrizioni  o  con  medaglioni  o  con  erme  e  busti.  Per 
chi  ha  vaghezza  di  sapere,  in  qual  modo  si  possano  aggrup- 
pare, secondo  la  diversità  degli  studi  e  delle  opere,  i  nomi 
degli  illustri  Milanesi,  noterò  che  23  appartengono  alla  classe 
degli  Architetti  ed  Ingegneri,  21  a  quella  degli  Storici  e  Cro- 
nisti, 19  a  ciascuna  delle  tre  classi  dei  Benefattori,  dei  Capi- 
tani e  Magistrati  e  dei  Pittori,  18  ai  Medici,  15  ai  filosofi  e 
Giureconsulti,  14  alla  classe  dei  Pontefici  e  Arcivescovi  e  a 
quella  dei  Poeti,  13  ai  Matematici,  Fisici  e  Naturalisti,  12  ai 
Letterati  ed  Economisti,  11  agli  Scultori  ed  Artisti  diversi.  Sai 
Principi  e  ai  Podestà.  La  schiera  più  esigua  è  quella  degli  Ar- 
cheologi (5),  dei  Musicisti  (4),  e  dei  Tipografi  (3).  Se  i  numeri, 
come  scrisse  Goethe,  non  solo  governano  il  mondo,  ma  dimo- 
strano altresì  come  il  mondo  è  governato ,  queste  cifre  potreb- 
bero offrir  materia  di  studi  e  di  curiosi  raffronti.  Ma  poiché  fra 
i  218  illustri  v'hanno  64  ospiti,  che  la  fortuna  degli  eventi 
condusse  a  Milano,  le  deduzioni  che  se  ne  avessero  a  trarre, 
sarebbero  fallaci  ;  e  poi  chi  non  sa,  che  l' interpretare  le  cifre 
statistiche  è  un'  impresa  assai  difficile  e  piena  di  pericoli  ? 

Benedetto  Prina. 


BIBLIOGRAFIA.  113 


Milano  nel  settecento,  giusta  le  poesie,  le  caricature  e  altre  te- 
stimonianze dei  tempi.  Studio  di  Giovanni  De  Castro.  — 
Milano,  Fratelli  Dumolard  editori,  1887.  Un  voi.  di  pag.  420. 

Illustrare  colla  scorta  delle  poesie  popolari,  delle  caricature  e 
di  altre  testimonianze  dei  tempi  la  storia  di  Milano  e  della  Lom- 
bardia, specialmente  negli  ultimi  due  secoli,  ecco  l'intento  che 
si  propose  il  valoroso  De  Castro  con  una  serie  di  pubblica- 
zioni (1) ,  che  furono  accolte  con  favore  da'  suoi  concittadini. 
Dopo  di  aver  narrate  le  vicende  di  Milano,  dalla  Repubblica  Ci- 
salpina fin  alla  caduta  del  primo  Regno  d'Italia,  il  De  Castro  in 
ijuesto  volume  ce  ne  tratteggia  le  condizioni  politiche,  morali  e 
letterarie  nel  secolo  XVIII,  le  quali  ci  spiegano  in  gran  parte 
le  cause  dei  grandi  mutamenti,  che  seguirono  dal  1789  al  1815. 
Codeste  pubblicazioni  del  professore  De  Castro  hanno  fra  loro  la 
più  stretta  attinenza;  anzi  può  dirsi,  che  costituiscono  un  solo 
ed  armonico  lavoro. 

Il  concetto,  che  guidò  l'Autore,  non  v'ha  dubbio,  che  risponde 
alle  nuove  esigenze  degli  studi  storici,  e  può  essere,  quando  sia 
ben  inteso,  fecondo  di  utili  risultnmenti.  Le  poesie  popolari,  al 
pari  delle  caricature,  sono  una  delle  fonti  più  ricche  e  più  pre- 
ziose, a  cui  può  attingere  lo  storico,  che  voglia  ritrarre  di  un 
popolo  non  solo  le  politiche  vicende,  ma  i  costumi,  le  abitudini, 
la  vita  intima  e  il  carattere  nelle  sue  più  sfuggevoli  e  delicate  ma- 
nifestazioni. Mentre  gli  storici  ufficiali,  inceppati  da  mille  riguardi 
o  bramosi  di  amicarsi  i  potenti,  ci  nascondono  spesso  la  verità, 
il  popolo  stesso  ci  vien  narrando  di  giorno  in  giorno  le  sue  vi- 
cende, i  suoi  dolori,  i  suoi  entusiasmi  e  le  sue  delusioni  per 
mezzo  di    oscuri    poeti ,   o  di  caricature  e  disegni ,  non    di  rado 

(1)  Vedi  i  tre  volumi  già  pubblicati  da  G.  De  Castro  nel  1879,  1880  e 
1882,  editi  dai  Fratelli  Dumolard,  col  titolo:  Milano  e  la  Repubblica  Ci- 
salpina —  Milano  durante  la  dominazione  Napoleonica  —  La  caduta 
del  Regno  Italico. 


144  BIBLIOGRAFIA. 


pieni  di  verità  e  di  brio,  e  nella  lor  rozzezza  eloquenti.  Però  se 
le  poesie  popolari  e  le  caricature  sono  talvolta  più  importanti  di 
certe  storie  menzognere,  possono  tuttavia  indurci  in  gravi  errori, 
quando  non  si  accolgono  con  prudente  cautela  e  non  si  sappia 
distinguere  ciò  che  fu  dettato  dalle  vivaci  passioni  di  un  giorno 
o  dallo  spirito  di  parte,  da  ciò  chef  veramente  risponde  al  sen- 
timento popolare.  Il  linguaggio  imaginoso  della  poesia  e  la  pa- 
cata narrazione  del  cronista  hanno  un  valore  ben  diverso  ;  e  i 
canti  popolari  non  potranno  mai,  se  non  associati  a  molt' altre 
testimonianze,  offrire  una  base  sicura  all'edificio  della  storia. 

Chi  legge  questi  lavori  del  prof.  De  Castro  sulla  storia  Mila- 
nese, deve  riconoscere,  che  l'Autore,  quantunque  mostri  di  tenere 
in  assai  pregio  le  poesie  popolari,  a  cui  largamente  attinge,  non 
dimentica  tuttavia  quei  principi  di  critica  storica,  di  cui  or  ora 
dicemmo;  anzi  cerca  di  coordinare  le  poesie  e  le  caricature  alle 
altre  testimonianze  dei  tempi  ed  alle  storie  ufficiali ,  per  modo 
che  s' abbia  un'  idea  chiara  ed  esatta  degli  uomini  e  dei  fatti. 
Qualche  volta  però  l'Autore,  innamorato  de'  suoi  studi  e  bramoso 
di  far  parte  al  pubblico  dei  tesori  da  lui  scoperti,  specialmente 
nella  Biblioteca  Ambrosiana,  abbonda  un  po'  troppo  nelle  cita- 
zioni e  ci  riferisce  satire  o  hosinacle  di  ben  poca  importanza  per 
la  storia  dei  tempi.  Lasciando  nel  dimenticatoio,  ov'  eran  rimaste 
finora,  alcune  bosinade,  non  ne  avrebbe  punto  scapitato  l'opera 
del  prof.  De  Castro,  la  quale  e  per  la  abbondanza  delle  notizie 
e  la  viva  dipintura  della  società  milanese  sarà  letta  con  piacerò 
dal  popolo  e  consultata  con  profitto  dagli  studiosi. 

Il  De  Castro  narra  con  vivacità  e  con  brio;  e  pur  non  omet- 
tendo il  racconto  dei  fatti  politici,  che  mutarono  le  condizioni  di 
Lombardia,  cerca  di  preferenza  gli  episodi  e  quelle  particolarità, 
o  poco  note  o  affatto  nuove,  che  assai  giovano  a  lumeggiare  le 
condizioni  del  paese  e  a  ritrarre  con  evidenza  l'indole  dei  tempi. 
È  una  storia ,  direi  quasi ,  aneddotica  e  spesso  drammatica ,  che 
riesce  assai  piacevole  ed  istruttiva,  al  pari  delle  memorie  e  degli 
epistolari  di  uomini  più  o  meno  illustri.  E  la  storia  di  Milano 
nel  secolo  XVIII  offre  appunto  un  campo   assai  vasto  a  codesto 


BIBLIOGRAFIA.  145 


genere  di  studi  e  di  ricerche;  e  quantunque  insigni  storici  vi 
abbiano  già  raccolto  una  messe  abbondante,  non  può  dirsi,  che 
nulla  più  rimanga  a  spigolare. 

Le  molte  poesie,  o  italiane  o  vernacole,  che  il  De  Castro  pub- 
blica ad  illustrazione  della  storia  civile,  ci  rappresentano  al  vivo 
il  carattere  dei  Milanesi,  non  molto  diversi  da  quelli  d'  oggidi;  e 
quello  spirito  mordace  e  quella  fine  satira,  non  disgiunta  da  una 
certa  bonomia,  che  si  ammira  nei  versi  del  Porta,  aleggia  anche 
nelle  poesie  popolari  del  settecento  e  specialmente  in  quelle  di 
colore  politico.  E  per  darne  un  saggio  citerò  le  due  quartine  di 
un  sonetto,  con  cui  i  buoni  Ambrosiani  esprimevano  i  lor  voti  al 
Re  Carlo  Emanuele  III  di  Sardegna,  che,  occupata  colle  sue  armi 
Milano  nel  1733,  la  considerava  ormai  come  cosa  sua. 

Scior  Carlo  Emanuel,  che  de  Miran 

Feo  la  figura  e  l'att  de  ver  patron, 

A  veri  regna  nel  coeur  di  buseccon 

Osservèe  i  bon  consej  d'un  artisan. 
Calè  i  gravezz,  fé  fa  pù  gross  el  pan. 

Fé  riforma  la  razza  di  mangion, 

Abbiè  l'oeugg  che  avai  drizz  i  Pelandon, 

Né  fé  cont  né  marches~i  scalzacan.... 

Come  a'  di  nostri  spiacque  a  non  pochi  la  mania  di  ribattezzare 
le  antiche  vie,  cancellando  anche  que'  nomi  che  ci  conservavano 
la  memoria  di  uomini  e  di  fatti  a  noi  cari,  cosi  gli  Ambrosiani 
del  1786  al  veder  in  parte  rimutati  i  nomi  delle  contrade,  si 
sentirono  come  turbati  nelle  lor  tranquille  abitudini  e  sfogarono 
il  lor  malcontento  in  satire  ed  epigrammi,  fin  in  un  sonetto  cau- 
dato, di  cui  voglio  qui  citare,  come  a  conclusione,  la  parte 
principale. 

No  se  pò  pù  tasè,  vuj  vojà  el  goss. 
Per  bio  passen  el  segn  sti  novitaa; 
Coss'  è  sto  muda  el  nom  a  tane  contraa , 
In  denter,  sui  terragg  e  fin  dree  ai  foss  ? 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  10 


146  BIBLIOGRAFIA. 


Se  dis  dì  Clercs  la  contraa  di  Boss, 
Se  dà  el  sfrati  a  la  Sozza  innamoraa, 
Se  dà  el  Pont  de  l'orocch  ai  Olocaa, 
Se  stroppia  el  nom  al  borg  de  San  Caloss. 

Mi  no  soo  in  sti  scompigli  come  tasen 
Tanci  dottor,  causidegh  e  nodee 
Vedend  soppressa  anch  la  contraa  di  Asen. 

Mandi  man  che  al  so  confront  glie  n'  è  pussce 
Di  noster  Milanes  che  se  compiasen 
D'  ossegli  anmò  ci  strccciocu  di  Zebedee, 

Benedetto  Prina. 


Commentarj  dell'  Ateneo  di  Brescia.  —  Brescia,  1885. 

L'  Ateneo  dì  Brescia  sostiene  il  buon  nome  suo  con  disserta- 
zioni, che  toccano  i  punti  importanti  di  igiene,  di  economia,  di 
storia,  che  oggi  compaiono  nei  Commentarj.  Facendo  seguito  agli 
annunzj  che  ripetemmo  sulle  fatiche  storiche  di  monsignor  Fé, 
diremo  come  egli  continui  il  quadro  del  regime  e  delle  usanze 
nel  tempo  che  precedette  la  Rivoluzione  Giacobina;  con  diligenza 
indagò  la  vita  di  alcuni  di  quei  signorotti,  i  Lechi ,  i  Gabara  , 
Martinengo....  che  circondati  di  buli,  e  scavalcando  dal  territorio 
bresciano  al  bergamasco,  al  trentino^  al  milanese,  al  parmigiano, 
segnavano  da  per  tutto  orme  di  prepotenze,  di  sangue,  di  beffe, 
di  stupri  (1).  È  un  prezioso  materiale  per  la  storia  ultima  dei 
feudi,  della  quale  1'  Odorici  neppur  si  accorse. 

(1)  Di  prepotenze  signorili  raccolse  un  tristo  manipolo  negli  archivj  di 
Modena  Tommaso  Sandonnini,  raccontando  principalmente  le  sanguinose  risse 
Ira  i  Fontana  e  i  Bellincioni.  Lanfranco  Fontana  si  infamò  dei  più  tremendi 
assassini,  fino  ad  inventar  una  scatola ,  che  inviava  a'  suoi  nemici  e  che 
aprendosi  scoppiava  uccidendo  o  ferendo  tutt'  in  giro.  Tollerato  dalla  fiacca 
e  peritosa  giustizia ,  protetto  da  principi  e  duchi ,  potè  dimorare  qualche 
tempo  nel  palazzo  di  Tommaso  Marino  a  Milano  ;  ben  più  scellerato  che 
Bassano  Porrone  e  Bernardino  Visconti.  (  Un  famoso  bandito  modenese, 
negli  Atti  della  Deputaz.  di  storia  patria  modenesi  e  parmensi,  1887). 


BIBLIOGRAFIA.  14' 


E  tutto  questo  volume  dì  Commentarj  fa  onore  alla  buona  so- 
cietà di  Brescia  con  articoli  di  economia ,  di  igiene  ,  di  arte ,  di 
storia ,  ove  primeggia  una  dissertazione  del  presidente  Bettoni 
in  cui,  sopra  V  Abissinia,  percorse  le  antiche  vicende  di  quel  paese, 
si  ferma  con  forza  ed  evidenza  sopra  le  sanguinose  ultime  lotte 
cogli  Egiziani  e  cogli  Inglesi.  Farmi  opera  patriottica  lo  studio 
dei  paesi  africani ,  che  può  servire  e  di  ammonizione  e  di  emu- 
lazione alla  Italia  odierna. 


Un   patrizio  bergamasco    conte  palatino  e   colonnello.    —    Ber- 
gamo, 1888,  pag.  155,  in-32. 

Il  titolo  non  ha  nulla  di  aiettante  ,  ma  il  libretto  è  curiosis- 
simo anche  attraverso  a  gride,  a  sentenze,  a  relazioni ,  inserte  in 
originale. 

Si  apre  con  una  scena  tragica  al  palazzotto  di  Grumello  del 
Monte ,  che  si  direbbe  una  contrafazione  borghese  dell'  eroico 
Otello.  Poi  si  svolgono  avvenimenti  delle  case  Borelli ,  Tasca , 
Vertua,  Poncino,  Martinoni  ed  altre  bergamasche. 

L'  Autore  ha  un'  invidiabile  ricchezza  di  notizie  ,  di  aneddoti , 
di  tradizioni ,  nelle  quali  ritrae  la  vita  non  invidiabile  di  quei  si- 
gnori sullo  scorcio  del  1600  e  in  principio  del  1700. 

Primeggia  fra  essi  per  braverie  e  brillanti  assassinj  e  bassi 
delitti  Galeazzo  Boselli ,  famoso  e  tremendo  ai  suoi  giorni  quanto 
r  Innominato  ;  bandito  dal  Veneto  non  men  che  dal  Milanese  ; 
decretate  fin  40,000  lire  a  chiunque  lo  desse  vivo  o  morto  ;  pure 
gira  qua  e  là  a  cavallo  del  Veneto,  del  Milanese,  del  Mantovano, 
ora  celato ,  ora  fiancheggiato  da  buli  ;  ottiene  il  favore  dei  non 
meno  ribaldi  Signori  di  Mantova  ;  serve  ora  agli  imperiali,  ora 
al  cristianissimo,  divenendo  conte  palatino  e  colonnello;  ma  al 
fine  è  colto  dalla  giustizia ,  e  mandato  a  morte  in  Porta  Tosa 
il  24  dicembre  1705,  fra  un  grandioso  apparato  di  truppe,  e 
chiuse  le  porte  della  città  per  paura  che  i  suoi  fedeli  riuscissero 


148  BIBLIOGRAFIA. 

a  forza  a  salvarlo,  come  altre  volte  1'  aveano  campato  dalla  Ba- 
stiglia di  Parigi. 

L'autore  fa  avvertire  la  rozzezza  e  scorrezione  di  lettere  di 
gran  signori  e  di  dame,  cui  farebbero  vergogna  quelle  di  un  in- 
fimo soldato, 

È  pur  notevole  come  quel  ricco  spavaldo,  che  nel  testamento 
potè  disporre  di  ingenti  somme,  si  avvilisse  al  rubare,  come  fece 
di  uno  scrignetto,  delle  cui  preziosità  abbiamo  l' inventario.  Ove 
r  autore  nota  che  in  simili  imprese  lo  aveva  preceduto  un  conte 
Francesco  Barbiano  di  Belgiojoso,  che  di  concerto  col  conte  Giorgio 
Benzoni  di  Crema,  e  col  conte  Gironimo  Martinengo  di  Brescia , 
rapivano  una  donna  e  con  essa  3800  scudi. 

Ghiotti  come  noi  siamo  delle  particolarità  che  danno  vita  alla 
storia,  ne  siamo  grati  all'  autore  di  questo  libricino ,  al  fine  del 
quale  si  firma  C.  Lociiis. 

C. 


Carlo  Giuda.   Girolamo  Moroni  e  i  suoi  tempi.  —  Torino,  1887, 
pag.  375. 

Del  cancelliere  Moroni ,  oltre  i  3  grossi  volumi  di  lettere  ,  fu 
tanto  scritto  e  incidentemente  nelle  storie  e  in  lavori  speciali  :  e 
più  volte  in  questo  stesso  Archivio  si  discorse  di  lui ,  della  sua 
famiglia ,  del  suo  fratello  cardinale  (1) ,  che  da  un  altro  studio 
dovevasi  aspettare  o  un  pieno  risultato  degli  studj  precedenti ,  o 
una  originale  esposizione.  Insomma ,  o  cose  nuove ,  o  dette  in 
modo  nuovo. 

Lo  studio  'offerto  dal  sig.  Giuda  lascia  ancora  il  desiderio  di 
una  completa  monografia  del  cancelliere  Moroni ,  il  quale  po- 
trebbe essere  presentato  come  la  personificazione  delle  teorie 
Nicolò  Machiavello. 

(1)  Vedi  fra  gli  altri,  anno  III,  fase.  II.  La  storia  del  cardinale  e  l'or 
ginale  del  processo  fattogli  a  proposito  del  Benefizio  di  Cristo,  fu  pubbl| 
cata  da  C.  Cantii  negli  Eretici  d' Italia. 


BIBLIOGRAFIA.  149 


E  storicamente  e  psicologicamente  è  assai  opportuno  parago- 
nare il  segretario  fiorentino  e  il  gran  cancelliere  milanese.  En- 
trambi politici ,  r  uno  in  teoria,  l'altro  in  pratica,  estrani  ad  ogni 
concetto  di  moralità,  mirando  solo  al  successo,  alla  riuscita,  qua- 
lunque ne  fossero  i  mezzi.  Cambiarono  di  padrone  secondo  gio- 
vava, e  questo  apparve  maggiormente  nel  nostro,  perché  fu  attore, 
mentre  1'  altro  non  fu  che  scrittore.  Amavano  l' Italia  e  deside- 
rarono la  federazione  de'  suoi  principi  ;  e  vuoisi  fare  al  Moroni 
il  demerito  di  una  congiura,  o  il  merito  di  una  lega  italica  contro 
Carlo  V  ;  in  ogni  modo  riuscita  a  suo  danno.  Machiavello  si  ado- 
perava per  far  rivivere  le  armi  italiane ,  invece  degli  stipendiati 
forestieri.  Il  Moroni  non  cessava  di  mostrare  quanto  ai  Milanesi 
importasse  tenersi  amici  gli  Svizzeri  e  ben  pagarli.  E  quando 
svanirono  le  sue  speranze,  prese  soldo  fra  le  truppe  spagnuole  , 
e  andò  coli'  Orléans  a  combattere  Firenze ,  ultimo  rifugio  della 
parte  guelfa  e  della  libertà  italiana.  Ivi  una  palla  lo  colse. 

C. 


■)pere  scelte  di  Benedetto  Giovio.  —  Como,  Ostinelli,  1887,  un 
volume  in  folio  di  pag.  XXVI-379. 

Bernasconi  Baldassare.  Settanta  documenti  relatici  a  S.  Fedele 

in  Como.  —  Como,  Cavalieri  e  Bazzi,  1887,  pag.  76,  in-8. 

Barelli.  Ponna,  opuscolo  di  32  pag.  —  Como,   Ostinelli,  1888. 

Due  grandi  fittissime  pagine  di  errata  basterebbero  a  difamare 
una  tipografia,  se  la  più  parte  non  fossero  errori  non  di  stampa, 
ma  di  intelligenza  e  di  traduzione.  Vaglia  un  breve  esempio: 

paludi  lagune 

la  Volturena  la  Valtellina 

fra  gli  altri  fra  i  nostri 

Govardo  Mogunzani  Gavardo  da  Monza 

alle  spalle  a  danno 

1  Volturanati  i  Valtellinesi 


150  BIBLIOGRAFIA. 


tal  era  il  nome  dei  nobili  era  questo  un  titolo  di  nobiltà 

ebbero  scossa  dissennata  si  gonfiavano 

dal  suo  parente  Matteo  da  Matteo  suo  padre 

sopra  un  precipizio  sopra  uno  scoglio 

italiano  provenzale  italiano  dal  Friuli 

Il  frontispizio  non  lo  dice  ,  ma  questa  è  una  traduzione  col 
testo  a  fronte.  Vera  superfluità  quando  tanti  altri  originali  sa- 
rebbero a  pubblicare  ;  e  chiunque  volesse  ancora  consultare  il 
Giovio  conosce  certamente  il  latino. 

Quel  buon  Benedetto  Giovio  applaudiva  al  frate  Bernardo  Ra- 
tegno,  che  centinaja  di  streghe  mandò  al  fuoco  : 

«  Hunc  lamiee  metuere  virum,  sageeque  potentes, 
«  Et  si  qua  est  teneros  oculis  qucc  fascinet  agnos, 
«  Stringebatque  dolos  et  crimina  cuncta  fateri 
«  Impia,  et  ista  dari  mandabat  corpora  flammis.  » 

Il  traduttore  loda  il  signor  Cencio  Poggi  per  aver  riveduto  la 
buccia  della  sua  versione.  Ma  ciò  avrebbe  dovuto  fare  prima  di 
darla  cosi  scorretta  al  pubblico.  Che  del  resto  non  se  ne  in- 
carica. 

Meglio  avvisato  fu  il  sacerdote  Baldassare  Bernasconi  ,  che 
volendo  pubblicare  settanta  documenti  relativi  alla  chiesa  di 
S.  Fedele,  chiese  lumi,  ajuti,  aggiunte  da  «  un  venerando  bene- 
merito delle  scienze  archeologiche  »  (Barelli)  da  un  suo  «  amico 
appassionato  cultore  di  cose  comasche  »  (Cencio  Poggi),  e  potè 
formare  un  libretto  sufficiente  sopra  quel  prezioso  monumento  di 
stile  lombardo,  che  è  la  chiesa  di  S.  Fedele.  I  settanta  documenti, 
dei  quali  il  più  vecchio  non  risale  che  al  1183  ,  non  sono  dati 
per  esteso,  eccetto  uno,  gli  altri  in  estratto  come  regesti.  E  recano 
qualche  lume  anche  sulla  chiesa  di  S.  Eufemia  dell'  Isola  Co- 
macina. 

Il  quassù  accennato  canonico  Barelli  ,  diligente  e  fortunato 
cultore  delle  antichità  comasche,  pensa  che  «  le  monografie  re- 
gionali sono  d'  inestimabil  vantaggio  per  la  storia,  e  non  si  avrà 
mai  una  storia  nazionale  perfetta  senza  l'ajuto  di  quelle.  Coerente, 


BIBLIOGRAFIA.  151 


egli  descrisse  la  terra  di  Ponna  a  ValT  lineivi,  radunando  ricordi, 
indizj  di  antichità,  di  stima,  di  prosperità,  di  decadenza,  e  mo- 
strando quanto  sarebbe  e  desiderabile  e  facile  il  far  altrettanto 
ciascuno  pel  paese  ove  nacque. 

È  necessario  che  noi  esprimiamo  il  nostro  assenso  ?  (1). 

T. 


Arehivio  Siorico  dell'Arte,  diretto  da  Domenico  Gnoli.  — Roma, 
Pasqualucci. 

Questo  periodico  scientifico  è  già  stato  salutato  dalla  stampa 
0  gradito  dagli  studiosi:  viene  a  soddisfare  ad  antiche  e  ripetute 
aspirazioni  della  critica  e  della  storia  dell'  arte. 

Mentre  gli  atti  dell'Accademia  dei  Lincei,  per  cura  dell'illustre 
senatore  Fiorelli,  accolgon  nelle  notizie  degli  scavi  e  nei  transunti 
e  memorie ,  precipuamente  studi  di  patria  archeologia ,  questo 
periodico  diretto  dal  prof.  Gnoli  colma  la  lacuna  per  quanto  ri- 
sguarda  la  storia  dell'arte  e  degli  artisti,  dell'  arte  propriamente 
detta  italiana,  dell'  evo  medio,  del  rinascimento  e  dell'  età  moderna. 

Renderemo  contezza  degli  studi,  delle  fonti  e  delle  notizie  che 
particolarmente  risguarderanno  vicende  dell'  arte  e  gli  artisti 
nella  regione  lombarda. 

Cosi  accenniamo  sin  d'  ora  all'  interessante  monografìa  inserta 
nel  1°  numero  dal  prof.  A.  Venturi  intorno  allo  pseudo  miche- 
langiolesco euspido  del  Museo  di  Torino  che  ritenevasi  provenisse 
dalle  celebri  collezioni  mantovane. 

Richiamiamo  pure  V  attenzione  degli  studiosi  sopra  alcuni  nuovi 
documenti  relativi  a  Leonardo  da  Vinci  tratti  dalla  recente  edizione 
di  soli  settanta  esemplari  fatta  a  cura  di    Alessandro  Luzio.  Ri- 

(1)  L'  opuscolo  Ponna  è  tratto  dal  fase.  21-22  del  Periodico  della  Società 
Storica  della  Procincia  e  antica  Diocesi  di  Como.  Vi  è  notevole  il  lungo 
testamento  del  vescovo  Beltramolo  Parravicini ,  che  merita  una  diligente 
recensione  e  illustrazione. 


152  BIBLIOGRAFIA. 


Sguardano  questi  documenti  i  ritratti  che  il  Vinci  aveva  eseguito 
di  Cecilia  Bergamini  e  di  Isabella  d'Este,  la  data  del  suo  dipinto 
di  Sant'Anna  del  Louvre  e  le  sue  relazioni  epistolari  colla  stessa 
Isabella  d'  Este. 

Il  vasto  campo  degli  studi  e  discussioni  aperto  dal  nuovo  pe- 
riodico, r  indipendenza  lasciata  agli  scrittori,  il  sussidio  utilissimo 
delle  tavole  ed  illustrazioni,  dicono,  assai  più  di  ogni  nostra  pa- 
rola, quanto  vantaggioso  ed  interessante  sia  per  riescire  questa 
pubblicazione  che  viene  a  prender  nel  paese  nostro  il  posto  che 
in  Germania  tiene  la  Zeitsehrift  fùr  hildenden  Kixnsie  e  gli  annuari 
dei  Musei  prussiani ,  in  Francia  la  Gazette  des  Beaux  Aris , 
per  citare  le  sole  regioni  più  prossime. 

G.  C. 


BOLLETTINO  DI  BIBLIOGRAFIA  STORICA  LOMBARDA 
(Dicembre  1887-Marzo  1888). 


Abel  Sigurd.  Jahrbucher  des  Frànkischen  Reichs  unter  Karl  dem 
Grossen.  Band  I:  768-788.  2'«  Auflage,  bearbeitet  von  B.  Simson. 
—  Leipzig,  Duncl^er  und  Humblot,  1887. 

Agnelli  Giovanni.  I  tre  dì  della  Merla ,  illustrazione  di  costumi  lo- 
digiani. —  Lodi,  Tipografia  Quirico  e  Camagni,  1888,  in-8  gr.  di 
pagine  42. 

Sebben  non  avvertito ,  è  un  estratto  dell'  Arcliìcio  storico  lodigiano , 
disp.  I-IIP,  1888.  _ 

Almanacco  Laudense  per  Tanno  1888  della  diocesi  e  circondario,  con 
memorie  storiche.  —  Lodi,  Tip.  Laudense,  1888,  pag.  96,  in-16. 

Con  notiziette  storiche  per  l'Abbadia  di  Cerredo  (pag.  83),  Brembio  (pag.  84), 
Crespiatica  (pag.  88) ,  Montanaso  Lombardo  (pag.  90)  ,  Somaglia  (pag.  93). 
Tolte  perù  dal  Disionario  geografico  lodigiano  dell'  Agnelli. 

Antolini  Patrizio.  Il  fatto  d'  arme  del  Taro,  narrato  da  un  contem- 
poraneo, ora  per  la  prima  volta  pubblicato  per  le  nozze  Gattelli- 
Beratto.  —  Argenta,  1887. 

L' Antolini  produce  ed  illustra  una  lettera  sulla  famosa  battaglia  colla 
ijuale  l'esercito  della  Lega  tentò  il  6  luglio  1495  di  arrestare  davanti  a 
Forno vo  1'  esercito  di  Carlo  Vili  di  Francia. 

—  Vedi  Delaborde. 

Antona-Traversi  Camillo.  Lettere  inedite  di  Giacomo  Leopardi  e 
di  altri  a'  suoi  parenti  e  a  lui  per  cura  di  Emilio  Costa,  Clemente 


154  [VBI.IOGRAFIA. 


Bcnedettucci  e  Camillo  Antona- Trae  ersi.  —  Città  di  Castello  , 
S.  Lapi,  1888,  in-16,  pag.  XXIV-287. 
A  pag.  27-138  le  lettere  degli  editori  milanesi  Antonio  Fortunato  Stella 
[30  lettere,  degli  anni  1816-1817]  ed  Antonio  Gussalii  [3  lettere  a  Paolina 
Leopardi,  degli  anni  1854  e  1867].  Delle  Lettere  di  oart  due  del  1857  di- 
rette alla  contessa  Paolina  sono  del  march.  Guido  Sommi-Piccenardi  (Cfr. 
pag.  268-271). 

—  Vedi  Malamani. 

Antona-Traversi  C.  Studi  su  Giacomo  Leopardi,  con  notizie  e  do- 
cumenti sconosciuti  ed  inediti.  —  Napoli,  Detken,  1887. 
Contiene,  tra  altri  studi:  «Giacomo  Leopardi  e  Alessandro  Manzoni  »  ,  o 
«  Saggio  cronologico  di  una  bibliografia  del  Leopardi  e  del  Manzoni.  » 

Archivio  storico  dell'  arte,  diretto  da  Domenico  Gnoli.  —  Roma , 
Pasqualucci  edit.  Anno  I,  N.  1   e  2,  gennaio  e  febbraio  1888. 

D'interesse  storico  lombardo.  N.  I:  Venturi.  Il  Cupido  di  Michelangelo.  — 
A.  V.  Nuovi  documenti  su  Leonardo  da  Vinci  [quelli  editi  dal  Lu^io  nel  suo 
opuscolo  per  nozze  Renier  /  precettori  d'Isabella  d'Este^.  —  Lusio  A.  Isa- 
bella d'  Este  e  due  quadri  di  Giorgione. 

N.  II:  Motta  Emilio.  Data  della  morte  di  Gaudenzio  Ferrari  e  di  Pelle- 
grino Pellegrini  [cfr.  gli  Appunti  in  questo  fascicolo  dell'  Ardi.  Lombardo]. 

—  Miscellanea  :  Un  nuovo  dipinto  del  Correggio  [proprietà  Crespi  di  Milano] . 

—  Un  quadro  ignoto  di  Antonio  da  Pavia  [del  1514,  esistente  nella  sagrestia 
delia  chiesa  di  S.  Stefano  a  Novellara,  presso  Reggio  d'  Emilia]. 

Cfr.  i  Cenni  bibliograjlci  in  questo  Archivio. 

Archivio  storico  por  la  città  e  comuni  del  Circondario  di  Lodi. 
Anno  VIL  Dispense  I-IIL  —  Lodi,  Tip.  Quirico  e  Camagni,  1888. 
Sommario  :  Continuazione  della  Storia  Diocesana  del  sac.  Giacomo  An- 
tonio Porro  [Antonio  Scarampo  62**  Vescovo  di  Lodi,  1569-1576].  —  Motta 
Emilio.  Curiosità  di  storia  lodigiana  della  seconda  metà  del  secolo  XV  tratte 
dall'Archivio  di  Stato  di  Milano  [Cont.  v.  num.  precedente.  —  Frate  Antonio 
da  Lodi  ministro  dell'ospedale  di  Cremona,  1452.  —  Un  figlio^  del  pittore 
Giacomo  da  Lodi,  morto  nel  1474].  —  Serie  cronologica  dei  podestà  di  Lodi 
provata  con  documenti  dalia  sua  fondazione  sino  al  giorno  d'  oggi.  [Con- 
tinuazione v,  num.  prec.  Dal  1554  al  1621].  —  I  tre  dì  della  Merla.  Illu- 
strazione di  costumi  lodigiani  per  Giovanni  Agnelli.  —  Museo  storico  arti- 
stico [in  Lodi,  doni  recenti]. 

Armes  d'Henri  d'  Orléan.s  et  Catherine  de  Gonzague.  —  In  Archioes 
heraldiqucs  et  sigillògraphiqucs,  N.  13,  gennaio  1888.  (Ncuchàtel, 
Svizzera). 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STOniCA    LOMDARDA.  155 


Arrighi  eletto.  Storia  del  teatro  milanese.  —  In  Cronaca  mondane, 
di  Milano,  N.  2,  3  e  4,  1888. 

Arte  e  Storia.  Giornale  diretto  da  Guido  Carocci.  —  Firenze,  anno 
VI-VII,  1887-88. 

N.  35,  1887  :  Manesca  A.  V  arco  di  Alfonso  I  d'  Aragona  a  Napoli,  [li 
monumento  più  bello  del  risorgimento  che  conserva  Napoli.  Ne  fu  architetto 
Pietro  Martino,  Milanese]. 

N.  36,  Notizie  :  Lodi,  Barbarie  [intonacatura  della  chiesa  di  S.  Maria. 
Egual  sorte  sembra  riserbata  a  quella  di  S.  Maddalena];  Milano  [Conferenza 
Boito  sul  Duomo;  Lapide  di  F.  Sforza  al  Museo  archeologico;  Restauri  e 
scoperte  a  S.  EustorgioJ. 

N.  37  :  Cajft  M.  L'  archeologia  in  Milano. 

N.  1,  1888,  Notizie:  Cremona  [l'isolamento  del  Duomo  e  della  Gran  Torre]. 

N.  2:  Frizzarli  Gustavo.  Alcune  osservazioni  dirette  alla  «  Raccolta  Mi- 
lanese di  storia,  geografia  ed  arte  »  [a  proposito  del  quadro  già  Bellini,  ora 
Mantegna.  —  Vedi  la  replica  nella  Raccolta  Milanese,  N.  2]. 

N.  3:  Intra  G.  B.  La  reggia  dei  Gonzaga.  —  Caffi  Michele.  Restauri  a 
Milano  [morte  del  sac.  Giovanni  Leone,  ristoratore  di  S.  Celso;  S.  Ambrogio]. 
Fassò  arcb.  Giuseppe.  Novara.  Arte,  storia  ed  archeologia  [I.*  Basilica  di 
S.  Gaudenzio,  opera  del  Pellegrini].  —  Notizie  :  Milano,  [scoperte  archeolo- 
giche in  via  Spadari,  la  Raccolta  Milanese,  il  prof.  Mongeri]. 

N.  4:  Cajffi  M.  Artisti  del  XV  secolo  a  Venezia  [Lombardi]  —  Fassò 
architetto  G.  Nuovo  teatro  Coccia  a  Novara  [architetto  il  milanese  Giu- 
seppe Oliverio]. 

N.  5:  Fassò  arch.  G.  Onoranze  a  Giuseppe  Regaldi.  —  Museo  patrio  ar- 
cheologico [cenno  sugli  oggetti  di  scavo  pervenutivi  dalla  regione  novarese 
negli  anni  1886-1887]. 

N.  6:  Zaccaria  Nicolò,  prevosto.  Restauri  nel  santuario  di  Grossotto  nella 
Provincia  di  Sondrio. 

Asturaro  prof.  Alfonso.  Gerolamo  Cardano  e  la  Psicologia  patologica. 
Studi  psico-biografici.  —  Nella  Ridata  di  Jilosofia  scientifica  del 
Morselli,  voi.  VI,  dicembre  1887,  pag.  720-742. 
1  mportante. 

Balsimelli  Federico.  Sul  primo  atto  del  Carmagnola  del  Manzoni. 
Osservazioni  filologiche  in  forma  di  dialogo.  —  Bologna,  Tipo- 
grafia Mareggiani. 

Barbiera  Raffaello.  Un  poeta  lombardo  [l'abate  Giuseppe  Pozzone]. 
—  In  Fan/alla  della  Domenica,  N.  2,  8  gennaio  1883. 


156  BIBLIOGRAFIA, 


Barbiera  BafTaello.  Cronaca  letteraria  lombarda,  —  In  Ricista  Con- 
temporanea del  Do  Gubernatis ,  di  Firenze,  fase.  I  e  II ,  gennaio 
e  febbraio  1888. 
«  UArchwio  storico  lombardo  langue  per  mancanza   di    scrittori  »    [cfr. 

pag.  123]  ....  «  langue  per  mancanza  d'  articoli  »  [cfr.  pag.  329]  ;  langue  .... 

per  mancanza  di  scritti  del  sig.  Barbiera. 

Barbieri  Luigi.  La  beneficenza  in  Crema  e  nel  Circondario.  —  Com- 
pendio cronologico  della  storia  di  Crema ,  dalla  fondazione  fino 
ai  nostri  giorni.  —  Crema,  Tip.  economica  di  G.  Anselmi,  1887-88, 
2  voi.  in-16,  di  pag.  122  e  124. 

Della  Biblioteca  storica  cremasca,  voi.  1  e  li.  —  Usciranno  prossimamente 
della  medesima  raccolta  i  volumi  :  «  Crema  Sacra  »  e  «  Crema  Artistica.  » 
Terranno  dietro  :  «  Saggio  di  Bibliografia  » ,  «  Racconti  storici  »  ,  «  Guida 
della  città  e  circondario  »,  «  Crema  commerciale  »,  «  Dell'Accademia  dei  So- 
spinti ed  altri  scritti  »  e  «  Illustri  Cremaschi.  » 

Barelli  can.  Vincenzo.  Ponna  in  Valle  d' Intelvi.    —  Como,  Tipogr. 
Ostinelli,  1888,  in-8  gr.,  pag.  32,  con  1  tav. 
Estr.  dal  Periodico  della  Società  storica  comense,  fase.  21-22. 

BarofRo.  Il  dott.  Comm.  Giudici  Vittorio,  maggiore  generale  medico, 
—  In  Giornale  medico  del  R.  Esercito  e  della  Regia  Marina, 
anno  XXXV,  10.  —  Roma,  1887. 

Barone  G.  Manzoni  reazionario  e  una  lettera  inedita  di  Luigi  Set- 
tembrini. —  Napoli,  A.  Morano,  1887,  pag.  21. 

Lettera  del  settembre  1872  al  prof.  Amati ,  ora  provveditore  degli  studi 
in  Novara. 

[Belgiojoso  Emilio].  Guida  del  Famedio  nel   Cimitero    monumentale 
di  Milano.  Edizione  riveduta.  —  Milano,  Giuseppe  Galli,  libraio- 
editore,  1888,  in-8  gr.,  di  pag.  XV-262 ,  con  fotografia,  pianta  e 
ili.  nel  testo. 
Cfr.  i  Cenni  bibliografici. 

Bellio  V.  Di  una  carta  nautica  fatta  a  Messina  nel  1553.  —  In  Ar- 

chioio  storico  siciliano,  fase.  4**,  1887. 
Nella  Biblioteca  Universitaria  di  Pavia. 

Beltrami  arch.    Luca.    Per  la  storia  della  costruzione  del  Duomo 
Milano.   Disegni  inediti  del  1390    (Dalla  Raccolta  Milanese,  nu-» 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  157 

meri  di  dicembre  1887  e  gennaio  1888.   —  Milano,  Tip.  G.  Va- 
risco,  1888,  in- 16,  pag.  12. 

[Bergamo].  Regolamento  per  la  Biblioteca   civica    in   Bergamo ,  ap- 
provato dal  Consiglio  comunale  nella  adunanza  29  dicembre  1880 
e  modificato  nella  tornata  del  23  settembre  1887.    —    Bergamo  , 
Tip.  Pagnoncelli,  1887,  pag.  13,  in-8. 
—  Vedi  Lochis,  Rajna,   Yriarte. 

Bernasconi  sac.  Bcddassare.  Settanta  documenti  relativi  all'  insigne 
collegiata  di  San  Fedele  in  Ckjmo,  —  Como ,  Tip.  Cavalieri  e 
Bazzi,  1887,  in-8,  pag.  (8)-76. 

Documenti  che  vanno  dall'anno  1183  al  1452  con  aggiunte  illustrative  del 
can.  V.  Barelli  e  dell'  avv.  Cencio  Poggi.  —  Pubblicazione  fatta  in  ricor- 
renza del  giubileo  papale.  —  Cfr.  oltre  i  Cenjù  hiografiei  in  questo  Archieio, 
il  N.  1,  1888  della  Cultura  del  Bonghi. 

Bersezio  V.  Domenico  Santorno ,  episodio   della    Rivoluzione  di  Mi- 
lano (1848).  —  Milano,  E.  Sonzogno,  pag.  190,  in-16. 
Ristampa.  [Biblioteca  romantica  tascabile]. 

Berti  Domenico.  La  Staol  e  Vincenzo  Monti.  —  Nel  Filotecnico,  di 
Torino,  N.  XI-XII,  novembre-dicembre  1887. 

Bertocci  canonico  Giuseppe.  Repertorio  bibliografico  delle  opere 
stampate  in  Italia  nel  secolo  XIX.  Storia,  voi.  3°.  —  Roma,  Tip. 
di  Mario  Armani,  1887,  in-8. 

Cfr.  a  pag.  273-400:  «  Italia  Settentrionale.»  Davvero  che  non  compren- 
diamo r  utilità  di  quest'  opera  per  gli  studi  storici.  Trattasi  di  cenni  biblio- 
grafici di  opere  storiche,  disposti  senza  un  ordine  cronologico  od  alfabetico. 
Allato  ad  una  pubblicazione  di  mole  di  questi  ultimi  anni  un  meschino  opu- 
scolo del  1820  o  per  li.  E  cenni  non  sempre  critici,  e  brevi  sbagli  di  nomi 
d'autori:  così  Sa  Zini  a  vece  di  Talini,  Zucchini  per  Lucchini. 

Bertolotti  A.  Curiosità  storiche  mantovane.  —  Nel  Mendico,  di  Man- 
tova, 1887-1888. 

N.  22,  1887:  Scampanate  nelle  nozze  di  vedovi  [a  Revere,  nel  1480]. 

N.  1,  1888  :  Un  duello  tra  un  Veronese  ed  un  Forlivese  nella  piazza  grande 
di  Mantova  (1500). 

N.  2:  Una  spiritata  in  Cavriana  nel  secolo  XV  (1492). 

N.  3:  Il  marchese  di  Mantova  regala  due  lioni  alla  città  di  Firenze  (1489). 


158  l-;iril.;()GiiAl-lA. 


N.  4:  Un  caso  biugolarissiiuo  in  Mantova  nel  principio  del  secolo  XVI 
[parto  fenomenale  nel  1509]. 

N.  5:  Un  duello  mortale  fra  due  Mantovani  in  Marmirolo  nel  secolo  XVI 
(1519). 

N.  6  :  Il  marchese  di  Mantova  vuole  che  i  suoi  sudditi  stiano  allegri  e 
ballino  (1521). 

Eertolotti  A.  Varietà  arcliivisticlie  e  bibliografiche    [dall'  Archivio   di 
Mantova].  —  Nel  Bibliofilo,  di  Bologna,  N,  11-12, 1887  e  N.  1, 1888. 

Sommario  N.  11-12,  1887:  La  ricerca  di  un'edizione  di  Plinio  tradotto 
in  Venezia  nel  secolo  XV  (1481).  —  La  lettura  dell'Asino  d'  oro  d'  Apuleio 
(1481).  —  Commendatizia  pel  Filelfo  [del  marchese  di  Mantova  al  duca  di 
Ferrara,  10  luglio  1481.  11  Filelfo  recavasi,  come  è  noto,  a  Firenze].  —  Altra 
commendatizia  per  il  poeta  Nicodenio  Folengo  [mantovano ,  raccomandato 
al  cardinal  di  Genova,  nel  1482].  —  Il  marchese  di  Mantova  fa  appello  ai 
dotti  per  avere  epitaffi  (1482).  —  Lettera  di  un  traduttore  dallo  spagnuolo 
e  dal  latino  [del  medico  mantovano  Vincenzo  Buondi,  1561]. —  La  stampa 
di  Consigli  legali  in  Venezia  (1569).  —  Una  traduzione  del  Trattato  «  del- 
l'arte  di  montare  e  dirigere  i  cavalli»  di  Senofonte  [traduzione  di  Evan- 
gelista Ortense,  offerta  nel  1580  al  duca  di  Mantova].  —  Medico,  storico, 
orientaHsta  [Pietro-Maria  Minadoi,  1584].  —  Un  autografo  dell'autore  della 
«  Storia  del  mondo  »  [Cesare  Campana,  1596]. 

N.  1,  gennaio  1888:  Un  professore  mantovano  proposto  all'Università  di  Fer- 
rara [nel  1488,  Anselmo  del  Mea].  —  Un  libro  cosmografico  ricercato  (1494). 
—  Uno  strambotto  a  versi  retrogradi  [del  vescovo  di  Camerino  Fabrizio 
Varano,  1494].  —  Le  orazioni  di  Elio  Aristide  (1498).  —  Rappresentazioni 
teatrali  alla  Corte  di  Mantova  nei, primi  anni  del  secolo  XVI  (1501). 

Bertolotti  A.  Varietà  storico-gentilizie  [dall'  Archivio    di  Stato   man- 
tovano,] —  ISel  Giornale  Araldico,  di  Pisa,  N.   7-8,  gennaio    e 
febbraio  1888. 
La  nobile  famiglia  Mastini  di  Mantova  (1624).  —  Un  cavaliere  di  S.  Giorgio 

[Gabriele  Bertazzolo,  1626]. 

Bertolotti  A.    Un  valentissimo  comico  a  servizio  della  Corte  Manto- 
vana. Nel  giornale  II  Pensiero  dei  giooani,  di  Campobasso,  n.  '^, 
16  marzo  1888. 
Bartolomeo  Raineri    «  primo    innamorato  col   nome  di  .\urelio  »    nei  co- 
mici mantovani,  che  passa  alla  Corte  di  Francia  (1685). 

Bertolotti  dott.  Giuseppe.   Illustrazione  di  un  denaro  d'argento  ine 
dito    di    Rodolfo    di    Borgogna,   re    d'Italia,   coniato    in    Milano 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1  ".O 


circa  il  922-925.  —  Milano,  stab.  G.  Civelli,   1887,   in-8,   pag.  G, 
con  tavola. 

Bianchi  A.  G.  L'ultimo  carnevale  cavalleresco  [nel  1G45,  a  Milano]. 
—  In  Illustrazione  italiana,  dei  Treves  ,  N.  G,  29  gennaio  1888, 

Bianchi  A.  G.  I  professori  «  di  ballare  »  [nel  Milanese].  —  In  Con- 
ccrsa-ioni  della  Domenica,  N.  7,  12  febbraio  1888. 

Bignami  dott.  Fr.  Di  mons.  Angelo  Bei^ani-Dossena,  vescovo  coadiu- 
tore nella  diocesi  di  Lodi;  orazione  funebre  detta  addì  4  agosto, 
1887,  nella  chiesa  parrocchiale  di  Senna  Lodigiano.  —  Codogno, 
Tip.  A.  G.  Cairo,  1887,  pag.  29,  in-8. 

Becchi  dott.  Francesco.  Rassegna  bibliografica  dell'  opera  del  profes- 
sore Gaetano  Mantovani:  «Il  territorio  Sermidese,  ecc.»  —  In 
Archieio   Veneto,  fase.  68  (1887),  —  Bergamo,  1887. 

Bollettino  storico  della  Svizzera  Italiana.  Anni  IX  e  X  —  BelHn- 
zona,  C.  Colombi,  1887-88. 

Sommario  N.  11-12,  nov-dicembre  :  Le  zecche  di  Mesocco  e  di  Roveredo 
[fine].  —  L'architetto  Adamini  [f  a  Bengala  nel  1756J.  —  Omicidi  e  ladro- 
necci in  Valle  di  Blenio  nella  seconda  metà  del  quattrocento  [fine],    —  Cu- 
riosità di  storia  italiana  del  secolo  XV,  tratte  dagli  Archivi  milanesi  :    Furti 
'/di  arredi  sacri  e  reliquie  in  Lombardia.  —   Saggio  intorno  la  famiglia  Mo- 
rosini  [Notizie  complementari  alla  genealogia,  edita  nel  BoZZ.  Sfor.,  1885]. — 
Notizie  luganesi  e  bellinzonesi  della  2*  metà  del  secolo  scorso  [fine].  —  Un  trat- 
tato di  estradizione  (del  1752,  tra  lo  Stato  di  Milano  e  le  Prefetture  Svizzero- 
Italiane].  —  Varietà:  La  vera  data  della  morte  del  Cicerejo  [noto  letterato, 
norto  in  Milano  ai  31  marzo  1596].  —  Cristalli  in  Val  Lavizzara  (1627). — 
suonatori  girovaghi  svizzeri  in  Roma  (1775  e  1778).  —  Una  partecipazione 
funebre  del  secolo  XVIII.  —  Un'  indulgenza  per  la  Leventina  (1687).  —  Le 
Tipografie  del  Canton  Ticino  dal  1800  al  1859.    Serie    alfabetica    delle    loro 
.lizioni.  [Lettera  N,  Napoleone  —  NicoliniJ.  —  Cronaca  e  Bibliografia. 
N.  1-2,  gennaio-febbraio    1888:    Spinelli  A.   G.   Di    Anton  Maria    Borga 
poeta  del  secolo  scorso  sul  Bergamasco]  —  Battista  e  Gian  Antonio  Verda, 
irciiitetti    alla    Corte  di  Savoia  ed  in  Sardegna  (1593)    —    In  memoria    del 
adre  Gian  Alfonso  Oldelli    —    Una  lettera  dell'arcivescovo    di    Milano  per 
1  Collegio  di  Ascona  [del  card.  Pozzobonelli]  —  Liebenau  dott.   T.  L' inon- 
ìazione  in  Vallemaggia  nell'anno  1648  —  Rossetti  J.  Cappellanie  scolastiche 
!  elle  Tre  Valli  —  Meyer  p.  Gabriele.    Per  la  storia  del  Collegio  dei  Benc- 
etlini  di  Bellinzona  (1770)    —    Curiosità  di  storia    italiana  del  secolo  XV  : 


160  BIBLIOGRAFIA. 


Marmi  per  S.  Maria  delle  Grazie  e  per  S.  Celso  di  Milano  (1492  e  1497)  — 
Filippo  di  Brisse  Einsielden  nel  1471  —  Come  si  punivano  a  Milano  i  fal- 
sificatori di  gioie  (1469)  —  I  documenti  svizzeri  del  periodo  visconteo  nel- 
l'Archivio di  Stato  di  Milano  [1356-1425]  —  Tariffe  mediche  nel  secolo  pas- 
sato —  Le  Tipografie  del  Canton  Ticino  ecc.  [lettera  O]  —  Varietà  :  I 
Ruggia  di  Morcote  in  Sicilia  nel  quattrocento  —  Il  vescovo  di  Como  a 
Bellinzona  nel  1417  —  Un'  operaz;ione  chirurgica  riuscita  fatale  ad  un 
mastro  da  muro  bellinzonese  in  Milano  (1544)  —  Luganesi  in  prigione  a 
Milano  nella  seconda  metà  del  quattrocento  —  Cronaca  :  Pompe  da  fuoco 
svizzere  a  Milano  nel  secolo  scorso  (1738). 

Bonaventura  (p.)  da  Sorrento.  Il  mese  di  San  Pietro  ricavato  dalla 
vita  e  dagli  scritti  di  Torquato  Tasso,  ossia  Torquato  Tasso  e  i 
Papi ,  con  appendici  storiche  e  poetiche.  —  S.  Agnello  di  Sor- 
rento, Tip.  all'insegna  di  S.  Francesco  d'Assisi  ,1887,  pag.  178, 
in-8,  fig. 
Per  le  nozze  d'  oro  di  papa  Leone  XIII. 

Bottini  dott.  Enrico.  Elogio  di  Luigi  Porta  .  Orazione  letta  all'  aper- 
tura dell'anno  clinico  1887-88.  —  Milano,  Ditta  dott.  Francesco 
Vallardi,  1887,  pag.  23,  in-8. 

[Brescia].  Codice  necrologico-liturgico  del  Monastero  di  S.  Salvatore 
o  S.  Giulia  in  Brescia ,  trascritto  ed  illustrato  da  A.  Valcntini , 
pubblicato  dall'  Ateneo  di  Broscia.  —  Brescia ,  Tip.  Apollonio  . 
1888,  pag.  328,  in-4,  con  4  tavole. 

[Brescia].  Eusebio.  Concordanze  dei  Vangeli  :  codice  queriniano  illu- 
strato da  Andrea  Valentini,  pubblicato  dall'Ateneo  di  Brescia.  — 
Brescia,  tip.  Apollonio,  1887,  in-8,  pag.  (6)-44,  con  56  tavole. 

Brescia.  Vedi  Cassa,  Commentari,  Compendio,  Gaillcmaud ,  Pao- 
lucci. 

Brown  Horatio  F.  Venetian  studies.  —  London,  Kegan  Paul,  Trench 
and  C.°,  edit.,  1887,  in-8. 

.Cfr.  i  capitoli:  «The  Carraresi»   (pag.  90-144)  e  «Carmagnola,  a  sol(j 
of  Fortune»  (pag.  145-177).  [Pel  Carmagnola  nessun  nuovo  documento]. 

Brun  Cari.  Der  Anonymus  in  der  Akademie  der  schonen  Kunst 
zu  Vencdig.  —  In  Repertorium  fiir  Kunstirisscnscha/t,  voi.  XI 
fase.  II  (1888). 


DOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  161 

Acquistato  nel  1810  dal  pittore  Giuseppe  Bossi  [cfp.  :  Areh.  Stor.  Lom- 
bardo, V,  1878,  pag.  287-88],  e  morto  lui,  nel  1815,  passato  all'Accademia 
di  Venezia,  per  compera  fattane  dal  Cicognara. 

Buonanno  G.  In  mcmoriam.  Prof.  Luigi  Zapponi  bibliotecario  della 
R.  Università  di  Pavia  —  In  Ricista  delle  Biblioteche,  di  Fi- 
renze, anno  I,  1888,  mira.   1-2,  gennaio-febbraio. 

Calmo  Andrea.  Le  lettere  riprodotte  sulle  stampe  migliori ,  con  in- 
troduzione ed  illustrazione  di  Vittorio  Rossi.  —  Torino,  Ermanno 
Loescher  editore,  1888,  pag.  CLX-503,  in-8. 

Di  quest'  importante  pubblicazione ,  altri  discorrerà  abbondantemente  in 
.  lesto  Archicio.  Noi  ci  limitiamo  a  segnalare  l'importanza  delle  Appendici 
annesse  alle  Lettere,  specie  la  1*  e  la  III:  «Di  un  motivo  della  poesia  bur- 
'  sca    italiana  nel  secolo  XVI  »    [il  mal  francese]  ,  e  «  Balli  e    canzoni  del 

;olo  XVI  >  [cfr.  pag.  371-397  e  411-445]. 

Calvi  Felice.  La  filosofia  contemporanea  e  le  lezioni  di  Ausonio 
Franchi:  studio.  —  Milano,  Tip.  Bernardoni,  1887,  in-8,  pag.  20. 

Caneva  G.  Cenni  storici  o  dati  statistici  delia  guardia  ostetrica  di 
Milano.  —  Nel  Morgagni,  N.  11   (1887). 

Canini  F.  Gerolamo  Morene.  —  In  Letture  per  le  Giooinette,  di  Ge- 
nova, voi.  X,  fase.  II,  15  febbraio  1888. 

Canonica  Luigi  (L' architetto).  Il  prof.  Giacomo  Mercoli.  —  Nella 
rivista  Patria  e  Progresso,  di  Bellinzona,  N.  1,  31  gennaio  1888. 

Cenni  riprodotti,  senza  aggiunte,  dai  «  Racconti  ticinesi  »,  del  prof.  Giu- 
seppe Curti  ,  stampati  già  nel  1866.  —  (Bellinzona,  Colombi). 

Cantù  C,  Relazione  della  Commissione  giudicatrice  del  concorso  al 
premio  istituito  dai  signori  fratelli  Branca  sul  tema  :  «  Intorno 
alla  credenza  della  vita  ipercosmica  in  relazione  ai  costumi  mo- 
rali dei  popoli.  »  —  Milano,  Tip.  Galli  e  Raimondi ,  1887  ,  in-8  , 
pag.  12. 

Carcano  Giulio.  Vedi  Howclls,  Paglicci  e  Sacerdote. 

Cardano  Gerolamo.  Vedi  Asturaro. 

Carmagnola]   Sulla  decollazione  di  Francesco  Bussone  conte  di  Car- 
magnola. Lettera  di  Giuseppe  Bastelli  a  Francesco  Paolo  Costare. 

Arch.  Stor.  Lotnb.  —  Anno  XV.  11 


162  BIBLIOGRAFIA. 


—    Cesena,    Tip.    Nazionale    di   G.    Vignuzzì ,    1887,   pag.   157, 
in-8. 

L'A.  è  per  il  tradimento  del  Carmagnola. 
—  Vedi  Brown. 

Casati  d.r  Carlo.  Dipinti  a  fresco  della  cappella  della  regina  Teodo- 
linda nella  Basilica  di  Monza  e  il  loro  restauro.  (Pubblicato  nel 
dicembre  1887  nell'  Appendice  della  Raccolta  Milanese).  —  Mi- 
lano, Tip.  Giov.  Varisco,  1888,  pag.  12,  in-8  piccolo. 

Cassa  A.  Funerali,  pompe  e  conviti  :  escursione  nel  vecchio  Archivio 
Municipale  (di  Brescia).  —  Brescia,  Stab.  Unione  Tipografica,  1887, 
in-8,  pag.  395. 

Castaldi  Parafilo.  Con  ili.  —  In  Bollettino  bibliografico  illustrato, 
dello  Stabilimento  Sonzogno  in  Milano,  anno  V,  N.  14,  1887. 

Gli  oramai  stranoti  documenti  dell'Archivio  di  Milano,  pubblicati  qui 
senza  alcuna  nuova  informazione  e  colla  solita  falsa  asserzione  che  il  Ca- 
staldi «  scopri  i  caratteri  mobili  e  che  partecipò  la  invenzione  meravigliosa 
;i  Giovanni  Faust  in  Magonza»!...  [cfr.  :  Boll.   Bibliogr.,   1886,  pag.  1001]. 

Catalogne  dos  actes  de  Francois  I.  Tome  I  (1""  janvicr  1515  —  31  dé- 
combre  1530).  —   Paris,  impr.  Nationale,  1887,  in-4,  pag.  738. 

Celani  E.  Un  improvvisatore  romano  [il  Gianni].  —  Nel  Capitan 
Fracassa,  di  Roma,  N.  285,  10  ottobre  1887. 

Ceretti  sac.  Felice.    Giovanni    di    Francesco   Pico.    Memorie.    —   In 
Atti  e  Memorie  della  R.  Deputazione  di^  Storia  Patria  per  lo  Pro- 
vincie Modenesi,  serie  III,  voi.  IV,  parte  II  (1888). 
Con  5  documenti  inediti  dell'  Archivio  Gonzaga  in  Mantova  (1422-1448)  e| 

relazioni  dei  Pico  coi  Gonzaga. 

Cermenati  Mario.  La  Valtellina  ed  i  naturalisti  :  memoria  bibliogra-j 
fica.  Fase.  I  (Capitolo  I  :  Generalità).  —  Sondrio ,  Stal)ilimentc 
Tipografico  Emilio  Quadrio,  1887,  pag.  61,  in-8. 

Ceruti  dott.  A.  Il  rito  ambrosiano  nella  festa  della  Ss.  Annunziai 
Quaresima:  Ricerche  storiche  e  considerazioni.  —  Milano,  T% 
grafia  Luigi  Marchi,  1887,  pag.  175,  in-8. 
1.  Messali,   breviari    ed  altri   codici    liturgici   anteriori  al  secolo  XVI| 

li.  Altri  codici  rituali;  evangeliari,  lezionari ,  libri  corali  di  canto,  brcvia? 


nOiXETTINO    DI    BfBLlOGKAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1G3 

—  III.  Ristaurazione  del  rito  per  opera  di  Carlo;    concili  e  scrittori  eccle- 
siastici. —  IV.  Dei  giorni  aliturgici   quaresimali.    —    V.  L'istituzione   anni- 
ersaria  del  card.  Casati.  —  VI.  Obbiezioni  avversarie  e  risposte.  —  VII.  Ric- 

{lilOgO. 

Chéruel  A.  Rùle  politique  de  la  princesse  Palatine  (Anno  de  tion- 
zague)  pendant  la  Fronde  en  1651.  —  In  Sd-ances  et  travaux  de 
VAcademie  dcs  sciences  morales  et polUiques,  gennaio-febbraio  1888. 

Chirtani  Luigi.  Cose  d'  arte.  —  In  Illustrasione  Italiana,  dei  Trevcs, 
N.  11,  4  marzo  1888. 
Brevissime  informazioni  giornalistiche.  [Sventramenti  in  Milano;  il  Bro- 
etto  vecchio,  gli  uffici  del  Tesoro,  il  conte  Carmagnola  e  il  Museo  archeo- 
logico. —  Sifilicomio  tra  chiesa  e  giardino.  —  La  cappella  della  regina  Teo- 
dolinda in  Monza.  —  La  Certosa  presso  Milano]. 

Cimone.  La  Tipografia  Elvetica.  — Nel  Capitan  Fracassa,  di.  Roma, 
X.  168,  19  giugno  1887. 

Commentari  dell' Ateneo  di  Brescia,  per  1' anqo  1887.   —    Brescia, 
Tip.  F.  Apollonio,  1887  [1888],  in-8,  pag.  303, 
Contenuto:  Fé  d'Oaiiani  Luigi.    Brescia  nel  1796:    Cap.  V-VII    [I  feuda- 
ari  ed  i  buli  ;  La  diocesi  ed  il  clero;  La  politica  di  Venezia  nel  1796].  — 
.\'osa  Gabriele:  La  legge  comunale  e  provinciale  per    Tltalia.    —    Arcioni 
Luigi  :   Ricerche  intorno  al  palazzo  del  Comune  di  Brescia  :  «  La  Loggia.  » 
—   Villagana  CarloMartinengo  :  L' Anfiteatro  morenico  d' Iseo  nel  periodo 
.laciale.  —  Bettoni  Cassago  Francesco  :'  Storia  di  Brescia  narrata  al  popolo  : 
L'  età  preistorica.  —  Rissini  Prospero  :    Tomba  romana  recentemente  sco- 
perta presso  Brescia.  —   Sugli  statuti  della  nostra  Accademia  :  Studio,  per 
Eugenio  Bettoni.  Il  sacco  di  Brescia  nel  1,512,    narrato  in  un  vecchio  opu- 
scolo pochi  giorni  dopo  1'  avvenimento ,  per  Filippo  Garbelli.    — »    Engarda  , 
leggenda  bresciana  medioevale  ;  dramma  in  versi ,  per  Santo  Casasopra. 

Como  e  Valtellina.  Vedi  Arte  e  Storia,  Barelli,  Baroffio ,  Berna- 
sconi, Cetani,  Cermenati ,  Cimane,  Fagnics,  Land,  Malagrida, 
Periodico,  Rioista  numismatica,  Saragat,   Torelli,    Wierzboicski. 

Compendio  della  vita ,  moi*te  e  miracoli  del  venerabile  servo  di  Dio 
il  padre  fra  Lodovico  da  Breno,  minor  riformato,  della  provincia 
di  Brescia,  pubblicato  per  cura  di  fra  Costantino  da  Valcamonica. 
—  Brescia,  Tip.  Istituto  Pavoni,  1887,  pag.  XVI-67,  in-16. 

Corvisieri  C.  Il  tiùonfo  romano  di  Eleonora  d' Aragona  nel  giugno 
del    147.3.    —    In   Arcìncio   della   R.   Società   Romana   di   Storia 


164  BIBLIOGRAFIA. 

Patria,  voi.  X,  fascicolo  III  IV,  1887.  [Cent,  vedi  voi.  I,  pag.  475 

e  seg.]. 
Eleonora  d'Aragona  passava  sposa  negli  Estensi  dopo  sciolto  il  matrimonio 
stipulato  con  Sforza  Maria  Sforza,  figlio  di  Francesco,  e  Duca  di  Bari  (1-172). 
In  questa  seconda  ed  ultima  parte  dello  studio  del  Corvisieri  sono  conte- 
nute alcune  notizie  per  Giovanni  Visconti  d'  Oleggio  [cfr.  :  pag.  631],  e  per 
la  vedova  sua  Antonia  Benzoni,  di  Crema  [cfr.  :  pag.  632-634]. 

Costa  de  Beauregard  (marquis).  La  jeunesse  du  roi  Charles  Albert. 
—  Nel  Corrospondantj,  di  Parigi,  n.'"'  del  25  novembre  e  10  di- 
cembre 1887,  10  e  25  gennaio,  e  10  e  25  febbraio  1888, 

Courajod  L.  Quelques  sculptures  en  bronze  de  Filarète.  —  In  Ga- 
iette archcologique,  n^  11-12,  1887. 

Crema.  Vedi  Barbieri. 

Cremona.  Vedi  Arte  e  Storia,  Buonanno  e  Sacchi. 

Cristoforo  Colombo  studiò  in  Paoia.  —  Pavia,  Succ.  Bizzoni  ,  1887^ 
pag.  12,  in-16  [Estr.  dal  Corriere  Ticinese,  1887,  N.  136]. 
Ai  molti  recentissimi  scritti  dell' Harrisse ,  del  Varaldo ,  dello  Staglienn 
e  d' altri  (elencati  nel  Giornale  Ligustico)  aggiungiamo  i  seguenti  meno 
noti:  l.**  Geleich  Eugen.  Columbus-Studien  (in  «  Zeitschrift  der  Gesellschaft 
fùr  Erdkunde»  di  Berlino,  voi.  22",  fase.  S"",  1887);  2."  Buet.  Les  Collabo- 
rateurs  de  Christophe  Colombo  (in  Recue  du  monde  latin  ,  ottobre  1887). 
3."  Las  cartas  que  escribiò  Cristóbal  Colon  sobre  el  descubrimiento  de  Ame- 
rica y  Testamento  que  hizo  à  su  muerte  (Paris,  Imp.  Bouret,  1887,  pag.  190, 
in-12)  e  4.*^  Harrisse  H.  Christoph  Colombus  in  Orient  (in  Centralblatt  filr 
Bibliothekwesen,  fase.  3**,  marzo  1888). 

Deecke  W.    lahresbericht    ùber    die    italischen    Sprachen,    auch  das 
Altlateinische  und    Etruskische,   fur  die  Jahre  1883-1885.    —    In 
Jahreshericht    ilher  die    Fortschritte   der    classischcn  Alterhums- 
icissenschaft,  di  Berlino,  13*  annata,  voi.  XLIV. 
L'A.  tien  conto  fra  altro  delle  pubblicazioni  del  Nissen   [«  Italische  Lan- 
(leskunde  »],  dello  Csórnig  [«  Die  alten  Vòlker  Oberitaliens  »]  (1),  del  PauUÌ 
f  «  Altitalische  Studien  »],  del  Bugge  [«  Etruskische  Forschungen  »]  e  d'altre] 
dì  Vittoria  Poggi,  d'  Elia  Lattes,  ecc.  —  [Vedi  Rie.  stor.  ital. ,  IV,  1887,1 
pag.  854]. 

(1)  Il  Pauli  annuncia  l'opera  dello  C/urnig  nella  Neue  riiilologisehe  lìundsehau  A 
di  Gotha  [1887,  N.  17]  come  lavoro  da  dilettante.  —Nella  Deutsche  Litteratur  Zeitunt/A 
di  Berlino  [N.  52,  1887]  cenno  critico  del  Bresslau  intorno  all'  opera  del  Galanti.  ]j 

I 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  165 

Delaborde  H.  Francois.  L'expódition  de  Charles  Vili  cn  Italie.  Hi- 
stoire  diplomatique  et  militaire.  Ouvrage  publió  sous  la  direction 
et  avec  le  concours  de  M.  Paul  d'Albert  de  Luynes  et  de  Chevreuse, 
due  de  Chaulnes.  Illustrò  de  3  photogravures,  de  2  chromolitogra- 
phies,  de  5  planches  tirées  à  part  et  de  138  gravures  dans  le 
texte.  —  Paris,  Firmin  Didot,  1888,  in-4,  pag.  VIII-699. 

Ne  riparleremo. 
—  Vedi  AntoUnì. 

Delarc  (l'abbé).  Le  pontificai  d'Alexandre  II.  —  In  Reoue  des  quc- 
stions  historiqucs,  V  gennaio  1888. 

Cfr.  il  cap.  II ,  a  pag.    40  e  seg.  :   «  Troubleé  de  l'église  de  Milan  —  Les 
Patare8>,  (1066-1073). 

De  Palo  Michele.  Bricciche  Virgiliane.  —  In  Rassegna  Pugliese,  di 
Trani,  N.  3,  22  febbraio  1888. 
Contro  gli  ((  Studi  Vergiliani  »  del  Patrizi  (Perugia,  1887). 

Deutsche  Reichstagacten  unter  Kónig  Ruprecht:  3.<«  Abtheilung 
1406-1410.  Herausgegeben  von  Weiszàcker.  —  Deutsche  Reichstag- 
acten unter  Kaiser  Sigismund  :  3.'e  Abtheilung  1427-1431.  He- 
rausgegb.  von  Dietrich  Kerler.  —  Gotha,  F.  A.  Perthes,  1887-88, 
2  voi.  in-4. 

Pel  periodo  dell'  imperatore  Sigismondo  cfr.  altresì  :  Finke  H.  Papst 
«regor  XII  und  Konig  Sigismund  im  Jahre  1414  [in  Rómisehe  Quartal- 
ehrift  far  rhristUche  Alterthumskunde,  anno  I,  fase.  IV,  1887]  e  Reiffèr- 
ìeheid.  Des  Kaiser  Sigismund  Buch  von  Eberhard  Windeck  und  seine 
leberlieferung  [in  Nachrichten  con  der  klg.  Gesellscha/t  der  Wissen- 
thaften,  di  Gòttingen,  18S7,  N.  18]. 

iarii  (I)  di  Marino  Sanuto.  Tom.  XXII,  fascicolo  99  [aprile  1516  — 
17  giugno  1516].  —  Venezia,  Tip.  Visentin!,  V  febbraio  1888,  in-fol. 
da  pag.  130  a  pag.  303 

He  Kirche  S.  Maria  dei  Mir.\cou  in  Venedig  [dell'arch.  Pietro  Lom- 
bardo]. —  In  Centralblait  far  Bauoenealtung,  N.  51,  1887. 

Hez  F.  Etymologisches  Wórterbuch  der  romanischen  Sprachen.  Mit 
einem  Anhang  von  Aug.  Scheler.  —  Bonn,  Marcus ,  1887  ,  pa- 
gine XXVI-866,  in-8  gr. 


166  BIBLIOGRAFIA. 


Dionisi  G.  B.  Ruggero  Giuseppe  Boscovich  nel  primo  centenario  della 
sua  morte.  —  In  Siudi  ed  Atti  dell'  Accademia  ecclesiastica  Mo- 
denese di  S.  Tommaso  d'Aquino  di  Modena.  II,  5,  1887. 

Discorso  letto  nel  seminario  di  Zara,  il  13  febbraio  1887.  [Cfr.  Boll.  Bi- 
bliogr.,  1887,  pag.  859]. 

Dionisotti  Carlo.  Le  famiglie  celebri  medioevali  dell'Italia  Superiore. 

—  Torino,  L.  Roux  e  C,  1887,  pag.  16-183,  in-8. 

Gap.  II:  Gli  Arduini  di  Pavia.  —  Gap.  Ili:  I  marchesi  di  Romagnano  e 
i  conti  di  Biandrate.  —  Gap.  VI:  I  conti  d'Asti.  —  Gap.  VII:  §  I.  I  conti 
di  Lomello.  —  Gap.  VIII:  La  famiglia  dei  Ghisalberti.  —  Gap.  X  :  I  conti  di 
Lecco.  —  Gap.  XI:  I  conti  di  Seprio.  —  Gap.  XII:  I  conti  di  Staziona.  — 
Gap.  XIII:  (ultimo)  Il  contado  di  Pombia. 

Documenti  relativi  al  processo  di  P.  Paolo  Vergerlo,  vescovo  di  Capo- 
distria.  —  Nella  Prooincia  delV Istria,  anno  XXI,  N.  19. 

—  Vedi  Boll.  Bibl,  1887,  pag.  859. 

[Duomo  di  Milano].  Die  erste  Wettbewerbung  fiir  die  Mailiinder 
Domfacade.  —  In  Ccntralblatt  fi'i"  Bauoerwaltung,  N.  50  (1887). 

[Duomo  di  Milano].    Ueber  das  Resultai  der  Vorconcurrenz  fiir  die 
Mailandischo  Domfacade.  —  In   Wochenschrift  des  ocsterr.  Inge- 
nieur  und  Architekten  Vereins,  di  Vienna,  N.  52,  30  dicembre  1887. 
Resoconto  delia  conferenza  del  prof,  Schmidt,  26  novembre  1887. 

[Duomo  di  Milano].    Die  Neugestaltung  der  Maildnder    Domfassade. 

—  In  Deutsche  Bauseitang,  N.  14  e  15  (1888). 

[Duomo  di  Milano].  Roconstruction  do  la  Fa<^ade  du  Dòme  de  Milan. 

Nel    giornale  La  Constructlon    moderne,  di  Parigi^  N.  13  e  14  , 

7  e  14  gennaio  1888. 
Traduzione  francese  della  Relazione  dell'  arch.  Boito  al  Giuri ,  accompa- 
gnata dalla  riproduzione  in  eliotipia  di  quattto  progetti  di  Rodolfo  Dick, 
Edoardo  Deperthes,  Luca  Beltrami  e  Giuseppe  Locati  e  del  disegno  del 
Gampanile  progettato  dal  Beltrami  a  riscontro  dell'  Arco  d' ingresso  della 
Galleria  V.  E. 

—  Vedi  Beltrami. 

Du  Rhóne  au  Pò  et  viceversa,  étude  militaire.  —  Limoges  et  Parisji^ 
impr.  Charles  Lavauzelle,  1887,  in-18,  pag.  14L 

—  Vedi  Perrin. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  ìG' 


Fagniez  G.  Lo  pére  Joseph  et  Richelieu.   La  próparation  de  la  rup- 
turc  ouverte  avec  la  maison  d'Autriche  (1632-1635).  —  In  Rcciie 
historiquc,  mars-avril  188S  [vedi  cont.  n."  prec.]. 
Per  gli  affari  di  Mantova ,  Valtellina  e  Grigioni.    Con  documenti  inediti. 
clV.  pag.  287-292. 

Feichenfeld  (F.).  De  Vergilii  Bucolicon  temporibus.  Diss.  inauguralis 
philologica.    —    Berlin,  Mayer  &  MuUer,  1887,  pag.  18,  in-8  gr. 

A  questa  dissertazione  Virgiliana  sarà  bene  aggiungere  i  seguenti  pro- 
grammi di  scuole  ginnasiali  dell'Austria: 

Matijecic  N.  Disputantur  non  nulla  de  Aeneide  Virgiliana  [Progr.  Gin- 
nasio di  Ragusa]  —  Siegel  E.  Die  «  Nomina  propria  >  mit  besonderer  Be- 
rùcksichtigung  der  griechischen  Formen  in  der  Aeneis  [Progr.  Ginnasio  di 
Budiceis].  —  Lechthaler  J.  Die  Darstellung  der  Unterwelt  bei  Homer,  Odyss. 
XI  und  Virgil,  Aen.  VI;  das  Verhaltniss  Virgils  zu  Dante:  dell'Inferno 
[Progr.  Ginnasio  di  Merano]. 

Ferrari  Sante.    Sordello  :    lettura   fatta    all'Accademia  Virgiliana  di 
Mantova    nella   prima    domenica   del    giugno  1887.  —  Mantova  , 
Mondovi,  1887,  pag.  37,  in-8. 
Dagli  A<<t  dell'Accademia  Virgiliana  [cfr.  Boll.  Bibliogr.,   1S87,  pag.  850]. 

Foscolo  Ugo.  Vedi  Howells,  Morsolin,  Race.  Milanese,   Ugoletti. 

Frey  Ernst.  Ein  Stùck  deutscher  Geschichte  und  Italien  im  Jahre  1818. 
Eine  Studio.  —  Dresden,  von  Grumbkow,  1887,  pag.  75,  in-8  gr. 
CtV.  altresì  :  Strats  Rudolph.  Die  Revolutionen  von  1848  und  1849  in  Eu- 
ropa geschicbtlich  dargestellt.  l'è-  Theil  (in-8.  —  Heidelberg  ,  Cari  Winter's 
Universitatsbuchlandlung,  1888)  e  Zótl.  Die  erste  Tiroler  Scharfschùtzen 
Compagnie  vom  Jahre  1848.  —  (Insbruck,  Wagner,  1887,  in-8  piccolo). 

Frizzoni    Gustavo.    Zur    Stuttgarter    Gemàldegallerie .  —  In    Kunst- 
chronik,  di  Lipsia,  N.  21,  1"  marzo  1888  e  prec. 
Quadri  di  Palma  Vecchio,  Cesare  da  Sesto. 

Gabotto  Ferdinando.    Giason  del  Maino    e   gli  scandali    universitari 
nel  quattrocento.  Studio.  —  Torino,    La  Letteratura,   1887,  pa- 
gine XVIII-304,  in-8. 
Se  ne  riparlerà  (1). 

(l)  Per  difesa  personale.  —  Il  sig.  Gabotto  a  pag.  30^  del  suo  «  Giasone  »  inveisce  contro 
•ii  noi,  trattandoci  d'ignoranti,  maligni  e  peggio  per  avere  osato  scrivere  in  un  prece- 
«ion'e  fascicolo  di  questo  Arehicio  (1887,  pag.  (507)  —  a  proposito  della  sua  Bibliografia 


168  BIBLIOGRAFIA. 


Gabotto  F.  e  Badini  A.  Atto  di  morte  di  Giorgio  Menila.  —  In  La 
Letteratura,  di  Torino,  15  febbraio  1888. 

Gabotto  F.  La  personalità  politica  di  Gerolamo  Morene.  —  In  Gaz- 
setta  Letteraria,  di  Torino,  N.  4,  28  gennaio  1888. 
A  proposito  del  libro  del  Gioda  sul  Morene,  leggesi  una  recensione,  troppo 
laudativa,   del   prof.  Romano,    nel   Corriere    Ticinese,  di    Pavia,  N.  28 ,  6 
marzo  1888. 

Gabrieli  Andrea.  Curiosità  manzoniano.  Spigolature.  —  Napoli,  A.  Mo- 
rano, edit.,  1888,  pag.  151,  in-16. 

Gabrielli  Annibale.  Un  episodio  della  «  Gerusalemme  »  recato  su  la 
scena.  —  In  Cassetta  Letteraria,  di  Torino,  N.  10,  1888. 

Garibaldi  Denkmàler  in  Oberitalien.  Nella  liunst  Chronik,  di  Lipsia , 
N.  14,  12  gennaio  1888. 
Cfr.  r  articolo  d'egual  titolo,  eccessivamente  sarcastico,  di  Roberto  Stiassug, 
nell'Appendice  della  Neue  Freie  Presse,  di  Vienna,  del  5  novembre  1887. 

Garibaldi.  Memorie  autobiografiche.  — Firenze,  G.  Barbèra,  1888,  in-lG. 

Ne  discorsero,  tra  altri,  R.  Bonfadini  nelV  Illustrazione  italiana,  di 
Milano,  N.  11 ,  4  marzo  1888  [«Giuseppe  Garibaldi  e  le  sue  memorie»]  , 
P.  Valbert  nella  Recue  des  deux  Mondes,  1"  marzo  1888  [«  Les  Mémoiro^-. 
de  Garibaldi  »,  pag.  202-213] ,  Karl  Blind  nella  Contemporary  Reciea  .. 
marzo  1888,  Edoardo  Rod  nella  Nouvelle  Recue  (1  marzo,  888)  e  Jack  la 
Bolina  nella  Rivista  Contemporanea,  di  Firenze  (N.  3,  marzo  1888.)  — 
Ctr.  altresì  la  Nuova  Antologìa  {V  marzo 


Gazzetta  Numismatica,  diretta  dal  dott.  Solone  Ambrosoli,  anno  VI. 
—  Como,  Franchi,  1888,  N.  12. 

Sommario  :  Rossi  Umberto.  La  patria  di  Sperandio.  —  Motta  Emilio.  Do- 
cumenti numismatici  [Maffeo  da  Givate,  maestro  della  Zecca  di  Desana  (1525). 

Giasoniana  comparsa  nel  Bibliofilo  —  che  a  quel  saggio  ricco  di  34  opere  edite  in  più 
e  più  edizioni  noi  eravamo  già  in  grado  di  aggiungerne  due  dell'  anno  1498,  per  la  prima_ 
parte  dell'  Inforzìato  e  la  seconda  del  Digesto  vecchio.  Se  il  signor  Gabotto  si  fos 
data  la  pena  di  interpellarci  direttamente,  anziché  d'insolentire  dopo,  noi  gli  avremmi 
esibiti  più  che  volontieri  i  documenti  a  prova  del  nostro  asserto,  documenti  che  vedranno 
la  luce  in  un  nostro  lavoro  sulla  tipografìa  milanese  nel  quattrocento,  e  ch'egli  non  po- 
teva di  certo  scoprire  così  subito  nell'Archivio  di  Stato  milanese,  dove,  per  uno  studio 
così  importante  come  quello  intorno  al  del  Maino,  egli  non  soggiornò  che  la  parte 
tre  giornate!  Ma  il  signor  Gabotto,  che  di  presunzione  non  manca,  dà  facilmente  de 
r  ignorante  a  chi  non  la  pensa  a  suo  modo. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  169 


—  Il  marchese  Rolando  Pallavicini  falsifica  monete  tedesche,  genovesi  e  sa- 
voine  (1452).  —  Ritrovo  di  monete  e  medaglie  sul  Novarese  nel  1460.  — 
Casse  di  ferro  per  custodia  dei  denari  del  Duca  di  Milano  (1469  e  1473).  — 
Rame  della  Zecca  milanese  per  la  fusione  di  una  campana  del  Duomo  di 
Milano  (1477).]  —  Rassegna  bibliografica  [di  Umberto  Rossi  ^  intomo  al 
r  opera  del  Plon  :  «  Leone  Leoni ,  ecc.  »].  —  Notizie  :  La  Raccolta  Ambro- 
soli  [donata  al  Musco  Civico  .\rcheologico  di  Como  (1)]. 

Gianandrea  Antonio.  Il  palazzo  del  Comune  di  Jesi.  Monografia,  con 
disegno  di   Guido  Landi.  —  Jesi ,  Stab.  Tipo-litogr.  U.  Rocchetti , 
1887,  in-4,  pag.  54,  con  5  tav. 
Cfr.  gli  Appunti  in  questo  Archicio. 

Giornale  di  Erudizione ,  diretto  da  Filippo  Orlando.  —  Firenze , 
Bocca,  1887. 

N.  5-6,  dicembre  1887  e  7-8,  gennaio  1888:  Torquato  Tasso  [richiesta  di 
documenti,  fonti,  ecc.,  intorno  al  poeta,  da  parte  di  Angelo  Solerti,  occu- 
pato a  tesserne  la  vita  documentata].  —  Menechino  [Risposte  circa  la  do- 
manda fatta  nel  N.  1,  cfr.  il  nostro  Boll.  Bibliogr. ,  1887,  pag.  862].  — 
Armeria  Uboldo  [risposta  di  E.  Mottà\.  —  Biblioteca  rara  del  Daelli  [Elenco 
fornito  da  B.  M.]  —  Ribliografia  Giordaniana  [aggiunte  di  Emilio  Costa  a 
'luanto  già  pubblicato  nel  cessato  Giornale  dei  curiosi^  —  Giorgio  Merula 
e  le  sue  polemiche  [notizie  chieste  da  F.  Gabotto  per  un  suo  lavoro  intomo 
a  quel  letterato]  —  Gli  amori  di  Carlo  Gonzaga,  duca  di  Mantova  e  della 
contessa  Margherita  della  Rovere  [libro  pubblicato  sotto  il  nome  di  Giuho 
Capocoda,  ma  da  taluni  attribuito  a  Gregorio  Leti.  È  stata  definita  la  que- 
sstione  ?]  —  Università  italiane  [bibliografìa] . 

[Gonzaga].  Il  Parentado  fra  la  principessa  Eleonora  de'  Medici  e  il 
principe  don  Vincenzo  Gonzaga,  e  i  cimenti  a  cui  fu  costretto  il 
detto  principe  per  attestare  come  egli  fosse  abile  alla  generazione  : 
documenti  inediti ,  tratti  dal  R.  Archivio  di  Slato  di  Firenze , 
voi.  I-III  (ultimo).  —  Firenze,  Giornale  di  Erudizione,  edit.  1887-88, 
pag.  1-292. 

Bibliotechina   grassoccia ,    edita   da    F.    Orlando    e    G.    Baccini ,    N.    5-7 
;cfr.  :  Boll.  Bibliogr.,  1887,  pag.  879-90]. 
—  Vedi  ArmeSy  Chéruel,  Molinier,  Neri,  Ricci. 


(i)  Alla  Gazzetta  numismatica  di  Como  è  subentrata  in  Milano  sotto  la  direzione  del 
medesimo  dott.  S.  Ambrosoli  la  Rivista  italiana  di  numismatica  della  quale  più  avanti 
si  esiljisce  il  sommario  del  primo  fascicolo. 


170  niBLIOGRAFIA. 


[Griflfìni].  In  memoria  del  Dott.  Cavaliere  Romolo  Griffini.  —  Milano, 
Tip.  Bernardoni,  1888,  pag.  86,  in-8,  con  ritr. 

[Guastalla,  Col.].  Relazione  alla  Onorevole  Giunta  Municipale  di  Mi- 
lano, 28  dicembre  1887  (per  .1' acquisto  deW  Archioio  Bcrtani).  — 
Milano,  Tip.  Bernardoni,  1887,  pag.  12,  in-4. 

Guillemaud  Jacques.  Los  inscriptions  Gauloises.  Nouvel  essai  d'in- 
tcrprétation.  [III.  Inscription  de  Voltino  (cont.  e  fine  num.  proce- 
dente). —  IV.  Inscription  de  Verone].  —  In  Reouc  Archéologiquc , 
novembre-dicembre  1887. 

Cfr.  ;  Bollett.  Bibliogr..  1887,  pag.  863. 

Guyard  de  Berville.  Histoire  du  chevalier  Bayard,  sans  peur  et  sans 
reprocho.  8^  edit.  —  Paris  et  Lille,  Lefort,  1887,  in-12,  pag.  191 
et  grav. 

Hardy  de  Perini,  Etudes  militaires  historiques  :  Bayard  (1495-1524), 
2"^  edit..  —  Paris,  Impr.  Baudoin  et  C.'«  ,  1887,  pag.  84,  in-8, 
con  29  fig.  e  ritratto. 

Horawitz  A.  Zur  Geschichte  des  Humanismus  in  den  Alpenlàndern. 
II.  III.  —  Wien,  Gerold  Sohn,  1887. 

Cfr.:  Boll.  Biblogr.,  1886,  pag.  487. 

Howells  William  D.  Modem  Italian  Poots.  Essays  and  Versions.  — - 
Edinburgh,  David  Douglas,  1887,  in-8. 

A  pag.  25-50  :  G.  Parini  ;  pag.  102-126  :  Vino.  Monti  ed  Ugo  Foscolo  (con 
ritratti),  pag.  126-174:  A.  Manzoni  (idem);  pag.  175-195:  Silvio  Pellico, 
T.  Grossi ,  L.  Carrer  e  Gio.  Berchet  (con  ritr.  del  Grossi)  ;  pag.  360-368  : 
G.  Carcano,  A.  Fusinato  e  L.  Mercantini. 

Ilg  Albert.    Eine    Biistc    des    Girolamo    Fracostero    und    die  Werk% 
Leone    Leonis   in   der   kaiserlichen    Kunstammlung.  —  In   Ja/ir-j 
huch  der  kunsthistorischen  Sammlungen  des  allerhóchsten  Kaiser- 
haiises  etc,  voi.  V.  —  [Wien,  Adolf  Holzhausen,  1887]. 

Due  ritratti  di  Carlo  V  e  uno  della  regina  Maria  di  Ungheria. 

Illmann  Ph.    De  Tibulli    codicis    Ambrosiani  auctoritate.    Diss.  inai 
guralis.  —  Berlin,  Mayer  A  Miillcr,  1887,  in-8  gr.,  pag.  85. 


1!  M.i.i:  I  riNi)   DI   BiBLlO<;i;  \i  !A   sroinrA    :  a.  171 

Inama  prof.  Virgilio,  rimmomoi aziono  del  Comm.  Bernardino  Bion 
delli.  —  In  HeiuUronti  dell'  Istituto  Lombardo  ,    voi.  XXI ,  fasci- 
colo I,  1888,  pag.  2G-51. 
Con  r  elenco  di  38  pubblicazioni  a  stampa  del  Biondelli. 

Indicatore  (I/)  Mirandolese.  —    Mirandola,   Tip.  Cagarelli ,    N.  2, 
febbraio  1888. 

11  sac.  Ceretti,  discorrendo  del  rettore  dell'Università  di  Bologna,  Lodo- 
vico de' Pedocca  della  Mirandola  (U90),  riporta  il  documento  milanese  da 
noi  edito  in  questo  Arch.  Storico  (1887,  pag.  839),  a  proposito  della  recen- 
sione dell'opera  del  Malagola  :  «  I  Rettori  dell'Università  di  Bologna.» 

Intra  G.  B.  La  Camilla  di  Virgilio  e  la  Clorinda  di  Torquato  Tasso: 
memoria.  —  Mantova,  Mondovi,   1887,  pag.  17,  in-8. 
Dagli  Atti  dell'  Accademia  Virgiliana    [cfr.  :    Boll.  Bibliogr. ,    1887  ,  pa- 
gina 850J.  —  Anche  in  La  Flora  del  Mincio,  n}  5,  6  e  seg.,  1888. 

Intra  Giambattista.  II  sacco  di  Mantova.    Romanzo  storico.    4*  edi- 
zione riveduta  ed  ampliata.  —  Mantova,  Stab.  Tip.  Eredi  Segna, 
1888,  in-lG,  pag.  388. 
Estratto,  sebben  non  avvertito,  dal  giornale  mantovano  II  Mendico.  —  Nel 

medesimo  foglio  [N.  4,  1S8S]  è  principiata  la  ristampa  dell'altro    racconto 

storico  dell'  Intra  :  La  Della  Ardiszina. 

Intra  Q.  B.  Vergilio  o  Virgilio?  —  In  La  Flora  del  Mincio,  di  Man- 
tova, anno  li,  X.  3  (1888). 
—  Vedi  Arte  e  Storia. 

Leonardo  da  Vinci.    Vedi  Archicio    Storico    dell'  Arw  ,  Phillimorc  , 
Y riarte. 

Leoni  Leone.  \'odi  lUj. 

Lettere  inedite  di  Giuseppe  Torelli  a  Massimo    d'  Azeglio.    —    Nella 
Rassegna  Xa^ionalc,  di  Firenze,  N.   1  e  Kì  gennaio  1888. 
33  Lettere  dal  1S51  al   IS65. 

Lettres  de  Louis  XI.  Tome  III  publió  par  MM.  Vaesen  et  Charaoay. 
[Publications  de  la  Société  de  l'histoire  de  Franco].  —  Paris,  1888. 

Comprende  <iuesto  volume  le  lettere  dal  1465  al  1469,  molte  delle  quali 
indirizzate  al  duca  di  Milano.  —  Per  l'epoca  di  Luigi  XI  e  Luigi  XII  con- 
sultare anche:  lì.  de  .Matilde:       La  mère  de   Louis  XII:  Marie  de  Clèves, 


172  BIBLIOGRAFIA. 


duchesse  d'Orléans»,  in  Reoue  hisforique ,  I,  1888;  Baet  Charles.  Lcs 
raensonges  de  l'histoire  :  Louis  XI  et  l'unite  frangaise  etc.  (Lille-Paris,  Lefort, 
in-8,  pag.  299),  e  Zeller  B.  et  A.  Luehalre:  «  Louis  XI  et  la  maison  de 
Bourgogne  »    —  (Paris,  Hachette,  1887,    pag.  187,  in-16). 

Liebenau  doct.  Th.  Dio  projectirte  Miinzlvonvention  zwischen  Trivulzio 
und  den  Waldstàtten  (1516).  —  In  Bulletin  de  la  Socicté  suisse 
de  Nutnismatique,  di  Basilea,  N'.  10-11,  1887. 

Lochis  conte  Carlo.  Un  patrizio  bergamasco  conte  palatino  e  colon- 
nello al  servizio  di  S.  M.  il  Re  Cristianissimo.  [Estratto  dal  Notizie 
Patrie,  1888].  —  Bergamo,  Tip.  Pagnoncelli,  1888,  in-24,  pag.  155. 
Il  conte  Galeazzo  Boselli,  decapitato  a  Milano  nel  1705.  —  Cfr.  la  Biblio- 

ijrajia  in  questo  Archwio. 

Lodi.  Vedi  Agnelli,  Almanacco  Laudensc ,  Arch.  storico  Lodigiano  , 
Arte  e  Storia,  Bignami. 

Lund  T.  W,  M.  Como  and  Italian  Lake-Land,  —  London  ,  W.  H. 
Alien  e  C.°,  1887,  in-8  ili.,  pag.  IX-515. 

Di  questa  guida  consacrata  specialmente  alla  storia  ed  all'  archeologia 
della  Lombardia ,  e  con  taluni  particolari  curiosi  od  interessanti ,  diamo  a 
miglior  cognizione  del  lettore  1'  elenco  dei  capitoli  : 

Pontresina  to  Varenna  —  Varenna  —  The  conventional  Round  of  the 
Lake  of  Como  —  Isola  Comacina  —  Isola,  Madonna  del  soccorso  and  Lenno 

—  Cadenabbia  —  Menaggio  —  Gravedona  —  The  Cainallo  Pass  —  Pian 
di  Tivano  and  Val  Assina  —  Villa  Pliniana  and  Torno  —  Val  Intelvi  and 
Monte  Generoso  —  Como  —  Saronno  —  S.  Pietro    di    Givate  —  Bergamo 

—  Lakes  of  Iseo  and  Garda,  and  Brescia  —  Milan  —  S.  Ambrose  —  Leo- 
nardo da  Vinci  —  Carlo  and  Federico  Borromeo  —  The  Cathedral  (of  Milan) 

—  The  Heart  of  Milan  —  The  Ambrosian  Library  —  The  Brera  Picture 
Gallery  —  The  Archaeological  Museum  —  Poldi  Pezzoli  Museum,  Palazzo 
Melzi,  and  S.  Maurizio  —  S.  Ambrogio  —  S.  Maria  delle  Grazie  —  A 
ramble  in  Milan  —  Chiaravalle  —  The  Certosa  of  Pavia  —  Lugano  and 
Varese  —  Lago  Maggiore  —  Orta  —  Varallo  —    Vercelli  and  Novara. 

Delle  incisioni  notiamo  la  Vergine  col  Bambino  del  Luini ,  a  Brera,  il 
ritratto  della  principessa  Cristina  Trivulzio ,  Medea  Colleoni,  a  Bergamo,  e 
Gaston  de  Foix,  al  Museo  archeologico  di  Brera  ;  e  schizzi  di  arcat^ 
S.  Gottardo  di  Milano  e  di  decorazioni  alla  Certosa  di  Pavia. 

Mackail  I.  W.  Virgil  in  cnglish  Verse.  —  In  Macmillan' s  Magasi 
gennaio  1888. 
Aggiungi:  Sir  C.  Bomen's  Translation  of  Virgil  neìV  Atlienaeum,  n.  31^ 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  173 

Mcigenta  prof.  C.  Studi  su  Ennodio.  —  In  La  Letteratura,  di  Torino, 
N.  2,  15  gennaio  1888. 
Favorevole  all'opera  del  sac.  Magani  su  Ennodio.  —  (Pavia,  Fusi,  3  voi  ). 

[Malagrida].  \5n  monumento  al  Padre  Malagrida.  —  In  Cieiltà  Cat- 
tolica, quaderni  901,  904  e  906  (1888). 

Malamani  Vittorio.  Il  Leopardi  e  l'Austria.  —  Nella  Cronaca  Rossa, 
di  Milano,  N.  19,  febbraio  1888. 
A  proposito  della  Cansone  ad  Angelo  Mal. 

Manfredi  C  Saggio  di  storia    reggimentale.  —    In    Ricista    militare 
Italiana,  di  Roma,  disp.  9 ,  settembre  1887. 
Il  1**  Regg.**  fanteria  nelle  campagne  1859  e  1860-61. 

"Mantova] .  Cuspide  di  selce  del  Mantovano.  —    Ascia  di    bronzo  ad 
alette  del  Mantovano.  —  Nel  Ballettino  di  paletnologia  italiana, 
di  Parma,  anno  XIII ,    N.  11-12,   novembre-dicembre    1887,  pa- 
gine 205-206. 
Dal  «  Territorio  sermidese,  ecc.  »  del  prof.  Mantovani. 

[Mantova].  Die  Eimveihung  des  Denkmals  oesterreìchischer  und  fran 
zòsischer  Krieger  bei  Mantua.  —  In  Allgemeine  Militar  Zeitung, 
n.  6  (1888). 

Mantova.  Vedi  Arch.  storico  dell'  Arie,  Bertolotti,  Ceretti ,  Ferrari, 
Gazs.  e  Rio.  numismatica,  Gonzaga,  Intra,  Molinier,  Montecerdi, 
Neri,    Palazzi,   Phillimore,   Saoiotti,    Tomann,    Venturi,   Virgilio. 

Manzoni.  Bontà  e  bellezza  o  brani  dei  «  Promessi  Sposi  »  nel  doppio 
testo  del  1827  e  del  1840,  con  avvertimenti,  note  ed  osservazioni 
di  Solcatore  Malato-Todaro.  —  Palermo,  L.  Pedone-Lauriel,  1888, 
pag.  511,  in-16. 

Manzoni.  Vedi  Antona-Traoersi,  Balsimelli^  Barone,  Gabrieli,  Ho- 
icells.  Padiglione,  Phillimore,  Scherillo,  Scola,   Torelli  e  Zingonc. 

Mari^ol.  Un  lettre  italien  à  la  cour  d' Espagne  (1488-1520),  Pierre 
Martyr  d'  Anghera,  sa  vie  et  ses  oeuvres.  —  Paris,  Hachette  e  C, 
1887,  pag.  XVI-239,  in-8. 

Martinengo  Cesaresco  countess.  The  peasant  in  North  Italy.  —  In 
Scottiseli  Rccicv,  gennaio  1888. 


174  Bn3Mor.i;Ai'i  \. 


Massarani  Tulio.  Carlo  Tenca  e  il  pensiero    civile    del    suo    tempo. 

Seconda  edizione.  —  Milano,  Ulrico  Hoepli,  1887,  pag.    VII -435, 

in-lG  con  ritratto. 
Recensioni  di  Gabrielli  di  questa    ristampa  e  di    «luella    degli    scritti  del 
Tenca  nel  giornale  L'Opinione,  di  Roma,  N.  27,  febbraio  1888. 

—  Vedi   Tenca. 

Maulde  (de)  R.  Les  ducs  d'Orlóans  en   Lombardie   avant  Loiiis  XII 
(1387-1483).  In  Reouc  d'histoire  diplomatique,  anno  II,  N.  1,  1888, 
pag.  62  a  89. 
Sarà  continuato.  Lo  studio  giunge  fino  al  1461. 

—  Vedi  Robinson. 

Maurice  (C.  Edmund).  The  revolutionary  movements  of  1848-49  in 
Italy,  Austria-Hungary  and  Germany.  With  some  Examination  f- 
the  previous  thirty-three  yoars.  —  London,  Bell  and  Sons,  1887, 
in-8,  pag.  540  con  ili. 

Mauro  Matteo  Augusto  e  Basilio    Magni.    Storia   del    parlamento 

italiano,  dedicata  a  S.  M.  Umberto  I,  Nona  e  decima  legislatura, 

sessioni  del  1865-66-67.  Voi.  IV,  parte  I  e  II  e  voi.  V,  parte  I 

disp.  213-292.  —  Roma,  Tip.  della  Camera  dei  Deputati,  1887,  in-8. 

Contiene  la  biografia  di  Giuseppe  Mussi. 

[Mazzuchelli].  Bencdeito  Marcello.  Il  teatro  alla  moda,  premessovi 
alcune  illustrazioni  ed  annotazioni  per  Andrea  Tessier  e  la  biografia 
dettata  dal  conte  Giammaria  Massachelli.  —  Venezia,  Tip.  del- 
l'Ancora, 1887,  pag.  126,  in-16. 

Menechmi  e  Menechini.  —  In  Ricista  Contemporanea,  di  Firenze  , 
N.  2,  febbraio  1888,  pag.  406-407. 
Cenno  riprodotto  dal  Giornale  di  erudisione,  N.  5-6  (1887).  —  Vedi  alla 
lettera  G. 

Merlino  Giov.  Emilio.    Testimonianze    intorno   a    Fra    Dolcino,    — 

In  Museo  storico  ed  artistico    Valsesiann,  di    Varallo ,    serio  III, 

N.  12  (febbraio  1888). 

Importante. 

Merula  Giorgio.  Vedi  Gahotio. 

Meyer  d.'^  Joannes  und  Stàhelin  Hermann.  Die  pàbstliclic  Fahne  der 
Stadt  Frauenfeld  vom  Jahre  1512.  Mit  2  Abbildungen.  — •  In  Thar- 


BOLLETTINO    ni    BIBLIOGRAFIA    STOnKA    LOMBARDA.  175 


gauische  Beitrage  sur   Vatcrldndischcn  Gcschichtt',  di   Frauenf(^'(l 
(Svizzera)  fase.  27",  1887,  pag.  144-109. 
—  Vedi  Mdlinen. 

Meyer  W.  Recensione  [favorevole]  dell'  opera  del  Seifert  «  Glossar  zu 

den  Gedicliten  des  Bonvesin  da  Riva.  »  —  Nel  Literaturhlatt  fur 

Germantsche   iind   ronianischc   Philologie,    di    Heilbronn  ,  N.    0 , 

giugno  1887. 

Altra  bibliografia  del  medesimo  libro,  per  Bertoldo  Wiese,  nella  Deutsche 

Literaturseitunrj ,  di  Berlino,  N.  7,  18  febbraio  1888. 

Michelet  J.  Francois  I  et  Charles  Quint  (1515-1547).  0  édition.  ~ 
Paris,  librairie  Hetzel  et  C. ,  1887,  pag.  t27,  in-16  gr.,  ili. 

[Milano].  Nuovi  acquisti  nella  Pinacoteca  di  Brera.   —  Nella   Perse- 
veranza, gennaio  1888. 
Un  ritratto  del  pittore  veronese  Francesco  Torbido,  detto  il  Moro,  un  quadro 
del  Civerchio  ed  uno  del  Borgognone. 

[Milano]  Die  Aebtissin  von  St.  Ansgari  zu  Mailand  —  In  Dahcinx,  di 
Stoccarda,  N.  23,  1888. 

Milano.  Vedi  Arrighi,  Arte  e  Storia,  Bclgiojoso,  Bersesio,  Bertolotti, 
Bianchi,  Brun,  Caneca,  Cantit,  Ceruti,  Chirtani,  Delare,  Duomo  di 
Milano,  Guastalla,  Lund,  Massarani,  Mauro,  Menechmi,  Neri, 
Paglicci,  Forati,  Raccolta  milanese,  Robinson  .  Roostcclt ,  Vischi, 
Vita ,    Yriarle.  >, 

Miller.  Die  Weltkarte  des  Castorius ,  genannt  die  Peulinger'sclie 
Tafel.  Einleitcnder  Tcxt  und  Atlas.  —  Ravensburg ,  Maier,  1888, 
in-8  con  atlante  di  23  fogli  in-4  grande. 

Mole  (C.t'i).  Les  Cent  jours.  —  Le  ballet  du  Pape.  —  In  Recito  de 
la  rèoolution,  gennaio  1888. 

Molineri  G.  C.  Un'  attrice  del  secolo  XVI  :  Isabella  Andreini.  —  Nella 
Strenna  della  Gazzetta  Piemontese  per  l'anno  1888. 

Molinier  Emile.  La  falence  à  Venise.  Nell'ylr^,  di  Parigi,  N.  564,  1887. 
Piatti  e  vasi  al  Museo  Correr,  eseguiti  per  la  marchesa  Isabella  Gonzaga 
d'  Este. 

Montsverdi  Claudio.  Leben,  Wirken  im  Lichte  der  zeitgenòssischen 
Kritik  von  Emil  Vogel.  —  Nella  Vicrteljahrssehrift  fur  Musih- 
tcisscnschaft,  di  Lipsia  (edit.  Breitkopf)  1887. 


176  BIBLIOGRAFIA. 


Monza.  Vedi  Casati  e  Race.  Milanese. 

[Morelli].    Der    Anonimo    Morelliano.    (Marcanton    Michiel's   Notizia 
d'opere    del   disegno)    I.  Abteilung.    Text  und  Uebersetzung    von 
Frimmel.  —  Wien,  Graesor,  1888,  pag.  XXIX-126,  in-8. 
Quellenschriften  fùr  Kunsfcgeschichte,  Neue  Folge,  I. 

Mòrone  Gerolamo.  Vedi  Canini,  Gabotto. 
Cfr.  i  Cenni  bibllograflci  in  questo  Archioio. 

Morsolin  Bernardo.  Tito  Perlotto  e  Ugo  Foscolo.  —  In  Ateneo 
Veneto,  settembre-novembre  1887,  pag.  223-244. 

Motta  Emilio.  Saggio  di  una  Bibliografia  agricolo-forestale  del  Can- 
tone Ticino.  [Estratto  deìV  Agricoltore  Ticinese,  fase.  23-24].  — 
Lugano,  Tip.  Veladini,  1887,  pag.  32,  in-8  gr. 

A  pag.  6-7  elenco  delle  pubblicazioni  dell'agronomo  avv.  Berrà,  morto  a 
Milano  nel  1835.  A  pag.  15-18  bibliografia  della  «  Derivazione  delle  acque 
del  Ceresio  »  per  l' irrigazione  della  pianura  Lombarda. 

Motta  Emilio.  Il  privilegio  del  Duca  di  Milano  per  la  stampa  delle 
«  Prose  »  del  Bembo  [12  agosto  1525].  --  Nel  Bibliofilo,  di  Bo- 
logna, N.  11-12,  novembre-dicembre  1887. 

Motta  E.  Documenti  numismatici.  Estratto  dal  N.  12,  anno  VI,  della 
Gazzetta  Numismatica,  del  dott.  S.  Ambrosoli.  —  Como  ,  Tipo- 
grafia Carlo  Franchi,  1887,  pag.  0,  in-8. 

Motta  E.  Die  Mailiinder  Korrespondenz  von  1499.  —  In  Anseigerfur 
Schweiser  Geschiehte,  N.  6,  1887. 

Mùlinen   (von)   d.""   W.    F.    Geschiehte    der    Schweizer    Sòldncr    bis 
zur  Errichtung  der  ersten  stàndigen  Garde,  1497.  Dissertation.  — 
Bern,  Verlag  von  Huber  und  C.'c,  1888,  in-8  gr.,  pag.  XI-184. 
—  Vedi  Meyer. 

Mùnch    Arnold.    Regesten    der    Grafen    von    Habsburg    der   Laufon- 
burger  Linie,  1198-1408.  Zweiter  Theil.  —  Nella  rivista  Argoma, 
voi.  XVIII  (Aarau,  1888). 
Cfr.  il  §  IV.  Rapporti  del  conte  Giovanni  d'Habsburg  coi  Visconti  (1364- 
137^).  —  Questa  memoria  del  Milnch  contiene   un'introduzione  diffusa    in- 
torno alle  compagnie  di  ventura  in  Italia  nel  secolo  XIV,  ma  senza    nuovi 
documenti. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  177 

Muratcri  L.  A.  Vedi   Vischi. 

Neri  Achille.  Un  mazzetto  di    curiosità.  —    In    Giornale   Ligustico  , 

fase.  XI-XII,  novembre-dicembre  1887. 

A  pag.  436-37  un  curioso  documento  mantovano,  una  lettera  del  cardinale 

li-cole  Gonzaga  a  Francesco,  figlio    di  Ferrante  Gonzaga.   [Mantova,   5  di- 

_mbre  1558],  a  proposito  di  una  femmina  spiritata  «  la  qual  dice  d' bavere 

,  IJosso  r  anima  del  S.r   mie  fratello  »,  ecc. 

.\  pag.  441  un  biglietto  dell'imperatore  Giuseppe  II  al  marcii.  Bartolomeo 
Calderari,  il  cui  nome  figura  negli  elencbi  dei  patrizi  milanesi  della  fine  del 
secolo  scorso  e  dei  primi  del  nostro.   [Documenti  degli  Archivi  di  Firenze]. 

Nisard  Charles.  Guillaume  du  Tillot.  Un  valet  ministre  et  secrétaire 
d'Etat  >  épisode  de  l'histoire  de  France  en  Italie  de  1719  à  1771. 

—  Paris,  OUendorff,  1887,  in- 12. 

Nò  Ch.  Les  Carbonari,  ou  l'Italie  en  1829,  drame  ea  5  actes  et 
sept  tableaux,  précède  d'une  étude  historique  sur    les    Carbonari. 

—  Paris,  Ollendorff,  1887,  pag.  204,  in-18. 

Noiret  H.  Huit  lettres  inédites  de  Démétrius  Chalcondyle.  —  In  Mé- 
langcs  d"  archeologie  et  d'histoire  [École  francaise  de  Rome]. 
VII  anno,  fase.  V,  dicembre  1887,  pag.  472-500. 

Nolhac  P.  (de\  Los  correspondants  d'  Aide  Manuce.  Matériaux  nou- 

veaux  d' liistoire  littéraire.  —  In^Studi  e  documenti    di  storia    e 

diritto,  di  Roma,  anno  VIII,  fase.  5-4,  luglio-dicembre  1887. 

Lavoro  che  sarà  continuato.  —  Delle    46    lettere   qui    pubblicate ,  le   più 

sono    tolte    dall'  Ambrosiana.   Due    sono    da  citarsi   specialmente  :    l' una    di 

"irolamo  Varadeo,  Cancelliere  ducale   in    Milano,  del  luglio  1498    [cfr.  pa- 

_ina  260]  e  l'altra  del  Fontano  diretta  a  Soardino  Scardo  di  Bergamo,  da 

Napoli  31  dicembre  1502  [cfr.  pag.  280]. 

Nottenbohm  Wilhelm.  Montecuccoli  und  die  Legende  von  S.'  Gothard 
('1164).  —  Berlin,  Gaertner,  1887,  in-4  gr.,  pag.  28. 

Nuovo  Statuto  orgardco  della  Società  storica  Lombarda  con  sede 
in  Milano.  Approvato  nell' Adunanza  generalo  deli*8  gennaio  1888, 

—  Milano,  Tip.  Bortolotti,  1888,  pog.  8,  in-8. 

Oberitalien  und  Florenz.  Pralctisches  Reisehandbuch.  3.**^  Auflage, 
neu  bearbeitet  von  E.  Ribbach.  —  Berlin,' Albert  Goldschmidt,  1888. 
Griebens  Reise  BiI)liothek. 
—  Vedi  Land. 
Arch.  Star.  Lomb.  —  Anno  XV.  12 


178  BIBLIOGRAFIA. 


Padiglione  C.  Famiglia  Manzoni;  l'icordi  storici,  —  Napoli,  Tipogr, 
Francesco  Giannini  e  figli,  pag.  55,  in-8,  con  tavola. 

Padoa  A.  La  società  di  mutuo  soccorso  ,  di  cooperazione  ed  istru- 
zione fra  gli  operai  di  Gallarate,  durante  il  ventennio  1866-1886. 
In  Rivista  della  hcncficcnsa  pubblica,  di  Roma,  anno  XVI,  N.  1, 
31   gennaio  1888, 

Paglicci  Brezzi  A.  Un    saggio    della    censura   teatrale    austriaca    in 
Milano  nell'anno  185.3.  —  In  La   Scena   Illustrata,  di   Firenze, 
N.  4,  15  febbraio  1888. 
A  proposito  della  cantata  «  Elena  e  Titania  »  di  Giulio  Carcano,  musicata 

pel  teatro  dei  Filodrammatici  in  Milano  e  rappresentatavi  agli  11  luglio  1853 

per  l'inaugurazione  di  un  busto  del  Metastasio.  11  P.  dà  i  brani  censurati  e 

quelli  sostituiti. 

Palazzi  G.  P.  Lo  poesie  inedite  di  Sordello.  —  In  Atti  del  R,  Isti- 
tuto Veneto  di  scienze  e  lettere  ,  tomo  V,  serie  VI,  disp.  10.  — 
Venezia,  Antonelli,  1887, 

Palumbo  V.  D.  Credenze   intorno  a    Virgilio.    —    Nel    giornale    La 
Coltura  Salentina,  di  Lecce,  N.  1-2,  1"  marzo  1887. 
Vedi  anche  «  Le  tombeau   de    Virgile  »,  in  Courrier    de     Vaugelas ,    no- 
vembre 18S7. 

Paolucci  G.  L' idea  di  x\rnaldo  da  Brescia  nella  riforma  di  Roma,  — - 
—  Nella  Rioista  storica  italiana,  di  Torino,  fase.  IV,  1887  ,  ot- 
tobre-dicembre. 

Pavia.  Vedi  Bellio,  Buonanno,  Colombo  Cristoforo,  Dionisotti,  Gabotto, 
Magenta,  Schrnidt,    Vita. 

Periodico  della  Società  Storica  per  la  I^rooincia  e  Antica  Diocesi  di 
Como.  Voi.  6,  fase.  21-22.  —  Como,  Ostinelli,  1888. 
Sommario:  Barelli  can.  Vtncenso.  Ponna  in  Valle  d'  Intelvi.  —  Fossati 
dott.  F.  Il  vescovo  Beltramino  Parravicino  da  Casiglio  e  il  suo  testament 
(14  marzo  1348).  —  Motta  E.  Nove  lettere  di  Vescovi  di  Como  dirette  ijf 
Isvizzera  (1688-1793).  —  Lo  stesso.  Un  medico  distinto  di  Porlezza 
secolo  XV.  [Gian  Pietro  Camozzi  in  Milano  nel  1496].  —  Fossati  dott. 
Codice  diplomatico  della  Rezia  [Cont.  vedi  voi.  V,  fase.  4°.  Carte  Chiaven^ 
nasche  dal  1176,  marzo  al  1195,  4  marzo].  —  Varietà:  Inquisitori  in  Como 
nella  2^  metà  del  secolo  XV.  —  Una  processione  a  S.  Miro  di  Serico  nel  1491. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  170 

Perrin,  (col.  d'artillerie).    Marche    d'Annibal  des  Pyrénées  au  Pò,  et 

description  des  vallóes  qui  se  rendent  de  la  vallèe  du  Rhone  en 

Italie.  —  Paris  libr.  milit.  de  Edmond  Dubois,  1887,  pag.  227,  in-8. 

Aggiungasi:    Bucfiheister.    Hannibals   Zug   ùber  die   Alpen.    Vortrag.   — 

Hamburg,    Richter,    1887,  in-8    picc.  [«  Samnolung    wissenschaftlicher  Vor- 

iràge,  etc.  »]. 

Persio  (Aulio)  Fiacco.  Satire.  Traduzione  di  Vincenzo    Monti.   Edi- 
zione fatta  sul  testo  della  Biblioteca  di  Brera  in  Milano,  con  va- 
rianti inedite  del  traduttore.  —  Milano,  Tip.  Edoardo  Sonzogno  , 
1888,  in-lG  di  pag.  93. 
Biblioteca  Universale,  N.  181.    —  Le  earìanti  o  meglio  correzioni  dell'e- 
semplare di  Brera  cbe  1'  editore  chiama  inedite,  sono  già  comparse  nell'edi- 
zione dei  Classici  italiani  del  1826. 

Pfliig-Hartimg  (I.  von).   Die  Thronfolge   im    Langobardenreiche.    — 
In    Zeitschrift  der    Sacignij    Stiftung  —  (Germanistische  Abth.) , 
voi.  Vili,  fase.  2*»,  1887,  pag.  66-88. 
—  Vedi  Schmidt. 

Philippon  M.  Une  nouvelle  biographie  de  Charles  V.  —  la  Recue  eie 
Belgiquc,  N.  3,  1887. 
Resoconto  molto  favorevole  della  I  parte  del  2*^  voi.  dell'opera  del  Baum- 
_arten  «  Geschichte  Karl  's  V.  » 

Phillimore  Mary  Catherine.    Studies  in  Italian    Lilerature  classical 

and    Modem    also  The    Legend  of  «  El    Cenacolo  >,  a  poem.  — 

London,  Sampson  Low,  Marston,  Searle  &  Rivington,  1887,  in-8, 

pag.  X-326. 

III.  Torquato    Tasso:  An  essay   upon   bis    Life    and    Works.  Parts  I,  li 

pag.  60-94;.  —  VI.  Manzoni.  A  Sketch  (pag.  228-245).  —  Vili.  Count  Arriva- 

bene    (pag.  276-293).  —  A  Legend  of  <  11  Cenacolo  »  [del  da  Vinci ,    versi, 

l'ag.  320-26]. 

Phillimore  Mary  Catherine.  The  Warrior  Medici  Giovanni  delle 
Bande  Nere.  An  liistorical  study  in  Florence,  from  the  Archivio 
Storico  and  originai  mss.  in  the  Magliabecchiana  Library.  — 
London,  Litterary  Society,  1887,  pag.  VIII-119,  in-8. 

Picatoste  F.  Estudios  sobre  la  grandeza  y  decadenzia  de  Espana.  — 
Tomo  I  :  «  Los  Espanoles  en  Italia  >.  —  Madrid  ,  Hernando  y 
Comp.,  1887,  pag.  357,  in-4. 


180  BIBLIOGRAFIA. 


Può  forse  servire  anche  la  recentissima  pubblicazione:  Haebler  Konrad. 
Die  wirthschaftliche  Bliithe  Spaniens  ìiti-16.  Jahrliundert  uncl  ilir  Verfall. 
Berlin,  R.  Gaertners  Verlag,  1888,  gr.  8. 

Pianta  Rudolf  (von).    Auszìigc    aus    dem    Mailandcr    Staats   Archiv. 
(Lithographiert).  In-1,  pag.  30,  1887. 
Documenti  per  la  guerra  di  S  ve  via,  del  1499. 

[Poggi  avv.  Cencio].  Curiosità  comasche.  La  medaglia  dei  dottori  di 
collegio  [nel  Museo  civico  comense].  —  Neil'  Araldo  ,  di  Como  , 
N.  2182,  27  febbraio  1888, 

Porati  R.  A.  Una  notte  fatale  ,  ovvero  il  ritorno  dell'  esiliato  :  boz- 
zetti milanesi.  Sesta  ediz.  corretta.  —  Milano,  cdit.  Carlo  Barbini, 
1888,  in-16,  png.  151. 

Raccolta  Milanese  di  storia,  geografia  ed  arte  (direttore  prof.  Gen- 
iile  Pagani).  —  Milano,  1888,  gennaio  e  febbraio,  N.  1,  2. 

Sommario:  N.  I.  Pagani  Gentile.  Del  valore  attuale  della  lira  imperiale 
(con  tabella).  —  Beltrami  L.  Per  la  storia  della  costruzione  del  Duomo 
(con  disegno)  II.  —  Casati  dott.  C.  Quando  e  da  chi  venne  fondata  la  Ca- 
nonica di  Crescenzago.  —  Moiraghi  sae.  P.  S.  Tommaso  d'  Aquino  a  Mi- 
lano. II.  —  Beltrami  L.  Il  campanile  di  S.  Gottardo  alla  Corte  II.  —  Ghin- 
soni  P.  Cristierno  I  re  di  Danimarca  a  Milano  (1474).  —  Venosta  Felice. 
Una  scuola  pei  poveri  nel  secolo  XV  [scuola  Grassi,  con  disegno].  —  Motta  E. 
Ingegneri  milanesi  in  Russia  (1496).  —  Beltrami  L.  L'ex  convento  di  Pon- 
tida  (con  disegno).  —  Pagani  S.  Il  venerando  Collegio  dei  Ragionati  [Pre- 
liminari, 1685-1739].  —  Spinelli  A.  G.  Una  lettera  di  Gio.  Pietro  Puricelli 
[Milano,  8  ottobre  1646].  —  G.  Pg.  e  L.  B.  Milano  che  scompare:  Casa 
N.  14  in  via  S.  Paolo  (con  disegno)  —  Beltrami  L.  In  piazza  Mercanti 
(con  tavola  separata).  —  Necrologia:  G.  Mongeri.  —  Notiziario  storico,  ecc. 

—  L.  A.  Effemeride  di  storia    milanese  del  febbraio.  —  G.  Pg.  Per    finire  ! 

—  Appendice:  Zerbi  L.  Memorie  Monzesi. 

N.  2.  Torretta  G.  B.  Sulla  conoscènza  delle  pietre  e  dei  marmi.  —  Am- 
bioeri  L.  La  Basilica  di  S.  Nazzaro  maggiore  (con  disegno).  —  Pagani  S. 
Il  venerando  Collegiato  dei  Ragionati  II.  —  L.  A.  Come  si  fabbricavano  le 
maschere  nel  XV  secolo  [in  Bologna  nel  1471J.  —  Pagllcci-Broszi  A.  Franco 
Salfi  presidente  del  Teatro  patriottico.  —  Salceraglio  F.  Spigolature  cisal- 
pine: Ugo  Foscolo.  —  Rossi  sac.  V.  Pavimenti  antichi  a  Robbiano  (con 
disegno).  —  Beltrami  L.  Primi  studi  per  la  costruzione  del  Palazzo  Marino 
(a  proposito  della  recente  discussione  e  deliberazione  del  Consiglio  Comunale). 

—  Notiziario    storico ,  ecc.  —  Cronologia  milanese.  —  L.  A.  Effemeride  di 
storia    milanese    del    mese  di  marzo.  —  G.  Pg.    Per    finire  !  —  Appendice  : 


I 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  181 

L.  Ambieeri.    Per    la    biografìa    di    Melchiorre    Gioja.    Notizie  e  documenti 
inediti  (1). 

Beu'na  Pio.  Intorno  al  cosiddetto  «.  Dialogus  Creaturarum  »  ed  al  suo 

autore.  II.  Uautore  [2.°  Breve  intermezzo.  S.**  Maestro  Bergamino. 

4."  Mayno  de'  Mayneri].  —  In  Giornale  Storico  della  Letteratura 

Italiana,  di  Torino,  fase.  28-29,  1887,  pag.  42-113. 

Cent,  e  fine  di  questo  articolo  magistrale.  [V.  Giornale,  IV,  337    per    la 

1.  parte]. 

Renier  Rodolfo.  I  sonetti  del  Pistoia  giusta   1'  apografo  Trivulziano. 

—  Torino,  Ermanno  Loescher,  1888,  in-8  gr,    di   pag.  XLVIII- 
404  [Biblioteca  di  testi  inediti  o  rari,  voi.  II]. 

Cenni  di  G.  S.  Scipioni  in  Cassetta  Letteraria,  di  Torino,  N.  8 ,  25  feb- 
braio 1888  :   «  Un  poeta  burlesco  nel  quattrocento.  » 
Ne  riparleremo. 

Rhoné  A.  Vassalli-Bey,  —  In  La  Chroniqiie    des    Aris ,    di    Parigi 
N.  25,  2  luglio  1887. 
Cenno  necrologico  del    milanese    Luigi    Vassalli ,    cooperatore  di  Manette 
negli  scavi  in  Egitto.  [Cfr.  Arch.  Lomb.,  1887,  pag.  633]. 

Ricci  Corrado.  I  primordi  dello  Studio  di  Bologna,  Ercole  Gonzaga 
allo  Studio  Bolognese,  origini  dello  Studio  Ravennate,  Dante  allo 
Studio  di  Ravenna,  ecc.  —  Bologna,  Romagnoli  Dall'Acqua  edi- 
tore, 1888. 

Rivista  italiana  di  numismatica ,  diretta  dal  dott.  Solone  Am- 
brosoli.  Anno  I,  num.  I,  1888.  —  Milano,  F.  Cogliati  edit. 
Sommario:  La  Direzione.  Prefazione.  —  Gnecchi  Francesco  ed  Ercole. 
Di  alcune  monete  inedite  e  sconosciute  della  zecca  di  Scio  (con  tav.)  — 
AmbrosoU  Solone.  Il  ripostiglio  di  Lurate  Abbate  (con  tav.)  —  Rossi  Um- 
berto. I  medaglisti  del  Rinascimento  alla  Corte  di  Mantova:  I.  Ermes  Flavio 
de  Bonis.  —  Studi  economici  sulle  monete  di  Milano.  Dai  mss.  di  Giovanni 
Mulassani.  —  Motta  Emilio.  Gli  zecchieri  di  Milano  nel  1479.  —  Necro- 
logie, ecc.  (con  1  ritr.). 

Robinson  A.  Mary  F.  The  Claim  of  ilie  House  of  Orleans  to  Milan. 

—  In    The    English    Historical    Recicic ,    N.  9,   gennaio    1888, 
pag.  34-03. 

I  diritti  della  casa  d'Orleans  su  Milano.  1°  articolo  [verrà  continuato]. 
—  Vedi  De  Matilde. 

<l)  La  Raccolta  Milanese  ha  cessato  le  sue  pubblicazioni. 


182  BIBLIOGRAFIA. 


Roosevelt  Bianche.  Milan  and  «  Othello  »  ,  Being  a  short  Life  of 
Verdi.  With  Lctters  written  about  Milan  and  the  new  Opera  of 
«  Othello.  »  —  London,  Ward  and  Downey,  1887,  pag.  340,  in-8. 

Rosmini  A.   Lettere  inedite.   —  Nel   Rosmini,    di  Milano,  voi.  Ili, 
fase.  1  e  16  gennaio  e  16  febbraio  1888. 
Lettere  dal  1830  al  1832,  e  talune  indirizzate  al  Manzoni.  —  Nel  fascicolo 
1**  gennaio  1888  della  medesima  rivista  cfr.  :  Paoli  F.  «  Le  opere  di  Antonio 
Rosmini  »  [elenco  di  40  titoli]. 

[Rosmini].  Kraus  Franz  XaGcr.  Antonio  Rosmini.  Sein  Leben  und 
scine  Schriften  I-V.  —  In  Deutsche  Rundschau,  fase.  G,  marzo  1888, 
pag.  331-3G1.  [La  fine  al  prossimo  fascicolo]. 

RufFoni  Francesco.  Torbiera  d' Iseo.  —  In  Bullcitino  di  paletnologia 
italiana,  di  Parma,  N.  1-2,  1888,  pag.  35-36. 
Brevi  rettifiche  ai  cenni  del    Castelfranco  in  Bullettino ,  1887,  pag.  145. 
[Cfr.  Boll.  Bibliogr.,  1887,  pag.  856]. 

Sacchi  dott.  Federico.  I  documenti  storici  e  letterari  del  Museo  Ci- 
vico e  la  Biblioteca  [di  Cremona].  —  Nel  giornale  La  Promncia, 
Corriere  di  Cremona,  N.  G,  14  gennaio  1888. 
Cfr,  gli  Appunti  in  questo  Archicio. 

Sacerdote  Salvatore.  Giulio  Carcano.  Profilo  Letterario.  —  In  Gaz- 
setta  del  Popolo  della  Domenica,  di  Torino,  N,  10,  4  marzo  188S. 

—  Vedi  Paglicci. 

Salvagnini  Enrico.  S.  Antonio  di  Padova  e  i  suoi  tempi  (1195-1231). 
—   Torino,  L.  Roux,  1888. 

Salvioni  dott.  Carlo.  Un  passo  della  «  Parafrasi  Lombarda  »  (ylr- 
chioio  glottol.  ital.,  VII,  23,  9)  e  il  disi  dei  «  Giuramenti  di  Stras- 
burgo. »  —  Nel  Giornale  Storico  della  Letteratura  Italiana,  vo- 
lume X,  1888. 

Saragat  Gian  Martino.  Lodovico  Castelvetro  [morto  a  Chiavcnna]. 
In  Gazs.  Letteraria,  di  Torino,  N.  1,  1888. 

Saragat  Gian  Martino.  Carlo  Tenca.  —  In  Gazzetta  Letteraria,    di 
Torino,  N.  10,  10  marzo  1888. 
A  proposito  delle  «  Prose  »  del  Tenca,  edizione  Massarani.  Articolo  senza 
valore  storico,  lamento  solito  degli  articoli  di  quasi  tutti  i  fogli    domenicali. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  183 


Saviotti  Alfredo.    Una    polemica    tra   due    umanisti    del  secolo  XV, 

Saggio  di  uno  Studio  intorno  alla  vita   e   agli  scritti  di  Pandolfo 

Collenuccio  da  Pesaro.  —  Salerno,  Migliaccio,  4  887,  pag.  20,  in-16. 

Storia   della   polemica  sòrta  tra  il  Collenuccio  e  Niccolò   Leoniceno ,   che 

aveva  sparlato  di  Plinio. 

Scherillo  Michele.    Quattro    saggi   di   critica  letteraria.    —    Napoli . 
Luigi  Pierro,  libraio-editore,  1888,  in-16. 
Dei  quattro  saggi  ,11  !<>  è  :  «  Alcune  fonti  Manzoniane.  » 

Schipa  Michelangelo.  Storia  del  principato  longobardo  di  Salerno.  — 
Napoli,  Fr.  Giannini,  1887,  pag.  230,  in-8. 
Estratto  da.IV Archicio  Storico  Napoletano. 

Schmidt  doct.  Ludwig.  Paulus  Diaconus  und  die  «  Origo  gentis  Lan- 
gobardorum.»  —  In  Ncues  Archio  fur  altere  deutsche  Geschichte, 
di  Hannover,  voi.  XIII,  fase.  II,  1887,  pag.  391-94. 

Schmidt    Otto    Ed.   Die    handschriftliche    Ueberìieferung   der    Briefo 
Ciceros  an  Atticus  Q.  Cicero,  M.  Brutus  in  Italien  [Abhandlungen 
der  philol.-histor.  Classe  der  k.  sàchsisch.  Gesellschaft  der  Wissen- 
schaften  X.  Bd.  N.  4].  —  Leipzig,  Hirzel,  1887,  in-4,  pag,  107. 
Con  notizie  di  alcuni  codici  della  Biblioteca  Viscontea  di  Pavia. 

Schrader  H.  Die  Ambrosianischen  Odysseescholien.  —    Nella  rivista 
Hermes,  di  Berlino,  N.  3,  1887. 
Studio  intorno  ai  codici  dell'  Ambrosiana  parte  sup.  B.  99,  E.  S9,  Q.   88. 

Schulze  K.  P.  Martialis  Catullstudien.  —  In  Neue  Jahrbuchcr  fiir 
Philologie  und  Padagogik,  voi.  135-136,  fase.  IX  (1887). 

—  Vedi  Vallai. 

Scola  Giovanni.  Inaugurandosi  nel  giardino  della  Villa  Scola  in 
Creazzo  alla  memoria  di  Alessandro  Manzoni  una  colonna  del 
distrutto  Lazzaretto  di  Milano,  4  novembre  1887.  —  Vicenza, 
Tip.  S.  Giuseppe,  1887,  in-fol. 

Scultheiss.  Pietro  Aretino.  —  In  Westerniann's  illustrierte  MoncUs- 
hefte,  febbraio  1888. 

Solerti  A.    La  morte  di  Torquato   Tasso  narrata  dai  contemporanei. 
—  In  Gazzetta  Letteraria,  di  Torino,  N.  37,  1887. 
Documenti  inediti. 


184  BIBLIOGRAFIA. 


Solerti  Angelo.  Torquato  Tasso  e  Lucrezia  Bendidio.  —  In  Gior- 
nale Storico  della  Letteratura  Italiana,  fase.  28-29  (1887). 

Sommario  de'  affari    d' Italia  divisa    in    suoi   dominij.  Con   1'  entrate  , 
spese,  forze,  aderenze  con  altri  prencipi  [Nozze  Boschetti-Carteri]. 
—  Verona,  Stab.  Tipo-lit.  Franchini,  1888,  pag.  .SO,  in-8. 
Edizione  di  100  esemplari,  fatta  a  cura  di  Pietro  Sgulmero,  di  un  codice 
della  Comunale  di  Verona  del  secolo  XVII.  A  jiag.  22-23  brevissime  notizie 
sullo  Stato  di  Milano,  senza  importanza  storica.  Appena  cominciato  il  capi- 
tolo sul  Duca  di  Mantova  (vedi  pag.  30) ,    1'  Autore    non  prosegui  più    oltre 
e  lasciò  incompleto  il  suo  lavoro.  Diffatti  per  Mantova  non  leggesi  altro  se 
non  che  :  «  Grande  è  in  Italia  la  Casa  Gonzaga.  » 

Sommerfeldt  Gustav,  d.""  phil.  Die  Romfalirt  Kaiser  Heinrichs   VII 
(1310-1313).  Teil  I.  Mit  Exkurs:  Die  beiden  Speierer  Reichstage 
der  Jahre  1309  und  1310.  —  Kònigsberg,  Gnife  und   Unzor'sche 
Buchhandlung,  1888,  pag.  57,  in-8. 
Ne  riparleremo. 

[Spallanzani].  Una  lettera  inedita  di  Lazzaro  Spallanzani  (4  giu- 
gno 1796).  —  Nella  Rioista  Emiliana,  di  Reggio,  N.  39,  25  set- 
tembre 1887, 

Strambio  dott.  Da  Legnano  a  Mogliano  Veneto,    Un    secolo   di  lotta 
contro  la  pellagra.  Bricciole  di  storia  sanitario-amministrativa.  — 
In  Rendiconti  del  R.  Istituto  Lombardo  ,  voi.  XXI ,    fase.  IV  (23 
febbraio  1888)  e  V  (8  marzo). 
11  lavoro  sarà  stampato  integralmente  nelle   Memorie    dell'  Istituto    Lom- 
bardo. 

Tasso  Torquato  salva  da  mala  fine  la  statua  di  Pasquino.   —  In  IL 
Cracas^  Diario  di  Roma,  anno  CXXXII  (P  del  suo  Risorgimento), 
N,  41,  25  febbraio  —  3  marzo  1888. 
Non    altro    che  T  aneddoto    già   riportalo   da  G.  B.  Mauro  nella  sua  Vita 
del  Tasso  (Venetia,  1621,  pag.  319). 

Tasso,  Vedi  p.  Bonaocntura,  Gabrielli,  Intra,  Phillimore,  Solerti. 

Tavallini  avv.  Enrico.    La    vita    e  i   tempi  di  Giovanni  Lanza.    Me- 
morie ricavate  da'  suoi  scritti  e  coordinate.  Voi.  2 ,   in-8.  —   To- 
rino, L.  Roux  e  C,  editori,  1887. 
Cfr,  specialmente  il  voi.  II  per  1'  epistolario    del    Lanza ,  con    lettere    del 

Jacini,  del  Correnti,  dell'arcivescovo  Calubiana,  di  Visconti  Venosta  e  d'altri. 


I 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  I8l 


Tenca  Carlo.  Proso  e  poesie  scolte.    Edizione  postuma    per  cura  di 
Tulio  Massarani.  —  Milano,  Ulrico  Hoepli  editore,  1888,  voi.  2, 
in-lG,  di  pag.  VIIJ-155  e  490. 
Notiamo  in  ispecie:  La  cà  dei  cani;  Le  strenne;  Gli  almanacchi  popolari; 
Epici  moderni  in  Italia;  Tommaso  Grossi;   Giovanni    Torti;    Ugo    Foscolo; 
Silvio  Pellico;  A.  Manzoni;  Poesie  lombarde  del  secolo  XIH;    Proverbi  to- 
scani, veneziani,  lombardi. 
—  Vedi  Massarani,  Saragat. 

Tcman  doct.  Hugo.  Mantuaner  Schlachtenbilder  aus  dom  16.  lahr 
liundert  auf  Scliloss  Opoèno  in  Bòhmen.  —  Nella  Kiinstchronik, 
di  Lipsia,  N.  15  e  16,  gennaio  1888. 

Torelli.  Alcuni  appunti  su  Alessandro  Manzoni.  Memoria  postuma. 
—  Nei  medesimi  Atti,  tomo  VI,  serie  VI,  disp.  Ili  (1888). 

Torelli  Luigi.  Cenni  biografici  intorno  ad  alcuni  personaggi  contem- 
poranei ed  attori  del  risorgimento  d' Italia.  —  In  Atti  del  Reale 
Istituto  Veneto  di  scienze  e  lettere,  tomo  VI,  serie  VI,  disp.  I  (1887). 

Torelli  Luigi  (Biografia).  —  In  Annuario  biografico  universale ,  del 
Brunialti,  fase.  36,  1888. 

Nel  medesimo  fascicolo  dell'  Annuario  cenni  biografici  per  Agostino  De- 
pretis,  di  Stradella,  e  per  il  conte  Luigi  Corti,  di  Gambarano  (Pavia). 

Trivulzio.  Vedi  Liehcnau. 

Ugoletti  Antonio.  Studi  sui  Sepolcri  di  Ugo  Fo.scolo.  —  Bologna , 
Nicola  Zanichelli,  1888,  pag.  III-504,  in-16, 

1.°  Giovinezza  ed  educazione  poetica  di  Ugo  Foscolo.  2."  Ragione  poetica 
del  carme  «  I  Sepolcri.  >  3.^  L' occasione  del  carme.  4.o  Commento  dei 
«  Sepolcri.  »  Appendice  di  note.  5."  La  questione  dei  «  Sepolcri  »  del  Foscolo 
e  del  Pindemonte.  6.**  Imitazioni  e  confronti.  7.°  La  mitologia  del  carme.  — 
[Ne  discorre  sotto  il  titolo  «  Un  nuovo  libro  su  Ugo  Foscolo  »  Adolfo  Coletti 
nelle  Concersasioni  della  Domenica,  N.  9,  I8S8]. 

Un  curioso  profeta.  —  In  Giornale  Ligustico,  di  Genova,  anno  XIV, 
fase.  XI-XII,  novembre-dicembre  1887. 
Lettera  di  un  mezzo  astrologo,  un  tal  Sifrono  Re,  che  scrive  ai  19  set- 
tembre 1469  al  duca  di  Milano  da  Genova,  donde  voleva  recarsi  a  trovarlo 
per  aprirgli  un  suo  miracoloso  segreto  finanziario  per  arricchirsi  sui  Genovesi. 
[Documento  dell'Arch.  di  Stato  Milanese]. 


186  BIBLIOGRAFIA. 


Vallai  G.  Thomas  Moorc  imitateur  de  Catullo  et  de    TibuUe.   —    In 
Rcmio  de  Vemsegnement  des  langucs  moantes,  novembre  1887. 
—  Vedi  SchuUe. 

Venturi  A.  Kiìnstlerbriefe.  I.  Zwei  Briefe  von  Giulio  Romano.  —  In 
Zeitsclirlft  fiir  bildondc  Kanst ,  del  Liitzow  ,  fase.  IV,  19  gen- 
naio 1888. 

Da  Mantova  in  data  24  dicembre  1537  e  8  gennaio  1531  al  duca  di  Fer- 
rara. Ci  mostrano  il  Romano  occupato  di  sera  a  disegnare  cartoni  pel  duca 
di  Ferrara,  probabilmente  da  adoperarsi  per  i  gobelins  estensi. 

Venturi  Adolfo.  Cosma  Tura  gennant  Cosmo.  Mit  Abbildgn.  —  In 
JaJirhuch  der  kgì.  preussischcn  Kunstsamnxlangcn ,  voi.  IX,  fa- 
scicolo I-II. 

Air  articolo  del  V.,  segue  l'elenco  delle  opere  del  Tura ,  compilato  da  F. 
Harck.  —  Del  Venturi  cfr.  altresì  «  Les  arts  à  la  Cour  de  Ferrara  :  Fran- 
cesco del  Cossa  »  nell' yir!!,  di  Parigi,  N.  570,  (1888). 

Villari  Pasquale.  La  storia  di  Gerolamo  Savonarola  e  de'  suoi  tempi. 
Nuova  edizione  aumentata  e  corretta  dall'Autore.  2  voi.,  in-8  gr. 
di  pag.  XXXIX-533-CLXVIlJ  e  2G1-CCLVJ.  —  Firenze,  Successori 
Le  Mounier,  1887  [1888]. 

Questa  nuova  edizione  del  Saconarola  del  Villari ,  [la  1^  è  del  1859  ,  ed 
anche  tradotta  in  tedesco]  meriterebbe  da  parte  del  nostro  Archioio  più  che 
un  cenno  una  larga  recensione,  come  di  opera  classica  di  uno  dei  primari 
storici  d'  Italia.  La  presente  edizione  acquista  una  maggior  importanza 
per  i  nuovi  e  molti  documenti  aggiuntivi ,  tratti  dai  dispacci  degli  oratori 
milanesi  Semenza  e  Tranchedini  ,  esistenti  nelT  Archivio  di  Stato  di  Mi- 
lano. [Cfr.  voi.  I,  CXXXVJ  e  seg.  ;  CXLij;  voi.  II,  XXV  e  seg.;  L-LXij  ; 
XCV-CVIII]. 

Virgilio.  Vedi  De  Palo,  Feilchenfeld,  latra,  Mackail,  Palutnho. 

Vischi  Luigi.  Come  Lodovico  Antonio  Muratori  fosse  chiamato  Dot- 
tore all'Ambrosiana.  —  In  Atti  e  Memorie  della  R.  Deputazione 
di  Storia  Patria,  di  Modena,  serie  III,  voi.  IV,  parte  II,  pag.  411- 

427  (1888). 

Ivi  la  II  parte  delle  «  Curiosità  storico-artistico-letterarie  tratte  dal  car- 
teggio dell'  Inviato  Estense  Giuseppe  Riva  con  Lod.  Ant.  Muratori  »  edite 
da  Ercole  Sola  [cfr.  Boll.  Dibliogr.  1887,  pag.  209]. 


1 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  187 

Vita  del  beato  Alessandro  Sauli,  vescovo  di  Pavia.   —    Asti ,    scuola 
tip.  Miclielerio,  1887,  in-24,  pag.  G3. 
Piccola  raccolta  di  vite  di  santi,  anno  X,  disp.  XIX-XX. 

Vita  di  S.  Ambrogio  ,  vescovo  di  Milano  e  dottore.  —  Asti ,    scuola 
tip.  Michelerio,  1887,  in-24,  pag.  32. 
Della  medesima  Raccolta,  anno  X,  disp.  XXIV. 

Vogelin  prof.  S.  Aogidius  Tschudi's  epigraphische  Studien  in  Sùd- 
frankreich  und  Italien.  Ein  Beitrag  zur  Gescliichte  des  Deutschen 
Humanismus.  Der  39.  Versammlung  dcutscher  Philologen  und 
Schulmiinner  in  Zùrich  vom  28  Sept.,  bis.  I  Oct.  1887,  gewidmet 
durch  die  Antiquarische  Gesellscbaft  in  Zurich.  —  Zùrich,  Orell, 
Fiissli  und  C®,  1887,  in-4,  pag.  47. 

Non  si  può  provare  dove  veramente  il  Tschudi  si  fermasse  in  Italia  per 
i  suoi  studi  epigrafici.  Traccie  si  hanno  però  del  suo  passaggio  a  Stabio  , 
Arcisate,  Sesto  Calende.  Ben  poco  si  trattenne  in  Milano,  venutovi  per  la 
via  di  Varese  e  non  per  quella  di  Como.  Lo  si  trova  anche  in  Brescia  , 
indi  neir  Italia  centrale  ed  a  Roma  in  ispecial  modo. 

Voss.  Die  Verhandlungen  Pius  IV  [Medici]  rait  den  Catholischen 
Maechten  ùber  die  Neuberufung  des  Tridentiner  Concils  im  J.  1560. 
—  Leipzig,  Fock,  1888. 

Wierzbowski  T.  Vincent  Laurea,  évéque  de  Mondovi ,  nonce  apo- 
stoHque  en  Pologne  (1574-1578)  et  ses  dépòches  inédites  au  car- 
dinal de  Còme.  —  Varsovie,  Berger,  1887,  in-8,  pag.  VIII-756. 

Winkelmann.  Zur  Einfuhrung  der  Todesstrafe  fiir  Ketzerei.  —  In 
Mittheilungen  des  Institatsfiir  oesterreichische  Geschichtsforschung, 
d'Innsbruck,  voi.  IX,  fase.  I,  (1888),  pag.  13G-139. 

Circa  la  più  o  meno  ammissibile  partecipazione  dell'  arcivescovo  Alberto 
di  Magdeburgo,  come  legato  imperiale  nell'  Alta  Italia,  all'  emanazione  del- 
l'editto  di  Federico  II  del  1224  contro  gli  eretici  di  Lombardia. 

Yriarte  Charles.  Les  portraits  de  Cesar  Borgia.  —  In  Gazeite  des 
Bcaux  Aris,  N.  361,  1887. 

Esame  di  ritratti  che  si  suppongono  rappresentare  Cesare  Borgia ,  e  tra 
iiuesti  quelli  della  Galleria  di  Bergamo  e  della  Collezione  Castelbarco  in 
Milano. 


188  BinLIOGRAFIA. 


Yriarte  Charles.  Les  relations    d' Isabelle  d' Este  avec    Léonard    da 
Vinci.  (Con  dis.).  —  In  Casette  dcs  Bcaux-Arts,  1"  febbraio  1888. 
—  Vedi  Archivio  dell'Arte. 

Zardo  A.  Il  Petrarca  e  i  Carraresi,  studio.  —  Milano,  Ulrico  Hoepli, 
1887,  pag.  322,  in-lG. 

Zevi  F.  La  guerra  in  Italia  dal  1742  al  1815.  —  Roma,  Tip.  Vo- 
ghera, 1888,  pag.  543,  in-8. 

Zingone  E.  Una  probabile  fonte  del  Manzoni.  —  In  Pantagruel , 
N.  4,  del  4  febbraio  1888. 

[Zoncada],  Cenni  biografici ,  con  nota  bibliografica  delle  opere  prin- 
cipali pubblicate  dal  prof.  Antonio  Zoncada  (1813-1887).  In  An- 
nuario della  R.  Unwcrsità  di  Pama ,  anno  scolastico  1887-88. 
[Pavia,  Bizzoni],  pag.  59-63. 

Nel  medesimo  Annuario  (pag.  56)    cenni  biografici    del   prof.  Alessandro 
Nova  (1819-1887). 


I 


APPUNTI  E  NOTIZIE 


Archeologia.  —  Nell'ultimo  fascicolo  deìV Archivio  a  pag.  882 
abbiamo  dato  notizia  di  una  lamina  in  bronzo  con  iscrizione  stata 
dissotterrata  nelle  vicinanze  di  Cremona,  e  spiegata  in  una  dotta 
illustrazione  del  prof.  Barnabei  per  la  serratura  di  una  cassa 
militare;  il  prof.  L.  Astegiano,  che  fu  il  primo  a  parlarne,  confuta 
quell'opinione  nel  giornale  Interessi  Cremonesi  del  21  e  24  scorso 
dicembre,  e  crede,  che,  senza  nuovi  studi,  non  si  possa  precisare 
il  mobile,  a  cui  aspettava  la  lamina,  cosi  rettifica  l'ultima  riga 
dell'  iscrizione  e  completa  le  notizie  di  fatto  su  quell'  importante 
scoperta. 


Museo  Artistico  ni  Milano.  —  Diamo   1'  elenco    dei  donatori 
del  Museo  nell'  anno  1887  : 

Bagatti  Valsecchi  nob.  fratelli,  fotografie  artistiche. 
Binda  fratelli,  fotografie  artistiche. 

Gagnola  nob.  Rosa,  Quinario  dell'Imperatore  Valentiniano  III. 
Caimi  ing.  Giuseppe,  majolica  antica  di  Milano. 
Signor  Cantoni  Achille,    frammento    di  arazzo  e    scampolo  di 
stoffa  antica. 

Signor  Erei  Stanislao,  majolica  antica  di  Milano. 
Frizioni  cav.   Gustavo,  fotografie  artistiche. 


190  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


Fumagalli  conte  Fortunato ,  monete  antiche  e  moderne,  ita- 
liane e  straniere. 

Liuzzi  avo.  Achille,  majolica  antica  di  Milano. 

Ministero  d'Agricoltura,  Industria  e  Commercio ,  fotografie  e 
pubblicazioni  artistiche. 

Ministero  dell'  Istruzione  Pubblica,  pubblicazione  archeologica 
periodica. 

Municìpio  di  Firenze,  medaglie  e  pubblicazioni  artistiche. 

Museo  Artistico  Industriale  di  Roma,  medaglia  di  benemerenza. 

Papadopoli  conte  Nicola,  pubblicazione  numismatica. 

Signor  Redimi  Primo,  medaglia  di  Giuliano  de' Medici. 

Ricordi  comm.    Tito,  pubblicazione  artistica. 

Signor   Tagliabue  Ermenegildo,  majolica  antica  d' Este. 

Signor   Tazzini  Luigi,  fotografie  artistiche. 

Vigoni  nob.   Giuseppe,  monete  greche,  romano  ed  orientali. 

Visconti  marchese  Carlo,  pubblicazioni  artistiche,  numismatiche 
o  monete  romane. 

Visconti-  Venosta  march.  Emilio ,  collezione  di  Azulejos  ispano- 
arabi. 


Doni  al  Gabinetto  Numismatico.  —  Il  Socio  dottor  Solone 
Ambrosoli ,  conservatore  del  Gabinetto  Braidense ,  ci  prega  di 
dar  notizia  dei  seguenti  altri  doni  :  — ■  Dal  sig.  dott.  cav.  G.  B. 
De  Capitani  d'Arzago,  una  preziosa  raccolta  di  127  lettere  au- 
tografe di  Domenico  Sestini  a  Gaetano  Cattaneo ,  di  argomento 
numismatico.  —  Dal  cav.  Giuseppe  Gavazzi,  tre  pregevoli  moneto 
inglesi  medioGvali.  —  Dal  cav.  Amilcare  Ancona,  l' autografo 
della  lettera  del  conte  Giorgio  Giulini  ,  pubblicata  nell'  ultimo 
fascicolo  di  questo  Archivio.  —  Dal  cav.  Luigi  Zerbi,  una  me- 
daglia. —  Dal  sig.  Giulio  Pisa,  alcune  monete  del  Basso  Impero. 
—  Dal  sig.  Achille  Cantoni,  un  interessante  sigillo  veneto.  — 
Da  un  donatore  che  desidera  serbare  l'anonimo,  molte  mo- 
nete di  varie  zecche;  notevole  specialmente  un  luigino  di  Fos- 
dinovo. 


I 


APPUNTI    E    NOTIZIE.  101 


Artisti  lombardi  in  Jesi.  —  Del  nostro  socio  prof.  Gianandrea 
è  uscita  alla  luce  una  monografìa  sul  Palazzo  del  Comune  di  Jesi 
(Jesi,  Tip.  Rocchetti,  1887).  Contiene  il  ricordo  di  alcuni  artefici 
lombardi.  Il  palazzo  comunale,  il  più  antico,  costrutto  circa  il 
quinto  decennio  del  secolo  XIII  venne  forse  architettato  da  quel 
Giorgio  da  Como  che  nel  1232  fece  la  facciata  della  vecchia 
cattedrale  di  Jesi. 

Nel  1487  venne  stabilita  la  costruzione  di  un  nuovo  che 
é  l'attuale,  opera  che  ora  si  prova  non  già  di  Bramante,  come 
lungamente  fece  credere  la  tradizione,  ma  si  bene  di  Francesco 
di  Giorgio  Martini,  di  Siena.  Maestri  cottimatori  di  quell'edificio 
pregievolissimo  del  rinascimento  figurano  i  maestri  Gioo.  Domenico 
di  Maestro  Antonio  di  Vico  e  Pietro  di  Antonio  di  Castiglione 
di  Lombardia,  architetti  abitanti  in  Ancona  (cfr.  i  patti  o  capitoli, 
in  numero  di  18,  a  pag.  39  e  seg.). 

Ai  4  giugno  1497  il  Consiglio  generale  di  Jesi  deliberava  di 
fare  scolpire  in  nobile  marmo  un  leone  honorandum,  sumptuosum 
et  perpulehrum  e  affìggerlo  pompose,  prout  decet  nella  facciata 
principale  del  nuovo  palazzo.  L' opera  veniva  affìdata  ai  mae- 
stri Michele  da  Milano  e  fìglio  suo  Aloisio.  Né  l' anno  passò 
intero  che  il  lavoro  era  compito  (cfr.  i  patti,  conti,  ecc.,  a  pag.  43 
e  seg.).  Di  altri  lavori  di  Michele  da  Milano  a  quel  palazzo  di- 
scorre il  Gianandrea,  che  per  quante  ricerche  abbia  fatto  non 
seppe  scoprire  altro  intorno  a  tali  eccellenti  maestri.  Un  il//cy^e?e 
di  Giovanni  da  Milano  lavorò  nel  1493  il  sotto  portico  del  pa- 
lazzo degli  Anziani  di  Ancona  (cfr.  p.  26,  44-46).  Sarebbe  egli  il 
nostro  Michele?... 

Aggiungiamo  che  nel  palazzo  di  Jesi  una  iscrizione  ricorda  il 
governatore  di  Jesi  nel  1700,  il  patrizio  milanese  marchese  Giulio 
Resta.  Il  Gianandrea  riporta  l' iscrizione  (cfr.  p.  53). 


192  AiM'UNri   K   xoriziE. 


Giovanni  di  maestro  Ugolino  da  Milano  artista,  il  cui  nome 
giunge  nuovo  nella  serie  degli  alluminatori  di  manoscritti,  ci  è 
ora  fatto  noto  daW Arehioio  della  Società  Romana  di  Storia  Pa- 
tria (fase.  III-IV,  voi.  X,  1887,  p.  603). 

Una  singolare  miniatura  di  quell'  artista  adorna  un  messale 
membranaceo  del  secolo  XV  conservato  nella  cattedrale  di  Fermo, 
e  cognito  colla  designazione  di  Messale  de  Firmonihus,  per  essere 
stato  ordinato  da  Giovanni  dei  Firmoni,  vescovo  e  principe  di 
Fermo  nel  1412.  Una  illustrazione  del  detto  messale  comparve 
in  Modena  nel  1873  per  opera  del  parroco  Federigo  Fagotti. 
Il  signor  Lucio  Mariani  allievo  del  corso  pratico  di  metodologia 
della  storia,  tenuto  dalla  R.  Società  Storica  Romana,  ne  tentava 
una  seconda,  ma  con  considerazioni  più  di  critica  d'arte  e  di 
storia  che  di  liturgia.  Il  Mariani  riproducendo  la  pagina  del  codice 
in  cui  si  rappresenta  la  festa  popolare  della  cavalcata  dell'As- 
sunta in  Fermo,  manifesta  il  proposito  di  riuscire  con  ulteriori 
indagini  nell'Archivio  capitolare  a  fornire  altra  notizia  circa  a 
Giovanni  di  Maestro  Ugolino  da  Milano,  che  nel  1436,  siccome 
egli  stesso  scrive,  hoc  opus  fecit  manu  propria. 


Data  della  morte  di  Gaudenzio  Ferrari  e  di  Pellegrino 
Pellegrini.  —  Riproduciamo  àsAV Archivio  storico  dell'  arte ,  di 
Roma  (N.  2 ,  febbraio  1888)  la  seguente  importante  nota  di 
E.  Motta  :  —  Del  pittore  Gaudenzio  Ferrari  ,  al  pari  che  del 
Luini,  sono  incerte  le  date  della  nascita  e  della  morte.  Ma 
un  documento  ineccepibile,  cioè  il  necrologio  milanese  (1)  del- 
l'anno 1546,  ci  permette  ora  di  fissare  esattamente  l'epoca  del 
decesso  del  celebre  pittore  lombardo,  nonché  approssimativamente, 
ma  più  che  noi  facessero  finora  i  suoi  biografi ,  quella  della 
nascita. 

(l)  Neil' A/'c/u'pìo  di  Stato  in  Milano,  classe  Popolazione. 


I 


APPUNTI    E    NOTIZIE.  193 

Fino  al  1881  ponevasi  generalmente  come  anno  di  nascita  di 
Gaudenzio  il  1484  ;  ma  poi  il  padre  barnabita  Colombo,  che  della 
vita  del  Ferrari  ebbe  a  scrivere  la  migliore  opera  a  noi  nota  (1), 
fece  adottare    come  più  probabile    eh'  ei   nascesse   verso  il  1481. 

In  quale  anno  ed  in  che  luogo  Gaudenzio  cessasse  di  vivere  , 
dagli  storici  contemporanei  vien  taciuto.  Si  ammetteva  però  con- 
getturalmente estinto  nel  1549  o  nel  1550  in  Milano.  Ed  anche 
il  padre  Colombo  ammise  come  fuor  di  dubbio  il  luogo ,  non 
cosi  il  tempo  del  decesso,  eh'  egli,  basato  sul  confronto  dei  passi 
del  Vasari  e  del  Lomazzo,  fissa  alla  metà  del  1546.  Secondo  lui, 
il  Ferrari  sarebbe  morto  in  età  di  non  meno  di  G4  anni. 

E  Gaudenzio  Ferrari  moriva  precisamente  ai  31  gennaio  1546 
in  Milano  ,  a  Porta  Romana  e  nella  parrocchia  di  S.  Nazzaro  , 
dove,  per  i  documenti  prodotti  dal  p.  Colombo,  si  sa  eh'  egli  vi- 
vesse neir  anno  1539. 

I  registri  mortuari  della  città  di  Milano  ecco  come  ne  regi- 
strano a  quel  giorno  e  in  quella  parrocchia  la  morte  : 

«  Dominus  Magister  Gaudentius  de  ferrarijs  annorum  circa  75 
ex  catarro  suffocatus  in  prima,  sine  signo  pestis  decessit  juditio 
Magistri  Alexandri  Granati.  » 

Ora  se  1'  età  di  circa  75  anni  data  dall'  ufficiale  di  sanità  si 
voglia  ritenere  come  esatta  o  poco  lontana  dal  vero,  la  nascila 
di  Gaudenzio  Ferrari    dovrà  porsi    nelT  anno   1471  o  poco   dopo. 

Ma  r  età  del  Ferrari  ,  che  il  necrologio  milanese  indica  con 
un  circa  va  forse  diminuita.  In  ogni  caso,  sono  da  esso  fissati 
con  esattezza  1'  anno  ed  il  luogo  di  naorte  del  valentissimo  pit- 
tore valsesiano. 

Dagli  stessi  registri  mortuari  la  morte  del  celebre  architetto 
Pellegrino  Pellegrini  ,  finora  non  precisata  ,  risulta  avvenuta  in 
Milano  ai  27  maggio  1596. 

(1)  Vita  ed  opere  di  Gaudenzio  Ferrari,  pittore,  con  documenti  inediti. 
—  Torino,  Fratelli  Bocca,  1881.  ^ 

Arch.  Stor    Lomh.  —  Anno  XV.  13 


194 


AiM'LlN'i'l     r     XO'I-IZIR. 


Tipografi  lombardi  a  Perugia.  —  Antonio  Brizi  pubblica  noi 
Bibliofilo,  di  Bologna,  (N.  1,  gennaio  1888)  gli  Annali  tipografici 
di  Perugia.  Tra  i  tipografi  emersi  in  quella  città  figurano  negli 
anni  1499  e  seguenti  Cartolari  Francesco  e  Domenico  da  Gor- 
gonzola. Vi  troviamo  nel  1536-1539  Bina  Luca  Mantovano  ,  e 
nel   1570  Panizza   Valente  pure  Mantovano. 


Cena  e  Rappresentazione  data  dal  cardinal  Gonzaga.  —  Il 
p.  p.  fascicolo  del  nostro  Archivio  si  è  occupato  di  «  Trionfi  e 
rappresentazioni  in  Milano  »  nei  secoli  XIV  e  XV.  —  Non  riesca 
discaro  di  qui  aggiungere  alle  tante  descrizioni  di  rappresentazioni 
sceniche  ,  pubblicate  in  questi  ultimi  anni,  quella  che  e'  informa 
della  rappresentazione  data  la  sera  di  capo  d'  anno  del  1476  , 
durante  una  cena  offerta  agli  ambasciatori  milanesi  in  Roma  dal 
cardinale  di  Mantova,  F.  Gonzaga. 

È  tolta  dall'Archivio  di  Stato  di  Milano  (cart.  diplomatico),  nò 
finora  ci  sembra  nota. 

IH.'""  et  Excel!.™"  Signor  mio.  Eri  (ieri)  che  fu  ol  die  do  anno  novo 
(capo  d'  anno)  se  fece  messa  papale.  Il  Cardinale  de  Novaria  cantò  la 
messa  cum  bone  modo  et  dignissime  manere,  et  fu  collodato  molto. 
Et  finita  la  messa  cum  debite  cerimonio,  che  fu  fenita  ad  bore  XVIIIJ, 
chi  non  aveva  mangiato  andò  a  manzaro.  Questo  fu  quanto  alla  matina, 
gioè  di  quello  che  yo  so.  La  sera,  el  Cardinale  de  Mantoa  convitò  li 
ambasiatori  de  V.  111.'"''  Sig.""  el  vescho  di  Placentia  et  messer  Augu- 
stine Rosso.  Et  qui  fece  una  cena  regalle,  mostrando  di  fora,  quello 
che  jo  credo  sia  dentro  sei  mio  parere  non  erra.  Per  che,  Signor  mio 
111.'"°,  jo  starla  cento  anni  in  el  cuore  dunno  preyto,  e  poy  lo  impa- 
rarla a  cognoscere  etc. 

Segnor  mio,  el  Cardinale  fece  un  rey  (re)  suo  camarero  ,  clamato 
Brugnollo,  comosa  V.  Ex."'  che  li  brugnolli  sono  bruschi,  et  duronzij 
ad  mangiare.  Questo  brugnollo  pare  dolce  et  suave ,  che  è  bello,  gio 
vane  senza    barba  et  de  bela  persona.  Questo   Re  era    obodito  et  re- 


APPUNTI    E    N'OTIZIF.  10." 


vcrito  quanto  ò  la  V.  Ex. ''  in  rassa  vostra,  por  quella  «era.  Et  anche 
il  Cardinale  gli  volle  bene,  perchè  quello  tal  Brugnollo  lo  merita.  Lo 
Re  sentava  in  capo  di  tavolla  ,  vestito  duna  turcha  de  zetonino  raxo 
cremo'^sino ,  qualo  turcha  era  del  Cardinale ,  una  collana  doro  teneva 
al  collo  cura  uno  pendente  assay  bello.  Da  pov  sentava  el  Cardinale, 
da  poy  Monsignor  Sacramoro  vostro  Ambasatore,  poy  el  Mag."''  Messer 
Augustino  Rosso ,  Messer  Rodolfo  da  Gonzaga  fratello  del  Cardinale 
e  poy  certa  altra  gente  che  yo  non  li  cognosco.  La  cena  fu  assai 
Isella  et  fatta  la  cena  se  fece  una  representationc  assay  bella  dele  vir- 
tute  conno  sono  contrarie  ali  vicij.  E  quivi  venereno  tute  le  virtute 
vestiti  ad  modo  femenille  cum  volti  contraffati  et  depincti.  Et  detro 
gli  seguiva  li  vicij.  E  qui  si  fece  una  disputationc  inante  alo  Re , 
utrum  se  doveva  atachare  alla  vita  epicuria,  overo  acostarse  ale  ver- 
tute. E  qui  se  ballò  cum  spade  in  mano  li  viciosi.  Et  le  virtute  gli 
abateno  li  vicij  et  cossi  la  festa  fu  fonita  ad  bore  vj  di  nocte.  Me 
recomando  ala  V.  111.'"''  Sig.""'* 

Roma  die  secundo  Januarij   1476. 
IH.'"'"  vestre  dominationis 

servitor  Johannes  Marcime. 

A  tergo  : 

IH.'""  et  excell.'""  principi  domino  meo  singularissimo 
Domino  d.  Duci  Mediolani  etc. 


Per  Bartolomeo  Platina.  —  Il  dott.  Ferdinando  Sacchi  in- 
serisce nella  Provincia ,  Corriere  di  Cremona  ,  [N.  6  ,  14  gen- 
naio 1888] ,  una  lettera  del  dicembre  1475  del  celebre  storico 
dei  papi  Bartolomeo  Platina ,  o  Sacchi  da  Piadena  ,  conservata , 
assieme  ad  altri  documenti  storici  importanti  nel  Museo  Civico 
nella  Biblioteca  di  Cremona.  La  lettera  autografa  del  Platina 
è  la  risposta  a  lettere  del  Consiglio  di  Cremona ,  colle  quali 
il  Platina  veniva  richiesto  di  adoperarsi  presso  papa  Sisto  IV 
per  r  ottenimento  d'  una  indulgenza  plenaria  per  la  Cattedrale  di 
Cremona,  e  in  essa  partecipa  che  non  volendo  S.  Santità  concedere 
tali  favori  prima  del  Giubileo,  farà  d'uopo  aspettare  fino  dopo  il 


196  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


Natale  ,  ma  che  a  quali'  epoca  egli  si  porrà  di  nuovo  all'  opera, 
confidando  di  riuscire.  Un  2"  documento  offerto  dal  Sacchi  é  la 
commendatizia  dei  Duchi  di  Milano  (29  gennaio  1477)  diretto  al 
Podestà  di  Cremona  in  favore  del  Platina. 

Documenti  ben  più  importanti  per  l'imprigionamento  del  Platina 
in  Roma ,  nel  1468  ,  e  per  la  sua  andata  in  Grecia  nel  1456  , 
vennero  editi  in  questi  ultimi  anni  nell'  Archioio  della  R.  Società 
romana  di  storia  patria  (1884 ,  fase.  27-28  ,  pag.  555  ,  riprod. 
dalla  Perseveranza,  N.  8040,  del  1882),  e  nel  Boll,  storico  della 
Svizzera  italiana  (1885,  pag.  274). 


Isabella  d'  Este  marchesa  di  Mantova.  —  A.  Luzio  e  R.  Re- 
nier  hanno  ultimato  il  lavoro  di  ricerche ,  che  durava  da  pa- 
recchi anni,  intorno  a  Isabella  d'  Este  Gonzaga.  La  monografia 
riguardante  la  celebre  gentildonna  e  le  sue  relazioni  artistiche 
e  letterarie  viene  ora  stesa,  e  comparirà  quanto  prima  sarà  pos- 
sibile ,  tenuto  conto  del  materiale  immenso  e  della  vastità  del- 
l' opera.  [^Giornale  Storico  della  Letteratura  Italiana,  di  Torino, 
fase.  28-29,  1887,  p.  307].  I  documenti  raccolti  sommano  ad 
oltre  3000. 


Anna  Gonzaga  e  la  Fronda.  —  AH'  Istituto  di  Francia  il 
signor  Cheruel  presentò  una  memoria  sull'anione  Politica  della 
Principessa  Palatina,  che  era  Anna  Gonzaga,  durante  la  Fronda 
(1651).  Nata  nel  1616  da  Carlo  Gonzaga  Nevers  duca  di  Mantova, 
sorella  della  regina  di  Polonia,  primeggiò  alla  Corte  di  Francia, 
ammirata  dal  cardinal  di  Relz  ;  Bossuet  tessendone  l' orazione 
funebre  ne  esalta  le  qualità  di  mente  e  di  cuore,  la  dice  «  sempre 
fedele  allo  Stato  e  alla  gran  regina  Anna  d'Austria  e  col  segréto 
di  questa  ebbe  pur  quello  di  tutti  i  partiti;  tanto  era  penetrante, 
tanto  ispirava  confidenza,  tanto  le  era  naturale  il  guadagnar  i 
cuori.  » 


APPUNTI    E    NOTIZIE.  197 


Codeste  eroine  della  Fronda  non  possono  giudicarsi  solo  dietro 
ai  panegiristi  e  ai  detrattori,  fra  quel  labirinto  d' intrighi  politici 
e  questioni  romanzesche  e  Mazzarino  giudicava  Anna  facile  a  gua- 
dagnare perché  molto  interessata;  e  tale  si  mostrò  nella  lunga 
faceuda  di  riconciliare  il  principe  di  Condé  colla  regina. 


Manoscritti  lombardi  a  Berlino.  —  Nel  Giornale  Storico 
della  Letteratura  italiana,  di  Torino  (fase.  30°)  Leandro  Biadene 
elenca  i  manoscritti  italiani  della  Collezione  Hamilton  nel  R.  Museo 
e  nella  R.  Biblioteca  di  Berlino.  Taluni  provengono  dalle  biblio- 
teche degli  Sforza.  Cosi  il  n.**  2  (cfr.  p.  319)  Il  Canzoniere  del 
Petrarca  col  commento  del  Filelfo,  appartenuto  a  Corrado  da 
Fogliano.  Neil'  ultima  carta  non  numerata  del  codice  irovansi 
notati  gli  anni  della  nascita  dei  figli  di  Gabriella  figlia  del  mar- 
chese di  Mantova  e  moglie  per  lo  appunto  di  Corrado  da  Fogliano 
(1456  e  1461),  e  d'altra  mano  quelli  della  nascita  dei  figli  di 
Ludovica  dei  marchesi  Pallavicini  e  moglie  di  Ludovico  da  Fo- 
gliano (1479-95). 

Il  n."  7  (cfr.  p.  321)  é  codice  quattrocentista  contenente  il  noto 
poema  di  Gasparo  Visconti  Di  Paulo  e  Daria  amanti. 

Il  n.°  11  (cfr.  p.  323),  codice  del  secolo  XVI,  con  due  belle 
pitture  del  Tintoretto  rappresentanti  la  Vergine  col  Bambino  e  i 
ritratti  di  P.  Capello  e  di  suo  figlio,  è  la  Ducale  di  Nicolò  da 
Ponte  nominante  Pietro  Capello  podestà  della  città  di  Crema.  A 
tergo  della  prima  guardia  leggeri  un'  annotazione  autografa  del 
podestà  Capello  sull'epoca  della  sua  nomina,  entrata  in  Crema,  ecc. 

Questi  tre  Codici  nel  R.  Museo  berlinese.  Nella  R.  Biblioteca 
troviamo  : 

N,**  70  (cfr.  p.  349)  Cod.  membr.  del  sec.  XVI  collo  stemma 
dei  Capello  finamente  miniato.  Ducale  di  Leonardo  Lauredauo 
nominante  Pietro  Capello  podestà  di  Brescia  (1501). 


198  APPUiNTI    E    NOTIZIE. 


L'Archivio  di  Stato  Lombardo  acquislò  le  Carte  della  Fa- 
miglia Melzi  (Malingegni),  cedutegli  generosamente  dalla  Contessa 
Barbara  Melzi  ,  ultima  di  un  ramo  secondogenito  di  quella  fa- 
miglia ,  persuasa  che  i  ricordi  domestici  siano  meglio  conservati 
e  utilizzati  nei  depositi  pubblici,  che  non  nelle  case  private.  Sono 
4000  documenti,  che  riguardano  434  famiglie  :  in  essi  309  per- 
gamene ;  diplomi  e  bolle  coi  sigilli  conservati  in  teche  di  me- 
tallo o  di  lecno. 


Archivio  Bertani.  —  Il  Consiglio  Comunale  di  Milano  nella 
seduta  del  31  dicembre  1887  deliberò  l'acquisto  per  la  somma  di 
L.  30,000  dei  documenti  costituenti  l'Archivio  lasciato  da  Ago- 
stino Bertani  ed  esaminati  dalla  Commissione  del  Civico  Museo 
del  Risorgimento,  dei  quali  pubblicò  una  dettagliata  relazione  il 
colonnello  Enrico  Guastalla  (Milano,  Tip.  Bernardoni). 

Il  valore  di  questo  Archivio  sta  nella  raccolta  di  migliaia  di 
autografi  e  di  documenti  storici ,  che  riguardano  i  moti  milanesi 
del  1848,  la  difesa  di  Roma  (1849),.  il  periodo  della  resistenza, 
della  preparazione,  la  guerra,  i  cacciatori  delle  Alpi  (1859),  le 
campagne  dell'Italia  meridionale  (1860),  le  diverse  spedizioni 
dal  1860  al  66  fino  a  Mentana  (1867).  —  Importantissima  è  in 
particolare  per  Milano  la  parte  dell'Archivio,  che  porta  per  ti- 
tolo: Governo  Provvisorio  di  Milano  e  della  Lombardia,  18i8 , 
in  cui  si  possono  leggere  corrispondenze  segrete  di  Enrico  Mar- 
tini, di  Cesare  Giulini,  di  Guido  Borromeo  e  di  altri  inviati  al 
campo  di  S.  M.  il  Re  Carlo  Alberto  ,  i  protocolli  segreti  e  i 
processi  verbali  delie  sedute  del  Consiglio  del  Governo  Prov- 
visorio. 

(i>ueste  carte  furono  portate  a  Lugano  da  Federico  Bellazzi  il 
giorno  4  agosto  1818,  affidate  da  poi  a  Carlo  Cattaneo,  a  lui  sei- 


APPUNTI    E    NOTIZIE.  199 


virono  nella  pubblicazione  deWArchioìo  Triennale  :  morto  il  Cat- 
taneo passarono  co*  suoi  scritti  ad  Agostino  Bertani,  che  le  affidò 
alla  signora  Jessie  \\'hite  vedova  Mario,  la  quale  con  lettera 
esplicativa  del  3  gennaio  corrente  anno,  ed  in  seguito  all'acquisto 
dei  documenti  di  proprietà  Bertani,  le  consegnava  al  signor  Sin- 
daco persuasa  del  dovere  di  deporre  queste  carie  nelle  mani  del 
legiitimo  rappresentante  del  popolo  milanese. 


Società  Storica  di  Savona.  —  Nel  giorno  otto  del  passato 
gennaio  veniva  inaugurata  questa  nuova  Società;  ai  discorsi  del 
sindaco  Brignoni  e  di  Anton  Giulio  Barrili  presidente  del  Comi- 
tato Promotore,  che  ricordò  i  più  illustri  scrittori  Savonesi  e  in 
particolare  l'abate  Torteroli,  tenne  dietro  quello  di  Paolo  Boselli, 
chiamato  alla  Presidenza,  che  tratteggiò  con  splendide  parole  le 
origini  storiche  dei  Liguri,  le  condizioni  di  Savona  nel  periodo 
barbarico  e  sotto  il  dominio  del  marchese  Del  Carretto,  la  for- 
mazione del  Comune  nel  secolo  XIII,  le  lotte  con  altre  terre 
italiane;  ragionò  di  Savona  all'epoca  napoleonica  sino  ai  giorni 
nostri  ed  avverti  per  ultimo  i  tesori  che  ancora  si  conservano 
negli  archivi  savonesi  alle  indagini  storiche  degli  studiosi.  —  Un 
augurio  di  proficua  vita  alla  sorella  istituzione. 


Le  Moven  Age.  —  A  Parigi  è  uscito  il  primo  numero,  gen- 
naio 1888,  del  giornale  Le  Moyen  Age  (Alphonse  Picard,  ediieur) 
che  si  propone  di  dare  lo  spoglio ,  per  quanto  riflette  la  storia 
medioevale,  di  tutti  i  periodici  d'Europa.  La  pubblicazione  è  men- 
sile; e  nel  primo  numero,  a  pag.  17-19  troviamo' un  abbondante 
resoconto  degli  ultimi  fascicoli  doWArchioio  Storico  Lombardo. 


Co.NCORSI    A    PREMI     DEL     R.     ISTITUTO     LoMB.iRDO     DI     SciENZE     E 

Lettere.  —   Fondazione   Tomasoni.  Temi   per  l'anno   1891,  ri- 


200  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


proposto  e  pubblicato  il  13  gennaio  1887:  Un  premio  di  lire 
italiane  5000  a  chi  detterà  la  miglior  Storia  della  vita  e  delle 
opere  di  Leonardo  da  Vinci ^  mettendo  particolarmente  in  luce  i 
suoi  precetti  sul  metodo  sperimentale,  e  unendovi  il  progetto  di 
una  pubblicazione  nazionale  delle  sue  opere  edite  ed  inedite. 
Scadenza  del  concorso  alle  4  pomeridiane  del  1^  maggio  1891. 

Premio  Cossa.  Tema  per  1'  anno  1888,  pubblicato  il  13  gen- 
naio 1887  :  Fare  una  esposizione  storica  delle  teorie  economiche 
e  finanziarie  in  Italia  dal  1800  al  1848. 

Tempo  utile  per  il  concorso,  fino  alle  4  pomerid.  del  1^  giu- 
gno 1888.  Premio  L.  1000. 


GIUSEPPE    MONGERI. 

Compiamo  uà  dovere  assai  doloroso,  scrivendo,  con  un  triste 
annuncio  di  morte ,  il  nome  d'  uno  dei  collaboratori  più  costami 
ed  assidui  di  questo  Giornale. 

Il  prof.  Giuseppe  Mongeri  mori  il  di  17  gennaio. 

Il  paese  nostro  ha  perduto  in  lui  un  intemerato  e  operoso 
cittadino,  gli  studi  d'arte  e  di  storia  un  cultore  autorevole;  per 
la  Società  Storica  Lombarda  e  per  questo  Giornale  la  sua  morte 
é  un  lutto  di  famiglia. 

Giuseppe  Mongeri  nacque  in  Milano  nell'aprile  del  1815. 

Giovinetto ,  compi ,  con  lode ,  gli  studi  classici  e  letterari , 
ma  attratto  da  una  naturale  inclinazione,  si  diede,  nel  tempo 
stesso  ,  ad  apprendere  il  disegno  e  la  pittura ,  frequentando  le 
scuole  dell'  Accademia  di  Brera ,  dove  lasciò  ricordo  di  sé  pel 
suo  amore  alle  discipline  artistiche  e  per  le  sue  felici  attitudini. 
Egli  non  vagheggiava  le  glorie  dell'  artista,  ma  cercava  in  questo 
studio  una  soddisfazione  dell'  animo ,  un  nuovo  ornamento  di 
quella  coltura  di  cui  voleva  arricchire  la  mente ,  un  tirocinio 
utilissimo  per  educare  il  nativo  sentimento  del  bello. 

Uscito  dalle  scuole,  il  Mongeri  entrò  presto  nei  pubblici  uffici , 
non  abbandonando  però,  tra  i  nuovi  ed  aridi  doveri ,  i  suoi  lavori 
geniali.  Egli  contrasse  allora  coi  giovani  studiosi  della  nostra 
città  quelle  amicizie  che  gli  durarono  sempre  affettuose* 


202  NECROLOGIO. 


Nei  tristi  tempi  del  dominio  straniero ,  pei  giovani  operosi 
erano  assai  minori  le  distrazioni  della  vita  ;  le  speranze  erano 
alte,  disinteressate  e  lontane  ;  un  impulso  comune  li  spingeva,  più 
che  ora,  a  cercarsi  tra  loro,  ad  associare  gli  studi,  a  riunirsi 
nelle  consuetudini  d'  una  fraterna  amicizia.  Un  gruppo  di  essi  , 
che  si  raccoglieva  intorno  a  Cesare  Correnti ,  collaborava  alla 
Rivista  Europea,  coli' intento  di  seguire  quella  tradizione  che, 
cominciata  col  Caffè  e  ripresa  col  Conciliatore,  doveva  essere  più 
tardi  continuata  dal  Crepuscolo.  Il  Mongeri ,  stretto  da  una  viva 
amicizia  al  Correnti  ,  frequentava  questi  convegni ,  dove  cia- 
scuno portava  il  contributo  de'  suoi  studi  prediletti. 

Collaboratore  della  Rivista  Europea ,  il  Mongeri  passava  in 
rassegna  le  nuove  opere  d'  arte  e  quelli  che  allora  ,  meglio  che 
oggi ,  potevano  chiamarsi  gli  avvenimenti  artistici  della  città , 
perché  1'  opinione  pubblica  vi  pigliava  una  parte  molto  più  viva 
e  ogni  prova  dell'  ingegno  italiano  pareva  confermare  in  tutti  la 
volontà  d'  essere  italiani. 

In  questi  suoi  primi  scritti,  il  Mongeri,  appare,  più  di  qua- 
rant'  anni  or  sono ,  quale  lo  abbiamo  poi  sempre  conosciuto. 
Senza  essere  ingiusto,  né  irriverente  verso  gli  artisti  provetti  del 
suo  tempo,  manifestava  le  sue  simpatie  per  quelli  che  si  allon- 
tanavano dagli  artifizi  e  dalle  tradizioni  accademiche  e  cercavano 
la  loro  ispirazione  nella  natura  e  nella  verità.  Salutava  gì'  ingegni 
che  sorgevano,  ammirava  con  gioia  sincera  le  loro  prime  opere; 
ma  li  avvertiva  eh'  essi  camminavano  tra  due  pericoli ,  da  un 
lato  la  reminiscenza  della  scuola ,  la  convenzione  classica  che 
non  può  esprimere  la  vita  moderna ,  dall'  altro  lato  la  servile  e 
materiale  riproduzione  di  ogni  aspetto  esterno  delle  cose.  Fino  da 
allora  egli  notava  la  superiorità  dell'  esecuzione  sul  pensiero  e 
consigliava  ai  giovani  di  domandare  alla  natura  la  verità  delle 
forme  ,  ma  di  cercare  nella  mente  e  nel  cuore  1'  unità  e  la  vita 
delle  opere  d'  arte. 

In  queste  rassegne  egli  andava,  soprattutto,  additando  con 
grande  amore,  agli  intelligenti  ed  al  pubblico,  quei  lavori  arti- 
stici   che    non    apparivano    allo   mostre  annuali  de' quadri   e  delle 


NECROLOGIO.  203 


statue.  Parlava  degli  affreschi,  di  quest'arte  tutta  italiana,  eh'  egli 
lamentava  allora  negletta  e  che  potè  poi  vedere  quasi  spenta. 
Esaminava  soprattutto  le  opere  di  architettura,  di  quella  forma 
dell'arte  che  a  lui  pareva,  nelle  condizioni  presenti  della  società, 
la  più  importante,  e  che  non  era  in  Milano  più  in  fiore  che  oggi 
non  sia,  segnalando  quanto  era  lodevole,  ma  deplorando  soventi 
o  la  mediocre  tradizione  accademica ,  o  il  tentativo  di  imitare 
altri  stili  ,  senza  possederne  appieno  la  scienza  e  lo  spirito. 

Il  Mongeri  aveva ,  in  fatto  di  arte  architettonica  ,  una  coltura 
storica  e  tecnica ,  che  andò  poi  sempre  aumentando  con  grande 
amore,  e  che  lo  distingueva  tra  i  critici  d'arte,  perchè  molti 
possono,  anche  col  solo  lume  dell'intuizione,  parlare  d'  un  quadro 
o  d'  una  statua ,  ma  per  parlare  di  un'  opera  d'  architettura  è 
necessario  un  corredo   di   cognizioni. 

Dallo  studio  dei  monumenti  antichi  la  sua  mente  si  volgeva 
a  quello  della  loro  conservazione.  I  lavori  che  allora  si  com- 
pievano in  alcune  case  private  ,  nel  Duomo  ,  in  S.  Ambrogio  , 
soprattutto  nella  Certosa  di  Pavia  ,  sono  1'  argomento  di  alcuni 
tra  i  suoi  scritti  migliori,  nei  quali  egli  espone  intorno  ai  metodi 
del  restauro  quei  principi  che  hanno  anche  oggi  tutto  il  loro 
valore. 

Ci  siamo  alquanto  indugiati  intorno  a  questi  primi  lavori  del 
Mongeri  perché  in  essi  è  già  tracciata  la  strada  che  egli  per- 
corse sino  alla  fine  della  sua  laboriosa  carriera. 

La  Rivista  Europea  fini  colla  rivoluzione  del  quarantotto  ,  col 
trionfo  delle  speranze  che  tenevano  uniti  tra  loro  quei  giovani 
che  vi  scrivevano,  congiunti  da  uno  stesso  volere  e  da  una  stessa 
aspettativa.  Il  Mongeri  fu  nominato  tra  i  vicesegretari  del  Go- 
verno Provvisorio. 

Dopo  le  nostre  sciagure  ,  egli  ritornò  ai  suoi  studi  e  scrisse 
nel  Crepuscolo,  nelle  cui  pagine,  oltre  vari  giudizi  sulle  quistioni 
artistiche  del  giorno,  pubblicò  alcuni  scritti  i  quali  avevano  una 
importanza  maggiore  di  quella  che  viene  dall'  occasione.  Merita, 
ad  esempio,  d'essere  citato  un  suo  pensato  lavoro  sulla  pittura 
storica  in  Italia, 


104  xN'ECROLOGIO. 


Nel  1855  il  Mongeri  fu  nominato  segretario  della  Accademia 
di  Belle  Arti,  nella  quale  esercitò  anche  1'  ufficio  temporaneo  di 
Presidente.  Cessò  da  questi  incarichi  ,  quando  l' Accademia  fu 
sciolta  e  riordinata  ,  per  riassumere  più  tardi  ,  come  professore  , 
i'  insegnamento  della  storia  dell'  arte. 

D'  allora  in  poi  si  può  dire  che  i  suoi  giorni  furono  divisi  tra 
le  cure  date  al  maggiore  nostro  Istituto  artistico  e  1'  assidua  abi- 
tudine dello  studio. 

L' amore  per  l' arte  conservò  sempre  in  lui  l' alacrità  e  la 
freschezza  di  un-  affetto  giovanile.  Ogni  fatto,  ogni  quistione  che 
importasse  alla  vita  artistica  nella  nostra  città,  occupava  il  suo 
pensiero  ;  da  un  modesto  concorso  tra  giovani  non  ancora  usciti 
dalle  scuole,  alle  nuove  opere  degli  artisti  provetti,  dalle  espo- 
sizioni annuali  ai  nostri  musei ,  dalle  quistioni  sollevate  per  le 
novità  edilizie  ai  più  difficili  problemi  intorno  ai  nostri  monumenti 
storici,  tutto  gli  sembrava  degno  di  nota  e  per  tutto  egli  cercava, 
0  con  un  breve  giudizio  o  con  una  indagine  dotta  e  accurata,  di 
tener  desta  1'  attenzione  e  la  sollecitudine  del  paese.  Deplorava 
soprattutto  l'indifferenza,  e,  ad  ogni  modo,  credeva  di  compiere 
un  dovere,  come  se  1'  interesse  pubblico  fosse  cosi  vivo  come  il 
suo.  La  sua  ampia  cultura  intorno  alla  storia  e  alla  critica  del- 
l' arte  era  da  lui  quasi  esclusivamente  applicata  alle  cose  arti- 
stiche della  nostra  città. 

Egli  aveva  una  piena  conoscenza  dell'  arte  contemporanea , 
delle  sue  condizioni  e  del  suo  sviluppo  in  Italia  e  fuori  d'Italia; 
ed  aveva  coscienziosamente  studiato,  non  solo  nei  libri,  ma  con 
ripetuti  viaggi,  lo  svolgimento  delle  scuole  moderne  in  Francia, 
in  Germania,  e  nel  Belgio. 

Alle  sue  critiche  intorno  alle  nostre  esposizioni  d'  arte  e  ,  in 
special  modo,  intorno  alle  opere  di  pittura,  fu  apposto  di  non 
essere  scevre  da  pregiudizi  di  scuola.  Fu  detto  eh'  egli  aveva 
applaudito  ai  progressi  fatti  dall'  arte  nei  tempi  della  sua  gioventù, 
ma  che  aveva  fatto  il  viso  dell'  arme  a  quelli    compiuti    dappoi. 

A  noi  il  rimprovero  non  sembra  giusto.  Coloro  che  conobbero 
da  vicino  il   Mongeri,  sanno  che  egli  comprendeva  assai  bene  da 


';io. 


quali  intenti  fossero  mossi  molti  ira  i  nostri  giovani  artisti,  e  da 
quale  ricerca  di  una  più  viva  e  intima  rappresentazione  del  vero, 
e  eh'  egli  non  si  negava  a  riconoscere  queUa  parte  di  progressi 
che  poteva  dirsi  ottenuta.  Solo ,  poiché  aveva  presente  tutto  lo 
sviluppo  artistico  nei  giorni  nostri ,  propendeva  a  dare  a  questo 
indirizzo  nostro  locale  piuttosto  l' importanza  d'  un  episodio  che 
di  un  periodo  storico.  E  per  di  più  gli  pareva  che ,  per  quanto 
riguarda  il  maggiore  obbiettivo  della  pittura,  vale  a  dire  la  rap- 
presentazione della  figura  umana,  nella  nuova  scuola  si  ravvi- 
sasse finora  piuttosto  T  intento  a  cui  mirava,  che  lo  scopo  rag- 
giunto, e  eh'  essa  non  fosse  ancora  uscita,  come  oggidì  si  dice , 
dalla  sua  fase  di  evoluzione.  Credeva  dunque  più  utile  esprimere 
i  suoi  dubbii  e  fare  le  sue  riserve  che  largheggiare  nelle  lodi, 
delle  quali  ,  d'  altronde  ,  non  si  avvertiva  la  mancanza.  Queste 
erano  le  sue  opinioni  che  si  potraimo  contraddire  ,  ma  che  è 
giusto  ridurre  nei  veri  termini  loro. 

Lo  studio  che  il  Mongeri  faceva  ,  nel  tempo  stesso  ,  dell'  arte 
antica,  era  per  lui  l'apparecchio  e  la  materia  per  quell'insegna- 
mento della  storia  dell'  arte  eh'  egli  proseguì  per  molti  anni  nella 
Accademia  milanese  con  amore  grandissimo  e  con  cura  indefessa. 
Si  può  dire  che  questa  scuola  fu  da  lui  rinnovata  e  che  essa  poteva, 
per  l'indirizzo  ed  il  metodo,  servire  ad  altre  di  esempio.  Alle  an- 
tiche lezioni  di  quell'  estetica  che  si  era  immedesimata  colle 
Accademie,  sono  oggidì  succedute  altre  lezioni,  nelle  quali  la 
storia  dell'  arte  é  unita  alla  storia  generale  in  un  modo  affatto 
anedottico ,  oppure  é  trattata  come  un  esercizio  di  critica  lette- 
raria. Un  simile  insegnamento  può  dare  ai  giovani  qualche  no- 
zione  di    coltura  generale,  ma  nessun  concetto  positivo  dell'arte. 

Il  Mongeri  insegnava  con  un  metodo  più  rigoroso,  più  atto  a 
nudrire  di  cose,  e  non  a  pascere  di  parole,  la  mente  degli  scolari. 
Egli  non  trascurava  le  relazioni  necessarie  tra  la  storia  del- 
l'arte  e  quella  della  civiltà,  né  le  leggi  morali  che  presiedono 
al  progressivo  svolgimento  delle  forme  artistiche,  ma  queste 
forme  poi  credeva  necessario  il  farle  studiare  con  una  analisi 
positiva  e  colle  loro    dimostrazioni    tecniche.    In    questo  gli  gio- 


:?0G  N'iyiMU.oGTO. 

vava  non  solo  la  dottrina  teorica,  ma  l'  avere  addestrato  1'  occhio 
e  la  mano  alla  educazione  e  alla  pratica  dell'  arte. 

Il  suo  corso  di  lezioni  comprendeva  un  ampio  programma  che 
si  svolgeva  metodicamente,  senza  che  la  sintesi  facesse  danno 
ai  particolari  e  in  cui  i  grandi  monumenti  dell'  arte  erano  illu- 
strati, pel  loro  valore  estetico  e  pel  posto  che  tenevano  nella 
storia,  col  corredo  di  una  larga  copia  di  disegni  e  di  riprodu- 
zioni grafiche. 

Il  Professore  amava  i  suoi  allievi,  e  non  credeva  che  colla 
lezione  fosse  finito  il  suo  compito.  Ricercava  quelli  che  davano 
migliori  speranze  e  che  rispondevano  meglio  al  suo  pensiero,  li 
chiamava  a  sé  per  incoraggiarli  e  per  associarsi  ai  loro  studi, 
colla  guida  e  col  consiglio. 

Le  sue  cure  per  questa  scuola  facevano  parte  dell'opera  ze- 
lante da  lui  data  all'  Accademia  di  Brera  per  la  quale  prendeva 
un  interesse  quasi  di  famiglia.  Il  Mongeri ,  in  fatto  di  Acca- 
demie, professava  quella  opinione  media  che,  dopo  molta  contesa, 
ha  finito  col  prevalere.  Le  Accademie  furono,  negli  ultimi  tempi, 
assai  impopolari,  e  non  senza  ragione.  Esse  erano  sòrte  in  Italia, 
col  decadere  dell'arte,  per  far  prevalere  i  principi  della  scuola 
ecclettica,  le  cui  formole  e  i  cui  precetti  non  potevano  che  nuo- 
cere alla  originalità  spontanea  degli  ingegni  e  all'  unità  caratte- 
ristica delle  opere  loro.  Le  Accademie  ebbero  anche  un  dominio 
maggiore,  al  principio  di  questo  secolo,  quando  per  combattere 
il  cattivo  gusto  si  volle  prescrivere  un  bello  convenzionale  de- 
sunto dalla  imitazione  della  antichità  classica,  incompletamente 
interpretata  ed  intesa.  Tutti  rammentano  la  crociata  contro  lo 
Accademie  ;  se  ne  invocava  1'  abolizione  e  si  domandava  il  ri- 
torno alle  antiche  botteghe  del  quattrocento  da  cui  erano  usciti 
i  grandi  maestri  italiani. 

Il  vero  è  che  se  le  Accademie  avevano  le  loro  grandi  pecche, 
si  poteva  anche  dire  che  delle  condizioni  materiali  e  morali  in 
mezzo  a  cui  fiorirono  le  botteghe  del  quattrocento,  ai  giorni 
nostri  non  ne  esiste  forse  una  sola.  Il  Mongeri  voleva  non  la 
morte,  ma  la  riforma  delle  Accademie,  e  credeva  che  alle  con- 


NECROLOGIO.  ^O" 


dizioni  presemi  rispondessero  piuttosto  degli  Istituti,  il  cui  inse- 
gnamento fosse  basato  sulla  sostituzione  del  vero  al  convenzio- 
nale e  dove  i  giovani  potessero  avere  quei  mezzi  di  studio  e  di 
lavoro  che  non  potrebbero  trovare  altrove.  Egli  pubblicò  nel  1860, 
un  suo  Schema  di  Slaiuto  per  una  Accademia  di  Belle  Arti, 
che  da  coloro  che  vogliono  studiare  la  quistione,  sopita  e  non 
spenta,  intorno  all'ordinamento  dei  nostri  maggiori  Istituti  arti- 
stici, può  ancora  essere  consultato  con  interesse  e  con  frutto. 
Lo  scopo  eh'  egli  si  proponeva  era  di  por  fine  a  quella  immo- 
bilità che  era  rimproverata  alle  Accademie ,  le  quali  vivevano 
chiuse  in  sé  stesse  senza  sentire  né  accogliere  gli  influssi  della 
vita  che  le  circondava.  Egli  voleva  dunque  introdurre  nel  loro 
stesso  organismo  una  legge  di  trasformazione  successiva  e  di 
rinnovamento  e,  tra  altri  provvedimenti,  la  logica  del  suo  prin- 
cipio lo  conduceva  a  proporre,  come  cosa  essenziale ,  che  i  pro- 
fessori delle  scuole  superiori  fossero  nominati  soltanto  a  tempo, 
e,  ogni  sei  anni,  sostituiti  da  altri.  Un  riflesso  dei  concetti  esposti 
allora  dal  Mongeri ,  si  trova  negli  Statuti  che  furono  poi  dati 
all'Accademia,  ma  solo  in  parte,  come  avviene  quando,  tra 
idee  e  opportunità  diverse,  si  giunge  per  transazione  o  stan- 
chezza a  un  termine  medio.  Delle  riforme  indicate  da  lui  al- 
cune furono  più  tardi  attuate  ;  altre  potrebbero  essere  riprese 
utilmente  in  esame.  E  tutte  poi  valgono,  se  non  altro,  a  dimo- 
strare che  le  sue  idee  erano  larghe  e  progressive,  e  quanto  fos- 
sero lontani  dal  vero  coloro  che  lo  andavano  talvolta  rappresen- 
tando come  un  custode  intollerante  delle  chiuse  accademiche. 
Le  istituzioni  sono  fatte  in  parte  da  chi  le  ha  create  o  le  dirige, 
ma  più  ancora  dalle  circostanze  in  mezzo  a  cui  vivono  e  dalla 
forza  delle  co^e  che  ne  deriva.  L'Accademia  di  Milano  ne  è  una 
prova,  perchè  intorno  all'  istituto  di  studi  artistici  superiori  si  è 
poi  formato,  ed  é  sempre  andato  crescendo,  un  altro  grande  isti- 
tuto popolare  di  insegnamento  del  disegno  di  cui  le  classi  popolari 
soprattutto  si  giovano.  Il  Mongeri  si  prendeva  cura  dell'Accademia , 
appunto  per  questa  tradizione  cittadina  che  ne  fa  la  maggiore  delle 
nostre  istituzioni  artistiche,  e  le  assegna  un  posto  importante  nella 


208  NECROLOGIO. 


vita  operosa  della  nostra  città.  Egli  si  adoprava  per  l'  Istituto  con 
animo  volonteroso,  nelle  maggiori  come  nelle  minori  occasioni, 
portando  in  tutte  il  sussidio  della  sua  dottrina,  e  il  suo  amore 
per  gli  studi  seri  e  ordinati. 

Il  Mongeri  studiava  con  grande  diligenza  tutti  i  nuovi  lavori 
pubblicati  in  Italia,  e  assai  più  fuori  d'Italia,  intorno  alla  storia 
dell' arte ,  e  segnatamente  dell'arte  italiana.  Egli  non  era  tra  co- 
loro che,  formati  una  volta  i  loro  giudizi,  smettono  dall'  imparare 
e  passano  il  resto  della  vita  a  difendere  da  ogni  novità  il  regno 
delle  loro  antiche  dottrine.  Seguiva  gli  ultimi  progressi  della 
critica  con  piena  libertà  di  pensiero,  e  con  mente  volonterosa, 
perché  non  gli  pesava  il  ricredersi  d'  una  opinione  già  profes- 
sata, né  gli  rincresceva  il  rifare,  col  progresso  degli  studi  ge- 
nerali, la  sua  educazione.  Nei  giudizi  intorno  all'antica  pittura 
italiana  adottò,  come  seguace,  le  idee  del  Senatore  Giovanni 
Morelli,  il  cui  libro  sulle  opere  dei  Maestri  italiani  nelle  Gallerie 
della  Germania,  apri  nuove  vie  alla  critica  e  gettò  una  luce 
nuova  sulla  storia  dell'  arte  italiana.  Di  questo  libro  fece  una 
estesa  recensione,  letta  nell'Istituto  Lombardo;  e  il  consenso 
nelle  idee  coli'  illustre  critico  gli  era  reso  più  caro  dalla  antica 
amicizia  che  ad  esso  lo  legava. 

La  conoscenza  che  egli  aveva  dell'  architettura,  la  predilezione 
che  in  lui,  cogli  anni,  era  andata  crescendo  per  le  ricerche  eru- 
dite lo  facevano  giudice  assai  competente  in  tutte  le  quistioni  che 
concernevano  gli  antichi  monumenti  ed  i  loro  restauri.  Erano 
questi  gli  studi  verso  i  quali  si  sentiva  attratto  di  preferenza,  e  che 
aveva  maggiormente  approfonditi.  In  tal  modo  egli  illustrò  molti 
monumenti  medioevali  e  del  rinascimento,  nella  città  e  nel  ter- 
ritorio milanese,  o  perchè  poco  noli,  o  perchè  di  essi  si  era 
progettato  o  incominciato  il  restauro.  Le  indagini  artistiche  lo 
conducevano  alle  indagini  storiche  e  si  soccorrevano  a  vicenda. 
La  storia  degli  uomini  e  dei  tempi  non  si  può  scompagnare 
dallo  studio  dei  monumenti.  Essa  rischiara  la  loro  origine  e  le  loro 
vicende,  e  dà  una  voce  a  questi  muti  testimoni  del  passato.  I 
documenti  rintracciati    negli    archivi    aggiungono    nuove    notizie, 


NECROLOGIO.  209 


coufermano  o  correggono  le  antiche.  Ma  1*  edificio  stesso  rimarrà 
sempre  il  maggiore  dei  documenti.  Alla  ricerca  storica  bisogna 
dunque  che  sia  unita  la  conoscenza  artistica  necessaria  per 
saper  intendere  il  monumento  e  per  trovare  in  esso  il  riscontro 
delle  tradizioni  e  delle  memorie. 

Il  Mongeri  al  quale,  in  questa  materia  non  mancavano  né  l'eru- 
dizione ,  né  le  cognizioni  artistiche  ,  si  era  applicato  a  dare  a 
queste  ultime  un  fondamento  pratico  sempre  maggiore.  Aveva 
assistito  da  vicino  ai  restauri  della  chiesa  di  S.  Ambrogio;  e,  amico 
del  compianto  Architetto  Brocca  e  dell'  egregio  Architetto  Mac- 
ciaschini,  aveva  seguito  con  essi  i  più  importanti  restauri  diretti 
da  quei  due  egregi  artisti.  Egli  aveva  per  tal  modo  acquistato 
una  perizia  non  comune,  per  uno  scrittore  che  non  era  archi- 
tetto, dell'organismo  e  delie  forme  degli  antichi  monumenti. 

L'operosità  letteraria  del  Mongeri  fu  cosi  assidua  che  a  voler 
rammentare  i  suoi  scritti,  con  una  parola  che  vada  oltre  l'enun- 
ciazione del  titolo,  si  farebbe  troppo  lungo  discorso.  Abbiamo 
cercato  di  darne,  in  fine  di  questa  notizia,  un'  indice  cronologico 
che  non  sarà  forse  completo.  E  agli  articoli  nelle  Riviste,  alle  Me- 
morie che  non  si  potrebbero  qui  riassumere  con  brevi  cenni ,  é 
da  aggiungere  una  collaborazione  di  venticinque  anni,  come  cri- 
tico d'arte,  nella  Perseveranza,  dov'egli  scrisse  su  tutti  gli  argo- 
menti d'arte  antica  e  moderna  che  l'occasione  del  giorno  metteva 
in  campo. 

Il  suo  libro  YArte  in  Milano  fu  pubblicato  in  occasione  della 
Mostra  Nazionale  e  del  secondo  Congresso  artistico  radunato  in 
Milano. 

Il  Mongeri  volle  scrivere  una  Guida  dei  monumenti  della 
nostra  città,  che  stesse  alla  pari  col  progresso  degli  studi  e 
della  critica  moderna.  Egli  si  accinse  a  un'  opera  nella  quale 
bisognava  rifare  da  capo,  perchè  le  Guide  del  secolo  scorso,  dal 
Torre  al  Bianconi,  gli  potevano  poco  giovare,  e  qualche  pregevole 
pubblicazione  dei  nostri  giorni  trattava  dell'  arte  solo  in  modo 
accessorio.  Il  libro  del  Mongeri  non  è  compilato  coi  libri,  e  vi 
è  raccolto,  in  piccola  mole,  il  compendio  di  molte  e  laboriose 
Arch.  Stor.  Lomh,  —  Anno  XV.  14 


210  NECROLOGIO. 


ricerche  fatte  sui  monumenti  o  tolte  ,  di  preferenza  ,  alle  carte 
inedite  delle  Biblioteche  e  degli  Archivi.  L'  autore  non  credeva 
che  il  suo  lavoro  fosse  in  ogni  parte  completo  ,  perchè  questi 
libri  non  sono  mai  finiti;  e  lo  presentava  modestamente  come 
il  saggio  e  il  disegno  d'una  Guida.  Egli  intendeva  di  ampliarlo 
e  di  estenderlo  a  tutto  il  territorio  milanese,  e  di  introdurvi  quelle 
variazioni  che  nuovi  studi  gli  avevano  suggerito,  massime  per  le 
antiche  pitture,  poiché  le  molte  tenebre  che  circondano  la  vecchia 
scuola  lombarda  non  si  vanno  che  a  poco  a  poco  diradando.  La 
parte  più  importante  e  che  tiene  maggior  posto  nel  libro  è  quella 
risguardanle  le  chiese,  le  quali  sono  i  maggiori  monumenti  della 
nostra  città.  L'autore  le  descrive  e  le  illustra  coll'ordine  e  col 
metodo  storico;  ne  cerca  l'origine,  segue  i  casi  della  loro  costru- 
zione e  gli  eventi  che  ne  mutarono  1'  antico  aspetto.  Poi  interroga 
il  monumento  stesso,  nelle  sue  forme  o  in  quello  che  rimane 
delle  parti  più  antiche,  per  ritrovarvi  le  prove  e  le  traccie  del 
passato  ,  per  esaminare  l'  autorità  delle  tradizioni  tramandate  da 
scrittore  a  scrittore  e,  investigando  alcuni  caratteri  distintivi  e  le 
loro  analogie ,  cerca  di  rischiarare  con  ragionevoli  congetture 
la  storia  degli  artisti  che  architettarono  i  nostri  antichi  edifici. 
Fatto  questo  studio  del  monumento  ,  ne  descrive  poi  l'aspetto  e 
lo  stato  presente ,  e  passa  in  rassegna  tutto  ciò  che  contiene 
d'  importante  o  di  notevole.  Il  Mongeri  volle  fare  un  libro  ugual- 
mente utile  agli  studiosi  e  ai  semplici  visitatori,  nel  quale  i  primi 
trovassero  in  compendio,  un  concetto  intorno  all'  importanza  e 
al  carattere  dei  monumenti  milanesi,  i  secondi  un'utile  scorta  per 
visitarli  e  per  intendere  le  opere  d'arte  che  vi  sono  raccolte. 

Il  Libro  dell'Arte  è  una  pubblicazione  fatta  per  giovare  al- 
l' insegnamento  e  che  merita  di  essere  qui  ricordata.  Esso  è 
composto  di  circa  dugentocinquanta  tavole  incise,  le  quali  costitui- 
scono un  indice,  fatto  con  disegni,  di  tutta  la  storia  dell'arte  ne'  suoi 
grandi  periodi  dell'Antichità,  del  Medio  Evo,  del  Rinascimento  in 
Italia,  del  Rinascimento  d'oltre  alpi  e  dell'Epoca  moderna  sino  ai 
giorni  nostri.  I  disegni  numerosissimi  sono  opportunamente  ordi- 
nati ad  indicare  non    solo  le  forme    tipiche  ,    ma  anche  la  serie 


NECROLOGIO.  ^11 


non  interrotta  dei  loro  svolgimenti.  A  ciascuna  parte  del  libro 
precede  una  breve  introduzione  nella  quale  è,  a  gran  tratti,  rias- 
sunta la  storia  del  periodo,  e  lin  commento  illustrativo  delle 
tavole  che  riassume  le  notizie,  le  date,  i  criteri  artistici  per  ag- 
gruppare tra  loro  e  raffrontare  le  opere  rappresentate. 

Al  Libro  dell'Arte  fece  seguito  il  libro  degli  Stili  Architettonici, 
di  minor  mole,  pubblicato  alcuni  anni  dopo  collo  stesso  ordine, 
e  che  concerne  solo  l'architettura,  la  quale  si  presta  meglio  delle 
altre  ani,  alle  dimostrazioni  grafiche  compatibili  con  questo  genere 
di  opere  didattiche. 

Un'  altra  pubblicazione  di  cui  vogliamo  fare  ricordo  è  quella 
del  libro  di  disegni  del  Bramantino  sulle  rovine  di  Roma,  che  si 
trova  neir  Ambrosiana.  Il  Mongeri  non  solo  curò  la  lodevole 
riproduzione  di  questo  libro,  già  veduto  e  citato  dal  Vasari,  ma 
vi  aggiunse  uno  studio  sul  Bramantino ,  coli'  intento  di  mettere 
ordine  e  luce  nelle  notizie  intorno  a  questo  artista ,  che ,  nella 
sua  lunga  vita,  ebbe  trasformazioni  diverse,  pur  conservando  certi 
caratteri  nativi,  ed  esercitò  sulla  pittura  milanese  del  suo  tempo 
un  influsso  forse  maggiore  di  quello  che  è  comunemente  creduto. 
Intorno  alla  sua  vita  e  alle  sue  opere  si  sono  addensati  molti 
errori  e  durano  ancora  molte  incertezze  ,  e  ,  se  nello  scritto  di 
cui  parliamo,  tutti  i  nodi  non  sono  sciolti,  è  però  sgombrata  in 
parte  la  via  per  giungere  a  una  più  esatta  conoscenza  dell'  an- 
tico pittore  e  architelto  lombardo. 

Negli  ultimi  tempi  il  Mongeri  si  occupò  soprattutto  dei  progetti 
per  la  maggiore  opera  architettonica  a  cui  si  potesse  pensare 
nella  nostra  città.  Come  milanese  e  come  artista  attendeva  l'esito 
del  concorso  per  la  facciata  del  Duomo  con  una  viva  ansietà  e 
colla  mente  già  preparata  a  conoscere  e  a  giudicare  le  difficoltà 
dell'impresa.  L'arte  era  chiamata  a  ristabilire  l'unità  del  monu- 
mento ,  e  il  problema  sarà  tanto  meglio  risoluto  quanto  più  la 
nuova  facciata  avrà  un'  intima  colleganza  e  formerà  un  tutto 
organico  col  meraviglioso  edificio  che  ha  un  carattere  suo , 
senza  vero  riscontro  colla  architettura  gotica  ultramontana.  Pa- 
reva   dunque    al   Mongeri    che .  per    ben    penetrare    lo   stile    del 


212  NECROLOGIO. 


Duomo  fosse  necessario  saperne  la  storia  e  fosse  opportuno  il 
divulgare  gli  studi ,  desunti  dalle  fonti  originali ,  intorno  alle  ori- 
gini artistiche  e  alle  vicende  della  sua  costruzione.  Egli  pubblicò 
sulla  storia  dell'  edificio  e  della  facciata  due  scritti  meritevoli 
di  rimanere  tra  le  più  pregiate  illustrazioni  che  accompagnano 
questo  grande  concorso  dell'  arte. 

Il  Mongeri ,  come  si  vede ,  non  lascia  il  suo  nome  raccoman- 
dato ad  opere  di  molta  mole,  ma  il  suo  miglior  titolo  alla  rico- 
noscenza del  paese  sta  nel  lavoro  e  nelle  cure  di  tutta  la  vita 
intesa  a  promuovere  la  coltura  e  1'  amore  dell'  arte,  eh'  egli  te- 
meva si  andasse  spegnendo  tra  il  soverchiare  degli  interessi  ma- 
teriali. Amò  il  suo  paese  e  lo  servi  in  quella  che  a  lui  pareva 
dovesse  sempre  rimanere  una  delle  principali  manifestazioni  della 
sua  civiltà. 

Egli  si  era  fatto  del  lavoro  il  compagno  e  1'  amico  della  vita, 
e  quando,  negli  anni  tardi ,  per  la  perdita  della  moglie,  si  trovò 
solo  nelle  pareti  domestiche  ,  cercò  in  esso  ,  con  nuovo  ardore , 
più  che  un  conforto ,  un  rifugio.  Metteva  nello  studiare  e  nello 
scrivere  quella  costanza  di  abitudini  ,  mercè  la  quale  il  tempo 
non  è  mai  scarso  all'  opera.  Nel  costume  ordinato  e  semplice 
della  vita  giunse  al  fine  de'  suoi  giorni  senza  sentire  1  segni 
dell'  età,  e  la  sua  vecchiezza  poteva  essere  esempio  di  operosità 
e  di  perseveranza  alla  gioventù  più  fiorente.  E  come  il  corpo , 
conservò  l'  animo  immune  dal  peso  degli  anni.  Nulla  fu  più  alieno 
da  lui  che  il  disinganno  e  lo  scontento  in  cui  si  consumano  tal- 
volta, sul  tramonto,  le  vite  incominciate  colla  più  balda  energia 
e  colla  fede  più  viva.  Il  Mongeri  conservò  sino  all'  ultimo  la  gio- 
ventù dei  sentimenti  e  la  sollecitudine  del  bene. 

Il  suo  carattere  leale  non  sapeva  transigere  con  quella  che  gli 
sembrava  la  buona  causa  dell'arie;  ma  chi  fu  tocco  dai  suoi  giu- 
dizi ,  può  ben  essere  sicuro  che  in  essi  non  è  mai  entrata  l'  ombra 
di  una  passione  personale  o  di  un  secondo  fine,  qualunque  esso 
fosse.  A  lui  era  molto  più  grato  il  poter  lodare  che  il  dover 
biasimare,  e,  senza  venir  meno  alla  coscienza,  il  lasciare  1'  ultima 
parola  ai  consigli  della  sua  indole  indulgente  e  benevola. 


NECROLOGIO.  21o 


La  sincerità  delle  sue  convinzioni  non  aveva  nulla  di  ruvido 
o  di  sdegnoso ,  anaava  la  discussione  schietta ,  ma  temperata  ed 
urbana,  né  sapeva  comprendere  come  nelle  materie  di  arte  e  di 
gusto,  in  cui  i  dissensi  sono  cosi  facili  e  quasi  involontari ,  i  giu- 
dizi paressero  offese  e  le  opinioni  diventassero  ire.  Estraneo  a 
queste  contese,  estraneo  ai  rancori  che  ne  sono  lo  strascico,  con- 
servò sempre  inalterata,  negli  scritti  e  nelle  relazioni  personali , 
la  serenità  dell'animo;  e  rimase  con  tutti  gentile  e  leale,  pronto 
a  rendere  servigio  e  a  dimenticare  sé  stesso.  Modesto  e  senza 
ambizioni,  non  mosse  un  passo  fuori  del  posto,  ove  collo  studio 
aveva  guadagnato  il  diritto  di  giudicare;  e  in  questo  campo  non 
si  rifiutò  mai  di  farsi  maestro  paziente  a  chi  lo  richiedeva,  come 
non  disdegnò  di  farsi  scolaro  presso  coloro  nella  cui  dottrina 
aveva  fede. 

Non  prodigo  di  facili  dimostrazioni  ,  fu  amico  sicuro,  sinceris- 
simo,  devoto.  Alle  amicizie  della  sua  gioventù,  a  quelle  che,  come 
scrisse  Giulio  Carcano,  dedicandogli  la  traduzione  deVì  Otello, 
aveva  ottenute  eolle  sue  modeste  e  leali  virtù ,  conservò  sempre  un 
culto  affettuoso  e  fedele. 

L' opera    indefessa    da:a    agli    studi  dell'  arte  e  alla  storia  dei 

patri    monumenti ,    merita  a  Giuseppe  Mongeri  un  posto  onorato 

nella  memoria  de'  suoi  concittadini.  Coloro  che  lo  conobbero  e  lo 

amarono,  ricorderanno  sempre,  con  affetto,  la  rettitudine  del  suo 

carattere  e  la  bontà  del  suo  cuore. 

E.  V.  V. 


ELENCO  DEGLI  SCRITTI  PUBBLICATI 
DAL    Prof.    Gay.    GIUSEPPE    MONGERI.  (" 

ANNO 

1847.  Il  coro  della  Certosa  di  Pavia. 

1851.  Cenni  necrologici  di  Francesco  Durelli.    Atti  dell'  Accademia  di 
Belle  Arti,  Milano. 

(1)  Con  questo    Elenco  non   si  pretende  di  dare   la   nota  completa  degli 
scritti  del  defunto  Mongeri,  mancandoci  il  tempo  per  maggiori  ricerche. 

(La  Redazione). 


214  NECROLOGIO. 


ANNO 

1853.  Dell'importanza  del  senso  morale  nelle  arti  del  disegno.  Simile. 

1854.  L'Annunciazione    della    Vergine.    Tavola    di    F.  Gio.  da  Fiesole 

nella  chiesa  di  S.  Alessandro  in  Brescia.  —  Milano,  Tip.  Ber- 
nardoni. 
1857.  Come  debbasi    dall'  artista    moderno   considerare    le    opere  del- 
l' antichità.  Atti  Accad. 
»    'Di   alcune   erronee  opinioni  nello    studio    dello   arti   belle.  Aiii 
Accad. 

1859.  Della  pittura  ad  olio.  —  Milano,  Tip.  A.  Valentini. 

»  Discorso  letto  in  occasione  della  distribuzione  dei  premi.  Aiti 
Accad. 

1860.  Schema  di  Statuto  per  un'Accademia  di  Belle  Arti.  —  Milano, 

Tip.  Lombardi. 

1861.  Mauro  Conconi,  pittore,  commemorazione.  —  Tip.  Lombardi. 

»     Cherubino  Cornienti ,   pittore  ,   commemorazione.  —  Tip.  Lom- 
bardi. 
1863.  Illustrazione  storico-artististica   dei  Reali  Palazzi  di  Milano.    — 
Tip.  Alberti  e  Comp. 

1868.  La  nuova  stazione  centrale  di  Milano.  Nel  Politecnico,   giornale 

degl'  Ing.  Arch.,  anno  XIV. 

1869,  La  Torre  di  Chiaravallc.  Nel  Politecnico,  ecc. 

»  L' insegnamento  popolare  del  disegno  in  Italia.  Nella  Nuoca 
Antologia. 

1871.  I  disegni    della  Cena    di    Leonardo  da  Vinci    in    Weimar.   Tip. 

della  Pcrseocransa. 
»     Architettura  —  Il  Salone  del  Palazzo  Marino  in  Milano.  Estratto 

dall'  Arte  in  Milano. 
»     Dell'  ordinamento  delle   pubbliche   pinacoteche   in    Italia.  Niiooa 

Antologia. 

1872.  L'Arte  in  Milano.    Noto    per    servire  di  guida  nella  città;    edi- 

zione figurata.  —  Tip.  Società  Cooperativa, 

»  Catalogo  delle  opere  d' arte  antica  esposte  nel  Palazzo  di  Brera, 
con  appendice  sul  monumento  a  Gastone  di  Foix.  —  Tipo- 
grafia Cooperativa. 

»  Relaziono  del  Comitato  esecutivo  per  la  Esposizione  nazionale 
di  Bello  Arti  e  pel  2^  Congresso  artistico.  Atti  delV  Accademia 
di  Belle  Arti  di  Milano. 


NECROLOGIO.  215 


ANNO 

1874.  Il  Museo  Patrio  di  Archeologia.  "SeìV Archivio  Storico  Lombardo. 

>  Commemorazione    dell' ing.   arch.   Giuseppe  Balzarelti,   letta   al 

Cimitero  monumentale 
»     Chiesa  e  Battistero  di    Agliate.    Nel    Bollettino   della   Consulta 

Archeologica  di  Milano. 
»     Dei  ristauri  edilizi  assistiti  dalla  Consulta  Archeologica.  Simile. 
»      La  Chiesa  di  Baggio.  Simile. 

1875.  Le  rovine  di  Roma  al  principio  del  secolo  XVI.  Studi  sul  Bra- 

mantino.  Da  un  ms.  dell'  Ambrosiana  di  80  tavole  fotocromo- 
litografiche  da  Angelo  della  Croce,  con  prefazione  e  note.  Edi- 
zione di  soli  200  esemplari.  Hcepli. 

»  L'  antica  porta  degli  Stanga  in  Cremona.  Nel  Bollettino  Con- 
sulta Arch. 

»  Postille  di  un  Anonimo  seicentista  alla  prima  edizione  delle 
Vite  dei  Vasari.  ì!ie\V  Archicio  Storico  Lombardo. 

1876.  Giovanni  Brocca,  architetto  e  pittore.  Tip.  Lombardi. 

»      Ancora  della  Porta  degli  Stanga  in  Cremona,  con  tavola,   Nel- 

V  Arch.  Stor.  Lombardo. 
»      L'Incoronata  di  Lodi  o  gli  attuali  suoi  restauri.  Simile. 
»      La  cappella  di  S.  Giuseppe  alla  Pace  in  Milano.  Simile. 
»      Santa  Maria  di  Piazza  a  Busto  Arsizio  e  il  suo  recente  ristauro. 

Simile. 
»     I  restauri  della  R.  Basilica  di  S.  Michele  Maggiore  di  Pavia.  Simile. 
»     Gli  scavi  di  Olimpia.  Simile. 
»      Note  su  diversi  scavi  e  su  diverse  scoperte.  Simile. 

1877.  La   legge    sulle    commissioni    conservatrici    di    monumenti    del 

Regno    riveduta  dal  Congresso  artistico  di  Napoli. 

>  La  Pinacoteca  di  Brera  e  il  suo  nuovo  ordinaménto.  Nel  Bol- 

lettino Cons.  Arch. 
»      Dei  restauri  edilizi  assistiti  dalla  Consulta  Archeologica  (S.  Eu- 

storgio  in  Milano).  Nel  Boll.  Cons.  Arch. 
»      Riconsacrazione  della  chiesa  di  S.  Maria  in  Piazza  a  Busto  Ar- 
sizio. Simile. 
»      Frate  Ambrogino  de'  Formoli  e  le  sue  «N'etriere  a  Soncino.  Nel- 
r  Arch.  Stor.  Lomb. 
1878.  La  questione  del  ristauro. 

Il  nuovo  Museo  Artistico  Municipale.  Neir.4rc/i.  Stor.  Lomb. 


216  NECROLOGIO. 


1879.  Catalogo  del  Museo  Artistico  Municipale  di  Milano. 

1880.  La  Pinacoteca    di    Brera    e   il    Museo   Patrio   d'Archeologia   in 

Milano,  cenni  storici  nel  voi.:  Istituti  Scientifici,  Letterari,  ecc., 
Tip.  Pirola. 

1881.  Il  libro  dell'arte  offerto  alle  scuole  ed   agli   studiosi  delle   belle 

Arti.  —  Milano,  Hoepli ,  in  fogli  illustrati. 
»     La  residenza    di   un  insigne  patrizio   milanese  al  principio  del 

secolo  XVI,  ora  casa  Ponti.  Neil' ArcA.  Stor.  Lombardo. 
»      Relazione    sul  premio  destinato  dal   commendatore  C.  Cantù  al 

miglior  quadro  storico.  Simile. 
»      Gerolamo  d'Adda,  commemorazione.  Simile. 
1882    Ddtt.  Ambrogio  Bazzero,  commemorazione.  Simile. 

1884.  Le  pitture  di  maestri  italiani  nei  pubblici  musei. 
»      Scienza  dell'  Arte,  Atti  Istituto  Lombardo. 

»  Sulla  conservazione  del  castello  di  Milano.  Relazione  alla  So- 
cietà Storica  Lombarda.  Neil'  Arch.  Stor.  Loinb. 

»      11  Cartello  di  Milano.  Atti  Istituto  Lombardo. 

»  Il  Duomo  di  Milano.  Conferenza  del  Barone  Schmidt,  con  note 
di  Giuseppe  Mongeri.  —  Milano,  Tip.  degl"  Ingegneri. 

»      Il  Libro  dell'Arte  (Editore  Hoepli). 

»      Il  Castello  di  Cusago.  NeW  Arch.  Stor.  Lomb. 

»      Gaspare  Fossati ,  architetto,  commemorazione. 

1885.  Relazione   intorno   al   nuovo  piaao  regolatore  della  città  di  Mi- 

lano. ì^eW  Arch.  Stor.  Lomb. 

»      Giulio  Carcano,  commemorazione. 

»      Un  artista  inavvertito.  Neil'  Arch.  Stor.  Lomb. 

»  L'Arte  del  minio  nel  Dacato  di  Milano.  Appunti  tratti  dalle 
memorie  postume  del  marchese  Gerolamo  d' Adda.  Simile. 

»      Un  palinsesto  artistico.  Simile. 

»      Conte  Giberto  Borromeo  Arese,  necrologia.  Simile. 

»  La  facciata  del  Duomo  di  Milano  e  i  suoi  disegni  antichi  e  mo- 
derni. Simile. 

1886.  L'  Esposizione  storica  di  Buda-Pest.  Simile. 

»      Per  la  facciata  del  Duomo  di  Milano,  nota.  Tip.  degl'Ingegneri. 

1887.  Per   la  facciata    del  Duomo  di  Milano,    Memorie   e    commenti. 

Tip.  degl'Ingegneri. 
»      Gli  stili  architettonici,  dimostrati  in   ordine  storico   dai  più  re- 
moti tejnpi  air  età  presente.  Presso  Hoepli.  Tip.  Bernardoni. 


NECROLOGIO.  217 


1887.  Marchese   Ariberto   Crivelli,   necrologia.   Neil' Arc/itoto    Storico 
Lombardo. 
»      Diversi  articoli  non  tirmati    nella  Riclsta  Europea ,  nel  Crepu- 
scolo, e  numerose  recensioni  e  cenni  bibliografici  su'  libri  di 
storia  e  d'  arte  in  parecchi  giornali  e  riviste. 


SCRITTI  VARI    SOPRA   COSE    CITTADINE 
PUBBLICATI  NELLA  PERSEVERANZA. 

1861.  5  Dicembre.   I  portoni  di  Porta  Nuova. 

1862.  3  Gennaio.  I  restauri  del  Duomo. 

»      7.  Maggio.  Il  nuovo  sipario  della  Scala. 
»      14-19  id.     I  nuovi  progetti  del  Cimitero. 
»      27  id.  Scoperte  a  S.  Pietro  in  Gessate. 
»      10  Giugno.  Monumento  distrutto.  Ponte  Beatrice. 
»      11   Settembre.  Una  parola  sul  Cenacolo  del  Vinci. 
»      17  id.  La  piazza  del  Duomo,  secondo  le  ultime  proposte  muni- 
cipali. 
»      29  id.  Il  nuovo  mercato  alla  Vetra. 
»      11  Ottobre.  Il  pubblico  macello. 

>  5  Dicembre.  La  porta  della  Via  dei  Bossi. 

1863.  27  Gennaio  e  23  Marzo.  Sul  nuovo  Museo  Archeologico. 

>  1  Aprile.  Ultimi  progetti  pel  Ciro  itera  monumentale. 

»      24-26  Maggio.  Sopra  o  sotto  ?  Il  sotto  passaggio  alla  staziono. 
»     24  Maggio  al  6  Giugno.  I  progetti  per  la  piazza  del  Duomo. 
»      28  Luglio  e  4  Agosto.  I  progetti  pel  monumento  Cavour. 

1864.  22  Gennaio.  Scoperta  a  S.  Ambrogio. 
»      27  id.  Ancora  sulla  porta  dei  Bossi. 

»      9  Marzo.  Ancora  del  sotto  passaggio. 

»      25  e  26  Aprile.  La  nuova  stazione  centrale. 

>  23  Maggio,  Restauri  a  S.  Eustorgio. 

»      G  Agosto.  Restauri  a  S.  Pietro  di  Viboldone. 

>  23  Dicembre.  Collocazione  del  monumento  Cavour. 

1865.  lo  Ottobre.  Opere  a  S.  Eustorgio. 

1866.  29-30  Giugno.  Cronaca  artistica  milanese. 

»      11  19  Settembre.  Cronaca  artistica  milanese. 


218  NECROLOGIO. 


ANNO 

1867.  18  Maggio.  Del  museo  Archeologico. 
18G8.  24  Aprile.  Scoperte  artistiche. 

»      5  Maggio.  Restauri  a  S.  Celso. 

»     25  Agosto.  Monumento  Beccaria. 

»     1  Settembre.  S.  Vincenzo  in  Prato. 

1869.  19  Luglio.  Risoluzioni  edilizie  del  Comune. 

1870.  24  Aprile.  Scoperte  di  cose  antiche. 
»      12  Luglio.  Piazza  del  Duomo. 

»      28  Settembre.  L'  altare  di  S.  Ambrogio. 
»      2  Novembre.  Il  Cimitero  e  i  suoi  monumenti, 
»      2  Dicembre,  Riforma  archeologica  di  S.  Eufemia. 
»      27  id.  L'  edificio  della  Cassa  di  Risparmio. 

1871.  10  Febbraio.  Il  nuovo  teatro^  ora  Manzoni 

>  24  Marzo,  Monumento  Beccaria. 

»      2  Novembre.  Il  Cimitero  monumentale. 
»      22  id.  La  facciata  di  S,  Satiro. 

1872.  2  Novembre.  Il  Cimitero  monumentale. 
»      id.  Il  teatro  della  Commedia. 

»  15  Dicembre.  Il  nuovo  mercato  al  Foro  Bonaparte. 

1873.  11  Marzo.  Del  monumento  a  Napoleone  III. 
»  28-29  Giugno.  I  progetti  pel  palazzo  Marino. 
»  2  Novembre.  Il  Cimitero  monumentalo. 

1874.  18  Gennaio.  L' edilizia  milanese. 

»      5  Aprile.  Le    pitture  della    cappella  di  S.  Pietro  martire  a  San 

Eustorgio. 
»      2  Novembre.  Al  Cimitero  monumentale. 

1875.  21-27  Gennaio  L'  edilizia  milanese. 

»      2-3  Novembre.  Al  Cimitero  monumentale. 

1876.  11-19  Febbraio.  L'edilizia  milanese. 

»      2-3  e  6  Novembre.  Al  Cimitero  monumentale. 

1877.  9  e  24  Aprile  L'edihzia  milanese. 

»      2-3  Novembre.  Al  Cimitero  monumentale. 

1878.  28  Febbraio.  L'  arco  della  Galleria. 

»      2  Novembre.  Al  Cimitero  Monumentale. 

1879.  13  Aprile.  La  Cappella  della  regina  Teodolinda,  a  Monza. 
»      30  Giugno.  Monumento  a  Alessandro  Manzoni 

>  22  Ottobre.  Di  alcune  opere  d'arte  in  Milano. 


1 


NECROLOGIO.  219 


ANNO 

1879.  2-3  Novembre.  Al  Cimitero  monumentale. 

1880.  15,  19  e  2G  Gennaio.   1  progetti   pel    monumento   delle  Cinque 

giornate. 

>  2  Novembre.  Al  Cimitero  monumentale. 

>  15  id.  La  Milano  nuova. 

1881.  13  Aprile.  La  mostra  dei  monumenti  in  progetto  per  le  Cinque 

giornate. 
»      5  Maggio.  Note  sulle  cose  d'  arte  in  Milano  e  nei    dintorni. 

>  2  Novembre.  Al  Cimitero  monumentale. 

»      2  Dicembre.  Le  pitture  delle  vòlte  del  Duomo. 

1882.  2  Novembre.  Al  Cimitero  monumentale. 
»     8  Dicembre.  Restauri  a  S.  Babila. 

1883.  12  Luglio.  Sulla  facciata  del  Duomo. 

»      24  e  27  id    L'edilizia  milanese  nel  1882. 
»      8  Agosto  L'  edilizia  milanese  nel  1882. 
»      2  Novembre.  Al  Cimitero  monumentale. 

1884.  2  Novembre.  Al  Cimitero  monumentale. 

1885.  29  Giugno.  Il  portale  dei  Filodrammatici. 

»      22  Agosto.  I  progetti  pel  monumento  Garibaldi. 
»      2-3  Novembre.  Al  Cimitero  monumentale. 

1886.  2  Gennaio.  Tre  chiese  in  Milano. 

>  8  Ottobre.  La  facciata  del  Duomo  e  il  suo  passato. 
»      2  Novembre.  Al  Cimitero  monumentale. 

y>      23  id.  La  facciata  del  Duomo  e  i  maestri  da  Campione. 

1887.  3  Gennàio.  Restauri-  alla  Galleria  Vittorio  Emanuele. 

»      IT,    19  e  22    Febbraio.    La    facciata  del    Duomo    e    i    maestri 
stranieri. 

>  1  e  2  Aprile.  La  facciata  del  Duomo  e  i  maestri  stranieri. 
»      4,  17  e  18  Maggio.  Sulla  facciata  suddetta. 

»      24  id.  Progetti  pel  monumento  Garibaldi. 

>  25  id.  Il  Giurì  por  la  facciata  suddetta. 
»      13  Ottobre.  Alla  Pinacoteca  di  Brera. 

»      2-3  Novembre.  AI  Cimitero  monumentale. 
»      27  id.  Una  nota  sul  Duomo. 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ  STORICA  LOMBARDA. 
Elenco  dei  Soci  (*) 

Patrono 
S.    M.    IL    RE. 

Presidenza. 

Cantù  comm.  Cesare,  Presidente. 
Calvi  nob.  cav.  Felice ,  Vicepresidente. 
Vignati  prof,  coaim.  Cesare ,  Vicepresidente. 
Ambrosoli  dott.  Solone  ,  Consigliere. 
Beltrami  prof.  ardi.  Luca,       » 
Ghiron  cav,  Isaia,  » 
Greppi  nob.  avv.  Emanuele  ,       » 
Carotti  dott.  Giulio  ,  Bibliotecario. 
Seletti  avv.  cav.  l'.iniiio  ,  Segretario 
Molta  ing.  Emilio  ,  Vicesegretario. , 
» 


S.  M.  IL  RE  UMBERTO  I. 
S.  M.  L/V  REGINA  MARGHERITA. 

Adamoli  Giulio,  Deputato  al  Parlam,  Arnaboldi  Gazzaniga  comm.  Bern. 
Agnelli  avv.  cav.  Gaetano  Ascoli  prof.  comm.  I.  Graziadio 

Ambrosoli  dott.  Solone  Bagatti  Valsecchi  nob.  Fausto 

Ancona  dott.  Amilcare  Bagatti  Valsecela  nob.  Giuseppe 

Annoni  conte  senatore  Aldo  'Barbiano  di  Belgioioso  conte  Emilio 

(*)  I  segnali  con  asterisco  sono  soci  l'ondatori. 


EF.ENCO    DEI    SOCI. 


221 


Barbò  nob.  Lodovico 

Basile  comm.  Achille,  Prefetto 

Bazzero  doti.  avv.  Carlo 
'Belinzaghi  conte  senat.  Giulio 

Bellini  avv.  cav.  Giuseppe 

Beltrami  ing.  ardi.  Luca 

Benaglia  avv    cav.  Demetrio 

Bertini  prof.  comm.  Giuseppe 

Bertolio  sacerdote  Serafino 

Bertolotti  cav.  Antonio 

Besozzi  dott.  Paolo 

Bettoni  conte  cav.  Francesco 

Bianchi  nob.  cav.  Giulio 

Biffi  dott.  cav.  Serafino 

Binda  Melzi  Cecilia 

Boito  arch.  comm.  Camillo 

Bonfadini  comm    Romualdo,  Deput. 

Borromeo  conte  Carlo 

Borromeo  conte  senatore  Guido 

Borromeo  Arese  contessa  Elisa 

Bortolotti  Lodovico 

Bozzi  avv.  Cesare 

Bracciforti  prof.  Ferdinando 

Brambilla  nob.  cav.  Camillo 

Brambilla  cav.  Pietro 

Brioschi  avv.  Giuseppe 

Butti  prof.  cav.  Angelo 

Butturini  Mattia 

Caffi  dott.  cav.  Michele 

Gagnola  nob.  sen.  Carlo 

Gagnola  nob.  Giambattista 

Cairati  ing.  Michele 
'Calvi  nob.  cav.  Fehce 

Cambiasi  comm,  Pompeo 

Camozzi  de'  conti  Vertova  Giambatt. 
*  Cantù  comm.  Cesare 

Cardani  rag.  cav.  Paolo 

Carnevali  avv.  Luigi 

Garetti  dott.  Giulio 

Casalini  dott.  Carlo 

Casanova  nob.  Enrico 


Casanova  nob.  avv.  Giuseppe 
Casati  nob.  Agostino 
Casati  nob.  Alfonso 
Casati  conte  Gabrio 
Casati  nob.  Rinaldo,  Deputato 
Castelli  cav.  avv.  Pompeo 
Cavriani  nob.  Ippolito 
Cemuschi  Enrico 
Cesa-B lancili  ing.  arch.  Paolo 
Cicogna  conte  Giampietro 
Colla  arch.  comm.  Angelo 
Colombo  Guido 
Conti  dott.  Emilio,  Deputato 
Corinaldi  conte  Augusto 
Corradi  prof.  comm.  Alfonso 
Correnti  comm.  Cesare 
Corti  prof.  Siro 
Crespi  Cristoforo 
Crivelli  nob.  cav.  Luigi 
Crivelli   Serbelloni   conte   cav.    Giu- 
seppe Francesco 
Czoernig  barone  Carlo 
*  D'Adda  nob.  senatore  Carlo 
D'Adda  nob.  Giovanni 
Da  Ponte  Pietro 
Dario  avv.  cav.  Enrico 
De  Angeli  dott.  prof.  Felice 
De  Castro  prof.  Giovanni 
Del  Corno  dott.  mons.  Giuseppe 
Delfinoni  nob.  avv.  cav.  Gottardo 
Del  Majno  march.  Norberto 
De  Mojana  nob.  Alberto    '   . 
De  Simoni  ing.  Giovanni 
Dina  dott.  prof.  Achille 
Di  Rosa  nob.  cav.  Clemente 
Durini  conte  dott.  Carlo 
Fano  dott.  cav.  comm.  Enrico 
Faustini  parroco  G.  B. 
Fé  d'Ostiani  nob.  mons.  Frane.  Luigi 
Ferrari  prof.  comm.  Paolo 
Ferrano  avv.  Domenico 


222 


ELENCO    DEI    SOff. 


Ferrarlo  prof.  Giovanni 

Filangeri  di  Satriano  princ  Gaetano 

Fontana  avv.  cav.  Leone 

Fortis  Ernesto 
"Foucard  cav.  Cesare 

Foucault  Daugnon  conte  Francesco 
'  Frasconi  prof.  cav.  Giuseppe 

Frizzi  dott.  cav.  Lazzaro 

Gabba  avv.  Bassano 

Galantine  conte  Francesco 

Gallarati  nob.  Giuseppe 

Gallavresi  avv.  Luigi 

Gallia  prof.  Giuseppe 

Galliani  cav,  Attilio 

Garo vaglio  dott.  cav.  Alfonso 

Gentile  prof.  Iginio 

Ghinzoni  cav,  Pietro 

Ghiotti  Casnedi  Luisa 

Ghiron  comm.  Isaia 

Giachi  arch.  cav.  Giovanni 

Giampietro  Daniele 

Gianandrea  prof.  Antonio 
'Giovio  conte  Giovanni 

Giulini  nob.  cav.  Giorgio 

Gnecchi  Ercole 

Gnecchi  Francesco 

Gori  nob.  Pietro 

Govi  prof.  cav.  Gilberto 
'Greppi  nob.  Alessandro 

Greppi  nob.  avv.  Emanuele 
'Greppi  nob.  conim.  Giuseppe 

Greppi  nob.  Lorenzo 

Guastalla  cav,  colonn,  Enrico 

Guerrieri  Gonzaga  march.  Carlo 

Hortis  Attilio  (Socio  perpetuo) 

Intra  cav,  prof.  G.  B. 
'Jacini  conte  senat.  Stefano 
*  Labus  dott.  cav.  Stefano 

Landriani  dott.  Carlo 

Lanzani  dott.  Francesco 

Leone  notaio  Camillo 


Linati  ing.  Eugenio 

Lochis  conte  Carlo 

Longhi  cav.  Achille 

Longhi  reverendo  dott.  Paolo 

Loria  dott.  cav.  Cesare 

Lurani  Cernuschi  conte  Francesco 

Macciacchini  arch.  cav.  Carlo 

Maggi  nob.  avv.  Giovanni 

Magistretti  prof   Pietro 
•Massarani  dott.  senatore  Tulio 

Mazzasogni  rag.  cav.  Giovanni 

Mazzatinti  dott.  prof.  Giuseppe 

Medin  conte  Antonio 

Melilupi  di  Soragna    marchese    Rai- 
mondo 

Melzi  noi:).  Alessandro 

Melzi  nob.  Lodovico 

Melzi  d'  Eril  nob.  Giovanni 

Minonzio  avv.  Giovanni 

Molina  cav.  Luigi 

Molinelli  cav.  Pietro 

Motta  ing.  Emilio 
'Muoni  cav.  Damiano 

Nazzari  Andrea 

Negri  dott.  comm.  senat.    Gaetano 

Negroni  avv,  comm.  Carlo 

Negroni  Prato  Morosini  nobile  Giu- 
seppina 

Nervegna  cav,  Giuseppe 

Nizzoli  dott.  Alessandro 

Nevati  prof.  Francesco 

Odazio  ing.  cav.  Emanuele 

Olginati  nob,  cav.  Luigi 

Ottolenghi  avv.  comm.  Salvatore 

Paglia  prof.  Enrico 

Palmieri  padre  Gregorio,  Bibliotec. 

Parri  Ettore 

Pasolini  conte  Pietro  Desiderio 

Passalacqua  Lucini  conte  Giovanni 

Peluso  dott.  cav.  Francesco 

Pio  di  .Savoia  principe  Giovanni 


ELENCO    DEI    SOCI. 


223 


Piolti  de  Bianchi  dott.  cav.  Giuseppe 

Pisa  ing.  Giulio 

Ponti  cav.  Andrea 
'  Ponti  Ettore 

'Porro  Lambertenghi  march.  Angelo 
'Pozzuolo  prof.  Lorenzo 

Prato  ing.  Giuseppe 

Prina  prof.  cav.  Benedetto 
'  Prinetti  senat.  Carlo 

Priora  Alberto 
'  Pullè  conte  cav.  Leopoldo,  Deput. 

Ramazzini  dott    Amilcare 

Regazzoni  Cesare 

Regazzoni  prof.  cav.  Innocenzo 

Restelli  avv.  comm.  Francesco 

Robecchi  dott.  senat    Giuseppe 

Rocca-Saporiti  march.  Marcello 

Rognoni  avv.  Camillo 

Rolando  dott.  prof.  Antonio 

Rossi  abate  Enrico 

Rotta  sacerdote  Paolo 

Rusconi  avv.  Antonio 

Sacchi  comm.  prof.  Giuseppe 
'Sada  ing.  cav.  Luigi 

Sala  cav.  nob.  Gerolamo 

Salina  conte  Luigi 

Salvadego  nob.  Giuseppe 

Salveraglio  Filippo 

Sangiorgìo  dott.  prof.  Gaetano 

Savio  prof  cav.  Enrico 

Seletti  avv.  cav.  Emilio 

Servolini  comm.  Carlo 

Sinigaglia  prof.  Giorgio 
'Sola  conte  .\ndrea,  Deputato 


Sola  Spech  contessa  Amalia 

Sommi  de'  Marchesi  Picenardi    comm. 
Guido 

Sormani  Andreani  conte  Lorenzo 

Sormani     Andreani    Verri    contessa 
Carolina 

Spinelli  nob.  cav.  Alessandro  Gius. 

Stampa  Soncino  Morosini    marchesa 
Cristina. 

Tamassia  dott.  Francesco 
'Taverna  conte  ten.  colonn.  Rinaldo 

Tizzoni  Pietro 
'Trivulzio  principe  Gian  Giacomo 
'Trotti  Benti voglio  march.  Lodovico 

Turati  conte  Vittorio 

Vegezzi  dott.  Angelo 

Verga  comm.  senat.  Carlo 

Vignati  comm.  prof.  Cesare 

Vigoni  nob.  Giulio 

Vigoni  nob.  ing.  Pippo 

Villa  Pernice  dott.  comm.  Angelo 

*  Visconti  march,  cav.  Carlo  Ermes 
Visc  nti  di  Modrone  duca  Guido 
Visconti  Venosta  march,  sen.  Emilio 

*  Visconti  Venosta  nob.  dott.  cav.  Gio- 

vanni 
Visconti  Venosta  nata  d'Adda  nobile 

Laura 
Vismara  Antonio 
Vitali  sacerd.  cav.  Luigi 
Volta  nob.  avv.  Zanino 
Weill-Schott  cav.  Cimone 
Zanardelli  avv.  comm.  Giuseppe 
Zendrini  avv.  Carlo 


224  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA. 


Adunanza  Generale  dell'  otto  gennaio  1888. 
Presidenza  del  cav.  ¥.  Calvi,  Vicepresidente. 

La  seduta  è  aperta  alle  ore  due. 

Approvato  il  Verbale  della  precedente  alunanza,  il  Presidente 
fa  noto,  che  la  Commissione  di  sorveglianza  per  l'  opera  dello 
Iscrizioni  Milanesi,  dopo  di  aver  sentito  l'Autore,  stimò  conve- 
niente di  ritornare  alla  prima  proposta ,  quella  di  dar  principio 
alla  raccolta  delle  Iscrizioni  dal  secolo  Vili,  piuttosto  che  dalla 
caduta  dell'  Impero  Romano,  come  alcuni  Soci  avevano  mostrato 
il  desiderio,  e  ciò  per  diverse  ragioni,  fra  queste,  che  le  iscri- 
zioni anteriori  a  quel  secolo  non  sono  poche  ,  richiedono  uno 
studio  speciale  e  spettano  propriamente  a  un'  altra  classe  di  iscri- 
zioni indicate  col  titolo  di  Cristiane  ,  per  cui  avrebbe  importato 
una  non  lieve  modificazione  al  convenuto  coli' A.;  comunica  pure 
che  la  Commissione,  d' intesa  colla  Presidenza,  ha  trovato  di  adot- 
tare per  l'edizione  delle  dette  iscrizioni  un  sesto  in  ottavo  e  una 
carta  a  macchina,  non  a  mano  quale  si  adopera  per  la  Biblio- 
teca Storica,  conciliando  in  tal  modo  1'  economia  nella  spesa  della 
stampa  colla  maggiore  comodità  nella  forma  del  volume. 

Il  Presidente  riferisce  poi  sulle  Adunanze  tenute  dall'  Istituto 
Storico  in  Roma  dal    30  maggio  al  3  giugno  dell'  anno  passato. 

In  seguito  il  Segretario  presenta  il  Bilancio  Preventivo  per 
r  anno  1888  ,  e  ,  dati  gli  opportuni  schiarimenti  ,  il  Preventivo 
viene  approvato  nelle  sue  risultanze  di  L.  8439.59  per  le  entrate 
e  di  L.  9025  per  le  spese,  cosi  nella  presunta  eccedenza  di  spese 
per  L.  585.41,  alla  quale  si  provvederà  cogli  avanzi  in  sede  pa- 
trimoniale. 

Si  dà  lettura  dello  Statuto  Organico  (alleg.  A),  che,  riveduto 
da  apposita  Commissione,  era  stato  deposto  sul  banco  della  Pre- 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  225 

sidenza  nel!'  Adunanza  del  17  aprile  dell'  anno  scorso ,  e  con 
qualche  variante  di  forma  viene  approvato  in  modo  unanime,  fis- 
sato il  termine  del  primo  febbraio  per  la  sua  attuazione. 

È  quindi  letta  una  Circolare  dell'  Istituto  Storico  Italiano  ,  in 
data  di  Roma  il  26  agosto  1887  ,  con  cui  si  invitavano  le  De- 
putazioni e  Società  confederate  ad  eleggere  un  Supplente  al  De- 
legato effettivo  presso  quell'  Istituto  per  poterlo  sostituire  nelle 
sue  assenze,  a  motivo  del  crescente  numero  degli  affari.  —  Di- 
stribuite le  schede  per  la  nomina  di  questo  Supplente ,  viene 
eletto  il  eomm.  prof.   Cesare   Vignati. 

Il  Presidente  invita  alla  nomina  di  un  Consigliere  di  Presi- 
denza in  surrogazione  dello  scadente  eav.  nob.  Emanuele  Greppi^ 
che  a  voti  unanimi  è  rieletto. 

Si  passa  da  ultimo  alla  votazione  del  candidato  a  socio  Prin- 
cipe Gaetano  Filangeri  di  Satriano,  e ,  compita  questa  nomina , 
r  adunanza  é  levata  alle  ore  3   ^j^  pom. 

n   segretario 
E.  Seletti. 


.\rch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  X\ .  15 


Allegato  A. 

STATUTO. 

Art.   I. 

Scopo  delia  Società. 

La  Società  Storica  Lombarda,  di  carattere  unicamente  scien- 
tifico e  letterario,  si  propone  d'indagare  le  memorie  delle  Pro- 
vincie Lombarde,  quali  erano  circoscritte  al  momento  della  ri- 
cuperata libertà  politica  ;  di  illustrarne  le  cronache ,  il  diritto 
pubblico  e  privato,  civile  ed  ecclesiastico,  1'  arte  e  la  letteratura 
dei  secoli  scorsi,  1'  archeologia  in  ogni  sua  parte  ;  i  monumenti, 
specialmente  inediti  e  originali  ;  la  storia  civile,  politica,  religiosa, 
economica,  anche  nelle  sue  attinenze  e  relazioni  storiche  della 
Lombardia  con  altre  regioni ,  e  di  rendere  di  pubblica  utilità  il 
frutto  de'  propri  lavori. 

Essa  può,  all'evenienza  e  per  propria  iniziativa,  vegliare  alla 
conservazione  de'  monumenti  e  documenti  lombardi ,  e  promuovere 
il  concorso  dei  Comuni  e  della  Provincia  a  lustro  ed  incremento 
dell'  arte  e  della  storia  antica. 

Art.    il 
Uffizi  della  Società. 

La  Società  é  composta  d'  un  numero  indeterminato  di  Soci. 
Tutti  gli  uffizi  sono  gratuiti,  conferiti  a  soli  Soci.  Le  sostituzioni 


I 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  227 


normali  e  le  nuove  elezioni  di  ufficiali  si  fanno  nel  dicembre  di  ogni 
anno,  e  tutti  sono  rieleggibili.  Obblighi  e  diritti  sono  personali. 

I  Soci  destinati  a  sostenere  una  funzione  nella  Società  sono 
eletti  in  assemblea  generale  a  scrutinio  segreto  ed  a  maggioranza 
assoluta  di  voti. 

Art.    III. 
Consiglio  di   Presidenza. 

II  Consiglio  di  Presidenza  si  compone  di  un  Presidente,  due 
Vicepresidenti,  quattro  Consiglieri,  un  Segretario,  due  Vicesegre- 
tari, un  Bibliotecario,  i  quali  tutti  hanno  un  voto  deliberativo. 

È  radunato  dal  Presidente  per  trattare  gli  affari  ordinari  della 
Società  ;  1'  adunanza  é  legale  se  presenti  almeno  cinque  membri  ; 
delibera  a  maggioranza  di  voti,  e  a  parità  prevale  il  voto  del 
Presidente.  Le  sue  deliberazioni  sono  esecutive. 

Art.    IV. 
P  residente. 

Il  Presidente  rappresenta  la  Società,  convoca  le  adunanze  e 
ne  dirige  le  discussioni;  veglia  all'  osservanza  dello  Statuto;  pro- 
pone quanto  giova  allo  scopo  e  incremento  della  Società  ;  elegge 
le  occorrenti  commissioni  ;  firma  gli  atti  d'  uffizio  e  la  corrispon- 
denza ;  cura  1'  esecuzione  delle  deliberazioni  dell'  assemblea,  e  può 
prendere  provvedimenti  d'  urgenza,  riferendone  alla  prossima  adu- 
nanza. Dura  in  carica  tre  anni. 

I  Vicepresidenti  lo  suppliscono  in  ordine  di  anzianità  :  essi 
durano  in  carica  un  triennio. 

I  Consiglieri  si  rinnovano  ogni  dicembre  per  un  quarto  e  per 
anzianità. 

In  caso  di  sostituzione  straordinaria  di  alcun  membro  della 
Presidenza,  il  socio  sottentra  in  luogo  e  stato  del  cessante. 


228  ATTI    DF.LLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA. 

Art.  V. 

Segretario. 

Il  Segretario  custodisce  gli  atti  ed  il  suggello  della  Società, 
stende  e  firma  gli  atti  verbali  delle  adunanze  ;  tiene  la  corrispon- 
denza e  il  protocollo  ;  eseguisce  gli  incarichi  del  Presidente  ; 
dispone,  d'accordo  col  Consiglio  di  Presidenza,  l'ordine  delle 
materie  da  trattarsi  nelle  adunanze,  e  veglia  alla  conservazione 
delle  cose  appartenenti  alla  Società.  Dura  in  carica  quattro  anni . 

Vicesegretari. 

I  Vicesegretari  lo  coadiuvano  e  suppliscono  ;  durano  anch'  essi 
in  carica  quattro  anni.  Uno  dei  Vicesegretari  designato  dal  Con- 
siglio funge  da  Economo. 

Art.  vi. 
Vicesegretario- Economo. 

II  Vicesegretario-economo  cura  la  riscossione  del  contributo 
dei  Soci  ed  ogni  altro  provento  attivo  della  Società  ;  firma  le  qui- 
tanze,  paga  le  spese  stanziate  nel  Preventivo  o  deliberate  stra- 
ordinariamente dalla  Società  sovra  mandato  firmato  dal  Presi- 
dente ;  tiene  un  registro  di  entrata  e  uscita  ;  compila  i  bilanci 
preventivo  e  consuntivo  d'  ogni  anno  da  presentarsi,  previa  l'  ap- 
provazione del  Consiglio  di  Presidenza,  alla  Società  in  ordine 
all'Art.  XII. 

Art.  VII. 

B  i  bl  iotecario. 

Il  Bibliotecario  dura  in  carica  quattro  anni  ;  è  sua  mansione 
speciale  di  ordinare,  registrare  e  conservare  i  libri  che  perven- 
gono alla  Società. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  229 


I  soli  Soci  possono  valersi  dei  libri,  i  quali  saranno  loro  forniti 
dal  Bibliotecario,  osservate  le  norme  stabilite  dal  Regolamento. 

Art.  Vili. 

Pubblicazioni   della  Società. 

La  Società  pubblica  coli'  opera  di  collaboratori,  in  un  periodico 
in-8,  col  titolo:  Archivio  Storico  Lombardo,  dissertazioni,  me- 
morie, illustrazioni  di  documenti  riguardanti  la  storia  lombarda, 
articoli  bibliografici  e  critici,  ecc. 

I  Soci  hanno  diritto  ad  un  esemplare  à^W Archivio. 

Le  pubblicazioni  di  maggiore  importanza,  come  cronache,  sta- 
tuti, cartari  riflettenti  una  determinata  epoca  o  regione  od  uno 
speciale  argomento,  possibilmente  commentati,  raccolte  epigrafiche 
e  bibliografiche,  formano  una  Biblioteca  Storica. 

Gli  autori  degli  scritti  ammessi  alla  pubblicazione  devono 
assoggettarsi  alle  norme  e  alle  condizioni  determinate  dal  Con- 
siglio di  Presidenza. 

Ciascun  autore  é  responsabile  delle  sue  pubblicazioni  e  ne  con- 
serva la  proprietà  letteraria. 

II  Consiglio  di  Presidenza  prende  in  esame  i  lavori  proposti 
dai  rispettivi  autori  per  la  pubblicazione,  siano  essi  destinati  pel 
periodico  o  per  la  Biblioteca  Storica. 

La  Presidenza  si  vale  delle  sue  facoltà  per  agevolare  gli  studi 
e  r  esame  dei  documenti  e  delle  opere  esistenti  in  archivi  e  bi- 
blioteche anche  fuori  di  Milano. 

Il  Segretario  veglia  alla  stampa  dei  lavori  ammessi,  secondo  le 
istruzioni  avute  dal  Presidente  e  le  massime  praticamente  adottate. 

Art.    IX. 

Amnnissione   dei   Socii. 

La  proposta  per  l'  ammissione  di  un  nuovo  Socio  si  fa  con  let- 
tera firmata  da  tre  Soci  al  Consiglio  di  Presidenza,  il  quale  ove 


230  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA. 


non  abbia  eccezioni,  la  presenta  per  1'  accettazione  nella  prossima 
adunanza  della  Società,  indicando  nella  lettera  di  convocazione  i 
nomi  del  candidato  e  dei  proponenti.  Il  candidato  che,  a  scrutinio 
segreto,  ottiene  due  terzi  di  voti,  si  ritiene  ammesso  ;  quello  che 
non  raccoglie  un  terzo  di  voti  favorevoli  non  può  essere  ripro- 
posto se  non  trascorso  un  anno. 


Art.    X. 

Contributo  sociale. 

Ogni  Socio  contribuisce  lire  dieci  a  titolo  d'  ingresso  e  altre 
lire  venti  in  ogni  anno.  L'  obbligo  sociale  è  per  un  triennio.  Il 
Socio  che  nel  settembre  del  terzo  anno  non  dichiara  in  iscritto 
di  uscire  dalla  Società,  rimane  obbligato  per  un  altro  triennio. 

Il  Socio  che  neir  ultimo  trimestre  di  ciascun  anno  non  ha  sod- 
disfatto al  contributo  sociale,  vi  è  invitato  con  lettera  dalla  Pre- 
sidenza ;  se  nel  successivo  trimestre  non  si  pone  in  regola  si  ri- 
tiene rinunciante  di  diritto  e  di  fatto  alla  Società,  la  quale  si 
riserva  V  esercizio  delle  azioni  e  ragioni  sociali  pel  conseguimento 
del  suo  credito. 

Chi  offre  lire  400  é  considerato  socio  perpetuo ,  esente  dalla 
tassa  d' ingresso  e  dal  contributo  annuale  ;  e  ha  diritto  ad  un 
esemplare  di  tutte  le  pubblicazioni  della  Società. 

Art.    XI. 

Amministrazione. 

Il  provento  dei  contributi  sociali,  degli  assegni,  dei  donativi, 
del  ricavo  delle  pubblicazioni  viene  erogato  nelle  spese  di  uffizio 
e  di  stampa,  a  norma  dei  Preventivi  approvati  dall'Assemblea. 

Pel  servizio  di  economato  e  di  cassa  la  Società  tiene  conto 
corrente  con  un  Istituto  di  credito  della  città. 


I 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  ÌS1 


Art.  XII. 
Adunanze. 

Per  gli  affari  scientifici  ed  amministrativi  la  Società  è  convo- 
cata dal  Presidente.  Nella  lettera  di  convocazione  si  comunica 
l'ordine  del  giorno. 

Nel  dicembre  il  Consiglio  sottopone  all'approvazione  della  So- 
cietà il  Bilancio  preventivo  dell'anno  seguente;  nel  gennaio  il 
consuntivo  dell'anno  decorso,  e  in  quell'  adunanza  l'Assemblea 
elegge  tre  soci  incaricati  della  revisione,  del  Rendiconto,  che,  sopra 
loro  rapporto,  viene  presentato  per  l'approvazione  in  un'adunanza 
del  febbraio. 

Per  la  legalità  delle  Adunanze  occorre  la  presenza  di  un  quinto 
almeno  dei  Soci  residenti  in  Milano.  Se  però  dopo  un'ora  da  quella 
fissata  nella  lettera  d'  invito  non  si  raggiunge  quel  numero,  si 
apre  egualmente  la  seduta  e  le  deliberazioni  sono  valide,  qua- 
lunque sia  il  numero  dei  presenti.  Le  deliberazioni  dell'Assemblea 
obbligano  tutti  i  Soci. 

Non  si  ammettono  procure,  e  sono  escluse  le  discussioni  estranee 
allo  scopo  della  Società  o  alla  sua  amministrazione. 

Qualora    si  tratti   di  persone  si    procede  per  votazione  secreta. 

Ogni  socio  può  chiedere  che  siano  inscritte  all'ordine  del  giorno 
proposte  di  propria  iniziativa. 

Occorrendo  comunicazioni  urgenti  alla  Società  o  provvedimenti 
istantanei  in  ordine  all'assunto  scientifico,  è  in  facoltà  di  cinque 
Soci  provocare  dal  Presidente  una  convocazione  straordinaria. 

Per  deliberazione  sociale  possono  tenersi  adunanze  solenni  con 
invito  di  estranei. 

Art.  XIII. 

Modificazioni   allo   Statuto. 

Nessuna  -aggiunta  o  modificazione  può  esser  fatta  allo  Statuto 
presente,  se  non  sovra  proposta  sottoscritta  almeno  da  dieci  Soci, 


232  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA. 


per  essere  poi  sottoposta  a  scrutinio  secreto  nella  successiva 
adunanza.  La  deliberazione  deve  riportare  il  voto  di  due  terzi 
dei  Soci  presenti,  che,  in  questo  caso,  non  possono  essere  meno 
della  metà  dei  residenti  in  Milano.  Non  raggiungendosi  la  metà 
dei  Soci  residenti  in  Milano  si  fa  luogo  ad  una  seconda  convo- 
cazione nel  termine  di  otto  giorni,  nella  quale  basta  la  presenza 
di  trenta  Soci  e  la  maggioranza  di  due  terzi  dei  presenti. 

Se  r  aggiunta  o  modificazione  proposta  viene  ammessa,  il  Se- 
gretario ne  cura  l' inserzione  nello  Statuto  e  la  partecipazione  ai 
singoli  Soci 

Le  norme  succennate  valgono  anche  nel  caso  di  scioglimento 
della  Società. 

Qualora  tale  caso  si  avverasse,  il  fondo  residuo,  verrà  affidato 
al  R.  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere,  perché  lo  destini  a 
vantaggio  della  pubblica  coltura. 

Art.   XIV. 

Regolamento    interno. 

Un  apposito  regolamento  interno,  redatto  dal  Consiglio  di  Pre- 
sidenza, dà  le  norme  per  la  pratica  attuazione  di  questo  Statuto. 

Art.  XV. 
Disposizione    transitoria. 

Il  presente  Statuto  entra  in  vigore  col  1"  febbraio  1888  dal 
qual  giorno  in  avanti  è  abrogato  lo  Statuto  originario  del  1875 
sinora  vigente. 

Il  Presidente 
C.  CANTÙ. 

Il  Segretario 
E.  Seletti. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  233 


Adunanza    Generale    del    26  febbraio    1888. 
Presidenza  del  comm.  C.  Cartù,  Presidente. 

La  seduta  è  aperta  alle  ore  due  pomeridiane. 

Il  Segretario  dà  lettura  del  Verbale  dell'adunanza  otto  gen- 
naio, che  viene  approvato. 

Il  Presidente  commemora  la  perdita  del  socio  Giuseppe  Mon- 
geri  colle  parole  : 

«  Voi  cercate ,  invano  ,  onorevoli  colleghi  ,  un  nostro  dei  più 
assidui  e  operosi  collaboratori ,  e  che  tale  si  conservò  anche 
nella  vecchiezza.  Giuseppe  Mongeri  fu  scrittore  di  arte ,  artista 
egli  stesso,  e  compiacevasi  principalmente  di  scoprire  e  rivendi- 
care nomi ,  lavori  e  personaggi ,  che  onorassero  la  patria.  Ma 
dei  meriti  suoi  letterari  e  civili  si  è  detto  e  si  dirà  ben  altri- 
menti che  in  queste  poche  estemporanee  parole ,  dirette  solo  a 
significare  il  vivo  rimpianto  e  la  durevole  ricordanza  del  nostro 
consorzio.  La  quale  non  è  solo  un  ufficio,  ma  un  dovere,  poiché 
egli  morendo  ci  legò  un  dono  tanto  prezioso  quanto  opportuno. 

«  Ringraziamolo,  onor.  Soci ,  col  serrar  le  no^5t^e  file ,  amai'ci 
e  compatirci  ed  imitarne  V  efficace  cooperazione.  » 

Il  Segretario  completa  la  notizia  del  lascito  dei  libri  Mongeri, 
comunicando  la  lettera  24  febbraio  del  preposto  cav.  Michele 
Mongeri  ,  con  cui  partecipava  un  tale  legato. 

L'Assemblea  autorizza  il  Presidente  ad  accettare  il  legato  e  lo 
incarica  di  essere  interprete  presso  lo  stesso  Preposto  della  ri- 
conoscenza e  buona  memoria ,  che  la  Società  conserverà  del- 
l' illustre  defunto ,  come  della  gratitudine  al  reverendo  esecutore 
del  desiderio  manifestato  dal  fratello. 

Il  socio  Ghiron  avverte  l'  assenza  del  vicepresidente  Vignati, 
a  motivo  della  grave  malattia,  che  lo  ha  colpito,  e  propone  un 


234  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA. 

saluto  e  un  augurio  per  la  completa  e  sollecita  sua  guarigione  ; 
il  voto  è  accolto  dall'  unanime  approvazione. 

In  seguito  il  vicepresidente  Calvi  legge  intorno  alla  vita  e 
alle  opere  del  poeta  milanese  G.  B.  Martelli.  —  Il  Presidente 
raccomanda  la  stampa  della  memoria  nell'  Archivio  Storico. 

Da  poi  il  Segretario  riferisce  suU'  operato  della  Società  nel- 
r  anno  1887  (allegato  A)  e  presenta  il  Bilancio  Consuntivo ,  di- 
mostrando le  buone  condizioni  economiche,  in  cui  si  conserva  la 
Società. 

Sono  eletti  a  Revisori  del  Bilancio  gli  avvocati  Stefano  Labus, 
Giovanni  Maggi  ,  Giovanni  Minonzio, 

Sì  votano  a  nuovi  soci  i  sigg.  dott.  Solone  Ambrosoli,  cav.  Leo 
Benvenuti,  signora  Cecilia  Binda  Melzi ,  arch.  comm.  Camillo 
Boito  ,  p.  Gregorio  Palmieri,  dott.  Francesco  Tamassia. 

La  seduta  è  chiusa  colla  nomina  a  Consigliere  di  Presidenza, 
in  luogo  del  defunto  Mongeri ,  il  dott.  Solone  Ambrosoli,  conser- 
vatore del  Gabinetto  Numismatico  ,  che  durerà  in  carica  sino  al 
31  del  futuro  dicembre. 

//  segretario 
E.  Seletti. 


Allegato  A. 

RELAZIONE 

SULL'  OPERATO  DELLA  SOCIETÀ  STORICA  LOMBARDA 
NEL  1887. 


Signori. 

Il  Bilancio  consuntivo  dello  scorso  anno  1887,  che  ho  l'onore 
di  presentarvi  per  essere  dappoi  trasmesso  ai  signori  Revisori ,  che 
oggi  siete  invitati  ad  eleggere  ,  mi  rammenta  una  pratica  degli 
ultimi  anni ,  quella  di  presentarvi  insieme  il  conto  morale  della 
Società,  nel  che  farò  di  essere  breve. 

Incomincio  da.\V Archivio  Storino,  che  ha  compito  il  quattordi- 
cesimo volume  della  sua  pubblicazione  ,  e  segna  il  XIV  anno 
della  nostra  Società.  —  Undici  Memorie  furono  inserte  in  quel 
volume  e  dieci  articoli  ,  che  p«r  la  minore  loro  importanza  si 
raccolsero  sotto  il  titolo  di  Varietà  ;  intento  della  Redazione  fu 
di  tenersi  nei  confini  della  regione  lombarda,  onde  non  invadere 
il  campo  delle  altre  Società  e  Deputazioni  di  storia  patria. 

Milano  ebbe  la  preferenza  negli  studi  presentati  ;  il  nostro 
Presidente  scriveva  di  Gian  Galeazzo  Visconti ,  che  pensò  al 
dominio  d' Italia ,  che  fu  largo  di  doni  per  l' edificazione  del 
Duomo,  fondato  dalla  pietà  del  popolo,  dalla  comune  decozione  ; 
descriveva  l'  entrata  in  Milano  nel  maggio  del  1649  dell'  austriaca 
Maria  Anna ,  che  andava  moglie  a  Filippo  IV  di  Spagna ,  e  ci 
mostrava  la  splendidezza  di  quelle  feste  in  contrasto  colla  miseria 
del  Comune  ;  ci  dava  pure  notizia  di  un  Gabinetto  Numismatico 
in  Brera,  donato  nel  secolo  passato  dal  giureconsulto  Bidello  , 
che  esisteva  prima  ancora  dell'  attuale  gabinetto,  fondato  da  Gae- 
tano Cattaneo  nel  20  dicembre  del  1803. 

Il  Motta,  in  un  lavoro  nuovo,  erudito  ed  accurato,  raccoglieva 
preziose  notizie  con  documenti  sulla  musica  istrumentale  e  vocale 


236  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA. 


alla  Corte  degli  Sforza,  scoprendo  la  data  del  1471-72  per  la  fonda- 
zione della  cappella  dei  cantori,  dei  quali,  siano  italiani  o  stranieri 
e  di  questi   molli  fiamminghi ,  dava   interessanti    cenni  biografici. 

Del  prof.  Neri  abbiamo  pubblicato  una  Memoria,  che  corregge 
le  inesattezze  di  altri  scrittori  sulla  conquista  di  Sarzana ,  fatta 
nel  gennaio  del  1437  da  Niccolò  Piccinino,  qual  capitano  e  luo- 
gotenente del  duca  Filippo  Maria,  e  di  una  seconda  occupazione 
per  opera  di  Francesco  Piccinino  nel  1445. 

Il  Ghinzoni  col  dirci  di  alcuni  Trionfi  e  Rappresentazioni  in 
Milano  nei  secoli  XIV  e  XV  solleticava  altri  studiosi  alla  storia 
del  Teatro  in  Milano,  e  in  una  interessante  monografia,  che  ca- 
ratterizza i  tempi ,  raccontava  le  molte  traversie  cui  andò  sog- 
getta l'erezione  della  Colonna  di  Porta  Vittoria,  unico  monu- 
mento che  ancora  ricorda  col  nome  dei  caduti  le  memorande 
giornate  del  1848. 

Mantova  fu  illustrata  dal  prof.  Intra ,  che  con  facile  eloquio 
esponendo  le  vicende  storiche  del  Bosco  della  Fontana  e  del 
Palazzo  del  Te,  splendide  ville  dei  munifici  Gonzaga,  completava 
la  serie  dei  monumenti  mantovani  ,  dallo  stesso  illustrati  nei  vo- 
lumi' precedenti  deW  Archivio.  —  Il  Frati,  con  nuovi  documenti 
tratti  dall'Archivio  e  dalla  Biblioteca  di  Bologna,  esponeva  inte- 
ressanti particolari  sulla  Guerra  di  Gian  Galeazzo  Visconti  contro 
Mantova  nel  1397 ,  e  il  socio  Dina  ci  raccontava  la  pietosa  storia 
di  Dorotea  Gonzaga. 

Per  la  storia  dell'  arte  in  Lombardia  si  è  pubblicato  un  arti- 
colo del  Portioli ,  che  faceva  conoscere  il  milanese  datiliografo 
Girolamo  Corto,  distinto  incisore  in  pietre  dure  alla  Corte  di 
Vincenzo  Gonzaga,  cosi  il  socio  Intra  mandava  alcuni  documenti 
sfuggiti  agli  studiosi  sull'esimio  pittore  Lorenzo  Leonhruno  e 
sui  rapporti  che  questi  ebbe  con  Giulio  Romano.  —  Il  Carotti , 
in  una  ben  studiata  narrazione  ,  esponeva  di  alcune  Pitture 
giottesche  da  lui  scoperte  nell'  Oratorio  di  Mocchirolo  a  Lentate- 
Seveso,  chiamando  1'  attenzione  su  Giovanni  da  Milano,  che  ne 
supporrebbe  l'autore  ;  il  Novati  con  Alcuni  documenti  artistici 
cremonesi  del  secolo  XV,  ricordava  gli  scultori  Giovanni  Pietro 
de  Rhaudo  o  da  Ro  e  la  famiglia  di  Tommaso  del  Sacca,  l^ 
Mongeri ,  che  sempre  ricorderemo  perduto,  negli  ultimi  giorn^ 
di  sua  vita  scriveva  per  1'  Archivio  alcuni  cenni  intorno  a  Bra- 
mante   e  a  S.  Maria  delle    Gra:;ie   di   Milano ,    studiata   dal    De 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  237 


GeymùUer,  e  l'arte  della  guerra  trovava  nel  Beltrami  un  illu- 
stratore colle  Bombarde  milanesi  a  Genova  nel  1464. 

La  storia  sorretta  da  documenti  letterari  e  1'  umanistica  ebbe 
cultori  nel  prof.  Raina  colla  memoria  sul  Teatro  di  Milano  e 
sui  canti  intorno  ad  Orlando  ed  Ulioieri ,  nel  Media  coi  tre  carmi 
in  morte  del  conte  Jacopo  Piccinino,  nel  Cian  coli'  Episodio  della 
storia  della  Censura  in  Italia  nel  secolo  XVI,  nello  Spinelli  colla 
notizia  sul  Codice  Sessoriano,  conservato  nella  Biblioteca  Vittorio 
Emanuele  di  Roma  e  in  Enrico  Casanova  col  testamento  di  Carlo 
Gerolamo  Gavazzo  della  Somaglia. 

Le  recensioni ,  al  pari  dei  brevi  cenni  bibliografici ,  furono  ri- 
servate a  far  conoscere  libri,  che  interessano  la  storia  lombarda, 
e  il  Motta  continuò  con  scrupolosa  diligenza  il  Bollettino  di  Bi- 
bliografia Storica  Lombarda ,  eh'  ebbe  si  lieta  accoglienza  nel 
primo  esperimento  del  '86,  e  cosi  abbiamo  introdotto  nell'  ultimo 
volume  dell'  Archicio  una  nuova  rubrica ,  col  titolo  :  Appunti  e 
Notizie,  per  potervi  raccogliere  documenti  sparsi ,  brevi  cenni  di 
archeologia,  d'arte,  d'archivistica,  che  se  non  hanno  il  merito 
di  un  lungo  studio,  hanno,  a  nostro  parere,  quello  di  conservare 
tante  particelle  interessanti  la  storia  e  che  colle  ricerche  di  mag- 
gior lena  formeranno  del  nostro  Archivio  quel  corpo  di  notizie  , 
quella  fonte,  che  non  potranno. trascurare  coloro,  che,  in  seguito 
di  tempo,  vorranno  sapere  e  scrivere  di  storia  lombarda. 

Nell'Adunanza  Generale  del  17  aprile  si  é  riferito  intorno  al- 
l'Assemblea tenuta  in  Genova  il  13  di  quel  mese  dalla  Deputa- 
zione di  Storia  Patria  per  le  antiche  Provincie  e  la  Lombardia, 
delle  memorie  ed  opere  risguardanti  la  storia  della  nostra  regione, 
che  sono  in  corso  di  pubblicazione  per  opera  di  quella  beneme- 
rita Deputazione,  quali  il  Liber  poieris  di  Brescia  illustrato  dai 
nostri  soci  Bettoni  e  Fé'  d'  Ostiani ,  cosi  il  Codice  Diplomatico 
Cremonese  raccolto  dal  prof.  Lorenzo  Astegiano,  non  tacendovi  , 
che  nell'aprile  di  quest'anno  spetterà  a  noi  dare  il  ben  venuto  ai 
colleghi  della  Liguria  e  del  Piemonte,  che  si  riuniranno  in  Milano. 

Il  vicepresidente  Calvi ,  da  noi  delegato  presso  V Istituto  Sto- 
rico Italiano,  ci  ha  discorso  delle  sedute ,  che  si  tennero  in 
Roma  da  quell'Istituto  dal  30  maggio  al  3  giugno,  e  come  inau- 
gurasse l'edizione  delle  sue  Fonti  per  la  Storia  d'  Italia  colle 
Gesta  di  Federico  I ,  descritte  in  versi  latini    da  Anonimo    con- 


238  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA. 


temporaneo,  secondo  un  manoscritto  della  Vaticana,  pubblicato  dal 
prof.  Monaci,  e  come  venisse  deliberata  la  stampa  per  cura  del 
prof.  Luigi  Ferrai  di  un'  altra  opera  di  speciale  importanza  per 
Milano ,  proposta  dalla  nostra  Società ,  la  Cronaca  del  notaio 
milanese  Giovanni  da  Cermenate  col  titolo:  Historia  de  situ , 
origine  et  cultoribus  Amhrosiance  urbis,  ae  de  Mediolanensium 
gestis  sub  imperio  Henriei  septimi. 

Il  Consiglio  di  Presidenza  tenne  parecchie  sedute  per  1'  ordi- 
naria amministrazione  e  per  l'esame  degli  scritti  presentati  alla 
redazione  à&W Ar chimo ,  coadiuvato  in  questo  lavoro  d'ammis- 
sione dai  colleghi  Ghinzoni,  Prina  e  Rolando. 

Intanto  una  Commissione  composta  dai  soci  Labus ,  Maggi  , 
Villa  Pernice  studiava  le  modificazioni  proposte  allo  Statuto  della 
Società,  le  quali  non  dovevano  toccare  lo  scopo  del  nostro  isti- 
tuto, ma  solo  regolare  in  modo  meglio  pratico  l'organico  direttivo. 
Lo  Statuto  nuovamente  ridotto  fu  esposto  nell'  Adunanza  del 
17  aprile  ed  ultimamente  approvato. 

Nello  scorso  maggio  si  riuniva  pure  1'  alira  Commissione  da 
voi  eletta  nei  col  leghi  Belgioioso,  Calvi  ,  Vignati  ,  Villa  Pernice, 
Vismara  per  esaminare  il  lavoro  di  bibliografia  milanese  assunto 
dal  socio  Filippo  Salveraglio,  che  in  quella  occasione  presentava 
circa  2600  nuove  schede  compilate  sui  libri,  avvertendo  di  aver 
fatto  lo  spoglio  di  357  cartelle  di  Miscellanee  esistenti  nella 
Braidense.  Da  quel  tempo  il  lavoro  non  ha  veramente  progredito 
quale  sarebbe  stato  nel  desiderio  di  noi  tutti ,  in  questi  giorni 
fui  però  assicurato  dall'  autore,  che  vi  attende  di  proposito,  e  che 
presto  presenterà  un  altro  buon  numero  di  schede  rivedute  sugli 
stampati. 

Un'  opera  nella  vece,  che  da  voi  ammessa  nell'  Adunanza  del 
17  aprile  fu  condotta  colla  massima  celerità  e  della  quale  fra 
pochi  mesi  potremo  possedere  il  primo  volume  ,  è  quella  delle 
Iscrizioni  Milanesi. 

Voi  avete  compresa  1'  importanza  di  una  simile  collezione  ,  le 
iscrizioni  siano  desse  religiose  ,  onorifiche  o  funerarie  sono  fonti 
per  la  storia,  servono  a  interpretarla,  sussidiano  lo  studio  della 
lingua,  le  ricerche  paleografiche  ,  e  se  fu  desiderio ,  che  non  si 
potè  conseguire  per  ragioni  d'indole  diversa,  di  dar  principio  cioè 
alla  raccolta  delle  iscrizioni  milanesi  colla  classe  più  antica,  quella 
delle  etniche,  facendo  a  queste  seguire  la  serie  delle  cristrane,  che 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  239 

non  sono  poche,  ciò  non  toglie,  né  diminuisce  il  valore  alla 
collezione  epigrafica  da  voi  incoraggiata ,  poiché  partendo  da 
un'età  meglio  accertata,  come  si  é  quella  del  secolo  ottavo,  l'o- 
pera riuscirà  egualmente  di  gran  mole  e  di  lutto  interesse  in 
particolare  alla  storia  milanese. 

La  Commissione  di  sorveglianza  a  questo  lavoro,  composta  dei 
soci  Belgioioso,  Calvi,  Del  Corno,  Labus,  Rotta,  Vignati  e  Mongeri, 
a  cui  successe  Garovaglio,  si  è  riunita  otto  volte,  alcune  da  sola, 
altre  colla  Presidenza,  e  prese  in  esame  le  iscrizioni  già  trascritte 
dal  cav.  Vincenzo  Forcella  nel  numero  di  circa  2500,  convenne 
sulla  forma  della  pubblicazione  ,  sia  pel  suo  sesto,  che  pei  ca- 
ratteri della  stampa,  cosi  sull'ordine  da  tenere,  e  si  darà  principio 
all'  opera  colle  iscrizioni  ,  che  si  trovano  o  si  trovavano  nelle 
Chiese  di  Milano  aperte  al  pubblico  culto  e  di  quelle  Chiese,  che 
soppresse  o  distrutta  si  conserva  memoria  delle  loro  iscrizioni  in 
opere  a  stampa  o  manoscritte ,  seguendo  per  queste  il  vecchio 
riparto  delle  sei  porte  della  città  (1). 

Collo  stesso  ordine  topografico  si  continuerà  da  poi  1'  esposi- 
zione delle  epigrafi  sparse  nei  pubblici  e  privati  edifici  e  per  ultimo 
quasi  appendice,  si  pubblicheranno  le  leggende  fuse  nelle  campane 
delle  torri  di  Milano;  questa  terza  raccolta  riuscirà  di  certo  in- 
teressante per  essere  un  lavoro  da  pochi  tentato  in  altre  città  , 
mentre  le  campane  più  antiche  salvate  dalla  fusione  alle  campane 
moderne  ci  conservano  molte  date  storiche,  ricordano  i  nomi  di 
valenti  fonditori  in  metalli  da  Ambrogio  de  Calderari  sulla  campana 
del  Comune  del  1352  ,  ai  Busca  del  XV  secolo  ,  alla  famiglia 
Bonavilla,  sino  ai  viventi  fratelli  Barigozzi ,  dei  quali,  e  di 
moltissimi  altri  nomi  ed  opere  d'artisti  altrimenti  sarebbe  perduta 
la  memoria. 

Nell'anno  decorso  abbiamo  a  lamentare  fra  i  soci  la  dolorosa 
perdita  dell'ancor  giovine  march.  Ariherto  Crivelli  (m.  7  luglio) 
diligente  amministratore  della  cosa  cittadina,  cultore  di  storia,  di 
arte  e  del  quale  il  Mongeri  ne  rammentava  i  meriti  neWArehimo 
del  30  settembre.  —    Il  march.   Giuseppe  Campori  (m.  19  luglio) 

(1)  Porta  Orientale  (ora    Venezia)  con  Porta    Tosa  (ora    Vittoria);    Porta 
Romana  colle  Porte  Vigentina  e  Lodovica;  Porta  Ticinese  con  Porta  Genova 
Porta  Vercellina  (ora  Magenta);  Porta  Comasina  (ora  Garibaldi)  colle  Porte 
Tenaglia  e  Volta;  Porta  Nuova  colla  Porta  Prìncipe  Umberto. 


240  ATTI  DELLA  SOCIETÀ  STORICA  LOMBARDA. 

onore  delle  lettere  e  del  patriziato  di  Modena,  di  cui  a  lungo 
scriveva  nello  stesso  Archivio  il  concittadino  Adolfo  Venturi,  ri- 
cordando le  numerose  importanti  sue  pubblicazioni  e  la  beneme- 
renza di  quel  Comune,  chiamato  erede  delle  preziose  sue  colle- 
zioni di  libri,  manoscritti,  autografi,  quadri  ed  altri  oggetti  d'arte. 
—  Il  conte  Alfonso  Maria  Visconti  (m.  26  luglio)  uomo  colto 
e  generoso,  che  largamente  testò  pel  nostro  Ospedale  Maggiore 
e  per  altri  pii  istituti ,  legando  inoltre  II  Bacio  dell'  Hayez  alla 
Pinacoteca  di  Brera;  da  ultimo  ricorderò  il  senatore  Luigi  To- 
relli (m.  14  novembre),  iniziatore  di  opere  grandiose,  che  operò 
strenuamente  per  la  patria,  scrittore  di  varia  erudizione  e  al  quale 
dedicò  sentite  parole  il  socio  Giovanni  Visconti  Venosta  nell'-Ar- 
chivio  del  30  dicembre. 

A  nuovi  colleghi  abbiamo  inscritti  i  signori  :  rag.  Luigi  Binda , 
rag.  Giovanni  Mazzasogni  e  il  conte  Antonio  Paglicci-Brozzi. 

Esposto  quanto  operò  la  nostra  Società  nel  1887,  aggiungerò 
due  parole  suU'  andamento  finanziario  ,  e  senza  pregiudizio  di 
quanto  potranno  rilevare  i  sig.  Revisori,  posso  accertare,  che  il 
Preventivo  da  voi  ammesso  per  quell'anno  fu  rispettato  in  quasi 
tutti  i  suoi  titoli,  e  non  soffri  alterazione  nel  suo  risultato  finale; 
infatti  le  entrate  che  in  Preventivo  erano  state  esposte  in  L,  8,849.59 
diedero  in  Consuntivo  L.  8,746.22,  cosi  le  spese  preventivate 
in  L.  7,765  furono  in  consuntivo  di  L.  7,662.79  comprese  in 
queste  la  maggior  spesa  votata  nell'Adunanza  del  17  aprile  per 
l'opera  delle  Iscrizioni  e  per  la  quale  nel  1887  si  sborsarono  L.  1000. 
In  onta  di  questa  spesa  straordinaria  l' avanzo  di  cassa  fu  di 
L.  1,083.43 ,  epperò  al  31  dicembre  1887  la  rimanenza  attiva 
nitida  sommava  a  L.  12,250.15,  che  costituiva  a  quel  giorno  il 
patrimonio  della  Società ,  non  tenuto  calcolo  del  valore  del  mo- 
biglio  e  delle  parecchie  centinaia  di  volumi  che  continuamente 
vanno  aumentando  la  nostra  collezione,  mercè  l'opera  efficace  del 
bibliotecario  doti.  Carotti. 

Milano,  13  febbraio  1888, 

Il  Segretario 

E.  Seletti. 


Tipografia  BorloioUi  41  Giuseppe  Pralo.  Giovanni  Brigola,  responsabile. 


I 


LA    CONTESA 

FRA 

MATTEO  VISCONTI  E  PAPA  GIOVANNI  XXII 

secondo  i  Doeumenti  dell' Arehicìo    Vaticano. 


Tutti  i  documenti  relativi  alla  lotta  fra  Giovanni  XXII  e  Matteo 
Visconti  e  al  processo  fattogli  per  titolo  di  eresia,  furono  tra- 
scritti dal  Codice  Vaticano  3937,  per  ordine  del  Pontefice  Bene- 
detto XIV  (1),  ed  ora  si  trovano  raccolti  in  un  grosso  volume 
che  fa  parte  dei  manoscritti  posseduti  dalla  Biblioteca  Universi- 
taria di  Bologna,  col  n.  1233,  e  col  titolo:  Processus  contra 
Matheum  Vicecomitem  Mediolanensem  ejusque  filios  Joannis  XXII 
P.  M.  jussu  confeetus  a.   D.  MCCCXXIIJ. 

Codesta  pregevolissima  raccolta  è  divisa  in  due  parti ,  la  prima 
delle  quali  comprende  quarantasette  documenti  relativi  al  processo 
contro  Matteo,  Galeazzo,  Luchino,  Marco,  Giovanni  e  Stefano 
Visconti  ;  la  seconda  parte  contiene  gli  atti  del  processo  contro 
tutti  i  fautori  dei  Visconti  e  componesi  di  novantotto  documenti. 
Nelle  prime  carte  del  manoscritto  havvì  un  indice  o  regesto  di 
tutti  gli  atti  che  sarà  pubblicato  in  appendice  a  questo  studio, 
nel  quale  mi  propongo  di  riassumere,  secondo  i  documenti  Vati- 

(1)  Alla  munificenza  di  Papa  Benedetto  XIV,  la  Biblioteca  Universitaria  di 
Bologna  è  pure  debitrice  di  una  copia  di  tutte  le  lettere,  brevi  e  bolle  ap- 
partenenti alla  storia  di  Bologna,  che  si  conservano  nell'Archivio  Vaticano. 

Arcfu  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  16 


242  LA    CONTESA    FRA    MATTEO    VISCONTI 

cani ,  la  lunga  contesa  sostenuta  da  Giovanni  XXII  per  abbattere 
la  potenza  Viscontea. 

Le  prime  origini  della  discordia  fra  la  Chiesa  e  i  Visconti  si 
possono  far  risalire  agli  ultimi  anni  del  pontificato  di  Clemente  V, 
allorché  furono  pubblicati  due  importanti  decreti  ;  col  primo  dei 
quali  dichiara  vasi  che  il  giuramento  prestato  dagli  imperatori  al 
Sommo  Pontefice,  era  un  vero  giuramento  di  fedeltà,  e  quindi 
r  Imperatore  veniva  ad  essere  vassallo  del  Papa.  Col  secondo 
decreto  si  stabiliva  la  superiorità  della  Chiesa  sopra  l'impero,  e 
che,  vacando  la  sede  imperiale,  spettava  al  Papa  il  governo  ed 
ora  in  sua  facoltà  eleggere  il  Vicario  imperiale  ,  come  avvenne 
in  sul  principio  del  1320 ,  allorché  fu  nominato  Roberto  Re  di 
Napoli ,  Vicario  imperiale  in  Lombardia,  che  elesse  per  suo  luo- 
gotenente Filippo  conte  del  Maine,  figlio  di  Carlo  di  Valois.  Nello 
stesso  tempo  Giovanni  XXII  scrisse  al  cardinale  Bertrando  del 
Poggetto ,  dandogli  ampia  facoltà  di  procedere  colle  censure  e 
colle  armi  contro  chi  mirasse  a  turbare  la  pace  della  Lombardia. 
Fra  gli  altri  ordinò  che  fosse  citato  innanzi  alla  Santa  Sede  Matteo 
Visconti,  con  un  breve  riferito  dal  Rinaldi  (27  giugno  1320)  (1)  ; 
nel  quale  dicesi  che  quel  signore,  quantunque  avesse  deposto  il 
titolo  di  Vicario  imperiale  in  Milano,  ne  riteneva  tuttavia  ancora 
l'officio  e  la  giurisdizione;  anzi,  per  maggior  disprezzo  della 
Santa  Sede  ,  osava  farsi  chiamare  Signore  di  Milano.  Perciò  si 
ordinava   al    Legato    di    promulgare  solennemente    la   scomunica 


(1)  Annales  Ecclesiastici  (1320),  n.  12.  È  uno  dei  pochi  documenti  editi 
clic  si  riferiscono  alla  contesa  tra  Papa  Giovanni  XXII  e  Matteo  Visconti 
e  il  prof.  Cipolla  {St.  delle  Signorie  Hai.  dal  1313  al  1530.  —  Milano,  1881, 
pag.  28);  giustamente  ne  fa  rilevare  la  grandissima  importanza  storica. 

La  bolla  di  scomunica  del  19  febbraio  1321  fu  pubblicata  dal  Giulini  (Con- 
tinua:iione  delle  Memorie  di  Milano  ne'  secoli  bassi.  Voi.  X,  pag.  547-552), 
elicla  trasse  non  dall' Ardi.  Vaticano,  ma  da  quello  dei  Padri  predicatori 
di  Pavia.  La  sentenza  di  Bertrando  cardinal  legato,  di  Aicardo,  arcivescovo 
di  Milano  e  degli  Inquisitori  di  Lombardia  contro  il  Visconti,  del  29  dicem- 
1)re  1321,  fu  pubblicata  dall' Ughelli  {Italia  Sacra,  IV,  202-2Q6).  Pochi 
altri  documenti  furono  editi  dal  RiNALm  (Op.  cit.,  tom.  V,  pag.  130-137). 


E     PAPA    GIOVANNI    XXII. 


243 


contro  di  lui  in  tutte  le  chiese  e  di  citarlo  a  presentarsi  innanzi 
al  Papa  per  difendersi  dalle  accuse  che  gli  erano  state  mosse 
entro  il  termine  di  due  mesi. 

Passato  il  tempo  prestabilito  e  non  essendo  comparso  avanti 
il  Papa  né  Matteo  stesso,  né  altri  per  lui ,  Giovanni  XXII  passò 
alla  sentenza  della  scomunica ,  dichiarando  inoltre  che  Matteo 
era  incorso  nelle  pene  temporali  che  aveagli  minacciate  se  non 
obbediva;  cioè  in  una  multa  di  diecimila  marchi  d'argento,  nella 
perdita  di  tutti  i  privilegi,  libertà,  immunità,  feudi,  beni,  ragioni, 
onori  e  concessioni  d'  ogni  sorta  a  lui  fatte  dalla  Chiesa  o  dal- 
l' Impero. 

Ma  tali  minaccia  non  produssero  1'  effetto  voluto  dal  Pontefice, 
che  ordinò  di  formare  nuovi  processi  contro  quel  Principe  e  di 
citarlo  perchè  dovesse  presentarsi  all'  Arcivescovo  il  25  feb- 
braio 1322  nella  Chiesa  di  S.  Maria  di  Bergoglio  presso  Ales- 
sandria. Fu  scelto  questo  luogo  perchè  vicino  alla  Signoria  dei 
Visconti  e  perché  in  altra  città  di  loro  giurisdizione  i  Legati  Pon- 
tifici non  avrebbero  potuto  stare  sicuramente.  Bernardo  da  Bar- 
barano ,  vicario  regio ,  ebbe  l' incarico  di  fare  solennemente  e 
pubblicamente  proclamare  fin  verso  Alessandria  che  niuno  osasse 
offendere  il  Visconti  quando  verrebbe  a  Bergoglio  ,  né  fessegli 
fatto  impedimento  di  sorta. 

Balzare  da  Dexio  e  Bonaccorso  de'  Zibidi  si  presentarono  quali 
messaggeri  e  procuratori  di  Matteo  e  consegnarono  due  lettere  , 
nelle  quali  egli  dicea  che  gli  Inquisitori  avrebbero  potuto  libera- 
mente recarsi  a  Milano  senza  alcun  pericolo,  come  vi  si  era  re- 
cato il  Collettore  del  Papa  e  ne  era  ritornato  senza  la  più  pic- 
cola molestia.  Dicea,  inoltre,  che  non  voleva  andare  al  luogo 
designatogli,  perchè  non  si  sarebbe  creduto  sicuro  da' suoi  capitali 
nemici ,  sebbene  munito  di  salvocondotto  ;  e  che,  se  pur  l' avesse 
voluto ,  non  avrebbe  potuto  senza  suo  grave  pericolo  portarsi  a 
Bergoglio  ,  avendo  già  oltrepassato  il  settantesimo  quarto  anno 
di  età  ed  essendo  malato  di  podagra  e  del  mal  della  pietra.  Ma 
neppure  queste  ragioni  addotte  dal  Visconti  valsero  a  persua" 
dere  gì'  Inquisitori  e  1'  Arcivescovo   di    Milano  ,  i  quali   risposero 


244  LA    CONTESA    FRA    MATTEO    VISCONTI 

(26  febbraio  1322)  agli  ambasciatori  che  gì'  impedimenti  accennati 
non  potevano  tener  luogo  di  scusa ,  perchè  in  Milano  e  in  tutta 
Lombardia  era  universalraente  noto  che  la  vecchiezza  e  le  ma- 
lattie della  podagra  e  della  pietra,  non  erano  tali  da  impedirgli 
di  cavalcare  ogni  giorno  dentro  e  fuori  di  Milano  a  suo  piaci- 
mento. Inoltre  le  lettere  consegnate  a'  suoi  ambasciatori  poteano 
offrirgli  sufficiente  ed  efficace  guarentigia  di  sicurezza.  Quanto 
alle  inimicizie  che  il  Visconti  dicea  di  avere  ,  risposero  esserne 
causa  egli  medesimo  e  non  appartenere  a  lui  il  designare  ove 
volea  presentarsi ,  perchè  tutti  i  fedeli  hanno  1'  obbligo  di  obbe- 
dire alla  Chiesa  e  a'  suoi  ministri. 

Accadde  frattanto  che  ,  mentre  1'  Arcivescovo  di  Milano  stava 
aspettando  gli  eretici  in  Bergoglio ,  Marco  Visconti  e  Gerardo 
Spinola,  capitano  generale  dell'esercito  di  Matteo,  invasero  quel 
luogo  a  mano  armata,  costringendo  l'Arcivescovo  a  cercar  ri- 
paro in  Valenza.  Ivi  si  unirono  con  lui  Guido  ,  vescovo  d'  Asti  , 
Uguccione,  vescovo  di  Novara,  Simone,  vescovo  di  Parma,  Fede- 
rico, vescovo  di  Savona,  Guglielmo,  vescovo  d'  Alba,  insieme  con 
Astolfo  da  S.  Ambrogio,  Lanfranco  di  S.  Simpliciano,  Filippo  di 
S.  Celso,  Bernardo  di  S.  Dalmazio  ed  altri  abati,  giureconsulti 
e  teologi  Milanesi ,  per  trattare  della  causa  per  cui  erano  stati 
delegati  dal  Sommo  Pontefice. 

Cominciarono  dall'  esporre  i  molti  delitti  commessi  da  Matteo, 
risultanti  dai  loro  processi ,  de'  quali  si  può  vedere  1'  enumera- 
zione nella  sentenza  pubblicata  dall'  Ughelli  e  dal  Giulini  (1). 
Il  Visconti  fu  quindi  privato  di  tutti  gli  onori ,  giurisdizioni  e 
diritti  ,  furono  confiscati  tutti  i  suoi  beni  mobili  ed  immobili  e 
dichiarato  soggetto  a  tutte  le  pene  stabilite  contro  gli  eretici.  Fu 
inoltre  pubblicata  una  remissione  plenaria  della  pena  e  della 
colpa  di  qualunque  peccato  a  chi  prendesse  le  armi  e  seguisse 
lo  stendardo  innalzato  alla  distruzione  di  Matteo  Visconti  e  dei 
suoi  figli  e  nipoti  (2). 

(1)  Memorie  della  città  e  campagna  di  Milano.  —  Milano,  1856,  voi.  V, 
pag,  120-122. 

(2)  V.  Chron.  Astense,  Gap.  105  (Rer.  Ital.  Scr.,  tomo  XI). 


E    PAPA    GIOVANNI    XXII.  245 

Cosi  Giovanni  XXII  venne  propriamente  a  bandire  una  crociata 
contro  i  Visconti  e  i  loro  aderenti ,  ordinando  (con  bolla  del  23 
febbraio  1322)  che  sotto  pena  di  scomunica ,  qualunque  persona 
ne  fosse  in  grado,  procurasse  notizie  e  informazioni  relativamente 
ai  fautori  ed  amici  dei  Visconti  entro  il  termine  di  quindici  giorni. 
Tali  comunicazioni  doveano  essere  fatte  sine  strepita  et  figura 
judiiii,  e  senza  alcuna  distinzione  di  grado  o  di  qualità  di  per- 
sone, cosi  contro  chierici ,  come  contro  laici. 

Il  19  di  marzo  dello  stesso  anno  si  era  già  trovato  buon  nu- 
mero di  sospetti  o  infamati  di  adesione  alla  parte  Viscontea  e 
furono  invitati  a  presentarsi  in  Valenza  agli  Inquisitori  molti  di 
Pavia,  Alessandria,  Valenza,  Tortona,  Vercelli,  Milano,  Lodi, 
Cremona,  Crema,  Como,  Castelnuovo  ed  altre  città  e  diocesi  di 
Lombardia,  i  nomi  dei  quali  sono  indicati  nei  documenti  vaticani. 

Di  quelli  di  Valenza,  eh'  erano  stati  citati ,  nessuno  presentossi 
il  giorno  27  di  marzo,  eccetto  Facino  di  Mirabello,  Bobiano  Fer- 
rari e  Jacopo  Carello.  Nessuno  parimente  comparve  di  Monteca- 
stello  e  di  Pecette  il  28  di  marzo,  e  nessuno  di  Bergoglio  il  29 
dello  stesso  mese. 

Ai  2  d'  aprile  furono  citati  quelli  di  Milano  a  presentarsi  entro 
il  termine  di  venticinque  o  trenta  giorni  in  Valenza,  ma  nessuno 
porse  ascolto  alla  intimazione  degli  Inquisitori  ,  come  fecero  pure 
quei  di  Pavia,  Novara  e  Vercelli ,  citati  il  6  d'  aprile. 

Quelli  di  Alessandria ,  eccetto  Anselmini  Zueta  e  Giordano 
Calcamugio,  che  si  presentarono  entro  il  termine  stabilito,  e  quelli 
di  TortOBa ,  salvo  Bonifacio  de'  Guidoboni ,  Daniele  de'  Pagani  e 
Bovarello  di  Montealdo  ,  furono  prima  accusati  di  contumacia , 
poi  scomunicati. 

Di  quelli  di  Novara  comparve  solo  Bonifacio  Gagnola,  Ambrogio 
Grita,  Nicolino  da  S.  Agata,  Martino  Testa  e  pochi  altri.  Di  Pavia 
e  sua  diocesi ,  non  presentossi  altro  che  fra  Galvano  Beccaria , 
ministro  dell'  Ospizio  di  Bethleem  ;  Ruffino  Giorgio ,  abate  dì 
San  Bartolomeo  di  Pavia,  frate  Lanfranco,  abate  di  San  Salva- 
tore ;  Obizzo  da  Gambolato ,  abate  di  San  Marino  ;  frate  Jacopo 
degli   Astarii ,    abate  di  San  Pietro  ;  Uggerino  Giorgio,  canonico 


24G  I.A    roNTESA    FRA    MATTEO    VISCONTI 


di  San  Giovanni  ;  Niccolino  da  Olivano,  canonico  di  Santa  Maria 
da  Lomello  della  diocesi  di  Pavia.  Tutti  gli  altri,  eccetto  questi 
che  furono  trattenuti  in  Valenza,  ed  Amico  da  Lomello  ch'era 
morto,  furono  condannati  per  contumacia. 

Le  citazioni  si  protrassero  fino  al  30  gennaio  1324,  e  tra  co- 
loro che  ne  furono  colpiti ,  vi  fu  pure  Castruccio  Castracani  , 
Manfredo  di  Landò  da  Piacenza,  Rinaldo  da  Mantova,  detto  Pas- 
sarino,  gli  Ambasciatori  del  Duca  di  Baviera  e  molti  altri. 

Tanto  apparato  di  mali  spirituali  e  temporali  aveva  atterrito 
fortemente  il  popolo  Milanese,  che  mormorava  contro  il  Visconti , 
dicendo  che  non  voleva  per  cagion  sua  essere  scomunicato  e  di- 
strutto. Furono  quindi  scelti  dodici  de'  primari  signori  Milanesi  (1) 
e  mandati  al  Cardinal  Legato  per  trattare  la  pace  col  maggior 
vantaggio  che  fosse  possibile.  Francesco  Visconti ,  uno  di  essi 
ambasciatori ,  dubitando  che  le  persuasioni  del  sagacissimo  Car- 
dinale potessero  indurli  a  qualche  azione  dannosa  a  Matteo,  prese 
licenza  dai  compagni  e  ritornò  a  Milano ,  lasciando  andare  con 
gli  altri  Ambrogio  d'Aliate,  segretario  di  Matteo  Visconti. 

Furono  questi  nobili  Milanesi  ricevuti  dal  Cardinale  con  benigne 
e  amichevoli  dimostrazioni ,  persuadendoli  per  la  quiete  d'  Italia 
e  la  salvezza  di  Milano,  a  voler  deporre  Matteo  da  quella  signoria 
e  che  per  l'avvenire  si  reggessero  i  Milanesi  a  Repubblica,  ri- 
fiutando non  solo  il  dominio  Visconteo,  ma  anche  quello  dei 
Torriani.  Presero  tempo  gli  ambasciatori  a  consultare  sopra  la 
sua  proposta  ;  e  ,  dopo  aver  ascoltate  le  vario  opinioni  de'  suoi- 
compagni  ,  Francesco  da  Garbagnate ,  già  divenuto  nemico  del 
Visconti  perchè  non  aveagli  concesso  il  capitanato  generale  della 
milizia,  li  persuase  a  voler  aderire  alla  pace  colla  Chiesa,  de- 
ponendo Matteo  dalla  signoria  di  Milano;  il  che  fu  da  tutti  ap- 
provato e  datone  parte  al  Cardinale,  formarono,  col  suo  consenso, 
alcuni  capitoli  fra  la  Chiesa  e  i  Milanesi. 

(1)  Secondo  il  Corio,  questi  dodici  ambasciatori  Milanesi ,  sarebl)ero  stati 
scelti  dal  Pontefice,  mentre  il  Giuuni  afferma  che  furono  eletti  da  Matteo 
Visconti. 


E    PAPA    GIOVANNI    XXII.  247 

Ritornati  poscia  a  Milano,  spiegarono  a  Matteo  come  avevano 
risoluto  di  voler  far  pace  colla  Chiesa,  per  non  recar  pregiudizio 
all'anima  e  cagionare  la  rovina  della  patria. 

Matteo  che  vide  costoro ,  ne'  quali  avea  posta  ogni  sua  confi- 
denza, essere  rivolti  contro  di  lui ,  senza  dar  risposta  voltò  loro 
le  spalle ,  ed  essi ,  usciti  dal  palazzo ,  commossero  tutti  i  citta- 
dini a  gridare  :  Pace,  pace. 

Alle  quali  voci  dichiarò  Matteo  esser  pronto  per  la  pace,  purché 

10  Stato  non  fosse  mutato  ed  egli  rimanesse  signore.  Ma  il  Con- 
siglio gli  fece  sapere  che  dovesse  rimettere  ogni  sua  pretensione 
nelle  mani  di  Giovanni  XXII,  potendo  dalla  sua  paterna  benignità 
sperare  ogni  perdono  e  vantaggio. 

Allora,  vedendo  il  Visconti  la  sovrastante  mina,  pregò  i  Ghi- 
bellini di  Lombardia ,  suoi  amici  ,  a  voler  convocare  un  Parla- 
mento per  consultare  intorno  a  ciò  che  far  si  doveva  a  comune 
vantaggio.  Concorsero  in  pochi  giorni  diversi  personaggi  e  am- 
basciatori a  Milano ,  i  quali ,  informati  della  persecuzione  contro 
Matteo,  lo  persuasero  a  non  temere,  offerendosi  pronti  a  sommi- 
nistrare efficace  rimedio.  Furono  immediatamente  richiamati  i 
dodici  nobili  Milanesi  che  avevano  capitolato  la  pace  col  Cardi- 
nale e  acerbamente  rimproverati  di  temerario  ardire,  per  avere  , 
senza  alcun  mandato  ,    accettato   patti  tanto  dannosi  al  Visconti. 

11  Conte  di  Cassiano  Lodigiano  proruppe  in  parole  poco  decenti 
contro  il  romano  Pontefice  ;  della  qual  temerità  fu  ripreso  da 
Matteo  Visconti ,  esortandolo  a  parlare  con  il  dovuto  rispetto  del 
Papa.  Finalmente  fu  deciso  che  si  ricorresse  al  Legato  per  im- 
petrare che  Matteo  fosse  ricevuto  come  vero  figliuolo  ed  amico 
della  Chiesa  ;  ma  i  suoi  partigiani  Io  sconsigliavano^  dicendo  esser 
meglio  che  facesse  imprigionare  i  dodici  ambasciatori,  e,  richiamato 
da  Piacenza  Galeazzo  suo  figliuolo ,  potrebbe  tenere  con  la  sua 
autorità  più  facilmente  a  freno  i  tumultuanti.  Non  accettò  in  sulle 
prime  Matteo  questo  consiglio,  perché  fra  lui  e  Galeazzo  era  una 
certa  antipatia  cagionata  da  emulazione  di  gloria  ;  ma  poi  si  per- 
suase di  dovergli  scrivere  che  senza  indugio  alcuno  venisse  a 
Milano  per  porre  riparo  alla  ruina  di  sua  famiglia. 


248  LA    CONTESA    FRA    MATTEO    VISCONTI 


Riconciliatosi  col  padre,  Galeazzo  fece  convocare  i  dodici  am- 
basciatori e  loro  domandò  per  qua!  cagione  avessero  suscitato 
tanto  tumulto  contro  Matteo  e  contro  i  suoi  fratelli. 

Risposero  dessi  che  ciò  aveano  operato  a  buon  fine,  imperocché 
amavano  Matteo  e  la  sua  casa  sopra  tutti  gli  altri  nobili  Mila- 
nesi ,  ed  aveano  trattata  la  pace  colla  Chiesa  per  conseguire 
njaggior  quiete  alla  patria  e  alla  Lombardia  ;  tanto  più  che  i 
ghibellini  molto  poteano  confidare  nel  Cardinal  Legato  per  esser 
uomo  di  gran  bontà  e  molto  favorevole  alla  quiete  universale. 
Soggiunse  Galeazzo  che  assai  volontieri  s'  interporrebbe  per  la 
pace  comune,  purché  non  ne  seguisse  danno  al  padre  suo  ed  ai 
fratelli. 

Ma  il  magnanimo  Matteo,  che  già  vedeasi  ridotto  a  grave  età, 
deliberò  rinunziare  la  cura  del  governo  a  Galeazzo  e  darsi  ad 
una  vita  quieta  e  riposata,  ponendo  ogni  pensiero  nel  visitare  le 
chiese  ed  altre  devozioni.  Onde  trovandosi  un  giorno  nella  Chiesa 
Maggiore  ,  fece  ivi  convocare  il  clero  e  recitato  ad  alta  voce  il 
simbolo  degli  Apostoli,  volle  che  di  questa  pubblica  protesta  di 
fede  fosse  rogato  un  atto  da  uno  de'  suoi  notari.  Si  fece  poscia 
condurre  a  Monza  per  visitare  il  tempio  di  S,  Giovanni  Battista, 
dove ,  sopraffatto  da  grave  infermità  ,  fece  chiamare  i  figliuoli , 
prevedendo' assai  prossimo  il  suo  fine.  Mentre  ritornava  a  Milano, 
soffermatosi  nella  Canonica  di  Crescenzago  per  riposarsi ,  ivi  pla- 
cidamente spirò  il  24  di  giugno  1322,  poco  più  di  tre  mesi  dopo 
la  sentenza,  che  forse  contribuì  ad  accelerare  la  sua  morte. 

L.  Frati. 


E    PAPA    GIOVANNI    XXII.  249 


TAVOLA   DEI  DOCUMENTI  VATICANI 
relativi  alla  contesa  tra  Giovanni  XXII  e  Matteo   Visconti. 

Capitula,  seu  Rubricae  primi  libri  sunt  haec. 

1.  —  13  dicembre  1321.  —  Littera  commissionis  domini  Papae 
missa  Domino  Archiepiscopo  Mediolanensi  et  Inquisitoribus  ut  pro- 
cedant  contra  Matheum  de  Vicecomitibus  et  ejus  filios,  Scotum  de 
Sancto  Geminiano,  Franciscum  de  Garbagnate,  ac  fautores  et  rece- 
ptatores  dictorum  Mathei  et  fìliorum. 

2.  —  17  Jehbraio  1321.  —  Citatio  per  Dominum  Papam  facta  dicto 
Matheo  propter  impedimentum  euntium  ad  Curiam  Romanam  et  re- 
deuntium  et  excommunicatio  ejusdem  proter  contumaciam. 

3.  —  17  febbraio  1321.  —  Citatio  per  Dominum  Papam  facta  dicto 
Matheo  propter  exactìones  Ecclesiarum  et  excommunicatio  ejusdem 
propter  contumaciam. 

4.  —  17  febbraio  1321.  —  Sententia  excommunicationis  per  Do- 
minum Papam  lata  contra  Matheum  quia  tanquam  suspectus  de 
heresi  propter  excommunicationem ,  quam  usurpando  Dominum  va- 
cante Imperio  incurrerat  et  per  triennium  sustinuerat  animo  indurato 
citatus  ad  respondendum  non  comparuit. 

o.  —  13  gennaio  1322.  —  Citatio  per  Dominum  Archiepiscopum  Me- 
dioìanensem  et  Inquisitores  facta  dicto  Matheo  ut  compareat  in  Bergolio. 

6.  —  7  gennaio  1322.  —  Litera  in  qua  continetur  quomodo  Do- 
minus  Frater  Symon  Episcopus  Parmensis  et  Domini  Astulfas  Sanati 
Ambrosii  et  Lanfrancus  Sancti  SimpUciani  Mediolanensium  Monaste- 
riorum  Abbates  iverunt  Mediolanum  et  nuntiaverunt  Matheo  sententias 
contra  eum  et  ejus  filios  latas  ac  eorum  fautores  et  de  cruce  predi- 
canda  contra  eos  nisi  obedirent. 

7.  —  20  gennaio  1322.  —  Preceptum  factum  per  Dominum  Ar- 
chiepiscopum et  Inquisitores  Ambasciatoribus  de  literis  citationis  con- 
signandis  Matheo  et  filiis  et  aliis. 


250  LA    CONTESA     FRA    MATTEO    VISCONTI 

8.  —  20  gennaio  1322.  —  Quomodo  predicti  ambaxiatorcs  excusa 
veruni  se  de  prcdictarum  literarum  consignatione  propter  periculum 
porsonarum  et  rerum,  et  juraverunt  diccre  verbo  predictis  Matlico 
et  fìliis  et  aliis  continentiam  predictarum  literarum. 

9.  —  21  febbraio  1322.  —  Litera  sub  metaphora  certificans  quo- 
modo predicti  Ambaxiatores  servaverint  quod  juraverant. 

10.  —  21  febbraio  1322.  —  Litera  missa  Domino  Archiepiscopo 
prò  excusatione  Franciscì  de  Garbagnatc  innuens  quod  dieta  citatio 
fuit  pubblicata. 

11.  —  25  febbraio  1322.  —  Preceptum  factum  per  Dominum  Ar- 
chiepiscopum  et  Inquisitores  Vicario  Borgolii  prò  fidancia  Mathei. 

12.  —  20  febbraio  1322.  —  Datio  literarum  fidantie  Mathei  et 
filiorum. 

13.  —  24  febbraio  1322.  —  Tenor  fidantie  date  Matheo  et  fìliis 
per  Dominum  Legatum. 

14.  —  24  febbraio  1322.  —  Toner  fidantie  date  Matheo  et  fìliis 
per  Dominum  Raymondum  de  Cardona  et  Sencscalcum  Lombardie. 

15.  —  24  febbraio  1322.  —  Datio  literarum  fidantiae  facta  Nuntio 
Procurato  rum  Mathei. 

16.  —  24  febbraio  1322.  —  Tenor  unius  literae  directae  Domino 
Archiepiscopo  per  dictos  Procuratores. 

17.  —  21  febbraio  1322.  —  Preconizatio  facta  Bergolio  do  voca- 
tione  Mathei. 

18.  —  24  febbraio  1322.  —  Quomodo  per  D.  Archiepiscopum  et 
Inquisitores  Matheus  fuit  rcputatus  contumax. 

10.  —  12  febbraio  1322.  —  Exibitio  Procuratori!  Mathei  et  in  fine 
continetur  terminus  datus  Procuratoribus  ejus 

20;  —  12  febbraio  1322.  —  Tenor  Procurato rii  dicti  Mathei. 

21.  —  12  febbraio  1322.  —  Exceptiones  propositae  prò  Matheo  per 
Procuratores  ejus. 

22.  —  26  febbraio  1322.  —  Appellatio  interposita  prò  Matheo  per 
procuratores  predictos. 

23.  —  26  febbraio  1322.  —  Apostoli  refutatorii  per  Dominum  Ar- 
chiepiscopum et  Inquisitores  dati  Procuratoribus  Mathei  super  appcl- 
latione  per  dictos  Procuratores  facta  prò  dicto  Matheo. 

24.  —  20  febbraio  1322.  —  Praecepta  quaedam  facta  per  Dominum 
Archiepiscopum  et  Inquisitores  Notariis  et  Procuratoribus  predictis, 
quod  non  facient  instrumento  de  premissis,  nisi  intcrponant  dictam 
responsionem  et  oblatio  copiae  dictae  responsionis. 


E    PAPA    GIOVANNI    XXII.  25t 


25.  —  11  marzo  1322.  —  Sententia  lata  centra  Matlieum  Viceco- 
mitcm  propter  herésim. 

2G.  —  13  gennaio  1322.  —  Citatio  facta  per  Dominum  Archiepi- 
scopum  et  Inquisitores  de  fiUis  Mathei,  Francisci  de  Garbagnate  et 
Scoto  de  Sancto  Geminiano  propter  heresim. 

27.  —  li  febbraio  1322.  —  Procuratorium  Luchini  filli  Mathei. 

28.  —  13  febbraio  1322.  —  Procuratorium  Marci  filli  Mathei. 

29.  —  22  febbraio  1322.  —  Procuratorium  Joannis  filil  Mathei. 

30.  —  22  febbraio  1322.  —  Procuratorium    Stephani  filli  Mathei. 

31.  —  22  febbraio  1322.  —  Appellatlo  filiorum  Mathei,  Joannis, 
Marci,  Luchini,  et  Stephani. 

32.  —  14  febbraio  1322.  —  Procuratorium  Scoti  de  Sancto  Ge- 
miniano. 

33.  —  14  febbraio  1322.    —    Exceptiones    et  Appellatlo  prò  dicto 
Scoto. 

34.  —  13  febbraio  1322.  —  Procuratorium  Francisci  de  Gar- 
bagnate. 

35.  —  13  febbraio  1322.  —  Exceptiones  factae  prò  dicto  Francisco. 

36.  —  13  febbraio  1322.  —  Llbellus  Appellatlonis  prò  dicto  Francisco. 

37.  —  28  febbraio  1322.  —  Lltera  missa  per  dlctos  Procuratores 
Domino  Archiepiscopo  et  Inqulsltorlbus. 

38.  —  1  marzo  1322.  —  Alia  lltera  missa  per  dictos  Procuratores 
Domino  Archiepiscopo. 

39.  —  3  marzo  1322.  —  Apostoli  refutatoril  dati  per  Dominum 
Archiepiscopum ,  et  Inquisitores  Procuratoribus  filiorum  Mathei,  Scoti 
de  Sancto  Geminiano  et  Francisco  de  Garbagnate  et  quomodo  omnes 
filli  Mathei  fuerunt  reputati  contumaces  et  excommunicatio  eorundem. 

40.  —  9  aprile  1322.  —  Alia  lltera  predictorum  Procuratorum 
petentium  copiam  processuum, 

41.  —  12  aprile  1322.  —  Gomparitio  filiorum  Mathei  scillcet  Ga- 
leatii,  Luchini,  et  Marchi  in  Mediolano  et  responslo  facta  elsdem. 

42.  —  13  aprile  1322.  —  Gomparitio  Johannis  et  Stephani  filiorum 
Mathei  in  Mediolano  et  responslo  eis  facta. 

43.  —  13  gennaio  1323.  —  Oblatio  facta  per  Dominum  Archie- 
pi-scopum  et  Inquisitores  filiis  Mathei  de  audlendo  eos  de  iure  et 
assignatio  termini  dati  elsdem. 

14.  —  Il  gennaio  1323.  —  Quomodo  In  loco  et  termino  assignatis 
filli  Mathei  in  oblatione  predicta  Galeatius  et  ejus  fratres  faerunt  prò- 


252  LA    CONTESA    FRA    MATTEO    VISCONTI 

clamati  et  alta  voce  pluries  requisiti    et    nuUus  eorum  comparuit  nec 
alius  prò  eisdem. 

45.  —  12  marzo  1323.    —    Sententia    diffìnitiva    contra   Galeatium 
filium  Mathei  propter  heresim. 

46.  —  8  aprile  1323.  —  Sententia  diffìnitiva  contra  Marchum ,  Lu- 
chinum,  Johannem  et  Stephanum  filios  Mathei  propter  heresim. 

47.  —  8  aprile  1323.  —    Sententia    diffìnitiva    contra    Scotum    de 
Sancto  Geminiano  propter  heresim. 


Capitula  seu  Rubricae  secundi  Libri  sunt  haec. 

48.  —  23  febbraio  1322.  —  Commemoratio  Commissionis  factae 
Domino  Archiepiscopo  Mediolanensi  et  Inquisitoritus  de  procedendo 
contra  Matheum  et  filios,  ac  eorum  fautores  et  receptatores. 

49.  —  23  febbraio  1322.  —  Publicatio  et  expositio  duarum  lite- 
rarum  papalium  facta  in  Ecclesia  Sanctae  Mariae  de  Valentia  et  pre- 
ceptum  datum  omnibus  ut  informent  Dominum  Archiepiscopum  et 
Inquisitores  de  valitoribus  et  sequacibus  Mathei. 

50.  —  23  febbraio  1322.  —  Publicatio  et  vulgarizatio  predictarum 
literarum  facta  in  Bergolio  in  Ecclesia  Sanctae  Mariae  cum  simili 
praecepto. 

51.  —  23  febbraio  1322.  —  Tenor  primae  literae  Domini  Papae 
missae  Domino  Archiepiscopo  Mediolanensi  et  Inquisitoribus  ut  pro- 
cedant  contra  valitores,  adiutores,  consiliarios  et  seguaces  Mathei 
et  adherentes  eidem,  quemadmodum  contra  fautores  et  receptatores 
ejusdem  ut  dictum  est  supra  in  litera  commissionis. 

52.  —  23  febbraio  1322.  —  Tenor  alterius  literae  Domini  Papae 
missae.  Domino  Archiepiscopo  et  Inquisitoribus  ut  procedant  efficaciter 
in  prcmissis  et  quibus  impeditur  negocium  Terrae  Sanctae. 

53.  —  19  marso  1322.  —  Citatio  quorundam  de  Alexandria,  de 
Terdona,  de  Montecastello,  de  Bergolio,  de  Valentia,  de  Peceto  ad 
terminos  diversos. 

54.  —  20  aprile  1322.  —  Proclamatio  citatorum  de  Valentia,  et 
dcclaratio  contumaciae  ipsorum. 

55.  —  20  aprile  1322.  —  Proclamatio  citatorum  de  Montecastello 
et  Peceto  et  declaratio  contumaciae  ipsorum. 


E    PAPA    GIOVANNI    XXII.  253 

56.  —  20  aprile  1322.  —  Proclamatio  predictorum  citatorum  de 
Bergolio  et  declaratio  contumaciae  eomm. 

57.  —  20  aprile  1322.  —  Proclamatio  citatorum  de  Terdona  et 
declaratio  contumaciae  eorum, 

58.  —  20  aprile  1322.  —  Proclamatio  citatorum  de  Alexandria  et 
declaratio  contumaciae  ipsorum. 

59.  —  25  aprile  1322.  —  Sententia  excommunicationis  lata  centra 
predictos  contumaces  de  Alexandria,  de  Terdona,  de  Montecastello, 
de  Bergolio,  de  Peceto. 

60.  —  25  aprile  1322.  —  Sententia  excommunicationis  lata  centra 
predictos  contumaces  de  Valentia. 

61.  —  30  aprile  1322.  —  Sententia  fautoriae  et  confiscationis  lata 
contra  Dominum  Guillelmum  Inviciatum  et  alios  de  Alexandria  et 
Bergolio,  Rufinum  Bricium  et  alios  de  Montecastello,  Magistrum 
Franciscum  et  alios  de  Valentia,  Jacobum  de  Stronomia  et  alios  de 
Peceto,  Girardum  de  Opizonibus  et  alios  de  Terdona. 

62.  —  2  aprile  1322.  —  Citatio  per  Dominum  Archiepiscopum  et 
Inquisitores  facta  ad  diversos  terminos  dicto  Matheo  Cimiliarcha  et 
multis  de  Mediolano,  Lanfrancho  Musso  Potestati  Mediolanensi ,  Gi- 
rardo  Spinolae  Capitaneo  g>jerrae  et  pluribus  stipendiariis  Mathei. 

6.3.  —  15  aprile  1322.  —  Proclamatio  dictorum  citatorum,  scilicet 
Lanfranchi  Mussi ,  Girardi  Spinolae  et  aliorum  stipendiatorum  et  con- 
tumacia ipsorum. 

64.  —  18  aprile  1322.  —  Sententia  excommunicationis  lata  contra 
dictos  contumaces ,  scilicet  Lanfranchum  et  alios. 

65.  —  18  aprile  1322.  —  Sententia  fautoriae  et  confiscationis  lata 
contra  predictos  Lanfranchum  et  stipendiatos. 

66.  —  18  aprile  1322.  —  Prorogatio  facta  praedictis  Mediolanen- 
sibus  citatis  Matheo  Cimiliarchae ,  Roberto  et  aliis. 

67.  —  20  aprile*  1322.  — Prorogatio  secunda  faeta  Mediolanensibus 
praedictis. 

68.  —  22  aprile  1322.  —  Prorogatio  tertia  facta  Mediolanensibus 
praedictis. 

69.  —  30  aprile  1322.  —  Litera  Ambassiatorum  Mediolanensium 
missa  Inquisitoribus. 

70.  —  3  marzo  1322.  —  Prorogatio  quarta  facta  eisdem. 

71.  —  5  marso  1322.  —  Prorogatio  quinta  facta  eisdem  Mediola- 
nensibus citatis. 


254  LA    CONTESA    FRA    MATTEO    VISCONTI 

72.  —  8  marzo  1322.  —  Prorogatio  sexta  facta  cisdem. 

73.  —  10  marzo  1322.  —  Litera  Ambassiatorum  Mediolanensium 
missa  domino  Legato. 

74.  —  15  marzo  1322.  —  Alia  litera  eorum  missa  Domino 
Legato. 

75.  —  20  marzo  1322.  —  Prorogationes  quatuor  factac  de  die  in 
diem  eisdem  citatis. 

70.  —  4  aprile  1322.  —  Proclamatio  et  declaratio  contumaciac 
predictorum  citatorum  Mediolanensium,  Roberti  Vicecomitis  et  aliorum, 
cxcepto  Matheo  Cimiliarcha  interim  mortuo,  et  exceptis  ambassia- 
toribus,  quibus  prorogatur  terrainus  ad  kalendas  septembris  pro.ximi 
venturi. 

77.  —  6  aprilo  1322.  —  Prorogatio  facta  dictis  Ambassiatoribus 
ad  kalendas  octobris  proximi  venturi. 

78.  —  6  aprile  1322.  —  Literae  tres  missae  Domino  Legalo  ex 
parte  Potestatis  sapientium  et  Communis  Mediolancnsis. 

79.  —  12  gennaio  1323.  —  Proclamatio  et  declaratio  contumaciae 
predictorum  Ambassiatorum  Mediolanensium. 

80.  —  15  gennaio  1323.  —  Sententia  cxcommunicationis  lata  per 
Dominum  Archiepiscopum  et  Inquisitores  centra  Robertum  Viceco- 
mitem  et  alios  omnes  Mediolanenses  superius  citatos  contumaces  et 
Ambassiatores, 

81.  —  23  gennaio  1323.  —  Citatio  facta  per  Dominum  Arcbiepi- 
scopum  et  Inquisitores  de  Azone  Vicecomite  Proposito  et  Roberto 
Abbate  de  Gratasolio  et  multis  Mediolanensibus. 

82.  —  28  gennaio  1323.  —  Sententia  cxcommunicationis  lata  contiM 
predictos  Azonem,  Robertum  et  alios  prò  contumacia. 

83.  —  1  febbraio  1323.  —  Citatio  facta  per  dominum  Arcbicpi- 
scopum  et  Inquisitores  dicto  de  Curto ,  de  Castelleto  Busnardo  et 
aliis  multis  de  Mediolano,  Canubio,  Tlioma  de  la  ripa,  et  do  Per- 
gamo, de  Laude. 

84.  —  10  febbraio  1323.  —  Prorogatio  facta  praedictis  citatis  ad 
diem  quartam  mensis  Aprilis. 

85.  —  12  febbraio  1323.  —  Sententia  cxcommunicationis  lata  prò 
contumacia  centra  pracdictos  Curtum  de  Castelleto  et  Busnardum  et 
quosdam  alios  ex  contentis  in  citatione  praedicta. 

80.  —  12  aprile  1323.  —  Citatio  facta  per  dominum  Arcbiepiscopum 
et  Inquisitorem  de  Martino    de   la  Poma    Capitaneo  Trivilii  et  multi'^ 


E    PAPA    GIOVANNI    XXII.  255 


aliis  de  Trivilio,  de  Mediolano,    de    Varisio    et    Rugerio    de   Occulo, 
Nello  de  Massa,  et  aliis  stipendiatis. 

87.  —  12  aprile  1323.  —  Prorogatio  facta  predictis  immediate  ci- 
tatis  et  multis  aliis  citatis  ad  hanc  diem. 

88.  —  27  aprile  1323.  —  Sententia  excommunicationis  lata  propter 
contumaciam  centra  supra  immediate  citatos  et  alios  quibus  terminus 
ad  hanc  diem  et  horam  fuerat  prorogatus. 

89.  —  27  aprile  1323.  —  Citatio  facta  per  Dominum  Archiepi- 
s'^opum  et  Inquisitorem  de  Gasparrino  et  Zanino  fratribus  de  Grassis 
et  aliis  de  Canturio. 

90.  —  30  aprile  1323.  —  Sententia  excommunicationis  lata  propter 
contumaciam  contra  eosdem  immediate  supra  citatos. 

91.  —  6  maggio  1323.  —  Sententia  fautoriae  et  confiscationis  lata 
contra  Azonem  Prepositum  Sancti  Ambrosii,  Girardum  de  Fenegroc 
et  multos  alios  de  Mediolano  et  Rugerium  de  Occulo  et  alios  Cone- 
stabiles  Galeazii  et  quosdam  de  Pergamo  et  de  Trivilio. 

92.  —  10  maggio  1323.  —  Sententia  fautoriae  et  confutationis  lata 
contra  Franciscum  Vicecomitem  hereticum,  Cigadam  et  alios  de 
Iklediolano,  de  Papia,  de  Vigeria,  de  Lomello,  de  Vercellis. 

93.  —  10  maggio  1323.  —  Sententia  fautoriae  et  confiscationis 
lata  contra  Lodrisium  Vicecomitem  et  plures  de  Mediolano ,  de  Papia, 
de  Novaria. 

94.  —  20  giugno  1323.  —  Citatio  facta  per  Dominum  Archiepi- 
.scopum  et  Inquisitores  dicto  Presbytero  Panza  Prealono  et  aliis  do 
Mediolano. 

U5.  —  17  luglio  1323.  —  Secunda  Prorogatio  facta  eisdem. 

96.  —  20  luglio  1323.  —  Sententia  excommunicationis  lata  prò 
contumacia  contra  praedictos  immediate  supra  citatos. 

97.  —  20  luglio  1323.  —  Citatio  facta  per  Dominum  Archiepi- 
scopum  et  Inquisitorem  de  Castellano,  de  Gluxiano  et  aliis  multis  de 
^Icdiolano  clericis  et  laicis. 

'.)8.  —  4  agosto  1323.  —  Sententia  excommunicationis  lata  prò 
contumacia  contra  predictos  supra  immediate  citatos. 

99.  —  9  agosto  1323.  —  Sententia  fautoriae  et  confiscationis  lata 
contra  predictos  Castellanum  de  Gluxiano  et  multos  de  Mediolano, 
ce  Crema,  de  Faventia  et  Presbyterum  de  Brone. 

100.  —  8  settembre  1323.  —  Citatio  Abbatum  Clarevallis  et  Mo- 
riinondi  de  Mediolano,  Thomac  de  la  Ripa,  et  quorumdam  de  Crema 
et  de  Cremona. 


256  LA    CONTESA    FRA    MATTEO    VISCONTI 

101.  —  8  settembre  1323.  —  Sententia  excommunicationis  lata 
prò  contumacia  centra  predictos  Abbates  et  alios  citatos  supra  im- 
mediate. 

102.  —  23  settembre  1323.  —  Sententia  fautoriae  lata  centra  pre- 
dictos Abbates. 

103.  —  25  settembre  1323.  —  Citatio  predicti  elim  Abbatis  de 
Morimondo  ad  respondendum  de  fide, 

104.  —  30  settembre  1323.  —  Sententia  excommmiicationis  prò 
contumacia  dicti  olim  Abbatis  de  Morimondo. 

105.  —  6  aprile  1322.  —  Citatio  lacta  per  Dominum  Archiepi- 
scopum  et  Inquisitores  de  Musso  de  Beccaria  et  multis  de  Papia,  de 
Vigerla,  Lomello,  Bassignana  et  de  No  varia,  et  de  Vercellis,  et  de 
Confluentia,  et  Rodobio  ad  terminos  diversos. 

106.  —  lO  aprile  1322.  —  Proclamatio  predictorum  citatorum  de 
Vercellis  et  declaratio  contumaciae  ipsorum. 

107.  —  15  aprile  1322.  —  Proclamatio  predictorum  immediate  ci- 
tatorum de  Novaria  et  declaratio  contumaciae  eorum. 

108.  —  20  aprile  1322.  —  Proclamatio  predictorum  immediate 
citatorum  de  Papia,  de  Vigerla,  et  declaratio  contumaciae  eorum. 

109.  —  6  maggio  1322.  —  Sententia  excommunicationis  lata  centra 
omnes  predictos  contumaces  immediate  supra  citatos  de  Papia ,  Ver- 
cellis, de  Novaria  et  eorum  Dioceses  et  de  Vigerla  propter  con- 
tumaciam. 

110.  —  6  maggio  1322.  —  Sententia  excommunicationis  lata  prò 
contumacia  centra  hereticum  Gritam  de  Novaria  ommissum  ex  negli- 
gentia  legentis  predio tam  immediate  sententiam. 

111.  —  6  maggio  1322.  —  Comparitio,  iuramentum  et  abselutio 
Lanceae  de  Cortesela  Judicis  Marchionis  Montisferrati. 

112.  —  4  aprile  1323.  —  Privatio  Fratris  Bonifatii  de  Opizonibus 
a  Prioratu,  seu  administratione  Ecclesiae  Sanctorum  Vitalis  et  Agri- 
colae  de  Terdona. 

113.  —  5  aprile  1323.  —  Citatio  Fratris  Guillelmi  Gaudentis  de 
Ponzonibus  et  multorum  de  Cremona,  de  Soncino,  de  Castroleone, 
de  Faventia,  de  Cumis,  de  Pergamo  et  de  Villa. 

114.  —  5  aprile  1323.  —  Proclamatio  facta  de  predictis  immediate 
citatis  et  declaratio  contumaciae  eorum. 

115.  —  7  aprile  1323.  —  Sententia  excommunicationis  lata  prò 
contumacia  contra  predictos  inmedìate  citatos. 


E    PAPA    GIOVANNI    XXII.  257 


116.  —  9  maggio  1323.  —  Sententia  fautoriae  et  confiscationis 
lata  contra  predictos  Fratrem  Guillelmum  et  alios  de  Cremona,  de 
Sonzino,  de  Castroleone,  de  Castronovo,  de  Cumis,  de  Pergamo,  de 
Villa,  de  Papia  et  de  Terdona. 

117.  —  5  aprile  1323.  —  Sententia  fautoriae  et  confiscationis  lata 
contra  Franciscum  Tuscham  et  alios  de  Cumis,  de  Cremona,  de 
Laude. 

118.  —  19  aprile  1323.  —  Sententia  fautoriae  et  confiscationis  lata 
contra  Raynaldum  Suardum  et    multos    de    Pergamo  et  de  Cremona. 

119.  —  23  maggio  1323.  —  Citatio  Thomayni  de  Beccaria  et  mul- 
torum  de  Papia  Clericorum  et  Laicorum. 

120.  —  6  giugno  1323.  —  Sententia  excommunicationis  lata  prò 
contumacia  contra  predi«tos  Thomainum  et  alios  de  Papia. 

121.  —  6  giugno  1323.  —  Sententia  fautoriae  et  confiscationis  lata 
contra  predictos  Thomaynum  et  alios  de  Papia. 

122.  —  20  giugno  1323.  —  Citatio  Bertholdi  de  Mastethon  dicti 
de  Niffen  et  sociorum  Ambassiatorum  Ducis  Baverie. 

123.  —  17  luglio  1323.  —  Sententia  excommunicationis  lata  prò 
contumacia  contra  predictos  Bertholdum  et  alios  inmediate  citatos. 

124.  —  20  luglio  1323,  —  Sententiae  fautoriae  et  confiscationis 
lata  contra  predictos  Bertholdum  et  socios. 

125.  —  4  agosto  1323.    —   Edictum  contra  predictum  Bertholdum. 

126.  —  9  agosto  1323.  —  Citatio  Raynaldi  dicti  Passarini  de 
Mantua. 

127.  —  9  agosto  1323.  —  Sententia  excommunicationis  lata  prò 
contumacia  contra  dictum  Passarinum. 

128.  —  2  settembre  1323.  —  Procuratorium  predicti  Passarini. 
120.  —  2  settembre  1323.  —  Appellatio  predicti  Passarini, 

130.  —  2  settembre  1323.  —  Apostoli  refutatorii  dati  Nuntiis  dicti 
Passarini. 

131.  —  30  settembre  1323.  —  Sententia  fautoriae  confiscationis 
lata  contra  predictum  Pas.sarinum. 

132.  —  3  ottobre  1323.  —  Citatio  Kastrucii  de  Lucha. 

133.  —  3  ottobre  1323.  —  Sententia  excommunicationis  lata  prò 
contumacia    centra  predictum  Kastrucium. 

134.  —  3  ottobre  1323.  —  Sententia  fautoriae  et  confiscationis  lata 
contra  predictum  Kastrucium. 

135.  —  2  gennaio  1324.  —  Citatio  Manfredi  de  Landò  de  Placentia. 
Arch.  Stor.  Lcmb    —  Anno  XV.  17 


258       LA  CONTESA  FRA  MATTEO  VISCONTI  E  PAPA  GIOVANNI  XXU. 


136.  —  2  gennaio  1324.  —  Sententia  excommunicationis  lata  prò 
contumacia  contra  dictum  Manfredum. 

137.  —  30  gennaio  1324.  — ■  Citatio  filiorum  Mathei  super  fautoria 
patris  herctici. 

138.  —  30  gennaio  1324.  —  Sententia  excommunicationis  lata 
contra  filios  Mathei  prò  contumacia,  quia  non  comparuerunt  ad  re- 
spondendum  super  fautoria  patris  heretici. 

139.  —  5  novembre  1324.  —  Sententia  lata  contra  filios  Mathei  et 
eorum  bona  propter  fautoriam  patris. 

140.  —  10  novembre  1324.  —  Edictum  contra  fautores  Galeacii  et 
fratrum  ejus. 


LE  ARTI  MINORI  ALLA  CORTE  DI  MANTOVA 

NE!    SECOLI    XV ,    XVI    E    XVII 
Ricerche  storiche  negli  Archivi  Mantovani. 


INTRODUZIONE. 

Sotto  il  titolo  delle  Arti  minori  alla  Corte  di  Mantova  mi  sono 
jrefisso  di  trattare  degli  orefici,  degli  intagliatori  in  metalli  e 
leghe,  in  legno  ed  ossi,  in  cristallo  e  vetro  e  dei  ricamatori.  Ben 
fnteso  fra  i  primi  saranno  compresi  gli  argentieri,  gioiellieri,  ce- 
sellatori, intagliatori  di  pietre  preziose,  smaltatori,  niellatori,  si- 
gillari,  coniatori  e  gli  orologieri.  Fra  gli  intagliatori  di  metalli 
comuni  e  loro  leghe  comprenderò  gli  armaiuoli,  fra  quelli  del 
legno  ed  ossi,  darò  posto  agli  intarsiatori,  ebanisti,  tornitori;  e 
fra  gli  ultimi  a  tutti  i  lavoratori  in  vetro.  Nella  sezione  del  ri- 
camo si  farà  parola  di  alcune  arti  tessili,  come  degli  arazzi,  e  si 
presenteranno  gli  orpellari  od  altri,  che  preparassero  cuoi  ad  uso 
di  decorazioni. 

Ho  qualificato  queste  arti  per  minori  in  paragone  dell'  archi- 
tettura, pittura  e  scoltura,  benché  ai  suddetti  artefici  fossero  in- 
dispensabili cognizioni  delle  medesime,  e  specialmente  della  scul- 
tura, di  cui  gli  orefici  e  gli  intagliatori  tutti  sono  direi  figliazioni. 


260  LE    ARTI    MINORI 


E  talvolta  queste  arti  minori  marciarono  pari  passo  con  le  mag- 
giori per  opera  di  loro  grandi  artisti.  Basti  il  nominare  Benvenuto 
Cellini,  maestro  in  ogni  ramo  dell'oreficeria,  Lorenzo  Ghiberti, 
Antonio  del  Pollajolo  quali  cesellatori,  Dal  Prato  Girolamo  pel 
lavoro  di  piastra  d'argento,  Bernardi  da  Castelbolognese,  Giovanni 
delle  Corniole,  Domenico  dei  Cammei,  milanesi,  quali  intagliatori 
di  gemme,  Caradosso  per  incisioni  d' imprese,  Lautizio  pei  sigilli, 
Amerigo  per  gli  smalti,  Michelangelo  di  Viviano  pelle  incastona- 
ture di  gioielli,  Luca  Agnolo  per  le  argenterie,  Maso  Finiguerra 
pei  nielli,  Pietro  di  Nino  pelle'  filigrane,  ecc.,  ecc. 

Celebri  gli  armaiuoli  Giov.  Paolo  e  Filippo  Negroli,  milanesi  : 
il  primo  fece  un'  armatura  equestre  per  Emanuele  Filiberto  Duca 
di  Savoia;  il  secondo  altre  per  Carlo  V  e  Francesco  1.  Sera- 
fino da  Gardone,  nel  bresciano,  ne  fece  una  finissima  per  Carlo  V 
ed  un  pugnale  per  Francesco  L  Altra  armatura  bellissima  eque- 
stre per  Carlo  V  imperatore  fece  Bartolomeo  Campi  da  Pesaro. 
Martino,  detto  Ghinello,  fu  rinomatissimo  pei  lavori  all'  agemina 
sulle  armi. 

Altro  milanese  io  metterò  in  luce,  che  fabbricò  più  armature 
peir  imperatore  Carlo  V. 

Abbiamo  nei  cori  di  chiese  e  nelle  suppellettili  di  castelli  pa- 
trizi tali  intagli  in  legno  e  avorio  e  intarsiature  che  sorprendono 
per  la  finezza  del  lavoro  da  far  ritenere  i  loro  autori  per  grandi 
artisti,  veri  scultori.  Per  brevità  nominerò  soltanto  Raffaello  da 
Brescia,  Giovanni  da  Verona,  fra  Damiano  da  Bergamo,  Giacomo 
da  Crema.  Per  l'intaglio  in  cristallo  e  vetro  basterà  ricordare 
Angelo  Beroviero  da  Murano,  i  Misseroni  milanesi  ed  il  valentis- 
simo Valerio  Belli  vicentino. 

Sé  la  fragilità  della  materia  campo  dei  loro  lavori ,  ci  priva 
della  conoscenza  di  molti  intagliatori  in  legno  e  vetro  che  do- 
vremo dire  pei  ricamatori,  anch'  essi  apostoli  del  disegno  e  del- 
l'unione dei  colori  !  Fra  la  profusione  dei  ricami  nei  vestiari  e 
negli  arredi  delle  chiese  dei  passati  secoli,  qualche  cosa  ci  é 
rimasto  da  farci  comprendere  come  con  verità  anticamente  il  ri- 
camo fosse  qualificato  per  pittura.  Soa  ricordati  quali  valeaiissimi 


AI-I>A    CORTE:;    1)1    MANTOVA.  261 


rìcamatori  Pietro  Crivelli,  detto  Spadone,  milanese.  Cotta,  detto 
della  Zinella,  da  Trento,  Pagolo  da  Verona,  ecc.  Gli  antichi  cuoi 
dorati,  arabescati  con  figure  stanno  a  pari  passo  coi  ricami.  Si 
distinsero  gli  orpellar!  Pietro  Paolo  Maiorani  da  Napoli,  Pietro 
delle  Guaine,  ferrarese  e  i  bolognesi  Ruinetti. 

Queste  arti,  benché  possano  sembrare  a  prima  vista  tra  loro 
molto  diflPerenti,  pure  dimostreremo  nei  secoli  andati  spesso  unite, 
invadendosi  tra  loro  il  campo.  Il  grande  cesellatore  Donatello,  il 
celebre  orefice  Cellini ,  il  valentissimo  coniatore  Gaspero  Mola 
non  sdegnavano  di  occuparsi  di  armi  offensive  e  difensive;  anzi 
il  già  nominato  Bartolomeo  Campi,  ponendo  il  suo  nome  sovra 
l'armatura  per  Carlo  V,  vi  aggiugneva  aurifex. 

Le  armature  portavano  seco  tali  lavori  di  smalto,  di  cesello, 
di  agemina ,  di  niello  di  damaschinatura  ed  anche  d'  ornati  in 
gioielli  che  gli  armaiuoli  entravano  cosi  nel  campo  degli  orefici. 

L'intagliatore  in  legno,  in  ossi,  l' intersiatore  se  spesso  offrivano 
all'orefice  cornici  e  dittici  e  preparavano  all'armaiuolo  le  casse 
per  gli  schioppi,  i  manichi  pei  pugnali,  le  selle,  con  meravigliosi 
intagli ,  spesso  univano  lavori  all'  azzimina  di  oro  e  di  argento 
e  nielli,  come  avrebbe  fatto  un  orefice  od  un  armaiuolo. 

Gli  intagliatori  in  cristallo  e  vatri  erano  pure  intagliatori  di 
pietre  preziose:  gemme  hihere,  erano  chiamate  le  tazze  ed  i  bic- 
chieri pelle  regali  mense.  I  loro  cofanetti  incorniciavano,  legavano 
in  oro  e  argento;  cosi  eglino  erano  quasi  sempre  orefici,  gioiel- 
lieri, smaltatori, 

I  ricamatori,  gli  orpellari  coprivano  con  lavori  finissimi  le 
corazze,  le  barde,  le  rotelle  e  preparavano  foderi,  guaine,  cin- 
ture con  profusione  di  gioielli ,  di  tele  aurate  ed  argentee  senza 
passar  dagli  orefici. 

L'Italia  manca  di  storie  dell' oreficeria,  dell' intaglio  in  metalli, 
legno,  ossi,  vetri,  del  ricamo;  quantunque  queste  arti  abbiano  una 
grande  importanza  nella  nostra  storia  nazionale.  L' oreficeria  spazia 
dall'  anello  nuziale  della  popolana  allo  scettro  imperiale  ed  alla 
liara  pontificia;  l'intaglio  dal  tugurio  del  povero  alla  grande  ba- 
silica; il  ricamo  dal  vestiario  della  femminuccia  a  quello  della  gran 


262  LE    ARTI    MINORI 


dama.  Sono  pertanto  connesse  le  storie  degli  usi ,  de'  costumi  e 
dell'  industria  e  del  commercio.  Ci  manca  pure  una  storia  delle 
armi,  la  quale  sarebbe  un  complimento  alla  storia  delle  nostre 
guerre.  Non  abbiamo  nemmeno  dizionari  degli  orefici,  intagliatori, 
armaiuoli  e  ricamatori  ;  cosi  questi  artefici  in  generale ,  avendo 
molto'  raramente  posto  il  nome  sui  loro  capolavori ,  e  questi , 
quando  in  metalli  preziosi,  1'  avidità  ed  il  bisogno,  avendo  fusi,  o 
per  la  fragilità  della  materia  essendo  stati  consunti  dall'  edacità 
del  tempo,  un'  infinità  di  valentissimi  artisti  furono  obbliati. 

E  tanto  più  a  deplorarsi  la  deficenza  di  questi  libri;  poiché 
l'Italia  è  stata  grande  in  ogni  sorta  di  arti  e  d'invenzioni  nelle 
armi  e  gli  artisti,  di  cui  ci  occuperemo  le  aggiunsero  fronde  di 
glorioso  alloro. 

Le  ricerche  archivistiche  per  offrire  buoni  e  sicuri  materiali 
alle  future  storie  su  indicate  e  per  rintracciare  nomi  di  valenti 
artefici  a  loro  rivendicazione  dell'ingiusto  obblio,  credo  meritar 
qualche  benemerenza,  cosi,  secondo  le  mie  deboli  forze,  e  la 
regione,  ove  mi  trovo,  pensai  di  rovistare  gli  archivi  di  una  Corte, 
che  fu  delle  più  splendide  ed  eleganti  dal  secolo  XV  al  XVIII. 
Intendo  i  Gonzaga,  signori  di  Mantova,  quasi  tutti  grandi  mece- 
nati degli  artisti,  di  cui  ricercavano  i  migliori  per  tutta  Europa. 

Infatto  il  mio  materiale  fu  raccolto  negli  archivi  dei  Gonzaga 
in  Mantova,  perlustrando  ogni  categoria  di  carte,  che  potesse 
darmi  speranza  di  avere  quanto  mi  era  prefisso  di  raccogliere. 
Diedi  già  un  saggio  di  tali  ricerche  nel  lavoro  intitolato:  Artisti 
in  relazione  eoi  Gonzaga  signori  di  Mantova  nei  secoli  XVI 
e  XVII.  —  Modena,  tipografia  Vincenzi,  1885. 

Notava  allora  la  quasi  impossibilità  di  consultare  tutto  1'  ar- 
chivio dei  Gonzaga,  ove,  secondo  me,  dovevano  trovarsi  ancora 
molti  tesori  inesplorati,  di  cui  io  dava  un  saggio  per  invitare  i 
colleghi  ad  imitarmi. 

Intanto  io  seguii  le  mie  ricerche  e  dopo  sette  anni  di  dimora 
in  Mantova  mi  pare  di  aver  veduto  tutto;  ma  non  posso  certa- 
mente affermare  di  aver  raccolto  tutto.  Comunque  si  troverà  per 
queste  arti  minori  tanto  materiale  da  lusingarmi  che  poco  si 
possa  aggiugnere  di  qualche  importanza. 


ALLV    CORTE    DI    MANTOVA.  263 

In  questi  lavori,  frutti  di  scavi  archivistici,  a  benefizio  di  altri 
studiosi ,  io  ho  sempre  creduto  che  la  loro  migliore  disposizione 
sia  quella,  che  faciliti  altrui  la  consulta  ;  cosi  io  divisi  sempre  gli 
artefici  per  arte,  presentandoli  cronologicamente  ,  e  unendoli  poi 
tutti  in  un  copioso  indice ,  oltre  altro  per  materia. 

In  questo  volli,  per  quanto  si  poteva ,  dividere  anche  per  re- 
gioni gli  artisti ,  e  dopo  aver  fatto  conoscere  per  secolo  quelli 
residenti  in  Mantova,  venir  a  quelli  in  altri  Stati,  cui  i  signori  di 
Mantova,  a  mezzo  di  loro  ambasciadori  od  anche  direttamente,  si 
rivolgevano  per  ordinare  lavori.  Per  alcuni  armaiuoli  feci  delle 
sezioni  speciali  avendo  avuto  abbondanza  di  documenti  e  trattan- 
dosi di  artefici  famosi.  Mi  pare  che  tale  divisione  per  regione 
possa  servire  ad  indicarci  ove  maggiormente  fioriva  un'  arte  ; 
poiché  la  Corte  mantovana,  era  sempre  desiosa  di  avere  i  mi- 
gliori lavori  ovunque  si  trovassero. 

Il  periodo  ricercato  è  dal  secolo  XV  a  tutto  quello  XVII,  come 
feci  sempre  per  ogni  libro  mio  ;  certo  che  1'  ultimo  secolo  ha 
bisogno  di  materiali  per  esser  meglio  giudicato. 

Ben  inteso  non  trascrissi  per  intero  quei  documenti  che  non 
potevano  esser  di  alcun  utile  cosi  esposti,  ma  li  riassunsi ,  di 
altri  riportai  testualmente  soltanto  quegli  squarci,  che  potevano 
interessare ,  specie  pella  nomenclatura.  Allorché  si  trattava  di 
autografi  inediti  di  valenti  artisti ,  non  mancai  di  riportarli  inte- 
gralmente ;  se  taluno  fosse  avido  di  aver  di  più  potrebbe  con  le 
mie  indicazioni  rivolgersi  alla  fonte.  Non  mi  perdetti  in  com- 
menti, prima  perché  il  materiale  stesso  per  lo  più  non  si  prestava  ; 
e  poi  se  ad  ogni  nome  di  artefice  sconosciuto  io  avessi  dovuto 
far  particolari  ricerche  nei  libri,  troppo  tempo  avrei  sprecato ,  e 
poi  mi  mancavano  molti  degli  stessi.  Del  resto  mi  pare  un 
troppo  pretendere  dall'archivista:  egli,  come  il  minatore  presenta 
il  materiale  greggio,  frutto  dei  suoi  faticosi  lavori.  Chi  abbisogna 
del  frutto  de'  suoi  scavi  pensi  ad  ornarli  con  opportuni  studi. 

Io ,  che  rivendicai  migliaia  e  migliaia  di  artisti  dall'  obblio  , 
se  avessi  dovuto  per  ciascuno  far  specialissime  ricerche  non 
avrei  certamente  potuto  rendermi  cosi  utile.    Infatti  io  credo  che 


264  1,E    ARTI    MINORI 


alla  mia  rapidità  si  possa  dar  per  epigrafe  :  Bis  dat  qui  cito  dat 
(Seneca). 

Di  forma  e  stile  letterari  resta  impossibile  occuparsi  in  questi 
lavori,  che  per  l' innesto  degli  gli  squarci  di  documenti  diventano 
irti;  ma  comunque  sarebbe  stata  fatica  sprecata,  questi  non  es- 
sendo libri  di  lettura  amena,  ma  consultivi. 

Forse  un  di,  non  più  atto  alle  dure  fatiche  del  minatore,  cicó 
dell'  archivista,  ripasserò  i  miei  lavori,  ma  per  ora  seguo  la  via 
finora  percorsa,  tanto  più  che  per  esser  malagevole ,  difficile  , 
noiosa  non  é  la  più  battuta. 

Prima  di  finire  devo  avvertire  che  non  più  in  Roma,  ove  alla 
Biblioteca  Vittorio  Emanuele  poteva  seguire  il  movimento  lette- 
rario mondiale,  potrebbe  essermi  accaduto  di  aver  prodotto  qual- 
che documento  come  inedito,  mentre  altri  mi  avrebbe  preceduto 
in  pubblicarlo.  In  piccola  città  e,  trattandosi  di  un  Archivio  pub- 
blico, frequentato  da  nazionali  e  stranieri,  ed  ai  quali  l'  archivista 
può  aver  fornito  copie,  è  più  che  naturale  che  a  me  sia  restata 
ignota  la  pubblicazione.  E  ciò  credo  avvertire ,  perchè  vi  sono 
certuni  che  si  offendono  quando  non  vedono  citate  le  loro  pub- 
blicazioni, come  se  uno,  percorrendo  la  stessa  via,  non  si  fosse 
accorto  di  loro. 

Prego  costoro  di  scusarmi,  perché  posso  accertarli,  che  quan- 
tunque io  mi  veda  sovente  saccheggiato  nelle  mie  pubblicazioni , 
e  talvolta  indegnamente  e  non  mai  me  ne  sia  lagnato ,  pure  di- 
sapprovo tale  procedere  ;  e  assicuro  che  non  fu  effetto  di  tras- 
curanza  o  di  rappresaglia ,  ma  dell'  ignoranza  sull'  esistenza  di 
precedenti  pubblicazioni,  se  non  citai  i  miei  colleghi.  Anzi  farò 
conoscere  che  quantunque  io  abbia  raccolto  non  soltanto  docu- 
menti sulle  arti  minori,  ma  ancora  suU'  architettura ,  pittura  , 
scultura  e  musica,  diedi  la  precedenza  alle  minori  per  dar  campo 
a  coloro  che  avessero  raccolto  documenti  sulle  arti  maggiori,  di 
pubblicarli. 

A  me,  oramai,  poco  importano  le  grandi  scoperte  archivistiche, 
avendone  già  fatte  non  poche,  mi  preme  invece  di  rendermi  utile 
con  r  esposizione  di  documenti  intorno  ad  ogni  arte. 


ALLA    CORTE    t)      MANTOVA.  265 


Orefici,  Argentieri,  Gioiellieri 
Intagliatori  ni  pietre  preziose,  Coniatori  ed  Orologiari. 

Arte  antichissima  è  quella  dell'  orefice  ed  abbraccia  lavori  tal- 
volta ben  diversi,  come  il  niello,  lo  smalto,  la  cesellatura,  l'in- 
taglio di  gemme.  Non  deve  certamente  1'  orefice  esser  riguardato 
come  un  semplice  fonditore  meccanico,  anzi  egli  concentra  in  sé 
le  maggiori  arti.  Infatti  è  pittore,  disegnatore  negli  smalti,  nielli 
e  nell'intarsiatura  e  geminature  ;  scultore  nei  bassi  e  alti  rilievi 
della  cesellatura  ;  e  sta  come  il  miniatore  alla  pittura  negli  in- 
tagli delle  pietre  dure  ;  architetto  nei  tabernacoli  e  nelle  urne  ad 
uso  di  reliquiari. 

Il  Vasari  lasciò  scritto  : 

« Senonchè  in  quei  tempi    cosi   usavano  e  non  era  tenuto 

buon  orefice  chi  non   era   buon  disegnatore  e  che  non  lavorasse 
di  rilievo.  » 

Infatto  verifichiamo  esser  chiamati  a  giudicar  nel  concorso  pella 
nuova  facciata  del  Duomo  di  Firenze  gli  orefici  Amerigo ,  Ber- 
nardetto  e  l'orologiere  Della  Volpaja.  Cecchino  Salviati  pittore 
imparava  i  principi  del  disegno  dall'  orefice  Diaccetto. 

Dal  ceto  degli  orefici  uscirono  grandi  architetti ,  scultori ,  pit- 
tori famosi,  e  per  molti  artefici  fu  il  primo  passo  all'  arte. 

Roma,  Milano,  Venezia,  Genova,  Firenze  ebbero  fino  dal  risor- 
gimento artistico  grande  fama  per  le  oreficerie  e  pei  gioielli. 

Furono  gli  orefici  dei  primi  fra  gli  artisti  a  costituire  in  ogni 
città  la  propria  università  per  tutelare  la  loro  arte  ;  avendosene 
degli  esempi  fino  dal  secolo  XIII. 

Ciò  premesso  veniamo  ora  alle  nostre  ricerche  divise  per  re- 
gioni e  per  secolo,  divisione  che  ci  farà  maggiormente  vedere 
quelle  ove  fioriva  l'oreficeria  e  conoscere  pei  secoli  l'evoluzione 
dei  prezzi  delle  orerie  e  gioiellerie. 


266  LE    ARTI    MINORI 


SECOLO  XV. 
Orefici    in    Mantova. 

Che  Mantova  meriti  la  precedenza  in  queste  ricerche  sugli 
orefici  si  ammetterà  facilmente  allorché  si  conoscerà  che  fino 
dalla  seconda  metà  del  secolo  XIII  erano  essi  già  costituiti  in 
Università. 

Da  una  pergamena,  pubblicata  dal  signor  Davari  (Sulle  perga- 
mene dell'  Ospedale  Civico  di  Mantova)  si  apprende  1'  arte  esser 
ben  sviluppata.  Infatti,  a  di  30  maggio  1317  ,  trentadue  orafi  si 
radunavano  in  congregazione  sotto  il  portico  di  un  loro  collega, 
mastro  Guidone  da  Crema ,  e  ,  facendo  constare  che  i  presenti 
erano  più  delle  due  parti  degli  aventi  diritto  ad  intervenire  alla 
radunanza,  nominano  un  loro  confratello  per  trattare  interessi 
dell'  università.  E  questa,  come  scorgesi,  era  ben  importante  pel 
numero  de'  componenti  in  una  città ,  non  certamente  molto  po- 
polata. 

Il  conte  d' Arco  (Della  economia  politica  del  Municipio  di 
Mantova)  pubblicò  gli  statuti  degli  orefici  mantovani  che  risal- 
gono al  secolo  XIII. 

L' articolo  VII  stabilisce  una  tassa  al  forestiere  che  avesse 
voluto  venir  ad  aprire  bottega  in  Mantova.  Sono  fra  tutti  24  ca- 
pitoli poco  interessanti  peli'  arte  in  generale. 

Credo  bene  riportare  dei  radunati  orefici  nel  1317  quelli  che 
presentano  cognome  o  soprannome  o  la  patria  ;  poiché  potranno 
servire  per  riconoscere  la  discendenza  nel  secolo  dopo ,  donde 
prende  le  mosse  questo  studio. 

Madaleonus  quondam  Marci,  Guido  de  Crema,  Bartolomeo  de  Blan- 
dinis  e  suo  fratello  Caldino  de  Vitalibus,  Enrico  do  Padua,  Amadco 
de  Didatis ,  Oderico  de  la  picola,  Pietro  de  iVe^/re^^is,  Bartolomeo  de 
Presona,  Bonaventurino  Colfa,  Albertino  de  Marzo,  Marzolo  de  Marzo, 
Fachelino  de  Mulo,  Cabrino  de  Medccis,  Paganino  de  Bonavitis,  Bo- 
naventurino de    Cotalimanls  e  fratello   Irigino   de  Capellariis,  Stefano 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  267 

De  Stefanis,  i  fratelli  de  Cafnibus  siciis,  Giacomino  de  MoUonis,  Don- 
dedeus  de  Guastalla,  Giov.  de  Marenesiis  da  Bologna,  Giacomino  de 
Amata. 

Vediamo  Y  elemento  mantovano  prevalente  di  molto  sul  fora- 
stiero.  Venendo  ora  al  secolo  XV,  non  abbiamo  più  la  fortuna  di 
aver  un  documento ,  che  ci  presenti  per  sé  solo  cosi  numerosi 
orefici ,  ma  questi  io  ho  dovuto  raccogliere  fra  migliaia  di  de- 
creti e  mandati  marchionali. 

Dall'  11  giugno  1409  al  14  novembre  1416  si  ha  spesso  no- 
tizia di  un  mastro  Guidone  Nieolay  de  Cauallis  orefice  in  via 
della  Nave  a  Mantova,  da  sembrare  che  fosse  principale  nell'  arte 
(i?.  Deereti  e  mandati,  1407,  1411,  f.  86  e  Idem,  1416-35,  f.  33). 

Nel  luglio  1436  riscontrasi  Giov.  da  Milano  orefice ,  nel 
settembre  1436  Giov.  da  Cremona  orefice ,  nel  luglio  1437  Bar- 
tolomeo Sperandio  orefice  ,  nel  febbraio  1438  Geremia  figlio  di 
Nicolino  orefice,  abitante  in  Mantova  e  nel  giugno  stesso  anno 
Francesco  de  Pedrezano  orefice  (Registri  Deereti  ad  annum). 

Neil'  anno  1440  mi  si  presentano  Gio.  Antonio  orefice  figlio 
di  mastro  Bertolino  muratore  abitante  in  via  del  Cigno  ;  Giacomo 
de  Ferrariis  da  Cremona,  abitante  in  Mantova,  il  quale,  a  di  15  ot- 
tobre 1450,  otteneva  dal  Governo  mantovano  esenzione  di  dazio 
per  spedir  vino  a  suo  figlio,  studente  in  Ferrara  (Ibidem). 

Dal  3  ottobre  1442  si  ha  Francesco  de  Gesatis  da  Milano. 

Nel  giugno  1446  fa  sua  comparsa  Gasparino  da  Milano  orefice. 

Se  r  elemento  forestiere  prevale,  devesi  attribuire  alla  natura 
dei  documenti,  da  cui  sono  desunte  le  notizie. 

Passiamo  ad  altre  fonti  che  meglio  faranno  conoscere  1'  arte- 
fice ;  mentre  finora  altro  non  abbiamo  fatto  che  constatare  l'esi- 
stenza dei  medesimi  in  Mantova. 

Il  primo  del  secolo  XV  è  un  Cavalli  ;  e  parrebbe  dalla  se- 
guente letterina  del  marchese  Federigo  Gonzaga  che  l' arte  si 
conservasse  nella  famiglia:  Johanni  Marco  de  Caballis  aurifiei. 

«  Dilecte  noster  vogliamo  che  hauendo  tn  fornito  quelli  nostri  va- 
setti subito  ce  li  porti  a  Mantua.  Mantue  5  Junn  H8t.  > 


268  LE    ARTI    MINORI 


Ed  egli  rispondeva  cosi  : 

111.'"°  P.  ci  Ex.  D.  d.""  mi  singularìssimo.  Rispondendo  ad  una  hozi' 
receuuta  mi  excuso  di  non  hauere  possuto  finire  quelli  vasetti  per  lo 
molte  e  longe  inondatione  del  Po  quale  me  hano  costretto  stare  in 
villa  per  farmi  li  ripari  dale  aque.  Ma  indubitamante  serano  finiti  per 
tuta  la  septimana,  proxime  che  viene  et  fati  subito  li  portare  alla  pre- 
fata V.  E.  alla  quale  come  fidelissimo  seruitore  di  continuo  me  rico- 
mando.   Viteliane  V)j  Junij  1481. 

Johannes  Marchus  de  CaualUs  seroitof. 
Viteliana  era  1'  attuale  Viadana. 

Abbiamo  veduto  un  Bartolomeo  di  Sperandio  nel  1437  ,  forse 
si  tratta  del  padre  del  famoso  orefice  Sperandio,  venuti  da  Roma 
ad  abitare  in  Mantova.  Il  cav.  Malagola  (Di  Sperandio  e  delle 
cartiere  dei  carrozzieri,  ecc.,  1468-1489)  li  trovò  menzionati  cosi 
in  un  rogito  7  giugno  1477  Magisirum  Speraindeum  quondam 
Magisiri  Bartolomei  de  Savellis  olim  hàbitatorem  Maniuce  et 
modo  Faventice. 

Il  conte  d'  Arco  (Delle  arti  e  degli  artefici  di  Mantova),  pre- 
stando fede  al  Litta  (Famiglia  GonzagaJ,  diede  erroneamente  il 
casato  Melioli  allo  Sperandio,  confondendolo  con  altri  artisti,  di 
cui  avremo  presto  occasione  di  veder  documenti  e  notizie. 

Abbiamo  notato  nel  1438  abitatore  in  Mantova  Geremia  figlio 
di  Nicolino  orefice,  il  quale  ci  dimostrerà  for.se  altra  confusione 
con  un  artista,  molto  celebre,  qual  scultore  e  coniatore,  che  la- 
vorò in  Roma  ai  tempi  di  Paolo  II  specialmente  nel  1468  ove 
è  detto  Cristo/ero  de  Gieremiis  de  Manina  (E.  Muntz  :  Les 
arts  à  la  cour  des  Papes,  ecc.  Tom.  II). 

Vasari  discorre  di  un  valente  fonditore  nominato  Geremia  da 
Cremona,  qual  discepolo  del  Brunelleschi ,  che  lavorò  assai  in 
Venezia  ed  in  Firenze. 

Filarete,  mettendolo  a  lato  di  Donatello,  lo  designa  per  Cristo- 
fano  Geremia  da  Cremona. 

Veniamo  ora  ai  nostri  documenti,  i  quali  mi  sembrano  mettere 
in  luce  due  artefici  differenti. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  269 

Dell'  anno  1464  trovai  una  lettera  diretta  da  Mantova  al  Ramma 
socio  del  Marchese  sottoscritta  da   Yeremia  horeuex. 

Luigi  De  Preti  da  Borgoforte  scrive  (13  marzo  1464)  alla 
marchesa  Barbara,  notandole  che  quei  due  Agnus  Dei  fattigli  ve- 
dere che  sono  di  Galeazzo  dell'  orologio  si  ponno  avere  al  prezzo 
da  16  a  venti  soldi  1'  uno.  L'  avvisa  di  più  che  «  Hieremia  lavora 
«  circa  la  forcela  e  dice  che  spera  farla  cossi  zolla  e  bella  che 
<  piacerà  a  V.  S."'  e  se  ne  contentara  ;  domani  ni  1'  altro  di  dice 
«  non  poterla  fornire.  »  Al  15  mandava  la  forcella  d'  oro    finita. 

Credo  tali  notizie  spettare  al  Geremia  figlio  di  Nicolino  abitante 
in  Mantova,  fin  dal  1438  e  a  lui  credo  pure  spettare  un  decreto 
di  grazia  accordatogli  dal  Marchese  di  Mantova  per  il  seguente 
fallo,  a  di  8  luglio  1480. 

Contra  Magistrum  hieremie  de  hieremiis  aurifìcem  incarceratum  et 
imputatum  tradidisse  alias  qùasdam  formulas  ad  cudendam  monetara 
Benedicto  de  la  Volta  qui  deinde  cum  formulis  hujusmodi  fecit  mo- 
netam  auream  et  argenteam  adulterinam  cum  scientia  diete  hieremie 
(R.  Mandati  e  Decreti,  1478-80,  f.  47>. 

Il  Geremia  stesso  fin  dal  4  luglio  si  era  rivolto  ^direttamente 
al  marchese  per  la  grazia  con  la  seguente  letterina  : 

III.""  Princeps  et  Ex.  d.ne  d.ne  my  sing alarissimo  :  Dubito  la  S.  V. 
me  lassa  alla  presone  per  dementeganza  prego  quella  me  habia  per 
aricomandato.  Se  fasse  stato  fuori  de  qui  seria  mezo  fato  li  lauoreri 
de  V.  S.  dignase  la  V.  E."^  auerme  conpassione  che  possa  gua- 
dagniare  alcuna  cosa.  Ex  carceribus  Comunis  Mantum  die  quarto 
julii  1480. 

III.  Dominationis  V. 

seruitor 

fidelis 

Geremia  aurifex. 

Mi  pare  dal  documento  esposto  e  dalle  firme  del  Geremia  che 
egli  avesse  tale  nome  di  battesimo,  e  di  casato  fosse  Geremei  o 
Gieremiei,  mentre  altro  vi  era  nominato  Cristofano,  come  prove- 
remo con  altri  documenti  bea  più  importanti. 


270  LE    ARTI    MINORI 


Il  Marchese  di  Mantova  scriveva  la  seguente  : 
Xpoforo  Hieremie, 

Intendendo  nui  che  al  presente  uè  trouadi  in  Fiorenza  col  R.'"°  Mon- 
signor lo  Patriarcha  nostro  com-patre  hauessemo  a  caro  che  possendo 
hauere  bona  licenza  da  la  S.  R."^  Signoria  per  uno  o  dui  mesi 
uolectine  tranferirvi  fin  qui  per  certo  lauorero  uoressimo  faro  fare 
che  ce  no  fareti  piacere  assai  come  più  a  pieno  ne  dira  Zohanne 
di  strigi  nostro  Thesorero  qual  uene  li  per  certe  nostre  faconde. 
Mantuce  mj  lunij  1462. 

Che  abbia  trovato  mezzo  di  venir  a  Mantova ,  ci  proverà  la 
lettera  del  Cardinale  di  Aquileia  al  Marchese  di  Mantova  : 

III.  et  Excell.  domine  compater  noster  honorande  salutem.  Exibitore 
de  questo  sarà  Cristofalo  nostro  dilecto  fameglio  et  nostro  ciptadino  : 
el  quale  uiene  ad  mantua  per  expedire  alcune  sue  faccende.  In  ogni 
caso  havesse  bisogno  del  fauore  de  la  uostra  S.  uc  lo  ricommandamo 
quanto  la  iustitia  et  honestà  potè.  Bene  rsaleat.  De  V.  cui  nos  offeri- 
mus.  Ex  florentia  die  2  septembris  1462. 

Cardinalis  Aguilacnsis 
poni,  camerarius. 

Da  lettera  dell'  artefice  stesso  apprendiamo  che  venne  a  Man- 
tova, donde  era  poi  ripartito  per  Firenze.  Era  diretta  alla  Marchesa. 

III.'""  et  Excell."'"  domina  domina  et  benefatrix  mea  unica  post 
Comen  etc. 

Tornato  a  Firenze  sperarla  hauere  la  lettra  de  uostra  111."*  Signoria 
de  la  facenda  do  le  perle  per  sapore  quel  che  io  havesse  a  fare  et 
trovai  che  chi  1'  auea  portata  per  non  esser  io  in  Firenze  non  hauia 
uoluto  lasarla  e  così  la  reporto  adrieto  de  che  io  non  intendo  chia- 
ramente la  uoluntà  de  U.  S.  pensai  esser  meglio  spoetar  se  la  S.  V. 
me  scrivesse  de  nono.  Non  uedendomi  altro  deliberai  cerchar  et  in- 
uestigare  por  ditte  perle  de  le  quali  ne  ho  trovate  assai  et  de  più 
sorte.  Et  siando  per  mandar  ala  U.  111.  S.  una  mostra  non  me  ac- 
corsi se  non  quando  el  mio  Re.°-°  :  Signore  me  comandò  montassi  a 
cavallo  et  così  in  questa  bora  parto  per  andar  in  uno  servicio  di 
S.  R.""»  S.'*  starò  forse  XV  giorni  per  tanto  V.  111.'»^  S,"*  se  degni  ha- 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  271 

vermi  per  iscusato  per  non  esser   stata  serixila  da  me  come  era  sua 

intentione    et    mio    desiderio  et  qual  non  e  ad  altra  cosa   più  intento 

che  seruire  V.  S.  Se  tornato  che  io  sia  la  S.  V.  uorrà  che  io  seguita 

più  ultra  de  ditte  perle  o  che  faccia  altro  sempre  sarò  apparecchiato 

ali    comandamenti   dessa  V.  S,   ala    quale    continue    me    aricomando. 

En,  florentia  die  Xuj  Octohris  1462. 

E.  III.  D.  V. 

fidelis  seruitor  Cristoforus 

Zeremie  de  Mantua. 

III."'^  et  Ex.""'  domine  d.ne 

Barbara  Marchionisse 

Mantue  eie. 

Ecco,   pochi  giorni  dopo,  altra  lettera  del  Marchese  all'  orefice  : 

Xpoforo  hyeremie 
Dilecte  noster.  El  se  transferisse  a  quelle  parti  questo  garzone  chiamato 
Zoanne  Carlo  gentilissimo  nostro  cittadino  qual  ha  uno  poco  de  desegno 
et  vene  li  per  imparar  del  che  el  ne  hauea  facto  pregar  te  lo  volessero 
ricomandare.  Nui  certo  ne  avressimo  volentieri  che  lui  e  li  altri  nostri 
mantuani  se  facessero  virtuosi  et  da  bene,  il  quale  el  potesse  imparare 
ot  farsi  valente  che  ce  ne  farai  piacer  assai.  Mantuce,  19  ottobre  1462. 

Queste  lettere  provano  che  Vasari  aveva  ragione  nell'  esporre 

che  il  Geremia    aveva    lavorato  a    Firenze.    Forse  l' artista    non 

venne  più  a  Mantova ,  ma  si  portò  a  Roma  ;  poiché  in  una  let- 

era  il  Cardinale  di  Aquileia  fa  conoscere    che    nei    primi  giorni 

dell'  anno  1463  sarebbe  partito  per  Roma. 

Da  Governolo,  nella  provincia  di  Mantova,  Campagnano  orefice 
e  cittadino  mantovano,  rivolgevasi  al  marchese  Lodovico  II  Gon- 
zaga per  chiedergli  1'  autorizzazione  per  lavorare  i  suoi  argenti 
senza  il  bollo,  usando  soltanto  quello  del  maestro  lavoratore,  of- 
frendosi responsabile  di  ogni  suo  operato.  E  tal  grazia  domandava 
per  la  difficoltà  di  portarsi  in  Mantova  per  il  suddetto  bollo,  a 
cagione  della  peste,  per  la  quale  aveva  dovuto  abbandonare  la 
famiglia  e  ritirarsi  a  Governolo.  Non  trovai  la  risposta,  né  quella 
data  a  Vigarello  Vismara,  il  quale,  al  20  maggio  1461,  si  era  ri- 
volto allo  stesso  Marchese,  lagnandosi  che  gli  fosse  stato  tolto  un 
candeliere  che  doveva  aggiustargli. 


272  LE    ARTI    MINORI 


Il  Marchese,  a  di  1°  settembre  1459  sollecitava  Bartolomeo  de 
Thomasiis  gioielliere  per  aver  gioielli,  che  dovevano  figurare  nel- 
r  arrivo  del  Duca  (Milano?)  in  Mantova. 

Era  il  Tommasi  mantovano ,  o  della  provincia ,  ove  è  ancora 
vivo  il  casato.  Sembrerebbero  i  due  artefici  argentieri. 

Baldassare  de  Lenzoli  gioielliere  da  Ostiglia  (Mantova)  nel  1464 
scriveva  alla  Marchesa  per  avere  33  ducati  in  pagamento  di  sei 
anelli   con  rubini  fornitigli. 

Di  Tomaso  de  Caletis  orefice,  che  da  Mantova  si  era  portato 
ad  abitare  a  Rivarolo  mantovano,  avremo  maggior  notizie. 

Egli,  a  di  20  settembre  1470,  era  avvertito  dal  Marchese  di 
Mantova  ,  che  aveva  disposto  che  gli  fossero  pagati  ducati  tre 
a  conto  de'  suoi  lavori. 

Nell'anno  dopo  da  Rivarolo,  ove  aveva  litigio  coi  fratelli,  man- 
dava al  Marchese  un  paio  di  staffe,  aspettando  ordini  sulla  foggia 
dell'  altro  paio  da  fargli,  sperava  finir  la  lite  e  ritornar  a  Man- 
tova. Infatto  al  17  settembre  da  questa  scrivevagli  che  da  Pasqua 
non  aveva  avuto  che  tre  fiorini,  cosi  supplicava  per  la  sistema- 
zione della  sua  provisione.  Ancora  nel  gennaio  1473  domandava 
tre  o  quattro  marche  d' argento  per  compir  la  eonfetione  de  V.  E_ 

Da  Rivarolo  il  28  giugno  1478  scrivevagli  di  non  avere  finito  i 
suggelli  di  V.  E.  perché  venuto  in  Rivarolo  fu  qui  assediato  dalla 
pioggia,  ma  spera  portarli  fra  quattro  giorni. 

Sempre  da  Rivarolo,  il  6  febbraio  1479,  facevagli  sapere  che 
le  stampe  richieste  sarebbero  già  state  compiute  se  non  avesse 
dovuto  rifare  i  ponzoni  delle  lettere,  che  erano  «  caduchi  molti.  » 

E  ancora  dallo  stesso  luogo  il  26  agosto  1482  faceva  inter- 
pellare dal  Castellano  di  Mantova  il  Marchese  : 

Dimandate  1'  epitafio  che  andarà  suso  la  sepoltura  chel  fa  e  in  che 
modo  vole  la  111.'"*  Signoria  siano  mosse  dite  Utero,  a  lui  parerla  star 
bene  a  fare  ci  campo  in  argento  e  poi  cauare  li  litere  et  dorarli. 

Dopo  più  nulla  ;  ma  1'  esposto  basta  a  farci  conoscere  il  genere 
dei  lavori  del  Caletti,  mentre  dei  seguenti  non  avremo  altro  che 
il  nome  e  cognome. 


ALLA    CORTE    DI    ALVNTOVA.  273 

Nel  luglio- 1477  un  Giaa  Francesco  Remesini  orefice  rivolge- 
vasi  da  Mantova  al  Marchese  per  certo  suo  credito  e  per  argenta 
venduto  alla  Marchesa. 

Il  Marchese  nel  luglio  1494  era  avvisato  da  Alberto  da  Bologna 
che  Mastro  Giov.  Francesco  veniva  a  portargli  un  gioiello,  il 
quale  gli  sarebbe  certamente  piaciuto,  oltre  ad  un  ventaglio,  forse 
non  abbastanza  bello.  Credo  trattarsi  sempre  del  Remesini. 

Conto  Crespellano  e  Alessandro,  orefici  in  Mantova,  nell'  agosto 
dello  stesso  anno  si  indirizzavano  al  Marchese  per  compera  di 
una  casa. 

Dello  steso  anno  si  ha  notizia  d' un  M."'  Giacomo  che  tira 
V  oro,  cui  il  Marchese  dai  bagni  di  Corsen,  scrivendo  alla  Mar- 
chesa in  Mantova  lo  nota  esser  meglio  che  detto  Giacomo  trovi 
fuori  de'  suoi  Stati  ricovero,  non  intendendo  bene  come  sia  passato 
r  omicidio,  di  cui  si  è  reso  colpevole. 

Un  mastro  Emanuel  gioielliere,  forse  ebreo  in  Mantova,  al 
primo  luglio  1479  riceveva  la  seguente  marchionale: 

Egregie  amicc  noster  carissime  :  Hauemo  receuutc  per  uno  corricro 
de  la  magnifica  D.  Alda  de  Gonzaga  quelle  duo  perle  et  uno  rubino 
che  ne  scriueti  mandarci ,  le  quali  teneremo  sin  a  la  tornata  nostra 
e  poi  parleremo  insieme.  

La  marchesa  Margherita,  da  Porto  Mantovano,  il  9  agosto  1479, 
scriveva  al  marito  : 

Le  colane  che  rechiede  V.  S.  tutavia  se  tanno  :  e  quando  non  se 
fosse  amalato  imo  garzone  de  Lodovico  da  Bologna  seriano  comò 
fornite. 

Le  spera  finite  nella  settimana. 

Queste  due  collane  d'  oro  con  diamanti  erano  per  regalare  a 
valorosi,  distintisi  sul  campo  di  battaglia. 

Forse  questo  stesso  Lodovico  orefice  in  Mantova,  a  di  ultimo 
luglio  1482,  faceva  conoscere  al  Marchese  : 

Intenderà  quanto  operato  per  fare  fare  quelli  bicchieri  de  vetro  a  la 
fornace  a  similitudine  de  quelo  de  aregcnti  per  modo  che  a  nui  pare 

Arcfi.  Stor    Lomb.  —  Anno  XV.  18 


274  LE    ARTI    MINORI 


che  non  se  sia  possibile,  che  U  sapessero  fare  con  sia  che  lo  mostrato 
el  modo  e  dato  quelo  de  arzente  inanci. 

Ma  gli  riuscirono  male  assai,  per  ciò  consigliò  il  Duca  (?)  ri- 
volgersi a  Venezia,  ove  vi  è  un  maestro  che  li  fa  meglio  di  quelli 
in  Murano. 

Rivedremo  questo  Lodovico  da  Bologna,  spedito  a  Ferrara  ed 
altrove  per  ordine  marchionale. 

Lancilotto  de  Andreasi  in  Mantova,  il  12  febbraio  1483,  faceva 
conoscere  al , Marchese  che  aveva  trattato  con  Gio.  Marco  orefice 
«  de  quelle  ole  vecchie  e  de  li  bocali  secondo  il  disegno  de  Andrea 
Mantegna.  »  Delle  olle  domanda  s.  3  f.  10  de  la  marca  e  de  li 
vasi  ducati  uno  e  mezzo  della  marca.  Non  volle  accettar  minor 
proposta,  essendovi  altri  che  lavorano  bene  al  par  di  lui  fra  cui 
un  giovane  nominato  Gio.  Francesco  «  quale  he  zentil  maestro 
lauora  molto  diligentemente  ed  è  pronto  a  servire  v,  a  »  cosi  li 
propone.  Sembrerebbe  che  si  tratti  d'  imitazione  in  oro  ed  argento 
di  antichità.  Al  17  fa  conoscere  aver  stretto  il  contratto  con 
Gio.  Francesco  e  che  trattò  con  Tomaso  pei  fiaschi  sul  modello 
di  quelli  vecchi. 

Antonio  de'  Caprioli  all'  undici  di  settembre  faceva  sapere  al 
Marchese  che  1'  orefice  aveva  compiuto  la  doratura  dei  vasi. 

Ora  ci  occuperemo  di  un  Meliolo  orefice.  Secondo  un  albero 
genealogico  pubblicato  dal  Conte  d'  Orico  la  famiglia  esisteva  già 
in  Mantova  sul  finire  del  secolo  XIV  e  vedremo  che  si  mantenne 
fino  al  principio  del  secolo  XVI. 

Io  mi  restringerò  qui  a  pubblicare  quanto  mi  parve  che  sia 
restato  inedito.  Chi  ne  volesse  di  più  consulti  1'  opuscolo  del  signor 
Davari,  intitolato  :  Sperandio  da  Mantova  e  Bartolomeo  Meliolo 
mantovano,  ecc.,  1886. 

Trovo  che  Maddalena  Gonzaga  sorella  del  Marchese,  a  di  17 
settembre  1485 ,  pregava  suo  fratello  affinché  liberasse  dalle  car- 
ceri del  Castello  di  Mantova  1'  orefice  Meliolo. 

Non  fa  conoscere  la  cagione;  ma  il  carcere  nel  castello  era 
assegnato  frequentemente  agli  artefici,  che  non  compivano  a 
tempo  i  lavori  ordinati. 


ALLA  CORTF,  DI  MANTOVA.  275 

Era  Bartolomeo  Meliolo  nato  nel  1448  e  mori  nel  1514.  Egli 
fin  dal  1475  aveva  dovuto  scolpire  1'  effigie  del  marchese  Lodo- 
vico e  dopo  quella  della  su  citata  Maddalena,  figlia  del  marchese 
Federico,  morta  nel  1489. 

Ed  ecco  un  autografo  dell'  orefice  senza  data ,  ma  sembrerebbe 
del  1490,  diretto  liberamente  al  Marchese. 

111."'°  S.  mio.  Io  non  so  che  pensar  sia  il  vostro  :  a  li  dì  passati  a 
quella  mandai  dei  colane  doro  non  ho  inteso  cossa  alcuna,  sia  con 
Dio.  Al  presente  el  me  acade  a  fare  una  certa  opera  con  comissione 
secreta  et  ze  di  bisogno  auer  100  agugii  che  sia  boni  et  che  li  abia 
bono  cullo  saldo ,  et  che  non  sia  uoto  ;  perchè  V  opera  non  se  poria 
compir  bene.  Io  li  aspetarò  et  se  quella  non  li  manda  ne  ancora  mi 
non  manderò  la  scimitara;  di  continuo  mi  arecomando  V.  E.  Jidclissimus 
sc/'cus  Moliolius. 

III.'"''  Ex.  d.  d.  Meo  singularissimo 
Marchioni  Mantue 

Mediolani. 

Nel  dicembre  1490  il  Marchese  raccomandava  a  Stefano  Sicco 
«  il  Meliolo  nostro  aurifice  perchè  amando  nui  come  facemo  dicto 
Meliolo  »  avrebbe  avuto  piacere    che   fosse    favorito    in  una  lite. 

E  poi  scriveva  al  Meliolo  stesso  : 

Meliolo  aurifice.  Dilecte  noster:  Te  mandiamo  queste  due  prede  qui 
incluse  cum  uno  aneletto,  voliamo  che  tu  le  lige  le  prede  in  dui  ane- 
lettì  do  oro  de  ducato  al  modo  tuo  et  cum  più  galanteria  che  sapersi, 
facendoli  qualche  cosa  più  largetti  che  non  è-l'  aneletto  che  te  mandarao 
per  mostra,  fomiti  che  seranno  ce  li  remetterai  et  subito.  Goruaga 
vij  augusti  H92. 

Altre  consimili  lettere  riceveva  1'  artista  per  lavori,  fra  cui  un 
boccale  d"  argento  ;  nel  1493  per  un  pettorale  d'  argento. 

Il  Marchese,  al  2  agosto  di  detto  anno,  ordinava  al  Tesoriere 
di  dar  denaro  al  Meliolo,  perchè  doveva  fare  «  fornimenti  dorali 

!  un  nostro  corsiero.  Al  6  agosto  1495  stesso  ordine,  dovendo 
il  Meliolo  finire  le  bocaline  de  lo  altare  »,  le  quali  si  meraviglia 
di  saperle  non  ancor  compiute. 


276  LE    ARTI    MINORI 


Ecco  un  ordino  marchionale  all'  orefice  stesso  : 

Mcliolo  auHjiei. 
Meliolo,  volerne  et  cosi  te  imponemo  che  subito  ne  faci  una  nostra 
donna    de    quella    forma    et    quadro  che  ne  hai  facto  el  T  et  non  sii 
fallo  mandandocelo  come  è  facto.  Gonzaghcc  TX  Noocnibris  1406. 

Seguonsi  per  lutto  il  secolo  lettere  del  Mcliolo  e  de'  suoi  si- 
gnori per  riguardo  a  lavori  di  orerie,  di  argenteria,  di  ornamenti 
ad  armature  e  di  medaglie,  smalti,  gioielli. 

Fu  nominato  anche  soprastante  alla  zecca  ed  ebbe  nel  1498 
dispiaceri  ;  poiché  fu  accusato  di  malversazioni ,  ma  il  Marchese 
abolì  il  processo  intentatogli. 

Per  ora  lasciamo  il  Melioli,  che  rivedremo  nel  seguente  secolo. 
Nulla  trovai  di  Sperindio  Meliolo  da  Mantova,  coniatore  di  me- 
daglie, che  negli  anni  1491  e  1492  era  a  servizio  del  Duca  di 
Ferrara  e  risulta  aver  casa  in  Mantova;  il  quale  sarebbe  stato 
confuso  con  Sperindio  Savelli,  come  notammo  a  suo  luogo. 

Antonio  Scazano,  orefice,  il  11  aprile  1486,  da  Mantova  no- 
tificava al  Marchese  esser  giunto  da  Venezia  Pagano  gioielliere, 
con  perle  e  rubini ,  diamanti....  per  far  quelle  cornici  de  l'  E.  V.  Lo 
Scazano  sarà  stato  corrispondente  di  detto  Pagano,  che  rivedremo. 

Lo  Scazano,  al  22  agosto,  faceva  conoscere  al  Marchese  di 
aver  ricevuto  soltanto  ducati  1300,  che  servirono  a  pagare  lo 
note  perle,  portate  da  Ferrara.  Ancora  nel  1494  era  in  bona  re- 
lazione col  Marchese,  il  quale  al  23  dicembre  gli  scriveva  una 
lettera  di  lode.  Al  3  maggio  1497  risulta  aver  ottenuto  da  lui 
vari  possessi  in  Viadana. 

Abbiamo  veduti  già  vari  di  Cremona  orefici ,  in  Mantova ,  cui 
devesi  aggiugnere  un  mastro  Francesco  che  fin  dal  novembre  1488 
risulta  abitante  in  Mantova  (Registro  Decreti^  1486-90,  fol.  73). 

A  di  6  agosto  1490  Giov.  Francesco  orefice,  scriveva  al  Mar- 
chese, notandogli  che  pei  lavori  in  dono  al  Turco  aveva  dovuto 
far  lavorare  molti  altri  orefici  di  Mantova,  trattandosi  di  armi  e 
fornimenti  da  indorarsi.  Credo  che  questo  Giov.  Francesco,  sia  il 
De  Ruberti,  detto  della  Grana. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  277 

Ecco  intanto  sue  notizie  intorno  a  servizi  pella  corte  di  Mantova. 

Egli  da  Mantova,  il  2  maggio  1491,  scriveva  al  Marchese 
domandandogli  100  ducati  per  formare  il  golzarino.  Supplicava 
inoltre  per  ottenere  la  vicaria  di  Castellucchio  a  favore  di  suo 
padre. 

Da  Marmirolo  il  Marchese,  a  di  8  agosto,  ordinavagli  di  far 
un  modello  in  piombo  «  de  uno  ferro  da  portar  al  collo  del  peso 
in  oro  di  50  ducati  »  e  quindi  di  portarglielo  a  vedere  (Idem,  139). 

Al  7  settembre,  il  Ruberti  presentava  al  Marchese  «  due  lorgne 
quale  se  non  sono  eum  il  smalto  procede  per  bono  rispetto  perchè 
la  qualità  del  oro  non  li  rechede  e  sariano  venute  nulle.  » 

Nel  marzo  1492  scrive  al  Marchese  che  comincierà  a  battere 
nella  zecca  e  con  un  metodo  più  utile  e  meno  spendioso. 

Nel  1494  presentagli  20  cannoncini  smaltati  ordinatigli  e  un 
papagallo  d'  oro  alla  Marchesa. 

Sul  finir  del  secolo  faceva  conoscere  al  Marchese  che  aveva 
portato  da  Brescia  pezzi  di  diaspro  ed  un  pezzo  di  colonna  antica 
e  discorre  di  lavori  per  la  giubba  del  Marchese  e  di  certo  affare, 
che  ha  coi  mastri  Gio.  Spagnolo  e  Paolo.  Lo  rivedremo  nel  se- 
guente secolo. 

Un  mastro  Chivizzano  nel  novembre  1492  avvertiva  ripetuta- 
mente il  Marchese  di  aver  finito  il  voto  commessogli.  Lo  rive- 
dremo nel  1519  occupato  della  zecca  di  Mantova. 

Alfonso  d' Este,  primogenito  del  Duca  di  Ferrara,  scriveva,  a 
di  29  dicembre  1498,  alla  Marchesa  di  Mantova: 

Quando  il  fo  qui  ali  giorni  passati  mastro  Benedecto  aurifice  citadino 
mantovano  de  la  S.  V.  hauendo  visto  dell  opera  sua  lo  pregai  me 
uolesse  lauorare  qualche  cosa  per  me. 

Infatti  gli  mandò  due  staffe  da  Zannetto  quale  gli  sono  state 
graditissime,  perciò  prega  la  Marchesa  di  scusarlo  se  parti  da 
Mantova  senza  opportuna  licenza. 

Intanto  con  lui  chiudiamo  per  Mantova  l'  elemento  locale  del- 
l' oreficeria,  argenteria  e  gioielleria.  Abbiamo  veduto  quanto  ricco, 
e  fra  essi  vari  valentissimi  come  i  Geremia,  Melioli,  ecc. 


278  LE    ARTI    MINORI 


La  Corte  Mantovana  per  avere  i  più  bei  lavori  del  tempo,  oltre 
servirsi  degli  orefici,  che  aveva  nella  città  e  provincia,  si  rivol- 
geva ovunque  sapesse  esistere  qualche  buon  artefice. 


Orefici  in  Venezia. 

E  naturalmente  per  gioielli  la  miglior  sorgente  era  Venezia, 
cui  dall'  Oriente  ne  provenivano  in  quantità,  ed  anche  Genova 
era  quasi  nelle  stesse  condizioni.  Infatto,  seguendo  le  relazioni 
estere  della  Corte  di  Mantova  cronologicamente,  si  ó  appunto 
Venezia  e  Genova,  che  prime  si  presentano,  come  risulta  dal 
carteggio  marchionale. 

Fin  dal  1457  il  Marchese  rivolgevasi  a  Giacomo  del  defunto 
Nicolao  Nanij  in  Venezia  per  compera  di  gioie. 

Giovanni  De  Strigi  da  Venezia,  il  15  maggio  14G4,  spediva 
alla  Corte  Mantovana  rubini  in  anelli  in  forma  di  verghette,  e 
due  bilanciette  da  oro  e  da  moneta,  oltre  dodici  altri  rubini 
«  facti  legar  in  Venezia  da  M.  Panizolla  »  e  poi  ancora  altri  tre 
ed  una  bilancia  de  Ugno. 

Aveva  il  Marchese  vari  orefici  quali  suoi  corrispondenti,  prin- 
cipale Antonio  Albrici  gioielliere  veneto,  col  quale  al  8  giugno  1478 
condolevasi  per  la  morte  del  fratello  partecipatale. 

Al  1°  maggio  1480  nuovamente  cosi  :  «  Nui  hauressimo  bi- 
sogno de  dese  diamanti  et  altrettanti  rubini  per  eseguire  un  certo 
nostro  dessegno.  »  Gli  manda  un  messo  per  riceverli. 

Al  29  stesso  gli  raccomandava  Donato  gioielliere  che  veniva 
a  Venetia  per  comprar  gioie  per  la  Duchessa  di  Milano  pregan- 
dolo di  fargli  vedere  tutte  le  gioie  che  ha. 

Altro  gioielliere  in  Venezia,  particolar  corrispondente  della 
Corte  di  Mantova,  era  un  mastro  Pagano,  che,  a  di  26  gen- 
naio 1488,  fu  invitato  di  venir  presto  a  Mantova  per  conferir 
col  Marchese.  E  ricorderemo  che  già  nel  1486  era  venuto  a 
Mantova  a  portar  perle,  rubini  e  diamanti.  Sovente  il  Marchese 
nel  1490  rivolgevasi  al  suo  ambasciadore  Brognolo  in  Venezia 
per    acquisto  di  gioie,  e  a  di  27  maggio  l'incaricava  di  compe- 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  279 

rare  dal  gioielliere  Pagano  una  turchina  intagliata,  e  se  non  la 
trovava  lavorata,  la  spedisca  tuttavia  «  perché  le  qua  uno  Raphael 
che  sta  cuna  Monsignor  Protonotario  quale  é  buon  scultore.  » 
Il  Marchese  ordinava  ad  Antonio  Salimbene  di  vedere  se  Pagano 
avesse  un  smeraldo  bello  del  valore  massimo  di  150  ducati,  vo- 
lendolo regalare  alla  sorella  Mad.^  Chiara  ;  non  avendolo  lo 
provvedesse.  La  marchesa  Isabella,  a  di  19  luglio  1495,  incaricava 
il  Pagano  di  cercarle  una  turchina  bella  del  valore  di  20  o  25 
ducati. 

Dal  1491  principia  il  carteggio  speciale  della  marchesa  Isabella 
d'Este,  sposa  del  Marchese  di  Mantova  ,  il  quale  presenta  frequen- 
tissime   lettere    dirette    all'  ambasciadore    Brognolo    per    gioielli. 

Ella  a  di  12  giugno  1491  si  dichiarava  debitrice  del  magnifico 
Messer  Taddeo,  del  quondam  Ckintarini  gentiluomo  veneziano  di 
ducati  1200  d'  oro  «  per  un  zogiello  cum  uno  smeraldo  in  tavola,  uno 
rubino  in  tavola  et  una  perla  di  sotto  al  dìcto  zogliello,  guarnito  de 
altri  diamanti  el  quale  zogliello  Sua  Signoria  ha  comperato  da  esso 
M.'  Tadeo  per  mano  de  Johan  Andrea  de  Fiore  >  gioielliere  veneziano 
consenziente  il  suo  signor  consorte. 

Nel  luglio  dall' Ambasciadore  mantovano  in  Venezia  si  prov- 
vedeva di  una  turchina,  pagandola  ducati  20  ;  e  nelT  ottobre  gli 
ordinava  una  filza  «  de  coralli  de  tute  bellezze  che  siano 
cìrcha  150.  » 

Gian  Andrea  Fiore    servi    a    lungo    in  Mantova  la  Corte. 

Era  cittadino  veneziano.  Il  Marchese,  a  di  13  gennaio  1494,  di- 
chiara vasi  suo  debitore  per  varie  gioie  nella  somma  di  ducati  1900; 
a  di  30  maggio  1497  prometteva  di  pagarlo  a  Natale  di  ducati  350 
per  aver  avuto  una  puncta  de  diamante  et  de  due  spinelle  ;  5  no- 
vembre poi  per  altri  420  per  nuovi  gioielli  avuti.  Anche  la  Mar- 
chesa fin  dal  17  gennaio  1495  si  dichiarava  debitrice  del  Fiore 
di  ducati  350  per  una  crocetta  e  4  pezzi  di  diamante,  e  di  3  perle 
pendenti. 

E  al  25  dicembre  1496  incaricava  l'  Ambasciadore  di  cercare 
presso  il  Fiore  ed  il  Pagano  una  crocetta  de  diamanti  con 
qualche    perla    pendente    del    valore    di    ducati    130   a  150  per 


■280  LE    ARTI    MINORI 


donare  a  una  sua  donzella.    E    nel    gennaio    dell'  anno  appresso 
si  dichiarava  debitrice  al  Fiore  di  ducati  620. 

Tolomeo,  Segretario  del  Marchese  di  Mantova,  trovandosi  in 
Venezia,  cosi  scriveva  alla  Marchesa,  il  3  ottobre  1498: 

Fossimo  a  Santo  Antonio  oue  ucdcssimo  uno  sepulchro  simile  a 
quello  da  la  rosa  di  Ferrara  non  meno  bello  di  quello  ;  siamo  stati 
a  casa  di  Jeanne  Andrea  di  Fiore  a  vedere  certi  antiquità,  et  iui 
ultra  li  tronchi  marmorei  de  corpi  antiqui  ucdessimo  perle  più  belle 
così  certe  tavolette  ove  erano  inserte  medaglie  di  oro  a  36  medaglie 
per  tavoletta,  molto  belle,  ci  pretio  loro  era  mezo  ducato  per  me- 
daglia ultra  la  valuta  di  oro  ;  ne  monstre  anche  certe  tavolette  cum 
alcuni  camci  che  cadauna  tauoletta  potoria  hauerne  circa  octo,  tra  le 
quali  una  gli  ne  era  che  haueua  dui  optimi  intagli,  uno  di  hercule 
che  soffoca  uno  triccrbcro,  un  altro  di  uno  nudo  che  cum  una  ala 
si  fa  uento  ad  una  gamba  ligata  per  male  :  il  triccrbcro  è  bellissimo, 
et  il  signor  Zoanne  è  in  pratica  di  comprarlo,  ma  credo  li  bisognara 
compravo  tuta  la  tauoletta,  uolendolo  che  non  li  costarà  manche  de 
cento  ducati  ben  forsi  cum  qualche  commodità  di  tempo  :  un'  altra 
itauoletta  hauea  tra  li  altri  intagli  uno  mostro  marino  che  era  mezo 
becche  et  mezo  pesce,  cani  uno  nudo  in  su  la  schina  assettato  et  era 
in  uno  mare  cum  delphini ,  molto  sutilmcnte  lavorato  e  bello  ;  gli 
era  un  altro  intaglio  piccolo  e  bello  d'  uno  che  mungeva  una  capra  ; 
gli  era  anche  uno  in  tutto  simile  a  quello  che  fece  comperare  Zoan  Cri- 
stoforo ala  Ecc.**  V.  che  hauea  quello  nudino  che  porgeva  un  pomo 
a  una  maschera,  alfine  mi  monstre  uno  ballassa/.o  legato,  cum  una 
perlissinia  et  uno  smeraldo  assai  bone  di  sopra  che  ne  disse  ualere 
quatro  milia  ducati,  ma  la  magior  parte  del  baiasse  era  giaccio;  e 
quello  gioiello  era  più  presto  una  cosa  da  altare  che  da  altro  ;  queste 
cose  furono  tutte  di  quello  Dominico  de  Petro  che  bora  è  morto,  et 
per  testamento  ha  lassato  il  modo  et  il  precio  che  cadauna  cosi  si 
debba  uendere. 

Il  Fiore  stesso  fino  dal  29  marzo  aveva  avvertita  la  Marchesa 
di  questa  raccolta  di  Domenico  do  Petro,  sulla  cui  eredità  spe- 
rava aggiustare  delle  differenze  insorte. 

Egli,  a  di  20  novembre  1499,  spediva  alla  Marchesa  certi 
anelli  e  gioielli  nel  caso  le  fossero  piaciuti. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  281 

Lo  rivedremo  noli'  altro  secolo. 

La  Marchesa  fin  dal  principio  del  1492,  a  mezzo  dell' Amba- 
sciadore  in  Venezia,  aveva  fatto  ricerca  dell'  intagliatore  di 
gemme  Francesco  Anichino,  per  averne  lavori. 

Ecco  alcuni  squarci  delle  lettere  dell'Ambasciadore  che  faranno 
conoscere  meglio  questo  artefice.  Egli,  a  di  7  febbraio  1492,  scri- 
veva alla  Marchesa  : 

«  Ho  pur  finalmente  hauuto  li  dui  intagli  de  la  E.  V.  da  Fran- 
cisco de  Nichino  ;  il  quale  in  quest'  hora  me  li  ha  portati  ;  et 
assai  si  è  excusato  cum  mi  de  la  tardità  sua,  la  quale  dice 
esser  causata  da  un  pocho  de  indespositione  che  1'  ha  hauuto 
questi  di,  et  certo  lo  dimostra  nel  uolto.  »  Segue  a  scrivere  che 
la  tardanza  è  compensata  dalla  bella  riuscita  dei  lavori  pei  quali 
gii  pagò  ducati  tre  «  per  la  manifactura  et  pel  Diaspis  el  quale 
<opratuto  mi  pare  molto  bello.  » 

Infatti  la  Marchesa  ne  fu  contenta  e  fece  interpellare  l'  artista 
se  avrebbe  anche  intagliata  una  turchina. 

Dalla  risposta  dell'  ambasciadore  si  apprende  : 

Nichino  mi  lia  resposto  chel  sapeva  molto  ben  seruir  quella  in 
intagliar  una  turchina  de  ogni  sorte  de  intaglio  o  cauo  o  de  releuo 
in  forma  de  chaimaino  come  meglio  li  piacerà. 

Cosi  domanda  la  turchina  ed  il  disegno,  e  questo  fu  spedilo. 
L'Ambascia  dorè  in  altra  lettera  seguiva  : 

Io  non  li  mancarò  de  solicitarlo  perche    1'  E,  V.  sia  presto  seruita 

uero  è  che  questui  è  homo  molto  fantastico    et  de  suo  ceruello  et  è 

necessario  tenerlo  cum  la  man  destra,    ad    che  non  mancarò  perchè 
r  E.  V.  sia  presto  e  ben  seruita. 

L'Ambasciadore  aveva  avuto  l' incarico  di  acquistar  la  turchina 
in  Venezia,  la  quale  pagò  ducati  25.  Al  26  marzo  segue  a  far 
conoscere  alla  Marchesa  :' 

«  Hozi  sono  stato  im  bon  pezzo  con  Francesco  de  Nichino  et  bolli 
fatto  intendere  quanto  1'  E.  V.  mi  ha  dito,  cioè  de  uolere  stare  al  iuditìo 
de  uno  bello  intaglio  de  releuo  ne  la  turchina  che  mostrai  a  quello. 
Esso  mi  ha  resposto    che    la    turchina   per  essere  cosa  gentile,  et  di 


282  LE    ARTI    MINORI 


colore  conueniente  a  un  giouene  non  recercha  altro  che  una  testa  de 
uno  bambino  et  dice  che  comparirà  mirabilmente  et  farallo  per  excel- 
lentia  ;  dicendo  che  la  turchina  non  poteua  esser  di  sorte  più  conue- 
niente. »  Promise  di  finir  il  lavoro  in  venti  giorni  intanto  presentava 
il  disegno.  La  Marchesa  fu  contenta  che  l' intaglio  in  rilievo  sulla 
turchina  figurasse  la  testa  di  un  bambino. 

Al  tre  maggio  il  lavoro  era  spedito  a  Mantova,  e  l'artista 
pretendeva  sette  ducati.  N'  ebbe  cinque ,  o  V  ordinazione  di  inta- 
gliare dei  rubini  ed  altre  pietre. 

Due  furono  compite  in  luglio,  restava  a  finire  un  camaino. 

Pare  che  dopo  il  1493  l' Anichino  per  altri  lavori  sospen- 
desse lo  sue  relazioni  con  la  Corte  di  Mantova.  L'Ambasciadoro 
Brognolo,  a  di  2  febbraio  1495,  scrivo  che  farà  di  tutto  per 
indurlo  a  lavorare  una  turchina,  e  al  3  marzo,  fa  conoscere 
che  l'Anichino  promise  di  lasciar  da  parte  ogni  cosa  per  occu- 
parsi della  turchina  della  Marchesa. 

Ella,  a  di  8  febbraio  1496,  domandava  notizia  sull'intaglio  di 
una  Victoria  in  figura  integra  da  scolpirsi  dall'Anichino  sovra 
una  turchina. 

Comperata  la  stessa  l'Ambasciadore  riceveva  un  disegno  de 
Orpheo  da  scplpire  in  rilievo  sopra  una  turchina  per  opera  sempro 
«loir  Anichino. 

Ed  ecco  ora  un  autografo  di  questo: 

IC  XC. 

m  ma  et  Excellent.'»*  domina  debita  comendationc  salutcni ,  forssc 
se  marauiglierà  V.  111.  S.  che  Io  sia  stato  lento  a  fornire  questa  tur- 
chcxe.  Certo  la  Mag/''-^  de  Messer  Zorzo  oratore  de  la  V.»»  IH  "^a  Sig.'  ' 
et  io  abiamo  ccrchato  e  fato  cerchare  da  tuti  li  giolcri  do  Venocia 
più  de  duj  mexi  inanti  che  abiamo  posuto  atrouare  una  turchexa  bona 
da  talgiare,  ultimamente  non  sa  potuto  atrouare  de  molgiorc  di  questa 
che  sia  de  rocha  uechia  dura.  Bene  se  na  trouaua  de  Rocha  noua 
ma  non  de  quella  durezza  che  son  de  Rocha  uechia,  la  quale  non  se 
si  porrà  intagliare  chossa  che  fosso  utile  per  esser  tenore  et  fragile. 
Questa  intalgiata  si  è  di  rocha  uechia  più  astimate  delle  altre  por 
ossero  comò  ho  dito  più  dure,  auixando  V.  IH.  S.  che  son  difìcilc    da 


AI-LA    CORTE    DI    MANTOVA.  283 


iiitaiare  e  specialmente  a  fargli  talgio  che  sia  solile  come  questo  e  so 

fosse    stata    do    hai  tra   persona   non   tolca  la  faticha.    Io  lo  redata  in 

forma   de    uno  chore  di   sasso   acciò  che  habia  più  hasintimento  non 

haltro  se  non  che  prego  mia  singulare  de.  et  per  grazia  de  V.  IH.  S, 

quale  fe.™o  m' habia   in    perpetuo    senio   et   comandarmi ,    a  la  quale 

umilmente  mi  rachomando.  Dat.   Venciiis  die  11  Aprile  1496 

cius  de  III.  dominationis 

VS^  scruulus  Francìscus 

Anichinus  Q\ 
III.»'''    et  Ecc."""  domina 

Isabella'  de  Gonsagce  Marchionisso 

Mantucc  eie.  d.ne  succ  sing.'"'^'^ 

Manfuce. 

La  Marchesa  al  17  aprile  1496  gli  faceva  avere  dieci  ducati, 
ordinandogli  di  intagliarne  altra,  che  rappresentasse  qualche  an- 
tichità a  sua  scelta  «  essendo  el  miglior  maestro  d'Italia.  » 

Nel  giugno  1497  Ella  seguiva  a  scrivere  al  Brognolo  : 

Ve  mandemo  qui  incluso  una  tavoletta  facta  per  nostra  impresa  , 
liaucmo  charo  che  uni  medemo  ordinati  a  Francesco  de  Nichino  che 
ne  faccia  una  simile.... 

Dopo  mi  mancano  documenti  sull'Anichino,  di  cui  sarà  bene 
lire  due  parole  : 

Il  Baruffaldi  nel  1834  ne  diede  un  cenno  biografico,  qualifi- 
candolo per  Francesco,  detto  Luigi  Anichini,  scultore  dì  gemme, 
ferrarese.  Un  contemporaneo  dello  scultore  lo  loda  non  soltanto 
per  valentia,  ma  per  virtudi  morali.  Vari  altri  contemporanei  lo 
oacomiano  qual  intagliatore.  Il  Baruffardi  finisce  di  narrare  che 
iiori  decrepito  nel  1545  in  patria. 

Vasari  e  il  famigerato  Aretino  ne  parlano,  dandogli  il  nome 
li  Luigi  ;  cosi  da  taluni  fu  creduto  che  si  tratti  di  due  artisti 
iitlerenti ,  il  che  nega  il  Cicognara. 

Il  De  Boni  (Biografia  Artistica)  dice  che  si  recò  in  Venezia 
i  lavorare  verso  il  principio  del  secolo  XVI  ;  ma  i  documenti 
prodotti  provano  che  fin  dal  1491  era  in  detta  città.  Aggiugne 
che  coniò  medaglie ,  fra  cui  una  figurante  Enrico  II  e  alt,ra 
Paolo  III,  le  quali  piacquero  moltissimo  a  Michelangiolo. 


284  LE    ARTI    MINORI 


L'  Aretino,  amico  dell'  Anichino,  esaltò  un  di  lui  intaglio  figu- 
rante Ganimede. 

Il  signor  A.  Armand,  nella  sua  pregievole  opera:  Les  mé- 
daìlleurs  ìtaliens,  ecc. ,  accettò  dal  Milanesi  1'  interpretazione  di 
queste  sigle:  L.  N.  F.  per  Ludovìcus  Nichinus  feelt,  notando  che 
Luigi  o  Alvise  Anichini  ,  celebro  incisore  in  pietre  dure ,  ferra- 
rese, fioriva  in  Venezia  nel  1550. 

Di  quanto  abbiamo  esposto,  mi  pare  che  non  possa  ammettersi , 
perchè  nelle  sue  lettere  l'incisore  si  firma  Francesco  Anichino, 
e  poi  nel  1550  aveva  già  fiorito. 

Seguiamo  ora  le  relazioni  artistiche  della  Corte  di  Mantova 
con  Venezia. 

Il  Marchese  di  Mantova  si  confessava,  a  di  11  gennaio  1497, 
debitore  «  a  de  Rigo  Exler  de  Auspurgh  tedesco  zoiellero  in  Venetia, 
«  di  ducati  200  d'oro  per  due  gioielli  grandi  da  capello,  uno  cuni 
«  fogia  del  ucello  pulicano,  l'  altro  de  una  anisella  eum  uno  uni- 
«  corno  cum  più  diamanti  smeraldo,  rubini ,  zaffiri ,  perle  et  una 
«granata  grande,  ogni  cosa  lauorata  ala  todescha  »,  edobbliga- 
vasi  pagarlo  al  Natale  p.  v.  del  1498. 

Ma  questo  gioielliere ,  a  di  14  ottobre  1498  ,  non  era  ancora 
pagato  ;  cosi  scriveva  al  Marchese  esser  da  tre  mesi  ammalato 
ed  abbisognare  dei  200  ducati  per  finire  un  lavoro, 

E  con  lui  finisco  le  relazioni  venete  pel  secolo  XV  ,  che  ab- 
biamo vedute  molto  attive  ed  ancora  di  più  ci  si  presenteranno 
nel  seguente  secolo. 

Orefici  in  Genova. 

La  lontananza  di  Genova  rendeva  meno  facili  le  comunicazioni 
alla  Corte  di  Mantova ,  tuttavia  trovo  che  il  Marchese ,  fin  dal 
dicembre  1457 ,  avvertiva  Xichrio  zoielerio  de  Janna,  di  non 
aver  più  bisogno  di  quel  rubino,  di  cui  gli  aveva  dato  ordine 
verbalmente  in  Cremona  di  cercargli,  invece  attende  il  diamante, 
del  quale  gli  scrisse. 

A  di  3  agosto  14G0  il  Marchese  accusava  a  Cristoforo  Campa- 
norio  e  compagni,  gioiellieri  in  Genova,  la  ricevuta  di  100  perle. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  285 


E  forse  quanto  segue  può  riguardare  un  gioielliere  in  Genova. 
Maddalena  Torcila,  contessa  da  Guastalla,  il  16  luglio  1486, 
scriveva  al  Marchese  di  Mantova  : 

È  venuto  da  mi  Daniel  da  la  Mandola  Zoielero  con  lettere  di  V.  S., 
il  quale  me  ha  richiesto  due  ducati  per  doi  anelli ,  quale  dice  hauero 
dati  ala  bona  memoria  de  mio  figliuolo  essendo  a  Genova  1'  E.  V. 

Aggiunge  che  quantunque  non  le  risultasse  tale  debito ,  per 
rispetto  del  Marchese  pagò  1'  orefice. 


Orefici  in  Milano. 

Più  facili  le  comunicazioni  con  Milano;  ma  esse  si  resero  più  at- 
tive nel  secolo  XVI  ;  intanto  ecco  qui  quello  del  secolo  antecedente  : 

Illustrissimo  et  Excellentissimo  signor  mio  subito  che  fui  a  Milano 
oonzay  et  ordinay  molto  bene  le  zoye  de  V.  S.  El  sarebbe  venuto 
dalla  È.  V.  ma  non  ho  possuto  uenire  per  certe  zoye  quale  sonno 
ordinato  pei'  uxu  de  lo  111.™-^  ducha  de  Milano ,  Zouane  o  1'  altro  al 
più  tarde  sera  fornito  ogni  cosa  si  che  me  parso  acusarne  V.  S.  aciò 
quella  non  prendesse  admiratione  delli  facti  mey.  III.™^'  signor  mio 
per  tucta  la  seguente  stemana  senza  dubio  alcuno  sero  da  V.  S.  IH. 
Del  Balasso  de  V.  E.  ne  ho  trouato_ ducato  800  doro  ma  non  ho 
uoluto  dare  senza  licentia  di  V.  S.  la  quale  ad  plcnani  zonto  che 
'^orò  da  quella  la  informerò  d'ogni  cosa  alli  pedi  della  quale  de  con- 
tinuo me  raccomando.  Dafo  Mcdiolani  die  xij  Ociobris  1470. 

E  m.  D.   V.  fidelis  ser attor  magister  Donai ns 

de  La  porta 
filmo  Prencipi  et  S."'"  D."o 

Doni  Ludouieo  de  Gonsagha 

Marchtoni  Mantucc  ctc. 

E  poi  da  Pavia,  firmandosi  M/  Donatus  de  la  Porta  zoilerius, 
il  6  dicembre  1470,  scriveva  all'Ambasciadore  mantovano  in  Mi- 
lano, sollecitandolo  di  fargli  aver  risposta  dalla  Corte  di  Mantova 
circa  il  Balaxo. 

Risulta  da  lettera  dell'  Ambasciadore  mantovano  in  Milano  che 
Mto  Donato  aveva  raconci  due  baiassi  del  Marchese  di  Mantova 


286  LE    ARTI    MINORI 


e  che  aveva  avuto  incarico,  presentandosi  occasione  di  vendere 
il  più  piccolo  al  prezzo  di  ducati  1200  e  non  meno  di  1000. 

Il    compratore  apparisce  esser  stato  il  Duca  di  Milano  stesso. 

Questo  gioielliere  Donato  della  Porta  forse  sarà  di  quella  fa- 
miglia, scesa  da  Porlezza  ,  che  diede  poi  non  pochi  artisti,  ma 
non  lo  trovo  segnato. 

Presenterò  ora  una  lettera  assai  curiosa  del  Duca  di  Milano 
al  Marchese  di  Mantova  per  verifica  di  una  croce,  se  sia  stata 
veramente  del  Duca  di  Savoia: 

Illustris  ae  potens  tanquam  pater  nostcr  carissime, 
Se  Messer  Jottino  do  Nores  farà  portare  la  una  croce  quale  fu  del 
111. 'Ilo  Sig.  Loyse  Duca  di  Savoja  prox.  passato  et  se  Martino  Bellanda 
et  Mag.'u  Jaches  Cliiapella  portatori  mandati  da  la  ili.'"»  Madamma 
di  Sauoya  per  questa  casone  ccrtificaranno  la  S.  V.  che  la  sia  quella 
propria  croce  et  insegna  eh'  era  dal  pi^edicto  signor  Duca  (1)  pregamo 
la  V.  S.  gli  piaccia  di  fare  promessa  al  dicto  M.  Jotino  o  ad  chi  piacerà 
ad  lui  de  ducati  cinquemilia  quattrocento  .dodeci  doro  uenetiani.  Il  so 
facesse  difficoltà  de  la  promessa  -  de  V.  S.  et  uolesse  promessa  de 
mercadante  :  pregamo  specialiter  la  S.  V.  gli  la  facci  fare  per  modo 
resti  satisfacto  della  promessa.  La  qual  promessa  facta,  la  S.  V.  teglia 
la  croce  in  su  et  la  conserui  ad  nostra  instantia  et  petitione  et  gli 
piaccia  auisare  subilo  quando  liarà  facto  la  promessa  et  haute  la  croce  ; 
perchè  manderemo  poi  li  danari  contanti ,  pregamo  la  S,  V.  che  pos- 
scndo  li  sborsi:  et  ne  auise  perche  immediate  ne  li  mandarimo. 
Bai.  Mediolani  die  XXViiij  Octohris  147 J. 

J.  Galcas  Ma.  Sf. 
Galea::  Maria  Sforiia  uieeeomcs  Dux  Mediolani 
et  p apice  Anglerièque  eoincs  ae  Gennai  et  Cronxonm 
Doniinus  J.  Ciehius. 

Jll."^'>  ac  polenti  Dominio  D. 
Ludouico  Marchiani  Mantum 
loeumtenenti  nostri  G.''" 
et  tanquam  patri  carissimo. 

(1)  Luigi  di  Savoja,  figlio  di  Amedeo  Vili,  era  morto  il  29  gennaio  1465, 
aveva  avuto  per  moglie  Anna,  figlia  del  Re  di  Cipro ,  di  Gerusalemme  e  di 
Armenia ,  da  cui  ebbe  numerosa  prole.  Ella  rovinò  le  finanze  dello  Stat 
abusando  della  debolezza  del  marito. 


;TC     DI    MANTOVA. 


Se  uou  veramente  da  Milano,  da  qualche  città  lombarda  pare 
che  venissero  in  Mantova  i  seguenti ,  accennati  in  una  lettera 
diretta  al  Marchese  mantovane: 

Ill.'"o  Signor  mio  beri  sera  gionsi  qui  e  trovai  che  lera  uenuto  Ciiri- 
stoforo  de  Zacharia  cura  quello  Zo  bernardo  da  Crema  qual  ha  por- 
tata quella  celiata  zoiollalii  a  la  E.  V.  per  fargliela  ucdere  ;  e  credendo 
io  che  la  S.  V.  douesse  ucnire  hozi  secondo  che  li  me  disse  l'ho  facto 
i(?stare  qua  pur  uedendo  che  la  non  uene  ho  uoluto  scriuere  questa 
mia  a  la  Ex.  V.  e  mandargli  inclusa  la  lettera  de  Zacharia  pregan- 
<!ola  me  faccia  intendere  quanto  la  uole  che  faccia  di  questa  celiata; 
la  quale  me  pare  assai  bella  cosa  come  la  poterà  intendere  da  Augu- 
-tino  da  le  Centurc  qual  l'ha  uista....  Esso  Christoforo  ha  etiam  por- 
tato quel  baiasse  del  qual  se  ne  farà  tanto  quanto  la  Ex.  V.  comandara 
a  cui  gratia  de  continuo  me  raccomando. 
Mantiice  Xj  maij  1486. 

Seruus  Franciscus 
de  Aragonia. 
Ili/no  ei  Ex.  dJ'o  d.'^<^  meo  D. 
Francisco  Marchioni  Mantuce. 


Orefici  IN   Ferrara. 

Anche  con  Ferrara  le  relazioni  si  fecero  frequenti ,  special- 
mente dopo  che  Isabella  d'  Este  venne  sposa  al  Marchese  di 
Mantova. 

Questi ,  a  di  3  luglio  1480 ,  mandava  a  Ferrara  il  suo  ore- 
fice Lodovico  di  Bologna,  che  già  conosciamo,  indirizzandolo  ad 
Alberto  de  Contrariis  dui  et  aurefiei  Ferrar  ice ,  affinchè  gli  fa- 
cesse «  vedere  alcune  monstre  di  collane  e  catene  d'  oro  che  in- 
«  tendiamo  se  fa  fare  di  presente  quello  Ill.mo  Sig.  lo  Duca  perché 
«  uè  pregiamo  gè  le  uogliati  monstrare  e  dargene  el  disegno  de 
«  piombo  ació  che  anche  nui  possiamo  uederle,  che  del  tuto  pia- 
<<  cere  assai  e  cosa  gratissima.  » 

Lodovico  ancora  in  settembre  era  a  Ferrara  per  prendere 
nuovi  disegni  dal  Contrario  e  da  altri. 


288  LE    ARTI    MINORI 


La  marchesa  Isabella  suddetta,  a  di  28  giugno  1493,  spediva 
a  certo  Bareno  in  Ferrara  un  diamante  da  legarsi  in  anello  da 
M.ro  Michele  e  poi  doveva  presentarlo  a  sua  madre.  A  questo 
Michele  nel  1494  ordinava  una  stringa  d'  oro  smaltata  ,  soddi- 
sfatta di  altra  già  fattale.  Per  mezzo  di  Francesco  da  Bagna- 
cavallo  ,  a  di  29  gennaio  1495,  gli  dava  commissione  di  fare 
«  un  paro  de  ferretti  d'  oro  smaltati.  » 

A  di  15  maggio  1496,  scriveva  a  M.re  Francesco  de  Castello 
che  aveva  ricevuto  «  il  gioiello  di  tre  rubini  et  diamanti  ,  la  ro- 
«  setta  di  diamante  e  lo  diamante  in  punta,  la  legatura  do  quali 
«  ne  piace  e  laudamo  M.ro  Michele  de  l' opera  sua. 

Mandava  poco  dopo  direttamente  a  Mjo  Michele  un  braccia- 
letto d'  oro,  affinché  lo  smaltasse. 

Lo  pagava  a  di  15  febbraio  1497,   ordinandogli  altri  smalti. 

Non  si  fa  mai  conoscere  il  cognome  di  questo  orefice  che  do- 
veva aver  una  valentia  speciale  per  gli  smalti.  Vedremo  nel  se- 
colo seguente  eh'  egli  era  spagnuolo. 

La  Marchesa,  a  di  12  gennaio  1494,  aveva  scritto  a  suo  ma- 
rito che  Giov.  Andrea ,  gioielliere ,  essendo  partito  da  Ferrara 
suo  padre,  il  Duca,  lo  fece  ritornare  e  contrattò  coli'  agente  man- 
tovano il  balasso  e  la  perla.  Detto  gioielliere  venne  poi  a  Man- 
tova ;  e  il  balazzo  fu  stimato  ducati  1600  e  la  perla  400. 

Forse  questo  Gian  Andrea  può  essere  il  Fiore,  cittadino  vene- 
ziano,  che  già  conosciamo,  cui  abbiamo  veduto  il  Marchese  di 
Mantova  debitore  di  ducati  1990. 

Il  Marchese,  a  di  8  febbraio  1495,  rimproverava  per  lettera 
Ercole,  orefice  ferrarese  in  Ferrara,  per  falsa  accusa  che  aveva 
dato  agli  ebrei  di  Mantova  ed  in  punizione  revocavagli  il  salva- 
condotto concessogli  e  cosi  anche  a'  suoi  colleghi  G.  B.  Ippolito 
e  Leone,  riservandosi  maggior  punizione. 

Non  so  se  l' orefice  Ercole  possa  essere  Ercole  Panizzati ,  ore- 
fice in  Ferrara  nel  1506,  secondo  le  ricerche  di  N.  Cittadella^ 
{Notizie  relcUioe  a  Ferrara,  ecc.). 

Alfonso  d'Este,    primogenito  del  Duca  di  Ferrara,    il  22  fel 
braio  1498 ,    spediva   alla   Marchesa   di   Mantova    «  para  due 
«  sonagli  quali  li  ho  facto  fare  a  Sigismondo  Trotto.  » 


ALI. A    CORTK    DI    MANTOVA.  289 


Orologieri. 

Prima  di  finire  il  secolo  XV,  credo  indispensabile  di  radunare 
qui  quanto  trovai  riguardante  gli  orologiari  ,  arte  molto  affine 
all'  oreficeria  ed  oggidì  sovente  unita. 

Fin  dal  1402  si  ha  notizia  di  Giovanni  ab  horologio ,  del  de- 
funto Petrozano  in  Mantova,  il  quale  sembrerebbe  al  signor  Da- 
VARI  (Notule  storiche  intorno  al  pubblico  orologio  in  Manioca)^ 
che  nel  1396  avesse  costrutto  il  primo  orologio  pubblico  ad  usa 
della  città.  ]']ra  della  famiglia  Manfredi ,  come  risulta  da  docu- 
menti del  1433.  Egli  sarebbe  stato  padre  del  famoso  Bartolomeo 
Manfredi,  che  col  fratello  Nicolò,  appresero  l'arte  dell'orologiere 
dal  proprio  padre,  la  quale  continuossi  nella  famiglia,  poiché  da 
Bartolomeo  provenne  Gian  Giacomo  e  da  Nicolò,  Galeazzo,  orologiai. 

Di  Bartolomeo  Manfredi ,  che  fu  matematico  e  astrologo  di- 
stintissimo ,  V  Archivio  Gonzaga  ha  molte  lettere  ;  ma  poiché  il 
signor  Davari  ha  già  esplorato  bene  questo  campo,  mi  restringo 
soltanto  a  notare  che  nel  1464  fece  quelli  per  Goito  e  per  Volta. 
Galeazzo  costrusse  quello  per  Marcaria.  Buona  parte  dei  comuni 
mantovani,  nel  secolo  XV,  provvidero  le  loro  torri  di  orologi,, 
ricorrendo  alla  famiglia  Manfredi. 

Quello  di  Mantova,  fatto  da  Bartolomeo  nel  1473  ,  fu,  a'  suor 
lempi ,  cosa  meravigliosa.  Per  esso  il  marchese  Lodovico  fece 
r  attuale  torre,  detta  dell'orologio,  che  mostra  ancora  le  vestigia 
dell'  orologio  manfrediano. 

E  anche  per  questa  arte,  vediamo  Mantova  ben  munita  e  pre- 
«M3dere  molte  altre  città. 

In  quanto  ad  orologi  portatili,  presento  per  questo  secolo  le  se- 
guenti notizie  inedite  e  non  prive  d' interesse  e  di  curiosità  : 

Margherita  marchesa  di  Mantova ,  da  Milano  scriveva  a  sue* 
marito,  il  21  dicembre  1478: 

La  Ill.ma  ]vi.*  nostra  madre  me  ha  mandato  uno  horologio  molto  bello 
e  lo  haueria  mandato  ma  dubito  non  fusse  guasto  nel  portare  sì  che 
'o  ha  ritenuto. 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  19 


290  LE    ARTI    MINORI 


Il  Marchese ,  mentre  trovavasi  in  Toscana  (ex  casiris  apud 
S.  Cassanum) ,  il  23  settembre  1479  scriveva  al  Cardinale  di 
Mantova  in  Roma  ,  notando  trovarsi  senza  orologio ,  essendosi 
guasto  r  uno  che  avea  ,  né  mandato  a  Firenze  ,  seppero  reeon- 
ziarlo,  né  trovarne  in  vendita ,  lo  prega  di  cercarne  qualcuno 
«  che  mostrasse  le  hore  se  bene  non  le  sonasse  »,  e  comperato, 
spedirglielo. 

Comino  de  Ponteuigho,  da  Mantova  scrive  al  Marchese,  il  21 
agosto  1482  : 

che  r  horologlo  e  fato  cum  la  coreza  de  aciale  temperata....  ma  e 
serata  in  uno  canone  di  auricalcho  suso  lo  quale  va  intortiata  la  corda 
de  neruo  ita  che  la  non  se  pò  uedere  ;  et  questo  fanno  tuti  li  maestri 
per  più  secreto  et  bellezza  do  lo  instrumento  :  et  quando  ditta  coreza 
non  gli  fussi  ;  non  e  dubio  lo  instrumento  non  haueria  mouimento 
alcuno  ctiam  che  gli  fussi  la  corda  di  neruo,  ma  se  gè  pone  ditta 
corda  a  effetto  che  essa  corda  atacata  a  lo  canone  de  la  coreza  habia 
a  tirare  la  vida  ala  quale  etiandio  le  atacata  a  cloche  per  il  movi- 
mento de  ditta  vida  messa  per  la  uirtude  de  la  coreza  se  habiano  a 
mouere  tute  le  rote  de  lo  horologio  e  così  stanno  li  mei  quali  mon- 
strai  a  V.  E.  et  così  fanno  tutti  li  maestri  che  fanno  horilogi  senza 
contrapesi  come  se  ne  po'  uedere  alcuni  qui  a  Mantua.  Dil  resto 
quando  l' horologio  non  sia  coreto  farò  venire  Piero  Guido  a  cori- 
gerlo  e  poi  se  no  riuscisse  restituirà  il  danaro. 

Come  vedesi,  abbiamo  qui  un  orologio  senza  contrappeso. 


SECOLO  XVI. 
Orefici  in  Mantova. 

Ripigliando  il  filo  degli  orefici  in  Mantova,  principieremo  con 
il  già  ben  noto  Meliolo ,  che  al  13  gennaio  1500  scriveva  ad 
Enea  Furiano  in  Goito,  meravigliandosi  che  i  suoi  lavori  fossei 
tenuti  troppo  cari  ed  osservava: 

che  io  ve  sonno  quello  meliol  che  mai  fu  et  de  fede   non    accdai 
a  homo  che  sia  al  mondo. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  291 


Attribuisce  il  tutto  a  raalvoglienza  di  emuli  ,  che  già  gli  ar- 
recarono danno  pello  passato  nei  lavori  pel  signor  Marchese  : 

10  me  delibero  de  non  seguitar  più  ultra  a  compir  li  Uteri  in  forma 

de  giodaria  per  la  coracina,  fino  a  tanto  che  io  intenda se  avite  a 

caro  il  mio  seruire. 

E  poi  il  5  febbraio  rivolgevasi  direttamente  al  Marchese  : 

Mastro  NicoUò  annarolo  de  V.  S.  mi  ha  comisso  che  io  debia  fornir 
dui  brazaleti  com  arezento  et  ponor  suso  certa  inuentiua  de  una  me- 
daia  che  fu  de  la  maestà  del  Re  Alfonso  Uegio,  del  che  me  ha  parse 
de  non  poner  inuentiua  de  altro  sopra  ali  operi  de  V.  E.  se  non  ho 
uera  comissione  de  quella. 

Giovanni  Gonzaga,  da  Augusta,  il  23  maggio  1501,  raccoman- 
dava al  Marchese  di  Mantova ,  un  Gabriele ,  che  aveva  servito 
Bartolomeo  Meliolo,  orefice  in  Mantova,  e  non  fu  pagato. 

11  Capitano  di  Giustizia  ed  il  Pretore  in  Mantova  ,  scrivevano 
al  Marchese  (29  maggio  1507)  per  notargli  che  Bartolomeo  Me- 
liolo, orefice,  uomo  dabbene,  era  stato  oltraggiato  da  un  Vidalino, 
cui  non  aveva  voluto  cedere  il  posto  e  n'  ebbe  anche  un  pugno 
neir  occhio  sinistro.  Federigo  Concurrezo,  nipote  del  Meliolo,  andò 
ad  assaltare  Vidalino  e  1'  ammazzò. 

Bartolomeo  Meliolo,  orefice,  da  Montanara  il  25  maggio  1506, 
scriveva  alla  Marchesa  in  Sacchetta  di  mandarle  il  calamaio 
finito  ;  ma  per  la  peste  ,  i  suoi  lavoranti  si  sono  sparsi  qua  e 
là  ed  egli  per  proseguire  lavori  attende  ordini. 

La  Marchesa  faceva  scrivere  al  Podestà  di  Viadana  in  racco- 
mandazione di  M.ro  Bartolomeo  Miliolo,  che  doveva  esigere  colà 
un  suo  vecchio  credito. 

Pare  che  gli  capitasse  male,  poiché  al  29  dello  stesso  risulta 
ben  malmenato,  col  naso  ed  un  occhio  ammaccati  da  un  facchino. 

Neil'  agosto  1508 ,  il  Meliolo  aveva  fatto  un  «  caldarino  di 
argento  per  la  Marchesa.  » 

Egli,  il  20  giugno  1509,  mandava  al  Marchese  il  «  uaseto  d'ar- 
gento *,  secondo  il  diseguo. 


292  LE    ARTI     MINÓRI 


Il  signor  Davari  pubblicò  il  seguente  certificalo  di  morte  : 
Batholomeus  Meliolus    aurlfex  in    Conirata   Equi   mortuus  est 
et  ex  febribus  continuis  et  stelit  infirmus  per  mensem  unum  cura 
dimidio  etatis  annorum  66  die  veneris  17  novembris  1514. 

Aveva  la  sua  bottega  presso  la  chiesa  di  S.  Lorenzo  ,  luogo- 
speciale  agli  orefici.  Fu  non  soltanto  orefice ,  ma  coniatore  di 
medaglie  e  di  monete  e  cesellatore. 

Un  contemporaneo  ,  oltre  notar  la  sua  valentia ,  fa  conoscere 
che  era  molto  faceto  ;  e  1'  allegria  doveva  esser  nella  famiglia , 
poiché  suo  fratello  Lodovico,  scalco  presso  il  cardinale  Gonzaga, 
è  qualificato  da  un  contemporaneo  qual  patre  de  la  faeetie. 

Di  lui  vidi  lettere,  fra  cui  ricordo  una  del  27  settembre  1505, 
diretta  al  Marchese  di  Mantova,  cui  partecipa  1'  esecuzione  di  un 
incarico  avuto. 

Bartolomeo  Meliolo  fu  certamente  un  grande  artista  che  per 
esser  vissuto  sul  finir  del  XV  e  principio  del  XVI,  tiene  in  questo 
ultimo  secolo  la  bandiera  mantovana,  poiché  vedremo  dopo  lui 
più  nessuno  de'  compaesani,  che  possa  pareggiarlo. 

Gio.  Francesco  Ruberti  della  Grana  era  sempre  a  servizio  del 
Marchese,  cui,  il  28  agosto  1500,  scriveva  por  certa  somma  data 
a  Zorzo  tedesco.  K  nel  marzo  e  dicembre  dell'  anno  seguente  no- 
tificava al  Marchese  che  un  tal  Cristofalo  da  Bologna  stava  pre- 
parandosi per  provar  la  sua  abilità  «  nel  far  una  collana  a  5 
quadri  e  altri  lavori.  »  Questi  era  in  Mantova ,  e  al  1°  luglio 
1501  aveva  già  domandato  al  Marchese  denaro  per  terminare 
«  r  opera  che  procede  de  bene  in  meglio.  » 

Il  Marchese  ,  al  30  aprile  1506  ,  ordinavagli  quattro  crocette 
da  50  a  60  ducati  di  valore ,  di  cui  aveva  urgente  bisogno 
Lo  spediva  nel  1517  a  Milano  per  disimpegnare  gioie  pel  valore 
di  scudi  2500. 

Il  Marchese  (20  marzo  1520)  scriveva  al  Grana  di  mandargli 
quel  libro  avuto  dal    Thodesco    che   era  nella  Rocca  di  Canneto. 

A  di  28  giugno  1526  lo  raccomandava  al  suo  ambasciadore 
in  Venezia,  poiché  doveva  venire  in  quella  città  «  per  impegnar 
gioie»,  avendo  bisogno  da  800  a  1000  ducati. 


ALLA    CORTE    L)I    MANTOVA,  293 

Un  Giovanni  Giacomo,  scultore  ed  orefice  mantovano,  risulta 
nel  1503  esser  latitante  per  frode  alla  Duchessa  di  Ferrara. 

Nel  1511  la  marchesa  Isabella ,  da  Mantova  spediva  a  suo 
figlio  in  Roma,  un  braccialetto  contenente  1'  Evangelio  di  S.  Gio- 
vanni,  qual  amuleto,  molto  raccomandoglielo  ;  e  nell'anno  dopo 
«  uno  tondo  d'  oro  da  portare  in  la  berretta  »,  poi  cinque  stringhe 
d"  oro  battuto  ed  un  braccialetto  d'  oro  con  un  iacinto  legato. 

Otteneva  Maffeo  elisone ,  orefice ,  la  cittadinanza  mantovana , 
il  23  aprile  1514  (i?.  Deereti,  1514-19,  fol.  183). 

Ippolito  Calandra,  capo  delle  fusioni  in  Mantova,  il  24  mag- 
gio 1516,  spediva  al  Marchese  «  la  corona  quale  ha  fatto  il  giudeo, 
mancandovi  però  gli  otto  patri  nostri,  quali  non  sono  ancora  forniti.» 

E  al  15  maggio  : 

«Le  cose  d'oro  de  V.  E.  quali  fanno  Chiapino  orefice  sono  in 
bon  termine  »,  ma  occorrono  ancora  30  ducati  d'  oro  perché  quei 
groppi  devono  pesar  un  ducato  e  mezzo  l'  uno ,  altrimenti  i  più 
sottili  nello  stamparli  si  romperebbero. 

Questo  Chiapino  nel  marzo  1520  risulta  aver  adornato  un  pu- 
gnale pel  Marchese. 

Aveva  in  sua  bottega  un  Battista ,  molto  valente. 

Mastro  Nicolò  era  orefice  marchionale,  e  nel  1508  aveva  le- 
gato due  rubini  pel  Marchese. 

Al  1°  giugno  1516  risulta  aver  aggiustato  una  Madonna  per 
la  Marchesa,  mettendovi  quattro  ducati  d'oro;  nell'anno  dopo, 
due  braccialetti. 

Il  Marchese  (13  maggio  1520)  scriveva  ad  Ippolito  Calandra: 

Poiché  M.'o  Nicolò  aurifice  non  ne  po'  servire  in  farci  quelle  cose 
d'  oro  per  sabato  proximo....  volemo  che  pigli  da  lui  il  dissegno  e  lo 
porti  a  M."""  Ludovico  Chiappino  e  lo  astringhi  ad  fare  che  li  pos- 
siamo hauere  forniti  sabato  proxime  ad  ogni  costo. 

Nel  1521  dava  un  disegno  per  un  lavoro  ad  eseguirsi  pella 
Corte  di  Mantova. 

Il  Marchese,  al  15  di  marzo,  stesso  anno,  per  parte  della  Mar- 
chesa raccomandava  al  Presidente  del  Senato  in  Milano  «  M.ro  Ni- 


294  .  LE    ARTI    MINORI 


colò  d'Asti  nostro  orefice  (che)  mi  ha  fatto  intendere  come  esso 
molto  iniquamente  vien  molestato  da  Girolamo  Rabbia,  gentilhuoma 
milanese,  per  una  vendita  di  pofisessione.  » 
Ed  eccoci  ad  un  suo  autografo: 

in.ma  Madama  auixo  V.  S.  com  mandai   mio   fratello   a   Uerona  da 

domino  Matteo   per  torre   lo   Cristo  in  croce  et  lo  Jasinto ,    ma    non 

posse  atacarse  insieme.  El  sta  obstunato  chel  uol  quatro  prede  ouero 

scudi  vinte  d' oro  in  oro  dil  che  lui  non  uolse  consentire  a  tal  partita 

età  mi  tolse  quele  turchine  che  sa  V.  S.  per  scudi  15  d'oro  in  oro. 

Appresso  auiso  V.  S.  che  do  li  vaseti   de   corniola   non  auemo  ninno 

ma   ne    ligo    un    pare    de   Jasinto   quali  senza  comparatione  sono  più 

belli  et  più  estimato  che  de  corniola  li  mandare  insieme  cum  la   spi- 

nella  o  la  testa  de  zibilino  et  lo  modelo  de  cristalo  et  recordo  a  V.  S. 

l'oro  per  fornirla;  non  altro    di    continuo  a  V.  S.  mi    raccomando  a 

di  23  ottobre  1524. 

Il  nostro  seruitore 

"     Nicolò  orcueso  de   V.  EM"- 

Ala  III.^  Marchesana 

di  Mantoua  patrona  sua  dìgnissima 

in  Ferrara. 

Un  mastro  Zeno ,  orefice  ,  moriva  a  di  16  marzo  1523  ,  di 
anni  50,  nella  contrada  del  Cervo,  dopo  aver  sofferto  le  febbri 
per  due  mesi  (Necrologio  Mantovano). 

Lodovico  Mariano,  orefice  in  IS [auto va,  otteneva  il  27  gen- 
naio 1524,  concessione  di  far  unam  fornieem  suhterraneam  (R.  De- 
creti, 1520-4,  fol.  233). 

Il  Marchese,  al  30  gennaio  1525  ,  raccomandava  al  Commis- 
sario di  Coito  «  M.ro  Ludouico  Mariano  nostro  aurefice  et  cit- 
tadino »  per  una    lite    intorno  ad   un    possesso,  che   aveva  colà. 

E  forse  era  lo  stesso,  cui  a  di  9  ottobre  1525,  il  Marchese  , 
qualificando  Lodovico  gioielliere,  non  permetteva  di  «  fare  un  lotto 
di  gioie  in  Mantova  »  ;  ma  invece  si  riservava  di  comperarne  egli 
stesso,  quando  gli  fossero  piaciute. 

A  di  11  marzo  il  Marchese  presentava  Lodovico  Mariano  suo 
orefice    al    Vescovo  di  Verona    per    acquistar  il  «  sechione  et  il 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  295 

granchio  che  erano  del  vescovo  da  Canossa  di  bona  memoria.  »  Av- 
vertiva che  r  orefice  doveva  dare  300  scudi  per  caparra ,  e 
quando  avrebbe  veduto  detti  vasi  se  gli  sarebbero  piaciuti  avrebbe 
fatto  sborsare  il  restante  prezzo,  altrimenti  gli  avrebbe  rimandali 
ritirando  i  300  scudi. 

Il  Marchese  mantovano,  a  di  24  marzo  1531  ,  concede  a  Fi- 
lippo da  Rigimondo,  orefice  milanese,  di  «  metter  alla  ventura  in 
Mantova  »  varie  gioie  ,  tenendole  nella  bottega  di  Zoan  Antonio 
Cataneo,  orefice  in  Mantova  (/?.  Mandai.,  1531,  fol.  27). 

M.fo  Nicolao  da  Milano  e  mastro  Sebastiano  Aueroldo,  orefici , 
stimano  gioie  (1**  ottobre  1532)  ed  altri  oggetti  che  Jacob  ebreo 
di  Mortara  doveva  mettere  alla  ventura  in  Mantova  (R.  Mandati, 
1532-3,  f.  126). 

In  una  lettera  ducale  del  22  dicembre  1537  è  accennato  Fran- 
cesco figlio  di  Sebastiano  Iveroldo  «orefice  nostro  diletto,  citta» 
dino  mantovano.  * 

Il  suddetto  Gio.  Antonio  Cataneo,  orefice  milanese  e  Giacomo 
Antonio  Abendi ,  ricamatore  in  Mantova ,  il  2  novembre  1532 
erano  stimatori  per  altra  ventura  di  oreficerie  e  ricami. 

Quel  Nicolao,  milanese,  deve  esser  «  M.ro  Nicolò  de'  Possevini 
aurefice  milanese  » ,  che  il  13  ottobre  1541  moriva  in  Mantova 
nella  via  di  Monticelli  Bianchi  ,  di  anni  56 ,  dopo  aver  sofferto 
le  febbri  per  tre  mesi  continui  (Necrologio  Mantovano). 

Dalla  morte  della  moglie  apprendiamo  che  nel  1541  viveva 
in  Mantova  M.ro  Bernardino  de  Rangoni,  orefice  (Ifndem). 

Il  Marchese ,  a  di  21  novembre  1542 ,  concedeva  a  Donino 
orefice  e  banchiere  di  allargar  la  sua  bottega  (R.  Decret.  , 
1538-42,  fol.  205). 

E  a  di  21  giugno  1557  accordava  la  cittadinanza  mantovana 
a  Francesco  de  Balzanis ,  detto  Guardino,  orefice  bolognese 
(/?.  Decreti,  1556-9,  fol.  89). 

E  simile  concessione  faceva  il  16  ottobre  1563  a  Giacomo 
Filippo  Campagna ,  bresciano ,  orefice  ,  che  da  17  anni  era  in 
Mantova  {Id.,  1559-63,  fol.  184). 

Moriva,  a  di  16  marzo  1560,  in  Mantova,  M.ro   Francesco  So- 


296  LE    ARTI    MINORI 


ragna,  orefice,  in  Via  dell'Orso,  d'anni  26  (Necrologio  Manto- 
vano); e  a  di  5  aprile  dell'  anno  dopo  lo  seguiva  Pietro  Bolo- 
gnini ,  orefice  nella  via  dell'  Aquila,  di  anni  60,  forse  discendente 
-di  quel  Antonio  Bolognini ,  pittore  mantovano  ,  che  nel  1466  la- 
vorava in  Firenze. 

Al  6  dicenabre  del  1561  moriva  Paolo  Bologna,  orefice  in  via 
dell'  Orso,  di  anni  31  ;  al  16  febbraio  1563,  M.ro  Battista  di  Ros, 
orefice  in  via  della  Serpe,  di  anni  54;  ed  al  maggio  1564  ma- 
stro Giuseppe  Cernuschi ,  orefice  in  S.  Giorgio,  di  anni  60,  dopo 
due  mesi  di  febbri. 

Francesco  Palazzi  ,  orefice  mantovano  ,  è  nominato  nel  1565 
come  abitante  in  patria. 

A  di  16  febbraio  1576  Davide  de  Cervi  ,  ebreo  in  Mantova  , 
aveva  incarico  dal  Duca  di  stimare  baiassi.  Egli  ne  stimò  uno 
22,800  scudi  in  ragione  di  scudi  80  il  carato  ,  essendo  di  ca- 
rati 380. 

Altro  di  carati  210  ducati   16.800 
»  »         156       »         6.240 

»  »         120       »  2.200. 

Invece  Bernardino  Zorzi  ne  dava  la  seguente  stima: 
1.°  Ducati  16.000;  2."  10.000;  3.«  5000;  4."  2000. 

Liberal  Levi,  gioielliere  ebreo  in  Mantova,  scriveva  alla  Corte 
•di  Mantova  nel  gennaio  1580  per  collane  e  gioie. 

Salamone  Levi ,  altro  ebreo,  fin  dal  1570  aveva  provveduto  al 
Duca  due  collane  da  regalarsi  «  a  quelli  Casalaschi.  »  Nel  1575 
era  stato  spedito  a  Venezia  per  vender  gioie  di  sua  Altezza.  A 
di  6  febbraio  1577  in  Mantova  si  scusava  presso  il  Duca  di  non 
aver  scritto  egli  stesso  perché  era  sabbato.  Offriva  al  Duca  (25 
febbraio  1580)  una  tazza  d'  oro  gioiellata  per  ducati  1800.  Egli 
nel  luglio  1582  provvedevagli  anelli  ;  nel  luglio  1584  doman- 
dava al  segretario  del  Duca  l' inventario  dei  vasi  di  cristallo  di 
S.  A.;  ed  al  13  febbraio  1586  scrivevagli  nuovamente  che  non 
aveva  ancor  potuto  comperar  le  desiderate  gioie  ;  ma  che  si  met- 
terà d'accordo  con  M.ro  Achuto,  gioielliere,  confidente  di  S.  A. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  297 


Offre  un  refrascatore,  una  fogara  grande  ed  un  tavolino  ,  lavori 
iu  argento.  Penserà  ai  vasi  di  cristallo.  Dà  una  lista  di  gioie  in 
mano  del  signor  Lurano  in  pegno  per  11,000  scudi,  mentre  sono 
stimati  31.550  scudi  e  sono  per  lo  più  diamanti  :  poi  altra  lista 
di  gioie  in  mano  del  Carcheno ,  per  lo  più  rubini  ,  stimati  6086 
scudi.  Offriva  nell'ottobre  1587  ed  agosto  1597  al  Duca  vari  og- 
getti di  cristallo  gioiellati. 

Vi  era  pure  in  Mantova  un  Anselmo  Levi,  gioielliere,  ebreo, 
come  apparisce  da  una  sua  lettera  del  giugno  1585  alla  Corte 
Mantovana,  in  cui  discorre  di  M.ro  Gerolamo  Coijro,  cristallaro, 
milanese,  del  quale  a  suo  luogo  discorreremo. 

Filippo  Galbiate  orefice  nel  1582  otteneva  di  portar  il  domicilio 
da  Milano  in  Mantova. 

Carlo  Bario  risulta  negli  anni  1585  e  1586  importante  orefice 
in  Mantova,  in  buona  corrispondenza  con  orefici  di  Venezia. 

Paolo  Emilio  Morengi  orefice  ,  era ,  a  di  27  settembre  1587, 
nella  prigione  comune,  donde  supplicava  per  la  grazia. 

Da  pagamento  si  conosce  nel  1590  esser  gioielliere  della  Corte 
M.'  Girolamo  Radetti. 

Risultano  nel  1593  lavorare  pel  Duca  in  Mantova  gli  orefici 
Hermanuo  tedesco  e  Michelangelo  milanese. 

Un  mastro  Nicolaus  con  vari  suoi  lavoranti,  nel  1595  in  Man- 
tova, lavora  di  smalto  pel  Duca. 

Nel  1596  risulta  morto  in  Mantova  Ermanno  Blixgen,  orefice 
d'Augusta,  lasciando  vari  crediti  reclamati  da  sua  moglie. 

Moriva  in  Mantova  nella  via  del  Bue,  a  di  22  settembre  1597, 
Orlando  Gisghem  orefice  fiammingo  di  anni  80. 

Nel  gennaio  1599  apprendiamo  che  gli  argentieri  a  servizio 
del  Duca  avevano  lavorato  un  reliquario,  che  doveva  esser  re- 
galato in  Milano  a  S.  Maestà. 

Il  Duca  concedeva  nel  dicembre  1599  all'  orefice  Gio.  Maria 
Strada  il  privilegio  di  poter  comperare  in  Mantova  «  oro  et 
argento  bruciato  »  {R.  Decreti,  1596-1605,  fol.  146). 

Sul  finire  del  secolo  era  massaro  degli  orefici  in  Mantova,  Otti 
Luca,  orefice  veneziano. 


298  LE  ARTI   Minori 


L'  esposto  ci  induce  a  credere  che  1'  oreficeria  era  decaduta  in 
Mantova  a  paragone  del  secolo  precedente,  e  pare  che  vi  suben- 
trasse il  trafficante  al  fabbricatore  ;  poiché  ci  si  presentarono 
vari  ebrei,  negozianti  di  orerie  e  di  gioielli. 

Campeggia,  si  può  dire,  solo  il  Meiiolo.  Vedremo  che  la  Corte 
mantovana  si  rivolgeva  altrove  per  i  suoi  acquisti ,  intanto  prima 
di  abbandonar  Mantova,  produrremo  qualche  notizia  di  orologieri, 
di  battilori  e  di  lavoranti  alla  Zecca,  dei  quali  ultimi  nel  secolo 
precedente  ci  era  mancato  il  materiale  per  farne  una  speciale 
sezione. 


Orologieri  in  Mantova. 

Fin  dal  1494  risulta  abitare  nei  dintorni  di  Revere  M.r-^  Pietro 
Guido  de  horologio.  Egli  nel  dicembre  1501  ebbe  incarico  dal- 
l' abbadessa  del  Monastero  di  S.  Giovanni  Evangelista  di  far  un 
orologio  per  detto  cenobio  ,  come  apparisce  da  lettera  della  ab- 
badessa al  Marchese  di  Mantova. 

Era  anche  valente  nella  costruzione  degli  orologi  tascabili  ; 
poiché  negli  anni  1501  e  seguenti  accomodò  horologeti  per  la 
marchesa  Isabella.  Bernardo  Bembo  da  Venezia  spediva  a  Man- 
tova, a  detto  Mastro,  V  horologino  che  gli  aveva  fatto  ,  affinché 
fosse  aggiustato. 

Nel  1507  M.ro  Pietro  Guido  riceveva  dalla  Duchessa  di  Urbino 
il  proprio  horoloieto  per  esser  raccomodato. 

E  tutte  queste  notizie  risultano  da  speciali  lettere. 

A  di  27  marzo  1516,  per  ordine  del  Marchese,  furon  dati  lib- 
bre tre  di  piombo  ad  un  frate  de  la  Certosa  ,  il  quale  doveva 
accomodar  i  contrappesi  all'  orologio  del  Castello  di  Mantova. 

Il  Marchese  mantovano,  trovandosi  al  campo,  scriveva  (15  ot- 
tobre 1521)  al  Tesoriere  in  Mantova  di  comprargli  «  un  Horoglio 
con  il  suegiarolo  »  od  anche  senza,  poi  ordinasse  la  costruzione  di 
un  altro  orologio  «  che  sonasse  le  hore  de  dodici  in  dodici  hore.  » 

Al  18  era  contento  che  fosse  acquistato  da  M."""  Filippo  Arri- 
vabene  l'  orologio  che  batteva  le  ore,  il  quale  aspettava. 


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\I.I,  \    CORrK    DI     MANTOVA.  290 

Il  Marchese  di  Miniova  cosi,  a  dì  22  giugno  1523,  al  luogo- 
tenente in  Coito  : 

Dilecte  noster.  Haucndo  nui  in  animo  di  volere  in  brcuc  venire  ad 
habitare  lì  in  Goyto  per  alcuni  giorni  et  intendendo  che  anche  quelli 
nostri  homeni  non  hanno  facto  riformare  ouer  aconciar  quello  horo- 
logio  della  torre  ,  che  tanto  desideramo  sij  acconciato  ,  ma  perchè  la 
tua  poca  cura  e  solecitudine  la  cosa  uien  conducta  m  longa  te  comet- 
tcmo  che  iusta  la  presente  tu  facij  comandamento  a  dicti  horoini  che 
in  termine  de  uno  mese  dopo  lo  comandamento  fatto  sotto  pena  de 
cento  ducati  habbino  fatto  aconciar  ditto  horologio  ,  aduertendoli  che 
inremissibilmente  gli  faremo  pagare  dicti  cento  ducati  non  facendo 
loro  acconciare  esso  horologio  in  ditto  termine.... 

L'  orologio  del  Comune  di  Mantova ,  dopo  la  morte  di  Barto- 
lomeo Manfredi ,  fu  affidato  a  suo  figlio  Ciò.  Giacomo  ed  al  cu- 
gino Galeazzo.  A  loro  successe  M.ro  Clemente  Compagnano,  cui 
a  di  17  dicembre  1520  il  Marchese  ordinava  regolar  pagamento. 

Il  Duca  di  Urbino,  da  Brescia,  il  15  ottobre  1525,  raccoman- 
flava  al  Marchese  di  Mantova  G.  B.  Guidotti ,  affinchè  avesse 
«  r  ufficio  dell'  Horologio  de  Mantua.  »  Il  Marchese  gli  rispon- 
deva che  il  raccomandato  non  aveva  cognizioni  sufficienti  ;  ma 
pare  tuttavia  che  finisse  di  accettarlo. 

E,  come  nota  il  Davari  (Notizie  storiehe  intorno  al  pubblico 
orologio  di  Mantova),  peli'  imperizia  del  Guidotto  e  di  Giovanni 
Traversino,  che  1'  ebbe  nel  1544,  fu  guastato  il  meraviglioso  oro- 
logio del  Manfredi. 

Nel  1547  fu  ordinato  la  ripristinazione  dell'  orologio  manfre- 
diano,  la  quale  pare  che  non  riuscissero  bene  Paolo  Orsi  e  Giulio 
Raineri,  cui  era  stato  dato  incarico. 

Nel  1556  se  ne  occupò  Francesco  Filopomo,  mantovano,  ma- 
tematico, che  pubblicò  un'  operetta  suU'  orologio  in  discorso. 

E  fu  superiore  di  detto  orologio  fino  al  1564. 

Nel  1568  si  trova  in  tale  carica  M.ro  Vincenzo  Cocchi ,  fon- 
ditore di  metallo. 

Indarno  il  Duca  nel  1593  attese  il  figlio  dell'  orologiere  ,  che 
aveva  fatto  gli  orologi  in  Piazza  San  Marco  a  Venezia,  che  dopo 


300  LE    ARTI    MINORI 


aver  promesso  non  venne.  L'Ambasciadore  notava  che  gli  oro- 
logieri di  Venezia  non  volevano  guastarsi  le  mani  coi  grandi 
orologi. 

Pare  che  non  servisse  bene  Attilio  Forchi ,  orologiere,  venuto 
nel  1597  da  Vicenza  in  Mantova  ;  cosi  che  il  Duca  dovè  farne 
venir  uno  dalle  Fiandre. 

Fra  gli  stipendiati  della  casa  ducale  nel  1592  figura  M.''"  Vin- 
cenzo degli  Orologi  per  ducati  3.  45. 

Vedremo  a  chi  siasi  ricorso  più  tardi  per  ripristinare  il  pub- 
blico orologio;  intanto  anche  per  quest'arte  vediamo  decadimento; 
poiché  dopo  i  Manfredi  e  quel  valente  mastro  Pietro  Guido ,  si 
dovè,  come  vedremo,  ricorrere  ad  altre  città  per  aver  orologi 
portatili  e  per  quelli  pubblici  sulle  torri.  Apprenderemo  che  1'  arte 
fiori  in  Reggio  dell'  Emilia  e  in  Ferrara  ;  ma  per  ora  passiamo 
alla  Zecca  di  Mantova. 


La  Zecca  di  Mantova. 

Il  cavaliere  Attilio  Portioli  pubblicò  una  storia  della  Zecca  di 
Mantova;  ma ,  oltre  averla  lasciata  incompleta ,  in  essa  non  si 
occupò  dei  coniatori  e  di  altri  artefici,  addetti  ai  lavori  delle  mo- 
nete. Scrive  che  l' origine  della  Zecca  mantovana  è  remotissima  ; 
ma  mancano  documenti  suU'  origine.  Essa  esisteva  nel  secolo  X 
ed  il  Muratori  nota  1'  importanza  di  una  Zecca  in  piccola  città , 
mentre  altre  ben  maggiori  ne  furono  prive  per  molto  tempo  dopo 
la  mantovana. 

Nella  prima  metà  del  secolo  XIV  era  superiore  alla  Zecca  di 
Mantova  un  Minacino  de  Minaci ,  fiorentino. 

Nel  1342  aveva  a  compagno  Clerico  de  Rofino  ;  ma  nell'  anno 
appresso  è  sostituito  da  Bonaccorso ,  orefice  di  Crema.  Questi , 
fin  dal  1340,  aveva  venduto  ai  Gonzaga  dell'  argento  lavorato  e 
smaltato. 

Il  Portioli ,  che  esaminò  le  monete  Gonzaghesche ,  notò  le 
belle  e  grosse  monete  coniate  dal  1444  al  1478  sotto  il  marche- 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  oOl 


sato  di  Lodovico  III  ;  ma  maggior  progresso  vi  trovò  nelle  mo- 
nete d'  argento,  lega  e  rame  dal  1484  al  1519,  essendo  marchese 
Francesco  II. 

I  mezzi  meccanici  per  battere  monete  erano  piuttosto  semplici 
dopo  che  si  aveva  dall'  incisore  i  coni.  Uno  di  questi  lo  si  fer- 
mava sopra  un  ceppo  e  su  di  esso  ponevasi  la  lamina  metallica,  e 
mentre  l'altro  conio  era  collocato  di  contro  all'inferiore,  vi  da- 
vano su  dei  colpi  di  martello;  cosi  la  lamina  riceveva  le  due  im- 
pronte. Con  le  forbici  si  tagliava  il  dischetto:  ed  ecco  le  monete 
di  più  secoli.  In  Mantova,  ancora  nel  secolo  XVI,  cosi  bat- 
tevansi. 

Un  monetiere  poteva  lavorar  da  sé  coi  due  coni;  e  facendo 
più  copie  di  coni ,  la  fabbricazione  procedeva  celere. 

Tanto  i  lavoratori  quanto  i  soprastanti  e  maestri  e  specialmente 
poi  i  coniatori  ,  provenivano  dall'  arte  degli  orefici ,  conoscitori 
delle  leghe  dei  metalli  e  periti  nell'  inciderli  e  cesellarli. 

E  spesso  anche  il  zecchiere  o  appaltatore  era  un  ricco  orefice 
od  un  banchiere,  od  una  Società  degli  stessi. 

Veniamo  ora  a  qualche  documento  inedito  intorno  a  lavori  ed 
artefici  della  Zecca  mantovana. 

Vittor  Pisano,  veneto,  da  Mantova,  il  9  novembre  1502,  ri  voi - 
jevasi  al  Marchese  cosi  : 

Per-dispositionc  di  celi  sono  ucnuto  a  patriare  nel  dominio  de  V.  E. 
questa  securtà  ho  preso  per  la  lunga  et  fedele  seruitùh  abuta  per  la 
)na  memoria  del  quondam  mio  patre  cani  la  inclita  et  pretiosa  memoria 
el  q.  Ill."if^  patre  de  V.  111.  S.  et  non  manco  serrò  jo  et  mei  fratelli  vei'so 
»E.  V.  ala  quale  supplico  et  dimando  de  gratia  la  me  uoglia  conce- 
jrc  che  possa  mettere  ne  la  cccha  de  Mantua  marche  500  de  argento 

10 ,  et  farne  stampare  quella  sorte  de  monete  parerà  e  piacerà  a 
f.  E.  et  che  io  no  habbia  soldi  nove  per  marcha  persino"  ali  dicti 
larchi  500  e  da  cinquecento  in  suso  marchetti  sey,  marchetti  che  me 
forzare  et  credo  fare  com  effetto  che  la  cecha  lauorera  gaiarda- 
lente  tuto  1'  anno  comò  honore  et  gloria  de  la  p.*^  V.  S.... 

Segue  a  pregarlo  di  scrivere  alla  Marchesa  affinchè  possa  su- 
nto cominciarsi  il  lavoro. 


Vi02  LE    ARTI    MINORI 


Pare  che  la  Zecca  mantovana  avesse  per  stampatore  Giovanni 
Marco  Cavalli.  Egli,  fin  dal  1503  ,  aveva  inciso  delle  lettere  su 
certi  tondi  della  Corte  di  Mantova,  spediti  dal  podestà  di  Viadana. 
Scriveva  ,  il  19  maggio  1505  ,  da  Viadana ,  al  Marchese  esser 
pronto  a  far  altre  stampe ,  se  i  mastri  della  Zecca  gli  faranno 
conoscere  come  dovranno  esser  fatte.  Noi  ricordiamo  come  1'  arte 
dell'oreficeria  nella  famiglia  risalisse  al  principio  del  secolo  XV 
e  già  nel  1481  abbiamo  fatto  conoscenza  di  questo  Giovan  Marco. 

Da  convenzione  del  23  ottobre  1504 ,  risulta  che  il  maestro 
della  Zecca  in  Mantova  era  Sebastiano  Spandolini,  ebreo  veneto 
e  soci  (R.  Mand.  e  Decreti,  1502,  1513,  fol.  82). 

Nel  1492  abbiamo  veduto  un  Mastro  Chivizzano  ,  e  forse  ap- 
partiene a  lui  la  seguente  lettera  diretta  al  Marchese  : 

Ill."i"  et  Ex. "10  signor  mio  singularissimo  ho  uisto  quanto  mi  scriue 
V.  E.  per  il  caso  de  le  monette  et  facto  cum  diligentia  recercare  il 
veronese  magistro  da  le  stampe  qual  ritrovo  non  essere  qui  et  faro 
tenere  buona  cura  per  intendere  de  la  venuta  sua  et  liauendo  facto 
stampo  alcuno  immediate  satisfarò  a  quanto  mi  scriue  et  comanda 
V.  S.  ala  bona  gratia  hurailmente  me  racomando.  Mantace  17  Junij  1510 

il  cestro  fidelissimo  scruitor 

Ghiuczano. 

Era  diretta  al  Marchese  di  Mantova. 

Il  Marchese  al  3  ottobre  1520  scriveva  :  «  Hauemo  nouamente 
consti tuito  Zoan  Francesco  di  Ruberto  per  saggiatore  di  la  nostra 
Zecca.  ,■» 

Pare  che  lasciasse  un  figlio  per  nome  Federico ,  detto  pure 
Grana,  il  quale  in  Mantova,  il  10  maggio  15G6,  scriveva  al  Con- 
sigliere ducale  per  interesse  privato. 

Nel  1526  la  Zecca  di  Mantova  era  condotta  dall' Averoldi  Se- 
bastiano orefice  ;  e  nel  1537  quella  di  Casale  era  data  dal 
Duca  di  Mantova  in  appalto  per  anni  5  ad  un  De  Giva. 

Nel  1581  tutte  due  le  zecche  erano  in  affitto  ad  Ottaviano 
Ardizzoni  di  Trino  e  ad  Ottavio  Polerio,  bresciano;  pella  prima 
pagavano  annui  scudi  2500,  pella  seconda  1500. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  303 

Vincenzo  per  la  gratta  di  Dio  etc. 
Concediamo  per  le  presente  nostre  a  M.  Davide  Gaugher  d' Augusta 
ampia  et  libera  autorità  di  poter  far  intagliare  nei  cuni  1'  armi  nostre 
et  tutto  quegli  impronti  che  da  Voi  gli  saranno  commessi  per  seruitio 
del  stampai'e  monete  nella  zecca  di  questa  nostra  città.  Et  per  sicu- 
rezza di  ciò  habbiamo  commandato  che  siano  fatte  queste  lettere  pa- 
tenti che  saranno  firmate  di  nostro  mano  et  sigillate  dei  nostri  mag- 
gior sigillo. 

Di  Manilla  li  16  di  Decembre  1588. 

Vincenzo 

Petrozanus  ser. 
{R.  Mandati,  1588-9.  fol.  170). 

Questo  Augustano ,  al  4  dicembre  1595 ,  ricorreva  al  Duca 
perché,  venuto  due  anni  prima  dalla  sua  patria  in  Mantova  con 
tutta  la  famiglia  e  uomini  per  lavorar  alla  Zecca,  secondo  con- 
venzione, questa  non  gli  era  stata  mantenuta  con  suo  gran  danno. 
Si  rivolgeva  pure  al  Segretario  ducale  lagnandosi.  Gli  fu  fatto 
ragione,  ma  poco  dopo  moriva  in  Mantova,  cioè  1'  undici  settem- 
bre 1596 ,  essendo  ancora  zecchiere  ,  di  anni  58  ,  nella  via  del 
Cigno,  dopo  venti  giorni  di  febbre  (Necrologio  Mantovano). 

La  Zecca  di  Mantova  nel  1589  era  concessa  in  fitto  per  1500 
ducatonì  a  Luca  Antonio  Bossi  da  Bergamo. 

Da  pagamento  risulta  che  nel  1590  era  coniatore  alla  Zecca 
di  Mantova  M.ro  Ermano  Plixen,  orefice. 

Il  Duca  nello  stesso  anno  si  rivolgeva  a  Carlo  d'Austria,  mar- 
chese di  Bargan  in  Inspruck,  per  conoscere  se  colà  vi  erano  mi- 
niere d'  oro.  Ebbe  dell'  oro  cercato  altrove ,  non  essendovi  colà 
che  miniere  di  argento.  Jacomo  de  Hacht  da  Augusta  nel  1591 
promette  «  spedir  subito  una  persona  capace  di  fornelli  per  pre- 
parar il  noto  minerale.  »  La  lettera  porta  annesso  un  certificato 
dell'  arciduca  Ferdinando  d' Austria  ,  presso  cui  fece  una  prova. 
Unisce  una  dichiarazione  dei  Zecchieri  e  di  Cristoforo  Hofero , 
argentiere  schicazensi,  che  approvano  ars  zimeniaria  del  de  Hacht, 
poiché  la  sua  polvere  zimeniaria  messa  in  un'  olla  e  cimentata 
per  12  ore  ,  indi  fusa  e  purgata,  dava  oro. 


304  LE    ARTI    MINORI 


Venne  egli  stesso  a  Mantova,  e  a  di  8  maggio  1593,  da  Au- 
gusta, e  ripartitone ,  domandava  al  Duca  scudi  10,000  o  600  di 
provvisione,  come  da  scrittura  fatta,  notando  che  era  partito  da 
Mantova  ammalato. 

Anche  un  Giorgio  Longo ,  capuano  ,  scriveva  al  Duca  da  Do- 
modossola (1592),  per  un  secreto  di  alchimia. 

Bellisario  Cambi,  al  7  marzo  1594,  faceva  conoscere  il  bisogno 
di  piombo  pello  stampo  di  monete. 

Nel  luglio  1592  ,  Ferrando  Gonzaga  da  Guastalla  ,  scrive  al 
Duca  di  Mantova  che  M.r  Matteo  Miscato,  mastro  di  Zecca  di 
Pomponesco  ,  col  mezzo  di  Baldassare  Gandolfi  e  altri  forestieri 
«  batterono  monete  false,  in  questo  mio  territorio  »,  invitandolo  a 
reciproci  provvedimenti.  Pomponesco  è  nella  provincia  mantovana. 

E  con  questa  notizia  finisco  pel  secolo  le  notizie  sugli  addetti 
alla  Zecca ,  sembrandomi  che  anche  la  Zecca  mantovana  fosse 
decaduta  dal  lustro,  che  potè  avere  nei  tanti  secoli  anteriori  di 
sua  esistenza. 

Pochi  mantovani  appaiono  fra  i  coniatori. 


Battilori  o  tiralori  in  Mantova. 

Nel  secolo  XV  abbiamo  appena  veduto  accennato  un  tiraloro  , 
cui  fu  impedito  di  restar  nel  mantovano ,  perchè  imputato  di 
omicidio. 

A  di  4  giugno  1526,  Paolo  Negro,  veneto,  otteneva  cittadinanza 
mantovana  per  le  sue  rare  virtù,  reducendi  aurum  et  argentum 
in  tenuissimas  bracteas,  per  far  lettere  d'  oro  e  d'argento  (R.  De- 
creti, 1523-6,  fol.  242). 

E  poi  il  Marchese  (26  luglio  1526)  raccomandava  al  suo  am- 
basciadore  in  Venezia,  Don  Marco  Negro,  veneto,  abitante  in  Man- 
tova ,  che  dovea  arrivar  in  Venezia  per  raccogliere  maestri  e 
maestre  da  filar  oro  e  condurli  in  Mantova  a  suo  fratello  mastro 
Paolo  che  «ha  ottenuto  di  aprire  il  mesterò  di  batter  et  filar 
oro  con  commodità  grande  e  satisfactione  de  questa  nostra  città.  » 


ALLA    COKTK    DI    MANTOVA.  305- 

A  di  10  aprile  1529,  Graffito  Roth,  battiloro  ulmensiSj  otteneva 
cittadinanza  mantovana,  estendibile  ai  discendenti  {R.  Decreti, 
1522-30,  fol.  198). 

Non  so  se  si  mantenne  l' industria  per  molti  anni ,  succedendo 
altri  al  Negro  ed  al  Roth  ,  ma  è  certo  che  sul  finire  del  secolo- 
più  non  esisteva,  ed  il  Duca  concedeva  buoni  privilegi  per  riat- 
tivarla. 

Infatti  il  duca  Vincenzo ,  a  di  3  dicembre  1591  faceva  pagare 
30  ducatoni  a  Gio,  Maria  Molano ,  Tommaso  Rozza ,  Michele 
Guiliere  e  Battista  di  Giacobo  «  tutti  tre  artefici  Milanesi  per 
l'arte  del  tirar,  filar  et  tagliar  l'oro,  fatti  venire  a  bella  posta 
in  Mantova  per  l' introduzione  di  detta  arte. 

Da  Piacenza,  il  10  agosto  1596,  Cesare  Calvo,  milanese,  s' in- 
dirizzava al  Duca  di  Mantova  per  impiantare  una  fabbrica  per 
battere  e  filare  oro  ed  argento,  avendo  conosciuto  non  esser  riu- 
scito il  tentativo  del  suo  compaesano  Aurelio  Zanolo.  Spera  di 
riescire  ,  poiché  da  32  anni  lavora  in  Piacenza.  Fu  accettato  ; 
ma ,  caduto  ammalato ,  nel  1597  era  ancora  a  Piacenza,  e  dopo 
più  nessuna  notizia  di  lui,  né  di  altri  pel  secolo  XVI. 


Orefici  in  Venezia. 

Dell'orefice  Gian  Andrea  Fiore,  che  nel  secolo  XV  abbiamo 
veduto,  trovo  che  Isabella,  marchesa  di  Mantova,  gli  ordina  (28 
marzo  1501)  di  comperarle  due  o  tre  chrisopazl  e  nel  luglio  gli 
mandava  una  filza  di  60  corniole  affinché  le  pulisse.  Il  Mar- 
chese, a  di  12  maggio  1502  gli  accusava  ricevuta  di  un  gioiello 
comperato  per  ducati  60.  Il  Fiore  ,  a  di  25  aprile  dello  stesso 
iinno,  aveva  fatto  conoscere  alla  Marchesa  che  gli  smeraldi  ado- 
perati dagli  speziali  per  medicamenti  non  gli  sembravano  vera- 
mente tali  ;  perciò  si  riservava  di  cercare  veri  smeraldi  orientali. 

Nel  marzo  1503  la  Marchesa  gli  spediva  un  suo  diamante  in 
avola    per    essere    rilegato;  al  28  agosto  gli    dava    incarico    di 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  20 


306  LE    ARTI    MINOR! 


acquistare  quattro  grisopagi  e  di  forarli  ad  uso  di  braccialetto 
e  al  7  ottobre  ne  procurava  altri. 

Da  Venezia  era  venuto  in  Mantova  «  Rigo  Todesco  zoielero 
Esler  »  come  si  sottoscrive  nell'  agosto  1500  ,  pregando  il  Mar- 
chese di  farlo  soddisfare,  essendo  14  mesi  che  aspetta.  E  il  Mar- 
chese, al  5  giugno  1502,  ordinava  che  gli  fosse  dato  un  ronzino 
affinchè  potesse  andar  presto  in  Alemagna. 

Infatto  dell'  agosto  1504  vi  è  una  lettera  di  M.ro  Rigo  Exler 
gioiellerò  da  Anspurg,  diretta  al  Marchese,  cui  dà  molte  notizie 
guerresche. 

Al  5  gennaio  1508,  era  di  bel  nuovo  in  Venezia,  come  da  altra 
sua  lettera  al  Marchese  ;  ma  nell'  anno  dopo  gli  scriveva  da 
Augusta  che  era  fuggito  da  Venezia. 

Lo  rivedremo  fra  gli  armaioli. 

Il  Marchese  di  Mantova  scriveva  al  Doge  di  Venezia  il  29 
settembre  1505  notandogli  che  uno  spagnolo  era  venuto  in  Man- 
tova, facendosi  conoscere  per  eccellente  orefice,  cosi  ebbe  molte 
commissioni  e  oro  per  lavorare;  ma  poi  prese  il  volo  per  Ve- 
nezia; cosi  si  raccomanda  per  investigazioni. 

La  marchesa  Isabella  nel  maggio  1506  dà  l'incarico  a  Taddeo 
Albano  in  Venezia  di  comperar  un  vaso  d' agata  del  defunto  Vi- 
vianello  ;  e  nel  giugno  ad  Aluyse  de  la  Valle  gioielliere  di  pro- 
curargli un  rubino  e  delle  agate. 

jlljna  Mad.a  S.  et  patrona  mia  singulariss.™» 
Io  mando  per  messer  Suardino  lactore  presente  de  U.o  S.  111."'^  la 
efìgie  do  la  Majestà  del  Re  de  Francia  in  medaglia  :  et  prego  questa 
non  mi  reputi  negligente  perchè  la  colpa  e  proceduta  da  malatia.  Ma 
presto  spero  visitar  V.  S.  con  più  bel  presente  ala  quale  come  humile 
seruo  s.  p.  mi  rach ornando.  In  castello  di  S.  Vaso  a  di  21  Jan- 
nuarii  1518. 

Di   V.  Ili  Sig. 

S.  ridcl.'»'> 

Io  Jacomo  d'Alanlma 

de   Venciis. 

Ala  III.'^  ci  Ecc.'^  Mad.  Marchesana  de  Mantua. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  307 


Per  sigillo  ha  una  bella  testolina  di  donna.  Non  so  se  sia  un  anti- 
quario o  un  artista.  Nel  rispondergli  la  Marchesa  lo  qualifica  per  suo 
amico  carissimo,  lo  aspetta  in  Mantova  e  lo  ringrazia  della  bellissima 
medaglia  che  le  piace  sommamente. 

Il  Marchese  di  Mantova,  il  23  maggio  1524,  ordinava  al  suo 
ambasciadore  in  Venezia  una  corona  di  lapislazuli  con  pater  nostri 
tondi ,  fatti  a  facette. 

Orso  ebreo,  gioielliere  mantovano  in  Venezia,  scriveva  il  23 
giugno  1524  alla  Marchesa  di  Mantova: 

Questi  giorni  passati  me  ha  parlato  di  quel  dyamante  quadro  et  di 
quel  Saphyl  feze  comprar  a  V.  S.  da  mio  fratello  da  un  mercadante 
forestiere 

Il  Marchese  di  Mantova,  il  10  marzo  1526,  scriveva  ad  Ales- 
sandro Picenardi,  che  essendo  informato  che  il  nobile  Peregrino 
gioielliere  veneziano  era  creditore  di  ducati  40  per  gioie  vendute 
al  nostro  Cardinale;  e  per  ciò  aveva  ordinato  il  pagamento. 

A  mezzo  di  Vincenzo  Albano  in  Venezia  la  Corte  di  Mantova 
nel  dicembre  1526  provvedevasi  di  «  due  miliara  d'oro  battuto.  » 

Si  scriveva  dal  Marchese,  il  24  maggio  1528,  all'Ambasciadore 
mantovano  in  Venezia  per  esser  accertato  se  M.ro  Vincenzo  Ros- 
satto  gioielliere,  cittadino  veneziano,  era  ritornato  di  Turchia  con 
certi  cavalli.  In  fatto  risulta  nel  giugno  ritornato  con  12  cavalli 
provveduti  alla  Corte  di  Mantova. 

Un  Felice  Ceserin  gioielliere  da  Venezia ,  il  18  ottobre  1528, 
si  raccomanda  al  Marchese  per  soccorsi  poiché  dopo  il  suo  ri- 
torno da  Mantova  cadde  ammalato. 

L' Ambasciadore  mantovano  in  Venezia  faceva  conoscere  (27 
giugno  1529)  al  Marchese  che  aveva  fatto  stimar  i  diamanti,  che 
voleva  comperar ,  dai  seguenti  Bartolomeo  ,  Bataglia ,  Pedrazzi  , 
Angustino  Muse,  Antonio  Scorzarolo  diamantaro,  Andrea  Quarto, 
Azinio  Milanese  e  Marco  Antonio  Benzone. 

La  marchesa  Isabella  si  meravigliava  (27  giugno  1531)  col- 
r  Ambasciadore  suo  in  Venezia  che  non  si  potesse  trovar  quel 
M.'"-'  Michelino  che  dovea  farle  certi  vasetti.    Michelino  era  gio- 


308  LE    ARTI    MINORI 


ielHere  del  Papa  e  aveva  nelle  mani  un  vasetto  di  cristallo  ed 
altro  di  amatista  per  essere  legati  in  argento  e  gli  erano  stati 
consegnati  dalla  Marchesa ,  quando  fu  in  Venezia.  Al  24  ago- 
sto 1531  gli  ordinava  di  sollecitare  il  trovato  Michelino  e  un 
M.'"  Canori  ino  che  doveva  farle  un  Jesus. 

Benedetto  Agnello  ambasciadore  mantovano  in  Venezia,  a  di^8 
luglio  1536,  scriveva  alla  Duchessa  di  aver  ricevuta  «  la  cidella 
di  lapislazuli  e  averne  ordinato  cinque  o  sei  a  gioiellieri.  » 

Il  7  agosto  spediva  a  Mantova  «  un  migliaro  d'oro  per  indorare  » 
non  avendo  potuto  trovar  di  più  ;  ma  al  10  faceva  altra  consimile 
spedizione. 

Il  Doge  di  Venezia,  Pietro  Laudi,  il  24  gennaio  1543  ,  racco- 
mandava al  Duca  di  Mantova  «  il  fedel  cittadino  nostro  Antonio 
Rizzo  giogieliero,  creditore  di  Jacob  di  Titano  e  Jacob  di  Sanson, 
ebrei  abitanti  in  Mantova,  affinché  la  causa  fosse  sollecitata. 

E  all'  11  maggio  replicava  la  raccomandazione. 

«  Jachomo  de  Ranchati  »  gioielliere,  da  Venezia  scriveva  il  24 
aprile  1574  al  Marchese  di  Mantova  per  esser  pagato  di  'ducati  70 
per  certi  lavori  cioè  «  quele  tavole  de  cristalo  de  montagna.  » 
Fa  conoscere  essere  padre  di  3  maschi  e  6  femmine  ed  esser 
debitore  di  70  ducati. 

Il  Duca  di  Mantova  ,  a  di  13  febbraio  1581  ,  concede  salvo- 
condotto  a  Girolamo  Stella  gioielliere  in  Venezia  di  ritornarvi, 
essendo  venuto  a  Mantova  per  presentargli  delle  gioie. 

Questo  Stella  nel  1593  proponeva  al  Duca  la  compera  di  quattro 
smeraldi  regali  al  prezzo  di  scudi  2500,  notando  che  se  gli  sme- 
raldi non  venissero  dal  Perù  sarebbero  stati  ben  più  cari. 

«  Jacomo  Cyinich  gioieliere  in  Venezia  »,  il  20  marzo  1581,  fa 
conoscere  al  Duca  di  Mantova  essere  in  trattative  per  comperar 
il  diamante  di  carati  8,  al  prezzo  di  scudi  3000,  secondo  il  desi- 
derio espressogli. 

Al  3  giugno  partecipa  che  non  si  può  avere  a  meno  di  3000 
scudi,  ve  ne  sarebbe  altro  per  2000. 

Nel  10  novembre  1585  domanda  di  essere  pagato  di  scudi  156 
per  una  fontana,  che  gli  forni  in  Firenze  ;  avrebbe  bisogno  di  tale 
denaro,  dovendo  portarsi  a  Firenze  e  in  Roma, 


Ai.i.A   rouii;   1,1   .\rAN'rovA.  30y 


Offre  altra  fontana  consimile  ma  a  denaro  pronto.  Nel  mag- 
gio 1586  gli  annunzia  un  suo  viaggio  per  Graz,  Vienna  e  Praga 
per  negozio  con  quelli  principi.  Avendo  comprato  in  Mantova  dal 
gioielliere  M.ro  Bario  un  collarino  per  scudi  100,  prega  di  esser 
l^agato  del  conto  vecchio  per  poter  fare  il  suo  dovere  col  Bario. 
Spera  trovar  belle  pietre  per  una  fontana ,  bella  come  quella 
montagna  del  Serenissimo  Gran  Duca  di  Firenze. 

Da  Venezia  il  20  dicembre  dello  stesso  anno,  già  di  ritorno 
dalla  Germania ,  gli  annunzia  che  ha  venduto  il  suo  centauro  e 
la  figura  de  perle,  et  altre  cose  per  studioli  a  S.  Maestà,  da  cui 
fu  molto  contentato.  Da  suoi  viaggi  portò  cose  bellissime,  essen- 
dosi messo  in  relazione  con  tutti  i  migliori  artisti.  Intanto  ricorda 
il  suo  conto  vecchio  insoddisfatto,  dal  quale  devono  darsi  scudi 
100  a  M.ro  Bario.  Sua  Maestà  gli  ha  fatto  vedere  molte  sorte 
di  pietre  e  vasi,  che  fa  eseguire  in  Milano  e  quelle  pietre  sono 
di  Boemia. 

Bartolomeo  del  Calice  da  Venezia,  il  20  novembre  1582,  scrive 
alla  Corte  di  Mantova  : 

Quanto  alla  fede  del  tabernacolo  intendo  quello  che  desidera  V,  E. 
ohe  la  sii  fatta  per  mano  de  Battista  padouano  orefice  che  lo  fece. 

Al  29  giugno  del  1585  spediva  il  restante  «  delle  rosette  dorate 
che  sono  in  tutte  400  ben  governate ....  e  lo  specchio.  » 

Bartolomeo  Corsini  da  Venezia,  l'il  settembre  1585,  fa  sapere 
al  Duca  di  Mantova  che  M.ro  Lunardo  gioielliere  viene  a  Man- 
tova per  servirla  «  che  certo  egli  é  huomo  nella  sua  professione 
perfetto  come  ne  uedrà  1'  esperienza.  »  Intanto  supplica  di  esser 
pagato  di  agate  fornite,  il  qual  pagamento  potrebbe  farsi  anche 
in  Mantova  a  M.ro  Carlo  Bario  orefice. 

Aggiugne  che  ha  trovato  due  pezzi  di  lapislazuli  bellissimi 
di  60  libbre  1'  uno  in  circa  per  far  vasi  e  dal  Lunardi  saprà  il 
prezzo. 

Un  Lo  nardi  Ricalco  gioielliere  da  Verona ,  fin  dal  22  settem- 
bre 1581,  supplicava  il  Duca  di  esser  pagato  di  scudi  100. 

Il  Corsini,  a  di  21  aprile  1586,  prega  il  Duca  per  esser  pagato 


310  LE    ARTI    MINORI 


dei  bottoni  di  smeraldo  ,  che  gli  ha  procurato,  insistendo  i  mer- 
canti pel  pagamento. 

Al  1°  ottobre  1587  da  Venezia  rilasciava  ricevuta  di  esser  pa- 
gato pel  resto  di  17  smeraldi ,  comprati  dalla  Principessa  di 
Mantova. 

Domenico  delle  due  rezine,  gioielliere  in  Venezia,  scrive,  il  1" 
marzo  1586  ,  al  Duca  di  Mantova  per  esser  pagato  di  scudi  50, 
tanto  costando  la  rocha  de  smeraldo  compratagli,  e  al  26  agosto 
accusagli  l'ordine  avuto  da  Messer  Lunardo  gioielliere  per  la 
provvista  di  un  pezzo  di  diaspro  orientale,  sanguinato;  cosi  lo 
spedisce  e  pesa  libbre  19  ,  oncie  9  ,  pesando  libbre  6  e  oncie  3 
pili  degli  altri ,  già  spediti.  È  trasparente  per  essere  elitropio. 
Ultimo  prezzo  è  di  scudi  243.  E  meravigliato  (3  maggio)  della 
bassa  offerta. 

Al  10  ottobre  1587  Guglielmo  Helman  da  Venezia  ricorda  il 
suo  credito  per  24  smeraldi  provveduti,  importanti  scudi  400. 

G.  B.  Capra  d'Alabio  scrive  da  Venezia  al  Duca  ,  il  25  no- 
vembre 1587,  che,  arrivato  in  detta  città,  visitò  il  tesoro  di  San 
Marco,  ove  vidi  un  vaso  di  cammeo  ;  ma  inferiore  a  quel  cammeo 
intagliato,  che  S.  A.  possiede  e  rifiutò  12,000  scudi;  vide  poi 
due  alicorni,  ma  meno  belli  dei  posseduti  da  S.  A.  Gli  domanda 
in  regalo  una  medaglia  da  metter  al  collo  affinché  i  Principi  di 
Alemagna  la  vedino  ,  e  desidererebbe  pure  aver  quel  libro  delle 
villanelle  per  farlo  vedere  a  qualche  Principe. 

David  de  Cervi,  ebreo  in  Mantova,  trovandosi  a  Venezia,  il  23 
novembre  1588,  scrive  al  Duca  di  avergli  comprato  due  anelli  , 
uno  con  un  rubino  grande,  l'altro  con  diamante  vistoso  per 
scudi  122;  li  crede  rubati,  tenuto  conto  della  mitezza  del  prezzo, 
poi  gli  propone  altri  gioielli. 

Egli-  era  gioielliere  mantovano  ed  aveva  bottega  in  via  degli 
Ebrei,  come  risulta  nel  settembre  1589. 

Era  ancora  nel  1592  in  Venezia,  avvisando  la  Corte  esser  sul 
mercato  molti  diamanti  da  ridursi  in  bottoni. 

A  di  21  gennaio  del  1589,  il  Duca  faceva  ordinare  al  suo  Ara- 
basciadore  in  Venezia  di  comprar  e  spedire    subito    da  65    a  70 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  311 


pezzi  di  gioie  false,  figuranti  diamanti,  rubini,  smeraldi,  tutti  legati 
in  rame  dorato  od  ottone  od  altro  simile  per  ornare  cappelli  ad 
uso  di  una  mascherata. 

II  primicerio  di  Sant'  Andrea  di  Mantova  ,  il  14  agosto  1590, 
scriveva  all'Ambasciadore  veneto  che  M.ro  Antonio  Pesadro  gio- 
ielliere veneziano  era  creditore  per  resto  di  una  cassetta  d'  ar- 
gento indorata  e  gioillellata  con  rubini  e  diamanti  e  smeraldi, 
venduta  al  Duca  di  Mantova  per  ducati  1150  di  moneta  vecchia  ; 
e  per  ciò  in  nome  di  S.  A.  gli  ordina  il  pagamento  ,  il  che  fu 
eseguito. 

Lo  stesso  primicerio  ordinava  a  detto  ambasciadore  di  far  ese- 
guire in  Venezia  un  bambino  d'  argento  di  getto  o  battuto ,  se- 
condo le  misure  mandate.  Esso  doveva  esser  nudo,  inginocchiato 
sopra  un  cuscino,  ed  era  per  voto. 

Paolo  Atedendoli,  mercante  di  gioie  in  Venezia,  al  23  gen.  1592, 
offre  alla  Corte  di  Mantova  smeraldi,  e  nel  marzo  1593  ne  spe- 
diva uno.  Si  sottoscrive  invece  Studendoli. 

Cristoforo  Otto,  nel  gennaio  1593,  presentava  quattro  smeraldi 
all'Ambasciadore  mantovano  in  Venezia,  affinché  li  facesse  vedere 
al   Duca  per  acquisto  al  prezzo  di  scudi  3000. 

Mario  Bevilacqua  da  Verona  scriveva  al  Duca  di  Mantova  (9 
marzo  1592)  che  Lonardo  vorrebbe  esitare  un  suo  bellissimo 
filo  di  perle,  cosi  attende  conoscere  la  volontà  di  S.  A. 

Anselmo  Levi,  ebreo  gioielliere,  venuto  da  Mantova  in  Venezia, 
dava  ricevuta  al  Duca  di  Mantova  di  scudi  1400  per  spese  fatte 
in  suo  servizio  (1592). 

G.  B.  Corte  da  Venezia,  il  12  febbraio  1593 ,  domandava  al 
Duca  455  scudi  per  due  baiassi  vendutigli.  L' Ambasciadore  man- 
tovano in  Venezia,  il  2  ottobre  1593,  alla  Corte  di  Mantova  : 

Mi  dice  D,  Marc' Antonio  Mazzone  che  gli  è  capitato  alle  mani  un 
segreto  di  far  perle  tanto  belle,  che  se  ne  sono  uendute  per  uere  a 
questi  orefici ....  e  darà  anco  il  remedio  di  colorirle  et  lustrarle,  che 
uale  per  le  dlffettose  et  uecchie.  Ho  io  inteso  altre  uolte  che  si  pigliano 
le  perle  da  oncia  et  si  mettono  nel  succo  di  limone  finché  uenghino 
in  pasta  et  poi  con  una  forma  d'argento  si  stampano  ,  come  si  fanno 


312  LE    ARTI    MINORI 


le  palle  da  halestru  et  s'induriscono  nell'  acqua  fresca.  S.  A.  dove  sa- 
pere meglio  queste  medicine. 

Al  23  dello  stesso  spediva  le  i.struzioni  per  far  le  pcM-le ,  avute  dal 
Don  Mazzone. 

Girolamo  Ott,  forse  parente  o  socio  di  Cristoforo,  da  Venezia, 
il  26  marzo  1594,  scriveva  alla  Corte  di  Mantova  che,  secondo 
il  desiderio  di  S.  A.  S.  ,  trattò  con  quel  Ruggiero  «  che  fa  le 
«  pietre  false  che  uoglia  per  uno  sento  al  giorno  di  stipendio,  oltre 
«  le  spese,  transferirsi  a  Mantova,  ma  egli  pretende  lire  otto  ve- 
«  nete  al  giorno,  non  escluse  le  feste.  Egli  vorrebbe  condur  un 
«  suo  garzone  che  disgrossa  le  pietre  che  egli  poi  riduce  alla 
«  perfezione.  Il  maestro  ha  quattro  figli  picioli...  fa  cose  bellis- 
«  sime  molto  simile  alle  vere  gioie.  » 

Lelio  Arrivabene,  il  3  settembre  1394,  da  Venezia  propone  al 
Duca  la  compera  di  una  cassetta  di  cristalli  di  montagna,  mon- 
itata  in  argento,  cosa  singolare,  un  filo  di  perle  stimate  scudi  25,000 
e  un  diamante  a  faccio  del  valore  di  scudi  6000. 

Luca  Tron  ,  orefice  in  Venezia ,  il  28  ottobre  1594  ,  cede  al 
Duca  di  Mantova  il  suo  garzone  Giovanni  Mercurio,  quantunque 
non  abbia  ancora  finito  varie  opere  di  non  poca  importanza. 

Neil'  anno  dopo  racconciava  pietre  preziose  mandategli  ,  cioè 
sei  zaffiri  ,  dei  dodici  avuti. 

L'  Ambasciadore  mantovano,  il  15  gennaio  1595,  fa  conoscere 
«he  M.ro  Angelo  Strada,  gioielliere,  non  vuole  venire  in  Mantova. 
Forse  era  figlio  o  socio  di  Girolamo,  che  abbiamo  veduto  esser 
venuto  in  Mantova. 

Nel  giugno  promette  far  accomodar  i  topazii  dal  Rosso  ,  gio- 
ielliere. 

Baldassare  Pommari ,  orefice  veronese,  da  Rolo^,  il  21  ago- 
•sto  1596,  si  offre  al  Duca  per  lavori  in  oro  ed  in  argento  e  per 
legar  gioie. 

La  Duchessa  di  Mantova ,  al  24  settembre  1597 ,  fa  scrivere 
all' Ambasciadore  in  Venezia  di  provvederle  una  lampada  d'  ar- 
gento di  non  minor  prezzo  di  ducati  50,  né  maggiori  di  60. 

Al  24  ottobre  essa  era  spedita  in  Mantova. 


ALI^A    CORTE    DI    MANTOVA.  313 


Ercole  Udine,  ambasciadore  mantovano,  in  Venezia,  il  17  gen- 
naio 1598  spediva  alla  Corte  4  candelieri  d'  argento. 
E  con  queste  argenterie  finisce  il  secolo  XVI  per  Venezia. 


Orefici  in  Genova. 

Come  notammo  la  lontananza  era  d'incaglio  alle  relazioni  della 
Corte  di  Mantova  con  Genova  ;  ma  per  certe  specialità  tuttavia 
non  mancava  di  rivolgersi. 

Infatto  nel  1523  la  Marchesa  si  procurava  da  Genova  una 
cinquantina  di  coralli,  che  pesarono  oncie  otto  e  costarono  lire 
GO  di  Milano  ;  ma  erano  assai  belli,  e  la  Marchesa  ne  fu  molto 
soddisfatta. 

Stefano  Spinola  da  Genova ,  il  4  febbraio  1550 ,  spediva  alla 
Corte  di  Mantova  filze  di  coralli  al  prezzo  di  scudi  quattro  la 
filza ,  sperando  di  trovarne  dei  più  grossi  al  prezzo  di  scudi 
cinque. 

Altra  relazione  artistica  con  Genova  ci  fa  conoscere  una  lettera 
di  Lorenzo  Grosso  gioielliere,  che  da  Genova,  il  30  marzo  1539, 
offrendo  al  Duca  di  Mantova  «  un  bellissimo  rubino  cabussone 
di  bella  fazone  e  colore  ,  legatto  a  giorno  in  quattro  branche  di 
pezzo  di  caratti  8  al  prezzo  di  scudi  1500.  »  Ne  manda  il  disegno 
in  piombo,  pregando  per  pronta  decisione,  poiché,  se  non  conve- 
niente, lo  spedirebbe  al  Re  di  Francia. 

Non  trovai  l' esito  ;  ma  conosco  questo  orefice  valente ,  che 
molto  si  distinse  a  Roma  fin  dal  pontificato  di  Innocenzo  Vili  ; 
nel  15'22  era  console  con  Antonio  da  San  Marino  dell'  Uni- 
versità degli  orefici  e  fu  addetto  alla  zecca  Pontificia.  Per  mag- 
giori notizie  si  potrà  vedere  il  mio  libro  Artisti  subalpini  in 
Roma. 


314  LE    ARTI    MINORI 


Orefici  Milanesi  e  Lombardi. 

La  marchesa  Isabella  scrive,  il  14  maggio  1501,  a  G.  B.  Vi- 
smara  in  Milano  per  certe  corniole  da  esser  acconciate,  secondo 
le  indicazioni,  che  darà  Gio.  Francesco  Ruberto  orefice. 

Le  relazioni  di  Caradosso,  mentre  era  a  Milano,  con  la  Corte 
di  Mantova,  a  mezzo  di  Cristoforo  Romano  scultore  già  pubblicai 
nel  mio  libro  Artisti  in  relazione  coi  Gonzaga  signori  di  Mantova. 

Riguardano  un  vaso  di  49  pezzi  di  cristallo  ligato  in  argento 
dorato  e  smaltato,  intagliato  e  ben  commesso,  che  nel  luglio  1505 
era  proposto  da  detto  scultore  in  compera;  poi  offriva  un  cala- 
maro meraviglioso. 

Venne  Caradosso  da  Milano  in  Mantova  nel  settembre  a  far 
vedere  i  suoi  lavori. 

Aggiungo  che  la  marchesa  Isabella,  fino  dall'ultimo  maggio  1504, 
a  mezzo  di  Angelo  Vismale,  aveva  fatto  vedere  al  Caradosso  un 
rubino  affinchè  lo  legasse  nel  modo  migliore  a  suo  giudizio. 

Cristofaro  Romano  dal  finire  del  secolo  XV  era  già  in  rela- 
zione con  la  Corte  Mantovana  e  coniò  una  medaglia  figurante 
Isabella  d'  Este  marchesa  di  Mantova.  E  che  egli  fosse  coniatore 
si  conobbe  a  mezzo  dei  documenti  da  me  pubblicati,  pei  quali  il 
signor  Valton ,  nella  Révue  numismatique  di  Parigi  del  1885. 
(Gian  Cristofaro  Romano  medailleur  italien)  riscontrò  l'  esistenza 
di  detta  medaglia  ed  altra  nel  Gabinetto  numismatico  nella  Bi- 
blioteca Nazionale  di  Parigi. 

Sembrandomi  lombardo  il  Mantegazza  ,  comprendo  qui  la  se- 
guente lettera,  diretta  da  Casale  alla  Marchesa  di  Mantova. 

III."^^  Prlneeps  et  Ex.  Domine  frater  honorandissime.  Desideroso 
maestro  Gentile  Mantigatio  aurefice  essere  in  seruitio  de  la  111.  Sig.  V. 
n'  ha  pregato  più  volte  vogliamo  contentarci  puossi  satisfare  al  suo 
desiderio  et  perche  el  seruitio  suo  a  noi  era  grato  non  gli  haueres- 
simo    compiaciuto    quando  hauesse    pensato  de  seruire    altro    signore 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  315 


I 


elio  la  S.  V.  ma  per  reputare  li  seruitori  nostri  comuni  ala  S.  V.  et 
«inando  siano  cum  quella  siano  anchi  cum  noi ,  per  questo  uoluntieri 
li  hauemo  compiacciuto  et  cussi  cum  questa  nostra  li  significamo  coma 
dicto  maestro  Gientili  vene  cum  bona  licentia  nostra  et  tanto  più  uo- 
lontieri  gli  habiamo  concessa  quando  che  se  siano  persuasi  far  cosa 
grata  a  la  S.  V.  Ali  piaceri  de  la  quale  se  offerimo  sempre  apparec- 
chiati. Dnt  Casali  Die  XXIIJ  Augusti  1507. 

Frater  Guglielmus  Marchio 
Montiferrati  ecc. 

Maimonus  sco. 

lllmo  Principi  et  Ex.  D."" 
Francisco  Marchion. 
Mantuce  et  fratri 
nostro  honorandiss.'"" 

Era ,  come  vedasi  del  Marchese  del  Monferrato ,  parente  del 
Marchese  mantovano. 

Rivedremo  presto  altri  Mantegazza  orefici,  forse  discendenti  di 
quei  famosi  orefici  lombardi ,  che  operarono  anche  di  scultura 
nel  secolo  XV. 

La  marchesa  Isabella ,  al  20  luglio  1515  ,  scriveva  al  conte 
Strozzi  : 

L'  anno  passato  quando  ni  trovammo  a  Milano  dessimo  una  nostra 
preta  de  topazo  a  M.'"^  Matheo  intagliatore  di  corniole  a  fine  chel  gè 
tagliassi  dentro  certo  disegno  che  gli  dicessimo. 

Non  avendo  più  saputo  notizia  prega  di  cercarlo  e  farsi  restituire 
il  topazio.  Scriveva  pure  al  Suardino  nell'  ottobre  di  sollecitare 
detto  intagliatore  o  di  farsi  rimettere  il  topazio.  Nello  stesso 
tempo  sollecitava  pure  il  lavoro  di  lampade  d'argento,  ordinate  da 
più  mesi  e  la  restituzione  di  quelle  mandate  a  modello,  apparte- 
nenti queste  ad  altri. 

Nel  1523  si  era  procurata  la  Marchesa  una  coroncina  di  cor- 
niole assai  bella. 

Ella  avvisava  (29  settembre  1530)  il  Duca  di  Milano  dell' ar- 


316  LE    ARTI    MINORI 


rivo  di  M.™  Nicolò  suo  orefice  affinchè  conducesse  da  Milano  in 
Mantova  due  mastri  orefici  e  ne  domandava  il  permesso. 

Da  Milano  Aurelio  Arnolfo ,  il  5  febbraio  1580 ,  scriveva  a 
monsignor  Priore  Cavriano,  Consigliere  ducale  in  Mantova  : 

«  Con  il  signor  Conegrano  per  le  mani  del  quale  riceuerrà  V. 
S.  M.  Ili/  la  presente,  le  mando  il  suo  diamante  intagliato  della 
sua  arma  in  un  scattolino  bianco  et  in  un  altro  negro  ui  ritrouerà 
r  impronta  d'esso  di  modo  potrà  uedere  se  resta  ben  semita,  l'ho 
pagato  lire  73.  »  Attende  per  la  spedizione  di  un  cofano. 

Eliseo  Magoria,  mercante  di  gioie,  scriveva  da  Milano,  il  21 
giugno  1581,  al  Principe  di  Mantova  come  nel  marzo  dell'  anno 
primo  gli  avesse  fatto  rimettere  a  credenza  delle  gioie  per  scudi 
1873,  a  condizione  di  aver  il  rimborso  mensile  di  100  scudi,  non 
avendo  avuto  che  scudi  700,  supplica  pel  restante. 

Filippo  Galbiate ,  orefice  milanese ,  domandò  ed  ottenne  nel 
giugno  1582  di  portar  il  suo  domicilio  in  Mantova. 

M.ro  Gio.  Paolo  Corsignano,  gioielliere  milanese,  era,  a  di  2 
novembre  1587  ,  pagato  di  scudi  70  per  un  aironera  con  rubini 
Q  diamanti,  acquistata  dal  Duca. 

Luigi  Olivi,  agente  mantovano  in  Milano,  scrive,  30  dicem,  1587, 
alla  Corte  di  Mantova  che  deve  arrivarvi  M.^o  Gioanni  Tradate 
orefice  che  si  era  offerto,  secondo  iraitò  Giuseppe  Mantegazza,  di 
lavorare  in  argenteria  per  Sua  Altezza,  in  ragione  di  5  libbre  et 
cinque  soldi  1'  oncia.  Verrà  con  dodici  homini  ;  è  uomo  dabbene 
e  sufficiente  nell'  arte. 

Salomone  Levi,  gioielliere  ebreo,  che  già  conosciamo,  da  Milano, 
il  7  maggio  1588,  scriveva  al  Segretario  ducale  su  altra  compera 
di  diamanti ,  fatta  per  Sua  Altezza.  Verrà  in  Mantova  il  proprio 
figlio,  dovendo  egli  partir  per  Genova. 

Al  primo  di  settembre  1594  il  Duca  faceva  pagare  in  Milano 
ai  gioiellieri  Giuseppe  Rovida  e  Francesco  de  Bresciani  ducatoni 
lombardi  1900  per  gioie  e  perle  avute  e  500  ad  Altobello  Piotto, 
gioielliere  della  Svizzera  italiana  per  altre  gioie. 

Successe  al  Rovida,  forse  suo  figlio  Tommaso,  gioielliere  mila- 
nese nel  servire  il  Duca  di  Mantova  fino  dal  febbraio  1587. 


ALLA  TORTE  DI  MANTOVA.  317 

L'Altobello,  al  23  ottobre  1596,  era  stato  imprigionato  in  Milano 
dallo  Inquisitore,  qual  spione  del  Duca  di  Mantova ,  non  ostante 
munito  di  regolar  passaporto.  Cosi  scriveva  al  Duca  Fra  Sisto 
Rosa  per  provvedimenti,  tanto  più  che  il  Fiotto  aveva  seco  molte 
gioie.  Questo  Altobello,  fino  dal  1592,  di  ritorno  da  Venezia  era 
passato  in  Mantova  per  offrire  al  Duca  V  acquisto  di  rubini  o 
libbre  590  di  lapislazuli  in  14  pezzi ,  comperati  in  Venezia  per 
fare  vasi,  ma  non  aveva  trovato  il   Duca. 

G.  B.  Quenzati ,  detto  il  Romanino ,  da  Milano,  il  5  dicem- 
bre 1598 ,  mandava  al  Duca  due  anelli  con  rubini  fatti  ese- 
guir espressamente  ,  uno  del  valore  di  ducatoni  36 ,  1'  altro  più 
piccolo  di  31.  Nota  che  vi  è  mancanza  di  rubini ,  cosi  costano 
molto. 

Egli,  al  24  giugno  1599,  scrive  nuovamente,  sottoscrivendosi 
«  G.  B.  Quenzate  zoieler  di  Milan  detto  il  Romanino,  quello  che 
portò  in  Berseli es  il  conzerto  de  zoie  di  fiiore  al  Serenissimo  Ar- 
ciduca Alberto  »  partecipando  che  Roberto  Staes  gioielliere  fiam- 
mingo di  S.  A.,  nel  partir  da  Milano,  gli  commise  di  far  stampare 
in  varie  città  1'  avviso  di  un  rubino,  rubato  sul  Po  vicino  a  Fer- 
rara. Il  rubino  capitò  in  pegno  per  dieci  ducati  ad  un  ebreo,  come 
gli  fu  detto  da  M.ro  Luca  di  Otti,  orefice  veneziano,  massaro  di 
detta  arte  in  Mantova ,  e  poi  da  Tommaso  Rovida  orefice  in 
Milano.  Si  pensi  al  riscatto  a  favore  dello  Staes. 

David  di  Cervi  ebreo  mantovano,  venuto  in  Milano,  faceva  co- 
noscere al  Duca  di  Mantova  (16  marzo  1599),  che  teneva  a  sua 
disposizione  sei  bellissimi  tazzoni  d' argento  grandi ,  con  piede 
alto,  con  un  imperatore  in  mezzo,  alto  un  palmo,  istoriato  sot- 
tilissimamente delle  imprese  fatte  dello  stesso  imperatore  :  il  peso 
dei  tazzoni  era  di  oncie  106  per  ciascuno.  Seguiva  a  notargli 
che  r  orefice  Romanino  gli  aveva  mostrato  un  bellissima  gioiello 
del  valore  di  scudi  4.  m.  e  vari  cammei  istoriati.  Un  Zan  Agnolo 
Benzeni  lavorante  in  gioielli ,  valente ,  era  disposto  di  venir  in 
Mantova  a  fargli   «  il  suo  bel  vaso  ed  altro.  » 

Camillo  Riccio  da  Milano,  il  20  febbraio  1599,  offre  al  Duca 
un  pezzo  di  lapislazuli ,   che  pesa    965  V2  ed    è    a    giudizio    dei 


318  LE    ARTI    MINORI 


gioiellieri  il  più  voluminoso  pezzo  che  siasi  veduto ,  mandando 
intanto  il  disegno,  che  in  ogni  caso  prega  di  rimettere  ad  An- 
selmo Levi  in  Mantova.  Piacendo  lo  porterà  a  Mantova.  Fa  poi 
conoscere  che  capitarono  in  Milano  «  certi  paesini  del  Civeta  et 
dil  suo  maestro.  » 

Rivedremo  questo  Camillo  Ricio  nella  sezione  del  vetro. 

Se  non  vi  è  moltissimo  in  questa  relazione  lombarda;  il  poco 
è  importante  e  vedremo  farsi  maggiore  nel  secolo  XVII. 

(Continua). 

A.   Bertolotti. 


GLI  SFORZA  E  CARLO  VIIL 


/  narratori.  —  IL  /  re  francesi  e  V  Italia.  —  III.  Lodovico 
il  Moro.  —  IV.  Suoi  intrighi  con  Carlo  Vili  e  con  Massi- 
miliano. —  V.  Bianca  Maria.  —  VI.  Politica  avviluppata  e 
Lega.  —  VII.  Preparativi  dì  re  Carlo.  —  Vili.  Sua  calata.  — 
Morte  del  duca.  —  IX.  Lettere  e  Arti,  —  X.  Esito  del- 
l' impresa. 


I. 

Come  avviene  delle  epoche  più  momentose  della  vita  sociale, 
numerosissimi  sono  quelli  che  scrissero  intorno  alla  discesa  di 
Carlo  Vili  in  Italia,  sia  del  complesso,  sia  di  fatti,  sia  di  per- 
sonaggi ,  0  di  paesi ,  o  di  casi  parziali.  Tra  questi  merita  posto 
principale  Filippo  dì  Camines,  signore  di  Argenson,  prezioso  nar- 
ratore di  ciò  che  vide  come  ministro  di  Carlo  il  Temerario  ,  poi 
di  Luigi  XI,  adoperato  in  tutti  gli  affari  del  tempo.  Non  ha  molto  di 
politica  e  di  vedute.  Non  conosceva,  o  almeno  non  seguiva  i  clas- 
sici, e  ignorava  fin  il  latino;  studiava  la  storia  sul  vivo:  sapeva 
quanto  costasse  ciascun  ministro  o  magistrato ,  onde  può  dirsi 
che  laicizò  la  storia ,  non  raccontando  se  non  ciò  che  vedeva 
e  al  modo  che  lo  vedeva ,  senza  reminiscenze  o  allusioni  o 
idealità.  Lo  chiamai  un  Machiavello  anticipato,  perchè,  come  il 
nostro,  non  conculca  la  moralità,  ma  non  la  valuta,  e  la  sottomette 
alla  convenienza  politica;  non  loda  che  la  riuscita;  non  inveisce. 


320  GLI    SFOKZA    i;    CARLO    VIIL 

né  si  appassiona.  Ebbe  gran  parte  nelle  imprese  di  cui  prendiamo 
ad  occuparci ,  e  non  é  sempre  benigno  a  re  Carlo. 

Marin  Sanudo,  di  cui  a  lungo  discorsi  nel  fascicolo  precedente, 
prima  dei  Diarj  avea  descritto  l' impresa  di  Carlo  Vili,  lavoro  di 
giovane  inesperto,  e  senza  le  preziose   particolarità  di  quelli  (1). 

Sono  di  questi  tempi  gli  storici  più  rinomati  :  Benedetto  Varchi, 
Paolo  Giovio^  Scipione  Ammirato,  Pietro  Bembo,  Jacobo  Nardi, 
Senarega,  Navagero,  e,  superiori  a  tutti ,  Francesco  Guicciardini 
e  Nicolò  Machiavello, 

Il  Guicciardini  ,  bellissimo  scrittore  ,  formato  sui  classici ,  stu- 
dioso della  parola  ancor  più  che  dei  fatti  ,  quae  desperat  traetata 
niteseere  posse,  relinquit.  Ranke  ne  abbatté  la  reputazione,  mo- 
strandolo in  fallo  persin  nei  fatti  a  cui  prese  parte.  Bensì  è  note- 
vole pei  riflessi  politici  che  fa  sopra  persone  e  sopra  avvenimenti, 
che  non  si  curò  di  sincerare.  Il  Delaborde  riflette  che  la  splen- 
dida descrizione  dello  stato  d'  Italia  prima  dell'  invasione  fran- 
cese,  è  un  artifizio  retorico  per  dar  risalto  alle  miserie  che  la 
seguirono. 

Il  Machiavello  ha  una  reputazione  popolarissima  (2),  essendosi 
da  lui  denominata  quella  politica,  che  cerca  1'  utile  senza  badare 
all'onesto,  e  che  egli  non  inventò  ma  trovò  generale,  e  che  ha 
dominio  anche  ora  fra  i  vanti  di  civiltà,  di  umanità,  di  lealtà, 
quando  gloria  è  il  riuscire,  qualunque  siano  i  mezzi,  e  il  mezzo 
migliore  è  la  forza  ove  non  basti  l' astuzia.  Chiaro ,  breve , 
efficace ,  non  badando  a  Dio  e  Cristo  ,  eppure  agi'  influssi  e  agli 
astrologi,  non  curando  letteratura  e  belle  arti,  indifferente  per  le  vit- 
time, simpatico  per  chi  raggiunge  il  suo  fine;  immaginava  un'  Italia 
armata  contro  tutta  Europa  armata ,  a  cui  solo  un  tiranno  ca- 
pace di  qualunque  delitto  potrebbe  metter  freno,  detesta'bile  solo 
quando  non  riuscisse.  Lo  stesso  Ranke  giudica  che  il  Principe  di 


(1)  La  spedizione  di  Carlo  Vili  in  Italia,  raccontata  da  Marin  Sanudo, 
pubblicata  per  cura  di  Rinaldo  Fulin.  —  Venezia,  1873. 

(2)  Oreste  Tommasini:    La    cita    e   QÌi  scritti    di   N.  Machiavello  nella 
loro  reiasione  col  Machiavellismo.   —  Torino,  1883. 


GLI    SFORZA    E    CARLO    Vili.  321 


Machiavello  non  è  un  encomio,  non  un'ironia;  ma  un  opuscolo- 
di  circostanza. 

Speciale  alle  cose  lombarde  è  Bernardino  Corio,  «  il  qual  pel 
primo  commise  ai  monumenti  della  lettera  le  origini  e  gli  incliti 
fatti  dei  Milanesi  »:    benché  cortigiano  degli   Sforza,  lascia  tra-^ 
pelare  la  sua  disapprovazione. 

Tanta  è  l' importanza  di  quel  momento,  decisivo  dell'  avvenire 
di  tutta  Europa,  che  moltissimi  moderni  tolsero  a  parlarne  e  ra- 
gionarne. Principal  lode  fu  data  a  M.  Cherier  (1),  ma  i  giudizj  dati 
generalmente  parvero  severi  e  ingiusti  al  duca  di  Chaulnes,  mu- 
nifico protettore  delle  lettere  e  delle  arti  ,  che  col  Muntz  rac- 
colse copiosi  e  preziosi  documenti  intorno  a  quell'  epoca.  Colpito 
da  morte,  quei  materiali  furono  affidati  al  signor  Delaborde,  che 
già  ne  era  collaboratore ,  e  che  ne  continuò  le  idee  e  compi 
una  beli'  opera  (2). 

È  una  delle  splendide  edizioni  della  libreria  Firmin  Didot,  il- 
lustrata con  3  fotoincisioni ,  2  cromolitografie ,  5  tavole  litogra- 
fate, 138  incisioni  nel  testo,  con  moltissime  medaglie  e  ritratti 
o  firme  di  personaggi  della  storia  italiana.  Fra  cui  un  elegan- 
tissimo frontispizio  della  Historia  delle  cose  faeie  dallo  inoietis- 
simo  duca  Francesco  Sforza ,  scripia  in  latino  da  Giovanni 
Simonetta  ,  et  tradxicta  in  lingua  fiorentina  da  Christophoro 
Landino  fiorentino  :  il  quadro  che  è  in  Brera  dello  Zenale  con 
Lodovico  e  la  sua  famiglia,  inginocchiata  avanti  alla  Madonna  e 
quattro  Santi:  la  «Madonna  della  Vittoria»,  del  Mantegna. 


II. 

Questa  del  Delaborde  può  dirsi  storia  milanese,  giacché  vi  sono 
minutamente    divisati    tutte    le    trattative    e  i  discorsi  dei  diversi 

(1)  Cherier.  H.  de  Charles  Vili.  —  1868. 

(2)  L'  Expédition  de  Charles  Vili  en  Italie  ;  histoire  diplomatique  et  mi- 
litaire  par  pRANgois  Delabord.  —  Paris,  Firmin  Didot,  1888,  in-4 ,  di 
pagine  700. 

Areh.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  21 


322  GLI    SFORZA    E    CARLO    Vili. 


ambasciatori  e  le  loro  relazioni  col  Moro ,  dedotte  dai  carteggi 
esistenti  nel  nostro  Archivio,  ed  egli  ha  la  cortesia  di  ricordare 
l'assistenza  datagli  dal  marchese  Gerolamo  d'  Adda,  da  Ghinzoni 
e  da  Cantù. 

Il  posto  ove  scriviamo  c'impedisce  di  seguirlo  nella  complicazione 
dei  fatti  d'  allora,  eh'  egli  svolge  a  meraviglia,  e  ci  ritiene  a  ciò 
che  riguarda  la  Lombardia,  o,  come  allora  si  diceva,  il  Milanese, 
soggiungendo  quel  che  recentemente  si  pubblicò.  I  nostri  Archivj 
offrirono  al  sig.  Delaborde  le  istruzioni  date  dal  Moro  ad  abili 
diplomatici  per  riconoscere  la  supremazia  della  Francia  su  Ge- 
nova ,  e  insieme  domandar  1'  annessione  di  essa  al  ducato  di 
Milano.  Secondo  Comines,  il  concetto  della  spedizione  in  Italia 
venne  tutto  dal  Moro.  Ma  realmente  da  un  pezzo  i  re  francesi 
ambivano  estendere  qui  1'  influenza  e  il  dominio ,  e  per  mezzo 
di  matrimonj  protendeano  a  Saluzzo ,  Asti ,  Milano ,  e  viepiù  a 
Napoli ,  come  eredità  dei  duchi  d'  Anjou.  Di  qui  un  labirinto  di 
parentele  e  di  pretensioni ,  complicate  dai  papi ,  che  allora  se- 
devano in  Avignone ,  e  perciò  favorivano  i  Francesi ,  e  osteg- 
giavano i  Fiorentini ,  fedeli  alla  causa  italiana. 

Luigi  XI,  studiando  Francesco  Sforza  (1),  avea  compreso  che 
la  politica  è  una  scienza  ;  che  1'  amministrazione  dello  Stato  deve 
essere  sottoposta  a  calcolo  ,  non  abbandonata  al  capriccio  e  al- 
l' eventualità  ;  che  per  deprimere  la  nobiltà,  la  quale  può  opporre 
privilegi ,  bisogna  favorire  il  popolo.  Infatti  egli  operò  sempre 
con  intenti  prestabiliti ,  che  introducevano  1'  ingegno  nel  governo 
e  r  interesse  al  posto  della  morale ,  e  re  popolare  per  interesse 
della  corona,  non  per  simpatia,  ebbe  con  arti  buone  e  con  pes- 

(1)  Lo  Sforza  diceva:  Quando  si  lia  tre  nemici,  col  primo  si  fa  pace,  tregua 
col  secondo  :  sì  assale  il  terzo.  Con  parole  severissime  (pag.  86)  rinfaccia  a 
Francesco  Sforza  l'assassino  del  Picinino. -La  più  parte  degli  storici  mila- 
nesi lo  scagionano  ;  ma  le  carte  del  nostro  Archivio  ne  provano  la  com- 
plicità, e  come  suggerisse  di  disfarsene,  senza  ch'egli  apparisse.  Il  signor  De- 
laborde è  forse  troppo  severo  contro  Caterina  De  Medici  (pag.  686),  massime 
dopo  la  pubblicazione  delle  Lettres  de  Catherine  de  Medicis ,  publiées 
par  le  comtc  Hector  de  la  Ferrikre.  —  Paris,  1887. 


GLI    SFORZA    E    CARLO    VIIL  328 

sime  umiliati  i  nobili  e  consolidata  l' autorità  regia  ben  piìi 
colla  sua  grettezza,  che  non  l'avessero  ottenuto  i  re  coperti  di 
armi. 

Morto  Luigi  XI ,  gli  succedeva  Carlo  Vili  ,  ancor  fanciullo 
sotto  la  reggenza  di  Anna  de  Boaujou  fino  al  1492.  Di  lui  scrive 
il  Fontano  (De  Fortuna,  lib.  II,  cap.  34)  :  «  Erat  in  Carolo  foeda 
queedam  oris,  corporis  vero  totius  deformis  effìgies.  » 

Esso  Fontano  ha  un'  invettiva  contro  il  Moro  come  uccisore 
di  Galeazzo. 

«  Ce  gentil  roy  (scrive  Brantóme)  ne  songeait  qu'a  donner  aux 
«  seigneurs  et  aux  dames  force,  beaux  plaisirs  et  passetemps,  et 
«  des  beaux  tournois  à  la  mode  de  France  qui  vat  toujours  em- 
<  porte  le  prix  pardassus  tous  les  autres  ;  jeux  guerriers ,  ou  il 
«  était  toujours  des  mieux  tenaus  et  des  mieux  faisaus.  > 

Il  sig.  Delaborde  propende  per  Carlo  Vili ,  lo  crede  cavalle- 
resco, modesto,  fedele  alla  sua  parola;  fermissimo  nei  propositi, 
come  mostrò  nel  venir  in  Italia  malgrado  tutti  i  suoi;  valoroso, 
come  appare  nella  battaglia  di  Fornovo. 

Quando  sali  al  trono  gli  inviati  di  tutta  Italia  non  parlarono 
che  di  pace;  pace  mediava  Comines^  pace  il  magnifico  Lorenzo, 
ma  intanto  tutti  facevano  armi ,  e  bande  venturiero  invadevano 
Roma  e  Napoli;  il  duca  d'Orléans  teneva  Asti  come  chiave 
della  Lombardia,  sulla  quale  vantava  diritti  come  erede  della  Va- 
^entina  Visconti. 

Questi  cenni  bastino  a  mostrare  che,  se  il  Moro  eccitò  Carlo  Vili 
a  calar  in  Italia ,  antico  n'  era  il  progetto  nei  re  francesi ,  e 
guatavano  tutte  le  occasioni  e  i  movimenti  ;  con  grande  atten- 
zione presentati  dal  Delaborde.  Il  giovine  Carlo  avea  dunque 
davanti  ciò  che  i  suoi  padri  aveano  ordito,  e  non  potea  che  con- 
tinuare. Che  amasse  i  romanzi,  come  dice  Cominez,  è  un  accidente 
che  può  garbare  a  quei  che  cercano  piccole  cause  ai  grandi 
eventi ,  ma  sua  smania  era  attraversar  1'  Italia  con  magnifico 
esercito,  entrare  trionfanti  in  Firenze,  Roma,  Napoli,  acquistar 
la  Grecia  cacciandone  il  Turco,  e  sul  Santo  Sepolcro  ricever  la 
corona  di  Costantino. 


324  GLI    SFORZA    E    CARLO    VIH. 


HI. 

Fra  i  tanti  Stati  d' Italia,  grande  importanza  aveva  il  Milanese, 
massime  dacché  fu  sistemato  da  Francesco  Sforza.  Suo  figlio  Ga- 
leazzo Maria  fu  ucciso  da  congiurati  (1476),  e  la  reggenza  toccò 
alla  vedova  Bona  di  Savoja  a  nome  del  figlio.  Ma  i  fratelli 
di  che  prudentemente  egli  aveva  tenuto  lontani ,  corsero  a  Mi- 
lano per  profittare  della  giovinezza  del  nuovo  Duca ,  abbattere 
Cicco  Simonetta  e  la  duchessa  reggente,  e  dopo  una  folla  d'in- 
trighi ottennero  ciascuno  un  assegno  annuale  ,  una  fortezza  nel 
ducato,  e  un  palazzo  a  Milano.  Tra  essi  ben  presto  primeggiò 
Lodovico  detto  il  Moro,  uno  dei  personaggi  più  enigmatici  di  quel 
memorabilissimo  tempo  (1). 

D' ingegno  operosissimo  e  di  animo  basso ,  amava  le  lettere  ; 
chiamati  alla  Corte  scienziati  ,  poeti ,  storici  ,  artisti ,  ne  formò 
un'Accademia;  ampliò  la  fabbrica  dell'Università  di  Pavia;  fece 
riformare  gli  Statuti  ;  dilatò  la  cultura  della  pianta  di  cui  por- 
tava il  nome;  preparò  a  Milano  il  Lazzaretto,  disegno  forse  di 
Bramante ,  il  quale  invitato  da  lui  con  buoni  stipendj ,  eresse 
la  tribuna  e  la  cupola  delle  Grazie,  il  vestibolo  di  San  Celso,  la 
sacristia  di  San  Satiro,  il  chiostro  di  Sant'Ambrogio,  mentre 
Lionardo  da  Vinci  dipingeva  la  mirabile  Cena  alle  Grazie,  e  nel 
nuovo  canale  della  Martesana  applicava  i  sostegni  che  noi  chia- 
miamo conche,  e  fondava  una  scuola  da  cui  uscirono  i  Luini,  Ce- 
sare da  Sesto,  Marco  d'Oggiono,  il  Lomazzo,  il  Salaino,  il  Boltraffi, 
Incompiuto  nelle  buone  come  nelle  tristi  qualità  ,  Lodovico  fi- 
dava nella  politica  destrezza  di  poter  movere  a  suo  senno  le 
cose    italiane  (2).  Come   a   qualche    primario    attore    dell'  ultima 

(1)  Vedi  in  questo  Archivio  :  Il  Moro  prima  di  venir  al  governo  (1886  , 
pag.  728);  Giudisj  $ul  Moro,  pag.  771). 

(2)  CoMiNEs  dice  di  lui:  Est-il  homme  très-saige ,  mais  fori  craintlf 
et  bien  souple  quand  il  anali  pour.  J'en  parie  comme  de  eeluy  qui  f  ay 
cognu  et  beaucoup  de  choses  traicté  aaec  luy ,  et  homme  sans  fois  s' il 
croit  son  projlt  pour  la  rompre. 


cu    SFORZA    E    CARLO    VHI.  325 

nostra  rivoluzione,  con  frase  troppo  ripetuta  qualificata  Risorgi- 
mento, la  caratteristica  del  Moro  era  d' intrigante.  Mirava  a  pro- 
sperar il  Milanese  e  farlo  prinìeggiare  fra  gli  Stati  italiani  ;  a 
tal  uopo  renderlo  robusto  col  deprimere  i  signorotti ,  fra  i  quali 
erano  divisi  i  dominj  ,  la  giurisdizione ,  le  armi ,  e  trarli  a  un 
centro ,  che  le  divise  forze  riassumesse ,  come  aveano  fatto  la 
Francia  e  la  Spagna.  Ma  in  Italia  dei  quattro  Stati  principali, 
Roma ,  Napoli ,  Firenze  ,  Milano ,  nessuno  si  era  rinforzato  in 
modo  ,  da  prevalere  agli  altri ,  onde  era  un  continuo  associarsi  , 
combattersi ,  patteggiare  fra  loro. 

Supremo  intento  del  Moro  era  stato  divenir  duca  di  Milano , 
a  scapito  del  nipote  ,  il  quale ,  infermiccio ,  tenea  come  prigio- 
niero nel  castello  di  Pavia,  mentre  di  tutte  le  cose  pubbliche  egli 
disponeva  come  sue. 

Se  il  giovane  duca  vi  si  rassegnava,  non  cosi  la  moglie  di  lui 
Isabella,  figlia  dei    duca  di  Calabria,  la  quale  al  padre  scriveva: 

Da  parecchi  anni  tu  mi  hai  dato  sposa  a  Giovan  Galeazzo,  perchè, 
appena  fosse  giunto  all'  età  virile ,  governasse  da  sé  il  suo  regno  e 
tenesse  dietro  agli  esempj  del  suo  padre  Galeazzo,  dell'  avo  Francesco 
Sforza  e  dei  Visconti  suoi  antenati. 

Ha  compita  la  sua  gioventù  ed  è  padre,  e  tuttavia  è  privo  d' impero, 
e  appena  appena  a  stento,  a  forza  di  replicate  preghiere  può  ottenere 
da  Lodovico  e  dai  suoi  ministri  quanto  è  opportuno  per  vivere.  Lo- 
dovico amministra  ogni  cosa  a  suo  arbitrio,  tratta  guerre  e  paci,  fa 
leggi ,  concede  diplomi  e  immunità ,  impone  balzelli ,  sussidj ,  ordina 
rendimenti  di  grazie,  aduna  tesori ,  e  a  tutto  suo  beneplacito.  Noi  pri- 
vati d'  ogni  soccorso  e  senza  denari ,  meniamo  una  vita  di  privato,  né 
Gian  Galeazzo  pare  il  padrone  dello  Stato,  ma  sibbene  Lodovico,  che 
mette  prefetto  alle  ròcche,  che  si  attornia  di  soldati,  accresce  i  ma- 
gistrati ,  e  fa  tutto  quello  che  è  proprio  esclusivamente  del  vero  duca. 
Testé  fu  fatto  padre  d'  un  figlio ,  cui  si  dice  comunemente  destinare 
alla  contea  di  Pavia  per  farlo  poi  suo  successore  nel  ducato  ,  e  in- 
tanto onora  la  puerpera  come  fosse  la  duchessa.  Noi  e  i  figli  nostri 
Siam  disprezzati,  e  non  senza  pericolo  della  vita  sottoposti  al  di  lui 
impero  ,  che  un  qualche  dì,  per  far  cessare  1'  odio  che  d'  ogni  parte 
manifesto  traspare,  non  abbia  a  tradimento  a  spegnerci  di  modo,  che  mi 


326  GLI    SFORZA    E    CARLO    VIH. 

par  già  d'  essere  vedova  e  sconsolata,  abbandonata  da  tutti ,  senza  soc- 
corso. E  pure  mi  sento  ancora  animo  ed  ardire.  Il  popolo  ci  ama,  ci 
compassiona;  all'incontro  odia  e  detesta  il  nostro  tiranno  che  quasi 
per  avarizia  lo  ha  dissanguato:  ma  non  atta  a  tenergli  testa,  mi  è 
forza  tollerare  gli  affronti  e  tacere,  circondata  da'  suoi  cagnotti  a  lui 
fidi ,  avversi  a  noi.  Se  ti  muove  pietà ,  se  dramma  d'  amore  hai  per 
me,  se  queste  lagrime  ti  possono  piegare,  se  nel  tuo  cuore  v'ha  sen- 
timento di  generosità,  la  figlia,  il  genero  togli  alla  dura  schiavitù,  agli 
affronti ,  alla  morte  ,  e  rimettili  in  trono.  Che  se  non  ti  cale  di  noi 
mi  è  meglio  lasciare  da  me  stessa  la  vita,  che  portare  il  giogo  della 
tirannia,  soffrire  qualunque  acerbità  in  un  altro  regno  che  non  nel 
mio,  e  sotto  gli  occhi  dell'  emulo. 


IV. 

Tanto  più  il  iVloro  sentiva  bisogno  che  le  circostanze  venissero 
ad  accelerare  il  suo  intento.  A  ciò  vedeva  opportuna  la  spedi- 
zione di  Carlo  Vili  contro  Napoli,  che  commoverebbe  tutta  Italia. 
Onde  al  re  scriveva  : 

La  Casa  degli  Sforza  vanta  d'  essere  sempre  concorsa  in  tutte  le 
guerre  a  favor  della  Francia,  la  quale  fu  onorata  di  moltissimi  bene- 
ficj.  Tuo  padre  Lodovico  fece  dono  a  mio  padre  Francesco  Sforza  della 
signoria  di  Genova  che  tu  mi  hai  confermata.  Riconoscente  di  sì  gran 
meriti ,  Francesco  mandò  in  Francia  Galeazzo  suo  figlio  e  mio  fratello 
con  gran  copia  d'  armati  all'  intento  di  fiaccare  il  furor  de'  Baroni,  che 
in  armi  1'  avversavano  e  più  avean  fatta  lega  con  Francesco  duca  di 
Brettagna  per  cacciarlo  dal  trono  e  molestarlo  con  continuo  ves- 
sazioni. 

L' ajuto  prestatogli  da  mio  padre  fu  utile  ,  come  gli  tornò  salutare 
il  consiglio  d'  accordare  ai  nemici  le  condizioni  che  più  sarebbero  a 
loi'o  piaciute  ,  perchè  anche  ingannato  gli  rimanevano  intatte  le  sue 
forze,  ritenendo  il  titolo  di  re ,  e  datane  1'  occasione  poteva  vendicar- 
sene, essendo  impossibile  che  un  sì  gran  numero  di  principi  potesse 
unirsi  ad  un  sol  fine,  e  in  un  colpo  rivolgergli  contro  le  armate  che 
ciascheduno  aveva  preparate  a  propria  difesa.  In  tal  maniera,  in  breve 
tempo  impadronitosi  di  loro  e  liberatosi  dalla  soggezione ,   potè  rego- 


GLI    SFORZA    E    CARLO    Vili.  327 

lare ,  attorniato  dal  rispetto  di  tutti ,  a  suo  beneplacito  un  regno ,  di 
cui  non  si  vedeva  altro  né  più  ricco,  nò  più  vasto.  Lui  temevano  i 
più  forti  baroni ,  i  popoli ,  le  città ,  i  duchi ,  i  re  ;  era  onorato  dai 
primati  delle  provincie ,  amato  da  tutti  e  da  tutti  riverito.  Io  mi  ac- 
corgo che  nulla  posso  fare  per  rimunerarti  della  generosità  che  meco 
hai  usato,  non  ostante  nutro  desiderio  fervidissimo  di  poterti  mostrare 
quanto  r  animo  mio  ti  sia  propenso,  e  mentre  fra  me  stesso  vo  pen- 
sando che  mai  possa  fare  per  onorare  la  grandezza  della  tua  gloria  , 
nuli' altro  mi  soccorre  alla  memoria  nella  pochezza  del  mio  stato,  che 
di  giovarti  collo  stesso  consiglio,  che  un  dì  il  padre  mio  diede  al  tuo, 
affine  di  ampliargli  il  regno  e  cessar  1'  onta  di  cui  volevano  bruttarlo 
i  re  di  Napoli ,  che  contro  ogni  diritto,  quel  regno  che  a  te  è  dovuto, 
e  a  te  lasciato  da'  tuoi  antenati ,  e  tuo  padre  per  eredità  e  per  testa- 
mento ha  aggiunto  alla  corona  di  Francia,  improvvidamente  e  con  vio- 
lenza usurpano,  dilaniando  i  popoli,  e  con  vergognosi  balzelli  dissan- 
guandoli. 

Non  ti  ricordi ,  o  Carlo,  che  il  tuo  genitore,  determinato  di  sconfig- 
gere i  Turchi ,  nuli'  altro  regno  stimò  più  acconcio  per  procacciarsi 
una  flotta  ed  aumentare  l'esercito,  che  questo  regno,  dove  e  si  può 
armare  la  flotta,  ed  ordinar  l'oste,  rincorarla  ed  acquartierarla?  E  fino 
a  quando  sia  il  nome  di  Francia  vilipeso ,  manomessa  1'  eredità 
regale  dagli  stranieri  e  trattati  i  popoli  come  preda  di  guerra  ,  ti  fa- 
voriscono tutti ,  e  te  unicamente  vogliono  principe,  e  anelano  portare 
il  tuo  giogo,  purché  si  liberino  dal  dispotico  e  tiranno  Aragonese. 

In  quanto  a  me,  armi ,  denari ,  cavalli ,  soldati ,  tutto  è  tuo  purché 
strenuamente  combatta,  né  patisca  che  si  aggiunga  vergogna  a  vergo- 
gna. Non  temer  ardua  V  impresa  trattandosi  di  un  regno  di  lungo  pos- 
sedimento ;  hai  per  te  tutti  i  potentati  d' Italia,  e  Dio  stesso  avrà  cara 
e  sacra  la  tua  causa;  rinfocolerà  l'odio  dei  popoli;  lui  caccerà  i  ne- 
mici purché  veda  in  campo  sventolar  le  tue  insegne  e  sfolgorar  le 
tue  armi ,  né  diversamente  si  porteraimo  i  potentati.  Accingiti  dimque 
all'  impresa  ;  tronca  ogni  indugio  :  agli  accalorati  e  disposti  nuoce  il 
protrarre.  Da  questa  fazione  te  ne  verrà  gran  gloria,  e  luminosa  fama 
appo  i  posteri. 

Di  là,  come  varcato  un  ponte,  invaderai  i  Turchi,  li  profligherai ,  ed 
a  Gerusalemme  riunirai  i  calpestati  cristiani ,  e  riconquisterai  quei 
luoghi  che  un  dì  furono  soggiogati  dalle  armi  e  dal  valore  de'  tuoi 
maggiori. 


3:28  GLI    SFORZA    E  n  ARLO    Vili. 


Qual  cosa  più  gloriosa  che  difendere  la  religione  di  cui  sei  capo  , 
<i  unire  alle  nostre  file  anche  gli  oppressi  e  non  che  rintuzzare  le  in- 
giurie,  rivolgerle  contilo  i  minacciosi,  ed  erapire  del  tuo  nome  im- 
mortale e  ciclo  e  terra  e  mare.  A  te  ricorrono  e  gridano  i  mille 
fuorusciti  Napolitani ,  cacciati  dalla  patria  dal  desposta  Ferdinando. 
Essi  da  te  ajuto,  confoiHo,  riscatto  e  ritorno  alla  patria  aspettano  ed 
invocano. 

Là  stanno  partigiani ,  là  cittadini  d'  ogni  virtù  ti  onoreranno ,  che 
soffocano  la  loro  devozione  pel  timore  de'  supplizj ,  cittadini  o  popoli 
senza  colpo  ferire  si  arrenderanno  e  alzeranno  la  gloriosa  tua  bandiera. 
Inoltre  il  Turco  move  l'armi  nell'Illirico  contro  la  religione,  e  cerca 
opprimere  la  Pannonia  e  tutto  a  disdoro  della  religione  col  ferro  o 
col  fuoco  devastando,  mette  a  soqquadro.  Soffriremo  d'essere  calpe-- 
stati  e  vilipesi  dal  comune  nemico  e  vedremo  indifferenti  spregiato 
Cristo,  contaminati  i  tempj ,  profanati  i  divini  misteri,  e  tutto  sperpe- 
rato ?  È  tempo  che  tu  muova  da  Brindisi  e  difilato  navighi  a  Valona  ; 
colà  gli  serrerai  addosso  all'  improvviso,  e  avrai  trafitti  i  nemici  prima 
che  s'  accorgano,  quindi  sarà  forza  che  si  ritiri  per  difendere  1'  aggre- 
dito suo  regno.  Non  ti  mancherà  1'  ajuto  di  Massimiliano  ;  imperator 
de'  Romani ,  non  quello  dei  re  della  Spagna  e  del  Portogallo ,  non 
-quello  dell'  invitto  sir  d' Inghilterra,  non  quello  dei  Daci  e  dei  Sarmati, 
'6  di  tutta  Italia;  la  gloria  sarà  tua,  la  fatica  divisa  con  tutti.  Non 
perdere  1'  occasione ,  perchè  volendolo  un'  altra  volta ,  non  voglia 
invano  (1). 


Sia  uu  modello  delle  arringhe ,  di  cui  gli  storici  d'  allora  im- 
pinguavano i  racconti,  per  amor  della  verità.  Certamente  il  Moro 
avrà  esposto  quella  suasoria  (che  arieggia  ad  una  ben  nota  di 
32  anni  fa)  più  brevemente  ;  e  intanto  giocava  a  due  mani,  poi- 
ché al  tempo  stesso  carezzava  Massimiliano  re  dei  Romani,  come 
si  intitolava  l' imperatore  di  Germania  prima  di  essere  incoronato 

(1)  Secondo  il  Cerio,  Lodovico  offriva  al  re  500  uomini  d'  arme,  le  grosse 
navi  genovesi  e  12  galee,  mantenute  a  sue  spese,  e  occorrendo  darebbe  di  più. 


I 


GLI    SFORZA    E    CARLO    VIIL  'A29 

a  Roma.  Gli  Elettori  tedeschi  aveano  preteso  che  il  Milanese 
fosse  un  feudo  dell'  Impero  ,  e  gran  colpa  fecero  a  Venceslao 
quando  lo  investì  come  Stato  a  Gian  Galeazzo  Visconti.  Francesc(j 
Sforza  non  ne  chiese  1'  investitura ,  né  i  suoi  discendenti ,  onde 
non  erano  considerati  legittimi.  Lodovico  si  valse  di  tale  circo- 
stanza, e  ne  chiese  l' investitura  a  Massimiliano. 

Il  signor  Felice  Calvi  ha  pubblicalo  la  vita  di  Bianca  Maria 
Sforza- Visconti,  regina  dei  Romani,  imperatrice  di  Germania. 
(Milano ,  Vallardi ,  1888)  di  curioso  interesse  pei  costumi  della 
fine  del  XIV  secolo.  Oltre  la  lode ,  qui  la  citiamo  per  la  parte 
che  r  autore  vi  ha  introdotto  della  politica  del  Moro.  Ai  docu- 
menti dell'Archivio  di  Stato,  l'autore  potè  aggiungere  molte  carte, 
giacenti  negli  scaffali  di  casa  Taverna,  e  specialmente  il  carteggio 
degli  ambasciadori  del  Moro  alla  Corte  imperiale.  Del  quale  si 
vede  a  non  dubitarne  il  proposito  di  farsi  duca,  ottenendone  1'  in- 
vestitura da  Massimiliano  mentre  ancora  viveva  il  duca  suo  ni  - 
potè  ;  e  il  debole  o  avaro  imperatore  condiscendeva,  a  patto  che 
non  la  si  manifestasse  che  alla  morte  di  quello. 

Lodovico  la  accelerò  ì 

È  quello  che  i  contemporanei  dissero,  e  che  ritenne  il  mondo, 
facile  a  vedere  il  delitto  in  chi  ne  trae  vantaggio.  Il  carteggio 
del  Moro  col  Pirovano  e  col  Brasca  è  accorto  e  ben  dissimulalo, 
non  cosi  però  che  non  ne  trapeli  la  verità. 

Si  considerava  come  un  onore,  un  vantaggio  pei  principi  e  pei 
re  d' Inghilterra,  di  Ungheria,  di  Spagna,  di  Francia,  di  Germania 
r  imparentarsi  coi  duchi  nostri  :  e  Lodovico  volle  assicurarsi 
r  amicizia  di  Massimiliano  col  dargli  sposa  Bianca  Maria,  nipote 
sua  e  sorella  di  Galeazzo  Maria. 

Il  Corio  dà  per  esteso  le  trattative  fatte  ,  per  mezzo  dell'  ac- 
cortissimo diplomatico  Erasmo  Branca  sopra  il  matrimonio  :  in- 
sieme domandava  i  privilegi  pel  ducato  a  favore  di  esso  Lodo- 
vico. Bianca  Maria  era  stata  fidanzata,  di  2  anni  con  Filiberto 
duca  di  Savoja  ;  poi  con  Giovanni,  primogenito  del  famoso  Mattia 
Corvino,  poi  con  Ladislao  re  di  Boemia  e  Ungheria.  Ne  discorse 
questo  Archivio  nel  1875,  pig.  51,  seguendo  a  dire  delle  nozze 


330  GLI    SFORZA    E    CARLO    VIH. 

coli'  imperatore ,  dei  riti  e  delle  cerimonie  che  le  accompagna- 
rono (1).  Ed  è  curiosissimo  e  prezioso  il  lungo  inventario  del 
corredo,  assegnatole  con  istromento  notarile,  con  minuta  descri- 
zione fino  alle  serviette,  ai  ditali,  agli  aghi,  agli  spilli,  ai  nastri. 
Vi  è  soggiunto  il  menu  del   pranzo  nuziale,  fatto  a  Innspruk. 

Massimiliano  diede  per  Lodovico  l' investitura,  «  ma  si  desidera 
bene  che  d'  essa  lettera  non  se  ne  daghi  exemplo  ad  alcuno  , 
salvo  che  al  Reverendissimo  e  Illustrissimo  Cardinale  Signor 
Vostro  (card.  Ascanio  Sforza)  per  mostrarla  al  Pontefice.  »  E 
ciò  per  non  incontrare  ostacoli  negli  Elettori,  e  per  non  togliere 
ogni  speranza  al  re  Alfonso  ;  anzi  Massimiliano  procurerà  ottener 
al  Milanese  il  titolo  di  granducato,  e  di  esser  annoverato  fra  gli 
Elettori  dello  Impero. 

Quanto  alla  spedizione  del  re  di  Francia,  Massimiliano  indicava 
al  Moro  come  comportarsi ,  usandogli  bei  modi,  e  distogliendolo 
dall'  andare  a  Roma,  per  paura  vi  si  voglia  far  coronare  impe- 
ratore, mentre  i  Veneziani  lo  impedivano  a  lui. 

Curiose  particolarità  ci  sono  rivelate  dal  carteggio  di  essi  am- 
basciadori  milanesi,  i  quali,  come  avverte  il  Calvi,  non  erano  serj 
negoziatori ,  ma  ospiti  e  quasi  amici  della  Corte  e  dei   regnanti. 

Diventano  però  serj  quando  la  spedizione  di  Carlo  Vili  si  matura. 
Il  re  dei  Romani  mette  il  Moro  in  avvertenza  contro  le  pre- 
tenzioni  di  Luigi  di  Orleans  sopra  il  ducato  di  Milano ,  come 
erede  della  Valentina  figlia  di  Gian  Galeazzo  Visconti;  e  le  di- 
verse  Potenze  si  alleano  per  impedire  che  re  Carlo  acquisti  il  Na- 
poletano. I  carteggi  son  pieni  delle  paure  e  delle  cautele  del  Moro 
e  di  Massimiliano.  In  data  18  giugno  1495  si  scrive  da  Worms  : 

La  Maestà  de  li  Romani  prega  el  Signore  Duca  a  fare  bone  guardie 
allo  Stato  suo  ,  e  precipue  a  Milano ,  dubitando  de  qualche  novità  , 
parendo  la  Maestà  sua    avere    certa  noticia  de  li  animi  de  li  popoli  : 


(1)  A  quelle  nozze,  tra  i  varj  apparati  si  segnalava  il  modello  di  una 
statua  equestre  colossale  di  Francesco  Sforza,  lavoro  ammirato  di  Leonardo. 
Gli  avvenimenti  impedirono  che  fosse  fusa  in  bronzo ,  poi  i  Francesi  la 
spezzarono. 


I 


GLI    SFORZA    E    CARLO    Vili.  331 

et  chcl  voglia  mettere  bona  guardia  in  castello  de  Milano,  et  che  siano 
alamani,  et  che  similmente  fusse  una  bona  guardia  nella  cittìt  de  Como, 
pur  di  gente  alamana,  et  cossi  al  ultima  terra  de  le  frontiere  di  verso 
Coyra ,  et  tutti  li  passi  fra  Como  et  là  per  potere  avere  la  via  libera 
de  potersi  condure  a  Milano  ,  per  il  suspecto  chel  ha  che  Milano 
debia  fare  novità.  Venendo  alla  specificationc  de  li  alamanni,  che  nel 
castello  de  Milano  se  ponessìno  300  fanti  de  la  compagnia  de  Messer 
Zoanne  capitano  Volsheriche,  e  a  Como  300  fanti  de  la  compagnia  de 
Trous  capitano  de  Tirola ,  li  quali  gli    sono  fidatissimi ,   et  che    sotto 

loro  el  Signore  Duca  ha  dormire  sicuramente 

La  Maestà  Regia  ha  in  ponto  orane  cosa  per  rumpere  in  Borgogna, 
et  resta  solo  avere  li  dinari  richiesti,  et  senza  quelli  non  si  fa  niente, 
et  esso  non  ha  dinari,  et  la  Maestà  Regia  prega  el  Signore  Duca  a 
farglieli  rispondere  per  Nicolò  Spinula  a  Venezia  a  Luca  Beeser,  quale 
glie  li  pagherà  a  Anversa. 

Per  altre  lettere  del  20. 

Il  Texorero  avendo  parlato  cum  la  Maestà  del  Re ,  gli  ha  pur 
accordato  el  tenere  ben  fornito  da  ogni  cosa  necessaria  el  castello 
de  Milano,  Como  et  le  confine ,  et  che  pareva  a  sua  Maestà  che  in 
esso  castello  non  se  havessino  tenere  donne  ,  quale  multe  volte  sono 
causa  de  la  perdita  de  le  forteze,  ricordando  a  mandarle  a  Cremona, 
dove  intende  essere  bella  stantia,  dicendo  Sua  Maestà  che,  purché  si 
tenghi  le  predicte  cose  et  la  via  expedita  del  venire  suo  ,  che  non 
dubita  punto*  che  non  recupera  quanto  fusse  perso. 


VL 

I  complicatissimi  intrighi  delle  molteplici  cancellerie,  e  distin- 
tamente dalla  Sforzesca ,  sono  seguiti  dal  signor  Delaborde  con 
una  finitezza,  che  fa  onore  alla  sua  diligenza,  ma  toglie  al  rac- 
conto quella  rapida  concisione,  che  il  più  dei  lettori  aspetterebbero 
da  un  libro  di  tante  eleganti  forme. 

(l)  Tutto  ciò  ed  altro  il  Calvi  trae  dall'  Archivio  Taverna ,  dimenticando 
(né  ce  ne  duole)  la  sua  Bianca  Maria. 

Nel  magnifico  mausoleo  di  Massimiliano  a  Innsprak,  fra  le  molte  statue 
di  bronzo  vi  è  pur  quella  di  Bianca  Maria,  morta  il  31  dicembre  1510. 


332  GLI    SFORZA    E    CARLO    Vili. 


Il  re  di  Francia  voleva  indurre  il  nostro  duca  a  restituire  tre 
città,  tolte  al  marchese  di  Monferrato  eh'  erasi  messo  sotto  la  pro- 
tezione francese,  come  il  marchesato  di  Saluzzo,  la  contea  d' Asti, 
Lorenzo  De'  Medici  non  manteneva  con  Milano  quell'  amicizia , 
che  avea  fatto  la  forza  d'  Italia  ai  giorni  di  Cosmo  e  di  Fran- 
cesco Sforza.  Il  Moro,  al  tempo  stesso  che  patteggiava  coli'  im- 
peratore Massimiliano,  strinse  lega  con  Carlo  "Vllt,  legato  coli' in- 
vestitura di  Genova  ;  e  al  quale  offriva  «  tutti  i  suoi  mezzi ,  le 
sue  armi  ,  la  sua  stessa  persona  »,  e  in  secreto  dava  agli  amici 
venali  del  re  biglietti  per  8000  ducati ,  pagabili  dalle  banche  a 
Lione  dei  Medici ,  dei  Martelli ,  di  Pasquale  Santi  ,  per  averne 
accoglienze  e  protezione. 

La  corruzione  era  generale  alla  Corte.  In  conseguenza  gli  am- 
basciadori  milanesi  ebbero  splendidissimo  incontro  di  200  cava- 
lieri, poi  di  500  persone. 

Le  carte  del  nostro  Archivio  descrivono  a  minuto  il  ricevimento 
in  Parigi  col  cardinale  di  Lione  e  quattro  vescovi  e  una  folla  di 
signori  in  gran  gala.  Re  Carlo  stava  sotto  un  baldacchino  a  fior- 
dalisi,  con  anelli  a  tutte  le  dita,  e  in  capo  un  berretto  nero; 
sopra  un  giustacuore  di  broccato  d'  oro  a  fondo  nero  portava 
una  veste  di  velluto  raso  di  Lione  foderato  di  damasco  giallo. 
Questa  pompa  non  avrà  tolto  la  cattiva  impressione  del  brutto 
viso  e  della  meschina  persona  di  Carlo  Vili ,  e  della  sua  sten- 
tata parola. 

Anche  Zaccaria  Contarini  ambasciatore  veneziano  dice  re  Carlo 
di  22  anni,  piccolo  e  mal  costrutto,  brutto  di  faccia,  grandi  occhi 
bianchi  da  veder  male  più  che  bene  ;  naso  aquilino  troppo  lungo 
e  grosso;  labbra  grosse,  sempre  aperte  ;  certi  guizzi  nervosi  delle 
mani  spiacevoli. 

Il  Moro  non  per  questo  cessava  di  promovere  la  federazione 
di  tutti  i  potentati  d' Italia,  e  voleva  s' intendessero  nell'occasione 
che  a  Roma  renderebbero  omaggio  al  nuovo  papa  Alessandro  VI  (1). 

(t)  M.  Delaborde  tende  a  scagionare  o  almeno  scusare  Alessandro  VI,  se 
non  altro  come  non  peggiore  di  altri  papi  del  Secolo  che  cadeva.  Si  appoggia 


ì 


OLI    SFORZA    E    CARLO    VIIL  333 

C'era  bel  campo  alla  scaltrezza  del  Moro.  Ma  le  altre  Po- 
tenze italiane  vedrebbero  di  mal  occhio  1'  usurpazione  a  danno 
del  bambino  di  Galeazzo.  Ripetiamo  che  gli  Elettori  dell'  Impero 
pretendevano  che  il  Milanese  fosse  feudo ,  e  quindi  senza  ra- 
gione Venceslao  l' avesse  dato  a  Gian  Galeazzo  come  ducato 
indipendente. 

Sui  principi  napoletani  pesava  la  minaccia  del  re  di  Francia 
come  erede  della  Casa  d'Anjou.  Aveano  dunque  sentito  la  neces- 
sità di  confederarsi  ;  e  Lodovico,  volendo  che  quest'  alleanza  appa- 
risse all'  Europa  da  un  pubblico  atto,  propose  gli  ambasciadori  di 
ciascuno  convenissero  a  Roma  un  giorno  determinato  per  felicitare 
il  nuovo  pontefice ,  e  quello  del  re  di  Napoli  parlasse  a  nome 
di  tutti.  Pier  de  Medici,  uno  degli  ambasciadori,  non  pago  d'e- 
clissare gli  altri  collo  sfarzo  del  suo  seguito,  voleva  anche  sfog- 
giare r  eloquenza  fiorentina  ;  onde  pose  di  mal  umore  Lodovico  , 
che  presto  si  avvide  come  colui ,  disertando  dall'  antica  alleanza 
cogli  Sforza ,  si  fosse  avvicinato  a  re  Ferdinando ,  il  quale  im- 
putava il  Moro  d'  opprimere  il  nipote,  riducendolo  fin  a  stentare 
il  vitto. 

Alessandro  VI  aveva  accarezzato  1'  Aragonese  ,  sperando  im- 
palmerebbe a  suo  figlio  una  figliuola  naturale  di  Alfonso  duca 
di  Calabria;  ma  vistosene  deluso,  e  che  quegli  fomentava  la  di- 
sobbedienza di  Virginio  Orsini ,  il  quale ,  piantato  fra  Viterbo  e 
Civitavecchia ,  poteva  aprir  Roma  ai  Napoletani ,  si  accordò  con 


al  Cipolla.  Tutte  le  nefandità  che  Vittore  Hugo  e  i  suoi  imitatori  inventarono 
sul  conto  di  Lucrezia  Borgia  non  fanno  impressione  quanto  la  verità  esposta 
dal  Gregorovius  nella  Storia  di  Roma  e  in  quella  della  Lucrezia.  La  sfac- 
ciataggine di  Alessandro  VI  non  tanto  nel  commettere  quanto  nel!'  ostentare 
le  sue  lascivie  e  le  loro  conseguenze ,  e  ratificarle  fino  con  bolle ,  e  chia- 
mare il  sacro  collegio  e  tutta  la  città  a  celebrarle,  sorpassano  quanto  si 
potrebbe  immaginare  della  depravazione  d' allora.  Basti  accennare  che  in 
una  bolla  del  1  settembre  1501  legittima  un  figUuolo  naturale  di  suo  figlio 
Cesare  :  e  in  un'  altra  del  giorno  stesso  dichiara  che  quello  non  è  figlio  di 
Cesare ,  ma  figlio  suo  proprio.  Esistono  le  due  bolle  nell'Archivio  estense 
a  Modena. 


334  GLI    SFORZA    E    CARLO    VIIL 

Lodovico.  Questi  seppe  trarre  in  alleanza  offensiva  e  difensiva 
anche  Venezia;  e  dando  Bianca  Maria  con  ricca  dote  a  Massimi- 
liano ottenne  da  questo  in  segreto  l' investitura  del  ducato  di  Mi- 
lano. Avvezzo  però  a  contare  sulle  promesse  dei  signori  solo  in 
quanto  abbiano  interesse  a  mantenerle,  sentiva  come  un  tal  voto 
fosse  di  nessun  peso ,  e  gli  alleati  lo  abbandonerebbero  appena 
tornasse  lor  conto.  Pertanto  ,  giocando  a  doppia  partita  cercò  di 
nuovo  appoggio  nei  reali  di  Francia,  a  cui  con  rinterzati  matri- 
monj  si  erano  innestati  i   duchi   di  Milano. 

Felicemente  è  stata  conclusa,  facta  e  formata  bona,  vera,  valida  e 
perfecta  intelligentia,  confederation  et  liga,  duratura  ad  anni  25  et  ultra 
a  beneplacito  de  esse  parti,  per  conservation  de  la  dignità  et  autorità 
de  la  apostolica  sede,  per  tuition  de  la  rason  del  sacro  romano  im- 
perio, et  per  dofesa  et  conservation  di  stati  de  chadauna  de  quelle  et 
di  soi  adherenti  et  recomandatì.  La  qual  confederation  et  liga ,  è  sta 
deliberado  che  in  questo  zorno,  in  ogni  città  de  chadauna  de  le  parti 
preditte,  solennemente  publicar  se  debi  a  gaudio  universal  de  tutti. 
Eowa  San  Marco  ! 

La  qual  fo  subito  butada  in  stampa,  con  questi  versi,  scripti  di  sopra 
la  ymagine  di  collegati  : 


Questo  è  x>apa  Alexandre  che  corregic 
L'  error  del  mondo  con  divine  legie. 
Viva  lo  Imperador  Cesare  Augusto, 
Maximilian  re  de'  romani  justo. 
Quest'è  il  gran  re  diSpagna  e  la  regina,      ) 
Che  do  infedeli  ha  fatto  gran  ruina.  ^ 

Quest'è  quel  re  il  qual  darà  ancor  briga    l 
A  ogni  nimico  de  la  fedel  liga.  / 

Potente  in  guerra  ed  amica  de  paco, 
Venetia  el  ben  comun  sempre  te  piace. 
Quest'è  colui  ch'ai  sceptro  justo  in  mano  :     ^ 
Tien  el  felice  stato  de  Milano.  ) 


Papa 
Maximiliano 


Angclterra 

Venetia 

Milano. 


In  questo  tempo  el  duca  Lodovico  de  Milano  ,  vedendosi  in  gran 
reputatione  et  in  amicitia  molto  con  Venitiani,  per  dimostrar  da  lui 
veniva  la  guerra  e  la  pace,  fé  dipenser  sopra  alcune  barde  un   moro 


GLI    SFORZA    E    CARLO    Vili.  335 


ch'è  'I  SUO  cognome,  el  quale  teniva  il  mondo  in  man,  et  pareva  vo- 
lesse cader,  et  lui  lo  teniva  suso;  con  lettere  atorno  che  dicova:  Pur 
che  'l  voglia.  Ma  non  voglio  restar  di  scriver  come  alcuni  saputi,  non 
havendo  a  bene  questa  tal  ut  ita  dicam  arogantia,  li  fece  a  l'incontro 
questo  verso  :  El  tuo  voler  sarà  la  tua  rovina ,  quasi  dicat  che  '1 
preffato  duca  andarà  tanto  facendo  far  novità  in  Italia ,  che  potria 
succeder  di  lui  quello  che  '1  non  vorrebbe  ,  maxime  essendo  odiato 
da  tutti  li  soi  popoli. 


VII. 

Queste  trattative  doveano  spiacere  a  re  Carlo  ,  e  per  iscagio- 
narsi  Lodovico  gli  scriveva  : 

Finché  fervette  guerra  fra  te  e  Massimiliano  ho  ricusato  sempre  di 
far  alleanza  con  lui ,  ora  essendo  stata  segnata  la  pace  fra  voi  e  il 
di  lui  figlio  ho  provveduto  coli*  alleanza  alla  tua  gloria  e  grandezza , 
non  essendovi  cosa  più  di  questa  profìcua  alla  vittoria  della  spedizione 
di  Napoli,  avvegnaché  non  v'è  potentato  fuori  dell'  Imperatore  de'  Ro- 
mani che  più  possa  fatalmente  turbare  lo  Stato  di  Milano,  il  cui  ter- 
ritorio è  già  suo,  avvegnaché  noi  siamo  d'  ogni  parte  circondati  dai 
Germani  e  specialmente  dall'Austria  che  ci  sta  in  capo ,  la  quale  se 
superasse  le  Alpi,  ci  avrebbe  invasi  e  ci  avrebbe  costretti  a  difenderci 
in  casa  ,  né  avremmo  potuto  dartene  aiuto  né  soccorso  per  la  spedi- 
zione ;  e  perciò  con  tutte  le  arti  Ferdinando  di  Napoli  cercò  di  dare 
in  matrimonio  Margherita  figlia  di  Massimiliano  a  Ferdinando  di  lui 
nipote,  ora  principe  di  Capua,  onde  procurarsi  gli  ajuti  dai  Germani, 
coi  quali  non  solamente  avrebbe  frenato  i  suoi  signorotti  mentre  faceva 
scendere  nei  nostri  confini  gli  Austriaci  ed  i  montani  Germani;  ma 
riscosso  Filippo  duca  di  Borgogna  e  tutto  il  restante  della  Germania 
a^Tebbe  suscitato  alle  armi  e  portata  la  guerra  ai  confini  della  Francia. 
Aggiungi  ancora  che  per  mezzo  di  questa  alleanza  abbiam  potuto  re- 
primere i  Veneziani,  perché,  se  mai  per  avventura,  il  che  era  forte- 
mente da  temersi,  fossero  insorti  a  guerra,  avrebbero  lentamente  ri- 
tardato quella  tua  spedizione  e  la  tua  gloria.  Ora  questi  sono  tenuti 
in  dovere  dai  Germani  che  ad  un  nostro  cenno  solamente  precipite- 
ranno dall'  Austria  in  mezzo  al  loro  territorio  ,  ogni  qual  volta  ess 
nutrissero  contro  di  te  mali  pensieri. 


336  r.Li  SFORZA  i-:  CvRlo  viii. 


Lodovico  avea  1'  accortezza  di  comperarsi  i  consiglieri  dei  re, 
il  quale  del  resto  gli  mostrava  gran  benevolenza ,  tanto  che 
r  ambasciadore  Belgioioso  scriveva  :  «  Davvero  questo  re  è  uno 
dei  migliori  e  più  amabili  principi  del  mondo.  »  Pure ,  insusur- 
rato  dai  molti  avversar]  che  il  Moro  avea  alla  Corte,  volea  che, 
per  garanzia,  gli  desse  alcune  fortezze  del  ducato.  Il  Moro,  che 
pure,  in  grazia  di  Genova,  si  sentiva  legato  al  re,  protestava  di 
anteporre  tutto  agi'  interessi  d' Italia ,  carezzava  il  papa ,  ma  te- 
meva sempre  Napoli ,  e  gli  tardava  di  veder  V  esercito  francese 
interposto  fra  questo  e  lui. 

Cogli  ambasciadori  mostrava  la  facilità  dell'impresa,  e  «  1'  af- 
ferma con  sue  lettere  Lodovico  Sforza ,  al  qual  espertissimo 
principe  prestiamo  tutta  la  fede....  » 

Superato  Ferdinando  ed  ivi  stabilito  1'  esercito  e  ristorata  la  flotta, 
voglio  passare  contro  i  Turchi  e  disperderli,  perocché  i  miei  maggiori, 
per  aver  altro  volte  superato  quegli  infedeli,  hanno  conseguito  il  titolo 
di  Cristianissimi,  ed  io  non  mi  vedo  ad  essi  inferiore.  Ah  quanto 
adunque  ne  sarà  glorioso  il  ricuperare  1'  occupato  regno  di  Napoli 
dalle  mani  del  potentissimo  nemico,  e  coli'  ajuto  di  Dio  ,  colle  nostre 
forze  e  col  nostro  consiglio  superare  i  Turchi ,  fortissimi  sovra  tutte 
le  altre  genti  dell'universo;  e  questa  santissima  e  cristiana  rehgione 
da  essi  con  ogni  contumelia  conculcata,  stabilire  nel  mezzo  delle  loro 
basiliche,  onorarla  nei  templi,  diffonderla  fra  quelle  genti,  e  distruggere 
in  presenza  di  tutti  i  loro  sacrifizj  ed  i  loro  idoli ,  quali  cose  vane  e 
superstiziose.  Grandemente  siamo  tenuti  a  Dio  ottimo  massimo  che 
ne  ha  concesso  tanto  impero  e  maestà ,  il  quale  se  saremo  diligenti 
avremo  talmente  ad  aumentare,  che  terrà  il  primo  posto  fra  i  cristiani. 
Non  devesi  pertanto  rifiutare  1'  utile  consiglio  ,  e  si  prender  le  armi 
per  la  cristiana  religione  la  quale  versa  in  grave  pericolo,  e  dobbiamo 
con  tutte  le  nostre  forze  aumentarla ,  e  questa  santissima  impresa 
sarà  tanto  grata  al  sommo  Creatore  ,  che  al  nostro  evento  ci  sarà 
favorevole. 

Cosi  il  Corio,  il  quale  soggiunge: 

Tanta  magnanimità  e  desiderio  di  Carlo,  il  quale  non  toccava  pe- 
ranco  il  vigesimo  quinto  anno  di  sua  età,  fu  riputata  cosa  più  divina 


I 


GLI    SFORZA    E    CARLO    VIIL  337 


che  umana  da  tutti  gli  astanti,  o  si  accesero  gli  animi  loro  che  cre- 
devano di  non  veder  mai  quell*  anno  ,  quel  giorno  ,  quel!'  ora  che  si 
dovesse  muovere  V  esercito  in  Italia  a  gloria  del  loro  re,  ed  a  questi 
ubbidire. 

Sia  un  saggio  della  opinione  vulgare  d'  allora  fra  gli  Italiani , 
da  lunga  mano  abituati  a  considerare  i  Francesi  come  liberatori; 
non  v'  era  male  da  cui  non  si  sperassero  guariti  per  questo  re 
cavalleresco,  che  giovane  e  nuovo,  abbandonava  trono,  agi,  delizie, 
per  amor  nostro  :  Galeazzo  Maria  s' imprometteva  d'  essere  sot- 
tratto alla  oppressione  dello  zio  ;  i  Fiorentini  di  risquotersi  dalla 
dominazione  dei  Medici  ;  Alessandro  VI  di  dare  stato  alla  sua 
casa  ;  i  Veneziani  di  umiliare  gli  Aragonesi  ;  i  Napoletani  di 
sbrattarsi  ai  forestieri.  Ma  i  savj,  che  non  isperano  beni  even- 
tuali da  mali  certi,  pigliavano  sgomento,  anche  senza  le  profezie 
del  Savonarola ,  né  i  portenti  e  le  congiunzioni  di  astri  che  at- 
terrivano il  vulgo  non  meno  che  gli  scienziati. 

Al  fine  Carlo  proclamava  i  suoi  diritti  sul  Napolitano,  s'  inti- 
tolava re  di  Napoli  e  di  Gerusalemme,  e  moveva  l'esercito,  sempre 
col  programma  di  liberar  Terrasanta,  impresa  a  cui  credevansi 
obbligati  i  re  di  Francia,  facendo  preghiere  e  voti ,  e  invocando 
la  intercessione  e  i  consigli  dell'  eremita  Francesco  di  Paola, 
dappoi  santificato. 

Era  morto  il  triste  Fernando  r«  di  Napoli ,  e  il  successore 
Alfonso  non  ben  si  risolveva.  Re  Carlo  nel  trattato  di  Sanlis  erasi 
accordato  con  Massimiliano  nel  triplice  intento,  di  liberar  Terra- 
santa,  di  corregger  la  Chiesa  mediante  un  Concilio,  di  rassettare 
r  Italia  a  loro  vantaggio. 

Per  quanti  sforzi  si  facessero  per  un  accomodamento  ,  e  per 
impedire  che  Carlo  in  persona  comandasse  1'  impresa,  1'  esercito 
di  circa  40,000  uomini  passò  le  Alpi.  Delle  imprese  militari  la- 
sciamo il  racconto  al  signor  Delaborde,  alle  quali  tutta  Italia  fu 
involta  per  terra  e  per  mare. 

Brantome  dice  (e  noi  dice  il  sig.  Delaborde)  che  l' esercito  «  du 
petit  roy  Charles  était  epouvantable  à  voir  »  ;  la  più  parte  scam- 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  22 


338  GLI    SFORZA    E    CARLO    VIU. 


paforche  ,  ladri ,  bollati  sulle  spalle  e  mozzati  le  orecchie  dalla 
giustizia  ,  e  per  coprirle  portavano  capelli  e  barba  lunghissimi. 
Quest'  esercito  (aggiunge  Commes)  mancava  di  tutto;  il  re  ancora 
fanciullo ,  debole  di  corpo ,  testardo ,  non  aveva  a  lato  né  savie 
persone,  né  buoni  capitani,  né  denaro,  o  tende  o  padiglioni  ;  co- 
minciava la  marcia  d'  inverno;  onde  bisogna  dire  che  questa 
spedizione  ,  andata  e  ritorno,  fu  condotta  da  Dio  ;  senza  che  vi 
servisse  il  senso  dei  condottieri  ». 

Pure  alla  cattiva  nostra  fanteria,  alla  pesante  cavalleria,  alle 
rozze  bombarde,  strascinate  e  lente,  bastanti  per  le  misere  guerre 
interne,  prevalevano  i  140  cannoni  grossi  e  1200  da  montagna, 
portati  a  spalla  o  tratti  da  cavalli ,  che  avventavano  palle  non 
di  pietra  ma  di  ferro,  a  cui  non  resistevano  le  vecchie  fortifica- 
zioni; e  truppe  che  non  pensavano  a  manovrare,  ma  ad  uccidere 
non  solo  gli  uomini^  ma  anche  i  cavalli. 

Il  risorgere  della  gentilezza  diminuiva  qui  la  passione  delle  armi, 
cosi  viva  nel  secolo  antecedente;  i  capitani  di  ventura  odorano 
morti ,  o  si  erano  procacciato  signorie  ;  la  guerra  conducevasi 
piuttosto  con  arte  che  con  accanimento,  si  cercava  risparmiare  i 
viveri,  le  armadure  e  soprattutto  i  cavalli,  lo  che  al  Machiavello 
parea  sintomo  di  avvilimento,  toccando  la  vittoria  non  al  più  prode, 
ma  a  chi  avesse  maggior  denaro  e  perfidia,  e  cosi  non  terminan- 
dosi mai  la  guerra,  perchè  poteano  i  vinti  facilmente  ripristinarsi. 

Il  Guicciardini  dipinge  a  color  di  rosa  questo  tempo  ,  che  del 
resto  non  ha  nulla  d' invidiabile  se  non  pei  mali  venuti  quando  ci 
piombarono  addosso  valorosi  e  grossolani  Tedeschi ,  furiosi  e  li- 
bertini Francesi,  feroci  e  rapaci  Spagnuoli,  Svizzeri  briaconi ,  in 
gara  di  conquistarci,  tormentarci,  distruggerci,  violando  non  che 
la  cortesia,  1'  umanità ,  le  convenzioni ,  1'  onore. 

Sarebbe  bastata  la  più  piccola  difesa  delle  Alpi  per  impedire 
la  calata:  ma  il  Piemonte  stava  sotto  un  fanciullo  in  una  tutela 
disputata;  e  Bianca  di  Monferrato,  tutrice  di  Carlo  II  di  Savoja, 
e  Maria  Paleologo  figlia  di  Stefano  despota  di  Servia,  tutrice  di 
Guglielmo  di  Monferrato ,  fecero  aprir  le  fortezze.  Cosi  Carlo 
giunse  ad  Asti,  città  francese  perchè  soggetta  al  duca  d'  Orléans. 


I 


GLI    SFORZA    E    CARLO    Vili.  339 


A  Torino  la  duchessa  gli  venne  incontro  a  capo  delle  sue  dami- 
gelle «  ornate  si  bene  che  non  v'  era  che  dire  »,  e  gli  prestò  le 
proprie  gioje  ch'ei  mise  in  pegno  per  dodicimila  ducati  :  la  città, 
oltre  spettacoli  nei  quali  sui  crocevia  rappresentavansi  le  imprese 
di  Carlomagno,  gli  offerse  un  cavallo,  cui  per  cortesia  egli  pose 
nome  Savoja  ,  e  sempre  il  montò  in  quella  spedizione  ,  e  sul- 
r  esempio  di  Alessandro  volle  che  il  suo  giornalista  ne  facesse 
ripetuta   menzione. 

Carlo  il  3  settembre  entrava  a  Torino,,  e  v'era  ricevuto  come  un 
padrone,  e  cosi  per  tutto  il  Piemonte.  Ad  Annone  si  incontrò  con 
Lodovico,  venutogli  incontro  colla  bella  moglie  Beatrice  d'  Este, 
accompagnata  da  80  bellissime  signore,  che  tutte  il  re  baciò.  Gli 
lasciarono  «  i  segni  del  lor  zelo  impressi  ». 

Il  Moro  moveva  cielo  e  terra  per  indur  Carlo  ad  andare  per 
Genova  a  Napoli ,  ma  egli  si  ostinò  a  traversare  la  Lombardia. 
Nel  castello  di  Vigevano ,  un  de'  più  suntuosi  d' Italia ,  il  Moro 
lo  alloggiò  splendidamente,  ma  il  re  volle  averne  in  mano  tutte 
le  chiavi  ,  e  teneva  sentinelle  ;  tanto  si  fidava  del  suo  carissimo 
alleato. 

A  questo  dava  apprensione  il  proposito  del  re  di  visitare  il  duca 
Galeazzo  suo  cugino  (1)  che  il  Moro  teneva  quasi  prigioniero 
nel  castello  di  Pavia.  In  questo  volle  alloggiare  Carlo ,  fattesi 
qui  pure  consegnar  le  chiavi  ;  visitò  la  duchessa  vedova  Bona 
di  Savoja;  poi  il  duca  che  giaceva  malato,  e  che  non  osò  la- 
mentarsi dello  zio.  Isabella  d'  Aragona  sua  moglie  se  gli  gettò  ai 
piedi,  supplicandolo  pel  marito,  pel  padre,  pel  fratello  (2).  Lodovico 
seppe  eliderla  colle  magnifiche  feste  alla  Certosa,  poi  accom- 
pagnò il  re  a  Piacenza ,  fra  7000  cavalli  e  gran  corteggio ,  e 
bandiere,  e  insegne  e  stemmi,  e  gli  applausi  immancabili  del 
cosi  detto  popolo. 

Lodovico  ben  presto  ritornò  a  Pavia,  dove  trovò  morto  il 
duca  nipote.  Si  disse,  com'  è  troppo  solito,  ch'egli  lo  avesse  av- 
velenato :  ne  manca  ogni  prova. 

(1)  Nascevano  da  due  figlie  di  Lodovico  di  Savoja. 

(2)  Lo  racconta  il  Guicciardini  :  i  contemporanei  ne  tacciono 


340  GLI    SFORZA    E     CARLO    VIH. 

Abbiam  detto  come  egli  avesse  già  dal  re  dei  Romani  ottenuto 
l'investitura  del  ducato.  Poi  il  5  settembre  1494  esso  re  concedeva 
a  Lodovico  e  sua  discendenza  maschile  il  ducato,  assegnando 
al  duca  Galeazzo  Maria  una  pensione  di  12,000  ducati.  Come 
imperatore,  Massimiliano  potea  farlo  (lo  ripetiamo),  considerando 
il  Milanese  quale  un  feudo,  del  quale  gli  Sforza  non  aveano  cer- 
cato r  investitura. 

Il  Moro  non  voleva  addurre  quella  investitura  al  popolo  mi- 
lanese, di  cui  voleva  1'  acclamazione  ;  onde  il  22  ottobre,  convocati 
nel  castello  duecento  dei  principali,  espose  quanti  servigj  egli 
avesse  reso  alla  patria  j  ma  che  avendo  il  compianto  duca  lasciato 
un  bambino,  gli  esortava  a  proclamarlo  duca.  Posta  intesa,  i 
patriotti  disdissero  la  proposta;  non  conveniva  in  tempo  si  pro- 
celloso, dar  la  balia  a  un  fanciullo;  Lodovico  stesso  fosse  duca. 

E  Lodovico  si  rassegnò  a  quello,  per  cui  aveva  trescato  tutta 
la  vita;  si  pose  indosso  un  vestone  d'oro,  con  corteggio  princi- 
pesco passò  alla  basilica  di  S.  Ambrogio  tra  i  fragorosi  ap- 
plausi del  popolo ,  che  non  giubila  mai  tanto ,  come  allorché 
cambia  di  padrone.  Segretamente  il  nuovo  duca  fece  rogar  da 
notaro  che  assumeva  il  potere  in  virtù  della  investitura  im- 
periale, e  aspettò  1'  autorizzazione  imperiale  prima  di  prender  il 
titolo  di  Duca. 

Mentre  la  fredda  salma  di  Galeazzo  Maria  si  trovava  ancora  scoperta 
nel  Duomo  «  quasi  da  tutti  universalmente  compianto  e  commiserato 
l'infelice  e  compassionevol  caso  »,  sua  moglie  Isabella  coi  poveri  figliuo- 
letti vestiti  a  lutto  si  rinchiuse  a  Pavia  come  prigioniera  entro  una 
camera ,  e  stette  gran  tempo  giacendo  sopra  la  nuda  terra  senza  ve- 
dere la  luce. 

«Dovrebbe  ogni  lettore  pensare  l'acerba  sorte  della  sconsolata  du- 
chessa e  se  avesse  il  cuore  più  impietrito  d'un  diamante,  pur  piange- 
rebbe nel  considerare  qual  dolore  dovea  esser  quello  della  sciagurata  ed 
infelice  moglie,  vedere  in  un  punto  la  morte  del  giovanetto  e  bellissimo 
consorte,  la  perdita  di  tutto  il  suo  impero  ,  i  figli  a  lato  privi  d'  ogni 
bene  ,  il  padre  ed  il  fratello  colla  sua  famiglia  espulsi  dal  regno  di 
Napoli  e  Lodovico  Sforza  con  sua  moglie  Beatrice ,  avergli  nel  sue- 
sposto modo  occupata  la  signoria  »  (Como). 


GLI    SFORZA    E    CARLO    Vili,  341 


Massimiliano  nelT  ampliare  le  fatte  concessioni ,  scriveva  a 
Lodovico  : 

Né  solamente  coli'  accorgimento  del  tuo  governo  il  dncato  di  IVDlano 
e  le  di  lui  terre,  che  quasi  erano  sfinite  del  tutto  perdute  farono  ricu- 
perate, rialzate  e  pacificate.  Ma  ben  anche  il  nome  e  la  gloria  della 
milanese  repubblica  crebbe  in  maniera  di  non  essere  a  nessun  altro 
regno  inferiore. 

Tu,  non  solamente  hai  provveduto  al  benessere  dfei  Milanesi,  ma  hai 
apportato  la  pace  e  la  tranquillità  di  tutta  quanta  l' Italia,  di  maniera 
che  tutti  ti  salutano  padre  della  patria  e  salvator  d' Italia.  Aggiungi 
che  tutti  che  dall'  Italia  qui  approdiamo  siamo  informati  con  quanta 
equità,  giustizia,  clemenza  e  parsimonia  governi  le  genti  a  te  soggette, 
che  tutti  si  chiaman  fortunati  del  tuo  regime. 

Queste  cose  come  noi  magnifichiamo  ed  abbiam  care,  cosi  van  di 
giorno  in  giorno  crescendo  il  cumulo  del  nostro  amore  verso  di  te; 
e  ciò  tanto  più  perchè  sappiamo  di  certo  leco  riunire  i  diritti  del  nostro 
impero  ed  essere  devotissimo  alla  maestà  di  Massimiliano.  Le  cose 
cosi  essendo,  noi  godiamo  di  far  partecipe  dei  doni  di  nostra  liberalità 
e  munificenza  e  di  cumulare  dei  nostri  più  segnalati  benefici,  la  tua 
posterità,  i  tuoi  figli  e  successori. 

VIIL 

La  morte ,  e  come  popolarmente  dicevasi ,  l' assassinio  del 
duca  mosse  1'  indignazione  dell'  esercito  francese  e  la  tema  di 
esser  minacciati  da  qualche  insidia  ;  si  moltiplicavano  aneddoti , 
paure  ,  minaccio  :  si  stupiva  che  il  cavalleresco  Carlo  stesse  le- 
gato coir  uccisore  del  suo  cugino  ;  il  duca  d'  Orléans^  che  teneva 
Asti,  e  ostentava  ragioni  su  tutto  il  ducato  come  erede  di  Valentina 
Visconti ,  esortava  Carlo  a  cacciare  il  Moro  ,  e  con  ciò  si  age- 
volerebbe la  conquista  di  Napoli. 

Carlo  Vili ,  udita  la  morte  del  cugino  pianse ,  gli  fece  ren- 
dere solenni  esequie  ,  distribuì  limosino  ;  ma  nessuna  opposizione 
a  Lodovico  ,  solo  raccomandógli  i  figliuoli  del  defunto. 

Lodovico  dovette  seguitare  il  re  nelle  sue  imprese  contro 
la  Toscana ,    donde  cacciò    i    Medici  ;   poi   sopra   Roma  e   sopra 


342  GLI    SFORZA    E    CARLO    Vili. 


Napoli ,  stupendo  1'  Europa  che  non  incontrasse  veruna  resi- 
stenza. 

Su  questi  fatti  non  ci  bada  cosi  minutamente  il  signor  Dela- 
borde,  forse  perchè  gli  manchino  quei  carteggi,  di  cui  fece  tanto 
uso  in  principio. 

Noi  non  abbiamo  a  raccontare  quella  spedizione  ;  solo,  a  con- 
ferma di  quanto  dicemmo  sulle  diversità  del  guerreggiare  fra 
i  nostri  e  gì'  invasori  ,  ricorderemo  che  il  re  assali  Monte  For- 
tino ,  castello  della  campagna  di  Roma;  colla  sua  artiglieria  lo 
sfasciò  ,  ed  entrato ,  ne  uccise  tutti  gli  abitanti.  Altrettanto  a 
Monte  San  Giovanni ,  che  aveva  la  guarnigione  di  300  uomini 
e  50  contadini ,  fu  preso  sotto  gli  occhi  del  re ,  che  fece  ardere 
il  castello  e  trucidare  tutte  le  persone  ,  durando  otto  ore  quella 
carnificina. 

Le  storie  particolari  ricordano  ciò  che  ciascun  paese  soffri  in 
quella  marcia.  Chi  però  guardi  alla  situazione'  d' allora ,  nou 
giudicherà  che  queste  spegnessero  la  nostra  civiltà,  poiché  allora 
r  Italia  maestra  e  modello  delle  nazioni  per  letteratura,  per  ur- 
banità, per  r  eleganza  delle  Corti,  per  la  splendidezza  delle  mol- 
teplici feste ,  dei  matrimonj  ,  delle  solennità  religiose  che  trae- 
vano numerosi  pellegrinaggi  ai  santuarj  e  alla  soglia  degli  Apostoli, 
dei  teatri,  delle  giostre,  delle  mascherate.  Qui  i  Francesi  trova- 
vano vivacità  d'  ingegni ,  sfoggio  di  eloquenza  sacra  e  civile , 
ardore  nel  cercare,  pubblicare,  commentare  autori  antichi  ;  nelle 
Università  gì'  ingegni  più  eletti  ;  i  principi  aveano  famigliari  i 
dotti  e  ne  favorivano  le  ricerche;  senza  ripetere  la  volgarissima 
protezione  dei  pontefici  e  dei  Medici ,  accennerò  di  volo  che  il 
re  di  Napoli ,  come  premio  d'  una  riconciliazione ,  da  Lorenzo 
de  Medici  esigeva  un  manoscritto  delle  deche  di  Tito  Livio  ;  Fe- 
derico ,  duca  d'  Urbino  tenne  a  Firenze  quaranta  amanuensi  per 
copiare  manoscritti  ;  e  in  sole  copie  spese  3000  ducati. 

Per  stare  a  cose  nostre  e  senza  risalire  alle  ricantate  biblio- 
teche dei  Visconti ,  Francesco  Sforza  mandava  in  Toscana  a 
raccogliere  i  libri  più  degni.  Alla  Corte  del  Moro  si  raccol- 
sero :  Bramante  architetto  ;    Franchino    Gaffuri    musicante  ;  Luca 


GLI    SFORZA    E    CARLO    VHI.  343 

Paciolo  matematico;  Gabriele  Pirovano  e  Ambrogio  Varese  medici 
ed  astrologi;  Lionardo  da  Vinci,  pittore  e  tutto;  i  letterati  De- 
metrio Caleondila ,  Giorgio  e  Giulio  Merula  ,  Alessandro  Minu- 
ciano,  Emilio  Ferrari  ;  lo  storico  e  giureconsulto  Donato  Bossi  ', 
Pontico  Virunio  erudito  e  uom  di  Stato,  facevano  gara  di  lodare  il 
principe  ;  Bernardo  Bellincioni  fiorentino  era  il  suo  poeta  laureato  ; 
suoi  storici  Bernardino  Corio  e  Tristano  Calco  ;  Andrea  Cornaziano 
vi  cantò  in  terzine  l'arte  militare  ;  Bartolomeo  Calchi,  Tommaso 
Piatti ,  Tommaso  Grassi  e  Giacomo  Antiquario  nel  favorire  le 
lettere  gareggiavano  col  padrone  ,  il  quale  ampliò  l'  Università 
di  Pavia,  e  non  passava  giorno  senza  farsi  leggere  storie  (1). 

La  letteratura  si  popolarizzava,  e  venivano  di  moda  le  satire  in 
versi.  In  altro  luogo  io  ho  pubblicato  un  sonetto,  ove  si  dissua- 
deva il  Moro  dai  pericolosi  suoi  intrighi.  In  questo  Archivio  si 
parlò  distesamente  del  poeta  Gaspare  Visconti  (anno  1886 ,  pa- 
gina 509).  Cui  possiamo  aggiungere  Baldassare  Taccone  che  cantò 
le  nozze  di  Bianca  Maria. 

Viveva  di  quel  tempo  un  poeta  bizzacro  come  tanti  altri  con- 
temporanei ,  misto  di  ideale  e  di  trivialità ,  amorevole  ,  vendi- 
cativo ,  devoto  e  osceno  ,  il  Pistoja  (2).  Fu  famigliare  del  Moro, 
e  allude  a'  costui  intrighi  per  far  riuscire  papa  o  il  suo  fratello 
Ascanio  o  quel  Borgia,  che  fu  Alessandro  VI  ;  mostra  come  si  cre- 
deva   che    dal  Moro    dipendesse    la   guerra  (3) ,    benché'  sempre 

(1)  Vedi  questo  Archivio,  anno  1874,  pag.  483;  e  nel  1886,  pag  509,  le 
«lodi  di  Beatrice  l'Este»,  come  fautrice  dei  belli  studj. 

Tacendo  gli  altri  narratori  di  quel  risveglio  ,  citerò  solo  Ecgène  Muntz  ,^ 
che,  oltre  Les  Études  iconographiques  et  archéologiques  sur  le  moyen  dge, 
et  la  renaissance  en  Italie  et  en  France  à  V  epoque  de  Charle  VIII^ 
Paris,  1883,  perchè  lavorava  parallelamente  all'epoca  di  cui  discorriamo. 
Dei  cinque   volumi  che  saranno,  il  primo  è  tutto  d' Italia. 

(2)  Cappelli  e  Ferrari  ,  Rime  edite  e  inedite ,  di  Antonio  Cammello  , 
detto  il  Pistoja.  —  Livorno,  1884.  Il  Renier  a  Torino ,  nella  Biblioteca  dei 
testi  inediti  e  rari ,  ne  diede  altri  il  1883. 

(3)  Guerra  non  sarà  mai  per  tempo  o  tardi 
Finché  il  Moro  non  spiega  i  suoi  stendardi. 


344  GLI    SFORZA    E    CARLO    VIIL 

ostentasse  voler  la  pace  ;  dava  ombra  il  matrimonio  di  sua  ni- 
pote ]Bianca  Maria  coli'  Imperatore  ;  ed  ora  aizzava,  or  rappacifi- 
cava questi  statarelli.  Intanto  trescava  per  tirar  di  qua  dell'Alpi 
i  Francesi,  e  il  Pistoja  lagnavasi  che 

il  gallo  sta  gran  tempo  a  far  un  uovo, 

ed  avvertiva  il  Moro  : 

Io  te  r  ho  detto 
Aspetto  al  gioco  pur  matto  lo  scacco, 
Che  avendo  in  tanti  stuzzicato  il  ciacco, 
Ben  ti  starà  s'  ei  ti  stuzzica  il  petto. 

Celebrò  1'  assunzione  del  Moro  : 

Ve'  eh'  è  fiorita  al  Mor  la  nobil  pianta, 
Ve'  che  '1  pronosticar  mio  non  fu  vano 
Ve'  Ludovico  duca  di  Milano 
Del  mille  quattrocento  quattro  e  novanta 
Non  Moro  più ,  che  '1  nome  s'  è  mutato  ; 
Chiamati  pur  chi  t'  è  fedele  amico 
Septimo  duca,  duca  Ludovico. 

Insulta  agli  Italiani  : 

In  sul  transirti  il  Gallo  le  confine 
Tutti  i  tuoi  figli  diventar  galline  ; 

Prevede 

Che  al  foco  te  ne  vai  senza  riparo 
Se  '1  Gallo  tornar  lasci  al  suo  pollare. 

Presto  il  poeta  ebbe  a  deplorare  i  guai  di  tutta  Italia. 
Ha  ben  114  sonetti  politici ,  violentissimi  contro  i  Napoletani , 
cortigiano  quanto  i  satirici   moderni  : 

Quel  ne  cred'  io  che  Lodovico  crede. 


I 


GLI    SFORZA    E    CARLO    Vili.  345 


Viene  Carlo? 

Lingue,  tacete  :  il  re  di  Francia  é  qui  ; 

Più  non  sia  alcun  che  '1  suo  venire  ignori, 

Spiegato  il  gonfalone  e  posto  fuori , 

Sta  il  gallo  per  far  1'  ovo  de  dì  in  di.... 
La  impresa  è  grande,  ed  è  lo  assunto  tolto 

Molto  maggiore;  a  voi  tocca  tacere 

E  lasciar  far  a  quel  che  ha  negro  il  volto. 

Poi  vede  re  Carlo  andarsene,  e  il  suo  successor  minacciar 
nuovi  guai  all'  Italia,  d'  accordo  o  in  disaccordo  coli'  imperatore  : 

Ecco  il  re  de'  Romani  e  il  re  de'  Galli , 

L' imper  difender  vien,  l'altro  in  ajuto  : 

Prepara ,  Esperia ,  il  tuo  ricco  tributo 

Per  pagar  condottier,  bande,  e  cavalli.... 
Pensa  al  tuo  fine,  Italia  !  Italia  guarti 

L'  aquila  e  il  gallo  dubito  ;  ti  dica , 

Oh'  ancor  s'  accorderanno  a  deciparti. 

Se  Marco  e  Ludovico 
Non  apron  gli  occhi  a  giustar  questa  soma 
In  breve  si  dirà:  Qui  già  fu  Roma, 
E  li  Venezia  è  doma, 
^        Genova  in  career  tutta  si  riserba, 
Bologna  tutta  ;  e  Milan  fatto  in  erba. 

E  in  fatto  dovea  presto  vedere  il  suo  duca  spossessato,  e  Italia 
in  preda  ai  micidiali  amori  degli  stranieri  (1). 

(1)  Benché  non  abbia  connessione,  voglio  notare  che  il  cardinale  Ascanio 
Sforza ,  fratello  di  Lodovico ,  avendo  ottenuto  Y  abazia  di  S.  Ambrogio 
nel  1497,  impetrò  dal  Sacro  Concistoro  che  T  abate  di  S.  Ambrogio  si  eleg- 
gesse nel  Capitolo  di  Chiaravalle  ;  il  quale  delle  entrate  di  essa  badia  che 
avanzavano  dalle  spese  del  culto,  si  dovesse,  ogni  anno,  nel  giorno  di  San- 
t'  Ambrogio  ad  nemus,  maritare  quattro  fanciulle  colla  dote  di  cento  fiorini 
ciascuna  ;  ai  poveri  dar  tanto  pane  e  vino  per  mille  lire  ;  ogni  venerdì  cinque 
lire  per  testa  a'  poveri  vergognosi  ;  nella  festa  di  S.  Ambrogio  vestire  dieci 
poveri  colla  spesa  di  200  lire ,  e  in  quel  giorno  l' abate  pranzasse  con  essi  ; 
ogni  giorno  di  Natale  si  liberassero  dal  carcere  imprigionati  per  debiti  colla 
spesa  di  duemila  lire.  Corio,  parte  VII,  cap.  III. 


346  GLI    SFORZA     13    CARLO    Vili. 


IX. 

Le  delizie  italiane  inebbriavano  1'  esercito  francese,  e  da  Napoli 
Carlo  Vili  scriveva  a  Pietro  di  Bourdon,  suo  cognato  : 

Deh,  che  bei  giardini  qui  ho  !  affedidio,  non  vi  mancano  che  Adamo 
ed  Eva  per  crederlo  il  paradiso  terrestre,  tanto  sono  belli  e  ricolmi 
d'ogni  buona  e  singoiar  cosa.  Inoltre  vi  ho  trovato  i  migliori  pittori, 
e  ad  essi  voi  commetterete  di  fare  le  più  belle  soffitte  che  sia  possi- 
bile, e  non  saranno  soffitte  di  Paux,  di  Lyon  e  d' altri  luoghi  di  Fran- 
cia ,  che  non  s'  accostano  in  nulla  per  beltà  e  ricchezze  a  questi  di 
qua  ;  ed  io  li  menerò  con  me  per  farne  ad  Amboise. 

E  il  cardinale  Brigonnet  alla  regina  Anna  di  Bretagna  : 

Vorrei  che  vostra  maestà  avesse  veduta  questa  città,  e  le  belle  cose 
che  vi  sono  ;  un  vero  paradiso  terrestre.  Il  re,  per  sua  bontà,  ha  vo- 
luto mostrarmi  tutto  quanto  arrivai  a  Firenze ,  dentro  e  fuori ,  e  vi 
assicuro  eh'  è  incredibile  la  vaghezza  di  questi  luoghi ,  appropriati  ad 
ogni  sorta  di  piaceri  mondani....  Il  re  ve  ne  conterà,  e  vi  ecciterà 
desiderio  di  venir  a  vedere. 

Non  ci  baderemo  a  raccontare  quel  che  tutti  sanno,  che  i  po- 
tentati d'Italia  si  sbigottirono  dell'invasione,  mentre  i^  Francesi , 
imbaldanziti  da  quella  facile  vittoria,  suscitavano  e  soperchiavano 
gì'  italiani.  Trovato  denaro  ,  donne  ,  delizie  ,  si  sbrigliavano  ad 
ogni  licenza  ;  poi ,  satolli  di  godimenti  e  desiderosi  di  tornare 
in  patria  e  vantar  le  loro  imprese ,  anelavano  al  ritorno.  I 
nostri,  maltrattati,  spogliati,  offesi  nelle  loro  donne,  spiravano 
vendetta. 

Dei  malcontenti  si  fé'  centro  Venezia.  Il  Moro,  appagata  la  sua 
ambizione  ,  ne  sentiva  i  pesi  ;  temeva  che  Carlo  volesse  domi- 
narlo, che  favorisse  le  pretensioni  del  duca  d' Orléans  sul  Mila- 
nese ,  che  desse  ascolto  a  Gian  Giacomo  Trivulzio  suo  gran  ne- 
mico.   Si    formò    dunque    una    lega    fra    loro ,  il  papa ,  il  re  dei 


GLI  SFORZA  E  CARLO  v:n.  3-47 


Romani  e  quello  di  Spagna,  e  il  titolo  n' era  di  schernnire  l' Italia 
da  questa  prevalenza  francese.  Anche  i  reali  di  Napoli  ristoravano 
le  proprie  rovinate  fortune;  dall'isola  d'Ischia,  dove  il  re  si  era 
ricoverato,  tornavano  sul  continente  ,  fidanti  nel  malcontento  dei 
popoli. 

Tutto  ciò  dava  molto  a  pensare  a  re  Carlo,  che  ormai  abban- 
donata la  fantasia  della  guerra  di  Costantinopoli  e.  del  regno  di 
David,  pensava  tornar  nel  suo  paese  per  rifornirsi.  Mosse  dunque 
l'esercito,  affidandone  la  vanguardia  a  Gia;i  Giacomo  Trivulzio  , 
arrivarono  a  Pontremoli ,  e  di  là  s' internarono  a  Fornovo ,  tra 
colline  separate  dal  fiume  Taro.  Avevano  sperato  di  passar  senza 
ostacolo,  quando  si  videro  a  fronte  1'  esercito  dei  collegati,  coman- 
dati dal  giovane  Francesco  Gonzaga,  duca  di  Mantova. 

Se  non  si  voleva  dare  addietro,  bisognava  venir  alle  mani,  e 
qui  accadde  una  delle  battaglie  più  celebri  della  storia,  e  di  cui 
sono  cosi  diversamente  narrati  gli  accidenti  e  l' esito. 

Tanto  si  dubitò  della  situazione,  che  nove  persone  si  vestirono 
come  il  re,  perchè  non  fosse  preso  specialmente  di  mira;  ed 
egli  fece  special  voto  a  san  Dionigi  e  san  Martino,  e  consegnò  a 
un  suo  cameriere  un  preziosa  reliquiario,  contenente  frammenti 
della  S.  Croce,  eh'  egli  portava  sempre  addosso. 

I  Francesi,  prima  della  battaglia,  si  fecero  il  segno  della  croce 
e  baciaron  la  terra.  Il  combattimento  di  10  ore  fu  sanguinosissimo, 
giacché  i  nostri  valletti  soccombevano  alle  forti  armadure  dei  ne- 
mici ,  che  non  davano  quartiere  e  li  sventravano. 

Per  consiglio  del  Trivulzio  ,  si  abbandonarono  alla  cavalleria 
dalmata  ed  epinota  dei  Veneziani,  i  ricchissimi  bagagli ,  sui  quali 
gettandosi  essi ,  mandarono  tutto  a  scompiglio.  Cosi  Carlo  si  tenne 
fortunato  di  poter  uscirne  salvo,  e  ancora  ricondurre  in  Francia 
r  esercito  vincitore. 

II  Sanudo  descrive  la  battaglia  con  una  esattezza,  che  si  cre- 
derebbe vera ,  eppure  i  racconti  di  altri  sono  diversi ,  massime 
quelli  dei  Francesi.  Secondo  essi  ,  i  bagagli  che  menarono  via  , 
erano  «  di  valuta  più  di  centomila  ducati  »,  e  rimasero  preda 
degli    Stradioti ,  coli'  elmetto  ,  la  spada  del  re,  i  suoi    stendardi , 


348  GLI    SFORZA    E    CARLO    VIIL 


un  uffizietto  dov'  era  una  preghiera,  usata  da  Carloniagno,  e  una 
pace  ricca  di  gemme  e  di  reliquie  (1). 

Da  tutte  le  parti  si  cantò  vittoria;  dappertutto  corsero  avvisi 
diversi  di  trionfi  e  di  sconfitta  ;  a  Rialto  si  faceano  scommesse 
che  il  re  vi  era  rimasto  morto.  Questi,  al  domani,  fece  cantar 
messa  solenne  con  più  di  500  gentiluomini  francesi  «  e  tutti  si 
comunicò  curando  di  mantener  la  fede.  » 

Si  discusse  se  raccozzarsi  e  rinnovar  la  giornata ,  ma  si  ri- 
solse di  raggiungere  il  corpo ,  che  ad  Asti  avanzava  col  duca 
d'  Orléans. 

Colà  infatti  era  riuscito,  come  si  proponeva,  e  continuava  la 
guerra  esso  Duca.  A  Vercelli  aveano  conchiuso  una  pace  per  cui 
Lodovico  prometteva  due  navi  per  difender  Napoli,  assalita  dagli 
Aragonesi ,  ma  non  1'  attenne ,  anzi  chiuse  il  porto  di  Genova , 
sicché  non  ne  uscissero  i  legni  francesi ,  onde  continuarono  le 
ostilità  intorno  a  Novara  ed  Asti. 

Lodovico  cercava  riconciliarsi  col  re  ,  ma  mettendo  condizione 
che  il  duca  d'  Orléans ,  pretendente  al  Milanese ,  fosse  messo  a 
confine  ;  Gian  Giacomo  Trivulzio,  suo  gran  nemico,  fossegli  dato 
in  mano ,  ed  egli  darebbe  gente  e  denaro  quanti  bastassero  a 
far  fronte  ai  Veneziani,  ed  anche  per  riconquistar  Napoli. 

Carlo,  prima  di  passar  le  Alpi,  desiderò  un  abboccamento  con 
Lodovico.  Questi  ne  rifuggiva,  temendo  una  sorpresa,  e  asserendo 

(1)  Un  tal  Cristallo  di  Val  Brembana,  bandito  dal  Veneto,  balestriere  del 
marchese  di  Mantova ,  nella  battaglia  avea  preso  un  Francese ,  e  gli  trovò 
addosso  questa  anconetta  o  pace,  tutta  gioje  e  reliquie,  e  la  presentò  alla 
Signoria,  senza  chieder  altro,  che  di  esser  liberato  dal  bando.  Ma  gli  furono 
fatti  regali  e  pensioni  proporzionati  al  ricchissimo  reliquario. 

Un  poeta  ne  fece  questo  epigramma  : 

Abstulit  a  Gallo  pacem  Deus  Omnipotens, 

Quid  mirum  pacem  si  modo  Marcus  habet? 
Despexit  pacem  Gallus.  Miracula  cernis; 

Anchoneta  patet,  paxque  reliquit  eum. 
Hanc  Cristallinus  rapuit,  qui  Bergomes  extat. 

Maximus  hic  meritis  perspicuusque  suis. 


GLI    SFORZA    E    CARLO    Vili.  349 

che  nel  campo  francese  se  n'  era  parlato  ,  e  che  Carlo  avesse 
pensato  coglierlo  fin  dal  convegno  di  Pavia.  Mostrò  accettare, 
ma  si  trovassero  sopra  un  ponte,  barricato  alla  metà.  Carlo  noi 
volle,  e  prosegui. 

Tornato  in  Francia,  avendo  battuto  la  testa  in  una  porta  mori 
il  9  aprile  1498,  e  gli  successe  quel  duca  d'  Orléans,  che  conquistò 
l'Italia  e  diede  l'ultimo  colpo  a  Lodovico  Sforza,  severamente 
punito  della  sozza  sua  politica,  per  la  quale  si  dimenticano  tante 
insigni  sue  qualità  ;  e  resta  a  capo  di  un'  età  infelice,  ove  l' Italia 
perdette  e  ricchezze  e  dignità. 

Cantù. 


L'  ANTICA  BADIA  DI  S.  CELSO  IN  MILANO. 


Il  viaggiatore  studioso  che  venendo  a  Milano  move  a  cono- 
scerne i  principali  monumenti  ,  è  certamente  dalla  sua  guida 
condotto  oltre  al  canale  che  apresi  avanti  la  Porta  Romana,  e 
presso  la  Lodovica,  ad  un  augusto  tempio  preceduto  da  spazioso 
cortile  fiancheggiato  da  due  nobili  gallerie,  ornato  entro  e  fuori 
da  colonne,  archi  e  statue  ;  tempio  nel  quale  gareggiano  ii  buon 
gusto  delle  linee  e  delle  proporzioni  colle  dovizie  dell'  oro,  del- 
l' argento  ,  delle  pitture  e  dei  marmi  ;  tempio  nel  quale  alla  de- 
stra del  grande  altare  ne  sorge  uno  più  angusto,  ma  tutto  lavo- 
rato in  massiccio  argento,  consacrato  alla  Divina  Madre  coronata 
dagli  Angeli.  Questa  splendida  fabbrica,  perenne  documento  della 
pietà  del  popolo  e  degli  antichi  nostri  principi ,  dai  quali  fu  ac- 
colta a  speciale  protezione  e  largamente  dotata,  questa  ora  é 
bensì  comunemente  chiamata  San  Celso,  ma  in  fatto  è  invece  il 
Santuario  della  Vergine  Assunta.  Due  passi  più  in  là  eh'  egli 
muova,  trovar  potrà  il  curioso  ,  1'  oggi  quasi  ignoto  San  Celso  , 
r  antico  tempio,  ossia  la  piccola  parte  che  di  esso,  come  diremo 
più  innanzi ,  ancora  rimane.  Troverà  ivi  pure  le  traccie  e  me- 
morie del  pacifico  nido  di  pochi  cenobiti  e  le  zolle  che  due  ge- 
nerosi campioni  della  nuova  fede,  Celso  e  Nazaro,  nel  secolo  III, 
del  loro  sangue  inaffiarono. 


l'antica    badia    di    S.    CELSO    IN    MILANO.  351 


Un  campo,  denominato  ai  Tre  Mori  (ad  Tres  Moro»),  a  breve 
distanza  dalla  città  di  Milano ,  ne'  primi  tempi  del  cristianesimo 
servi  allo  strazio  di  molte  vittime.  Fra  queste,  la  storia  conservò 
i  nomi  di  Nazaro  e  del  giovanetto  Celso  suo  allievo  che  patirono 
e  morirono  sotto  Nerone  nel  campo  appunto  dei  Mori,  ove  anche 
furono  sepolti.  I  loro  cadaveri  rinvenuti  da  Sant'  Ambrogio  nel- 
r  anno  396  ,  furono  quindi  trasportali  1*  uno  in  una  chiesa  che 
gli  venne  eretta  presso  la  Porta  Romana ,  1'  altro  in  altra  che 
qui  appunto  sorse  ove  egli  avea  perduta  la  vita. 

Noi  non  sappiamo  come  fossero  questi  antichi  sacrari ,  ma 
probabilmente  semplici  assai  e  privi  di  sontuosità ,  come  addice- 
vasi  all'  epoca  ed  alle  vicende  d'  una  religione  che  si  risentiva 
ancora  di  tante  sofferte  persecuzioni.  Soltanto  ci  è  noto  che  nel- 
r  anno  992,  l'arcivescovo  di  Milano,  Landolfo  II,  figlio  del  no- 
bilissimo uomo  domino  Bonizone ,  ad  espiazione  del  sangue  che 
erasi  per  lui  sparso  in  una  accanita  guerra  civile ,  rifabbricava 
la  chiesa  di  S.  Celso  ,  1'  arricchiva  di  doni ,  e  vi  poneva  presso 
una  famiglia  di  monaci;  che  poi  egli  morendo  (998),  veniva  ivi 
sepolto  presso  la  porta  maggiore,  come  aveva  prescritto  nel  suo 
testamento,  in  cui  si  ordinava  altresì  una  esequie  anniversaria  in 
perpetuo  coli' intervento  di  molti  cfecamani  ec?  uffizioli,  a  ciascuno 
de'  quali  prefiggeva  ad  elemosina  tre  denari  ed  un  cero.  E  il 
nobile  esempio  fu  presto  seguito  da  altri  ecclesiastici ,  in  ispezieltà 
da  Petriberto,  decumano-ufficiale  della  chiesa  di  S.  Giovanni  Ito- 
lano,  il  quale  lasciò  al  nostro  San  Celso,  nell'  anno  1052,  buona 
parte  del  ricco  suo  patrimonio. 

A  Landolfo  dobbiamo  adunque  la  ricostituzione  della  basilica 
eh'  era  a  tre  navi ,  e  la  cui  sontuosità  ci  si  attesta  ancora  'dalle 
sculture,  dagli  ornati,  dai  rilievi  che  ci  rimangono  di  quell'epoca, 
e  veggonsi  principalmente  sovra  la  porta  e  sui  capitelli  dei  pi- 
loni. Essa  non  soggiacque  alle  devastazioni  ordinate  dal  Barba- 
rossa  nel  1162.  Forse  perchè  estramurana ,  restò  illesa  come 
altre  ancora ,  forse  perché  quivi  presso  vi  aveva  posto  il  campo 
il  cancelliere  imperiale,  Rainaldo,  arcivessovo  di  Colonia,  ov- 
vero perchè  in  quei  pressi  vi  fosse  assembrata  grande  parte  del 
popolo  milanese  che  ancora  teuevasi  forte. 


352  l'  antica  badia  di  s.  gelso  in  milano. 

La  piccola  parte ,  adunque  ,  dell'  antico  edifizio  religioso  che 
oggidì  vediamo  e  che  si  limita  al  solo  capo-croce  delle  tre  ori- 
ginarie navate  basilicali ,  perchè  il  restante,  meno  la  porta ,  fu 
poi ,  come  diremo,  distrutto  ,  è  ciò  che  precisamente  appartiene 
all'  epoca  di  Landolfo  (secolo  X)  come  riconobbero  anche  di  re- 
cente i  più  dotti  neir  archeologia  cristiana  e  specialmente  il 
Dartein  (1).  Essa  è  costrutta  a  vòlta,  senza  cupole  e  loggie,  con 
absida  affrancata  da  robusti  contrafforti  e  munita  di  grandi  fine- 
stre colle  spalle  foggiate  a  risalti ,  caratteristica  nota  in  edifici 
del  secolo  X.  I  piloni  a  fascio  hanno  capitelli  ricchi  di  fogliami, 
d'  intrecci  e  di  figure  capricciose  ad  alto  e  tondo  rilievo,  giusta 
il  costume  di  allora  che  molti  scrittori  vollero  tradurre  in  rito. 
La  porta  è  armata  a  tutto  sesto  ,  e  simile  a  quelle  di  S,  Am- 
brogio e  di  San  Simpliciano.  Al  di  sopra  di  essa  scorgonsi  le 
.figure  a  rilievo  di  cinque  fantastici  animali ,  tre  nel  giro  del  primo 
semi-cerchio  comprendente  1'  arco  ,  due  collocati  al  disopra  del- 
l' arco  medesimo. 

L'  architrave  offre  in  un  rozzo  bassorilievo  le  principali  gesta, 
disposte  senza  sufficiente  ordine  cronologico,  dei  Santi  Nazaro  e 
Celso.  In  vari  comparti  firmati  da  piccole  nicchie  fiancheggiate 
da  poco  eleganti  e  non  tutte  uniformi  colonnette,  veggonsi,  guar- 
dando da  sinistra  a  destra,  Nazaro  genuflesso  dinanzi  al  carne- 
fice che  sta  per  recidergli  la  testa  ;  quindi  Celso  parato  al  mar- 
tirio,  avvolto  in  largo  manto  su  cui  è  impressa  una  croce;  poi 
gli  stessi  campioni  condotti ,  fra  due  soldati  ,  al  carcere.  Seguono 
Nerone  in  clamide  assiso  sovra  sedia  curule  ;  un  soldato  a  ca- 
vallo ;  Nazaro  in  abito  da  viandante  :  lo  stesso  che,  uscendo  della 
casa  paierna,  dispensa  ogni  suo  avere  a' poverelli;  una  navicella 
coi  nocchieri  che ,   vedendo  Nazaro  e  Celso  ,    da  essi  gettati  già 


(1)  Devo  professarmi  grato  a  questo  illustre  scrittore  per  le  citazioni  che 
egli  si  compiacque  fare  nell'insigne  sua  opera:  Étude  sur  V Architetture 
lombarde  (Paris)  della  mia  prima  Memoria  storico-epigrafica  sovra  questo 
antico  Tempio  di  S.  Celso,  da  me  letta  nel  R  Istituto  delle  Scienze,  ecc., 
in  Milano,  nel  di  16  aprile  1843  e  quindi  pubblicata. 


l'  antica    badia    di    S.    CELSO    IN    MILANO.  353 

nelle  onde  ,  passeggiare  su  quelle  illesi  col  simbolo  della  fede 
nelle  mani ,  si  volgono  ad  essi  in  atto  supplichevole. 

Finalmente  1'  ultimo  comparto  ha  le  salme  de'  due  martiri  por- 
tate dai  fedeli  al  sepolcro.  Le  colonnette  laterali  alle  prime  nic- 
chie, ov'  è  figurata  la  decollazione  delle  due  vittime ,  rappresen- 
tano alcune  piante  di  gelso;  ossia  moro,  giusta  la  tradizione  che 
il  supplizio  loro  avvenisse  nel  campo  dei  mori.  Sotto  1'  architrave 
veggonsi  da  ciascuna  parte  due  curiose  figure,  le  quali,  tutte  in- 
curvate ,  mostrano  sostenerlo  cogli  omeri  ,  appoggiando  le  mani 
contro  i  genitali.  Vogliano  alcuni  attribuire  questa  scultura,  per 
sua  grettezza,  al  secolo  XII,  ma  non  saprei  con  quale  ragione- 
vole motivo  ritenere  che  1'  architrave  di  cui  essa  fa  parte,  fosse 
stato  innestato  posteriormente  nella  porta  tanto  tempo  prima  edi- 
ficata, e  vorrei  anzi  crederlo  contemporaneo  alla  porta  medesima 
perchè  lo  stile  di  quelle  sculture  non  si  dilunga  gran  fatto  da 
altre  simili  che  ci  restano  del  secolo  X ,  e  la  rozzezza  dell'  arte 
non  era  molto  maggiore  nel  secolo  XII  che  nel  X.  Nel  vano 
poi  dell'  arco  è  dipinta  a  fresco  da  un  pittore  del  XVI  ,  forse  il 
Cerano,  la  Vergine  in  mezzo  ai  Santi  Celso  e  Nazaro. 

Entriamo  nella  chiesa,  ossia  in  quella  parte  di  essa  che  ancora 
rimane. 

Abbiamo  detto  eh'  era  a  tre  navi  ,  la  centrale  divisa  in  tre 
campi  di  vòlta  suU'  asse,  formati  questi  mediante  una  doppia  ar- 
cata sui  lati.  Colà  veggonsi  ancora  parecchi  degli  enunciati  capi- 
telli di  antico  scarpello,  di  forma  classica  romana,  sedici  altri  o 
più  frammenti  se  ne  vedono  fuori  nell'  indicato  muro  laterale.  I 
capitelli  dei  due  piloni  laterali  alla  porta  rappresentano  1'  Angelo,  il 
Bue,  r  Aquila,  il  Leone ,  simboli  dei  quattro  Evangelisti.  Uno,  che 
ora  trovasi  incassato  nel  muro  esteriore,  è  in  tre  comparti  formati 
da  nicchie  con  colonnette  simili  all'  architrave  testé  descritto,  ha  tre 
mezze  figure,  sovra  una  delle  quali  é  una  colomba;  giova  cre- 
derle Sant'Ambrogio  fra  i  martiri  Nazaro  e  Celso;  quest'ultimo 
(perché  fanciullo  tratto  al  martirio)  contraddistinto  dalla  colomba. 
Degli  altri  capitelli,  alcuni  non  sono  che  semplicemente  orna- 
mentali ,  ma  ve  n'  ha  anche  di  quel  genere  che  fu  chiamato  sim- 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  23 


354  l'antica  badia  di  s.  gelso  in  Milano. 


bolico,  pel  costume  che  sembrò  ad  alcuni  fosse  adottato  da  quei 
primi  credenti  di  rappresentare  con  quelle  figurazioni  le  cose,  le 
idee  più  sublimi  ed  auguste  della  Religione.  Leoni ,  Sfingi ,  Cervi  , 
Cani  ,  simboli  della  forza  ,  della  sapienza ,  della  velocità ,  della 
fedeltà,  ci  offrono  quelle  sculture,  fra  le  quali  meritano  partico- 
lare considerazione  tre  di  quei  frammenti  che  sono  incassati  nel 
summentovato  muro  esterno  laterale  e  che  rappresentano ,  l' uno 
due  arieti  insieme  uniti  con  una  croce  frammezzo,  a  simbolo  forse 
dei  due  popoli  ebreo  e  cristiano,  insieme  congiunti  sotto  il  ves- 
sillo della  fede  ;  1'  altro  una  testa  fra  due  leoni  ;  il  terzo  un  ca- 
vallo bardato  e  sellato  condotto  da  un  uomo  per  la  briglia  e  da 
un  altro  rattenuto  per  una  coscia.  La  testa  fra  i  leoni  esprime 
Daniele  nella  fossa ,  ed  è  rappresentazione  frequente  nei  monu- 
menti cristiani  più  antichi  ,  persino  nelle  pitture  delle  catacombe. 
La  si  vede  espressa  ora  in  intera,  ora  in  mezza  figura,  ovvero  , 
com'  é  qui  ,  nella  semplice  testa  ;  talvolta  in  atto  di  orazione  , 
colle  braccia  protese  al  cielo,  talvolta  circondata  da  altre  figure; 
sovente  entro  la  caverna  dei  leoni. 

Con  tali  emblemi  luttuosi  i  primi  credenti  miravano  ad  ani- 
mare i  loro  fratelli  nella  furia  delle  persecuzioni  a  perseverare 
nella  fede.  A  differenza  dei  pagani  i  quali  dell'  idea  della  morte 
non  sapevano  racconsolarsi  se  non  con  quella  di  un  comune  de- 
stino, quei  ferventi  cristiani  vi  contrapponevano  quella,  ben  più 
sublime,  di  un  eterno  premio  in  una  vita  futura,  e  1'  esempio  del 
profeta  liberato  dalle  fauci  di  fameliche  fiere  non  poteva  tornare 
più  acconcio. 

Ma  il  più  ragguardevole  dei  capitelli  che  sto  descrivendo  è 
quello  simbolico-morale  che  offre  il  cavallo  guidato  e  rattenuto. 
L'  uomo  nei  pericoli  della  vita  si  volle  ravvisare  in  cotale  rap- 
presentazione in  cui  r  auriga  figurerebbe  il  principio  del  bene 
che  guida  al  sentiero  della  virtù,  contrastato  da  quello  del  male 
che  si  sforza  a  sviarcene. 

Questi  capitelli  che  ricordano  lo  stile  del  corintio  romano  , 
quelle  membrature  classiche  ivi  ancora  conservate  ,  sono  abba- 
stanza eloquenti  per  farci  trovare  nell'  antico  edificio  l'epoca  del 


l'  antica     badia    D!    S.    CELSO    IN    MILANO.  355 


SUO  proraotore  Landolfo.  Alla  quale  di  certo  appartiene  anche 
r  alto  e  robusto  campanile ,  che  spoglio  ora  di  squille  vi  sta 
presso,  ed  é  una  delle  più  antiche  sacre  torri  ancora  esistenti  in 
Milano,  specialmente  dopo  il  tanto  lamentato  recente  vergognoso 
atterramento  di  quella  di  S.  Giovanni  alla  Conca. 

Non  é  peraltro  a  tacersi  (e  ognuno  facilmente  potrà  persua- 
dersene), che  in  tanto  volgere  di  anni  ed  in  varie  epoche  il  tempio 
di  S.  Celso  abbia  avuto  a  subire  più  restauri  e  modificazioni.  Ne 
resta  indizio  di  una  provocata  dall'  abate  Carlo'  da  Forlì  (1450), 
il  quale  molte  cose  vi  fece  e  specialmente  le  lignee  imposte  della 
porta  maggiore,  tutte  lavorate  a  pregevoli  intagli ,  nella  sommità 
delle  quali  sorgono  le  immagini ,  da  una  parte,  di  Sant'  Ambrogio 
in  mezzo  ai  martiri  Gervaso  e  Protaso ,  dall'  altra  la  Madonna 
fra  S.  Celso  e  S.  Benedetto,  leggendovisi  inciso  il  nome  del  mu- 
nifico ordinatore  : 

CAROLVS    •  ABBAS   •   FECIT   •   FIERI   •  MCCCCLI 

Molti  abbellimenti  di  pitture,  sculture  ed  altri  lavori  per  entro 
la  chiesa  faceva  eseguire  il  duca  Galeazzo  Maria  Sforza,  operan- 
dovi i  pittori  Zanetto  Bugato,  Jacopo  Zajnario  ed  altro  pure  per 
nome  Stefano  (forse  il  Fedeli  od  il  Marchesi ,  distinti  pittori  en- 
trambi ch'erano  allora  in  Milano),  nonché  gli  architetti  e  scul- 
tori Lazzaro  Palazzo,  Giovan-Giacomo  Dolcebono  ed  altri  (1).  Ma 

(1)  Il  documento  che  qui  riportiamo,  tratto  dal  grande  Archivio  generale 
di  Milano .  accenna  ad  alcuni  lavori  fatti  eseguire  dal  duca  Gio.  Galeazzo 
Sforza  in  S.  Celso  verso  la  fine  del  secolo  XV  : 

MCCCCLXXIIJ. 

Mcccc  I  Qygg^a  è  1j^  spesa  facta  nel  ornanto  dela  capella  de  Scto  Celso  la 
quale  fuo  principiato  a  di  XIIJ  daprile  secundo  uno  designo  ordinato  per  lo 
jUmo  Sig.re  nostro  :  (s' intende  il  Duca  Sforza  suaccennato). 

Primo  per  certe  pere  de  marmerò  fino  comprato  dali  canonici  de  Scto 
Ambrosio  etc,  e  montato  i  S.nia  L.  XXIJ  s.  IIIJ. 

Ite  per  peze  duij  de  marmoro  fino  comprato  per  Lazaro  da  pallazo  lapi- 
cida in  S.^  computate  le  nicture  L.  XX J.  S. 

Ite  per  asse  IIJ  de  pobie  per  far  li  capcello  etc. 


356  l'  antica  badia  di  s.  gelso  in  Milano. 

queste  opere  quasi  tutte  perirono  e  con  esse  anche  un  più  an- 
tico palio  di  altare,  dipinto  nell'  anno  1457  da  un  Antonio  Man- 
tegazza ,    a   noi   noto    soltanto    per  tale   lavoro  di  cui  trovammo 


Ommissis. 
Ite  per  la  portatura  ad  portare  dicto  capcello  ad  S.c'o  Celso  L.  —  S.  X. 

Ommissis. 
Ite  per  la  spesa  de  ornare  tuto  lo  copcello  de  oro  e  azuro  e  manifactura 
de  dipintura  (numerati)  a  magro  jacobo  Zaijnaro  et  compagni,  in  S.'*  L.  84 

Ommissis. 

Ite  per  la  dipintura  de  uaa  cortina  et  la  depictura  facta  in  suso  lo  muro 
disopra  de  lornamto  de  marmoro  cosi  de  soto  per  fare  li  Effigij  trati  da 
naturale  del  nro  jll.mo  Sig.re  et  de  la  jll.ma  Madona  con  li  fioli  facti  per 
Maistro  Zaneto  depintore  ed  a  luij  et  quelli  che  hanno  facto  la  cortina 
L.  159  =  12.— 

Ite  per  le  ante  de  ligname  dove  e  dipincto  suso  le  SS.  cose  e  ferramto 
et  manifattura  in  S.*  L.  8.  S.  11. 

Victure  una  delo  lavorare  del  marmoro  conducto  a  San  Celso  lire  — 
soldi  XII. 

Ite  per  Caualante  XLII  de  sabiono  conducto  ad  S.cto  Celso  L.  2  S.  2. 

Ommissis. 

Ite  per  portature  VIIIJ  a  portare  le  pilastrate  et  la  Ferrata  et  altre  prede 
ad  S.cto  Celso  L.  —  S.  9. 

Ite  per  una  ferrata  metuta  in  la  dieta  opera  con  uno  vschiolo  et  ferratura 
la   quale    limata  rotonda  et  facta  per  magro  Biaso  ferrare   in   suma  L.  19. 

S.  X.  D.  VI. 

Ommissis. 

Ite  per  li  trombeti  che  sono  metuti  in  mane  ali  Angeli  de  marmoro  che 
sono  facti  de  recalcho  bornito  et  sendàlo  apichato  a  dicti  Trombeti  per  le 
bandere  in  suma  L.  3.  S.  XVJ. 

Ite  la  diademe  et  la  bandiera  metute  in  mane  al  Christo  suscitato  in 
summa  L.  1.  S.  15. 

Ite  n.  ac  magro  Stefano  depinctore  per  metere  doro  lo  marmoro  et  ad 
fare  una  nostra  Dona  depincta  drente  ad  la  ferrata  L.  28.  S.  — 

Ite  per  Johanne  Jacobo  dulcebono  con  vno  garzone  per  ope  64  ad  comput. 
de  S.  18  per  opa  in  suma  L.  62.  S.  2. 

Ite  per  Lazaro  rechioso  ope  L.  XVIIJ  con  vno  garzono  ad  9put  S.  XVI 
per  opa  L.  61.  S.  4. 

Ite  per  Filippo  da  Castelo  per  ope  LXVI  ad  9pute  L.  XIIIJ®  per  opa  L.  5.  6. 


l'  antica    badia    di    S.    CELSO    IN    MILANO.  357 

menzione  (1).  E  di  quanto  ordinava  nel  1473  per  San  Celso  il 
duca  Galeazzo,  nuli'  altro  ci  sembra  che  avanzi  se  non  una  Ma- 
donna dipinta  sul  muro  in  una  bassa  nicchia  presso  la  cappella 
già  maggiore ,    ora  unica ,    di    cui    troviamo    notato  :    ad  magro 

Stefano    depinetore    per fare   una    nostra   dona    depineta 

drento  ad  la  ferata ....  (Veggasi   pag.  356  nella  nota). 

Tale  pittura,  fino  a  qualche  anno  fa,  era  abbastanza  discerni- 
bile,  e  vi  si  notava  in  un  canto  una  figurina  a  profilo,  diremo 
quasi,  leonardesco;  ma  ormai  il  tutto  è  ridotto  una  larva.  Mi- 
gliore sorte  ebbe  una  immagine  di  Maria  sorreggente  il  Bam- 
bino, dipinto  del  secolo  XV,  fatto  ripulire  e  adornare  dall'  abbate 
Don  Guglielmo  Biumi  nell'  anno  1773 ,  come  diremo  dappoi  (in- 
scrizione n.  3)  ,  la  quale  immagine  vedesi  ancora  sulla  parete 
a  sinistra  della  cappella,  sulla  linea  della  stessa. 

Un  prezioso  monumento  di  cristiana  antichità  esisteva  qui  pure, 
donde  nel  1808  fu  trasportato  nell'  attiguo  Santuario  di  S.  Maria, 
vale  a  dire  il  lapideo  sarcofago   che   conteneva  le  reputate  spo- 

Altri  opera]  : 

Lazaro  Recbioso. 
Filippo  da  Castelo. 
Baptista  homadeo. 
pedro  da  briosco. 
bruno  da  pergamo. 
Ambrosio  da  Como. 
Samuel  luono. 
Johanne  Antonio  da  pozo. 
Michele  dala  Chiesa. 
Alujsio  da  Como. 
Ricardo  de  S.cto  Fiorano. 

Peze  due  de  marmerò  fino  comprato  per  Lazaro  da  Pallazo  lapicida  in 
suma  computate  le  uicture  lire  28. 

(1)  1457.  Ambrogio  Mantegazza ,  pittore,  pinge  un  palio  per  l'altare  in 
S.  Celso,  dotato  da  Antonio  Legnano,  pagato  dalla  Veneranda  Fabbrica  del 
Duomo  di  Milano,  erede  del  suddetto  Legnano. 

(Documento  derDuomo  suddetto,  volume  II,  anno  1878). 


358  l'  antica  badia  di  s.  gelso  in  Milano. 

glie  mortali  del  martire  Celso.  Questo  sarcofago,  nell' indicato 
Santuario  di  S.  Maria  fa  ora  da  mensa  all'  altare  della  crociera 
alla  sinistra  di  chi  entra.  In  esso  sono  scolpiti  a  basso  rilievo  , 
sul  dinanzi ,  nel  centro  Gesù  fra  i  Santi  Pietro  e  Paolo,  all'  estre- 
mità destra,  il  Presepio,  e  i  tre  Magi  in  veste  frigia  ;  all'  estre- 
mità sinistra  le  tre  Marie  presso  la  tomba  del  Salvatore,  S.  Tom- 
maso che  tocca  il  costato  di  Cristo  ;  ai  lati  del  sarcofago  miransi  : 
da  una  parte  Mosè  che  trae  l'acqua  dalla  selce,  dall'  altra  l'Emo- 
roissa  che  tocca  la  veste  a  Gesù.  La  scultura  ricorda  le  opere 
romane  del  V  secolo  ;  il  suo  collocamento  in  San  Celso  devesi 
probabilmente  a  Landolfo.  La  descrisse  con  esattezza  l' oblato 
Don  Gaetano  Bugati  nelle  s.ue  Memorie....  intorno  le  reliquie  e 
il  Culto  di  S.  Celso,  nella  quale  opera  è  pure  fatto  cenno  di 
una  croce  greca  assai  antica ,  rinvenuta  nell'  urna  del  martire 
in  una  ricognizione  fattavi  nel  1782  ;  probabilmente  vi  era  stata 
introdotta  dall'arcivescovo  Landolfo,  allorché  nel  secolo  X  fece 
la  prima  traslazione  del  santo  cadavere,  volendo  con  essa  indi- 
care che  ivi  riposava  un  martire,  giusta  l'antico  ritmo: 

Ubi  martyr  ibi  crux 

martyrii  sanctis  quae  pia  caussa  fuit. 

La  chiesa  nella  parte  che  ora  non  é  più ,  comprendeva  quattro 
altari  minori  entro  cappelle,  due  per  lato,  costrutti  in  barocche 
forme  nel  secolo  XVIL  Uno  di  essi  era  titolato  nel  Crocefisso  , 
altri  nella  Vergine  ,  in  S.  Ambrogio ,  ed  una  poi  nei  tre  martiri 
Basilide,  Cirino  e  Naborre,  le  salme  dei  quali  ivi  riposarono  fin 
dall'  anno  1608  ,  per  cura  di  Cesare  Marino  ,  come  diremo  più 
innanzi ,  ed  ora  serbansi  nel  vicino  Santuario  di  Santa  Maria.  Vi 
stavano  pure  le  due  casse  lapidee ,  nelle  quali  Landolfo  arcive- 
scovo, aveva  deposto  le  reliquie  di  S.  Celso,  una  delle  quali  casse 
(ossia  la  superiore,  quella  cioè  che  racchiudeva  il  testé  descritto 
sarcofago  storiato,  entro  cui  era  il  corpo  di  S.  Celso)  trovasi  an- 
cora in  questo  vetusto  tempio  nella  nave  destra  ,  mentre  1'  altra 
fu,  come  già  si  disse,  tradotta  nel  prossimo  Santuario,  più  volte 


I.'aMIi  A    BADIA    DI    S.    CELSO    IN    MILANO.  359 

nominato.  Al  disopra  della  cassa  tuttora  esistente  in  S.  Celso  , 
sono  infisse  nel  muro  due  iscrizioni  (Vedi  i  num.  1  e  2  àeW  Epi- 
grafia) comprendenti  la  storia  di  quelle  reliquie  ,  le  loro  trasla- 
zioni e  ricognizioni ,  1'  ultima  delle  quali  eseguita  dall'  arcivescovo 
nostro  Giuseppe  Pozzobonello ,  nell'anno  1782,  che  fu  l'ultimo 
in  cui  ebbe  vita  nel  recinto  di  questa  Badia,  la  piccola  famiglia 
dei  canonici  regolari. 

Chiesa  e  convento  tenevano  fin  dal  secolo  X  ,  come  già  si  è 
premesso  ,  monaci  benedettini  :  il  nome  di  un  loro  Abbate  Gio- 
vanni é  ricordato  in  un  istromento  dell'  anno  1152  ,  in  cui  egli 
fa  concordia  con  Lanfranco  preposto  di  Brebbia. 

A  mezzo  il  quattrocento  la  Badia  veniva  data  in  commenda , 
e  divisi  per  ciò  li  suoi  redditi  a  metà  col  Commendatario  ;  fu 
eletto  pel  primo  a  tale  dignità  quel  Carlo  da  Forlì  già  nominato 
a  pag.  355,  il  quale,  fatto  poi  nostro  Arcivescovo,  ritenne  nien- 
temeno la  Commenda  e  continuò  ad  abitare  la  Badia  fin  che 
visse  e  neir  antico  tempio  di  cui  fu  benemerito,  volle  essere  se- 
polto (1475).  Gli  successe  un  Antonio  dei  Baldironi,  che  ebbe  a 
sostenere  viva  lotta  coi  monaci  di  Chiaravalle  Milanese,  renuenti 
a  riceverlo  quale  visitatore  apostolico  mandatovi  da  Sisto  IV. 

Partiti  da  S.  Celso  i  benedettini ,  Papa  Paolo  III  vi  spediva  in 
loro  vece  li  canonici  regolari  di  Bologna  della  Congregazione  del 
Salvatore  detti  Scoppetiini  o  Rocchettini.  Eglino  fecero  riattare 
gli  edifici  con  lavori  durati  tre  anni ,  ma  che  alterarono  in  gran 
parte  le  forme  antiche  del  Tempio  e  le  eleganti  opere  innesta- 
tevi nel  secolo  XV,  che  quasi  tutte  perirono.  Non  più  felici  furono 
le  innovazioni  recatevi  da  un  Abbate-visitatore  nel  1576,  da  un 
commendatario,  Teodoro  Trivulzio,  nel  1651 ,  dall'  abbate  di  Go~ 
verno,  Guglielmo  Biumi ,  nel  1777.  Il  Trivulzio  sconciò  in  parte 
la  bella  e  semplice  antica  facciata  della  chiesa  ,  per  introdurvi 
il  pesante  suo  stemma  (tolto  poi  all'  epoca  repubblicana  del  se- 
colo ultimo  scorso)  e  l'epigrafe,  che   parimenti  fu  tolta: 

THEODOR  VS    •   CARDINALIS    •    PRINCEPS 
TRIVVLTIVS    •    MDCL    . 


360  l'  antica  badia  di  s.  gelso  in  Milano. 

Il  Biumi  che  fu  il  penultimo  degli  Abbati  di  Governo  e  mori 
nel  1781,  pose  nella  cappella  maggiore  il  brutto  altare  che  tut- 
tora vi  sta  ed  una  spaventevole  tela  di  un  Giovampaolo  Cazzaniga 
con  entrovi  il  martirio  del  Santo  titolare  ;  egli  imbarocchi  le  cap- 
pelle laterali  ormai  senza  nostro  rincrescimento  scomparse.  Non- 
dimeno meritò  lode  per  aver  fatto  conservare  quella  Madonna 
dipinta  nel  secolo  XV ,  di  cui  si  é  detto  a  pag.  357  ed  aver 
fatto  rassodare  il  magnifico  campanile ,  del  che  fa  memoria  una 
iscrizione  di  barbaro  latino,  infissa  alla  parete  destra  fuor  della 
chiesa  (Vedi  Epigrafia,  Inscrizioni ,  N.  5). 

Uomini  illustri  nei  passati  tempi  ebbero  quivi  la  tomba.  Oltre 
all'arcivescovo  Carlo  da  Forli ,  già  ricordato,  sappiamo  che  vi 
furono  tumulati  Bonifazio  della  Pusterla ,  abbate  che  fu  del 
monastero,  oratore  in  nome  di  Ottone  Visconte  per  la  pace  con 
Cassone  della  Torre  nel  1278 ,  morto  intorno  all'  anno  1283, 
dopo  una  vita  piena  di  virtù  ;  Filippo  della  Pusterla ,  monaco , 
ucciso  nel  1278  a  Gorgonzola  da  quei  della  Torre  in  un  fatto 
d'  armi  contro  l' arcivescovo  Ottone  Visconte,  di  cui  era  seguace, 
inoltre  un  Cesare  Marino,  generale  di  cavalleria  ed  uditore  nelli 
eserciti  di  Carlo  V  in  Italia ,  oriundo  genovese ,  ma  nato  a  Mi- 
lano, ove  mori  nel  1608.  Egli ,  fin  dall'  anno  1584  ,  aveva  fatta 
ampliare  e  adornare  in  questa  chiesa  la  cappella  seconda  nella 
navata  a  destra  per  collocarvi  le  salme  dei  santi  Basilide,  Cirino 
e  Naborre,  e  vi  aveva  instituita  una  cappellania,  come  danno  le 
iscrizioni  da  noi  riportate  al  num.  18,  19  della  parte  epigrafica. 
La  Commenda  abbaziale  che  percepiva  la  metà  del  reddito  dei 
beni  appartenenti  al  monastero,  durò  fino  all'  epoca  dei  rivolgi- 
menti avvenuti  alla  fine  del  passato  secolo  ,  e  1'  ultimo  investi- 
tone fu  il  cardinale  Giuseppe  Albani,  morto  nella  prima  metà  del 
secolo  presente.  Anche  la  piccola  Badia  dei  Canonici  di  S.  Celso 
ebbe  fine  in  quell'  epoca  (1783) ,  perchè  compresa  nelle  prime 
soppressioni  ecclesiastiche  avvenute  fra  noi.  Era  abbate  di  Go- 
verno un  Don  Domenico  Forziati ,  nato  a  Napoli  nel  1738  e  vi- 
vente ancora  nel  1800  a  Milano,  ove  aveva  acquistata  la  citta- 
dinanza. 


I 


l'  antica    badia    di    S.    CELSO    IN    MILANO.  361 


I  canonici  residenti  non  erano  allora  che  quattro  con  un  solo 
laico  e  tutti  furono  licenziati ,  conservata  tuttavia  al  culto  la 
chiesa  ed  assegnata  al  Comune  col  titolo  di  distrettuale. 

Nel  1802  la  si  diade  quale  sussidiaria  alla  vicina  parrocchia 
di  S.  Eufemia,  postovi  rettore  il  sacerdote  D.  Giacomo-Francesco 
de  Portai,  col  provvedimento  di  annue  lire  milanesi  1500 ,  per 
la  manutenzione  della  chiesa. 

Nel  mese  di  agosto  1818,  per  dare  maggior  luce  e  ventilazione 
al  vicino  Santuario,  furono  demolite  quattro  delle  sei  arcate  che 
costituivano  il  corpo  longitudinale  del  tempio  e  col  magistero  del 
valente  architetto  che  fu  Luigi  Canonica,  veniva  trasportata  al  ter- 
mine delle  due  prime  1'  antica  porta  già  descritta ,  e  collocatovi 
r  elegante  finestrone  a  ruota  (rosone)  che  tuttora  vi  sta,  si  venne 
a  formare  un  Oratorio.  Alla  quale  opera  condotta  secondo  lo  stile 
primitivo  della  Basilica  e  resa  poi  perfetta  nell'anno  1851,  nes- 
suno vorrà  negare  1'  onore  di  essere  stata  fra  noi  la  prima  con 
cui  siasi  tentato  e  con  buon  successo  procurato  a  un  edificio  re- 
ligioso un'  assegnata  restituzione  all'  antico  stile  lombardo.  Ag- 
giungiamo essere  dessa  il  migliore  ripristino  secondo  arte,  storia 
ed  archeologia,  che  in  parità  di  merito  col  S.  Abbondio  di  Como, 
sia  stato  finora  nei  nostri  paesi  condotto. 

Ne  concepì  l'  idea  e  diresse  personalmentee  l'  opera  del  1851 
un  buon  sacerdote,  amantissimo  dell'arte  e  benemerito  della  pa- 
tria, Don  Giovanni  Leoni ,  del  quale  bene  a  proposito  1'  illustre 
Dartein  fece  ne'  suoi  scritti  onorevole  menzione  (1). 

Dall'  epoca  suddetta  (1818)  in  avanti  ,  il  nuovo  antico  Oratorio 
rimase  quasi  sempre  annesso  all'  attiguo  Santuario  di  Santa  Maria, 
con  cui  venne  messo  in  comunicazione  mediante  una  porta  quasi 
a  formare  una  cappella  dello  stesso  ,  e  noi  si  potè  emancipare 
da  tale  sudditanza  che  per  alcuni  anni  ,  dal  1860  al  1871  ,  nel 
qual  tempo  servi  di  chiesa  sagramentale    al    Collegio   militare  di 


(1)  Don  Giovanni  Leoni,  nato  a  Milano  nel  1807,  vi  mori  nel  16  novem- 
bre 1887,  fra  il  generale  rammarico  di  quanti  lo  conobbero  od  ebbero  no- 
tizia di  lui.  Fu  verace  e  costante  amico  dello  scrittore  di  queste  memorie. 


362  l'  antica  badia  di  s.  gelso  in  Milano. 

S.  Luca,  che  vi  sorge  rimpetto ,  e  1'  oratorio  allora  era  ufficiato 
nobilmente  da  due  cappellani.  Di  presente  ben  di  rado  lo  si  apre 
al  culto  e  lo  si  fa  servire,  con  vera  indecenza,  a  ricetto  di 
scranne. 

Possa  il  sincero  lagno  eh'  emana  dal  cuore  di  un  vecchio 
amante  dell'  arte  e  della  patria ,  muovere  gli  animi  dei  rispetta- 
bili Patroni  di  questo  antico  religioso  edificio,  a  far  si  che  venga 
senza  indugio  restituito  all'antico  decoro! 

Michele  Caffi. 


EPIGRAFIA. 

Le  due  primo  lapidi  cristiane  che  offriamo  si  trovano  entro  la 
chiesa  e  rammemorano  le  reliquie  del  martire  Celso  che  diconsi 
rinvenute  da  S.  Ambrogio  nel  secolo  IV,  qui  trasportate  nel  X"'" 
da  Landolfo,  riconosciute  nel  XVI  (precisamente  nel  1521)  dal- 
l'Abbate Commendatario  Pallavicino  Visconti,  e  quindi  nel  XVIII 
dal  nostro  Arcivescovo  Pozzobonello  ;  per  ultimo  trasportate  nel 
1813  nel  vicino  insigne  santuario  di  S.  Maria  Assunta. 

I.  Entro  la  chiesa  attuale. 
ISCRIZIONE  1. 

D   •  O   •   M 

CORPUS  •  S  •  GELSI   •   MARTYRIS 

SAECULO  •  QVARTO  •  INVENTVM 

DECIMO  •   TRANSLATVM 

DECIMO   •  SEXTO   •   RECOGNITVM 

lOSEPH   •  CARD  •  PVTEOBONELLVS   •   MED   •  ARCHIEP 

HIC   •   REPOSVIT 

ANNO   •  DOM   •  MDCCLXXXII  •   X   •   KAL   •  AVGVSTl 


l'antica    badia    di    S.    CELSO    IN    MILANO.  363 


DIVI   •  CELSI   •   MARTYRIS   •   INVICTI 

SACRO   •  CORPORE    •   IN    •  AEDICVLAM   •   CELSIANAM 

PROXIMI  •  DEIPARAE   •  TEMPLI 

TRANSLÀTO 


V  .  KAL  .  MAI  .  AN  .  M    •   DCCC   •   XIII 
HEIC   •  VRNA   •  QUAE   •   ILLVD   •   CONTEGERAT 


POSITA   •   EST   •   AN  .  M    •   DCCC   •  XXVIII    • 

3. 

Sotto  la  ìmmagiue  di  una  madonna  a  mezza  figura  dipinta  sulla 
parete  al  lato  sinistro  della  chiesa  sulla  linea  dell'  unico  altare 
ora  esistente  in  essa. 

ANTIQVAM    HANC 

DEIPARAE    IMAGINEM 
SAECULIS    XIV    ET    XVH 

POPULI    FREQUENTIA 
AC    MIRACULIS    CLARAM 

NOBILIORI    HOC    LOCO 
DEPORTANDAM    CURaViT 

GULLIELMUS    BIUMI 
HUIUS    COENOBII    ABBAS 
ANNO    DOM.    MDCCLXXIII 

Lo  Stile  della  graziosa  pittura  ci  dispensa  dal  credere  all'  iscri- 
zione che  ci  vorrebbe  far  ravvisare  in  essa  un'  opera  non  ante- 
riore agli  ultimi  anni  del  secolo  XV  od  ai  primi  del  successivo. 

4. 
Sul  suolo  sovra  una  modestissima  tomba  : 

IO    ANTONIO    HOMACINO 

IVLIVS    C.«SAR    FILIVS    AC 

HYPPOLITA    A    S    AMB°    VXOR 

IN    MORTVVM    HONORIS 

ET  PIETATIS    ERGO 

P 

MDLXXXni 


364  L*  ANTICA    BADIA    DI    S.    CELSO    IN    MILANO. 

Essa  fu  sostituita  ad  altra  che  stava  nella  cappella  di  S.  Ba- 
silide ,  e  che  ricordava  le  beneficenze  di  Giannantonio  Omac- 
cino ,  segretario  del  Senato  di  Milano  ,  morto  nel  1583  e  quivi 
sepolto. 

II. 
Sul  muro  laterale  a  sinistra  fuori  chiesa  : 

5. 

TVRRIS    RESTAVRATA 

SCALIS    MARMOREIS    ERECTIS 

CAMPANIS    AVCTIS  ET    ADDITIS 

AVREOS    M    M    M 

IMPENSA 

MDCCLXXIX 

D.    GVLLIELMO    BIVMI    ABBATE 

ET    CANON ICIS 

I  nostri  lettori  non  s' innamorino  di  questo  latino  che  rivaleggia 
quello  dell'  epigrafi  Biraghiane  poste  non  più  che  venti  anni  ad- 
dietro sovra  la  tomba  di  Ariberto  nel  nostro  Duomo. 

6  e  7. 
(Sulla  stessa  pietra).  » 

H  I  e    REQVIESCET    IN    FA  C  e 
tVSTINVS    QVIVIXIT    IN    SC 
e  V  L  O    A  N    PLM.    L.     DEPOSI 
^VSSVB.    D.    C.    IDVS.    DECEmè 
TES    SIMMACVM     VCC 

B.    M. 
HIC    REQVIESCET     IN  pUCe 
MARTIA     QVI    VIXIT    IN    SEC 

VLO  ATinos  PLM.  Lv.  depo 

SITA    SVB.    D.    XII.    KAL.    APRIL. 


l'antica    badia    di    S.    CELSO    IN    MILANO.  365 

Sono  Giustino  e  Marzia.  Il  primo  mori  d'  anni  dieci,  sei  giorni 
innanzi  alle  idi  (cioè  addi  sette  dicembre),  sotto  il  consolato  di 
Simmaco  ;  dell'  altra  non  rilevasi  chiaramente  l'  anno ,  ma  per 
essere  ambedue  le  epigrafi  sulla  stessa  pietra ,  eguali  le  di- 
citure ed  il  sistema  grafico  può  ritenersi  che  siano  contem- 
poranee. 

Molti  Simmachi  consoli  sono  ricordati  dal  Sirmondo  nelle  note 
ad  Ennodio,  e  dal  Gottofredo  nella  Prosopografia  del  codice  teo- 
dosiano,  ma  fra  essi  sembra  che  il  Simmaco  della  prima  lapide 
sia  il  Quinto  Aurelio  Simmaco  console  di  occidente  che  non  ebbe 
collega,  e  tenne  i  fasci  nell'  anno  485.  Veggansi  le  opere  di 
Alcinio-Avito  fra  la  Collettanea  del  Sirmondo,  ov' é  una  let- 
tera di  Avito  a  questo  Simmaco.  Questo  stesso  consolato  è 
poi  segnato  anche  in  un  marmo  presso  il  Reinesio.  Clas.  20 , 
num.  368. 

Altro  frammento  presso  a  poco  della  stessa  epoca ,    a    quanto 

pare  dalla  forma  dei  caratteri ,   è    il    seguente   che    vi    si    legge 

vicino  : 

8. 

IN    SECwlo 
ORANGO    iis 

/lmon...  età 
VI  oc-Tobrìs 

Alcuno  volle  rilevarvi  1'  epoca  dei  Consoli  romani,  Flavio  Mo- 
naxi  e  Plinto,  vale  a  dire  1'  anno  dell'  èra  nostra  449. 

9. 

Altro  frammento  é  il  seguente  anonimo  che  ricorda  il  Conso- 
lato di  Teodosio  :  (Sec.  V)  441  ? 

coNSVLe  domino  nostro 
theoDosio 
in  pACED  eposHus 
kal  lANO  arti 

(ù    ^    A 


366  l'  antica    badia    di    S.    gelso    in    MILANO. 

10. 
Frammento  pure  anonimo. 
ann 

LXV.    DPS 

DiES  XIII  Kol. . .  consulibus 
ASPERO  ET  ariohindo 

HIC    POSIT 

vs  Qvi  vixU  annos 

XVIII    DEpOsit 
V 

ASPERi  Et  ariohindi  consulibus 

B.    M. 

HIC  REquìescit  in  pa 

CE    CA 

11. 

Frammento  vicino  al  precedente  n.  9  (1). 
HIC  REQviES«7  in  pa 

CE    CALOMNIMS    qui 
VIXIT 

Il  Consolato  di  Aspero  ad  Ariobindo  cade  all'  anno  434. 

12. 

B.    M. 
hic    REQVIESCIT    IN    P 
ace    SECVNDINVS 
S    QVI    VIXIT    IN 

saecvLO  ann  •  pl  •  m  • 

DEP.    SVB    DS    XIII 

kal     lANVARIAS 

cons.  pauLim    lymoris 
in  Dictione  xiii 

La  lettera  S  rimasta  sola  al  cominciare    della    terza  linea  po- 
trebbe far  credere  che  Secondino  fosse  un  sacerdote.  Il  Consolato 

(1)  Questo   frammento    era   forse  il   principio    delle   lapide  anteriormente 
segnata  col  num.  10. 


l'antica    badia    di    S.    CELSO    IN    MILANO.  367 

di  Paolino  juniore  corrisponde  all'anno  534  nel  quale  per  altro  cor- 
reva r  indizione  XII  fino  al  mese  di  settembre  in  cui  pervenne 
la  XIII.  Essendo  morto  Secondino  tredici  giorni  innanzi  alle  ca- 
lende  di  gennaro,  cioè  nel  18  dicembre,  fu  giustamente  accennata 
nella  lapide  l'indizione  XIII. 

13. 

La  memoria  che  qui  poniamo  è  incisa  in  pietra  nera  infissa 
nella  stessa  parete  in  cui  sono  le  altre  dal  num.  4  in  avanti. 
Venne  pubblicata  pel  primo  dall' Alciato  nel  suo  Antiquario  (mss. 
nell'Ambrosiana).  Appartiene  evidentemente  ai  primi  tempi  cristiani. 

ARCAM    COMPARAVIT    ET    AVR 
©VALERIA    VIRGINIA    MEA    Q\l\lXÌt 
....  ANNOS    MECVM    XXVII    MENSIS    HII    SIC 
FATO    DECESSIT 

Si  sa  che  tirgince  appellavansi  le  donne  ite  vergini  al  talamo  : 
quindi  Valeria  virginia  mea,  corrisponde  in  sostanza  a  valerla 
CONSORTE  MIA.  Pure  i  canonici  regolari  di  s.  Celso  interpretarono 
per  VALERIA  il  cognome,  per  virginia  il  nome  ;  credettero  fosse 
questa  lapide  sepolcrale  di  una  Virginia  Valeria ,  e  sottoposero 
alla  epigrafe  testé  riferita  il  seguente  marmo,  testimonio  tuttora 
della  grossolana  loro  credenza  : 

antiqvissimvm 

valeriae  familiae 

monvmentvm 

ab  alciato  lavdatvm 

ac  pene  deperditvm 

restavrata  ecclesiae 

FRONTE 

ABBAS    ET    CANONICI 

LVCI    RESTITVERVNT 

A.    D.    MDCCLXXrv. 


368  l'  antica  badia  di  s.  gelso  in  Milano. 

14. 

Altro  frammento  più  recente  dei  precedenti ,  di  poca  entità  e 
difficilmente  interpretabile  sembra  riferirsi  alla  memoria  di  inno- 
minato chiaro  giovane  la  cui  madre  portasse  il  nome  di  Nova. 

.  ...  io    VENIS    CLARVS 
....  NO    VOCATPS 

cvwi  Genitrice  nova  nomine 

MAGNIFICI     PATRISAN.... 
NAM     FILIVS     ALDI  .... 

PRODOLOR  HEV  PLorars 

TEMPORA      TOTA      VOLE^ 

Tali  lapidi  ed  altri  avanzi  di  romani  lavori  del  secolo  quinto, 
capitelli,  fregi  e  figure  del  secolo  decimo  ricoverati  in  questa 
parte  esterna  del  tempio  erano  stati  rinvenuti  negli  ultimi  lavori 
fattivi  nel  secolo  attuale  nel  pavimento  e  nei  muri  del  tempio. 
Il  che  è  indicato  dalla  iscrizione  seguente  che  venne  infissa 
r  anno  1854  nell'  accennato  muro  laterale. 

15. 

PARIES    HIC 

CELSIANAE   •  BASIL   •  DVM    STARET 

INTERLECTIS   •  HVC   •   ILLVC 

RELIQVIIS    •    ARTIS    •    PRIMAEVAE 

AB     •     INIVRIA     •    VINDICATIS 

AD   •   PRISTINAM   •   FORMAM 

RESTITVTVS    •  A   •   MOCCOLI  V. 

In  questo  spazio  esterno  a  destra  dall'  entrare  nella  chiesa  ven- 
nero poi  nella  stessa  epoca  del  1854  raccolti  e  collocati  prege- 
voli capitelli  di  marmo,  alcune  finestre  doppie  ed  altre  belle  opere 
di  epoca  rinascente  tolte  nell'  anno  1836  in  onta  alle  arti ,  al- 
l'attiguo  Santuario  di  S.  Maria  e  vi  fu  posta  dappresso  la  se- 
guente iscrizione  : 


I 


l'antica    badia    di    S.    CELSO    IN    MILANO.  369 


16. 

AVANZI      DELL      ARTE      BRAMANTESCA 
TOLTI    ALLA    CVPOLA     DEL     VICINO 
SANTVARIO     DI     N.     S. 
QVI    RACCOLTI    1836. 

Prossimi  a  questi  frammenti  vennero  collocati  due  stemmi  io 
marmo  a  bassorilievo  del  duca  Galeazzo  Maria  Sforza  portanti 
incise  le  sigle  gz.  m. 


HI. 

Altre  iscrizioni  eh'  erano  nella  parte  demolita  del  tempio  e 
delle  quali  è  ignoto  1'  esito. 

17. 
Sovra  un  avello  : 

HERCULI    CASTELLETTO    SUMMAE    SPEI    ADOLESCENTI 

CAROLI    V.     CAES.    AUG.     MANUVICTRICE     IN    EXPEDITIONE 

BELLI    GERMANICI    OB    CLARAS    ANIMI 

VIRTUTES    EQUESTRI    MILITIAE   ORDINIS  INSIGNIBUS 

EXORNATO.   FRANCISCUS -F.T    ELISABETH'  FILIO 

PRAEDILECTO    P.    ANNO    A    PARTU    VIRGINIS 

M.DLIII.    XVI   CALEN.   lUN. 

E  lo  sfogo  degli  affetti  di  due  infelici  genitori ,  Francesco  ed 
Elisabetta  Castelletti,  che  piangono  nel  loro  figlio  Ercole  il  fiore 
delle  loro  speranze  da  immatura  morte  reciso. 

18. 

Nella  cappella  a  capo  della  navata  sinistra  titolata  nei  mar- 
tiri Basilide,  Cirino  e  Naborre  ampliata  e  adornata  da  Cesare 
Marino  di  cui  a  pag.  358. 

Arck.  Slor.  Lomb.  —  Anno  XV.  24 


370  l'  antica  badia  di  s.  gelso  in  Milano. 

avcto  ornatoqve  sacello 

cibariis   sacerdoti   decretis 

caesar  marinvs 

PAT,  GEN. 

CORPORA   TRIVM   MARTYRUM 

QVI    SVB    MAXIMILIANO    CAES. 

SINGOLARI    CONSTANTIA    VITAM    PERFVNDERVNT 

HOC    IN    LOCO    SERVANDA    COLENDAQVE 

CVRAVIT 

ANNO    DOMINI    MDCVIII. 

Neil'  anno  1809  queste  spoglie  vennero  trasportate  esse  pure 
nell'attiguo  santuario  di  santa  Maria,  ove  riposano  ora  insieme 
con  quelle  di  s.  Celso  nell'altare  della  crociera  a  sinistra  di  chi 
entra.  A  quell'  altare  venne  ad  uso  di  mensa  adattata  1'  arca 
storiata  marmorea ,  di  cui  si  é  detto  ;  custodia  già  delle  spoglie 
di  s,  Celso,  fino  dall'  età  di  Landolfo. 

19. 
Prossima  a  questa,  era  sulla  tomba  del  Marino  la  seguente  : 

CAESAR    MARINUS    PATRICIUS    ORIGINE    GENUSUSIS 

MEDIOLANENSIS    NATIVITATE    QUI    BELLICA    VIRTUTE    EQUITUM 

PRAEFECTWS    MORUM    SVAVITATE    OMNIBUS    CARISSIMUS 

MORTIS    MEMOR    POSVIT    MDCVIII. 

20. 

Sovra  tomba  nella  cappella  seconda  delle  laterali  che  erano 
nella  navata  a  destra  : 

D  •  0  •  M  ■ 

ALFONSO    GUEVARAE    HISPANO   •   PAPIENSI    LAUDENSIQUE 

PRAETURA   •   PERFUNCTO   •   UNIVERSI    EXERCITUS    CAROLI    V.    CAES 

IN    ITALIA    •  AUDITORI   •   MEDIOLANI    SUMMO    FISCI 

ADVOCATO   •  A    CONFILIIS    SECRETIS   •   PHILIPPI    REGIS 

HISPANIORUM   •  APUD    INSUBRES   •   ALFONSUS    FIL.    PARENTI    OPT. 

MERITO   •  P.    NATUS    ANNOS    LXX   •   MORTEM    OBIIT    PRIDIE 

ID.    APRIL    •   MDXXXIV 


l'antica    badia    di    S.    CELSO    IN    MILANO.  371 


21. 

Poniamo  qui  in  seguito  alle  altre  a  corredo  di  storia  V  epi- 
grafe che  nella  ricognizione  del  1872  venne  rinvenuta  nell'  avello 
del  martire  impressa  sovra  lastra  di  piombo  e  che  risale  a  pre- 
cedente ricognizione  fattane  1'  anno  1521  dal  già  accennato  Ab- 
bate di  s.  Celso  Pallavicino  Visconte  Vescovo  eletto  di  Alessandria. 
Essa  deve  trovarsi  ancora  nella  sua  antica  tomba  presso  gli 
avanzi  del  martire. 


i 


M   •    D  •   XXI 

7    HOC  •  DIVI   •  GELSI  •  SACR  •   CORPUS   •   A  SANCTO   -AMBROSIO   -ALMO- 
HUIUS   •    URBIS   •   PRAESULE   •  HIC    •    OLIM    •    RECONDITUM    •    R  •  AC   •    ILL  ■ 


DNUS  •  PALLAVICINUS  •  VICEC  •  ELECTUS  •  EPS  •  ALEXANDRINUS  • 
HUIUSQUE  •  MONASTERII  •  ABBAS  •  ADINVENIT  •  DETEXIT  •  QUE  •  UT  • 
DE  ILLO  •  CERTIOR  •  FIDES  •  HABERETUR  •  HIC  DEMUM  •  SOLEMNITER 
REPOSUIT   •  ANNO   •    DOMINI  •   D   •  M   •  XXI   •   DIE    XXV  III   •   APRILIS   • 

f    CUM  •  ILLO  •  INVENTE  •    FUERUNT  •  ET  •   SL  •  RECLUSE  •   RELIQUIE- 

CTOR   •    APLOR    •    PETRI    •    PAULI    •    HOME    -    BARTHOLAMEI    •   NEC-    NON - 

r   .   BEATOR  •   MARTIR   •    XPOFORI   -  DESIDERII   •  SPEI  •  FIDEI    •    ET    •    CA- 

HITATIS    -    AGNETIS    -   ET   -   TEGLE   •  SUNT  •  ET   •   ALIA   •    NOMINA   -    QUE   • 

TTIS  •  VETUSTATE    -  CSUMPTIS  •   NON   -  BENE  •  DISCERNUNTUR   •  ADEST  • 

KT    VASCULUM   -   SANGUINIS    •   IBIDEM   -   REPERTUM   •   DE    •  QUO   •    DIVUS  • 

.MBROSIUS  •   E   •  C  -   ■]- 


VARIETÀ 


L'ARCO  DEI  FABBRI 


ANTICA      PUSTERLA      DI      MlLANO 


L'  erezione   del  nuovo    quartiere  di  Porta  Genova    col  relativo- 
allargamento  di  via  San  Simone ,  e    più    recentemente  la  delibe- 


rata copertura  del  Naviglio,  dal  tronco  detto  di  San  Gerolamo  alj 
l'Arco  dei  Fabbri,  hanno  alterato  e  stanno  per  scompigliare  ance 


l'  arco  dei  fabbri.  373 


più  la  topografia  delle  adiacenze  di  questo  Arco,  il  quale  è  ormai 
l'ultimo  esempio  che  ci  resta  delle  dodici  pusterle,  che,  secondo 
il  Fiamma,  si  interponevano  alle  sei  porte  della  città  (1).  A  tutela 
di  questo  avanzo  dell'  antico  circuito  di  Milano  iniziato  poco  dopo 
il  1171,  e  più  tardi  completato  nelle  torri  da  Azzone  Visconti,  già 
si  fece  sentire  in  seno  al  Consiglio  Comunale  la  voce  del  senatore 
Tulio  Massarani,  e  già  hanno  pronunciato  voto  favorevole  alla 
conservazione  tanto  la  Consulta  Archeologica  che  la  Commissione 
Conservatrice  dei  Monumenti.  Non  riescirà  quindi  inopportuno  il 
riassumere  le  vicende  di  questa  pusterla,  ricavandole  dalla  rela- 
zione che,  in  unione  all'avv.  Emilio  Seletti,  ebbi  a  rassegnare  alla 
Consulta  Archeologica. 

La  pusterla  in  questione  dista  dall'  antica  Porta  Ticinese  di 
metri  290  (corrispondenti  alle  braccia  mil.  480 ,  riportate  dal 
Fiamma  e  dal  Corio)  e  ,  secondo  il  tipo  delle  pusterle  di  quel- 
r  epoca  (2),  aveva  un  solo  passaggio  sul  quale  s'innalzava  diretta- 
mente la  torre  di  difesa.  Della  sua  forma  primitiva  rimangono 
solamente  visibili  le  due  arcate ,  delle  quali  quella  verso  il  fos- 
sato è  più  interessante  di  quella  verso  città ,  per  la  perfetta  lavo- 
razione dei  vari  conci  di  pietre  componenti  1'  archivòlto  e  per 
le  profilature  della  imposta.  La  larghezza  dell'  arcata  verso  città 
è  di  metri  5.25,  1' al  ira  è  alquanto  minore  —  metri  4.80  — 
-sondo  cosi  ristretta  dalla  disposizione  delle  spalle  alle  quali  si 
adattavano  le  imposte  di  chiusura.  La  lunghezza  complessiva  del 
passaggio  è  di  m.  12.50,  e  nell'interno,  deducendo  lo  spessore 
delle   arcate ,    é  di  m.   8.70 ,  misura  la  quale    corrisponde    assai 

(1)  Riportiamo  il  disegno  della  vecchia  topografìa  delle  adiacenze  del- 
l' arco ,  nella  quale  si  può  rilevare  come  1'  asse  della  pusterla  A  non  fosse 
normale  alla  direzione  delle  due  tratte  di  mura,  quella  B  che  conduceva 
alla  Porta  Ticinese,  e  quella  C  che  conduceva  alla  pusterla  di  S,  Ambrogio. 

Le  due  linee    tratteggiate    indicano  la  direzione  del  prolungamento    del 
nuovo  Corso  Genova,  in  accordo  colla  via  S.  Simone,  G. 

(2)  Ad  eccezione  della  pusterla  di  S.  Ambrogio,  que  hahet  duas  portas. 
Fiamma. 


374 


VARIETÀ 


approssimativamente  alla  larghezza  interna  del  passaggio  che  é 
di  m.  9.40,  dal  che  risulta  chiaramente  come  la  torre  che  si  in- 
nalzava sulla  pusterla  fosse  di  pianta  quasi  quadrata.  È  da  av- 
vertire però  che  questa  larghezza  di  m.  9.40  non  risulta  oggidì 
visibile ,  a  cagione  delle  aggiunte  che ,  per  utilizzare  le  due  in- 
senature laterali  al  passaggio,  benché  di  soli    m.  2.10  circa ,    si 


h." 


SC«NOaRAPW)A 
TETEMICA 


addossarono  all'  interno  dell'  arco  verso  il  1744,  per  opera  del- 
l' ing.  don  Giuseppe  Giberto  Castiglioni ,  come  risulta  dai  disegni 
originali  che  posseggo ,  e  dei  quali  qui  riproduco  in  fae-simile 
quello  rappresentante  la  sezione  del  passaggio,  interessante  per 
alcune  indicazioni  che  presenta  ;  infatti  vi  si  può  notare  come  i 
muri  originari  della  Torre  abbiano  lo  spessore  di  metri  1,  80j 
(br.  mil.  3)  sino  all'  altezza  della  serraglia  dell'  arco  ,  al  di  sopra] 
del    qnalo    piano    lo    spessore    diminuisce    a    un  braccio  solo  per 


l'  arco  dei  fabbri.  375 


ì 


quello  a  sinistra  di  chi  muove  verso  1'  esterno  della  città,  mentre 
il  muro  a  destra  continua  collo  spessore  di  m.  1.20  (br.  mil.  2) 
sino  a  raggiungere  l'altezza  di  m.  15  (br.  mil.  25),  misure  le 
quali  danno  qualche  indizio  riguardo  alle  condizioni  delle  opere 
di  difesa  a  quell'  epoca.  In  quest'  ultimo  muro  esiste  una  scaletta 
(vedi  lettere  C  B)  la  quale  è  assai  probabilmente  una  disposi- 
zione originaria  per  dare  accesso  al  locale  che  si  trovava  su- 
periormente al  passaggio.  Il  disegno  del  Castiglioni  qui  riprodotto, 
indica  altresì  un'  altra  disposizione  della  quale  non  resta  oggidì 
traccia  alcuna  ;  si  tratta  di  una  vòlta  ribassata  (arco  R  S) ,  la 
quale  occupava  tutta  la  larghezza  interna  del  locale,  con  una  corda 
quindi  di  metri  9.30  e  una  saetta  di  soli  m.  3.30 ,  e  formava 
una  divisione  nel  vano  del  passaggio  ,  sostenendo  un  pavimento, 
il  cui  piano  corrispondeva  all'  altezza  dell'  imposta  degli  archi 
(linea  M  N).  Questa  costruzione ,  di  cui  oggidì  non  si  potrebbe 
dire  quale  sia  stata  la  origine ,  ma  che  certo  fu  una  aggiunta 
alla  disposizione  primitiva  della  pusterla ,  venne  demolila  in  oc- 
casione dei  lavori  dell'  ing.  Castiglioni,  come  risulta  da  una  iscri- 
zione che  accompagna  i  disegni,  e  che  riporto  a  titolo  di  curio- 
sità ,  benché  non  mi  sia  dato  asserire  se  la  iscrizione  sia  stata 
realmente  scolpita: 

PORTA      MEDIOLANI     ANTIQVA      DICTA      DE      FABIJS 

DEFORME,    AC    SVBMISSO    FORNICE    DEMOLITO 

A      GEORGIO      MARAZANO     MAGiNIFICE      RESTITVTA 

ANNO   MDCCXXXXIV. 

Ma  il  restauro  cosi  magnificato  consistette  altresì  nel  restringere 
il  passaggio  con  due  muri  longitudinali ,  distanti  poco  più  della 
larghezza  delle  arcate ,  e  sui  quali  si  impostò  poi  una  vòlta  a 
botte,  come  risulta  dal  disegno  riportato,  nel  quale  le  parti  nere 
rappresentano  i  muri  originari  della  pusterla,  mentre  le  parti  a 
tratti  rappresentano  le  aggiunte  fatte  nel  1744,  e  che  un  odierna 
restauro,  nel  significato  più  esatto  della  parola,  dovrà  far  sparire. 

Riguardo  alle  vicende  eh'  ebbe  a  subire  la  denominazione  di 
questa  pusterla,  ecco  quanto,  a  cura  particolare  dell'  avv.  Emilia 


376  VARIETÀ. 

Seletti,  venne  riferito  nella  succitata  relazione  alla  Consulta  Ar- 
cheologica : 

«  Nel  corso  dei  tempi  le  denominazioni  date  a  questa  Pusterla 
furono  varie.  In  antico  fu  detta  dei  Fabl ,  e  per  solo  dovere  di 
cronisti  ricordiamo  che  tal  nome  fu  propugnato  dal  Castiglioni  (1) 
e  dal  Torre  (2) ,  che  pretesero  ricordasse  la  venuta  in  Milano 
di  Fabio  cunetator,  il  vincitore  d'Annibale,  o  il  nome  dei  sacer- 
doti del  tempio  di  Giove,  costrutto,  a  dir  loro,  ove  è  la  Basilica 
frammentaria  di  S.  Vincenzo  in  Prato;  il  Castiglioni  ci  afferma 
poi  di  aver  letto  il  nome  dei  Fabi  in  un  rogito  del  29  novem- 
bre 1221  d'  Ambrogio  Prato,  che  tratta  della  vendita  di  40  per- 
tiche di  terreno,  sito  in  Garegaano,  parrocchia  di  San  Vincenzo, 
fuori  della  Pusterla  ad  Cassìnas  de  Brugo  quae  dieuntur  de  Fahis, 
e  possedute  da  un  Gerardo  Fabi. 

«  Il  nome  dei  Fabi ,  usato  in  antico,  ma  non  accolto  nel  dato 
significato  dagli  altri  scrittori  di  cose  milanesi ,  fu  adoperato  in 
modo  ufficiale  nelle  carte  amministrative  del  Governo  e  del  Co- 
mune, dal  1787  al  1814. 

«  In  una  vendita  fatta  dalla  città  di  Milano  nel  7  giugno  1561  (3) 
a  Battista  da  Magi ,  di  un  pezzo  di  strada ,  é  detto  al  ponte  de 
favvreghi.  —  Il  conte  G.  Porro  col  marchese  Ermes  Visconti , 
pubblicavano  wqW  Archivio  Storico  Lombardo  (4)  un  ms.  della 
Biblioteca  Trivulzio  :  Progetto  per  la  costruzione  di  una  mura 
intorno  a  Milano,  del  1521,  e  dove  è  scritto:  De  S.  Vineentio 
seguitando  el  burgo  de  Facrega,  facevano  la  dimanda  se  Favrega 
non  fosse  una  corruzione  della  chiesa  di  S.  Maria  Faoens  aegris, 
oppure  se  il  Favrega,  cambiando  il  o  in  b  volesse  dire  fabbrica 
o  fabbriche  (5),  nome  dato  ancora  all'  Arco  dei  Fabbri. 

(1)  Mediolanenses  antìquitate$,  etc.  —  Med.  1625,  pag.  207. 

(2)  Il  Ritratto  di  Milano.  —  Mil.  1674,  pag.  113. 
^3)  Carte  in  Ardi.  Municipale. 

(4)  Anno  1877,  pag.  293. 

(5)  La  parola  fauregaria  per  fabbrica  si  trova  in  una  descrizione  fatta 
dal  Vignati  al  principio  del  secolo  XVI  (Cod.  Ms$.  Braidense)  :  «  ....  una 
«  bellissima  strada  ne  la  quale  fauregarie  sono  de  grandissime  ricchezze  de 
«  arcenterie  et  zoglie.  » 


L*  ARCO    DEI    FABBRI.  377 


«  Questa  Pusterla  si  trova  indicata  col  titolo  di  S.  Catelìna 
neir  opera  citata  ms.  Trivulzio  e  parimenti  di  S.  Catterina  in  varie 
carte,  fra  queste  in  una  concessione  a  Bartolomeo  Lucarno  del  1588, 
nome  che  certamente  le  fu  dato  dal  vicino  Oratorio,  ora  distrutto, 
della  Confraternita  di  S.  Caterina,  che  sorgeva  sull'  angolo  delle 
vie  S.  Pietro  in  Camminadella  e  S.  Simone. 

«  Più  comuni  sono  le  -denominazioni  di  Arco  delle  Fabbriche 
e  dei  Fabbri.  Non  v'  ha  dubbio  ,  che  il  nome  di  Fabbriche  sia 
derivato  dal  Borgo  detto  delle  Fabbriche,  che  si  estendeva  al  di  là 
della  fossa,  come  si  legge  in  una  pergamena  del  16  luglio  1173, 
in  altra  del  25  ottobre  1312  ,  e  in  carte  del  secolo  XV  presso 
l'Archivio  di  Stato  ;  questo  Borgo ,  forse  fu  uno  di  quelli  che  i 
dispersi  Milanesi  presero  ad  abitare  dopo  la  distruzione  dell' Eno- 
barbo,  sebbene  Sire  Raul,  che  dà  notizia  dei  siti  assegnati  nel  1162 
dal  vescovo  Enrico  di  Liegi ,  non  faccia  cenno  del  Borgo  delle 
Fabbriche. 

«  L'  odierno  nome  dei  Fabbri  (fabrorum)  lo  si  trova  pure  usato 
nei  secoli  passati ,  ed  è  comune  nel  carteggio  del  1559  e  suc- 
cessivi anni  per  la  costruzione  del  Ponte  in  pietra  sulla  fossa 
che  scorre  davanti  alla  Pusterla ,  e  che  in  quel  tempo  appunto 
venne  eretto  (1)  ;  la  denominazione  dei  Fabbri  non  può  derivare 
altrimenti  che  dalla  designazione  di  quel  quartiere  a  dimora  di 
fabbri,  fossero  dessi  battitori  in  oro  o  in  altri  metalli ,  tenuti 
lontani  dal  centro  della  città  a  motivo  del  loro  mestiere. 

«  A  questa  Pusterla  vi  si  annette  la  memoria  di  una  scoltura, 
che  interessò  gli  archeologi,  servi  per  secoli  a  un  culto  pagano, 
e  fu  motivo  di  un  interdetto  dell'  arcivescovo  Carlo  Borromeo. 

«  Al  di  sopra  dell'  arco  verso  la  fossa  stava  infissa  una  mezza 
figura  di  giovine  seminudo,  colla  testa  turrita,  avente  scolpito  a 
destra  le  lettere  I  0  R ,  e  a  sinistra  H  V  F. 

«  Il  Castiglioni  e  i  suoi  seguaci  le  interpretarono  Iiissu  o 
Imago  Optimi  Begis  Hymeneus  Veneris  Filius,  e  pretesero,  che 
queir  alto    rilievo    in    marmo    fosse    un  simulacro  d' Imeneo  ;    il 


(l)  Carte  in  Arch.  Municipale. 


378  VARIETÀ  —  l'  argo  dei  fabbri. 


Lattuada  (1)  nella  vece  pensa  ,  che  quel  giovine  raffigurasse  la 
città  di  Milano,  sempre  fiorente  colle  sue  torri  in  capo,  spiegando 
le  sigle  nel  motto  :  luvantibus  Optimatibus  Regionis  Hcee  Urhs 
Facia ,  quasi  fosse  posta  in  memoria  dell'aiuto  ricevuto  dalle 
città  confederate  nella  ristaurazione  di  Milano.  Non  potendosi 
giudicare  di  una  scoltura,  che  più  non  esiste,  se  spettante  ad 
opera  romana  o  di  epoca  posteriore  ,  ci  riservammo  riferire  le 
altrui  opinioni. 

«  Per  molti  anni  questa  immagine  fu  tenuta  dal  popolo  Milanese,, 
come  auspice  alle  nozze,  e  qui  venivano  gli  sposi  novelli  ad  of- 
frir doni,  ad  accendere  ceri  e  lampade.  Vuoisi  che  i  fanciulli  fa- 
cessero gazzarra  all'apparire  degli  sposi  e  gridassero:  All'Imeneo!' 
All'  Imeneo  !,  e  che  da  questa  voce  corrotta  e  male  intesa  ne 
derivasse  1'  altra  del  dialetto  milanese  :  Allaminé  !  Allaminé  !  ^ 
usata  oggi  ancora  dai  ragazzi  nel  deridere  qualcuno. 

«  Il  cardinale  Borromeo,  che  in  simile  pratica  sentiva  un  atto 
pagano ,  proibì  agli  sposi  di  recarsi  a  quella  statua  ,  e  se  tale 
divieto  venne  rispettato  per  qualche  tempo,  dopo  un  secolo  co- 
minciò ad  esser  dimenticato,  per  cui  il  conte  Niccolò  Visconti, 
proprietario  delle  case  ,  che  erano  state  costrutte  in  quel  Arco  ,. 
fece  rompere  collo  scalpello  la  mezza  statua  idolatrata  e  vi  fece 
sostituire  il  monogramma  di  Gesù,  che  ancora  si  vede.» 

Ed  ora,  giacché  le  esigenze  di  viabilità  della  via  San  Simone 
non  richiedono  menomamente  la  demolizione  di  questo  arco,  è  a 
sperare  che,  liberato  dalle  costruzioni  che  lo  hanno  quasi  soffocato, 
resti  come  un  interessante  avanzo  di  quell'  antica  cerchia  che 
ricorda  un  periodo  glorioso  della  storia  cittadina. 

Luca  Beltrami. 
(1)  Deserisione  di  Milano,  voi.  Ili,  pag.  277. 


PER  LA  STORIA  DEI  FONDITORI  DI  CAMPANE 
IN  LOMBARDIA. 


La  nostra  Società  ha  intrapreso  la  pubblicazione  delle  Iscri- 
zioni Milanesi ,  raccolte  da  Vincenzo  Forcella ,  e  già  é  sotto 
stampa  il  volume  primo.  In  questa  raccolta  si  pubblicheranno 
altresì  le  leggende  fuse  sulle  campane  delle  diverse  chiese  di 
Milano,  non  senza  qualche  cenno  intorno  ai  principali  fonditori 
di  campane  emersi  in  Lombardia ,  da  Ambrogio  de'  Calderari  ai 
Busca  del  XV  secolo ,  alla  famiglia  Bonavilla ,  sino  ai  viventi 
fratelli  Barigozzi  (1). 

Siamo  lieti  di  qui  comunicare  un  documento  stato  trovato  di 
fresco  nell'Archivio  notarile  di  Milano  (notaio  Pietro  Brenna , 
N.  6736),  e  che  ci  offre  i  patti  stipulati  dal  Comune  di  Tré- 
ciglio,  ai  12  febbraio  1481,  a  rogito  Gio,  Antonio  Daiberti  ,. 
notaio  trevigliese,  con  maestro  Michele  de'  Garelli ,  di  Francia  ,. 
fabricator  campanarum,  per  la  rifusione  della  campana  maggiore 
di  quel  borgo  (2).  Eccone  i  punti  più  interessanti  : 

Inter  celerà  quod  dictus  Magister  Michael  teneatar  et  debeat  et 
astrictus  obligatus  sii  suis  proprijs  expensis,  ressego  et  periculo  cam- 
panam  maiorem  dicti  Comunis  reficere,  et  facere  et  fabricare  ex  et 
de  bronzio  diete  campane,  unam  aliam  campanaro  quo  sit  pulcra,  bona 
et  boni  sonitus  et  ponderis  pensium   centum    quinquaginta   vel   circa. 

(1)  E.  Seletti,  in  Archicio  Storico  Lombardo,  1888,  1,  pag.  239.  —  lì 
nome  del  Calderari  è  ricordato  sulla  campana  del  Comune  di  Milano  , 
del  1352. 

(2)  Il  documento  non  è  ricordato  dal  dott.  Casati  nella  sua  Storia  di- 
Trerlglio. 


380  VARIETÀ. 

Et  teneatur  et  debeat  ipse  Magister  Michael  restituere  et  dare  et  con- 
s ignare  dictis  Consulibus  suis  et  dictis  nominibus  dictam  campanam 
per  eum  faciendam  utsupra  que  sit  pulcra ,  bona  et  boni  sonitus  et 
dicti  ponderis ,  nec  non  totum  bronzium  quod  superfuerit  ,  quod 
bronzium  una  eum  ipsa  campana  sit  tantum  quantum  sibi  et  in  ma- 
nibus  suis  datum  et  consignatum  fuerit  per  dictos  dominos  Consules 
suis  et  dictis  nominibus,  salvo  uno  callo  quod  fecerit  in  zitando  dictam 
campanam,  si  ipsa  campana  fuerit  pulcra,  bona ,  boni  sonitus  et  dicti 
ponderis  utsupra.  Et  facta  dieta  campana  utsupra  si  ipsa  campana 
non  fuerit  approbata  et  laudata  per  duos  Magistros  in  arte  fabricandi 
campanas  expertos ,  per  dictas  partes  eligendos ,  prò  bona ,  pulcra  et 
boni  sonitus  et  dicti  ponderis  utsupra ,  eo  casu  dictus  Mag/  Michael 
teneatur  et  debeat  et  astrictus  et  obligatus  sit  restituere  dictis  Consu- 
libus suis  et  dictis  nominibus  totum  illud  quod  habuisset  ab  eis  vel 
aliquo  eorum  vel  ab  aliqua  alia  persona  de  diete  comuni ,  occaxione 
fabricationis  diete  campane. 

Et  ulterius  teneatur  solvere  dictis  Consulibus,  suis  et  dictis  nomi- 
nibus utsupra,  omnes  expensas  que  per  eos  seu  per  dictum  comune 
vel  agentes  prò  eo  facte  fuissent  occaxione  reprobationis  diete  campane. 
Et  ulterius  teneatur  et  debeat  restituere  dictis  Consulibus,  suis  et  dictis 
nominibus  utsupra,  totum  bronzium,  staminum  et  aliud  metallum  quod 
eidem  consignatum  fuerit  per  dictos  Consules  suis  et  dictis  nominibus, 
et  hoc  absque  aliquo  callo  ;  de  qua  consignatione  et  de  quantitate  stetur 
et  stari  debeat  dicto  et  sacramento  dictorum  dominorum  Joh.  Berlendi, 
Francini  de  Bornis  et  Martini  Magreti,  absque  alio  onere  probationis. 

Et  quod  antequam  dictus  Magister  Michael  se  intromittat  de  fabri- 
catione  seu  refectione  diete  campane ,  debeat  ipse  Magister  Michael 
dare  et  prestare  idoneum  fideiussorem  vel  idoneos  fìdeiussores  ha- 
bitantem  seu  habitantes  in  civitate  Mediolani  vel  in  burgo  Caravazij 
qui  se  de  et  prò  predictis  omnibus  et  singulis  per  ipsum  Magistrum 
Michaelem  fiendis,  attendendis,  solvendis,  restituendis ,  observandis  et 
cxecutioni  mandandis  utsupra  constituat  seu  constituant  principalem 
debitorem  seu  principales  debitores. 

Ed  a  garanzia  del  maestro  Francesco  si  presentarono  il  no- 
bile Giovanni  de'  Borri  e  Gregorio  de  Cernate ,  abitanti  ambedue 
in  Milano.  Ma  ignoriamo  se  il  lavoro  della  campana  di  Treviglio 
riuscisse  poi  a  soddisfazione  dei  committenti. 


PER    LA    STORIA    DllI    FONDITORI    DI    CAMPANE.  381 

Postoché  il  discorso  ò  sulle  campane  ,  ci  sia  concesso  1'  ag- 
giunta di  due  altri  brevissimi  appunti  d' archivio.  Agli  11  di- 
cembre 1469  si  faceva  il  collaudo  della  campana  della  scuola 
di  Santa  Maria  di  Vaprio ,  fusa  da  maestro  Antonio  de'  Boschi, 
Collaudava  l'opera  maestro  Giovanni  da  Garbagnaie  {!) ,  fondi- 
tore di  bombarde  al  servizio  degli  Sforza,  ed  il  cui  nome  ricorre 
spesso  nei  carteggi  milanesi. 

Un  maestro  Stefano  da  S.  Martino  poi ,  fondeva ,  in  collabo- 
razione col  bombardiere  Maestro  Antonio,  dimorante  nella  rocca 
di  Arona ,  la  campana  del  Comune  di  Baveno ,  sul  Lago  Mag- 
giore, e  prima  dell'  anno  1479  (2). 

E.  M. 


(1)  Rogito  11  dicembre  1469,  notaio  Zunico ,  in  Archivio  Notarile  di 
Milano. 

(2)  Vedi  una  sua  supplica,  rimessa  ai  15  marzo  1490  al  Capitano  di  giu- 
stizia di  Milano,  in  Archivio  di  Stato,  Cart.  dipi.  1490.  —  Attendeva  an- 
cora, malgrado  una  sentenza  del  Podestà  di  Arona  dell'anno  1479,  L.  24, 
da  M.ro  Antonio  «  prò  mercede  de  la  fabricatione  de  la  campana  facta  per 
esso  M.ro  Stephano  et  dicto  M.>o  Antonio  al  Comune  et  homini  de  Baveno.  »^ 


BIBLIOGRAFIA 


F.  Gabotto  ,  Giason  del  Maino  e  gli  scandali  universitari  nel 
quattrocento.  Studio.  —  Torino  ,  «  La  Letteratura  »  ,  1888. 
In-8  gr.,  pag.  XVIII-304. 

La  figura  di  Giasone  del  Maino  meritava  senza  dubbio  di  essere 
presa  in  più  seria  considerazione  e  studiata  più  attentamente  e 
minutamente ,  che  finora  non  si  fosse  fatto.  L'  importanza  del 
tema  non  può  infatti  sfuggire  a  chi  indaghi  la  storia  del  pensiere 
e  della  coltura  italiana  nel  periodo  del  rinascimento,  poiché,  se 
da  una  parte  il  giureconsulto  lombardo  interessa  la  storia  del 
diritto ,  come  colui  che  chiude  e  riassume  la  vecchia  scuola  dei 
glossatori,  forse  preparando  la  nuova,  d'altronde  la  sua  vita,  con- 
dotta quasi  per  intero  nell'  insegnamento  fra  i  trionfi  più  lusin- 
ghieri e  le  dispute  più  accanite,  mostra  quale  fosse  la  condizione 
di  un  professore  di  leggi  nella  seconda  metà  del  secolo  XV. 

Allo  studio  di  quest'  uomo  e  dell'  opera  sua  si  è  accinto  un 
giovane  cultore  delle  discipline  storiche  ben  noto  per  la  sua  grande 
e  molteplice  attività ,  il  sig.  Ferdinando  Gabotto.  Indicati  nella 
Introduzione  i  lavori  di  quelli  che  lo  precedettero  nel  trattare  ex 
professo  o  per  incidenza  lo  stesso  argomento,  egli  cosi  espone  i 
criteri,  che  lo  hanno  guidato  nel  comporre  il  suo  libro  :  «  Il  me- 
«  todo  critico  mi  fu  di  gran  giovamento  Jiel  procedere  nelle  ri- 
«  cerche:  ora  raccogliendo  le  sparse  fila  e  riunendole  cercai  dar 


BIBLIOGRAFIA.  383 


■«  vita  e  organismo  omogeneo  ai  vari  elementi,  pensando  sempre 
«che  la  storia  letteraria,  come^la  storia  politica  e  civile,  se  è 
«  una  scienza  importante  basata  su  studi  minuti,  sulla  conscienziosa 
■«  prova  di  qualunque  affermazione,  di  qualunque  idèa  che  non  sia 
«  presentata  come  semplice  congettura,  è  però  anche  un'arte,  e 
«  quindi  al  vero  devesi  in  essa  accoppiare  anche  il  bello ,  alla 
«  sostanza  la  forma  »  (pagg.  5-6).  Non  è  questo  il  luogo  per  di- 
scutere tale  concetto  ,  né  per  esaminare  fino  a  qual  punto  e  in 
qual  senso  esso  possa  essere  accettato:  dobbiamo  quindi  soltanto 
limitarci  a  vedere  come  il  G.  lo  abbia  applicato.  Evidentemente 
quando  parla  di  bello,  di  forma,  egli  si  riferisce  alla  costituzione 
organica  del  lavoro,  non  già  alla  lingua  e  allo  stile,  che  nel  suo 
libro,  il  G.  stesso  deve  accorgersi  di  questo  fatto  ,  sono  irascu- 
ratissimi  (1).  Vediamo  dunque  se  egli  abbia  saputo  raccogliere 
in  un  organismo  omogeneo  gli  elementi  risultati  dalle  ricerche. 

Ci  si  affaccia  a  primo  tratto  un'  osservazione.  Chiunque  abbia 
letto  per  intero  e  di  seguito  il  volume  avrà  notato  la  grande  fre- 
quenza di  lunghe  digressioni.  Non  v'  ha  dubbio  che  nei  lavori  sto- 
rici esse  siano  non  di  rado  una  necessità:  è  d'uopo  infatti  uscire 
talvolta  dai  limiti  segnati  strettamente  dall'argomento  o  per  ram- 
mentare al  lettore  le  condizioni  generali  del  tempo,  di  cui  si  parla, 
o  per  collocare  sotto  una  luce  conveniente  un  documento  o  per 
porre  nettamente  una  questione  o  per  presentare  gli  elementi  ne- 
cessari a  risolverla.  E  talune  delle  digressioni  fatte  dal  G.  cade- 
vano forse  in  acconcio ,  ma    certo    anche  a  queste  non    era  ne- 


(I)  Per  citare  qualche  esempio,  rileveremo  il  lungo  e  ingarbugliato  periodo 
«  E  scoperti  inoltre....  in  presbiterale  »  di  pag.  188  ;  la  frase  sintatticamente 
sconnessa  :  «  Considerato  sotto  ogni  aspetto,  nel  Maino  ricomparisce  sempre 
([uesto  suo  carattere  >  di  pag.  271  ;  V  uso  inelegante  e  scorretto  del  lo  in 
frasi  come  la  seguente  «  imbrattavano  panche  e  pareti  di  motti  osceni  e  di 
figure,  che  lo  erano  anche  di  più  »  (pag.  34).  Di  certe  inesattezze  ortografiche, 
come:  scorazzò  (pag.  137),  careggiata  (pag.  156),  sifatto  (pag.  189,  231),  la- 
sciamo responsabile  il  compositore ,  il  quale  però  protesterebbe  vivamente, 
se  gli  attribuissimo  anche  l'uso  costante  di  cappello  per  capello  nella  frase 
andar  a  capello  (cfr.  pagg.  5  n.,  22,  140). 


384  BIBLIOGRAFIA. 


cessaria  l' ampiezza  che  ha  loro  voluto  dare.  Citiamo  qualche 
esempio.  Il  parlare  della  vita  studentesca  nel  quattrocento,  prima 
di  condurre  in  questa  Giasone ,  tornava  opportuno,  né  noi  biasime  • 
remmo  l'A.  della  lunga  parentesi  aperta  sul  principio  del  Capit.  IV 
(pagg.  33-8),  qualora  vi  avesse  esposti  fatti  od  osservazioni  nuovi 
o  almeno  avesse  avuto  occasione  di  riassumere  qualche  ampio 
lavoro:  ma,  via!  che  valeva  forse  la  pena  di  interrompere  così 
a  lungo  il  filo  del  discorso  per  ripetere,  facendo  solo  poche  e  non 
importanti  aggiunte,  quanto  aveva  detto  il  Coppi  (1),  tutto,  fino 
alla  citazione  di  un  passo  del  Decameron,  che  non  è  certo  do- 
cumento autorevole  per  la  storia  de'  costumi  del  secolo  XV  ? 
Non  era  forse  meglio  accontentarsi  di  pochi  periodi  riassuntivi  e 
di  qualche  citazione  dei  lavori  posteriori  a  quello  del  Coppi  o  a  lui 
sfuggiti  (2)?  Del  pari  non  era  meglio  attenersi  ad  un  sistema 
analogo,  parlando  di  Filippo  Decio,  di  Bartolomeo  Soccini  e  dello 
dispute,  che  ebbero  questi  due  fra  loro  o  con  altri  (pagg.  121-6), 
quando  non  vi  avesse  avuto  parte  anche  il  Maino  ? 

Se  non  che  a  queste  nostre  osservazioni  si  potrebbe  opporre 
la  seconda  parte  del  titolo  del  volume.  Invero  1'  obbiezione  non 
vale,  poiché  certo  l'A.,  nominando  colà  «  gli  scandali  universitari 
nel  quattrocento  »  non  ha  voluto  che    rammentare    uno    dei    lati 

(1)  Le  Unicersità  italiane  nel  medio  eoo,  Firenze,  1880,  2*  edizione,  pa- 
gine 269  sgg.  Di  questo  libro ,  utile  quantunque  fatto  non  bene  ,  il  Gabotta 
cita  (cfr.  pag.  21  ,  nota  4)  la  prima  edizione  uscita  nella  Ricista  Europea, 
1878-79. 

(2)  li  G.  aggiunge  al  Coppi  alcune  notizie  sulla  vita  dei  professori  (pa- 
gine 36-7),  e  parlando  della  loro  immoralità,  ricorda  per  primo  Andrea  Bar- 
bazza,  che  «  si  meritò  d'  esser  dipinto,  d'  ordine  del  duca  Dorso  d'Este,  im- 
piccato per  un  piede  sulla  pubblica  piazza  di  Ferrara.  »  Ora  il  Tiraboschi 
(Si!,  d.  leti,  ital,  voi.  VI,  P.  11,  lib.  11,  cap.  IV,  §  26),  dal  quale  il  G  tolse 
la  notizia,  confessava  di  non  sapere,  perchè  al  Barbazza  sia  stato  fatto  quello 
sfregio  :  in  realtà  fu  perchè  aveva  mancato  alla  promessa  di  venire  a  leggere 
nello  studio  di  Ferrara,  il  che  non  ha  nulla  a  che  vedere  colla  moralità 
(cfr.  Campori,  1  pittori  degli  Estensi  nel  sec.  XV,  pag.  15;  estr.  dagli  Atti 
e  Mem  della  Dep.  di  st.  patr.  proo.  Mod.  e  Parm.  S.  Ili,  volume  III» 
P.  Il,  1886). 


BIBLIOGRAFIA.  385 


più  interessanti  della  vita  del  Maino,  né  ha  certo  pensato  a  pro- 
mettere una  storia  delle  lotte  universitarie  in  quel  secolo.  Ma 
qualunque  sia  il  valore  dell'  obbiezione  ,  che  abbiamo  supposto  , 
essa  certo  non  infirma  1'  osservazione  generale,  che  veniamo  ora 
facendo  e  che  trova  fondamento  in  ben  altre  digressioni,  per  le 
quali  r  egida  del  titolo  non  può  certo  essere  invocata.  Giasone 
ebbe  relazioni  amichevoli  con  Rocco  Coni,  inimicizia  invece  con 
Francesco  d'  Orlando  e  con  Franceschino  di  Daria  della  stessa 
famiglia:  ma  non  per  questo  era  necessario  e  nemmeno  opportuno 
ritessere  tutta  la  storia  di  questa  (pagg.  171-3),  quando  non 
v'era  nulla  di  nuovo  da  aggiungere  a  ciò  che  avevano  detto  lo 
Argelati ,  il  Magenta  ed  altri.  E  superfluo  ci  sarebbe  sembrato 
anche  il  narrare  la  vita  del  card.  Gurcense,  sol  perché  questi 
scrisse  al  Maino  una  lettera  per  incarico  dell'  imperatore  (pa- 
gine 188-9).  Ma  queste  digressioni  non  possono  far  meraviglia  a 
chi  sappia  che  il  G.  s'  é  creduto  in  dovere  di  risalire  col  suo 
racconto  fino  alle  origini  delle  università  di  Pavia  ,  di  Bologna  , 
di  Padova,  di  Pisa  (pagg.  28-9,  45  7,  89-91,  116-7),  nelle  quali 
Giasone  fu  discepolo  o  maestro  ;  che  anzi  é  andato  più  in  su  ed 
ha  parlato  anche  della  schola  di  giurisprudenza  milanese  ricordata 
da  Lotario  I  in  un  capitolare  famoso  deU'SSS  (pag.  27).  Qualche 
maggior  legame  coli'  argomento  principale  hanno  alcune  altre  di- 
gressioni ,  che  mirano  a  lumeggiare  i  costumi  del  rinascimento  ; 
ma  in  ricambio  quanta  banalità  in  que'  periodi,  che  parlano  dei  ba- 
stardi, dell'  educazione,  dell'  adulazione  nel  secolo  XV  (pagg.  22-3,. 
24-6,  81-83)1  Pare  proprio  che  il  G.  ignori  gli  studi  che  si  son 
fatti  in  questi  ultimi  anni  sul  rinascimento  ,  che  altrimenti  coii! 
poche  parole  e  qualche  citazione  scelta  giudiziosamente  avrebbe 
detto  assai  più  e  assai  meglio,  che  non  abbia  detto  in  quelle  ia- 
felicissinii  pagine  (1). 

(1)  A  proposito  dei  bastardi  e  della  moraliti'i  nel  rinascimento  poteva  ber» 
citare  almeno  il  Burckhardt,  Cìciltà,  li,  227  sgg.  e  il  Canello,  St.  ci,  leti, 
it.  nel  sec.  XVI,  pag.  26.  E  parlando  dell'educazione,  invece  che  riferire 
di  seconda  mano  qualche  passo  di  autore  antico,  poteva  ben  rinviare,  oltre 

Arch.  Slor.  Lotnb.  —  Anno  X^'.  2J 


386 


BIBLIOGRAFIA. 


Il  difetto  che  abbiamo  fin  qui  notato  riesce  certo  nocivo  alla 
economia  e  all'euritmia  del  lavoro;  pure  non  esclude  che  questo 
possa  essere  in  generale  bene  architettato ,  alla  stessa  guisa 
che  gli  altari  barocchi  adossati  alle  pareti  d'una  chiesa  medievale, 
pur  turbando  l'armonia  delle  linee,  non  guastano  l'architettura. 


che  al  Burckhardt,  I,  277  sgg.,  al  Voigt  ,  Die  Wiederbelebung  des  clas- 
sischen  Alterthums^,  Berlin,  1880-81,  II,  461-7,  non  dimenticando  neppure 
alcune  buone  pagine  del  Mancini,  Vita  di  L.  B.  Alberti,  Firenze,  1882,  (pa- 
gine 237  sgg).  In  generale  poi  al  G.  sarebbe  stata  utile  la  conoscenza  del 
volumetto  del  Janitsciiek,  Die  Gesellschaft  der  Renaissance  in  Italien  und 
die  Kunst,  Stuttgart,  1879,  più  utile,  che  quella  della  traduzione  francese  da 
lui  scoperta  di  un'  opera  finora  ignorata,  sebbene,  a  quanto  pare,  edita  al- 
meno due  volte,  del  Voigt,  intitolata  :  Za  cioiltà  del  Rinascimento  (pag.  81, 
n.  2)  !  !  Strano  invero  che  il  fortunato  scopritore  (!!)  di  questo  libro ,  certo 
importante,  mostri  di  avere  cosi  poco  famigliare  la  storia  letteraria  del  ri- 
nascimento da  trasformare  costantemente  in  Matteo  il  nome  del  celebre 
umanista  Maffeo  Vegio  da  Lodi ,  di  cui  parla  a  lungo  il  Voigt  stesso 
nella  Wiederbelebung^,  II,  39-43,  e  quello  di  un  non  ignoto  poeta  veronese 
del  secolo  XV,  Francesco  Nursio  Timideo ,  prima  in  Francesco  Marsio  e 
poi ,  più  correttamente  (!!)  in  Francesco  Murzio  (pag.  168  e  cartellino  di 
correzioni  in  fine  ad  alcuni  esemplari  del  volume).  —  Questa  recensione  era 
già  in  tipografia,  quando  il  sig.  Gabotto  pubblicò ,  prima  nella  Letteratura 
e  poi  a  parte,  alcune  Nuooe  notizie. e  documenti  su  G.  D.  M.,  Torino,  1888. 
Quivi  egli  riconosce  (pp.  13-4  n),  V  errore  riguardante  il  Voigt,  ma  non  può 
tuttavia  invocare  contro  di  noi  1'  adagio  «  Peccato  confessato  »  con  quel  che 
segue ,  perchè  non  ha  avuto  il  coraggio  di  confessare  il  suo  errore ,  ma  ha 
tentato  di  gettarlo  sulle  spalle  del  compositore.  Giudichi  il  lettore  : 


Errata 
Intorno  all'  umanesimo  ed  all'  imi- 
tazione di  cerimonie  antiche ,  vedi 
principalmente  Burckhardt,  La  eie. 
d.  Rinasc, ,  Firenze,  Sansoni,  traduz. 
Valdusa,  e  Voigt,  La  eia.  del  Rin., 
di  cui  non  potei  vedere  che  la  tra- 
duzione francese  fatta  sulla  prima 
edizione  tedesca. 


Corrige 


...  e  Voigt  ,  Die  Yiederbelebung 
(sic)  des  classischen  Alterthums  oder 
das  erste  lahrundert  (sic)  der  (sic) 
humanismus,  seconda  edizione,  Ber- 
lino, 1880-81.  Del  primo  potei  vedere 
anche  la  traduzione  francese  fatta 
sull'  ultima  edizione  tedesca. 


BIBLIOGRAFIA.  387 


Della  mancanza  di  un  concetto  organico,  di  un  disegno  prestabilito 
comincia  piuttosto  a  far  dubitare  un  altro  difetto:  intendo  le  ri- 
petizioni. Si  leggano  ad  esempio  le  pagine  30-2  e  vi  si  troverà 
suppergiù  ripetuta  la  nota  4  di  pag.  28:  eppure  era  facile  evitare 
tale  sconcio,  ordinando  meglio  quelle  pagine,  servendosi  cioè  della 
digressione  biografica  sui  maestri  di  Giasone  per  tentare  di  de- 
terminare r  anno  ,  in  cui  questi  andò  all'  università  di  Pavia  e 
non  confinando  in  nota  quest'ultima  questione  certo  non  laterale  : 
per  tal  via  la  digressione  avrebbe  cessato  di  essere  tale  e  noi 
non  avremmo  avuto  a  muoverne  rimprovero  all'  A.  Più  grave  e 
più  significativa  è  un'  altra  ripetizione.  Il  Panciroli  ed  altri,  che 
lo  seguirono  ,  diedero  a  Giasone  la  taccia  di  plagiario ,  che  più 
specialmente  fondavano  sull'  opera  intorno  al  titolo  De  aetionibus 
delle  Isiiiuzioni  di  Giustiniano ,  che  il  Maino  si  sarebbe  indebi- 
tamente appropriata,  mentre  spettava  al  suo  maestro  Alessandro 
Tartagni.  Or  bene  questa  accusa  è  dal  Gabotto  accennata  e  con- 
futata non  meno  che  quattro  volte.  A  pag.  48-9  infatti  egli  tocca 
specialmente  del  plagio  del  De  aetionibus  e  vi  ritorna  su  a  pa- 
gina 80  per  aggiungere  una  buona  osservazione  contro  di  esso; 
ne  riparla  poi  a  pagg.  62-3,  dove  si  occupa  dell'  accusa  generale 
data  al  suo  autore,  ma,  non  contento  ancora,  riprende  lo  stesso 
argomento  a  pagg.  230-31  a  proposito  del  giureconsulto  Carlo 
Ruini,  Ma  il  peggio  si  è  che  il  nostro  critico  non  è  sempre 
coerente  a  sé  stesso ,  poiché  mentre  da  una  parte  ammette 
(pag.  48)  che  Giasone  rifondesse  un'opera  del  Tartagni  sul  titolo 
De  aetionibus,  altrove  asserisce  che  in  nessuna  edizione  del  lavoro 
del  Maino  «  si  trova  alcuna  cosa  che  accenni  ad  una  rifusione 
«  di  lavoro  anteriore  »  (pag.  63). 

Potremmo  rilevare  molte  altre  simili  ripetizioni,  se  non  temes- 
simo di  allungare  soverchiamente  questa    nostra  recensione    (1). 


(1)  Le  ripetizioni  nei  particolari  sono  poi  innumerevoli.  La  storiella  rac- 
contata dal  Panciroli,  che  il  padre  lasciasse  morendo  a  Giasone  una  mula, 
si  legge  per  esempio  a  pagg.  72  e  175;  quei  certi  versi  di  Virgilio,  con  i 
quali  il  Maino  si  rivolgeva  a  Lodovico  il  Moro,  potevano,  ci  sembra,  essere 


388  BIBLIOGRAP'IA. 


D' altronde  già  da  quanto  abbiamo  detto  sorge  ragionevole  it 
dubbio  che  il  G.  si  sia  posto  a  scrivere  il  suo  libro  senza  avere 
un'idea  esatta  dell'ordinamento,  che  dovesse  dargli,  senza  aver 
compiuto  sui  materiali  raccolti  quel  lavoro  di  analisi,  di  classifi- 
cazione, di  distribuzione,  che  non  é  lecito  trascurare,  senza  avere 
insomma  concepito  quell'  organismo  omogeneo,  che  egli  a  ragione 
mostra  di  ritenere  indispensabile  ad  un'  opera  storica.  Nel  suo 
caso  speciale  la  trama  generale  era  senza  dubbio  fornita  dalla 
cronologia,  ma  su  questa  trama  era  d'  uopo  intessere  dietro  un 
altro  concetto  secondario  i  risultati  delle  ricerche  ,  raggruppare 
quei  fatti,  che  sfuggono  all'  ordinamento  cronologico  od  acquistano 
valore  solo  quando  siano  riuniti  insieme,  ed  allora  il  libro  sarebbe 
riuscito  Organico  ed  omogeneo  ;  cosi  com'  è,  esso  rassomiglia  più 
ad  una  tavola  cronologica  costituita  di  notizie  slegate  e  non 
sempre  rigorosamente  ordinata ,  che  ad  un'  esposizione  storica 
continuata. 

Della  necessità  di  certi  aggruppamenti  il  G.  si  è  senza  dubbio 
avveduto,  ma  se  n'é  avveduto  cammin  facendo  e  se  n'è  rammentato 
solo  tratto  tratto  :  quindi  non  ha  attuato  il  concetto  con  quell'u- 
niformità e  con  quel  senso  di  opportunità,  che  non  può  avere  se 
non  chi  abbia  dinanzi  alla  mente  il  disegno  netto  di  tutto  it 
suo  lavoro.  Si  leggano,  ad  esempio,  le  pagine  che  vanno  dalla 
216  alla  234  e  si  vedrà  che  il  nostro  giudizio  è  pienamente 
giustificato.  Ivi  il  lettore  si  sentirà  ricantare  per  ben  due  volte 
che  Giasone    fu   fatto    senator   ducale  di  Milano   da  Luigi  XII  il 


citati  una  sola  volta  anzi  che  due  (pagg.  42,  194);  certe  frasi  sull' amore 
di  Lorenzo  il  Magnifico  per  la  giurisprudenza  non  meritavano  di  essere  ripe- 
tute alla  distanza  di  poche  linee  (pagg.  131,  132).  Così  qualche  citazione 
bastava  farla  una  volta  sola:  cfr.  pag.  47,  n.  12  con  pag.  50,  n.  8.  Ma  tra 
le  ripetizioni  di  questo  genere  la  più  curiosa  è  quella  di  pag.  62,  n.  5;  dove 
il  G.  indica  alcuni  autori,  che  parlarono  di  Claudio  di  Seyssel  :  da  ultimo 
cita  Mémoires  des  hommes  illustres ,  T.  XXIV,  pag.  322  e  segg. ,  ed  ag- 
giunge subito  dopo,  come  se  si  trattasse  di  un  libro  diverso:  «  Del  Seyssel 
«  scrisse  pure  la  vita  il  Niceron,  Mémoires  des  hommes  illustres,  T,  XXI V,^ 
«  pag    322   e   seg.  »  !! 


BIBLIOGRAFIA.  389 

31  ottobre  1501  (pagg.  221  e  224)  e  imparerà  a  memoria  che 
Ambrogio  del  Maino  ottenne  per  mezzo  del  fratello  Giasone  la 
grazia  dal  re  francese  dopo  il  10  gennaio  1504  (pagg.  220 , 
233,  234);  d'altra  parte  troverà  che  la  storia  delle  pratiche 
fatte  dall'  università  padovana  per  avere  di  nuovo  Giasone  tra'  suoi 
insegnanti  procede  lenta ,  stentata ,  a  balzelloni  per  le  troppo 
lunghe  digressioni  sui  professori,  che  ivi  insegnavano,  e  per  l' in- 
trusione delle  notizie  su  certi  consulti ,  dati  dal  Maino  forse  in 
quegli  anni. 

Ma  già  abbastanza  abbiamo  detto  dell'  ordinamento  generale 
del  libro,  troppo  anzi  ne  avremmo  detto ,  se  il  G.  stesso  non  ci 
avesse  invitato  a  trattare  la  questione  colla  dichiarazione  da  noi 
riferita  in  sul  principio.  Ora  ci  tarda  di  venire  ad  esaminare  il 
libro  in  alcuna  delle  sue  parti. 

Ricco  di  note  ,  fornito  alla  fine  di  un'  appendice  di  do3umenii 
esso  si  presenta  a  prima  vista  come  lavoro  di  larga  e  soda  eru- 
dizione, come  copiosa  raccolta  di  materiali  nuovi  e  importanti.  Se 
non  che  ad  una  lettura  attenta  e  compiuta  l' illusione  sfuma  in 
gran  parte  dinanzi  :  mancano  in  verità  anche  quei  pregi  che  po- 
trebbero benissimo  esistere  coi  difetti  generali  già  rilevati  e  com- 
pensarli anzi  ad  usura.  Dei  trentotto  documenti,  di  cui  l'Appendice 
è  costituita,  ben  diciotto  erano  già  stati  pubblicati  in  libri  non  certo 
difficilmente  accessibili  ;  dei  venti  restanti  ben  pochi  hanno  real- 
mente importanza  per  la  vita  del  Maino  ;  un  paio,  più  che  questa, 
interessano  la  storia  dell'Università  di  Pavia  (1),  in  ogni  modo 
non  tutti  meritavano  di  essere  integralmente  pubblicati  (2).  Il 
metodo  poi ,  con  cui  sono  svolti  certi  argomenti  o  trattate  certe 
questioni  rivela  nell'  autore  non  solo  grande  inesperienza ,  ma 
deficienza  di  retto  senso  critico  e,  quel  che  é  peggio,  grande  fretta 
nella  composizione. 

(1)  Vedi  specialmente  il  IV  e  il  IV.bis 

(2)  A  che  per  esempio  stampare  per  intero  l' inconcludente  biografia  del 
<5hilini  (Dog.  XXXVII)?  Bastava  citarla  secondo  T  opportunità ,  come  ba- 
stava solo  riassumere  nel  testo  qualche  altro  dei  documenti  tratti  dall'  Ar- 
chivio di  Milano  o  tutt'  al  più  riferirne  il  periodo  importante. 


390  BIBLIOGRAFIA. 


Già  iti  sul  principio  il  lettore  rimane  sfavorevolmente  impres- 
sionato dal  disordine ,  che  regna  nel  primo  capitolo ,  quello  che 
parla  degli  antenati  di  Giasone  (1).  Comprendiamo  benissimo, 
come  fosse  difficile,  fors'  anzi  impossibile  il  determinare  le  rela- 
zioni di  parentela  fra  i  molti  personaggi,  in  cui  si  imbatteva  l'A., 
ma  non  comprendiamo  perchè  egli  si  sia  creduto  in  dovere  di 
snocciolare  tutta  quella  lunga  litania  di  nomi,  sui  quali  non  poteva 
dare  nessuna  notizia.  Eliminato  l' inutile  ingombro  di  que'  nomi, 
egli  avrebbe  potuto  parlare  con  maggior  ordine  e  chiarezza  di 
Andreotto  e  Lancillotto  del  Maino,  padre  e  zio  di  Giasone ,  per- 
sonaggi di  notevole  importanza  storica  (2). 

Se  non  che  sorvoliamo  su  questo  primo  capitolo  e  veniamo  al 
secondo,  nel  quale  il  G.  dopo  una  lunga  discussione  stabilisce  la 
nascita  illegittima  di  Giasone  a  Pesaro  nel  1435.  «  Ed  era  tempo, 
«  egli  conchiude,  che  si  ottenesse  questo  risultato  ,  perché  ornai 
«  le  questioni  intorno  alla  nascita  sua  stavano  per  diventare  più 
«  lunghe  che  il  racconto  di  tutta  la  sua  lunga  vita  »  (pag.  24). 
In  verità  a  noi  pare  che  tali  questioni  non  esistessero  che  nella 
mente  del    sig.  G.,  poiché   le    attestazioni    più    autorevoli    vanno 


(1)  Fra  questi  va  probabilmente  rammentato  anche  quel  Mayno  de'  May- 
neri  medico  famoso,  sul  quale  portarono  luce  le  belle  ricerche  del  profes- 
sore R.uNA,  Del  ^  Dialogus  Creaturarum  *,  in  Giorn.  st.  d.  lett.  ital.  X, 
57  sgg. 

(2)  Lettere  dell'  uno  e  dell'  altro  si  trovano  nei  codici  dell'  Archivio  Sfor- 
zesco conservati  ora  a  Parigi  (Bibl.  Nazion.  codd.  1583-96):  cfr.  Mazzatinti, 
/  mss.  ital.  delle  Bibliot.  di  Francia.  Mss.  della  Nazionale  di  Parigi, 
Roma,  1886-7,  II,  312,  328-9,  336,  ecc.  Ciò  fu  avvertito  nelle  citate  Nuoce 
Notizie  e  Documenti,  p.  3,  dal  Gabotto  stesso,  il  quale  però  inesattamente 
nota,  che  il  libro  del  Mazzatinti  usci  dopo  la  pubblicazione  del  suo: 
questa  avvenne,  se  non  erro,  nel  dicembre  del '87  ,  mentre  io  esaminai  il 
II  volume  dei  Manoscritti  ital.  delle  Bibl.  di  Francia,  nella  seconda  metà 
del  luglio.  In  due  lettere  di  Lancillotto  a  Gio.  di  Cosimo  de  Medici  ci  im- 
battemmo facendo  ricerche  nell'Arch.  di  Stato  dì  Firenze  (Mediceo  av.  Prin- 
cip.  F.  IX,  doc.  436,  F.  VI,  doc.  451):  sono  datate  l'una  da  Bologna,  15  mag- 
gio 1459,  r  altra  da  Milano ,  5  febbraio  1460;  la  prima  è  sottoscritta  Vester 
Lancelotus  de  Mayno  miles  ac  comitis  Galeas  Gubernator. 


BIBLIOGRAFIA.  391 


perfettamente  d*  accordo  :  poco  importa,  che  qualche  tardo  pane- 
girista asserisca  che  Giasone  nacque  a  Milano  (1),  meno  poi  che 
un  più  tardo  compilatore  di  dizionario  storico  (2)  sostenga  la 
legittimità  della  nascita ,  quando  il  Panciroli  ,  autorevolissimo  , 
dice  che  egli  nacque  a  Pesaro  ed  i  contemporanei  lo  chiamano 
bensi  mediolanensis  riguardo  alla  famiglia,  la  quale  solo  per  vi- 
cende politiche  si  trovava  a  Pesaro ,  ma  non  asseriscono  mai 
che  egli  nascesse  in  Lombardia ,  quando  tutti  si  accordano  nel 
dirlo   figlio  di  una  concubina. 

Del  pari  il  G.  ci  assume  un  po'  1'  aria  di  chi  combatte  contro 
mulini  a  vento,  quando  si  accosta  a  quella  che  egli  chiama  «  spi- 
«  uosa,  e  non  solo  spinosa,  ma  anche  e  più  noiosa  questione 
«  della  cronologia  dei  rapporti  di  Giason  del  Maino  coli'  Uni- 
€  versità  padovana  »  (pag.  94).  Non  occorreva  infatti  aguzzare 
molto  gli  occhi  per  avvedersi  che  il  sistema  cronologico  del  Pan- 
ciroli non  é  in  fondo  che  un'  esposizione  un  po'  grossolana  di 
quello  del  Facciolati  (3)  e  che  la  diversità  di  opinione  del  Fab- 
brucci  si  fonda  probabilmente  su  di  una  confusione  tra  1'  anno 
comune  e  l'  anno  pisano  (4)  :  osservato  ciò,  non  rimaneva  che  a 


(1)  A  quanto  dice  il  G.  (pag.  19,  n.  2)  pare  che  ciò  sia  asserito  dal  solo 
PiciNELLi,  Ateneo  dei  letterati  milanesi,  Milano,  1670,  pag.  250;  ma  bisogna 
certo  aggiungere  anche  il  non  più  autorevole  Ghilini  :  cfr.  pag.  295. 

(2)  MoRERt,  Le  grand  dictionnaire  historique,  Parigi,  1759,  VII,  92. 

(3)  Il  Panciroli  infatti  dice  che  Giasone  insegnò  a  Padova  tre  anni ,  che 
vi  si  r^cò  nel  1486  e  lasciò  quella  città  per  Pisa  nel  1489.  Secondo  il  Fac- 
ciolati, il  cui  sistema  è  esposto  eon  molte  inesattezze  dal  G.,  fu  invitato  ad 
insegnare  a  Padova  il  18  (non  28)  giugno  1485  e  ne  parti  il  12  nov.  1488, 
(pridie  id.  noe,  non  prima  del  12).  Se  si  pensi  che  1'  anno  scolastico  co- 
minciava verso  la  fine  di  ottobre  si  capirà  che  le  due  attestazioni  coincidono 
quasi  perfettamente.  II  sistema  del  Facciolati  ebbe  ora  un'  ultima  e  defi- 
nitiva conferma  dai  documenti  veneziani  pubblicati  dal  sig.  Bertanza  nella 
/fto.  stor.  Hai.,  V,  193-197  ;  cfr.  anche  Gabotto,  Nuoce  notisie,  ecc.,  pp.  5-6. 

(4)  Secondo  il  G.,  il  Fabbnicci  avrebbe  letto  MCCCCLXXXVII  dove  stava 
scritto  MCCCCLXXXVIII,  ma  a  noi  non  pare  probabile  che   si  tratti  d' u» 

tpuro  e  semplice  errore  di  lettura  :  più  verosimile  è  che  il    Fabbrucoi  abbia 
icreduto  quella  tal  lettera  datata  secondo  lo  stile  pisano,  per  il  quale  Tanno 


^92  BIIJMOGRAFIA. 


notare  la  solidità  delle  basi  del  sistema  del  Facciolati,  che  giu- 
stamente il  G.  accetta.  Si  trattava  quindi  non  già  di  affrontare 
una  questione  ancora  aperta,  ma  di  dimostrare  che  altri  la  aveva 
realmente  già  chiusa. 

È  facile  del  resto  scorgere  che  questo  falso  modo  di  concepire 
le  questioni  ha  la  sua  base  in  una  deficienza  di  retto  criterio  nel- 
r apprezzamento  delle  fonti,  deficienza,  di  cui  il  G.  ci  dà  una 
prova  irrefragabile,  quando  cita  come  «  una  mirabile  riproduzione 
«  dei  tempi  e  un'  intuizione  felice  de'  caratteri  degli  uomini  prin- 
«  cipali  »  dell'  età  di  Massimiliano  imperatore  un  romanzo  di.... 
Petruccelli  della  Gattina  !  (pag.  185). 

Dopo  aver  veduto  il  G.  prendere  a  trattare  con  tanta  solennità 
questioni  o  non  mai  esistite  o  già  risolte,  fa  meraviglia  la  leg- 
gerezza colla  quale  egli  sorvola  su  altri  punti  controversi  della 
vita  del  suo  autore  e  si  appiglia  risolutamente  ad  un'  opinione  , 
che  potrà  essere  giusta,  ma  che  non  è  dimostrata.  Gli  elementi 
dedotti    dalla    cronologia   dell'  insegnamento    di    Girolamo    Torti  , 


cominciava  nove  mesi  e  sette  giorni  prima,  che  non  cominci  per  noi,  ed  un 
anno  preciso  prima  che  per  i  vecchi  fiorentini;  perciò  egli  avrebbe  ridotto 
il  1488  pisano  al  1487  di  stilo  comune.  Invece  quella  lettera  è  datata  ap- 
punto secondo  lo  stile  comune  o,  meglio,  secondo  il  fiorentino,  che  si  seguiva 
generalmente  nei  documenti  dell'  Università  pisana.  Ciò  si  può  verificare  anche 
in  quelli  ristampati  dal  Gabotto  in  appendice  (doc.  Vili,  IX,  X,  confrontati 
coi  doc.  V,  XIII,  ecc.),  ad  eccezione  però  che  in  uno  (l'XI),  il  quale  è  datato 
secondo  lo  stile  pisano.  Questa  singolarità  avrebbe  dovuto  notare  il  G.  se 
non  per  altro  per  ispiegare  la  stranezza  di  due  lettere  che ,  parlando  della 
stessa  questione,  sono  datate  rispettivamente  Pisis,  24  Martli  1488  (doc.  X) 
e  Pi$is,  26  Marta  1490  (Doc.  XI)  e  per  giustificare  il  diverso  metodo  da 
lui  tenuto  nel  ridurre  queste  date  allo  stile  comune.  Ma  di  simili  consue- 
tudini cronologiche  pare  che  il  sig.  G.,  pur  permettendosi  di  rimproverarne 
i'  ignoranza  a  chi  non  ha  certo  bisogno  di  impararle ,  non  si  intenda  gran 
fatto,  sicché  sarà  opportuno  rinviarlo  all'introduzione  al  I  voi.  dell'Ari  de 
cerijier  les  clates ,  la  quale  fra  molte  altre  cose  gli  insegnerà  che  1'  anno 
fiorentino  cominciava  il  25  marzo  (due  mesi  e  ventiquattro  giorni  dopo  il 
comune)  e  non  già  il  giorno  di  Pasqua ,  come  egli  ripetutamente  asserisce 
^pag.  207  n.,  278  n.  3). 


BIBLIOGRAFIA.  393 


Giacomo  dal  Pozzo  o  Catone  Sacchi ,  cronologia  vaga  ed  incerta, 
non  sono  sufficienti  a  determinare  neppure  approssimativamente 
r  anno  in  cui  Giasone  sia  andato  discepolo  all'  Università  di  Pavia 
(pag.  28)  ;  tanto  meno  poi  il  sapere  che  Giacomo  dal  Pozzo 
lasciò  Pavia  nel  14G1 ,  e  che  Alessandro  Tartagni  ,  maestro  di 
Giasone  a  Bologna,  era  in  questa  città  nelT  anno  stesso ,  giusti- 
fica la  data  1461,  assegnata  al  passaggio  del  Maino  in  quest'  ul- 
tima Università  (1).  Poteva  e  doveva  il  G.  accontentarsi  di  la- 
sciare indecise  le  questioni ,  come  saviamente  ha  fatto  quando 
discusso  se  e  dove  Giasone  abbia  ascoltato  le  lezioni  di  Fran- 
cesco Accolti  (pagg.  49-51). 

Con  la  stessa  leggerezza,  con  la  stessa  inesattezza  pare  che  il 
G.  abbia  fatto  anche  le  sue  ricerche  e  perfino  letto  le  opere  del 
suo  autore.  Non  occorreva,  infatti ,  se  non  e'  inganniamo,  che  un 
po'  di  attenzione  per  legger  bene  la  stampa  dei  Diari  del  Sanudo 
e  per  non  prendere  un  mazo  (maggio)  per  marzo,  né,  data  pure 
r  esistenza  dell'  errore  nel  testo,  occorreva  poi  sbracciarsi  tanto  a 
dimostrarla  (pag.  236  n),  poiché  bastava  por  mente  all'ordina- 
mento cronologico  di  quei  meravigliosi  volumi  (2).  Similmente  se 
il  G.  avesse  letto  con  attenzione  almeno  i  Themata  ed  i  Siim- 
maria  dei  consulti  del  Maino ,  non  gli  sarebbe  certo  sfuggito 
quello  ,  che  porta  nel  secondo  volume  il  n.  CXLV  (3) ,  e  che 
parla  di  certa  questione  riguardante  un  cardinale.  Ivi  non  si  fanno 

(1)  È  nostro  dovere  notare  che  a  pag.  28  il  G,  dice  che  «  Giasone  si  recò 
a  Pavia  cerso  il  1454  »,  e  a  pag.  45,  che  passò  a  Bologna  «  non  si  sa  bene 
«  in  qual  anno,  raa  assai  probabilmente  rerso  il  1461.  »  Però  i  verso  ed  il 
probabilmente  scompaiono  a  pag.  49 ,  dove  si  legge  :  «  Abbiamo  stabilito 
«che  Gias.  fu  all'Università  di  Pavia  dal  1454  al  1461,  nel  qual  anno 
«  passò  a  quella  di  Bologna.  »  Per  noi ,  del  resto ,  sono  avventate  anche  le 
date  approssimative. 

(2)  La  lettera,  infatti,  di  cui  il  G.  lesse  male  la  data,  è  l'ultimo  dei  do- 
cumenti raccolti  sotto  il  maggio  1507,  il  che  salta  agli  occhi  a  prima  giunta, 
poiché  in  testa  ad  ogni  pagina  è  indicato  il  mese  di  cui  il  diarista  parla  : 
Cfr.  Diarii,  VII,  93-4. 

(3)  Ci  serviamo  della  bellissima  edizione  di  Milano,  1534,  in  quattro  vo- 
lumi in  folio.  Il  Cons.  145  è  a  ce.  15-17  del  volume  II. 


394  BIBLIOGRAFIA, 


nomi ,  è  vero ,  ma  non  era  poi  tanto  difficile  sapere  di  chi  si 
trattasse,  specialmente  dopo  aver  trovato,  com'  è  infatti  accaduto 
al  G.,  nell'Archivio  di  Milano  due  consulti  del  Maino  sulla  stessa 
questione  coi  nomi  delle  persone  esplicitamente  espressi  (1).  A 
questa  mancanza  non  crediamo  inopportuno  di  rimediare  ,  espo- 
nopdo  qui  come  siano  andate  le  cose. 

Il  9  marzo  1489 ,  Innocenzo  Vili  elesse  otto  cardinali ,  ma 
solo  di  cinque  pubblicò  i  nomi  ;  tenne  in  pectore  gli  altri  tre  ^ 
che  erano  Maffeo  Gherardo ,  Federigo  Sanseverino ,  figlio  del 
conte  di  Caiazzo  e  vescovo  di  Malaga,  Giovanni  de'  Medici,  figlio 
del  magnifico  Lorenzo  ,  il  futuro  Leone  X.  La  bolla  di  elezione 
doveva  rimanere  segreta  sino  al  giorno ,  in  cui  il  Papa  avesse 
creduto  opportuno  di  dare  a  questi  prelati  le  insegne  cardinalizie; 
solo  nel  caso  che  Innocenzo  fosse  morto  prima  della  pubblicazione 
della  bolla ,  essi  avevano  il  diritto  di  assumerle  senza  l' auto- 
rizzazione papale.  Per  il  Medici  era  stabilito  che  la  pubblica- 
zione avvenisse  tre  anni  dopo  1'  elezione,  cioè  nel  marzo  del  1492. 
Air  avvicinarsi  di  questo  tempo,  il  Moro,  cui  premeva  di  prepa- 
rare aderenti  al  suo  candidato  per  il  futuro  Conclave  e  che  aveva 
avuto  di  nascosto  un  trasunto  della  bolla,  cominciò  a  pensare  come 
sarebbero  andate  le  cose  pel  Sanseverino.  Egli  si  poneva  questa 
duplice  questione  : 

«  An  talis  prelatus  dicatur  esse  verus  cardinalis,  et  habere  ius 
«  irrevocabile  cardinalatus  adeo  quod  sanctissimus  papa  non  possit 
«  de  iure  revocare,  vel  predicta  tollero  aut  immutare,  non  sub- 
«  sistente  alia  insta  et  rationabili  causa.  Secundo  dubitatur ,  si 
«  contingat  unum  solum  cardinalem  de  novo  publicari  (allusione 
«a  Giovanni  de' Medici),  an  etiam  eius  assumptio  sit  publicanda, 
«  attento  quod  verba  diete  bulle  apostolico  sunt  in  plurali  numero 
«  prolata.  » 

(l)  A  pag.  154,  il  G.  accenna  alla  «  causa  di  deposizione  »  (.'!)  del  cardi- 
nale Maleacense,  intorno  alla  quale  confessa  di  non  aver  trovato  «  se  non 
«  quanto  dice  il  Maino  stesso  in  due  suoi  consulti  del  2  febbraio  e  7 
«  marzo  1492  »;  e  in  nota  cita  :  Ardi,  di  St.  di  Milano:  Autogr.  Gias.  del 
Maino.  Che  cosa  in  quei  consulti  si  dica,  vattel'a  pesca. 


BIBLIOGRAFIA.  395 


Per  aver  soluzione  di  tali  dubbi  si  rivolse  al  Maino,  e  questi 
emise  un  parere  ,  probabilmente  proprio  quello  che  ,  soppressi  i 
nomi,  fu  stampato  fra'  suoi  Consulti,  e  che  è  forse  il  primo  dei 
due  conservati  nell'Archivio  di  Milano.  Quale  fosse  l'opinione 
del  famoso  giureconsulto  nella  questione,  appare  chiaro  da  questa 
sua  lettera  inedita,  che  non  crediamo  male  di  pubblicare  (1). 

Ill.f"<^  et  exceU,'"^  princeps  et  domine  domine  singularissime.  Per 
obedire  alli  comandamenti  de  V.  Ex.  remando  un  altra  copia  de  la 
consultatione,  punctualmente  comò  la  prima,  qua  ligata,  per  il  presente 
cavalario ,  nella  quale  de  novo  recordo  essere  concluso  con  juridici 
fundamenti  :  Mons.'^  Malleacense  essere  vero  et  irrevocabile  Cardinale: 
et  alla  pubblication  sua  non  gli  obstare  la  pluralità  de  le  parole  de  la 
bolla,  comò  V.  Ex.  potrà  far  vedere  per  essa  consultatione.  Dapoi  in 
questa  bora  ho  receputo  una  littra  de  V.  Ex.  nella  quale  me  rechede, 
se  alla  publicatione  del  fiolo  del  M.'^o  Lorenzo  se  omettesse  la  publi- 
catione  de  Mons."^  Malleacense ,  se  esso  monsignore  per  virtù  de  la 
bolla  potesse  pigliare  lo  habito  del  Cardinalato ,  senza  che  altramente 
gli  fosse  mandato  el  capello  dal  sumo  pontifice.  Io  humelmente  re- 
spondo  che  questo  passo  io  l' ho  espressamente  tochato  in  essa  mia 
consultatione  :  nel  XI,  XII  e  XIII  fundamenti  (2).  Recordo  alla  Ex.  V. 
che  ne  la  bolla  questo  puncto  è  specialmente  tochato  come  quella 
potrà  nel  transumpto  far  vedere ,  dove  sono  queste  parole  formalle  : 
<  Ac  volumus  et  de  apostolica  potestatis  plenitudine  concedimus 
«  quod  tu  in  huiusmodi'  obitas  nostri  eventum  et  non  ante  ,  dieta  pu- 
«  blicatione  non  facta,  pileum  rubeum  et  alia  quecunque  cardinalatus 
«  insignia  gestare  licite  valeas.  »  Pare  che  in  queste  parole  la  Sanctità 
del  Papa  prohlbisca  el  pigliare  lo  habito  del  cardinale,  se  non  quando 
succedesse  el  caso  de  la  morte  de  esso  pontifice  :  quelle  parole  «  dieta 
publicatione    non    facta  »  pare    che    anche    prohibiscano   el   medesima 

(1)  La  pubblico  di  su  una  copia,  che  se  ne  conserva  fra  le  carte  del  com- 
pianto marchese  Giuseppe  Campori. 

(2)  Nei  punti  XI,  XII,  XIII  del  cit.  consulto  145  si  tratta  precisamente 
della  questione  intomo  alla  pubblicazione  della  bolla  per  Giovanni  de' Medici; 
è  quindi  probabilissimo  che  il  Consulto  mandato  fosse  quello  che  è  a  stampa. 
Considerata  poi  la  data  della  lettera,  è  verosimile  che  esso  sia  tutt'  uno  con 
quello  ras.  del  2  febbraio. 


H96  BIDLIOGRAFIA. 


nante  che  si  fazi  la  publication  sua.  Vostra  Ex.  che  he  sapientissima 
gli  faci  bona  consideratione  ;  io  dirò  humelmente  ci  parer  mio.  So 
Mons/o  Malleacense  toUo  l' habito  senza  voluntà  o  licontia  de  la  San- 
tità del  Papa ,  sarà  cessa  scandalosa  et  dubito  che  non  sia  pericolo 
de  fargli  perdere  la  rasonc  sua  del  Cardinalato ,  perchè  non  se  dica 
che  questa  sia  iusta  causa  per  la  qual  la  Sanctità  del  Papa  el  possa 
privare.  A  me  non  par  che  sia  sapere  mettere  la  rason  sua  in  questo 
pericxilo.  La  sanctità  del  papa  adesso  non  gli  pò  tore  la  rason  del 
cardinalato,  né  fargli  innovatione  alcuna,  perchè  non  gli  ha  causa  iusta 
alcuna  ;  se  '1  se  tol  1'  habito  con  propria  auctorità ,  se  li  darà  questa 
ocasione  per  iusta  causa  di  privatione  ,  quantunque  invero  non  fosse 
iusta.  Me  pare  più  secura  via  el  procedere  con  rasono  et  far  ogni 
sforzo  con  la  Sanctità  del  Papa  et  con  Mons.'"^'  R."!*^  che  detta  publi- 
catione  per  ogni  modo  se  fazi  con  quella  del  figlolo  del  Mag.^o  Lo- 
renzo, come  he  iusto  e  ragionevole,  facendoli  intendere  che  questo  el 
vele  la  rasone.  Quanto  all'  altro  punto  che  la  Ex.  V.  recercha  :  se  '1 
bastarla  bavere  il  transumpto  de  la  bolla  per  fundamento  et  defension 
de  la  rasone  de  Mons.''^  Malleacense,  quando  se  facesse  a  Roma,  per 
qualche  mala  disposition  ,  novità  alcvina ,  io  dissi  a  V.  Ex.  essendoli 
che  tal  transompto  saria  de  poche  valore  et  de  pocha  fede,  et  cos'i 
fo  scritto  de  comission  de  V.  Ex.  a  Mons.''»-'  Reverendissimo.  Adesso 
ricordo  humelmente  alla  Ex.  V.  che  il  ditto  transumpto  non  si  pò  far 
che  sia  autentico  nante  la  publication  del  figlolo  del  M.^o  Lorenzo , 
perchè  in  essa  bolla  he  prohibito  expressamente  et  a  Cardinali  et  ad 
esso  Mons.'e  Malleacense  el  propallare  la  ditta  assumption  del  Cardi- 
nalato, né  a  bocha ,  né  per  scriptura ,  né  per  segno  alcuno.  Sì  che , 
oltra  che  '1  ditto  transumpto  saria  de  pocha  efficatia,  còrno  s'è  ditto 
de  sopra,  saria  anche  de  qualche  pericolo  temptarlo  de  bavere  nante 
sia  fatta  ditta  publicatione  et  confidarse  in  tenere  questa  cossa  secre- 
tissima  io  non  lo  reputo  ben  securo  partito.  Se  la  Ex.  V.  vele  che  io 
li  dia  liberamente  el  parere  mio,  io  me  credo  che  questo  fatto  neces- 
sariamente se  habia  ad  resolvere  in  questo  modo.  Se  alla  proxima 
publicatione  del  fiolo  del  M.^o  Lorenzo ,  sarà  anche  publicato  esso 
Mons.ie  Mallacense  et  allora  non  gli  sarà  bisogno  de  altra  provisione. 
E  se  pur  acadesse  che  per  malignità  de  li  invidi  essa  publicatione 
non  se  facesse,  ma  se  lassasse  de  dreto,  in  questo  caso  saria  poi  pas- 
sato el  tempo  de  tenere  più  secreta  la  assumptione  del  Cardinalato  de 
Mons.'o  Malleacense ,  comò  dice  la  bolla ,  et  in  questo   caso    Mons.""*^ 


BIBLIOGRAFIA.  397 


R.'»o  non  haria  più  insta  causa  de  denegare  la  bolla  a  V.  Ex.  Et 
quando  in  detto  caso  non  mandasse  la  bolla  alla  Ex.  V.,  gli  farla 
grande  iniustitia,  perchè  anche  la  Santità  del  Papa  in  ditto  caso  non 
poterla  con  rasone  interdire  che  detta  bolla  se  mandasse.  Si  che  a 
me  pare  che  di  presente  non  sia  ben  sicuro,  nò  anche  molto  a  pro- 
posito el  cerchar  de  bavere  el  ditto  transumpto.  Tutte  queste  cosse 
che  per  me  sono  recordate  alla  Ex.  V.  con  sincerità  et  fideUtà  molta 
io  le  remetto  alla  suma  sapientia  de  la  V.  Cel."« ,  alla  quale  humel- 
mente  sempre  me  recomando.  Papié,  14  februarii  1492. 

Ex.*'«  V. 

Servus  Jason  de  Magna 
jurisutriusque  doctor. 
(A  tergo)  : 

Excellentissimo  Principi 
Ludovico  Marie  Sfortie  Duci  Barri 
domino  singularissimo. 
In  maoibus  proprii-* 
Viglevani 
Cito. 
Cito. 
Cito. 

Verso  la  fine  del  marzo  149:2  Giovanni  de'  Medici  faceva  il 
suo  ingresso  in  Roma  e  riceveva  pubblicamente  le  insegne  car- 
dinalizie. Il  Sanseverino  dovette  attendere  ancora  e  solo  alla 
morte  di  Innocenzo  Vili,  avvenuta  quattro  mesi  dopo,  fu  ricono- 
sciuto come  legittimo  cardinale  ,  e  potè  prender  parte  al  Con- 
clave, da  cui  usci  eletto  Alessandro  VI  (1). 

L'  episodio,  di  cui  abbiamo  qui  tracciata  la  storia,  non  andava 
trascurato  in  un  libro,  come  quello  del  sig.  G. ,  il  quale  non  è 
invero   troppo   ricco  di  fatti  nuovi  :  il  materiale    su    cui    fondare 


(I)  Per  notizie  intorno  all'elezione  di  cardinali  del  9  marzo  14S9  ed  al 
Sanseverino  ,  cfr.  :  Gregorovius  ,  Storia  della  città  di  Roma,  VII ,  337-8  ; 
Cipolla  ,  Signorie  ,  pag.  655-7  ;  Cardei.la  ,  Memorie  Storiche  de'  Cardi- 
nali della  santa  Romana  Chiesa,  Roma,  1793,  III,  243. 


398  BIBLIOGRAFIA. 


la  sua  narrazione,  l'A,  lo  aveva  nel  consulto  a  stampa  e  nei  due 
consulti  manoscritti  dell'Archivio  Milanese,  purché  avesse  saputo 
giovarsene.  Ma  nel  volume,  che  veniamo  esaminando,  vi  è  una 
lacuna  ben  più  grave  ,  della  quale  non  comprendiamo  neppure 
come  il  G.  non  si  sia  accorto.  Crediamo,  infatti,  di  fargli  meno 
torto  coir  asserire  che  nel  suo  libro  manca  del  tutto  una  trattazione 
sul  valore  di  Giasone  giurista,  che  non  gli  faremmo,  ammettendo 
che  nella  sua  mente  ne  tengano  luogo  i  pochi  e  superficiali  pe- 
riodi, coi  quali  il  volume  si  chiude  e  che  non  sarà  male  riferire  : 

«  L'  umanesimo  s'  era  aperto  a  poco  a  poco  la  via  :  dapprima 
«  Lorenzo  Valla  urta  contro  il  vecchio  metodo  giuridico  medioevale, 
«  poi  il  Poliziano  prepara  il  rinnovamento  coi  suoi  studi  del 
«giure,  eh' egli  cura  solamente  come  parte  della  civiltà  romana; 
«  da  ultimo  la  rivoluzione  si  compie.  Giasone  tiene  in  questo  ri- 
«  volgimento  un  posto  cospicuo  ;  egli  é  fra  i  principali  attori  del 
«  medesimo ,  e  in  ciò  sta  tutta  la  sua  grande  importanza  come 
«  giureconsulto.  Non  è  1'  ultimo  dei  glossatori ,  e  non  è  ancora 
«perfettamente  il  primo  de' giureconsulti  della  nuova  scuola: 
«  questo  posto  spetta  al  suo  discepolo  e  continuatore ,  spetta  ad 
«  Andrea  Alciati  ;  egli  è  il  segnacolo  della  rivoluzione,  egli  è  la 
«  transizione  dei  due  periodi ,  delle  due  scuole  ;  principale  fra  gli 
«  iniziatori ,  massimo  fra  i  promotori ,  egli  chiude  gloriosamente 
«  la  storia  medioevale  del  diritto  italiano  e  ne  apre  la  storia 
«  moderna,  dove  il  giure,  libero  finalmente  dalle  pastoie,  si  afforza, 
«  si  rinvigorisce,  si  rinnova  sotto  1'  afflato  potente  e  irresistibile 
«  dello  spirito  e  della  vita  dell'  umanesimo  »  (pagg.  271-2). 

Di  queste  entusiastiche  parole  si  cerca  invano  una  prova  nelle 
pagine  che  precedono  (pagg.  267-71),  le  quali,  accennati  alcuni 
giudizi  di  altri  sul  Maino,  dicono  inconcludenti  banalità  sulle  re- 
lazioni dell'  umanesimo  colla  giurisprudenza  (1)    e    finiscono    col 

(I)  Piuttosto  che  riNVERNizzi,  Il  Rinascimento,  pag.  106-7,  il  quale  dice 
a  tale  proposito  poche  cose,  parlando  del  Valla,  il  G.  doveva  citare  le  belle 
e  succose  pagine  del  Voigt,  Wiederbelebung-,  lì,  482-91,  il  quale  determina 
chiaramente  la  posizione  della  scienza  del  diritto  di  fronte  all'  umanesimo  e 
assegna  il  loro  vero  posto  agli  studi  degli  umanisti  sui  giureconsulti  romani. 


BIBLIOGRAFIA.  399 


parlare  della  religiosilà  di  Giasone  (1).  Né  prove  convfncenti  si 
trovano  nel  corso  del  libro,  che  tali  non  possono  essere  con- 
siderati alcuni  magri  accenni  al  culto  del  Maino  per  la  forma  e 
alla  sua  erudizione   classica,  sparsi  qua  e  là. 

Eppure  al  G.,  se  ad  altri  mai,  incombeva  l'obbligo  di  dimostrare 
le  sue  asserzioni ,  poiché  contro  di  queste  sta  V  autorità  ,  vera- 
mente formidabile,  del  Savigny.  Infatti ,  secondo  il  grande  storico 
del  diritto,  Giasone  non  fu  che  un  abile  e  diligente  compilatore 
e  r  ultimo  fra  i  giureconsulti  della  vecchia  scuola  (pag,  267). 
La  questione  esce  interamente  dal  campo  dei  nostri  studi  e  sa- 
rebbe arroganza  la  nostra,  se  entrassimo  a  discuterla  con  pretesa 
di  risolverla.  Ci  sia  lecita  tuttavia  qualche  osservazione.  Alcuni 
pochi  fatti  che  il  G.  cita  possono  provare  nel  Maino  una  qualche 
coltura  classica,  quantunque  né  molto  profonda,  né  molto  soda, 
ma  non  lo  dimostrano  certo  «  umanista  nell'  animo  »  (pag.  113), 
Che  egli  parafrasasse  in  una  prolusione  il  primo  capo  della  Ca 
iilinaria  (pag.  113),  che  facesse  sfoggio  di  citazioni  classiche  e 
più  di  allusioni  all'  antica  storia  di  Grecia  e  di  Roma  nell'  ora- 
zione funebre  per  Girolamo  Torti  (pagg.  84-5)  o  in  quella  recitata 
dinanzi  ad  Alessandro  VI  (pagg.  162-3),  che  rifiutasse  di  pubbli- 
care subito  il  discorso  tenuto  per  le  nozze  di  Bianca  Sforza  col- 
r  Imperatore ,  per  il  desiderio  di  rivederlo  (pag.  186-7) ,  sono 
fatti  ,  che  in  pieno  rinascimento ,  quando  il  culto  per  1'  antichità 
e  per  la  bella  forma  era  diffuso  dovunque  e  si  respirava  quasi  col- 
r  aria ,  non  possono  far  meraviglia ,  né  provare  che  Giasone  sia 
stato  un  vero  umanista.  Ma  qualunque  fosse  la  sua  coltura  clas- 
sica (2)  ,    non   pare  che  egli  pensasse  mai  ad  applicarla  ai  suoi 

(1)  Intorno  a  questa  il  G.  non  fa  che  ripetere  ciò  che  aveva  detto  alle 
pagine  114  e  213,  con  gran  meraviglia  del  lettore,  che  si  aspettava  lo  studio 
molto  importante  sulle  tendenze  religiose  del  Maino  ivi  promesso. 

(2)  A  pagg.  41-5,  l'A.  raccoglie  i  fatti  che  dovrebbero  provare  la  coltura 
classica  di  Giasone,  fatti,  i  quali  sono  spesso  di  una  meschinità  inverosimile. 
Le  citazioni  di  autori  antichi  possono  significar  bene  qualche  cosa,  ma  sarà 
proprio  un  indizio  di  studi  «  minuti  e  completi  »  di  storia  antica  (pag.  43), 
il  ricordo  di  certi  fatti  che  od  erano  notissimi  anche  tra  il  popolo  o  dove- 
vano entrare  nel  patrimonio  della  coltura  di  qualunque  persona  leggermente 


400  mULIOGRAFIA. 


studi  giuridici ,  a  rinnovare  la  scienza  coli'  esame  immediato  delle 
fonti ,  a  infondere  nella  giurisprudenza  lo  spirito  dell'  antichità 
romana ,  a  tentare  insomma  quella  riforma  che  doveva  mettere 
lo  studio  del  diritto  romano  su  di  una  nuova  via  e  che  fu  pro- 
mossa dall' Alciati  (1).  Dato  pure  che  Giasone  fosse  un  umanista, 
questa  sua  qualità  non  influì  suU'  altra  di  giureconsulto  :  anche 
in  lui,  come  già  in  altri,  che  lo  avevano  preceduto  nel  coltivare 
insieme  gli  studi  dell'antichità  e  la  scienza  del  diritto,  come  in 
Mariano  Soccini,  Francesco  Accolti,  Catone  Sacchi,  e  via  dicendo, 
r  umanista  era ,  dice  egregiamente  il  Voigt ,  parlando  di  questi  , 
«  ein  anderer  Mensch  als  der  Jurist»(2). 

intinta  di  istruzione?  Quando  sentiamo  il  G.  notare,  che  Giasone  ricorda  la 
generosità  di  Fabrizio,  la  clemenza  di  Tito,  la  crudeltà  di  Domiziano,  un 
responso  dell'oracolo  di  Delfo  agli  Ateniesi,  il  cavallo  di  Troia,  la  genero- 
sità di  Artaserse,  le  gesta  di  Fabio  Massimo,  i  prodigi  che  precedettero  la 
nascita  di  Alessandro  Magno,  di  Virgilio,  di  Platone,  le  imprese  di  Scipione 
Fiffliliano  ;  che  chiama  i  popoli  del  Belgio  coi  nomi  usati  da  Cesare  ;  che  sa 
essere  stati  spagnuoli  gì'  imperatori  Traiano,  Adriano  e  Teodosio,  ed  i  papi 
Damaso,  Giovanni  XXI  e  Callisto  III,  e  tutto  ciò  parlando  di  un  uomo  edu- 
cato in  pieno  secolo  XV,  dobbiamo  domandarci  se  egU  dica  sul  serio  o  se 
per  avventura  non  ischerzi ,  come  certo  scherza  quando  nel  Sommario  dei 
Capitoli,  riassume  queste  pagine  con  le  parole  :  «  Studi  umanistici.  —  Si  ricor- 
«  dano  perfino  la  clemenza  di  Tito  e  l' oracolo  di  Delfo.  »  Ma  già  questi 
sommari  nella  loro  sibillina  teatralità  sono  spesso  umoristici.  Sentite  qualche 
saggio  tratto  dai  primi  quattro  :  «  La  famiglia  di  Giasone.  —  L'  Esiliato.  — 
I  mastini  di  Giovanni  Maria  Visconti.  —  La  vendetta  nella  chiesa.  — 
L'amante  del  Duca —  I  misteri  della  nascita.  —  Da  Pesaro  a  Mi- 
lano   —  La  gelosia  di  una  Repubblica —  Le  prepotenze  e  gli  amori 

degli  scolari.  —  Un  parere  sulle  fantesche —  Una  novella  di  Gio.  Boc- 
cacci. —  I  vizi  dei  professori.  —  Impiccato  per  un  piede.  —  Sodoma  e 
Gomorra»,  ecc.,  ecc.  Non  vi  pare  di  leggere  \a  Dicisione  degli  atti  nel  ma- 
nifesto di  un  dramma  da  arena  ? 

(1)  A  proposito  di  questo  insigne  giureconsulto,  il  G.  poteva  citare  accanto 
al  Mazzuchelli  (pag.  241)  le  recenti  pubblicazioni  di  documenti  fatte  da 
B.  Podestà  e  da  L.  Gaddi  nell'Arc/uoio  Giuridico,  III ,  347-55  ,  480-88  ; 
IV,  199-208;  XI,  84-92,  e  XXXVII,  fase.  IIMV. 

(2)  Wiederbelebung  ^  II,  484.  L'  Alciati  loda  Giasone  per  il  suo  stile  mi- 
gliore di  quello  dei  giuristi  suoi  predecessori  (p.  269),  ma  questo  merito  tutto 
superficiale  non  giustifica  il  giudizio  del  Gabotto,  nemmeno  in  piccola  parte. 


DlBLiOGRAFIA.  401 


I  fatti ,  che  abbiamo  esposto,  come  saggio  dei  molti  che  siamo 
venuti  notando  nella  penosa  lettura  del  volume,  mostrano  quale 
giudizio  si  debba  a  nostro  avviso  recare  su  questo.  Povero  nel 
contenuto,  sconnesso  nel  suo  organismo,  esso  serba  traccie  non 
dubbie  di  una  composizione  frettolosa  e  abborracciata  ,  condotta 
colla  preoccupazione  costante  di  ingrossarne  la  mole,  e  rivela 
neir  autore  grande  scarsità  di  coltura,  palliata  sotto  la  lustra  di 
citazioni  antiquate  o  inopportune,  e  deficienza  di  retto  senso  cri- 
tico, unite  ad  una  deplorevole  prosunzione.  Giudizio  severo  questo, 
ma  certo  pienamente  conforme  a  quella  che  a  noi  sembra  la  ve- 
rità, certo  più  utile  all'  Autore,  se  vorrà  approfittarne,  delle  lodi 
incondizionate  di  certa  critica  non  sappiamo  se  ignorante  o  troppo 
iccopdiscendente. 

Firenze,  marzo  del  '88. 


Vittorio  Rossi. 


A.  Mazzi.  Studi  Bergomensi.  —   Bergamo  ,    Pagnoncelli ,    1888  , 
in-16,  di  pag.  329. 

Il  signor  A,  Mazzi  raccoglieva  la  sua  attenzione  sopra  qualche 
punto  speciale  in  molte  monografìe  da  lui  pubblicate  in  varj 
tempi ,  e  che  hanno  un'  unità ,  il  trattar  tutte  di  cose  bergama- 
sche. Mano  mano  che  comparvero  ,  noi  ne  abbiamo  fatto  men- 
zione ,  ed  ora  le  rivediamo  per  dar  merito  a  lui  di  emende  ,  di 
aggiunte,  di  esplicazione. 

Questo  giovane  che ,  non  fermo  in  salute  e  scarco  di  ambi- 
zioni ,  vive  isolato  in  una  piccola  terra  dell'  industriosa  provincia 
di  Bergamo,  e  si  procaccia  i  libri  necessarj  a' suoi  scopi  speciali  ; 
ci  destò  interesse  dal  primo  lavoro  che  diede  fuori. 

Disegnava  le  strade  militari  antiche  della  sua  provincia,  deli- 
neando passo  passo  da  Pons  Aurelj-,  da  Leuearis  a  Bergamo,  la 
traccia  loro  tra  gli  anfratti  delle  valli  e  dei  monti ,  per  riuscire 
Arch.  Stor.  Lomh.  —  Anno  XV.  2ó 


402  niBLlOGRAFlA. 


ai  paesi  tedeschi  o  retici  ;  lavoro  degno  di  stare  fra  gli  odeporici 
del  Berger,  del  Dauville,  del  Mommsen,  del  Kiepert  (1). 

Sono  topografici  gli  studj  suoi  sul  Perelassi ,  sulle  Vicinie  di 
Bergamo,  sulla  guerra  di  Bedriaco,  e  ne  passo  altri. 

Ora  si  è  mosso  di  proposito  alle  origini  e  alle  costituzioni  dei 
Comuni  del  medioevo  ,  e  dì  preferenza  sui  bergamaschi ,  valen- 
dosi e  correggendo  la  collezione  del  Lupo ,  e  portando  docu- 
menti o  nuovi  0  non  bene  intesi ,  e  congetture  sui  tempi ,  sui 
luoghi,  sulle  persone,  con  acuta  saviezza. 

Sulle  origini  del  Consolato  pondera  il  Pergaminvs  di  Mosé  di 
Brolo,  e  già  al  principio  del  X  secolo  trova  una  libera  cittadinanza, 
che  ora  relutta  al  vescovo ,  or  lo  seconda  contro  i  feudatarj. 
Dalla  convocazione  accidentale  dei  cittadini  ,  dalle  elezioni  di 
consoli  temporanei  si  arriva  agli  stabili  ,  crescenti  di  importanza 
a  misura  degli  interessi  del  Comune  ,  e  dell'  aggregarsi  di  varie 
famiglie  e  di  Comuni  della  campagna.  Mosé  del  Brolo,  poeta  di 
quel  tempo,  loda  1'  accordo  che  regnava  tra  i  cittadini  : 

....  ligat  stabili  nodo  pax  aurea  cives 

Pace,  manct  punper,  pacis  quoque  federe  dives. 

Il  Mazzi  segue  esaminando  i  primi  atti  dei  consoli  bergamaschi, 
cominciando  dalle  donazioni  di  terre,  fatte  nel  1117  al  monastero 
di  Astino  ,  e  vi  trova  una  certa  indipendenza  dallo  pretensioni 
pontificie;  afferma  il  territorio  che  spettava  alla  città,  la  difesa 
di  questa,  i  suoi  borghi,  le  vicinie,  la  diocesi,  tutto  determinando 
colla  passione  sua  di  topografo,  non  meno  ecclesiastico  che  civile. 
Xe  segue  le  vicende  ;  cerca  i  borghi  franchi  del  contado,  dove 
merita  attenzione  la  nota  di  pag.   128  e  sul  Congresso  di  Pontida. 

Poco  a  poco  dal  Consolato  si  escludono  gli  ufficiali  vescovili  ; 
resta  fissato  il  modo  dell'  elezione  dei  Consoli ,  il  loro  numero 
e  la  durata.  Il  Mazzi  ebbe  la  pazienza  di  trovare  la  serie  dei 
primi  Consoli  ;   fatica  nella  quale  tanto  persistette  il  Wùstenfeld. 

(1)  Vedasi  anche  Ellis,  An  enquiris  auto  the  ancients  routes.  —  Ca 
bri.lcrc,  1867. 


lilMLlOGRAFIA.  403 

Tutto  ciò  concerne  specialmente  Bergamo,  ma  le  stesse  condi- 
zioni ricorrono  negli  altri  Comuni,  massime  lombardi;  oltreché  l'au- 
tore spesso   coglie  il  destro  per  trattare  o  accennare  di  varj  altri. 

Ci  badiamo  volentieri  su  questa  operetta  per  risciacquarci  la 
bocca  da  opuscoli,  e  anche  libri  di  erudizione  municipale,  non  solo 
mancanti  di  fermezza  d' idee  e  di  stile ,  ma  ignoranti  fin  degli 
elementi  della  paleografia,  della  corografia,  della  cronologia;  e 
questa  Ricisia  ha  il  torto  di  avere  inserito ,  lodato ,  incoraggiato 
1  avori,  che  la  critica  ripudia,  come  non  solo  inutili  ma  nocevoli. 

C. 


Secondo  registro  della  Curia  Arciceseocile  di  Genova ,  trascritto 
da  Luigi  Beretta  e  pubblicato  da  L.  T.  Belgrano.  —  Ge- 
nova, 1887,  pag.  540,  in-4. 

È  il  secondo  volume  di  una  pubblicazione  diligentemente  diretta 
dal  sig.  Belgrano,  contenente  le  carte  dell'arcivescovado  di  Ge- 
nova. Sono  memorie,  cartalce  ,  seripUones ,  Iqeationes ,  ed  altri 
interessi  dal  1175  al  1322;  ma  gli  eruditi  sanno  quante  volte 
possa  trarsi  lume  anche  da  carte  pagensi.  Questo  non  è  luogo 
da  ragionarne,  ma  sarebbe  desiderabile  che  altrettanto  si  facesse 
del  poco  che  rimane  nella  Curia  milanese. 

Il  Belgrano  vi  aggiunge  un  esatto  indice  cronologico ,  ed  uno 
tleile  cose,  delle  persone,  dei  luoghi;  dove  appajono  i  Consoli; 
inoltre  il  glossario  in  cui  sono  segnate  parole  dialettali,  come  topia, 
cultellus,  eribum,  parata,  potorium,  reguardum,  scapatus,  tenuta, 
tregenda,  ecc.  C. 


Aristotile  da  Bologna.    Documenti   inediti  e  pubblicati  a  cura  di 
Luca  Beltrami.  —  Milano,  1887. 

L'Aristotele  poco  era  citato  come  ingegnere  idraulico,  attribuen- 
ti'-i  a  torto  al  gran  Leonardo  i  tanti  lavori  di  canali,  di   navigli, 


404  BIBLIOGRAFIA. 


di  ponti  allora  finiti  ;  il  diligente  Promis  non  avea  trovato  docu- 
menti che  mostrassero  Aristotele  quale  ingegnere  militare  (Mi- 
scellanea  di  Storia  Italiana,  IV,  585);  ma  ora  il  sig.  Beltrami 
ne   reca  a  dovizia. 

È  pur  troppo  noto  come  una  quantità  di  documenti ,  mezzo 
secolo  fa,  fossero  sottratti  al  nostro  Archivio,  venduti  poi  al  mar- 
chese di  Beauregard  e  da  questo  alla  Biblioteca  di  Parigi. 

A  questi  ricorse  il  sig.  Beltrami ,  e  potè  crescere  la  messe 
che  già  avea  raccolta  dal  nostro  Archivio  di  Stato,  e  che  aveano 
radunata  il  Canetta,  il  Cerio,  il  Motta,  tanto  che  potè  rintegrar 
la  fama  di  questo  cosi  ingiustamente  dimenticato,  «  il  quale,  allor- 
quando Leonardo  era  ancor  fanciullo,  trasportava  e  raddrizzava 
torri,  rafforzava  ponti,  tracciava  canali,  costruiva  conche  e  so- 
stegni d'ogni  genere,  riparava  ròcche  e  castelli,  e  si  provava 
altresì  nelle  concezioni  architettoniche.  » 

Ma  insomma  questo  opuscolo  non  è  che  un  documento  per  la 
storia  della  vita  e  della  attività  del  Fioravanti.  E  percjiè  non  la 
darebbe  il  signor  Beltrami?  al  quale  assocerebbe  l'Aguzio  di 
Cremona,  il  Bertola  da  Nevate  ,  il  Della  Valle  ,  il  Missaglia  ed 
altri  ingegneri,  colpiti  da  quel  iedium  verum  domestieanim,  che 
pare  endemico  nel  nostro  paese.  Pazientissimo  ed  oculatissimo 
indagatore  dell'  antichità,  artista  egli  stesso  in  giovine  età,  il 
signor  Luca  Beltrami  sarebbe  attissimo  a  dar  compita  la  mono- 
grafia dell'  Aristotele. 

E  tali  monografie  son  troppo  necessarie,  non  tanto  per  emen- 
dare quanto  per  compiere  le  vite  del  Vasari ,  «  scritte  a  brani 
apologelici ,  nei  quali  ogni  punto  luminoso  richiede  l'  artifizio  di 
un'  ombra.  »  C. 


Manuale  della  Provincia  di  Como.  —  Como,  Ostinelli,  1888. 

Credo  sarà  sola  la  tipografia  Ostinelli  di  Como,  che  abbia  per 
51  anno  pubblicato  il  Manuale  della  sua  provincia,  che,  oltre  le 
notizie  statistiche  e  officiali ,  ha  1'  ornamento  dì  composizioni  ,  di 


BIBLIOGRAFIA.  405 


cui  alcune  sopravvissero  alla  curiosità  annuale.  Quest'anno,  oltre 
una  topografia  della  città  innovata,  ha  la  traduzione  del  poema 
Cumano ,  cioè  della  guerra  decenne  coi  Milanesi ,  finita  colla 
ruina  della  citià  (1127).  Buona  traduzione,  opportuna  prefazione, 
ma  a  chi  non  è  comasco  sarebbe  stato  necessario  indicarvi  che 
sia  l'Isola,  di  cui  tinto  vi  è  parlato  e  che  tanto  osteggiò  Como; 
e  ne  fu  ripagaia  colla  distruzione  del  1160  (1). 

Di  questo  rozzo  poema  scrive  il  Cantù  :  «  Sebbene  incolto  e 
«  ignorante  ,  pure  nel  leggere  il  Cumano  non  si  è  mai  scompa- 
«  guati  da  quel  diletto,  che  reca  il  modo  originale  di  chi  scrive 
«  casi  veduti,  e  che  invano  studiano  imitare  i  lontani.  E  noi,  usati 
«  a  pregiar  sempre  que'  libri,  che  rivelano  nell'autore  candidezza 
«.  d'  animo,  cortese  e  generoso  sentimento  ,  abitudine  di  benevoli 
«  pensieri,  non  potemmo  a  meno  di  stimar  anche  fra  la  sua  zo- 
«  tichezza  questo  poeta,  che  cantò  la  verità,  cantò  la  patria,  non 
*  come  la  ciurma  slombata  dei  verseggiatori ,  buoni  solo  ad  in- 
«  farcire  canore  inezie,  che  dopo  lette  non  ti  lasciano  se  non  il 
«  dispiacere  d'  aver  male  il  tuo  tempo  gettato  »  (2). 

Segue  una  viva  storia,  direi  topografica,  degli  ultimi  60  o  70 
anni ,  con  gran  lodi  al  conte  Gian  Pietro  Porro  e  ad  altri  ;  lodi 
<li  misura  tanto  più  lodevole  quanto  è  rara. 

Continui  la  ditta  Ostinelli  fin  a  compiere  il  secolo. 

X. 

(  1  )  M.    C.    DANT    ANNOS    L.  X    QUE    NOTANDOS 

INSULA    QUANDO    SUIT    MAGNA    PESTILENTIA    FUIT. 

Questa  iscrizione  si  legge  ancora  nella  chiesa  dell'  Isola  Comacina. 

(')  Come  tu  vedi  me,  vid' io  pugnando 

Cadérmi  a  lato  un  mio  fratello  estinto; 
Vid'  io  sugli  occhi  folgorarmi  un  brando 
Ancor  nel  sangue  di  mio  padre  tinto  ; 
E  suore  e  madre  (oggetto  miserando!) 
Fuggir  col  volto  di  terror  dipinto  ; 
E  in  furor  gavazzando,  il  reo  nemico 
Arder  e  Como  e  Coloniola  e  Vico. 

Cantù,  Algiso. 


406  BIBLIOGRAFIA. 


Sac.  Angelo  Berenzi.  Storia    dì  Ponteoieo.    —    Cremona;,  Ma- 
nini,  1888. 

Pontevico  non  è  paese  che  abbia  storia  propria  più  che  Ro- 
becco,  o  Grumone,  o  Verola;  ma  essendo  un  passaggio  dell'Oglio, 
confine  un  tempo  tra  Bresciano  e  Cremonese ,  tra  Lombardo  e 
Veneto,  fu  incontrato  in  tutte  le  vicende  fra  i  due  paesi.  Dagli 
avvenimenti  generali  trasse  dunque  il  signor  Berenzi  tutte  le 
volte  che  Pontevico  vien  nominato  ,  e  cosi  ne  formò  557  pagine 
di  racconti ,  che  interessano  gì'  indigeni ,  se  anche  nulla  aggiun- 
gono alla  storia  grande. 

Perché  gli  giovava,  accetta  le  asserzioni  del  Biemmi  e  dell'  0- 
dorici,  e  il  romanzo  dell'Ardizone.  Tanto  meno  si  ha  da  credere 
al  romanzo  del  Lancetti  (pag.  212). 

Certo  non  è  esatto  il  dire  che  peri  di  veleno  Barnabò  Visconti 
(pag.  203)  ;  né  bene  si  trasvolano  il  sottentrare  degli  Sforza  ai 
Visconti  e  il  perire  di  quelli. 

Qual  uomo  illustre  egli  ricorda  Lorenzo  Cornino  vescovo  Lamo- 
scuse ,  «  titolo  d'  onore  dato  ad  alcuni  vescovi  di  Mantova  ,  da 
Limoges.  » 

Questo  è  un  fatto  nuovo ,  e  ai  vescovi  suffraganei  si  danno 
titoli  in  partibus.  Questo  di  Lamosense  non  lo  trovo  nei  cata- 
loghi, e  forse  deve  leggersi  Lubacense  cioè  di  Neuporto,  Lubiana. 

Benché  affatto  conciso  nella  storia  moderna  e  contemporanea, 
saviamente  l'A.  accenna  la  trasformazione  del  castello,  le  vicende 
ecclesiastiche ,  gli  uomini  che  o  beneficarono  b  illustrarono  la 
borgata ,  quali  d.  Carlo  Angelini  e  i  fratelli  Filippo  e  Camillo 
Ugoni  ;  sempre  con  lodevole  semplicità  e  grande  amore  del  suo 
paese. 

X. 


I 


BIBLIOGRAFIA.  4UÌ 


L  «  Itinerarium  >  del  Petrarca.  Nota  del  corrispondente  Giacomo 
LuMBROso.  —  In  «  Atti  dell'Accademia  dei  Lincei  »,  di  Roma, 
voi.  IV,  fase.  8"  (1888),  pag.  390-403. 

Uno  scritto  del  Petrarca  che  fu  molto  trascurato  dai  suoi  bio- 
grafi è  V  Itinerario  Siriaco,  di  cui  ora  il  Lumbroso  ci  offre  una 
lezione  critica,  meravigliandosi  a  ragione  che  non  ne  faccia  pure 
parola  il  Gaspary  nel  primo  volume  in  gran  parte  petrarchesco 
della  sua  recente  Storia  della  letteratura  italiana. 

Diverso  il  giudizio  di  quest'  operetta  per  parte  degli  scrittori , 
che  il  Lumbroso  ci  presenta  l'un  dopo  l'altro,  a  cominciare  dal 
Tiraboschi  che  la  dice  libro,  che  alla  storia  e  alla  geografia  di 
que'  tempi  reca  non  poco  lume,  al  Tobler  che  la  trova  una 
delusione  ed  al  Koerting  (1878)  che  ne  parla  meglio  d'ogni  altro. 

Entrare  nel  merito  deìV Itinerario  non  è  a  noi  concesso  per  la 
natura  speciale  deW Archicio.  Altro  è  da  rilevare,  in  linea  storica 
lombarda,  e  lo  facciamo  colle  parole  medesime  del  Lumbroso  : 

«  L' Itinerario  fu  quel  che  si  chiama  uno  scritto  d' occasione. 
Un  nobile  milanese  affezionato  e  caro  al  Petrarca  avendo  riso- 
luto di  fare  con  altri  gentiluomini  il  viaggio  di  Terra  Santa ,  e 
sperato  fino  all'ultimo  di  attrarre  il  Petrarca  nella  comitiva,  poi 
veduto  che  per  molte  ragioni  e  soprattutto  per  quella  paura  del 
mare  bisognava  rinunziare  alla  carezzata  idea,  mentre  spuntava 
la  primavera  e  preparavasi  al  viaggio,  pregò  l'illustre  uomo  ed 
amico  di  stendergli  un  breve  ragguaglio  delle  cose  che  dovea 
vedere.  Il  tratto  fra  Milano  e  Genova  ove  s' imbarcava  gli  era 
noto  e  famigliarissimo,  ma  Genova  stessa  affatto  nuova.  Del  resto 
gli  proponeva,  forse  andandogli  à'  versi,  questo  triplice  programma, 
gli  accennasse  quanto  avrebbe  creduto  utile  all'anima,  alla  mente 
ed  al  cuore:  sorgendo,  come  si  vede  qui,  fin  da  ora,  accanto  al- 
l'ideale della  vita  cristiana  (salus  animae),  quello  della  vita  scien- 
tifica (notitia  rerum)  e  della  grandezza  storica  (memoria  exem- 
plorum).  Il  Petrarca  lieto  di  accompagnarlo  almeno  in  ispirilo , 
prestossi  con  grazia  a  servire  cosi  di  Baedeker  anche   in  luoghi 


408  BIBLIOGRAFIA. 


da  lui  non  mai  veduti,  ed  aiutato  lungo  la  costa  d'Italia  dalle 
proprie  memorie,  oltre  Italia  dai  viaggi  fatti  sui  libri  e  sugli 
atlanti,  ed  ovunque  dalla  molta  sua  erudizione  sacra  e  profana ,- 
in  tre  giorni  [iier  tu  tribus  forte  vix  mensibus,  hoe  ego  triduo 
consummaoi]  currente  calamo,  compi  questa  guida  breve  e  con- 
cisa, questa  letteruccia-itinerarietto  [literulas  qiiae  brevis  itinerarii 
loco  s'tnt],  com'egli  la  chiama.  »  I  pedanti  ne  hanno  fatto  in 
seguito  un  trattato  con  un  titolo  che  non  finisce  più.  [«  Fran- 
cisci  Petrarchac  v.  e.  Itinerarium  in  quo  ,  quicquid  per  Euro- 
pam  vel  Asiam  peregrinis  Hierosolymitanis  memorabile  occurrit, 
diligentissime  describitur,  »  Basilea,  1554]. 

Ma  chi  era  questo  nobile  milanese  a  cui  il  Petrarca  indirizzava 
il  suo  Itinerario? . ..  diversi  passi  del  libro  ce  lo  appalesano. 
«  Aveva  costui  ingegno  pronto  ed  aperto,  viva  curiosità,  una  certa 
coltura  classica  e  pratica  di  Virgilio,  quantunque  fosse  un  uomo 
d'arme,  e  non  un  erudito:  del  resto  di  una  religiosità  medioevale, 
cristiano  nell'  anima,  intento  a  meditare  prima  del  viaggio  e  ru- 
minare r  Evangelio.  Era  un  uomo  fatto,  non  vecchio,  avea  moglie 
e  figli.  Era  notissimo  ed  accarezzato  in  Milano.  »  I  manoscritti 
consultati  dal  Lumbroso  ne  danno  anche  il  nome.  La  lettera  del 
Petrarca  è  indirizzata  Egregio  militi  domino  Johanni  De  Mandello, 
che  non  può  essere  altri  che  quel  Giovanni  da  Mandello  che  fu 
capitano  generale  di  Milano  nel  1340,  pretore  di  Piacenza  nel  134G, 
governatore  di  Pavia  nel  1351 ,  eletto  ai  2  settembre  1352  in 
capitano  generale  in  Piemonte  contro  Savoia  e  Monferrato,  1354 
podestà  di  Bergamo  e  8  dicembre  1359  luogotenente  in  Milano 
per  Gian  Galeazzo  Visconti  [Muoni,  Famiglia  MandelUl^. 

Altre  notizie  biografiche  il  Lumbroso  non  aggiunge,  ma  fa  voti 
affinchè  nell'Archivio  di  Stato  Milanese  che  ha  dato  un  salva- 
condotto ducale  per  recarsi  a  S.  Giovanni  di  Gallizia  nel  1425  a 
favore  del  nobile  Raffaello  di  Mandello  [Motta,  G.  G.  Tricuhio 
in  Terra  Santa.  —  Areh.  Stor.  Lomb.,  1886,  pag.  866  e  seg.] 
si  scoprano  notizie  o  salvacondotti  della  petrarchesca  comitiva 
del  secolo  XIV.  I  quali  voti  pur  troppo ,  per  l'  estrema  sua  po- 
vertà di  carte  viscontee,  l'Archivio  di  Milano  non  potrà  forse  mai 
«esaudire,  osiamo  assicurarlo. 


lìlBLIOGRAFIA.  409 

Né  il  Lumbroso  tralascia  di  esaminare  i  diversi  passi  del- 
V Itinerario  onde  cavarne  possibilmente  dove  e  quando  fu  com- 
posto dal  Petrarca.  Risultato  di  tale  analisi  è  che  in  Milano  fu 
scritto  Y Itinerario  e  poco  prima  del  1363. 

Il  testo  che  si  riproduce  àeW Itinerario  6  ricavato  da  tre  ma- 
noscritti romani,  due  nella  Vaticana  ed  uno  nella  Chigiana,  il 
primo  membranaceo  del  secolo  XV  (?),  il  secondo  ed  il  terzo  car- 
tacei del  secolo  XIV.  Mentre  scorretto,  deforme  e  ripugnante  ad 
uno  studio  coscienzioso  era  fin  qui  V Itinerarium  nelle  edizioni  pur 
scorrette  e  deformi  che  abbiamo  delle  opere  latine  del  Petrarca. 

E.  M. 


DoTT.  Alfredo  Saviotti.  Pandolfo  Collenueeio  umanista  Pesarese 
del  secolo  XV.  Studi  e  ricerche.  —  Pisa,  Tip.  T.  Nistri,  1888, 
in-8  gr.,  pag.  300. 

In  questo  libro,  che  é  un  estratto  dagli  Annali  della  R.  Scuola 
Normale  superiore  di  Pisa,  l'A.  narra  le  vicende  e  studia  le  opere 
del  celebre  umanista  Pesarese  cui  Giovanni  Sforza,  l'antico  ma- 
rito di  Lucrezia  Borgia,  apprestò  nel  1504  la  morte. 

Una  recensione  di  questo  bel  lavoro  non  si  presta  per  VArehìcio 
Storico  Lombardo,  né  noi  intendiamo  ammannirla.  Ci  limitiamo  a 
dare  rilievo  a  quei  punti  della  vita  del  Collenueeio  che  hanno 
contatto  colla  storia  milanese.  E  per  la  storia  della  famiglia 
Sforza  occorrerà  anzitutto  avvertire  che  egli  cantò  le  nozze  di  Co- 
stanzo Sforza  con  Camilla  d'Aragona,  nel  1475  [cfr.  pag.  21  e  seg.] 
e  pianse  la  morte  di  Battista  Sforza,  la  primogenita  di  Alessandro, 
sposa  a  Federico  da  Montefeltro  [cfr.  pag.  18]. 

Dopo  essere  stato  ambasciatore  a  Roma  per  Costanzo  Sforza 
ed  a  Bologna  per  Lorenzo  de'  Medici ,  vien  creato  podestà  di 
Firenze ,  da  Innocenzo  VIII  fatto  cavaliere  aurato  e  da  Ercole  I 
di  Ferrara  consigliere  ducale.  Nel  1491  ambiva  ed  otteneva  la 
podesteria  di  Mantova  [cfr.  pag.  GO,  243-44,  262-65]. 


410  BIBLIOGRAFIA. 


Scrivendone  Pandolfo  ai  22  giugno  1491  a  Lorenzo  il  Magni- 
fico ,  afferma  che  quella  podesteria  era  «  la  più  libera  e  più 
fructuosa  de  Italia,  e  guadagnasi  in  uno  anno  400  ducati:  e  chi 
se  li  porta  bene  o  (ha  per  sua  sorte)  grafia  col  principe,  se  li  ra- 
ferma  due  o  tre  anni.  Hassi  qualche  difHcultà  in  obtenerla,  perchè 
ella  è  cosa  molto  domandata  e  la  piacevolezza  de  chi  l'ha  a  con- 
cedere r  ha  promessa  per  molti  anni  a  diversi  homini.  Nondimeno 
rompe  quando  li  pare.  » 

Ai  primi  anni  della  dimora  del  Collenuccio  in  Ferrara  appar- 
tiene quella  famosa  polemica  col  Leonice^o  che  aveva  sparlato  di 
Plinio,  accusandolo  di  avere  per  ignoranza  confuso  tra  loro  alcune 
piante  [cfr.  il  cap.  4°  pag.  62  e  seg.].  E  ne  venne  la  Defensio 
Pliniana  (1). 

La  sua  legazione  all'Imperatore  di  Germania  onde  ottenere  l'in- 
vestitura imperiale  per  il  duca  di  Modena  si  compi  nel  1493.  Era 
compagno  al  Collenuccio  Francesco  Ariosti,  e  la  prima  loro  let- 
tera è  datata  da  Bormio  15  novembre  1493  [cfr.  pag.  80  e  seg.]. 
Ma  oltre  allo  scopo  principale  dell'  ambasceria,  pare  avessero 
anche  quello  di  seguire  il  corteo  nuziale  che  dovea  condurre 
Bianca  Maria  Sforza  a  Massimiliano  I  e  di  darne  notizia  parti- 
colareggiata. Ed  alcuni  brani  riporta  pure  il  Saviotti  e  li  segna- 
liamo al  Calvi  per  un'eventuale  ristampa  del  suo  recente  lavoro 
intorno  a  Bianca  Maria  Sforza  (Milano ,  Vallardi ,  1888).  Ai 
16  marzo  1494  si  celebrarono  le  nozze  regali  e  Pandolfo  ne  dà 
accurate  novelle  :  parla  della  caccia ,  della  messa ,  degli  inter- 
venuti, del  pranzo,  con  altre  curiose  notizie:  «  El  Re  giugo  al  di 
qualche  poco  a  charte  cum  la  Regina;  e  similmente  la  sera  se 
ballò  alla  domestica....  La  Regina  a  desinare  tutto  quel  dì  tenne 
una  brettina  de  brocato  in  testa  sopra  li  capelli  non  troppo  lunghi 
acconci  in  guisa  d'homo,  che  parea  un  putto:  qui  è  tenuta  una 


(1)  Questa  polemica  diede  già  il  tema  di  un  precedente  opuscolo  del  Sa- 
viotti [«  Una  polemica  tra  due  umanisti  del  secolo  XV.  Saggio  di  uno 
studio  intorno  alla  vita  e  agli  scritti  di  Pandolfo  Collenuccio  da  Pesaro.  » 
Salerno,  Migliaccio,  1887,  pag.  20,  in-16]. 


BIBLIOGRAFIA.  411 


elegantia  e  galantaria  e  cosi  usano  tutte  le  Tedesche  quando  vo- 
gliono parere  più  leggiadre.  »  Fu  in  questa  occasione  che  il  Col- 
lenuccio  pronunciò  un  panegirico  latino  all'Imperatore  di  cui,  ben 
inteso,  esaltava  la  virtù  e  la  magnanimità  [efr.  pag.  84  e  seg.]. 

E.  M. 


Calvi  Felice.  Bianca  Maria  Sforza  Visconti,  regina  dei  romani, 
imperatrice  germanica,  e  gli  Ambasciatori  di  Lodovico  il 
Moro  alla  Corte  Cesarea,  secondo  nuovi  documenti.  —  Milano, 
Vallardi,  1888. 

«  . .  .  .  i  gusti  mutati,  serie  esigenze  ed  una  curiosità  che  può 
«  anche  parere  esagerata,  non  solo  di  sviscerare  ogni  singolo  fe- 
«  nomeno,  che  oramai  per  lo  studioso  palpita  della  vita  universale, 
«  di  conoscere  i  piccoli  fatti,  i  quali  convergendo  ad  uno  scopo 
«  unico,  concorrono  a  determinare  rivoluzioni  grandissime;  ma 
«  altresì  di  esaminare  coi  propri  occhi,  se  non  altro,  le  copie 
«  fedeli  dei  principali  documenti  che  suffolcano  le  narrazioni  degli 
«  istoriografi,  consigliano  gli  odierni  scrittori,  i  quali  hanno  rovi- 
«  stato  negli  archivi,  a  metterli  in  luce  nelle  loro  opere  di  storia, 
«  con  lo  stile  esalante  tuttavia  quel  certo  profumo  di  vetustà  au- 
«  tentica,  con  la  originale  ortografia  antiquata,  parlando  il  meno 
«  possibile  in  proprio  nome  ». 

Con  cotesti  criteri  ed  intendimenti  del  modernissimo  storico,  il 
eh.  A.,  valendosi  di  nuovi  documenti,  illustra  un  episodio  della 
sventata,  titubante  ed  ambidestra  politica  di  Lodovico  il  Moro,  e 
precisamente  illustra:  le  trattative  che  questi  fece  condurre  per 
ottenere  che  la  mano  di  sua  nipote  Bianca  Maria  fosse  accettata 
da  Massimiliano  I  di  Germania;  le  difficoltà  e  ritardi  frapposti 
dai  grandi  dell'impero,  anche  dopo  la  conclusione  favorevole  e  lo 
sposalizio  per  procura,  a  che  la  sposa  raggiungesse  l' imperatore  ; 
la  posizione  tentennante  dell'augusta  Bianca  Maria  ;  le  ambasciate 
e  gli  sforzi  coronati  da  successo  di  Erasmo  Brasca,  al  quale  lo 


412  IJiBLIOGRAFIA. 

Sforza  aveva  affidato  la  delicata  missione  di  confortar  di  cousigli 
la  principessa  e  ottenere  che  tandem  avvenisse  la  consumatione 
del  matrimonio. 

E  successivamente  nella  seconda  parte  l'A.  illustra  con  nuovi 
documenti,  tratti  per  la  maggior  parte  dall'Archivio  privato  dei 
conti  Taverna,  le  ulteriori  mene,  colle  quali  finalmente  il  Moro 
riusci  ad  ottener  dal  nipote  il  diploma  di  sovranità  sullo  stato  di 
Milano. 

La  narrazione  austera,  ma  pur  elegante,  dello  storico  incastona 
i  numerosi  documenti  inediti  dai  quali  per  io  appunto  esala,  come 
egli  erasi  prefisso,  un  certo  profumo  di  vetustà  autentica.  La  ge- 
niale e  bella  figura  di  Bianca  Maria  Sforza  appare  in  tutta  la 
sua  eleganza  e  venustà,  nella  fragranza  della  sua  giovanile  inno- 
cenza ed  inesperienza  capricciosetta. 

E,  come  ben  osserva  il  eh.  A.,  dalle  vetuste  carte  riappare 
in  piena  luce  la  vera  figura  della  gentile  lombarda,  che  concorda 
perfettamente  colla  descrizione  che  ne  aveva  dettato  il  Lomazzo 
e  colla  effigie  della  galleria  della  Biblioteca  Ambrosiana,  effigie 
che,  per  la  maestria  dell'arte  con  cui  era  stata  dipinta,  a  lungo 
fu  creduta  opera  del  Vinci. 

Anni  .sono  il  senatore  Morelli  (Lermolieff)  nel  suo  celebre  libro 
intorno  alle  opere  dei  maestri  italiani  nelle  gallerie  di  Monaco , 
Dresda  e  Berlino,  già  aveva  dimostrata  che  il  dipinto  dell'Am- 
brosiana non  dava  l' immagine  di  Beatrice  d' Este  moglie  di  Lo- 
dovico il  Moro  (1),  uè  era  opera  di  Leonardo,  ma  rappresentava 
il  viso  grazioso  della  nipote  del  Moro,  Bianca  Maria  Sforza,  ed 
era  lavoro  di  Ambrogio  De  Predis. 

A  questa  conclusione  egli  era  stato  condotto  non  solo  dalla 
circostanza  che  i  lineamenti  non  corrispondevano  a  quelli  notis- 
simi di  Beatrice  d'Este,  ma  dalla  esistenza  nella  galleria  di  Venezia 
di  un  antico  disegno   di  autore  lombardo,  contenente   uno  studio 


(1)  Veggasi  pure  a  questo  proposito,  lo  scritto  del  Courajod:  Copjeet%rcs 
à  propos  d'  un  buste  en  marbré  de  Béatrix  d'Este  au  Must'e  du  Lourrc, 
nella  «  Gazette  des  Beaux  Arts  »,  ottobre  1877. 


I 


BIBLIOGRAFIA.  413 


di  putto  da  un  disegno  del  Vinci,  uno  studio  di  ritratto  di  Massi- 
miliano di  Germania  ed  altro  di  ritratto  di  giovane  principessa  , 
che  nel  profilo  e  nelle  proporzioni  del  capo,  del  collo,  del  busto 
corrispondeva  al  dipinto  dell'Ambrosiana.  E  siccome  poi  il  De  Predis 
era  l'autore  del  ritratto  di  Massimiliano  della  collezione  Ambras 
di  Vienna  e  lo  stile  del  disegno  concordava  colla  sua  maniera , 
non  gli  era  rimasto  dubbio  che  il  ritratto  dell'Ambrosiana  bello 
si ,  ma  duro  nel  contorno  e  non  di  fare  leonardesco ,  fosse  del 
De  Predis. 

Ora  nei  documenti  inseriti  nel  libro  del  eh.  Calvi  è  ripetuta- 
mente fatto  cenno  di  un  pittore  che  Bianca  Maria  chiama  el  nostro 
Pinetore  e  che  era  nel  suo  seguito,  e  cosi  maggiormente  si  con- 
ferma che  furono  di  un  artista  solo  :  il  ritratto  di  Massimiliano 
della  galleria  Ambras,  il  disegno  di  Venezia  ed  il  ritratto  del- 
l'Ambrosiana. 

Giulio  Carotti. 


La  beneficenza  ed  i  benefattori  della  Congregazione  di  Carità  di 
Milano.  —  Milano,  Civelli,  1888. 

Un  capitolo  della  storia  di  Milano  sta  scritto  nella  recente 
pubblicazione  della  Congregazione  di  Carità. 

Questo  lavoro,  inteso  a  dar  larga  notizia  delle  varie  benefi- 
cenze amministrate  da  quell'Istituzione  e  del  loro  modo  di  fun- 
zionamento, ed  a  commemorare  i  benefattori  e  render  conto  dei 
loro  lasciti  nell'ultimo  decennio,  fu  però  condotto  con  tanta  dili- 
genza e  serietà  di  intenzioni  ed  arricchito  di  studi  e  dati  cotanto 
estesi ,  che  è  pur  riescito  opera  assai  importante  ed  utile  per  le 
discipline  statistiche,  per  quelle  filosofiche,  economiche  e  sociali 
e  per  le  discipline  storiche. 

Mentre  quindi  la  pubblicazione  ,  risulta  un  coscienzioso  rendi- 
conto ed  un  efficace  incentivo  alla  beneficenza,  ed  appare  anche 
uno  specchio  delle  principali  leggi   evolutive  di  quel  grande  fé- 


I 


414  BIBLIOGRAFIA. 


nomeno  sociale  che  è  la  beneficenza ,  d'  altro  lato  torna  altresì 
utilissima  per  gli  studi  storici  e  particolarmente  per  lo  studio 
della  storia  di  Milano. 

Molto  interessante  ed  informata  a  concetto  storico  é  special- 
mente la  parte  che  tratta  dei  Luoghi  Pii  Elemosinieri  di  Milano, 
oggi  concentrati  in  un'unica  e  grande   Opera  Pia. 

Le  origini  di  quei  Luoghi  Pii  sono  rintracciate  sin  nel  secolo 
decimoprimo  dell'  E.  V.  e  mano  mano  ne  é  studiato  e  concretato 
il  carattere  e  1'  organismo  che  variamente  ebbero  nel  succedersi 
dei  secoli,  successivamente  trasformandosi  e  sempre  storicamente 
riflettendo  l'ambiente,  il  periodo  di  tempo  che  attraversavano. 

Ed  a  titolo  di  cronaca  non  giovano  meno  le  molte  notizie  in- 
torno alle  altre  opere  pie  e  beneficenze  e  quelle  intorno  a  notevol 
numero  di  Testatori  e  Donatori,  la  qual  ultima  parte  è  assai 
desiderabile  il  veder  compiuta  e  data  alle  stampe,  come  ne  vien 
frìtta  promessa  in  quest'importante  pubblicazione. 

Giulio  Carotti. 


BOLLETTINO  DI  BIBLIOGRAFIA  STORICA  LOMBARDA 

(Marzo-Giugno  1888). 


Ademollo  A.  La  beli'  Adriana  ed  altre  virtuose  del  suo  tempo  alla 
Ck)rte  di  Mantova.—  Città  di  Castello,  S.  Lapi,  1888,  pag.  368, 
in-16. 

Agnelli  Giuseppe.  Precursori  ed  imitatori  del  Giorno  di  Giuseppe 
Parini.  —  Bologna,  Zanichelli,  1888,  in-16,  pag.  102. 

Almanacco  provinciale  comense  per  il  1888.  —  Como,  Ostinelli,  in-l<;. 
Contiene  :  «  Liber  Cumanus  ».  Versione  del  prof.  Angelo  Scalabrini  [pre- 
mette alla  sua  traduzione  un  cenno  sul  «  Libar  »  dell'Anonimo  Cumano  :  «  De 
Éello  mediolanensium  adversus  Comenses  ».  La  traduzione  è  posta  senza  testo 
a  fronte].  —  Como  veccliia  e  nuova.  Memorie  intomo  al  conte  Giampietro  Porro 
raccolte  dal  dott.  Francesco  Fossati.  —  Un  medico  acscovo  ,  di  P.  Frico 
(dott.  Federico  Piadeni)  [il  medico  vescovo  è  Paolo  Giovio  lo  storiografo, 
e  Frico  lo  studia  dall'  opera  :  «  De  roraanis  piscibus  »  ,  unico  libro  scritto 
dal  Giovio,  in  cui  versa  cognizioni  mediche]. 

[Ambrogio  (S.)].  Die  Kirchenrechtlichen  Anschauungen  des  heilg. 
Ambrosius,  Bischofs  von  Mailand,  und  seiner  Zeit.  —  In  Der  Ko- 
tholik,  febbraio,  marzo  e  aprile,  1888. 

Ambrosius  (S.),  episcopus  mediolanensis.  De  officiis  :  libri  tres.  Edidit 
sac.  Joannes  Tamiettius.  Augusta"  Taurinorum,  ex  off.  Salesiana, 
1888,  pag.  263,  in-16. 
Selecta  ex  christianis  scriptoribus  In  usum  scholarum,  N.  8. 


416  DIDLIOGRAFIA. 


Antona-Trayersi  C.  Versi  doUa  adolescenza  di  Ugo  Foscolo  ,  ora 
por  la  prima  volta  pubblicati.  —  Rocanati,  Tip.  di  Rinaldo  Sim- 
boli, 1888,  pag.  70,  in-8. 

Per  nozze  Tittoni-Antona  Traversi. 
—  Vedi  Foscolo. 

Archivio  storico  dell'arte.  —  Roma,  Pasqualucci ,  1888,  N.  3-5, 
marzo-maggio. 

N.  3  :  Venturi  A.  Gian  Cristoforo  Romano.  Con  ili.  [continua].  —  Da- 
oari  S.  Lo  stemma  di  Andrea  Mantegna.  —  C.  R.  Un  documento  su  Gio- 
vanni da  Brescia  (1257). 

N.  4:  Venturi.  Gian  Cristoforo  Romano  (cont.).  —  Rossi  A.  Nuovi  do- 
cumenti su  Bramante. 

N.  5  :  Venturi.  Gian  Cristoforo  Romano  [fine  di  questo  importante  lavoro 
sul  celebre  scultore  alle  Corti  di  Milano  e  di  Mantova].  —  Beltrami  Luca. 
Un  disegno  inedito  del  Palazzo  Marino  in  Milano  di  Galeazzo  Alessi  (con 
4  ili.)  —  Lusio  A.  Ancora  Leonardo  da  Vinci  e  Isabella  d'  Este  [nuovi  do- 
cumenti, con  una  lettera  29  aprile  1495  di  Cecilia  Bergamini-Visconti'].  — 
L.  A.  Giulio  Campagnolo,  fanciullo  prodigio  [alla  Corte  di  Mantova  nel  1497]. 
—  Miscellanea:  Acquisti  del  Museo  Poldi-Pezzoli  di  Milano. 

Archivio  storico  per  la  città  e  comuni  del  Circondario  di  Lodi. 
Anno  VII,  dispense  IV-VI.  —  Lodi,  Tip.  Quirico  e  Camagni,  1888. 

Sommario:  Continuazione  della  Storia  Diocesana  del  sac.  Giacomo  An- 
tonio Porro  [Geronimo  Federici  63°  Vescovo  di  Lodi].  —  Riccardi  Ales- 
sandro. Le  decime  del  vescovo  di  Lodi  nei  luoghi  e  territori  di  Mombrione 
e  Montemalo  oltre  Lambro  nel  basso  Lodigiano,  giusta  un  documento  inedito 
del  7  agosto  1266,  dell'Archivio  della  Mensa  Vescovile  di  Lodi.  —  Lo 
stesso.  Una  lettera  inedita  della  Repubblica  Ambrosiana  al  Generalissimo 
Conte  Francesco  Sforza,  durante  il  secondo  assedio  della  Fortezza  e  Borgo 
di  San  Colombano  nell'ottobre  1447.  —  Serie  cronologica  dei  podestà  di 
Lodi  provata  con  documenti  dalla  sua  fondazione  e  sino  al  giorno  d'  oggi. 
[Cont.  V.  N.  prec.  —  Dal  1622  al  1669].  —  Agnelli  Giovanni.  Il  beato 
Rainaldo  e  la  famiglia  Concoreggi  in  Lodi.  —  G.  A.  Quante  messe  si  cele- 
bravano in  Lodi  neir  anno  1788  [52414]. 

Armand  A.  Hermes  Flavius  de  Bonis  de  Padouc,  architecte  et  sculp- 
tour.  —  In  Chronlqtic  des  arts  di  Parigi,  22  ottobre,  18871 

E  medaglista  alla  corte  di  Mantova.  [Cfr.  in  proposito  l'articolo  di  Um- 
borto  Rossi  nella  Ricista  italiana  di  numismatica,  fase.  I,  1888]. 


nOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  417 


I 


Arneth  (von).  Maria  Therosla.  [Separat-Abdruck  aus  Allgemeine  Deut- 
scìie  Biographie].  —    Leipzig,  Dancker  und  Humblot ,  t888  ,  pa- 
gine 85,  in-8. 
Cfr,  altresì:    Wolf.  Xua  der  Zeit    der    Kaiserin    Maria  Thcresia    (Wien  , 
Hòlder,  1888,  in-8)  e  Due  de  Draglie.    Marle-Tliérèse   impératrice,  1744- 
1746.  Voi.  I  e  II  (Paris,  C.  Lévy,  1888,  pag.  454  e  419,  in-8). 

Arte  e  Storia.  Giornale  diretto  da  Guido  Carocci.  —  Firenze,  1888. 
Anno  VII. 

N.  7  :  Caffi  Michele.  I  Begni  da  Nembro.  —  Ferroni  ing.  Elia.  Appunti 
sulla  Basilica  di  S.  Giulia  di  Bonato. 

N.  9:  Frissoni  Gustxco.  L'  Archivio  storico  dell'  arte  e  gli  scultori  italiani 
della  rinascenza  del  dott.  G.  Bode  [appunti  a  proposito  di  L.  da  Vinci]. 

N.  11  :  Dacid  Dati  Pecci.  Il  Duomo  di  Milano.  —  Melarti  A.  A  pro- 
posito di  un  affresco  del  Moretto  a  Brescia.  —  Lo  stesso.  Giuseppe  Casa- 
nova (necrologia)  —  Notizie:  Cosio  (Sondrio).  Un  dipinto  da  salvarsi  [Un 
S.  Bartolomeo  attribuito  a  Paolo  Veronese ,  esistente  a  Piantano ,  frazione 
del  comune  di  Cosio,  in  una  chiesa  che  sta  per  cadere  in  rovina]. 

N.  14:  Fabriesy  C.  (de).  Nuovi  appunti  per  la  biografia  dello  scultore 
Giov.  Cristoforo  Romano.  —  Melarti  A.  Mantegna  a  Padova. 

Ascoli  G.  J.  Il  Codice  irlandese  dell'  Ambrosiana,  edito  ed  illu.strato. 
voi.  I ,  pag.  353-496,  voi.  II,  pag.  1-48,  in-8.  —  Torino,  Ermanno 
Locscher,  1888  [Archivio  glottologico  italiano]. 

Badinì  Gonfalonieri  Angelo.  Il  Conte  di  Carmagnola  precursore  di 
Cambronne.  In  La  Letteratura,  di  Torino,  N.  8,  1888; 

Nello  stesso  giornale  (N.  10,  1888)  e  dell'  A.  med.  :  Obbietto  del  Fiesco 
impiccato  in  effigie  [una  lettera  di  L.  il  Moro  al  commissario  di  Pavia  ,  7 
luglio  1494,  tolta  dall'  Archivio  civico  di  Pavia]. 

Baer  A.  Die  Beziehungen  Venedigs  zum    Kaiserreiche  in  der  .staufi- 
schen  Zeit.  I.  Venedig  und  Friedrich  Barbarossa.    —  Innsbruck, 
1887,  in-8. 
Principio  di  un  lavoro  più  vasto.  Per  i  trattati  pubblicati  dallo  Stumpf  si 
danno  rettifiche  a  pag.  8-9. 

Barbieri  (Luigi).  Crema  sacra.  —  Crema ,  Tip.  G.  Anselmi ,  1888  , 
pag.  81,  in-16,  [Biblioteca  storica  cremasca,  N.  3]. 

1.  Attraverso  i  secoli.  2.  Fra  tiare  e  prelati.  3.  Fra  templi  ed  arte.  4.  Ap- 
pendice :  Notizie  intorno  al  Santuario  di  S.  Maria  della  Croce  presso  Crema. 
Areh.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  27 


418  BIBLIOGRAFIA. 


Baye  (baron  de).  Croix  lombardes  trouvées  en  Italie.  —  In  Gasette 
ArcMologique,  N,  1-2,  1888. 

Baye  (I.  baron  de),  Études  archéologiques.  Epoque  des  invasions 
barbares.  Industrie  longobarde.  —  Paris,  librairie  Nilsson,  1888, 
in-4,  pag.  144,  con  16  tavole  e  16  fig.  nel  testo. 

Belgrano  L.  T.  La  presa  di  Genova  per  gli  Sforzeschi  nel  1464.  — 
In  Giornale  Ligustico,  anno  XV,  fase.  III-IV,  marzo-aprile,  1888. 
In  appoggio  air  articolo  edito  dal  Beltrami  in  quest'  Arehioio.   (Le   bom- 
barde milanesi  a  Genova,  IV,  1887). 

Beltrami  arch.  Luca.  Aristotele  da  Bologna  al   servizio    del  duca  di 
Milano  MCCCCLVIII-MCCCCLXIV.  Documenti  inediti.  —  Milano, 
A.  Colombo  e  A.  Cardani  Tip.,  1888,  pag.  38,  in-8. 
Nell'ottavo  Centenario  dell'Università  di  Bologna.  —  Cfr.  la  Bibliografla. 

Benvenuti  Sforza  F.  Dizionario  biografico  cremasco.  Fase.  I-III.  — 
Crema,  C.  Cazzamalli,  1888,  in-8,  pag.  1-176  [da  Albanesi  Cristo- 
foro a  Guinzoni,  famiglia]. 

Beliamo.  Vedi  Arte  e  Storia,  Bergerat,  Bollettino,  Donisetti,  Finsi, 
Massi,  Munaron,  Rossi,  Tasso,  Zerbini. 

Bergerat  E.  La  nuit  bergamasque,  tragi-comédie  en  trois  actes.  — 
Paris,  Lemerre,  in-18,  pag.  106. 

Bertani  sac.  Felice.  S.  Carlo,  la  bolla  coenae,  la  giurisdizione  eccle- 
siastica in  Lombardia,  ossia  considerazioni  storiche-critiche-cano- 
niche  sopra  documenti  di  stato  austriaci,  riguardanti  conflitti  fra 
Stato  e  Chiesa  pubblicati  da  S.  E.  Stanislao  Mancini.  —  Milano, 
Tip.  Stefano  Ghezzi,  1888,  in-8,  pag.  XVI-366. 

Bertanza  Enrico.  Giasone  del  Maino  e  1'  Università  di  Padova.  — 
In  Rivista  storica  italiana,  di  Torino,  fase.  I,  1888,  pag.  193-197. 

Bertolotti  A.  Curiosità  storiche  Mantovane.  —  Nel  Mendico,  di  Man- 
tova, 1888. 
N.  7:  Duello  in  Mantova  alla  presenza  del  march.  Federico  Gonzaga  (1519). 
N.  9:  Distruzione  delle  bestie  feroci  in  Lombardia  (1815). 
N.  10:  Un  gran  serpente  nei  dintorni  di  Curtatone  (1525). 
N.  11:  Duelli  di  Spagnoli  in  Mantova  (1526). 
N.  12:  Un  duello  letterario  tra  un  Veronese  ed  un  Bresciano  (1523). 


I 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  419 

Bertolotti  A.  Varietà  archivistiche  e  bibliografiche    [dall'  Archivio  di 
Stato  mantovano].  —  In  Bibliofilo,  di  Bologna,   N.  2-5,  febbraio- 
maggio,  1888. 
N.  2-3  :  Ricerca  di  un  Plauto  prezioso  in  Francia  [per  la  Corte   di    Man- 

tov£i,  nel  1504].  —  Vite  stampate  della  Venerabile  Osana  Andreasi  (1505-1507). 

—  Un  libro  di  veterinaria  prezioso  (1507).  —  11  marchese  di  Mantova  si 
provvede  della  traduzione  delle  Metamorfosi  e  del  Filocolo  (1508).  —  Il 
ms.  originale  della  Storia  del  Regno  di  Napoli  di  Pandolfo  Collenuccio  (1510). 

—  Libri  per  la  cappella  musicale  della  Corte  Mantovana  (1511). 

N.  4  :  Un  bellissimo  breviario  regalato  dal  Duca  di  Ferrara  a  sua  sorella 
marchesa  di  Mantova  (1501).  —  Una  vita  di  S.  Cecilia  (1505).  —  Necrologie 
di  una  cagnuola  marchionale  (1511-12).  —  Risposta  del  marchese  di  Man- 
tova a  Lodovico  Ariosto  (1512). 

N.  5  :  La  marchesa  di  Mantova  ricerca  un  libro  ebraico  (1512)  —  Apu- 
leio tradotto  in  italiano  dal  Boiardo  (1512)  —  II  Carcere  d'amore  [I>a 
marchesa  di  Mantova  ne  fa  richiesta  nel  1514  da  Milano  ove  si  trovava 
nel  luglio]  —  Un'  operetta  di  Filostrato  fatta  tradurre  dalla  marchesa  di 
Mantova  (1515)  —  Un  libro  intorno  all'origine  dei  Turchi  (1521)  —  Una 
Bibbia  istoriata  (1521)  —  Ricerca  di  disegni,  figuranti  città  (1523)  —  Un 
duello  letterario  in  Mantova  [nel  1523  —  Curiosità  anche  edita  nel  Mendico, 
di  Mantova,  n.  12]. 

Bertolotti  A.  Prigioni  e  prigionieri  in  Mantova  dal  secolo  XIII  al 
XIX.  —  In  Rivista  delle  discipline  carcerarie,  di  Roma,  N.  1-2, 1888. 

Blind  Karl.  Lùcken  in  Garibaldi  's  Denkwurdigkeiten.  —  In  Dos  Ma- 
gasiti  far  die  Literatur  des  In  und  Auslandes,  di  Dresda,  N.  15, 
16  e  17,  1888. 
Agg.  Kuns  Isolde.  Aus  Garibaldi  's  Memoiren,  nella  Gartenlaube,  N.  2,  1888. 

Bocchi  dottor  Francesco.  Delle  vicende  e  della  natura  del  Po.  — 
Adria,  Tip.  Guarnieri,  1888. 

Boldoni  Sigismondo.  —  Vedi  Pélissier. 

Bollettino  annuale  dei  doni  ed  acquisii  (Biblioteca  civica  di  Bergamo). 
Anno  IX  (1887).  —  Bergamo,  Stab.-tip.  Cattaneo,  1888,  in-8  , 
pag.  46. 

Bollettino  storico  della  Svizzera  Italiana.  Anno  X,  1888.   —  Bellin- 
zona,  C.  Colombi. 
N.  3-4,  marzo-aprile:  di  Liebenau.  dott.   T.  I  Sax  Signori  e  Conti  di  Me- 
socco  (continua).  —  In  memoria  del   padre  Gian    Alfonso    Oldelli    (fine).  — 


420  BIBLIOGRAFIA. 


Notizie  intorno  a  frate  Giovanni  Fraschina,  Arcivescovo  di  Corinto.  —  Cu- 
riosità di  storia  italiana  tratte  dagli  Archivi  Milanesi  :  Incendio  nelle  bot- 
teghe di  eia  Frisari  in  Milano  (1480)  —  Abbellimenti  al  muro  di  cinta 
dell'Ospedale  maggiore  di  Milano  (1486).  —  I  documenti  svizzeri  del  periodo 
Visconteo  nell'Archivio  di  Stato  di  Milano  (cont.).  —  Tariffe  mediche  nel 
secolo  passato.  —  Le  tipografìe  del  Canton  Ticino  dal  1800  al  1859  [let- 
tera P].  —  Gli  Statuti  di  Brissago  (1289-1335)  con  aggiunte  posteriori  fino 
al  1470.  Con  tav.  fotolitogr.  —  "Varietà:  Un  carbonaio  di  Minusio  morto  a 
Milano.  —  Un  Vanzini,  mastro  da  muro  in  Milano  nel  1480.  —  Il  più  an- 
tico prevosto  di  Biasca.  —  Scandali  di  frati  a  Locamo.  —  Cronaca  e  bi- 
bliografia, 

Borromeo  (S.  Carlo).  Vedi  Bertani,  Stancovich. 

Brassier  P.  Pélerinage  à  Rome,  Assise,  Loretto,  Venise,  Milan,  otc. 
—  Rennes,  impr.  Oberthùr,  1888,  pag.  VIII-170,  in-16,  piccolo. 

Brescia.  Vedi  Arch.  Storico  dell'Arte,  Heiss,  Rosa. 

Caftì  M.  Dalle  carte  del  Monastero  Maggiore  [di  Milano].  —  In  Bi- 
bliofilo, di  Bologna,  N.  2-3,  febbraio-marzo  1888. 

Un  documento  del  1332  «  comprovante  le  irregolarità  che  al'ora  avveni- 
vano nella  disciplina  monastica.  » 

Caffì  Michele.  Necrologie  Milanesi  :  Don  Giovanni  Leoni ,  Giuseppe 
Mongeri.  —  In  Bibliofilo,  N.  2-3,  febbraio-marzo  1888. 

Caffi  Michele.  L'Arcadia  in  Roma.  Nel  Bibliofilo,  di  Bologna,  N,  4, 
aprile  1888. 

Pubblica  l'invito  dell'Arcadia  al  poeta  lodigiano  Francesco  Lemene,  perchè 
le  invii  certe  promesse  canzoni. 

—  Vedi  Arte  e  Storia. 

Cagnat  R.  Note  sur  une  plaque  de  bronze  dócouverte  à  Crémonc.  — 
In  Réoue  Archélogique,  tome  XI,  gennaio-febbraio  1888. 

A  proposito  dell'articolo  Bernabei  nelle  a  Notizie  degli  Scavi  dei  Lincei. 
[Cfr.  :  Arch.  Storico  Lombardo,  1887,  pag.  883]. 

Calvi  Felice.  Società  Storica  Lombarda  [Relazione  sui  lavori  pubbli- 
cati negli  anni  1886-1887].    —   In  Ballettino  dell'  Istituto  Storico 
Italiano,  N.  4,  1888,  pag.  23-28. 
Cenni   intorno   al  N.  4    del   suddetto   Bullettino  in   «  Conversazioni    della 

Domenica»,  di  Milano.  N.  20,  13  maggio  1888. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  421 


Calvi  Felice.  Bianca  Maria  Sforza-Visconti ,  regina  dei  Romani ,  im- 
peratrice germanica,  e  gli  ambasciatori  di  Lodovico  il  Moro  alla 
Corte  Cesarea,  secondo  nuovi  documenti.  —  Milano,  Antonio  Val- 
lardi ,  editore,  1888,  pag.  180,  in-8,  con  ritratto  in  fotografia. 

Calvi  sac.  F.  Nozioni  generali  di  storia  sulla  Lomellina  e  su  Mede  : 
dialogo  fra  lui  ed  uno  studente  parrocchiano.  —  Mortara,  Tipo- 
grafia Cortellezzi,  1888,  in-16,  pag.  90. 

Campagnes  des  Frangais  en  Italie,  en  Egypte,  en  Hollande,  en  Alle- 
magne,  en  Prusse,  en  Pologne,  en  Espagne,  en  Russie,  en  Saxc. 
Histoire  complète  des  guerres  de  la  France  pendant  la  Revolu- 
tion et  l'Empire,  de  1792  à  1815.  —  Limoges,  E.  Ardant  &  C, 
1887,  pag.  239,  in-8  gr. 
Aggiungi:    Les    batailles    célèbres    de   l' armée   frangaise    (1796  à  1815), 

écrites  à  Sainte-Hélène  sous  la  dictée  de  1'  empereur.  Nouvelle  édition  révue 

—  Limoges,  Ardant,  1887,  pag.  352,  in  fol.  piccolo. 

Campori  Gius,  e  Angelo  Solerti.  Luigi,  Lucrezia  e  Leonora  d'Este  : 
studi.  —   Torino,  Ermanno  Loescher,  edit,  1888,  in-8,  pag.  211. 
11  romanzo  degli  amori  di  Leonora  d'  Este  pel  Tasso  rovina  sotto  i  colpi 
della  critica  del  Solerti. 

Carignani  Giuseppe,  Le   truppe    napoletane    durante    la    guerra   dei 
trent' anni.  —  In  Rassegna  NaHonale,  di  Firenze,  16  marzo  1888. 
Con  alcuni  particolari  per  la  Lombardia, 

Carmagnola.  Vedi  Badini-Confalonieri. 

Carnevali  avv.  Luigi.  Una  pagina  della  storia  del  diritto  penale. 
La  tortura  a  Mantova.  Estratto  dagli  Atti  della  R.  Accademia 
Virgiliana.  —  Mantova,  Mondovi,  1888,  pag.  13,  in-8. 

Carta    F.    Un    Codice    sconosciuto    dei    libri    De    remediis    utriusque 
fortunae,  di  Francesco  Petrarca.   —  In  Rioista  delle  Biblioteche, 
di  Firenze,  N.  3-4,  marzo-aprile  1888, 
Codice  della  Braidense  in  Milano. 

Catalogo  degli  oggetti  esposti   nel   Padiglione   del    Risorgimento  Ita- 
liano. Parte  II  :  Oggetti.  —  Milano,  Fratelli  Dumolard,  1888,  in-8 
gr.,  pag.  333,  con  19  ritratti. 
Con   prefazione   del   colonnello    E.  Guastalla  :  :<  Il  Risorgimento    Italiano 

alla  Esposizione  generale  italiana  in  Torino.  » 


422  BIBLIOGRAFIA. 


Catalogo  della  ricca  collezione  di  libri  rari  e  preziosi  appartenuti  alla 
nobil  Casa  Bottigella  di  Pavia.  Sette  vendite  per  pubblica  auzione 
nei  giorni  12-19  maggio  1888.  —  Roma,  Dario  Giuseppe  Rossi, 
1888,  pag.  175,  in-16  [N.  35  dei  Cataloghi  Rossi]. 

Cattaneo  Carlo.  Opere  edite  ed  inedite,  raccolte  da  A.  Bertani.  Vo- 
lume V.  [Economia  politica,  voi.  II].  —  Firenze,  successori 
Lemonnier,  1888,  in-16,  pag.  395. 

Cavalcasene  G.  B.  e  J.  A.  Crowe.  Storia  della  pittura  in  Italia 
dal  secolo  II  al  secolo  XVI.  Volume  IV  [I  pittori  contempo- 
ranei ai  Fiorentini  ed  ai  Senesi  del  secolo  XIV,  e  prima  parte 
del  secolo  successivo  nelle  altre  provincie  d'  Italia].  —  Firenze , 
Le  Mounier,  1888,  in-8. 

Cfr.  Il  Gap.   8°  «  Pittori   lombardi  e  piemontesi    del   secolo  XIV  e  parte 
del  successivo.  » 

Chiappelli  avv.  Luigi.    Lo  Studio    bolognese   nelle  sue  origini  e  nei 
suoi  rapporti    colla   scienza  pre-Irneriana.    Ricerche.  —  Pistoia , 
fratelli  Bracali,  1888,  in-8  gr. 
Cfr.  nella  parte  II  al  cap.  II,  pag.  130-143  l'esame  dei  rapporti  fra  l'an- 
tico Studio  di  Pavia  e  quello  di  Bologna ,  esame  importantissimo ,  e  finora 
oggetto  di  scarsi  studi  speciali. 

[Como].  Ricordo  pio  di  mons.  Pietro  Carsana,  vescovo  di  Como,  pre- 
lato domestico  di  S.  Santità,  assistente  al  soglio  pontificio,  conte 
romano,  alla  romana  sede  sommamente  devoto ,  morto  da  santo 
il  31  dicembre  1887  nell'  età  di  anni  73.  —  Como  ,  Tip,  Caval- 
ieri e  Bazzi ,  1888,  pag.  51,  in-4. 

Como  e  Valtellina.  Vedi  Almanacco,  Frilhlingstage,  Legnassi,  Mayer, 
Motta,  Pélissier,  Periodico,  Plinio,  Relazione,  Treces. 

Conforti  E.  Giason  del  Maino  e  gli  scandali  universitari  nel  quattro- 
cento. —  In  Conoersasioni  della  Domenica,  N.  11,  11  marzo  1888. 
Rassegna  favorevole  del  libro  del  Gabotto. 

Costantino  (fra)  da  Valcamonica.    I    martiri    francescani    della   più 
stretta  osservanza,  nati  in  Lombardia.    —    Brescia ,   Tip.    Queri- 
niana,  1888,  in-8,  pag.  20. 
Segue  in  appendice  :  «  I  pittori  lombardi  dell'Ordine  de'  Monaci  riformati.  » 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  423 

Cotronei  Bruno.  Il  Rinaldo  del  Tasso  ed  il  Pastor  Fido  del  Guarini. 

—  In  Giornale  Storico  della  Letteratura   Italiana,    fase.    31-32 
(1888). 

Crema.  Vedi  Barbieri,  Benoenuti ,   Viola. 

Cremona.  Vedi  Cagnat,  Lucchini,  Motta,  Nooati. 

Davari  Stefano.  I  palazzi  dell'  antico  comune  di  Mantova  e  gli  in- 
cendi da  essi  subiti.  Estr.  dagli  Atti  della  R.  Accademia  Virgi- 
liana. —  Mantova,  Stab.  tip.-lit.  Mondovi,  1888,  in-8,  pag.  23. 

De  Donato  Giannini  (Pietro).  Curiosità  Manzoniane.    Spigolature  di 
Andrea  Gabrieli.  — In  Rassegna  Pugliese,  di  Trani,  N.  10,  1888. 
Rassegna,  con  alcuni  appunti,  del  libro  del  Gabrieli. 

De  Gubernatis  (A.).  Dictionnaire  International  des  écrivains  du  jour. 
Première  livraison  :  A-Bab  ;  Deuxième  livraison  :  Bab-Bkc,  gr.  S.** 

—  Florence,  Louis  Niccolai,  1888, 

Notizie  nel  1°  fascicolo  per  Adamoli  Giulio,  Albertario  don  Davide,  Al- 
bini-Bisi  Sofia,  Albini-Crosta  Maddalena,  Albini  Giuseppe,  Allievi  Antonio, 
AUocchio  Stefano ,  Amati  Amato ,  Ambiveri  Luigi ,  Ambrosoli  Solone , 
Andres  Angelo ,  Anelli  abate  Luigi ,  Antona-Traversi  Camillo ,  Archinti 
Luigi,  Ardigò  Roberto,  Amaboldi  Alessandro,  Arrighi  Cletto,  Ascoli  Gra- 
ziadio. 

Nel  2°  fascicolo  per  Bagatta  Gerolamo ,  Baragiola  Aristide ,  Baravalle 
Carlo,  Barbiera  Raffaello,  Barbieri  Luigi ,  Barbieri  Ulisse ,  Barbini  Carlo , 
Barelli  Vincenzo,  Bargoni  Angelo,  Basseggio  Giorgio,  Bassini  Edoardo,  Bat- 
tezzati Natale. 

Del  Cerro  Emilio.  Epistolario ,  compreso  quello  amoroso ,  di  Ugo 
Foscolo  e  di  Quirina  Mocenni-Magiotti ,  riprodotto  dagli  auto- 
grafi esistenti  nella  R.  Biblioteca  Nazionale   Centrale  di   Firenze. 

—  Firenze,  Adriano    Salani,    editore,  1888,  in-16,  pag.   VIII-350 
con  ritratto. 

Demole  Eugène.  Monnaies  inédites  d' Italie  figurées  dans  le  livre 
d'essai  de  la  monnaie  de  Zurich.  Estr.  de  la  Reoue  belge  de  nu- 
mismatique ^  a.nnée  1888.  —  Bruxelles,  Fr.  Gobbaerts,  1888,  pag.  25, 
in-8  gr.  con  4  tavole. 

A  pag.  9  monete  di  Maccagno;  a  pag.  15  di  Bozzolo;  a  pag.  19  di  Pom- 
ponesco. 


424  BIBLIOGRAFIA. 


De  Renaldis  G.  Memorie  storiche  dei  tre  ultimi  secoli  del  patriar- 
cato d'  Aquileja,  pubblicate  da  G.  Groppiere.  —  Udine,  P.  Gam- 
bierasi ,  1888,  pag.  605,  in-8. 

Aggiungi  :    Degani   Ernesto  :    «  Le    decime    nell'  antico    principato    della 
chiesa  d'Aquileia  ».  —  S.  Vito,  Polo  e  C  ,  1888,  pag.  30,  in-8. 

Donaver  F.  Uomini  e  libri.  — Genova,  Tip.  Sordo-Muti,  1888,  in-8. 
Cfr.  :  6°  Foscoliana. 

[Donizetti].    Checchi    Eugenio.   8    aprile    1848.   Gaetano  Donizetti  — 
Gabrielli  A.  :  Due  lettere  di  Donizetti  —  Dott.  Ricchetti  :  La  ma- 
lattia di  Donizetti.  —  In  Fanfulla  della  Domenica,  N.  15  e  16, 
8  e  15  aprile  1888. 
4  lettere  inedite  del  Donizetti  degli  anni  1835,  1839  e  1845. 

Drachmann  A.  B.  Guderne  has  Vergil.  Bidrag  til  belysning  af  Ae- 
neidens  Komposition.  —  Kiòbenhavn,  1887,  in-8. 

Del  medesimo  Autore  :  «  Catuls  Digfcning  belyst  i  forhold  til  den  tidligere 
graeske  og  latinske  litteratur  [Ivi,  1887,  8'']. 

DrufFel  (Aug.  von).  Monumenta  Tridentina.  Bcitràge  zur  Geschichte 
des  Concils  von  Trient.  Heft  III,  Januar-Fcbruar  1546.  —  Miin- 
chen ,  Akademie  der  Wissenschaften  ,  1 887  ,  in-4  ,  da  pag.  267  a 
pag.  400. 

[Duomo  di  Milano].  Zùr  Geschichte  des  Mailànder  Domes,  —  In 
Centralblatt  der   Bauvcrnaltung,  di  Berlino,  N.  15  a,  16  (1888). 

[Duomo  di  Milano].  Milan  Cathedral  flying  buttresses.  —  In  Building 
Neics  and  Engineering  Journal,  N.  1734,  marzo  30,  1888. 

Eugen  Beauharnais  und  das  Kònigreich  Italien.  —  In  Zeitschrift  fiir 
Geschichte  und  PoZt^t/c  dello  Zwiedcneck-Sudcnhorst,  fase.  3  (1888), 

Fabriczy  (de)  C.    Nouvoaux   renseignemcnts    sur    Giovan    Cristoforo 
Romano.  —  In  Courrier  de  Vari,  di  Parigi,  N.  15,  13  aprile  1888. 
—  Vedi  Arte  e  Storia. 

Favaro  prof.  Antonio.  Bonaventura  Cavalieri  nello  studio  di  Bologna, 
-  In  Aiti  e  Memorie  della  R.   Deputasione  di    Storia  patria    delle 
Romagne,  III  serie,  fase.  1-2,  1888, 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  425 

Feldzùge  des  Prinzen  Eugen  von  Savoyen.  Herausgegeben  von  der 
Abtheilung  fiir  Kriegsgeschichte  des  k.  k.  Kriegs-Archivs.  Band  12: 
Spanischer  Successionskrieg.  Feldzug  1710.  Nach  den  Feld-Acten 
und  anderen  authentischen  Quellen  bearbeitet  von  Karl  von  Hip- 
ssich.  —  Band  13:  Feldzug  1711.  Bearbeitet  von  Friedrich  Miihl- 
werth-Gàrtner.  —  Wien,  Gerold's  Sohn,  1887,  in-8  grande,  pa- 
gine XVIII-63 1-467  e  pag.  IX-550-168. 

Filangeri.  Un  duello  in  Mantova  al  principiare  del  XIV  secolo.  — 
Nel  giornale  Cappa  e  spada,  di  Firenze,  N.  4  (1888). 

Pinzi  Giuseppe.  Saggi  dant^chi.  —  Torino,  Ermanno  Loescher,  1888. 
Cfr.  5.  Virgilio  nella  Comedia:  6.  La  favella  di  Beatrice  secondo  la   vera 
interpretazione  di  Guiniforte  delli  Bargigi  (Bar sissa). 

Fiorini.  Opere  pie  della  Lombardia.  —  In  Raszegna  di  scienze  sociali 
e  politiche,  di  Firenze,  1°  marzo  1888. 

Fligier.    Ueber    die    alten  Vólker    Ober-Italiens.   —    In    Archic  fiir 
Anthropologie,  voi.  XVII,  fase.  3  (1887). 
Aggiungi  :    Baule  Marcelin.    Essai    de    paleontologie    stratigraphique    de 
riiomme  :  III  Alpes.  —  In  Reeue  d'' anthropologie^  di  Parigi,  N.  3,  15  mag- 
gio 1888  e  seg. 

Foscolo  Ugo.  Lettere  non  più  stampate  di  Ugo  Foscolo.    —  Roma , 
Tip.  eredi  Vercellini,  1888,  in-8,  pag.  24. 
Edite  da  Domenico  Bianchini  per  nozze  Nunziante-Spinelli.    Edizione   di 
50  copie.  —  Sono  5  lettere  degli  anni  1814-1817,  una  a  Carlo  Porta,  una  a 
G.  Pinoli,  una  a  Giuseppe  Bottelli,  due  a  lord  Kolland. 

[Foscolo].  Due  lettere  inedite   a   Carolina  Russel.  —  Bologna,  Zani- 
chelli, 1888,  in-8,  pag.  30. 
Pubblicate  da  G.  Chiarini  per  nozze  Cerruti-Cerboni. 

[Foscolo].  Antona-Tra versi  C.  Una  lettera  inedita  di  Ugo  Foscolo  , 
del  1799  [in  Fan/alla  della  Domenica,  N.  18,  29  aprile  1888].  — 
Altra  inedita,  del  1824  [in  Conversazioni  della  Domenica,  N.  15, 
8  aprile  1888].  —  Altra  inedita,  s.  data  [in  Rivista  Contempo- 
ranea, marzo  1888]. 

Foscolo.  Vedi  Antona-Traversi,  Del  Cerro,  Donaeer,  Lusignoli. 

Frùhlingstage  an  den  Lombardischen  Seen.  Nella  Beilage  deWAll- 
gemeine  Zeitung,  di  Monaco,  N.  108,  114  b,  129  e  135. 


426  BIBLIOGRAFIA. 


Gabotto  F.  Nuovi  documenti  e  notizie  su  Giason  del  Maino.  —  In  La 
Letteratura,  di  Torino,  N.  8,  9,  10,  15  aprile  —  15  maggio  1888. 

Gambara  conte  Francesco.  I    promessi    sposi.    Dramma   in    5    atti. 
Quarta  edizione.  —  Milano,  Carlo  Barbini,  1888,  pag.  05. 
Biblioteca  ebdomadaria  teatrale,  fase.  61°. 

Gaspary   Adolf.    Die    Italienischc    Literatur    in    der  Renaissancezeit. 
[Gesehichte  der  Italienischcn  Literatur  Bd.  II].  —  Berlin,  Oppen- 
heim, 1888,  gr.  8,  pag.  VIII-704. 
Cfr.  i  capitoli  :  «  Gli  umanisti   del  secolo  XV  »  ,  «  Castiglione  »  ,  «  Pietro 

Aretino  »,  ecc.  ^ 

Gaudenzi  A.  Le  vicende  del  mundio  nei  territori  longobardi  dell'Italia 
Meridionale.  —  In  Archimo  storico  napoletano ,  anno  XIII ,  fa- 
scicolo I  (1888). 

Ghiron  Isaia.  Annali  d' Italia  in  continuazione  al  Muratori  e  al  Coppi. 
Tomo  I:  17  marzo  1861-1863.  —  Milano,  Ulrico  Hoepli ,  1888, 
pagine  400,  in-16. 

Giasone  del  Maino.  Vedi  Bertansa,  Conforti,  Gabotto. 

Giesebrecht  (Wilhelm  von).  Gesehichte  der  deutschen  Kaiserzeit. 
Fùnfter  Band.  Zweite  Abtheilung:  Friedrichs  I  Kdmpfe  gegen  Ale- 
xander ITI,  den  Lombarden  Bund  und  Heinrich  den  Lówen.  — 
Leipzig,  Duncker  und  Humblot ,  1888,  in-8  gr.,  da  pag.  449  a 
pag.  979. 

Giornale  di  erudizione,    diretto    da  Filippo    Orlando.  —    Firenze, 
Bocca,  1888. 
N.  9-10,  maggio  1888  :  Giorgio    Merula   e   le   sue   polemiche  [risposte  di 
A.  Tessier  e  B.  M.].  —  Menechino  [risposta  di  A.  Tessier^.  —  Bibliografia 
Giordaniana  [aggiunta  di  C.  A.]. 

Heiss  (Alois).  Les  médailleurs  de  la  Renaissance.    7.®  fascicule  :    Ve- 
nise  et  les  Venitiens  du  XV  au  XVII  siècle.    —  Paris ,  J,  Roth- 
schild,  1887,  gr.  in  fol.,  pag.  215,  con  17  tav. 
Elencansi  6  medaglie  di  fra  Antonio    da  Brescia   di    cui    non    si   hanno 

particolari  biografici. 

loppi  dott.  Vincenzo.  Diario  del  campo  tedesco  nella  guerra  veneta 
dal  1512  al  1516  di  un  contemporaneo.  Trascritto  dall'Autografo 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  427 

-    In  Archioio    Veneto,  fase.  69°,  1888.    [Cont.  v.   t.   XXXIV, 

pag.  133]. 
Si  può  aggiungere  in  nota  :    Ulmann  H.  Kaiser  Maximilians  I    Absichten 
auf  das  Pabstthuni  in  den  Jahren   1507-1511    [Festschrift    fùr   Prof.  Baum- 
stark  in  Greifswald].  —  Stuttgart,  Cotta,  1888,  pag.  74,  in-8. 

Kleinschmidt.  Silvio  Pellico.  —  In  Zeitschrift  far  Geschichte  und 
Politik,  dello  Zwiedeneck-Sùdenhorst,  fase.  3,  1888. 

Notiamo  ancora  due  nuove  traduzioni  francesi  delle  Mie  prigioni,  1' una 
di  Francisque  Reynard  (ediz.  illustrata,  Parigi,  Jouaust  et  Sigaux,  pag.  325, 
in-16),  e  l'altra  dell'abate  Bourassé  (Tours,  Marne  et  fìls,  pag.  240,  in-8). 

Kraus.  Antonio  Rosmini,  sein  Leben  und  seine  Schriften.  —  In  Deut- 
sche Rundschau,  aprile-giugno  1888. 
Cont.  e  fine.  Cfr.  Boll,  bibliogr..  1888,  pag.  182. 

Lackner  (Wilh).  De  incursionibus  a  Gallis  in  Italiani  factis.  Quaestio 
historica.  Pars  I.  Dissertatio  inaugurali?.  —  Kónigsberg,  Koch,  1887, 
pag.  26,  ìn-4. 

Laurière  I.  (de).  Deux  inscriptions  de  1515  à  Zivido,  près  Marignan 
(Italie).  —  In  BuUctin  monumentai,  gennaio-febbraio  1888. 

Le  bienheureiix  Baptistc  Spagnuoli,  de  la  congrégation  des  carmes 
de  Mantoue.  —  In  Analccta  juris  pontificii^  gennaio  1888. 

Leonardo  da  Vinci.  —  In  Deutsche  Bauzeitung,  N.  30  (1888). 

[Leonardo  da  Vinci].  W.  Lùbke's  Lionardo's  Abendmahl,  gestochen 
von  R.  Stang.  —  In  Beilage  àeWAllgemeine  Zeitung,  di  Monaco, 
N.  139  (1888). 

Leonardo  da  Vinci.  Vedi  Archivio  storico  dell'Arte,  Arte  e  Storia, 
Mignatij,  Rousseau. 

Legnazzi  prof.  E.  N.  In  morte  del  conte  Luigi  Torelli,  senatore  del 
Regno,  Presidente  della  Società  di  Solferino  e  S.  Martino.  Com- 
memorazione letta  nella  sala  del  Museo  Civico  di  Padova  il  giorno 
27  aprile  1888.  —  Padova,  Stab.-tip.  Veneto,  1888. 

Lodi.  Vedi  Arch.  storico  Lodigiano,  Caffi,  Riboldi,  Riccardi. 


428  BIBLIOGRAFIA. 


Lucchini  Luigi.  Cenni  storici  sui  più  celebri  musicisti  cremonesi; 
illustrazione  sull'  organo  e  organisti  della  cattedrale  di  Cremona. 

—  Casalmaggiore,  Tip.  Carlo  Contini,  1887,  pag.  54,  in-8. 

Lumbroso  Giacomo.  L'  Itinerarium  del  Petrarca.   Nota.  —    In   Atti 
della  R.  Accademia  dei  Lincei,  voi.  IV,  fase.  8,  22  aprile  1888. 
Cfr.  la  Bibliografia. 

Lusignoli  (Alfredo).  Il  pessimismo  nel  Jacopo  Ortis.  —  Li  Emporio 
pittoresco,  di  Milano,  N.  1233  e  seg.  (1888). 

Luzio  Alessandro.  Pietro  Aretino  nei  suoi  primi  anni  a  Venezia  e  la 
Corte  dei  Gonzaga.  —  Torino,  E.  Loescher,  1888,  pag.  143,  in-8. 

Per  gli  studi  intorno  all'  Aretino  cfr.  altresì  :  Fradeletto  A.  Pietro  Are- 
tino, in  Ateneo  Veneto,  N.  1-3,  1888;  Battelli  dott.  Giuseppe.  I  natali  e  i 
genitori  di  Pietro  Aretino,  nella  Faeilla,  di  Perugia,  fase.  II ,  1888  e  Graf 
A.  Attraverso  il  cinquecento.  —  Torino,  Loescher,  1888  (Un  processo  a  P. 
Aretino). 

[Mantova].  Cataloghi  dello  biblioteche  provinciali  o  comunali:  Biblio- 
teca comunale  di  Mantova.  —  In  Bollettino  delle  puhhlicasioni 
italiane,  di  Firenze,  N.  54,  31  marzo  1888. 

Mantova.  Vedi  Ademollo ,  Arch.  stor.  dell'arte,  Armand  ,  Arte  e 
Storia,  Bertolotti,  Carneoali ,  Danari,  Fahricgy ,  Filangieri,  Lo, 
hienheureux ,  Luzio ,  Narducci,  Neri,  Renier,  Ricci,  Rivista,  Sa- 
viotti,   Virgilio. 

Manzoni  A.  Le  poesie.  Nuova  edizione  corretta  su  le  migliori  stampe, 
con  la  vita  dell'  autore  e  con  note ,  a  cura  di  Giovanni    Mestica. 

—  Firenze,  G.  Barbèra,  1888,  in-24,  pag.  CXV-434  con   ritratto. 
[Collezione  diamante]. 

Recensione  di  Pio  Ferriere  nella  Perseveranza  ,  N.  10265  ,  del  10  mag- 
gio 1888. 

Manzoni  (A.).  Promessi  Sposi,  aggiuntovi  la  vita  dell'autore  per  cura 
di  un  sacerdote  milanese.  —  Milano,  G.  Prina  e  C,  1888,  pa- 
gine 492,  in-16. 

Manzoni.  Le  Cinq  Mai.  Diffórentcs  traductions  fran^aises  avcc  re- 
marques  et  trad.  littérale,  par  Jos.  Mussini,  —  Reggio  Emilia , 
Degani,  1888,  pag.  42,  in-16. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  429 


Manzoni  Alessandro  ricordato  al  popolo  e  alla  gioventù  da  Augusto 
Alfani.  —  Firenze,  G.  Barbèra,  1888.  in-16  picc,  pag.  96  IPic- 
cola  Biblioteca  del  Popolo  Italiano,  N.  35]. 

[Manzoni].  Una  lettera  inedita  del  Manzoni.  —  Nella  Rivista  Con- 
temporanea, di  Firenze,  N.  5,  maggio  1888. 

Diretta  da  Milano,  ai  20  novembre  1832,  a  Weimar,  al  cancelliere  Federico 
di  Mùller,  che  gli  aveva  annunciata  la  morte  del  Goethe. 

Manzoni.  Vedi  Da  Donato,  Gamhara,  Padovan,  Randall,  Senigaglia, 
Torraca,   Trombetti. 

Mario  White  (Jessie).  Agostino  Bertani  e  i  suoi  tempi,  —  Firenze, 
G.  Barbèra,  1888,  2  voi.,  in-16,  di  pag.  XXI-435  e  450,  con  ritr. 

Cenni  bibliografici  di  Jack  La  Bolina  in  Ricista  Contemporanea,  giu- 
gno 1888. 

Maulde  R.  (de),  Les  ducs  d'Orleans  eri  Lombardie  avant  Louis    XII 
(1387-1483).    —  In  Reoue   d'histoire    diplomatique ,  N,    2,  1888. 
[Cont.] 
Cfr.  Boll.  Bibliogr.,  1888,  pag.  174.' 

Mayer  I.  G.  (Pfarrer).  Hinrichtung  des  doct.  Johann  Pianta ,    Herrn 

von   Ràzims.  —  In  Anscigcr  fur    Sehiceiscrische    Geschichtc ,  di 

Berna,  N.  2,  1888. 
Il  Pianta  venne  giustiziato  in  Coirà  il  31  marzo  1572.  L'accusa  principale 
era  di  aver  ottenuto  dal  papa  bolle  speciali  per  rioccupare  i  benefici  eccle- 
siastici posseduti  dai  Protestanti  nei  Grigioni ,  la  prevostura  di  S.  Urbano 
di  Teglie,  goduta  da  un  Guicciardi  e  le  rendite  dei  soppressi  Umiliati  in 
Valtellina  e  nella  contea  di  Chiavenna.  —  [Documenti  dell'  Archivio  Va- 
ticano]. 

Mazzi  A.  Studi  bergomensi.  Bergamo,  Tip.  Pagnoncelli,  1888,  pa- 
gine 329,  in-16. 

Sommario  :  Cap.  I  :  La  origine  del  Consolato  ;  Il  Pergaminus  di  Mosè 
del  Brolo.  —  Cap.  II  :  I  primi  atti  dei  Consoli;  I  borghi  cittadini  ed  il  su- 
burbio. —  Cap.  Ili  :  I  borghi  franchi  del  Contado  nel  secolo  XII  ;  Le  vi- 
cende del  territorio  cittadino  fino  al  1186.  —  Cap.  IV:  Esclusione  degli  uf- 
ficiali vescovili  dal  Consolato  ;  Modo  di  elezione  dei  Consoli ,  loro  numero  ; 
Serie  dei  Consoli  fino  al  1156;  I  Consoli  di  giustizia;  La  questione  di  Vol- 
pino e  la  battaglia  delle  Grumore. 


430  BIBLIOGRAFIA. 


Mazzoni  Guido.    Sonetti   inediti  di    Vincenzo   Monti.    —    In    Nuoea 
Antologia,  16  maggio  1888. 
Cfr.  anche  Scipioni  G.  S.  Alcune  lettere  e  poesie  di  Costanza  Monti  Per- 
ticari ,  in  Giornale  Storico  della  Letteratura  Italiana ,  fase.   31-32  ,    1888 
[6  lettere  datate  da  Milano,  degli  anni  1823-1829]. 

Melani  arch.  Alfredo.  Arte  italiana  :  Raccolta  di  150  tavole  di  mo- 
delli dovuti  ad  artisti  eminenti,  quali:  Giovanni  Bellini,  Andrea 
Mantegna,  Giulio  Romano,  Giorgio  Vasari ,  ecc.,  ecc.,  dispensa  I. 
—  Milano,  U.  Hoepli ,  1888. 

Mignaty  Margherita  Albana.  La  vita  e  le  opere  del  Correggio. 
Prima  edizione  italiana  per  cura  di  Giorgina  Saffi  ,  con  proemio 
di  Angelo  De  Gubernatis.  —  Firenze,  libr.  H.  F.  Miinster,  edit. , 
1888,  in-8. 

Cfr.  i  §§  5  :  «  Il  mondo    elegante    e   la   letteratura  ;    Lodovico    Ariosto    e 
Torquato  Tasso  »,  e  8"  «  Leonardo  da  Vinci  e  la  Scienza  dell'  arte.  » 

[Milano].  La  beneficenza  e  i  benefattori  della  Congregazione  di  Ca- 
rità di  Milano.  —  Milano,  Tip.  Ditta  Emilio  Civelli ,  1888,  in-4 , 
pag.  222. 

Milano.  Rapporti  dell'  ispettore  prof.  Pompeo  Castelfranco.  —  In  No- 
tizie degli  Scaoi ,  febbraio  1888,  pag.  128-129. 

Scavi  fatti  lungo  il  tracciato  della  grande  via  che  condurrà  in  Piazza  Ca- 
stello (Via  Giulini ,  Cavenaghi ,  S.  Prospero,  Via  Mangano,  Via  Spadari). 

[Milano].    I   cartai    milanesi    nel  secolo  XV  ed  i  loro  Statuti.    —  In 
Giornale  della  Libreria,  di  Milano,  N.  16,  15  aprile  1888, 
Riassunto  di  un  articoletto  analogo  di  E.  Motta,  nel  Bibliofilo,  di  Bologna 
[Cfr.  :  Boll.  Bibliogr.,  1887,  pag.  613]. 

[Milano].  Una  libreria  che  scompare.  Antonio  Vallardi.  —  Ancora  il  ne- 
gozio Vallardi  (1799).  —  In  Giornale  della  Libreria,  N.  16  e  20, 
15  aprile  e  13  maggio  1888. 

[Milano],  Ein  Brief  ans  Mailand.  —  In  Cronik  fùr  veroielfàltigende_ 
Kunst,  N.  3,  1888. 

[Milano].  Der  Campo  Santo  in  Mailand.  —  In  Allgem.  Eoang.  L^- 
therische  Kirchenzeitung,  N.  20  (1888). 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  431 

Mistrangelo  p.  Alf.  d.  s.  p.  Il  venerabile  Glicerio  Landriani  delle 
scuole  pie,  patrizio  milanese.  —  Genova,  Tip.  della  Gioventù,  1888, 
pag.  346,  in-16. 

Mocavini  Roberto.  Argante  e  Tancredi  :  studio  sul  Tasso  —  Città 
di  Castello,  S.  Lapi,  1888,  pag.  VII-103,  in-16. 

Modena  Gustavo.  Politica  e  arte:  epistolario  con  biografìa,  1833-1861 
(Commissione  editrice  degli  scritti  di  G.  Mazzini).  —  Roma,  per 
cura  della  Commissione  edit.  [Firenze,  Barbèra],  1888,  in-16,  pa- 
gine CXXXVIIIJ-370. 

Mommsen  Teodoro.  Le  Provincie  Romane  da  Cesare  a  Dioclesiano, 
traduzione  dal  tedesco  di  Ettore  de  Ruggiero.  Parte  I.  —  Roma, 
Pasqualucci  Loreto,  edit.,  1888,  in-8  gr.,  pag.  370. 
Cfr.  il  §  /  confini  settentrionali  d' Italia. 

[Morigeri].  A  ricordo  del  prof,  cav.  Giuseppe  Mongeri ,    morto  il  17 
gennaio  1888.  —  Milano,  Tip.  Lombardi,  1888,  pag,  77^   in-8, 
con  ritratto. 
Brevi  cenni   necrologici  in  Ateneo  Veneto,  fase.  I-III,  1888,  pag.  188.  — 

Cfr.  altresì  all'  articolo  Cajffi. 

[Mongeri  e  Massarani].  Les  Arts  en  Italie  (les  Grands  Maìtres  de 
la  renaissance).  Iconografie  des  chefs-d'oeuvre  de  la  peinture ,  de 
la  sculpture  et  de  V  architecture.  Texte  par  M.  M.  le  Marquis 
Baldassini,  C.  J.  Cavalucci.  G.  Lafenestre,  Q.  Leoni,  Paul  Mantz, 
M.  Maroni ,  Tulio  Massarani ,  P,  G.  Molmenti ,  G.  Mongeri , 
L.  Mussini ,  C.  Ricci ,  De  Thémines  de  Lauzières,  Charles  Yriarte. 
—  Paris,  libr.  Rothschild ,  1888,  in  fol„  pag.  XII-180 ,  con  45 
acque  forti ,  2  tavole  in  acciaio  e  325  ili.  nel  testo. 

Morsolin  abate  Bernardo.  Un  umanista  del  secolo  XIV  pressoché 
sconosciuto.  —  In  Atti  del  R.  Istituto  Veneto  di  Scienso  e  Lettere, 
tomo  VI,  serie  VI,  dispeasa  IV,  —  Venezia,  1888. 

Trattasi  di  Matteo  d'  Orgiano  o  d'  Aureliano,  del  quale  fin  dal  1878  ebbe 
r  Hortis  a  pubblicare  una  lettera  a  Pasquino  de'  Capelli ,  cancelliere  di 
Gian  Galeazzo  Visconti.  L'  Orgiano,  amico  di  Coluccio  Salutati ,  era  Vicen- 
tino e  nato  circa  il  1330.  Fu  alla  Corte  degli  Scaligeri.  Caduto  Antonio, 
nel  1387,  il  D' Orgiano,  che  gli  era  stato  primo  cancelliere,  venne  dal  Vi- 
sconti relegato  a  Voghera.    Liberato   un   anno  dopo  dal  suo  esigilo ,    lo  ve- 


432  BIBLIOGRAFIA. 


diamo  comporre  versi  inneggianti  al  Visconti.  Passò  dappoi  al  servizio  di 
Alberto  d'  Este   e  nel  95  era  a  Vicenza. 

Lo  troviamo,  in  ultimo,  segretario  presso  il  conte  di  Biandrate  e  paro 
morisse  nel  1406,  addolorato  per  la  perdita  di  un  figlio  amatissimo. 

In  appendice  al  suo  lavoro  il  Morsolin  produce  due  elegie  del  d'Orgiano: 
r  una  ad  Antonio  Arisi,  V  altra  a  Pasquino  de'  Capelli  per  la  sua  liberazione 
dal  bando  di  Voghera. 

Motta  E.  Curiosità  di  storia  genovese  del  secolo  XV,  tratte  dall'  Ar- 
chivio di  Stato  di  Milano.  —  In  Giornale  Ligustico,  fase.  V-VI , 
maggio-giugno  1888. 

Bombardieri  a  Genova  nel  1496.  —  Nuovo  convento  di  Francescani  in 
Savona  (1473).  —  Nobih  Genovesi  morti  in  Milano,  —  Un  armaiolo  nel  1461. 
—  Accuse  date  al  Capitano  delle  Galee  Genovesi  [Giuliano  da  Magnerà 
nel  1473]. 

Motta  E.  Numismatica  ticinese  ?...  —  In  BuUetin  do  la  Società  Suissa 
de  Numismatique,  di  Basilea,  fase.  V-VI  e  seg.,  1888. 

Motta  E.   Il  tipografo   Dionigi  da  Parravicino  a  Cremona  (1471).  — ' 
Como,  Tip.  Ostinelli,  1888,  in-8  gr.,  pag.  9. 
Estr.  dal  Periodico  della  Società  Storica  Comen$e,  voi.  VI. 

Munaron  sac.  Giuseppe.  Memorie  storico-letterarie  del  venerabile 
f.  Pietro  Maldura  da  Bergamo,  dell'Ordine  dei  predicatori,  au- 
tore della  Tavola  aurea  delle  opere  di  S.  Tommaso  D'  Aquino , 
compilate  per  la  fausta  occasione  del  giubileo  sacerdotale  del 
S.  Padre  Leone  XIII.  —  Venezia,  Tip.  Emiliana,  1888,  in-8,  pag.  84. 

Muntz  Eugène.  Les  sources  de  l'archeologie  chrótienne  dans  les  Bi- 
bliothèques  de  Rome,  de  Florence  et  de  Milan.  —  In  Melanges 
d'Archeologie  et  d' Histoire,  della  scuola  francese  di  Roma,  fasci- 
colo I-II,  marzo  1888. 
Cfr.  il  cap.  I  :  Les  dessins  de  V Ambrosienne,  pag.  82-92. 

Narducci  E.    Di    un    manoscritto  di  Rime  del  secolo  XVI ,    recente- 
mente acquistato  dalla  Biblioteca  Angelica.  —  In  Atti  della  R.  Ac- 
cademia dei  Lincei,  voi.  IV,  fase.  VI,  18  marzo  1888. 
Il  Narducci  dà  l'analisi  di  questo  ms.  steso   tra  il  1578  e  il  1582  e  con- 
tenente Rime   di  circa  50  poeti.  Tra  i  molti  componimenti  di  T.   Tasso  ,  se 
ne  trovano  5  a  lui  attribuiti ,  che  invano  si  cercherebbero  nelle  raccolte   a 
stampa  delle  sue  rime. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  433 

Vi  sono  inoltre  componimenti  di  Scipitne  e  Giulio  Cesare  Gonzaga;  di 
Giulio  Cesare  Albicante,  milanese,  monaco  di  M.  Oliveto;  di  Francesco  Pa- 
nigarola,  pure  milanese  e  dell'  ordine  dei  Minori  Osservanti. 

N[arducci]  Efnrico].  Un  sonetto  di  Torquato  Tasso  novo  volte  stam- 
pato e  sfuggito  ai  raccoglitori  delle  sue  Rime.  —  Nel  Buonarroti, 
di  Roma,  serie  III,  voi.  Ili,  quaderno  III  (1888). 

Neri  Achille.  Niccolò  e  Francesco  Piccinino  a  Sarzana.  —  In  Gior- 
nale Ligustico,  fase.  V-VI,  maggio-giugno  1888. 

Memoria  già  edita  nel  nostro  Archioio  (cfr.  1887,  pag.  494  e  seg.).  Perchè 
non  accennarlo  ?... 

Neri  Achille.  Una  famiglia  di  comici.  —  In  Gaszetta  Letteraria ,  di 
Torino,  N.  12,  24  marzo  1888. 
La  famiglia  Romagnosi  alle  Corti  di  Mantova  e  di  Francia  (1612-1742). 

Neri  A.  Un  mazzetto  di  curiosità.    —    In    Giornale  Ligustico,    fasci- 
colo V-VI,  maggio-giugno  1888. 
Con    documenti    pelle  nozze    di    Ferrante    Gonzaga   con    Vittoria    D' Oria 
[cfr.  pag.  205-208].   —    A   pag.  219  una  lettera    del    Romagnosi    all'intimo 
suo  Luigi  Bramieri  (Piacenza,  8  novembre  1790). 

Nevati  F.  A  proposito  di  un  preteso  autografo  boccaccesco.  —  In 
Giornale  Storico  della  Letteratura  Italiana,  fase.  31-32,  1888. 
Codice,  venuto  forse  di  Francia,  dove  era  stato  originariamente  scritto,  in 
Italia,  rimasto  un  pezzo  in  Lombardia,  posseduto  forse  prima  da  un  Mon- 
delli ,  quindi  da  un  membro  della-  celebre  famiglia  Cremonese  dei  Dovara  , 
un  Corrado,  che  I'  aveva  ricevuto  forse  da  un  Rinaldi.  —  Il  Novati  fomistie 
notizie  pei  Dovara. 

Orsi  Delfino.  Un  commediografo  popolare  del  quattocento  [l'Alione]. 
—  In  Concersadoni  della  Domenica,  dì  Milano,  N.  19  ,  6  mag- 
gio 1888. 

Il  Loescher  annuncia  essere  in  preparazione ,  per  la  Biblioteca  di  testi 
inediti  e  rari ,  diretta  dal  Rénier  :  «  Le  farse  e  le  commedie  carnasciale- 
sche di  Giorgio  Allione  ;  testo,  commento  e  glossario  a  cura  di  C.  Sal- 
cioni, e  studio  critico  a  cura  di  B.  Cotronei.  » 

Padovan  (Guglielmo),   Dell'  inno    «  La  Pentecoste  »  ,   di    Alessandro 
Manzoni.  —  Torino,  B.  Risso,  1888,  pag.  52,  in-8. 
Arch.  Stor.  Lotnb.  —  Anno  XV.  28 


434  BIBLIOGRAFIA. 


Parazzi  sac.  Antonio.  Nella  solenne  consacrazione  della  chiesa  arci- 
pretale  plebana  de'  SS.  Maria  Assunta  e  Cristoforo  del  castello 
di  Viadana,  compiuta  il  giorno  11  settembre  1887  :  memorie  sto- 
rico-artistiche. —  Viadana,  Tip.  Ciardelli,  1888,  p.  14,  in-16,  con  tav. 

Parini  G.  Vedi  Agnelli  e  Twaroni. 

Pais  Hector.  Corporis  inscriptionura  latinarum  supplementa  italica, 
Consilio  et  auctoritato  academiae  regiae  lynceorum  edita.  —  Fase.  I  : 
Additamenta  ad  voi.  V  Galliae  Cisalpinae.  [Memorie  della  classe 
di  scienze  morali,  storiche  e  filologiche,  voi.  V].  —  Roma,  R.  Ac- 
demia  dei  Lincei,  1888,  in-4  fìg, 

Pavia.  Supplemento  mensile  illustrato  del  Secolo.  [Delle  «  Cento  Città 
d' Italia  »,  serie  II,  disp.  16*].  —  Milano,  Edoardo  Sonzogao,  25 
aprile  1888,  pag.  8,  in  fol. 

Pavia  e  Lomellina.  Vedi  Caloi,  Catalogo,  Schinits,   Villani. 

Pélissier  Leon  G.  Les  amis  d'Holstenius  :  III.  Aléandro  le  Jeune.  — 
In  Mélanges  d'archeologie  et  cThistoiro  (scuola  francese  di  Roma), 
fase.  III-IV,  maggio  1888. 

Vedi  a  pag.  369-377,  la  Correspondance  entre  Aléandro  et  Boldoni  (Si- 
gismondo). —  Nove  lettere  dell'  Aléandro  ed  una  del  Boldoni  (Mantova  ,  1 
febbraio  1628). 

Pellet.  Le  thóàtre  révolutionnaire  dans  la  Rópubliquc  Cisalpine.  —  In 
Reoue  politique  et  littéraìre  (Revuc  bleuc),  di  Parigi,  tom.  41  , 
n.  16,  1888. 

Periodico  della  Società  storica  comense.  Fase.  23-24.  —  Como,  Osti- 
nelli,  1888,  maggio. 
Sommario:  Inizio  di  una  Bibliografia  comense  [Cont,  v.  voi.  V,  fase.  4°. 
Lettere  E.  F.  e  G].  —  Codice  diplomatico  della  Rezia  [Contz.  Carte  dal 
1195  al  1205].  —  Fossati,  dott.  Francesco.  Fabbrica  di  vetri  a  Como  nel  se- 
colo XV  [1454].  —  Motta  Emilio.  Il  tipografo  Dionigi  da  Parravicino  a 
Cremona,  1471.  —  Necrologie  [abate  Serafino  Balestra,  conte  Sebregondi, 
prof.  Piccf].  —  Bibliografia. 

Perosa  dott.  M.  Sulla  breve  dimora   di  Torquato    Tasso    in    Borgo- 
Vercelli  e  su  qualche  particolare  che  vi  si  connette  :  memoria.  — 
Venezia,  Tip.  già  Cordella,  1888,  pag.  13,  in-16. 
Estr.  dal  giornale  La  Scintilla,  anno  II,  N    14,  15  e  16, 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  435 

Pichlmayr.  Eia  neugefundenes  Fragment  oiner  Virgilhandsclirift.  — 
In  Bl'Uter  fur  das  hatjrisehc  Gymnasialicescn  XXIV,  2,  3  (1888). 

Platania  Saverio.  Le  invasioni  barbariche.  Voi.  I.  —  Roma,  fratelli 
Bocca,  1888. 
Cfr.  il  libro  IV:  I  barbari  in  Italia  [Gli  Ostrogoti,  i  Longobardi,  i  Franchi 
in  Italia]. 

[Plinio].  Mayljoff  Karl.    Pliniana.   Nelle   Philologisehe   Abbandlungen 

offerte  al  prof.  Martino  Herz  in  occasione  del  suo  70°  compleanno. 

—  Berlino,  Hertz,  1888. 

Aggiungi  :  Arnold  (C.  Franklin).  Studien  zur  Geschichte  der  Plinianischen 

Christenverfolgung.  Kònigsberg,  Hartung,  1887,  pag.  57,  in-8  gr.  [Delle  Theo- 

logische  Skissen  und  Studien  aus  Ostpreu$sen,  N.  5]  e  Detlefsen  D.  Unter- 

suchungen  zu  den  geographischen  Biichern  des  Plinius  (in  Philologtis,  voi.  46, 

fase    4). 

Prècis  de  la  campagne  de  1859  ea  Italie,   avec    8    croquis    dans   le 
texte.  —  Bruxelles  ,  librairie   militaire    C.  Muquardt ,    1888  ,  pa- 
gine .313,  in-8. 
Aggiungi  :  Picard  L.  Legons  d'histoire  et  de  géographie    militaires  ,  avec 

croiiuis  de  1854  à  1887.  Nouvelle  édition  revue  et  augmentée,  3  voi.,  in-8,  et 

atlas,  in-4  de  40  planchss.    Tome    I:    Guerre   de    Crimée;    guerre    d'Italie; 

guerre  de  1S66,  etc.  —  Angers,  impr.  Lachèse  et  Dolbeau,  1887,  pag.  423,  in-8. 

Rajna  Pio.  Intorno  al  cosiddetto  Dialogus    Creaturarum    ed    al  suo 
autore  [5°   Mayno    e   il    Contemptus    Sublimiiatis],    In    Giornale 
storico  della  letteratura  italiana,  fase  31-32  (1888). 
Cfr.  Boll.  Bibliog.,  1888,  pag.  181. 

Randall.  Peccati  letterari,  —  Firenze,  succ.  Le  Monnier,  1888,  in-16, 
pag.  94. 
§  3.  L'Adelchi.  §  6.  La  prigionia  di  Silcio  Pellico. 

Relazione  d'una  festa  celebratasi  in  Cernobbio  l'il  settembre  1672, 
riportata  letteralmente  da  un  manoscritto  che  si  conserva  in 
questo  arcliivio  parrocchiale  [per  cura  del  sac.  Sebastiano  Cas- 
serà]. —  Como,  Tip,  Cavalieri  e  Bazzi,  1888,  in-S,  pag.  16. 

Renier  (R.)-  Isabella  d'Este    Gonzaga    Marchiouess    of   Mantua    and 
her  artistic  and  Uterary  relations.  -:-  Nella  rivista  Italia,  di  Roma, 
•    N.  5  e  6  maggio  e  giugno  1888. 


436  BIBLIOGRAFIA. 


Renier  Rodolfo.  Poeti  Sforzeschi  in  un  codice  di  Roma  recentemente 
segnalato.  —  In  Rassegna  Emiliana,  dì  Modena,  volume  I,  fasci- 
colo I  (1888). 
L'intende  il  Codice  Sessoriano  413  della  V.  E.  di  Roma  fatto  conoscere 
dallo  Spinelli  per  il  prinr^o  [Arch.  sior.  lomb.,  IV,  1887].  —  L'  Angelo  da 
Firenze  poi,  col  quale  appare  e-ssere  stato  in  relazione  il  Pistoia  per  un 
sonetto  mandatogli  l'S  marzo  1493  e  che  il  Renier  publilica,  non  è  certo  il 
Poliziano  come  nota  lo  stesso  Renier  contro  l'ipotesi  del  Gian  [Rio.  stor. 
ital,,  I,  1888,  pag.  82],  né  tanto  meno  quel  Angelo  Michele,  di  cui  si  hanno 
rime  nel  medesimo  Codice  Sessoriano  [La  Letteratura,  N.  10,  1888].  Trat- 
tasi semplicemente  ed  unicamente  del  noto  Gio.  Angelo  de'  Talenti  amba- 
sciatore sforzesco,  spesso  adoperato  dal  Moro,  e  che  noi  troviamo  nel  1475 
alla  Corte  di  Savoia  IGlngins  La  Sarra^  Dépèches  des  ambassadeurs  mi- 
lanais  sur  les  campagnes  de  Charles-le-Hardi ,  I,  pag.  17],  nel  1491  a  Fi- 
renze [Arch.  st.  lomb.,  1887,  pag.  838]  e  nel  1495  presso  l'imperatore 
Massimiliano.  [CaliH;  Bianca  Maria  Sforza,  pag.  119].  —  Il  nome  suo  ricorre 
di  sovente  nei  documenti  diplomatici  dell'  Archivio  milanese. 

Riboldi  mons,  A.  G.  Elogio  funebre  di  mons.  Domenico  Maria  Gel- 
mini, vescovo  di  Lodi ,  detto  nei  solenni  funerali  celebrati  nella 
cattedrale  il  31  gennaio  1888.  —  Lodi,  Tip.  cattolica  della  Paco, 
1888,  pag.  21,  in-8. 

Ricasoli  barone  Bettino.  Lettere  e  documenti,  pubblicati  per  cura  di 

Marco  Tabarrini  e  Aurelio  Gotti.  Volume  III  (dal  28  aprile  al  7 

novembre  1859).  —  Firenze,  succ.  Le  Mounier,  1888,  pag.  XXVI- 

518,  in-8. 

Con  lettere  al  Ricasoli  di  Luigi  Torelli,  Emilio   Visconti  Venosta,  ecc. 

Riccardi  (Alessandro).  Le  località  e  territori  di  S.  Colombano  al 
Lambro,  Mombrìone,  Graffignana,  Vimagano ,  Camatta ,  Chignolo 
Po,  Santa  Cristina,  Bissone  ,  Campo  Rinaldo ,  Miradolo  ,  Monte- 
leone,  ecc.,  e  loro  vicinanze  sopra  e  d' intorno  ai  colli  di  San 
Colombano.  —  Studi  e  ricerche  storiche ,  geografiche ,  ecc.  Con 
una  carta  geografica  antico-moderna  dei  colli,  ed  una  carta  topo- 
grafica della  fortezza  e  borgo  bastionato  di  San  Colombano  ,  sul 
finire  del  secolo  XIV.  —  Pavia,  succ.  Bizzoni,  1888,  in-8,  pag.  217. 

Ricci  Corrado.  I  primordi  dello  studio  di  Bologna ,  2^    edizione.  — 
Bologna,  Romagnoh  Dall'Acqua  edit.,  1888,  in-16,  pag.  373. 
3."  Ercole  Gonzaga  allo  studio  di  Bologna.  —  14°  Claudio  Monteverdi  alla 
Corte  di  Mantova. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  437 

Rieger.  Ein  franzósisches  Urteil  ùber  Oesterreichs  "Siege  in  Italien  1848 
und  1866.  —  In  Organ  der  militàrvDissenschaftliehen  Vereine, 
XXXVI,  4. 

Rinaudo  C.  Recensione  del  Gerolamo  Morone  del  Gioda,  —  In  Ri- 
vista storica  italiana,  fase.  I,  1888,  pag,  88-95. 

Rivista  italiana  di  numismatica,  diretta  dal  dott.  Solone  Ambrosoli. 
Anno  I,  fase.  2,  1888.  —  Milano,  Cogliati. 
Notiamo  d' interesse  lombardo  :  Rossi  Umberto.  1  medaglisti  del  Rina- 
scimento alla  Corte  ci  Mamtova:  II.  Pier  Jacopo  Alari-Bonacolsi  detto 
l'Antico  —  Ambrosoli  Solone.  Dì  una  monetina  Triviilziana  con  S.  Carpo- 
foro.  —  Gacaz3i  Giuseppe.  A  proposito  delle  monete  di  Giancarlo  Visconti.  — 
Commemorazione  del  prof.  B.  Biondelli  (con  ritratto). 

Robinson  miss  A.  M.  F.  The    Claim    of  the    House    of   Orleans  to 
Milan.  Part.  II.  —  In  The  english  historieal  reoievo ,  di  Londra  , 
N.  10,  aprile  1888. 
Fine.  Cfr.  Boll,  bibliogr.,  1888,  pag.  181. 

Rochas  A.  (de).  La  campagne  de  la  succession    d'Espagne   dans  les 
Alpes    (1707-1713).    —  In   BuUettin    de    la   società   d'études   des 
Hautes-Alpes,  aprile  1888, 
Aggiungi:  Parnell.  The  war  of  the  succession  in  Spain  during  the   reign 

of  queen  Anne,  1702-1711,  based  on  originai  manuscripts  and  contemporary 

records.  London,  Bell  and  Sohns,  1888,  pag.  346,  in-8. 

Rosa  Gabriele.  La  valle  di  S.  Martino.  Notizie  storico-statistiche.  — 
Brescia,  Tip.  Pio  Istituto  Pavoni,  1888,  pag.  44,  in-8. 

Rosmini  Antonio  &  die  Inquisition.  —  In  Deutscher  Merkur,  19  Jahrg, 
N.  16,  17,  19  e  20  (1888). 

[Rosmini].  Lettere  inedite.  —    Nel  Rosmird,  di  Milano,  fascicolo    16 
aprile  1888. 
9  lettere,  dal  1832  al  1837. 

[Rosmini].  Lockart  D.  Gugl.  Vita  di  Antonio    Rosmini ,  prete  Rove- 
retano.  Trad.  dall'inglese  di  L,  Sergianotto.  —  Torino,  E.  Log- 
scher,  1888,  pag.  711,  in-8. 
—  Vedi  Kraus, 


k 


438  BIBLIOGRAFIA. 


Rossi  Vittorio.  Poesie  sloriche  del  secolo  XV  a    proposito    di    una 
recente  pubbicazione  [delle  Rime  del  Pistoja].  —  In  Archioio   Ve- 
neto, fase.  69  (1888). 
Cfr.  altresì  l'importante  recensione  delle  Rime  del  Pistoja  a  cura  di  Vit- 
torio Gian,  nella  Rwista  storica  italiana,  di  Torino,  I,  1888,  pag.  78-88. 

Né  da  omettersi,  per  l' interesse  storico  sforzesco,  l'articolo  di  F.  Gabotto  : 
«  La  storia  genovese  nelle  poesie  del  Pistoja  »,  nel  Giornale  Ligustico  , 
marzo-aprile  1888.  —  V.  nel  medesimo  Giornale  (fase.  ITI,  1888)  la  re- 
censione del  Pistoja  di  L.  Frati. 

—  Vedi  Renier. 

Rossi  Vittorio.  Di  un  poeta  maccheronico  [Tifi  Odasi]  e   di  alcune 

sue  rime  italiane.  —  In  Giornale  Storico  della    letteratura    ita- 

liana,  fase.  31-32,  1888. 

Della  famiglia  Odasi,  oriunda  di  Martinengo,  sul  Bergamasco,  un  ramo  si 

trapiantò  a  Padova  e  da  questo  uscirono  i  due  Odasi  :  Lodovico,  il  precettore 

e  segretario  di  Guidobaldo  da  Montefeltro ,  duca   d'Urbino  e   Tiji,  il   poeta 

maccheronico.  —  Il  Gian  informa ,  colla  scorta   di    taluni    documenti ,  della 

famiglia  Odasi  ed  espone  i  dubbi  che  Tifi  non  sia  di  nascita  padovano,  ma 

bensì  bergamasco,  e  che  il  nome  suo  non  sia  che  un  pseudonimo,  un  nome 

di  battaglia  sotto  il  quale  sarebbe  nascosto  un  individuo  della  famiglia  Odasi, 

del  quale  ignoriamo  il  nome  di  nascita.  Esempio  di  un  fatto  analogo  il  Go- 

smico,  padovano  e  del  nostro  Tifi  intimo. 

Rousseau  J.  Léonard  de  Vinci.  —  In  Bulletin  de  V Acadénde  ro- 
yale  de  Belgique,  febbraio  1888. 

Sabaudia  [magg.  E.  Bertet].  Ettore  Asvodario  o  1'  assedio    di  Arona 
nel  1523.  —  Nel  giornale  II  Prealpino,    di   Arona,  N.    26,    29 
marzo  1888  e  seg. 
Questo  racconto  storico  venne  precedentemente  stampato    in    volume    se- 
parato. [Arona,  Tip.  Brusa  e  Macchi,  1887.  Cfr.  Boll.  Bibliogr.,  1887,  pag.  207]. 

Saviotti  dott,  Alfredo.  Pandolfo  Collenuccio  umanista  Pesarese  del 
sec.  XV.  Studi  e  ricerche.  —  Pisa,  Tip.  T.  Nistri,  1888,  in-8  gr., 
pag.  300. 

—  Vedi  la  Bibliografia. 

Scardovelli  Giovanni.  La  battaglia  del  Taro  (1495),  —  Mantova  , 
Stab.-tip.  Aldo  Manuzio,  1888,  in-16,  pag.  30. 

Schmitz  (H.  J.).  Zu  Columban's  Klostorregel  und  Bussbuch.  —  In 
Archic  fiir  katholisches  Kircherrecht,  N.  Folge,  53°  voi.,  fase.  2. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA.    STORICA    LOMBARDA.  439 

Seni^aglia  (Lionello).  Relazioni  di  Goethe  e  Manzoni  su  documenti 
inediti  o  poco  noti.  Corrispondenza  inedita  di  Manzoni  col  can- 
celliere Federico  de  Mùllor.  Studi.  —  In  Rioista  Contemporanea, 
di  Firenze,  fase.  6,  giugno  1888  [continua]. 

[Sforza],    Una  lettera    di    Lodovico  Sforza  ad  Antonio  Vespucci.    — 
Nello  Zibaldone,  di  Firenze,  N.  5,  maggio  1888. 
Lettera  del  Moro  da   Milano,  13  maggio  1468,  all'oratore  Vespucci,  per- 
chè venendo    da    Firenze ,  infestata  dalla  peste ,  prima  d'  entrare  in  Milano 
faccia  la  quarantena  di  tre  giorni  all'  abbazia  di  Chiaravalle. 

Soldan  F.  Sagen  und  Geschichten  der  Langobarden.  —  Halle  a  S., 
Verlag  der  Buchhandlung  des  Waisenhauses,  1888,  pag.  XI-218,  in-8. 

Solerti  A.  Alcuni  frammenti  della  Gerusalemme  liberata.  In  II  Pro- 
pugnatore, di  Bologna,  II  serie,  voi.  I,  fase.  I,  1888. 

Solerti  Angelo.  Una  versione  dimenticata  della  leggenda  sugli  amori 
di  Torquato  Tasso  e  Leonora  d'  Este.  —  In  Rassegna  Emiliana, 
di  Modena,  fase.  11,  giugno  1888. 

Stauicovich  can.  Pietro,  Biografia  degli    uomini    distinti    dell'  Istria , 
2*  edizione  con  saggio  di  annotazioni,  —  Capodistria,  Tip.  Carlo 
Priora,  1888,  in-4. 
App.  297-329  estesa  biografia  dei  conte  Gian  Rinaldo  Carli.  A  pag.  110- 

137  e  160-174  biografie  dei  due   Vergerlo  —  A  pag.  139,  ragionandosi  della 

vita  di  .\ndrea  Rapicio,  vescovo  triestino,  si  produce    una    lettera    a    lui  di 

S.  Carlo  Borromeo,  in  data  Milano,  5  maggio  1566. 

Strambio  dott    G.  Da  Legnano   a    Mogliano    Veneto.    Un   secolo    di 
lotta  contro  la  pellagra.  Bricciole  di  storia  sanitario-amministrativa, 
[Cont.  e  fine].  —  In  Rendiconti,  dell'Istituto  Lombardo,  voi.  XXI, 
fase.  VI-XII,  1888. 
Cfr.  Boll.  BihUogr.,  1888,  pag.  184. 

Tacconi  Baldassare.  La  Danae:  commedia  (1496).  —  Bologna,  so- 
cietà-tip. Azzoguidi,  1888,  in-8,  pag.  52. 

Pubblicata  da  Adolfo  ed  Alessandro  Spinelli  per  nozze  Mazzacorati-Gaetani 
Dell'Aquila  d'Aragona. 

Commedia  rappresentata  1'  ultimo  di  gennaio  1496  in  casa  di  Francesco 
da  S.  Severino,  conte  di  Cajazzo,  alla  presenza  di  Lodovico  il  Moro.  Questa 
Danae  era  sinora  ignorata,  e  venne  trascritta  dallo  Spinelli  dal  cod.  Sesso- 


440  BIBLIOGRAFIA. 


riano  413  (Bibl.  V.  E.  di  Roma)  di  cui  appunto  egli   diede  per   primo    no- 
tizia nel  nostro  Archivio  [1887,  IV,  pag.  808  e  seg.]. 

Lo  Spinelli  aggiunge  nel  suo  opuscolo  notizie  ignorate  intorno  al  Tacconi, 
con  la  promessa  di  uno  studio  più  largo. 

[Tasso].  La  Jérusalem  délivrée.  Avec  étude  sur  la  vie  et  l'ceuvre  du 
Tasse.  —  Angers,  impr.  Burdin  e  C,  1887,  in-16.  [Nouvelle  Bi- 
bliothèque  populaire].  Paris,  libr.  Gautier. 

[Tasso].  Canna  prof.  Giovanni.  Correzioni  Tassesche.  —  In  La  Lette- 
ratura, di  Torino,  N.  10  e  11,  1888. 

Tasso.  Vedi  Campori,  Cotronei,  Mignaty,  Moeacini,  Narducci,  Perosa, 
Solerti. 

Tivaroni  C.  Storia  critica  del  Risorgimento  italiano.    L' Italia    prima 

della  Rivoluzione  francese  (1735-89).  Torino,  Roux  &  C. ,  1888  , 

pag.  552,  in-8, 

Cfr.  la  parte  II.  Il  Ducato  di  Milano.  Capitolo  I.  Il  regime  spagnuolo.  — 

Capitolo  II.  Il  regime  austriaco  di  Maria  Teresa.  1.  Passaggi.  —    2.  Maria 

Teresa  come  trova  i  Lombardi.  —  3.  Il  primo  periodo.  —  4.  Il  Censimento. 

—  5.  Il  riordinamento  comunale.  —  6.  Il  periodo  di  Francesco  III  di  Mo- 
dena governatore  e  Carlo  di  Firmian,  ministro.  —  7.  L'arciduca  Ferdinando. 

—  8.  Le  Provincie  —  Capitolo  III,  Il  regime  austriaco  di  Giuseppe  II.  — 
Capitolo  IV.  L' emancipazione  intellettuale.  —  Carli.  —  Pietro  Verri.  — 
Beccaria.  —  11  Caffè.  E  la  Parte  XI.  I  Precursori  [Cap.  I.  Il  conte  Giuseppe 
Corani.  Cap.  IV.  Parini], 

Torraca  Francesco.  Discussioni  e  ricerche    letterarie.    —    Livorno  , 
Vigo,  1888. 
Scritti  già  pubblicati  in  periodici  od  in  separati  opuscoli.  Notiamo:  /  Se- 
polcri di  Ippolito  Pindemonte  e  Di  alcune  fonti  de'  Promessi  Sposi. 

Treves  Vittorio.  Architettura  Comacina.  —  Torino,  Tip.  e  lit.  Camilla 
e  Bertolero.  1888,  in-8  gr.,  pag,  29,  con  ili. 

Trombetti  Benedetto.  Studio  critico  su  A.  Manzoni,  Dante  e  Aleardi. 
—  Roma,  Tip.  Mario  Armanni,  1888. 

Ussing.  Et  Par  Bemaerkninger  om  Vergils  Stil.  —  In  Ooersigt  over 
det  k.  Danske   Videnskabernes  Selskabs  forhandlinger ,  di    Cope  • 
naghen,  N.  2,  1887. 
Osservazioni  intorno  allo  stile  di  Virgilio, 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  441 

Venosta  Felice.  Il  Teatro  Re  [in  Milano].  In  Gaasetta  musicale,  dei 
Ricordi,  N.  10,  4  marzo  1888. 

Venturi  A.  L'arte  emiliana  nel  rinascimento:  Il  Francia.  —  In  Ras- 
segna Emiliana,  di  Modena,  fase.  I  (1888). 

[Verdi].  Pougin  A.  Verdi,  sein  Leben  und  seine  Werke.  Deutsch  von 
Adolph  Schulze.  —  Leipzig,  Reissner,  in-8,  pag.  289, 

Aggiungi  :  Valori  {H.  de).  La  Musique  et  le  Document  humain ,  suivi 
d'une  étude  sur  Rossini  et  Verdi.  —  Chambery,  impr.  Chatelain  (Paris^  Oi- 
lendorff)  1888,  pag.  121,  in-8  picc. 

Viaggi  di  Giovanni  Ridolfi  fiorentino  (1480)  da  Milano  a  Genova. 
—  Nello  Zibaldone,  di  Firenze,  N.  3  e  4,  1888, 

Villari  Pasquale.  Nuove  questioni  intorno  alla  «  Storia  di  G.  Savo- 
narola e  de'  suoi  tempi  »  a  proposito  d'  uno  scritto  del  prof.  F. 
C.  Pellegrini  [nel  Giorn.  storico  della  letteratura  italiana,  voi.  X, 
pag.  238-54].  —  In  Archivio  storico  italiano ,  di  Firenze ,  di- 
spensa 2'\  1888. 
Cfr.  il  §  III  :  Carlo   YIll  a  Pacia,  a  pag.  200-201. 

Viola  avv.  Luigi.  Crema  nella  rivoluzione  del  1848,  conferenza  tenuta 
in  Crema  nella  sala  di  8,  Domenico  il  18  marzo  1888.  —  Crema, 
Tip.  Economica  di  G.  Anselmi,  1888,  pag,  26,  in-8. 

[Virgilio],  Cima  Antonius.  Analecta  vergiliana  et  tulliana.  —  In  Ri- 
vista di  filologia  e  d'istruzione  classica ,  di  Torino  ,  anno  XYI , 
fase.  7-8,  gennaio-febbraio  1888. 

Per  gli  studiosi  di  Virgilio  annotiamo  inoltre:  Màhly  F.  Aporie  virgiliane 
[in  Zeitsehrift  fiXr  die  oesterreickisehen  Gymnasien,  38,  6]  ;  Pascal  dottor 
Carlo.  La  questione  dell'  Egloga  IV  di  Vergilio ,  riassunto  storico  (Torino  , 
E.  Loescher,  1888,  pag.  20,  in-8)  ;  Lo  stesso.  Asinio  Pollione  nei  carmi  di 
Virgilio  (Napoli,  Tip.  della  R.  Università,  1888)  ;  Baehrens  E.  Emendationes 
Vergilianae  [in  «  Neue  Jahrbùcher  fur  Philologie  und  Padagogik  »,  voi.  135- 
136,  fase.  12];  Maurer.  Zu  Vergilius  Aeneis  [Ibidem  voi.  137-138  fase.  2]; 
Plùss  Th.  Zu  Aeneis  (IX,  176-445)  und  Ilias  (K)  [Ibidem  fase.  3];  Sabbadini  R. 
La  critica  del  testo  del  «  de  officis  »  di  Cicerone  e  delle  poesie  pseudo-ver- 
giliane.  Secondo  due  nuovi  codici  [Catania,  64  pag.,  inrS]  ;  Ellis.  Further 
Notes  on  the  Ciris  and  other  Poems  of  the  AppendLx  Vergiliana  [in  «  The 
American  Journal    of   Philology  »,  VIII-4]  ;  Hertz    M.  De  Virgilii    Maronis 


442  BIBLIOGRAFIA. 


grammatici    epitomarum   codice    Ambianensi   disputatio    (Breslau ,    1< 

Sir  Charles  Bowens  Translation  of  Virgil,  [in  «  Tlie  Edinburg  Review  », 

N.  342,  1888]. 

Virgilio.  Vedi  Draehmann,  Fimi,  Pichlmarjr,   Ussing. 

Vita  di  S.  Gerardo ,  nativo  e  protettore  della  ciUà  di  Monza.  — 
Monza,  Tip.  Corbetta,  1888,  pag.  22,  in-24. 

Vita  milanese.  —  Milano,  edit.  doti.  Francesco  VaV.ardi,  1888, 
pag.  432,  in-8. 
Non  è  che  un  estratto  di  diversi  capitoli  del  noto  Milano  stampato  nel 
1881  in  occasione  dell'esposizione  nazionale.  Ad  ogni  buona  salvaguardia 
notiamo  qui  i  15  capitoli  contenutivi:  Donfadini  R.  Una  passeggiata  storica  ; 
De-Castro  G.  Dialetto  e  letteratura  popolare  ;  Sacchi  G.  La  vita  intima  ; 
Bignami  V.  Club,  società  e  ritrovi;  Fontana,  F.  La  vita  di  strada;  Bar- 
biera  R.  Milano  in  campagna;  Manfredi  P.  Milano  legale;  Petrocchi  P. 'La, 
letteratura  a  Milano  ;  Filippi  F,  Il  teatro  drammatico  a  Milano  ;  Salcera- 
glio  F,  Archivi  e  biblioteche;  Ghiron  I.  e  Schiapparelli  G.  Associazioni 
scientifiche;  Prina  B.  L'istruzione  a  Milano;  Raoasio  P.  Scuole  popolari  ; 
Morandi  F.  Tipi  di  donne  illustri  milanesi  ;  Baraaalle  C.  Note  funebri. 

Wolfflin.  Die  Rettung  Scipios  am  Tessin.    —  In  Hermes.  XXIII,  2. 

Zannoni  Giovanni.  1  precursori  di  Merlin  Cocai.  —  Città  di  Castello, 
1888,  pag.  207,  in-8. 

Zanzi  Luigi.  Il  conte  Gian  Pietro  Porro  :  commemorazione  (29  gen- 
naio 1888).  —  Varese,  Tip.  Macchi  e  Brusa,  1888,  in-8,  pag.  30. 

Zerbini  Elia.  Sonetti  politici  vernacoli.  —  In  Giornale  storico  della 
letteratura  italiana,  fase.  31-32  (1888). 

Alcuni  sonetti  in  dialetto  bergamasco ,  tolti  dal  codice  LXVI ,  classe  XI 
della  Marciana,  e  che  si  riferiscono  alla  cattura  di  Lodovico  il  Moro  e  di 
suo  fratello  il  cardinale  Asoanio. 

Sonetti  di  interesse  storico,  tant'è  vero  che  uno  di  essi  fu  di  già  pubblicato 
da  C.  Cantù,  ed  è  quello  che  incomincia  O  vél,  o  cét,  o  cét  o  Lodooich.  Ma 
per  sfortuna  egli  non  ebbe  la  mano  felice,  togliendolo  da  un  ms.  del  mendace 
Zilioli  [Scorsa  d'un  Lombardo,  pag.  141],  il  quale  falsamente  l'attribuisce  a 
Lancino  Curzio ,  e  quindi  da  bergamasco  che  è  il  sonetto  ,  lo  fa  diventare 
milanese,  dandolo  spropositato. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  443 

Zemin  Gebhard.  Feldmarschall  Radetzkys  Denkwurdigkeiten  aus 
dem  Leben.  —  In  Wcstermann' s  illustricrte  deutsche  Monatshefte, 
maggio  1888. 

Zevi  Filippo,  capitano.  La  guerra  in  Italia  dal  1742  al  1815:  storia 
degli  avvenimenti  militari  della  penisola,  compilata  con  nuovi  do- 
cumenti e  nuove  ricerche.  —  Roma,  Tip.  Carlo  Voghera,  1888, 
in-8,  pag!  XVI-527. 


Nota  Bene.  —  D'ora  in  avanti  il  Bollettino  Bibliografico  giugno-set- 
tembre che  si  era  soliti  pubblicare  nel  fascicolo  di  settembre  dell' Archic io, 
si  darà  assieme  a  quello  di  settembre-dicembre  nell'  ultimo  dell'  anno  in  corso. 
E  ciò  a  motivo  dell'assenza  del  compilatore  da  Milano  nei  mesi  d'estate. 


APPUNTI  E  :n^otizie 


Museo  Archeologico  di  Milano.  —  Acquisti  e  doni  pervenuti 
al  Museo  nel  primo  semestre  del  1888. 

1.  Lapide  gallo-italica  coli'  iscrizione  da  destra  a  sinistra 

KOMONEOS  VARSILEOS 

scolpita  in  rozza  pietra  lunga  m.  1,  alta  cent.  40,  spessore  10  cent., 
rinvenuta  nel  febbraio  del  1875  a  S.  Pietro  di  Stabio  (Cantone 
Ticino)  insieme  a  parecchie  fibule  a  doppio  vermiglione  ;  acquisto 
del   Museo. 

Di  questa  pietra  ne  parlano  V.  Poggi,  «  Di  una  nuova  iscri- 
zione a  lettere  etrusche  »  nel  <<.  Bull,  dell' Ist.  di  corrispondenza 
archeolog.  »,  1875,  pag.  201.  —  A.  Fabretti ,  «  Terzo  supple- 
mento alla  Raccolta  delle  antichissime  iscrizioni  italiche  »,  pag.  73, 
N.  1  é  tav.  1,  fìg.  1.  —  P.  Castelfranco,  nel  «  Bullettino  di  Pa- 
letnologia Italiana  »,  anno  1879,  pag.  12,  anno  1886,  pag.  236. 

2,  Paracarro  in  serizzo  ghiandone  della  misura  di  m.  1.26 
x0.36x0.36;  selci  poligonali,  alcune  monete  romane  trovate  fra 
queste  ;  bocca  di  pietra  ;  piccolo  capitello  quadrilungo  con  ornato, 
scoperti  nelle  fondazioni  della  casa  in  angolo  delle  due  vie  Spa- 
dari  e  Torino  (febbraio  1888)  ;  dono  del  proprietario  Giuseppe 
Cipolla. 


APPUNTI    E    NOTIZIE.  445 


3.  Capitello  di  arenaria  annerito ,  base  di  colonna ,  diversi 
frammenti  di  ornato  in  cotto  e  un  cippo  sepolcrale  in  granito 
alto  m.  0.43,  largo  m.  0.385  e  dello  spesssore  di  m.  0.24  in  cat- 
tiva conservazione,  per  essere  stato  usato  come  materiale  di 
costruzione  in  un  muro  della  casa  N.  7  in  via  Cavenaghi.  — 
Dono  di  quella  Società  demolitrice. 

P . CASSI 
FR-PXXX 

Di  questo  cippo  è  riferito  nelle  «  Notizie  degli  scavi  di  anti- 
chità »,  comunicate  alla  R.  Accademia  dei  Lincei  nel  febbraio  1888 
a  pag.  128. 

4.  Embrice  ;  mezzo  disco  di  colonna  di  cotto  ;  base  di  colonna 
in  marmo  bianco;  due  mezzi  capitelli  ionici,  altri  frammenti  di  co- 
lonne (epoca  romana)  e  una  piccola  pietra  frammentata  colle  lettere 


V    «    M    ^    R-) 
P  U  L  e  R  0  CJ 

Dagli  scavi  della  casa  atterrata  nel  marzo  1888  in  via  Giu- 
lini,  N.  4. 

5.  Sei  anfore  diote;  alcuni  frammenti  di  capitelli  in  marmo 
bianco;  due  grandi  scici  di  via  romana  coi  solchi  caratteristici; 
lastre  di  marmo  avanzi  di  un  pavìmenium  seetìle. 

Sterrati  nelT  aprile  del  1888 ,  nel  posto  ove  sorgevano  le 
case  in  angolo  delle  vie  S.  Prospero  e  Broletto.  Dono  del- 
l' Impresa  demolitrice  Maroni ,  Noseda  e  Minorini  sotto  la  dire- 
zione dell'ingegnere  nob.  De  Strani. 

6.  Una  base  e  la  parte  inferiore  di  piccola  statua  di  marmo 
bianco,  alcuni  pezzi  di  terra  cotta  con  ornati  provenuti  dagli  at- 
terramenti delle  case  in  via  S.  Maria  Segreta  (aprile  1888),  dono 
del  capomastro  Castelli. 


446  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


7.  Frammento  di  un  cippo  sepolcrale  alto  metri  0.40, 
largo  0.30,  dello  spessore  di  ra.  0.13,  coli' iscrizione  : 

H  E  R  IVE  S 

IN  FR  P  XXVI 

IN  AGRVM 

dalle  demolizioni  in  via  Cavenaghi  (maggio  1888)  dono  dell'Im- 
presa Pollini  e  Mina. 

8.  Frammento  di  specchio  in  bronzo  con  stella  esagonale 
nel  centro  ed  altri  ornati  alla  periferia;  lucernetta  anepigrafe  in 
terra  rossa;  moneta  di  medio  bronzo  di  Tiberio.  Dono  del  signor 
Celeste  Verazzi,  questi  oggetti  furono  rinvenuti  nel  1885  insieme 
a  due  anfore  intatte  col  bollo  PERENNA  in  una  cava  di  ghiaia 
presso  Vigentino  e  se  ne  parla  nelle  Notizie  degli  scavi  comu- 
nicate all'Accademia  dei  Lincei,  anno  1886,  pag.  112. 

9.  Parecchi  pezzi  di  marmi  (porfido,  serpentino,  saccaroide), 
alcuni  tasselli  di  mosaico  e  cocci  di  stoviglie  rinvenuti  anni  sono 
dall'ispettore  degli  scavi  prof.  P.  Castelfranco  sotto  la  navata 
principale  di  S.  Giovanni  in  Conca. 

10.  Bassorilievo  in  marmo  bianco  ,  che  misura  l'  altezza  di 
cent.  32  del  secolo  XIII,  rappresenta  il  bacio  di  Giuda  a  Cristo, 
composto  di  sette  figure,  porta  l'  indicazione  manoscritta  Bassori- 
lievo appartenente  alla  demolita  Cappella  nella  Rocchetta  di  Porta 
Romana^  già  nel  Museo  Settala,  dono  dell' arch.  Luca  Beltrami. 

11.  Iscrizione  scolpita  su  marmo  bianco  della  larghezza  di 
cent.  76  per  l'altezza  di  cent.  47,  che  stava  capoversa  nel  zoccolo 
della  facciata  di  S.  Maria  Incoronata.  —  Dono  di  quella  Fabbriceria. 

Dm  BGHeDITI  DG  ^<2 

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QXlIi   OBtIT   1   ]^  ^   m 
CGC  ^<S)  IfXXX  ^o 


APPUNTI    E    NOTIZIE.  447 


12.  Tre  colonnette  con  basi  e  capitelli  di  stile  lombardo,  pro- 
venienti dalla  Chiosa  di  S.  Nazaro  alla  Pietra  Santa ,  atterrata 
neir  aprile  del  1888.  —  Dono  dell'  architetto  cav.  Luigi    Broggi. 

13.  Porta  in  legno  ferrata  e  con  chiave  della  prigione  esi- 
stente nel  Castello  medioevale  di  Pandino.  —  Dono  del  proprie- 
tario  marchese  Emanuele  D'Adda. 

14.  Frammento  di  una  lapide  in  marmo  bianco  dalle  demo- 
lizioni in  Via  Cavenaghi  (maggio  1888).  —  Dono  dell'  Impresa 
Pellini  e  Mina. 


CCCCLXXXXI 

S  A  R  C  0  P  H  A  G  U  M      V 

DEUM      ORATO      FAC; 


ì 


15.  Lapide  in  marmo  bianco  di  m.  1.90  di  lunghezza  e  un 
metro  di  altezza  con  contorno  finamente  scolpito,  che  ricorda  la 
fondazione  fatta  da  Tomaso  Marino  nel  1554  dell'  oratorio  di 
S.  Giovanni  Battista  dei  Genovesi  in  via  Nirone ,  come  ricorda 
r  istituzione  della  Congregazione  dei  Genovesi  detta  di  Gesù  e 
Maria,  eie  disposizioni  di  elemosine  e  di  dieci  doti  annue.  Dalla 
fronte  dell'Oratorio,  ora  soppresso,  passò  a  Mombello  (Comune 
di  Inversago)  nella  villa  del  principe  Giovanni  Pio  di  Savoia,  che 
ne  fece  dono  al  Museo  : 

AEDEM  CHRISTO  REDEMPTORI  ET  VIRGINI  A  FVNDAMENTIS  EREXIT 

ET    DEDICAVIT 

VIR    P(VS    ET    SENATORIVS    THOMAS    MARINVS 

ANNO    M.D.L.ini 

INSTITVIT    VERBERANTIVM    COLLEGIVM    QVI    PRECES    DEO    PVNDANT 

CRVCIFIXVM,  D.  N.   COMITTENTVR  PER  VRBEM  VESPERE  DIEI  IO  VIS  PASCHALIS 

AC    SACERDOTES    DIVINA    CELEBRARE 

AEGEN\'M  PRETEUEA  NON  OBLITVS  ET  PRO   MARITANDIS   DECEM   PVELLIS  OMNI  ANNO 

REDDITVM    DONAVIT 


448  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


16.  Marmo  grigio  lungo  cent.  56,  alto  29,  che  stava  murato 
nel  cortile  della  casa  in  via  Mangano,  N.  2 ,  e  che  in  origine  era 
posto  nella  base  della  Colonna  detta  di  S.  Barnaba,  eretta  nel  1577 
sul  largo  del  Cordusio  dai  vicini  abitanti,  esortati  all'opera  dal- 
l'arcivescovo Borromeo  per  ricordo  della  peste,  che  menò  strage 
in  quei  dintorni  (Latuada,  Deserizione  di  Milano,  tom.  V,  pag.  20). 
—  Dono  dell'  impresa  Maroni  e  C. 

CRVCIS    SIGNVM 
A    CAROLO   •   CARDI- 

ARCHIEPO  •  BENEDICTVM 
V-  GAL-  IVNII  •  M-D-LXXVII 
VICINIA    PESTE    AFFLICTA 

17.  Piccola  campana  in  bronzo  del  Comune  di  Milano,  che 
.serviva  per  il  mercato  nel  palazzo  del  Broletto,  già  Carmagnola, 
ora  Intendenza  delle  Finanze.  —  Deposito  Erariale. 

In  due  linee  : 

-}-    FVSA    INSCRIPTO    (sic)    AN    MDXIX    ETAZONE    REGNA    (Reina)    VIC  -    ggF° 
REFVSA    MDCCXXVII    -     VIC    -    CAROLO    DE    CAPITANEIS 

nel  corpo: 
Stemma  di  Milano  —  S.  Ambrogio  —  Sigillo  dei  fonditori  Bonavilla. 

18.  Lapide  in  marmo  bianco  della  lunghezza  di  cent.  77  per 
cent.  62  di  altezza,  disotterrata  alla  barriera  di  Porta  Ticinese,  nel 
posto,  in  cui  doveva  sorgere  un  arco  trionfale  dorico  a  tre  arcate, 
disegno  dell'architetto  Bargigli,  decretato  dal  Governo  Cisalpino 
in  memoria  della  vittoria  di  Marengo ,  e  che  rimase  allo  stato 
di  progetto.  —  Deposito  Municipale. 

DELLA    PORTA    GIÀ    TICINESE 

ORA   MARENGO 

QUESTA    È    LA    PRIMA    PIETRA    POSTA 

DAI    CITTADINI 

SOMMARIVA     •     VISCONTI     •     RUGA 

COMPONENTI    IL     COMIT,     DI    GOVERNO 

ASTANTI    PER    LA    NAZ.    FRANCESE 

PETIET    MINISTRO    STRAORD. 

MONCEY    L.    TENENTE    GENERALE 

COMANDANTE    LE    TRUPPE    FRANCESI 

NELLA    CISALPINA 

AI    XXVII    PRATILE    ANNO    IX 
(16  giugno  1801) . 


I 


AI'PUNTI    E    NOTIZIE.  449 


Medagliere  di  Casa  Savoia  donato  alla  città  di  Milano.  — 
Nel  1757  il  Re  Carlo  Emanuele  III  pensò  ad  una  raccolta  metal- 
lica, che  doveva  presentare  coli'  immagine  dei  principi  la  storia 
di  Casa  Savoia  da  Beroldo  il  Sassone,  primo  conte  di  Savoia,  in 
poi ,  3  commetteva  i  punzoni  al  celebre  incisore  Lorenzo  Lavy  ; 
questi  ne  aveva  apparecchiati  77,  quando  la  morte  del  Principe 
troncava  l'  impresa,  e  solo  all'  operosità  del  ministro  Luigi  To- 
relli é  dovuto  se  in  questi  ultimi  anni  la  preziosa  raccolta  venne 
tolta  dall'  obblio  della  zecca,  in  cui  giaceva,  e  se  la  fece  compire 
coir  incisione  dei  14  punzoni  mancanti ,  portando  la  collezione  a 
91  medaglie ,  che  raffigurano  i  41  principi  e  le  50  principesse  , 
che  si  contano  da  Beroldo  a  Vittorio  Emanuele  II.  Da  ultimo  la 
Giunta  Comunale  di  Torino  con  deliberazione  del  4  marzo  1885 
fece  coniare  le  due  medaglie  di  Re  Umberto  e  della  Regina  Mar- 
gherita e  con  squisito  pensiero  volle  mandare  in  dono  un  esem- 
plare del  completo  Medagliere  al  Municipio  di  Milano,  accompa- 
gnandolo di  una  cortesissima  lettera,  che  resterà  documento 
affettuoso  della  città  sorella  : 

CITTÀ  DI  TORINO 
Gahliìf^tto  del  Sindaco 

Torino,  16  maggio  1888. 

Questa  Giunta  Municipale,  in  seduta  del  4  marzo  1885,  deliberava 
di  completare  il  Medagliere  di  Casa  Savoia,  esistente  nel  Museo  civico, 
coir  aggiunta  dei  conii  relativi  agli  attuali  regnanti,  e  di  offrire  in  dono 
un  esemplare  dell'  intera  collezione  di  medaglie  al  patriottico  Municipio 
di  Milano ,  che  tante  dimostrazioni  d'  affetto  e  di  stima  diede  in  pa- 
recchie occasioni  alla  Città  di  Torino. 

Ultimata  in  questi  giorni  la  succennata  storia  metallica  della  gloriosa 
Dinastia  sabauda,  io  mi  faccio  gradito  dovere  di  offrirne  un  esemplare 
all'Amministrazione  comunale,  alla  quale  V.  S.  111. ma  presiede  con 
tanto  senno  ed  unanime  plauso,  valendomi  all'uopo  della  cortese  of- 
ferta di  ricapito  fattami  dall'  ing.  comm.  Riccio,  egregio  assessore  di 
questo  Municipio,  il  quale  si  reca  in  Milano  questa  sera  stessa. 
Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  29 


450  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


Nutro  fiducia  che  codesto  onorevole  Municipio  sarà  per  gradire  il 
dono,  quale  attcstato  dei  vincoli  di  viva  simpatia  e  di  fratellanza  che  uni- 
scono Torino  alla  nobile  Milano,  e  rinnovo  alla  S.  V.  Ill.ma  y  espres- 
sione dei  miei  sentimenti  di  alta  stima  e  di  inalterabile  devozione. 

Il  Sindaco j  M,  Voli. 
Ill.'^o  signor  Sindaco 

della  Città  di  Milano. 


■k 


Le  collezioni  dei  Medici.  —  Delle  ultime  pubblicazioni  del- 
l' operoso  E.  Muntz  ,  sempre  utili  per  bontà  di  documenti ,  seb  - 
bene  talvolta  il  lusso  dell'  edizione  mascheri  un  tantin  di  super- 
ficialità nel  testo  (il  che  è  difetto  di  molte  opere  di  storia  d'  arte 
di  Francia),  è  rimarchevole  quella  delle  CoUections  des  Médieis 
au  XV  siede  (Paris,  libr.  de  l'Art,  1888,  in-4  gr.),  che  serve 
d'appendice  ai  suoi  «Precursori  del  Rinascimento». 

Sfogliando  gì'  inventari  delle  preziose  raccolte  medicee  che  il 
MiiNTz  pubblica ,  con  troppa  parsimonia  di  note  esplicative  (1) , 
vi  troviamo  elencati  oggetti  di  provenienza  lombarda.  Ad  esem- 
pio :  neir  inventario  di  Piero ,  figlio  di  Cosimo  de'  Medici ,  del- 
l' anno  1456,  ricorrono  «  una  testa  del  Duca  de  Melano  leghato 
in  ariento  »  (argento)  ,  che  sarà  quella  di  Francesco  Sforza ,  e 
«  guanti  paia  4  da  homo  milanesi  d' ariento  et  di  seta  »  [pa- 
gine 17-19].  I  guanti  di  Milano  andavano  distinti,  sicché  il  Pistoja, 
passando  in  un  suo  sonetto  [pag.  213,  ediz.  Cappelli-Ferrari]  in 
rassegna  le  diverse  città  d' Italia,  lodava  Milano  per  i  guanti  [«  né 
più  squille  ha  Milano  o  guanti  o  zeti  »]. 

Neil'  inventario  del  1463  [  pag.  26]  sono  annotati  «  2  orinoli 
lombardi.  »  In  altro  del  1464  [pag.  39],  tra  i  vasi,  «  una  coppa 
di  cristallo  legata  in  ariento  dorato  et  smaltato  col  coperchio 
coir  arme  del    duca    di    Milano  »  e  stimata  300  fiorini.    Per  gli 

(1)  Poiché  non  è  vero,  come  egli  avverte  in  nota  a  pag.  23,  che  l'inter- 
pretazione dei  termini  tecnici  di  quegl'  inventari  sia  facile  e  si  possa  trovare 
«  dans  le  premier  dictionnairc  itahen  venu.  »  ! 


APPUNTI    E    NOTIZIE.  451 


orologi  in  Lombardia  nel  quattrocento  cfr.  Renier ,  Gasparo  Vi- 
sconti (in  Arehioio  Storico  Lombardo,  1886,  pag.  542  e  se- 
guenti e  822). 

Nell'inventario  di  Lorenzo  il  Magnifico,  fatto  alla  di  lui  morte, 
nel  1492,  citansi  «  uno  quadro  dipintovi  la  testa  del  duca  Gha- 
leazo  di  mano  di  Piero  del  PoUaiuolo  »  ,  stimato  fiorini  10 ,  e. 
«  uno  colmo  di  braccia  2  V2  chon  dua  teste  al  naturale  ,  cioè 
Francesco  Sforza  et  Ghatamelata ,  di  mano  duno  da  Vinegia  » , 
fiorini  10,  e  che  il  Courajod  crede  identificare  coi  ritratti  conser- 
vati nel  Museo  d 'Arte  Industriale .  di  Vienna  [pag.  64]  ,  ipotesi 
messa  in  dubbio  dal  Fabriczy  [Arch.  storico  dell'Arie ,  fasci- 
colo I,  1888J. 

Nel  palazzo  di  Careggi  [pag.  89]  presentavasi  alla  vista  «uno 
quadro  dipintovi  dentro  una  Lombardia  »',  longa  braccia  4  V3  6 
largo  br.  2,  stimato  1  fiorino. 


Un  medico  Bergamasco  a  Napoli  nel  1392,  e  dentisti  Lom- 
bardi A  Roma  nel  secolo  scorso,-  —  N.  Barone  ha  ultimato 
neìV Archivio  Storico  Napoletano  la  pubblicazione  delle  sue  «Notizie 
raccolte  dai  Registri  di  cancelleria  del  re  Ladislao  di  Durazzo.  » 
Nel  fase.  IV,  1887,  a  pag.  739,  è  ricordato  per  gli  anni  1392-93 
un  «  Benedetto  del  fu  Bono  de  Marinonis  de  Bergamo  »,  profes- 
sore in  medicina  ed  in  fisica,  in  Napoli. 

Il  Bertolotti  ha  pubblicato  un  suo  nuovo  lavoro:  «  Notìzie  e 
documenti  sulla  storia  della  farmacia  e  dell'empirismo  in  Roma». 
[Estr.  dal  Monitore  dei  farmacisti.  —  Roma,  Tip.  Aldina,  1888]. 
Vi  è  registrata  la  concessione  del  1779  ad  Angelo  Maria  Fau- 
stini,  dentista  lombardo,  per  esercitare  la  sua  professione  sulle 
pubbliche  piazze.  Ed  un  anno  dopo  il  Governatore'  di  Roma  ac- 
jordava  licenza  a  Giovanni  Crespo,  milanese^  di  cavare  e  pulire 
penti  «  e  di  poter  andare  per  la  città  gridando  e  dicendo  le  se- 
guenti parole:  —  Chi  vuol  cavarsi  e  pulire  i  denti  —  come  an- 
cora della  licenza  di  giuochi  chiamati  di  destrezza  e  prestezza  de 
lani.  »   [Cfr.  pag.  22-23]. 


452  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


Un  poeta  Cremonese  cancelliere  a  Ragusa.  —  Nell'Ateneo 
Veneto,  fase.  I-III,  1888,  è  a  leggersi  un'interessante  me- 
moria di  Giacomo  Boni  ,  intorno  ai  Monumenti  d'Architettura 
della  Dalmazia.  A  pag.  109  è  menzione  del  lavoro  gotico  più 
bello  e  più  interessante  in  Dalmazia,  il  palazzo  della  piccola  Re- 
pubblica di  Ragusa ,  incominciato  nel  1435  da  messer  Onofrio 
Giordani  di  La  Cava,  napolitano.  Benché  sia  stato  molto  alterato 
posteriormente  ,  contiene  tuttavia  gran  parte  del  suo  lavoro.  La 
facciata  era  in  origine  fiancheggiata  da  torri  basse,  fra  le  quali 
nel  pianterreno  aprivasi  una  loggia  di  sei  archi ,  sostenuta  da 
colonne  monoliti  dell'isola  di  Curzola  e  capitelli  scolpiti  con  un 
tocco  artistico  che  non  potrà  essere  mai  esaltato  abbastanza. 
E  su  uno  di  detti  capitelli  venne  scolpito  ,  per  consiglio  del  no- 
bile cremonese  Nicolao  da  Sazina,  allora  cancelliere  di  Ragusa, 
r  effigie  di  Esculapio  con  una  sua  iscrizione  in  versi.  Ci  resta 
un  ragguaglio  di  questo  palazzo  ,  fatto  da  un  maestro  di  scuola 
di  Ragusa,  il  quale  vide  i  capitelli  fra  le  mani  dello  scultore  e 
che  scriveva  : 

«  In  prima  (colonna)  sculptus  est  Aesculapius  artis  medicinae 
«  reparator,  id  persuadente  singulari  poeta  et  litterarum  doctissimo 
«  Nicolao  de  Sazina,  nobili  Cremonensi,  viro  procul  dubio  magni 
«  ponderis  ,  et  inter  doctos  dignis  ejus  meritis  aprobato ,  qui  ut 
«  suae  patriae  dissentionibus  paululum  cederet ,  cancellariatus 
«  Ragusij  onus  gerere  et  pati  disposuit ,  ac  nunc  patitur.  Hic 
«  enim  cum  scivisset  et  suis  litterarum  studijs  didicisset,  Aescu- 
«  lapium  JCpidauri ,  quod  nunc  Ragusium  dicitur,  oriundum  fuisse 
«  summo  studio  elaboravit ,  ut  insculperetur  illius  simulacrum  , 
«  cui  epitaphium  metricum  mui^o  infìxum  edidit.  » 


Ancora  della  famiglia  Moroni.  —  Nel  fascìcolo  precedente  ab- 
biamo indicato  all'attenzione  il  Girolamo  Morone  di  Carlo  Gioda, 
erroneamente  stampato  Giuda. 


APPUNTI    E    NOTIZIi:.  453 

Ora  nella  Ricista  Storica  Italiana  del  gennaio-marzo,  troviamo 
una  succosa  biografia,  che  merita  esser  registrata  fra  quella  degli 
illustri  lombardi. 

Sono  una  curiosità  le  relazioni  che  i  conclavisti  mandavano 
fuori  sui  varj  incidenti  dei  conclavi,  raccolti  per  eleggere  il 
nuovo  papa.  Or  ora  fu  pubblicata  quella  del  conclave  dopo  la 
morte  del  milanese  Pio  IV. 

Era  grandissimo  il  favore  pel  cardinale  Gio.  Morone,  tolto  al- 
lora di  carcere,  e  le  solite  relazioni  ne  parlano  con  sommo  favore. 
Eran  50  cardinali ,  e  1'  imperatore,  i  re  di  Spagna  e  di  Francia 
erano  troppo  occupati  in  casa.  Capipartito  Carlo  Borromeo  e 
Alessandro  Farnese.  Carlo  menava  tutte  le  creature  di  Pio  IV  suo 
zio ,  ma  non  palesava  la  sua  predilezione  pel  Morone.  I  voti 
crebbero  per  questo  a  segno  ,  che  tutti  si  mossero  per  andare 
a  fargli  1'  adorazione  ;  ma  si  convenne  di  differirla  al  domani. 
Quell'intervallo  mutò  i  consigli. 


Statuti  di  Milano.  —  La  Raccolta  degli  Statuti  Municipali 
italiani  che  si  stampa  da  A.  Todaro  a  Palermo  ,  lascia  troppo 
a  desiderare  per  scelta  di  testi,  revisione,  confronti  e  note.  La 
natura  di  questo  giornale  ci  limita  a  ricordare  Consuetudines  et 
Statuta  Mediolani.  E  riproduzione  delle  Consuetudines  del  1216, 
data  nei  Monumenta  Historice  Patrice ,  tom.  XVI ,  senza  cono- 
scere la  critica  che  ne  fece  il  Berlan  nel  1866  e  la  nuova  sua 
lezione.  Poteano  completarle  gli  Statuti  del  1396 ,  confermati 
da  Gian  Galeazzo ,  e  che  si  stamparono  nel  1480-82.  Invece 
il  Todaro  stampa  quelli  del  1502 ,  tante  volte  riprodotti  e  anno- 
lati.  Cosi  poco  ò  dato  sperarne. 


Documenti  Spagnuoli.  —  Nel  fase.  I,  1888,  della  Historische 
Zeitschrift,  dello  Sybel  di  Berlino,   Corrado  Haebler.  passa  in 


454  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


rassegna  gli  ultimi  lavori  comparsi  ,  pertinenti  la  storia  della 
Spagna  nel  secolo  XVII  [«  Neuere  Arbeiten  zur  Geschichte  Spa- 
niens  im  .17.  Jahrhundert  »]  ,  periodo  troppo  importante  per  la 
nostra  Lombardia  per  essere  trascurato.  L'Haebler  esamina  gì'  im- 
portanti scritti  inserti  nella  grandiosa  Coleeeion  de  documentos 
ìnéditos  para  la  hisioria  de  Espana ,  composta  di  86  e  più  vo- 
lumi (il  l*^*  comparve  nel  1842),  e  che  indarno  cerchiamo  nelle 
biblioteche  di  Milano,  La  Coleeeion  consacra  una  abbondante  rac- 
colta di  documenti,  costituenti  una  raccolta  di  più  di  2000  pagine 
al  duca  di  Ossuna  [I  volumi  44-47]. 

Una  poi  delle  preziosissime  pubblicazioni  per  la  storia  della 
politica  spagnuola,  è  la  corrispondenza  di  Fernandez  de  Cordoba 
da  Milano  dell'  anno  1629  e  della  Colleeeion,  voi.  54,  369-573  e 
voi.  55,  1-41  [«  Correspondencia  de  D.  Gonzalo  Fernandez  de  Cor- 
doba con  Felipe  IV  conde-duque  de  Olivares  ,  duque  de  Saboya 
y  otros  personajes  sobre  la  guerra  promovida  en  el  Monferrato  »]. 
Aggiungi ,  e  questo  non  poteva  avvertire  per  il  caso  nostro 
r  Haebler,  che  il  voi.  39"  della  suddetta  Coleeeion,  contiene  i 
Doeumentos  relativi  a  Pier  Martire  d'  Angora. 


Lettera  di  Ugo  Foscolo.  —  Giacché  tanto  si  cerca  oggi  ogni 
minuzia  del  Foscolo,  ne  rechiamo  questa  lettera,  tolta  dal  nostro 
Archivio  di  Stato  : 

Milano,  6  settembre  1811. 

Al  Signor  Conte  Consigliere  di  Stato, 
Direttore  Generale  della  Pubblica  Istruzione, 

L'  onore  compartitomi  di  rivedere  nella  parte  delle  lingue  e  dello 
stile  le  rappresentazioni  proposte  dalla  Compagnia  Reale ,  accresce 
l'ossequiosa  riconoscenza  ch'io  da  gran  tempo  professo  a  S.  E.  il 
S.i"  Ministro  dell'Interno,  ed  a  lei,  Signor  Conte,  che  si  è  mostrato 
propenso  sempre  a  beneficarmi.  Tenterò  dunque  di  soddisfare  almeno 
in  parte  al  mio  debito,  adempiendo,  secondo  il  mio  potere,  alle  supc- 


APPUNTI    E    NOTIZIE.  455 


riori   intenzioni  r  però  Ella  mi  avrà  sempre  pronto  agli  ordini  che  si 
degnerà    d'ingiungermi   sul  lavoro   a   cui  Ella  mi  ha  creduto  capace. 
Piacciale  ad  un  tempo  di  credere  ch'io  vivrò  perpetuamente  memore 
dell*  onore  con  che  Ella  ha  saputo  aggiungere  pregio  al  beneficio. 
Di  Lei ,  Signor  Conte 


Devotissimo  Servidore 
Ugo  Foscolo. 


R.  Deputazione  di  storia  patria  per  le  Antiche  Provincie 
E  LA  Lombardia.  —  Nel  mattino  del  10  aprile  la  R.  Deputazione 
si  riunì  nell'Archivio  di  Stato  in  Milano  per  la  prima  Seduta  ; 
presiedeva  il  comm.  Carutti  di  Cantogno,  letti  i  verbali  delle 
Adunanze  tenute  a  Genova  nell'aprile  del  1887,  ed  approvati  i 
conti  consuntivo  e  preventivo,  il  Segretario  della  Società  Storica 
Lombarda  presentava,  in  omaggio  di  questa  Società  ai  Membri 
della  R.  Deputazione  un  volume  del  Calvi  su  Bianca  Maria 
Sforza- Visconti  e  gli  Ambasciatori  di  Lodovico  il  Moro  alla 
corte  Cesarea,  un  disegno  inedito  del  Castello  del  Valentino  in 
Torino  con  illustrazione  dell'  architetto  Luca  Beltrami  ed  altri 
opuscoli  storici.  Il  prof.  Rossi  di  Ventimiglia  disse  di  aver  rac- 
colto e  studiato  documenti  che  accertano  la  pratica  del  rito  am- 
brosiano nelle  Diocesi  della  Liguria. 

In  seguito  fu  nominato  a  Delegato  supplente  presso  l' Istituto 
Storico  Italiano  in  Roma  il  comm.  Domenico  Carutti  e  a  Segre- 
tario della  Commissione  Lombarda  r  avv.  Emilio  Seletti;  vennero 
poi  eletti  a  membro  effettivo  il  cav.  Filippo  Vivanet  prof,  nella 
R.  Università  di  Cagliari  e  a  corrispondenti  il  teologo  Pietro 
Canetti  prefetto  dell'Archivio  Eusebiano  di  Vercelli,  il  cav.  Isaia 
Ghiron  prefetto  della  Braidense  e  la  signora  Luisa  Saredo  autrice 
della  recente  monografia  sulla  Regina  Anna  di  Savoia. 

Alle  ore  tre  pomeridiane  si  tenne  nell'  aula  del  R.  Istituto 
Lombardo  una  pubblica  adunanza,  alla  quale  intervenne  il  Sin- 
daco comm.  G.  Negri^  molti  soci  della  Società  Storica  Lombarda 
e  ragguardevoli  personaggi  in  rappresentanza  di  parecchi  Istituti 


456  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


scientifici  Milanesi.  Il  comm.  Cantù  diede  il  benvenuto  ai  Col- 
leghi,  ricordò  le  molte  ed  importanti  pubblicazioni  della  R.  Depu- 
tazione ne'  suoi  55  anni  di  vita,  disse  dell'operato  della  Società 
Lombarda  nell'  interesse  degli  studi  storici,  ricordò  la  benemerita 
Società  Palatina. 

Il  Presidente  Barone  Carutti  ebbe  gentili  parole  per  il  nestore 
degli  storici  C.  Cantù  e  per  la  Società  Lombarda,  segnò  la  storia 
della  Deputazione  Subalpina  e  il  valido  soccorso  portato  agli 
studi  colle  moltissime  sue  pubblicazioni,  commemorò  infine  i  soci 
perduti  Banchi,  Casanova,  Gozzadini,  Leonii,  Remondini,  Reumont. 

Il  Segretario  Barone  Manno  riferi  intorno  ai  lavori  preliminari 
per  la  stampa  del  secondo  tomo  degli  indici  cronologici  murato- 
riani,  a  cui  attende  col  collega  prof.  Cipolla,  cosi  dell'  opera  del 
prof.  Ferrerò  sulla  carta  topografica  del  Piemonte  ai  tempi  della 
dominazione  romana,  indicò  le  prossime  pubblicazioni  nella  Bi- 
hlioieca  storica  italiana,  nella  Miscellanea  e  nei  Monumenta 
historiae  pairiae. 

Da  ultimo  il  deputato  Bollati  lesse  una  relazione  sopra  il  conto 
sincrono  delle  entrate  e  delle  spese  risguardanti  la  spedizione  di 
Amedeo  VI  in  Oriente  negli  anni  1366  al  1368,  e  di  quel  codice 
se  ne  approvò  la  stampa. 

Questa  festa  degli  studi  storici  veniva  chiusa  con  un  banchetto,- 
a  cui  sedevano  le    Presidenze   della  R.  Deputazione  e  della    So- 
cietà Lombarda  invitate  dall'  illustre  Cantù,  che  alla  fine  salutava 
i  Colleghi    coir  augurio  di  rivedersi    all'  assemblea   generale  che 
si  terrà  in  Torino  nell'  aprile  1889. 


Quarto  Congresso  storico  italiano.  —  Nell'Adunanza  del 
18  marzo  p.  p.  della  R.  Deputazione  di  storia  patria  per  le  Pro- 
vincie della  Toscana,  dell'Umbria  e  delle  Marche,  residente  in 
Firenze,  fu  deliberato  :  1."  Che  il  congresso  si  tenga  nell'  autunno 
del  1889  ;  2°  Che  si  nomini  una  Commissione  con  incarico  di 
fare  le  proposte    opportune  cosi  rispetto  al  programma  del  Con- 


APPUNTI    E    NOTIZIE.  457 


I 


gresso,  come  rispetto  a  una  pubblicazione  da  farsi  da  quella 
Deputazione  per  omaggio  al  Congresso  medesimo  ;  3."  Che  la 
Commissione  si  componga  dei  soci  Villari,  Del  Lungo  e  Ridolfi  ; 
e  che  il  Segretario  della  Deputazione  funzioni  da  Segretario  della 
Commissione  stessa  ;  4."  Che  le  proposte  che  farà  la  Commissione 
siano  dalla  Presidenza  della  Deputazione  comunicate  per  iscritto 
ai  soci  per  averne  il  parere  ;  poi  definitivamente  discusse  e  ap- 
provate dal  Consiglio  direttivo. 


Concorsi  a  premii.  —  Tra  i  IG  lavori  presentati  all'Accademia 
dei  Lincei  per  concorrere  ai  premi  del  Ministero  per  le  Scienze 
storiche,  1887-88.  notiamo  ,  come  d'  argomento  lombardo  :  Bu- 
STELLI  Giuseppe,  Sulla  decollazione  di  Francesco  Bussone  conte 
di  Carmagnola  [stampato]  ;  Colombo  Elia  ,  Gli  Angioini ,  re 
Renato  e  duca  Giovanni  in  Italia  [manoscritto  ;  documenti  del- 
l'Archivio di  Milano^  ;  Gian  Andrea  Antonio  ,  Della  Signoria 
di  Francesco  Sforza  nella  Marca ,  secondo  le  memorie  e  i  do- 
cumenti dell'Archivio  settempedano  [stampato]  ;  Mantovani  Gae- 
tano, Il  territorio  sermidese  e  limitrofi  [stampato]  ;  Paravicini 
Tito  Vespasiano,  U Abazia  di  Chiaravalle  Milanese  [ms.]  ;  Ano- 
nimo, Ricerche  sulla  storia  civile  del  Comune  di  Cremona  Jino 
al  1334  [ms.]. 

(Atti  della  R.  Accad.  dei  Lincei,  fase.  X,  20  maggio  1888, 
pag.  601). 

Necrologio.  —  È  morto  Carlo  Kunz  ,  fondatore  e  direttore 
onorario  del  Museo  Civico  di  antichità  di  Trieste,  agli  11  di  feb- 
braio 1888  in  Venezia.  Fu  numismatico  di  alto  valore ,  e  allo 
studio  principalmente  delle  monete  medievali  dedicò  molte  sue 
dotte  pubblicazioni.  Citiamo  per  la  storia  lombarda  :  Jacopo  Man- 
delli  III,  conte  di  Maccagno  e  le  sue  monete,  nella  Rivista  della 


458  APPUNTI    E    NOTIZIE, 


Numismatica  antica  e  moderna,  di  Asti,  voi.  I,  1864;  Della 
Zecca  di  Crema ,  nella  sua  Miscellanea  di  Numismatica,  Vene- 
zia, 1867  ;  Il  Museo  Boitacin  annesso  alla  civica  Biblioteca  e 
Musso  di  Padova  ;  parte  III  :  Mantova  e  le  zecche  minori  dei 
Gonzaga,  in  Periodico  di  Numismatica  e  sfragistica,  di  Firenze, 
fase.  VI ,  anno  I  (1869)  ;  Delle  monete  ossidionali  di  Brescia , 
neWArchcografo  Triestino,  N.  Serie,  voi.  IV,  1876.  —  Il  Kunz 
fu  anche  studioso  di  paletnologia  e  collaboratore  del  Bulleitino 
di  Parma.  Una  sua  biografìa ,  accompagnata  del  ritratto ,  è  da 
consultarsi  nella  Rivista  Italiana  di  Numismatica ,  di  Milano , 
fase.  I,  1888. 

Nella  sua  villa  di  Ombriano ,  presso  Crema ,  moriva  ai  23 
aprile  p.  p.  il  conte  Francesco  Benvenuti  Sforza.  Attese  egli 
con  amore  allo  studio  delle  belle  lettere  e  soprattutto  della  storia. 
Scrisse  con  spirito  liberale  la  Storia  di  Crema  [Milano,  Bernar- 
doni,  1859-60]. 

Negli  ultimi  giorni  ,  mentre  lo  affliggeva  il  malore  che  lenta- 
mente lo  trasse  alla  tomba ,  egli  dettava  il  suo  Dizionario  bio- 
grafico cremasco ,  del  quale  sono  ora  uscite  le  tre  prime  di- 
spense [Crema,  Tip.  Cazzamaìli]. 

Merita  una  speciale  ricordanza  in  questo  Archivio,  la.  imma- 
tura perdita  di  Leo  Benvenuti  ,  di  Venezia,  morto  in  Milano,  ai 
3  marzo   1888.  Diamo  i  titoli  delle  sue  principali  pubblicazioni  : 

Catalogo  dell'Archivio  della  Magnifica  Comunità  d'Este,  1880; 
Il  Museo  Euganeo- Romano  di  Este,  1880  ;  Bibliografia  Aie- 
stina,  1881  ;  Un  autografo  di  Ugo  Foscolo,  1881  ;  Indicazione 
del  Museo  d'Este,  1882  ;  Lord  Brjron  a  Este,  1884  ;  Note  biblio- 
grafiche, 1885;  La,  Sitala  Benvenuti,  1886. 


I 


FRANCESCO    GALANTINO. 


Un  nuovo  lutto  ebbe  a  provare  la  Società  Storica  Lombarda 
colla  morte  avvenuta  al  1"  maggio  u.  s. ,  del  conte  Fran- 
cesco Galantino. 

Era  nato  in  Soncino  il  27  luglio  1824  dai  coniugi  Giovanni 
Vincenzo  e  contessa  Antonia  Camozzi  ,  e  la  sua  vita  fu  con  as- 
sidua cura  dedicata  a  servire  ed  illustrare  la  terra  natale.  Chia- 
mato nel  1863  a  prender  parte  ai  lavori  del  Consiglio  del  Co- 
mune e  del  Consiglio  della  Provincia  ,  nominato  a  quella  stessa 
epoca  Sindaco  di  Soncino ,  egli  declinava ,  per  la  sua  natura 
modesta ,  quest'  ultima  carica ,  per  dedicarsi  interamente  allo 
studio  delle  vicende  del  Comune. 

L'  opera  sua  maggiore  fu  appunto  la  Storia  di  Soncino,  pub- 
blicata in  tre  volumi  negli  anni  1869-70  (1).  Coli'  aiuto  di  molti 
documenti  relativi  a  Soncino,  rinvenuti  in  pubblici  e  privati  archivi, 
il  conte  Galantino  potè  condurre  a  termine  un  lavoro,  tentato  qualche 
tempo  prima  da  Paolo  Ceruti,  il  quale  però,  scarso  di  mezzi  per 
completare  la  raccolta  delle  notizie  storiche  riguardanti  Soncino, 
aveva  dovuto  limitarsi  a  scrivere  le  biografie  de'  più  illustri  Son- 
cinesi ,  che  furono  pubblicate  solo  dopo  la  sua  morte.  Come  il 
Galantino    stesso    dichiara    nella    prefazione    dell'  opera ,  la    sua 

(l)  Milano,  coi  Tipi  di  Giuseppe  Bernardoni. 


460  NECROLOGIO. 


Storia  di  Sonciiio  ,  anziché  essere  divisa  per  materie ,  si  svolge 
coir  ordine  cronologico ,  secondo  il  metodo  adottato  dal  Giulini 
nelle  sue  Memorie  della  città  e  campagna  di  Milano,  seguendo 
altresì  le  orme  del  Giulini  nel!'  introdurre  nel  testo  citazioni  e 
commenti  di  atti ,  non  strettamente  storici ,  ma  piuttosto  econo- 
mici,  come  le  pergamene  di  antiche  enfiteusi,  di  istituzioni  pie, 
con  particolar  riguardo  per  quelle  anteriori  al  XV  secolo,  per- 
chè di  maggiore  interesse.  11  volume  primo,  partendo  dalle  origini 
di  Soncino  e  sue  vicende  avanti  il  mille ,  abbraccia  i  periodi 
storici  del  Comune  dell'  Impero,  e  della  signoria  Viscontea,  termi- 
nando col  periodo  Sforzesco  ;  il  secondo  volume  si  diffonde  sul 
periodo  della  dominazione  spagnuola ,  eh'  ebbe  una  particolare 
importanza  per  Soncino  col  succedersi  dei  marchesi  Massimiliano  I 
ed  Ermete  I  Stampa  (1535-1557),  Massimiliano  II  Stampa  (1557- 
1596) ,  Ermete  II  (1596-1621) ,  e  Massimiliano  III  quinto  mar- 
chese (1621-1658)  ;  e  con  questo  volume  si  arriva  alle  ultime 
vicende  di  Soncino  (1800-1866).  Il  terzo  volume  è  costituito  inte- 
ramente da  documenti  in  parte  inediti ,  dei  quali  il  più  antico 
risale  al  settembre  del  920 ,  ed  è  il  diploma  col  quale  Beren- 
gario I  conferma  ai  Benedettini  di  S.  Pietro  e  dell'  Eremo  di 
S.  Zenone  presso  Soncino,  le  donazioni  fatte  ai  loro  predecessori 
da  Matelda,  vedova  di  Adaloardo,   re  de'  Longobardi  (1). 

Ciò  che  dà  speciale  valore  a  questo  volume,  si  è  che  la  mag- 
gior parte  dei  documenti  inediti  si  riferisce  ai  secoli  XII ,  XIII 
e  XIV ,  e  molti  riguardano  quelle  questioni  di  confine  e  di  acque 
che  Soncino  ebbe  lungamente  colle  vicine  terre  di  Orzinovi ,  Cre- 
mona, Brescia.  Più  tardi  il  conte  Galantino  pubblicava,  a  guisa 
di  appendice  a  questa  sua  storia,  /  Conti  del  Forese  e  i  Gouffier  de 
Boysi  (2),  cui  tenne  dietro,  a  breve  intervallo,  un  supplemento  (3), 
nel  quale  presero  posto  molti   altri  documenti  riguardanti  la  Si- 


(1)  Il  documento  illustrato  tre  anni  prima  dal    prof.   Waitz  nel  Giornale 
Storico  di  Gottinga,  non  era  stato  ancora  pubblicato  in  Italia. 

(2)  Milano,  Tip.  Bernardoni ,  1880. 

(3)  Milano,  Tip.  Bernardoni,  1881. 


NECROLOGIO.  4G1 


gnorla  feudale  dei  Gouffier  in  Lombardia,  in  parte  comunicati  al 
conte  Galantino  dal  commendatore  C.  Cantù ,  il  quale  li  aveva 
trascritti  dai  Registri  conservati  nell'  Archivio  di  Stato ,  in  parte 
dovuti  alle  ricerche  fatte  in  Parigi  dal  visconte  de  Poli  che  pel 
suo  parentado  coi  Gouffier  potè  esaminare  accuratamente  i  pre- 
ziosi manoscritti  del  Cabinet  des  titres ,  nella  Dihliothèque  Na- 
tionale. 

All'opera  delle  famiglie  notabili  Milanesi  il  compianto  nostro 
collega  pure  collaborò,  illustrando  la  famiglia  Medici  di  Mari- 
gnano,  colla  quale  il  suo  matrimonio  lo  aveva  imparentato. 

Il  dono  che  1'  ultimo  marchese  Stampa  fece  al  Comurie  della 
Rocca  Sforzesca ,  da  Galeazzo  Maria  Sforza  eretta  a  difesa  di 
Soncino  nel  1472,  forni  occasione  al  conte  Galantino  (1)  di  trac- 
ciare brevemente  nel  nostro  Archivio  Storico  le  vicende  della 
Rocca ,  richiamando  cosi  1'  attenzione  sopra  questo  interessante 
esemplare  dell'  architettura  militare  del  XV  secolo,  che  da  molto, 
tempo  era  lasciato  nel  più  squallido  abbandono  ;  al  tempo  stesso 
il  conte  Galantino  ,  come  membro  della  Commissione  Conserva- 
trice dei  Monumenti  per  la  Provincia  di  Cremona ,  sollecitava 
dal  Governo  i  provvedimenti  necessari  ad  arrestare  la  rovina  del- 
l' edifìcio.  Fu  appunto  nel  1883  che,  incaricato  dal  R.  Ministero 
della  Pubblica  Istruzione  di  predisporre  i  rilievi  e  il  progetto  di 
restauro  della  Rocca  Sforzesca  di  Soncino,  ebbi  la  fortuna  di  en- 
trare in  rapporti  personali  col  compianto  conte  Galantino,  il  quale, 
non  pago  di  avere  sollecitato  l' intervento  del  Governo  e  di  aver 
promosso  lo  studio  del  restauro,  segui  con  interesse  ed  affetto  i 
miei  studi  e  le  mie  ricerche  confortandomi  del  suo  prezioso  con- 
siglio ed  aiutandomi  nelle  lunghe  pratiche  che  precedettero  l'inizio 
dei  lavori  di  restauro.  Allo  stesso  modo  egli  s'  interessò  viva- 
mente per  le  sorti  di  un  altro  edificio  insigno  di  quel  Comune  , 
la  chiesa  di  S.  Maria  delle  Grazie  ,  interessante  costruzione  del 
Rinascimento,  sgraziatamente  lasciata  in  cattive  condizioni,  e  final- 

(1)  L' iscrizione  messa  sull'  ingresso  Iella  Rocca  a  memoria  del  marchese 
Stampa  Soncino,  fu  dettata  dal  Galantmo. 


462  NECROLOGIO. 


mente  in  questi  ultimi  tempi  sollecitava  il  restauro  della  vecchia 
torre  del  Comune. 

Nel  1883  pubblicava  un  cenno  storico  suU'  Ospitale  de'  Nobili 
Barbò  in  Soncino  (1).  Fu  a  quest'  epoca  che  il  benemerito  ed 
operoso  nostro  Collega ,  attivo  Consigliere  di  Presidenza  della 
nostra  Società  fin  dal  1879  ,  ebbe  a  provare  per  la  morte  del- 
l' unico  figlio  un  fiero  colpo  che  lo  indusse  a  vita  ritirata ,  con- 
servando solo  r  ufficio  di  Consigliere  Comunale  di  Soncino ,  che 
dal  1863  tenne  continuamente  sino  allo  scorso  anno,  e  prendendo 
parte  ai  lavori  della  Congregazione  di  Carità  e  di  varie  commis- 
sioni municipali. 

Il  Consiglio  Comunale  di  Soncino,  radunatosi  pochi  giorni  dopo 
la  morte  del  compianto  nostro  Collega ,  accoglieva  unanime  la 
proposta  della  Giunta  di  porre  nel  Palazzo  del  Comune  una 
lapide  ,  a  ricordare  le  molte  benemerenze  di  cittadino  ed  i  me- 
riti di  storico  del  conte  Francesco  Galantine. 


L.  B. 


(1)  Crema,  1883. 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


AdAinanza    Generale    del    13    maggio    188d. 

Presidenza  del  cav.  F.  Calvi,  vicepresidente. 

Letto  ed  approvato  il  verbale  dell'  Adunanza  del  26  febbraio  , 
il  Presidente  riferisce  intorno  all'Assemblea  tenuta  in  Milano  il 
10  aprile  dalla  R.  Deputazione  di  Storia  Patria  per  le  antiche 
Provincie  e  la  Lombardia ,  e  su  quanto  fece  la  rappresentanza 
della  Società  Lombarda  per  festeggiare  gli  onorevoli  colleghi  ; 
comunica ,  infine,  una  lettera  di  quel  presidente  Barone  Carutti  , 
colla  quale  ,  a  nome  della  R.  Deputazione  ,  ringrazia  vivamente 
per  le  cortesi  accoglienze  ricevute. 

La  parola  è  quindi  data  al  prof.  Adolfo  Cinquini ,  cui  legge 
una  Memoria  intorno  alla  Cronaca  Vieecomitum  Angleriae,  cono- 
sciuta col.  titolo  di  Cronaca  Danielis,  la  quale  si  riferisce  in  parte 
alle  gesta  di  Federico  Imperatore,  ed  ha  un  interesse  speciale 
per  le  notizie  topografiche  di  Milano  del  secolo  XIII  ,  il  Confe- 
renziere dice  dei  manoscritti  conservati  nelle  Biblioteche  di  Pa- 
rigi ,  di  Torino ,  di  Milano  ,  e  ritiene  che  quello  della  Nazionale 
di  Parigi  sia  del  XIV  secolo  ,  proveniente  dalla  Biblioteca  Vi- 
scontea, e  se  non  l'originale,  la  copia  più  antica;  a  questa  per 
importanza  di  tempo  fa  seguire  il  Codice  dell'Ambrosiana,  donato 
dal  conte  Giulio  Porro  Lambertenghi  ,    poi    quello    della    Trivul- 


464  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA. 


zìana  e  della  Braidense,  dimostra  che  questa  cronaca  non  è  una, 
ma  il  complesso  di  quattro  distinte  cronache,  cosi  reputa  erroneo 
r  attribuire  quell'  opera  ad  un  certo  Daniele,  mentre  deduce  dallo 
scritto,  che  ne  sia  autore  un  chierico  anonimo,  forse  di  S.  Am- 
brogio; dimostra  l'importanza  della  Cronaca  ancora  inedita,  che 
presto  curerà  di  pubblicare ,  sebbene  ne  abbiano  usufruito  il 
Fiamma,  il  Bosso,  il  Merula. 

Finita  r  interessante  lettura ,  il  Presidente  invita  i  signori  Re- 
visori del  Consuntivo  1887  a  riferire  su  quel  Bilancio. 

Il  comm.  Labus  procede  alla  lettura  della  Relazione ,  colla 
quale  constata  1'  ordine  e  1'  oculatezza ,  che  presiedono  alla  ge- 
stione economica ,  dichiara  inappuntabili  e  precise  le  esposizioni 
fatte  nel  Bilancio,  ed  invita  i  Colleghi  ad  approvarlo. 

Il  Presidente  apre  la  discussione,  nessun  Socio  prende  la  pa- 
rola ,  e  messa  ai  voti  la  proposta  dei  Revisori ,  il  Consuntivo  è 
approvato  all'  unanimità. 

Per  ultimo  vengono  eletti  a  nuovi  Soci  il  deputato  Giulio  Ada- 
moli,  di  Varese  ;  cav.  Carlo  Raffaele  Barbiera ,  avv.  Cesare  Bozzi, 
rag.  Paolo  Cardani ,  Cristoforo  Crespi ,  ing,  Giovanni  De  Simoni , 
Luisa  Ghiotti  Casnedi,  dott.  Giuseppe  Luini,  di  Milano;  marchese 
Giuseppe  Cavriani ,  avv.  Carlo  Finzi,  principe  Ferrante  Gonzaga 
e  prof.  Enrico  Paglia  di  Mantova. 

Esaurito  cosi  1'  Ordine  del  giorno,  1'  Adunanza  viene  sciolta, 

//-  Segretario  : 
E.  Seletti. 


ELENCO 

dei   Libri   e  Pubblicazioni  giunte  in  dono  alla  Biblioteca  sociale 
dopo  il  15  Dicembre  1887. 


Adams  Herbert  B.  Ph.  D.  of  the  Hopkins  University.  The  study  of  history 
in  American  coUeges  and  Universities.  —  Washington,  Gouvernement 
Printing  Office,  1887  (d.  dell'A.V 

—  —  Bureau  of  education,  N.  1,  1887.  —  Washington,  Gouvernement  Prin- 
ting Office,  1887  (d.  dell'  A.). 

Agnelli  Giovanni.  I   tre  di  della  Merla.    Illustrazione   di   costumi  lodigiani. 

—  Lodi ,  Quirico  e  Camagni ,  1888  (d.  dell'  A.). 

Ambiveri  Luigi.  Della  Piacentinità  di  Cristoforo  Colombo.  —  Piacenza 
Solari,   1888  (d.  Prina). 

Antona  Traversi  Camillo.  Lettere  inedite  di  Giacomo  Leopardi  e  di  altri 
a'  suoi  parenti  e  a  lui  ;  per  cura  di  Emilio  Costa ,  Clemente  Benedet- 
tucci  e  C.  Antona  Traversi.  —  Città  di  Castello,  S.  Lapi ,  1888  (dono 
dell'  A.). 

Archiv,  fùr  òsterreichische  Geschichte  herausgegeben  von  der  zur  Pflege 
vaterhìndischer  Geschichte  aufgestelle  commission  der  Kaiserlichen 
Akademie  der  Wissenschaften.  —  Voi.  LXV-LXX.  —  Vien ,  Holz- 
hausen,  1883-1887  (d.  Ascoli). 

Atti    della  Società  di  Archeologia  e  Belle  Arti  per   la   provincia  di  Torino 

—  i  primi  quattro  volumi  ed  il  1°  fascicolo  del  quinto.  —  Roma,    To- 
rino, Firenze,  Bócca,  1887   (cambio  della  S.). 

Baer  D.""  August.  Die  Beziehungen  Venedigs  zum  Kaiserreiche  in  der 
staufiscen  zeit.  —  Innsbruck,  Wagner,  1888. 

Ardi.  Stor    Lomb-  —   Anno  XV.  30 


466  ELENCO    DEI    LIBRI    E    PUBBLICAZIONI 

Balzani  Ugo.  Un'ambasciata  inglese  a  Roma.  Enrico  VII  ad  Innocenzo  Vili 
(anno  1487).  —  Roma,  Società  Rom.  di  St.  Patria,  1879  (d.  Prina). 

Bartolini  Domenico,  L'  antico  Cassino  e  il  primitivo  Monastero  di  S.  Be- 
nedetto restituito  alla  luce  dai  suoi  ruderi.  Memoria.  —  Tip.  di  Mon- 
tecassino,  mdccclxxx  (d.  Prina). 

Belgioioso  conte  Emilio.  Guida  del  Famedio  nel  Cimitero  Monumentale  di 
Milano,  2^^  edizione  illustrata.  —  Milano,  Galli,   1888  (d.  dell' A.). 

Beltrami  ardi.  Luca,  Per  la  storia  della  costruzione  del  Duomo  di  Milano, 
Disegni  inediti  del  1390.  Estr.  race,  milanese.  —  Milano,  Varisco,  1888 
(d.  dell'A.). 

Beltrami  Luca,  Il  reale  Castello  del  Valentino  innalzato  dalla  Duchessa 
Maria  Cristina  di  Savoia,  secondo  un  disegno  inedito  presentato  dalla 
Società  St.  Lomb.  alla  R.  Dep,  di  St.  Patria,  radunata  per  la  prima 
volta  in  Milano  il  10  aprile  1888.  —  Milano,  Colombo  e  Cordani  (dono 
dell'A.). 

—  —  Aristotele  da  Bologna  al  servizio  del  Duca  di  Milano,  mcccclviii- 
mcccclxiv.  Documenti  inediti.  —  Milano,  Colombo  e  Cordani,  mdccclxxxiv 
(d.  dell'A.). 

Benedettucci  Clemente.  —  V.  Antona  Traversi. 

Benvenuti  Leo.  Lord  Byron  a  Este.  —  Bologna,  Zanichelli,  1884  (d.  dell'A.). 

Berchet  Guglielmo.  Le  antiche  ambasciate  Giapponesi  in  Italia.  Saggio 
storico  con  documenti.  —  Venezia,  Visentin!,  1877  (d.  Prina). 

Bernascon'1  sac.  Baldassare.  Settanta  documenti  relativi  alla  collegiata  di 
San  Fedele  in  Como.  —  Como,  Cavalieri  e  Bazzi,  1887  (d.  dell'  A,). 

BuLLETTiNO  dell'  Istituto  Storico  italiano,  N.  4.  —  Roma,  1888. 

Bureau  of  etimology  fourth  annual  report  to  the  secretary  of  the  Smitho- 
nian  Institution  1882-83,  contents  :  Powel  J.  "W. ,  Director:  Report  - 
Pilling  James  C.  :  Bibliography  of  the  Eskimo  Language  -  Holmes  W.  H. 
The  use  of  gold  and  other  metals  -  Heushaw  H.  W.  :  Perforated  Sto- 
nes  from  California  -  Thomas  Cyrus:  Work  in  Mound  Exploration.  Bi- 
bliography of  the  Siouan  Language.  —  Washington  (d.  dell'  Istituto 
Smith  oniano). 

BuscAiNO  Campo  Alberto.  Quistioni  di  fonologia  discorse  col  prof.  Policarpo 
Petrocchi;  2*  edizione.  —  Trapani,  Modica  Romano,  1888  (d.  dell'A.). 


GIUNTE    IN    DONO    ALLA    BIBLIOTECA    SOCIALE.  467 


I 


Caffi  Michele.  Pittori  in  Venezia  nel  secolo   XIV.  Estr.  dalVArch.  Veneto, 
XXV.1-1888.  —  Venezia,  Visentini,  1888  (d.  dell'A.)- 

Calvi  Felice.  Disinganno.  Commedia  in  un  atto.  —   Milano,  Vallardi ,  1887 
(d.  dell'A.)- 

11  poeta  Giambattista  Martelli  e  le  battaglie  fra  classici  e  romantici.  — 

Milano,  Bortolotti,  1888  (d.  dell'A.). 

—  —  Bianca   Maria  Sforza   Visconti   regina   dei   romani ,  imperatrice    ger- 

manica e  gli  Ambasciatori  di  Lodovico  il   Moro   alla   corte  Cesarea    — 
Secondo  nuovi  documenti.  —  Milano,  Vallardi,  1888  (d,  dell'A). 

Cantò  Cesare.  —  Chiesa  e  Stato.  Rapsodie.  Estratto  dalla  Ricista  Unicer- 
sale.  —  Genova-Firenze,  1867  (d.  dell'  A.). 

—  —  Dell'assassinio  officiale.  Nota  Ietta  al  R.  Istituto  Lombardo  nell'adu- 

nanza del  1°  febbraio  1883  (d.  dell'A). 

—  —  I  progressi  della  storia.  Nota  letta  al  R.  Istituto  Lombardo  nell'adu- 

nanza del  15  marzo  1883  (d    dell'A). 

—  —  Il  Reale  Istituto.  -  G.  B.  Venturi  :  Appunti  letti  al  R.  Istituto  Lom- 

bardo neir  adunanza  del  26  marzo  1885  (d.  dell'  A.). 

—  —  Ezelino  da  Romano.  Storia  di  un  Ghibellino.  —  Milano,  Carrara,  1879 

(d.  deU'  A.). 

—  —  San  Benedetto  (articolo  nella  Roma  Antologia),  cronaca  art.  se.  lett. 

ed  ind.  —  Roma,  29  agosto  1880  (d.  dell'A). 

—  —  L' incivilimento  dell'  Africa  -  Conferenza.  —  Torino,   Unione  Tip.  Edi- 

trice, 1887  (d.  dell'A.). 

—  —  Storia  universale.  —  Decima  edizione,  interamente  riveduta  dall'autore 

e  portata  sino  agli  ultimi  eventi,  volumi  I-VI  e  volumi  della  cronologia 
ed  archeologia.  —  Unione  Ed.,  Torino,  1884-1888  (d.  dell'A.). 


Carrara  prof.  Francesco.  Onoranze  funebri  rese  al  prof,  Francesco  Carrara, 
Senatore  del  Regno.  —  Lucca,  xix  gennaio  mdccclxxxvii.  —  Lucca, 
Tip.  Giusti,  1888  (d.  del  Comune  di  Lucca). 

Carutti  barone  Domenico.  Il  conte  Umberto  I  e  il  re  Ardoino,  ricerche  e 
documenti,  nuovamente  riveduti  dall'autore.  —  Roma,  Lincei,  1888 
(d.  dell'A.) 

C.WAZZA  G.  Francesco  Della  statua  di  Gregorio  XIII  sopra  la  porta  del 
palazzo  pubblico  in  Bologna.  Memoria.  —  Bologna,  Società  Tipografica 
Azzoguidi ,  1888  (d.  dell'  A.). 


468  ELENCO    DEI    LIBRI    E    PUBBLICAZIONI 

CiiiAPPELLi  avv.  Luigi.  Lo  studio  Bolognese  nelle  sue  origini  e  nei  suoi  rap- 
porti colla  Scienza  pre-irneriana.  Ricerche.  —  Pistoia,  Bracali,  1888 
(d.  dell' A. \ 

Città  di  Torino.  Biblioteca  civica.  Bollettino  annuale,  anno  IV,  1887.  — 
Torino,  Eredi  Botta,  1888  (d.  del  Municipio  di  Torino). 

Congregazione  di  Carità  di  Milano.  La  beneficenza  ed  i  benefattori  della 
Congregazione  di  Carità  di  Milano.  —  Milano,  Civelli,  1888  (dono  della 
Congregazione. 

Costa  Emilio.  —  V.  Antona  Traversi. 

De  Castro  Giovanni.  Milano  nel  Settecento,  giusta  le  poesie  e  le  caricature 
e  altre  testimonianze  dei  tempi.  —  Milano,  Dumolard ,  1887  (d.  degli 
editori). 

Del  Corno  mons,  Giuseppe,  Una  suora  i^rincipessa,  racconto  storico-biogra- 
fico nel  secolo  XVIL  —  Milano,  Tip.  degli  Artigianelli,  1886  (dono 
dell'  A.). 

Del  Giudice  Giuseppe.  Il  Giudizio  e  la  condanna  di  Corradino.  Osservazioni 
critiche  e  storiche,  con  note  e  documenti.  —  Napoli,  Tip.  della  R.  Uni- 
versità, 1876  (d.  Prina). 

Dell'Acqua  doti.  Carlo.  Nuove  osservazioni  confermano  che  Cristoforo 
Colombo  studiò  in  Pavia,  con  appendice  sul  ricevimento  di  porzione 
delle  ceneri  di  Colombo  donata  alla  Università  Ticinese;  —  Pavia,  Succ. 
Bizzoni,  1880  (d.  Prina). 

Esposizione  Generale  italiana  di  Torino  1884.  Catalogo  degli  oggetti  esposti 
nel  padiglione  del  Risorgimento  italiano.  Parte  II  -  Oggetti ,  con  pre- 
fazione di  E.  Guastalla.  —  Milano,  Dumolard,  1888  (d.  degli  Editori). 

Ferrerò  Ermanno.  —  V.  Manno. 

FoNTES  rerum  Austriacarum.  Oesterreichische  Geschischts-Quellen.  Heraus- 
gegeben  von  der  historischen  Commission  der  Kaiserlichen  Akademie 
der  Wissenschaften  in  Wien.  —  Zweite  Abtheilung.  Diplomataria  et 
acta  XLIII  &.  XLIV  Band.  —  Die  Geschichts  bùcher  der  wiedertaufer 
in  Oesterreich.  Ungarn  von  1526  bis  1795,  —  Bricfe  und  acten  zur 
Oesterreichisch  Deutschen  Geschichte  ini  Zeitalter  Kaiser  Friderich  III 
—  Wien,  Holzhausen,  1883-1885  (d.  Ascoli). 

FuLiN  R.  Documenti  per  servire  alla  Storia  della  Tipografìa  Veneziana. 
Estr.  dall'Arc/i.    Veneto,  XXIII.  —  Venezia,  Visentini,  1882  (d.  Prina). 


GIUNTE    IN    DONO    ALLA    BIBLIOTLXA    SOCIALE.  469 

FcLiN  R.  Marino  Sanuto  e  la  Spedizione  di  Carlo  Vili  in  Italia.  Estratto 
Cronaca  Liceo  M.  Polo.  —  Venezia,  Antonelli,  1880  (d.  Prina). 

—  —  Pubblicazioni  Storiche  relative  alla  regione  Veneta  avvenute  nel- 
l'anno  1879.  —  Venezia,  Visentini,  1880  (d,  Prina). 

Gabotto  Ferdinando.  Giason  del  Maino  e  gli  scandali  Universitari  nel 
(iuattrocento.  Studio.  —  Torino,  La  letteratura,  1888  (d.  dell' A.). 

Galileo  Galii.el  Ristampa  del  Decreto  di  condanna  di  Galileo  stata  pro- 
nunciata dalla  Suprema  Congregazione  del  S.  Ufficio.  Secondo  il  testo 
delle  opere  di  Galileo  Galilei,  pubblicate  in  Padova  nel  secolo  scorso 
nella  stamperia  del  Seminario  con  revisione ,  approvazione  e  licenza 
de'  superiori.  —  Roma,  1888. 

Ghirlanda  Silva.    In    memoria   del   Dott.    Cavalier   Romolo   Grifflni.   Cenni 
^^  e  discorsi.  —  Milano,  Bernardoni,  1888  (d.  del  conte  Ghirlanda  Silva). 

Gianandrea  Antonio.  Il  palazzo  del  Comune  di  Jesi  ;  monografia  con  disegni 
di  Guido  Landi.  —  Jesi,  Rocchetti,  1887  (d.  dell' A.). 

Giovio  V    —  Vedi  Società  Storica  Comense. 

Guastalla  E.  —  V.  Esposizione  Gen.  It.  di  Torino. 

Hexshaw  Henry  W.  Perforated  Stones  from  California.  Smithonian  Insti- 
tuiion  Bureau  of  Ethnologys.  —  Washinghton,  G.  Print  Office,  1887. 

Holmes  \^'illiam  H.  The  use  of  Gold  and  other  metals  among  the  Ancient 
Inhabitants  of  Chiriqui ,  Isthmus  of  Darien.  —  Smithonian  Institution 
Bureau  of  Ethnology.  Washington,  G.  Printoffice,  1887. 

Kiriaki  a.  s.  (de).  Ricordi  e  memorie.  Marzo  1848.  Estratto  daW Ateneo 
Veneto,  1888,  N.  1-2-3.  —  Venezia,  Fontana,  1888  (d.  dell'A). 

LócHis  Carlo,  Un  patrizio  bergamasco  conte  palatino  e  colonnello  al  ser- 
vizio di  S.  M.  il  Re  Cristianissimo.  —  Bergamo,  Pagnoncelli,  1888 
(d.  dell'A.). 

—  —  Lettere  inedite  di  Lodovico  A.  Muratori  e  del  conte  Francesco  Brem- 
bati,  annotate.  —  Bergamo,  Pagnoncelli,  1884  (d.  Prina). 

Manno  Antonio,  Ferrerò  Ermanno  e  Pietro  Vayra.  —  Relazioni  diplomatiche 
della  Monarchia  di  Savoia  dalla  prima  alla  seconda  restaurazione  (1559- 
1814).  Francia  -  Periodo  III,  voi.  II  (1715-1717)  IV  voi.  della  Biblio- 
teca St.  pubblicata  per  cura  della  R,  Dep.  di  Storia  patria.  —  Torino, 
Bocca,  MDC'CLXxxvjii  (d.  della  R.  Dep.  di  St.  patria). 


470  ELENCO    DEI    LIBRI    E    PUBBLICAZIONI 

Marciiini  I.  Bozzetti  storici  ,  critici  e  biografici  di  letteratura  greca  e  la- 
tina. Voi.  I  e  II,  3^  edizione  rived.  ed  accr.  —  Torino ,  Canonica  Bi- 
nelli,  1887  (d.  dell' A.). 

Marchini  Isidoro,  Bozzetti  storici ,  critici  e  biografici  di  letteratura  greca, 
latina  e  italiana.  Parte  2^^,  letteratura  latina.  —  Torino,  Tip.  Collegio 
Artigianelli,  1882  (d.  dell' A.). 

MiNERviNi  Giulio.  Scoperte  Napoletane  (ricavate  da  un  manoscritto  di  Luigi 
Vanvitelli)  e  Scavi  di  Suessula,  Estr.  Ardi.  St.  per  le  Proc.  Nap.  IV-3. 

—  Napoli,  Giannini  (d.  Prina). 

Ministero  della  Pubblica  Istruzione.  Indici  e  Cataloghi.  IV  i  Codici  palatini 
della  R.  Bibli.  Naz.  Centrale  di  Firenze,  voi.  I,  fase.  7  —  Roma,  1888. 

—  —  Indici  e  Cataloghi    I  Codici    Ashburhhasniani  della   R.  Bibl.    Mediceo 

I.aurenziana  di  Firenze,  voi.  I,  fase.  1.  —  Roma,  1887. 

(MoNnERi  G.).  A  ricordo  del  prof,  cav.  Giuseppe  Mongeri  morto  il  17  Gen- 
naio 1888,  (Discorsi,  cenni  necrologici  ed  elenco  delle  opere).  —  Milano, 
Lombardi  1888  (d.  del  Rev.  cav.  Michele  Mongeri) 

Motta  Emilio.  Documenti  numismatici.  —  Estratti  dal  N.  12,  anno  VI,  della 
Gazzetta  Numismatica.  —  Como,  Franchi ,  1887  (d.  dell'  A.). 

—  —  Un  medico  distinto  di  Porlezza  nel  secolo  XV.    —   Estratto    dal   pe- 

riodico della  Società  Storica  Comense,  voi.  VI  (d.  dell'  A.). 

—  —  Oculisti,   dentisti    e  medici    Ebrei   nella  2^  metà  del   secolo  XV    alla 

Corte  milanese.  —  Estratto  dagli  Annali  Universali,  voi.  283,  1887.  — 
Milano,  Rechiedei,  1887  (d.  dell' A.). 

—  —  Saggio   di    una   bibliografia   agricolo-forestale   del  Cantone  Ticino.  — 

Estratto  àa\V  Agricoltore  Ticinese,  23-24    —  Lugano,    Veladini,    1887 
(d.  dell' A.). 

Muntz  Eugkne.  Les  collections  des  Médicis  aux  XV  siede  -  Le  musée,  la 
Bibliotèque  -  le  Mobilier.  (Appendice  aux  prócurseurs  de  la  Renaissance) 

—  Paris,  libr.  dell'Art.  1888  (d,  del  cons.  Luca  Beltrami). 

Parri  Ettore.  Vittorio  Amedeo  II  ed  Eugenio  di  Savoia  nelle  guerre  della 
successione  spagnuola.  Studio  storico  con  documenti  inediti.  —  Hoepli, 
Milano,  1888  (d.  dell' A.). 

Pillino  James  Constantine.  Bibliography  of  the  Siouan  Languages.  — 
Smithonian  Institution  Bureau  of  Ethnology.  —  Washinghton,  G.  Prin- 
ting  Office,  1887. 


GIUNTE    KN    IX)NO    aLla    BIBLIOTECA    SOCIALE.  471 

l')LiiN'>  Iames  CoNSTANTiNE.  Bibliography  of  the  Eskimo  Languago,  — 
Suiithonian  Institution  Bureau  of  Etbnology.  —  Washinghton ,  G.  Prin- 
ting  Office,  1887. 

l'ippi  Averardo.  Mauri  Achille.  —  Firenze,  Cellini,  1885.  Estr.  Rassegna 
Naz.  VII  (d.  Prina\ 

Frina  Benedetto.  Il  Giocedi,  numero  unico  pubblicato  per  i'  inaugurazione 
d'  una  lapide  ad  Achille  Mauri  e  compilato  da  B,  Prina  a  beneficio  del 
fondo  Vecchiaia  dei  Tipografi  Milanesi.  —  Milano,  Agnelli,  1885  (dono 
Prina). 

PusTERLA  Gedeone.  I  nobili  di  Capodistria  e  dell'Istria,  con  cenni  storico 
biografici.  Terza  edizione    —  Capodistria,  Priora,  1888  (d.  dell'A.). 

Raccolta  Milanese  di  Storia,  Geografia  ed  Arte  della  Città  e  suo  territorio 
storico,  diretta  dal  prof.  E.  Pagani.  —  Milano,  Ducati  e  Varisco,  1887 
e  1888  (d.  del  prof.  Pagani). 

Rivista  italiana  di  Numismatica ,  diretta  dal  dott.  Solone  Ambrosoli ,  Con- 
servatore del  R.  Gabinetto  numismatico  di  Brera  e  da  un  consiglio  di 
redazione.  —  Milano,  Cogliati,  1888  (Cambio  della  S.). 

Rossi  Girolamo.  Storia  della  Città  di  Ventimiglia.  Edizione  riveduta  ed  am- 
pliata. —  Oneglia,  Ghilini,  1888  (d.  dell'A.). 

Rusconi.  Il  Mosaico  antico  della  Cattedrale  di  Novara.  Rilievi.  —  Novara, 
Tip.  Commerciale,  1882  (d.  Prina). 

--.vLVERAGLio  FILIPPO.  Bibliografia  della  pellagra.  —  Milano,  Civelli ,  1887 
(d.  dell'  A.). 

S.'VViOTTi  dott.  Alfredo.  Pandolfo  CoUenuccio  umanista  pesarese  del  se- 
colo XV.  Studi  e  ricerche.  —  Pisa,  Nistri,  1888  (d.  dell'A.). 

Sgulmèro  Pietro,  Sommario  de'  affari  d'  Italia ,  divisa  in  suoi  domini ,  con 
r  entrate,  spese,  forze,  aderenze  con  altri  prencipi.  Edizione  di  100  esem- 
plari. —  Verona,  Franchini,  1888  (d.  dell'A.). 

Società  Napoletana  di  Storia  Patria.  Cronicon  siculum  incerti  authoris  ab 
anno  340  ad  annum  1396.  —  Napoli ,  presso  la  Società,  Piazza  Dante,  93. 
Mdccclxxxvii  (d.  della  S.  Nap.  di  St.  Patria). 

bciETÀ  Storica  Comense,  Opere  scelte  di  Benedetto  Giovio,  edite  per  cura 
della  Società  Storica  Comense.  —  Como,  Ostinelli ,  1887  (d.  della  So- 
cietìi  Comense). 


472        ELENCO    DEI    LIBRI    E    PUBBLICAZIONI    GIUNTE    IN    DONO,    ECC. 


SOMMERFELOT  GusTAV  D/  Phil.  Die  Romfahrfc  Kaiser  HeinrichsVII  (1310-1313) 
Teil.  I  mit  Exkurs.  Die  beiden  Speierez  Reichs-sago  der  lahre  1309 
und  1310.  —  Konigsberg  i.  Pr.  Grtife  &  Unzer,  1888   (d    dell' A.). 

Statuti  di  Pistoia.  —  Vedi  Zdekauer, 

ToDAiio  DELLA  Galla  ANTONIO.  La  raccolta  degli  Statuti  municipali  italiani 
e  il  suo  denigratore  Vito  La  Mantia.  —  Palermo,  Tip.  Vena,  1888 
(d.  dell' A.\ 

—  —  Analisi  critica  su  le  ristampe  iniziate  in  Palermo  col  titolo  Raccolta 

di  Statuti  Municipali  Italiani,  pubbl.  da  Todaro  e  Pedone  Laurei ,  ecc. 
Documenti  per  la  Storia  della  pubbl.  istruzione  in  Italia  sulla  fine  del 
secolo  XIX.  —  Roma,  Loeschér,  1888  (d.  dell' A.). 

Tononi  arcip.  G.  Documenti  inediti  intomo  alla  scoperta  di  Velleia  e  gli 
illustratori  delle  sue  antichità.  Memoria.  —  Modena,  Vincenzi  e  Ni- 
poti, 1881   (d.  Prina). 

—  —  I  templari   nel   Piacentino.  —  Estr.  dalla  Strenna  Piacentina,  1885 

(d.  Prina). 

Thomas  Cyrus.  Work  in  Mound  Exploration  o.f  the  Bureau  of  Ethnology 
Smithoniens  Institution  Bureau  of  Ethnology.  —  Washinghton,  G,  Prin- 
ting  Office,  1887. 

Treves  Vittorio,  Architettura  Comacina.  —  Torino,  Camilla  e  Bertolero,  1888 
(d.  dell'A.). 

Vayra  Pietro.  —  V.  Manno. 

Zdekauer  Lunovicus.  Statutum  potestatis  Comunis  Pistoni,  anni  mcc- 
Lxxxxvi ,  nunc  primum  edidit  Ludovicus  Zdekauer.  Preecedit  de  Sta- 
tutis  pistoriensibus  sce.culi  XIII  dissertatio.  —  Mediolani,  apud  Ulricum 
Hoepli,  editorem  bibliopolam  regii  palatii,  mdccclxxxviii  (dono  del- 
l' Editore). 

Il  Bibliotecario 
Dott.  Giulio  Carotti. 


TipograCa  BortoioUi  di  Giuseppe  Prato.  Gìovanai  Brigola,  responsabili. 


LA  REGGIA  MANTOVANA 

SOTTO    LA    PRIMA    DOMINAZIONE    AUSTRIACA. 


La  vastissima  e  stupenda  residenza  dei  Principi  di  Mantova  , 
della  quale  abbiamo  discorso  altra  volta  in  questo  Arckiaio  (1) , 
porge  sempre  ampia  e  interessante  materia  agli  studi  e  alle  me- 
ditazioni degli  amatori  della  storia  e  dell'  arte.  Di  varie  sue  mem- 
brature, come  del  Castello,  dell'  appartamento  della  Grotta  della 
marchesana  Isabella  d'  Este ,  dell'  appartamento  della  Mostra,  si 
potrebbero  scrivere  parziali  monografie,  tanto  I'  argomento  é  im- 
portante, e  copiosi  sono  i  materiali  per  lo  studio.  Lo  stesso  Mi- 
nistero della  Pubblica  Istruzione  ,  che  ora  è  entrato  in  possesso 
di  un  si  grande  monumento,  e  ne  ha  assunto  tutta  la  responsa- 
bilità, ha  ordinato  una  diligente  ricerca  dei  vari  documenti,  che 
ne  illustrano  la  edificazione  ;  e  già  fin  d'  ora  gliene  furono  in- 
viati più  di  500 ,  distinti  e  classificati  topograficamente  e  crono- 
logicamente, in  mpdò  che  ne  emerga  tutta  la  storia  della  Reggia 
nelle  varie  sue  fasi. 

Ora  intendiamo  tenere  parola  di  quella  parte  di  Reggia,  nella 
quale  durante  la  prima  dominazione  austriaca ,  1708-1797  ,  eb- 
bero luogo  molte  e  gravi  innovazioni  ;  e  ci  siamo  indotti  a  questo 
studio  e  per  i  nuovi  documenti ,  che  qui  possiamo  pubblicare  ,  e 
perché  tali  innovazioni  sono  le  ultime  radicali,  che  si  sieno  ese- 

(i)  Fascicolo  del  30  Giugno  1879. 
Ardi.  SCor.  Lornh.  —Anno  XV^  31 


474  LA    REGGIA    MANTOVANA 


guite  ,  e  che  determinarono    quindi  lo   stato  della  Reggia ,  quale 
ora  si  vede. 

Questa  frazione  di  Reggia  comprende  1'  appartamento  del  Ple- 
nipotenziario, oggi  sede  degli  uffici  di  Prefettura,  il  palazzo  Bo- 
naccolsi,  ove  trovasi  1'  appartamento  Guastalla  e  V Armeria,  oggi 
abitazione  del  Prefetto  della  Provincia,  1'  appartamento  à&W Arci- 
duchessa,  più  tardi  detto  deW  Imperatrice ,  il  Refettorio  e  il 
Giardino  pensile,  V  appartamento  Verde  detto  anche  degli  Arazzi 
e  dell'  Imperatore ,  e  l' appartamento  per  antonomasia  chiamato 
ducale . 

Riattare  e  restaurare  tutta  la  Reggia  nella  sua  integrità  era 
cosa  troppo  colossale;  mancavano  i  mezzi  e  gli  artisti  e  gli  alti 
intendimenti  ;  chi  avrebbe  osato  accingersi  a  rimettere  a  nuovo 
il  Castello,  V  appartamento  di  Troja,  qiielli  del  Paradiso,  della 
Mostra,  degli  Stivali,  la  Cavallerizza,  ì  giardini,  i  cortili,  le  fon- 
tane, i  teatri  ?  Ed,  escluso  il  sentimento  della  storia  e  dell'  arte, 
per  r  abitazione  dei  Principi ,  che  da  Vienna  e  da  Milano  veni- 
vano talvolta  ad  abitare  a  Mantova ,  quegli  appartamenti ,  che 
avevano  tanto  patito  nelle  passate  gjfierre ,  non  erano  punto  ne- 
cessari; si  preferirono  quindi  quelli  meno  ammalorati,  quelli  posti 
in  luogo  più  salubre  ,  verso  la  piazza  di  S.  Pietro  ,  vicino  alla 
Cattedrale,  alla  parte  più  popolata  della  città.  In  questo  parziale 
rinnovamento  avvennero  certo  delle  manomissioni  altamente  de- 
plorabili ;  si  distrusse  la  cappella  di  Santa  Croce,  che  ricordava 
tanta  parte  della  storia  mantovana  ;  si  falcidiò  1'  appartamento 
della  Grotta ,  che  fu  per  tanto  tempo  il  vero  tempio  dell'  arte  ; 
altre  trasformazioni  erano  state  progettate  ,  che,  per  fortuna  non 
furono  eseguite;  ma  in  complesso  1'  opera  di  ristauro  non  si  può 
dire  biasimevole. 

Nel  1708  ,  spento  il  ramo  principale  della  famiglia  Gonzaga  , 
e  avocato  il  dominio  mantovano  all'  Impero  ,  o  più  propriamente 
a  Casa  d'Austria  ,  la  Reggia  dove  insieme  ai  Principi  abitavano 
più  di  300  persone,  a  .poco  a  poco  rimase  deserta ,  abitate  solo 
poche  stanze  dal  Principe  Filippo  Landgravio  d'Assia  Darmstadt 
luogotenente  dell'  Imperatore,  e  dal  modesto  suo  seguito.  Le  guerre 


SOTTO    LA    PRIMA    DOMINAZIONE    AUSTRIACA.  475 

che  si  successero  e  combattute  in  parte  sul  Mantovano,  le  sorti 
ancora  incerte  del  Ducato  non  permisero ,  che  si  avesse  cura 
della  Reggia,  la  quale  per  ciò  andava  rapidamente  decadendo; 
solo  verso  il  1728  Francesco  PuUicani ,  Presidente  del  Senato , 
inspirato  da  carità  di  patria  e  dall'amore  per  1' arte,  coli' opera 
dell'  architetto  Doriciglio  Moscatelli  Battaglia,  che  conservava  an- 
cora le  belle  tradizioni  di  Giulio  Romano,  del  Bertani,  del  Viani, 
del  Sebregondi ,  fece  eseguire  i  lavori  più  importanti ,  che  arre- 
stassero la  rovina  imminente  della  Reggia,  come  altrettanto  aveva 
fatto  per  il  palazzo  del    Te  e  per  quello  della  Ragione. 

Ma  dopo  il  1748,  terminata  la  guerra  per  la  successione  au- 
striaca ,  e  confermato  nella  pace  di  Aquisgrana  il  Mantovano 
nella  Casa  d'  Austria  ,  il  mite  e  liberale  governo  d'  una  Donna 
savia  consenti ,  che  qualche  attenzione  si  portasse  anche  alla 
cadente  Residenza  dei  Gonzaga.  Le  belle  tradizioni  artistiche 
della  scuola  mantovana  sopite,  non  spente,  cominciarono  a  ri- 
svegliarsi ;  già  nel  1753  per  opera  di  Giovanni  Cadioli  sorgeva 
una  scuola  di  pittura  ;  nel  1767  per  impulso  della  Nobiltà  man- 
tovana,  assecondanti  Maria  Teresa,  il  principe  di  Kaunitz  e  il 
conte  di  Firmian  si  fondava  quell'  Accademia  di  scienze  e  belle 
lettere,  che  doveva  poi  sorgere  a  tanta  fama  ;  la  Reggia,  monu- 
mento grandioso  d' arte  e  di  storia  era  degnamente  apprezzata. 
e  studiata  ;  quindi  era  universalmente  sentita  la  necessità  di  con- 
servarla, di  difenderla,  di  ripararla.  Nel  1772  poi,  venuto  a  Mi- 
lano a  reggere  la  Lombardia  in  nome  dell'Imperatrice,  il  figlio 
arciduca  Ferdinando ,  si  trovò  necessario  di  rendere  ancora  abi- 
tabile almeno  una  parte  di  questa  Reggia  ,  ove  il  principe  colla 
sposa  Beatrice  d'  Este  e  la  sua  Corte  avrebbe  preso  stanza 
quando  nel  mese  di  maggio  d'  ogni  anno  sarebbe  venuto  a  go- 
dervi la  fiera,  a  dare  banchetti,  spettacoli  teatrali,  ricevimenti  ai 
Principi  circumvicini  della  valle  del  Po. 

Già  erano  stati  chiamati  a  Mantova  da  Verona  Paolo  Pozzo 
professore  d' architettura ,  e  da  Cremona  Giuseppe  Bottani  pro- 
fessore di  pittura  ;  emergevano  già  nell'Accademia  Felice  Campi, 
Andrea  Mones  e  i  fratelli  Marconi ,    insigni  artisti ,  ottimi    stru- . 


476  LA    REGGIA    MANTOVANA 

menti  pei  lavori  della  Reggia  ;  fu  mandato  qui  sul  luogo  Luigi 
Piermarini,  che  ebbe  la  direzione  suprema  delle  opere  ,  sebbene 
per  studi,  per  gusto,  per  cultura  fosse  a  lui  molto  superiore  il 
Pozzo  ;  e  vennero  chiamati  da  Milano  l'Albertolli  disegnatore  ,  e 
da  Como  Stanislao  Somazzi  egregio  stuccatore. 

Era  sovraintendente  e  amministratore  dei  palazzi  ducali  Anton 
Maria  Komenati ,  uomo  intraprendente  e  infaticabile  ,  che  nello 
stesso  tempo  era  anche  impresario  teatrale,  e  tenitore  del  banco 
pei  giochi  d'  azzardo  ,  ai  quali  passionatamente  si  abbandonava 
la  nobiltà  mantovana  nella  sala  del  Ridotto  in  Castello.  Il  Ro- 
menati  per  la  natura  del  suo  ufficio  aveva  una  grande  ingerenza 
nelle  opere,  che  si  progettavano  ;  egli  era  in  relazione  col  Pier- 
marini ,  col  Pozzo,  col  Bottani;  egli  corrispondeva  coi  Membri 
del  Maestrato  ,  ai  quali  spettava  approvare  le  somme  da  impie- 
garsi nei  lavori ,  ed  era  sentito  benevolmente  anche  dallo  stesso 
conte  di  Firmian.  Egli  segnalava  i  bisogni  dei  palazzi,  suggeriva 
le  opere  da  farsi,  le  modificazioni  da  introdursi,  e  presentava  le 
perizie  delle  spese. 

Ecco  una  sua  Relazione  del  1773  diretta  ai  Membri  del  Mae- 
strato camerale  ;  la  riproduciamo  nella  sua  integrità ,  perchè  in 
essa  il  Romenati  ci  dipinge  come  in  uno  specchio  fedele  lo  stato 
in  cui  allora  trovavasi  la  parte  della  Reggia,  che  è  oggetto  ora 
del  nostro  studio ,  dà  ragguagli  delle  opere  eseguite ,  accenna  a 
quelle  che  ancora  si  debbono  fare ,  e  rassegna  un  preventivo 
delle  somme,  che  vi  si  hanno  a  spendere  ;  è  un  amministratore, 
un  maggiordomo,  un  architetto,  un  ragioniere,  un  factotum;  alla 
Relazione  aggiungeremo  alcune  postille  per  dare  maggior  chia- 
rezza alle  cose,  che  ivi  si  contengono: 

III.""'  et  Ecc.'"'  Signori 

Per  rassegnare  alle  SS.  VV.  111.™*  et  Ecc.'"''  una  chiara  idea  dello 
stato  in  cui  nella  circostanza  delle  correnti  riparazioni  trovasi  questo 
R.  D.  Palazzo  di  Mantova  appoggiato  alla  direzione  del  sottoscritto, 
giova  col  mezzo  della  presente  Relazione  di  dettagliatamente  sotto- 
porre quelle  cose  che  in  virtù  dei  Superiori   loro   ordini  si  sono  ese- 


I 


SOTTO    LA    PRIMA    DOMINAZIONE    AUSTRIACA.  477 


guite  sin  qua  e  quelle  che  restano  tuttavia  a  farsi  indispensabilmente 
per  rendere  detto  R.  D,  Palazzo  fornito  di  tutti  quei  comodi,  che  si 
converranno  alle  LL.  A\.  RR.  e  al  loro  Real  seguito,  ritenuto  sempre 
in  massima  il  principio  inculcato  da  S.  M.  di  ommettere  il  superfluo, 
e  combinare  colla  conveniente  decenza  la  possibile  economia  del 
R.  Erario,  per  quanto  però  ha  permesso  il  pessimo  stato  in  cui  si  è 
trovata  una  si  vasta  mole  per  il  totale  abbandono  in  cui  da  tanti  anni 
si  giaceva. 

Primieramente  adunque  si  rassegna ,  che  l' appartamento  di  S.  E. 
il  signor  conte  Ministro  Plenipotenziario  e  Vice-governatore  de  Fir- 
mian  posto  verso  la  piazza  del  Duomo  è  già  ridotto  al  suo  termino 
secondo  si  era  disposto  ;  nella  riduzione  di  questo  molte  e  gravi  dif- 
ilcoltà  sonosi  riscontrate  ;  si  è  do\Tito  assicurare  da'  fondamenti  col 
rinnovarne  una  gran  parte  ,  ripezzare  V  armatura ,  alzare  vari  solai 
per  ridurre  le  camere  tutte  ad  una  altezza ,  rifare  li  selciati  e  porli 
tutti  ad  un  livello ,  allargare  e  tirare  a  linea  gli  sfori  degli  usci  con 
porre  a  cadauno  il  suo  antiporto  e  rendere  le  finestre  tutte  orizzon- 
tali e  d'  una  stessa  grandezza  con  a  cadauna  telari ,  vetri ,  griglie  al 
di  fuori,  bancale  di  marmo,  voltino,  ect. 

Li  camerini  retro  sonosi  riselciati ,  dipinti  e  riattati  nei  soffitti ,  fi- 
nestre, ect.  e  resi  comodi  alla  famiglia  di  S.  Ecc.  predetta.  La  scala 
pure  che  conduce  al  granaio  superiore  si  rese  più  facile  di  quello  che 
era  dapprima ,  e  il  granaio  medesimo  si  è  restaurato  nel  pavimento , 
armatura,  muri  e  coperto  per  difendere  le  camere  inferiori  dal  danno 
delle  pioggie  e  straventi.  Non  si  è  per  ultimo  mancato  di  riflettere 
a  ridurre  in  convenevole  forma  anche  il  piccolo  giardino  ,  che  resta 
al  secondo  piano  di  detto  appartamento. 

Gli  otto  camerini  posti  verso  la,  sopraddetta  piazza ,  che  restano 
immediatamente  dietro  V  appartamento  Guastalla  (1)  sonosi  restaurati 
nei  p.avimenti  e  finestre,  e  dipinti  li  muri,  e  come  altri  fossero  bassi 
e  altri  alti ,  così  si  sono  messi  tutti  ad  una  altezza ,  e  con  ciò  sono 
rimasti  a  livello  anche  li  piani  superiori. 

A  mezzo  il  corso  dei  suddetti  camerini  trovasi  la  cappellina  ,  che 
resta   così    immediatamente    retro  la  cambra   di    udienza  di  S.  A.  R. 

(I)  E  l'appartamento  del  palazzo  Bonaccolsi  che  prospetta  sulla  piazza 
del  pallone,  oggi  della  Lega  Lombarda,  cosi  detto  perchè  riattato  per  la 
penultima  Duchessa  Anna  Isabella,  che  portò  in  dote  il  ducato  di  Guastalla. 


478  LA.    REGGIA    MANTOVANA 


r  Arciduca  ;  questa  come  che  sia  1'  unica  di  cui  usa  S.  A.  R.  si  è  ri- 
dotta decentemente  ornata  (1). 

Gli  otto  camerini  superiori  alli  già  descritti  erano  pure  in  preciso 
bisogno  ,  che  venissero  ristaurati  e  tolti  dalle  inegualità  dei  piani  e 
delle  finestre,  1' una  delle  quali  bassa,  l'altra  alta,  quale  rotonda  e 
quale  quadra,  producevano  un  effetto  mostruosissimo  nella  facciata  ; 
ora  tolti  da  tali  difetti  potranno  essere  una  comoda  abitazione  per  la 
famiglia,  massimamente  avendo  ingresso  e  regresso  libero,  senza  dare 
né  ricevere  disturbo  da  chi  abiterà  inferiormente. 

Riman  pure  quasi  ormai  accomodato  anche  l' appartamento  Gua- 
stalla ,  destinato  per  S.  A,  R.  il  Sor.""*  Arciduca ,  dove  essendosi 
trovata  l'armatura  de' pavimenti  carica  di  un  eccessivo  peso  di  mate- 
riali, e  quindi  in  pericolo  di  non  reggere  più  lungo  tempo,  si  è  pen- 
sato di  ripiegarvi  in  modo  di  renderla  solida  e  sicura. 

La  sala  cosi  detta  del  Refettorio,  attigua  all'appartamento  della 
R.  Arciduchessa  e  corrispondente  al  giardino  pensile  (2),  dopo  d'avervi 
formato  di  nuovo  il  vólto  con  canne  e  gesso  e  rifatto  conseguente- 
mente il  tetto,  di  avere  ristabiliti  li  muri,  ristaurata  la  mostra  della 
grotta,  che  in  un  capo  già  esisteva,  e  formatane  un'altra  simile  di- 
rimpetto ,  si  è  selciata  a  terrazzo  con  disegno  ,  indi  dipinta  a  bersò  , 
per  darle  una  forma  corrispondente  al  suddetto  giardino  pensile,  il 
quale  è  uno  dei  più  singolari  pezzi  di  questo  R.  D.  Palazzo,  si  attesa 
1'  altezza  della  sua  situazione  che  la  giusta  simmetria  del  portico,  che 
quadrangolarmente  lo  circonda  sostenuto  da  colonne  d'ordine  dorico; 
tutto  questo  porticato  si  è  redipinto  sul  vecchio  disegno,  che  conve- 
niva fosse  ritenuto  (3).  Accidentalmente  poi  nel  mezzo  di  esso  nella 
facciata  rimpetto  al  Refettorio  si  è  scoperta  una  antica  e  affatto  di- 
roccata Grotta,  che  trovavasi  turata,  si  è  quindi  creduto  bene  di  for- 
marvi un  Gabinetto,  che  servir  possa  di  trattenimento  alle  LL.  AA.  RR. 
dopo  il  passeggio  del   suaccennato  giardino,  al  di  cui  perfetto    compi- 

(1)  È  la  cappellina,  che  tuttora  si  vede  dedicata  a  Maria  Vergine  Im- 
macolata. 

(2)  È  la  sala,  dove  poi  nel  1775  il  pittore  veronese  Giorgio  Anselmi  di- 
pinse i  sei  fiumi  del  Mantovano,  onde  è  chiamata  anche  Sala  dei  fiumi. 

(3)  Per  eseguire  tale  porticato  il  duca  Guglielmo  ,  verso  il  1580  ,  aveva 
fatto  invitare  il  Palladio;  questi,  che  non  poteva  venire,  mandò  in  gua  vece 
un  allievo,  che  accontentò  il  Duca. 


SOTTO    LA     PRIMA     HOMINAZIONE    AUSTRIACA.  479 


raeiuo  nuli'  altro  mancavi  se  non  che  di  piantare  dei  fiori  nel  parterre, 
e  collocarvi  all'  intorno  in  ordine  alternativo  16  vasi  e  16  statue  di 
mediocre  altezza  in  modo  però  che  non  tolgano  1*  aspetto  all'  ornato 
del  portico.  Per  formare  i  quali  vasi  e  statue  si  implora  dalle  SS.  VV. 
111.™"  ed  Ecc.""  l'ordine  approvativo  (1). 

La  Galleria  vecchia ,  e  le  tre  annesse  anticamere  ,  che  formano  il 
miglior  pezzo  di  tutto  l'  appartamento  ducale,  e  il  più  usato  dai  Se- 
renissimi Principi  nelle  più  luminose  circostanze  di  pranzi  pubblici , 
conversazioni  e  feste,  erano  in  precisa  necessità  di  essere  riselciate  (2). 

Il  sottoscritto  quindi  avuto  riflesso  alla  sublimità  del  luogo,  ha  creduto 
conveniente  di  formarvi  un  terrazzo  con  disegno  ,  selciato  di  lunga 
durata,  non  producente  polvere,  e  di  spesa  non  maggiore  d'un  selciato  a 
quadroni  di  cotto.  Locchè  venne  approvato  dalle  SS.  VV.  IH."*  ed  Ecc."^. 

Le  camere,  che  altra  volta  erano  ad  uso  dello  scaduto  Magistrato, 
sonosi  adattate  ad  uso  di  questa  Segreteria  di  Vice-governo  ,  con  es- 
servisi fatti  li  selciati  e  plafoni  e  ridotti  gli  usci  a  linea,  accomodate 
le  finestre,  e  riattata  la  scala  interna  conducente  all'  appartamento  di 
S.  E.  de  Firmian  ed  ai  Segretari  di  Governo  (3). 

Tutto  questo  si  è  eseguito  in  conformità  sempre  di  venerati  ordini 
dell'  Ill.™°  et  Ecc.™"  Magistrato  camerale,  e  si  è  studiato  di  combinare  la 
solidità  e  decenza  colla  economia  possibile  ,  essendosi  posto  in  opera 
tutto  che  di  vecchio  si  è  trovato  servibile  in  questi  magazzini  camerali. 

Sarebbervi  da  descriversi  molte  altre  minute  riparazioni  già  termi- 
natesi ,  e  quelle  massimamente  che  si  sono  fatte  nello  scorso  au- 
tunno 1772  all'occasione  delli  preparativi  per  la  venuta  delle  LL.  AA.  RR. 
come  sarebbero  le  riduzioni  degli  alloggi  delle  Guardie  Nobili  e  della 
Famiglia,  delle  rimesse,  scuderie,  dispense,  controlleria,  camere  degli 
argenti,  delle  biancherie  ed  altro,  ma  tutto  ciò  si  passa  sotto  silenzio, 
perchè  la  presente  non  abbia  a  riuscire  prolissa  più  del  dovere  (4). 

(1)  Il  tempietto  fu  in  fatti  eseguito,  e  riuscì  una  graziosissima  cosa  ;  ma 
nel  giardino  non  furono  messi  né  i  16  vasi,  né  le  16  statue. 

(2)  Qui  si  accenna  alla  Galleria  degli  Specchi,  e  alle  tre  Sale  di  Giuditta, 
del  Labirinto  e  del  Crogiuolo. 

(3)  Sono  quei  locali,  che  incendiati  per  una  bomba  che  vi  scoppiò  nel- 
l'assedio del  1799,  furono  poi  totalmente  demoliti. 

(4)  Dove  erano  queste  Guardie  Nobili,  fu  collocata  nel  1852  la  Corte  spe- 
ciale di  Giustizia  di  sciagurata  memoria,  ed  ora  vi  sono  gli  alloggi  delle 
Guardie  di  pubblica  sicurezza. 


480  LA    REGGIA    MANTOVANA 


Soltanto  si  sottopone,  che  tra  le  opere  sin  qui  eseguite,  e  quelle 
che  ora  si  passeranno  a  proporsi  da  eseguire ,  risulterà  questo 
^.  D.  Palazzo  fornito  di  tutti  quei  comodi ,  che  si  converranno  alle 
LL.  AA.  RR.  e  al  loro  seguito  ;  ed  inoltre  rimarravvi  tutto  1'  appar- 
tamento ducale  di  riserva  all'  occasione  che  sopraggiunga  qualche 
Principe  estero. 

Sarebbesi  pure  oramai  terminato  anche  1'  appartamento  di  S.  A.  R. 
l'Arciduchessa,  che  resta  attiguo  all'appartamento  Guastalla,  se  al- 
l' atto  del  disfacimento  dei  muri ,  che  si  sono  trovati  composti  di 
canne,  assi  e  malta,  ed  erano  ricetto  di  mille  noiosi  insetti,  non 
fosse  qua  comparso  l'architetto  Piermarini,  il  quale,  d'ordine  di 
S.  A.  R, ,  prese  la  misura  della  camera  da  letto  di  detto  apparta- 
mento ,  di  alcune  retro-camere  da  costituirsi  nella  così  detta  Cappel- 
lina di  Santa  Croce,  e  di  certa  capuccina  da  ricavarsi  nell'Armeria 
sopra  r  appartamento  Guastalla.  Non  essendosi  poi  mai  veduta  ve- 
runa superiore  risoluzione  su  di  ciò,  il  sottoscritto  più  volte  fece  al- 
l' Illustrissimo  ed  Eccellentissimo  Magistrato  presente  la  necessità 
•di  sollecitare  l' esecuzione  di  tal  opera  per  dar  tempo  ai  muri  di 
asciugarsi. 

Questa  necessità  la  riconobbe  eziandio  Sua  Ecc.  il  signor  Conte 
Vice-governatore  e  Ministro  Plenipotenziario  de  Firmian  all'  occasione 
d' essersi  degnata  di  personalmente  visitare  questo  R.  D.  Palazzo 
neir  ultima  sua  felice  dimora  in  questa  città.  E  difatti  non  si  tosto 
ebbe  fatto  ritorno  a  Milano,  che  interpellò  detto  Piermarini  per  le 
misure  che  da  lui  dicevansi  prese ,  ma  questi  rispose  di  aver  già 
rassegnato  il  suo  parere ,  e  che  non  avendone  mai  veduto  riscontro, 
aveva  desistito  dall'  opera.  Tale  notizia  fu  da  S,  Ecc.  predetta  commu- 
nicata  alle  SS.  VV.  IH. me  ed  Ecc. me  con  venerata  Lettera  de'  25 
Dicembre  1773,  ed  Elleno  in  vista  di  essa  con  loro  venerato  De- 
creto de'  27  stesso  si  compiacquero  di  ordinare  al  sottoscritto  come 
«dotto  della  mente  di  Piermarini  di  far  formare  il  disegno  del  modo 
in  cui  credevasi  conveniente  di  ridurre  detto  appartamento,  e  quello 
altresì  d'  elevazione  della  facciata ,  sì  nel  modo  in  cui  trovasi  al  di 
d'oggi,  sì  nella  forma  che  si  intenderebbe  di  darle  tanto  verso  la 
piazza,  che  verso  il  cortile  del  gioco  del  pallone,  in  esecuzione  del 
quale  superiore  ordine  e  lettere  si  dà  l'onore  il  sottoscritto  di  rasse- 
gnare quattro  Piante  con  tre  Elevazioni,  ed  una  Distinta  ossia  spie- 
gazione delle  opere  da  farsi  a  norma  delle  medesime,  con  appiedi  di 


SOTTO    LA    PRIMA    DOMINAZIONE    AUSTRIACA.  481 

quella  la  perizia  di  quanto  verranno  ad  importare  dette  opere ,  qua- 
lora a  S.  M.  piacesse  di  farle  eseguire  (1). 

La  prima  pianta  contiene  lo  stato  presente  d'  una  porzione  del 
pianterreno. 

La  seconda  contiene  lo  stato  presente  d' una  porzione  del  Piano 
superiore. 

La  terza  dimostra  la  forma  che  intenderebbesi  di  dare  al  piano 
terreno,  ed  è  relativa  alla  Pianta  prima. 

La  quarta  dimostra  la  forma  che  si  intenderebbe  di  dare  al  piano 
superiore,  ed  è  relativa  alla  seconda  Pianta. 

Le  elevazioni  poi  corrispondono  rispettivamente  alle  Piante. 

Resteranno  servite  le  SS.  VV.  111. me  et  Ecc. me  di  osservare  che 
la  facciata  verso  il  Duomo  si  propone  di  ritenerla  nello  stato  pre- 
sente collo  stabilirla  soltanto,  come  mostra  l'Elevazione  alla  Lettera  A, 
e  non  d'  ornarla  come  era  la  superiore  domanda ,  perchè  qualora  si 
fosse  proposto  di  formare  una  facciata  moderna  ed  ornata,  sarebbe 
stato  necessario  demolire  tutti  i  camerini  sì  superiori,  che  inferiori, 
che  sono  costruiti  sulla  pura  e  mera  estensione  del  portico,  altri- 
menti le  finestre  sarebbero  riescile  più  vaste  di  quello  si  convenisse 
alla  ristrettezza  dei  camerini,  ed  in  caso  tale  sarebbe  stato  piuttosto 
da  proporsi  il  trasporto  di  detto  porticato  e  camerini  nell'  interno  del 
cortile ,  e  mettere  in  aspetto  l' appartamento  Guastalla  immediata- 
mente verso  la  piazza  ;  dippoi  si  sarebbero  dovuti  abbassare  tutti  li 
piani  dell'  appartamento  stesso  e  di  quello  della  R.  Arciduchessa ,  po- 
nendoli a  livello  dell'appartamento  ducale,  ma  una  tale  proposta 
avrebbe  portato  una  spesa  immensa  ed  un  lunghissimo  tempo  per  la 
sua  esecuzione  (2)  ;  quandoché  con  molto  minor  spesa  si  può  rendere 
la  Corte  fornita  di  tutti  quei  comodi  che  sono  necessari,  e  nel  tempo 
stesso  avere  una  facciata  molto  conveniente ,  ritenendo  l' ordine  go- 
tico, che  anziché  toglierle  le  dona  moltissimo;  cosicché  la  stessa  ve- 


(!)  Piante,  Elevazioni,  Distinta  e  Perizia,  che  non  abbiamo  potuto  rin- 
venire, consunte  forse  nell'incendio  sopra  ricordato. 

(2)  In  questo  punto  il  Romenati  vedeva  meglio  dei  suoi  superiori  e  dello 
stesso  Pozzo,  il  quale  aveva  già  fatto  il  disegno  della  nuova  facciata,  con 
che  si  alterava  del  tutto  lo  stile  del  palazzo  Bonaccolsì  ;  abbiamo  ancora 
il  disegno  del  Pozzo  pubblicato  da  Carlo  d'.\rco,  e  che  fortunatamente  non 
fu  eseguito. 


482  LA    REGGIA    MANTOVANA 

nejido  fiancheggiata  d'  ambi  i  lati  dalli  due  appartamenti  della  R.  Ar- 
ciduchessa, e  di  S.  Ecc.  de  Firmian,  forma  un'apparenza  di  Castello 
con  un  regolare  ordine  di  finestre,  come  mostra  l'accennata  eleva- 
zione alla  Lettera  A  (1).  Oltre  di  che  se  si  fosse  formato  questo 
ornato  sarebbe  convenuto  di  formarne  un  altro  simile  nella  facciata 
opposta,  entro  il  cortile  del  Pallone,  il  quale  forma  piuttosto  un'  unione 
di  varie  strade,  che  un  regolare  cortile  di    un  R.  D.   Palazzo  (2). 

Nella  quarta  Pianta  al  N.  XLV  si  propone  la  riduzione  dell'  appar- 
tamento di  S.  A.  R.  l'Arciduchessa,  si  stima  bene  di  restringere  le 
retro-camere,  per  ingrandirlo  e  formarne  delle  altre  di  servigio  nella 
così  detta  Cappellina  di  Santa  Croce,  e  riattare  le  superiori  a  comodo 
delle  signore  Cameriste.  Questo  è  quell'  appartamento  che  abbisogna 
della  più  sollecita  provvidenza  per  li  motivi  altre  volte  replicatamcnte 
fatti  presenti  alle  SS.  VV.  IH. me  et  Ecc.me, 

In  detta  quarta  Pianta  si  progetta  un  piccolo  appartamento  nobile 
da  farsi  contro  alla  nuova  Galleria  ;  questo  avrà  superiormente  le  sue 
camere  di  servigio,  che  si  estenderanno  fin  sopra  alla  scala  dei  Duchi, 
e  potranno  servire  invece  della  Capuccina,  che  erasi  proposto  di 
ricavare  nell'  Armeria  dell'  appartamento  Guastalla ,  da  essa  pianta  si 
ricava  la  necessità  che  vi  è  di  far  tal  fabbrica,  si  per  rinforzare  detta 
nuova  Galleria,  sì  per  continuare  la  facciata  dell'appartamento  du- 
cale, che  per  ornare  una  parte  del  Cortile  del  Pallone,  come  dal- 
l'Elevazione alla  Lettera  E;  questo  appartamento  godendo  d'una 
felicissima  situazione  potrà  ser\'ire  d' alloggio  per  il  Maggiordomo 
maggiore  o  per  altro  ragguardevole  personaggio  (3). 


(1)  Anche  qui  il  Romenati  aveva  tutte  le  ragioni;  il  palazzo  Bonaccolsi 
fiancheggiato  a  oriente  dall'  appartamento  della  Arciduchessa,  a  sera  da 
quello  del  Plenipotenziario,  presenta  una  linea  grandiosa,  che  contermina 
regolarmente  la  piazza;  mentra  l'isolare  il  palazzo  Bonaccolsi,  come  ta- 
luno anche  ultimamente  suggeriva,  avrebbe  rotto  questa  linea,  e  fatto  sfregio 
alla  storia,  da  cui  non  risulta  che  il  palazzo  Bonaccolsi  fosse  mai  isolato. 

(2)  L' incendio  già  sopra  ricordato  e  la  demolizione  d'  altri  locali  contigui 
hanno  fatto  di  questo  cortile  irregolare  una  vasta  e  armonica  piazza  oggi 
ombreggiata  da  superbe  e  numerose  piànte. 

(3)  Questo  progetto  non  fu  allora  eseguito  ;  solo  nel  1835  se  ne  esegui 
una  parte,  deformando  le  poche  reliquie  del  mirabile  appartamento  della 
Grotta  della  marchesa  Isabella  d'  Este. 


SOTTO    LA.    PRIMA    DOMINAZIONE    AUSTRIACA.  483 

Qui  non  sì  può  a  meno  di  sottoporre,  che  la  nominata  Armeria 
essendo  carica  d' archibugi,  picche,  lancie ,  armature ,  e  d' una  immen- 
sità di  vari  altri  inutili  militari  antichi  attrezzi  di  ferro,  rende  un 
notabile  peso  alli  solai  delle  sottoposte  camere  del  R.  Arciduca; 
quindi  il  sottoscritto  sarebbe  d'  umile  sentimento ,  che  detta  Armeria 
si  trasportasse  nel  teatrino  dell'  appartamento  di  Castello ,  che  ora  è 
vuoto,  ed  è  stato  assegnato  agli  Artiglieri  per  riporvi  i  loro  attrezzi 
militari  ;  e  così  rimarrebbero  sollevate  da  un  tanto  peso  le  ca- 
mere del  R.  Arciduca,  e  si  torrebbe  agli  Artiglieri  la  continua  com- 
municazione  in  questo  R.  D.  Palazzo. 

Quanto  al  nuovo  ingresso  per  le  carrozze,  questo  è  stato  già  pro- 
posto da  S.  A.  R.  r  Arciduca  per  togliere  la  passata  incongruenza, 
che  li  RR.  Principi  abbiano  a  montare  e  smo  ntare  dalla  carrozza 
allo  scoperto,  per  cui  l'anno  1772  convenne  di  formarvi  interinal- 
mente  un  così  detto  baito  di  legno. 

Esaminata  poi  la  riparazione,  di  cui  necessita  il  corridore,  che  dal 
Refettorio  conduce  alla  tribuna  del  Duomo,  si  è  riconosciuto  che 
trovandosi  in  un  pessimo  stato  tutta  la  travatura,  assi  e  coperto, 
sarebbe  occorsa  la  spesa  di  circa  fiorini  2500  ,  e  perciò  sul  riflesso 
di  questa  e  della  continua  manutenzione  per  essere  costrutto  di  le- 
gnami e  del  lungo  giro  che  devesi  fare  per  andare  in  Duomo ,  si 
crede  più  conveniente  e  di  maggior  economia  insieme  di  proporre 
un  nuovo  passaggio  di'  pietre  e  marmi  sostenuto  da  tre  Archi,  che 
dal  Refettorio  conduca  diametralmente  alla  detta  tribuna,  nel  modo 
che  dimostra  la  quarta  Pianta.  Questo  nuovo  passaggio  produrrà  vari 
vantaggi,  si  accorcierà  di  molto  il  cammino  a  detta  tribuna,  si  evi- 
terà la  spesa  della  manutenzione,  sarà  di  lunghissima  durata,  si  ri- 
quadrerà la  piazza,  e  si  darà  un  risalto  non  indifferente  a  tutta  la 
facciata  del  R.  D.  Palazzo,  e  per  ultimo  si  avrà  una  specie  di  pic- 
cola Galleria  della  larghezza  di  braccia  10  e  più,  da  cui  si  dominerà 
tutta  la  piazza  (1). 

Dall'annessa  distinta,  le  SS.  VV,  Ill.me  et  Ecc. me  rileveranno 
tutte  le  altre  operazioni  che  si  propongono  e  la  spesa  che  impor- 
teranno quale  si  è  calcolata  in  circa  Fiorini  71,300,  somma  che  il 
sottoscritto    per    non  aggravare    di    troppo    il  R.  Erario  in   una    sola 

(1)  Questo  progetto  del  Romenati,  che  presenta  tanti  vantaggi,  e  che 
allora  non  fu  eseguito,  si  potrebbe  eseguire  ancora  al  giorno  d'oggi. 


484  LA    REGGIA    MANTOVANA 

volta,  attese  massimamente  le  spese  fatte  sin  qui,  sarebbe  del  sotto- 
messo parere  che  si  ripartisse  in  tre  anni,  ed  intanto  principiare  da 
ciò  che  abbisogna  d'istantanea  provvidenza,  come  sarebbe  l'apparta- 
mento della  R.  Arciduchessa,  ed  ìndi  negli  anni  successivi  proseguire 
il  rimanente  fino  alla  totale  riduzione  del  R.  D.  Palazzo. 
Scalcheria,  30  Dicembre,  1773. 

Anton  Maria  Romenati,  Sopraintendente  della  Ducale  Scalcheria. 

Questa  Relazione  del  Romenati  diede  luogo  a  molte  discus- 
sioni nel  seno  della  Presidenza  del  Maestrato,  e  varie  furono 
le  lettere  che  si  scambiarono  col  Vice-governo  di  Milano,  dal 
quale  ogni  cosa  dipendeva;  parecchie  delle  proposte  furono  appro- 
vate, in  altre  si  fecero  delle  modificazioni,  talune  furono  respinte. 

Messo  mano  all'opera,  dopo  qualche  tempo  a  Milano  si  de- 
siderava sapere  a  che  punto  erano  giunti  i  lavori  approvati;  e 
il  Romenati,  in  risposta  alla  fattagli  richiesta,  scrisse  quest'altra 
Relazione,  pure  assai  interessante,  ove  rende  conto  di  quanto 
fu  eseguito  dai  diversi  artisti,  che  erano  stati  chiamati  ad  ab- 
bellire la  Reggia: 

In  adempimento  dei  veneratissimi  comandi  di  S,  A.  R.  porta- 
timi con  favorita  sua  dei  29  p.  p.  (1)  a  doverla  minutamente  relatare 
dello  stato  delle  fabbriche  e  riparazioni  ordinate  dalla  prelodata 
A.  S,  R.  mi  faccio  a  dirle  che  : 

L'  appartamento  della  R.  Arciduchessa  entro  il  corrente  Aprile  sarà 
totalmente  ed  in  istato  di  potere  senza  tema  abitare  alla  fine  di 
maggio,  come  Ella  dice,  attesoché  quanto  sia  alle  muraglie  sono 
d'alcuni  anni  state  fatte,  e  le  ultime  riparazioni  che  si  fanno  a  questo 
appartamento  consistono  nei  Parchetti  intarsiati ,  operazione  non  poco 
tediosa.  Questo  appartamento  privato  per  la  R.  Arciduchessa  è  riu- 
scito gaio  e  luminoso  con  tutti  H  suoi  comodi  e  communicazioni, 
giusta  le  disposizioni  di  S.  A.  R. 

Il  gabinetto  che  rimane  tra  la  camera  da  letto  e  1'  altra  camera 
verso  la  piazza,  è  riescito    nel    dipinto    assai    bene,  di  modo  che  lu- 

(1)  La  presente  Relazione  è  senza  data,  e  senza  indirizzo. 


SOTTO    LA    PRIMA    DOMINAZIONE    AUSTRIACA.  485 

singasi  possa  incontrare  la  superiore  approvazione  della  R.  A.  S.  Questo 
ò  tutto  dipinto  al  gusto  di  Raffaello,  ed  ottimamente  ornato. 

La  camera  di  ritirata  di  S.  A.  R.  contigua  ai  camerini  dell'  appar- 
tamento Guastalla,  è  addobbata  cogli  arazzi  di  Fiandra  provenuti  da 
Vienna  (1),  e  si  sono  incontrate,  che  le  misure  dei  medesimi  erano 
precise  per  quella. 

Le  serande  alle  porte,  grillie  alle  finestre,  sono  fatte  a  dovere. 

L'  appartamento  ducale ,  questo  parimenti  è  terminato ,  e  le  ope- 
razioni che  si  sono  fatte  a  questo ,  consistono  :  nell'  alzamento  e  ri- 
quadro delle  porte,  si  sono  ripuliti  ed  accomodati  li  soffitti,  fatti  li 
fregi  alle  due  anticamere,  non  che  li  suoi  lambrici,  e  si  sono  tapez- 
zate  tutte  le  tre  stanze  di  damasco  giallo,  che  esisteva  in  Galleria, 
giusta  r  ordine  di  S.  A.  R. 

Le  stanze  interne  del  detto  appartamento,  attese  le  nuove  finestre 
che  si  sono  fatte,  e  che  corrispondono  alla  terrazza  posta  sopra  la 
nuova  fiera  (2)  hanno  acquistato  un  lume  assai  grande ,  e  per  conse- 
guenza riescono  assai  allegre.  Anco  in  queste  stanze  si  sono  ripuliti 
li  soffitti  dorati,  che  ne  avevano  bisogno. 

È  riescita  assai  bene  la  camera  ordinata  da  S.  A.  R.  nel  sito  ove 
oravi  la  scaletta  di  legno  contigua  alla  camera  di  Lustrino  dipinto. 
In  questa  camera  ritrovasi  la  sortita  per  andare  sulla  terrazza,  come 
del  pari  nell'  ultimo  camerino ,  che  conduce  all'  appartamento  di 
^.  Ecc.  il  signor  Principe  Albani,  si  è  parimenti  fatta  la  communi- 
izione  nel  passetto,  che  porta  all'appartamento  alias  Majer,  per 
<  omodo  delle  signore  Cameriste,  che  servissero  a  queir  apparta- 
mento (3). 

La  vecchia  Galleria  di  questo  appartamento  è  totalraiente  terminata 
dallo  stuccatore  Somraazzi  sul  preciso  disegno  dell'  AlbertoUi ,  ed  ora 
si  stanno  dorando    gli    stucchi  ;    e    questa    invero    riesce    assai  bene. 


(1)  Questi  arazzi  furono  mandati  da  Vienna  per  ornare  il  palazzo  reale 
di  Milano;  e  siccome  là  non  parvero  opportuni,  vennero  destinati  per  il  pa- 

izzo  di  Mantova;  erano  16  pezzi. 

(2)  La  nuova  fiera  era  sulla  piazzetta  avanti    alla  basilica  di  santa  Bar- 
ira,  chiesa  addetta  alla  Reggia. 

(3)  È  un  appartamento  di  nessuna  importanza,  posto  fra  1'  appartamento 
del  Paradiso  e  quello  degli  Stic  ali ,  e  cosi  detto  perchè  abitato  dal  Majer 
che  fu  il  primo  Amministratore  del  Palazzo. 


48G  LA    REGGIA    MANTOVANA 


Sono  stati  parimenti  accomodati  li  vecchi  stucchi,  che  esistevano  nella 
vòlta,  in  quelle  parti,  che  ne  avevano  bisogno. 

Il  pittore  Campi  successivamente  all'  approvazione  ha  lodevolmente 
accomodate  alcune  lunette  poste  tra  le  soprafinestre  della  Galleria 
stessa  logorate,  cavandovi  li  fondi,  e  rimettendo  le  parti  consunte. 
Alle  tre  Medaglie  di  mezzo  rappresentanti  la  Notte,  il  Cielo  e  l'Au- 
rora, non  ha  che  cavati  li  stessi  fondi,  senza  por  mano  alle  figure, 
in  modo  che  resta  riavivata  totalmente  (1). 

Il  fondo  d'  oro  del  fregio ,  questo  si  è  dovuto  col  sentimento  del- 
l'Albertolli  rimetterlo,  perchè  troppo  avrebbe  stonato  colla  vicina  do- 
ratura dei  nuovi  stucchi. 

Questo  pezzo  unitamente  al  ristauro  del  suddetto  appartamento  du- 
cale ,  /orma  un  quarto  rispettabile ,  e  sarà  servibile  per  la  venuta 
delle  AA.  RR. 

L'  appartamento  Verde ,  questo  quanto  sia  all'  opera  dei  muratori  è 
totalmente  terminato,  tanto  le  camere  verso  il  cortile,  quanto  la 
parte  retro,  che  guarda  la  corticella  alias  di  Santa  Croce  con  la  sua 
ringhiera.  Questo  appartamento  non  potrà  in  tale  occasione  essere 
servibile,  atteso  le  muraglie  fattesi  di  fresco.  Sarà  però  disposto  a 
vederne  la  sua  vaghezza,  atteso  l'adattamento  degli  arazzi  di  santa 
Barbara.  A  questo  appartamento  è  stato  necessitato  l' architetto  Pozzo 
di  sottoporne  al  R.  D.  Maestrato  1'  insussistenza  dei  vecchi  plafoni, 
perchè  ritrovati  tutti  fracidi,  e  questi  con  approvazione  sono  stati 
costrutti  in  solido  modo,  e  con  ornato,  che  corrisponde  alla  magni- 
ficenza degli  arazzi,  e  comechè  questi  erano  totalmente  rovinati  dal 
tempo  e  dal  cattivo  uso  che  ne  facevano  i  Preti,  stati  da  tempo 
anche  pezzati  e  castronati  in  varie  parti  oltre  ài  tarli,  si  è  foi'tunata- 
mente  ritrovata  una  esperta  ed  intelligente  ricamatrice,  che  li  ha  ri- 
dotti in  istato  del  primiero  suo  essere,  in  modo  tale  che  ha  fatto 
r  ammirazione  universale  del  Paese ,  e  segnatamente  del  direttore 
Bottani,  che  ne  ha  avuto  1'  ordine  dal  R.  D.  Maestrato  di  accudirvi 
per  r  esatta  e  precisa  esecuzione  (2). 

(1)  Sono  quegli  ammirabili  dipinti  di  uno  stupendo  effetto  prospettico, 
disegnati  da  A.  M.  Viani,  e  coloriti  dai  suoi  allievi,  tra  il  1597,  e 
il  1605. 

(2)  Questi  arazzi  in  numero  di  9  e  rappresentanti  gli  Atti  degli  Apostoli, 
erano  in  origine  posseduti    dal    Cardinale    Ercole    Gonzaga,  che  nel  1563  li 


SOTTO    LA    PRIMA    DOMINAZIONE    AUSTRIACA.  487 


Una  delle  tre  camere  di  questo  magnifico  addobbo  sarà  alla  venuta 
di  S.  A.  R.  completata  nel  modo  che  devono  essere  le  altre  due,  e 
lusingomi  anche  in  questa  parte,  che  S.  A.  R.  sarà  soddisfatta. 

La  fabbrica  della  fiera  è  ormai  al  suo  termine  :  questa  si  è  pari- 
menti eseguita  nel  modo  prescritto  da  S.  A.  R,  coli'  aggiunta  della 
terrazza  parimenti  approvata;  la  stessa  è  riescita  assai  bene,  e  ne 
fa  un  ottimo  ornato  a  quella  piazzetta,  e  le  terrazze  ne  formano  un 
grazioso  passeggio  sortendo  dall'appartamento,  ove  si  dominerà  la 
fiera,  tenendosi  le  tende  al  disopra  delle  balaustrate. 

Gli  pittori  milanesi  stanno  ora  dipingendo  il  plafone  del  teatro,  e 
gli  parapetti,  secondo  il  disegno  approvato  dal  signor  Piermarini. 

Gli  specchiari  veneziani  travagliano  dietro  la  sala  dei  Cristalli  (1),  e 
questa  sarà  ridotta  a  tutta  perfezione  di  specchi  e  trasparenti,  che  la 
renderà  assai  vaga,  essendosene  impegnato  oltremodo  l' Intrapprendente. 


A  maggiore  ilustrazione  di  questi  Rapporti  del  Romenati  tro- 
viamo molte  fatture  dei  principali  Artisti,  che  lavoravano  nella 
Reggia  ;  e  di  queste  pubblichiamo  sommariamente  alcune ,  che 
hanno  un  particolare  interesse,  specialmente  quelle  di  Felice 
Campi,  incaricato  di  dipingere  quei  fìnti  arazzi,  che  tuttora  pos- 
sediamo, e  che  dovevano  accompagnare  quelli  che  da  Santa 
Barbara  vennero  ad  ornare  l'appartamento  Verde. 

Maestrato  Camerale  antico. 
1780.  4  aprile.  —  Fattura  di  Stanislao  Somazzi  stuccatore. 
Dettaglio  delle  spese  per  le  fatture  di   stucco    nei    bassamenti  detti 
Lambrici    da    farsi    nell'  appartamento    Verde    di    questa  R.  D.  Corte 

lasciò  per  testamento  al  nipote  Duca  Guglielmo,  perchè  ne  ornasse  la  ba- 
silica di  santa  Barbara,  che  allora  si  costruiva.  Nel  1777  il  Capitolo  di 
santa  Barbara  li  cedette  al  Maestrato  camerale,  ricevendone  in  compenso 
tanta  quantità  di  damasco  rosso  che  bastasse  per  adobbare  la  chiesa,  e  li 
arazzi  egregiamente  rammendati  dalla  signora  Maria  Carré  maritata  Loren- 
zini  custode  della  Reggia ,  rimasero  a  ornare  1'  appartamento  Verde ,  finché 
nel  1866  furono  portati  a  Vienna,  donde  non  sono  più  ritornati. 

(l)  La  sala  dei  Cristalli  era  il  gran  palco  dal  quale  i  Principi  assiste- 
vano agli  spettacoli  teatrali;  fu  consunta  nell'incendio,  che  distrusse  il 
teatro  nel  1781. 


I 


488  LA    REGGIA    MANTOVANA 


per  la  deèente  collocazione  degli  Arazzi    fatti    sotto  la  direzione  e  di- 
segno del  famoso  Rafaello  Sanzio. 

Segue  il  dettaglio  delle  fatture  da  farsi  a  4  camere ,  in  Lire  di  Mi- 
lano 13,000.10. 

—  Fattura  di  Pietro  Ceriola  intagliatore. 

Gli  intagli  di  legno,  che  occorreranno  da  farsi  nell'appartamento 
Verde  sui  modelli  dello  stuccatore  Stanislao  Somazzi  ascenderanno  a 
Br.**  1300,  le  quali  si  calcolano  per  le  sole  manifatture  a  lire  8  il 
braccio,  in  tutto  sono  L.  10,400. 

—  Fattura  di  Felice  Campi  pittore. 

Nota  della  spesa  che  occorrerà  per  gli  pezzi  d'  arazzo  finto  ed  altri 
pezzi  minori ,  che  abbisognano  per  ornamento  delle  stanze  dell'  appar- 
tamento Verde ,  e  ciò  è  quello  che  s'  aspetta  al  figurista. 

Nella  prima  anticamera  ;  Due  quadri  istoriati  dipinti  a  finto  arazzo, 
che  devono  essere  posti  tra  le  finestre  ;  la  spesa  sarà 

Cinque  pezzi  minori  di  arazzo  finto 

Nella  seconda  :  Un  pezzo    grande    istoriato    dipinto 
come  sopra 

Sei  altri  meno  grandi 

Nella  terza  :  Otto  pezzi  di  finto  arazzo 

Due  mezze  lune  con  figure  colorite 

Nella  quarta  :  Un  pezzo  grande  dipinto  come  i  sud- 
detti 

Dieci  pezzi  minori 

Per  li  sette  Pianeti,  che  devono  dipingersi  nel  pla- 
fone di  detta  camera  »        528 

Nella  stanza  cosi  detta  dei  Segni  (1).  —  Per  l'acco- 
modamento della  vòlta 

Per  r  accomodamento  del  fregio 

Un  pezzo  grande  sopra  il  camino 

N.  7  sopraporte 

Laterali  N.  4 


L. 

1,320 

» 

1,300 

» 

660 

» 

1,230 

» 

1,408 

» 

528 

» 

660 

» 

2,200 

» 

300 

» 

130 

» 

440 

» 

616 

» 

120 

L.  11,440 


(1)  Più  nota  col  nome  di  Sala  dello  Zodiaco, 


SOTTO    LA    PRIMA    DOMINAZIONE    AUSTRIA'^A.  4S9 


—  Fattura  di  G.  B.  Marconi. 

Por  gli  ornati  di  pittura  da  farsi  noi  plafoni ,  fregi  ed  abbassamenti 
dell'appartamento  Verde  di  questa  R.  D.  Corte,  per  quello  che  ri- 
guarda alla  dipintura  d'  ornato ,  vi  occorreranno  le  seguenti  spese  : 

(Seguono  i  dettagli  delle  fatture,  che  omettiamo)   Totale  L.  10,330, 

—  Fattura  di  Giuseppe  Passera  Indoratore. 

Conto  della  quantità  dell'  oro  e  spese  per  porlo  in  opera  occorrente 
per  le  cinque  stanze  dell'  appartamento  Verde ,  nel  quale  si  debbono 
dorare  tutte  le  cornici  di  stucco  e  di  legno  intagliate  per  il  contorno 
dogli  Arazzi,  porte  e  finestre,  N.  55  migliaia  d'oro  a  L.  160,  com- 
prese le  spese  di  porto  L.    8,800 

Manifatture  a  porlo  in  opera,  parte  brunito    e    per 

la  maggior  parte  a  mordente  »     5,500 

L.  14,300 


—  Fattura  di  Giuseppe  Scarmur  tappezziere. 

Fatture  da  tappezziere  da  farsi  nell'  appartamento  Verde  in  porre 
in  opera  li  9  pezzi  di  arazzi  di  Santa  Barbara,  ed  altri  8  pezzi 
che  erano  nelle  Ritirate  di  S.  A.  R.  ed  il  compimento  per  il  rima- 
nente delle  stanze,  che  sono  cinque,  quali  saranno  compite  di  finto 
arazzo  dipinto  su  Tardisi  già  provveduti  da  questa  R.  D.  Scalcheria, 
con  la  sottonotata  somma  si  faranno  le  manifatture  delle  tendine  per 
le  indicate  nove  finestre  di  damasco  verde,  come  pure  le  tendine  per 
coprire  le  tre  stanze  maggiori  degli  Arazzi ,  quali  si  calcolano  in  tutto- 
comprese  le  bacchette  ed  anelli  L.  3000. 

Queste  sono  le  opere  principali,  che  —  architetto  dirigente 
Paolo  Pozzo  e  Amministratore  Anton  Maria  Roraenati  —  furono- 
eseguite  nella  Reggia  Mantovana  durante  la  prima  dominazione 
austriaca  ;  e  ci  parvero  degne  d'  essere  segnalate  al  pubblico ,  e 
perchè  di  un  merito  incontestabile,  e  perchè  tuttora  si  possono 
nella  loro  integrità  riscontrare. 

Arch.  Slor.  Lomb.  —  Anno  XV.  32 


490  LA    REGGIA    MANTOVANA,    ECC. 


Le  presenti  notizie  non  saranno  forse  neppure  inutili  al  R.  Mi- 
nistero della  pubblica  Istruzione,  che  ora  fa  studiare  da  esimio 
Artista  un  progetto  di  ristauro  di  questa  Reggia;  e  gli  sarà  di 
stimolo  a  proseguire  nel  nobile  suo  divisamento  il  vedere,  come 
anche  un  Governo  straniero  si  prendeva  cura  di  tale  monumento, 
e  a  conservarlo  vi  profondeva  egregie  somme,  favorendo  cosi 
anche  lo  sviluppo  delle  Belle  Arti,  che  furono  sempre  la  più 
splendida  gloria  del  nostro  Paese. 

G.  B.  Intra. 


LE  ARTI  MINORI  ALLA  CORTE  DI  MANTOVA 

NEI  SECOLI  XY,  XVI   E  XVII 
Ricerche  storiche  negli  Architi  Jkfantovani. 


(Continuazione  V.  Fascicolo  XVIII). 


Orefici  in  Ferrara. 

MJ°  Paolo  de  Renaldinis  orefice,  scriveva  al  Marchese,  il 
1**  aprile  1501 ,  da  Ferrara  mostrandosi  dolente  di  non  aver 
potuto  parlargli  nella  sua  venuta  in  Mantova  col  nipote  Spada- 
cini  e  offrirgli  certi  «  lauori  di  cavalli ,  che  dovè  riportarseli.  » 
Se  verrà  a  Ferrara  si  propone  di  insegnargli  un  secreto  per  for- 
tificar sempre  più  un  bastione  di  Porta  Predella,  in  Mantova. 

La  marchesa  Isabella  ordinava  (22  agosto  1501)  a  Girolamo 
Zilioli  di  procurarle  una  corona  d'  ambra  nera  con  certe  rosette 
d'  oro  smaltate.  Se  non  la  trovarà  da  Francesco  Leardi  la  farà 
eseguire  da  mastro  Michele  orefice. 

Ebbe  quanto  desiderava  e  ne  ordinò  a  detto  mastro  Michele 
spagnolo  altre  sette  simili,  E  questi  rivolgevasi  alla  Marchesa  di 
Mantova  (18  aprile  1502)  per  esser  pagato  «  delle  bottessele 
d'  oro....  d'  un  paro  de  maiete  doro  smaltate  facte  di  suo  ordine.  » 

Il  Marchese  di  Mantova  riceveva,  il  13  luglio  1503,  da  Lucrezia 
Borgia  la  notizia  seguente  : 


492  LE    ARTI    MINORI 


Avendo  dato  «  a  Zuan  Jacomo  sculptore  et  aurifice  mantuauo 
lauorar  oro  per  quaranta  ducati  et  similmente  un  rubinio  et  un 
diamante  »  se  ne  parti  per  Mantova  insalutato  hospite  per  cui 
la  prega  per  ricerche. 

Il  Marchese  stesso ,  a  di  19  luglio ,  rispondevale  di  aver  ve- 
rificato ogni  cosa,  ma  detto  orefice  avendo  domicilio  instabile, 
non  aveva  ancor  potuto  mettergli  sopra  le  mani  ;  sperava  di 
coglierlo  e  riferirle. 

La  Marchesa,  al  18  ottobre  1504,  sollecita  M.™  Ercole  per  le 
maniglie.  E  questi  il  17  agosto  1501,  spediva  alla  Marchesa  di 
Mantova  certe  maniglie,  che  fin  dal  gennaio  aveva  cominciato  a 
lavorarle  ma  «  1'  opera  tanto  subtile  et  de  gran  manifactura  » 
portava  seco  molto  tempo.  Nel  maggio  1506  le  mandava  «  il  di- 
segno del  ferro  da  collo  per  il  noto.  » 

La  Marchesa  fu  contentissima  delle  maniglie  e  ne  espresse 
all'orefice  la  sua  soddisfazione,  estensibile  al  figlio,  che  pure 
aveva  aiutato  il  padre  in  tale  lavoro.  Intanto  ordinava  loro  una 
dozzina  di  bottoni  d'  oro. 

Fin  dal  2  aprile  dello  stesso  anno  era  venuto  in  Mantova 
Alfonso,  figlio  di  detto  Ercole,  da  Ferrara,  a  bella  posta  per 
abboccarsi  con  la  Marchesa. 

Al  20  maggio  1512  faceva  avere  all'  orefice  Ercole  una  «  bal- 
lotta de  compositione  »  di  odori  affinchè  le  facesse  un  coperchio 
d'  oro  ;  ma  nel  marzo  1516  scriveva  la  Marchesa  al  Ziliolo  con 
meraviglia  di  non  averla  ancora  ricevuta.  Questi  avvertiva  ch'era 
stato  più  volte  dall'  orefice  Ercole  ;  ma  indarno  potè  aver  «  la 
ballotta  de  odori  »  crede  esser  necessario  farlo  carcerare  per 
costringerlo  a  finirla.  L' ebbe  al  16  agosto ,  e  fu  in  compenso 
molto  soddisfatta. 

E  nel  1518  seguiva  a  scrivere  che  M.'*''  Ercole  andava  sèmpre 
per  le  lunghe  per  riguardo  alle  maniglie.  Fece  per  la  marchesa 
anche  un  libretto. 

Nel  1519  Alfonso  figlio  dello  stesso  forniva  bottoni  d'  oro  alla 
Marchesa  di  Mantova,  di  cui  fu  soddisfatta. 

Stando  al  Cittadella,  che  nota  fra  gli  orefici  in  Ferrara  Ercole 


■ 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  493 

Paaizzato,  questo  sarebbe  il  cognome,  come  già  avvertii  nel 
t^ecolo  XV. 

Mandava  la  Marchesa  a  Girolamo  Ziliolo  una  piastra  d'  ar- 
gento (151S)  affinché  facesse  costruire  dei  candelieri  dall'argentiere 
del  Duca  di  Ferrara.  Eseguiva  1'  ordine  il  Ziliolo,  osservandole 
che  essendo  tale  argentiere  egli  solo  maestro  capace  del  lavoro, 
j^^arebbe  andato  molto  tempo  prima  di  averli. 

La  Marchesa  Isabella  nel  1529,  a  mezzo  del  Ziliolo,  si  provve- 
deva di  due  ampolle  d'  argento,  di  un  calice  e  di  patena. 

Alfonso  d' Este  da  Ferrara  scriveva,  a  di  8  novembre  1565, 
al  Duca  mantovano  che  da  due  anni  Francesco  de  Palazzi,  ore- 
fice di  Mantova,  essendo  debitore  di  MJ^  Annibale  Borgognoni 
ingegnere  del  Duca  di  Ferrara  pella  somma  di  scudi  17  d'oro, 
capitato  in  Ferrara,  fu  fatto  imprigionare  dall'  ingegnere  per  esser 
pagato. 

S'intromise  lo  scrivente  e  gli  fece  dar  la  libertà,  ma  vedendo 
che  non  pensa  al  suo  dovere,  incita  il  Duca  a  costringerlo. 


Orefici  in  Firenze. 

Con  questa  relazione  ne  iniziamo  delle  nuove,  di  cui  non  ab- 
biamo avuto  esempio  nel  secolo  XV. 

Prima  di  entrare  nei  documenti ,  trovali  nell'  archivio  dei  Gon- 
zaga, dobbiamo  ricordare  che  in  questo  secolo  il  fiorentino  Ben- 
venuto Cellini  venne  a  Mantova. 

Nel  1528,  come  egli  stesso  narra,  da  Firenze,  ove  eravi  grande 
peste,  incitato  dal  padre,  che  in  gioventù  aveva  passato  bene 
parecchi  anni  in  Mantova,  verso  questa  città  volse  i  suoi  passi. 
Trovò  lavoro  presso  Nicolò  milanese,  orefice  del  Marchese.  Forse 
si  trattava  di  Nicolò  d'Asti,  che  abbiamo  veduto  veramente  orefice 
marchionale;  non  risultando  che  Nicolò  Possevino  milanese,  che 
pure  era  in  Mantova,  fosse  a  servizio  speciale  della  Corte  man- 
tovana. 

A  mezzo    della  conoscenza    di  Giulio  Romano    ebbe  dal  Duca 


494  LE    ARTI    MINORI 


r  ordine  di  far  «  il  modello  per  tener  la  reliquia  del  sangue  di 
Cristo,  »  che  molto  piacque.  Fece  il  suggello  del  Cardinale  Ercole 
Gonzaga  sul  quale  intagliò  l'Ascensione  di  M.  V.  coi  dodici  apo- 
stoli, e  forse  altri  ancora  per  lui  e  pel  Marchese.  Ma,  assalito 
da  febbre  quartana,  dovette,  dopo  quattro  mesi,  abbandonar  Man- 
tova, ove  fu  ben  pagato. 

Si  possono  vedere  i  suggelli  del  Cellini,  fatti  in  Mantova,  nella 
splendida  opera  di  Eugenio  Plon  Benvenuto  Cellini,  orfètre  me- 
dailleur,  sculpteur,  ecc.,  riprodotti  in  bellissime  incisioni,  oltre 
di  altri  lavori  attribuiti  al  Cellini  e  fatti  pure  per  Mantova. 

Il  Duca  di  Mantova,  il  21  maggio  1564,  spediva  in  Firenze 
Salamone  Levitico  ebreo,  gioielliere  in  Mantova,  per  comperar  gioie, 
oro  battuto,  drappi  d'oro,  d'argento,  seta,  lana,  per  uso  della 
Corte  di  Mantova,  avendo  più  volto  esperimentata  la  sua  «  fedeltà 
e  lealtà.  »    (R.  Mandati,  1564,  /.  116). 

Lorenzo  Capogrosso  diamantaro  in  Firenze  nel  febbraio  1585 
e  aprile  dell'  anno  seguente  pregava  il  Duca  di  Mantova  per  esser 
pagato  di  sue  fatiche. 

Michele  Mazzafiri,  orefice  del  Serenissimo  Gran  Duca  di  Toscana, 
da  Firenze,  al  28  gennaio  1593,  rivolgevasi  alla  Corte  di  Man- 
tova per  mezzo  di  G.  B.  maestro  di  legname,  che  veniva  in  Man- 
tova a  fare  certi  strumenti  per  S.  A.  domandando  risoluzione 
intorno  ai  coni  delle  medaglie  già  fatte  a  S.  A.  Scrive  nuova- 
mente al  Duca,  il  30  «  per  sapere  la  risoluzione  intorno  ai  modelli 
in  piombo  di  due  medaglie  con  la  testa  di  V.  A.  » 

Al  6  marzo  e  al  27  settembre  attende  sempre  risposta  «  intorno 
ai  due  ponzoni  :  uno  grande  con  la  testa  e  l'  arme  di  V.  A.  S.  con 
il  tosone,  accresciutovi  l'arme  d'Austria  e  il  berrettone,  secondo 
V.  A.  S.  m' impose  a  bocca  »  ed  altro  minore  di  cui  gli  manda 
il  modello  in  piombo  per  averne  1'  approvazione. 

Ma  ancora  al  3  novembre  ricordava  le  medaglie  in  piombo  ed 
i  roversi  in  acciaio  sul  che  pare  non  abbia  avuto  risposta. 

Questo  Mazzafiri  Michele  di  Battista ,  era  fiorentino ,  nato  verso 
il  1530  e  morto  nel  1597.  Il  signor  Alfredo  Armand  nella  sua 
opera  Les  medailleurs  italiens,  fa  conoscere  le  medaglie  da  lui  fatte. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  495 


Argentieri  in  Urbino. 

Benedetto  Capilupo  da  Mantova  scrive  alla  Marchesa,  il  7 
luglio  1516: 

Le  signore  Duchesse  d'  Urbino  (si  trovavano  in  Mantova)  me  dissero 
r  altro  giorno  che  erano  necessitate  far  rompere  et  battere  alcuni  pezi 
di  argento  fra  quali  erano  dui  bacilli  con  dui  bronzi  da  mano  molto 
belli  de  desegno  et  fogia  antiqua  designati  per  Raphael ,  hanno  del 
oblongo  sono  dorati  et  credo  piaceranno  all'  E.  V.  dicendomi  che  quando 
V.  E.  hauesse  modo  de  dargli  dinari  o  tanti  argenti  da  rompere  che 
uoluntieri  li  gli  dariano  più  presto  che  butare  via  tanto  bella  opera, 
hanno  anche  alcuni  altri  pezi  e  nasi  ma  questi  non  potei  uedere  per 
non  esserli  quello  che  haueua  la  chiave.  Se  V.  E.  uolesse  contracam- 
biare qualchuno  di  questi  argenti  i  poterà  darmene  auiso  che  uederò 
di  hauerli  et  mandarli  a  V,  E.  a  ciò  che  la  si  capisca  quelli  gli  piacerà. 

E  al  9  dello  stesso  annunziava  aver  dato  la  cura  al  Negro  di 
farsi  dare  «  detti  argenti  dalle  duchesse  per  presentarli  a  V.  E.  » 

La  Duchessa  di  Urbino  fa  conoscere  al  Marchese  di  Mantova 
il  9  luglio  1529  che  ha  ricevuto  da  Marcotti  il  coperchio  della 
tazza  di  V.  E.  che  diede  a  racconciar  all'  artefice  stesso ,  che 
l'aveva  fatto,  e  con  gran  difficoltà  riuscirà  ad  aggiustarlo  e  poi 
1*  indorerà. 

Orefici  in  Roma. 

Le  relazioni  della  Corte  di  Mantova  con  Caradosso  e  il  celebre 
Gio.  Cristoforo  romano  mentre  erano  in  Roma,  già  pubblicai  in 
altro  lavoro. 

Quest'  ultimo  nel  dicembre  1505  proponeva  alla  Marchesa 
r  acquisto  di  «  una  tavola  di  bronzo  tutta  lavorata  d'  argento  a  la 
damaschina  »  con  figure  antiche  e  lodava  la  compera  del  famoso 
Cupido.  Nel  1510  era  passato  a  Loreto.  In  quanto  al  Caradosso 
aggiugnerò  quanto  segue,  accennato  dal  Plon  nell'  appendice  al 
suo  stupendo  Benvenuto  Cellini. 


496  LE    ARTI    MINORI 


Il  principe  Gonzaga  in  Roma,  a  di  3  settembre  1512,  scriveva 
a  sua  madre  Isabella  in  Mantova  : 

Thebaldeo  me  ha  detto  che  Caradosso  farla  uolontieri  a  V.  E.  o  a 
mi  uno  Lacoonte  d'  oro  di  tutto  releuo  con  li  figlioli  e  serpi  come  e 
<|ua  di  marmo  fatto  a  martello  et  non  gietato.  Io  uoluntieri  uederia 
una  tal  cosa  a  V.  E.  di  man  de  cosi  ben  maestro  per  quanto  mi  è 
detto  ò  istimato  excellente  et  singulare  in  quella  arte....  Quand'  anche 
li  piacessi  eh'  el  facesse  detto  Lacoonte  in  un  tondo  di  mezo  releuo 
per  portar  in  un  capello  el  lo  fasa  in  excellentia  perche  el  ni  ha  fatto 
una  a  Thebaldeo  per  portare  nella  beretta  nel  quale  e  uno  Hercule 
•che  amaza  Anteo  bellissimo  fatto  tutto  a  martello  la  factura  del  quale 
e  stato  istimato  da  35  in  40  ducati  d'  oro  e  V.  E,  acusi  quel  che  la 
uole  che  si  facci  che  el  farò  fare. 

E  la  madre  cosi  rispondeva  : 

Isabella  marchionissa  etc. 
111.*^°  Frederico  Gonzagce  marchioni  etJiUo  nostro  carissimo  s.  Hauemo 
inteso  per  la  tua  de  iij.  del  presente  che  Caradosso  uolontieri  ni  farla 
un  Lacoonte  in  summa  beleza  et  per  il  simile  el  desyderio  tuo  in  zo 
al  che  respondendo  dicemo  che  seriano  contentissima  et  haueressimo 
molto  caro  hauere  qualche  opera  de  mano  di  tale  artefice  intendendo 
de  la  sufficientia  et  excellentia  di  quello  ne  1'  arte  sua  ma  perchè  se 
ritrouamo  al  presente  hauere  mal  il  modo  di  spendere  et  remunerare 
uno  tanto  homo  per  el  danno  hauemo  receputo  ne  le  possessione  nostre 
mandate  dal  Po  unde  m'  è  necessario  prouedere  ad  altri  bisogni  più 
urgenti,  transcorreremo  per  adesso  questo  nostro  appetito  differendolo 
al  tempo  più  commodo  ad  satisfare  a  tale  opera  et  operano  exceliente. 
Ne  piace  bene  che  tu  sij  desyderoso  farmi  cosa  grata  et  maxime  de- 
lectandoti  de  tale  imprese  uirtuose  come  sono  queste.... 
Mantue  XI IIJ  sept.  1512. 

E  pare  che  per  contentarlo  il  Marchese  padre  gli  scrivesse  il  4 
novembre  1512  che  avendo  inteso  il  desiderio  «  di  hauer  qualche 
fornimenti  d'  oro  da  ornar  berrette  subito  dessimo  commissione  a 
Federico  Benali  che  mandasse  a  Milano  a  far  fare  a  posta  quatro 
donzene  di  betoni  et  uno  de  pontaletti  smaltati  et  dui  tondi  con 
r  imprese  dentro  che  uederai ,  le  quali  cose  tutte  ti  mandamo 
in  un  scatoletto.  » 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  497 


Nel  1522  Caradosso  in  Roma  faceva  un  impresa  e  nel  1524 
una  medaglia  pella  Corte  di  Mantova. 

Uno  Schiavolino  Graciolo  gioielliere  trovandosi  in  Roma,  il  23 
settembre  1510,  riferiva  al  Marchese  intorno  ad  affare,  di  cui 
era  stato  incaricato.  Egli  era  veronese,  e  più  tardi  da  Verona 
scriveva  alla  Corte  di  Mantova,  offrendo  porfidi,  alabastri  ed 
altre  pietre. 

Porto  le  relazioni  della  Marchesa  di  Mantova  col  celebre  inta- 
gliatore di  gomme,  Nicolò  d'Avanzi,  veronese  nella  sezione  di 
Roma,  poiché  egli  visse  e  lavorò  quasi  sempre  in  questa  città; 
benché  abbia  il  dubbio  che  nel  1512  fosse  in  patria  od  in  Venezia. 

La  Marchesa,  il  15  agosto  di  detto  anno,  lo  pregava  di  venir 
in  Mantova  per  ritoccar  un  intaglio  in  uno  smeraldo;  e  già  al  19 
aveva  avuto  risposta  che  non  poteva  venirvi  ;  cosi  la  Marchesa 
qualificandolo  Nobilis  amice  noster  carissime  gli  mandò  lo  sme- 
raldo stesso.  AI  3  settembre  gli  scriveva  cosi  : 

Spectabilis  amice  noster  carissime , 
Hauemo    recevuto  dal    nepote    uosiro  il  nostro    smeraldo  ci  qual  è 
tanto    ben    ridutto  che    a    pejia  possemo  credere   chel  fosse  mai  fatto 
cosi  bello,  onde  restamo  tanto  ben  satisfacie  quanto  sia  possibile. 

Gli  manda  sei  ducati  e  gli  offre  la  sua  protezione.  Il  nipote 
per  nome  Matteo  era  pure  suo  allievo  nell'  intaglio  delle  gemme. 

La  Marchesa,  al  28  gennaio  1522,  scriveva  a  M.'"^  Cosmo  me- 
dico, per  secreto  di  composizione  di  uno  stucco,  atto  a  formare 
corniole,  agate  ed  altre  pietre  preziose,  simili  alle  vere.  Pare  che 
detto  medico  fosse  nello  stato  ecclesiastico. 

Nel  novembre  1525  Francesco  Gonzaga  da  Roma: 

Ho  fatto  uedere  a  questi  di  il  disegno  de  la  Salerà  che  se  haueria 
ad  fare  per  V.  S.  per  intentere  il  costo  e  il  tempo  che  ui  andarla  et 
ho  adoperato  il  meggio  di  quello  ho  proposto  M.""  Julio  pittore  dice 
che  non  li  uorrà  manco  de  tre  libre  d' argento  al  quale  costerà  da 
^circa  25  ducati  et  li  andara  più  che  sei  ducati  de  oro  et  de  manifat- 
tura dimanda  30  ducati,  pur  credo  se  ritirarla  alli  25  et  non  uol 
manco  de  dui  mesi  di  termine  a  farla. 


498  LE    ARTI    MINORI 


Al  12  settembre  partecipa  che  restò  d'  accordo  coli'  orefice  che 
la  saliera  debba  esser  fatta   per  20  ducati    d'  oro  di  manifattura. 

Nel  finir  di  dicembre  1526  1'  orefice  sempre  era  attorno  alla 
saliera  ;  e  al  1°  marzo  la  spediva,  e  fu  graditissima  alla  Corte 
(li  Mantova. 

Forse  si  trattava  di  artefice  lombardo,  essendovene  dei  valen- 
tissimi in  quel  tempo  a  Roma. 

Il  Cardinale  di  Ferrara  in  Roma  (26  feb.  1569)  e  anche  il 
Cardinale  di  Augusta  raccomandavano  al  Duca  di  Mantova  G.  B.  Ti- 
baldi  gioielliere  mantovano,  che  da  Roma  veniva  in  patria  per  lite. 

Bernardino  Pia,  agente  mantovano  in  Roma,  nel  maggio  ave^^a 
ordine  di  far  intagliare  una  penna  in  argento. 

Dal  carteggio  ducale  con  Roma,  dal  1587  al  1589,  risulta 
che  la  Corte  di  Mantova  si  provvedeva  nell'  alma  città  di  occhiali 
e  di  Agnus  Dei ,  questi  lavorati  dall'  orefice  di  Bologna. 

Da  una  nota  del  28  agosto  1595  si  viene  a  conoscere  che 
M.r  Paolo  Fané  ti ,  orefice  romano,  aveva  fatto  435  lune  d'oro 
smaltate  di  bianco  al  prezzo  di  scudi  tre  il  paio. 

Aveva  di  più  legati  in  oro  due  vasi  (R.   Tesoreria,  1592-7). 


Orefici  stranieri. 

Allo  sfarzo  della  Corte  mantovana  non  bastavano  più  i  gioiel- 
lieri italiani  ;  e  forse,  anche  per  seguir  la  moda,  ricorreva  alla 
Francia  ed  alla  Germania. 

Marcantonio  di  Galego  da  Lintz,  il  30  giugno  1501  spediva 
alla  Marchesa  di  Mantova  «  una  corona  di  74  ambre  bianche 
senza  li  segnacoli  le  quali  sono  un  poco  più  grandi  che  quelli 
portaua  el  signor  Joanni  mio  patrono  per  corone  ;  li  quali  pel 
mio  sono  bellissimi....  Si  riservava  di  mandar  corde  di  liuto 
per  non  ritrouare  cosa  buona  in  Alemagna  se  non  pure  in  No- 
rimberga. » 

E  altra  corona  più  piccola  riceveva  da  Vienna,  il  26  feb- 
braio 1506  da  certo  Brunori,  che  sembra  padovano. 


I 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  499 

Gaspiire  Magno  da  Lione  spediva  braccialetti  a  Federigo,  pri- 
mogenito del  Marchese  di  Mantova. 

Il  Duca  di  Mantova  riceveva  la  seguente  di  Francia  : 

U.""  Signore , 

La  presente  è  solo  "per  supllicar  V.  A.  che  mediante  il  rimborso 
delli  sudi  3000  che  deve  il  Re  la  si  degni  far  consegnar  il  rubino  ba- 
lascio  di  carati  120   di   S.  M,  al  sig.  Jaques  Qaion  presente  latore... 

Dall' abballa  du  Jan  alli  30  di  novembre  1580.  Di  v.  a.  s. 

DcDotiss.^    seruitore 
Horatio  Rucellai. 

La  Corte  di  Mantova,  il  1"  giugno  1581,  scriveva  a  MJ"  Fi- 
lippo Cardano  fiammingo,  orefice  o  gioielliere,  che  a  giorni  sa- 
rebbe stato  pagato. 

Da  Parigi  Ascanio  Andreasi,  il  24  aprile  1582,  scriveva  al 
Duca  di  Mantova  che  in  compagnia  del  signor  Nuvolone ,  mastro 
di  casa  di  S.  Maestà,  perlustrò  le  botteghe  di  molti  orefici  per 
trovar  un  bufetto  d'argento,  secondo  l'ordine  avuto;  finalmente 
!o  trovò,  ed  al  4  maggio  avverte  che  più  tardi  sarà  spedito. 
Pervenne  infatti,  ma  eccone  il  giudizio. 

Il  signor  colonnello  Andreasi  hebbe  carico  di  far  fare  a  Parigi  una 
credenzetta  d'argento  comoda  per  portar  in  uolta,  la  quale,  essendo 
stata  condotta  si  è  trouato  che  è  stata  così  mal  fatta  e  lauorata 
che  l'A.  S.  n' è  restata  malissimo  soddisfatta,  ne  sa  altro  che  farne 
salvo  che  farla  riffondere  caso  che  l' orefice  che  V  ha  fatta  qual  si 
chiama  M.'J  Tomaso  Echialla,  al  segno  del  pomo  rosso,  non  la  ripigli. 

Antonio  Cizzoli  da  Colmer,  il  10  maggio  1582 ,  scriveva  al  Se- 
gretario ducale  che  ebbe  dal  signor  Antonio  Jaciperon  dieci  piatii 
e  12  tondi  d'  argento  con  una  rosa  di  gioie,  un  paio  di  braccia- 
letti guarniti  di  rubini  e  perle  che  subito  furon  presentate  a  nome 
del  Duca  di  Mantova  alla  Serenissima  Signora  Duchessa  «  la 
quale  con  lieta  fronte  ha  riceuuto  il  dono  rendendone  a  S.  A.  gratie 
infinite.  » 

Martino  Zobol ,  cittadino  d'Augusta,  da  questa  città  scrive  in 
tedesco,  il  29    novembre  1584,    al  Duca  di  Mantova,  notandogli 


500  LE    ARTI    MINORI 


che  ha  avuto  commissione  da  Roberto  Austerstorfer,  agente  du- 
cale, di  provvedergli  agate,  corniole,  topazii  boemi,  granate,  tur- 
chesche,  lapislazzoli,  ed  altre  pietre  preziose;  ma  gli  rincresce 
di  non  averne  ritrovate  ;  gli  ricorda  poi  il  prezioso  giannetto  di  4 
anni ,  che  riceverebbe  con  riconoscenza. 

Dario  Castelletto  da  Nomi  nel  Tirolo,  il  6  febbraio  1586,  scrive 
al  Duca  di  Mantova  che  essendogli  giunto  ad  Inspruck  il  mo- 
dello del  fiasco,  desiderato  da  S.  A.  per  portare  medicamenti, 
glielo  spedisce.  Piacque  ed  ebbe  ordine  di  farlo  eseguire  in  argento. 

Curzio  Pichena  da  Praga,  il  18  novembre  1591,  faceva  avere 
al  segrerario  Ducale  12  diamanti,  9  topazii,  sei  granate,  sei  ama- 
tiste  e  quattro  zaffiri,  avuti  dallo  Zoppo,  affinchè  il  Duca  decidesse 
come  dovessero  esser  intagliati.  Di  granate  si  nota  che  vi  è 
molta  penuria  presso  tutti  i  gioiellieri ,  spera  di  averne  però  due 
dozzine  più  grosse  ;  il  Zoppo  pretende  un  tallero  per  dozzina. 
Neil'  aprile  1592  notava  che  le  gioie  spedite  sorpassano  le  70 
dozzine;  promette,  occorrendo,  mandar  delle  più  belle  pietre, 
che  sieno  in  Boemia  per  far  tavolini. 

Il  Consiglio  della  città  di  Augusta,  a  di  13  luglio  1596,  rac- 
comandava al  Duca  di  Mantova  Giacobina  vedova  di  Hermann© 
Olixgen  orefice,  morto  in  Mantova,  ove  lasciò  crediti. 

.Jaques ,  orefice  fiammingo ,  il  20  giugno  1594  da  Anversa  scrive 
al  Duca  di  Mantova  che  obbedisce  agli  ordini  verbali  avuti  prima 
di  lasciar  Mantova.  Descrive  prima  il  suo  viaggio  a  Francoforte, 
Colonia  e  la  dimora  di  due  mesi  a  Liegi  presso  quel  principe, 
fratello  del  Duca  di  Baviera.  «  Ho  faito  mandaer  de  Francoforte 
a  S.  A.  S.  quattro  quaderetine  piccole  de  li  4  tempi  dell'  anno  del 
minnaitdoere  de  Hoefaneghel  molto  raire  »  ma  non  ebbe  risposta. 

In  altra  del  4  ottobre  si  sottoscriveva  Jacques  Roymans  con- 
tento di  aver  ricevuto  risposta.  Notagli  che  sull'  incarico  datogli 
di  comprar  diamanti  piccoli  ad  uso  di  bottoni  per  S.  A.  S.,  non 
convenirCj  essendo  carissimi,  costando  due  ducatoni  ;  cosi  i  bot- 
toni verrebbero  a  costar  più  di  100  scudi.  Propone  diamanti  più 
grossi  per  formare  un  S.  Giorgio  di  diamanti  a  cavallo  con  spada 
ed  altri  gioielli,  degni  di  un  principe. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  501 

Egli  al  24  luglio  1599  scriveva  da  Parigi  al  Duca,  sperando 
di  venir  a  Mantova  a  fargli  vedere  bei  oggetti. 

Arrigo  de  Hontorst,  argentiere  fiammingo,  da  Genova  il  6 
aprile  1595,  scriveva  al  segretario  del  Duca  di  Mantova  per  indo- 
ratura di  un  bacile. 

Al  26  aprile  si  meravigliava  di  non  aver  avuto  risposta ,  né 
il  disegno  dei  candelieri  che  S.  A.  gli  aveva  ordinati,  trovandosi 
egli  a  Genova  per  conto  del  bacile,  lascia  di  salutare  in  Man- 
tova Marcantonio  pittore,  signor  Herman  orefice  e  altri  amici. 

Al  30  stesso,  sempre  senza  risposta,  ha  messo  mano  alla 
conchiglia  di  madreperla,  che  dovrà  spedire  in  Mantova,  pel  quale 
lavoro  ha  dovuto  pigliare  un  valente  artefice  in  aiuto. 

Al  24  Giugno  ha  finito  «  la  bacile  e  stagnara  »  che  fra  14 
giorni  spera  di  far  avere  in  Casale,  ed  è  certo  che  sarà  soddi- 
sfatto. Ha  già  fatto  i  modelli  in  cera  dei  candelieri  ed  é  pronto 
a  gettarli  in  argento. 

Una  nota,  in  data  28  agosto  1595,  per  un  castone  con  rubino, 
altro  con  una  orientale .  un  zaffiro  triangolo,  65  smeraldi  grandi, 
altri  25  zaffiri  di  diversa  grandezza  e  18  baiassi  per  un  lavoro 
di  perle  sopra  speroni,  morso,  e  accomodatura  di  59  diamanti 
e  cosi  firmata  ; 

«  Io  Nicolao  Rogiers  mi  chiame  sattisfatto  di  soprascritti  danari.» 

Nieolaes  Rogiers  orrejìei. 
(Regia   Tesoreria,  1592-7). 

Porfirio  Bosso  da  Praga,  il  28  di  ottobre  1595,  spedisce  al 
Duca  pietre  di  Boemia  lustrate  per  saggio ,  cioè  8  dozzine  ;  alcune 
possono  servire  per  far  vasi,  altre  quadretti,  ovvero  facette  di 
scrittoi. 

Abram  Colorni  da  Stucarts,  il  27  gennaio  1598,  partecipa  a 
f^.  A.  S.  che  quel  Principe  «  gli  manderà  certi  belli  vasi  »  fatti 
da  un  suo  valente  maestro. 


502  LE    ARTI    MINORI 


Orologieri  diversi. 

Abbiamo  veduto  gli  orologiai  in  Mantova,  in  questa  sezione 
si  vedrà  ove  ricorreva  la  Corte  di  Mantova,  specialmente  per 
gli  orologi  portatili. 

Da  Venezia  la  Marchesa  Isabella,  nell'agosto  1506,  si  procu- 
rava un  «  horologio  a  sole.  » 

Un  Peregrino  di  Prisciano,  orefice  in  Ferrara,  faceva  nel  1509 
un  orologio  pella  Marchesa  di  Mantova ,  di  cui  fu  contenta  «  per 
la  bellezza  e  bontà  sua.  »  Ne  ordinava  altro  «  più  portatile  e 
più  legiero.  » 

Rimandava  ella  nel  settembre  1511  in  Ferrara  un  orologio 
per  esser  aggiustato  dallo  stesso  orefice,  essendosi  spostata  la 
calamita.  Nel  novembre  dello  stesso  anno  ordinava  a  Lorenzo  di 
Pavia  in  Venezia  di  comprarle  un  «  orologio  da  polvere.  »  Lo 
ricevette  al  primo  dell'  anno  seguente  e  ne  fu  contenta. 

Del  citato  Peregrino  de  Prisciano,  orefice,  il  Cittadella  f^A^o- 
tizie  relative  a  i^erraro^  dà  un  piccolo  albero  genealogico,  l'arto 
essendo  stata  in  famiglia. 

In  Reggio  vi  era  la  famiglia  Sforzani,  famosa  per  la  fabbrica 
di  orologi  tascabili,  celebre  M.ro  Cherubino,  soprannominato  Pa- 
rolaro,  di  cui  fa  parola  Benvenuto  Cellini. 

Cosi  scriveva  il  Marchese  di  Mantova. 

Allì  fratelli  de  M.™  Cherubino  che  fanno  orololij  in  Reggio. 
Nobili  etc.  se  quello  orololio  principiato  per  ÌA:°  Cherubino  vostro 
'rateilo  di  qua!  li  fu  dato  10  ducati  d'oro  e  in  termine  chel  si  puossi 
finire  facendoli  una  cassa  semplice  senza  quelli  ornamenti  dessignati  per 
Tulio  romano  hauerei  piacer  che  me  fosse  mandato  o  per  voi  portato. 
Et  quanto  più  presto  tanto  più  ci  sera  grato  et  di  satisfaction  suprema. 
E  quando  esso  orololio  non  sij  in  termine  da  non  potersi  finire  facendo 
di  la  cassa  semplice  senza  li  ornamenti  predicti  mi  farestini  cosa 
molto  grata  quando  li  ne  fosse  un  altro  che  subito  lo  portastini  qua 
che  vi  sarà  ben  pagato.  Et  pertanto  anche  questo  orololio  eh'  è  in  quej 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  503 

manico  d'  occhiale  che  li  fu  dato  per  conciar  et  per  questo  mando  questo 
presente  correrò  a  posta  Mantua   Vij    september  1529. 

E  a!  9,  Girolamo,  uno  dei  fratelli,  rispondeva  che  l'orologio 
non  poteva  esser  finito  prima  di  due  mesi,  anche  facendogli  la 
cassa  semplice. 

Al  18  dava  nuova  promessa  di  portarlo  in  Mantova  ;  ma  il 
Marchese  al  1**  ottobre  spediva  un  corriere  per  aver  1'  orologio. 

Al  15   novembre  1530  scrivevagli  cosi  : 

M,"^°  Hieronimo  de  Korloglii  amico  carissimo.  Perchè  ho  donato  al- 
l' III.""*»  sig.  Duca  di  Milano  1'  horologlio  che  a  Bologna  hebbi  da  Mastro 
Cherubino  nostro  fratello,  me  ne  bisogna  un  altro  e  lo  uorrei  adesso. 

Cherubino  Sforzani  era  nel  1531  a  Roma  e  di  colà  il  5  gen- 
naio prometteva  al  Duca  di  Mantova  fra  un  mese  di  spedirgli 
un  orologio. 

Al  primo  giugno  nuovamente  facevagli  conoscere  che  T  amba- 
sciadore  mantovano  in  Roma  gli  aveva  ordinato  un  orologio  si- 
mile a  quello  che  il  Papa  teneva  in  sua  camera,  il  quale  «  so- 
nava r  bore  di  sei  in  sei  colla  mostra  delle  minute,  ma  non  li 
quarti  come  vorrebbe  V.  S.  »  domanda  spiegazione. 

Neil'  aprile  1540  M.'"  Cherubino  era  rimpatriato  in  Reggio  e 
prometteva  di  far  al  Duca  di  Mantova  un  orologio  come  quello 
di   Vili  afranca. 

L'  ambasciadore  mantovano  in  Venezia,  il  30  settembre  1531, 
spediva  alla  Corte  di  Mantova  un  orologio,  fatto  in  Venezia. 
Altro  spediva  1'  11  aprile,  1534,  aggiustato  da  un  frate, 
il  quale  pretendeva  scudi  4  ^j^  in  pagamento.  E  Benedetto 
Agnelli,  stesso  ambasciadore,  al  23  gennaio  1535 ,  assicura  aver 
ordinato  gli  orologii  e,  finiti,  li  spedirà. 

E  due  orologii  spediva  il  17  febbraio  1536,  stati  aggiustata 
pei  quali  pagò  cinque  lire  e  sette  soldi  di  moneta  mantovana,  e 
al  4  febbraio  1539  scriveva  gli  orologii  esser  finiti  ed  il  maestro 
pretendere  scudi  16. 

A  di  28  di  Giugno  1539  da  Augusta  «  Conrado  Bego  o  Rego 
o  Voegg  maestro  di  Horologii  »  scriveva  in  tedesco  al  Marchese 


504  LE    ARTI    MINORI 


di  Mantova  che  gli  fu  rimesso  un  orologio  di  V.  E.  da  Fran- 
cesco Trombetta  della  Maestà  del  Re  per  esser  aggiustato,  il  che 
fece  e  spera  che  ne  sarà  contento  ;  attende  ordini  per  spedirlo. 
Intanto  gli  offre  un  buon  orologiaio,  come  gli  fu  manifestato 
dal  Trombetta,  il  quale  verrebbe  a  portar  detto  orologio,  e  lo 
proverebbe  se  sufficiente. 

Domenico  Bratto,  piacentino,  otteneva  il  13  novembre  1556 
esenzione  per  dieci  anni  dei  dazi,  purché  venisse  in  Mantova 
ad  esercitar  fra  le  altre  arti  quella  di  fabbricante  di  orologi 
{R.  Decreti,  1556-9,  fol.  69). 

Ippolito  Cardinale  di  Ferrara,  da  questa  città,  spedisce  al  Duca 
di  Mantova  due  orologi,  che  sono  dei  migliori,  che  siansi  potuti 
avere  in  Francia. 

Fabio  Landriano  della  Rovere,  da  Pesaro,  il  6  d'aprile  1587 
spediva  al  Duca  di  Mantova  un  orologio  accomodato. 

L'Ambasciadore  mantovano  in  Venezia,  il  13  novembre  1593, 
faceva  conoscere  alla  Corte  di  Mantova  che  il  primo  orologiere, 
non  avendo  voluto  venir  in  Mantova,  ha  trattato  con  un  altro, 
figliuolo  di  colui  che  ha  fatto  gli  orologi  della  piazza  di 
S.  Marco  ;  ma  dopo  molta  indecisione,  anch' egli  rifiutossi  di 
partire.  Ne  cercherà  altro  se  conveniente. 

Al  20  dello  stesso  scriveva  che  gli  orologiai  di  Venezia  lavo- 
rano orologi  piccoli  e  non  vogliono  guastarsi  le  mani  nei  grandi, 
cosi  nessun  vuole  venire  in  Mantova. 

Il  Duca  Vincenzo ,  a  di  5  febbraio  1597 ,  concedeva  privilegio 
per  20  anni  nei  suoi  Stati  ad  Attilio  Forchi,  vicentino,  il  quale 
gli  aveva  esposto  «  di  hauer  con  longo  studio  et  industriosa 
fatica  et  molta  spesa  sua  ritrouato  un  nuovo  artificio  de  Ho- 
rologi  con  ruote  concave  e  non  dentate  quali  suonano  et  mo- 
strano le  bore  et  si  mantengono  con  poca  seruitù.  »  (i?.  Man- 
dati 1596-97 ,  fol.  35). 

Da  Castel  d' Ombras  nelle  Fiandre,  il  13  febbraio  1599,  il 
Principe  Carlo  scrive  a  suo  cifgino  duca  di  Mantova ,  che  se- 
condo il  desiderio  espressogli,  avrebbe  trovato  un  buon  maestro 
di  orologi,  che  si  trova  in  Augusta,    il   quale  verrebbe  in  Man- 


i 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  505 


tova,  quando  conoscesse  le  condizioni ,  le  quali  attende  per  trat- 
tare. Infatti  questo  orologiere  veniva  in  Mantova,  e  pare  che 
soddisfacesse  da  varie  altre  lettere  in  tal  proposito  ;  ma  non  è 
nominato.  E  anche  per  1' orologieria,  dopo  aver  fiorito  in  Italia 
fini  di  scadere  ;  cosi ,  come  vedesi ,  per  i  grandi  orologii  pub- 
blici la  Corte  di  Mantova  doveva  cercare  artefici!  all'  estero. 


SECOLO  XVII. 
Orefici  ed  Orologieri  in  Mantova. 

Al  21  febbràio  1604  moriva  nella  via  dell'Orso  per  febbri 
nell'età  di  anni  60,  M/*'  Giulio  Goito,  orefice. 

Il  Duca  di  Mantova,  concede,  23  agosto  1604,  da  Casale  un 
salvacondotto  a  David  Cervi,  ebreo,  gioielliere  in  Mantova. 
Egli  nel  dicembre  da  Milano  spediva  gioielli ,  poi  nel  feb- 
braio 1605  ebbe  litigi  in  Milano  con  Carlo  Sovico ,  gioielliere 
milanese,  per  diamanti  procurati  alla  Corte  di  Mantova. 

Carlo  Emanuele  Duca  di  Savoia,  il  30  di  marzo  1609,  da 
Torino  raccomandava  al  Principe  di  Mantova  David  de  Cerni , 
gioielliere  ebreo,  da  cui  aveva  preso  varie  cose,  trattenendolo  a 
lungo,  con  danno  forse  dei  suoi  affari. 

Altra  consimile  raccomandazione  spedivagli  il  3  luglio ,  no- 
tando che  lo  trattenne  per  cose  di  sua  professione. 

Egli  mori  in  Mantova,  il  19  febbraio  1626 ,  di  anni  84  (Necro- 
logio Mantovano). 

Paolo  Croyer  gioielliere  tedesco,  nel  1610,  ottenne  di  ritornar 
in  patria  dopo  aver  servito  la  Corte  di  Mantova  per  14  anni 
qual  gioielliere.  Lo  vedremo  fra  gli  orefici  all'  estero. 

Girolamo  Coirò  da  Mantova  scriveva  al  Cardinale  Gonzaga  in 
Parigi ,  il  3  febbraio  1612  :  «  0  poi  finito  la  coIona  de  agata 
bellissimo  per  mettere  lo  Cristo....  la  qual  coIona  si  è  uota  da 
r  uno  canto  a  lo  altro  per  mettere  de  le  reliquie  con  farle    fare 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  33 


506  LE    ARTI    MINORI 


la  base  e  chapitello  de  oro.  »  Lo  prega  intanto  ordinare  il  pa- 
gamento per  la  «  eoronade  lapis  et  corniole  fornita.  » 

Era  socio  del  Fiotto  Altobello,  ed  offrono  insieme  allo  stesso 
cardinale,  il  18  febbraio,  una  cassetta  di  grandezza  di  sei  palmi 
e  larga  quattro,  tutta  de  cristallo  d'argento  con  24  colonne,  e 
diversi  vasi  et  reliquiari  di  cristallo  e  di  diaspro  orientale. 

Il  Fiotto,  a  di  5  gennaio  1614,  in  Mantova,  pregava  il  Duca  di 
fargli  pagare  da  Vincenzo  Bonino  25  scudi ,  dovutogli  da  7  anni. 

Appolonio  Comi,  gioielliere  in  Mantova,  nell'agosto  1617  do- 
mandava al  Duca  di  esser  pagato  di  scudi  60  per  pendentini 
provveduti  ;  Gabriel  Saracco  altro  collega ,  lapidario  di  S.  A.  fa- 
ceva ricordare  (4  dicembre  1617)  al  Duca  che  sei  mesi  prima 
aveva  spedito  a  mezzo  di  suo  fratello  dei  cristalli ,  cioè  una  ba- 
cillstta  con  li  boccali  da  altare,  e  certa  quantità  di  lapislazzuli, 
il  tutto  trattenuto  dal  dazio ,  e  perciò  aspettava  ordini. 

Egli,  al  17  novembre  1618,  domandava  di  esser  pagato  di  5000 
e  più  scudi.  Taluno  scrisse  che  la  famiglia  Saracco  venisse  in 
Mantova  da  Ferrara,  ma  forse  provenne  da  quella  di  Milano, 
distinta  per  lavori  di  cristallo  e  di  oreficeria,  nelle  quali  arti 
furono  famosi  cinque  fratelli,  come  nota  il  Cicognara. 

Cristoforo  Fagliaro,  orefice  in  Mantova,  apparisce  in  una  sua 
supplica  al  Duca  del  1618. 

Federico  Jorio  horefiee  di  Grosaria,  nel  1624  carcerato,  inven- 
tava un  edifizio  atto  a  riparare  il  territorio  di  Ostiglia  dal  Po 
nelle  sue  piene. 

Il  Duca  concede  (25  novembre  1626)  licenza  di  porto  d'  armi 
«  al  nostro  seruitore  Ambrogio  Spica  nostro  gioielliere.  »  {R.  Man- 
dati 1626-33,  fol.  30). 

Carlo  II,  Duca  di  Mantova,  a  di  12  settembre  1650,  oltre  il 
porto  d'  arme,  concedeva  a  Gaspare  Taliani  orefice  e  a  suo  figlio 
Francesco ,  1'  aggregazione  fra  i  servitori  di  Corte ,  in  premio 
della  sua  «  molta  esperienza  e  valore,  mostrato  dal  detto  Ta- 
liani nella  sua  professione  per  lo  spazio  di  molti  anni  in  questa 
nostra  città  »   (Idem  1644-50,  fol.  86). 

Lo  stesso  Duca,  a  di  2  marzo  1663,  nominava  suo  famigliare 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  507 


«  Pietro  Caliari  nostro  gioielliere  »,  per  servizi  prestatigli,  conce- 
dendogli nello  stesso  tempo  il  domandato  passaporto  {Idem  1657, 
fol.  63). 

Ed  il  Caliari,  a  di  13  novembre  1675,  otteneva  conferma 
di  gioielliere  ducale  dal  successore  Duca  Ferdinando  Carlo 
(Idem  1673-81,  fol.   75), 

E,  a  di  28  gennaio  1668,  era  accordata  la  cittadinanza  manto- 
vana a  Volfango  \\'asser  ex  ala  oenepontano ,  noster  ab  argento 
escarìus.  (R.  Decreti  1660-8,  fol.  298).  Mi  pare  che  si  tratti 
di  uno  scalco  o  di  un  custode  di  vaselleria  argentea,  comunque 
lo  lascio  qui  per  migliori  ricerche. 

Sebastiano  Costa,  gioielliere  veneziano,  otteneva  dal  Duca,  8 
giugno  1689 ,  il  ben  servito  e  il  passaporto  (B.  Mandati  1688-93, 
fol.   74). 

Un  solo  orologiere  mi  si  presentò  in  Mantova,  cioè  «  Zorgi 
Ardin,  »  il  quale  nell'ottobre  1603  domandava  a  Fabio  Gonzaga  di 
esser  pagato  di  scudi  35  ;  cosi  resta  inutile  farne  una  particolar 
sezione.  Questo  Giorgio  Ardin  era  ancora  vivo  in  Mantova  nel  1623. 

Come  si  sarà  appreso,  l'elemento  mantovano  è  molto  raro, 
trattandosi  per  lo  più  di  forestieri,  che  diventavano  cittadini. 
Altri ,  come  il  Coirò  cristallaro  e  il  Protti ,  il  primo  residente  in 
Milano,  il  secondo  della  Svizzera  italiana,  erano  venuti  pei  loro 
affari  in  Mantova,  non  risiedendovi. 

Il  grande  assedio  del  1629-30,  portò  seco  gran  danno  alla 
Corte  di  Mantova  ;  e  poi ,  estintosi  con  Vincenzo  II  nel  1627  il 
vecchio  ramo  dei  Gonzaga,  successo  quello  di  Nivers  e  Rethel , 
vari  di  questi  non  furono  più  amatori  delle  arti  belle,  preferendo 
le  cantanti  e  le  ballerine. 

Zecca  in  Mantova. 

Il  Duca  Vincenzo,  a  di  29  maggio  1601,  concedeva  il  passa- 
porto ad  Enrico  Gotten,  che  doveva  portarsi  qual  assaggiatore 
della  zecca  di  Casal»,  dopo  aver  servito  per  sette  anni  a  quella 
di  Mantova  {R,  Mandati  1598-1606,  fol.  153). 


508  LE    ARTI    MINORI 


Egli  Stesso,  al  23  ottobre  1602,  deputava  Gio.  Maria  Strada, 
saggiatore  alla  zecca  di  Mantova,  e  Alessandro  Vani,  nostro 
lapidario,  per  andar  in  cerca  di  miniere  d'oro  e  d'argento,  e 
d'  altri  metalli  nei  suoi  Stati  di  Monferrato ,  e  particolarmente  nei 
luoghi  di  Ponzone  e  Silvano  (^Idem  fol.  238).  Lo  Strada  dal 
dicembre  1599  al  settembre  1603,  aveva  avuto  il  privilegio  di 
comprare  oro  e  argento  rotto  e  bruciato  ad  uso  della  zecca. 

Ed  ora  vedremo  un  primo  autografo  di  valentissimo  coniatore 
di  medaglie  e  di  monete. 

Serenissimo  Signore , 

Il  Rovida  gioielliere  mi  dimandò  dei  conii  della  medaglia  di 
V.  A.  S.  della  quale  ora  gliene  mando  dei  piombi  improntati  ne 
quali  o  usato  quella  miglior  diligentia  che  per  me  o  potuto ,  così 
V.  A.  S.  mi  ordino  che  io  facessi  diuersi  rouersi  o  fatto  1'  arme  per 
esser  il  più  difficile  el  più  bello,  ora  intendo  che  V.  A.  S.  gU  è 
venuto  in  pensiero  di  uoler  un  altro  rouerso  cioè  che  da  una  parto 
sia  la  luna  et  il  erosolo  tutti  adatati  insieme,  si  che  o  pensato  già 
che  o  il  ponzone  della  testa  di  uolere  farne  un'  altra  stampa  in  forma 
un  poco  più  piccola  con  il  sodetto  rouersio  che  dimanda  V.  A.  S.  ma 
mi  dia  un  poco  di  tempo  in  tanto  se  quella  vole  che  io  gli  mandi 
questo  che  o  finito  me  lo  farà  intendere.  Spero  che  V.  A.  S.  resterà 
semita  et  spero  anco  che  a  me  darà  qualche  consolatione  di  questa 
longa  faticha.  L'  arei  portata  io ,  ma  la  zeccha  di  Milano  mi  da  oc- 
chupatione  che  non  mi  posso  partire  oltre  che  anche  o  da  fornire  il 
ritrato  dell'Altezza  di  Savoia,  che  già  e  a  bon  termine  et  molte  altre 
occupationi  se  cossi  gli  piacesse  gli  manderei  da  qualcuno  e  riueren- 
temente  me  l' inchino  pregandole  da  Nostro  Signore  soma  felicità. 

Di  Milano,  il  di  3  luglio  160^. 

humilissimo 


seruo 
Gaspar  Molo. 


A  Sua  Allessa 

Serenissima  il  signor 

Duca  di  Mantoa 

Casale. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  509 

Il  Cancelliere  del  Duca  di  Mantova  nell' archiviare  questa  let- 
tera, scrivevale  dietro  questo  prò  memoria: 

«  Far  un  ponzone  grande  per  la  testa  —  già  fatto. 
Un  altro,  meno  delle  lettere  che  uan  attorno,   ma  per  la  testa  che 
sia  come  è. 
Un  grande  dell'  arma  già  fatto. 
Un  altro  egualmente  con  S.  Giorgio. 
Uno  men  grande  delle  lettere  dintorno  col  erosolo. 
Un  altro  simile  con  la  mezza  luna. 
Accomodar  1'  horologio.  > 

Sembrerebbe  che  si  dovesse  scrivergli  anche  per  aggiustar  un 
orologio. 

Lelio  Bellone  ,  ambasciadore  mantovano  in  Milano  ,  scriveva 
alla  Corte  del  suo  signore  a  di  22  aprile  1606  che  ha  ricevuto 
N.  16  dobloni  ossiano  medaglioni  «  quale  consegnara  a  M.'"°  Ga- 
sparo Molo  e  riceuerà  quegli  altri  che  dovrà  avere  da  questo 
per  spedirli  a  Mantova.  »  Pagherà  al  Molo  200  ducatoni  per 
parte  di  S.  A.  S.  Ha  pagato  al  Rovida  500  scudi  che  gli  si 
dovevano  a  conto  del  Manara  gioielliere. 

Al  28  scriveva  nuovamente  che  solo  in  quel  di  potè  far  la 
consegna  al  Molo  essendo  allora  ritornato  da  Asti.  Egli  promise 
di  dare  le  medaglie  come  fece  e  furono  spedite  a  Mantova  il 
primo  maggio. 

Si  conosce  che  il  Duca  Vincenzo  I  ripristinò  in  certo  modo 
r  impresa  del  crogiuolo,  adottata  da  un  suo  predecessore  dopo  la 
battaglia  del  Faro,  consistente  in  un  crocinolo  al  fuoco  pieno 
di  verghe  d'  oro.  Vincenzo  I  se  ne  servi  per  la  collana  dell'  or- 
dine cavalleresco  del  Redentore,  da  lui  istituito. 

La  seguente  del  Molo  ci  proverà  la  continuazione  della  rela- 
zione sua  con  la  Corte  di  Mantova,  benché  avesse  lasciato  la 
zecca  di  Milano. 

Serenissimo  Signore, 
L' Altezza  Vostra  me    ha    fatto    dire    dal    signor    Vincenzo    Giugni 
guardaroba  del  Gran  Duca  che  io  le  mandi  le  stampe  delle  medaglie 


510  LE    ARTI    MINORI 


che  io  gli  feci  a  Milano.  Sappi  V.  A.  io  scrissi  già  un  pezzo  fa  a- 
Mantova  al  signor  Presidente  Nerli,  auisandolo  come  io  mi  ritrovauo 
qui  in  Firenze  con  delle  stampe  in  seruitio  di  questa  zeccha  et  con 
libertà  di  poter  seruire  V.  A.  sì  nelle  medaglie  come  in  altro,  ne 
mai  ho  hauto  risposta  alchuna.  O  uoluto  prima  che  mandarli  le 
stampe  auisar  quella  come  io  sono  qui  prontissimo  alli  suoi  coman- 
damenti per  farli  delle  medaglie  et  altro  se  gli  piacerà  eh'  io  la  serua 
et  nararli  come  al  Ser.™o  di  Savoia  per  non  haver  huomini  pratichi 
in  coniare  le  sue  medaglie  gli  anno  rotto  le  sue  stampe,  et  ho  co- 
missione  ora  de  farne  di  nouo ,  non  uorei  che  accadesse  un  simil 
fatto  a  queste  di  V.  A.  però  io  mi  esebischo  prontissimo  a  seruirla 
qui  con  quella  prestezza  che  fia  possibile  nel  medesimo  modo  che  io 
faceuo  a  Milano,  che  qui  ho  tutte  le  comodità  che  mi  occorre  et  le 
stampe  sarano  da  me  bene  custodite,  comandi  adunque  V.  A.  Sere- 
nissima quel  che  più  gli  agradisce  che  sarò  prontissimo  ad  obidire, 
intanto    gli    prego    di    Nostro  Signore  ogni  sua  compita  consolationo. 

Di  Fiorenza,  il  dì  24  aprile  1610. 

Di  V.  A.  S. 

humilissimo  et  Diootissinio  senio 
Gasparo  dal  (sic)  Molo 
intagliatore  di  stampe 
de  medaglie. 

Si  fermò  poco  a  Firenze  e  da  monete  esposte  dal  Zanetti  (Nuooa 
raccolta  delle  monete  di  zecche  d'Italia)  risulterebbe  che  venne 
alle  zecche  di  Guastalla  e  Mantova,  coniando  monete  assai  belle 
negli  anni  1613-14,  poi  di  nuovo  a  Firenze,  donde  nel  1625  si 
portò  in  Roma. 

Del  Molo  io  scoprii  molti  documenti  inediti ,  che  pubblicai  in 
due  pubblicazioni  speciali,  poi  riassunsi  con  giunte  negli  Artisti 
Lombardi  in  Roma  ;  ma  fino  ad  ora  mi  erano  rimaste  scono- 
sciute le  qui  esposte  lettere. 

Potei  affermare  che  egli  nacque  in  Como,  dove  suo  padre  era 
venuto  da  Breglio.  Mori  a  Roma  nel  1640,  ed  io  ne  pubblicai  i 
testamenti  e  l' inventario  della  sua  bottega. 


I 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  511 

Era  zecchiere  in  Mantova  nel  1616,  Carlo  Torre,  che  poi  associò 
un  Borgatti. 

Gio.  Ambrogio  Spiga  orefice  da  Milano,  il  2  settembre  1619, 
prega  il  Duca  di  aver  pazienza  pel  ponzone,  cui  manca  ancora 
il  centelio  ;  lo  porterà  egli  stesso  a  Mantova. 

Il  Duca  Ferdinando  concede  licenza  (22  settembre  1621)  a 
Guglielmo  Drago  genovese ,  assaggiatore  nella  zecca  in  Mantova, 
per  8  anni  continui  di  ritornarsene  in  patria  (R.  Mandati  1618-26 
fol.  149). 

Il  Duca  della  Mirandola,  a  di  19  gennaio  1629,  scriveva  a 
quello  di  Mantova  : 

Ricorro  a  V.  A.  nell'  occorrenze,  con  quella  confidenza  che  mi  presta 
la  sua  grande  benignità.  Per  bisogno  della  mia  zecca  sono  necessitato 
a  provvedere  d'  un  intagliatore  ;  e  perchè  mi  prometto  che  dal  Morone, 
che  serue  in  cotesta  zecca  di  V.  A.  io  restarci  benissimo  seruito  ogni 
uolta  che  ella  si  compiacesse  che  io  potessi  ualermi  di  lui,  supplico 
perciò  uiuamente  l'A.  V.  a  uolermi  far  gratia  della  persona  sua ,  con- 
cedendogli che  con  1'  assistere  al  suo  seruitio  egli  possa  anco  supplire 
a  quanto  qui  occorrerà.  Il  che  riuscirà  a  luì  commodo  e  facilissima- 
mente per  il  poco  che  qui  pure  haurà  che  fare  ;  che  ne  dourà  obbliga 
singolare  all'A.  V.... 

L' intagliatore  desiderato  dal  Duca  della  Mirandola  era  il  va- 
lente Gaspare  Morone,  erede  di  Gasparo  Mola.  Risulta  da  atto 
notarile  dell'  aprile  1633  che  era  ancora  in  Mantova,  dopo  lo 
trovai  nel  gennaio  1637  successore  al  Mola  in  Roma.  Anche  del 
Morone  lombardo  pubblicai  importanti  documenti.  Mori  in  Roma , 
nel  1669. 

Lo  stesso  Duca  della  Mirandola,  il  25  ottobre  1629,  scriveva 
al  Segretario  ducale  : 

Quando  intesi  che  il  signor  Duca  Serenissimo  haueua  pensiero  dì 
ualersi  in  cotesta  zecca  dell'  opera  di  Gio.  Antonio  Riuarolo  fui  pron- 
tissimo a  seruire  S  A.  ma  perchè  costui  è  condannato  da  questa 
giustizia  in  pena  della  forca  per  delitto  che  lascia  intaccata  la  mìa 
riputazione  prego  V,  S.  111.'"»  a  supplicar  in  mìo  nome  S.  A.  di  rimet- 
terlo nelle  mie  forze. 


512  LE    ARTI    MINORI 


Nel  1631  la  zecca  di  Mantova  era  assunta  da  Marc' Antonio 
Ghiselli. 

A  di  22  novembre  1657,  il  Duca  di  Mantova  nominava  suo 
zecchiere  Giacomo  Berti  veneziano  {R.  Mandati  1657-1663,  fol.  27). 

Un  privato,  Abramo  Provenzali,  nel  1678  otteneva  di  far  battere 
nella  zecca  di  Mantova  dei  talleri  «  alla  bontà  di  once  nove  di 
ferro  per  ogni  libra  d'  argento  di  peso  di  zecca  »  obbligandosi  di 
pagar  al  Duca  1500  doppie  d'  Italia. 

Di  ciò  abbiamo  veduto  già  un  esempio  nel  principio  del  1500. 

Orefici  in  Venezia. 

Ercole  Pedemonte,  d'ordine  di  sua  Altezza  nel  giugno  1600, 
scrive  all'  ambasciatore  mantovano  in  Venezia  di  cercare  presso 
i  gioiellieri  «  diamanti  per  far  tre  gilii  e  rubini  in  forma  di  balle 
per  r  arme  del  Re  di  Francia  e  quella  di  casa  Medici.  » 

Jacomo  Konig,  gioielliere  in  Venezia,  nel  maggio  1601  an- 
nunzia aver  portato  da  Roma  belle  cose,  che  presenterà  nel  ri- 
torno da  un  nuovo  viaggio  di  Germania.  Questo  Konig  sembrerebbe 
non  esser  altro  che  Jacomo  Cyimich  del  secolo  precedente,  per 
«attiva  scrittura  del  casato  tedesco. 

Da  lettera  del  Segretario  ducale ,  in  data  30  maggio  1601 , 
all' ambasciadore  mantovano  in  Venezia,  risulta  che  la  Regina 
di  Francia,  volendo  avere  un  filo  di  perle  per  scudi  2000,  la 
Duchessa  di  Mantova  se  ne  interessava  peli'  acquisto  in  Venezia. 

La  Corte  mantovana  faceva  eseguire  dall'  orefice  Braganze  in 
Venezia  candelieri  ed  un'  aquila  d'  argento  (3  luglio  1601). 

Luca  Tron,  orefice  da  Venezia ,  nel  1602  spediva  alla  Corte  di 
Mantova  3  dozzine  di  zaffiri  e  segui  dopo  a  far  altre  consimili 
spedizioni.  E  anche  questo  Tron  abbiamo  veduto  nel  secolo  pre- 
cedente. 

Giovanni  Ruscher  da  Venezia,  il  28  dicembre  1602,  offriva 
alla  Corte  di  Mantova  la  compera  di  gioie  a  mezzo  del  banchiere 
in  Mantova  Angelo  Bonaventura  Gullam,  il  quale  non  risulta  se 
era  anche  gioielliere  od  orefice. 


ALLA  CORTE  DI  MANTOVA.  513 

Il  Duca  di  Mantova  si  dichiarava  debitore  (8  aprile  1603)  di 
ducati  veneti  14  m.  a  Carlo  Elman  di  Venezia  per  gioie  dategli 
(R.  Mandati  1598-1605,  fol.  268).  Forse  era  figlio  o  parente  del 
Guglielmo  che  abbiamo  veduto  scritto  Helman.  Egli  nel  gennaio 
e  marzo  1604  spediva  rubini  e  una  rosa  con  brilli,  riuscita  be- 
nissimo, e  poi  un  diamante  grande  in  stella,  legato  in  un  anello. 

Nel  settembre  offriva  perle  e  84  diamanti. 

Bernardo  del  Calice  da  Venezia,  il  17  febbraio  1606,  scrive  al 
Duca  di  Mantova  di  aver  pagato  ducati  2348  al  signor  Vincislao 
Pors  ore/ice  alla   Todesca  per  conto  di  lui. 

Gio.  Giacomo  Corte  nel  giugno  1607,  scrive  per  rubini  com- 
missionatili da  S.  A. 

Lucio  Alpron  ebreo,  gioielliere  in  Venezia,  nell'agosto  1607, 
offre  al  Duca  una  grossa  perla. 

Don  Giovanni  Medici  da  Venezia,  il  24  febbraio  1618  racco- 
mandava a  sua  nipote  Duchessa  di  Mantova,  Borromeo  Borromei, 
orefice  che  avendo  venduto  certe  argenterie  a  Bastiano  Benissone 
«  che  fa  il  lotto  »  in  Mantova,  non  poteva  avere  il  saldo,  trat- 
tandosi di  scudi  1800. 

Tommaso  Canossa  da  Verona,  il  14  maggio  1619,  partecipava 
al  Duca  che  aveva  fatto  avvertire  tutti  gli  orefici  e  minacciati 
di  scomunica  tutti  gli  ebrei  ;  ma  a  nessuno  furono  presentati 
r  Officio,  le  turchine  e  rubini  smarriti  da  S.  A. 

Michele  Vignen  da  Venezia  (21  maggio  1622)  al  Duca  di  Man- 
tova scrive  che  gli  rincresce  non  aver  più  quelle  opali  mostratele 
in  Venezia,  perchè  G.  B.  Cati  possessore  le  ha  cambiate  con 
Daniele  Niss  fiammingo.  E  questi  da  Venezia  scrive  subito  aver 
vendute  le  desiderate  opali. 

Un  Appolonio  Rizzardini  da  Venezia,  il  10  aprile  1691  rin- 
grazia il  Duca  di  Mantova  di  aver  preso  al  servizio  suo  figlio 
Gio.  Ma«a,  dichiarandosi  <s. fonditore  all' argento  in  questa  pub- 
blica città.  » 

Vedremo  queste  relazioni  venete ,  oltre  esser  diminuite ,  esser 
superate  da  quelle  con  Milano. 


514  LE    ARTI    MINORI 


Orefici  Lombardi. 


Da  Casale,  a  XJ  di  decembre  1600,  il  Duca  Vincenzo  ordinava 
il  pagamento  a  Tommaso  Rovida  milanese  suo  gioielliere  di  du- 
catoni  1000  per  tante  gioie  procurategli.  L'  avevamo  veduto  già 
nel  secolo  precedente. 

Altobello  Fiotto,  gioielliere  della  Svizzera  italiana,  era  pure  pa- 
gato, al  3  febbraio  1601  ;  e  nel  giugno  il  Duca  gli  lasciava  com- 
mendatizie pel  gran  Duca  di  Toscana,  pel  Cardinale  di  Montalto 
in  Roma.  Egli  serviva  anche  il  Duca  di  Mantova,  qual  agente 
per  affari  col  Governo  di  Locamo,  dal  1600  al  1601. 

Carlo  Emanuele  Duca  di  Savoia,  da  Torino,  il  23  dicembre  1606, 
al  Duca  di  Mantova  gli  annunzia  aver  ricevuto  l'Altobello  gioiel- 
liere di  S.  A.  con  la  lettera  di  raccomandazione,  dichiarandosi 
prontissimo  a  favorirlo. 

Questo  gioielliere  nel  1609  era  già  a  Venezia,  all'osteria  del 
Sole,  donde  scriveva  al  Duca  di  Mantova  : 

«  La  mia  casella  di  Christallo  é  finita  saluo  di  mettere  li  8 
lioni  che  la  portano  e  le  24  colonne.  »  Fra  15  giorni  gliela  avrebbe 
spedita.  Aggiunge  esser  ammalato,  ed  i  medici  lo  consigliano  di 
rimpatriare. 

G.  B.  Guenzate,  detto  il  Romanino,  già  noto  gioielliere  da 
Milano,  il  10  marzo  1601,  spediva  un  barehetto  di  fiche  dì  resta, 
augurando  al  Duca  e  suoi  figliuolini  ogni  bene. 

A  di  6  aprile  1606  scrive  a  Fabio  Gonzaga,  promettendogli  di 
far  eseguire  «  una  bottoniera  con  rubini  ed  un  centurino  con  pic- 
coli diamanti  ed  una  collanetta,  »  dolente  che  per  la  gotta  non 
possa  più  lavorare  egli  stesso,  avendo  dovuto  lasciar  affatto  l'arte 
e  il  commercio. 

Il  Duca  Vincenzo,  al  15  marzo  1604,  dichiarava  di  aver  rice- 
vuto da  Gio.  Paolo  Rusca,  detto  il  Mandrese,  gioielliere  milanese, 
«  un  fiore  con  diversi  diamanti  a  facette  ed  altro  di  giacinti ,  due 
branchilli  e  una  medaglia  da  portar  al    collo  con  santa  Elena  e 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  515 


una  croce  »  al  prezzo  di  2  mila  ducatoni  da  pagarsi  in  terreni 
nello  stato  monferrino  (R.  Mandati  1598  1601 ,  fol.  323).  Egli 
nel  1612  aveva  avuto  l' incarico  di  far  una  collana  di  diamanti 
per  S.  A. 

Ordinava  il  Duca  nelT  aprile  1605  il  pagamento  di  ducati  500 
a  Vincenzo  Manara  gioielliere  in  Milano  e  poi  il  compimento  di 
2000  dovutigli  a  mezzo  di  G.  B.  Rovida.  Questo  terzo  Rovida 
era  ancora  nel  1609  in  relazione  colla  Corte  di  Mantova.  Eliseo, 
Magoria,  già  conosciuto  nello  stesso  anno  (1605),  domandava  da 
Milano  di  esser  pagato  del  residuo  di  ducatoni  1000,  promettendo 
di  finire  i  bottoni  e  la  Fenice  per  Pasqua. 

Da  Cremona  (9  genn.  1612)  si  manifestava  contento  d'  aver 
conosciuto  che  lo  spedito  diamante  era  piaciuto. 

Gio.  Giacomo  Corte  da  Milano  ,  il  22  novembre  1606  ,  scrive 
che  non  gli  furono  pagati  sulla  tesoreria  di  Casale  i  promessi 
4100  ducatoni  da  Davide  de  Cervi  a  nome  di  S.  A. 

Al  6  marzo  1608  scriveva  da  Milano,  ove  risiedeva  aver  con- 
segnato i  50  bottoni  d'  oro  con  perle  al  conte  Girolamo  Morone, 
intagliate  e  smaltate  assai  bene. 

Al  10  luglio  1609,  supplica  di  esser  pagato  della  prima  rata 
delle  lire  12,400 ,  dovutegli  per  gioielli  ed  anche  per  altra  rata 
di  ducati  14,800. 

Egli  in  Milano  nel  luglio  1612  ,  rinnovava  domanda  di  paga- 
mento, oltre  scudi  2626  ,  dovutigli  dagli  eredi  di  Carlo  Helman. 
Ma  nel  1613  non  era  ancora  pagato  ed  il  Duca  di  Mantova  era 
morto. 

Nel  1615  da  Milano  avverte  che  gli  Helman  d'Anversa  l'hanno 
sollecitato  per  i  loro  crediti  con  la  Corte  di  Mantova.  Furono 
questi  soddisfatti.  Nel  4  novembre  offre  una  cassetta  d'  argento, 
indorata  con  cristalli,  gioiellata,  che  spera  finita  fra  quattro  mesi. 

Ricorda  nel  marzo  1617  esser  un  anno  da  che  spedi  12  bot- 
toni con  diamanti,  senza  che  sia  stato  pagato  ;  e  nel  giugno  re- 
plicava, notando  che  importavano  ducatoni  3600.  Seguono  molte 
lettere  fino  al  giugno  1619,  in  cui  si  domanda  sempre  lo  stesso 
pagamento  o  di  restituirgli  i  bottoni. 


)1C  LE    ARTI    MINORI 


Nel  1624,  pagato,  offre  tre  grandi  smeraldi  gregi ,  oltre  37 
altri  pezzi. 

Sonvi  relazioni  nel  1609  tra  la  Corte  mantovana  e  Marco  Tullio 
Ponzone  per  gioiellerie. 

Francesco  Runati,  detto  il  Ziitera,  da  Milano,  il  17  dicembre  1609, 
alla  Corte  di  Mantova  fa  conoscere  aver  «  finite  la  collana  et  il 
centurino  per  S.  A.  et  il  calamare  per  il  signor  Cardinale,  le 
spade  et  le  due  centure  per  il  sig.  Don  Silvio  et  d.  Vincenzo, 
il  Baldachino  grande  et  le  portere  sono  ancho  elle  finite.  Le 
gioie  del  Ser.mo  sig.  Principe  sono  impronte ,  li  reliquiari  et 
una  croce  di  Cristallo  et  è  anche  finita  »  spedisce  «  la  baciletta 
et  bochallino  doij  et  il  campanille  (sic)  tutti  di  argento.  »  At- 
tende denaro. 

Michelangiolo  Spiga,  a  di  27  luglio  1612,  in  Milano  rilasciava 
ricevuta  all'  ambasciadore  mantovano  di  oro  per  far  una  forni- 
tura alla  Ginetta  ed  un  gioiello  al  Duca  con  rubini ,  i  quali 
pure  ebbe,  cioè  due  grandi  e  altri  38  per  finimenti  obbligan- 
dosi di  dare  i  lavori  finiti  alla  festa  dell'  Ascensione.  I  rubini 
pella  Ginetta  erano  280  tra  grandi  e  piccoli  avendone  avuti,  oltre 
dall'  ambasciadore ,  da  Gio.  Paolo  Rusca  e  dal  signor  Polonio 
«  con  un  cameo  d'  oro  crocefisso  per  far  una  pace.  » 

La  Ginetta  era  una  prediletta  cavalla  ducale.  Lamentavasi 
che  la  massaria  sui  fini  di  Moncalvo  per  gioie  fornite  al  Duca 
Vincenzo  esser  un  magro  compenso ,  così  n'  ebbe  altra.  Aveva 
provveduto  pure  la  sella  secondo  disegno  avuto  e  quattro  pia- 
strelle d'  oro  con  dentro  rubini  avuti  dal  fratello  dello  Spiga. 
Forse  era  parente  di  Ambrogio  Spica  veduto  in  Mantova. 
Gio.  Domenico  Borgaccio  gioielliere  milanese  nel  1612  ,  era  pa- 
gato per  1440  perle  provvedute  al  defunto  Duca  di  Mantova. 

Gio.  Ambrogio  Saracho,  da  Milano,  11  maggio  1616,  domanda 
di  esser  pagato  di  5500  ducati  dovutigli  per  lavori  di  argenterie 
e  nota. 

«  Il  catino  de  Igiardra  che  V.  A.  mi  diede  a  fare  si  lauora 
continuamente  e  riesce  bello  a  tutta  perfettione.  »  Risulta  nel 
dicembre  1617  che  aveva  spedito  a    mezzo  di    suo    fratello    una 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  517 

baciletta  con  boccalini  ad  uso  di  altare  e  certa  quantità  di  lapi- 
slazzuli ,  sequestrato  il  tutto  al  dazio  ,  per  cui  si  provvede  dal 
Consigliere  ducale  all'  esenzione.  Resta  a  sapersi  se  fratello  di 
Gabriele  che  abbiamo  in  Mantova. 

Un  Fra  Gio.  Battista  Porchari,  da  Varese  scriveva  da  Milano, 
al  Duca  di  Mantova ,  nel  marzo  1617  ,  che  per  una  confessione 
avuta  potè  fargli  restituire  una  buona  somma  carpitagli,  la  quale 
deve  aver  avuto  dal  «  Mag.co  Ambrogio  Marliano  gioielliere,  an- 
«  tiquo  servitore  di  V.  A.  »  domanderebbe  in  compenso  una 
limosina  pel  suo  convento. 

Gio.  Pietro  Barco  da  Milano,  nell'ottobre  1617,  scriveva  al 
Duca  di  Mantova  che  sabbato  passato  erano  state  esposte  sul- 
r  altare  maggiore  della  Chiesa  di  Santo  Ambrogio  <  le  tre  lam- 
pade donate  da  V.  A.  S.  E.  e  si  ebbe  le  «  benedizioni  del  pub- 
hìico.  »  Il  Barco  dovrebbe  essere  mantovano.  Gio.  Pietro  Lainate 
da  Milano  (1  dicembre  1621)  offre  al  Duca  pezzi  di  agata,  di 
topazio  e  pietre  preziose  per  far  un  reliquiario.  G.  B.  Roscalio  , 
gioielliere  da  Milano  ,  il  24  maggio  1622  ,  si  fa  raccomandare 
Mila  Corte  di  Mantova  per  esser  pagato  di  certe  gioie. 

Un  Gio.  Antonio  Lucino  scriveva ,  il  18  novembre  1631  ,  da 
Como  al  Duca  di  Mantova  : 

Nel  ritorno  dell'  esercito  Alemano  di  Mantua  un  offitiale  di  quella 
natione  ha  uenduto  a  certa  persona  da  me  conosciuta  et  alquanto  di- 
scosto di  qua  un  quadro  con  sopra  un  Christo  in  croce  et  doi  angioli 
con  li  calici  a  lato  il  tutto  di  purissimo  oro  el  detto  Christo  et  angioli 
dicesi  esser  assai  coperti  d' intreciato,  o  come  siano  conci  di  finissimi 
diamanti  di  ualore  di  qualche  decine  di  migliara  de  scudi. 

Segue  a  dire  che ,  sospettando  che  tale  oreficeria  sia  stata 
rubata  nel  palazzo  ducale  di  Mantova,  se  intende  rivendicarne  , 
gli  promette  ogni  opportuna  istruzione. 

Vedremo  nella  sezione  zecchieri  nuove  relazioni  lombarde. 


518  LE    ARTI    MINORI 


Orefici  in  Genova. 

Vincenzo  Manara,  gioielliere  lombardo,  che  già  conosciamo,  a 
di  6  maggio  1609,  era  pagato  in  Genova  di  ducati  1000  per  lavori 
alla  Corte  di  Mantova. 

Luigi  Centurioni  nel  settembre  1615  da  Genova  spediva  molti 
coralli,  ramificati,  desiderati  al  Duca  di  Mantova. 

Vedesi  cosi  la  continuazione  pei  coralli,  sempre  procurati  da 
Genova. 


SiGiLLARo  IN  Ferrara. 

Bernardino  Chiario  padovano  intagliatore  di  sigilli  da  Ferrara, 
nel  luglio  1620  si  rivolge  alla  Corte  di  Mantova  per  ottener» 
conferma  di  certi  salvacondotti,  avuto  dai  duchi  Vincenzo,  Fran- 
cesco e  Ferdinando  Gonzaga,  perdonandogli  Tesiglio  procuratogli 
da  malevoli. 

Non  è  registrato  da  N.  Petrucci  nel  suo  libro  Biografia  degli 
Artisti  Padovani. 

Io  trovai  in  Roma  un  Antonio  Chiari  veneziano  ,  gettatore  di 
lettere  nella  tipografia  delle  lingue  straniere  nel  1615,  e  nel  1669 
un  orefice  per  nome  Lorenzo  Chiari  orefice  veneto.  (Vedi  Artisti 
Veneti  in  Roma,  ecc.). 


Orefici  in  Toscana. 

Un  Don  Mariano  Gambacorta  ,  che  da  Roma  nel  1602  aveva 
offerto  miniature  al  Duca  nel  marzo  1605  da  San  Vittore  in 
Toscana  gli  offriva  opere  «fatte  alla  damaschina,  la  materia  si 
«  d'  oro  et  argento  »  ricercategli  indarno  dagli  ambasciadori  di 
Francia  e  Spagna. 


ALLA    CORTE     DI    MANTOVA.  519 


Orefici  in  Roma. 


Vincenzo  de  Cochis,  orefice  al  Pellegrino,  in  Roma,  scrive  al 
Cardinale  di  Mantova,  20  maggio  1611,  per  essere  pagato  di 
scudi  120  d'oro  valore  di  tre  anelli  con  diamanti  forniti.  Nel  1613 
e  1614  domandava  di  esser  pagato  di  5  lampade  e  di  due  sotto 
coppa  pel  cui  lavoro  aveva  dovuto  sborsare  scudi  77,60  all'  ar- 
gentiere Gironimo  Cona. 

Altri  orefici  in  Roma  scrivevano  in  consimil  modo  fra  cui  Gio- 
vanni Zaccaria,  che  avevagli  fatto  due  reliquiari. 

M.ro  Pecorelli  argentiere  in  Roma  era  creditore  di  scudi  242,34. 

Valerio  Caronni  gioielliere,  forse  lombardo ,  in  Roma,  oltre  la 
domanda  di  pagamento,  nota  mancare  dell'occorrente  per  lavorare 
le  pietre  preziose. 

Fo  seguire  altra  prora  della  credulità  del  duca  Vincenzo  I 
sulla  possibilità  di  aver  oro  a  mezzo  dell' Ale  Ifimia.  Egli,  spen- 
diosissimo  avrebbe  certatneote  avuto  bisogno  di  trovar  un  mezzo 
per  riparare  alle  esauste  finanze  del  suo  Stato. 

Ecco  quanto  gli  si  scriveva  da  Roma. 

Serenissimo  Signore 
La  fama  che  per  il  mondo  e  sparsa  della  generosità  di  V.  A.  S. 
et  imparticolare  dimostrandosi  tanto  grata  e  benigna  uerso  li  uirtuosi 
et  anco  il  desiderio  grande  di  darle  qualche  picciol  segno  della  deuo- 
tione  mia  mi  hanno  fatto  prendere  ardire  scriuerle  queste  quattro  mal 
composte  righe  con  esporli  la  qualità  delle  incluse  mostre  quali  am- 
bedoi  da  me  sono  state  fatte  con  gran  facilita,  brevissimo  tempo.,  poca 
spesa  ed  senza  adoprar  vetri.  Sappia  dunque  che  il  pezzetto  di  oro  e 
una  moltiplicatione  fatta  con  argento  tinto  prima  poi  accompagnato 
con  oro  di  scudo,  cioè  una  parte  di  detto  argento  et  cinque  parte  di 
oro  di  scudi  fusi  insieme,  si  è  fatto  il  presente  tocco  et  resta  a  tutti 
giuditiì  di  fuoco,  eccetto  V  argento,  che  non  resta  al  acqua  forte,  ma 
è  permanente  a  tutte  fusioni,  è  cotesto  secreto  si  fa  in  doi  o  tre  bore, 
et  in  una  settimana  se  ne  puoi  fare  più  di  centomila  scudi,  et  detto 
argento  tinto  si  puole  accompagnare  con  più  e    manco  oro  ,  come  le 


520  LE    ARTI    MINORI 


pare  ;  circa  1'  argento  è  accompagnato  con  doi  parte  di  argento  et  une 
di  rame  bianco^  quale  uno  resta  alle  fusioni  et  anco  di  questo  se  ne 
puoi  fare  grandissima  quantità  in  un  giorno  pur  senza  adoprar  uetri 
et  dell'  ingrediente  dell'  uno  et  1'  altro  secreto  se  ne  trova  grandissima 
quantità,  et  sono  meglio  mercato  in  Lombardia  perchè  uengono  da 
Venetia. 

Offre  dunque  i  suoi  segreti,  obbligandosi  di  pagare  mille  scudi 
se  essi  non  dessero  un  prodotto  simile  ai  saggi  presentati.  Intanto 
gli  dà  il  seguente  suo  indirizzo  pella  risposta. 

Africano  Fatio  in  Roma  alla  Ciambelle  sopra  l'arco  in  contro  all'Ill.^o 
Cardinale  Parauicino  in  una  delle  case  del  signor  Alessandro  Orsino. 

Di  Roma  li  19  di  maggio  1601  di   V.  A.  S. 

humilissimo  seroitore 
Africano  Fatio. 

Il  Duca  si  rivolgeva  al  suo  ambasciadore  in  Roma  Lelio  Ar- 
rigoni,  il  quale  conoscendo  il  pensare  del  suo  signore  rispondeva: 

Questi  alchimisti  hanno  fatto  certo  lor  prona  in  casa  del  signor 
Giulio  Capilupi,  che  affermano  esser  riuscita  assai  bene  et  per  quanto 
testifica  esso  M.""  Giulio  la  moltiplicatione  di  questa  esperienza  è  stata 
in  ragione  di  50  "/^  guadagno  securissimo  et  che  indarebbe  a  soffiare 
qualsiuoglia  galanthomi  fosse  nera  et  che  1'  utile  non  uacillasse.  Hor  il 
frate  sicuramente  se  ne  uerrà  a  Mantoua  non  essendo  certo  il  Prin- 
cipale si  uoglia  transferire  costa  ^  et  a  sue  spese  farà  la  prona  di 
questo  suo  secreto....  Il  Cardinale  Montalto  è  per  comperar  questo 
segreto  quando  la  prona  riesca,  alla  quale  ora  si  attende. 

Come  scorgesi  l' Ambasciadore  era  più  astuto  del  suo  signore; 
ma  ben  inteso  il  frate  venne  in  Mantova  regalato  dal  Duca  ;  poi 
il  risultato  delle  esperienze  si  riducevano  a  lunghi  tentativi,  finché 
il  Duca  perdeva  la  pazienza  ,  accettando  altre  proposte. 

Sempre  incorreggibile  benché  fin  dal  30  dicembre  1589  avesse 
avuto  questo  avviso  da  Roma  dal  suo  Ambasciadore  : 

Monsignor  San  Galletto  dice  che  Sua  Santità  ha  inteso  che  il  Bra- 
gadino  alchimista  si  uanta  di  hauere  hauuto  molte  milia  de  scuti  da 
V.  A.  perchè  le  ha  insegnato  a  far  1'  oro  del  che  la  Santità  sua,  che 


I 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  521 


tiene  essere  uanità  ha  sentito  disgusto  che  si  uanta  di  haver  gabbato 
l'A.  V.  et  S.  S.'^  ha  detto  a  San  Gaietto  che  lo  faccia  sapere  a  V.  A. 

Egli  tenne  in  nessun  conto  l'avvertimento  papale.  Nel  1599  e 
seguente  si  lasciò  persuadere  della  congelazione  del  mercurio  per 
ridurlo  in  argento  e  di  poter  aver  oro  da  miscugli  metalliferi  da 
un  Matteo  Neroni  e  da  certo  Fasciatelli  in  Roma,  che  gli  avevano 
spediti  campioni.  Il  Duca  regalava  scudi  400  d'oro  in  oro  e  una 
collana  alla  vedova  di  certo  Pertica  per  aver  un  libro  di  secreti 
alchimistici  del  già  suo  marito. 

Orefici  stranieri. 

Se  scarse ,  come  abbiamo  veduto  pei  centri  italiani ,  vedremo 
le  relazioni  artistiche  della  Corte  Mantovana  esser  più  abbondanti 
dei  secoli  scorsi  coli'  estero. 

Lodovico  Srearz,  arciero  di  S.  M.  C.  da  Praga,  il  5  maggio  1600, 
rivolgevasi  al  Duca  di  Mantova  per  ricordargli  che  due  anni 
prima,  a  mezzo  del  gioaro  Cherspaum  gli  spedi  alcune  catenelle 

kdel  valore  di  talleri  42  ;  la  qual  somma  mai  ebbe. 
Anna  Caterina,  arciduchessa  d'Austria,  da  Milz  il  16  set- 
tembre 1600  scriveva  alla  cognata  Duchessa  di  Mantova  : 
....  Le  mando  adunque....  dei  disegni  delli  puttini  o  figurine  che  uorrei 
solo  per  le  grandezze  et  ne  uorrei  duodici  pari  delli  più  piccoli  ;  ma 
sempre  due  pari  a  un  modo  cioè  che  questi  duodici  pari  fossero  di 
sei  diuersi  atti....  uorrei  poi  dui  pari  de  angelli,  alti  due  palmi  con 
candelieri  in  mano  o  sul  ginocchio  et  dui  madonne  assai  grandete 
r una  con  il  bambino  in  braccio  e  S.  Caterina  auanti,  l'altra  della 
medesma  grandezza,  ma  d'  altro  effetto  come  che  meglio  a  V.  A.  piace 
de  più ,  uorrei  due  bambini  ignudi  stanti  in  piedi  con  il  pomo  d'  or» 
in  mano  et  questa  della  grandezza  dello  madone  et  ancora  quattro- 
'ìgure  della  medesma  grandezza  et  de  quella  qualità  o  di  quelli  santi 
che  a  V,  A.  piacciono  lei  che  infatta  et  che  le  puoi  uedere.  Sapera' 
bene  quelle  siano  più  belli. 

Giacomo  Roymans  orefice  fiammingo,  socio  di  Nicola  Rogiers 
dimorante  questo  a  Parigi  ;    nel    gennaio  1601    pregava  il  Duca 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV,  34 


522  LE    ARTI    MINORI 


di  Mantova  pel  pagamento  di  scudi  1607,  ma  solo  nell'ottobre 
potè  esser  soddisfatto,  ed  allora  egli  domandava  compenso. 

Nel  1608  si  occupava  della  vendita  di  diamanti  ducali.  Ot- 
tenne di  collocare  sua  figlia  Clara  Winman,  a  servigio  della  du- 
chessa, di  cui  nel  settembre  1611  si  condoleva  della  morte.  Egli 
scrive  sempre  da  Anversa. 

Tanto  il  Roymans  quanto  il  Rogiers  abbiamo  già  veduti  nel 
secolo  XVI. 

Il  Rogiers  spediva  da  Parigi  (12  marzo  1604)  al  Duca  di 
Mantova  due  figure  di  cera,  notandogli  che  S.  M.  avrebbe  desi- 
derato che  fossero  fatte  in  lapislazzuli  e  in  diaspro  o  altra  sorta 
di  pietre  preziose. 

Noto  pure  una  sua  lettera  a  Leonora  duchessa  di  Mantova, 
il  18  maggio  1604,  per  una  collana  con  diamanti  e  figurine  di 
diaspro  occidentale.  Queste  si  desidera  dal  Re  di  Francia  fatte 
in  Mantova  o  meglio  in  Italia  in  lapislazzuli  o  in  diaspro. 

Da  Fontainebleau  al  20  ottobre  1604  spediva  al  Duca  un  anello 
bizzarro  e  un  paio  di  dorettini  di  diamanti  ;  nel  1605  gli  fa  avere 
una  collana  per  la  Duchessa  ed  altre  galanterie. 

Nel  marzo  1613  da  Parigi  scriveva  alla  Corte  mantovana  pel 
pagamento  di  300  scudi  dovutigli  da  più  anni  dal  defunto  Duca 
Vincenzo.  Nel  1618,  pagato,  si  offriva  per  altri  servigi. 

A  dì  13  settembre  1602,  Paolo  Croyer  orefice  in  Augusta  in 
casa  di  lohan  Jpleger  annunziava  al  Duca  di  Mantova  di  aver 
«  finito  dui  teste  d'  argento  »  per  mettervi  la  reliquie. 

Il  Duca  di  Mantova  nel  1610  aveva  concesso  a  Paolo  Croyer 
esc  urbe  Luce  germaniee,  oriondo  per  assidua  fedeltà  di  14  anni 
qùal  gemmario  e  per  altri  offizi  di  ritornar  in  patria  con  licenza 
di  portar  lo  stemma  dei  Duchi  di  Mantova  sormontato  da  Leo- 
pardo con  due  ale  nere.  {R.  Decreti  1605-1612,  fol.  216). 

Il  Duca  gli  scriveva  in  Augusta  il  2  marzo  1611,  mandandogli 
diamanti  da  esser  venduti  per  conto  della  Corte  di  Mantova,  con- 
cedendogli il  10  7o  di  benefizio.  L' incaricava  di  procurargli  di 
quei  piatti  straordinari  o  per  dir  cosi  «  strauaganti  che  sono  simili 
a  questi  altri  che    abbiamo  qui  Noi.  » 


I 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  523 


Marco  Zecchi  da  Augusta  nel  gennaio  1602  partecipa  all'  am- 
basciadore  mantovano  in  Jngolstatt,  che  fece  eseguire  i  due  can- 
delieri, secondo  il  modello  avuto  e  che  1'  orefice  «  li  riusci  bene.  » 
Importavano  col  fodero  427  Vi  fiorini. 

Vita  del  quondam  Liberal  Levi  gioielliere,  ebreo  da  Trento, 
nel  luglio  1602,  fa  sapere  al  Duca  che  il  «  gentiluomo  dal  Libro 
del  Lapis  »  è  pronto  venir  in  Mantova  purché  gli  siano  assicu- 
rati 30  ducati  mensili  e  le  spese  del  viaggio. 

Egli  da  Praga,  il  6  settembre  1604,  scriveva  al  Duca: 

Hauendo  da  loco  sicuro  come  il  sig.  Dottor  Giovanni  Rigotto  da  Re. 
veretto  tiene  intima  amicitia  con  un  personaggio  del  qual  ne  può  dispo- 
nere.  Quel  personaggio  ha  un  segreto  uero  reale  per  distruger  1'  oro 
et  ridurlo  in  olio  et  componerlo  col  mercurio  in  modo  che  1'  uno  et 
l'altro  stara  al  tocco  a  paragon  di  24  carati,  et  esso  Dottor  afferma 
ciò  auerlo  uisto  effettuare  più  volte  perciò  ne  dà  ragguaglio  : 

E  poi  soggiunge  : 

Io  son  quello  che  feci  capitarli  il  libro  del  già  Gap.''  Ruscha  qual 
libro  so  non  tratta  di  cose  soffistiche. 

Segue  nel  1604  a  dar  notizie  di  segreti  e  nel  gennaio  1605 
nota  aver  spedito  un  sommario  latino,  che  trattava  di  far  il  Lapis 
Philosophorum  di  un  professore  tenuto  per  unico  e  poi  altro  libro 
che  trattava  dei  segni  della  fronte  e  mani.  E  il  Duca  manteneva 
seriamente  carteggio  con  lui  ;  e  fece  eseguire  esperimenti  in  Man- 
tova per  aver  oro  da  vili  metalli. 

Che  fosse  1'  ebreo  un  imbroglione  prova  egli  stesso,  scrivendo 
il  24  Giugno  1621,  da  Praga  al  Duca  di  Mantova  esser  quello 
che  nel  novembre  1614  aveva  intercettato  un  piego  di  lettere, 
scritte  dal  Duca  di  Savoja  al  suo  agente  Avancetti  alla  Corte 
Cesarea  e  che  a  mezzo  del  Sorina,  agente  mantovano  in  Vienna, 
glielo  fece  avere.  E  ricorda  tutto  ciò  qual  un  servizio  fatto  pel 
Duca  di  Mantova. 

Si  scriveva  dalla  Corte  di  Mantova  nel  novembre  1604  a  Carlo 
Kohuer  per  aver  diamanti,  lavorati  alla  fiamminga. 


524  LE    ARTI    MINORI 


Jodocco  Otts  fiammingo  da  Augusta,  il  25  agosto  1606,  scrive 
al  Duca  di  Mantova  come  da  tre  mesi,  mentre  Ella  trovavasi  a 
Monaco,  M.'""  Paolo  gli  domandò  in  nome  di  V.  A.  «  il  mio  ru- 
bino bianco  con  il  disegno  di  quel  re  Moro,  che  V,  A.  uide  di- 
pinto in  una  delle  mie  pitture  di  Alberto  Duro.  »  Lo  spedi  subito 
al  prezzo  ultimo  ;  pel  rubino  era  di  scudi  100  ;  ma  non  ebbe 
r  obbligazione  né  il  prezzo  che  attende.  Offre,  piacendo,  qualche- 
duna  di  sue  pitture. 

Il  20  settembre  il  Duca  gli  fa  avere  ricevuta  dei  suddetti 
oggetti. 

Michele  Peres,  di  Anversa,  scrive  al  Duca,  esser  venuto  in 
Mantova,  (dicembre  1609),  per  fargli  conoscere  un  segreto  della 
moltiplicazione  dell'argento  vivo,  di  6  oncie  farne  12. 

Jacques  Russel  orefice,  (^12  maggio  1613)  da  Parigi  si  dichia- 
rava soddisfatto  del  suo  conto  ed  offrivasi  al  Cardinale  Duca. 

Luca  Reimer  orefice,  cittadino  di  Monaco,  in  Baviera,  scrive 
al  Duca  di  Mantova  (13  aprile  1623)  pregandolo  di  farlo  pagare 
da  Giorgio  Hardino  abitante  in  Mantova  di  reali  120  per  uno 
scrittoio  d'  ebano  di  bellissima  fattura  e  grande ,  vendutogli.  Unisce 
r  obbligo  di  pagamento  in  tedesco. 

Questo  Giorgio  Hardini  è  il  Zorzo  Ardin,  che  abbiamo  veduto 
orologiere  in  Mantova. 

Il  Duca  di  Baviera  da  Monaco,  il  14  di  aprile  1623  presenta 
al  Duca  di  Mantova:  saggio  di  conche  di  perle  e  di  oro,  che  si 
pescano  in  alcuni  fiumi  della  Baviera,  e  ciò,  secondo  il  desiderio 
manifestatogli. 

Bellinzani  Francesco,  ambasciadore  mantovano  in  Parigi,  da 
quivi  il  17  dicembre  1655  scriveva  al  Duca  di  Mantova:  «In 
questo  punto  Monsieur  Gottardo  orefice  viene  di  portarmi  i  due 
ritrattini  di  V.  A.  a  fi  neh  ■  io  li  ueda  et  esamini,  poi  di  serrarli 
col  cristallo  nel  scatoline  d'  oro  »  se  fosse  cosa  conveniente  da 
dirsi.  E  fu  certamente  spedita  perché  trovo  che  a  di  4  aprile  1656 
«  Cottard  orfeure  de  Paris  »,  scriveva  direttamente  al  Duca  per 
esser  pagato. 

Finisco  con  la  seguente  senza  data. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  525 


Se.     Sig.  Sig.  Duca  Principe  Clein.^'^ 

Riceuei  1'  anno  passato  qui  in  Ispruch  al  tempo  delle  nozze  Cesaree 
da  quella  Sacra  Maestà  dell'  Imp/"  tal  gratioss.*"*»  ordine  eh'  io  douessi 
con  ogni  possibil  artifìcio  e  sottigliezza  fare  doi  differenti  intagli  delle 
armi  di  V.  A.  et  de  Mad-'=*  Ser.""*  Così  subito  principiato  1' opera  fui 
da  tale  malatia  sopragionto  che  non  hebbi  ne  la  man  ne  li  occhi  che 
mi  potessero  o  uolessero  in  ciò  seruire  bora  per  la  gratta  d'  Iddio 
d'  alcun  tempo  in  qua  ritornato  al  mio  primo  stato  della  sanità  mi 
son  messo  di  nuovo  et  l' ho  ridotte  a  quella  meglior  se'ppl  et  che 
V.  A.  S.  scoprirà  congionta  perfettione.  Supplicandola  humiliss.  che 
raguardando  la  benememorata  S.  C.  M.  d' onde  è  seguito  tal  imposi- 
tione  si  degni  con  la  solita  sua  benignità  e  clemenza  accettar  questo 
debol  parto  del  mio  rozzo  ingegno  et  arte  offerendomi  ad  ogni  cenno 
al  suo  eie.™"  comando  in  devotione  sempre  favorito  tanto  nelli  intagli 
di  pietra  quanto  di  aciaio  vuoi  qualsivoglia  altra  materia  et  in  caso 
V.  A.  S.  queste  mie  fatiche  non  le  vegli  indarno  suplicola  della  gratia 
d'  un  picciol  medaglia  della  Sua  Ser.™*  effigie  impresa  a  nome 


Di  V.  A.  S. 


detotiss  sempre  sero.''^ 
Mathias  Cliinig  intagliatore 
d  arme  per  S.  M.  Ces.  e  li 
Ser.'ni  Arciduchi  d^ Austria    in  Ispruch 


Orologierl 


Qui  avremo  qualche  notizia  di  orologi. 

Nicolas  Regnault,  trovandosi  in  Venezia  nel  gennaio  1604, 
scrive  al  Duca  di  Mantova  per  un  orologio  molto  eccellente  e 
provato  da  S.  A.  Egli  era  segretario  della  Camera  di  S.  M.  Cri- 
stianissima. 

Jodocco  Otts  fiammingo  da  Augusta  il  25  agosto  1606  offre 
al  Duca  un  «  Horologgio  di  legno  grande  »,  il  quale  accerta  che 


526  LE    ARTI    MINORI 


non  ha  pari  per  «  uarie  cose  che  egli  opera.  »  Occorrendo  spe- 
direbbe il  disegno. 

L'  ambasciatore  mantovano  in  Milano  il  7  febbraio  1607  spe- 
disce al  Duca  1'  orologio  con  diamanti  e  altro  pure  «  fatti  aggiu- 
stare da  buon  mastro. 

Attilio  Parisio  da  Este,  il  7  aprile  1622,  scrive  al  Duca  di 
Mantova  che  aveva  presentato  al  Papa  Clemente  Vili  defunto 
un  orologio  di  sua  «  inventione  che  con  una  sola  rota  non  dentata, 
mostraua  et  batteua  le  hore  mostrando  insieme  d'  hora  in  bora 
il  carattere  del  Pianeta  dominante  in  quel  bora.  »  Formò  quel- 
r  orologio  l'ammirazione  del  Papa,  dei  Cardinali,  di  Principi. 
Sfortunatamente  andò  smarrito,  pensò  egli  di  farne  altro  e  glielo 
manda  in  dono  a  mezzo  del  nipote  ben  istruito. 

L'industria  degli  orologi,  che  fiori  in  Reggio  Emilia  e  ad  Ur- 
bino nel  secolo  XVI,  andò  scadendo  dopo;  cosi  che  nell' Esposi- 
zione industriale  italiana,  tenuta  a  Milano  nel  1881  fu  dai  giurati 
constatato  che  se  per  gli  orologi  da  Torre  vi  è  in  Italia  un  di- 
screto numsro  di  fabbriche,  per  quelli  da  Tavolo  e  da  Caminetto 
mancano,  e  non  esiste  affatto  l'industria  dell'alta  orologeria  e 
degli  orologi  da  tasca. 

Materiale  più  abbondante  ed  importante  non  potevamo  aspet- 
tarci per  quanto  alle  arti  congiunte  coli'  oreficeria.  Abbiamo  ve- 
duto grandi  artefici  e  molti  altri,  che  meritavano  di  aver  finalmente 
il  loro  posto  fra  i  più  valenti,  tutti  premurosi  nel  servire  la  Corte 
mantovana.  Se  questa  non  li  poteva  far  venire  presso  di  sé,  a 
mezzo  degli  ambasciadori,  loro  dava  ordini  per  lavori,  senza  ba- 
dare a  spese  e  a  difficoltà  per  avere  gli  stessi. 

Nel  suo  piccolo,  la  Corte  di  Mantova  ha  concorso  assai  al 
buon  avviamento  dell'oreficeria  e  delle  arti  affini,  specialmente 
nelle  città  dell'Italia  settentrionale,  come  Venezia  e  Milano. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  527 


Intagliatori  in  ferro,  acciaio,  ottone,  bronzo. 
Armaiuoli  e  Bombardieri. 

Neir  introduzione  notai  come  l' arte  dell'  armaiuolo  non  sia 
stata  sdegnata  da  grandi  artisti  quali  un  Donatello  (1) ,  Benve- 
nuto Cellini,  Bartolomeo  Campi,  e  come  i  lavori  degli  armaiuoli 
offrano  un  complesso  di  operazioni  molto  simili  a  quelle  degli 
orefici;  poiché  oltre  le  fusioni  vi  sono  le  cesellature,  il  niello, 
lo  smalto,  ecc.,  e  non  sono  esclusi  i  gioielli  per  adornare  le  ar- 
mature. Le  gallerie  d'armi,  le  raccolte  private  ci  presentano 
armature  equestri  adorne  di  intagli  in  basso  ed  alto  rilievo,  di 
lavori  azziminati ,  intarsiati ,  damaschinati ,  da  provar  i  loro  ar- 
tefici véri  scultori  e  pittori.  Trattandosi  di  artisti  che  lavoravano 
per  la  difesa  ed  offesa  nelle  guerre ,  non  è  raro  il  trovar  armaiuoli 
guerrieri,  come  erano  ingegneri  militari  i  bombardieri.  In  tutte 
le  corti  festeggiati ,  accarezzati ,  poiché  dalla  loro  valentia  dipen- 
deva spesso  la  vita  o  il  disonore.  Gli  armaiuoli  dovevano  pensare 
a  vestir  i  sovrani  e  loro  cavalli  di  acciaio  forte ,  leggiero  e  nello 
stesso  tempo  ricchissimo  di  ornati  ;  da  una  buona  armatura  poteva 
dipendere  la  salvezza  in  guerra  e  la  vittoria  nei  tornei. 

I  bombardieri  si  provvedevano  di  metalli,  formavano  le  leghe, 
gettando  palle  ed  artiglierie,  adornando  queste  con  bassi  rilievi  ed 
altri  lavóri  d' intaglio  ;  dopo  si  preparavano  la  polvere  e  poi  di- 
rigevano sui  campi  di  battaglia  e  negli  assedi  i  colpi  delle  loro 
macchine  belliche. 

Celebri  furono  gli  armaiuoli  di  Milano,  Brescia.  Se  le  lame 
di  Valenza  ebbero  fama,  ne  furono  lavorate  in  Italia  delle 
migliori. 

(1)  Si  conservano  nell'Armeria  reale  di  Torino  i  fornimenti  a  croce  di 
spada  che  ha  sur  una  ghiera  del  manico  la  scritta  Opus  Donatelli  lavoro 
descritto  dall' Angelucci  (Notisìe  sull'Armeria  reale). 


rj28  LE     ARTI    MINORI 


Un  M."  Piccinino  lombardo,  nel  secolo  XVI,  era  riputato  unico 
in  Europa  per  lame  di  spade  e  pugnali. 

Speciali  a  Venezia  erano  le  schiavone,  e  a  Verona  le  spade  a 
Ijngua  di  bue. 

Erano  gli  armaiuoli  italiani  ricercati  per  tutta  1'  Europa  ;  ba- 
sterà notare  quel  Jacobino  Ayroldo  da  Milano,  armarolo  del  Re 
Luigi  XI ,  che  sul  finir  del  secolo  era  mandato  dal  Re  in  patria 
per  condurre  in  Francia  12  compagni  armaiuoli  nell'  intento  di 
far  alcune  «  gentili    et  belle  armature  »  per    il  Re  e  sua  Corte. 

In  queste  mie  ricerche  Jio  dato  la  precedenza  ai  bombardieri, 
facendone  una  particolar  sezione ,  in  altra  compresigli  armaiuoli 
e  fabbricanti  di  armi  portatili,  comprendendovi  qualsiasi  altro  in- 
tagliatore di  metalli  comuni. 


SECOLO  XV. 
Bombardieri. 

Nel  1434  erano  bombardieri  del  Marchese  di  Mantova  Mastro 
Nicolao  e  suo  socio  de  Alemania,  i  quali  al  due  di  agosto  otte- 
nevano licenza  di  estrarre  da  Mantova  15  schioppetti  e  tre  bom- 
barde grosse  (R.  Mandati  1434-6,  fol.  98). 

Da  ciò  si  apprenderebbe  che  lavoravano  anche  per  proprio  conto 
mandando  loro  fusioni  fuori  dello  Stato  mantovano. 

Il  socio  tedesco  deve  essere  M.ro  Giorgio  de  Alemania  olim  bom- 
barderius  che  nel  marzo  1442  il  Marchese  di  Mantova  prometteva 
di  pagar  tra  un  anno  di  tempo. 

Giovanni  da  Milano,  a  di  30  gennaio  1462,  facendosi  conoscere 
al  Marchese  di  Mantova  per  «  maestro  de  far  spingarde  e  zarn- 
botane  de  metallo  »,  discepolo  che  fu  di  maestro  Antonio  «  nepote 
de  Maystro  Ferrarino  »  che  fu  bombardiere  «  de  la  111."*  bona  me- 
moria Duca  Filippo  de  Visconti  »  si  offre  di  servirlo  in  tale  sua  arte. 

Non  so  se  accettato,  trovo  però  che  un  Giovanni  a  bombardis 


J 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  529 

in  Mantova,  il  4  settembre  1464  rivolgevasi  al  Marchese  per 
aver  quattro  sacchi  di  frumento  e  del  denaro  per  comprar  vino , 
secondo  il  pattuito. 

Francesco,  fu  M.ro  Giacomo,  bombardiere,  da  Mantova,  il  4 
luglio  1471,  fa  sapere  al  Marchese  la  necessità  di  aggiustar  varie 
bombarde ,  che  sono  inzochate,  e  spingarde  e  cannoni, 

A  di  17  maggio  1473,  domandava  denaro  «  dovendo  far  chau- 
nozeti  da  spingarda  et  da  refar  due  bombarde,  le  quali  sono  rotte.  » 
La  fonderia  era  a  S.  Giorgio,  come  risulta  da  altra  sua  lettera 
del  15  agosto  1478  al  Marchese,  annunziandogli  che  lavora  certi 
cannoni,  che  vanno  a  quelle  borabardelle  che  fa  M/"  Zoan 
tedesco.  Ha  molto  ferro  al  maglio  per  ridurlo  «  in  Verzella  da 
ligare  le  spingarde  »  domanda  però  rimborso  di  spese. 

Firmandosi  Franciscus  de  Mantova  homharderius ,  da  Milano, 
il  15  gennaio  1479,  scriveva  al  Marchese  di  Mantova: 

È  stato  qui  M.'"*'  Zohanne  bombarderò  de  V.  S.  al  quale  ho  facto 
vedere  totaliter  quanto  la  prefata  V.  S.  mi  scrive  de  li  archibusi,  ma 

ha  dicto  che  forse  V.  S.  se  delliberaria    farne    fare  una  quantità ; 

così  è  pronto  a  lauorare. 

Perciò  promette  di  far  quanto  saprà  di  meglio  per  servirlo. 

Vediamo  però  sempre  accennato  un  Giovanni,  qual  bombardiere 
marchionale ,  il  quale  non  so  se  sia  il  primo  che  si  offriva  da 
Milano. 

//L"'^  et  Ex."'^^  Princeps  et  c?."^  cZ."<?  mi  singularìssime  per  la  presente 
auisoi  V.  S,  come  ho  gitato  una  bombarda  de  peso  de  libre  XXVIJ  molto 
bellissima  de  lunghezza  de  piede  quinque  et  porta  preda  de  libre  de.  et 
ho  aprouata  et  facta  la  experientia  de  essa  e  quale  ho  tratto  culpi  tri 
et  lo  primo  gli  misse  libre  LXV  de  poluerre  et  lauorai  molto  bene 
per  lo  primo ,  lo  segando  gli  misse  libre  LXXX*  de  polvere  et  la  trette 
facendo  uno  digno  culpo  megliorando  per  il  primo ,  lo  terzo  gli  misse 
libre  LXXXXVIIJ  de  polvere  et  fece  uno  dignissimo  culpo  megliorando 
pur  anchora  et  molte  laudabile  quantunque  da  mi  mestesso  non  tocha 
ad  fir  laudato  pur  per  auisare  del  tuto  la  V.  S.  non  ho  possuto  dire 
di  mancho  et  la  quale    bombarda  fu  nominata    la  Galeasa   Victoriosa 


530  LE     ARTI    MINORI 


et  questo  per  mio  debito  et  fede  et  deuotione  porto  ad  la  prelibata  V,  S.,  me 
sono  permesso  talitcr  auisarla  et  ad  la  quale  continuamente  me  ri- 
comando. 

Dat.  Papiae  die  XV  Junii  MCCCCLXXIJ.  .1.  d.  V. 

fidelissimus  seruitor 
Magistcr  Johannes 
De  Gabergnate  hombarderias  ducalis 

Ex."''°  Principi  d. 
Federicho  de  Gonzaga 
Marchioni  Mantuce  ctc. 

Come  si  è  veduto  era  il  bombardiere  del  Duca  di  Milano. 

Bernardo  da  Piacenza,  da  varie  sue  lettere  al  Marchese  nel  1478, 
risulta  soprastante  ai  lavori  dell'  arsenale  e  della  fonderia  in 
S.  Giorgio  di  Mantova. 

Al  13  luglio  1480,  ricorda  al  Marchese  che  per  suo  ordine 
fu  con  M."  Francesco  e  Giovanni  bombardieri  per  esaminare  due 
fatte  spingarde. 

Al  12  luglio  dell'  anno  seguente  fa  conoscere  aver  provato  la 
spingarda  fatta  da  M.'"  Francesco,  la  quale  riusci  benissimo. 

Era  ancora  in  servizio  nel  1482,  come  da  sue  diverse  lettere. 

Il  Marchese,  a  di  27  marzo  1492,  raccomandava  al  Potestà  di 
Canneto  M."  Vitale  «  nostro  bombardiere,  quale  habita  li  che  fu 
per  la  guerra  passata  strupiato  et  perse  la  uista  »  ed  ha  figli 
presso  di  lui. 

Giorgio  di  Vitale  bombardiere  da  una  sua  lettera  del  23 
giugno  1482  da  Canneto  al  Marchese  si  viene  a  conoscere  ch('. 
aveva  avuto  l' incarico  di  visitare  tutte  le  fortezze  del  bresciano, 
dipendente  dal  Marchese.  Egli  fa  cenno  di  M."  Albergeto  altro 
bombardiere,  che  fuse  una  bombarda.  Fu  poi  mandato  dal  Mar- 
chese in  Canneto  Giovan  Francesco  da  Firenze  bombardiere  per 
bisogna  di  quella  fortezza.  Giorgio  suddetto  nell'  ottobre  passò  in 
Revere ,  nel  1492  aggiustava  artiglierie  in  Canneto ,  Marcarla , 
Revere  ed  Ostiglia,  e  nel  1495  domandava  pagamento. 


I 


ALLA     CORTE    DI    MANTOVA.  531 


Il  nominato  Albergeto  potrebbe  essere  il  capo  stipite  di  quella 
famiglia,  originaria  di  Massa  Fiscaglia,  la  quale  diede  celebri 
artiglieri  e  fonditori.  (QuarEìNGhi  C.  —  Le  Fonderie  dei  cannoni 
bresciani,  ecc.).  Vari  stranieri  risultano  pure  a  servizio  del  Mar- 
chese nel  1482,  come  Giov.  de  Pergar  da  Monaco  bombardiere, 
il  quale  da  Mantova  scrive  al  Marchese  che  M."  Giovanni 
bombardiere  fuggi  perchè  all'  esperimento  in  Soave  di  una  sua 
bombarda  questa  si  spezzò.  Essendo  valente  nell'  arte  consiglia  di 
farlo  richiamare. 

Non  so  se  si  tratta  di  Giovanni  Bremburg,  che  con  Giacomo 
Tedesco  e  Simone  Schiavo  erano  bombardieri,  tutti  a  servizio  del 
Marchese  nel   1482. 

Silvestro  Calandra,  castellano  di  Mantova  e  valoroso  guerriero, 
nel  luglio  1482,  annunziava  al  Marchese  che  il  bombardiere  de 
Dritimhergo  aveva  gettato  sei  archibugi,  ma  che  non  potè  pro- 
seguire per  essersi  scottato  un  piede  ;  che  l' altro  bombardiere 
de  Monego  era  molto  occupato  nei  fuochi  e  che  alla  dimani 
Federico  avrebbe  gettato  altra  bombarda. 

Il  de  Britimbergo  e  il  De  Monego  si  riconoscono  facilmente 
per  Giovanni  Bremburg  e  Giov.  de  Pergar  da  Monaco. 

In  quanto  a  Federico  era  figlio  dello  stesso  Calandra. 

Il  padre,  al  12  luglio  1483,  seguiva  a  partecipare  al  suo  si- 
gnore che  detto  Federigo  aveva  gittato  la  bronzina,  riuscita  assai 
bene,  cioè  una  bombarda  in  bronzo. 

Questi  cosi  scriveva  al  Marchese  (5  marzo  1493)  : 

111.'^'^  Signor  mio,  infinite  sono  le  obligationi  eh'  io  ho  a  Vostra  Si- 
gnoria per  le  uirtù  che  io  ho  imoarato  e  imparo  per  suo  rispeto. 
V.  S.  sa  che  Ella  fu  causa  de  farrae  douentare  maestro  da  bombarde 
che  mi  è  molto  caro  bora  quella  mi  fa  imparare  a  conzare  gabie  da 
uceli,  ma  io  solea  lauorare  il  zorno  et  bora  mi  conuiene  lauorare 
zorno  et  notte. 

Intanto  spedi  vagli    una  gabbia    con  sei  uccelli. 
Nel  1498  era  egli  direttore  della  fonderia  marchionale  ed  aveva 
fra  i  suoi    principali  soggetti    un  Zan  Cristofalo.    Erano  occupati 


532  LE    ARTI    MINORI 


nel  settembre  a  far  imprimere  sulle  artiglierie  la  nuova  arma  del 
Marchese,  assunta  dopo  la  battaglia  del  Taro,  cioè  il  crogiuolo 
colle  verghe. 

Il  Calandra,  a  di  18  marzo  1499,  cosi  scriveva  al  suo  signore: 

Perdoni  che  io  resto  de  fare  quello  e  molte  altro  cose  perchè  da 
alcuni  zorni  in  qua  il  male  franzese  me  da  fastidio  nela  gola  e  neh 
mani  e  neli  zenochi  per  modo  che  mi  fa  parere  negligente  appresso  V.  E. 

Lo  rivedremo  nel  secolo  seguente. 

Gio.  Francesco  De  Rossi  bombardiere  mantovano,  21  die.  1482, 
da  Revere  scriveva  al  Marchese  dì  Mantova,  ricordandogli  come 
fosse  stato  mandato  al  Duca  di  Ferrara  per  mettere  in  ordine  le 
bombarde  e  i  bastioni,  nel  ritorno  passando  al  Bondeno  ordinò 
riparazioni  a  quella  fortezza. 

Di  qual  importanza  egli  fosse,  ci  dimostrerà  questa  lettera  del 
Re  di  Sicilia  al  Marchese  di  Mantova. 

Rex  Sicilice 

III.  March,  affinis  et  tanquam  fili  eariss.  Mastro  Francesco  de  Rossi 
funditore  de  artigliarla,  quale  de  presente  è  ali  seruitio  nostri  e  ad 
noi  caro  per  li  meriti  soi  et  però  haueremo  ad  piacere  :  che  tutte  lo 
cose  sue  fossero  respectate  lui  ne  ha  supplicato  che  recoinandassemo 
ala  S.  V,  sua  mogliera  et  robbe  tene  nel  stato  nostro  et  uolendoli 
satisfare  per  le  cause  prcdicte  ;  ve  pregamo  quanto  possemo  che  per 
nostro  amore  in  omne  cosa  Inonesta  la  S.  V.  se  demonstre  fauoreuole 
ala  mogliera  del  dicto  mastro  Francesco  et  cose  sue  per  modo  intendo 
lo  scriuere  nostro  hauerli  iuuato  lo  che  reputaremo  da  V.  S.  ad  pia- 
cere singulare  offerendone  ad  quella  paratissimi.  Dat  Neapol.  XXVIIIJ 
Sept.  MCCCCLXXXX. 

Rex  Ferd. 

Francesco  Sicco,  consigliere  del  Marchese  mantovano,  da  Ser- 
mide,  il  22  novembre  1482,  gli  faceva  conoscere  quanto  segue  : 

L'  è  comparso  un  M.'-^  Antonio  franzoso  instrutto  de  trarre  spingarde, 
passavolandi    e  curtaldi    et  molto    è  commendato    da  M.''"    Francesco 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  533 


bombardiere.  Per  sua  prouisione  dice  haucr  hauuta  questa  estate  pas- 
sata ducati  due  al  mese,  il  che  conferma  esso  M."*^  Francesco.  Per 
non  lasciarlo  partire  hogli  facto  dare  due  fiorini  per  il  uiuere  suo  finché 
mandi  V.  E.  quanto  lo  possi  condurre  ali  seruicij  suoi  sei  parerà  a 
quello  che  li  nonduchi. 

Che  fosse  stato  accettato  e'  é  di  prova  la  seguente  lettera  mar- 
chionale al  Vicario  di  Revere  : 

Havendo  a  sfare  li  Antonio  de  Pranza  nostro  bombardiere  di  com- 
missione de  lo  111. "10  Sig.  mio  Patre  ;  et  intendendo  lui  esser  stato  fin 
qua  sul  hosteria  ;  me  parso  scriuerne  li  facciati  dare  coperto  et  legna 
per  uso  suo  fin  tanto  chel  starà  lì.  Mantuce  13  agusti  1483. 

Egli  stesso  nell'  ottobre  scriveva  al  Marchese  per  aver  paghe 
arretrate. 

Nell'aprile  1483  il  Conte  Antonio  da  Crema,  podestà  di  Ser- 
mide,  scriveva  al  Marchese  : 

Qui  è  capitato  uno  todesco  qual  dice  saper  zettare  bombarde  e  spin- 
garde e  trarre  dignamente.  E  qui  ha  tratto  cimi  uno  schiopetto  molto 
iusto  e  datto  imbrocco  e  cosi  dice  de  far  dare  la  bonbarda  e  spingarda 
in  qualunque  signo  li  sia  designato,  et  dice  che  sa  fare  la  polvere  de 
liombarde  in  fucte  perfectiono  et  de  più  sorta;  qual  ho  facto  restare 
qui  per  advisare  V.  E,  nel  caso  volesse  accettarlo  a  suo  servizio. 

Forse  egli  é  un  mastro  Giacomo  bombardiere,  che  nel  1490 
voleva  abbandonar  il  servizio,  perchè  retribuito  al  dissotto  della 
sua  valentia. 

Da  Reggiolo  Magister  Paris  bombar derius,  il  15  settembre  1483, 
si  offriva  al  marchese  di  Mantova  per  servirlo. 

Il  Marchese,  a  di  23  dicembre  1483,  faceva  scrivere  al  Potestà 
di  Canneto. 

Mandiamo  li  Christophoro  da  Ferrara  et  Pietro  de  Augusta  nostri 
bombardieri  per  che  habiano  a  star  li  fermi....  Vogliamo  che  tu  gli 
prouedi  de  habitatione   conueniente ,   massaritie    et    Ugna    secundo    et 

'Consueto. 


534  LE    ARTT   MINORI 


Antonio  de  Lucha  bombardiere  rivolgevasi  al  Marchese  di  Man- 
tova, il  3  marzo  1484,  da  Asola  per  esser  pagato  ;  ed  avvertivalo 
il  4  aprile  «  come  ho  fatto  uno  desegno  de  una  bombarda  per 
500  libre  de  pietra  de  tri  pezi  la  qua!  facta  sera  una  cosa  fa- 
mosa. »  Al  5  gennaio  del  1485  domandava  di  esser  pagato , 
poiché  sua  moglie  a  Pesaro  aveva  partorito  due  figliuole. 

Un  Andrea  da  Piacenza,  che  si  sottoscrive  «  vostro  bombarderò 
in  Ostia  »  sollecita  il  Marchese ,  il  14  febbraio  1484  per  sua 
provvisione. 

Altro  che  si  segna  Georgius  bombarderius  de  Caneio ,  scrive 
pure  da  Ostigìia,  il  6  maggio  1484,  lamentandosi  di  essere  stallo 
mandato  colà  per  bombardiere  con  soli  ducati  due  di  soldo,  mentre 
i  suoi  colleghi  ne  hanno  quattro,  domandando  di  esser  ritornato 
a  Canneto,  ove  ha  la  famiglia.  Nel  1495  da  lettere  del  Vicario 
di  Meldole  risulta  che  Magistro  Giorgio  bombarderò  marchionale 
aveva  colà  aggiustato  tutte  le  artiglierie  ;  nel  febbraio  1496  aveva 
fatto  la  stessa  cosa  a  Governolo  ;  nel  1497  aveva  rinnovate  le 
artiglierie  di  Goito  e  sperava  di  far  altrettanto  per  quelle  di 
Mantova,,  come  fece  nel  1498. 

Neil'  agosto  1499  fu  spedito  ad  aggiustar  quelle  di  Borgoforte 
e  ancora  nel  1500  era  occupato. 

Un  M.ro  «  lohan  de  Basilea»  schioppetterò,  domandava  al  25 
aprile  1492,  la  sua  provisione.  Lo  rivedremo  nel  seguente  secolo 
bombardiere  ;  come  pure  rivedremo  tale  M.ro  Bilon  tedesco,  che 
nel  1494  fa  risultare  che  serviva  la  Corte  di  Mantova  da  16 
anni  qual  schioppettiere. 

Nel  discorrere  degli  orefici  abbiamo  avuto  occasione  di  far 
conoscere  M.ro  Sperandeo  o  Sperandio  Savelli ,  non  so  se  si 
tratta  di  lui  in  una  lettera  di  Lodovico  Gonzaga ,  vescovo  di 
Mantova,  al  marchese,  scritta  da  Quingentole,  l'undici  febb.  1495, 
raccomandandogli  M.ro  Sperandeo  che  desiderava  «  continuar  lo 
seruitio  alla  Casa  Gonzaga  nee  non  di  morire  in  la  patria 
sotto  l'È.  V..,.  E  quando  lo  uolesse  adoperare  in  lo  exercitio 
di  artellarie  aut  de  fabricare  et  architectura  lo  ritrouerà  sin- 
gulare.  » 


ALLA    CORTE    DI     MANTOVA.  535 

Sembrerebbe  che  fosse  stato  accettato,  tenendo  conto  della  me- 
daglia che  Sperandio  scolpi  dopo  il  1495,  figurante  il  marchese 
Francesco  trionfatore  sui  Francesi  al  Taro. 

Viveva  pure  in  quel  tempo  il  pittore  Nicolò  Sperandio  de  Man- 
tova ai  servigi  del  Duca  di  Ferrara  secondo  il  Cittadella  (Notizie 
relative  a  Ferrara).  Fino  da  questo  secolo  si  hanno  documenti 
che  in  Mantova  era  già  attivato  il  tiro  a  segno  tanto  a  balestre 
quanto  a  schioppi,  come  si  può  vedere  nel  lavoro  dell'Angelucci 
(Notizie  con  documenti  inediti  sul  tiro  a  segno  a  Manioca).  Egli 
nota  che  tale  instituzione  in  Mantova  è  la  più  antica  che  si  co- 
nosca, risalendo  quella  degli  schioppetti  al  1462. 


SECOLO  XVI. 

Rivedremo  in  questo  secolo  conoscenze  già  fatte ,  oltre  altri 
vaienti  bombardieri. 

Al  9  di  ottobre  1500  il  Marchese  permetteva  al  suo  bombar- 
diere M.''°  Costantino  di  portarsi  a  Bologna,  conservandogli  la 
paga.  Nel  1501  lo  mandava  alla  Mirandola  assediata  a  gettar 
artiglierie  per  quei  signori  ;  ma,  come  egli  stesso  scrive ,  al  16  no- 
vembre, crede  di  non  averle  riuscite  bene  per  cagione  dei  forni. 
Viveva  allora  il  celebre  bombardiere  Costaniiao  da  Caprara  bolo- 
gnese, resterebbe  a  verificarsi  se  possa  esser  egli  stesso  quello, 
di  cui  ci  siamo  occupati  fin  ora. 

Federigo  Calandra  permaneva  alla  direzione  della  fonderia 
ducale;  aveva  seco  suo  fratello  Gian  Giacomo  pure  fonditore  e 
scriveva  sul  finire  del  1500  per  certi  cannoni,  che  stava  gettando, 
i  quali  dovevano  esser  collocate  sulle  ruote.  Gian  Giacomo  era 
allora  ventenne,  lasciò  poi  1'  arte  e  fu  eletto  segretario  del  Mar- 
chese. A  di  31  luglio  1501  avverte  il  Marchese  che  gli  spedisce 
una  spingardella  e  poi  nel  1502  lo  prega  di  mandar  denari  af- 
finchè possa  proseguire  alacremente  nei  lavori  specialmente  per 
la  colubrina. 


536  LE    ARTI    MINORI 


Egli    nel    1504   scriveva  una  lunga  lettera,   in   cui   esponeva: 

Io  ho  facto  cauare  la  colubrina  fora  del  pozo  e  per  fare  il  debito 
mio  mi  è  parso  notificarce  a  V.  E,  come  Ella  sta  io  gli  ho  retrouato 
dui  defecti  li  quali  non  credo  siano  causati  per  malitia  de  alcuno ,  ma 
si  per  ignorantia  :  uno,  de  defecti  si  è  che  io  la  ho  retrouato  scaueza 
de  soto  dala  cornise  de  questo  io  non  sciò  a  chi  dare  la  colpa  se  non 
che  esendo  zetata  de  fresche  che  gli  hera  Alcxio  e  tucti  quelli  che 
me  uisteno  zetare,  essendo  anchora  il  metalo  tenero  :  Maistro  Costantino 
uolse  rompere  il  metalo,  che  gli  si  era  sopra  li  suspiri  e  gli  dctc  cani 
una  lenirà  et  io  mi  turbai  cum  lui  benché  io  credo  che  lui  lo  facesse 
a  fino  de  bene  pure  io  credo  che  quella  sia  stata  la  causa  ma  a  quello 
io  gli  prouederò  zezetandoli  una  cornise  e  la  colubrina  non  se  ascu- 
stcrà  se  non  tanto  come  e  grosa  la  balota.  L'  altro  defecto  si  è  che 
quando  loro  misero  il  maschio  ne  la  forma  benché  io  gli  hera  conti- 
nuamente ma  non  potei  andare  a  uedere  il  facto  mio  ma  sempre  gli 
racordava  che  guardasene  ad  incasarlo  insto  e  loro  me  dissero  haucrjo 
incasato  iustissimo,  ma  ala  bocha  ella  é  uno  dito  più  da  un  canto  che 
da  r  altro  ;  per  quello  io  non  credo  che  ella  sia  de  pezo  perchè  io 
scio  che  de  dreto  non  pò  essere  che  il  masch'o  non  sia  in  mezo  uero 
e  ch'ella  non  è  così  bella  da  uedere  comò  seria  se  ella  fusse  insta, 
ma  anche  quello  me  bastarla  lo  animo  de  prouedere  io  scio  che  la 
E.  V.  me  ha  per  excusato  per  la  infermità  mia  et  io  son  certo  so 
fusse  sano  non  accaderia  damno  a  quella  ne  vergogna  a  me 

Scriveva  dopo  in  altra  lettera  da  Brusacagna  nel  mantovano 
al  Marchese  che  era  venuto  in  villa  per  fortificarsi  un  poco  per 
poter  lavorare  meglio  ,  accusa  la  ricevuta  dell'  ordine  di  gettare 
la  colubrina  e  la  colubrinetta  e  per  obbedire  prometteva  al  dimani 
di  principiare  benché  non  possa  star  in  piede  avendo  «  ben  sette 
piage  ne  le  gambe  e  neli  pedi  et  in  un  brazo.  »  Ancora  nel 
luglio  1506  lo  trovo  ritirato  a  Brusacagna,  donde  spedisce  alla 
Marchesa  delle  prugne ,  dopo  più  nulla.  Ecco  la  sua  morte  : 
i512,  23  feh.  D.  Federicus  Calandra  arcìs  Mantuce  prcefectus  in 
centrate  aquilce  mortuus  est  ex  malo  g alleo  et  stetit  infirmus  per 
nnnos  octos  etatis  annorum  48.  Si  possono  vedere  altre  lettere 
dei  Calandra  nell'  opera  del  Conte  d'  Arco  (Delle  Arti  e  degli 
Artefici  di  Mantova). 


I 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  537 


Silvestro  Calandra,  castellano  di  Mantova,  nel  giugno  del  1502 
fa  sapere  al  Marchese  che  ha  fatto  imbarcare  la  saetta,  la  co- 
lubrina grande,  il  cannone,  palle  e  polvere  con  i  bombardieri  Luca, 
Luigi  e  Costantino. 

Gian  Giacomo  Calandra ,  fratello  di  Federico,  castellano  di 
Mantova,  nel  1513  faceva  vedere  al  Marchese  i  ripari  che  ope- 
ravansi  nel  castello  peli'  avvenuto  incendio  <c  avendo  lui  e  M.ro 
Heronymo  depintore  fatto  prouisione  de  parecchi  sogli  d'  acqua 
in  cima  dal  castello  per  ogni  caso  potesse  occorrere.  »  Al  25 
aprile  dà  la  notizia  che  i  bombardieri  mentre  stavano  gettando 
otto  falconetti,  per  disgrazia  essendosi  aperta  la  fornace  di  dietro, 
soltanto  tre  riuscirono.  E  altra  disgrazia  consimile  annunziava  al 
12  maggio.  Seguono  altre  lettere  fino  al  1541  sempre  per  lo 
stesso  oggetto.  La  famiglia  Calandra  mantenne  in  essa  l'arte  delle 
fusioni. 

Intanto  devo  dar  posto  ad  un  Bilone  bombardiere  tedesco,  che 
dal  gennaio  al  novembre  1500  risulta  in  servizio  del  Marchese 
di  Mantova. 

Da  Bozzolo  Enea,  Furiano,  il  10  aprile  1502  scrive  alla  Corte 
mantovana  : 

«  Vene  Mastro  Toraaxo  bombarderò  quale  era  con  el  signor 
Duca  di  Milano  ,  et  è  eccellente  ne  l'  arte  sua  de  bombarde  : 
ancora  luy  a  altre  vertute  che  credo  a  quella  (V.  S.)  li  piazerà  » 
insomma  lo  raccomanda  affinché  sia  accettato  in  servizio. 

M.ro  Giorgio  bombardiere,  da  Canneto  il,  6  ottobre  1503,  scrive 
alla  Marchesa  di  Mantova  : 

Sono  già  anni  40  che  mi  e  casa  mia  sono  ali  servitii  de  Casa  de 
V.  IH.*  S.  et  già  anni  quatro  che  sonto  nel  Reuelino  de  Canneto  et 
nanti  che  fusse  in  esso  Reuelino  la  prouisione  mia,  che  erano  ducati 
tre  al  mese,  me  corse;  ne  mai  dopo  sonto  in  dicto  Reuelino  me  sonno 
corsi  ;  se  non  d'  un  ducato  al  mese  comò  hanno  li  altri  bombardieri 
saluo  de  genaro  in  qua  che  nulla  m'e  corso. 

Domanda  perciò  provvedimento. 

A  di  15  dicembre    1506    rivolgevasi    al   Marchese  :  «  Essendo 
Arch.  Stor.  Lornb.  —  Anno  XV.  35 


538  LE    ARTI    MINORI 


già  sette  anni  deputato  nella  custodia  del  Reuellino  de  Canneto 
et  a  raconzar  le  arteliarie  de  le  forteze  de  V.  S.  »  fa  osservare 
che  per  cagione  della  peste  non  ha  avuto  dal  maggio  scorso 
pagamento  alcuno  ;  perciò  sollecita  le  paghe.  Era  moribondo  nel 
1520  e  il  Marchese  permetteva  a  Gian  Giacomo  Calandra  di  dargli 
in  successore  M.''°  Simone.  Come  si  sarà  notato  era  un  veterano 
de'  bombardieri  a  servizio  dei  Gonzaga, 

Mastro  Aloisi  bombardiere,  scrive  da  Viadana,  alla  Marchesa 
di  Mantova  che  ha  fatto  fare  il  ponte  de  la  Rocha  e  ringesse 
varie  artiglierie.  Nel  gennaio  1504,  domandavale  licenza,  dovendo 
sposare  una  figlia  di  Lodovico  Colombo  orefice. 

Nel  marzo,  sottoscrivendosi  Alouìsius  de  mediolano  homharderius, 
annunzia  alla  Marchesa  che  deve  venire  in  Mantova  M.ro  Lodo- 
vico da  Como  bombardiere,  già  suo  compagno  ;  cosi  glielo  rac- 
comanda affinchè  sia  assunto  in  servizio  essendo  «  homo  sufficien- 
tissimo.  »  Le  dà  notizie  intanto  che  ha  messo  su  le  ruote  quattro 
curtaldi  e  gettate  400  balotte  d'  ogni  sorta  pei  bisogni  della  rocca 
viadanese. 

Giovanni  di  Basilea  scrive  da  Canneto,  il  23  giugno  1506,  al 
Marchese,  che  era  stato  da  due  anni  messo  alla  custodia  di  quella 
fortezza  ;  e  perciò  domanda  le  sue  competenze. 

G.  B.  da  Brescia  (3  novembre  1510)  era  spedito  qual  bombar- 
diere a  Castiglione  mantovano  per  bisogno  di  quel  luogo. 

Riporteremo  per  esteso  il  seguente  autografo  di  un  bombardiere 
celebre. 

IH.""'  signor  patron  mio.  Io  fo  intendere  ala  S.  V.  comò  mi  Camillo 
■d'Abergeto  io  sono  bono  seruitore  di  quella  et  uolontera  veneria  mi  e 
mio  fratello  a  stare  in  seruicio  de  la  S.  U,  quando  quella  volese  per 
lafecione  grande  che  ci  ho  abuto  et  ho  ala  S.  U.  et  faria  cose  che 
piacerija  a  quella  quando  la  S.  U.  li  bisognasse  bombarderj  ye  ne  farija 
iiintecinque  in  quatro  giorni,  che  serian  bonj  comò  mi  ma  se  per  caso 
la  S.  U.  non  n' auesse  bisogno  di  questi,  se  quella  auesse  di  bisogno 
di  fare  zetare  alcune  artelarie  li  ucgneria  a  zetarle  ot  le  farija  por 
tale  modo  che  le  starija  al  paragone  di  quanto  ne  in  Italia  et  se  le 
uenese  male  le  uolio   refare  a  mi  spese  auisando  ala  S.  U.  che  a  mi 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  539 

fìon  mancha  rechapito  ma  per  l' amore  che  io  porto  a  questo  ecce- 
lentissimo  stato  li  uegneria  uolontera  a  seruire  se  quela  e  contenta 
■quela  m' auisi.  Io  sono  qui  a  Corezo  che  io  ho  zetato  duj  beli  peci 
d'  artelarje  e  non  altro  di  continuo  mi  ricomando  a  la  S.  U.  In  Corezo 
in  Rocha  a  d'i  18  de  feurraro  M.  D.  X.  j. 

El  seruitore  de  la  S.   U. 
Camillo  (TAlbergeto 
bombarderò. 
A  lo  111.""  et  Ecc."" 
signor  mio  Colend. 
lo  Signor  Marchese 
di  Mantova. 

A  di  7  aprile  1520  il  Marchese  scriveva  al  suo  agente  in 
Venezia  : 

<  Non  volemo  che  tu  facci  pratica  di  condurre  a  nostro  ser- 
uitio  quel  Sigismondo  Alberghetto  perchè  non  hauemo  bisogno, 
hauendo  a  nostra  posta  quando  lo  uolemo,  lo  funditore  del  signor 
Duca  dì  Ferrara.  » 

E  poi  al  2  maggio  del  1522 ,  da  altra  lettera  marchionale  al 
suo  ambasciadore  in  Venezia,  risulta  che  un  figlio  di  Sigismondo 
Albergetto  era  venuto  in  Mantova  e  ripartito  in  fretta  peli'  an- 
nunzio avuto  che  la  moglie  era  morente  di  aborto.  L'  avvertiva 
di  trattenerlo  fino  a  nuovo  ordine,  non  avendo  bisogno  di  lui. 

Neil'  albero  genealogico  degli  Alberghetti  del  Cicogna  (Sulle 
Iscrizioni  venete),  ripubblicato,  corretto  dal  Quarenghi  nel  lavoro 
già  citato,  Camillo  sarebbe  terzo  figlio  di  Sigismondo,  e  suoi 
fratelli  erano  Alberghetto  e  Fabio. 

Angelo  Angelucci  (I  canoni  veneti  di  Famagosta ,  l'Armeria 
dell'  arsenale  ed  il  Museo  civico  di  Venezia)  descrisse  varie  ar- 
tiglierie degli  Alberghetti,  che  riscontrò  in  Venezia. 

Nel  novembre  1510  Girolamo  Cingiolo  bombardiere  della  Rocca 
di  Lonato,  domandava  al  Marchese  di  Mantova  la  sua  provvisione. 

Il  Marchese  Mantovano,  a  di  14  aprile  1511,  spediva  al  castello 
di  Ostiglia  per  bombardiere  Nicolao  francese  invece  di  M.*""  Ja- 
<Jomo  de  Busti ,  che  doveva  passar  a  Ponte  Molino. 


540  LE    ARTI    MINORI 


Nel  maggio,  il  francese  fu  richiamato  in  Mantova,  e  sostuito 
in  Ostiglia  da  Mastro  Andrea  da  Parma. 

Il  Marchese  di  Mantova,  a  di  11  aprile  1524,  ftcriveva  al  fa- 
migerato Fabrizio  Maramaldo,  il  quale  comandava  1000  fanti,  che, 
il  Marchese  aveva  messo  a  disposizione  della  Repubblica  Veneta  : 

Signor  Fabritio,  mandandovi  noi  de  presente  Jo.  Jacomo  da  la  Mina 
nostro  ingegnere  e  M/"  Jacomo  bombardiere  con  dui  altri  che  serano 
con  la  loro  et  perche  il  predeto  M/"  Jo.  Jacomo  et  Jacomo  mi  sono 
cari  et  li  amamamo  glieli  raccomando. 

Si  trattava  forse  di  mastro  Jacomo  da  Busto  accennato  ancora 
nella  seguente  del  14  gennaio  1525  dal  Marchese,  diretta  al  suo. 
ambasciadore  in  Milano,  ove  cosi  si  discorre: 

Perchè  hauemo  dato  licentia  a  M."""  Jacomo  bombarderò  presente 
exhibitore  che  per  dui  mesi  possa  seruire  li  in  campo  semo  contenti 
che  uenendo  a  Voi  lo  raccomandiate  a  Monsig.""  111.™°  et  Ecc.™°  di 
Borbone  acciò  che  1'  habbia  qualche  recapito. 

Dal  1515  al  1529  nella  contabilità  pelle  munizioni,  sono  regi- 
strati i  seguenti  bombardieri  a  servizio  del  Marchese  mantovano. 

1515  Bernardino  Messaglia  ;  1516  Gio.  Stefano,  Michele  Gian 
Marco  da  Borsena,  Zoane  tedesco  e  mastro  Andrea;  1519  mastro 
Antonio;  1521,  Giov.  Maria  de  Amighini  ;  1528,  Sebastiano 
Caronzo. 

Il  Marchese,  al  14  ottobre  1524,  ordinava  ad  Ippolito  Calandra 
di  far  vestire  secondo  il  solito  «  li  nostri  bombarderi  Thodeschi.  » 

Nel  gennaio  1517  furono  date  a  M.'"  Justo  bombardiere,  libbre  15 
di  piombo  per  far  certi  «  experimenti  che  haueua  commesso  il 
signor  Marchese.»  Questo  Giusto  era  ancora  in  servizio  nel  1521. 

Il  Marchese,  al  6  novembre  1524,  domandava  licenza  di  estra- 
dizione da  Brescia  al  Capitano  in  essa,  per  quattro  moschetti, 
otto  archibusi  e  50  canne  di  schioppo  ordinate,  poi  al  23 
giugno  1525,  domandava  licenza  per  12  spingarde,  e  al  12 
agosto  avvertiva  che  doveva  arrivare  in  Brescia  M.™  Giacomo 
di  Benzene  «  nostro  mastro  di  artiglieria  »  per  prendere  14 
moschetti,  12  archibusi  e  12  schioppi. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  541 


E  ancora  nella   seguente   marchionale  è  accennato  il  Benzone, 
che  sarà  stato  successore  al  De  Busti. 

Domino  Jo.  Baptisice  Malatestce 
«  Ms^  etc.  questi  anni  passati  conducessimo  M/"  Jacomo  Berzono 
(sic)  bombarderio  quale  ne  hauesse  ad  seruire  nel  suo  mesterò  et  tener 
fornite  in  ordine  li  schiopi  et  archibusi  et  altre  artigliarle  de  fero  de 
la  nostra  monitione  et  del  quale  se  potessimo  seruire  in  mandar  a 
tuore  de  le  cane  de  ferro  a  Brasa  per  finire  poi  qui  a  nostro  modo 
€t  essendone  accaduto  questo  anno  a  mandar  a  torre  alquante  cane  a 
Bressa  per  uso  de  la  predita  notra  monitione  cioè  schiopi  ed  archibusi 
per  esso  M."  Jacobo  li  magnifici  Rectori  di  quella  terra  hano  resposto 
che  loro  hano  expressa  commissione  de  la  111.™=^  Signoria  che  non  lasino 
condurre  pezo  alcuno  o  cana  senza  licentia  et  perchè  molto  desideramo 
de  fornire  la  predita  nostra  Mantova  de  tante  cane  volemo  che  in 
nomo  nostro  suplicate  alo  Serenissimo  Principe  et  a  quelli  signori  se- 
condo sera  bisogno  che  se  vogliano  dignare  de  concederni  che  ogni 
anno  ne  possiamo  extrahere  almen  ducente  cane  per  schiopi  et  archi- 
busi  da  Bressa  gli  faremo  poi  fornire  qui  il  che  pensamo  facilmente 
ne  sera  concesso  per  la  seruitù  nostra  uerso  la  predita  111,™^  Signoria 
et  tanto  più  che  ogni  modo  le  artelarie  et  cane  che  haueremo  da 
Bresa,  così  come  quelle  che  presente  hauemo  sarano  sempre  così  pre- 
giade  ad  ogni  bisogno  del  stato  della  Pred.  111.'^*  Signoria  come  del  nostro 
proprio  stato  et  in  ciò  non  mancherete  dela  nostra  solita  diligentia, 
credendo  de  hauere  essa  hcentia  più  presto  che  sia  possibile  Bene  va- 
lete Mantue  Xij  rnaij  1526. 

Il  Marchese  di  Mantova  ,  a  di  28  giugno  1521  ,  concedeva  a 
«  M.ro  Andrea  bombarderò  lancecheneco  »  il  benservito  e  passa- 
porto. 

Domenico  Bratto  ,  piacentino ,  /usar  mae chinar um  helliearum 
quas  artiglierias  voeant ,  riceveva  privilegi  nel  novembre  1556, 
per  incitarlo  a  venir  in  Mantova  con  la  famiglia  {R.  Decreti, 
1556-9,  fol.  69). 

Il  Marchese  mantovano,  a  di  17  agosto  1559,  scrivendo  a  Pirro 
bombardiere,  principia  la  lettera  :  «  Pirro  carissimo  »  lodandolo 
di  quanto  ha  fatto  per  1'  artiglieria  e  monizione. 


542  LE    ARTI    MINORI 


Il  Dottor  Gio.  Pacecho  offre  da  Venezia  (21  aprile  1571)  al 
Duca  di  Mantova,  uno  che  possiede  il  segreto  di  riparare  in  urv 
giorno  le  artiglierie  inchiodate,  certo  Girolamo  Liotto  intagliatore 
di  stampe. 

Dopo  le  notizie  si  fanno  più  scarse. 

Un  Camillo  Gatino,  a  di  29  luglio  1586,  avvisa  il  Duca  cher 
ha  deputato  M.ro  Simone  Pocaparte  per  superiore  alla  fonderia 
delle  artiglierie  in  Mantova.  Vi  lavorava  pure  Giorgio  Albenga  ; 
ma  neir  agosto  fu  deputato  altrove. 

Aluise,  bombardiere  della  Signoria  veneta,  da  Venezia  il  9 
agosto  1586 ,  s' indirizza  al  Duca  di  Mantova  perchè  conoscendo 
come  un  «Gian  Domenico  Brochetto  ha  messo  bottega  in  Man- 
tova di  broche  da  carrozza  »  gli  fa  sapere  esser  bandito  da  Ve- 
nezia per  omicidio  di  un  garzone  diciottenne  dello  scrivente , 
amato  come  figlio.  E  poiché  il  Brochetto  minacciò  di  uccidere 
anche  lui,  domanda  provvedimento. 

Pare  che  in  Mantova  fosse  sospesa  la  fonderia,  trovando  che 
il  Duca  nel  settembre  1586  ,  trattava  in  Brescia  per  la  fusione 
di  una  campana  di  30  pesi  per  lire  11  e  soldi  10  di  moneta 
bresciana  il  peso. 

Non  andando  d'accordo,  si  rivolse  ad  Ippolito  Delaiti  in  Ve- 
nezia, che  gli  mandava,  a  di  13  settembre  1588,  il  tono  della 
campana  a  mezzo  di  un  «  sobiolo  . . .  . ,  si  che  la  cosa  sta  cosi 
che  soffiando  nel  sobiolo  senza  serar  altro  buso  quello  è  il  tuono 
della  campana  che  è  e.  sol  fa  ut.  » 

In  un  documento  del  15  giugno  1595  si  fa  menzione  di  Belisario 
da  Salò,  Antonio  Gelmini  da  Castellucchio  e  Giulio  Ghiselieri, 
bombardieri ,  che  essendo  in  prigione  per  ordine  ducale ,  furono 
liberati,  il  primo  però  pagando  5  scudi  da  erogarsi  in  elemosina 
ai  prigionieri ,  oppure  pigliando  un  tratto  di  corda  a  sua  scelta. 
Da  lettera  di  un  Giovanni  Lamprecht ,  svizzero  ,  fonditore  di 
artiglieria  pel  Duca  di  Ferrara,  scritte  nel  1590  a  M.o  Giuseppe 
Milanesi  in  Mantova ,  si  conosce  che  questi  era  «  gettator  in 
Fonderia  del  Duca  signor  Ducha  di  Mantova  nel  borgo  di  Santo 
Geòrgie  con  Georgio  Albenga  fonditore  di  artiglierie.  » 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  543 

Del  Lamprecht  produsse  documenti  V  Angelucci  (Documenti 
inediti  per  la  storia  delle  armi  da  fuoco  italiane). 

È  la  seconda  volta  che  ci  occorre  nominare  Albenga,  sul  qual 
vale  la  pena  di  fermarsi  un  poco,  essendo  stato  fonditore  non 
soltanto  di  bei  cannoni  con  ornati ,  ma  ancora  di  statue. 

Fu  detto  dal  Cittadella,  cittadino  ferrarese  ,  ma  il  comm.  Angelo 
Angelucci  (Documenti  inediti  per  la  storia  delle  armi  da  fuoco 
italiane),  scopri  pel  primo  esser  piemontese  e  gli  parve  di  San- 
t'  Albano  (Mondovi).  Io  pubblicai  molti  documenti  inediti  intorno 
alle  sue  fusioni ,  in  vari  de'  miei  libri  sugli  «  Artisti  in  Roma  », 
ed  ora  ne  aggiungo  qualche  altro  di  recente  trovato,  da  cui  ap- 
parirà esser  originario  di  Trino. 

L' abbiamo  veduto  nel  1586  per  poco  tempo  al  servizio  del 
Duca  di  Mantova  ;  pare  che  andasse  a  Milano  ,  e  qui  il  Duca  a 
di  24  febbraio  1587  ,  a  mezzo  del  suo  agente  Olivi ,  fece  con 
r  Albenga  una  convenzione  per  farlo  ritornar  a  Mantova.  Essa 
cosi  principia  : 

11  Signor  nostro  Serenissimo  si  contenta  di  far  gratia  a  M.  Giorgio 
Albenga  originario  di  Trino  di  Monferrato  del  carico  di  capo  dei  bom- 
bardieri di  Mantova  e  di  fonditore  dell'  artiglierie  di  S.  A.  con  prouì- 
gione  ordinaria  in  tutto  di  cinque  scudi  il  mese  da  sei  lire  l' uno 
quale  habbia  da  cominciare  a  18  di  settembre  1586,  nel  qual  tempo 
egli  diede  principio  a  lauorare  in  tale  esercitio  di  fonderia  con  la 
spesa  di  due  boche  et  con  lessentione  di  due  carra  di  vino  per  cia- 
scuno anno  et  delle  legne  et  carbone  che  bisogneranno  per  fondere 
con  le  conditioni  infrascritte. 

Fondere  pezzi  ad  libitum  di  S.  A. 

Darli  tutti  a  prova. 

Non  possa  fondere  per  altri  principi. 

Indi  seguono  i  prezzi  dei  cannoni  di  vario  peso  e  delle  co- 
lubrine. 

L'  Albenga  aveva ,  fra  i  suoi  soggetti ,  Flaminio  di  Pasquale , 
il  quale ,  a  di  18  luglio  1589  ,  riceveva  da  suo  zio  Gio.  Pietro 
Faustini ,  gettatore  in  Milano,  una  lettera,  in  cui,  maledendo 
1'  ora  di  esser  venuto  in  Milano,    ove  in  rissa  feri  Campignano  , 


544  LE    ARTI    MINOIII 


prega  il  nipote  di  ottenergli  dall'  Albenga  impiego  nella  fonderia 
ducale. 

Ma  r  Albenga  era  scontento  della  sua  capitolazione  ed  aveva 
ricorso  al  Duca  per  modificazioni.  Intanto  nel  1589  aveva  gettato 
due  colubrine,  riuscite  benissimo,  ed  aveva  avuto  ordine  «  di  ri- 
gitar  i  cherubini  et  festoni  della  porta  della  Ferriata.  »  Fuse 
neir  anno  dopo  una  grande  campana. 

Il  Duca  nel  1594  faceva  prender  cognizioni  da'  suoi  ambascia- 
dori  in  Milano  e  in  Venezia,  per  conoscere  le  paghe  dei  bombar- 
dieri e  delle  fusioni ,  per  esser  certo  che  tutti  i  lagni  dell'  Al- 
benga erano  giusti  intorno  ai  danni ,  che  recavagli  la  capitolazione 
del   1586  ;  e  pare  che  avesse  ragione. 

Nel  settembre  1595  l' Albenga  riferiva  al  Duca  che  giudicava 
buono  il  ferro  della  miniera  in  Val  Trompia  per  fare  palle  e 
pezzi  di  artiglieria  e  si  offriva  a  darne  le  prove. 

Neil'  agosto  e  settembre  1597  lo  trovò  a  Inspruck,  Vienna  ed 
in  Ungheria,  avendo  seguito  il  Duca  di  Mantova,  che  erasi  por- 
tato colà  a  combattere  i  Turchi  ,  donde  scrive  più  lettere. 

Nel  1598  r  Albenga  passò  a  servizio  della  Corte  Ferrarese  , 
sembra ,  con  licenza  del  Duca  di  Mantova ,  lasciando  in  questa 
città  la  moglie  e  un  fratello.  In  una  sua  lettera  nota  servir  di 
preferenza  la  Corte  di  Mantova  che  non  la  Ferrarese.  Da  Bologna 
nel  1600  si  lamentava  che  non  lo  lasciassero  ritornar  in  Man- 
tova. Otteneva  nel  1602  di  vendere  100  biolche  di  terra  che 
aveva  nel  Mantovano.  Pare  che  più  non  ritornasse  in  Mantova  , 
trovandolo  che  nel  1605  in  Ferrara  proponeva  di  gettar  la  statua 
di  papa  Clemente  VIII. 

Deve  aver  avuto  un  figlio  od  un  parente  pure  fonditore,  il  quale 
nel  febbraio  1591  lavorava  a  Castelcorvo,  come  egli  stesso  scrive 
alla  Corte  di  Mantova. 

Battista  Balduino  da  Trento  (12  agosto  1591)  offriva  al  Duca 
di  Mantova  un'  invenzione  di  un  tedesco,  che  «  ritrovò  un  modo 
con  che  si  può  ammazzare  ogni  personaggio  con  picciol  instro- 
mento  qual  non  fa  strepito  alcuno,  ne  porta  sospetto,  poiché  non 
si  adopera  né  archibugio,    balestra  o  simile    cosa  che  dia  a  so- 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  545 

spettar  al  nimico....  si  può  usare  nelle  guerre  e  nelle  cittadi ,  sia 
armato  colui  o  no....  et  a  adoperarlo  si  può  star  15  et  più  uarghi 
lontano....  et  può  fare  a  più  persone,  ma  non  in  un  colpo,  ma 
ben  con  pochissimo  intervallo.  » 

Un  ingegnere  tedesco  offriva  pure  nello  stesso  anno  una  special 
polvere  pirica  ed  una  sua  invenzione  nel  caricare  le  artiglierie 
e  altri  segreti  guerreschi.  Era  certo  Giovanni  Sigismondo   Fristh. 

Un  Capitano  Matteo  ne  offriva  altri  nel  1592,  e  nel  seguente 
il  Capitano  Marco  Antonio  bresciano  e  poi  nuovamente  nel  1595. 

Abbiamo  veduto  che  l' arte  del  bombardiere  farsi  più  rara , 
diventando  però  più  artistica,  perché,  oltre  i  cannoni  ,  fondevansi 
statue. 


SECOLO  XVII. 

Pel  secolo  XVII,  le  notizie  sui  bombardieri ,  sono  molto  scarse. 
M.ro  Stefano  Porcari  ,  fonditore  di  cannoni  in  Mantova,  a  di  20 
giugno  1604 ,  riferiva  al  Duca  intorno  ad  un  pezzo  d'  artiglie- 
ria fuso. 

A  di  31  luglio  scriveva  la  seguente  : 

Serenissimo  Signor  mio  e  Pron  sempre  Colendissimo. 

La  fama  sparsa  di  questa  mia  trouata  d' artiglieria  leggiera  cagiona 
che  uiene  gelosamente  bramata  dalla  Serenissima  Signoria  di  Venetia 
di  maniera  tale  che  gli  maestri  eh'  hanno  seruito  V.  A.  sotto  di  me 
fanno  come  uedrà  nelle  due  incluse  che  per  alcun  modo  partiranno 
dall'ubbidienza  di  V.  A.  S.  benché  fatti  siano  pregare  sottomano  Io 
ho  sempre  predicato  il  silentio  di  tal  opera  et  pure  troppo  e  statta 
veduta. 

Non  mancherò  di  tener  secreto  il  secreto  et  cbe  le  persone  che 
parimente  hanno  seruito  in  detta  opera  facciano  lo  stesso.  Se  piacerà 
a  V.  A.  S  fare  anco  dare  una  nona  commissione  all' IH. 'it'  Sig.  Fabio 
che  i  maestri  non  si  mouino  per  alcun  modo  et  di  più  ancora  parti- 
colarmente a  ciascuna  persona  che   l'è  impedita  in  tal  opera  mi  sarà 


546  LE    ARTI    MINORI 


di  grandissimo  gusto  per  honor  di  Dio  di  S.**   Chiesa  di  V.  A.  S,   di 
me  et  della  mia  famigliola. 

M'inchino  et  auguro  ogni  felicità  a  V.  A.  S.  Da  Mantova  il  dì  31 
luglio  1604.  Di  V.  A  S. 

humilissimo  seroitore 
Federico  Porcari. 
Al  Serenissimo  Signor  ColJ^° 
Il  Sig.  Duca  di  Mantova 
e  del  Monferrato. 
,  Casale. 

Un  G.  B.  Borrini  bombardiere  da  Ferrara,  il  21  aprile  1619, 
offri  vasi  al  Duca  di  Mantova  qual  possessore  di  un  secreto  del- 
l' arte  sua  molto  utile  ;  ma  non  trovai  se  accettato. 

A  di  1  dicembre  1620  S.  A.  ordinava  di  pagare  mastro  Fran- 
cesco Gregoli,  capo  bombardiere  di  800  lire,  per  far  la  prova  di 
3000  moschetti,  comperati  a  Brescia  da  mastro  Paolo  Chinelli  in 
ragione  di  14  lire  l'uno  {Tesoreria,  1615-20.  Questo  Chinelli 
bresciano  gettava  artiglierie  più  leggiere  e  perfette  fino  allora 
conosciute. 

Un  Vincenzo  da  Savignano  scriveva  (26  luglio  1628)  al  Duca 
di  Mantova,  proponendogli  due  secreti  : 

Il  primo  sarà  di  regolar  i  pezzi  con  facilità  in  maniera  che  1'  artel- 
laria  non  hauer  più  bisogno  di  esser  agiustata,  perchè  sempre  colpirà 
doue  uorà  tirare  il  bombardiero,  et  questo  seruirà  per  punto  in  bianco. 
Gli  ne  darò  poi  un  altro  fuori  di  ponte  in  bianco  qual  seruirà  per 
colpo  ogni  uolta  la  metà  più  lontano  di  quello  tira  il  pezzo,  cosa  non 
più  uista  et  mai  darà  di  fallo  et  più  si  farà  con  questa  regola  in  50 
cannonate  et  senza  questa  in  200  et  questo  e  quanto  a  pezzi.  » 

Il  secondo  segreto  riguardava  una  speciale  fabbricazione  del 
Salnitro.  Non  vidi  la  risposta  ducale. 

Silvestro  Manfredo  Vannini  da  Roma  si  rivolge  al  Duca  (29 
maggio  1633)  offrendogli  un  particolar  falconetto  di  sua  inten- 
zione, che  sarebbe  stato  utilissimo. 

Marco  Prosperi  bombardiere  e  fabbricante  di  bombarde,  anco- 
nitano, scrive  al  Duca  (30  maggio  1633)  che  ha  servito   per  32 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  547 

anni  la  Camera  Apostolica  e  che    sarebbe    pronto    a    passar    in 
Mantova  per  servirlo. 

Neir  ottobre  1633  «  Il  Capitan  Claudio  corso ,  lauoratore  et 
inuentore  del  suddetto  ingegno  »  come  sottoscrivevasi ,  in  una 
sua  lettera  da  Roma  al  Duca  di  Mantova  proponevagli  : 

Un  ingegno  d' arme  potentissimo  chiamato  Brande  Stocco  o  mo- 
schetto uolante  che  fu  adoprato  dal  già  Duca  d'Ossuna  nelle  scorrerie 
di  leuante  nelli  sbarchi  a  combattere  le  fortezze  et  impedire  l' impeto 
della  caualleria....  Il  detto  ingegno  è  di  mistura  che  in  sé  stesso  non 
tiene  altro  che  l' anima  di  getto  fatto  di  fondo  reale  che  si  copra  con 
detta  mistura  che  resiste  al  pari  dell'  artigliere  di  bronzo  di  qual  sorte 
si  sia  fa  ristesso  tiro  porta  l'istessa  palla  fa  la  medema  passata  et  è 
durabile  in  etemo  et  è  tanto  leggiero  che  per  grosso  che  sia  il  pezzo 
lo  porta  commodamente  doi  huomini  et  la  sua  ualuta  non  ascenderà 
a  più  di  150  scudi  l'uno. 

Segue  a  descrivere  la  sua  invenzione  ,  che  può  far  30  colpi 
in  ogni  giorno,  offrendosi  di  costrurre  tale  moschetto,  di  cui  po- 
trebbe darne  una  ventina  in  ogni  mese. 

Questi  segreti,  secondo  me,  erano  l' infanzia  di  quella  scienza 
militare,  che  diventò  regina  nelle  artiglierie,  facendo  scomparire 
l'arte  individuale  del  bombardiere,  i  cui  meno  periti  furono  ridotti 
a  fonditore  di  campane ,  i  più  valenti  a  gettatori  di  statue  e  di 
ornati.  La  fusione  di  cannoni,  la  fabbricazione  di  polvere  pirica, 
la  direzione  dei  tiri  a  bersaglio  e  gli  spari  nelle  guerre  sono  ora 
sotto  la  direzione  delle  cosi  dette  armi  dotte,  da  cui  ebbero  grande 
incremento. 


Armaioli   diversi. 
SECOLO  XV. 

Neil'  agosto  1434  il  Marchese  di  Mantova  donava  una  pezsa 
aratoria  a  M.ro  Rubertino,  cittadino  di  Mantova,  suo  armarolo, 
in  remuneratione  meritorum  suorum  (^Registro  dei  mandati  e  de- 
creti per  gli  anni  1434-6,  fol.  107). 


548  LE    ARTI    MINORI 


AU'armarolo  Rubertino  pare  che  succedesse,  a  di  18  luglio  1444 
mastro  Zonepio  de  Milano,  che  ottiene  patente  marchionale  per 
far  condurre  da  Mantova  in  Venezia  braciai i  e  schienali  {Idem, 
1442-44,  fol.  342). 

E  qui  vediamo  come  fu  notato  pei  bombardieri  esportazione 
da  Mantova ,  il  che  prova  esservi  buona  fabbrica  di  armi  e  di 
armature.  Fin  dal  1436  la  Corte  di  Ferrara  aveva  comperato 
un'  armatura  da  mastro  Pietro  di  Milano  armaiuolo  in    Mantova. 

Borso  Duca  di  Modena,  Marchese  d'Este,  al  31  gennaio  1464, 
da  Belriguardo  scriveva  al  Marchese  di  Mantova  che  «  maestro 
Piedro  armarolo  de  la  Ill.ma  S.  V.  è  occupato  per  le  armature 
cosi  non  lo  lascio  uenire  a  uui,  »  E  al  3  febbraio  del  1465 
scrivevagli  nuovamente  di  lasciar  venire  da  lui  detto  «  maestro 
de  arme  »   affinchè  gli   faccia  una  corazza. 

Egli  deve  esser  Pietro  de  Dilaleni ,  che  al  30  maggio  1478 
scriveva  al  Marchese  mantovano  di  non  poter  per  la  peste  por- 
tarsi nel  Prato  del  Castello,  ove  è  l'armeria,  né  i  mastri  Provaso 
e  Dagli  Penazo  potevano  lavorare. 

Al  24  maggio  dello  stesso  anno  risulta  che  M.ro  Gian  Pietro 
di  Milano  armaiuolo  fece  condurre  le  cose  opportune  per  far  le 
corazze.  E  al  31  luglio  scriveva  al  Marchese  che  stava  ultimando 
tre  corazze. 

Ed  il  Marchese  gli  spediva  la  seguente  letterina: 

Io.  Pet.  Armarolo. 

Vogliamo  che  subito  ricevuto  la  presente  tu  uegni  qua  ad  nui  et 
questo  non  fia  fallo  perchè  uoressimo  che  anelici  ne  conzasti  la  corraza 
nostra  Ex.  Aretio  27  auguste  1479. 

Come  vedesi  il  Marchese  era  lontano  ;  pure  non  trovava  miglior 
armarolo  del  suo  mastro  Gian  Pietro.  Dopo  non  vi  è  altra  no- 
tizia di  lui. 

Da  altra  lettera  marchionale  sembrerebbe  che  un  mastro  Zo- 
hanne  da  Lodi  fosse  nel  giugno  1475  armaiolo  in  Mantova  e 
che  ottenesse  di  rimpatriare. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  549 


La  seguente  lettera  diretta  al  Marchese  di  Mantova  ci  farà 
conoscere  forse  altro  armaiolo  a  suo  servizio. 

Ill.'no  Principe  et  Ex.  domino  domino  mi  sing alarissimo.  Heri  ri- 
tornai de  Alemagna  ed  ho  portato  quello  feramento  de  la  armadure 
de  V.  111.  E.  secondo  el  designo  et  peso  me  dette  Bernardino  del  Maia, 
quelli  magistri  l' hanno  fatto  me  dissero  che  hauendolo  finito  loro 
l'hariano  facto  più  legieri  et  seria  stato  forte  asai  ma  hauendosse  a 
finire  del  canto  di  qua  me  dissero  chel  togliesse  un  pocho  più  graue  et 
cossi  lo  tolto  aciò  se  possa  meglio  ridure  al  proposito  de  V,  E.  non 
essendo  temperato,  me  recomando  a  quella.  Dat.  Mantouce,  30  maj  1479. 

Seruus  Tristanus  de 
Sasoduro 

Non  visse  molto  dopo  l'esposta  lettera,  trovando  che,  a  di  11 
marzo  1480  ,  Barbara  vedova  di  Tristano  Saxoduro  in  Mantova 
rivolgevasi  al  Marchese  per  aver  otto  ducati  d'  oro ,  pagati  dal 
suo  consorte  «  per  resto  de  quelle  armature  de  V.  E.  a  Pietro 
Todescho.  » 

Era  pure  a  lavorare  in  Mantova  Alessandro  Bolzono,  come 
risulta  da  sua  lettera  del  13  gennaio  1479  al  Marchese,  cui  do- 
manda i  suoi  utensili  «  che  lassai  a  Mantova  quando  me  partite 
per  la  peste....  de  lauorare  forme  et  far  capelleti  et  molte  cose 
e  circa  carte  cento  de  designi  »  avendone  bisogno  perchè  ri- 
tornato in  Mantova  vorrebbe  riprendere  il  lavoro  per  sostentare 
la  famiglia. 

In  quanto  a  morsi,  staffe  ed  altri  fornimenti  in  ferro  il  Mar- 
chese teneva  a  suo  servizio  Già.  Francesco  Magister  a  Morsis, 
come  apparisce  da  una  lettera  del  27  luglio  1479  con  la  quale  do- 
manda al  Marchese  di  esser  pagato  di  lire  125  per  lavori  fattigli. 

Non  bastando  alla  Corte  di  Mantova  il  lavoro  de'  suoi  armaioli 
ecco  come  si  provvedeva  fuori  dello  Stato  suo. 

Dominis  Rectorihus  Brixiae 

Magnifici  tanquam  fratres  nostri  carissimi:  Hauendo  nui  bisogno 
per  questa  nostra  caualcata  de  alcune  armature  quale  uoressimo  com- 
prare de  Mastro  Masino  armarolo  et  hauendo  bisogno  de  uno  Mastra 


550  LE    ARTI    MINORI 


Rigo  armarolo  habitante  in  Bressa  pregamo  la  vostra  magnificentia 
vogliano  esser  contente  che  dicto  Masino  ce  daga  et  ne  conduca  qua 
diete  armature  pagandogele  perhò  nui  perchè  nel  vero  ce  ne  fariano 
piacere  assai  et  anche  haremo  carissimo  cocedano  licentia  a  dicto  Rigo 
de  venire  a  seruire  in  questo  nostro  bisogno  offerendone  de  continuo 
ali  piaceri  de  quelle  de  continuo  apparecchiati.  Mantova  5  aprile  là79. 

E  vedremo  poi  che  spesso  la  Corte  mantovana  rivolgevasi  a 
Brescia  per  armi.  Forse  il  Rigo  non  è  altro  che  il  seguente 
Enrico.  Il  Marchese,  a  di  30  gennaio  1483,  scriveva  al  Cardinale 
di  Mantova  : 

M/o  Henrico  armarolo  non  si  troua  qua  de  presente  per  esser  ito 
a  Bressa  perchè  lui  non  sta  mecho  ma  solum  si  era  conducto  per 
farne  certe  arme  :  non  dubito  chel  seruira  voluntera  la  S.  V.  et  ser- 
uiralla  bene  per  esser  bono  maestro  El  per  intender  et  sapere  bene 
fare  el  mestiere  et  simile  farrà  ancor  M.'"o  Micheletto. 

Quest'  ultimo  era  fabbricante  di  corazze ,  essendo  in  Mantova  , 
a  di  28  agosto  dello  stesso  anno,  faceva  conoscere  al  Marchese 
aver  finito  cento  corazze.  Ancora  nel  1485  era  a  servitio  del 
Marchese  mantovano,  anzi  credo  che  sia  mastro  Micheletti  delle 
Corazzine,  come  egli  si  firma  in  una  lettera  (25  novembre  1491) 
nella  quale  reclama  una  provisione  perché  «  era  stata  tolta  la 
spesa  de  la  Corte.  » 

E  neir  anno  dopo  faceva  sapere  aver  egli  fatti  i  lavori  rega- 
lati al  Gran  Turco  e  al  Duca  di  Urbino.  Nel  1493  domandava  di 
esser  pagato  di  corazze  fatte. 

Del  resto  ovunque  vi  era  qualche  armaiolo  famoso  la  Corte 
mantovana  non  mancava  di  rivolgersi,  come  nella  seguente. 

Francisco  de  Merate  magistro  armorum  Ul.^^ 
D.  Ducis  Ferrariae. 
Egregie  etc.  Per  la  nostra  letra  hauemo  inteso  el  scriuere  che  fate 
de  la  armatura  de  la  quale  già  uè  dessimo  commissione  che  doueste 
fare  per  la  persona  nostra.  Nui  non  respondemo  per  bora  altro  se 
non  che  la  tentate  cussi  et  quando  nui  seremo  a  Ferara  ui  chiareremo 
de  quanto  e  la  nostra  intentione. 

Manina;  XVIIIJ  Januarii  1485. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA. 


551 


AI  28  dello  stesso  mandava  a  prendere  detta  armatura  a 
Ferrara. 

Sempre  il  Marchese ,  benevolo  verso  gli  armaroli ,  al  28  nov. 
dello  stesso  anno,  raccomandava  al  Duca  di  Ferrara  M.°  Antonio 
de  Zohanne  spadaro,  cittadino  modenese,  bandito  dagli  Stati  ferra- 
resi per  ferite  date ,  affinchè  potesse  rimpatriare.  E  nuovamente 
al  28  dicembre. 

I  regali  che  faceva  la  Corte  di  Mantova  spesso  erano  di  armi 
perché  n'  era  provveduta  delle  migliori  d' Italia.  Infatto  al  25  ot- 
tobre 1485  il  Marchese  spediva  in  dono  ad  Andrea  di  Paolo  de 
Carnesecchi  ed  a  Alessandro  di  Francesco  Naso  fiorentini  un 
pugnale  per  ciascuno. 

M.ro  Pietro  da  Castello  armarolo  nel  xbre  dello  stesso  anno  pre- 
tendeva dal  Marchese  ducati  21  per  armature  fattegli. 

Era  egli  forse  un  nuovo  a  suo  servizio,  come  verremo  a  cono- 
scere altro  per  spade. 


Illustrìssimo  Signore  Mio. 

Auiso  Vostra  signoria  comò  gli  mando  tute  doe  le  spate    auisando 

vostra  Signoria  che  la  spata  quale  e  stata  fornita  a  Ferara  e  un  pocho 
,greue  et  gli  ho  mutato  pomo  più  lezero  et  a  me  pare  che  questo  sia 
Ùl  meglio  perche  la  spata  e  tanto  longa  che  gli  bisogna  bono  contra- 
preso :  Se  nostra  signoria  noie  che  facia  fare  coreza  alchuna  per  quella 
r  spata  prego  la  prefata  me  ne  dia  auiso  et  farola  fare  secondo  la  qua- 
[litate  de  essa  spata  non  altro  a  V.  S.  continue  me  ricomando.  Data 
Mantuce  die  12  mcUj  1486. 

Seruulus  Magister 

Jacobus  de  la  Scrìmia 

cum  seroitute 

[///.  et  Ex.  Prìncipe  d.  d.  Francisco 
de  Gonzaga  Marchioni... 
Mantua  domino 
meo  uìiicho 

Gonzaghce. 


552  LE    ARTI    MINORI 


Qui  abbiamo  un  ringraziamento  del  Visconte  di  Milano  : 

III.  et  Ecc.  D.  at  frater  hon. 

Per  Rigo  servitore  de  la  S.  V,  ho  hauto  la  spada  gli  hauia  rcc- 
chiesto  per  mie  lettere  che  è  de  tal  bellezza  che  saria  digna  de  ca- 
duno  digno  signore.  Et  sicome  il  dono  è  de  la  natura  chel  è  così  gli 
ne  resto  obligato.  Ringraziandola  infinite  volte  de  queste  sue  demon- 
stratione,  se  ancora  io  posso  cosa  alcuna  per  ley  me  offerisco  alli  pia- 
ceri suoi  alla  quale  me  riccomando.  Mediolani  die  24  februarij  1488. 
111.  D.  V.  ut  frater 

Alexander  Sforila 
viceconies 

III.  et  Ex.  ut  frat.  hon. 
D.  Francisco  de  Gonisaghw 
Marchio.  Manina; 

Forse  tanto  bella  spada  era  stata  fatta  dallo  Scrima,  forse  ve- 
neziano, essendovi  un  pagamento  'riservato  di  10  ducati  ad  un 
M.'o  Francesco  de  la  Scrima,  veneziano,  nel  1498. 

Il  Marchese  faceva  nel  novembre  1488  venire  da  Bologna  a 
dimorare  in  Mantova  Giacomo  da  Amelana,  armarolo,  come  ri- 
sulta da  lettera  del  fratello  frate. 

Fin  dal  gennaio  1489  si  conosce  che  Giacomo  da  Capua  era 
capo  alla  fabbrica  di  armature  in  Mantova.  Egli  era  allora  oc- 
cupato a  far  le  armi  del  signor  Alfonso  d'  Este.  Si  hanno  di 
questo  armaiolo  molte  lettere.  Prometteva  al  Marchese  in  una 
del  gennaio  1494  di  affrettare  le  armi  di  Alfonso  d'  Este  ;  intanto 
la  marchesa  Isabella  scriveva  a  questo  per  conoscere  di  qual 
foggia  desiderava  1'  elmo.  Seguiva  negli  anni  dopo  a  spedire 
elmi ,  scudi ,  lame,  armature.  Eccoci  ora  alla  sua  morte. 

Addi  3  gennaio  1499  il  Cancelliere  scriveva  al  Marchese  «  che 
il  nero  seruitore  M.ro  Jacobo  de  Capua  questa  matina  a  hore  xiij 
ha  hauuto  l'olio  sancto  e  tutauia  declina  et  se  ne  more..,,  l'af- 
maria  sta  di  continuo  serrata....  Secondo  i  medici  non  può  durar 
fino  a  mezzodì  o  poco  più.  » 

Raccomandava  la  moglie,  il  figlio  e  tutti  i  suoi  lavoranti. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  553 


Nel  marzo  ,  Caterina ,  vedova  del  suddetto ,  scriveva  al  Duca 
per  soccorsi. 

Un  M°  Gio.  Pietro,  armarolo,  chiamato  in  Mantova  dal  Mar- 
chese ,  otteneva  (10  maggio  1493)  di  servirsi  di  certa  acqua  e 
luogo  per  impiantar  l'  officina  {Reg.  Mand.  e  Decreti ,  1489,  1497,. 
fol.  135).  Ammalato  nell'  agosto  era  soccorso  dal  Marchese  con 
cinque  fiorini. 

Jldo   Prolonotario  BentP  (Bentiooglio  ?) 

Reoerende,  etc.  Desideramo  nuy  hauere  due  spade  col  maniche- 
hornato  di  matreperle  et  de  la  facta  e  beleza  che  era  quella  che  la 
111.  Sig,  Johanne  nostro  fratello  1'  altro  zorno  comparueli  in  Bologna 
e  sapendo  che  la  S.  V.  ne  ama  gli  havemo  uoluto  dar  il  carico  et 
impazo  de  farcene  fornire  subito  due  de  la  sorte  predicta  et  per  il 
presente  messo  a  posta  mediate  mandarcele  qua  a  Ferrara  che  le  ne 
farà  cosa  de  summa  satisfactione  et  restaremone  obligato  ala  prefata 
S.  V.  ala  quale  ne  oflferimo  e  raccomandamo. 

Ferrarìce  XVj  martii  1493. 

Antimachus. 

Tale  lettera  era  scritta  per  ordine  del  Marchese  di  Mantova  , 
dal  suo  Segretario,  mentre  trovavasi  in  Ferrara. 

Da  Gonzaga,  il  13  maggio  dello  stesso  anno,  ordinava  al  Te- 
soriere in  Mantova  di  far  eseguire  «  quatro  o  sei  pecti  a  la 
Thodisca  de  diverse  sorti  più  presto  che  sia  possibile.  » 

III.  Sig.^o''  mio.  A  questa  di  la  Ex.  V.  me  scrisse  che  douesse  mandar 

^a  Mantua  da  M,'o  Jacobo  armarolo  uno  Thebaldo  di  Castelani   moio- 

iro  quale  habitaua  a  Dosulo,  et  subito  scripsi  al  locotenente  del  Vi- 

irio  a  Dosulo  che  facesse  1'  ambasciata  et  dicto  Thebaldo  et  hogi  me 

la  resposto   et  dice   che   esso  gli  ha  dicto  chel  andara  a  Mantua.  Di 

bhe  ne  ho  uoluto  dar  noticia  ala  S.  V.  A  la  cui  insieme  cum  meo  figlio» 

»e  raccomando. 

Bozuli  Xiij  mai]  1497. 

Antonia  de  Bautia 
de  Gonzaga  Marchionissa,  etc. 
Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  36 


554  LE     ARTI    MINORI 


Era  la  famosa  Antonia  del  Balzo,  che  sposò  un  Gonzaga ,  si- 
gnor di  Bozzolo,  Gazzuolo,  ecc. 

Il  Marchese  ,  a  di  12  maggio  1499 ,  scriveva  a  Filippo  Mol- 
tono  : 

Mj°  Niedo  armarolo  nostro  si  dole  chel  non  può  brunire  le  arme 
nostre  al  Molino  novo  de  le  armi  cosa  che  de  che  marauigliamo. 

E  ne  domandava  spiegazione. 

Con  lui  si  chiude  il  secolo  nel  quale  abbiamo  veduto  armaioli 
e  loro  lavori  da  Mantova  passar  in  altri  Stati,  essendo  molto 
ricercati. 

Abbiamo  pure  veduto  la  Corte  mantovana  ricorrere  già  a  Brescia, 
famosa  polla  fabbricazione  di  armi  ;  e  maggiormente  vedremo  ciò 
nel  secolo  XVI. 


SECOLO  XVI. 

Armaiuoli  diversi. 

Nicolao  da  Azano,  da  Brescia,  sua  patria,  a  di  15  agosto  1503, 
scriveva  al  Marchese  di  Mantova  che  non  poteva  venir,  secondo 
V  invito,  a  servirlo,  perchè  doveva  compiere  armature  per  Alfonso 
d'  Este  ,  che  gli  teneva  ai  gomiti  due  sue  persone  per  provare 
ogni  pezzo  a  mezzo  di  forti  balestre.  Prometteva  di  mandar  fra 
quattro  giorni   «  li   testeri  et  brochieri.  » 

Venne  in  Mantova,  ma  non  lo  lasciarono  molto  tempo  i  signori 
Estensi,  come  apparirà  dalla  seguente: 

/i/."'«  Sorella  mia  :  M.'o  Nicolò  da  Brexa  armaiolo  del  signor  Mar- 
chese et  che  ad  me  ha  facto  alcune  armature  ha  li  in  Mantua  alcuni 
instrumenti  da  lauorare  secundo  che  recerca  il  suo  esercitio.  Et  per 
che  li  auemo  diete  chel  debia  uenire  qua  ad  adaptarme  alcune  arme 
chel  mi  ha  facte  che  non  stanno  a  modo  mio:  li  farà  bisogno  portare 
dicti  soi  in  instrumenti  :  inperò  prego  V.'i   S.''   che  uoglia  essere  con- 


ALLA  CORTE  DI  MANTOVA.  555 

tenta  darli  licentia  chel  possa  ad  ogni  sua  peticione  portare  qua  dicti 
instrumenii  che  ne  reccuerò  singular  piacere  da  quella  a  la  quale  me 
ricornando  sempre. 

Monasteroli  primo  Xbris  1503. 

Fr.  Alfonsus  Estensis. 
lU.'"'^  et  Ecc.  d.ne  sorori 

mece  hon.  d.ne  Marchionisse  " 

Mantuce 


Bernardino  Messaglia. 

Durò  più  a  lungo  a  servizio  della  Corte  di  Mantova  Bernar- 
dino Messaglia,  detto  dall' Armaria,  cui  era  preposto.  Comincie- 
remo  a  dar  notizie  speciali  a  lui  e  poi  seguiremo  i  vari  armaroli, 
di  cui  è  cenno  nelle  sue  lettere. 

Fin  dal  marzo  1498  il  Missaglia  risulta  già  a  servizio  dei 
Gonzaga. 

Il  Marchese,  da  Gonzaga,  a  di  26  agosto  1503,  scrivevagli  di 
far  subito  eseguire  «  due  lancie  cum  due  bandere  dipinte  una 
cdI  erosolo  e  1' basta  cum  li  colori  nostri,  l'altra  col  T  d'oro 
su  la  bandiera  e  l'asta  carica  de  T  d'  oro  e  finite  siano  man- 
datele fore,  » 

Ordina  pure  di  fargli  avere  il  suo  stocco  al  più  presto  pos- 
sibile. 

E  cosi  il  Messaglia  al  Marchese  per  altro  affare  : 

III."^^  et  Ex."^^  Signor  mio  per  debito  mio  facio  intendere  a  V.  S. 
come  eri  Smit  tedesco  giunse  qui  a  Mantua  et  ha  portato  una  arma- 
tura solum  ala  Italiana  et  l' altra  M.°  Colmo  me  scriue  che  in  prin- 
cipio   lui    non   hebe  comissione  alcuna  de  far  armatura  da  combatere 

.<a  pede  et  che  dopoi  tardi  li  fu  dicto  per  modo  che  è  stato  impossi- 
bile a  poterla  fenire  et  non  poterle  fare  se  non  ha  uno  gipone  et  uno 

.pardo  calcie  de  V,  S.  che  li  stiano  bene  per  torre  la  mesura  et  che 

Pmay  fu  principe  ne  Re  alcbuno  che  li  leuasse  fori  de  la  sua  botega 
arme    de    sorte    alchuna    se   non  hauea  prima  li  suoi  denari  et  paga- 

vmento  se  sia  la  S.  V.  che  per  esserli  bon  seruitore  a  uoluto  compia- 


556  LE    ARTI    MINORI 


cerli  preterea  che  li  Fochari  non  gè  hanno  voluto  fare  promissa  al- 
chuna  per  V.  S.  per  diete  arme,  cioè  de  li  denari  de  quelle  el  Corato 
tedesco  merchadante  li  ha  dati  fiorini  quaranta  de  Reno  in  nome  di 
V.  S.  ala  quale  se  l'arme  prime  facte  per  dicto  M.''o  Colmo  piaceranno: 
molto  più  spero  li  piaceranno  le  presenti  alla  cui  gratia  continue  me 
aricomando. 

Mantuoe  14  Januarii  1507. 

Fidelissimus  seruus  Bcrnardinus 
del  Armarla. 

Vedremo  poi  chi  fosse  l' armaiolo  Coiman  intanto  ecco  una 
lettera  marchionale. 

Ill."^o  Duci  Urbini 

III.''  Princeps  et  Ex."^^  domine  Getter  et  frater  noster  dilectissime. 
Mandarne  alla  S.  V.  la  nostra  armatura  todescha  che  la  desidera  di 
vedere  per  Bernardino  Massaglia  superiore  di  la  nostra  armarla  :  el 
quale  e  pratico  in  questo  mestiere  quanto  alcun  altro  :  et  saperà  ben 
parlarne  a  V.  S.  perchè  la  gli  prestarà  fede  in  quel  che  le  dirà  a 
tutti  gli  sui  comodi  e  piaceri  ni  ofiferimo  paratissimo.  Mantuo}  ultimo 
aprilis  1511. 

E  al  13  gennaio  novamente  scrivevagli  : 

Bernardino  Misaglia  (sic)  superiore  della  armeria  nostra  presentarà 
alla  S.  V.  la  armatura  che  m'è  sta  condutta  di  Alemagna  per  la  per- 
sona di  quello  quale  a  noi  potria  più  satisfare  di  quel  che  la  fa  per 
lo  artificio  e  bella  foggia  sua  credemo  sia  per  piacere  alla  S.  V.  corno 
in  effetto  la  potrà  uedere. 


I    COLMAN    TEDESCHI. 

Ed  eccoci  alle  relazioni  degli  armaiuoli  tedeschi  con    la  Corte 
di  Mantova  : 

Magistro  Laurentio  Culmo  Augustensi. 
MJ'  Laurentius  :  Mandamo  in  queste  parti  Smitto  nostro  messo  per 
tuor  le  nostre  arme  che  hauete  facto  e  per  exbursarui  il  resto  de  gli 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  557 

denari  che  douete  hauere  per  epse,  piaceui  adunche  consignargeli,  se 
mai  ui  accaderà  uenire  in  Italia  e  che  giongiati  fin  qua  a  noi,  vi  ve- 
deremo  uoluntieri  et  accarezaremo  perchè  intenderne  che  seti  uno  homo 
da  bene,  et  alli  commandi  uostri  ni  offerimo.  Gonzagce  XXVIJ  aprilis 
MDVJ. 

Ptlolemeus. 

E  poi  il  Marchese  di  Mantova  dal  suo  segretario  faceva  scri- 
vere (primo  maggio)  alli  banchieri  Fugger  in  Augusta  fra  le  altre 
cose:  «  mandamo  li  Bernardino  nostro  armarolo  presente  exhi- 
bitore  cum  la  lettera  del  cambio  de  Venetia  a  uoi  directa  per 
la  reception  di  fiorini  4000  de  Reno.  E  in  data  del  3  stesso 
presentava  pure  gli  armaioli  marchionali  Smith  e  Bernardino 
ad  Alessio  Beccheghie  sempre  pel  denaro  da  sborsarsi  al  Col- 
man  »  che  faceva  1'  armatura. 

La  Marchesa  di  Mantova  dalla  terra  Sacchetta,  il  14  giugno 
stesso  anno  avvertiva  il  marito  che  «  el  Cusatro  mi  ha  rechiesto 
da  parte  di  la  S.  V.  un  paro  di  maniche  di  brochardo  per 
mandare  a  donare  alla  mogliere  di  M.ro  Thodesco  che  ha  facta 
la  sua  armatura.  Rincresce  non  hauerni  perchè  non  se  usano 
più  d'oro»,  le  rincresceva  non  averne,  meritando  «  careze  e 
gratificazioni  quel  maestro  per  averlo  ben  servito.  » 


1 
Jhesus  Maria  1506  a  dì  20  nouembre  in  Agosta. 

Ill.'^o  et  Ecc."^^  domino  domino  meo  che  per  auixar  la  S.  V.  commo 
li  armi  de  la  S.  V.  sono  fornite  fino  all'  indorare  et  parte  indorato  Et 
per  dicto  questo  mese  prosimo  sera  fornite  ogni  caso  et  apreso  queli 
armi  del  messer  Lodouigo  de  Fermo  ogni  casso  per  tutto  questo  mese 
sera  fornito.  Signore  sera  cussi  peli  armi  comò  mi  sta  la  S.  V.  me 
e  certi  secreti. 

Ill.roo  Signore  Io  aueria  scrito  più  uolte  si  foso  stato  in  Augusta,  jò 
son  stato  più  de  doi  mesi  in  Fiandra  et  auiemo  tanto  tribolazione  in 
Lamagna  adeso  et  maximamente  in  la  Fiandra  per  la  bona  morte  del 
fiol  del  imperadore.  Altri  nouelle  non  son  in  Lamagna,  zeto  la  maestà 


558  LE    ARTI    MINORI 


de  la  imperadriza  le  in  Agosta  et  Re  se  speta  in  di  in  dì  in  fra  pochf 
zorni  uoja  trouar  la  S.  V.  111. 

El  M.*'  Coiman  se  rechomande  alla  S.  V. 

sempre  seruidor  MP  Rigo 
Texeler  zoielcr  S.S. 

Era  diretta  al  Marchese  di  Mantova  di  cui  il  Texeler  indorava 
le  armi  fatte  dal  Coiman;  e  noi  già  l'abbiamo  conosciuto  fra  gli 
orefici  in  Venezia.  Il  Marchese,  a  di  14  giugno  1511,  per  esser 
più  inteso  faceva  scrivere  in  latino  e  tedesco  al  Coiman  per  sol- 
lecitare altre  armi  per  ricevere  le  quali  spediva  lo    Smith. 

A  sua  volta  1'  armarolo  augustano  spediva  le  seguenti  al 
Marchese  : 

Ill.'^o  et  Ex.^'^  Signor  mio  sempre  quel  che  io  pò  far  nel  fatto  mio 
son  al  comando  de  la  S.  V.  quel  arme  che  io  ho  fatto  per  la  S.  V. 
quando  non  stia  tanto  bene  comò  uoria  mi  me  rincresce  perchè  mia 
està  cosi  di  seruir  sempre  ben  la  S.  V.  et  più  che  S."*  nissun  del 
mondo  anci  io  ho  lassato  star  gli  signori  eh  io  ho  da  lauorar  mi  per 
seruir  la  S.  V.  io  ho  auisato  la  S.  V.  quando  vole  la  S.  V.  una  bella 
barda  de  azalo  tutta  serrada  da  la  testa  fina  alle  ungie  dil  cauallo 
qual  se  potrà  manegiar  senza  faticha  alcuna  comò  mi  ho  uisto  uostri 
belli  caualli  mi  penso  mi  in  la  fantasia  fare  una  si  bella  barda  alla 
S.  V.  con  tanta  bontà  che  nissuna  che  si  possa  trouar  in  tutto  lo 
mondo  se  mi  posso  cosa  altra  per  la  S.  V,  per  amor  de  la  S,  V.  son 
sempre  apparechiato  seruir  la  S.  V.  quando  piace  a  quella  et  altro 
sempre  vi  sia  racomanda. 

Il  vostro  seroitor  Coiman 
armarolo  de  Augusta. 

Jeshus  Maria  1512  a  di  23  november  in  Augosta. 
Ill.'^o  et  Ex/^°  d.no  domino  meo  singula rissimo  etc. 

La  causa  se  questa  che  la  S.  V.  sia  desmentìgato  tuto  del  fato  mio 
Io  ni  portato  in  pazienza,  mo  le  un  grande  dano  a  me,  et  altro  volta- 
la S.  V,,  me  contentado  de  uero  signore  et  jo  ditto  ad  tanti  signori 
et  zentilomini  et  presenti  et  el  donnar  che  mea    fatto  la    S,  V.  et  io 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA. 


559 


credo  zerto  che  la  causa  non  sia  dela  S.  V.  et  che  sia  del  nostro 
armirol  Bernhardino  onero  de  Schmidt  che  lor  non  fazeno  recordanza 
alla  S.  V.  del  fato  mio  per  che,  signor,  li  ultimi  armi  che  a  portado 
Schmidt  alla  S.  V.  et  queli  del  ducha  de  urbinio  me  resto  aver  fiorini 
de  remisth  ouer  bislachi  se  tanto  oramai  le  apesso  un  anno  jo  uoja 
pregar  la  S.  V.  per  grazia  che  me  voliati  dargi  et  farme  spazare  el 
dicto  corero  et  presentador  de  questa,  che  io  mandato  a  posta  perche 
signor  me  in  porta  anchora  111.'"'^  Sig.'®  me  stato  ordinato  in  scrito 
per  la  S.  V.  una  barda  de  zall  per  fiorini  dosento  remisth  la  quale  o 
fato  per  zelenzia  et  fato  farre  una  schela  galante  me  a  costa  fiorini 
16  che  io  uoja  donare  alla  S.  V.  apresso  et  che  uoja  pregari  ala  S.  V. 
che  me  daga  auixo  si  la  S.  V.  non  aula  uoja  da  tuor  la  dito  barda 
io  trouero  patrone  assai  chel  tuora  uoluntiera,  io  non  uoja  far  nienti 
per  fina  o  risposta  de  la  S.  V.  non  altro  de  continuo  me  richomando 
alla  S.  Uostra. 

Servitore  sempre  ala  Signoria 
uostra. 

MP   Coiman  armirol  in 
Augusta  S.S. 

Hl."^o  Qt  Ex."""  dno.  dno 
Franzesco  de  Gonzago 
Marchio  Mantuce,  ecc. 
Mantoa. 

Ed  ora  vediamo  quali  provvedimenti  furono  dati  dal  Marchese 
di  Mantova ,  il  quale  ,  soddisfatto  ,  intendeva  che  Coiman  fosse 
pagato  subito  ;  ma  la  lontananza  produceva  ritardi. 

Il  Marchese,  a  di  14  dicembre  1512  ,  mandava  al  Coiman  70 
fiorini  del  Reno,  facendogli  conoscere  che  non  intendeva  prendere 
«  le  barde  da  cavallo  di  Atiale  che  ci  avete  scritto  hauer  fatto 
a  nostro  nome.  »  Ringrazia  pure  della  sella. 

E  cosi  ordinava  il  Marchese  : 


Thesaurio 

Ti  comettemo  che  subito  dij  dece  ducati  a  Colmo   todésco   che  gli 
;  donamo  et  lo  expedirai  presto.  Gonza^ce  XVJ  sept.  1519. 


)60  LE    ARTI    MINORI 


E  poi  al  16  dicembre  avvertiva  Giacomo  de  Fuchari  che  gli 
presentava  Hagan  e  Anchise  suoi  armaioli,  venuti  in  Augusta 
per  certe  armi,  e,  abbisognando  denari  loro  ne  desse  per  conto 
della  Corte  mantovana. 

Intanto  ecco  il  Coiman  non  pagato  strillare  presso  il  Marchese: 

Illustre  generoso  principe  e  gratioso  signor 

Alla  nostra  ducal  gratia  siano  sempre  premissi  li  mei  uoluntarij 
subietti  seruitii,  gratioso  signor  secondo  che  V.  ducal  gratia  mando  a 
me  de  Italia  Anchise  e  Zorzo  Magano  sci  seruitori  acciochè  facessero 
fare  una  bellissima  armatura  da  cauallo  et  ci  detto  suo  seruitore  me 
dessigno  in  papiro  essa  armatura  et  me  dimandò  che  cosa  li  tocca  a 
farla.  Io  li  disse  che  la  non  cesteria  manco  di  trecento  ducati  perchè 
la  sarà  cosi  pretiosa  eh'  io  non  feci  mai  a  li  di  mei  cosa  di  maggior 
fatica  facendo  ogni  cosa  doppia ,  dui  elmetti ,  due  para  de  arnise  e 
schinere,  dua  para  de  guanti  dua  para  de  spalaci  piceli  e  grandi  et 
questa  armatura  sarà  bona  a  torneamenti  et  da  usar  da  cavallo  e  a 
piedi. 

Adesso  sono  aparechiato  ad  adorarla.  He  qui  posso  ritrouare  facil- 
mente ducati  d'  oro  vechi  et  ho  pregato  Anchise  sei  me  potesse  dar 
altorio  (sic)  in  questo  El  qual  me  ha  fatto  intender  a  che  modo  ba 
ditto  Hageno  eh'  io  sia  per  venire  a  torre  i  mei  dinari  a  Mantua. 
Cosa  cbe  certamente  non  è  in  mia  possibilità.  Gratioso  signore  Prego 
Vostra  ducal  gratia  comò  mio  patrono  gratioso ,  voglia  essermi  gra- 
tiosa  e  non  me  uoglia  tenire  altramente  di  quel  che  faceua  la  bona 
memoria  del  Signor  nostro  patre  che  mi  mandava  fin  un  ducato  tutti 
li  dinari  e  qua  in  casa  mia  perchè  io  sono  ancho  debitore  ad  altri. 
Et  prego  V.  ducal  gratia  comò  mio  patrone  gratioso  che  quando  la 
mandara  altri  armaroli  i  soi  dinari  la  uoglia  anche  allora  mandar  i 
mei ,  allora  io  uedero  se  me  potrò  disponere  perche  io  ho  molta 
gente  sopra  di  me  et  mi  bisogna  adesso  bavere  dinari.  Altramente 
non  posso  expedire  niente .  Et  se  io  sapessi  caualcare  in  Italia  da 
V,  S.  ma  io  son  troppo  occupato  et  però  se  la  uol  essere  servito  la 
prego  comò  mio  gratioso  signore  che  gratiosamente  la  uoglia  essere 
raccordeuole  di  me  perche  io  faccio  quel  lauorero  molto  più  precioso 
chel  primo.  Et  io  uorria  sempre  lauorare  a  complacentia  di  V,  S. 
uoluntieri,  ne  me  pentiria  di  cosa  alcuna.  Io  ho  pregato  Anchise  che 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  561 


uoglia  uenire  da  V.  S.  e  lui  non  si  uol  partire  de  Augusta  sinché  le 
armature  non  siano  fatte  al  che  non  gli  manca  Et  per  questo  ho 
mandato  ci  suo  famiglio  a  V.  S.  alla  quale  non  ho  voluto  tacere 
questo  raccomandandomi  alla  sua  ducale  gratia. 

Dat.  in  Domenica  nel  maggio  della  quadragesima  1520. 
De  V.  Ducal  gratia 

Colmo  Armarolo  in 

Augusta. 

E  qui  vedrassi  quanto  osservava  1'  Hagan  ;  poi  ritorneremo  al 
buon  Colraan,  che  avrebbe  desiderato  puntualità  nei  pagamenti  , 
al  che  l'aveva  costumato  il  padre  del  Marchese. 

L' Hagan ,  con  sua  lettera  del  25  aprile  1520  al  Marchese , 
sottoscritta  Giorgio,  detto  Righino,  fa  conoscere  che  giunto  il  21 
in  Augusta ,  si  portò  subito  dal  Coiman  ,  ove  vide  «  li  armi  de 
V.  S.  finite  ,  ma  non  indorate  » ,  e  per  cui  pregò  il  Mastro  di 
farle  indorare,  e  questi ,  a  mezzo  di  suo  cognato  e  suo  figlio,  su- 
bito cominciarono  l'indoratura  «la  qual  finita,  subito  si  farà  la 
spedizione.  » 

Scriveva  dopo  il  Coiman  in  latino  più  volte  al  Marchese  nel  1520, 
di  avergli  fatto  duos  cataphrattos  insieme  con  suo  fratello,  le  quali 
essendo  armature  doppie,  importavano  per  ciascuno  300  aureos. 

Il  Marchese,  a  di  25  giugno  1520 ,  scriveva  in  latino  al  Col- 
nian,  dichiarandosi  soddisfattissimo  delle  armi  fatte  da  lui  e  dal 
fratello ,  essendo  molto  eleganti.  Questi ,  venuto  a  Mantova  a 
portarle,  lo  ritenne  forse  un  po'  troppo,  intanto  da  lui  riceveva 
in  testimonianza  di  soddisfazione,  manuseulum  quoddam,...  ex  quo 
uesies  tuo  modo  conficci  possis. 

Ultimo  lavoro  dei  Coiman  pella  Corte  di  Mantova  fu  nel  1530, 
consistendo  in  armature,  che  piacquero. 

Il  signor  Wendelin  Boeheim  scrisse:  Die  Mailànder  Nigroli  und 
■der  Augshurger  Desiderius  Coiman  die   WaffenkiXnstler  Karl's  v. 

Questo  Desiderio  sarà  il  figlio  di  Lorenzo,  che  come  aveva 
^fatto  suo  padre  un'armatura  per  1'  Imperatore  nel  1521,  egli  ne 
^avrà  operata  altra. 


562  LE    ARTI    MINORI 


Se  i  Coiman  furono  eccellenti  armaioli ,  che  servirono  più  so- 
vrani,  abbiamo  però  veduto  che  i  disegni  per  le  armature  ad 
uso  della  Corte  mantovana,  erano  fatte  su  quelli  mandati  d' Italia. 
E  meglio  ciò  apparirà  dalle  lettere  seguenti  di  un  armaiolo  sco- 
nosciuto; che  ben  meritava  esser  rivendicato  dall' obblio,  nulla 
sapendosi  di  lui ,  nemmeno  a  Bologna,  sua  patria. 


Anchise  della  Guaina,  armatolo  bolognese. 

Ed  ora  impareremo  a  conoscere  per  la  prima  volta  questo  ar- 
raarolo,  che  serviva  nello  stesso  tempo,  come  lanza  spezzata,  il 
Marchese  di  Mantova. 

Dell'  8  ottobre  1519  vi  é  un  ordine  marchionale  al  Tesoriere 
di  dare  «  ducati  100  in  tanti  bislacchi  ad  Anchise  da  Bologna 
nostro  lanza  spezzato  perchè  noi  il  mandamo  nella  Alemagna 
per  farne  fare  delle  armi.  » 

Egli,  con  un  suo  compagno,  a  di  22  novembre  1519,  da 
Priehsino,  faceva  conoscere  al  Marchese  di  aver  incontrato  un 
servitore  del  Duca  di  Baviera  ,  che  con  un  altro  era  diretto  a 
Mantova  per  portargli  «  doe  balestre  fornite  et  molto  bellissime.  » 
E  finisce  coli'  assicurare  che  prosegue  il  viaggio.  Infatti  ,  eccolo 
nel  giorno  dopo  in  Augusta  : 

lU.^^o  ci  Ex.'^^  Signore  Ecc.'^^  Patrone  mio  obseruand."^'^  venento 
in  Mantoua  questo  presente  messo  me  parco  dare  nouva  a  V.  S.  questo 
seguito  :  fine  a  ora  sapi  V.  S.  che  le  fatto  lo  petto  et  la  schena  et  la 
celata  et  la  gola  e  1'  arnese  cioè  la  scarsella  del  primo  corsaletto  de 
V.  S.  et  vene  molto  belissimo,  la  celata  sarà  la  più  bella  cosa  che 
mai  fesse  M°  Colmo  et  ancora  tute  il  resto  de  l'armatura  et  perchè 
tuto  anco  aseguirà  uno  ordine  il  se  prima  comenciato  larmatura  de 
fante  a  piedi  perchè  sopra  a  detta  armatura  se  gouerneremo  del  resto. 

M.""  Colmo  uole  che  la  sia  un'  armatura  che  siano  doe  e  tre  cioè 
sopra  lo  corsaletto  de  fanto  a  piede  per  cauallo  li  mete  un  sopra 
petto  lo  quale  servirà  di  tute  la  fogia  a  cauallo  che  sera  bona  et  pò 
Ij  fa  la  scarsella  con  larnese  e  spalerij  et  elmetto  e  è  schenera  moze 
et  integre  che  seleue  et  bone    e  guanti  che   doe  forte  et  il  tuto  il  hi- 


ALLA    CORTE    T      MANTOVA.  563 


sognio  io  uoleua  eh'  el  fassa  3  petti  per  che  non  andasse  niente.  Sopra 
lo  petto  de  fante  da  pede  El  luy  dice  non  uolerne  fare  se  non  doj 
vederemo  il  melio  Et  quello  faremo  le  uno  omo  molto  de  soa  testa 
il  bisogna  anderli  dreto  con  molte  careze,  la  molta  stima  de  V.  S.  et 
a  piazere  seruirà  quella  et  io  non  li  manco  deserti  sopra  de  continuo. 

Io  spero  menar  in  Italia  un  buon  lauoranto  che  farà  che  ogni  sorta 
darme  et  che  farà  sencia  il  uenire  qua  et  ancora  comperato  tuta  questa 
soa  fozina  che  tenbre  et  de  desegnj  et  il  tuto  faro  sencia  loro. 

Ancora  do  auiso  a  V.  S.  che  non  ho  un  quatrino  et  bisogaia 
darli  mangiare  ogni  zorno  altramente  non  se  lauora  et  liuerò  ogni 
mancione  però  V.  S.  sa  bene  non  manca  Zorzo  cosi  presto  con  tuli 
li  denari ,  il  basta  per  adesso  a  cento  fiorini  perche  comenceremo 
arotare  Y  arma  et  disegniera  Et  in  dorare  et  li  acascha  noue  spese 
pero  V.  S.  preste  me  espedischa  docento  fiorini  per  la  uia  de  li  Fu- 
cari  per  Venecia  o  per  Regalino  come  torna  melio  a  V.  S.... 

Dopo  varie  cose  sui  banchieri  Fucari  segue  a  dire  che  ordinerà 
e  acquisterà  «Martinetti,  mazze  alla  Tarchescha,  staffe  speroni, 
corte  spade  da  doe  mano,  molte  bone  lame  uecchie  et  certi  stochi 
da  guerra  molti  boni  una  dozina  de  Capelitti  coacij  ala  todescha 
con  certi  retorti  et  cochieri  »,  ma  per  aver  tutto  ciò  ci  vogliono 
quattrini  e  perciò  li  attende. 

Circa  le  arme  de  lo  111.™°  Signor  Duca  prima  de  quelle  de  V.  S. 
saran  fatte  perche  le  fa  lo  fratello  de  M.™  Colmo  et  e  ancor  lui  bono 
mastro  et  seran  molto  bele  e  bone  e  ben  lavorate  perche  le  fa  belle 
in  pruova  per  amor  de  M.**  Colmo  io  penso  che  sei  i  denari  siano 
qua  presto  che  fra  duy  mesi  seremo  con  ditte  arme  in  Italia. 

O  trouati  certi  corami  de  bo  seluatichi  concij  per  fare  barde  de 
caualli  che  seria  una  bela  et  bona  fogia  se  a  V.  S.  parerà  che  ne 
tolia  quella  me  ne  dia  auiso 

Angusta  die  XXiij  novembre  MDXViiij 
De   V.  III.  S.  seroitore 
Anchisis  de  la  Guaina  de  Bologna. 

ilio  Ill.'^o  et  Ecc."^o  Signore  II  Signor 
Federicho  Marchese  de  Manica 
mio  obseroandissimo 

in  Manica. 


564  LE    ARTI    MINORI 


Delle  molte  sue  altre  lettere  ci  contenteremo  a   dar  sunti  per 
quanto  riguarda  le  armi,  essendo  lunghissime. 
4  gennaio  1520  al  Marchese  di  Mantova  : 

Auiso  a  V,  S....  che  ala  uenuta  de  Regelino  a  retrouato  1'  arma  in 
benissimo  stato,  quela  de  V.  S.  non  li  manca  a  fare  se  non  il  sopra 
petto  li  spalaci]  et  brazali  e  lo  elmetto  e  quanto  tuto  il  resto  e  fatto 
io  penso  che  V.  S.  auera  una  armatura  che  mai  non  ne  fu  una  in 
Italia    simile    ne   manco   fu   fatta  mai  in  Lamagna  et  non  daremo  già 

TAL  ONORE  A  LamAGNA  PERCHE  LORO  HANNO  FATTO  COME  IO  HO  COMESSO  ET 

COME  DE  PEcio  IN  PEcio  HO  FATTO  FARE.  Le  fato  la  Celata  che  per  Dio 
mai  non  fu  uisto  la  più  bella  cosa  et  li  uoglio  fare  la  schofia  de  sopra 
sia  lauorata  come  proprio  uno  schofia  con  lo  tortione  et  la  barba  sera 
d' oro  et  li  peli  negri  et  così  li  riccioni  che  rieschono  sotto  la  schofia, 
le  orecchie  serano  bianche  et  li  busi  negri  che  proprio  parerano  orechie 
et  serano  sposate  con  due  zolie  ,  lo  collo  sera  bianche  et  1'  orlo  in 
forma  de  una  catena  et  donante  sera  un  volto  contrafatto  bello  et  un 
altra  fogia  per  combatere  che  ancora  era  bello  et  penso  che  V.  S. 
molto  ben  resterà  da  me  satisfatto.... 

Ancora  le  arme  de  lo  signore  ducha  uengono  molto  belle  perche 
son  fatte  a  contrasto  perche  li  fratelli  cioè  Mastri  sono  partiti  de  sema 
et  ogni  omo  se  sforcia  per  farse  bon  credito  et  così  serano  liuere 
come  quelle  de  V.  S,... 

19  gennaio  1521  al  Marchese  di  Mantova  : 

Io  fo  fare  li  modelli  de  tutti  queste  fogie  belle  de  inzegni  che  son 
qua  et  li  porterò  con  mecho  non  cerche  perder  tempo.  Io  tengo  un 
bon  mastro  de  arme  a  mia  posta.  Io  prego  V.  S.  che  se  teglia  per 
usire  de  le  meno  de  questa  gieneracione  :  luj  lauora  meglio  che  omo 
de  qua  la  fatto  un  par  de  barde  de  fero  col  collo  tuto  intero  et  non 
pesano  più  che  24  liuere ,  il  sera  seruito  V.  S.  In  casa  de  quello 
avrete  lauoro  de  tuti  li  pezi  et  uerà  ancora  quello  che  me  fa  li  mo- 
deli  et  forme  et  sera  molto  utile,  tuto  queste  paserane  per  libarderi 
et  lauoreranno.  Io  mando  un  martineto  belissimo  a  V.  S.  e  un  altro 
ne  o  fatto  fare. 

(Finisce  col  domandar  denaro). 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  5G5 

14  febbraio,  da  Bramacio  (sic)  al  Marchese  mantovano  : 

III."^^  signore  et  patrone  mio  obseruand.'^°  per  auer  mandato  il  mia 
seruitore  a  V.  S.  et  auerlo  ad  aspectare  perché  non  era  liuerato 
r  arme  de  V.  S.  HI.*  in  tal  tempo  è  stato  bisognio  a  M.''^  Colmo  di 
portar  1'  arme  alo  imperatore  non  auendo  io  altro  che  fare  con  esso 
M.i'o  Colmo  son  venuto  h. 

23  febbraio,  da  Augusta  al  Marchese  di  Mantova  : 

Ritornato  in  Augusta  trovo  l'arme  finite  e  sto  cercando  il  modo  di 
-pedirle. 

Fermiamoci  ora  un  momento  per  vedere  le  lettere  del  Marchese 
ad  Anchise  della  Guaina. 

Fin  dal  16  novembre  1520  il  Marchese  avvertiva  il  Duca  di 
Baviera  che  doveva  ricevere  «quattro  falconi  sacri  da  Anchise, 
familiare  nostro  »  e  nello  stesso  giorno  faceva  sapere  al  Coiman 
l'arrivo  di  Anchise  con  denaro;  cosi  sollecitasse  le  armi  per  lui 
0  per  Federico  nostro  consanguineo. 

E  poi  al  3  gennaio  1521  gli  ordinava  di  spedire    le  armi  sue 

quelle  del  cugino  Federigo  e  poi  di  ritornare ,  non  aspettando 
4uelle  che  fanno  eseguire  dal  Coiman  i  «  Duchi  di  Baviera  nostri 
parenti.  » 

Il  Marchese  riceveva,  a  di  12  febbraio  1521  ,  da  Cesare  Fe- 
ramosca  scritta  da  Brumaeia  una  lettera,  in  cui  si  faceva  co- 
noscere : 

Questi  nobili  de  Alamagna  adorano  questo  messer  Anchise  uostro 
per  esser  uertuoso,  sapelo  tenir  V.  S/'  che  molto  vale  e  basta. 

Spediva  il  Marchese  ad  Anchise  (21  febbraio  1521)  300  raines, 
secondo  la  domanda  fattagli  verbalmente  dal  di  lui  garzone  e 
poi  segue  :  «  Siamo  contenti  che  pigli  quelli  instrumenti  e  chia- 
vature  che  hai  ritrouato  e  che  conduchi  quelli  3  maestri  che 
mi  scrivi  Et  volemo  che  resti  tu  ad  far  fornire  l'armatura  del 
cavallo  che   ai    fa  fare  quelli  nostri   parenti.  »    Seguono  solleci- 


566  >         Lr.    ARTI    MINORI 

tazioni;  e  da  una  lettera  diretta  dal  Marchese,  il  13  giugno  1521, 
perchè  lascino  passare  le  armature  che  fece  fabbricare  in  Ale- 
magna,  apprendiamo  1'  arrivo  finale  di  esse. 

Nel  partire  di  Augusta  M.ro  Anchise  lasciò  diversi  debiti  cioè 
nove  fiorini  a  Bernardo  Mair  fahro  armorum ,  5  fiorini  e  30 
cruciaios  iirolenses  a  Pietro  Prauaschwick  fahro  bombardorum  , 
fiorini  renensi  13  e  crociati  6  a  Giovanni  Eggenberger,  Di  più 
il  Coiman  per  sicurtà  di  Anchise  aveva  dovuto  pagare  14  fiorini 
e  30  crociati.  Questi  creditori  a  mezzo  dell'  Autorità  municipale 
di  Augusta  ,  reclamarono  al  Marchese  di  Mantova ,  il  quale  fin 
dal  18  febbraio  aveva  ricevuto  consimile  reclamo  da  Gabriele  di 
Tassi,  mastro  di  Posta  imperiale  ad  Inspruck. 

Sfortunatamente  Anchise  della  Guaina  aveva  nel  ritorno ,  ab- 
bandonato il  servizio  della  Corte  di  Mantova  per  passare  a  quella 
del  Duca  di  Ferrara.  A  questo  scriveva  il  Marchese,  ma  indarno; 
poiché  anche  da  quella  Corte  era  partito  per  servir  quella  di 
Urbino,  al  quale  pure  rivolgevasi  il  Marchese  di  Mantova.  Dopo 
più  nessuna  traccia  di  lui.  Abbiamo  veduto  da  una  lettera  di  An- 
chise della  Guaina  come  avrebbe  spedito  in  Mantova  armaroli 
tedeschi.  Ecco  il  contratto  originale  : 

1521  a  di  X  marzo  In  Agusta 

Io  Anchise  da  le  Guaine  da  bolognia  prometto  liberamente  a  Ba- 
stiano Armarolo  de  Cirio  che  lo  Ill.'"f'  Signor  Marchese  de  Mantoa 
lo  torà  per  suo  seruicio  in  farlo  lauorare  de  arme.  Et  che  li  darà 
per  suo  pagamento.  A  luj  quatro  corone  al  meso  Et  così  che 
ognio  meso  li  sera  fatto  il  suo  pagamento  anchora  per  lo  M.''°  de 
bornitore  che  lui  mena  li  prometto  che  sera  date  quattro  reines  il 
mese  et  che  come  luj  ognio  meso  sera  satisfatto  et  pagato.  Ancora 
per  un  lauoranto  che  lui  mena  che  li  sera  dato  quatri  raines  et  così 
ogni  meso  come  li  altri  sera  satisfate  et  pagato  Et  più  che  lo  ditto 
]ll.'"o  s.  Marchese  li  farà  le  spese  a  tuti  tri  et  più  dui  vestimenti  de 
pendano  uno  da  state  et  uno  lo  inverno  zoè  a  natale  uno  V  altro  a 
pasqua  rosata  :  Et  de  più  che  li  sera  fatto  provesione  de  un  locho 
doue  possano  lauorare  per  che  non  uogliono  lauorar  in  botega  de 
M.'"'    Taliani  per  non  lassare  uedere  il  suo    lauoro.    Et    che    li   serra 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  5G7 


latto  lìrouisione  del  tuto  li  achade  in  dita  botega  per  lauorare  anchora 
di  sera  dato  stanzia  dove  possan  staro  e  mangiare  et  a  dormire,  cosi 
letti  e  touaglia,  lencioli  et  quello  achada  a  sua  opera.  Et  che  essendoli 
manchato  del  suo  pagamento  o  altro  che  se  contiene  in  tal  mio 
<chrito  che  loro  :  intendono  auere  bona  licentia.  Ancora  li  prometto 
che  de  li  venti  fiorini  che  do  al  ditto  Bastiano  per  il  partire  suo  de 
chi  quando  auerà  seruito  lo  111."^»  sig.  Marcheso  lo  tenpo  che  qua 
sera  scrito  che  li  ditti  uenti  fiorini  li  serano  donati  e  non  messo  in 
conto.  Cosi  il  ditto  Bastiano  mi  promette  liberamente  uenire  subito 
dato  li  denari  in  Italia  a  li  seruicii  de  lo  Ill."io  Sig.""  Marcheso  et 
con  secho  menare  li  infraschriti  dui  mastri  zoè  un  bornitore  et  un 
lauorante  et  lauorar  da  omo  da  bene  et  fare  tuto  come  a  fato  per  il 
pasato  con  li  mastri  che  ha  seruito  :  cosi  per  sei  mesi  prometto  stara 
lui  et  li  infraschriti  duj  mastri  et  mantenerli  e  quando  se  partisse  de 
farne  auere  altri  simili  a  quelli  et  in  tempo  de  li  detti  sei  mesi  non 
se  auere  a  partire  senza  lecencia  de  lo  infrascrito  Sig.  Marcheso:  cosi 
manchando  de  tal  promessa  uol  essere  debitore  de  li  ditti  uenti  fiorini 
et  uole  che  io  o  altro  in  nome  del  prefato  sig.  Marchese  lo  possi  fare 
pasare  in  tuti  li  lochi  sera  così  ne  Lamania  come  in  Italia.  Anchora 
li  prometo  che  ne  mastri  ne  altro  se  non  la  persona  del  Sig.  Marcheso 
li  auera  da  comendare  o  io  in  nome  suo  cossi  del  tuto  li  prometto 
liberamente  et  in  fede  del  uero  ho  fatto  questo  scrito  de  mia  mano 
et  sottoschrito  et  segnata  del  mio  sigillo  et  cosi  anchor  luj  lo  soto- 
scrivera  de  sua  mano  perche  ne  femo  dui  luno  presso  a  se  l'altro 
apresso  al   Sig.  Marchese. 

Ich  Sebastian  vam  Zurling  sefer  zu  son  Zals  sie  aben  geschricben 
isex. 

Io  Lion  Braunsper  de  Lipczick  doctor  Artium  et  Medicine  etc.  fu 
presente  quando  il  nobilesso  sig.  Me^ser  Anchise  dete  al  presente 
mastro  Sebastiano  20  venti  fiorene  Reynisch  et  lui  affermaua  de  far 
ogni  cessa  come  de  sopra  e  scrito  del  suo  nome. 

Actum   a  die  X  de  marso  anno  1521  in  Augusta. 

Lasciando  Anchise  della  Guaina  noterò  quanto  il  lettore  avrà 
già  indovinato  che  Guaina  è  soprannome ,  il  quale  ci  priva  di 
conoscere  il  cognome  di  questo  valentissimo  armaiolo. 


(68  LE    ARTI    MINOPa 


Armaiuoli  diversi. 

Le  lunghe  pratiche  col  Colmaa  non  distoglievano  la  Corte  d 
Mantova  da  procurarsi  armi  da  altri  artefici. 

Mastro  Antonio  da  la  Scrinia  nel  1503  risulta  aver  offerto  due 
spadette  «  cum  li  soi  brochieri  »  al  giovanetto  principe  ereditario, 
il  quale  secondo  lettera  della  Marchesa  a  suo  marito  ,  le  «  ma- 
neggia cum  mirabile  gratta  » 

Forse  questo  Mastro  era  figlio  di  quel  Giacomo,  che  abbiamo 
veduto  spadaro  nel  1486.  Nel  1513  viveva  M/^  Paolo  della  Scrima. 

Dal  1507  al  1516  risultano  in  Mantova  i  seguenti  armare! i  : 
Pietro,  Lorenzo,  Bartolomeo  milanese,  morto  nel  1514  di  anni  31, 
Bono  e  Marco  spadaro. 

Ludovico  da  Bagno ,  trovandosi  in  Agria  (Ungheria)  scriveva 
il  7  gennaio  1518  al  Marchese  che  avendogli  ordinato  prima  di 
ritornar  in  Italia  di  procurargli  «  uno  schioppetto  boemo  ed  una 
«  daga  da  Cazza  1'  uno  e  1'  altro  ha  in  pronto  »  ma  trova  diffi- 
coltà per  la  spedizione.  E  al  4  marzo  scrivevagli  che  spedisce 
lo  schioppetto  «  boemo  dextero  una  daga  boema  con  tre  cortelli, 
pur  di  boemia,  la  é  de  la  foggia  che  hor  se  usano  qua  »  spe- 
diva pure  alla  Marchesa  «  uno  ritratto  de  quello  animale  el  quale 
Plinio  chiama  bisontera.  » 

Da  una  lettera  di  Giacomo  da  Covo  in  Mantova  del  4  aprile 
1518  risulterebbe  che  a  Pietole  vi  fosse  un  armarolo,  cosi  scri- 
vendo al  Marchese  : 

Circha  alle  armi  quale  fa  Lazimino  beri  fui  da  lui  a  Pietole;  e  li 
vidi  in  assai  ben  termini  doue  che  lui  mi  disse  che  fra  ceto  zorni  mi 
li  darà  subito  e  li  mandaro  a  V.  S. 

Questo  artefice  soprannominato  Azimino,  forse  dal  suo  speciale 
lavoro,  era  spagnuolo.  Passò  dopo  in  Venezia,  ove  mori  nell'ot- 
tobre 1527.  Lasciò  un  allievo  con  lo  stesso  sovranome,  il  quale 
in    detto    anno    cominciava    un    bracciale    pel    Marchese.  Il  suo 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  569 


maestro,  per  nome  Andrea,   nel  1525  aveva  fatto  un  bellissimo 
pomo  per  lo  stocco  del  Marchese. 

Il  Marchese,  a  di  28  settembre  1520,  ordinava  al  tesoriere 
di  provvedere  alle  spese  pel  viaggio  che  deve  «  fare  mastro  Ja- 
como  Lancechenech  armarolo  per  andar  a  far  fare  armi  per 
suo  conto. 

M.ro  Battista  di  Mercadante  spadaro ,  a  di  24  luglio  1521 , 
aveva  acciaio  dal  Marchese  per  fargli  spade  ;  e  al  12  settembre 
ebbe  ordine  di  lavorare  alla  damaschina  «  una  testerà  di  ferro 
per  un  canal  lo  turco,  leggiera,  del  modo  che  lauorò  el  nostro 
corsaletto.  »  Nel  luglio  1524  gli  ordinava  di  finire  «  la  schiauona 
nostra  grande  »  e  di  spedirgliela  ;  e  nell'  agosto  aveva  per  suo 
alloggiamento  la  Ruchetta  di  Pradella.  Lavorava  pel  Duca  ancora 
nel  1534. 

Scriveva  (22  febbraio  1521)  al  suo  ambasciadore  Giossino  in 
Milano  affinchè  dicesse  all'  armarolo  che  «  fa  quella  schena  del 
nostro  corsaletto  che  lo  mandi  e  sei  corsaletto  nostro  segreto 
e  fornito  puro  lo  mandi.  » 

E  nuovamente  al  17  aprile  «  avemo  inteso  che  il  nostro  cor- 
saletto secreto  è  finito  »  sollecita  la  spedizione. 

TI  marchese  Federico  Gonzaga  aveva  scritto  fin  dal  29  giugno 
1520  a  G.  B.  Malatesta  suo  ambasciadore  in  Venezia  avvertendolo 
che  deve  ricevere  «  una  spata  guarnita  d'  argento  con  le  arme 
et  insegne  nostre  da  due  mani....  sei  Allabarde  ,  sei  pedi ,  due 
acce ,  due  piche  astate  et  dorate  »  fatte  fare  a  bella  posta  per 
•"«ser  regalate  al  Magnifico  messer  Andrea  Gritti,  oltre  due  quadri 
■'•  pictura. 

Il  Marchese  riceveva  la  seguente  : 

III."^'^  et  Ex.^'^  Signore  mio  obseroandissimo  ho  uisto  quanto  la 
'^  V.  me  ha  scripto  per  due  sue  letre  la  prima  datta  sotto  al  di  Xiilj 
aigusto  he  le  quale  la  S.  V.  me  comandi  li  manda  la  celiata  fra 
trej  dì  :  ad  questa  li  respondo  non  essere  restardo  per  me  ma  per 
Charamolo  qual  may  non^ha  uoluto  fornire  essa  Cellada  :  et  hauendo 
io  mandato  a  dimandar  •certi  lauoranti  a  Bressa  per  satisfare  a  la  S.  V. 
Arch.  Stor.  Lornh.  —  Anno  XV.  37 


570  LE    ARTI    MINORI 


ìuy  me  li  ha  desuiati  a  ciò  non  possa  suplire  ala  voluntade  de  la 
S.  V.  Quella  pò  mo  pensare  de  mi  natura  et  animo  e  esso  Charemolo 
presso  la  E.  V.  ha  quella  me  piglia  quanto  concepto  li  pare.  L'altra 
lettra  e  datta  solo  el  dì  25  augusto  del  tenore  ut  supra  cum  ad  in- 
stantia de  mandarli  certe  peze  de  armi  a  la  quale  rispondo  el  li  si- 
gnifico come  heri  fu  finito  la  celiata  que  sabato  proximo  la  mandare 
ly  ala  E.  V.  com  quelli  pezi  de  arme  la  bisogna  si  che  prego  la  E. 
V.  con  questo  non  me  imputa  me  de  negligentia  ma  solum  esso  Cha- 
remolo quale  e  seruitor  de  la  E.  V.  de  parole  e  non  de  facti.  Ala 
E.  V.  me  ricomando. 

Mantua^  XXmij  Augusti  1521 

III.  D.   V. 

Seruitor  Mj'  Jacohus  de  Bressa 
armarolo 


Pare  che  non  gli  valesse  la  discolpa,  stando  alla  seguente  del 
Marchese  : 


Z)."«   Alcxi  Beccaguto 

MS"^  etc.  Uolemo  che  facciate  che  subito  uista  la  pi'esente  M.^  Ja- 
como  armarolo  ne  finisca  la  nostra  celata  et  ce  la  mandate  senzia 
lardare.  Facendo  doppoi  mettere  in  pregione  ditto  Mastro  Jacomo 
doue  uolemo  che  stia  sia  tanto  che  hauerete  altro  da  noi  in  contrario. 
Et  lene  valete.  Ex  f eli.  Castris  S.'""^'  lighoì  contra  Parmam  :  penultimo 
augusti  MDXXj. 

A  di  30  novembre  1522  scriveva  all' ambasciadore  di  Portogallo 
che  stava  aspettando  le  spade  e  balestre. 

Dall'  esposta  lettera  dell'  armarolo  Giacomo  bresciano  si  co- 
minciò a  conoscere  Mastro  Caremolo  armaiolo  a  servizio  delj 
Marchese,  del  cui  artefice  avremo  presto  a  dare  molti  documenti. 

A  mezzo  dell'  ambasciadore  mantovano  in  Roma ,  il  Marchesa 
si  provvedeva    nel  1522    di    spade    valeilfziane.    E  a  proposito  dij 
spade  sarà  bene  riportare  la  seguente  diretta  al  Marchese  : 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  571 


Ex."^°  5.0'   et  Patron  mio 

Per  messer  Angelo  presente  exibitor  mando  la  spada  ad  V  Ex.  V. 
la  quale  intendo  prestarli  per  CL*^  anni  del  dì  de  la  receputa ,  li 
mando  anchora  un  paro  di  forfice  al  suo  barber  che  facessero  quelle 
da  trinziar  a  M.™  Zani.  La  spada  comò  le  dissi  e  facta  in  Bilbao  per 
mano  de  quello  AUogorth  che  è  tenuto  uno  de  li  doi  primi  mastri  et 
la  fece  batter  ad  freddo  in  mia  presentia.  Al  signor  Duca  piacque 
assai  et  me  disse  che  si  landasse  in  volta  de  nocte  che  non  me  la 
lassaria.  Ma  serra  ad  non  poca  gratia  che  la  satisfaccia  ad  Ecc.  V. 
la  quale  humilmente  et  senza  fine  comò  suo  schiauo  sempre  me  re- 
commando. 

Vrbini  Xv  Septembris  1524. 

humil.  servo  suo 
Horatio  Florido. 

Domini  Octaeio   Ursino 

Signor  Octavio  lo  Mes.  Vincenzo  Guerriero  ni  ha  nouamente  fatto 
intendere  che  se  ritroua  in  Roma  uno  spagnolo  che  lavora  alla  aza- 
mino  benissimo  et  per  un  saggio  et  exempio  del  suo  lauorare  me  ha 
dato  un  pugnale  lauorato  di  sua  mano  che  ne  piaciuto  quanto  altra 
opera  tale  habbiamo  mai  ueduto.  Et  perchè  uolontieri  faressimo  fare 
alcuni  pesi  darme  a  nostro  modo  al  detto  spagnolo  intendendo  noi 
che  V.  S.  può  dispoiiere  assai  di  lui  per  quanto  esso  M.  Vincenzo 
ni  dice  ne  parso  pregar  quello  che  la  voglia  far  opera  che  ogni  modo 
ci  venghi  a  seruirmi  per  un  tempo  certificandolo  et  assecurandolo 
chel  sarà  ben  ueduto  trattato  et  remunerato  da  noi  et  a  questo  effetto 
mandiamo  questo  nostro  cavallaro  a  posta  quale  li  conduca  et  ac- 
compagnarà  fin  qua  et  li  la  farà  bonissima  compagnia  piacendo  al 
detto  spagnolo  di  venire  come  speramo  ni  1'  opera  et  autorità  di  V.  S. 
Mantua   V  junij  Mdxxiij. 

quanto  Rateilo 

Il  Marchese  di  Mantua. 

Non  saprei  chi  possa  esser  stato  questo  -valente  armaiolo  o 
spadaro. 


572  LE    ARTI    MINORI 


Caremolo  Mondrone,  milanese. 

Abbiamo  veduto  già  accennato  un  mastro  Caramolo  al  ser- 
vizio della  Corte  mantovana  fin  dal  1521  ,  ed  eccoci  a  più  notizie 
speciali  a  lui. 

Cosi  gli  scriveva  il  Marchese  : 

A.   Caremolo  armarolo 

Auisami  quando  serano  finite  le  lanze,  che  si  possino  hauere 
et  sollicita  le  nostre  armature.  Et  bene  valete.  Ex  Ponteoico  8.  Octo- 
bris  1523. 

Al  3  settempre  gli  faceva  pagare  otto  ducati  per  celate  fatte 
al  Marchese  del  Guasto  e  per  altre  armature,  che  doveva    fare. 

Il  Marchese,  a  di  14  novembre  1524,  scriveva  al  suo  amba- 
sciadore  in  Milano  De  Cappo  che  aveva  ricevuto  le  lettere  por- 
tategli per  Caremolo  «  et  havemo  carissimo  che  1'  armatura  sia 
piaciuta  a  monsignor  di  Borbone  e  li  stia  cosi  bene.  »  Le  quali 
armature,  ben  inteso,  erano  fatte  dal  Caremolo. 

A  di  3  dicembre  1524,  spediva  una  lettera  dominis  reetoribus 
Brixice ,  notando  loro  : 

Ho  commisso  a  M.o  Caremolo  mio  armarolo  che  ne  faci  de  le 
armi  per  me  et  per  alquanti  mei  soldati  da  piedi  et  da  cauallo  et 
per  tale  effetto  lui  venera  lì  a  Bressa  per  tuore  del  ferro  da  fare  esso 
armi  prego  le  M.  V.  per  amor  et  respetto  mio  li  uogliano  lassar  tuorre 
et  extrhaere  eoe 

E  poi  sempre  agli  stessi,  a  di  8  dicembre  1525  : 

Per  la  lettera  de  le  M.  V.  di  5  del  presente  ho  visto  quanto  beni- 
gnamente le  siano  contentate  ad  instantia  mia  di  far  relaxare  a 
M.™  Petro  Jacomo    da   Castello  armarolo  le  due    somme  di  ferro  lui 


ALLA    CORTt;    DI    MANTOVA.  573 

neramente    hauea    compro  per  mio   bisognio  cioè  per  far  armature  e 
per  mi  e  per  mei  soldati  però  ne  le  ringratio  infinitamente. 

Questo  armarolo  da  Castello  nell'  ottobre  1527  aveva  promessa 
dal  Marchese  mantovano  di  350  ducati  per  armature,  archibugi 
e  schioppi,  fattigli  in  Brescia. 

Ringrazia  pure  per  aver  dato  licenza  consimile  a  Mastro  Ca- 
remolo  per  tre  some  di  ferro ,  e  domanda  la  tratta  ancora  per 
cinque  altre  some. 

E  poi  a  di  21  gennaio  1525  ,  rivolgevasi  al  suo  ambasciadore 
<3.  B.  Malatesta  in  Venezia  : 

Perchè  molte  volte  mi  occorre  per  fare  armature  per  la  persona 
nostra  a  Caremolo  nostro  armarolo  et  da  tre  in  quattro  uolte  l'anno 
secondo  le  mutationi  della  persona  nostra  et  secondo  diverse  foggie 
che  mi  piaceno  de  quale  -alcune  ne  tenemo  alcune  donamo  uia  ad 
qualche  amico  et  Gentilhomini  et  anchor  li  nostri  Gentilhomini ,  es- 
sendo questo  bono  armarolo  se  forniscono  da  esso,  accadi  parimente 
mandar  molte  volte  a  Bressa  a  leuare  ferri  per  tal  bisogno.  Il  per- 
chè quel  M.co  Capitano  di  quella  città  se  rende  difficile  lassarli  cavare 
acciochè  non  si  pensi  che  la  cosa  sia  altramente  come  le  et  che  ogni 
uolta  non  interuengono  queste  difficoltà  uolemo  che  faciati  intender 
il  tutto  a  quelli  Signori  con  pregarli  che  uogliano  essere  contenti  di 
scrivere  al  predetto  Magnifico  Capitano  o  che  permetti  che  si  leni 
quelli  ferri  che  saranno  per  il  detto  bisogno  o  che  limittono  quella 
honesta  quantità  che  li  piace  concederni  che  mi  faranno  gratia  sin- 
gulare ,  cauando  tale    expeditione    più    fauorabile    che    potrete. 

Seguiranno  autografi  dell'  armaiolo  stesso  : 

Signor  Patron  auiso  come  azo  presentato  la  litera  de  V.  S.  al  Cha- 
pitani  di  Bresa  e  lui  me  ha  dito  a  bona  giera  che  lui  non  uole  chel 
>^e  me  uà  ferro  zo  del  palese  et  auiso  V.  S.  corno  retornai  una  altra 
volta  da  lui  et  lui  me  dise  che  non  me  douesse  partir  da  lui  per  fin 
che  la  risposta  vineva  da  Uinetia  da  parte  de  V.  S.  et  uedando  tal 
risposta  da  lui  me  pensai  de  dir  de  uoler  andar  in  un  seruisio  de 
V.  S.  per  sei  dì  uedendolo  mal  disposto  de  seruh*  V.  S.  et  auiso 
quella    comò   vado  al  uiazo  per  far  il  debito  mio  siche  V.  S.  prouedi 


574  LE    ARTI    MINORI 

et  fati  uoi  et  pur  non  uoria  far  chosa  che  fosse  un  dispiaser  di  V.  S, 
et  uisateme  per  il  presente  lator  a  dì  12  de  Zenaro  del  1526. 

Mi  Carcmol  a  fato  scrwerc  dal 
Ber  gemo. 
Che  sia  data  in  man  del 
lustrissimo  signor  Marchese  di  Mantooa. 

Allora  il.  Marchese  si  rivolse  al  suo  Ambasciadore  in  Venezia 
per  aver  1'  opportuna  licenza. 

III.'""  Signor.  Sapia  Vostra  Signoria  comò  la  vostra  gola  et  quella 
de  Magistro  Petro  sono  tutte  due  eguale  di  peso  cioè  pesano  tanto 
una  quanto  1'  altra,  ma  quella  de  V.  S.  è  molto  più  bella  che  quela 
altra  et  è  più  granda  pur  assai  mo  quella  de  Magistro  Petro  è  più 
granda  de  colare  che  non  ze  quella  di  V.  S.  Sapia  V.  SigA'^  eh'  io 
sonto  per  fare  tanto  quanto  voi  quella  et  non  altramente  et  tanto 
quanto  mi  comandarà  V.  S.  farò  da  vero  et  fedele  servitore  ancora. 
Zohan  Zorzo  selaro  me  ha  mandato  uno  fusto  da  armare  uno  de 
quelli  cavalli  che  ha  menato  Mg.'o  Alessio  a  V.  S.  che  ha  nome  : 
il  primo  soltano  Solimano  da  armare  a  botta  de  schioppo  :  sapia  V.  S. 
che  ho  pagato  a  Bressa  il  ferro  per  armare  selle  et  colui  non  me  la 
ancora  mandato  ma  pur  se  V.  S.  vole  che  sia  fornito  subito  gua- 
starò  di  petti  e  ciò  che  ho  al  mondo  par  seruir  V.  S.'^  non  altro  a 
V.  S.  me  racomando  xxj  Augusti  mdxxvìj. 

Vostro  ser attore  Caremoro  armarolo 
di  V.  S. 
All'  III.  et  Ex.'^°  Signor  nostro 
il  Sig.  Marchese  di  Mantua 
in  Marmirolo. 

Il  marchese  Federico,  a  dì  l**  giugno  1527,  facevagli  la  seguente 
concessione  : 

«  Gli  meriti  di  la  servitù  che  ha  con  noi  Caremolo  da  Milano  nostro 

armarolo    carissimo    ne    inducono  ad  gratificarlo concedendogli  la 

privativa  di  fare  e  permettere  ad  altri  venture  e  giochi  di  coso 
mangiative  e  di  altre  cose  del  valore  d'un  ducato  per  ciascuna  uolta, 
concessione  »  estensibile  anche  agli  eredi  suoi. 


ALLA  CORTE  DI  MANTOVA.  575 


Al  23  gennaio  dello  stesso  anno  «  Caremolo  e  Consorti  de 
Mondrone ,  cioè  Paolino  suo  fratello ,  Bernardino  nipote  loro  ex 
fratre  de  Mondronihus  mediolane nses  armaroli,  ottenevano  cittadi- 
nanza mantovana.  E  al  22  novembre  1528  Caremolo  de  Mon- 
dronibus  otteneva  dal  marchese  privativa  erigendi  cedijitium  super 
rivo  Jtuminum  regalium  prò  faeienda  arma. 

(R.  Decreti  et  Mandati  1522-30,  fot.  30  a  133J  . 

III.""'  et  Ex.'""  Signor  mio  et  patron  obseroand.""'  Quanto  se  spela 
a  me  de  compiacer  Ms^  Caremolo  armarolo  de  V.  E.  de  la  botegha 
che  quella  per  una  sua  me  scrive  ,  son  contentissimo  contendosi  an- 
cora lo  Ill.mo  signor  Ludovico  mio  fratello  :  desideroso  in  questo  et 
in  magior  altra  cosa  far  piacere  a  V.  S.  alla  quale  con  tutto  il  cuore 
baciandogli  le  mani  me  offero  et  raccomando  in  sua  buona  gratia. 
Da  Gazolo  a  li  xxvj  de  Zenaro  mdxxvii. 

Di  V.  S.  III.  et  Ex. 

seruitore 
Pirrho  Gonsaga. 
AlV  III.  et  Ex.  Signor  mio  et  Patron 
Obs.  Il  Signor  Marchese  di  Mantoua. 

Lorenzo  Martinengo  da  Brescia  scriveva  al  Marchese  di  Man- 
tova in  data  12  dicembre  1527  : 

Hoggi  mastro  Caremolo  et  io  insieme  hauemo  fatto  portare  qui  in 
casa  nostra  dal  Mastro  le  spade  di  V.  E. ,  le  quali  sopra  d'  un  bono 
brazzale  prouate  non  si  sono  ponto  dal  primo  suo  essere  mosse 
comò  la  stessa  V.  E,  uederà  et  il  tutto  più  chiaramente  dal  prefato 
mastro  Caremolo  intenderà. 

Pare  che  dopo  il  Caremolo  facesse  una  gita  per  proprio  conto , 

|poichè  il  Marchese  lo  faceva  cercare  ad  Orzinuovi.  Egli  rispon- 

ieva  da  Verona  nel  dicembre  1528,  che ,  lasciate  le  armature  in 

^Brescia ,  sarebbe  partito  secondo  gli  ordini.  Erano  armature  che 

iveva  fatte  per  l' imperatore ,  da  cui  erano  aspettate  vivamente. 

Antonio  Bagarotto  da  Ispruch   scriveva  alla  Corte  di  Mantova 

iil  2  maggio  1530: 


)76  LE    ARTI    MINORI 


L'  armarolo  de  la  Maestà  Cesarea  cui  insta  che  voglia  pregare 
V.  E.  che  come  più  pi^esto  siano  fornite  le  arme  che  si  fanno  l'i  in 
Mantoua  per  S.  M.^'"^  là  le  uoglia  mandare  perchè  le  sono  aspettato 
da  quello  cum  summo  disidcrio. 

Ma  Caremolo  pare  che  pensasse  più  a  suoi  possessi  ;  poiché 
a  di  22  april)8  1531  domandava  al  Duca  di  Mantova  ed  otteneva 
di  portarsi  in  villa  (rus)  non  ostante  non  fosse  ancora  tempo 
(^R.  Mandati  1531,  fol.  63J. 

Ippolito  Calandra,  da  Mantova,  scriveva,  a  di  22  marzo  1533, 
al  Duca  : 

Le  armature  di  la  M^'"^  Cesarea  non  puonno  esser  fornite  a  lauorar 
di  e  nocte  e  dimane  che  è  festa  più  presto  che  posso  dimani  alli 
dicesette  hore  che  V.  S.  facia  conto  che  alle  venti  hore  M.''o  Care- 
molo  si  partera'che  serra  lunedi. 

E  al   23  seguiva  : 

M.'o  Caremolo  domatina  a  bona  hora  si  parte  con  il  mulo  et  lo 
arme  di  S.  M.  quale  sono  belle  corno  V.  S.  uederà  et  anche  esso 
porta  la  sella  che  si  è  fornita. 

L'  ambasciadore  mantovano  in  Spagna,  in  data  26  agosto  1534, 
da  Potenza  scriveva  al  Duca  di  Mantova  : 

V.  S.  sapeva  come  ali  23  del  mese  M.'o  Caremolo  apresento  le 
armi  quali  li  sono  state  tanto  care  che  S.  M.  disse  che  li  erano  più 
care  che  una  cita  puoi  fece  tante  careze  a  M.''o  Caremolo  come  fosse 
stato  suo  fratello  puoi  gè  li  à  aprouate  et  li  sono  state  tanto  bene 
clie  non  si  puotria  dir  meglio  e  credo  se  il  gè  avesse  tolto  la  mesura 

mile  uolte  non  stanano  meglio M.^o   Caremolo  più  è  amato  e  rc- 

uerito  che  omo  de  la  Corte. 

E  meglio  proveranno  la  soddisfazione  dell'  imperatore  i  suoi 
autografi  che  qui  per  la  prima  volta  vengono  in  luce. 

Carolus  Augustus  D.  F.  C. 
Romanorum  Imperator. 

III.'^^  Prineeps  Consang.'^  Carissima  Las  armas  q.  nos  truxo  Care- 
molo    nos   ha  parescido    muy    bien   y  estamos    muy    contento    dellas 


ALLA  CORTE  DI  MANTOVA.  577 


porque  son  nxuij  bien  acabadas  ya  nostra  uoluntad ,  y  lo  qucdamos 
del  animo  con  que  se  enihiaro  porque  lo  tenemos  bien  conoscido  y  ha- 
beinos  lo  que  enei  ay  para  nostras  cosas  ci  nostro  para  las  vestras 
es  de  la  misnia  manera  come  cs  rason  ,  Ca remolo  dira  particular- 
mente  lo  demas  q.  teca  a  las  armas  Dai.  ex  Palencia  a  quatro  de 
septembre  an.  de  MDXXXiiij_, 

Carolus. 
///."  Duci  Mantuae  Principi 

et  Consanguineo  nostro  carissimo. 

E  ne  fu  tauto  contento  che  ne  volle  altre. 
Ritornato    Caremolo  in  Mantova,  a  di  19  maggio  1536,  rivol- 
gevasi  cosi  al  Duca  : 

Per  il  presente  lator  di  questa  mando  a  V.  S.  la  spada  et  lo  pu- 
gnale et  quanto  che  quella  mi  dette  commissione  beri  sarà  che  li 
d vessi  mandarli  drieto  che  cosi  non  ho  mancato  exeguire  quanto  in 
executione  me  impose  ho  hauuto  beri  serra  una  lettera  de  Monsignor 
grande  qual  me  scriue  che  quanto  più  presto  porterò  le  armature  allo 
Ces.  M.t'*  tanto  più  grate  li  saranno  però  non  mancare  solicilare. 

In  fatto  Carlo  da  Fano,  a  di  19  giugno  1536,  scriveva  da  Asti 
al   Duca  di  Mantova: 

Hoggi  mastro  Caremolo  ha  presentato  la  celata  et  spada  a  S.  M. 
et  per  quanto  egli  mi  dice  gli  è  molto  piaciuta ,  domani  S.  M.  se 
uole  armare  uolendosi  prouar  ogni  cosa  ad  un  tratto  Le  ha  doman- 
dato quando  potrà  hauer  li  dagoni,  mostrando  hauer  desiderio  di  ha- 
uerli  presto ,  le  resposi  che  li  hauria  alla  fine  di  questo  mese  col 
^  guanto  stanco  e  chel  dritto  hauer  ebbe  a  meze  che  viene. 

Ed  anche  per  queste  seconde  armi ,  F  imperatore  espresse  la 
sua  soddisfazione  nel  seguente  autografo  inedito  : 

f 

Carolus  divina  facente  Clementia 
Roman.  Imp.  August. 
Illj^  Princeps  consanguinee    Carissime  Las  armas  son  muy  buenas 
nos  han  parescido  en  extremo  bien  y  contentado  mucho  y  assy  nos 


578  LE    ARTI    MINORI 


ha  sati^fecho  el  armerò  al  qual  hauremos  plaser  que  per  nuestro  re- 

spedo  tengays  per  encomendado. 

De  Alua  a  XXiij  de  Junio  de  MDXXXVj . 

Carolus. 

Fiaques  secret. 
Ill."^o  Frederlgo  Gonsaga  duci  Mantuce 
Principi  et  consanguineo  nostro  cariss."^^ 

Da  Mantova  Caremolo  ,  al  9  novembre  1536  ,  presentava  al 
Duca  un  pugnale  ordinatogli ,  promettendo  «  di  fornire  uno  altro 
cappello  e  beretta  di  ferro.  »  E  a  di  14  dicembre  mandavagli 
per  suo  genero  «  lo  capello  et  la  beretta  alquanto  più  grande  de 

r  altra  et  con    le   pieghe  ad  un  altra  foggia ....  ancora  auiso 

comò    la    sua    armatura  è  finita Quel    Maestro   da  le  spade 

ha  portato  a  V.  E.  uno  belissimo  dagone  il  più  bello  che  mai 
uedessi  insieme  con  molte  spade  molto  belle  quale  ha  compro 
il  conte  da  la  Mirandola  el  l' ha  fatte  fornire  molto  bene  do 
fornimenti  bressani.  Parimente  auiso  V.  E.  come  il  conte  da 
Fontanella  ha  mandato  da  me  per  farsi  fare  due  armature  per 
la  sua  persona.  » 

Ed  eccoci  ad  un  autografo  di  un  altro  ancor  più  famoso  ar- 
maiolo,  Serafino  da  Gardone,  che  operò  una  finissima  armatura 
per  Carlo  V. 

Iho  maystro  Antonio  de  Serafino  confesso  hauer  receuto  da  Miscr 
Caremolo  maystro  de  1'  armarla  de  1'  ecclentissimo  signor  Ducha  de 
Mantoua  scudi  setanta  doro  per  compito  pagamento  de  doi  spade  et  uno 
pugnale  e  questo  si  è  sta  paga  di  in  tasa  del  magnifico  signor  Caualer 
Marloto  Martlnengo  a  di  12  desembre  a  bore  23  e  mezza  del  1537. 

E  mi  Antoni  de  Sarafino  scrito  el  presente  scrito  a  di  medesmo 
sopra  scrito. 

L'Angelucci  (L'arte  nelle  armi)  crede  aver  scoperto  il  casato 
di  Serafino  essere  Martinoni  ;  ma  io  credo  che  si  tratti  di  altro, 
infatto  quello  che  egli  trovò  nominato  armaiuolo  del  Duca  di  Savoja 
nel  1566  chiamavasi  Francesco  e  nel  documento  da  me  esposto 
abbiamo  la  firma  stessa  Antonio  de  Serafino. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA. 


579 


Caremolo,  al  15  aprile  1539,  faceva  conoscere  al  Duca,  suo 
!iignore,  d'avergli  già  partecipato  che  mastro  Bartolomeo  da  Ve- 
rona non  aveva  potuto  finire  quelle  armi  per  essere  stato  am- 
malato ;  ma  che  guarito  riprese  il  lavoro,  ma  poi  ricaduto  dovè 
passare  il  compimento  ad  altro  mastro,  che  fra  15  giorni  le  darà 
compiute. 

Due  giorni  dopo  facevagli  conoscere  che  aveva  ordinato  a 
Brescia  la  spada  e  i  fornimenti  dorati,  secondo  i  voleri  del  Duca. 

Al  28  stesso  mese  partecipa  vagli  che  andò  a  Brescia  ad  ordi- 
nare le  due  spade  a  mastro  Antonio  de  Serafino  «  una  con  gli 
dui  canaletti  e  V  altra  col  spigolo  in  mezzo.  »  L'  avvisa  che  man- 
derà subito  r  arme  del  Gran  Conestabile  a  mezzo  di  Marcantonio 
suo  genero.  Al  6  maggio  erano  spedite. 

Margherita  d'Austria  da  Roma,  il  16  agosto  1539,  rivolgevasi 
al  Duca  di  Mantova,  raccomandandogli  Antonio  de  Torres  che 
veniva  a  Mantova  «  per  havere  certe  arme  che  ha  fatto  fare  in 
Mantova  per  Don  Gratia  de  Toledo  figliolo  del  signor  Viceré  di 
Napoli.  » 

Il  Torres  ebbe  in  Mantova  lite  con  un  gentiluomo,  cosi  al  21 
dello  stesso  mese  Margherita  d'Austria  ne  raccomandava  al  Duca 
la  risoluzione. 

Boisy  d'Albeville  al  23  febbraio  1540  scriveva  al  Duca  pre- 
gandolo di  far  sollecitare  1'  armaiolo  cui  da  otto  mesi  aveva  or- 
dinato l'armatura,  dandogli  scudi  250  di  caparra  ;  ma  al  26  maggio 
non  le  aveva  ancora  ricevute  e  domandava  nuovamente  notizie 
sullo  stato  del  lavoro. 

Ed  ecco  la  fine  del  valente  artefice. 

1543  27  febraio. 
M'"o   Caremol    di    Modrone    da    Milano  armarolo  dell'  111.'"  et  Ex"io 
Signor  nostro  in  contrada  del  Leopardo  morto  di  5  4  anni. 

Dall'eredità  risulta  che  aveva  comprato  un  molendinum  armorum 
in  suburbio  Portus  da  Viglino  de  Vilatis. 

Suo    fratello    Paolo  armarolo    moriva  il  20  aprile   1563  nella 


580  l'E    ARTI    MINORI 


stessa  casa  di  febbre,  dopo  otto  giorni  di  malattia,  avendo  65  anni. 
(jVeerologio  Mantovano).  Erano  figli  di  un  Pietro  Ambrogio. 

Come  si  é  veduto  questo  Caremolo  mantenne  1'  onore  italiano 
pella  fabbricazione  delle  armi  e  fu  onorato  personalmente  dallo 
stesso  imperatore  Carlo  V. 


Armaruoli  diversi. 

Ora  ritorniamo  indietro  a  riprendere  altri  artefici  e  notizie  at- 
tenenti alle  armi  presso  la  Corte  mantovana. 

Al  26  gennaio  1525  il  Marchese  scriveva  al  Castellano  Arcis 
Capr  lance. 

Dilccto  Jidelis  noster.  Volemo  che  tu  consegni  al  presente  exhibi- 
tore  sei  de  quelle  armature  che  ti  lassò  questa  estade  passata  Caremolo 
nostro  armarolo  quando  il  signor  Fabritio  Maramaldo  fece  compagnia 
de  fanti  con  ordine  che  tu  dovesti  dar  a  niuna  persona  senza  nostra 
lettra,  che  mandamo  questo  messo  a  posta  perchè  le  conduchi  a 
Mantova  :  bene  tale. 

Giacomo  Cappo  ambasciadore  mantovano  in  Milano  avendo 
fatto  sapere  al  Marchese  suo  signore  che  il  Marchese  del  Guasto 
avrebbe  aggradito  una  spada  schiavona,  a  di  10  marzo  1526, 
aveva   in  risposta  : 

Mandamoui  due  schiauone  ben  guarnite  e  bone  lame  le  quale  pre- 
sentarete  per  parte  nostra  al  signor  Marchese  di  Guasto  facendo  la 
escusa  nostra  con  sua  signoria  se  siamo  stati  tanto  tardi,  perchè  ni 
è  stato  forza  mandar  a  Venetia  al  ritrouarne  da  quelli  schiauoni,  che 
si  intronano  là  et  hauemoae  haucto  queste  due  per  le  migliori  che 
si  habino  potuto  hauere  che  in  casa  non  se  ne  retrouano  che  quelle 
che  già  ni  porto  il  Capitano  Ioan  d'  Urbino  le  facessimo  retirare.... 
farete  ancor  offerta  de  la  spada  da  due  mani  che  ui  mandassimo  li 
di  passati  fornita  di  argento  se  non  1'  accetta  remandatemela  indietro. 

Intendemo  che  si  è  uno  mastro  che  fa  barde  da  cauallo  de  piastre 
de  ferro  come  si  fanno  le  coracine  e  perchè  designamo  di  hauerne 
uolemo  che  sapiate  da  lui  quanto  pesariano  le  barde  fornite  integra- 
mente et  quanto  ne  costariano  per  un  cavallo... 


ALLA  CORTE  DI  MANTOVA.  581 


Il  Duca  di  Urbino  cognato  del  Marchese  di  Mantova,  trovandosi 
a  Castel  Goffredo  nel  mantovano,  a  di  2  di  ottobre  1526,  rivol- 
gevasi  al  Marchese: 

Perche  ho  desiderio  et  bisogno  di  un  pugnalo  qual  non  farei  caso 
che  fussc  o  alla  spagnola  o  a  qual  altra  foggia  se  uolesse  et  mede- 
mamente  de  un  arma  da  portare  allo  arcione  poro  che  quella  mia  eh'  io 
portaua  si  è  rotta... 

Prega  per  averla  aggiugnendo  che  gradirebbe  molto  : 

Quel  pugnale  che  ella  mi  mostro  a  Marmirolo  guarnito  di  argento 
Inuorato  de  mano  di  quel  spagnolo. 

Da  Padova  poi  al  9  settembre  1527  scriveva  : 

Ho  riceuuto  la  gola  di  maglia  che  V.  S.  111."^^  mi  ha  mandato  e 
per  essere  de  la  qualità  che  è  ;  e  uenire  da  lei  mi  è  summamente 
•  ara  e  particolarmente  perche  parmi  che  perfettamente  finirà  la  mia 
armatura. 

Indi  prosegue  con  notargli  che  se  desiderasse  alcun  pezzo 
d'arme  da  M.'°  Antonio  in  Brescia,  non  avrebbe  altro  che  av- 
visarlo che  lo  farebbe  eseguire  subito. 

Al  28  settembre  1529  da  Brescia  nuovamente. 

Quanto  al  soprapetto  et  la  celata  il  mio  armarolo  me  ne  lauora 
una  al  presente  che  prestissimo  sarà  finita  et  sarà  de  bona  mancra 
però  perchè  elio  non  potria  seruir  bene  V.  S.  IH.  senza  pigliarle  la 
misura  io  glielo  manderò  snbito  et  faroUe  portare  detta  celata.... 

E  al  quattro  novembre  avvisava  che  aveva  spedito  I'  armarolo. 

G.  Giacomo  di  Medici  dalla  Rocca  di  Musso,  fin  dal  18  gen- 
naio 1528,  aveva  mandato  a  Mantova  archibusi  «della  bontà  et 
beltà  loro  sonno  degli  meglioii  et  più  belli  si  sono  trouato  in 
alemagna  ». 

Tommaso  Cardo  da  Pojsi,  il  5  marzo  1528,  avvertiva  il  Mar- 
chese : 

Delle  armi  hauendo  S.  Maestà  un  certo  pugnai  non  ....  bello  allato 
He  che  io  gli  lo  leuasse  et  che  io  li  ponesse  quello  de  V.  S.  quale 
i  ha  molto  piacciuto  et  da  bora  in  qua  sempre  1'  ha  portato  et  porta. 


582  LE     ARTI    MINORI 


Delle  altre  armi  disse  «  che  mai  non  ha  hauuto  il  più  bello 
ne  il  più  charo  presente.  Erano  presenti  monsignor  lo  Gran  Mastro 
Monsignor  de  Guisa  et  el  Cardinale  suo  fratello.  » 

Altre  armi  il  Marchese  mandava  a  suoi  cugini  in  Lorena  e 
non  regalava  soltanto  a  Principi  ma  anche  a  privati  ;  e  ne  riceveva. 

Altro  sontuoso  regalo  faceva  il  Marchese  mantovano  (ultimo 
giugno  1528)  a  messer  Giov.  Contareno,  cioè: 

Uno  spadone  a  due  mani  fornito  d'  argento  col  manico  pomo  elzi 
et  pontale  d'argento  battuto.  Un  azza  adorata  inastata;  tre  altre  in 
diversa  foggia. 

Dui  partesanoni  inastati 

Un  armatura  fornita  da  tutto  punto  col  petto  dorato 

Una  corazzina  d'  azzalo  a  tutta  botta  intersata  coperta  di  raso 

Una  celata  alla  polacha  coperta  di  brocato,  altra  differente 

Dui  targoni  lauorati  et  dorati. 

Egli,  a  di  11  settembre  1528,  avvertiva  Fernando  Gonzaga 
che  gli  faceva  far  una  armatura  simile  a  quella  fatta  eseguire 
pel  Marchese  del  Guasto,  e  gli  spediva  pure  un  cavallo  turco 
per  la  via  di  Gaeta. 

A  di  10  luglio  1536  il  Marchese  incaricava  di  far  conoscere 
a  Don  Ferrando,  mandandogli  una  spada,  che  «  questa  é  ritirata 
da  una  schiauona  uecchissima  che  Noi  tenemo  per  perfetta  arma. 
Et  poi  di  quella  maniera  che  parerà  a  sua  Signoria  presenterete 
a  S.  Maestà.  »  Nel  gennaio  1588  ordina  a  Brescia  per  conto  di 
Don  Ferrando,  viceré  di  Sicilia,  ferro  per  petti,  coppe  di  celate 
e  schienali  di  armature. 

Riceveva  dal  famigerato  Pietro  Aretino  un  pugnale  fatto  da 
Mastro  Valerio ,  bellissimo,  come  fa  conoscere  il  Marchese  stesso 
ringraziandolo,  il  23  ottobre  1529. 

Sembrerebbe  che  altre  armi  oltre  quelle  fatte  da  Caremolo ,  il 
Marchese  facesse  eseguire  peli'  imperatore  ;  poiché  riscontrai  che 
egli  al  18  luglio  faceva  pagare  sulle  condanne  o  composizioni^ 
scudi  29'  d'  oro  a  M^°  Pietro  armarolo  per  certe  armature  fatt^ 
da  lui  e  donate  dal  Marchese  alla  Maestà  Cesarea  (i?.  Decret^ 
e  Mandati  1530-2,  fol.  332). 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  583 

E  poi  il  9  novembre  1532  faceva  scrivere  a  M."^  Franceschiao: 

Ilauendo  la  Maestà  Cesarea  uedute  alcune  armature  delle  uostre 
bellissime  et  essendogli  piaciute  molto  e  venuto  in  desiderio  de  hauerne 
per  la  persona  sua.  Unde  seria  bene  et  così  ui  priego  a  far  che  man- 
diati  subito  in  qua  uostro  figliuolo  acciochè  sua  Maestà  possa  ordi- 
narli quelle  cose  che  uorrà  et  quanto  più  sera  presto  sera  tanto 
meglio.  . . . 

Urbano  da  Brescia  da  questa  città  spediva  al  Segretario  du- 
cale in  Mantova,  il  16  aprile  1531  : 

Finalmente  tutta  questa  architettura  che  mi  ha  comesso  el  signor 
Duca  et  la  signora  Duchessa  miei  patroni,  di  armi  che  sono  parecchie 
casse  poiché  sonno  tutte  doppie  da  giostra  et  da  combattere  alla  spada 
con  centinara  di  grappeìlo  schife  e  contraschife  et  armi  da  uomini  con 
tutti  li  fernimenti  anco  con  testiera  da  cavalli. .  . . 

Leonora  Gonzaga  duchessa  d'  Urbino  da  Pesaro  scriveva  a 
suo  fratello,  duca  di  Mantova  (23  marzo  1536). 

Quando  il  signor  mio  111.™»  fu  arrivato  qui  presente  a  S.  E.  il 
pugnale  che  V,  S.  111.  mi  haueva  mandato. ...  e  stato  tanto  accetto 
a  questo  quanto  dire  se  potesse  auendolo  accettato,  come  si  suol  dire 
in  prestito  per  cento  un  anno. 

Anche  suo  marito  ringraziava  del  dono,  e  poi  al  6  luglio  1537, 
scrivendogli  da  Murano  : 

Io  desideraria  che  un  Mastro  da  schioppi  che  sta  in  Augusta  e  ne 
lauora  de  simili  a  quello  che  mi  dono  V.  E.  con  qualche  cosa  di  più 
di  nono  me  ne  facesse  uno  ma  mi  fa  intendere  non  potermi  sefuire 
per  hauer  preso  a  farne  quattro  o  cinque  per  il  signor  Duca  di  Ba- 
viera, il  lavoro  de  quale  non  pò  intralassare  et  perche  vi  ho  pur  gran 
desiderio  di  satisfarmene  ho  pensato  con  la  solita  confidenza  di  in- 
teressare insomma  il  cognato  per  averne  uno  dal  Duca  bavarese. 

E  pare  sia  stato  soddisfatto ,  poiché  al  23  gennaio  1538  da 
Venezia  scriveva  : 

Ringratio  grandemente  V.  S.  111.  de  la  risposta  che  mi  fa  circa 
lo  archibuso  che  douea  uenirè  d'  Alemagna  et  de  la  canna  che  mi  ha 
raandato  che  tira  senza  fuoco  che  mi  è  molto  cara. 


584  LE    ARTI    MINORI 


«  Alessandro  antiquario  dele  medaie  »  da  Venezia  nel  lu- 
glio 1538  offriva  al  Duca  di  Mantova  una  scimitarra  damaschina 
di  Bascià  turco,  domandando  scudi  12. 

Bono  Moreschi  e  suo  figlio  Gian  Pietro  appariscono  nel  1539 
a  servizio  della  Corte  di  Mantova  quali  armaruoli. 

Il  Duca  di  Mantova  favoreggiava  con  facilità  gli  artefici  di 
armi  e  di  fornimenti  in  Mantova:  a  di  20  marzo  1539  era  accor- 
data la  cittadinanza  mantovana  a  M.'''^  G.  B.  Marchetti,  detto  il 
Chiosi ,  da  Salodio  Morsarlus,  che  da  18  anni  era  in  Mantova 
{R.  Decreti  1538-42,  fol.  30). 

A  di  6  dicembre  1542  permetteva  che  M.'°  Bastone  armarolo 
dell'  111.'"°  Don  Ferrante  trasportasse  senza  pagamento  di  dazio 
al  suo  signore  17  casse  e  4  forzieri  pieni  di  armature  e  18  spade , 
tutti  di  spettanza  di  Ferrante  Gonzaga. 

E  la  stessa  concessione  all'ultimo  gennaro  1543  dava  al  Ca- 
pitano Belantonio  Corso  che  conduceva  da  Brescia  per  Pier  Luigi 
Farnese  certa  quantità  d'  armature. 

Era  superiore  della  Armeria  Ducale  nel  1543  un  Mastro  Marco 
Antonio. 

Il  Duca  di  Mantova  riceveva  la  seguente  da  Venezia,  il  10  di 
luglio  1549  : 

In  questa  terra  è  un  tedesco  qual  lauora  molto  bene  di  ruote  da 
schioppo  et  altre  cose  che  altre  uolte  essend'  egli  putto  insieme  con 
un  altro  tedesco  stete  al  seruicio  della  felice  memoria  dell'  Ecc."^^  ^\. 
gnor  Duca  padre  di  V.  E.  et  lauoraua  nella  monitione,  bora  costui  e 
reiiscito  un  buon  maestro  et  io  ho  veduto  V  oppei^a  sua  qual  molto 
mi  piace ,  quando  V.  E.  lo  uolesse  al  suo  seruicio  mi  darebbe  il 
core  di  condurglielo  con  poca  cosa,  costui  e  giovane  solo  ba  ingegno 
et  lauora  uolontieri.  Le  cose  mie  procedono  all'  usanza  di  Venotia 
lunghe  per  il  che  dubito  essere  sequestrato  per  qualche  mese.  .  .  . 

G.  B.  da  Gambara. 

Al  1"  marzo  1553  il  Governo  mantovano  concedeva  il  privile- 
gio a  Gio.  Antonio  de  Bombardarijs  bresciano  per  fabbricare  ed 
indorare  armi  in  Mantova,  accordandogli  di  più  la  cittadinanza 
{R.  Decreti  1518-53,  fol.  278-9). 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  585 

E  al  due  maggio  dell'  anno  seguente  facevasi  concessione  degli 
statuti  o  capitoli  all'  arte  dei  fabbricatori  di  spade  o  spadari,  no- 
tandosi che  prima  d'  allora  per  esser  pochi  non  avevano  potuto  co- 
stituire il  paratieo  e  dovettero  star  uniti  coi  ferrari.  Riconosciuto 
esservi  24  botteghe  di  spadari,  i  mastri  domandarono  ed  ottennero 
la  separazione  {R.  Decreti,  15536,  fol.  120). 

Per  la  seconda  metà  del  secolo  XVI  possiamo  dar  un  po'  d'  or- 
dine regionale  ai  documenti  a  cominciar  da  Ferrara. 

Non  comprendo  bene  di  qual  ordegno  si  voglia  alludere  in 
questa  lettera  : 

//i."*»  et  Ecc."^o  S.o''  Perchè  intendo  che  un  M.™  Antonio  Magnano 
che  tiene  bottega  in  Mantoa  è  stato  fabricatore  dello  ruote  di  quelli 
scelerati  ordegni  che  sono  stati  mandati  in  diverse  parti  d' Italia  et 
particolarmente  nello  Stato  mio  et  hanno  fatto  quel  danno  che  ben 
mi  rendo  certo  che  sarà  peruenuto  alle  orecchie  di  V.  E.  et  essendo 
stata  non  solo  cosa  inaudita  ma  scelerata  et  di  pessimo  essempio  et 
desiderando  io  estremamente  di  uenir  in  cognitione  di  tutti  quei  miei 
sudditi  che  ui  hauranno  hauuto  parte  per  poterli  perseguitare,  come 
sono  risoluto  di  far  fin  all'  ultimo  punto  prego  1'  E.  V.  che  si  con- 
tenti per  amor  mio  oltre  che  so  eh'  Ella  è  di  sua  natura  nemica  de 
tristi  di  ordinare  eh'  egli  sia  subito  preso  et  posto  ia  una  buona  et 
sicura  prigione,  che  come  io  habbia  auiso  della  sua  detentione  man- 
derò persona  espressa  per  interrogarlo  diligentemente  sopra  tutto  quel 
che  occurrera  et  perchè  sarebbe  facil  cosa  che  costì  si  trouassero  al- 
cuni altri  complici  di  questa  sceleragine,  se  il  portatore  di  questa  ne 
notificherà  alcuno  all'  E.  V.  la  prego  parimente  a  farli  ritenere  che 
oltre  ch'ella  farà  cosa  degna  di  se,  io  gliene  resterò  con  obbligo  par- 
ticolare, raccomandandomi  intanto  alla  sua  buona  gratia  et  pregandole 
dal  S.f^o  Dio  ogni  felicità.  Di  Belriguardo  a  di  xixj  di  giugno  MDLXij^ 

Senatore  di  V.  £".'« 
Il   Duca   di   Ferrara 

AlV  Illj^o  et  Ecc."^o  Sig.'' 

Il  Sig.  Duca  di  Mantoa. 

Risulta  da  due  lettere   posteriori  che  fu  imprigionato  e  sotto- 
posto a  processo   con  altri.    Credo  possa    trattarsi  di  una  specie 
Arch.  Slor.  Lomh.  —  Anno  XV.  38 


i8C  LE    ARTI    MINORI 


di  bombe  all'  Orsini,  accennate  in  gride  appunto  dei  1562.  Erano 
in  forma  di  scatola  piena  di  polvere,  la  quale  aperta  da  chi  la 
riceveva,  mercè  una  piccola  ruota  d'  archibugio  scoppiava.  Molti 
ne  furono  vittima  in  Modena. 

Cesare  d'  Este  da  Ferrara,  il  21  febbraio  1590  faceva  cono- 
scere al  Duca  di  Mantova  che  non  prima  «  il  mio  Thedesco 
ha  finito  la  ruota  d'  archibugio  che  piacque  a  V.  A.  di  accettare.  » 
Ed  egli  stesso,  a  di  26  agosto  1596,  dava  ricevuta  al  Duca  di 
Mantova  dell'  archibugio  d'  acciaio,  mandatogli  in  dono. 

Pelle  relazioni  con  Brescia  principio   con   intagliatori  in  ferro. 

EeC'^o  Signore 

Pei-  non  mancare  ala  111.™^  S.  E.  non  ho  mancato  insieme  lo  M.'" 
Zouanni  circa  dele  feriate  prima  quello  Mastro  che  aueua  detto  già 
molti  giorni  de  far  li  ornamenti  a  pretio  de  soldi  otto  la  lira  luij  dice 
non  pò  farli  al  presente  per  manco  de  soldi  noue  per  alcuni  sol  ra- 
gioni :  li  altri  M."  sono  più  cari ,  poy  essendome  metuto  ale  mane 
M.''^  Paulo  qual  sono  stato  filiolo  de  uno  grande  ualentomo  in  questa 
arte  qual  anno  promesso  far  li  detti  fornimenti  per  otto  soldi  di  lira 
et  darli  in  laudabile  forma  et  se  sono  obligati  dar  idonia  sicurtà  de 
(juello  se  conuiene  li  come  questa  per  uno  scritto  che  ano  abuto  M.»» 
Zouann.e  qual  Mastro  Zouanne  se  auertisse  a  farse  dar  bona  segurta 
perchè  io  non  ho  molta  pratica  de  questo  MasU'o  desidero  che  V.  S* 
sia  ben  semita  che  la  prego  con  tutto  el  core  che  la  me  uolia  co- 
mandar ben  che  sia  indegnio  perchè  io  li  sarò  sempre  umile  et  fidele 
che  S.>"  Dio  conserui  V.  E.  ala  qual  umilmente  li  bascio  le  ill."'^  mani. 
Da  Bressa  a  lì  22  agosto  1565.  Di  V.  S.  III. 

Gratiadio  Antignate. 

L'Antignate  deve  esser  stato  il  conosciuto  fabbricante  di  or- 
gani, che  fece  fra  gh  altri  quello  della  chiesa  primaria  di  Chiari, 
del  Duomo  vecchio  di  Brescia  e  della  chiesa  ducale  di  S.  Barbara 
in  Mantova,  valutato  questo  600  ducati- da  Girolamo  d'Urbino,  E 
l'inferriata,  di  cui  è  cenno  nell'esposta  lettera,  deve  riguardar  ap- 
punto detta  chiesa.  Figlio  di  G.  B.  orgasaro  fu  padre  a  sua  volta 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  587 


(li  Costanzo,  che  segui  a  mantener  l'arte  in  famiglia  come  si  può 
vedere  nel  lavoro  del  Cav.  Danmano  Muoni  :  Gli  Antignaii  orga- 
na ri  insigni  e  serie  dei  maestri  di  cappella  del  Duomo  di  Milano. 
11  Podestà  di  Canneto,  a  di  2  gennaio  1576,  presentava  al  Duca 
questa  domanda,  appoggiandola  come  molto  utile. 

Al  nome  de  Dio 

Io  Gasparo  de  la  Roccha  armaruolo  in  Bressa  mi  offerisco  et  faccio 
oblatione  al  Ser."io  Sig.»"  Duca  di  Mant.^  et  Monferrato  ecc.  di  tenere 
una  monitione  de  300  morioni  a  mie  spese  et  interesse  o  bonefitio 
de  S.  A.  et  servitù  de  li  huomini  de  Canneto  et  tener  detta  monitione 
di  detti  300  morioni  in  Canneto  et  se  le  genti  di  S.  Al.^a  o  altri  ne 
comprarano  mi  obbligo  a  remetterli  de  mano  in  mano  secondo  si  ven- 
dirano  a  tal  che  la  monitione  de  detti  300  morioni  sia  sempre  integra. 

Di  più  mi  offerisco  se  in  Canneto  ouero  in  altro  luogo  vicino  a  Can- 
neto però  sottoposto  a  su  Altezza  gè  sarà  ale*  monitione  d'arme  di 
tenerla  in  ordine  regolata  et  gouernata  et  da  armar  le  sue  genti  o 
soldati  quando  sarà  il  tempo  de  far  le  mostri  o  ad  altri  bisogni. 

Di  più  mi  offerisco  a  mettere  botega  in  Canneto  et  lavorare  della 
arie  de  le  armi  farne  de  nuoue,  conciar  dolio  vecchie  et  conciar  o 
reformar  le  antiche  in  forme  moderne. 

Et  tutte  qxieste  opere  farle  fedelmente  so  su  altezza  si  degnarà  di 
farci  dare  quella  minima  prouisione  o  salario  che  si  dà  a  uno  minimo 
fantaccino  cioè  scuti  trei  al  mese  et  la  casa  de  banda  da  mettere  la 
botega. 

Et  anco  mi  offerisco  dar  Idonea  seg;urtà  de  scuti  200  d'oro  di  seruire 
fidol  mente. 

Queste  proposte,  tanto  più  appoggiate  dal  Podestà  locale,  non 
potevano  a  meno  di  esser  accettate,  essendovi  penuria  di  fabbri- 
cauti  d'armi  in  Mantova. 

La  seguente  era  diretta  al  cameriere  del  principe  di  Mantova: 

Molto  magnijico  mio  patrone. 

Feci  fare  la  canna  rigata  che  mi  comise  V.  S.  III.  ma  non  è  riuscita 
a  mio  modo  per  seruir  V.  S,  onde  la  mi  perdonerà  se  ho  tardato  dì 
mandargliela  a  tempo  ma  per  meglio  seruir  sua  signoria  111.'"»  come 


588  LE    ARTI    MINORI 


è  mio  desiderio  ne  ho  ordinata  un  altra  quale  si  fa  et  subito  fornita  non 
mancaro  subito  di  mandarla  con  che  molto  me  gli  offero  et  recomando. 

Da  Bressa  li  10  aprile  1587 
Di  V.  S.  III.^ 

Seruitore  affy 

Gio.  Maria  De  Fino 

maestro  de  archibusi 

All'Esposizione  di  oggetti  artistici  in  metallo,  tenuta  in  Roma 
nel  1886,  figurava  un  trombone  con  canna  in  ferro,  ornata  da  graf- 
fiti e  di  testoline  a  cesello,  lavoro  del  secolo  XVII  sul  quale  vi 
era  il  nome  dell'archibusiere  G.  Battista  Dafino.  Forse  costui  era 
bresciano  e  della  famiglia  di  Gian  Maria. 

Benedetto  Ragazzoni  da  Venezia,  il  3  febbraio  1595,  spediva  al 
Duca:  «  alcune  lame  di  spade  fatte  al  mio  luocho  di  Sacile,  quale 
mi  vo  imaginando  che  possino  essere  di  sua  satisfatione  ». 

Nello  stesso  giorno  Gio.  Francesco  Casullara  da  Brescia  man- 
da vagli  «  la  ruota  e  la  canna  fatta  dal  Colombo;  se  non  buona 
la  canna  è  confacente  alla  bella  ruota  » ,  del  resto  ne  farebbe 
eseguire  altre  dal  Lazzarino.  Questo  Lazzarino  deve  esser  il  Co- 
minazzo,  del  quale  nell'  Esposizione  di  oggetti  artistici  in  metallo, 
tenuta  a  Roma  nel  1886,  figurarono  un  pistolone  a  fucile  e  pi- 
stoletti. 

Dalle  esposte  importazioni  in  Mantova  da  Brescia,  crederei  che 
non  fosse  stata  accettata  un'  offerta,  che  fin  dal  8  dicembre  1583 
Antonio  Magno  Von  Echk  da  Vienna  faceva  al  Duca  di  Mantova 
di  «  belle  archibusi  longi  e  corti  »  e  anche  di  cavalli.  Dal  car- 
teggio degli  ambasciadori  mantovani  in  Firenze  pegli  anni  1588- 
1590  risulta  che  dalla  Toscana  si  fecero  venir  in  Mantova  molte 
canne  di  archibugio. 

Ascanio  Cavalli  da  Firenze  (1°  ottobre  1590)  pregava  il  Duca  di 
Mantova  affinchè  maestro  Maffio  da  Pistoia  fosse  pagato  per 
quattro  canne  d' archibugioni  fatte  e  spedite  d' ordine  ducale. 

In  Milano  a  di  28  lugho  1592  il  Duca  di  Mantova  faceva  pa- 
gare  ducatoni  140   a  Pompeo   della  Chiesa   armarolo   regio   per 


i 


ALLA     CORTE    DI    MANTOVA.  589 


resto  e  saldo  di  armature  fatte  per  la  Corte  di  Mantova.  La  citata 
Esposizione  di  oggetti  in  metallo,  tenuta  in  Roma,  aveva  armature 
di  questo  artefice,  le  quali  provano  la  sua  grande  maestria.  Esse 
si  conservano  nell'  armeria  reale  di  Torino  e  nel  museo  dell'Ar- 
senale di  Vienna.  Da  documenti  risulta  che  ne  fece  diverse  anche 
pei  Farnesi,  veduti  dall' Angelucci  {L'arte  nelle  armi,  lezione  fatta 
ueir  Esposizione  di  oggetti  artistici  di  metallo  in  Roma). 

Maestro  Martino  Terzago  armaiuolo  risulta  nel  1595  che,  caduto 
ammalato  in  Mantova,  ove  lavorava,  fu  lasciato  ritornar  a  Milano 
dove  aveva  la  moglie.  Prima  di  partire  aveva  finita  la  celata  ;  cosi 
fu  dato  l'incarico  ad  altri  di  finire  il  petto  ed  i  bracciali  dell'ar- 
matura, che  stava  costruendo. 

Erano  armaiuoli  del  Duca  mantovano  nel  1569  i  fratelli  Dio- 
nisio e  G.  B.  del  defunto  Antonio  ;  e  ferraro  ducale  nel  1584 
M.™    Jacomo  Cavalletti. 

In  Mantova  fin  dal  1593  si  conosce  che  serviva  la  Corte  tjual 
armaiuolo  Gabriele  Cozzi,  di  cui  ecco  una  lettera  : 

Serenissimo  Signore, 

Essendo  Gabrielle  Cozzi  armarolo  fedelissimo  seruo  di  V.»  S.  stato 

richiesto   di  un   suo   figliolo  dall' 111.°  S.  Guido  Gonzaga  ad  istanza  di 

Mad.™'^  Serenissima  per  mandarlo  al  servitio  dell'A.  V.  costì  poiché  non 

si  è  mai  havuto  risposta  d'un  altro  armarolo  qual  è  -stato  ricercato  da 

Milano  per  quelle.  Perciò    non  ho  mancato  come  fedel.™^  suo   seruo 

ch'io  li  sono  di  mandarli  il  presente  mio  figliolo  con  uno  aiutante  del 

quale  son  sicuro  resterà  seruita  in  ogni  occorrenza,  piacendo  a  V.  S. 

essendo  lui  perito  al  pari  di   qual   siuoglia  della  proffessione   sua   el 

:Come  lo  potrà  vedere  in  effetto  et  perfine  di  ciò  non  òiancaremo  ambidui 

•di  pregar  sua  diuina  Maestà  li  conceda  la  sua  santa  gratia  alla  quale  etc. 

Di   V.  A.  S. 

fed."^o  gre     Gabrielle  Cozzi  armarolo 

Ippolito  Martini  a  nome  de  li  predicto  servitore 

27  agosto  1595. 

Nel  luglio  1597  è  accennato  Antonio  Maria  Cozzi  armarolo. 
In  quanto  a  spade  nel  1582  risulta  esservi  gli  spadari  maestri 
Ippolito  e  Francesco  Cagis,   il  quale    nel  luglio  ed  agosto  1595 


590  LE    ARTI    MINORI    ALLA    CORTE    DI    MANTOVA, 


riceveva  171  ducatoni  per  aver  provveduLo  di  corda  da  schioppi 
ad  uso  dell'Armeria  ducale  (^Tesoreria,  1592-7).  Ippolito  Hirma 
era  spadaro  di  S.  A.  nel  1591,  la  cui  bottega  passò  a  Battista 
Abbadino. 

Per  gli  archibugi  é  menzionato  Paolo  Munnens  o  Moremans 
fiammingo,  garzone  di  maestro  Alberto  archibugiere  da  S.  Agnete, 
a  servizio  della  Corte  di  Mantova,  il  qual  Murmens,  a  di  8  gen- 
naio 1596  fu  arrestato,  perchè  trovato  di  notte  con  la  spada.  VA 
ecco  ora  chi  era  il  suo  padrone. 

Il  Duca  Vincenzo  Gonzaga,  a  di  17  maggio  1597  ,  dava  il  ben 
servito  ad  Alberto  Ruotieri  fiammingo,  che  per  alcuni  anni  gli 
aveva  fabbricato  ruote  ed  altri  oggetti  per  archibugi  ,  accordan- 
dogli di  ritornar  in  patria  con  moglie  e  figlioli  (/?.  Mandati, 
1596-99,  fol.  158). 

Rivedremo  questo  Routieri  o  Rutier  accennato ,  nel  seguente  se- 
colo, a  mezzo  di  un  suo  figliastro,  per  ora  abbiamo  esaurito  i 
materiali  del  secolo  XVI,  che  non  potevano  esser  più  interessami 
e  abbondanti. 

(Continua). 

A.  Bertolotti. 


■ 


LA  RESTAURAZIONE  AUSTRIACA  IN  MILANO 

(1814-1817) 


NOTIZIE   DESUNTE    DA    DIARJ 
E    TESTIMONIANZE    CONTEMPORANEE. 

I. 

Se  ci  facciamo  a  studiare  la  società  milanese   nei    primi   anni 
che  seguirono  la  catastrofe  napoleonica,    più  che  mai  torna  op- 
portuno distinguere  il  maggior  numero,  che  s' adatta  agli  eventi, 
Iche  piega  il  capo  dinanzi  i  fatti  compiuti,  dai  pochi  —  e  dai  mi- 
gliori —  a  cui  r  insuccesso  non  insegna  alcuna  viltà,  e  nei  quali 
non  vieue  meno  la  fede  e  il  desiderio  di  operare    ad   onta   delle 
difficoltà  cresciute  e  dei  pericoli  sovrastanti.  Più  che  mai  é  me- 
stieri di  fare  questa  distinzione,    giacché  in  quei  giorni    eravamo 
tassai  lontani  dall'  attuale    diffusione  dei    sentimenti  e  dei  convin- 
Ècimenti    patriottici,  e  la  massa   troppo  facilmente    indietreggiava 
[davanti  gli  ostacoli ,    mutava  gusti  e  tendenze    secondo   le  circo- 
Stanze  del  momento,  e  proporzionava  le  sue  timide  speranze  alle 
)robabilità  meno  arrischiate    e   meno  pericolose.    La  disillusione, 
iir  uscire  del  1814,  era  stata  cosi  grande  e  completa  da  aumen- 
|tare  questa  separazione,  che,  più  o  meno,  c'è  senjpre  stata  fra 
molti  e  i  pochi ,  quelli  sbaldanziti ,  spauriti ,  mogi  mogi ,  e  gli 
litri  fermi  al  loro    posto,  risoluti,  immutabili.    Per  dire  il  vero, 
y  avvenire  si  presentava  si  folto  di  tenebre  che  i  migliori  patriotti 


592  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

avevano  delle  ore  amarissime  di  scoraggiamento ,  ma ,  passate 
queste,  la  speranza  riprendeva  impero  sugli  animi  :  fosse  mancata 
anche  la  speranza  rimaneva  un  dovere  e  un  voto  da  compiere , 
e  non  si  voleva  venir  meno  al  primo,  non  si  voleva  tradire  il 
secondo. 

Il  grosso  della  popolazione  provava  più  che  altro  il  bisogno 
di  quiete,  fosse  pure  vigilata  da  armi  straniere.  Dopo  venti  anni 
di  guerre  incessanti ,  delle  quali  si  sentiva  il  peso  e  si  portava 
il  lutto  senza  capirne  lo  scopo  e  l'utilità,  dopo  tanti  sacrifizi  di 
danaro  e  di  sangue,  il  paese  non  chiedeva  che  riposo,  sentiva ■ 
un  desiderio  imperioso  di  pace.  La  gloria  militare  era  venuta  a 
fastidio ,  giacché  a  nulla  avea  giovato ,  anzi  1'  Italia ,  tenendo 
conto  delle  condizioni  politiche,  si  trovava  a  peggior  partito  che 
non  nel  1796.  Pareva  a  molti  che  una  specie  di  fatalità  pesasse 
sul  nostro  paese,  sicché  non  gli  fosse  consentito  di  acquistare 
mai  la  propria  indipendenza  :  e  mentre  questo  concetto  di  un 
avverso ,  inesorabile  destino  ispirava  le  poesie  politiche  del  Leo- 
pardi ,  scritte  fra  il  1818  e  il  1820,  gittava  nel  cuore  della 
nazione  una  sfiducia  profonda,  e,  almeno  sul  principio,  una  sfini- 
tezza che  poteva  sembrare  rassegnazione.  E  non  foss'  altro  per 
distrarsi  si  chiedevano  divertimenti  e  spettacoli ,  corsi  di  gala, 
sfoggi  di  mode ,  battibecchi  letterari ,  gare  coreografiche ,  del 
chiasso  in  una  parola. 

I  borghesi  si  erano  fatti  prudenti,  i  popolani  quasi  indifferenti; 
di  politica  si  parlava  sotto  voce  e  con  timore,  giacché  l'Austria 
era  riuscita  ad  imprimere  nella  mente  del  maggior  numero  due 
fondamentali  opinioni,  la  prima  che  essa  era  fortissima,  per  non 
dire  invincibile ,  e  la  seconda  che  la  polizia  aveva  cent'  occhi  e 
vedeva  e  sapeva  tutto.  L'esteso  spionaggio  levava  persino  la 
voglia  di  occuparsi  di  argomenti  proibiti ,  e  nei  quali  non  era 
concesso  di  parlare  alla  libera,  con  franchezza,  senza  riserva. 

Mentre,  però,  il  maggior  numero  accettava  quasi  senza  mor- 
morare il  fatto  compiuto,  sicché  l'Austria  potè  impunemente  tra- 
dire tutte  le  promesse  che  ci  avea  fatte  poc'  anzi  per  allontanarci 
da  Napoleone,  non   si   creda   che   andassero  del    tutto  perduti    i 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


593 


benefici  della  propaganda  liberale ,  non  si  creda  che  la  società 
milanese  tornasse  indietro  e  si  rimettesse  nei  solchi  del  secolo 
trascorso.  Il  rivolgimento  politico  precedente  era  stato  troppo 
profondo  perchè  fosse  dato  ai  nuovi  padroni  di  cancellarne  le 
iraccie  colle  minaccio  e  coi  castighi.  Le  nuove  idee  erano  entrate 
nel  convincimento  generale,  erano  passate  nel  costume,  e  quindi 
nemmeno  il  più  dispotico  dei  governi  avrebbe  potuto  far  rivivere 
integralmente  un  passato ,  che  non  solo  differiva  in  molte  cose 
dalle  condizioni  di  quel  tempo ,  ma  era  colpito  dal  biasimo  uni- 
versale e  perfino  dal  ridicolo.  Gli  sforzi  che  si  fecero  qua  e  là, 
per  rimettere  in  piedi  il  tarlato  edificio  feudale  ,  destarono  più 
che  altro  disprezzo  e  compassione  :  il  regno  delle  parrucche,  dei 
codini,  della  cipria,  dei  lacchè,  degli  spadini  e  dei  poetini  era 
per  sempre  caduto. 

Il  vecchio  trionfava  in  politica  ,  ma  nel  modo  di  sentire  e  di 
vivere  il  nuovo  continuava  a  farsi  strada ,  a  quel  modo  che  un 
movimento  continua  per  forza  iniziale  e  per  esaurire  del  tutto 
r  impulso  da  cui  proviene.  La  repressione  poliziesca  per  quanto 
occhiuta  e  violenta ,  non  poteva  colpire  che  gli  atti  esterni ,  le 
offese  materiali  agli  ordini  costituiti ,  ma  non  poteva  rimutare  le 
idee,  né  rifondere  l'intera  società  nello  stampo  di  un'età  defini- 
tivamente tramontata.  Era  impossibile  rialzare  le  barriere  castali, 
come  non  si  poteva  levare  dai  codici  le  leggi  basate  sul  concetto 
dell'  eguaglianza  civile,  e  tanto  meno  si  poteva  strappare  alla 
coscienza  le  grandi  verità  conquistate  mercè  tante  fatiche  e  tante 
lagrime  !  Tutti  servi  dell'Austria,  ma  almeno  tutti  eguali  davanti 
questa  umiliazione!  Svogliati,  per  ora,  ed  inetti  a  risorgere,  ma 
pronti,  almeno,  ad  accogliere  con  gioia  qualsiasi  arbitrio  o  novità 
nel  campo  del  pensiero,  qualsiasi  tentativo  di  emancipazione  arti- 
stica e  letteraria.  Ciò  spiega  l'appassionarsi  del  pubblico  per  le 
contese  fra  Monti  e  la  Crusca,  fra  Classici  e  Romantici,  fra  la 
Biblioteca  Italiana  e  il  Conciliatore,  fra  gli  Arcadi  moribondi  e 
r  audace  scuola  che  spezzava  i  ceppi  di  un'  arte  vecchia  e  con- 
venzionale quasi  per  compenso  e  vendetta  delle  pesanti  catene 
testé  ribadite  ai  polsi  e  ai  piedi  della  nazione. 


594  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


Se  non  che  queste  battaglie  di  tavolino  non  bastavano  agli 
spiriti  più  animosi  e  gagliardi.  Reduci  dai  campi  di  Spagna  e  di 
Russia  e  caduti  protestando,  gemevano  segretamente  e  sospiravano 
i  giorni  della  riscossa.  A  questi  gloriosi  avanzi  dell'esercito  na- 
poleonico, a  questi  veterani  di  cento  battaglie,  che  aveano  offerta 
Ja  vita  a  Napoleone  nella  lunga  e  cara  lusinga  di  offrirla  al- 
l' Italia,  si  erano  congiunti  molti  giovani,  fatti  audaci  dagli  esempi 
ancora  recenti  e  dall'età  stessa.  Fra  questi  patriotti  è  rapido  lo 
scambio  delle  idee,  è  facile  l'intendersi,  necessità  l'amarsi,  ne- 
cessità il  cospirare  in  segreto  :  fra  essi  si  discute  il  nuovo  van- 
gelo politico,  si  dispone  un'  attiva  propaganda,  si  prepara  e  affretta 
il  movimento  nazionale  ,  che  più  volte  arrestato  e  sconpigliato, 
deve  mettere  capo  al  grande  risveglio  del  1848. 

Non  sarà  mai  bastevole  la  nostra  ammirazione  per  questi  forti, 
che  sapevano  tenersi  in  piedi  in  mezzo  ad  un  popolo  prostrato  ; 
che  sapevano  custodire  sul  loro  petto,  coperto  di  cicatrici  ,  il 
nostro  tricolore;  che  sapevano  riprendere  il  faticoso  viaggio,  fra 
insidie  e  pericoli  d' ogni  specie ,  mentre  i  più  preferivano ,  di- 
mentichi e  dubitosi  del  grande  scopo,  di  far  sosta,  dissipando  le 
più  vitali  energie  tra  inezie  e  brighe  quasi  fanciullesche.  Dal  1814 
al  1821  il  lavoro  delle  società  segrete  fu  vivissimo  fra  noi  : 
stracciata  in  un  punto  la  tela,  si  ritesseva  altrove,  con  un'insi- 
stenza, che  stancava  le  ricerche  della  polizia  e  teneva  in  allarme 
i  nostri  padroni. 

Furono  pur  lunghi  e  tristi  quegli  anni  !  Circa  mezzo  secolo, 
malamente  vissuto  dai  pigri ,  dagli  sfaccendati ,  dai  dormiglioni , 
ma  colmo  di  ansietà  per  chi  aspettava  1'  alba  della  redenzione  I 
Ore  eterne ,  vigilate ,  senza  moto ,  senza  gioia ,  tranne  gli  sfoghi 
clamorosi  delle  vie  e  dei  teatri  ;  un  sentire  o  sprecato  in  cose 
senza  costrutto ,  o  fortemente  concentrato  nei  misteriosi  ritrovi 
dei  cospiratori;  la  quiete  ad  ogni  costo,  riguardata  come  ideale 
supremo  e  perfezione  ultima,  e  insieme  la  capacità  di  sfidare  ad 
ogni  istante  la  morte.  Nelle  modeste  pagine  che  seguono ,  si 
trovano  documentati  molti  affetti  e  molte  impressioni  di  un  tempo, 
che  oggi  si  riguarda  da  noi    coli'  intima    soddisfazione  del    nau- 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  595 

frago,  giunto  a  salvezza:  orme  fuggevoli,  vestigia  appena  rico- 
noscibili ,  ma  che  pur  meritano  uno  sguardo  pensoso,  e  che  il 
piede  affrettato  del  viandante  felice  farà  bene  di  rispettare. 


II. 

In  un  precedente  volume  (1)  ho  descritto  per  minuto,  e  giusta 
testimonianze  contemporanee,  la  caduta  del  Regno  Italico,  quella 
catastrofe,  tinta  di  sangue  innocente,  che  metteva  fine  alla  ven- 
tenne signoria  francese  e  rovesciava  un  edificio,  che  pur  appariva 
bello  e  saldo  e  cospicuo. 

Il  1814  fu  una  annata  feconda  anche  troppo  di  sorprese  e 
rivolgimenti  :  alle  improvvisazioni  napoleoniche  succedono  quelle 
degli  alleati  ;  si  demolisce  in  fretta  e  furia  ,  sperando  di  rimet- 
tersi al  punto  di  prima  e  di  ripigliare  comodamente  e  piacevol- 
mente la  vita  del  secolo  decorso. 

Era  più  che  logico  questo  desiderio  de'  sovrani  ;  ma  fa  a  bella 
prima  sorpresa  che  i  popoli  applaudissero  questo  tentativo  di 
rimettere  il  passato  ,  cioè  un  insieme  di  cose  e  di  sistemi  del 
tutto  disformi  dai  bisogni  e  dai  sentimenti  delle  maggioranze. 
Ma  è  facile  spiegarsi  questa  disposizione  degli  spiriti ,  tenendo 
conto  di  due  fatti  :  anzi  tutto  la  totale  sfiducia ,  per  non  dire 
sazietà  che  la  sconclusionata  politica  napoleonica  aveva  gettato 
negli  animi ,  e  in  secondo  luogo  l'  artificio  dei  sovrani  che  pro- 
mettevano mantenere  i  benefici  della  rivoluzione  ,  pur  rattenen- 
done  i  furori  e  ricacciando  nell'  alveo  nativo  il  torrente  che 
avea  inondato  molta  parte  d'  Europa. 

Dal  giorno  in  cui  si  cessò  di  credere  in  Napoleone  si  cominciò 
a  credere  ne'  suoi  nemici  :  giacché  ad  alcuna  cosa  o  ad  alcun 
uomo  è  necessità  credano  i  popoli. 

A  Milano  il  sentire    pubblico  non  era  in  massima    diverso  da 

(1)  La  Caduta  del  Regno  Italico  y  narrazione  desunta  da  testimonianze 
contemporanee  e  da  documenti  inediti  o  poco  noti.  —  Milano ,  Fratelli 
Treves,  1882. 


596  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


quello  di  altre  parti  d'  Italia  e  d'  Europa,  tranne  quelle  speciali 
intonazioni  che  provenivano  dai  buoni  e  fastosi  ricordi  del  Regno 
Italico.  Lo  spettacolo  o  la  fantasmagoria  erano  durati  anche 
troppo,  si  desiderava  finissero  :  si  chiedevano  sonni  quieti  dopo  si 
lunghe  e  tormentose  veglie,  riposi  senza  scosse  dopo  sì  faticose 
agitazioni.  Lo  stesso  Napoleone  ,  al  tramonto  della  sua  carriera, 
capi,  non  senza  tristezza,  ma  senza  pentimento  forse,  di  averli 
stancati  e  disgustati  i  popoli,  già  avvezzi  a  credergli  e  ad  ubbi- 
dirgli; e  però  ad  un  suo  intimo,  il  conte  di  Segur,  in  un  momento 
di  intimità  completa ,  ebbe  a  dire  —  non  ricordo  più  in  quale 
occasione  —  che  alla  sua  scomparsa  si  sarebbe  esclamato  Auf! 

Era  tutta  la  verità. 

Manzoni  giudicava  cosi  i  sentimenti  e  le  cose  che  gli  stavano 
sott'  occhio  :  —  «  Nel  1814  la  maggior  parte  erano  abbagliati  dal 
fantasma  della  gloria  passata  :  molti,  per  le  circostanze  delle 
cose,  desideravano  ardentemente  gli  Austriaci  :  cioè,  dopo  18  anni 
di  tanti  casi ,  desideravasi  restituito  quell'  ordine  di  cose  che 
allora,  per  voce  di  filosofi  e  confessione  dei  principi  stessi,  si 
era  conosciuto  disadatto.  Pochi,  i  più  quieti,  dicevano  :  —  Ma  che 
volete  mai  fare  ?  Lasciate  un  po'  far  a  loro.  Volete  andare  contro 
tante  baionette ,  ecc. ,  ecc.  »  (1). 

Su  per  giù  dice  la  stessa  cosa  un  cronista  milanese  ,  che  pi- 
gliamo a  guida  fra  queste  melanconie  ,  anzi  tristezze  terribili ,  il 
Mantovani ,  il  cui  Diario  ,  manoscritto ,  venne  non  é  molto  de- 
posto nell'Ambrosiana.  Era  un  dabbene  impiegato,  senza  eroici 
furori,  per  dire  il  vero;  un  uomo  tutta  pace,  tutto  ordine,  e  scru- 
polosamente devoto  alla  Chiesa  e  ai  suoi  precetti  :  geme  su! 
costume  corrotto  ;  sospira  il  ritorno  della  semplicità  e  della 
castigatezza  ;  vorrebbe  la  gente  laboriosa ,  quieta ,  senza  ubbie 
per  il  capo,  senza  frenesie  né  francesi,  né  gianseniste.  Al  paese 
vuol  bene  anche  lui ,  ma  persuaso  che  non  sappia  reggersi  da 
sé ,  o  che  i  tempi  non  sieno  maturi  per  questo ,  gradisce  anche 
il  dominio  straniero,  purché  rispetti  le  buone  usanze  native,  con- 

(1)  Dal  libretto  ove  Cantù  notò  alcune  opinioni  udite  dal  Manzoni  — 
Vedi  le  Reminiscenze  intorno  allo  stesso  Manzoni  del  Cantù,  II,  313. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  597 

tenti    la    Chiesa ,  moderi  le  imposte  e  dia   opera  a  migliorare  il 
pubblico  costume. 

Il  Porta  —  anche  lui  —  ne  ha  abbastanza  : 

Marcannagg  i  politegli  seccaball  ! 
Cessa  serv  tane  descors  e  tane  reson  ? 
Già  on  bast  in  fin  di  face  boeugna  portali, 
E  r  è  inutil  pensa  de  fa  el  patron. 

E  quand  sto  bast  ghe  1'  emm  d'  ave  sui  spali 
Etemament,  e  senza  remission, 
Cossa  ne  importa  a  nun  eh'  el  sia  d'  on  gali , 
D*  on'  aquila ,  d'  on'  occa  o  d'  on  cappon  ? 

Per  mi  credi  che  el  mej  el  possa  vess 
El  partii  de  fa  el  quoniam,  e  prega 
De  no  baratta  tant  el  bast  de  spess. 

Se  de  nò ,  col  posta  d'  on  sit  a  1'  olter 
I  durezz  di  travers,  reussirà 
On  pelament  puttasca  e  nagott  olter  (1). 


III. 


Veggasi  quello  che  il  Mantovani  scrive  nel  suo  diario  il  1^  gen- 
naio del  1814  :  —  «  Incomincia  il  nuovo  anno  con  un  apparato 
assai  lodevole,  cioè  non  più  colla  speranza  di  esser  liberati  dal 
nostro  governo ,  ma  colla  certezza  di  avere  a  giorni  un  grosso 
corpo  di  Austriaci  a  Milano.  Questo  pensiero  ci  fa  tollerare  le 
gravi  e  quotidiane  contribuzioni,  dalle  quali  per  la  settima  volta 
siamo  aspramente  angustiati.  »  I  sudditi  «  gementi  per  1'  orribile 
-corticazione  »  frenano  le  querele  in  attesa  del  vicino  rimedio. 
«  Milano  ha  un  aspetto  brillante,  perchè  avvivata  dalla  certezza 
di  finirla.  » 

Se  non  che  V  apparato  assai  lodevole  sarebbe  stato  anche  più 
bello    se  i  concordi  e  disciplinati    voleri ,  risparmiando   i  tumulti 

(1)  Poesie,  Milano,  Robecchi,  1887,  pag.  610;  sonetto  che,  se  non  m'in- 
ganno ,  è  di  questo  tempo  e  non  anteriore ,  com'  altri  crede. 


598  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

[jarlameatari  e  di  piazza ,  e  1'  eccidio  del  Prina  che  ne  fu  V  in- 
diretta conseguenza,  avessero  procurato  a  Milano  maggiore  ar- 
bitrio di  sé  e  la  possibilità  di  darsi  quel  governo  che  meglio  le 
convenisse.  Rimpianti  inutili,  oramai,  cogli  Austriaci  alle  porte  : 
e  mentre  si  menava  il  can  per  1'  aia  colla  riunione  dei  Collegi 
Elettorali  nel  palazzo  di  Brera,  col  votare  indirizzi  e  ringrazia- 
menti ,  coir  invio  di  una  deputazione  a  Parigi  (1) ,  e  predicando 
sapientissimi  e  umanissimi  i  sovrani  alleati ,  che  ci  avrebbero 
messi  in  tale  stato  e  loco  da  non  desiderare  più  nulla  al  mondo. 
E  intanto  la  Reggenza  provvisoria  (2)  frettolosamente  legiferava; 
r  idolo  di  ieri ,  Napoleone ,  è  fatto  segno  di  satire  volgarissime  ; 
Bellegarde  andava  occupando  1'  una  dopo  1'  altra  le  nostre  città, 
da  cui  uscivano  alquanto  sbaldanziti  i  soldati  francesi  per  rim- 
patriare ;  e  due  giorni  dopo  1'  eccidio  del  povero  Prina  si  cele- 
brava un  solenne  triduo  in  S.  Maria  Segreta  agli  Angeli  Cu- 
stodi «  per  implorare  il  divino  patrocinio  sulla  tranquillità  dei 
cittadini  »  (3). 

Le  insolenze    al    caduto    rassomigliano  a  troppe    altre ,  gittate 
nel  solito  stampo,  testamenti,  epitaffi,  ecc.  Eccone  un  saggio: 

Testament 

Je  ligue  aux  Enfers  mon  genie, 

Mes  Gxploits  aux  aventuriers, 

Le  Grand  Livre  a  mes  creanciers, 

Aux  Frangais  1'  horreur  de  mes  crimes, 

Mon  oxeraple  a  tous  les  tirans, 

La  France  a  ses  rois  légitimes 

Et  r  hòpital  a  mes  parens. 

(1)  La  Reggenza  provvisoria,  eletta  la  sera  del  20  aprile,  dal  «Consiglio 
comunale  in  seduta  straordinaria,  si  componeva  di  Gilberto  Borromeo ,  Al- 
berto Litta,  Giorgio  Giulini,  Giacomo  Mellerio,  Domenico  Pino,  Giovanni  Baz- 
y,etta ,  Carlo  Verri  presidente  ,  Giuseppe  Pallavicini  segretario  generale.  — 
Vedi  De  Castro,  Caduta  del  Regno  Italico,  ecc.,  pag.  129. 

(2)  Marcantonio  Fé ,  Federico  Gonfalonieri ,  Alberto  Litta ,  Giangia- 
como  Trivulzio,  Giacomo  Ciani,  Soraaglia ,  Sommi,  Balabio ,  segretario 
Giacomo  Beccaria. 

(:>)  Mantovani,  Diario,  22  aprile  1814. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  599 


I 


Epitaphe 

Passoni  ne  pleure  pas  mon  sort 
Si  je  vivais  tu  serai  mort  (1). 

Ma  il  francese  non  tutti  lo  capivano  ;  mano  dunque  alla  poesia 
vernacola ,  a  quelle  facili  strofette  metastasiane  che  al  popolo 
vanno  proprio  in  tanto  sangue  : 

Lamento  di  Napoleone 

Che  più  a  soffrir  mi  resta 
Or  che  Parigi  è  preso? 
Da  pochi  fui  difeso 
Di  me  che  '  mai  sarà  ? 

Che  barbara  sventura  ! 
Che  inaspettato  evento  ! 
È  stata  un'ombra,  un  vento. 
La  mia  sovranità  (2). 

E  cosi,  di  cuore  leggiero,  collo  scherzo  sulle  labbra,  il  mag- 
gior numero  disponevasi  ad  un  cambiamento  dì  servitù ,  senza 
avvertirne  1'  onta,  il  danno,  il  pericolo  —  pago  di  deridere  il  trion- 
fatore di  ieri,  e  ansioso  di  applaudire  al  novo  signore. 


IV 


Il  26  aprile  —  cioè  sei  giorni  dopo  l'eccidio  del  Prìna  —  giunse 
in  Milano  il  lodigiano  Annibale  Sommariva,  tenente  maresciallo  (3). 

(1)  Mantovani,  Diario. 

(2)  Nella  Egeria  del  Mueller  e    Wolff,   Lipsia.  1829,  pag.  100;  D'Ancona, 
Varietà  storiche  e  letterarie.  —   Milano,  fratelli  Treves,  II,  351. 

(3)  «  Vissuto  sì  lontano  e  con    tale   abborrimento  alle  nostre  pazzie,  che 
meritavano  compassione  anziché  abborrimento,  da  temere  di  tutti  e  di  tutto  >. 

Fos«oi,o. 


600  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


Andò  ad  alloggiare  nel  palazzo  del  Ministero  della  guerra ,  non 
senza  intenzione  ed  espresso  comando  di  Bellegarde  —  che  im- 
portava anzi  tutto  insediarsi  li.  Nel  suo  proclama  invita  il  popolo 
italiano  ad  attendere  «  con  fiducia  e  tranquillità  quella  più  felice 
sorte  che  mercè  le  gloriose  imprese  degli  augusti  sovrani  alleati 
diffonderà  sopra  l'intera  Europa  i  beni  preziosi  della  pace  ». 

Pace,  pace,  pace!  Ben  altra  da  quella  che  il  cantore  di  Laura 
raccomandava,  per  non  dire  comandava  ai  principi  italiani,  sicché 
bavari  ed  estrani  d'  ogni  sorta  ne  andassero  in  bando.  Ora  gli 
stranieri  li  avevamo  proprio  in  famiglia. 

Il  Sommariva,  per  mandato  che  n'avesse  o  per  suo  scaltri- 
mento,  promise  subito  che  le  imposte  sarebbero  state  alleggerite: 
e  per  conferma  scemò  della  metà  la  tassa  postale,  la  meno  gra- 
vosa al  popolo  che  scrive  si  poco,  e  comandò  per  il  giorno  suc- 
cessivo «una  illuminazione  generale  affine  di  festeggiare  l'in- 
gresso delle  truppe  austriache  »   (1). 

La  Reggenza  raccomanda,  alla  sua  volta,  di  accogliere  i  soldati 
austriaci  come  amici  e  liberatori  : 

Sovvengavi,  o  Italiani,  delle  benefiche  sovrane  intenzioni,  accogliete 
come  vostri  veri  liberatori  i  soldati  che  hanno  esposta  la  vita  per  la 
vostra  salvezza.  Accoglieteli  coll'affettuosa  ospitalità  loro  dovuta,  schiu- 
dendo loro  le  domestiche  mura.  Fate  che  i  trasporti  dell'  universale 
letizia  sieno  vivi,  dignitosi  e  tranquilli  ad  un  tempo. 

Ci  si  chiedeva,  davvero,  un  po'  troppo!  Ma  già  le  domestiche 
mura  erano  violate,  per  la  dura  legge  degli  acquartieramenti 
militari,  da  questi  nuovi  ospiti,  non  meno  insolenti  dei  Francesi, 
ma  più  brutti  a  vedersi,  e  più  sporchi,  gli  abiti  a  brandelli,  senza 
scarpe  o  avvolti  i  piedi  di  pelli  bovine  (2). 

Il  Lecchese  n'  era  andato  sconvolto  :  impressioni  che,  aggiunte 
a  quelle  altre  della  fine  del  secolo,  quando  irruppero  fra  noi  gli 

(1)  Mantovani,  Diario. 

(2)  De  Gubernatis,  Il  Mansoni  e  il  Fauriel,  pag.  96;  Perini,  Storia  di 
Verona  dal  1790  al  1822,  III,  297;  De  Castro,  op.  cit.,  pag.  181. 


I 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  601 

Ausiro-Russi,  Alessandro  Manzoni  assimilò  e  trasformò  in  alcune 
fra  le  più  evidenti  pagine  dei  Promessi  Sposi  (l). 

La  nostra  vita  parlamentare  era  proprio  agli  sgoccioli.  I  Collegi 
Elettorali  continuavano  a  riunirsi,  ma  quale  effettiva  autorità  po- 
tevano esercitare,  sotto  gli  occhi  del  Sommariva  che  nel  Ministero 
della  Guerra  già  indagava  e  travolgeva,  a  beneplacito  dell'Austria, 
ogni  cosa?  Pure  le  discussioni  erano  vive  e  tumultuose,  ma  volte 
pili  che  altro  a  cancellare  ogni  traccia  della  signoria  francese.  Si 
faceva  istanza  alla  Reggenza,  perché  levasse  alcune  denomina- 
zi(jni,  come  Foro  Bonaparie,  Porta  Marengo  (2),  Contrada  della 
Riconoscenza  (3),  Piazza  del  Tagliamento  (4).  Si  propose  di  abolire, 
seduta  stante,  nel  Codice  Napoleone  la  legge  del  divorzio.  «  Siccome 
contro  l'aspettazione  alcuni  posero  in  campo  difficoltà,  si  nominò 
una  Commissione  per  esaminare  la  proposta  e  riferirne  »  (5).  Ma 
gli  eventi  precipitarono  e  la  Commissione  non  potè  nemmeno  in- 
cominciare il  lavoro  affidatole. 

Fra  gli  omaggi  resi  al  Commissario  Imperiale,  non  potevano 
mancare  quelli  dei  Collegi  elettorali.  Venne  a  tale  scopo  eletta  una 
deputazione.  Il  generale  Sommariva,  da  quell'  accorto  uomo  che 
era,  l'accolse  si  cordialmente  «  che  la  dignità  dell'alta  rappre- 
sentanza —  per  ripetere  ciò  che  fu  scritto  allora  —  si  confondeva 
nella  dolcezza  delle  maniere  e  in  una  espressione  patetica,  che 
tutto  lasciava  travedere  l'amore  di  patria  che  né  tempo,  né  lonta- 
nanza non  può  estinguere  giammai  ». 

Si  accenna,  qui,  all'  essere  Sommariva  di  nascita  lodigiano  e 
forse  la  nostra  ingenuità  politica  era  si  grande  da  credere  che 
anche  questa  circostanza  potesse  influire  un  pochino  sopra  i  nostri 
destini  ! 

Il  Sommariva  schivò  di  dare  risposte  esplicite:  disse   che  non 

(1)  Stoppani,  /  primi  anni  di  Alessandro  Manzoni.  —  Milano,  1875, 
pag.  112  e  segg. 

(2)  Ora  Porta  Ticinese. 

(3)  Ora  Corso  Venezia. 

(4)  Ora  Piazza  Fontana. 

(5)  Mantovani,  Diario. 

Arch.  Stor.  Lomh.  —  Anno  XV.  39 


602  LA    UESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


intendeva  violare  la  tregua,  o  derogare  alla  sovranità  milanese, 
o  dare  consigli  all'Assemblea  legislatrice:  ma  che  alcuni  reggi- 
menti austriaci  verrebbero  a  mantenere  concordia,  finché  gli 
alleati  avessero  risposto  ai  deputati  che  erano  in  viaggio  per 
Parigi  (1). 

Anche  il  Senato  diede  gli  ultimi  segni  di  vita.  L'ex  presidente 
Veneri  e  l'ex  cancelliere  Guicciardi,  più  che  altro  per  mettersi 
in  l'egola,  presentarono  al  Sommariva  una  nota  firmata  da  venti 
colleghi  per  giustificare  la  propria  condotta.  Dichiararono  essersi 
solo  proposto,  nel  loro  seno,  di  venerare  gli  alti  principi  delle 
potenze  alleate,  inviando  alle  medesime  rispettosi  omaggi;  non 
essere  stato  legalmente  nominato  niun  Collegio  elettorale;  ogni 
fiducia  si  rimette  nelle  alte  potenze  alleate  (2). 

Cosi  ne'  quadri  solventi  ;  —  senza  strepito,  senza  scosse,  senza 
avvedersene  si  passa  da  una  scena  all'altra! 

I  Collegi  Elettorali,  sapute  le  oneste  intenzioni  del  Sommariva, 
determinarono  di  «  aggiornarsi  fino  a  che,  diradandosi  il  velo 
politico  sul  nostro  orizzonte,  si  potesse  ancora  riunirsi  ad  operare 
il  bene,  e  a  tutte  realizzare  le  concepite  liete  speranze  ». 

Da  noi  stessi  gettavamo  i  nostri  diritti ,  come  il  soldato  getta 
l'arme  prima  della  battaglia.  A  molti  piaceva  esagerare  la  con- 
fidenza perchè  dispensa  dall'agire;  e  le  parole  si  spacciavano  non 
meno  fruttuose  dei  fatti.  Si  credette  di  aver  bene  meritato  della 
patria,  rinnovando,  al  termine  della  seduta  che  fu  l'ultima  «  i  voti 
unanimi  per  la  indipendenza,  senza  la  quale  non  vi  è  né  bene, 
né  patria  (3). 

(0  Foscolo,  Lettera  apologetica,  nelle  Prose  Politiche. 

(i)  Protesta  29  aprile  1814;  Odorici,  St.  Bresciane.  X,  175. 

(3)  Negli  Atti  dell'Assemblea. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  G03 


Dunque  il  giorno  dopo  (28  aprile)  dovevano  entrare  in  Milano 
quattordicimila  Austriaci,  e  la  Reggenza  ci  sollecitava  a  riceverli 
con  plauso,  per  rimeritarli  delle  fatiche  sostenute  per  noi;  e  la 
sera  ci  doveva  essere  una  sfarzosa  illuminazione. 

Il  volgo,  che  non  sa  determinarsi  da  sé,  obbedisce  ora  all'uno 
ora  all'altro;  ama  e  odia  per  consenso,  per  imitazione:  e  nem- 
meno questa  volta  mancò  di  obbedire  all'invito  degli  uomini,  che, 
bene  o  male,  tenevano  il  mestolo.  Fra  i  quali  nessuno,  forse, 
capiva  di  far  male ,  o  di  agire  meno  patriotticamente.  L'  educa- 
zione politica  era  un  pochino  progredita  nel  ventennio  precorso, 
ma  persuasioni  di  poca  data  non  reggono  contro  i  rovesci  e  le 
sventure;  e  cedono  luogo,  al  primo  soffio,  a  nuove  opinioni  non 
meno  labili  delle  anteriori  :  occorre  del  tempo  parecchio  perchè 
i  migliori  sentimenti  gettino  radice  nelle  masse. 

Triste  cosa  a  dire,  ma  vera,  e  utile  da  sapere  ad  ogni  modo: 
gli  Austriaci  ebbero  liete  accoglienze. 

Piovvero  le  poesie  laudative.  La  Staffetta  della  Bassa  (1)  an- 
nunziò con  giubilo  l'arrivo  degli  Austriaci  :  —  Asciugate,  o  madri, 
le  lagrime,  che  i  vostri  figli  non  saranno  più  mandati  in  capo 
al   mondo  e  a  quasi  sicura  morte: 

Quand  el  elei  voeur  l'è  pur  finii 
El  spaghett  d'  ess  requisii. 

Evidentemente  si  confidava  che  il  Lombardo-Veneto  venisse  di- 
spensato dal  servizio  militare,  ma  era  scorso  appena  un  anno, 
e  la  coscrizione  venne  rimessa  in  vigore.  Si  vedeva  tutto  color 
di  rosa,  e  il  paese  bello  e  guarito,  e  rimesso  in  pieno  vigore, 
mercé  1'  opera  dei  sovrani: 

(l)  Milano,  Pulini,  1814,  nella  Raccolta  di  Bosinade  dell'Ambrosiana, 
Y.M.  VII. 


604  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


Ringraziera  sira  e  mattina 

Sti  bravi  professori  de  medesina, 

Che  la  povera  umanitaa 

Han  guarii  de  tanti  maa , 

Che  hann  distrugaa  n'  epidemia 

Cile  tanta  gent  la  boffaa  via. 

Poesia  altrettanto    povera  e  scipita,    come  la  circostanza  che    la 
ispirava. 

Il  Mantovani  è  contento  anche  lui  come  una  pasqua: 

Oggi  fu  uno  spettacolo  non  mai  più  visto:  la  gioia,  l'allegria,  la 
commozione  di  tutta  la  città;  la  folla  di  popolo  e  il  laterale  corteggio 
delle  carrozze  che  andavano  a  Melegnano  ;  la  guardia  civica  schierata 
in  vari  corpi  di  circa  ottocento  uomini  ciascuno,  armati  e  ben  mon- 
tati. I  cittadini  ingombravano  il  corso  di  Porta  Romana,  aspettando 
il  corpo  austriaco.  Finestre  e  logge  ornate  di  bei  tappeti,  il  popolo 
nella  via,  ove  in  vari  luoghi  eransi  costruiti  palchi  per  le  donne.  Lo 
sterminato  concorso  cominciò  alle  otto  antimeridiane,  e  durò  fino  alle 
cinque  pomeridiane  quando  cominciò  ad  arrivare  la  truppa. 

Lo  storico  Cusani,  allora  fanciulletto,  ha  serbato  vivo  ricordo 
di  quella  infausta  giornata ,  che  pure  non  é  sembrata  tale  ad 
una  parte  della  popolazione:  «  Il  conte  C... ,  egli  scrive,  uno 
dei  più  fanatici ,  correva  senza  possa  a  cavallo  dalla  casa,  ov'  io, 
fanciulletto  ,  mi  trovavo  ,  alla  Porta  Romana ,  e  più  oltre  sulla 
strada,  retrocedendo  giubilante  coli' annunzio  che  l'avanguardia 
era  giunta  a  Melegnano,  a  San  Donato,  al  Dazio  »  (1).  I  parti- 
giani dell'Austria,  a  detta  dello  stesso  Cusani,  mostrarono  «  una 
baldanzosa  gioia»  stoltezza  più  che  colpa  del  resto,  stoltezza  da 
attribuirsi  ad  abitudini  secolari  di  servitù,  all'assenza  di  solidi 
principi,  a  debolezza  di  carattere. 

L'  avanguardia,  comandata  dal  generale  Niepperg  ,  si  presentò 
alle  nostre  mura  verso  le  cinque  pomeridiane  : 


(l)  St.  di  Milano,  VII,  195. 


I 


LA     RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  605 

Che  i  Todisch  trionfant  cont  un'  arniada 
De  fa  trema  (del  frecc  !)  n'  han  conquistaa, 
Vegnend  con  tutt  so  comed  per  la  strada 
Maestra  fin  ai  port  de  la  cittaa, 
Ch*  even  già  avert  a  posta  per  spedai, 
Prima  che  lor  se  ongessen  i  stivai  (1). 

Le  truppe  sfilarono  a  suon  di  musica,  e  furono  ricevute  «con 
incessanti  evviva  ;  nessuna  confusione  ,  né  incidenti  clamorosi  : 
tanto  é  vero  che  1'  allegria  sincera  e  cordiale  non  è  mai  disgiunta 
dalla  giusta  moderazione  anche  tra  il  basso  popolo  »  (2). 

Non  vorrei  credere  ciò  che  scrive  l'Arrivabene  :  «  Lo  spirito 
patriottico  delle  popolazioni  era  tutto  compreso  nel  seguente 
adagio  che  correva  per  la  bocca  d'  ognuno  :  Viva  la  Francia, 
riva  la  Spagna  ;  basta  che  se  magna  !  e  poscia  si  parteggiava 
chi  per  la  Francia,  chi  per  l'Austria  ;  per  l' Italia  nessuno  »  (3). 

I  fatti  che  esporrò  tra  poco  ci  compensano  largamente  di  questo 
contegno  della  parte  meno  responsale  della  cittadinanza. 

Del  resto ,  non  si  videro  i  Parigini  fare  pazzie  pei  Cosacchi 
il  23  marzo  1814! 

Oh  !  i  Parigini^  che  banderuole  !  Ho  sempre  compianto  dal  più  pro- 
fondo dell'  animo  coloro  che  si  son  presi  la  briga  di  governarli.  Io 
li  ho  visti,  i  Parigini,  all'Ambigù,  il  23  marzo  1814,  applaudire  alla 
probabile  rovina  dell'  Impero  —  mentre  si  facevano  nella  Sciampagna 
tutti  gli  sforzi  che  il  genio  può  suggerire  al  coraggio  per  cacciare  i 
Cosacclii  dalla  Francia  —  Otto  giorni  più  tardi,  sui  bouleoards ,  li  ho 
visti  insudiciare  i  loro  fazzoletti  bianchi  a  spazzar  la  polvere  delle 
strade  innanzi  ai  cavalli  dei  sovrani  alleati ,  che  caracollavano  alla 
testa  dei  loro  reggimenti  (4). 

(1)  Pr incide. 

(2)  Mantovani,  Diario. 

(3)  Arrivacene,  Memorie.  —  Firenze,  1879,  pag.  23. 

(4)  Nelle  Memorie  di  Paul  de  Kock,  —  Velungton,  pigliando  a  vile  le 
piaggerie  dei  vinti ,  disse  :  —  Se  i  Francesi  entrassero  in  Londra ,  tutti  gli 
Inglesi ,  vestirebbero  a  lutto  quel  giorno. 


606  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

Deh  !  valgano  quale  protesta  —  e  non  solitaria,  giova  credere  — 
questi  versi  : 

Ventrata  dei   Tedeschi  in  Milano. 

Sono  d' Italia  le  contrade  amene 
Or  del  gallo  preda ,  or  del  tedesco  ; 
E  il  goffo  popolaccio  animalesco 
Maledice  chi  va,  plaude  chi  viene  (1). 

Bello  il  ripeterli,  sotto  \^oce,  aggirandosi,  quella  sera,  per  le 
nostre  vie  e  per  le  nostre  piazze  ,  splendenti  per  mille  faci ,  in- 
gombre di  plebe  lieta  :  di  che  ? 

L' illuminazione  della  città  non  fu  mai  cosi  generale ,  studiata  e 
ricca.  Io  non  ricordo  di  aver  veduto  un  simile  spettacolo,  tanto  è  vero 
che  le  opere  che  vengono  dal  cuore  e  non  dal  comando  hanno  un 
carattere  di  vera  grandezza  e  verità  (2). 

Ma  il  comando  e'  era  stato,  per  dire  il  vero. 


VI. 


Vedemmo  che  all'  ingresso  degli  Austriaci  assistevano  le  nostre 
guardie  nazionali,  e,  se  uno  storico  esattamente  informa,  anche 
tre  nostri  reggimenti  di  cacciatori  a  cavallo  (3).  Con  quali  sen- 
timenti dovettero  ,  la  sera  ,  rientrare  nei  loro  quartieri  ?  Come 
erano  stati  feriti  da  quegli  applausi  che  la  plebaglia  concedeva 
si  largamente  ad  uomini,  che  essi  aveano  più  volte  veduto  fug- 
gire davanti  le  loro  baionette  !  Parlo  in  particolar  modo  dei 
nostri  cacciatori  a  cavallo,  ma  anche  fra  le  guardie  civiche  e'  e- 

(1)  Nella  Raccolta  di  opuscoli  dell'Ambrosiana  segnata  S,  C,  V,  V,  26. 

(2)  Mantovani,  Diario. 

(8)  Zanoli,  Miliùe  italiane,  ecc.  II,  312. 


i 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  607 


pano  dei  ciitadini  non  al  tutto  disposti  alla  nuova  servitù  ,  che 
chetamente  si  preparava  per  il  nostro  paese. 

ì'  opposizione  al  governo  austriaco  comincia,  fra  i  meglio  pen- 
santi ,  il  giorno  stesso  della  comparsa  tra  noi  delle  truppe  au- 
striache, o  piuttosto  ricomincia  giacché  il  partito  nazionale  s'era 
molto  agitato  anche  prima  del  28  aprile.  E  fra  i  primi  a  muo- 
versi e  a  sospingere  gli  altri  all'  azione  ó  da  ricordare  Foscolo. 

La  fiducia  dei  patriotti  si  volgeva  in  ispecie  verso  l' Inghilterra 
e  verso  la  Russia.  Quando  lord  Bentinck  ristabili  in  Genova  la 
repubblica  se  ne  trasse  buon  augurio. 

Taluno  accenna  che  Bentinck  facesse  una  corsa  anche  a  Mi- 
lano per  incoraggiare  i  nostri  a  spedire  deputati  per  chiedere  si 
formasse  un  r.ìgno  cisalpino,  costituzionale ,  con  un  principe  au- 
striaco ma  indipendente  (1).  Nelle  carte  del  tempo  non  trovo 
cenno  di  questa  gita.  I  deputati,  come  é  noto,  già  erano  in 
viaggio  per  Parigi,  e  molto  si  attendeva  dall'  opera  loro. 

Sappiamo  invece  che  Foscolo  ebbe  incarico  da  molti  colleghi 
in  milizia  di  recarsi  a  Genova  per  interrogare  lord  Bentinck 
«  di  quanto  potrebbe  aiutare  o  impedire  non  la  salute,  ma  l'onore 
tradito  del  nostro  esercito  »  (2).  Ma  ricevette  in  via  1'  avviso  di 
retrocedere  per  non  destare  sospetti ,  e  perché  essendo  giunta 
in  Milano  un  altro  inglese,  il  generale  Macfarlane ,  a  lui  si  po- 
teva rivolgere  per  lo  stesso  oggetto. 

Infatti,  sotto  colore  di  offrirgli,  quasi  dono  di  ospitalità  militare, 
un  esemplare  dei  Commentari  del  Montecuccoli  ,  Foscolo  fece 
visita  al  generale  Macfarlane  ;  ma  non  ebbe  alcun  conforto  al- 
l' azione,  anzi  consiglio  di  attendere  i  provvedimenti  superiori. 

Attendere  valeva  quanto  consegnarsi,  a  mani  legate,  al  nemico  l 

Tre  giorni  dopo  l'assassinio  del  Prina,  Foscolo,  in  un'ora  di 
terribile  disgusto,  decise  abbandonare  la  carriera  militare,  ma  la 
chiesta  dimissione  gli  fu  disdetta  in  modo  che  sarebbe  stata  vil- 
lania e  imprudenza  l'insistere  ;  era  stato  nominato  capo-battaglione,. 

(1)  Cantù,  Cronistoria,  ecc.,  voi.  II,  par.  I,  pag.  11. 

(2)  Foscolo. 


C)OS  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

il  26  aprile.  E  però  rimase,  rimase  Io  stesso  uomo,  non  tedesco- 
filo o  gallofilo,  ma  solo  e  semplicemente  e  potentemente  italiano. 

La  guardia  nazionale  era  forte  di  novemila  uomini  ;  si  adunava 
frequente,  si  agitava  nei  propri  quartieri,  trattava  di  politica,  non 
le  pareva  che  le  cose  dovessero  finire  cosi  meschinamente  e 
alla  peggio  per  noi.  Il  Mantovani  accenna  a  questa  agitazione  : 
«  La  nostra  guardia  civica  si  lasciò  trasportare  dal  brio  giovanile 
e  a  suggestione  di  alcuni  fanatici,  i  più  quondam  repubblicani, 
hanno  incominciato  a  invocare  la  libertà  e  l'indipendenza,  senza 
conoscere  la  forza  dei  vocaboli  ,  e  scrivono  sui  muri  dei  loro 
<iuartieri  Indipendenza  o  morte  »  (1). 

Valga  ciò  a  provare  che  non  eravamo  poi  tutti  pecoroni  da 
lasciarci  tosare  senza  dare  un  lamento  I 

E  non  si  limitarono  a  scrivere  sui  muri  ,  ma  mandarono  una 
deputazione  per  ossequiare  il  generale  Macfarlane  ;  e  Foscolo 
ebbe  l' incarico  di  stendere  e  di  presentargli  un  indirizzo ,  che 
esprimeva  1'  unanime  loro  voto  per  l' indipendenza  e  per  la  pos- 
sibile integrità  del  regno  d'  Italia  (2). 

Il  generale  inglese  tenne  un  linguaggio  franco  ed  esplicito  ; 
ripetè  ,  su  per  giù  ,  quello  che  aveva  detto  privatamente  al  Fo- 
scolo; disapprovò  la  condotta  dell'Austria,  ma  disse  che  non  era 
saggio  consiglio  una  resistenza  armata  (3). 

Un  altro  indirizzo,  pure  riveduto  dal  Foscolo,  venne  presen- 
tato dalla  guardia  nazionale  al  generale  Sommariva  ;  ma  di  questo 
non  abbiamo  copia. 

Quale  fu  la  risposta  ? 

Ce  lo  dica  il  Mantovani:  «Bisognò  (2  maggio)  levare  gli 
schioppi  alla  guardia  civica ,  e  diminuirne  il  numero ,  essendo 
giunti  a  novemila.  » 

Ci  si  disarmò  per  impedire  che  prendessimo  qualche  vigoroso 
partito  ;  ci  si  temeva  ;  ma  noi  si  viveva  in  tale  incertezza  intorno 
la  cosa  pubblica,  che    non    si   sapeva  qual    partito   fosse    il   mi- 

(1)  Diario  cit. 

(2)  Si  legge  in  Foscolo,  Prose  Politiche,  pag.  73  e  segg. 

(3)  Foscolo,  Lettera  Apologetica. 


I 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  609 


gliore  :  da  qui  1"  esitanza  nel  deliberare  e  la  vanità  della  nostra 
agitazione  :  mentre  l'Austria  sapeva  chiaramente  il  fine  da  rag- 
giungere ! 

Le  nostre  truppe  erano  ancora  riunite  e  sotto  le  armi,  e  pari 
in  numero  alle  austriache  :  fatto  non  insignificante  che  rafforzava 
le  speranze  di  Foscolo  e  degli  amici  :  ma  ogni  giorno  che  trascor- 
reva senza  agire,  rendeva  meno  probabile  qualsiasi  movimento 
militare  e  patriottico.  Pareva  a  Foscolo  che  V  esercito  dovesse 
pur  contare  qualche  cosa,  dovesse  dire  le  sue  ragioni,  e  mettere 
innanzi  i  propri  diritti.  «  Importava  —  egli  scrive,  con  quella  sua 
prosa  magnifica  e  veloce  che  dice  l' altezza  e  la  concitazione 
dell'  animo  suo  —  importava  che  noi  potessimo  interrogare  eflB- 
cacemenie  gli  Austriaci,  cosa  intendevano  di  fare  di  noi,  e  degli 
orfani  e  delle  vedove  de'  nostri  compagni,  morti  in  battaglia,  e 
del  nome  delle  nostre  armi.  »  Qui  compare  anche  uno  spirito  di 
corpo,  che,  volto  a  fine  generoso,  poteva  rendere  più  pronta  e 
deliberata  l' azione  delle  nostre  milizie  ;  e  non  era  male  fomen- 
tarlo in  quel  momento. 

«  E  prevedendo  —  prosegue  il  Foscolo  —  che  la  risposta 
^sarebbe  fatta  da  moltitudini  di  reggimenti  e  di  artiglierie,  im- 
portava che  innanzi  tratto  gli  avanzi  de'  nostri  movessero  di 
notte  ad  accamparsi  improvvisamente  fra  le  gole  di  monti ,  at- 
traverso il  Bergamasco,  la  Valsassina^  e  la  Valtellina  e  i  Grigioni 
italiani.  Ivi  i  pochi  sarebbero  stati  leoni  a  impedire  che  arram- 
picassero turbe  di  cacciatori  e  cani  tedeschi  avviliti  già  da  quin- 
dici anni  di  perpetue  sconfitte,  e  proverbiati  da  nostri  veterani  — 
oltre  il  vero,  ma  pur  quanto  era  utile  —  come  fossero  carne  da 
battaglioni  e  non  altro.  » 

Né  pare  che  tutto  si  limitasse  a  mettere  innanzi  progetti, 
giacché  Foscolo  loda  i  concittadini  che  offerivano  danaro  e  vetto- 
vaglie ;  e  nelle  stanze  stesse  di  lui  si  stampavano  segretamente 
fogli  da  spargere,  nel  momento  opportuno,  fra  le  popolazioni. 

Se  non  che  Sommariva  teneva  gli  occhi  aperti ,  anzi  spalan- 
cati addirittura  sui  depositi  d'armi,  sui  magazzini,  sulle  caserme 
sospette  e  sopra  i  sospetti  uffiziali.  Questa  continuava  ad   essere 


610  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


la  principale  sua  cura;  su  questo  esercitava  le  maggiori  vigilanze  : 
isolare,  disarmare,  quindi  disciogliere  un  esercito,  che  possedeva 
un  patrimonio  comune  di  glorie,  che  era  vanto  della  nazione,  o 
intorno  al  quale  potevano  stringersi ,  da  un'  ora  all'  altra ,  i  pa- 
triotti,  per  ristorare  le  sorti  del  paese  o  almeno  vendicarne  gli 
oltraggi  (1). 

Riconosciuta  la  vanità  di  questi  e  consimili  tentativi,  Foscolo 
stava  di  mal  animo  a  Milano,  e  a  taluno  anche  premeva  di  al- 
lontanarlo ;  e  però  il  generale  Pino,  sul  cadere  del  mese,  gli  fa 
dare  una  missione  per  Bologna,  all'  oggetto  di  ricondurre  a  Cre- 
mona le  truppe  italiane  provenienti  dall'  isola  d'  Elba  (2).  Da 
Bologna  egli  sperava  fare  una  corserella  a  Firenze,  a  respirarvi 
aure  meno  avvelenate.  Il  generale  austriaco,  che  comandava  a 
Bologna,  lo  vide  non  senza  sospetto  ;  sicché  egli  non  potè  nem- 
meno compiere  la  missione  che  gli  era  stata  affidata;  della  quale 
scrive  alla  contessa  d'Albany  : 

....  In  Milano  chiunque  non  è  del  partito  di  una  o  di  un'  altra  na- 
zione coiTe  pericoli  non  tanto  dagli  stranieri  quanto  dalla  stolta  ma- 
lignità dei  nostri  cari  concittadini  che  non  sanno  ciò  che  si  vogliono, 
ma  che  pur  riescono  a  fare  del  male  a  chi  amò  sempre  sinceramente 
la  patria;  cachi,  non  potendo  preservarla,  vorrebbe  almeno  che  non 
cadesse  vilmente  e  degna  di  riso.  Per  fuggire  si  fatti  pericoli  io  mi 
feci  addossare  una  commissione  militare,  tanto  da  poter  anche  tentare 


(1)  «Qua!  fu,  pur  troppo,  il  destino  di  quel  gagliardo  esercito  del  regno 
d' Italia,  che  pigliò  si  nobile  parte  a  tutto,  le  glorie  degli  eserciti  francesi  ? 
Ben  centomila  prodi  caddero  in  Catalogna  e  a  Valenza,  in  Russia  e  in  Sas- 
sonia, e  nondimeno  i  suoi  avanzi,  strettisi  presso  Mantova  nel  1814,  punto 
non  avevano  perduto  della  loro  fermezza.  In  onta  alle  segrete  intelligenze 
col  partito  retrogrado,  gli  alleati  non  entrarono  a  Milano  che  il  28  aprile, 
ossia  quattro  settimane  dopo  la  presa  di  Parigi.  Questo  semplice  richiamo 
reca  onor  grande  a  quei  poveri  soldati  italiani ,  sempre  mai  sacrificati  a 
misteriose  influenze.  »  —  Cattaneo,  Insurrezione  di  Milano,  ecc.  —  Bruxelles 
(Lugano),  1849,   pag.  9. 

(2)  Martinetti,  Documenti  della  cita  militare  di  Ugo  Foscolo,  in  Riolsta 
Europea,  1882,  pag.  911. 


I 


lA     RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  Oli 


che  si  riducano  a  casa  quo'  disgraziati  che  militavano  di  presidio  iiel- 
r  isola  dell'Elba,  e  che,  non  essendo  stati  pagati,  sbarcheranno  forse 
a  Livorno  o  a  Piombino,  dandosi  a  rubare  a  masnade  (1). 


VII. 

La  gente  che  giudica  dalle  apparenze  era  imbonita  da  alcuni 
atti  del  Sommariva  e  della  Reggenza,  che  valevano  a  prolungare 
quel  po'  di  luna  dì  miele  !  Il  1°  maggio  il  Sommariva  con  tutto  il 
>;uo  stato  maggiore  assisteva  alla  m  ssa  in  Duomo,  all'  altare  di 
>^an  Giovanni  Bono;  soldati  dentro  e  fuori;  musica;  una  scena  d'ef- 
fetto. Il  Mantovani  ne  fu  intenerito  :  «  Questa  funzione,  egli  scrive, 
fu  molto  gradita  e  applaudita  dal  popolo,  avvezzo  da  quattordici 
anni  a  non  veder  mai  nulla  di  simile.  »  La  Reggenza,  dal  canto 
suo,  accennava  a  voler  rimettere  le  cose  come  prima  del  96  : 
per  esempio,  ampliava  il  diritto  di  caccia.  Il  conte  Giberto  Bor- 
romeo a  qualsiasi  proposta  un  po'  antiquata  opponeva  la  frase  : 
Taccuìni  vecchi!  Ma  questi  taccuini  vecchi  erauo  però  tenuti  in 
sommo  pregio  da  una  classe  danarosa  e  potente.  Il  governo 
austriaco  ebbe  la  scaltrezza  di  appressarsi  agli  uni  per  impedire 
agli  altri  di  muoversi  ;  e  in  tal  modo  gli  riusci  più  facile  il  com- 
pito di  adagiarsi  con  piena  sicurezza  nel  nostro  paese. 

I  nostri  deputati  erano,  intanto,  giunti  a  Parigi.  Primeggiava 
fra  essi  il  Gonfalonieri,  gallofobo,  ma  ardentemente  desideroso 
ohe  si  mantenesse  il  regno  italico.  Egli  possedeva  le  migliori  doti 
per  figurare  nella  politica  e  nella  diplomazia,  ma,  sventuratamente, 
si  presentava  a  Parigi  messaggiero,  cogli  altri,  di  un  paese,  di 
cui  già  erano,  senza  rimedio,  designate  le  sorti.  Egli  scrisse  una 
prima  lettera  da  Parigi  alla  moglie,  il  30  aprile  ;  ne  seguirono  di- 
ciannove altre,  e  contengono  una  pittura  efficace  delle  coudizioni 
politiche  del  giorno  (2). 

(1)  Foscolo,  Epstolario,  II    578. 

(2)  Arehiclo  Casati.  —  Facciamo  voti  perchè  il  diligente  e  valente  pro- 
prietario pubblichi  presto  il  promesso  lavoro  intorno  al  suo  illustre  parente, 
il  Confalonieri,  servendosi  delle  preziose  carte,  già  da  lui  cosi  bene  custodite 
fi  ordinate. 


(312  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

L'  opera  del  Gonfalonieri  e  dei  suoi  compagni  non  fu  priva  di 
sagacia  e  di  coraggio,  ma  rimase  senza  frutto.  Il  Gonfalonieri 
vide  gli  uomini  che  più  potevano  influire  suU'  andamento  delle 
cose,  e  parlò  con  risoluto  animo  e  copiosa  eloquenza.  Avendo  il 
ministro  inglese  qualificato'  un  giogo  di  ferro  quello  imposto  da 
Napoleone  al  regno  d'Italia,  il  patrizio  lombardo,  dismesse  le 
vecchie  avversioni,  gli  rispose  non  essere  infondato  il  pericolo  che 
il  suo  paese  nel  nuovo  ordine  di  cose  fosse  costretto  a  richia- 
mare con  piacere  la  passata  esistenza,  e  confortò  il  pronostico 
colle  seguenti  ragioni  : 

Il  paese  nostro,  se  non  ha  gustato  mai  il  bene  di  una  esistenza  po- 
litica e  nazionale,  è  da  vent'  anni  che  ha  imparato  a  desider'arla.  La 
sola  speranza  ed  il  solo  nome  di  questa  hanno  fatto  fare  alla  nazione 
sacrifizi  d'  ogni  genere;  e  questi  sacrifici,  quest'  impiego  e  anche  abuso 
de'  suoi  mezzi  e  della  sua  forza  1'  hanno  portata  ad  un  grado  di  energia, 
di  vigore,  di  consistenza  che  non  aveva  mai  toccato  da  prima.  Set- 
tantamila Italiani  nel  medesimo  tempo  stavano  armati  in  Russia  a  farsi 
scannare  per  causa  affatto  estranea  alla  nostra  ;  e  nondimeno  alla  loro 
disciplina  e  bravura  gli  inimici  stessi  rendono  omaggio.  I  rami  tutti 
d'  ogni  amministrazione  presero  vigore  e  vita  che  non  avevano  mai 
avuto.  Sorsero  pubblici  stabilimenti,  si  moltiplicarono  e  perfezionarono 
le  manifatture  e  si  provvide  alle  maggiori  comodità  ;  si  accrebbero 
non  solo  i  luogld  d' istruzione,  ma  anche  i  giardini  e  i  luoghi  di  pub- 
blico divertimento  ;  tanto  1'  esempio  e  una  specie  di  utilità  nazionale 
sostenevano  questa  macchina  contro  le  troppo  spesso  dispotiche  e  de- 
vastatrici ordinazioni  di  quel  governo.  Io  vorrei,  milord,  che  Ella 
sentisse  bene  la  verità  di  quanto  ho  1'  onore  di  assicurarla,  che  noi 
non  siamo  più  quelli  di  venti  anni  fa,  né  ci  è  possibile  ridivenirlo  se 
non  rinunziando  ad  abitudini  e  a  sentimenti,  già  inviscerati  e  cari  ad 
una  nazione  che  ha  ingegno,  energia,  passioni,  che  ha  acquistato 
maggiore  esperienza  delle  cose  politiche  e  più  amore  per  la  patria, 
e  ha  imparato  a  combattere  (1). 

Ragioni  validissime  ;  ma  potevano  tornare  a  grado  della  diplo- 
mazia, quale  era  allora  rappresentata  in  Parigi? 

(1)  Rapporto  alla  Reggenza  del  18  maggio  1814.  —  Archivio  Casati.  — 
Vedi  pure  le  Prose  Polìtiche  di  Foscolo,  pag.  255;  Cantù,  Cronistoria,  ecc., 
voi.  II,  par.  I,  pag.  18 


■ 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  613 


Vili. 


L'  8  maggio  arrivò  fra  noi  il  maresciallo  Bellegarde  «  con 
circa  tredicimila  uomini  di  bellissima  truppa,  massime  la  cavalleria 
montata  su  superbi  cavalli»  (1).  Largo  promettitore  anche  lui, 
blando,  insinuante,  non  mediocre  nelle  armi,  abilissimo  in  società. 
Già  avea  avuto  grandi  faccende  per  le  mani  ;  governatore  nel  Veneto 
dopo  il  trattato  di  Campoformio,  governatore  delia  Galizia,  ministro 
della  guerra.  Nato  in  Chambéry,  da  una  antica  famiglia  savoiarda, 
poteva  apparirci  non  del  tutto  straniero  :  uomo  non  volgare  del 
resto,  e  degno  del  consorzio  di  persone  cólte  (2).  Al  pari  del 
Sommariva,  riteneva  un  po'  del  console  Flaminio,  per  spandere 
sui  nostri  capi  un  facile  oblio  del  passato  e  servili  influssi. 

La  guarnigione,  come  si  vede,  si  faceva  grossa,  e  come  in  città 
occupata  per  forza  d'  armi. 

Erano  circa  22,000  uomini,  sparsi  nelle  caserme  e  nelle  case, 
e  il  loro  mantenimento  costava  novantamila  lire  al  giorno  «  che 
verranno  compensate  ai  particolari  »  (3).  Eravamo  anche  tenuti 
a  mantenerli,  tranne  quelli  accolti  nelle  caserme,  che  vivevano  a 
spese  municipali.  «Ora,  scriveva  Enrichetta  Blondel,  la  sposa 
del  Manzoni,  alla  cugina  Carlotta  Blasco,  noi  siamo  ingombri  di 
soldati ,  le  nostre  case  in  città  e  in  campagna  ne  sono  ancora 
occupate,  e  non  si  sa  troppo  come  bastare  alla  spesa.  »  E  Giulia 
Beccaria,  la  madre  di  Manzoni  :  «  Il  nostro  Lecco  é  rovinato  in- 
teramente dal  soggiorno  di  otto  mesi  di  soldati....  Le  spese  straor- 
dinarie e  forzose  ci  hanno  impedito  di  ultimare  la  nostra  casa 
nuova  »  (4). 

(1)  Mantovani,  Diario  cit. 

(2)  Biografia  degli  Italiani  oicenti.  —  Lugano,  Veladini,  1819,  II,  17-J. 

(3)  Mantovani.  Diario  cit. 

(4)  De  Gubebnatis,  Il  Manzoni  e  il  Fauriel,  ecc.,  pag.  96. 


614  r-A    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


Chi  si  contenta  gode  ;  ma  nemmeno  i  più  sviscerati  verso  casa 
d'Austria  dovevano  godere  di  questo  accampamento,  che  dava 
alla  nostra  città  l'aspetto  di  una  grande  caserma;  che  ci  faceva 
sopportare  i  pesi  della  guerra,  mentre  le  armi  s'  erano  posate  da 
per  tutto;  che  mettova  i  privati  in  contatto  con  gente  rozza,  esi- 
gente, violenta,  L'  alta  ufficialità  pretendeva  i  migliori  palazzi,  e 
di  essere  trattata  principescamente.  Basti  dire  che  per  la  sola 
tavola  di  Bellegarde  si  spendevano  circa  ottocento  lire  al  giorno; 
o  questo  aggravio  ci  fu  imposto  per  parecchio  tempo  (1).  Dove- 
vamo fargli  le  spese  al  nostro  Flaminio  ! 

Molti  ufficiali  dopo  avere  spesa  tanta  parte  della  vita  sotto 
le  armi,  desideravano  continuare  la  carriera,  sia  pure  sotto 
l'Austria,  ma  non  pochi  dei  loro  compagni  dissentivano  da  ciò, 
sia  per  tedio  della  milizia,  sia  per  ribrezzo  della  bandiera  gialla 
e  nera.  Il  Mantovani,  in  data  17  maggio,  riferisce:  «Essendosi 
presentati  al  maresciallo  Bellegarde  gli  ufficiali  dei  Veliti,  espo- 
nendo il  desiderio  dei  loro  soldati  di  servire  Casa  d'Austria,  cento 
soldati  tumultuarono  chiedendo  di  tornare  a  casa.  » 

11  capo  battaglione  Foscolo  non  avea  potuto  né  rimanere  più 
a  lungo  a  Bologna,  né  spingersi  sino  a  Firenze.  Il  19  maggio 
eccolo  di  nuovo  fra  noi,  e  per  poco  non  correva  pericolo  di  es- 
sere trattato  da  disertore  ;  i  maligni  s'  avventavano  contro  di  lui. 
Egli  scrive  al  Verri  della  Reggenza  e  gli  acclude  un  memoriale 
alla  polizia  per  protestare  contro  lo  vociferazioni  de'  tristi.  Si  pre- 
senta anche  al  Bellegarde,  che  gli  permette  di  rimanere  a  Milano 
e  gli  assicura  difesa  contro  le  calunnie.  Ma  da  taluno  mal  si 
comportava  la  sua  dimora  fra  le  nostre  mura;  e  però  gli  capita 
l'ordine  di  recarsi  a  Montechiari,  nello  stato  maggiore  del  ge- 
nerale Bonfanti.  Mercè  una  seconda  visita  al  Bellegarde,  ottenne 
che  r  ordine  venga  disdetto.  Veggasi  da  ciò  quanto  era  temuto 
il  libero  e  generoso  uomo  (2). 

Se  non  che  di  giorno  in  giorno  andavano  tramontando  le  ultime 


(1)  Dall' 8  maggio  a]  14  giugno.  —  MANTovANr,  Diario. 
(i)  Martinetti,  Dog.  cit.,  in  Ricista  Europea,  1882. 


I 


LA    RESTAURAZIONE    AUi^trIACA    IN    MILANO.  615 


lusinghe  persino  di  una  parziale  indipendenza.  Tratto  tratto,  cor- 
levano  delle  voci  stravaganti  :  il  Lombardo- Veneto  doveva  asse- 
gnarsi all'uno  o  all'altro  principe;  si  discuteva  —  vanissima 
disputa  —  quale  dei  principi  austriaci  sarebbe  stato  eletto  re 
d'Italia;  additavasi  Francesco  d'Este,  di  sangue  misto  austro- 
italico,  e  nato  in  Milano,  quello  stesso  che  fece  poi  a  Modena 
sì  belle  prove  !  Intanto  i  nostri  deputati  continuavano  a  fare  dei 
passi  inutili,  e  toccava  loro  di  ricevere  delle  risposte  molto  dure, 
molto  desolanti.  Francesco  li  ricevette  con  burbanzoso  sussiego  : 
«  non  poter  esser  quistione  d' indipendenza,  né  di  governo  costi- 
tuzionale in  un  paese  conquistato  colle  armi,  senza  tener  conto 
degli  antichi  diritti  che  il  conquistatore  avea  su  di  esso.  »  Il 
principe  di  Metternich  distrusse  addirittura  ogni  speranza  di  un 
regno  autonomo.  La  Russia  non  si  sognava  nemmeno  di  venire 
in  nostro  soccorso,  e  l' Inghilterra  ci  consigliò  di  metterci  d'  ac- 
cordo coll'Aùstria,  offerendoci  solo  per  questo  i  suoi  buoni  uffici  (1). 

Gonfalonieri  rimase  non  so  se  io  dica  più  crucciato  o  irritato, 
0  scrisse  il  18  maggio  la  già  ricordata  lettera  alla  Reggenza  per 
i!ar  conto  del  proprio  operato.  Indi  deliberò  di  non  rimettere  piede 
in  Milano,  non  reggendogli  di  vederla  contaminata  da  piede  stra- 
niero, e  intraprese  dei  lunghi  viaggi. 

Anche  prima  della  lettera  del  Gonfalonieri,  arrivò  da  Parigi  il 
corriere  Fiocchi  con  dispacci  (22  maggio)  che  annunziavano  le 
ultime  e  irrevocabili  risoluzioni  dei  sovrani. 

«  Il  feld  maresciallo  Bellegarde  si  mette  alla  testa  della  Reg- 
genza. L'  imperatore  d'Austria  si  dichiara  padrone  e  sovrano  del 
Lombardo-Veneto  »  (2). 

Padrone  e  sovrano  !  Lo  sentite  ?  Padrone,  nel  concetto  cesareo, 
bisantino,  asiatico  della  parola  ;  padrone  anche  più  del  Barbarossa, 
che  pure  avea  dovuto  concedere  una  tal  quale  autonomia  alle 
nostre  comuni  ;  padrone  assoluto,  come  se  la  storia  non  contasse 
per  niente,  come  se  milioni  d'  anime  fossero  vendibili  a  peso  e  a 

1 1 1  Cantc,  Cronistoria,  ecc.,  loc.  cit. 
ti)  Mantovani,  Diario  cit. 


616  LA     RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


misura,  come  se  la  Francia  non  avesse  bandita  la  dichiarazione 
dei  diritti,  come  se  la  nazionalità  non  avesse  pregio  di  sorta,  come 
se  la  volontà  popolare  valesse  meno  che  zero! 


IX. 


Il  25  maggio,  Bellegarde  si  dichiara  investito  dall'imperatore 
«  di  pieni  poteri  nelle  provincie  del  regno  d' Italia,  ora  distrutto, 
e  già  appartenenti  alla  Lombardia  austriaca,  compreso  lo  stato 
di  Mantova  e  i  dipartimenti  sulla  sinistra  del  Po.  » 

Neil'  atto  di  assumere  il  governo,  abolisce  il  Senato,  il  Consiglio 
Legislativo  e  di  Stato  ;  conferma  i  ministri  che  dovevano  agire 
a  norma  delle  leggi  vigenti  e  ricorrere  a  lui  nei  casi  dubbi. 

Cinque  giorni  dopo  si  firmava  la  pace  di  Parigi.  I  sovrani  vi 
disponevano  del  Lombardo-Veneto,  e  di  ogni  altra  parte  dei  do- 
mini napoleonici  :  rialzati  troni,  barattate  corone,  avulsi  e  rimpa- 
stati territori,  con  reciproco  solenne  impegno  di  mutua  assistenza, 
sicché,  in  quel  momento,  e  per  degli  anni  molti,  levarsi  contro 
l'Austria  valeva  quanto  levarsi  contro  l'  Europa  intera,  malleva- 
trice  di  patti  arbitrari,  ma  formalmente  stipulati  a  danno  nostro. 
Dico  r  Europa  governativa.  Quanto  all'  Europa  dei  popoli,  troppo 
disingannata  e  salassata  dal  ventennio  precedente,  per  ora,  la- 
sciava fare  quel  che  meglio  o  peggio  piacesse  ai  sovrani  e  ai 
loro  ministri. 

Non  mancarono  laudatori  perfino  di  quella  pace,  qui  e  altrove, 
in  lingua  e  in  vernacolo,  in  versi  sciolti  e  in  rima  ;  non  manca- 
rono epigrafi  italiane  e  latine,  e  anagrammi  e  acrostici  ;  ma  vibrò 
pure  alta  la  nota  della  poesia  patriotica  ;  e  basti  trascrivere 
questo  sonetto  : 

Tradito  e  vinto  per  virtude  e  inganno 
Chi  molti  ha  vinto  e  chi  tradito  ha  tutti, 
Cessar  de'  troni  vacillanti  i  lutti, 
E  ogni  prence  potè  farsi  tiranno. 


I 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    LN    MILANO.  617 


I  russi  artigli  sul  polono  stanno, 
Prussia  vuol  d'  Elba  dominare  i  flutti, 
Bretagna  ha  i  mari  in  servitù  ridntti. 
Gli  Austriaci  Italia  a  gotizzar  sen  vanno. 

Sul  franco  trono  uà  re  Borbone  or  siede 
Per  la  grazia  del  popolo  che  ardio 
Massacrar  suo  fratello  e  il  figlio  erede. 

I  frati  a  generar  ritorna  Pio, 
Spagna  minaccia  ai  dotti  atti  dì  fede  , 
Ecco  la  pace  che  ci  diede  Iddio  (1). 

I  civici  banditori  annunziarono  il  12  giugno  a  suon  di  tromba 
la  lieta  novella.  Ecco  come  le  potenze  alleate  mantenevano  la 
promessa  dell'  indipendenza,  espressa  nei  loro  manifesti  in  periodi 
franchi  e  sonori  ;  quella  promessa  che  lo  stesso  Bellegarde  avea 
mandato  innanzi  da  Verona,  affinchè  più  facilmente  ci  cadessero 
di  mano  le  armi  (2)  ;  e  adesso    ben  altro  discorso  ci  rivolgeva  : 

Popoli  di  Lombardia,  una  sorte  felice  vi  è  destinata  ;  le  vostre  pro- 
J.vincie  sono  definitivamente  aggregate  all'Austria. 

Voi  rimarrete  tutti  uniti  ed  egualmente  protetti  sotto  lo  scettro  dei- 
augustissimo    imperatore  e  re   Francesco  I ,    padre  adorato    de*  suoi 
sudditi,  sovrano    desideralissimo  dagli    Stati  che  godono    la  felicità  di 
kppartenergli. 

Egli  si  reca  in  mezzo  a'  suoi  sudditi,  ai  suoi    popoli,  alla  sua  capi- 
ile,  ove  la    prima  sua  cura    sarà  di  dare  alle    vostre    provincie  una 
jrma  di  governo  soddisfacente  e  durevole,  e  un  ordinamento  acconcio 
assicurare  la  futura  vostra  felicità. 
Noi  siamo  convinti  che  gli  animi  vostri  saranno  pieni  di  gioia  nel 
contemplare  un'  epoca  felice  del  pari  che  avventurata  e  che  la  vostra 
riconoscenza  trasmetterà  alle  remote  generazioni  una  prova  indelebile 
della  vostra  devozione  e  fedeltà. 

(1)  Lo  reca  Cantò,  nella  Cronistoria,  ecc.,  voi.  II,  par.  I,  105. 

(2)  Editto  del  16  aprile  1874. 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  40 


618  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


E  non  bastò  questa  proclamazione  solenne,  per  voce  dei  ban- 
ditori e  col  mezzo  di  questo  editto  affisso  fin  nei  più  remoti  vil- 
laggi ;  si  ebbero  pubbliche  preci  inaugurative  e  propiziatorie  : 
«  Furono  delegati  sei  cavalieri  per  invitare  la  vecchia  nobiltà 
onde  intervenisse  numerosa  e  in  gala.  Il  cannone  all'alba  annunziò 
la  funzione,  e  continuarono  gli  spari  durante  la  medesima.  Il 
Te  Deum  fu  cantato  in  tutte  le  chiese  »  (1). 

La  Reggenza,  non  altro  più  che  strumento  degli  altrui  voleri, 
postilla  cosi  il  proclama  di  Bellegarde: 

Veduto  il  bando  di  ieri,  che  dichiara  queste  contrade  definitivamente 
soggette  al  felice  e  "paterno  regime  di  S.  M.  l'imperatore  Francesco  I, 
tutti  gli  emblemi  del  cessato  governo  sono  soppressi,  e  gli  emblemi 
dell'Austria  sono  loro  surrogati. 

E  che  questa  surrogazione  accadesse  con  totale  indifferenza  da 
parte  nostra,  non  pensiamolo  nemmeno.  Il  tricolore  lo  si  vedeva 
sventolare  da  molti  anni;  piaceva  all'occhio,  parlava  al  cuore, 
suscitava  nobili  orgogli;  scintillava  al  sole  dalla  reggia,  dai  pub- 
blici edifici,  dalla  Madonna  del  Duomo,  dalla  vetta  delle  Alpi; 
lo  aveano  portato  con  alterezza  virtuosi  magistrati,  e  i  nostri 
prodi  dalle  rive  dell'Ebro  a  quelle  della  Moscova  aveano  saputo 
intorno  ad  esso  vincere  o  morire.  E  in  sua  vece,  una  bandiera 
estrania,  brutta  a  vedersi,  senza  linguaggio  per  noi  se  non  di 
servitù  e  di  ignominia! 

E  quando  vedemmo  disciolti  i  Veliti  e  le  Guardie  Reali  ci  è 
parso  che  ci  venisse  a  mancare  alcuna  cosa,  alcuna  difesa,  alcun 
ornamento  della  nostra  vita. 

Però  altre  divise  si  videro  e  anche  quelle  livree  che  la  vanità 
rende,  non  che  sopportabili,  invidiate.  «  I  vecchi  ciambellani  di  S.  M. 
sfoderarono  la  loro  chiave;  e  i  bibliotecari  dell'Ambrosiana  la 
catena  d'oro  con  medaglia.  Primi  a  rimettere  le  proprie  insegne 
furono  i  Cavalieri  di  Malta  »   (2). 

(1)  Mantovani,  Diario. 

(2)  Mantovani,  Diario. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  GÌ  9 

Benché  senza  credito  oramai  e  senza  forza  la  Reggenza  ebbe 
ordine  di  completarsi  mercè  l'aggregazione  di  rappresentanti  delle 
Provincie:  aumento  numerico  e  nulla  più!  (1). 


X. 


Le  gravi  considerazioni  che  si  dovettero  fare  in  quei  giorni 
non  pono  consegnate  ad  alcun  libro;  e  nemmeno  il- Mantovani 
osa  esprimerle,  ma  forse  meno  di  molti  altri  egli  era  in  grado 
di  farle,  giacché  si  vede  che  dava  poca  importanza  alla  indipen- 
denza e  alla  libertà,  anzi  diffidava  persino  di  queste  parole,  come 
piene  di  minacele  e  di  pericoli,  quel  dabbene  ma  semplice  e 
pauroso  uomo!  Ma  il  poeta  vernacolo  non  sapeva  mandarla  giù. 
Cornei  A  si  breve  distanza  di  tempo  Bellegarde  avea  potuto  so- 
stenere due  parti  in  commedia! 

L'indipendenza  Tè  una  bella  cossa; 
Ma  sta  parola  in  bocca  de'  certun 
Sueffaa  a  raspa  per  lor  a  doss  a  nun , 
L'  è  vun  de  quij  scirot  che  mett  ingessa. 

Adesso    non    era  più  il  caso   di    parlarne;    acqua    in    bocca,    se 
non  si  vuol  di  peggio: 

Che  in  quant  a  nun  glie  n'  emm  cavaa  on  beli  piatt , 
Col  fagh  ciappa  de  1'  aria  a  San  Fedel.  — 
Comò  (Prina),  el  me  dis,  ma  donch  l'indipendenza?... 
E  mi:  Citte!  eh' el  lighen,  ezzellenza  (2). 

Ma  tutti  stavano  proprio  zitto?  Parrebbe  di  no.  Due  soli  giorni 
dopo  la   solenne    inaugurazione    del  nuovo    dominio  «  nel  teatro 

(1)  E  furono:  Lucrezio  Longo  per  il  Mella,  Luigi  Turini  pel  Mincio, 
G.  B.  Tarsis  per  l'Agogna,  Peregalli  per  l'Adda,  Muggiasca  pel  Lario,  Ver- 
tova  pel  Serio,  Sommariva  per  l'Aito  Po. 

(?)  Prineide. 


620  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


della  Canobbiana  fu  dato  per  tema  ad  un  improvvisatore  La  bat- 
taglia di  Lipsia.  Verseggiando  eg'i,  come  doveva,  in  lode  degli 
Alleati,  sorse  un  forte  susurro,  ed  in  mezzo  ai  fischi  non  si 
lasciò  continuare.  Il  teatro  fu  sgombrato  per  ordine  superiore. 
Pessimi  preludi  »  (1). 

La  Reggenza,  lasciata  sussistere  per  dare  a  credere  che  il 
paese  avesse  alcuna  parte  al  governo,  moltiplica,  per  celare  sua 
nuUità,  editti  e  regolamenti;  e  fa  sua  la  proposta,  già  discussa 
nei  Collegi  Elettorali,  quella  famosa  proposta  che  riguardava  il  Di- 
vorzio :  quistione  grave  per  certo  ,  disputabile  assai  e  disputata, 
ma  tutt'  altro  che  urgente,  anzi  da  ponderare  assai. 

La  Reggenza  abolisce,  da  un  giorno  all'altro,  il  Divorzio;  e  le 
parve  di  avere  grandemente  meritato  della  patria  ! 

Tra  una  novella  e  l'altra,  susurravasi  di  Napoleone,  e  del  suo 
viaggio  attraverso  la  Francia  fremente  d'odio,  come  alcun  tempo 
prima  ubbriaca  di  entusiasmo,  e  del  suo  comparire  all'isola  d'Elba, 
piccola  isola  per  si  grande  destino.  Ed  ecco  il  Giornale  Italiano 
—  il  foglio  officiale  —  riferire  la  notizia  —  che  a  Portoferraio 
r  ex  imperatore  era  impazzito,  e  i  medici  davano  per  disperata 
la  sua  guarigione. 

Raro  diletto  dir  male,  oggi,  di  lui  !  Impazzito  o  no,  era  caduto 
in  pur  basso  loco,  gli  avevano  dato  un  regno  minuscolo,  sponde 
brevi  e  vegliate,  ove  non  poteva  maestosamente  imperare  senza 
apparire  ridicolo,  dove  lui  e  gli  altri  potevano  far  confronti  che 
lo  umiliavano. 

Qui  si  esponevano  caricature  esotiche  e  nostrali  sul  suo  conto, 
sopra  una  catastrofe  così  grandiosa  che  dava  piuttosto  soggetto 
di  lagrime  che  di  riso.  Ma  il  volgo  ride  volontieri  di  chi  lo  ha 
fatto  piangere;  e  talvolta  ride  dei  propri  danni.  Napoleone  vi  era 
rappresentato  in  atto  di  fuggire,  s'intende,  in  camicia.  Gli  danno 
degli  scappellotti,  gli  tirano  le  orecchie;  ed  egli  si  curva,  si 
rannicchia ,  si  fa  piccino  sotto  la  pesante  mano  dell'  Austria.  In 
altro  disegno,  la  spada  giace  spezzata  ai  suoi  piedi  e  tiene  nelle 

(1)  Mantovani,  Diario. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  621 

deboli  mani  una  croce.  Le  Songe  d' Enghien  rappresenta  il  prin- 
cipe fucilato  che  appare  a  Napoleone,  e  si  legge  in  un  canto: 
«  il  y  a  un  Dieu  vengeur.  »  Nel  General  sans  pareli  il  cappello 
rappresenta  l'aquila  prussiana,  che  afferra  cogli  artigli  l'eroe: 
il  colletto  un  fiume  di  sangue;  l'abito  la  Confederazione  Renana; 
una  tela  di  ragno  sul  petto  per  decorazione;  la  spallina  figura 
la  mano  di  Dio,  che  straccia  il  tessuto,  cioè  distrugge  l'opera 
del  despota. 

La  composizione  ha  maggiori  proporzioni  nella  Caduta  di  Na- 
poleone. Da  un  lato  Mercurio,  il  dio  dei  furbi  e  dei  ladri,  che 
lo  protesse  e  gli  diede  ali  alle  piante  onde  innalzarsi  sino  al  polo 
artico.  Ma  è  respinto  dalle  potenze  coalizzate,  l'Inghilterra  col 
tridente,  l' Austria  e  la  Russia  colle  invitte  spade.  Solca  il  cielo 
la  cometa  del  1811,  annunziatrice  di  sua  caduta.  Traballa  il  suo 
trono,  e  i  popoli  redenti  spezzano  le  catene  (1). 

Piace  al  popolo  che  il  despota  chiuso  in  sé,  o  rado  alle  con- 
fidenze, sia  costretto,  dalla  sventura,  a  confessarsi,  a  pubblicarsi, 
a  mettersi,  come  si  suol  dire,  in  camicia;  e  però  abbondano  le 
conf esioni  ;  e  tra  le  altre: 


Bon.  In  Dio  mai  non  credei,  nemmen  nei  Santi. 
Con    Ebben  sei  preparato  al  pentimento? 
Bon.  I  peccati  commessi  ahi  son  pur  tanti. 
Con.  Questo  tei  credo  Senza  giuramento.... 
Bon.  Di  prender  l'Inghilterra  avea  giurato. 
Con.  Ah!  ass^olver  non  ti  posso,  sei  perduto 
Che  l'Inghilterra  è  caso  riservato. 


Nemmeno  si  voleva  ritardare  al  volgo  il  piacere  di  saperlo 
morto;  e  anticipandogli  quella  fine,  che  'ioveva  essergli  inasprita 
da  indicibili  ambascie,  si  stampava  il  suo  epitaffio: 


(l)  In  una  Raccolta  di  fogli  volanti  e  di  caricature  posseduta  da  Cesare 
Cantù,  al  quale  devo  vive  grazie  perchè  mi  permise  di  esaminarle. 


622  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO, 

Qui  giace  un  Uom  che  fu  nel  mondo  un  mostro , 
Succo  e  midolla  del  tartareo  chiostro  ; 
E  benché  avesse  infra  Cristian  la  cuna 
Mai  religion  conobbe  o  legge  alcuna. 
Perfido  in  pace  e  traditore  in  guerra, 
Empì  di  sangue  e  di  terror  la  terra; 
Famoso  ladro  di  prebende  e  regni. 
Rovesciò  troni  e  aitar  con  modi  indegni  ; 
Ipocrita,  crudel,  superbo,  avaro, 
Empio  fra  gii  empi  ed  ai  malvagi  caro  , 
Questo  mostro,  figliuol  spurio  di  Marte 
Se  Diavol  non  fu,  fu  Bonaparte  (1). 

Ma  il  vinto  dell'isola  d'Elba  ebbe  da  noi  solo  «  codardi  oltraggi?  ». 

È  certo  che  molti  patriotti  avviavano  intelligenze  con  lui,  per 
indurlo  a  sbarcare  nella  Penisola  e  farsi  re  d' Italia.  Un  convegno 
si  tenne  a  tale  effetto  a  Torino,  e  vi  si  trovavano  anche  de'  Lom- 
bardi. Il  10  maggio  si  indirizzò  a  Napoleone  una  lettera  eloquente 
davvero  perchè  veniva  dal  cuore.  Andò  per  noi  a  Portoferraio  un 
messo  segreto,  un  veterano  di  molte  battaglie.  Parlò  con  alta 
facondia  e  innamorò,  a  bella  prima,  Napoleone  del  progetto,  a 
cui  promise  dedicare  le  sue  forze.  I  patriotti,  fidando  in  quella 
promessa,  disposero  gli  animi  e  i  mezzi  al  singolare  evento:  e, 
chi  sa,  qual  corso  avrebbero  pigliate  le  cose  d' Italia  se  Napoleone 
manteneva  l'  assunto  impegno  (2). 

Un  nobile  milanese,  ne  ignoriamo  il  nome,  che  forse  qualche 
cosa  sapeva  della  congiura,  recatosi  a  visitare  Napoleone  all'Ellba, 
fu  ricevuto  con  singolare  bontà.  Uscendo  dalle  stanze  dell'impe- 
ratore, uno  dei  generali  del  suo  seguito  lo  trasse  a  discorso  sulle 
cose  della  nostra  penisola: 

—  Se   a  Napoleone  venisse    in  mente    di   tentare  uno    sbarco 

(1)  In  una  Miscellanea  posseduta  dal  marchese  Sommi-Picenardi  di  Cre- 
mona; De  Castro,  Op.  cit.,  pag.  214  e  segg. 

(2)  Mi  diffondo  altrove,  Cadala  del  Regno  Italico,  pag.  231  e  segg.  — 
Livi,  Napoleone  all'isola  d'Elba.  —  Milano ,' Treves,  1888. 


I 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  623 

sulle  coste    d'Italia,    credete    voi  che  egli    dovrebbe    operare  in 
Toscana  o  a  Genova? 

—  Non  in  Toscana  —  risposegli  il  nobile  milanese  —  dove 
gli  abitatori  sono  troppo  cruscanti;  e  nemmeno  a  Genova  dove 
sono  troppo  mercanti  (1). 

Opinione  tutta  individuale,  e  tutt'altro  che  giusta:  il  patriottismo 
dei  Genovesi  e  dei  Toscani  —  s'  intende  i  buoni  —  non  era  da 
mettere  in  dubbio. 

L'intenzione  dei  napoleonisti  era  quella  di  far  sbarcare  Napo- 
leone nelle  terre  centrali  d'Italia  più  prossime  al  Lombardo-Ve- 
neto, perchè  da  noi  erano  ancora  stanziate  truppe  italiane ,  o  vi 
si  raccoglievano  molti  ex  soldati  dell'ex  Regno  d'Italia. 

Ma  tutto  si  ridusse  ad  un  complesso  di  bei  progetti  e  di  buone 
intenzioni  ! 


XI. 


Giovava  ai  governanti,  piaceva  ai  governati  rinnovare  suppli- 
cazioni all'Altissimo,  e  però  a  Sant'Ambrogio,  con  molto  e  ordi- 
nato concorso  della  rifatta  nobiltà,  s'ebbe  un  nuovo  Te  Deiun  , 
d'  ordine  di  Bellegarde  «  per  ringra^are  Dio  del  pacifico  nuovo 
governo.  »  Ma  già  di  questo  Bellegarde  i  più  accalorati  per  la 
ristorazione  dell'  antico  cominciavano  a  lagnarsi.  Egli  procedeva 
troppo  a  rilento,  al  parere  di  costoro,  nel  cacciare  dagli  impieghi 
i  liberali:  si  volevano  atti  energici  e  di  pronta  giustizia  —  dite 
pure  di  piena  reazione  e  di  vendetta  politica,  come  nell'attiguo 
Piemonte  e  in  altre  parti  d'  Italia. 

Il  Mantovani  accoglie  queste  mormorazioni  _,  e  vi  aggiunge  ti- 
midamente le  sue,  ma  confida  che  Bellegarde  saprà  purgare  il 
paese  della  lebbra  demigogica.  —  Lasciategli  tempo,  egli  dice, 
e  vedrete  che  farà  il  debito  suo. 

(1)  Neiropuscolo  (raro)  Delle  cause  italiane  nelV evasione  di  Napoleone 
dall'Elba.  —  Bruxelles,  1329. 


624  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


Alla  calata  degli  Austro-Russi,  nel  1799,  s'  era  veduto  alcun  che 
di  simile:  spettacolo  profondamente  disgustoso  se  non  si  sapesse 
che  questi  arrabbiati  erano  pochi,  e  facevano  rumore  per  molti. 

Anche  il  Foscolo  né  ò  sdegnato  :  «  Chiedono  costoro  alla  cle- 
menza di  Cesare  una  stanza  in  prigione,  o  la  galera,  o  il  pati- 
bolo, o,  se  non  altro  l'esiglio  per  chiunque  ebbe  opinioni  contrarie 
alle  loro  passioni.  Ed  io  sono  assicurato  da  tale,  a  cui  cadono 
sott'  occhio  ogni  giorno ,  che  le  denunzie  fioccano  a  centinaia  per 
settimana  nel  palazzo  di  Bellegarde,  che  le  fa  ardere  senza  vo- 
lerle pur  leggere  »  (1). 

È  possibile? 

Ed  ecco  Bellegarde  messo  in  grado  di  rinnovare ,  con  poca 
fatica  a  dir  vero,  e  per  fuggire  più  che  altro  delle  brighe,  gli 
atti  che  tanto  si  commendano  in  Pompeo  e  in  Cesare,  i  quali 
abbruciarono  le  lettere  de'  propri  personali  nemici  ! 

Anche  da  noi,  come  in  Piemonte  e  in  genere  in  molta  parte 
d'  Europa  s'  era  ravvivato  l'odio  contro  tutto  ciò  che  ricordava  la 
rivoluzione  e  i  tempi  napoleonici  ;  e  questo  odio  si  manifestava  in 
ogni  possibile  guisa.  Ogni  sentimento  esagerato  é  di  sua  natura 
contagioso,  ed  anche  per  questo  si  apprendeva  con  somma  facilità. 
Oltre  Ticino  la  coccarda  francese  era  abborrita  —  e  non  senza 
cagione,  rammentando  la  prima  e  sola  lunga  servitù  patita  da 
quel  paese,  per  tanti  secoli  autonomo  —  e  la  coccarda  azzurra 
piaceva  cosi  che  i  più  infervorati  se  ne  coprivano  il  cappello  , 
il  vestito ,  il  panciotto ,  perfino  le  scarpe «  Gli  antichi  im- 
piegati, gli  antichi  nobili,  gli  antichi  cortigiani  aprivano  i  polve- 
rosi armadi ,  spazzavano  le  vecchie  gualdrappe  da  tanti  anni 
sepolte  fra  i  ragni  e  le  tignuole  e  se  le  mettevano  in  dosso  come 
bandiere  di  vittorioso  capitano  »  (2). 

Il  Foscolo  conferma,  per  ciò  che  riguarda  la  Lombardia: 

Fioccano  petizioni  perché  si  restituiscano  i  privilegi  antichi  alle  sa- 
cristie  delle  chiese  e   alle  anticamere  dei  signorini,   e   si  ridonino  le 

(1)  Foscolo,  Epistolario,  II,  40. 

(2)  Brofferio,  /  miei  tempi.  III,  258. 


I.A    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  <J"i"> 


trino  agli  staffieri  e  le  nappe  ai  cavalli...  Itern,  professandosi  teneri 
della  gloria  italiana  e  della  patria  letteratura,  vanno  ideando  di  bruciare 
tjuanti  autori  giansenisti,  repubblicani,  atei,  giacobini,  amorosi,  comici 
e  tragici  ebbe  fino  ad  oggi  l' Italia  o  che  non  sieno  stati  canonizzati 
dal  Santo  Uffizio  (1). 

Se  non  che  al  Bellegarde  s'  accostavano  anche  letterati  di 
vaglia,  e  fra  gli  altri  Melchiorre  Gioja,  il  quale  sarà  scusato  se 
iieir  interesse  degli  studi  chiedeva  al  governo  i  mezzi  per  pub- 
blicare la  sua  opera  delle  Scienze  economiche.  Notava  che  il 
cessato  governo  avea  promesso  soccorrerlo  per  quel!'  opera,  in 
ventiquattro  volumi,  la  cui  pubblicazione  doveva  costare  più  di 
cinquantamila  lire.  Ma  contro  di  lui  si  hanno  reclami  di  magi- 
strati e  di  vescovi,  che  mettevano  in  mala  vista  le  sue  opinioni  (2). 

Tutti  gli  atti  di  pia  emendazione  e  ritorno  verso  il  passato  ri- 
cevevano lodi  non  solo  dai  retrivi,  ma  anche  da  quegli  spirili 
timorati  che  dopo  vent'  anni  di  libertinaggio  politico  e  filosofico 
—  per  usare  una  frase  di  moda  —  non  vedevano  salute  se  non 
nel  ritorno  dei  Gesuiti,  della  loro  filosofia,  dei  loro  sistemi  peda- 
gogici, sociali,  politici. 

In  data  12  luglio  il  Mantovani  scrive:  «Fu  sospesa  l'adunanza 
(lei  Franchi  Muratori,  nel  locale  di  Sant'Orsola,  con  sequestro 
della  cassa  e  delle  carte.  »  E  s'  affretta  a  soggiungere:  «  Sarebbe 
un  atto  politico  e  insieme  religioso  la  distruzione  di  questa  loggia.  » 
L'  anno  precedente  la  polizia  di  Padova  aveva  sorpresi  in  piena 
adunanza  i  membri  della  Loggia  dell' Amicizia ,  intimando  loro 
di  separarsi  (3).  L'Austria  rinnova,  da  questo  momento,  la  guerra 
alle  associazioni  segrete  :  ma  vedremo  come  queste  si  moltipli- 
cassero deludendo  le  più  assidue  vigilanze  e  affrontando  i  mag- 
giori   rischi. 

(Il  Foscolo,  Epistolario,  li,  40. 

(2)  Cantù,  Cronistoria ,  ecc.,  voi.  II,  par.  1,  537. 

(3)  De  Castho,  Caduta  del  Regno  Italico,  pag.  203. 


626  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


XII. 

Gode  pure  il  Mantovani  per  avere  Bellegarde  risposto  al  Vicario 
Capitolare  «  nulla  sta  più  a  cuore  di  S.  M.  che  il  ristabilimento 
del  buon  costume,  e  la  coltura  della  nostra  santk  religione  ;  per 
cui  i  Missionari  di  Rho  possono  come  per  l' addietro  tenere  gli 
esercizi  spirituali,  le  missioni,  ecc.  »  E  in  vero  si  ripresero  questi 
esercizi  con  indescrivibile  soddisfazione  di  quella  parte  di  pubblico 
che  suole  usarne,  e  s'  ebbero  inaugurazioni  e  discorsi  con  allu- 
sioni agli  avvenimenti  del  giorno  e  al  buon  andamento  che  pi- 
gliavano le  cose. 

I  Gesuiti  tornavano  a  gala,  anche  qui,  piuttosto  ringagliarditi 
che  scemati  di  forza ,  e  per  nulla  assennati  dalle  precorse  peri- 
pezie e  dai  mutati  pensieri  di  una  parte  del  mondo.  Tornati  per 
istanze  pressantissime  di  vecchie  dame  e  dei  loro  consorti  e 
clienti ,  fecero  ,  alla  loro  volta ,  pressantissime  istanze  e  studi  e 
cabale  per*  rimettere  la  società  nel  vecchio  solco,  «  per  sop- 
primere ,  se  tornava  possibile ,  1'  incomodo  sviluppo  delle  forze 
indagatrici  e  innovatrici  dello  spirito  umano  »  (1).  Sant'  Ignazio 
ebbe  benedizioni  senza  fine  ,  e  una  solenne  funzione  si  celebrò, 
proprio  al  suo  altare,  nella  chiesa  di  San  Fedele  (2). 

Bel  momento  per  uno  dei  soliti  promotori  o  fabbricatori  d'  in  - 
dirizzi,  giuramenti,  medaglie,  monumenti  al  Nume  del  giorno  — - 
e  neppur  questa  volta  mancò  questo  sviscerato  servitore  del  prin- 
cipe o  piaggiatore  dei  fatti  compiuti.  Il  quale  propose  si  sten- 
desse un  atto  spontaneo  di  fedeltà.  Molti  accorsero  a  firmarlo  , 
perchè  cosi  facevano  gli  altri.  Manzoni  raccontava  a  Cesare  Cantù 
come,  incontrato  Ermes  Visconti  che  andava  a  firmarsi,  cercò  dis- 
suaderlo, ma  questi  rispose  :  —  Il  giuramento  è  un  atto  virtuoso, 
dunque?  (3)  —  Eppure  l'Ermes  Visconti   era   uomo  di  raro  ta- 


(1)  Correnti,  L'Austria  e  la  Lombardia,  pag.  6. 

(2)  Mantovani,  Diarco. 

(3)  Cantò,  Monti  e  l'età  che  fu  sua,  pag.  232. 


I 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  627 

lento  e  di  feconda  coltura,  e  ancora  non  s'era  dato  a  quell'esa- 
gerato pietismo  ,  che  gli  fece  ,  in  parte  ,  smarrire  il  senso  della 
vita  mondana  e  delle  cose  politiche.  Poteva  in  lui  più  che  altro 
lo  spirito  d'  imitazione ,  che  dispensa  spesso  dall'  avere  delle 
opinioni  e  ci  fa  accettare  troppo  facilmente  l'andazzo  comune. 

È  inutile  negarlo  :  e'  è  un  immiserimento  nel  sentire  delle  masse 
al  cadere  del  Regno  Italico  e  al  sopravvenire  degli  Austriaci,  sia 
per  disinganno,  sia  per  stanchezza,  sia  per  epicureismo.  Milano, 
cosi  larga  di  cuore,  cosi  espansiva  ed  ospitale  durante  il  Regno  Ita" 
lieo,  si  rinchiude  in  sé  stessa,  comincia  a  guardare  di  mal  occhio 
i  forestieri,  i  pagnottanti  —  come  si  dicevano  —  del  governo  ca- 
duto. Il  municipalismo  si  ridesta  in  Italia,  mancando  all'  affetto 
di  patria  un  campo  più  esteso.  Foscolo  vedeva  con  angoscia 
questo  rinascente  grettume  d'  invidiuzze  e  di  livori  municipali ,  e 
nella  Lettera  Apologetica  non  risparmia  amare  rampogne  (1). 
Ad  un  nobile  milanese  mette  in  bocca  questi  versi  : 

Io  che  son  più  che  buon  cristiano 

Sincero  milanese, 

Nemico  nato  d'  ogni  maledetto 

Forestiero  italiano 

Che  ci  consuma  1'  aria  del  paese  (2). 

Dove  non  si  caccia  un  falso  zelo  ?  Dove  non  giunge  lo  spirito 
li  servilismo  e  d'imitazione?  È  storia  di  tutti  i  popoli  e  di  tutti 
1  giorni.  In  quella  furia  demolitrice,  penso  che  taluno  avrebbe 
volentieri  buttato  giù  i  monumenti  del  ventennio  precedente  :  fu 
appena  consentito  di  ribattezzarli.  L'Arco  di  Porta  Ticinese,  eretto 
per  ricordare  la  battaglia  di  Marengo,  venne  intitolato  «  alla  pace 
dei  popoli.»  L'Arco,  dedicato  alle  vittorie  nostre  e  napoleoniche, 
in  corso  di  lavoro,  si  proponeva  pure  dedicarlo  alla  Pace. 

Pace,  pace!  Non  si  chiedeva  altro! 

E  come  si  picchiavano  il  petto  molti    fra  i    più    aperti    fautori 

(1)  Vedi  pure  Epistolario,  II,  40. 

(2)  Pecchio,   Vita  di  Vgo  Foscolo.  —  Milano,  Ferrario,  1851,  pag.  185. 


628  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


del  regime  napoleonico.  Ma  non  si  confusero  per  si  poco,  e  voi-- 
tarono  al  più  presto  casacca,  spingendo  l'artificio  o  la  viltà  fino 
a  scusarsi  di  non  essere  stati  austriaci  in  un  tempo,  in  cui 
niuno  prevedeva  il  rifiorimento  della  mala  pianta. 

Banderuole  !  L'Austria  li  accoglieva  a  braccia  aperte  questi 
pentiti,  o  falsi  convertiti,  ma  il  paese  li  colmava  di  ben  meritato 
disprezzo  : 

Vorev  mò  di  che  certa  gent  balossa, 
Vedend  che  han  minga  poduu  fa  trentun 
Col  vend  Milan  a  quel  fìoeu  de  uissun 
Come  se  vend  a  mucc  la  roba  grossa, 

Volten  casacca  adess ,  f  m  el  zelant , 
Fan  mostra  de  cerca  el  noster  vantagg 
Per  podè  seguitalla  a  fa  el  raspant, 

Ma  in  Milan  de  sti  baloss  n'  hin  sagg, 
Negher  no  en  voeurem  pù  né  tant  né  quant 
E  a  chi  no  la  squadra  bon  viagg  (1). 

Alla  perfine  nell'agosto  Bellegarde  accenna  a  voler  procedere 
con  risolutezza  contro  i  liberali  !  Parecchi  furono  rimossi  dagli 
uffici ,  e  tra  gli  altri  ,  il  Rasori ,  luminare  della  scienza  medica, 
perdette  il  posto  di  protomedico  all'Ospedale,  per'chè  fervente 
patriotta.  Il  Mantovani  tien  conto  di  questo  atto  d' energia ,  ma 
soggiunge  :  «  Non  mancano  i  satirici  i  quali  con  mordace  scherzo 
chiamano  l' imperatore  d'Austria  Caesar  semper  augustus,  perché 
cominciò  ad  agire  nel  mese  di  agosto.  » 


XIII. 


Ma    se  gli   inermi  e   volontariamente   sottomessi    si    ponevano 
facilmente  d' accordo  coi  nuovi  signori,  i  nostri  soldati  continuavano 

(1)  Nella  Raccolta  dell' AmbroBÌanat  segnata  E,  S,  III,  5. 


r,A    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  629 


a  guardarli  con  occhio  bieco,  e  mal  comportavano  la  vicinanza 
delle  truppe  austriache  :  spirito  di  corpo  e  rivalità  fomentavano 
vivi  risentimenti,  nei  quali  aveano  pure  non  piccola  parte  le 
memorie  napoleoniche  e  l'affetto  per  il  paese. 

A  Brescia  vi   furono   gravi   risse   per  continui    insulti   delle  truppe 
italiane  contro  le  tedesche.    Cinque  di  questi    rimasero    uccisi ,  e  pa- 
.'.^chi  feriti.  Se  non  si  provvede  all'eccessiva  moderazione  di  Bellegarde 
)trà  succedere  altrettanto  a  Milano,  dove   l' ufficialità    italiana    colle 
divise  e  i  distintivi  onorifici  gira  tronfia  per  le  strade,  ed  incontrando 
utììziali  o  semplici  soldati  tedeschi  non  lascia  di  ridere  loro  in  faccia, 
o  borbottare   sotto   voce,  forte   incentivo   a   gente   sospettosa   per  al- 
i-care (1). 

Notizie,  queste,  significative,  e  che  valgano,  da  sole,  a  metterci 
sott'  occhio  quella  forzata  convivenza  d'  uomini  cosi  diversi ,  di 
cui  gli  uni  rappresentavano  ciò  che  ancora  ne  rimaneva  dì  isti- 
tuzioni militari  quadrilustri,  e  gli  altri  rappresentavano  il  diritto 
arbitrario  dei  sovrani  e  l' iniqua  prevalenza  della  forza  brutale. 
Si  scontravano  nelle  vie,  si  urtavano  forse  col  gomito,  e  i  nostri 
ridevano  in  faccia  a  quei  poveri  Croati  e  Schiavoni  e  Panduri  e 
Boemi,  forse  inconsapevoli  dell'opera  prava  che  col  mezzo  loro 
si  compiva  fra  noi,  soggetti  alla  stessa  servitù,  incapaci  di  resi- 
stervi e  persino  di  discuterne  le  ragioni  e  il  fondamento  giuridico, 
passivi  strumenti  e  non  altro. 

Tre  giorni  dopo  (18  luglio)  il  Mantovani  aggiunge  una  notizia  che 
ci  sembra  pure  di  qualche  rilievo  :  «  Ieri  1'  altro  si  trovarono  na- 
scoste presso  il  negoziante  Sovesi  alcune  casse  di  fucili ,  e  dicesi 
alcuni  barili  di  polvere.  *  Delle  armi  ce  n'  erano  ancora  :  e  quel 
che  é  più  vi  era  in  molti  la  voglia  di  adoperarle. 

Non  terremo  conto  delle  immaginazioni,  nelle  quali  s'agitava 
pure  questa  febbre  di  salvare  1'  Italia  dalle  attuali  miserie.  Com- 
parve, colla  falsa  data  di  Novara,  un  indirizzo  ad  Alessandro  di 
Russia,  ove  si  rappresentava  la  necessità  di  fare  l'Italia  una  e 
I  indipendente  sotto  la  casa  di  Savoia  : 

(1)  Mantovani,  Diario,  15  luglio. 


630  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


L' illustro  casa  di  Savoia  è  italiana,  e  gli  avi  suoi  sono  dell'  Italia 
la  gloria  e  l'ornamento.  I  monarchi  alleati  e  l'imperatore  d'Austria, 
amico  e  sostegno  di  questa  reale  famiglia  (!),  la  chiamino  all'antico 
dominio  non  solo,  ma  a  regnare  su  tutti  gli  Italiani  che  desiderano 
divenirne  sudditi.  Si  presenti  il  re  di  Sardegna  agli  Italiani  come  il 
centro  di  loro  unione  ;  e  gli  Italiani  tutti  accetteranno  con  viva  gioia  e 
trasporto  il  magnanimo  dono  e  benediranno  la  mano  donatrice. 

•  Vaneggiamenti,  per  que'  giorni  :  ma  pure  1'  avvenire  vi  è  pre- 
detto appuntino,  perfino  si  suggeriscono  i  plebisciti. 

Si  almanaccò  dalla  polizia  intorno  1'  autore  di  questo  indirizzo, 
e  ne  fu  indiziato  Ugo  Foscolo,  sospetto  senza  alcun  fondamento  (1), 
che  il  poeta,  dopo  le  recenti  delusioni,  aveva  deciso  di  non  occu- 
parsi almeno  per  qualche  tempo  di  politica  militante.  Da  Vienna 
capitò  r  ordine  alla  polizia  di  sorvegliarlo  (2). 

E  vaneggiavano  pure  coloro  che  avevano  messo  gli  occhi  su 
Francesco  d' Este ,  figlio  a  quel  Ferdinando  che  aveva  governato 
Milano  nel  secolo  scorso ,  e  discendente  di  una  casa  che  riguar- 
davasi  come  italiana,  ad  onta  del  recente  innesto  absburghese. 
Si  stampò  a  Milano  una  specie  di  memoriale  Sui  futuri  destini 
d'Italia  (3),  nel  quale  Francesco  d' Este  è  invitato  a  reggere  la 
patria  nostra  indipendente  e  confederata  ! 

Non  scemano  gli  urti  e  le  provocazioni ,  anzi  gli  animi  si  ac- 
cendono più  che  mai.   , 

Si  fecero  varie  insolenze  ai  generali  austriaci.  Alla  Villa  Bonaparte 
si  mise  un  cartello  :  Qui  si  oende  consoUna  (4),  alludendo  air  affabilità 
di  Bellegarde  che  vi  alloggia  ;  al  palazzo  Clerici,  ove  risiede  il  barone 

(1)  CoRio,  Rivelazioni  intorno  a  Ugo  Foscolo.  —   Milano,  1873,  pag.  93. 

(2)  Cantù,  Monti  e  l'età  che  fu  sua,  pag.  235  e  nella  Cronistoria,  ecc., 
voi.  II,  par.  I,  pag.  10. 

(3)  Lettera  scritta  da  Parigi  ad  un  zelante  italiano,  al  signor  D.  P. ,  Mi- 
lano, Sonzogno,  1814.  —  Ne  parla  anche  Cantò,  Cronistoria,  ecc.,  voi.  II 
par.  I,  pag.  9;   Correnti,  L'Austria  e  la  Lombardia,  pag.  5. 

(4)  Bevanda  insipida,  la  doucette  dei  Francesi,  acqua  indolcita  con  rego- 
lizia  o  miele,  ecc.,  da  cui  la  frase:  «  dare  della  consolina  »  per  lasciare  a 
bocca  asciutta. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IM    MILANO.  G31 


Rossetti,  si  appese  una  stampa  che  rappresenta  1*  assassinio  del  Prina  e 
lo  strazio  crudele  che  ne  fece  il  popolo,  minacciando  il  Rossetti  d'  egual 
^orte.  Per  simili  insolenze,  che  per  lo  meno  provano  il  malcontento  e 
il  disprezzo  del  pubblico ,  si  fecero  girare  pattuglie  a  piedi  e  a  cavallo, 
Dggi,  per  infrenare  i  riottosi  se  mai  tentassero  sollevare  la  plebaglia  (1), 

Questo  barone  Rossetti  era  1'  alter  ego  del  Bellegarde,  e  spesso 
presiedeva  la  Reggenza,  che  si  governava  in  tutto  e  per  tutto  a 
beneplacito  dei  superiori.  Il  3  ottobre  si  tenne  una  prima  seduta 
|ter  riordinare  le  scuole.  Il  sullodato  barone  lesse  una  lunga  tiri- 
tera «  insistendo  che  tutte  le  scuole  si  dovevano  riformare  giusto 
i  metodi  di  Vienna,  metodi  sicuri  e  bene  sperimentati  »  (2). 
Trovò,  naturalmente,  adesione:  tutti  d'accordo  a  dire  che  la 
pedagogia,  nella  terra  di  Vittorino  da  Feltro,  non  aveva  mai  dato 
ilcun  buon  frutto  ;  tutti  unanimi  nel  chiedere  che  Vienna  ci  man- 
dasse libri  di  testo,  catechismi,  per  non  dire  maestri.  E  il  voto 
fu  compiuto.  Uomini  sconosciuti  nelle  scienze  e  taluni  ignoran- 
tissimi vennero  con  arrogante  burbanza  a  sconvolgere  e  a  pre- 
siedere le  nostre  scuole  —  anche  le  superiori  —  quando  vive- 
vano fra  noi  Volta  e  Oriani  e  altri  luminari  europei  (3). 

Sfoghi  satirici  e  umoristici ,  più  che  altro ,  i  precedentemente 
accennati ,  sfoghi  conformi  alla  nostra  indole  burlona  e  piacevole, 
indizio  sicuro  che  l' opinione  pubblica  cominciava  a  chiarirsi 
piuttosto  ostile  ai  nuovi  reggitori ,  ma  a  questa  opposizione  di 
arguzie  e  motteggi  non  corrispondeva  alcun  piano  prestabilito  di 
resistenza,  alcun  disegno  di  rivolta  :  e  non  erano  per  nulla  giu- 
stificati i  provvedimenti  difensivi  del  sempre  timoroso  governo. 
Ben  altra  è  la  cospirazione ,  che  ,  nel  frattempo  ,  si  ordiva  fra 
molti  ufficiali  del  nostro  esercito. 

(1)  Mantovani,  Diario,  21  agosto. 

(2)  Mantovani,  Diario. 

(3)  Cattaneo,  Insur  re  sione  di  Milano,  pag.  12. 


632  I-A    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


XIV. 


È  ancora  il  pensiero  di  Foscolo ,  che  ripiglia  gli  animi  più 
ardenti,  e  che  si  vorrebbe  effettuare  :  ma  il  grande  poeta,  come 
testé  ho  avvertito,  disgustato  delle  cose  e  degli  uomini,  che  gli 
stanno  intorno ,  e  ritenendo  che  le  migliori  congiunture  si  fos- 
sero lasciate  passare  senza  rimedio ,  si  mette  in  disparte  ,  e  si 
mantiene  estraneo  a  queste  orditure. 

L' iniziativa  è  assunta  da  quattro  generali  del  nostro  esercito  , 
il  bresciano  Teodoro  Lechi ,  già  capo  di  Stato  maggiore  presso 
il  viceré  Eugenio  :  Gaspare  -Bellotti,  torinese,  già  generale  di  bri- 
gata ;  il  modenese  Zucchi  e  Fontanelli,  già  ministro  della  guerra. 
Teodoro  Lechi  ne  scriveva  al  fratello  Giuseppe  ,  allora  al  soldo 
di  Murat,  perché  informasse  il  re  di  queste  pratiche,  e  ne  veni- 
vano larghe  promesse  d'  aiuti  (1).  Intorno  a  questi  valentuo- 
mini si  strinsero  i  colonnelli  Antonio  Gasparinetti  di  Ponte  di 
Pieve  sul  Trevigiano  ;  Silvio  Moretti  bresciano  ;  Carlo  Olini  di 
Mompiano  nella  provincia  di  Brescia  e  Pietro  Varese  milanese  ; 
il  tenente-colonnello  Pietro  Pavoni  di  Orzinuovi  ;  Bartolomeo  Ca- 
vedoni  di  Modena,  già  aiutante  del  generale  Severoli  ;  Cesare 
Ragoni  già  capo  squadrone  nell'  esercito  italiano  e  allora  al  ser- 
vizio del  re  di  Napoli;  Innocente  Ugo  Brunetti,  lodigiano,  ispet- 
tore generale  delle  rassegne  (2),  onorato  da  Foscolo  di  calda 
amicizia,  che  egli  teneramente  ricambiava. 

La  congiura,  fin  qui  tutta  militare,  si  estese  anche  a  non  mi- 
litari, nel  preciso  senso  della  parola,  e  vi  si  iscrissero,  per  gli 
altri,  il  medico  Giacomo  Rasori  ;  Giovanni  Lattuada  di  Ponte  Cu- 
rone,  aiutante  maggiore  della  Guardia  Civica  di  Milano  e  disce- 

(1)  Odorici,  Storie  Bresciane,  X,  176. 

(2)  Nel  Museo  del  Risorgimento  si  trovano  due  documenti ,  che  riguar- 
dano il  Brunetti. 


I.A     RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  633 


polo  di  Romagnosi  ;  Santino  Cerosa  di  Lecco,  usciere  presso  la 
Corte  d'Appello  di  Milano;  Antonio  Maria  Caprotti,  impiegato 
presso  la  Contabilità  di  guerra;  Filippo  Demester,  milanese  di 
nascita,  ma  olandese  di  famiglia,  flemmatico,  pertinace,  che  te- 
neva presso  di  sé  come  amministratore  quel  gran  galantuomo  e 
insigne  patriotta  di  Francesco  Bertani  (1).  Il  medesimo  avrà  pro- 
babilmente saputo  alcun  che  della  trama,  ma  non  lo  trovo  ri- 
cordato. Invece  trovo  nominati  fra  i  cospiratori  i  fratelli  Rezia  , 
Porro  Lambertenghi ,  Sante  Bignami  (2)  ,  ingegni  eletti ,  anime 
gagliarde,  che  gemevano  per  la  nuova  recente  servitù  e  avreb- 
bero tutto  messo  in  opera  per  scuotersela  di  dosso. 

Si  tenevano  convegni  in  casa  del  Brunetti,  in  quella  casa  ospi- 
tale abbellita  dall'  ingegno  e  dalle  grazie  di  una  donna,  la  con- 
tessa di  Bergamo  Lucilla  Macazzoli,  più  che  amica  al  Brunetti  , 
amica  sincera  al  Foscolo.  Un'  altra  ispiratrice  di  que'  forti  pare 
sia  stata  Elisabetta  Vadori,  veneta^  che  teneva  circolo  in  Milano  : 
e  vi  tuonava  spesso  la  voce  di  Rasori,  bizzarro  ingegno  e  franco 
parlatore. 

Lo  scopo  della  congiura  era  ristabilire  il  Regno  Italico  ,  va- 
lendosi dell'  esercito    nazionale  prima    che    Bellegarde  lo  avesse 

ccolto  in  un  solo  luogo  e  inviato  in  Germania.  Il  suono  a 
stormo  delle  campane  di  Milano  dovea  intimare  la  battaglia  nelle 
varie  città  e  borgate  ;  con  improvvise  mosse  si  sperava  sorpren- 
dere le  fortezze  ;  in  caso  di  avversa  fortuna  era  disposto  un  asilo 
in  Toscana  (3). 

Ma,  doloroso  a  dirsi,  sul  meglio  cadde  in  molti  la  fiducia,  e 
cadde  fra  que' medesimi  che  aveano  disposte  le  prime  file,  o  su 
cui  i  cospiratori  facevano  il  maggiore  assegnamento.  Occorreva 
un  capo.  Come  tale  fu  richiesto  il  Fontanelli,  lusingato  dapprima 
e  voglioso  di  sostenere  si  gran  parte  ;  ma  la  grave  responsabi- 
lità lo  impensierisce,    ingigantiscono  ai  suoi    occhi  le  difficoltà  , 

(1)  Padre  di  Agostino.  —  Ne  parla  la  Mario  nell'  opera  Agostino  Ber- 
tani e  i  suoi  tempi,  cap.  I. 

(2)  De  Castro,  Caduta  del  Regno  Italico,  pag.  219  e  segg. 

(3)  Odorici,  Storie  Bresciane,  X,  176. 

Ayrfi.  Stoy.  Lomb.  — Anno  XV.  41 


634  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

esita  dapprima,  poi  rifiuta.  Allora  si  pensò  al  conte  Teodoro  Lechi. 
Chi  più  adatto  di  lui  ?  Godeva  di  molto  credito  e  si  sapeva  degno 
figlio  di  una  città  di  eroi.  Ma  egli  pure,  mentre  era  impaziente 
di  agire  sotto  altrui  direzione,  non  si  sentiva  da  tanto  di  gover- 
nare il  movimento.  Insomma  non  si  trovò  un  capo  che  volesse 
arrischiare  colle  proprie  le  altrui  sorti  e  che  avesse  tal  nome  da 
ispirare  grande  e  pronta  fiducia.  E  questa  mancanza  fu  appunto 
cagione  che  le  deliberazioni  rimanessero  a  mezzo  e  che  tutto  si 
riducesse  a  lunghi  colloqui  e  ad  oziose  trattative.  Non  potendo 
invero  tentare  una  mossa  militare  di  tanto  rilievo  senza  un  capo 
ben  noto,  si  riconobbe  con  dolore  doversi  per  allora  deporre  il 
pensiero  e  le  speranze.  Separaronsi  i  generali  cogli  occhi  lagri- 
mosi  e  il  cuore  angosciato,  non  osando  nemmeno  proporsi  di  dif- 
ferire la  cosa  ad  altra  occasione,  che  non  erano  sicuri  di  poter 
afferrare  (1). 

La  polizia  ebbe  sospetto  che  alcuna  cosa  si  tramasse,  ma  nulla 
più  che  vaghi  indizi.  Bellegarde,  per  ogni  buon  conto,  per  troncar 
corto  ad  ogni  pericolo  ,  emanò  il  18  novembre  1'  ordine  per  cui 
le  truppe  italiane  doveano  partire  alla  volta  dell'  Ungheria  e  di 
altri  paesi  transalpini  :  —  ordine  che  ci  afflisse  tutti,  come  molte 
famiglie  erano  state  perturbate  dal  precedente  richiamo  dei  diser- 
tori e  dei  soldati  in  permesso  alle  loro  case.  Si  voleva  avere 
tutti  i  nostri  soldati  sotto  mano,  e  per  poco  non  aggiungo  sotto 
chiave. 

Che  i  timori  del  governo  fossero  assai  vivi  si  può  desumere 
da  quanto  scrive  il   Mantovani  in  data  20  novembre  : 

Nella  scorsa  notte  tutta  la  truppa  austriaca  è  stata  sotto  le  armi 
sulla  piazza  del  Castello  e  varie  squadre  tanto  a  piedi  che  a  cavallo, 
giravano  per  la  città.  Il  motivo  precisamente  non  si  può  accertare. 
Chi  dice  per  un  ufficiale  austriaco  trovato  morto  nel  Nirone  di  S.  Fran- 

(1)  Studi  intorno  alla  Storia  della  Lombardia  negli  ultimi  trenf  anni 
e  delle  cagioni  del  difetto  d'energia  dei  Lombardi,  manoscritto  in  fran- 
cese di  un  lombardo,  voltato  in  italiano  da  un  francese,  Parigi,  1847,  pag.  Ili 
e  segg.  ;  volume  proibitissimo  dalla  Censura  Austriaca  e  assai  raro.  Lo  si 
attribuisce  alla  principessa  Cristina  Belgiojoso-Trivulzio. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  635 


Cesco ,  chi  dice    per   l' avviso    recente    che  i  soldati    italiani ,  in   pro- 
cinto di  partire  per  1'  Ungheria,  vogliono  far  man  bassa  sugli  Austriaci. 

E  in  data  del  21:  «  Anche  questa  notte  le  truppe  girano  per 
la  città  con  alcuni  commissari  di  polizia.  » 

Era  senza  meno  traspirata  1'  intenzione  de'  congiurati  di  suo- 
nare a  stormo,  giacché  «  furono  chiamati  tutti  i  custodi  delle 
chiese  ed  avvisati  di  non  toccar  le  campane  per  festa  né  per 
incendio,  lasciando  la  sola  libertà  per  le  solite   funzioni  sacre.  > 

Pare  che  si  avesse  l' intenzione  di  far  partire  le  nostre  truppe 
senz'  armi,  ma  si  dovette  abbandonare  questo  spediente.  Il  Man- 
tovani aggiunge  :  «  Alle  truppe  italiane  si  è  dovuto  accordare  le 
armi.  »  Lungo  il  viaggio,  molti  soldati  si  sbandarono  e  fuggirono 
in  Svizzera  od  altrove   (1). 

Se  il  Gonfalonieri  si  fosse  trovato  in  quei  giorni  in  Milano  si 
sarebbe  messo  anche  lui ,  più  che  probabilmente ,  fra  i  cospira- 
tori, ma  ancora  non  avea  saputo  indursi  al  rimpatrio,  troppo  do- 
lendogli di  vedere  la  sua  città  sotto  la  signoria  di  Vienna.  Il 
9  settembre  del  1814  egli  scrive  da  Londra  a  Giacomo  Beccaria 
la  seguente  lettera,  che  chiarisce  i  suoi  sentimenti  : 

Da  un  mese  corro  come  un  cervo  i  tre  regni  britannici  visitando 
I  le  campagne,  le  città,  le  capitali'ed  avendo  percorso  due  mila  e  cin- 
quecento miglia  di  paese....  Eccomi  ora  da  quattro  giorni  reduce  in 
Londra  ove  non  soggiornerò  che  altri  tre  o  quattro  e  quindi  passando 
per  Parigi  sarò  fra  breve  di  ritorno  in  patria.  Nulla  ti  dirò  su  di 
Londra  né  del  mio  giro ,  perchè  e  troppo  avrei  a  dirti  e  presto  ,  nel 
nostro  ozio  patrio,  avrò  campo  di  farlo  verbalmente.  Nulla  più  posso 
dirti  o  seminulla  di  notizie  politiche,  perché  tutto  è  calmo  e  nube,  e 
tutto  si  tratterà,  si  accorderà  o  si  scompiglierà  nel  Congresso  di  Vienna... 
Tienmi  in  serbo,  mio  caro  amico,  qualche  dose  del  tuo  buon  umore 
e  del  tuo  spirito  ;  esso  mi  sarà  troppo  necessario  per  interrompere 
piacevolmente  la  pacifica  calma  e  la  soporifica  monotonia  con  cui  a 
quel  che  vedo  è  preparata  a  ricevermi    la  mia    cara  patria.  Salutimi 

(1)  Norme  per  V  arresto  dei  disertori  dei  reggimenti  austro-italici.  — 
Museo  del  Risorgimento. 


636  I,A    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO, 

gli  amici  tutti  che  serbano  memoria  di  me  ;  di'  a  Balabìo  che  si  di- 
sponga a  battersi  meco,  giacché  io  vengo  campione  di  questo  bel  paese 
di  cui  so  che  egli  ho  deturpato  la  fama  e  l'onore..,.  (1). 


XV. 


Intanto  i  delegati  della  nostra  città ,  Mellerio  e  Castiglioni  , 
viaggiavano  per  le  poste  a  Vienna  per  conaplimentare  l' Inipe- 
ratore,  ricondottosi  nella  sua  capitale.  Avrebbero  ottenute  migliori 
assicurazioni  di  quelle  date  al  Gonfalonieri  ? 

Il  4  ottobre  il  primo  Te  Deura  per  1'  onomastico  imperiale  fu 
celebrato  con  pompa  magna,  non  solo  nelle  cattedrali ,  ma  in 
tutte  le  chiese,  fin  nei  più  remoti  villaggi.  «  Invito  grande  di  no- 
biltà ,  ma  pochissima  vi  assistette  »  (2).  Che  !  I  grandi  amori 
erano  già  intiepiditi  ! 

Il  librajo  Stella ,  incorre  nelle  ire  della  Censura  :  e  sostenuto 
in  carcere  per  alcun  tempo  ;  pare  lo  si  incolpasse  di  aver  messo 
in  giro  una  commedia  con  data  di  Cagliari,  le  Disnapolenùsa- 
zìone,  nella  quale  figurava  il  mago  Don  Pilucca,  che  è  il  ministro 
Talleyrand  !  (3)  Il  quale  Talleyrand,  per  avere  voltato  casacca, 
era  divenuto  1'  occhio  destro  della  Santa  Alleanza  :  e  i  fogli  par- 
lavano di  lui  come  di  uno  dei  personaggi  più  importanti  del  giorno. 

Il  9  ottobre  giunge  a  Milano  una  sventurata  principessa,  che 
molto  faceva  parlare  l'Europa  di  sé.  Carolina  di  Galles,  moglie 
al  dissoluto  e  tristo  principe  di  Galles,  che  fu  poi  Giorgio  IV  re 
d'  Inghilterra.  I  suoi  lagrimevoli  dissidi  col  marito  erano  gene- 
ralmente noti,  e  suscitavano  grande  interessamento.  Prese  alloggio 
all'  Albergo  Reale.  Bellegarde  e  i  magistrati  le  fecero  un  po- 
chino la  corte,  e  procurarono  di  svagarla  nei  pochi  giorni  che 
rimase  fra  noi:  di  svaghi  avea  grande  bisogno,  e  assiduamente  li 

(1)  Lettera  autografa  inedita  alla  Braidense. 

(2)  Mantovani,  Diario. 

(3)  Idem, 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  637 


cercava  e  li    variava    per   vincere    o    almeno  lenire  le    ambascie 
dell'  animo. 

Al  tearo  Re  vide  ballare  una  bambina  di  ire  anni  sulla  corda; 
si  commosse  ;  chiamò  la  piccina  nel  suo  palchetto,  e  dopo  averla 
baciata  e  ribaciala ,  le  regalò  un  bel  gruzzolo  di  monete.  Diede 
un  banchetto  a  quaranta  dame  e  anche  una  festa  da  ballo,  che 
durò  r  intera  notte  :  1'  albergo  era  tutto  rischiarato  a  torcie  di 
cera.  Bellegarde,  per  ricambio,  apprestò  all'  Arena  un  finto  com- 
battimento ^).  Il  18  novembre  lasciò  la  principessa  un  soggiorno 
che  pur  le  era  tornato  assai  gradito ,  esprimendo  il  desiderio  di 
gustarne  ancora. 

Cominciata  la  dispersione  delle  nostre  truppe ,  più  che  mai 
Foscolo  si  convinse  della  vanità  di  qualsiasi  tentativo ,  e  fece 
parte  da  sé  stesso,  dispettoso  e  crucciato....  «  Mi  feci  di  ghiaccio, 
sottentrò  in  me  il^^desiderio  di  ritiro  e  di  tranquillità,  e  la 
pietà  insieme  del  mio  paese,  che  più  che  altro  ha  bisogno  di 
quiete!  »   (2). 

Ma  la  polizia  non  si  dava  pace  se  non  le  riesciva  di  scoprire 
le  trame  precedentemente  ordite,  quantunque  i  congiurati  aves- 
sero rinunciato  all'  impresa. 

Si  ebbe  ricorso  ,  per  quanto  si  afferma  ,  all'  opera  di  un  sa- 
l'vojardo ,  che  prese  il  falso  nome  di  visconte  di  Saint-Aignan. 
;C'  è  chi  assicura  che  fosse  parente  di  Bellegarde,  e  che  lo  stesso 
maresciallo  lo  assoldasse  a  tale  servizio  (3).  Avvicinò  anzi  tutto 
il  già  militare  ed  ora  commerciante  G.  B.  Marchal  ,  nativo  di 
tCleusis  in  Lorena.  Si  diceva  mandato  dai  Borboni  e  dal  Reggente 
•,d'  Inghilterra  per  scalzare  in  Italia  la  signoria  austriaca ,  mercè 
l'opera  dei  liberali.  Marchal  fu  preso  all'amo,  e  presentò  il  falso 

(Ij  Mantovani,  Diario. 

(2)  Epistolario,  li,  10. 

(3)  Che  la  polizia   ricorresse  a  questo    spediente  non  è  cosa  da  sorpren- 
|dere  :  era  una  delle  solite  arti  ;  ce  lo  conferma  1'  autore  dei  cit.  Studj,  pa- 
gina 116;  aggiunge  particolari  il  Gualterio,  Rivai.  It.,  I,  408,  e  il  Cusani, 
St.  di  Milano,  VII,  218.  —  11  Cantù  non  crede  vi  partecipasse  Bellegarde, 
Cronistoria,  voi,  II,  part.  I,  37, 


638  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

visconte  al  Rasori  ,  che  non  sapeva  rassegnarsi  all'  abbandono 
dell'  impresa  poc'  anzi  ideata. 

Della  comparsa  di  questo  savoiardo  ebbe  contezza  anche  Fo- 
scolo :  «  Dopo  non  mollo  uà  francese,  di  nome  che  parevami  di 
emigrato  e  di  portamenti  diplomatici ,  venne  come  di  passaggio 
in  Milano,  e  teneva  tavola  e  strette  conversazioni  con  uomini  che 
aveano  virilmente  desiderato  indipendenza  di  patria  anche  sotto 
Napoleone  »  (1). 

Convennero  in  casa  del  Rasori  :  Lattuada,  Gasparinetti,  Teodoro 
Lechi,  e  1'  astuto  agente  parlò  in  tal  guisa  da  ridestare  le  sopite 
speranze  :  si  scrissero  note  e  proposte,  si  discussero  i  mezzi  che 
meglio  conveniva  impiegare  ;  e  1'  accesa  fantasia  giudicò  ancora 
facile  ciò  che  era  meno  probabile  che  mai. 

Qualche  giorno  dopo  il  tristo  uomo  presentasi  turbato  e  in- 
quieto alla  casa  del  Rasori ,  si  fa  dare  o  trafuga  le  carte  ,  le 
consegna  alla  polizia;  e  più  non  si  fa  vivo  in  Milano  (2). 

I  congiurati  erano  in  tempo  di  fuggire,  ma  non  lo  fecero , 
giacché  lontanissimi  dal  sospettare  che  la  denunzia  fosse  stata 
fatta. 

Nella  notte  dal  3  al  4  dicembre  si  fecero  i  primi  arresti:  «  Questa 
notte  fu  levato  di  sua  casa  il  dottor  Rasori  e  suggellate  le  carte 
e  due  stanze  :  fu  condotto  in  fondo  di  torre  nel  castello  da  qua- 
ranta dragoni  diretti  da  un  ufficiale  !  »  (3). 

Vennero  pure  arrestati  Teodoro  Lechi^  Belletti,  Pagani^  Cerosa, 
Capretti  e  Cavedoni. 

II  Foscolo  informa  la  contessa  d'Albany  di  questi  primi  arresti  : 
«  Oggi  vorrei  pur  ridere  ma  non  posso  ,  e  sono  costernato  per 
r  arresto  di  due  persone  che  io  conosceva  da  più  anni  ;  odo  dire 
che  gli  arrestati  siano  quattro ,  ma  non  ne  conosco  che  due  ; 
degli  altri  due    non  aveva    mai    sentito  neppure    il    nome  »  (4). 

(1)  Lettera  Apologetica. 

(2)  Pochi  anni  dopo  Marchal  scoperse  in  Parigi,  nella  folla,  questa  spia 
matricolata,  e  gli  diede  tal  lezione  da  ricordarsene  un  pezzo. 

(H)  Mantovani,  Diario. 
(^1)  Epistolario,  II,  93. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  639 


Compianto  vivissimo,  ma  non  scompagnato  dalla  disapprovazione 
dei  loro  disegni,  che  al  Foscolo  apparivano  privi  di  ogni  oppor- 
tunità :  e  il  dolore  medesimo  gli  fa  pronunciare  parole  severe 
sul  loro  conto. 

«  Bisogna  che  il  delitto  —  scrive  il  Mantovani  in  data  del  12  — 
per  cui  furono  detenuti  sia  certo ,  poiché  non  si  lascia  loro  né 
coltello  né  forchetta  nel  dubbio  che  possano  tentare  di  uccidersi.  » 

Il  17  «  vennero  arrestati  alcuni  scolari  dell'  Università  di  Pavia, 
perchè  partitanti  di  Bonaparte  »  (1).  Non  sappiamo  se  questi  ar- 
resti si  collegano  coi  precedenti. 

Il  processo  del  Rasori  e  compagni  venne  incominciato  a  Milano, 
scegliendo  a  giudici  i  più  arrabbiati  reazionari,  di  triste  memoria 
per  i  processi  del  1799,  Cardani,  Freganeschi,  Bonacina,  Borghi, 
Gianni  e  Draghi. 

I  congiurati  erano  circondati  dai  soldati  nel  loro  letto,  e  pigliati 
a  tre  o  quattro  per  notte.  Poi ,  dopo  l' intervallo  quando  di  sette  e 
quando  di  quattordici  notti,  altri  tre  o  quattro  erano  pigliati.  Né  con- 
giunti né  amici  li  rivedevano  più  ;  né  mai  potevano  dire  perchè  fos- 
sero messi  in  ferri,  I  carcerati  erano  interrogati  in  segreto,  ed  essi, 
e  gli  scrivani  e  i  giudici  erano  strettamente  obbligati  con  sacramento 
di  non  mai  rivelare  cosa  che  vedessero  o  udissero  »  (2). 

Raggiunsero  i  compagni,  ma  senza  che  1'  uno  sapesse  1'  arresto 
dell'altro,  Brunetti,  Demester,  Marchal ,    Ohni,  Moretti,  Gaspa- 

^rinetti,  Zucchi,  Ragani  e  parecchi  altri. 

Brunetti    era  fra  questi  il  più  gracile  ,  anzi    malaticcio  da  più 

!,anni ,  sputava    sangue  quasi    ogni    mese  ;  tempra    antica    in    un 

^corpo  poco  meno  che  disfatto.  Il  suo  imprigionamento  desolò 
la  gentile  Lucilla  Macazzoli  ,  e  anche  Foscolo  ,  che  riguardava 
il  Brunetti    come  1'  ottimo  fra  i  suoi  amici ,  non    sa  darsi    pace. 

x  Gli  arresti,  scrive  alla  contessa  d' Albany,  caddero  sopra  per- 
sone che  io  da  più  anni  conosceva  e  vedeva  ;  e  tre  degli  arre- 
stati m'erano  amici:  e  un  d'essi    era,  ed  é,  e  sarà  il  più  caro 

(1)  Mantovani,  Diario. 

(2)  Foscolo,  Lettera  apologetica. 


640  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    iN    MILANO. 

e  il  più  leale  e  santissimo  amico  che  io  possa  aver  mai.  Io  come 
conoscente  e  loro  antico  compagno  di  milizia  e  di  lettere,  piango 
sovr'  essi  e  per  essi ,  e  piangerò  sempre  con  tutta  la  pietà  e  1'  a- 
marezza  del  dolore  »  (1). 


XVI. 


Le  torture  dei  nostri  patriotti,  che  sperimentavano  per  i  primi 
i  metodi  inquisitoriali  austriaci,  non  raffreddavano  per  nulla  le  te- 
nerezze verso  r  Austria  di  certuni.  Il  Mantovani  continua  a  can- 
tare osanna  !  «  Dopo  17  anni  —  egli  scrive  il  1"  gennaio  1815  — 
di  vera  organizzata  tirannia,  entra  1'  anno  1815  con  una  ben  fon- 
data speranza  di  avere  un  governo  giusto  ,  moderato  e  ragione- 
vole. »  E  viene  enumerando  i  provvedimenti  lodevoli  adottati 
dall'  Austria  :  fa  scrupolosamente  osservare  il  riposo  festivo,  pu- 
nisce i  libertini,  dà  man  forte  alle  curie  arcivescovili  e  vescovili 
per  la  riforma  del  costume,  e  va  dicendo. 

I  nobili  avevano  anch'  essi  i  loro  pensieri ,  per  cui  porgevano 
poca  attenzione  a  questo  tristissimo  processo.  Il  23  gennaio 
r  Imperatore  nominava  una  Commissione  per  depurare  la  nobiltà 
e  si  fissavano  tre  mesi  per  far  valere  i  propri  titoli.  Il  conte 
Borromeo  era  capo  di  questa  commissione  araldica.  Tempi  di 
depurazione  :  il  clero  ripudiava  da  sé  i  sanfenisti ,  i  nobili  di 
puro  sangue  i  men  nobili,  e  l' Austria  i  liberali. 

Invece  per  Foscolo,  e  per  tutti  i  buoni  patriotti  furono  quelli 
giorni  di  inenarrabile  amarezza  :  «  Ci  mancava  un  verno  simile  a 
questo  perchè  io  diventassi  perfettamente  marmotta  :  potessi  al- 
meno marmottescamente  dormire  !  o  più  bestialmente  ancora  tra- 
cannare, ingoiare,  sbadigliare  e  tornare  a  tracannare  come  fanno 
i  beati  animali  bipedi  di  questo  paese  :  cosi  possano  dimenticarsi 
delle  noie  del  verno,  e  di  tutte  le  stagioni  infelici  dell'  uomo....  (2). 


(1)  Epistolario,  III,  10. 
<2)  Epistolario,  II,  99. 


I 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  641 


Già  da  qualche  tempo  Foscolo  divisava  di  lasciare  Milano,  per 
recarsi  in  più  spirabile  aura  :  ma  dovette  attendere  alcun  tempo 
prima  di  effettuare  questo  su.o  pensiero,  e  ne  dice  il  motivo  : 

Si  sapeva  che  io  era  amico  di  tre  degli  arrestati,  e  quasi  fratello 
dell'  ultimo  di  cui  parlai.  Mentre  il  governo  può  credermi  complice,  i 
cittadini  possono  malignarmi  come  rivelatore  del  secreto.  Se  io  m'  al- 
lontanassi, alimenterei  i  sospetti  degli  uni  e  degli  altri  :  ogni  uomo 
teme  d'  ogni  uomo  in  si  fatte  congiunture  ;  le  prove  di  un  secolo  di 
vita  integerrimo  non  bastano  a  rassicurare  chi  teme.  L'  onore  quindi 
mi  comanda  di  star  qui  pronto  a  rispondere  delle  mie  azioni  a  chi 
governa ,  ed  insieme  a  non  rinnegare  (e  mostrerei  di  rinnegarla  se 
me  n'  andassi)  1'  amicizia  eh'  io  professo  a  chi  soffre....  (1). 

Il  29  gennaio  gli  inquisiti  venivano  trasferiti  nelle  carceri  man- 
tovane, ove  si  costituiva  un  nuovo  tribunale  per  giudicarli,  pre- 
sidente il  consigliere  Trevisini  e  inquisitore  il  famigerato  Ghi- 
slieri  :  tribunale  anche  peggiore  del  precedente  : 

Oggi  in  tredici  carrozze  sono  partiti  14  detenuti  di  Stato  per 
Mantova,  scortata  ciascuna  carrozza  da  otto  dragoni ,  oltre  un  corpo 
volante  di  cavalleria  di  dietro  e  davanti.  Di  questo  traslocamento  non 
si  sa  intendere  lo  scopo ,  massime  non  sapendo  se  i  processi  sono 
ultimati,  oppure,  come  a  me  sembra  probabile,  che  debbansì  colà  ter- 
minare col  confronto  di  altri  colà  detenuti  (2). 

E  però  l'Austria,  trascorsi  appena  nove  mesi  dal  suo  insedia- 
mento fra  noi ,  già  si  trovava  a  fronte  una  valida  opposizione,  già 
ricorreva  per  domarla  ad  arcane  procedure  e  ad  estremi  castighi. 

Il  pubblico  rimaneva  percosso  dalla  notizia  di  questi  notturni 
arresti,  tranne  i  moralmente    pervertiti,  che  forse  ne  godevano: 

Vecchi  preti  e  patrizi ,  frattanto  ,  tripudiavano ,  immaginando  boia , 
bastoni  e  torture  che  stavano  vendicandoli  di  giacobini  pagnottanti , 
cosi,  con  vocabolo  milanese,  chiamavano  que'  cittadini  del  Regno,  che 
per  esercizi  di  uffizi  pubblici  nei  ministeri  e  nel  Senato  e  nella  Corte, 

(1)  Epistolario,  II,  101. 

(2)  Mantovani,  Diario. 


642  I.A    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA     IN    MILANO. 

si  erano  domiciliati  a  Milano Un  tristo  andava  intorno  per  le  bot- 
teghe da  caffè  interrogando  quanti  fossero  stati  imprigionati  la  notte 
passata  :  quanti  bastonati  davanti  a'  giudici,  quanti  strozzati  o  straziati 
in  prigione  ;  e   perchè  mai  si  indugiasse  (I). 

Il  giorno  medesimo  della  partenza  dei  nostri  inquisiti  per  Man- 
tova, la  Società  dei  Nobili  dava  una  splendida  festa  da  ballo  al 
corpo  dell'  ufficialità.  Bellegarde  e  gli  ufficiali  si  disponevano  a 
ricambiare  queste  cortesie  ,  li  uni  con  un  banchetto  ,  e  gli  altri 
con  una  festa ,  che  ottennero  si  desse  nel  Palazzo  di  Corte  ,  e 
per  la  quale  si  fecero  grandi  apparecchi. 


XVII. 


Di  questa  prima  procedura  mantovana  pochissimo  è  trape- 
lato (2).  Le  confessioni  furono  estorte  col  solito  tranello  di  falsi 
costituti ,  per  lasciar  credere  che  i  compagni  già  avessero  rive- 
lato. Gasparinetti  cadde,  fra  i  primi,  nella  rete,  e  narrò  come  il 
generale  Teodoro  Lechi,  incontratolo,  gli  dicesse  :  —  Coraggio, 
mio  caro  ;  se  Fontanelli  ricusa  di  condurci,  lo  Zucchi  subentrerà. 

Il  Ghislieri,  visitò  il  Lechi  nella  sua  cella,  e  dicendosi  venuto 
dalla  sua  casa,  ridestando  nell'  animo  del  prigioniero  le  più  care 
e  insieme  le  più  strazianti  memorie  de'  suoi  cari ,  tentò  fiaccare 
il  suo  spirito  ;  gli  parlò  della  madre  in  fin  di  vita  e  che  arden- 
temente sospirava  di  vederlo  prima  di  morire.  —  Ebbene,  finiva, 
confessate  tutto,  e  siete  libero  all'  istante. 

(1)  Foscolo,  Lettera  apologetica. 

(2)  Fra  i  manoscritti  della  Biblioteca  Ambrosiana  trovasi  una  copia  del- 
l'atto  di  accusa  datato  da  Mantova,  2  marzo  1815,  firmato  dal  procura- 
tore imperiale  L.  Valeri,  e  diretto  contro  undici  imputati  di  cospirazione  a 
danno  del  governo  austriaco,  Lattuada,  Teodoro  Lechi,  Belletti,  Cavedoni, 
Ugo  Brunetti,  Gasparinetti,  Rasori,  Ragani,  Cerosa,  Capretti,  Marchal.  — 
Un'  altra  copia  trovasi  al  Museo  del  Risorgimento. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  643 


li  Lechi  non  si  lasciò  sfuggire  una  sola  parola  (1). 

Fin  dal  febbraio ,  la  buona  Lucilla  Macazzoli  era  accorsa  a 
Mantova ,  per  istarsi  vicina  al  suo  sventurato  amico  ,  e  non  si 
parti  da  quella  città  per  tutto  il  tempo  del  processo  ;  prova  com- 
movente di  fedeltà  e  devozione.  E  al  principio  di  marzo  Foscolo 
scrisse  all'  amico,  offerendosi  di  assumerne  la  difesa  :  ma  il  giu- 
dice lo  ricusò  come  incompetente  (2). 

Nel  frattempo,  i  nostri  ambasciatori  a  ^'^ienna  ebbero  dall'  im- 
peratore parole  tutt'  altro  che  promettenti  :  «  Milano  cessa  d'  es- 
sere capitale,  deve  decadere  ;  procurerò  che  decada  adagio  !  »  — 
Rispetto  alla  sistemazione  del  paese  non  furono  né  interrogati 
né  ascoltati.  Scoraggili,  vanno  a  Corte  per  chiedere  il  congedo. 
L'  imperatore  lo  accorda  ben  volontieri ,  ma  trattiene  presso  di 
sé  il  Mellerio. 

Il  quale  Mellerio ,  sul  principio ,  credette  che  gli  avrebbero 
lasciato  qualche  ingerenza  negli  affari.  Avendo  il  governo  invi- 
tati i  delegati  a  riferire  sui  bisogni  delle  nuove  provincie,  il  Mel- 
lerio riceveva  con  piacere  questi  rapporti,  ne  lodava  la  franchezza, 
prometteva  appoggio  (3).  Ma  non  tardò  a  svanirgli  di  mano  anche 
questa  larva  di  potere.  I  Tedeschi  lo  vedevano  di  mal  occhio,  e 
gli  Italiani  lo  biasimavano  perchè  avea  transatto  collo  straniero. 
Si  tolse  a  quella  dubbia  posizione  appena  gli  fu  possibile. 

Neil'  occasione  di  questi  ricevimenti  dei  nostri  ambasciatori  , 
l'imperatore,  informatosi  dell'andamento  dei  processi  mantovani, 
dichiarava  che  era  sua  intenzione  usare  qualche  clemenza  :  e 
Bellegarde  scriveva  ai  giudici  si  studiassero  di  essere  severi 
quanto  la  legge  il  permettesse,  affinchè  meglio  rifulgesse  la  cle- 
menza sovrana. 

Aveva  l'  inquisizione  imperiale  chiesta  per  tutti  la  pena  di 
morte  (aprile);  i  difensori  mostrarono  chiaramente  come  quel 
titolo  d'  alto  tradimento    per    difetto   di  prove  mal  si  sostenesse  ; 


(1)  OooRici,  Storie  bresciane,  X,  178. 

(2)  Foscolo,  Epistolario,  li,  216. 

(3)  Cantù,  Cronistoria,  ecc.,  voi.  II,  parte  I,  369. 


044  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRUCA    IN    MILANO. 


sicché  non  era  credibile  che  i  giudici  potessero  condannarli  per 
tal  reato. 

Non  si  pigliò  alcuna  decisione  —  enormità  che  si  direbbe 
quasi  inverosimile  — ;  rimasero  quegli  sventurati  per  mesi  e  mesi 
ignari  della  propria  sorte ,  sospesi  fra  la  vita  e  il  capestro  :  e 
invano  i  parenti  sollecitavano  una  risoluzione  :  la  cosa  si  riman- 
dava a  disegno  di  settimana  in  settimana ,  per  non  dire  d'  anno 
in  anno  (1). 

Anche  in  Milano  i  liberali  continuavano  a  vivere  fra  le  più 
crudeli  ansietà,  e  i  timidi  fra  incessanti  terrori  :  «  Le  notti  erano 
rumorose  sin  dopo  1'  ora  dei  teatri,  ove,  per  non  lasciarsi  sospet- 
tare di  colpa,  i  più  timidi  affettavano  più  allegria.  Poscia,  dopo 
mezzanotte,  le  ore  d'  ora  in  ora  suonavano  cupe  di  passi  di  com- 
pagnie tedesche  ;  e  alcuni  immaginavano  di  sentirli  soffermali 
alle  loro  pone  ;  e  per  unico  rimedio  alla  paura  e  alle  verghe  , 
turavansi  ermeticamente  1'  orecchio,  e  sognavano  tuttavia ,  e  va- 
neggiavano Tedeschi,  e  inquisizione  segreta,  e  le  prigioni  sepol- 
ture di  vivi  »  (2). 

Eppure  il  governo ,  oltre  che  dal  Bellegarde  ,  era  tenuto  dal 
conte  di  Saurau,  che  in  molte  occasioni  si  mostrò  temperante  e 
rispettoso  ai  vinti.  Bellegarde  teneva  una  specie  di  luogotenenza 
generale,  e  Saurau  era  governatore  di  Milano.  In  uno  de'  suoi 
primi  rapporti  a  Vienna,  «  diceva  di  aver  trovato  la  nobiltà  oziosa 
e  prepotente,  il  clero  ignorante,  tenace,  corrotto,  il  medio  ceto 
operoso  ed  illuminato.  Avvisò  ottimo  partito  mantenere  presso  che 
intera  1'  amministrazione  itah'ca ,  scambiando  i  nomi  ;  e  cosi  si 
fece  »  (3). 

Tanto  Bellegarde  come  Saurau  cercarono  di  attirare  a  sé 
alcuni  eminenti  ingegni ,  fra  cui  Foscolo  :  «  Non  devo  celare , 
scrive  il  Pecchio,  che  alcuni  Austriaci  in  autorità  ben  presagendo 
r  effetto  che  farebbe  sullo  spirito  pubblico  degli  Italiani  se  aves- 

(1)  CusANi,  St.  di  Milano,  VII,  224;  i  citati  Studt  si  diffondono  pure  su 
questo  iniquo  processo,  pag.  118  e  segg. 

(2)  Foscolo,  Lettera  apologetica 

(3)  Correnti,  L'Austria  e  la  Lomhardia ,  pag.  7. 


r.A    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  645 


soro  potuto  assoldare  per  loro  scrittore  Ugo  Foscolo,  gli  richie- 
sero il  piano  di  un  nuovo  giornale  letterario,  e  poi  gliene  offer- 
sero la  direzione  col  salario  di  seimila  franchi.  Egli  distese  il 
piano  che  era  fondato  su  principi  larghi  e  liberali,  ma  ne  ricusò 
ad  ogni  patto  la  soprintendenza  »  (1). 

In  termini  consimili  parla  lo  stesso  Foscolo  di  questa  proposta, 
accennando  com'  egli  richiedesse  che  il  giornale  fosse  sottratto 
a  qualsiasi  censura  preventiva ,  per  rimanere  una  indipendente 
palestra  di  studi  utili  e  onorevoli. 

Se  ben  si  guardi ,  non  havvì  fin  qui  argomento  di  biasimare 
Foscolo.  Persuaso  com'  egli  era  che  fosse  oramai  vana  e  dispe- 
rata impresa  di  opporsi  all'Austria,  gli  sorrise,  per  un  momento, 
r  idea  di  compensi  intellettuali,  di  un  pacifico  convegno  di  spiriti 
liberi,  di  una  propaganda  calma  ma  efficace  di  studi. 

Si  avviarono,  quindi,  delle  trattative  tra  il  governo  e  il  libero 
-crittore,  con  quei  contatti  personali  e  con  quegli  scambi  di  cor- 
tesie, che  non  potevano  evitarsi,  ma  che  gettavano  una  luce  sfa- 
vorevole sul  grande  patriotta.  Però  nei  documenti  pubblicati  su 
questo  affare  non  s'  incontra  una  sola  frase ,  la  quale  ci  mostri 
Foscolo  disposto  a  scrivere  sulla  falsariga  austriaca  e  a  bene- 
placito degli  stranieri  (2). 

Bellegarde  ne  scrive  a  Vienna  al  barone  Hager,  presidente  della 
polizia  aulica  e  ,  per  dire  il  vero ,  aggiunge  una  frase  ,  che  ,  se 
esprimesse  il  vero,  farebbe  grave  torto  al  Foscolo:  «interamente 
e  incondizionatamente  si  è  offerto  a  noi  »  (3).  Ma  Bellegarde  avea 
dato  all'  adesione  di  Foscolo  un  significato  molto  maggiore  del 
reale  ,  non  teneva  conto  delle  esplicite  riserve  con  cui  il  poeta 
voleva  conservare  al  periodico  il  carattere  di  una  istituzione  pu- 
ramente letteraria  e  scevra  di  fini  politici.    Il  barone  Hager,  dal 

(1)  Vita  di  Foscolo.  —  Milano,  1851,  pag.  130. 

(2)  CoKio,  Ricelasioni  intorno  a   Uqo  Foscolo,  pag.  86  e  segg. 

(3)  Tentativi  del  governo  austriaco  per  fondare  un  giornale  critico-lette- 
rario «  del  quale  il  governo  intende  seroirsi  onde  rettificare  le  erronee 
opinioni  sparse  sotto  tante  forme  dal  cessato  governo  »  (incartamento  di 
T  documenti  d'ufficio  con  firme  autografe).  —  Museo  del  Risorgimento. 


64G  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


canto  suo,  è  lieto  della  proposta,  e  ne  scrive  al  conte  Saurau. 
Ha  luogo  uno  scambio  di  notizie  intorno  all'  autore  dei  Sepolcri  ; 
ma,  ad  un  tratto,  lo  stesso  Foscolo  straccia  quelle  orditure,  ap- 
pena s'avvede  del  falso  giudizio  che  se  ne  poteva  ricavare  sulle 
sue  intenzioni  e  sulla  sua  condotta. 


XVIII. 

Napoleone  a  si  breve  distanza  dai  nostri  lidi,  Murat  in  armi, 
e  malcontento  degli  alleati,  come  gli  alleati  dubitosi  di  lui,  ciò 
bastava  per  dar  sospetto  che  le  cose  non  fossero  del  tutto  finite  : 
e  i  napoleonisti  avevano,  non  che  il  desiderio,  il  presentimento 
che  grossi  eventi  stessero  per  sopraggiungere.  Murat  dava  ricetto 
ai  fuggitivi  in  Lombardia,  rinfocolava  le  speranze  nazionali,  spar- 
geva le  medaglie  col  motto  Onore  e  Fedeltà.  Si  recò  al  suo 
campo  il  nostro  Luigi  Porro  Lambertenghi,  che  sempre  troviamo 
fra  gli  emissari  e  iniziatori  tutte  volte  si  tratti  del  bene  del 
paese  :  spirito  culto,  generoso,  audace.  Di  ritorno  passò  da  Roma 
e  vide  il  restaurato  Pio  VII,  il  migliore  fra  i  principi  reduci  o 
il  solo  che  non  si  bruttasse  con  poliziesche  reazioni. 

Gli  parlò  delle  trame  muratiane,  e  il  papa  gli  disse  :  —  Io  non 
sono  avverso  all'impresa  di  Murat,  né  ai  mezzi  con  cui  viene 
condotta.  I  Carbonari  hanno  senso  italiano,  ed  ella  pure  é  italiano, 
e  lo  sono  anch'  io  (1). 

Ebbe  insolito  successo  sui  nostri  teatri  V Italiana  in  Algeri,  per 
le  allusioni  politiche  ;  e  acclamazioni  prorompevano  ai  versi  : 

Pensa  alla  patria,  e  intrepido 
Il  tuo  dover  adempì, 
Or  che  por  tutta  Italia 
Risorgono  gli  esempi 
D'  ardire  e  di  valor. 

(1)  Maroncri.li.  Addizioni.  —  Cantù,  Il  Conciliatore,  ecc.,  pag.  7. 


f 


LA     KESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  G47 


E  un  subisso  di  applausi  accoglieva  il  coro  : 

Quel  che  valgon   gì'  Italiani 
Al  cimento  si  vedrà. 

Percorrevano  l'alta  Italia  segreti  emissari  del  Murat,  fra  gli 
altri  il  genovese  Maghella  ;  e  ci  risulta  che  si  trattenne  anche 
a  Milano,  ove  parlò  coi  migliori  —  pochi  a  dire  il  vero  —  ai 
quali  i  processi  mantovani  non  avevano  tolto  lena  per  cospirare, 
ud  almeno  per  sperare. 

I  sovrani  alleati  s'  erano  raccolti  in  Vienna,  per  proseguire 
l'opera  del  Congresso  di  Parigi^  ribadire  le  catene  ai  popoli, 
spiare  che  da  nessuna  parte  si  ridestasse  il  desiderio  della  libertà, 
s'intrattenevano  in  lunghi  colloqui,  si  stringevano  la  destra;  ei 
loro  ministri  se  la  intendevano  e  saldavano  i  vincoli,  e  1'  un  so- 
vrano doveva  infallibilmente  accorrere  a  puntellare  il  trono  del- 
l' altro  quando  vacillasse,  e  se  uno  fosse  insufficiente  tutti  insieme 
dovevano  schiacciare  l' idra  della  rivoluzione.  L'Austria  faceva  le 
Dese  agli  ospiti:  spettacoli  e  feste  per  alleviare  quella  grave 
t  viica  :  r  oro  d' Italia  serviva  anche  a  questo. 

Se  non  che  i  sovrani,  fra  i  giocondi  simposi  e  V«  ingorde  lun- 
ghe contese  »  furono  sopraccolti  da  notizie,  che  niuno  avrebbe 
pensato  poc'  anzi  verosimili  :  fuga  di  Bonaparte  dall'  Elba  (26  feb- 
braio 1815)  :  mentre  Murat  s'  accingeva  a  sconvolgere  l' Italia  e 
minacciava  Roma,  e  il  papa  più  che  di  passo  toglievasi  dalla  sua 
capitale  per  riparare  in  Toscana. 

Le  quali  notizie,  appena  si  diffusero  per  Milano,  produssero, 
com'  era  da  aspettarsi,  una  viva  agitazione  :  «  La  scorsa  notte  — 
scrive  il  Mantovani ,  in  data  8  marzo  —  furono  arrestate  varie 
persone  dalla  Polizia,  a  quanto  dicesi  per  esaltamento  esternato 
alla  nuova  della  mossa  di  Bonaparte.  Se  le  spie  faranno  in  questi 
giorni  il  loro  dovere,  il  governo  potrà  conoscere  molte  maschere 
che  ha  d' intorno  e  non  distingue  per  tali.  » 

Un  poeta  vernacolo  fa  parlare  i  sovrani  spauriti  : 


648  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


....Insci  se  vari  disend  qui  pover  locch 
In  intani  el  glie  prepara  un  bel  viorin 
Per  vede  anmò  de  fa  resta  i  re  mocch  (I), 

E,  se  non  m'inganno,  vi  allude  il   Porta: 

Ma  coss'  è  ?  Se  romp  l' incant 
Porcinella  el  torna  viv, 
Alto  a  gamb,  moUen  tucc  quant 
Quij  che  baja  e  quij  che  scriv. 

Si  tentava  ingannarci  suU'  esito  dell'  impresa  napoleonica  :  im- 
minente la  sua  cattura  ;  e  gli  alleati,  dismessa  ogni  pietà,  avevano 
deciso  trattarlo  come  un  volgare  malfattore.  Ma  il  21  marzo  era- 
vamo già  informati  del  ritorno  trionfale  di  Napoleone  a  Parigi  : 
«  Oggi  lettere  da  Lione,  Ginevra,  Torino  danno  quasi  sicuro  l'in- 
gresso di  Bonaparte  a  Parigi.  Il  governo  nostro  avvedutissimo 
non  ha  pensato  a  procurarsi  i  mezzi  per  aver  notizie  sicure,  e 
cosi  tranquillizzare  i  popoli,  e  perciò  fu  sorpreso  di  quanto  spar- 
gevasi  con  qualche  fondamento.  Per  rimediare  e  saper  anche  rego- 
larsi mandò  a  chiamare  Giuseppe  Corti,  direttore  dell'  ufficio  delle 
poste,  e  da  questo  canale  potè,  dubbiosamente  però,  affrancare  i 
cittadini  che  Bonaparte  non  era  giunto  che  a  Magon  »  (2). 

Gli  allarmisti  avevano  buon  giuoco,  e  potevano  spargere  le  più 
stravaganti  novelle,  quasi  sicuri  d'  essere  creduti  e  di  mettere 
sossopra  cittadinanza  e  governo.  Il  1*  aprile  si  sparge  a  Milano 
che  il  papa  è  giunto  a  Belgioioso.  Il  giorno  dopo  doveva  tro- 
varsi fra  le  nostre  mura.  Si  fanno  al  più  presto  preparativi  al 
nostro  palazzo  arcivescovile  ;  anche  al  Duomo  si  fanno  gli  appa- 
recchi di  circostanza;  l'A-rco  di  Porta  Ticinese  è  messo,  per  cosi 
dire ,  a  festa  ;  e  cosi  il  Corso ,  ove  già  si  accalca  la  folla.  Ma 
ecco  smentita  la  storiella:  il  papa  è  a  Viareggio  e  si  dirige  alla 
volta  di  Genova.    Il   governo    burlato,    nomina  una  commissione 

(1)  In  una  Raccolta  deirAinbrosiana  segnata  E,  S,  III,  5. 

(2)  Mantovani,  Diario. 


à 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  649 


apposita  contro  gli  allarmisti  e  diffonditori  di  false  notizie  ;    e  si 
fanno  molti  arresti  di  forastieri  (1). 

Forse  è  un'  altra  storiella  il  minacciato  eccidio  dei  liberali  in 
Milano,  a  cui  accenna  il  Mantovani  in  data  3  aprile.  Non  par  vero 
che  il  feroce  zelo  degli  Austriacanti  potesse  spingersi  a  questo 
segno,  nell'ora  stessa  in  cui  i  Napoletani  ripigliavano  le  armi  per  la 
salute  comune  :  «  Nelle  ultime  due  notti  diconsi  fatti  molti  arresti. 
Si  pretende  che  vi  fosse  un  complotto  di  far  man  bassa  sui  par- 
litanti  di  Bonaparte,  e  tale  mal  inteso  trasporto  verso  gli  Austriaci 
fu  scoperto  a  tempo,  perchè  a  quanto  dicesi  doveva  succedere 
lo  scoppio  domani,  giorno  della  B.  V.  A.,  in  cui  di  solito  pel  Per- 
dono si  affolla  la  città  di  contadini.  »  Fatto  sta  che  si  presero 
rigorose  precauzioni  ;  si  sguinzagliarono  per  le  vie  numerose  pat- 
tuglie ;  e  frotte  di  contadini  furono  respinti  alle  porte. 


XIX. 


Dacché  nelle  nostre  truppe,  sparse  ancora  per  il  Lombardo- 
Veneto,  serpeggiavano  virili  pensieri,  che  meglio  si  davano  a 
conoscere  in  quei  giorni,  urgeva  discioglierlo  legalmente.  Il 
1'^  aprile  1815  comparve  il  decreto  relativo.  Alcuni  ufficiali  supe- 
riori ebbero  promozioni,  dovute  loro  per  anzianità  e  che  valsero 
a  rendere  meno  increscioso  il  mutamento  della  bandiera  (2).  Il 
generale  Frimont,  incaricato  della  fusione  dei  due  eserciti,  baciò 
ùcuni  generali  italiani  «  in   segno    d'  amicizia  e  di  fratellanza.  » 

Onesta  forse  l'intenzione  del  tedesco,  ma  quei  baci,  in  simile 

(1)  Mantovani,  Diario.  —  Il  Mantovani  mette  innanzi  il  sospetto  che  la 
voce  fosse  ad  arte  diffusa  dalla  polizia  «  per  divagare  i  pensieri  e  tenere 
attento  a  tutt"  altro  il  pubblico  in  (^uei  giorni  creduti  pericolosi.  >  Diario  : 
1"  giugno  1815. 

(2)  Ebbero  grado  di  tenenti  marescialli  i  generali  Severoli,  Bonfanti  e 
Peiri,  e  di  maggiori  generali  i  generali  di  brigata  Balabio,  Dembowsky  e 
Galimberti. 

Arch.  Star.  Lomb.  — ^  A  "  no   X^■.  42 


650  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

momento,  rassomigliavano  troppo  a  quello  di  Giuda.  Molti  spez- 
zarono la  spada,  ripugnando  di  servire  il  nemico  di  ieri,  e  il 
nuovo  oppressore  d'  Italia  :  tornarono  a  vita  privata  o  lasciarono 
il  paese  nativo,  e  parecchi  si  segnalarono  fuori  (1). 

A  poco  a  poco,  come  s'  è  visto,  per  non  far  rumore,  per  non  dar 
neir  occhio,  ci  si  erano  tolti  tutti  gli  elementi  dell'  organizzazione 
militare,  fabbriche  d'armi,  fonderie  da  cannoni,  polveriere,  ma- 
nifatture di  panni,  scuole  militari,  e  via  dicendo.  L'Austria  fece 
suo  un  materiale  da  guerra  e  di  marina,  il  cui  prezzo  ammon- 
tava a  molte  centinaia  di  milioni.  Per  ridurre  all'  impotenza , 
anche  sotto  l'aspetto  militare,  le  nazioni  soggette,  il  governo  si 
serviva  di  questo  mezzo.  Riservava  ai  soldati  tolti  all'  arciducato 
d'Austria  e  alle  provincie  vicine  il  servigio  esclusivo  dell'  arti- 
glieria e  di  quasi  tutti  i  rami  più  elevati  dell'  arte  militare,  re- 
stringendo le  altre  nazioni  all' esercizio  d' armi  speciali,  che  non 
potevano  mai  sopperire  all'  uopo  di  un  completo  esercito.  La 
cavalleria  ungherese  non  contava  che  ussari  ;  la  cavalleria  di 
Galizia  lancieri  ;  il  Tirolo  dava  fanteria  leggiera  ;  e  nelle  Pro- 
vincie italiane  non  si  reclutavano  che  soldati  di  linea  !  Non  un 
solo  artigliere  !  (2). 

Foscolo    continuava  a  trovarsi  in  grande  tempesta  di  pensieri. 

Un  dopopranzo  —  scrive  il  Pecchie  —  lo  incontrai  mesto  e  cor- 
rucciato fuori  di  Porta  Orientale  lungo  quel  viale  di  pioppi  che  conduce 
a  Loreto  ;  e  dopo  aver  camminato  per  lungo  tempo  senza  far  motto , 
alla  fine  ruppe  il  silenzio  dicendomi  :  —  Tu  che  sei  avvezzo  a  dir  la 
verità  agli  amici  ed  ai  nemici,  dimmi  francamente  che  si  dice  di  me 
nel  pubblico  ?  —  Se  tu  continui  queste  tue  tresche  con  gli  Austriaci, 
gli  risposi,  i  tuoi  nemici  diranno  che  sei  una  spia  di  loro.  —  Queste 
parole  furono  come  un  fulmine.  Si  mise  a  precipitare  i  suoi  passi  : 
il  suo  volto  si  offuscò.  Non  disse  più  nulla  (3). 

(1)  11  modenese  Ventura  andò  a  sistemare  gli  eserciti  del  re  di  Lahor, 
donde  con  ricchissimi  doni  tornò  dopo  venti  anni  in  Francia  ;  Codazza  nelle 
repubbliche  dell'America  meridionale  lavorò  da  ingegnere  ;  e  cosi  altri.  — 
Cantò,  Cronistoria  ecc.,  voi.  II,  par.  I,  pag.  65. 

(2)  Cattaneo,  Insurresione  di  Milano,  pag.  10. 
(.3)   Vita  cit.,  ed.  cit.,  pag.  131. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  651 


Sappiamo  di  quali  tresche  qui  s'intenda  parlare:  le  trattative 
per  il  giornale  letterario.  Pare  che  s'  aspettasse  una  definitiva  ri- 
sposta da  Vienna,  ma  quando  giunse  la  risposta,  Foscolo  non 
si  trovava  già  più  in  Milano.  Messo  nel  1' obbligo  di  giurare,  e 
impensierito  per  le  mali  voci  che  correvano  sul  suo  conto,  egli 
preferi  sottrarsi  alla  doppia  ingiuria,  e,  senza  congedo  dagli  amici 
lombardi,  senza  passaporto  del  governo,  quasi  senza  denaro,  parti 
travestito  per  la  Svizzera  (31  marzo).  Giunto  a  Lugano,  ebbe 
gli  aiuti  di  un  Antonio  Quadri  (1),  mercè  i  quali  potè  proseguire 
l'arduo  viaggio. 

Bellegarde  ha  l' ingenuità  di  attribuire  la  non  riuscita  del  pro- 
getto giornalistico  al  ritardo  della  risposta  da  Vienna,  ne  incolpa 
«  la  poco  propizia  istituzione  postale  avendo  soppresso  la  posta 
giornaliera  da  Milano  a  Vienna  sulla  diretta  via  della  Pontebba  e 
avendola  ridotta  a  due  volte  la  settimana  »  (2).  Per  simile  ritardo, 
Foscolo,  dice  lui,  ebbe  tempo  a  riflettere,  e  lo  sbarco  di  Bona- 
parte  e  1'  avanzarsi  di  Murat  lo  indussero  a  novo  estremo  partito. 

Ecco  invece  i  veri  motivi  della  condotta  di  Foscolo  :  «  L'  onor 
mio  e  la  mia  coscienza  mi  vietano  di  dare  un  giuramento  che 
il  presente  governo  domanda  per  obbligarmi  a  servire  nella  milizia, 
della  quale  le  mie  occupazioni  e  l' età  mia  e  i  miei  interessi 
m'hanno  tolta  ogni  vocazione.  Inoltre  tradirei  la  nobiltà,  incon- 
taminata fino  ad  ora  del  mio  carattere,  col  giurare  cose  che  non 
potrei  attenere  e  con  vendermi  a  qualunque  governo.  »  Quell'  a- 
nima  sdegnosa  preferi  alla  servitù  della  milizia  sotto  bandiera 
austriaca  e  al  tristo  vivere  in  paese  schiavo,  le  vie  incerte,  lun- 
ghe, dolorose  dell'  esiglio  ;  e,  congedatosi  dalla  famiglia  con  lettera 
del  31  maggio  (3)  superò  le  Alpi  e  si  allontanò  per  sempre  dal- 
l' Italia. 

(1)  Op.  cit.,  pag.  93. 

(2)  Museo  del  Risorgimento;  doc.  cit. 

(3)  Epistolario,  HI,  106.  —  Lettera  apologetica;  Io  scritto  Sui  Giura- 
menti diretto  al  conte  di  Ficfjuelmont,  quartier  mastro  generale  dell'  esercito, 
«uomo  di  molta  niente  e  di  nobile  animo»;  —  Martinktti,  lav.  cit.  nella 
Rioista  Europea,  1882. 


652  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


XX. 


Fusione  sempre  sgradita  e  intempestiva  quella  di  due  eserciti, 
ma  più  che  mai  in  quei  momenti,  mentre  da  due  settimane  Murat 
avea  intimato  guerra  all'  Austria.  Un  nostro  lombardo,  un  gene- 
rale dell'esercito  testé  disciolto,  Giuseppe  Lechi,  entrava  in  Roma 
e  vi  parlava  in  nome  dell'  Italia.  A  Pesaro  i  nostri  incontravano 
per  la  prima  volta  gli  Austriaci  e  li  mettevano  in  fuga  ,  lieto 
principio  che  suscitò  speranze  troppo  superiori  all'  entità  della 
cosa.  E  da  Rimini  il  re  guerriero  rivolge  un  proclama  che  agi- 
tava le  più  intime  nostre  fibre ,  e  che ,  provando  all'  evidenza 
r  ingiustizia  della  dominazione  austriaca,  levava  qualsiasi  scrupolo, 
e  pareva  dovesse  vincere  ogni  esitazione  e  ogni  codardia  :  mentre 
Manzoni,  il  nostro  cantore  solitario,  formulava  in  versi  memora- 
bili il  programma  politico  unitario ,  quel  programma  che  solo 
nel  1859  si  è  cominciato  a  compiere  : 


O  delle  imprese  alla  più  degna  accinto , 
Signor,  elle  la  parola  hai  proferita 
Che  tante  etadi  indarno  Italia  attese. 
Ah  !  quando  un  braccio  le  teneano  avvinto 
Genti  che  non  vorrian  toccarla  unita , 
E  da  lor  scissa  la  pascean  d'  offese  ; 

E  r  ingorde  udivam  lunghe  contese 
Dei  re  tutti  anelanti  a  farle  oltraggio, 
In  te  solo  un  raggio  di  nostra  speme 
Di  nostra  speme  ancor  vivea  pensando 
Clr  era  in  Italia  un  suol  senza  servaggio, 
Ch'  ivi  slegato  ancor  vegliava  un  brando. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  653 

Eran  le  forze  sparse 
E  non  le  voglie,  e  quasi  in  ogni  petto 
Vivea  questo  concetto, 
Liberi  non  sareni  se  non  siam  uni....  (1) 

Egli  è  sorto  per  dio  ! 
Con  lui ,  Signor ,  dell*  itala  fortuna 
Le  sparse  verghe  raccorrai  da  terra 
E  un  fascio  ne  farai  nella  tua  mano  (2). 

Al  proclama  di  Rimini  rispondeva  Bellegarde  da  Milano  il 
5  aprile,  derideva  Murat  qual  venturiere  politico  «  straniero  al- 
l' Italia  e  nuovo  nella  categoria  dei  regnanti  »  ;  enumerava  le  be- 
nejicenze  del  governo  austriaco  ;  ripeteva  le  solite  promesse,  tranne 
quella  dell'  indipendenza  :  «  Lombardi  !  Il  governo  austriaco,  sin- 
cero per  natura  e  per  sistema  non  millantatore,  vi  ha  promesso 
tranquillila ,  buon  ordine ,  amministrazione  paterna ,  e  tanto  vi 
manterrà  »  (3). 

Da  Rìmini  Murat  s'  era  spinto  a  Bologna ,  con  animo  di  var- 
care il  Po  ad  Occhiobello  e  dar  mano  ai  Lomba rdo- Veneti ,  che 
si  confidava  ripigliassero  al  suo  primo  comparire  le  armi  ,  da 
poco  dismesse,  per  avventarsi  contro  lo  straniero. 

Mentre  Murat  era  a  Bologna  gli  si  presentò  un  animoso  gio- 
vine di  Como,  Francesco  Scalini,  il  quale  studiava  in  quella  uni- 
versità e  a  nome  dei  compagni  chiedeva  armi  per  formare  una 
legione  e  per  combattere  accanto  ai  soldati  del  re.  Lodava  il  re 
la  generosa   offerta  e  prometteva  secondarla  (4).  Ma   quando  fu 

(1)  Verso  duro,  ma  forte,  degno  di  splendere  sovra  il  ricomparso  tricolore. 
11  poeta  «  si  vantava  dopo  molti  anni,  celiando,  che  per  T  unità  d' Italia  egli 
avea  fatto  il  più  grande  dei  sacrifizi,  quello  di  scrivere  scientemente  un  così 
brutto  verso  ».  —  D'Ovidio,  Saggi  critici,  pag.  75. 

(2)  Il  proclama  di  Rimini  ;  frammento  di  canzone,  nelle  Tragedie  e  Poesie 
di  Alessandro  Manzoni,  1873,  pag.  319. 

(3)  Archivio  di  Stato.  —  Una  copia  si  trova  pure  nel  Museo  del  Risor- 
gimento. 

(4)  Martini     Storia  d'Italia  dal  1814  al  1834     I,  202. 


654  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

sul  punto  di  dare  le  armi,  non  ne  trovò,  giacché  appena  ne  avea 
pel  suo  sottile  esercito.  E  questa  fu  cagione  che  i  Lombardi  e  i 
Romagnoli  non  potessero  moversi,  come  ne  aveano  somma  voglia  : 
e  anche  dalla  Toscana  e  dalle  Marche  piccoli  aiuti  venivano  aire 
liberatore.  I  patriotti  continuamente  dicevano  o  mandavano  a  dire 
al  re,  da  ogni  città  già  liberata  da  lui  o  in  attesa  del  benedetto 
tricolore,  che  somministrasse  fucili ,  giacché  le  armi  erano  state 
staggite  dall'Austria  o  dai  governi  che  ne  dipendevano.  A  Man- 
tova in  ispecie  i  patriotti  cospiravano  in  vista  di  quelle  tetre 
mura,  ove  già  stavano  carichi  di  catene  i  primi  nostri  cospiratori, 
e  mandavano  ogni  giorno  al  re  esortazioni  e  sollecitazioni,  ma  né 
fucili  né  sciabole  si  possono  avere  li  per  li,  ci  vogliono  quattrini, 
ci  vuol  tempo  :  mancavano  i  primi ,  e  anche  il  secondo  volgeva 
oramai  poco  propizio  all'  ardito  guerriero  ,  e  già  i  suoi  giorni , 
per  cosi  dire,  erano  numerati. 

Ci  limitammo  a  declamare  nei  crocchi  più  intimi  dei  versi,  fra 
cui  i  seguenti  che  dovrebbero  piacere  e  commuovere  anche  dopo 
passata  l'  ora  per  cui  furono  scritti  : 


Giunta  l'ora:  volate,  o  Guerrieri, 
Al  gran  sasso  che  Italia  circonda  : 
Libertade  ogni  lido  risponda 
Dal  Sebeto  alle  rive  del  Po. 

Trionfante  d' Ausonia  il  vessillo 
Vi  richiami  alla  gloria  degli  avi, 
Su  col  sangue  la  macchia  si  lavi, 
Che  tant'  anni  l' Italia  bruttò. 

I  Re  nostri  discordi  ed  imbelli 
Fer  superbe  le  barbare  genti, 
Ma  un  Re  solo,  un  Re  forte  spaventi, 
Fughi,  abbatta  il  nemico  furor. 


I 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  65 S 


Chi  è  SI  vile  che  ad  opra  cotanta 

Non  si  desti,  o  negli  occhi  non  arda  ? 
Chi  dubbiando  s'  arretra  o  chi  tarda 
Ha  de'  cervi  più  timido  il  cuor. 

Non  Siam  noi  di  quel  seme  divino  , 
Che  captive  sul  colle  di  Roma 
Per  la  polve  e  con  sordida  chioma 
La  Germania,  la  Francia  meno  ? 

SolTrirem  che  dell'  Itale  genti 
Qual  de'  greggi  si  faccia  mercato  ? 
Solo  a  noi,  solo  a  noi  fia  negato 
Ciò  che  a  tutti  natura  donò  ? 

Di  Pirene  fa  scherno  l' Ispano 
Al  valor  della  Gallia  vicina  : 
Può  il  Britanno  fra  1'  onda  marina 
Della  terra  gli  insulti  sfidar. 

E  all'Italia  dell'arti  bel  nido, 

Già  de'  Numi  soggiorno  giocondo, 
All'  Italia ,  giardino  del  mondo , 
Vana  siepe  fien  1'  Alpi  ed  il  mar  i 

Forti  petti  a  cui  morte  non  duole, 
Forti  petti  in  cui  1'  alma  non  dorme, 
Oggi  siate  alle  barbare  torme 
Voi  la  siepe  ed  il  muro  fatai. 

Ecco  aperte  mirate  due  strade  : 
Qua  gli  onori  risplendon  sicuri  ; 
Là  il  terrore,  l'infamia,  le  scuri; 
Vi  miiiaccia  lo  sgherro  venal. 

Or  scegliete  !  ma  nude  già  veggo 
Balenar  mille  spade  d' intorno  ? 
O  felice,  lietissimo  giorno 
Che  dai  fine  a  si  lungo  servir 


656  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

Degl^i  eserciti  il  Dio  benedice 
La  tua  luce  tremenda  ai  tiranni, 
E  r  Italia  col  volger  degli  anni 
Non  la  veggo  men  bella  apparir  (1). 

Fra  gli  studenti ,  a  cui  il  solo  nome  di  patria  fa  battere  il 
cuore ,  circolò  questo  canto  militare  : 

Ecco  il  suon  della  tromba  rimbomba  : 
Ecco  r  armi  d' Italia  e  le  armate  (sic) 
Libertà  1  si  gridò ,  liberiate  ! 
E  r  antico  valor  si  destò. 

Quali  allori  stiam  qui  noi  cogliendo  ; 
D'  arti  serve  infelici  sudori  ? 
Son  nel  campo  ora  i  vividi  allori 
Ove  gloria  ed  amor  li  piantò. 

Tutto  ceda  :  non  v'  ha  che  un  momento  : 
S'  egli  fugge  mai  più  non  s'  afferra  : 
Ecco  il  suon  della  tromba  di  guerra  : 
Di  sangue  sei  giunto,  gran  dì! 

Alle  madri  diam  1'  ultimo  addio  : 
Sia  la  lagrima  al  ciglio  straniera: 
È  la  patria ,  la  madre  primiera  ! 
Ogni  debole  affetto  mori. 

A  che  il  pianto  ?  il  versammo  a  torrenti, 
Schiavi,  vili,  oltraggiati  finora: 
Ora  il  sangue  si  versi  ;  si  mora  ; 
Ma  la  patria  salviamo  e  1'  onor  ! 

Ecco  il  suon  della  tromba:  o  qual  fiamma 
Or  sottentra  agli  affetti  di  schiavi  ! 
Questa  è  1'  ora  del  Tebro,  degli  avi 
Che  ci  scorre  col  sangue  nel  cor. 

(1)  Li  credo  inediti  ;  si  trovano  manoscritti  nella  cit.  Raccolta  del  marchese 
Sommi-Picenardi  ;  me  li  trascrisse  con  squisita  gentilezza  il  prof.  F.  Nevati, 
al  quale  mi  dichiaro  obbligatissimo. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


Prodi,  a  voi  che  nel  campo  di  gloria 
Per  la  patria  primieri  morite 
Sono  nostre  le  vostre  ferite, 
Niun  fratello  qui  innlto  cadrà. 

Sarà  un  fiume  di  sangue  nemico 
Ogni  stilla  del  nostro  che  cada  : 
Ecco  il  suon  della  tromba  !  si  vada  : 
O  la  morte  o  vogliam  libertà  (1). 

Il  7  aprile  a  Milano  si  è  impensieriti  per  le  mosse  muratiane  : 

Oggi  —  scrive  il  Mantovani  —  la  città  è  sorpresa  da  alcune  dimo- 
strazioni di  debolezza  che  fa  il  nostro  governo,  mostrandosi  pronto  a 
ritirarsi  all'  arrivo  dei  Napoletani  per  non  aver  forza  bastante  di  re- 
sistere. Sono  in  vendita  molti  mobili  deli'  armata  :  sono  vuotati  tutti 
i  magazzini Un  così  subitaneo  cangiamento  ed  un  timore  cosi  im- 
provviso fanno  nascere  mille  sospetti,  e  indispettiscono  tutti  i  cittadini 
che  si  lusingano  d'essere  difesi  da  una  forza  di  truppe  imponente, 
perchè  per  tale  ne  pagavano  le  spese. 

Insomma,  si  vedevano  male  serviti  ;  e  pagavano  tanto  I 
Il  Congresso  di  Vienna  accelerava  i  suoi  lavori  e  i  sovrani  fret- 
tolosamente si  preparavano  a  ridiscendere  in  campo  contro  Na- 
poleone. L'  Austria  profittò  della  paura  dei  confederati  e  si  fece 
riconfermare  il  più  esteso  arbitrio  in  Italia.  Ma,  d'altra  parte, 
giovava  dare  qualche  miglior  speranza  ai  Lombardi-Veneti  :  donde 
il  decreto  7  aprile,  che  costituiva  i  domini  austriaci  d' Italia  in 
regno ,  aggregava  alla  Lombardia  la  Valtellina  e  le  contee  di 
Bormio  e  Chiavenna,  prometteva  una  corte,  grandi  officiali,  con- 
servato r  ordine  delia  Corona  Ferrea,  un  viceré.  Fu  pubblicato  in 
Milano  il  12(2);  e  il  giorno  dopo  il  conte  Bellegarde  partecipava 
la  sua  nomina  a  luogotenente  del  viceré  negli  Stati  d'Italia  (3);  — 

(1)  Nella  cit.  Raccolta  del  marchese  Sommi-Picenardi, 

(2)  Archivio  di  Stato. 

(3)  Museo  del  Riso.rgimento. 


658  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


noi  si  continuava  a  tendere  1'  orecchio  verso  il  Po,  ove  rumoreg- 
giavano i  Napoletani ,  verso  Genova ,  ove  il  papa  seduceva  col- 
r  evangelica  sua  dolcezza  :  e  frotte  di  Milanesi  andavano  fin  là 
solo  per  vederlo  e  ricevere  la  sua  benedizione. 

Intanto  le  cose  di  Murat,  e  insieme  le  nostre  precipitavano. 
Dal  Po  ritraevasi,  scarseggiando  di  forze  e  per  il  falso  annunzio, 
che  gli  Inglesi  gli  invadevano  il  regno.  Il  nemico  lo  incalzò,  con 
sollecitudine  insolita  negli  Austriaci  :  ma  erano  spinti  innanzi  da 
tre  buoni  generali  Frimont,  Neipperg  e  Bianchi  ;  aggiungi  la  bal- 
danza del  numero.  Qui  si  gridavano  dai  tetti  le  vittorie  di  Ma- 
cerata ,  Tolentino ,  Ceprano  :  man  mano  spegnevasi  quella  luce  , 
che  pure  avea  mandato  vivi  lampi  :  e  1'  oscurità  ricadeva  sul- 
r  Italia. 

(Continua). 

Giovanni  De  Castro. 


VARIETÀ 


MONACO  DI  RIVIERA  E  I  DUCHI  DI  MILANO  (1). 


Nella  inesplebile  avidità  delle  grandi  potenze  ad  ingojarsi  i 
piccoli  Siati,  ha  potuto  conservarsi  il  principato  di  Monaco,  ben- 
ché il  Piemonte,  che  ne  aveva  la  protezione  armata,  nei  subugli 
del  1848  gli  togliesse  Mentone  e  Roccabruna.  Ma  dopo  infrancesate 
Nizza  e  la  Savoja,  il  Principe  le  cedette  alla  Francia,  limitandosi 
a  Monaco  e  suo  territorio  di  21  chilometri  quadrati  con  18,000 
abitanti. 

Il  Principe  regnante  volle  che  il  suo  paese  imitasse  i  maggiori 
coir  ordinare  la  raccolta  di  tutte  le  carte  che  lo  riguardano. 
Consistono  esse  :  1."  in  documenti  relativi  alla  guerra  del  Principe 
di  Monaco  dopo  il  secolo  xv  ;  2.°  nelle  carte  del  conte  di  Rethel, 
uno  dei  più  preziosi  cartolarj  feudali  del  nord  della  Francia; 
3.°  la  corrispondenza  del  maresciallo  Giacomo  di  Mantignon  coi 
più  illustri  uomini  politici  del  secolo  xvi. 

(1)  Documents  historiques  relati/s  à  la  principaute  de  Monaco  depuis 
le  quinziéme  siede;  reccuilles  et  publiés  par  ordre  de  S.  A.  S.  le  prince 
Charles  III,  par  Gustave  Saige,  T.  I.  —  Monaco,  imprimerie  du  gouvernement, 
MDcccLXXxvui.  —  Un  volume  in-4  di  pag.  cclxxix  e  714. 


660  VARIETÀ. 

Per  ora  non  si  dà  che  la  prima  parte,  ma  durante  la  prepa- 
razione ne  crebbe  sterminatamente  la  quantità  e  l' importanza, 
frutto  delle  diligenti  ricerche  fatte  in  tutti  gli  Archivj  d'Europa, 
e  godiamo  che  quel  di  Milano  abbia  potuto  largamente  con- 
tribuirvi ,  e  meritare  l' elogio,  che  non  crediamo  vanità  il  qui 
trascrivere  : 

Nous  avons  réservé  pour  terminer  la  mention  qua  nous  devons 
aux  Archives  d'Etat  de  Milan,  et  cependant  nous  avons  bàie  de  dire 
toutes  nos  obligations  envers  ses  fonctionnaires.  L'illustre  surintendant 
des  Archives  de  Lombardie,  celui  dans  lequel  l'Italie  salue  avec  orgueil 
r  une  de  ses  plus  grandes  gloires  littéraires ,  nous  permettra  de  lui 
exprimer  notre  respectueuse  reconnaissance  et  de  piacer,  à  còtó  do 
son  nom  vènere,  celui  de  ses  dignes  collaborateurs.  MM.  P.  Ghinzoni, 
G.  Porro,  A.  Cappelli. 

Nous  avons  regu  dans  cet  admirable  établissement  un  de  ces  ac- 
cueils ,  dont  le  souvenir  reste  ineffa^able;  nous  avons  surtout  trouvé 
dans  un  des  plus  jeunes  archivistes  un  aide  dévoué,  infatigable,  qui 
a  mis  à  concourir  à  notre  reconstitution  d'Archi ves  une  intelligence, 
une  activité  et  une  pénétration,  auxquelles  nous  devons  la  découverte 
de  plusieurs  documents  diplomatiques  d'un  intérét  capital,  dont  nous 
avions  longuement  mais  vainement  nous-mème  recberché  la  trace. 
Depuis  dcux  ans  et  demi,  M.  le  docteur  A.  Paglicci-Brozzi  a  pris  à 
tàche  de  compléter  par  lui-mème  nos  rechercbes  personnelles,  dont  il 
a  triple  le  resultat.  Nous  lui  donnons  donc  ici  de  grand  cffiur  la  place 
d'honneur  qui  lui  revient  si  justement  (1). 

I  documenti  sono  la  maggior  parte  nella  lingua  latina  can- 
celleresca, ma  vi  compajono  i  varj  dialetti,  lombardo,  genovese^ 
monachino,  provenzale,  e  come  tutto  il  resto  furono  trascritti 
esattamen  te. 


(1)  Uno  dei  tanti  dotti  stranieri  che  vengono  a  usufruttare  il  nostro  Ar- 
chivio di  Stato,  ci  scrive: 

«  Je  ne  saurai  oublier  votre  accueil  si  obligeant  à  Milan,  ou  je  ne  saurai  pas 
tarder  à  retourner.  Quand  je  n'  y  serais  pas  rapellé  par  mes  travaux  sur 
Louis  XII,  les  Archives  de  la  Lombardie  sont  de  celles  ou  l'on  aime  toujours 
à  revenir,  car  Taccueil  est  aussi  bon  que  les  richesses  sont  admirables,  et  je 
crois  (c'est  tout  dire)  qu'on  ne  peut  mieux  exprimer  sa  reconnaissance....  ecc..» 


MONACO    DI    RIVIERA    E    I    DUCHI    DI    MILANO.  661 

Monaco  aveva  uà  dialetto  speciale,  diverso  da  quelli  di  Nizza 
e  di  Mentone,  arieggiante  al  provenzale.  Il  fondo  del  vocabolario 
ne  è  il  genovese,  con  aspirazioni  che  si  vorrebbero  dedurre 
dagli  Arabi  :  bensi  molte  parole  spagnuole  vi  lasciò  la  domina- 
zione Ispana  dopo  Carlo  V  ;  ma  un  buon  quarto  sono  di  forma- 
zione locale.  Gr  indigeni,  che  sono  forse  1500  sopra  i  18,000, 
usano  il  dialetto,  ma  dopo  l'annessione  alla  Francia  nel  1793, 
il  francese  divenne  generale,  e  tale  si  conservò  dopo  la  ristaura- 
zione  del  1814. 

Il  più  antico  documento  è  del  1413,  l'ultimo  del  1496,  e  il 
primo  in  italiano  del  1494.  Non  vi  si  ha  dunque  a  rimontare 
nella  storia  della  riviera  di  ponente  del  mar  Ligure  fino  all'Arce 
Monceei  di  Virgilio  (1) ,  o  all'  Hereulis  sacratus  nomine  portu^ 
di  Lucano  (2) ,  né  avvolgersi  in  ambiziosa  genealogia  o  divina 
coW Hercules  Monoeei,  o  principesca,  appena  accennandosi  l'in- 
signe monumento  di  Turbia.  Monaco  fu  probabilmente  distrutto 
dai  Barbari,  e  nel  1225  riedificato  dai  Genovesi. 

Vi  troviamo  potente  la  famiglia  Grimaldi  fin  quando  nel  1357 
la  repubblica  di  Genova  le  tolse  la  ròcca  di  Monaco,  ricuperata 
da  essa  72  anni  più  tardi;  dopo  di  che  ìa  storia  di  Monaco  è 
storia  dei  Grimaldi. 

L'andamento  delle  cose  italiane  determinò  la  condotta  di  questi. 
Monaco,  come  un  Comune  autonomo,  riconosciuto  anche  dalla 
repubblica  di  Genova,  cessava  d'  esser  tenuto  unicamente  come 
un  porto,  atto  a  lontane  spedizioni.  Segui  ora  il  partito  francese, 
ora  r  angioino. 

I  Genovesi  lo  guardavano  con  gelosia,  e  con  robusta  fazione 
ebbero  Ventimiglia,  Mentone,  Roccabruna  e  Monaco  stesso  (1357). 

A  mezzo  il  xiv  secolo  si  segnalò  Carlo  Grimaldi,  per  30  anni 
capo  del  partito  guelfo,  allontanando  le  famiglie  che  gli  facessero 
ombra,  come  gli  Spinola,  e  abilmente  acquistando  terre  attorno 
alla  sua  ròcca;  ebbe  in  dedizione  Ventimiglia,  piazza  forte  ma- 
il) ^.,  VI-831. 

(2)  Pars.,  1-405. 


662  VARIETÀ. 

rittima,  col  cui  appoggio  padroneggiò  quel  mare.  Egli  esercitava  la 
pirateria,  come  allora  si  usava;  imponeva  pedaggi,  faceva  accordi 
colla  Francia,  coi  re  di  Napoli,  con  Firenze,  osteggiò  Pisani  e 
Catalani.  L'abitudine  delle  corse  formò  il  carattere  dei  Monacesi. 

Non  meno  notevole  fa  l'amministrazione  di  Lamberto,  che  assai 
ebbe  a  fare  con  Galeazzo  Visconti,  e  nel  1424  si  collegò  con 
Firenze  contro  i  signori  di  Milano,  ch'erano  pure  signori  di  Ge- 
nova. Ma  nel  1430  la  ròcca  di  Monaco  dovette  essere  arresa  a 
Filippo  Maria. 

Si  sa  come  i  principi  milanesi  possedessero ,  perdessero ,  ripi- 
gliassero Genova,  e  in  conseguenza  si  trovassero  in  variate  re- 
lazioni coi  signori  di  Monaco ,  se  ne  valessero  nelle  guerre 
coi  Veneziani ,  coi  Fiorentini ,  coi  Savoiardi ,  cogli  Inglesi ,  coi 
Catalani. 

Le  relazioni  durarono  mollo  vive  con  Bona  e  con  Galeazzo 
Sforza,  ed  è  notevole  che  le  costoro  lettere  erano  dirette  non  al- 
l' individuo  ma  alla  famiglia  Grimaldi.  Imperciocché  i  Grimaldi 
poterono  risorgere  e  crebbero  mediante  un  costume,  sempre  osser- 
vato in  quella  famiglia  non  solo  ma  in  tutto  il  sud-ovest  della 
Provenza  e  massime  in  Liguria ,  che  i  beni  restassero  indivisi. 
Questa  indivisione  teneva  legati  i  parenti  e  i  varj  rami,  donde  la 
potenza  delle  grandi  famiglie  di  Genova  e  di  quella  dei  Grimaldi. 
Ma  in  questo  luogo  noi  non  dobbiamo  fare  la  storia  di  essa  fa- 
miglia e  dei  varj  rami,  eseguita  con  molta  diligenza  dal  sig.  Gu- 
stavo Saige,  appoggiandosi  alle  opere  più  accreditate  e  a  nuovi 
documenti. 

E  in  questi  appunto  spicca  l'importanza  delle  carte  sommini- 
strate dal  nostro  Archivio. 

Il  carteggio  consiste  in  avvisi,  comunicazioni,  documenti,  con- 
cessioni, passaporti,  salvocondottl ,  compre,  privilegi,  e  ne  viene 
molta  luce  e  accertamenti  sul  regno  di  Filippo  Maria  Visconti, 
di  Francesco  e  Gio.  Galeazzo  Sforza. 

Per  un  esempio  rechiamo  una  lettera  del  7  luglio  1477  di 
Bona  e  Gio.  Galeazzo  Sforza  al  protonotario  Cusani,  ad  Antonio 
di  Romagnano  ed  Antonio  d' Apiano. 


MONACO    DI    RIVIERA    E    I    DUCHI    DI    MILANO.  663 


Milano,  1477  -  7  luglio  (pag.  543). 

Reverendo  domino  prothonotario  de  Cusano,  domino  Antonio  de 
Romagnano,  e  Antonio  d' Apiano. 

Nel  tempo  che  Zenoa  se  rebellò  de  la  fede  et  obedientia  nostra, 
corno  doveti  bavere  inteso,  Lamberto  Grimaldo  de  Monaco  ne  tolse 
el  loco  de  Mentono,  tenuto  molti  anni  per  lo  illustrissimo  quondam 
signore  nostro  consorte  et  patre,  et  successive  se  teneva  per  noi.  Il 
che  non  fece  esso  Lamberto  senza  ajuto  et  favore  del  Governatore  de 
Nizza,  perchè  l'impedite  el  transito  al  subsidio  che  gli  mandavamo, 
che,  sei  lassava  passare  li  nostri  et  se  ne  fusse  impazato  may,  non 
haveria  preso  né  havuto  dicto  loco.  El  quale  Lamberto  deinde  fece  la 
fidelità  in  mano  desso  governatore  a  nome  de  quella  illustrissima  Ma- 
dona  et  del  illustrissime  duca  suo  figliolo,  del  dicto  loco  de  Montone , 
in  nostro  evidentissimo  prejudicio,  perchè,  se  pure  la  voliafare,  non 
la  potea  de  jure  fare  se  non  de  una  mittà,  quale  pare  che  altra  volta 
fosse  recognosciuta  da  la  illustrissima  casa  de  Savoya,  che  de  l'altra 
mittà  desso  loco  mai  per  lo  passato  non  fu  facto  fidelità  ne  recognitiono 
alcuna  ad  essa  casa  :  ma  fu  ben  facta  a  li  illustrissimi  signori  nostri 
predecessori  et  poi  successive  ad  noi  da  li  consorti  quali  gli  hanno 
interesse. 

Deinde,  essendo  nuy,  dopo  la  recuperatione  de  Zenoa,  per  compiacere 
ad  tuta  la  casa  de  Grimaldi,  rimassi  contanti  lassare  dicto  loco  ad  esso 
Lamberto,  dummodo  ne  facesse  la  debita  recognitione  et  fidelità  de 
la  dieta  mittà  spoetante  ad  noi,  ne  ha  risposto  che  noi  pò  fare  per  la 
fidelità  già  facta  ad  la  prefacta  Madama  et  Duca  suo  figliolo  in  mane 
di  lo  governatore  de  Nizza ,  se  prima  non  è  liberato  de  la  dieta  Ma- 
dama de  quela,  et  che  essendo  liberate,  cela  farà  volentera.  —  Pertanto 
volexno,  che  in  nostro  nome  debeati  essere  con  sua  Signoria,  et  pregarla 
che,  praemissis  attentis,  et  per  lo  debito  de  la  justitia,  et  honestà,  per  la 
mutua  nostra  benivolentia ,  affinità  et  conjunctione,  gli  piacia  essere 
contenta  de  liberare  esso  Lamberto  de  dieta  fidelità,  facta.  in  mano  del 
Governatore  de  Nizza  per  la  mittà  de  dicto  loco  de  Mentono,  spectante 
a  noi,  et  dargli  licentia  che  con  sua  bona  voluntà  la  faci  ad  noi,  perchè, 
comò  za  la  prefata  Madama  ne  de  rasone  el  dicto  Lamberto  ha  possuto, 
fare  questa  fideltà  essondo  dieta  mittà  obligata  ad  questo  Stato,  ne  el 
suo  governatore  la  doveva  acceptare,  attesa  la  coniunctione  et  strecta 
affinità  è  tra   essa  Madama  et  noi:  et  facendo  comò  è  dicto,  la  cosa 


664         VARIETÀ.    —    MONACO    DI    RIVIERA    E    I    DUCHI    DI    MILANO. 


passarà  con  bona  equabilità,  che  la  prefata  Madama  bavera  obligato 
esso  Lamberto  de  la  sua  mittà  de  dioto  loco,  corno  era  per  el  passato, 
et  noi  de  laltra  nostra  mittà.  Et  vogliate  mandare  in  mane  nostre 
dieta  licentia  con  quanta  più  presteza  sii  possibile. 

La  storia  del  signor  Saige  finisce  col  secolo  xv,  quando  nel- 
r  amministrazione  di  37  anni  Lamberto  Grimaldi  vide  assodata 
l'indipendenza  del  principato,  non  solo  come  base  di  trattati  e  di 
alleanze,  ma  riconosciute  esplicitamente  nelle  formole  cancelle- 
resche, e  da  lui  espressa  col  motto  Deo  juoanie ,  ben  vicino  al 
Per  la  Grazia  di  Dio. 

È  dunque  un  episodio  che  comprende  solo  il  secolo  xv,  e  va 
lodata  la  diligenza  con  cui  il  signor  Saige,  conservatore  degli 
Archivj  del  palazzo  di  Monaco,  raccolse  e  pubblicò  questo  tesoro 
con  opportune  note  e  indici. 

È  impossibile  parlar  di  Monaco  senza  deplorare  il  Casino ,  né 
ammirare  la  dotta  perseveranza,  con  cui  il  principe  Alberto  Ono- 
rato esplora  gli  abissi  del  mare  colla  goletta  L'  Hirondeite ,  con 
ingegnosissimi  ordigni  arricchendo  di  ignote  specie  fa  fauna  e 
la  flora. 


DI  ALCUNI  SCOLARI  MILANESI 
ALL'UNIVERSITÀ    DI    BOLOGNA    NEL  1564. 


Nel  fare  alcune  ricerche  presso  l'Archivio  degli  atti  civili  e 
criminali  di  Bologna,  Ottavio  Mazzoni-Toselli  trovò  in  un  volume 
segnato  CCIIII,  1563-64,  un  processo  fatto  a  Torquato  Tasso 
r  anno  1564  per  alcuni  versi  infamatori  contro  scolari  suoi  con- 
discepoli, che  fu  pubblicato  nell'Almanacco  statistico  bolognese 
del  1838  dallo  stesso  Mazzoni-Toselli,  ma  tradotto  in  lingua 
volgare.  Michelangelo  Gualandi  ebbe  poscia  la  felice  idea  di 
ristampare  il  processo  «  in  tutta  la  sua  integrità  (1)  coi  nomi 
«  non  alterati  o  cambiati ,  dopo  avere  vinti  con  pazienza  e  per- 
«  severanza  gli  ostacoli  di  ardue  e  difficili  interpretazioni  in  causa 
«  o  della  cattiva  lingua  per  solito  nei  processi  adoperata ,  o  del 
«  pessimo  carattere  che  vi  s' incontra.  » 

I  versi  recitati  dal  Tasso  nella  sua  Pasquinata,  alla  presenza 
di  ser  Ventura  Manfetta  bergamasco,  di  ser  Orazio  Merzaro,  di 
ser  Lelio  Arrigoni  ed  altri,  sparlavano  di  un  ser  Cesare  Speziano, 
dicendo  eh'  egli  era  brutto  d'  effigie  e  sporco,  di  ser  Filippo  Ci- 
cala narrando  eh'  egli  era  nato  di  un  corsaro  e  d'  una  schiava , 
di  ser  Pomponio  Cusano  milanese  che  consumava  più  olio  che 
vino  in  profumarsi,  di  Cesare  Dado,  di  Gio.  Pietro  Ruffoli,  di 
Monsignor  S.  Vitale,  del  signor  Gio.  Battista  Aresio,  del  Trecce 
e  d'  altri. 

(1)  Processo  fatto  in  Bologna  1'  anno  1564  a  Torquato  Tasso,  pubblicato 
da  Michelangelo  Gualandi.  —  Bologna,  1862,  in-4. 

Arch.  Sior.  Lomh.  —  Anno  XV.  43 


666  VARIETÀ. 

Di  uno  di  questi  e  d'  altri  compagni  di  studio  che  ebbe  il  Tasso 
in  Bologna  parlano  anche  altri  processi  criminali,  che  il  Maz- 
zoni-Toselli,  secondo  il  suo  costume,  tradusse  dal  latino  e  ora 
si  trovano  fra  i  suoi  manoscritti  passati  alla  Biblioteca  Comunale 
di  Bologna. 

La  chiesa  di  S.  Domenico,  siccome  una  delle  più  vaste  e  delle 
più  vicine  alle  pubbliche  scuole ,  era  il  tempio  ove  la  scolaresca 
soleva  riunirsi  per  esercitarvi  i  divini  uffici  e  per  creare  i  loro 
Reggenti,  Cancellieri  ed  altre  dignità  scolaresche. 

Neil'  ultimo  giorno  dell'  anno  1564  fra  gli  innumerevoli  scolari 
che  stavano  ad  ascoltare  la  messa ,  erano  due  milanesi  ;  l'  uno 
chiamato  Pietro  Paolo  Cotica ,  l' altro  Alessandro  Ferrerie  suo 
cugino.  Mentre  il  Cotica  stava  genuflesso  orando,  certo  Gaspare 
Bernuzzo  di  Parma,  passeggiando  per  chiesa  con  alcuni  suoi 
compatrioti ,  voltossi  ad  uno  de'  compagni  e  disse  :  Ecco  là  il 
Cotica,  voglio  far  questione  seco.  Poi  accostatoglisi,  disse  all'orec- 
chio :  Ho  da  far  conti  con  voi. 

Il  Cotica,  eh'  era  valente  schermitore  quanto  lo  era  il  Bernuzzo, 
non  fece  risposta.  Finita  la  messa,  il  Cotica,  Alessandro  Ferrerio 
ed  altri  milanesi  si  accompagnarono  col  Rettore  ed  uscirono  dalla 
chiesa,  incamminandosi  verso  le  scuole.  Il  Bernuzzo  con  Gio.  An- 
tonio Buseca,  Attilio  Anselmi  e  Giulio  Baiardi,  tutti  scolari  par- 
migiani, seguivano  da  lungi  i  milanesi,  e  siccome  erasi  sparsa  la 
voce  che  questi  due  eccellenti  schermitori  dovevano  azzuffarsi, 
cosi  molti  altri  scolari,  per  vedere  qualche  bel  colpo  di  scherma, 
s' avviarono  verso  le  scuole.  Fra  questi  erano  pure  cinque  sici- 
liani :  Annibale  Calvi,  Lorenzo  Sottili,  Filippo  Cicala,  Giuseppe 
Ghiotta,  Innocenzo  Marsili  nobile  bolognese  e  Gio.  Pellegrino 
Puglioli  maestro  di  scherma.  I  milanesi,  accompagnato  che  eb- 
bero il  Rettore  in  palazzo,  ne  uscirono  e  ritornarono  per  la  via 
medesima  delle  scuole,  poi  voltarono  per  la  piazzetta  de'  Calde- 
rini  e  per  via  dei  Poeti  incamminandosi  verso  l'  abitazione  del 
Cotica,  che  stava  nel  borgo  degli  Arienti. 

I  parmigiani  camminarono  per  il  vicolo  detto  della  scimia,  poi 
voltarono  verso  via  Castiglione  con  animo  di  sorprendere  i  mila- 


D     ALCUNI    SCOLARI    MILANESI   ALl'uNIVERSITÀ    DI    BOLOGNA.       667 


nesi  allo  sbocco  di  vìa  Poeti.  I  curiosi  che  volevano  essere  spet- 
tatori alla  questione,  vennero  per  quella  via  che  dalle  scuole 
andava  al  quadrivio  di  via  Castiglione. 

Per  intendere  come  avvenne  il  duello  giova  richiamare  alla 
memoria  alcune  notizie  topografiche  del  tratto  di  via  ove  accadde 
la  scena.  Sull'  angolo  della  strada  che  dalla  chiesa  di  S.  Damiano 
andava  a  via  Castiglione  era  una  spezieria  coli'  insegna  della 
ruota.  Più  oltre  era  la  casa  di  Alberto  Pasi,  poi  quella  del  Pro- 
curatore Pensabene,  indi,  sull'angolo  che  piega  per  la  via  Poeti, 
quella  di  Mario  Sampieri ,  ora  palazzo  Cospi. 

Passata  la  strada  stavano  i  Poeti,  poi  la  famiglia  Dal  Ferro, 
quella  dei  Danesi  e  prima  di  giungere  all'  antica  porta,  ora  detta 
Torresotto,  stavano  gli  Orsi  e  i  Beró.  Dalla  parte  opposta,  di 
rincontro  ai  Poeti  e  ai  Sampieri,  era  il  palazzo  di  Lodovico  della 
Ratta  e  passata  la  via  de'  Chiari  quello  dei  Guastavillani  e  l'altro 
dei  Savignani. 

In  mezzo  alla  via  Poeti  era  un  canale  con  due  ponti,  uno  vi- 
cino alla^  casa  Ratta,  1'  altro,  chiamato  ponte  di  ferro  forse  dalla 
antica  famiglia  Dal  Ferro,  agevolava  il  passaggio  dalla  via  di 
S.  Damiano  a  quella  di  Miola. 

Fra  quelli  che  seguirono  gli  scolari  parmigiani  alcuni  passarono 
il  ponte  di  ferro  (e  due  di  questi  furono  il  Puglioli  e  Innocenzo 
Marsili),  ed  incontrarono  i  milanesi  fra  la  casa  Sampieri  e 
quella  dei  Poeti-  Il  Cotica  ed  il  Ferrerio  si  azzuffarono  mettendo 
mano  alle  spade.  Il  Cotica  volle  entrare  nella  casa  dei  Poeti , 
ma  non  potè  e  si  ritirò  verso  la  casa  de'  Sampieri.  Gaspare  Ber- 
nuzzo  incalzandolo  lo  feri  a  un  braccio  si  che  caduto  in  terra 
si  raccomandava,  dicendo  :  —  Non  più,  signor  Gaspare,  non  più.  — 

Innocenzo  Marsili ,  che  stava  col  maestro  di  scherma  al  lato 
opposto  sotto  il  portico  de'  Guastavillani,  calò  giù  da  tre  o  quattro 
gradini  nel  canale  e  passò  dall'  altra  parte ,  ove  aveva  luogo  la 
rissa.  Fosse  per  inimicizia  verso  il  Cotica  o  per  amicizia  verso 
il  Bernuzzo  suo  compagno,  calò  un  fendente  sulla  testa  del  Co- 
tica che  sarebbe  stato  mortale  se  non  fosse  stato  riparato  dalla 
secreta  di  ferro  che  portavasi  sotto  il  berretto.  Poi  voltosi  subito 
al  Ferrerio  lo  feri  mortalmente  alla  testa. 


668  VARIETÀ. 

Il  maestro  di  scherma  balzò  nell'  acqua  e  tanto  fece  per  divi- 
dere i  duellanti,  aiutato  dagli  scolari  siciliani  e  particolarmente 
da  Annibale  Calvi,  che  la  rissa  ebbe  termine  presso  la  spezieria 
detta  della  ruota. 

Il  Ferrerio ,  tenendo  in  mano  la  spada  sguainata,  gridava  :  — 
ohimè  sono  morto  !  —  e  il  Cotica  senza  cappa ,  tenendo  in  una 
mano  il  pugnale  e  nell'altra  la  spada,  lamentavasi  che  venti- 
cinque avessero  avuto  la  viltà  di  assalirne  due.  Si  avviarono 
verso  il  palazzo  Popoli,  ma,  non  potendo  più  camminare  per  le 
ferite,  entrarono  nella  casa  di  messer  Cari' Antonio  Serpa,  ove 
furono  tosto  medicati.  Il  Cotica  accusò  il  Bernuzzo,  il  Buseca  e 
il  Marsili  suoi  feritori  ;  ma  il  Ferrerio  non  potè  parlare  per  la 
mortale  ferita  che  lo  trasse  a  morte  il  giorno  16  di  gennaio  1565. 

Il  Marsili  si  ritirò  in  casa  de'  Campeggi  e  il  giorno  dopo  fu 
visitato  dal  Procuratore  che  lo  consigliò  ad  andarsene  con  Dio, 
dicendo  che  l'  Auditore  era  molto  in  collera  con  lui.  Egli  parti 
per  Ferrara,  poi  passò  a  Venezia,  indi  a  Corfii  col  Colonnello  Ales- 
sandro Zambeccari  governatore  di  quell'  isola. 

Gli  scolari  parmigiani  avevano  cambiato  stanza  per  non  essere 
imprigionati,  ma  ciò  giovò  loro  assai  poco,  imperocché  il  bargello, 
recatosi  alla  casa  di  Antonio  dei  Calcagni  in  via  del  Crocifisso , 
ov'  erano  alloggiati,  fece  imprigionare  Marc'  Antonio  Conti  cre- 
masco  ed  Annibale  Calvi  siciliano.  Il  giudice  minacciò  il  Calvi 
di  sottoporlo  ad  esame  rigoroso,  ma  egli  protestava  di  essere 
accorso  per  difendere  non  per  offendere  ;  nulladimeno  fu  spogliato 
e  presentato  alla  corda.  Egli  domandò  che  prima  gli  fosse  data 
copia  del  processo  per  fare  le  sue  difese,  e  il  Cardinale,  volendo 
agire  benignamente,  lo  assolse  dalla  tortura  e  lo  mandò  in  esigilo. 

Il  giorno  14  gennaio  furono  citati  Gaspare  Bernuzzo,  Gio.  An- 
tonio Buseca,  Attilio  Anselmi,  Giulio  Baiardi  e  certo  Bartolomeo, 
scolari  parmigiani ,  non  che  Innocenzo  Marsili  e  Gio.  Pellegrino 
Puglioli ,  i  quali ,  non  essendo  comparsi  dopo  la  terza  citazione , 
furono  multati  e  condannati  alla  pena  pecuniaria  di  scudi  500. 

Il  Procuratore  Lucchini  si  presentò  alla  Curia  allegando  l'im- 
possibilità   del   Marsili  a  comparire,    stante  che  egli  era  assente 


DI   ALCUNI    SCOLARI    MILANIìSl    ALL'unIVERSITÀ    DI    BOLOGNA.       669 


da  Bologna  e  chiese  che  perciò  non  si  procedesse  ulteriormente 
contro  di  lui.  L'Auditore  rispose  che  essendo  stato  il  Marsili  in 
Bologna  nel  tempo  che  ebbe  luogo  la  rissa  ed  essendo  la  sua 
assenza  procurata,  non  potevasi  ammettere  l' istanza  e  comandò 
che  si  continuasse  il  processo. 

Il  medesimo  accadde  al  Puglioli,  per  il  quale  fu  domandata 
una  dilazione,  acciocché  potesse  provare  la  sua  innocenza.  Il 
Puglioli  erasi  appellato  a  Sua  Santità  e  durante  1'  appellazione 
non  si  sarebbe  potuto  procedere  ad  alcun  atto  contro  di  lui  ; 
pure  ciò  non  valse  a  sospendere  il  processo  e  tutti  furono  nuo- 
vamente citati  a  presentarsi  il  23  gennaio,  e  nel  giorno  seguente 
furono  banditi  nel  capo  e  i  loro  beni  confiscati  siccome  rei  d'omi- 
cidio. Il  solo  maestro  di  scherma  che  accorse  a  dividere  i  duel- 
lanti ed  a  salvare  la  vita  a  più  d' uno ,  soggiacque  a  questa 
terribile  sentenza  e  fu  decapitato  nel  cortile  del  palazzo  del  Po- 
destà. Pochi  seppero  la  cagione  del  suo  supplizio.  Nel  libro  dei 
condannati  è  scritto  :  «  per  aver  fatto  ammazzare  il  campanaro 
«  de'  PP.  de'  Servi  in  chiesa  e  fu  sepolto  nella  chiesa  della  Mise- 
«  ricordia  fuori  di  porta  Castiglione.  »  E  veramente  nessuno 
poteva  sospettare  in  lui  veruna  colpa  nelT  omicidio  del  Ferrerio, 
e  tutti  seppero  eh'  egli  era  accorso  per  impedire  un  male  maggiore. 

Più  cauto  e  più  fortunato  fu  il  Marsili,  che,  come  dicemmo, 
potè  fuggire  a  Corfù.  Dopo  tre  anni,  essendo  stato  sostituito  al 
Governatore  Grassi  il  Cardinale  Boria,  e  all'auditore  Marc' An- 
tonio Arese  da  Milano,  Michel  Angelo  Sorbolongo  da  Fossom- 
bruno,  domandò  un  salvocondotto ,  che  gli  fu  spedito  dal  Procu- 
ratore Lucchini  a  Venezia.  Venuto  a  Bologna,  si  costituì  affermando 
la  propria  innocenza,  comecché  il  Cotica  lo  avesse  accusato  uc- 
cisore del  Ferrerie. 

Fu  sottoposto  al  tormento  della  corda  e,  dopo  il  breve  spazio 
di  un  MisererCj  fu  deposto  ed  assolto  come  innocente. 

Il  Buseca  domandò  perdono  e  grazia  al  Papa  Gregorio  XIII  e 
l'ottenne  il  giorno  5  di  agosto  1579,  perchè  la  clemenza  della 
S.  Sede  (dice  la  Bolla)  <  gremium  suae  pietatis  petentibus 
claudere  non  consuevit.  >  L.  Frati. 


FRANCESCO  MARIA  RICHINO 

AUTORE    DI    UN    PROGETTO     PER    LA    FACCIATA    DEL    DUOMO    DI     MILANO 
RIMASTO    SCONOSCIUTO. 


Scorrendo  la  lunga  serie  dei  progetti  per  la  facciata  del  Duomo 
raccolti  ed  ordinati  dall'Amministrazione  della  Ven.  Fabbrica,  in 
occasione  dell'attuale  Concorso  per  la  nuova  facciata  (1),  si  può 
facilmente  notare  come  ben  pochi  siano  quei  disegni  i  quali  hanno 
realmente  esercitato  una  influeinza  nella  esecuzione  dei  lavori, 
tanto  che  —  attenendoci  alle  indicazioni  di  quella  raccolta  —  si  ar- 
riva a  concludere  come  la  facciata  attuale  non  sia  che  l'aggre- 
gato di  elementi  architettonici  ricavati  solamente  dai  progetti  Pelle- 
grini, Buzzi,  Soave  e  Zanoja- Amati,  mentre  tutti  gli  altri  progetti 
non  sono  che  composizioni  più  o  meno  fantastiche  e  bizzarre, 
delle  quali  non  è  rimasta  alcuna  traccia  nel  lento  svolgimento 
dei  lavori  per  la  facciata. 

Un  disegno  che  ebbi  la  ventura  di  trovare  recentemente,  e  di 
cui  qui  presento  la  riproduzione  in  facsimile,  porta  un  nuovo 
elemento  di  studio  per  quel  momento  storico  importantissimo  della 
facciata  che  costituisce  il  passaggio  dal  progetto  del  Pellegrini  a 
quello  di  Carlo  Buzzi,  nella  prima  metà  del  secolo  XVII,  accer- 

(1)  l.'Arch.  Stor.  Lombardo,  nel  1886,  assieme  allo  scritto  di  G.  Mongeri  : 
La  Facciata  del  Duomo  di  Milano  e  i  suoi  disegni  antichi  e  moderni, 
ha  dato  Y  elenco  dei  disegni  componenti  la  Raccolta  ordinata  dall'Ammini- 
strazione. Vedi  pag.  337-362,  voi.  IH,  seconda  serie,  anno  XIII. 


i 


FRANCESCO    MARIA    RICHINO. 


671 


tando  r  intervento  e  l'azione  di  un  ahr<>  architetto  fra  quei  due, 
di  modo  che  rimane  assai  diminuita  quella  influenza  che  comune- 
mente sì  suole  attribuire  al  Buzzi  nell'indirizzo  dei  lavori. 

È  noto  come  il  progetto  del  Pellegrini  —  abbandonato  in  seguito 
alla  morte  del  cardinale  Carlo  Borromeo  —  venisse  ripreso  in  con- 


siderazione  nel  primo  decennio  del  secolo  XVII,  per  iniziativa 
dell'arcivescovo  Federico  Borromeo  :  è  noto  altresì  come  l'ostacolo 
principale  che  ne  intralciasse  la  esecuzione  sia  stata  la  grave 
difficoltà  di  provvedere  in  un  pezzo  solo  le  colonne  dell'ordine  in- 
feriore, che  dovevano  avere  l'altezza  di  quasi  metri  venti;  infatti 
la  prima  delle  dieci  colonne  di  quell'ordine,  dopo  essere  stata 
estratta  con  grandissima  fatica  e  spese  dalla  cava,  spezzati  i  ritegni 
nella  discesa  al  lago  Maggiore,  si  rompeva  in    tre  pezzi.  In  se- 


672  VARIETÀ. 

guito  a  ciò,  dopo  molte  e  vane  discussioni  intorno  al  ripiego  di 
fare  il  fusto  delle  colonne  in  varii  pezzi,  si  fini  col  rinunciare  alla 
effettuazione  integrale  del  concetto  Pellegrini,  benché  questo  fosse 
già  avviato  per  le  porte  ed  alcune  finestre  minori.  Ora  il  rinun- 
ciare alle  colonne  ,  implicava  la  soppressione  del  grande  corni- 
cione che  nel  senso  orizzontale  tagliava  in  due  parti  la  massa 
della  fronte,  e  costituiva  il  motivo  principale  della  composizione 
pellegriniana. 

Tolto  di  mezzo  questo  elemento  cosi  eterogeneo  alla  strut- 
tura del  tempio ,  la  soluzione  della  fronte  del  Duomo  ritor- 
nava spontaneamente  ad  un  concetto  più  logico ,  basato  sul 
predominio  delle  linee  verticali  nettamente  indicate  dai  con- 
trafforti. 

Di  questo  ritorno  alla  disposizione  razionale  ed  organica  del 
tempio,  si  è  sin  qui  attribuito  il  merito  a  Carlo  Buzzi.  Infatti  i 
suoi  tre  progetti  —  numeri  XXI,  XXII  e  XXIII  (1)  —  sono  appunto 
i  primi  della  Raccolta  nei  quali  sia  scomparsa  la  ricorrenza  del 
cornicione  che  dimezza  la  fronte. 

Questa  innovazione  può  realmente  essere  attribuita  al  Buzzi  ? 
Un  esame  critico  dei  progetti  di  questo  architetto ,  e  il  disegno 
che  forma  argomento  di  questo  scritto,  rettificano  in  modo  cate- 
gorico tale  attribuzione  generalmente  accettata. 

I  disegni  del  Buzzi  sono  tre,  eseguiti  dal  1645  al  1653 ,  e  già 
nei  primi  due,  in  ordine  di  tempo,  si  presenta  il  partito  dei  con- 
trafforti ;  ma  vi  si  deve  notare  altresì  come  questi  contrafforti  non 
siano  le  sole  varianti  al  disegno  del  Pellegrini ,  giacché,  mentre 
le  porte  e  le  finestre  minori  sono  conformi  a  questo  disegno,  la 
porta  maggiore  e  le  altre  finestre  della  facciata  hanno  già  una 
disposizione  e  una  forma  affatto  diversa  (2). 

(1)  Vedi  Descrizione  in  Arch.  Stor.  Lomb. ,  seconda  serie  ,  anno  XIII , 
voi.  Ili,  pag.  346-347. 

(2)  Di  questi  disegni  del  Pellegrini  e  del  Buzzi,  l'architetto  Augusto  Guidini 
ha  dato  la  riproduzione  nel  suo  studio:  La  Facciata  del  Duomo  di  Mi- 
lano attraverso  i  secoli  ^  nelV  Illusi r.  Ital. ,  anno  XIV,  nuni.  39,  pa- 
gina 194-195. 


FRANCESCO    MARIA    RIGHINO.  673 


Il  motivo  del  cornicione  non  aveva  lasciato  campo  al  Pelle- 
grini di  aprire  una  finestra  immediatamente  sopra  la  porta  mag- 
giore, come  invece  aveva  potuto  fare  per  le  porte  minori,  e  questo 
perchè  lo  spazio  che  rimaneva  fra  la  porta  maggiore  e  l'archi- 
trave, risultava  appena  sufficiente  per  sviluppare  il  motivo  decora- 
tivo di  un  bassorilievo  :  ne  venne  quindi  la  necessità  di  aprire  la 
finestra  della  navata  maggiore  al  disopra  del  cornicione  in  corri- 
spondenza all'ordine  superiore,  il  che  portava  a  più  di  quaranta 
braccia  la  distanza  fra  l'architrave  della  porta  e  il  parapetto  della 
finestra.  Una  volta  abbandonato  il  cornicione,  veniva  tolta  la  ne- 
cessità di  collocare  cosi  in  alto  questa  finestra,  la  quale  nel  di- 
segno del  Buzzi  è  appunto  indicata  al  posto  che,  secondo  il  pro- 
getto Pellegrini ,  doveva  essere  occupato  dal  cornicione.  Si  deve 
quindi  ammettere  che  fu  l' architetto  progettante  la  finestra  in 
quel  punto  quegli  che,  non  solo  ha  sanzionato  1'  abbandono  del 
disegno  Pellegrini ,  ma  ha  implicitamente  ammesso  il  partito  de^ 
contrafforti  anche  per  la  fronte ,  giacché  quella  disposizione  di 
finestra  rendeva  impossibile  qualsiasi  ricorrenza  di  linee  orizzon- 
tali. Ora  è  facile  dimostrare  come  questi  elementi  architettonici? 
i  quali  sono  in  disaccordo  col  progetto  Pellegrini ,  non  si  pos- 
sano attribuire  al  Buzzi. 

Già  si  poteva  escludere  tale  paternità  osservando  come  il  Buzzi 
nel  terzo  suo  disegno  di  facciata,  eseguito  nel  1653  die  septima 
mensis  Aprilis,  progettasse  di  disporre  al  disopra  della  porta 
maggiore  un'  unica  ed  ampia  finestra  a  sesto  acuto,  invece  delle 
due  indicate  nei  suoi  precedenti  disegni  :  cosicché  risulterebbe 
assai  strano  che  egli  avesse  progettato  di  distruggere  un  motivo 
architettonico  che  fosse  stato  da  lui  ideato  e  avviato  all'  esecu- 
zione pochi  anni  prima.  Tale  esclusione  ora  é  confermata  in  modo 
esplicito  dal  disegno  in   quistione. 

Questo  disegno  rappresenta  un*  ampia  finestra  di  braccia  8  in 
quadro ,  con  balconata  e  due  statue  agli  estremi  di  questa  :  di 
fianco  al  disegno  d'assieme,  si  nota  uno  schizzo,  in  rapporti  mag- 
giori, del  risvolto  del  finestrone  e  di  alcune  menbrature  architet- 


674  VARIETÀ. 

toniche.  Chi  ha  studiato  i  moltissimi  disegni  architettonici  della 
prima  metà  del  secolo  XVII,  conservati  in  raccolte  pubbliche  e  pri- 
vate di  Milano,  non  indugia  a  riconoscere  l'autore  dello  schizzo  in 
Francesco  Maria  Richino,  per  la  caratteristica  sia  del  disegno  che 
della  scrittura ,  e  perchè  il  motivo  di  queste  finestre  tozze  con 
balconata  a  forma  di  loggia,  è  proprio  del  Richino  il  quale  lo 
svolse  ripetutamente  nella  chiesa  di  S.  Giuseppe  e  nella  fronte 
dell'Ospedale  Maggiore  a  Milano,  nella  Foresteria  della  Certosa  di 
Pavia,  e  in  molti  altri  edificii.  Altrettanto  facile  riesce  il  constatare 
come  questo  schizzo  si  riferisca  al  Duomo,  giacché  presenta  la 
stessa  disposizione  architettonica  che  si  nota  appunto  nella  fine- 
stra centrale  dei  progetti  N.  XXI  e  XXII  del  Buzzi  :  del  resto 
due  misure  indicate  nello  schizzo  tolgono  qualsiasi  incertezza  po- 
tesse rimanere  a  questo  riguardo,  identificando  il  disegno  come 
relativo  al  Duomo  :  nell'alto  del  disegno  si  legge  :  da  A  alla  punta 
del  frontispizio  del  finestrone  br.  33;  ora,  se  col  disegno  del  Buzzi 
si  misura  la  distanza  dal  gocciolatoio  del  finestrone  inferiore  —  che 
corrisponde  alla  lettera  A  nello  schizzo  —  alla  punta  del  frontone 
triangolare  della  finestra  superiore  si  hanno  le  braccia  33  indi- 
cate :  analogamente  lo  schizzo  segna  due  linee  verticali  di  fianco 
al  finestrone  notando  la  distanza  fra  queste  in  br.  19  ;  e  questa 
distanza  è ,  con  molta  approssimazione ,  quella  che  si  ha  fra  i 
due  contrafforti  della  navata  di  mezzo. 

Riconosciuto  quindi  che  il  disegno  è  del  Richino  e  si  riferisce 
indubbiamente  al  Duomo,  ne  consegue  che  deve  essere  attri- 
buita al  Richino  la  prima  idea  di  una  facciata  del  Duomo  basata 
sul  concetto  di  una  suddivisione  verticale  mediante  i  contrafforti. 
L'  oblìo  in  cui  rimase  sinora  questo  intervento  del  Richino  nello 
sviluppo  della  fronte,  riesce  tanto  più  strano  in  quanto  che  le  in- 
novazioni del  Richino  vennero  in  parte  mandate  ad  effetto.  In- 
fatti il  disegno  in  questione,  coU'avvertire  fra  il  progetto  del  Pel- 
legrini e  quello  del  Buzzi  un  altro  progetto  del  Richino,  ci 
guida  a  riconoscere  quale  sia  stata  l'azione  di  questo  architetto 
nei  lavori.  La  porta  maggiore ,  la  quale  nella  sua  parte  di 
finimento    non    si    presenta    conforme  al    diseguo    del  Pellegrini, 


FRANCESCO    MARIA    RIGHINO.  675 

non  può  essere  stata  modificata  che  dal  Richino  nella  stessa 
circostanza  in  cui  disegnò  la  finestra  immediatamente  supe- 
riore ;  e  nella  variante  si  riconosce  del  resto  abbastanza  facil- 
mente la  caratteristica  di  questo  architetto.  Se  poi  si  lien  cal- 
colo del  fatto ,  sinora  inavvertito  ,  che  nella  raccolta  di  disegni 
della  Ambrosiana  si  conserva  il  disegno  a  penna  della  porta 
maggiore  interna,  di  mano  del  Richino,  si  ha  un  nuovo  argo- 
mento per  assegnare  al  Richino  anche  la  composizione  della 
porta  maggiore  esterna  in  quelle  parti  che  differiscono  dal  disegno 
del  Pellegrini.  Delle  altre  innovazioni  immaginate  dal  Richino 
venne  invece  avviata  solo  la  struttura  muraria  :  infatti  i  pochi 
documenti  che  ci  danno  la  fronte  del  tempio  prima  della  riforma 
napoleonica,  presentano  sopra  la  porta  maggiore  una  larga  aper- 
tura, colle  proporzioni  di  quella  del  Richino,  e  superiormente  alle 
finestre  delle  tre  navate  centrali  un'altra  serie  di  finestre  termi- 
nate ad  arco  tondo  in  conformità  alla  disposizione  delle  finestre 
indicate  nei  progetti  XXI  e  XXII  Buzzi  ,  e  che  ,  come  le  altre 
pani  inferiori,  debbono  essere  attribuite  al   Richino  (1). 

(1)  I  rapporti  che  il  Richino  ebbe  colla  Amministrazione  della  Fabbrica 
del  Duomo  si  possono  cosi  riassumere  mediante  gli  Annali.  Nel  1603 ,  il 
Richino  presenta  il  primo  disegno  per  la  Facciata  del  Duomo,  che  gli  venne 
pagato  12  ducatoni;  nel  1606,  è  incaricato  del  disegno  per  il  Sepolcro  del 
Beato  Carlo  Borromeo ,  e  l' anno  dopo  presenta  il  secondo  disegno  della 
Facciata  che  gli  è  pagato  scudi  18  :  in  questo  stesso  anno  esprime  il  suo 
parere  riguardo  al  progetto  Pellegrini.  Dopo  essersi  occupato  della  Cappella 
della  Madonna  dell'Albero,  i  cui  disegni  si  conservano  nella  Raccolta  Bian- 
coni air  Archivio  Civico ,  e  dopo  essersi  offerto  per  la  fornitura  delle  co- 
lonne della  fronte ,  venne  nel  1631  nominato  ingegnere  della  Fabbrica  collo 
stipendio  annuo  di  scudi  200  d' oro ,  aumentato  T  anno  dopo  di  600  lire. 
Nel  1634,  ai  vede  occupato  nella  demolizione  del  modello  in  legno  della 
Porta  maggiore ,  e  nel  successivo  anno ,  attese  all'  appalto  dei  lavori  in 
marmo  della  Porta  intema  ed  esterna. 

Nel  1638  venne  licenziato  dalla  Fabbrica  e  sostituito  dal  Buzzi .  il 
quale  però  presentò  il  primo  suo  progetto  di  Facciata,  solo  nel  1645  :  risulta 
<[uindi  che,  dal  1631  a  quest'epoca,  tutto  quanto  fu  eseguito  per  la  fac- 
ciata dovette  essere  conforme  alle  idee  del  Richino.  Gli  Annali  però  non 
accennano  a!  quarto  progetto  del  Ricbino ,  cui  si  riferisce  il  disegno  in 
questione. 


676  VARIETÀ. 

Le  vicende  della  facciata  del  Duomo  di  Milano  nella  prima 
metà  del  secolo  XVII  debbono  quindi  ossero  cosi  rettificate.  Il  Ri- 
chino —  il  quale  fin  dai  primi  anni  del  secolo  XVtl  aveva  ideato 
due  progetti  basati  sul  partito  di  due  ordini  sovrapposti  che 
ricordavano  il  progetto  Pellegrini  solamente  nella  disposizione 
delle  porte,  e  più  tardi  verso  il  1617  ripetè  lo  stesso  concetto 
in  modo  più  conforme  al  disegno  Pellegrini  riguardo  alle  porte 
e  finestre  minori,  essendo  queste  già  avviate  a  compimento  —  deve 
essere  considerato  come  l' autore  un  quarto  progetto  rimasto  sin 
qui  inavvertito  benché  sia  stato  realmente  avviato  ad  esecuzione  : 
questo  progetto,  la  cui  esistenza  è  confermata  dal  frammento  pub- 
blicato in  questo  studio  ,  è  lo  stesso  che  si  vede  riprodotto  nei 
primi  due  disegni  del  Buzzi,  il  quale  di  suo  non  vi  aggiunse  che 
la  disposizione  dei  campanili  nel  primo  ,  e  solo  qualche  partico- 
lare decorativo  secondario  nel  secondo.  Non  si  può  certo  affer- 
mare che  il  Richino,  coU'adottare  i  contrafforti,  abbia  avuto  di 
mira  il  rispetto  della  disposizione  organica  del  tempio  :  la  forma 
estremamente  barocca  delle  parti  da  lui  ideate  ed  eseguite  esclude 
tale  ipotesi,  e  d'altra  parte  l'  adozione  dei  contrafforti  era  un  prov- 
vedimento che  si  presentava  per  sé  stesso  inevitabile  di  fronte 
alla  impossibilità  di  sviluppare  l'ordine  romano  del  Pellegrini.  Da 
questo  fatto  riesce  ad  ogni  modo  diminuita  assai  quella  aureola 
che,  specialmente  in  questi  ultimi  anni,  si  volle  creare  al  Buzzi 
coir  ammettere  che  questi  sia  stato  l' instauratore  dello  stile  gotico 
nella  facciata  del  Duomo.  La  sola  riforma ,  che  in  tale  senso 
potrebbe  vantare  il  Buzzi,  sarebbe  quella  che  egli  indicò  nel 
terzo  progetto  del  1653,  consistente  in  una  grande  finestra  ad  arco 
acuto  sopra  la  porta  maggiore  in  sostituzione  delle  due  del  Ri- 
chino, riforma  però  che  rimase  allo  stato  di  progetto.  Osser- 
vando le  varie  parti  della  facciata  attuale,  dobbiamo  cosi  distin- 
guerne i  vari  autori  :  le  quattro  porte  minori  e  le  finestre  supe- 
riormente a  queste  sono  composizioni  del  Pellegrini  ,  la  porta 
maggiore  é,  nella  parte  superiore,  opera  del  Richino,  come  pure 
opera  del  Richino  sono  i  contratforti,  salvo  forse  qualche  disposi- 
zione decorativa  in  questi  e  cioè  le  cariatidi  e  i  busti  di  vescovi  che 


FRANCESCO    MARIA    RIGHINO.  677 


sarebbero  del  Buzzi,  del  quale  però  non  rimarrebbe  altra  traccia 
nella  facciata  :  la  parte  superiore  della  facciata  infine  é  1'  opera 
del  Soave,  del  Zanoia  e  dell'Amati  :  ma  anche  quest'  ultima  fase 
dei  lavori  risenti  l' influenza  del  Richino ,  non  solo  col  rispettare  la 
disposizione  delle  finestre  stabilita  dal  Richino,  ma  coli'  effettuare 
altresi  qualche  disposizione  architettonica  di  questo  architetto,  giac- 
ché la  balconata  con  statue  del  finestrone  maggiore  attuale,  non 
é  che  una  tardiva  effettuazione  del  concetto  disegnato  dal  Richino 
il  quale,  considerato  sin  qui  come  un  architetto  che  ebbe  poca 
influenza  sui  lavori  del  Duomo,  si  presenta  invece  per  tutto  quanto 
si  è  detto,  come  quegli,  fra  tutti  gli  architetti,  che  lasciò  l'im- 
pronta più  larga  in  quel  miscuglio  di  stili  e  di  maniere  che  è 
r  attuale  facciata  del  Duomo. 

Luca  Beltrami. 


PROCESSO    ROMAGNOSI. 


L'  importanza  del  personaggio  dà  rilievo  anche  a  incidenti  poco 
notevoli.  Il  nostro  Arehwio  ^\  è  altrove  occupato  del  Romagnosi, 
che  fu  venerato  come  maestro  da  quella  generazione  che  ora  tra- 
montò o  n'  è  vicina.  Essendoci  occorsa  questa  Nota ,  che  non 
figura  nel  processo  di  lui,  crediamo  non  inutile  pubblicarla. 

N.  630.  NOTA. 

Le  carte  che  furono  perquisite  al  professore  Romagnosi,  e  rimesse 
fino  dal  giugno  1821  alla  ora  sciolta  Commissione  di  Venezia,  furono 
trattenute  da  Sua  Maestà,  né  finora  a  noi  si  abbassarono.  Emerge  da 
un  rapporto  mensile  di  quella  Commissione  come  i  manoscritti  per- 
quisiti a  Romagnosi  sulle  idee  politiche,  delle  quali  si  stava  occupando 
in  continuazione  dell'  opera  sua  intitolata  Della  Costitusione ,  e  stam- 
pata a  Lugano  nel  1815,  come  Romagnosi  veniva  qui  disviluppando  e 
giustificando  le  teorie  così  dette  liberali,  mostrando  come  i  Sovrani 
non  sono  che  gli  amministratori  dei  popoli,  e  che  perciò  possono  senza 
lesione  di  alcun  diritto  venire  dai  popoli  rimossi  a  lor  piacimento, 
come  ad  ogni  momento  può  essere  rimosso  dal  padrone  il  suo  ammi- 
nistratore. Si  trascrive  un  passo  che  più  di  ogni  altro  ha  paruto  me- 
ritevole alla  Commissione  di  essere  fatto  notare  a  Sua  Maestà. 

«Una  potenza  sorda,  gagliarda,  instancabile,  provocata  sempre 
«  dall'  antagonismo  (dalla  reazione  cioè  ai  principj  del  Governo  sta- 
«  bilito)  venne  e  verrà  in  soccorso  delle  nazioni,  soggiogate  dal  dispo- 
«  tismo,  dal  feudalismo  e  dal  clericato,  e  lentamente  rodendo  le  catene 
«  afferrate  dalla  legge  opprimente ,  finalmente  pose  e  porrà  i  popoli 
«  in  grado  di  spezzarle ,  per  passare  sotto  la  dominazione  morale  del 


PROCESSO    ROMAGNOSI.  679 

«  Governo  temperato,  sol  degno  della  umanità.  Lunga,  penosa  e  piena 

<  di  aspre  vicende  fu  e  sarà  la  lotta.  In  niun  luogo  è  finita  —  in  certi 

<  paesi    appena  è  principiata  —  in  altri  è  ancora  da   desiderarsi.  Ma 

<  gli  oppressori  sono  costretti  loro  malgrado  a  sentire  la  possanza  del 
«  tempo.  Essi ,  sebbene  vibrino  qua  e  là  i  colpi  della  tirannia ,  non 
<<  ostante  temono  le  querele  dei  popoli  che  non  si  stancano  di  citare 
<<  i  potenti  loro  nemici  al  tribunale  della  opinione.  Invano  i  tiranni 
«  impiegano  minacele,  menzogne,  oltraggi  e  tutte  le  soverchierie  e  le 
«  atrocità  di  una  brutale  politica.  L'  opinione  e  la  libertà  progrediscono 
«  col  mezzo  stesso ,  col  quale  i  tiranni  tentano  di  corromperle  e  soffo- 

<  carie,  e  i  saggi  ringraziano  gli  insensati  Governi  che  non  permettono 

<  ai  popoli  di  addormentarsi  sulle  loro  catene.  Questo  è  ancor  poco. 
«  La  conformazione  geografica  e  quindi  morale  e  politica  dell'Europa, 
«  nella  quale  la  natura  sembra  chiamare  le  Nazioni  a  formare  una 
«  grande  famiglia  unita  per  comunione  di  interessi  economici ,  morali 
«  e  politici  :  i  progressi  della  coltura  interna  e  del  commercio  esterno 
«  che  sospingono  incessantemente  alla  moralità,  ed  un  regime  equo 
«  ed  alla  pace  fra  loro,  sono  pure  cagioni  possenti  a  prepararle  or 
«  più,  or  meno  al  governo  della  ragione.  La  forza  quindi  della  opinione 
«  e  degli  interessi  degli  Stati  inciviliti,  diviene  ogni  giorno  più  la  forza 
«  delle  genti  europee.  Era  naturale  che  le  Sfingi  coronate  spaventate 
«  da  questa  apparizione  raddoppiassero  i  loro  sforzi  per  combattere  il 
«  genio  della  luce  e  della  umanità.  Ma  vani  riuscirono  e  riusciranno. 
<(  La  possanza  della  verità  condotta  dal  tempo  irresistibile  si  avanza, 
«  e  camminando  di  vittoria  in  vittoria  pianterà  ovunque  i  vessilli  del- 

<  r  eterna  giustizia.  La  tarda  posterità  ricorderà  col  più  alto  stupore 
«  e  scandalo  essere  nel  secolo  XIX  esistito  un  Concilio  scettrato,  nel 
«  quale  solennemente  fu  decretato  che  i  popoli  tutti  siano  di  diritto 
«  altrettante  greggio  di  proprietà  dei  Re,  ben  inteso  che  i  piccoli  pa- 
«  stori  siano  schiavi  dei  forti.  Essa  gemerà  leggendo  che  l'esecuzione 
«  di  questo  decreto  fu  appoggiata  ad  una  turba  immensa  di  armati 
«  incaricati  di  farlo  accettare  a  quella  Nazione  che  osò  predicare  che 
«  i  popoli  non  sono  bestie  ma  uomini,  » 

Romagnosi  si  escusava  diiiendo  di  non  aver  mai  comunicato  ad  al- 
cuno questi  suoi  pensamenti  non  ancora  ridotti  a  perfezione,  e  di  averli 
gittati  sulla  carta  fra  il  181.3  e  1814  al  1815.  Però  alcuni  passi  dello 
scritto  dove  si  vedevano  citate  delle  opere  escite  alla   luce  nel  1816, 


I 


680  VARIETÀ.    PROCESSO    ROMAGNOSI. 


come  p.  e.,  le  Memorie  di  Fouché  stampate  a  Lipsia  nel  1816,  face- 
vano supporre  che  di  più  recente  data  fosse  questo  lavoro. 

La  Commissione  di  Venezia  procurò  di  rilevare  la  prima  circostanza, 
ma  nissuna  traccia  le  emerse  contro  la  negativa  asserzione  di  Ro- 
magnosi. 

Non  contenta  di  questi  negativi  rilievi ,  la  Commissione  ha  voluto 
richiamare  i  manoscritti  delle  lezioni  che  dava  Romagnosi,  ma  nulla 
ci  trovò  che  meritasse  un'aperta  censura,  tranne  un'osservazione 
inopportuna  sul  fatto  di  Labedoyer  e  di  Ney,  colla  quale  pareva  vo- 
lesse condannare  la  Seatenza  che  li  dannò  a  morte  ,  per  il  principio 
dal  suddetto  professore,  già  nei  suoi  manoscritti  ampiamente  svilup- 
pato, e  nelle  sue  lezioni  soltanto  di  volo  toccate,  che  cioè  quando  la 
insurrezione  è  generale,  non  vi  abbia  più  il  delitto  di  alto  tradimento. 

La  Commissione  di  Venezia,  nell'atto  che  restituì  a  codesta  politica 
Autorità  gli  scritti  tratti  dagli  studenti  di  Romagnosi  ha  richiamata 
la  sua  attenzione  su  questa  emergenza.  Del  resto  qui  si  acchiude  in 
copia  1'  osservazione  fatta  dallo  inquirente  su  quel  passo. 

Ciò  serva  di  evasione  della  pregiata  Nota  di  codesta  L  R.  Direzione 
Generale,  N.  3133. 

Dalla    L    R.    Commissione    Speciale    di    Prima    Istanza ,    Milano , 

li  22  agosto  1822. 

Della  Pokta. 

Alla  I.  R.  Direzione  Generale  di  Polisca 

Milano. 


BIBLIOGRAFIA 


ì 


MARiÉJOL  (I.  H.).  Un  lettre  italien  d  la  cour  d' Espagne  (1488-1526), 
Pierre  Martyr  dAnghera.  —  Paris,  Hachette,  1888,  pag.  xvi- 
239,  in-8. 

Un  nuovo  contributo  per  la  biografia  di  Pier  Martire  d'Angera, 
il  celebre  autore  doli'  Opus  Epìstolarum  e  del  De  Orbe  novo, 
dovrebbe  riuscire  oltremodo  gradito  agli  studiosi.  Senonchè  le 
mende  da  rilevare  nel  libro  del  Mariéjol  non  sono  poche  e  leggere. 
Lettolo  per  bene,  noi  non  possiamo  far  a  meno  di  dichiarare  che 
quasi  nulla  di  nuovo  aggiunge  a  quanto  già  se  ne  sapeva  per 
le  ultime  pubblicazioni  dello  Schumacher,  deW Heidenheimer,  del 
Ciampi,  del  Gerigk,  ecc.  Dell'  opera  deW Heidenheimer,  poi  [Petrus 
Martyr  Auglerius  und  sein  Opus  Epistolarum ,  1882]  ,  il  Ma- 
riéjol s'  è  giovato  assai  abbondantemente ,  anzi  i  tre  primi  ca- 
pitoli del  suo  libro  sono  ricamati  sui  tre  medesimi  capitoli  del- 
l' Heidenheimer.  Un  confronto  un  po'  minuzioso  lo  prova  ;  si 
direbbe  del  primo  capitolo  trattarsi  quasi  d' una  versione  francese 
dall'  originale  tedesco,  in  più  talune  trasposizioni  del  testo  e  svi- 
luppi delle  note  appiè  di  pagina ,  laddove  sono  riportati  i  brani 
tolti  dalle  lettere  di  P.  Martire.  Migliore  il  cap.  IV,  nonché  1'  XII 
(«  Pier  Martire  storico  del  nuovo  mondo  »),  debole  l'  XI. 

Trattasi  pertanto  di  un  lavoro  fatto  sui  libri,  e  più  pel  gran 
pubblico ,  sebbene  sia  una  dissertazione  di  laurea.  Solo  che  vi 
Arch.  Slor.  Lomb.  —  Anno  XV.  44 


882  BIBLIOGRAFIA. 


sono  radunate  più  al  completo  e  con  metodo  da  biografo  la  vita 
e  le  opere  di  P.  Martire,  mentre  gli  autori  tedeschi  lo  ebbero 
fin  qui  a  studiare  piuttosto  da  un  solo  punto  di  vista,  o  da  quello 
dello  storico  o  da  quello  del  geografo.  E  il  nostro  Autore  avrà 
ragione  se  dirà  che  un  libro  come  il  suo  mancava  tuttavia  alla 
Francia  ;  lo  gradiranno  per  consultazione  anche  quei  pochi  storici 
giovani  d'  Italia  cui  fa  difetto  il  tedesco.  Ma  affermare  come  egli 
fa  (cfr.  pag.  233)  che  P.  Martire  era  lasciato  «  dans  T  ombre  » 
per  delle  «  séches  et  courtes  notices  »  e  che  le  medesime  «  rap- 
portaient  quelques  circonstances  de  sa  vie  sans  le  faire  agir  et 
vivre  »  questo  è  poi  davvero  troppo.  In  coscienza  non  lo  può 
affermare  chi  delle  opere  precedenti  s'  è  cosi  largamente  valso , 
e  delle  quali ,  come  di  obbligo ,  fornisce  nel!'  introduzione  la  Bi- 
bliografia (1). 

Perchè  poi  stampare  nel  frontispizio  del  volume  :  Pierre  Martyr 
d'Anghera ,  mentre  tutti  sanno  che  Angera  è  Angera  e  non 
Anghera?  (2).  Quand' è  che  gli  autori  d'oltre  Cenisio  cesseranno 
dallo  storpiare  i  nomi  italiani  ?... 

Documenti  nuovi  intorno  a  Pier  Martire  non  ci  offre  il  Ma- 
riéjol.  Se  non    già  compreso  nella   Collecion  de  doeumentos  ine- 

(1)  In  essa  sarebbesi  desiderata  una  maggior  esattezza  nell'indicazione 
dei  titoli.  Perchè,  per  es. ,  non  dare  esatti  quelli  degli  articoli  del  Ciampi, 
anziché  limitarsi  a  registrare  «  3  articoli  del  Ciampi,  N.  Antologia,  voi.  XXX, 
1875»  ?...  E  perchè  omettervi  l'opuscolo  che  poi  cita  più  innanzi,  a  pa- 
gina 197  in  nota:  «  Marie  Pascal  d'Avezac,  les  Décades  de  Pierre  Martyr 
et  les  Collections  de  Venise,  de  Vicence,  de  Milan  et  de  Bàie»  in  «  Bul- 
letin  de  la  Soc.  de  géographie  »  4^  serie,  t.  XIV.  Paris,  1857,  p.  306-314? 
E  magari  doveva  citare  anche  quanto  di  P.  Martire,  sebbene  senza  alcuna 
novità,  scrisse  V.  De  Vit  nel  suo  Lago  Maggiore  e  le  isole  Borromeo ,  a 
pag.  250-261  del  Voi.  II,  parte  I.  Prato,  1876.  —  Parranno  minuzie  di 
critica  queste,  ma  come  già  altri  scrisse,  a  che  servirebbe  un'opera  sto- 
rica, se  allo    studioso  non  è  dato  di  potervi   attingere  con  piena  sicurezza? 

(2)  Pier  Martire  della  famiglia  d'' Angera,  molto  nominata  alla  corte  Sfor- 
zesca, era  però  nato  in  Arona,  dove  al  pari  che  a  Milano  era  molto  usato 
il  nome  dì  Pier  Martire,  a  memoria  dell'inquisitore,  poi  santo,  Pier  Mar- 
tire di  Verona.  Un  dominus  Petrus  Martir  de  Arona,  per  esempio,  moriva 
in  Milano  ai  30  gennaio  1539.   [Arch.  di  Stato,  Milano,  Necrologio]. 


BIBLIOGRAFIA.  883 


ditos  para  la  Historia  de  Espana  (1),  dovrebbe  essere  inedito  il  se- 
guente che  noi  riportiamo,  tolto  dall'Archivio  di  Stato  milanese  (2). 
Utile  perchè  rivela  diversi  nomi  nuovi  della  famiglia  di  Pier 
Martire  d'Angera,  «  la  di  cui  memoria  come  di  scrittore  e  di  rap- 
presentante del  rinascimento  sopravviverà.  Le  lettere  che  gli  ebbero 
acquistato  il  favore  dei  principi,  serviranno  ancora  a  raccoman- 
darlo alla  posterità  »   [Mariéjol,  pag.  166]. 

Franciscus  etc.  Sacra  Cesarea  Majestas  per  litteras  suas  patentes 
datas  in  Givi  tato  Lucronie  die  XXV.  Octobris  MDXXIII.  creavit  La- 
teranensis  Palalii  ac  Imperialis  Concistorii  Comites  Rev.""»  D,  Petro- 
Martirem  de  Angleria  Prothonotarium  Apostolicum  ac  suum  consi- 
liarium,  nec  non  Georgium  ejus  fratrem,  ambobusque  dedit  autboritatem 
creandi  Notarios  Imperiales,  et  filios  minus  legitimos  legilimandi,  ac 
portandi  insignia,  seu  arma,  quae  in  ipsis  litteris  descripta  sunt,  nec 
non  etiam  jussit  eisdem  litteris  ambos  cum  eorum  domibus,  possessio- 
nibus  et  bonis  sub  salvaguardiam  a  quibuscumque  capitaneis,  stipen- 
diatis,  et  armigeris  recipi.  Itcm  sepius  jam  dictis  D.  Petro-Martiri  et 
Geòrgie  auctoritatem  dedit  adoptandi  et  arogandi  sibi  liberos  et  aliis 
adoptionibus  assentire  licentiam  prebere,  et  auctoritatem  imperialem 
interponere,  ac  infames  tam  juris,  quam  facti,  restituere.  Mox  etiam 
Barnabovem,  Hieronymum  et  Honofrium  fratres  de  Angleria,  ac 
dictorum  D."""  Petri-Martiris  et  Georgii  consanguineos,  Franciscum  de 
Pepulis  (3)  consobrinura ,  et  Franctscum  de  Vismaris  avunculum  ,  et 
filios  et  heredes  ipsorum  legitimos  natos  et  nascendos,  creavit  et  esse 
voluit  Sacri-Romani-Imperii  nobiles  et  prout  latius  omnia  in  eisdem 
litteris  patentibus  nobis  exhibitis  continentur.  Quo  Privilegio  cum  suo, 
et  ceterorum  nomine  idem  Georgius  a  nobis  petierit  in  Dominio  nostro 
uti  sibi  licere,  et  illud  observari  :  Nos,  qui  ipsi  Cesareae  Majestati  tam 
obsequentes  sumus,  quam  ejus  erga  nos  innumerabilia  beneficia  exigunt, 

(1)  Collezione  irreperibile  nelle  biblioteche  di  Milano,  pur  troppo.  Il  tomo 
XXXIX  contiene  i  Documentos  relatieos  à  Fedro  Mdrtir  de  Angleria. 

(2)  Registro  ducale,  n.  80,  fol.  60  t. 

(3)  Il  Pepali  è  ricordato  nel  testamento  di  P.  Martire  (23  sete.  1526),  al 
pari  di  Giorgio,  suo  fratello,  che  fu  castellano  di  Monza  dal  1489  in  avanti: 
Il  Pepoli  era  suocero  di  G.  Antonio,  nipote  di  Pier  Martire,  che  servi  sotto 
il  magno  Trivulzio. 


884  BIBLIOGRAFIA. 


tanto  libentius  id  concedimus,  quanto  memorato  Rev,°  D.°  Petro- 
Martiri,  qui  jam  diu  ob  summam  virtutem  et  humanissimos  mores 
Serenissimis  Castello  et  Aragonum  Regibus,  et  in  presentia  ipsi  Cesaree 
Majestati  apud  quos  vixit,  et  vivit  in  magno  honore  habitus  est,  merito 
afficimur  suosque  etiam  caros  habemus,  quare  harum  serie  concedimus 
et  dispensamus,  ut  ipso  D."«  Petrus-Martir  et  Georgius  de  Angleria  in 
Dominio  nostro  uti  et  gaudere  ad  eorum  arbitrium  possint  auctoritato 
et  facultate  ut  supra  eis  per  Cesaream  Majestatem  ex  dictis  letteris 
concessa,  hac  tamen  lege  quod  in  Dominio  Nostro  eisdem  Dominis 
Decreta  serventur,  volumusque  eos,  nec  non  antedictos  Barnabovem, 
Hieronymum  et  Honofrium  de  Angleria,  Franciscum  de  Pepulis,  et 
Franciscum  de  Vismaris,  eorumque  filios  et  heredes  ut  supra  in  nostro 
Dominio  perinde  ac  tales  habere,  quales  per  memoratum  privilegium 
decorati  sunt.  Mondantes  Rev/"^  Magnificis  ei  Spectabilibus  D.'^  Sena- 
toribus  nostris,  ac  ceteris  omnibus  officialibus  et  jusdicentibus  iiostris, 
ad  quos  spectat,  et  spoetare  quomodolibet  poterit,  ut  has  nostras  con- 
cessionis  et  dispensationis  litteras  fìrmiter  observent,  et  observari  faciant. 
In  quorum  etc.  Dat.  Mediolani  XXX  Julii  MDXXV. 


Franciscus 
Visa  Moronus 


Bartolomeus  Rozonus. 

E.  M. 


G.  Campori  e  A.  Solerti.  Luigi,  Lucrezia  e  Leonora  d' Este.  — 
Torino,  Ermanno  Loescher,  1888,  in-8,  pag.  211. 

Dell'  amore  del  Tasso  per  la  principessa  Leonora  d'  Este  per 
molto  tempo  ninno  pensò  a  dubitare  e  si  accettò  e  ripetè  quanto 
avea  narrato  il  Manso  nella  sua  romanzesca  biografia.  Primo  il 
Serassi  intese  a  darci  una  vita  coscienziosa  ed  esatta,  dimostrando 
immaginarie  e  false  molte  delle  notizie  divulgate  dal  Manso,  che, 
per  la  stretta  amicizia  avuta  col  Tasso,  avrebbe  potuto  traman- 
darne la  più  sicura  biografia. 


BIBLIOGRAFIA. 


885 


Dopo  il  Serassi  molti  altri  intesero  a  ricercare  nuovi  documenti 
che  chiarissero  i  fatti  più  incerti  e  malnoti  della  vita  del  grande 
epico  italiano  ;  ma  niuno  certo  superò  la  diligenza  e  1'  amore  che 
pose  in  questi  studi  il  marchese  Giuseppe  Campori,  esaminando 
pazientemente  nell'  archivio  Estense  i  memoriali  della  Camera , 
gli  inventari,  le  lettere  dettate  da  Leonora  d'  Este  o  a  lei  dirette, 
il  carteggio  dei  principi  Estensi  che  vissero  in  quel  torno,  e  tutto 
ciò  che  poteva  in  qualche  modo  contribuire  all'  esatta  conoscenza 
della  vita  di  Leonora  e  delle  sue  relazioni  col  cantor  della  Ge- 
rusalemme. La  morte  gli  impedi  sventuratamente  di  condurre  a 
termine  l' opera  da  lui  ideata  intorno  a  Torquato  Tasso  e  gli 
Estensi,  della  quale  solo  alcune  parti  furono  lette  alla  Deputa- 
zione di  storia  patria  per  le  Provincie  Modenesi  e  Parmensi. 

Il  dott.  Angelo  Solerti  con  lodevole  pensiero,  raccoglie  ora 
in  un  volume  i  due  lavori  del  marchese  Campori ,  intitolandoli 
Luigi  e  Lucrezia  d'  Este  ;  di  più  vi  aggiugne  un  suo  studio  su 
Leonora  d'Este,  nel  quale  compie  con  nuove  e  diligenti  ricerche 
gli  appunti  lasciati  dal  marchese  Campori. 

Lo  studio  del  S.  è  corredato  di  un'  appendice  di  ottantadue  do- 
cumenti, tratti  per  la  massima  parte  dall'Archivio  Estense,  dai 
quali  si  ritrae  1'  imagine  più  viva  di  Leonora  che  si  possa  desi- 
derare e  ci  é  dato  di  seguire  le  .più  minute  particolarità  della  sua 
modesta  vita.  Al  S.  devesi  adunque  la  lode  di  avere  per  primo 
ricostruita  la  vita  della  principessa  Estense  quale  ci  appare  dai 
documenti  contemporanei,  nell'  intendimento  di  provare  «  la  non 
«esistenza,  anzi  l'impossibilità  dell'affetto  di  lei  per  il  Tasso 
«  (pag.  76).  »  È  questo  uno  dei  punti  più  controversi  ed  oscuri 
nella  vita  di  Leonora  d'Este,  che  rimaneva  tuttora  avvolto  in 
un'  ombra  di  mistero  ed  il  S.  è  riuscito  assai  felicemente  a  chiarire 
ogni  dubbio  che  potesse  rimanere. 

Più  diffìcile  era  il  dimostrare  con  ugual  chiarezza  di  prove 
che  il  Tasso  abbia  mai  amata  Leonora  d'  Este.  Al  qual  propo- 
sito avrei  desiderato  che  il  S.  confutasse  i  principali  argomenti 
addotti  da  coloro  che  sostennero  l' opinione  contraria,  fondandosi 
specialmente  sulle  rime  del  Tasso. 


886  BIBLIOGRAFIA. 


Vero  è  che  il  S.  altrove  (1)  avverte  che  «  di  poco  fondamento 
«  possono  essere  gli  argomenti  ricavati  dalle  rime  di  Torquato  e 
«  che  esse  vanno  citate  assai  cautamente,  come  quelle  di  qua- 
«  lunque  altro  poeta  cortigiano  del  cinquecento,  » 

Va  bene  il  citarle  assai  cautamente,  ma  non  il  tacerne  affatto. 

La  poesia  che  più  frequentemente  è  messa  innanzi  dai  soste- 
nitori dell'  amore  del  Tasso  per  Leonora  è  la  bellissima  canzone  : 

Mentre  eh'  a  venerar  muovon  le  genti,  ' 

che,  secondo  l'argomento  appostovi  dal  Tasso,  dovea  esser  la 
prima  di  tre  sorelle  scritte  a  Madama  Leonora  da  Este  sua  sin- 
gularissima  padrona  e  benefattrice. 

In  essa  il  poeta  dice  in  modo  abbastanza  chiaro  che  al  vedere 
la  prima  volta  Leonora  ne  provò  cosi  viva  impressione  che,  se 
non  era  la  disuguaglianza  somma  che  passava  tra  loro,  egli 
correa  pericolo  di  restarne  perdutamente  invaghito. 

E  certo  il  primo  dì  clic  '1  bel  sereno 

Della  tua  fronte  agli  occhi  miei  s'  offerse, 
E  vidi  armato  spaziarvi  amore, 
Se  non  che  riverenza  allor  converse 
E  maraviglia  in  fredda  selce  il  seno, 
Ivi  perla  con  doppia  morte  il  core  : 
Ma  parte  degli  strali  e  dèli'  ardore 
Senti  pur  anco  entro  '1  gelato  marmo. 

E  nel  commiato  : 

Canzon,  deh  sarà  mai  quel  lieto  giorno 

Ch'  in  que'  begli  occhi  le  lor  fiamme  prime 
Raccese  io  veggia  e  eh'  arda  il  mondo  in  loro  ? 
Anch'  io  purgherei  1'  alma  e  le  mie  rime 
Foran  d'  augel  canoro, 
Ch'  or  son  vili  o  neglette,  se  non  quanto 
Costei  le  onora  col  bel  nome  santo. 

(1)  ùlorn.  storico  della  letter.  ital.  i^X,  120). 


BIBLIOGRAFIA.  887 


Il  S.  stesso,  citando  questa  catìzone  nel  suo  studio  su  Torquato 
Tasso  e  Lucrezia  Bendidio  (1),  è  costretto  a  confessare  che  per 
sostenere  1'  inclinazione  del  Tasso  verso  la  principessa  «  v'  è  già 
«  più  che  a  sufficienza  materia  di  sospetto  >;  ora  come  può  egli 
affermare  cosi  decisamente  (pag.  76)  che  «  fino  a  tanto  che  il 
«  Tasso  visse,  e  per  qualche  tempo  ancora  posteriormente;  nes- 
«  suna  traccia  si  trova,  nessuna  :allusione  la  più  lontana  che  a 
«  questi  amori  possa  riferirsi  ?  » 

Questi  miei  dubbi  potranno  essere  dissipati  dalla  pubblicazione 
della  vita  del  Tasso  alla  quale  il  S.  ora  attende,  assicurandoci - 
che  ogni  fatto  più  oscuro  della  vita  di  questo  savio  pazzo  diverrà 
chiaro  interamente.  Attendiamo  adunque,  prima  di  pronunciare 
un  giudizio  definitivo  su  questo  punto  controverso  della  vita  del 
Tasso,  che  i  fatti  sieno  chiariti  interamente  e  che  ogni  apparenza 
di  romanzo  sia  scomparsa. 

L.  F. 


La  Mantia.  Cenni  storici  sulle  fonti  del  diritto  greco-romano, 
le  Assise  e  leggi  dei  re  di  Sicilia.  —  Napoli,  1887  (2). 
L' Inquisizione ,  e  i  processi  contro  le  streghe. 

E  d' interesse  generale  tutto  ciò  che  riguarda  la  legislazione 
greca  e  romana,  di  cui  tanta  parte  fu  trasfusa  nella  moderna. 
Lo  questioni  di  diritto  non  hanno  patria  ma  principalmente  toc- 
cano alla  storia  nostra  anche  locale  quelle  che  si  riferiscono  al 
diritto  Romano  e  al  Longobardo.  All'esame  di  quelle  si  è  dato 
c<jn  pazienza  il  consigliere  La  Mantia. 


(1)  L.  e,  pag.  119, 

(2)  11  sunto  che  nel  1884  ne  stampò  a  Napoli  il  signor    Abignente  è  ine- 
satto e  insufficiente. 


BIBLIOGRAFIA. 


Neil'  indicare  le  fonti  della  legislazione  italiana  (Torino,  1881) 
egli  si  lagnò  che  il  diritto  bisantino  e  greco-romano  fosse  poco 
studiato  in  Italia, 

Del  La  Mantia  l' Italia  (tacendo  i  lavori  di  mera  giurisprudenza) 
possiede  la  storia  della  legislazione  civile  e  criminale  in  Sicilia 
dai  tempi  antichi  fino  al  presente  :  i  cenni  storici  sugli  statuti  di 
Roma,  loro  origine  e  vicende;  notizie  e  documenti  sulle  con- 
suetudini delle  città  di  Sicilia;  Cenni  critici  sulla  storia  del  Par- 
lamento in  Sicilia,  e  ultimamente  una  recensione  sopra  Calisse, 
Storia  del  Parlamento  in  Sicilia  (Torino ,  1887) ,  esaminato  con 
dotta  severità. 

Ora  ci  regala  un  prospetto  cronologico  delle  fonti  del  diritto 
greco-romano. 

La  Delineatio  di  Zacharia  del  1839  e  la  Histoire  di  Montreuil 
del  1843-45  sono  gli  ultimi  lavori  su  questo  tema,  al  quale  giovano 
tante  posteriori  pubblicazioni  di  documenti  e  codici  e  testi  e  disser- 
tazioni secondo  la  critica  moderna.  Di  questi  volle  profittare  il 
La  Mantia. 

Quanto  alle  Assise  dei  re  di  Sicilia  discusse  le  epoche  di  rac- 
colta e  promulgazione,  e  sopra  una  legge  di  re  Ruggero  chiari 
come  si  fossero  ingannati  i  Bullarj  e  il  libro  VII  delle  Decretali. 

Il  La  Mantia  fa  le  sue  opere  con  pazienza  ed  esattezza.  Nessuna 
meraviglia  se  scrittori  leggieri  approfittano  delle  sue  miniere,  e  se 
lo  copiano  a  man  salva  e  senza  neppure  citarlo.  E  massime  di 
plagio  egli  imputa  Alberto  Del  Vecchio  (La  legislazione  di  Fede- 
rico II  imperatore)  ;  Antonio  Busura  (Storia  della  legislazione  di 
Sicilia);  Hartwig  (Codex  juris  municipalis  Siciliae) ;  e  cosi  Brun- 
neck.  Serafini,  e  viepiù  insiste  sui  furti  degli  stranieri.  Una  Storia 
del  Parlamento  di  Sicilia  è  annunziata  come  importante  e  ricca 
di  novità,  mentre  non  ne  ha  alcuna;  né  altri  parlamenti  inediti  si 
conoscono  oltre  i  due  pubblicati  dal  figlio  del  La  Mantia  nell'ot- 
tobre 1886,  dove  rettificò  alcuni  sbagli  o  inesattezze  in  precedenti 
raccolte  dei  Parlamenti  siciliani. 

Ci  fermiamo  principalmente  sul  suo  lavoro  della  origine  e  vi- 
cende della  Inquisizione  in   Sicilia.  A  questo   nome  i  dilettanti  si 


I 


BIBLIOGRAFIA.  889 


figurano  non  solo  quel  che  di  mostruoso  avevano  i  processi  di 
quel  tribunale,  ma  ne  fanno  un  tema  di  declamazioni  contro  i  tempi 
che  li  tolleravano  non  solo  ma  sancivano,  e  cha  arrivarono  fino 
al  limitare  del  nostro  secolo.  Equivarrebbe  a  dichiarare  barbara 
Atene  per  la  schiavitù,  che  credeva  necessaria;  Roma  per  le  leggi 
contro  i  debitori  e  pe'  suoi  spettacoli  gladiatorj;  l'impero  dei  Cesari 
per  la  persecuzione  dei  Cristiani;  il  medioevo  pei  giudizj  di  Dio; 
l'America  per  la  tratta  dei  negri;  gl'Inglesi  per  l' espropriamelo 
dell'Irlanda;  la  Francia  pel  terrore.  Tutte  le  nazioni  hanno  colpe 
orrende;  a  tutto  il  patriottismo  o  la  filosofia  della  storia  trovano 
o  discolpa  o  scuse, 

L'Inquisizione  è  uno  di  quei  mali  che  mai  più  non  torneranno; 
si  può  dunque  esaminarla  con  ribrezzo,  ma  senza  esagerazioni, 
e  ponendosi  nel  suo  ambiente  per  consolarsi  che  la  ragione  pub- 
blica e  la  privata  hanno  tanto  migliorato. 

Giuseppe  Bonaparte,  posto  re  di  Spagna  da  Napoleone  I,  diede 
incarico  a  Llorente  di  spogliare  il  carteggio  di  quella  Inquisizione. 
Egli  mandò  al  macero  tutti  i  processi  che  non  venivano  utili  al 
suo  proposito,  qual  era  di  infamare  i  precedenti  Governi  e  l' In- 
quisizione. Cosi  tolse  di  riconoscerlo  o  di  mala  fede  o  di  corto 
vedere.  M,  De  Pidal  nel  Filippo  II,  Antonio  Perez  e  II  regno 
d'Aragona,  1867 ,  trovò  che  nella  famosa  sollevazione  d'Aragona 
furono  consegnate  al  S.  Uffizio  sei  persone  ;  il  Llorente  dice  69. 
La  costui  opera,  esaltata  ufficialmente  e  dalla  stampa  vendereccia, 
oggimai  non  vi  è  autore  savio  che  vi  si  appoggi. 

Su  questa  sciagurata  istituzione  in  Italia  si  è  parlato  in  più 
d'un' occasione,  ed  anche  in  questo  stesso  Arehicio.  Vi  si  connette 
la  storia  della  magia  e  della  stregheria  tanto  rischiarata  dai  re- 
centi studj  fisiologici  e  psicologici. 

In  un  libro  pubblicato  adesso  a  Trento ,  /  processi  contro  le 
streghe  nel  Trentino,  di  Augusto  Panizza,  a  pag.  37  si  legge: 
«  Manca  una  storia  della  stregheria  in  Italia.  Il  materiale  disperso 
in  molte  Biblioteche  ed  in  molti  Archivj  meriterebbe  di  venire 
raccolto,  studiato,  ordinato,  pubblicato,  ed  è  bene  a  sperarsi  che 
qualche  scrittore  diligente,  appassionato,  non  rifugga  dal  sobbar- 


890  BIBLIOGRAFIA. 


carsi  a  questa  fatica,  certo  non  inutile  per  la  storia  di  casa  no- 
stra ».  In  questo  ch'egli  chiama  «  campo  quasi  vergine  »  (pag.  95) 
si  esercitò  bastantemente  il  Cantù  nella  Storia  di  Como,  nel 
libro  XIV  della  Storia  Universale  e  negli  Eretici  d'Italia. 

Il  soggetto  del  Panizza  era  già  stato  trattato  da  Tullio  Dandolo 
nel  1855,  poi  da  Rapp,  Die  Hoxenprozessen,  und  ihie  Gegner  im 
Tirol  (Innspruch,  1874),  e  sono  notevolissimi:  Soldan's,  Geschichte 
der  Hoxenproeesse,  neu  heharheitet,  von  dr.  Heinrich  Hoppe,  Stoc- 
carda, 1886;  e  Henry  Charles  Lea,  A  history  of  the  Inquisi- 
tion  of  the  middle  ages.  New-York,  1888,  tre  volumi.     . 

Farmi  varrebbe  la  pena  di  completarne  la  storia,  e  perciò  profitto 
di  questo  articolo  per  esortare  ad  ajutarci  di  fatti  e  di  consigli 
coloro  che  possedessero  libri,  documenti,  tradizioni  sopra  il 
S.  Uffizio  in  Lombardia  a  comunicarli  al  nostro  Archivio  per 
amore  della  verità. 


I 


APPUNTI  E  NOTIZIE 


Archeologia.  —  Da  una  nota  negli  Atti  della  R.  Accademia 
dei  Lincei  (Notizie  degli  scavi  :  Marzo,  1888)  si  ricava,  che  a 
Centemero,  comune  di  Costa  Masnaga,  provincia  di  Como,  nel 
podere  dei  signori  ing.  Giovanni  e  rag.  Antonio  Beretta  nello 
scavare  ceppo  per  uso  di  fabbrica  si  scoprirono  alla  profondità 
di  circa  m.  1.  50  alcune  tombe  di  varia  struttura,  coperte  da  una 
lastra  di  pietra  grezza,  contenente  ciascuna  un  vaso  o  due,  co- 
perti da  altro  vaso  capovolto  o  da  una  piastrella. 

Nello  scorso  ottobre  (1887)  si  scoprirono  nello  stesso  fondo 
altre  sette  tombe  in  due  file,  distanti  l'una  dall'altra  circa  un 
metro,  coperte  esse  pure  da  informe  lastrone ,  una  era  lunga 
quanto  un  corpo  umano  e  non  conteneva  che  terra  frammista  ad 
ossicini  e  carboni.  Nelle  altre,  notabilmente  più  piccole,  si  rin- 
vennero vasi  di  pasta  nera ,  di  forma  regolare,  sebbene  di  cot- 
tura imperfetta ,  lavorati  al  tornio,  con  semplici  ornamenti  nel- 
l'orlo ;  contenevano  oggetti  di  bronzo,  consunto  quasi  del  tutto, 
cioè  quattro  o  cinque  ardiglioni  di  fìbule  e  due  ricci. 

Tutto  ciò  che  della  suppellettile  si  potè  ricuperare  fu  donato 
dal  dott.  Magni  al  Museo  di  Como,  cioè  i  frammenti  di  un'an- 
fora ,  che  teneva  un  unguentario  di  vetro  ben  conservato,  altri 
vasi  con  orlatura  sagomata ,  di  tipo  gallico,  ed  un  coltello  di 
ferro  frammentato,  col  suo  manico  di  osso. 


i 


892  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


Epigrafia.  —  Il  Giornale  di  Roma,  intitolato  Voce  della  Verità, 
nel  suo  N.°  45  dell'anno  1886,  ripubblicava  la  seguente  inscri- 
zione cristiana  rarissima,  assai  nota  e  controversa  fra  gli  eruditi. 
Essa  credesi  ci  venisse  dalle  romane  Catacombe  di  S.  Sebastiano  : 
da  circa  un  secolo  trovasi  nel  portico  nuovo  della  Biblioteca  Am- 
brosiana in  Milano.  Appartiene  alla  classe  delle  epistografe,  perché 
da  una  parte  è  inciso  in  caratteri  non  del  tutto  ineleganti  il  nome 
di  AVRELIVS  LEONTIVS,  e  dall'altra  in  lettere  affatto  rozze 
è  la  scorretta  epigrafe  che  qui  ripetiamo  assegnandola  a  un'  e- 
poca  di  maggiore  decadenza  che  la  prima,  a  quegli  anni,  cioè, 
che  prevennero  di  poco  la  discesa  dei  barbari  in  Italia. 

Il  Giornale  di  Roma  più  sopra  citato  ne  diede  la  seguente 
lezione  : 

EGO  EVSEBIVS  ANTIOCENO 

SAN  PLM  LXX  COMPARAVI  E 

GO  SS  VIVVS  IN  CATACVMRASA 

LVMENAREM  A  FOSSORE  OA 

APATO  STANEES  AMICV 

S    DUI    IDVS    SEPT     --K 

Questa  lezione  è  inesatta  e  noi  diamo  la  vera  che  abbiamo 
trascritta  religiosamente  dalla  pietra  : 

EGO  EVSEBIVS  ANTIOCENO 

S  AN^  PL-  M.  LXX  COMPARAVI  E 

GOSS.   VIVVS  IN  CATACVMRAAA 

LVMENAREM  AEO  SSORE  OC 

APATO  SrANEES  AMICV 

S  D  III  IDVS  SEPT.  -^ 

Da  tanti  anni,  molti  tentarono  decifrare  questo  enigma  della 
latinità  più  scadente,  ma  finora  nessuna  interpretazione  venne 
ritenuta  ragionevole,  meno  poi  incontrovertibile. 

Le  difficoltà  sorgono  dalla  rozzezza  dei  caratteri,  dalle  scorre- 
zioni ,  dalle  continuità    delle  lettere  che  rendono  arduo  il  distin- 


APPUNTI    E    NOTIZIE.  893 


guere  e  formare  le  singole  parole.  Scorgonsi  lettere  imperfette  o 
sbagliate  come  :  E  in  fossore  ed  in  Stanees  per  Stanfes.  Cosi 
pure  A  anziché  A  in  Ocapato  (linea  5),  ed  ancora  in  Stanfes 
il  T  configurato  come  un  r  (gamma)  greco,  un  A  (delia)  greco 
nella  terza  linea,  ultima  lettera,  in  luogo  di  un  D. 

Noi  crediamo  interpretare  l' inscrizione  nel  modo  seguente  : 
Ego  Eusehius  Antiochenus  annorum  plus  minus  LXX  compa- 
ravi ego  solus  (ovvero  suprascripius)  vivus  in  eatacumba  ad  lumen 
a  Rema  fossore  occupato.  Stanfes  amìeus  fedi  Illidus  septembres. 

La  versione  italiana  sarebbe  : 

«  Io  Eusebio  Antiocheno  di  anni  più  o  meno  settanta  preparai 
«  io  solo  ancora  vivente  in  catacomba  al  chiarore  un  posto  dal 
«  fossore  Rema  acquistato.  Stanfi  suo  amico  fece  questa  memoria 
*  tre  giorni  prima  delle  idi  di  settembre.  Cristo.  » 

Il  nome  di  Stanfes  incontrasi  in  qualche  documento  del  Medio- 
evo. Guidone  Stanfeo  giurista,  uomo  letteratissimo,  fioriva  in  Mi- 
lano nel  1200  ;  il  nome  Stanfes  deriva  forse  da  Stephanus. 

Di  questa  singolare  epigrafe  vidi  altra  interpretazione,  la 
seguente  : 

Ego  Eusehius  antiochenus  annorum  plus  minus  LXX  comparaci 

ego  se  mvus  in  eatacumba....  lumenarem  a  fossore  Ocapato..,.  etc, 
come  neir  altra.  Tradotta  in  italiano  darebbe  : 

«  Io  Eusebio  Antiocheno  di  anni  più  o  meno  LXX,  io  ancora 
«  vivo  nella  catacomba  comperai  un  lume  dal  fossore  Ocapato. 
«  Stanfe  amico  fece  questa  memoria  tre  giorni  prima  delle  idi  di 
settembre.  Cristo.  » 

Non  badiamo  agli  idiotismi  che  offre  la  lapide  e  proprii  sono 
della  sua  epoca  ;  pure  nella  seconda  interpretazione  mi  ripugne- 
rebbe la  frase  EGO  SE  VIVVS  :  inoltre  nella  stessa  interpreta- 
zione non  trovo  fatto  calcolo  dell'  Aa  delia  terza  linea,  né  saprei 
in  essa  come  spiegare  quelle  sigle. 

Ecco  quindi  perchè  mi  sembra  più  ragionevole  la  prima  ver- 
sione :  <  Gli  eruditi  giudicheranno  se  vorranno  prendersene  la 
briga.  »  Michele  Caffi. 


894  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


Il  palazzo  Botta- Adorno  di  Pavia.  —  Si  legge  nella  Per- 
severanza  del  30  giugno  che  lo  storico  palazzo  Botta-Adorno  in 
Pavia  é  in  demolizione  ;  delle  sue  vaste  gallerie  abbellite  da 
arazzi  splendidi  di  Fiandra  poche  rimarranno^  dacché  la  rifabbrica 
è  destinata  a  sede  di  cinque  istituti  del  Portico  medico  senza  che 
per  questo  il  medesimo  si  dichiari  soddisfatto  ;  tutt'altro. 

Quel  palazzo  vastissimo  risale  al  1702,  e  sorse  sulle  rovine 
di  un  palazzo  Beccaria,  di  cui  venne  allora  conservata  la  torre 
0  la  cappelletta.  Al  medesimo  non  mancano  i  ricordi  storici.  Da 
Genova,  cacciato  dal  sasso  di  Balilla  e  divallando  dalla  Polce- 
vera,  corse  a  quel  palazzo  il  generale  Botta  sfuggendo  alle  in- 
sidie che  gli  vennero  tese  alla  Cava  per  depredarlo  delle  doppie 
di  Genova  che  il  generale  alla  sua  volta  aveva  predato  a  quella 
città.  Un  nobile  Castiglione  in  quell'assalto  mori  al  fianco  del 
generale. 

Da  quel  palazzo  nel  1778  usci  il  maresciallo  Botta  per  re- 
carsi a  Vienna  a  perorare  coU'archiatro  Alessandro  Brambilla  la 
conservazione  a  Pavia  dell'Università  sua  antichissima,  che  Maria 
Teresa  voleva  trasportata  a  Milano  ;    l'Università  rimase. 

In  un  padiglione  del  palazzo  Botta,  chiamato  l'appartamento 
dei  principi,  Giuseppe  II ,  nel  1786  ,  volle  circondarsi  dei  mag- 
giori dotti  che  decoravano  lo  studio  di  Pavia,  Spallanzani,  Scarpa, 
Fontana,  Scopoli,  Volta,  Mascheroni,  Tamburini.  Questi  illustri 
sostenevano  valorosamente  il  decoro  della  sapienza  italiana  di 
fronte  alla  straniera. 

Nel  luglio  del  1791,  vi  si  radunarono  a  conferenza  1'  impera- 
tore Leopoldo  II  con  gran  seguito  di  arciduchi,  il  conte  d'Artois 
per  l'emigrazione  francese,  gli  inviati  del  Piemonte,  della  Spagna 
e  della  Svizzera  per  opporsi  alle  armi  repubblicane  della  Francia 
che  rumoreggiavano  alle  chiuse  delle  Alpi.  Al  Congresso  prese 
parte  la  Gran  Bretagna  nel  febbraio  del  1792.  Ma  la  pretesa  del- 
l' Imperatore  di  riavere,  nel  caso  di  buon  successo,  quella  parte 


APPUNTI    E    NOTIZIE.  895 


del  Ticinese  che  aveva  perduta  col  trattato  di  \^'orms  nel  1743, 
rese  pressoché  nulle  quelle  conferenze  diplomatiche,  ed  il  Pie- 
monte, guardiano  delle  Alpi,  fu  debolmente  soccorso  dall'Austria 
in  quella  guerra.    ■ 

'  Napoleone,  che  nel  1796,  semplice  generale,  era  disceso  al  Col- 
legio Caccia,  nel  1805,  coli'  imperatrice  Giuseppina,  venne  accolto 
nel  palazzo  Botta,  nel  quale  Giuseppina  corse  pericolo  della  vita 
per  dolori  fìerissimi  di  ventre.  Alla  preghiera  del  podestà  Ca- 
millo Campari  che  non  sì  recasse  detrimento  allo  studio  univer- 
sitario rispondeva  l'Imperatore:  «L'Università  esiste  da  secoli  in 
Pavia,  né  avvi  ragione  perché  non  abbia  a  rimanervi.  »  Al  pro- 
fessore Tamburini,  rettore  del  Ghislieri,  chiesta  notizia  delle  ren- 
dite ,  del  numero  e  del  trattamento  degli  alunni ,  ebbe  a  dire  : 
«  A  Fontainebleau  ne  manterrei  400  con  L.  250  annue  per  cia- 
scuno. Il  trattamento  al  Ghislieri  dovrebbe  essere  di  una  zuppa, 
di  un  poco  di  bollito,  pane  non  tanto  bianco,  e  vino.  »  Un  trat- 
tamento, per  vero  dire,  un  po'  troppo  alla  militare  e  non  ade- 
guato ai  tempi. 

Xel  1815,  come  nel  1825,  Francesco  I  prese  stanza  nel  pa- 
lazzo Botta  ;  fu  da  quelle  sale  che  rivolse  ai  professori  dell'A- 
teneo ticinese  quelle  parole  memorande  che  fecero  il  giro  del- 
l' Europa  :  «  Sappiano  ,  signori,  che  a  me  occorrono  sudditi  non 
troppo  dotti,  ma  fedeli  »  ;  le  quali  parole  infatti  erano  tutto  un 
programma  di  Governo. 

Nel  1838  vi  albergò  Ferdinando  I  ,  della  cui  mente  Sambuy 
scriveva  a  Solaro  della  Margarita  (31  marzo  1838)  dicendo  :  «  È 
già  molto ,  quando  con  innumerevoli  dilazioni  si  giunge  ad  ot- 
tenere che  dia  corso  alle  firme  di  sua  mano  assolutamente  indi- 
spensabili »  ;  a  quel  palazzo  lo  visitò  Carlo  Alberto.  Il  volto 
pallido,  l'alca  e  sottile  persona  del  Re,  l'aspetto  suo  marziale,  il 
colore  giallastro  del  volto,  i  folti  mustacchi ,  il  bene  ed  il  male 
che  di  lui  susurravasi  in  quei  giorni,  sospetto  a  molti,  indovinato 
da  pochissimi ,  vennero  assai  commentati  dalla  popolazione  pa- 
vese ;  come  lo  furono  il  capo  a  pera,  l'occhio  intontito  e  spento, 
il  labbro  inferiore  turgido ,  penzolone  ed  inerte  di  Ferdinando  I. 
fViDARi,  Frammenti  storici  dell'Agro  ticinese,  voi.  II). 


896  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


Nell'agosto  del  1859  il  palazzo  Botta  si  aperse  a  Vittorio 
Emanuele  ,  e  ogni  ordine  di  cittadini  vi  accorse  a  festeggiarlo. 
L'antico  Duca  di  Savoia,  il  Re  del  Piemonte  vincitore  a  Palestre 
ed  a  San  Martino,  scendendo  cogli  anni  e  col  Po,  si  incammi- 
nava a  divinire  liberatore  e  re  d'Italia  per  grazia  di  Dio  e  vo- 
lontà della    Nazione. 

Non  è  quindi  senza  un  qualche  rimpianto  che  i  Pavesi  assi- 
stono alla  demolizione  del  palazzo  Botta.  Non  rimase  alla  città 
loro  né  una  carta,  né  un  codice,  né  un  documento  del  prezio- 
sissimo   archivio  Botta-Adorno  che  vi    stava    bene    ordinato  (1). 

Negli  scavi  a  ponente  del  palazzo  si  rinvenne,  da  pochi  giorni, 
qualche  tomba  appartenente,  a  quanto  sembra,  ai  tempi  della 
decadenza  della  civiltà  romana,  quando  non  era  spento  affatto  il 
paganesimo,  e  la  religione  cristiana  non  s'era  abbastanza  diffusa 
per  rendersi  prevalente.  Nelle  modeste  tombe  a  grossi  mattoni 
coir  impugnatura  disposti  a  colombaia  non  si  rinvennero  infatti 
emblemi  né  pagani,  né  cristiani,  ma  solo  teschi  ed  altre  ossa, 
che  anatomici  ed  archeologi  vanno  studiando. 


Un  inventario  di  libri  del  secolo  XV.  —  Il  dott.  Giuseppe 
Travali  pubblicava  ultimamente  in  Palermo  coi  tipi  di  V.  Davy 
un  inventario  di  147  libri ,  posseduti  dal  barone  di  Grottacalda 
dott.  Giovanni  de  Coffitellis  o  Coffitella,  e  rogato  dal  notaio  pa- 
lermitano Domenico  Di  Leo  nel  29  novembre  1491  :  in  questo 
inventario  figurano  alcune  opere  di  scrittori  lombardi,  quali  sono  : 

librum  magni    voluminis  ad  stampam  repertorii   domini    episcopi 
brixiensis. 

È  questi  Bartolomeo^  vescovo  di  Brescia,  autore  di  parecchie 
opere  di  diritto  civile  e  canonico. 

item  librum  scriptum  manu  in  carta  consiltorum  et  questionum  ol- 
tradij  cum  repetitione  domini  petri  de  ancorano. 

(1)  Per  legato  del  conte  Giulio  Porro  Lambertenghi  le  carte  dell'ArcIiivio 
Botta  passarono  nel  1886  alla  Biblioteca  Ambrosiana. 


APPUNTI    E    NOTIZIE.  897 

Oltrado,  detto  da  Ponte,  era  di  Lodi ,  professò  a  Padova,  a 
Siena,  a  Monpellieri ,  fu  avvocato  concistoriale  della  Santa  Sede 
e  mori  in  Avignone  nel  1335  lasciando  molti  scritti. 

item  librum  in  carta  scriptum  manu  cum  fundello  nigro  seu  ca- 
pillari, qui  incipit  super  rubrica  in  principio  additionum  domini  baldi 
scriptum  partim  manu  partim  impressione ,  qui  vocatur  dominus  al- 
bericus  de  raanetis  super  apparata  de  testibus. 

Alberico  de  Maletis  ,  nativo  di  Pavia ,  scrisse  un  trattato  De 
Testibus,  che  fu  pubblicato  nel  Traetatu  universi  iuris ,  voi.  IV, 
fog.  162  e  seguenti. 

item  librum  repetitionis  capituli  domini  lanfranci  scriptum  manu 
cum  fundello  albo. 

Lanfranco,  nacque  a  Crema,  insegnò  diritto  civile  e  canonico 
a  Bologna,  a  Vercelli  ;  mori  nel  1229. 


Attestato  di  morte  di  Franchino  Gaffurio.  —  La  data  della 
sua  morte,  come  avvenuta  ai  24  giugno  1522,  era  già  nota,  ma 
davasi  erroneamente  l'anno  1451  per  quello  della  sua  nascita. 
Ora ,  r  attestato  mortuario  del  Gaffurio  ,  tolto  dai  necrologi  nel- 
r  Archivio  di  Stato  milanese ,  e  pubblicalo  nell'ultimo  fascicolo 
à&W Archivio  Storico  Lodigiano  (cfr.  Motta,  Curiosità  di  storia 
lodigiana,  pag.  121  del  fase.  VII-IX,  anno  VII),  precisa  quella 
data  al  1442. 

Ecco  il  brevissimo,  importante  documento: 

Reverendus  Dominus  Presbiier  Franchinus  Gaffurus  annorum  LXXX 
rector  ecclesie  Sancti  Marcellini  ex  febre  tertiana  dupla  in  2°  mense , 
sine  suspictione  judicio  Magistri  Oldrati  Martignoni  decessit.  » 

Moriva  a  P.  Comasina,  nella  parrocchia  di  S.  Marcellino,  dove 
era  per  lo  appunto  rettore  ed  alla  quale  chiesa  nel  1490  lavorava  il 
celebre  architetto  e  suo  compatriota  Giovanni  Battaggio  da  Lodi, 
come  da  un  altro  documento  pubblicato  in  quel  medesimo  fasci- 
colo dQÌV Archivio  Lodigiano. 

Arch.  Utor.  Lomb.  —  Anno  XV.  i"' 


898  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


L'Archivio  della  Società  romana  di  Storia  patria,  voi.  Xf, 
fase.  II,  pubblica  una  lunga  e  importante  lettera  del  famoso 
Cicco  Simonetta,  19  febbrajo  1471,  in  cui  egli  si  giustifica  delle 
accuse  fattegli  da  papa  Paolo  II.  È  tolta  dal  nostro  Archivio  di 
Stato,  Carteggio  diplomatico,  cartella  331. 


Panfilo  Castaldi.  —  Dal  terzo  documento  rinvenuto  nel  di- 
cembre 1880  nell'Archivio  di  Stato  in  Milano  intorno  al  Maestro 

DA     LIBRI     DAL     STAMPO     PANFILO     CASTALDI  ,     risulta     ch'  egli  ,      nel 

maggio  1472,  da  Milano  è  rimaso  contento  de  retornarsene  a 
Venetla  ;  ma,  per  quante  ricerche  si  sieno  fatte,  non  s'  è  potuto 
ancora  sapere  ove  il  Castaldi  finisse  i  suoi  giorni ,  e  chi  avesse 
per  successori. 

A  completare  la  Storia  della  Tipografia  in  Italia ,  promossa 
nel  1881,  a  beneficio  del  Corpo  Tipografico  di  Milano,  —  opera 
tuttora  incompiuta  per  la  sopravvenuta  morte  del  cav.  prof.  Fran- 
cesco Berlan,  al  quale  si  era  affidata,  —  la  Delegazione  di  Be- 
neficenza del  Pio  Istituto  Tipografico  in  Milano  apre  il  concorso 
ad  un  premio,  consistente  in  una  Medaglia  d'oro,  con  relativo 
diploma ,  a  chi  sapesse  dare  le  suindicate  notizie ,  dalle  quali 
certamente  ne  verranno  altre ,  riguardanti  la  storia  dell'  arte 
tipografica. 


Monumento  NAzio5fALE  a  Cristoforo  Colombo.  —  Con  regio 
decreto  dato  a  Roma  addi  17  maggio  p.  p,  fu  statuito,  che  nella 
solenne  ricorrenza  del  quarto  centenario  della  scoperta  dell'America 


APPUNTI    E    NOTIZIE.  899 

(1892)  sia  pubblicata,  per  cura  ed  a  spese  dello  Staio,  una  Rac- 
colta degli  scritti  di  Cristoforo  Colombo,  di  tutti  i  documenti  e  di 
tutti  i  monumenti  cartografici,  i  quali  valgono  ad  illustrare  la 
vita  ed  i  viaggi  del  sommo  navigatore,  la  memoria  ed  i  tentativi 
dei  suoi  precursori  e  le  successive  trasformazioni  dell'opera  sua 
pel  fatto  di  altri  navigatori  italiani. 

Tale  raccolta  dovrà  essere  seguita  da  una  bibliografia  degli  scritti 
pubblicati  in  Italia  sul  Colombo  e  sulla  scoperta  dell'America  dai 
suoi  primordi  fino  al  presente. 

Ad  ordinare  e  pubblicare  la  detta  Raccolta  fu  istituita  una  Com- 
missione, della  quale  fanno  parte  due  membri  della  nostra  Società 
il  Cantù  e  il  Correnti,  quest'ultimo  qual  presidente. 


Battaglia  di  Pavia,  1525.  —  'SeW Anzeiger  fiir  sehtceizerische 
Geschichte  (N.  3,  1888),  il  dottor  T.  di  Liebenau  pubblica  la  Cro- 
naca del  padre  francescano  friborghese  Antonio  Palliard  com- 
prendente r  epoca  1499-1513.  In  essa  sono  nominati  i  capitani 
di  Friborgo  nelle  diverse  guerre  di  Lombardia,  ed  all'  anno  1525 
v'  ha  una  nota  speciale  intorno  alla  celebre  battaglia  di  Pavia. 
Della  sconfitta  dei  Francesi  quel  cronista  incolpa  il  duca  Carlo 
d'AleuQon,  marito  di  Margarita  d'Orleans  (-|-  11  aprile  1525)  : 

«  1525  uif  Sant  Mathysen  tag  geschach  die  schlacht  ver  Pavy,  und 
ward  der  kiing  Franciscus  gefangen  ;  verluren  die  Eydgenossen  vyl  liitt. 
Daran  was  der  Dallenson ,  des  kiings  schwòsterman  (als  man  seyt) 
schuldig.  Dan  er  den  kùng  wolt  zum  tod  verraten  haben,  domit  daz 
er  kiing  wurde.  Als  er  aber  vernam,  dass  der  kùng  nitt  umkomen , 
sonders  gefangen  were,  liess  er  Im  zu  Lyon  ein  vrasserbad  machen 
und  alle  ader  ufFtbun,  domit  das  er  nitt  dem  kung  under  ougen  kàme.  > 


Il  principe  Eugenio  di  Savoja  e  il  Governatore  di  Milano. 
-  Alle  lettere  del  principe    Eugenio   di   Savoja    testé    messe   in 


900  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


luce  dal  socio  Ettore  Farri  (1)  aggiungansi  ora  le  due,  tutte  di 
pugno  d' Eugenio,  indirizzate  al  duca  Vittorio  Amedeo  nel  tempo 
della  guerra  contro  la  Francia,  e  pubblicate  da  Achille  Neri  nel- 
l'ultimo fascicolo  del  Giornale  Ligustico  (fase.  VII-VIII,  luglio- 
agosto  1888,  pag.  290  e  segg.).  L'una,  datata  da  Milano  ai  24 
marzo  1691,  merita  da  parte  nostra  una  riproduzione.  Eugenio  di 
Savoja,  che  si  recava  in  missione  a  Vienna  onde  ottenere  che  i 
promessi  e  invocati  soccorsi  scendessero  finalmente  in  Piemonte, 
riferisce  l'accoglienza  avuta  dall'intrattabile  conte  di  Fuensealida, 
governatore  di  Milano. 

Monseigneur, 

En  arrivant  a  Milan  j'ay  recu  du  comte  Landriani  la  lettre  que 
V.  A.  R.  me  fait  l'honneur  de  m'ecrire,  et  ne  manqueré  pas  de  ra- 
presenter  a  S  M.  avec  les  paroles  les  plus  pressantes  le  danger  cu 
V.  A.  R.  ce  trouve  si  elle  n'est  secourue  promptement.  Je  me  suy 
informe  icy  de  ce  qui  se  passe,  pour  pouvoir  en  rendre  un  conte 
juste  a  la  Cour.  Le  comte  Fuensealida  m'a  recu  a  son  ordinaire  dans 
le  Ut,  son  bonnet  sur  la  teste,  rassemblant  beaucoup  plus  a  un  singe 
qu'a  un  honime.  Je  luy  ay  dit  que  V.  A.  R.  m'avoit  charge  de  le 
presser  de  secour,  dont  elle  avoit  tant  de  besoin  ;  a  quoi  il  ne  m'a 
rien  repondu. 

En  attendant  que  je  luy  puisse  mander  quelque  chose  de  mon 
voyage,  je  reste  avec  le  plus  profond  respect. 

Monseigneur 
de  Milan  ce  24  mars  1691. 

De  V.  A.  R. 

tres  humble  et  tres  obeisant  serviteur 
Eugene  de  Saooye 

La  sua  missione    non   mancò  di  produrre  il    desiderato   effetto. 


(1)  Vittorio  Amedeo  II  ed  Eugenio  di  Savoja   nelle    guerre   della    succes-    % 
sione  spagnola.  —  Milano,  U.  Hoepli,  1888. 


I 


APPUNTI 


901 


Ugo  Ba^seville.  —  Xei  Diplomaies  de  la  Récoluiion  di  Fede- 
rico Mcisson,  troviamo  cenno  d'  una  persona  di  nessun  conto,  ma 
che  acquistò  nome  non  perituro  nella  letteratura   italiana. 

Nel  settembre  1793  il  barone  Mackan,  ministro  plenipotenziario 
di  Francia  presso  la  Coree  di  Napoli ,  avea  dimandato  a  Lebrun. 
ministro  degli  esteri,  di  mandar  di  tempo  in  tempo  un  secretano 
di  legazione  a  Roma  per  meglio  informarsi  di  quel  che  vi  si  facea. 
Il  secretario  avea  commissione  di  informarsi  esattamente  sulle  mire 
e  intenzioni  del  governo  pontifizio,  sulle  disposizioni  degli  spiriti 
e  delle  cose,  sul  castello  Sant'Angelo,  ecc.  Egli  dovea  stabilirsi 
a  Civitavecchia ,  conoscer  lo  stato  di  questa  fortezza ,  i  legni  di 
guerra  che  il  papa  vi  aveva  e  vi  faceva  costruire.  Non  doveva 
avere  né  funzione,  né  titolo  ufficiale,  ma  presentarsi  come  un 
semplice  viaggiatore,  non  coperto  da  veruna  immunità  diplomatica  ; 
avrebbe  semplice  uffìzio  di  osservatore,  che  pur  non  era  senza 
pericoli,  attesa  la  rottura  di  relazioni  tra  Roma  e  la  Francia. 

Hugon  Basseville,  designato  a  tale  incarico,  invece  di  tenersi 
stretto  alla  missione  di  osservatore,  volle  operare  efficacemente 
sul  governo  pontifizio ,  e  quasi  sobbarcarvisi  ;  accampò  preten- 
sioni straordinarie  e  ridicole ,  e  si  condusse  con  una  jattanza 
talmente  incredibile ,  che  par  un  sogno  1'  udirla  ;  né  mai  altro 
diplomatico  o  agente  relatore  sprezzò  talmente  l'oggetto  della  sua 
missione  (1). 

Sinché  la  flotta  francese  fu  in  vista  di  Civitavecchia,  Basse- 
ville  ottenne  dal  governo  di  Roma ,  impotente  a  resistere  ,  tutto 
quanto  volle,  ma  questa  flotta  essendo  stata  dispersa  da  una  pro- 


(1)  Dalla  francese  libertà  mandato 

Sul  Tebro  a  suscitar  l'empia  favilla. 

BasscilUana 


902  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


cella  (1),  egli  fa  a  Roma    trucidato  in  una  sommossa  popolare, 
13  gennajo  1793.  Il  Monti  lo  immortalò. 


Dono  alla  Biblioteca  Ambrosiana.  —  Il  prof.  arch.  Luca  Bel- 
trami  donava  in  questi  giorni  una  preziosa  Raccolta  di  oltre 
1100  documenti  manoscritti ,  che  si  riferiscono  ai  Navigli  deno- 
minati Grande,  di  Bereguardo,  di  Paderno,  della  Martesana  e  di 
Pavia.  I  documenti  vanno  dal  principio  del  secolo  XVI  alla  fine 
dello  scorso  secolo  e  costituiscono  dieci  volumi;  in  altro  fasci- 
colo daremo  maggiori  notizie  su  questi  documenti,  che  potranno 
tornare  utili  a  molti  interessi  cittadini. 


Il  padre  Alfieri.  —  Dove  ora  finisce  il  portico  meridionale 
della  piazza  del  Duomo,  arrivava  una  serie  di  case,  ora  distrutte, 
alla  cui  estremità,  parallela  agli  scalini  del  Duomo,  si  aprivano 
varie  botteghe,  e  fra  queste  la  farmacia  Alfieri.  Al  tempo  del 
regno  d'  Italia  era  il  convegno  vespertino  di  persone  rispettabili, 
massime  fisici,  e  a  me  fanciullo,  che  giocavo  coi  condiscepoli  Alfieri, 
dicevano:  «Questi  é  il  Porati ,  questi  il  Moscati,  quello  là  è  il 
Breislak,  o  l'Aldini,  o  lo  Stratico  ».  Dissipata  e  scomparsa  questa 
compagnia,  restò  in  buona  reputazione  la  farmacia  per  diligenti 
preparati  e  onesta  gestione. 


(1)  Vide  spezzate  antenne  e  rotte  vele 

Del  regnator  libeccio  orrendo  gioco, 
E  portati  dall'  onda  aspra  e  crudele 
Cadaveri  e  bandiere, 
Sul  lido  intanto  il  dito  si  mordea 
La  temeraria  libertà  di  Francia. 

BassvilUana 


APPUNTI    E    NOTIZIE.  903 


Nella  sovrastante  abitazione  con  altri  fratelli  nacque  Gio.  Maria 
Alfieri  il  1807.  Lasciamo  via  la  storia,  troppo  consueta,  della  sua 
prima  età  e  de'  suoi  studj ,  peFdire  come  seguisse  le  orme  paterne, 
e  insieme  la  sua  vocazione  professandosi  nei  Fate-bene-fratelli, 
dediti,  come  si  sa,  alla  cura  caritatevole  dei  malati.  Dal  nostro 
ospedale  a  Porta  Nuova  passò  a  diversi,  e  infine  a  quello  nell'isola 
del  ponte  Quattro  Capi  a  Roma.  Sempre  zelantissimo  nei  servigi, 
come  attento  all'amministrazione,  meritò  di  esser  nel  1872  eletto 
generale  della  pia  Congregazione,  per  28  anni  reggendola  qui  e 
ne'  paesi  stranieri,  anche  in  Francia,  in  Austria,  in  Inghilterra  ; 
fece  rifiorire  i  Fate-bene-fratelli  a  Verona,  a  Brescia,  in  Stiria,  in 
Spagna.  Dopo  il  1859,  venuta  la  soppressione  degli  Ordini  religiosi 
e  l'incameramento  dei  beni,  adopró  incessanti  premure  per  sal- 
vare dall'  eccidio  i  suoi ,  mostrando  che  quello  non  era  un  Ordine 
monastico,  con  voti  e  regole  somigliami  alle  fraterie,  ma  una 
fratellanza  dedicata  a  sollievo  dell'  umanità  soffrente.  I  Tribu- 
nali gli  diedero  ragione ,  ma  dopo  il  1870  nuove  controversie 
ebbe  a  sostenere  ,  e  vide  il  suo  ospedale  destinato  specialmente 
ai  militari. 

Ciò  amareggiava  gli  ultimi  suoi  giorni,  che  chiuse  nel  giugno 
di  quest'anno  a  82  anni. 

I  suoi  Buoni  Fratelli  ricordano  come ,  anche  dopo  generale , 
non  {sdegnasse  i  più  bassi  uffizj  ;  l' abbiam  visto  rifar  i  letti, 
bendar  le  piaghe  ;  affabile  con  tutti  i  malati ,  al  comparire  di  un 
nuovo  visitandolo,  interrogandolo  anche  sui  patimenti  morali,  che 
hanno  tanta  parte  nei  patimenti  fisici.  Era  operosissimo  capo 
della  Società  di  S.  Vincenzo  di  Paola  ;  chiese  da  Milano  persone 
esperte  ad  educare  i  ciechi  ;  morto  il  Mozzoni,  l'Alfieri  assicurò 
la  continuazione  delle  Tavole  Cronologiche  Ecclesiastiche. 

Fra  le  quotidiane  ovazioni  alla  miriade  di  eroi  dell'età  nostra 
saturata  di  gloria,  concediamo  un  ricordo  a  questo  concittadino 
benevolo  e  benefico. 

C.  C. 


904  APPUNTI    E    NOTIZIE. 


Necrologio.  —  Dott.  Vincenzo  Giacometti ,  morto  il  V  maggio 
p.  p.,  cultore  degli  studi  paletnologici  nel  Mantovano,  pubblicò 
una  Relazione  intorno  ad  alcune  scoperte  paleoetnologiche  fatte 
nelle  adiacenze  di  Mantova,  1868  (Atti  dell'Accademia  Virgiliana^, 
Note  per  uno  studio  di  paleontologia  del  territorio  mantovano , 
1880  (Atti  simili),,  Relazione  sopra  il  civico  Museo  di  Mantova 
(Gazzetta  di  Mantova,  1881,  n.  102). 


Tipografia  Borloiolti  di  Giuseppe  Prato.  Giovanni  Brigola,  responsabile 


I 


ELENCO   DEI   LIBEI 

LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 

DAL    DEFfJJTO 

Prof.    Cav.    GIUSEPPE    MONGERI 


Academy  (Rovai).  Observations  of  the  members  of  the  royal  Aca- 
deniy  of  arts  upon  the  Report  of  the  Commissioners  appointed  to 
inquire  into  the  Present  Position  of  the  Royal  Academy  in  relation 
to  the  Fine  Arts.  —  London,  Eyre  e  Spottiswoode,  1864. 

Accademia  di  Belle  Arti  in  Firenze.  Rapporto  del  f.f.  di  Presidente 
Niccolò  Antinori  a  S.  E.  il  Ministro  della  P.  I.  sul  progetto  del 
nuovo  Statuto.  —  Firenze,  Barbèra,  1866. 

—  (R.)  Centrale  delle  Belle  Arti  dell'Emilia  in  Bologna.  —  Atto  ver- 
bale della  Sessione  del  Corpo  Accademico  per  la  esposizione  e  pre- 
miazione triennale  in  Bologna  nel  MocccLkm.  —  Bologna,  R.  Tipo- 
grafia, 1862. 

—  (R.)  Centrale  delle  Belle  Ani  dell'Emilia  in  Bologna.  —  Adunanza 
generale  dei  tre  corpi  accademici  il  15  maggio  1863.  —  Bologna, 
R.  Tip.,  1863. 

—  (L')  di  Venezia.  Relazione  Storica  per  V  esposizione  di  Vienna 
nel  1873.  —  Venezia,  Visentini,  1873. 

Adda  (D')    —  V.  D'Adda. 


KLENCO  DEI  LIBRI  DAI,  DEFUNTO  PROF.  MOXGERI 


Albani  cav.  can.  Carlo.  Di  Luigi  Canina  da  Casale  Monferrato.  Nar- 
razione. —  Casale,  Bertero,  1873. 

Alighieri  Dante.  La  vita  nuova  e  il  Canzoniere  commentati  da  G.  B. 
Giuliani.  —  Firenze,  G.  Barbèra,  1863. 

Allocchio  Stefano.  La  nuova  Milano.  —  Milano,  C.  Robeschini,  1884. 

Amari  M.  Racconto  popolare  del  Vespro  Siciliano.,  —  Roma,  Tipo- 
grafia del  Senato,  1882. 

Amati  Amato.  11  Risorgimento  del  Comune  di  Milano.  Studio  storico  su 
documeriti  patri,  editi  ed  inediti.  — Milano,  A,  Lombardi,  1865. 

Ambiveri  Luigi.  Dei  principali  errori  detti  intorno  ai  Monumenti 
Piacentini.  —  Piacenza,  G.  Tononi,  1887. 

—  Gli  Artisti  Piacentini,  —  Piacenza,  F.  Solari,  1879. 

Ampère  G.  G.  Viaggio  Dantesco.  —  Firenze,  F.  Le  Mounier,  1855. 

Ampère  J.  J.  L'  Istoii^e  romaine  à  Rome.  —  Paris,  Michel  Levy,  1863, 
Tome  1",  2"  édition. 

Annali  della  Fabbrica  del  Duomo  di  Milano  dall'  origine  fino  al  pre- 
sente, pubblicati  per  cura  della  sua  Amministrazione.  —  Milano  , 
Tip.  Sociale,  E.  Reggiani  e  C. ,  1877-1885,  voi.  9. 

Annuncio  Bibliografico.  IV  Centenario  della  nascita  di  Raffaello.  — 
Roma,  Tip,  delle  Scienze  Matematiche,  1883. 

Ancnimo.  Notizie  d'  opere  di  disegno  nella  prima  metà  del  secolo  XVI 
esistenti  in  Padova,  Cremona,  Milano,  Pavia,  Bergamo,  Crema  e 
Venezia,  pubbUcate  e  illustrate  da  Jacopo  Morelli.  —  Bassano....  1800. 

—  Due  orfani  illustri.  Notizie  di  FeUce  Scotti  e  Giuseppe  Franzosi.  — 
Milano,  AgnelU,  1884. 

—  Cenni  Necrologici  di  Francesco  Durelli.  Estratto  dagli  Ann.  Unic. 
di  Statistica,  ecc.  Fase.  Luglio  1851.  —  Milano,  Tip.  degli  An- 
nali, 1851, 

—  Descrizione  del  monumento  di  Gastone  di  Foix. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARD\.  3 

Anonimo.  Cicognara,  Notizia  Storica  Artistica  intorno  ad  Agostino 
liusti,  1852.  (Frammento  con  postille  del  prof.  Mongeri;. 

—  Intorno  alla  vita  ed  alle  opere  dell'arch.  Angelo  Pir>oni.  Commemo- 
razione. —  Milano,  Tip.  e  Lit.  degli  Ing.,   1883. 

—  Carlo  Barbiano  di  Belgioioso.  Commemorazioni,  1881. 

—  La  tentazione  di  S.  Antonio  dipinta  da  Michelangelo  Buonarroti. 
—  Bologna,  Gamberini  e  Parmeggiani,  1877. 

—  Introduzione  allo  studio  delle  arti  del  disegno  e  vocabolario  com- 
pendiaro  delle  arti  medesime.  —  Milano,  P.  e  G.  Vallardi,  1821,  voi.  2. 

—  Les  Artistes  Milanais  (Orféeres).  Paris,  Cabinet  de  l'Ainatour,  1863, 

Anselmi  Gaspare.  Rivendicazione  al  Popolo  Milanese  della  vera  ori- 
gine del  Duomo  di  Milano ,  finora  attribuita  a  Gian  Galeazzo  Vi- 
sconti. —  Milano,  N.  Battezzati,  1881. 

Antinori  Niccolò.  Rapp.  al  Min.  della  P.  I.  sul  progetto  del  nuovo 
Statuto  della  R.  Accademia  di  Belle  Arti.  —  Firenze,  Barbèra,  1866. 

Arago  Etienne.  Notice  des  peinture?,  sculptures  et  dessins  de  1'  é- 
cole  moderne  exposés  dans  les  galeries  du  Musée  National  du 
Luxembourg.  —  Pari^  ,  Mourgues ,  1881. 

Arborio-Mella  Carlo  Emmanuele.  Cenni  istorici  sulla  Chiesa  ed 
Abbazia  di  S.  Andrea  in  Vercelli.  —  Torino,  Giordano,  1856. 

Archivio  Storico  Lombardo  ,  giornale  della  Società  Storica  Lom- 
barda. —  Milano,  Rebeschini  e  Bortolotti,  1874-1883,  voi.  10.  — 
Idem  —  Seconda  Serie.   —  Milano,  Bortolotti,  1884-1887,  voi.  4. 

Arcozzi- Masino  Luigi.  Le  Necropoli  Torinesi.  Guida  Storico  de- 
scrittiva ed  illustrata.  —  Torino,  Stab.   Art.  Lett.,  1779. 

—  Il  Ck-^erone  delle  strade  ferrate.  Linea  Torino-Milano.  —  Torino, 
Stab.  Artistico -Letterario,  1878. 

Ariosto  Ludovico.  Orlando  furioso.  —  Venetia,  1556. 

Armand  Alfred.  Les  médailleurs  Italiens  des  quinzième  et  seizième 
siècles.  —  Paris,  E.  Plon,  1879. 


ELEN'UO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 


Arnaboldi  Alessandro.  Versi.  —  Milano^  C.  Molinaii,  1872. 

Arrigoni  Luigi.  Francesco  Alunno  da  Ferrara,  abbachista,  calligrafo, 
filosofo,  grammatico,  matematico,  oratore,  poeta  del  secolo  XV.  — 
Firenze,  Tip.  dell'Arile  della  Stampa,  1885  (edizione  di  500  esempi.). 

Atti  della  R.  Accademia  di  Belle  Arti  in  Milano  per  gli  anni  1842, 
54,  55,  60,  63,  64,  68,  70,  72,  74,  75,  76,  77,  80,  81,  82,  83, 
84,  85,  86.  —  Milano,  Pirola,  Lamperti,  Lombardi,  Manin. 

—  della  R.  Accademia  di  Belle  Arti  in  Venezia.  Anno  1877,  78,  79, 
80,  81,  82,  83.  —  Venezia,  M.  Vicentini,  1878-85,  voi.  6, 

—  ufficiali  del  primo  congresso  artistico  italiano,  1870.  —  Parma, 
Grazioli,  1871. 

—  del  Secondo  Congresso  Artistico  Italiano ,  settembre  1 872.  — 
Milano,  Lombardi,  1874. 

—  del  IV  Congresso  artistico  italiano,  tenutosi  in  Torino.  Maggio,  1880. 
—  Torino,  Bona,  1880. 

Aubel.  Verzeichniss  der  in  dcm  Lokale  der  Gemàldc  Gallerie  zu  Cas- 
sei  befendlichen  Bilder.  —  Cassel-Kay. 

Audin.  Storia  di  Leone  Decimo  ,  tradotta  dal  francese.  —  Milano  , 
Ronchetti  e  Ferreri,  1855,  voi.  2. 

Ausonia.  Albo  d'arte  e  letteratura.  —  Pisa,  Gazani  e  Galanti,  1880. 

Autori  vari.  Inni  sacri  ed  odi.  —  Trento,  G.  A.  Marietti,  1835,  voi.  2. 

Azeglio  (D')  Massimo.  V.  Mongcrl  Giuseppe. 

Azeglio  (D')  Roberto.  Delle  Accademie  di  Belle  Arti.  —  Torino, 
Tip.  Unione  Ed.,  1859. 

Azeglio  (D')  V.  E.  Manuscrits  Sforza  1467.  —  London,  I.  Clayton,  1860. 

Azzurri  Francesco.  I  nuovi  restauri  nell'  Archispedale  di  S.  Spirito 
in  Saxia.  —  Roma,  Tip.  Osseroatore  Romano,  1868. 

Bailo  Luigi.  Degli  affreschi  salvati  nella  demolita  chiesa  di  Santa  Mar- 
gherita in  Treviso.  Relazione.  —  Treviso,  Zoppelli,  1883. 


I 


LEGATI    ALLA,  SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA. 


Balbo  Cesare.  Della  storia  d'Italia  dalle  origini  fino  all'anno  1814. 
Sommario.  —  Losanna,  S.  Bonamici,  1848. 

—  Vita  di  Dante.  —  Firenze,  Lo  Monnier,  1853. 
Baldazzì.  —  Vedi  Bìancoli. 

Balestrini  Pietro.  Commemorazione.  —  Milano,  Pirola,  1886. 

Banchi  Luciano.  I  fatti  di  Cesare.  Testo  di  lingua  inedito  del  se- 
colo XIV.  — -  Bologna,  Romagnoli,  1863. 

Barbet  de  Jouy  Henry.  Masi'-e  National  du  Louvre.  Déscription  des 
sculptures  du  moyen-àge  et  de  la  renaissance.  —  Paris,  C.  De  Mour- 
srues,  1876. 

—  Musée  National  du  Louvre.  Déscription  des  sculptures  des  temps 
modernes.  —  Paris,  C.   De  Mourgues,  1876. 

Barrerà  C.  Storia  della  Valsolda  con  documenti  e  statuti.  —  Pine- 
rolo,  Chiantore,  1864. 

Barrichella  Vittorio.  Andrea  Palladio  e  la  sua  scuola.  Conni.  — 
Lonigo,  Gaspari,  1880. 

Barthelemy  J.  B.  A.  A.  Nouveau  manuol  complet  de  numismatique 
ancienne  (Manuels-Roret)  avoc  atlas.  —  Paris,  Libr.  encyclopédique 
de  Roret,  1866,  2  voi. 

Battaglini  Nicolò.  Torcello  antica  e  moderna.  Studii.  —  Venezia, 
Visentini,  1871. 

Bazzero  Ambrogio.  Le  armi  antiche  nel  museo  patrio  di  archeologia 
in  Milano  (prima  e  seconda  edizione).  —  Milano,  Dumolard,  1882. 

—  Parole  della  Stampa  alla  morte  di  Ambrogio  Bazzero.  —  Milano, 
A.  Lombardi,  1882. 

Belgioioso  Carlo.  Considerazioni  sul  concetto  e  sulla  veridicità  della 
storia.  —  Milano,  Bernardoni,  1865. 

—  Le  arti  del  disegno  in  Italia  e  l'Esposizione  universale  del  1867. 
Considerazioni  lette  nell'  adunanza  del  R.  Istituto  Lombardo  del 
li  marzo  1867.  —  Milano,  Bernardoni,  1867. 


b  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF,    MONGERI 

Belgioioso  Carlo.  La  tutela   dei   monumenti   patrii.  —  Milano,  Ber- 
nardoni,  18G8. 

—  Alessandro  Manzoni.  Commemorazione.  —  Milano,  Lamperti,  1873. 

—  Il  programma  della  Società  Italiana  contro    le    cattive    letture.  — 
Milano,  Bernardoni,  1874. 

—  Commemorazione  del  conte  Pompeo    Litta   Biumi,  7  agosto  1874. 
—  Milano  Bernardoni,  1874. 

—  Induno  Domenico.  Commemorazione.  (Estr.  dagli  Atti  della  R.  Ac- 
cademia di  Belle  Arti  di  Milano,  1878).  —  Milano,  Lombardi,  1878. 

—  Brera.  Studii  e  bozzetti  artistici.  —  Milano,  U.  Hoepli,  1881. 

—  Inaugurazione  in  Brera  del  ricordo  monumentalo  a  Carlo  Barbiano 
di  Belgioioso,  22  giugno  1882.  —  Milano,  Lombardi,  1882. 

Belgioioso  Emilio.  Storia  della   famiglia   Brivio.  —  Milano,  A.  Val- 
lardi,  1885. 

—  Guida    del    famedio    nel    cimitero    monumentalo.    —   Milano,  Ma- 
nini,  1887. 

—  Guida  del  famedio,  seconda  edizione.  —  Milano,  Galli,  1888. 

Belinzaghi  Giulio.  Indirizzo  a  S.  A.  R.  la  principessa  Margherita  di 
Savoia  letto  dal  Sindaco  di  Milano  il  4  settembre  1869,  ecc. 

Belletti  Felice,  Tragedie  di  Euripide    recate    in    italiano.  —  Milano, 
Bernardoni,  1844-1851,  voi.  4. 

Beltrami  Giambattista.  Discussioni  recenti    su  gli  studi    e    gli  scavi 
d'antichità  in  Italia,  —  Roma,  Barbèra,   1875. 

Beltrami  ardi.  Luca.  Le  vòlte  del    nostro  Duomo.  —  Milano,    Bor- 
tolotti,  1882. 

—  11  Lazzai'etto  di  Milano.  —  Milano,  Bortolotti^  1882. 

Beltrami  Luca.  L'  Hotel  de  Ville  di  Parigi  e  1'  architetto    Domenico 
da  Cortona.  —  Roma,  Tip.  Bodoniana,  1882. 

—  La  facciata  del  nostro   Duomo   mdccclxxxiu.    —  Milano ,    Colombo 
e  Cordali i. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA. 


Beltrami  Luca.  La  Rocca  Sforzesca  di  Soncino,  mdcc<  lxxxiv.  —  Mi- 
lano, Colombo  e  Cordani. 

—  Dispareri  in  materia  d'architettura  e  di  prospettiva  nella  questione 
del  prolungamento  dal  lato  settentrionale  della  piazza  del  Duomo. 
Milano,  Pagnoni,  mdccclxxxvi. 

—  Dispareri  in  materia  d'  architettura  e  di  prospettiva  nella  questione 
del  prolungamento  del  lato  settentrionale  della  piazza  del  Duomo, 
MDCCCLXXXVI.  —  Milano,  Pagnoni. 

—  Commemorazione  di  Archimede  Sacchi ,  con  ritratto.  —  Milano  , 
Tip.-lit.  degli  Ing.,  1886. 

—  Relazione  sul  progetto  di  completamento  del  palazzo  Marino  nella 
fronte  verso  Piazza  della  Scala. 

—  Per  la  facciata  del  Duomo  di  Milano.  Parte  prima.  Le  linee  fon- 
damentali, in)cccLxxx\ii.  —  Milano,  Colombo  e  Cordani. 

Benedetti  da  Cortona  Fr.  Vite  di  celebri  italiani  con  note  di  M.  Fabi. 
—  Milano,  P.  Agnelli,  1854. 

Benvenuti  Leo.  Indicazione  del  museo  di  Este.  —  Bologna ,  Zani- 
chelli, 1882. 

Benvenuti  Matteo.  Milano  com'era  e  qual'è.  Cenni  storici.  —  Milano, 
Tip.  A.  Lombardi,  1872. 

—  Milano.  Usi  e  costumi  vecchi  e  nuovi.  —  Milano,  Agnelli,  1873. 

—  11  Duca  d'Ossuna  o  tre  anni  di  pessimo  governo.  Pagine  di  Storia 
Milanese.  —  Milano,  Regia  Stamperia,  1875. 

Bergmann  loseph.  Ubersicht  der  K.K.  Ambraser-Sammlung.  2'<^ 
Autì.  —  Wien,  1853. 

Bernasconi  Cesare.  Il  Pisano  grand'  artefice  veronese  della  prima 
metà  del  secolo  decimoquinto,  considerato  primieramente  come  pit- 
tore e  di  poi  come  scultore  in  bronzo.  —  Verona,  Civelli,  mdccclxii. 

Bertoldi  M.  Antonio.  Sarcophage-autel  de  l'église  Saint-Zénon  a 
Verone  [Extrait  de  la  revue  de  l'Art  chretien].  —  Paris,  Blé- 
riot,  18G2. 


S  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.     MONGERI 

Bertolotti  Antonio.  Spese  di  giustizia  nei  secoli  xvi  e  xvn.  Estratto 
dalla  Rivista  di  discipline  carcerarie.  —  Roma,  anno  xvi,  fase.  3. 

—  Artisti  Belgi  ed  Olandesi  a  Roma  nei  secoli  xvi  e  xvii.  —  Firenze, 
Tip.  della  Gazzetta  d' Italia,  1880. 

—  Artisti  Lombardi  a  Roma  nei  secoli  xv,  xvi  o  xvn,  studi  e  ricerche 
negli  Archivi  Romani.  —  Firenze  ,  Tip.  dell'  Arte  della  Stampa , 
1881,  voi.  2. 

—  Artisti  urbinati  in  Roma  prima  del  sec.  xviii.  Notizie  e  documenti. 
—  Urbino,  Righi,  mdccclxxxi. 

—  Artisti  Modenesi,  Parmensi  e  della  Lunigiana  in  Roma  nei  se- 
coli XV.  XVI  e  XVII.  —  Modena,  Vincenzi,  1882. 

—  I  testamenti  di  Girolamo  Cardano,  medico  ,  filosofo    e   matematico 
nel  secolo  xvi.  —  Milano,  Bortolotti,  1882. 

—  Don  Giulio  Clovio ,  Principe  dei  miniatori  ;  notizie  e  documenti 
inediti.  —  Modena,  Vincenzi  e  Nipoti,  1882. 

»—  Giunte  agli  artisti  lombardi  in  Roma.  —  Milano,  Bortolotti,  1883. 

—  Artisti  Veneti  in  Roma  nei  secoli  xv ,  xvi  e  xvn  ;  studi  e  ricerche 
negli  Archivi  Romani.  —  Venezia,  M.  Visentini,  1884. 

—  Artisti  Subalpini  in  Roma  nei  secoli  xv,  xvi  e  xvii.  Ricerche  e  studi 
negli  Archivi  romani.  —  Mantova,  Tip.  Mondovi,  1884. 

—  Artisti  in  relazione  coi  Gonzaga  signori  di  Mantova ,  ricerche  e 
studi  negli  Archivi  Mantovani.  —  Modena,  G.  T.  Vincenzi,  1885. 

—  Artisti  bolognesi,  ferrai-esi  ed  alcuni  altri  del  già  Stato  Pontificio 
in  Roma  nei  secoli  xv,  xvi  e  xvn.  —  Bologna,  Regia  Tipogr.,  1885. 

—  Artisti  Svizzeri  in  Roma  nei  secoli  xv,  xvi  e  xvii,  ricerche  e  studi 
negli  Archivi  Romani.  —  Bellinzona,  Colombi,  1886. 

—  Artisti  Francesi  in  Roma  nei  secoli  xv,  xvi  e  xvii.  Ricerche  negli 
Archivi  Romani.  —  Mantova,  G.  Mondovi.   1886. 

Bertolotti  A.  e  Portioli  A.  Le  carceri  politiche  del  castello  di 
S.  Giorgio  in  Mantova.  —  Mantova,  Segna,  1883. 

Berty  Adolphe.  Dictionnaire  de  1'  ai'chitecture  du  moyen-àge.  — 
Paris,  A.  Derache,  1845. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  9 

Beruto  Cesare.  Progetto  del  piano  regolatore  della  Città  di  Milano. 
Relazione  alla  Giunta  Municipale.  —  Milano,  Bernardoni,  1885. 

Beulé  M.  Histoipo  de  l'art  grec  avant  Póriclès.  2"  édition.  —  Paris, 
Didier,  1870. 

Biancoli.  L'arte  della  maiolica,  poemetto  del  conte  Alessandro  Bian- 
coli  Bagna-cavallese,  con  la  vita  dell'autore,  ed  illustrazioni  del  ca- 
nonico-teologo Luigi  Bàlduz2i.  —  Ravenna,  Tip.  Calderini,  1875. 

Bianconi.  Nuova  guida  di  Milano  per  gli  amanti  delle  belle  arti  e 
delle  sacre  e  profane  antichità  milanesi.  —    Milano,  Sirtori,  1787. 

Bìbblia  sacra.  Vulgatae  editionis,  Sixti  V  et  Clementis  Vili  jussu 
recognita  atque  edita.  Editio  nova,  mdcccxliil 

Bibliofilo.  Leonardo  da  Vinci  e  la  sua  libreria.  Note  di  un  bibliofilo. 
—  Milano,  Bernardoni,  mdccci.xxul  [Ed.  di  75  es.  Es.  n.  2.] 

Bibliofilo  Milanese.  Noto  bibliografiche  del  fu  D.  Gaetano  Melzi , 
edite  per  cura  di  un  bibliofilo  milanese  con  altre  notizie.  —  Milano, 
Bernardoni,  mdccclxih. 

Bigi  Quirino.    Notizie  di  Antonio  Allegi'i,  di  Antonio  Bartolotti    suo 
maestro  e  di  altri  pittori  ed  artisti  Correggiesi.  —  Modena,  C.  Vin 
cenzi,  187.3. 

Bignami  ing.  Emilio.  I  canali    nella    città  di  Milano.   Considerazioni 

o  proposte  estr.  dal  Politecnico.  —  Milano,  1866. 

Biondelli  Bernardino.  Importanza  degli  studi  archeologici  in  Lom- 
bardia. —  Milano,  G.  Bernardoni,  1854. 

—  Elogio  del  conte  Carlo  Ottavio  Castiglioni.  Discorso,  con  ritr.  — 
Milano,  Bernardoni,  1856. 

Biraghi  Luigi.  Boezio  filosofo,  teologo,  martire  a  Calvenzano  Mila- 
nese. —  Milano,  Boniardi-Pogliani  di  Besozzi,  1865. 

Bisccura  Felice.  Relazione  storica  intorno  alla  R.  Accademia  Alber- 
tina di  Belle  Arti  in  Torino.  —  Torino,  Bocca,  1873. 


10  KLENCO  nr;i  libri  dal  defunto  prof,  mongert 


Biscarra  Felice.  Cetini  storici  sommari  intorno  alla  R.  Accademia 
di  Belle  Arti  di  Torino.  —  Torino,  Bona,  1866. 

—  V.  Schreiber. 

Boccaccio  Giovanni.  L'amorosa  Fiammetta.  — Venetia,  D.  Farri,  1580. 

Bode  W.  Bericlitc  und  Mittheilungen  aus  Sammlungen  und  Museiim 
uber  staatliche  KunstpHege  und  Restaurationen  ,  neue  Funde  ;  Ita- 
lianische  Kunstsammlungen  und  ihre  Pflege.  —  Spemann ,  Stutt- 
gard,  1883. 

Boito  C.  Proposta  di  un  nuovo  ordinamento  di  studi  per  gli  archi- 
tetti civili.  (Estr.  dal  Giorn.  deìV  Ing.-Arch.)  — Milano,  Salvi,  1858. 

—  L' architettura  odierna  e  l' insegnamento  di  essa.  Pensieri.  —  Mi- 
lano, Salvi,  1860. 

—  L'Architettura  Cosmatesca.  —  Milano,  Salvi,  1860. 

—  Proposta  di  una  riforma  negli  statuti  della  R.  Accademia  di  Belle 
Arti  in  Milano.  —  Milano,  Pirola,  1861. 

—  La  Chiesa  di  S.  Abbondio  e  la  Basilica  dissotto.  —  Milano,  Tipo- 
grafia degli  Ingegneri,  1868. 

—  Scultura  e  pittura  d'oggidì.  Ricerche.  —   Torino,  Bocca,  1877. 

—  Leonardo  e  Michelangelo.  —  Milano,  Hoepli,  1870. 

—  Architettura  del  medio  evo  in  Italia.  —  Ricerche.  —  Milano, 
Hoepli,  1880. 

—  I  principi  del  disegno  e  gli  stili  dell'  ornamento.  Lettere.  2*  edi- 
zione. —  Milano,  U.  Hoepli,  1882. 

—  Gite  di  un  artista.  —  Firenze,  Tip.  dell'  Arte  della  Stampa,  1884. 

Boito  C.  e  collaboratori.  Appunti  tecnici  suU'  Esposizione  Nazionale 
di  Milano  (1881).  —  Milano,  Tip.  degli  Ingegneri,  1882. 

Bologna  Giacomo.  Notizie  storiche  della  Chiesa  collegiata  arcipretalo 
di  Schio.  —  Schio,  Tip.  di  Leonida  Marin ,  1879. 

Bombognini  Francesco.  Antiquario  della  Diocesi  di  Milano,  con  cor- 
rezioni e  giunte   del   D.  Carlo  Redaelli.    —    Milano,  Pirotta,   18.50. 


LROATI    At.L.V    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  11 


BonafTé  Edmondt  Dictionnaire  des  amateurs  fran<^ais  aii  XVII  siécle. 
—  Paris,  Quantin,  1884. 

—  Inventaire  de  la  Duchesse  de  Valentinois  Charlotte  D'  Aibret.  — 
Deux  caux'fortes  par  H.  Valentin.  —  Paris,  A.  Quantin,  1878  (Edi- 
tion  à  300  exemplaires  ;  exemplaire  n.  296). 

Bonfadini  R.  Dell'  indole  e  dell'  azione  dei  partiti  politici  nei  governi 
rappresentativi.  Conferenza.  —  Milano,  Bemardoni ,  1879. 

Bonghi  (R.).  —  V.  Rieh. 

Bonora  Tonamaso.  L' arca  di  San  Domenico  e  Michelangelo  Buo- 
narroti.   Ricerche    storico-critiche.    —    Bologna ,  Romagnoli ,  1875. 

Bordiga  G.  Storia  e  Guida  del  Sacro  Monte  di  Varallo.  Nuova  edi- 
zione. —  Varallo,  Colleoni,  1857, 

Bossi  Giuseppe.  Del  Cenacolo  di  Leonardo  da  Vinci.  —  Milano , 
Stamperia  Reale,  1810. 

—  Delle  opinioni  di  Leonardo  da  Vinci  intorno  alla  simmetria  dei 
corpi  umani.  —  Milano,  Stamperia  Reale,  1811. 

Bossi  Joseph ,  Albertoli  e  Longhi.    Catalogne    de  la  Galeric  Melzi 

(à  vendre).  —  Milan,  Fontana,  1838. 

Bossi  Luigi.  Guida  di  Milano,  ossia  descrizione  della  città  e  de'  luoghi 
più  osservabili.  Voi.  II.  —  Milano,  P.  e  G.  Vallardi ,  1818. 

Both  de  Tauzia  (Vicomte).  Notice  des  tableaux  exposé  dans  Ics 
galeries  du  Musée  National  du  Louvre.  Première  partie  :  Ecoles 
d'Italie  &  d' Espagne.  —  Paris,  Charles  De  Mourgues  frères,  1880. 

—  Notice  des  dessins  de  la  collection  His  de  La  Salle  exposés  au 
Lou\Te.  —  Paris,  C.  Mourgues,  1881. 

Bouchot  (H.).  —  V.  Duplessis. 

BraghiroUi  ViUelnxo.  Sulle  manifatture  di  Arazzi  in  Mantova.  Notizie 
storiche.  —  Mantova,  Eredi  Segna,  1879. 

Bramantino  (Bartolomeo  Suardi).    Le   rovine  di  Roma  al  principio 


12  FXENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERl 


del  secolo  xvi.  Studi  da  un  manoscritto  dell'Ambrosiana  di  80  ta- 
vole, fotocromolitografate  da  Angelo  Della  Croce  ,  con  prefazione  ò 
note  di  Giuseppe  Mongeri.  —  Milano,  U.  Hoepli ,  1875.  Edizione 
di  200  esemplari,  N.  1. 

Brambilla  Camillo.  La  Basilica  di  S.  Maria  del  Popolo  in  Pavia  ed 
il  suo  mosaico.  —  Pavia,  Fusi,  ISlfj. 

—  Pavimento  a  mosaico,  scoperto  nella  Basilica  di  S.  Pietro  in  Ciel 
d'Oro  di  Pavia.  —  Milano,  C.  Rebeschini,  1886, 

—  Sullo  opere  di  restauro  alla  Basilica  di  S.  Pietro  in  Ciel  d'  Oro. 
—  Pavia,  Fusi,  1886. 

Brambilla  Giuseppe.  Intorno  al  monumento  eretto  in  Alessandria  al 
commendatore  Urbano  Rattazzi.  Lettera  agli  amici.  —  Como^  Fran- 
chi,  1884. 

Brambilla  Luigi.  Varese  e  suo  circondario.  —  Varese,  Ubicini,  1874, 
volume  II. 

Brambilla  (V,).  Topografia  storica  di  Milano  ,  voi.  III.  —  Milano  , 
Tip.  Carlo  Tinelli,  1844-1846. 

Branca  Carlo.  Cenni  storici  sulla  origine  e  la  fondazione  -dei  luoghi 
pii  elemosinieri  di  Milano,  amministrati  dalla  Congregazione  di  Ca- 
rità. —  Milano,  Agnelli  1880. 

Breton  (Ernest).  Porapeia  décrite  et  dessinée.  Suivie  d'  une  Notice 
sur  Herculanum.  —  Paris,  Gide  et  I.  Bandry,  1855. 

Brocca  Giovanni.  Notizie  sul  Pio  Albergo  Trivulzio  di  Milano.  — 
Milano,  G,  Agnelli,  1873. 

—  Sulla  proposta  13  luglio  1861  del  prof.  Camillo  Boito  (Questione 
delle  Accad.  di  Belle  Arti).  Osservazioni.  —    Milano,  Pirola  1861. 

Brockhaus.  Bilder  —  Atlas  zur  Conversations.  Lexikon.  —  Geschichte 
der  Baukunst.  Atlante  di  60  tavole  e  testo.  —  Leipzig,  Brockhaus,  1830. 

Brogi  Carlo.  In  proposito  della  protezione  legalo  sulle  fotografie. 
Considerazioni.  —  Firenze-Roma,  Benclni,  1885. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  13 

Buffini  Arturo,  dottore  iii  medicina  e  chirurgia.  Discorsi  pronunciati 
ia  svia  ricordanza.  —  Milano,  Zanaboni  e  Gabuzzi,  1886. 

Bulwer  E,  L.  Rienzi ,  V  ultimo  do'  Tribuni.  Seconda  edizione  riveduta 
0  correità  sul  testo  inglese,  da  Francesco  Cusani.  —  Milano ,  Ma- 
nini ,  1847. 

Buonarotti  Michelangelo.  Rime  e  lettere,  precedute  dalla  vita  del- 
l' autore,  scritte  da  Ascanio  Condivi.  —  Firenze,  Barbèra,  1858. 

Burckhardt  (Doct,  Jacob).  The  Cicerone  or  Art  Guide  io  painting 
in  Italy.  Translated  from  the  German  by  Mrs.  A.  H.  Clongh.  — 
London,  Murray,  1873. 

—  La  civiltà  del  secolo  del  rinascimento  in  Italia ,  voi.  II.  (Versione 
italiana  del  prof.  D.  Valbusa).  —  Firenze,  Sansoni,  1876. 

—  (Doct.  Jacob).  —  V.  Knglcr. 

Burger  W.  Amsterdam  et  La  Haye.  Études  sur  l'école  HoUandaise. 
—  Paris,  P.  A.  Bourdier,  1858, 

—  Musèo  Van  Der  Hoop  a  Amsterdam  et  Musée  de  Rotterdam.  — 
Paris,  P.  A.  Bourdier,  1860. 

Burigozzo  Gianmarco.  Cronica  Milanese  dal  1500  al  1544.  —  Mi- 
lano, Guglielmini  ,  1851. 

Burty  (Philippe).  Les  artistes  célèbres  :  Bernard  Palissy.  —  Paris  , 
Libr.  de  l'Art,  1886. 

—  Chefs- d'ceuvre  des  arts  industriels.  —  Paris,  Paul  Ducrocq,  1866. 

Byron.  Il  Corsaro.  Novella.  —  Milano,  Tipi  Bettoniani,  1824. 

—  Parisina.  Poema,  Traduz.  del  cav.  A.  MaflFei.  —  Milano,  Gnoc- 
chi, 1853. 

—  CEuvres  complétes.  Traduction  de  L.  Barre  ;  illastrées  par  Mettais, 
Bocourt,  Dorè.  —  Paris,  I.  Bry,  1853. 

Caffi  Michele.  Della  chiesa  di  S.  Eustorgio  in  Milano.  —  Milano  , 
Boniardi-Pogliani,  1 841 . 


14  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 


Caimi  Antonio.  Delle  arti  del  disegno  e  degli    artisti  nelle  provincie 
di  Lombardia  dal  1777  al  1862.  —  Milano,  Pirola,  18G2. 

—  Commemorazione  del  cav.  Giuseppe  Molteni.  Commemorazione.  — 
Milano,  1867. 

—  Luigi  Calamatta.  Commemorazione  letta    nell'  adunanza   del    Cons. 
della  R.  Acc.  di  B.  A.  in  Milano  il  23  giugno  1869. 

—  Cenno  storico  sul  Museo  Patrio  di  Archeologia  in  Milano.  —  Mi- 
lano, A.  Lombardi,  1873. 

—  La  Pinacoteca  della  R.   Accademia    di  Belle    Arti    di    Milano.    — 
Milano,  A.  Lombardi,  1873. 

Callery  I.  M.  La  galene  royale  de    pcinture    de    Turin.    —    Turin  , 
Falletti,  1859. 

Calvi  Felice.  Vicende  del  Monte  di  Pietà  in  Milano.  —  Milano , 
P.  Agnelli,  1871. 

—  Famiglie  notabili  milanesi,  Manzoni,  Clerici,  Taverna.  —  Milano, 
A.  Vallardi,  1875. 

—  Il  Patriziato  milanese.  —  Milano,  Mosconi,  1876. 

Calvi  Girolamo.  Intorno  alla  vita  ed  alle  opere  di  Giovanni  di  Bal- 
duccio  da  Pisa.  —  Milano,  Boniotti,  1857. 

—  Del  rinnovamento  dell'  arte  in  Milano ,  ovvero  di  Bramante  da 
Milano  detto  anche  Bramantino.   —  Milano,  Guglielmini,  1861. 

—  Notizie  sulla  vita  e  sulle  opere  dei  principali  Architetti,  Scultori  e 
Pittori  che  fiorirono  in  Milano  durante  il  governo  dei  Visconti  e 
degU  Sforza.  —  Milano,  P.  Agnelli,  1865. 

—  La  fondazione  del  Tempio  della  Certosa  presso  Pavia ,  ovvero 
Appendice  alle  notizie  di  Bernardo  da  Venezia.  —  Milano ,  Bor- 
roni,  1868. 

—  Notizie  dei  principali  Professori  di  beile  arti  che  fiorirono  in 
Milano  durante  il  governo  dei  Visconti  e  degli  Sforza.  —  Milano, 
Borroni,  1869. 

Camozzi  Verteva  Giambattista.  Dissertazione  del  medagliere  relativi^ 
alla  storia  moderna  d' Italia.  —  Bergamo,  Bolis,  1880. 


LKGATI    ALLA    SOCIETÀ    8TOKICA    LOMBARDA.  15 


I 


Campi  avv.  Emilio.  Delle  tendenze  democratiche  delle  Società  mo- 
derne. Conferenza.  —  Milano,  Bortolotti,  1879. 

Canetta  Pietro.  Cenni  sull'Ospedale  Maggiore  di  Milano  e. sulla  sua 
beneficenza.  —  Milano,  Tip.  Sociale,  1880. 

—  Il  Lazzaretto  di  Milano.  —  Milano,  Tip.  Sociale,  1881. 

—  Elenco  dei  Benefattori  dell'Ospedale  Maggiore  di  Milano,  1456-1880. 

—  Milano,  L.  F.  Cogliati,  1887. 

Cantù  Cesare.  Il  sacro  macello  di  Valtellina.  —  Firenze,  G.  Ma- 
riani, 1853. 

—  L'abate  Parini  e  la  Lombardia  nel  secolo  passato.  —  Milano,  Gu- 
glielmini,  1854. 

—  Milano.  Storia  del  popolo  e  pel  popolo.  —  Milano,  Agnelli,  1871. 

—  La  questione  sociale.  Lettere  di  C.  C.  precedute  da  un  articolo 
della  Ricista  Universale.  —  Firenze,  Tip.  Cenniniana,  1871. 

—  La  fede.  Vita  delle  Arti.  (Dalla  Ricista  Unioersale).  —  Firenze  , 
Tip.  Cenniniana,  1872. 

Cantù  C.  e  Rovida  C.  Donato  ed  Ercole  Silva ,  conti  di    Biandrate. 

—  Milano,  Borroni,  1876. 

Cantù  Ignazio.  L'Italiano  in  viaggio  per  Londra.  —  Milano,  A.  Val- 
lardi,  1851. 

Carcano  Giulio.  Commemorazione  di  Rinaldo  Giulini.  Dalla  Rioista 
Europea.  —  Milano,  Bernardoni,  1838. 

—  Neil'  inaugurazione  a  Tommaso  Grossi  in  Milano  il  primo  giorno 
di  Luglio  MDcccLvm,   discorso,  con  tav.  —  Milano,   Colombo,  1858. 

—  Ruth ,  imitazione  biblica.  —    Milano  ,    Ripamonti    Carpano ,  1 850. 

—  Per  r  inaugurazione  del  busto  di  Felice  Belletti  nel  palazzo  di 
Brera  in  Milano,  il  xv  sett.  mdccclx  ,  parole,  ecc.  —  Milano  ,  Ber- 
nardoni, 1860. 

—  Arte  e  ideale.  Note  d'Estetica  lette  nell'adunanza  4  luglio  1872 
del  R.  Ist.  Lombardo.  —  Milano,  Bernardoni,  1872. 

—  Vita  di  Alessandro  Manzoni.  —  Milano,  Bernardoni,  1873. 


16  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 


Carcano  Giulio.  Carlo  Barbiano  di  Belgioioso.  Commemorazione.  — 
Milano,  Rebeschini,  1881. 

—  7  Gennaio  188G.  Inaugurazione  del  ricordo  monumentale  a  Giulio 
Carcano.  —  Milano,  C.  Rebeschini,  1886. 

Cardano  Gerolamo,  De  rerum  varietate  libri  XVII.  —  Avignone, 
M.  Vincentio,  1558. 

Carena  Giacinto.  Vocabolario  Domestico.  —  Napoli,  Perrotti,  1851). 

—  Vocabolario  italiano  d'  arti  e  mestieri.  —  Napoli,  Perrotti,  1859. 

Carotti  Giulio.  Pitture  giottesche  nell'oratorio  di  Moccliirolo  a  Lcntato. 
sul  Seveso  (Lombardia)  saggio  critico.  —  Milano,  Bortolotti,  1887. 

Carraresi  G.  Cesare.  Cronografia  generale  dell'era  volgare  dallo 
anno  I  all'  anno  2000.  —  Firenze,  Sansoni,  1875. 

Carta  Francesco,  Sul  poemetto  di  Pietro  da  Bescapé  esistente  nella 
Bibl.  Naz.  di  Milano  Descrizione  bibliografica  con  fac-simile.  — 
Roma,  Forzani,  1885. 

Casati  Carlo,  Treviglio  di  Ghiara  d'  Adda  e  suo  territorio.  Memorie 
storiche-statistichc.  —  Milano,  tipi  della  Perseveranza,  1873. 

—  Vicende  edilizio  del  Castello  di  Milano.  —  Milano,  G.  Brigola,  1876. 

—  Ricordi  Storici  di  Castano  Primo,  raccolti  da....  —  Milano  ,  Tipo- 
grafia della  Pcrscocran^a,  1878. 

—  Vita  di  Cesare  Cesariano  architetto  milanese ,  scritta  da  Venanzio 
de  Pagave  pubblicata  dal  dottor  C.  Casati  —  Milano,  Tipografìa 
Pirola,  1878. 

—  Il  Lazzaretto  di  Milano.  Schizzo  storico.  —  Milano,  Robecchi,  1880. 

—  Lettere  e  scritti  inediti  di  Pietro  e  di  Alessandro  Verri.  —  Milano, 
G.  Galli,  1879-1881. 

—  Leone  Leoni  d'  Arezzo,  scultore  ,  e  Giov.  Paolo  Lomazzo  pittore 
milanese,  nuove  ricerche    —  Milano,  Hocpli,  1881, 

—  Un  ricordo  a  Giuseppe  Bossi.  Sue  poesie  edite  ed  inedite  colla 
vita  scritta  da  Gaetano  Cattaneo  sino  all' ieri  sconosciuta.  -^  Milano, 
Colio,  1885. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  17 

Casati  Carlo.  Nuove  notizie  intorno  a  Tomaso  De-Marini  tratte  da 
docunionti  inediti.   —  Milano,  Bortolotti ,  188fJ. 

Casati  Luigi  Agostino.  Famiglie  notabili  milanesi  :  Giidini.  —  Mi- 
lano, A.  Vallardi ,  1875. 

Casati  Rovaglia  Cirillo.  Relazione  della  Commissione  per  lo  studio 
do!  ristaui-o  della  Galleria  Vittorio  Emanuele  di  Milano.  —  Milano, 
Tip.-Lit.  degli  Ing.,  ISSC. 

Caselli  C.  Progetto  d' ingrandimento  della  chiesa  parrocchiale  di  Ca- 
magna  (Casale-Monferrato).  —  Torino,  Camilla  e  Bertolero  ,  1886. 

Caselli  Giuseppe.  Nuovo  ritratto  di  Milano  in  riguardo  alle  belle 
arti.  —  Milano,  Sonzogno,  1827. 

Casoni  Guido.  OJe.  —  Treviso,  A    Regliettini ,  1G15. 

Castelar  Emilio.  Maria  Stuarda.  Prima  versione  italiana  di  Daniele 
Rabbi.  —  Milano,  Dumolard,  1884. 

Castelfreuico  prof.  Pompeo.  Due  periodi  della  prima  età  del  ferro 
nella  necropoli  di  Golasecca.    —    Parma,  Operai  Tipografi,    1876- 

—  Le  stazioni  lacustri  dei  laghi  di  Monate  e  di  Varano  e  considera- 
zioni generali  intorno  alle  palafitte.  Estratto  dagli  «  Atti  della  So- 
cietà Storica  Italiana  di  Scienze  Naturali.  »  —  Milano,  Tip.  Ber- 
nardoni,  1878. 

—  Tombe  Gallo-Italiche,  rinvenute  al  Soldo  presso  Alzate  Brianza.  — 
—  Reggio,  Tip.  Artigianelh  ,  1870. 

Castellani  Alassandro.  Degli  ori  e  dei  gioielli  nella  Esposizione  di 
Parigi  del  mdccclxxv.u.  —  Roma,  Tip.  Elzeviriana,  1879. 

Castellani  Tarabini  Ferdinando.  Cenni  storici  e  descrittivi  intorno» 
alle  pitture  della  R.  Galleria  Estense.  —  Modena,  R.  Stampa,  1854, 

Castellionaeus  Io  Antonius.  —  Mediolanenses  antiquitates  ex  urbi?? 
paraecijs  collcctae,  ichnographicis  ipsarum  tabulis,  recentibus  rerum 
memorijs,  variis  ecclesiasticis  ritibus  auctie  et  illustratae.  —  Medio- 
lani  ,  I.  B.  Bidoll,  1625, 

2 


18  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL     DKF'UNTO    PROF.    MONGERI 


Cataloghi,  Guide  ecc.  Aja.  Notice  de  la  Galerie  des  Tableaux  de 
S.  M.  le  roi  des  Pays-bas,  mdcccxlvi. 

• —  Notice  des  Tableaux  du  Musée  Rovai  à  la  Haye, 

—  Amsterdam.  Notice  des  tableaux  du  Musée  d'Amsterdam  avec 
fac-simile  des  monogrammes.    —  Amsterdam,  Buffa  et  fils,  1858. 

—  Déscription  des  tableaux  déposés  au  Musée  royal  à  Amsterdam,  1846. 

—  Anversa.  Notice  des  Tableaux  éxposés  au  Musée  d'Anvers,  1829. 

—  Catalogue  du  Musée  d'  Anvers.  —  Anvers,  T.  E.  Buschman,.,.. 

—  Assisi.  Guida  artistico-storica  di  Assisi  e  de'  suoi  dintorni.  — 
Assisi,  Sensi,  1869. 

—  Bergamo.  Esposizione  Provinciale  Bergamasca.  —  Elenco  degli 
espositori  ed  oggetti  esposti.  —  Bergamo,  Bolis,  1870, 

—  Catalogo  dei  quadri  della  Accademia  Carrara  di  Belle  Arti  in  Ber- 
gamo. —  Bergamo,  Bolis^  1881. 

—  Berlino.  Catalogo  della  Schwarz  und  Weiss-Ausstellung.  Berlin, 
Mai  1886.  —   Leipzig,  Diirr. 

—  Bologna.  Pinacoteca  di  Bologna  :  Breve  indicazione  della  Galleria 
dei  quadri,  ecc.  —   Bologna,  Chierici,  1860. 

—  Catalogo  dei  quadri  di  varie  scuole  pittoriche  raccolte  per  una 
galleria  particolare  in  Bologna.  —  Bologna,  Fava  e  Garagnani,  1865. 

—  Pinacoteca  di  Bologna.  —  Bologna,  Tipi  in  via  Poggiale,  18.... 

—  Bruxelles  Cataloque  of  the  Picture-Galéries  at  Brussels.  —  Brussels, 

Kicssling. 

—  Catalogue  du  Musée  Royal  de  peinture  et  de  sculpture  de  Belgique. 
—  Bruxelles,  Stienon,  1857. 

—  Budapest  avec  ili.  et  pian  et  appendice  concernant  l' Exposition 
nationale  hongroise,  an  1885.  [L'Europe  IH.,  66,  67,  68].  —  Zurich, 
Fussh. 

—  Colonia.  Der  Kòlner  Dom.  [N.°  speciale  della  Illustrierte  Zeitung , 
di  Lipsia],  fol.  —  Leipzig,  2  ottobre  1880. 

—  Como.  Cenni  storici  sulla  Cattedrale  e  sulle  altre  chiese  di  Como 
e  dei  sobborghi.  —  Como,  C.  F.  Ostinelli,  1860. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  19 


Cataloghi,  Guide,  ecc.  Cremona.  La  chiesa  dei  SS.  Giorgio  e  Pietro 
in  Cremona.  Relazione  storico-artistica.  —  Cremona,  Montaldt,  1884. 

—  Cremona  nei  suoi  monumenti  e  nelle  sue  istituzioni.  Guida  della 
Città.  —  Cremona,  Pezzi,  1880. 

—  Dijon,  Catalogue  historique  et  descriptif  du  Musée  de  Dijon.  — 
Dijon,  I.  E.  Rabutot,  1869. 

—  Ferrara.  Catalogo  dei  quadri  esistenti  nella  Pinacoteca  Comunale 
di  Ferrara.  —  Ferrara,  Tip.  Dell' £"/*t(iano,  1863. 

—  Firenze.  Description  des  objets  d'art  de  la  R.  Académie  des  Beauz- 
Arts  de  Florence.  —  Florence,  d.  Calasance,  1861. 

—  Catalogo  della  R.  Galleria  di  Firenze.  Prima  e  seconda  parte.  1* 
ediz.  italiana.  —  Firenze,  Tip.  delle  Murate,  1863. 

—  Foligno.  Elenco  delle  pitture  ed  altri  oggetti  d'arte  esistenti  nella 
Pinacoteca  eretta  nella  chiesa  di  Betlemme  in  Foligno.  —  Foligno, 
Sgariglia,  1875. 

—  Frankfurt  Y'm-)-  Verzeichniss  der  uffentlich  ausgestellten  Kunst- 
Gegenstànde  des  Stàderschen  Kunst-Instituts,  1879.  —  Frankfurt  ^ni- 
C.  Naumann,  1879. 

—  Verzeichniss.  Der  uffentlich  Ausgestellten  Kunst  Gegenstànde  des 
Stàderschen  Kunst-Justituts.  —  Frankfurt,  1844. 

—  Londra.  Cataloque  of  the  pictures  in  ustionai  Gallerj',  mdcccxhh.  — 
London,  Clowes. 

—  Guide  du  palais  de  Hampton  Court  avec  une  notice  des  tableaux 
et  ouvrages  d'art  exposés  dans  les  appartements  publics.  —  Windsor, 
Brown,  1851. 

—  Synopsis  of  the  contents  of  the  Britisch  Museum.  —  London , 
Woodfall  and  Son,  1851. 

—  International  Exhibitionj  1862.  Kingdome  of  Italy,  Officiai  descriptive 
Catalogue.  —  London,  W.  Trounec,  1862. 

—  Descriptive  and  historical  catalogue  of  the  pictures  in  the  National 
(iallery,  \vith  biographical  notices  of  the  Painters.  Foreign  schools. 
—  London,  Edward  Eyre,  1868. 


20  ELDNCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 

Cataloghi,  Guide  ecc.  The  abridged  catalogue  of  the  Pictures  in  the- 
National  Gallery  ;  with  start  biographical  notices  of  the  Painters. 
Foreign  Schools.  —  London,  1887. 

—  Lucca.  Guida  di  Lucca.  —  Lucca,  Giusti,  1877. 

—  Milano.  Guida  per  l'L  R.  Pinacoteca  di  Brera.  —  Milano,  Car- 
rara, 1838. 

—  Esposizione  delle  opere  di  Belle  Arti  nelle  gallerie  dell'  Accademia 
di  Brera.  Cataloghi  ufficiali  per  gli  anni  1847,  1850  al  1887.  —  Mi- 
lano ,  fascicoli  38. 

—  Storia  e  descrizione  delle  chiese  distrutte  ed  esistenti  oggigiorno 
in  Milano,  Corpi  Santi  e  dintorni,  —  Milano,  C.  Mauri,  1857. 

—  Guida  storico-artistica  dell'  Ospitale  Maggiore  di  Milano.  —  Mi- 
lano ,  Agnelli,  1857. 

—  Storia  e  descrizione  delle  chiese  distrutte  ed  esistenti  oggigiorno 
in  Milano ,  Corpi  Santi  e  dintorni ,  aggiuntovi  la  necrologia  dei 
Sommi  Pontefici  sino  ai  nostri  giorni.  —  Milano,  Centenari,  1860. 

T—  Illustrazione  storico-artistica  dei  Reali  Palazzi  di  Milano.  —  Mi- 
lano, G.  Alberti,  1863. 

—  Guida  per  i  visitatori  della  Pinacoteca  della  R.  Accademia  di 
Belle  Arti  in  Milano.  Milano,  Ci  velli ,  1872. 

—  2^*  Esposizione  nazionale  di  Belle  Arti ,  diretta  da  un  Comitato 
eletto  dalla  R.  Accademia  di  Brera,  1872.  —  Milano,  Società  Coo- 
perativa Tipografi,  1872. 

—  Catalogo  delle  opere  d'arto  antica,  esposte  nel  palazzo  di  Brera. 
2*  edizione  ufficiale,  —  Milano,  Società  Cooperativa  Tipografi,  1872. 

—  Esposizione  storica  d'arte  industriale  in  Milano,  1874,  Cataloga 
generale  —  Milano ,  Ti^eves,  1874. 

—  Sant'  Eustorgio  in  Milano  [descrizione  della  Basilica],  —  Milano  , 
Pagnoni ,  1876. 

—  Catalogo  della  Esposizione  Musicale,  sotto  il  patrocinio  di  S.  M, 
la  Regina,  due' parti. —  Milano,  Pirola,  1881. 

—  Esposizione  Nazionale  in  Milano  nel  1881.  Catalogo  ufficiale  illu- 
strato: Belle  Arti.  —  Milano,  SQnzogno,  1881. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  Ji 


Cataloghi,  Guide  ecc.  Municipio  di  Milano:  Onoranze  del  Famedio. 

—  Milano,  Bernardoni ,  1886. 

—  Programma  pel  monumento  a  Vittorio  Emanuele  e  Relazione  1879 
del  giudizio  sul  concorso.  Relazione  1880  del  giudizio  sul  concorso 
per  il  monumento  in  commemorazione  delle  Cinque  Giornate.  — 
Milano,    Pirola,  2°  opuscolo.    Giornale  Programma,  ecc. 

—  Exposition  Universelle  de  Munich  en  1858,  ou  l'art  Allemand  au 
19ème  siede.  —  Munich,  C.  R.  Schurich,  1858. 

—  Monaco  di  Baviera.  Catalogne  des  tableaux  de  la  nouvelle  Pina- 
cothèque  royale  à  Munich.  —  Munich,  J.  A.  Finsterlin,  1858. 

—  Catalogne  des  tableaux  de  la  Pinacothèque  royale  à  Munich.  — 
Munich,  1858. 

—  Katalog  provisorischer  der  I.  Internationalen  Kunst-Ausstellung  im 
K.  Glaspalaste  in  Mùnchen,  1869. 

—  Catalcgue  de  tableaux  dans  la  nouvelle  Pinacothèque  Royale  a  Mu 
nich.  —  Munich,  F.  S.  Hùbschmann,  1875. 

—  Katalog  der  internationalen  Kunst-Ausstellung  im  Kgl.  Glaspalaste 
zu  Munchen,  1879. 

—  Illuslririrter  Katalog  der  internationalen  Kunst-Ausstellung  im  K5 
nigl.  Glaspalaste  in  Mùnchen,  1883.  —  Munchen,  Brochmann,  1883. 

—  Munich  et  ses  collections  d"wuvres  d'art. —  Berlin,  Goldschmidt,  1 869. 

—  Napoli,  Catalogo  dell'Esposizione  Nazionale  di  Belle  Arti  del  1877 
in  Napoli.  —  Napoli,  Tip.  S.  Pietro  a  Majella,  1877. 

—  Catalogo  dell'Arte  antica:  Pittura.  Esposizione  Nazionale  di  Belle 
Arti  in  Napoli.  —  Napoli,  Fibrine,  1877. 

—  Paris.  Guide  par  les  principaux  écrivaincs  et  artistes  de  la  France, 
1'"  parti  e  :  La  science.  —  L'Art.  —  Paris,  A.  Lscroix,  1F67. 

—  Exposition  universelle  de  1855.  Explication  des  ouvrages  de   pein- 
ture,    sculpture,    etc.,    des    artistes    vivants    étrangers   et  francais 
exposés  au  palais  des  Beaux  Arts.   —  Paris,  1855. 

—  Exposition  Rétrospective.  Tableaux  anciens  emprun  tés  aux  galcries 
particulieres.  —  Paris,  T.  Claye,  1866. 

—  Pavia.  Guida  pel  visitatore  della  R.  Basilica  di  S.  Michele  in  Pavia. 
Cenni  storico  descrittivi   —  Pavia,  Fusi,  1869. 


22  ELENCO    DEI    I.IBFU    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 


Cataloghi,  Guide  ecc.  Piacenza.  Descrizione  dei  monumenti  e  delle 
pitture  di  Piacenza,  corredata  di  notizie  storiche.  —  Parma,  Car- 
mignani,  1828. 

—  Roma.  Catalogo  degli  oggetti  ammessi  alla  Esposizione  romana 
del  1870  relativa  all'  arte  cristiana  e  al  culto  cattolico  nel  chiostro 
di  S.  Maria  degli  Angeli. —  Roma,  Stab.  tipografico  Camerale,  1870. 

—  Nuova  descrizione  del  Museo  Capitolino.  —  Roma,  Salviucci,  1828. 

—  Catalogo  delle  opere  esposte  nella  Mostra  retrospettiva  d' arte 
Italiana  in  Roma,  nel  1883.  —  Roma,  Bencini,  1883. 

—  Prima  Esposizione  di  Belle  Arti.  —  Relazione  del  Comitato  ese- 
cutivo. —  Roma,  1883. 

—  Esposizione  di  Belle  Arti  in  Roma,  1883.  Catalogo  generale  uffi- 
ciale. —  Roma,  Tip.  Bodoniana,  1883. 

—  Gsell-Fels.  Rom.  —  Ober  Italien  ecc.  —  V.  Gsell-Fels. 

—  Siena.  Catalogo  della  Galleria  del  R.  Istituto  di  Belle  Arti  di  Siena.  — 
Siena,  A.  Mucci,  1860. 

—  Guida  artistica  della  città  e  contorni  di  Siena.  —  Siena,  Tipografia 
Sordo-muti,  1863. 

—  Catalogo  della  Galleria  del  R.  Istituto  Provinciale  di  Belle  Arti  di 
Siena.  —  Siena,  O.  Porri,  1864. 

—  Strassburg.  Catalogue  des  tableaux,  statues  et  bustes  exposés  au 
Musée  de  la  ville  de  Strasbourg.  Octobrc  1842. 

—  Notice  sur  la  cathédrale  de  Strasbourg,  dcuxième  édition.  —  Stras- 
bourg, 1850. 

—  Torino.  In  ricordo  dell'E^sposizione  Nazionale  di  Belle  Arti  e  Con- 
gresso artistico  Nazionale.  —  Torino,  Roux  e  Favale,  1880. 

—  Catalogo  degli  oggetti  componenti  la  mostra  di  Arte  antica  della 
IV  Esposizione  Nazionale  di  Bolle  Arti  in  Torino,  1880.  —  To- 
rino, Bona,  1880. 

—  IV  Esposizione  Nazionale  di  Belle  Arti.  Catalogo  ufficiale  gene- 
rale, Torino,  1880.  —  Torino,  V.  Bona,  1880. 

—  Alcuni  giorni  in  Torino.  Edizione  ornata  da  vignette  con  una 
carta  topografica.  —  Torino,  Fontana,  s.  data  (francese  e  italiano). 


I 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  23 


Cataloghi,  Guide,  ecc.  Venezia.  La  Galleria  dell*  Accademia  di  Ve- 
nezia. Relazione  storica.  —  Venezia,  Vicentini,  1873. 

—  Onorificenze  ed  estratti  di  docamenti  in  lode  dell'  opera  La  Ba-i- 
silica  di  San  Marco  in  Venezia  diretta  ed  edita  da  Ferd.  Ongania. 

—  Venezia,  1887. 

—  Vienna.  Catalog  zur  Ausstellung  dcs  O  e  sterre  ichischen  Kunstve- 
reins  in  Wien^  1856. 

—  lUttstrirter  Katalog  deuster  internatìonalen  Kunst-Ausstellnng  ira 
Kunstlerhause.  —  Wien,  1882. 

—  Catalogo  della  348*  Esposizione  della  Oesterreichischer  Konst  Verein 
in  Vienna.  —  Wien,  Steyrermiihl ,  1886. 

—  Katalog  (lev  permanenten  Kunst- Ausstellung  in  "Wien.  —  Wien, 
Eistel,  1886. 

—  Catalog  der  Gemàlde  Gallerie  Seiner  excellens  des  Crafen.  — 
Jaromiz  C^emin  von  Chudenitz  in  Wien.  —  (Con  note  manoscritta 
del  prof.  Mongeri). 

—  Zurigo.  Catalogne  special  du  group  xxxiv.    Art  contemporaine   de 

1' Exposition  Nationale  Suisse.  —  Zurich,   1883. 

Catalogo  generale  delle  riproduzioiii  fotografiche,  pubblicate  per  cura 
dei  fratelli  Alinari.  1*  a  3*  Appendice  al  Catalogo  generale,  ecc.  — 

—  Firenze,  G.  Barbèra,  1873,  1876,  1881  e  1887,  voi.  IV. 

Catalogue  general,  des  photographies  publiées  par  la  maison  Giacomo 
Brogi  de  Florence.  Supplemento  al  Catalogo  generale,  ecc.  —  Flo- 
rence, Civelli ,  1878,  e  maggio  1881,  voi.  II. 

Cattaneo  Carlo.  Notizie  naturali  e  civili  su  la  Lombardia.  —  Milano, 
(t.  Bernardoni ,  1844. 

Cattaneo  Gaetano.  Osservazioni  sopra  un  frammento  antico  di  bronzo, 
di  greco  lavoro,  rappresentante  Venere.  —  Milano,  Regia  Stam- 
peria, 1819. 

—  Equejade,  monumento  antico  di  bronzo  del  Museo  Nazionale  Un- 
gherese, considerato  ne'  suoi  rapporti  coli'  antichità  figurata.  —  Mi- 
lano, I.  R.  Stamperia,  1819. 


24  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 


Cavagna  Sangiuliani  Antonio.  Il  portico  di  San  Celso  in  Milano. 
—  Milano,  P.  Agnelli,  1865. 

Cavalcasene  G.  B.  Sulla  conservazione  dei  monumenti  e  dogli  og- 
getti d'  arte  e  sulla  riforma  dell'  insegnamento  accademico.  —  Roma, 
E.  Loescber,  1875. 

Cavallucci  Jacopo.  Notizie  storiche  intorno  alla  R.  Accademia  delle 
Arti  del  disegno  in  Firenze.  —  Firenze ,  Tipografìa  del  Voca- 
bolario, 1873. 

—  Notizia  storica  intorno  alle  Gallerie  di  quadri  antichi  e  moderni 
della  R.  Accademia  delle  Arti  del  disegno  in  Firenze.  —  Firenze , 
Polverini,  1873. 

Caverni  Raffaele.  —  V.  Galilei. 

Celentino  L.  VII  Congresso  Pedagogico  in  Napoli.  Studi  preparatori 
della  Commissione  speciale  del  disegno.  —  Napoli,  P.  Androsio,  1870. 

Celesia  Emanuele.  Nel  IV  Centenario  di  Gaudenzio  Ferrari.  —  Va- 
ralle,  Caraaschella,  1885, 

Cellìni  Benvenuto.  Due  trattati ,  uno  dell'  Oreficeria ,  T  altro  della 
Scultura.  —  Firenze,  Stamperia  di  S.  A.  R.,  per  li  Tartini  e  Fran- 
chi,   1731. 

Ceresole  Victor.  Origine  do  la  denteile  de  Venise  et  de  l'école  du 
point  de  Burano,  en  1878.  —  Venise,  Antonelli  ,  1878. 

Champagny  (F.  de).  Les  Césars.  S'^  edition  ,  voi,  li.  —  Bruxelles, 
1853,  1854.  —  Meline,  Cans  et  C'^ 

Champeaux  (A,  de).  Dictionnaire  des  fondeurs,  ciseleurs,  modeleurs 
en  bronzo  et  doreurs  ;  depuis  lo  moyen-àge  jtisqu'à  l'epoque  actuelle 
[A-C].  -  Paris,  Libr.  de  l'Art,  1886. 

Champfleury.  Histoire  de  la  caricature  moderne.  -  Paris,  E.  Dentu,  1865. 

—  Histoire  de  la  caricature  antique.  —    Paris,  E.  Denta,  1865. 

—  Les  Artistes  :  La  Tour.  —  Paris,  Libr.  de  l'Art,  1886. 


I 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  ^*5 


Chiavacci  Egisto.  Guida  della  R.  Galleria  del  Palazzo  Pitti.  —  Fi- 
renze, M.  Cellini,   1862. 

Chizzolini  G.  Sui  restauri  della  Galleria  Vittorio  Emanuele.  —  Mi- 
lano, Tip.  della  Persetcransa,  1887. 

Cialdi  Alessandro.  Leonardo  da  Vinci ,  fondatore  della  dottrina  sul 
moto  ondoso  del  mare.  —  Roma,  Cotta  e  C,  1872.  Estratto  dalla 
<  Riv.  Mariti.  »,  VI,  s.   1873. 

Ciceri  Carlo  Francesco.  Selva  di  notizie  autentiche  risguardanti  la 
fabbrica  della  Cattedrale  di  Como  con  altre  memorie  patrie  ed  ana- 
loghe all'argomento.  —  Como,  Caprani,  1811. 

Cicognara.  —  V.  Anommo,  Descrizione,  ecc.  -  Frammenti. 

Cittadella  Luigi  Napoleone.  Ricordi  e  documenti  intomo  alla  vita 
di  Cosimo  Tura,  detto  Cosmè,  pittore  ferrarese  del  secolo  XV.  — 
Ferrara,  Taddei,  1886. 

—  1  due  Dossi ,  pittori  ferraresi  del  secolo  XVI  :  Memorie.  —  Fer- 
rara, Tip.  dell'Eridano,  1870. 

Claudius.  La  science  populaire.  -  Vie  et  voyage  de  Cristophe  Colomb. 
—  Paris,  I.  Renouard,  1836. 

—  De  la  manier  d'écrire  et  de  lir»  l'histoire.  Simile. 

—  De  la  composition  de  l'air.  Simile. 

—  Sur  le  poids  de  la  masse  de  l'air.  Simile. 

—  Histoire  de  la  Bible.  Simile,  1837. 

—  Sur  la  vie  de  FrankUn.  Simile. 

—  Les  Espagnols  en  Amérique.  Simile. 

—  Histoire  de  la  terre.  Simile. 

—  Sur  une  lecture  de  la  Bible.  Simile,  1837. 

—  Sur  r  ygiène.  Simile. 

—  Sur  la  botanique.  Simile. 

—  Voyage  de  Marco  Polo.  Simile,  1838 


26  ELENCO  Dr:i  libri  dal   defunto  prof.  MONGERI 

Claudius.  Sur  les  aérostats.  Simile. 

—  De  la  composition  de  1*  eau.  Simile. 

—  Sur  la  structure  du  corps  humaia.  Simile,  1839. 

—  Sur  les  cristaux.  Simile. 

—  Sur  r  eclairage  au  gaz.  Simile,  1839. 

—  Sur  r  aimant.  Simile,  1840. 

—  Pompei  et  Herculanum,  Simile. 

—  Sur  les  maladies  mentales.  Simile,  1841. 

—  Sur  r  obélisque  de  Louqsor.  Simile. 

Clericetti  Celeste.  Ricerche  suU'  architettura  religiosa  in  Lombardia 
dal  secolo  V  all' XI.  —  Milano,  editori  del  Politecnico,  1862. 

—  Ricerche  sull'  architettura  lombarda.  — •  Milano,  Tip.  della  Perseoe- 
ransa,  1869. 

—  Il  ponte  acquedotto  delle  torri  di  Spoleto.  —  Milano,  Tip.-Lit.  degli 
Ingegneri,  1844. 

Coindet  (J.).  Histoirc  de  la  peinture  en  Italie.  —  Paris,  Imp.  Re- 
nouard ,  1857. 

Colla  Angelo,  Intorno  alla  chiesa  di  S.  Giovanni  in  Conca.  Relazione. 
Estr.  dal  «  Read.  Ist.  Lomb.  »  —  Milano,   Tip.  Bernardoni,  1878. 

Collegio  degli  Ingegneri  ed  Architetti  di  Milano.  Primo  Congresso 
degli  Ingegneri  ed  Architetti  Italiani  in  Milano.  Atti.  —  Milano , 
Tip,  degli  Ingegneri ,  1873. 

Collegio  degli  Ingegneri  ed  Architetti.  Milano  tecnica  dal  1859  al  1884. 
—  Milano,  Tip,  Bernardoni,  1885. 

Colletta  Pietro.  Storia  del  reame  di  Napoli,  voi.  IV.  —  Capolago, 
Tip.  Elvetica,  1834, 

Colombo  Giuseppe.  L'arte,  l'industria  e  la  meccanica  all'Esposi- 
zione di  Parigi ,   1878.  —  Milano^  Tip.  Bernardoni,  1878. 

Colombo  Giuseppe.  Documenti  e  notizie  intorno  gli  Artisti  Ver- 
cellesi, —  Vercelli,  F.  Guidetti,  1883, 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  27 


Colombo  G.  e  collaboratori.  Le  gallerie  delle  macchino  del  lavoro  e 
del  materiale  ferroviario  all' Esposizione  Nazionale  di  Milano,  1881. 
—  Milano,  Tip.  degli  Ingegneri,  1882. 

Colombo  B.  Giuseppe.  Montaldo  Torinese.  Notizie  storiche.  —  To- 
rino, Artigianelli,  1879. 

Commissione  Provinciale  per  la  conservazione  ed  illustrazione  dei 
monumenti  ed  archivi.  Relazione  al  Consiglio  Provinciale  ,  al  Con- 
siglio Comunale  ed  all'  «  Ateneo  »  di  Brescia.  —  Brescia ,  Apol- 
lonio, 1875. 

Comparetti  D.  Virgilio  nella  tradizione  letteraria  fino  a  Dante.  — 
Firenze,  .V,  Antologia,  1866. 

Conestabile  Gian  Carlo.  Sull'  insegnamento  della  scienza  delle  anti- 
chità in  Italia.  —  Torino,  Bona,  1873. 

—  Sulla  vendita  della  Madonna  del  libro  di  Raffaello.  —  Perugia  , 
G.  Boncompagni,  1871. 

Conti  Cosimo.  Ricerche  storiche  suU'  arte  degli  arazzi  in  Firenze.  — 
Firenze,  Sansoni,  1875. 

Corio  Bernardino.  Storia  di  Milano ,  riveduta  e  annotata  dal  pro- 
fessore Egidio  De  Magri,  voi.  III.  —  Milano,  Colombo,  1855-57. 

Courajod  Louis.  Exposition  rétrospective  de  Milan,  en  1874.  — Paris, 
I.  Claye,  1875. 

—  Un  bas  relief  de  Mino  da  Fiesole.  Extr.  du  «  Musée  archéologique  » , 
con  illustr,  —  Paris,  Leroux,  1876. 

—  Observations  sur  deux  dessins  attribué-;  a  Raphael  et  conservò s 
a  l'Académie  des  Beaut-Arts  de  Venise.  —  Paris,  Pillet  et  Du- 
moulin,  1880. 

—  Une  oeuvre  inèdite  de  Jean  BuUant  ou  de  son  école.  —  Paris  , 
Pillet  et  Dumoulin,  1880. 

—  Léonard  de  Vinci  et  la  statue  de  Francesco  Sforza.  —  Paris,  Pillet 
et  Dumoulin,  1880. 


28         ELENCO  DEI  LIBRI  DAL  DEFUNTO  PROF.  MONGEUl 


CJourajod  Louis.  La  cheminée  de  la  Salle  des  Caryatides  au  Musée 
du  Louvre.  —   Paris,  Daupeley-Gouverncur,  1880. 

—  Les  chandeliers  de  la  chapellc  du  Chateau  d'Écouen  au  Musée  du 
Louvre.  —  Paris,  Daupeley-Gouverneur,  1880. 

—  Acquisitions  du  Musée  dola  sculpturo  moderne  au  Louvre,  en  1880. 
—  Paris,  Rapilly,  1881. 

—  Jean  Warin,  ses  neuvres  de  sculpture  et  le  buste  de  Louis  XIII  du 
Musée  du  Louvre.  —  Paris,  I.  Rouam,  1881. 

—  Deux  fragments  des  constructions  de  Pie  II  a  Saint-Pierre  de  Rome, 
aujourd'hui  au  Musée  du  Louvre.  —  Paris,  Quantin,  1882. 

—  Quelques  monuments  de  la  sculpture  funéraire  des  XV  et  XVI  siè- 
cles,  —  Paris,  Daupeley-Gouverneur,  1882. 

—  Observations  sur  deux  bustes  du  Musée  de  sculpture  de  la  Re- 
naissance au  Louvre,  —  Paris,  A.  Quantin,  1883. 

—  Le  buste  de  Jean  d'  Alcsso  au  Musée  du  Louvre.  —  Paris  ,  Dau- 
peley-Gouverneur, 1883. 

—  La  statue  de  Robert  Malatesta,  autrefois  a  Saint-Pierre  de  Rome, 
aujourd'hui  au  Musèo  du  Louvre.  —    Paris,  A.  Quantin,   1883. 

—  Une  édition  avec  variantes  des  bas-reliefs  de  bronzo  de  l'armoire 
de  Sainte-Pierre-Aux-Liens  au  Musée  du  Louvre  et  au  South-Ken- 
sington  Museaum.  —  Paris,  A.  Quantin,  1883. 

—  Le  portrait  de  Sainte  Catherine  de  Sienne  de  la  coUcction  Timbal 
au  Musée  du  Louvre.  —  Paris,  Daupeley-Gouverneur,  1883. 

—  La  part  de  1'  art  italien  dans  quelques  monuments  de  sculpture 
de  la  première  renaissance  fran^aise.  —  Paris,  A.  Quantin,  1885. 

Courajod  L.  et  Charles  Ravaison-MoUien.  Conjectures  a  propos 
d'  un  buste  en  marbré  de  Béatrix  D' Este  au  Musée  du  Louvre,  et 
étude  sur  les  connaissances  botaniques  de  Léonard,  de  Vinci.  — 
Paris,  Rapilly,  1877, 

Courajod  Louis  et  GeymuUer  (de)  Henry.  Les  estampes  attribuées  ù 
Bramante,  au  point  de  vue  iconographique  et  architectonique.  — 
Paris,  Rapilly,  1874. 

Cournault  (Charles).  Les  artistes  célèbres  :  Jean  Lamour.  —  Paris, 
Libr.  de  l'Art,  1886. 


I 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  20 

Covino  A.  La  città  e  la  Provincia  di  Torino  ,  descritte.  —  Torino 
Siiamp.  R.,  1875. 

Grippa  Lodovico  Giuseppe.  Una  lezione  di  aritmetica.  Cenni  sul- 
r  origine  e  composizione,  e  sul  metodo  d' insegnamento  della  scienza 
suddetta.  —  Milano,  Pirola,  1861. 

Crivelli  Ariberto.  Gli  avanzi  del  Castello  di  Trezzo.  —  L' antico 
e  il  nuovo  ponte  suU'Adda.  —  Milano,  Tipografia  degli  Inge- 
gneri, 1886. 

Curti  Pier  Ambrogio.  La  vita  e  le  opere  dell'  ing.  arcliitetto  com- 
mendatore Carlo  Mira.  —  Milano,  Tip.  Letteraria,  1886. 

Cusanì  (F.).  Storia  di  Milano  dall'  origine  ai  nostri  giorni,  voi.  I-VII. 

—  Milano,  Pirotta,  1861-1873. 

—  V.  Buhcer  E.  L. 

D'  A (le  C.  Cousin).  Le  nouveau    tambour    du  monde.  —   Paris,. 

chez.  Barba  libraire,  An.  IX,  1801. 

D'  Adda  Gerolamo.  Essai  bibliographique  sur  les  anciens  modèles  de 
lingerie  de  deiitelles  et  de  tapisserie  gravés  et  publiés  en  France, 
on  Allemagne  et  en  Fiandre.  —  Extr.  de  la  G.  des  B.  A.  — 
Paris,    1861. 

—  Lettera  di  Cristoforo  Colombo  a  Luis  de  Santangel ,  ediz.  di  150 
esemplari  (Es.  N.  33).  —  Milano,  Laeuguer,  mdccclxvi. 

—  Léonard  de  Vinci,  la  gravure  milanaise  et  Passavant.  Extr.  de  la 
Gaz.  des  B.  A.  —  Paris,  Clave,  1868,  con  tav. 

—  Lodovico  Maria  Sforza  ed  il  convento  di  S.  Maria  delle  Grazie,, 
diplomi,    documenti,    decreti,    inventari,    ecc.,  in  gran  parte   inediti. 

—  Milano,  Bernardoni,  1874. 

—  G.  d' A.  (Girolamo  d'  Adda).  Arte  antica  ed  artisti  moderni  (sul- 
r  agemina  a  proposito  di  un  lavoro  di  G,  Franzosi).  —  Milano, 
Tip.  Pcrseoeranza,  1874. 

—  Indagini  sulla  Libreria  viscontca-sforzesca  del  castello  di  Pavia. 
Parte  I.  e  Appendice  Voi.  2.  —  Milano,  Brigola  e  Dumolard,  1875-79. 


30  ELENCO    DEI    LIBRI    DAI,    DEFUNTO    PROF.    MONGERl 


D'Adda  Gerolamo.  Ricerche  sulle  arti  e  suU'  industria  romana  (casa 
vitrea  diatreta).  —  Milano,  Bernardoni,  1870.  Ediz.  di  66  esemplari 
numerato  N.  19. 

—  L'  arte  del  minio  nel  Ducato  di  Milano  dal  secolo  XIII  al  XVI  ; 
appunti  tratti  dalle  memorie  postume  per  cura  di  G.  Mongeri.  — 
Milano,  Bortolo tti,   1886. 

Dalbono  Carlo  Tito.  Nuova  guida  di  Napoli  e  dintorni.  —  Napoli, 
V.  Morano,  1876. 

—  Ritorni  sull'arte  antica  napolitana,  —  Napoli,  Tip.  de'  Classici  ita- 
liani, 1878. 

Dall'  Acqua  Giusti  A.  L' Atramentum  di  Appelle  proposto  d'una  corre- 
zione a  un  passo  di  Plinio  Secondo.  —  Venezia,  Grimaldo,  1875. 

—  La  Loggia  del  Doge  Ziani.  —  Venezia,  Kizchmaiz  e  Scozzi,  1880. 

—  L'arco  acuto  e  i    Guelfi.    Memoria.    —    Venezia,  Antonelli,  1885. 

Dall' Ongaro  F.  L'arte  italiana  a  Parigi.  —    Firenze,  Polizzi,  1869. 

—  Scritti  d'arte.  —  Milano,  U.  Hoepli,  1873. 

D'  Ancona  A.  I  precursori  di  Dante.  —  Firenze,  Sansoni,  1874. 

Da  Persico  G.  B.  Verona  e  la  sua  Provincia.  — Verona,  F.  Pollidi,  1838. 

Dartein  (de)  Fernand.  Rcponse  aux  observations  présentés  par  M. 
Alfred  Rame  sur  l'église  de  Saint  Ambroise  à  Milan.  —  Paris, 
Lahure,  1883. 

De  Castro  Giov.  La  caduta  del  Regno  Italico.  —  Milano,  Treves,  1882. 

De  Castro  Vincenzo.  Guida  del  viaggiatore  in  Italia.  —  Milano, 
Guglielmini,  1866. 

—  V.  Rio. 

De' Gori  Augusto.  Sull'ordinamento  dello  Stato.  Nuovo  studio.  — 
Firenze,  Cellini,  1866. 

Delaborde  V.  Henri.  Les  artistes  cclèbres.  Gerard  Édelinck.  —  Pa- 
ris, Libr.  dell'Art,  1886. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  31 

Delécheze  E.  Saggio  intorno  a  Leonardo   da   Vinci    (1452-1519).  — 
Siena,  O.  Porri,  1844. 

Dell'  Acqua  dott.  Carlo.  Dell'  insigne  reale  Basilica  di  S.  Michele 
Maggioro  in  Pavia.  Studio,  2*  ediz.  —  Pavia,  Fusi,  1875. 

Dell'  Acqua  Siro.  I  restauri  del  S.  Michele  nel  1875.  Relazione.  — 
Pavia,  Bizzoni,  1876. 

Déon  Horsin.  De  la  conservation  des  tableaux.  —  Paris,  Hector  Bos- 
sarge.  1851. 

De  Sitonisde  Scotia.  Theatrum  equestris  nobilitatis  secundae  Romae, 
seu  Chronicon  insignis  Collegii  I.  PP.  ludicum,  Equitum,  et  Comi- 
tum  inclita?  civitatìs  Mediolani^  in  quo  ejusdem  amplissimi  ordinis 
origo,  antiquae  sedes,  dignitates,  honores,  privilegia  et  viri  illustres. 
eorumque  affinitates  cospiquae  recensentur:  ccccxlv  Nobilium  Fa- 
miliarum,  ac  Insubrum  Excellentissimi  Senatus  monumento  illa- 
strantur.  —  Mediolani,  M.  A.  Pandulphus  Malatesta,  1706. 

D' Està  Antonio  C  F.  Memorie  di  Antonio  Canova.  —  Firenze,  F.  Le 
Monnier,    1864. 

De  Zerbi  R.  L' arte  moderna.  Lettera  a  proposito  della  Esposizione 
Nazionale  di  belle  arti  in  Napoli.  —  Firenze,  Le  Monnier,  1877. 

Diehl  Charles.  Ravenne.  Études  d  Archeologie  byzantine.  —  Paris, 
I.  Rouam,  1886. 

Dolce  Lodovico.  L' Aretino  ovvero  dialogo  della  pittura  con  l' ag- 
giunta delle  lettere  del  Tiziano  a  vari  e  dell'  Aretino  a  lui,  —  Mi- 
lano, Redaelli,  1863. 

Dozio  Giovanni.  Degli  scritti  e  disegni  di  Leonardo  da  Vinci  e  spe- 
cialmente dei  posseduti  un  tempo  e  dei  posseduti  adesso  dalla  Biblioteca 
Ambrosiana.  —  Milano,  G.  Agnelli,  1871. 

Dresda.  Les  trésors,  les  environs  et  la  Suisse-Saxonne  avec  pian  et 
vignettes  traduit  de  l'allemand.  —  Dresde,  Meinholdt. 

Duchesne.  Museo  di  pittura  e  scultura,  ossia  raccolta  dei  principali 
quadri,  statue  e  bassirilievi  delle  gallerie  pubbliche  e  private  d' Eu- 
ropa. —  Firenze,  P.  Fumagalli,  1838-45.  Voi.  15. 


32        ELENCO  DEI  LIBRI  DAL  DEFUNTO  PROF.  MONGERI 


Duplessis  Georges  et  Bovelot  Henri.  Dictionnaire  des  marques  et 
monogrammes  des  graveurs.  —  Paris,  Rouam,  1886. 

Duruy  Victor.  Hi stoire  grecque.  7*  cdition. —  Paris,  Hachette,  1870. 

Eastlake  Charles.  Materials  for  a  history  of  oil  painting.  —  London, 
Longman,  1847. 

Emiliani- Giudici  Paolo.  Storia  della  letteratura  italiana.  Voi.  2.  — 
Firenze,  Le  Monnier,  1855. 

Esposizione  Bergamasca  1870,  Atti.  —  Bergamo,  Pagnoncelli,  1871. 

Euripide.  Tragedie.  —  V.  Bellotti. 

F.  La  nuova  Chiesa  della  Madonna  del  Suffragio  in  Torino.  —  Torino, 
Camilla  e  Bertolero,  18.... 

Fabretti  A.  Il  Cupido  di  Michelangelo  nel  Museo  d' Antichità  di 
Torino.   —  Torino,  Paravia,  1883. 

Fano  dott.  Enrico.  Elogio  di  Giacomo  Battaglia,  Ferdinando  Cartellieri 
e  Gian  Luca  Padulli.  —  Milano,  Guglielmini,  1862. 

Fantozzi  Federico.  Nuova  Guida  ovvero  descrizione  storico-artistico- 
critica  della  città  e  contorni  di  Firenze,  —  Firenze,  E.  Bucci,  1857. 

Felini  Pietro  Martire,  da  Cremona.  Trattato  nuovo  delle  cose  m  a- 
ravigliose  dell'Alma  Città  di  Roma,  ornato  di  molte  figure^  ecc.,  ecc. 
—  Roma,  Andrea  Fusi,  1625. 

Ferrari  Carlo.  Atti  del  V  Congresso  Artistico  Italiano  tenutosi  in 
Roma  nel  gennaio  1883.  —  Roma,  Bencini,  1883. 

Ferrarlo  Giuseppe.  Necrologia,  onori  funebri  e  monumento  per  l'ar- 
eliitetto  cav.  Carlo  Amati.  —  Milano,  Guglielmini,  1852'. 

Ferri  Luigi.  Soveda  Palma  Luigi. 

Fiorelli  G.  —  V,  Ridi. 


LI=:r.ATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA. 


I 


Formentini  Marco.  Memoria  sul  rendiconto  del  Dacato  di  Milano 
per  Tanno  1463  ne'  suoi  rapporti  coli' amministrazione  ,  col  corso 
delle  monete,  colle  finanze,  coli'  esercito,  colla  famiglia  ducale  e  col 
costo  degli  oggetti  di  consumo  di  quel  tempo.  —  Milano ,  Società 
Cooperativa,  1870. 

Fornari  Filippo.  Notizie  storiche  ed  artistiche  intorno  al  Duomo  di 
Milano  e  sua  piazza  antica  e  nuova.  —  Milano ,  Società  Coopera- 
tiva, 1867. 

Forni  Ulisse.  Manuale  del  pittore  restauratore.  —  Firenze,  Le  Mou- 
nier, 1866. 

Foscolo  Ugo.  Prose  politiche.  —  Firenze,  Le  Monnier,  1850. 

—  Epistolario.  Voi.  3.  —  Firenze,  Le  Monnier,  1852-54. 

—  Poesie.  —  Firenze,  Le  Monnier,  1856. 

—  Prose  letterarie.  Voi.  4.  —  Firenae,  Le  Monnier,  1850-51. 

Fouke.  Some  account  of  the  building^  designed  by  Francis  Fouke  , 
Capt.  R.  E.  for  the  international  exhibiiion  of  1862  with  ili.  and  a. 
Map.  —  London,  Chapman  and  Hall,  1861. 

Fraccaroli  Innocenzo.  Proposta  per  la  libera  istruzione  pratica  delle 
Arti  Belle  cioè  della  Pittura  e  della  Scultura.  —  Milano  ,  22  gen- 
naio 1860,  manoscritto  (due  pagine). 

Frcuiceschi  Ferrucci  Caterina.  Della  educazione  morale  della  donna^ 
itahana.  —  Torino,  Unione  Tipografica,  1855. 

Franchetti  Gaetano.  Storia  e  descrizione  del  Duomo  di  Milano  coni 
30  tavole  incise.  —  Milano,  G.  G.  De-Stefanis,  1821. 

Frazzi  Giacomo.  11  governo  feudale  degli  Abati  del  Monastero  di 
S.  Ambrogio  Maggiore  di  Milano  nella  terra  di  Cioenna  in  Valassina. 
—  Milano,  G.  Agnelli,  1879. 

Frenfanelli  Cibo  S.  Niccolò  Alunno  e  la  Scuola  Umbra.  ,—  Roma , 
Barbèra,  1872. 


34  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 


Frizzi  Giuseppe.  Povero  ammannato  i  quattrini  son  finiti  e  il  tempo 
gli  ù  avvanzato.  Ediz.  di  50  esemplari  numerati  (Es.  X).  —  Firenze, 
Ciardelli,  1876. 

Frizzoni  dott.  Gustavo.  Delle  pitture  di  Baldassare  Peruzzi  e  del 
giudizio  portatone  dal  sig.  Cavalcasene.  —  Roma,  Tip.  delle  Se.  M. 
e  F.,  1869. 

—  Del  Palazzo  e  della  Galleria  Spada  e  di  una  recente  scoperta  fat- 
tavi. —  Roma,  Tipografia  delle  Scienze  Matematiche,  1871. 

—  Di  alcune  opere  di  disegno  da  rivendicare  al  loro  Autore  l'artista 
Minese  Baldassare  Peruzzi.  —  Roma,  Tip,  delle  Scienze  Matema- 
tiche, 1871. 

—  Giovanni  Antonio  de'  Bazzi,  detto  il  Sodoma,  secondo  recenti  pub- 
blicazioni e  documenti.  Estr.  dalla  N.  Ant.  —  Firenze,  Agosto  1871. 

—  Giovanni  Antonio  Amadeo  scultore  ed  architetto,  1447-1522,  tra- 
duzione dal  tedesco  con  note  cstr.  dal  Buonarroti  II-VIII-1873.  — 
Roma,  Tip.  delle  Se.  M.  e  F.,  1873. 

—  Lorenzo  Lotto  e  le  sue  pitture  nella  cappella  Suardi  a  Trescorre. 
—  Perugia,  Boncompagni,  1875. 

—  Alessandro  Bonvicino  detto  il  Moretto  pittore  Bresciano  e  le  fonti 
storiche  a  lui  riferentisi.  —  Perugia,  G.  Boncompagni,  1876. 

—  Napoli  ne'  suoi  rapporti  coli'  arte  del  Rinascimento.  —  Firenze  , 
M.  Cellini,  1878. 

—  L'  arte  italiana  nella  Galleria  Nazionale  di  Londra.  —  Firenze,  M. 

Cellini,  1880. 

—  Le  opere  degli  artisti  italiani  nelle  Gallerie  di  Monaco  ,  Dresda  e 
Berlino.  Saggio  critico  di  Ivan  Lermolieff,  tradotto  dal  russo  pel 
dott.  Giovanni  Schwarze.  —  Lipsia,  1880.  —   Milano,  Tip.  Perse- 

veransa.... 

—  L'ancien  Chateau  des  Visconti  et  des  Sforza  a  Milan.  (La  Chronique 
des  arts  et  de  la  curiosité)  N.  26,  1884.  —  Paris,  Grande  Impri- 
merle, 1884. 

—  Saggio  critico  intorno  alle  opere  di  pittura  dell'  epoca  del  Rina- 
scimento esistenti  nella  R.  Galleria  di  Berlino 


LEGATI    ALLA     S(»rn-.T.A     STiiRKA     LOMBARDA.  ■>,) 

Frizzoni  Gustavo.  La  pala  di  Calisto  Piazza  nella  Parrocchiale  di 
Azzate  presso  Varese. 

—  V.  Morelli. 

Fròhner  W.  Notice  de  la  sculpture  antique  de  Musée  national  du 
Louvre,  L-'"  volume.  —  Paris,  Tip.  Charles  De  Mourgucs  frères,  1878. 

Fulin  R.  e  P.  G.  Molmenti.  Guida  artistica  e  storica  di  Venezia  e 
delle  isole  circonvicine.  —  Venezia,  G.  Antonelli,  188L 

Fumagalli  A.  Le  vicende  di  Milano  durante  la  guerra  con  Federico  I 
imperatore,  2*  ediz.  per  cura  di  M,  Fabi.  —  Milano,  Colombo,  1854. 

Fumagalli  Ignazio.  Scuola  di  Leonardo  da  Vinci  in  Lombardia,  ossia 
raccolta  di  varie  opere  eseguite  dagli  allievi  e  imitatori  di  quel 
gran  maestro.  —  Milano,  R.  Stamperia,  1811. 

Galantino  Francesco.  Storia  di  Soncino.  —  Milano,  Bernardoni, 
1869-70,  3  voi. 

—  I  conti  del  Forese  ed  i  Gouffier  de  Boysi.  (App.  al  voi.  3°  della 
St.  di  Soncino).  —  Milano,  Rebeschini,  1 880. 

—  I  Gouffier  de  Boysi  (Suppl.  al  voi.  3**  della  St  di  Soncino).  —  Mi- 
lano, Rebeschini,  1881. 

Galilei.  Problemi  naturali  di  G.  Galilei  e  di  altri  autori  della  sua  scuola 
raccolti  ordinati  e  annotati  da  Raffaello  Caverni.  —  Firenze,  San- 
soni, 1874. 

Gallo  Nicolò.  La  scienza  dell'  arte.  —  Torino,  Roux,  1887. 

Garava^lia  Ambrogio.  Cenni  biografici  dell'  ingegn.-arch.  Garavaglia 
cav.  Maurizio  ,  estratti  dal  Politecnico,  XXIII.  —  Milano ,  Tip.  e 
Lit.  degli  Ingegneri,  s.  data. 

Gargani  G.  Jacopo  Ligozzi  considerato  particolarmente  nel  dipinto 
della  Maddalena  penitente  presso  la  famiglia  Guasconi  in  Firenze. 
—  Firenze,  Campolmi,  1867. 

Gargantini  G.  Necrologia  di  Milano.  —  Milano,  Tip.  Editrice  Lom- 
barda, 1871.    . 


36        ELENCO  DEI  LIBRI  DAL  DEFUNTO  PROF.  MONGERI 

Garonì.  Nic.  Cesare.  Guida  storica,  economica  e  artistica  della  città 
di  Savona.  —  Savona,  G.  Zambolino,  1874. 

Gatti  Angelo.  Indicatore  di  Milano  e  pianta  generale  dell'  esposizione 
nazionale  ai  giardini  pubblici.  —  Milano,  Gatti,  1881. 

Gauthiez  Pierre.  Los  artistes  célèbres.  Prud'  hon.  —  Paris,  Libr.  de 
l'Art,  1886. 

Gautier.  Les  curiositcs  de  1' exposition  universelle  de  1867.  —  Paris, 
Delagrode,  1867. 

Genolini  Angelo.  Majoliche  italiane,  marche  e  monogrammi.  —  Mi- 
lano, D.  Bellazzi,  1881. 

—  Le  majoliche  di  CafPaggiolo  o  Casa  Fasoli. —  Milano,  Dumolard,  1882, 

GeymùUer  Henry.  Les  projets  primitifs  pour  la  Basilique  de  Saint- 
Pierre  de  Rome  par  Bramante,  Raphael  Sanzio,  Fra-Giocondo,  Les 
San  Gallo,  etc.  —  Paris,  Georges  Chamerot,  1875. 

—  Cento  disegni  di  architettura,  di  ornato  e  di  figure  di  fra  Giovanni 
Giocondo,  riconosciuti  e  descritti.  —  Firenze,  fratelli  Bocca,    1882. 

—  Documents  inédits  sur  les  Thermes  d' Agrippa,  le  Panthéon  et  les 
Thermes  de  Dioclétien.  —  Lausanne,  G.  Bridel,  1883. 

—  Documents  inedits  sur  les  manuscrits  et  les  oeuvres  d' architecture 
de  la  famille  des  San  Gallo,  ainsi  que  sur  plusieurs  monuments  de  l' Ita- 
lie. —  Extr.  Mem.  S.  des  Antiquaires  de  France,  XLV,  Paris,  1885. 

—  Bramante  et  la  restauration  de  Sainte  Marie  des  Graces  a  Milan.  — 
Paris,  A.  Levy,  1887. 

—  V.   Coiirajod. 

Ghinzoni  (G.  P.)  Pietro.  Frammento  d'una  cassa  nuziale  sforzesca  di- 
pinta nel  secolo  XV,  estr.  Areh.  St.  Lomb.,  VII,  2.  —  Milano,  Ti- 
pografia Bernardoni  di  C.  Rebeschini,  1880. 

Giachi  Giovanni.  Il  nuovo  edificio  dell'  istituto  dei  rachitici.  —  Mi- 
lano, Civelli,  1881. 

Ginori.  La  manifattura  Ginori  a  Doccia.  — Firenze,  G.  Barbèra,  1867  . 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  37 

Gioberti   V.  Del  buono  e  del  bello.  —  Firenze,  Le  Monnier,  1853. 

Giordani  Gaetano.  Catalogo  dei  quadri  che  si  conservano  nella  Pi- 
nacoteca della  R.  Accademia  di  Belle  Arti  in  Bologna.  —  Bologna, 
Nobili,  1835. 

—  Guida  per  la  pontificia  Accademia  di  Belle  Arti  in  Bologna.  —  Bo- 
logna, 1846. 

—  Guida  per  la  pontificia  Accademia  di  Belle  Arti  in  Bologna.  —  Bologna, 
Sassi,  1846. 

Giordani  Pietro.  Di  sei  st  atuette  di  illustri  italiani  fatte  da  Bartolomeo 
Ferrari  al  nob.  Antonio   Papadopoli.  —  Venezia,  G.  Antonelli,  1862. 

Giovenale.  Le  satire  voltate  in  versi  italiani  dal  prof.  Raffaele  Ve- 
scovi, —  Firenze,  Sansoni,  1875. 

Giovio  Giovanni.  Lari  artistici.  —  Como,  Ostinelli,  1881. 

Giry  A.  Notice  sur  un  traité  du  moyen-àge,  intitulé  :  De  colorìbus  et 
nrtibus  Romanorum.  —  Paris,  Impr.  Nationale,  1878. 

Giusti  G.  Verei  editi  ed  inediti.  Edizione  postuma.  —  Firenze,  Le 
Monnier,  1852. 

—  Raccolta  di  proverbi  toscani  con  illustrazioni.  —  Firenze,  Le  Mon- 
nier,  1853. 

Giusti.  P.  Sul  riordinamento  delle  scuole  del  disegno  in  Italia.  — 
Torino,  Oddenino,  1869. 

—  idem,  2^  edizione.  —  Torino,   Paravia,  1869. 

—  di  Siena.  La  ornamentazione  esaminata  come  uno  dei  mezzi  essen- 
ziali per  educare  il  gusto.  —  Torino,  Paravia,  1872. 

Gnecchi  F.  ed  E.  Guida  numismatica  universale,  —  Milano,  Dumo- 
lard,  1886. 

Goldoni  Carlo.  —  V.  Spinelli  Alessandro. 

Goldschmidt  Albert.  Guide  illustre  de  Berlin,  17^  édiction.  —  Berlin, 
Goldschmidt,  s,  data. 


38        ELENCO  DEI  LIBRI  DAL  DEFUNTO  PKOF.  MONGERI 


Gotti  Aurelio.  Le  gallerie  d!  Fircn/.i^  Relazione  al  Ministro  della 
Pubblica  Istruzione  in  Italia.  —  Firenze,  Cellini,  1872. 

—  Vita  di  Michelangelo  Baonarotti,  narrala  con  1'  aiuto  di  nuovi  do- 
cumenti. —  Firenze,  Tip.  Gas^etta  d'Italia,  1875,  voi.  2". 

Govi  Gilberto.  Intorno  a  un  opuscolo  rarissimo  della  fine  del  se- 
colo XV  ,  intitolato  :  Antiquarie  prospettiche  Romane  composte  per 
prospettivo  Milanese  dipintore.  —  Roma,  Salviucci,  1876. 

Grimm  Ermanno.  Michelangelo  ,  traduzione  di  Augusto  Cossilla.  — 
Milano,  F.  Manini,  1875,  voi.  2. 

Grossi  Tommaso.  —  V.  Porta  Carlo. 

Grundy  John.  The  Stranger's  Guide  to  Hampton  Court  Palace.  — 
London,  Bell,   1847. 

Gruyer  A.  Essai  sur  les  fresques  do  Raphael  au  Vatican.  —  Paris, 
Gide,  1858. 

Gruyer  Gustave.  Les  illustrations  des  écrits  de  Jerome  Savonarole 
publiés  en  Italie  au  xv  et  au  xvi  siede  et  les  paroles  de  Savonarole 
sur  l'art.  —  Paris,  Firmin-Didot,  1879. 

—  Une  Abbaye  Bénédictine  aux  environs  de  Salerno.  —  La  Sainte- 
Trinité  do  Cava.  —  Paris,  E.  De  Soye,  1880. 

—  Le  palais  de  Schifanoia  à  Ferrare.  —  Paris  ,  Revue  des  Deux 
Mondes,  1883. 

Gsell-Fels  dott.  Th.  Rom  und  Mittel-Italien.  Band  I.  Mittel  Italien 
und  die  ròmische  Campagna.  —  Hildburghausen,Bibliogr.  Institut  1872. 

—  Ober  Italien  2^  Auflage.  —  Leipzig,  Bibliographisches  Institut,  1874. 

Guadagnini  Pompeo.  Guida  per  le  arti  e  mestieri,  destinato  a  faci- 
htare  il  loro  progresso  in  ogni  ramo  speciale.  —  Bologna,  G.  Wenk, 
1872-73-74,  voi.  3. 

Gualandi  Michelangelo.  Guida  di  Bologna  e  suoi  dintorni.  —  Bo- 
logna, N.  Zanichelli,  1875. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA,  31) 

Guardabassi  Mariano.  Indice-guida  dei  monumenti  pagani  e  cristiani 
riguardanti  l'istoria  e  l'arte  esistenti  nella  provincia  dell'Umbria. 
—  Perugia,  G.  Buoncompagni,  1872. 

Guastalla  E.  Commemorazione  di  G.  Medici.  (Inaugurazione  del  nx»- 
numento,  ecc.).  —  Milano,  Lombardi,  1884. 

Guasti  Cesare,  Dei  Puristi  e  degli  Accademici.  —  Corneliano,  1846. 
—  Giorgio  Vasari,  discorso.  —  Firenze,  Barbèra,  Bianchi,  1855. 

Guasti  C,  G.  Milanesi,  L.  Venturi,  G.  E.  Saltini,  G.  Dupré,  G. 
Mongeri,  C  I,  Cavallucci,  E.  FruUsmi.  Michelangiolo  Buonarroti. 
Ricordo  al  popolo  italiano.  —  Firenze,  Sanfi,  1875. 

Guerzoni  Giuseppe.  San  Marco  nell'arte  e  nella  storia,  —  Padova, 
Sacchetto,  1878. 

Guhl  e  Koner.  La  vita  dei  greci  e  dei  romani ,  traduzione  di  Carle 
Giussani.  —  Torino,  Loescher,  1875. 

Guide.  —  V.  Cataloghi. 

Hanno  Georges.  Les  villes  retrouvées.  —  Paris,  Hachette,  1^81. 

Hayez  F.  Esposizione  ISS-*^.  Ediz.  ufficiale  del  Comitato.  —  Milano  , 
Lombardi,  1883. 

Hegel  Giorgio  G.  F.  L' idea  del  bello  d' arte,  traduzione  di  A.  No- 
velli. —  Napoli,  Rossi-Romano,  1863,  voi.  3. 

Hope  Tomaso.  Storia  dell'architettura,  1^  versione  italiana  dell'inge- 
gnere Gaetano  Imperatori.  —  Milano,  Lampato,  1840. 

Horatiiis  Flaccus  Q.  Carmina  expurgata.  —  Mediolani,  Tip.  Biblio- 
tliccae  Ambros,,  1754,  voi,  3. 

Hùbner  Julius.  Catalogne  de  la  Calerle  Royale  de  Dresdc.  —  Dresde, 
E.  Blochmann,  1868. 

lacini  Stefano.  La  proprietà  fondiaria  e  le  popolazioni  agricole  in 
Lombardia.  Studi  economici.  —  Milano,  Borroni  e  Scotti,  1854, 


40        ELENCO  DEI  LIBRI  DAL  DEFUNTO  PROF.  MONGERI 


Intra  G.  B.  La  Basilica  di  S.  Andrea  in  Mantova.  —  Milano ,  Bor- 
tolotti,  1882. 

—  Guglielmo  Braghiroli,  cenni  biografici.  —  Torino,  G.  B.  Paravia,  1885. 

Isola  G.  11  palazzo  delle  compere  di  S.  Giorgio  in  Genova.  —  Ge- 
nova, Pagano,  1875. 

istituto  (R.)  di  Belle  Arti  in  Napoli.  Premiazione  dell'anno  1878-79, 

—  Napoli,  Stab.  Tip.,  1879. 

(Italy).  The  unity  of  Italy.  The  american  celebration  of  the  unity  of 
Italy,  at  the  Academy  of  Music.  New-York,  Jan.  12,  1871,  with 
the  addresses,  letters  and  comments  of  the  Press.  —  New- York , 
Putnam  e  Sons,  1871. 

Jacob  P.  L.  Curiosités  de  l'histoire  des  arts.  —  Paris,  S.  Racon,  1858. 

Jacquemart  A.  Les  merveilles  de  la  céramique.  2  voi.  —  Paris, 
Hachette,  1866-68. 

Jan  Giorgio.  Re  Lear,  dramma  di  Shakespeare,  versione  ed  analisi. 

—  Parma,  Tip.  Ducale,  1838. 

—  Cenni  sul  Museo  Civico  di  Milano  ed  indice  sistematico  dei  rettili 
ed  anfibi  esposti  nel  medesimo.  —  Milano,  L.  Pirola,  1857. 

Jouffroy.  Cours  d'esthétique  suivi  de  la  thèse  du  mème  auteur  sur 
le  sentiment  du  beau  et  de  deux  fragments  inédits  et  précède  d'une 
Preface  par  M.  Ph.  Damiron.  —  Paris,  Hachette,  1843. 

Jriarte  Charles.  Frangoise  de  Rimini  dans  la  legende  et  dans  1'  hi 
stoire.  —  Paris,  1.  Rothschild,  1883. 

—  Les  artistes  célèbres,  Fortuny.  —  Paris,  Libr.  de  l'Art,  1886, 

Kaden  Woldemar.  La  ferrovia  del  Gottardo  e  i  suoi  dintorni.  — 
Lucerna,  Prell,  1883. 

Klenze  (de)  L.  e  L.  Schorn.  Description  de  la  Glyptothèque  de  S. 
M.  Louis  L  Roi  de  Bavière.  —  Munich,  I.  G.  Cotta. 

Kòlner  (der)  Dom.  Numero  speciale  della  Illustrazione  Zeitung  di 
Lipsia.  —  2  ottobre,  1880. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  41 

Kondako£f  N.  Histoire  de  l'art  Byzantin ,  considerò  principalement 
dans  les  miniatures.  —  Paris,  E.  Menard,  1886. 

Kra£Ft  Albert,  L'école  moderne  de  la  Galerie  de  Tableaux  Imp.  et 
Rovaio.  —  Vienne,  Pichler,  1853. 

—  Catalogue  de  la  Galerie  de  tableaux  imperiale  et  royale  au  Bel- 
vedére à  Vienne.  2*  édition,  —  Vienne,  A.  Pichler,  1853. 

Kiigler  dott.  F.  Manuale  della  Storia  dell'  arte.  Con  aggiunte  del 
dott.  Jacopo  Burckhardt,  1*  versione  italiana  fatta  sulla  2^  edizione 
tedesca  dall'  ab.  Pietro  Mugna.  —  Venezia ,  tipi  del  giornale  II 
Lombardo-Veneto^  1852. 

La  Bruyère  (de).  Les  caractéres.  —  Paris,  L.  Prault,  1768,  voi.  2. 

Labus  Stefano.  Norme  per  l'Archivio  del  Municipio  di  Milano.  — 
Milano,  P.  Agnelli,  1874. 

Lacroix  Paul.  Les  arts  au  moyen-àge  et  à  l'epoque  de  la  Renais- 
sance. —  Paris,  Firmin  Didot,  1869. 

Ladvocat.  Dizionario  storico  portatile.  —  Bassano,  Remondini,  1795, 
voi.  7. 

Laertio  Diogene.  Le  vite  degli  illustri  filosofi.  —  Venezia,  V.  Vau- 
gris,  1545. 

Lagnerio  P.  Ex.  M.  T.  Cicerone  insignium  sententiarom  compendium. 
—  Lugduni,  I.  Tornaesium,   1550. 

Landner  Dionigi.  Il  Cielo,  nozioni  astronomiche,  traduzione  di  Boz- 
zetti, Brusa  e  Ferrini.  —  Milano,  F.  Vallardi,  1861. 

Lanzi  Luigi.  Storia  pittorica  della  Italia  dal  risorgimente  delle  Belle 
Arti  sin  presso  al  fine  del  xviii  secolo.  —  Bassano ,  G.  Remon- 
dini, 1809,  voi.  VI. 

Lasteyrie  F.  (de)  Histoire  de  l'orfóvrerie.  —  Paris,  Hachette,  1875. 
Laugel  Auguste.  L'optique  et  les  arts.  —  Paris,  Baillière,  1869. 


42  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 


Lavelli  De-Capitani  (ab.  Dalmazio),  L'èra  cristiana  passata,  presento 
e  futura  ossia  modo  facile  di  trovare  i  giorni  settimanali  e  men- 
sili, ecc.  ecc.  —  Milano,  Paolo  Emilio  Giusti,  1833. 

Lazzari  V.  —  V.  Seloatico  P. 

Lazzoni  Emilio.  Parole  di  ammirazione  e  compianto  sulla  tomba 
dell'egregio  statuario  cav.  prof.  Benedetto  Cacciatori,  ecc.  —  Carrara, 
Bigazzi,  1871. 

Lechi.  Gallerie  Lechi  a  Brescia.  —  Turin,  Steffenone. 

Lefèvre  André.  Los  merveilles  de  l' architecture.  3'  édition.  —  Paris, 
Haehette,  1870. 

Lefèvre  Andrea.  Le  meraviglie  dell'architettura,  traduzione  di  L. 
Chirtani.  —  Milano,  Treves,  1874. 

Leitfaden  fiir  den  Unterricht  in  der  Kunstgeschichte  der  Baukunst  , 
Bildhauerei,  Malerei  und  Musik.  3'^  Auflage.  —  Stuttgart,  Ebner  e 
Seubert,  1874. 

LermoliefT  Ivan.  Le  opere  dei  maestri  italiani  nelle  gallerie  di  Mo- 
naco, Dresda  e  Berlino.  Saggio  critico.  —  Bologna,  Zanichelli,  1886. 

Leroi  Paul.  Thomas  Couture.    —  Paris,   Pillet    et    Dumoulin,  1880. 

Leti  Gregorio.  Il  governo  del  Duca  d'  Ossuna  e  la  vita  di  Bartolomeo 
Arese  con  note  di  M.  Fabi.  —  Milano,  Wilmant,  1854. 

Leveque  Charles.  Le  spiritualisme  dans  l'art.  —  Paris,  Baillière,  1864. 

Levi  David.  La  mente  di  Michelangelo.  —  Milano,  Goglio,   1883, 

Litta  Pompeo.  Stampa  di  Milano,  dalle  Famiglie  Celebri  Italiane.  — 
Milano,  G,  Ferrano,  1851, 

Locatelli  Pasino.  Illustri  Bergamaschi.  Studi  critico-biografici.  Voi,  3, 

—  Bergamo,  PagnoncelU,  1867-1869-1879. 

Lochis  Guglielmo.  Cento  quadri  della  Galleria  Loohis  in    Bergamo. 

—  Bergamo,  Crescini,  1834. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  43 


Lomazzo  Gio.  Paolo.  Trattato  dell*  arte  della  pittara ,  scoltura  ed 
architettura.  —  Milano,  P.  G.  Pontio,  1585. 

Lombardini  Elia.  Dell'  origine  e  del  progresso  della  scienza  idraulica 
nel  Milanese  ed  in  altre  parti  d' Italia.  —  Milano,  Tip.  degli  Inge- 
gneri, 1872. 

Longfellow  E,  W.  Evangelina;  novella,  tradotta  da  Pietro  Rotondi, 
nuova  edizione.  —  Firenze,  Barbèra,  1867. 

Longhena  Francesco.  Notizie  biografiche  di  Giuseppe  Longhi.  — 
Milano,  R.  Stamperia,  1821,  con  ritr. 

Longhi  Giuseppe.  La  calcografia  propriamente  detta,  ossia  l' arte  di 
incidere  in  rame  coU'acqua  forte,  col  bulino  e  colla  punta.  —  Milano, 
R.  Stamperia,  1830. 

Longoni  Giacinto.  Memorie  storiche  della  chiesa  ed  abbazia  di  San 
Pietro  al  Monte  e  del  Monastero  di  S.  Calocero  in  Civaie  —  Mi- 
lane,  Redaelli,  1850. 

—  Cenni  sui  dipinti  di  Marco  d'Oggiono  allievo  di  Leonardo  da  Vinci, 

—  Lecco,  Corti,  1858. 

Liibke  "Wilhelm.  History  of  art.    —  London,  Smith,  18(38,  voi.  2. 

Lunn  Charles  The  Philosophy  of  Voice  showing  the  right  and  wroug 
action  of  voice  in  speech  and  song.  —  London,  Baillière,  1874. 

Maciachini.  Catalogo  della  Biblioteca  Maciachini  1877.  —  Milano, 
Bernardoni,  1887. 

Madrazo  (del)  Fedro,  Catàlogo  descriptivo  e  historico  del  Museo  del 
Prado  de  Madrid.  Escuelas  italianos  y  espanolas.  —  Madrid,  M.  Ri- 
vadenasva,  1872. 

Maggi  Giovanni  Antonio.  Della  vita  e  degli  scritti  dì  Felice  Belletti. 

—  Milano,  Bernardoni,   mdccclx. 

Magherini  Giovanni.  Michelangiolo  Buonarrotti.  —  Firenze,  Barbèra, 

1875. 


44  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 


Maineri  B.  E.  Abbondio  Sangiorgio.  Note.  —  Firenze,  Tip.  Ed.  del- 
l'Assoc.  1874. 

—  Abbondio  Sangiorgio  con  ritratto.  Commemorazione.  —  Milano, 
Menozzi,  1879. 

Malagola  Carlo.  La  fabbrica  delle  maioliche  della  famiglia  Corona  in 
Faenza.  Lettera  al  cav.  Giuseppe  Corona,  con  introduzione  del  me- 
desimo ed  una  tavola  litografica.  —  Milano,  Dumolard,  1882. 

Malfatti  Bartolomeo.  Bernardo  re  d'  Italia.  —  Firenze ,  Le  Mon- 
niei',  1876. 

Malvasia  Carlo  Cesare.  Felsina  pittrice.    --    Bologna,    Guidi,    1844, 

voi.  2«. 

Malvezzi  Luigi.  Le  glorie  dell'  Arte  Lombarda,  ossia  illustrazione 
storica  delle  più  belle  opere  che  produssero  i  Lombardi  in  pittura, 
scultura  ed  architettura  dal  590  al  1850.  —  Milano,  G.  Agnelli,  1882. 

Manfredini  Francesco.  Delle  arti  del  disegno  e  degli  artisti  nella 
provincia  di  Modena  dall'anno  1777  al  1862.  —  Modena,  C.  Vin- 
cenzi, 1862. 

Marchese  Vincenzo.  Manuale  storico  dell'  arte  Greca,  pubblicato  per 
cura  di  una  Società  di  amatori  delle  arti  belle.  —  Firenze,  F.  L, 
Monnier,   1846. 

—  Memorie  dei  più  insigni  pittori,  scultori  e  architetti  Domenicani.  — 
Firenze,  F.  Le  Monnier,  1854,  voi.  2*. 

—  Scritti  vari.  —  Firenze,  Le  Monnier,  1855. 
Marci  Achille.  —  V.  Ventura. 

Margarita  sac,  Camillo.  (C  M.)  Cenni  storiai  ed  artistici  sul  santuario 
della  B.  V.  M,  de'  MiracoU  presso  S.  Celso  in  Milano,  redatti  da  C.  M. 
Cappellano  Corale  da  molti  anni  ivi  funzionario  d'  ufficio,  —  Milano, 
Tamburini,  1862. 

MarggrafF  Rodolphe.  Catalogne  des  Tableaux  de  l'ancienne  pina- 
cothèque  royale  de  Munich.  —  Munich,  1868, 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  45 

Marselli  Nicola.  La  critica  e  l'arte  moderna  — Napoli,  R.  Ghio,  1866. 

Marsh  Giorgio.  L'  uomo  e  la  natura  ossia  la  superficie  terrestre  mo- 
dificata per  opera  dell'uomo.  —  Firenze,  G.  Barbèra,    1870. 

Mariani  Bassano.  Sui  casi  d'arte  e  d'archeologia  in  Lodi.  —  Lodi, 
E.  Wilmant,  1868. 

—  Lodi  nelle  poche  sue  antichità  e  cose  d'  arte.  —  S.  Angelo  Lodi- 
giano,  S.  Rezzonico,  1874. 

Martigny  (M.  l'Abbé  .  Dictionnaire  des  antiquités  chrétiennes.  —  Paris, 
Hachette,  1865. 

Martini  Pietro.  La  scuola  Parmense  delle  arti  belle  e  gli  artisti  delle 
Provincie  di  Parma  e  di  Piacenza  dal  1777  all'oggi.  — Parma,  Ti- 
pografia Governativa,  1862. 

—  Il  Correggio.  Studi.  2^  ediz.  —  Parma,  Tip.  Grazioli,  1871. 

—  La  publica    Pinacoteca    di   Parma.    —   Parma,  G.  Ferrari,   1872. 

—  La  R.  Accademia  parmense  di  Belle  Arti.  —  Parma,  Ferrari,  187.3. 

—  L'arte  dell'incisione  in  Parma.  —  Parma,  Ferrari,  1873. 

Masini  Cesare.  Dell'  arte  e  dei  principali  artisti  di  pittura,  scultura 
e  architettura  in  Bologna  dal  1777  al  1862.  —  Bologna,  Regia  Ti- 
pografia, 1362. 

—  Del  movimento  artistico  in  Bologna  dal  1855  al  1866.  —  Bologna, 
R.  Tipografia,  1867. 

—  Un  progetto  di  più  per  la  riforma  delle  Accademie  di  Belle    Arti. 

—  Bologna,  R.  Tip.,  1869. 

—  Ancora  sulla  questiono  delle  Accademie  di  Belle  Arti.  Lettera  apo- 
logetica del  progetto  di  Cesare  Masini  all'Ili,   prof.    Ferd.    Pellicia. 

—  Bologna,  R.  Tip.,  1870. 

I'  —  Vita  del  comm.  Carlo  Arienti  pittore  della  Real  Casa.  —  Bologna, 
R.  Tip.,  187.3. 

M aspero  G.  L'  archeologie  égyptienne.  —  Paris,  maison  Quantin, 
1887. 


46  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF,    MONGERI 


Massarani  Tulio.  L'  arte  a  Monaco  e  a  Norimberga.  Estratto  dalla 
N.  Antologia,  1870.  —  Firenze,  1870,  Le  Monnier. 

—  Del  salone  di  Palazzo  Marino.   —    Milano,    G.    Bernardoni,  1872. 

—  Sulla  conservazione  dei  monumenti  e  degli  oggetti  d'  arte  e  d'  an- 
tichità. —  Roma,  Tip.  del  Senato,  1877. 

—  Studi  di  letteratura  e  d'arte.  —  Firenze,  Le  Monnier,  1873. 

—  L'arte  a  Parigi.  —  Roma,  Forzani,  1879. 

Massi  Ercole.  Descrizione  compendiosa  dei  Musei  dell'  antica  scul- 
tura greca  e  romana  nel  Palazzo  Vaticano,  con  aggiunte  dei  Musei 
Gregoriano-Etrusco  ed  Egizio,  delle  tappezzerie  di  Raffaele  e  delle 
carte  geografiche  d'Italia.  —  Roma,  Morini,  1882. 

Massola  Enrico.  Di  tre  soffitti  della  seconda  metà  del  secolo  XVI 
intagliati  in  legno  larice,  esistenti  nella  casa  già  Aliverti  ora  Carones, 
Via  Brolletto,  20,  Milano.  —  Milano,  Pirola,  1881. 

—  Biografia  del  pittore  Giuseppe  Mazzola,  estr.  dalla  Gazz.  di  Milano, 
Gennaio  1839.  —  Milano,  Tamburini,  1855. 

Medebach  Girolamo.  —  V.  Spinelli  Alessandro. 

Melani  Alfredo.  Dupré.  —  Estr,  dalla  Roma  Vita  Artistica.  Roma, 
Tip.  Romana. 

Mella  Edoardo.  Battistero  di  S.  Maria  del  Figlio  in  Gravedona.  — 
Torino,  Botta,  1872. 

—  Chiesa  di  S.  Lorenzo  a  Montiglio  di  Casale  Monferrato.  —  Torino, 
Botta,  1874. 

—  S.  Secondo  Cortazzone  d'  Asti  (secolo  XI).  —  Torino,  G.  B.  Pa- 
ravia,  1877. 

—  Battisteri  di  Agrate,  Conturbia  e  di  Albenga.  —  Torino,  G.  B.  Pa- 
ravia, 1880. 

—  La  cassa  già  di  deposito  delle  ossa  del  cardinale  Guala  Bicheri.  — 
Torino,  G.  B.  Paravia,  1883. 

—  Cenno  storico  artistico  sull'  Abbazia  e  Chiesa  di  Santa  Fede  press;o 
Cavagnolo.  —  Milano,  Tip.  Ingegneri. 


I 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  47 

Mella  Edoardo.  Proporzioni  della  Chiesa  di  S.  Fede  presso  Cava- 
gnolo    al   Po 

Mella  C.  Edoardo.  Elementi  di  architettura  gotica,  parte  1*  e  2.*  — 
Milano,  Corbetta,  1857,  Ronchi,  1863. 

Melzi  Lodovico.  Cenni  storici  sul  R.  Conservatorio  di  Musica  di  Milano. 
—  Milano,  Ricordi,  1873. 

—  Somma  Lombardo ,  storia ,  descrizione  e  illustrazione.  —  Milano , 
Tip.  del  Patronato,  1880.  Edizione  di  300  esemplari. 

Ménard  Louis  et  Réne.  La  sculpture  antique  et  moderne.  —  Paris, 
Didier,  1867. 

Merli  A.  Delle  arti  del  disegno  e  dei  principali  artisti  in  Liguria. 
Sunto  storico-cronologico.  —  Genova,  Tip.  Gassetta  dei  Tribu- 
nali,  1862. 

—  Appendice  al  sunto  storico  delle  arti  del  disegno  e  dei  principali 
artisti  in  Liguria.  —  Genova,  Tip.  Sordo-Muti,  1865. 

Messogi- Roncaglia  G.  Cattedrale  di  Modena.  Sui  restauri  proposti 
recentemente.  (Iconografia  antica  e  moderna  della  Cattedrale).  — 
Modena,  Società  Tip.,  MDcccLxxvni. 

Meyer  Giulio.  Giovanni  Ani.  Amadeo.  —  V.  Fric:oni. 

—  Galeazzo  Alessi  architetto,  estr.  dal  BuonarroUi,  II-VII,  1872. 

Michel  Emile.  Les  artistes  célèbres.  Rembrandt.  —  Paris ,  Lib.  de 
l'Art,  1886. 

Michiels  Alfred.  Catalogne  des  tableaux  et  dessins  de  Rubens  avec 
r  indication  des  endroits  ou  ils  se  trouvent.  —  Paris,  A.  Delahays,  1854. 

—  Rubens  et  1' école  d'Anvers.  —  Paris,  A.  Delahays,  1854. 

—  Vandyck  in  Italy.  At  Genoa ,  Florence ,  Venice  and  Rome.  — 
Rome,  office  of  Minerva,  1880. 

Mignet  M.  Antonio  Perez  et  Philippe  II.  —  Paris,  Charpentier,  1854. 

—  Vita  di  Franklin ,  versione  dal  francese  con  cenni  di  G.  D' Adda. 
—  Milano,  Bernardoni ,  1870. 


48  ELENCO    DEI    LTBRI    DAL    DEFUNTO    PROF,    MONGERI 


Mikelli  Vincenzo.  Di  Jacopo  Palma  il  vecchio  e  dell'  Arte  contem- 
poranea. —  Venezia,  Visentin!,  1875. 

Milanesi  Carlo.  Dello  svolgimento  storico  e  scientifico  della  diplo- 
matica. —  Firenze,  M,  Cellini ,  1860. 

—  Il  sacco  di  Roma  del  1527  ;  narrazioni  di  contemporanei.  —  Fi- 
renze,  G.  Barbèra,  1867. 

Ministero  d'Agr. ,  Ind.  e  Comm.  Esposizione  Universale  del  1878 
in  Parigi ,  Sezione  Italiana.  Elenco  dei  Giurati  e  dei  Premiati.  — 
Roma,  Barbèra,  1878  (Elenco  degli  artisti  premiati). 

Mira  Carlo.  Progetto  per  la  deviazione  e  copertura  della  fossa  in- 
terna di  Milano  (detta  Naviglio).  —  Milano,  Civelli,  1881. 

Missaglia  Marcantonio.  Vita  di  Giangia,como  Medici ,  marchese  di 
Marignano,  con  note  di  Massimo  Fabi.  —  Milano,  P.  Agnelli,  1854. 

Molière.    Jean  Baptiste  Poquelin  (de).  —  Paris,  Gennequin^  1857. 

Molinier  Emile.  Dictionnaire  des  cmailleurs  depuis  le  moyen-àge 
juscfu'à  la  fin  du  XVIII®  siècle.  —  Paris,  Libr.  de  l'Art,  1885. 

—  Les  bronzes  de  la  renaissance.  Les  plaquettes.  Catalogne  raisonné 
précède  d'une  introduction.  Tom.  I.  —  Paris,  Libr.  de  l'Art,  1886. 

Molmenti  P,  G.  Vittore  Carpaccio.  —  Bologna,  N.  Zanichelli,  1881. 

—  Bernardo  Celentano.  Estratto  dalla  Nuooa  Antologia,  II,  1882.  — 
Roma,  Bodoniana,  1882. 

Mommsen  Teodoro,  Storia  Romana,  prima  traduzione  dal  tedesco, 
di  G.  Sandrini.  —  Torino,  M.  Guigoni ,  1857-67,  voi.  3. 

Monaco  Domenico.  Guida  nuovissima  del  Museo  Nazionale  di  Napoli. 
—  Napoli,  V.  Morano,  1876. 

Mongeri  G.  Il  monumento  a  Daniele  Manin  in  Venezia,  —  Milano  , 
Tip.  Ingegneri.  . 

—  Dell'  ordinamento  delle  pubbliche  pinacoteche  in  Italia.  Dalla  Nuova 
Antologia. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  l'J 


Mongeri  G.  La  nuova  Stazione  di  Milano.  —  Milano,  Tip.  Ingegneri. 

—  La  torre  di  Chiaravallc.  —  Milano,  Tip,  Ingegneri. 

—  L' architettura  delle  terre  cotte  in  Lombardia 

—  La  scuola  di  Leonardo  da  Vinci ,  dipinto  a  fresco  di  Raffaele 
Casnedi.  —  Milano. 

—  L' annunciazione  della  Vetrine  ;  tavola  di  F.  Giovanni  Angelico 
nella  chiesa  di  S.  Alessandro  in  Brescia. 

—  Del  concetto  storico  nella  pittura  a  proposito  di  un  recente  quadro 
di  G.  Hornung,  di  Ginevra.  —  Milano,  P.  Valentini,  1852. 

—  L'  arte  lombarda  e  i  ritratti  dello  Spedale  Maggiore  in  Milano.  — 
Dal  Crepuscolo,  1855. 

—  Della  pittura  ad  olio.  —   Milano,  A.  Valentini ,  1859. 

—  Schema  di  Statuto  per  una  Accademia  di  Belle  Arti.  —  Milano, 
A.  Lombardi,  1860. 

—  La  questione  Accademica,  Manoscritto,  probabilmente  del  1861. 

—  Cherubino  Cornienti ,  pittore,  1816-1860.  Commemorazione.  —  Mi' 
lano,  G.  Bcrnardoni,  1861. 

—  Sulla  conservazione  del  Cenacolo  di  Leonardo  da  Vinci.  —  Milano, 
Perseoeransa,  1861. 

—  Mauro  Conconi,  pittore  (1815-1860):  Commemorazione.  —  Milano, 
P.  Agnelli,  1861. 

—  Lodovico  Giuseppe  Grippa  :  Commemorazione,  —  Milano ,  Società 
per  la  pubblicazione  degli  Annali  Unicersali,  1866. 

—  Mostra  dei  dipinti  di  Massimo  d' Azeglio,  fatta  a  cm*a  del  Municipio 
di  Torino  nel  palazzo  Carignano.  Catalogo  preceduto  da  alcuni  cenni 
riguardante  la  vita  e  le  opere  dell'  illustre  artista. — Torino,  Botta,  1866. 

Massimo  d'Azeglio,  artista.  —  Milano,  F.  Zanetti,  1866. 
L'Arte  all'Esposizione  Universale  del  1867. 

, —  Giovanni  Ventura  :  Commemorazione.  —  Milano,  Tip.  degli  Annali 
Unicersali,  1869. 

—  L' insegnamento  popolare  del  disegno  in  Italia.  —  Firenze,  Nuoca 
Antologia,   1869. 


50        ELENCO  DEI  LIBRI  DAL  DEFUNTO  PROF.  MONGERI 


Mongeri  G.  L' insegnamento  popolare  del  disegno  in  Italia.  —  Fi- 
renze,  dalla  Naooa  Antologia,   1869. 

—  Descrizione  del  Nuovo  Cimitero  Monumentale  di  Milano.  —  Mi- 
lano, Lombardi,  1870. 

—  Dell'  ordinamento  delle  pubbliche  pinacoteche  in  Italia.  —  Firenze, 
Nuotsa  Antologia,  1871. 

—  I  disegni  della  Cena  di  Leonardo  da  Vinci  a  Weimar.  —  Milano, 
Tip.  della  Pcrseoeransa,  1871. 

—  Relazione  del  Comitato  Esecutivo  per  1'  Esposizione  Nazionale  di 
Belle  Arti  e  pel  secondo  Congresso  Artistico  nel  1872,  —  Milano, 
Società  Cooperativa,  1873. 

—  Chiesa  e  Battistero  di  Agliate.  —  Milano,  Bernardoni,  1874. 

t—  Giovanni  Brocca,   arch,  e  pittore  :    Commemorazione  ;  con  ritratto 

—  Milano,  Lombardi,  1876. 

-—  I  restauri  alla  R.  Basilica  di  San  Michele  Maggiore  di  Pavia.  — 
Milano,  Bernardoni ,  1876. 

—  Santa  Maria  di  Piazza  a  Busto  Arsizio  e  il  suo    recente    ristaui'o. 

—  Milano,  Bernardoni,  1876. 

—  S.  Eustorgio  in  Milano.  —  Milano,  Bernardoni,  1877. 

—  Bramante  e  il  Duomo.  —  Milano,  Bernardoni ,  1877. 

—  La  Pinacoteca  di  Brera  e  il  suo  nuovo  ordinamento.  —  Milano, 
Bernardoni,  1877. 

—  Frate  Ambrogio  de'  TormoM  e  le  sue  vetriere  a  Soncino.  —  Mi- 
lano, Bernardoni,  1871. 

—  La  legge  sulle  Commissioni  conservatrici  dei  monumenti  del  Regno, 
riveduta  dal  Congresso  Artistico  di  Napoli. —  Milano,  Bernardoni,  1877. 

—  Là  quistione  dei  ristauri  nell'arte.  — Milano,  G.  Bernardoni,  1878. 

—  Il  nuovo  Museo  Artistico  Municipale.  —  Milano,  Bernardoni,  1878. 

—  La  cappella  della  Regina  Teodolinda  a  Monza.  —  Milano,  Per- 
seceranxa,  1879. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  51 


Mongeri  G.  La  Piuacuteca  di  Brera  e  il  Museo  patrio  d' Archeo- 
logia. —  Milano,  L.  Pirola,  1880^ 

—  Gerolamo  d'Adda  (1815-1881)  :  Commemorazione.  —  Milano,  A.  Lom- 
bardi, 1881. 

—  La  residenza  d'  un  insigne  patrizio  milanese  al  principio  del  se- 
colo XVI,  ora  casa  Ponti.   —  Milano,  L.  Bortolotti,  1881. 

—  Sette  giorni  a  Milano.  Appunti  sulle  cose  d'arte  della  città  e  suoi 
dintorni  pei  visitatori  dell'  Esposizione  Nazionale.  —  Milano,  Tipo- 
grafia della  Perseccranza,   1881. 

—  D.""  Ambrogio  Bazzero,  commemorazione.  —  Milano,  Bortolotti,  1882. 

—  F.  Hayez.  Esposizione  1883:  Reminiscenze  d'arte.  —  Milano, 
A.  Lombardi  ,  1883. 

—  Il  Castello  di  Milano  :  Storia  ed  arte.  —  Milano,  Rebeschini,  1884. 

—  Il  Castello  di  Cusago.  —  Milano,  Bortolotti,  1884. 

—  Giulio  Carcano:  Commemorazione.  —  Milano,  Maniiii,  1884. 

—  Gaspare  Fossati,  architetto:  Commemorazione.  —  Milano,  Tip.  Ma- 
nini,  1884. 

—  Scienza  dell'arte.  — ^  Un  palimpsesto  artistico.  —  Milano,  Rebe- 
schini ,  1885. 

—  V.  D'Adda  Gerolamo.   188G. 

—  La  focciata  del  Duomo  di  Milano  e  i  suoi  disegni  antichi  e  mo- 
derni. —  Milano,  Tip.  Bortolotti,  1886. 

—  Per  la  facciata  del  Duomo  di  Milano,  18ST:  Memorie  e  commenti. 
Con  tavola.  —  Milano,  Tip.-Lit.  degli  Ingegneri,  1887. 

—  V.  Bramantino. 

Mongeri  prof.  cav.  Giuseppe  e  Zanca  ing,  cav.  Antonio.  —  In 
morte  dell' ing.  arch.  Giuseppe  Balzaretti  :  Commemorazioni;  con 
ritrattto.  —  Milano,  Tip.  e  Lit.  degli  Ing.,  1874. 

Morbio  Gaudio.  Opere  storico -numismatiche  e  descrizione  illustrata 
delle  sue  l'accolte  in  Milano.  —  Bologna,  Romagnoli,  1870. 

—  Francia  ed  Italia ,  ossia  i  manoscritti  francesi  delle  nostre  biblio- 
teche. —  Milano,  Ricordi,  1873. 


52  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 

Morelli  D.  ed  altri.  Relazione  della  Commissione  speciale  sul  tema 
dello  insegnamento  del  disegno:  VII  Congresso  pedagogico  Italiano, 
Napoli,  settembre  1871.  —  Napoli,  Giannini,  1871. 

Morelli  Jacopo.  Notizia  d'opere  di  disegno,  pubblicata  e  illustrata  da 
D.  Jacopo  Morelli,  2^  edizione  riveduta  ed  aumentata,  per  cura  di 
Giistaoo  Fris^oni.  —  Bologna,  Zanichelli,  1884, 

—  V.  Anoninio. 

Morigia  P.  La  nobiltà  di  Milano.  Col  Supplemento  di  Gerolamo  Bar- 
siccL  —  Milano,  Bidelli,   1619. 

Moses  Enrico.  Raccolta  di  vasi  antichi,  altari,  patere,  tripodi,  can- 
delabri, sarcofagi,  ecc.,  pubblicati  in  170  tavole.  —  Milano,  Stabi- 
limento dei  Classici  Italiani,  1824. 

MùUer  Max.  Quattro  letture  d' introduzione  alla  scienza  delle  reli- 
gioni ,  con  due  Appendici.  Trad,  dall'  Inglese  P.  Gherardo  Nerucci. 
—  Firenze,  G.  Sansoni ,  1874. 

Mùller  O.  Nouveau  Manuel  complet  d'  Archeologie.  Traduit  de  1'  al- 
Icmand  par  m.  P.  Nicard,  voi.  3.  —  Paris,  Libr.  Roret,  1841. 

—  Nouveau  Manuel  complet  d'Archeologie,  traduit  de  1'  allemand  par 
P.  Nicard.  —  Paris,  Libr.  Roret,   1842. 

Mùndler  Otto.  Essai  d'  une  analyse  critique  de  la  notice  des  tablcaux 
italiens  du  Mus('e  National  du  Louvre.  —  Paris,  F.  Didot,  1850. 

Muntz  Eug.  La  Renaissance  à  la  Cour  des  Papes.  -  Les  coUections 
du  Cardinal  Pierre  Barbo  (Paul  II).  Paris,  I.  Claye,  1877. 

—  Notes  sur  les  mosaiques  chrétieuncs  de  l'Italie,  IV  1' Oratoire  du 
pape  Jean  VII.  —  Paris,  Pillet  et  Dumoulin,  1877. 

—  Les  anciennes  Basiliques  et  Eglises  de  Rome  au  xv  siede.  — 
Paris,  Pillet  et  Dumoulin,  1877. 

—  Inventaire  des  camées  antiques  do  la  collection  du  pape  Paul  II , 
1457-1471.  —  Paris,  Pillet  et  Dumoulin,  1878. 

—  Notes  sur  les  mosaiques  chrétienne  de  l'Italie,  V  Sainte-Constance 
de  Rome.  —  Paris,  Pillet  et  Dumoulin,  1878. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  53 

Muntz  Eug.  Essai  sur  l' histoire  des  collections  italiennes  d*  anti- 
quites  dt'puis  Ics  débuts  de  la  Renaissance  jusqu*  à  la  mort  de 
Paul  II.  —  Paris,  Pillet  et  Dumoulin,  1879. 

—  Giovannino  De'  Dolci ,  1'  architetto  della  Cappella  Si>;tina  e  delle 
Fortezze  di  Ronciglione  e  di  Civitavecchia ,    con    documenti  inediti. 

—  Roma,  Tip.  delle  Scienze  Matematiche,  1880, 

—  Notice  sur  un  pian  inédit  de  Rome  au  xv  siècle.  —  Paris , 
Nogent-Le-Rotrou,  1880. 

—  Ricerche  intorno  ai  lavori  archeologici  di  Giacomo  Grimaldi ,  an- 
tico archivista  della  Basilica  Vaticana  ,  fatte  sui  manoscritti  che  si 
conservano  a  Roma,  a  Firenze,  a  Milano,  a  Torino  e  a  Parigi.  — 
Firenze,  Tip.  della  Cassetta  d' Italia,  1881. 

—  Une  rivalité  d' artistes  au  xvi  siècle.  Michel-Ange  et  Raphael  a 
la  Cour  de  Rome.  —  Pai-is,  A,  Quantin,  1882. 

—  Le  Palais  de  Venise  a  Rome.  Traduzione  dal  francese,  di  Gto.  Gatti. 

—  Roma,  A.  Befani,  1884. 

—  Les  Arts  a  la  Cour  des  Papes,  nouvelles  recherches  sur  Ics  Pon- 
tificats  de  Martin  V,  Eugène  IV,  Nicolas  V,  Calixte  III,  Pie  II  et 
Paul  II,  —  Rome,  Ph.  Cuggiani ,  1884. 

—  Les  monuments  antiques  de  Rome  a  1'  epoque  de  la  Renaissance, 
Nouvelles  recherches.    Premier  fascicule.    —  Paris,  Léroux  ,   1885. 

—  Donatello.  —  Paris,  Libr.  de  l'Art,  1885. 

—  La  Renaissance  à  la  Cour  des  Papes,  La  sculpture  pendant  le 
règne  de  Pie  II.  —  Paris,  A.  Quantin,  1888. 

Muoni  [Damiano],   Binasco    ed  altri  Comuni  dell'  Agro  Milanese.  — 

—  Milano,  Boniotti,  1864, 

—  Un  dipinto  del  Romanino  in  Antignate.  —  Milano ,  Tip.  Lette- 
raria, 1869. 

—  L'  antico  Stato  di  Romano  di  Lombardia  ed  altri  Comuni  del  suo 
mandamento;  Cenni  storici,  documenti  e  regesti.  —  Milano,  C.  Mo- 
linari,  1871. 

—  Archivi  di  Stato  in  Milano.  Prefetti  o  Direttori ,  1468-1874.  Note 
sull'origine,    formazione    e  concentramento  di  questi  ed  altri  simili 


54  ELENCO  de;  libri  dal  defunto  prof,  mongeri 

istituti,  con  un  cenno  sulle  particolari   collezioni  dell'autore.  —  Mi- 
lano, Molinari,  1874. 

Muoni  [Damiano].  Gli  An tignati  organavi  insigni  e  serie  di  maestri  di 
Cappella:  Spigolature.  —  Milano,  Bortolotti,  1888. 

—  Preziosità  artistiche  nella  chiesa  dell'  Incoronata  presso  Martinengo. 
—  Milano,  Bortolotti,  1884. 

—  Iscrizioni  storiche  e  funerarie.  -  Autori  vari.  -  Iscrizioni  comme- 
morative della  famiglia  Muoni  e  notizie  sul  Beato  Amedeo ,  fon- 
datore degli  Amedeisti.  —  Milano,  Tip.  Naz.,  1886. 

—  Elenco  delle  zecche  d' Italia  dal  medio  evo  sino  a  noi.  Seconda 
edizione.  —  Como,  Franchi,  1886. 

Murnigotti  ing,  G.  I  nuovi  quartieri  di  Piazza  d'  Armi.  —  Milano  , 
Civelli,  1885. 

Musatti  Eugenio.  Padova  e  i  Padovani.  —  Verona,  Drucker  e  Te- 
deschi, 1880. 

Nardinl-Despotti  Aristide.  Della  nazionalità  architettonica,  saggio 
con    xvn    tavole  in  rame.  —  Firenze,  Tip.  Nazionale  Italiana,  1853. 

Nardini  Despottl  Mignotti  Aristide.  Il  sistema  triscupidalc  e 
la  facciata  del  Duomo  di  Firenze.  —  Livorno,  Vigo,  1871, 

Natalis.  Mythologiae,  si  ve  explicatio  fabularum.  —  Francofurti,  A.Wo- 
chcli,  1596. 

Nava  Ambrogio.  Relaziono  dei  ristauri  intrapresi  alla  gran  guglia 
del  Duomo  di  Milano  nell'anno  1844,  ed  ultimati  nella  primavera 
del  1845.  —  Milano,  Valentini ,  1815. 

—  Memorie  e  documenti  storici  intorno  all'origine,  alle  vicende  ed 
ai  riti  del  Duomo  di  Milano.  —  Milano,  Borroni  e  Scotti,  1854. 

Nava  Domenico.  I  corpi  dei  Santi  Vittore  Mauro  Martire  e  Satiro 
confessore  ;  riposano  in  pace  sotto  Y  aitar  maggiore  della  Basilica 
di  S.  Vittore  al  Corpo.  —  Milano,  Lombardi  ,  1870. 

Negri  Gaetano.  La  religione  e  la  morale  neh'  insegnamento.  Con- 
ferenza. —  Milano,  Trevcs,  1879. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ   STORICA    LOMBARDA.  55 

Negrin  A.  Del  ristauro  della  Loggia  del  Capitano,  ora  residenza  munici- 
pale nella  Piazza  dei  Signori  in  Vicenza.  —  Vicenza,  Parona,  1881. 

—  Tre  fotografie  di  disegni  o  progetti  di  opere  architettoniche  :  — 
Nuova  Chiesa  in  Poleo  di  Schio.  —  Cella  Monumentale  della  la- 
miglia  Rossi  nel  camposanto  di  Schio.  —  Palazzo  Comunale  di 
Arzignano.  —  Fot.  Bignotto-Caponero. 

Nicard  P.  —  V.  Mailer  O. 

Niccolini  (G.  B.).  Lezioni  di  mitologia  ad  uso  degli  artisti.  Voi.  2°. 
—  Firenze,  Barbèra,  1855. 

Novelli  Ettore.  Di  un  busto  di  Torquato  Tasso.  —  Roma,  Tip.  della 
Camera,   1886. 

Nurimberga.  La  galerie  royale  de  tableaux  dans  la  chapelle  de 
S.  Maurice  à  Nurcmberg.  —  Nuremberg,  Schàrtel,  1869. 

Occioni  Onorato.  Marco  Basalti,  discorso.  —  Venezia,  Vicen- 
tini, 1868. 

Odorici  Federico.  Guida  di  Brescia  rapporto  alle  arti  ed  ai  mo- 
numenti antichi  e  moderni.  —  Brescia,  Gilberti ,  1853. 

Okely  W.  Sebastian.  Development  of  Christian  Architecture  in 
Italy.  —  London,  Longman,  1860. 

Pagane  de  Venanzio.  —  V.  Casati. 

Pagani  Gentile.  Alcune  notizie  sulle  carte  da  giuoco  a  Milano  nei 
secoli  scorsi.  —  Como,  Ostinelli,  1882. 

Pagliano  Eleuterio.  Esposizione  Universale  del  1878  in  Parigi.  — 
Relazione,  Dipinti  ad  olio.  Dipinti  diversi  e  disegni.  —  Roma, 
Botta,  1879. 

Palizzi  Filippo.  L' Istituto  di  Belle  Arti  di  Napoli.  Dello  Stato  pre- 
sente, ecc.  Relazione.  —  Napoli,  Stab.  Tip.,  1864. 

Palma  L.  e  L.  Ferri.  Legislazione  scolastica  comparata.  —  Firenze , 
G.  C.  Vansoni,  1875. 


56  ELENCO    DEI    LIBRI     DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 


Palma  Stefano.  Vocabolario  metodico-italiano ,  parte  che  si  rife- 
risce all'agricoltura,  alle  arti  ed  industrie,  che  ne  dipendono.  — 
Milano,  Guglielmini,  1865. 

Pangborn  I.  G.  Picturesque  B.  and  O.  historical  and  descriptive.  — 
Chicago,  Léonard,  1882. 

Panni  Anton-Maria.  Distinto  rapporto  delle  dipinture  che  trovansi 
nelle  Chiese  della  città  e  sobborghi  di  Cremona.  —  Cremona,  Ric- 
chini,  17G2. 

Paravicini  Tito  Vespasiano.  Albo  dell'  Architetto.  —  Milano, 
Rondid,  voi.  2,  1874. 

—  Guida  artistica  di  Milano.  Dintorni  e  Laghi.  —  Milano,  F.  Val- 
lardi,  1881, 

—  L'  ornamentazione  delle  vòlte  del  nostro  Duomo.  —  Estratto  dagli 
Atti  del   Collegio  degli  Ing.  ed  Arch.  —  Milano,  1882. 

Pareto  R.  Dello  stile  barocco  nei  fabbricati  e  nei  monumenti  della 
città  di  Genova.  —  Milano,  Tip.  D.  Salvi,  1857. 

Parker  Théodore.    —    Six  sermons.  —  Paris,  C.  Lambert,  1873. 

Parkes.  (S.  T.  H.)  A  short  study  of  the  Gothic  architecture ,  with 
illustrations.  —  Second  ediction.  —  London,  Winsor  7,  Newton, 
(senza  data). 

Parini  G.  Versi  e  prose ,  con  un  discorso  di  Giuseppe  Giusti.  2'  edi- 
zione, —  Firenze,  Le  Monnier,  1850. 

Pastoris  F.  Relazione  al  quarto  congresso  artistico  italiano  sul  tema: 
«  Come  si  possa  introduri'e  e  svolgere  V  insegnamento  del  disegno 
nelle  classi  elementari  delle  scuole  pubbliche.»  —  Torino,  Tipo- 
grafìa Bona,  1880. 

Peluso  Francesco.  La  chiesa  di  Castiglione  e  le  opere  d'  arte  che 
contiene.  —  Milano,  Brigola,  1874. 

Penei  Emilio.  Omero  e  Dante.  —  Schiller  e  il  dramma.  —  Confe- 
renze. —  Milano,  Dumolard,   1882. 


I 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  57 


Perkins  Charles.  Ghiberti  et  son  école.  —  Paris,  E.  Menard  et 
J.  Augry,  1886  ;  —  (édition  tlrée  a  500  exemplaires). 

Persio  (A.  Fiacco).  Satire.  Traduzione  di  V.  Monti.  —  Milano,  dal 
Genio  tipografico,  1803. 

Petrarca  F.  Rime.  Con  l' interpretazione  di  Giacomo  Leopardi,  3* 
edizione.  —  Firenze,  Le  Monnier,  1851. 

Philo-Junius.  Gli  animali  avanti  il  diluvio.  Prove  di  uno  spettacolo 
mimico- vocale-istrumentale  descritto  da  un  medico  italiano  residente 
in  Turchia.  —  Milano,  G.  Brigola,  1866. 

—  Heine  e  Borne,  OTS'ero  l'umore  in  relazione  con  l'individuo  e  con 
la  società.  Saggi,  —  Milano,  ConadetU,  1865. 

Pirelli.  Piano  regolatore  del  Comune.  —  Relazione  e  proposte  della 
Commissione  nominata  dal  Consiglio  Comunale  nella  tornata  del 
23  febbraio,  1885.  —  Milano,  Tipografia  Bernardoni  di  Rebe- 
^chini,  1885. 

Podesti  Francesco.  A  Raffaele  Sanzio,  Versi.  —  Roma,  Pucci- 
nelli,  1831. 

Poggi  Emilio.  Della  scultura  e  della  pittura  in  Italia  dall'  epoca  di 
Canova  ai  tempi  nostri.  —  Firenze,  Tip.  Toscana,  18G5. 

Poggi  Giuseppe.  Sui  lavori  per  1*  ingrandimento  di  Firenze.  Rela- 
zione 1864-1877.  —  Firenze,  Barbèra,  1882. 

—  Sulla  conservazione  dei  monumenti  architettonici  ed  interessanti 
r  arclieologia.  —  Firenze,  Tip.  Gazzetta  d'Italia,  1876. 

Poggi  Vittorio,  La  Gemma  di  Eutiche.  —  Genova,  Tip,  del  Regio 
Istituto  dei  Sordo-muti,  1884. 

Polizzi  Lorenzo.  Guida  della  città  di  Napoli  e  suoi  dintorni.  — 
Napoli,  G.  Regina,  1876. 

^  Porro  Lambertenghi  Giulio.  Cedex  Diplomaticus  Langobardiaì 
nei  Monumenti  Historioe  Patrioe,  tom.  XIII.  —  Torino,  R.  Tipo- 
grafia, 1873. 


58  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 


Porro  Lambertenghi  Giulio.  Leonardo  da  Vinci.  Libro  di  anno- 
tazioni e  memorie.  —  Milano,  Bortolotli,  1881. 

—  Catalogo  dei  codici  manoscritti  della  Trivulziana.  —  Torino, 
Bocca,  1884. 

Porta  Carlo.  Poesie  milanesi.  —  Milano,  G.  Pirotta,  1817. 

—  Poesie  edite  in  dialetto  milanese  coli'  aggiunta  di  due  componi- 
menti di  Tommaso  Grossi.  —  Italia,  1826. 

Porta  Carlo  e  T.  Grossi.  Poesie  scelte  in  dialetto  milanese.  Edi- 
zione illustrata.  —  Milano,  Guglielmini  e  Redaelli,  1812. 

Portioli  Attilio.  Collegio  e  Chiesa  di  S.  Carlo  in  Mantova.  —  Man- 
tova, Eredi  Segna,  1879. 

—  La  zecca  di  Mantova,  parte  I,  II,  VI  e  VII.  —  Mantova,  Mon- 
dovi,  1879,  80,  82. 

—  Le    vicende    di    Mantova    nel    1796.    —    Mantova,    Segna,  1883. 

—  Le  corporazioni  artiere  e  Y  archivio  della  camera  di  commercio  di 
Mantova.  —  Mantova,  Eredi  Segna,  1884. 

—  V.  Bcrtolotti. 

Pozzone  Giuseppe.  Alcune  poesie.  —  Milano,  Dumolard,  1876. 

Prandi  Gerolamo.  Notizie  storiche  spettanti  la  vita  e  le  opere  di 
Lorenzo  Leonbruno,  insigne  pittore  Mantovano  del  secolo  xvi.  — 
Mantova,  Tip.  Virgiliana,  1825. 

Prina  Benedetto  ed  Elia  Zerbini.  Nel  primo  centenario  di  An- 
gelo Mai,  memorie  e  documenti.  —  Bergamo,  Gaflfuri  e  Gatti,  188?, 

Programm  der  Festlichkeiten  zur  Siebenhundert  Jàhrigen  Jubilàums 
feier,  der  Stadi  Munchen,  von  25  bis  .30  september  1858.  —  Miin- 
chen,  1858. 

PuUé  Leopoldo.  Famiglie  notabili  milanesi  —  Berlini.  —  Milano, 
A.  Vallardi,  1875. 

Quatremere  de  Quincy.  Histoire  de  la  vie  et  dos  ouvrages  de 
Raphael.  —  Paris,  Gosselin,  1824. 


I 


M.r. ATI    ALI.A    SOCIIiTÀ    STORICA    LOMBARDA.  59 

R.  B.  T  musaici  della  Società  musiva  veneziana.  —  Venezia,  Fischer. 

Rabbi  prof.  Carlo  Costanzo.  Sinonimi  ed  aggiunti  italiani,  2  parti. 

—  Parma,  fratelli  Bersi,   1778. 

Raffo  Pier  Battista.  Lo  stile,  la  maniera  del  Correggio.  —  Ge- 
nova, Tip.  del  Commercio,  1880. 

Raiberti.  L'arte  poetica  di  Quinto  Orazio  Fiacco  esposta  in  dialetto 
milanese.  —  Milano,  Sambranico-Vismara ,  1836. 

Ramée  Daniel.  Histoire  generale  de  1*  architecturc ,  2  voi.  —  Paiis, 
Amyot,  1860-1862. 

Ranalli  Ferdinando.  Storia  delle  Belle  Arti  in  Italia.  —  Firenze, 
Società  edita  Fiorentina,  1846. 

Ranzi  Marcello.  Les  Beaux  Arts  Italiens  à  1'  Exposition  Universelle 
de  Paris,  1867.  —  Paris,  Dramard-Baudry ,  1867. 

Ratti  Carlo  Giuseppe.  Istruzione  di  quanto  può  vedersi  di  più 
bello  in  Genova,  in  pittura,  scultura  ed  architettura.  —  Genova, 
I.  Gravier,  1780,  voi.  2. 

Rauchet    abate    Giovanni    e   Ragazzoni  prof.  Innocenzo.    Le 

nuove  scoperte  preistoriche  all'  isolino  nel  lago  di  Varese,  con  tavole. 

Ravaisson  Felix.  Rapport  sur  V  enseignement  du  dessein  dans  les 
licócs.  X.   18  e  19  del  Moniieur  Unioersel.  —  Parigi,  1854. 

Ravaisson-Mollien  Charles.  Les  ccrits  de  LOonard  de  Vinci,  à 
propos  de  la  publication  intégrale  des  douze  manuscrits  inédits  de 
la  bibliothèque  de  1'  Institut.  —  Paris,  Quantin,  1881. 

Raymond  Ludovico.  Le  Belle  Arti  in  Italia    e  le  sue  Accademie. 

—  Torino,  Moretti,  1869. 

Ragazzoni  Innocenzo.  L'  uomo  preistorico  nella  provincia  di  Como. 

—  Como,  C.  P.  Ostinelli,  1878. 

—  Il  museo  archeologico  Garovaglio  in  Loveno.  —  Cenni.  —  Como, 
Ostinelli,  1879. 


60  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 


Regazzoni  Innocenzo.  —  V.  Hauchet. 

Réglements  pour  les  concouvs  aux  grands  prix  de  l'Académio  des 
Beaux  Ai'ts.  —  Paris,  Firmin  Didot,  1854. 

—  de  r  Ecole  Royale  des  Beaux  Aris.   —   Paris,  Imprimerle  Royale, 

MDCCCXLVI. 

Regolamenti  e  discipline  interno  della  R.  Accademia  Albertina  di 
Belle  Arti.  —  Torino,  Zecclii  e  Bona,  1857. 

Regolamento  por  la  Consulta  del  Museo  Patrio  d'  Archeologia  in 
Milano.  —  Milano,  Pirola,  1863. 

Relazione  della  Commissione  per  lo  studio  del  ristauro  della  Gal- 
leria Vittorio  Emanuele  di  Milano.  — •  Milano ,  Tip.-Lit.  degli  Inge- 
gneri ,  188G. 

Relazione  sullo  svolgimento  delle  tre  arti  :  pittura ,  scoltura  od  ar- 
chitettura nelle  provincie  meridionali  d'Italia  dal  1777  sino  al  18G2. 

—  Napoli,  F.  Giannini,  1862. 

Rembadi  Domenico.  La  Madonna  del  Libro,  quadretto  in  tavola 
di   Raffaello    Sanzio,    da    Urbino.    —    Firenze,    G.    Mariani,  1873. 

Reymond  William.  Histoire  de  l'art.    —    Lausanne,  Howard  De- 

lisle,  1874. 

Riccardi  Giuseppe.    Intorno  a  Leonardo  da  Vinci,  studio  storico. 

—  Milano,  4  settembre,  1872.  —  Milano,  Alberti,  1872. 

Rich  Anthony.  Dictionnaire  des  antiquités  romaines  et  grecques. 
Traduit  de  1' anglais  par  M.  Chérnel.  —  Paris,  Imprimerle  de  l'In- 
stitut,  1861. 

—  Dizionario  delle  antichità  greche  e  romane.  Opera  tradotta  dal- 
l' inglese  sotto  la  direzione  di  Ruggero  Bonghi  e  Giuseppe  Del  Re, 
con  supplemento  di  Giuseppe  Fiorelli.  —  Milano,  a  spese  dell'Edi- 
tore, 1869,  voi.   2. 

Ridolfi  Enrico.  Diporti  artistici.  —  Lucca,  Giusti,  1872, 

Rio  A.  F.  De  la  poesie  chrétienne    dans    son  principe,  dans  sa  ma- 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  61 


ticrc,  et  dans  scs  formcs  :    Forme    de   l'art  —  peinture.  •*-  Pari<;, 
Dchécourt,   1836. 

Rio  A.  F.  Leonardo  da  Vinci  e  la  sua  scuola.  Prima  traduzione  con 
note  di  V.  G.  De  Castro.  —  Milano,  Brasca,  1856. 

Riolo  Rosario.  Della  necessità  di  conservare  gli  antichi  musaici 
della  Sicilia,  del  modo  di  provvedervi,  e  della  scuola  del  musaico 
in  Palermo.  —  Palermo,  F.  Gilibcrti,  1873. 

Ristori  G.  B.  Nuova  guida  della  città  di  Arezzo.  —  Firenze,  M.  Cel- 
lini,  1871. 

Rivista  archeologica  della  provincia  di  Como,  serie  completa.  — 
Como,  Franchi,  e  Milano,  Bortolotti ,  1872-1887. 

Rizzi  Giovanni  ed  altri.  Notizie  intorno  la  Chiesa  ed  il  con- 
vento della  Pace  ,  ora  riformatorio  Marchiondi ,  e  circa  le  pitture 
che  vi  si  trovavano  nel  secolo  xv  e  xvi.  —  Milano,  Tipografia  del 
Riformatorio,  1885. 

Robinson  J.  C.  South  Kensington  Museum.  A  descriptivc  cata- 
logue,  ecc.  :  Italian  Sculpture  of  the  Middle  Ages  and  Period  of 
the  Revival  of  Art.  —  London,  Chapmann  and  Hall,  1862. 

Romani  Luigi.  Teatro  alla  Scala.  —  Cronologia  di  tutti  gli  spetta- 
coli rappresentati  in  questo  dal  giorno  del  suo  apparimento  all'  au- 
tunno 1862.  —  Milano,  G.  Pirola,  1862. 

Romussi  Carlo.  Milano  nei  suoi  monumenti.  —  Milano,  A.  San- 
vito,  187.5. 

Rondani  Alberto.  Scritti  d'arte.  —  Parma,  P.  Grazioli,  1874. 

Rosa  Gabriele.  Relazione  dei  Membri  della  Commissione  per  la 
conservazione  dei  Monumenti  ed  Archivii  della  Provincia  di  Brescia, 
letta  al  Consiglio  Provinciale  nella  sessione  ordinaria  del  1872.  — 
Brescia,  La  Sentinella,  1872. 

Rosa  Salvatore.  Satire,  odi  e  lettere  illustrate  da  G.  Carducci,  — 
Firenze,  Barbèra,  1860. 


62         ELENCO  DEI  LIBRI  DAL  DEFUNTO  PROF.  MONGERI 


Rosa  Salvatore.  Abbozzi  di  Poesie.  —  Edizione  di  110  esemplari, 
N.  93.  —  Napoli,  G.  De  Angelis,  1876. 

Rosaio  D.  Considerazioni  intorno  alle  Belle  Arti  ed  alla  influenza 
esercitata  su  queste  dalle  Accademie  e  dalle  Società  promotrici.  — 
Torino,  Tip.  del  C.  Cavour,  (senza  data). 

Rosenheim  (de)  Ferdinando.  Poche  parole  in  morte  dell'architetto 
Comm.  Errico  Ah'ino.  —  Napoli,  De  Angelis,  1876. 

Rosmini  Enrico.  Notizie  intorno  la  chiesa  e  il  convento  della  Pace, 
e  circa  le  pitture  che  vi  si  trovavano  nel  secolo  xv  e  xvi.  — 
Milano,  Tip.  del  Riformatorio,  1885. 

—  V.  RiszL 

Rossi  Adamo.  Galeazzo  Alessi,  architetto  perugino.  Memorie  attinte 
dai    patrii    scrittori    ed    archivi.    —    Perugia,  Boncompagni,  1873. 

Rossi  Francesco  Maria.  Ci-onaca  dei  ristauri  e  delle  scoperte  fatto 
nell'insigne  Basilica  di  S.  Ambrogio  dall'anno  1857  al  1876.  —Milano, 
Tip.  S.  Giuseppe,  1881. 

Rossi  Giuseppe  Maria.  Nuova  guida  di  Verona  e  della  sua  Pro- 
vincia. —  Verona,  a  spese  dell'Autore,  1854. 

Rossi  Scotti  Gio.  Batta.  Guida  illustrata  di  Perugia.  —  Perugia, 
G.  Boncompagni,  1878. 

Rotta  Paolo.  Il  trasporto  dell'Arca  di  S.  Pietro  Martire  effettuato 
nell'anno  1875  entro  la  Cappella  di  Michelozzo,  annessa  alla  Basi- 
lica Eustorgiana  in  Milano.  —  Milano,  A.  Lombardi,  1876. 

—  Del  primo  fonte  battesimale  in  Milano,  detto  Fonte  di  S.  Bar- 
naba. —  Milano,  A.  Lombardi,  1879. 

—  Memoria  sui  Re  Magi  nella  Basilica  di  S.  Eustorgio  in  Milano.-  — 
Milano,  Lombardi. 

—  Cenni  illustrativi  intorno  all'  antica  Basilica  di  S.  Vincenzo  In  Prato 
in  Milano.  —  Milano,  Lombardi,  1880. 

—  Sulle  sette  antiche  Basiliche  stazionali  di  Milano  ;  cenni  storici  ed 
illustrativi.    —    Milano,    Tip.    del    Riformatorio    Patronato,  1881. 


I 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  63 


Rotta  Paolo.  Sullo    sette   antiche    Basiliche    stazionali    di    Milano  : 

—  I....  —  II.  S.  Ambrogio.  —  III.  S.  Nazaro  o  Santi  Apostoli.  — 
IV.  San  Lorenzo.  —  V.  S.  Stefano.  —  VI.  S  Simpliciano.  — 
VII.  S.  Vittore,  detta  Basilica  porziana.  —  Cenni  storici  ed  illu- 
strativi. —  Milano,  Tip.  del  Riformatorio  Patronato,  188.. .-1884. 

—  Cronaca  annuale  dei  ristauri  e  delle  scoperte  della  Basilica  di 
S.  Eustorgio  in  Milano  dall'anno  1862  in  avanti,  con  appendice 
sui  fasti  memorabili  della  Basilica.  —  Milano,  Tipografia  del  Pa- 
tronato, 1886. 

Rougé  (de)  Emanuel.  Notice  sommaire  des  monuments  Egyptiens, 
exposus  dans  Ics  galeries  du  Musèo  du  Louvre.  —  Paris,  C.  De 
Mourgues,  1876. 

Rovere  Clemente.  Descrizione  del  R.  Palazzo  di  Torino.  —  To- 
rino, Botta,  1858. 

Rovida  Cesare  —  V.  Canta  C. 

Rusconi  Alberto.  I  Registri  e  i  Documenti  dell'  Ai'chivio  della  fa- 
miglia Rusconi  di  Lucerna,  con  dissertazione  storica,  del  prof.  Luigi 
Liìtolf.  —  Como,  F.  Ostinelli,  1879. 

Rusconi  Antonio.  Il  lago  d'Orta,    sua  riviera  e  i  dittici  novaresi. 

—  Torino,  Tip.  Legale,  1880. 

—  I  dittici  novaresi.  —  Torino,  Tip.  Legale,  mdccclxxx. 

Sacoardo.  La  Basilica  di  S.  Marco  in  Venezia  nel  suo  passato  e  nel  suo 
avvenire.  —  Venezia,  Tip.  dell'Immacolata,    mdccclxxxui 

Sacchi  Archimede.  L'economia  del  fabbricare,  stime  di  precisione 
e  di  confronto,  analisi  di  prezzi  di  produzione,  appalti,  condotta  e 
direzione  dei  lavori.  —  Milano,  G.  Bernardoni,  1878-79,  voi.  2. 

—  Le  Abitazioni,  alberghi,  case  operaie,  fabbriche  rurali,  case  civili, 
palazzi  e  ville.  —  Milano,  G.  Bernardoni,  1878,  voi.  2. 

Sacchi  Defendente.  Descrizione  del  Monumento  di  S,  Agostino, 
conservato  nella  cattedrale  di  Pavia,  con  incisioni  del  Ferreri.  — 
Milano,  Tip.  di  S.  Giuseppe,  1879. 


64  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERl 

Sacchi  Federico.  Notizie  pittoriche  Cremonesi.  —  Cremona,  Ronzi 
e  Signori,  1872. 

Sacchi  Giuseppe.  Gli  archi  di  Porta  Nuova  in  Milano,  illustrati.  — 
Milano,  Stab.  degli  Annali  Univers.  della  Se.  e  della  Ind.,   1856. 

—  Rapporto  della  Commissione  stat'a  eletta  dalla  Sezione  Economica 
della  Società  di  Incoraggiamento  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti,  relati- 
vamente al  progetto  di  regolamento  per  l'Istituzione  di  una  Società 
Artistico-Lombardo- Veneta,  allo  scopo  di  incoraggiare  e  favorire  lo 
sviluppo  dell'arte  in  Itaha.  —  Milano,  1858. 

Sacchi  Luigi.  Comunicazione  fatta  alla  Società  degli  artisti  di  Milano, 
in  una  conferenza  destinata  ad  indagare  se  al  mighore  sviluppo  delle 
arti  possa  piuttosto  convenire  il  mezzo  dei  concorsi,  oppure  il  libero 
acquisto    delle    opere  stesse.    —  Milano,   Guglielmini  (senza   data). 

—  Studi  intorno  alla  storia  civile  delle  arti  belle  in  Italia.  —  Milano, 
Guglielmini,  1856. 

Sacken  E.  (von).  Stili  di  architettura,  versione  con  note  ed  aggiunte 
di  Riccardo  Brayda.  —  Torino,  Loescher,  1879. 

Saint-Pierre  (De)  Bernardin.  Paul  et  Virginio.  —  Paris ,  L. 
Curmer,  1838. 

Salazaro  Demetrio.  Sul  riordinamento  della  Pinacoteca  del  Musco 
Nazionale.  Rapporto    al  Comm.  E.   Fiorelli.  —  Napoli,  Ghie,  1866. 

—  Conclusioni  sulla  architettura  classica  e  quella  del  Medio-Evo.  — 
Napoli,  Tip.  S.  Pietro  a  Maiella,  1875. 

—  Sulla  coltura  artistica  dell' Italia  Meridionale  dal  iv  al  xiii  secolo.  — 
Napoli,  Fibreno,  1877. 

—  Pensieri  artistici.  —  Napoli,  Tip.  S,  Pietro  a  Maiella,  1877. 

—  L'arco  di  trionfo  con  le  torri  di  Federico  II  a  Capua.  Notizie  sto- 
rico-artistiche. —  Caserta,  Nobile,  1877. 

—  Brevi  considerazioni  sugli  affreschi  del  monastero  di  Donna  Regina 
del  XIII  secolo.  —  Napoli,  Tip.  S.  Pietro  a  Maiella,  1877. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  65 

Salazaro  Demetrio.  Poche  parole  dette  sul  Sepolcro  di  Luigi  Van- 

vitolli.  —  Caserta,  Nobile,  1870. 

—  Pietro  Cavallini  pitt. ,  se.  ed  arch.  romano  del  xin  secolo.  Nota 
storica.  —  Napoli,  Tip.  dell' Univ.,  1882. 

—  Catalogne  of  the  national  Gallery.  —  Naples,  Ghio,  1867. 

Saldarini  ing.  Eugenio.  L' Oratorio  di  S.  Ambrogio  a  Sulbiate 
Inferiore  in  Lombardia.  —  Milano,  Tip.  degli  Ing.,  1880. 

Saltini  Guglielmo  Enrico.  Le  arti  belle  in  Toscana  da  mezzo  il 
secolo  xvni  ai  di  nostri.  Fuori  di  commercio.  —  Firenze,  Le 
Monnier,  1862. 

—  Guida  di  Firenze  e  suoi  contorni.  —  Firenze,  Bottini. 

Sanasi  prof.  Tomaso.  Storia  delP  antica  Grecia.  2'  edizione ,  Vo- 
lumi 2.  —  Firenze,  Sansoni,  1875. 

Sangiorgio  prof.  Gaetano.  Primi  scritti.  —  Milano,  F,  Menozzi,  1879. 

—  Carlo    Belgioioso.  Commemorazione.    —  Milano,  Bortolotti ,  1881. 

—  Inaugurazione  in  Brera  (T  Giugno  1882)  del  monumento  allo  scul- 
tore Abbondio  Sangiorgio.  —  Milano,  Lombardi,  1882. 

Sarfatti  Attilio.  San  Marco  ;  conferenza  tenuta  il  27  luglio  1 882  , 
all'Ateneo  Veneto.  —  Venezia,  Owgania,  1883. 

Sassi  Daniele.  Il  Palazzo  Carignano.  Ricordi  storici.  Estr.  Filo^ 
tecnico,  I,  1.  —  Torino,  Derossi,  1879. 

Scaramuccia  Luigi.  Le  finezze  dei  pennelli  italiani.  —  Pavia, 
G.  A.  Magri,  1674. 

Schiaparelli  G.  V.  Il  movimento  dei  poli  di  rotazione  sulla  super- 
ficie del  globo.  —  Torino,  G.  Candeletti,  1883. 

Schiller  (F.).  Storia  della  rivoluzione  dei  Paesi  Bassi  sotto  il  regno 
di  Filippo  II.  -   Torino,  Pomba,  1852. 

Schliemann  (Henri),  Antiquitcj  troyenne-j.  Rapport  sur  les  fouilles 

5 


66  ELENCO    DEI    LIB«I    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 


de  Troie,    Trad.  de    l' allemand    par  Alexandre  Rizos   Rangabé.  — 
Leipzig,  Brockhaus.  —  Paris,  Maisonneuse,  1874. 

Schmit  I.  P.  Nouveau  manuel  complet  de  V  architecte  des  monuments 
religieux.  —  Paris,  Roret,  1845. 

—  Atlas  complet  du  manuel  de  1'  architecte  des  monuments  religieux. 

Schorn.  —  V.  Klcnse. 

Schreiber  Guido.  Il  disegno  lineare.  Corso  pratico  per  artisti  e 
industriali.  Versione  italiana  riveduta  e  corretta  da  Carlo  Felice  Bi- 
scarra.  —  Torino,  E.  Loescher,  1872. 

Schulz  Frederio  John.  Newest  Guide  through  Prague.  —  Praguo, 
Calve'  s  imp.  royal  university  library,  1869. 

Sebregondi  Francesco.  Carlo  Barbiano  di  Belgloioso.  —  Milano, 
Lombardi,  1882. 

Secco-Suardo  Giovanni.  Manuale  ragionato  per  la  parte  mecca- 
nica dell'  arte  del  ristauratore  dei  dipinti.  —  Milano,  P.  Agnelli,  1806. 

Seidlitz  W.  V.  Bramante  in  Mailand,  —  London,  1887. 

Selstti  Emilio.  Commemorazioni  del  pittore  Stefano  Bareggi  da 
Busseto.  —  Milano,  Colombo,  1859. 

—  Appendice  documentata  alla  commemorazione  del  pittore  Stefano 
Bareggi  da  Busseto.  —  Milano,  Colombo,  1859. 

. —  Parole  lette  sulla  tomba  del  conte  Massimiliano  Cesare  Stampa, 
marchese  di  Soncino.  —  Milano,  Tip.  degli  Ingegneri,  1876. 

—  Inscrizioni  alla  memoria  di  alcuni  personaggi  dell'  illustre  casato 
dei  Conti  Stampa  Marchesi  di  Soncino.  —  Milano,  Tip.  Ed.  Lom- 
barda, 1877. 

—  La  città  di  Busseto  capitale  un  tempo  dello  Stato  Pallavicino.  — 
Milano,  L.  Bortolotti,  1883,  voi.  3. 

—  Scrittura  del  Questore  Casnedi  al  Gran  Duca  per  li  soccorsi  alldr 
Stato  di  Milano.  —  Milano,  Tip.  Bortolotti,  1884. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  67 


Selvatico  Pietro.  Sulla  architettura  e  sulla  scultura  in  Venezia  dal 
Medio  Evo  sino  ai  nostri  giorni.  Studi.  —  Venezia,  Ripamonti 
Carpano,  1847. 

—  Storia  estetico-critica  delle  arti  del  disegno,  ovvero  1'  architettura, 
la  pittura  e  la  statuaria  considerate  nelle  relazioni  fra  loro  e  negli 
svolgimenti  storici,  estetici  e  tecnici.  2  volumi.  —  Venezia,  Nara- 
tovich,  1852-1856. 

—  Catalogo  delle  opere  d'  arte  contenute  nelle  sale  delle  sedute  del- 
l' I.  R.  Accademia  di  Venezia.  —  Venezia,  Naratovich,  1855. 

—  Suir  insegnamento  libero  nelle  arti  del  disegno,  surrogato  alle  Ac- 
cademie. —  Venezia,  Tip.  del  Commercio,  1858. 

—  Intorno  alle  condizioni  presenti  delle  arti  del  disegno,  ecc.  —  Ve- 
nezia, Naratovich,  1858. 

—  Gli  ammaestramenti  delle  arti  del  disegno  nelle  Accademie  e  nelle 
officine,  esaminati,  ecc.   —  Venezia,  Tip,  del  Commercio,  1859, 

—  Sulla  condizione  attuale  del  palazzo  pubblico  di  Piacenza,  e  sui 
modi  di  restaurarlo.  —  Piacenza,  Del  Maino,  1862. 

—  Le  condiiioni  dell'  odierna  pittura  storica  e  sacra  in  Italia,  rintrac- 
ciate nella  Esposizione  Nazionale,  seguita  in  Firenze,  nel  1861.  — 
Padova,  Antonelli,  1862. 

—  Arte  ed  artisti.  —  Padova,  Sacchetto,  1863. 

—  Arte  ed  artisti.  Racconti  e  studi.  —  Padova,  Lib.  Sacchetto,  1863. 

—  Guida  di  Padova  e  dei  suoi  principali  contorni.  —  Padova,  F.  Sac_ 
chetto,  1869. 

—  Doveri  dei  Municipi  Italia  ni  rispetto  alle  opere  d'  arte  esposte  al 
pubblico.  —  Padova,  F.  Sacchetto,  1869. 

—  L' insegnamento  artistico  nelle  Accademie  di  Belle  Arti  e  nelle 
scuole  ed  Istituti  tecnici  del  Regno  d'Italia.  —  Padova,  Sacchetto,  1869 

—  L'arte  nella  vita  degU  artisti.  —  Firenze,  Barbèra,  1870. 

—  Di  un  migliore    avviamento  necessario    agli  insegnamenti    pubblici 


68  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 


dell'architettura  in  Italia.  —  Memoria.  —  Estr.  Atti  del  R.  Ist.  Veneto 
di  Scienze,  Lettere   ed  Arti.  —  Venezia,  Antonelli,    1871. 

Selvatico  Pietro.  Il  disegno  elementare  e  superiore  ad  uso  delle 
scuole  pubbliche  e  private  d'Italia.  —  Padova,  Tipografia  F,  Sac- 
chetto, 1872. 

—  Relazione  dello  scavo  eseguito  dal  Municipio  di  Padova  su  la  piaz- 
zetta   Pedrocchi,  Testate    dell'anno   1877,  con  tavole.    —  Padova, 

Tip.  alla  Minerva,  1878. 

—  Le  arti  del  disegno  in  Italia.  Storia  e  critica.  Parte  I  :  L'Arte  An- 
tica, —  Milano,  Dott.  F.  Vallardi,  18.... 

Selvatico  Pietro  e  V.  Lazari.  Guida  di  Venezia  e  delle  isole 
circonvicine.  —  Milano,  P.  Ripamonti  Carpano,  1852. 

Selvatico  Pietro  ed  altri.  Monumenti  artistici  e  .storici  delle  Pro- 
vincie Venete.  —  Milano,  R.  Stamperia,  1859, 

Seroux  d'Agincourt  G.  B.  Storia  dell'  arte  dimostrata  coi  monu- 
menti dalla  sua  decadenza  nel  iv  secolo  fino  al  suo  risorgimento 
nel  XVI,  tradotta  ed  illustrata  da  S,  Ticozzi,  —  Prato,  Giachetti, 
1826-28,  voi.  6. 

S.  L.  (Setticelli  Luigi.)  Sguardo  storico  sulla  facciata  del  Duomo  di  Fi- 
renze e  considerazioni  relative  ai  concorsi  e  giudizi  emessi  sui  pro- 
getti presentati  negli  anni  1863,  1864,  1867.  —  Firenze,  Tip.  Eco- 
nomica, 1872. 

Seubert  (A.).  Allgemeines.  Kùnstlerlexikon  oder  Leben  &  Werke  dor 
beriihwtesten  hildenden  Kùnstler.  2.  Auflage.  —  Stuttgart,  Ebner 
&  Seubert,  voi.  3,  1878-1879. 

Sìnibaldi  Lorenzo.  Guida  di  Spoleto  e  suoi  dintorni,  —  Spoleto, 
Bassoni,  1873. 

Siret  Adolphe.  Dictionnaire  historique  des  peintres.  2®  édition.  — 
Paris,  A.  Lacroix,  1866, 

Soldi  Emile.  L*  art  et  ses  procéd«^s  dans  l' antiquité,  —  L'  art  Egyp- 
tien  d'après  les  dernières  découvertes.  Ed,  ili,  —  Paris,  Leroux,  1879. 


I 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  G9 

Solferino.  La  spia  d'Italia.  —  Mantova,  Mondovi,  1883, 

Somerville  Mary.  Geografìa  fisica,  traduzione  di  E.  Pepoli.  — 
Firenze,  Barbèra,  1856,  voi.  2. 

Sorniani  Nicolò.  De' passeggi  storico-topografico-critici  nella  città, 
indi  nella  diocesi  di  Milano.  —  Milano,  P.  F.  Matetesta ,  1751  , 
volumi  3. 

Soster  Bartolomeo.  Dei  principi  tradizionali  delle  arti  figurative  e 
dei  falsi  criteri  d' oggidì  intorno  alle  arti  medesime.  —  Milano, 
Rechiedei,  1873. 

Spinelli  A.  G.  Ricerche  spettanti  a  Sesto  Calende.  —  Milano,  G.  Ci- 
velli,  1880. 

—  Lettere  di  Carlo  Goldoni  e  di  Girolamo  Medebach  al  conte  Antonio 
Arconati- Visconti.  —  Milano,  G.  Civelli,  1882. 

—  Notizie  intorno  a  Bernabò  De  Sanctis  di  Urbino  (1478).  —  Milano, 
G.  Civelli,  1883. 

Springer  Anton.  Textbach  zu  den  Kunsthistorischen  Bilderbogen. 
2.  Verbesserte  Auflage.  —  Leipzig,  Seemara,  1881. 

S.  S.  Alessandro  Manzoni,  la  sua  famiglia,  i  suoi  amici.  —  Milano, 
C.  Rebeschini,  1885. 

Stampa  Stefano.  Giulio  Carcano,  ricordi  del  1"*  settembre  1884.  — 
Milano,  Tip.  Bernardoni  di  C.  Rebeschini,   1884. 

Statuti  della  Reale  Accademia  Albertina  di  Belle  Arti  approvati  da 
S.  M.  il  12  ottobre  1856.  —  Torino,  Zecchi  e  Bona,  1856. 

Statuti  delle  Accademie  di  Belle  Arti,  di  Roma  e  Firenze.  N,'  309, 
312,  322  e  325  della  Gassetta  Ufficiale  del  Regno  d'Italia,  1873. 

Statuti,  regolamenti,  ecc.,  di  R.  Accademie,  Scavi,  ecc.,  5  fascio. 
Statuti  e  piano    disciplinare    per  le    Accademie    Nazionali    di    Belle 


70        ELENCO  DEI  LIBRI  DAL  DEFUNTO  PROF.  MONGERI 

arti  approvati  con  Decreto  del  Vice-Presidente.  1"  settembre  1883, 
anno  II,  Repubblica  italiana,  presso  Luigi  Veladini,  stampatore 
nazionale. 

Statuto  della  Reale  Parmense  Accademia  di  Belle  Arti.  —  Parma. 
Tip.  Reale,  1856. 

Statuto  della  R.  Accademia  delle  Arti  del  disegno,  in  Firenze.  — 
Firenze,  Stamp.  Reale,  1860. 

Statuto  dell'  Istituto  di  Belle  Arti  delle  Marche,  fondato  in  Urbino  , 
ed  elenco  dei  professori  e  soci  onorari,  nominati  dal  corpo  acca- 
demico. —  Urbino,  Rocchetti,  1865. 

Statuto  e  regolamenti  della  Regia  Accademia  di  Londra  (mano- 
scritto). 

Suardi  Bartolomeo.  —  V,  Bramantino. 

Sugana  conte  Giuseppe.  Notizie  storico-artistiche  sui  primari  pa- 
lazzi principeschi  d'Italia,  — ■  Firenze,  Tip.  Cenniniana,  1871. 

Summerly  Felix.  (Sir  Henry  Cole).  A  complete  Hand-book  to 
Hampton  Court,  with  ili.  —  London,  Bell,  1887. 

Symonds  John  Addington.  Il  rinascimento  in  Italia.  Lo  belle 
arti.  Traduzione  di  Sofia  Fortini  Santarelli.  —  Firenze,  Le  Mou- 
nier, 1879. 

Tagliasacchi.  Progetti  di  nuovo  quartiere  in  piazza  d'  armi  e  piazza 
castello.  —  Relazione  della  Giunta  Comunale  al  Consiglio  con  allegati. 
—  Milano,  Pirola,  1884. 

Taine  H.  Philosophie  de  l'art.  —  Paris,  G.  Baillière,  1865. 

Talini  Pietro.  Scritti  di  storia  e  d'arte.  —Milano,  Dumolard,  1881 

Tamburini  Augusto.  Ferrara  e  1'  arte  del  Niello.  —  Appunti  con 
ritratto  di  Filippo  Pasini.  —  Pisa,   Tip.  Cappelli,  1884. 


I 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  71 


Teglio  Giuseppe.  Notizie  biografiche  dei  celebri  artisti  che  illustra- 
lono  la  famiglia  Carloni  di  Como.  —  Como,  Ostinelli,  1847. 

Tenenti  Ambrogio.  Ventagli.  —  Milano,  Agnelli,    1881. 

Thénot.  Les  règles  de  la  perspective  pratique  mises  à  la  portée  de 
toutes  les  intelligences  et  indispensable  pour  1'  elude  du  dessein  en 
general.  —  Paris,  Danlos, 

Thierriat  Augustin.  Notice  des  taUeaux  exposés  dans  la  grande 
(ialerie  du  Museo  de  Lyon.  —  Lyon,  Perrin,  1856. 

Tiraboschi  Antonio.  Notizie  storiche  intorno  alla  Civica  Biblioteca 
di  Bergamo.  —  Bergamo,  Gaffuri  e  Gatti,  1880. 

Tolomei  Antonio.  La  Chiesa  di  Giotto  nell'Arena  di  Padova.  — 
Padova,  Salmin,  1880. 

Torlonia.  Discorso  pronunciato  alla  inaugurazione  «Iella  prima  Espo- 
sizione di  Belle  Arti  in  Roma.  —  Roma,  Bencini,  1883. 

Torteroli  Tommaso.  Scritti  letterari.  —  Savona,  Tipografia  Sam- 
l)olino,  1859. 

Treozzi  Stefano.  Dizionario  degli  architetti,  scultori,  pittori,  ecc. 
Voi.  4.  —  Milano,  Schiepattr.  Nervetti,  1830-18.33. 

Uzìelli  Gustavo.  Ricerche  intorno  a  Leonardo  da  Vinci,  —  Fi- 
renze, G.  Pellas,  1872. 

Vachon  Marius.  Les  artistes  célèbres.  Jacques  Callot.  —  Paris, 
Libr.  de  l'Art,  1886. 

Vaffier  L.  Histoire  de  la  statuaire.  —  Paris,  Beauvais,  1862. 

Valbusa.  —  V.  Burckhardt. 

Valéry  M.  Voyages  historiques  et  littéraires  en  Italie  pendant  los 
années  182G,  1827  et  1828.  —  Bruxelles,  L.  Haumen,  1835. 


72  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PROF.    MONGERI 

Vallardi  Giuseppe.  Disegni  di  Leonardo  da  Vinci,  posseduti  da 
Giuseppe  Vallardi  e  dal  medesimo  descritti  ed  in  parte  illustrati 
(con  2  incisioni).  —  Milano,  mdccclv,  ediz.  di  100  es. 

Vallardi  Luigi  Giuseppe.  Di  una  meno  erronea  epigrafe  da  col- 
locarsi sopra  gli  archi  di  Porta  Nuova.  Memoria.  —  Milano,  Tipo- 
grafia Lett.,  1869, 

Van  Lérius  Thédore.  Catalogue  du  Musée  d'Anvers.  —  Anvers  , 
J.  Plasvy,  1874. 

t 
Varallo.  Guida   divota  e  popolare  del    Sacro  Monte  di  Varallo    con 

incisioni.  —  Vercelli,  F.  Guidetti,  1881. 

Vasari  Giorgio.  Le  vite  de' più  eccellenti  pittori,  scultori  e  archi- 
tetti. —  Firenze,  Le  Monnier,  1846-70,  voi.  XIV, 

—  Vita  di  Galeazzo  Alessi ,  architetto  perugino,  con  note.  —  Perugia 
Boncompagni,  1873. 

Venosta  Felice.  Milano  e  le  sue  vie.  —  Milano,  G.  Messaggi,  1867, 
voi.  2. 

—  Milano  ed  i  suoi  dintorni.  Laghi,  Brianza  e  Certosa  di  Pavia.  — 
Milano,  GugUelmini,  1871. 

Ventura  Giovanni.  Poesie  Milanesi  e  italiane.  —  Firenze,  Fu- 
magalli, 1844. 

—  Poesie  milanesi  e  italiane.  Nuova  edizione,  con  prefazione  di  Achille 
Mauri.  —  Milano,  F.  Vallardi,  1859. 

Venturi  Adolfo.  Un  ignoto  gruppo  marmoreo  di  Cristoforo  Solari. 
—  Modena,  Toschi,  1883. 

Verga  Andrea.  La  sovranità  del  sistema  nervoso  nell'  organismo 
umano.  —  Milano,  N.  Battezzati,  1875. 

Verri  Pietro  ed  Alessandro.  —  V.  Casati. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  73 

Vescovi  prof.  R.  —  V.  Giovenale. 

Vesta-Verde.  Il  nipote  del  Vesta- Verde,  strenna  popolare  per  gli 
anni  1848,  50,  51,  52,  54,  55,  56,  58,  59.  —  Milano,  F.  Val- 
lardi,  voi.  9. 

Viardot  Louis.  Les  Musée  d' Italie ,  guide  et  memento  de  l' artiste 
et  du  voyageur.  —  Paris,  Cossau,  1852. 

—  Comment  faut-il  encourager  les  Arts.  —  Paris ,  Imprimerie  J.  Re- 
nouard,  1861. 

—  Les  merveilles  de  la  Pelature.  —  Paris,  Impr.  S.  Racon,  1870-72, 
volumi  2. 

—  Les  merveilles  de  la  Sculpture.  —  Paris,  S.  Ragon,  1872. 

Vignati  Cesare.  Statuti  vecchi  di  Lodi.  —  Milano,  Bortolotti,  1884. 
—  Edizione  di  100  esemplari  fuori  di  commercio. 

—  Commemorazione    di    Francesco    Robolotti.    —    Torino,    Paravia, 

MDCCCLXXXVI. 

Vignoli  Tito.  Delle  condizioni  intellettuali  d'Italia.  —  Milano,  Du- 
molard,  1877. 

—  Relazione  intorno  al  disegno  d' isolamento  della  Basilica  di  S.  Am- 
brogio in  Milano.  —  Milano,  Tip.  dell'Ordine,  1883. 

Vigoni  Giulio.  Le  costruzioni  dell'  Esposizione  Nazionale  di  Milano 
nel  1881.  —  Milano,  Tip.  degli  Ingegneri,  1882. 

Villari  Pasquale.  La  Repubblica  fiorentina  al  tempo  di  Dante  Ali- 
ghieri. —  Firenze,  Nuoca  Antologia,  1869. 

Villot  Fréderic,  Notice  des  peintures,  sculptures,  gravures  et  li- 
thographies  de  l'école  moderne  de  France,  exposées  dans  les  galerie 


74  ELENCO    DEI    LIBRI    DAL    DEFUNTO    PFiOF.    MONGERI 


du  Musée  Imperiai  du  Luxembourg.    —    Paris,  Imprim.  De  Mour- 
gues,  1855. 

V.Ulot  Fréderic.  Notice  dcs  tableaux  exposés  dans  les  galeries  du 
Musée  National  du  Louvre.  1*100108  Allemaudc,  Flamande  et  Hol- 
landaisc,  —  Paris,  C.  De  Mourgues,  1881.  • 

—  Notice  des  tableaux  exposés  dans  les  galeries  du  Musée  Imperiai 
du  Louvres.  —  Paris,  Impr.  des  Musées  Impériaux,  1857. 

Vinci  (da)  Léonard.  Traité  de  la  peinture.  —  Paris,  P.  F.  Tiif- 
fart,  1716. 

—  Trattato  della  pittura.  —  Milano,  Classici  Italiani,  1804. 

Viollet  Le  Due  E.  Intervention  de  1'  État  dans  V  enseignement  des 
beaux-arts.  —  Paris,  L.  Toinon,  1864. 

Volta  Zanino.  Circa  due  quadri  importanti  che  appartennero  alla 
Certosa  di  Pavia.  —  Como,  A.  Giorgetti,  1881. 

Vosmaer  C.  Rembrandt  Harmens    van  Rijn.    Sa  vie  et  ses  oeuvrcs, 

—  La  Haye,  Martinus  Nijhoff,  1868. 

VVaageu  G.  F.  Kònigliche  Museen.  Verzeichriss  der  Gemàlde  — 
Sammlong.  14.  Auflagc.  —  Berlin,  Kuhn,  1860. 

—  Manuel  de  1' histoire  de  la  peinture.  Ecoles  allemande,  flamande 
et  hoUandaise.  Traductions  par  M.  M.  Hymans  et  J.  Petit.  Voi.  3''. 

—  Bruxelles,  C.  Mugnardt,  1863. 

Weg  Francesco.  I  Musei  del  Vaticano.  —  Milano ,  Tipografia 
Treves,  1874. 

Winkelmann  G.  Storia  delle  arti  del  disegno  presso  gli  antichi. 
Traduzione  dell'abate  Carlo  Fea.  3  voi.  —  Roma,  Pagliarini, 
1783-84. 


LEGATI    ALLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA.  75 

Zambelli  prof.  Pietro.    Della  vita  e  delle  opere  di  Gaudenzio  Fer- 
rari. Ragionamento,  ecc.  —  Novara,  Miglio,  1869. 

Zanca  cav.  ing.  Antonio    e   Mongeri    prof.   cav.   Giuseppe.  In 

morte    dell' ing.    arch.    Giuseppe    Balzaretti,   commemorazioni  con 
ritratti.  —  Milano,  Tip.  e  Lit.  degli  Ing,,  1874. 

Zanella  Giacomo.  Vita  di  Andrea  Palladio.  —:  Milano,  U.  Hoeplì,  1880. 

Zanetti    Francesco.    Il    nuovo    giardino    di    Milano    con  tavole  e 
figure.  —  Milano,  Zanetti,   1869. 

Zanetti  Vincenzo.    Prima   riproduzione    di    vetri    Fenicii  eseguita 
dalla   Compagnia    Venezia    Murano.    —    Venezia,    Fontana,  1881. 

Zerbini  Elia.  —  V.  Prina  Benedetto. 

Zoccoli  L.  Descrizione  di  Milano    e  dei  principali  suoi  contomi.  — 
Milano,  Boniardi  Pogliani,   1841. 


Il  Bibliotecario 
Doti,  GiDLio  Carotti. 


Milano,  1888.  -  Tipografia  Borlolottì  di  Giuseppe  Prato. 


LA  RESTAURAZIONE  AUSTRIACA  IN  MILANO 

(1814-1817) 


NOTIZIE    DESUNTE    DA    DIARJ 
E    TESTIMONIANZE    CONTEMPORANEE. 


(Seconda  ed  ultìma  parte.) 


XXI. 


Vienna  aveva  fretta  di  stringere  i  legami  che  già  congiungevana 
il  Lombardo-Veneto  all'Impero,  e  se  non  bastavano  i  legami, 
ceppi  dovevano  essere.  In  attesa  di  regalarci  quel  viceré  che  fin 
dal  principio  della  nova  signoria  ci  era  stato  promesso  -  sicché 
non  era  un  regalo,  ma  il  mantenimento  di  un  debito  -  ci  si 
mandò,  per  il  momento,  l'arciduca  Giovanni  in  qualità  di  com- 
missario imperiale.  Parve  cosa  opportuna  che  i  nostri  occhi  , 
avvezzi  a  contemplare  il  viceré  Eugenio  caracollante  pei  nostri 
corsi,  rivedesse  un  principe  di  sangue,  non  che  regio,  imperiale  : 
sapendo  che  simile  spettacolo  fa  sempre  un  certo  effetto  sulle 
moltitudini.  L' arciduca  aveva  uno  speciale  mandato ,  quello  di 
ricevere  dai  novelli  sudditi  il  giuramento  di  fedeltà  (1)  «  come 
r  è  giust  e  naturai  »  (2). 

(1)  Soc rana  patente  da  Vienna,  8  aprile  1815,  che  delega  V arciduca 
^ì'Austria,  principe  Giocanni,  a  ricecere  il  giuramento  di  fedeltà  dalle 
autorità  cicili  ed  ecclesiastiche.  —  Museo  del  Risorgimento. 

(2)  Dialogh  tra  Peder  e  Fransesch.  —  Milano,  Tamburini,  nella  cìt.  Rac 
colta  di  bosinade  dell'Ambrosiana,  voi.  VI. 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  46 


906  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


Il  messaggio  imperiale  che  ci  invitava  al  giuramento,  ebbe, 
per  la  circostanza,  parole  ornate  e  melliflue: 

I  sudditi  del  nuovo  nostro  Regno  possono  far  conto  di  essere  da 
noi  accolti  con  quel  medesimo  amore  di  cui  quelli  dalla  Provvidenza 
da  più  lungo  tempo  alla  nostra  paterna  cura  affidati  hanno  riportato 
tante  prove;  e  che  i  nostri  riguardi  saranno  particolarmente  diretti  a 
far  loro  risentire  i  vantaggi  che  risulteranno  dal  mantenimento  della 
santa  religione,  da  un'imparziale  amministrazione  della  giustizia,  dal- 
l'equitativa ripartizione  de' pubblici  carichi,  dalla  gelosissima  solleci- 
tudine per  la  pubblica  sicurezza,  ed  in  fine  da  quei  fonti  di  lucro  ai 
<juali  la  dolcezza  del  clima ,  l' animata  industria  e  la  vicinanza  del 
mare  aperto  alle  speculazioni  mercantili  offrono  la  meno  dubbiosa 
prospettiva  (1). 

L'arrivo  dell'arciduca  fu  annunziato  per  il  14  maggio  (2);  il 
servidorame  alto  e  basso  si  mise  in  moto  per  gli  opportuni  ap- 
parecchi, e,  ghiotta  notizia,  «  trentadue  cuochi  lavorarono  in  corte 
per  ammanirgli  il  pranzo  »  (3).  Già  si  trattava  di  un  pranzo  di 
gala,  o  piuttosto  di  una  serie  di  pranzi  l'uno  più  ricco  dell'al- 
tro :  politica  anche  questa. 

II  cerimoniale  per  il  giuramento  da  prestarsi  nella  reggia  venne 
discusso  e  stabilito  precedentemente,  trattandosi  di  cosa  che  era 
giudicata  di  somma  importanza,  e  si  voleva  producesse  indele- 
bile impressione. 

Fece  specie  che  i  vescovi  fossero  posposti  ai  ciambellani:  ma 
chi  non  sa  che  quelli  pei  ciambellani  furono  giorni  d'oro!  S'ag- 
giravano in  palazzo  con  quella  grave  imponenza  che  s' addice  a 
cosi  vitale  ufficio,  primi  ai  servigi,  alle  udienze,  alle  confidenze 
del  principe:  e  taluni,  per  quanto  se  ne  dice,  riescirono  perfino 
importuni  col  loro  zelo  e  molesti  colle  loro  insinuazioni. 

Ce  n'  erano  di  quelli  che  avrebbero  voluto  ricondurre  il  mondo 
non  che  al  1796  al  medio  evo,  e  proponevano,  fra  gli  altri  ec- 

(1)  Giornale  Italiano,  12  maggio  1815. 

(2)  Museo  del  Risorgimento. 

(3)  Mantovani,  Diario. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  907 


cessi,  che  si  cancellassero  nel  palazzo  vicereale,  e  precisamente 
nel  salone  delle  Cariatidi,  gli  affreschi  dell'Appiani  rappresentanti 
le  gesta  militari  di  Napoleone:  ma  l'arciduca  seppe  redarguirli  (1). 
Non  vedevano  salute,  per  la  società  guasta,  che  nella  più  rigida 
disciplina  religiosa:  si  desse  cura  alla  conservazione  delle  chiese, 
a  promuovere  gli  atti  di  pietà;  guardarsi  anzi  tutto  dalla  peste 
giansenista  e  liberale  ed  altri  suggerimenti  di  questo  genere.  Ap- 
punto in  questo  senso  l' inimitabile  ritrattista  poeta  fa  parlare  un 
nobile  reazionario  all'arciduca,  che,  dopo  i  primi  sfoghi,  brusco 
brusco  lo  interrompe,  e 

Tàs,  tocco  de  mincion, 
Ei  prenzip  el  respond ,  el  tò  mestee 
L'  è  de  fa  el  nobil ,  e  boffamm  dedree  (2)  ; 

linguaggio  tutt' altro  che  arciducale,  per  dire  il  vero,  ma  va- 
levole ad  esprimere  il  disprezzo  che  gli  stessi  stranieri  risentivano 
verso  questi  incurabili  adoratori  del  passato.  Se  non  che  i  raffacci 
patronali  non  hanno  mai  trattenuto  certuni  dagli  uffici  più  avvi- 
litivi ;  e  però  si  allestì  al  più  presto  una  guardia  d'  onore.:  «  ot- 
tanta nobili,  parte  a  cavallo,  parte  a  piedi,  vestiti  di  scarlatto  e 
trina  d'  oro  e  ben  montati  »  (3) ,  primo  esempio  di  un  omaggio 
che  si  rinnovò  più  volte  e  prese  all'  ultimo  stabile  forma. 

Bellini  davvero  questi  ottanta  nobili  vestiti  di  scarlatto  e  trina 
d'oro!  E  bellissimi  furono  giudicati  dal  volgo,  che  non  discute 
i  motivi  ma  giudica  per  impressioni  momentanee,   mentre  i    ben 


(1)  CusANi,  St.  di  Mei.,  cap.  XL.  —  Nel  prezioso  commento  che  Cantù 
fece  al  Giorno,  di  Parini  leggo:  «Quando,  nel  1814,  tornarono  i  Tedeschi, 
molti  speravano,  tra  le  altre  cose,  di  veder  rimessa  la  moda  dei  lacchè,  e 
anche  questo  non  fu  che  sperato  :  ma  nella  coronazione  di  Ferdinando  I , 
tra  altre  deplorabili  vigliaccherie,  rivedemmo  i  lacchè  correr  dinanzi  alle 
carrozze  di  principi  e  di  ambasciatori.»  V  abate  Parini,  ecc.  —  Milano, 
1854,  pag.  353. 

(2)  Porta,  Poesie.  —  Firenze,  Barbèra,  1884,  pag.  215. 

(3)  Mantovani,  Diario. 


908  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO, 

pensanti  ne  ridevano   o   ne   sorridevano  compassionevolmente  :  e 
fra  le  altre  satire  : 

—  Chi  è  quel  militar  ?  chiese  un  signore , 

—  È  una  guardia  d'onor,  risponde  un  tale, 

—  Mi  perdoni,  soggiunse  l'ufficiale. 
Guardia  nobile  sono  e  non  d'  onore. 

E  quel  primo:  —  Mi  scusi,  io  non  sapeva 
Che  onor  con  nobiltà  star  non  poteva. 

Da  questi  apparecchi  argomentate  se  il  giuramento  fu  dato 
(15  maggio)  con  solennità  j  ma  non  s' è  provato  che  si  desse 
proprio  da  tutti  con  tenerezza  e  compunzione  di  spirito.  Già  s' in- 
tende che  nella  sala  del  trono  non  si  poteva  accogliere  il  giu- 
ramento di  tutta  la  cittadinanza;  giurarono  per  sé  e  per  gli  altri, 
assenzienti  o  dissenzienti  che  fossero,  i  magistrati  e  i  rappresen- 
tanti delle  città  e  borgate.  —  E  n'ebbero  premio:  sedettero,  quel 
medesimo  giorno,  alla  mensa  arciducale.  —  Ecco  la  formula 
del  giuramento  : 

Noi  promettiamo  e  giuriamo  a  Dio  onnipotente  per  noi  (e  in  virtù 
delle  nostre  particolari  procure  pei  nostri  commettenti)  d'essere  fedeli 
ed  obbedienti  a  S.  M.  ecc.,  nostro  graziosissimo  sovrano,  ed  ai  suoi 
legittimi  successori ,  di  promuovere  in  ogni  occasione  il  suo  vantaggio 
e  quello  dell'Impero  austriaco,  d'impedire  con  tutte  le  nostre  forze 
ogni  loro  detrimento  e  danno ,  e  di  comportarci  in  ogni  tempo  come 
sudditi  fedeli  ed  obbedienti.  Così  Iddio  ci  aiuti  (l). 

Né  rimase  senza  svaghi  e  donativi  la  plebe  :  il  municipio  di- 
spensò doti,  allestì  feste  popolari  (2),  e  dalla  finestra  della  reggia 
si  gettarono  alla  folla  plaudente,  strillante,  monete  commemorative 
colla  scritta:  Longohardorum  Jides  sacramento  firmata  (3). 

(1)  Giornale  Italiano,  15  maggio  1815. 

(2)  Museo  del  Risorgimento. 

(3)  Grandi  feste  si  fecero  in  Valtellina  per  V  annessione   alla  Lombardia  : 
e   il    Rusconi ,    che    fu    poi    professore    e   segretario    nell'  Accademia    mila- 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  909 

La  Scala,  ognora  partecipe  a  queste  officiali  esultanze,  s'aperse 
per  quella  Siera  ad  uno  spettacolo  straordinario  :  s'  ebbe  la  can- 
tata del  Monti  //  mistico  Omaggio,  musica  del  Federici:  cantata 
e  cantore  da  farne  poco  conto  se  si  guarda  alla  saldezza  delle 
convinzioni,  ma  versi  sempre  belli,  sempre  sonori: 

Eccelso 

Prence,  che  qui  n'ascolti. 

Prence  a  Pallade  caro  e  a  Gradivo, 

Il  giuramento  accogli 

Che  dalle  labbra,  e  più  dal  cor  prorompe 

Di  questo  generoso 

Popolo,  caldo  di  valor,  che  tutta 

Soffrir  non  può  la  libertà,  né  tutta 

La  servitude.  Degli  opposti  estremi 

Temprò  gli  eccessi  il  senno 

Di  Cesare,  e  così  dritto  alla  vera 

Felicità  lo  guida.  Al  sacro  piede 

Dell'  augusto  German  questo  deponi 

Patto  solenne,  e  del  regal  tuo  brando 

La  sicurtà  v'  aggiungi , 

Di  quel  brando  che  forte  in  su  la  riva 

Della  fredda  Livenza  alle  tue  chiome 

Mietea  gì'  itali  allori.  E  tu  col  grido 

Del  prisco  onor  destavi 

La  lombarda  virtù,  che  in  cor  premendo 

L'alto  sentir  cui  nulla  forza  affrena. 

Taciturna  mordea  la  sua  catena. 


nese  di^Belle    Ani,   improvvisava   in    quell' occasione    un    sonetto    che    co- 
ni incia  così: 

Le  campane,  i  tripudi  e  degli  abeti 
I  rami  arcbittetati  e  i  simulacri. 
Le  ornate  chiese,  e  i  salmeggianti  preti. 
Gli  spari,  le  fontane  ed  i  lavacri 

Annunziano  che  omai  sono  completi 
Nostri  voti .... 

Vedi  RoMEGiALLi,  St.  della   Valtellina,  V,  pag.  88  e  segg. 


910  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


Spezzò  pietoso  alfine 
Quella  catena  il  fato  ; 
Alfin  compose  il  crine 
L' Insubria  tua  fedel. 

Ma  del  bel  seno  ancora 
Mostra  le  piaghe,  e  implora 
Che  al  rotto  laccio, ingrato 
Più  non  la  torni  il  Ciel  (i). 

E  ancora  il  Monti  letificò  con  un  discorso  l'arciduca,  quando 
volle  sedere  fra  i  dotti  dell'Istituto,  non  meno  facili  lodatori, 
allora,  di  qualsiasi  governo.  L'  arciduca  rivolse  al  Monti  queste 
parole:  «Avete  espresso  delle  utili  verità  che  devono  piacere 
a  tutti  i  sovrani.  Questo  è  il  linguaggio  che  gradisce  all'  impe- 
ratore »~(2). 


XXII. 

L'  arciduca  poco  si  trattenne  fra  noi ,  e  se  ne  dolsero  i  ciam- 
bellani, le  guardie  nobili  e  in  genere  tutti  quelli  che  pigliano 
diletto  dalla  presenza  di  una  corte.  Andò  a  visitare  Pavia  ed  altre 
città;  ospitato  sontuosamente  dai  Borromei  nell'Isola  Bella,  di 
cui  non  rifini  di  ammirare  le  bellezze ,  e  se  ne  allontanò  con 
rammarico.  A  Milano  lo  pregarono  di  ritardare  la  sua  partenza 
fin  dopo  la  festa  del  Corpus  Domini ,  che  s'  aveva  a  celebrare 
con  inusata  pompa,  ma  non  potè  aderire  a  questa  preghiera.  Nel 
lasciarci  si  dichiarò  soddisfattissimo.  Luna  di  miele  di  una  si- 
gnoria che  a  molti  appariva  inevitabile,  e  ritenevano  che  giovasse 
mitigarla  con  ossequi  e  salamelecchi  ! 

Se  fosse  rimasto  fra  noi  come  viceré,  molti  gli  avrebbero  fatto 
buon  viso,  memori  del  suo  proclama  del  1809;  e  corse  la  voce 

(1)  Monti,  Opere.  —  Milano,  Resnati,  1839,  IH,  443  e  segg. 

(2)  Cantù,  Cronistoria  ecc.,  voi.  II,  par.  I,  pag.  103. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  911 


che  r  ufficio  gli  fosse  stato  offerto  ;  ma  soggiungevasi  che  egli 
ricusasse  assumere  una  carica  spoglia  d'  ogni  potere  effettivo , 
inferiore  ai  suoi  meriti  politici  e  militari  (1). 

E  per  quel  Corpus  Domìni  (25  maggio)  dovemmo  accontentarci 
del  Luogotenente  del  viceré,  S.  E.  Bellegarde. 

Oggi  si  è  fatta  la  processione  del  Corpus  Domini  in  grande  pompa 
e  corteggio.  Tutta  la  nobiltà  vi  fu  in  gala,  i  ciambellani,  i  tribunali 
e  tutti  gli  araldi  per  far  la  corte  al  maresciallo  Bellegarde  che  \  in- 
tervenne e  vi  fa  sempre  con  esemplare  divozione.  Ciò  che  allo  scri- 
vente fé'  qualche  senso  fu  il  ricevimento  fatto  alla  porta  maggiore  del 
Duomo  al  signor  Bellegarde.  Discesero  dal  coro  una  trentina  di  semi- 
naristi, poi  il  clero  tutto  metropolitano  con  monsignor  arciprete  in 
piviale,  che  gli  die  l'acqua  santa,  e  con  questo  accompagnamento  il 
signor  Bellegarde  andò  alla  sedia  destinatagli.  Non  mi  pare  che  possa 
farsi  di  più  per  lo  stesso  Imperatore  (2). 

Dopo  il  maggiore  il  minor  gregge  !  Il  18  giugno,  per  comando' 
della  Reggenza  «  tutti  i  non  possidenti  si  raccolsero  nelle  prin- 
cipali chiese  per  prestare  il  giuramento  di  fedeltà  al  sovrano  »  (3). 
Quanti  giuramenti  ! 

Fra  questi  strepiti  officiali  e  queste  pompe  cortigianesche  — 
per  non  tener  conto  dei  grossi  avvenimenti  di  fuori  —  Manzoni 
ritemprava  la  lirica  a  servigio  di  un  sentimento ,  che  riguada- 
gnava, per  alcuni  anni,  in  intensità,  quello  che  avea  perduto  da 
circa  mezzo  secolo  in  poi»  Era  un  ritorno,  e  per  molti  una  ripa- 
razione. Nel  1812  Manzoni  avea  scritto  l'inno  della  Risurrezions, 
nel  13  il  Nome  di  Maria  e  il  Natale,  nel  15  la  Passione  (4)  — 
annata  proprio  di  passione.  —  Si  direbbe  che  il  poeta  ricove- 
rasse in  cielo,  malcontento  della  terra.  —  Al  loro  primo  comparire, 

(1)  Bianchi  Giovini,  L'Austria  in  Italia  e  le  sue  confische  ecc.,  pag.  2ft. 

(2)  Mantovani,  Diario. 

(3)  Mantovani,  Diario.  —  Nel  museo  Ancona  si  conserva  la  circolare  del 
conte  Bolza,  amministratore  delle  fabbriche  erariali,  che  invita  gli  impiegati 
da  lui  dipendenti  a  prestar  giuramento. 

(4)  Cantò,  Alessandro  Manzoni,  reminiscenze,  I,  116. 


912  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

gli  Inni  Sacri  (1)  passarono  inosservati:  solo  quattro  anni  dopo, 
G.  B.  De  Cristoforis  nel  Conciliatore  vi  richiamò  1'  attenzione  dei 
letterali.  Allora  si  cominciò  a  gustarli ,  ed  anche  ad  imitarli  , 
più  o  meno  felicemente,  o  mediocremente.  Fra  gli  imitatori  stette 
per  mettersi  il  Leopardi ,  allora  religiosissimo ,  e  si  ha  il  pro- 
getto degli  Inni  che  voleva  scrivere.  La  lirica  politica  stava  per 
ammutolire  :  e  vi  subentrava  questa ,  per  rafforzare  la  fede ,  per 
insegnare  agli  uomini  a  non  disamare ,  a  non  disperare  :  arte 
confortatrice  di  certo  ,  e  di  tale  una  perfezione ,  che  piace  fino 
agli  increduli. 


xxin. 

La  catastrofe  di  Murat  -precedeva  di  poco  quella  di  Napoleone: 
surti  insieme ,  caddero  insieme  ;  ma  il  secondo  aveva  persuaso 
le  moltitudini  che  il  suo  destino  fosse  ,  per  cosi  dire  ,  superiore 
ai  casi  comuni  della  vita  e  al  corso  fatale  degli  eventi.  I  Cento 
Giorni  furono  anche  per  migliaia  di  petti  italiani  giorni  febbrili  , 
colmi  di  ansietà  e  di  aspettative  ;  ma  la  battaglia  di  Waterloo 
(18  giugno)  ,  come  rimise  la  Francia  ai  piedi  della  vecchia  Eu- 
ropa, sbaldanzi  ad  un  tratto  i  Napoleonisti  cisalpini,  che,  fidando 
nella  stella  del  Grande,  nella  sua  invincibilità,  s'  aspettavano  di 
vederlo  presto  al  di  qua  del  Cenisio,  nel  nostro  Duomo,  a  ripi- 
gliare solennemente  la  corona. 

Il  futuro  autore  del  Cinque  Maggio  si  trovava  in  quei  terri- 
bili momenti  a  Parigi.  Benché  di  Napoleone  misurasse  le  colpe 
e  gli  errori,  gli  dolse,  come  italiano,  che  un  italiano  finisse  cosi  ; 
vide  in  quella  catastrofe  un  danno  più  che  francese,  previde  che 
le  cose  d' Italia  dovevano  peggiorare  :  ma  anche  senza  fare  sul- 
r  accaduto  lungo  ragionare  ,  ricevette  una  prima  fortissima  im- 
pressione. Si  trovava  nella  bottega  di  un  libraio  quando  entrò 
un  tale  ,  annunziando  1'  avvenuto  disastro  : 

(1)  Milano,  P.  Agnelli,  1815. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  91o 


—  Noi  allora   (sono  sue  parole  dette  più  tardi  e  raccolte   da   uno 

de'  suoi  più  intimi),  cogli  Austriaci  in  casa  non  si  poteva  più  sperare 
che  in  Napoleone  ;  e  io  stesso  avea  sottoscritta ,  con  altri  Milanesi , 
una  petizione  alle  Potenze ,  con  cui  si  clìiedeva  la  creazione  di  un 
Regno  italico.  Ma  all'udire  repentinamente  la  notizia  della  totale  disfatta 
di  Napoleone,  fui  ripreso  da  questo  benedetto  male  nervoso,  che  mi  fu 
compagno  per  tutta  la  vita.  Dico  ripreso ,  perchè  la  prima  volta  mi 
colse  nel  1810,  pure  in  Parigi,  quando  mi  trovai,  con  mia  moglie, 
serrato  improvvisamente  in  una  folla ,  a  una  festa  popolare  per  il 
matrimonio  di  Napoleone  :  ma  pure  in  seguito  n'  ero  guarito.  Fu 
dopo  il  1815  che  non  ho  potuto  più  liberarmene  (1). 

E  quanto  più,  nell'  intimo  del  cuore,  soffersero  gli  ammiratori 
di  lui,  i  veterani  della  Grande  Armata! 

La  notizia  arrivò  con  tre  staffette  nove  giorni  dopo  :  ritardo 
che  basterebbe  a  provare  il  segregamento  inflitto  a  Milano,  quale 
meschina  borgatella,  appena  gli  Austriaci  vi  rimisero  piede.  «  Bel- 
legarde  non  ha  fatto  dare  segno  alcuno  di  giubilo  :  sembra  ad 
alcuni  troppo  sublimata  modestia,  o  noncuranza  viziosa  »  (2). 

Indescrivibile  la  trepidazione  per  le  ultime  fasi  del  dramma  ; 
e  si  fece  nei  napoleonisti  anche  più  vivo  il  compianto  quando 
videro  il  loro  duce  relegato  al  di  là  dei  mari,  nella  remota  isola, 
flagellata  dalle  dure  onde ,  che  gli  vietava  ogni  possibilità  di 
scampo  :  «  Da  queste  accertate  notizie  sono,  come  dice  il  volgo, 
accresciuti  gli  individui  del  dipartimento  del  Musone,  cioè  av- 
viliti i  partitanti  di  Bonaparte  »  (3). 

Se  non  che  la  seconda  catastrofe  presentava  un  finale  più  atto  a 
suscitare  meraviglia  e  compassione.  Il  prigioniero  di  Sant'  Elena, 
caduto  dopo  una  lotta  titanica,  mandato  si  lontano,  legato  come 
Prometeo  ad  uno  scoglio  —  ricordo  mitologico  che  s'  imponeva 
irresistibilmente  alle  fantasie  —  si  prestava  alla  satira  molto 
meno  del  sovrano  di  si  vasti  domini  ridotto,  ad  un  tratto,  a  con- 

(1)  Fabris,  La  Concersasione  dì  Manzoni,  nella  strenna  Reminiscenza.  — 
Milano,  Cogliati,  1886-87,  pag.  286. 

(2)  Mantovani,  Diario. 

(3)  Mantovani,  Diario  cit. 


914  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


tentarsi  di  uno  staterello  microscopico,  a  breve  distanza  dal  tea- 
tro delle  sue  pompe  e  dei  suoi  trionfi.  E  però  la  beffa  irrive- 
rente tace  ad  un  tratto.  Tutt'  al  più  cadono  dalla  penna  dei  versi 
di  questo  tenore  : 

Dunque  colui  che  sull'  Europa  stese 
Si  larghe  penne,  su  questo  lido  giacque  ; 
Abbian  novel  dall'  Icaro  francese 
Nome  quest'  acque. 

La  letteratura  vernacola  risparmia  il  caduto  e  si  limita  a  de- 
ridere i  suoi  partigiani,  che,  senza  nulla  operare,  si  ripromette- 
vano da  lui  chi  sa  quali  fortune.  Neil'  opuscolo  Sora  el  maa  della 
riesca  (1)  si  accenna  copertamente  al  dolore  che  risentivano  al- 
cuni per  i  disastri  di  Francia  :  era  un  boccone  amaro  da  inghiottire 
e  faceva  intoppo  alla  gola.  Ma  appena  la  poesia  vernacola  sia 
trattata  da  qualche  ingegno  riflessivo  e  colto,  cessa  dall'  esclusivo 
parteggiare  per  il  vincitore  :  anche  senza  intendere  le  ambascio 
di  un  uomo  ridotto  all'  impotenza  dopo  aver  voluto  e  agito  con 
sovrumana  energia,  si  riconosce  apertamente  che  i  popoli  sono 
venuti  a  peggior  stato  di  prima  : 

Napoleon,  Hesus  per  lu  !  L'  è  andaa 
A  fa  i  tacoin  de  la  del  mar  un  tocch. 
De  scior  che  1'  èva  1'  è  restaa  pittocch 
E  r  ha  tra  su  tutt  quel  che  la  robaa. 

Nun  tucc  em  ditt  de  cccuv  sia  rlngraziaa 
Lem  fenida  una  vacuità  con  sti  scrocc, 
Che  ne  pelaven  su,  gius  come  i  occh 
Quand  menen  el  cu  biott  su  per  i  straa. 

Hin  chi  i  Todisch  !  E  insci  !  I  olter  rabott 
Spazzaven  tutt  e  perdeven  quai  coss, 
Ouist  fann  l' istess  e  lasscn  giò  nagott. 

Prima  che  n'  abbien  schisciaa  froura  i  oss, 
Ingles,  per  caritaa,  menee  on  bott 
In  barca  a  Sant'  Elena  anch  sti  baloss  (2). 

(1)  Milano,  G.  Pirota,  1815. 

(2)  Questo   sonetto    è  di  Carlo  Alfonso   Pellizzoni,    di    cui  esistono  altre 
poesie  inedite  nella  Raccolta  dell'Ambrosiana  segnata  E,  S,  III,  5. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  015 


XXIV. 

Questo  involgere  nello  stesso  biasimo  il  potente  di  ieri  e  i 
potenti  di  oggi,  dà  segno  che  l'Austria  già  aveva  seminato  nuovi 
rancori,  e  che  parecchi  di  quelli,  che  l'avevano  forse  lodata  sul 
principio,  ora  si  alienavano  da  essa. 

E  in  vero ,  pur  abituandosi  alla  nuova  ed  ultima  fase  della 
vita  napoleonica ,  per  associazione  di  giudizi ,  s'  imparò  a  man- 
dare a  Sani'  Elena  i  nuovi  padroni ,  a  quel  modo  che  prima 
s'usava  mandare  le  persone  moleste  a  Patrasso,  o,  magari,  a 
Calicut. 

Di  questa  disposizione  degli  animi  si  hanno  parecchie  riprove 
nelle  poesie  vernacole.  Nella  circostanza  di  un  soldato  tedesco 
che  era  stato ,  per  non  so  quale  delitto ,  condannato ,  persino  il 
boia  si  fa  interprete  del  generale  risentimento  ; 

Han  fa  di  guaj  e  squasi  hin  vegnuu   ai  man 
Fra  el  comandant  del  corp  de  quel  Tòdesch 
Ch'  è  stàa  impiccaa  e  el  Boja  de  Milan  ; 
Ecco  el  fatt  tal  e  qual,  1'  è  chi  fresch  fresch 

El  comandant,  parland  pocch  el  talian, 
El  s'  è  spiegaa  in  termen  squas  bernesch, 
Disend  al  boja  :  A  vò  tene  paisan, 
Dandegh  in  man  trii  swanzegh  de  rinfresch. 

El  Boja,  eh'  el  credeva  de  ciappà 

Per  el  manch  quell  che  in  legg  gh'è  stàa  fissaa, 
El  ghe  respond  

«  Per  un  fiorin  mi  farev  nanch  la  straa, 
A  men  che  me  lassassen  impicca 
Tutt  lor  insemma  a  quij  che  si  ha  cercàa  (1). 


(1)  Questo  sonetto,  inedito,  si  attribuisce  al  Porta,  e  si  trova   nella  Rac- 
colta testé  citata. 


916  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

Si  giuocarono  i  numeri  dell'  appiccato  ;  e 

Corriva  lutt  el  mond  di  lottiroeu 
Per  fas  paga  di  venget  che  s'  e  fàa, 
Quand  mi  guardand  in  strada  da  un  poggioeu. 
Senti  sto  beli  descors  de  duu  fermaa  : 

«  Hai  sentii  quanta  gent  ha  vengiù  incoau  ? 
Rcspond  queir  olter  :  Sì,  me  1'  han  cuntaa.... 
Che  numer  è  vegnuu  ?....  El  me  car  fioeu, 
El  saveva,  ma  adess  el  m'  è  scappàa  : 

Soo  però  che  ha  perduu  squasi  nissun, 
Ch'  è  vegnuu  i  numer  dell'  impicament 
Ch'  an  faa  de  quel  tal.,.,  el  dì  vun. 

Corpo  de  bacco  !  che  beli'  accident  ! 
E  che  fortunna  la  saria  per  nun 
Se  i  impiccassen  tucc,  disi  nient  (1). 


La  cetra  vernacola  veronese  dà  lo  stesso  suono  :  a  cause  iden- 
tiche corrispondono  effetti  identici,  e  i  comporti  degli  Austriaci 
nelle  provincie  venete,  non  differivano  per  nulla  dai  modi  che 
usavano  tra  noi  : 

Un  giorno  el  bon  Gesù  el  se  lamentava 
De  una  gente  perversa  e  peccatora 
E  a  san  Piero  e  a  san  Paolo  domandava 

El  modo  de  mandarla  a  la  malora. 
San  Paolo  co  la  spada  el  tempestava 
De  tagiarla  a  tocheti  en  men  d'  un'  ora  : 

E  san  Piero  più  tosto  el  consegiava 
De  mandarghe  la  peste  alloi^a  allora. 

Ma  el  Padre  Eterno,  che  1'  aveva  sentì 
La  domanda  e'I  consegio  che  se  dà, 
El  s'  è  messo  de  mezzo  a  tutti  tri 


(1)  Anche  questo  sonetto    inedito  si  attribuisce  al  Porta,  e  si  trova  nella 
Raccolta  testé  citata. 


I.A    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  917 

E'I  dise  :  So  voli  darghe  un  castigo 
Degno  de  1'  alta  nostra  maestà 
Tegnive  a  mente  ben  quel  che  ve  digo 

Lasse  la  peste  a  cà, 
E  per  farli  star  freschi 
Mandeghe  sta  bordaja  de  Tedeschi  (1). 


XXV. 

Lasciate  che  trascorra  alcun  tempo,  e  l'evoluzione  dei  giudizi 
popolari  si  compie  in  modo  più  spiccato,  si  compiange  maggior- 
mente il  vinto  e  si  bestemmia  il  vincitore,  cosi  avaro  di  doni  e 
di  compensi  alle  nazioni ,  che  pur  aveva  avute  compagne  nel- 
r  ardua  impresa  di  abbattere  il  tiranno  di  Francia.  Appare  costui 
molto  meno  tiranno  al  paragone  del  nuovo  despotismo.  La  figura 
di  Napoleone  acquista,  artisticamente ,  proporzioni  colossali  ;  la 
distanza  e  la  sventura  fanno  dimenticare  gli  sbagli  da  lui  com- 
messi ;  rifiorisce  intorno  al  suo  capo  la  poetica  corona  poco 
anzi  sfrondata.  Specialmente  ad  una  parte  della  popolazione,  quella 
gloria,  benché  pasciuta  di  sangue  e  lagrime,  riappare  splendidis- 
sima. I  reduci  di  Russia  —  pochi  e  giustamente  superbi  —  si 
stringono  sul  petto  la  spada  e  baciano  con  lagrime  le  aquile  delle 
loro  decorazioni.  A  questi  spiriti  accesi  ed  esaltati  tornò  accetta 
la  poesia  laudativa,  che  faceva  atto  di  coraggio  magnificando,  in 
faccia  ai  carcerieri,  l' impotente  prigioniero  : 

Napoleone  a  Sani'  Elena. 

Mira  Ocean  !  Quel  prigionier  son  io 

Temuto  in  guerra  qual  signor  del  tuono, 
Che  a  mia  voglia  togliendo  e  dando  il  trono 
Turba  d' imbelli  re  spinsi  all'  obblio. 


(I)  Perini,    Carlo  Montanari  e  i  suoi  tempi,  nella  Gazzetta  di  Verona, 
28  febbraio  1867. 


918  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

Un  trono  io  m'  ebbi,  e  non  mei  diede  in  dono 

La  sognata  dai  re  grazia  di  Dio 

Ma  ad  un  nume  mio  pari,  al  brando  mio 

Terror  del  mondo,  debitor  ne  sono. 
Qui  mi  trasse  il  destino,  e  non  l' Ispano, 

Il  Russo,  il  gel  di  Scizia,  o  i  re  tremanti, 

O  i  fulmini  temprati  al  Vaticano. 
Qui  pur  son  grande,  e  chi  mai  fia  che  vanti 

Aver  per  sua  prigion  F  ampio  Oceano 

E  per  custodi  suoi  tutti  i  regnanti?  (1). 

Ad  ogni  critica  segue  sempre  da  presso  la  lode  ;  e  la  poesia 
s'  assume  anche  questo  penoso  ufficio  di  rammentare  al  relegato 
di  Sant'  Elena  gli  imperdonabili  e  irreparabili  torti  da  lui  fatti 
alla  sua  patria  : 

Al  Northumherland. 

Anglico  altiero  Pin  di  palme  ornato. 
Che  pei  mari  d'  atlante  a  estremi  lidi 
Il  vincitor  de'  Re  vinto  alfin  guidi, 
Cui  la  reggia  in  esilio  or  volge  il  fato. 

Giunto  alla  mota  a  lui  con  volto  irato 
L'  onta  palesa  de'  suoi  Galli  infidi, 
E  i  non  mortati  ceppi  e  il  pianto  e  i  gridi 
D' Italia  nai'ra  a  lui  d' Italia  nato. 

Digli  che  pena  è  d'  empio  figlio  degna 
La  sua  perchè  vendea  con  arte  prava 
La  nobil  madre  a  meretrice  indegna. 

E  tal  mostrossi  ei  sallo  e  tal  io  veggio 
Or  superba,  or  vigliacca,  e  sempre  schiava 
Gallica  tomba  a  virtù  e  al  vizio  seggio  (2). 

(1)  Lo  dà  Cantù,  nella  Cron.,  voi.  II,  par.  I,  85,  ed  aggiunge  la  risposta 
di  monsignore  Muzzarelli. 

(2)  Eaccolta  dell'  Ambrosiana,  segnata  S,  C,  V,  V,  26.  —  Un  documento 
popolare  di  codardo  oltraggio  pubblica  il  Livi,  Napoleone  all'  isola  d'Elba, 
pag.  9,  245  e  segg. ,  col  titolo:  Testamento  dell'  ambizione  di  Napoleone 
Bonaparte  :■  ebbe  corso  in  Toscana,  ma  a  quanto  pare  non  uscì  mai  per 
le  stampe.  Un  documento  invece  di  serco  encomio  è  la  poesia  pubblicata 
dallo  stosso  Livi  :  Le§  adieuoj  de  Napoléon  le  Grand,  pag.  9,  252  e  segg. 


r.A    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  919 


XXVI. 

Le  sempre  inquiete  e  vaneggianti  polizie,  neppur  dopo  che  tanto 
spazio  d'  acqua  separava  Napoleone  dal  resto  della  terra,  vivono 
tranquille  sul  suo  conto,  e  sul  conto  de'  suoi  famigliari  e  devoti: 
fantasticano  fughe  e  sbarchi  e  inaspettate  rivincite.  Avrebbero 
voluto  svellere  il  suo  nome  persino  dalla  memoria  degli  uomini, 
radiare  i  suoi  fasti  dagli  annali  del  mondo  :  e  l' avergli  simpatia 
giudicavasi-  segno  di  mal  talento  e  di  criminose  intenzioni. 

Vengo  informato  che  alcune  sere  sono ,  al  caffè  Pedrocchi ,  abbia 
avuto  luogo  uno  scherzo  per  parte  di  codesti  scolari  dell'  Università , 
clie,  sussistendo  nei  termini  con  cui  venne  esposto,  non  potrebbe  la- 
sciarsi impunito.  Vuoisi  che  uno  di  costoro,  greco  di  nascita,  siasi  con 
alcuni  suoi  compagni  recato  alla  predetta  bottega,  dove  preso  il  caffè, 
cstrasse  dalla  saccoccia  un  napoleone  d' argento ,  clie  pose  sopra  il 
tavolo  dicendo  :  «  Pagatevi ,  ecco  un  Napoleone  > ,  parole  a  cui  fece 
seguire  immediatamente  uno  starnuto ,  che  fu  da  tutti  gli  altri  accom- 
pagnato da  un  evviva,  apparentemente  allusivo  alla  salute  dell'autore 
dello  scherzo,   ma  in  sostanza  diretto  alla  persona  di  Napoleone  (1). 

A  Venezia  venne  arrestato  un  Sebastiano  Cosin ,  perchè  avea 
pronunciato  il  nome  di  Napoleone  nel  mostrare  al  pubblico  ,  in 
un  panorama,  la  pianta  della  città  di  Parigi. 

La  polizia  si  adombrava  anche  dei  sentimenti  che  ispirava  nel 
pubblico  compassionevole  1'  ex  imperatrice  Maria  Luigia  ,  quan- 
tunque la  medesima  avesse  saputo  separarsi  dall'  uomo  a  cui 
doveva  le  gioie  del  soglio  e  della  maternità  e  che  le  correva 
obbligo  di  consolare  nell'  estrema  sua  sciagura  (2).  Eccovi  un 
rapporto  in  proposito,  senza  luogo  e  senza  data: 

(1)  Rapporto  di  polizia. 

(2)  Anche  più  la  polizia  insospettiva  di  Letizia,  madre  di  Napoleone,  cosi 
schiva  di  comparire,  così  aliena  dalla  politica:  soffriva  molestie  nella  sua 
breve  dimora  a  Siena.  Vedi  lo  scritto  del  Livi,  Madama  Letizia  a  Siena, 
nella  Nuoca  Antologia,  1888. 


920  LA.    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


Nobile  Sig.  Consigliere  Direttore  Generale  di  Polida. 

Jiiseroatissima.  —  La  presenza  della  principessa  Luigia,  sviluppò 
un  entusiasmo  il  più  rimarchevole  nei  patrioti  Francesi,  ed  il  com- 
passionarla che  questi  nei  vari  crocchi  feccero ,  causò  del  mail'  umori 
anco  a  quelli  che  tutto  lo  spirito  loro  è  per  l'Augusto  Nostro  Sovrano. 
L' esaltar  che  fecero  questi  le  rare  qualità  morali  della  Principessa 
suddetta,  il  racconto  della  sua  triste  iliade,  il  farla  rimarcar  per  af- 
llittisima  per  aver  lasciato  il  Figlio,  tutto  ciò  in  complesso  dall'ar- 
tificioso e  seducente  dire  di  Partiggiani  causa  un  sommo  raffredda- 
mento dell'opinione  dovuta  all'Augusto  Monarca.  Ciò  le  fo  a  di  Lei 
cognizione  (1). 

Questo  puerile  studio  di  levare  via  i  ricordi  napoleonici  non 
perdonò  a  pubblici  edifìci ,  non  a  lapidi ,  e  nemmeno  alle  meda- 
glie, alle  carte,  ai  libri.  Non  tQllerarono  gli  Austriaci  la  memoria 
monumentale  della  sconfìtta  di  Marengo,  sicché  sull'Arco  di  Porta 
Ticinese,  innalzato  con  offerte  spontanee  di  parecchi  cittadini  per 
festeggiare  e  rammentare  quell'avvenimento,  sostituirono  le  iscri- 
zioni che  si  leggono  tuttora.  Sulla  facciata  esterna  : 

PACI    POPULORUM    SOSPITAE 

e  sulla  interna  : 

DEDIC.    ANNO    MDCCCXV. 

Ma  la  storia  non  si  cancella  ad  arbitrio  di  despoti,  e  le  epigrafi 
nemmanco  valgono  ad  alterarne  gli  effetti  (2). 

E  un  altro  ricordo  fu  levato  via ,  per  non  offendere  i  nuovi 
padroni,  la  grandiosa  lapide  infissa  nel  1801  sulle  mura  della 
stessa  Porta  Ticinese,  la  quale  con  elegante  concisione  comme- 

(1)  Abbiamo  conservato  a  questo  documento  tutti  gli  errori  dell'originale, 
onde  il  lettore  possa  rilevare  il  grado  di  coltura  d^i  confidenti,  a  cui  l'Au- 
stria commetteva  di  far  indagini  e  riferire  sullo  spirito  pubblico  delle  popo- 
lazioni. —  Carte  segrete,  I,  42. 

(2)  BiONDELLi,  Sulle  antichità  e  sui  restauri  di  Milano,  nel  Politecnico, 
XIV,  319. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  921 

morava  le  fortune  napoleoniche  dell'  anno  precedente  (1).  Di 
un'altra  lapide,  pure  napoleonica,  non  si  seppero  per  un  pezzo 
le  sorti:  un  coraggioso  cittadino  la  celò  nella  propria  casa,  e, 
non  é  molto,  ricomparve  in  pubblico,  e  fu  deposta  nel  nostro 
>fuseo  archeologico. 

Vane  paure ,  se  riguardavano  Napoleone  e  Maria  Luigia  e  ma- 
dama Letizia  e  i  Napoleonidi  tutti,  e  stolte  vendette  contro  pietre 
e  marmi  a  cui  erano  affidati  i  ricordi  incisi  nei  cuori;  ma  ragio- 
nevoli timori  se  riguardavano  le  idee  che  Napoleone,  bene  o 
male,  avea  rappresentate  per  qualche  tempo,  e  che  adesso  rida- 
vano un  certo  prestigio  al  suo  nome. 


XXVIL 

Non  tardò  a  presentarsi  un  altro  argomento  di  timori  per  la 
polizia ,  e  questa  volta  reali  e  vicini  :  1'  agitazione  popolare  contro 
i  panattieri. 

Le  farine  cominciavano  a  scarseggiare  e  il  pane  era  salito  a 
caro  prezzo. 

L'  agitazione  sul  principio  si  dissipava  in  dicerie  ,  ma  a  poco  a 
poco  il  discorrere  appassionato  e  il  designare  accaparratori  di 
grani  e  cupidigie  di  fornai  fé'  bollire  la  testa  della  gente,  sicché  era 
a  prevedere  qualche  grosso  caso,  di  quelli  che  il  Manzoni  ha  de- 
scritto nel  suo  romanzo.  Infatti  due  fornai,  il  2  luglio,  videro 
addensarsi  la  folla  davanti  i  loro  negozi,  e  la  corsero  brutta.  Benché 
avessero  chiuso  in  fretta  e  furia,  disperavano  di  sfuggire  all'ira 
del  popolo  :  ma  ecco  sopraggiungere  un  drappello   di  soldati  ,    e 


(1)  BioNDELLi ,  lav.  cit. ,   pag,  320.   —   Questa   lapide,   per   quanto    sap- 
piamo andò  perduta,  ma  l' iscrizione  fu  riprodotta  in  un  grande  medaglione 
di  bronzo.    Il    Biondelli   accenna  al   dubbio   che   possa   ancor   trovarsi   in 
qualche   casa  magnatizia. 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  47 


922  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


la  folla  venne  dispersa  (1).  Il  giorno  dopo  si  pubblicò  un  proclama 
minaccioso  :  e  la  città  tornò  quieta. 

Il  9  luglio  un  altro  Tedeum,  —  quanti  nello  spazio  di  pochi 
mesi!  — per  le  vittorie  degli  alleati,  colla  spesa  di  ottomila  lire, 
che  agli  affamati  o  male  sfamati  parve  di  sicuro  soverchia!  E 
s'andò  pure  accattando,  per  iniziativa  di  alcuni  nobili,  danaro  per 
i  militari  feriti  dell'  «  armata  I.  R.  d'  Italia  »  :  si  raccolsero  ap- 
pena quattromila  lire  (2).  E  già  era  in  vista  un'occasione  di  nuove 
spese  :  il  4  ottobre  doveva  festeggiarsi  l'onomastico  dell'imperatore. 
Neir anticipare  l'annunzio  di  un  giorno  si  «  desiderato  »,  piovvero 
dall'alto  nuove  dichiarazioni  e  assicurazioni  di  una  felicità  perenne, 
non  mai  goduta  : 

mentre  splende  l' aurora  di  una  durevole  pace  che  rallegra  colle 

più  fauste  speranze;  mentre  non  più  forzata  ad  esporsi  nei  peincoli  di 
mondiali  eterne  guerre  la  gioventù  può  tranquillamente  applicarsi  al- 
l' esercizio  delle  arti  e  dei  mestieri  ;  mentre  infine  le  circostanze  po- 
litiche e  territoriali  si  combinano  in  modo  da  assicurare  il  risarcimento 
del  commercio,  ecc. 

E  per  meglio  commemorare  quel  giorno ,  il  governo  assegnò 
medaglie  d' oro  e  d'  argento,  <r<  onde  premiare  e  avvalorare  il 
coraggio  di  chi  avrà  fatte  utili  scoperte  nelle  arti  meccaniche  e 
nell'agricoltura,  ecc.  »  Al  Cesareo  Regio  Istituto  ne  venne  affi- 
data la  distribuzione. 

Avrete  notata  la  formale  promessa  che  risguarda  la  coscrizione. 
Ebbene,  il  7  agosto  si  ristabilisce  in  Lombardia  il  servizio  militare  : 

Oggi  per  compimento  delle  consolazioni ,  stante  1'  eccessiva  carezza 
dei  viveri  e  i  dazi  oltremodo  gravosi,  si  espose  dalla  benemerita  nostra 
Reggenza  una  coscrizione  di  6188  giovani.  La  coscrizione  era  il  solo 
aggravio  che  ormai  il  pubblico  riteneva  abolito  per  sicuro.  In  tale  cer- 
tezza sopportava  pazientemente  tutti  gli  altri  aggravi  che  non  la  colpi- 

(1)  Mantovani,  Diario.  —  Il  Giornale  Italiano  non  fa  cenno  di  ciò:  si 
temeva  il  contagio  dell'  esempio. 

(2)  Giornale  Italiano,  2  luglio  18J5. 


I  A    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  923 

vano  si  da  vicino  come  la  perdita   della  figliolanza.  Perciò  la  desola- 
zione andrà  al  colmo  (1). 

E  la  desolazione  andò  proprio  al  colmo,  e  indusse  a  parlare 
e  a  gridare  anche  quelli  che  fin  qui  non  avevano  osato  aprir 
bocca.  Vederseli  ancor  portar  via  i  figliuoli,  per  mandarli  in  paesi 
lontani,  fra  gente  estranea,  dopo  che  il  paese  s'era  già  dissan- 
i.'ualo  per  quell'  altro  !  Ma  almeno  quell'  altro  ci  avea  raccolti 
sotto  una  bandiera  amata,  ci  aveva  infuso  il  desiderio  della  mi- 
lizia, e,  oltre  la  gloria,  ci  dischiudev'a  dinanzi  una  carriera  ricca 
di  seduzioni  e  di  compensi  :  ma  adesso  I 

Non  riuniti  quelli  di  una  medesima  favella  ma  dispersi ,  alla 
mercé  di  rozzi  caporali  ;  esposti  alla  pena  del  bastone  che  talora 
lasciava  semivivi  ;  sempre  umiliati,  anzi  frementi  d'ira  impotente; 
aggregati  a  reggimenti  esotici,  cacciati  forse  in  qualche  fortezza 
ungherese  o  boema  I  Un  simile  quadro  ispirava  ribrezzo  e  terrore 
insieme  ;  ne  piangevano  le  famiglie,  e  i  coscritti  tutto  mettevano 
in  opera  per  isfuggire  ad  una  sorte  cosi  dura  (2).  Aggiungete 
l'obbligo  di  servire  per  otto  e  talora  nove  anni,  il  meglio  della 
giovinezza  I 

Ieri  (I  settembre)  fu  un  giorno  d'estrema  tristezza  per  le  famiglie. 
Non  è  possibile  farsi  un'  idea  delle  imprecazioni  e  degli  improperi 
d'  ogni  sorta  scagliati  contro  1*  autorità  (3). 

E  ai  disertori  si  dava  la  caccia  su  pei  monti  e  nei  boschi  ; 
guardatissimo  il  confine  dalla  parte  della  Svizzera  e  del  Piemonte. 
I  coscritti  si  pigliavano  a  trattare  come  prigionieri  o  bestie  da  soma. 

Ieri  r  altro  —  scrive  ancora  il  Mantovani  in  data  15  settembre  — 
volendo  i  gendarmi  in  Pavia  legare   a   due    a   due  i  coscritti,   questi 

(1)  Mantovani,  Diario. 

(2)  Contro  la  diserzione  si  rinnovano  notificazioni  all'  intemo  e  si  fanno 
convenzioni  colle  potenze  vicine  per  la  reciproca  consegna  dei  colpevoli.  — 
Museo  del  Risorgimento. 

(3)  Mantovani,  Diario. 


924 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


si  offesero  del  villano  trattamento.  Ne  segui  una  zuffa:  un  gendarme 
fa  ucciso,  altri  feriti  gravemente  d'ambedue  le  parti.  La  truppa  di  linea 
acquetò  il  subbuglio,  che  temevasi  avesse  più  serie  conseguenze. 

Questa  brutta  faccenda  della  coscrizione  inaspri  anche  le  classi 
che  n'erano  meno  ferite.  Ci  fu  del  freddo  fra  Bellegarde  e  i  no- 
bili. La  moglie  del  maresciallo,  venuta  fra  noi  a  raggiungere  il 
marito  felicemente  regnante,  piglia  le  pose  di  vice  regina,  par- 
tecipa con  biglietto  il  suo  arrivo  e  invita  le  dame  a  farle  visita, 
«  Alcune  dame  trovano  quest'  invito  troppo  pretenzioso  »  (1).  Al 
teatro  per  due  o  tre  volte  il  maresciallo  e  la  marescialla  non  ebbero 
alcun  applauso!  (2).  Il  maresciallo,  per  ristabilire  Veniente  cordiale, 
diede  un  festone  alla  Villa  Bonaparte  :  non  badò  e  spendere  ;  già 
non  spendeva  lui!  L'illuminazione  fantastica  dei  vecchi  Giardini  (3) 
estese  al  maggior  numero  un  diletto,  che,  nelle  vaghe  splendenti 
sale,  era  deliziosamente  gustato  dal  fiore  delle  dame  e  dei  cava- 
lieri. Si  ballò  molto  e  molto  si  perdonò  ! 


xxvin. 

In  quei  giorni  faceva  la  pratica  legale  nello  studio  dell'avvocato 
Lodovico  Capretti  il  neo-laureato  Tommaso  Grossi.  Aveva  venti- 
quattro anni,  ma  si  poteva  dargliene  anche  meno,  tanto  erano 
vive  in  lui  le  prime  energie  e  inquietezze  giovanili.  Faceva  onore 
all' aure  native ,  quelle  aure  del  lago  di  Como  che  hanno  il  pri- 
vilegio di  eccitare  l' intelligenza  e  ravvivare  le  forze  dello  spirito. 
La  famiglia  lo  aveva  avviato  nella  carriera  ecclesiastica,  ma  in 
seminario  ci  rimase  pochissimo,  e  fece  chiasso  la  sua  fuga.  Un 
po'  scappatello,  insubordinato,  si  arrivò  persino  a  temere  del  suo 
avvenire,  ma  il  cuore  era  eccellente.   A  Pavia  si    diede  a  cono- 

(1)  Mantovani,  Diario. 

(2)  Idem. 

(3)  Idem. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  925 

scere  con  satire  contro  i  professori.  A  Milano  le  migliori  brigate 
se  lo  rubavano  giacché  era  pieno  di  brio  e  di  talento. 

La  prima  poesia  di  polso  (1),  scritta  in  dialetto,  diffusa  clan- 
destinamente pei  crocchi  e  ripetuta  d'  orecchio  in  orecchio ,  non 
fu  solo  un'  opera  d'  arte  ma  un  atto  di  coraggio  :  s' incaricò  di 
parlare  lui  pei  mille  ammutoliti  ;  e  ,  tolta  occasione  dall'  eccidio 
del  Prina,  palesò  il  disgusto  del  paese  per  quel  delitto,  proclamò 
irresponsale  la  maggioranza  di  quell'eccesso  plebeo,  ed  espresse 
anche,  sotto  forma  umoristica,  il  disinganno  del  paese  rispetto  al 
nuovo  governo  e  perfino  rispetto  alla  persona  dell'  imperatore. 
Non  si  poteva  andare  più  in  là. 

La  Prineide  rendeva  un  grande  servigio  al  paese  :  la  nostra 
città,  per  bocca  del  suo  poeta  vernacolo,  si  dichiarava  innocente, 
si  lavava  di  quel  sangue:  e  nello  stesso  tempo  mostrava  che  non 
era  spento  in  essa  il  retto  senso  politico  e  il  coraggio  di  una 
schietta  per  quanto  impotente  protesta.  Il  lavoro  del  giovine  poeta 
recava  l' impronta  di  quella  scuola  pariniana ,  che  non  perdette 
mai  di  vista  la  pubblica  educazione,  e  che  osò  sfidare  gli  abusi 
e  le  preponderanze  privilegiate.  Anche  il  Grossi,  come  già  il  Pa- 
nni e  il  Porta,  scendeva  nella  via,  s'accostava  al  popolo,  trattava 
un  soggetto  ardente  e  pericoloso,  pronunciava  il  rimprovero  che 
fa  arrossire,  che  scuote  la  coscienza  intorpidita,  che  ridesta  i 
liberi  convincimenti  e  i  foni  voleri  (2).  Per  tal  modo,  al  tramon- 
tare del  Porta,  sorgeva  un  altro  prestante  ingegno,  per  raccogliere 
la  sua  eredità  :  ingegno  affine ,  eppur  originale. 

Divulgate  senza  nome,  lette  avidamente  quelle  sestine  mirabili 
per  brio,  per  freddezza  di  sarcasmo  e  di  stile,  la  polizia  fece  le 
più  diligenti  ricerche  per  iscoprirne  l'autore,  e  si  misero  gli  occhi 
su  quanti  usavano  manifestare  i  loro  pensieri  in  versi  vernacoli. 
Tra  gli  altri,  ne  fu  indiziato  autore  Carlalfonso  Pellizzoni,  prete 
addetto  ad  una  chiesetta  nella  parrocchia  di  Sant'Ambrogio,  poeta 
di  facile  vena,  e  del  quale  all'Ambrosiana   si    conservano  molte 

(1)  La  Prineide. 

(2)  Tenga,  Prose  e  poesie  scelte ,  I,  149  e  segg. 


926  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


poesie  manoscritte  e  inedite.    Una  lunga  sua  diceria,  descrive  la 
perquisizione  fattagli  dalla  polizia  e  i  pettegolezzi  della  parrocchia  : 

Ehi  set  nagotta,  el  pret  de  la  gesetta 
Han  de  menali  a  Santa  Margherita 
In  penitenza  che  1'  ha  faa  el  Poetta. 
So  dagn  respond  quell'olter,  le  merita. 

Si  lamenta  in  particolare  col  commissario  di  polizia,  che  gli 
usò  sgarbatezze  : 

A  quel  sciur  capp  vorev  giust  fac  savee 
Che  no  se  tratta  insci  coi  sacerdott 
El  visi  per  so  ben  che  el  staga  in  riga 
Ch'  el  guarda  che  el  Segnor  no  le  castiga. 

Ma  so  già  che  no  poss  alza  i  barbis 
E  falla  foeura  con  sto  sciur  todesch. 

Del  resto  egli  aspetta  la  prima  occasione  per  denunciare  quel 
prepotente....  e  farlo  bastonare. 

Anche  più  indiziato  era  il  principe  dei  poeti  vernacoli ,  Carla 
Porta  ;  da  tale  supposizione  potevano  venirgli  danni  gravissimi. 
Cassiere  al  Monte  Lombardo- Veneto,  viveva  del  suo  salario ,  e , 
per  quanto  gli  spiacessero  i  nuovi  padroni,  aveva  risoluto  di  evi- 
tare molestie  col  governo.  Già  gli  uni  valevano  gli  altri,  i  Fran- 
cesi non  erano  gran  che  migliori  di  questi,  e  dopo  tanti  casi  e 
rivolgimenti  anche  il  Porta  provava  un  senso  di  stanchezza,  quella 
stanchezza  che  rasenta  un  po'  1'  apatia  e  che  esprime  più  che 
altro  un  bisogno  supremo  di  riposo.  Gli  spiacque  quindi  di  es- 
sere creduto  autore  di  questa  e  di  altre  satire  vernacole  che 
andavano  in  giro,  quasi  che  egli  solo  sapesse  trattare  la  poesia 
in  dialetto.  E  però  scrisse  tre  sonetti  (1),  pieni  di  tristezza,  nei 
quali  non  disdice  l'omaggio  reso  a  Napoleone,  ma  si  dichiara 
anche  incapace  di  offendere  1'  attuale  governo  (2).  È  la  protesta 
dell'impiegato  che  teme  la  riprensione  del  proprio  capo  d'ufficio! 

(1)  Poesie.  —  Milano,  Robecchi,  1879,  pag.  615. 

(2)  Questo  sentimento  egli  esprime  anche  altrove  :  «  Giuri  vess  grato  a  chi 
me  dà  el  me  pan  ».  —  Poesie,   ed.  cit.,   pag.  393. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  927 


Non  daremo  a  questi  sonetti  maggiore  importanza  di  quello  che 
meritano  :  il  poeta  non  rinnega  nulla ,  ma  dice  tale  e  quale  lo 
stato  del  suo  spirito,  alieno  da  nuove  lotte,  e  più  che  altro  ansioso 
di  pace.  C'è  già  in  questi  versi  il  presentimento  degli  anni  con- 
tati: «  Hoo  già  saraa  su  l'anta  > ,  egli  dice;  sono  innanzi  negli 
anni,  non  voglio  più  impicci  !  ' 

Anche  nel  terzo  sonetto  che  comincia  : 

Gh'hoo  miee,  gh'hoo  ficea,  sont  impiegaa, 

e  che  fu  disapprovato  più  degli  aliri,  non  è  difficile  scoprire  una 
certa  vena  umoristica  ;  e  non  pare  sieno  da  pigliare  tutti  sul 
serio  quei  suoi  risentimenti,  quelle  sue  proteste.  Quel  «  degn  de 
andà  in  galera  »  applicato  agli  autori  delle  satire  incriminate  , 
accenna  evidentemente  ad  un  regime  di  caserma  che  s'offendeva 
anche  degli  scherzi  letterari:  ci  pare  più  presto  una  critica  al 
sistema  vigente  che  non  un  rimprovero  agli  autori. 

Non  è  da  credere  che  egli  ignorasse  che  il  giovane  Grossi  era 
r  autore  della  Visione  (1),  giacché  gli  andava  famigliarmente  per 
casa  e  ne  aveva  predetto  l' ingegno,  ammirando  i  primi  suoi  saggi. 
Tre  anni  prima  gli  aveva  diretto,  mentre  si  trovava  a  Treviglio, 
in  villa  presso  uno  zio,  quella  saporitissima  poesia:  «Al  me  car 
sur  Tommàs  »,  mandandogli  colla  sua  la  benedizione  di  altri  amici 
di  casa,  segno  che  la  convivenza  e  la  confidenza  era  già  molta  : 

Cattani,  i  duu  Maderna,  mia  miee, 
Tandin ,  Lanzett ,  Mongee  , 
E  Greppi  e  Bernardon , 
Per  fa  la  rima  in  on. 
Te  dan  la  soa  benedizion. 
Mettet  in  genoeuggion,  * 

Rezevela  che  V  è  mei  che  papal 
O  per  el  manch  1'  è  tal  e  qual  (2}. 

(1)  Del  tutto  diversa  è  l' opinione ,  in  proposito  ,  del  Barbiera  ;  però  mi 
paiono  buoni  i  motivi  per  i  quali  io  dissento  da  così  grave  e  valente  illu- 
stratore della  vita  e  delle  poesie  del  Porta. 

(2)  Poesie^  ed.  cit.,  pag.  392. 


928  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA     IN     MILANO. 

E  però  non  si  dirà  che  egli  commettesse  un'offesa  all'amicizia 
dicendo  il  vero ,  cioè  che  quella  poesia  non  era  farina  del  suo 
sacco.  Evidentemente  egli  non  riteneva  con  tale  dichiarazione  di 
nuocere  al  giovane  suo  amico ,  e  confidava  che  in  nessun  modo 
si  venisse  a  scoprire  il  vero  autore:'  bastavagli  non  essere  addi- 
tato lui  alle  ire  dei  governanti. 

Ad  ogni  modo  quei  sonetti  gli  furono  apposti  a  colpa,  e  spe- 
cialmente il  terzo  ;  e  non  si  mancò  di  dirglielo  anche  in  versi 
vernacoli  : 

Carlin  ,  te  parli  ciar,  el  tò  sonett 
E  la  tua  smania  de  giustificatt 
Sul  cunt  de  la  vision,  fan  un  eflfett 
Che  domanden  paricc  se  te  se  matt. 

Con  i  tocu  loffi  de  leva  el  sospett, 
Disen  che  la  tua  ronfa  V  è  el  lodati , 
Che  i  tò  resonament  varen  on  ett, 
Che  te  guadagnarisset  a  fa  el  sciati, 

Che  no  te  gh'  entret  nanca  per  fer  rott 
A  spuà  di  sentenz  su  certi  scritt, 
Tanto  più  che  anca  ti  te  gh'ee  d'....  brutt. 

Donca  per  no  fatt  toeu  tropp  sul  legott, 
God  i  tò  crost,  impiegh,  pension,  ciovitt, 
Lassa  sta  el  can  che  dorma  e  dì  nagott  (1). 

Invece  la  condotta  del  Grossi  fu  molto  risoluta  e  si  può  ag- 
giungere insolita ,  pei  tempi  che  correvano.  Affinchè  altri  non 
soffrisse  per  cagion  sua,  si  presentò  al  governatore  Saurau  e  si 
dichiarò  autore  della  Prineide:  «  Io  rivelo  la  cosa  al  ministro 
e    interpongo   in   mio  favore    l' autorità    del    magistrato    che    mi 

(1)  Questo  sonetto,  inedito,  si  attribuisce  ad  Antonio  Zanatta,  e  si  trova 
nella  Race.  dell'Ambrosiana,  segnata  E,  S,  III,  5.  —  Il  Porta  fu  per  alcuni 
giorni  bersagliato  da  lettere  anonime  e  da  mordaci  sonetti ,  del  genere  di 
quello  sopra  riferito;  ma  egli  non  se  ne  turbò  gran  fatto.  —  Vedi  il  cit.  studio 
del  Barbiera  premesso  alle  Poesie  del  Porta.  —  Firenze,  1884,  pag  xxxvm 
e  seguenti. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  929 


ascolta  »  (1).  Al  magistrato  piacque  questa  franchezza ,  e ,  solo 
per  salvare  le  apparenze,  tenne  il  Grossi  due  giorni  in  arresto: 
piccolo  martirio  che  fece  più  noto  1'  autore  e  più  ricercata  la 
satira.  Ma  non  tardò  una  piena  assoluzione;  l'imperatore,  indi- 
vidualmente offeso ,  dichiarò  cassata  ogni  procedura  ,  e  non  si 
dovesse  tener  conto  al  poeta  di  questo  fatto  né  per  allora  né  per 
i  futuri  destini  della  sua  carriera. 

Fra  queste  ansietà  e  per  timori  di  perquisizioni  domiciliari,  il 
Grossi  avea  dovuto,  ben  a  malincuore ,  distruggere  parecchie  carte 
compromettenti,  fra  cui  alcuni  versi  del  Porta,  che  forse  si  sfogava 
con  lui,  intiraissimo,  sul  cattivo  andamento  della  cosa  pubblica. 
Dolente  di  ciò,  scriveva  all'amico  una  lettera,  nella  quale  si  leg- 
gono queste  parole  frajnmentarie  :  «  mi  scrivesti  tante    e  si 

belle  cose  che  serbava  come  reliquie  nel  cuore  del  mio  scrittoio, 
e  che  il  diavolo  mi  fece  abbruciare  in  occasione  delle  mie  note 
vicende  (e  t' assicuro  che  vorrei  piuttosto  aver  perduto  un  dente)  ; 
basta....  riparerò  per  l'avvenire  a  questa  disgrazia»   (2). 

La  condotta  del  Grossi  fu  da  tutti  ammirata,  e  più  d'ogni  altro 
forse  dovette  ammirarla  il  Porta,  che  si  trovò  per  tal  modo  al- 
leggerito di  ogni  timore.  Ne  rimase  rinsaldata  un'amicizia,  che 
fu  uno  dei  maggiori  conforti  degli  ultimi  anni  del  poeta  vernacolo, 
e  che  ha  contribuito  a  iniziare  alle  più  sottili  finezze  dell'  arte 
il  giovane  alunno. 

Continuarono  a  vedersi  e  a  scriversi  i  due  poeti  come  vecchi 
amici,  quasi  si  direbbbe  innamorati  l' uno  dell'  altro.  Il  Grossi 
chiudeva  le  sue  lettere:  «Addio,  il  mio  caro  Porta,  onore  e  gloria 
della  lingua  nostra  ».  E  il  Porta:  «  Oh  i  begli  ingegni  che  siete 
voi  altri  !  Non  v'  è  nulla  che  non  vi  riesca  meraviglioso  in  verso 
e  in  prosa ,  ancorché  fatta  cosi  su  due  piedi  ;  e  io  scrivo  a  voi 
altri  di  questa  prosacela.  Addio,  addio.  Guardami  il  cuore.  Questo 


(1)  Predari,  nella  continuazione  dell'opera  del  Corniani,  /  secoli  della 
letteratura  italiana.  —  Torino,  1856,  Vili,  191.  —  Vedi  pure  le  mono- 
grafie  d'Ignazio  Cantù,  di  Cesare  Cantù,  ecc. 

(2)  Barbiera,  studio  cit. ,  pag.  xxxix. 


930  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


viscere  te  lo  prometto  migliore  assai  del  cervello  ».  E  un'  altra 
volta  allo  stesso  Grossi:  «Ti  voglio  tutto  il  bene  che  vorrei  alla 
più  bella  e  brava  ragazza  di  questo  mondo  ».  E  ancora:  «  Ti  am- 
miro e  ti  guardo  come  si  guarda  il  sole  »  (1).  Poche  amicizie 
letterarie  sono  salite  più  su  di  questa:  ed  è  confortevole  segna- 
larle alla  nostra  memoria. 

Il  ricordo  della  breve  prigionia  rimase  assai  vivo  nella  mente  del 
Grossi.  In  una  poesia  inedita ,  scritta  molti  anni  dopo ,  per  un 
pranzo  in  campagna,  in  onore  del  cav.  Cicogna,  trovo  questi  versi  : 

te  set  minga  che  i  poetta 

No  san  fa  olter  che  tacca  alla  vitta, 
O  strusa  dent  in  d'  una  quai  Bocchetta , 
O  vessigà  verso  Santa  Margarita  ? 
L'  è  inutel  1  Già  1'  è  '1  vizzi  di  Bositt , 
O  che  pizzighen,  o  che  fan  galitt  (2). 

E  si  duole  di  non  poter  dare  commissioni  agli  artisti  : 

Vun  el  dà  commission ,  l' olter  el  spetta 

A  dai,  quand  el  sarà  un  pòo  mandi  poetta, 

cioè  notaio  ;  ma  non  so  che  ci  guadagnasse  tanto  da  largheggiare 
cogli  artisti ,  egli  fino  all'  ultimo  artista  e  grande  ! 

La  nativa  giovialità  recava  il  Grossi  a  scherzare  anche  quando 
la  polizia  austriaca  gli  teneva  il  broncio.  È  di  questo  tempo  un 
suo  Ricors  al  sur  coni  mareseiall  Bellegar  (.3)  : 

Ezzellenza,  desfand  giò 
Sto  ricors,  el  credarà 
Ch'  el  sia  fors  d'  un  quai  gogò, 
Ch'el  le  voeur  vegnì  a  secca 
Con  quei  solet  resonasc 
Taja  giò  con  el  corlasc. 

(1)  Barbiera,  studio  cit. 

(2)  Possedute  da  don  Nazaro  Vitali,  già  amicissimo  del  poeta,  che  cor 
tesemente  me  le  comunicò. 

(3)  Comunemente  si  attribuisce  questo  scherzo  al  Porta,  ma  nella  Raccolta 
dell'Ambrosiana  segnata  O,  226,  par.  sup.  si  assegna  al  Grossi. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN"    MILANO.  931 


Nò,  signori,  1'  è  giust  vun 
Che,  r  è  inutil,  sanguanon, 
No'l  g'ha  firo  de  nessun 
Qaand  la  vaga  a  ave  reson, 
E  reson  che  no  se  pò 
Propi  minga  digh  de  no. 

In  del  Codez  caviggin 
Al  capp  terz  de  ìncaciggiando, 
Leg  ottava,  vers  el  fin, 
Gh'  è  che  tugg  quij  che  domanda 
La  patent  de  incaviggiaa 
Han  d'avegh  tre  qnalilaa. 

Omnes  UH  in  conclusion 
(Zitti,  i  so  prezzis  paroU) 
Ch'  in  sfaccia,  bastard,  mincion, 
S' incaviggien  fina  al  coli  ; 
Nec  caoiggium  V  entra  adoss 
Quibus  maneant  sti  tré  coss. 

Ezzellenza  caviggioria. 
Mi  me  piasen  i  coss  spicc  : 
Ghe  presenti  sta  memoria 
Scongiurandel  d'  on  cavicc  ; 
E  ghe  foo  vede  in  d'on  fiaa 
Che  g'hoo  tutt  sti  qualitaa. 

Segue  r  enumerazione  degli  allegati.  Il  poeta  vuol  convincere 
Bellegarde  della  propria  asinaggine,  per  tacere  delle  altre  doti  ; 
e,  tra  le  altre  prove,  rammenta  che  è  dottore,  e 

Nient  olter  che  Accademmegh 
Dell'Arcadia  de  Homma, 
Con  tri  brazza  de  diplomma. 

Non  gli  si  può  davvero  rifiutare,  secondo  giustizia,  quanto  chiede  : 

Preghi  donca  sua  Zellenza 
Perchè  '1  veubbia  teus  l' impicc 
De  proved  all'  occorrenza 
Regallandem  un  cavicc. 
Di  pu  long  che  ghè  in  l' Imperi, 
Come  implori  e  come  speri. 


932  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


Oggetto  del  ricorso  : 

Recors  d'  un  desavi  aa 

Pien  de  fum  e  senza  rost, 

Ch'  è  nassuu  descaviggiaa, 

Che  r  è  al  mond  perchè  gh'  è  post, 

Per  ave  se  ghe  fuss  strada, 

Ona  benna  incaviggiada. 


XXIX. 

Consuetudini  e  motivi  politici  raccomandavano  all'  imperatore 
di  scendere  in  Italia  per  visitare  il  paese  ricuperato  alla  sua  co- 
rona, ridestarvi  tradizioni  e  affetti  illanguiditi  e  vincere  le  masse 
collo  spettacolo  della  sua  maestà.  Fa  sempre  effetto  sulle  turbe 
la  sovranità  in  viaggio,  che  si  circonda    di    tutta  la  sua  pompa. 

Fra  noi  dell'  imperatore  si  diceva  bene  e  male  secondo  gli 
umori ,  secondo  i  momenti.  Che  fosse  un  genio  ,  nessuno  poteva 
affermarlo,  ma  a  molti  sorrideva  la  speranza  che  governasse  colla 
placida  temperanza  di  Leopoldo.  Il  Grossi  esprime ,  su  per  gtù , 
il  concetto  che  avevano  di  lui  i  non  ignari  delle  cose  del  giorno 
e  della  parte  presavi  dall'  imperatore  : 

Tutt  quist  hin  ciaccer  che  concluden  n'ient. 
Salta  su  el  Prinna;  infin  coss  haal  poeu  faa  ?... 
In  quant  al  fa,  respondi,  verament.... 
Sì....  fina  adess....  l'ha  minga  comenzaa; 
Ma  disen....  Cosa  occor  ?  in  fin  di  fin 
L'  è  el  re  di  galantomen  Franzeschin.  — 

—  El  re  di  galantomen ,  dis  el  Prinna 
Sgavasgiand,  obbhgato  dell' avis  !... 
E  mi  allora  :  Coss'  è  sta  pantominna  ? 
Ch' el  me  scusa,  zellenza,  m' è  duvis 
Che  sta  vceulta  con  tutta  la  soa  furia 
L'  abbia  tolt  un  cojon  per  on'  inguria  ! 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    l.\    MILANO.  933 

E  lu  :  Ben ,  che  s'  el  tegnen  sto  co,...  —  Tura...  1 
Sbraggi  mi  subet....  brutt  mostacc  de  toUa! 
Ma  con  tutt  quest,  perdincio,  gh' hoo  pagura 
Ch' el  l'abbia  proferida  la  paroUa, 
Che  in  la  cappella  se  sentiva  el  sòn 
Dell' ecco,  che  finiva  come  in  òn. 

Ed  anche  i  rapporti  fra  sovrano  e  sudditi,  quali  erano  creati 
dal  posticcio  accomodamento ,  sono  ritratti  con  felice  umorismo 
dal  Grossi  : 

Adess  disi  per  di  del  grand  amor 
Che  gh'  emm  nun  Milanés  per  el  padron  ; 
Car  padronasc,  che  gust....  andà  a  descor. 
L'è  una  robba,  che  l'è  fina  tropp  bon  ; 
E  nun  cont  lu  semm  propi  carna  e  peli, 
Camisa  e  sedes,  scisger  e  buell  ; 

Che  semm  bon  anca  nun  tant  quant  à  lù, 
E  lù  l' è  bon  anca  lù  tant  quant  a  nun , 
Nun  incapazz  de  fagh  del  maa  a  lù, 
E  lù  incapazz  de  fa  del  ben  a  nun , 
Pien  fina  sora  i  oeucc  de  la  virtù 
De  la  santa  pa^cienza  e  nun  e  lù  (I). 

Ad  ogni  modo  si  trattava  di  vederlo  da  vicino  ,  ed  una  visita 
di  quella  fatta  ha  sempre  la  potenza  di  agitare  le  fantasie,  sve- 
gliando intensa  curiosità. 

Nell'ottobre  fece  la  prima  sosta  a  Venezia,  e  le  prestabilite 
ovazioni  lasciarono  credere  che  fosse  perfetto  l'accordo  fra  Vienna 
e  quel  lembo  orientale  d'Italia,  per  dodici  secoli  libero,  e  certo, 
in  fondo  all'  anima  sua,  non  obblioso  della  sua  passata  indipen- 
denza e  gloria. 

Il  mondo  officiale  milanese  si  commuòve,  e  dispone  che  una 
deputazione  vada  a  Venezia  per  supplicare  1'  imperatore  di  pro- 

(1)  Nella  Prineide.  Mi  attengo  alla  lezione  data  nelT  ed.  del  Carrara, 
Opere  poetiche.  —  Milano,  1887,  pag.  277. 


934  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


lungare  il  suo  viaggio  nelle  provincie  lombarde.  Già  si  sapeva 
che  doveva  recarsi  anche  fra  noi,  ma  ci  si  consigliò  di  pregamelo, 
affinché  un  nostro  sospiro  anticipasse  l'evento;  si  fece  anche  di 
più,  si  nominò  addirittura  la  deputazione  incaricata  di  quest'ufficio. 

Oggi  (5  novembre)  mentre  l'Amministrazione  municipale  deliberava 
per  scrutinio  in  Broletto  chi  doveva  mandare  a  Venezia  per  compli- 
mentare S.  M.,  capitò  una  lettera  del  governatore  Saurau  aver  egli 
fissato  per  1'  ambasciata  monsignor  Opizzoni,  il  conte  Giulini  e  il  ne- 
goziante Ciani.  Ecco  risparmiato  l' incomodo  dello  scrutinio  (1). 

I  tre  deputati  compirono  la  propria  missione,  e  ritornarono  colla 
promessa  che  l'imperatore  non  ci  avrebbe  privati  della  sua  visita. 

Una  parte  della  nobiltà  si  mette  in  una  grande  agitazione:  pei 
nobili  vecchi  1'  ossequio  all'Austria  si  combinava  col  rimpianto 
della  giovinezza,  placidamente  e  rumorosamente  goduta  della  ba- 
raonda napoleonica:  si  trattava  quindi  di  far  rivivere  quei  bei  tempi; 
pei  nobili  giovani  si  trattava  di  mettersi  innanzi,  di  far  risaltare  il 
casato,  lo  stemma,  il  censo. 

Alcuni  giovani  (13  novembre)  della  nostra  nobiltà  avevano  proposta 
una  guardia  d'  onore ,  per  accompagnare  S.  M.  all'  arrivo  e  alla  par- 
tenza. Il  maresciallo  Bellegarde  avea  dato  loro  il  permesso,  ed  inco- 
minciavano a  fare  le  spese  per  la  montatura,  quando  venne  da  Venezia 
la  proibizione,  per  il  motivo  che  l'imperatore  viene  per  sanar  piaghe 
e  non  per  aprirne  (2). 

L'imperatore  si  trattenne  a  Venezia  oltre  il  tempo  fissato,  per 
attendervi  l'arrivo  dei  famosi  cavalli  di  bronzo  che  Parigi  dovette 
restituire  con  molta  parte  del  mal  tolto  bottino  artistico.  Anche 
noi  potemmo  rallegrarci  per  la  restituzione  dei  nostri  capi  d'arte, 
codici  e  manoscritti  :  ma  la  restituzione  non  fu  completa  e  il 
rimpianto  non  è  cessato.  La  delicata  faccenda  fu  messa  nelle 
mani  di  Antonio  Canova ,  che  ,  per  quella  circostanza ,  fu  detto 
non  ambasciatore  ma  imballatore ,  e  mostrò  zelo  grande  :  ma  la 

(1)  Mantovani,  Diario. 

(2)  Mantovani,  Diario  cit. 


I,A     RI^«;T\URA/'IONl^     AIJSriMVCA     IN     MILANO.  935 


sua  opera  avrebbe  giovato  anche  di  più  se  a  ciascuna  provincia 
si  fosse  permesso  o  meglio  comandato  di  inviare  a  Parigi  ,  per 
tale  oggetto,  un  proprio  rappresentante. 

Il  1*  dicembre  arrivarono  a  Milano  non  so  quante  casse  con- 
tenenti quadri  e  codici,  e  furono  deposte  nel  chiostro  delle  Grazie 
per  farne  pubblica  mostra  in  occasione  del  prossimo  arrivo  del- 
l'imperatore. Restituzione  che  ricondusse  il  nostro  pensiero  verso 
i  giorni  della  Cisalpina,  per  deplorarli  :  ma  a  quel  modo  che  mani 
straniere  ci  aveano  spogliati,  mani  straniere  ci  ridonavano  il  fatto 
nostro,  e  pareva  regalo  e  quasi  trofeo.  Due  giorni  dopo  vedemmo 
anche  noi  i  famosi  cavalli  che  parevano  impazienti  di  riedere 
all'  antica  sede.  Attraversarono  la  città  su  robusti  carri  e  con 
grande  strepito,  scortati  da  guardie. 

Di  un'  altra  restituzione,  fuori  di  ogni  nostra  aspettativa,  corse 
da  Milano  per  tutta  Italia  l'annunzio.  Il  bergamasco  Angelo  Mai 
trasse  in  luce,  dai  palinsesti  dell'Ambrosiana,  delle  opere  antiche 
di  gran  pregio:  avviamento  a  scoperte  anche  maggiori.  Sino  al  1819 
adoperò  quella  sua  nova  e  mirabile  industria  nella  nostra  Am- 
brosiana, quindi  passò  a  Roma  ove  la  sorte  gli  fu  più  che  mai 
propizia,  e  rievocò  dalle  tombe  gli  alti  insegnamenti  dell'antichità. 
Questo  ridestarsi  dei  morti  fu  da  taluno,  anche  prima  che  Leo- 
pardi ne  scrivesse,  riguardato  coQie  rimprovero  e  stimolo  insieme 
ai  viventi  ;  ma  sciaguratamente  scarseggiavano  le  occasioni  e  i 
mezzi  di  ben  fare. 

I  Veneziani  profittarono  della  presenza  dell!  imperatore,  in  vista 
benigno  e  disposto  a  condiscendenza,  per  chiedergli  di  non  dipen- 
dere da  Milano  e  far  da  sé:  e  che  ciò  si  chiedesse  da  una  città 
che  fu  per  si  lungo  ordine  d'  anni  dominante,  non  faremo  le  me- 
raviglie. Fu  bello  sacrificare  interessi  e  orgogli  di  questo  genere 
all'unità  della  patria:  ma,  allora,  non  era  più  parola  di  patria, 
sibbene  di  un  regno  vassallo  a  Casa  d'Austria. 

La  cosa  saputa  a  Milano  suggerì  questi  versi  : 

Ma  che  bravi  Venezian  ! 
L'  han  cattaa  lor  el  moment 
De  raostrass  italian, 
Patriott  cold  e  bujent. 


936  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


Ghe  r  han  ditt  ciar  e  destes 
Propri  a  lu  ,  all'  imperator, 
Che  no  vceuren  Milanes 
In  r  Italia  soa  de  lor. 

E  de  fatt  per  gent  sovranna. 
Che  han  faa,  ditt  e  bordegaa, 
L'è  de  giust,  ghe  va  la  canna 
Che  r  è  un  segn  de  nobiltaa  ! 

Quant  a  nun,  sem  gent  indegna 
De  mesciass  con  tanta  gloria, 
Nun  che  portem  per  insegna 
Del  paes  sgriscia  e  sciloria  (1). 

Andee  là,  car  Pantaloni, 
Dio  ve  faga  soddisfa. 
Che  per  nun  pover  mincioni 
Stem  mej  sol  che  mal  cobbià  (2). 

Se  ne  alimentarono  dei  dispettucci ,  che  i  ben  pensanti  cerca- 
vano di  tòr  via,  ma  che  erano  fomentati  dai  pregiudizi  di  cam- 
panile. Nelle  bosinade  del  tempo  ricorre  spesso  il  confronto  fra 
le  due  città,  fra  i  monumentt  dell'  una  e  dell'  altra,  che  é  proprio 
una  miseria.  Si  fa  parlare ,  di  solito ,  Meneghino  e  Pantalone  , 
ovvero  dei  Milanesi  e  dei  Veneziani  ;  e  i  primi  lodano  il  meglio 
della  loro  città,  e  cosi  i  secondi:  prolissa  enumerazione,  scarsa 
dì  novità  come  priva  di  ogni  merito  letterario.  In  uno  di  questi 
dialoghi,  la  moglie  milanese  persuade  il  marito  veneziano  della 
eccellenza,  della  superiorità  di  Milano: 

Sì,  mojer,  mi  ve  protesto, 
Che  Venezia  xe  una  parte 
E  Milan  xe  tutto  el  resto  (3). 

(1)  Né  il  Cherubini  né  il  Banfi  registrano  la  voce  sgriscia.  La  voce  sci- 
loria significa  aratro  ad  un  solo  orecchio. 

(2)  Poesia  manoscritta  nella  Race.  dell'Ambrosiana  segnata  E,  S,   IH,    ■">. 

(3)  Dialogo  ira  il  marito  veneziano  e  la  moglie  milanese.  —  Milano, 
Tamburini  (senza  data)  nella  cit.  Raccolta  di  bosinade  dell'Ambrosiana,  voi.  VI. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  937 

«  Milan  e  poeu  pù  » ,  dice  1'  ambrosiano  puro  sangue.  «  De 
Venezia  ghe  n' é  una  sola»,  dirà  il  cittadino  delle  Lagune,  or- 
goglioso di  oltre  un  millennio  d' indipendenza  e  di  potenza.  E  il 
sentimento  che  in  questi  detti  proverbiali  si  tramanda,  se  fino  a 
un  certo  punto  é  lodevole ,  è  pure  il  residuo  di  quel  regionalismo 
accanito  e  indomito  che  travagliò  il  nostro  paese  ,  e  soltanto  ai 
nostri  giorni  è  andato  mancando  perchè  gli  eventi ,  le  più  facili 
comunicazioni  e  la  possibilità  di  più  larghi  raffronti  hanno  cor- 
retto e  nobilitato  gli  orgogli  municipali.  E  per  toccare  della  nostra 
città,  quel  suo  nobilissimo  figlio,  di  cui  sempre  porteranno  il  lutto  nel 
cuore  quanti  hanno  in  pregio  la  sapienza  e  la  virtù,  il  conte  Carlo 
Belgioioso,  ne  scrisse  poco  prima  di  morire:  «  I  Milanesi  hanno 
fama  di  essere  troppo  facili  lodatori  delle  cose  loro.  È  un'  accusa 
vecchia;  e,  riferibilmente  ai  tempi,  giusta.  Ma  come  poteva  essere 
altrimenti  solo  quarant'anni  fa,  quando  per  visitare  Novara  e  Pia- 
cenza bisognava  munirsi  di  due  passaporti  e  del  visto  degli  agenti 
consolari  di  due  Stati?  Era  ben  naturale  che  chi  tornava  dall'aver 
percorso  il  piccolo  regno  di  Lombardia  dicesse  che  la  più  grande 
e  la  più  bella  delle  città  vedute  era  Milano.  Ora  non  è  più  cosi. 
Ora,  che  si  vola  a  Parigi  con  meno  apparato  che  una  volta  si 
richiedesse  per  trottare  a  Bergamo  e  a  Brescia,  tutti  hanno  im- 
parato la  modestia  ;  e  i  Milanesi  amano  la  loro  città  in  silenzio 
e  senza  far  dei  confronti  »  (1). 


XXX. 


L'imperatore  entrò  nelle  nostre  mura  il  31  dicembre  (2).  Le  scene 

veneziane  si  riprodussero  con  poche  variami.  Venne,  vide....  e  non 

fece  nulla.   Solo  parve   notevole    la    semplicità  del  suo  costume , 

, quel  vivere  da  borghese:    si   coricava  presto,   si  alzava  prestis- 

(1)  Brera,  studii  e  bozzetti  artistici.  —  Milano.  Hoepli,  1881,  pag.  2. 

(2)  Il  Podestà  C.  Giuiini  annunzia  tale  ingresso.  —  Museo  del  Risorgimento. 

A7xh.  Stor.  Lornb.  —  Anno  XV.  48 


938  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


simo,  e  subito  in  giro,  per  sorprendere  gli  impiegati  e  coglierli 
in  fallo,  come  faceva  Giuseppe  II.  «  Stamattina  —  scrive  il  Man- 
tovani in  data  3  gennaio  —  l' imperatore  andò  all'  ufficio  della 
Posta  e  lo  trovò  chiuso.  Bussando  gli  fu  aperto.  Il  Direttore  in 
pantofole  stava  vestendosi  e  non  eravi  alcun  impiegato  ».  Quadro! 

Il  2  si  pubblica  un  ringraziamento  alla  Reggenza,  sostituendole 
un  Consiglio  di  governo,  composto  del  conte  Saurau  presidente , 
Mellerio  vice-presidente,  e  dieci  consiglieri  (1).  Il  conte  Saurau  ci 
aveva  appena  tastato  il  polso  e  pretendeva  conoscerci  :  diceva 
essere  qui  nobiltà  oziosa  e  prepotente ,  clero  ignorante ,  tenace  , 
corrotto  ,  media  classe  operosa  e  illuminata. 

Mentre  l'imperatore  passeggiava  le  nostre  vie,  visitava  i  nostri 
stabilimenti,  col  solito  codazzo  di  cortigiani  e  di  curiosi ,  si  spe- 
gneva una  vita  preziosa.  Il  duca  Melzi  scompariva  a  tempo  dalla 
scena  quando  ogni  atto  del  mondo  officiale  milanese  offendeva 
qualche  sua  cara  memoria  (6  gennaio).  Certo  agli  atroci  dolori 
che  sfinivano  il  suo  corpo,  s' aggiunse  1'  ambascia  di  non  vedere 
avverati ,  ma  troncati ,  chi  sa  per  quanto  !  i  destini  che  egli  da 
vent'  anni  augurava  all'  Italia  !  È  vero  che  da  tempo  la  delusione 
era  venuta  a  fiaccare ,  non  la  sua  operosità ,  ma  la  sua  fiducia. 
Però  egli  avea  vagheggiato  e  voluto  ,  fino  all'  estremo ,  il  bene 
del  suo  paese  :  e  per  poco  s'  illuse  che  potesse  uscire  da  quel 
vasto  sconvolgimento ,  a  quel  modo  che  la  bufera  rasserena  il 
cielo  e  purifica  1'  aria.  Morte  deplorata  da  tutti ,  ma  forse  a  lui 
propizia,  giacché  gli  risparmiava  la  vista  di  danni  maggiori.  Il 
governo  non  permise  che  i  pubblici  fogli  parlassero  di  lui  (2)  : 
e  nemmanco  gli  furono  celebrate  decorose  esequie  finché  l' im- 
peratore rimase  in  Milano. 

Ma  il  sospettoso  governo  austriaco,  non  solo  spiava  le  lagrime 
che  la  morte  de'  nostri  grandi  poteva  spremerci  dagli  occhi  già 
velati  di  tanta  tristezza,  tentava  altresì  soffocare  la  voce  de'  nostri 
filosofi  e  statisti.  Il  sommo  Romagnosi,  che  nei  consigli  legislativi 

(1)  Notificazione  di  Saurau.  —  Archivio  Seletti. 

(2)  Melzi  d' Eril,  Mem.-Doc,  I,  340. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  939 


del  Regno  Italico  avea  avuto  tanta  parte,  fu  additato  alla  polizia 
come  uomo  pericoloso.  Egli  aveva  tenuto  negli  anni  decorsi  impor- 
tanti uffici  :  consultore  presso  il  Ministero  di  giustizia  e  professore 
di  alta  legislazione,  e  di  lui  poteva  dire  il  ministro  Luosi:  «  Ro- 
magnosi  ba  lo  sguardo  acuto  dell'aquila  e  il  cuore  candido  della 
colomba  >.  Non  avea  dismesso  gli  studi  durante  i  pubblici  disastri, 
anzi  vi  avea  cercato  un  rifùgio  e  un  conforto  :  per  cui  al  cadere 
del  Regno  pubblicò  il  primo  volume  Della  Monarchia  rappresen- 
tativa, preludendo  quasi  per  vaticinio  alle  futuri  sorti  del  secondo 
regno  d' Italia  (1). 

Però  il  governo  austriaco  non  permise  che  tali  confortevoli 
annunzi  fossero  pubblicati  dalla  cattedra.  Il  grande  giurista  fu 
privato  d'  ogni  pubblico  uffizio  e  gli  fu  assegnata  una  tenue  pen- 
sione ,  che  il  generoso  uomo  cedeva  per  tutta  la  vita  ad  una 
propria  sorella,  vedova  e  povera  di  fortune.  Trasse  da  quel  tempo 
i  giorni  in  onorata  povertà,  campando  dello  scarso  guadagno  che 
gli  proveniva  da  private  lezioni  a  pochi  studenti  di  legge  :  futuro 
cenacolo  di  statisti  e  di  patriotti  ! 

Al  paragone  di  questi  uomini  quanto  appariva  piccino  l'impe- 
ratore ,  che  non  esprimeva  mai  un'  idea  originale ,  mai  pigliava 
un  partito  decisivo,  e  di  solito  rispondeva:  «  Datemi  una  memoria 
e  la  trasmetterò  al  Consiglio  Aulico  a  Vienna  ». 

Perfino  il  Mantovani ,  che  si  riprometteva  un  mondo  di  belle 
cose  dall'  imperatore ,  è  tutt'  altro  che  soddisfatto  di  lui ,  e  sog- 
giunge :  «  Il  pubblico  é  malcontento  ». 

Il  12  febbraio ,  in  occasione  del  compleanno  dell'  imperatore  , 
si  attendevano  deliberazioni  favorevoli  :  la  nomina  del  viceré  e 
dell'arcivescovo,  delle  grazie,  diminuzione  di  dazi  e  simili;  ma 
invece  nulla,  neppure  un  cenno,  una  lusinga  per  l'avvenire.  Il 
giorno  dopo  si  provvide  ad  intedescare  anche  1'  ordine  napoleonico 
della  Corona  di  ferro.  Nella  cappella  di  corte  si  tenne  la  funzione 
del  nuovo  ordine,  con  larga  dispensa  di  commende  e  cavalierati. 

Non  ci    mancarono  i    rabbuffi  :    tacciava  1'  amministrazione   di 

(1)  Sacchi,  Il  mìo  maestro,  nella  strenna  II  nuovo  Presagio,  1879,  pag.  57. 


940  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


violenza  e  di  venalità,  dichiarando  che  egli  non  era  disposto 
a  tollerar  alcun  disordine  ;  e  venutegli  innanzi  le  corti  di  giustizia, 
con  sguardo  severo  disse  loro  :  Saper  egli  bene  quanti  abusi  si 
tollerassero  nei  tribunali,  volere  che  i  nuovi  imitassero  gli  antichi 
suoi  Stati ,  ove  la  prima  cura  del  sovrano  era  la  retta  ammini- 
strazione della  giustizia  (1). 

Ma  S8  lui  ad  alta  voce  ci  deprimeva  e  ci  umiliava ,  a  bassa 
voce  noi  gli  rendevamo  la  pariglia  :  si  scrivevano  sui  muri  frasi 
poco  rispettose,  fra  cui  i  versi  che  durarono  poi  per  un  pezzo  fra 
le  ariette  popolari  : 

Franzeschin 
Cent'  el  coin  , 
Cent'  el  tupè , 
Va  via  ,  v'  è  ! 

Il  tupè,  ossia  i  capelli  stretti  sulla  nuca  da  un  nastro  di  seta, 
era,  chi  noi  sa ,  una  moda  caduta  in  disuso  fin  dal  1796.  Ripi- 
gliarla ,  faceva  parte  di  quel  programma  di  ristorazione  e  di  ri- 
vincita ,  nel  quale  si  dava  importanza  anche  alle  minime  cose. 
11  ritornello,  per  evitare  fastidi ,  lo  si  aggiungeva  a  strofe  vuote 
di  senso ,  preferendo  le  più  scipite,  perchè  il  pensiero  ricorresse 
subito  al  sottinteso  : 

Alla  mattina  ben  a  ben'  ora 
El  ven  dessora  {il  domestico) 
Cent'  el  caffè , 
Va  via ,  v'  è  !  (2). 

S'  affannava  la  polizia  a  cancellare  le  frasi  satiriche  ,  ma  ri- 
comparivano al  mattino  sotto  altra  forma ,   talora  più  pungente  : 

Aritmetica  di  fresco  : 
Zero  e  zero  fa  Francesco. 

(1)  E  la  stessa  cosa  ripeteva  a  Mellerio  in  Vienna,  benché  ad  ognuno 
fosse  nota  la  sfacciata  venalità  dei  dicasteri  viennesi  in  quei  tempo.  — 
L'Austria  e  la  Lombardia  (di  Correnti),  2*  ediz.,  Italia,  1847,  pag.  8. 

(2)  CusAN(,  St.  di  Mil,  VII,  275. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  941 


E  sul  piedestallo  dell'  Uomo  di  Pietra  : 

Tutti  si  lagnano ,  io  non  mi  lagno 
Perchè  Francesco  ho  per  compagno. 


Sovra  un  serraglio  di  bestie,  appena  aperto  al  pubblico  presso 
il  corso  detto  allora  Francesco,  cioè  accanto  all'antica  osteria  di 
S,  Romano ,  si  trovò  scritto  :   Consiglio  Aulico  di  Vienna. 

Molti  fra  i  titolati  lavoravano  a  rialzare  la  barriera  fra  sé  e 
le  altre  classi  ,  per  ricattarsi  della  promiscuità  durante  la  fase 
rivoluzionaria  e  napoleonica  ;  e  però  aveano  fondato  un  Casino , 
non  ammettendovi  che  i  nobili  di  prima  bussola,  cioè  quelli  ri- 
cevuti a  corte. 

La  presenza  dell'imperatore  era  una  bella  occasione  per  met- 
tersi in  visita ,  per  richiamare  sopra  di  sé  nuovi  favori.  Fecero 
molte  spese,  arredarono  sontuosamente  le  sale  del  circolo,  dando 
occasione  a  questi  versi ,  credo  inediti  ;  e  li  riferisco  anche  per 
dar  saggio  delle  idee  e  tendenze  democratiche  che  si  mantenevano 
vive  pur  neir  ora  della  rivincita  feudale  : 

Oh  !  che  stanzett  sciallos ,  che  bel  salon , 
Che  mobel ,  che  pittur,  che  scagn  ;  commè  ! 
Sti  nobel  han  voluu  dann  a  vede 
Quel  che  fann  ,  quand  vceuren  fa  de  bon. 

De  cavalier  spilorc ,  de  spiosseron , 
De  tegn ,  grazia  al  Signor,  pu  no  ghe  n'  è  : 
Catto  !  per  fagh  onor  al  noster  re 
L'  è  un  grand  bel  spend  pussee  d'  un  mezz  milion. 

Parlava  insci  pocch  su  pocch  giò  la  gent 
Sora  el  Casin  di  nobel  un  mes  fa , 
Ma  cont  i  guaj  che  adess  ghe  nassu  dent 

In  sul  punt  de  paga  o  del  no  paga, 
Milan  r  ha  voltaa  lengua  in  sul  moment , 
E  adree  i  nobel  ghen  disen  una  cà  ; 


942  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

Mi  ghoo  un  alter  pensa, 
E  senza  avegh  quistaa  ne  perduu  stima 
Disi  doma  ch'hin  anmò  quii  de  prima  (1). 


XXXI. 

Dopo  queste  satire,  meno  ci  indispongono  le  menzogne  in  rima, 
quali  comprate  a  peso  d'  oro ,  quali  offerte  spontaneamente  da 
versaiuoli  d'  occasione  (2). 

Il  bibliotecario  della  Braidense,  Robustiano  Gironi,  applicava  a 
Francesco  I  quello  stesso  paragone,  che  era  stato  applicato  fino 
alla  sazietà  al  «  nume  terreno  »  ,  al  «  sole  ardentissimo  di  gran 
luce  » ,  a  Napoleone  : 

Così  di  rai  la  diva  chioma  adorna 
Dopo  r  orror  di  tempestoso  verno 
La  gente  ad  allegrar  il  sol  ritorna 
Sul  carro  eterno  (3). 

Fra  gli  orrori  dello  Spielberg  ,  quanto  Pietro  Borsieri  ebbe  a 
pentirsi  dei  versi,  che  egli  non  seppe  rifiutare  a  quella  funesta 
attualità:  ove  dà  vanto  al  solo  Francesco  I  di  ciò  che  era  appena 
riuscito  alle  maggiori  potenze  coalizzate  : 

(1)  Probabilmente  questo  sonetto  è  del  Porta,  di  certi  nobili  nimicissimo  : 
e  si  trova  nella  Raccolta  dell'Ambrosiana,  segnata  S,  C,  V,  V,  26.  — 
Piovvero  le  satire  contro  il  partito  feudale.  Anche  la  Prineide  esprime  i 
risentimenti  della  borghesia  verso  le  pretensioni  castali. 

(2)  Vedi  la  Raccolta  dell'Ambrosiana  intitolata:  Opuscoli  storici  patrl- 
austrlaci  ecc.  —  Un'altra  raccolta,  pure  esistente  all'Ambrosiana,  è  inti- 
tolata: Rime  milanesi  e  toscane  per  II  felicissimo  ritorno  delle  gloriose 
armi  austriache.  —  Milano,  Veladini.  Pertusati  vi  premise  dei  sonetti.  — 
Per  Varrlco  di  Francesco  I  In  Milano,  ode  del  Carpani,  Pirola,   1815. 

(3)  Per  l'entrata  In  Lombardia,  ecc.,  in  una  Miscellanea  della  Brai- 
dense. 


LA    RESTAURAZIONE  AUSTRIACA     IV    MILANO.  943 


E  con  un  raggio  di  tranquille  ciglia 
Il  turbo  dissipò  de'  tempi  insani  !  (l). 

Il  Monti,  rimessosi  al  mestiere  di  poeta  di  corte  alla  comparsa 
fra  noi  dell'  arciduca  Giovanni ,  ripiglia  la  cetra  per  Francesco  , 
benché  il  bresciano  Scalvini  ne  lo  dissuadesse.  «  Sai  che  il  go- 
verno, rispondeva  al  generoso  bresciano,  mi  costringe  a  scrivere 
una  cantata  :  sanno  bene  che  non  amo  l' imperatore ,  ma  devo 
obbedire  »  (2).  Parole  che  provano  anche  di  più  la  sua  debolezza. 
Nella  quale  cantata,  per  lo  spettacolo  di  gala  al  teatro  della  Scala, 
osava  affermare  pago  il  voto  della  fede  longobarda  : 

Quel  che  i  ti'oni  esalta  e  guarda 

Invocato  il  secondò  : 

Te  la  gente  longobarda. 

Re  possente  insieme  e  padre , 

Esultando  salutò. 

Meno  male  che  non  ha  detto  fede  italiana ,  mirando  piuttosto 
a  suscitare  i  ricordi  medievali,  a  rappresentare  Milano  come  dis- 
giunta dal  resto  del  Paese,  la  Lombardia  costituita  in  regno  se- 
parato: smanie  autonomiche  che  tornavano  comode  al  poeta  per 
non  dire  una  bugia  troppo  grossa.  Ma  come  al  poeta  non  cadde 
la  penna  di  mano  nel  celebrare 

Il  sapiente ,  il  giusto  , 

Il  migliore  dei  re ,  Francesco  Augusto. 

Così  r  orror  finito 
Di  questa  fiera  età 
Il  suo  novello  Tito 
Il  mondo  adorerà. 


(1)  Cantò,  Cronistoria  ecc.,  voi.  II,  par.  I,  pag.  103.  —  De  Castro, 
Caduta  regno  italico,  pag.  296  e  segg.,  ove  si  fa  parola  di  un  abate  De  Filippi, 
mediocrissimo  verseggiatore,  sfacciato  adulatore,  che  parve  biasimevole  persino 
all'  I.  R.  Censura  e  a  quella  schietta  e  diritta  anima  di  Francesco  Cherubini. 

(2)  Arrivasene,  Memorie. 


944  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO, 


Adorarlo  beati  vedremo 
L'  Unno,  il  Daco,  il  Moravo,  il  Boemo, 
E  quant'  altra  a  lui  serve  giurata 
Gente  armata  di  ferro  e  valor. 

E  tu ,  madre  di  fervide  menti , 
Che  caduta  ma  grande  ti  senti , 
Bella  Italia  dirai  :  Se  son  viva , 
Se  son  diva ,  d'Augusto  è  favor  (1). 

L'imperatore  pare  non  pigliasse  sul  serio  queste  lodi  smaccate, 
e ,  a  proposito  del  loro  autore ,  fu  inteso  dire  :  «  Egli  ha  lo- 
dato tutti  !  »  (2). 

In  quella  sera  alla  Scala  si  ebbe  una  scenetta  davvero  nuo- 
vissima. Tutti ,  come  1'  etichetta  esige  ,  stavano  a  capo  scoperto 
davanti  ai  sovrani,  ma  uno  si  fece  notare  tenendo  il  cappello 
in  testa ,  come  se  niente  fosse.  Il  governatore  Saurau  ,  invasato 
da  santo  zelo  poliziesco,  uscito  dalla  loggia  imperiale,  scese  nel 
palco  sotto  il  quale  stava  colui,  e  sporgendosi  dal  parapetto  con 
un  potente  manrovescio  fé'  balzar  via  il  cappello.  Fatto  un  breve 
inchino,  lasciando  gli  astantì  sbalorditi,  il  governatore  risali  presso 
V  imperatore  (3). 

Se  non  con  parole,  interiormente,  l'imperatore  avrà  apprez- 
zata quella  prova  di  devozione ,  ma  il  pubblico  vi  fece  su  i 
più  svariati  commenti ,  non  tutti  lusinghieri ,  per  il  manesco 
governatore. 

Il  nostro  dialetto ,  cosi  facile  ad  accogliere  le  attualità ,  per 
poco  sieno  singolari ,  serbandone  il  ricordo  in  qualche  parola  o 
frase  caratteristica ,  adottò  il  nome  di  Saurau  nel  significato  di 
«cappellotto;  e  fra  i  monelli  il  nome  fu  più  che  mai  di  moda  al 
pari  della  cosa  :  ne  corsero  molti  dei  Saurau  specie  all'indirizzo 
di  quelli  che  osavano  persino  approvare  la  condotta   di  quell'  a- 

(1)  Nella  cantata:  Il  ritorno  di  Astrea. 

(2)  Cantù,  Monti  e  l'età  che  fu  sua.  —  Milano,  1879,  pag.  240. 
iì)  Cosi  il  CusANi,  Storia  di  Mil.,  e  il  Barbiera  nello  studio  cit. 


I 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  945 

gente  troppo  tenero    dell'  etichetta.    Il    Porta  scoccò    un    sonetto 
pungentissimo  ,-che  comincia  cosi  : 

Sbraggen  i  birichitt  in  su  i  canton  : 
Te  doo  un  Saurau  invece  d'  un  cappon. 

E  finisce  : 

Di  sciocch  ven  foeura  i  tapp ,  e  di  pattan 
Legnad ,  sgiaffon ,  tratt  de  villan. 

Air  ultimo  verso  mancano  tre  sillabe ,  ma  il  sonetto ,  natural- 
mente, circolò  fra  noi  manoscritto,  e  ce  ne  sono  giunti  solo  questi 
versi ,  r  ultimo  zoppicante  per  colpa  degli  amanuensi  (1).  Non 
sono  che  quattro  versi  ma  bene  appioppati  :  schiaffo  per  schiaffo  ; 
solo  questo  rimane,  insieme  colla  memoria  di  quell'  ardito  che 
osava  tenersi  coperto  davanti  le  sacre  maestà  imperiali.  Peccato 
che  ne  sia  andato  perduto  il  nome  ! 


XXXII. 

Il  nostro  Porta  avea  inneggiato  a  Napoleone  :  tacere  in  questa 
occasione  gli  parve  cosa  poco  prudente ,  ma  è  anche  probabile 
che  come  impiegato  dello  Stato-  ricevesse  invito  di  sbrigliare 
r  umore  faceto.  Egli  seppe  uscire  d'  impaccio  nel  miglior  modo. 
Per  non  far  torto  a  nessuno  dei  due  sovrani,  cosi  diversi,  scelse 
il  brindisi  bacchico,  la  forma  poetica  che  impegna  meno  i  convin- 
cimenti, e  come  all'osteria  avea  celebrato  le  nozze  di  Napoleone 
con  r  arciduchessa  Maria  Luigia  ;  ancora  all'osteria.  Meneghino, 
personificazione  del  popolo  ambrosiano ,  con  estro  scomposto  e 
scapigliato  esalta  il  nuovo  Cesare ,  promettitore  di  cosi  larghi 
beni  al  paese. 

(1)  «  Probabilmente  il  sonetto  fu  distrutto  dallo  stesso  Porta,  perchè  non 
mi  fu  dato  trovarne  nemmeno  la  più  breve  traccia  ne'  suoi  numerosi  mano- 
scritti e  abbozzi.  Certo  quel  sonetto  prova  la  poca  tenerezza  che  il  poeta 
sentiva  per  i  nuovi  venuti  »   (Barbiera). 


946  LA.    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN     MILANO. 


Che  il  Porta  avesse  brindato  spontaneamente  a  Napoleone  ,  lo 
dice  egli  stesso  in  una  nota  apposta  ad  un  esemplare  di  quella 
poesia  :  «  Questo  ditirambo ,  che  fu  divulgato  colle  stampe  di 
G.  G.  De  Stefanis,  e  gratuitamente  da  me  distribuito  a  chiunque 
mostrò  brama  d'averlo,  non  é  stato  da  me  composto  né  per  forza 
di  altrui  comando  o  suggerimento ,  né  per  desiderio  di  lucro  q 
smania  di  entrare  fra  il  numero  immenso  degli  adulatori  di  Na- 
poleone, ma  per  spontaneo  tributo  d'ammirazione  dovuto  in  quel 
momento  a  quel  grand'  uomo....  ».  Ora  il  non  aver  trovato  ,  tra 
le  carte  postume  ,  alcuna  nota  consimile  per  il  brindisi  in  onore 
di  Francesco  I,  lascia  chiaramente  intendere  che  questa  volta  il 
poeta  non  cantò  per  convincimento,  ma  piuttosto  per  convenienza. 

Ciò ,  del  resto ,  traspare  dalla  poesia  medesima.  Quelle  lodi 
sperticate ,  quelle  iperboli  eccessive  non  possono  essere  pigliate 
sul  serio  da  uno  che  sia  abituato  a  leggere  fra  le  righe.  I  com- 
plimenti ,  quando  sono  esagerati ,  rasentano  la  burla ,  tanto  più 
gustosa  quanto  più  1'  adulato  beve  grosso  ;  e  ci  pare  di  questo 
genere  «  quell  patron  careg  ras  de  virtù  ».  E  le  quartine  se- 
guenti non  vanno  prese  in  senso  ironico  ? 

Per  fa  evlva  al  gran  Metter  che  riva, 
Al  padron  car  carasc,  ben  padron, 
Oh'  el  ven  scià  con  la  brocca  d' oliva 
Senza  ruzz,  né  sparad,  né  baccan 
A  proved  ai  bisogn  de  Milan.... 

Venezia,  buseccon  e  todescb 
Bevemm  tucc,  su  sbraggemm,  su  cantemm, 
Viva  viva  la  ca  de  Lorenna  ; 
Viva  viva  evivazza  Francesch. 

Car  carase,  caro  caraccio',  è  1'  espressione,  come  giustamente 
osserva  il  migliore  annotatore  delle  poesie  portiane,  di  un  affetto 
sviscerato  e  veemente  ;  ma  si  può  supporre  che  il  Porta  lo  sen- 
tisse questo  affetto  per  il  nuovo  sovrano ,  al  quale  già ,  oltre  la 
mancata  fede,  potevamo  rimproverare  i  primi  processi  di  Mantova? 

Che  toccaj ,  che  Alicant ,  che    Seiampagn ,    ma   vini    nostrani 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILASO.  947 


devono  essere,  vini  legittimi,  schietti,  sinceri,  ultimo  rifugio  contro 
un'  invasione  straniera ,  che  minacciava  di  adulterare  completa- 
mente la  fisonomia  del  paese. 

Cara  pàs,  santa  pàs  sospirada 

Tant  cercada  —  comprada  e  pagoda. 

Notate  quel  pagada  ! 

E  poi  tutto  il  ditirambo  ha  l'  andamento  dì  persona  che  mal 
si  regge  sulle  gambe  ;  e  il  poeta  si  finge  ubbriaco  fradicio  per 
assumere  meno ,  anzi  per  non  assumere  affatto  la  responsa- 
bilità delle  lodi  esagerate  che  gli  escono  di  bocca.  «  L'iper- 
bole, scrive  il  Barbiera,  fu  sempre  il  difetto  dei  cortigiani  che 
cantano  i  re  e  le  regine,  siano  pure  quelli  di  popoli  liberi,  e 
a  Meneghino,  antico  servitore,  assuefatto  a  sostenere  gli  stra- 
scichi dei  tronfi  padroni,  non  torna  difficile  1'  adulazione  ;  ma  in 
questa  poesia  chi  parla  è  il  Porta  più  che  Meneghino;  scorgi  il 
suo  sarcasmo  mal  velato,  senti  il  suo  rammarico,  indovini  il  suo 
sdegno  nel  veder  tornare  a  Milano  lo  straniero  bastonatore.  Nulla 
di  più  effervescente  di  questo  brindisi  ove  il  dialetto  milanese 
acquista  snellezza  nuova  ;  nulla  di  più  allegro  di  questo  canto 
del  vino  lombardo  ;  ma  è  un'  allegria  falsa  ;  non  è  festa ,  è 
scherno  >. 

Che  più  ?  Lo  stesso  Porta  in  una  sua  lettera  a  Luigi  Bossi 
(fratello  del  pittore  e  poeta  Giuseppe),  che  riparato  più  tardi  in 
Svizzera,  per  motivi  politici,  vi  si  celava  sotto  il  nome  di  Pao- 
liniano  Bellinzaghi,  dichiara  che  il  suo  Meneghin  all' ostarla  del 
1815  deve  sembrare  veramente  un  poeta  ubbriaco  che  rugge  sotto 
le  cólte  d  una  cantina  o  d  una  bisca  (1). 

La  sera  del  6  marzo,  nel  Teatro  Filodrammatico,  già  Patriotico, 
doveva  inaugurarsi  un  busto  al  Goldoni.  L' imperatore  e  l' impe- 
ratrice avevano  promesso  di  intervenire  alla  festa.  Splendida  l' il- 
luminazione ,  sfoggiati  gli  abbigliamenti  femminili.  Venne  distri- 
ci) Barbiera,  ed.  cit.  delle  poesie  del  Porta,  pag.  221,  439.  —  Poesie  di 
Carlo  Porta,  Robecchi,  1887,  pag.  583. 


948  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

buito  agli  adunati  una  poesia  vernacola  del  Porta.  Vi  si  loda 
più  che  altro  le  virtù  private  dell'  imperatore  :  ma  in  mezzo  ai 
complimenti  più  o  meno  studiati  o  rugiadosi  non  manca  la  nota 
gagliarda. 

Oh  quante  voeult  in  su  sti  scenn  1'  Alfieri 
El  n'ha  faa  cor  el  fregg  giò  del  firón 
Col  dipingen  al  viv  cuntee  e  miseri 
De  re  prepotentòn  ! 

Lumi,  abbigliamenti  e  versi  sprecati  !  Le  sacre  maestà  non 
vennero.  Il  Porta,  in  alcune  sue  note  manoscritte,  pubblica  il 
motivo,  poco  decente,  di  quell'assenza:  l'imperatrice  s' era  sentita 
male  per  una  indiavolata  indigestione  (1). 

Un  poeta  vernacolo,  anonimo,  un  bosin,  descrive  la  bufera 
napoleonica  (2). 

Da  ved  i  face  de  tanta  gent 

Semper  inquiet  e  raalcontent 

In  passaa  qui  dì  insci  negher 

Che  no  se  vedeva  pei  contraa 

Che  di  face  smort  e  immagonaa, 

In  fenii  qui  mès  de  guerra 

Che  ann  mis  a  bordel  tutta  la  terra, 

Tocca  mo  ades  giust  alla  pas 

A  remedià  ai  noster  brutt  cas 

Da  lee  sperem,  da  lee  tutt  in  sostanza , 

Quiet,  salut  ed  abondanza. 

Un  colpo  di  vento  ha  spazzato  le  nubi  :  1'  arcobaleno  austriaco 
arride  all'  Italia  : 

(1)  Barbiera,  studio  cit.,  pag,  xxxvi.  —  Porta,  Poesie.  —  Milano,  Ro- 
becchi,  1887,  pag.  605. 

(2)  Dopo  el  nioel  cen  el  seren,  dopo  el  maa  pceu  torna  el  ben,  Milan, 
dal  stampador  Tamburini,  in  contrada  di  S.  Raffael  (senza  data) ,  nella  cit. 
Raccolta  di  bosinade  dell'Ambrosiana,  voi.  VII.  —  Non  tengo  conto  di  altre 
composizioni,  Milan  in  alegria,  ecc.  Tamburini  ;  Quatter  cersper  V  arrio,  ecc. 
Sonzogno,  ecc.  Queste  bosinade  si  trovano  pure  all'  Ambrosiana. 


I 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  949 

Consolev  ricc  e  poveritt. 

Che  in  fenii  i  piagh  dell'  Egitt  ; 

Sughè  i  oeucc  e  slarghè  '1  coeur 

E  in  cielo  «  lusìrà  pu  de  tri  sol  ». 

Tuttavolta  già  si  avevano  indizi  che  le  imminenti  annate  do- 
vevano essere  tutt'  altro  che  buone  ;  il  20  febbraio  scoppiarono 
tumulti  anche  a  Cremona  per  la  carezza  del  pane. 

Che  el  elei  1'  è  nivel  e  torbolent. 
Or  el  tentona,  or  el  straluscia. 
Or  el  minaccia  della  siasela, 
Ora  un  vent^  o  un  tempora), 
Ora  un  turbin  boreal. 

La  lingua  batte  ove  il  dente....  ha  lasciato  il  segno. 

No  ghera  di  chi  in  sto  pajes 
Che  no  ghe  foss  pes  e  contrapes. 
Dopo  un  bugnon  ghcra  una  piaga, 
E  ogni  fregui  :  Sciori  se  paga 
Ogni  fregui  on  aument^ 
Ora  el  cinq  o  '1  des  per  cent 
Sera  el  commersi,  o  i  tass  di  cà; 
Ogni  fregui  :  boeugna  paga. 
Dopo  on  salas,  quatter  sanguett 
E  tocchen  là  con  sti  rizzett. 

Ma  stava  per  caderci  dal  cielo,  cioè  da  Vienna  ogni  ben  di 
Dio  ;  e  i  doni  della  pace  dovevano  abbondantemente  compensarci 
dei  mali  sofferti. 


Em  fenii  quand  Dio  voeur 

Da  sentis  scraper  strengiù  '1  coeur. 


950  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


XXXIII. 

Il  17  marzo,  prima  di  lasciarci,  1'  imperatore  pubblicò  la  no- 
mina del  viceré  destinatoci,  V  Arciduca  Antonio  (1). 

Il  21  marzo  s'incomincia  la  vendita  del  pane  di  frumento  misto 
con  un  terzo  di  farina  di  pomi  di  terra.  Pane  che  fu  trovato  cat- 
tivo, poco  nutriente,  e  si  cessò  ben  presto  di  fabbricarlo  ;  ma 
questo  spediente,  a  cui  si  doveva  aver  ricorso,  basta  ad  annun- 
ciare maggiori  miserie. 

Uscito  di  Lombardia  1'  augusto  ospite ,  o  piuttosto  padrone  , 
si  fecero,  circa  tre  mesi  dopo  il  suo  trapasso,  il  28  marzo,  le 
esequie  al  duca  Melzi  in  San  Francesco  da  Paola.  S'  era  te- 
muto forse  che  le  esequie  di  questo  illustre  cittadino  potessero 
in  alcun  modo  offendere  la  sacra  maestà  dell'  impero  e  s'  era 
quindi  atteso  che  il  sovrano  absburghese  se  ne  fosse  andato  ? 
Un  simile  timore  poliziesco  forma  un  altro  elogio  di  quella  grande 
figura  storica.  Egli  ricordava  e  in  parte  riassumeva  in  se  tali 
tempi  che  umiliavano  nel  modo  più  irritante  le  presenti  condi- 
zioni del  paese. 

Al  principio  d' aprile  s'  ebbe  la  notizia  che  l' arciduchessa 
Maria  Beatrice,  nostra  vecchia  e  cara  conoscenza,  doveva  ricon- 
dursi a  Milano,  per  fare  fra  noi  lunga  dimora.  Vissuta  qui,  per 
tanta  parte  della  vita ,  prima  da  fanciulla  poi  come  moglie  al- 
l' arciduca  governatore  Ferdinando  ,  avea  lasciato  di  sé  i  ricordi 
migliori  (2).  Le  improvvisammo  una  festosa  accoglienza,  nella  quale 
e'  era  più  spontaneità  che  nei  precorsi  ricevimenti  ;  e  ai  vecchi 
pareva  di  tornare  vent'  anni  indietro  :  impressione  sempre  pia- 
cevole. 

Entrò  come  in  trionfo  da  Porta  Romana  (10  aprile);  lungo  la  strada 
fino  a  corte  facevano  spalliera  i  soldati ,  tutta  1'  ufficialità  a  cavallo  e 

(1)  Patente  Sovra!na,  ecc.  —  Museo  del  Risorgimento. 

(2)  Dk  Castro,  Milano  nel  Settecento,  pag.  273. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  951 


un  grosso  corpo  di  truppa  con  due  bande  musicali  la  scortavano;  i 
più  cospicui  nobili  in  carrozze  con  livree  di  gala  la  seguivano.  Cento 
colpi  di  cannone  la  salutarono  dal  castello  fra  gli  evviva  ai  quali  cor- 
rispondeva coi  baciamani  (1). 

E  non  mancò  il  saluto  della  poesia  vernacola ,  senza  che  oc- 
corresse questa  volta  salire  sui  trampoli  della  rettorica  (2).  Il 
Porta  era  pure  fra  gli  ammiratori  delle  rare  virtù  di  quella  prin- 
cipessa, ma  egli  non  scrisse  in  proprio  nome,  ma  in  quello  della 
signora  Giuseppa  Parea,  figlia  ed  erede  di  Domenico  Balestrieri, 
il  facile  poeta  vernacolo  che  era  tanto  piaciuto  all'  arciduchessa 
e  che  aveva  celebrato  nel  1771,  il  suo  ingresso  a  Milano  come 
governatrice. 

Maria  Beatrice  era  madre  di  Maria  Luigia,  moglie  dell'  impe- 
ratore, ed  anche  per  questo  le  si  fece  buon  viso:  si  sperava  col 
suo  mezzo  di  ottenere  i  favori  cesarei  : 

Alla  madonna  de  l' imperator 

I  busecconi  in  contrassegn  d' amor. 

rinnovarono  V  entusiastica  accoglienza  di  circa  mezzo  secolo 
prima. 
'  Intanto  l' imperatrice  ,  ammalata  di  tisi ,  giunta  a  Verona  non 
potè  proseguire  il  viaggio  ;  si  pose  a  letto  e  mori  poco  dopo,  A 
San  Fedele  le  fecero  le  esequie,  ritirandosi  a  Niguarda  la  madre 
desolata,  la  buona  Beatrice,  per  non  assistervi  ;  e  fu  nostro  il 
dolore  di  quella  gentile  Estense. 

Non  possiamo  ommettere  un  documento,  che  riassume  i  risul- 
tati del  viaggio  imperiale.  La  sua  provenienza  dagli  uffici  della 
polizia  —  è  il  rapporto  di  un  confidente  —  accresce  il  suo 
valore. 

Venezia ,  che  all'  apparir  dell'  augusto  Monarca  nelle  di  lei  lagune , 
piena  di  speranze   in  lui ,  manifestò   spontanea   il   più   vivo    e   devoto 

(1)  Mantovani,  Diario. 

(2)  Porta,  Poesie,  ed.  RobecQhi,  pag.  604. 


952  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

entusiasmo  sino  al  termine  del  di  lui  soggiorno  in  questa  Centrale  , 
pareva  eccitare  tutta  la  veneto-lombarda  popolazione  a  seguirne  1'  au- 
gurato impulso  ;  ma,  staccatosi  da  qui  appena  il  prelodato  Sovrano  , 
e  rivolti  i  passi  a  Milano  ,  si  osservò  scemarsi  sensibilmente  quella 
devozione  e  quell'  entusiasmo ,  degenerando  adesso ,  se  non  in  avver- 
sione, almeno  in  mortificante  indifferenza. 

Lontano  però ,  come  sono ,  da  quel  paese,  e  rendendosi  difficile  di 
sapere  la  verità  col  mezzo  epistolare  ,  mi  è  forza  di  starmene  al  ge- 
nerico cenno  su  espresso  ,  il  quale  emerge  da  tutte  le  notizie  che  si 
ricevono  da  colà.  Animato  però  da  giusto  zelo  verso  il  Governo,  non 
dissimulerò  che  un  ostacolo  gravissimo  al  miglioramento  dello  spirito 
pubblico  in  Lombardia,  e  segnatamente  nella  capitale,  lo  si  attribuisce 
al  contegno,  forse  soverchiamente  severo,  di  quel  Governator  Generale, 
nonché  all'  asprezza  con  la  quale  sembra  distinguersi  il  conte  Lasanski, 
cui  viene  addebitata  1'  espressione ,  di  essere  cioè  necessario  di  gcr- 
maniser  l'Italia,  ciò  che  ha  fatto  veramente  un'impressione  molto 
sinistra. 

Una  poi  delle  cose  ,  che  forse  ha  contribuito  a  tener  depressa  la 
devozione  verso  il  Monarca  nei  Lombardi ,  mi  si  fa  credere  per  cosa 
indubbia  esser  quella  relativa  alla  continuazione  della  prigionia  di  co- 
loro ,  che ,  preA'enuti  V  anno  scorso  di  alto  tradimento,  furono  tradotti 
nelle  fortezze  di  Mantova.  Lusingati  come  erano  gli  aderenti  di  quei 
prigionieri  di  stato,  che  nel  passaggio  di  S.  M.  l'Imperatore  da  Man- 
tova potesse  impartir  loro  la  grazia,  o  almeno  far  conoscere  il  pro- 
prio destino,  si  sono  indisposti  nel  vedersi  delusi  nelle  concepite  loro 
speranze. 

A  tutto  quanto  si  è  qui  esposto  intorno  alla  degradazione  dello 
spirito  pubblico ,  non  è  poi  da  trascurarsi  la  promulgazione  della 
costituzione  del  regno  di  Polonia,  or  ora  emanata  dall'Imperatore 
Alessandro. 

Quanto  la  lettura  di  quest'  atto  politico  abbia  esaltate  le  passioni  è 
difficile  assai  di  descriverlo,  mentre  ora  su  qjaesto  argomento  sembrano 
gli  uomini  agitati  da  un  fanatismo  per  la  Russa  Potenza ,  che  tutti  i 
discorsi  politici  vengono  compilati  sull'indicato  oggetto.  Da  ciò  ne  de- 
rivano parecchie  volte  degli  odiosi  confronti  fra  il  Monarca  nostro  ed 
Alessandro,  ed  a  tali  confronti  succedono  ben  spesso  dei  voti  e  delle 
espressioni  che  la  mia  penna  ha  rossore  di  ripetere. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  953 


Ed  eccovi  un  saggio  di  questi  voti  e  di  queste  espressioni  : 

Verona  città  giuliva 
L'  applaude  quando  arriva  , 
Milano  che  sa  1'  arte 
L'  applaude  quando  parte  , 
Le  altre  città  che  la  pensan   bene 
L'hanno  in  uggia  quando  parte  e  quando  viene. 

C  é  una  variante  di  questo   tenore  : 

Milano  pazientissima  e  giuliva 
Festeggia  quando  arriva  ; 

Pavia  ,  gran  madre  d'  ogni  scienza  ed  arte 
Festeggia  quando  parte; 

Ma  tutte  le  città  che  pensan  bene 
Lo  sprezzan  quando  parte  e  quando  viene  (1). 

I  versi  non  sono  tutti  versi,  ma  le  rime  ci  sono,  e  la  sostanza^ 
come  osserva  il  Rovani  (2),  fa  le  spese  della  forma.  E  questo 
medesimo  epigramma,  con  pochi  cangiamenti,  fischiò  alle  orecchie 
di  un  altro  imperatore ,  di  Francesco  Giuseppe  ,  quando  visitò  it 
Lombardo-Veneto  ;  perocché  1'  intimo  disprezzo ,  palesato  nelle 
principali  occasioni  con  argute  facezie  e  frasi  di  fuoco ,  dovea 
redimere  la  nostra  città  nel  cospetto  del  paese,  rimuovere  da  essa 
le  sozzure  delle  compre  lodi,  ed  attestare  ai  superstiti  la  fermezza 
dei  suoi  intendimenti  e  delle  sue  speranze. 

fi)  Satira  ripetuta   con    poche  varianti  anche  quando  finaperatore  Fran- 
cesco visitò  nel  1819  Firenze  e  Roma  : 
Flora  città  giuHva 
Festeggia  il  prence  quando  il  prence  arriva  ;• 

Roma  madre  dell'  arte 
Festeggia  il  prence  quando  il  prence  parte; 

Città  che  pensa  bene 
L'  ha  in  uggia  quando  parte  e  quando  viene. 
Vedi  Vannucci,  /  Martiri,  ed.  Ili,  I,  13.     - 
(2)  Nei  Cento  Anni. 

Aì'^h.  S'/or.  Lonib.  —  Anno  XV.  49 


954  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


Allorché  Firenze  nel  1870  perdette  grado  di  capitale,  e  il  no- 
stro Vittorio  si  condusse  a  Roma ,  gli  indispettiti  e  i  reazionari 
sparsero  dei  foglietti  con  un  sciaguratissimo  epigramma  ,  che  fa 
riscontro  ai  precedenti ,  e  che  comincia  : 

Torino  piange  quando  il  prence  parte  , 
Roma  gioisce  quando  il  prence  arriva , 
Firenze  la  gentil  culla  dell'  arte  ,  ecc. 

Questa  ripetizione  dello  stesso  pensiero  e  perfino  delle  stesse 
parole  è  altra  prova  della  scarsa  fantasia  de!  volgo,  di  rado  ori- 
ginale nelle  sue  composizioni ,  ammenoché  1'  argomento  non  ri- 
guardi r  amore  o  la  famiglia. 


XXXIV. 

La  venuta  dell'imperatore  avea  ridestate  le  più  belle  speranze 
fra  i  prigionieri  che  gemevano  nelle  orride  carceri  del  castello 
di  S.  Giorgio  a  Mantova.  Il  voto  universale  preconizzava  lo  scio- 
glimento delle  loro  catene.  Vane  lusinghe.  Non  si  diradò  il  mi- 
stero che  circondava  le  loro  sorti. 

Foscolo  dalla  Svizzera  piangeva  ancora  1'  amico  diletto  ,  Ugo 
Brunetti ,  che  mal  sopportava  gli  stenti  del  carcere  ,  e  scriveva 
il  1°  aprile  1816  una  lettera  calda  d'  amore  all'  amica  sua  Lu- 
cilla Macazzoli,  che  ancora  si  trovava  a  Mantova  per  confortare 
almeno  colla  vicinanza  quel  desolato  : 

Dacché  son  partito  d'Italia,  ho  sempre  cercato  per  ogni  via  di  ot- 
tenere notizie  del  più  fidato,  del  più  generoso  e  del  più  affettuoso 
amico  che  io  abbia  avuto  in  mia  vita,  nò  spero  di  più  ritrovare  sopra 
la  terra  un'anima  che  m'ami  tanto  e  che  gli  somigli.  Io  l'ho  perduto, 
e  voi  sapete  come  e  quando  io  1'  ho  perduto  ,  e  in  che  stato  rimasi. 
Né  d'  allora  in  qua  il  mio  dolore  è  scemato ,  né  mi  rimaneva  altra 
consolazione  se  non  la  speranza  di  poterlo  aiutare  e  difenderlo  ; . . .  e 
mi  fu  anche  vietata  queir  unica  mia  speranza. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  955 


(>>UL'sia  lettera  venne  mandata  da  Foscolo  a  Pellico,  che  doveva 
recarsi  a  Mantova:  e  con  tal  mezzo  fidatissimo  arrivò  al  suo 
destino.  Lucilla  ne  fu  intenerita,  e  s'affrettò  a  mandare  all'esule 
poeta  le  notizie  tanto  sospirate....  «  Voi  siete  sventurato,  è  vero, 
ella  scrive  ,  pure  gioite  almeno  della  libertà  :  ma  egli  I  .  .  .  egli 
vive  tuttavia  serrato  in  isquallido  carcere,  segregato  dagli  amici, 
dai  parenti  e  da  tutto  ciò  che  v'ha  di  più  caro  al  mondo.  Io  l'ho 
seguito,  come  voi  sapete,  e  seguirò! lo  ovunque  lo  conduca  il  suo 
tristo  destino  ,  tuttoché  rade  volte  mi  venga  concesso  consolarlo 
cogli  accenti  dell'  amicizia,  ed  ora  meno  che  mai  »  (1). 

Il  Maroncelli  ci  ha  conservato  questo  commovente  episodio: 

Lodovico  di  Breme  —  l'amico  di  Silvio  Pellico  —  avea  pensato  di 
far  eseguire  sulle  scene  un  suo  dramma,  se  non  erro  Ida;  e  ne  fu 
affidata  la  cura  a  Carlotta  Marchionni,  la  quale  allora  era  a  Mantova. 
Lodovico  si  trasferì  colà,  e  Silvio  lo  accompagnò....  Nella  captività  di 
Rasori,  Silvio  avea  servito  di  padre  e  di  maestro  alla  figlia  di  lui,  ed 
ora  che  egli  era  a  Mantova  chiedeva  istantaneamente  di  penetrare  in 
fortezza  e  vederlo.  Il  conte  Giovanni  Arrivabene  s'adoprò  a  quest'uopo 
quanto  più  potè ,  e  fu  concluso  che  Silvio  stesso  avrebbe  veduto  il 
rigidissimo  ma  onesto  generale  che  comandava  la  piazza.  Questo  buon 
tedesco  gli  disse  : 

—  Che  vuol  Ella  da  Rasori  ? 

—  l'n  consulto  medico. 

(1)  Foscolo,  Epistolario,  IH,  422.  —  11  Cav.  Seletti  mi  permise,  col- 
1'  usata  cortesia,  di  esaminare  molte  lettere  d'  indole  privata  scritte  dalla 
contessa  Lucilla  Macazzoli  nata  Pezzoli  di  Bergamo,  all'  amico  suo  Ugo 
Brunetti,  deposte  nel  suo  importante  Archivio.  Vi  si  rivela  un  affetto  grande, 
e  confermano  quanto  già  si  conosce  intorno  alle  relazioni  fra  quella  gentil- 
donna ed  il  brillante  ufficiale  dell'  esercito  italico,  amico  delle  armi  e  degli 
amorii  La  devozione  di  quella  donna  non  tenne  conto  della  poca  fedeltà  di 
lui,  e  seppe  mantenersi  invariabile  fra  le  più  crudeli  vicende.  In  un  luogo 
scrive:  «Ti  raccomando  d'esser  bonino,  che  io  sono  sempre  la  stessa». 
E  in  un  altro  luogo,  alla  notizia  che  egli  era  ammalato  :  «  Ti  prego  di  farmi 
sapere  subito  qualche  cosa ,  o  di  mandarmi  a  prendere  ;  tu  sai  che  la  tua 
salute  mi  sta  e  cuore  più  d'  ogni  altra  cosa  ,  dunque  ti  raccomando  d'  es- 
sere sincero  ». 


OàT)  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


—  E  che  male  ha? 

—  Male  di  petto. 

—  Mal  di  petto  !  mal  di  petto  1  —  E  mentre  cosi  diceva  apponeva 
veramente  la  palma  della  mano  sul  petto  di  Silvio,  aggiungendo  :  —  Il 
mal  di  petto  è  1'  amicizia ,  è  l' amicizia  I  —  E  la  sua  voce  tremava  a 
queste  ultime  parole,  come  voce  d'uomo  sommamente  commosso.  Ora 
il  buon  vecchio  è  morto  !  Iddio  lo  onori  più,  dacché  permise  che  l'a- 
mico desse  conforto  all'amico  e  ne  ricevesse  !  Silvio  entrò  in  fortezza, 
vide,  parlò,  né  certo  gli  volse  mai  per  l'animo  allora  che  un  di  ei  pure 
sarebbe  recluso. 

Solo  il  17  settembre  venne  notificato  ai  prigionieri  di  Mantova 
che  la  clemenza  sovrana  avea  mitigato  i  rigori  della  sentenza  , 
di  cui  non  conobbero  mai  il  tenore,  riducendola  a  diciotto  mesi  : 
ma  la  passata  prigionia  riguardavasi  qual  provvedimento  di  pub- 
blica sicurezza  ;  sicché  tenendo  conto  del  tempo  già  passato  in 
carcere ,  la  grazia  riducevasi  a  ben  poco. 

Questo  il  primo  esempio  del  modo  con  cui  il  nuovo  Signore 
amministrava  la  giustizia. 

Dicasi  pure  che  i  congiurati  fecero  troppo  a  fidanza  coi  tempi , 
e  s' ingannarono  sui  mezzi  e  sulle  possibilità  ;  ma  non  si  cessi 
per  questo  d' onorarli.  Rammentiamo  che  senza  queste  audacie 
il  sentimento  nazionale  sarebbe  caduto  dall'animo  dei  più:  ram- 
mentiamo che  questi  generosi  mantennero  viva  la  fiamma  pa- 
triottica. L'  insurrezione,  uscita  dall'esercito,  ribenediva  le  nostre 
armi,  si  a  lungo  adoperate  per  vantaggio  di  un  solo,  e  additava 
alle  medesime  lo  scopo  che  doveano  unicamente  proporsi  :  la 
redenzione  del  paese.  «  Fu  quello,  come  ha  scritto  Carlo  Cattaneo, 
il  primo  tentativo  d'  insurrezione  ,  pel  quale  la  bandiera  del  sol- 
dato si  tradusse  in  segnale  di  congiurati.  L'  anima  del  fedele  e 
indomito  esercito   s'  incorporò  nella  nazione  »   (1). 

(1)  V  antico  esercito  italiano,  nel  Politecnico,  Vili,  105. 


LA    RESTAURAZIONE    AU-i  TRIACA    IN    MILANO.  957 


XXXV. 

Dopo  la  visita  imperiale  ci  corsero  giorni  desolati ,  non  solo 
per  la  recente  servitù  —  forse  dal  maggior  numero  poco  avver- 
tita e  non  abbastanza  deplorata  —  ma  anche  per  le  angustie 
della  povertà: 

Semm  già  ai  28  d'  aprii,  gh'  emm  la  stagion 
Che  la  pò  minga  vess  pu  mej  d' insci, 
E  no  se  ved  a  comparì  un  rondon 
Che  j  altr'  ann  V  èva  aj bella  eh'  even  chi. 

Cossa  dianzen  eia  la  reson  ? 
Stimi  quel!  strolegh  eh'  el  le  poda  di  ; 
Parlen  tace,  e  luce  parlen  a  taston, 
E  a  taston  diroo  anmì  la  mia  de  mi. 

Mi  dighi,  che  avend  vist  in  st'  ann  passaa 
Come  tratten  con  nun  sti  car  Pattan  ; 
Se  saràn  resolvuu  de  volta  straa. 

Putasca  !  (avaran  ditt)  se  sti  legrij 
Pelen  tant  de  suttir  i  Cristian, 
Cossa  fàran  con  nun  che  semm  usij  ?  (1). 


L'  8  Ottobre,  si  rinnovano  tumulti  in  Ponte  Vetero,  per  il  caro 
ei  viveri,  accorrono  i  soldati  dal  vicino  Castello  «  Cattivi  prin- 
cipi di  fatali  conseguenze  »  scrive  il  Mantovani.  E  pochi  giorni 
^opo  partono  dei  «  forgoni  »  che  si  sapeva  contenere  sei  milioni 
in  effettivi  napoleoni  d'  oro  !  II  ravvicinamento  di  questi  due  fatti 
fa  impressione  sul  popolo  ;  ed  è  tale  davvero  che  potrebbe  ispi- 
rarci lunghe  considerazioni.  Oltre  il  danaro  fra  noi  consumato 
per  r  esercito,  per  la  corte,  per  gli  impiegati  forestieri,  cinquantasei 
milioni  passavano  tutti  gli  anni  le  Alpi  (33  pel  Lombardo,  pel  Ve- 
neto 28)  ,  sicché  in  trentatré  anni  1'  Austria  emunse  dalle  terre 
italiane  un  miliardo  e  650  milioni  ! 

(1)  Porta,  Poesie,  ed.  Robecchi,  pag.  614. 


058  LA     RESTAURAZIONK    AUSTRIACA    IN     MILANO. 


L'  arciduca  Antonio  non  volle  accettare  la  carica  di  viceré  ; 
prevedendo  che  non  avrebbe  potuto  esercitare  alcun  effettivo  po- 
tere, e  non  era  uomo  da  contentarsi  dell'ultima  parte.  A  questo  si 
prestò  per  obbedienza  e  amore  di  lucro,  l'arciduca  Ranieri,  ultimo 
fratello    del    defunto    imperatore    Francesco  e  zio  di  Ferdinando. 

L'arciduca  Ranieri  venne  a  vederci,  più  che  altro  per  fissare, 
come  si  direbbe,  gli  alloggi,  il  23  settembre  :  ma  si  trattenne 
pochi  giorni.  Ciò  confermò  delle  dicerie  che  correvano  da  qualche 
tempo,  cioè  che  1'  Austria  negoziasse  di  cambiare  il  Lombardo- 
Veneto  colla  Baviera.  Vedendo  che  si  spogliavano  i  nostri  pa- 
lazzi ;  e  il  Teseo  di  marmo  e  la  Cena  di  Leonardo  in  mosaico 
da  Milano  passavano  a  Vienna  —  trofeo  di  una  città  non  vinta, 
ma  carpita  —  si  fantasticava  su  questa  cessione  :  tanto  più  che 
r  imperatore,  dopo  brevissimo  lutto,  passava  a  quarte  nozze  colla 
figlia  di  Massimiliano  duca  di  Baviera. 

Un  altro  giorno  si  diffondeva,  invece,  la  diceria  «  che  il  Lom- 
bardo-Veneto dovesse  cedersi,  come  regno  autonomo,  all'arciduca 
Carlo  »  e  questa  voce  gradiva  assai. 

Ma  erano  pettegolezzi  da  caffè  e  non  altro.  E  fra  le  novello 
da  occupare  i  gazzettanti  metteremo  anche  questa  :  «  La  princi- 
pessa di  Galles,  che  ora  trovasi  in  giro  per  la  Turchia,  ha  man- 
dato al  generale  Pino  due  cavalli  arabi  e  due  inglesi  con  un  moro 
per  governarli.  Mandò  insieme  un  leoncino  allattato  da  due  capre. 
Pino  si  risolse  a  mandare  in  dono  all'  imperatore  il  leoncino  e 
le  capre,  sapendo  che  nel  serraglio  di  Schònbrunn  era  morto 
r  unico  leone  »  (1). 


XXXVI. 

«  Entra  quest'  anno  (1817)  con  assai  triste  apparato  *,  scrive  il 
Mantovani  nel  suo  Diario. 

Le  derrate  alimentari  salirono  a  prezzi  enormi,  a  motivo  della 


(1)  Mantovani,  Diario. 


I 


I.A    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  959 


scarsezza  dei  raccolti,  e  per  le  guerre  precedenti,  e  per  la  nuova  si- 
gnoria incurante  verso  i  sudditi,  solo  intenta  ad  opprimerli  e  ad  im- 
pedire che  le  speranze  rinverdissero  e  con  esse  migliori  propositi. 

«  Prezzo  eccessivo  delle  granaglie  —  nota  il  Mantovani  —  il 
frumento  sale  a  lire  milanesi  75,  il  riso  a  110  al  moggio  ;  gli 
altri  generi  in  proporzione.  Vi  si  aggiunge  il  pungente  rammarico 
dei  cittadini.  Si  dolgono  che  siasi  lasciato  uscire  il  grano  a  danno 
delle  popolazioni.  Nelle  campagne  pure  la  miseria  è  portata  all'  ec- 
cesso e  temesi  qualche  sollevazione  in  montagna  dove  sento  che 
si  mangiano  erbe  e  corteccie  con  crusca  pestata  ». 

Concordi  testimonianze  offrono  i  cronisti  di  altre  città.  «  Dalle 
misere  valli  calavano  a  Brescia,  limosinando,  le  squallide  fami- 
glinole alle  porte  cittadine,  gittandosi  per  le  vie,  biecamente  guar- 
date dalla  emunta  poveraglia,  che  nella  sua  disperazione  imprecava 
a  questo  aggiungersi  d'altri  affamati  al  pari  di  lei,  volenti  un  pane 
che  non  bastava  per  nessuno,  che  a  tutti  mancava  »   (1). 

Il  Cusani ,  il  futuro  storico    di    Milano  ,  si  trovava  allora   nel 

Collegio  di  Gorla  Minore ,    territorio  non  ubertoso  e  però  più  di 

ogni  altro  afflitto  dalla  fame.  «  Vecchi,  donne  e  fanciulli  apposta- 

[vano  i  convittori  uscenti  giornalmente  al  passeggio  per  camerata, 

[e  dalla  loro  pietà  ottenevano  pane,  però  di  nascosto,  che  avevamo 

livieto  dai  superiori  di  sfamare  quei  derelitti  »  (2). 

Il  veronese  Francesco  Cavazzocca  ,  nelle  sue  note  storiche  : 
*  La  miseria  e  la  fame  regnano  intanto  da  per  tutto.  Il  governo 
[municipale  di  città  e  delle  campagne  ha  istituito  varie  commis- 
^sioni  per  questuare  e  soccorrere  i  più  infelici....  Non  si  vide  da 
jran  tempo  un  languore  tale  nelle  arti  e  nel  commercio.  I  ge- 
leri  di  prima  necessità  sono  all'  eccesso.  Il  governo  non  prende 
lessuna  misura  compensativa  »  (3). 

Le  plebi,  percosse  da  mali  eccessivi,  non  sanno  più  ragionare, 
—  si   poco  sanno  ragionare  anche  in  tempi  normali  —  sognano 

(1)  Odorici,  Storie  Bresciane,  X,  183. 

(2)  CusANi,  Storia  di  Milano,  VII,  326. 

(3)  Archicio  Storico  Veronese,  1885,  pag.  151  e  263. 


960  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO, 

cause  immaginarie,  farneticano.  La  fame,  certissima  cosa,  fu  attri- 
buita più  che  altro  a  incertissimi  motivi  :  tranello  degli  usurai,  degli 
ingordi  accaparratori  di  grano.  Certo  neppure  allora  mancò  questa 
tristizia  di  speculare  sulla  miseria  del  popolo  :  e  si  levavano  pro- 
teste ed  anche  minaccie ,  e  si  pretendeva  dalle  magistrature 
municipali  anche  più  di  quello  che  potevano  fare  :  ma  né  gridi 
incomposti  di  plebe,  né  frettolosi  e  tardivi  provvedimenti  possono 
riparare  le  av^^ersità  dei  tempi  e  delle  stagioni,  possono  fare  che 
vengano  derrate  fuor  di  tempo:  e  la  fame  di  ora  in  ora  cresceva. 
I  panini  da  un  soldo  a  Verona,  e  probabilmente  anche  a  Milano, 
erano  detti  pillole,  e  il  cronista  veronese  Alberti  dice  di  averne 
conservato  uno  per  memoria.  Nel  Veneto  circolavano  questi  versi: 

In  questo  pan  contempla,  o  povertà, 
Quale  per  te  si  nutra  carità. 

Questo  è  pillola  inver,  non  già  panetto, 
Frutto 

Di  tanto  mal  gli  autori  scellerati 
Oh  ,  fossero  in  lor  vita  condannati  ! 

A  un  simile  panetto  ed  acqua  il  giorno, 
Che  1'  abbondanza  allor  farà  ritorno  (1). 

La  musa  vernacola  milanese  sapeva  scherzare  anche  su  questo  : 

Che  appenna  eh'  hin  staa  chi  quel  porch  d'  on  vizzi 
De  vorè  scraper  forloccà  in  todesch. 
Sia  malarbett  I  l'ha  faa  tceu  su  on  stremizzi 
A  la  generazion  di  nost  micch  fresch, 
Che  han  dovuu  solassai,  e  van  a  risegh. 
Se  no  moBuren,  de  deventà  tisegh. 

Che  oltra  sto  pocch  viorin ,  sti  patatòcch , 
Che  fussen  trifolaa  !  !  han  tolt  su  la  screura, 
No  potendes  fa  intend  col  so  zoròcch , 
De  parla  el  tal'ian  con  la  nisciffiura. 
Che  r  è  on  lenguacc  quell  là  eh'  el  san  per  pratega , 
E  gh'  han  minga  besogn  de  la  gramatega. 

<1)  Perini,  Storia  di   Verona  dal  1790  al  1822,  III,  357. 


I 


I.A    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  961 


Che  intrattant  che  stralatten  el  nost  gran  , 
Dandeghel  ai  cavai  disnà  e  scenna , 
La  famm  di  poveritt  che  crien  pan 
La  speccia  la  risposta  de  Vienna, 
Per  savè  se  '1  Consej  el  ghe  permett 
O  de  mangia  ,  o  de  tra  l' ultem  pett. 

Ma,  siccome  el  Cousej  in  di  so  coss 
El  va  con  flemma  e  cont  meditazion , 
Intrattanta  ghe  dan  in  bocca  on  oss 
Coi  soìit. loffi  de  la  religion. 
Che  l'è  ona  bona  cossa  in  veritaa, 
Ma  quand  se  gli' ha  ben  pien  el  consolaa  (1). 

Fu  implorata,  timidamente,  la  pietà  di  Vienna.  Andò  laggiù 
per  esporre  gli  urgenti  bisogni  delle  provincie  lombarde  il  vice- 
presidente Mellerìo:  ma  non  ci  venne  alcun  soccorso  immediato. 
Alcuni  ex  religiosi  inoltrarono  una  supplica  per  qualche  aumento 
della  pensione  ,  s'  ebbero  da  Vienna  la  rozza  risposta  :  Non  ha 
luogo  la  domanda  (2).  A  Vienna  giungevano  contrari  avvisi  ;  il 
governatore  Saurau  diceva  imminente  1'  abbondanza ,  il  direttore 
della  polizia  Strassoldo  dipingeva  il  paese  prossimo  a  sollevarsi  per 
il  caro  dei  viveri.  Ci  si  mandò  1'  ordine  di  nominare  una  com- 
missione per  discutere  sulla  convenienza  di  proibire  l'uscita  delle 
granaglie.  Fu  composta  del  vice-presidente  del  governo,  dell'ine- 
vitabile Mellerio ,  due  nobili  e  un  negoziante.  La  Commissione 
propose  un  radicale  provvedimento,  ma  invece  questo  si  ridusse 
a  raccomandare  cautela  nell'  accordare  le  licenze  d'  estradizione. 
Anche  quelli  che  ravvisavano  nell'  esportazione  la  causa  della 
carestia  dissero  che  si  serrava  la  stalla  dopo  scappati  i  buoi! 

Né  meglio  giovò  più  tardi  il  decreto  col  quale  si  tolse  il  dazio 
d'  entrata  pei  grani,  giacché  scarseggiandone  anche  gli  Stati  vi- 
cini ,  poco  ne  giungeva  (3). 

(1)  Nella  Prineide,  ed.  cit. 

(2)  CosANi,  Storia  di  Milano,  VII,  329. 

(3)  Cubani,  Ivi. 


962  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


«  Ben  regolata  1'  annona  —  scrive  il  Mantovani  —  noi  dove- 
vamo nuotare  nell'abbondanza  »  (1).  E  addita  l'esempio  del  vicino 
Piemonte  :  «  Chi  riflette  su  queste  nostre  vicende  e  le  paragona 
con  quelle  del  Piemonte,  non  sa  intendere  l'accecamento  delle 
attuali  leggi  che  hanno  per  principio  la  libera  contrattazione  dei 
grani  ».  Invero  al  di  là  del  Ticino  ,  non  solo  leggi  severissime 
vietavano  l'esportazione,  ma  si  punirono  gli  incettatori  di  grana- 
glie. «  Giorni  sono  —  scrive  il  Mantovani  in  data  20  ottobre  1816 
—  il  re  di  Sardegna  ha  condannato  un  ricco  possidente  di  Broni 
a  lire  10,000  di  multa,  sei  mesi  di  carcere  e  ad  essere  esposto 
per  tre  giorni  sul  mercato  con  un  cartello  al  petto:  Ammassatore 
di  grani  ». 

All'ultimo,  pur  venuti  nella  determinazione  di  impedire  l'espor- 
tazione delle  granaglie ,  quei  talentoni  di  Vienna  ,  piuttosto  che 
raccomandare  l'osservanza  del  divieto  ai  pubblici  funzionari,  prefe- 
rirono la  pericolosa  ed  immorale  misura  di  concedere  la  proprietà 
della  derrata  e  che  ne  avesse  saputo  denunziare  la  procurata 
vendita  all'  estero. 

E  nuli'  altro  operò  il  governo  per  venire  in  nostro  sollievo  ; 
argomento  a  giudicare  di  sue  benigne  intenzioni  a  nostro  ri- 
guardo (2).  Il  «  sollecito  abbondante  soccorso  dalla  paterna  cle- 
menza di  S.  M.  »  si  prometteva  dai  pubblici  funzionari;  ma  altro 
è  dire  ,  altro  è  fare.  «  Il  commercio  è  totalmente  inceppato  ,  ed 
é  una  lagnanza  generale  dell'ozio  dei  mercanti,  negozianti  e  ban- 
chieri.... La  miseria  cresce  e  il  pubblico  si  duole  dell'  estrema 
lentezza  che  domina   nelle   risoluzioni  governative.    Sarebbero  da 

(1)  La  stessa  opinione  sostiene  Sadatti  ,  Sulle  cagioni  della  carestia 
degli  anni  1815-1816.  Brescia,  1816.  —  Principali  furono,  e  ne  reca  prove, 
il  monopolio  dei  grani,  l'incetta  enorme  che  se  n'era  fatta,  la  troppa  facilità 
delle  esportazioni.  Di  quasi  tutto  il  grano  s'erano  impadroniti  gli  incettatori 
alle  prime  ricolte ,  divenendo  arbitri  dei  prezzi.  Fu  rea  macchinazione  lar- 
gamente distesa,  per  utilizzare  enormi  somme  che  si  trovavano  giacenti.  — 
Vedi  pure  Odorici,  Storie  Bresciane,  X,  254. 

(2)  Il  Gioja  lodò  l'Austria  per  le  sue  sollecitudini  a  prò  del  paese  durante 
la  carestia.  Quali  ? 


LA    RESr.VURAZIONK    AUSTRIACA    IN    MILANO.  963 


iiniiarsi  le  savissime  leggi  del  re  di  Sardegna,  ma  pare  che  un 
grande  stato  non  reputi  convenevole  imparare  da  un  piccolo 
principe  »   (1). 


XXXVII. 

Ben  provvide  ,  il  meglio  che  fu  dato  ,  la  carità  fraterna  ,  ben 
provvidero  con  fervido  zelo  le  autorità  cittadine. 

Alcune  deputazioni  comunali  risolsero,  per  venire  in  aiuto  ai 
più  bisognosi,  di  contrarre  il  prestito  di  un  milione  di  lire,  da  re- 
stituirsi coir  interesee  del  cinque  per  cento.  Francesco  I  accordò 
il  milione  ai  comuni  senza  interesse,  autorizzandoli  a  rimborsarlo 
mediante  un  centesimo  addizionale  d'  imposta.  —  Questa  fu  la 
sola  sua  larghezza  I 

La  nostra  città  più  che  mai  formicolava  di  mendicanti,  vecchi 
e  nuovi,  quali  abituati  a  stendere  la  mano,  quali  vergognosi,  ti- 
midi, accasciati;  intere  famigliole  vaganti  per  le  vie,  i  figlioletti 
seminudi,  le  madri  smunte,  i  genitori  senza  lavoro,  disperati  di 
trovarne.  Si  raccolse  quella  poveraglia  in  un  ospizio,  nei  chiostri 
di  S.  Marco:  beneficenza  che  non  fu  più  dismessa.  «S'incomin- 
ciano a  ritirare  i  mendicanti  — scrive  il  Mantovani  —  ma  era 
desiderio  generale  che  si  premettesse  un  editto  ,  il  quale  impo- 
nesse ai  forastieri  di  ripatriare  ;  sarebbe  stato  un  gran  bene  per 
i  nostri  ».  Cosi,  davanti  mali  grandi  e  che  parevano  irreparabili. 
si  smarriva  il  concetto  di  un  mutuo  soccorso,  che  si  estendesse 
al  di  là  delle  mura  cittadine. 

Il  nostro  municipio  assegnò  lavoro  ai  questuanti,  ma  le  braccia 
si  prestavano  di  malavoglia  ;  da  molti  si  preferiva  l'indipendenza 
di  patir  anche  la  fame,  ma  senza  l' obbligo  di  vivere  e  lavorare 
in  comune.  «  Facevasi  riattare  il  bastione  da  Porta  Orientale  a 
Porta  Romana  da  oltre  500  lavoratori,  pagati  ogni  sera;  ma  per 

(1)  Mantovani,  Diario  cit. 


^64:  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

dispetto  rompevano  zappe,  badili,  barelle  da  portar  terra,  onde 
si  dovette  rinchiuderli  tutti  in  S.  Marco.  Una  settinaana  dopo , 
con  un  po'  di  pazienza  e  un  po'  di  minacele ,  si  sono  indotti  i 
poveri  a  lavorare  sul  bastione  :  sono  560  »   (1). 

Non  infrequenti  i  suicidi.  In  tasca  ad  un  annegato  si  trovò  una 
carta  con  su  scritto  :  Meglio  morire  che  patire.  E  il  buon  Man- 
tovani soggiunge:  «sentimenti  rivoluzionari!  »  I  disamorati  delle 
idee  e  delle  cose  di  Francia,  i  disingannati,  vedevano  serpeggiare 
nella  società  la  lue  razionalista  e  repubblicana,  si  riattaccavano 
alle  vecchie  credenze,  e  persino  in  un  suicidio,  prodotto  dall'  ine- 
sorabile miseria,  denunziavano  gli  influssi  della  rivoluzione  fran- 
cese. Molti  ne  aveano  concepito  un  orrore,  che  non  permetteva 
più  di  proporzionare  gli  effetti  alle  cause  ;  e  il  mondo  appariva 
del  tutto  guasto,  irreligioso,  sulla  via  della  perdizione  :  «  Iddio  — 
scrive  ancora  il  Mantovani  —  ci  castiga  in  ogni  parte  per  la  sco- 
stumatezza. Piacesse  al  Cielo  che  il  pubblico  conoscendo  visibil- 
mente il  castigo  s' inducesse  ad  una  morale  riforma  ». 

Le  campagne  erano  percorse  da  bande  di  malviventi  ;  e  anche 
in  Milano  spesseggiavano  le  aggressioni  e  i  delitti  di  sangue.  Si 
dovette  comminare  il  giudizio  statario  contro  gli  aggressori  a 
mano  armata. 

A  Brescia  autorità  e  privati  gareggiarono  nelle  opere  filantro- 
piche. È  bello  ricordarle.  Il  vescovo  Gabrio  Maria  Nava  diede  al 
povero,  poiché  altro  non  restava  a  dargli,  l'anello  e  la  croce 
episcopale,  doni  di  Bonaparte  ;  e  ad  un  cotale  che  ne  faceva  lo 
meraviglie  :  Cristo,  riprese,  le  portò  di  legno  (2).  Il  prefetto  della 
provincia,  Francesco  Torriceni,  dava  pane  e  lavoro  (3).  Una  Com- 
missione straordinaria  di  beneficenza  raccoglieva  e  dispensava 
soccorsi,  in  città  e  fuori.  «  Non  si  può  non  piangere,  scriveva  il 
parroco  di  Malonno  al  vescovo  Nava,  all'  udire  che  quasi  tutti  si 


(1)  Mantovanm,  Diario  cit. 

(2)  Scancella,   Vita  del  vescoco  G.  M.  Nava.  —  Brescia,  1857. 

(3)  Zambelli,  Biografia  di  Francesco    Torriceni;  Odorici,    Storie   Bre- 
sciane, X,  183. 


I.A     RESTAURAZIONE    AUSTRIACA     IN     MILANO.  965 

pascono  di  fieno,  e  non  mancarono  di  quelli  che  si  trovarono 
estinti  colle  dita  fra  i  denit  ». 

Il  conte  Arrivabene  aveva  ordinato  al  proprio  fattore  di  dare 
lavoro  a  chiunque  si  presentasse  a  chiederne.  «  A  cominciare  dal 
mese  di  novembre  1815  fino  alla  primavera  del  1817,  io  usciva 
il  sabato  di  città  con  un  sacchetto  ai  lavoratori  per  pagare  ai 
lavoranti  quanto  aveano  guadagnato  »  (1).  Cosi  fosse  giunto  a 
noi  intero  il  ricordo  di  quei  giorni  miserandi,  per  aggiungere  al 
racconto  delle  popolari  sofferenze  tutte  le  prove  segnalate  di  re- 
ciproca assistenza  ;  quelli  almeno  della  stessa  città,  della  stessa 
borgata  si  sentivano  doppiamente  fratelli  perché  infelici  e  avvinti 
allo  stesso  giogo. 

Ma  i  giusti  lamenti  prorompevano  nei  segreti  convegni,  e  la 
ironia  sapeva  dare  ad  essi  forma  viva  ed  efficace  : 

Quand  comandava  obi  do  nun  la  Spagna 
Disa  chi  vopur  l'era  ona  gran  cuccagna, 
Quand  la  Pranza  comandava 
Se  disnava  e  se  scannava 
Adess  che  comanda  Lorenna 
Né  se  disna,  né  se  scanna. 

1'.  nel  Veneto  correva  questa  variante  : 

—  Co  san  Marro  dominava, 
Se  disnava,  e  se  cenava. 

—  Cola  cara  libertà, 

S'  ha  disnà,  no  s'  ha  cena. 

—  Cola  Casa  de  Lorena 

Né  se  disna,  né  sa  cena  (2). 

Municipi,  commissioni  di  beneficenza,  ricchi  cittadini  (3)  ave- 
vano fatto  del  loro  meglio  ;    ma   troppe  vittime  caddero  per  ine- 

(1)  Memorie,  pag.  29. 

(2)  I^EKiNi,  Carlo  Montanare  e  i  suoi  tempi,  nella  Ga2:;etta  di  Verona, 
es  felìbraio  1867.  —  Si  legge  quasi  identica  nella  Eaccolta  di  procerbi  to- 
^'•ani,  in  favore  dei  Medici  e  contro  i  Lorenesi. 

I  3)  Si  ricordi,  fra  essi,  Giacomo  Mellerio,  patrizio  milanese,  benché  questo 
nomo  renda,  per  altri  motivi,  cattivo  suono. 


96G  I.A     RESTAURAZIONE    AL—ll'IATA    IX    MILANO. 


dia  (1),  troppe  privazioni  si  dovettero  sopportare  perché  svanisse 
presto  il  malaugurato  ricordo.  Nelle  valli,  nei  piani,  nelle  città 
rimasero  traccie  profonde  e  non  cancellabili  ;  nelle  famiglie  se  ne 
continuò  a  discorrere  per  anni  e  anni ,  e  chi  scrive  ha  pur  rac- 
colto dalle  testimonianze  de' sopravvissuti ,  fra  cui  dalla  calda  e 
venerata  parola  del  proprio  padre  ,  la  pittura  di  quel  tempo  so- 
vrammodo infelice. 

A  peggiorare  le  nostre  già  tanto  lagrimevoli  condizioni,  imper- 
versò pure  fra  noi  il  tifo  petecchiale,  prodotto  dal  cattivo  cibo, 
in  sostituzione  delle  mancate  granaglie,  patate,  luppoli,  erbe  sel- 
vatiche. «  Grande  spavento,  scrive  il  Mantovani,  perché  ieri  (30 
gennaio  1817)  si  sviluppò  il  tifo  petecchiale  negli  uffìzi  di  polizia». 
Era  giusto  che  il  contagio  non  risparmiasse  quelli,  che  assi- 
stevano poco  meno  che  indifferenti  ai  nostri  mali.  Si  dovettero 
aprire  ospedali  appositi  ;  neppure  bastò  la  chiesa  e  1'  ex  convento 
di  Sant'Angelo  ;  si  apersero  altri  ospedali  alla  Fontana,  alia  Si- 
monetta, a  San  Luca,  a  Monza,  a  Melegnano.  I  Municipi  lom- 
bardi noa  se  ne  stettero  colle  mani  alla  cintola  ;  ma  la  furia  del 
morbo  non  potè  essere  rattenuta,  dalle  valli  calò  al  piano,  dal 
piano  risali  alle  valli  più  segregate.  È  detto  che  un  tale  scon- 
sigliasse dai  rimedi,  acciocché  1*  idea  dei  patimenti  si  associasse 
a  quella  dei  governanti  (2).  Ma  -comunque  si  apprestassero  dei 
rimedi,  mercé  1'  illuminata  pietà  nostrale,  quella  associazione  di 
idee  si  formò  lo  stesso,  e  durò,  e  ancora  dura  ! 

Tifo,  tedeschi  e  frati 
Ecco  d'Italia  i  fati  (3). 

Veramente  i  frati  ci  stanno  più  che  altri  per  la  rima,  perchè 
con  questi  disastri  non  ci  aveano  niente  a  vedere  ;  ma  qui  si 
accenna,  in  genere,  al  ricrescere  delle  corporazioni  religiose, 
specie  degli  Oblati  e  dei  Gesuiti,  fmtori  di  reazione. 

(1)  «  La  fame  va  crescendo,  scriveva  il  Provani  da  Malonno  (28  maggio  1817), 
in  due  mesi  ne  abbiamo  seppelliti  quaranta,  trenta  di  questi  morti  di  sola 
inedia;  sono  cinque  mesi  che  la  generalità  non  si  pasce  che  di  erbe». 

(2)  Cantù,  Croniètorin,  voi.  II,  par.  I,  127. 

(3)  Vedi  i  Bicordi  di  G.  B.  Niccolini.  —  Firenze,  1886,  1,  pag.  31  e  428. 


I. A    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  967 


XXXVIII. 

Riassumiamo  : 

L'Austria  ci  avea  date  formali  promesse  di  lasciarci  una  certa 
autonomia,  di  rispettare  la  nazionalità,  l'indole,  le  abitudini  (1): 
ma  quelle  promesse  non  furono  che  un  tranello ,  ebbero  solo  lo 
scopo  di  ammansarci  nel  momento  in  cui  eravamo  ancora  armati 
e  potevamo  insorgere  ;  fu  una  blandizia  o  piuttosto  una  tristizia 
di  più  per  ridurci  al  silenzio.  Si  ebbe  cura  di  non  ferire  l' amor 
proprio  municipale  :  non  ci  doveva  neppur  mancare  il  prestigio 
di  una  corte,  cioè  le  apparenze  dell'autonomia  furono  rispettate, 
ma  non  la  sostanza  ;  e  Milano  confidò  di  non  scendere  di  grado. 
Una  tal  quale  libertà  di  stampa  ci  fu  lasciata,  giacché  la  Legge 
Censoria  permetteva  stampare  «  opere  nelle  quali  si  prende  ad 
esaminare  V  amministrazione  dello  Stato  in  generale  e  ne'  suoi 
singoli  rami  ,  a  scoprire  dei  difetti  ed  errori ,  a  proporre  dei  mi- 
glioramenti, ecc.  »  Ma  appena  la  servitù  fu  cementata  con  appa- 
rato d'  armi,  con  processi  e  supplizi,  le  magnificate  larghezze  si 
ridussero  a  niente; "ci  sì  trattò  da  schiavi  novellamente  aggregati 
ad  una  mal  composta  famiglia  dL;ippoli,  già  avvezzi  ad  un  regime 
da  caserma  ;  a  poco  a  poco  ci  si  privò  di  istituzioni,  che  pur  ci 
erano  assai  care  ;  insomma  vedemmo  gradatamente  restringersi 
i  nostri  orizzonti,  ci  si  tolse  l'aria  come  si  fa  coll'augellino  sotto 
la  campana  pneumatica  ;  sentimmo  gradatamente  serrarsi  la  ca- 
tena che  ci  legava  allo  straniero. 

Fu  scaltrezza  o  concessione  che  non  impegnava  per  nulla  quel 
nome  Regno  Lombardo- Veneto ,  sicché  non  fosse  a  gettare  tra  i 
ferravecchi  la  corona  ferrea,  che  si  custodiva  in  Monza,  e  i  cre- 
denzoni potessero  conservare  qualche  illusione  :  ma  chi  conosceva 
l'Austria  e  le  arti  vecchie  e  nuove  dei  governi  dispotici,  non  si  lasciò 
allucinare  dai  nomi,  come  non  si  lasciò  ingannare  dalle  persone. 

(1)  Editto  di  Bellegarde  del  16  aprile  1814. 


968  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


Le  circoscrizioni  territoriali  vennero  rimesse  come  al  tempo  di 
Maria  Teresa.  I  dazi  tra  la  Lombardia  e  le  altre  parti  dell'impero 
austriaco  non  furono  aboliti  :  il  che  ci  privò  dell'  unico  e  tenue 
vantaggio  che  avrebbe  potuto  procurarci  la  riunione  ad  un  grande 
stato.  La  linea  doganale  del  Mincio  diede  origine  ai  più  vivi  ri- 
chiami, ma  non  fu  levata  che  nel  1822.  Cosi,  nel  fatto,  la  Lom- 
bardia e  il  Veneto  non  formarono  un  solo  regno,  com'  era  stato 
promesso,  ma  piuttosto  due  provincie  separate.  Tale  divisione  non 
era  casuale ,  ma  deliberatamente  fu  mantenuta  dall'Austria ,  che 
sempre  procurò  di  tenere  divisi  i  sudditi,  e  diffidava  di  aggregati 
persino  amministrativi  troppo  forti.  Il  sentimento  della  giustizia 
fu  offeso  da  differenze  odiose  e  da  anomalie  inesplicabili.  Nel 
Veneto  il  sale  si  vendeva  a  minor  prezzo  che  in  Lombardia , 
minore  era  anche  il  testatico;  in  una  provincia  si  applicavano  delle 
imposte,  in  altre  no  (1). 

Ripristinati  i  titoli  nobiliari  (2),  e  sbanditi  perfino  i  nomi  venuti 
in  uso  dal  tempo  della  rivoluzione  francese  in  poi.  Soppressi  i 
due  giornali  che  si  pubblicavano  in  Milano  (3)  per  abbreviare 
anche  questo  arringo,  e  per  dare  esclusivo  favore  e  studiato  in- 
dirizzo alla  Gazzetta  di  Milano,  raccolta  insignificante  di  notizie 
passate  allo  staccio,  oppure  di  fiabe  esotiche,  di  storielle  riguar- 
danti i  selvaggi,  la  Cina,  il  Regno  di  Monomotaba.  Richiamati  i 
sudditi  italiani  di  S.  M.  che  erano  all'estero,  sotto  minaccia  in 
caso  di  disobbedienza  di  pene  severissime.  Vigilata  1'  uscita  dei 
nostri,  persino  per  motivi  di  studi  (4);  e  i  genitori  che  abitavano 


(1)  Bianchi  Giovini,  L'Austria  in  Italia  e  le  sue  conjlsche.  —  Torino, 
1853,  pag.  23  e  seguenti. 

(2)  Giusta  queste  tendenze  mecliovali,  comunque  i  feudi  fossero  stati  alio- 
liti,  con  bando  del  15  luglio  1818  vennero  in  parte  ripristinati,  ordinando  a 
quelli  che  vi  avevano  interesse  a  denunciare  i  loro  diritti,  per  poterli  rego- 
lare in  conformità  alla  nuova  legge. 

(3)  Giornale  Italiano  e  Corriere  Milanese. 

(4)  «  Con  cinque  giorni  d'  anticamera  il  Rettore  del  Seminario  ha  ottenuto 
il  passaporto  per  andare  al  Seminario  di  Arona  a  fare,  secondo  il  solito, 
gii  esami  !  »  —  Mantovani,  Diario  cit. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  969 

lungo  il  confine  e  che  mettevano  i  figli  in  collegi  d'oltre  Po  e  d'oltre 
Ticino  dovevano  pagare  una  multa  di  seicento  lire.  Ristabilito  il 
fidecomesso;  regalatoci  tale  e  quale  il  Codice  Penale  degli  Stati 
tedeschi.  Restituite  al  clero  alcune  delle  sue  immunità.  Rimessa 
il  pensiero  in  arbitrio  di  una  rozza  e  prepotente  Censura.  Si  con* 
tinuò  a  favorire  la  delazione  e  lo  zelo  di  polizieschi  uffici,  offrendo 
una  mancia  di  sei  fiorini  a  qualunque  persona  non  militare  che 
arrestasse  un  disertore  o  un  prigioniero  di  guerra  fuggitivo  !  Sciolto 
il  nostro  esercito,  vietato  il  nostro  vessillo,  affinchè  i  risorti  spi- 
riti marziali  di  nuovo  languissero,  languisse  il  sentimento  di  patria, 
e  i  nostri  figli ,  dispersi  in  lontani  reggimenti,  si  amalgamassero 
coi  Croati,  cogli  Ungheresi,  coi  Boemi,  e  divenissero,  occorrendo, 
nemici  spietati  dei  loro  medesimi  fratelli.  Soppressi  i  Collegi  mi- 
litari, disfatto  il  Genio,  disfatte  le  fabbriche  d'armi,  per  meglio 
ridurci  all'  ignavia  e  toglierci  del  tutto  la  forza  di  risorgere. 

E  fummo  gravati  d' imposte  cosi  che  i  sudditi  italiani  della  casa 
d'  Austria  ebbero  a  pagare  un  terzo  delle  gravezze  dell'  Impero  , 
benché  facessero  un  ottavo  della  sua  popolazione  (1). 

A  poco  a  poco  Milano  si  vide  impoverita  anche  in  altro  modo  r 
trasferito  a  Verona  il  generale  comando  militare  ;  soppresse  le 
scuole  cliniche  all'  ospedale  ;  poi  l'  ufficio  topografico  ;  scemato 
lavoro  alla  polveriera,  alla  fabbrica  dei  tabacchi  e  ad  altri  pub- 
yblici  stabilimenti. 

I  consessi  centrali  e  provinciali  erano  stati  dati  «  a  meglio 
jonoscere  i  bisogni  degli  abitanti  e  trarre  parere  dai  lumi  e  dai 
jonsigli  dei  loro  mandati  »  ;  ma  a  che  mai  si  ridussero  ! 

A  Milano  ed  a  Venezia  risiedevano  le  due  Congregazioni  cen- 
trali, composte  per  ciascuna  provincia  di  un  deputato  degli  esti- 
lati  nobili,  uno  degli  estimati  non  nobili,  uno  di  ciascuna  delle 
sittà  regie.  Gli  altri  dovevano  essere  cittadini,  sopra  i  trent' anni, 
iver  domicilio  in  quella  provincia,  con  un  estimo  di  almeno  quattro 
lila  scudi.  Al  deputato  della  città  tenevasi  conto  di  un  traffico 
iquivalente  a  questo  capitale,  ed  era  proposto  dal  Consiglio  Co- 

(1)  Cattaneo,  Insurresione  di  Milano. 
Ardi.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  50 


970  LA     RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


munalo  della  città  medesima  :  gli  altri  dai  convocati  o  consiglio 
di  ciascun  comune.  Da  tali  proposte  la  Congregazione  provinciale 
formava  una  terna,  che  presentava  al  sovrano  per  la  nomina. 

Il  governo  fece  di  tutto  per  impedire  che  questa  già  tanto  me- 
schina istituzione  rappresentativa  ottenesse  il  suo  naturale  svi- 
luppo. Anzi  tratto  era  stabilito  che  essa  non  potesse  adunarsi  se 
non  convocata  dal  governatore;  e  questi  presiedeva  le  adunanze, 
dirigeva  le  discussioni  ,  raccoglieva  i  pareri.  Il  voto  era  me- 
ramente consultivo  ;  e  di  affari  deferiti  alla  Congregazione  cen- 
trale la  decisione  talvolta  non  era  tampoco  annunziata  a  questa. 
Per  impedire  che  i  deputati  favorissero  troppo  la  provincia  nativa, 
si  stabili  che  nessuno  fosse  relatore  se  non  di  affari  di  provincia 
altrui!  Appena  si  dava  permesso  di  fare  «  sommesse  rimostranze  ». 

Per  rappresentazione  nazionale 

Darem  una  congregazione  centrale, 

La  qiial,  perchè  non  faccia  ben  né  malo 

Sarà  da  noi  prescelta  e  ben  pagata 

Per  occuparsi  solo  di  spedali  : 

Negli  altri  affari,  un  poco  più  essenziali, 

Libero  ognun  sarà  e  indipendente, 

Seguenc^o  il  voto  ognor  del  presidente  (1). 

Le  Congregazioni  provinciali  trattavano  gli  affari  di  ciascuna 
provincia  ;  e  le  Congregazioni  municipali  governavano  ciascuna 
città,  ma  sempre  sotto  1'  immediata  dipendenza  del  governo  e 
presiedute  da  un  commissario  imperiale  ! 

Il  viceré  aveva  pochissima  autorità  :  più  che  altro  rappresen- 
tava il  sovrano  nelle  occasioni  solenni;  doveva  alternare  la  sua 
residenza  fra  Milano  e  Venezia. 

Accanto  al  viceré  risiedeva  il  governatore ,  ma  anche  lui  con 
potere  scarsissimo;  tutto  dipendeva  da  Vienna,  gli  affari  anche 
di  minima  importanza  si  tiravano  in  lungo;  e  le  risoluzioni  erano 

(1)  Versi  inseriti  dal  Pecchio  nel  suo  lavoro  Patente  sovrana  con  cui 
V  imperatore  d'Austria  accorda  una  costitusione  al  regno  Lombardo- 
Veneto. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  971 


per  lo  più  improvvide,  eccessive,  un  po'  per  effetto  della  distanza, 
ina  anche  più  per  l' incuria  e  la  presunzione  dei  governanti. 

I  poteri  maggiori  spettavano  alla  polizia  e  al  comando  mili- 
tare :  dipendevano  direttamente  da  Vienna ,  si  davano  mano  in 
tutte  occasioni.  II  direttore  generale  della  Polizia  era  più  potente 
dello  stesso  viceré  ed  era  servito  da  schiere  di  aggiunti  ,  segre- 
tari, commissari  e  da  falangi  compatte  di  sgherri.  Il  comando 
generale  militare  per  il  Lombardo- Veneto  risiedeva,  come  si  è 
detto,  a  Verona  ;  ma  a  Milano  si  teneva  una  forte  guarnigione 
con  due  comandanti  d'  armata  e  molti  generali. 

Gli  alti  impiegati  erano  quasi  tutti  stranieri ,  specie  tirolesi. 
Nella  cancelleria  vicereale,  per  esempio,  di  tre  consiglieri  aulici, 
due  erano  tedeschi ,  di  sei  cancellisti  quattro  erano  tedeschi.  E 
queste  cariche  spesso  si  ottenevano  per  servigi  occulti,  per  zelo 
a  tutta  prova  :  lo  spionaggio  era  titolo  di  merito  ;  le  più  onore- 
voli magistrature  non  disdegnavano  prostituirsi  a  gara  e  diffa- 
marsi con  uflfìci  poco  meno  che  sbirreschi:  spettacolo  miserando! 
Una  vigilanza  occhiuta  e  orecchiuta,  una  ostilità  permanente,  le 
armi  spianate,  un  vivere  chiuso,,  tetro,  pauroso  :  uno  studio  per- 
tinace di  snaturarci,  di  germanizzarci,  di  tenerci  divisi,  con  mi- 
sere voglie  e  più  miseri  intenti  ;  anche  le  scuole  infeudate  a  di- 
segni antinazionali  ;  «  e  dove  un  giorno  suonava  potente  la  parola 
di  Foscolo  e  di  Parini,  protestare  V  imperatore  di  non  voler  let- 
terati, ma  sudditi  devoti  »  (1). 

Ristrettezze  e  angustie  d'  ogni  maniera,  si  che  non  si  osava 
fiatare  :  ed  è  già  molto  che  la  Congregazione  centrale  non  am- 
mutolisse del  tutto.  Il  25  luglio  osò  umiliare  all'  imperatore  una 
petizione  perchè  fosse  conservato  nella  sua  integrità  il  Censimento 
Lombardo,  che  molte  nazioni  ci  invidiavano.  E  almeno  questa  ci 
andò  bene  ;  l'  ufficio  del  censimento  fu  conservato  (2). 

(1)  Odorici,  Storie  Bresciane,  X,  188. 

(2)  Documenti  della  guerra  santa,  XIV,  28. 


972  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


XXXIX. 

Il  carnovale  del  1817  fu  lugubre:  «Ieri  sera,  per  essere  al 
principio  del  carnovale,  non  erano  occupati  alla  Scala  che  soli 
quindici  palchi,  e  non  più  di  cento  persone  »  (1).  Ma  le  indivi- 
duali ed  anche  collettive  sbrigliatezze  non  fecero  difetto.  Dicono 
si  organizzasse,  tra  giovinastri,  delle  società  con  fini  biasimevoli, 
ma  talvolta  si  dava  addosso  agli  stranieri  e  ai  loro  manutengoli, 
o  si  combinavano  dimostrazioni  di  significato  politico  ;  tra  1'  altre 
la  combriccola  detta  della  Pantenna  o  dei  bevitori  (2).  Ma  forse 
(lai  novellai  s'  è  esagerata  l'  importanza  di  q^ueste  mattezze,  che 
non  erano  sempre  né  pulite  né  patriottiche. 

«  Nella  scuola  di  rettorica  a  Sant'Alessandro,  coperta  da  un 
certo  De  Rossi,  toscano,  gli  studenti  giunsero  al  segno  di  mettere 
sopra  la  cattedra  uno  spazzacamino,  regalandolo,  perchè  vi  sedesse 
con  in  mano  un  volume  di  Cicerone.  Nacque  un  gran  chiasso  »  (3). 
Una  carnevalata  di  giovani,  tenuti  a  stecchetto,  per  molta  parte  . 
dell*  anno,  e  ai  quali  il  mal  capitato  professore  era  forse  spìaciuto 
per  le  sue  fiorentinerie  !  Forse  si  ridesta  un  po'  il  municipalismo, 
che  infiammò  i  nostri  poeti  vernacoli,  nel  Settecento,  contro  un 
altro  professore,  il  padre  Branda,  solito  dalla  stessa  cattedra  a 
magnificare  la  sua  Toscana,  deprimendo  Milano  e  il  suo  dialetto  (4). 

Ricomparve  tra  noi,  in  quei  giorni,  la  principessa  di  Galles,  le 
cui  sventure  furono  anche  maggiori  delle  colpe,  e  fece  tanto  par- 
lare di  sé.  Voleva  gettare  danaro  al  popolino  invece  di  corian- 
doli, non  le  fu  permesso. 

Fu  chiesto  a  Vienna  il  permesso  delle  maschere  ;  arrivò  in 
luglio  !  Sollecitudine  non  più  veduta.  Persino  1'  abate  De  Filippi, 

(1)  Mantovani,  Diario. 

(2)  Puntos  tutto  —  eno$  vino.  Ne  parla  Rovani  nei  Cento  anni. 

(3)  Mantovani,  Diario. 

(4)  De  Castro,  Milano  nel  Settecento,  pag.  214  e  segg. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN   MILANO.  973 


sfegatato  per  l'Austria,  e  che  avea  tanto  avvilita  la  musa  ver- 
nacola incensando  Francesco  II ,  durante  la  sua  presenza  fra 
noi  (1),  arrischia  quest'  osservazione  : 

L'  almanach  de  ses  mes  postizipaa 
Del  noster  regn,  sortii  adess  de  fresch, 
Segond  l'usanza  svelta  di  Todesch  (2). 

Con  la  massima  sollecitudine,  all'incontro,  ci  si  imponeva  di 
regalare  la  nuova  sposa  che  1'  imperatore  Francesco  chiamava 
al  suo  talamo  (3)  :  «  Il  Consiglio  Aulico  con  patente  insinuazione 
eccitò  il  Regno  di  Lombardia  a  fare  un  regalo  per  le  nozze  del- 
l' imperatrice.  Si  rispose  con  garbatezza  che  non  si  erano  mai 
fatti  simili  regali  ;  ma  di  rimando  il  Consiglio  Aulico  lo  comandò; 
fissandolo  in  diciottomila  zecchini.  Io  credo  che  le  popolazioni 
troveranno  soverchie  simili  gravezze,  essendo  la  quarta  per  ma- 
trimoni dell'  imperatore  Francesco.  Da  codesti  regali  di  nozze  dei 
vari  Stati  dell'  Impero  austriaco  uscirono  i  ventidue  milioni  che 
la  defunta  imperatrice  lasciò  all'  arciduca  Ferdinando  suo  fratello, 
oggidì  governatore  d'Ungheria  »  (4). 

Si  fece  di  necessità  virtù  ;  si  decretarono  con  apparente  spon- 
taneità i  donativi,  e  si  mandarono  a  Vienna  mentiti  tributi  di 
affetto  :  «  Fu  dato  ordine  ai  quattro  cavalieri,  delegati  di  portare 
a  Vienna  i  regali  nuziali  del  Regno  Lombardo-Veneto  all'  Impe- 
ratrice, di  non  parlare  all' Imperatore  di  affari.  Questo  davvero  è 
un  ordine  assai  umiliante  e  indecoroso  »  (5). 


XL. 

Non  valsero  al  Monti  i  mistici  omaggi  a  rendergli    propizio  il 
nuovo  Cesare.  Anzi  fu   lasciato    in    disparte  e  gli  assottigliarono 

(1)  De  Castro,  Caduta  del  Regno  Italico,  pag.  296  e  segg. 

(2)  Poesia  manoscritta  nella  Raccolta  dell'Ambrosiana  E,  S,  III,  5. 

(3)  Mantovani,  Diario. 

(4)  Diario  cit. 

(5)  Carolina  Augusta,  figlia  di  Massimiliano  di  Baviera, 


974  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

la  pensione  di  cui  godeva  come  istoriografo  della  già  Casa  reale 
d'  Italia.  «  Ricorse  a  Vienna,  scrive  il  Mantovani,  per  riaverla, 
ma  ebbe  una  negativa  colla  tassa  di  dieci  fiorini  pel  decreto  ; 
replicò  la  supplica  e  si  ripetè  la  negativa  e  la  tassa  ».  Non  so 
della  tassa,  ma  so  che  la  pensione  per  quel  titolo  onorario  di 
corte  gli  fu  ridotta  a  poche  centinaia  di  fiorini,  da  aggiungere 
alla  pensione  di  professore  (1).  Ne  rimase  irritatissimo,  e  fece 
pratiche  presso  il  municipio  affinchè  per  lui  si  facesse  rivivere 
la  dignità  di  storico  patrio,  che  in  altri  tempi  era  stata  conferita 
al  Ripamonti ,  al  Giulini  ,  ed  altri  :  ma  anche  da  quella  parte 
s' ebbe  un  rifiuto. 

«  Monti  vìve,  ma  muto.  Si  scusa  di  questo  suo  demone  taci- 
turno, attribuendolo  alla  sordità.  Il  pover'  uomo  è  assai  avvilito, 
perché  i  governi  più  non  1'  accarezzano.  Egli  non  ha  mai  saputo 
di  valer  qualcosa  per  sé  stesso,  e  ora  che  gli  mancano  i  sorrisi 
dei  potenti  si  crede  spogliato  de'  suoi  più  bei  pregi  »  (2). 

Per  dire  il  vero,  il  governatore  Saurau  proponeva  che  si  usas- 
sero i  maggiori  riguardi  ai  letterati ,  specie  al  Monti  ;  e  sotto  i 
suoi  auspici  già  era  uscita  la  Biblioteca  Italiana.  Ne  ebbe  la 
direzione  il  mantovano  Acerbi,  tutta  cosa  di  Vienna.  Vi  collabo- 
rarono il  Monti,  il  Giordani,  i  naturalisti  Brocchi  e  Breislak , 
r  erudito  Labus,  Gherardini  :  ma  i  primi  collaboratori  se  ne  disgu- 
starono presto.  Ne  subentrarono  altri  di  minor  grido.  Gli  usciti, 
con  a  capo  il  Monti,  meditavano  una  rivista  veramente  nazionale, 
ma  non  se  ne  fece  nulla  (3).  In  opposizione  al  periodico  offi- 
cioso, ebbe  voga  lo  Spettatore,  diretto  da  Davide  Bertolotti. 

Saurau  sollecitava  pure  l' Istituto  Lombardo  a  proseguire  i  la- 
vori linguistici,  che  da  alcuni  anni  aveva  iniziato,  per  dotare 
r  Italia  di  un  Vocabolario,  procedendo  la  Crusca  troppo  a  rilento 
e  troppo    esclusiva  :    e    questo    fu    principio    dell'  invelinita  que- 


(1)  Cantù,  Monti  e  V  età  che  fu  sua,  pag.  240  e  segg. 

(2)  Lettera  di  Pellico  a  Stanislao  Marchisio,  Cantù,  Il  Conciliatore,  q.co., 
pag.  84. 

(3)  Si  diffonde  Cantù,  Monti,  ecc. ,  pag.  254  e  segg. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  975 


stioue  che  tutti  conoscono  :  e  Monti,  .scematigli  i  proventi  come 
istoriografo  di  corte,  seppe  ricattarsi  come  filologo  e  polemista. 
Piacque  al  governo  austriaco  che  noi  ci  occupassimo  più  di  pa- 
role che  di   idee. 

«  Da  quel  punto  funesto  cominciò  quella  guerra  di  parole,  che 
durò  per  tanti  anni,  e  coloro,  che  pensavano  da  filosofi,  comin- 
ciarono a  balbutire  da  grammatici,  e  gli  uomini  gravi,  che  vol- 
gevano grandi  idee  di  patria,  cominciarono  a  recitar  vecchi  nomi 
e  vecchi  verbi  :  cosi  l'Austria  ingannò  gli  Italiani  »  (1). 

In  quei  giorni  venne  a  vederci  madama  di  Staèl,  con  seguito 
di  duchi,  parenti  suoi,  e  di  letterati,  fra  gli  altri  lo  Schlegel. 
Frequentò  il  conte  Alberto  Litta,  il  Monti,  l'abbate  di  Bréme , 
l'Acerbi.  Le  fecero  scrivere  un  articolo  per  la  Biblioteca  lialiana 
sulle  traduzioni,  ove  conforta  gli  Italiani  a  rifarsi  sui  Tedeschi. 
Ribattè  lo  Spettatore,  e  s'  ebbe  una  grossa  polemica.  Saurau  si 
stropicciava  le  mani  :  -aveva  dei  gusti  letterari ,  e  si  proponeva 
svagare  il  paese  con  passatempi  di  questo  genere  (2). 

A  Vienna  duravano  le  diffidenze  verso  di  noi,  e  un  pochino 
anche  ci  si  temeva,  se  é  vero  quello  che  riferisce  il  Mantovani  : 
«  Con  decreto  governativo  (29  luglio)  ,  intimato  a  tutte  le  co- 
muni, si  obbligano  le  chiese  a  fare  una  cassa  a  chiave  alta  tre 
braccia,  con  cui  vanno  in  avvenire  chiuse  le  funi  delle  campane, 
affinché  non  si  suonino  né  per  fuoco,  né  per  temporale  :  si  fanno 
responsabili  il  parroco  e  il  sagrestano  ». 

E  s'  ingelosiva  di  ogni  nostra  più  piccola  soprastanza  :  «  Tra 
le  benefiche  provvidenze  che  diconsi  oggi  (23  agosto)  venute  da 
Vienna,  si  dà  per  certa  la  soppressione  del  Collegio  delle  Vir- 
tuose alla  Passione,  e  della  pensione  che  il  governo  pagava  a 
sei  o  otto  giovani  che  studiavano  le  belle  arti  in  Roma.  Qualche 
maligno  trovò  giusto  questo  rimedio  alla  mortificazione  dei  Ger- 
mani, nel  vedere  gli  Italiani  si  virtuosi  ». 

Ci  visitarono,  nell'agosto,  il  principe  d'Assia  d' Armstadt  e    il 


(1)  Cantò,  Monti,  ecc.,  pag.  251. 

(2)  Lettera  di  Gabriele  Rossetti,  in  Cantò,  Op.  cit ,  eco,  pag.  276. 


976  LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 

ministro  della  guerra  del  re  di  Sardegna,  Il  generale  Bubna,  fra 
gli  altri  spettacoli,  per  diletto  dei  due  personaggi ,  volle  che  i 
nostri  pompieri  dessero  saggio  di  loro  bravura  :  spettacolo  riusci- 
tissimo. I  pompieri  ebbero  molte  lodi.  «  Queste  lodi ,  soggiunge 
il  Mantovani,  avranno  proseguito  ad  ingrandire  1'  odio  sperticato 
che  hanno  i  Tedeschi  agl'Italiani,  e  segnatamente  ai  Milanesi, 
senza  saperne  precisare  la  ragione  ». 

Il  3  ottobre,  onomastico  dell'  imperatore,  passò  senza  che  al- 
cuno se  ne  accorgesse  :  «  Non  vi  fu  alcun  segno  pubblico ,  anzi 
in  S.  Gottardo  dal  parroco  di  corte  non  si  cantò  tampoco  messa. 
Si  vede  la  prudenza  della  corte ,  che  fa  economia  di  tutto ,  per 
pagare  forse  i  debiti  contratti  nella  passata  guerra.  Chi  pensa 
malignamente  attribuisce  a  tutt'  altro  ». 

Gli  avvocati  davano  ombra  ;  ma  di  che  non  pigliava  sospetto 
il  governo  di  Vienna,  In  data  8  ottobre  1817,  il  Mantovani  scrive: 
«  Oltre  le  borse  e  le  private  sostanze,  pare  che  si  voglia  restrin- 
gere anche  la  libertà  personale  ;  ieri  con  ordine  superiore  fu 
proibito  agli  avvocati  di  uscire  di  città  senza  permesso  ottenuto, 
e  questo  limitato  a  pochi  giorni  :  e  chi  ne  vuole  di  più  ricorra 
a  Vienna  », 

Ma  è  cosa  da  credere  ?  Forse  il  Mantovani  non  si  dava  molta 
cura  di  appurare  le  notizie  che  raccoglieva  nel  suo  Diario  : 
ormai  vedeva  scuro,  e  gli  Austriaci  aveano  cessato  di  formare 
il  suo  ideale  ! 

In  data  20  novembre  soggiunge  :  «  È  giunto  ordine  da  Vienna 
che  fin  al  1830  non  si  facciano  più  avvocati  ».  Un'  altra  diceria, 
ma  egli  ne  piglia  nota,  giacché  gli  dava  materia  di  critica,  e 
aveva  proprio  bisogno  di  sfogare  il  mal  umore  ! 

Serpeggiavano  le  opinioni  gianseniste  :  la  curia,  assistita  dalla 
polizia,  dava  la  caccia  ad  opuscoli  e  catechismi  luganesi,  che 
non  avevano  buon  odore.  L'  editore  Vincenzo  Ferrarlo  apre  ne- 
gozio in  via  dei  Bigli,  e  presenta  alla  revisione  un  suo  estesis- 
simo manifesto  per  la  pubblicazione  delle  opere  del  Tamburini  (1). 

(1)  Carte  inedite  del  Tamburini  possiede  nel  suo  ben  ordinato  archivio  i^ 
^ott,  Amanzio  Rezia,  in  S.  Giovanni  di  Bellagio. 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  977 

Fu  proibito,  avvertendo  che  tali  opere  erano  state  proibite  dalla 
Santa  Sede.  «  0  tempora ,  o  mores  !  »  soggiunge  il  Mantovani  , 
scandalizzato  che  si  potessero  rimettere  in  campo  le  idee  giu- 
seppine. 

Il  ricolto  del  1817  fu  abbondante,  sicché,  almeno  il  pane  non 
ci  fu  usureggiato.  Però  i  commerci  languivano  ;  mal  sicure  le 
strade ,  a  motivo  del  brigantaggio  ;  e  di  risveglio  industriale  ap- 
pena i  primi  indizi  nelle  «  due  o  tre  grandiose  filature,  ove  l'ac- 
qua é  scaldata  a  vapore;  cosi  riesce  assai  meglio  la  seta,  e  la 
spesa  cala  di  un  terzo  »  (1).  Novità  procurata  da  quel  Luigi 
Porro  Lambertenghi,  collo  e  ingegnoso  patrizio,  e  ardente  patriotta, 
che  intorno  a  sé  raccoglieva  il  fiore  della  cittadinanza.  Primo 
anche  in  questo,  aperse  a  Como  una  filatura  meccanica  (2);  e 
illuminò  a  gas  la  sua  casa  (3) ,  venticinque  anni  prima  che 
Milano  adottasse  la  nuova  illuminazione. 

Cessata  la  carestia,  rimborsato  il  milione  all'erario,  avanzarono 
751,325  franchi  del  ricavo  dell'  imposta,  e  153,000  residuo  di 
elargizioni  spontanee.  Si  deliberò  di  sussidiare  con  questa  somma 
le  case  di  ricovero  e  d'  industria,  che  erano  sòrte  per  dar  lavoro 
agli  affamati  ;  —  di  costituire  un  fondo  per  soccorrere  con  pre- 
stiti gratuiti  i  comuni  in  caso  di  bisogno  ;  —  e  per  ultimo  di 
fondare  in  Milano  una  cassa  di  risparmio.  Iniziatasi  con  danaro, 
che  la  pietà  fraterna  offerse,  si  ditschiuse  in  un  meschino  locale 
in  piazza  Mercanti,  ed  ora  trionfa  in  una  sede  monumentale: 
faccia  più  che  mai  opere  di  carità  e  amore ,  conforjni  alla  sua 
origine  e  alla  sua  missione  ! 

Sul  finire  dell'  anno ,  venne  improvvisamente  richiamato  a 
Vienna  il  governatore  Saurau:  galantuomo,  compatibilmente  colla 
carica  ,  e  meno  reazionario  di  coloro    che    gli    stavano   intorno  , 

(1)  Mantovani,  Diario  cit. 

(2)  Ne  imitò  1'  esempio,  in  Carate  Brianza,  il  marchese  Carlo  Cusani  Gon- 
falonieri, padre  dello  storico.  I  fratelli  Ponti  eressero  a  Solbiate,  sull'  Olona, 
la  prima  grande  filatura  meccanica  di  cotone.  —  Cubani,  Storia  di  Milano, 
VII,  318  e  segg. 

(3)  In  via  Monte  di  Pietà,  ora  Casa  Betlem. 


978  LA     RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO. 


del  Mellerio,  del  Ghislieri,  dei  quali  frenò  spesso  l' impronto  zelo. 
In  sua  vece  ,  col  nuovo  titolo  di  presidente  del  Governo  Lom- 
bardo, venne  nominato  il  conte  Giulio  di  Strassoldo,  già  ministro 
di  polizia.  Nel  breve  tempo  corso  fra  il  richiamo  dell'  uno  e  la 
nomina  dell'  altro  ,  sedette  a  palazzo  il  vice-presidente  Mellerio  ; 
ma  nulla  fece. 

Il  medesimo  fu  poco  stante  chiamato  a  Vienna,  assegnandogli 
un  ufficio  tutt'  altro  che  omogeneo.  S'  erano  istituite  tre  Cancel- 
lerie, che  doveano  trattare  gli  affari  delle  diverse  provincie.  Ora 
Mellerio  fu  chiamato  a  presiedere  non  già  la  italiana  ,  bensì  la 
morava  ;  ma  egli  non  ci  si  raccapezzava  :  nemmeno  conosceva 
lo  slavo  !  Temendo  con  tali  Cancellerie  di  avere  anche  troppo 
favorite  le  provincie ,  vennero  al  più  presto  trasformate  in  tre 
sezioni  del  Consiglio  Aulico,  quasi  senza  autorità.  Mellerio  diede 
le  dimissioni  e  si  ridusse  a  vita  privata.  Meglio  non  ne  fosse 
uscito  mai  ! 

L'anno  si  chiuse  con  nuovi  balzelli.  «  Ieri  l'altro,  3  dicembre,  ci 
fu  fatto  il  bel  regalo  di  portare  la  carta  bollata  da  13  a  50  cente- 
simi, e  quella  da  28  a  80.  Bel  donativo  per  le  feste  natalizie  »  (1). 

I  contribuenti  strillavano;  strillavano  gì' impiegati  per  gli  scarsi 

salari  : 

Me  domandi  giurad'i 

Con  vottocent  lirett  a  1'  ann 

Se  pò  forsi  mantegni 

La  miée  con  dò  tosann?  (2). 

Sentitene  un  altro  : 

....  diurnista  a  cinq  lirett 
A  desfà  giò  quij  scigollon  todesch 
Per  fann  foeura  in  nostran  tutt  quij  polpett 

Che  n' han  faa  sta  insci  fresch  (3). 

(1)  Mantovani,  Diario  cit. 

(2)  Lamento  d' on  impiegaa  de  finanza,  1817,  ms.  nella  Race.  dell'Ani 
brosiana,  segnata  E,  S,  III,  5. 

(3)  El  Pentiment  j  ode  nella  Race.  deirAnibrosiana ,  segnata  E,  S,  III,  27. 


I 


I 

■I' 


LA    RESTAURAZIONE    AUSTRIACA    IN    MILANO.  979 

Insomma  musi  lunghi  un  braccio,  confronti  penosi,  ansietà  per 
il  presente  e  timori  per  l'avvenire;  e  il  Mantovani,  già  mutato 
avviso  sul  conto  dei  nuovi  signori,  esclama  alla  fine  del  1817., 
che  era  sLato  proprio  lungo  come  1'  anno  della  fame  :  Evviva  la 
nostra  felicità  '.  E  possiamo  and  ir  certi  che  egli  non  esprimeva 
un  giudizio  individuale. 

Pare  che  1'  imperatore  non  si  desse  alcuna  cura  di  tenersi  bene- 
viso  fra  di  noi  :  «  Si  fece  presente  a  S.  M.  dal  nostro  governo  che 
bisognava  togliere  dal  Codice  la  facoltà  ai  moribondi  del  testa- 
mento verbale  alla  presenza  di  tre  testimoni,  perché  in  due  anni 
vennero  annullati  due  testamenti  per  false  testimonianze.  L' Im- 
peratore rispose  :  Ciò  conferma  vieppiù  la  conosciuta  perfidia  dei 
Milanesi ,  ciò  non  essendo  mai  seguito  in  Germania  dopo  tanti 
anni  che  è  in  vigore  questa  legge  »  (1). 

Ignoro  se  si  abbia  a  credere  che  l' imperatore  ci  disprezzasse 
a  questo  segno ,  ma  è  certo  che  Vienna  con  atti  malaccorti  e 
con  sconsigliate  durezze  inaugurava  tristamente  il  suo  regime 
fra  noi  ;  è  certo  che  la  Restaurazione  austriaca  nel  Lombardo- 
Veneto,  dal  1814  al  1817,  presenta  fatti  non  meno  brutti  e  la- 
grimevoli  della  reazione  politica  in  altre  parti  dell'  Europa  !  E  a 
questi  cattivi  principi  corrisposero  anche  troppo  gli  avvenimenti 
posteriori. 

Giovanni   De  Castro. 

(1)  Diario  cit. 


LE  ARTI  MINORI  ALLA  CORTE  DI  MANTOVA 

NEI  SECOLI   XV,   XVI   E  XVII 
Ricerche  storiche  negli  Archivi  Mantovani. 


(Continuazione  e  fine,  V.  Fase.  XIX) 


SECOLO  XVII. 


Armaiuoli    diversi. 


Per  questo  secolo  i  documenti  sono  scarsi  e  facilmente  può 
indovinarsene  la  ragione. 

Armaiuoli  in  Mantova. 

In  Mantova  troviamo  Battista  Costa  schioppettiere  di  S.  A. 
cui  scriveva  (29  settembre  1604)  per  affare  «  dei  maio  di  ferro 
e  de  rame  »  da  che  possiamo  conoscervi  fabbrica  di  schioppi. 

«  Silvio  Moremans  nativo  di  la    nobilissima    città  di   Mantoua 
mastro  di  archibusi  »  come  egli  stesso  si  sottoscrive  in  una  sua 
lettera    da    Bruxelles ,  in  data  8  settembre  1618 ,    indirizzata    al 
Principe  di  Mantova,  fa  conoscere  che  è  figlio  di  Ans,  che  mori| 
al  servizio  del  duca  Vincenzo  Gonzaga  e  che   ebbe   per   padrino] 


LE    ARTI    MINORI    ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  981 

il  Duca  stesso,  rappresentato  dal  maggiordomo.  Egli  ottenne  di 
rimpatriare  con  la  madre  ,  che  sposò  in  seconde  nozze  mastro 
Alberto  Rutiier  pure  archibugiere,  essendo  morta.  Ora  desi- 
dera ritornare  in  Mantova ,  contentandosi  di  filippi  6  per  ogni 
ruota  d'archibugio  e  4  scudi  al  mese  di  salario.  Ha  moglie  senza 
figli.  Non  trovai  la  risposta.  Sarà  ricordato  come  Alberto  Ruttier 
o  Ruotieri  fiammingo  fin  dal  1597  aveva  ottenuto  il  ben  servito 
per  ritornare  in  patria  ;  e  fu  pure  nominato  un  suo  garzone  no- 
minato Paolo  Murmans  o  Moremans. 

Fra  gli  intagliatori  in  metallo  devo  comprendere  Giacomo 
Onigo  novarese,  che  da  dodici  anni,  dimorando  in  Mantova  qual 
fabbricante  di  lucerne  otteneva  (7  Idiis  maij  1606)  la  cittadinanza 
mantovana  (/?.  Decreti  1605-1612,  fol.  91). 

Erano  armaioli  in  Mantova  nel  1658  Fabritio  Castelli  mila- 
nese e  Francesco  Pavanini  padovano. 


Armaiuoli  in  Milano. 

Vedremo  ora  donde  la  Corte  mantovana  si  provvedesse  di  ar- 
lature. 

Ercole  Gonzaga  da  Milano  al  Duca  di  Mantova,  il  31  di- 
jmbre  1603: 

L'armatura  che  si  lauora  per  seruitù  di  V.  A.  sta  a  buon  termine. 

E  poi  al  5  febbraio  seguente  : 

Mando  a  V,  A.  le  sue  armi...  Io  ho  fatto  usare  tutta  quella  dllì- 
mza  che  è  stata  possibile  acciò  riuscissero  belle  et  a  gusto  dell'A.  V, 

Baldassarre  Bigliani,  ambasciadore  mantovano  in  Milano,  scri- 
ìva  al  segretario  del  suo  signore,  il  21  giugno  1611  : 

Ho  dato  ordine  a  Giulio  Pigone  armarolo  che  facci  l'armatura  per 
|f.  A.  nella  forma  comandata  e  farà  lauorare  con  ogni  diligenza  e  più 
restezza  che  sarà  possibile ....  se  la  uuole  di  color  di  viole  lauorata 
ic  si  intende  più  nobile  che  quella  di  color  di  ferro  et  da  puoco 
fh  e  meno  non  passerà  la  spesa  che  V.  S.  scrive,  ma  sarà  armatura 


982  LE    ARTI    MINORI 


veramente  che  la  potrebbe  portar  qual  si  uoglia  Re.  Potrà  anco  V.  S. 
intendere  da  S.  A.  se  uorrà  la  celata  a  botta  di  pistolla  come  pur 
uoleno  tutti  questi  maestri  di  campo,  ma  ne  fanno  far  due  una  che 
serue  per  le  fattioni  e  l'altra  per  mostra  legiera. 

Potrà  anco  commandare  S.  A.  piacendoli  il  colore  del  ueluto  che 
va  per  la  guarnitione  sodisfacendosi  al  gusto  et  all'apparitione  del 
color  dell'armatura  se  pur  sarà  di  gusto  a  S.  A.  che  sij  temperata 
con  il  colore  uiolato  ne  occorrendomi  altro 

Pietro  Enrico  Porta  spadaro  milanese  era  venuto  nel  1658  a 
Mantova  per  esercitare  la  propria  arte. 


Armaiuoli  in  Venezia  e  Brescia. 

In  quanto  alle  canne  d' archibugi  le  provisioni  erano  fatte  a 
Venezia,  donde  Luca  Tron,  il  15  novembre  1610,  ne  spediva  in 
Mantova  1610,  oltre  le  opportune  casse  e  ruote.  Il  capitano  An- 
tonio Grimani  da  Brescia,  il  12  dicembre  1613  mandava  al  Duca, 
di  Mantova  1500  canne  di  moschetto,  secondo  l'ordinazione  data. 

E  noto  come  nel  seguente  secolo  delle  armature  si  cessasse 
l'uso,  conservando  solamente  le  corazze,  fabbricate  generalmente 
molto  pesanti  e  forti,  prive  d'ornati  per  non  aggiungere  inutile  peso, 
dovendo  resistere  alle  palle.  E  si  fini  di  non  più  servirsene;  poiché 
l'arte  doveva  cedere  il  campo  alla  scienza  al  macchinismo  militare. 

Ponendo  fine  a  questa  sezione  armigera,  noi  ricorderemo  come 
essa  rifulse  gloriosa  peli'  Italia.  Un  francese  scrisse  : 

«  L' istoire  des  armes  est  essentielment  liéé  a  celle  des  peu- 
«  ples  et  parmi  les  nations  guerrieres  l' Italie  est  une  de  celles 
«  qui  aux  siécles  passés  attacha  une  importance  réelle  à  la  fa- 
«  brication  des  armes  ;  au  moyen  age,  elle  partagea  avec  la 
«  péninsule  le  monopole  de  cette  fabrication,  et  sur  tous  le  champs 
«  de  bataille  de  l'Europe  on  vit  les  armes  italiennes  obtenir  la 
«  preference,  tant  par  l'excellence  de  leur  fabrication  que  par 
«  r  ingeniosité  de  leur  invention  »  (Th.  F.  Calard,  Histoire  des 
armes  offensives  et  defensives  en  Italie). 


ALLA.    CORTE    DI    MANTOVA.  983 


IntaglL'ìtori  ln  legno,  avorio,  ossi 
Intarsiatori,  Ebanisti,  Carrozzai,  Tornitori. 

Oggidi  difficilmente  un  architetto,  uno  scultore  prenderebbe  la 
sgorbia  per  intagliare  in  legno  ;  e  pure  nei  secoli  passati  quasi 
sempre  l'intagliatore  in  legno  era  architetto,  scultore,  e  pittore 
nelle  intarsiature. 

Fra  Giovanni  da  Verona,  cosi  celebre  nell'intaglio  e  nell'in- 
tarsio, era  nello  stesso  tempo  miniatore,  fonditore,  architetto. 

Grandi  artefici,  quali  Donatello,  Brunelleschi,  Giovannino  Dolci, 
i  San  Gallo,  Giuliano  da  Maiano  scolpirono  in  legno,  e  per  ta- 
luni di  loro  fu  il  primo  passo  all'arte  ;  come  ad  esempio  Baccio 
d'Agnolo,  architetto  fiorentino,  prima  legnarolo  e  intarsiatore, 
Vitoni  Ventura  pistoiese,  architetto  e  falegname  ,  notati  dal  Va- 
sari ;  benché  fin  d'allora  l'intagliatore  in  legno  avesse  l'umile 
qualifica  di  magister  lignaminis,  faher  lignarius,   carpentarius. 

Ed  anche  oggidi  l'arte  dell'  intaglio  del  legno  e  della  tarsia  si 
trovano  spesso  unite  con  quella  del  falegname,  ebanista,  tornitore; 
benché  V  intagliatore  adorni  talvolta  i  suoi  intagli  di  cesellature, 
azziminature  ,  damaschinatura  ,  nielli  al  pari  degli  orefici  ed  ar- 
maiuoli, di  cui  abbiamo  già  fatto  parola. 

L'intaglio  in  legno,  in  avorio  e  ossi  spazia  dal  semplice  mo- 
bile privato  ali  altare  di  grande  cattedrale.  I  mobili  fanno  cono^ 
scere  la  civilizzazione  de'  popoli  e  ne  riflettono  i  costumi,  e  danno 
cognizione  della  vita  privata  di  ogni  ceto. 

Fiori  per  tempo  in  Italia  l' intaglio  ;  e  la  tarsia  si  crede  ori- 
ginaria italiana  ;  nel  lavoro  dell'  avorio  ed  ossi  fino  dal  medio 
evo  furono  segnalati  gli  Italiani  ,  sopra  tutti  gli  altri  popoli  di 
Europa. 

La  Toscana,  Siena,  Perugia,  Orvieto  diedero,  specialmente  nel 
rinascimento,  lavori  stupendi  ;  Bergamo,  Venezia,  presto  si  mo- 
strarono emule.  Il  frutto  delle  nostre  ricerche  archivistiche,  quan- 


984  LE    ARTI    MINORI 

tunque  scarso  e  fatto  in  regione  lontana  da  quelle,  ove  l' intaglio 
e  la  tarsia  andarono  all'apogeo,  tuttavia  offrirà  cenni  di  grandi 
artefici  e  ne  farà  conoscere  altri  meritevoli  di  prendere  il  loro 
posto  nella  storia  dell'arte. 


SECOLO  XV. 

Il  poco  materiale,  scavato  per  questo  secolo,  rende  inutile  ogni 
divisione  ;  basterà  l'esposizione  cronologica  e  il  riassunto  in  fine. 
Ed  eccoci  al  primo  artefice  scoperto. 

A  di  17  dicembre  1425  è  accennato  Magister  Johannes  de 
Trigulis,  qui  feeit  sedilia  chori  Eeclesioj  sancii  Franeisei  pel  cui 
lavoro  deve  avere  ducatos  duecentos  per  sua  provisione  (i?.  Man- 
dati e  Decreti  1416-1435,  fol.  279).  In  una  vertenza  dell'anno 
seguente,  al  22  aprile,  col  suo  già  famulo  Giacomo  de  Riparo) io 
è  designato  per  De   Tribulis  {Ibid.,  fol.  340). 

Nel  1422  trovo  che  Giovanni  de  Tribulis  riceveva  un  paga- 
mento prò  lana  starno  tineta  et  aeubus  prò  dando  D.ne  Marie 
de  Bononia  prò  tapezariis  aptandis  per  conto  della  Corte  Gon- 
zaghesca. 

In  altra  lite  (7  aprile  1442)  col  consorzio  di  Santa  Maria  della 
Cometa  di  Mantova  pel  pagamento  dei  sedili  su  accennati  si 
presenta  altro  col  nome  di  Marco  de  Tribulis  de  Ferraria.  Forse 
si  tratta  del  figlio  o  socio  di  Giovanni  {Idem,    1442-44,  fol.  44). 

Questi,  a  di  12  aprile  1443,  otteneva  esenzione  dal  pagamento 
di    dazio    per   condurre    le  sue  robe  in  Ferrara  {Ibid.,  fol.  162). 

Venuto  nuovamente  in  Mantova  otteneva  consimile  esenzione,  a 
di  1°  aprile  1445  ;  ed  in  questo, documento  gli  si  dà  il  nome  di 
Marco  {Idem,  1444-7,  fol.  97). 

Il  Cittadella  {Notizie  relative  a  Ferrara,  ecc.),  non  trovò  do- 
cumenti su  questo  intagliatore  in  legno;  ma  registra  fin  dal  139G 
Domenico  de   Triguis  falegname  ;  né  lo  vedo  segnato  da  altri. 

Vediamo    dunque    Mantova    aver    ricorso  ad  un    ferrarese,  cui 


I 


ALLA  CORTE  DI  MANTOVA.  985 

concesse  privilegi  per  allettarlo  ;  e  per  ciò  possiamo  arguire  la 
valentia  dell'artefice  sopra  i  suoi  collega  mantovani. 

Nel  seguente  documento  abbiamo  in  prova  che  la  Corte  man- 
tovana si  rivolgeva  sempre  a  quei  centri,  ove  maggiormente  fio- 
riva quell'arte,  della  quale  si  desiderassero  lavori. 

Marsiglio  Andreasi  da  Mantova  scriveva  al  marchese  Federico, 
il  26  agosto  1458: 

Hozi  e  glonto  Zohane  da  Milano  cani  li  drapi  et  altre  cose  mandate 
a  tuor  a  Fiorenza  tra  le  altre  ha  portato  uno  schachero  d'osso  bel- 
lissimo e  da  ogni  canto  intarsiato  cum  li  schachi  e  tauole  d'osso  che 
costa  ducati  14,  una  croce  cum  uno  crucifisso  pur  d'osso,  una  pace 
una  scatola  da  hostie,  una  petra  sacrata  per  otto  ducati  et  uno  spec- 
chio per  tri  ducati,  le  quali  cose  tute  vole  comprare  la  IH"™*  Madonna 
vostra  maire  :  ha  portato  dopo  quattro  visi  de  terra  cotta  de  due 
vechie  e  dui  grassi,  che  ridono  insieme  che  pur  è  una  consolatione 
da  uedere  e  chi  li  vede  bisogna  che  voglia  o  non  comenci  a  ridere . . . 

Abbiamo  in  queste  provviste,  fatte  a  Firenze,  oltre  intagli  in 
osso  ed  altro,  quattro  figurine  in  terra  cotta  del  genere  forse  di 
Luca  della  Robbia,  le  quali  dovevano  essere  di  una  somma  na- 
turalezza da  quanto  scrisse  l'Andreasi. 

Quantunque  a  rigore  l'intarsiatura  stia  pari  al  mosaico,  pur& 
la  compresi  fra  gli  intagliatori  in  legno,  perchè  quasi  sempre 
l'intarsiatore  si  preparava  i  mobili  da  intarsiare. 

Pietro  Peccato,  intarsiatore  in  Venezia,  nel  1463  si  giustifica 
per  un  lavoro,  che  non  piacque  al    Marchese  di  Mantova. 

Ecco  una  provenienza  che  comprova  quanto  abbiamo  detto 
sulle  provviste  fatte  in  Toscana,  sapendosi  che  Venezia  era  altro 
centro  famoso  per  lavori  d' intagHo  e  intarsio. 

Quanto  abbiamo  osservato  nell'unione  delle  due  arti  può  esser 
di  prova  Vincenzo  Piacentino,  qualificandosi  per  marangoniis  in- 
tarsiator  in  due  lettere,  quali  da  Mantova  scriveva  al  Marchese 
di  Mantova.  Nella  prima  del  6  febbraio  1464  domanda  soccorsi 
per  aver  la  moglie  quasi  morente  di  parto ,  e  nell'altra  del  14 
luglio  chiede  pagamento  per  un  soffitto  che  fa,  avendo  sotto  di 
sé  vari  mastri,  fra  cui  Jacomo  da  Crema. 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  SI 


986  LE    ARTI    MINORI 


Non  Io  vedo  segnato  fra  Gli  artisti  piacentini  di  Luigi  Am- 
biveri,  né  da  altri.  Di  Piacenza,  fin  dal  secolo  XIV,  fu  famoso 
qual  intagliatore  in  legno  un  mastro  Gabriello.  Se  quel  Jacomo 
da  Crema  può  essere  il  celebre  Giacomo  Marchi  degli  scrigni, 
appunto  vivente  in  quel  tempo,  darebbe  gran  merito  al  piacentino 
che  l'aveva  sotto  di  sé. 

Il  Marchese  mantovano  da  Revere,  a  di  27  agosto  1482,  scri- 
veva a  suo  figlio  : 

. .  .  altre  uolte  Zohanne  Stambucchino  ne  promise  fare  uno  bastone 
doue  se  uà  apostato  suso,  ne  sapiamo  se  mai  l'habia  finito.  Vogliamo 
tu  faci  uedere  se  le  formato  et  ne  auisi  subito  de  che  forma  et 
lungeza. 

Ed  aveva  questa  risposta,  a  di  4   novembre  : 

.  . .  ho  fatto  attastare  per  Pandolfo  Malatesta  quello  Johannes  Stam- 
becchino  del  fatto  del  bastone  . . .  esso  ha  domandato  se  lo  uoria  tondo 
ouero  in  otto  quadri  :  tuto  coperto  d'osso  o  in  parte  :  dice  anche  che 
uolendolo  fare  signorile  bisognarla  che  li  ossi  fussero  de  quatro  colori: 
cioè  bianco,  rosso,  uerde  e  nero  :  e  che  l'hauesse  in  fondo  una  nera 
de  ottone  cum  un  poco  de  ponta  per  poterlo  meglio  fermar  :  el  manico 
doue  se  ha  fermare  la  mano  al  suo  parere  uorrà  essere  uno  poco 
pregno  et  precio  ultimo  a  che  el  se  ha  possuto  retrahere  sono  ducati 
sei  forse  farà  per  cinque. 

Pare  che  si  trattasse  di  una  mazza  principesca,  ma  non  so 
se  mantovano  questo  Stambecchino.  La  Marchesa  rivolgevasi  a 
Federico  Calandra  fonditore  di  bombarde,  che  già  conosciamo,  di 
cui  ecco  una  lettera  del  17  marzo  1492  : 

Ill""a  et  Ex*  Madona  mia  singularissima  etc.  per  il  comandamento 
che  mi  fa  V.  Ex*'^  nel  scriuere  suo  del  bastone  et  bacheta  ch'ella 
vole  che  io  le  aparechi  mi  è  forza  rompere  il  sagramento  che  hauea 
fatto  de  mai  più  non  conzare  bachete  anzi  quante  ne  acataua  rompe- 
rale  per  dispetto  ....  farò  quanto  desidera  zoè  che  siano  gropolosi  et 
pomposi  e  digni  da  essere  portati  da  quella. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  987 


E  al  23  luglio  scrivevale  di  avere  avuto  altro  ordine  di  «  uno 
macio  de  bachete.  » 

Ma  eccoci  di  nuovo  a  provviste  fatte  a  Venezia.  La  marchesa 
Isabella  nel  settembre  1491  faceva  comperare  in  detta  città  uno 
scacchiere  d'avorio,  il  quale  fu  pagato  5  ducati,  e  molto  piacque. 

Elisabetta  Gonzaga  duchessa  d'  Urbino,  da  Urbino  (  19  lu- 
glio 1489)  ringraziava  il  fratello  Marchese  di  Mantova  per  regali 
fra  cui  «  de  li  forzieri  uenuti  da  Venezia  ». 

Il  Marchese,  a  di  22  agosto  1494,  intendeva  spedire  a  Cre- 
mona «  M""**  Zacharia  intarsiatore,  ouero  un  suo  garzone  per  com- 
prare certo  oro  per  bisogni  de  nostri  lauoreri  ». 

Riporteremo  integralmente  un  autografo  di  intagliatore,  diretto 
al  marchese  Francesco  Gonzaga  : 

Jhs. 

Ill""^  et  Ecc^^  d.ne  D.  Mi  Sing"^^  etc.  Al  partir  di  qua  de  V.  S. 
dise  a  quella  mi  bisognaua  danari  per  comprar  oro  per  dorare  le  co- 
lonne di  V.  S.  et  quella  me  dise  ordenaria  me  fossino  dati  mi  par 
quella  non  abia  hordenato  niente  chredo  sia  stato  per  dim  entichanza  : 
prego  quella  li  piacci  scriuere  de  q.  a  la  magnificentia  de  l'ambasador 
di  V.  S.  ouer  a  Franceschino  seruidore  di  quella  aciò  possa  com- 
prar oro  et  fornire  diete  coione  e  quelle  fornide  mandar  a  V.  S.  ala 
quale  umilmente  me  ricomando.  Ex  Venetiis  die  xiij  Januari  1496. 

El  Seruidor  de   V.  S. 
Luca  Biancho   intaiador. 

E  nemmeno  costui,  che  pare  artefice  importante,  trovo  regi- 
strato nel  libro:  Della  sciiUura  e  tarsia  in  legno  dagli  antichi 
tempi  ad  oggi  del  Conte  Finocchietti.  E  forse  nella  seguente  con- 
cessione si  tratta  di  altro  artefice  di  Reggio  d' Emilia,  ove  fiori 
l'intaglio  degli  ossi: 

Francesco  ecc. 

Hauendo  Nui  concesso  ad  Mastro  Luca  da  Rezo  chel  possi  con- 
durre ouero  far  condurre  opere  o  lauorerij    avolio    sottile    et    gentile 


988  LE    ARTI    MINORI 


de  OSSO  et  Ugno  facti  al  torno  ne  la  città  nostra  de  Mantua,  coman- 
damo  ad  qualunche  nostro  officiale  che  lassi  condurre  le  predicte  robe 
senza  pagamento  alcuno  de  datio.  Et  hoc  ad  nostrum  bene  placitain. 
Dat.  Mantuce  XVij  Nooembrls  1497  Antimachus 

(R.  Mand.  et  Decreti  1497-8,  fot.  83). 

Egli  deve  essere  quel  Luca  Giovanni,  che  fin  dal  1466  aveva 
presentato  al  duca  Borso,  alcuni  lavori  di  avorii,  secondo  scopri 
il  Campori  (Della  lavorazione  degli  ossi  e  dell'avorio  ....  nella 
città  di  Reggio  deW Emilia). 

Un  altro  intarsiatore  sul  finir  di  questo  secolo  principiò  rela- 
zioni con  la  Corte  di  Mantova,  le  quali  mantenne  a  lungo,  vo- 
glio dire  Lorenzo  da  Pavia  residente  in  Venezia:  ma  esse  furono  già 
pubblicate  prima  dal  Baschet  (Aldo  Manuzio^  Lettres  et  doeuments 
1495- 1515)  poi  da  Carlo  Dell'Acqua  {Contributo  allo  studio  sul- 
l'arte degli  Organi).  Egli  spedi  alla  marchesa  Isabella  Gonzaga 
D'Este  liuti,  clavicordi,  viole  ed  altri  strumenti,  oggetti  in  avorio 
ebano,  ed  anche  pietre  preziose,  codici,   ecc. 

Secondo  il  Dell'Acqua,  il  cognome  di  questo  artefice  sarebbe 
Gusnasco. 

Se  abbiamo  avuto  poco  in  questo  secolo,  il  compenso  si  ha 
nella  valentia  dei  citati  artefici.  Dai  migliori  centri  artistici,  quali 
Firenze,  Venezia  e  Reggio  abbiamo  visto  la  Corte  mantovana 
trarre  intagli  in  legno  ed  ossi,  e  meglio  ciò  vedremo  nel  se- 
colo XVL 


SECOLO  XVI. 

Lntagliatori  e  Lntarsiatori  in  Mantova. 

Per  questo  secolo  faremo  qualche  divisione  dei  materiali.  Prin- 
cìpieremo  con  quegli  artefici,  che  paiono  mantovani  o  in  Mantova 
dimorarono  a  lungo  o  vi  morirono. 


I 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  989 


Giovanni  Maria  Platini  intarsiatore  ,  figlio  di  Francione,  pure 
della  stessa  arte,  moriva  in  Mantova  nel  1500. 

La  marchesa  Isabella,  a  di  4  luglio  1506,  minacciava  Paolo 
e  Antonio  intarsiatori ,  usciti  di  Mantova  per  la  peste,  di  farli 
stentare  un  anno  in  fondo  di  torre,  se  non  le  davano  finiti  per 
tutto  agosto  i  quadri,  che  dovevano  farle. 

Eglino  sottoscrivendosi  deditissimi  et  fideles  seroitores  Anto- 
niiis  et  Paulus  Mole  lignorum  ineisores  rispondevano  da  Coito , 
il  12  luglio  1506,  alle  lettere  del  14  aprile  e  4  luglio  della 
Marchesa,  domandando  scusa  per  «la  tarditate  nostra  in  fornir 
«  r  opera....  per  imposibilitate  et  parte  malo  discuntio  et  incomo- 
«  ditate....  notificamo....  doi  de  quelli  quadri  in  tutto  esser  forniti 
«  et  perfecti  il  tertio  anche  esser  in  bon  termine  ».  Speravano 
di  presto  poter  ridursi  a  Mantova  e  compire  1'  opera. 

Federico  Cattaneo  da  Mantova  scriveva  alla  Marchesa  il  14 
luglio  1508: 

Eri  fui  a  chasa  de  M™  Antonio  intarsiatore  doae  ritrouai  tute  lo 
horatorio  esser  comò  fenito  solo  gè  resta  a  darli  la  vernice  houer 
rolio. . . ,  credo  satisfarà  asai  a  V,  S. 

E  poi  al   12: 

Como  M^o  Antonio  intarsiatore  «»è  infermato  de  una  febra  mata 
acutissima....  credo  sera  forza  che  l'oratorio  ritarda  alquanto....  Pur 
ho  messo  talle  bordine  che  M"^'  Paulo  suo  fratello  uenerà  a  lauorare. 

E  finalmente  al  13  : 

M""»  Panilo  intarsiatore  comincia  a  inchiodare  suso  li  quadri  in  lo 
horatorio. 

Forse  erano  quegli  stessi  Antonio  e  Paolo  mantovani,  che  nel 
1482  avevano  lavorato  di  tarsia  gli  armadi  della  sacrestia  di 
San  Marco  in  Venezia. 

Il  Marchese  ad  Ippolito  Calandra  : 

Hipp.^o  fa  fare  due  scanni  da  balla  per  nui  a  quel  mastro  che  sta 
a  S.  Silvestro  secondo  e  solito  di  fami  et  vedi  di  fare  che  ogni  modo 


990  LE    ARTI    MINORI 


doraantina  se  non  li  possiamo    hauere    tutti   dei  ne  habbiamo  almeno 
uno  senza  fallo.  Marmiroli  XXVj  Maij  MDXIX. 

Moriva  in  Mantova  Benedetto  Tebaldi  intarsiatore  nel  1510,  e 
risulta  vivente  nel  1520  un  mastro  Sebastiano  pure  intarsiatore 
di  Mantova. 

Addi  30  marzo  1526  moriva  M.  Davit  intarsiatore  ,  nella  via 
del  Leone,  di  anni  60,  per  asma. 

Bernardo,  legnarolo  in  Mantova,  si  rivolge  al  Marchese,  il  7 
gennaio  1530,  notandosi  che  era  venuto  da  Bologna  per  lavorare 
secondo  gli  ordini  avuti,  ma  oltre  non  aver  avuto  rimborso  delle 
spese,  nemmeno  ebbe  il  promesso  lavoro  ;  e  per  ciò  supplica  per 
provvedimento. 

Nel  novembre  1532  risulta  che  «  Mastro  Richo  Todesco  aveva 
fatto  in  Mantova  un  tavolo  de  tarsia  pella  Corte  di  Mantova. 

Il  marchese  Federico  Gonzaga,  addi  20  settembre  1539,  rila- 
sciava il  seguente  : 

Essendo  determinato  M.»  Gaspare  di  Amigoni  intarsiatore  et  nostro 
suddito  di  andar  ad  habitare  in  Roma  et  esercitare  tal  arte  et  uirtù 
sua  ci  ha  domandato  licentia  di  poterui  andar  et  condurul  anchora  la 
famiglia  sua  dil  che  volendolo  noi  compiacere  per  la  presente  nostra 
concedemo  al  detto  M.'"'^  Gasparo  che  gli  possi  liberamente  andar 
ad  habitar  a  Roma  et  condurui  la  famiglia  non  obstante  l'ordine  che 
ui  è  almeno  nostri  sudditi  non  si  habbia  di  partir  dal  nostro  dominio, 
però    commandiamo    agli    ufficiali  e  sudditi  nostri    a  quali    spelli  che 

lassino    andar    il    ditto et    famiglia    al   suo    viaggio    ecc.   ecc. 

(R.  Mandati  1539-40,  fol.  62). 

Dal  Necrologio  mantovano  si  conosce  M.  Jacomo  della  Volta 
intarsiator  de  legname,  già  morto  nel  1540,  allorché  moriva  sua 
moglie  di  anni  88 ,  in  via  del  Cavallo.  Nel  1544  era  vivente 
M.°  Isaco  intarsiatore  mantovano. 

Al  19  novembre  1545  si  concedeva  a  «  Jacomo  da  Bressa 
tornitore  il  quale  é  stato  da  cinque  anni  in  questa  città  (Mantova) 
et  hora  voria  partissene  a  ritornar  alla  patria  sua,  che  egli  li- 
beramente possia  andarsene ....  et  condurre  seco  la  sua  fa- 
miglia »  {Idem,  1545-6,  fol.  218). 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  991 

Moriva  al  10  aprile  1552  M.*»  Andrea  legnaiolo  di  S.  Altezza 
in  via  dell'  Aquila  ,  di  anni  44  ,  e  al  16  Giugno  Franchino  de 
Franchini  intarsiatore  in  via  del  Corno  di  anni  80;  e  al  20  gen- 
naio 1553  moriva  un  bambino  ad  Anteo  iniersiatore  in  via  de 
Monticelli  bianchi. 

Nel  1575  viveva  in  Mantova  Annibale  Zanetti  intarsiatore  ; 
nel  1577  mastro  Anteo  lavorava  d'intarsio  pei  Castiglioni;  enei 
1587  vi  moriva  mastro  Giovanni  intarsiatore  tedesco;  ma  di  loro 
altro  non  scoprii,  né  altro  ne  dice  il  Conte  d'Anco  (Delle  arti  e 
degli  artefici  di  Mantova). 

Del  1579  Domenico  Genovesi  intagliava  finestre  e  due  usci 
per  la  camera  dell'Aquila  in  Coito. 

A  di  11  agosto  1588,  il  Duca  faceva  ricercare  mastro  Pompeo 
intagliatore  veronese  ;  ma  questo  era  a  lavorare  pel  Duca  di 
Sabbioneta.  E  ciò  fa  conoscere  al  Segretario  ducale  Francesco 
Borgani,  pittore  mantovano,  il  quale  aggiunge  :  «  Io  diedi  il  di- 
segno della  sofitta  (nel  castello  di  Coito)  al  detto  M*"  Pompeo  ei 
gli  dissi  che  S.*  A"  comandaua  che  gli  dissegni  delli  fogliami 
se  gli  facesse  per  di  dentro  alcuni  animali  et  qualche  mezza 
figura  per  uscire  dalla  stanza  vecchia  che  cosi  ha  usato  il  Bono 
anticho  et  in  particolar  Giulio  Romano.  Ho  veduto  poi  lo  quarta 
parte  del  dissegno  della  sofitta,  il  quale  sarà  molto  bella  et  benis- 
simo intesa,  se  V.  S.  si  de  guarà  *iar  conto  di  ciò  al  Sig''Duca, 
io  lo  riceuerò  a  grande  fauore  et  gratia.  Mando  un  mio  gio- 
uane  à  aparechiare  li  dui  quadri ,  il  quale  se  ne  spedirà  hoggi 
et  di  mane  ». 

Francesco  Borgani,  pittore  ed  architetto  mantovano,  mori  il 
23  aprile  1624  in  Mantova,  d'anni  67.  Il  Bono,  citato  come  an- 
tico fu  Bernardino  Dal  Buono  pittore  e  scultore  mantovano  che 
nel  1530  era  stato  in  aiuto  a  Giulio  Romano,  e  mori  in  Man- 
tova di  55  anni  nel  1562. 

Nel  maggio  1583,  sempre  a  Coito,  lavorava  M.  Elia  tedesco 
marangone  «  qual  fa  le  finestre  et  portelle  intarsiate  per  la  sala 
nova  »  ;  e  altro  tedesco  per  nome  Giovanni  aveva  fatto  un  cas- 
sone d' armario  di  noce  per  S.  A. 


^92  LE    ARTI    MINORI 


M."  Donino  Belleboni  marangone  nello  stesso  anno  s'  incari- 
cava di  un  solaro  a  Vilimpenta  in  edifizio  ducale. 

A  di  17  settembre  1594  si  domandavano  «  tre  braccia  di  panno 
rosso  per  foderare  una  cassetta ,  che  va  sopra  uno  scrittoio  di 
S.  A.  fatta  da  Bastiano  tedesco  intersiatòre  ». 

M."  Gienebon  Tomasello  era  nel  dicembre  1595  pagato  per 
aver  fatto  due  solari  a  camere  nel  castello   di  Mantova. 

Don  Pietro  Sforza  lavorava  in  avorio  pel  Duca  nel   1595. 

A  di  16  gennaio  1596,  mastro  Pietro  Antonio  Acorsi,  intaglia- 
tore, riceveva  scudi  30  .  .  .  «  sopra  la  seconda  parte  della  sofitta 
della  Galleria  di  S.  A.  S*  »  {R.  Tesoreria,  1592-7).  Egli  fin  dal- 
l'ottobre 1592  aveva  già  ricevuto  lire  320  a  conto  di  detta  sof- 
fitta e  poi  nel  1595  n'ebbe  180  sempre  a  conto  {Ihid.). 

E  Sebastiano  tedesco  intarsiatore,  pure  ducale,  a  di  7  settem- 
bre 1595 ,  dava  ricevuta  per  scudi  24  per  suoi  pagamenti  di 
giugno ,  luglio  ed  agosto ,  e  altri  48  ne  aveva  poi  pei  due  mesi 
seguenti.  I  suoi  lavori  erano  tavolini  intarsiati  con  pietre.  Aveva 
vari  lavoranti  sotto  di  sé. 

Mastro  Paolo  intarsiatore  e  tornitore  tedesco,  il  30  agosto  1595 
domandava  al  sovrintendente  dei  lavori  nei  palazzi  ducali  «  una 
ponta  d'avorio  per  lavorare  più  presto  ».  Egli  è  Paolo  Neupért, 
tedesco,  tornitore  ducale,  che,  a  di  31  ottobre  1595,  dichiarava  di 
aver  ricevuto  pel  mese  di  settembre  e  ottobre   lire  60  {Id.). 

Ebbe  Mantova  in  questo  secolo  Paolo  mantovano,  detto  del 
Garzoni,  illustre  intarsiatore  del  1580. 


Intagliatori  e  Intarsiatori  in  Venezia. 

Passiamo  ora  alle  relazioni  artistiche  della  Corte  mantovana 
con  Venezia,  le  quali  per  ragioni  di  data  e  per  l'abbondanza  de- 
vono avere  il  primo  posto. 

Continuarono  le  relazioni  di  Lorenzo  da  Pavia-,  intarsiatore  e 
fabbricante  di  strumenti  musicali,  con  la  Corte  di  Mantova  fino 
alla  sua  morte  che  avvenne  nei  primi  mesi  del  1517.  Nel    gen- 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  993 


naio  1511  aveva  avuto  ordine  dalla  Marchesa  di  preparare  un 
piedistallo  d'ebano  per  un  bambino  d'avorio,  che  aveva  fatto  scol- 
pire. Gli  nota  che  il  disegno  di  detto  piedistallo,  i  tornitori  di 
Mantova  non  seppero  far  migliore,  pensi  egli  a  dargli  più  grazia. 
Nel  dicembre  preparava  pella  Marchesa  calamai  di  dente  di  pe- 
sce e  procuravale  un  temperino  e  forbicetta,  lavorati  alla  da- 
maschina. 

Il  Marchese  di  Mantova,  il  20  luglio  1508,  faceva  scrivere  a 
Tadeo  Albano  in  Venezia  di  aver  ricevuto  «  quelle  cose  mar- 
moree venutemi  da  Rodi  e  dopo  la  corona  d'ebano  »  ;  gli  ordina 
<li  procurargli  altra  corona  di  legno  aloè;  gli  manda  per  disegno 
«  uno  vasetto  de  legno  cum  il  manico  e  bochino  di  cera  »  af- 
finché ne  sia  fatto  eseguire  il  consimile  di  cristallo. 

Riceveva  dal  medesimo  il  13  agosto  la  corona  di  aloè,  aspet- 
tando «  un  nasetto  de  agata  ». 

Bernardino  De  Prosperi  da  Venezia,  il  19  aprile  1516,  rispon- 
deva alla  Marchesa  di  aver  ricevuto  «  la  misura  del  crucifisso 
de  auolio  cum  la  croce  e  pide  de  hebano  che  quello  noria  lauo- 
rato  per  mane  de  bono  maestro,  me  sum  sforzato  de  saper  chi 
lauora  bene  et  non  trovo  chil  gè  sia  paro  a  quello  mastro  Mi- 
chele Tedesco  quale  morite,  ben  gè  è  uno  M"  Paulo  intagliator 
che  dice  esser  come  fratello  de  M"""  Antonio  Lombardo  che  pro- 
mette de  seruir  bene  non  se  uoleudo  laudar  de  far  meglio  disso 
M'  Michele  »  ;  ma  si  rimette  all'opera  «  chel  farà  che  sera  quella 
che  gè  darà  laude  e  biasmo ....  che  dixe  hauerne  fato  uno  ben 
più  longo  de  la  misura  eh'  io  li  mostrai  et  esserli  sta  pagato 
ducati  XXX.  De  questo  chel  ne  noria  xx  ducati  »  rimettendosi 
del  resto  alla  stima  dei  Lombardi  e  di  altri. 

Questi  Lombardi  devono  appartenere  a  quella  famiglia  artistica, 
di  cui  fa  parola  il  Vasari,  quali  scultori  fino  dal    secolo  XIV. 

La  marchesa  Isabella,  al  29  stesso,  conosciuto  che  si  preten- 
deva 20  ducati  pel  crocifisso,  parendole  troppo  e  che  bastassero 
12  o  14  ducati,  ordina  di  sospendere  il  contratto  e  di  trattare 
per  avere  da  un  notaro  un  crocifisso,  fatto  dal  defunto  mastro 
Michele. 


994  LE    ARTI    MINORI 


Ella  spedisce  all'  ambasciadore  in  Venezia  (19  giugno  1524) 
«  doe  casseti  de  avorio  affinchè  siavi  acconciati  da  quel  maestro 
che  sta  in  Merzaria  et  tiene  il  signo  dell'  angelo  ». 

Il  Marchese  scriveva  al  suo  Ambasciadore  in  Venezia  il  17 
luglio  1525: 

Volerne  che  uedete  quanto  costarla  a  far  fare  li  in  Venetia  un 
tauolino  di  cinque  o  sei  palmi  longo  et  quatro  et  mezo  largo  di  san- 
dalo et  d'ebano  fatto  a  liste  de  l'uno  et  del'altro  legno  a  liste  di  asse 
sotile. 

Uno  che  si  firma  Don  Ben.*'o  venetiano  scrive  al  Duca  di  Man- 
tova da  Venezia  una  lunga  lettera  in  data  15  gennaro  1569,  da 
cui  risulta  che  ha  già  ricevuto  da  Bartolomeo  de  Calice  due  scudi 
d'oro  «  per  tre  tauolette  et  il  disegno  d'una ,  le  quali  ho  fatto 
segare  et  pulire  come  hanno  da  stare  et  le  mando  a  V.  S.  due 
sono  di  bosso  et  una  di  pero,  le  due  di  bosso  costano  una  pia- 
stra e  la  di  pero  dui  marchetti ....  conciosiache  hauendosi  da 
stampare  ad  un  tempo  con  la  lettera  la  quale  e  grossa  e  dan- 
dosi l'inchiostro  ad  un  medesimo  tempo  con  le  mazze  se  l'in- 
taglio fosse  sottile  si  riempieria  d' inchiostro  et  uerria  sporco  : 
perloche  è  necessario  che  il  disegnatore  stia  in  ciò  auertito  et 
lauori ,  secondo  ricerca  il  mestiero.  Mando  dette  tavolette  liscie 
affinchè  faccia  disegnare  l' intaglio  ;  rammentando  però  di  far 
presto  perchè  horamai  siamo  al  tempo  di  dar  dentro  allo  stampa 
et  ancor  non  e  disegnato  non  che  intagliata  cosa  alcuna  ». 

Avuto  lo  schizzo  si  consiglierà  cogli  intagliatori  et  darà  fine 
al  contratto. 

In  un  postseritto  seguiva  : 

La  tauoletta  di  pero  costa  soldi  10  e  quelle  di  bosso  52  Vg  soldi  per 
ciascuna,  il  disegno  scudi  due  d'oro  et  tanto  costeriano  gli  altri  ch'il 
facesse  fare  a  questo  maestro  che  è  ualentuomo  ;  ma  chi  può  farà 
bene  a  risparmiarli  et  farli  disegnare  costi.  L'intaglio  costerà  sei  scudi 
d' oro.  La  carta  per  cinquecento  messali  uuol  essere  saldetta  et 
grandetta  bella  et  buona  ;  et  in  quantità  dodici  balle  et  la  balla  di 
5000  fogli. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  995 


Il  Duca  gli  rispondeva  esser  soddisfatto  delle  tavolette  man- 
dategli ,  non  essendovi  in  Mantova  chi  capace  a  farle  cosi  belle 
r  incarica  di  farli  eseguire  a  Venezia. 

Si  tratta  insomma  del  messale  di  Santa  Barbara  ,  venuto  poi 
in  luce  nel  1583. 

Eccoci  ad  un  bell'autografo  di  Emanuele  Filiberto  duca  di 
Savoia  : 

Ill.'^o  et  Ecc.'"(>  Signore, 

Hauendo  io  fatto  fare  in  Venetia  un  Gabinetto  osia  studiolo  di  legna 
di  noce  con  li  suoi  ornamenti  da  certi  maestri  di  legname  che  ui 
sono  molto  eccellenti  per  riporui  le  mie  scritture  ordinatamente  et 
facendolo  condurre  in  qua  sopra  il  Po  in  una  barca  sola  et  a  posta 
oue  non  sarà  altro,  ho  ben  uoluto  con  questa  pregare  l' Ecc.^^  V.a  che 
sia  contenta  di  concedermi  un  passaporto,  et  per  essa  ordinare  alli 
suoi  ufficiali  et  massime  alli  dacieri  et  peaggieri  che  lascino  passare 
la  detta  barca  col  studiolo  senza  pagamento  di  dacito  ne  altro  per 
essere  cosa  mia  particolare  et  quale  io  ho  fatto  fare  a  posta  che  oltre 
il  piacere  che  me  ne  farà  gratissimo  mi  profero  di  rendere  il  cambio 
a  V.  E.  in  simile  omaggio  cosa  quando  Ella  me  ne  ricercarà.  Con 
che  per  fine  me  le  raccomando  et  prego  da  Dio  S/*?  ogni  contentezza. 

Da  Tarino  alli  iij  di  Gennaio  MDLXXij 
Di   V.  E.  §0 ruttore 

Il  Duca  di  Saooia 
E.  Philibert 

AlVIll.'""  et  Ecc."^»  Signore 
Il  Sig.  Duca  di  Manioca. 

Mastro  Ruggiero  Gazuolo  legnaiuolo  da  Venezia  scriveva  al 
Duca,  il  9  novembre  1585,  per  pagamento  di  scudi  600,  avendogli 
fatto  uno  scrittoio.  Nel  gennaio  dell'anno  seguente,  facendo  co- 
noscere essere  ammalato  da  cinque  mesi  ed  aver  pur  la  moglie 
inferma ,  domanda  di  essere  soddisfatto  perchè  il  Ch."  Messer 
Zuan  de  Leze  non  gli  paga  neanco  le  lire   300. 

-Nel  maggio  aveva  ancora  soltanto  ricevuto  scudi   120. 


996  LE    ARTI    MINORI 


Ebbe  ordine  di  altri  lavori,  cosi  che,  morto  il  Duca,  soltanto 
nel  1588  potè  intascare  dal  successore  scudi  1080  da  lire  sei, 
soldi  tre  l'uno. 

Altro  scrittoio  si  ordinava  dalla  Corte  mantovana  al  suo  am- 
basciadore  in  Venezia  di  noce  forte  e  copioso  di  cassettini  nel 
1593,  e  altro  con  tavolino  era  offerto  al  Duca  da  David  de 
Pomphis  ebreo  in  Venezia. 

Vari  di  questi  scrittoi,  fatti  costrurre  a  Venezia,  servivano  poi 
per  esser  regalati.  Infatti  nell'agosto  1585  il  Duca  di  Mantova 
aveva  donato  a  Camilla  Martelli  Medici  «  un  bellissimo  scrino - 
rietto  »  come  ella  fa  conoscere  nella  lettera  di  ringraziamento. 

Doveva  essere  veramente  un  elegantissimo  lavoro  da  poter 
stare  al  paragone  di  quelli  fatti  in  Toscana. 

Bernardino  Zenobello  antiquario  ,  all'  insegna  dell'  Orso  in  Ve- 
nezia,  a  di  14  agosto  1598,  scriveva  al  Duca  di  Mantova  per 
esser  pagato  di  «  un  armetto  simile  a  quello  che  gli  aveva  dato 
in  Venezia ,  che  per  suo  ordine  aveva  fatto  costrurre.  Gli  offre 
pure  una  bella  coda  di  cavai  marino  »  assai  più  bella  di  quella 
già  provveduta. 

Ed  ora  vedremo  le  provviste  fatte  in  Genova  e  poi  in  Milano. 

Intagliatori  in  legno  a  Genova. 

La  marchesa  Isabella,  al  26  agosto  1518,  scriveva  a  G.  B. 
Monliono,  mercante  in  Genova^  che  avendo  veduto  dalla  Duchessa 
di  Urbino  delle  scranne  di  legname  «  molto  ben  lavorate  di  bel 
garbo  et  che  hanno  del  galante  »  gli  ordina  di  farne  eseguire 
otto  dallo  stesso  maestro,  quattro  per  uomo  e  quattro  per  donna, 
più  grandi,  secondo  il  disegno  che  gli  spediva.  Ancor  oggi  la 
Liguria  conserva  questa  industria,  spedendo  all'estero  molte  sedie. 

E  dalle  minime  alle  colossali  opere  in  legno,  do  posto  a  que- 
sta marchionale  del  22  giugno  1520,  diretta  ad  Andrea  Doria  : 

«  Intendo  che  voi  avete  fato  una  galea  molto  bona  et  excel- 
lente,  desideramo  che  quel  Maestro  che  1'  ha  fatta  faccia  anche 
le  nostre  ».    Lo  preghi    di    venir  a  Mantova.    E  con  stessa  data 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  997 


scriveva    pure  al  Governatore    di    Genova    per   avere  due  buoni 
costruttori  di  galee. 

E  al  2  gennaio  1523  rivolgevasi  a  Girolamo  Adorno  affinché 
intercedesse  presso  il  fratello  Doge  la  licenza  di  poter  essere 
fatta  in  Genova,  o  su  quel  di  Genova  un  galeone. 


Intagliatori  in  legno  ed  osso  a  Milano. 

AH '8  di  ottobre  1508,  il  Marchese  mantovano  scriveva  a  Gio. 
Angelo  Vuemale  affinché  ordinasse  a  «  Cleophasso  sei  scotellette, 
tutte  di  corno  negro  ». 

Questo  Cleofas  de  Donato  era  un  intarsiatore  e  tornitore  mi- 
lanese, che  nel  1512  preparava  per  la  Corte  mantovana  un  bel- 
lissimo scacchiere ,  nell'  agosto  dello  stesso  anno  spediva  alla 
Marchesa  oggetti  di  avorio  e  di  balena  e  nel  1514  bottoni  d'osso 
e  certi  bussolotti. 

Risulta  nel  1512  esser  venuto  in  Mantova  e  spedito  dalla 
marchesa  Isabella  in  Venezia  a  riportar  a  Lorenzo  de  Pavia  un 
calamaio  di  dente  di  pesce,  guastatosi,  e  per  altri  incarichi.  Al 
1^  aprile  1519  essendo  di  nuovo  in  Milano,  la  Marchesa  gli  or- 
dina di  fare  un  ventaglio  con  bellissimo  manico,  ingiugnendogli 
di  non  esser  tardivo,  come  é  suo  solito  nel  prepararlo.  Nel  marzo 
1523  con  la  stessa  raccomandazione  gli  ordinava  uno  scatoline, 
secondo  il  disegno  speditole.  Nell'anno  dopo  riceveva  dal  Gros- 
-ìno  suo  ambasciadore  quattro  vasetti,  molto  graditi  e  pregavalo 
li  sollecitar  Cleofasso  ne  facesse  di  varie  foggie.  La  relazione 
•on  questo  tornitore  durava  ancora  nel  1530. 

Marco  Antonio  Facca  milanese  scrive  da  Milano  al  Duca 
30  maggio  1582)  che,  avendogli  dato  un  anno  prima  «  due  scri- 
toi  et  una  spada  lauorata  alla  gemina  per  scuti  cento  d'oro  » 
non  fu  pagato  benché  vi  fosse  promessa  di  pagamento  fra  quattro 
mesi.  Venne  allora  in  Mantova  ;  ma  trovò  che  era  partito  per 
Inspruck,  cosi  dovette  ritornarsene  senza  denaro  e  con  una  guar- 
nizione   di    spada  che  intendeva   offrirgli    per  acquisto.  Prega 


998  LE    ARTI    MINORI 


far  rimettere  scudi  75  a  mastro  Ippolito  spadaro  in  Mantova,  che 
subito  glieli  farà  avere  a  compimento  del  pagamento  ,  avendone 
già  avuti  25. 

Forse  si  tratta  di  un  antiquario  o  di  un  rivenditore,  non  di  un 
artefice. 

Pei  lavori  in  ossi  Reggio  d'Emilia  continuava  a  conservare  il 
primato. 

Intagliatori  in  osso  a  Reggio  d'Emilia. 

Da  Reggio  nel  1509  Girolamo  Porcione  aveva  già  spedito 
alla  Marchesa  33  bottoni  ;  e  altri  nel  1511  gliene  mandava  da 
Reggio  Timoteo  Bendidio,  fra  cui  un  vasello  a  tener  sapone. 

Giuliano  Musto,  sempre  da  Reggio  (1510)  presentavale  un  cinto 
d'osso,  secondo  il  modello  dato  e  poi  «  due  cadenele  d'osso  cum 
li  tre  anelli  ....  per  el  suo  zebelino  »  e  di  poi  ancora  altra  ca- 
tenella. 

Il  lavoratore  era  un  «  Angelo  mastro  de  corni  »  come  appa- 
risce da  sua  lettera"  dell'S  novembre  1512  alla  Marchesana  per 
esser'  pagato.  Egli  ancora  nel  1523  lavorava  un  cinto  per  la 
stessa. 

Carrozzai   in  Ferrara. 

La  marchesa  Isabella  al  30  dicembre  1522  ringraziava  suo 
fratello,  Duca  di  Ferrara,  pel  cocchio,  veramente  bellissimo  ri- 
cevuto. 

Vi  é  un  ordine  di  pagamento  in  data  26  settembre  1559  a  fa- 
vore di  mastro  Domenico  d'Achille  di  scudi  50  in  oro  od  in  mo- 
neta di  Ferrara  per  comprare  un  cocchio  in  quella  città  e  pej 
finimento  alle  cavalle,  per  donarsi  il  tutto  dal  Duca  a  monsigm 
di  Brisach. 

Vi  è  pure  un  supplimento  di  paga  del  cocchio  suddetto  ij 
lire  63,  soldi  7  (R.    Tesoreria,  1531-80). 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  999 


Lavori  d'intaglio  in  legno  ed  avorio  in   Roma. 

La  marchesa  Isabella,  nel  marzo  1505,  rimandava  a  Giovanni 
Gonzaga  in  Roma  una  testa  di  avorio,  perché  veduta  dai  mastri 
Andrea  Mantegna  e  Giov.  Cristoforo  romano  non  la  giudicarono 
antiqua  né  bona, 

L'ambasciadore  mantovano  in  Roma,  il  13  giugno  1514,  spe- 
diva alla  Marchesa  uno  specchio  di  acciaio  con  magnifica  cor- 
nice, intagliata  in  legno,  lavoro  che  qualificava  «  veramente  ra- 
rissimo ». 

Un  bellissimo  scrittoio  era  offerto  al  Duca  nel  1595  da  un 
ebreo  in  Roma. 

Intagliatori  stranieri. 

La  Corte  mantovana  ricorreva  anche  all'estero  per  oggetti  di 
intagli  in  legno  e  loro  artefici. 

Ricercava  presso  il  Duca  di  Baviera  due  ebanisti  famosi  nel 
1585 ,  cioè  Abramo  Kraus  annemonianum  e  Giovanni  Woertz 
abusiaeum,  arcularios  ....  qui  ebano  poliendo  elaborandoque  idonei 
prceter  ceieros  videntur. 

Riceveva,  a  di  14  dicembre  159^,  diversi  scrittoi,  fatti  a  Stert- 
zingen,  speditigli  da  Andrea  Unterpergher  in  Inspruck. 

E  con  questi  termina  il  secolo  XVI,  sul  cui  finire  1'  arte  del- 
l' intaglio  in  legno  e  dell'  intarsio    cominciò  in  Italia  a  decadere. 


SECOLO  XVII. 

Intagliatori  e  Intarsiatori  in  Mantova. 

Poco  presenta  questo  secolo  e  pochissimo  di  arte  veramente 
mantovana  ;  la  Corte  seguiva  rivolgersi  particolarmente  a  Venezia 
per  mobili  od  altrove,  quando  le  veniva  a  cognizione  l'esistenza 


1000  LE    ARTI    MINORI 


di  qualche  rarità  od  eccellente  artefice,  che  si  procurava  di  far 
venire  in  Mjantova. 

Paolo  Neuwart  tornitore  in  Mantova ,  ebbe  nel  1600  un  re- 
clamo dalla  vedova  di  Giovanni  Keschbaum^  lapisfasoria  arte, 
chiamato  ad  esercitare  in  Mantova  dal  Duca,  alla  morte  del  quale 
ella  aveva  consegnato  denari  e  gioie  al  tornitore,  da  cui  più  non 
poteva  riaverli. 

Fin  dal  12  marzo  1611  Virgilio  Gonzaga  in  Mantova  faceva 
conoscere  al  cardinale  Gonzaga  : 

Ho  addimandato  a  M.'o  Giorgio  Tedesco  il  quadro  di  V,  S,  Ili.  e  R. 
ma  non  è  ancora  incornigiato  et  dolendomi  seco  di  non  hauerlo  a:- 
contio  m'ha  detto,  che  l'ornamento  che  ha  adesso  è  tanto  serrato  con 
la  pietra  del  parragone,  che  dubita  in  metterui  il  scapello  di  giettarlo 
tutto  in  pezzi.  E  però  lo  darebbe  più  tosto  quando  V.  S.  111.  R.'"^  restasse 
così  seruita  che  si  dasse  a  quel  legno  deirornamento  che  lo  giudica 
bellissimo,  bello  come  d'hebbano.  Egli  non  ha  vero  ebano.  Attende  la 
decisione. 

Era  morto,  al  17  ottobre  1609,  in  Mantova  nella  Via  dell'A- 
quila, di  anni  21,  per  febbre.  Michele  Faimer  intarsiatore  te- 
desco. 

Vedremo  a  suo  luogo  tentativi  della  Corte  mantovana  per 
trarre  in  Mantova  buoni  fabbricanti  di  carrozze  ;  ma  si  fini  di 
ordinarle  a  Parigi  per  averne  delle  elegantissime. 

Lavoravano  in  Mantova  nel  1658  Lorenzo  Parenti  da  Vicenza 
intagliatore  e  Marco  Antonio  Tavel  veneziano.  Il  duca  Ferdi- 
nando Carlo,  a  di  17  aprile  1674,  concedeva  patente  di  famiglia- 
rità a  favore  di  G.  B.  Pessetti  da  Castiglione  delle  Stiviere,  eba- 
nista ed  intagliatore,  fabbricatore  anche  di  strumenti  musicali 
(R.  Mandati,  1673-81,  fol.  28). 

Intagliatori  e  Intarsiatori  in  Venezia. 

Il  Duca  di  Mantova  a  di  21  dicembre  1602  riceveva  dal    si 
ambasciadore    in  Venezia    Ercole  Udine    la   seguente ,  diretta 
consigliere  Chieppio  : 


ALr.A    CORTI-:    DI    MANTOVA.  1001 


Fui  a  uedeie  i  lauorieri  di  ebano  che  sono  sei  casse  longhe  cia- 
<(una  tre  braccia  alte  un  braccio  et  larghe  poco  meno  di  un  braccio 
.  on  una  cubba  che  s'inalza  fuori  del  coperto  quasi  una  spanna  o 
))Oco  mono  lunga  del  coperto  e  larga  una  spanna  in  circa  e  ciaschuna 
di  queste  casse  profilate  con  profili  di  avorii  di  forme  quadrate  et 
vuote,  ma  i  profili  piccolissimi  benissimo  tirati  e  benissimo  contesti  : 
ha  ciascuna  nella  sponda  davanti  tre  nicchi  con  dentro  tre  figurete  di 
avorio  molto  ben  fatte  che  rappresentano  o  Gioue  o  Venere  o  qualche 
altro  nume  antico,  di  modo  che  le  figurette  delle  casse  sono  16  in 
tutto  l'ebano  è  bellissimo  lustro  come  specchio.  Ci  è  una  tauola  a 
otto  faccio  e  gira  di  circuito  da  sei  braccia  in  circa  anch'  ella  profilata 
con  r  istessi  dissegni  delle  casse  così  è  il  piede  che  è  quadro  ;  et  per 
ogni  lato  ci  è  una  figuretta  di  avorio  simile  a  quelle  delle  casse.  Ci 
è  una  lettiera  con  le  sponde  intorno  fino  a  terra  che  le  seruono 
per  bancale  profilato  con  l' istessi  dissegni  delle  casse  e  tauola  e  nelle 
sponde  cioè  in  tre  sono  in  ciascuna  tre  nicchi  con  tre  figurette  simili 
iiUe  suddette  si  che  tutte  le  figurette  di  questi  lauori  sono  31.  Sorgo 
da  ciascun  angolo  della  lettiera  a  guisa  di  colonna  un  bel  naso  di 
figura  di  pero  tutto  profilato  a  lungo  ma  excellentissimamente  ,  in- 
gomma questi  sono  i  lauori  di  ebano,  i  quali  a  me  non  paiono  no- 
tabili per  le  foggio  e  dissegni  de  profili  ;  ma  si  bene  per  la  gran- 
dezza delle  casse ,  della  tauola  e  della  lettiera ,  la  quale  grandezza 
fa  neramente  una  bellissima  uista  e  massime  essendo  l'ebano  finissima 
e  molto  raro.  — - 

Da  altra  lettera,  in  data  12  luglio  1603,  di  certo  Vincenzo 
Folchino,  che  pare  mediatore  per  la  vendita  dei  suddetti  mobili, 
si  viene  a  conoscere  che  si  pretendevano  7,000  scudi  ;  ne  offri 
il  Duca  4,000  ;  cosi  pare  non  siano  stati  comperati. 

L'Udine,  nel  giugno  1605,  faceva  eseguire  dei  tavolini,  impor- 
tanti scudi  72  circa  e  nota  in  Venezia  esservi  vari  tedeschi  per 
tali  lavori. 

Camillo  Sordi ,  ambasciatore  mantovano  in  Venezia,  annunziava 
il  3  luglio  1610  alla  Corte  sua  : 

Lunedì  saranno  espediti  li  buffetti  et  scrittori  del  Ser.™o  Sg.  Prcn- 
cipe  nostro  ....  manderò  dopo  i  pifferi  che  si  stan   facendo. 

Arch.  Slor.  Lomh.  —  Anno  XV.  .52 


1002  Ì.F.    ARTI    MINORI 


Da  Venezia  nel  carcere  Giustiniano,  il  5  febbraio  1621,  Simon 
Gruato  ri  voi  gè  vasi  al  Duca  di  Mantova  : 

Se  bene  io  mi  assicuri  che  li  legni  impietrati  che  mi  risolsi  quasi 
troppo  ardito  inuiare  all'A.  S.  S.  liaueranno  liauto  in  se  stessi  poca 
apparenza  o  niente  di  aspetto,  sapendo  io  per  vere  rellatione  di  molti 
die  nelle  noue  Galeric  che  ha  fatto  ul  messe  et  ogni  di  più  ni  ag- 
giunge cose  delicatisissimo  e  superbe  che  quasi  in  sublime  teatro  uè 
apparisce  un  Paradiso  terrestre  nel  mondo  .... 

E  per  ciò  spera  che  aggradirà  la  sua  bona  volontà. 
Al  22  marzo  1622  si  rivolge  al  segretario  ducale  : 

Ritornato  d'Oriente,  di  doue  portai  certi  legni  impietrati  che  a  giu- 
dicio  de  molti  son  cosa  meravigliosa  da  vedere  et  degni  di  apre- 
sentarle ad  ogni  Gran  Principe  .... 

Cosi  spera  aver  risposta  per  la  spedizione  fattagliene.  Era 
sempre  in  carcere. 

Fra  Evangelista  Raguseo  da  Padova  (17  luglio  1627)  presenta 
al  Duca  mantovano  una  crocetta  intagliata  tutta  di  un  pezzo  «  e 
perché  non  è  cosa  de  S.  A.  lasciando  da  parte  disegni  di  S.  Croce, 
ma  per  essere  tanto  deuota  si  della  passione  di  N.  S.  Red.'"®  quale 
in  essa  scolpita,  come  della  nostra  Serafica  Religione,  cosi  la 
prego  di  accettarla  ».  Era  stata  lavorata  dal  frate  stesso,  cosi 
fu  aggradita. 


Carrozzai  di   Piacenza  e  di  Modena  e  in  Roma. 

«  Gio.  .Jacomo  Novena,  detto  Cimeta  »  mastro  di  carrozze  di 
Piacenza,  essendo  venuto  in  Mantova  nel  settembre  1608,  si  ri- 
volgeva al  Duca  di  Mantova  per  fargli  carrozze,  sedie  di  canna, 
lettighe  e  fuochi  artificiali.  Dice  che  più  volte  era  stato  invitato 
di  venire  in  Mantova  ma  non  prima  d'allora  aveva  potuto  partire. 

Bartolomeo  Martini,  modenese,  aveva  sul  finir  del  1649  tolta 
V  impresa  di  fabbricar  carrozze  pella  Corte  di  Mantova,  in  oc- 
casione delle  nozze  e  si  ebbe  il  benservito  dal  duca  Carlo  il 
4   dicembre  {R.  Mandati  Ì64Ì-50,  fol.  157). 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1003 


Francesco  Bel  trami  falegname  e  Lorenzo  Fabroni  da  Roma, 
nel  1615  supplicavano  il  Duca  di  Mantova  per  esser  pagati  di 
lavori  fatti  in  sua  casa  a  Roma. 


Intagliatori  in  legno  stranieri. 

Per  quanto  a  relazioni  coli'  estero  trovai  pochissimo. 

Il  Duca  riceveva,  il  4  gennaio  1606,  da  Augusta  a  mezzo  di 
Dionisio  Bratturi  uno  scrittoio  «  degno  veramente  di  V.  A.  pel 
cosi  nobile  lavoro.  »  Era  stato  stimato  scudi  6,000  e  fu  pagato 
iu  taleri  5,300. 

Nella  stessa  lettera  gli  fa  conoscere  che  non  gli  potè  vendere 
le  gioie. 

A  di  17  dicembre  1655,  a  mezzo  del  suo  ambasciadore  in  Pa- 
rigi, ordinava  una  carrozza,  che  gli  fu  fatta  e  l'ebbe  il  19  mag- 
gio 1656. 


Ponendo  fine  a  questa  sezione  dell'  intaglio  e  dell'  intarsio, 
credo  bene  di  dar  luogo  ad  un  giudizio  di  un  competentissimo 
francese,  scrittore  d'  arte,  Eugenio  Muntz  : 

«  La  «  tarsia  in  legno  »  ou  marqueterie  de  bois,  est,  comme 

«  la  mosaique  de  marbré,  un  art  essentiellement  italien.  Floris- 

«  sante  dés  le  moyen  àge,  elle  a  brille  d'un  éclat  sans  pareil  à 

«  l'epoque  de  la  Renaissance  et  s'est  maintenu  jusqu'à  nos  jours 

«  dans  un  état  de  prospérité  fort  satisfaisant.  Les  oeuvres  qu'elle 

«  a  produites  ne  son  pas  seulement  des   merveilles   de    patience 

«  et  de  fini,  elles  abondent  également  en  motifs  de  décoration  aussi 

«  noble    qu'élégants,  et  cela    se   comprend  sans  peine  quand  on 

«  pensa  que  des  maitres  tels  que  le  Pérugin  et  Raphael  n'ont  pas 

«  dédaigné  de  fournir  le  dessin  de  quelques  unes  d'entre  elles  ». 

(Eugenio  Muktz,  nelle  Revue   Critiqite,  N.  43-4,  1874). 


1004  LE    ARTI    MINORI 


Intagliatori  di  cristallo  e  vetro,  Vetrieri,    Margaritai. 

E  anche  per  quest'arte  rorigine  è  nascosta  nell'oscurità;  sti- 
matissima però  fino  da  remoti  tempi.  Petronio  (Satiricon,  e.  41) 
scrisse  che  se  il  vetro  non  fosse  fragile  egli  l'avrebbe  preferito 
all'oro.  In  Italia  vuoisi  che  nascesse  con  Venezia;  in  essa  nel 
secolo  XIV  era  già  tanto  in  fiore  che  quel  Senato,  a  di  15  marzo 
1383,  emanò  un  decreto  ui  ars  iam  nobilis  semper  stet  et  per- 
maneat  in  loco  Murano. 

Ai  Muranesi  fu  accordata  la  cittadinanza  veneziana,  e  cosi  eb- 
bero il  loro  libro  d'oro  pelle  famiglie  originarie.  Le  figlie  di  un 
operatore  in  vetri  potevano  sposare  patrizii.  Enrico  III  re  di  Francia 
nel  1574,  visitando  Murano,  diede  la  nobiltà  ai  principali  ve- 
trieri. 

Anche  altrove  si  trovano  traccie  di  concessioni  di  nobiltà  e  di 
molti  privilegi  ai  lavoranti  in  vetro,  per  esempio,  nella  Lorena, 
nella  Normandia,  nel  Nivernese,  ecc. 

L'arte  in  discorso  portava  seco  cognizioni  di  architettura,  pit- 
tura e  scoltura,  ed  era  unita  per  gli  smalti,  l'intaglio  di  cristalli, 
pelle  fusione  agli  orefici,  ai  mosaicisti,  ai  plastici.  Quadri  colorati, 
dorati,  vasellami,  grandi  specchi,  oggetti  di  abbigliamento,  come 
margaritine,  perle,  pendenti,  collane,  filagranati,  candelieri,  lam- 
padarii,  cassette,  statuette,  un'  infinità  insomma  di  cose  uscivano 
dalle  officine  di  vetrai. 

Venezia,  per  conservare  a  lungo  il  monopolio,  fino  dal  se- 
colo XV  aveva  ordinato  gravi  pene  ed  anche  la  morte  a  coloro 
di  questi  artefici,  che  si  fossero  portati  fuori  dello  Stato  a  lave 
rare  od  avessero  insegnato  a  forestieri  i  segreti    dell'arte. 

Non  ostante  tale  severità  ed  il  verificare  che   talvolta    il    G( 
verno  veneto  spediva  sicarii  ad  uccidere  "artefici,  disertali  in  lonj 
tane  contrade,  tuttavia  se  ne  sparsero  per  tutta  Europa. 

In  Altare,  terra  soggetta  al  Duca  di  Mantova,    sorsero    buoni 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  100' 


officine  fino  dal  secolo  XI  ;  e  loro  artefici  furono  ricercati ,  e 
quantunque  anche  quelli  che  abbandonassero  il  luogo  fossero 
banditi,  si  trovano  Altaresi  tanto  all'estero  quanto  a  Corti  italiane. 
Ebbero  molti  privilegi  e  anche  la  nobiltà  e  furono  i  fondatori 
delle  officine  di  Nevers,  allorché  i  duchi  di  questo  luogo  ebbero 
anche  il  ducato  di  Mantova. 

Milano  non  tardò  a  coltivare  quest'arte  con  buon  incremento. 
Firenze,  Roma  ebbero  officine.  Sfortunatamente  anche  quest'arte 
in  Italia  decadde  e  oggidì  è  considerata  quale  industria,  di  cui 
nelle  ultime  esposizioni  si  viddero  ancora  bei  saggi  ma  isolati,  e 
si  constatò  la  quasi  mancanza  dell'ottica,  mentre  questa  da  ta- 
luni era  considerata  indigena. 

Nella  storia  del  vetro  si  vengono  a  conoscere  la  vita  dome- 
stica, il  lusso  e  la  scienza.  Eccoci  ora  alle  nostre  ricerche  ar- 
chivistiche, le  quali  se  faranno  conoscere  molti  bei  lavori ,  po- 
chissimi nomi  de'  loro  autori  si  potranno  avere.  Non  vi  era  posto 
per  segnarlo  sui  capilavori,  cosi  spesso  non  si  giugne  nemmeno 
a  scoprire  dalla  loro  esamina  l'epoca  e  provenienza. 


SECOLOj:V. 

In  quanto  a  Mantova  il  contingente  si  riduce  a  qualche  vetraio 
e  all'  arrivo  di  qualche  forestiere,  benché  fino  dal  1482  abbiamo 
veduto  traccie  di  una  vetriera. 

Pei  lavori  alle  finestre  primo  a  presentarsi  è  un  M.™  Giovanni 
a  Fenestris  de  Franila  dal  1411  al  1420,  poi  è  un  MS^  Gabriele 
de  Triuisio  haetenus  habitaior  Verone  artifice  fenesirarum  vetri 
et  incisore  lignaminis  come  è  qualificato  in  una  vertenza  del 
22  febbraio  1438  (R.  Mand.  et  Decreti  1436-46,  fai   212). 

Un  Corrado  de  Alemania  scriveva  nel  dicembre  '1463  alla 
Marchesa  di  Mantova  esser  giunto  a  Quistello  e  che  aveva  por- 
tato molte  belle  cose  fra  cui  due  «  bichieri  cristallini  ».  Quistello 


1006  LE    ARTI    MINORI 


si  trova  nella  provincia  di  Mantova.  Forse  si  trattava  di  cristallo 
di  Boemia. 

Il  principe  Federico  Gonzaga  da  Mantova  avvertiva  sua  madre, 
a  di  25  giugno  1473. 

Le'  venuto  qui  uno  maistro  Marche  che  lauora  de  vitro  e  secondo 
intendo  e  de  h  migliori  raaistri  che  fusse  a  Vinezia  et  a  Murano  da 
lauorarne  do  ogni  qualitade  e  sorte  e  dice  farla  de  quelli  quadri  da 
salicare  anco  arme  e  dorate  che  mai  non  mancheriano  che  se  lo 
IH.^io  Signor  mio  patre  volesse  fare  el  pauimento  de  la  sua  camera 
non  se  havrà  a  mandare  a  ricercare  altrui  :  questo  mastro  dice  che 
se  firmarla  qui  se  gli  fusse  fato  qualche  prouisione  de  adiutarlo  e  chel 
lauoraria  per  tri  mesi  e  daria  de  la  roba  sua  a  chi  ne  volesse  e  quando 
non  potesse  spazarla  qua  uederia  smaltirla  altroe  e  restituirla  li  denari 
se  gli  prestasse  in  questo  principio. 

Segue  a  sollecitare  la  Marchesana  affinchè  ottenga  dal  padre 
la  fermata  di  questo  artefice  in  Mantova. 

Sfortunatamente  mancano  altri  documenti  sul  risultato.  Doveva 
trattarsi  di  un  fuggiasco  da  Murano  o  di  un  bandito  della  Repub- 
blica di  Venezia,  essendo  proibito,  pena  la  morte,  ai  lavoratori 
in  vetro  di  portarsi  fuori  dello  Stato  ad  esercitare  I'  arte  loro. 
Qui  vediamo  questa  unita  alla  plastica,  trattandosi  di  quadrello 
di  imprese  di  terra  vetrificata. 

Quest'  altra  è  della  Marchesa  al  marito  : 

III.  etc.  Mastro  Pietro  da  Proenza  :  el  quale  fae  le  finestre  de  la  S.  V. 
se  noria  transferire  a  Verona  per  condur  poi  in  qua  ad  ogni  requisi- 
tione  de  Bernardo  da  Piasentia  alcuni  garzoni  per  lauorare  qui  a 
Palatio,  Mi  richiedeua  una  fidanza  per  V  andare  suo  di  presente  et 
per  ritornare  in  qua  cum  li  garzoni  :  quando  1'  accaderà  sia  dimandato 
dubitando,  lui  de  essere  facto  presone.  In  questa  cosa  non  ho  uoluto 
procedere  ultra,  non  parendomi  che  forsi  spoeti  a  me,  ma  remetterlo 
in  dispositione  de  la  Ex.  V.  che  quella  intieso  lo  caso  mi  comandi  il 
modo  che  ho  ad  obseruare  che  ala  sua  bona  gratia  di  continuo 
raccomando.  Mantuce,  xj  septembris  1483. 

Trattandosi    del    palazzo    Marchionale  i  vetri    dovevano    essfl 
sceltissimi,  forse  anche  colorali. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1007 


Giacomo  delle  vetriate,  ferrarese,  rivolgevasi  al  Marchese,  il 
29  gennaio  1492,  per  esser  pagato  dei  vetri  alle  finestre  del  pa- 
lazzo in  Marmirolo. 

In  Marmirolo,  poco  lungi  da  Mantova,  i  Gonzaga  avevano  un 
castello  che  col  tempo  fu  reso  veramente  delizioso. 

Ora  passeremo  alle  relazioni  fuori  Mantova  per  ragione  di 
vetri  e  cristalli. 

Il  Marchese  cosi  scriveva  all'  III.™^  Donna  Paola  contessa  di 
Gorizia  : 

Ill.'na  qI(.^  Ilauendo  uisto  alcuni  pezi  de  cristallo  che  V.  S.  ha 
mandato  ala  III.™^  Marchesa  nostra  matre  :  et  perche  intendiamo  che 
quello  mercadante  che  li  ha  datto  questi  ne  ha  anchor  de  li  altri  et 
magiori  pezi:  preghiamo  essa  V.  S.  che  uogha  essere  ciim  lo  merca- 
dante et  fare  cani  lui  mercadato  de  tuti  quelli  pezi  simili  mandati  qui 
o  magiori  et  non  guardi  a  la  spesa:  Et  ce  li  uoglia  mandare  hanuto 
elle  r  habbia  et  auisarne  del  resto  di  essi  che  subito  li  manderemo  li 
denari.  Et  ultra  ciò  uogliamo  che  V.  S.  ctim  nui  guadagni  qualche 
cosa.  A  li  piaceri  etc.  Manina;,  xoij  decembris  1479. 

Isabella  Gonzaga  d'  Este  marchesa  di  Mantova,  fin  dal  luglio 
1491  faceva  avere  a  Giorgio  Brognolo  ambasciadore  mantovano 
in  Venezia  alcune  catenelle  di  vetro  da  portare  al  collo  affinché 
fossero  allungate. 

Ella  neir  agosto  1495  gli  dava  ricevuta  di  20  scatole  di  vetro 
di  cui  era  molto  contenta,  e  ne  aspettava  altre. 

E  al  26  settembre  dello  stesso  anno  riceveva  dal  medesimo  am- 
basciadore le  seguenti  : 

Non  ritrouandosi  qui  cauallaro  alcuno  de  li  nostri  spazo  questa  sera 

■"ranceschino  et  quale  mi  ha  promisso  uenire  a  la  E.  V.  di   et  nocte 

ìum  gran  celerità  :  per  esso  li  mando  otto  catenelle  de  uetro  che  sono 

Iquante   ne  -ho   retrouato  in   questa  terra.   Non   sono  a  mio  modo  ma 

[bo  ordinato  al  maestro  che  me  ne  facia  delle  più  belle  fin  a  la  summa 

;he  quella  mi  scriue.... 

La    Marchesa,  al  10  aprile    1496 ,    gli    ordina  una  dozzina  di 
bichieri    cristallini  con    cerchietto    piccolo  d"  oro   alla  bocca  »., 


lOUS  LE    ARTI    MINORI 


Ricevuti,  al  20  ne  ordinava  altri  venti.  Nel  giugno  I'  incaricava 
dell'  acquisto  di  una  tazzetta  di  cristallo  lavorato  e  di  un  sec- 
chietto  o  caldarino  simile  :  che  tosto  le  furono  spediti. 

Nel  febbraio  1497  dava  ordine  per  l' acquisto  dt  quattro  specchi 
dorati  e  di  far,  eseguire  due  o  tre  hoeealette  de  eristalUno,  secondo 
il  modello,  che  gli  faceva  avere,  oltre  altri  due  alquanto  più 
grosse. 

L'  ambasciadore  ,  al  16  dello  stesso  ,  scrivevale  :  «  ordino  al 
maestro  che  ha  fatto  tutti  gli  altri  vasi  di  cristallo  che  ne  faccia 
altri  cinque,  secondo  la  mostra:  li  farà  per  sabbato  ». 

La  Marchesa,  al  13  ottobre  dell'  anno  1498,  scriveva  a  Tolomeo 
spagnolo,  suo  agente  in  Venezia,  che  era  contenta  che  prendesse 
le  due  tazzette  al  prezzo  di  dodici  ducati.  Il  denaro  occorrente 
poteva  farsi  dare  dall'  orefice  Pagano  o  dall'Albano. 

Questi  acquisti  fatti  a  Venezia  vedremo  nel  secolo  XVI  farsi 
ancora  più  abbondanti  con  altri  altrove. 


SECOLO  XVI. 

Mantova  come  città  presenta  niente  per  quanto  a  fabbriche  di 
vetro  e  meno  ancora  a  lavori  d' intaglio  sui  cristalli.  Il  contin- 
gente suo  è  quello  stesso,  che  abbiamo  veduto  nel  precedente 
secolo  :  qualche  vetraio. 

In  un  registro  di  contabilità  pelle  munizioni  trovo  : 

Notta  come  a  di  18  de  xbre  1520  io  prestai  ad  istantia  de  specta- 
bile  Mes.  leromiro  Archari  Thesorero  a  M.™  Benedetto  depintore 
pesi  21  de  piombo  per  far  vederiate  per  bisogno  de  lo  111.°  signor 
nostro,  qual  piombo  mi  debe  restuire  esso  M.'°  Benedetto. 

2  feb.  1521  de  commissione  de  la  IW.'^^  Madama  nostra....  consignai 
a  M/o  Alexio  de  le  vedriate  pesi  122  et  libre  16  de  piombo  de  quello 
de  la  monitione  per  cobrire  (sic)  due  cube  ne  lo  giardino  de  Porto 
qual  piombo  S.  E.  e  ha  promesso  far  restituire.  {Libro  della  monitione 
tenuto  da  Gio.  Giacomo  Calandra,  fot.  21  e  22). 


ALLA    CORTE    bl    MANTOVA.  1009 


A  di  28  maggio  1522,  il  Marchese  di  Mantova  concedeva  a 
Gio.  Pietro  di  Bonavoglia  di  poter  «  egli  solo  far  lavorare  di 
vetro  in  questa  città  di  Mantova  ». 

Moriva  nel  1540  «  Battista  Poci  vedraro  »  di  anni  70.  Nel 
1541  risulta  aver  bottega  in  Mantova  Alessandro  Chiaponi  vetraio. 

Un  Mario  bolognese  nell'  agosto  1595  era  pagato  di  lire  40.15 
dalla  Tesoreria  ducale  per  lavori  di  fiori  in  vetro. 

Dai  conti  stessi  di  G.  B.  Festa,  dal  17  marzo  1593  al  30 
giugno  1595,  risulta  che  era  vetraio  ducale  e  che  continuò  in 
tale  carica.  Lavorava  in  vetri  nel  1597  Gio.  Giacomo,  lombardo. 

Sono  quasi  inutili  notizie  ;  ma  ben  delle  più  importanti  ce  ne 
presenterà  l' importazione  da  Venezia ,  la  qual  città  non  poteva 
in  Europa  aver  concorrenza  per  lavori  in  vetro. 

La  marchesa  Isabella  accusa  ricevuta,  nel  luglio  1502,  a  Taddeo 
Albano  in  Venezia  di  una  cassa  de  vetri  ;  a  mezzo  dello  stesso 
al  28  maggio  1505,  ordinava  a  «  M.™  Anzeletto  che  lavora  de 
vetro  a  Murano  »  di  non  più  occuparsi  de'  quei  vasi  cristallini,  or- 
dinatigli dall'orefice  Della  Grana.  Nell'agosto  incaricava  M.*""  An- 
gelino de  Murano  di  formare  quattro  vasi ,  secondo  il  disegno 
datogli. 

Procura  vasi  la  Marchesa  da  Venezia  nell'  ottobre  1506  due 
specchi,  di  cui  uno  di  cristallo  bellissimo. 

Ella,  a  di  9  aprile  1507,  scriveva,  a  Lorenzo  di  Pavia  :  «  Man- 
[damoui  una  piadenetta  de  argento  per  mostra  accioché  a  Murano 
[ne  facciate  fare  cinque  simile  de  vetro  de  smalto  de  diversi  co- 
ciori et  mandarmeli  subito  »  ;  e  nel  febbraio  1512  gli  mandava 
^il  disegno  per  dodici  bicchieri  da  farsi  «  dal  miglior  mastro  che 
[sij  a  Murano  »  col  loro  coperchio.  Nel  settembre  1510  riman- 
dava uno  specchio  di  due  ricevuti  da  Gio.  Francesco  Valero  in 
:  Venezia,  da  cui  aveva  pure  avuto  due  turchine ,  ordinandogliene 
una  terza  più  fina. 

La  Marchesa  di  Mantova,  al  20  maggio  1521,  rivolgevasi  al 
|suo  ambasciadore  in  Venezia  cosi  : 

Ambassadore  :  Gli  nostri  credentieri  lassorno  la  mesura  di  certi 
scudellini  di  uetro  di  smalto  bianco  a  Murano  alla  insegna  de  la  Se- 


1010  LE    ARTI    MINORI 


rena  et  non  conclusero  altramente  il  mercato  con  li  mastri  :  haueremo 
piacere  che  tu  ne  faci  fare  una  donzena  accordandote  del  precio  et 
co  li  mandarai  acusandone  il  costo. 

Et  recordamo  che  faci  fare  quelli  nasi  da  bere  che  te  dicessemo 
et  di  quelle  boccaline  di  uetro  cisellate  ouero  con  quelle  tre  bochie 
per  cadauna  costa.  Et  ce  manderai  ogni  cosa  con  1'  auiso  del  costo. 
Bene  uale. 

E  al  30  dicembre  lo  ringraziava,  mandandogli  denaro  :  «  Te 
rengratiamo  del  vaso  il  quale  è  bello  et  ne  piace  ». 

E  al  19  agosto  1522  ordinavagli  quattro  fiaschi  «  di  uetro 
cristallino  schietto  con  qualche  poco  adornamento  ». 

Un  prete  Stefano  Moro,  a  di  15  novembre  1522 ,  scriveva  al 
Marchese  intorno  a  certa  tazza  di  vetro,  che  doveva  esser  ese- 
guita a  Venezia  pella  credenza  marchionale. 

E  il  Marchese,  il  13  giugno  1524,  mandava  al  suo  ambascia- 
dorè  a  Venezia  il  disegno  di  «  certo  uaso  da  bere  di  foggia  che 
ne  piace  »  di  cui  ne  desiderava  dodici  in  vetro,  altri  sei  più  alti 
e  lunghi  e  altri  quattro  secondo  modello  rotto. 

E  all'  ultimo  giugno  1528,  facevagli  avere  il  disegno  per  dodici 
boccalini  da  farsi  costrurre  in  Venezia. 

La  Marchesa,  al  18  giugno  1527,  aveva  ordinato  all' ambascia- 
dorè  in  Venezia  bicchieri  di  diverse  forme  di  cristallo  fino  «  e 
«  due  dozzine  di  boccaline  piccole  de  la  foggia  che  si  usa  in 
«  Roma  ».  E  nel  maggio  1529  altra  provvista  di  tazze  ,  vasi  , 
bicchieri  con  fili  bianchi.  Portatosi  ella  stessa  in  Venezia  scri- 
veva al  Tesoriere  in  Mantova  (12  giugno  1530)  di  non  aver  più 
denaro  e  desiderando  comperare  «  un  cristallo  per  il  tabernacolo  » 
gli  ordinava  di  procurarle  50  scudi  che  occorrevano  per  acqui- 
starlo. Il  tabernacolo  fu  poi  eseguito  a  Milano,  avanzandosi  del 
cristallo,  che  fu  domandato  nel  luglio  1533. 

Domenico  Verniero  da  Venezia,  al  maggio  1531,  fa  conoscere 
che  indarno  ha  cercato   «  quella  corona  di  cristallo  a  peri  ovei 
charaffe  ». 

L'ambasciadore  mantovano  da  Venezia  (6  settembre  1531)  at 
verte  che  lo  specchio  fatto  per    ordine    ducale    riusci  beli  issili 


ALLA  CORTE  DI  MANTOVA.  1011 


come  tale  lo  giudicarono  molti  intelligenti,  tra  cui  Tiziano.  Si 
tratta  proprio  del  pittore,  che  da  lettera  antecedente  risulta  che 
si  era  preso  l' incarico  di  trovare  «  o  cristalo  da  segare  o  spec- 
chio fatto  »,  che  doveva  servire  pel  marchese  Federigo. 

Giacomo  di  Thebaldi  da  Venezia  scriveva  alla  Marchesa,  il  12 
gennaio  1534,  di  esser  contento  dei  14  scudi  avuti  pella  corona 
e  poi  : 

Io  mi  ho  facto  donare  da  quello  magistro  uno  uasetto  ch'a  dentro 
nel  fondo  una  macchietta  negra  quale  sera  qui  incluso  che  forse  non 
disderà  né  la  corona  come  non  sole  spiacere  quello  poco  negretto 
che  se  sol  porre  sopra  la  faccia  iuxia  lo  consueto  da   spagnole. 

Al  14  dello  stesso  l'ambasciadore  mantovano,  Benedetto  Agnello, 
da  Venezia  spediva  «  el  smalto  qual  è  sta  compro  da  messer 
Ticiano  egli  dice  che  V.  E.  ne  sera  ben  semita  ». 

E  al  18  : 

Li  vasi  di  vetro  da  bevere  acqua  sono  stati  fatti  ma  beri  il  signor 
Duca  di  Ferrara  li  uolse  cbe  non  ei^ano  ancbo"  ben  cotti  del  che  sto 
disperatissimo  perchè  si  crederà  li  cbe  sia  negligente  ni  le  cose  cbe 
mi  sono  raccomandate  dal  signor  nostro  IH  ."io  vederò  de  farne  fare 
de  li  altri ,  il  mastro  cbe  ba  fatti  detti  vasi  se  excusato  assai  meco 
dicendo  non  baber  possuto  negar  di  non  dargli  al  predetto  signor 
Duca  di  Ferrara.  ^ 

Al  20  spediva  4  ampolline  e  due    bicchieri    di    quelli    che    si 

era  allora  potuto  avere  non  essendovi  cosa  molto  eccellente  per  esser 

le  botteghe  di  Murano  state  saccheggiate  dal  R.™°  ed  111.™°  Signor 

Cardinale    nostro    e  dal    Signor    Duca  di   Ferrara.  Il  costo  fu  di 

.  4  mocenighi. 

Nel  febbraio  1536  spediva  uno  specchio  fatto  lustrare  ma  non 
riuscito  ben  netto  «  per  essere  d'una  mixtura  molto  trista  ». 

Venendo  ora  al  4  febbraio  1539,  lo  stesso  ambasciadore  scri- 
veva alla  Corte  mantovana  : 

Ho  consegnato  la  tazza  di  cristallo  che  ho  fatto  far  per  S.  S."  a 
M.'^  Traiano  et  l' bo  pagato  uno  scuto  et  dui  mozenighi,  si  come  feci 
anche  per  l'altra  pagata,  però  solo  uno  scudo. 


1012  LE    ARTI    MINORI 


Al  11  maggio  1536,  il  Marchese  scriveva  a  Bartolomeo  Bo- 
nacolso  di  far  eseguire  in  Venezia,  secondo  la  forma  spedita  in 
legno,  un  vaso  «  di  vetro  cristallino  del  più  bello  et  meglio  pur- 
«  gaio  che  sii  possibile  dove  gli  ha  ad  entrare  il  preciosissimo 
«  sangue  di  Christo  N.  S,  »  Forse  il  disegno  era  stato  fatto  da 
Giulio  Romano,  risultando  che  nell'aprile  1539  aveva  ancora  pre- 
sentato al  Duca  vari  disegni  di  tazze. 

Il  nuovo  ambasciadore  mantovano  in  Venezia,  Lodovico  Trida- 
pale,  il  14  gennaio  1540  faceva  conoscere  al  suo  signore  : 

Fui  a  Murano  per  cambiar  le  tazze  che  feci  fare,  ma  perchè  il  pa- 
trone della  bottega  non  si  trouava  all'hora  in  Murano  li  garzoni  ne 
li  suoi  lauoranti  le  uolsero  accettare  con  dire  che  non  si  usa  doppoi 
tenuti  li  lauoreri  15  o  20  giorni  portarli  in  dietro,  ma  domani  le  tor- 
narò  et  vedrò  di  far  cosi  col  patrone  che  siano  repigliati  et  fattine 
delle  altre  .... 

Ma  al  18  dovè  rimandare  a  Mantova  dette  tazze,  non  avendo 
voluto  il  mastro  ripigliarsele. 

Domenico  Molino  da  Venezia,  al  31  maggio  1561,  scriveva  alla 
Corte  mantovana  per  specchi  di  vetro  piccoli,  notando  : 

In  uno  ha  d'  andar  una  Victoria  la  qual  come  uada  dipinta  uoi  il 
sapete. 

Nell'altro  ui  ha  da  essere  una  Camilla  la  qual  fu  armigera  et  perchè 
fu  Roma  ha  da  essere  una  corona  regale  in  terra. 

E  tutte  due  le  figure  ui  hanno  da  essere  scritti  da  piedi  i  nomi  in 
lettere  d'oro  cioè  Vittoria  Vittoria  et  alla  Camilla  Camilla. 

E  Bartolomeo  del  Calice  da  Venezia,  il  24  gennaio  1572,  spe- 
diva alla  Corte  di  Mantova  vasi  fatti  eseguire  in  Venezia. 
E  al   31: 

Mandai  a  Murano  il  gotto  di  mostra  per  sapere  se  il  mastro  che 
fece  li  altri  p.oteva  farli  con  le  lachrime  più  menude ....  et  più  bello. 
Ne  mando  sei  et  il  suo  gotto  de  scttileza  non  si  può  più  fare  perchè 
vanno  doppii  do  cristallo  »  come  riferiva  a  bocca  il  corriere.  Terrà 
la  forma  di  legno  per  provare    presso   qualche  maestro  ,   cui  ne  ordi- 


\ 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1013 


norebbe  ancora  mezza  dozzina.  Le  lacrime  non  possono  venire  più 
menute  perchè  le  stampe ,  che  sono  di  ferro  canate ,  non  si  possono 
sminuire. 

Ai   7  febbraio  : 

Si  sono  fatte  prove  di  quanti  maestri  sono  in  Murano  ne  mai  e 
-<tato  possibile  trouar  niuno  che  hauesse  la  stampa  delle  laci'ime  .... 
0  perciò  mi  è  convenuto  tornare  dal  primo  maestro  perchè  in  vero 
gli  è  il  più  valente  homo  che  tra  loro  sia  et  ne  ho  fatto  fare  ancora 
sette  di  quelli  nasi  ;  ma  però  schietti  che  a  lacrime  non  se  ne  poi  mi- 
LTÌi  orare. 

Il  Duca  però  fu  poco  soddisfatto  :  ordinò  altri  vasi  di  vetro  ; 
ma  il  maestro  cadde  ammalato. 

Pare  che  la  Corte  mantovana,  indispettita  dei  ritardi  nell'avere 
ia  Venezia  i  desiderati  oggetti  in  vetro,  tentasse  di  averli  da  Mi- 
lano, come  vedremo  a  suo  luogo.  Infatti  troviamo  una  sospen- 
sione di  ordini  a  Venezia. 

Non  tardava  però  la  Corte  mantovana  di  ritornare  a  Venezia 
per  vetri  ;  donde  il  segretario  ducale  riceveva  (19  maggio  1584) 
.due  tazze  di  finissimo  cristallo  nobilissime,  qual  dono  di  Gio.  Tora- 
laso  Minadoi,  celebre  medico. 

Gabriele  Calzoni,  ambasciadore  mantovano  in  Venezia,  il  15 
jbbraio  1586,  faceva  conoscere  al  suo  signore  : 

Hoggi  son  stato  a  Murano  et  apunto  delli  vedri  reffinati  che  in- 
sauano  per  Roma  ho  preso  tre  bicchieri  de  maggiori  che  ho  tro- 
tto insieme  con  doi  altri  bicchieri  de  più  grandi  che  ui  erano  che 
ìel  resto  gli  altri  poteuano  tener  quattro  onze  et  sino  a  sei  i  più 
randi  :  però  mando  per  il  corriero  presente  i  tre  col  coperto  et  doi 
ìnza  hauendo  io  cercato  et  uoltato  tutto  Murano  senza  trouar  cosa 
le  mi  sia  piaciuta 

Il  protonotario  Pomponazzo  da  Venezia,  il  16  aprile  1588,  spe- 
liva  alla  Corte  un  pezzo  di  cristallo  di  Minerà,  «  il  mastro  ne 
la  tre  donzene  de  pezzi  e  domanda  40  marchetti    al   pezzo  ».  E 


1014.  LE    ARTI    MINORI 


cristallo  di  Boemia  ;  differisce  dall'ordinario  perchè  se  casca  in 
terra  non  si  rompe. 

Altri  otto  pezzi  spediva  il  23  detto. 

Cominciarono  appunto  sul  finire  del  secolo  XVI  i  lavori  in 
vetro  e  cristallo  della  Boemia  a  prendere  una  vera  importanza 
nell'arte,  benché  fin  dalla  prima  metà  del  secolo  antecedente  vi 
fossero  colà  officine. 

Prima  di  lasciare  Venezia  darò  qui  posto  ad  un  autografo  del 
più  grande  intagliatore  di  vetri ,  gemme  e  cristallo. 

Ecc.'""  Signor  mio  sempre  ohscruandissimo.  Tonto  (sic)  qui  in  TJi- 
cenza  Io  ho  trouado  una  lettera,  la  quale  me  scriue  il  R."io  Cardinale 
Ridolfi  per  concesion  de  nostro  signore  faccndome  intendere  che  sua 
santità  desidera  molto  de  auer  quele  opere  che  io  faccio  a  S.  S."^  lo 
quale  opere  sono  uno  fornimento  di  altare  cioè  una  croce  et  doi  can- 
delieri et  una  pace  tu  ti  de  cristalo  ,  le  quale  opere  li  o  lauorado  za 
alcuni  mesi  perche  è  opera  che  importa  tenpo  li  uà  molte  istorie  de 
la  vita  de  Cristo  et  perchè  sua  santità  me  solicita  molto  che  le  for- 
nischa  penso  non  potrò  seruire  V.  Ecelentia  perche  in  dite  opere  li 
uà  l'onor  mio  et  l'utile  mio  grande.  Io  non  poso  manchare  a  S.  S.i^  et 
masime  che  tute  le  opere  che  io  ho  fato  a  S.  S  ta  me  rcmmunerado 
largisimamente.  La  V.  Eccelentis.»  S.''^  poterà  spetare  fate  queste 
opere  io  seruerò  quela  con  tuto  el  core.  Et  in  bona  gratia  de  V.  Ece- 
lentissima    Signoria    me  aricomando.    Data  in    Vicenza  ali  3  Dccen- 

brio  1533. 

E l  fid olissi mo  senio  de  V.  S. 

Valerio  di  Belli. 

Alo  Eccleniissimo  Signor 

Duca  di  Mantua  in 

Manilla 

Lavorò  per  Clemente  VII  e  Paolo  III  assai  cose,  riputate  dal 
Vasari  per  divine.  Mori  nel  1546  in  Vicenza  sua  patria,  lavorando 
fino  agli  ultimi  giorni  della  sua  vita.  Coniò  anche  medaglie  bel- 
lissime. 

Delle  provviste  fatte  dalla  Corte  di  Mantova  varie  erano  per 
esser  destinate  in  regalo. 


ALLA  CORTE  DI  MANTOVA.  1015 

In  fatto  Andrea  Panili  da  Dresda,  il  22  giugno  1585,  scriveva 
al   Duca  di  Mantova  : 

10  ho  presentato  al  Ser."io  Signor  Elettore  mio  padrone  li  caualli 
ot  li  uasi  di  cristallo  i  quali  hanno  mollo  piaciuto  a  S.  A,  et  ne  rin- 
gratia  V.  A.  infinitamente. 

Abbiamo  notato  che  vi  fu  una  sospensione  di  provvista  in  Ve- 
nezia dopo  il  1572,  sembrando  che  la  Corte  di  Mantova  indispet- 
tita di  non  poter  ricevere  con  sollecitazione  quanto  ordinava  al 
suo  ambasciadore  di  provvederle. 

Si  provò  allora  a  Milano  e  Alessandro  Andreasi  ambasciador 
mantovano  colà,  il  21  febbraio  1573,  faceva  conoscere  alla  Corte 
di  Mantova  : 

Quei  pochi  cannoni  di  cristallo,  che  erano  qui  sono  stati  mandati 
in  Spagna  a  quelle  maestà  per  riporre  le  reliquie,  ne  sono  stati  uen- 
duti  5  scuti  et  tali  sette  ;  però  non  essendone  di  fatti  il  maestro  uo- 
rebbe  un  mese  di  tempo  a  farli    tuttidue. 

Al  25  detto  : 

11  cristallaro  non  uole  manco  di  otto  scudi  de  luno  de  nasetto  per 
le  reliquie  et  l'asino  ha  alzato  la  coda  perchè  se   ne    spazzano    molti 

.per  Spagna  e  Francia. 

Come  vedesi,  anche  in  Milano  gTi  artefici  in  vetro  non  erano 
più  accondiscendenti  dei  loro  colleghi  veneziani.  Intanto  al  primo 
marzo  lo  stesso  ambasciadore  seguiva  a  scrivere: 

Non  è  stato  possibile  ritrouar  in  tutta  Milano  pur  un  cannone  si- 
mile a  quello  che  dall'A.  V.  mi  fu  mandato  ;  però  conuiene  farne  fare 
uero  è  che  non  uorebbero  calare  de  li  8  scudi. 

Le  compere  in  Milano  si  seppero,  cosi  il  G.  B.  Villanova  mu- 
sico ,  da  Milano  ,  al  primo  di  febbraio  1574  cosi  rivolgevasi  al 
Duca  di  Mantova  : 

Ill."^o  et  EccJ^^  Signore, 
La  gi'ande  aCFectione  che  già  molti  anni  desidero  a  seruire  a  V.  E. 
et  farmeli  cognosser,  anchor  ch'io  sia  di  piccola   ualiuta   nell'  arte    di 


1016  LE    ARTI    MINORI 


musica  et  ch'io  sia  de  li  vecchi  musici  francesi  che  habitano  in  que- 
sta città  di  Milano  Hora  me  occorre  parlare  a  lei  con  questa  picciola 
mia  :  poiché  hauendo  inteso  qua  che  V.  E.  a  comprati  già  pochi  giorni 
sono  alchuna  quantità  di  lauori  di  cristallo  cioè  bicchieri  e  uasi  dali 
M.C*  Maestri  Li  Misseroni  primi  di  questa  città  :  et  che  l'intentione 
di  V,  E.  sarebbe  d'hauer  cui  presso  di  lei  liuomini  esperti  nella  detta 
arte  per  puoter  taccar  piedi  et  reintegrare  in  buona  forma  li  suddetti 
lauori  comprati  ecc.  Il  che  Ill.>"o  et  Ecc."'"  signore  per  la  grande  af- 
fìtione  di  seruirla  come  desidero  gli  vengo  a  offerire  un  mio  nepote 
bisognandolo  a  questo  suo  seruitio  nominato  Hieronimo  Vaprio  gio- 
uane  d'età  di  xxv  anni,  cleuato  anni  7  con  li  Sig.'"'  Maestri  Misseroni 
et  reussito  in  quest'arte  espertissimo  :  che  uerrà  a  seruirla  fìdelmente 
et  che  da  lei  ne  rapporterà  honore  :  et  che  ancora  di  più  a  aggiutato 
a  fabbricare  li  suddetti  uasi  comprati  da  V.  E.  Il  che  di  subito  si 
seppe  alla  uenuta  di  Mantova  qua  in  Milano  del  suddetto  M.''o  Mis- 
seroni ;  mi  raccorse  dall' IH."' signore  suo  ambasciadore  et  gli  disse  le 
formale  parole  gli  scrino  doue  parendo  a  V.  E.  chel  mio  intento  et 
l'affectione  di  seruirla  ,  sia  stato  prontissimo  Ella  si  degnara  di  dar- 
mene risposta  nelle  mane  dell'Ili. '^lo  Sg.  ambasciadore  qua  in  Milano 
quanto  prima  perchè  detto  mio  nipote  è  pregato  da  alcuni  principi 
nostri  parenti  per  tal  lauorerio  et  non  farà  saluo  quello  uorrò  Io  perchè 
l'o  eleuato  da  piccolo  et  gli  posso  comandare  come  proprio  figlio.  Con 
raccordar  humilmente  a  Lei  di  mandarli  aggiuto  di  costa  per  mettersi 
in  essere  et  che  non  spenda  il  suo  in  cauallo  et  spese  cibarie  comò 
son  certissimo  che  V.  E.  hauria  risguardo  come  e  suo  solito  al  qual 
pregoli  ogni  felicità  che  nostro  Signore  la  conserui  et  prosperi  lunga- 
mente. Di  Milano  alli  primo  di  feb.  1574. 

Gio.  Battista  Villanooa  Musico. 


1  Misseroni  Girolamo  e  Gasparo  fratelli  di  Milano  ebbero  fama 
di  valenti  intagliatori  di  gemme  del  secolo  sedicesimo.  Avevano 
appreso  in  patria  l'arte  dal  celebre  Jacopo  da  Trezzo  e  fecero  alla 
loro  volta  molti  allievi  de'  loro  figli  e  nipoti.  Chiamati  in  Ispagna 
operarono  lavori   meravigliosi. 

Queste  notizie  prendo  dalla  Biografia  artistica  del  De  Boni. 

Ed  anche  il  Vaprio  doveva  esser  milanese. 


I 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1017 


A  di  2  gennaio  1580  si  ordinava  dal  Duca  il  pagamento  dì 
due  tazze  di  cristallo  comperate  da  Pietro  Valdise-Scala  figlio 
di  M.  Michele  da  Milano. 

Anselmo  Levi  gioielliere,  che  già  conosciamo,  in  sua  lettera 
del  21  giugno  1585  fa  conoscere  alla  Corte  mantovana  mastro 
Girolamo  Coyro  cristallaro  milanese. 

Questo  venne  a  Mantova,  a  desiderio  del  Principe  ereditario, 
e  quando  Duca  pare  ritornasse  per  altri  lavori,  fra  cui  venti  co- 
rone o  rosarii  con  corniola  intagliate,  rinettó  un  ritratto  in  bronzo 
della  Marchesa  di  Grana  ;  intagliò  di  poi  due  vasetti,  uno  di  cor- 
niola l'altro  di  lapislazuli,  sei  candelieri  e  una  croce  di  diaspra 
orientale,  un  fregetto  per  un  libro  di  lapislazuli  ,  due  vasi  di 
lapislazuli;  due  fiaschetti,  uno  di  corniola,  l'altro  di  lapislazuli; 
due  pezzi  di  Isadra  ;  un  piedestallo  di  diaspro  ;  una  tazza  di  la- 
pislazuli ;  quattro  tavolini  adornati  di  pietre  dure,  come  agate, 
corniole,  diaspri  ;  due  piedi  per  vasi  orientali  ;  corone  di  avorio  ;. 
colonnette  di  ferro. 

Come  si  vede  era  orefice,  intagliatore  di  cristalli,  di  avorio. 
I  suoi  lavori  appaiono  dai  conti  di  tesoreria  pegli  anni  dal  1595 
al  1595,  in  parte  pubblicati  dal  Portioli  (Girolamo  Coirà  o  Corio 
incisori  di  pietre  dure). 

Al  21  ottobre  1587  il  Duca  di  Mantova,  a  mezzo  del  suo  amba- 
^sciadore,  ordina  in  Milano,  due  lavori  di  cristallo  di  monte,  secondo 
il  modello,  fatto  da  Alberto  Milanese  che  egli  stesso  portò  a  Milano^ 

Luigi  Olivi,  agente  mantovano  in  Milano,  scriveva  al  segretario 
lei  Duca  (30  dicembre  1587)  : 

M.'o  Giovanni    Tradate    orefice    ha  preso    carico  di    portar  a  S.  A. 

lue  pezzi  di  cristallo  che  ho  fatto  fare  insieme  con  la  mostra  che  mi 

Jortò  in  qua  M/o  Alberto  quali  pezzi  sono  stati  ueduti  hoggi    apunto 

Idopo    auer    io    scritto  a  V.  S.  da  due  dei  primi    cristallari  di    questa 

Icittà,  che  hauendoli  diligentemente  essaminati  gli  hanno  giudicati  non 

|iolo  simili  alla  suddetta  mostra    ma    più  belli  assai    et    meglio    politi 

feosa    che    mi    ha  consolato  grandemente  parendomi  di    poter  credere 

ihe  S.  A.  sij  per  restar  soddisfatta  il  che  prego  V.  S.  a  farmi  sapere 

"per  mia  consolatione. 

Arch.  Stor.  LotJib.  —  Anno  XV.  53 


1018  LE    ARTI    MINORI 


Domani  pagherò  al  mastro  40  scudi  ch'egli  auanza  et  poi  mandarò 
la  lista  et  pregaro  V.  S.  a  farmela  espedire.  Il  detto  mastro  piange 
et  esclama  quando  che  ei  ha  posto  del  suo  et  supplica  S.  A.  a  do- 
narli qualche  cosa  oltre  il  pagamento,  il  pouer  homo  s'ingannò  pen- 
sando di  hauer  il  cristallo  quale  bisognò  poi  comprare  per  40  o  45 
scudi  tuttavia  S,  A.  non  è  obblignto  darli  più  del  conuenuto  .... 

Mastro  Giovanni  Tradate  era  giunto  a  Mantova  nel  gennaio 
1588  coi  cristalli,  che  molto  piacquero  al  Duca. 

Ed  ecco  la  Corte  mantovana  ritornare  a  Milano  dopo  qualche 
anno  di  sospensione  : 

Ill.'"o  et  Scr.'»o  Prcncipe, 

Mando  li  disegni  delle  Isadre,  o  messo  da  parte  che  serano  opere 
sei  et  secondo  la  qualità  de  pezzi  grossi  si  è  fatto  il  disegno  delle  tre 
piccoli  la  natura  li  ha  fatti  con  poco  meno  dil  suo  disegno  uno  a 
scruir  per  bocal  dello  bacillo,  li  altri  doi  o  per  uasi  ouer  bocali. 

Dil  suo  gran  pezzo  di  Cristallo  se  li  pò  far  dentro  un  vaso  in  piedi 
o  un  rinfrescatore  ouer  un  nauiglio  di  mare  ,  non  ho  potuto  far  il  di- 
segno essendo  che  non  haueua  le  cose  pertinenti  da  pigliarlo  ne  tan 
poco  che  me  aiutasse  a  manegiarlo  se  tirasi  la  misura  justa  in  carta 
della  longezza  sua,  largezza  et  grosezza  farò  tal  disegno.  Li  Seracchi 
debono  hauer  messo  a  dormir  il  suo  pezzo  di  cristallo  che  se  fosse 
uero  ne  saria  forse  cagione  che  il  detto  pezzo  li  haurà  messo    paura. 

In  summa  io  farò  il  pezzo  grosso  li  farò  tutti  doi  meglio  le  piacerà. 
Farò  le  sei  opere  de  Isadra.  Pianterò  una  bottega  con  molti  omini .... 
sino  seran  finiti. 

Per  la  mercede  delli  doi  pezzi  grandi  compresi  quelli  del  Seracho  .... 
ne  uoglio  scuti  4500  de  tutti  doi  dil  grosso  solo  3,000.  Delle  sei  opere 
de  Isadra  l'ult.™"  precio  sarà  scudi  2,000....  questo  è  quanto  si  pò  fare. 

Vi  anderan  scudi  1,000  di  sicurtà  .... 

Il  mio  male  ricorda  a   S.  A.   S."i^i  il  già    promessomi    pozzetto   del 

ungia    della    gran    bestia ,    con  un  pochetto  di  lionicorno  se   possibile 

fosse  con  che  pregherei  N.  S.  la  conserui  ....   Milano  VuUiino  giorno 

d'ottobre  1598  Di  S.  S. 

Afflcionatissimo  senatore 

Camillo  Rido 
A  S.  A.  ci  Sg.  Prcncipe 

il  Duca  di  Manioca 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1019 

Abbiamo  già  veduto  questo  Ricio  fra  i  gioiellieri  lombardi  del 
secolo  XVI.  Nella  sua  lettera  si  parla  dei  Saracchi  gioiellieri, 
che  pure  già  conosciamo,  intagliatori  tutti  di  gemme  e  di  cristallo. 

L'ambasciadore  in  Milano,  Nicolò  Bellone,  scriveva  alla  Corte 
di  Mantova,    il  2  gennaio  1599  : 

Questa  città  di  Milano  ha  poi  data  alla  Reina  di  buona  mano  un 
bellissimo  specchio,  guarnito  d'argento  con  certi  nasi  in  fondo  da  met- 
terui  dentro  da  conciar  la  testa  alle  dame  et  una  galera  di  Cristalli 
con  un  canestro  d'oro  con  dentro  duvi  drappi  lauorati  dalla  Cantona 
squisitamente  che  dicono  tutto  quello  presente  ualc  12  ra.  scuti. 

Segue  poi  a  partecipare  : 

Roggi  si  è  poi  fatta  la  tragedia  spirituale,  che  si  scrisse  in  latino 
essendoui  sta  presente  la  Reina,  arciduchessa  e  arciduca. 

David  de  Cervi,  ebreo,  da  Milano,  scriveva  al  duca  di  Man- 
tova, 1"  aprile  1599,  che  secondo  gli  ordini  avuti  ha  disposto 
che  il  Benzeni  venga  con  lui  a  Mantova  a  portare  uno  di  quelli 
tazzoni,  di  cui  si  potrà  far  un'idea  e  trattare  sopra  tutti  sei  «  non 
essendo  altra  differenza  che  l'effigie  dell'Imperatore  con  le  sue 
imprese  ». 

Da  altre  lettere  si  conosce  che  il  Benzone    era  un  cristallaro. 

Come  si  sarà  notato,  dopo  Venezia,  Milano  fu  la  città  che  più 
)otè  servire  la  Corte  mantovana. 

Darò  qui  posto  ad  alcune  relazioni  con  Firenze,  benché  in 
'senso  contrario,  essendo  per  lo  più  il  Gran  Duca  di  Toscana  che 
ricorre  a  quello  di  Mantova  per  vetrai. 

Serenissimo  Signore, 

Ambrogio  (era  un  nano)  mi  ha  fatto  più  volte  istantia  di  tornare  a 
seiuire  V.  A.  ma  io  mi  sono  preso  sicurtà  di  ritenerlo  questi  pochi 
giorni  et  liora  con  l' occasione  del  suo  ritorno  mando  a  V.  A.  un 
saggio  di  Christalli  et  porcellane  fabbricate  nella  mia  fonderia  ac- 
cìoche  piacendole  possa  ualerscne  che  ce  ne  sarà  maggior  somma  .... 
Da  Pratolino  il  di  primo  di  Giugno  1584         De   V.  A.  Seruitore 

El  Gran  Duca  di  T/' 


1020  LE    ARTI    MINORI 


Serenissimo  Signor  mio  Nepote  Oss."*" 

Alcuni  maestri  di  bicchieri  sudditi  di  V.  A.  quali  si  aspettano  in 
Pisa  per  attendere  a  questa  lavoratione  hanno  bisogno  di  una  gratia 
da  lei  et  mettono  me  per  loro  intercessore,  onde  io  per  degni  ri- 
spetti fo  uolentieri  questo  offitio  con  V.  A.  a  loro  fauore  di  mandarlo 
et  raccomandarle  l'inclusa  supplica,  certificandola  che  riceverebbe  a 
molta  gratia  che  essi  uenessero  in  ciò  consolati  come  la  prego  di 
restar  seruita  per  amor  mio. 

Da  Cafaggitioli   Vij  di  settembre  1592. 

Dell' Alt.  V.  zio  et  seruitore 

El  Gran  Duca  di   T.a 

Questa  lettera  conteneva  dentro  la  seguente  supplica,  che  ci 
darà  maggior  lume  sulle  condizioni  dei   vetrari  : 

Signor  Duca. 

Expone  il  fidelissimo  suddito  Antonio  Rosso  del  luogo  de  l'Altare 
che  essendo  de  maestri  de  l'arte  de  uedri  in  detto  luogo  l'anno  pas- 
sato per  esser  stato  acordato  a  richiesta  da  un  M.  Andrea  Racchette 
fa  fornace  in  Milano  e  bandito  da  l'arto  de  nobili  consoli  do  l'arte  de 
uedri  in  detto  locho  di  l'Altare  andò  a  esercitare  detta  arte  in  detta 
fornace  in  Milano  in  compagaia  di  Baptista  suo  figlioglo  et  de  un  suo 
cugnatto  Gio.  Maria  Perotto  quai  deciano  intrassero  a  ditta  arte  e 
per  esser  parente  di  M.  Andrea  e  benissimo  sapeua  che  era  banditto 
de  Ms.  Andrea  ma  perchè  detto  suo  figliuolo  et  cugnatto  se  facessero 
mastri  in  detta  arte  o  per  l'obligho  che  di  già  haueua  con  detto  M. 
Andrea  fatto  fu  astretto  andarui  e  le  che  molto  si  sdegnarono  gli 
suddetti  Nobili  dell'arte  di  Altare  in  tal  modo  et  anchor  bora  si  troua 
banditto  e  non  sa  doue  andare  :  ha  fallato  ha  trangriditto  per  i  detti 
suggietti  anci  per  hauer  posto  il  figliolo  all'arte  che  prima  douea  se- 
condo i  capitoli  de  l'arte  tizare  e  non  ancor  intrar  tanto  inanci  nel- 
l'arte meno  spera  di  poter  ottenere  da  suddetti  nobili  consoli  la  onde 
assicurato  della  clemenza  et  molta  bontà  di  V.  A.  ha  tolto  per  espe- 
diente hauerne  raccolto  da  quella  Humilmente  supplica  si  degni  commet- 
tere a  sud,*^'  Consoli  che  non  uogliano  mancar  di  accettarlo  e  di  conce- 
dergli licenza  a  lui  cugnato  et  figliolo  di  poter  seguitar  in  detta  arte  ser 


ALLA    CORTE    DI    MAMOVA.  1021 


«he  più  suo  figliolo  sia  aspetto  et  obligho  del  tizare  offerendosi  in 
l'auenirc  di  star  et  osseruar  gli  ordini  del  arte  con  condonargli  ogni 
pena  nella  quale  fossero  incorsi  per  questa  nolta  tanto  i  che  spera 
come  meglio. 

Ser."^^  Signor  Nipote  mio  oss.'^^ 

Ottenni  gratia  da  V.  A.  come  aueuo  grandemente  desiderato  che 
col  Valenza  dall'Altare  mastro  di  fornace  potessero  alla  mia  fornace 
di  Pisa  lauorare  altri  altaresi  senza  incorso  di  pregiuditio  alcuno  et 
perche  questa  gente  e  di  facile  leuatura,  et  per  ogni  minima  occatione 
si  sdegni  abbandonando  con  grande  interesse  e  danni  il  mercante  con 
allegare  che  lauorando  il  med.'"o  Valenza  con  altra  gente  che  altarese 
in  correria  inpregiuditii  notabili.  Però  supplica  l'A.  V.  a  fauorirmi  di 
nuouo  concessione  nella  quale  si  permetta  al  sud.*o  Valenza  di  lauo- 
rare alla  fornace  di  Pisa  introdotto  d'ordine  mio  et  alla  mia  del  Ca- 
sino in  Firenze  non  solo  con  altaresi,  ma  ancor  con  ogni  altro  lauo- 
rante  o  Venetiano  o  di  qualunque  altra  Provincia  auertendola  che 
questa  gratia  si  desidera  da  me  infinitamente  per  il  gusto  grande  che 
ho  di  uedere  introdotto  in  Pisa  la  lauoratione  dei  Cristalli  et  che  le 
ne  restarò  con  obbligo  infinito  ;  et  col  pregarle  dal  Signor  mio  ogni 
maggior  felicità  le  bacio   la  mano.  Di  Pisa  olii  X  di  aprile  1593. 

Dell' A.   V. 

Aff.'^o  zio  et  seruo 

n  Gran  Duca  di  T.^ 

jAf  Sg.  Duca  di  Manioca 

Faranno  sempre  più  conoscere  le  usanze  dei  vetrai   di    Altare 
seguenti  documenti  di  taluno  di  loro  fuori  d'Italia. 

5g^/»a  g^  Clementissima  arciduchessa  signora 
Signora  mia  sempre  gratiosissima, 

Già  sono  anni  17  ch'io  dimoro  in  Halla,  esercitando  la  mia  arte  de 

fabricar  vedri,  et  non  solamente  in  Halla  ma  ancor  qua    in  Insprugg 

n  servitio  di  S.  S.  Ar.  e  la  mia  sorte  portò  in  questi  mei  primi  anni, 

i    maritai    in    una    giouene  de  queste    bande  tedesca  dalla  quale  ho 

uto  quattro  figlioli  tra  li  quali  ho  un  putto  di  14  anni  incirca  il  quale 

orrei  imparasse  l'arte  mia.  El  perche  fra  noi  uedrai   ci  sono  statuiti 


1022 


LE    ARTI    MINORI 


che  nessuno  possa  imparar  l'arte  nostra  eccetto  quelli  he  nati  sono 
di  padre  e  madre  della  nostra  terra  detta  Allaltare  del  Monferrato. 
Et  essendo  nato  questo  mio  figliolo  qua  in  Halla  di  madre  tedescha  ho 
gran  dubio  che  mandandolo  a  Casa  mia  non  lo  lasseno  imparare.  Et 
perciò  humilmente  supplico  alli  Clementiss."i'  piedi  di  V,  S.  A.  che  la 
si  voglia  degnare  de  fauorirmi  appresso  Al  Ser.'""  Signor  suo  Padre 
nostro  Clementiss,'"o  Signore  et  padrone  di  quel  stato  d'una  sua  rac- 
comandatione  acciò  io  possa  per  gratia  (non  obstante  li  statuti  e  lege 
in  contrario)  conseguir  questo  mio  honesto  desiderio  et  cosi  pregaro 
il  Sigaor  Iddio  che  li  dona  perpetua  felicità  e  contento  aspettando  da 
quella  una  gratiosa  e  beaigna  risposta  di  V.  S.  A. 

humil  et  fidcl  seruitore 
Antonio  Montano   Vidraro  in   Halle 

L'arciduchessa  Anna  Caterina  da  Tnspruck,  il  13  ottobre  1587, 
spediva  la  supplica  a  Mantova,  raccomandando  il  Montano  mon- 
ferrino,  cioè  suo  figlio  Achille. 

SerenissJ^'^  arciduchessa  ecc.  Cleinentiss.'^<^  Principessa  et   Signore, 

Notificio  alla  S.  V.  con  ogni  pietà  et  sommissione  come  ho  in  animo 
di  uoler  chel  mio  legitimo  fiolo  impari  la  molto  lodeuol  arte  di  fare 
i  bicchieri.  La  qual  cosa  io  non  posso  metter  in  opra  ne  mio  figliolo 
acquistarla  senza  il  benignissimo  fauore  dell'A.  V.  Prego  pertanto  et 
rinnouo  humiliss.^e  |a  Ser.  V.  si  compiaccia  per  sua  innata  et  gratiosa 
bontà  di  concedere  a  me  suo  fidelissimo  suddito,  gratia  et  una  sua 
gratiosissima  intercessione  et  lettera  al  Ser.™"  et  Chariss.'^o  suo  si- 
gnor fratello  il  Sig.  Duca  di  Mantoua  eh  el  predetto  mio  fiolo  sia 
accettato  et  possa  imparar  la  predetta  arte  senza  impazzo  così  nel 
Ducato  di  Mantua  come  in  quello  di  Monferrato  raccomandandome 
con  mio  figliolo  con  ogni  humiliss.™*  summissione  allo  Ser.  V.  spe- 
rando da  lei  in  questo  nostro  honesto  proposito   fauoreuol  risposta. 

Di   V.  al  S.   humiliss."^°  suddito. 

Frederico  Schinck  mastro  di  cedraria  in   Trento 


Era  scritta  in  tedesco  diretta  ad  Anna  Caterina  arciduchessa 
d'Austria,  la  quale  con  sua  lettera  del  14  gennaio  1588  da  In- 
spruck,  la  mandò  al  Duca  di  Mantova  con  raccomandazione. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1023 


Anche  l'agente  mantovano  Olivi  da  Milano,  al  30  dicembre  1587, 
aveva  scritto  al  Duca  di  Mantova  : 

Qui  et  in  Pavia  habitano  vetrari  dall'Altare  che  hanno  beni  in  questo 
stato  io  dubito  che  disegnino  di  fai'li  metter  prigione  et  de  sforzarli 
ad  insegnar  l'arte  ad  altri  contro  i  loro  ordini  parendo  ad  ogni  modo 
strano  che  questo  jas  personale  habia  ad  osseruarsi  qui  se  bene  è  di 
ragione  però  bisogna  auuertire  molto  bene  a  ciò 


SECOLO  XVII. 

In  Mantova  troviamo  sempre  G.  B.  Festa  vedraro  ducale,  il 
ijuale  però  si  provvede  da  Venezia  gli  occorrenti  vetri. 

Il  duca  Vincenzo ,  a  di  4  giugno  1610  ,  concedeva  a  Marco 
Antonio  Fineo  di  «  fabricar  certi  vasi  di  vetro  di  molta  capacità 
per  riporvi  vino,  migliori  delli  botti  ».  Il  privilegio  era  per  venti 
anni,  estensibili  agli  eredi,  dando  però  la  decima  parte  del  gua- 
dagno alla  Camera  ducale  (/?.  Mandati  1605-1611,  fol.  235). 

Giovanni  Bertolotti  e  Cesare  suo  fratello  di  Altare ,  abitanti 
in  Guastalla,  si  offrivano  di  venir  a  Mantova  «  ad  esercitar  l' arte 
de' vetri  et  christalli  reffinati  »  mediante  certi  privilegi. 

Li  ottennero  e  nel  1612  ebbero  anche  la  cittadinanza  manto- 
rana  {R.  Decreti  1605-1612,  fol.  248). 

Vediamo  sempre  gli  AUaresi  sparsi  ovunque  per  esercitare 
r  arte  loro. 

Il  Duca  di  Mantova,  a  di  12  dicembre  1670,  confermava  pri- 
vilegi a  Moisè  Civita  per  l' introduzione  e  fabbricazione  di  vetri 
e  cristalli  in  Mantova. 

Al  6  agosto  1672  si  faceva  constare  che  da  trent'  anni  Carlo 
Solari  era  vetraro  di  Corte,  e  per  ciò  gli  si  dà  tale  titolo  {R.  Man- 
dati 1667-73,  fol.  176).  Era  dunque  il  successore  al  Festa. 

Al  20  dicembre  1675  concessione  a  Moisè  Finzi  eguale  a  quella 
liei  Civita,  il  qual  Finzi  ancora  al  30  dicembre  1680  aveva 
conferma. 


1024  LE    ARTI    MINORI 


A  di  16  aprile  1680  Antonio  Grandi  otteneva  patente  di  ve- 
traro  di  Corte. 

Nel  1695  si  concede  ad  Orfeo  Bornioli  e  compagni  1'  appalto 
de  vetri  e  cristalli  per  cinque  anni  e  ancora  al  7  luglio  1715 
aveva  conferma. 

Nel  novembre  1721  viene  dato  invece  a  Gerolamo  Bettinelli. 

E  con  tutte  tali  concessioni  1'  arte  non  si  mantenne,  né  ora  in 
Mantova  vi  è  fabbrica  di  vetri. 

Le  provviste  di  lavori  intagliati  in  vetro  e  di  specchi  sempre 
facevasi  a  Venezia,  come  pel  passato,  ed  anche  in  Milano,  come 
dimostreremo. 

D'  ordine  del  Duca  nel  1600  G.  B.  Guerriero  scriveva  all'  am- 
basciadore  mantovano  in  Venezia  : 

Essendomi  scritto  che  M.™  Anzolo  d'Anzoli  uno  di  quelli  mastri  da 
uetriate  che  condusse  il  serenissimo  signor  nostro  da  Venezia  che 
essa  ha  comperato  cristalli  per  seruitio  della  Galeria  di  S.  A.  col  ri- 
chieder anco  dinari  V.  S.  si  contentarà  di  fargli  sapere  che  quando 
li  parti  l'A  S.  ordinò  che  uolendosene  seruire  gli  haurebbe  fatti  auui- 
sare,  come  si  deuono  raccordare,  ma  douendo  esser  l'A,  S.  a  Casale 
aha  fine  di  questi  mesi  le  darò  conto  de  tutto  et  poi  della  mente  sua 
farò  auuisato  V.  S.  e  sarà  pagato. 

Luca  Tron,  che  già  abbiamo  conosciuto  fra  gli  orefici  in  Ve- 
nezia, cosi  scriveva  : 

Serenissimo  mio  Signore, 
Li  specchi  che  U.  A.  ordinò  che  si  facessero  colorati  al  N.°  di  400 
sono  finiti  et  belissimi  li  quali  a  13  gazette  l'uno  (per  quanto  me  dice 
il  mastro)  uengono  a  montar  lire  520  di  Vinetia.  Li  grebani  di  diversi 
colori  assai  belli  di  quelli....  inuiati  saranno  di  peso  alla  grossa  lib.  2000 
in  circa  et  uedra  pietre  o  lastrette  con  le  colonnelle  che  mi  ordinò  di 
quelli  colori  trasparenti  non  si  sono  possati  fare  se  non  poca  quan- 
tità per  essersi  leuati  i  fuochi  dalle  fornaci....  come  si  tornerà  il  fuoco 
non  mancherò  di  seruirla. 

Da  Venetia  12  agosto  1600. 

Di  V.  A.  S. 

humilissimo  senatore 

Luca   Tron. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  10~5 

Al  7  settembre  spediva  i  400  specchi  e  risulta  che  dei  grehani 
per  fontane  ne  furono  spedite  3000. 

Ercole  Udine  anabasciadore  mantovano  in  detta  citta,  il  16  lu- 
glio 1603,  scriveva  : 

Ebbi  le  sette  forme  di  vasi  che  S.  A  ordina  che  io  faccia  far  di 
Cristallo  qui  a  Murano. 

E  al  28  gennaio  dell'  anno  seguente  spedisce  a  Mantova  una 
cassa  grande  piena  di  vasi  da  distillare,  sei  vasi  di  terra  pello 
stesso  scopo,  cassette  di  solfo  e  argento  vivo,  due  sacchi  di  soda, 
una  cassetta  con  cristalli  di  una  finestra  per  la  galleria,  ed  un 
padiglione  di  Campo  fornito. 

Un  Pietro  Licini  Bonetti  da  Murano,  il  20  aprile  1624,  scriveva 
al  Duca  esser  pronto  a  venire  in  Mantova  «  per  far  una  fornace 
et  lauorar  d'ogni  sorte  di  vetri  come  prima  S.  A.  gli  aveva  ordinato  ». 

Non  trovai  il  seguito. 

Veniamo  ora  alle  provviste  fatte  in  Milano,  donde  cosi  scrivesi 
al  Duca  : 

Serenissimo  Signore, 

Piacque  a  V.  A.  S.  l'altro  hieri  commandarmi  di  farle  hauere  la 
misura  del  uaso  di  cristallo  guarnito  d  ai'gento  nel  quale  si  conserua 
il  santiss.'"o  chiodo.  Io  pensando  di  hauerlo  dall'orefice  che  lo  fece  et 
hauere  il  modello  ho  trouato  che  più  non  uiue  et  a  farne  il  disegno 
compito  bisognerebe  far  calare  il  Santo  Chiodo  dal  luogo  dove  sta 
riposto  o  farui  ascendere  un  perito,  il  che  non  si  può  fare  senza  sa- 
puta dell'  Ill.i"o  Signor  Cardinale  che  tiene  le  chiaui  et  per  non  chie- 
derle senza  ordine  di  V.  A.  S,  le  mando  per  bora  l'allegato  foglio 
nel  quale  sta  delineata  la  grossezza  et  lunghezza  di  detto  uaso  tolto 
dal  uacuo  della  croce  nella  quale  si  ripone  quando  si  porta  in  pro- 
cessione e  si  espone  sull'altare. 

Ho  fatte  celebrare  le  dodici  mes?e  che  V.  A.  comandò  a  honore 
del  Beato  Carlo  pregando  il  Signore,  ecc. 

Di  Milano  alli  XViij  di  Xbre  1603. 

Di  V.  A.  S. 

humilissimo  et  deuotissimo 

Scruo 

Bart.°   Giorgi 


1026  LE    ARTI    MINORI 


La  seguente  era  diretta  al  conte  Alessio  Strozzi,  ambasciadore 
mantovano  in  Milano. 

Francesco  per  la  gratta  di  Dio  Duca  di  Mantooa 

et  Monferrato  ecc. 
Conte  nostro  Carissimo, 

Conforme  all'ordine  nostro  datoui  sotto  li  30  del  passato  farete 
sborsar  a  Gabriel  Saracco  lapidario  di  cristalli  li  duoi  milla  ducatoni 
che  ui  furono  ultimamente  rimessi  da  Casale  pigliandone  sua  ricevuta 
sotto  il  titolo  di  prestito  che  gli  facciamo  per  far  una  compra  di  cri- 
stalli con  promessa  di  restuirceli  o  farceli  buoni  nei  detti  Cristalli 
conforme  al  capitolato  fra  Noi  con  scrittura  firmata  dal  sudd.'o  Sa- 
racco sotto  il  giorno  di  hoggi  e  della  ricevuta  farete  far  due  copie 
simili  per  mandarne  una   a  Noi  et  per  restar  l'altra  in  mano  nostra. 

Francesco 

Di  Mantooa  li  25  aprile  1612. 

Ricorderemo  di  aver  conosciuto  fra  gli  orefici  Gabriele  Sa- 
racco. 

Il  Gran  Duca  di  Toscana,  il  4  di  aprile  1617,  ringrazia  sua 
sorella  Duchessa  di  Mantova  pel  dono  di  un  prezioso  bicchiere 
«  veramente  bello  ».  Scherzando  sulla   grandezza  le  scrive  : 

....  di  già  ella  à  i  gran  calici  che  sogliono  usarli  in  Lombardia, 
si  ricorda  più  de'  bicchierini  di  Toscana  ....  ma  sia  comunque  si  uo- 
glia  io  ho  fatto  gran  carezze  a  questo  bicchiere  et  ui  berrò  uolentie- 
rissimamente  et  così  V.  A.  sarà  sicura  che  almeno  quando  io  beuerò 
mi  ricorderò  sempre  di  lei  ... . 

E  poi  scrivevagli  la  seguente  : 

Serenissima  Signora  mia  Sorella, 

Non  son  mai  arriuati  i  maestri  da  lauorar  cristallo  che  per  mezzo 
del  conte  Senesi  io  chiesi  circa  un  mese  fa  a  V.  V.  A.  A.  hauendo 
inteso  che  nella  Terra  di  Altare  doue  si  fa  professione  di  questa  arte 
uè  ne  sono  degli  eccellenti  et  son  già  tre  settimane  che  il  med.o  Conte 
Senesi  scrisse  al  Cav.°   Cioli  che  si  aspettauano  costà    il    giorno    ap- 


I 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1027 


presso  incamminati  per  qua  et  da  che  l'istesso  Conte  e  tornato  a  Bo- 
logna io  gne  ne  ho  fatto  ricordare  insino  con  speditione  espressa  et 
egli  ha  risposto  che  uerranno  et  ad  ogni  modo  non  compariscono.  El 
perche  questa  speranza  mi  ha  ritenuto  dal  farne  uenire  da  altre  bande, 
et  intanto  la  mia  fornasetta  qui  nel  Giardino  di  Pitti  patisce  . .  . 

E  per  ciò  la  prega  d' intervenire  per  appagarlo. 

Di  Firenze  3  ay.  1618. 

a(f.'"o  fratello 
Il  Gran  Duca  di  T. 

AUi  11  agosto  scrivevale  nuovamente  : 

Con  troppo  gran  reputazione  del  loro  mesterio  et  della  sufficienza 
mi  pare  che  habbiano  uoluto  trattare  quei  maestri  di  Cristalli  ;  poiché 
doppo  hauere  indugiato  con  qualche  danno  della  mia  fornacetta  un 
mese  più  di  quel  che  bisognava  a  muoverli  si  sono  poi  fermati  costi 
a  uoler  capitolare  et  essendone  intanto  comparsi  dei  più  ualenti  di 
Murano  per  hauer  solamente  sentito  che  io  faceva  fare  questa  forna- 
cetta io  mi  risoluo  a  pregar  V.  A.  mentre  la  ringrazio ,  dei  pensieri 
^t  brighe  hauute  in  ciò  che  ella  gli  licenzii,  acciò  se  ne  possano  ri- 
)rnare  alle  case  loro. 

Il  cardinale  de  Medici  da  Siena,  il  6  maggio  1619,  ringraziava 
[I  Duca  di  Mantova  suo  cognato  per  varie  «  casse  de  quadri  di 
Jhristalli  de  quali  V.  A.  mi  fauorisce,  gli  farà  portar  alla  sua 
rilla  di  Corezzi  ». 

La  Gran  Duchessa  di  Toscana  presentava  ringraziamenti  il 
LO  agosto  1621  al  cognato  Duca  di  Mantova  per  regalo  «  delle 
|ue  belle  campade  di  Christallo  di  montagna  ». 

E  suo  marito  nello  stesso  di  faceva  il  medesimo  pel  bellis- 
imo  bicchiere  di  cristallo  di    montagna. 

Da  queste  relazioni  con  Firenze  abbiamo  altra  prova  che  delle 
randi  provviste  in  cristalli  la  Corte  di  Mantova  si  faceva  poi 
morosa  donatrice  alle  consorelle. 

Abbiamo  già  fatto  conoscenza  di  Achille  Montano,  che  doveva 
apprender  l'arte  in  Altare,  eccolo  ora  maestro  : 


Ì028  LE    ARTI    MINORI 


Serenissimo  Signore, 

Achille  Montano  vetraro  sudditto  di  V.  A.  dall'Altare  essendosi 
transferito  in  queste  parti  a  seruirmi  si  maritò  honoratamente  et  doppo 
d'hauer  tenuto  casa  in  questa  città  alcuni  anni  con  soddisfatione  mia 
e  di  tutti  giunse  finalmente  a  morte  con  lasciar  la  moglie  con  quattro 
figliuoli  piuttosto  in  necessità  che  altrimenti.  E  però  intendendo  hora 
essa  vedova  et  li  tutori  delli  figli  del  d.to  Achille  che  al  paese  si  tro- 
vano alcune  facoltà  et  diritti  che  pervengono  di  ragione  alli  pupilli 
loro  hanno  dato  carico  a  Domenico  Piazza  corriere  et  seruitore  antico 
di  questa  casa  che  uada  a  ueder  di  ricuperarle  ....  » 

Cosi  raccomanda  l'affare. 

Di  Monaco  li     ?     di  Giugno  1620  di   V.  A. 

seruitore  a/J."'^° 
Guglielmo  (Duca  di  Baviera) 
Al  Ser."^o  Sg.  il  Sg.  Duca 
di  Mantova 

Poiché  abbiamo  avuto  occasione  di  conoscere  più  vetrai  di 
Altare  noteremo  che,  secondo  tradizione,  l'origine  delle  officine 
vetrarie  in  questo  luogo  risalirebbe  al  1000  ;  ancora  oggidì  è 
coltivata  questa  industria  e  nell'esposizione  di  Milano  del  1881 
fu  premiata  con  medaglia  d'argento,  e  altra  d'oro  ebbe  la  Società 
per  tale  arte.  I  vetrai  altaresi  ebbero  pure  la  nobiltà,  e  si  po- 
tranno vedere  i  blasoni  di  vari  di  loro  nel  libro  La  Verrerie  et 
les  Geniìlshommes  verriers  de  Nevers  par  Vabhé  Boutiliér,  edito 
a  Nevers  nel  1885. 

Preferisco  sempre  nella  chiusura  delle  sezioni  di  riportare  dei 
giudizi  complessivi,  dati  da  stranieri  sulle  nostre  arti,  così  in 
questa  do  luogo  a  quanto  segue  : 

«  Si  les  fabbriche  di  conterie  on  fait  la  fortune  des  verriei 
«  vénitiens ,  les  piéces  d'apparat ,  de  luxe ,  de  fantaisie  et  les 
«  verres  de  seruices  de  table  on  fait  leur  gioire.  Les  Vénitiens 
«  ont,  à  fort  peu  d'exceptions  prés,  mis  en  oeuvre  toutes  les  res- 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1029 


«  cources  que  leur  offrait  la  matiére  ;  ils  ont  produit  des  verres 
<  incolores,  unis  ou  craquelés,  des  verres  teints  dans  la  masse,  des 
«  verres  sablès  d'  or  des  verres  filigranés,  gravés,  dorés,  éraaillés. 
«  Selon  le  gout  du  decorateur,  les  verres  en  verre  blanc  ou  teint 
«  étaient  homogénes  ou  avec  des  anses  et  des  pieds  d' autres 
«  couleurs,  de  godrons  et  des  masques  dorés  ;  on  usait  en  un 
«  mot,  de  toutes  les  combinaisons  pour  embellir  l'objet.  Sous  ces 
«  aspectes  multiples,  les  verries  ont  constitué  un  genre,  le  verre 
«  de  Venise,  qui  est  reste  le  type  de  la  finesse  et  de  l'elegance, 
«  il  n'est  pas  possible  de  décrire  toutes  les  formes  qu'  ils  ont 
«  données  a  leurs  produits  coupes,  calices,  buires,  hanaps,  ai- 
«  guiéres,  verres,  cylindriques,  coniques  et  toutes  les  variétés  de 

«  leur  decors Les  verriers  venitiens  etaient  des  artistes  .... 

«  Les  Venitiens  ont  compris  les  qualités  expressives  du  verre, 
«  et  c'est  là  la  veritable  raison  de  leur  supériorité  dans  cet  art 
«  difficile  »  (Gerspach,  L'Ari  de  la  vetrerie). 


RiCAMATORi,  Arazzieri,  Orpellari,  Sellari,   Librai. 

Eccomi  giunto  all'ultima  sezione  del  mio  lavoro.  Se  il  ricama 
é  arte  antichissima,  come  risulta  da  citazioni  nelle  vetuste  storie, 
mancano  le  prove,  troppo  debole  essendo  la  materia  sulla  quale 
r  artefice,  qual  pittore,  dipinse  coll'ago  e  con  opportune  sete  o 
^  lane  colorate  disegni  finisssimi  od  elegantissimi  ornati.  Qualche 
frammento  si  può  vedere  ne'  musei  e  meglio  nei  dipinti  e  nelle 
\,  sculture,  che  riprodussero  vestiari  da  provarci  che  il  ricamatore 
iveva  vera  conoscenza  del  disegno,  dei  colori ,  gusto  nell'unirli 
sd  attitudine  alla  creazione  di  soggetti  da  vincere  per  verità  di 
limitazione  la  pittura  stessa.  L'arte  del  ricamo  sta  unita  con  quella 
jdel  tessitore,  da  cui  deve  avere  il  campo  pei  suoi  lavori ,  con 
l'orificeria  e  gioielleria,  con  i  margaritai ,  i  perlai  in  vetro  pei 
jrandi  ornati,  portati  sulle  figure  ricamate. 

Famosi  furono  i  ricaraatori  milanesi  fin  dal  secolo  XV.  Vasari 
Kcorda  Girolamo  Cicogna,  ricamatore  e  ingegnere  veronese. 


1030  LE    ARTI    MINORI 


L'arazzo  distinguesi  dal  ricamo,  perché  le  sue  figure  ed  i  suoi 
ornati  non  sono  soprapposti,  ma  fanno  parte  integrante  del  me- 
desimo Quest'arte,  pure  antichissima,  pare  importata  dall'Oriente 
in  Europa.  L'Italia  volle  esser  regina  anche  in  essa;  e,  cono- 
sciuto che  i  migliori  arazzieri  erano  i  fiamminghi ,  fin  dal  prin- 
cipio del  secolo  XV  ne  furono  invitati  in  diverse  Corti  e  città, 
facilitando  loro  l'apertura  di  officine.  I  Gonzaga  fin  dal  1419 
ebbero  arazzi,  operati  in  Mantova  da  artefici  fiandresi,  cui  tosto 
si  unirono  altri  italiani;  Venezia  non  tardò  ad  avere  officine  e 
tenne  anche  grandi  depositi  di  arazzi  da  provvedere  a  chiunque, 
tanto  in  Italia  quanto  all'estero;  Ferrara,  Urbino,  Siena,  Firenze 
ed  altre  città  ebbero  loro  officine  nel  secolo  XV;  ma  non  furono 
stabili,  dipendendo  molto  dalla  generosità  dei    sovrani. 

Nel  secolo  XVI  l'Italia  rivaleggiava  negli  arazzi  perfino  con  i 
suoi  primi  maestri  :  i  fiamminghi. 

Pochi  arazzieri  sono  conosciuti  ;  dacché,  oltre  non  aver  segnato 
i  loro  tessuti  che  con  qualche  monogramma  indecifrabile,  questo 
per  lo  più  non  nascondeva  il  nome  dell'artefice ,  bensì  quello 
dell'  ofBcina.  Conosciamo  fra  i  migliori  italiani  Francesco  da 
Ferrara,  Giovanni  Piemontese,  Benedetto  da  Milano  ,  che  avreb- 
bero vinto  i  fiamminghi. 

Nel  secolo  XVII  l'arazzeria  in  Italia  era,  si  può  dire,  scom- 
parsa dall'alta  Italia  ;  vi  erano  officine  a  Firenze  e  Roma,  senza 
contare  i  depositi  in   Venezia. 

La  moda  aveva  fatto  preferire  fin  dal  secolo  XVI  agli  arazzi 
i  cuoi  dorati,  inargentati,  figurati;  e  di  quest'arte,  venuta  di  Spagna, 
l'Italia  non  mancò  anche  d'impadronirsi;  e  fin  dal  secolo  XVI 
sorsero  fabbriche  in  Roma,  Venezia,  Ferrara,  Bologna,  Modena, 
che  ne  provvedevano  alle  Corti  italiane. 

Il  Garzoni  {La  Piazza  Universale  di  tutte  le  professioni  del 
Mondo)  sul  principio  del   secolo  XVII  scriveva  : 

«  Ma  quei  particolari,  che  trovarono  l'arte  di  corami  d'oro, 
«  tanto  nobili  e  pregiati  a  tempi  nostri  meritano  veramente  somma 
«  gloria  et  honore  per  essersi  mostrati  huomini  singolari  e  di 
«  gran  giudicio,  aggiungendo  una  tal  perfettione  a  quell'arte  ....  » 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1031 


Ma  in  quello  stesso  secolo  perdettero  il  loro  grande  uso  nelle 
decorazioni,  e  scomparvero  le  fabbriche,  come  erano  scomparse 
quelle  per  arazzi. 

Vennero  in  voga  i  tessuti  serici,  damascati,  velutati  e  si  fini 
con  la  carta  impressa. 

Il  sellaio  partecipa  dell'intagliatore  in  legno,  del  ricamatore  e 
dell'orpellaro  ;  però  anche  le  selle  ornatissime,  ma  pesanti,  la- 
sciarono il  posto  a  quelle  di  puro  cuoio. 

Il  legatore  da  libri  sulle  copertine  era  orpellare,  ricamatore 
nei  segnacoli,  orefice  nei  fermagli  e  nelle  borchie.  Come  oggidì 
sono  ricercatissimi  i  lavori  degli  orpellari,  non  lo  sono  meno  le 
legature  librarie. 


SECOLO  XV. 


Ricamato  RI. 


Ecco  i  ricamatori  operanti  in  Mantova. 

Nelle  spese  di  papa  Martino  V,  allorquando  dal  25  ottobre  1418 
il  7  febbraio  1419  fu  in  Mantova,  il  Muntz  (Les  arts  à  la  Cour 
ìe  Papes)  porta  pagamenti  ai  ricamatori  Rinaldo  da  Colonia  e 
■"rancesco  da  Mantova ,  Luca  de  Capellis,  che  paiono  allora  re- 
bidenti in  Mantova. 

Nicolao  ricamatore,  figlio  di  Francesco,  nel  1436  (13  ottobre) 

ibitava  in  Via  del  Leopardo,  e  nel  28  agosto  é   qualificato    cit- 

idino  mantovano.  Era  ancora  vivo  nel  1443  ;  ma  altro  non  vidi 

\ì  lui  (R.  Decreti  et  Mandati  1436-46,  fol.    68,  82,  194   e  234). 

Risulta  che,  a  di  1°  agosto  1451,  mastro  Antonio  ricamatore 
Mantova  aveva  per  famigliare  Giovanni  tedesco  {Idem  1450-3, 
fol.  117). 

Bianchine  ricamatore,  dalle  carceri  di  Mantova  (IO  settembre 
1458),  supplicava  la  marchesa  Barbara   Gonzaga  per   cambio  di 


1032  LE    ARTI    MINORI 


prigione,  acciocché  potesse  lauorare  polito.  Era  in  prigione  da 
due  anni  e  mezzo. 

Al  27  dello  stesso  mese  si  lamentava  nuovamente  di  dover  re- 
stare ozioso;  domandava  lavoro  in   carcere. 

Nicolasio  Rodiano  da  Ostiglia  (16  settembre  1462)  ringraziava 
la  marchesa  Barbara  suddetta,  del  dono  d'un  cordoncino  da  chiave, 
lavoro  di  mastro  Paris. 

«  Lanzillotto  da  Sesso,  dito  di  Scupi  rechamatore  »  in  Man- 
tova nel  luglio  1477,  e  poi  nel  settembre  1480  rivolgevasi  al 
Marchese  per  esser  pagato  per  lavori  fatti. 

Gio.  Antonio,  ricamatore  in  Mantova,  nell'agosto  1490  doman- 
dava al  Marchese  argento  e  danaro  per  finire  i  lavori  commes- 
sigli, cioè  «  uno  zuppone    e    uno  mantelleto  da  barberi  ». 

La  marchesa  Isabella ,  a  di  24  settembre  1499,  scriveva  al 
Vicario  di  Revere,  raccomandandogli  mastro  Romano,  nostro  ri- 
camatore e  famigliare ,  il  quale  veniva  a  Revere  per  un  suo 
affare. 

In  quanto  a  gelazioni  fuori  dello  Stato  trovo  che,  a  di  23  mag- 
gio 1479,  Filippo  de  Rongoni  o  Ronzoni  maistro  da  panar  orti  da 
Venezia  scriveva  al  Marchese  di  Mantova  per  essere  pagato  di 
certe  trabacche.  Lo  comprendo  fra  i  ricamatori,  poiché  i  padi- 
glioni, le  bandiere,  le  trabacche  potevano  aver  ricami. 

Giovanni  de  Barcorentini,  ricamatore,  da  Milano  scriveva,  il  pe- 
nultimo maggio  1486,  al  Marchese  di  Mantova,  ricordandogli  la 
leale  e  fedele  servitù  al  padre  del  Marchese,  defunto  ;  supplicava 
il   figlio  a  dargli  del  lavoro,  e  poi  : 

Vnde  ritrouandomi  hauere  certi  ricami  per  uno  paro  de  barde  in 
et  qualle  gli  intra  el  colo  insieme  molto  bellissimi   et   signorili . 

Presenta  il  disegno  di  esso  ricamo  a  mezzo  di  certo  Cristofor 
perchè  a  cagione  del  dazio  non  può  mandare  i    ricami.    Attende 
la  decisione. 

Vediamo  altra  prova  di  quanto  già  abbiamo  notato  che  i  ri- 
cami servivano  per  le  armature  ed  anche  per  quelle  dei  cavalli 


ALLA.    CORTE    DI    MANTOVA.  1033 


Arazzieri. 

Passando  ora  agli  arazzi,  io  riassumerò  quanto  già  fu  ripetu- 
tamente pubblicato,  aggiugnendo  quel  poco  che  io  ho  trovato  di 
inedito  negli  archivi  dei  Gonzaga  in  Mantova. 

Fin  dal  1399  abbiamo  documenti,  che  ci  fanno  conoscere  che 
Francesco  Gonzaga  aveva  più  arazzi  fatti  a  Parigi.  Risulta  poi 
anche  che  già  nel  1356  un  Giacomino  da  Lione  aveva  in  Man- 
tova un  deposito  di   drappi. 

Un  Nicolò  di  Francia  apparisce,  a  di  11  marzo  1420,  qua! 
stipendiato  di  Giovanni  Francesco  Gonzaga  col  titolo  di  maestro 
di  apparamenti  ;  pel  quale  il  pittore  Giovanni  Corradi  formava 
disegni  di  armi  e  di  fogliami  ;  ed  era  pur  pagato  Andrea  di  Ca- 
stello per  fornitura  di  lana  allo  stesso  Nicolò. 

Da  ciò  si  può  arguire  il  primo  impianto  di  una  «fabbrica  di 
arazzi  in  Mantova. 

Nel  1421  è  accennata  Maria  di  Bologna  col  titolo  di   maestra 

di  apparam£nti,  poi  Zanino  de  Frantia  magister  ab  apparam^ntis, 

a  bancalibus  a  tapesariis  o  m.agister   iapezarius ,   secondo   i  vari 

locumenti  che  lo  riguardano  nei  venti  anni  e  più  di  servizio  alla 

Jorte  mantovana.  Era  egli  figlio  di  un  Tomeo  ed  aveva  sposata 

*aola  Buzzoni  mantovana. 

Dopo  il  1442  non  si  hanno  più  notizie  in  Mantova  di  questo 
arazziere,  dei  cui  lavori  sono  accennati  alcuni  bancali  di  lana  con 
)ro  e  seta,  delle  insegne  marchionali. 

Risulta  che  portavasi  a  Venezia  con  altro  tappezziere  per  prov- 
viste di  sete  colorate. 
Erano  suoi  colleghi  in  Mantova  Guidone  ed  Adamante  francesi, 
quali  fin  dal  1426  appariscono  stipendiati  della  famiglia  Gonzaga. 
Maestro  Anichino  tappezziere  nel  1433  riceveva  lire  10  per 
stipendio  di  due  mesi  nel  rappezzare  tappezzerie. 

Un  Bartolomeo  Cremaschi  da  Rodigo  nel  Mantovano  è  ricor- 
dato dal  1433  al  1444. 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  54 


1034  LE    ARTI    MINORI 


Rinaldo  di  Gualtieri  fiammingo  tappezziere,  che  era  il  Boteram  da 
Bruxelles,  dopo  essere  stato  a  Siena  e  in  Ferrara  passò  in  Mantova 
dal  1449  fino  verso  il  1457.  Aveva  seco  mastro  Pietro,  forse  pa- 
rente, e  altri.  Licenziatosi  nel  marzo  1457,  Lodovico  Gonzaga  lo 
raccomandava  al  Duca  di  Modena ,  qualificandolo  «  già  nostro 
tapezziere  in  casa  ». 

Restarono  in  Mantova  suoi  compagni  de'  quali  due,  nel  1458, 
fuggiti  in  Ferrara,  ebbero  il  perdono  pel  ritorno.  Giacomo  Bol- 
lanti di  Terra  d'Otranto,  venuto  in  Mantova,  forniva  loro  disegni 
per  arazzi. 

Rinaldo  suddetto  non  cessava  le  sue  relazioni  coi  Gonzaga, 
come  risulta  dal  suo  carteggio  dell'anno  14G0  al  1474,  tanto  da 
Ferrara  quanto  da   Bruxelles. 

Era  pure  in  Mantova  Maffeo  de  Mafeis,  tappezziere,  come  si 
conosce  da  sue  lettere  dell'  ultimo  novembre  1463  e  28  aprile 
1468  alla  marchesa  Gonzaga  per  aver  soccorsi.  Egli  nel  1465 
dovè,  portarsi  a  Venezia  a  comperar  di  lana ,  seta  e  oro  per 
eseguire  un  appartamento   disegnato  da  Andrea  Mantegna. 

Non  è  stato  trovato  da  altri  che  Bengarda  de  Gonzaga,  mar- 
chesa d'  Este,  da  Ferrara,  il  3  agosto  1466,  scrivesse  alla  mar- 
chesa Barbara  in  Mantova  : 

Lo  presente  portadore  si  è  uno  maestro  Zobanne  de  Pranza  bono 
tapeciero  come  V.  Ill.^ia  S.  perà  conoscere  per  le  sue  opere,  quale 
me  ha  pregato  lo  uoglia  alla  prelibata  V.  L  S,  raccomandare  unde 
da  pietà  mossa  hauendone  quella  de  bisogno  lo  raccomando. 

Egli  nel  1491  otteneva  dal  marchese  Francesco  una  pezza  di 
terreno,  nella  Via  del  Mastino,  per  erigervi   un  edifizio. 

Nel  1469  la  Corte  di  Mantova  mandava  il  tappezziere  Simone 
in  Firenze  per  acquisto  di  sete  ed  oro  ad  uso  dei   suoi  lavori. 

Dal  1471  appaiono  i  nomi  dei  tappezzieri  Lorenzo  e  Ruggiero  ;| 
e  che  in  Mantova  si  lavorassero  tappeti  abbiamo  prova  nel  1473J 
da  una    lettera    del  cardinale  Gonzaga,  che    da  Bologna  invia 
Mantova    Nicolò    Columbino  e  Antonio    Barisino   «  affinchè  pos-J 
sano  imparare  a  far  tappeti  ». 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1035 


Dei  parenti  di  Rinaldo  di  Bruxelles  era  ancora  in  Mantova  un 
Rigo  nel  1474  ;  e  Rinaldo  stesso  nel  1479  venne  in  Mantova  ed 
ottenne  nell'anno  dopo  nuova  concessione  d'importazione. 

Sono  nel  1475  menzionati  in  Mantova  i  tappezzieri  mastro  Ru- 
hichetto,  Enrico,  Gioanni  e  Pietro  Busele.  Il  primo  francese,  gli 
altri   fiamminghi,  parenti  del  Botram. 

Francesco  degli  Acerbi  tappezziere  dal  1475  al  1478  si  cono- 
sce da  una  lettera  aver  lavorato  pei  Gonzaga. 

Un  mastro  Bartolomeo  risulta  nel  1493  avere  in  Mantova  una 
sua  particolore  fabbrica  di   arazzi. 

La  marchesa  Isabella  Gonzaga  estense  nel  maggio  1496  spe- 
diva a  Venezia  mastro  Pedro  iapezero  per  compere  di  arazzi 
ad  uso  della  sua  camera  ;  di  altri  pel  suo  studio  nel  dicembre 
1497  incaricava  l'orefice  Pagano  dell'acquisto. 

Da  ciò  si  potrebbe  credere  che  in  Mantova  fosse  cessato  il 
lavoro  di  arazzi. 

Questi  si  prestavano  a  vicenda  le  Corti  italiane  nelle  occasioni 
di  festini.  Francesco  Gonzaga  nel  1488  domandavane  ed  ottene- 
vane  dal  Duca  di  Ferrara  per  festeggiare  il  Duca  di  Milano  ed 
litri  signori. 

La  Marchesa  del  Monferrato  da  Casale  1'  11  novembre  1494 
ringraziava  il  Marchese  di  Mantova  per  «  li  arzenti  e  tapezarie, 
che  quella  ni  li  zorni  proxime  ne  prestò  ».  Glieli  restituiva  a 
mezzo  di  Galeotto  Del  Carretto,  offerendosi  per  la  reciprocità  di 
impresti  to. 

Orpellai,   Sellai. 

Ili  quanto  ai  lavoratori  in  cuoio  devo  comprendere  anche  i 
>ellai  benché  spesso  si  trovino  coi  ricamatori. 

Frate  Raffaello  da  Brescia  nel  convento  di  S.  Barnaba  in  Man- 
tova, a  di  12  maggio  1462,  raccomandava  al  Marchese  di  Man- 
tova «  Piero  da  Bressa  habitante  in  Castiono  de  le  Streuere 
idoneo  mastro  de  selle  et  de  barde  »  che  desiderava  servire  la 
Casa  marchionale  e  1'  esercito  di  selle    e    alabarde   accontentan- 


1036  LE    ARTI    MINORI 


dosi  di  guadagnar  ;  «  per  ogni  duoy  denari  uno  »  purché  il 
Marchese  fornisse  il  denaro  per  metter  su  la  bottega,  in  cui  egli 
lavorerebbe  «  eum  uno  lauorente  e  cum  uno  garzone  »  preten- 
dendo ducati  5  «  de  oro  »  al  mese  per  le  spese  per  tutti  tre, 
«  come  usitato  dalla  Corte  ».  La  casa  a  gratis  per  far  la  bottega. 

Prometteva  :  «  fare  fusti  de  sua  mano  de  ogni  rasone  ala  na- 
politana  e  ala  franziosa  al  modo  de  Lamagna  e  alla  moderna 
pizoli  grandi  e  mezani  fusti  busi  da  portare  molta  quantitade 
de  ducati  etiam  nascosti  fusti  da  donna  e  fusti  da  maschi  per 
tre  modi  et  coprirli  de  sua  propria  mane  de  ueluto  de  panno  de 
corame  per  ogni  modo  ed  ogni  foza  ; 

«  Item  de  li  fornimenti  longi  e  de  ogni  sorte  inbrocati  de  ottone 
de  ferro  staginato  e  de  panni  frapati  e  de  corame  rosso  e  de 
negro  alla  franzosa  per  ogni  modo  et  ad  ogni  foza  sgorbiati  ad 
ogni  modo. 

«  Item  selle  de  donne  per  tre  modi  ....  » 

Non  mi  venne  sotto  gli  occhi  il  risultato  della  raccomanda- 
zione, come  l'esito  di  una  consimile  domanda  di  metter  su  bot- 
tega, fatta  al  Marchese  di  Mantova,  da  un  mastro  Alouixlus  sei- 
laro,  che  trovavasi  in  Mantova  nel  1479. 

Giorgio  Brognolo,  agente  della  Corte  mantovana  in  Venezia, 
scriveva  (19  maggio  1490)  al  Marchese  : 

Heri  scrissi  a  la  Ex.  V.  come  uno  Matheo  de  Thomaso  da  Ragusa 
auea  mandato  qua  due  casse  cum  sette  selle  turchesche  et  certe 
pelle  de  cordoano  et  li  rimandai  la  litera  de  esso  Matheo  ne  la  quali 
li  specificasse  el  tutto. 

E  faceva  la  spedizione  delle  casse. 

Il  Marchese  (2  agosto  1463)  ordinava  al  Tesoriere  di  prov- 
veder r  opportuno  denaro  a  M.  Antonio  Sellaro  per  far  «  unr 
sella  de  veluto  cremesino  ». 

La  Marchesa  Isabella,  a  di  8  agosto  1495,  scriveva  a  Fran- 
cesco de  Castello  in  Ferrara  per  ordinargli  l'acquisto  di  coraraj 
lavorati,  secondo  il  disegno. 

E  questo  secolo  ci  ha  offerto  quanto  basta  per  darci  una  buont 
idea  delle  arti,  di  cui  è  oggetto  questa  sezione. 


ALLA    CORTK    DI    M  VNTOVA.  1U37 


SECOLO    XVI. 


RlCAMATORL 


A  di  4  ottobre  1504,  moriva  in  Mantova,  d'  anni  65,  mastro 
Doli  ricama tore  di  Cugni,  di  cui  altro  non  scoprii. 

Il  Marchese  di  Mantova ,  a  di  22  settembre  1505,  sollecita 
mastro  Jacomo  ricamatore  pel  finimento  dei  lavori  ordinatigli,  che 
devono  essere  spediti  in  Francia. 

Ed  egli  nel  giorno  dopo  da  Mantova  rispondeva,  notando  che 
«  in  fondi  de  tore  si  lauora  di  e  notte  in  dieci  persone  ....  et 
uno  drapo  da  batizar  longo  braza  4  e  largo  uno  e  mezo  e  meza  quarta 
lauorato  tuto  d'oro  ala  dalmaschina  come  uno  Jesus  in  mezo 
comò  ozeli  animali  di  diuersi  sorti  »  e  offre  anche  altri  ricami 
in  cambio  di  frumento.  Si  firma  «  El  nostro  Vasaio  Jacomo  ri- 
camatore ». 

Sembrerebbe  che  si  lavorasse  nelle  torri  del  castello  di  Mantova. 

Una  Arestea  Serra,  ebrea,  da  Quistello  scriveva  alla  Marchesa 
che  non  può  finire  il  lavoro,  mancandogli  oro  e  non  trovando- 
sene in  quel  luogo  (26  settembre  1506). 

La  marchesa  Isabella,  il  10  ottobre  1506,  faceva  conoscere  al 
suo  signor  marito  che  gli  manderà  il  domandato  cappello,  osser- 
vando però  che  mastro  Bernardino  della  Armeria  non  ne  aveva 
trovato ,  secondo  il  bisogno  ;  cosi  ella  stimerebbe  meglio  farne 
eseguire  uno  da  Giovanni  ricamatore  con  gioie  ben  disposte  e 
non  molte  e  piccole.  Si  farà  restituire  dalla  Duchessa  d'  Urbino 
una  bella  filza  di  gioie  che  le  ha  prestato,  mancando  presso  sé 
le  necessarie;  tanto  più  che  ne  furono  spedite  in  Francia  a  mezzo 
di  Joan  Francesco  de  la  Grana  per  aver  in   cambio   tappezzerie. 

Al  20  stesso  : 

Coroo  me  sij  portato  il  capello  de  Feltro  quale  se  fa  secundo  che 
ha  ordinato  Bernardino  de  l'Armeria  subito  lo  farò  coprire  de  veluto 


1038  LE    ARTI    MINORI 


et  recamare  a  mio  modo  per  chel  sii  più  bello  gallante  che  si  può 
la  Ex.  V.  farà  che  abbia  presto  le  perle  che  haueua  la  duchessa  de 
Urbino. 

E  l'arte  di  fare  cappelli  e  berretti  ricamati  in  Mantova  fiori, 
trovando  che  le  Corti  rivolgevansi  volentieri  per  averne.  Da  quella 
di  Ferrara  il  27  gennaio  1512  s'interessava  confidenzialmente  la 
Marchesa  stessa  di  Mantova  per  avere  «  qualche  bello  schuf- 
fiotto  per  portare  in  capo,  hauendo  io  inteso  che  a  Mantova  gè  ne 
sono  de  summa  belleza  d'oro  e  facti  ellegantemente  ».  Era  per 
uso  del  Duca  di  Ferrara  stesso  che  se  ritrovava  toso. 

Ne  furono  subito  spediti  cinque. 

Il  Marchese  mantovano,  volendo  regalare  il  famigerato  Pietro 
Aretino,  gli  manda  parecchi  scuffiotti  (24  marzo  1525). 

In  una  lettera  del  19  settembre  1531  al  Duca  di  Mantova  sì 
parla  di  uno  scuffiotto  dove  sono  ottanta  pezzi  di  diamanti  belli 
e  uno  d'oro  «  tutta  piena  di  giolie  »  fattagli  costrurre  dalla  Du- 
chessa sua  consorte. 

A  M.°  Augusto  ricamatore,  nel  1513,  morivano  di  p  este  la 
moglie  e  due  bambine. 

Si  ordinava  il  pagamento  (29  aprile  1531)  di  scudi  5  in  oro 
a  M."  Alessandro  pittore  e  ricamatore  per  certe  rebus  ex  serico 
per  eum  factis  pel  Duca  (i?.  Alandati  1531,  fol.   79). 

Giorgio  Ghisi,  il  19  ottobre  1581,  provvedeva  ricami  alla  Corte 
di  Mantova  e  ancora  al  26  novembre  1582  era  a  servizio  ducale, 
come  da  sue  lettere. 

Un  Girolamo  Costa,  mantovano,  ricamatore,  a  di  8  di  settembre 
1588 ,  scriveva  al  Duca  su  certi  saltatori,  che  sospettava  at- 
tossicati. 

Venivano  in  Mantova,  nel  1590,  Pietro  Paolo  Pagani,  ricama- 
tore milanese  ,  Vincenzo  bolognese  e  G.  B.  milanese  per  lavori 
di  S.  Altezza. 

La  Duchessa  di  Mantova,  a  di  6  settembre  1595,  concedeva 
a  Cesare  Rasetti  parmigiano  di  ritornare  in  patria  dopo  averla 
servita  in  Mantova  ,  qual  ricamatore  per  14  anni  {R.  Mandati 
1593-6,  fol.  330).  Ismael  Plouer    fiammingo  nel  luglio  1596  ar- 


I 


^\  ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1039 

rivava  in  Mantova    per    lavorarvi  ,  e  pella    stessa    ragione    nel- 
r  anno  dopo  Gio.  Antonio  Negri,  ricamatore  milanese. 

Venendo  alle  importazioni  in  Mantova  prima  per  data  presen- 
tasi da  Milano  poi  da  Venezia. 

Il    Marchese    ordinava    (29  maggio  1521)    al    Crossino  suo 
ambasciadore  in  Milano  : 

Apresso  vedi  se  ritroui  li  in  Milano  uno  Cruxifisso ,  una  nostra 
donna  et  una  S.  Caterina  fatte  de  recami  per  mettere  sopra  un  palio 
di  altare  che  sieno  ben  lavorate.  Se  non  li  trova  li  faccia  eseguire. 

Dal  25  settembre  1568  al  1°  agosto  1570  vi  sono  diverse  let- 
tere di  un  Giacomo  Antonio  ricamatore,  dirette  da  Milano  al 
Duca  di  Mantova,  quasi  tutte  sullo  stesso  soggetto,  cioè  esser  egli 
«  quello  che  fece  far  la  caretta  quando  V.  E.  prese  moglie  et 
che  fece  anco  quei  uestiti  all'IU."^^  Sig.  Lodouico  suo  fratello  » 
dichiarandosi  pronto  a  svelargli  chi  attenta  alla  sua  vita  purché 
sia  rimbosato  di  150  scudi,  di  cui  l'assassino  gli  è  debitore  e 
darà  prove  autentiche. 

Pare  che  non  si  sia  data  alcuna  importanza  a  tale  suo  segreto. 

Leonora  per  la  grada  di  Dio 
Ducile ssa  di  Manto o a  et  di  Monferrato 
Molto  Reoerendo  Monsignore,     _ 

Habbiamo    inteso    dalle    uostre  lettere  delli  26  del   passato  et    2  di 

questo  la  risolutione  di  quel  mastro  Tedesco  di  non  uoler    manco    di 

li  quattro  ducati  di  cotesta  moneta  per  la  fattura   di    ciascun    brazzo 

lei   ricamo    ch'era  nostra    intentione    ch'egli  facesse  il  che  parendoci 

)ppo  si  risoluiamo  di  non  uoler  per  adesso  farci  altro  come  ne  anco 

)n   le   donne    che    ci   auisate   uolerlo    fare    per  due  ducati  il  brazzo 

mendo  il  disegno  fatto  et  dandole  tutta  la  robba,  comendiamo  bene 

nostra  diligenza  et  amorevolezza  et  per   fine    ui    desideriamo    ogni 

)ntento.  Leonora 

Di  Mantova,  li  6  di  aprile  1594. 

il  molto  Reoerendo  Monsignor 

Protonotaro   Pomponasz-i 
ambasciadore  nostro  cariss.'"* 
In   Venetia 


1040  LE    ARTI    MINORI 


Arazzieri. 

Per  quanto  agli  arazzi  troviamo  in  Mantova  dal  1502  al  1505 
mastro  Giovanni,  forse  quello  che  vi  aveva  avuto  uno  stabile. 

Mastro  Zanino  moriva  nel  1507  di  anni  70,  ex  apostemate  in 
stomaco. 

Un  Giovanni  Francesco  è  accennato  dal  1508  al  1511. 

Dal  1511  al  1522  si  ha  menzione  di  M.'*  Martino  di  Fiandra 
tappezziere  ,  cui  il  Marchese  concedeva  una  condanna  di  lire  45 
per  compensarlo  expensis  faetis  uel  faeiendis  in  expediendis  et 
absolvendis  quibusdam  iapezariis  del  Marchese  stesso  {R.  Man- 
dati 1510-11,  fol.  177). 

Mastro  Martinus  tapecerius  de  Burselo  (Bruxelles)  moriva 
nella  Via  de'  Cervi  in  età  di  anni  55  il  28  novembre  1522,  dopo 
aver  sofferto  febbri  e  flusso  per  quattro  mesi. 

Un  Mastro  Pietro  nel  1511  lavorava  in  via  della  Serpe. 

Un  Giuseppe  è  accennato  in  una  investitura  del  1538  ;  e  nel 
1539  moriva  di  anni  50  M.°  Francesco  de  Benedetti  in  via  del 
Falcone. 

Vedremo  ora  uno  importantissimo  non  stato  avvertito  da  altri, 
come  operante  in  Mantova. 

Fcdericus  etc.  Hauendo  noi  condutti  in  questa  terra  Nicola  Charcher 
di  Burselles  Mjo  di  tappezzarle  perclié  l'habbia  da  tesser  per  la  Corte 
nostra  tappezzarle  secondo  gli  disegni  che  gli  faremo  dare.  Volerao 
eh' l'habbia  l'essentione  da  tutti  gli  Datij  per  lui  et  quelli  chel  pigliara 
a  lauorare  seco  che  saranno  in  tutto  undeci  bocche  acciò  che  facil- 
mente el  possa  hauere  delli  operai  et  lauorare  con  maggior  commo- 
dita  sua  però  lo  essentiamo  et  liberamo  dal  Datio  della  macina,  dal 
Datio  del  vino  e  di  qualunque  altra  cosa  chel  comprarù  o  condurà  a 
Mantova  per  il  uiuere  delli  detti  undici  bocche  per  tutto  il  tempo  che 
a  tale  effetto  el  starà  qui  commandando  alli  spcctabili  mastri  delle 
entrate  alli  Datiari  et  altri  officiali  nostri  alli  quali  spetta  e  spet- 
tarla che  osseruino  et  facciano  osseruare  inuiolabilmente   la    presente 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1U41 


essentione    al    predetto    Nicola  per  tutto  il  tempo  qual  stara  qui  per 

lauorarci  non  obstante  ordine  alcuno   perchè    cos'i    uolemo   liauendolo 

Noi  condotto  a  posta  per  noi.  Dat.  Mantuce  Viij  octohris  1539. 

Franciscus  Gazolus  Cancellarius 

Mand.  Domini  ex  Relatione 

MS'  D.  Sab.   Calandra    Ducalis 

secretarii  subscripsit 

Sab. 
(R.  Decreti  1538-42,  fol.  56). 

E  consimile  decreto  ottenne  ancora  sedici  anni  dopo  ,  di  cui 
ecco  l'estratto  : 

Gulielmus  etc.  Condesendentes  uotis  Mj''  Xicolcc  Charcher  de  Brus- 
ielle  tapetum  carice  noster  confector  qui  a  Nobis  petendum  curauit  ut 
exemptionem  sibi  concedere  uelimus  prò  duodecim  operariis   quos  ex- 

\*ercet  in  dictis  tapetis  ccnficiendis.  Tenore   presentis   decreti  etc 

Concedimus  dicto  Nicolao  prò  dictis  duodecim  operariis  seu  operariis 
Iperidtempus  quo  predicitce  Carice  nostrce  seruiet  imunitatem    et 
semptionem  macince  dati]  ....  faeimus  ab  omnibus  aliis  datiis  et  gra- 
iminibus  quibuscumque  per  dictum  tempus  .... 

Dat.  Mantuce  sub  fide    nostri    maioris  sigilli  die  XV  Julii  MDLV. 
Idem  1553-6,  fol.  220). 

Questo    Carcher    o    Karcher    è    quegli    stesso    che    in    società 
)n  Giovanni  Rost  nel  1546  aveva  pure  fatto  un    contratto    con 
Corte  toscana  per  fabbrica  di  arazzi  e   aveva    anche   lavorato 
quella  ferrarese,  dimostrandosi  eccellentissimo. 
Sarebbe  dunque  questo  Carcher  che  esegui  gli  stupendi  arazzi 
li  disegni  di  Raffaello,  fatto  accennato  dal    Volta    nelle    notizie 
)riche    su  Mantova,    ma    negato  «  come  opinione    interamente 
lisa  »  dall'  ultimo ,  che    scrisse  sugli  arazzi  mantovani  ;  mentre 
crebbe  dovuto  restringersi  a  notare  che  non  aveva    trovati  do- 
cumenti. 

E  dagli  esposti  e  seguenti  documenti  apprendiamo  che  la  fab- 
Srica  degli  arazzi  si  mantenne  in  Mantova  per  tutta  la  prima  metà 
del  secolo  XVI.  Un  Endimio  scrive,  al  1°  dicembre  1556,  al  Can- 


1042  LE    ARTI    MINORI 


celliere  ducale  per  meravigliarsi  che  M.°  Niccolò  tappezzerio  non 
gli  abbia  risposto  ,  avendogli  scritto  per  conto  di  Gio.  Mocenigo 
e  poi  fattogli  parlare  da  un  gentiluomo  ,  il  quale  ebbe  imperti- 
nenze «  io  mi  sono  meravigliato  che  M.  Nicolò  che  suole  essere 
«  la  dolcezza  et  amorevolezza  del  mondo  sia  diventato  cosi  ter- 
«  ribile  ,  r  ho  excusato  chel  mali  et  la  necessità  lo  dovranno 
«  stringere  ».  Finisce  con  raccomandarsi  affinché  l'arazziere  man- 
tenga la  promessa  «  di  fornire  doi  pezzi  a  questo  Natale  ».  Ed 
ecco  da  Venezia  rivolgersi  a  Mantova  per  arazzi.  Infatti  Nicolò 
Carcher  moriva  in  Mantova  nel  1562,  nel  qual  anno  aveva  sup- 
plicato il  cardinale  Ercole  Gonzaga  per  avere  un  sussidio  e  cosi 
poter  maritare  una  delle  tre    figlie,  che  aveva. 

Era  pure  morto  in  Mantova  nel  1540  un  mastro  Aluisio  araz- 
ziere, fiammingo,  di  anni  85,  nel  borgo  di  S.  Giorgio. 

Negli  anni  1547  e  1549  un  maestro  Giacomo  dalla  Porta  era  pa- 
gato per  aver  rappezzato  alcuni  tappeti  di  Corte  qui  erant  ruptl  et 
brasati  ;  e  cosi  faceva  Federico  del  Caletto  per  spalliere  a  verdura. 

Un  pagamento  trovasi  dal  1556  a  Sigismondo  Zarabelli,  quale 
arazziere. 

E  molti  bei  arazzi  il  Duca  di  Mantova  regalava  al  cardinale 
Borromeo  «  che  sono  certo  delle  belle  cose  che  oggi  si  possano 
vedere  »  come  scriveva  Bernardino  Pia  da  Roma. 

Per  quanto  a  provviste  fuori  dello  Stato  notiamo  che  nel  1502 
il  marchese  Francesco,  essendo  in  Francia,  comperò  a  Lione  pa- 
recchi arazzi  e  molti  altri  il  marchese  Federico  nel  1531  faceva 
acquistar  in  Ferrara. 

L'ambasciadore  mantovano  in  Venezia,  al  primo  gennaio  del 
1554  spediva  : 

....  quattro  pezzi  de  Razzo  delle  qualità  che  si  contiene  in  le  in- 
cluse polize  per  le  quali  potrà  intendere  il  prezzo  .... 

L'Historia  di  Jacob  scuti  uno  et  mezzo  sala  pezzi  10. 

»  di  David  non  pare  in  proposito  uno  scuto  et  un  terzo  | 

»  delle  forze  di  Ercole  e  la  più  degna  al   medemo    pre2 

pezze  sette, 
»  di  Isaia  uno  scuto  et  dui  terzi  pozze  7. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1043 


E  queste  polizze  sono  (ìrmate  cosi  : 

E  sono  del  Vostro  seruitor 

Rigo  di  Schos 
/iamengo   Venezia  al  Ponte  di 
Baxxelen 

Il  portatore  era  certo  Cagno  ebreo,  che  meglio  verbalmente 
avrebbe  spiegato  ogni  cosa. 

Ippolito  Andreas!  disegnava  per  ordine  della  Corte  mantovana 
delle  tappezzerie  che  Salomone  Levi  doveva  (28  agosto  1579) 
far  eseguire  in  Venezia.  E  nell'ottobre  l'ebreo  Modone  era  spe- 
dito a  Venezia  per  altre  tappezzerie. 

Bartolomeo  del  Calice  da  Venezia,  il  20  dicembre  1586,  alla 
Corte  di  Mantova,  mandavate  cinque  pezzi  di  tappezzerie  ed  av- 
vertiva : 

Quanto  alla  piezzaria  che  l'A.  S.  S.  ricercha  da  M.™  Alessandro  fia- 
lengo  egli  mi  risponde  che  in  Mantova  non  ha  che  dare  per  tal  prezzo 
^a  che  in  Venetia  lo  farà  molto  volontiero. 

Antonio    Costantini ,  agente  mantovano  in  Venezia,  raccoman- 

iva  al  Duca  di  Mantova  Vitale  del  Bene  ebreo  mantovano  che 

^eniva    con    certe    tappezzerie    di    slngolar    bellezza  e   ricchezza 

.  per  la  esquisita  qualità  loro,  cosi  nell'eccellenza  de  disegni 

Ielle  figure  a  merauiglia  tessuti  al  uiuo  come  per    la    ricchezza 

spetto  alla  gran  quantità  dell'oro  »  sperando  che  posano  essere 

imperate. 

Il  Cataneo  segretario  ducale  (17  marzo  1587)  scriveva  al  con- 
igliere Gatico  in  Venezia  che  il  fiammingo,  il  quale  aveva  prov- 
luto  gli  arazzi  pel  castello  di  Goito    non    doveva  lagnarsi  es- 
mdovi  stato  diversità  nelle  misure  da  quelle  date  per  gli  arazzi 
|ielle  nozze  del  Principe  Vincenzo  Gonzaga. 
La  marchesa  Isabella  scriveva   nel    settembre  1501  a    Milano 
ir   tele    d' oro    e  per    aver    «  20  braza    de    tabeto    de    argento 
bianco  ». 


1044  LE    ARTI    MINORI 


Da  Milano  Giuliano  Goselino  notifica  alla  Corte  mantovana,  il 
1°  marzo  1559,  che  si  stava  facendo  il  drappo  di  tre  colori  e 
già  160  braccia  erano  compiute,  e  di  quello  a  quattro  colori  se 
ne  erano  già  fatte  70  braccia. 

Giorgio  Pietro  della  Sala,  incaricato  dalla  Corte  di  Mantova 
di  cercar  tappezzerie  in  Milano  nel  1569  ne  dava  in  nota,  con- 
sigliando però  di  rivolgersi  a  Bergamo,  donde  si  poteva  averne 
dei  migliori.  Fu  accettato  il  consiglio  ed  il  Della  Sala  stesso 
ebbe  l'incarico  di  portarsi  a  Bergamo,  come  fece. 

David  di  Cervi,  ebreo,  da  Milano  alla  Corte  di  Mantova  fa  co- 
noscere, il  23  gennaio  1590,  che  ha  veduto  un  fornimento  «  di 
lapezaria  alto  ala  5  di  giro  ala  52  a  boscaglia  con  figure  cosa 
rara  et  bella  et  nuova  domandandone  scudi  5  dell'ala  e  forse  lo 
daranno  a  4  ». 

Il  Duca  neir  ottobre  1593  ordinava  il  pagamento  di  scudi  «  12 
a  Nicolò  fiorentino  arazziere  per  un  drappo  d'  oro  ». 

E.  MiiNTZ  {Les  Tapisseries  italiennes)  scrisse  :  En  Italie  la 
periode  vraiment  brillante,  vraiment  creatrice  de  Vhistoire  de  la 
tapisserie  finii  atee  la  Renaissance. 

Setaioli. 

Prima  di  chiudere  sugli  arazzi  per  questo  secolo  credo  bene 
dare  alcune  notizie  sull'industria  delle  sete  in  Mantova,  prodotto 
indispensabile  per  la  fabbrica  degli  arazzi ,  pel  quale  abbiamo 
veduto  la  Corte  di  Mantova  dover  ricorrere  a  Venezia. 

Le  materie  colle  quali  anticamente  si  lavoravano  arazzi  erano 
l'oro  e  argento  filati,  la  seta  e  la  lana  ;  i  due  primi  furono  poi 
interamente  abbandonati  per  l'ossidazione. 

Fin  dal  20  luglio  1524  Girolamo  Morando  aveva  ottenuto  dalla 
Corte  mantovana  il  privilegio  per  dieci  anni  prò  erectione  in 
hae  urbe  hedeficii  ad  illusiranda  et  expolienda  linteamina  ac 
telas  sericas  vulgo  dictum  manganum  {R.  Decreti  1520-4,  fol.  289). 

Nel  1539  il  sarto  ducale  M.  Giani  di  Rosseti ,  francese ,  mo- 
riva di  anni  48,  in  via  dell'Aquila  per  febbri  continue. 


ALLA  rORTE  DI  MANTOVA.  1045 


A  di  20  giugno  1543,  si  dava  la  cittadinanza  mantovana  a  Dar- 
dano  de  Bardano  urbinate,  che  da  16  anni  esercitava  l'arte  della 
seta  in  Mantova  con  special  bottega  (R.  Decreti  1542-7,  fol.  224). 

Il  Governo  mantovano,  ricordando  aver  fatto  molto  per  Y  im- 
pianto dell'arte  della  seta;  e  per  ciò,  a  di  19  dicembre  1543, 
gli  parve  tempo  di  promulgarne  gli  ordini  e  statuti,  come  ave- 
vano altre  città  (Ibid.,  fol.  54). 

Nel  17  febbraio  1546  si  dava  la  cittadinanza  di  Mantova  ad 
Antonio  fu  Giovanni  de  Villiaeha,  spagnolo  di  Toledo,  che  da  9 
anni  eserciva  l'arte  della  seta. 

Giovanni  Antonio  Savino  da  Milano,  il  3  novembre  1574,  sol- 
lecitava la  Corte  di  Mantova  per  esser  pagato,  poiché  da  due 
mesi  aveva  spedito  il  restante  delle  cento  braccia  di  «  tela  d'oro 
et  de  seta  negra  »  ordinatagli  al  prezzo  stabilito  di  110  scudi 
d'oro  data  ad  un  mezzo  scudo  al  braccio,  meno  del  valore,  avendo 
sommo  bisogno. 

Francesco  Roma  nel  febbraio  1583  da  Milano  provvedeva  la 
Corte  mantovana  di  tele  e  veli  d'oro,  fatti  in  detta  città. 

Il  segretario  ducale  Chieppio,  a  di  22  gennaio  1599,  scriveva 
all'ambasciadore  mantovano  in  Milano  : 

Hauendo  S.  A.  fatto  cercare  in  Vinezia  certa  tela  d'oro  et  argento 
che  si  sia  conformi  alla  mostra  che^si  manda,  ne  essendosi  ritrouata, 
desidera  V.  S.  faccia  ogni  suo  sforzo  per  hauerla  costì. 


Orpellari,  Sellal 

Cominciarono  in  questo  secolo  a  venire  in  gran  moda  le  de- 
corazioni in  cuoi  dorati,  argentati  con  storie  e  fregi  dipinti  a  ri- 
lievo ;  cosi  gli  arazzi  furono  meno  ricercati  ;  e  poco  per  volta  le 
fabbriche  cessarono. 

Nell'arte  di  lavorare  cuoi  ad  uso  di  tappezzerie  ebbe  gran 
^araa  la  Spagna  ;  ma  presto  in  Ferrara,.  Roma  sorsero  officine 
la  poter  sostenere  la  concorrenza  dei  eordocani  o  cuoi  lavorati 
in  Cordova. 


1046  LE    ARTI    MINORI 


Se  nel  precedente  secolo  abbiamo  trovato  poche  traccie  di 
provviste  di  cuoi,  ma  solamente  di  arazzi,  in  questo  ne  daremo 
subito  dei  saggi  a  cominciare  dai  sellai. 

Un  Zaneto  sellaio  mantovano  .  è  accennato  nel  1507  ;  e  un 
Gio.  Picenino  nel  1510.  Morivano,  di  anni  50  nel  1524  M."  Ste- 
fano sellaro  e  M,''  Pellegrino  da  Correggio  di  anni  60. 

Il  Marchese,   dal  Campo,  l'  otto  agosto  1521,  scriveva  : 

A  Zo.  Zorzo  sellaro.  Volerne  che  tu  facci  dar  al  cognato  di  Bona- 
ventura Messaglia  la  maglia  di  coprir  il  nostro  Zirello  di  tela  et  su- 
bito lo  fìnischi  et  ce  lo  mandi. 

«  Zohan  Zorzo  sellaro  »  con  bottega  in  Mantova  aveva  scritto 
al  Marchese  fino  dal  26  dicembre  1529  che  non  intendeva  dar 
due  selle  al  mastro  di  stalla  perchè  gli  fa  delle  difficoltà  nei 
pagamenti,  del  resto  è  pronto  a  servire  S.  A. 

E  al   30  dello  stesso   continuava  : 

Prego  V.  E.  per  quanta  seruitù  ha  fatto  il  patre  del  patre  de  mio 
patre  e  mio  patre  et  me  ala  casa  di  V.  E.  che  uoglia  esser  contento 
di  far  prouisione  a  quel  tristo  che  j  nominato  per  mìo  fratello  qual 
non  è,  che  ferì  nella  sua  bottega  una  putta  che  tiene  minacciando  di 
ammazzar  pur  me  se  non  veniva  in  aiuto  il  proprio  seruitore  Lodo- 
vico. Era  il  tristo  fratello  pure  mastro  sellaro. 

Vincenzo  Pecenini,  sellaro,  moriva  nel  1552  di  anni  52. 

Lavorava  nel  1560  in  Mantova  M.°  Frant  di  Cani  de  Filtro 
sellaio. 

Nel   1597  ,  veniva    in    Mantova  a   far    selle    Faustino    Farina. 

«  G.  B.  Ranaio  che  fa  corami  dorati  »  scrive  da  Mantova , 
il  22  febbraio  1587,  che  sta  preparando  cuoi  dorati  e  colorati 
per  S.  A. 

Vediamo  pertanto  un  artefice  stabilito  in  Mantova  e  da  un  do- 
cunienlo  sull'  importazione  da  Milano  si  verrebbe  a  conoscer  che 
questo  Ranaio  poteva  far  concorrenza  agli  orpellari  di  Milano. 

Veniamo  all'  importazione. 

La  marchesa  Isabella  ,  a  di  20  maggio  1505,  scriveva  a  Gi- 
rolamo  Gigliolo   in    Ferrara    per  conoscere  se  gli  ordinati   «  co- 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  104' 


rami    stagnoli    per  spalere  »    erano  stati  preparati  da  quel  Spa- 

(/nolo. 

La  stessa  Marchesa  che  nel  1516  aveva  scritto  ad  un  suo 
agente  in  Genova  di  procurarle  dalla  Spagna  dei  cuoi  lavorati, 
al  3  novembre  nuovamente  gli  toglieva  l'ordine  osservandogli  : 

Circha  li  curami  sappiati  che  pochi  giorni  fanno  essendo  nui  sopra 
tale  materia  in  ragionamento  con  la  Ill."ia  Signora  Duchessa  di  Vr- 
l)ìno,  nostra  cognata  et  sorella ....  fossimo  da  S.  Ex.  exhortate  a 
fornirni  di  essi  a  Roma,  perchè  più  presto  gli  haueressimo  là  et  tanto 
bene  come  in  Hispagna  propria  seressimo  seruite  per  ritrouarsegli 
alcuni  spagnoli  che  di  questo  mesterò  lauorano  benissimo. 

Il  Marchese  di  Mantova  rivolgevasi  (9  gennaio  1521)  al  suo 
ambasciadore  in  Venezia  : 

Volemo  che  tu  usi  diligentia  per  ritrouar  li  in  Venetia  un  feltro  fino 
alla  turchesclia  bianco  il  meglio  che  tu  possi  hauere.  Una  maza  alla 
damaschina  bella  et  logera  e  meza  dozena  di  cordoani  cremesini  che 
siano  belli  et  grossi  per  fare  fornimenti,  uedendo  ben  che  da  reuerso 
non  siano  scarnature. 

Domenico  Verniero  da  Venezia,  nel  maggio  1531,  scrive  alla 
marchesa  Isabella  pei  cuoi  dorati  fatti  fabbricare  in  Venezia ,  il 
cui  prezzo  era  aumentato. 

Nel  maggio  1533  la  stessa  Marchesa  gli  ordina  di  far  ese- 
guire dai  soliti  Mastri  in  Venezia  «  corami  stretti  di  color  ber- 
«  tino  et  negro  con  li  frisi  et  le  colonne  solamente  dorate  per 
«  fornire  un  mio  camerino  ».  E  altri  dopo  ne  ordinava  che  ebbe 
poi  tutti  al   21  giugno,  e  ne  fu  soddisfatta. 

Benedetto  Agnelli,  ambasciadore  mantovano  in  Venezia,  al  30 
gennaio  1534,  scriveva  alla  Corte,  di  aver  parlato  col  mastro  che 
la  le  spalliere  di  corami  dorati,  qual  prometteva  di  seruir  bene  e 
a  tempo  il   Duca  di  Mantova. 

Domenico  Molino  da  Venezia  spediva  alla  Corte  di  Mantova 
più  cordouani  latto  rati. 

Francesco  Moro  in  Venezia  (6  aprile  1585)  faceva  conoscere 
il   Duca  che    era  stato  da  lui  Josefo  ebreo  e  che  a  nome  di  lui 


1048  LE    ARTI    MINORI 


gli  aveva  ordinato  «  un  tavolino  coperto  di  sommaco  turchino 
«  addorato  overo  mimato  ».  Gli  fa  conoscere  che  sarebbe  mi- 
glior lavoro  farlo  coprire  «  di  un  corame  di  color  assai  più 
bello  »  e  notagli  che  per  Pasqua  sarà  finito  altro  bellissimo 
tavolino. 

Il  Cardinale  ostiense  da  Napoli,  il  27  aprile  1521,  scriveva  al 
Marchese  di  Mantova,  aver  appreso  con  piacere  che  «  li  for- 
nimenti de  camere  de  corame  dorato  sono  stati  grati  et  accepti 
a  la  E.  V.  » 

Il  Marchese  (14  settembre  1525)  dava  ricevuta  di  «  pelle  la- 
«  vorate  d'  argento  speditegli  da  Roma  »,  e  al  9  febbraio  1527 
ordinava  in  Roma  «  corami  rossi  per  tre  stanze  ,  altri  berettini 
«  e  d'  argento  »  ;  ed  al  4  maggio  dava  1'  incarico  per  un  «  para- 
«  mento  di  corame  dorato  in  azzurro  coi  freggi  e  le  colonne  in 
«  argento  ». 

Teodoro  da  San  Giorgio ,  che  sovrintendeva  a  nuovi  lavori  di 
abbellimenti  agli  edifizi  ducali,  faceva  conoscere,  il  5  dicembre 
1579,  alla  Corte  di  Mantova  : 

Mi  vien  scritto  da  Milano  che  hauendo  un  Diego  Lopez  spagnolo 
il  quale  lauora  in  detta  città  de  corami  dorati  intesi  che  il  Signor 
nostro  Serenissimo  uole  farne  faro  una  quantità  per  le  stanze  nuove  di 
Castello  profferisce  di  seruir  lui  et  d'auanzo  ogni  altro  che  possi  seruire 
l'A.  S.  in  ciò,  et  mi  dicono  che  egli  n'ha  fatti  in  questa  città  molti  a 
grottesco  et  d'altre  opere  alla  spagnuola  cho  sono  bclissimi  ondo  at- 
tende ordine. 

Deve  però  aggiugnere  che  già  fece  vedere  a  S.  A.  «  alcune 
mostre  di  detti  corami  fatte  da  un  mastro  uenuto  ad  habitare  in 
questa  città  »  (Mantova),  ed  avendone  trattato  del  prezzo  «  1'  ho 
ridotto  che  ne  darà  cinque  delle  dorate  al  scudo  »  ed  anche  su 
ciò  attende  ordini. 

Le  tappezzerie  in  cuoi  si  prestavano,  come  si  è  veduto,  per 
gli  arazzi  :  noto  ad  esempio  Isabella  marchesa  di  Mantova  per 
onorare  il  suo  felice  parto  domandava  in  prestito  (17  maggio  1500) 
al  Duca  di  Ferrara  «  l'aparamento  de  corame  d'oro  per  coprire 
una  camera  ».  E  consimile  domanda  faceva  un  anno  dopo. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1049 


Legatori  da  libri. 

Poiché  i  legatori  da  libri  adoperavano  pure  cuoi  dorati  nelle 
legature  e  ricami  nei  segnacoli ,  sarà  bene  dar  posto  in  questa 
sezione  a  quelli,  che  lavorarono  per  conto  dei  Gonzaga. 

Un  Silvestro,  lucchese,  legatore  da  libri,  da  Mantova,  scriveva 
al  Marchese  in  Revere  (6  ottobre  1501)  partecipandogli  che 
«  Mando  alla  S.  V.  lo  libretto  ligato  secondo  mi  è  stato  imposto 
per  lettera  di  quella  con  quella  celerità  et  miglior  modo  che 
ho  saputo  et  potuto  ». 

E  pare  che  si  tratti  dello  stesso  individuo  nella  seguente  mar- 
chionale. 

Commissario  Reiteri 
Pietro  :  Et  mi  pare  honesto  che  quello  pouero  homo  che  liga  gli 
nostri  libri  sia  satisfacto  de  la  mercede  sua  et  gli  sia  proaisti  degli 
fornimenti  perhò  a  conto  nostro  gli  farai  dare  gli  denari  del  tutto,, 
mandandone  poi  suso  gli  libri  subito  forniti  che  siano.  Vale.  Mantuce 
primo  Julii  MDVI. 

Battista  Cattaneo  da  Mantova,  il  13  giugno  1514,  scriveva  alla 
Marchesa  fra  le  altre  cose  : 

Del  libretto  che  fa  M.'"o  Baptista  non  è  ordine  che  la  S.  V.  lo  habbia 
fino  a  lune,  che  dice  gli  uà  tanta  manifactura  che  non  pò  più  presto, 
non  gli  ha  già  mancato  di  lauorargli  ogni  di,  come  e  de  questo  ne 
posso  certificare  la  S.  V.  che  gli  do  di  volta  ogni  di  a  aederlo  lauo- 
rare  ma  come  lui  dice  è  una  terribilissima  manifactura  .... 

Moriva  nel  1526  Vitale,  ebreo  tedesco,  libraio,  di  anni  52  ;  nei 
1527  M.**  Giorgio  di  Barufi,  di  anni  50;  nel  1532  Michel  di  Mai, 
d'  anni  70,  e  Pietro  di  Gloria,  di  anni  68  ;  nel  1535  Battista  Par- 
mense ,  d'  anni  90  ;  nel  1539  Gio.  Francesco  Bianchini ,  detto 
Lorin,  d'  anni  50,  tutti  librai. 

Era  vivente,  nel  1560,  in  Mantova,  M.  Lutreco,  librare,  in 
via  del  Griffone. 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  55 


1050  LE    ARTI    MINORI 


L'arciprete  di  Santa  Barbara,  il  22  giugno  1581,  scriveva  alla 
Corte  di  Mantova  : 

Breviari  legati  non  sono  nel  studio  eh'  io  possi  mandare  per  il  bi- 
sogno dalli  doi  Reverendi  Sacerdoti,  di  legarli  M.''o  Andrea  dice  non 
bauere  questi  doi  giorni  tempo  doppoi  quali  sono  le  feste  ....  M.^°  Ma- 
rio Rossi  non  è  in  Mantova  et  M.»'o  Andrea  a  proposito  de  Breviari 
dice  che  gli  ne  legò  uno  di  già  alquanti  mesi  che  fu  la  prima  parte 
e  per  ricordo  mai  è  stato  pagato  di  modo  che  per  ora  ne  l'uno  ne 
r  altro  può  seruire  .... 

Poiché,  come  oggidi,  i  librai  erano  quasi  sempre  legatori  di 
libri,  noto  che  mastro  Paris  Gallo  era  nel  1596  libraro  di  Corte 
{R.  Tesoreria  1592-7)  e  che  a  di  4  marzo  1597  moriva  nella 
Via  dell'  Aquila,  d'  anni  57,  mastro  Ives  di  Bonivardo  francese, 
libraro  di  S.  A.  il   Duca  di  Mantova. 

Di  legatori  fuori  di  Mantova  non  trovo  ricordati  in  questo  se- 
colo, che  abbiano  avuto  relazioni  con  la  Corte  mantovana,  salvo 
un  Agostino  Tavoletta  figlio  del  defunto  Antonio,  legatore  di  libri 
in  Roma ,  secondo  una  lettera  dell'ambasciadore  mantovano  in 
Roma  del  21  ottobre  1570. 


S  E  C  O  L  O    V  I  I . 

RlCAMATORI. 

Come  gli  arazzi  furono  scavalcati  dai  corami  ad  uso  di  tap- 
pezzerie ,  a  sua  volta ,  queste  decaddero  per  lasciar  posto  a 
tessuti  serici,  a  voluti,  che  poi  lasciarono  il  posto  alla  carta 
stampata. 

Ercole  di  Boni  ,  ricamatore  in  Mantova ,  al  21  marzo  1611 
scriveva  al  Duca,   promettendogli  di  finir  presto  le  calze. 

Pompeo    Messoso    ricamatore    riceveva,  a  di  11  maggio  1696, 
doppie  7  a    conto    di    ricami    fatti    per  S.  Altezza  {R.   Tesoreria^ 
i  695-1740). 


ALLA  CORTE  DI  MANTOVA.  1051 


E  di  altro  in  Miantova  non  vedo,  ed  in  quanto  ad  importa- 
zione trovo  che  l'ambasciadore  mantovano  in  Firenze,  il  3  maggio 
1622,  cosi  scriveva  al  Duca  di  Mantova: 

Il  Raglietti  mi  è  uenuto  a  ritrouare  con  uolermi  consegnare  il  for- 
nimento del  letto  ricamato  già  altra  uolta  datone  parte  a  V.  A.  S. 
che  non  lo  accetterò  se  da  V.  A.  S.  non  mi  sarà  comandato  lo  mandi 
con  farlo  stimare. 

Risulta  nel  1658  che  era  ricamator^  ducale  Giuseppe  Bresani 
ferrarese,  che  abitava  nel  distretto  della  parrocchia  di  S.  Pietro. 

Carlo  Cerruti,  ricamatore  da  Torino,  il  4  settembre  1670,  ri- 
volgevasi  al  Segretario  ducale,  notandogli  che  avendo  conosciuto 
del  matrimonio  con  la  Principessa  di  Guastalla,  si  offriva  per 
lavori  in  ricami ,  essendo  egli  sufficientemente  fornito  di  per- 
sonale. 

Ferdinando  Carlo  Duca  di  Mantova  sul  finire  di  dicembre  1670 
conchiudeva  i  capitoli  matrimoniali  con  Anna  Isabella  figlia  del 
Duca  di  Guastalla. 


Setaioli. 

Nulla    più    trovai  sui  decaduti  arazzi.   Darò    posto  a  due  grida 
|riguardanti  la  seta  in  Mantova  : 

Vincenzo  per  la  g natia  di  Dio 

Duca  di  Manioca,  et  di  Monferrato,  ecc. 

Mostrando  l'isperienza,  che  l'abuso  introdotto  di  far  tirare  la  seta 
quattro  capi  riesce  con  perdita  de'  Mercanti,  con  danno  delle  Mae- 
stranze, et  con  pregiudicio  publico,  non  potendosi  fabricar  drappi  con 
isse,  se  non  bruttissimi  per  la  mala  qualità  d'esse  sete;  Volendo  per 
jiò  Noi  rimediare  à  tal  disordine,  come  ricerca  la  buona  et  particolar 
cura,  che  professiamo  tenere  di  questa  Arte,  in  virtù  della  presente 
lostra  grida ,  commandiamo  a  qualunque  persona,  di  che  grado,  stato 
ìt  conditione  si  sia,  che  da  qui  innanzi  non  faccia  tirar  Seta  in  questa 
!Iittà,  et  suo  Stato  a  più  di  due  capi,  sotto  pena  della  perdita  d'essa 
Seta,  et  di  scudi  dieci  per  libra  ;  nella  qual  pena    di   scudi   dieci    in- 


1052  LE    ARTI    MINORI 


correranno  ancora  le  Maestre,  che  tirando  la  Seta  disubidiranno  alla 
presente  nostra  ordinazione,  et  non  havendo  il  modo  di  pagarla  sa- 
ranno altrimente  castigate  à  nostro  arbitrio.  Commandiamo  ancora 
che  nissuno  ardisca  nel  tirar  delle  Sete  di  mettere  nelle  caldaie  allume  di 
rocca,  fieno  greco,  6  altra  sostanza,  che  possa  artificiosamente  renderle 
più  p3santi ,  sotto  pena  così  à  i  Patroni,  come  alle  Maestre  di  scudi 
cinquanta  per  volta ,  oltre  alla  perdita  delle  Sete ,  qual  pena  non 
havendo  il  modo  di  pagare  si  puniranno  come  sopra  in  altro  modo 
ad  arbitrio  nostro  ;  volendo  ,  che  ciascuno  possa  essere  l'accusatore 
con  partecipar  delle  pene ,  che  si  divideranno  conforme  à  gli  ordini 
dell'Arte,  et  che  la  maestra  accusando  il  Padrone  sia  libera  dalla  pena, 
et  guadagni  ad  ogni  modo  la  parte,  come  se  non  fosse   interessata. 

Di  Porto  à  19  Giugno  1609. 
Vincenzo 

Luogo  del  suggello 

Per  parte  dell'Illustrissimo  Senato  Ducale  di  Mantova,  ad  istanza 
del  m.to  Magnifici  Mercanti,  &  Superiori  dell'Arte  della  Seta  di  Man- 
tova; inherendo  alla  Commissione  di  S,  A,  S.  rogata  per  il  No- 
tare infrascritto  sotto  il  di  24  Dicembre  1619.  Si  fa  pubblica  grida 
&  comandamento  da  essere  inviolabilmente  osservato,  che  ogni  uno 
di  qual  si  voglia  grado,  sesso,  &  conditione,  cosi  terriero,  come 
forastiero,  &  che  per  l'avvenire  per  se,  &  per  altri  fabricherà,  o 
tara  fabricare  Ormesini,  debbano  in  fabricar  quelli,  far  che  detti 
Ormesini  siano,  &  debbano  essere  in  nouanta  portate,  &  di  fili  ot- 
tanta per  portata,  &  alti  brazza  una,  &  mezzo  di  Orsoglio  cotto  filato, 
&  torto,  &  di  trama  cotta  reale,  senza  acqua  ò  colla  tanto  alla  tela, 
quanto  al  drappo.  Nel  resto  concedendo  à  loro  tre  mesi  di  termino 
doppo  la  publicazione  della  presente,  à  provvedersi  di  pettini,  &  alte 
istrumenti  necessarij,  &  opportuni  alla  fabrica  di  detti  Ormesini  ne 
modo  sudetto.  Comandando  inoltre  l'A.  S.  Serenis.  alli  presenti, 
à  caduno  di  loro,  che  per  l'avenire  habiano  da  osservare  omninamen| 
i  Capitoli  infrascritti ,  &  anticamente  fatti  &  concessi  à  detta  arte  ; 
questo  sotto  la  pena  contenuta  in  detti  capitoli  infrascritti  da  essei 
irremissibilmente  tolta,  &  applicata  come  in  essi  si  contiene.  Ave| 
tendo  li  Signori  superiori  dell'Arte  ad  invigilare  con  ogni  diligenza 
che  il  tutto  babbi  effetto,  col  procedere  contro  qual  si  sia  persona  il 


ALLA    fORTE    DI    MANTOVA.  1053 


quel  miglior  modo,  che  à  loro  parerà  ispediente  per  venire  in  cogni- 
tione  delle  fraudi,  che  potessero  essere  in  esse,  &  conforme  all'auto- 
rità loro  concessa  anticamente,  come  nelli  ordini.  Avertendo  ogn'uno, 
che  si  guardi  di  non  contrafare,  perchè  senza  altra  remissione  saranno 
puniti  con  la  perdita  delle  tele  adulterine,  &  non  fatte  conforme  alli 
detti  Capitoli. 

Di  Manioca  adì  3  Genaro  1620. 

Li  capitoli  sono  : 

Che  detti  superiori  siano  obbligati  andare  ogni  mese  una  volta 
almeno  ,  &  ogni  volta ,  che  à  loro  parerà,  tutti  due,  ò  uno  solo,  ac- 
compagnati però  dal  Xotaro,  &  Maestri  eletti,  à  cercare,  &  visitare 
li  Telari  di  essa  Arte,  &  vedere  se  le  tele,  che  si  faranno  sono  or- 
dite, &  tramate  di  buono  Seta ,  &t  alte  secondo  gli  ordini  ;  &  ritro- 
vandone, che  siìno  contro  gli  ordini,  siano  tenuti  li  Superiori  punire 
i  contrafacenti,  cosi  il  mestro  testore,  come  il  padrone  di  esse  tele  in 
lire  venticinque  per  ogni  volta,  &  per  ogni  tela,  &  farli  perdere  esse 
tele  &  sete  ;  la  terza  parte  delle  quali  pene  s' applichi  alla  Camera 
Ducale,  l' altra  terza  parte  all'Arte  della  Seta,  &  l'altra  alli  inventori  : 
&  ognuno  sij  obligato  quando  essi  Superiori  gli  vorranno  andar  in 
casa,  aprirli  la  porta  sotto  pena  di  ducati  quindici,  la  metà  alla  Ca- 
mera Ducale,  &  l'altra  all'Arte. 

Che  nissuna  sorte  di  tele  possino  esser  tessute  se  non  sono 
realmente  filate,  &  torte,  sotto  quella  pena  che  si  è  detto  di  sopra 
nel    sesto    Capitolo    del    cercare,  salvo  che  li  Cendali ,    mezzi   doppij, 

Seempij,  &  Canevette. 

Cessar  Manentus  Prceses 

Locus  Sigilli. 

Andreas  Roccìio  nofarius  subscripsif. 

A  di  2  giugno  1651  richiamavansi  le  grida  19  giugno  1609 
ed  altra  del  1628,  riguardanti  la  fabbricazione  della  seta. 

Il  10  ottobre  1609  G.  B.  Cortellini,  bolognese,  otteneva  privi- 
legio per  dieci  anni  di  poter  esercitare  l'arte  di  far  retami  fon- 
dati in  oro  ed  in  argento  all'uso  di  Bologna  (/?.  Decreti  1605- 
1612,  fol.  188). 


1054  LE    ARTI    MINORI 


In  quanto  a  tele  d'oro  trovo  anche  che  Angelo  di  Zanetti  Vene- 
ziano da  Venezia,  il  19  gennaio  1603,  rivolgevasi  al  Duca  di 
Mantova,  notandogli  esser  pronto  di  venire  a  Mantova  «  e  metter 
la  mia  arte  d'oro  filato  fino  per  far  brocati  et  altre  cose  simili 
et  queste  per  il  bisogno  grande  de  oro  et  argento  quali  l'ado- 
perano in  Mantova  »  ma  pretende  la  preventiva  approvazione  dei 
capitoli  ed  esenzioni,  di  cui  da  nota.  Il  suo  ateliere  dichiara  com- 
posto di  16  persone. 


Sellar!,  Legatori  da  libri. 

Più  nessun  orpellaro  comparisce.  Moriva  in  Mantova  il  13  feb- 
braio 1625  Luca  Lupi  sellaro  di  S.  A.  S.  nella  Via  dell'Aquila 
per  febbre  di  anni  70  {Necrologio  Mantovano). 

Per  quanto  a  legatori  di  libri  noto  che  nel  1627  davasi  la  cit- 
tadinanza mantovana  a  Girolamo  de  Pace  bergamasco  Bibliopola 
da  tre  anni  in  Mantova  {R.  Decreti  1626-31,  fol.   74). 

Nel  1658  aveva  bottega  da  libraio  Bartolomeo  Beltrami ,  ve- 
neziano. 

Finirò  col  seguente  documento  : 

Ferdinando  Carlo  ecc. 

Supplicato  humilmente  da  Francesco  Capodaglio  che  esercitò  la 
professione  del  libraro  perchè  ci  degniamo  di  aggregarlo  nel  numero 
de'  nostri  seruitori  attuali  col  carico  di  aggiustar  e  tener  governati 
li  libri ,  esistenti  nella  nostra  ducale  camera  senza  mercede  di  qua- 
lunque sorta ,  uolentieri  concorriamo  a  renderlo  corrisposto.  Laonde 
in  uirtù  delle  presenti,  dichiarandolo  per  tale  uogliamo  che  in  auue- 
nire  goda  e  possa  godere  di  tutti  gli  honori ,  gratie  prerogative  e 
preminenze  solite,  a  godersi  dagli  altri  ecc.  Data  in  Manioca  li  7  set- 
tembre 1683. 

Ferdinando   Carla. 

Vialardus  ecc. 


{R.  Mandati  1681-7,  fol.  76). 


I 


ALLA  CORTE  DI  MANTOVA.  1055 

Ecco  ora  un  giudizio  ben  competentte  sull'arte  degli  arazzi 
in  Italia. 

«  Pendant  le  XVI  siécle ,  l' Italie  est ,  aprés  les  Flandres  le 
«  pays  où  la  fabrication  des  tapesseries  a  pris  le  plus  brillant 
4.  essor.  Gomme  si  la  Renaissance  avait  doublé  en  elle  la  faculté 
«  d'agir  et  de  creer,  elle  ne  se  borna  pas  a  défrayer  de  cartons 
€  le  reste  de  l' Europe  :  elle  ambitionna  encore  de  produire  elle- 
«  mème  des  tapisseries,  et  elle  y  reussit,  a  une  condition  cepen- 
«  dant  :  celle  d'appeler  de  temps  en  temps  des  artistes  flamands 
<  pour  renouveler  la  tradition  »  (E.  Muntz,  La   Tapìsserie). 


Epilogo. 

Abbiamo  fatto  un  lungo  viaggio,  fra  miriadi  di  meandri,  nel 
regno  dell'oro,  della  gioielleria,  passando  poi  in  quello  dell'ac- 
ciaio, del  ferro,  indi  in  quelli  del  legno,  dell'avorio,  del  cristallo, 
del  vetro  per  riposarci  finalmente  fra  i  tessuti  ricamati ,  gli  arazzi 
e  i  cuoi  dorati. 

Se  Mantova  fu  il  punto  di  partenza  fu  anche  il  centro  dove 
affluirono  dal  Veneto,  dalla  Ligurrn,  Lombardia,  da  Ferrara,  Ur- 
)ÌD0,  Firenze,  Roma  e  da  nazioni  straniere  i  più  bei  lavori  d'arte 
[e  valenti  artefici. 

I  Gonzaga ,    signori  di  Mantova ,    furono  quasi    tutti    mecenati 

(delle  arti  belle  e  vollero  la  loro  reggia  stupenda  per  oggetti  ar- 

pistici ,  profondendo,  per  riuscirvi,  denaro  ad  oltranza,  finché  verso 

fi  finire  della  prima  metà  del  secolo  XVII  estintisi ,  i  successori 

lilapidarono    gli    immensi    tesori    raccolti    ed  un  assedio  infelice 

Ricompi  la  dispersione. 

Le  nostre  ricerche  archivistiche  già  fatte,  le  presenti  e  quelle 
phe  ancora  speriamo  di  fare,  oltre  a  quelle  di  ccUeghi,  tendono  a 
)resentare  le  sperse  ricchezze  artistiche,  radunando  le  memorie 
Iella  loro  origine  ed  esistenza, 

A.  Bertolotti. 


1056  LE    ARTI    MINORI 


GIUNTE,     VARIAZIONI,    CORREZIONI 

Orefici. 

A  pag.  288  e  492  accennai  M.**  Ercole  orefice  che,  stando  al 
Cittadella ,  mi  parve  esser  di  cognome  Panizzato  ;  il  Commen- 
datore Angelucci  mi  fece  conoscere  che  questo  Ercole  di  casato 
era  Fideli  e  che  prima  di  farsi  cristiano  era  Salomone  da  Sesso, 
ebreo.  Egli  fabbricò  anche  bellissime  spade.  Suo  figlio  Alfonso 
nel  1521  era  in  prigione  a  Ferrara  e  sua  madre  e  moglie  sup- 
plicarono la  marchesa  Isabella  per  la  libertà  e  sussidi ,  essendo 
assenti  il  padre  Ercole  e  1'  altro  figlio  Ferrante,  tutti  orefici. 

Moriva  in  Mantova  nel  1514  Nicolao  orefice  milanese ,  di 
anni  30,  idropico  ;  nel  1529  M."  Gerolamo  di  Fero  milanese,  ore- 
fice, d'  anni  32,  e  M.°  Pietro  de  Lion,  orefice,  anni  44. 

Da  Lione  il  Principe  Federigo  Gonzaga  raccomandava  a  suo 
padre  «  Carlo  argenterò  de  la  Regina  di  Francia»  che  doveva 
arrivare  a  Mantova  pei  suoi  affari. 

Nel  1524  il  Marchese  ordinava  il  pagamento  di  scudi  85 
d'  oro  del  sole  a  M.°  Pietro  Locoli  gioielliere  per  uno  balasso 
comprato. 

La  marchesa  Isabella  (17  novembre  1533)  concedeva  salva- 
condotto al  cav.  Balduchino  affinché  venisse  in  Mantova  a  por- 
tarle cammei,  che  desiderava  comprare. 

Il  Duca  (10  giugno  1581)  scriveva  a  Giacomo  Mirci  orefice 
di  mandargli  la  lista  delle  gioie  e  del  prezzo.  Neil'  agosto  gli 
pagava  scudi  25  per  «  la  fattura  et  oro  della  medaglia  ». 

Aurelio  Cremona  milanese ,  nel  1591  veniva  in  Mantova  per 
lavorare  di  gioiellerie  al  Duca. 

Bellisario  Cambio  bombarda ,  nell'  agosto  1592  gettava  due 
medaglie ,  una  d'  oro  e  1'  altra  d'  argento ,  le  cui  stampe  erano 
di  Gio.  Paolo  orefice. 


1 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA.  1057 


Orologierl 

Nel  1529  moriva  in  Mantova  M.°  Benedetto  da  Brescia ,  oro- 
logiaio, di  anni  36. 

Nel  1532  il  Duca  ordinava  a  Giulio  romano  di  provvedere  subito 
a  regolare  l'orologio  di  Marmirolo  che  «non  bate  rhorejuste». 

Zecca. 

Nel  1658  erano  in  Mantova  intagliatori  alla  zecca  Gio.  Toiser 
e  Matteo  Porroni  fiorentini. 

Armaioll 

A  pag.  552  si  nota  che  fin  dal  1489  Giacomo  da  Capua  era 
capo  delle  fabbriche  d' armi  del  Marchese  :  fino  dal  5  gen- 
naio 1488  scriveva  al  Marchese  che  le  armi  per  lui  erano  a 
buon  termine.  Si  firmava  Jaeohus  armarolus. 

A  pag.  555  si  parla  di  Bernardino  Messaglia  armaiuolo.  Egli 
era  di  Yimercate  e,  al  18  febbraio  1507,  si  trovava  in  carcere 
:oi  ferri  ai  piedi  per  ordine  del  Marchese,  perchè  non  aveva  fi- 
lilo in  tempo  l' armatura  ,  comandatagli  per  il  re  di  Francia, 
scrive  al  Marchese  per  la  libertà,  essendo  già  colà  da  quasi  un 
lese,  privo  della  bottega.  Il  ritardo  fu  per  l' infermità  de'  suoi 
genitori.  Promette,  se  libero,  di  finirla  in  tre  o  quattro  mesi  e  la 
farà  cosi  bella  che  mai  ne  sarà  vista  eguale  per  far  maggior 
)nore  al  Marchese  ,  che  la  deve  regalare  al  re  di  Francia  e 
fenderà  conto  del  denaro  avuto.  Se  lo  si  lascia  colà  a  languire 
Il  ritardo  sarà  sempre  maggiore. 

Il  Duca    di    Urbino ,  da  Brescia  (7  marzo   1525)  ,  scriveva  al 
[marchese  di  Mantova  di  rimettere  «  al  latore  qual  mando  a  posta 
r  elmo  suo  da  giostra  che    quello  portò  de  Franza  et  medesi- 
mamente tutti  i  pezzi  doppij    da    giostra  »    volendo   farne  ese- 


1058  LE    ARTI    MINORI 


guire  un'  armatura  consimile.  E  da  Urbino  nel  ^531  nuovamente 
gli  domandava  tale  imprestito  ad  uso  di  una  giostra. 

Dal  1552  al  1555  morivano  in  Mantova  Pietro  di  Carvaglio 
armaiuolo  di  anni  90 ,  Ambrogio  Ferrari  armaiuolo ,  anni  60  , 
Bono  di  Boni  armaiuolo,  anni  70. 

Dal  1554  al  1592  M.°  Antonio  Osma  armaiolo  era  a  stipendio 
della  Corte. 

Nel  1591  lavoravano  in  Mantova  Gio.  Ant.  Galuzzi  spadaro  e 
Gio.  di  Balesini  fiammingo,  per  ruote  di  schioppi. 


CORREZIONI. 

Pag.  272  Un.    5:    Sembrerebbero  eco.    Corr.  (La  frase  fa  parte  di  due  alinea 

avanti) 

»      274     »    23:  Conte  d'Orico  »  Conte  d'Arco 

»  (Va  tolto  via) 

»  Gian  Maria 

»  Abbiam  veduto 

»  prove 

»  faceva  scrivere 

»  Grossino 


277 

» 

8: 

Idem  139 

312 

» 

25: 

Girolamo 

517 

» 

ult.: 

Vedremo 

519 

» 

14: 

altra  prova 

545 

» 

18: 

scriveva 

569 

» 

15: 

Glossino 

ALLA.    CORTE    DI    MANTOVA. 


1059 


INDICE   DEGLI   ARTEFICI   E   DI    ALTRI. 


Abbadino  Battista,  spadaro,  590. 
Abendi  Antonio,  ricamatore,   205. 

—  Giacomo  Antonio,  id.,  295. 
Acerbi  (degli)  Francesco,  tappez- 
ziere, 1035. 

Achille  (d')  Domenico,  ferrarese, 
998. 

Acorsi  Pier  Antonio,  intagl.  legno, 
992. 

Acuto,  gioielliere,  296. 

Agnelli  Benedetto,  1011,  1047. 

Agnese  (da  Santa)  Alberto ,  ar- 
chibugiere, 590. 

Alamania  (de)  bombardiere,  528. 

Alanima  (de)  Frate  Jacomo,   306. 

Albano  Taddeo,  306,  993,  1008, 
1009. 

—  Vincenzo,  307. 
Albenga  Giorgio ,   fonditore   d'  ar- 
tiglierie da  Trino,  542,  543,  544. 

Albergeto  Albergetto,  539. 

—  bombardiere,  539. 

—  Camillo,  id.,  538,   539. 

—  Fabio,  id.,  539. 

—         Sigismondo,  id.,  539. 

Alberto  da  S.  Agnete,  archibu- 
giere, 590. 

Alberto,  milanese,  1017. 

Albrici  Antonio,  orefice,  278. 

Alemagna  (d')  Corrado,  vetraio, 
1005. 


Alemania  (de)    Giorgio,   bombar- 
diere, 528. 
Alessandro,  antiquario,  584. 

—  pittore,  1038. 

Alessio,  bombardiere,  536. 
Alfonso,  orefice,  1056. 
Alpron  Lucio,  gioielliere,  513. 
Altogorth,  spadaro  da  Bilbao,  571. 
Aluise,  bombardiere,  537. 
Amata,  orefice,  267. 
Ambrogio,  nano,  1019. 
Amelana  (da)  Francesco,  arm.,  552. 

—  —    Giacomo,  id.,  552. 
Amerigo,  orefice,  260,  265. 
Amighini  (da)  Giov.  Maria,  bom- 
bardiere, 540. 

Amigoni  Gaspare,  intarsiat.,  man- 
tovano, 990. 
Andrea,  bombardiere,  540,  541. 

—  legatore  da  libri,  1050. 
Andreasi  Ascanio,  colonnello,  man- 
tovano, 499. 

Agnolo,  argentiere,  260. 

Anichino  (de)  Francesco,  intaglia- 
tore in  gemme,   281, 
282,  283,  284. 
— •         tappezziere,  1033. 

Antignate  Costanzo,  organaro,  586. 

—  G.  B.,  id.,  586. 

—  Graziadio,  id.,  587. 
Anteo  Antonio,  bombardiere,  991. 
Antonio   (di)    Giovanni ,  spadaro 

551. 


1060 


LE    ARTI    MINORI 


Antonio,  ricamatore,  1031. 

—  (di)  sellaro,  1036. 

—  spadaro,  551, 

—  spingardiere,  528. 
Anzoli  Angelo,  vetraio,  1009, 1024. 
Ardin  Zorzi,  orologiere,  507. 
Ardini  Giorgio,  id.,   524.. 
Ardizzoni  Ottaviano  da  Trino,  zec- 
chiere, 502, 

Aretino  Pietro,  1038. 

Armarla  (della)  Bernardino.  Vedi 
Messaglia. 

Arrivabene  Filippo,  orolog.  ,298. 
—  Lelio,  312. 

Asti  (d')  Nicolao,  orefice,  293, 294, 
493. 

Atendoli  Paolo,  gioielliere,  311. 

Augusta  (de)  Pietro,  bombardiere, 
533. 

Augusto,  ricamatore,  1038, 

Avanzi  (d')  Nicolò,  intagl.  gemme, 
veronese,  497. 

Averoldo  Sebast.,  orefice,  295,  302, 

Ayroldi  Jacobino,  armaiuolo,  mila- 
nese, 528. 

Azano  Nicolao,  armaiuolo,  bre- 
sciano, 554. 

Azimino  Andrea,  armaiuolo,  spa- 
gnuolo,  568, 

Azinio,  gioielliere,  milanese,  307. 


B 


Baldassare  Gandolfo  ,  monetario  , 
304. 

Balesini  (di)  Giovanni,  schloppet- 
tiere,  1058. 

Balzani  Francesco,  orefice,  bo- 
lognese, 295. 

Bancorentini  Giovanni,  ricamatore, 
1032. 


Barco  Carlo,  orefice,  297,  309. 

Bario   Giovanni  Pietro,  517. 

Barisino  Antonio,  tappezz. ,   1034. 

Bartolomeo,  gioielliere,  307. 
—  tappezziere,  1035. 

Barufì  Giorgio,  libraio,  1049. 

Basilea  (da)  Giovanni,  bombar- 
diere, 534,  538. 

Bataglia  Bartolomeo ,  gioielliere, 
307. 

Battista,  legatore  da  libri,  1049. 

—  orefice,  293. 
Beccheghiel  Alessio,  banchiere,  te- 
desco, 557. 

Bego  Corrado,  orologiere,  tedesco, 

503. 
Bellanti    Giacomo,    miniatore,   di 

Otranto,  1034, 
Bell'Antonio,  capitano  còrso,  584, 
Belleboni  Domenico  ,  marangone  , 

992. 
Belli  Valerio,  intagliatore  cristalli, 

vicentino,  260,  582,  1014. 
Beltrami  Bartolomeo,  libraio,  1054. 
—       Francesco,  falegn.,   1003. 
Bembo  Bernardo,  298. 
Bene  (del)  Vitale,  mercante,  1043. 
Benedetti    Francesco  ,    arazziere  , 

1040. 
Benedetto,  pittore  in  vetro,  1008, 
Bendidio  Timoteo,  998. 
Benisone    Sebastiano ,    veneziano, 

513, 
Benzeni,  cristallaro,  1019. 

—  Marco    Antonio,  gioiel- 

liere, 307.  • 

Bergamo  (da)  Damiano,  intaglia- 
tore in  legno,  260. 

Bernardetto  ,  orefice  ,  fiorentino  , 
265. 

Bernardi,  da  Castel  Bolognese,  260. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA. 


1061 


Berti  Giacomo,  zecchiere,  512. 
Bertolotti  Cesare ,  cristallaro  d'Al- 
tare, 1023. 

—  Gio.  Frane,  id.,  1023. 
Bettinelli  Girolamo,  vetraio,  1024. 
Bevilacqua  Mario,  311. 
Bianchini   Giov.  Francesco,  detto 

Lorin,  1049. 

Bianchino,  ricamatore,  1031. 

Bianco  Luca,  intagliatore,  987. 

Bilone,  bombardiere,  tedesco,  537. 

Blixgen  Ermanno,    orefice,  d' Au- 
gusta, 297. 

Bologna  Paolo,  orefice,  296. 

—  (da)  Alberto,  273. 

—  —    Bernardo,  legnaiuolo, 

990. 

—  —    Cristoforo  ,    orefice  , 

292. 

—  —    Lodovico  ,  id. ,  273  , 

274,  287. 

—  —    Maria  ,    arazz. ,  984, 

1033. 

—  —      —       vetraio,  1009. 

—  —    Paolo,  orefice,  296. 

—  —    Vincenzo  ,  ricamat. , 

1038. 

lìolognini    Antonio,  pittore,  mila- 
nese, 296. 
—        Pietro,  orefice,  296. 

1  )olzono    Alessandro  ,    armaiuolo  , 
549. 

1  bombarde  (dalle)  Giovanni,  bom- 
bardiere, 529. 

Bombardarli    Giov.    Antonio,    ar- 
maiuolo, 584. 

Bonacorsi,  orefice,  da  Crema,  zec- 
chiere, 300. 

Bonavoglia    Giovanni    Pietro,    ve- 
traio, 1009. 

Bonetti  Pietro,  vetraio,  1025. 


Boni  Bono,  armaiuolo,  1058. 
—    (di)  Ercole,  ricamai.,  1050. 

Bonino  Vincenzo,  orefice,  506. 

Bono,  scultore,  991. 

Bonovardi   Ives,  libraio,  francese, 
1050. 

Borgaccio  Giov.  Domenico,  gioiel- 
liere, milanese,  516. 

Borgano  Francesco,  pittore,  091. 

Borgognoni    Annibale,    ingegnere, 
493. 

Bornioli  Orfeo,  vetraio,  1024. 

Borrini  G.  B.,  bombardiere,  546. 

Borromei  Borromeo,   orefice,  ve- 
neto, 513. 

Borsena  (da)    Giov.  Marco,  bom- 
bardiere, 540. 

Bosetti    Cesare,  ricamatore,  par- 
mense, 1038. 

Bossi  Luca  Antonio,  zecchiere,  303. 

Boteram    Rinaldo,   arazziere,    da 
Bruxelles,  1034,  1035. 

Bragadino,  alchimista,  520. 

Braganze,  orefice,  512. 

Bi-atto    Domenico,    fonditore,  pia- 
centino. 504,  541. 

Diatturi  Dionisio,  1002. 

Braunsper     Lione ,     medico ,     da 
Lipsia,  567. 

Bremburg,  bombai*diere,  531. 

Brescia  (da)  Antonio,  arm.,  581. 

—  —    Bened.,  orolog.,  1057. 

—  —    Giacomo,  id.,   570. 

—  —         —        tornit.,  990. 

—  —    G.  B.,  bombard.,  538. 

—  —    Nicolò,  arni.,  554. 

—  —    Pietro,  sellaio,  1035. 

—  —    Raffaello  ,    intagliat. , 

260,  1035. 

—  —    Urbano,  583. 
Bresciani  Francesco,  gioiell.,  316. 


1062 


LE    ARTI    MINORI 


Bressani  Giuseppe  ,  ricamatore  , 
ferrarese,  1051. 

Britembergo  (di)  bombard.,  531. 

Brochetto  Gian  Domenico,  chio- 
darolo,  542. 

Brunelleschi,  scultore,  268,  983. 

Bruxelles  (da)  Martino,  tappez- 
ziere, 1040. 

Buonarroti,  scultore,  283. 

Buono  (da)  Bernardino,  pittore  e 
scultore,  mantovano,  991. 

Buselle,  tappezziere,  1035. 

Busti  (de)  Giacomo,  bombardiere, 
539,  540,  541. 


Cagis  Francesco,  spadaro,  589. 

Cagno,  ebreo,  1043. 

Calandra  Federico,  direttore  fon 
deria,  mantovano,  531 
532,  535,  536,  986. 

—  Gian  Giacomo,  fonditore 

535,  538. 

—  Ippolito,  id.,  293,  540 

576,  989,  990. 

—  Silvestro,    castellano   di 

Mantova,  531,  537. 

Caletti    (  de  )    Federigo  ,    tappez- 
ziere, 1042. 
—       Tommaso,  orefice,  272. 

Caliari  Pietro,  gioielliere,  507. 

Calice  (de)  Bartolomeo,  309,  994, 
1012,  1043. 

Calvo  Cesare,  tiraloro,  milan,,  305. 

Cambio  Bellisario,  -fonditore,  304, 
1056. 

Cammei  (dei)  Domenico,  intaglia- 
tore, milanese,  260. 

Campagna    Filippo,    orefice,  bre- 
sciano, 295. 


Campagnano,  orefice,  mantovano, 
271. 

Campanario  Cristoforo,  gioielliere, 
284. 

Campi  Bartolomeo,  orefice,  pesa- 
rese, 260,  261,  527. 

Canneto  (da)  Giorgio ,  bombar- 
diere, 534,  537,  538. 

Capellari  Iginio,  orefice,  266. 

Capodaglio  Francesco,  1054. 

Capogrosso  Lorenzo,  diamantaro, 
494. 

Capra  G.  B.,  d'Alabio,  310. 

Caprara  (de)  Costantino,  bombar- 
diere, 535. 

Caprioli  Antonio,  orefice,  274. 

Capua  (da)  Giacomo ,  capo  ar- 
maiuolo, 552,  553,  1057. 

Caradosso,  orefice,  lombardo,  260, 
314,  495,  496,  497. 

Carcher  Nicolao,  tappezziere,  da 
Bruxelles,  1040,  1041,  1042. 

Cardano  Filippo,  orefice,  fiam- 
mingo, 499. 

Caremolo,  armaiuolo.  Vedi  Mon- 
drone. 

Carlo,  argentiere,  1056. 

Carnesecchi  (fratelli),  orefici,  267. 

Caronni  Valerio,  gioielliere,   519. 

Carenze  Sebastiano,  bombardiere, 
540. 

Carvaglia  Pietro,  armaiuolo,  1058. 

Carretto  (Del)  Galeotto,  1035. 

Castelani  Teobaldo,  moiolaro,  553. 

Castelli  Fabrizio,  armaiuolo,  981. 

Castello  (de)  Andrea  ,  lanaiuolo  , 
1033. 

—  — ■    Giacomo,  arm.,  572.] 

—  —    Pietro,    armaiuolo  ej 

gioielliere ,    551  ,j 
5.72,  573,  574. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA. 


1063 


Calano    Giov.    Antonio  ,    orefice  , 

milanese,  205. 
Cati  G.  B.,  513. 
Cavalletti,  ferrano,  589. 
Cavalli    Giovanni ,    orefice  ,    267  , 
268,  302. 

—  Guidone,  id.,  267. 
Cavorlino,  id.,  308. 

Cellini  Benvenuto,  id.,  260,  261, 
403,  494,  502,  527. 

Gelmini  Antonio,  bombardiere,  542. 

Centurioni  Luigi,  518. 

Cernuschi  Giuseppe,    orefice,  296. 

Cerruti  Carlo,  ricamatore,  1051. 

Cervi  (de)  Davide,  gioielliere,  man- 
tovano, 296,  310,  317,  505,  515, 
1019,  1044. 

Ceserin  Felice,  gioielliere,  307. 

Cherspaun,  gioaro,  521. 

Chiapino,  orefice,  293. 

Chiapponi  Alessandro,  vetr.,  1009. 

Chiari  Antonio ,  gettatore  di  ca- 
ratteri, 518. 

—  Lorenzo,  orefice,  veneziano, 

518. 

Chiario  Bernardino,  sigillaro,  518. 

Chiesa  (della)  Pompeo,  armaiuolo, 
milanese,  588,  589. 

Chinelli  Paolo  ,  fonditore  d' arti- 
glierie, 546. 

Chinig  Mattias  ,  intagliatore  di 
armi,  525. 

Chiosio  morsaro.  Vedi  Marchetti. 

Chivizzano,  argentiere,  277,  302. 

Cicogna  Gerolamo,  ricamatore  e 
ingegnere,  veronese,  1029. 

Cingiolo  Girolamo,  bombardiere, 
539. 

Civeta,  pittore,  318. 

Civita  Moisè,  fabbricai,  di  vetro, 
1023. 


elisone  MafTeo  ,  orefice  ,  manto- 
vano, 293. 

Cocchi  Vincenzo,  fonditore,  oro- 
logiere, 299,  519. 

Coirò  Gerolamo,  intagliatore  vetri, 
505,  507. 

Colfa  B.,  orefice,  266. 

Coiman  Desiderio,  armaiuolo,  te- 
desco, 561. 

—  Lorenzo,  id.,  di  Augusta, 

555  a  568, 
Colombo ,    fabbricatore    di   armi  , 
588. 

—  Lodovico,  orefice,  538. 
Colorni  Abramo,  meccanico,   501. 
Columbini,  tappezziere,  1034. 
Comi  Appollonio,  gicjielliere,  506. 
Cominazzo  Lazzarini,  fabbricatore 

d'  armi,  bresciano,  588. 

Como  (da)  Lodovico,  bombardiere, 
538. 

Compagnano  Clemente,  orologiere, 
299. 

Cona  Girolamo,  argentiere,  519. 

Centanni  Taddeo,  veneziano,  279. 

Contrarli  Alberto  ,  orefice  ,  ferra- 
rese, 287. 

Corniole  (delle)  Giovanni,  intaglia- 
tore, milanese,  260. 

Corradi  Giovanni,  pittore,  1033. 

Corrazzine  (delle)  Mastro  Miche 
letto,  armaiuolo,  550. 

Correggio  (da)  Pellegrino,  sellaro, 
1046. 

Corsica  (da)  Claudio  ,  artigliere  , 
547. 

Corsignano  Gio.  Paolo,  gioielliere, 
milanese,  316. 

Corsini  Bartolomeo,  309 

Coi-te  G.  B.,  gioielliere,  311. 
—    Gio.  Giacomo,  513,  515,  516. 


1064 


LE    ARTI    MINORI 


Cortcllini   0.  B. ,  sctarolo  ,    bolo- 
gnese, 1053. 
Cosmo,  medico,  497. 
Costa  Battista,  schioppettaro,  980. 

—  Girolamo,  ricamatore,  man- 

tovano, 1038. 

—  Sebastiano,  gioielliere,  ve- 

neziano, 507. 

Costantino,  bombardiere,  535,  536, 
537. 

Cotta,  ricamatore,  da  Trento,  261. 

Cottardo,  orefice,  parigino,  524. 

Covo  (da)  Giacomo,  568. 

Coyro    Girolamo,  cristallaro,    mi- 
lanese, 297,  1017. 

Cozzi  Gabriele,  armaiuolo,  589. 

Crema  (da)  Giovanni  Bernardo,  id., 
287. 

Crema   (da)    Jacomo,   intagliatore 
legno,  260,  985. 
—      Guidone,  orefice,  287. 

Cremasela  Bartolomeo,  arazziere, 
da  Rovigo,  1033. 

Cremona  Aurelio,  gioielliere,  1056. 

—  (da)  Frane,  orefice,  276. 

—  —     Giovanni,  id.,  267. 
Crespellano  Alessandro,  id.,  273, 

—  Conto,  id.,  273. 

Crivelli,  ricamatore,  261, 
Croyer    Paolo,  argentiere,    augu- 

stano,  505,  522. 
Cyinich  Jacomo,  gioiell.,  308,  512. 


D 


Dafino  G.  B.,  archibugiere,  588. 
Dagli ^  armaiuolo,  bresciano,  548. 
Dardani    (de)   Bardano,  setaiuolo, 
1045. 


Davit,  intarsiatore,  990. 

De  Giva,  zecchiere,  303. 

Delaiti    Ippolito ,    fonditore,  vene- 
ziano, 542. 

De  Rossi ,    bombardiere  ,    manto- 
vano, 532. 

De  Stefani,  orefice,  267. 

Diaccetto,  id„  265. 

Didati,  id.,  266. 

Dilaleni  Pietro,  armaiuolo,  548. 

Doli  di  Cugni,  ricamatore,  1037. 

Donatello,    cesellatore,    261,    268, 
527,  983. 

Donato,  gioielliere,  278 

—       Cleofasso,  tornitore,  mila- 
nese, 997. 

Donino,  orefice  e  banchiere,  man- 
tovano, 295. 

Drago  Guglielmo,  genovese,  assag- 
giatore, 511. 

Durer  Alberto,  incisore,  524. 

Dursoli  Martino,    tappezziere,   da 
Bruxelles,  1040. 


E 


Echialla  Tomaso,  argentiere,  499. 
Echk  (Von)  Antonio,  fabbricatore 

d'  archibusi,  588. 
Eggenberger    Giovanni ,    tedesco  , 

566. 
Elia,  marangone,  tedesco,  991. 
Elman  Carlo,  gioielliere,  513. 
Emanuele,  id.,  273. 
Enrico,  armaiuolo,  550. 
Ercole,  orefice,  ferrarese,  1056. 
Ermanno,  id.,  tedesco,  207, 
Exler  Rigo  de  Anspurg,  gioielliere, 

284,  306. 


AI.LA    CORTE    DI    MANTOVA. 


10G5 


Fabroni  Lorenzo,  falegname,  1003. 

Faimer    Michele,  intarsiatore,  te- 
desco, 1000. 

Panetti,  orefice,  498. 

Farina  Faustino,  sellaro,  bresciano, 
1046. 

Fasciateli!,  alchinaista,  521. 

Fatio  Africano,  id„  520. 

Faustini   Giov.  Pietro ,  gettatore  , 
543. 

Fedeli  Alfonso,  orefice,  ferrarese, 
1056. 
—      Ercole,  id.,  id.,  1056. 

Fero  (di)  Girolamo,  1056. 

Ferrara  (da)  Alfonso,  orefice,  492, 
1056. 

—  —    Cristoforo ,    bombar- 

diere, 533. 

—  —  Ercole,  orefice,  288, 

492,  1056. 

—  —    G.  B.,  id.,  288. 

—  —   Ippolito,  id.,  288. 

—  —   Leone,  id.,  288. 
Ferrari  Giacomo,  orefice,  da  Cre- 
mona, 267. 

Ferrarino,  bombardiere,  528. 
Festa  G.  B.,  vetraio,  1009,  1023. 
Fiandra  (di)  Alessandro,  arazziere, 
1043. 

—  —  Enrico  ,    tappezziere  , 

1035. 

—  —  Giovanni,  id.,  1040. 

—  —  Martino,  id.,  1040. 

—  —  Pietro,   arazz.,    1034. 
Filopono  Frane,  matematico,  290. 
Filtro  (de)  Frantz,  sellaio,  1046. 
Fine  (de)  Gio.  Maria,  fabbricatore 

d'armi,  588. 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV, 


Fineo  Marco  Antonio,  fabbricatore 
di  vetri,  1023. 

Finestre  (dalle)  Giovanni,  vetraio, 
francese,  1005. 

Finiguerra,  niellatore,  260. 

Finzi  Moisè,  fabbricatore  di  vetri, 
1023. 

Fiore  Gian  Andrea,  gioielliere,  ve- 
neziano, 279,  280,  288,  305. 

Firenze  (da)  Baccio  d'Agnolo,  ar- 
chitetto, 983. 

—  —  Gio.,   bombard.,  450. 

—  —  Nicolò,  arazz.,  1044. 
Florido  Orazio,  571. 

Folchino  Vincenzo,  1001. 
Franceschino,  armaiuolo,  583. 
Francesco,  bombardiere,  530,  533. 
Franchi  Franchino  ,    intarsiatore  , 

99L 
Francia  (di)  Adamante,  arazziere, 
1035. 

—  —   Antonio,  spingardiere, 

532,  533. 

—  —   Giovanni,  ricamatore, 

1034. 
^,.:r-        —    Guidone,  arazz.,  1035. 

—  —   Nicolò,  id.,  1033. 

—  —        —       bombardiere, 

539. 

—  —   Zannino,  arazz.,  1033. 
Franza  (di)  Giov.,  vetraio,  1005. 
Fristh,  ingegnere,  tedesco,  545. 
Fucchari,  banchiere,  id.,  556. 
Furiano  Enea,  290. 


G 


;  Gabergnate,  bombardiere,  530. 
!  Gabriele,  orefice,  291. 
I  Galbiate  Filippo,  orefice,  milanese, 
I       316.. 

56 


1066 


LE    ARTI    MINORI 


Galego  Marcantonio,  498. 

Gallo  Paris,  legatore  da  libri,  1050. 

Galupi  Gio.  Ant.,  spadaro,  1058. 

Gambacorta  D.  Mariano,  518. 

Gandolfi,  monetario,  304. 

Garbegnate    (da)    Giovanni,    bom- 
bardiere, 530. 

Gardone   (de)    Antonio    Serafino , 
armaiuolo,  260,  578. 

Garzoni    (del)  Paolo,  intarsiatore, 
mantovano,  992. 

Gaugher    Davide ,    coniatore,  ale- 
manno, 303. 

Gazuolo  Ruggiero,   ebanista,   995, 
996. 

Gelmini  Antonio,  bombardiere,  da 
Gastellucchio,  542. 

Genova    (de)   Xichrio,   gioielliere, 
284. 

Genovesi  Domenico  ,  intagliatore , 
991. 

Geremei  Geremia,  orefice,  268. 

Geremia  Cristoforo,  id.,  268,  269, 
270,  271. 
— -        (di)  Nicolino  ,   id. ,  267  , 
268,  269. 

Gesati  Francesco,  id.,  267. 

Ghiberti,  cesellatore,  260. 

Ghinello    (detto)    Martino ,   arma- 
iuolo, 260. 

Ghiselieri  Giulio  ,  bombard. ,  542. 

Ghiselli,  zecchiere,  512. 

Ghisi  Giorgio,  ricamatore  ,    1038, 

Giacobo   Battista,    tiraloro,    mila- 
nese, 305. 

Giacomo  Antonio,  ricamat.,  1039. 

—  armaiuolo,  553,  569. 

—  bombardiere,  533,  540. 

—  ricamatore,  1037. 

—  tiraloro,  273. 
Gian  Antonio,  orefice,  267. 


Giorgi  Bartolomeo,  292. 

—      Giovanni,  sellaro,  1025. 
Giorgio,  orefice,  tedesco,  292. 

—  (di)  Vitale,  bombardiere, 

530. 
Girolamo,  dipintore,  537. 
Giov.  Andrea,  orefice    e   ricama- 
tore, 288. 
Giov.  Antonio,  ricam.,  1032,  1037. 
G.  Battista,  falegname,    494,  589. 
Gio.  Carlo,  orefice,  271. 
Giov.  Cristoforo,  id.,  280,  531. 
Giovanni,  bombardiere,    529,  530. 

—  Francesco,  arazz.,  1040. 

—  —         orefice,  273, 

274. 

—  Giorgio,   sellaro,  1025. 

—  intagl.  in  ferro,  586. 
Giov.  Maria,  orefice,  274. 
Giov.  Paolo,  id.,  1056. 

Giov.  Stefano,  bombardiere,  540. 

Gisghem  Orlando,  orefice,  fiam- 
mingo, 297. 

Giuseppe,  tappezziere,  1010. 

Giusto,  bombardiere,  540. 

Gloria  (di)  Pietro,  libraio,  1040. 

Goito  Giulio,  orefice,  505. 

Gotten  Enrico,  assagg.  zecca,  507. 

Grana  (della),  orefice.  Vedi  Ru- 
berti. 

Grandi  Antonio,  vetraio,  1024.  . 

Gregoli  Francesco,  bombard.,  5^ 

Grimani  Antonio,  982. 

Grosso  Lorenzo,  gioielliere,  geno- 
vese, 313. 

Gruato  Simone,  intarsiatore,  1002. 

Guaina  (della)  Anchise,  armaiuolo, 
bombardiere,  560,  562  a  568. 

Guardino,  orefice.  Vedi  Baharà. 

Guido  Pietro,  orologiaio,  298. 

Guidetti  G.  B,,  id.,  299. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA. 


1067 


Guiliere  Michele  ,  tiraloro  ,  mila- 
nese, 305. 

(lullam  Bonaventura ,  banchiere  , 
518. 


n 


Hacht    (de)    Jacomo,  alchimista, 
d'Augusta,  303. 

•Hagan  Giorgio  ,   armaiuolo  ,  560  , 
561,  563,  564. 

Hardin  Giorgio,  orologiere,  524. 

Helman  Carlo,  gioielliere,  515. 
—       Guglielmo,  id  ,  310. 

Henrico,  armaiuolo,  550, 

Hermanno,   orefice,   tedesco,   297, 
501. 

•Hoefaneghel,  miniatore,  500. 
^Hofer  Cristoforo,   argentiere,   te- 
desco, 303. 
[Hontorst  Arrigo,  argentiere,  fiam- 
mingo,  501. 


I 


3Ìperon  Antonio,  gioielliere,  499. 
)rio  Federico,  argentiere,  506. 
ìpolito  ,  spadaro  ,   orefice  ,   288  , 

589. 


Kohner  Carlo,  gioielliere,  523. 
Konig,  orefice.  Vedi  Cyinich. 
Kraus  Abramo,  ebanista,  tedesco, 
999. 


Lainate    Gio.    Pietro,    gioielliere, 
milanese,  517. 


Lamprecht  Gio. ,  fond. ,  svizzero  , 
542,  543. 

Lancecheuecco  Jacomo,  armaiuolo, 
569. 

Lanzillotto,   ricamatore,  1032. 

Lautizio,  intagliatore,  260. 

Lazimino,  armaiuolo,  568. 

Lazzarino,  fab.  d'armi,  bresciano, 
588. 

Leardi  Francesco  ,  orefice  ,  fer- 
rarese, 492. 

Lenzoli  (de)  Baldassare,  gioielliere, 
272. 

Levi  Anselmo,  gioielliere,  ebreo, 
297,  311,  318,  1017. 

—  Liberale,  gioielliere,  296. 

—  Salomone  id.,  296,  316,  494. 

1043. 

—  Vita,  id.,  523. 

Lion  (de)  Pietro,  orefice,  1056. 
Locoli  Pietro,  gioielliere,  1056. 
Lodi  (da)  Giov.,  armaiuolo,  548. 
Lombardi  Gio.   Giacomo,  vetraio, 

1009. 
Lombardo  Antonio,  scultore,  993, 
Longo,  alchimista,  304. 
Lopez  Diego,  orpellare,  spagnuolo, 

1048. 
Lorenzo,  armaiuolo,  568. 

—        tappezziere,  1034. 
Luca  Agnolo,  argentiere,  260. 

—  bombardiere,  534. 

Lucca  (da)  Antonio,  bombardiere, 
534,  537. 

—  —  Silvestro,  leg.  da  libri, 

1049. 
Lucino  Gio.  Antonio,  517. 
Luigi,  bombardiere,  537,  5:^8,  542. 
Lunardo,  gioielliere,  309,  310,  311. 
Lupis  Luca,  sellaro,  1054.    . 
Lutrcco,  libraio,  1049. 


1068 


LE    ARTI    MINORI 


M 


Madaleone,  orefice,  266. 

Maffei  Maffeo,  ricamatore,  1034. 

Magnano,  armaiuolo,  585. 

Magoria  Eliseo,  gioielliere,  316, 
515. 

Mai  (di)  Michele,  libraio,  1049. 

Maia  (del)  Bernardino,  armaiuolo, 
549. 

Maiorano  ,  orpellare  ,  napoletano , 
261. 

Mair  Bernardo,  arm.,  tedesco,  566. 

Manara  Vincenzo,  gioielliere,  lom- 
bardo, 509,  515,  518. 

Mandola  (della)  Daniele,  gioielliere, 
285. 

Mandrese,  orefice.  Vedi  Rusca. 

Manfredi  Bartolomeo,  orologiere, 
289,  299. 

—  Galeazzo,  id  ,  299. 

—  Gian  Giacomo,  id  ,  299. 

—  Giov.,  id.,  289. 

—  Nicolò,  id.,  299. 
Mantegazza  Gentile,  oref.,  314,  315. 

—  Giuseppe,  316. 

Mantegna  Andrea,  piti ,  274,  999. 
Mantova  (da)  Antonio,  intars.,  989. 

—  —    Francesco ,    ricama- 

tore, 1031. 

—  —    Giacomo,  id.,  529. 

—  —    Gian  Giacomo,    scul- 

tore ed  oref.,  293. 

—  —    Gio.  Carlo,  disegna- 

tore, 271. 

—  .  —    Paolo,  intagliai.,  989. 
^—         —    Rinaldo,  ricam.,  1031. 

Marchetti  G.  B,,  morsaro,  da  Salò, 

584. 
Marco,  vetraio,  veneziano,  lOOG. 


Marenesio,  orefice,  bolognese,  267. 
Mariani  Lodovico,  orefice,  294. 
Marliano  Ambrogio,  gioiell.,  517. 
Marmaldo  Fabrizio,  540. 
Martini    Bartolomeo ,    carrozzaio , 

modenese^  1002. 
Martinoni,  armaiuolo,  578. 
Marzo,  orefice,  266. 
Masino,  armaiuolo,  549^  550.' 
Matteo,  intagliat.  di  gemme,  315. 
Mazzafiri  Michele,  orefice,  494. 
Mazzone  Marc'  Antonio  ,  perlaro  , 

311. 
Melioli  Bartolomeo,   orefice,    268, 

274,  275,  276,  290,  291,  292. 
MeUolo,  orefice,  268. 

—  Lodovico,  292. 

—  Sperandio  ,  orefice,  268, 

274,  276. 
Merate  Francesco,  armaiuolo,  550. 
Mercadante,  spadaro,  569. 
Mercurio  Giovanni,  orefice,  312. 
Messaglia  Bernardino  ,  bombard.  , 

540,  555,  557,  558,  1037,  1057. 
Messoso  Pompeo,  ricamat,  1050. 
Michele,  orefice,  288,  491. 
Micheletto,  armaiuolo,  550. 
Michelino,  gioielliere,  307,  308. 
Milanesi  Giuseppe  ,  bombardiere  , 

542. 
Milano  (da)  Bartolomeo,  armaiuolo, 
568. 

—  —  Gasparino,  oref.,  267. 

—  —  Gian  Pietro,  arm.,  548. 

—  —  Giov.,  orefice,  267. 

—  —      —      spingard.,  528. 

—  —      —      Battista,  ricama- 

tore, 1038. 

—  —  Luigi,  id.,  538. 

—  —  Michelang.,  oref.,  297. 

—  —  Nicolao,  id.,  295,  1050. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA. 


1069 


Milano  (da)  Pietro,  armaiuolo,  548. 

—      —    Zonepio,  id.,  548. 
Mina  (della)  Gio.  Giacomo,  bom- 
bardiere, 540. 
Minacini    Minaci,    zecchiere,    fio- 
rentino, 300. 
Minadoi  Gio.  Tom.,  med.,  1013. 
Mirci  Giacomo,  orefice,  1056. 
Mischato  Matteo,  zecchiere,  304. 
Misseroni,    vetrai,    milanesi,    260, 

1016. 
Mola  Antonio  e  Paolo,  intagliatori, 
989. 
—    Gaspare,  coniatore,  261,  508, 
509,  510,  511. 
Molano  Giov.  Mario,  tiraloro,  mi- 
lanese, 305. 
Molino,  Domenico,  1012,  1047. 
Moltono  orefice,  267. 
Mondrone  Bernardino,  armaiuolo, 
milanese,  575. 
— >          Caremolo,  milan.,  569, 
570,  572  a  580,  582. 

—  Paolo,    milanese,    575, 

579. 

—  Pietro  Ambrogio  ,  580. 
Monego  (da) ,  bombardiere.    Vedi 

Pergar. 
Montano  Achille,  vetraio,  d'Altare, 
1022,  1027,  1028. 

—  Antonio,  id.,  id.,  1022. 
Morando  Girolamo,   manganatore, 

1044. 
Moremans    Silvio  ,    arcliibugiere  ^ 
fiammingo,  980. 
—         Paolo,  id.,id.,  590,  981. 
Morcnghi  Paolo  Emilio,  oref ,  297. 
Moreschi  Bosio,  armaiuolo,  584. 

—  Gian  Pietro,  id.,  584. 
Moro  don  Stefano,  1010. 

—     Francesco,  orpellare,  1047. 


Morone  Gaspare,  incisore,  511. 
Morse  (dalle)  Francesco,  morsalo, 

549. 
Mortara  (da)  Jacob,  gioiell.,  295. 
Mulo  (da)  Jachelino,  orefice,  266. 
Murano  (da)  Angelo,  vetr. ,  1009. 
Muse  Agostino,  gioielliere,  307. 
Musto  Giuliano,  da  Reggio,  998. 


N 


Nanj  Giacomo,  gioieUiere,  278. 
Navena  Gio.  Giacomo,  carrozzaio, 

1002. 
Negrelli,  orefice,  266. 
Negri  Gio.  Ant. ,  ricamatore,  1039. 
Negro  Paolo  ,   battiloro  ,  veneto  , 

304,  305. 
Negroli  Filippo,  armaiuolo,  260. 

—  Gio.  Paolo,  id.,  260, 
Neroni,  alchimista,  521. 
Neupert  Paolo,  tornitore,  tedesco, 

992. 
Neuwart  Paolo,  id.,  id.,  1000. 
Nichino,  intagliat.  Vedi  Anichino. 
^icolao,  bombardiere,  528. 

—  di  Francesco,  ricamatore, 

1031. 
Nicolaus,  smaltatore,  297. 
Nicolò,  armaiuolo,  291. 
Niedo,  id.,  554. 
Nino  (di)  Pietro,  orefice,  260. 
Niss  Daniele,  fiammingo,  513. 


0 


Olixgen  Ermano,  orefice,  tedesco, 

500. 
Onigo  Giacomo,  fabbr.  di  lucerne, 

novarese,  981. 
Orologi  (degli)  Vincenzo,  300. 


1070 


LE    ARTI    MINORI 


Orologio  (dell')  Galeazzo  ,    orolo- 
giere ,  mantov., 
269,  289. 
—  —      Guido ,   id. ,  298  , 

300. 

Orsi  Paolo,  orologiere,  299. 

Orso  ,    gioielliere  ,    ebreo  ,    man- 
tovano, 307. 

Osma  Antonio,  armaiuolo,  1058. 

Ott  Girolamo,  gioielliere,  312. 

Otti  Luca,    massaro    degli   orefici 
veneziani,  297,  317. 

Otto  Cristoforo,  gioiell.,  311,312. 

Otts  lodoco,  gioielliere  fiammingo, 
5?5. 


Pace   Girolamo ,    libralo ,    berga- 
masco, 1054. 
Padova  (da)  Battista,  orefice,  309. 

—  —    Enrico,  id.,  266. 
Pagani  Pietro  Paolo  ricam.,  1038. 
Paganino,  orefice,  266. 
Pagano,  gioielliere,  veneziano,  276, 

278,  279,  1008,  1035. 
Pagliaro  Cristoforo,  orefice,  506. 
Palazzi  Francesco,  orefice,   man- 
tovano, 296,  493. 
Panizolla,  orefice,  veneziano,  278. 
Panizzato   Alfonso  ,    orefice  ,    fer- 
rarese, 1056. 
—        Ercole,   id.,  288,  1056. 
Paolo,  intagliatore  in  ferro,  586. 

—  orefice,  277. 
Parenti,  intagliatore.  1000. 
Paris,  bombardiere,  533. 

—  ricamatore,  1032. 
Parisio  Attilio  ,    orolog. ,  d'  Este  , 

526. 
Parma  (da)  Andrea,  bombard.,  540. 


Parma  (da)  Battista,  libraio,  1049. 

Parolaro,  orolog.   Vedi  Sforzarli. 

Pasquale  (di)  Flaminio ,  bombar- 
diere, 543. 

PauUi  Andrea,  1015. 

Pavanini  Francesco  ,  armaiuolo  , 
padovano,  981. 

Pavia  (de)  Lorenzo  ,  intagliatore  , 
502,  988,  992,    993,  997,  1007. 

Peccato  Pietro,    intarsiatore,  985, 

Pecorelli,  argentiere,  519. 

Pedrazzo,  gioielliere,  307. 

Pedrezano  Francesco,  orefice,  267. 

Pedro,  tappezziere,  1034. 

Pellegrino,  gioielliere,  veneziano, 
307. 

Penazzo,  armaiuolo,  548. 

Peres  Michele,  alchimista,  524. 

Pergar  (de)  Giov.,  bombardiere, 
da  Monaco,  531. 

Perotto  Giovanni  Maria ,  vetraio , 
d'Altare,  1020. 

Pertica,  alchimista,  521. 

Pesadro  Antonio,  gioielliere,    311. 

Pesetti  G.  B.,  ebanista,  1000. 

Petro  (de),  antiquario,  280. 

Piacenza  Andrea,   bombard.,  534. 

—  (da)  Bernardo  ,    sopra- 

stante   alla    fon- 
deria, 530. 

—  —     Bernardo,   vetraio, 

530,  1006. 

—  —    Vincenzo,   intars., 

985. 
Piccola,  orefice,  266. 
Picinini  Gio.,  sellare,  1046. 

—  spadaro,  528. 

—  Vincenzo,  sellaio,  104( 
Pietro,  armaiuolo,  568,  582. 

—      arazziere,  1035,  1040. 
Pigone  Giulio,  armaiuolo,  981. 


ALLA    CORTE    DI    MANTOVA. 


1071 


Fiotto  AUobello ,  gioielliere ,  sviz- 
zero, 316,  317,  506,  507,  514. 

Pippi  Giulio,  romano,  493,  497, 
991,  1012,  1057. 

Pirro,  bombardiere,  541. 

Pisano  Vittore,  veneto,  301. 

Pistoia  (da)  Maffio ,  fabbricatore 
d'armi,  588. 

Platini  Francione,   intarsiai,  989. 

—  Gio.  Mar.,  id.,  989. 

Plixen  Ermano,  orefice,  303. 

Plouer  Ismaele,  ricamatore,  fiam- 
mingo, 1038. 

Pocaparte  Simone,  fonditore,  542. 

Poci  Battista,  vetraio,  1009. 

Polieri  Ottavio ,  zecchiere ,  bre- 
sciano, 302. 

Pomfi  Davide,  ebreo,  996. 

Pommari  Baldassare,  orefice,  ve- 
ronese, 312. 

Pompeo,  intagliatore  in  legno,  ve- 
ronese, 991. 

Pontevigo  (de)  Comino,  orol.,  290. 

Ponzone  Marco  Tullio,  gioielliere, 
516. 

Porcari  Federico,  546. 

—  Stefano,  545. 

Forchi  Attilio,  orologiere,  vicen- 
tino, 300,  504. 

Porcione  Girolamo,  intagl.  d'  ossi, 
reggiano,  998. 

Forroni  Matteo,  incisore,  fiorent., 
1057. 

Pors  Vincislao  ,  orefice ,  tedesco , 
513. 

Porta  (della)  Donato  ,  gioielliere  , 
285,  286. 
-^         —     Giacomo,  tapezziere, 
1042. 

Possevino  Nicolo ,  orefice  ,  mila* 
nese,  295,  493. 


Prato  (dal)  Girolamo,  orefice,  260. 
Prauaschivick    Pietro  ,  bombard. , 

5G6. 
Presona,  orefice,  266. 
Prosperi  (de)  Bernardino,  993. 
—      Marco,  bomb.,  d'Ancona, 
546. 
Provenza  (da)  Pietro,  vetr.,  1006. 
Provenzale  Abramo,  zecch. ,  512. 


Q 


Quarto  Andrea,  gioielliere,  307. 
Quenzate  G.  B.,  gioielliere,  mila- 
nese, 317. 
Quion  Giacomo,  orefice,  49,9. 


R 


Racchetto   Andrea,    vetraio,   d'Al- 
tare, 1020. 
—  Battista,  id.,  id ,  1020. 

Radetti  Girolamo,  gioielliere,  297. 
Raffaello,  intagl.    di  gemme,   279. 
Ragazzoni   Bened.,  spadaro,   588. 
Raghetti,  ricamatore,  1051. 
Ragusi  (da)  Fra  Evangelista,  inta- 
gliatore, 1002. 
—       —     Tommaso,   mercante, 
1036. 
Raineri  Giulio,  orologiaio,  299. 
Ranaio  G.  B.,  orpellaro,  1046. 
Ranchati  (de)  Jacomo,  gioielliere, 

308. 
Rangoni  Bernardino,  orefice,  295. 
Recalco  Leonardo,  gioielliere,  309, 

311. 
Reggio  d'Emilia  (da)  Angiolo,  in- 
tagl, 998. 
— ^  —         —    Luca  Giov.. 

intagliatore,  987,  988. 


1072 


LE    ARTI    MINÓRI 


Rego  Corrado,  orologiere,  tedesco, 
503. 

Reimer  Luca,  orefice,  524. 

Remesini  Gian  Frane,  id.,  273. 

Renaldini  Paolo,  orefice,  491. 

Rezine  (delle  due)  Domenico  gio- 
ielliei^e,  310. 

Riccio  Camillo,  intagliai,  in  vetro. 
317,  318,  1018,  1019. 

Righino,  armaiuolo.   Vedi  Hagan. 

Rigimondo   (da)    Filippo,    orefice, 
milanese,  295. 

Rigo,  arm.,  306,  550,  552,  990. 
—    gioielliere,  tedesco,  306. 

Rivarolo  Gio.  Antonio,   coniatore, 
511. 

Rizzardini  Appolonio,  fonditore  di 
argento,  venez.,  513. 
—         Gio.  Maria,  513. 

Rizzo  Antonio,  gioielliere,  308. 

Rocca  (della)  Gaspare^  armaiuolo, 
587. 

Rodiano  Nicolasia,  1032. 

Roffino  Clerico,  zecchiere,  300. 

Rogiers  Nicolao,  orefice,  501,  521, 
522. 

Roma  Franceso,  setaiuolo,  1045. 

Romanino,  orefice.  Vedi  Quensatl. 

Romano  Cristofaro,  coniatore,  314, 
495,  999. 
—        ricamatore,  1032. 

Ronzoni    Filippo,    mastro    di   pa- 
diglioni, 1032. 

Ros  Battista,  orefice,  296.    , 

Roscaglia,  orefice,  517. 

Rossello  Vincenzo,    gioiellere,  ve- 
neziano, 307. 

Rossetti  Gianni ,  sarto  ,  francese  , 
1044. 

Rossi  Mario ,   legatore    da    libri , 
1050. 


Rosso  Antonio,   vetraio,    d'Altare, 

1020. 
Roth   Graffito,   battiloro,   d' Ulma, 

305. 
Rovida  G.  B.,  gioielliere,  milanese, 
508,  509,  515. 

—  Giuseppe,  id.,  id.,  310. 

—  Tommaso,  id.,  id.,  316,  317. 
Roymans  Giacomo,  orefice,  fiam- 
mingo, 500,  521,  522. 

Rozza  Tommaso,    tiraloro,    mila- 
nese, 305. 
Ruberti  Federico,  302. 

—  Francesco  ,   orefice ,  276  , 

277,    292,    302,    311, 
1009,  1037. 
Rubertino,   armarolo,    mantovano, 

547,  548. 
Rubichetto,   tappezziere,   francese, 

1035. 
Ruggiero ,    fabbricante    di    pietre 
preziose  false,  312. 
—  tappezziere,   1034. 

Runati  Francesco,  orefice,  516. 
Rusca  Gio.  Paolo,  gioielliere,  mi- 
lanese, 514,  516. 
Ruscher  Giovanni,  gioielliere,  512. 
Russel  Giacomo,  orefice,  524. 
Ruttier  Alberto,   architetto,  fiam- 
mingo, 590,  981. 


Salò  (da)  Belisario,  bombardiere, 

542. 
Salviati  Cecchino,  pittore,  265. 
San  Marino  (da)  Antonio,  orefice, 

313. 
Sanson  (di)  Jacobo,  ebreo,  308. 
Santi  Raffaello,  495. 


ALLA    CORTE    D!    MANTOVA. 


1073 


Saracco  Gabriele,  intag.  di  gemme, 
506,  517,  1018,  1026. 

—  Gio.  Amb.,  argentiere,  mi- 

lanese, 516,  517,  1018. 

Sassoduro    (de)    Tristano ,   arma- 
iuolo, 510. 

Savelli,  orefice.  Vedi  Sperandio. 

Savignano    (da)    Vincenzo ,    arti- 
gliere, 5  16. 

Savino  Giovanni   Ant. ,  setaiuolo  , 
1045. 

Savoja  (di)  Duca  Emanuele  Fili- 
berto, 995. 
—  —      Luigi,  286. 

Scanzano  Antonio,  orefice,  276. 

Schiavo,  bombardiere,  531. 

Schiavolino,  gioielliere,  497. 

Schinck  Federico,  mastro  di  vetri, 
1022. 

Schmid  t,  armaiuolo,  tedesco,    555 
a  559. 

Schoz  (di)  Rigo,  argentiere,  fiam- 
mingo, 1043. 

Scorzaroli    Antonio  ,    diamantaro  , 
307. 

Schiavolini    Graciolo ,    gioielliere  , 
497. 

Jcrima  Antonio  ,  armaiuolo  ,  568. 

—  Francesco,  veneziano,  552. 

—  Giacomo ,  armaiuolo  ,  551 , 
552,  568. 

^-    Paolo,  veneziano,  568. 

Sebastiano,  intarsiatore,  990,  992. 

Jerafino  (de)  Antonio,  armaiuolo, 
578,  579,  581. 

Serra  Arestea ,  ebrea ,  ricama- 
trice, 1037. 

Sforza  Galeazzo  Maria ,  visconte  , 
286. 

—  Pietro,  intagliatore   avorio, 
992. 


Sforzani  Cherubino,  orologiaro,  da 
Reggio  Emilia ,  502  , 
503. 

—       Girolamo,  id.,  id.,  503. 
Simone,  tappezziere,  1034. 
Smith  ,   armaiuolo  ,   tedesco ,  555 

a  559. 
Solari  Carlo ,    vetraro    di    corte , 

1023. 
Soragna  Francesco,   orefice,  295, 

296. 
Sovico    Carlo ,    gioielliere ,    mila- 
nese, 505. 
Spadarino,  orefice,  491. 
Spadolino   Sebastiano ,    zecchiere, 

veneto,  302. 
Spadone ,  ricamatore.   Vedi    Cri- 

oclli. 
Spagna  (di)  Michele,  orefice,  277. 
Sperandio    Bartol. ,  orefice  ,  267  , 
268,  276. 

—  ingegnere    milit. ,  534  , 

535. 

—  Nicola  ,    pittore  ,   man- 

tovano, 535. 
Spiga    Giov.   Ambrogio ,    orefice  , 
506,  511,  516. 

—  Michelangelo,  orefice,  mi- 
lanese, 516. 

Spinola  Stefano,  zecchiere,  313. 

Sreaz  Ludovico,  arciere,  521. 

Staes  Roberto  ,  gioielliere  ,  fiam- 
mingo, 317. 

Stambechino  Giovanni ,  intaglia- 
tore in  legno,  986. 

Stefano,  sellaro,  1046. 

Stella  Gerolamo,   gioielliere,    308. 

Strada  Angelo,  id.,  312. 

—  Giov.  Maria,  saggiatore  alla 

Zecca,  297,  3 12,  508. 
Studcndoli  Paolo,  gioielliere,  311, 


1074 


LE  ARTI  Minori 


Taliani  Gaspare ,  orefice ,  manto- 
vano, 506. 

Tassi  Gabriele ,  mastro  di  posta 
imperiale,  566. 

Tavel  M.  Ant.,  intagliatore,  1000. 

Tavoletti  Agostino ,  legatore  da 
libri,  1050. 

Tebaldi  Benedetto,  intarsiat.,  990. 

—  Giacomo,  1010. 
Tedesco  Andrea  ,  bombard. ,   540. 

—  Giacomo,  id.,  531. 

—  Giorgio,  intarsiat.,    1000. 

—  Giov.,  bombardiere,  529, 

531,  540. 

—  Giov.  intarsiatore,  991. 

—  —     ricamatore ,    1031. 

—  Michele ,   intagliatore   di 

avorio,  993. 

—  Pietro,  armaiuolo,  549. 

—  Rico,  intarsiatore,  306. 
Torzago  Martino,  armaiuolo,  589, 
Texler  Rigo,  gioielliere,  55S. 
Titano  (di)  Jacobo,  ebreo,  308. 
Tiziano,  pittore,  1011. 

Toiseri  Giovanni ,  incisore ,  fio- 
rentino, 1057. 

Tomaselli  Giambono  ,  falegname  , 
992. 

Temasi    Bartol.,  gioielliere,  272. 

Tomaso,  bombardiere,  537. 

Torre  Carlo,  zecchiere,  511. 

Tradate  Giovanni,  orefice,  316. 

Traversino  Giovanni ,  orologjaro  , 
299. 

Tribuli  Giovanni ,    intagliatore    in 
legno,  ferrarese,  984. 
—       Marco,  id.,  id.,  id.,  984. 


Trigui  Domenico,  falegname,  fer- 
rarese, 984. 

Triguli  Giovanni ,  intagliatore  in 
legno,  ferrarese,  984. 

Triviso  (de)  Gabriele ,  vetraio  e 
legnaiuolo,  1005. 

Tron  Luca,  orefice,  312,  512,  982, 
1024, 

Trotto,  orefice,  288. 

U 

Udine  Ercole,  ambasciadore,  man- 
tovano, 1000,  1025. 

Unterpergher  Andrea,  999. 

Urbino  (da)  Girolamo ,  organista , 
586. 
—      —    Giov. ,  capitano,  580. 


Valdise-Scala  Pietro,  vetraio,  1017. 

Valenza,  mastro  di  fornace  in  ve- 
tri, d'Altare,  1021. 

Valle,  gioielliere,  306. 

Vani,  lapicida,  508. 

Vannini  Silvestro,  man.  arm.,  546. 

Vaprio  Girolamo ,    intagliatore  in 
vetro,  1016. 

Venezia  (da)  Benedetto,  legnaiuolo, 
994. 

Verniero  Domenico,  1010,  1047. 

Verona  (da)    Bartolomeo ,    arma- 
iuolo, 579. 
—        —    Paolo,  ricamat.,  261. 

Vetriate  (delle)  Alessio,  1008. 
—  —      Giacomo ,    ferra- 

rese, 1007. 

Viclmale  Giovanni  Angelo,  314. 

Vigliacca  Antonio  da  Toledo  ,..^e 
taiuolo,  1045. 


ALLA    CORTK    Di    MANTOVA. 


1075 


VigneH  Michele,  gioielliere,  vene- 
ziano, 513. 

Villanova  G.  B.,  mus.,  1015,  1016. 

Vismara  Vigarello,  orefice,  271. 
—       G.  B.  gioielliere,  314. 

Vitale,  bombardiere,  530. 
—      libraio,  ebreo,  1049. 

Vittoni  Ventura  ,    architetto ,    pi- 
stoiese, 983. 

Viviano  (di)  Michelangelo,  orefice, 
260. 

Voegg  Corrado,  orologiaro ,  503, 

Volpaja    (della)    Lorenzo ,    orolo- 
giaro, 265. 
Volta  (della)  Bened.,  coniai.,  269. 
—        —      Jacomo,  intagl.,  990. 

X  j 

Xichrio,  gioielliere,  genovese,  284.  i 

W  j 

i 
Wasser  Volfango,  507. 

Woertz  Giovanni,  ebanista,  999.     \ 


Zaccaria  (de)   Cristoforo,    orefice, 
287,  519. 
—         —    intarsiatore,  987. 

Zambelli   Sigismondo  ,    arazziere  , 
1042. 

Zanetti  Angelo,  setaiuolo,  1054, 

Zanetto,  sellaio,  mantovano,  1046. 

Zanino,  arazziere,  1040, 

Zanolo  Aurelio,  tiraloro,  milanese, 
305. 

Zeno,  orefice,  294. 

Zinella,  ricamatore.  Vedi  Cotta. 

Zittera,  orefice.  Vedi  Ruttati. 

Zoboll  Martino,  gioielliere,  d'Au- 
gusta, 499. 

Zonepio,  armaiuolo,  milanese,  548. 

Zoppo,  gioielliere,  500. 

Zorzi  Bernardino,  id.,  296. 
—     sellaro,  574,  1046. 

Zurling  Sebastiano,  arm.,  tedesco, 
566,  567. 


CENNI  STORICI  ILLUSTRATIVI  DELLA  CHIESETTA 


DI 


S.  NAZARO  PIETRASANTA 

IN    MILANO. 


Ora  che  è  scomparsa,  sotto  il  martello  demolitore,  quest'umile 
chiesuola,  posta  sull'angolo  della  via  Giulini,  ci  proviamo  a  darne 
almeno  in  compendio  qualche  cenno  storico  cronologico.  La  sua 
origine,  come  avviene  di  tutti  i  vecchi  edifizi  e  monumenti,  si 
perde  nella  caligine  dei  tempi  e  la  rimota  antichità  che  gli  si 
attribuisce  si  trova  circondata ,  come  sovente  avviene,  da  molte 
cronache  favolose  od  almeno  esagerate  ,  da  tradizioni  e  volgari 
superstizioni,  che  ben  difficilmente  si  può  discernere  se  esista  in 
tutto  ciò  qualche  fondo  di  verità.  Cosi,  a  cagion  d'esempio,  altri 
la  riferiscono  questa  chiesa  all'epoca  stessa  di  S.  Nazaro  Martire, 
nell'anno  69  dell'Era  cristiana;  altri  a  S.Ambrogio,  per  le  bat- 
taglie in  questi  paraggi  sostenute  gloriosamente  contro  gli  Ariani; 
altri  finalmente  a  qualche  membro  della  famiglia  Pietrasanta,  che] 
più  si  distinse  nel  combattimento.  (Vedi  appiedi,  inscrizione  2^  e  4"). 
Ma  chi  può  in  oggi  accettare  ad  occhi  chiusi  tutte  queste  nar- 
razioni ?  Non  bisogna  però  esagerare  anche  in  tali  scandagli,: 
come  é  costume  di  certi  positivisti  che  se  non  vedono  non  cre- 
dono   e    che  rifiutano    a  priori  ogni  credenza   a  qualsiasi  storia 


CENNI   STORICI    ILLUSTRATIVI  DELLA   CHIESETTA  DI  S.  NAZARO.      1077 


e  cronaca,  perchè  infarcita  di  errori  e  falsità  (1),  Anche  in  queste 
esposizioni  e  narrazioni  di  fatti,  quando  non  siano  proprio  contrarie 
ad  ogni  ragione,  vi  dev'essere  qualche  fondo  di  vero,  l'errore 
stesso  è  un  qualche  cosa  di  trasformismo  che  ha  il  più  delle 
volte  basi  solide  e  radicate;  il  difficile  sta  nel  farne  scintillare 
gli  sprazzi  di  luce  dalle  tenebre  in  cui  trovasi  intorno  avvolta. 

Cosi,  non  si  potrà  certamente  aggiustar  fede  a  quelli  che  as- 
seriscono doversi  l'erezione  del  S.  Nazaro  al  santo  martire  omo- 
nimo, che  venuto  fra  noi  da  Roma  e  dalle  Gallie  col  compagno 
Celso  fu  martirizzato,  sotto  Nerone,  nella  qual'  epoca  non  è  neppure 
supponibile  la  struttura  di  un  tempio  cristiano.  Ma  se  questo 
ripugnerebbe  ;  non  ripugna  però  che  qualche  casa  di  orazione  o 
luogo  di  riunione,  occulto  fin  che  volete,  non  fosse  possibile  al- 
lora pei  fedeli  e  noi  sappiamo  dalla  storia  di  questa  nostra  stessa 
città,  che  tali  convegni  avvenivano  frequentemente  presso  case  e 
proprietà  private  che  in  seguito  si  trasformarono  in  chiese,  gome 
dai  nomi  tuttora  conservati  di  Filippo,  di  Porzio,  di  Fausta,  di 
Solanolo,  di  Fulcorina,  di  Pedone,  di  Beltrade,  di  daziate,  ecc. 
Il  dotto  Puricelli  al  Capo  XXXVI,  pag.  150,  della  sua  Nazariana, 
verrebbe  a  comprovare  il  fatto,  applicandolo  al  nostro  caso,  e 
dimostrando  come  il  martire  S.  Nazaro  quando  ci  giunse  per 
predicare  la  parola  della  fede  dopo  —  Nerone  felix  principe  — 
diversa  perpessus  mala  —  (Epig.  S.  Ennodio) ,  stabilite  diverse 
stazioni  cristiane  in  Treviri  e  Pavia ,  ne  costruì  una  in  questa 
stessa  città,  che  non  può  essere  altro  che  il  luogo  di  S.  Nazaro 
Pietrasanta,  chiamato  nel  III  secolo  sotto  S.  Mirocle,  Oratorium 
SS.  MM.  Nazarii  et  Gelsi,  come  da  documenti  allegati  nei  Ca- 
pitoli XIII  e  XXXII  della  stessa  Nazariana. 

(1)  Il  chiarissimo  Professore  di  scienze  naturali  L.  Nicotra,  col  suo  re- 
cente libro,  intitolato  /  possibili,  edito  a  Napoli,  sbugiarda  il  pregiudizio  di 
certi  critici  e  moderni  soggettivisti  e  positivisti,  i  quali  sbalorditi  dall'  in- 
cremento vistoso  delle  scienze  fìsiche  e  naturali,  credono  che  esse  deb- 
bono essere  da  ora  in  avanti  tutto  ed  uniche  a  sostituirsi  alla  filosofìa  ed 
alla  storia  e  non  vedono  nulla  al  di  là  del  sentimento ,  del  particolare  , 
del  fatto. 


1078  CENNI    STORICI    ILLUSTRATIVI 


Parimenti  sarà  cosa  affatto  inverosimile ,  che  S.  Ambrogio 
abbia  capitanato  ed  aizzato  i  fedeli  milanesi  a  sanguinose  bat- 
taglie contro  gli  Ariani  in  un  tempo,  in  cui  non  era  ancor  con- 
cesso alla  Chiesa  il  potere  temporale  e  politico  ;  e  nemmeno  che  la 
famiglia  dei  Pietrasanta  abbia  derivato  dall'  epoca  romana  e  da  un 
supposto  combattimento  il  nome  di  sua  prosapia;  ma  qualche  fatto 
storico,  secondo  verità,  deve  nascondersi  anche  in  questa  oscura 
tradizione.  Niente  di  più  probabile  che  S.  Ambrogio  abbia  fatto 
qui  atto  di  presenza  (Inscriz.  5"),  massime  se  v'  era  già  Oratorio 
in  cui  fu  consacrato  il  Vescovo  di  Ascoli  e  martire  S.  Emigdio, 
come  prova  il  Puricelli  nell'  opera  citata,  massime  se  sta  quanto 
assevera  il  Giulini,  nella  Parte  IV,  Lib.  25,  delle  sue  Memorie, 
come  cioè  nello  stemma  originario  della  famiglia  Pietrasanta  si 
raffigura  un'  arcatura  con  al  disotto  un  tronco  di  colonna  recante 
nel  mezzo  un'  ostia  consacrata.  Ciò  ne  induce  a  ritenere  avvenuto 
in  questi  pressi  e  zona  della  città  qualche  fatto  meraviglioso  allu- 
sivo al  Mistero  Eucaristico,  fatto  confermato  dalla  venerazione  e 
gelosa  custodia  in  cui  si  tenne  anche  nelle  epoche  successive 
quel  tronco  di  colonna  che  servi  di  strumento  a  tale  avveni- 
mento, fatto  che  probabilmente  diede  il  nome  all'Oratorio  annesso 
ed  alla  famiglia  dei  Pietrasanta  che  in  qualche  modo  vi  parte- 
ciparono. 

Comunque  sia  la  cosa,  é  certo  che  sull'area  ed  in  vicinanza 
del  luogo,  dove  sorgeva  l' antichissimo  Oratorio  e  la  Cappella 
suaccennata,  si  eresse  la  demolita  chiesa  di  S.  Kazaro  e  ciò  av- 
venne circa  il  mille,  come  dalla  qualità  dei  muri  e  fondamenti 
testé  scoperti  e  comuni  cogli  edifici  sacri  di  quell'epoca,  come  dal 
Calendario  Sitoniano  del  1119,  Rer.  Hai.,  Tomo  II,  Parte  II,  e  da 
quanto  risulta  dalla  lapide  di  Asberto  benefattore  della  Chiesa  che 
ha  la  data  del  1074  (Inscriz.  1*).  Da  questa  lapide  pure  ne  emerge 
che  la  Chiesa  era  investita  del  diritto  di  Parocchialità,  diritto 
che  esercitò  fino  all'  epoca  di  S.  Carlo,  il  quale  affidò  il  regime 
della  Chiesa  ad  una  Confraternita  dei  Gerolimiti.  Questi  la  rifor- 
marono e  rifabbricarono  replicatamente  e  se  si  eccettui  la  facciata] 
eseguita  a  stile  classico,  con  qualche  ristauro  e  due  nuovi  altari 


DELLA    CHIESETTA    DI   S.    NAZARO    PIETRASANTA.  1079 

(Inscriz.  6*  e  12')  verso  la  metà  del  secolo  presente,  la   chiesa 
é  quale  essi  ce  la  tramandarono  (Inscriz.  4'). 

Era  ad  una  sol  nave ,  misurante  metri  quadrati  300,  cioè  li- 
neari metri  12  circa  di  larghezza  e  metri  25  di  lunghezza  con 
tre  altari ,  di  cui  due  ai  lati  ed  il  terzo  primario  che  aveva  per 
tncona  un  bel  simulacro  della  Vergine,  dono  di  S.  Carlo  (Iscriz.  4', 
;  '  ed  8').  Superiormente  alla  porta  principale  distinguevasi  1'  Ora- 
torio, dove  conveniva  per  le  funzioni  religiose  la  pia  Confraternita 
che  raccolse  l' eredità  degli  antichi  Gerolimiti.  (Inscriz.  6'  e  10')- 
Nessun  avanzo  ed  indizio  della  primitiva  struttura  della  chiesa 
appariva  all'esterno  ed  all'interiore  della  stessa,  essendo  stata 
rivestita,  nelle  diverse  rifabbriche,  con  forme  classiche  ed  orna- 
menti barocchi  o  affatto  moderni.  Scomparve  persino  tutto  quello 
che  è  accennato  negli  Atti  di  Visita  Pastorale  dal  1576  in 
avanti  (1).  Si  eccettui  solo  il  tronco  di  colonna   di    marmo    ros- 


(1)  Riproduciamo  solo  dagli  atti  di  Visita  Pastorale  depositati  presso  la 
Curia  Arcivescovile,  che  sono  una  miniera  tuttora  inesplorata  di  notizie  reli- 
giose e  cittadine,  uno  specimen  di  stato  d'anime  del  1576,  l'epoca  della  peste 
di  S.  Carlo,  che  riflette  la  parecchia  di  S.  Nazaro  Pietrasanta  e  dove  figurano 
alcune  vie  e  i  nomi  di  alcune  nostre  famiglie  patrizie;  parimenti  un  altro 
atto  autentico  che  riguarda  le  pubblicazioni  matrimoniali.  Lo  stato  d'anime 
ha  la  data  dell' 8  Nobre  1576  e  trovasi  allegato  nelle  Cartelle  —  Luogo  di 
S.  Tommaso,  Volume  XIII  —  e  così  incomincia: 

Nella  contrada  del  Mayno  nella  casa  di  detto    sig.  Maj-no  habi— 
tano  gì'  infrascritti  compresavi  la  famiglia  di  Carlo  e  Lodovico 

Visconti Totale  abit.  23 

La  porta  del  sig.-  Gio.  Pietro   Carchano  dott.  è  serrata   di   fuori 
per  essere  tutti  in  villa. 

Nella  casa  della  sig.*  Ber.*  Maggiolina  habitano »       5 

Nella  contrada  de'  Maraviglia  in  altra  casa  della  detta  signora       »       4 

Nella  casa  del  sig.   Gio.  Batta  Rottola  habitano »     11 

»         »  »     Franco  Landriano  quale  è  fuori   con  tutta  la 

sua  famiglia »       3 

»         >  »     Carlo  Maraveia »       9 

In  altra  casa  del  detto  sig.  Carlo  Maraveia  habitano  gì'  infrascritti 
quali  sono  tutti  fuora  et  chiusa  la  porta  per  sospetto  di  pesta 


1080 


CENNI    STORICI    ILLUSTRATIVI 


eiccio  africano,  rilegato  con  cancello  nel  lato  a  sinistra  entrando 
h  che  vi  fu  asportato,  nel  1549,  all'epoca  del  Moriggia  con  la- 
pide  analoga    «  allorquando  —    come  scrive  il  Torre  —  il  Go- 


essendoli  morto  un  prete  detto  M.''  Prete  Ambr.  robustello  et 
M,*  Anastasia^  et    M.*   Laura    di   robustelli    et   una   fantesca 
mandata  a  S.  Gregorio,  quelli  che  qui  habitavano  erano  il  no- 
bile sig.  Fabio  Gallarate  co  tutta  la  sua  famiglia. 
Nella  casa  del  sig,  Gio.  Batta  Purisello  habitano  il  sig.    .     .     abit.     1 
»         »  »     Pietro  Maraviglia  qual'è  fuori  con  quasi  tutta 

la  famiglia,  al  presente »       2 

cioè  li  sigg.  Cavalieri  ed   è  chiusa  per  so- 
spetto di  pesta. 

»         »       delle  putte  di  S.  Cath.^  habitano »       2 

In  due  case  della  sig.  Melzi  habitano »12 

Nella  casa  dei  tre  patroni  cioè  lì  sigg.  Melzi,  M.'"  Gio.  di  Senile 
Cappellano    e   M.''    Gio.    Jacopo    Gimello    Calegaro 

habitano »     38 

»         »       della    sig.    Cath.*   Melzi   chiusa   essendo    tutti    fuora 

habitano »     11 

»         »       del  sig.  Gio,  Pietro  pirovano  habitano »     30 

Porta  Comasina  nella  contrada  del  Broveto. 
Nella  casa  del  Monte  di  Pietà  habitano  gì' infrascritti  .     ...»     Il 

»         »       del  sig.  Gio.  Batta  Fare .,...»       4 

»         y>      delli    sigg.    Pietro    Paolo    porro    Cavaglieri   habitano 

gl'infrascritti »       3 

>  »       delli  sigg.  Canevesi »       4 

»  >  del  sig.  Cristoforo  di  Porri  e  fratelli  di  Porri  habitano  »  4 
»         »         »      >    Jacopo  Philippe   Seregno   chiusa   per   essere 

tutti  in  villa »       9 

»        »         »     M.*"  Martiano  di  Donato  Cordare »      9 

»         »         »     sig,  Pellizzaro  habitano »10 

>  »  »  »  Franco  Ber.*'  di  Ruffini  habitano  .  ...»  23 
»  »  »  »  Franco  Aresio  *  ,  ...»  4 
»        »        »      »    dott.  Faruffino                      »  .    ...»    11 


Abitanti  N.    243 


Pbr  bapta  Bugarottus  scrip$it.  •+• 
Nell'istessa  cartella  degli  Atti  di  visita  leggesi  una  testimoniale  autentica 


DELLA    CHIESETTA    DI    S.    NAZARO    PIBTRASANTA.  1081 

vernatoro  D.  Ferrante  Gonzaga  era  intento  a  raffazzonare  con 
varie  mutazioni  d'antiche  fabbriche  la  città,  e  cosi  restò  la  cap- 
pelletta  soggetta  ad  un  diroccamento,  perché  impediva  il  corso  di 
pubblica  strada  »  (1). 

È  per  ciò  che  dovendosi  qui  alla  sua  volta  applicare  il  nuovo 
piano  regolatore,  questa  chiesuola,  quantunque  allogata  fuori  del 
[  iargo  della  via  nuova  del  Sempione,  per  il  pericolo  che  si  esten- 
desse fino  alla  medesima  la  legge  di  espropriazione  e  per  far 
luogo  alla  sistemazione  delle  fabbriche  in  margine  al  nuovo  Corso, 
eoU'approvazione  della  Superiore  Autorità  Ecclesiastica,  ne  venne 
acconsentita  la  cessione.  Fu  convenuto  cioè  il  prezzo  di  L.  135000, 
da  compensarsi  con  una  permuta  d'area,  misurante  circa  Mq.  3000 
in  Piazza  d'Armi,  riservata  per  l'eventualità  di  una  nuova  chiesa 
erigenda  in  quella  lontana  località ,  voltaché  ne  apparisse  il 
bisogno. 

Appartenevano  al  tempietto    demolito    molti  oggetti  di  culto  in 
parte    ceduti  a  chiese    povere    della    città  e  contado ,  in  parte  a 
disposizione  dell'  Opera    della    fabbrica  ,  tra    cui  il  tronco  di  co- 
lonna   suindicato,  il  Simulacro   della  Vergine  cosi  venerato  (In- 
crizioni  7*,  8*,  9*);  nonché  alcune  lapidi  storiche.  Le  inscrizioni 


iie  c'indica  il  modo  con  cui  erano  fatteci  pubblicazioni  di  matrimonio,  ed 
-CO  come  era  espressa  : 

1572  die  24  febraio 
Io    P.    Batta    Bugarotto   curato    dì    s.   Nazaro    pietra   santa    faccio    fede 
.ualmente  ho  pubblicato  1'  editto  del  matrimonio  il  di  5  f.o  che  fu  il  giorno 
:i  carnevale  presenti  gì'  infrascritti  testimoni.  E  per  fede 

idem  Rector  E.  P.  S. 
affirmo  et  prò  fide  me  subscripsi. 

Li  testimoni  sono  i  sigg.  Henrico  Pigino  —  Lud.**»  Meltio  —  Carlo  Ma- 
raviglia. 

(1)  li  suddetto  tronco  di  colonna  in  cima  a  cui  à  scolpito  un  vaso  per 
r  acqua  benedetta  e  che  misura  un  metro  circa  di  altezza  e  centim.  50  di 
diametro ,  dopo  diverse  vicende ,  giace  ora  ed  è  visibile  pre-so  la  Canonica 
di  S,  Tommaso. 

Arch.  Stor   Lomb    —  Anno  XV.  57 


1082  CENNI    STORICI    ILLUSTRATIVA 


di  queste  sono  dodici,  di  cui  10  ìq  pietra  e  2  sulla  calce  e  non 
furono  mai  integralmente  edite.  Copiate  con  ogni  fedeltà  prima 
della  avvenuta  demolizione  e  gentiltaente  comunicateci  dal  M.  R. 
D.  Giuseppe  Maroni  Proposto  Paroco  di  S.  Tommaso,  di  cui  era 
oratorio  sussidiario  il  S.  Nazaro  Pietrasanta,  eccole  qui  elencate. 
La  1*  contiene  i  legati  del  benefattore  Ansberto  e  donata  al 
Museo  Archeologico  è  cosi  espressa  neìV ArcJùvio  Storico  1887, 
con  qualche  variante  a  quella  riportata  del  Giulini  : 

QVOD    FVIT    ILLVD    OBIT    QD    OBHT    SUBSISTERE    NOVIT 

-f-    HINC    EGO    NVP    HOMO    PVLVIS    ET    VMBRA    MODO 

PRO    DOLOR    IMMSVS    NIHIL    EST    HUMANA    IVVENTVS 

FLORET    ENI    NIMIV    SED    CADIT    IN    NICIIILVM 

ORBIS    EGO    LVM    FLOS    VRBIS    ET    IPSE    CACVMEN 

MARMORE    MEMBRA    LOCO    SIDERA    MTE    COLO. 

POSTULAT     AL-ALTV     BERTERRAT     VSQQ I     SAC RVM 

HINC    SACER    INDE    BREVIS    HINC    SVPER    ALTA    LEVIS 

QVI    LEGITIS    CARMEN    PCIBVS    PBETE     JVVAM 

DICITE    CORDE    TAMEN    PACE    QVIESCAT    AMEN. 


-f-  EGO  AEBERTVS  JVDICO   HVIC   ECCLE  OMIA   TRITORIA  Q  SIA  MI  U  MICIO 

GORLA    MINORE -CASTENIATE-ABIATE' MARNATE -ET    MANSVM 

VNVM    IN    IPSO    LOCO    CASTENATE  •  ALIV    MARIANO    ALlV    LANDRIANO 

ALIV    TCIO-  EA    CONDITIONE    VT    QVINTVS    ADDATVR    PSBIT    ET    PESTI 

VITAS    SCI    TIMOTEI    CELEBRETVR    CV   CARDINALIB'^    MAIORIS    ECCLE 

SCDVM    MORE    ALIOR    ET    ANNVALE    MEV    FIAT    ET     XII    PSB     PASCANTVf 

IN    EO'ET    MISSA    PRO    ME    ET    PATRE    MEO    COTIDIE    CELEBRETVR 

AC    P    SINGVLAS    ANNI    EDOMADAS    SVPRA    SEPVLCHRM 

EJVS    SEMEL    CV    PCESSIONE    VENIANT  :    ANNO    AB    INCARNATIONt 

DNI    NRI    IHV    XPI    MILLEXIMO    SEPTVAGESIMO  •  IIII    INDICTIO;\' 

V-XII'OBIIT"  V -IDVS    JVLII- 


DELLA    CHIESETTA    DI    S.    NAZARO    PIETRASANTA.  1083 


La  2*,  in  marmo  bianco,  riportata  dal  P.  Puccinelli  e  Latuada,  al- 
lude al  supposto  combattimento  di  S.  Ambrogio  ed  é  la  seguente: 

DIVVS    AMBROSIVS    DUM    ARIANOS    FAMILI^    PETRA 

SANCTORVM    MANV    HIC    EXPVGNAT,    GRATO    IN 

EVVM    TESTIMONIO    VICTORI.E,    LOCVM    A    GENTE 

IP3A    PETRASANCTA    NOMINAVIT. 

La  3*,  che  leggevasi  suU'  altare  della  vecchia  cappelletta  de- 
molita, al  dir  del  Meriggia,  nou  era  altro  che  una  pietra  dove 
stava  scolpito  il  versetto  del  salmo  : 

DEVS    IN    ADJVTORIVM    MEVM    INTENDE. 

La  4*,  posta  sulla  porta  maggiore,  è  cosi  riprodotta  dal  La- 
tuada e  si  riferisce  ai  ristauri  ed  alla  nuova  dedica  della  Chiesa  : 

D.      o.      M. 

TEMPLVM    DIVI    NAZARII    TVTELARIS 

RELIGIONE    SACRVM 

DIVI    AMBROSII    TROPHEIS    DE    ARIANIS 

AVGVSTVM, 

VIRGINIS    MAGN.E    MIRACVLIS    INCLYTVM 

DIVI    CAROLI    DONO 

SACRA    DIVI    HIERONYMI    SOCIETAS 

SIBI    CONCESSVM 

ANTIQVITATE    DEFORME 

A    FVNDAMENTIS    TERTIO    INSTAVRATVM 

MAGN.E    MATRI    SINE    LABE    CONCEPT.B    CONSECRABAT 

ANNO     MDCCXXI 

La  5*,  che  ripete  la  solita  leggenda  degli  Ariani  e  Pietrasanta,  é  in 
marmo  nero,  avente  fregio  di  spada  intrecciata  con  staffile  e  dice; 

LAPIDEM    HVNC 

IN    QVO    GENIBVS    FLEXIS 

S.    AMBROSIO    DEPRECANTE 

ARIANI     PR.«LIO     VICTI     SVNT 

SACRiE   SANCTI    NAZARII   MARTIRYS    .«DI 

PETRASANCT.E     APELLATIONE     INDE    FACTA 

SODALES    DEIPAR.«   SINE    LABE    CONCEPT.E 

HOC    LOCO    PERSPICVO    COLLOCA RVNT 

ANNO    MDCCXXI 


1084  CENNI    STORICI    ILLUSTRATIVI 

La  6*,  pure  in  pietra,  allude  al  nuovo  altare,  e  cosi  si  esprime  : 

n.     o.     M. 

IN    HONOREM    SANCTI    NAZARll    MARTYRIS 

EDEM    AB    MAJORIBVS    DICATAM 

HIERONYMIANI    SODALES     ANNO    MDCCXXI 

SERVATO    PATRONI    C.ELESTIS    NOMINE 

MARI^   VIRGINIS    LABIS    NESCI.T.    ADDIXERE 

SODALES    MARIANI    HIERONYMIANIS    SVFFECTI    ANNO    MDCCCI 

TEMPORVM    INJVRIA    CORRVPTAM 

SQVALORE    DETERSO,    ALTARE    MARMOREO    PRO    DURATEO 

EXORNATAM    RESTITVERVNT 

ANNO     MDCCCXXXVIII 

VETVSTATE    TVMESCENTEM     PAVIMENTO     REFECTO 

PARIETIBVS    INSTAVRATIS    CVLTVQVE    ADDITO 

PERFICIENDAM    CVRAVERVNT. 

La  7*,  con  quella  che  segue,  si  riferisce  a  S.  Carlo  che  in 
tempo  della  peste  qui  pregò  ed  incoronò  il  simulacro  di  Maria. 

SANCTVS    KAROLVS 

SVPPLICATIONE    INDICTA 

PESTILITATIS    AVVERRVNCAND,^:    CAVSSA 

HEIC 

OPEM    DEIPAR.E    IMPLORAVIT 

L'8^ 

OB    DEPVLSAM    PESTILITATEM 

SANCTVS  KAROLVS 

SIMVLACRVM    DEIPARA    PRODIGIALE 

ARGENTEA    CORONA    ORNAT 

ANNO     MDLXXVIII 

Le  due  seguenti  scritte  sulla  calce  nell'  oratorio  superiore  par- 
lano del  Cardinale  Gaysruck ,  e  del  nuovo  Consorzio  Mariano, 
sosiituito  air  antico  dei  Gerolomiti. 


DELLA    CHIESETTA    DI    S.    NAZARO    PIETRASANTA.  1685 


La  9',  a  destra  entrando 


KAR.    CAJET.    COMES    CAISRVKIVS 

MEDIOLANI     ARCHIEP.    CARDIN. 

(jVOD 

VI    IDVS    DECEMBR.    ANN.    MDCCCXL 

?^ARIANIS    SODALIBVS    CONGREGATIS 

IN    BENEVOLENTIAM    ET    SOSPITATEM 

VNIVERS.E    NOSTRE    FAMILI.E 

HEIC    ORAVERIT    ET    BENE 

DIXERIT 

P.        C. 


La  10*,  a  sinistra 


QVOD    AB     INEVNTE    S.ECVLO    XIV. 

SCHOLA    HIC    INSTITVTA 

DEHINC 

V.    CAL.    APRILIS    ANN.    MDLXXVIII 

A.    S.    KAR.    HIERONYMIANI    ACCITI 

IISQ.   ANNO    MDCCXIVC     DISTRACTIS 

POST    QVADRIEN.    DEO    FAVENTE 

MARIANVM     C.EPTVM 

SODALITIVM 

M.       P. 


L'  11'  è  una  piccola  lapide  in  marmo  nero,  allogata  nel  piccolo 
andito  a  portico,  dove  leggesi  un  legato  di  messe  di  certo  Penano: 


FRANCISCVS    PENANVS 

SACRVM     QVOTIDIANVM 

PERPETVO   JVRE   FAMlLLE 

AD    ARAM    VIRGINIS 

SINE    LABE    CONCEPTvB 

CELEBRANDVM 

ERE    SVO    INSTITVIT 

ANNO    MDCCXXII 


1086    CENNI    STORICI    ILLUSTRATIVI    DELLA    CHIESETTA  DI   S.  NAZARÓ. 


La  12",  ed  ultima,  allusiva  ad  un  nuovo    altare   dell'Oratorio 
superiore,  dice  : 


ANNO  1854 

AD    HONOREM 

DEI.    OPTIM.    MAX. 

VIRGINISQVE     MATRIS 

ALTARE     MARMOREVM, 

TABVLA    RECENS 

FORNIX    DEPICTA 


P.  P.  Rotta. 


VARIETÀ 


DI   ALCUNI  ARTISTI  CREMONESI 
E  SPECIALMENTE  MAESTRI  DI  LEGNAME 

NEI    SECOLI   XV    E    XVI. 


Il  valente  nostro  socio  Prof.  Francesco  Nevati  nel  fascicolo  31 
dell'  anno  1887  di  questo  Giornale  Archivio  Storico  Lombardo 
dava  una  concisa  analisi  del  lavoro  di  un  riputato  scrittore  fran-^ 
cese,  Luigi  Courajod,  intitolato  :  Documenis  des  arts  et  des  ar- 
iistes  de  Cremona  aux  XV  et  XVI  sièeles  (Paris,  1885).  Ed 
invero  meritava  quello  studio  il  sig.  Courajod,  che  molti  studi 
fece  sull'arte  italiana,  e  passò  fra  noi  qualche  tempo,  onde 
pubblicò  r  opuscolo  testé  citato ,  frutto  di  sue  ricerche  per  la 
maggior  parte  fatte  nel  ricchissimo  archivio  dei  Notari  in  Cre- 
mona ove  rinvenne  molli  documenti  relativi  alle  sue  ricerche. 
Dei  quali  toccano  parecchi  una  famiglia  di  artefici  assai  distinti, 
cognominati  Sacchi  o  Sacca,  o  del  Sacca,  antica  e  notoria  fra 
le  cremonesi. 

Lo  abbiamo  scritto  ancora  su  questo  giornale  :   facile  intentis 
addere ,  epperò    ci    permettianM)    di    aggiungere  qualche  linea  a 
quanto  sugli  artisti  cremonesi  ci  narravano  in  questi  ultimi  tempi 
i  signori  Courajod  e  Novali. 


1088  VARIETÀ. 

Grande  e  splendida  pagina  nella  storia  dovrebbe  occupare 
r  arte  cremonese,  ma  per  mala  sorte  pochi  scrittori  e  con  non 
bastante  cura  vi  si  occuparono  fin  quij  i  ridondanti  archivi  fu- 
rono lasciati  in  pace  e  si  tennero  preziosi  gli  strafalcioni  del 
Bresciani,  le  inesatte  pubblicazioni  del  Grasselli,  del  Grandi, 
del  Federico  Sacchi ,  perfino  il  manoscritto  di  casa  Sommi, 
feconda  sorgente  di  errori  che  ci  trassero,  segnatamente,  a  fab- 
bricare un  Bramante  Sacchi,  e  quasi  dimenticare  tre  distinti  in- 
gegni, Pietro  Rondo,  Francesco  Riccio  della  Torre,  Francesco  Pam- 
purino,  e  obliare  del  tutto  un  grande  idraulico,  maestro  Aguzzo. 

E  se  non  del  tutto,  la  stessa  sorte  toccò  in  parte  alla  bene- 
merita famiglia  artistica  dei  Sacchi.  Essa  esisteva  in  Cremona 
fino  dal  1302,  ed  il  Courajod  nomina  alcuni  personaggi  distinti 
dei  quali  trovò  notizie  sino  al  1489;  esso  lasciò-  sue  onorevoli 
traccie  eziandio  in  Piadena.  Era  un  Sacchi  di  Piadena  quel  Bar- 
tolommeo  Platina  che  scrisse  nel  1479  le  notissime  Vite  dei 
Pontefici,  ed  un  Simon  de  Saccis,  non  nominato  dal  Courajod, 
troviamo  nei  libri  dell'  Opera  del  Duomo  di  Cremona  quale  ma- 
rangonus  et  murator  nell'  anno  1480. 

Il  Courajod  fa  menzione  di  un  M.  ApJonio  del  Saecha  vivente 
nel  1493  e  dei  suoi  figli  M.  Giacomo  e  M.  Cristoforo  nel  1500, 
ma  non  ci  seppe  dire  quale  arte  eglino  trattassero.  Questo  solo 
di  uno  di  essi  abbiamo  noi  rinvenuto ,  cioè  di  Cristoforo  ,  ed  è 
ch'egli  era  pittore  di  vetri  e  di  ornamenti,  e  col  suo  collega 
Giuseppe  Coralli  metteva  ad  oro  e  colori  1'  ancona  dell'  altare 
principale  nel  Duomo  di  Cremona. 

Dove  alcuni  dei  Sacchi  cremonesi  veramente  segnalaronsi ,  fu 
nel  far  di  legname  ed  in  ispecie  nella  tarsia.  Abbiamo  me- 
morie di  un  Tommaso  figlio  di  maestro  Matteo,  il  quale  con 
due  dei  suoi  figliuoli  Paolo  ed  Imero  aveva  adornato  di  belle 
tarsie  il  Coro  della  Certosa  di  Asti,  come  dall'  epigrafe  che  sovra 
di  esse  leggevasi: 

Prioratum  regente  domino  Bartolomeo  de  Murra 
TiiOMA    Sacha    cremonensis    cum    Paulo    et    Hymerio 

FILIIS    HOC    OPUS    FECIT    MCCCCLXXXXVI ,    XX    SEPT. 


DI    ALCtJNI    ARTISTI    CREMONESI.  1089 

Tomaso  Sacca,  ovvero  del  Saeha,  o  de  Saehis ,  il  quale  in- 
titolavasi  modestamente  marangomis ,  erasi  obbligato  fino  dal 
venti  ottobre  del  1481  cogli  operai  della  Chiesa  maggiore  di 
Cremona  a  lavorare  per  lire  33  imperiali  unum  pulehrum  litte- 
rile  (un  leggio  pel  Coro),  bene  subtiliier  et  laudabiliier  laho' 
ratum  ad  iarsiam.  Egli  poi  nelT  anno  1487  aveva  trattato  coi 
Rettori  del  Duomo  di  Parma  per  lavori  di  tarsia  nella  sagrestia, 
ma  r  incarico  fu  dato  invece  a  Cristoforo  Canozio  o  Genesino  da 
Lendinaraj  il  cui  disegno  meglio  era  piaciuto  (1). 

Mentre  del  figlio  Imero  nuli' altro  sappiamo  all' infuori  del- 
l' avere  lavorato  col  padre  e  col  fratello  Paolo  nella  Certosa  di 
Asti ,  di  quest'  ultimo  la  storia  ci  somministra  larghe  e  rilevanti 
notizie.  Ei  riusci  ingegnere  e  maestro  di  legname  assai  valente 
e  dal  1496  in  cui  prese  ad  oprare  nella  suddetta  Certosa  fino 
al  1537  in  cui  pagò  il  comune  tributo  condusse  buon  numero  di 
lavori  per  la  più  parte  ricordati  dal  Courajod. 

Appartengono    quasi    tutte  a'  fatture    di    legname    avvegnaché 

lo  scrittore  cremonese  Antonio    Campi ,    seguito    pure   da    altri , 

nomini  Paolo  e  Giuseppe   padre    e  figlio    Saeea   come  amendue 

architetti    ragionecoli  et  eccellenti.    Per    verità    non    conosciamo 

alcuna   cosa    di    architettura    operata    da    Giuseppe  ;  e  quanto  a' 

Paolo  non  ci  giunse    a    certa    notizia    se    non    l' avere  lui  dato 

lel  1477  il  disegno   al    celebre    architetto    cremonese    Bernardo 

^Boccali  detto  del  Hera  o  da  Lera  pel  tramezzo  della  Chiesa  di 

S.  Domenico  fatto  poi  demolire  da  S.  Carlo  Borromeo,  e  V  essere 

[stato  eletto  nel  1508  col  suddetto  da  Lera  e  con  Evangelista  di 

[Ronco  e  Lazzaro    Pozzali,    tutti    ingegneri  e  peritissimi  scultori 

id  esaminare  il  torricino    sovra    la    facciata  della   Cattedrale  di 

^Cremona    che    si  fabbricata    allora    sovra  disegno  di  Pietro  da 

Rho    (de    Rhaude)    (2).    Aggiungiamo    aversi    da   un   libro  (xiv, 

(1)  RoNCHiNi,  Hieista  di  Firenze;  anno  1857,  pag.  1326  —  lìog.  del  notaio 
Gaspare  del  Prato  del  7  maggio  1488  nell'  Archivio  pubblico  di  Parma. 

(2)  Giocan  Pietro  de  Rhaude,   ossia   da   Bho,  figlio   di    Pagano,  era,  a 
quanto  pare,  nativo  di  Lodi,  di  nobile  stirpe,  ed  abitava  in  Cremona  nella 


1090  Varietà. 

N.  232),  appartenente  all'Amministrazione  di  quella  Cattedrale 
che  nel  1525  Paolo  Sacca  ingegnere,  disegna  ornamenti  pel 
Duomo.  E  crediamo  sua  opera  il  chiostro  di  S.  Pietro  come  di- 
remo più  innanzi. 

Ei  fu  un  intarsiatore  in  legno  di  molta  abilità.  Il  suo  stile 
specialmente  nei  lavori  del  Coro  di  S.  Giovanni  in  Monte  a  Bo- 
logna compiuti  nel  1523,  e  già  condotti  in  società  col  nipote 
Antonio  Sacca,  figlio  d'Imerio,  e  coli' aiuto  di  Michele  Cartar 
di  Cremona,  nel  1527,  si  avvicina  a  quello  del  rinomato  suo 
contemporaneo  Raffaello  da  Brescia.  Collo  stesso  nipote  egli 
aveva  intagliata  di  queir  epoca  un'  ancona  per  la  Certosa  di 
Pavia,  cosi  scrivendo  il  Courajod   (pag.  44  o  45). 

Da  un  libretto  di  spese  del  Convento,  che  fu  di  San  Domenico 
in  Cremona  riportato  da  Ettore  Signori  nel  fascicolo  3°  dei  suoi 
Monumenti  Cremonesi  (Milano,  1882,  in  4<*,  tip.  Ingegneri), 
abbiamo  che  «  addi  7  marzo  1498  maestro  Paolo  Sacha  della 
«  Vicinia  di  S.  Margherita,  convieile  con  il  Padre  Marco  di  Blan- 
«  cate  Priore  ,  di  fare  70  sedie ,  quali  saranno  nel  choro  della 
«  cappella  maggiore  del  convento ,  cioè  20  da  ogni  parte  del 
«;  choro  della  parte  di  sopra,  e  15  dalla  parte  di  sotto,  con  li 
«  patti  come  nell'  istromento  rogato  per  Bortolo  Sampietro  per  il 
«  prezzo  di  ducati  320  d'  oro  :  compiuti  nel  1503  ».  Distrutta  la 
chiesa  magnifica  di  S.  Domenico  nel  1865,  il  coro  tarsiato  fu 
avvolto  nella  vandalica  impresa. 

Nel  giorno  5  settembre  1511  il  notaro  di  Cremona  Filippo 
de  Nicolis  stipulava  nel  Chiostro  di  S.  Pietro  al  Po  un  Accordio 
fra  r  Abate  dei  Canonici  regolari  eh'  erano  in  S.  Andrea  di 
Vercelli,  e  M.  Paolo    del    Sacca    per    fare    di  legname  un  coro 

Cura  di  S.  Erasmo.  Fu  architetto,  pittore,  scultore  di  non  comune  abilità, 
e  ciò  nondimeno  il  suo  nome  in  Cremona,  ove  menò  molta  parte  della  sua  vita 
e  godette  della  cittadinanza,  fu  quasi  dimenticato.  Di  lui  ragioneremo  in  altro 
scritto.  Ad  esso  in  società  forse  col  collega  cremonese  Francesco  Riccio 
della  Torre,  potremmo  attribuire  il  lavoro  della  rinomata  Porta  di  Casa 
Stanga,  ora  nel  Museo  del  Louvre.  (Vedi  Archivio  Storico  Lombardo, 
anno  1879,  VI,  pagg.  151-152). 


I 


Di    ALCUNI    ARTISTI    CREMONESI.  1094. 


simile  in  tutto  a  quello  costrutto  dal  Sacca  per  la  Certosa  di 
Asti ,  al  prezzo  di  scudi  20  d' oro  del  sole  per  ogni  sedia  doppia 
e  coir  obbligo  di  darlo  compiuto  entro  tre  anni. 

I  frati  minoriti  di  S.  Francesco  pel  loro  tempio  in  Cremona 
oggi  compreso  nel  ricinto  del  grande  ospedale,  con  atto  del  2 
ottobre  1531  (Courajod,  pag.  53),  affidavano  ai  maestri  carpen- 
iarii  Paolo  del  Saeha  e  Cristoforo  fu  Antonio  da  Venezia, 
il  lavorio  del  loro  coro  di  legname  coli'  obbligo  di  fare  le  sedie 
et  quadri  grandi  de  dette  sedie  delle  tre  parti  in  palatii  et  bel- 
lissimi paesi  et  fontani  et  verdure....  et  mobili  onorevoli,  et  parte 
de  eommissi....  Lo  Zaist  faceva  gli  elogi  di  quest'opera  attri- 
buendola in  parte  ad  un  ancora  incerto  Evangelista  Sacca,  po- 
reriore  di  parecchi  anni  all'epoca  testé  accennata,  mentre  dai 
documenti  prodotti  dal  Courajod  (Ice.  cit.)  è  provato  che  il  Sacca 
maestro  di  quel  lavoro  era  il  rinomato  Paolo  figlio  del  fa  Torti' 
maso ,  della  Vieinia  di  S.  Margherita.  Il  Cristoforo  da  Venezia 
collaboratore  di  esso  Paolo  nel  sucitato  lavoro  era  un  Cristoforo 
Mantello  nativo  di  Treviso,  abitante  a  Cremona;  il  quale  poi 
nel  1556  con  un  figlio  suo  per  nome  Giuseppe  fece  di  tarsia  il 
Coro  a  63  stalli  di  S.  Prospero  in  Reggio  modenese  lasciandovi 
entrambi  sull'ultima  sedia  a  sinistra  i  loro  nomi  appellandosi 

VENETI    DE    CREMONA. 

È  un  bel  lavoro  di  figure  e  fregi  cogli  stemmi  dei  Visconti  e 
degli  Sforza  ed  altre  imprese ,  allogato  a  Paolo  nell'  ultimo  anno 
Iella  sua  vita  che  fu  il  1536.  Esso  venne  poi  nel  1542  dato 
a  compiere  a  suo  figlio  Giuseppe  al  quale  fu  aggiunto  l'  incarico  di 
fare  i  due  panconi  del  presbiterio  con  ornamenti  e  sante  figure , 
nella  quale  opera  costui  si  manifesta  assai  meno  valente  del  padre. 
Taluno  attribuì  a  questi  Sacchi  anche  il  lavoro  del  Coro  nella 
detta  Chiesa  di  S.  Sigismondo,  ma  fu  cosa  assai  posteriore  ad 
essi,  e  di  altro  artefice,  come  dall'epigrafe  appostavi: 

lE 

GABR.    L.    CAPRA 

A    CREMONA    F 

A.    D.    1603. 


1092  VARIETÀ. 

L'  anno  1554  Giuseppe  del  Sacha  si  toglieva  a  fare  il  Coro  di 
San  Pietro  al  Po,  in  Cremona;  sono  ventisei  stalli  di  assai  me- 
diocre fattura.  Dai  libri  delle  spese  del  Duomo  di  Cremona  (xiv, 
n,  252  e  seg.)  appare  che  nel  1586  egli  medesimo  desse  il  di- 
segno per  il  solarne  di  marmo  presso  al  Coro,  e  nell'  anno 
appresso  dovesse  ricevere  venti  scudi  d'  oro  per  lavorare  (pro- 
babilmente d' intaglio  in  legno)  1'  ancona  dell'  aitar  maggiore  sul 
modello  di  Camillo  Boccacino  (1). 

Come  abbiamo  già  detto,  Antonio  Campo  nella  sua  Cremona 
fedelissima  chiamava  Paolo  e  Giuseppe /)a(fre  sfigliolo  dei  Sacca 
amendue  architetti  ragioneooli. 

Ma  del  secondo,  come  già  abbiamo  detto,  niun  lavoro  di  ar- 
chitettura ci  è  noto ,  e  del  primo,  oltre  al  già  accennato  disegno 
pel  tramezzo  od  iconostasi  nella  chiesa  di  S.  Domenico,  non  pos- 
siamo credere  con  sufficiente  ragione  se  non  lui  essere  stato 
r  architetto ,  dal  magnifico  chiostro  maggiore  nel  monastero  di 
S.  Pietro  ,  eretto  intorno  al  1517  sul  migliore  stile  della  rina- 
scenza. In  fatti  l'Anonimo  del  Morelli  (Don  Giacomo)  ne  attri- 
buiva la  costruzione  ad  un  Filippo  dal  Sacco  cremonese  mastro 
di  tarsia  (2),  nome  affatto  ignoto,  e  siccome  niun  altro  dei  Sacchi 
cremonesi  troviamo  che  fosse  contemporaneamente  architetto  e 
tarsiatore  fuorché  il  mentovato  Paolo  fu  Tommaso,  né  ci  è  noto 
alcuno  fra  i  Sacchi  artefici  che  si  nomasse  Filippo,  cosi  rite- 
niamo che  tale  nome  cadesse  dalla  penna  all'  anonimo  per  er- 
rore, in  luogo  di  quello  di  Paolo. 

Un  Filippo  da  Cremona  lasciava  bensì  alcuni  finissimi  intagli 
in  legno  sulle  imposte  della  porta  del  Santuario  delle  Grazie,  in 
Brescia,  lasciandovi  inciso  : 

PHILIPPVS    CREM.    PECIT.    1490. 

(1)  «  Dedimus  scutos  xx  auri  facientes  summam  librarur  cxiu  imperia- 
liura  Magistre  Josepho  del  Sacha  prò  faciendi  inconam  altaris  magni  cujus 
modellum  facit  Camillus  Bocacinus  pictor  prò  L.  v.  xiu.  imp.  » 

(dal  Libro  delle  Procvisioni   del  Duomo  di  Cremona.   Lib.  xiv,  n.  254). 

(2)  <  L' inclaustro  con  due  solari  de  opera  dorica ,  de  buona  forma 
per  architettura  de  Filippo  del  Sacco  cremonese,  maestro  de  tarsia.» 
Anon.  Morell.,  pag.  35. 


DI    ALCUNI    ARTISTI    CREMONESI.  1093 


con  un  Cristoforo  da  Milano,  nel  1488,  faceva  di  legname  in 

^arma,  una  bellissima  porta  (che  ora  non  é  più)  con  fregi  inta- 

liati,  al  palazzo    del  conte  Galeazzo    di  Sanseverino.   —  Questo 

i'ilippo  non  appare  che  fosse  né  architetto,  né  intarsiatore,  e  la 

la  opera  (1490)  è  notabilmente  anteriore  a  quella  della  fabbrica 

lei  chiostro  (1517)  e  ben  diverso  é  lo    stile  dei  due    lavori  (1). 

Veniamo  ora  ad  un  mito  :  Bramante  Sacchi.  Questo  nome  dagli 

strafalcioni  di  un  cronista  Bresciani,  passò  per  secoli  in  trasmis- 

^ sione    pressoché  ereditaria   nei  libri  di  scrittori    poco  devoti  alla 

Sritica,  finché  venne  il  di  del  risveglio.  —  Il  sig.  Courajod  (pag.  7) 

il  merito  al  sig.  Babet  di  aver  discussa  colla  stampa  in  Parigi 

esistenza    di  Bramante    Sacca,    ma    noi  lo    avevamo  fatto   già 

^prima  (2)  senza  neppure  aver  letto  le  fantasticherie  del  Bresciani 

quale  perfino    immaginò  che  il  suo  fantasima  Bramante  fosse 

jiglio    di  Paolo    Sacca,    avesse    in  gioventù    imitate  le  virtù,  del 

idre  e  con  maggiore  studio  /ossevi  riuscito  di  tutta  eccellenza; 

là'  è  che    proclamò  fatture    di  lui  la    rinomata    porta  già  degli 

Stanga  ora    esistente  al  Louvre  e  1'  arca   dei  Santi  Marcellino  e 

dietro  che  sta  nei  sotterranei  del  Duomo  di  Cremona,  lavoro  questo 

lltimo  dell'  insigne  scultore  milanese  Benedetto  Briosce  pel  quale 

)dava  Paolo  Sacca  (1506). 

(1)  Il  cb.  Amadio  Ronchini  nel  citato  giornale  della  Ricista  di  Firenze , 
anno  1857,  pag.  227,  reca  1'  estratto  di  un  documento  di  data  7  maggio  1488, 
in  cui  <'  Filippo  da  Cremona  e  Cristoforo  da  Milano,    assumono  di  fare    pel 

onte  di  Cajazzo,  ossia  Galeazzo  Sanseverino,  nel  suo  palazzo  in  Parma,  una 
porta  larga  B.  5,  alta  B.  9  Va  misura  parmigiana,  formata  di  buoni  assoni  de 
pianconi  cum  la  fodra  de  asse  de  noxe  e  cornixate  de  sopra  de  bona  corni xa 
'i' abia  architraue,  frixi  a  cornix  come  quella  de  strada  et  il  volto  suo  con 
re  spere,  VZ.  denteile,  fusarolo  e  foglia:  et  de  fare  nel  frixo  Arme  tre  et 
::\  mezo  del  volto  un'Arma  grande  cum  dui  puttini  che  la  tengano,  inuerni- 
gata;  et  de  soto  l'Architraue  fino  in  terra  parti  in  quadri,  et  in  li  quadri 
metterli  differentiate  1'  Arme  e  il  tracaglio  et  il  diamante  e  la  rosa.  II  tutto 
;  c-r  L.  91  imperiali.  » 

N.  B.  —  Il  traeaglìo,  arnese  di  mascalcia,  era  l'impresa  del  Conte  di 
Cajazzo,  come  può  vedersi  nel  Dialogo  del  Giovio,  sulle  imprese  militari 
ed  amorose.  —  Venezia,  Giolito,  1557,  pag.  57. 

(2)  Vedi  il  Giornale  délVArchicio  stor.  lomb.  Anno  VI,  1879,  pagg.  151,  152. 


1094  VARIETÀ. 

Documenti  autentici  che  fra  non  molto  daremo  in  luce,  ci  fanno 
credere  che  la  porta  già  degli  Stanga  sia  stata  costrutta  nel  1488 
da  quel  Giov.  Pietro  Rho  (di  Rhaude  o  de  Rondo)  da  noi  accen- 
nato più  sopra,  il  quale  fu  ingegnere  ducale,  architetto  e  scul- 
tore, e  venisse  coadiuvato  in  quel  lavoro  da  altri  artefici,  e  più 
facilmente,  da  M.'''^  Francesco  della  Torre  detto  Riccio  e  da  quel 
Ivl.''°  Francesco  Pampurino  che  nel  1484  compieva  la  fabbrica 
del  magnifico  tempio  di  S.  Domenico  colla  cui  barbarica  distruzione 
andò  perduto  uno  dei  più  belli  esemplari  del  risorgimento  dell'arte. 

Vi  fu  chi  poco  in  essa  erudito  e  nel  diverso  carattere  degli 
artefici,  o«ò  proclamare  questa  porta  creazione  di  Bremonte  da 
Urbino  ;  a  noi  basterà  dire  che  tale  ardita  sentenza  increbbe 
sovra  tutti  al  chiarissimo  GeymùUer  il  quale  notò  in  quel  lavoro 
piuttosto  lo  stile,  tanto  diverso,  dei  Rodari,  e  che  fa  pensare,  egli 
scrive,  alla  porta  della  Rana  ed  alla  Cattedrale  di  Como. 

La  più  bella  e  grandiosa  opera  di  tarsia  in  legname  che  si 
vegga  in  Cremona,  é  il  Coro  della  superba  sua  Cattedrale  por- 
tante il  nome  di  Giovan-Maria  Platina. 

Da  un  Francesco  di  Piadena,  in  quel  di  Cremona,  e  per  ciò 
chiamato  P/a^ma,  nasceva  nel  1455  questo  Giovan-Maria,  intar- 
siatore, creduto  tradizionalmente  nella  sua  patria  come  un  membro 
dell'  antica  famiglia  platinese  dei  Sacchi.  —  L' avo  suo  Lanfran- 
chino  Platina,  detto  volgarmente  Francone,  esercitava  già  1'  arte 
del  tarsiatore.  Giovan  Maria  abitava  ed  aveva  lavoro  in  Mantova, 
quando  nel  1482  i  Rettori  del  Duomo  di  Cremona  sapendolo 
expertvs  in  arte  Tarxie  et  intagliator,  gli  commisero  di  costruire 
il  Coro  de  bonis  lignaminibus  nucis  ab  extra,  et  de  bonis  Ugna- 
minibus  albere  ab  intus ,  per  lir.  60  impl.  prò  qualib.  sede. 
(Archivio  della  fabb.  n.  169.  Filza).  Il  lavoro  restò  compiuto 
nel  1490  (1). 


(1)  Il  coro  della  Cattedrale  di  Cremona,  è  a  due  ordini  :  i  seggi  del  superiore 
sono  nel  disegno  generale  45,  ma  di  fatto  non  arrivano  che  a  quarantaquattro 
porche  il  19°,  incominciando  a  numerare  da  sinistra,  comprende  una  porta 
che  introduce  a  stanze   interne.  —  Gli  scanni    inferiori  non  sono  che  36,  il 


DI    ALCUNI    ARTISTI    CREMONESI.  1095 

Sono  gli  stalli,  come  abbiamo  già  detto,  ael  complesso  45  , 
distribuiti  ia  due  ordini ,  e  le  figure  intarsiate  sono  utensili,  or- 
?  lamenti,  arredi  sacri,  attrezzi  di  varie  sorta  ;  lavori  condotti  con 
tale  gusto  e  diligenza,  che  il  Grasselli  storico  dell'  arte  cremo- 
nese, li  chiama  squisiti  e  raffinati.  Il  bravo  artista  non  visse  che 

semicerchio  eh'  essi  formano  è  interrotto  ad  ogni  sei  scanni  per  agevolare 
lo  salire  all'ordine  superiore,  due  soli  gradini  piuttosto  bassi  segnano  la 
lifferenza  di  altezza  fra  il  primo  e  il  secondo  ordine,  l'iscrizione  pure  a 
arsia  in  lettere  maiuscole,  che  riporta  il  nome  del  valente  artefice  è  posta 
ateralmente  al  primo  scanno  di  destra,  ed  anche  in  oggi  può  leggersi  be- 
nissimo avvegnaché  collocata  affatto  contro  luce  : 

OPUS   PERFECIT    NON   HUMANI3    MANIBUS 

SED    DIVINIS   ARTlbus 

PLATINA   io   MARIA   N0\'\'S    INGENIO    PHIDIAS 

IN   QVO   EGREGIUM   OPERE   FABRILIS   SPECtme/l  prO 

DIDIT   HCCCCLXXX   KL   N0VEMBR{3 

Le  ultime  lettere  delle  linee  2*,  4'  e  5*  sono  abrase,  ma  facilmente  si  sup- 
:  ìiscono  col  buon  senso. 

Nel  4"  scanno  detti  stalli  superiori  alla  parte  sinistra,  sotto  un  teschio 
intarsiato  nel  postergale ,  fu  lasciato  dall'  artista  uno  spazio  adatto  ad  una 
leggenda;  e  la  leggenda  vi  è  stata  posta  molto  più  tardi  e  malamente  in- 
cisa, sembra  nel  1600,  ovvero  nel  secolo  ultimo  scorso.  La  legenda  dice  : 

«  Chi  ben  si  spe 

«  chia  in  me 

«  Che  son  sì  brutto 

<i  In  vita  pensi  far 

«  Per  r  alma  frutto.  » 

Altra  leggenda  trovasi  sotto  la  più  bella  delle  tarsie  di  questo  coro  rap- 
presentante la  Vergine  ;  è  la  seguente  : 

«  Defendi  alma  regina  il  fedel  servo 
«  Che  per  tua  laude  fé  iusta  faticha 
«  Dall'  adversario  fallace  et  protervo.  > 

Evidentemente  la  leggenda  intarsiata  con  eleganza  è  della  fine  del  400  e 
t>rse  opera  manuale  dello-  stesso  Platina. 

In  «juesti  stalli    superiori  due   altre  figurazioni    tarsiate  meritano  speciale 

servazione;  a  destra  quel  vegliardo  che  reca  nella  man  ritta  una  borsa  (forse 
un  mecenate  del  lavoro  del  coro)  a  stanca  un  vescovo  con  pastorale  e  mitra. 

Mi  fu  di  grande  aiuto  nel  raccogliere  e  comporre  tali  notizie,  la  cortesia 
di  un  bravo  e  carissimo  amico,  il  dott.  Luigi  Ferrai  toscano,  professore  già 
nel  Liceo  di  Cremona,  ora  in  quello  di  Padova. 


1096  VARIETÀ. 

45  anni,  mori  a  Mantova  nel  7  giugno  1500,  come  segna  quel 
Necrologio.  La  sagrestia  di  S.  Abondio  in  Cremona,  conserva 
due  armadi  da  lui  costrutti  nel  1480,  ivi  trasportati  dalla  diruta 
chiesa  di  S.  Antonio  abate.  Delle  cose  dal  Platina  operate  in 
Mantova  ed  altrove,  nessuna  notizia. 

Il  valente  scrittore  francese,  togliendo  argomento  da  un  acquisto 
che  il  Museo  del  Louvre  faceva;  di  una  piastrella  egregiamente 
lavorata  a  bassorilievo,  e    che  per    V  inscrizione  che  essa  porta  ; 

ANTO.    DE    MELIS 
I,    V.    DOCT.    ABB.    F. 

e  per  la  sua  somiglianza  ad  altra  piastrella  conservata  nel  Museo 
di  Brera  in  Milano  (ove  la  scoperse  ed  indicò  pel  primo  lo  scrit- 
tore dì  queste  memorie)  resta  provato  che  apparteneva  all'  urna 
di  certi  Santi  Mario  e  Marta,  nobilissima  fattura  di  Gio.  Antonio 
Amedeo  il  principe  degli  scultori  milanesi  nell'  epoca  rinascente, 
consacrò  alcune  dotte  linee  alle  vicende  di  questo  monumento  e 
di  un  altro  che  dalla  Chiesa  distrutta  di  S.  Tommaso  in  Cre- 
mona trovò  asilo  nella  cripta  di  quella  Cattedrale.  L'  urna  inta- 
gliata dall'Amedeo  cadde  per  isventura  1'  anno  1814  nelle  mani 
dell'ingegnere  Voghera,  un  vìgnoleseo  per  la  pelle,  e  fu  molto 
eh'  egli  ne  lasciasse  intatte  le  specchiature  storiate  usan-ilole  a 
parapetti  dei  nuovi  pergami  della  Cattedrale  stessa,  ma  ne  fece 
un  innesto  senza  gusto  e  senza  rispetto  all'  arte,  ponendo  a  so- 
stegno dei  finissimi  lavori  dell'Amedeo  certe  colonnuccie  volgari 
che  reggevano  il  coperto  della  cupola  di  una  cappella  annessa 
alla  Chiesa  di  S.  Domenico,  diverse  di  epoca  e  di  stile  ed  assai 
inferiori  di  merito. 

Il  monumento  che  dalla  Chiesa  di  San  Tommaso  fu  portato 
nella  cripta  del  Duomo  ove  tuttora  si  trova,  è  1'  arca  dei  SS.  Pietro 
e  Marcellino.  L'  anonimo  del  Morelli  (don  Giacomo)  ne  farebbe 
autore  un  ignoto  Zuan  Domenego  da  Vercelli^  ma  per  un  rogito 
del  notaro  cremonese  Gabriele  Schizzi  in  data  6  maggio  1506 
tuttavia  esistente  e  già  conosciuto,  é  a  credersi,  che  l'  artefice  ne 
fosse  il  milanese  Benedetto  Briosce  del  fu  Ardizzolo  (non  già 
Medigolo  come  pubblicava  il  Courajod).  E  qui  giova  avvertire  come 


J 


DI    ALCUNI    ARTISTI    CREMONESI.  1097 

da  una  patente  del  Duca  di  Milano  del  23  febbraio  1482,  si 
comprenda  che  di  quel  tempo  il  Prineipe  e  i  Nobili  della  città 
di  Cremona  ad  empiere  un  voto  fatto  pel  cessare  della  pestilenza, 
avevano  allogato  al  già  nominato  reputatissimo  ingegnere,  pittore 
e  statuario ,  Pietro  di  Rondo  la  costruzione  di  im'  arca  per  le 
salme  dei  santi  Marcellino  e  Pietro  da  collocare  nella  Chiesa  di 
S.  Tommaso,  e  di  altr'  arca  pel  cadavere  di  S.  Imero  destinata 
alla  Cattedrale.  Di  quest'  ultima  opera  non  intendiamo  qui  far 
parola,  ma  ci  sembra  verosimile  il  pensare  che  non  avendo  po- 
tuto il  Rho  (Rhaude)  aggravato  com'  era  d' incarichi,  eseguire  il 
lavoro  pei  Santi  Pietro  e  Marcellino  (benché  vivesse  ed  operasse 
di  poi  fin  oltre  all'  anno  1507)  lo  si  alleviasse  da  quel!'  incarico 
e  lo  si  desse  al  Briosco  collega  accreditatissimo  dell'^Amedeo  nei 
lavori  della  Certosa  di  Pavia,  come  lo  fu  più  tardi  del  Busti  nel  mo- 
numento di  Gastone  di  Foix  in  Santa  Marta  di  Milano  (1515-1522). 
Il  sig.  Courajod  ha  premesso  al  suo  lavoro  alcune  giuste  parole 
intorno  alla  negligenza  in  che  si  é  lasciata  finora  la  storia  della 
scultura  lombarda  nell'  epoca  del  rinascimento.  Ma  non  alla  sola 
scultura,  anzi  per  tutte  le  nostre- arti  belle  devesi  estendere  questo 
lagno.  E  poiché  egli  accenna  a  Cremona ,  vogliamo  dirgli  che 
appunto  dell'  arte  e  degli  artisti  cremonesi,  molte  e  molte  notizie 
con  penosa  fatica  abbiamo  raccolto  e  molte  ne  possediamo  pure 

'■^  di  altre  di  città  italiane,   specialmente  delle  lombarde,    ma  quale 
editore  vorrebbe  qui  pubblicarle,  e  quanti  poi  dei    nostri  si  fareb- 

\  bero  a  leggerle  e  studiarle  ? 

E  cosi  si  tira  innanzi,  contentandosi  del  Vasari,  del  Cicognara, 

i  dell'anonimo  del  Morelli  (don  Giacomo)  dei  tre  famosi  abati,  Zani, 
Ticozzi,  Filippo  de  Boni,  mentre  i  lavori  veramente  storici  perchè 
fatti  sui  monumenti  e  sui  documenti  si  lasciano  per  eredità  ai 
cervellieri,  ai  tabaccai.  Lode  agli  stranieri,  specialmente  ai  fran- 
cesi, che  vanno  riempiendo  questo  vergognoso  vuoto  studiando 
con  ardore  l'arte  nostra  veramente  divina,  e  illustrandone  la 
storia  in  quella  guisa  che  non  possiamo  o  non  vogliamo  far  noi, 
già  troppo  vecchi.  Gridiamo  quindi  a  piena  voce  ai  nostri  gio- 
vani :  Lahoremus!  Michele  Caffi. 
Arch.  Star.  Lomb.  —  Addo  XV.  58 


LA  TORRE    DEL   FILARETE 


NELLA     FRONTE     DEL    CASTELLO    DI    PORTA    GIOVIA 


VERSO    LA    CITTA. 


Le  costruzioni  che  in  questi  ultimi  mesi  vennero  iniziate  in 
Piazza  Castello  richiamano  l'attenzione  sulla  fronte  del  Castello, 
la  quale  è  destinata  a  formare  lo  sfondo  della  nuova  via  e  della 
Piazza  Semicircolare  stabilita  dal  recente  piano  regolatore  della 
Città.  Questa  fronte,  costituita  da  una  cortina  dello  spessore  di 
braccia  mil.  sei,  racchiusa  fra  due  torri  rotonde  rivestite  di 
bugne  in  sarizzo ,  misura  una  lunghezza  complessiva  di  circa 
metri  duecento  :  le  iniziali  che  ancor  si  veggono  nei  frammenti 
dei  due  stemmi  colossali  scolpiti  nelle  due  torri  rotonde,  Indicano 
che  questa  fronte  venne  innalzata  da  Francesco  Sforza,  il  quale 
senti  il  bisogno  di  dare  una  particolare  importanza  decorativa  a 
questa  parte  del  Castello  che  prospettava  1'  abitato,  allo  scopo 
di  mascherare  quella  diffidenza  di  cui  potevano  tacciarlo  i  suoi 
nuovi  sudditi,  vedendolo  affrettarsi  a  costrurre  opere  cosi  impor- 
tanti di  difesa  e  di  offesa  rivolte  verso  la  città.  Cosi  come  ora 
si  presenta,  la  fronte  ben  poco  ricorda  dell'  antico  suo  splendore, 
allorquando  l'ampio  fossato  la  recingeva,  e  le  torri  estreme  s'in- 
nalzavano poderose  sulla  cortina  merlata  interrotta  nel  suo  mezzo 
dalla  torre  riccamente  decorata  dall' Averulino.  Pure,  dinanzi  al- 
l'evenienza di  un  restauro  del  Castello,  di  fronte   all'imminente 


VARIETÀ.    LA    TORRE    DEL    FILARETE.  1099 


sua  nuova  destinazione,  non  é  fuor  di  luogo  ricercare  e  racco- 
gliere tutte  quelle  notizie  che  possono  concorrere  a  ricostituire 
questa  fronte  nell'  originaria  sua  forma. 

Una  delle  parti  sulle  quali  maggiormente  peserà  la  mancanza 
di  dati  e  di  notizie  è  senza  dubbio  la  torre  centrale  che  costituiva 
e  difendeva  l'ingresso  al  Castello  verso  la  città,  e  di  cui  non 
rimane  alcuna  traccia  apparente.  La  costruzione  di  tale  torre, 
iniziata  verso  il  1452,  era  stata  dal  Duca  affidata  all'Averulino, 
detto  Filarete,  e  nella  storia  del  Castello  di  Milano  (1)  ho  rac- 
colto le  vicende  di  tale  costruzione,  narrando  i  contrasti  che  in- 
sorsero fra  r  architetto  fiorentino  e  gli  architetti  nostri.  Le  no- 
tizie di  fatto  che  dai  documenti  ivi  riportati  si  possono  desumere 
si  riducono  alle  seguenti  :  al  disopra  dello  stemma  o  ducale 
che  decorava  la  porta  d'ingresso,  coli' emblema  sforzesco  del- 
l'Angelo e  del  Cane,  era  stata  riservata  una  insenatura,  alta 
braccia  3  e  profonda  braccia  1 ,  per  adattarvi  un  fregio  in  terra 
cotta  a  colonnette  intagliate,  alternate  con  teste  di  bue  ;  al  di 
sopra  del  piano  delle  cortine  —  alto  braccia  22  —  la  torre  si 
innalzava  per  contenere  una  camera,  ad  uso  di  guardaroba,  co- 
perta a  vòlta,  raggiungendo  al  piano  dei  piombatoj  un'altezza 
di  braccia  40  circa  ossia  m.  24. 

La  torre,  la  quale  serviva  di  deposito  delle  munizioni  (2) 
scoppiò,  come  è  noto,  nel  pomeriggio  del  28  giugno   1521. 

(1)  //  Castello  di  Milano  all'  epoca  degli  Sforza  —  pag.  47-58. 

(2)  A  queir  epoca  le  munizioni  «  uasa  pulueris  bombardici  »  si  conser- 
vavano nelle  camere  superiori  delle  torri  isolate,  disposte  lungo  le  cortine, 
appunto  per  limitare  il  più  possibile  le  conseguenze  dello  scoppio  delle 
polveri.  La  catastrofe  della  torre  nel  Castello  di  Milano  è  avvenuta  però 
per  r  accensione  di  una  certa  quantità  di  polvere  «  quale  avevano  pareccbiato 
li  francesi  che  volivano  mandare  la  mattina  alla  volta  di  Parma  »  cosicché 
la  causa  deli'  accidente  può  essere  stata  anche  qualche  trascuratezza  nel 
caricare  la  polvere  sui  carri. 

Erasmo  da  Rotterdam  descrive  una  consimile  catastrofe  alla  quale  egli 
assistette,  durante  il  suo  soggiorno  a  Firenze  nel  1506.  «Qualche  giorno 
prima  dell'  uragano ,  erano  stati  messi  in  una  delle  torri  degli  spalti  pa- 
recchi vasi  pieni  di  polvere  da  cannone,  aliquot  rasa  pulceris  bombardici: 


1100  VARIETÀ. 

Le  varie  descrizioni  che  di  tale  catastrofe  ci  lasciarono  gli 
storici  e  i  cronisti,  contengono  scarsi  indizii  riguardo  alla  deco- 
razione della  torre.  Il  Guicciardini  dice  solo  che  era  «  una  torre 
«  di  marmo  bellissima,  fabbricata  sopra  la  porta,  nella  sommità 
«  della  quale  stava  1'  orologio  ».  Francesco  Banfo  aggiunge 
qualche  particolare  riferendo  che  «  in  la  torre  de  mezo  verso 
«  la  piaza  di  S.  Maria  gli  era  su  el  dottor  Sant'Ambrosio  con 
«  diverse  armi  ducali  di  malmore  »,  il  che  concorda  coli' asserto 
di  Scipione  Vegio:  «  ipsa  D.  Ambrosii  ingens  ex  marmore  imago, 
«  quee  super  portam  eminebat  in  fossa  cum  tota  turri  et  horoscopo 
«  proruit  ».  L'  esistenza  di  statue  dei  Santi  protettori  della  citta 
e  degli  stemmi  ducali,  è  constatata  altresì  in  un'  altra  descrizione 
della  catastrofe,  la  quale  è  meno  nota  di  quelle  già  accennate 
e  delle  altre  del  Burigozzo,  del  Grumello  e  del  Ferni  ;  e  poiché 
contiene  alcuni  particolari  affatto  nuovi  e  non  privi  d' interesse , 
credo  non  inutile  di  trascriverla  dal  libro  :  La  Cosmographie  Uni- 
verselle  par  Sebast.  Mùnstere,  1560. 

L' an  1521  advint  un  cas  horrible  à  Milan.  Il  y  avoit  sur  la  vuolte 
de  la  porte  du  chasteau  une  tour  qui  estoit  munie ,  et  ne  seruoit  pas 
seullement  à  la  deffense  mais  aussi  estoit  belle  à  veoir.  Car  oultre 
les  aultres  paremens  elle  auoit  en  front  les  images  dcs  Saintes  pro- 
tecteurs  de  la  ville ,  toutes  grauées  en  "marbré  ,  si  bicn  tiréez  qu'  il 
n'  y  auoit  que  redire ,  avec  les  enseines  des  Sforces  duez  de  Milan 
qui  auoient  fonde  ce  grand  bastiment.  Or  còme  d' auenture  en  la 
diete  tour  estoit  gardée  pour  la  munition  de  l'Artillerie  grande  quaii- 
tite  de  uaisseaux  remplis  de  pouldre  soulphree,  la  fouldre  tomba  de- 


il  magistrato  aveva  ordinato  di  collocarli  nella  camera  superiore,  il  che  non 
poteva  compromettere  che  il  tetto ,  ma  per  negligenza  i  vasi  erano  stati 
depositati  in  basso.  Dalle  finestrelle  del  tetto  la  folgore  penetrò  nella  torre 
e  tutti  i  vasi  di  polvere  si  accesero.  L'  esplosione  (incendium)  cercò  dap- 
prima di  sollevare  la  massa  della  torre  e  scagliarla  in  alto  d' un  sol  pezzo, 
poi ,  essendo  la  massa  troppo  pesante ,  spezzò  la  torre  in  quattro  parti 
cosi  regolari,  che  si  sarebbero  detti  tagliati  in  isquadra  da  un  geometra  » 
(Erasmo,  955  F,  a  956  E). 


LA    TORRE    DEL    FILARETE.  1101 

dans  du  ciel,  et  rompant  la  muraille,  se  print  à  ceste  matiere  qui 
estoit  bien  propro  à  brusler.  La  violence  et  impetuosité  de  laquelle 
renuersa  non  seuUement  la  tour  des  fondemens,  mais  aussi  abbatit 
en  terre  les  murailles  et  chambre  prochaines  et  autres  membres  du 
chasteau ,  dont  les  pierres  vollantes  en  1'  aire  tuerent  deux  preuostz  du 
chasteau,  qui  estoient  allez  un  peu  deuant  selon  leur  constame  saluer 
la  Vierge  Marie  en  la  chapelle  qui  est  pres  de  la  porte  et  se  pro- 
mcnoient  en  la  place.  Ilz  mirent  aussi  à  la  mort  d' aultres  gens 
d' armes  qui  estoient  sortiz  pour  prendre  l' air  car  e'  estoit  en  este 
(sic)  et  sur  le  Vespre,  ostanz  aux  uns  la  teste ,  aux  aultres  rompans 
les  bras,  aux  aultres  cu  la  jambe  ou  la  poitrine,  tellement  que  de 
deux  cens  souldatz  à  grand  peine  en  demoula  il  douze.  Le  son  de 
ceste  ruine  ne  fut  pas  incogneu  à  ceu  de  la  ville,  la  quelle  mesme 
fut  branslée  par  un  fort  tremblement  de  terre  dont  plusieurs  furent 
efFrayez  de  peur  qu'  ilz  auoient  que  tonte  la  ville  ne  s'  en  allast  en 
ruvne.  Cela  cesse  quand  on  voit  la  lueur  du  freude  la  foudre  bien 
grande  uers  le  chasteau,  un  nombre  de  peuple  infiny  y  courut  qui 
trouuerent  ceste  grande  place  qui  est  deuant  le  chasteau  tonte  couuerte 
de  pierres ,  et  s'  ebahyssoient  bien  fort  d'  aucunes  pierres  qui  auoient 
este  iettes  à  plus  de  cinq  cens  pas  loins  lesquelles  toutes  fois  estoient 
si  grosses  que  uingt  beufs  ne  les  eussent  peu  esleuer  :  ilz  furent  aussi 
esmerueille  de  ueoir  les  fondemens  de  la  tour  arrassez  et  passez  sur 
le  portail,  et  ce  qui  auoit  este  tout  en  hault  jetté  au  fondz  et  ne 
pensoient  point  que  cela  fust  adueaut  sans  la  prouidence  de  Dieu. 
Aureste  le  Francois  craignantz  que  le  chasteau  ne  demourast  la  nuit 
sans  garnison,  feirent  entrer  dedans  les  senateurs,  receueurs,  et  autres 
magistratz  de  la  nation  Fran^oise  qui  n'  estoient  pas  gens  de  defifense, 
ne  en  grand  nombre  en  la  ville  iusque  à  ce  que  le  iour  ensuyant 
ilz  eussent  faict  venir  de  Novarre  cent  horames  d' armes  auec  autant 
de  soldartz  armez  à  la  legere. 

Da  queste  sole  indicazioni  sommarie  contenute  nelle  cronache 
del  tempo,  non  era  facile  il  ricostituire  la  disposizione  della 
lorre,  specialmente  nella  sua  pane  più  alta,  giacché,  per  la 
parte  inferiore,  non  è  fuor  di  proposito  l'ammettere  che  all'atto 
di  riparare  la  cortina  squarciata  dall'esplosione,  si  siano  ancora 
utilizzate  le  fondazioni  della   torre,  le  quali  non  dovettero  essere 


1102  VARIETÀ. 

sensibilmente  danneggiate,  per  quanto  il  Grumello  asserisca  che 
sia  stata  sollevata  «  la  media  parte  de  dieta  torre  et  li  fonda- 
menti insieme  ».  Cosi  la  disposizione  originaria  della  torre,  conio 
sviluppo  di  pianta,  può  essere  ritenuta  conforme  a  quella  che 
oggi  ancora  si  può  rilevare  nell'accesso  principale  al  Castello  e 
che  risulta  di  forma  rettangolare  di  m.  18.60  di  fronte,  per 
m.  13.60  di  larghezza,  col  marmo  di  fronte  in  allineamento 
colla  cortina,  e  di  uno  spessore  di  m.  4.50,  eguale  a  quello 
dei  due  muri  di  fianco,  mentre  il  lato  verso  1'  interno  del  Castello, 
che  non  era  esposto  alla  violenza  degli  attacchi,  aveva  solo  lo 
spessore  di  m.  2.  20.  Anche  la  disposizione  della  porta  pei  ca- 
valieri e  del  portello  dei  pedoni  doveva  essere  nella  torre  del 
Filarete  conforme  a  quella  che  ancor  si  vede  oggidì. 

Le  ricerche  che  ebbi  a  fare  posteriormente  alla  pubblicazionr^ 
del  volume  «  Il  Castello  di  Milano  »,  mi  hanno  condotto  a  rintrac- 
ciare due  documenti  grafici  i  quali  forniscono  ulteriori  indizi  sulla 
torre  in  argomento.  L'  egregio  collega  Gustavo  Frizzoni  ebbe  a 
segnalarmi  un  quadro  di  Scuola  leonardesca,  attualmente  passato 
in  America  nel  quale ,  da  una  delle  due  finestre  che  si  aprono 
nel  fondo  dietro  la  figura  della  Vergine  col  bambino,  si  vede  la 
rappresentazione  della  fronte  di  un  castello  limitata  da  due  torri 
rotonde  ed  avente  in  mezzo  una  torre  rettangolare ,  come  risulta 
dallo  schizzo  che  avanti  riporto,  nel  quale  si  può  rilevare  come  la 
torre  centrale,  dopo  la  merlatura,  si  sopralzasse  con  due  ordini 
minori  di  costruzione,  coperti  da  cupolino  con  banderuola.  Non 
era  fuor  di  luogo,  avuto  riguardo  all'  epoca  e  alla  scuola  cui 
appartiene  quel  quadro,  1' intravvedere  in  tale  rappresentazione 
per  quanto  sommaria,  una  riproduzione  della  fronte  del  Castello  di 
Porta  Giovia,  fatta  —  se  si  vuole  —  di  memoria,  dal  pittore,  giacche 
la  disposizione  generale  delle  torri  rotonde  bugnate  agli  angoli, 
della  torre  centrale,  e  del  revellino  che  si  scorge  sul  davanti  é_ 
abbastanza  conforme  ai  dati  di  fatto.  Tale  induzione  era  destina^ 
ad  avvalorarsi  mediante  la  scoperta  dell'  altro  documento  grafie 
che  ebbi  a  fare  poco  dopo  per  un  caso  veramente  singolare 
Infatti,  recatomi  un  giorno  a  rivedere  quell'  originale  costruzione 


LA    TORRE    DEL    FILARETE. 


1103 


che  è  la  Cascina  Pozzobonella  —  destinata  pur  troppo  a  sparire 
in  un  non  lontano  avvenire  —  trovatomi  costretto  da  un  uragano  a 
ripararmi  a  lungo  sotto  il  porticato  che  collega  la  Cappelletta 
alla  casa  di  abitazione,  ebbi  occasione  di  esaminare  con  una  par- 
ticolare attenzione  la  parete  di  fondo  di  portico  ;  cosicché  mi  av- 


l&v 


venne  di  osservare  come,  in  una  parte  di  quel  fondo,  un  intonaco 
grossolano  coprisse  l'intonaco  primitivo  molto  più  fino,  e  che 
portava  alcune  traccio  di  disegni  graffiti  ;  la  curiosità  mi  spinse 
a  tentare  di  scoprire  maggiormente  quei  segni  originari  staccando 
r  intonaco  che  li  mascherava  in  parte,  e  la  curiosità  si  fece  ancor 
più  viva  tosto  che  mi  accorsi  di  avere  dinanzi  la  rappresentazione 
di  un  castello.  Sfortunatamente  l' intonaco  originario  aveva  subito 


1104 


VARIETÀ, 


dei  gravi  danni  pei  quali  il  disegno  presentava  molte  lacune,  co- 
sicché non  mi  fu  possibile  trovare  traccie  maggiori  di  quelle  che 
risultano    dal  fac- simile    che  qui    riporto.    Le  traccie    però  sono 


sufficienti  ad  identificare  la  rappresentazione  del  Castello  di  Mi- 
lano ;  infatti  si  vede  la  torre  d' ingresso  colle  due  parti  di  sopralzo 
conformi  alla  indicazione  del  quadro  succitato,  coperte  con  cupo- 
lino terminato  a  banderuola  ;  di  più  si  osserva  la  disposizione 
delle  Campane.  Nel  basso  della  torre  si  vede  accennato  il  revellino 


LA    TORRE    DEL    FILA  RETE. 


1105 


ad  angolo,  conforme  alle  altre  indicazioni  che  già  si  hanno  su 
tale  revellino,  il  quale  maschera  naturalmente  la  porta  d'accesso 
al  Castello,  ma  lascia  però  vedere  sulla  torre  la  decorazione  di 
una  nicchia  terminata  superiormente  a  frontone  triangolare,  nella 
quale  pochi  segni  sono  ancora  sufficienti  per  lasciar  intravvedere  la 
figura  di  S.  Ambrogio.    A  sinistra  della    torre  si  vede  la  cortina 


che  si  collega  alla  torre  rotonda  d'angolo,  col  ballatoio  coperto  ; 
dietro  tale  cortina  si  vede  abbastanza  nettamente  indicata  la  torre 
di  Bona  di  Savoia,  e  il  lato  della  Rocchetta  colla  curiosa  indica- 
zione di  una  serie  di  fumaiuoli  colla  forma  caratteristica  che  era 
adottata  alla  fine  del  XV  secolo. 

Un  altro  particolare  interessante  dei  due  disegni  in  quistione, 
sta  nella  indicazione  dei  piombatoi  e  della  copertura  anche 
nelle  torri  rotonde  :  particolare  questo  il  quale  non  si  vede  mai 
indicato    nelle    altre    vedute    meno  antiche   del   Castello    che    ci 


1106  VARIETÀ.    LA    TORRE    DEL    FILARETE. 


sono  rimaste^  a  cominciare  da  quella  contenuta  nel  libro  Civi- 
tates  orhis  terrarum  —  Colonia  MDLXXII,  venendo  a  quelle  del 
XVII  secolo  della  raccolta  Sorniani  a  Castellazzo  ,  del  signor 
Luigi  Fuzier,  e  all'  affresco  nel  palazzo  Borromeo  a  Cesano  Ma- 
derno.  Farebbe  solo  eccezione  il  disegno  contenuto  nell'  edizione 
di  ViTRUvio,  stampata  a  Basilea  nel  1616,  ma  quel  disegno  non 
è  molto  attendibile  in  quasi  tutti  i  suoi  particolari. 

I  due  documenti  grafici  segnalati  ,  in  mezzo  alla  scarsità  di 
notizie,  riescono  quindi  interessanti  per  ricostituire  lo  stato  della 
fronte  del  Castello  al  principio  del  XVI  secolo. 

Luca  Beltrami. 


BIBLIOGRAFIA 


Von  Oettingen  Dott.  Wolfang:  Ueber  das  Leben  und  die  Werke 
des  Antonio  Acerlino  genannt  Filarete  (Della  cita  e  delle 
opere  di  Antonio  Acerlino  detto  Filarete).  —  Leipzig,  See- 
mann,  1888. 

Benché  il  soggiorno  in  Milano  del  Filarete  non  siasi  prolungato 
per  più  di  tredici  o  quattordici  anni,  pure  la  sua  azione  artistica 
vi  si  esplicò  maggiormente  che  altrove,  e  per  le  opere  certe 
che  di  lui  vi  sono  rimaste,  e  per  l'influenza  sua  sullo  sviluppo 
dell'  arte  lombarda. 

Ovvio  è  quindi  che  la  monografia  recentemente  dettata  dal 
)ott.  Von  Oettingen ,  libero  docente  di  storia  dell'  arte  nella 
Università  di  Marburg ,  ci  abbia  assai  ad  interessare. 

L'  autore  si  era  accinto  a  preparare  una  prefazione  alla  pub- 
blicazione del  trattato  di  Architettura  dell'Averlino ,  quando,  ac- 
cortosi che  la  materia  gli  veniva  crescendo  tra  le  mani,  si  risolse 
ad  accettare  il  maggior  sviluppo  del  lavoro,  formandone  addirittura 
una  monografìa  separata,  che  fu  accettata  nella  raccolta  del- 
l' editore  Seemann  dei  materiali  per  la  storia  dell'  arte  (1). 

(1)  Il  trattato    compiuto    dal    Filarete  nel  1464    e  non    mai  escito    per  le 
ampe,  viene  ora  pubblicato  nella  raccolta  viennese  delle  opere  (fonti)  della 
"■toria  dell'  arte,  e  per  quest'  edizione  il  Dott.  Oettingen  preparò  la  prefazione 
esiderata,  facendo  un  sunto  della  sua  monografìa. 


1108  BIBLIOGRAFIA. 


Del  Filarete  eran  sparse  notizie  e  discorsi  partitamente  oggettivi 
in  più  opere  e  pubblicazioni ,  e,  per  non  dire  che  delle  recenti, 
in  quelle  di  Mongeri,  Beltrami,  Canetta,  Muntz,  ed  anzi  questo 
ultimo ,  nella  sua  Histoire  de  V  ari  pendant  la  renaissance  (in 
corso  di  pubblicazione)  ce  ne  dà,  si  potrebbe  dire,  la  bibliografia. 

Ma  di  cenni  o  studi  complessivi,  dopo  quelli  del  Vasari  non 
ne  troviamo  di  notevolmente  importanti  per  notizie  nuove  e  lavoro 
d'insieme,  che  nello  scritto  recente  del  Dott.  Lodovico  Corio  : 
Antonio  Filarete,  da  Firenze,  inserto  nel  Politecnico  (1)  ed  in 
quello  recentissimo  del  Dott.  Volfango  Von  Oettingen,  di  cui  è 
questione. 

Se  si  tien  conto  della  novità,  della  difficoltà  di  un  primo  la- 
voro originale,  recante  documenti  che  gettan  nuova  luce,  danno 
notizie  dapprima  ignorate,  rettificano  opinioni  e  nozioni  invalse 
in  verba  magistri  Vasari ,  V  importanza  del  lavoro  di  Lodovico 
Corio  non  è  piccola,  ed  il  merito  suo,  il  servigio  reso  agli  studi 
sulla  storia  dell'  arte,  perdura. 

Naturalmente  dal  1873  al  presente,  nuovi  lavori  su  argomenti, 
in  cui  l'attività  del  Filarete  ha  connessione,  hanno  incidental- 
mente schiarito  alcuni  dubbi,  rettificato  nozioni  ed  opinioni  e  recate 
notizie  nuove  di  notevol  momento.  E  tra  cotesti  lavori  nuovi 
primeggiano  essenzialmente  quelli  di  Luca  Beltrami,  sul  Castello 
di  Milano  (2),  e  di  Pietro  Canetta,    sull'  Ospedale    Maggiore  (3). 

E  per  lo  appunto  in  questi  ultimi  ha  attinto  largamente,  co- 
scienziosamente, avvertendolo,  ben  s'intende,  il  Dott.  Oettingen 
per  la  sua  monografia.  M 

Partendo  dal  lavoro  or  ricordato  del  Corio,  anzi  per  forza  stessa  ™ 
della  naturale  e  scientifica  ragione  e  nesso  della  materia,  dell'ar- 

(1)  Milano,  Dicembre  1873,  anno  XXI,  N.  12,  pag.  722  e  seguenti. 

(2)  Milano,  Colombo  e  Cordani.  —  1885. 

(3)  Cenni  sull'Osp.  Magg.  di  Milano    —  Milano,  Tip    Soc,  1885. 
Cenni  storici  sugli   acquedotti   dell'  0$p.  Magg.    di   Milano.  —  Milano/ 

Ci  velli,  1884. 

Cronologia  dell'Osp.  Magg.,  ecc.  —  Milano,  Cogliati,  1884. 

Elenco  dei  benefattori  delV  Osp.  Magg.,  ecc.  —  Milano,  Cogliati,  1S87J 


BIBLIOGRAFIA. 


1109 


-omento,  accettando  senz'altro  la  trama,  la  distribuzione  delle 
arie  parti  dell'argomento  adottata  dal  Corio  slesso,  è  riescilo  a 
darci  sul  Filarete  e  sulle  sue  opere,  la  monografìa  la  più  com- 
pleta che  oggi  coi  risultati  delle  ricerche  negli  archivi,  e  dello 
studio  dei  monumenti,  fosse  possibile  di  desiderare.  Né  in  ciò 
soltanto  sta  il  vantaggio  di  questa  recentissima  pubblicazione  ; 
una  parte  propria  l'A.  seppe  competentemente  aggiungere  :  V  ana- 
lisi critico-artistica  delle  opere  del  Filarete. 

Il  giudizio  del  Dott.  Oettingen  sull'Averlino,  non  sale  ad  una 
lode  entusiasta,  anzi  nella  conclusione  riesce  alquanto  severo. 
Egli  loda  in  tutte  le  sue  opere  plastiche  assai  più  i  particolari 
he  non  l'insieme;  e  nella  creazione  dell'ospedale,  pur  fa- 
endo  larga  parte  al  concetto  ed  ai  consigli  dello  Sforza  e  dei 
deputati,  lo  trova  artista  grandioso  e  chiaro  nella  distribuzione 
(Ielle  parti,  ma  tosto  soggiunge  che  nel  complesso  esagerò  e  si 
abbandonò  alla  sua  fantasia  troppo  chiassosa  e  gonfia.  Una  certa 
omogeneità  corre  difatti  nei  due  giudizi  del  Dott.  Oettingen  sulle 
opere  plastiche  e  costruttive  del  Filarete,  il  che  dimostra  che  egli 
comprese  un  lato  della  natura  artistica  di  quel  bizzarro  talento. 
Però,  dico  un  lato  e  non  l' intera  natura  artistica.  Invero  l'A.  con- 
fronta troppo  r  opera  del  Filarete  con  quella  dei  grandi  toscani, 
nel  qual  paragone  ovvio  è  che  la  conclusione  rimanga  abbastanza 
severa  ;  l'A.  d' altro  lato,  riconoscendo  che  il  Filarete  subì  l' in- 
fluenza lombarda  e  l' innestò  nelle  proprie  opere,  ne  deduce  che 
se  il  Filarete  fosse  stato  un  artista  dì  genio  più  comprensivo  e 
profondo ,  non  avrebbe  fatte  eoneessioni  al  vecchio  gusto  lom- 
bardo ,  e  che  V  Alberti  avrebbe  imposto  lui  le  proprie  forme 
artistiche. 

Ora,  convien  riflettere  che  l'Alberti  crebbe  e  si  sviluppò  in  un 
ambiente  per  cosi  dire  unico,  omogeneo,  e  che  all'incontro  il 
Filarete  peregrinò  a  traverso  le  varie  regioni.  Se  tutti  gli  artisti 
fossero  recisamente  o  geni  creatori,  o  discepoli  rinchiudentisi  in 
scrupolosa  ed  assoluta  imitazione,  lo  sviluppo  dell'arte  non  si 
verificherebbe  quale  costantemente  lo  vediamo  e  nell'  evo  antico 
e  nel  medio  e  nel  rinascimento  e  nei  tempi  moderni. 


Ilio  BIBLIOGRAFIA. 


Ogni  artista  che  giunge  in  un  ambiente  nuovo,  subisce,  riceve 
impressioni  e  ne  trasmette  agli  altri  coi  quali  viene  a  trovarsi 
in  contatto,  È  questione  di  ricevere  e  dare  più  o  meno,  ma  1'  ef- 
fetto è  costante.  Filarete  oltre  ai  principi  dell'  arte  toscana  sua 
propria,  subì  l' influenza  delle  varie  tendenze  di  Roma,  Venezia, 
Mantova  e  Milano  :  ne  cavò  tipi  che,  se  non  assolutamente  spic- 
cati e  nuovissimi,  furon  però  tali  da  influenzar  alla  lor  volta 
r  arte  lombarda.  E  ninna  meraviglia,  se  un  giorno  o  l'altro  qual- 
che studioso  rintracciasse  l' influenza  che  la  parte  di  decorazione 
compiuta  dal  Filarete  nell'  ospedale  (1)  potè  avere  sulle  opere 
decorative  del  lodigiano  Battagio  e  del  Caradosso. 

Oltre    agli  artisti    creatori  ed  agli  imitatori,    vi  son  quelli  che: 
fungono    da  intermediari,    da  veicolo    dei  concetti  e  delle    forme 
artistiche  ;  e  questa  fu  1'  azione  del  Filarete. 

Giulio  Ca rotti. 


Adolfo  Venturi.  Gian  Cristoforo  Romano  {wéW Archivio  Storico\ 
dell'Arte.  Anno  I,  fase.  3,  4  e  5).  —  Roma,  Pasqualucci,  1888. 

Di  un  altro  valente  artista  del  rinascimento,  che  visse  ed  oprò 
assai  in  Milano  e  in  Lombardia,  è  stata  testé  riconnessa  e  resti- 
tuita l'intera  figura:  e  di  quest'importante  rievocazione  siamo  questa! 
volta  debitori  ad  un  italiano,  al   prof.  Adolfo  Venturi ,  il  preclaro] 
critico  e  storico  d'arte.  «Sono  pochi  anni,  egli  scrive,    che    ri-| 


(1)  A  dir  vero  l'A.  non  si  è  preoccupato  dell'  opinione  che  riconosce  l'operai 
decorativa  del  Filarete  nella  sola  parte  inferiore  di  un  campo  della  facciata 
dell'  ospedale.  Tale  almeno  è  1'  avviso  dell'  ardi.  Paravicini  (L'  architettura 
del  Risorgimento  nella  Lombardia.  —  Gilbers,  Dresda,  1878).  E  ciò  spiegai 
assai  bene  la  disarmonia  notata  dallo  stesso  Oettingen  fra  il  piano  inferiore  i 
ed  il  superiore,  nel  quale  le  finestre  non  sono  neppur  nell'  asse  delle  arcate  ; 
del  portico  inferiore;  un  artista  solo  non  avrebbe  certamente  compiuto  uns 
cosi  evidente  contrasto. 


BIBLIOGRAFIA.  1111 


<f.  suona  il  nome  di  Gian   Cristoforo  Romano,  l'amico   del  Cara- 

«  dosso,  lo  scultore  ufficiale  della  gentil  marchesana  Isabella 
«  d'Este  Gonzaga,  il  contradditore  di  Baldassar  Castiglione  alla 
«  Corte  di  Urbino,  l'amatore  di  antichità  che,  ancora pu^^o^  seppe 
«  impedire  a  Lorenzo  il  Magnifico  e  al  cardinale  Giovanni  d'Ara- 
«  gona  di  spogliar  Roma  di  cose  rare  ». 

E  di  Gian  Cristoforo,  della  sua  esistenza,  delle  sue  opere,  egli 
è  riescilo  a  dare  dettagliate  e  ben  ordinate  notizie,  e  una  descri- 
zione ed  apprezzamento  <iritico  di  notevol  importanza;  che  più, 
egli  ha  restituito  al  versatile  artista  alcune  opere  importanti. 

Il  Venturi  desume  che  il  Gian  Cristoforo,  figlio  dello  scultore 
Isaia  da  Pisa,  sia  nato  verso  il  1465  e  che  in  Roma,  sua  città 
natale,  egli  abbia  passato  la  giovinezza  ed  abbia  compiuti  i  suoi 
primi  lavori. 

Nel  1491  quest'artista  era  già  in  Milano,  e  vi  si  doveva  tro- 
vare già  da  tempo,  che  godeva  del  favore  di  Lodovico  il  Moro 
e  di  Beatrice  d'Este  e  di  questa  consta  già  avesse  fatto  il  busto 
in  marmo.  E  qui  l'autore,  con  una  serie  di  osservazioni  e  dedu- 
zioni, prudenti  quanto  evidenti,  giunge  a  scoprire  nel  noto  bel- 
lissimo busto  del  Louvre  dall'iscrizione: 

DIVAE 

BEATRICt^ 

D     •     HERC     •     F 

il  ritratto  in  piarmo  di  Beatrice  d'Este,  ricordato  da  Isabella 
d'  Este  nella  lettera  del  22  giugno  1491. 

Il  Courajod  nelle  sue  Conjectures  à  propos  d'un  busi  e  j  ecc.  (1^ 
pur  non  riconoscendo  in  quest'opera  la  mano  propria  di  scultori 
lombardi,  erasi  dichiarato  propenso  a  rivendicare  l'opera  alla 
>^cuola  milanese,  scorgendovi  tuttavia  una  certa  aria  fiorentina. 
<  )ra  il  Venturi  per  lo  appunto,  prima  ancora  di  aprire  la  discus- 
s^ione  su  questo  busto,  nel  dare  i  caratteri  stilistici  delle  opere  di 

(1)  L.  Courajod,  Conjectures  à  propos  d'un  buste  en  marbré  de  Béatrix 
d'  Este  au  Musée  du  Louvre.  —  Gaiette  des  Beaux  Arts,  1877. 


1112  BIBLIOGRAFIA. 


Gian  Cristoforo,  dichiara  che  «  all'  eleganza  della  scultura  toscana 
«  (la  sua  arte  paterna)  congiunge  un  profondo  studio  dell' anti- 
«  chità;  intagliatore  di  gemme  e  cristalli ,  sa  condurre  sottilmente 
«  i  particolari  della  forma  ».  Resterebbe  a  spiegarsi  il  profumo 
lombardo  avvertito  pure  dal  Courajod  e  questo  forse  ha  la  sua 
ragione  o  nella  ispirazione  toscana  che  il  Vinci  arrecò  nel  patri- 
monio degli  artisti  Lombardi ,  o  nell'  influenza  successiva  che  anche 
le  opere  di  Gian  Cristoforo  possono  aver  esercitato  su  di  essi. 

Passa  successivamente  l'A.  a  trattare  delle  altre  opere  del  gè 
niale  scultore  in  Cremona,  nella  Certosa  di  Pavia,  in  Vigevano 
ed  in  Milano. 

In  Cremona,  per  la  celebre  porta  Stanga,  ora  del  Museo  del 
Louvre,  egli  fa  la  parte  direttrice,  ispiratrice,  di  Gian  Cristoforo, 
e  la  parte  degli  artisti  del  paese  ,  che  diedero  alla  decorazione 
un'impronta  lombarda  nella  esecuzione. 

Al  monumento  Trecchi ,  or  nella  Chiesa  di  Sant'Agata  in  Cre- 
mona, lo  scultore  avrebbe  atteso  tra  il  1502  ed  il  1505,  poste- 
riormente cioè  ai  lavori  della  Certosa  di  Pavia,  al  Mausoleo  di 
Gian  Galeazzo  ed  alle  opere  di  ornamentazione  della  facciata. 

La  erudita  e  artistica  descrizione  e  critica  stilistica  del  Monu- 
mento Trecchi  e  del  Mausoleo  della  Certosa  ^  sono  una  preziosa 
guida  per  gli  studiosi  che  intraprenderanno  a  rintracciare  le  altre 
opere  di  Gian  Cristoforo  Romano  e  nella  facciata  della  Certosa, 
e  nelle  raccolte,  e  nei  monumenti  di  Milano  (1)  e  Pavia,  giacché, 
come  il  Venturi  stesso  ci  dice  ,  è  verosimile  che  egli  rimanesse 
a  Milano  o  a  Pavia  dal  1497  al  1499  ed  è  provato  che  egli  vi 
ritornò  nel  1505  e  fu  in  allora  che  deve  aver  incontrato,  in  casa 
di  Monsignor  della  Torre,  Sabba  da  Castiglione   e  il    Caradosso. 

Delle  altre  opere  di  Gian  Cristoforo  in  Mantova,  poi  in  Na- 
poli ed  in  Roma,  discorre  pure  il  Venturi,  e  delle  sue  bellissime 
medaglie,  delle  quali  fa  apprezzare  la   gran    bellezza    e   venustà 

(1)  Il  Venturi  sospetta  come  fattura  di  Gian  Cristoforo  un  pilastrino  del 
rinascimento  in  Casa  Valsecchi  in  Milano,  fra  i  cui  finissimi  ornati  si  discer- 
nono nocciole,  scolpite  in  una  forma  anche  altrove  usata  da  queir  artista 


BIBLIOGRAFIA.  1113 


antica.  Ed  oltre  che  artista;  l'A.  ce  lo  dipinge    pure,    abile  nel 

canto,  colto,    anzi  versatile,    piacevole  ed  apprezzato  e  protetto 

cortigiano,  nonché  intelligente  raccoglitore  di  antichità,  delle  quali 

lasciò  una  collezione  quando  mori  in  Loreto  nel  1512. 

Questa  monografia  è  corredata  da  illustrazioni  in  fototipia  ben 

riuscite  e  grandi  abbastanza  perchè  se  ne  ricavi  una  vera  utilità 

pratica  nello   studio.    Nell'interesse    degli    studi    e    della    critica 

d'arte,  spontaneo  è  il  voto  che    di   cosi    importante    lavoro    l'A. 

faccia  una  pubblicazione  a  parte,  come  vediamo  praticare  dai  Cou- 

rajod  ,  Geymùller,  ecc.,  dei  loro  scritti  dell'Art    e  della    Gazeite 

des  Beaux  Artfì. 

Giulio  Carotti. 


La  località  e  territorio  di  San   Colombano  al  Lambro.    Studj  di 
Alessandro  Riccardi.  —  Pavia,  1888. 

Quel  nome  ci  richiama  all'insigne  apostolo  irlandese,  che,  nel 
505  e  seguenti,  portò  scienza,  pietà,  civilizzazione  nella  Svizzera  e 
in  Italia,  fondando  monasteri ,  che  divennero  centri  di  popolazione, 
di  educazione,  di  mercati,  e  salirono  anche  a  città. 

Egli  stesso,  o  alcuno  de'  suoi  discepoli  si  fermò  sul  Lambro,  e 
ne  derivò  il  nome  ad  una  borgata  notevolissima,  insigne  pei  colli , 
la  cui  formazione  pliocenica  fu  studiata  dal  Breislac  ,  dal  Volta, 
dal  Cavezzali,  dal  Sartorio,  dallo  Stoppani,  e  da  altri  moderni 
geologi. 

L'elevatezza  del  colle  di  San  Colombano  sul  circostante  piano 
(scrive  il  cav.  Brambilla) (1)  e  la  sua  prossimità  al  fiume  Lambro, 
al  Po  che  di  questo  riceve  le  acque,  ed  all'antica  strada,  che 
svolgendosi  appunto   sulla  sinistra    del  Po   conduceva  e   conduce 


(1)  Camillo  Brambilla,   Tremisse  inedito  al  nome  di  Desiderio   re  dei 
Longobardi,  trovato  a  Montemalo  e  conservato  dal  Galletta.  —  Pavia,  1888. 

Arch.  SlOì\  Lomb.  —  Anno  XV.  59 


1114  BIBLIOGRAFIA. 


per  Cremona  dalla  vetusta  Pavia  e  Mantova  nel  Veneto,  erano 
circostanze  naturali  ,  che  per  sé  lo  designavano  adatto  tanto  alla 
difesa  quanto  a  preparare  le  offese,  opperò  non  vi  mancarono 
anche  in  tempi  remoti  i  munimenti  guerreschi  nella  foggia  e  neWd 
estensione  ,  che  essi  suggerivano  ,  e  rendevano  possibili.  Al  Ca- 
stello con  baluardi  e  fosse,  che  San  Colombano  ricorda  quale  iu- 
tissinum  Federici  castrum  nel  secolo  XII,  e  vanta  anche  oggidì 
annoverato  fra  i  monumenti  nazionali,  facevano  corona  robuste^ 
costruzioni  a  Mombrione,  alla  Mostiola,  a  Montemalo,  ed  altre  non- 
poche  in  situazione  più  depressa,  che  non  quella  dominante 
principale  ove  sorgeva  il  Castello  tanto  più  importante  sotto  l'a-j 
spetto  strategico  e  per  la  sua  estensione. 

Luogo  forte  e  salubre  per  la  sua  posizione,  il  Colle  di  San  Co- 
lombano, come  certamente  ebbe  ben  presto  numerosi  abitanti,  e 
fra  questi  anche  padroni ,  e  con  essi ,  e  per  essi  aver  parte  nei 
grandi  avvenimenti,  che  vennero  mutando  le  sorti  del  paese,  do- 
veva anche  conservarne  le  traccio  e  i  ricordi ,  siccome  appunto, 
e  specialmente  accade  per  simili  particolari  rilieti  del  terreno 
dai  quali  il  circostante  e  sottoposto  piano  viene  naturalmente,  e 
per  ogni  rapporto  dominato.  Né  San  Colombano  contraddice  col  fatto 
a  quelle  premesse,  poiché  nel  terreno  suo  e  in  quello  delle  vici- 
nanze nei  passati  anni  erano  frequenti  le  scoperte  di  avanzi  mu«- 
rali  in  larghi  tavelloni  e  laterizi  quali  soglionsi  dire  Romani,  in 
amplissimi  frammenti,  di  pavimento  in  calcestruzzo,  in  urne  cine- 
rarie, fìbule,  bronzi,  stoviglie  e  monete  tanto  imperiali  romane 
quanto  giù  discendendo  e  di  epoca  più  recente.  Il  Riccardi  nei 
suoi  studi  sul  territorio  di  San  Colombano  accenna  opportuna- 
mente e  con  dettaglio  a  quelle  scoperte  ,  e  rileva  come  di  esse, 
e  di  quelle  che  si  facessero  nei  contorni  si  occupasse  facendone 
premuroso  studio  e  ragguardevole  raccolta  il  sacerdote  Luigi 
Callotta,  che  stette  proposto-parroco  e  vicario  foraneo  nel  borgo 
di  San  Colombano  per  ben  50  anni  dal  1828  al  1877  in  cui  mori 
di  ottant'  anni  al  31  dicembre. 

Di  quanto  poteva  raccogliere  1'  ottimo  proposto  Callotta  teneva 
diligente  nota ,    e    deve  augurarsi ,    che    quei    cimelj  non    vadano 


I 


BIBLIOGRAFIA.  1115 


dispersi  e  che  non  ne  rimangano  disgiunte  le  memorie,  colle 
«luali  ,  lo  studioso  raccoglitore  amava  constatare  il  tempo  di 
ogni  scoperta ,  il  luogo  e  le  eventuali  circostanze  in  cui  fosse 
ivvenuta. 

Le  nostre  idee  sulle  storie  municipali  le  abbiamo  troppe  volte 
esposte.  Pure  è  desiderabile  che  alcuno  cominci  a  raccogliere  i 
tatti  particolari ,  e  divisare  i  singoli  paesi  ;  e  questo  ha  voluto 
lare  Alessandro  Riccardi.  Maggiori  particolarità  egli  promette;  in- 
tanto dà  un  sunto  cronologico  dei  fatti  dal  1000  fino  ad  oggi,  più 
o  meno  accertati,  e  la  più  parte  relativi  a  Lodi,  Pavia,  Piacenza. 
La  dicitura  è  stentata,  e  qualche  volta  fino  inintelligibile,  il  che 
i  fa  desiderare  un  miglioramento  nel  seguito  dell'opera. 

Con  pazienza  sono  indicate  le  varie  frazioni  del  distretto,  e  in 
mappe  indicate  le  posizioni  antiche  e  le  odierne ,  e  il  variato 
corso  del  Lambro  e  dell'Adda  (1). 


Giovanni  Jachino.  Il  libro  della  Croce.  Studj   ed  analisi.  —  Ales- 
sandria, 1888,  in- 16  di  pag.  146. 

Alessandria  è  talmente  connessa  a  Milano  ,  che  la  storia  del- 
l'una è  storia  dell'altra  città.  È  notissima  la  sua  origine,  che  non 
abbisogna  di  antichità,  né  di  favoleggiati  aforismi.  Quindi  da  Fede- 
rico Barbarossa,  da  papa  Alessandro  III  e  dalla  Lega  Lombarda 
cominciano  i  suoi  storici  ,  che  non  sono  pochi.  Oltre  i  cenni  che 
se  ne  trovano  nei  cronisti  di  Piacenza,  di  Asti,  di  Lodi,  nel 
>ecolo  XVI  ebbe  Giovanni  Clari  e  Raffaele  Lumelli,  ancora 
semplici  cronisti;  nel  XVII,  lasciando  stare  l'esagerato  Giuliano 
Porta ,  spiccato  esempio  di  secentismo ,  Guglielmo  Schiavina  e 
Girolamo  Ghilini  ritornano  sulle  notizie  date,  le  aumentano,  e  per 


(l)  Riceviamo   ora   il   Sommario    di   nuoci   dati   storie o^geograjici   sa 
m  Colombano.  —  Lodi,  1888. 


1116  BIBLIOGRAFIA. 


quanto  si  poteva  allora,  le  discutono.  Nel  1700  Lorenzo  Bur- 
gonzio,  Lucio  Marmanzana,  Giuseppe  Antonio  Ghenna,  Giuseppe  Ot- 
tavio Bissati,  Giacomo  Antonio  Degiorgi  si  fermano  intorno  a 
qualche  particolare  questione.  Nella  prima  metà  del  nostro  secolo, 
dopo  le  brevi  storie  del  Civalieri  e  del  Piccolini ,  Carlo  A-Valle, 
si  valse  di  tanta  preparazione,  per  una  storia  popolare  di  Ales- 
sandria in   quattro  volumi. 

Ma  non  è  scrittore  serio  :  compila,  fantastica,  secondando  le 
fantasie  del  1848  «  con  tono  (dice  1'  avv.  Ronzi)  e  fine  più  pa- 
triottico che  storico,  nel  senso  che  non  ha  presentato  un  ampio, 
vero,  e  preciso  quadro  della  molteplice  vita  sociale  delle  passate 
generazioni.  Si  applicò  egli  ad  impolpare  di  molte  considerazioni 
tratte  dalla  moderna  idea  filosofico-sociale,  lo  scheletro  dei  fatti 
narrati  dai  vari  annalisti  di  Alessandria,  senza  curarsi  di  farne 
più  ampia  e  precisa  messe  nel  campo  dei  documenti  scritti  ; 
ciò  che  d'altronde  non  gli  tornava  forse  agevole,  trattandosi  di 
scrivere  presto  la  sua  storia,  e  mancandogli  ogni  altro  efficace 
ajuto  ». 

Da  quel  tempo  gli  esempj  dati  da  qualche  valoroso  si  divul- 
garono, e  soccorsi  dalle  ricerche  negli  Archivj  e  dalla  migliore 
intelligenza  delle  fonti,  portarono  altre  esigenze  nelle  storie  mu- 
nicipali. E  un  discreto  corredo  di  documenti  offrono  gli  Archivj  del 
Municipio,  della  Curia,  di  varie  chiese  di  Alessandria,  e  se  ne 
giovarono  Giulio  Leale,  Francesco  Gasparolo,  Fritz  Graf,  il 
dott.  Giovanni  Jachino. 

Questi  pensa  seriamente  alla  storia  della  sua  città,  e  crede  bi- 
sogni anzitutto  stampare  le  fonti.  E  cominciò  dal  Libro  della 
Croce,  nel  quale  sono  raccolti  172  documenti  dall'anno  1106  al 
1572.  Egli  ne  dà  il  sunto;  fra  i  quali  noi  indicheremo  uno  ,  del 
1252  circa,  dove  sono  condannati  i  Catari,  i  Gazari ,  i  Poveri  di 
Lione,  contrarj  alla  romana  Chiesa;  l'editto  vuole  siano  espulsi 
da  tutto  l'Alessandrino;  e  chi  li  ospitasse  o  vi  desse  comunque 
ajuto  o  consiglio,  sia  tenuto  d' occhio. 


i 


BIBLIOGRAFIA.  1117 


Mous.  Aurelio  Zonghi.  Repertorio  dell'  antico  Archivio  di  Fano. 
—  Fano,  1888. 

Oltre  applaudire   a  questo  esempio  del  far  conoscere   i  cimelj 
paleografici  degli  Archivj  municipali,  qui  citiamo  questo  lavoro  per 
r  attinenza  che  ha  colla  storia  di  Brescia.  È  noto  come  in  questa 
ittà  dominasse  Pandolfo  Malatesta,  che  la  sottrasse  ai  Visconti, 
inchè    a    lui    fu    ritolta    dal   Carmagnola,    (1404-1421).   Allora 
gli,  arricchito   di  34,000  fiorini  d'oro,  si  ritirò  a  Fano,   gover-. 
andolo   a  baldanza.    Colà  trasportò  i  libri  delle  spese  per  l'ac- 
iuisto    di  Bergamo,  per  la  compera  di  Cabrino  Fondulo  e  altre 
:el  suo  dominio  in  Brescia.  Ed  ora  analizzati  da  mons.  Zonghi, 
jutano  a  compiere  la  storia  bresciana.  Son  nominati  notari,  can- 
cellieri, massari,  il  maastro  dell'  orologio,  i  campanari,  gli  ufficiali 
Ielle  fontane,  i  capitani  ed  uomini  d' arme,  i  giudici  dei  malefizj, 
podestà,  le  spese    pei  soldati  mandati  al    campo  contro  Chiari 
'  Pontoglio;  il  conto  con  Antonio  de'  Porzelagi  ufficiale  della  zecca 
li  Brescia,  importante  per  le  qualità  delle  monete  ivi  ricordate. 
V'é  documenti  per  la  costruzione  delle  ròcche  di  Chiari  (1406),  di 
Rovaio  (1406-1408),  di  Gavardo,  di  Capriolo,  di  Carpenedolo,  del 
palazzo  dei  Podestà  in  Brescia,  dei  fprtilizj  a  Rudiano,  a  Monte- 
chiaro,  a  Gàmbara. 

Ricorrono  i  nomi  di  Tartarino  e  di  Corradino  Capriolo ,    degli 

Averoldi,  dei  Calino,  di  un  Cornino    tesoriere  per    la  riviera  del 

lago  di  Garda,  e  di  moltissimi  castellani  e  vicarj  dei  Comuni. 

Trovansi  registrati  maestri  orefici,  fra  i  quali  celebre  Antonio 

3  Meda,  di  fabbricatori  d'armi,  di  ingegneri,  di  nobili  qui  non 

liis  dederunt,  e  che  abitavano  ad  Iseo,  Capriolo,  Adro,  Chiari, 

i'ontoglio,  Pompiano,  Porzano,  Savallo,  Carcina,  ecc.,  ecc. 

Nel  voi.  52  è  il    dare  e  avere    colle  valli    Sabbia  e   Trompia. 

Dal  voi.  66  si  raccoglie  che  la  maggior  parte  dei  Comuni  erano 

debitori  verso  la  Camera,  non  essendovi  allora  l'esazione  forzosa. 

Dal  1411  al  1417  è  la  nota  delle  condanne.  Molte  appostazioni 


1118  BIBLIOGRAFIA. 


pei  (lazj  del  pane,  del  vino,  della  carne,  e  altre  minuzie  che  ora 
la  storia  più  non  trascura. 

Dicasi  altrettanto  di  Bomporto,  paesello  di  450  abitanti,  di  cui 
il  canonico  Primo  M.  Brandoli  scrisse  la  storia  (Modena,  1888) 
dicendo  che,  sebbene  sia  vano  ed  inutile  il  farlo,  pure  «  questi 
cenni  entrino  fra  la  parte  delle  inutilità  che  ogni  di  sono  messe 
ai  tipi  »   (1). 


Architetto  Luca  Beltrami.   Per  la   storia   della   navigazione    nel 
territorio  Milanese.  —  Milano,  1888. 

Una  delle  più  belle  imprese  della  Lombardia  è  quella  dei  ca- 
nali, che  dall' Adda  e  dal  Ticino  si  condussero  a  Milano,  e  di  qui 
al  Po  per  l' irrigazione  e  per  la  navigazione.  Molti  ne  scrissero, 
ed  estesamente  l' ing.  Giuseppe  Bruschetti.  In  sua  mano  vedemmo 
una  raccolta  copiosa  di  documenti,  venutigli  dal  Bernardino  Ferrari. 

Una  larga  collezione  formò  1' ardi.  Beltrami,  e  fattone  un  esatto 
catalogo,  la  regalò  alla  Biblioteca  Ambrosiana,  accrescendone  laj 
preziosa  raccolta. 


Divi   Ludovici  marehionis  Mantuce  Somnium  —  Mantova,  1887. 
Una  eena  a  Mantova  nel  secolo  XV.  —  Mantova,  1888. 

Sono  due  brevissimi  opuscoli,  che  il  nostro  socio  marchese 
Cavriani  rese  pubblici  per  cura  del  signor  Antonio  Porzioli,e  si 
riferiscono  a  Mantova  e  ai  suoi  duchi. 


(1)  È  qui  luogo  a  ricordare  le  Memorie  dell'Archivio  municipale  di  Poi 
rance ,  date  dalla  Rassegna  Nazionale,  e  che  molto  riguardano  il  Comi 
di  Volterra. 


BOLLETTINO  DI  BIBLIOGRAFIA  STORICA  LOMBARDA 

(Giugno- Dicembre  1888). 


Ademollo  A.  I  matrimoni  di  Vincenzo  Gonzaga.  —  In  FanfuUa 
della  Domenica,  N.  26,  24  giugno  1888. 

Agnelli  Giovanni.  Notizie  storiche  sull'  oratorio  di  S,  Giovanni 
Battista  del  Galendone  ,  con  novena  ed  inni,  —  Lodi ,  Tip.  Cat- 
tolica della  Pace,  1888,  pag.  60,  in-16. 

Agnelli  Giovanni.  Cenni  sulle  vite  di  Rinaldo  Concoreggio  e  Cesare 
Sacco  ,  canonici  lodigiani ,   con    alcune  notizie  sulle  loro  famiglie 
in  Lodi.  —  Lodi,  Tip.  Quirico  e  Camagni,  1888,  in-4,  pag.  36. 
Estr.  àaWArchicio  storico  lodigiano. 

Alberti  cav.  Gioachimo.  Antichità  di  Bormio.  [Della  Raccolta 
storica  iniziata  dalla  Società  storica  Comensc,  voi.  I,  disp.  1].  — 
Como,  Ostinelli,  1888,  in-8  gr.,  pag.  80. 

[Alciato].  Rime  di  Pierfrancesco  Bertioli  da  Ostiglia,  col  commento 
di  Andrea  Alciato,   per  la  prima  volta  pubblicate  con  prefazione 
e  note  di  N.  Zingarelli.  —  Bologna,  Romagnoli  Dall'Acqua,  1888, 
in-16,  pag.  82. 
Scelta  di  curiosità  letterarie  inedite  o  rare,  disp.  227. 

Algozino  sac.  Garmelus.  In  divi  Caroli  mediolanensis  antistitis 
tertio  centenario:  Carmen.  —  Nicosiae,  ex  typ.  A.  De  Castro, 
1888,  pag.  12,  in-4. 


1120  BIBLIOGRAFIA. 


Ambiveri  prof.  Luigi.  La  Basilica  Fausta  in  Milano.  —  L'ambone 
della  basilica  di  S.  Ambrogio  in  Milano  ed  il  sottostante  sarcofago. 
[Appunti  d'itici].  —  In  Conversazioni  della  Domenica,  di  Milano, 
N.  46  e  50,  nov.-dicembro  1888. 

Ambiveri  prof.  L,  Il  beato  Pietro  da  Bergamo  [fra  Pietro  da  Mal- 
dura].  —  In  L'Indicatore  ecclesiastico  ptacen^mo  per  l' anno  1888, 
pag.  75-78. 

Annuario  della  nobiltà  italiana  per  il  1889  (Anno  XI). —  Pisa,  Li- 
breria Galileo,  1888,  in-32,  ili. 

Tra  le  nuove  famiglie  lombarde  introdotte  in  questo  volume  notansi:  Ja- 
cini  di  Milano,  Macchi  di  Cremona,  Spargella  di  Vigevano  e  Suardi  di 
Cremona. 

Archivio  storico  dell'Arte.  Anno  I,  1888.  —  Roma,  Pasqualucci. 

N.  7  luglio:  Yeniuri  A.  Lorenzo  Costa  [pittore.  Nel  1507,  cacciati  i  Ben- 
tivoglio  da  Bologna,  si  ritirò  alla  Corte  di  Mantova  a  prendere  il  posto  del 
Mantegna].  —  Lazio  A.  Disegni  topografici  e  pitture  del  Bellini  [pei  mar- 
chesi di  Mantova].  —  Venturi.  Quadri  di  Lorenzo  di  Credi,  di  Antonio  da 
Crevalcore  e  di  un  discepolo  del  Francia  [per  Isabella  Gonzaga  d'Este].  — • 
V.  A.  Per  Gian  Cristofora  Romano. 

N.  8  agosto  :  Venturi  A.  Leone  Leoni  incisore  della  zecca  del  duca  di 
Ferrara  [prima  di  passare  alla  zecca  imperiale  di  Milano].  —  Lo  stesso. 
Due  teste  marmoree  eseguite  dallo  scultore  Alfonso  Lombardi  per  il  duca 
di  Mantova  (1536).  —  Carotti  Giulio.  Cronaca  artistica  contemporanea  [in 
memoria  del  prof.  Mongeri.  —  La  facciata  del  palazzo  Marino]. 

Archivio  storico  per  la  città  e  comuni  del  Circondario  di  Lodi. 
Anno  VII,  disp.  VII-IX.  —  Lodi,  Tip.  Quirico  e  Camagni,  1888. 

Sommario  :  Porro  sac.  Giacomo  Antonio.  Continuazione  della  storia  dio- 
cesana [Monsig.  Ludovico  Taverna,  64"  vescovo  di  Lodi].  —  I  duca  Sforza 
e  la  città  di  Lodi.  —  Memorie  del  capitano  Fabio  Denti.  —  S.  Maria  del 
Bosco  sotto  Spino  d'Adda.  —  Motta  Emilio.  Curiosità  di  storia  lodigiana 
dei  secoli  XV  e  XVL  [Attestato  di  morte  di  Franchino  Gaffurio.  Cfr.  Arch. 
stor.  lomb.j  1888,  p.  897.  —  Un  lodigiano  che  studia  medicina  all'Università 
di  Parigi,  1490.  —  Giovanni  Battaggio  da  Lodi  lavora  alla  chiesa  di  S.  Mar- 
cellino di  Milano,  1490.  —  Un  commissario  delle  biade  impiccato,  1546].  — 
Bologna  e  Lodi.  —  Serie  cronologica  dei  Podestà  di  Lodi  provata  con  do- 
cumenti [Cont.  Dal  1670  al  1687].  —  Agnelli  Giovanni.  Cesare  Sacco  e  sua 
famiglia. 


I 


BOLLETTINO    DI    UIBLIOGRAFLV    STORICA    LOMBARDA.  1121 

Arte  e  Storia.  Giornale  diretto  da  Guido  Carocci.  -^  Firenze,  1888, 
Anno  VII. 

N.  22:  Melarli  Al/redo.  Dalla  Svizzera  italiana:  Mareggia,  Bissone,  Me- 
lide,  Campione,  Carena.  Lettere  al  Direttore,  [cont.  in  N.  23  e  24]. 

N.  24  :  G.  C.  La  Certosa  di  Pavia.  —  Notizie  :  Milano. 

N.  25  :  Fornoni  ing.  Elia.  Il  cognome  e  la  patria  del  Palma  vecchio.  — 
Caffi  M.  Della  Certosa  di  Pavia  e  di  un'  opera  di  Benedetto  Ubriachi.  — 
Lo  stesso.  La  famiglia  dei  Solari. 

N.  26  :  Clerici  prof.  G.  La  facciata  del  duomo  di  Milano.  —  CaXfi  M. 
Parma,  ed  alcuni  artisti  lombardi  del  Rinascimento.  —  Melane  A.  11  capo- 
stipite della  famiglia  Solari. 

N.  27  :  Melarti  A.  La  facciata  del  duomo  di  Milano.  I  progetti  nel  con- 
corso di  20  grado.  —  Lo  stesso.  Cristoforo  di  Domenico  Lombardo,  scultore 
e  architetto  a  Milano. 

N.  28  :  Melarli  A.  Le  vòlte  del  duomo  di  Milano.  —  CaX/ì  M.  Il  capo- 
stipite dei  Solari.  —  Frizioni  G.  Le  opere  di  Gaudenzio  Ferrari  e  le  ripro- 
duzioni fotografiche  del  cav.  Ambrosetti. 

N.  29:  Melani  A.  L'esito  del  concorso  di  2°  grado  (duomo  di  Milano).  — 
Fornoni  Elia.  La  conservazione  dei  monumenti  nella  Provincia  di  Bergamo. 
—  Ca(/ì  M.  Cesare  Correnti. 

N.  30  :  Ca/Ji  M.  Il  Lombardino. 

N.  31  :  Melani  A.  La  facciata  del  duomo  di  Milano.  L'esclusione  del 
progetto  Brade. 

Axenfels  Henri.  Les  grands  peintres.  Ecoles  d'Italie.  Les  grands 
déssinateurs  :  Léonard  da  Vincij^  Michel-Ange,  Raphael,  —  Paris, 
Lecène  et  Oudin,  edit.,  1888. 

Barbier  de  Montault  (monsg.')  Les  ostensoirs  du  trésor  de  Monza. 
—  In  Régno  de  Jesus  Christ,  aprile  1888. 

Barbiera  Raffaello.  Arte  ed  Amori  (Profili  lombardi).  Milano, 
Tip.  Bortolo tti  di  G.  Prato  editrice,  1888,  in-16,  di  pag.  341. 

Barbiera  Raffaello.  Un  teatro  milanese  che  se   ne  va.  —  In  Cor- 
riere della  sera,,  ài  Milano,  N.  255  e  256,  15-17  sett.  1888. 
Notizie  storiche  intomo  al  teatro  della  Canobbiana. 

Barbiera  R.  Il  conte  Cicognara  a  Milano,  —  In  Corriere  della  sera-, 
di  Milano,  N.  287,  17  ottobre  1887. 

A  proposito  del  libro  di  V.  Malamani  :  Memorie  del  conte  Leopoldo  Ci- 
cognara, tratte  dai  documenti  originali.  —  Venezia,  Merlo,  1888. 


1122  BIBLIOGRAFIA. 


Barbiera  R.  Cronaca  letteraria  lombarda.  —  In  Rioista  contempo- 
ranea, di  Firenze,  fase.  7-9,  luglio-settembre  1888. 

Barbiera  R.  Tebaide  Lariana.  —  In  Illustrazione  italiana,  N.  40, 
23  settembre  1888. 

Barbieri  Luigi.  Crema  artistica,  [Biblioteca  storica  cremasca,  voi.  IV]. 

—  Crema,  Tip.  G.  Anselmi,  1888,  in-16,  pag.  98. 

I.  Cremaschi  illustri  nella  pittura.  II.  Cremaschi  illustri  nell'arte  dei  suoni. 
111.  La  musica  in  Crema.  IV.  Opere  in  musica  state  rappresentate  sul  teatro 
di  Crema. 

Barbieri  Luigi.    Racconti  patrii.  —  Crema,  Tip.  G.  Anselmi,  1888, 
in-16,  pag.  108. 
Biblioteca  storica  cremasca,  N.  5. 

Barelli  can.  Vincenzo.  Monumenti  comaschi.  Parto  I.  La  Cattedrale 
di  Como.    Dispense  I  e  II  ;  Parte  II,    Altri  monumenti,  disp;  III. 

—  Como,  A.  Fustinoni  edit.,  1888,  in-fol.,  con  10  tavole. 

Baumgarten.  Geschichte  Karl's  V.  Bd.  II.  2t'\  Halfte.  —  Stuttgart, 
Cotta,  1888,  pag.  VIII-335,  in-8. 

[Bellintani].  Biografia  e  bibliografia  del  P.  Mattia  da  Salò  cappuc- 
cino, pel  P.  Valdimiro  da  Bergamo,  Capp.  —  Nuove  notizie  sul 
padre  Mattia  Bellintani  da  Salò.  —  In  Miscellanea  Francescana, 
di  Foligno,  voi.  III,  fase.  I-III,  1888. 

Beloch  Giulio.  La  popolazione  d'Italia  nei  secoli  XVI,  XVII  e  XVIII, 

—  In  Bullctin  de  Vlnstitut  international  de  statistique,  di  Roma, 
tom.  Ili,  fase.  I,  1888. 

A  pp.  28-32  il  §  VII,  Stato  di  Milano. 

Beltrami  arcb.  L.  Il  cimitero  monumentale  di  Milano  :  guida  arti- 
stica illustrata  con  note.  —  Milano,  Stab.  V.  Turati,  1889,  in-16, 
di  pag.  31,  con  54  tavole. 

Beltrami   arcb.   Luca.    Elementi  architettonici   e  decorativi   comj 
nenti    la    facciata  del  duomo  di  Milano  secondo    il    progetto   de 
r  arch.    Luca    Beltrami.  —  Milano  ,  Tip.    A.   Colombo  e  A.  Cor- 
dani ,  1888,  in-4,  pag.  24. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGUAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1123 


Beltrami  arci).  Luca.  Per  la  storia  della  navigazione  nel  territorio 
milanese  :  manoscritti  e  documenti  donati  alla  biblioteca  Ambro- 
siana. —  Milano,  Tip.  A.  Colombo  e  A.  Cordani ,  1888,  in-8 
fig.,  pag.  77. 

Benvenuti-Sferza  F.  Dizionario  biografico  cremasco.  Fase.  IV-V 
[sino  a  Vimercali  Lodovico  IV].  —  Crema,  Tip.  C.  Cazzamalli,  1888. 

Berenzi  sac.  Angelo.  Storia  di  Pontevico.  —  Cremona,  Manini,  1888, 
in-8  ,  pag.  XVI-560,  con  fotogr. 

Bergamo.  —  Vedi  Ambiocri,  Arte  e  Storia,  Fiorentini,  Giuriato  , 
Lampertico,  Motta,  Stiassny,  Zerbini. 

Bernasconi  sac.  Baldassare.  Due  lettere  di  Basilio  Paravicino  da 
Como.  —  Como,  Tip.  Cavalieri  e  Bazzi,  1888,  pag.  15,  in-8. 

Bertani  Agostino.  Biografia.  —  In  Italia,  a  monthhj  magatine,  di 

Roma,  N.  7,  1888. 

[Bertani].    Discorsi  pronunciati    per  l' inaugurazione  del  monumento 
ad  Agostino  Bertani,    avvenuta    in   Milano  il  3(T  aprile  188?.  — 
Genova,  Stab.  tip.-lit.  Pietro  Martini,  1888,  in-4  ,  pag.  27. 
Cfr.   anche   Robiati  Giuseppe.    Agostino  Bertani   [a   proposito   dell'  opera 

della  White  Mario]  nella  Letteratura,  di  Torino.  N.  18,  15  settembre  1888. 

Bertoldi  Alfonso.  Dell'ode  alla  Musa  di  Giuseppe  Parini.  —  Fi- 
renze, Sansoni,  1880,  pag.  52,~in-16. 

Bertoldi  A.  Topografia  del  Veronese  (secolo  XV).  —  In  Archioio 
Veneto,  fase.  70,  1888. 
Si  dà  conto  di  un'antica  Topografia  del  Veronese,  che  trovasi  tra  le  carte 
del  R.  Archivio  dei  Frari.  Vi  si  comprende  parte  del  Mantovano  e  do- 
veva esservi  anche  un  tratto  del  Bresciano,  ma  in  questo  lato  la  carta,  su 
pergamena,  acquarellata  a  colori,  è  guasta  Vi  sono  indicate  le  vie  Verona- 
Mantova,  Verona-Ostiglia,  Legnago-Mantova.  La  veduta  di  Mantova  non  è 
intera ,  essendo  qui  guasta  la  pergamena  ;  vi  sono  disegnati  i  due  Borghi  : 
Borgo  de  Porto,  Borgo  de  Sorio  S.  Giorgio.  Tutti  i  luoghi  notati  nella  Carta 
■sono  disegnati  prospetticamente.  II  Bertoldi  ne  dà  il  saggio  riproducendo  ii 
:ìc-siraile  della  veduta  di  Verona. 

Bertolotti  A.  Curiosità  storiche  mantovane.  —  Nel  Mendico,  di  Man- 
tova,  anno  VIII ,  1888. 


1124  BIBLIOGRAFIA. 


N.  13:  Imposizione  di  un  lutto  esagerato  (1567). 

N.  14:  La  corsa  dei  Barberi  ed  altri  divertimenti  in  Mantova  or  sono 
cento  anni  (1788). 

N.  15:  Il  castello  di  Volta  in  rovina  (1568). 

N.  16:  Il  marchese  di  Mantova  vuol  dimagrare  (1522\ 

N.  17:  Rimedio  contro  la  rabbia  (1524). 

N.  18:  Baruffa  tra  Francesi  ed  Italiani  sotto  gli  ordini  del  marchese  Fran- 
cesco Gonzaga  e  giudizio  di  questo  sui  primi  (1503). 

N.  19:  Schiavi  in  Mantova  nel  secolo  XVI  (1543). 

N.  20:    Consulti  medici  per  conto  del  marchese   di    Mantova   (1501-1510). 

N.  21:  Il  rettore  di  San  Lorenzo  di  Ost'glia,  dilapidatore  della  sua 
Chiesa  (1635). 

N.  22  :  Una  sposa  reclamante  al  marchese  di  Mantova  contro  il  marito , 
perchè  non  compie  gli  obblighi  matrimoniali  (1490).  —  La  marchesa  Isa- 
bella pranza  a  Redondesco  (1517). 

N.  23:  Guerra  di  banchi  in  una  chiesa  di  Viadana  (1617).  —  Leoncini  in 
pietra  nel  castello  di  Viadana  (1464). 

N.  24:  L'orologio  di  Goito  (1523).  —  L'orologio  di  Marmirolo  (1532). 

Bertolotti  A.  Architetti,  ingegneri,  matematici,  in  relazione  coi  Gon- 
zaga signori-  di  Mantova  nei  secoli  XV,  XVI  e  XVII.  Ricerche 
archivistiche  mantovane.  —  In  Giornale  Ligustico,  anno  XV, 
fase.  IX-XII ,  settembre-dicembre  1888  (continua). 

Bertolotti  A.    Lettres  inédites  de  Marc-Antoine  Muret  et  documents 
le  concernant.  Transcrits  aux  Archives   de  Mantoue  et  de  Rome. 
—  Limoges,  impr.   e  libr.  Limousine  V.*  H.  Ducourtieux,   1888, 
in-8  gr.,  pag.  16. 
Con  9  lettere  autografe    del    Muret ,    indirizzate  da  Roma   e  da  Tivoli  al 
duca  di    Mantova  ed   al   suo   ambasciatore  romano    (1570-1580).    Dal    duca 
aveva  avuto  commissione   di   comporre   inni  sacri ,   per   cui   rimunerato  ge- 
nerosamente. 

Bertolotti  A.  Prigioni  e  prigionieri  in  Mantova,  dal  sec.  XIII  al  XIX.  — 
In  Rivibta  delle  discipline  carcerarie,  di  Roma,  fase.  3-6,  1888. 

Bertolotti  A.  Muzio  Manfredi  e  Giuseppe  Passi ,  letterati  in  rela 
zione  col  duca  di  Mantova.  —  Nel  Buonarotti ,  di  Roma ,  qus 
derni  IV  e  V,  1888. 

Bertolotti  A.  Margherita  Farnese  e  Vincenzo  Gonzaga ,  sposi  impc 
tenti  (1582-83).  Nella  Vita  Letteraria,  di  Mantova,  anno  I,  N. 
l*'  agosto  1888. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1125 


Bertolotti  A.  Curiosità  di  Storia  medica  ,   Chirurgica ,   Farmaceutica 

e  Veterinaria    raccolta    negli  Archivi  di  Roma  e  di  Mantova.  — 

In  Monitore  dei  farmacisti  e  dei  veterinari,  di  Roma,  N.  31,  3G, 

39,  44,  45  e  50  (1888). 

Notiamo  per  Mantova:  Farmacisti  alla  corte   di    Mantova  nel  secolo  XV 

(1483).  —  Il  duca  d'Urbino  impresta  al  marchese   di    Mantova  un  libro  di 

veterinaria  (1525).  —  Anatomia  veterinaria  comparativa  (1503).  —  Un  libro 

preziosissimo  di  veterinaria  (1507).  '—  Il  farmacista  della  corte  di  Mantova 

(1510).  —  Un  medico  chinr.ico  (1691).  —  Necroscopia  di  un  cavallo,  morto 

di  malattia  strana  nel  secolo  XV  (N99\ 

Bertolotti  A  Varietà  archivistiche  e  bibliografiche  [dall'Arc/n'oto  Man- 
tocano'].  —  Nel  Bibliofilo,  di  Bologna,  anno  IX,  N.  6-7  e  10-11, 1888. 
N.  6-7  :  Iscrizioni  antiche  donate  a  Mario  Equicola  dal  marchese  di  Man- 
tova [stavano  a  piedi  della  rocca  di  Ostiglia,  1525].  —  Imprestito  di  Com- 
medie plautine  tradotte,  fatto  dalla  corte  di  Mantova  (1504).  —  Opere  del 
poeta  Postumo  dedicate  alla  march,  di  Mantova  (1513).  —  Passaporto  ad  un 
precettore  marchionale  [M.ro  Bartolomeo  Benzene  da  li  Orzinovi,  precettore 
lei  figli  di  casa  Gonzaga,  nel  1514].  —  Un  mappamondo  con  nuove  scoperte 
ai  terre  per  opera  degli  Spagnuoli  (1514).  —  Musica  stampata  [mandata  da 
Gonzaga  nel  settembre  1514  al  cantore  Marchetto  Cara  veronese,  che  fu 
lungamente  al  servizio  della  corte  di  Mantova].  —  Un  epitalamio  di  Ber- 
nardo Tasso  offerto  al  duca  di  Mantova  (1532).  —  Un  libro  di  falconeria 
(1534).  —  Un'edizione  giohtina  (1557).  —  Un  libro  su  Carlo  V  presentato 
al  duca  di  Mantova  dall'autore  [Gio.  Maria  Memmo,  patrizio  veneto,  1563J. 

—  Un  libro  di  Rettorica  ecclesiastica  (1574).  —  Raccomandazione  del  duca 
di  Mantova  per  una  cattedra  nell'  Università  di  Padova  [a  favore  di  Gio. 
Paolo  Branca,  nel  1578].  —  Un  duca  di  Mantova  compositor  musicale  [Gu- 
glielmo Gonzaga,  1583].  —  Desiderata  relazione  di  uno  scrittore  italiano  con 
altro  tedesco  per  giunte  ad  un'  opera.  [Di  Antonio  Beffa  Negrini,  autore  di 
un'  opera  sulla  famiglia  Castiglioni,  col  tedesco  Schrader,  1596]. 

N.  10-11:  Preparazione  di  un  libro  in  carta  pecorina  (1501).  —  Libri 
lesiderati  dal  marchese  di  Mantova  (1521).  —  Provvista  di  hbri  di  astro- 
ogia  in  Venezia  (1522).  —  Una  traduzione  di  Lelio  Manfredi  interrotta  (1523). 

—  Altra  lettera  autografa  di  Girolamo  Vida  (1536),  — Altra  lettera  di  Muzio 
I  Wrolamo  giustinopolitano  (1538).  —  Corrispondenza  di  Pietro  Galesini,   mi- 

inese,  col  duca  di  Mantova  (1569,  73  e  81).  —  Uno  scrittore  di  inni  pel 
luca  di  Mantova  (1569). 

Bertolotti  A,  Varietà  storico  gentilizie  [dall'Archivio  di  Stato  di  Man- 
tova]. —  In  Giornale  Araldico,  di  Pisa,  N.  2  e  5,  agosto  e  no- 
vembre 1888. 


1126  BIBLIOGRAFIA. 


Despoti  greci  spodestati  dai  Turchi  (1481  ,  1499  e  1507).  —  II  duca  di 
Baviera  manda  regali  al  gran  maestro  di  Rodi  (1494).  —  11  nobile  Ermes 
Visconti  educato  alla  corte  di  Mantova  (1499).  —  La  nobile  impresa  del 
Piombino  (1500).  —  Onorifico  attestato  a  favore  del  Connestabile  Leone 
Rozzo  da  Milano  (1519).  —  Passalacqua  della  Pieve  di  Santo  Stefano,  detto 
il  Fiorentino,  fatto  cavaliere  del  marchese  di  Mantova  (1524),  —  Un  Alba- 
nese creato  cavaliere  dal  marchese  di  Mantova  per  valore  dimostrato  sui 
campi  di  battaglia  (1525).  —  Un  Mantovano  raccomandato  per  scudiere  al 
marchese  del  Guasto  (1526).  —  La  famiglia  Fieramosca  (1510).  —  Istruzione 
all'inviato  mantovano  in  Francia  per  riavere  il  Collare  dell'Ordine  di  S.  Mi- 
chele perduto  in  guerra  dal  marchese  di  Mantova  (1519)  —  Un  Dalmata  ed 
un  Bolognese  fatti  cavalieri  dal  duca  di  Mantova  (1521). 

Blennerhasset.  Frau  von  Staél  in  Italien.  —  In  Deutsche  Rundschau, 
agosto  1888. 

Boissier  (Gaston).  Études  d'histoire  religieuse.  IV.  La  convcrsion  de 
Saint  Augustin.  —  In  Reoue  des  deux  mondcs,  I,  1888. 
Aggiungi  per  la  biografia  di  S.  Agostino  :  Mirbt  Cari.  Die  Stellung  Au- 
gustins  in  der  Publicistik  des  gregorianischen  Kirchenstreits  (Leipzig,  Hin- 
richs,  1888,  pag.  113,  in-8  gr.);  Harnack  Adolph.  Augustins  Confessionen. 
Ein  Vortrag  (Giessen,  Ricker,  1888,  pag.  31,  in-8  gr.)  e  Smith  F,  S.  Tlie 
papacy  in  the  days  of  S.t  Augustine  [in  Month ,  N.  dell'agosto  1888J. 

Boissier.  Études  d'histoire  religieuse;  5'"  article  :  l'affaire  de  l'aulcl 
de  la  Victoire.  —  la  Reoue  des  deux  mondes,  1°  luglio  1888. 
Rivalità  di  S.  Ambrogio  e  di  Simmaco  circa  la  soppressione  dell'  altare 
della  Vittoria  a  Roma  per  decreto  di  Graziano ,  fatto  noto.  11  B.  analizza 
il  discorso  di  Simmaco  a  Valentiniano  e  la  risposta  data  alcun  tempo  dopo 
da  S.  Ambrogio. 

Boito  C.  La  facciata  del  nostro  Duomo.  —  In  Aiti  delV Accademia  di 
Belle  Arti,  di  Milano,  anno  1887. 

Boito  C.  Relazione  sui  progetti  per  la  Facciata  del  Duomo  di  Milano 
agli  onorevoli  signori  amministratori  della  Fabbrica  del  Duomo 
di  Milano.  —  Milano,  Tip.  Pirola,  1888,  in-4  (pag.  5). 

Boito  C.    Le  oblazioni    per  la  Fabbrica    del    Duomo    di  Milano , 
1386  al  1402.  —  In  Nuooa  Antologia,  1°  dicembre  1888. 

Bollati  di  Saint-Pierre  F.  E.  Un  inedito  documento  sulla  battaglia 
di  Guastalla  (1734).  —  In  Atti  della  R.  Accademia  delle  Sciei 
di  Torino,  voi.  XXIII,  disp.  II  (1888). 


BOLLETTINO    DI    BIBUOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1127 


Bollettino  storico  della  Svizzera  Italiana.  Anno  X,  1888.  —  Bellin- 
zoiia,  C.  Colombi. 
N.  5-11,  maggio-novembre:  Di  Liebenau  d.'  T.  I  Sax  signori  e  conti  di 
Mesocco  [cent.]  —  Lo  stesso.  Progetto  di  una  Università  svizzera  in  Lu- 
gano —  Inimicizie  tra  Rusca  e  Muralto  (secolo  XV).  —  Rossetti  I.  I  prevosti 
di  Biasca  dal  1663  al  1883  e  una  lettera  autografa  di  Stefano  Franscini 
—  Curiosità  di  storia  italiana  del  secolo  XV  tratta  dagli  archivi  milanesi  : 
Il  primo  elefante  in  Milano.  Serpenti  e  draghi  nel  Tevere  nel  1476.  Un  pro- 
verbio romano? Un  epigramma  in  lode  di  Lodovico  il  Moro.  Nave  re- 
galata alla  duchessa  di  Savoja.  Inondazioni  di  quattrocento  anni  fa  in  Italia 
Prodezze  degli  Umiliati  di  Milano.  —  Fraschina  prof.  G.  Alcune  lettere  di  Gio- 
condo Albertolli  [cont.  e  fine].  —  I  documenti  svizzeri  del  periodo  Visconteo 
nell'Archivio  di  Stato  di  Milano  [fìnej.  —  Ancora  dell'arcivescovo  Fraschina  — 
L'  architetto  Aristotile  da  Bologna  ai  castelli  di  Bellinzona.  —  Liebenau  d.*"  T- 
Un  documento  per  l' ing.  Pietro  Morettini.  —  Dotta  S.  Ancora  del  padre 
Oldelh  — Sul  giuramento  repubblicano  nel  1798  (Lettera  inedita  del  vescovo 
Tosi;  —  Un  documento  per  la  battaglia  di  Nancy  (1477)  —  Gli  Statuti  di 
Brissago  (1289-1335)  con  aggiunte  posteriori  fino  al  1470  —  Le  tipografie  del 
Cantone  Ticino  dal  1800  al  1859.  Serie  alfabetica  delje  loro  edizioni  [cont.  da 
Parravicini  a  Restelli].  —  Varietà  :  Costruzione  dell'  organo  di  S.  Antonio 
in  Lugano  (1743);  Superstizioni  in  Valle  di  Elenio;  L'avvocato  Reina  era 
Luganese  ?....  :  Litigi  in  V.  Maggia  ;  Fra  Gerardo  da  Bellinzona  ;  Ancora 
cuochi  della  Valle  di  Blenio  a  Milano;  Una  famiglia  distrutta  dalla  peste; 
Vecchie  osterie  ;  Sonetto  per  il  quaresimalista  di  Brissago  nel  1791  ;  Frati 
di  Mendrisio  e  di  Locamo  morti  a  Milano  ;  Una  lèttera  del  signor  Lautrech  ; 
Le  reliquie  di  S.  Fulgenzio  ;  Due  gridCL  della  2*  metà  del  secolo  scorso  ; 
Bambina  Vallesana  comperata  da  Maria  di  Savoja  ;  L' introduzione  del  telc- 
g.-afo  nel  C.  Ticino  ;  Lapide  dell'  incisore  Pietro  Bettelini  ;  Tariffa  daziaria 
del  1759;  Un  Ruggia  da  Morcote  mastro  da  muro  sul  lago  d'Orta  ?....; 
Ancora  di  Altobello  Piotto  ;  Iscrizioni  commemoranti  Ticinesi  nel  contado 
di  Chiavenna.   —  Cronaca  —  Pubblicazioni  recenti. 

Bonghi  Ruggero.  Horae  subsecivae.  —  Napoli,  Morano,  1888,  ìn-lG. 

A  pag.  249-258  perchè  Ugo  Foscolo  non  finisse  le  Grazie. 

Boralevi.  I  primi  mesi  del  pontificato  di  Paolo  IV  [Medici  di  Milano]  : 
studio.  —  Livorno,  Giusti,  1888,  pag.  47,  in-8. 

Borromeo.   Thiiringer  R.  Der    selige    Bruder    Klaus    und    der    hlge. 
Karl  Borromàus.  Lebensbilder    mit   Nutzanwendung.   —    Appen- 
zell,  1887. 
—  Vedi  Algozino,  Kuns. 


1128  BIBLIOGRAFIA. 


Brade  (Daniel).  Al  Comitato  dei  giurati  per  il  secondo  concorso  per 
una  nuova  facciata  del  Duomo  di  Milano.  —  Milano,  Tip.  Pirola, 
agosto  1888,  in-4,  pag.  3. 

Brambilla  Camillo.  Tremisse  inedito  al  nome  di  Desiderio  re  dei 
Longobardi.  —  Pavia,  Tip.  fratelli  Fusi,  1888,  in-4,  fig.,  pag.  26. 

Brentano  arch.  Giuseppe.  Concorso  internazionale  di  secondo  grado 
per  la  nuova  facciata  del  Duomo  di  Milano.  Con  eliotipie.  —  Mi- 
lano, Stab.  G.  Ricordi  e  C,  1888,  in-4. 

Brescia.  —  Vedi  Bellintani,  Bretjer,  Fossati,  Gluriato,  Guida,  Nane, 
Zaccomeh. 

Breyer  Robert.  Arnold  von  Brescia.  —  la  Historisehes  Tasehenbuch 
del  Raumor,  6»°  Folge,  Jahrg.  S''  (Lipsia,  1889). 

Broglio  (de,  duca  A.).  La  politica   di  S,   Ambrogio.    Traduzione  del 
sac.  P.  Vacani.  —  Milano,  Tip.  Eusebiana,  1888,  pag.  420,  in-8. 
—  Vedi  Amhioerì,  BoLssler. 

[Buonanno  Gennaro].  Notizie  della  Biblioteca  governativa  di  Cre- 
mona per  gli  anni  1886,  1887  e  1°  semestre  1888.  —  Cremona, 
Tip.  Interessi  Cremonesi,  1888,  pag.  7,  in-8. 

Bury  John  B.  The  Lombards  and  Venetians  in  Euboia  (1340-1470). 
—  In  The  Journal  of  Hellcnic  Studies,  di  Londra.  —  Voi.  IX, 
n.  1,  aprile  1888. 

•  Cent,  e  fine  dell'  articolo  1°  inserto  nel  voi.  Vili   [Cfr.  Boll.  Blbliogr.,  1887, 
pag.  599. 

Cabrini  Giuseppe.  Cesare  Cantù  :  conferenza  —  Codogno,  Tipografia 
A.  G.  Cairo,  1888,  pag.  15,  in-16. 

Calisse  prof.  Carlo.  Diritto  ecclesiastico  e  diritto  longobardo.  — 
Roma,  Tip.  Forzani  e  C,  1888,  in-8,  pag.  137. 

Camozzi  G.  B.  Marco  Furio  Bibacolo  :  controversie  e  ricerche.  —  Ir 
Rivista  di  fdologia  e  d'istruzione  classica,  di  Torino,  XVI,  fase.  5-6, 
novembre-dicembre  1887. 
11  Bibacolo  è  noto  per  lo  scherno  d'  Orazio  (Satire,  I,  10  v.  36-37  ;  5, 

V.  39-41  [Orelli]).  È  insussistente  che  professasse  umane  lettere  nello  studi 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1129 


» 


pubblico  fiorente  in  Cremona  e  vi  avesse  a  discepolo  Virgilio.  [Rie.  stor.  ital., 
II,   1888,  p.  374]. 

Canata  p.  Atanasio,  d.  s.  p.    Opere    precedute  da   un  breve    cenno 
della  sua  vita.    [Volume  I]  :  tragedie.  —  Torino,  Tip.  Salesiana , 
editrice,  1888,  in-8,  pag.  Ivj,  405,  con  ritratto. 
Severino  Boezio,  tragedia. 

Ganetta  Pietro.  Cura  della  pellagra  nell'  ospedale  maggiore  di  Mi- 
lano [1771-1863].  —  In  Giornale  della  R.  Società  Italiana  d'igiene, 
N.  10,  1888. 

Canna  prof.  Giov.  Giovanni  Maria  Bussedi,  spigolature.  Lettera  2*. 
—  In  Rendiconti,  del  R.  Istituto  Lombardo,  voi.  XXI,  fase.  XIV, 
5  luglio  1888. 

Canna  prof  Giovanni.  Di  una  recente  critica  dell'  ode  del  Parini 
La  caduta.  —  In  Rendiconti  dell'Istituto  Lombardo,  serie  II, 
voi.  XXI,  fase.  15-16  (luglio  1888). 

Cantù  C,  Racconti  alla  buona.  —  Milano,  ditta  Giacomo  Agnelli, 
1888,  png.  369,  in-16,  con  ritratto. 

Cantù  C.  Beniamino  Franklin,  biografìa,  massime  e  consigli.  —  Siena, 
Fratellanza  tipografica,  1888,  pag.  35,  in-16. 

Cantù  C.  Diarj  di  Marin  Sanudo.  —  Iti-Archioio  Veneto,  fase.  7°  (1888). 
Riproduzione    dell'articolo    inserto    neWArch.    Stor.  Lombardo,  serie  II. 
fase.  XVII  (1888). 

[Cantù].  G.  M.  C.  Recensione    delle  Corrispondente  dei  Diplomatici 
della  Repubblica  e  del  Regno  d'Italia,  1796-1814,    del  Cantù.  — 
In  Archivio  Storico  Italiano,  dispensa  3*,  1888,  pag.  390-393. 
Con  appunti. 

[Cantù].  D.  S.    Sulla    Storia    Universale    di    C.    Cantù,   Il   voi.    Vili 
della  10^  ediz.  torinese.  —  In  Rassegna  Nadonale,  fase.  16  set- 
tembre 1888. 
—  Vedi  Cabrini,  Como. 

Carcano  Giulio.  In  memoriam.  Con  ili.  —  In  III ustrasione  Italiana, 
dei  Treves,  N.  37,  2  settembre  1888. 
Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  60 


1130  BIBLIOGRAFIA. 


[Carmagnola].  Relaziono  degli  scritti  presentati  al  concorso  del  pre- 
mio Quirini-Stampalia  per  una  «  Storia  documentata  »  del  conte 
Francesco  di  Carmagnola  [relatori  De  Leva,  Gloria  e  Morsolin]. 
—  In  Atti  del  R.  Istituto  Veneto  di  scienze  e  lettere,  tomo  VI, 
serie  VI,  disp.  VII,  pag.  1007-1014. 

Vincitore  del  concorso  riuscì  il  dott.  Antonio   Battistella ,   prof,  di    storia 
e  geografìa  nel  Liceo  Doria  di  Genova. 

Carnevali  avv.  Luigi.  L'  eredità  di  Marcello  Donati  ed  il  Monto  di 
Pietà  in  Mantova,  (Estr.  dalla  Ricista  della  Beneficenza  pubblica, 
anno  XIV,  fase,  di  maggio  1888).  —  Roma,  Stab.  tipografico 
italiano,  1888,  pag,  11,  in-8 

Carotti  Giulio,  Per  la  facciata  del  Duomo  di  Milano. —  In  Rassegna 
Nazionale,  1°  ottobre   1888. 

Carotti  Giulio.  Il  Duomo  di  Milano  e  la  sua  facciata.  Con  illustra- 
zioni.  —  Milano,  Tip,  Bortolotti  di  Giuseppe  Prato  editrice,  1888, 
in-16,  pag.  184, 

Carpi  Daniele,  Il  Risorgimento  italiano.  Biografie  storico-politiche  di 
illustri  italiani   contemporanei.    Voi,  IV,  fase.  39  e  40  (fine).    — 
Milano,  ditta  Vallardi,  1888,  in-8. 
Biografìe  di  Bava  generale  Eusebio  (pec  Mariotti  T.),  Achille  Mauri  (por 

Luigi  Breganze\  e  Benedetto  CairoU  (per  Leone  Carpi), 

Castelfranco  P.  Ripostiglio  della  Cascina  Ranza ,  fuori  di  Porta  Ti- 
cinese (Milano).  Con  tav.  —  In  Bullettino  di  Paletnologia  ita- 
liana, anno  XI,  N.  9  e  10  (1888;^ 

A  pag.  194    del    medesimo  fascicolo:    Tombe  del  tipo  di  Golasecca,   nei 

Novarese. 

Castelfranco.  Les  villages  lacustres    et    palustres   et   les   terremares 
(cont).  —  In  Recue  d'  anthropologie,  di  Parigi,  N.  5,  1887. 
A  pag.  567  e  seguenti ,  per  le  palafitte  del  lago  di  Varese. 

Castelfranco  prof.  Pompeo.  Nuove  scoperte   di    antichità  in  Milan( 
Note,  —  In  Notizie  degli  seam,  maggio  1888,  pag.  269-70. 

Cavriani  mons.  Corradino.  Vita  della  b.  Osanna  Andreasi  di  Man- 
tova ,  del  terz'  ordine  domenicano  ,  aggiuntovi  alcuni  scritti  della 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1131 


beata  stessa.  —  Monza ,  Tip.  dei  Paolini    di    Luigi  Annoni  e  C, 
1888,  in-16,  pag.  224. 
Collana  di  vite  di  santi,  anno  XXXVIII,  disp.  226  (4*  del  1888). 

Ceretti  don  Felice.  Un  torneo  ed  altri  spettacoli  spagnuoli  del  se- 
colo XVI,  descritti  da  Pandolfo  de'  Pico  della  Mirandola  in  una 
sua  lettera  inedita  ad  Isabella  d' Este  Gonzaga  Marchesana  di 
Mantova.  —  Mirandola,  Tip.  Cagarelli,  1888,  in-8.  —  Nozze 
Ghirelli-Tosatti. 

Estr.  dall'  Indicatore  Mirandolese,  N.  10,  ottobre  1888.  —  Anche  ripro- 
dotto nel  Giornale  Araldico,  di  Pisa,  N.  5,  novembre  1888. 

Cermenati  Mario.  La  Valtellina  ed  i  naturalisti  :  memoria  bibliogra- 
fica. Fase.  Ili  (Capitolo  III  :  botanica).  —  Sondrio,  Stab.  tip.  Emilio. 
Quadrio,  1888,  in-8,  pag.  113-160. 

Cerquetti  A.  Saggio  degli  errori  di  lezione  dei  «  Promessi  Sposi  » 
nelle  ristampe  dei  Successori  Le  Monnier  e  di  Edoardo  Sonzogno. 
—  Osimo,  Rossi,  1888,  in-8,  pag.  18. 

Cesa-Bianchi  ing.  P.  Alcune  considerazioni  unite  ai  progetti  pre- 
sentati al  concorso  di  secondo  grado  per  la  nuova  facciata  del 
Duomo  di  Milano.  —  Milano,  Tip.  Luigi  di  Giacomo  Pirola,  1888, 
in-4,  pag.  18. 

Cesa-Bianchi  ing.  P.  Tipi  e  studi  di  monumenti  ad  illustrazione 
della  relazione  unita  ai  progetti  presentati  al  concorso  di  secondo 
grado  per  la  nuova  facciata  del  Duomo  di  Milano.  —  Milano. 
Tip.-lit.  degli  Ingegneri,  1888,  in-4,  con  cinque  tavole. 

Chilesotti  dott.  O.  Francesco  Corbetta  [suonatore  di  chitarra.  Pavese, 
nato  nel  1630].  —  In  Ga^.^etta  Musicale,  del  Ricordi,  N.  43, 
21  ottobre  1888. 

Chinazzi.  Il  mendacio  nella  storia  (appendice  :  Foscolo  e  Monti).  — 
In  Giornale  della  Società  di  letture,  di  Genova,  fase.  7-8,  1888. 

^     Chirtani  L.  Scritti  d'  arte  sul  Duomo  di  Milano  [di  Beltrami ,  Bren- 
tano e  Garetti].  —  In  Illustrazione  Italiana,  N.  42,  7  ottobre  1888, 

Del  med.  A.  gli  articoli  «  Sul  secondo  concorso  mondiale  per  la  facciata  del 
Duomo  di  Milano.  Esposizione  dei  progetti  »,  in  Corriere  della  Sera,  N.  260 


1132  BIBLIOGRAFIA. 


263  e  27J,  1888.  —  Aggiungi  l'articolo  di  Carlo  Arner  «La  facciata  del 
Duomo  di  Milano  »  in  Conversazioni  della  Domenica,  N.  42,  1888.  Omet- 
tonsi  i  molti  cenni  dei  diversi  giornali  quotidiani  di  Milano  e  fuori. 

Chroust  d/  A.  Untersuchungen  ùber    die    Langobardischen  Kònigs- 
und  Herzogs-Urkunden.  —  Graz,  Universitàts  Buchdruckerei,  1888, 
in-8,  pag.  VI-212. 
A  proposito  di  studi  di  storia    Longobarda ,    notiamo    che   nella    raccolta 
dei  Geschichtsschreiber  der  deutschen   Vorzeit  è  comparsa  la   seconda  edi- 
zione completa  di  Paolo  Diacono,  versione  tedesca  di  R.  Jacobi. 

Cipolla  Carlo.  Intorno  al  panegirico  di  Ennodio  per  re  Teodorico.  — 
Padova,  Tip.  G.  B.  Randi,  1888,  pag.  18,  in-8. 
Estr.  del  voi.  IV,  dispensa  2*  degli  Atti  e  Memorie  della  R.  Accademia  di 
scienze  e  lettere  di  Padova. 

Claretta  G.  Illustrazione  di  sigilli  inediti   dei    secoli  XV    e    XVI.  — 1 
In  Atti  della  R.  Accademia  delle  scienze    di    Torino,  voi.  XXlII^j 
dispensa  6%  1888. 
Cfr.  il  §  IV:  Il  sigillo  di  Lodovico  Tana  gran  Priore  dì  Lombardia  (1580). 

Cocchia  E.  La  tomba  di  Virgilio.  Contributo  alla  topografia  dell'  an- 
tica città  di  Napoli.  —  In  Archioio  Storico  Napoletano,  anno  XIII, 
fase.  Ili,  1888. 

Colini  Baldeschi  L.  Liudprando  ,  vescovo  di  Cremona.  —  Giarre  , 
Castorina,  1888,  in-8,  pag.  73. 

Como  e  il  .suo    lago.    Delle    «  Cento  Città    d'Italia»,    supplemento 
mensile  illustrato  del  Secolo,  dispensa  2P,  serie  li.    —    Milano  , 
E.  Sonzogno,  25  settembre  1888,  in-fol.  ili.,  pag,  8. 
Con  articoli  di  C.  Cantù. 

[Como].  Prato  S.  Un  conte  populaire  de  Còme  et  un  conte  ture.  — . 
—  In  Reoue  des  tradìtions  populaires,  N.  11,  25  novembre  1887. 

[Como].  Scavi  a  Centemero,  Comune  di  Costa  Masnaga,  Provincia  dij 
Como.  —  In  Notizie  degli  scaoi,  di  Roma,  marzo  1888,  pag.  173.| 
Nota  riportata  in  questo  Archioio  (fase.  Ili,  1888,  pag.  890). 

[Como].  Cataloghi  delle  Biblioteche  provinciali  e  comunali  :  Biblioteca 
comunale  di  Como.  —  In  Bollettino  delle  Pubblicasioni  italiane^ 
di  Firenze,  N.  71,  15  dicembre  1888. 


I 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1133 

Como  c  Valtellina.  Vedi  Alberti,  Arte  e  Storia,  Barbiera,  Barelli, 
Bernasconi,  Castelfranco,  Cermenati,  Coolidge ,  Dùhi,  Fagniez  , 
Filippi ,  Frankcn ,  Guida  ,  Heicrli ,  Liebenau  ,  Matjer ,  Motta  , 
Ochino,  Pasolini,  Poggi,  Pauli,  Piazzi,  Richard,  Boti,    Valaer. 

Conti  A.  L' esercito,  da  Custoza  e  San  Martino  a  Legnano.  —  In 
Rassegna  Nazionale,  di  Firenze,  1**  agosto  1888. 

Coolidge  W.  A.  B.  (reverend).  Articolo  «  Valtellina  » ,  nell'  ultimo 
volume  della  Enctjclopaedia  Britannica,  9*  edizione,  1888. 

Corno  (Del)   mons.   Giuseppe.    Tcobaldo    Maria    Visconti  :    racconto 
biografico-storico  del  secolo  XVII.   —  Milano ,    Tip.    Eusebiana , 
1888,  in-16,  pag.  163,  con  ritratto. 
Piccole  letture  francescane,  1"  e  2°  semestre  1888. 

Correnti  Cesare.  Note  storico -biografi  che  di  Leonardo  Carpi.  Estratto 
dall'  opera  11  risorgimento  Ualiano,  di  Leone  Carpi,  voi.  IV.  — 
Milano,  Ditta  editrice  dott.  Francesco  Vallardi ,  1888,  pag.  53, 
in-8,  con  ritratto. 

Correnti  Cesare.  Cenni  biografici    di   L.    S.    —    Milano,    Tip.    della 
Perseverando.,  1888,  in-8,  pag.  31. 
Estr.  dalla  Perseveranza  del  10  ottobre  1888. 

Correnti  Cesare.  —  In  Nuoca  Antologia,  fase,  del  16  ottobre  1888. 

Correnti  Cesare  a  Pavia  per  V.  C.  Estr.  dal  Patriotta  del  12  ot- 
tobre 1888.  —  Pavia,  Stab.  Marcili,  1888,  pag.  8,  in-8. 

Correnti  Cesare.  Cesare  Correnti  poeta.  —  In  Coneersazioni  della 
Domenica,  N.  42,  1888. 

[Correnti].  Cenni  biografici  di  Cesare  Correnti.  —  Roma,  Stabilimento 
tip.  Edoardo  Perino,  1888,  in-8,  pag.  16. 

[Corrènti].  Pesci  Ugo.  Cesare  Correnti.  Con  ritratto.  —  Barbiera 
Raffaello.  Cesare  Correnti  scrittore.  —  In  Illustrazione  Italiana, 
dei  Treves,  N.  43,  1888. 

Costa  Emilio.  Antologia  della  lirica  latina  in  Italia  nei  secoli  XV  e 
XVI.  —  Città  di  Castello,  S.  Lapi,  1888,  in-16. 


1134  BIBLIOGRAFIA. 


Saggi  di  Baldassare  Castiglioni  [pag.  80-84]  ;  di  Giovanni  Cotta  [pag.  98-103]  ; 
di  Benedetto  Lampridio,  cremonese  [pag.  107-109];  di  Girolamo  Vida  [pag.  133" 
143];  di  Andrea  Alciato  [pag.  144-146];  di  Elio  Giulio  Grotti,  cremonese 
[pag.  163-169];  di  Basilio  Zanchi,  bergamasco  [pag.  174-176]  ;  di  Ippolito 
Capilupi,  mantovano  [pag.  180-181]  e  di  Gio.  Matteo  Toscani,  nato  in  Milano 
[pag.  189-191]. 

Costa  Torquato.  Studi  sugli  oggetti  giudicati  gallici,  rinvenuti  in  al- 
cune tombe  antiche  dell'Alta  Italia.  —  Bologna,  Tip.  Fava  e  Ga- 
ragnani ,  1888,  in-8  ,  pag.  24,  con  3  tavole. 

Crema.  Vedi  Barbieri  e  Bcnoenuti-Sforza. 

[Cremona].  Prince  Lucien  Bonapartc ,  Sacchi  and  Gonino.  «.  Babio- 
Babia  »  in  North  Italy.  —  Is  «  Zaba-Frog  »  a  Dialectal  Italiau 
Word  ?  —  «  Zaba-Frog  »  in  the  Dialect  of  Cremona.  —  «  Zaba  » 
in  the  Dialect  of  Cremona.  —  «  Babio-Babio  »  in  North  Italy.  — 
«  Zaba  ì»  and  «  Satt  »  in  the  Dialect  of  Cremona.  —  In  The  Aca- 
demtj,  di  Londra,  N.  852-858  (1888). 

Cremona.  Vedi  Berenù ,  Buonanno,  Colini,  Platina,  Stiassny. 

CroUalanza  G.  B,  (di).  Dizionario  storico-blasonico  delle  famiglie 
nobili  e  notabili  italiane.  Volume  II  [L.-S.]  —  Pisa,  presso  la 
direzione  del  Giornale  Araldico,  1888,  in-8  gr.  a  2  col.,  pag.  570. 

D'Ancona  A.  e  Medin  A.    Rime  storiche   del    secolo  XV    (Estratto 

dal  Ballettino  delV  Istituto  storico  italiano,    N.   6).    Rom.a ,    For- 

zani  e  C,  1888,  in-8,  pag.  23. 

È  la  tavola  del  Codice  Marciano,  it.  ci.  IX,  36,  che  contiene  la  raccolta 

di   rime  politiche   della  fine   del  sec.  XV  compilata   da   Marin   Sanudo.  Di 

questo  Codice,  già  fatto  conoscere  dal    Fulin  [Marin  Sanudo  e  la  spedizione 

di  Carlo  Vili  in  Italia]   e  dal  Rossi   [Poesie  storiche,  1887],   verrà  data  la 

riproduzione  nei  volumi  deW Istituto  storico.  Inutile  avvertirne  l'import.anza 

per  i  tempi  di  L.  il  Moro. 

De  Gubernatis  (A).  Dictionnaire  International  des  écrivains  du  joi 
3-5  livraisons.  —  Florence  ,  Louis  Niccolai  ódit.,  1888. 
Notiamo  le  biografie  di  :  Beduschi  Giovanni,  prof.,  mantovano  —  Beltrami 
Eugenio,  matematico,  cremonese  —  Beltrami  Luca,  architetto,  milanese  — 
Bernasconi  sac.  Baldassare,  di  Torno  —  Berri  Giovanni,  giornalista,  mila- 
nese —  Bertanza  Giovanni,  di  Limone  (E.  di  Garda)  —  Bertelli  Giusepi 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA   STORICA    LOMBARDA.  1135 


scrittore  militare,  di  Brescia  —  Bertolini  Francesco,  storico,  di  Mantova  — 
Bertolotti  Antonino  —  Bettonàgli  Francesco,  gesuita,  di  Bergamo  —  Bet- 
toni-Cazzago  conte  F.  di  Brescia  —  Biaggi  Gerolamo,  critico  musicale,  di 
Calcio  (Bergamo)  —  Bignami  ing.  Enea,  milanese  —  Bignami-Sormani 
ing.  Emilio,  idem  —  Blraghi  Emilio,  pubblicista,  di  Merate  —  Bittanti  Luigi, 
fisico ,  cremonese  —  Bizzoni  Achille ,  pubblicista ,  di  Pavia  —  Bizzozero 
Giulio,  medico,  di  V^arese  —  Bodio  Luigi,  di  Milano  —  Boito  Arrigo  e  Ca- 
millo —  Bonatelli  Francesco,  filosofo,  d' Iseo  —  Bonavino  (Ausonio  Franchi) 

—  Bonfadini  Romualdo  —  Bonola  Federico,  pubblicista  lombardo  —  Bono- 
melli,  vescovo  di  Cremona,  bresciano  —  Bortolotti  Ghedini  Fanny  —  Bosia 
sac.  Giuseppe,  milanese  —  Bottini  Enrico,  medico,  di  Stradella  —  Bram- 
billa Giuseppe,  letterato,  di  Como  —  Brigola  Alfredo  —  Brioschi  senatore 
Francesco  —  Broglio  umilio  —  Brugnatelli  Tullio,  chimico,  pavese  —  Brusa 
Emilio,  giureconsulto,  comasco  —  Buccellati  abate  Antonio,  idem,  di  Mi- 
lano —  Buratti  Carlo,  scrittore,  di  Vimercate  —  Busnelli  Bernardo,  idem, 
di  Milano. 

Caffi  Michele  —  Cairo  Gaetano ,  tipografo ,  di  Codogno  —  Cajmi  Carlo  , 
letterato,  milanese  — -  Calvi  Felice  —  Cameroni  Felice,  critico,  di  Milano  — 
Camperio  Manfredo  —  Cantoni  Carlo  e  Giovanni  —  Cantù  Cesare  —  Capo- 
rali Enrico,  filosofo,  di  Como  —  Cappelli  Giuseppe,  letterato,  di  Pavia  — 
Casorati  Felice,  matematico,  idem  —  Casoretti  Claudia,  scrittrice  lombarda 

—  Castellazzo  Luigi,  di  Pavia  —  Castelli  Dionigi,  giureconsulto,  di  Cremona 

—  Castelnuovo  e  Castel  vecchio  (Leopoldo  e  Giulio  Pullé)  —  Castoldi  Ezio, 
medico,  di  Milano  —  Cattaneo  Cesare,  giureconsulto,  idem  — ■  Cattaneo  Gia- 
como, medico,  di  Pavia  —  Cavallotti  Felice  —  Celoria  prof.  Giovanni. 

Del  Cerro.  Il  Pctrarchino  del  Foscolo.  —  In  Gazzetta  Letteraria,  di 
Torino  ,  N.  34  ,  25  agosto  1888. 

De  Waal.  Kleinere  Mittheilungen.  2.  Longobardische  Gold  und  Sil- 
berarbeiten.  —  In  Roniische  Quarfalschrift  fùr  christliche  Al- 
terthamskundc  ,  I,  2-3,  1888. 

Documents  historiques  relatifs  à  la  Principauté  de  Monaco  depuis  le 
quinzièrae  siècle  recueillis   et  publiés   par  ordre  de  S.  A.  S.  Le 
Prince  Charles  III  par  Gustave  Saige.  Tome  I  (1413-1496),  —  Mo- 
naco, impr.  du  Gouvernement ,  1888,  in-4,  pag.  CCLXXIX-714. 
Più  di  150  documenti  dell'Archivio  di  Stato  milanese  e  riflettenti  le  rela- 
zioni degli  Sforza  coi  Grimaldi.  Cfr.  in   proposito   l'articolo   Monaco    di  Ri- 
eiera   e   i   duchi   di   Milano ,  inserito  nel  precedente  fascicolo  di   questo 
'Archivio. 


1136  BIBLIOGRAFIA. 


Doggenfeld  (von).  Betrachtungen  ùbcr  den  Feldzug  von  1859  in 
Italicn.  XIII-XV.  —  In  Neue  Militarische  Blàtter,  luglio,  agosto 
e  ottobre  1888. 

Dùbi  d/  H.  Lug,  Lugano,  Locamo,  Luzern  u,  s.  w.  Ein  Beitrag  zur 
Deutung  der  schweizerischen  Ortsnamen,  —  In  Anzeiger  fiir 
Schweiserische  Geschischte,  di  Berna,  N.  4,  1888, 

Duomo  di  Milano,  Vedi  Arte  e  Storia,  Boltrami,  Botto,  Brentano, 
Brade,  Carotti,  Cosa-Bianchi,  Chirtani  ^  Gatti,  Kohtc ,  Metani, 
Nardini. 

Elenco  dei  benefattori  degli  ospedali  Fatebenefratelli  in  Milano.  — 
Milano,  Tip.  A.  Lombardi,  1888,  pag,  135,  in-8. 

Fagniez  G.  Le  pére  Joseph  et  Richelieu.  La  préparation  de  la  rup- 
ture  ouverte  avec  la  maison  d'Autriclie  (1632-1635).  —  In  Reoue 
historiguo,  settembre-ottobre  1888. 

Cfr.  il  cap.  C.  Le  projet  de  ligue  italienne  et  le  tratte  de  RieoU  per  le 
notizie  di  Valtellina  e  di  Mantova.  In  Italia  il  P.  Giuseppe  riusci  ad  una 
alleanza  offensiva  della  Savoja  contro  la  casa  d'Austria  con  promessa  della 
cessione  del  Milanese, 

[Filelfo]    Un  nemico    del    Filelfo.  —   Nel  giornale  Zibaldone  ,  di  Fi- 
renze ,  N,  6,  1888. 
Lettera  scritta  da  Camilla  Mattei  al  duca  d'Urbino  in  odio  al  Filelfo. 

Filippi  Giovanni.  Documenti  intorno  alla  guerra  di  Valtellina.  —  In 
Ricista  storica  italiana,  fase.  Ili,   1888,  pag.  656-59. 
Tavola  di  31  documenti  valtellinesi  del  secolo  XVII,  non  cosi  importanti, 
come  li  vuole  l'editore,  e  contenuti  in  un  Codice  di  proprietà  dei  librai  Bocca, 
ora  vendibile  presso  i  medesimi. 

Fiorentini    Lucio.    Monografia  della  provincia   di  Bergamo.  —  Ber* 
gamo,  fratelli  Bolis,  1888,  in-4,  pag.  XLIII-288-209. 
Cfr.  il  cap.  VIII  ed  ultimo  Scaci  d' antichità  e  belle  arti. 

Foà  Elena.  Manzoni  e  Leopardi.  —  In  Letture  per  le  giocinetie , 
Firenze ,  voi.  XI ,  fase.  1-2. 

Foà  Elena.  Giovanni  Berchet.  —  In  Letture  per  le  giovinette,  fase.  Vi 
voi.  XI,  15  novembre  1888. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1137 


Forcella  Vincenzo.  Iscrizioni  delle  chiese  e  degli  altri  edifici  di  Mi- 
lano dal  secolo  Vili  ai  giorni  nostri,  raccolte  da  V.  Forcella  per 
cura  della  Società  storica  lombarda.  Volume  I.  —  Milano,  Tip. 
Bortolotli ,  1889  ,  in-8  gr,  pag,  XIX-515. 

Foscolo  Ugo.  Dei  Sepolcri.  Carme  con  discorso  e  commento  di  Fran- 
cesco Trevisan.  3^  edizione  ritoccata  ed  accresciuta.  —  Verona , 
•    D.  Tedeschi,  1889,  pag.  VIII-193  ,  in-16. 

^Foscolo].  Antona  Traversi  C.  Due  lettere  inedite  di  U.  Foscolo  (Lon- 
dra, 1827).  —  In  Fanfulla  della  Domenica,  N.  33,  1888. 

Foscolo.  Vedi  Bonghi,  China^^i,  Grimassi,  Lusignoli ,  Mani»,  Peri, 
Pintacuda ,  To^^i ,  Winckels ,  Zernitz. 

Fossati  Claudio.  Notizie  intorno  a  Francesco  Calsene  di  Salò  e  alla 
sua  famiglia ,  con  note  e  documenti.  —  Brescia ,  Stab.  tip.  La 
Sentinella,  1888,  pag.  73,  in-4. 

Fournier  prof,  d/  August.    Eine  aratliche  Handiungsreise   nach  Ita- 

-lien  im  Jahre  1754.  Ein  neuer  Beitrag  zur  Geschichte  der  oester- 

reichischen  Commercialpolitik.   (Aus    dem    Archiv  filr   oesterrei- 

chische  Geschichte,  Band  LXXIII,  I  Hàlfte).  —  Wien,  F.  Tempsky, 

1888,  pag.  52,  in-8. 

Con    interessanti    e   curiosi    dettagli   sulle   industrie   manifatturiere    e   sul 

commercio  della  Lombardia  austriaca.  A  pag.  30  per  Pavia,  a  pag.  31  per 

Milano,  a  pag.  32  per  Cremona,  a  pag.  33  per  Mantova. 

Franken.  Die  Ràto-Romanen  der  schweizer  Alpen.  —  In  Neuphilolo- 
gisches  Centralhlatt ,  2  Jahrg.  N.  7  (1888). 

Frìzzoni  G.  Deux  tableaux    de    la  jeunesse  du  Corrège  à  Milan.  — 
In  La  Chronique  des  arts ,  di  Parigi,  N.  10,  1888. 
L'uno  nel  Museo  municipale,  l'altro  nella  casa  Crespi. 

Frizzoni  G.  Neuer  Zuwachs  zur  Breragallerie  und  zum  Museo  Poldi- 
Pezzoli  in  Mailand.  —  In  Kunstchronik ,  N.  2,  18  ottobre  1888. 

Gabotto  Ferdinando.  Una  relazione  sconosciuta  di  Angelo  Poliziano 
colla  Corte  di  Milano.  —  In  La  Letteratura ,  di  Torino ,  N.  23 , 
1°  dicembre  1888. 


1138  BIBLIOGRAFIA. 


Gabotto    F.    Francesismo  ed  Antifrancesismo   in  due  poeti    del    400. 

(Panfilo  Sassi  e  Giorgio  Alione).  —  In  Rassegna  Emiliana,  N.  v", 

settembre  1888. 
Aggiungi  per  la  biografia   dell'Alione   e   di    Bassano   da  Mantova    1'  altro 
scritto    del    Gabotto    in    unione    a    D.  Barella:  La  poesia    macaronica    e    la 
storia  in  Piemonte  sulla  fine  del  secolo  XV  (Torino,  La  Letteratura,  1888, 
pag.  88,  in-16). 

Garibaldi.  Memorias  autobiogràficas  ,  traducidas  par  Odón  de  Buen , 
Tomo  I.  —  Madrid ,  M.  Romero ,  in-8  ,  pag.  284. 

Gatti  Angelo.  Per  la  facciata  del  Duomo  di  Milano.  —  Bologna, 
Tip.  L.  Andreoli,  1888,  in-8,  pag.  19. 

Gay  Romildo.  Casa  nostra.  Saggio  di  geografia  locale.  (Milano  città, 
comune,  circondario,  provincia,  Lombardia).  —  Milano,  Tip.  Pi- 
rola,  1888,  pag.  104,  in-8,  con  6  tav. 

Gebhardt  Em.  Un  lettre  italien  à  la  Cour  d'Espagne  :  Pierre  Martyr 
d'Anghera.  —  In  Reoue  polctique  et  liiièrairc,  4  agosto  1888. 

Gebhardt  O.  (von).  Ein  Biicherfund  in  Bobbio.  —  In  Centralblattjur 
Bibliothekwesen ,    di  Lipsia,    N.  8  e   9-10,   agosto-ottobre  1888, 
pag.  343-362  e  383-431. 
Scoperta  del  1494  per  opera  di  Giorgio  Meruia.  Importante  pubblicazione. 

Geiger    Ludwig.    Eine  lateinische  Rede  uber   die    Schlacht  bei  Pa- 
via 1525.  —  In  Zeitschrift  fur  vergleichende  Litteraturgeschichte 
und  Renaissance,  N.  Folge  ,  voi.  I,  fase.  5-6  (Berlino,  1888). 
Notizie  sul  ms.  della  Biblioteca  nazionale  di  Parigi:  Francisci  Testae  in 

Victoriam  Dici  Caroli  Quinti  Caes.  Aug.  apud  Ticinum  patam  Oratio. 

Gentilucci  Gaspare.  Breve  storia  delle  principali  città  dell'  Italia 
settentrionale  e  centrale.  —  Camerino ,  Tip.  di  Egidio  Marchi , 
1888,  pag.  34,  in-8. 

Gianandrea  A.  Della  signorìa  di  Francesco  Sforza  nella  Marca ,  se- 
condo le  memorie  e  i  documenti  dell'Archivio  Fabrianese.  —  In 
Archioio  storico  italiano,  dispense  4^^  e  5*,  1888  (contìnua). 

Gianetti  Alessandro.  Il  castello  di  Monguzzo ,  ricerche  storiche. 
Milano,  Frat.  Dumolard  ,  1888,  pag.  158,  in-8. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  11317 


Giornale  di  erudizione.  Corrispondenza  letteraria,  artistica  e  scien- 
tifica, raccolta  da  Filippo  Orlando,  voi.  I,  N.  11-14.  —  Firenze, 
ottolire-novembrc  1888. 
Un'accusa  allo  Spallanzani.  [Domanda:  Che  c'è  di  vero  sull'accusa  data 
a  questo  celebre  naturalista,    di   avere  rubato  parecchi  oggetti  preziosi  dal 
Museo  di  Storia  naturale  in  Pavia,  per  arricchirne  il  proprio?    Risposta  del 
i  rof.  Corradi  nel  N.  13-1 4.J  —  Un  traduttore  di  Byron.  [Notizie  intomo  a 
Giuseppe  Niccolini,  bresciano,  1789-1855].  —  Tessier.  Lodovico  Domenichi 
e  la  sua  traduzione  di  Plinio. 

Giudizi    della    stampa  suU'  opera  :    Girolamo  Morone  e  i  suoi  tempi . 

Studio  storico  del  dott.  Carlo  Gioda,   R.  Provveditore   agli  studi 

per  la  provincia  di  Torino.  —  Torino,  Ditta  G.  B.  Paravia  e  C, 

1888,  pag.  39,  in-16. 

Intendansi    i   giudizi    laudatori ,  poiché  quello    dato    dal   nostro  Archioio 

(1888,  pag,  148)  non  vi  è  riportato. 

Giulietti   C    L'investitura  feudale  di  Casteggio  (15  settembre  1466). 
Estr.  dal  numero  unico  del  giornale  11  Pistornilc  (Casteggio,  16  set- 
tembre 1888).  —  Casteggio,  Tip.  Perca,  pag.  2,  in-fol. 
Del  med.  A.:  Chiesa  e  Confraternita  di  S.  Sebastiano  in  Casteggio.  Notizie 

storiche.  (Casteggio,  Tip.  L.  Perca,  1887,  pag.  64,  in-16). 

Giulietti  C.  Voghera  oltre  100  anni  fa.  —  Voghera  Tip.  Successori 
G.  Gatti,  1888,  in-12,  pag.   115. 

Giuriate  G.  Memorie  venete  nei  moriamenti  di  Roma.  —  In  Archivio 
veneto ,  fase.  70  (1888). 
A  pag.  324-326  il  G.  riferisce  due  iscrizioni  sepolcrali,  l' una  per  il  canonico 
Ceragioli,  bergamasco  (159t)  e  l'altra  per  Girolamo  Muziano,  bresciano  (1592), 
ritenuto  quale  fondatore  dell'Accademia  di  S.  Luca  in  Roma. 

Crebbi  prof.  Ulisse.  L' economia    politica   negli    scrittori    italiani    del 
secolo  XVI-XVII.  (Opera  premiata    al    concorso    Cossa).  —  Mi- 
lano, U.  Hoepli,  1880,  in-8,  pag.  390. 
A  pag.  257-269  rassegna  degli  scritti  di  G.  A.  Zerbi,  Alessandro  da  Rho, 

Ferrari  Cantoni,  Dugnani  intorno  al  Banco  di  S.  Ambrogio  in  Milano. 

Golfo  Sigismondo.  Una  cena  a  Mantova  nel  secolo  XV  :  lettera  «i 
Benedetto  Capilupi,  [pubblicata  da  Attilio  Porfiolt].  —  Mantova  , 
Stab.  tip.  Eredi  Segna,  1888,  in-8,  pag.  20. 


1140  BIBLIOGRAFIA. 


Gonzaga.  Numero  straordinario  della  Flora  del  Mincio.  Dedicato  alla 
memoria  della  marchesa  Isabella  d' Este  Gonzaga.    —    Mantova , 
Stab.  Segna,  novembre  1888,  pag.  16,  in-fol.  gr. 
LomelUni  Riccardo.  Isabella  Gonzaga.    —    PortioU  Attilio.    L' iscrizione 

di  Bartolomeo  Gavazzi.  —  Simonattl   Spinelli   Elvira.  Le   donne  celebri  di 

casa  Gonzaga.  —   Teresina.  Superstizioni  mantovane. 

[Gonzaga].  Famille  de  Gonzague.  —  In  Internxèdiairc  des  chercheurs 
et  des  eurieux,  di  Parigi,  N.  del  10  agosto  1888. 

Govi  prof.  Gilberto.  Come  veramente  si  chiamasse  il  Vespucci,  e  se 
dal  nome  di  lui  sia  venuto  quello  del  Nuovo  mondo.  Nota.  —  In 
Atti  dei  Lincei,  voi.  IV,  fase.  10,  18  novembre  1888. 

A  togliere  ogni  incertezza  e  a  restituire  al  celebre  navigatore  il  vero  suo 
nome  (Amerigo)  il  G,  pubblica  una  lettera  del  Vespucci  scritta  in  Siviglia 
il  30  dicembre  1492  a  Corradolo  Stanga,  commissario  del  duca  Sforza  in 
Genova,  conservata  nell'Archivio  Gonzaga  di  Mantova. 

Grabinski  (Joseph).  M.  Depretis, —  In  La  Reoue   generale,  di  Bru- 
xelles, maggio-luglio  1888. 
Aggiungi:  Speyer.  Agostino  Depretis,  in   Un$ere  Zeit,  H.  10  (1888). 

Gràf  dott.  Fritz.  La  fondazione  di  Alessandria  in  relazione  colla  storia 
della  lega  lombarda,  tradotta  dal  tedesco  dal  prof.  G.  A.  Bolishauser. 
—  Alessandria,  Tip.  lit.  Chiari,  Romano  e  Filippa,  1888,  in-8, 
pag.  132. 

Cfr.  inoltre  :  Osservazioni  critiche  sopra  alcune  recenti  pubblicazioni  in- 
torno alla  storia  di  Alessandria.  —  Alessandria,  Tip.  Sociale,  diretta  da 
G.  Panizza,  1888,  in-8,  pag.  37. 

—  Vedi  Jachino. 

Grimassi  dott.  G.  Del  pessimismo  nell'  «  Ortis  ».  —  E  ancora  del 
pessimismo  nell'  «  Ortis  ».  —  In  Emporio  Pittoresco,  di  Milano, 
N.  1245  e  seg.  e  N.  1259  e  prec,  1888. 

Guardione  F.  Storia  della  letteratura  italiana  dal  1750  al  1850:  libri 
due.  —  Palermo,  Tip.  edit.  Tempo,  1888,  pag.  XV-472,  in-16, 
Cfr.  Libro  1°  §  3  :  Il  Parini  e  la  satira;  Hbro  IT  §  1-9:  Il  regno  italico, 
V.  Monti,  U.  Foscolo,  Poeti  minori,  P.  Giordani,  Il  1815,  Le  questioni  sulla 
lingua ,  Le  due  scuole ,  Alessandro  Manzoni  e  gli  scrittori  del  romanze 
storico. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1141 

Guasti  Antonio.  Alcuni  brevi  di  Clemente  VII  sulle  ferite  e  la  morte 
di  Giovanni  de'  Medici  estratti  dagli  Archivi  segreti  del  Vaticano. 
—  In  Archteio  storico  Italiano,  disp.  4"  del  1888. 
Giovanni  delle  Bande  Nere  moriva  sulla   fine    del    1526  a  Mantova.  Il  C. 
riporta  dei  brevi  di  Clemente  VII,  taluno  diretto  al  chirurgo  ebreo  iliramo, 
mantovano,  alle  cui  cure  il  Medici  era  stato  affidato  in  Parma  dopo  la  fe- 
rita ricevuta  da  una  palla  d'archibugio  in  uno  stinco,  4  giorni  prima  della 
battaglia  di  Pavia. 

Guida  alpina  della  Provincia  di  Brescia  compilata  per  cura  della 
sezione  del  Club  Alpino  Italiano.  2*  edizione  riveduta  ed  aumen- 
tata. —  Brescia,  Libr.  Malaguzzi,  1888. 

Guida  storico-descrittiva  e  itineraria  dell'Ossola  e  sue  adiacenze  (Valli 
d' Intra,  Val  Cannobina  e  Valle  Maggia)  compilata  per  incarico 
della  sezione  di  Domodossola  del  Club  Alpino  Italiano  dai  soci 
Basetta,  cap.  G.  G.  e  prof.  E.  Brusoni.  Corredata  da  una  cartina 
topografica.  —  Domodossola,  1888,  per  cura  degli  autori.  (Arona, 
Tip.  Brusa  e  Macchi),  in- 16,  pag.  LXVII-240. 

Heierli  J.  Zwei  Gràberfelder  im  Kanton  Tessin.  —  In  An^ciger  fOr 
sehiceÌ2erischc  Alterthumskunde,  N.  3,  luglio  1888. 

Hermann.  Maria  Theresa  als  Gesetzgeberin.  —  Wien,  Hoelder,  1888, 

lachino  dott.  Giovanni.  II  libro  della  Croce,  Studi  ed  analisi ,  con 
Appendice  intorno  ad  alcune  leggende  Alessandrine.  —  Ales- 
sandria, Tip.  Jacquemod,  1888,  in-8,  pag.  146. 

Per  la  spiegazione  della  leggenda  alessandrina  La  Regina  Pedoca,  storia 
di  un  assedio  fantastico  che  ricorda  in  alcuni  particolari  quello  vero  che 
Alessandria  ebbe  a  sostenere  contro  il  Barbarossa,  cfr.  una  nota  di  Arturo 
Graf  in  Giornale    Storico  di  Torino,  fase.  34-35,  pag    305,  1888. 

Kohte  Julius.  Die  Westfront  des  Domes  in  Mailand.  Mit  Abblgn.  — 
In  Centralblatt  fùr  Bauoencaltung,  N.  46-47,  novembre  1888. 

Kopp  K.  M.  (rector)  Maffeo  Vegio ,  ein  Humanist  und  Piidagoge 
des  15.  Jahrhunderts.  [Programma  della  scuola  secondaria  di 
Miinster,  Canton  Lucerna,  1887]. 

Kunz  F.  X.  Die  christliche  Erziehung.  Dargestellt  im  Aufti'age  des 
hlg.  Karl  Borromàus  von  Kardinal    Silvio    Antoniano.    Aus    dem 


1142  BIBLIOGRAFIA. 


Jtalienischen    ubersetzt  und    mlt    der   Biographie  des  Verfassers 
versehen.  —  Freiburg  im  Breisgau,  Herdersche  Verlagshandlung  , 
1888,  in-8  gr.,  pag.  XVIII-446. 
Forma  il  voi.    P    della   Bibliotheìi   der    kathoUschen   Pàdagogik ,    nella 
([uale  vedranno  la  luce,    fra    altre  pubblicazioni  italiane ,    (luelle    di    Maffeo 
Veggio  (De  educatione    fìliorum)    e    di    Pier    Paolo    Vergerio    (De    ingenuis     < 
moribus). 

Kunz  major  H.  Von  Montebello  bis  Solferino.  —  Berlin,  Verlag  von 
Friedrich  Luckhardt,  1888,  in-8  gr.,  pag.  178. 

Aggiungi:  Solferino  et  San  Martino  [in  Matinées  Egpagnoles ,  30  giu- 
gno 1888]  —  Bersezio  V.  Battaglia  di  Novara,  23  marzo  1849  [in  Fanfulla 
della  Domenica,  N.  25,  1888]  —  Cenni.  Combattimento  di  Curtatone  29 
maggio  1848  [in  Illustrazione  Militare  Italiana,  N.  35,  1888]  —  e  Sforna 
Giovanni.  Un  4nno  di  guerra  del  48  [in  Gazzetta  Letteraria,  di  Torino, 
N.  33,  1888]. 

Lackner  Guil.  De  incursionibus  a  Gallis  in  Italiani  factis.  Quaestio 
liistorica.  Pars  II.  (Programma  del  Ginnasio  di  Gùmbinnen) , 
pag.  15,  in-8,  1888. 

La  malattia  del  sicr  Prevost.  Romanz  storich  dal  1700.  —  Man- 
tova, Tip.  Giovannazzi  Agostino,  1888,  pag.  60,  in-16. 

La  Mantia  F.  G.  Edizioni  e  studi  di  Statuti  Italiani  nel  secolo   XI] 
—  In  Rioista  storica  Italiana,  fase.  III,  1888. 
Con  accenni  alle  pubblicazioni  fatte  fino  agli  ultimi  anni,  di  Statuti  dell 
Lombardia. 

Lamenti  storici  dei  secoli  XIV,  XV  e  XVI    raccolti    ed    ordinati  a 
cura  di  A.  Media  e  L.  Frati.  Volume  secondo.  —  Bologna,  Roi 
magnoli  Dall'Acqua,  1888,  in-8  [Scelta  di  curiosità  letterarie,  eccr 
N.  220]. 
A  pag.  233  seg.  e  323  seg.  sono  riportati  i  due  Lamenti    di    Genova 
1464  e  del  1473,  già  editi    da    Acliille  Neri    [Atti    della   Società  Ligure    di 
storia  patria,  voi.  XIII,  fase    I  e  V]  e  tratti  dai  registri    delle   Missive   du- 
cali dell'Archivio  di  Stato  milanese.  Diretti  ai  duchi    Francesco  e  Galeazzo 
Maria  Sforza. 

Lamma  Ernesto.  Dante  Alighieri  e  Giovanni  Quirini.  —  In  L'Atei 
Veneto,  serie  XII,  N.  1,  luglio-agosto  1888. 


BOLLETTINO    DI    BIBIIOORAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1143 


Studio  critico  sul  codice  O.  Sup.  63  deìV Ambrosiana.  Si  discute  l'auto- 
rità di  questo  Codice,  giù  adoperato  dal  Muratori  e  dal  Witte ,  negandosi 
la  supposta  amicìzia  fra  Dante  e  il  Quirìni. 

Lampertico    Fedele.  La  canzone   di    Giacomo    Leopardi    ad   Angelo 
Mai  e  la  censura  :  cenni  storici.  —  Vicenza,  1888,  in-8,  pag.  XXIJ-26. 
Per  nozze  Roi-Fogazzaro. 

Lanapertico  Fedele.  Luigi  Torelli.  [Commemorazione  letta  all'Istituto 
Veneto  il  12  agosto  1888].  —  In  Rassegna  nazionale,  di  Firenze, 
1*^  dicembre  1888  e  seg. 
Anche  in  Atti  del  R.  Istituto  Veneto,  tomo  IV,  serie  VI,  disp.  10. 

Lanzirotti  A.  Guide  pour  visiter  la  Chartreuse  de  Pavie,  monument 
national.  —  Pavia,  Marelli,  1888,  in-16,  fig.,  pag.  45. 
L'  ediz.  italiana  è  del  1887.  Cfr.  Boll.  Bibliogr.,  1887,  pag.  864. 

Larchey  Lorédan.  Le  cahiers  du  capitaine  Coignet  (1776-1859)  pu- 
bliés  d'  après  le  manuscrit  originai ,  et  illustrés  par  J.  Le  Blant. 

—  Paris,  Hachette,  1887,  in-4,  avec  18  grandes  planches  en  hélio- 
gravure  et  66  dessins  intercalés  dans  le  texte. 

La  pubblicazione  interessa  anche  l'Alta  Italia,  il  capitano  Coignet  avendo 
fatto  e  raccontandoci  qui  la  campagna  d' Italia  sotto  Napoleone ,  generale 
della  repubblica. 

[Leonardo  da  Vinci].  Das  heil.  Abeiìdmahl  von  Leonardo  da   Vinci. 

—  In  AUgemcine  etiangelisch-lutherische   Kirchenseitung ,   N.  38- 
.39,  1888. 

La  prima  dispensa  della  nuova  edizione  economica  delle  Quellenschri/ten 
fùr  Kunstgeschichte  uncl  Kunsttechnik  des  Mittelalters  unii  der  Renais- 
sance, contiene  il  principio  del  Trattato  della  pittura  del  Da  Vinci. 

Leonardo  da  Vinci.  Vedi  Axenfels^  Muntz,  Racaisson,  Springer. 

Léris  (de).  L'Italie  du  Nord.  —  Paris,  maison  Quantin  ,  in-8,  ili. 

Lettere  inedite  di  Melchiorre  Cesarotti,  di  Madama  di   Stael,  di  Ip- 
polito Pindemonte,  di  Ugo  Foscolo  e  di  Carlo  Rosmini  alla  con- 
tessa Massimiliana  Cislago-Cicognara.    —    Venezia,  Tip.   dell'.-ìn- 
cora,  1888,  pag.  28,  in-16. 
Pubblicato  da  V.  Malamani  per  nozze  Bentivoglio-Hurtado. 


1144  BIBLIOGRAFIA. 


Liebenau  d/  Th.  (von)  Die  von  Uri,  Schwyz  und  Unterwalden  ge- 
meinschaftlich  gepràgten  Mùnzen.  —  In  Bullctin  de  la  Société 
suisse  de  numisinatique,  di  Basilea,  N.  8-9,  1888. 

La  parte  principale  del  P  oap.  Ubersicht  ùber  die  gemeinsame  Munz- 
gesehiehie  der  Urkantone  con  1503-1610  è  consacrata  alle  vicende  della 
zecca  di  Bellinzona,  con  nuove  importanti  informazioni.  AH'  articolo  del 
Liebenau  il  signor  Alberto  Sattler  fa  seguire  un  catalogo  delle  monete  d'oro 
e  d'  argento  bellinzonesi,  con  2  tavole. 

Liebenau  d.*"  Th.  (von).  Dio  Ursachen    des   Irniserkricges  von  1478. 

—  In  Archio  des  historischen  Vereins  des  Kantons  Beni,  voi.  XII, 
fase.  II,  1888. 

Questo  scritto  intorno  alle  cause  della  guerra  di  Giornico  nel  1478,  seguita 
tra  gli  Svizzeri  ed  i  Milanesi ,  con  la  peggio  di  questi  ultimi,  è  in  buona 
parte  1'  originale  tedesco  di  quanto  il  Liebenau  già  ebbe  a  pubblicare  nel 
Bollettino  storico  della  Salsiera  Italiana,  anno  I,  1879  «  La  battaglia  di] 
Giornico  »;  in  più  alcune  notizie  e  l' interessante  Memoriale  intorno  alle] 
cause  della  suddetta  guerra,  innoltrato  dalla  Dieta  Elvetica,  dopo  la  vittori? 
di  Giornico,  al  re  Luigi  XI  di  Francia,  mediatore  della  pace  tra  la  Svizzera 
e  Milano. 

[Lodi].  Il  tempio  di  S,  Maria  Incoronata  in  Lodi.  Con  4  iHustrazioniJ 

—  In  Illustrazione  Italiana,  dei  Treves,  N.  35,  19  agosto  1888.J 

Lodi.  Vedi  Agnelli,  Archivio  storico  Lodigiano,  Kopp,  Riccardi. 

Lusi^noli  Alfredo,  E  ancora  del  pessimismo  neir«  Ortis  ».  —  In  E/n- 
paria  pittoresco,  di  Milano,  N.  1250,  agosto  1888. 
Contro  l'articolo  del  Grimassi  che  gli  mosse,  degli  appunti, 

Mabellini  dottor  Adolfo.  Le  varianti  manzoniane.  —  Fano,  Tip,  del-] 
V  Ancora,  1888. 

Mabellini  Adolfo.  I  Promessi  Sposi  di  A.  Manzoni  nelle  due  edizion^ 
del  1841  e  1875,  —  Firenze,  Letture  di  famiglia ,   1888. 

Magno  Carlo,  Vincenzo  Monti  e  Clarina  Mosconi.  (Con  documenta 
nuovi).  —  In  Giornale  Ligustico  ,  fascicolo  XI-XII ,  novembre- 
dicembre  1888, 

Maino  [Giasone  del].  Gabotto  F.  Lettera  aperta  al  dottor  Vittorio 
Rossi,  in  La  Letteratura,  di  Torino,  N.  14,  15  luglio  1888.  — 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1145 


Rossi  Vittorio.  Per  finirla.  (Estr.  dal  giornale  La  Cronaca  Rossa, 
anno  II,  N.  16).  Milano,  1888,  pag.  14,  in-8.  —  Gabotto  F. 
Onestà  letteraria  !  Seconda  lettera  aperta  al  dottor  Vittorio  Rossi. 
—  Pinerolo ,  Tip.  Sociale,  1888,  pag.  14,  in-8. 
Polemica  a  proposito  della  recensione  del  dottor  Rossi  del  Giason  del 
Maino  del  Gabotto,  pubblicata  nel  nostro  Archivio,  fase.  II,  1888. 

Manis  Fanny.  Foscolo  e  Pindemonte:  riflessioni.  —  Lanciano,  R.  Ca- 
rabba,  tlp.-edit.,  1888,  pag.  47,  in-16. 

Mantova.  Vedi  Ademollo,  Arte  e  Storia,  Bertoldi,  Bertolotti,  Carne- 
vali,  Caoriani,  Ceretti,  Golfo,  Gonzaga,  Gooi,  La  malattia,  Mas- 
sini,  Nolhac,  Orsini,  Orioli,  Renier,  Rivista  numismatica,  Robert, 
Taszoli ,   Torre  ,    Wagner. 

I  Manzoni].  Lo^^i  C.  Alessandro  Manzoni  a  Federico  Gonfalonieri.  — 
Saloeraglio  /^.Ancora  dell'autografo  consolatorio  di  A.  Manzoni 
a  F.  Gonfalonieri  (1836).  —  In  II  Bibliofilo,  N.  8-9  e  10-11,1888. 

Manzoni  A.  Il  carme  in  morte  di  Carlo  Imbonati,  con  note  e  raffronti 
di  Ugo  Rosa.  —  Torino,  Ditta  G.  B.  Paravia,  1888,  in-8,  pag.  32. 

[Manzoni].  G.  Il  cantico  del  genio  (il  Cinque  Maggio).  —  In  Rassegna 
Pugliese,  di  Trani ,  N.  12-14,  28  giugno-10  luglio  1888. 
Nel  Leonardo  da  Vinci,   di  Milano  (N.  23,  17  giugno  1888):  Una  visita 
alla  casa  di  A.  Manzoni,  di  Cesare  M.  Travelli. 

Manzoni.  Vedi  Cerquetti ,  Foà ,  Mabellini ,  MongiUo  ,  Senigaglia  , 
Vuillemin. 

Marasco  L.  Saggio  critico  su  la  poesia  pastorale  italiana  e  specialmente 
sul  Tirsi  di  B.  Castiglione.  —  Napoli,  Tornese,  1888,  pag.  24,  in-8. 

[MarchìondiJ.  Renati  prof.  G.  A.  Brevi  notizie  intorno  alla  vita  ed 
alle  opere  di  Paolo  Marchiondi ,  dei  chierici  regolari  somaschi  , 
fondatore  ed  amministratore  del  pio  Istituto  dei  figli  discoli  in 
S.  Maria  della  Pace  in  Milano.  —  Milano,  Tip.  pont.  di  S.  Giu- 
seppe,  1888,  in-8,  pag.  12. 

Massini  Carlo.    Brevi  cenni  sulla  vita  di  S.  Luigi  Gonzaga.  —  Gre 
dera ,  Tip.  S.  Sebastiano  Evangelisti ,  1888 ,  pag.  28 ,  in-16.  - 
Ardi.  Slor.  I^mb.  —  Anno  XV.  61 


114G  BIBLIOGRAFIA. 


Matthew  James  A.  A  popular  history  of  Music,  musical  instruments, 
ballet  and  opora,  from  S.*  Ambrose  to  Mozart.  —  London,  Grevel 
and  C.^  1888,  in-4  ,  pag.  .318,  con  ili. 

[Mauri].  Notizie  biografiche  di  Achille  Mauri  e  programma  dell'  Isti- 
tuto convitto  maschile  Achille  Mauri  in  Saronno.  —  Milano,  Ditta 
Giacomo  Agnelli,  1888,  in-8  ,  pag.  16,  con  ritratto. 

Mauro  prof,  C  Minima.  [Un  sonetto  rarissimo  di  A.  Manzoni,  1802. 
—  Milano  e  i  Milanesi  giudicati  da  Ausonio.  —  Un'ottava  inedita 
di  Carlo  Porta].  —  In  Conversasioni  della  Domenica,  di  Milano, 
N.  39-41 ,  1888. 

Mayer  Joh.  Georg.  Vaticano-Curiensia.  Ungedruckte  pàpstliche  Ui- 
kunden  ,  die  Diozese  Chur  betreffend  aus  dem  13,  14,  und  15 
Jahrhundert.  In  den  Registern  des  Vatikanisclien  Archivs  gesam- 
melt.  —  In  XVII  Jahresbericht  der  hist.  antiq,  Gesellschaft ,  di 
Coirà,   1888. 

Dei  39  documenti,  due  riflettono  il  vescovo  di  Como,  e  cioè  il  1°  [papa 
Gregorio  IX  scrive  al  vescovo  di  Como  a  proposito  degli  uccisori  del  ve- 
scovo Bertoldo  di  Coirà,  Perugia,  28  luglio  1235],  ed  il  26°  [papa  Gre- 
gorio XI  ordina  al  vescovo  Federico  di  Coirà  di  imporre  severamente  ai 
propri  vassalli  e  sudditi,  di  non  vietare  l'importazione  di  vettovaglie  in  Chia- 
venna,  conquistata  in  nome  della  S.  Sede,  Avignone,   28  gennaio  1374]  (1). 

Melani    Alfredo.    Briefe  aus  Mailand.  —  In  Blatte r  fiir  Architektur 
und  Kunsthandwerk ,  1°  novembre  1888,  N.  13. 
Vi  si  parla  della  facciata  del  duomo  di  Milano. 

Melani  A.  Lettre  d' Italie  à  la  Costruction  moderne.  Le  Concours 
International  pour  la  fagade  du  dòme  de  Milan.  —  In  La  Co- 
struction moderne,  27  octobre  1888  ,  N.  3. 


(1)  Nel  medesimo  Ja/iresbericht  a  p.  26  è  prodotta  la  parte  di  una  lett^ 
di  Giov.  Angelo  de  Baldo,  oratore  milanese  in  Bormio,  al  duca  L.  il  Me 
(4  giugno  1499)  e  tolta  dall'Archivio  di  Stato  in  Milano.  Concerne  la  guerra - 
di  Svevia  degli  Svizzeri  e  la  morte  di  Benedetto  Fontana;  serve  d'aggiur 
ai  precedenti  documenti ,  citati  in  questo  Archicio.    [Boll.   Bibliogr.,  \i 
p.  6lll. 


erra^™ 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1147 

Mémoire  du  Département  federai  suisse  des  chemins  de  fer  sur  la 
construction  du  chemin  de  fer  du  S.'  Gothard.  2*  et  dernière  livrài- 
son.  In-fol.,  pag.  61-290.  —  Zurich,  Orell,  Fussli  et  C. 

Mengotti   F.   Lettera  (Milano,   12   ottobre   1820)  al   cav.   F.    Maria 
Franceschini  di  Udine.  —  Udine,  Tip.  Patria  del  Friuli,  1888, 
pag.  13  ,  in-8. 
Per  nozze  Alpago  Novello- ValJuga. 

[Milano].  Una  splendida  pagina  della  storia  della  beneficenza  italiana. 
La  Congregazione  di  carità  di  Milano.  —  In  Rioista  della  bene- 
ficenza pubblica,  di  Roma,  N.  9,  settembre  1888. 

Milano.  Vedi  Ambioeri,  Barbiera,  BeUranù,  Bollettino  storico,  Canetta, 
Castelfranco  ,  Duomo,  Elenco  ,  Forcella  ,  Frizioni ,  Gay,  Gobbi , 
Ricordo  ,  Rioista  numismatica  ,  Stiassny. 

[Molinelli].  11  aprile  MDCCCLXXXVIII.  Al  professore  Pietro  Moli- 
nelli, ufficiale  dell'Ordine  Mauriziano,  R.  Provveditore  agli  studi. 
[Necrologie].  —  Milano,  Tip.  Pirola ,  1888,  in-8  gr.,  pag.  46. 

Mongillo  (M.)  Alessandro  Manzoni.  —  In  La  Scuola  Italiana ,  di 
Napoli,  N.  9,  25  febbraio  1888. 

[Monza].  Modoetienses.  Numero  unico  (settembre  1888)  a  scopo  di 
beneficenza,  con  scritti  di  Aguilhon,  Pozzi,  Colombo,  Zerbi,  Ta- 
lamone,  ecc.,  intorno  alla  storia  monzese.  —  Monza,  Tip.  Paleari, 
in-4,  fig.,  pag.  24. 

Monza.  Vedi  Barbier  de  Montault  e  Villoresi. 

Morone  Gerolamo.  Vedi  Giudici ,  Occella. 

Motta  E.  Un  omaggio  di  Mascheroni  a  Kosciuszko.  —  L' edizione 
piacentina  della  Chirurgia  di  Guglielmo  da  Saliceto  (1476).  — 
Nel  Bibliofilo,  di  Bologna,  N.  6-7,  giugno-luglio  1888. 

Invio ,  con  dedica  autografa  in  versi ,  della  Geometrie  du  eoinpas ,  del 
Mascheroni  al  Kosciuszko.  II  libro  donato  è  ora  nella  Biblioteca  di  Soletta 
(Svizzera)  dove  mori  1'  eroe  polacco.  —  Nel  2°  art,  si  accerta ,  mercè  un 
documento  dell'Archivio  di  Stato  milanese ,  che  1'  edizione  piacentina  della 
Chirurgia  del  Saliceto  venne  compiuta  dal  Ferrati  di  Cremona, 


1148  BIBLIOGRAFIA. 


Motta  E.  Fra  Gabriele  da  Barlassina ,  predicatore  in  Alessandria 
nel  1451.  In  memoria  del  padre  Gian  Alfonso  Oldelli.  —  In  Mi- 
scellanea Francescana,  di  Foligno,  voi.  Ili,  fase.  II,  1888, 

Motta  E.  Documenti  milanesi  intorno  a  Paolo  II  e  al  card.  Riario. 
[I.  Cicco  Simonetta  e  papa  Paolo  II  (1471),  II.  La  morte  del  car- 
dinale Riario  (1474)].  —  In  Arcldmo  della  R.  Società  Romana 
di  Storia  patria,  voi,  XI,  fase.  II,  1888. 

Motta  E.  Spigolature  d'archivio  per  la  storia  di  Venezia  nella  seconda 
metà  del  quattrocento.  (Dall'Archivio  di  Stato  milanese).  In  Ar- 
chicio   Veneto,  fase.  71   (1888). 

Motta   E.  Come   rimanesse  svizzero    il    Ticino  nel  1798.  —  In  Poli- 
tisches  Jahrbuch  der  Schweigerischen  Eidgenossenschaft,  di  Berna, 
voi.  Ili,  1888,  pag.  97  a  198. 
Si  mettono  in  nuova  e  più  serena  luce,  alla  stregua  di  nuovi  documenti, 
i  maneggi  dei  Patrioti  luganesi  che  tentavano   l'unione  di  Lugano    alla  Re- 
pubblica Cisalpina, 

Motta  E.  Quando  mori  Gaudenzio  Ferrari,    —    In    Museo   storico  ed 
artistico   Valsesiano,  di  Varallo,  serie  IV,  N.  1,  novembre  1888. 
Riproduzione  della  nota  apparsa  neìVArchii^io  storico  dell'Arte,  di  Roma 
(N.  2,  1888),  indi  riportata  nel  nostro  Archioio  (fase.  I,  1888). 

Muntz  E.  La  «  Sainte  Anne  »  de  Léonard  do  Vinci.  Con  ili.  —  In 
L'Art,  N.  579. 

Miintz  E.  Léonard  de  Vinci,  sculpteur,  et  la  statue  equestre  du  due 
Francois  Sforza    —  In  Reoue  unioerselle  illustrée,  N.  1,  1888. 

Muntz  Eugène.  Histoire  de  1'  art  pendant  la  Renaissance.  —  Paris  , 
Librairie  Hachette,  1888,  in-4,  ili. 
Pubblicazione  di  lusso  a  dispense ,  e  in  corso  tuttora.  E  a  notarsi  il  ca- 
pitolo VII  a  pag.  175  e  seguenti,  (dispensa  undecima):  «La  Lombardie. 
Milan  et  les  Sforza.  Les  ducs  Francois  et  Galcas  Marie.  L' oeuvre  du  Dòme. 
Pavie  et  la  Chartreuse.  Brescia,  Lodi,  Crémone,  Cóme.  La  Suisse  italienne. 
Bergome  et  le  Colleoni.  Diffusion  de  1'  élément  lombard  dans  la  seconde 
moitié  du  XV  siècle».  —  Per  la  corte  dei  Gonzaga,  cfr.  pag.  151  e  seg^ 
(dispensa  decima). 

Musica  sacra.  Serie  I.  —  Lipsia,  P.  Brami,  1888,  in-8  gr. 

Contiene  questa  prima  serie  le  Litanie  lauretane  di  Giovanni  Macchi,  mi- 
lanese, del  secolo  scorso. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STOHICA    LOMBARDA.  1149 


Nardini  Despotti  Mospignotti  arch.  A.  Del  Duon^o  di  Milano  o 
della  sua  nuova  facciata.  —  In  II  Politecnico,  di  Milano,  fase.  7, 
8  e  9,  agosto-settembre  1888  e  seg.  con  tav. 

Naue  J.  Eisemes  Dolchmesser  aus  dem  Gardasee.  Mit  Tafel.  —  In 
Jahrhùcher  des  Vcrcins  von  Alterthumsfreunden  ini  Rheinlande, 
fase.  85,  1888. 

Nolhac  (de)  P.  Lc^  corrospondents  d'Aide  Manuce  :    matériaux  nou- 
veaux  d' histoire  littéraire  (1483-1514).  —    In    Studi  e  documenti 
di  storia  e  diritto,  di  Roma,  anno  IV,  fase.  2°    e    3",    aprile-set- 
tembre 1888  [cont.  e  fine]. 
Pel  precedente  fascicolo  cfr.  Bollett.  Bibliograflco^  1888,  pag.  177.  Qui  si 

producono  le  lettere  di  Mario  Equicola,  al  Manuzio,    in    data  Mantova,    10 

marzo  e  15  giugno  1510  [cfr.  pag.  239-240]. 

Novali  F.  Un  Codice  Milanese  delle  Laudi    di    Fra  Jacopone.  —  In 
Miscellanea  Francescana,  di  Foligno,  voi.  Ili,  fase.  II,  1888. 
Si  tratta  del  Codice  Braidense,  Ad.  IX,  2,  del  secolo  XIV. 

Nevati  Francesco.  Bartolomeo  da  Castel  della  Pieve  grammatico  e 
rimatore  trecentista.  —  In  Giornale  storico  della  letteratura  ita- 
liana, fase.  34-35,  1888. 

Delle  canzoni  di  B.,  prodotte  dal  Nevati,  l' una  in  favore  di  Giovanni 
Visconti  d'  Oleggio,  signore  di  Bologna,  è  diretta  ad  un  innominato  possente 
.signore,  forse  il  conte  Corrado  di  Landò,  jl  celebre  venturiero  tedesco  mosso 
ai  danni  dei  Bolognesi  —  Pubblica  poi  il  Novati  due  lettere ,  rinvenute  in 
un  ms.  della  Comunale  di  Bergamo,  una  delle  quali,  notevole  come  quella 
in  cui  Bartolomeo  fa  a  Gabrio  de  Loschi  giureconsulto  parmense,  vissuto  a 
quei  giorni,  il  racconto  delle  avventure  che  gli  erano  capitate  nel  suo  viaggio 
di  Lombardia.  La  seconda ,  meno  importante ,  non  è  che  un'  esercitazione 
rettorica  ;  Bartolomeo  scrive  al  giureconsulto  cremonese  Tommaso  Malombra 
per  manifestargli  la  sua  sfiducia  nelle  cose  mondane.  È  aggiunta  la  risposta 
pel  Malombra. 

Occella  P.  Uno  statista  Milanese  del  secolo  XVI  [a  proposito  del 
Girolamo  Morone  del  Gioda],  —  In  Rassegna  Nazionale,  16  set- 
tembre 1888. 

Ochino  's  Bernardino  «  Tragedie  »  und  das  Vatìcanische  Concil.  — 
In  Deuischer  Mcrkur,  XIX  Jahrgang,  (1888),  N.  28. 


1150  BIBLIOGRAFIA. 


Orsini  Felice  e  camplici.  [Processi  celebri  illustrati].  —   Milano  ,  E. 
Sonzogno  edit.,  1888,  in-4,  pag.  48,  con  fig. 
Aggiungi  :  Zironi  Enrico.  Vita  di  Felice  Orsini  narrata  al  popolo.  —  Fi- 
renze, Tip,  A.  Salani,  1888,  pag.  144,  in-16,  con  ritratto. 

Oettingen  (von)  d"".  Wolfgang.  Ueber  das  Leben  und  die  Werke 
des  Antonio  Averlino  gennaut  Filarete.  Eine  Studie,  —  Leipzig  , 
Verlag  von  E.  A.  Seemann,  1888  \_Beitràge  sur  Kunstgeschichto, 
Neue  Folge  VI],  pag.  VII-68,  in-8. 

Studio  critico  intorno  alla  vita  del  celebre  architetto  fiorentino  che  lavorò 
al  castello  ed  all'  ospedale  maggiore  di  Milano  introduttorio  all'  edizione  a 
stampa  del  suo  inedito  Trattato  d'architettura,  1464,  che  comparirà  nelle 
Quellenschriften  far  Kunstgeschichte  di  Vienna. 

[Oriani].  Planisferi  o  Astrolabi  —  Nel  Bibliofilo  ,  di  Bologna,  N,  6-7, 
giugno-luglio  1888. 
Nota  autografa  del  famoso  astronomo  Barnaba  Orianf  intorno  agli  astro- 
labi indirizzata  da  Brera  li  23  aprile  1823  al  prof.  Gaetano  Cattaneo  custode 
del  Gabinetto  numismatico  di  Milano.  Autografo  di  proprietà  del  oav.  Er- 
cole Gnecchi. 

Orioli  dott.  don  Paolo.  Il  latcral  sangue  in  correlazione  alla  storia 
di  Mantova.  (Nella  basilica  dell'Alberti,  di  S.  Andrea,  il  10  mag- 
gio 1888).  —  Mantova,  Tip.  Giovanazzi  Agostino,  1888,  in-8, 
pag.  28. 

Paglicci  Brezzi  dott.  A.  Le  disgrazie  di  un  povero  medico    del   se- 
colo XV.  (Baldassare  Cristiani,  alla  Corte  di  Milano).  —  In  Con- 
tiersasioni  della  Domenica,  N.  28,  8  luglio  1888. 
Le  sue  suppliche  del  1471,  anziché  dirette  a  Bianca  Maria  Sforza,  lo  erana 

alla  duchessa  Bona  di  Savoia,  per  la  semplice  ragione    che    la    Bianca   era 

morta  fin  dall'  ottobre  1468  ! 

Parini.  Vedi  Bertoldi,  Canna,  To^si. 

Pasolini  conte  Pietro  Desiderio.  Spigolature  [di   Casa    Savoia].    — 
Imola,  Galeati,  1888,  in-12. 
A  pag.  29  leggesi  un  sonetto  del  duca  di  Savoia  «  Sopra    1'  armi    del  Re 
Cristianissimo  per  la  ricuperatione  della  Valtellina  »  tolto  da  un  codice  della 
Nazionale  di  Firenze  (XVI  secolo). 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1151 

Passanisi  Mario.  Giovanni  Berchet ,  con  una  lettera  del  fu  senatore 
G.  Arrivabcne.  —  Torino,  Fratelli  Bocca,  1888,  pag.  552,  in-8. 
—  Vedi  Foà. 

Pastore  A.  Gerolamo  Cardano  e  il  primo  grado  di  degenerazione  del 
sistema  nervoso.  —  In  Fanfulla  della  Domenica,  N.  30,  22  lu- 
glio 1888. 

Pauli  d'.  C.  Zwei  Thonwirtel   mit   gallo-etruskischen  Jnschriften.  Mit 
2  fig.  —  Nella  rivista  Antiqua ,  di  Zurigo  ,    N.   6-7  ,    giugno-lu- 
glio 1888. 
Oggetti  di  provenienza  lombarda  ed  appartenenti  alla  collezione  Forrer  in 

Strasburgo.  Le  iscrizioni  gallo-etrusche  appartengono  all'  alfabeto  di  Lugano, 

secondo  la  divisione  adottata  dal  Pauli. 

[Pavia].  La  Chartreuse  de  Pavie.  —  la  L'Architecture,  N    19,  1888. 

Pavia.  Vedi  Arte  e  Storia,  Canna,  Chilesotti,  Cipolla,  Correnti,  Geb- 
hardt.  Geiger,  Giulietti,  Grabinsky,  Lansirotti,  Rajna,  Schmidt, 
Zuradelli. 

Percopo  Erasmo.  I  sonetti  del  Pistoia.  A  proposito  di  una  recente 
pubblicazione.  —  In  II  Propugnatore,  N.  Serie,  voi.  I,  fase.  2-3, 
pag.  249-290. 

Peri  Severo.  Foscolo  e  Pindemonte,  studi  e  ricerche,  con  un*  appen- 
dice di  lettere  inedite  e  cose  rare  di  scrittori  illustri.  —  Milano, 
D.  Briola  edit..  Tip.  A.  Guerra,  1888,  in-16,  di  pag.  VIII-256. 

Perret  P.  M.  Notes  sur  les  acles  de  Francois  I,  conservés  dans  les 
archi ves  de  Turin,  Milan,  Gòne.s,  Florence,  Modène  et  Mantoue. 
—  Paris,  L.  Picard,  1888,  iii-8,  pag.  IV-58. 

[Pestalozza].  Lettere  del  prof,  don  Alessandro  Pestalozza  al  prof. 
don  Francesco  Panceri,  prof,  di  filosofia  nel  Seminario  di  Monza 
[1849,  1850  e  1861].  —  In  Rosmini,   16  agosto  1888. 

Petit  E.  La  vie  mondaine  de  Mignet.  —  Nel  Liore  ,    di    Parigi ,  no- 
vembre 1888. 
Vi  si  parla  e  bene  della  principessa  Cristina  Belgiojoso  Trivulzio. 

[Piazzi].  Lettera  inedita,  al  prof.  Pompilio  Pozzetti  (Palermo,  2  marzo 
1802).  —  In  Indicatore  Mirandclese,  N.  6  ,  giugno  1888,  pag.  47-48. 


1152  BIBLIOGRAFIA. 


In  questa  lettera,  il  celebre  astronomo  "Valtellinese  discorre    della    Cerere 
Ferdinandea  da  lui  scoperta  nel  1801. 

Pintacuda.  Secondo  inno  alle  Grazie  di  U.  Foscolo.  —  In  Vita  Let- 
teraria, di  Palermo,  fase.  2-3,  1888. 

Piumati  A.  La  vita  e  le  opere  di  Torquato  Tasso,  ad  uso  delle  scuole 
secondarie.  —  Torino,  G.  B,  Paravia,   1888,  pag.  154,  in-16. 

Platina  B.  The  lives  of  the  popes.  from  the  time  of  our  Saviour 
Jesus  Christ.  Written  originally  in  latin  and  translated  into  english, 
edited  by  W.  Benham.  —  London,  Griffith  and  Farran,  1888. 

[Plinio].  Mùller  C.  F.  W.  Kritische  Bemerkungen  zu  Plinius  naturalis. 

historia  [Programma  del  Johannes- Gi/mnasium  di    Brcslavia].  — • 

Breslau,  Grass,  1888,  in-4,  pag.  30. 
Aggiungi  :  Suster  G.  Codici  contenenti  il  panegirico  di  Plinio  a  Trajano 
[in  «Rivista  di  filologia»  di  Torino,  fase.  11-12,  1888];  Lehmann  Bruno: 
Queestionum  Plinianarum  specimen.  Dissert.  (Kònigsberg,  1888,  pag.  89,  in-8)  ; 
Rabiet.  Pline,  N.  H.  3,  34  [in  «  Revue  de  philologie  »  X  ,  Il  ,  I]  ;  Ess  F 
Quaestt.  Plinian.  dissertatio  li  (Leipzig,  Fock,  1888);  Hardy.  A  Bodleian 
Ms.  of  Pliny's  Lettres  Vili,  8,  §  3-18,  §  11  and  ad  Trai.  1-40  [in  <  The 
Journal  of  Philology.  N.  33]  e  Morillot.  De  Plinii  minoris  eloquentia;  Thèse 
(Grenoble,  Impr.  Allier,  pag.  97,  in-8). 

Poggi  Cencio.  (Arrigozzo).  Curiosità  Comasche  —  Como,  Tip.  del- 
l'AraWo,  1888,  in-16,  pag.  123. 
Forastieri  a  Corno  —  Vicende  di  Porta  Sala  —  Due  lettere  del  Cardinale 
Gallio  —  Angherie  di  Roderigo  de  Arce  —  Il  Baluardo  di  Porta  Torre  — 
Le  piene  più  famose  del  lago  —  Bosinada  per  la  festa  di  casa  Resta  —  La 
fiera  di  S.  Abbondio  nei  primi  secoli  —  La  medaglia  dei  dottori  di  Collegio. 
[Studi  di  cose  Comasche  pubblicati  per  la  maggior  parte  nel  giornale  L'A- 
raldo di  Como]. 

Poggi  avv.  Cencio.  Nozze  Comasche  (Secolo  XVI).  Lettera  di  Luigi 
Raimondi  a  monsignor  Paolo  Giovio,  il  giovane,  vescovo  di  No- 
cera  (20  febbraio  1559).  —  Como,  Tip.  R.  Longatti,  1888,  in-12, 
pag.  24.  [Per  nozze  prof.  E.  Bertona]. 

Poggi  avv.  Cencio.  Ad  Alfredo  Rasina  celebrando  la  sua  prima  messa 
(3  giugno  1888).  —  Como,  Tip.  Cavalieri  e  Bazzi,  in-fol.,  pag.  2. 
Pubblica  un  frammento  di  documento  del  febbraio  1515,  tolto  dall'Archivio 
di  Como.    Dovrebbe  concernere  Torno. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA^  1153 


Prou  Maurice.  Elude  sur  les  rclations  politiques  du  pape  Urbain  V 

avec  les  rois  de  Franco  Jean    II    et  Cliarles    V    (1302-1370).  — 

Paris,  Vieweg,  1888,  in-8,  pag.  195,  [Bibliothèquc  de  T  Écolc  des 

hautes  ùtudes,  fase.  70]. 

Con  documenti  per  le  negoziazioni  di  Barnaba  Visconti  con  il  papa,  grazie 

all'  intercessione  di  re  Giovanni  II  di  Francia. 

Prudenzano  Francesco.  Novelle  cavalleresche.  —  Quarta  edizione. 
Trani,  V.  Vecchi,  Tip.  edit.,  1888,  ìn-8,  fig.,  pag.  383. 
A  titolo  di  bibliografia  notiamo  le  novelle  I.  Un  eroe  o  V  onore  d'  Italia 
[  Ubaldo  padre  di  Bonifacio,  marchese  di  Camerino,  abbatte  a  Pavia  1*  or- 
goglio d'  un  formidabile  Bavaro,  e  salva  l'onore  italiano,  sec.  IX],  X.  Il  ca- 
rtello di  Valsassina  [epoca  delle  crociate]  e  XVI.  Un'eroina  o  Piemontesi  e 
^pagnuoli  [episodio  dell'  assedio  di  Novara,  sec.  XVIII]. 

Rajna  Pio.  Mayno  de'  Mayneri  e  i  primordi  dell'  Università  di  Pavia 
—  In  Giornale  storico  della  letteratura  Italiana,  fase.  33,  1888, 

Raulich  Italo.  La  prima  guerra  fra  i  Veneziani  e  Filippo  Maria  Vi- 
sconti [continua].  —   In  Ricista    storica  Italiana,   fase.  Ili,  1888. 

Ravaisson-Mollien  Charles.  Les  manuscrits  de  Léonard  de  Vinci. 
Troisième  volume  Manuscrits  C.  E.  et  K.  de  la  Bibliothèque  de 
r  Institut ,  contenant  474  fac-similés  phototypiqucs ,  avec  tran- 
scriptions  littérales,  traductìons  frangaises,  avant-propos  et  tables 
méthodiques.  Gr.  in-fol.  —  Paris,  Maison  Quantin,  1888,  pag.  44, 
in-fol. 
Sono  precedentemente  comparsi  i  due  volumi    comprendenti  i  manoscritti 

A.  B.  et  D. 

Ravaisson-MoUien  (C)  Pages  autographes  et  apocryphes  de  Léonard 
de  Vinci.  —  Paris,  [Nogeni  le  Rotrou  impr.  Daupeley  Gouverneur] 
1888,  in-8,  pag.  10  e  tavola. 

Regola  delle  confraternite  dei  disciplinati  per  decreto  del  concilio 
provinciale  secondo  di  Milano  riformata ,  d'  ordine  di  mons.  ili. 
rev.  il  cardinale  arcivescovo  Borromeo,  —  Tortona,  Tip,  ditta  Rossi, 
1888,  pag.  34,  in-lO. 

Regolamento  pel  museo  del  Risorgimento  Italiano.  Approvato  dalla 
Giunta  Municipale  in  seduta  del  4  giugno  1888.  —  Milano,  Ma- 
nini,  in-4,  pag.  7. 


1154  BIBLIOGRAFIA. 


Renier  R.  Nuove  notizie  di  Giovanni    Sabadino    degli  Arienti.  —  In 
Giornale    storico    di    letteratura   italiana,    fase.    34-35 ,    (1888) , 
pag.  301-305. 
Relazioni  di  Sabadino  col  vescovo  di  Mantova,  Lodovico  Gonzaga. 

Riccardi  Alessandro.  Sommario  di  nuovi  dati  storico-geografici  sulle 
località  e  territori  di  S.  Colombano  al  Lambro  e  vicinanze  in  ag- 
giunta al  volume  :  «  Su  S.  Colombano  e  vicinanze  ».  —  Lodi,  Tip. 
editrice  Quirico  e  Camagni ,  1888,  in-8  gr.,  pag.  28. 

Ricci  Corrado  e  Bacchi  della  Lega  A.  Gynevera  de  le  dare  donne 
di  Jeanne  Sabadino  de  li  Arienti.  —  In-8.  Bologna,  Romagnoli  Dal- 
l'Acqua, 1888.  [Scelta  di  curiosità,  ecc.,  N.  223]. 
Libro  scritto  nel  1483    da    Sabbadino    per  Ginevra,   figlia   di   Alessandro 
Sforza  signore  di  Pesaro,  moglie  di  Sante  Bentivoglio,  signore  di  Bologna, 
e  tutto  in  lode  della  virtù  e  del  magnifico  aspetto  di  lei,  cose  ambedue  assai 
esagerate.  Tra  le  biografie  delle  donne  celebri,  regalate  in  quel  libro,  notiamo 
quelle  di  Catterina  Visconti ,   duchessa  di  Milano  ;   di  Paola  marchesa  Gon- 
zaga ;  di  Barbara  di  Brandeburgo,  marchesa  di  Mantova;  di  Costanza  Sforza 
Gonzaga;  di  Ginevra,  moglie  del  conte  Brunoro  da  Gambara;  di  Bona  Lom- 
barda ;   di   Orsina  Visconti   Torelli  ;   di    Bianca   Maria   Visconti ,   moglie   di 
Francesco  Sforza;  di  Battista  Sforza,  duchessa  di  Urbino;    di    Elisa  Sforza 
da  S.  Severino  ;  e  di  Ippolita  Sforza,  duchessa  di  Calabria.  —  Aggiungonsi 
alcune  righe  (pag.  398  e  402)  per  Beatrice,  moglie  di  Tristano  Sforza ,  Bona 
di  Savoia  ed  Isabella  d'Aragona. 
—  Vedi  Renier. 

Richard.  Còme  :  son  lac  et  ses  vallécs.  —  Zuricli-Còme  ,  Meyer  et 
Zeller,  cdit.,  1888,  pag.  68,  iii-16  ,  con   12  incis.  e  carta. 

Ricordo  d'  amicizia.  Strenna  per  l' anno  1889.  —  Milano  ,  Bontà 
e  Comp.,  in-16. 
Gorini  G.  Donne  italiane  [Laura  Visconti  Ciceri;  Paolina  Grismondi  (Lesl)ia 
Cidonia)].  —  Venosta  Felice.  Il  primo  brefotrofio  (dell'  arciprete  Dateo).  — 
Lo  stesso.  Una  scuola  pei  poveri  nel  secolo  XV  (Scuole  Grassi.  Articolo  già 
comparso  nella  defunta  Raccolta  Milanese  del  prof.  G.  Pagani).  —  Lo  stesso. 
La  prima  scuola  festiva  pei  poveri  (di  Castellino  da  Castello). 

Rivista  italiana  di  numismatica  diretta  dal  dottor  Solone  Ambrosoli. 

Anno  I,  fase.  Ili,  1888.  —  Milano,  L.  F.  Cogliati ,  edit. 

Studi  economici  sulle  monete  di  Milano  [Dizionario  delle  monete  milanesi]. 

Dai  mss.   del   conte   Giovanni   Mulazzani.  —  Tamassia  Francesco.    Di   una 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA   LOMBARDA.  1155 

moneta  inedita  mantovana.  —  Gabinetto  numismatico  di  Brera,  [Si  comunica 
la  lettera  15  giugno  1776  del  conte  Pietro  Verri,  in  risposta  a  quella  del 
conte  Giulini;  lettera  quest'ultima  comparsa  nelV Areh.  stor.  lomb  ,  anno  XIV, 
lasc.  IV,  pag.  887]. 

Robert  P.  Ch.  Le  médailleiip  Sperandio  et  les  médaillons  dont  il  est 
Tauteur.  —  Paris,  Journal  des  Aris,  in-12  ,  pag.  2-1. 

Robinson  Mary.  La  femme  de  Ludovic   le  More.  —  In  Recue  poU- 
tique  et  littéraire,  21  luglio  1888. 

Rosmini  A.  Lettere  inedite  (1818-1830).  —  In  Rosmini,  1°  e  16  set- 
tembre, 1°  e  16  ottobre  1888. 
Nel  fascicolo  l^  ottobre  rilevare   eziandio   f  articolo  di    F.   Alessio  :   Ro- 
smini preistorico. 

Rosmini  Antonio.  —  Nella  Beilage,  N.  276  della  AUgemeine  Zeitung, 
di  Monaco. 
Per  la  caratteristica  del  filosofo  roveretano  aggiungiamo  i  seguenti  scritti  : 
Mareotti.  Politica  di  Rosmini,  fin  Gai3etta  letteraria,  di  Torino,  N.  25,  1888]. 
—  Ferri.  Rosmini  e  il  Decreto  del  S.  Uffizio.  [In  Ricista  italiana  di  filo- 
sofia, maggio-giugno  1888].  —  Visintainer  dott.  Bernardino.  V  idea  nei 
sistemi  filosofici  di  Hegel  e  Rosmini.  [In  Programma  dell'  I.  R.  Ginnasio 
superiore  di  Rovereto,  1888]  —  Abbé  Paquet.  Rosmini  et  son  système.  [In 
Canada  Frangais,  ottobre  1888].  —  Didiot  J.  La  fin  du  Rosminianisme. 
[In  Recue  des  scienees  ecclesiastiques  ,  maggio  1888].  —  Rosmini  und  Fr. 
X.  Kraus  noch  einmal.  [In  Deutscher  Merkur,  19  Jabrg.,  N.  29].  —  Ro- 
smini und  die  Jesuiten.  [In  Deutsche  ecangelische  Kirchenseitung ,  N.  32, 
1888].  —  Die  Jrrthùmer  in  den  Schriften  Rosmini 's.  [In  Archic  fur  kathol. 
Kirchenreeht,  voi.  54,  fase.  V].  —  Bonghi  R.  The  condemnation  of  Rosmini  's 
doctrines.  [In  T/ie  Athenaeum,  N.  3161,  U 


Rott  Edouard.  Inventaire  sommaire  des  documents  relatifs  à  l'histoire 
de  Suisse  conservés  dans  les  Arcliives  et  Bibliothèques  de  Paris. 
3^  partie,  1648  à  1684.  Publié  par  ordre  du  Haut  Conseil  federai 
suisse ,  in-8  gr.  —  Berne  ,  Impr.  Collin  S.,  1888. 

Dell'importanza  del  2°  volume  di  questo  Incentario  per  la  storia  della 
Valtellina  a'  tempi  dei  torbidi  del  1600  discorse  questo  Arch.  stor.,  anno  1886, 
pag.  468.  —  In  questo  3°  volume  è  da  annotarsi,  pel  medesimo  argomento, 
«la  pag.  357  a  377  la  rubrica:  Négociations  aux  Ligues  Grises  en  vue  de 
renouer  les  relations  avec  la  France  rompues  depuis  le  traité  de  Milan  de 
1639  (1651-1677).  —  Cfr.  altresì  le  pag.  657,  738   e  seg.,  742  e  seg.,  756  e 


115G  niBLlOGRAFIA. 


seg.  —  A  pag.  635  seg.,  665-666  e  705  seg.  elenco    di   alcuni    documenti  in 
Parigi  concernenti  gli  Svizzeri  in  Lombardia  (1521-34). 

Rotta  p  Paolo.  Passeggiate  storiche.  Le  chiese  di  Milano  dalla  loro 
origine  fino  al  secolo  XVI.  —  In  La  Lega  Lombarda,  di  Milano^ 
n.  30G,  313,  320,  novembre  1888  [Edizione  della  festa,  n.  45, 
46  e  47]  e  proc. 

Sabbadini  Remigio.  La  critica  del  testo  del  De  Officiis  di  Cicerone 
e  delle  poesie  pseudo-vergiliane  secondo  due  nuovi  Codici  (della 
Biblioteca  Ambrosiana).  Dissertazione  letta  il  16  novembre  1887 
nella  R.  Università  di  Catania  per  l'inaugurazione  dell'anno  sco- 
lastico 1887-88.  —  Catania,  Tip.  F.  Calati,  1888,  pag.  G4 ,  in-8. 

Sangiorgio  prof.  Gaetano.  Recensione  dell'opera  di  F.  Calvi  :  Bianca 
Maria  Sforza,  ecc.  —  In  Rioista  storica  italiana,  fase.  Ili,  1888, 
pag.  591-596. 
Appunti  in  Recue  cles  questions  historiques ,    fascicolo    1»  ottobre  1888 , 

pag.  645-646. 

[Saronno].  Gibity.  Origini  di  Saronno.  —  Nel  giornale  Saronno,  N.  l" 
(Num.  di  saggio,  dei  2  settembre  1888).  —  Saronno,  Tip.  Volente. 

Schmidt  Ed.  Die  Visconti  und  ihre  Bibliothek  zu  Pavia.  —  In  Zeit- 
schrift  fiir  Geschichte  und  Politik ,  N.  6  (1888). 

Schoen  Théodore.  Genealogie  de  la  famille  milanaise  De  Martignoni, 
composée  d'après  des  documents.  —  In  Giornale  araldico-genea- 
logico ,  di  Pisa,  anno  XVI,  n.  5,  novembre  1888. 

Senigaglia  L.  Relazioni  di  Goethe  con  Manzoni.  —  In  Rioista  con- 
temporanea ,  fase.  7  e  8,  luglio-agosto  1888  (fine). 

[Sforza].  Liscio  per  il  viso  mandato  a  Caterina  Sforza  Riario.  —  In 
.Zibaldone,  di  Firenze,  N.  7,  luglio  1888. 
Ricetta  mandata  da  Roma  ai  15  marzo  1508  da  una  tal  Anna,  ebrea. 

Sforza.  Vedi  Gebhardt,  Gabotto,  Gianandrca,  Lamenti  storici,  Mùnfs, 
Ricci ,  Robinson ,  Sangiorgio ,  Schmidt ,  Spinelli. 

Soffredini.  Tito  Ricordi.  —  In  Gassetta  musicale,  di  Milano,  N.  38, 
16  settembre  1888. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1157 


Solerti  A.  La  prigione  del  Tasso  a  Ferrara.  —  In  Gazzetta  letteraria, 
di  Torino,  N.  29,  21  luglio  1888. 
Per  lo  studio  sul  Tasso  aggiungi  la  nota  del  med.  A,  :  Di  una  canzonetta 
ricordata  in  due  incatenature.  —  In  Giornale  storico,  di  Torino,  fase.  34-35, 
pag.  303-311  (1888).  —  Notiamo  ancora  Hoefer  Ferd.  Der  Bau  des  Goe- 
the 'schen  Torquato  Tasso.  [Programma  del  Ginnasio  di  Seehausen ,  1888 , 
pag.  20  ,  in-4]. 

Sorrentino-Albertini    M.    Vergilio    e    la  sua  Bucolica.  —  Catania  , 
Gianotta,  1888,  in-8  ,  pag.  XXXI-458. 

[Spallanzani].  Malatesta  Baccio.  Spigolature  intorno  a  Lazzaro  Spal- 
lanzani.—  Estr.  dagli  Studi  letterari  e  morali,  di  Modena,  T.  II,  1888. 
Notizie  ed  osservazioni  sulla  vita  e  gli  studi  dello  Spallanzani,  con  alcune 
sue  lettere  inedite.  —  Delle  numerose  pubblicazioni  fatte  nell'occasione  delle 
feste  celebrate  a  Scandiano  Emilia  (ottobre  1888)  in  onore  del  celebre  natu- 
ralista, professore  a  Pavia,  noteremo  le  più  importanti  in  linea  storica  :  Cam- 
panini Naborre.  Storia  documentale  del  museo  di  Lazzaro  Spallanzani  (a 
Reggio  nell'Emilia).  Bologna,  Zanichelli.  —  Lo  stesso.  Lazzaro  Spallanzani. 
Viaggio  in  Oriente.  Torino,  Bona  (con  numerosi  documenti  e  6  tavole).  — 
Salimbeni  conte  Leonardo.  Prodromo  di  uno  studio  da  imprimersi  sui  lavori 
scientifici  di  L.  Spallanzani.  Modena,  Tip.  Soliani.  —  Jona  prof.  Alfredo  . 
I^a  collezione  monumentale  di  L.  Spallanzani  classificata  e  ordinata  secondo 
lo  stato  della  scienza  alla  fine  del  secolo  XVIII  ecc.  Reggio  Emilia ,  Tip. 
degli  Artigianelli.  —  Modena  a  Lazzaro  Spallanzani  (scritti  di  vari  autori). 
Modena,  Namias.  —  Jona  prof,  A.  Per  la  solenne  inaugurazione  del  monu- 
mento a  L.  Spallanzani  in  Scandiano.  Reggio  Emilia,  Tip.  degli  Artigianelli. 
—  Cottafaci  dottor  Y.  Due  lettere  inedite  di  L.  Spallanzani  dirette  a  G.  B. 
Contarelli,  in  L'Italia  Centrale,  22  ottobre  1888.  —  Campanini  Naborre. 
L.  Spallanzani,  Voltaire  e  Federico  il  Grande,  in  Rassegna  Emiliana,  N.  7, 
novembre  1888. 

Spinelli  A.  G.  Lettere  a  stampa  di  L.  A.  Muratori.  —  Roma  ,  Tip. 
Forzani  e  C,  1888,  in-8  gr.,  pag.  114. 
Forma  il  N.  5  del  Ballettino  dell'Istituto  storico  italiano.   Lavoro  pre- 
paratorio alla  pubblicazione  di  un  completo  Epistolario  Muratoriano,  a  cui 
attende  il  medesimo  Spinelli. 

Spinelli    A.    G.    Poesie  inedite  di  Galeotto   del  Carretto.    (Estr.   dal 
1°  voi.  degli  Atti  e  Memorie   della   Società  storica  savonese).   — 
Savona,  Tip.  D.  Bertolotto  e  C,  1888,  in-8  gr.,  pag.  65. 
A  pag,  29-35  due  componimenti  in  lode  di  Lodovico  il  Moro. 


1158  BIBLIOGRAFIA. 


Springer  A.  Der  neue  Kupferstich  nach  Leonardo  's  Abendmahl  voti 
R.  Stang.  —  In  Kunstchronik ,  di  Lipsia,  1888,  pag.  524  e  seg. 
Altro  articolo  sulla  medesima  incisione,  di  G.   Galland ,    in  Chronik  fiir 
rervielfàltlgende  Kunst,  1888,  N.  4. 

Sterza.  La  ragioneria  alla  Biblioteca  di  Brera.  —  In  Rimsta  di  ani- 
ministrazione  e  contabilità,  di  Como,  N.  8-9. 

Stiassny    R.    Altdeutsche    und   Altniederlànder    in    oberitalienischen 
Sammlungen.    —  In    Repertorium  fiir    Kunsticissenschaft ,    XI  , 
4  (1888). 
Cap.  I.  Venezia;  II,  Padova,  Cremona,  Bergamo;  III.  Milano. 

Strenna  piacentina.  Anno  XV,  1889.  —  Piacenza,  Tip.  F.  Solari  di 
Gregorio  Tononi,  in-16. 

Tononi  A.  G.  Memorie  dei  Piacentini  in  un  poema  del  secolo  XII  recen- 
temente scoperto.  [La  partecipazione  dei  Piacentini  alla  lotta  dei  Milanesi 
contro  il  Barbarossa,  secondo  le  Gesta  di  Federico  I  del  Monaci].  —  Na- 
salli  Giuseppe.  Un  antico  Podestà  di  Borgonuovo.  [Notizie  pel  Conte  Bel- 
trame Cristiani,  governatore  di  Lombardia]. 

Tamassia  G.  Longobardi,  Franchi  e  Chiesa  romana  fino  a'  tempi  di 
re  Liutprando.  —  Bologna,    Nicola   Zanichelli,    Tip.  edit.,  1888, 
in-8,  pag.  208. 
1.  Goti,  Franchi  e  Chiesa  romana.  —  2.  Prime  relazioni  longobardo-fran- 
che. Il  Papato  e  l'Impero.  —  3.  Spedizioni  merovingie  in  Italia.  —  4.  Loro 
esito  finale.  —  5.  L'arianesimo  longobardo.  —  6.  La  conversione  dei  longo- 
bardi e  lo  scisma  dei  tre  capitoli.  —  7.  La  legislazione  cattolica  longobarda.  — 
8.  Stato  e  Chiesa  nel  regno  longobardo. 

I  Tasso].  Gennari  Aldo.  La  prigione  del  Tasso.  —  In  La  Letteratura, 
di  Torino,  N.  16,  15  agosto  1888. 
—  Vedi  Piumati  e  Solerti. 

Tazzoli  Enrico.  Del  congresso  di  Genova,  1846  :  brani  di  un  mano- 
scritto inedito.  —  Bassano,  Tip.-lit.  Antonio  Roberti,  1888,  in-8,, 
pag.  24.  [Per  laurea  Fermo  Zanoni]. 

Torre  dottor  Giovanni.  I  precursori  di  Merlin  Coccai.  [A  proposito; 
del  libro  dello  Zannoni].  —  In  Conoersasioni  della  Domenica,, 
N.  28,  8  luglio  1888, 


BOLLETTINO    D!    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA.  1159 

Tozzi  G.  Toininaso.  Parini ,  Alfieri ,  Foscolo  (Confronti  e  ravvicina- 
menti). —  In  Emporio  pittoresco,  di  Milano,  N.  1261  e  seg., 
ottobre  1888. 

Valaer  Michael  (d/  phil).  Johann  von  Pianta.  Ein  Beitrag  znr  poli- 
tischen    Geschichte    Rhfitiens    im    XVI    Jahrhundert.    —    ZOrich , 
F.  Schulthess,  1888,  in-8  gr.,  pag.  X-118. 
Del  Pianta,  personaggio  che  interessa  la  Valtellina,  cfr.  quanto  s'è  detto 
nell'antecedente  fascicolo  {Boll,  bibl.,  1888,  pag.  429)  a  proposito   dell'  arti- 
colo del  Mayer. 

[Verdi],  t-esimple.  Giuseppe  Verdi.  —  In  Vom  Fcls  zum  Mecr^  fa- 
.scicolo  X  (1887-88). 

Villoresi  p.  Luigi  Maria,  Barnabita  [di  Monza,  1814-1883].  Cenni 
biografici.  —  In  Illustrazioni  Cattoliche.  Omaggio  pel  giubileo  di 
Leone  XIII.  Anno  III,  1888  (Roma),  pag.  298-300. 

[Virgilio].  Quintavalle  prof.  Ferruccio.  L'adulazione  in  Virgilio:  con- 
ferenza tenuta  il  giorno  29  gennaio  1888  nella  sala  della  Società 
filarmonica  in  Ascoli  Piceno.  —  Mantova,  Tip.  di  Bortoli  Enrico, 
1888,  pag.  33  ,  in-8. 
Annotiamo  inoltre:  Friedrich  J.  Die  Didodramen  des  Dolce,  Jodelle  und 
Marlove  in  ihrem  Verhaltniss  za  einander  und  zu  Vergil  's  Aeneas.  [Pro- 
gramma della  Studìenansialt  di  Kempten,  1888,  pag.  60,  in-8J.  —  Gehlen  Joh. 
De  Juvenale  Vergilii  imitatore.  [Diss.  inaugurale  di  Erlangen,  pag.  44,  in-8]. 
—  Giorgi.  Frammento  Vaticano  delle  Georgiche  di  Virgilio.  L'Eneide  di  Vir- 
gilio dal  Codice  Vaticano  3867.  [In  Archiolo  Paleografico  italiano,  di  Roma, 
voi.  II,  fase,  2,  1888].  —  Haeberlin.  Quaestiones  Vergilianae.  [In  Philologus, 
N.  Folge,  1,2].  —  Jaconianni  Luca.  Il  Caronte  di  Dante  paragonato  col 
Caronte  di  Virgilio  e  con  quello  di  un  altro  autore  moderno.  Saggio  di  studio 
critico  per  le  scuole,  e  facile  ad  essere  capito  anche  da  coloro  che  non  co- 
noscon  il  latino.  (Firenze,  Tip.  deH'ylr^e  della  Stampa,  1888,  in-8,  pag.  30).  — 
B leppi  prof.  Ant.  Lo  scudo  di  Enea  di  Vergilio  con  alcuni  riscontri  con  lo 
scudo  d'Achille  di  Omero  e  con  quello  d' Ercole  d*  Esiodo.  Dissertazione. 
(Reggio  Calabria,  1888).  —  Rostagno  H.  Vergilius  quae  rom.  esempla  secutus 
sit  in  Georgieis.  (Firenze,  Barbèra,  1888,  pag.  115,  in-16).  —  Serinerius  P.  I. 
Ad  VergiUi  Aen.  VI,  664.  [In  Mnemosyne ,  N,  Serie,  voi.  XVI,  par.  IV]. 

Virgilio.  Vedi  Cocchia  ,  Sabbadìni  e  Sorrentino. 

VulUemin  Charles.  Manzoni,  et  son  oeuvre  comma  patriota.  —  In  Bi- 
bliothèque  unioerselle ,  di  Losanna,  luglio  1888. 


1160 


BIBLIOGRAFIA. 


"Wagner.  Studien  zu  einer  Lehre   von  der   Geheimschrift. 
chioalische  Zeitschrlft ,  1887,  XII. 
Accenno  alle  opere  di  Abramo  Colorai,  un  ebreo  mantovano. 


In  Ar- 


Winckels  (de)  F.  G.  Foscolo,  Go3the  e  Mùller,  —  U.  Foscolo,  l'Ortis 
ed  il  Werther.  —  In  Coneersasioni  della  Domenica^  N.  28  e  47, 1888. 

Wolfflin.  Nachtràgliches  zur  Rettung  Scipios  am  Tessin.  —  In  Her- 
mes ,  H.  3  (1888). 
Nel  precedente  articolo  (cfr.  Boll.,  1888,  pag.  442)  il  Wolfflin  proclamava 
inesatta  la  notizia  che  Scipione  dovesse  la  propria  salvezza  esclusivamente 
al  figlio.  —  Ora  aggiunge  che  fu  salvo  per  opera  de'  suoi  schiavi.  Compara 
i  passi  relativi  alla  battaglia  della  Trebbia  in  Plinio  (Hist.  nat.,  16,  14)  ed  in 
Appiano  (Hannib.,  7)  col  combattimento  al  fiume  Ticino. 


Zaccovich    Gaspare.    Cesare  Arici  :  della  vita  e  delle  opere, 
dova,  Stab.  tip.  Prosperini ,  1888^  in-8  ,  pag.  48. 
Per  nozze  Caratti-Rinaldini  Arici. 


Pa- 


Zerbini  Elia.  Di  Guidotto  Prestinari  (poeta  bergamasco  del  XV  secolo). 
—  In  Giornale  storico  della  letteratura  italiana,  fase.  33,  1888. 

Zernitz  prof.  Antonio.  Saggi  di  una  biografìa  di  Ugo  Foscolo,  tratt 
dalla  sua  corrispondenza  epistolare.  —  Capodistria,  Tip.  Cobol  é^ 
Priora,  1888,  pag.  39,  in-8. 
Estr.  dal  Programma  dell'  I.  R.  Ginnasio  superiore  di  Capodistria. 

Zuradelli  dott.  Crisanto.  Le  torri  di  Pavia,  con  prefazione  di  Carlo 
Magenta.  —  Pavia,  Tip.  Fratelli  Fusi,  1888,  in-8,  pag.  XV-252, 
con  sedici  tavole. 
1.  Delle  torri   in   generale.  —  2.  Delle   torri    di    Pavia  in   particolare.  — 
3.  Torre  della  città.  —  4.  Torri  speciali  artistiche,  —  5.  Campanili.  —  6.  Rias- 
sunto conclusionale  dell'  opera. 


ELENCO 

dei  Libri  e  Pubblicazioni  giunte  in  dono   alla  Biblioteca  sociale 
dopo  il  lo   Giugno  188S. 


Alberti  Gioachimo.  Raccolta  storica.  Antichità  di  Bormio.  —  Pubblicazione 
della  Società  Storica  Comense.  —  Como,  Ostinelli,  1888  (dono  della  So- 
cietìi  Storica  Comense). 

Ancona  Amilcare.  Il  ripostiglio  di  S.  Zeno  in  Verona,  città.  —  Estratto  dalla 
Rie.  Num.,  anno  I,  fase.  II,  1888.  —  Milano,  Cogliati,  1888  (d.  dell'A.). 

Atti  della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Torino ,  pubblicati  dagli  Accade- 
mici Segretari  delle  due  classi.  —  Voi.  XXIII,  Disp.  1-12,  1887-88.  — 
Torino,  Loescher  (cambio  della  S.). 

Beltrami  arch.  Luca.  Elementi  architettonici  e  decorativi  componenti  la 
Facciata  del  Duomo  di  Milano.  —  Milano,  mdccclxxxvui,  (d.  dell'A.). 

—  —  Il  cimitero  monumentale  di  Milano.  Guida  artistica  illustrata.  —  Mi- 

lano, Stabilimento  V.  Turati,  1889  (d.  dell'A.). 

Brambilla  Camillo.  Tremisse  inedito  al  nome  di  Desiderio  re  dei  Longo- 
bardi. —  Pavia,  premiata  Tipografia  Fratelli  Fusi,  1888  (d.  dell'A.). 

BuLLETTiNO  della  Commissione  archeologica  comunale  di  Roma.  —  Serie  II 
e  III,  1881-88.  —  Roma,  Tip.  R.  Acc.  Lincei  (cambio  della  S.). 

Caffi  M.  —  V.  Cesarotti. 

Calvi  Felice.  Versi.  —  Milano,  Vallardi,  1888  (d.  dell'A). 

Cantò  Cesare.  Storia  Universale.  Decima  edizione  interamente  riveduta 
dall'  autore  e  portata  sino  agli  ultimi  eventi.  —  Tomo  VII.  —  Unione 
tip.-ed.  torinese,  1888  (d.  dell'A.). 

Carnevali  avv.  Luigi.  Una  pagina  della  Storia  del  Diritto  penale.  La  tor- 
tura a  Mantova.  —  Estratto  dagli  Atti  della  i?.  Acc.  Virgiliana.  — 
Mantova,  Mondovi,  1888  (d.  dell'A.). 

—  —  L'  eredità  di  Marcello    Donati  ed  il  Monte   di    Pietà  in  Mantova.    — 

Estratto   Rie  della  Ben.  pubblica  ^  ecc.  Anno  XIV,  maggio,  1888.  — 
Roma,  Stabilimento  tip.  ital.  Perelii,  1888  (d.  dell'A.). 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XV.  62 


1162  ELENCO    DEI    LIBRI    E    PUBBLICAZIONI 

Carotti  Giulio.  11  Duomo  di  Milano  e  la  sua  Facciata.  Con  illustrazioni.  — 
Milano,  Tip.  Bortolotti  di  Giuseppe  Prato,  ed.,  1888  (d.  dell'  Editore). 

—  —  Passeggiate  nella  Magna  Grecia,   —    Milano ,  Tip.  Bortolotti  di  Giu- 

seppe Prato,  ed.,  1888  (d.  dell'  Editore). 

Carpi  Leonardo.  Cesare  Correnti.  Note  storico-biografiche.  —  Estratto  dal- 
l' opera  del  Risorgimento  Italiano j,  Voi.  IV.  —  Milano,  Francesco  Val- 
lardi,  1888  (d.  dell' A.). 

Ces  V  Bianchi  Paolo.  Tipi  e  studi  di  monumenti  ad  illustrazione  della  relazione 
unita  ai  progetti  presentati  al  concorso  di  secondo  grado  per  la  nuova 
Facciata  del  Duomo  di  Milano.  —  Milano,  Saldini,  1888  (d.  dell'A.). 

—  —    Alcune  considerazioni  unite  ai  progetti    presentati  al  concorso  di  se- 

condo grado  per  la  nuova  Facciata  del  Duomo  di  Milano.  —  Milano  , 
Pirola,  1888  (d.  dell'A.). 

Cesarotji  Melchiorre.  Poesia  giocosa  in  dialetto  padovano,  inedita,  pub- 
blicata da  Michele  Caffi.  —  Venezia,  Visentini,  1888  (d.  del  socio  Caffi). 

Chronica  :  Ignoti  Monachi  cisterciensis  S.  Marise  de  Ferrarla  chronica  et 
Ryccardi  de  Sancto  Germano  chronica  priora ,  repperit  in  codice  ms. 
bononiensi  atque  nunc  primum  edidit  Augustus  Gaudenzi  adiectis  ejus- 
dum  Ryccardi  chronicis  posterioribus  ex  editore  Georgii  Pertsii.  —  Nea- 
poli,  ex  Regio  Typographo  Francisci  Giannini  &  Fil. ,  Mdccclxxxviii  (d. 
della  S.  Napoletana  di  St.  P.). 

Comune  di  Milano.  Regolamento  pel  Museo  del  Risorgimento  italiano,  appro- 
vato dalla  Giunta  Municipale  in  seduta  del  4  giugno  1888.  —  Atti  mu- 
nicipali, N.  40528-823,  Pres.  —  Milano,  Manini,  1888  (d.  del  Comune.). 

Conti  Augusto.  Memoria  documentata  suU'  operato  dell'  Associazione  Na- 
zionale di  Soccorso  ai  Missionari  cattolici  italiani.  Settembre,  1888.  — 
Firenze,  Cellini,  1888  (d.  dell' A.\ 

D'Ancona  A.  e  Medin  A.  Rime  storiche  del  secolo  XV.  —  Estratto  dal 
Bulleit.  dell' Ist.  St.  It.,  N.  6,  —  Roma,  Forzani,  1888  (d.  degli  A.). 

Davari  Stefano.  I  Palazzi  dell'  antico  Comune  di  Mantova  e  gli  incendi 
da  essi  subiti.  —  Estratto  dagli  Atti  della  R.  Acc.  Virgiliana.  —  Man- 
tova, Mondovi,  1888  (d.  dell'A.). 

Deputazione  di  Storia  Patria,  Modena.  Monumenti  di  Storia  Patria  delle 
Provincie  Modenesi,  Voi.  XV.  Cronache  Modenesi  di  Alessandro  Tas- 
soni, di  Giovanni  da  Bassano  e  di  Bonifazio  Morano,  pubblicate  a  cura 
di  L.  Vischi,  T.  Sandonnini  e  O.  Raselli.  —  Modena,  Soc.  Tip.,  1888 
(d.  della  D.). 

Filippi  Giovanni.  L'  arte  dei  Mercanti  di  Calimala  in  Firenze,  ed  il  suo  più 
antico  Statuto.  —  Torino,  Bocca,  1889  (d.  degli  Editori). 

Forcella  Vincenzo.  Iscrizioni  delle  Chiese  e  degli  altri  Edifici  di  Milano, 
dal  secolo  Vili  ai  giorni  nostri ,  raccolte  da  Vincenzo  Forcella  per 
cura  della  Società  Storica  Lombarda.  —  Milano ,  Tip.  Bortolotti  di 
Giuseppe  Prato,  editrice,  1889. 

Fournier  dott.  AuGUST.  Eine  amtliche  Handlungsreise  nach  Italien  im 
Jahre,  1754.  —  Ein  neuer  Beitrag  zur  Geschichte  der  òsterreichischen 
commercialpolitik.   —  Wien,  Terapsky,  1888  (d.  dell'A.). 


GIUNTE    IN    DONO    ALLA    BIBLIOTECA    SOCIALE.  1163 

GiODA  dott.  Carlo,  Giudizi  della  stampa  suU'  opera  Girolamo  Morone  t  i 
suoi  tempi.  Studio  storico.  —  Torino,  Paravia,  1888  (d.  dell'A.). 

Gnecchi  Ercole.  Documenti  inediti  della  zecca  di  Correggio.  —  Estratto 
Rie.  It.,  N,  1-2.  —  Milano,  Cogliati,  1888  (d.  dell'A.). 

Gnbcchi  Francesco.  Appunti  di  numismatica  romana  —  Estratto  Rie.  It. 
Num.,  N.  1-2.  —  Milano,  Cogliati,  1888  (d.  dell'A.). 

GozzADim  Giovanni.  Inaugurazione  del  busto  di  Giovanni  Gozzadini.  —  Bo- 
logna, Azzoguidi,  1888. 

Jachino  Giovanni.  Il  libro  della  Croce.  Studi  ed  analisi  con  appendice 
intomo  ad  alcune  Leggende  alessandrine.  —  Alessandria,  Tip.  Jac- 
quemod,  1888. 

Jahrbuch.  Fur  Schweizerische  Geschichte  herausgegeben  auf  Veranstaltung, 
der  allgemeinen  geschichtforschenden  Gesellschaft  der  Schweiz.  Drei- 
zehuter  Band.    -  Zùrich,  S.  Hòhr  1888  (cambio  della  Società^ 

LoERSCH  Hugo.  Zur  Erinnerung  an  Alfred  von  Reumont.  —  Aachen 
Kaatzer,  1888  (d.  dell'A). 

Massarani  Tullo.  Lettres  de  Renan,  Plon,  Berthelot,  Bardoux,  Delaborde, 
Claretie,  Am,  Roux,  Duruy,  J.  Simon  à  M.""  Tullo  Massarani,  précédées 
d'  une  lettre  du  mème  à  M.'  le  Directeur  de  la  Recue  Internationale.  — 
Extrait  de  la  Recue  Int.,  Voi.  XVIII-1  et  2.  —  Rome,  Forzani,  1888 
(d.  dell'A.). 

—  —  À  mes  amis  de  France.  —  Extrait  de  la  Recue  Int.,  Voi.  XVII-6.  — 

Rome,  Forzani,  1888  (d.  dell'A.). 

*-  —  Sulla  conservazione  dei  monumenti  e  degli  oggetti  d'  arte  e  d'  anti- 
chità (Parole  dette  in  Senato  da  T.  Massarani  e  da  altri  oratori).  — 
Roma,  Forzani,  1888  (d.  dell'A.). 

Cipro  antica  e  moderna.  —  Estratto  dalla  N.  Antologia,  III-xiv.  — 

—  Roma,  Stab,  del  Fibreno,  1888  (d.  dell'A.). 

Medin  a.  Frammento  di  Serventese  in  lòde  di  Cangrande  I  della  Scala.  — 

—  Estratto  àdiìVArch.  Veneto,  Tomo  XXXV,  Parte  II.  —  Venezia,  1888 
(d.  dell'A). 

MisEROCGHi  Tito.  La  provincia  di  Ravenna.  Nozioni  topograflco-storiche.  — 
Milano,  Paravia,  1888  (d.  dell'A.), 

—  —  Città  e  Comune  di  Ravenna.  Nozioni  topograflco-storiche.  —  Milano, 

Paravia,  1888  (d.  dell'A.). 

MoLiNARi  Dott.  Francesco.  Statuti  della  terra  del  comune  della  Mirandola 
e  della  Corte  di  Quarantola,  riformati  nel  MCCCLXXXVI,  voltati  dal 
latino  nell'italiana  favella.  —  Mirandola,  Cagarelli,  1888  (d.  dell'A.). 

Motta  Emilio.  Spigolature  d'  Archivio  per  la  Storia  di  Venezia  nella  se- 
conda metà  del  quattrocento.  (  Dall'Arc/ifcio  di  Stato  Milanese).  — 
Estratto  Arch.   Veneto,  XXXVI-1.  —  Venezia,  1888  (d.  dell'A.). 

Documenti   milanesi    intomo  a   Paolo  II  e  al   Cardinale    Riario.    — 

Roma,  S.  St.  p.  Romana,  1888. 

—  —  Gli  Zecchieri  di  Milano  nel  1479.  —  Estratto  dalla  Rie  It.  Num.,  1-2.  — 

Milano,  Cogliati,  1888  (d.  dell'A.). 


1164       ELENCO    DEI    LIBRI    E    PUBBLICAZIONI    GIUNTE    IN    DONO,    ECC. 


Motta  Emilio.  Il  tipografo  Dionigi  da  Parravicino  a  Cremona.  —  Estratto 
dal  periodico  della  Soc.  Comense,  VI,  —  Como,  Ostinelli,  1888  (d.  dell'A.) 

Municipio  di  Milano.  Atti  del  Municipio  di  Milano ,  annata  1887-88.  — 
Milano,  1888  (d,  del  M.). 

—  —  Allegati.  —  V.  sopra. 

—  —  Dati  statistici  a  corredo   del    resoconto  dell'  Amministrazione    comu- 

nale nel  1887.  —  Milano ,  Tip.  Bernardoni  di  Rebeschini ,  1888  (d.  del 

Municipio). 
PusTERLA  Gedeone.  S.  Nazario  protovescovo  di  Capo  d'  Istria.  —  Memorie 

storiche  con  note  e  cronologie.  Seconda  ediz.  riv.  e  corr.  -  Capo  d'Istria 

Cobol  e  Priora,  1888  (d.  dell'A.}. 
Rapisardi  Francesco.  La  guida  del  galantuomo.  Seconda  edizione  corretta 

e  ampliata  dall'A.  —  Firenze,  Paravia,  1888  (d.  dell'A,). 
Rassegna  Emiliana   di    storia,  letteratura   ed    arte.  Direttori  G.  Marradi  e 

A.  Venturi.  —  Modena,  1888,  fase.  I-V  (cambio  della  Società). 
Riccardi  Alessandro.  Le  località  e  territori  di  S.  Colombano  al  Lambro,  — 

Pavia,  Bizzoni,  1888  (d,  dell'A.). 

—  —  Sommario  di  nuovi  dati  storico-geografici  sulle    località  e  territori  di 

S.  Colombano  al  Lambro  e  vicinanze.  (In  aggiunta  al  volume  su  S.  Co- 
lombano e  vicinanze).  —  Lodi,  Quirico  e  Camagni,  1888  (d.  dell'A.). 

Roberti  Giuseppe.  I  primi  anni  della  Compagnia  Reale  Sarda.  —  Estratto 
dalla  Rivista  contemporanea.  —  Firenze,  1888  (d.  dell'A.). 

Rossi  Luigi.  Gli  scrittori  politici  bolognesi.  Contributo  alla  Storia  univer- 
sale della  scienza  politica.  —  Bologna,  Soc.  tip.  già  Compositori,  1888 
(d.  dell'A.). 

Rossi  Vittorio.  Per  finirla.  —  Milano,  Tip.  Galli  e  Raimondi,   (d.  dell'A. \ 

Sangiorgio  Gaetano.  Gli  ambasciatori  di  Lodovico  il  Moro  e  Bianca  Maria 
in  Germania.  Recensione.  —  Torino,  Bocca,  1888  (d.  dell'A.). 

Smithonian  Institution.  Annual  Reporfc  of  the  United  States  National  Mu- 
seum.  Mi,  1885,  Parte  II.  —  Washinghton ,  Gov,  Print.  Off.,  1886 
(d.  dell'  Ist.  Smith.). 

Sommi  Picenardi  Guido.  Esumazione  e  ricognizione  delle  ceneri  dei  Prin- 
cipi Medicei,  fatta  nell'anno  1857.  —  Estratto  dall'Are/i.  St.  It. ,  — 
Firenze,  Cellini,  1888  (d.  dell'A.). 

Statuti  di  Mirandola.  —  V.  MoUnari. 

Travali  dott.  Giuseppe.  Un  inventario  di  libri  del  secolo  XV.  —  Palermo  , 
Davy,  1888  (d.  dell'A.). 

ZiCARi  Luigi.  Il  monumento  ad  Ugo  Foscolo  in  Santa  Croce.  —  Roma , 
Tip.  Aldina,  1888. 

Milano,  20  dicembre  1888. 

Il  Bibliotecario 
Dott.  Giulio  Carotti. 


INDICE 


MEMORIE 


PAG. 


Sommi  Picenardi  Guido.    Le    Commende    e   i  Commendatori    di 

S.  Giovanni   di  Cremona  e  di    S.  Giovanni   di  Persichello  5 

Intra  Gio.  Battista.  Il  Castello  di  Goito 23 

C,  C.  Diarj  di  Marin  Sanudo 49 

Calvi  Felice.    Il  poeta    Giambattista  Martelli  e  le  battaglie  fra 

classici  e  romantici 69 

Frati  Lodovico.    La  contesa   fra   Matteo  Visconti  e  Papa   Gio- 
vanni XXII  secondo  i  documenti  dell'Archivio  Vaticano     .       241 
Bertolotti  Antonio.  Le  Arti  minori  alla  Corte  di  Mantova  nei 

secoli  XV,  XVI  e  XVII Pag.  259,  491,  980 

Cantù  Cesare.  Gli  Sforza  e   Carlo  VIII 319 

Caffi  Michele.  L'  antica  Badia  di  S.  Celso  in  Milano  ....       350 
Intra  Gio.  Battista.  La  Reggia  Mantovana  sotto  la  prima  do- 
minazione austriaca 473 

De   Castro   Giovanni.    La    Restaurazione    Austriaca    in    Milano 

(1814-1817)      ....'. Pag.  591,  905 

Rotta  Paolo.  Cenni  storici  illustrativi  della  Chiesetta  di  S.  Na- 

zaro  Pietrasanta  in  Milano 1076 

VARIETÀ  : 

NovATi  Francesco.  Di  un  Codice  sforzesco  di  Falconeria       .     .  88 

Motta  Emilio.  Suicidi  nel  quattrocento  e  nel  cinquecento     .     .  96 
Ghinzoni  Pietro.    Usi  e  costumi  nuziali  principeschi.  Gerolamo 

Riario  e  Caterina  Sforza  (1473) 101 

Feltrami  Luca.  Il  pavimento  del  Duomo  di  Milano      ....  112 

Beltrami  Luca.  L'Arco  dei  Fabbri,  antica  Pusterla  di  Milano    .  372 


1166  I  N'  D  I  e  E  . 

Pag. 

Motta  Emilio.  Per  la  storia  dei  Fonditori  di  campane  in  Lom- 
bardia   379 

Monaco  di  Riviera  e  i  Duchi  di  Milano 659 

Frati  Lodovico.    Di    alcuni    Scolari    milanesi   all'  Università    di 

Bologna  nel  1564 665 

Beltrami  Luca.  Francesco  Maria  Richino  autore  di  un  progetto 

per  la  Facciata  del  Duomo  di  Milano,  rimasto  sconosciuto       670 

Processo  Romagnosi 678 

Caffi    Michele.    Di    alcuni   Artisti    Cremonesi    e    specialmente 

maestri  di  legname  nei  secoli  XV  e  XVI 1087 

Beltrami  Luca.  La  Torre  del  Filarete  nella  fronte  del  Castello 

di  Porta  Giova  verso  la  città 1098 

BIBLIOGRAFIA  : 

TocLER  A.  Das  Spruchgedicht  des  Girard  Pateg.  Aus  den  Ab- 
handlungen  der  preuss.  h.  Akad.  der  Wiss.  zu  Berlin  vom 

Jahre  1886   (pag.  74,  in-4).  —  F.  N 116 

BoDE  Wilhelm.  Italienische  Bildhauer  der  Renaissance.  —  Stu- 
dien  zur  Geschichte  der  Italienischen  Plastik  und  Malerei 
auf  Grund  der  Bildwerke  und  Gemàlde  in  den  k.  Museen 
zu  Berlin.  —  Berlin,  W.  Spemann,  1887.  ~  G.  Garetti  .  121 
Belgioioso  Emilio.  Guida  del  Famedio  nel  Cimitero  Monumen- 
tale di  Milano.  —  Milano,  G.  Galli,  1888.  —  B.  Prina  ,  139 
De  Castro  Giovanni.  Milano  nel  settecento,  giusta  le  poesie,  le 
caricature  e  altre  testimonianze  dei  tempi.  —  Milano,  Du- 

molard,  1887.  —  B.  Prina 143 

Commentar]  dell'Ateneo  di  Brescia.  —  Brescia,  1885.  —  C.  .  146 
LocHis  C.  Un  Patrizio  bergamasco  conte  palatino  e  colonnello. 

—    Bergamo,  1888.  —  C 147 

GioDA  C.  Girolamo  Morene  e  i  suoi  tempi.  —  Torino,  1887.  —  C.  148 
Giovio  Benedetto.  Opere  scelte.  —  Como,  Ostinelli,  1887.  —  T.  149 
Bernasconi  Baldassare.  Settanta  documenti  relativi  a  S.  Fedele 

in  Como.  —  Como,  Cavalieri  e  Bazzi ,  1887.  —  T.      .     .       149 

Barelli.  Penna.  —  Como,  Ostinelli,  1888.  —  T 149 

Gnoli  Domenico.  Archivio  storico  dell'Arte.  —  Roma ,  Pasqua- 
lucci,  18S8.  —  G.  C.     . 151 

Gabotto  F.    Giason  Del  Maino  e  gli   scandali    universitari    del 

quattrocento.  —  Torino,  1888.  —  Vittorio  Rossi  .  .  .  382 
Mazzi  A.  Studi  Bergomensi.  —  Bergamo,  Pagnoncelli,  1888.  —  C.  401^ 
Beretta  L.  e  Belgrano  L.  T.    Secondo    Registro   della    Curia 

Ai^civescovile  di  Genova.  —  Genova,  1887.  —  C.     .     .     .       40c 


INDICE,  1167 

Pag. 

Beltrami  L.  Aristotile  da  Bologna.  —  Milano,  1887.  —  C.  .  403 
Manuale  della  Provincia  di  Como.  —  Como,  Ostinelli,  1888.  —  X,  404 
Berenzi  Angelo.    Storia    di   Pontevico.    —  Cremona ,   Manini , 

1888.   —  X 406 

LuMBRoso  Giacomo.    L' «  Itinerarium  »    del  Petrarca.  —  Roma, 

1888.  —  E.  M 407 

Saviotti  Alfredo.    Pandolfo  Collenuccio   umanista  pesarese  del 

secolo  XV.  —  Pisa,  Nistri,  1888.  —  E.  M.     .     .'    .     .     .       409 
Calvi  Felice.  Bianca  Maria  Sforza  Visconti,  regina  dei  Romani 

imperatrice    germanica ,  e  gli  Ambasciatori  di  Lodovico  il 

Moro  alla  Corte  Cesarea.    —    Milano,  Vallardi ,  1888.  — 

G.  Garetti ' 411 

La  beneficenza  e  i  benefattori  della  Congregazione  di  Carità  di 

Milano.  —  Milano,  Civelli,  1888.  —  G.  Garetti    ....       413 
Mariejol  I.  H.    Un   lettre    italien  à  la  cour  d' Espagne    (1488- 

1526).  —  Pierre  Martyr  d'Anghera.  —    Paris,  Hachette , 

1888.  —  E.  M.     .     . (1)  881 

Campori  G.  e  Solerti  A.  Luigi,  Lucrezia  e  Leonora  d'  Este.  — 

Torino,  Loescher ,  1888.  —  L.  F 884 

L\  Mantia.   Cenni  storici  sulle  fonti  del  diritto  greco-romano  , 

le  Assise  e  Leggi  dei  Re  di  Sicilia.  —  Napoli,  1887    .     .       887 
Von  Oettixgen  Dott.  Volpano.  Ueber  das  Leben  und  die  Werke 

des  Antonio  Averlino  gennant  Filarete.  —  Leipzig,  1888.  — 

G.  Garetti     . 1107 

Venturi  Adolfo.  Gian  Cristoforo  Romano.  —    Roma,  1888.  — 

G.  Garetti 1110 

Riccardi  Alessandro.  La  località  e  territorio  di  San  Colombano 

al  Lambro.  —  Pavia,  1888 1113 

jAcmNo  Giovanni.  Il  libro  della  Croce.  —  Alessandria,  1888     .     1115 
ZoNGHi  Mons.  Aurelio.  Repertorio  dell'  antico  Archivio  di  Fano. 

—  Fano,  1888 IH? 

Beltrami  Arch.  Luca.  Per  la  storia  della  navigazione  nel  terri- 
torio milanese.  —  Milano,  1888 1118 

Divi  Ludovici  marchionis  Mantuce  Somnium.  —  Mantova,  1887. 

—  Una  cena  a  Mantova  nel  secolo  XV.  —  Mantova,  1888     1118 

Bollettino  di  Bibliografia  Storica  Lobibard.\.  —  Dicembre  1887 

al  Dicembre  1888 Pag.  153,  415,  1119 

(1)  In  luogo  di  881  dovevasi  stampare  681,  che  per  errore  tipografico,  fu  conti- 
nuato sino  alla  fine  del  Volume. 


1168  INDICE. 


APPUNTI  E  NOTIZIE: 

Archeologia  —  Museo  artistico  di  Milano  —  Doni  al  Gabinetto  numismatico  — 
Artisti  Lombardi  a  Jesi  —  Giovanni  di  Maestro  Ugolino  da  Milano  —  Data 
della  morte  di  Gaudenzio  Ferrari  e  di  Pellegrino  Pellegrini  —  Tipografi 
Lombardi  a  Perugia  —  Gena  e  rappresentazione  data  dal  cardinale  Gonzaga 
—  Per  Bartolomeo  Platina  —  Isabella  d' Este  marchesa  di  Mantova  —  Anna 
Gonzaga  e  la  Fronda  —  Manoscritti  lombardi  a  Berlino  —  L' Archivio  di 
Stato  Lombardo  —  Archivio  Bertani  —  Società  Storica  di  Savona  —  Le 
Moyen  àge  —  Concorsi  a  premi  del  R.  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere. 

Pag.  189 

Museo  archeologico  di  Milano  —  Medagliere  di  Casa  Savoia  donato  alia  città 
di  Milano  —  Le  collezioni  dei  Medici  —  Un  Medico  bergamasco  a  Napoli 
nel  1392,  e  Dentisti  lombardi  a  Roma  nel  secolo  scorso  —  Un  Poeta  cremo- 
nese Cancelliere  a  Ragusa  —  Ancora  della  Famiglia  Moroni  —  Statuti  di 
Milano  —  Documenti  spagnuoli  —  Lettera  di  Ugo  Foscolo  —  R.  Deputazione 
di  Storia  Patria  per  le  antiche  Provincie  e  la  Lombardia  —  Quarto  Con- 
gresso storico  italiano  —  Concorsi  a  premi  —  Necrologio.  Pag.  444 

Archeologia  —  Epigrafia  —  Il  palazzo  Botta-Adorno  di  Pavia  —  Un  inventario 
di  libri  del  secolo  XV  —  Attestato  dì  morte  di  Franchino  Gaffurio  —  L'  Ar- 
chivio della  Società  Romana  —  Panfilo  Castaldi  —  Munumento  nazionale  a 
Cristoforo  Colombo  —  Battaglia  di  Pavia ,  1525  —  Il  Principe  Eugenio  di 
Savola  e  il  Governatore  di  Milano  —  Ugo  Basseville  —  Dono  alla  Biblioteca 
Ambrosiana  —  Il  Padre  Alfieri  —  Necrologio.  Pag.   891 

Necrologie.  —  Giuseppe  Mongeri.    —    E.  V.  V 201 

Francesco   Galantine.    —    L.  B 459 

Atti  della  Società  Storica  Lombarda.  —  Elenco  dei  Soci  .     .  220 

Adunanza   Generale  dell'otto  gennaio  1888 224 

Nuovo  Statuto  Organico 226 

Adunanza  Generale  del  26  febbraio  1888 233 

Relazione  sull'  operato  della    Società    Storica    Lombarda  nel 

1887 235 

Adunanza  Generale  del  13  maggio  1888 463 

Elenco  dei  libri  e  pubblicazioni  giunte  in  dono   alla  Biblioteca 

Sociale  dal  15  dicembre  1887  al  15  dicembre  1888  .     465,  1161 


Elenco  dei   libri   legati   alla   Società    Storica   Lombarda    dal    defunto 
prof.  cav.  Giuseppe  Mongeri. 


TìpograOa  BorloloUi  di  Giuseppe  Prato.  Giovanni  Brincia,  responsabile. 

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