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AT THE
UNIVERSITY OF
TORONTO PRESS
ARCHIVIO STORICO LOMBARDO.
ARCHIVIO STORICO
LOMBARDO.
GIORNALE
SOCIETÀ STOBICA LOMBAEDA
SERIE SECONDA.
VOLUME _31 - jLKrV'O JL\r . , \ \^
4887C7
l^.to. 40^
MILANO
SEDE LIBRERIA
DELLA SOCIETÀ FRATELLI DUMOLARD
Borgo Nuovo, H. Corso Vittorio Em. , ?1.
1888
ietà letteraria
3 riservata a
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Milano, 18S8. — Tipografa BortolotU di Giviseppo Prato.
4
LE COMMENDE E I COMMENDATORI
n S. GIOVANNI DI CREMONA E DI S. GIOVANNI DI PERSICHELLO.
Fra le tante istituzioni e i tanti edifici che nel secolo attuale
sono spariti in Cremona, non vanno dimenticate le due Commende
dell'Ordine Gerosolimitano che erano nella città e provincia nostra,
quella, cioè, di S. Giovanni di Cremona e l'altra di S. Giovanni
di Persichello. Nelle scarse notizie, abbiamo raccolte queste, che
presentiamo agli studiosi delle patrie memorie, non reputandole
indegne di ricordo oggi che quell'antica e gloriosa Istituzione
cavalleresca va ritemprandosi nelle opere vivificatrici della be-
neficenza e del patriotismo.
Cremona non fu al certo tra le ultime città che accolsero i
Cavalieri di San Giovanni, dacché il 15 marzo 1151, ai tempi
gran maestro Raimondo Du Puy (circa quarant'anni dopo che
l'Ordine era stato fondato) (1), Oberto, nostro vescovo, con atto
del notaio Genivolta, concesse allo Spedale di Gerusalemme (come
era anche chiamato l' Ordine stesso) , in persona del suo procu-
ratore Lantelmo , priore dello Spedale di Genova e figliuolo di
Ottone conte di Lomello , tutto ciò che apparteneva all' ospizio
di S. Michele, situato in Cremona nel borgo di questo nome e
già dato dal vescovo Arnolfo ai coniugi Romano e Angelberga
sino dal 1074, come si ha da un atto del Civico Museo di Cre-
(1) E non solamente nel 1331, come scrive I'Agosti nella sua Storia Ec-
clesiastica.
6 LE COMMENDE E I COMMENDATORI.
mona (1). Questo spedale era posto accanto alla chiesa detta oggi
di S. Michel Vecchio. La concessione del vescovo Oberto era però
vincolata ad alcuni patti, fra i quali : che l'ospizio di S. Michele
semper remaneat hospilale ; che ogni anno, nella domenica delle
palme e in quella dell'ulivo, si pagassero al Vescovo, a titolo di
censo, soldi quattro di buoni denari milanesi vecchi (2) ; che i
cavalieri non kabeant ibi ullam ecclesiam aut altare aliquod, et
nunquam ecclesia et altare aliquod ibi idificetur nel habeatur per
ipsum hospitale de Saneto Michaele , nisi fuerit factum in con-
cordia episcopii Cremonca ; e che finalmente in detto spedale in-
ierdicta obsercentur ita sicut in aliis ecclesiis Cremonce. A questa
concessione furono presenti Alberico Ermizoni, Ottone Saettachie-
rico ed Enrico Mastali , consoli di Cremona (3).
Più tardi, in luogo di questo spedale, e non ostante le condi-
zioni della donazione del vescovo Oberto, troviamo non solo la
casa commendale, ma altresì la chiesa di S. Giovanni; e infatti
già in un atto del 1476 Giacomo Antonio Della Torre intitolavasi
eques hierosolimitanus preeeptoricc et ecclesia' S. Johannis liie-
rosohjmitani Cremona:. La chiesa e la casa sparirono. La seconda
nulla presentava di interessante, meno alcune buone sculture nella
porta; la prima, conosciuta in città sotto il nome di S. Giovanni
Vecchio, aveva esternamente, al dire del Picenardi (4), alcuni buoni
ornamenti in terra cotta rappresentanti figure, e internamente il
sepolcro di Giovanni Gaspare della Torre coll'anno 1475 e quelli
del conte Uberto Gambara e del cavaliere Francesco Koncadelli
morto nel 1633, de' quali leggonsi le iscrizioni nel Vairani (5).
(1) Repertorio Diplomatico Cremonese. — Cremona, 1S78.
(2) Circa due once e due quinti d'oncia d'argento.
(3) Repertorio Dip. Crem. cit. — Nella indicazione di questo documento
è corso però un errore, cioè Leoncello in luogo di Loniello nel nome del
padre del priore Lantelmo. Da questo documento parrebbe escluso il sospetto
del Vairani (Inscriptiones. Crem. univ.) che l'Ordine Gerosolimitano venisse
in Cremona in luogo degli aboliti Templari.
(4) Guida di Cremona. — Cremona, 1820.
(5) Vairani : Inscriptiones Cremon. unio. — Cremona, 1796.
LE COMMENDE E I COMMENDATORI.
La Commenda di S. Giovanni di Cremona nel Capitolo Generale
dell'Ordine, celebratosi in Malta nel 1631, fa eretta in Baliaggio (1)
in luogo di quello di Pavia ridotto a semplice Commenda: e i
Bali di Cremona furono immessi nel voto, sessione ed onore che
spettavano ai Bali di Pavia (2). Durò alla Commenda nostra
l'onore del Baliaggio fino ali'll febbraio 1762, in cui il Consiglio
dell'Ordine, presa in considerazione la relazione del Bali de Tencin
e del Bali Ximenes de Texada, commissari della Lingua d'Italia (3)
eressero in Baliaggio la pingue Commenda di Torino, e ridussero
in Commenda il tenuissimo Baliaggio di Cremona (4). Eppure il
Campo parla della nostra Commenda chiamandola ricca (5). Io
ritengo che tale potesse relativamente dirsi sino al secolo XVII
in cui da essa vennero smembrati quei beni che costituirono la
Commenda di Persichello (6).
Oltre la chiesa e la casa ricordate , possedeva la Commenda
di Cremona alcune altre case a quella attigue e beni rurali nel
contado, costituiti da pertiche 207 in Cignone e Corte de' Cortesi ;
pertiche 80 in Pizzighettone ; terre e livelli in Mlrabello , ove
esisteva altresì un Oratorio di padronato dell' Ordine ; in Gadesco
e Ca' de' Quinzani e in Zibello, oltre il Po; più un orto in città
e case nei sobborghi. La rendita lorda di questa Commenda era
(1) Cosi si denominavano quelle Commende il cui conferimento portava
all'investito l'onoro, della Gran Croce, ossia il titolo di Bali.
(2) Codice della Dignità della Religione, pag. 117. Manoscritto dell'Ar-
chivio di Malta. Nell'ordine di precedenza delle Gran Croci Capitolari, il
Bali di Cremona era il quarantasettesimo.
(3) L'Ordine si divideva in nazioni, dette Lingue; queste erano 7, cioè:
Provenza, Alvemia, Francia, Italia, Aragona, Inghilterra, detta poi Anglo-
Bavara, e Allemagna; e queste in Priorati. Eranvi nella lingua d'Italia, i
Priorati di Roma, Lombardia, Venezia, Pisa, Messina, Barletta e Capua.
Oggi esistono solamente tre lingue: Italia, Aragona, cioè Spagna, e Allemagna.
(4) Liber conciliorum a. 1761-62-63. — Mss. nell'.\rchivio di Malta.
(5) Cremona fedelissima , etc. — Milano, 1645; alfa. 1571.
(6) Nulladimeno sul finire del passato secolo il Vairani chiamò la Com-
menda di Cremona satis pingue (V. Inscriptiones Cremonenses Universa?, —
Cremona, 1796).
S hV. COMMENDE E I COMMENDATORI.
nel 1783 di lire milanesi 23,GG3, gravate dalle seguenti pas-
sività (1) :
Estimo scudi 3028. 2. 4., tassato scudi 473 .. . L. 2942. 05
Carichi regi sui beni di Mirabello » 3500. 10
Carichi regi sui beni di Pizzighettone » 130. —
Pei Dugali di Due Miglia » 48. —
Estimo case e beni nei Corpi Santi » 15G. 10
Carichi sui beni di Gadesco, Corte Cortesi, ecc. . » 1860.10
Per Messe nella chiesa della Commenda in città . » 300. —
Per manutenzione della chiesa in città » 36. —
Per messe al cappellano in Mirabello » 78. 15
A casa Schinchinelli per fìtto d'acqua » 525. —
Riparazione fabbriche città e campagna .... » 1100. —
Liti e scritture » 90. —
Al procuratore » 1100. —
Lettere » 10. —
Sommano L. 11875. 50
La rendita quindi della Commenda riducevasi a L. 11787. 50,
dalla quale detratte anche quelle tasse che l'Ordine imponeva,
cioè la solita cosi detta di responsione (2) e altre eventuali, oltre
a qualche pensione; la rendita che percepiva l'investito non era
certo molto vistosa.
La Commenda di S. Giovanni di Persichello, smembrata da
quella di Cremona nel secolo XVII, e però detta, nel linguaggio
dell'Ordine, membro della Commenda di Cremona (3), consisteva
in una possessione di pertiche 591. 8. con casa civile e colonica
(1) Stato ailU'o e passivo delle Commende di Lombardia : visita prio-
rale eseguita dal Cavaliere f. Giulio Renato Litta nel 1787 per incarico
del Gr. priore f. Francesco Paterno Castello. Nell'Archivio dell'Ordine di
Malta in Venezia.
(2) Cosi è detta una tassa clie si paga all'Erario dell'Ordine da cLiinujiie
ne gode una Commenda.
(3) Membro d' una Commenda era detto una Commenda distaccata da
un'altra di cui un tempo formava parte.
I COMMENDATORI.
nel luogo di Persichello , e in un oratorio detto di S. Giovanni
nel Deserto.
I beni di questa Commenda nel 1699 erano affittati per mila-
nesi L. 2250, dalle quali detratta la spesa di L. 130 per la
messa festiva, L. 250 per la tassa di responsione da pagarsi al
Tesoro dell' Ordine e altre L. 50 per riparazioni ed altre spese,
restava 1' esigua rendita di L. 1S20 (1). Venne però in seguito
migliorata la condizione di questa Commenda, dacché dagli Atti
della Visita Priòrale (2) del 1784 abbiamo che la sua rendita
lorda era di milanesi lire 7569^ gravata di questi oneri (3):
Estimo scudi 519.10.18 gravati di scudi 81.2.10. L. 1024.—
Carichi regi circa » 1369. 05
Tassa dugali del Po . . » 54. 19
Riparazioni alle fabbriche » 123. —
Messa festiva nell" Oratorio » 357. 08
Procuratore » 300. —
Spese diverse » 13. —
Sommano L. 3240. 32
La rendita sarebbe stata dunque di circa 4300 lire, se queste
pure non fossero state gravate da una pensione di scudi romani
50 a favore del comm. Pietro Antonio Gaetani.
Di tutti questi beni , alla venuta dei francesi sulla fine del
passato secolo, il governo prese possesso; e poi li vendè. Così la
casa e la chiesa in Cremona furono acquistate dal signor Andrea
Lagomarsini con istrumento 21 febbraio 1806; e poi negli anni
successivi trasformate e finalmente demolite in epoca assai più
recente. Chi scrive rammenta che sul muro della casa volto verso
la chiesa di S. Michele si vedeva ancora, trent'anni fa. Tarma
(1) Lettera di D, Ferrante Morenglii del 3 ott. 1699 nelle Lettere di di-
versi neir Arch. dell' Ordine di Malta in Venezia.
(2) Cosi chiamavansi le visite che i Priori, o i loro Luogotenenti facevano
ogni cinque anni alle Commende del loro rispettivo Priorato, onde assicurarsi
dello stato in cui erano tenute dai singoli titolari.
(3) Stato attico e passico cit.
10 I.R COMMENDE E I COMMENDATORI.
del comm. Gasparo Fraganeschi (1), come sulle case annesse si
vede tuttora dipinta la croce dell' Ordine. I beni di Pizzighettone,
consistenti in 80 periiclie, furono venduti al sig. Antonio Smancini
con atto 18 giugno 1798; le 207 pertiche in Cignone e Corte
de' Cortesi al sig. Giuseppe Gamia con rogito 20 luglio 1799; la
possessione di Gadesco e Ca' de" Stefani al marchese Cesare Luigi
Magio nel 1800, 22 dicembre; e i livelli furono acquistati nel
1805, 1808 e 1809 dal signor Carlo Tentolini , dal principe di
Belgioioso e dal conte Alessandro Schinchinelli.
I beni della Commenda di S. Giovanni di Persichello, colla casa
civile e l'oratorio, furono venduti al signor Antonio Casagrande
con atto 18 maggio 1798; e poi passarono in proprietà del nobile
Giuseppe Manara, cavaliere di devozione dell'Ordine Gerosolimi-
tano, e traduttore di una storia dell'Ordine stesso (2).
SERIE DEI COMMENDATORI DI S. GIOVAXXI DI CREMONA.
Guglielmo Ferrerò, ricevuto cavaliere dell' Ordine nel 1433 (3).
Abbiamo di lui un isirumento rogato dal notaio Giuliano De AUia
del 31 gennaio 1438 (4) in cui si dice Prceeeptor (commendatore)
domus S. Jo. Illerosoli/mitani Cremona^. Benché non si trovi il
suo nome nelle tavole genealogiche dei Ferrerò nel Litta, tuttavia
io ritengo che questo Guglielmo Ferrerò appartenga alla celebre
famiglia piemontese di questo nome.
(1) E non del comm. G. Batta Petrucci, come leggo nella Storia dell'Ordine
di Malta nei suoi Gran Maestri e nei suoi Cavalieri , del cav. Manara.
(2) Storia dell'Ordine di Malta ne' suoi Gran Maestri e Cavalieri, tra-
dotta da G. Manara. — Milano, 1846. È tolta dall'opera: L' Ordre de
Malte, ses Grands Mattres et ses Checaliers, par M.' de Saint-Ali.ais. —
Paris, 1839.
(3) Dal Pozzo: Ruolo generale del Cacalieri ricevuti nella Vfi" Lingua
a Italia. — Torino, 1738.
(4) Archivio Notarile di Cremona.
LF. COMMENDE E I COMMENDATORI. 11
Giacomo Antonio Masal-iìh, . preeeptor domus seu prcveeptoriee
S. Jo. HlerosohjmUani Cicilatis Cremonce, come s'intitola in un
atto notarile rogato da Giuliano De Allia il 1^ ottobre 1465, col
quale affitta a Cristoforo Pasquale la possessione di Mirabelle
per r annuo canone di L. 200 imp. (1). Questa è la sola notizia
che ho trovato di questo Cavaliere , che non é ricordaio né dal
Pozzo nel suo Ruolo, né in altri documenti o storie dell' Ordine.
Giorgio Vistarini, di illustre famiglia pavese. È ricordato nel
Ruolo del Dal Pozzo come ascritto all' Ordine nel 1439 , ove lo
dice Commendatore di Cremona. Mi é ignoto in quale epoca ve-
nisse investito della nostra Commenda.
Dionisio Capranica, di celebre famiglia romana, è anche indicato
come Commendatore di Cremona nel Ruolo del Dal Pozzo. Fu
ascritto air Ordine nel 1458.
Giacomo Antonio Della Torre, prccceptor domorura S. Jo.
HierosoUmitani Cremonce et Laudce. Cosi - vien chiamato in un
rogito del notaio De Allia predetto sotto il giorno 4 novembre 1476:
era dunque in quest' epoca Commendatcre di Cremona e di Lodi (2).
È a notarsi che in questo medeSmo anno,- ai 19 di marzo, venne
trasferito dalla sede di Parma a questa di Cremona il vescovo
Giacomo Antonio Della Torre (3), che il Litta dà come cavaliere
gerosolimitano (4). Credo sia un errore e che egli l'abbia confuso
col nostro Commendatore, che molto probabilmente era suo nipote.
Che non fossero costoro una persona sola lo prova il fatto che
in una investitura feudale concessa da esso vescovo Della Torre
•a Messer Caccino Sommi il 30 dicembre del 1476 fra i testimoni
si ritrova Dominus Jacohus Antonius De la Turre eques HierosO'
■ Ifjmiianus prceeeptorice Ecelesue S. JoTiannis de Cremona (5).
(l) Archivio Notarile di Cremona.
(?.) Neil' Archivio Notarile di Cremona.
(3) Zaccaria: Cremonengium Episcopum series. — Milano, 1769.
(1) Litta: Famiglia della Torre.
(5) Archivio Sommi.
12 LE COMMENDE E I COMMENDATORI.
Nel 1485, godeva egli ancora questa nostra commenda, dacché
abbiamo sotto il giorno 10 dicembre di quest' anno un atto ove
si dice miles et prcecepior S. Jo. liieros. Crcemonce (1). Anche
di questo soggetto non è ricordo nel Ruolo del Dal Pozzo.
Gaspare Della Torre, prceccptor prcecepioricc et domiis S. Jo.
Hierosolym Cro2moncv , come si ha in un atto dell' 11 dicem-
bre 1509 (2). Il Dal Pozzo lo indica come ascritto all' Ordine
nel 1504 (3).
Pn^TRO SciiiNER, detto anche Pietro Svizzero, nipote del noto
cardinale Matteo Schiner , vescovo di Novara , morto in Roma
nel 1522 (4). Abbiamo due documenti di questo nostro Commen-
datore; uno rogato il 3 gennaio 1517 in cui è detto jìrccceptor
S. Jo. Hierosol. Crcemonce (5); e l'altro nel 1558 nell'Archivio
di Firenze dal quale rilevasi che in quest' anno lo Schiner era
tuttora commendatore della nostra commenda (6).
Emanuele Airasca dei Conti di Piossasco, piemontese, di fa-
miglia che diede in ogni tempo molti ed illustri cavalieri gero-
solimitani. Il Dal Pozzo lo indica come ricevuto nell'Ordine nel
1489, e come Priore di Messina (7). Un documento del 26 set-
tembre 1525 neir Archivio notarile di Cremona ci conferma che
in quest' epoca era 1' Airasca Prior Misince (sic) et prccceptor
domus et prceceptorie S. Jo. Hierosoh/m. Crem.
Conte Broccardo Persico, d'illustre famiglia Cremonese, ascritto
air Ordine nel novembre del 1561 (8). Uomo era questi di gran
(1) Ardi. Notarile di Cremona.
(2) Ivi.
(3) D.\L Pozzo: Ruolo cit.
(4) Y. GiAccoNio: YUce Pontificum et Cardinalium. — Roma, 1601.
(5) Ardi. Not, di Cremona,
(6) C?irte Strozziane, filza 389. Nell'Ardi, di Stato di Firenze.
(7) Dal Pozzo: Ruolo dt.
(8) Dal Pozzo: Ruolo cit.
m
LE COMMF.NDE I". I rOMMl-'-NHATOUF. 13
conto presso il Ro Filippo II, che gli fu largo d' onori e lo volle
membro del Consiglio Segreto del Ducato di Milano, Viceré di
Napoli (1), Commissario generale dell'Esercito Cattolico e Mar-
chese di Cassano : fu anche legato a Pio IV. Il Campo (2), dice
che la Commenda di Cremona fu conferita al Persico dal Ro
Filippo; forse dovea dire per intercessione di questo Monarca.
Mori in Milano nel 1571 in aprile, e il suo corpo fu trasportato
a Cremona e sepolto con pompa nella cappella di S. Caterina, di
padronato della sua famiglia, nella Chiesa di S; Domenico; ivi
nella pala dell' altare Antonio Campo, sopra ricordato, dipinse il
nostro Commendatore fra S. Caterina e S. Gio. Battista, ai piedi
del Crocifìsso : è in ginocchio, vestito d' armatura e coperto del
manto di punta (3) dell'Ordine. Questo quadro trovasi ora nella
Chiesa di S. Michel Vecchio (4). Ebbe il Persico una figlia naturale
da una tale Isabella Napolitana; fu chiamata Ippolita, e legitti-
mata dal padre nel 1564, sposò il capitano Sforza Picenardi (5) ;
e fu madre d'altro Sforza e d'Ottavio, chiari fra i cremonesi che
nei secoli XVI e XVII esercitarono le armi.
Mario Lucio Grimaldi di Carignano, ascritto all' Ordine il 24
dicembre 1578 (6). Nel 1630 fu Ammiraglio della Religione e
poi passò al Baliaggio di Pavia ^7) dal quale, nel 1631, venne
alla Commenda di Cremona, nella occasione che questa fu elevata
alla dignità di Baliaggio Capitolare, Fu in quest' epoca che nella
casa commendale mori, nel 1633, Francesco Roncadelli, patrizio
nostro, ascritto all' Ordine dal 1614 (8) come si ha dalla seguente
(1) Picenardi: Guida di Cremona cifc.
(2) Campo: Cremona fedelissima, ecc., all'anno 1571.
(3) Specie di toga nera di un taglio speciale ornata di una croce di tela
bianca sulla spalla sinistra.
(4) Vi si legge il nome del Campo e l'anno 1571.
(5) Archivio Sorami.
^(G) Dal Pozzo: Ruolo cifc.
^7) Dal Pozzo: Storia della S. Religione Gerosolimitana. — Verona e
Venezia, 1700-1715.
(8) Dal Pozzo: Ruolo cit.
14 I,r. COMMENDE E I COMMENDATORI.
lapide che esisteva nella chiesa della Commenda, ove ebbe se-
poltura (1).
D. O. M.
FRANCISCO RONCADEI.I.O EQUITI IIIEROSOI.YXUTANO
PATUITIO CREMON . VIRO CLARISS.
QUEM A MAGNO MELITEN . MILITI.^; MAGISTRO
IN PLURIMIS ORD . SUI NEGOTIIS CUM I.AUDF.
SEMPER ADHIDITUM
IPSI ETIAM MEDIOLAMEN . DITIONIS
PRO CATII. . REGE PRJìl-ECTI
PLURIVM PEDESTRir:\r copiAra-rii trip.unvm
IIONORiriCENTISSniE REXUNCIARUNT
' AC UEMUM
IN SACRIS IIISCE S . JOAN . IIIEROSOL .
AEDIBUS PIE DECEDENTEM
PATRIA LUXIT AC DESIDERaVIT
ANDREAS RDNCADELI.I FRATRl OPT .
AC liENEMEaiTO MONUMENT . P .
OniIT DIE XXIX MARX . AN . SAL . FUNDAT-K IMDCXXXIII
Bernardo Vecchietti, fiorentino, nato nel 1581 ed entrato nel-
r Ordine nel 1589 in grado di paggio del Gran Maestro Ugo
Loubens de Verdalle (2). Fu capitano e poi generale delle galere
nel 1640 , e ottenne il Baliaggio di Cremona nel 1638 ai 2?» di
agosto (3). Fu anche legato a Papa Urbano Vili , e nel 1647
Luogotenente del Gran Maestro Lascaris alla cui elezione aveva
contribuito. Mori in Malta in questo ufficio nel mese di maggio
del 1654, ed ebbe tomba nella Chiesa Conventuale di S. Giovanni
colla seguente iscrizione (4) :
(1) Vairani: Inscrlptiones Cremonenses Unicerscr. — Cremona, 1796.
(2) Dal Pozzo: Ruolo cit.
(3) Dignità della Reli'jione. Mss. nelT ArcliivJo di Malta.
(4) A. Feruis : Memorie dell'inclito Ordine Gerosolimitano esistenti
nelle isole di Malta. — Maka, 1881.
LL: commende e I COMMENDATOUr. 15
curisto mortuorum primogenito
r.ernauijo de vecciuettis hierosolymitano cremon.f, baiulivo
eximia in del'm pietate rihida in se ipsum
teml'erantia robusta in iiostes
fortitudine inflexidili justitia et oculata
PRUDENTIA IN OMNES CELEBERRIMO
QUI EQUESTRI S. JO. CINOULO PUER BENE PR.ECINCTOS
JUGUM DOMINI PORTAVIT ET
NUNQUAM EXCUSSIT ADOLESCEXS IN OSTEND.B
MEMORAniI.I OBSiniONE MELIT.K
TYROCINIUM POSUIT VIR LEGATIONE AD URB • Vili . P . M .
ET SUI ORDINIS MUNERIBUS PRAECIPUIS FUNCTUS
EST CLASSIS MELITENSIS PU.r.FECTUS SPOLIIS ONUSTUS
ET ROSTRATA CORONA DONANDUS
VICTOR SAEPE PORTUM INTRAVIT VERGENTE .F.TATE
M , M\GISTRI LASCARIS PER
SEPTENNIUM SUSTINENS VICES MANU ET CONSIGLIO VALIDUS
ARTIBUS PACIS ENITUIT WEI.ir.13
MORTALITATEM EXPLEVIT VII ID . MAJ. A . S . MDCLIIII . AETATIS LXXUI
Il Dal Pozzo nel suo Ruolo -nota, oltre a questo, un altro
Bernardo Vecchietti , ricevuto nell' Ordine nel 1G44 , e lo dice
Bali di Cremona pur questo e Luogotenente del Gran Maestro ;
lo credo un errore, e mi sembra evidente sia stato prodotto dall'i-
dentità del nome e del casato, poiché non è probabile che questo
soggetto , dopo soli tre anni dal suo ricevimento fra i cavalieri ,
potesse essere elevato all'alta dignità di Luogotenente del Capo
dell' Ordine (1).
Pompeo Rospigliosi, di Pistoia, zio di Clemente IX, capitano
di galera, Commendatore del S. Sepolcro di Firenze , nato nel
1582 e ricevuto nell' Ordine il 20 marzo 1606 (2). Nel 1654
consegui la dignità di Ammiraglio, e 1' 11 maggio dell' anno stesso
ebbe l' investitura del nostro Baliaggio , avendo ceduto V animi-
ci) Dal Pozzo: Ruolo cit.
(2) Pal Pozzo: Ruolo cit.
16 LE COMMENDE E I COMMENDATO RI.
ragliato ad Ottavio Solaro (1). Mori in Malta il 7 luglio 1662,
d' anni 80, ed ebbe sepoltura nella Chiesa Conventuale di S. Gio-
vanni con questo epitaffio :
ILLUSl-.MLS. DNS.
FR. POMPEVS ROSPILIOSUS CREMOX.E BAIULIVLS
rOM. S. SEPULCRI FLORENTI.E FORLIVIQUE
PR.T.CEPTOR
AVIT.E NOBILITATIS SPLENDORE
AC lìELLICA STRENUITATE INTER
COMMILITONES APPRIME CONSPICUUS
OUATUOR IMI !:ni iiiPlIS CURSn5US SIVE
CARA YANIS DECEM ADDIDIT ULTRONEAS
US(JUE DUM IN AIAIIUMET.E EXPEDITIONE
INTER PUGNANDUM CAPTUS AD SUOS U1!I
REVERSUS BIS VICES SEMEL CAPITANEI
TRIREMI INCLITI LAUDIS NOVE PRyEFUIT
U L T R O e O R C I R A E ET CORINTI E X P U G N A N I) 1 S
INTERFUIT PER OMNES GRADUS SUI ORDINIS
ASCENDENS AD SUPREMUM CULMEN MERITI S
VITEQUvE CANDORE PLVRIES A C C L A M A T U S.
AD Ca:LUAI AiaiT AN, MDCLXlt
DIE VII MENSIS .JUNTl .l-.IATIS SUAE LXXX.
Girolamo Grimaldi , di Castrogiovanni , entrato nell'Ordine il
20 dicembre 1611 (2), fu promosso al Baliaggio di Cremona a'
9 di giugno 1662 (3).
Raffaele Spinola , genovese , ricevuto iiell' Ordine il 16
marzo 1613 (4), Capitano di galera, Ricevitore (5) in Genova,
Segretario del Comun Tesoro (6) in Malta e nel 1657 Ammira-
(1) Dal Pozzo: Storia cifc. Voi. II, e Dignità della Religione cit.
(2) Dal Pozzo : Ruolo cifc.
(3) Dignità cit.
(4) Dal Pozzo: Ruolo cit.
(5) Ricevitore è detto il Procuratore del Coraun Tesoro nei diversi priorati.
(6) Cioè delle Finanze dell'Ordine.
i.E commendl: e i commendatori. 17
glie (1), Generale dello galere nel 1672 e Priore di Lombardia (2),
Consegui il nostro Baliaggio l'S gennaio 16S0 (3). Parlano poco
vantaggiosamente di lui gli storici dell'Ordine, incolpandolo di
avere, nella sua qualità di Capo della Squadra di Malta, ceduto
davanti certe pretese di precedenza (allora di grandissimo mo-
mento) della Squadra della Repubblica di Genova nel Porto di
Milazzo, l'anno 1674 (4).
Alessandro Castiglioni, di Milano, ricevuto nell'Ordine il 9
novembre 1614 (5) ebbe prima la Commenda di S. Maria del Tem-
pio di Milano, e poi il Baliaggio di Cremona il 30 marzo 1672 (6).
Mori, secondo il Litta, nel 1684 (7).
Giovanni Carlo Spinola, genovese, della stessa famiglia del
precedente Raffaele Spinola, ascritto all'Ordine nel 1638, 18 di-
cembre (8), ebbe l'investitura del nostro Baliaggio il 22 set-
tembre 1693 (9).
Girolamo Antonio Dainelli da Bagnano, fiorentino, nato nel
1646, fu ascritto all'Ordine il 17 ottobre 1652 (10) ; poi maestro
de' novizi (11) in Malta, Commendatore di Novara, e promosso
al Baliaggio di Cremona il 7 gÌHgno 1707 (12). Mori ottuage-
(1) Dai, Pozzo: Stor. cit.
(2) Dal Pozzo : ivi.
(3) Dignità, etc, cifc.
(4) Vedi il Dal Pozzo: Stor. cit., Voi. II, e Vertot: Histoire des che
raliers de St. Jean de JL-rusalèm. — Amsterdam, 1764.
(5) Ruoli mss. nell'Archivio dell'Ordine in Venezia.
(6) Dignità cit.
(7) Litta : Famiglia Castiglioni.
(•*) Dal Pozzo: Ruolo cit.
(il) Dignità cit.
(10) Dal Pozzo: Ruolo cit.
(11) Cioè istitutore dei cavalieri che doveano professare. Questi cavalieri
erano detti anche Fiernaldi, voce che, secondo il Codice del S. M. Ordine
Gerosolimitano (Malta, 1782), è d'origine francese.
(12) Dignità cit.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 2
18 LE COMMENDE E I COMMENDATORI.
nario in Malta il 4 dicembre 1722, e fu sepolto in quella chiesa
conventuale coli' iscrizione (1) :
HIERONIMUS ANTONIUS A lìAGNANO EQUES ILI.USTUIS l'LOUF.NTINUS
NOVAR/K COMMENDATARIUS AC VENERANDUS DE CREMONA DAJALIVUS
MILES IN UTRAQUE SPIRITUS UT CORPORIS MII.ITIA EQUES VALIDIIS
QUARE NOBILIUM.
TYRONUM SACRiE REUGIONIS A SUPERIORIB. MAGISTER ELECTUS
SUO EXEMPLO BONOS MORES REGULAREMQUE DISCIPLINASI PRUDENTER
ILLOS ERUDIVIT, ETIAM TAMQUAM PIUS PATER
ELEMOSINIS FREQUENTIB. PAUPERES SUBLEVAVIT
QUI TANDEM EX IMPROVISO ADORTUS IN GRAVE MORBUM INCIDIT
ATQ. ECCLETIAST. SACRAM. MUNITUS PROPE OCTOGENARIUS FELICITER
OBDORMIVIT IN DOMINO DIE IV DECEMBRIS ANNO MDCCXXII,
Carlo Francesco Del Maro Doria, di Torino, nacque nel 1639
e fu ricevuto nell'Ordine il 16 aprile 1666 (2). Ottenne il Ba-
liaggio di Cremona il 12 dicembre 1722 (3) e mori in Malta di
68 anni il 23 dicembre 1727. Ivi nella chiesa conventuale fu
sepolto colla seguente memoria (4):
D. O. M.
l'R, CAROLUS FRANCISCUS AB AURIA
EX DYNASTIS DEL MARO AUGUST.i: TAURINORUM
CREMONA BAJULIVUS CjETER NEC CRAS
NAM VAN^ GLORIA COMPTEMPTER EIUS TANTUM NOMEN
SARCOPHAGO INSCRIBI SUPREMIS TABULIS JUSSIT
OBIIT DIE 23 MENS, DECEMBRIS AN. SAL. 1727; ^TATIS VERO 68.
Francesco Maria Ferretti, d'Ancona, nato il 18 dicembre 1653
e ricevuio cavaliere il 9 ottobre 1667 (5). Priore d'Inghilterra
(1) Ferris: Memorie cit.
(2) Dal Pozzo: Ruolo cit.
(3) Dignità cit.
(4) Ferris : Mem. cit.
(5) Dal Pozzo: Ruolo cit.
n
LE COMMENDE E I COMMENDATOUI. 19
e Generale delle galere pontificie (1), successe al Boria nel no-
stro Baliaggio il 30 dicembre 1722 (2) e lo abbandonò circa
quindici anni dopo per il Baliaggio di S. Eufemia (3). Mori in
Malta di 85 anni, nel 1738, e fu sepolto nella chiesa conventuale
con questo epitaffio (4):
VIATOR QUACUMQUE DUCEP.IS VEL GLORIA VEL GIOHIi i)I'lNIONE
IlL'ICl E OMNIUM MRTUTLM ET HONORUM COMPENDIO ACIEM PIGITOR
VIR ILLE QUI E TENERIS HIEUOSOLYMITAN^ MILITIAE DATO NOMINE
MAGNUS ANGLl^, PRIOR BAJ. S. EUPHEMIi: EGIT EXIMIUS
SUB \II PONTIFICUM AUSPICTIS SEXAGENA STIPENDIA
CLASSIS PK.EFECTUS EMERITUS
BIS SEPTEM CUM CHRISTIANI NOMINIS HOSTE COLLATIS
SIGNIS MANUS CONSERVIT
ARCIS URBAN.F. GUBERNATOR GENERAI.IS PROVENTIBUS
QUOS INDE AMPLISSIMOS
COLLEGIT IN PAUPUES SUIQ. ORDINIS SUMPTIS SANCTE EROGATIS
TANDEM DEO SOLI VICTURUS HEIC SE RECEPII'
ANNUM AGENS QLTNTUM SUPRA LXXX
FR. FRANCISCUS M. FERRETTI ANCONITANUS ANIMA
QUO DELAPSA FUERAT REDEUNTE
CTNERES ET OSSA HOC SUB LAPIDE HELIQUIT
ANNO DOMINI MDCCXXXVIU
Carlo Benedetto Giustiniani, di Roma, nato il 25 novem-
bre 1697 , entrò nell' Ordine il 1 luglio 1680 (5) e fu promosso
al nostro Baliaggio per rinunzia del Bali Ferretti il 3 otto-
bre 1737 (6).
Pompilio Della Ciaja, di Siena , ascritto all' Ordine il 18 lu-
(1) Dal Pozzo: Storia cit., e Guglielmotti : La «(/«arfra ausiliaria della
Marina Romana a Canclia e alla Marea. — Roma, 1883.
(2) Dignità cit.
(3) Ivi.
(4) Ferris : Memorie cit.
(5) Dai. Pozzo : Ruolo cit.
(6) Dignità cit.
20 LE commi:nde e i commendatori.
glio 1688 (1), fu Capitano della Capitana della Religione e ot-
tenne il Baliaggio di Cremona il 17 ottobre 1742, per rinunzia
che ne fece il Bali Giustiniani (2). Era nato nel 1676, e mori
nel 1746.
Benedetio Ferretti, d'Ancona, nato il 16 aprile 1682 (3), ca-
valiere dal 10 luglio 1694 (4) e capitano di galera. Successe ne!
nostro Baliaggio al Della Ciaja il 12 dicembre 1746 (5). Durante
la vita del Ferretti, nel 1762, 11 febbraio, avvenne la riduzione
del nostro Baliaggio in semplice Commenda passando questa di-
gnità capitolare alla pingue Commenda di Torino (6), alla quale
rimase fino alla caduta del governo dell' Ordine , trovandosene
nel 1798 investito il Bali Frisari che firmò 1' atto memorabile
della dedizione dell' isola di Malta a Buonaparte (7),
Rodolfo Puppis, del Friuli, nato il 22 aprile 1678 e ricevuto
cavaliere il 4 ottobre 1699. Da una lettera ad esso di Giuseppe
Dolara, aoaministratore dei beni commendali, in data di Cremona
4 ottobre 1762 (8), si ha che il Puppis dovea prendere possesso
della nostra Commenda nel maggio 1763, stante il passaggio del
Bali Ferretti al nuovo Baliaggio di Torino. Non risulta che il
Puppis prendesse poi questo possesso, tanto più che egli tro-
vavasi nella grave età di 85 anni. Ho qualche sospetto che in
suo luogo la Commenda venisse conferita a Gaspero Fraganeschi,
patrizio nostro , nato nel novembre 1691 e ricevuto nell' Ordine
nel maggio 1715 (9) , dacché non saprei altrimenti spiegare la
(1) Cosi nei Ruoli mss. del Priorato di Veiìezia , e non nel 28 luglio,
come si legge nel Dal Pozzo.
(2) Dignità cit.
(3) Ruoli mss. del Priorato di Venezia.
(4) Dal Pozzo: Ruolo cit.
(5) Dignità cit,
(6) Vedi quanto è detto precedentemente a pag. 3.
(7) Terrinoni : Memorie storiche della Resa di Malta. — Roma, 1867.
(8) Archivio deli' Ordine in Venezia.
(9j Ruolo dei Caoalieri rlcecuti nella V." lingua d' Italia. — Malta, 1763.
i.r; roMMENor: e i commendatori. -i
ragione per cui l'arma sua gentilizia vedovasi dipinta, ancor non
-on molti anni, sulla muraglia esteriore della casa Commendale
ii Cremona, come sopra fu detto.
Giovanni Battista Petrucci, di Siena, nato nel 1737, cava-
liere nel settembre 1749, ottenne la Commenda di Cremona nel-
l'anno 1764, che, per la prima volta, trovo negli ultimi Buoli
dello scorso secolo ricordata sotto il titolo di S, Severo e Mar-
gherita (1). Fu il Petrucci l'ultimo Commendatore di S. Gio. di
Cremona.
SERIE DEI COilMEXDATORI DI S. GiOVAXXI DI PERSICHELLO.
Orazio Tornielli, di Novara, è il primo che mi risulta investito
della Commenda di S. Giovanni di Persichello, il che mi conferma
nel credere che solo al principio del secolo XVII venisse questa
smembrata da quella di Cremona con cui era prima una cosa
stessa. Abbiamo sotto 1' anno 1620 , 18 luglio , V istromento di
possesso di questa Commenda a favore del Tornielli che è uno
iJei cavalieri dimenticati dal Dal Pozzo nel suo Ruolo (2).
Camillo Bardi, di Firenze, nato il 23 febbraio 1685 e ricevuto
cavaliere il 31 agosto 1697 (3). Fu Ricevitore dell" Ordine in
Torino, e godè la Commenda di Persichello uell' epoca in cui era
titolare del Baliaggio di Cremona Benedetto Ferretti , cioè fra il
1746 e il 1762.
Pietro Igneo Aldobrandini, di Firenze, nato il 25 giugno 1717,
ascritto all'Ordine il 3 ottobre 1733 (4); fu capitano di galera
(1) Ruolo dei Cavalieri riceruti nella V.'^ Linrjua d'Italia. — Malta, 1789.
(2) Tenuta possessimis Loci Persichelli Membri Commendce S. Jo. hie-
rosol. Crem. ad faeorem ill.fr. Horaiii Tornielli, eq. hierosol. — Nel-
l'Archivio Notarile di Cremona.
(3) Dal Pozzo : Ruolo cit.
vi' Ivi.
22 LE COMMENDE E I COMMENDATORI.
e Commendatore dell' Impruneta. Godeva la nostra Commenda
nel 1777 (1), e mori nel 29 aprile 1783 (2).
Luigi Cacherano d'Osasco, piemontese, nato nel 1740, godeva
la Commenda di Persichello a titolo di cabimento nel 1784 (3).
Gaspare Faussone, di Mondovi, nato nel 1760, ricevuto nel-
l'Ordine come paggio del Gran Maestro De Rohan nel 1776, 18
ottobre, era investito di questa nostra Commenda nel 1792 (4).
Pietro Carlo Dal Verme, di Piacenza, nato il 10 agosto 1764,
fu ascritto all' Ordine nel 1776, 12 agosto (5), come paggio del
Gran Maestro predetto; l'anno seguente prese servizio militare in
Francia nel Reggimento Reale Italiano, e non tornò in Italia che
nel 1790. Riprese poi servizio presso gii Alleati sotto il Duca di
Brunswich , e vi rimase sino al 1793 , anno in cui si restituì a
Malta, ove dimorò fino alla caduta dell' Ordine. Il suo nome va
ricordato fra quelli dei Cavalieri che voleano opporsi alla cessione
che dell' isola fece a Buonaparte l' imbelle Hompesch. Nel 1804
il Gran Maestro Tommasi il volle a Catania, ove erasi rifugiato
il Convento Gerosolimitano, e lo fece segretario del Tesoro, ca-
vallerizzo maggiore e capitano della sua guardia. Tornò alla
patria nel 1809, e, dopo la ristorazione , Maria Luigia duchessa
di Parma gli affidò parecchie cariche di Corte. Nel 1821 pubblicò
alcuni lodati apologhi in versi, e nell'anno stesso, dispensato dai
voti, sposò Carolina Cavriani, letterata di nobil famiglia viennese.
Mori il Dal Verme in Parma il 6 novembre 1823 (6). Egli fu
r ultimo Commendatore di S. Giovanni di Persichello.
G. Sommi Picenardi.
(1) Ruolo ilei Cavalieri ricevuti nella V.'"^ Lingua d'Italia. — Malta, 1673.
(2) Litta: Fam. Ai dobr andini.
(3) Ruolo dei Cavalieri ricevuti nella V.® Lingua d'Italia. — Malta, 1789.
(4) ,/vi.
(5) Ivi.
(6) Litta: Fam. Dal Verme.
IL CASTELLO DI GOITO.
Sulla riva destra del Mincio, dove le acque di questo, lontane
ancora dalle paludi mantovane, scorrono rapide, fresche, lieve-
mente azzurre, come uscissero allora allora dal lago di Garda,
surge Coito, antica e grossa borgata, in alta ed amena posizione,
ove comincia a svilupparsi quella plaga, che potrebbe a ragione
dirsi la nostra Brianza; dominando il fiume e a media via tra
città dai formidabili baluardi , ebbe sempre ed ha tuttora una
grande importanza strategica; ma ad una data epoca sali pure a
bella fama nella storia delle arti gentili.
Già il marchese Lodovico Gonzaga, 1444-1478, vi aveva fatto
costruire un magnifico palazzo, a cui aveva poi aggiunto un vasto
parco; il marchese Francesco, 1484-1519, continuandovi le cure
dell'avo, abbellì il palazzo, e popolò il parco di animali selvaggi
per gli esercizii di caccia, ai quali egli, dedito al mestiere delle
armi, era molto inclinato; il marchese, poi duca Federico, 1519-1540,
ebbe per Coito poche simpatie, e prodigò invece i suoi tesori e le
sue attenzioni alla villa e al parco di Marmirolo, al palazzo del
Te e al grande appartamento di Troja in Castello.
Ma spuntava anche per Coito il suo astro luminoso; il duca
Guglielmo bigotto e sposo di una Arciduchessa d'Austria ancora
più bigotta di lui, non si trovava a suo agio nei nuovi palazzi,
ove i dipinti troppo audaci corrispondevano cosi poco ai sentimenti
suoi e a quelli della Duchessa; amante della campagna, deside-
24 n. CASTELLO DI GOITO.
roso di un aere puro per la sua malferma salute, Goito era il
luogo, che meglio si prestava alle aspirazioni sue; e, benché
tardi per lui , negli anni 1584-85-86-87 vi creò una residenza ,
che nulla ebbe da invidiare alle più. rinomate ville, che i Gonzaga
possedevano in quasi tutti i punti del loro dominio; e nell'opera
sua egli assai economo, anzi quasi avaro, spese l'ingente somma
di 300,000 scudi d'oro.
Già sono in moto architetti, capomastri, muratori, marmorini ,
falegnami, vetrai ; già si invitano a lavorarvi pittori , stuccatori ,
indoratori; già si provvedono a Venezia damaschi, arazzi, specchi;
si cercano nelle lontane regioni dell'Asia e dell'America, che
appena allora si scoprivano, piante, fiori, animali, uccelli, pesci
per i giardini, per il parco, per le fontane; quest'opera princi-
pesca del duca Guglielmo sarà il soggetto della presente memoria.
I.
Sotto il nome di Castello di Goito si comprendono le fortifica-
zioni del borgo, la rocca propriamente detta e il gran parco; di
tutto r insieme abbiamo neWArchivio Gonzaga un tipo disegnato
nel 1706 da Doriciglio Moscatelli-Battaglia prefetto delle fabbriche
ducali. Delle fortificazioni , intorno alle quali correva una fossa
profonda derivata dal Mincio , e che furono totalmente demolite
sullo scorcio del secolo passato, non è intenzione nostra di par-
lare; parleremo invece della rocca e del vasto parco, guidati da
una descrizione, che abbiamo di ceno Giusti in data 25 gennaio 1587
da san Benedetto, testimonio oculare; e meglio ancora dalle
molte lettere dei Segretari e degli Agenti del duca, Federico Cat-
taneo , Orazio Arrigoni , Ottavio Mainoldi , Cipriano Assendi e
Andrea Canova; degli architetti Pompeo Pedemonte, Francesco
Trabalesi e Bernardo Facciotto; dei pittori Ippolito Andreasi detto
per vezzo anche V Andre asino, Teodoro Ghisi e Francesco Bor-
gani; gli Agenti ducali andavano e venivano da Goito a Mantova
latori degli ordini di Guglielmo, davano schiarimenti, decidevano
IL CASTELLO 1)1 COITO.
controversie, dibattevano le spese; gli architetti presentavano i
progetti , ordinavano i materiali , dirigevano i lavori , fornivano
dimensioni e consigli ai pittori; questi decoravano le sale, dipin-
gevano quadri parte a buon fresco, parte su tela; le nostra
fonti dunque non potrebbero essere né più immediate né più
sicure (1).
La rocca circondata anch'essa dalle acque del Mincio, e con-
giunta al borgo e al parco con due ponti levatoi , disegnava un
pentagono quasi perfetto; nella parte quadrata sorgeva il palazzo
ducale; nella triangolare si riattava in proporzioni minori la fab-
brica detta Monasierolo, che era l'antico palazzo marchionale, e
che ora Guglielmo destinava per abitazione ai Paggi.
Il palazzo ducale una volta ultimato si componeva di 4 ap-
partamenti o piani, e ciascun piano aveva otto stanze e un atrio,
che metteva le stanze in comunicazione fra loro.
Il primo appartamento o piano terreno era assegnato per il
castellano, le guardie e i servigi ordiuarii della corte; e tranne
le molte e varie comodità che presentava , non aveva nulla di
rimarchevole; onde non è il caso di intrattenervisi.
Gli altri tre piani erano riservati per la famiglia ducale; questa
allora si componeva: del duca Guglielmo, che aveva 47 anni;
della duchessa Eleonora d'Austria che ne aveva 45; del loro
figlio principe Vincenzo che erasi recentemente sposato con Eleo-
nora dei Medici, la quale, intanto che si costruiva questo palazzo,
lo faceva lieto di due figli, Francesco il 7 maggio 1586, e Fer-
dinando il 26 aprile 1587; le altre due figlie del Duca erano già
maritate , Margherita con Alfonso II duca di Ferrara , e Anna
Caterina coli' arciduca Ferdinando d'Austria, e assai di rado, spe-
cialmente quest'ultima, venivano a Mantova. I tre appartamenti
sebbene per certi usi fossero promiscui per tutta la famiglia, pure
avevano ciascuno una particolare destinazione; il primo era spe-
cialmente riservato al Principe Vincenzo, 1' altro alla Duchessa
Eleonora, il terzo al Duca.
(1; Questi documenti furono cortesemente messi a nostra disposizione dal
signor Stefano Davari, egregio Dirigente dell'Archivio Gonzaga.
26 Uj castello di coito.
Quanto alla decorazione di questi appartamenti , non si deve
credere , che , essendo il Duca e la Duchessa vecchi e bigotti ,
dovesse riescire d'indole tetra e melanconica; due sole cose af-
fermano i sentimenti personali dei Padroni , cioè , che in ogni
appartamento vi fu eretto un Oratorio, e che dappertutto vi ven-
nero proscritte le pitture pornografiche; di queste ve ne erano
già a sazietà nella villa di Marmirolo e nel palazzo del Te; del
resto l'intonazione era gaia, splendida di colori e d'oro, ricca di
figure simpatiche, di accenni festivi, di simboli graziosi ; vi erano
ridenti allusioni alla Poesia, alla Musica, alla Gioventù, all' Ab-
bondanza ; vi erano dipinti sulle pareti o su tele i fatti più im-
portanti della storia mantovana , le imprese più nobili , i perso-
naggi più illustri , le principesse più eulte della Casa Gonzaga ;
onde il palazzo di Goito si può sotto un certo punto considerare
come l'apoteosi di Mantova e dei Gonzaga.
Teneva la direzione suprema dei lavori lo stesso Duca; e nulla
si faceva senza un preciso ordine suo, che veniva spedito a voce
o per iscritto a mezzo dei molti suoi Agenti; sul luogo sovrain-
tendeva in principio Pompeo Pedemonte. Discendeva questi da
una famiglia Veronese, che era venuta a stabilirsi a Mantova nei
primi anni del 1400; suo padre Giovan Francesco era stato sco-
laro e aiuto del Mantegna e di Giulio Romano; suo fratello Cesare
era addetto alla fabbrica di s. Andrea, e vi lavorava come pit-
tore; il nostro Pompeo era Prefetto delle fabbriche ducali, e diede
i disegni delle fabbriche di Goito ; più tardi per le molte occu-
pazioni sue e per l'età avanzata gli fu aggiunto l'architetto Gio-
vanni Trabalese (1) qui venuto da Roma raccomandato dal pro-
tonotario Capilupi ; e infine fu applicato a queste fabbriche anche
(1) Vedi in fine. Doc. I. — Avvertiamo una volta per sempre, die forse
in nessuna delle lettere , che pubblichiamo, si parla di un solo argomento,
ma in quasi tutte si toccano più soggetti; gli Agenti discorrono promiscua-
mente dei varii Artisti, questi delle varie opere, a cui intendono; per non
mutilarle di troppo, il Le'.tore vedrà in ciascuna il punto, che riguarda il
fatto, a prova del quale la lettera è citata ; e del resto il documento intero
gioverà a rendere un'idea più completa delle persone e delle cose.
IL CASTELLO DI COITO. 27
Bernardo Facciotto, che dopo alcuni anni diventerà anch'esso
Prefetto delle fabbriche ducali.
Gli otto locali dell'appartamento del Principe Vincenzo si chia-
mavano: 1. sala dei Festoni. 2. vestibolo dei Cani. 3. cappella
della Madonna, 4. camera dei Leoni. 5. camera delle Imprese.
6. camera grande degli Scudi. 1. camera dei Laghi. 8. camerino
delle Palme. Questi nomi delle varie stanze sono tolti quasi
sempre dai dipinti, che in ciascuna di esse principalmente cam-
peggiano ; il che veggiamo anche nella reggia in città e nel pa-
lazzo del Te.
Ben poco abbiamo nei nostri documenti a illustrazione di queste
stanze ; solo sappiamo che la sala dei Festoni era stata dipinta
dal Borgani (1); in quella delle Imprese si vedevano rappresen-
tate le 15 imprese^ che in varie epoche e per diverse cause erano
state assunte dai Principi di Casa Gonzaga , e qui le citiamo :
1. una Cerva col motto tedesco Biderkraft. 2. un Crogiuolo sopra
il fuoco con verghette d' oro, e il motto Domine probasti. 3. il
Monte Olimpo, e sulla sommità la parola Fides. 4. Una Fortezza
e la parola greca Au.(oy.o;. 5. una Museruola di fili di seta, e
il motto Cautius. 6. un Cane levriero, e le parole Feris tantum
fensus. 7. una Salamandra e il motto Quod huie deest me torquet.
8. il sole nascente, e il motto non mutuata luce. 9. il sole rag-
giante, e il motto Per un disir. 10. la Luna crescente, e la pa-
rola Sic. 11. due Lancie intrecciate e sotto uno scettro col motto
Nulla salus. 12. un Guanto col motto spagnuolo Buena fé no es
mudable. 13. due Mani che si stringono e la parola In ceternum,
14. un fascio di freccie, e il motto Non son letales. 15. un uc-
cello sopra un tronco d'albero, e il motto francese Vrai Amor.
Sarebbe molto curioso dare la storia e il significato di queste
varie Imprese, ma qui non é il luogo.
La camera grande degli Scudi era una specie di Armeria; i
Gonzaga ebbero sempre un gran trasporto per questo genere di
collezioni; l'Armeria della reggia era cosa veramente mirabile.
(1) Doc. II.
28 H. CASTELLO DI COITO.
Nel camerino delle Palme vi era un dipinto allusivo al verso
di Virgilio
Primus Idnmacas referam Uhi, Manina, palmas.
Il principe Vincenzo veniva assai di rado a godere questo ap-
partamento; a lui giovane e libertino dava noia l'austerità del
padre e la vita monotona della corte; egli preferiva il soggiorno
di Mantova , gli svaghi di Marmirolo e quelli di Viadana dove
era vicino alla contessa Barbara Sanseverino, che egli sempre
amava. La sua sposa Eleonora era dedita alle cure della famiglia,
che le cresceva d'intorno, e si trovava meglio lontana dagli suo-
ceri severi o cavillosi.
Ancora meno possiamo dire del secondo appartamento, di quello
cioè riservato alla Duchessa; gli otto locali si chiainavano : 1. sala
delle Aluse. 2. vestibolo dei Monti. 3. cappella del Salvatore,
4. camerone quadro delle Aquile. 5. camerino degli Spiritelli.
G. camera di mezzo delle Maschere. 7. camera della Cerca. 8. ca-
merino delle Sportelle.
Graziosissime — dice il Giusti nella -sua descrizione — erano
Je 9 fanciulle che raffiguravano 1(3 Muse; né a noi deve fare
meraviglia , che esse sieno state dipinte in una delle sale della
Duchessa, perchè sappiamo, che ella non era aliena dalla poesia,
che aveva preso sotto la sua protezione l' infelice Torquato Tasso,
il quale poi a rimeritamela le intitolò quel nobile Discorso della
Virtù femminile e donnesca.
Nella cappella del Salvatore vi erano due dipinti dell'Andrea-
sino, la Risurrezione e la Pietà; in essa la religiosa donna pas-
sava il meglio del suo tempo in preghiere ed in meditazioni.
Il camerone quadro delle Aquile era la sala da pranzo della
famiglia, e nella sala della Cerva dormiva la Duchessa.
Né più altro sappiamo.
II.
Invece possiamo descrivere con ogni particolarità l'appartamento
del Duca, e colla scorta dei documenti ricostituirne tutte le sale.
Gli otto locali di questo piano si denominavano: 1. saletta dei
IL TASTEr-LO DI HOITO. 20
Mesi. 2. camera delle Arhii. o. cappella lunga. 4. cauiera Mu-
sicale. 5. camerino della Rocca. 6. camera della Vittoria. 7. ca-
mera dei Frutti. 8. camera delle Virtù.
L'atrio qui si chiamava anche s^la dei Paesi, perché vi erano
dipinti i più grossi borghi del Mantovano, e con tale arte di
prospettiva, che il Giusti nella sua descrizione ne esprime la sua
alta ammirazione.
Nella sala dei Alesi vi erano 4 grandi quadri del Borgani ,
che rappresentavano le Stagioni (1).
La camera delle Armi era cosi detta, perchè vi erano dipinte
le armi delle otto più illustri Principesse, che erano venute spose
nella famiglia Gonzaga; vi si vedevano quindi le armi di Agnese
Visconti, di Paola Malatesta, di Barbara di Brandeburgo, di Mar-
gherita di Baviera, d'Isabella d'Este, di Margherita Paleologa, di
Eleonora d'Austria e di Eleonora de' Medici, le due ultime spose
viventi; erano dunque le più ragguardevoli famiglie d'Italia e
d'Europa, che avevano cercato l'alleanza dei Gonzaga; in questa
sala per mezzo di ricordi gentili si richiamavano alla mente le
epoche più belle e più floride della casa Regnante.
La cappella lunga era stata ornata con cura particolare sotto
gli ordini stessi del Duca ; quivi Guglielmo passava lunghe ore
della sua giornata , sia solo in preghiere , sia in compagnia dei
varii Frati, che egli aveva insediato a Goito, in dispute teologiche,
di cui compiacevasi assai, o ascoltando le lodi di qualche santo,
specialmente se coronato; ai frati egli aveva assegnato la paroc-
chia del borgo, una chiesa secondaria, e le tre cappelle del pa-
lazzo ducale; se ne vedevano quindi dappertutto, ma dappertutto
erano contenuti ; non facevano da padroni.; il padrone era solo il
Duca, il quale sentiva tanto della autorità sua, che non ne avrebbe
ceduto un bricciolo a nessuno per nessuna causa; e religioso,
come era, sostenne non poche controversie colla Santa Sede per
mantenere intatti i suoi diritti giurisdizionali, e lottò a lungo per
non avere i Gesuiti a Mantova , che accettò solo per liberarsi
(1) Doc. III.
30 ir. CASTELLO DI COITO.
dalle insistenze della moglie, la quale aveva fatto un voto di in-
trodurveli.
Una sala delle più splendide era quella denominata musicale;
la ricca ornamentazione era stata disegnata dal Trabalese (1); Teo-
doro Ghisi vi aveva dipinti sulle pareti in gruppi graziosi giovinetti
e donzelle, che con varii strumenti suonavano; e nel mezzo della
vòlta vi era raffigurato per mano dell' Andreasi il Trionfo della
Musica. E come nella sala delle Armi erano ricordate le otto
più illustri Principesse della Casa Gonzaga, qui si vollero ricor-
dati gli otto Cardinali della stessa Casa, ritratti al naturale da
Stefano Sanvito, pittore abilissimo a cogliere le fisonomie; i Car-
dinali erano dipinti a due a due per ogni angolo della sala, e disposti
in ordine cronologico; vi si vedevano Francesco eletto da Pio II
nel 1461, Sigismondo da Giulio II nel 1505, Ercole da Clemente VII
nel 1527, Pirro figlio di Lodovico principe di Sabbioneta pure da
Clemente VII nel 1528, Francesco figlio di Ferrante principe di
Guastalla da Pio IV nel 1561, Federico pure da Pio IV nel 1563,
Gian Vincenzo figlio del predetto Ferrante di Guastalla da Gre-
gorio XIII nel 1578, e Scipione figlio di Carlo principe di Bozzolo,
che fu eletto da Sisto IV intanto che si costruiva questo palazzo ;
è quel medesimo che prima era Patriarca di Gerusalemme, amico
e protettore del Tasso, e tanto nominato nello lettere dell'infelice
Poeta.
Questa sala, che ricordava le glorie ecclesiastiche della fami-
glia, glorie allora tanto apprezzate, era la Camera di lavoro del
Duca; quivi teneva consiglio co' suoi ministri Aurelio Zibramonte,
Tulio Petrozzani, Marcello Donati ; quivi dettava le lettere a' suoi
Segretarii, il Cattaneo, l'Arrigoni, l'Assendi, il Mainoldi; quivi si
occupava di tutta 1' amministrazione del ducato , dalle cose più
importanti alle più frivole, dalla nomina d' un Generale a quella
di uno scudiero, dal maritaggio di una Principessa alla riscossione
di un balzello, dalle relazioni coll'Impero, colla Santa Sede, colla
Spagna alle tabelle di un gastaldo de' suoi fondi ; qui passava
tanta parte del suo tempo quanto nell'oratorio, religioso e avaro.
(1) Doc. IV.
IL CASTELLO DI GOiTO. ài
Nel camerino della rocca vi era la libreria; e da esso si pas-
sava alla camera della Vittoria, che era la sala di studio.
La sala della Vittoria è la più importante di tutte le altre
del palazzo, e dei lavori in essa eseguiti abbiamo copiosi docu-
menti ; era cosi detta , perchè vi si vedevano dipinte le vittorie
riportate dai Gonzaga, dalla battaglia del Taro alle scaramuccio
vinte nella Navarra da Vespasiano di Sabbioneta.
Il Pedemonte aveva dato i disegni della ornamentazione (1) ;
altre decorazioni vi aggiunse il Sanvito , e quattro istorie vi di-
pinse nella soffitta il Borgani (2) ; al Ghisi era stato dato l' in-
carico di ritrarre le vittorie di Federico , di Ferrante , di Rodo-
monte e di Vespasiano ; ma la vittoria principale, quella che ha
tuttora tanto nome nella storia, riportata al Taro dal marchese
Francesco contro Carlo Vili , venne riservata al maggiore degli
artisti, all'Andreasino. Come egli la ideasse, come per dipingerla,
abbia prima voluto recarsi al Taro, a Fornovo, a visitare il campo
di battaglia, lo sappiamo dalla sua lettera (3). 11 quadro non era
ancora finito , che già vi erano disegnate 51 figure d' uomini e
36 cavalli (4) ; la grandiosità del dipinto era pari alla importanza
della battaglia, e degno ornamento di tanta sala.
È strano che il duca Guglielmo abbia scelto per sua camera
di studio questa sala , che ricordava glorie di tal genere , che
egli non poteva emulare ; malaticcio e gobbo non sapeva neppur
montare a cavallo ; egli , che rese florido il suo dominio con
savie leggi amministrative , economiche , giudiziarie , non poteva
farlo glorioso col guidare eserciti ; forse a consolarsi di questa
sua impotenza , si compiaceva ad ammirare le vittorie riportate
da* suoi avi e da' suoi congiunti.
Studioso e dotto era Guglielmo, ma la sua cultura aveva confini
molto angusti ; leggeva volontieri gli Inni Saeri di Marcantonio
(1) Doc. V.
(2) Doc. VI.
(3) Doc. VII e Vili.
(4) Doc. IX.
32 IL fASTRLLO DI COITO.
Moreto, di cui aveva accettato la dedica , e i Salmi interpretali
da Giambattista Folengo , fratello del poeta noto col nome di
Merlin Coecai ; tra gii storici preferiva il Platina, 1' Equicola, il
Giovio; disputava volentieri sul libro di G. B. Possevino seniore
dell' onore e del duello, materia anche allora di passionate discus-
sioni ; 0 nei momenti di buon umore leggeva V Amadigi , di Ber-
nardo Tasso , che era stato suo segretario^ la Gerusalemme, di
Torquato, che in questo tempo era suo ospite a Mantova, e al-
cune liriche del Bembo.
Altra stanza pur mirabile era quella denominata dei Frutti ;
l'ornamentazione disegnata dall' Andreasino era stata eseguita dal
Ruboni (1). In questa sala Guglielmo volle dipinti tutti i Principi
di Casa Gonzaga, cioè i 4 capitani: Luigi, Guidone, Lodovico e
Francesco; i 4 marchesi: Gianfrancesco , Lodovico, Federico e
Francesco; e i tre duchi col principe ereditario, F'ederico, Fran-
cesco, Guglielmo e Vincenzo ; era tutta la Casa Gonzaga dal suo
giungere al principato 1328 fino al presente 1587. Queste figure
furono eseguite dal Sanvito e dal Mainardi , i quali usarono la
massima cura per avere i ritratti fedeli e i costumi delle varie
epoche (2). È dunque vero che il palazzo di Goito era V apoteosi
di Mantova e dei Gonzaga.
E questa era la sala delle udienze ; quivi il Duca riceveva
quanti avevano bisogno di parlare con lui , dai dignitari dello
Stato all' ultimo dei sudditi : tutti ascoltava, di tutto s'interessava,
a tutto voleva provvedere.
Ultima per posizione, non certo *per bellezza e per importanza
artistica, veniva la Camera delle Virtù; vi erano dipinte sulle,
pareti , in forma di giovani donne , le varie Virtù coi rispettivi
loro emblemi , e la Carità, come la prima di tutte le Virtù, era
rappresentata nel mezzo della vòlta.
Questa era la sala di svago di Guglielmo ; dalle sue finestre ,
rivolte a settentrione, egli poteva ammirare quello stupendo pao-
(1) Doc. X.
(2) Doc. XI, XII, XHI.
I
H, CASTELLO DI COITO. 33
saggio, che a guisa di anfiteatro é circoscritto dai colli di Custoza,
di Valeggio, di Volta, di Cavriana, di Solferino, di Castiglione;
e a' suoi piedi vedeva le acque azzurre del Mincio, che venivano
a lambire il palagio, i giardini , il parco.
A ornare completamente il palazzo occorrevano ancora tappeti,
cortinaggi , damaschi , e il Duca mandò a Venezia Ottaviano
Cavriani della Camera, perché coli' intervento del suo agente Ca-
millo Gattico , dal mercante Bartolomeo Del Calice , ne acqui-
stasse (1); e in questa occasione e per lo stesso uso si compe-
rarono anche degli arazzi (2).
III.
Contemporaneamente al palazzo ducale e coi medesimi artisti ,
architetti e pittori, si rinnovava il palazzo secondario, detto Mo-
nasterolo, posto nella parte triangolare del pentagono, assegnato
per abitazione de' Paggi , ma che ebbe momentaneamente anche
un' altra destinazione.
Secondo la descrizione, che ne abbiamo, anche il Monasterolo
si componeva di quattro appartamenti o piani , e ciascuno era di
quattro stanze.
Il primo piano comprendeva: 1.^ La sala dei Fogliami; 2.° la
camera degli Uccelli ; 2° il camerino dei Grifoni ; 4.° la ca-
mera delle Corone. In questo appartamento lavorarono insieme
il Rubone, il Mainardi , il Riva e Battista Bresciano (3).
Le stanze del secondo piano si chiamavano : 1.^ Sala delle
Istorie ; 2.* Camerino dei Quadretti ; 3.^ Camerino delle Nicchie;
4.^ Camera dei Tronconi.
Nel terzo appartamento vi erano le stanze dette : 1.' Sala dei
Pattini; 2.** Camerino dei Grotteschi; 3." Camerino della Fama;
4." Camera degli Armadi.
(1) Doc. XIV.
(2) Doc. XV.
(3) Doc. XVI e XVII.
Arch. Stor. Lomh. — Anno XV. 3
34 IL CASTELLO DI COITO.
In questa epoca, come abbiamo già detto, nascevano al prin-
cipe Vincenzo due bambini ; e poiché il Duca amava vederli , e
per qualche tempo tenerli presso di sé, e 1' aria di Coito era assai
salubre, cosi furono destinati pei bambini questi due ultimi ap-
partamenti, che si dissero perciò anche della Culla.
Il quarto appartamento, che era il più bello, era talvolta abi-
tato anche dal Duca, quando gli artisti lavoravano nelle proprie
sue stanze. I vari locali si denominavano: 1.° Sala del Rosone;
2.° Sala degli Specchi; 3.° Sala della Pace; 4.° Sala dell' ^6-
bondanza. Il Rosone del primo locale era stato eseguito dal Ru-
bone (1), e i quadri della Pace e deW Abbondanza nelle rispettive
sale erano del Borgani (2).
I due palazzi erano cosi delineati, e mano mano si liquidavano
i conti dei vari artisti che vi avevano lavorato ; e ora il Pede-
monte , ora il Trabalese ne erano gli intermediari ; dovendo il
Pedemonte fissare il prezzo di alcuni quadri del Borgani e del
Ghisi , scrisse al Cattaneo , segretario del Duca , una lettera ,
nella quale si abbandona a tali considerazioni , che crediamo
degne di essere qui riportate nel contesto della nostra me-
moria :
Mi ricordo liaver scritto a V. S. sopra il quadro del Burgano ri-
cercandomi che mi paresse chel potesse valere che V averla poi pen-
sato se si gli havcsse dovuto dar denari , al che gli risposi che mi
pareva poter valere bora doicenlo scuti ora più et bora manco perchè
non era finito , ma che sapevo ben certo che si gli potevan dare li
cinquanta scudi che lui domandava. Ma ora rispondendo alla poliza
sua ricevuta questa mattina sopra dei quadri del Ghisi , ne gli dirò
però essi vagliano così ma per adurre un modo che possi dar luco
del valor loro farò qui per esempio un paragone. Come a dire se
opere tali fussero state fatte per mane di quegluomini si de moderni
come di antichi tanto famosi et eccel.^' nella pittura, S. A. non gli pa-
garla con seicento scudi luno , se già non vi fossero altri che giudi-
cassero non si poter pagare per la tanta eccelenza del arte , e qui
(1) Doc. XVIII.
(2) Doc. XIX.
IL CASTCLLO DI COITO. 85
non si stima mai il tempo che vadì a farle porche la tanta bellezza
con tanta dottrina ed arte non Io ricerca, ne credo però che questi
che à S. A. qui in Mantova per la inteligenza loro vadino tanto al-
tieri che habbino haver a male se io non li appareggio a tali di sopra
a tutti per ciò eh' io li stimo umili e virtuosi. Intesi una volta che
gì' Imperatori fatti da Ticiano l' Ecc.'' del S.'' duca Federico padre di
S. A. gli detti una gran summa di denari , ma V. S. mi dirà forsi
egli pagò la riputatione , ma forsi che ne perciò che per la ecc." e
dotrina sua fu l' inventore esso Ticiano dalle Teste in fuori perchè le
tolse dallo medaglie ben che ancora li ci wioìe buona inteligentia.
Pagò anco per quanto intesi a Antonio da Coreggio certi puochi
quadri col maritargli due figliuole, ò voluto far questo puoco discorso
accio S. A. possi far quella risolutione che gli pare intorno a queste
fatture. '
Quanto alle imperatrici non è dubbio alcuno che la fattura di cia-
scuna escede assai a quello dei papi per tanti ornamenti e conciature di
tosta con varjj modi vestite. V, S. mi dirà che io ò voluto dir un
mondo di cose , ma io le ò volute dire havendomi parso non essere
fuori di proposito da Mantova 7 luglio 1587.
Pompeo Pedemonte,
E anche a noi pare , che le cose dette dall' egregio artista ,
non sieno punto fuori di proposito.
IV.
Dalla parte di borea e verso occidente , dalle rive del Mincio
fino al grande stradale Bresciano, si stendeva 1' ameno e delizioso
parco. In origine, quando imperavano Principi dediti alle armi e
alla caccia, quivi erravano fiere selvaggie; sotto Guglielmo,
uomo mite e dolce, quelle fiere furono sostituite da animali do-
mestici , da uccelli canori , da pasci dorati ; a disegnare i viali ,
i boschi, le aiuole, a farvi le ricche piantagioni fu chiamato
certo Bernardino Passalacqua, da Casale, ritenuto assai esperto
in simili lavori (1).
(1) Dee. XX.
36 IL CASTELLO DI COITO.
In alto, alla estremità del parco, vi era una graziosa palazzina,
denominata allora palazzo della Costa, che serviva di abitazione
ai giardinieri , di tepidario ai fiori e agli agrumi durante 1' in-
verno ; nel centro sorgeva una stupenda fontana in marmi lavo-
rati su disegni del Trabalese ; questo architetto, per divertire il
Duca, pensò di aggiungervi alcuni giochi, a descrivere i quali
lasciamo a lui la parola :
Ho fatto un modello d' una burla che si potrebbe fare in detta fon-
tana , nel mezzo di d.*-'^ fontana fare un isoletta pur di legname con
un ponte a guisa d' una zatta dove si potrebbe andare a mangiare o
per altro passatempo, et quando fusse congregato là otto, o dicci , la
d.'^^ zatta so ne va al fondo, et lassa i detti abbandonati suU' isola, et
la à.^^ isola comincia andare al fondo ancor lei , et va sotto adagio
per maggior tormento di chi vi si trova, et quand' ella è andata al
fondo comincia a ritornare di sopra , di poi ritorna il ponte acciò i
detti se ne possino andare al sole a rasciugare. Vo fare sperienza di
un altra cosa assai dilettevole, di poi fatta ne darò aviso Goito 21
Mag." 87.
Fran." Traballesi.
In questo parco discendeva spesso Guglielmo a passeggiare ;
spesso seduto sopra sedili di vimini all' ombra di qualche platano,
si intratteneva a discorrere famigliarmente colle persone che
venivano da Mantova e da Casale a ossequiarlo ; e quando si
trovava bene in salute diveniva espansivo e verboso ; adattava i
discorsi alle persone che 1' attorniavano ; cogli ecclesiastici , che
erano gli ospiti più graditi, ragionava del cugino nipote Luigi di
Castiglione, esempio di tutte le virtù, che dopo morte fu poi as-
sunto all'onore degli altari; della chiesa di santa Barbara, che
egli ha fatto costrurre a complemento della sua reggia in città ;
del Concilio di Trento, alle cui sedute nel 1562 egli aveva assi-
stito presso lo zio cardinale Ercole , che lo presiedeva in nome
del Pontefice; coi segretari ricordava la sua andata alla Dieta
d' Augusta nel 1566 , dove aveva perorato per la concordia dei
Principi Cristiani , affine di opporsi ai Turchi minacciosi ; cogli
IL CASTELLO DI GOITO. 37
artisti e cogli uomini di lettere parlava di Giulio romano , che
egli aveva conosciuto, della sala della Mostra, dove voleva isti-
tuire un Museo di storia naturale e una Protomoteca.
Erano quasi condotte a termine fabbriche, decorazioni , parco ,
fontane , e molte ragguardevoli persone venivano ad ammirare
questa principesca residenza (1) , quando il 14 agosto 1587 il
duca Guglielmo moriva ; ecco una lettera del Trabalese al Cat-
taneo, del 15 agosto, che parla della morte del Duca, della ma-
schera che ne aveva tratto, e se avevansi a sospendere o pro-
seguire i lavori della rocca :
È piaciuto a Dio Ben.'o lassarci sconsolato col haverci tolto il no-
stro S.f^ eco Io l'ho formato acciò se il Ser.^o S/ duca suo
figliolo et mio patrone , vorrà che gliene faccia un ritratto di pittura
o ver di bronzo come alla Altezza sua piacerà comandarmi sarò pron-
tiss.** a servirla. Quanto alle fabbriche qui di Goito prego V. S. vegga
con r A. sua se vuole si seguiti o si soprasegga, ma harei ben caro
prima si facesse altro, S. A. fusse informata come sono passate le
cose, per tanto stanno aspettando la sua risposta di Goito
15 Ag.to 87.
Fran.** Traballesi.
Ma Vincenzo aveva in uggia il palazzo di Goito ; quindi vi
fece eseguire solo i lavori più necessari , perché non rimanesse
imperfetto , e portò invece tutta la sua attenzione alle fabbriche
di corte in città , alla basilica di s. Andrea , al nuovo palazzo
della Favorita, al castello nel Bosco della Fontana, alla villa di
Maderno, dove profuse i molti tesori , che il padre gli aveva ac-
cumulato.
Pure anche cosi il palazzo di Goito rimase un gran monu-
mento della splendidezza dei Gonzaga , una bella testimonianza
delle arti gentili mantovane ; ed ebbe al suo tempo la fama, che
prima avevano avuto il Castello dipinto dal Mantegna, il palazzo
del Te, opera di Giulio Romano.
(I) Doc. XXI.
38 IL CASTELLO DI GOITO.
V.
Benché numerose e splendide fossero tutte le ville dei Principi
di Mantova, questa di Goito tenne sempre un altissimo posto.
Quivi, nel 1613, fu mandata a soggiornare Margherita di Savoia,
vedova del duca Francesco, quando, essendosi dichiarata incinta,
il padre suo, per mire ambiziose, la voleva richiamare a Torino ;
il cognato duca Ferdinando non permise che partisse dagli Stati
mantovani , e a lei e alle persone che qui erano venute dal Pie-
monte , assegnò per dimora il castello di Goito , ove fu trattata
principescamente, ma anche con ogni cura vegliata ; quattro mesi
rimase a Goito la Principessa, finché avendo dichiarato d'essersi
ingannata sul suo stato di gravidanza, abbandonò questo palazzo,
e per la via di Brescia si ritirò alla casa paterna.
A Goito soggiornarono nel settembre del 1631 , il duca Carlo
di Nevers e la nuora Maria Gonzaga , quando aspettavano che
gli Imperiali abbandonassero Mantova per poter ritornare alla
reggia dei loro Avi.
Quivi nel giugno del 1671 si ritirò col suo drudo Carlo Bul-
garini — dicono fosse già suo marito — la duchessa Isabella
Clara, per sfuggire ai sarcasmi della Corte e per vivervi in pace
i suoi ultimi giorni ; e di qui il 16 dicembre dello stesso anno ,
dopo un violentissimo colloquio coli' ambasciatore cesareo conte
di Windisgratz , parti precipitosamente per rifugiarsi nel mona-
stero di sant' Orsola a Mantova, mentre il Bulgarini si rinchiu-
deva nel convento dei Domenicani.
Trovavasi in questo palazzo il 5 luglio 1693 il duca Ferdi-
nando Carlo, quando avvenne quello spaventoso terremoto , che
tanti danni portò al ducato Mantovano ; e pel quale crollarono
alcune stanze di questa residenza.
Ma le cose dei Gonzaga volgevano a precipizio , e la rovina
politica travolgeva seco la rovina di tutti quegli stupendi palazzi ,
che erano veri monumenti d' arte. Nella guerra per la succes-
IL CASTELLO DI COITO. 39
sione spagnuola, che si combatté anche sul Mantovano dal 1701
al 1707, Goito , preso e ripreso dai Galli-Ispani e dagli Impe-
riali, pati orrendamente ; il palazzo era ancora in uno stato tolle-
rabile nel 1735 quando vi pose il suo quartier generale il re di
Sardegna Carlo Emmanuele III, che nella guerra per la succes-
sione di Polonia , che essa pure si combatteva sul Mantovano ,
vi comandava i Gallo-Sardi. In queste scorrerie di eserciti nemici
la villa ducale era esposta a tutti i malanni ; erano rubati i
quadri , gli arazzi , i vasi , i cimelii preziosi ; erano devastati i
giardini, il parco, uccisi gli animali, infrante le fontane; il"
palazzo danneggiato dalle artiglierie e noa mai restaurato, ora
caserma ai soldati, ora in balia dei villici che lo consideravano
senza padrone, erasi fatto quasi irriconoscibile ; un giorno ca-
deva un soffitto , un altro crollava un muro ; si guastavano i
tetti , si staccavano i marmi , andavano in pezzi gli usci , le im-
poste ; era tutto una rovina ; e poiché nessuno pensava ad ar-
restarla, quella superba mole in pochissimi anni si sfasciò com-
pletamente , e di essa non rimase altro che la memoria : ove
si.irgeva la rocca, oggi vi sono ortaglie e vigneti ; e qua e là si
veggono ancora alcuni ruderi delle grosse muraglie , soli avanzi
di quella principesca residenza che ebbe tanta fama nella storia
mantovana, e di cui parlano con tanta esattezza i documenti
dell' Archivio Gonzaga , quei documenti che consentirono a noi
(li ricordare il suo antico splendore.
G. B. Intra.
40 ir. CASTELLO DI COITO,
DOCUMENTI TRATTI DALL'ARCHIVIO GONZAGA
Anxministrasione interna : F. IL 8.
Minute. — Goito 10 Marzo 158G,
Al Maestrale di Mantova.
Havendo S. A. eletto il S."" Fran.*' Traballese per prefetto delle sue
fabriche, ma che per adesso habbia principal cura di questa fabrica di
Goito et de altre fabriche dell'. A. S. fuori di cotesta città , et che a
quelle d' essa città attenda per hora il S/ Pompeo Pedemonte ser-
vando r uno et V altro d' essi le bolette et mandati di d.**^ fabriche
conforme al carico che come di sopra ciascuno di loro adesso esercita
d'ordine di S, A
M.to Ill..-e s.'' mio Oss.'iio (1).
S. A. me comandò che ritrovassi quel intagliatore Veronese et lo
conducessi da Mes."" Pompeo , ma si ritrova a lavorare al duca di
Sabioneta et vi starà ancora più di un mese. Io diedi il disegno della
sofitta al d.to Mes.' Pompeo, et gli dissi che S. A. comandava che gli
disegni delli fogliami sogli facesse por di dentro alcuni animali et
qualche mezza figura per uscire dalla stampa vecchia, che cosi ha
usato il bon' Antiche (2) et in particolare Giulio Romano. Ho veduto
(1) A quasi tutte queste lettere manca il nome della persona, a cui sono
dirette, perchè a molti documenti dell' Archivio Gonzaga nei tempi trascorsi
furono levati i contrafogli. — Però dal contesto delle medesime si vede, che
sono scritte agli Agenti del Duca, e specialmente al Cattaneo.
(2) L' Antiquo era uno scultore vissuto in Mantova sulla fine del se-
colo XV, e il suo nome era Pier Giacomo Ilario.
IL CASTELLO DI COITO. 41
poi la quartaparte del disegno della sofitta , il quale sarà molto bello
et benissimo inteso. Se V. S. si degnarà dar conto di ciò al S.'' Duca
io lo riceverò a grandis.'' favore. Mando un mio Giovane a aparec-
chiare li dui quadri , il quale se ne spedirà hoggi et dimane . . .
Da Mantova 11 Agosto 1580.
Fran.° Borgani.
DOC. ni.
Nel vero sono sempre stato prontiss.'^ con 1' animo e con 1' opperà
per servigio di S. A., ma gli è occorso che la mia mala sorte a guisa
di pestilenza ha infettato, et guasto le mie forze, perchè son stato tre
giorni nel letto et malamente trattato da una doglia sotto il lato del
core che ne per medesine et mill' altri medicamenti non son ancor
fatto sano, però così a malato non ho voluto mancare del debito mio
et ho finito diligentem.te li quatro quadri (delle stagioni) tutti di mia
ujano, si che voria pregare Y. S. si contentasse per sua amorevolezza
darne conto a S. A. di detti quadri, et io verrò volentieri costì s'haverò
comodità di carezza perchè non posso stare a cavallo per il dolore
ch'io ho dotto Di Mantova 21 Tbre 1580.
di V. S. M.to Ill.'-e Ser.'-e
Fran.co Borgani.
DOC. IV.
Feci quelle cartelle et 1* ho fatte mettere d' oro insieme
con 4 teste di leoni di rilevo per mettere nelli quattro cantoni del
salon musicale eh' hanno a reggere 4 festoni pur de relevo quali io
fo horq, che daranno un ricco finimento a quel salone
Goito 5 A2:.to 86.
Fran.*' Traballesi.
Airill. Sig. Fed.^ Cattaneo.
Adesso bore 21 mi è sta mandata la poliza di V. S. et è-benis.°
inteso il tutto, ma V. S. sappia che ancor che S. A. mi babbi detto
di voler i fogliami nei 4 quadri longhi, io però non ò disegnato da
empirli a fatto, ma come 1' avorà visto ci vorrei dipingere delle arme
per trophei acquistati in quella vittoria et anco in molti altri luochi ,
42 IL CASTELLO DI COITO.
ben è vero che sotto le piane S. A, doverla non solo contentarsi ma
desiderarvi lo intaglio , che in vero saria cosa tanto bella quanto dir
si possi e proprio sarìa un mostrare di voler per tal vittoria far qualche
cosa di più di quello che si fosse pensato , ne pensa V. S. che altri
intagli vi babbi a essere se non le rose e quelli fiori su i cantoni e
sulle cornici qualche foglie novoli pater noster o fusaruoli, che questi
non si possono fugire, e poi in una camera tale che quella e quella
delle virtù sono le principali e le ducali. Però aspetto nuova sopra il
terzo disegno mandato questa matina in vero per il più bello di essere
esaudito, ne altri disegni per ad esso manderò a V, S. perchè voglio
atendere a far li cartoni della grandezza che va la sofitta, e poi partita
che sarà , farò li disegni tutti della lor giusta grandezza , li quali ne
mandarò di volta in volta a S. A. secondo che li farò, ma havrei ben
caro non essere tanto incalzato di non poter far cosa buona , basta
che non farò altro Mantova 6 Ag.to 86.
Pompeo Pedemonte.
Il Sanvito à fatto li 8 puttini nel sfondato della camera Viteria, gli
manca di recercarli et fenirli , et dice che in una settimana la finirà
del tutto. Il Burgano dimanda li dinari delle quatro istorie fatte nella
sofitta de d.*^ camera le quali sono giudicato per il Sanvito et per il
s.' Trabalese scuti 6 luna , se li farà il mandato se cosi comanderà
S. A
Goito 14 Mag.° 87.
Cipriano Assendi.
Mi ellesse di fare alla presenza del sig."^ Agosto la Giornata che
fezze il marchese Fran.co Cap."o Generale de Venitiani centra Re Carlo
di Franzia , e perchè il fatto fa sul fiume del Tarro et ivi alle ripe
puoco scostandosi mi parebbe conveniente cosa haver il sito giusto
acciò l'Istoria eh' io ho a pingere sia più al vero rapresentata , per
tanto ella sarà contenta di dire alla A. S. se in Corte ve ne fosse
qualche quadro che fosse stato ritratto a quei giorni per memoria del
fatto che io me ne servirei, et non potendone bavere se 1' A. S. mi
farà dar cavalcatura andarò a ritrarlo, e quantonque ne lune ne l'altro
IL CASTELLO DI COITO. 43
potesse liavei- me servirò alla meglio eh' io potrò della maniera che
lo descrive il Giovio Dal The il dì 14 marzo 1587.
Aff.rao Ser.re
Hippolito Andreasi,
DOC. vin.
Subito havuto la lettera di V. S. fui da Mes." Ippolito Andriasi et
da Mes."" Teodoro Gbisi et ho trovato che Mes.' Ippolito è intorno al
diseguo sul cartone che non può cominciare a disegnarlo su la tella
sin questa sctimana che viene, ma che li farla bisogno li colori di che
erano le insegne di francesi, come ancor di la contraria parte, et le
imprese che erano sopra le insegne, et se fosse possibile ancora sapere
li colori de li habiti di quei soldati che seria se non bene poiché dice
in quel servitio ve ne era di tedeschi di francesi et quasi di hogni
natione , et che non mancha con quella solicitudine che per lui sia
posibile. Mes.' Teodoro dice che il suo quadro è fatto per la metà et
che non mancha di solicitudine, ma che non può promettersi dil tempo
perfiso poiché li bisogna quanto agiongerci quanto levarne , ma che
promete bene che il suo sera il primo a comparere in campo, et con
non mancare de quanto V. S. comanda
Di Mantova il XV di Aprile 1587.
Di V. S. III.^- Ser."
Andrea Cannova.
Non ho scrito a V. S. in darli conto del quadro che fa lo An-
droagio, polche essendovi stato giovedì pross." pas.° il Rev.<l'^ M. D."
Camillo che di compagnia lo andassimo a vedere qual mi promise sì
in mio nome dire a V. S. quello che lui et io havevarao veduto et
quello ancor che il detto Andriagio li haveva ragualiato. Hora che V.
S. mi comanda che li ne dia conto ancor che pocho sapia che dirli
per non esserli ancor perfetione alcuna le dirò, prima che sul quadro
di Mes.' Hippolito vi sono bozate a quest' hora quarantasete figure tra
grande et mezane, et cavali trenta uno, le qual figure sono quelle che
si rapresentano dinanti al quadro, ma ve ne va agionta pur dinanti
asai più. HoUra poi a quelle che andarano finte lontane, et dil quadro
vi resta ancor dui braza di voto per longeza che non vi è se non il
44 IL CASTELLO DI GOITO,
disegno di geso , lui non li manca et pur ogi giorno di 8.*° Jacomo
lo ritrovato che pur se non lavorava con li peneli vi era intorno a
considerarli quello che haveva a giongerli
Da la Pisteiia il 25 luglio 1587.
Di V. S. 111. Ser/e
Andrea Cannova.
13 Agosto.
Dopoi lo havcr ultimamente dato ragualio a V. S. del quadro di S.''
Andriagio, vi à agionto di più cinque cavalini et tre figure
Dil palazo del Te
13 Agosto 87.
Andrea Cannova.
Ho mandato al Rubone un disegno d' un satiretto per gli otto volute
de gli quattro cantoni della camera dei frutti, e così ella sarà contenta
d'intendere se la mente di S. A. è che siano tutti a un modo gli
detti satiretti perche se fosse tale, bastarla di quello ho mandato, però
a me piaceriano più variate. Poi nel ovato vi va dui altri Putini a
sedere su corti modiglioni opposti 1' uno all' altro in detta camera, et
darò pur essi nanti mi metta a cominciar la sfera alla quale la ho
fatta sbroccare quella già comenzata in svilla tela in casa del S.r Amo-
rotto, et ho dissignato di servirme d' essa degli contorni, ho poi havuto
la stanza in Corte (quella del S.'" Sannazzaro) fornita di quello gli fa
bisogno et andarogli a stan/iar finito che habbia questi dissegni o
cartoni per Coito Dal The 15 febraro 1587.
Ilippolito Andreasi.
Il Rubone ha atteso questi giorni all'hovato della camera
di fruti et dimane fenirà tutta 1' opera che va finita do legname. Il
Mainardo à atteso ahi frutti et hogi finirà il resto. Il San Vito non
ha ancora dato principio alli retrati , dice per non haver avuto cosi
presto la resolutione delli abiti, et ogi da principio alle fame. Il Bur-
gano lavora con quattro omeni intorno alle istorie della Camera
Vitoria
Coito 25 feb." 87.
Cipriano Assendi.
ir- CASTELLO DI COITO. 45
Il Rubone dice che darà fenita la camera de fruiti a pasqua press.*
quanto sia per la sua facione , avendo in tempo li cartoni dall' An-
dreaso , che sin' ora non ha a^'uto se non li putini et un satiro , 1' i-
stesso termine ha tolto il Mainardo. Il San Vito dice che farà il poss.'»
per finire la sua opera al istesso tempo et desidera avere un retrato
del duca Federico de mane de Tesiano , qual dice essere in Corte
vecchia. Il Burgano fenirà li quadri delle istorie della Camera della
Viteria per tutta la settimana che viene
Goito 20 feb.» 87.
Cipriano Assendi.
DOC. XII.
Il Sanvito desidera bavere il retrato del duca Francesco di mane
del Costa vecchio , dice essere in Corte vecchia , ha fato le due fame
et doi retrati è drieto al terzo, cominciando a Luigio primo. Il Rubone
à fenito irei satiri et dimani finirà il quarto. Il Mainardo à in bou
termine la faciata verso la camera Viteria che dimane fenirà li fruti.
Il Burgano spera di finir hogi le istorie della sofita della camera
viteria
Goito 6 Marzo 87.
Cipriano Assendi.
DOC. XIII.
Il Sanvito et il Mainardo atendono a fenire la camera di frutti et a
quest ora sono fenili li quatro Marchesi et dimane fenirà il duca Fe-
derico, Il Mainardo a fenito doi frutti con i suoi vasi
Goito 8 Ap.'e 87.
Cipriano Assendi.
DOC. XIV.
A Camillo Gatico a Venezia.
Havendo S. A. ridotte le sue stanze ad alto nella Roccha di Goito,
che spera sotto pasqua poter andare ad habitarvi, ha pensato di farli
far i suoi finimenti senza porvi più tempo in mezo , et però manda
costì Mes."" Ottaviano Capriano della Camera et M.'' Marsello sarto
con le tele che sono per fodra degli apparamenti che ricerca et con
46 IL CASTELLO DI COITO.
alcuni damaschi che già mesi sono Bart.'' del Calice fece havere all'A.
S. acciochè col parere di V. S. et con 1' aiuto del sud." S.' Bari." si
facciano essi apparamenti delli sovradetti damaschi, se si trovarà modo
che si incontrino i lavorieri l'un col' altro overo non succedendo questo
si vegga di contracambiarli in altra sorte de damaschi belli et buoni
che si affacino insieme Di S. Benedetto 6 marzo 87,
Federico Cattaneo.
DOC. XV.
A Camillo Gatico Cons.re del S.mo
a Venezia.
Il Fiamengo che ha dato li Razzi de Fiandra a S. A. si doverla di
ragione contentare di essere sodisfatto secondo l' accordo di tanto
quanto realmente si trovano i detti razzi , i quali misurati diligent.te
qui dalli superiori alla drapparia di S. A. che per il loro ufficio se
gli hanno a chiamare non sono stati trovati se non come è stato
avisato al S.'" Bart. del Calice, et la misura è stata fatta secondo l'ala
di Fiandra, alla quale fu presente Salamon Ebreo et affermano questi
drappieri et per i loro libri appare de tutte le tapezzarie che sono
state comperate da S. A. costi in Venetia come fu nell' occasione delle
nozze del S."io S.i' Principe, si sono sempre tolte al'a mesura che si
trova in effetto et non altrimente
Di Goito 17 Marzo 87.
Federico Cataneo.
DOC. XVI.
Mes.i* GiuUo Rubone atende alle camere et sala del Monestirolo nel
apartamento di S. A. nominata la culla , et Mes.'" Camillo Mainardi
dipinge sopra la porta alla quale fattura vi attende con diligenza es-
sendo cusi pregato da me per il desiderio che ho che sia una volta
levato via li ponti
Goito 18 lug.*' 1586.
Orazio Arrigoni,
DOC. XVH.
11 Rubone con li 4 suoi huomeni dipingono nel apartamento di S.
A. nella faljrica Monestirola, Mes.'' Camillo Mainardi fa il frigio nella
IL CASTELLO DI COITO. 47
Stanza vecchia attacato alla fabrica Monestìrola, che già soleva abitare
il s.'" Federico Cattaneo, et Mas.»' Alvise Riva dipinge le piazze di detta
camera. Mes.»" Battista Bressiano con un compagno darà diman prin-
cipio a fare le colonne et bassamenti alla stanza che è in capo alla
sala et attacala alla capelctta del apartamento che abitava bora S. A.,
il che fatto darà principio al solaro del ultimo triangolo del Monestirolo
in compagnia del Mainardi, et a quest' opera vi attenderanno quando
il sole li caccierà dall' opera delle facciate
Goito 22 luglio 1586.
Horazio Arrigoni.
DOC. XVIU.
Il Rubone seguita a far il rosone della prima stancia nella fabrica
monestirola Goito 27 7bre 1586.
Cipriano Assendi.
DOC. XIX.
Dalla lettera di V. S. ho inteso che S. A. aspettava di vedere i
quadri finiti a questo Natale, ma non so come S. A. potesse aspettare
detti quadri finiti, poiché doppo Ogni santi fu spedito solamente li dui
quadri della Pace et Abondanza e di subito arivato che fui a Mantova
feci aparecchiare i dieci quadri, che vanno a olio et otto altri a secco
con fogliami, hornamenti, profili et rabeschi d'oro simili alle due sofitte
già fatte , doppoi spedito ogni cosa ne diedi aviso al S.'" Ottavio Mai-
noldo , et S. A. ordinò che facessi li disegni, et fa questo alli 18 di
novembre che incominciai, ed ho speso un mese di tempo a disegnarli
tutti due volte, cioè li primi schizzi et poi li disegni grandi, e perchè
S. A. desidera sapere in che tei'mine si ritrova 1' opera , io dico a
V. S. che considerato la fattura che a quest' bora è fatto di tre parti
una, e spero in breve spedirmene, ma non posso sin'a qualche giorno
dire il tempo eh' io potrò dar tutte le pitture finite, per non haverne
fatto la prova da finirle. Quanto poi delli denari che dimandava per
conto delli quadri io intendeva solo d' haver da pagare la spesa del-
l' oro et colori, che della fattura di d.*' quadri farò come ho fatto delli
altri, aspetterò che sia finito 1' opera, però Mes.»" Pompeo vederà ogni
cosa et ne darà conto a V. S
Da Mantova 10 Genaro 1587.
Fran.o Borgani.
48 IL CASTELLO DI COITO.
DOC. XX.
Designando S. A. di fare una bella vigna, viali et altre cose dellciose
nel nuovo barcho che vuol fare qui, va anche pensando alle persone
clie per tal effetto gli bisogna bavere et discorrendo di ciò con alcuni
pratichi di cotesto paese , gli è stato proposto un Bernardino Passa-
laqua casalascho che sta vicino al Senato praticissimo a tal servitio,
sì per r inteligenza del piantare et alevare arbori come per l'aiuto che
potria bavere dalli due figlioli grandi che ha.... S. A. daria per pro-
vigione oltre la spesa uno scudo al mese per huomo
Goito 5 Giug.« 1585.
(corrosa la firma, ma certo
di un Seg.io del Duca
forse di Fed. Cutaneo).
DOC. XXI,
.... Oggi è stato a veder la rocha et barcho dui Gentilhomini
veneciani condutti dal s,»" Commissario , et dice che sono il Claris."
S."" Leonardo Mocenigi et l'altro de casa Emi et non li sa il nome ,
si sono maraviliati delle tre fontane dello barcho et li à piaciuta la
rocha ... Goito 18 Luio 87.
Cipriano Assendi.
DIARJ DI MARIN SANUDO.
Sarebbe troppo tardi il venire ora a parlare di una delle pubbli-
cazioni più importanti, e che più fanno onore alle Società Storiche.
Per semplice richiamo di idee e di fatti , forse offuscati dal pre-
sente turbinìo, e dal vilipendio di tutto ciò che è serio, dirò come
Marin Sanudo, patrizio veneto della fine del quattrocento, ancor
giovine cominciava nel 1496 , essendo doge Agostino Barbarigo ,
a scrivere la vita dei dogi: e compreso dalla formazione dei grandi
Slati, e dal gran movimento che allora succedeva in Italia, dove
Francesi, Spagnuoli, Tedeschi, Svizzeri, venivano a disputarsene
il possesso, prese a narrare l' impresa, da cui cominciò la bieca
tragedia , la calata di Carlo YIII alla conquista del Milanese e
del Napoletano. Non eh' io tenga autentica la narrazione di quel
fatto, che ingannò anche il Muratori , ma nella introduzione dei
Diarj egli toglie principio da quel fatto :
Essendo ordinato da le dispositione dei cieli , che da poi la venuta
di Carlo re di Pranza in Italia a l'aquisto del regno parthenopeo, la
cui istoria non senza grande fatica ho compilata , io debbi essere
quello che, fino non veda la quiete de Italia, debba farne nota di
tutte le cosse che per giornata seguitano, che siano degne di memoria;
et più volto fra me ho pensato di voler poner fine a questa lucubra-
zione et non piccola fatica; ma vedendo tramarsi nel scculo presente
tra li potentati che '1 mondo gubernano varii disegni; avendone di
]>oi la ritornata del prefato re di Pranza nel regno suo di là da'
Arelì. Star. Lomb. — Anno XV. 4
)0 DIARJ DI MAPJN S ANUDO.
monti, del reaquìsto del reame di Napoli altra non picola opera scripto,
et finito il volume i doy anni compiti a l'ultimo di febraro 1497
segondo el costume nostro veneto; parcndome le cosse de Italia essere
in grande travaglio , ho voluto principiar la terza deca , o sia ephi-
merida, dove per giornata noterò, al Creator Superno piacendo, le
nove so intenderanp , non seguendo altro limato stile , perchè cos'i
come in la seconda opra promissi , così in questa terza voglio pro-
mettere a li lectori che, avendo più ocio, in altra forma di parlare
nel seguitare la istoria, questa sarà redecta. Adoncha, lega chi voi,
et già non mi riprenda, perchè il successo quivi sì vedrà senza altro
elegante stile, comenzando al.pi^imo giorno di marzo 1498.
E difatti allora cominciò a scrivere i Dlarj _, cioè gli avveni-
menti, le notizie, gl'incidenti, le dicerie, le feste, le burle, che
vedeva o conosceva con incessanti indagini,
Venezia allora serbava peranco parte della sua grandezza e at-
tività, non colpita ancora da quelT infausto preludio della politica
odierna , la Lega di Cambray. Le sue navi scorrevano ancora
dal Baltico all'India; in Asia, in Africa, in ogni paese aveva
oratori , balii , ambasciatori ; era il centro , come del com-
mercio , cosi della politica d' allora ; laonde era opportunissima
per raccogliere e per diffondere le notizie. Gli ambasciatori, i
governanti, i magistrati inviavano alla Signoria continue informa-
zioni ; altre le spìe, che erano i reporter d'allora; altre i deputati
speciali al campo donde una curiosa varietà di vedere , di ap-
prezzare, di giudicare le persone e gli eventi. E il Sanudo stava
tutt' occhi a conoscere questi arrivi , ed anche le lettere che
giungessero a privati ; e colla passione di tutti i colettori , se ne
insignoriva e li copiava. E tutto volea vedere ; lesse le carte
antiche deposte negli Archivj ; le nuove trascriveva di proprio
pugno; i magistrati, anche i terribili Dieci, gli comunicavano
fin i carteggi secreti.
È ovvio capire che non si tratta solo di Venezia e di cose
venete, ma di quelle di tutto il mondo, e vi ha una gran parte
il ducato di Milano. Assai meglio che nelle scolorate frasi del
Guicciardini , e nella ingenua grossolanità del Burigozzo , può
niARJ BI MARIN SANLDO. 51
trovarsi la storia di Milano di quel tempo nei Diarj, sparpa-
gliata, è vero, e interrotta da fatti d'altra natura; sicché non
sarebbe opera oziosa il radunare quanto si riferisce ad avveni-
menti della Lombardia , i cui storici , eh' io sappia , non si
vantaggiarono di questa fonte per conoscere quei trattati, quelle
perfidie , quelle avidità.
In questo uffizio il Sanudo durò dal 22 maggio 1496 al set-
tembre 1535. E ne riuscirono 58 volumi in-folio.
Tutto ciò, lo ripetiamo, è scritto o trascritto di proprio pugno.
E a chi pensasse la fatica poter essere leggera, basti notare che
solamente dal 1 al 15 ottobre del 1515 si riempiono 216 co-
lonne di stampati , senza indici , né postille, né sommarj , né note
illustrative.
Non cercatevi stile, non arte di composizione, non altra lingua
che quella che si parlava sotto le Procuratie, e tanto meno le fi-
nezze del contemporaneo Comines, Machiavello anticipato.
Chi amasse il verismo anche nella storia , non potrebbe tro-
varne uno specchio migliore che in questi Diarj. I tempi , i
luoghi, le persone, vi sono descritti per filo e per segno ; come
era addobbata la stanza o la cappella , pavesate le navi , come
parati il tempio e la città nelle feste, delle quali nessuna dimen-
tica; come vestiti il Doge, i senatori, i prelati, i differenti ma-
gistrati , come gli ambasciatori , non tralasciando di ridere quando
d' estate l' ambasciatore di Francia compare nel Consiglio , con
pelliccia.
Unite r elezione dei diversi magistrati e cardinali alle di-
scusse trattative coi re di Francia, col Gran Turco, col Soldano
d' Egitto : insieme con ragguagli di Corti e di Potenze ci dà il
prezzo delle merci e del pesce ; il valore delle spedizioni che
arrivavano dalle Indie e dal Nord ; il corso dei cambj, la varia-
zione delle stazioni.
Non ommetto le satire che giravano ; e fra l' altre una com-
media , di cui rechiamo il principio :
ComcBdia Veronte hahita coram reverendissimo
Gursensi Cesareo oratore e guhernatore.
52 DIARJ DI MARTN SANUDO.
DIALOGUS.
Senex — Italia
Italia, — Senex , quoquo Italia vix tandem ex tantis procellis mihi
videor portum prospicere me miseram !
Senex. — Quem portum prospicis ? quid te miSeram appellas ? quid
brachia in coclum jactes andax et temeraria?
Italia. — Me audacem appellas et temerariam , quibus vitiis ut
carerem semper curavi, en quo redacta sum ad reliquas miserias.
Hoc etiam accedit quod me anxietate conficet, quod nemo nostri com-
raiseratur, sed ultro me omnes irrideant, virgis plerique infectentur.
Ah me miseram ! o ccclum ! o terra ! o mare !
Senex. — Jam me fecisti ut tui miserear, quia videam formam qui-
dem gravitatum maximam, imo majestatem prope divinam proc se
ferre, habitu vero miserorum omnium miserrimam, qua re nomen tuum
ede ut sciam au jure tibi compatiar.
Italia. — Nomen tibi ut edam perfacile est, nam ex reliquis orna-
mentis hoc nobis relictum est : Italia sum.
Senex. — Italia ne !
Italia. — Quidem.
Senex. — Tu ne es Italia !
Italia. — Ea inquam sum, quamvis omnibus erumnis confecta.
Preziose particolarità offrono le feste ; anzi il diligentissimo
Emanuele Cicogna ne ritrasse un volume, tutto di feste veneziane.
Tra esse furono insigni quelle celebratesi in occasione che , nel
maggio 1515, si solennizzava quella pace perpetua, che doveva
durare pochi mesi.
In questo tempo (1497) ritrovandosi esser a Brescia podestà Giorgio
Corner cavalier splendidissimo et fratello di la serenissima regina di
Cypri , parsa a essa regina voller andar a piacer , et per veder la
terra et il fratello , ad Asolo , loco suo in Trivisana dove habitava.
Per la qual cossa. Bresciani determinono farli grande honor . et spender
lire 10 milia in honorarla e farli una giostra. Prima, terminono
Bresciani mandarli fino a li confini di Bresciana 12 zentilhomini , ca-
valieri et doctori , ben accompagnati, A Desanzan , eh' è nel lago di
Garda , anderà esso Zorzi Corner podestà con decente compagnia
D'ARJ DI MARIN SANUDO. 53
A Lonado sarà la podestaressa con molte done. Al Ponte di S. Marco
40 zoveni citadini a cavalo vestidi de zuponi rasi cremesini e sai di
raso paonazzo , con un famejo per uno , con calze a la divisa de la
regina. Al principio di la campagna di là da Rezato , se dia apresen-
tar il conte di Pitigliano alora a Ghedi , con tre squadre di gente
d' arme et una di balestrieri a cavallo. A Rezado se apresentiva Fran-
cesco Mocenigo capitano con bella compagnia , poi a Santa Eufemia
la capetania con più de 60 donne a cavallo , per aceptar la maiestà
jjredicta. A la porta di Brexa sarà preparato una ombrella , over
baldachin damaschin bianco , portata da otto doctori e soto sarà con-
ducta. Deve alojar in Brexa ne la caxa di Lodovico de Martinengo ,
che fu di Bartholamio Coglion capitano zeneral nostro , e da la porta
di la dita fino a la porta di la terra, tutte le strade saranno coperte
de panni. A la porta sarà un carro triumfal bellissimo, ornato de spi-
ritelli , el qual costa più di ducati cento. Et il zorno seguente che soa
maestà sarà intrata in la terra, si farà un rinovar di festa, poi
una oration per domino Joan Baptista d' Appian doctor , e compita
la comunità li farà un presente a la regina de rebus mangiatiois. Poi
al di deputato , si farà la giostra a do manini , magnifica e suntuosa.
Et frachasso dia seguir con tre giostradori, e tre altri ne vien di
Milano, Et Brexani spendevano volentieri , si per esser richi , qual
per amar molto il loro podestà , per far bon reggimento et molto
magnifico.
Colle comparse e il fasto vi sono, e troppe, le miserie di quella
interminabile guerra ; e per la nostra regione i sofferimenti di
Bergamo, di Brescia, di Crema, Trezzo, Caravaggio, il forte di
Lecco; danneggiati non meno dai saccheggi dei nemici, che
dalle angherie e violenze delle guarnigioni, sicché uno scriveva
(dicembre 1515) :
Nego esser casa o homo ne la terra nostra senza parte de in-
juria : nego alcuna generazione de scelerità essersi pretermissa ; talché
men detestabile cosa saria stata prendendola li irati inimici per forza.
E qui ci si fa luogo a dire come , di questi Diarj, il nostro
giornale abbia voluto occuparsi per la tanta parte che conten-
gono di storia lombarda. Si combattevano allora le miserabili
54 DIARJ DI MARIN SANUDO.
guerre, ove Francesi, Spagauoli, Tedeschi, Svizzeri, Ungheresi,
Turchi, combattevano sul suolo nostro , o per avervi dominio di
alcun suo brano, o, so non altro, rapirne la ricchezza; e sa-
ziar r ambizione e 1' avidità sulla patria nostra, mentre dal Va-
ticano echeggiava il grido di Giulio II perchè si cacciassero i
Barbari.
Visto questi signori che li inimici declinavano pei' Pontevico , né
erano per venire alla volta di Cremona , acciò non ne pervenissero
el camino do Milano , deliberono de levarsi , el terzo zorno venissemo
con tutto V esercito a Picigheton ; et confermatone lo adviso che li
inimici tendevano a la volta de sopra per passar 1' Olio , de li se le-
vassemo jeri da Pizigheton a mezzanote, et fassemo a do bore de
giorno a Lodi , dove udita la messa del venere santo al meglio so
potè, venissemo de longo qui a Zelo, milia 8 lontan da Lodi et 4 da
Melz , et uno miglio apresso Adda , et fucossemo miglia 26 , che vi
prometto le fanterie ebbero che fare gionger la notte al'allogiamento.
Hora monsignor el Contestabele ò sta a veder el sito per opponersi a
li inimici volendo venir avanti ; etini i quali se è deliberato de venir
a la giornata , né si po' far di meno , stante le cose nel mezo se
trovano.
Questa matina , monsignor de Boibon se è comunicato cuin gran-
dissima devotione , e similmente gran numero di suoi , et parmi che
tutti siano de opinione fermissima do vincer o morir.
Da Bergamo circa bore 22, boggi, fu preso uno franzoso di anni 25,
un miglio lontan di la terra, qual menato dal proveditor, et examinato
et bauto 7 scossi di corda , non ha confessa nulla , non dize donde
vien né donde 1' andava. El proveditor lo voleva far apiccar questa
sera , e sier Vetor (Lippomano) ha fato tanto che l' indugiò a giorni ;
in questo mezo forsi confesserà qual cossa e poi lo farà apiccar. Si
tien questo sia uno di quelli che questa notte venne in la Capella , e
quel castelan lo mandava a Trezo, perchè la Capella V à trato oggi uno
colpo di bombarda per segnai eh' el gè mandava indriedo avisi , perchè
con fuoghi e bombarde i se intendeno. Disc che tutti li francesi che
sono in la Cappella hanno assa' denari, mail castelan non ha niente,
perchè subito eh' el vide al campo de sguizari venir , mandò tutto in
Pranza. Questa matina è venuto uno di Crema, disse a bocca come quel
Crivello avea morto Jeronimo di Napoli che voleva dar la terra a' Mi-
niARJ DI MARIN SANUDO. 55
lanesi, et eran venuto alcuni di Crema, et si dize che oggi nostri devono
entrar dentro. Questa matina era venuto giù di dita Capella mandati
da quel castelan, 3 homeni , 3 puti et 5 femene , i quali portone una
Ictera di esso castelan al proveditor nostro , scrivendoli eh' el mandava
queste persone a casa e li debbi farli bona compagnia, perchè se non
lo farà , anche lui farà mala compagnia ad alcuni presoni eh' ha in
dita Capella.
Il Sanudo racconta di Beatrice moglie di Lodovico Sforza, che
il 29 gennajo 1497 mori sopra parto di soli 23 anni. 11 giorno
era stata in carrozzetta, la sera avea ballato. Poche ore prima
del parto erasi trattenuta in preghiera sulla tomba di Bianca
Sanseverino, figlia spuria di suo marito. Questo, più amoroso che
fedele, ne restò inconsolabile, e fatto tetro, abbandonava gli affari
dello Stato e della casa, rifiutava sino la consolazione dei figliuoli ;
per quindici giorni si tenne chiuso in una camera « tutta di panni
negri, serada la fenestra, a lume de candela senza visitazione»;
0 ravvivando i sentimenti religiosi in cui era stato educato, visitò
i santuarj frequentati da Beatrice, «diceva l'officio grande, di-
giunava e viveva casto », per un intero mese nella chiesa delle
Grazie fece ardere cento torcie , e celebrare cento messe di
suffragio, ed egli vi assisteva, e volle fosse deposta in magnifica
arca (1).
Il Sanudo reca la lettera che 1' imperatore scrisse a Lodo-
vico Sforza qui a nobis apprime diligitur ; per consolarlo della
morte della moglie Beatrice, non modo dulci conjugi , sed ptin-
eìpatus ivi socioe, et curarum et occupationum iitarum lecamini.
— Felieissimce conjugi tuce nullum tei fortuna' , tei eorporis ,
vel animi bonum desideravi a quocumque poluit , nullus decor ,
(1) L'insigne monumento della duchessa Beatrice suole attribuirsi ad
Andrea Fusina, ma noi abbiamo provato che è di Xptoforo da Solaro dicto
el Gobbo (Chiesa delle Grasie, p. 25), grande artisca, che non sapendo lui
scricere, fa firmare da Francesco Covro.
Lo stesso Sanudo dice che lo Sforza, nell' atto di fuggire da Milano
« donò a mess. Francesco Bernardino Visconti una sua possessione chia-
mata la Sforzesca; « si dà entrada lire undici mila » (1499 settembre).
56 DIARJ DI MARIN SANUDO.
nulla dignitas addì ; eum et te viro, et princìpatu totius Italice
Jlorentissimo dlgna fuerit (1).
Dal Sanudo apprendiamo che Lodovico dava udienze e con-
vegni nella chiesa delle Grazie e vi ornava cavalieri. « Marco
Lipomano orator nostro, entrato in chiesa, non andò dal Duca,
et andò a udir messa, et verba illorum ad invicem non è a pro-
posito scrivere ».
Lodovico assicurava che i Francesi non verrebbero, « pur fa-
ceva fortificare li soi lochi e li confinì.,., attendeva a scuoter
denari più che il facesse mai, angariando molto li suoi popoli ».
Parla del 1497, non del 1888.
Cosi al Doge si descriveva 1' entrata del Cristianissimo a
Milano.
Serenissimo Principe, ctc.
Hogi, da po' disnar, la Maiestà Christianissima triunphantemente
è intrata in questa terra con tutta la corte sua. Prima vene il pre-
vosto con ventidò sergenti driedo a cavalo armati. Seguirono poi
circha 1300 lanzinech di la banda negra, sotto 17 bandiere, tutti gio-
vcni eletti, armati da capo a piedi, et i loro capi con giuponi e calze
di restagno d' oro di gran penachi in testa che certo fu bel ve-
der. Seguirono poi 200 balestrieri a cavalo tutti armati et vestiti di
sajoni ad una livrea, con sue lanze et bandiruole a la stratiota,
drieto a li quali vennero 300 arcieri de la guai'dia del Cristianis-
simo Re armati a cavalo con li soi sajoni rechamati d' argento tutti
ad un modo. Vennero poi circha 110 pensionarli di la Christianis-
sima Maiestà , armati tutti sopra cavalli bardati , vestiti loro et li
cavali de diversi brocati d' oro et d' argento che mai fu veduta la
più ricca cosa, tre capi de li quali erano monsignor el marescalche
Pelissa et monsignor de Sciatiglion (2) tutti armati et vestiti d' oro de
ricamo ricamente. Seguirono poi lo trombete de bataglia et trombe
et pifari , drieto li quali vennero 1 1 regazi de la Maiestà prefata, ad
(1) Tal concetto si avea del nostro paese! E quando io proposi per sog-
getto al sipario della Scala le nozze di Lodovico e Beatrice, si objettò clie
non conveniva, nelle presenti prosperità, ricordare tempi infelici.
(2) La Palisse — Chatillon — Alengon, ecc.
DIARJ DI MARIN SANUDO.
uno ad uno sopra 11 corsieri, tutti vestiti di veluto negro, listati di
ricamo d' oro, et lo ultimo ragazo haveva in testa lo elmeto de Sua
Maiestà , sopra el quale era una corona d' oro, et in mezo di quello
uno jìordclise d' oro. Poi seguiron gli araldi con le sue sopraveste a
fìordelisi d' oro in campo di veludo violetto. Vennero poi 5 cavali
bardati in par , coperti de brocato d' oro , et furono lo illustrissimo
Gran Contestable, el qual portava el stoco regal nudo in man , mon-
signor Loys, barba (zio) de monsignor de Vandome , monsignor de la
Trimoglia, e '1 Gran Scudier, tutti vestiti d' oro, et uno gentilhomo che
portava el scettro. Venne poi una umbrella de veluto violeto, lavorata
a fiordilise d' oro portada da 4 dottori giuristi milanesi , sotto la
quale il Cristianissimo Re armato de tutte arme, sopra uno bello corsier,
moi-ello, vestito lui et cavalo de veluto violeto lavorato tuto a fiordi-
lisi d' oro, et in man portava la bacheta d' oro regale, che a una mano
in cima , et in testa una baretta di veluto negro coperta di penachi
bianchi ; et intorno al suo cavalo erano molti stafieri vestiti di seta, ma
ira li altri, quatro scozesi pur a piedi^ vestiti di sajoni de brocato d' oro.
Drieto Sua ^laiestà immediate , ma fora de la umbrella , veniva
Monsignor de Lanson pur armato, vestito lui et il cavallo ne la forma
instessa che era il Cristianissimo re ; drieto il quale veniva li illustri
duchi di Savoja et Lorena, monsignor di Vandome, marchese di Mon-
ferato et marchese di Saluzzo, armati tutti sopra corsieri bardati et ve-
stiti tutti de bellissimo brocato d' oro con gran penachi sopra le loro
berette. Poi drieto venne Monsignor de San Valier con cento vinti si'"
gentilhomeni di la casa del Re tutti armati sopra corsieri bardati et
vestiti d' oro , d' argento et diverse sorte seta ; da poi li quali segui-
rono altri tanti cavali de regazi che portavano li elmetti et lanze de
dicti gentilhomeni.
La Maiestà Sua Cristianissima intrata per la porta di Pavia, se ne
venne al Domo , dove smontata, entrò in la chiesa a far oratione, et
poi tornata a cavalo, se ne andò al suo aloggamento, che è la Corte
Vecchia, a l' bora prima di notte. Nui non acompagnassemo Sua
Maiestà , perchè el magnifico Gran cancelier a tutti nui oratori fece
intender fin questa mattina che la prefata Maiestà intraria armata et
non voleva salvo gente armata.
Mediolani, die 11 Octubris M.D.X.V^ bora una noctis.
Marcus Dandulo, Petrus Pasquahgo doctores et o^^uires oratores (1).
(I) Voi. XXI, p. 234.
58 niARJ DI MARm SANUDO.
Copio, di Icte.re di Zuaa Jaeonio Caroldo secretano con li oratori ve-
neti a Milan al Cristianissimo Re, date in Milan , a di 11 No-
venibrio 1515 , dri2ate a suo fratello.
Heri intrassimo qui in Milano molto honoratamente. Ne vene ad
incontrar quasi fino a Melzo dui gentilhomeni milanesi^ missier Antonio
de la Croce e missier Agustin da Terzago, per condurne al loco dove
doveano venir ad incontrarne alcuni personaggi del Sangue del Re ,
come segue, et poco da poi venne monsignor d'Aste con molti Triulzi.
Gionti a San Dioniso apresso Milan, ne venero ad incontrar monsignor
di Vandomo , conte di San Polo suo fratelo , et uno suo barba del
sangue regio, un fratello del duca di Lorena, con gentilhomeni 200 de
la casa dil Re con li dui sui capi, » qual tutti ne acompagnono fino
qui in Santa Maria di le Gratie. Li nostri gentilhomeni andono avanti
a duo a duo assai ben vestiti. Domino Sebastian Centanni liavcva una
gioia a la bereta che vai ducati 1500. Domino Zuan Contarini una altra
gioia. Domino Piero Trivixan, fo di missier Polo , haveva una bella
catena d' oro^ e %en vestiti con saglioni de veluto. Avanti la famiglia
di ambasatori et avanti de tutti , 50 muUi tutti coperti ; siche è stata
una bella intrata. El tempo ne servite pur : ma sempre ne menazava
de piover. Oggi che dovemo andar a 1' audientia e molto meglio in
ordine , el tempo è dato tutto a 1' acqua. Ne sono con nui de bellis-
simi cavalli, con adornamenti molto honorevoli, oidelicet domino An-
drea Diedo, fo de missier Antonio, domino Francesco Zen di missier
Piero, el magnifico missier Andrea Griti, un cavalo che cavalcava do-
mino Andrea Coadivacha molto bello e in ordine , e lui etiam caval-
chava un bel cavalo ; el magnifico missier Antonio Grimani vestito
con una vesta di veluto violeto fodrà di lovi e manega stretta sopra
una mula, con monsignor di Vandomo, nò fece mai altro che rider,
tutta volta con dignità e gravità. Da poi, missier Domenego Trivixan
0 messier Zorzi Corner vestiti d' oro di restagno a manege strette a
un modo, ma missier Zorzi haveva una cadena d' oro, e missier An-
drea Griti vestito di veludo negro, vìdclicet uno robone che li stava
molto ben in dosso. Ha una gratissima presenza, che acharezava tutti
con tanta bona gratia et gravità, che non se posia dir. Venne etiani ad
incontrarne el fiol^dil signor marchese di Mantoa ben acompagnato ;
ci qual è uno bel zovene grazioso.
DTARJ DI MARIN ?ANl.DO. 59
Poiché i nostri cronisti sminuzzarono tanto le descrizioni di feste
e ricevimenti, che poi anche gli storici adottarono, non sarebbe
fuor di posto inserir anche queste. Seguitando le quali col Sanudo ,
si trovano i nomi dei personaggi, i loro vestimenti, gli atti, e con
quanta dignità il re desse udienza agli « umili suoi carissimi »
oratori di Venezia; scendesse dal trono a incontrarli, li abbrac-
ciasse. Figurava principalmente Andrea Gritti « con una vesta
aperta da tutti i lati larghi, con uno bavaro tondo di veluto pao-
nazo, fodrà di raso cremisino, e una vesta sotto a maneghe strette
de raso paonazo. » Il re era vestito « di un robon de brocato d'oro
bianco fodrà di zebelini , con uno sagio de recamo d' oro , con
calze bianche et scarpe de veluto bianco, con guanti in mano et
anelli che pareva fuor dei guanti che erano tagliati , con una
bereta de pano negro e una medaglia d' oro al lato destro. »
Il corrispondente continua : « Non posso scriver tanto de la
bone ciera fanno tutti questi francesi a messer Andrea Gritti.... »
e tutù dicevano : « Ecco messier Andrea ; che cosa mirabile è
niessier Andrea : è homo compito, e non è al mondo homo che-
sapia meglio acarezar che lui e con parole e con li gesti e in
ogni cosa è signoril , ecc. »
Sior Zuan Corner descrive una ^ena, data da Barnabò Visconti,
« la qual fo da varie et infinite bandigioni, e ornata di forse 15
donne assai brute, e tanto sbellettate che 1' una l' altra si asso-
migliavano. Di poi cena venne forse 10 maschere , tra le quali
era il Re.... (1). »
Ecco di che invogliare gli studiosi di costumi del Cinque-
cento, e di usanze milanesi.
Ivi pure (voi. XXI, pag. 442-48) è il giuramento che a Mi-
lano prestò re Francesco.
Sempre e soprattutto , nel Sanudo campeggia la devozione , il
culto della patria ; la quale è sempre più amata e riverita
quanto è più limitata ; e i Romani vincevano e morivano per
(l) Della Coronazione del Re in Nostra Donna di Reims, il 25 gen-
najo 1515, è la descrizione nel Sanudo, voi. XX, pag. 24.
co DIARJ DI MARIN SANUDO.
essa quando arrivava solo ai colli Sabini , anziché quando si
estese dai Garamanti al Baltico. Il nostro Marin ci pare vederlo
sorridere quando racconta che il re di Francia ricevette gli am-
basciatori veneti tenendo il berretto in mano.
De Milan vene lettere, come, a dì nove da sera, era gionto in Mi-
lano Zuan Paulo Gradenigo, che andava provedador sopra i stratioti,
aleggiato al hostaria di Tre-Re, dove lo vene a visitar 1' orator nostro.
E posto r ordine di andar insieme dal duca , andato a disnar con
dicto orator, trovò in camino uno messo del duca di excusar si non
era venuto incontra, perchè non 1 avea saputo la sua venuta. Et post
prandium , venuti li messi dil duca a compagnarlo in castello , andò
insieme con F orator nostro. E il duca gì' venne contra con uno
mantello longo da cerotto , et avia barba. Et fato le acoglientie , an-
dati in camera, parlavano molto insieme, poi andorio dal cardinal di
Santa Croce legato apostolico , aleggiato etiam in castello , et poi , il
giorno seguente, partì di Milano acompagnato fuori da 1' orator.
Non dappertutto ricevevano si onorevoli accoglienze ; e come
il Soldano d' Egitto trattasse superbamente gli ambasciatori di
Venezia, vedasi da questo passo dei Diarj, voi. XV, pag. 18,
anno 1512 , settembre; da lettera di Gio. Marcello da Ales-
sandria.
Kavendo nel Cairo il clarissimo orator nostro , con il consulto de
nostri che de 11 se ritrova, deliberato di acrescer il presente dedicato
al signor Soldan, el qual, contra ogni solito, volle che al primo montar
a sua presentia fusse insieme portato il presente acciò quello publice
fosse da tutti i signori e sua corte veduto, e per quella zornata, fate
le solite salutazioni, ognuno se tornò a casa, e da poi zorni 2 dette
secreta audientia , e per quel se intcxe , par rimanesse sattisfato e
ben edifichato con la Signoria nostra , volendo però nel fine di dita
audientia che 1' orator si promctesse che la Signoria de pena capital
punirla sier Piero Zen consolo di Damasco che è lì al Cairo ; al che
non volendo prometer né consentir il prefato orator , pare il signor
Soldan rimagnesse molto adirato. Da poi le pratiche et mezani co-
racnzò andar a torno , prometendo post multa che , montando a la
publica audientia, el dito orator li meneria sier Piero Zen davanti, e
DIARJ DI MARIN SANUDO. GÌ
li confesseria de aver falito contro il signor Soldan , e cusì facendo
lo consegnerà al prefato orator , con dir che a Vcnetia l' avesse a
condur da esser punito secondo il beneplazito di la Signoria, e che
fatto questo tutto seria concio, e per questo havcria bona expedition.
E havendo a sua corapiacentia e per satisfar l' animo del signor Soldan
concluso de cussi far, 1' orator montò in castello, dove era seduti tutti
i signori et corto , e li fu conduto el dito sier Piero Zen , e da po'
molte zerimonie, fu consignato in cadene al dito orator secondo 1' or
dine posto , al quale poi prceter ordineni el Soldan alto e superba-
mente parlò, dicendo che, se venitiani volea praticar nel suo paexe,
de primo volea che tutti li capitoli che concluse Tanguardi suo am-
basador fusse anichiladi , e che lui volea reformar patti e capitoli a
suo modo ; etiam voleva el tributo di Cypro li fusse dato non come
è sta fatto ma com el doveva haverlo, concludendo che 1' orator do-
vesse andar a casa con pensier di farlo contento de tutto quello el
voleva , altramente deliberava che venitiani uscisse de tutto el suo
paexe , tornandoli però prima el suo regno de Cypro : e perchè altri
el pregava de torlo con darli doppio tributo , e che V havea modo
con el consulo de francesi de dar esito a tutte spezie e robe di suo
paese. E con altre simil superbe e dispiazevol parole dette licentia ;
e venuto a caxa 1' orator, li mezani et pratiche fu atorno dimandando
molte inhoneste cose, tra le qual per refacimento di tributi di Cypro
più de ducati 30 mila : al che havendo al bisogno risposto 1' orator
con dir se maravigliava di tal dimanda essendo in esser le carte di
recever de li tributi saldi e satisfatti di tempo in tempo, il che riferito
al ditto Soldan in colera feze risposta che quelle carte erano di niun
valore, e che per nulla le apreziava, perchè li sui secretari et scri-
vani , che quelle avea scritte , havean auto da la nation più de du-
cati 1000 di magnarla.
Nei Diarj ricorrono frequenti memorie di personaggi, rinomati
nella storia.
Nel 1515, moriva il capitano generale Bartolomeo d'Alviuno :
gli avevano caca le budelle e chiuso il cadavere in una cassa
impegolada, e con gran segni di lutto, e drappi neri sul feretro,
ai cavalli, ai paggi, veniva condotto dietro all' esercito, che non vo-
leva abbandonarlo. La Si^^noria mandava condoglianze alla vedova.
62 DiAn.i DI MAitix r-;ANun!i.
Vi cometiamo che \i conferiate a visitatione di essa illustrissima
Madona, et in nome di la signoria nostra, vi dogliate si del suo come
del nostro comune infortunio et poi che non se li può far altra resi-
stentia o rimedio perchè tutti havemo a morire , la voglia con la
prudentia sua da so fugar ogni nube di dolente o tristo pensiero ,
rengratiar il nostro Dio con portar paclcntemente tutto quello che
piase a sua Divina pi'ovidentia, et in lei pensando, non dubitamo rice-
verà alcun sufragio di mitigar il dolor suo , si potrà facilmente con-
siderare il marito suo non esser morto ma partito da noi a la vera
et eterna et felice vita, benché et con noi vive et viverà sempre glo-
riosa memoria de le prestantissime virtù et de li gesti memorabili
di la excelentia sua, che si può diro essere stata vero exempio del
roman valore. Appresso di questo , sua signoria stia di bono animo
di questa partita del signor suo marito , però che in loco di lui sera
la Signoria- nostra a conservar lei et nutrir et exaltar la stirpe et
posterità sua, la qual abraciamo per nostri dilectissimi figliuoli.
Comettemovi proeterea , che per una zornada tutto quel venerando
clero con soniti di campane et tali segni funebri faciate celebrar le
messa de morti , et orar per il riposo de l' anima di questo signor
defonto.
Data in nostro Ducali palatio, die 10 octobris 1515.
Da Milan, di sier Andrea Trioisan ci cavalier, orator nostro.
Di coloquii e consulti fati in casa dil signor Zuan Jacomo (Triculzio) col
gran contestabele duca di Borbou et quelli signori, quid fiendum centra
questi tedeschi. Et che lui orator parlò gajardamento era di uscir a
la campagna et esserli centra, sono zente da pocho etc. Monsignor
di la Paliza etiani laudò questo, et così el signor Zoan Jacomo, unde
dito Duca terminò el dì seguente partirsi di Milan con lanze 600 e
venir a Lodi , poi più avanti , et averà li soi fanti numero in
ordine, et far testa centra diti sguizari et alemani. Itenij che li 4000
sguizari fatti erano per venir, e voi la Signoria paghi altri 4000 qual è
sta già scripti, et veranno, et con questi voi andar in persona e aver Ve-
rona e Bressa, o morir, e sopra questo disse tre volte. E 1' orator scusò
la Signorìa di la spesa la faceva, et era contenta pagare li 2000. Ditto
duca disse : « A questa volta bisogna far così, perchè havererao Victo-
ria » , siche r orator nostro fo laudato di le parole usate nel consulto.
OrARJ DI MARIN SANUDO. G3
Letera del cardinal Medici (che fu poi Leone X) a l'etro di Bibiena,
data in Fiorenza.
Missier Pietro nostro carissimo.
Questa per farvi intendere el felice successo che continuamente lo
cosse nostre sortiscono, quale è questo. Martedì 14 dil presente, ac-
compagnati da gran moltitudine de' primarii cittadini di questa città ,
intrassimo in essa bonorificientissimamente , e con comune letitia del
populo, usque adco che in questa parte la nostra opinion fuit re ipsa
longe nuperata. Oggi 15 del medesimo, questa excelsa Signoria, una
cani li nobili della città et populo, hanno hauto comune consiglio pub-
blicamente, nel quale hanno constituito certo numero di citadini , at-
tribuendoli ampia facoltà de ordinare el stato della città: da quelli se
darà opera eh' el stato predicto se ordina e constituisca de sorte tale,
che la santissima Lega se potrà accomodamonte servire di quello in
le cose concernenti al proposito et stabilimento de epsa. Habiamo
queste cose voluto significare per questa nostra adligata a quel Sere-
nissimo Principe, a la cui serenità ne recomanderete come se con-
viene, e comunicherete el tenore di sopra con quelli magnifici patri
nostri , quali ve pareranno più accomodati alla partecipatione. Bene
valete.
Florenticc, die 16 scptembris 1512.
10. Cardinalis De Medicis
Legatus.
Un' altra il Bibiena segretario scrive allo stesso Pietro (pa-
gina 574). Del 1509, è una lettera di Giulio II, al G. C. Al
30 febbrajo 1509, il Sanudo traduce una lunga lettera del Gran-
maestro di Rodi , venuta in latino (voi. X , 1057). Nel voi. XV,
pag. 58, descrivesi 1' entrata di Giuliano De Medici in Firenze.
Il Sanudo credeva , come tutti , alle ubie astrologiche , e reca
un giudizio venuto di Alemagna l'agosto 1512:
Universis ad quos pervenerit etc.
Magister Luclias maximus philosophorum (1) et omnes sibi concor-
dantes noveritis, quod anno 1512 in mense septembris, Sol existente
(I) Sarà Luca Guarico.
64 DIAR.I DI MARIN SANUDO.
in Libra , conveniunt omnes planeta3 insimul cum Sole in cauda Dra-
conis. In signum mirabile , fiat quod diluvium per Saturnum crescet,
quod mirabilia multa et magna ultra solitum, orit ventorum tanta
conflacio, quod conflabunt omnes insimul et obscurabunt totum aerem,
sonosque dabunt horribiles , corpora hominum dissipantes et ccdificia
subvertentes ; prseter hasc omnia, erit ecclipsis Solis a tertia bora usque
ad undecimam ante meridiem ignei coloris sive rubicundi , quod signi-
fìcat mirabilia magna, quai hominies audire et ridere stupebunt si per
bonitatem Divinse Providentitc aut sapientiam aliud non arbitrabitur.
Praeterea erunt pericula multa et occisiones in diversis partibus ter-
rooque motus universales, mortalitates quoque gentium ; erunt divisioncs
regnorum, ita quod post flatum ventorum ipsorum et diluvium , pauci
liomines remanebunt viventes ; hahebunt maximas divitias; orientur
dubitationes inter Saracenos , et relinquentur patria3 suae , unientur
cum Cristianis in animarum suarum redemptiouem ; et neurite neces-
saria vita3 per 30 dies, nam hccc callamitates triginta diebus durabunt.
Ex Germania relata fuerunt..., do fide nihll super per totam Germa-
niam cantaturum.
Al voi. X, pag. 47, ha lunga nota di cose « pronosticate da una
predicatoria nerona, offerendosi restar ad ogni tormento el para-
gone, et star in carcere fino a li dicti termini », ecc. Altrove ad-
duce risposte di spirito.
Una tale miniera di notizie era naturale che fosse vagheggiata
ed esplorata da tutti i serj studiosi di storia. Se ne valsero in-
fatti alcuni in passato , ma viepiù ne' nostri tempi , quando fu
mutato il concetto della storia, e nelle cronache e negli Archivj
si cercò la vita della società, e resuscitare i tempi preterili e
gli uomini.
Uno dei primi , che di questi Diarj approfittasse , fu Roudon
Brown, che con lunga pazienza ne estrasse ciò che risguardava
r Inghilterra , e ne ebbe lode e riconoscenza nel suo paese.
Gli tennero dietro Armando Baschet pei fatti di Francia, Valen-
tinelli per gli Slavi , Ceresoli per la Svizzera ; molti per alcuni
fatti e tempi particolari ; e per le vicende venete il Romanin
ed Emanuele Cicogna. Thiers si meravigliava che non se ne af-
frettasse la pubblicazione.
DIARI DI MARIN SANUDO. 65
Egli stesso, il Sanudo, aveva presentito l' importanza della sua
fatica, e con giusta superbia disse : « Niun scrittor mai farà cosa
buona delle « istorie moderne non vedendo li miei Diarj. »
Cominciatesi poi varie Società storiche , e innanzi a tutte la
nostra Deputasione sopra gli sfiidj di storia patria^ e per opera
loro la pubblicazione di Cronache e di Commentarj inediti, cre-
sceva il desiderio di rendere pubblici tutti i Diarj del Sanudo.
Ma si trattava di 58 volumi in-folio , scritti currente calamo,
senza ortografia fissa, né fissa lingua, giacché Marino scriveva
come gli veniva fatto, e trascriveva carte di persone e di paesi
diversi. Qual gravissima spesa e qual enorme fatica e respon-
sali tà I
Va dunque gran lode agli studiosi patriotti , che non si sgo-
mentarono delle difficoltà, e dissero : « Cominciamo ; al proseguire
si provvedere. *
L'abate Fulin, prete all'antica, veneziano dai capelli fino alle
scarpe, affabile, discorsivo, si direbbe ignaro dell'abilità di cui
facea si buon uso , fu V anima della Deputazione Veneta , e at-
torno a lui Federico Stefani, Guglielmo Berchet, Nicolò Barozzi.
Accinti all' ingente lavoro, cercarono il concorso pecuniario degli
studiosi ; ma appena una cinquantina di soscrittori raccolsero.
Non importa : non perdettero il coraggio disinteressato, e avanti.
Nel luglio del 77 cominciarono l' edizione dei Diarj ; ed anche
rapito da intempestiva morte il Fulin, seguitarono, ed ormai hanno
regalato al pubblico XVIII volumi in-folio a doppia colonna (1).
Ma prima di arrivare all' effetto si affacciavano molti dubbj e
diffficoltà. Doveasi stampar tutto , anche ciò che parea futile o
superfluo ? Si aveva a conservare il dialetto veneziano, o darvi la
terminazione letteraria ? In quel dialetto, quale parlavasi nel Con-
siglio e sotto le Procuràtie di S. Marco, occorrono voci che ora
non sono più intese, nemmeno fra le lagune; si avevano ad eli-
(1) Ad uno degli ultimi volumi è apposta questa dedica: a Cesare Cantò —
PRINCIPK DEGLI STORICI NAZIONALI — DBLl' ETÀ NOSTRA — ESEMPIO DI LACO-
RIOSITÀ — ^. NON DOMATA DA SEDICI LUSTRI — GLI EDITORI.
Arch, Star. Lomb. — Addo XV. 5
6G DIARJ DI MARIN ,SANUDO.
minar e surrogarvi delle conosciute? E dietro a ciò una serie di
dubbj particolari , alla cui discussione noi spesso intervenimmo.
Poteasi desiderare che , p. es, , nei nomi proprj di persone e
di paesi si emendassero le storpiature, che talvolta li fanno inin-
telligibili ; e impunemente poteansi correggere Margnan (213) ,
Ispurch (243) , Tyram per Tirano (242) , Marliam , Castiom ,
San Zumìriam ; Paole, Sihinico, Vihondom, Bresgapié, in l'Agna-
cUna alta Curia brusado Soze (Engadina, Solio, p. 884) : Calzo,
Piumengo, Antignano, Leeho (998), Vigiana, per Viglieni, Com-
missario di Cuora (Coirà , 1185) , e i nomi di persone : Antoni
Trum, Lanezaro, il re di Palama.
Né il testo resterebbe alterato se, invece di Brundizo, Ruigo,
Pitiano, Bajom, Zuam, Dolze, Zenoa, Palma, Castel Dolze, Ri-
mano Vegia, Corbavin, Morexini, Bentivoy, Nepanto, Navaier,
Charavazo, Salo, Ojo, Savogini, Liesna, Puja, Tremuli.... si fosse
posto Brindisi, Rovigo, Pitigliano , Baglioni , Castel Dolce, Ge-
nova, Polonia, Castel d'Este, Rimini, Veglia, Crovazia, Moro-
sini , Benti voglio, Lepanto, Navagero, Caravaggio, Salò, Oglio,
Savoiardi, Lesina, Paglia. Cosi Veniexia, Zustignam, Brexa, Vin-
civera, Modom, e tanto più nei nomi stranieri, come a pag. 494 :
Frusimburg, Volfort, Fedoco, la liga dil Bó, Tava , Bregezo ,
Terinto, Ulmo, Cha di Dio, Venosa, Bles, monsignor di Libret.
Trovi a pag. 809, al li savii volse rispeto ; e al 82 : messeno
banche, tamen non fu pagato Jiomeni ma solum scipto , e 2211
hano aoisi de zente vene verso venoso (Venosta) porche Aghelini
(Engadini) e la liga grisa è pur disposta guerreger.
In altri luoghi il testo è inintelligibile , forse per colpa della
punteggiatura , che di solito gli editori saviamente adattarono
colla moderna :
Per esempio, a pag. 467 :
« Qui è posto per eror in collegio domenega venne 1' oi^ator de Na-
poli, esponendo haver lettere di la regina vecchia per Andrea uno
di Piero , qual era venuto a Monopoli per comprar ojo et il prove-
ditor l'havia fatto retenir per maran e toltoli danari 800 era di la
majestà de la regina : prega sia provisto », ecc. ecc.
DIARJ DI MARIN SANUDO.
G7
Quando ancora se ne discuteva, era parso ad alcuni, e a me,
si potesse il testo incivilire con pochissimi cangiamenti. Prendiamo
a caso un pezzo del voi. IV, pag. 262, riferibile al maggio 1502
e a tentativi nichilisti :
Et demum nel paexe del Rhen,
in Svevia et Franconia , da un
mese in qua è sta discoperto una
conspiration diabolicha. Par, che
quelli populi , et maxime vilani ,
tractavano de tuop li Stadi a tutti
li principi ecclesiastici et seculari,
et pariter a li prelati et zentilo-
meni; et voleano che chadauna
terra et locho, fin le ville, se go-
vernassero per le sue comunità;
immo voleano tuorli fino le intrade
e limitarli , tanto che poteseno vi-
vere honestamente, et il resto re-
manisse in comun ; superstizion
simile de quel profeta, che è suble-
vato in Persia. Ogniuno fa le in-
quisition et provision debite ne li
Stadi sui, in modo che la cossa è
rimasta sopita. Se dice, che , se
stevano tanto a discoprirse , che
se fusseno sollevati , seriano sta
almancho da 15 in 20 milia per-
sone, et scoreva pericolo de meter
questa Germania in gran preci-
pitio, etc.
E finalmente nel paese del Reno,
in Svevia e in Franconia , da un
mese fn qua, è stata scoperta una
cospirazione diabolica. Par che
quelli popoli, ed massimamente vil-
lani , trattavano di togliere gli Stati
a tutti i principi ecclesiastici e se-
colari, ed egualmente ai prelati e
gentiluomini, e volevano che ca-
dauna terra e luogo , fin le ville ,
si governassero per la sua comu-
nità; anzi volevano togliei^li fin
le entrate , e limitarli tanto che
potessero vivere onestamente, e il
resto rimanesse in comune; su-
perstizione simile a quel profeta
che si è sollevato in Persia. Ognuno
fa le inquisizioni e superstizioni de-
bite negli Stati suoi , in modo che
-la cosa è rimasta sopita. Si dice,
che, se stavano tanto a discoprirsi
e si fossero sollevati, sarieno stati
almanco da lo a 20 mila persone,
e correva pericolo di metter que-
sta Germania in gran precipi-
zio, ecc., ecc.
In alcune voci, che non avrebbero alterato il color locale,
noi r abbiam fatto si nei pezzi che qui su riportammo, si in cita-
zioni prodotte in lavori storici. Ma di un principio adottato bi-
sogna seguire tutte le conseguenze , e l' esito mostrò eh' era
meglio, anzi dovere il ritrarre il testo tal quale, salvo a italianiz-
zarlo chi se ne varrà ; e si stette alla deliberazione di ripro-
durre l'autografo tal quale, sin coi suoi sbagli, a modo di una
fotografia, eccettuando solo la punteggiatura.
68 DIARJ DI MARIN SANUDO.
I valorosi editori hanno provveduto che alla fine della pubbli-
cazione si darà il lessico dei nomi storpiati dallo scrittore , e
delle voci e locuzioni di dialetto. E di fatto sono una meraviglia
di pazienza e di esattezza questi indici, del cui merito può esser
giudice solo chi vi si provò.
Dopo ciò, che cosa dire a quei nostri socj di studj , che osa-
vano intraprendere , e si ostinano a compire un' impresa vera-
mente letteraria e patriottica , per ismentire 1' opima pigrizia, rin-
facciata ai Veneziani ? Dire Coraggio è superfluo : Perseverate ,
lo fanno. Esibimiamoli come esempio e stimolo alle altre Società
e Deputazioni , perchè preparino buoni materiali alla storia, che
è il pane degli stomachi robusti.
C. C.
IL POETA GIAMBATTISTA MARTELLI
E
LE BATTAGLIE FRA CLASSICI E ROMANTICI,
Quando mi raccolgo in me stesso e riandò le passate cose ,
mi appare in lontano una farraginosa fantasmagoria composta da
turba varia : una turba che come fiumana cammina senza requie
e si rinnova; sorge, si agita, si rincalza si accavalla, si inabissa
e sparisce dalla scena del mondo per far posto a nuove sorvegnenti
ondate umane. Frammisto a codesta caterva multicolore, che ora-
mai si va confondendo nella mia labile memoria, discerno un
omicciuolo con un' impronta caratteristica indimenticabile : una
personcina sorreggente una testa colossale, calvo , con la fiso-
nomia espressiva, con la fronte spaziosa, e un par d' occhi afifa-
licati, profondi, orlati di un cerchio rosso , forse per soverchia
lettura, ma che alle volte schizzano lampi. Io lo conobbi nella
mia prima adolescenza, alloraché noi si comincia a volerne sapere
qualcosa di quanto ci si svolge intorno, a studiare, per cosi dire,
il terreno, e sedendo con lui, una o due fiate per settimana, al
paterno desco , nell' ora del desinare, l' osservava con attenzione
intensa, per quanto lo comportasse la mia giovanissima età.
Quest'uomo fuori dell'ordinario, non era nato, come direbbe
il Giusti, sotto buona luna, e se l'accorto Ulisse, o il prudente
Telemaco lo avessero rintoppato per la via, non l'avrebbero
70 IL POETA GIAMBATTISTA MARTELLI
di certo scambiato per un dio. Quasi povero , disconosciuto ,
senza protettori, non fiancheggiato da cricche, quantunque affet-
tuosissimo coi pochi amici : negletto come un Diogene nel vestire,
aveva nonpertanto certa nobile finezza nel tratto, certa elevatezza
innata di pensieri, nonsochè nel conversare di scorrevole, di ab-
bondante, di incisivo, di attraente, di pittoresco, contrastante in
modo singolare con la grottesca trascuraggine dell' indumento
esteriore. Sarebbesi pensato che quel pellegrino avesse visto
giorni migliori : avesse in qualche momento di sua non breve
esistenza, vissuto in un ambiente più grande, dal quale ne sa-
rebbe stato sbalzato per capriccio di avversa fortuna. Benché
persuaso fin dalla balda giovinezza di essere spaventosamente
infermiccio , in maniera che si indugiasse con affettata compia-
cenza a ragionare de' suoi malanni , spesso strani e oso dire
immaginari, non però si dava per vinto : il suo ingegno robusto
ed agilissimo, la sua raffinata coltura trionfavano delle miserie
e delle grettezze della vita pratica, da cui era fieramente assediato,
signoreggiando quella sua grama posizione, come, se, dotato di
ali, sorvolasse sulle contingenze terrene, per librarsi in un' atmo-
sfera più pura. Tale mi apparve la figura del poeta Giambattista
Martelli , del quale sarà opera di stretta giustizia il ricordare
la laboriosa e modesta carriera. Tanto più è ciò doveroso, quando
si pensi che il suo nome è omninamente dimenticato ; cosa del
resto da non recarci meraviglia , in quest' Italia che lasciò emi-
grare Metastasio, Goldoni, Foscolo, cento altri; ed erige monu-
menti ad uomini mediocri.
Il Martelli potrebbe giudicarsi per alcuni rispetti un poeta nel
senso più ortodosso della parola: un cinquecentista attardato,
dello stampo dei Molza, dei Caro, degli Anguillara, dei Berni, dei
Tolomei , capitato ad essere contemporaneo non solo del Monti,
del Foscolo, del Pindemonte, dell'Arici e del Nicolini, ma di altri
non pochi militanti sotto opposta bandiera. Egli, per dire tutto il
mio pensiero, amava l'arte per l'arte, ed avrebbe avuto mestieri
di un principotto o per lo manco di un eminentissimo cardinale,
come ne fiorirono tanti nel secolo d'oro della letteratura italiana,
i: lì: battaglie fra classici e romantici. 71
il quale da cortese mecenate lo ospitasse nel proprio palazzo di
Roma, con l'incarico del poetare, del discutere coi filosofi sul
divino Piatone , e sul bello ideale , interloquire coi portentosi
artisti che imparadisarono quelle fortunate generazioni, infine te-
nere una geniale corrispondenza epistolare con dame e con ca-
valieri.
Giambattista Martelli sorti i natali in Milano ai 12 settembre 1780
da Cesare e da Maria Banfi. La famiglia di lui, oriunda della
riviera d'Orta, fu in quella plaga altre volte ricca e ragguardevole;
una casa tuttora posseduta dalla famiglia in Miasino é 1' ultima
reliquia di grandezze svanite. Studiò contemporaneamente leggi
e medicina nell'università di Pavia, e ottenne l'alloro in ambedue
le facoltà. Finiti gli studi, risiedette alternativamente in Milano,
in Miasino e qualche poco in Piacenza, dove i genitori di lui
tenevano azienda commerciale. Fu avvocato, professione che non
esercitò a lungo, e solo come consulente. Nell'anno 1819 condusse
in matrimonio Giuseppa Savoini, dalla quale ebbe quattro figli,
due maschi e due femmine. Al primogenito Cesare, superstite,
rendo grazie per l'opera prestatami nella ricerca delle notizie di
cui mi valsi per tessere i presenti cenni biografici (1).
Il Martelli, poco più che ventenne, trovava Milano in pieno
fiore come capitale della repubblica italiana succeduta alla ba-
raonda cisalpina; qui accorrevano da ogni parte della penisola,
poeti, artisti, letterati, incoraggiati dal vicepresidente Francesco
Melzi , uomo di alti concepimenti , e quant' altri mai amante di
(1) G. B. Martelli nel brindisi letto alla mensa data dal fratello a festeg-
giare la celebrazione della prima messa di suo nipote Cesare (poiché i tre
fratelli Martelli diedero il nome di Cesare ai loro figli primogeniti per rinno-
vare quello del padre comune), cosi canta:
Tre Cesari ha dati
La nostra famiglia;
L'un già fra' beati
Trionfa nel ciel.
Tu l'altro agli altari
Cedesti di Dio....
Sol resta del mio
Mal noto il destin.
72 IL POETA GIAMBATTISTA MARTELLI
Ogni coltura: si può credere che il giovine Giambattista, appas-
sionato per le arti belle e per la musica, poeta nel cuore, ne gon-
golasse di gioia. Egli, perduto in quel caos, vagheggiò 1' idea di
attaccarsi a Vincenzo Monti , l' astro del giorno ; ne cercò bella-
mente l'amicizia e seppe meritarsela: dalle lettere del celebre
vate dirette al neofito, e pubblicate nel giornale letterario II Ba-
reni (Torino, marzo 1874), traspare la amichevole confidenza che
correva fino dal 1803 fra i due poeti, e vi spicca sempre la ten-
denza nel Martelli alla ipocondria, ad u.i certo malessere morale
indefinito, nebuloso , a proposito del quale il Monti lo consiglia
saviamente a medicare più che il corpo la fantasia (1).
Alla caduta dell' edificio napoleonico usò della sua mente e
della sua abilità di giureconsulto per giovare alla paterna riviera,
riuscendo con invidiabile fortuna a conservare ad essa parte degli
antichi privilegi, guadagnandosi in compenso gratitudine dai pro-
prii compaesani e lodi dal re sabaudo , che volle conoscerlo di
persona. Il Martelli ne esprimeva la sua viva gratitudine, ma-
gnificando il principe di Casa Savoia con un' ode da me posta
in fine di queste pagine.
(1) Lettera 28 febbraio 1805.
L'anno innanzi così scriveva Monti al Martelli:
Milano 10 ottobre 1804.
Mio caro amico.
Mi giunge la tua carissima sul punto di partire da Milano per una vil-
leggiatura di quattro giorni, e ti lo una breve risposta.
Per quanto io vegga serio il tuo male, nondimeno il cuore mi dice clie
tu mi sarai conservato. Ma non ti meno buona la sorgente che tu m' ac-
cenni delle afflizioni che ti consumano. Percliè la terra è coperta di scelle-
rati dovremo noi abbandonarla per questo? Se vi sono delitti non vi sono
fors' anche delle virtù ? E appunto perchè sono poche, non sono forse più
belle ? Che merito avresti tu dell'essere virtuoso se tutti lo fossero ? Caccia
dunque dal cuore le malinconie di spirito, e conservati all'amicizia, a questa
buoaa e fedele compagna degli infelici ; parlo dell'amicizia che mi ti lega, e ti
comanda di serenarti, di confortarti e di vivere.
Ove potrai farlo senza nocumento della tua testa continuami le tue nuove,
e fa che io le intenda sempre migliori. Ti abbraccio di cuore.
Il tuo Monti.
Fuori: Al cittadino Giambattista Martelli, Mia$ino, nella ririera d'Orta.
E LE BATTAGLIE FRA CLASSICI E ROMANTICL 7 3
Intanto la Lombardia, dopo tremende procelle, era venuta sotto
il governo di casa d'Austria; il Martelli approfitta della bonaccia
per mettersi tosto all'opera. Qualche mese dopo che le truppe con-
dotte dal Bellegarde occupassero Milano, lo vediamo datare da
questa città (1 luglio 1814) la dedica al maggiore generale Ro-
berto Wilson, di nazione inglese, della versione italiana delie
Odi descrittive ed allegoriche di Guglielmo Collins (Piacenza, dai
torchi del Majno 1814). Ignoro se questa fosse la prima volta
che egli si presentasse al pubblico come poeta, ma veramente
nella traduzione del fantasioso lirico britanno si mostra addirittura
maestro, sia per grandiosità di stile, sia per peregrina sceltezza
di poetiche forme.
Finito a Waterloo il bellico dramma, e spenti i lumi, allo stre-
pito delle armi succede il silenzio di una pace imposta da ine-
narrabile stanchezza. Allora sembrò ridestarsi negli italiani i gusti
arcadici del folleggiante settecento, per quanto smorzati da idee più
severe; in guisaché il genio peculiare di nostra razza, cacciato
dalla porta, come dice il proverbio francese, ricompare dalla fi-
nestra abbastanza vivace, se non vispo come prima. La società
civile europea prima divisa in due strapotenti fazioni urtantisi con
orrendi scrosci sui campi di battaglia, rinsavita da miti consigli,
si schiera in due compatte, ma incruenti falangi: l'una per difen-
dere a colpi di penna l' antica scuola classica dei greci e dei
^romani, l'altra per spingere al romanticismo, scuola dell'avvenire.
^ Eschilo contro Shakspeare : Prometeo di fronte ad Amleto : la
semplicità e la purezza scultoria da un lato; dall'altro la foga
dei contrasti. Alla lussureggiante nudità dell' eroe greco, si vuole
sostituire T ombra isterica avviluppata in ferrea armadura del
; gotico guerriero; ai raggi luminosi dell'attico sole, le ondeggianti
rnebbie ossianesche. Mentre i classicisti si cullano beatamente in
.mitologiche frondosità
che di leggiadre
Fantasie già fiorir le carte argive
e non risparmiano sforzi per ripopolare i cerulei spazi del firma-
mento con gU aerei abitatori del gaio Olimpo, del Parnaso, del-
74 li. POETA GIAMBATTISTA MARTELLI
l'Elicona e del Pindo: le ombrose selve e le chiaTe fonti di ninfe,
i fiumi di naiadi, il mare della nereide Anfìtrite; i romantici
all'incontro dannando — tutti a morte gli dei, si pascono di
leggende paurose o funeree , rifriggono gli inconditi costumi
medioevali tirati a nuovo per la circostanza; sognano paladini
vestiti di acciaio randagi, setibondi di . avventure ; vereconde don-
zelle e pallide castellane sospirose, eternamente innamorate: tro-
vatori e menestrelli, i quali, per passare il tempo, girano il mondo
cantando strofe al suono del liuto, di preferenza nelle tiepide notti
d'estate quando splenda la luna, sotto i veroni di castelli coronati
degli immancabili merli; abati macilenti, ma terribili, chiusi in
turriti monasteri, forniti di trabocchetti fatti apposta per seppel-
lirvi alla sordina sudditi ribelli: boschi dove ronzano eremiti
misteriosi, ognora pronti ad accorrere in aiuto di qualche bel
cavaliere, e dove orribili streghe gavazzano in oscene tregenda
e danze di morti, e scheletri che galoppano a rompicollo la notte
per lande e per balze, in groppa a cavalli infernali, al chiarore
azzurrino dei fuochi fatui ; e , volendo anche eliminare il fanta-
stico , infiniti particolari non consoni alla verità storica , che la
moderna critica e gli studi paleografici ridussero a proporzioni
prosaicamente minuscole.
Tale è la forma esteriore, sarei per dire, la caricatura della
scuola romantica, alquanto esagerata dai classicisti, poiché in
fede mia e' è in essa qualcosa di assai più serio, di veracemente
filosofico, l'ideale dei tempi moderni, tendente a rendere più popo-
lare la letteratura, a pascere i lettori di pensieri e non di vento ,
infine, a dare un nuovo indirizzo alla poesia, principalmente alla
drammatica, la quale da greca come sempre era stata, si tras-
forma in germanica. Un critico francese, il Taine, paragona, con
similitudine ingegnosa, l' arte romantica a quella del Rembrandt e
del Rubens, i dipintori del mondo sensibile, a cui, io direi, fanno
riscontro, al polo opposto, quella tutta idealista di Raffaello e di
Michelangelo. — Greci e latini conciliarono il piacere con l' or-
dine, e i drammaturghi classici, da Sofocle a Racine, riprodussero
il bello con identici mezzi. Nell'arte romantica invece, si trabalza
E LE BATTAOLIE FRA CLASSICI E ROMANTICI. 75
senza alcuna preparazione dal tragico al buffonesco; i perso-
naggi ciarlano , farneticano , se occorre battono la campagna ,
propalano i loro ^nsieri più reconditi, coram populì, mettendo,
senza alcun riguardo, carte in tavola. In quanto allo stile in tesi
generale , la scuola classica vuole l' equilibrio fra l' idea e la
forma ; questa rappresenti direttamente 1' idea ; secondo i ro-
mantici la forma deve rappresentare l'idea indirettamente, cioè,
a sbalzi, per contrasti.
Dopo che i due fratelli Federico e Guglielmo Schlegel, Lessing
e la signora di Stael, ebbero propugnato il romanticismo al di là
delle alpi, dopo la visita fatta a Milano da uno dei due fratelli,
Guglielmo, da Lord Byron e dalla rinomata scrittrice, in Italia,
primo a dare il grido d'allarme fu Giovanni Berchet, con uno
scritto che porta per titolo: «Sul Cacciatore feroce e sulla Eleo-
nora, lettera semiseria di Grisostomo al suo figliuolo » (1) nel
quale viene sciorinando con vena satirica le nuove dottrine, su-
scitando, come era naturale, un diavoleto nel campo letterario
della penisola, di Milano specialmente, ove Vincenzo Monti, ca-
porione dei classicisti, aveva stabilita la sua corte, e dall' alto
dell'incontrastato seggio, stizzito coi romantici spettri, i quali
osavano fare concorrenza al delfico rampollo di Latona, fulminava
V Audace scuola boreal, col suo pugnace sermone sulla mitologia.
A combattere l' invadente romanticismo, insieme agli scrittori
della Rimsta Scientifico- Letteraria la Biblioteca Italiana, che
rinfocolavano gli animi a raccogliere il guanto di sfida, scende
in campo Carlo Loudonio coi Cenni critici sulla poesia roman-
tica (2): ma la marea ingrossa ed egli é sopraffatto da altri
campioni del partito contrario, i quali si presentano nella lizza
armati di tutto punto. Giovanni Torti, col suo sermone Sulla
Poesia (3), ed Ermes Visconti con le Idee elementari svila poesìa
romantica (4). Che se 1' uno adopera il ritmo poetico, l'altro la
(1) Milano, dai tipi di G. Bernardoni, 1816.
(2) Milano, Pirotta, 1817, in-4.
(3) Milano, dalla tipografìa di Vincenzo Ferrano, anno 1818.
(4) Milano, dalla tipografia di Vincenzo Ferrarlo, anno 1818.
7G IL POETA GIAMBATTISTA MARTELLI
prosa, i loro intendimenti sono i medesimi, vale a dire si sban-
disca la mitologia : il poeta sia erudito nelle cognizioni scientifiche
del suo tempo: i temi scelgansi frale istorie dei secoli cristiani,
tanto meglio se fra le patrie cronache; non necessaria la unità
nei poemi epici, e si segua la storia anche a costo di incontrarvi
più di un protagonista: le unità nei componimenti drammatici
ritengansi ubbie, una indegna pastoia di sognate leggi, le pas-
sioni si scolpiscano in modo che vi fiammeggi per entro il pen-
siero cristiano. Sia ormai tempo di divezzarsi dal prendere l'im-
beccata dal vecchio Aristotile , non importa se rinfiancato da
Orazio, da Quintiliano, Longino, Boileau, la Harpe, e da altri
illustri dottrinari più o meno pedanti. A rassodare le nuove idee
letterarie e politiche, veniva in luce due anni dopo (3 settem-
bre 1818) il Conciliatore, nel quale collaboravano giovani scrit-
tori, come Berchet, Silvio Pellico, G. B. De Cristoforis, Ermes
Visconti, Pietro Borsieri; ma la sospettosa polizia austriaca, su-
bodorato r andazzo liberalesco del periodico, lo proibì dopo un
anno di vita.
Il Martelli come si è detto , seguace e fido amico del Monti,
in quella inopia di giovani atleti, fu incoraggiato a non restarsi
con le mani alla cintola, a prendere parte attiva nelle lotte quo-
tidiane. Egli accetta l' invito e ricorre allo stratagemma — uno
stratagemma che davvero oggi parrebbe alquanto ingenuo ; ma
settant' anni fa riusci graziosissimo. In ultima analisi^o si po-
trebbe anche interpretare come un onesto tentativo di conciliare
le due scuole. Ecco in cosa consistette: il nostro Giambattista,
versato a fondo nell' idioma inglese, scrive una breve novella in
quella lingua, togliendola di pianta dall'episodio delle Metamor-
fosi di Ovidio, laddove il gran poeta narra il miserando caso di
Ceice e di Alcione, vi contrappone una bella traduzione in terzine
italiane, la intitola Alminda e Sniceno, novella romantica (1), e
(1) Milano, presso Giovanni Pirotta, 1818. — Un'ode di sapore tutto clas-
sico pubblicò il Martelli nel 1 822 coi tipi Bettoni, « Sul Rapimento di Polissena »
((uadro grande esposto a Brera di Gioachino Serangeli, membro della I. R.
Accademia di Milano,
E LR BATTAGLIE FRA CALSSICI E ROMANTICI. 77
la ammannisce al pubblico col testo inglese a fronte, intendendo
con questo provare qualmente un brano di poesia prettamente
mitologica possa sembrare una gustosa novella delle più roman-
tiche, in modo da ingannare i meglio avveduti: cosicché in so-
stanza, la arruffata controversia, secondo lui, si risolverebbe in una
quistione di pura formalità. Lo scherzo, come si può immaginare,
non spaventò i romantici, i quali contavano già nei loro ranghi,
oltre i nominati, il Manzoni che se n'era fatto il capo e doveva
pronunciare un'ultima parola con la lettera Sur l'unite de temps
et de Ueu dans la tragèdie (Parigi, 1822) mentre il Porta, con
una delle sue esilaranti poesie vernacole, colorisce il lato comico
della quistione. Frattanto attorno a questi due titani, s'aggrup-
pano premurosi parecchi uomini valentissimi; poi altri ed altri
ancora; una legione; quasi tutti (1).
Rinvenuta la società da una incomparabile catastrofe politica,
i poeti scattano da tutte le parti , classicisti o romantici che
sieno. Di già Monti aveva tradotta Vlliade, Bondi VEneide, la
Bàndettini Balducci i Paralipomeni di Omero, di Quinto Calabro
Smirneo, allorachè molti e molti prendono l'abbrivo e si votano
alla musa, alcuni per conto proprio, mentre un buon dato pre-
ferisce riprodurre in italiano i capolavori delle straniere lettera-
mre; ne citerò alquanti, mettendo un po' a fascio buoni e me-
diocri. Giovanni Resini pubblica le sue poesie. Michele Leoni
traduce Thomson, Shakspeare, Milton, Ossian Ottvay, Goldsmith;
Pellegrino Rossi il Giaurro di Byron, Lorenzo Mancini e Bar-
tolomeo Beverini traducono l'uno Vlliade, l'altro VEneide in ottava
rima; poi Cesare Arici, anch'esso VEneide, le Georgiche e più
tardi scrive un poema epico, la Gerusalemme distrutta, ed altro
poemetto la Pastorizia , assai lodato ; Giovanni Caselli volge
in italiano le Odi di Anacreonte e di Saffo, Giuseppe Borghi
le Odi di Pindaro ; Michele Vismara le Elegie di Properzio.
(1) Corse anche un' ode ironicamente mitologica, da alcuni presa sul serio,
intitolata V Ira di Apollo , recitata dal Manzoni nella villa di Sannazzarro
sul lago di Como, lo stesso anno 1818. È dedicata a Giovanni Berchet.
IL POETA GIAMBATTISTA MAHTl.l.LI
L. A. Vincenzi le Favole Esopiane , Antonio Nervi i Lusiadi di
Camoens in ottava rin:ia ; Pompeo Terrario il Teatro Scelto di
Schiller; Giuseppe Nicolini , da Brescia, il Corsaro di Byron.
Tedaldi Fores pubblica il Narciso in quattro canti ; Manzoni
nel 1815 , gli Inni Sacri (i primi quattro) , suggellendo con
questi la sua evoluzione verso il romanticismo, e qualche anno
dopo il Carmagnola, il Cinque Maggio, la Pentecoste, V Adelchi;
Tommaso Grossi V Ildegonda applauditissima (1), indi i Lombardi
alla Prima Crociata, poema in quindici canti, il cui annuncio
suscitò un'aspettativa entusiastica, ma la montagna partorì il topo
esopiano. Giovanni Torti la Torre di Capua. Cesare Cantù V Al-
giso o la Lega Lombarda. Tommaso Gargallo mette in veste
italiana le opere di Orazio Fiacco. Felice Belletti le Tragedie di
Eschilo e di Euripide (fino dal 1813 aveva pubblicate quelle di
Sofocle), Guglielmo Manzi le opere di Luciano. Antonio Pazzi la
Batracomiomachia di Omero. Andrea Maffei esordisce con gli
Idillii di Gessner. Angelo Maria Ricci scrive un poema eroico ,
V Italiade : di poi un secondo poema il cui protagonista è S. Be-
nedetto. Un cavaliere P. e un Giuseppe Indelicato volgono in
italiano la Donna del Lago, poema di Walter-Scott, e Pietro
Bagno viene fuori con un poema in venti canti il Cadmo. Ippo-
lito Pindemonte ci regala la sua versione deW Odissea (ora su-
perata da altra, scritta con uno stile più slanciato, più moderno,
dal Maspero). Berchet dichiarando guerra allo straniero con ar-
dimento da patriota, lancia dall'esilio gli Esuli di Parga, indi
le Fantasie, ed altre liriche che ognuno sa a memoria, e fecero
di lui il poeta nazionale per eccellenza. Antonio Robiola pub-
blica il Mosè, poema epico. Il Sestini la Pia, novella. Bernardo
Bellini il poema eroico la Colombiade , e Giuseppe Franchi il
poema biblico Mosè. Lazzaro Papi ci presenta il Paradiso Per-
duto di Milton, più tardi tradotto anche dal Maffei.
Il genio italiano cerca nella letteratura militante uno sfogo, il
solo che gli rimanga aperto , nel marasmo imposto dalle dure
(1) Milano, 1820, da Vincenzo Ferrano.
I I ! BATTAGLIE FRA Cl-ASSICI F. ROMANTICI. 79
condizioni fatte al paese ; un marasmo di cui i miei giovani con-
temporanei, difficilmente potrebbero comprendere tutto il signifi-
cato, cosi grande fu lo sbalzo avvenuto in tutto il mondo euro-
peo, e singolarmente in Italia, d'allora in poi. Si pensi che in
Lombardia ogni quistione implicante anche una lontana allusione
politica, era severamente esclusa da una inesorabile censura pre-
ventiva, dalle riviste, e dagli stessi giornali ebdomadari e quoti-
diani, obbligati per conseguenza a pascere i lettori di frasche e di
notizie teatrali. Si menava scalpore per dei nonnulla ; una predica
un sonetto, un articolino da giornale, un quadro anche mediocre, un
amico che ritornasse dall' aver visitato Parigi, un par di nozze,
uno scandalo qualunque, prestavano materia a queigli annoiati di
ciarlare per settimane, più di quanto lo facciano oggidì le stre-
pitose notizie che ci arrivano sulle ali dei fili telegrafici da tutte le
parti del globo.
In questa fiaccona il mio protagonista, che decisamente aveva
disertato le pandette, segui la corrente stabilitasi dopo il Con-
gresso di Vienna, ubbedendo nel tempo stesso alT impulso che
lo trascinava al poetare, e compose la sua opera principale, re-
cando in ottava rima la prima leggenda del poema di Edmondo
Spenser, la Regina delle Fate. Lo Spenser, poeta di gran fama,
vissuto nella seconda metà del secolo decimosesto, fu detto l'A-
riosto britanno e dal Campbell il Rubens inglese, per sua sin-
golare fantasia, per sua vena immaginosa, bizzarra, inesauribile.
La prima leggenda di quest'opera vastissima, la quale doveva
essere composta di ventiquattro poemi, racchiude in dodici canti,
un'azione compiuta, e forma un poema di andamento classico e
di regolare sviluppo, che l'autore intitolò Leggenda del cavaliere
della Croce Rossa o della Santità; ma dal Martelli fu appellata
la Vergine Una (1). Le ottave del nostro traduttore hanno una
disinvoltura cosi ariostesca , una eleganza , una scioltezza cosi
franca e maestosa che di primo colpo conquistano i più difficili.
(1) Milano, per Antonio Fontana, 183L — Dedicato alle Ombre Onorande
de' suoi lagrimati amici, Vincenzo Monti e Bernardino Mandelio.
80 IL POETA GIAMBATTISTA MARTELLI
Il successo di questa versione fu grandissimo: però non riusci
ad allargarsi fino a diventare un successo popolare per parecchie
ragioni: bisognava un gusto esercitato, un grado di coltura su-
periore, per valutare quello stile cosi eletto, per non impennarsi
dinanzi a certe astruserie, a certe allegorie filosofico-morali, a
cui gli italiani d' allora erano punto avvezzi. Non tutti sono ca-
paci di respirare liberamente in regioni troppo sublimi ! Il critico
della già citata Biblioteca Italiana, di consueto non proclive al-
l'ottimismo, nel fascicolo del mese di marzo 1831, tesse meditati
elogi a codesto lavoro , e conchiude accordando al traduttore
pienissima lode (1).
In quegli ultimi anni un fatale evento colpiva lo sfortunato
Martelli. Vincenzo Monti carico di allori era passato ad altra
vita, spegnendosi con lui 1' ultimo dei poeti cesarei, e i romantici
avevano, con gran fracasso, preso decisamente il sopravvento,
fugando i rari ed avviliti difensori del classicismo. Al Gran
Traduttor dei traduttor d'Omero succede nel primato poetico
Alessandro Manzoni, trionfante pe' suoi Promessi Sposi, circondato
da un brillante stato maggiore, con Grossi e Torti che gli ten-
gono le staffe : già arrivati anch'essi a qualche rinomanza, aiutati
a montare l' ampia scalea del Campidoglio dalla compiacente
amicizia del loro illustre patrono , il quale aveva su di loro ri-
verberato un raggio di sua gloria, apostrofandoli nel suo famoso
romanzo con parole non mai dimenticate. Di tal modo il nostro
avvocato, rimasto privo del potente amico, abbandonato a sé stesso,
entra in una fase di raccoglimento assai prolungata, solo inter-
rotta da scritti di occasione per strenne e per giornali. Un' ode
al celebre violinista Nicola Paganini, comparve nel Censore dei
(1) Riportiamo la prima ottava del canto I :
Nell'arme avvolto un Cavalier movea
Lungo il piano , e imbracciava argenteo scudo
Che ancor profonde 1' orme impresse avea
Dell' antico di Marte orrido ludo ;
11 suo destriero indomito fremea
Fra le spume agitando il dente ignudo :
Ei cavalcava maestoso in atto
Qual prode a guerre e lleri scontri adatto.
F. Lli BATTAGLIE FRA CLASSICI E ROMANTICI. 81
Teatri (Milano, 28 gennaio 1835), Sonetti, leggonsi nel Pirata,
giornale di letteratura (Milano, dicembre 1839 e marzo 1840).
Brindisi a Giovachino Rossini , nella Gazzetta Privilegiata di
Milano del gennaio 1840. Forse altre cose da me non viste.
Al Martelli veniva indirizzata una lettera critica di T. C. (Trus-
sardo Caleppio da Bergamo, se mi si permette svelare il se-
creto) (1), nella quale, il nervoso ed acuto Aristarco, con lancia
in resta, attacca vigorosamente l' ultima opera poetica di Tom-
maso Grossi, Ulrico e Lida, novella in ottava rima, la quale,
per verità, nulla aggiunse alla fama alquanto illanguidita del
patetico cantore di lldegonda. Il Caleppio é un caldo ammiratore
del nostro Giambattista; cosi scrive di lui: «Voi suonate, come
diceva il Davanzati, parlando dell'alto stile di Dante, sempre la
campana grossa negli epici canti della Vergine Una: gli ardi-
mentosi e poetici voli della lirica fate ammirare nella versione
del Collins; e di una graziosa evidente poetica semplicità di stile
narrativo vestiste dopo gli affettuosi concetti di Alminda e di
Sniveno. Con questa novella voi faceste un leggiadro inganno a
coloro che si dicono romantici, che saliti in rigoglio di aver in
voi un possente campione, ali* apparire di quel componimento,
clamorose e festanti alzarono le voci della vittoria. » — Nonper-
tanto il Martelli non ozia; egli scrive indefesso per sostenere sé
e la famiglia vivente quasi sempre in Miasino. Oltre alle gior-
naliere traduzioni dall' inglese pei periodici, erasi accinto a vol-
gere in versi sciolti il Roderigo , o V ultimo dei Goti , poema
storico-romanzesco in venticinque canti, di Roberto Sauthey, che
pubblicò per le stampe nel 1840 (Milano, tipografia Guglielmini
e Redaelli), dedicandolo alla contessa Giulia Samoyloff, dama
russa, assai nota nei fasti della vita elegante italiana di quei
tempi già tanto lontani, la quale in mezzo a pompe mondane, a
molte stranezze, di tanto in tanto pensava che una particiuola
di sue sfondolate ricchezze, poteva essere bene impiegata anche
(I) Lettera di T. C. all'avvocato Giambattista Martelli intorno la novella
di Tommaso Grossi, Ulrico e Lida. — Milano, presso Paolo Cavalletti, 1837.
Arch. Stor. Lomh. — Anno XV. 6
-JL POETA GIAMBATTISTA ?4ARTELLI
ad incoraggiare un poeta. Questa produzione del nostro autore,
benché ricca di rari pregi e benché la veste martelliana getti
sul poema novello splendore, pure venne accolta dalla repubblica
letteraria con qualche freddezza. L'ambiente ò mutato: la poesia
perde terreno e cede il passo a studii più complessi incoraggiati
dalla poderosa iniziativa di Cesare Cantò, di cui Y Enciclopedia
Storica comincia in quel torno a vedere la luce (1838) : nonché
dall' operosità versatile di Carlo Cattaneo, il quale, co' suoi colla-
boratori del Politecnico, si erige a banditore di più virili aspirazioni.
Indarno Felice Romani, il bardo dei musicisti, nella Gazzetta
Piemontese (1), prima della pubblicazione del Roderigo, discorre
a lungo e con cerio calore del Sauthey , tutto ripromettendosi
della aspettata traduzione del Martelli, e facendone eziandio pre-
gustare a' suoi lettori alcuni brani, che aveva avuto il destro
di procacciarsi dall' amico : ma 1' articolo del critico-poeta, super-
ficiale, mancante di nerbo, non era riuscito a scuotere l'apatia
predominante, a sdormentare i suoi lettori.
Dopo tale lodevole versione , Giambattista Martelli non più
intraprese lavori di lunga lena; bensì brevi componimenti: alcuni
sonetti pubblicati nella Gazzetta privilegiata di Milano dei 3 set-
tembrs 1843 e dei 23 febbraio 1844: un Brindisi e Sermone
letto alla mensa di suo fratello Giovanni Antonio il giorno 27 di-
cembre 1840, giorno in cui il figlio di costui, sacerdote Cesare,
celebra la prima messa {Pirata, 16 febbraio 1841 , di poi ri-
stampato in edizione separata) ; la Fortuna ed il Tempo, poesia
di una efficacia tutta moderna, che lascia profonda impressione
in chi la legge (48 strofe nell' appendice della Gazzetta privile-
giata di Milano dei 14 maggio 1843). Infine si rinvenne fra le
sue carte, un poemetto originale in terza rima, la Mente, diviso in
venticinque brevissimi canti, tuttora inedito, che spero mettere
con r opera mia all' onore della stampa. Intanto la nota malin-
conica andava in lui ognora più rinforzandosi. In una delle sue
(1) Questo articolo fu riportato neWa Gazsetta pricilegìata di Milano del
giorno 30 ottobre 1840.
i: LF- BATTAGLIE FRA CLASSICI K UOMANTICF. 83
ultime poesie fatte pubbliche, prorompe con accento tristamente
convinto:
Nel turbine avvolto
Di mali e d' affanni
Gravato dagli anni
M' appresso al mio fin.
Epperò sconfortato, disilluso, protrasse i suoi giorni modestis-
simamente in Milano, sorretto nelle sue diuturne infermità dalla
moglie e dai figli, ritornando nei mesi d' estate e d' autunno a
Miasino, sul lago d'Orta, ovvero a Borgoticino, ove teneva pure
una casuccia.
Egli nondimeno amò fino all' ultimo mescolarsi con una so-
cietà spigliata, né si adombrava nel trovarsi al contatto con gio-
ventù briosa; osservava ogni cosa; di tutto si interessava; a
volte perfino della cronaca piccante della città, che poi sapeva
ripetere con parole argute, scintillanti, cosi da recare vero diletto
in chi r ascoltava ; a tanto maggior ragione , poiché desso per
abitudine, abborriva dal vernacolo in uso nel conversar famigliare.
Durante le interminabili invernate milanesi, i passanti avreb-
bero potuto intravvedere il Martelli ogni sera, e tardi nella notte,
in una lurida bottega da caffè (detto del Martini) che si apriva
nelle demolite case ingombranti lo spianato che da trent' anni di-
stendesi dinanzi al teatro della Scala. Quelle meschine sale, o per dir
meglio, bugigattoli, e per posizione topografica, e per tradizione,
erano il quartiere generale, non solo de' giovani scapigliati, ma
eziandio di uomini di garbo e di persone assennate; quivi con-
venivano come in posto in cui giornalmente raccoglievasi una
compagnia a modo, con intonazione alquanto ardita, tale da ren-
dere quel ritrovo sovranamente antipatico alla polizia austriaca,
diretta dall' aulico Torresani. Di mezzo all' incessante via vai di
begli umori dediti agli spassi, di consiglieri emeriti, di artisti, di
bellimbusti, di gran signori, in un angolo di una delle stanze
terrene, in certi momenti della notte invase da un visibilio di
gente che, sprigionandosi dal vicino teatro, vi entra a fiotti e vi
incrocia discorsi di una varietà sorprendente, ove la politica si
84 IL POETA GIAMBATTISTA MARTELLI
mischia volontieri con le enfatiche ammirazioni per le alunne di
Tersicore, sedeva quatto il vecchio Martelli, curvo sulla persona,,
con un fascio di carte, occupato nel tradurre gli articoli di qual-
che giornale inglese di cui era fornita la bottega. E protraeva
fino a straore la sua faticosa veglia , senza far caso del bac-
cano che rombava intorno a lui : sprezzando qualche frecciata
scoccatagli da impertinenti crocchi, i quali lo guardavano con
sorriso sardonico, come a persona per lo meno strana. Solo una
volta, dibattendosi accanto a lui la grave quistione del sapere
quale fosse il migliore cavallo fra quelli pronti a gareggiare nella
prossima giornata delle corse, un capo-ameno gli si avvicinò
interpellandolo con aria disinvolta, se lui, che tanto scribac-
chiava, avrebbe saputo sciogliere 1' arduo problema. Il Martelli,
levando il capo e fissando il suo interlocutore, lo squadrò di una
occhiata penetrante, tutta sua propria, come volesse dire : badi,
mio bel signore, e mi scusi se non tengo la lingua in briglia,
indi rispose secco: — Certo lo so. — L'altro stupito, chiamò a
sé gli amici per udire il responso dell'avvocato, e farne poi le
grasse risa. Raccoltosi attorno un gruppo di giovani sportsmen
chiedenti in coro il suo verdetto, il Martelli rispose a quel chiasso
con aria di fina ironia: — Si, lo so, il migliore cavallo è quello
che porterà loro signori fuori dei piedi. — Un bisbiglio accolse
questa sentenza , e ciascheduno se ne tornò silenzioso al suo
posto; né dopo d' allora alcuno si attentò mai più a distur-
bare il buon poeta.
Giambattista Martelli ebbe parecchi amici nel campo letterario,
ricorderemo, oltre il Monti, Felice Romani, il Caleppio, il mar-
chese Gian Carlo Di Negro, cultore di lettere, ma più ancora
munifico mecenate; il quale lo ospitò sovente, nella sua deliziosa
villa di Genova, e molto a lungo nella primavera dell' anno 1849,
dopo la battaglia di Novara, nei giorni nefasti della rivolta cit-
tadina. Consumati i disastrosi eventi del 1848, lasciò la dimora di
Milano, tornandovi una sola volta per alcuni giorni a salutarvi
gli amici, e si ridusse a»Borgoticino, dove accasciato pei tanti
guai desolanti quell' Italia che aveva onorata co' suoi scritti, e
E LE BATTAGLIE FRA CLASSICI E ROMANTICI. 85
da lui amata con sincera espansione, spirava ai 29 novembre del-
l' anno 1850. Sulla sua tomba 1' amico Di Negro spargeva una
lagrima con un sonetto pieno di sentimento, riportato in un gior-
nale genovese (1). Fra le mie carte trovo , oltre a molte lettere
insignificanti , un autografo poetico del Martelli , 1' ode a Vit-
torio Emanuele I di Savoia , che ho motivo di credere inedita.
È sicuramente scritta nel 1814 , in benemerenza dei benefici
largiti alla avita riviera, poiché essa tratta appunto delle con-
cessioni fatte a quella , di cui egli stesso era stato caldo patro-
cinatore (2).
Sarò io importuno se pongo fine a questi cenni col presentarla
a' miei lettori, quantunque non sia per avventura fra le sue mi-
gliori ? Spero di no; in ogni modo, se ciò fosse, ripeterei con
Manzoni : « credete che non s' è fatto apposta. »
Felice Calvi.
AL RE VITTORIO EMANUELE I DI SAVOJA
Ode di Giambattista Martei.t.i.
Vittorio Augusto , le tue regie bende
Luce di sangue non circonda , affetto
Sol de' sudditi tuoi nel cor ti splende
E neir aspetto.
Vano è a Regnanti 1' ostentar funesta
Pompa di brandi , e fantasie d'orgoglio :
Grande è colui che all' indigenza appresta
Pane dal loglio.
0) Il Corriere Mercantile.
(2) Le lettere del Martelli, che io conservo, sono dirette a mio padre, e
s' aggirano quasi esclusivamente, sullo stato compassionevole di sua salute.
86 ir, POETA GIAMBATTISTA MARTELLI
Grande è colui che fa suo primo vanto
Largir vita a chi langue, e prima cura
Più del fasto regal 1' ascoso pianto
Della sventura.
Dal santo amor de' più sublimi esempi
Tu caldo il petto e la serena mento
Sfiorando il meglio do' vetusti tempi
N'orni il presente.
Tu liberal d'idee, che un raggio sono
Che a magnanimi pochi il Cielo invia
Ragion francheggi , e fai reina in trono
Brillar sofìa.
Tua legge il guida in cui raggiando scritta
Umanità sorride e in tener chiaro
Piotade impone da ragion prescritta
Al ricco avaro.
Legge olocausto a Dio, con cui sgomenti
La oscena usura e il monopolio sordo
Che la squallida fame delle genti
Calcola ingordo.
E la rapina geme e sbigottito
L' assassin si rinselva , e il masnadiere
Trema al solo pensier del prode ardito
Carabiniere.
Tu alla pietà consorto accoppi! un degno
Guerriero spirto animator dei forti
Che anelano affrontar per te, pel regno
Splendide morti.
Te guida a gloria una celeste face
Cui plaude ogni vicina Itala terra
Poiché vede fra noi sposo alla pace
L' onor di guerra.
Socio al genio del mar. Te Padre chiama
Dell' Eridano il genio, e della Dora
E il più bell'astro in te della sua fama
Liguria adora.
E I.F. HAI! V'W.Ii: FRA CLASSICI E ROMANTICI. 87
Torino esulta, o do' stranieri accoglie
Ch' aman [lorsl a tuui pie novero immenso:
Speme esaudita sta nelle tue soglie
E popol denso.
Io delle Cusie rupi alpestre figlio
Io pur te vidi, ed adorai vicino,
E a noi propizio nel tuo regal ciglio
Lessi il destino ,
AUor che al novo sfolgorar de' vivi
Della tua maestà raggi diffusi
Risorti esponi di quegli irti clivi
I dritti e gli usi.
Dell Tu li serba, e ricomponi e abbella
Di tua virtude il secol nostro adulto
Sicché invecchiando , di feral procella
Non tema insulto.
Me a poetar non trae diva profana,
Ma sol mio nume , verità gagliarda.
Pera dei re 1' adulatrice , infame
Musa bugiarda.
Te giunto al fin de' tuoi t alidissimi anni ,
Verrà a levar fulgente anima amica ,
L' angiol della pietà sovra i suoi vanni
E fia che dica :
« Tu che imprimesti nel mortai governo
Per divin orma i tuoi vestigi augusti
Vieni a regnar nel bel mattino eterno
Col Dio dei giusti. »
VARIETÀ
DI UN CODICE SFORZESCO DI FALCONERIA.
I.
L'ardentissima passione per la caccia, che signoreggiò nel medio
evo gli ordini più elevati della società europea , ha , come tutti
sanno, dato origine, o per dir meglio nuovo incremento, ad una
speciale letteratura, la quale non solo continuò a prosperare an-
che in tempi più civili, ma vive oggi ancora rigogliosissima (1).
Ed è pur noto come dai cultori di codesta letteratura la caccia
venisse considerata quasi un' arte , anzi più che un'arte , una
scienza, e fosse per lei singolare oggetto di studio il modo di
allevare e di educare quegli animali che l'uomo aveva, ab antiquo
addestrati ad aiutarlo nella soddisfazione de' suoi istinti sanguinari;
(1) Un'opera recentissima, che descrive in gran parte codesta produzione
cinegetica antica e moderna, è quella di R. Souhaut , Bibliographie gene-
rale des ouerages sur la chasse, la cénerie et la faticonnerie, publiés ou
composc's clepuis le quinsième siede jusqu'à ce jour , en frangais , latin,
allemand, anglais, espagnol, italien, etc. — Paris, Rouquctte, 1886, in-8,
730 col. Cfr. una recensione di P[aul] M[eyerJ nel Fase. I, p. 1 e seg. del.
giornale Le Moyen Age.
DI UN CODICE SFORZESCO DI FALCONERIA. 89
i cani cioè e gli uccelli rapaci. E l'educazione di questi, giudicati
assai più nobili di quelli, tenuti in altissimo conto, chiamati anzi
più che di sovente a simboleggiare la generosità de' natali di co-
loro che li possedevano (1), diede origine ad un ramo parti-
colare della venatoria: la Falconeria, che, iniziata, sembra, dagli
Arabi (2), venne presto in onore anche in Occidente, dove principi
e baroni non soltanto gareggiarono nel procacciarsi i trattati
(1) Che la caccia coi falconi fosse più nobile di quella coi cani è affermato
in modo piuttosto curioso dall'autore di un poemetto francese di falconerìa,
di cui un frammento ha dato in luce il Wrigiit nella Reliquice antiquce
(v. I, p. 310). Il proemio è consacrato a screditare la caccia del cinghiale e
del cervo ;
Est-ce plaisir de se combatre
Et faire ses membros trencher
A un serf ou à un senglier?
Avoir paour, perii et paine?
N'est-ce mie chose grevaine?
Certes si est, que que nul die....
La falconeria invece è un altr'affare!
Mais il est trop bon assavoir
Que deduit d'oiseaulx, monseigneur.
Est sans mal en bonté greigneur,
Car donne proflit et plaisance
Et (sic: 1. qui est) bien honneste sans grevance,
A tous ceux qui l'aimera... (1. aimeront)
Et qui loyalment le deservaint (1. deserciront)
Trop plus grandement [que ne] fait
Deduit de chiens
(2) Probabilmente da fonti arabe proviene il de arte cenandi cum acibus
di Federigo li, del quale sono ben note le relazioni coU'Oriente. E non dif-
ferente origine deve avere avuto il libro De' falconi, astori, sparcieri, loro
malattie e rimedi per maestro Guglielmo, figlio di Malghero falconiere del
re Ruggeri, che si legge nel cod. A. 43 inf. dell'Ambrosiana, dal quale lo
trasse A. Ceruti (V. Il Propugn., A. II, pag. 221 e sgg.). La qual biblio-
teca possiede un altro libro di falconeria tradotto dall'arabo; il trattato
De acibus rapacibus, contenuto nel cod. D. 11 inf., membr. del sec. XIV,
che è detto Liber Moamonfalconarii de arabicoin latinum translatus per
magistrum Theodorum physicum apud fancunin , nel cod. Z. 175 sup. ,
scritto nel sec. XVI. Cfr. Crruti, I. e. , p. 227.
90 VARIF, TÀ.
orientali , ma ne fecero scrivere de' nuovi e non sdegnarono in
parecchi casi di dettarli essi medesimi. Le bibliografie venatorie
vanno quindi a buon dritto orgogliose di registrare nelle loro co-
lonne i nomi di Alfredo il Grande, di Federigo II, di Enrico e di
Edoardo d' Inghilterra, per tacere del principe della scienza me-
dioevale, di Alberto Magno (1). E fu precisamente in Inghilterra
ed in Francia che 1' arte di educare gli uccelli rapaci die' ma-
teria ad un numero , ancora mal conosciuto , ma certo amplis-
simo, di opere vuoi latine, vuoi volgari, vuoi in prosa, vuoi in
versi (2). L'Italia sembra invece aver prodotto poco in questo ge-
nere; esistono, egli è vero, molti trattati latini di Falconeria nelle
nostre biblioteche; ma non è certo che sieno stati composti fra
noi. E dei testi in volgare poi , ove si escluda la versione fatta
da Bono Giamboni del trattatello inserito nel suo Tesoro dal
Latini (3), i più non sono se non traduzioni o molto o poco al-
terate del libro famosissimo di re Danco (4) , l' immaginario so-
vrano orientale , al quale nel medio evo si dava vanto di aver
creato la Falconeria.
È per l'appunto un'altra versione di questo libro, assai più tarda,
ma rivestita in compenso di forme poetiche, quella che dà argo-
mento a questa breve notizia. Essa non merita già la nostra
(1) Per ciò che spetta ai trattati attribuiti ai tre sovrani inglesi si veda
P. Meyer , Les manuscrits frariQais de Cambridge, in Romania, XV,
p. 277 e sgg.
(2) P. Meyer , op. cit. 1. e. Cfr. anche Dullettiti de la Sociétc des Anc.
textes, 1885.
(3) La pubblicò insieme al testo originale il Mortaua in quella raccolta,
di cui si parla nella nota seguente.
(4) Non ci consta se abbiano quest' origine i Due trattati del governo
e delle infermità degli Uccelli, editi da un cod. vatic. , nel 1864, da
G. Spezi ; ma possiamo invece con certezza attribuirla ai due trattati messi
in luce da A. Mortara nelle Scritture antiche di Falconeria, Prato, 1851,
ed al libro di Guglielmo, « translatato di provinciale in latino », edito dal
Ceruti. Si aggiunga a questi il Libro della Natura degli uccelli/atto per
lo re Banchi, testo antico toscano messo in luce da Fr. Zambrini. — Bologna,
1874, pp. XXXVI-72, con tavole cromolitografiche.
DI IN rODICB SFORZESCO DI FALCONERIA. 91
attenzione, lo dico subito, per il suo valore letterario, che è
minimo, anzi nullo, ma a cagione delle circostanze che. l'hanno
veduta nascere. Scritta infatti per quello fra i principi milanesi,
che portò anche nella caccia , della quale diletta vasi oltre mi-
sura, la sua veramente regale inclinazione al lusso ed alla ma-
gnificenza (1) ; per Galeazzo Maria Sforza , essa ci è pervenuta
in un solo manoscritto, che è precisamente la copia che l'autore
aveva fatto trascrivere ed alluminare onde farne omaggio al Duca.
È adunque, secondo tutte le probabilità, il codicetto, di cui ora
vengo a dare la descrizione, un'altra reliquia di quella celebre
biblioteca del Castello di Pavia, che i capricci della sorte hanno
cosi miseramente dispersa, e di cui gli eruditi ed i bibliografi vanno
a gara ad esumare gli avanzi ed a ricostruire l' insieme (2).
II.
Del codice che ci occupa 1' esistenza è stata segnalata già da
gran tempo dall'Ilari nel suo Catalogo della Comunale di Siena (3);
ma io non mi sarei certo dato la briga di ricercarlo in quella
selva di titoli di stampati e raano!?c ritti, che il brav' uomo mise
fuori nel 1844 , se il caso non mi avesse posto fra le mani la
miscellanea che lo contiene (4), mentre lavoravo in quella bi-
(1) Ecco che scrive il CoRio nella sua Hìstoria (ed. Milanese del 1503 ,
f. 326 r.; De Magri, 1865, p. 314): « grandemente si delectava de occelare e
« cacce de cani; onde una volta lanno circha di ciò spendea sedcce migliara
« de Ducati .... le pertiche de Astori, Falconi e Sparvieri erano adornate
« con peze de veluto, rechamate doro et argento fino ale Ducale insegne... »
(2) Non è possibile però identificare il codice senese con quel libro De
nutriendo aces et falchones ac eorum regimine, che si trova indicato nel-
Vlncentario della Biblioteca Viscontea Sforzesca, edito dai Mazzvtjnti
(Giorn. Stor. della Lett. Ital, v. I, p. 43).
(3) La Biblioteca publica di Siena disposta secondo le materie da Lo-
renzo Ilari, Catal. che comprende non solo tutti i libri stampati e mss.
che in quella si conservano, ecc., t. I, p 216, Siena, 1844.
(4) È quella segn. H. VI. 30, formata dalla riunione puramente accidentale
di tre mss. diversi per mano e provenienza. Il primo è un membr. del sec. XV,
"92 VARIETÀ.
blioteca. Distratto da altre indagini non abbozzai allora che una
sommaria descrizione del ms. , e se ora ne posso parlare con
maggior ampiezza di particolari, lo debbo alla cortesia ben nota
di quel solerte ed erudito bibliotecario, che è il dott. Fortunato
Donati.
Il codice senese è un membranaceo di mano della seconda
metà del sec. XV, in ottavo piccolo (1) e di carte ventidue. Di
queste la prima offre sul recto de' fregi marginali di scuola lom-
barda, miniati riccamente, ma di mediocre disegno. Nel margine
inferiore spicca l'arme sforzesca, sostenuta da due genietti alati;
nel superiore sopra un fondo rosso ed azzurro è miniata ad oro
in lettere capitali la seguente iscrizione dedicatoria :
ILLVS • Z • EX • DO • D •
GALE • PAP • ANG • q'
co- INVIO • SFOR-
DVC • LIGUR. • I • GR .
Ogni Stanza del poema (giacché il cod. contiene un poemetto di
78 ottave), è pur ornata di una piccola iniziale miniata ad oro
o in azzurro, e nel margine inferiore di parecchie carte sono
toccate in penna le figure di uccelli di rapina, de' quali si parla
nel testo; ma neppur queste mostrano grande abilità nel pittore.
Nella prima carta, come nell'ultima, non é scritta che una sola
stanza; le altre facciate ne contengono invece due.
ili ff. 59, che contiene i Trionfi di F. Petrarca, miniato e ornato di uno
stemma nel primoL foglio, eraso più tardi per sostituirvi il proprio da un
possessore, che indicò nell'ultimo foglio il suo nome cosi: A. S. I. U. D. 1683.
(Più sotto altro stemma con tre rose e nuova iscrizione: R. S. I. U. D. 1733).
Il secondo ms. è quello di cui discorriamo, che forma delia misceli, i ff. 59-81.
11 terzo infine è un codice cartaceo, di mano diversa, ma essa pure del sec, XV,
di ff. 121 , che contiene versi e prose di umanisti. Porta nel frontispizio
uno stemma e la firma, di mano recente, G. Ccacckeri ; sul f." membran. di
guardia si legge invece Clemente Clementi 1789.
(1) Mi duole non poter dare la indicazione in millimetri della misura.
Ili l:.\ ( Gi)irK ^FOKZi;>-CO M 1 A!.
93
Veniamo ora a dir qualcosa del poemetto. Esso comincia con
una dedica allo Sforza, che è racchiusa in quattro ottave, delle
quali basterà riportarne per saggio la prima:
Fortunato figlici eh' arma et accende
Di giouinil uirtute Apollo e Marte,
Cui per beltà et nobiltà contende
lulo o Ganimede in superarte,
Ardente affection la man me stende
A impire in tuo piacer mie nude carte.
Che da eh' io nacqui in questa uall'angusta
Mai tal materia a me se fé si giusta.
La proiasi del poema è contenuta nelle tre stanze che se-
guono ; esse suonano cosi :
Vedransi in questa opretta cose assai,
Che parran forse a chi le ascolta enorme,
A [a farne proua non nocque giamai,
Ch'ella risueglia spesso al uer chi dorme :
Or tu al mio don, benché umile e diforme.
Porger la ducal man te degnerai.
Non risguardando qualità del pregio,
Ma l'animo che in te posto ha so segio.
Ilauendo uisto i sauii antecessori
Alcuni belli uccelli aspri trouarse.
Che per malitia e perchè son magiori
Sol de' uolatil pur soglion cibarse,
Cercar d'auerli e farsigli signori
E per la caccia quei domesticarse ;
Chi il crese mai (ai natura sagace)
Di quanto uede 1" huom farse capace!
El re Dauco inuentor di ciò fu prima
A lor complexion considerare.
Quanto el falcone e 1 sprauier se stima (1)
E studiò quelli a la rapina andare,
(I) Leggi $pararier.
94 VARIETÀ.
Tornare e gir dall'uno a l'altro clima,
E lor infirmi tà ben liberare ;
Altri poi molte cose experte o conte
Di tal tractato a 1' inuentoro han gionte.
Dichiarato in questa guisa qual sia la fonte, da cui provengono
le sue notizie, l'anonimo poeta inprende a discorrere delle varie
sorta d' uccelli che si possono ammaestrare. E prima viene a
trattare del sparviero (St. 8-42), poscia degli astori (St. 43-45);
([uindi del falcone, al quale consacra parecchie stanze (St. 46-66).
Succedono lo smerlo (St. 67-68), il girifalco (St. 69) , 1' aquila
(St. 70-75) e le civette (St. 76-78). Alle quali son dedicate le
ultime tre stanze del poema, che chiudesi bruscamente con questa
poco poetica pittura:
Da tutti gli altri ucei che uan uolando
Par che se chiami come meretrice ;
Gridanli intorno come e l'abbia bando
Di cosa scelerata che non lice.
Queste domesticate uan pigliando
Per casa i ratti, si come se dice ;
Volentieri ne' busi alberga ognuna,
E con un pasto sta tre di digiuna.
La maggior parto del poemetto é, come si può ricavare da questo
breve riassunto, consacrata a discorrere dello sparviero, e ben si
capisce il perché. Le stanze che lo riguardano formano uno spe-
ciale trattato, diviso in sei capi : Del sparviero , De lor natione,
De segni de la sua Belleza, Del modo de nutrirli. Del modo de
domesticar eli. De le sue infirmila. Vien secondo per lunghezza
quello del falcone; gli altri sono assai brevi e non contengono
se non un cenno delle qualità, dei pregi e degli usi dei vari uc-
celli ai quali si riferiscono.
Intorno all'autore ed al tempo in cui egli scriveva non c'è da
cavare nessun lume dal poema. Ma le forme dialettali , che si
avvertono nelle poche ottave che abbiamo riferite , e son sparse
• (O M lALCONiaUA.
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abbondantemente in tutta l'operetta, ci permettono di credere che
lo scrittore fu lombardo, come la rozzezza della lìngua, la sgra-
ziata costruzione del verso concedono di affermare che non era
certo un dotto. Potrebbe darsi quindi che ei fosse un falconiere
di professione, ai servigi dello Sforza, da poco assunto al trono (1),
e che, come parecchi fra i suoi predecessori, avesse creduto op-
portuno far mostra , ad ingraziarsi sempre più il suo signore
della sua dottrina, se non della sua vena poetica.
F. NOVATI.
(1) Nella strofa dedicatoria si allude all' età « giovinile » di Galeazzo.
Costui era nato, come ognun sa, il 18 Genn. 1444 e successe al padre nel 1466.
Il poemetto dovrebbe quindi esser stato scritto dopo il '66; anzi fra il '69 ed
il '76, giacché esso non è menzionato fra i « libri dell'Ili.*' S.® Duca Galeaz
Maria repositi nella libraria de Pavia a di primo octobre 1469 » (Mazza-
tinti, 1. e, p. 56) ; la maggior parte de' quali è pur formata da esemplari
di scritti composti per il Duca o dedicati a lui.
SUICIDJ NEL QUATTROCENTO E NEL CINQUECENTO.
I suicidj vanno oggidì spaventosamente aumentando fra le
nazioni civili , a tale punto che progrediscono più rapidamente
della popolazione e della mortalità assoluta (1).
L'antichità classica ce ne ha pur forniti numerosissimi esempj
che non fa mestieri di qui ricordare , mentre rari sono quelli
noti per il secolo XV e più rari ancora i documenti d' archivio
che li denunziano (2). Né conosciamo un autore di quel secolo
che ne abbia scritto ex-professo (3).
Taluni poi di quegli esempj, resi noti dai cronisti nostri , più
che altro sembrano avvenuti in occasione di gravi jatture poli-
tiche, come nei casi di Giovanni Vignati , signore di Lodi , nel
1415; di Tiberio Brandolini {'i), del Pellizari, uno dei capi in-
sorti piacentini nel 1462 (5) e di altri.
(1) Morselli. Le leggi statistiche del suicidio secondo gli ultimi docu-
menti (1879-1885). — Milano, 1885, p. 119.
(2) Il gusto del suicidio, ecco una fra le poche cose, diremo anche noi col
Gian , che il Rinascimento nostro non ereditò dall' antichità classica. [Cfr.
Nuoci documenti su Pietro Pomponas.iL — Venezia, 1887, p. 22, libro nel
quale si prova il lento suicidio avvenuto jier fame del celebre filosofo man-
tovano].
(3) Come si vedrà dalla Bibliografia del suicidio che noi contiamo di
pubblicare prossimamente. Si sorride? una bibhografìa come qualunque altra,
dato di vivere nel secolo delle bibliografie.
II Bandello (n. 1480) nelle sue Nocelle prende a protagonisti alcuni suicidi
per innamoramento o gelosia (vedi i n. 7, 18, 31 e 36).
(4) La morte del Brandplini , mascherata col suicidio, fu piuttosto un as-
sassinio politico; ed è cosa nota.
(5) CoRio, III, 225 ed altri. — Strenna Piacentina pel 1885, p. 7.
SUICIDJ ^ \ rTROCENTO E NEL CINQUECENTO. [)7
(gualche caso per altro abbiamo per la Lombardia nel quat-
trocento e prima metà del cinquecento ed eccoci ad elencarli
brevemente.
A Lodi, il giorno 9 di giugno 1468, s'impiccava nella propria
abitazione un Barano Dell'Acqua, comandante delle guardie ducali
in rimpiazzo di Cosmo Maletta. A si tristo passo sembra fosse
stato « inducto de qualque desperatione ». Era però quello « uno
caso molto novo » per la città , secondo scriveva quello stesso
i^iorno il commissario Francesco Maletta al Duca di Milano (6).
Il vicario del Vescovo di Lodi, il giudice del maleficio e molti
altri ufficiali delegati sul posto trovarono che « costui sé impi-
chato per sé stesso. » Per le leggi dannanti i suicida, i suoi beni
valutati dalle 300 alle 800 lire imperiali cadevano al fisco ec-
clesiastico mentre i parenti del morto e la Camera Ducale li
avocavano a sé. Ignoriamo chi la vincesse; questo soltanto ag-
giungiamo che il Vescovo di Lodi (7) supplicava lo Sforza di
cederglieli , se non in via di diritto, almeno a titolo di donazione,
Kiule adoperarli « per fare un balduchino » essendone privo per
essersi 1' antico « ropto et squarciato » in occasione dell' entrata
in Lodi fatta dal duca Galeazzo Maria Sforza, in occasione della
sua assunzione al ducato (1466).
Un anno dopo, siamo al caso di un tale , prigioniero nel ca-
stello di Porta Giovia a Milano, che tenta di uccidersi e non vi
riesce; e del duca Galeazzo Maria Sforza, il quale anziché dis-
suadere il disgraziato dal suo disperato proposito, si duole della
mancata morte , e raccomanda al castellano di Milano di non
impedirlo in un nuovo tentativo, anzi di eccitarvelo. O chi era mai
'luesto prigioniero?.... Il documento non ci dà che il nome di
Piattino , e tentava d' impiccarsi ai 30 di maggio 1469 , proprio
nella stagione dei fiori (1).
(1) Documento edito noìXArcIdcio storico di Lodi, anno li, dispensa IV,
1882, p. 57.
(2) In allora il marcliese Carlo Pallavicino, il fondatore dell'ospedale mag-
giore di Lodi e del tempio dell'Incoronata.
(3) Doc. da noi edito nel Boll. stor. della Scùs. Ital., 1884, p. 240, ma
Arefi. Stor. Lomb- — Anno XV. *
98 V A R I 11 T À.
E sempre a Milano. Neil' anno 1480 si contano « due violenti
contro sé stessi » come Dante ebbe a chiamare i suicida che
pone nella seconda bolgia trasformati in nodosi tronchi sui quali
le arpie fanno lor nido (1). Due giovani stanche della vita !
Ed ecco come le fredde pagine del necrologio milanese anno-
tano i malsani e riusciti loro tentativi (2).
Sotto la data del sabato 12 febbrajo 1480, nella parrocchia di
S. Lorenzo fuori P. Ticinese:
« Pasola de Troeazano, annorum XXI, studiose, anima incitata
passione, asumpto veneno argento sublimato die martis proxime
preterita , colirica et mortali succedente passione judicio Magi-
strorum Catellani et Dyonisij decessit. »
Ai 24 giugno dello stesso anno, nella parrocchia di S. Michele
al Gallo in Porta Comasina :
« lohannina famula Magdalene de Guilis, annorum XVIII, semi
fatua nec ex toto sui iuris, se ipsam et de mente propria arse-
ìiicho venenavit, et yta proprio presbitero confessa est penitentiam
agens et in presentia lohannis Petri de Affori et Bernardini spe-
ciarij regis et sui famuli et losephi de Ferrarijs , quibus fides
adhibenda est ; presentibus etiam duabus raatronis fidedignis
judicio Catellani decessit. »
che jier la sua curiosità si riproduce qui in nota. K tolto dal Registro
ducale, n. 86, fol. 76 t. à&WArch. distato milanese:
Ambrogino de Longognana
Dilecte noster. Havemo inteso per tue littore quanto ne scrivij del Piattino
che herri (jeri) ad vinti doy hore se volse appiccare luj medesmo./^ che ne
rencresce sumamente non habia mandato ad executione et per queste te
dicemo che non solum non li levi denanti le cose cum le quali havea ordi-
nato fare questo, ma etiandio ne ghe facij ponere de laltre non daghan-
dole però ad intendere niente asochè vegnandonellj (venendogli) coglia xin
altra colta possa exequire la sua voluntà. Et cosi dirai al castellano da
nostra parte che vogliando luj più facere simile experientia, ce lo debia
adiutare. Dat. Abiate die ultima maij 1469. Jacobus.
(1) Mentre poi mette a custodia del Purgatorio il suicida Catone e s' in-
ginocchia a' suoi piedi.
(2) Arch. di Stato, Popolazione.
UICIDJ NEL (JUATTROCENTO E NEL CINQUECENTO. 90
Nel 1488 è la volta di un Giorgio di Piacenza, trentenne, che
detenuto nelle carceri del Capitano di Giustizia, vi s'impicca ai
9 di settembre « ex melanconia. »
E questi sono i pochissimi, unici esempj d^ noi cavati dai re-
gistri mortuarj milanesi del secolo XV, esistenti pur troppo non
al completo nell'Archivio di Stato di Milano (1). E pochi ce ne
offrono quelli susseguentisi dal 1500 al 1550 (2).
Un Maestro Giorgio da Varese fa la fine di re Saul nel 1507,
ed ai 4 aprile nella parrocchia del Monastero Nuovo in Porta
Vercellina :
« Magister Georgius de Varisio , annorum XL , factus malan-
cholicus , ex cujusdam vomitivo agitatus et ad maniam ductus,
furore compresus entello seu gladio semet ipsum occisus judicio
Magistri Io. Antonij Canevexij decessit. »
Un anno dopo avvelenamento del nobile Azzone de' Corio a
S. Stefano alla Noce in P. Orientale (11 maggio 1508). Morto
di 47 anni « ex febre continua propter venenum assumptum dico-
tioris vipere » a giudizio del medico Lazzaro Gropelli.
Più strana la fine della nobildonna Elisabetta Castiglioni , già
sessantenne (22 novembre 1512) :
« Magnifica Domina Elisabella Castiglionea, annorum 60, dum
malefico cuidam anni prestigiatam se asserenti credit illius iussu
caput lavit cum aqua cineris frigida et calce vive inde epilentica
facta et subinde letargica sine signis suspictionis judicio Magistri
Thome Moroni decessit. »
Al 1** di maggio del 1519 un Bartolomeo di Piemonte , ap-
(1) Ardi, distato, ibidem. È da riconoscere forse un altro suicidio nella
morte (2 luglio 1490) di Pietro de Cermiano, d'anni 20, morto « melanco-
licus atque maniachus et ut dicitur maleficiatus » ? Dimorava a S. Lorenzo
in P. Ticinese.
Pochi giorni dopo (1 agosto) si faceva giustizia di un tal Masolo Ferario,
cinquantacinquenne , dimorante a S. Satiro : < ex laqueo suspensus merito
ebrietatis sibi domestice decessit. » [/òt'rfem].
(2) Hanno principio col 1452 e continuano saltuariamente fino al nostro
secolo.
100 VARIETÀ. SUICIDJ NEL (JUATTROCENTO, ECf.
pena diciottenae , si rinviene impiccato nella casa di Maestro
Gerolamo Vaironi a S. Vittore al Teatro [repertus suspensus
ipsemet ex relatione astantiuni]. Il di lui cadavere, sepolto nel
cimitero di S. Dionigi , ne veniva estratto tre giorni dopo per
ordine dell' officio di Sanità. Naturai conseguenza del divieto di
sepoltura in luogo sacro ai corpi dei suicida !
Un Santino da Lodi, a risparmiare forse all'autorità inquirente
un'esecuzione, si uccide ai 13 luglio 1520 nelle carceri del Capi-
tano di Giustizia di Milano, dov' era detenuto. E pochi mesi dopo
(17 novembre) s' avvelena la trentenne Maria dei Garibaldi , a
S. Protaso in P. Comasina.
Leggesi per ultimo alla data 7 agosto 1543 il suicidio per fame
di don Ventura de' Bossi, avvenuto nella parrocchia di S. Eusebio
in P. Nuova :
« Dominus Ventura de Bossijs , annorum 70, in quo tantum
humores melancolici potuere ut sine cibo per quinque dies vitam
miserabiliter traxerit et tamen sine cibo , sine quo vivere non
possumus, diem suum clauxit extremum juditio Domini Magistri
Nicolai Castilionei phisici » (1).
Emilio Motta.
(1) 11 crudo documento che accenna al probabile suicidio per annegamento
della badessa di Lomello nel 1463 — una lettera in data 11 settembre di
queir anno , del Duca di Milano al Vescovo di Terracina , luogotenente del
Cardinale di Pavia — fu già da noi edito [Cfr. Boll, storico della Soiz.sera
Italiana, 1886, p. 235]. Proviene dal medesimo nostro Archivio di Stato.
{Neg. ducale, n. 105, fpl. 120 tergo).
USI E COSTUMI NUZIALI PRINCIPESCHI
(iEROr.AMO RlARIO E CATERINA SfORZA
(1473).
L'elezione d'un nuovo papa fu sempre un fatto troppo impor-
tante, perchè principi e repubbliche non tentassero con ogni mezzo
di far cadere la scelta su di un pontefice amico e favorevole alle
loro mire politiche.
Per raggiungere tale scopo non si trascuravano intrighi , lu-
singhe, promesse, e basta leggere le istruzioni rilasciate in tali
occasioni ai rispettivi agenti e ambasciatori , per esserne persuasi.
Dopo la morte di Paolo II, il duca di MilauQ desiderava, com'era
naturale , fosse assunto al papato uno dei cardinali amici e be-
nevoli suoi , fra i quali figurava quello di S. Pietro in Vincoli ,
Francesco della Rovere di Savona, città allora soggetta allo
Sforza.
All'annunzio quindi di quella morte, mandava tosto al suo am-
basciatore in Roma la lista dei cardinali suoi amici, coli' ordine
di adoperarsi in modo che la sorte del papato avesse a perve-
nire in uno di essi. Le pratiche dell'ambasciatore e quelle d'un
invia o straordinario, mandato contemporaneamente a Roma con
più particolari e categoriche istruzioni, ottennero l' intento di far
escludere gli avversari del duca ed eleggere il Della Rovere che
prese il nome di Sisto IV.
// nuovo papa. « Appena vestito il gran manto » scrive il Litta,
« pensò a far grande e potente la sua casa, ad estendere ed a ta-.^
102 V A 11 I ]•; r A.
più solido ed influente il dominio pontificio in Italia; cominciando
a mostrare quanto un pontefice poteva, e come molte cose, chia-
mate per l'addietro errori, si poteva sotto la pontificiale autorità
nasconderò. »
Onde aver libere le mani nelle cose di Romagna, che più da
vicino lo toccavano e potevano somministrargli frequenti oppor-
tunità all'agognato ingrandimento de' suoi, entrava in secrete se-
parate pratiche col re di Napoli e col duca di Milano , cupidi
anch'essi di ampliare i propri domini ed influenza, e presto an-
darono d'accordo.
Lo Sforza, ad assicurar meglio le fatte intelligenze, non cre-
dette di rifiutare al papa di entrar seco in relazioni di parentela.
E perciò nel giugno 1472 si addiveniva in Milano alla solenne
stipulazione del contratto di nozze fra il conte Gerolamo Riario
nipote o, come altri vogliono, figlio del nuovo papa, e Costanza
figlia del defunto Corrado Fogliani fratello uterino di Francesco
Sforza e di Gabriella Gonzaga figlia naturale di Lodovico III mar-
chese di Mantova.
Sulle prime le relazioni fra il Riario e la famiglia della pro-
messa sposa procedettero bene, e, come si usa , alcuni donativi
si erano scambiati fra loro. Quand' ecco la madre di Costanza ,
con detti e con fatti si mostra contraria alla contratta unione , e
il duca, che invece ci teneva a mantenerla , dovette pregare il
duca di Mantova ad interporsi presso la figlia , onde avesse a
desistere dalla strana sua condotta.
L'opposizione di Gabriella, più che da riguardi d'interesse, era
dettata da considerazioni d'altra natura e più delicate e che giova
far conoscere, perchè aggiungono alcune curiose notizie a quelle
già noto sugli usi e costumi nuziali delle corti principesche del
secolo XV.
Nel contratto di nozze si era convenuto che il Riario aspet-
tasse a menar seco la Costanza quando questa, che contava al-
lora soltanto 11 anni, avesse raggiunta la giusta età. Ma lo sposo,
messo certamente sull'avviso da sospettosi parenti, temeva che,
nel frattempo, mutandosi forse le circostanze politiche per la morte
USI E COSTUMI NUZIALI PRINCIPESCHI. 103
del papa od altro, lo Sforza non trovasse più il suo tornaconto
nella stipulata alleanza e parentela o cercasse qualche pretesto
per rompere il contratto. A scongiurare una tale eventualità, non
ritenendo sufficiente l' avvenuta solenne celebrazione degli spon-
sali , esigeva di passare tosto ad un effettivo atto matrimoniale ,
e il duca, sollecito di compiacerlo, aveva dato gli ordini in con-
formità. La madre della fidanzata non trovava però ben fatto di
unire cosi la giovinetta Costanza col Riario , e voleva si aspet-
tasse a far ciò al tempo stabilito. Tuttavia e le esortazioni del
padre e il timore di disgustare oltre misura il duca, la persuasero
ad accettare un temperamento propostole dal padre stesso , per
il quale pareva venissero ad essere soddisfatte le esigenze del
fidanzato e le pudibonde reticenze della madre. L' onesta donna
riteneva per fermo che tale temperamento , altre volte praticato
in casi consimili , dovesse bastare alla soddisfazione del Riario
e a rendere, se non impossibile, almeno assai difficile la revoca
del contratto. Tutto ciò è provato dal seguente curiosissimo do-
cumento conservato nel nostro Archivio di Stato :
1473. 6 gennaio
(Potenze Estere — Mantova)
Magnifico miles tanquam frater noster carissime. Venuti beri qua
;i Pavia per poter più commodaraento parlare cura la Gabriella (1)
nostra figliola de la facenda che la vostra magnificentia ne ragiono e
da parte de quello illustrissimo signore, andessemo a cena cum lei et
havendoli dicto quello cbe sopra ciò ne parse conveniente, confortan-
dola a fare quanto pare et piace alla exccllentia sua, la ne ha risposto
che in tuto quello glie sera possibile la ccrcbara sempre de adhe-
rirse et conformarse ala voluntado del prefato illustrissimo signore. Et
che de dare il dote dela figliola al conto Hieronimo (2) non gli ha al
ti) Gabriella Gonzaga vedova di Corrado Fogliarli di Reggio. 11 Litta e
altri genealog-sti non ne indicano la paternità , ma da questo documento
ài raccoglie clie era tìglia, forse naturale, di Lodovico III marchese di
Mantova.
(2) Conte Gerolamo Riario nipote o, come altri vogliono, figlio di Sisto IV.
104 V A R I E T A.
presente modo alcuno perchè del signor Conrado (1) non glie remasei o
piuche XII'" ducati, di quali VIIP ne ebe il signore, duo milia ne speso
in possessione et li altri nel vivere suo , come la dice de monstrarc
fin ad un pizolo. Et aciò che '1 prefato illustrissimo signore intenda
che la è in tuto disposta a satisfare al desiderio de sua excellentia
dice che la mandarà a quella la netta de tute le intrate sue integra-
mente, le quale sua celsitudine poterà far riscotere, e lassando a lei
et ali figlioli il modo del vivere, del resto ne poterà disponere et faro
quanto glie piacerà per satisfare a questo dote. La se trova etiam
haver alcuni arzenti et tapezarie del prefato signore Conrado che
parendo pur ad esso illustrissimo signore se vendessero non lo vetara
punto. Le possessione dice non si possono obbligare per esser feudo.
Del fare alectare la figliola (2), quando la fosse in etade conveniente,
ne seria contenctissima , ma non havendo se non XI anni non glie
parerla ben facto; nondimanco aciò non si creda che la voglia esser
renitente al volere del signore et che '1 para la non si contenti de
quanto ha facto sua excellentia, havendoli nui dicto il modo serva>-
semo cum la nostra come anche dicessemo ala vostra raagnificontia ,
la remara contenta de farla metter in lecto cum esso conte nel modo
facessemo nui , purché lei gè sia presente cum qualcuna de le sue
donne et cum dui o tri de quelli d'esso conte, se cussi glie piacerà ,
senza altramente venire ala copula (3), et questo glie pare doverla
satisfargli et poterà esser certo che mettendolo in lecto cum la fìgliol i
non bavera animo de revocare il parentado. Il tuto ce parso far iu-
(1) Conrado de' Fogliarli di Reggio fratello uterino di Francesco I Sforza
e marito di Gabriella Gonzaga, era morto in Milano il 28 dicembre 1470.
(2) Gabriella Gonzaga ebbe dal suo matrimonio col Fogliani una sola fem-
mina di nome Costanza che sposò poi Francesco de' Malaspina del ramo di
Pavia, marchese di Sannazzaro e Scaldasole. ■ — Nel registro missive N. Ili A.
troviamo sotto il 2 febbraio 1473 — che la Costanza aveva compiuto l'uri -
decimo anno il 3 agosto 1472.
(3) Da tutto ciò si raccoglie che la cerimonia ora consigliata dal marchese
di Mantova, era già stata praticata in occasione degli sponsali fra Galeazzo
Maria Sforza e Dorotea Gonzaga liglia dello stesso Marchese nel 1457. Ga-
leazzo contava allora 13 anni e la Dorotea ne aveva soltanto 7. Tale ceri-
monia però a nulla giovò, e Francesco Sforza riusci nel 1465 ad indurre il
marchese di Mantova a sciogliere il fidanzato dalla promessa di condurre la
Dorotea, per isposare poi Bona di Savoja, cognata di Luigi XI.
! ! MV.I Af,! VIV\ - !!!. 10."
londcre ala prel'ata vostra raagnificentia ala quale ricomandamo la
prefata Gabriella nostra figliola et ali piaceri (V essa se offeremo di
continno paratissimi.
Papié VI Jaimarij 1 17.>.
Ludovicus marchio Manlue. etc.
ducalis locumtenens generalis etc.
. i tcrijo : Magnifico militi tanquam fratri nostro carissimo dominò
Cicho Simonette ducali secretarlo ac consiliario secreto etc.
La cosa pareva in tal modo combinata , ma vuoi per i rina-
scenti scrupoli o contrarietà della madre, vuoi perchè il Riario
insistesse nella primitiva pretesa, tutto andò a monte, e lo sposo
corrucciato e indispettito minacciava allontanarsi da Milano, cre-
dendosi deriso e vilipeso. Il duca però, al quale in quel momento
premeva innanzi tutto 1' alleanza di Sisto IV, dovette pensare al
rimedio, e compensò lo sposo con un partito , secondo le sue
stesse espressioni, più degno e onorevole, dandogli cioè in isposa
nel gennaio 1473 la sua figlia naturale Caterina (1), anch'essa
di soli li> anni. Eccone le prove:
1473. n gennaio.
(Potenze Estere — Roma).
Papié.
XVIJ Januarij 1473.
Episcopo Novariensi (2).
Monsignore. El conte Hieronjrao nostro per el tempo che è stato
e sta qua con noi, per la condicione sua e costumi, et perchè è de
uno gentile ingegno et sentimento , ne è tanto piaciuto quanto sia
{[) In un testamento fatto da Galeazzo Maria Sforza il 18 maggio 1470.
in occasione di una sua grave malattia, si legge che Caterina era già stata
promessa in isposa al conte Amorato Torelli , coli' assegno dotale di dieci
mila ducati.
(2) Giovanni Arcimboldi figlio di Nicolò, consigliere e allora ambascia-
tore ducale a Roma. Ai 7 maggio 1473 fu promosso cardinale del titolo
dei SS. Nereo e Archileo di Roma colla facoltà di conservare anche il
vescovato di Novara.
lOJ V A R I E T À.
stato possibile, et ne ha satisfacto in modo che più non se poteria
dire Et così lo havimo continuamente veduto voluntere et ricolto
amorevolmente. Et invero gli portamo singulare amore. Lui haviva
deliberato mo sposare la mogliere solennemente et consumare seco
el matrimonio. Et questo ad noi piaceva assai per satisfare al animo
et desiderio suo, imo cosi haveamo ordinato se facesse. Ma ad dirvc
el vero questa madonna Gabriella ne pare habbia del stranio et sel-
vatico. Ella se ne è stata sopra di se e non ha facto cosa che
habbiamo ordinato, né ha servati quilli modi honorevoli et amorevoli
verso epso conte, come è stata admonita da noi et come era conve-
niente fare. Et in verità se non che noi gli havimo pure haute ri-
guardo perchè è donna et quia est ingonio muliebri, et noi non
volevamo debattere con donne, haveressimo pure ad omni modo
expedita tutta la cosa. Ma nondimancho pensando noi neli modi et
costumi et bontà de l' ingegno de questo giovene che ne piace sin-
gularmente et ricordandone dela devotione et fede nostra verso la
sanctità de nostro signore (1) et de 1' amore et benivolentia portamo
al reverendissimo monsignore de San Sixto suo fratello, havemo
facto un altro pensiero più honorevole et già mandatolo ad execu-
tione, videhcet che questa matina de domenicha, ad bore XVIII,
havemo dato nostra figliola Caterina per legitima sposa al dicto conte
Hieronjmo et lui per anulum et osculum 1' ha desponsata. Credemo
de ciò la sanctità prefata et el prefato monsignore ne resteranno
molto più contenti che del partito primo , sì per esser questo più
degno et honorevole , si perchè ne vene ad essere tanto più pro-
pinquo et strecto. La putta è de anni dece , la quale in tempo con-
veniente et in etate legitima, gli la daremo che la meni ad casa. Et
così gli havimo promesso darli decemilia ducati per dote, li quali li
darimo quando la menarà. Tutto havimo facto volontere et de bona
voglia tanto perchè ne piace li costumi de questo giovene, quanto
perchè para havemo facto de lui quel caso che se conveniva et etiam
adciò che la sanctità de nostro signore et lo reverentissimo monsi-
gnore de Sancto Sisto vedano manifestamente che la devotione ed
amore nostro verso loro non se poteria ne megliorare ne augumcn-
tare. Il che non saperessemo come meglio monstrarglilo che tirare li
soi ala coniunctione affinità et sangue nostro et farli una mcdesma
(1) Sisto IV, al secolo Francesco' della Uovcrc di Savona.
USI E COSTUMI NUZIALI PRINCIPESCHI. 107
cosa con noi. Però ne andarete dala prefata sanctità et così dal pre-
lato monsignore et con 1' una et con 1' altro ve realegrarete de questo
felice matrimonio, el quale sua sanctità se degne de benedire, et
faretegli intendere che noi siamo venuti ad questo tanto volontere et
liberamente quanto sia possibile ad pensare. Et cosi sempre faremo
tutto quello che intendiamo essere voluntà, piacere , honore et exalta-
tione de sua sanctità e deli suoi li quali hormai extim'amo essere nostri,
et continuamente gli seremo bono figliolo et non mancharemo mai
per fede ne per affectione e perseveraremo continuamente in questa
nostra sincera et simplice opinione.
1473. 17 gennaio.
(Potenze Estere — Roma).
Papié.
XVIJ' Januarij 1173.
Cardinali Sancti SLxti (1).
Si gratissima nobis fuit Hieronjmi fratris tui nostri vero ìam vcl
generi vel filij consuetudo, pater optime, si iocundi mores ornamen-
taque virtutis , si preterea et benivolontia et studium in nos tuum
delectavit, nos hactenus atque delectat : oportuit sane id quo reliquis
omnibus non esset obscurum exterioribus aliquibus signis declàrari.
Idcirco ne occasìonem amitteremus qùoe hoc tempore se obtulerat ad
uiimum hunc nostrum patefaciendum , pater reverendissime, Hiero-
iijmum nostrem hodie nobis generum fecimus. Quippe tametsi antea
patrui nostri filiam eidem prora iseramus , taraen ut est singolari vir-
iate preditus et ingenio, ut summa modestia gravitateque ornatus,
ita dignum eum censuimus efferri altius et arctiori coniunctione
nostri sanguinis honorari, atque ita filiam hodie nostram ei uxorem
ilodimus, quam ipso et anulo presens et osculo desponsavit. Itaque
^ratulaberis tu, pater optime, vel nobis ipsis vel fratri, et matri-
monium hoc ut felix faustumque sit futurum prec abere, Nos id ipsum
agiste, si cogitemus singularem tuum in nos amorem, si observantiam
lostram in pontificem maximum si generi nostri probitatem facili-
tatem humanitatem poenitere profecto non possit. Filia fratris sponsa
il) Pietro Riario altro nipote o figlio di Sisto IV' e fratello del conte Gè
rolanio Riario.
108 VARIETÀ.
puella est annos non pluiùs naia quam decem , nec dum que viro
tradi possit matura, hanc ipsam tamen ubi pleniores anni obreperint
ad se ducet. Et nos ut cum ea diutus et tranquille vivat, deum
optimum precari non desinemus.
1 173. IS gennaio.
(Potenze Estere — ?-Iintova).
1173.
Papié die 18 Januarij.
Illustrissimo domino marchioni Tvlintue.
La signoria vostra sa quanto ne siamo afatichati in fare questo
parentado dela figliola del quondam signor Conrado col conte Hiero-
njmo et sa ancliora in clie termino erano le cose (juando la se pai-
ti te de qua. E accaduto dapoj che madona Gabriela continuamenti
ha servati modi et termini de tale natura verso esso conte Hicronjaio
con farli cigni in dicti et in facti che '1 non fosso digno do tale mo-
gliere che '1 era corno desperato parendogli che '1 fosse più tosto
delegiato che altramente, et per questo se era in tutto deliberato
non sposare la figliola d'essa madonna Gabriela, ma partirso hozi
comò despcrato. La qua! cosa vedendo nuj ne siamo trovati de una
mala voglia, parendone che in ciò gli sij il cariche del honore nostro.
Pur per non essere rasone che la sanctità de nostro signore ei così
monsignore el cardinale de San Sixto pigliassero sdigno et alterationc
et se credessero essere delezati, havemo preso uno partito ad assexon-
dare et contentare l'animo del dicto conte Hieronjmo, et cosi sapendo
nuj che la maestà del re Forando ha date doe soe figliole ad do
nepoti de papa, gli havemo dato Catherina nostra figliola per mo-
gliere, et così heri la sposò. Questo havemo facto, comò ò dicto,
per non lassare partire dicto conte desperato et per non sdegnare i'
papa et San Sixto et per descaricho del honore nostro. Ne avisamo
aduncha la signoria vostra, acciò che la intendi il progresso del;
cosa, et li deportamenti de madona Gabriela ala quale lassaromo me
el caricho de maritare soa figliola (f).
(1) 11 duca non si limitò a questa leggiera punizione, ma cercò vendicar.-5Ì
altrimenti provocando e intentandole poco tempo dopo uno scandaloso
l>rocesso.
1 i73. :^*3 gennaio.
(Potenze F.stcrc — Mantova).
Illustrisslino princeps et eKcellenùssunc domino pater Iionorando.
U^ licovuto la littcra dola cxcellentia vostra et visto quanto me scrivo
del parenta contracto cum il magnifico conte domino Hicronjmo. Rin-
<>i'essomi asai clie la Gabriella sia stata renitente ad alcuna voglia
il'Ma cxcellentia vostra, et centra quello che glie havea persuaso.
Komcttendomo sempre ad ogni piacere e parere de quella, ala gratia
>ua me racomando.
Mantue XXIIJ, Januarij 1473.
Filius Lodovicus marchio ]\[antuc , ecc. , prò
eadem locumtenens generalis, ecc.
A tergo : — Illustrissimo principi et excellentissimo domino patri
onorando domino Galeaz Marie Sfortie Vicecomiti duci Mediolani , ecc.
Colla novella sposa, che si rese poi celebre per la sua intrepi-
dezza nella difesa di Forlì, non vi furono scrupoli, onde il Riario
dopo avere replicatamente fatto la sua volontà, se ne partì lieto
contento per Roma, come si raccoglie dalla seguente missiva :
1473. 23 gennaio.
(Potenze Estere — Roma).
l'apio
XXIIl Januarij 1 173.
Ep!scop:> Novariensi.
ZZI Omissis =
Epso conte Hieronjmo questa matina se parte de qui por ritornare
ala santità del papa et da monsignore suo fratello. Noi lo havimo
liuclm lo è stato qua , recolto sempre volontere et amorevolmente ,
perchè no ha invero satisfate assai. Et lui ha dormito con la moglicre
un altra colta et tiene ben contento et lieto (1). Il che vogliate refe-
rì re ala prefata sanctità et ad monsignore suo fratello, subiungendoli
(1) Cosi si praticava allora da altri principi. Dal dispaccio IS diceiuhrc 1465
■ì Zanone Cerio al duca di Milano, datato da Lione, si raccoglie che Luigi XI,
>'ì di Francia maritò una sua figlia bastarda di soli 11 anni col duca di
:'>ourbon, e non si, ebbe tanto rispetto di farla dormire col marito per
-ini ercnto, essendo già innanzi negli anni.
110 VARIETÀ.
che noi lo havemo acceptato de bonissima voglia non solo per genero,
ma per figliolo, et per così lo volimo tenere et reputare.
Però le illegalità ed irregolarità commesse in questa unione
erano cosi gravi , che i colpevoli e i complici > per evitarne lo
conseguenze legali e canoniche, sentirono la necessità di implo-
rare e ottenere la conveniente dispensa e assoluzione, come si
legge nella seguente bolla:
1473. 26 febbraio.
(Registro ducale K- N. 1, fog.*' 138 t.°).
Dispensatio super matrirnonio contracto Inter raagnificum comitoni
Hieronjmum et illustrem dominam Catlierinam filiam illustrissimi do-
mini ducis ctc.
Sixtus cpiscopus scrvus servorum dei. Dilecto fìlio nobili viro iric-
l'oiijmo de Reario comiti Boschi et dilocte in Christo filie nobili mn-
lieri Katerina3 dilecti filij nobilis viri Galeaz Mariic Sfortiai ducis Me-
diolani nate, salutem et apostolicam benedictionem. — Meretur vestrn
generosa propago sanctaj romana' ecclesiaì semper fìdelissima ut illa
vobis favorabiliter concedamus, qua) juris interdicit severitas: et quem
admodum claris ac spetialibus rclucetis insignijs , sic et apud vos
apostolico3 sedis munificentia redundare videatur. Sane prò parte vo-
stra nobis nuper oblato petitionis series continebat quod olim postquam
tu Hieronjme cum dilecta in Christo fìlia Constantia Conradi de Fo-
gliano puella mediolanensi tunc in undecime succ etatìs anno dumtaxat
constituta et tibi Katherine secundo et tertio consanguinitatis gradibu-^
coniuncta, matrimonium per verba de presenti et annuii immissionem
mediante certo tui Hieronjmi procuratore legitimo contraxeris, ac di-
lecta in Christo filia Gabriela mater eiusdem Constantie tibi Hieronjmo
ut matrimonium cum ipsa Constantia qua? ut verisimiliter creditur
a contracto cum ea per te matrimonio huiusmodi postmodum resilijt
consumares dare recusaverat ex premissis et certis alijs causis ma-
trimonium per verba legitime de presenti contraxistis illudque insimul
pernoctando carnali copula tentastis consumare (I). Cum autem ob-
stante prius contracto matrimonio predicto et publice honestatis iustitie
exinde proveniente impedimento in huiusmodi sic per vos contracto
(1) Le parole tentastis consumare nel registro ducale appaiono corrette.
>l E COSTUMI NUZIALI l'IMN 111
matrimonio remanere nequoalis dispensatione apostolica d
obtenta, et f=icut eadem petitio subiumgebat si divortium fìeret iiitor
vos exinde gravia scandala possent verisimiliter exoriri tuque Katlio-
rina remaneres perpetuo diffamata prò parte vestra nobis fuit humiliter
supplicatum ut vobis de absolutionis benefitio ab excessu huiusmodi
et alijs sententijs, censuris, et penis, si quas propterea incurrisi
non opportune dispensationis gratia providere de benignitate aposioJKa
dignaremur. Nos igitus qui inter fideles quoslibet pacem et tranquil-
litatem confovere ac scandalorum materias redimere propensius affe-
clamus , vos et quemlibet vestrum ab excessu, ac sententijs censuris
et penis huiusmodi si quas propter premissa quomodolibet incurristis,
ut prefertur , harum serie absolventes et absolutos fore censontes ex
eisdem pra-missis et certis aliis nobis expositis causis vestris huiusmodi
supplicationibus inclinati vobiscum, ut impedimento non obstante pre-
misso in huiusmodi sic per vos contracto matrimonio remanere libere
et licite valeatis auctoritate apostolica di>pensamus prolem ex huiu-
smodi per vos contracto matrimonio suscipiendam legitimam decer-
nendo. Nulli ergo omnino huminum liceat hanc paginam nostre ab-
solutionis et dispensationis infringere, vel ei ausu temerario contraire.
Si quis autem hoc attentare presumpterit indignationem omnipotentis
Dei ac beatorum Petri et Pauli apostolorum eius se noverit incursurum.
Datum Rome apud Sanctum Petrum anno incarnationis dominice
MCCCCLXX secundo (1), quarto kaìendas . martij pontificatus nostri
inno secundo.
Gratis, de mandato
Jomini nostri Pape
N. do Albizis.
L. Grifus.
I mutati costumi e un più retto senso della decenza e della
loralità hanno ormai reso impossibile la rinnovazione di atti
cosi turpi e contrarii alle leggi d' una nazione civile.
P. GniNzoM.
(1) L'arte di verificare le date insegna a leggere 1473, incominciando allora
fanno nuovo, a Roma e altrove, col giorno 25 marzo. La bolla originale
irà rimasta presso gli sposi , principali colpevoli , ai quali era indirizzata,
lo Sforza si sarà accontentato di farla trascrivere sul suo registro.
IL PAVIMENTO DEL DUOMO DI MILANO.
Il pavimento attuale del Duomo, costituito da lastre di marmo
bianco di Candoglia intarsiate di marmo rosso e nero a forme
geometriche alternate , si presenta a primo aspetto come lavoro
compiuto in quell' epoca nella quale, per 1' impulso del cardinale
Carlo Borromeo e per l'attività del Pellegrini, vennero iniziate e
condotte a termine le opere interne specialmente attinenti all' e-
sercizio del culto: gli organi, i pulpiti, il -coro, le cappello ai
bracci di croce, gli altari secondari, il battistero, ecc.
La eventualità della rinnovazione di questa parte del tempio,
imposta dal graduale suo deterioramento, ha già fatto sorgere la
questione del restauro in base ad un nuovo disegno conforme
al carattere del tempio. Ora, di fronte alla mancanza assoluta di
traccio del pavimento primitivo , tale questione potrebbe facilmente
essere studiata e risolta in modo troppo radicale ed astratto,
trascurando e distruggendo forse inavvertitamente qualche indizio
prezioso che 1' attuale pavimento può fornire. Infatti il motivo fon-
damentale dell'attuale pavimento - del quale presento uno schizzo -
IL PAVIMENTO DEL DUOMO DI MILANO.
113
per la combinazione geometrica delle linee, ed astrazione fatta
da qualche particolare, ha qualcosa che ricorda le decorazioni
geometriche che furono caratteristiche nel medio evo. Il sup-
porre quindi che questo scomparto del pavimento , benché ese-
guito sulla fine del XVI secolo o al principio del XVII , ci
ripresenti il disegno primitivo, alterato inavvertitamente nel ca-
rattere malgrado l' intenzione avuta di farne una materiale ri-
produzione , non è cosa forse troppo arrischiata. Infatti , basta
correggere le forme di qualche particolare come i rosoni e i
campanelli che si frappongono alle linee geometriche, per ottenere
uno scomparto completamente in carattere collo stile del se-
colo XIV. A maggiore conferma di ciò torna interessante il se-
gnalare una decorazione geometrica della fine del XIV secolo o
della prima metà del secolo XV, la quale presenta un'evidente
e spiccata analogia con quella del Duomo, e che perciò riproduco.
t una decorazione la quale si vede dipinta sulla parete di fondo
del loggiato nella corte interna del Castello di Pandino (1).
Salvo qualche variante affatto secondaria, derivante in modo
(I) Il Castello di Pandino è un interessantissimo esempio di costruzione
militare dell'epoca dei Visconti, alla quale si aggiunse poi, probabilmente nel
periodo sforzesco, la torre di difesa all' ingresso coi piombato], come si vede
nello schizzo prospettico qui unito. Il trovare nella decorazione geometrica
l'impresa della scala può essere indizio per assegnare la costruzione a
Bernabò Visconti eh' ebbe in moglie Beatrice della Scala.
1/ analogia dello scomparto di Pandino col disegno del pavimento del
Duomo venne rilevata anche dall'egregio signor Paolo Cesa-Bianchi , architetto
del Duomo.
Arch. Slor. Lomb. — Anno XV. 8
114
V A i: I !•: r a .
abbastanza evidente dalla particolare tecnica dell'intarsio, la quale
ha imposto una semplificazione in quelle linee che la decorazione
pittorica poteva invece facilmente complicare a capriccio, la di-
sposizione fondamentale dello scomparto, e la combinazione geo-
metrica è la medesima. Non é il caso di ravvisare senz' altro nel
dipinto di Pandino 1' originale , e il modello del pavimento del
Duomo, del quale potrebbe anche essere con eguale probabilità
una riproduzione o un ricordo : basta rilevare il fatto che nella
prima metà del secolo XV, e quindi nel periodo in cui appunto
si dovette presentare la questione del pavimento del Duomo, lo
scomparto geometrico del pavimento attuale era in uso, ed adot-
tato come decorazione.
IL PAVIMENTO DEL DUOMO DI MILANO. 115
Pertanto la questione del restauro di questa parte del Duomo,
qualora si tenga calcolo di tale fatto, potrebbe informarsi al cri-
terio di rispettarne la disposizione geometrica, come è presumi-
bile abbiano fatto , per quanto si disse , i barocchi allorché al
pavimento primitivo sostituirono l' attuale ; il problema si ridur-
rebbe ad epurare qualche dettaglio, ripristinandovi la correttezza
di linee della decorazione medioevale. In tal caso il restauro
del pavimento, ridotto ad essere in sostanza una semplice sosti-
tuzione di materiale, potrebbe essere un lavoro di una esecuzione
graduale a norma delle necessità, evitando il provvedimento abba-
stanza grave di una riforma radicale di grande impegno, la
quale potrebbe distruggere inconsultamente quegli indizi di una
disposizione originaria, sui quali ho creduto interessante di richia-
mare r attenzione.
Luca Beltrami.
BIBLIOGRAFIA
A. ToBLER, Das Spruehgedieht des Girard Pateg . Aus den Ab-
handlungen der preuss. k. Akad. der Wiss. zu Berlin vom
Jahre 1886 (pag. 74, in-4).
Il codice 1' fra gli italiani della collezione Hamilton, or pos-
seduta dalla R. Biblioteca di Berlino, ha un'importanza singo-
larissima, come sanno ormai da un pezzo tutti gli studiosi , per
la conoscenza della nostra antica letteratura dialettale (1). Esso
è infatti il solo ms. che ci abbia conservati parecchi monumenti
assai considerevoli di quella poesia didattica ed ascetica, la quale
fiori neir Italia nordica dal XIII al XIV secolo , ed ha attirato
da poco tempo 1' attenzione dei dotti (2).
(1) Vedine la descrizione presso Biadene: / manoscritti italiani della
Collezione Hamilton, in Giorn. Stor. della Letter. Ital. , voi. X, pag. 325
e seguenti.
(2) Un manoscritto, il quale per la natura dei componimenti che racchiu-
deva , dovrebbe aver avuti parecchi punti di contatto con il ms. Saibante ,
esisteva sul cadere del secolo XV in Piemonte , ed io credo utile riferir qui
la descrizione che ne offre un documento del tempo, benché non possa nu-
trir la speranza che essa giovi a farlo rinvenire.
11 prete Antonio Rovaria, dottore di diritto canonico, faceva il 13 otto-
bre 1475 dono fra vivi dei suoi beni mobili ed immobili alla cappella ed
ospedale di Borgo d'Ale, sua patria, già da lui istituiti, e 1' atto che ram-
BIBLIOGRAFIA. 117
Mercé sua alle opere volgari di Pietro Barsegapé e di Bon-
vesin da Riva , milanesi , noi possiamo adesso aggiungere i
poemi di altri rimatori lombardi, quelli cioè di Ugugon da Laodho
e di Girardo Pateg da Cremona. Del libro del primo si è già
toccato in quest' Archivio (1), e non occorre quindi tornare a di-
scorrerne ; ma sarà in quella vece opportuno segnalare adesso
r apparizione del libro del Pateg, sottratto finalmente alle tenebre
in cui giaceva dalla solerzia del Tobler.
Intorno a Gerardo poco o nulla si sapeva fin qui , e nulla ag-
giungono alle nostre cognizioni le ricerche del professore berli-
nese. Il cognome del poeta, che leggevamo latinizzato in Paiec-
cliis da Salimbene, e toscanizzato in Paieechia da Antonio Pucci,
ci è offerto nella sua vera forma dal codice Hamiltoniano. Esso
è Pateg, che si deve pronunziare, come ha fatto testé notare il
luenta questa donazione, rogato in plano Bugelle vercellensis diocesis, ri-
delicet in Claustro Ecclesie Sancii Stephani dicti loci, è stato edito dal
Manno nel suo erudito lavoro sopra « alcuni Cataloghi di antiche Librerie
Piemontesi» (Misceli, di St. It. , t. XIX, IV della nuova serie, 1880, pa-
gina 361-91). Fra i beni donati dal Rovaria vi erano anche de' libri, e fra
questi uno così descritto: Item donai quam plurìmos guiniernos in parua
forma descriptos , in quibus agitar primum in uulgaribus u e r-
sibus et in uersibus (sic) de nac i tate hominis, de ti ita
ipsius et de morte ad longum , et de penis inferni, de
g au di i s Paradisi, de uii a r eli g i o s o r u m, de e e nt u m
ciuilitatibus in mensa seruandis, de passione do-
mini nostri Jesu Christi cum aliis quam plurimis bonis documeniis, nec non
de scala celi et eius gradibus et de In/ancia domini
nostri Yesu Christi et omnia in pulgari... (pag. 374'. Mi
pare più che probabile che questo manoscritto contenesse roba composta
neir Italia settentrionale e forse qualcuno di que' poemi che per altri codici
conosciamo. 11 poema De Cicilitatibus in mensa sercandis fa ripensare a Fra
Bonvesin ; ma egli non ha veramente indicate se non cinquanta cortesie de
desco ! Si tratterebbe, adunque, di un suo o precursore o imitatore.
(1) A. XI, s. II. fase. Ili, p, 590. È forse superfluo avvertire che in quel-
r articoletto, scritto del resto senza alcuna pretesa di competenza, son stati
un po' stranamente attribuiti ad Ugugon i versi latini sui temperamenti degli
uomini, che il copista aveva trascritti in calce al poema di lui.
118 BIBLIOGRAFIA.
Mussafia (1) , Pateg (cfr. veg = vecehio). Che vuol dire Pateg ?
Confessiamo ingenuamente di non saperlo. Ma è probabile che
esso fosse, non già un soprannome, ma il vero e proprio cognome
del poeta.
In quanto al luogo di nascita, il codice Hamiltoniano pare in-
dicarlo con sicurezza , chiamando Gerardo « da Cremona. » E
questa indicazione conferma anche Fra Salimbene, il quale nella
sua celebre Cronaca ha avuto occasione di rammentar più di una
volta magister Girardus Pateeelus , e di citare alcuni frammenti
di opere sue, delle quali sembra anzi fosse ammiratore non tie-
pido, poiché giunse ad imitarne una in quel suo libro, composto
nel 1259, mentre si trovava in Borgo San Donnino, ed ora per-
duto, che aveva chiamato de Taediis, ad similitudinem Pateceli.
Salimbene stesso però, in un certo passo pare lasci adito a
sospettare che Gerardo , sebbene vivesse in Cremona , non vi
avesse vista la luce ; ma fosse nativo invece di Casalmonfer-
rato. Né le due asserzioni sarebbero cosi contradditorie da non
esserci modo di accordarle; giacché si potrebbe pur sempre
congetturare che Gerardo si fosse recato a Cremona, quando
già toccava la virilità e vi avesse aperto scuola. Cosi dalla lunga
dimora sarebbe stato chiamato dai contemporanei « di Cremona »,
pur non essendovi nato. Ed in tal caso si avrebbe proprio l'oppo-
sto di quel che era avvenuto ad un più antico Gerardo cremonese,
il celebre medico e matematico , il quale , per aver vissuto ed
insegnato lungamente a Toledo, vi assunse il nome di Toledano.
Comunque sia di ciò, ove altri argomenti non soccorrano in
favore dell'ipotesi contraria, non si può adesso togliere il vanto
a Cremona di aver dato la vita ad uno de' più antichi scrittori
volgari che conti l' Italia ; quantunque essa non possa lusingarsi
di ritrovare nei versi del suo cittadino un monumento del proprio
antico dialetto.
Sono note le immense trasformazioni che si compiono nei dia-
letti, senza tregua sottoposti a quelle vicissitudini, le quali sono
(1) Literatar blatt fi'ir german. uncl romanisch. Philol., 1888, n. !, pag. 34.
BIBLIOGRAFIA. 119
inerenti ai linguaggi che la scrittura e I' uso letterario non ren-
dono stabili. Come il milanese di Fra Bonvesin è tutt' altra cosa
da quello cho si parla oggi nella metropoli lombarda , cosi il
linguaggio di Gerardo si scosta assolutamente da quello che ó
oggi sulle bocche de' suoi concittadini. Né del resto vi é modo di
verificare quanto e come la lingua del Pateg sia stata alterata
dai copisti. I mezzi per istituire un confronto fanno intieramente
difetto, poiché non si posseggono documenti dialettali antichi cre-
monesi ; e que' pochissimi che esistevano un tempo , di età più
tarda (sec. XV) , sono ora andati smarriti (1).
I poemi scritti da Gerardo, o almeno quelli che correvano alla
metà del secolo XIII sotto il suo nome, erano due: uno intito-
lato : Delle Noie (Salimbene , che ne riferisce de' frammenti , lo
chiama De Taediis) ; V altro : Spianamento de Proverbi di Scb-
lomone. Il primo è perduto, e, pare, irremissibilmente. Ma per
conoscerne il contenuto danno lume più che bastevole il titolo
stesso e i pochi frammenti che Fra Salimbene ne ha citati (2).
Si deduce, infatti, da essi, che il maestro cremonese aveva vo-
luto con questo componimento imitare quel genere che i proven-
zali chiamavano enuecj , e comprendeva un' enumerazione più o
meno arguta delle cose che offendevano o molestavano lo scrit-
tore. La perdita di quest' operetta è tuttavia assai deplorevole ,
poiché da essa ci sarebbero forse derivati sui sentimenti e sui
gusti del poeta ragguagli ben maggiori di quelli che si possono
desumere dallo Splanamento, il poema che il codice Hamilto-
niano appunto ci ha conservato.
Del quale sarà tempo che veniamo a dir qualche cosa. Il suo
autore sembra averlo intitolato : Splanamento de li proterhii de
Salomone; ma andrebbe lungi dal vero chi credesse all'esattezza
(I) Alludo a quel manoscritto, che conteneva Laudi, le quali si cantavano
dai membri di alcune Confraternite cremonesi nel XV e XVI secolo, del
quale era un tempo possessore il Morbio. Vedi le sue Opere Stor. Numi-
smatiche ecc., Bologna, Romagnoli, 1870, pag. 273; e cfr. Robolotti ,
Cremona e sua Procincia, pag. 59 e seg.
(3) Vedi singolarmente Chron., Parma, 1857, pag. 402.
120 BIBLIOGRAFIA.
di questo titolo. Il poema contiene in realtà molto di più, perché,
oltre che i Procerhi , vi è fusa buona parte AqW Ecclesiaste e
de' Distici di Catone. Da queste fonti , che i moralisti medievali
avevano già sfruttate a sazietà , il Pateg ha cavato un numero
ragguardevole di sentenze e di insegnamenti, dei quali la novità
non è certo il lato più attraente, e li ha volti in linguaggio vol-
gare per utilità de' laici, delle persone rozze ed ignoranti. A loro
intenzione, egli splana la lettera ; da essi e non dai dotti, vuole
essere giudicato :
Li sani non reprenda, s' eu no dirai si ben,
Com se uoraue dir, o s' eu dig plui o men ;
Q' eu noi trono per lor, q' ig sa ben qo q' ig de,
Anz per comunal omini , qe no san ogna le (1).
I comunal omini trovavano nel libro, offerto loro cosi amore-
volmente dal cremonese, un vero manuale per apprendere a vi-
vere in pace con Dio o con il prossimo. Il dreto ensegnamento
e' aferma Salamon (2) tratta infatti,
De quili che parla tropo com sen debia mondar,
Com li irosi e li soperbii se possa omiliar,
Com li mati se uarde et enprenda sauer ,
Com a le done couen boni costumi auer,
Com un amig a 1' autro de andar dretamente (3),
E con pouri et riqi de star entre la esente.
Da questo riassunto che il poeta medesimo fa della sua trat-
tazione, è facile arguire come essa offra un assai scarso interesse
letterario e storico. I precetti morali si sfilano 1' uno dietro l'altro,
come le Ace Marie d' un rosario ; 1' autore non ha saputo o vo-
luto temperarne l'edificante, ma arida semplicità con qualche -
(1) Pag. 52, V. 13-16.
(2) V. 4.
(3) V. 7-12.
BIBLIOGRAFIA. 121
• Inno di quegli ariitìci ai quali ricorrevano, e non senza fruito,
altri poeti, che pur miravano allo stesso suo intento. Anche Bon-
vesin , poetando , aspira ai medesimi risultati ; tratta argomenti
morali ed ascetici; ma con maggior brio, con maggior senso
d' arte del suo collega cremonese. Questi , che non ha curato di
addolcire un po' la rigidità dei suoi ammaestramenti con qualche
piacevole pittura, qualche tratto arguto ^ qualche satirica ripren-
sione, non può perciò pretendere ad un posto molto elevato nella
schiera de' rimatori lombardi dugentisti ; ma deve rassegnarsi ad
essere collocato più giù del Barsegapè e dello stesso Uguccione.
F. X.
Dipinti restituiti a Leonardo da Vinci . a proposito dell' opera di
BoDF. Wilhelm : Italienische Bildhauer der Renaissance —
Stvdien zur Gesehichte der Italienisehen Plasiik nnd Ma-
lerei auf Grand der Biìdwerke und Gemàlde in den k.
Museen zìi Berlin. (Scultori italiani del rinascimento —
studi per la storia della scoltura e della pittura italiana
basati su scolture e dipinti -dei R. Musei di Berlino). —
Berlin, W. Spemann, 1887.
Nella stessa guisa che parecchi anni or sono una serie di studi
sulle opere delle pinacoteche di Monaco, Dresda e Berlino fu un
piacevole pretesto pel nostro valente critico italiano , senatore
Giovanni Morelli (Lermolieff) , di trattare con profonda critica e
vasto sapere, nonché con indipendenza di concetti, i più problemi
ardui intorno ai pittori delle scuole italiane ed alle opere loro ,
cosi ora, con scienza ed erudizione, il Bode pubblica a proposito
di scolture e pitture dei Musei di Berlino i risultati dei suoi studi
critici su artisti italiani del rinascimento.
In quel fortunato periodo dell'arte nostra, gli artisti, di versa-
tile talento e molteplice attività, trattaron ad un tempo i vari
rami dell' arte e cosi gli scultori diventarono naturalmente anche
122 BIBLIOGRAFIA.
quasi veri pittori. Or appunto notò il Bode come la imperfetta
cognizione di cotesti artisti , quale appare dagli scritti degli stu-
diosi , proviene precisamente dalla trattazione finora unilaterale
di una o di un' altra sola delle varie loro attività.
Si è quindi da questo punto di vista, con questo sano sistema
di critica vasta e complessiva , che 1' autore tratta di Nicolò ,
Giovanni ed Andrea Pisano ; di Donatello e della sua scuola ;
degli scultori fiorentini che oprarono in plastica nei primi de-
cenni del quattrocento; di Luca ed Andrea della Robbia; di,
Andrea del Verrocchio, del suoi seuolari ed imitatori, della tavola
d'altare della risurrezione di Cristo di Leonardo; dei tipi fem-
minili (ritratti) nella plastica del quattrocento; di ritratti scolpiti
del quindicesimo secolo ; di Michelangelo Buonarroti ; di Jacopo
Sansovino.
Secondo la consuetudine di quesi' Archivio di render contezzi
di opere, della storia dell' arte, entro i limiti che interessano più
davvicino la storia della regione lombarda, rendo conto di questo
lavoro del critico tedesco limitatamente alla parte che si riferisce
a Leonardo da Vinci.
Nel capitolo sul Verrocchio , il Bode fa frequenti accenni al
Leonardo e dimostra come di già il Verrocchio ne appaia il vero
maestro e precursore nella cura del costume delle sue figure, e
cioè, non solo nel getto delle pieghe, ma anche nella scelta e
nella disposizione del costume. Richiama 1' attenzione sulla pre-
senza nei disegni del Vinci di certi profili di giovani donne che
paion lo schizzo di medaglie o ritratti a rilievo del Verrocchio.
E dopo aver ricostituito l'opera scultoria del Verrocchio, il
Bode s' accìnge pure a ricostituire quella pittorica, notando anzi
tutto che il fatto della cooperazione di Leonardo nella celebre
tavola del Verrocchio il battesimo di Cristo (nell' Accademia di
Firenze) , la sola sua opera accertata , ha cagionato che anche
per rispetto a quest'unico dipinto accertato rimanesse offuscato
nel giudicio dei critici il discernimento della vera propria maniera
di dipingere del Verrocchio e che ne conseguissero grandi dif-
BIBLIOGRAFIA. 123
ficoltà per In ricerca e restituzione ai medesimo di altri dipinti
di sua mano.
Ovvio era quindi che il Bode incominciasse dal distinguere nel
Battesimo dell' Accademia la parte del Verrocchio da quella del
suo allievo. Egli giunge alla conclusione che la parte dello scolaro
è eseguila ad olio (mentre che quella del maestro lo fu a tempera)
e che non si limita all' angelo veduto di profilo che porta la
veste di Gesù, ma si estende a tutto il fondo di paese (eccezion
fatta del lato estremo di destra), a Giovanni, a parte della figura
di Cristo ed al secondo angelo, quello veduto di fronte, i quiili
furon bensì prima dipinti a tempera, ma verosimilmente non ul-
timati, vennero poi ridipinti ad olio.
Il colorito ad olio è di tocco bruno e si trova ancora nella più
celebre opera del Leonardo , la Gioconda del Louvre, che pa-
rimenti non è finita. Nel fondo non finito della Gioconda si ri-
conoscon i paesi propri del Leonardo e cosi nel battesimo in
egual forma ed esecuzione, e son diversi dalla deficiente , stentata,
parte di fondo a tempra, ed in quella pure a tempra che si travede
sotto la ridipintura ad olio. Par quindi che Leonardo abbia ri-
preso il dipinto non ultimato dal maestro suo , dopo la costui
morte, o, quel che sembra più probabile, essendo occupato il
;maestro in altre opere, siasi egli assunto di condurlo a termine
ripigliandolo ex novo. Alla sua volta poi 1' avrebbe pur lasciato
incompiuto.
Ridotta cosi la parte del Verrocchio in questo quadro , 1' A.
spassa alla ricerca delle altre opere ancor esistenti dello stesso
^Verrocchio e sinora attribuite ad altri pittori o ad incogniti.
Non posso seguirlo, atteso lo scopo di questo Archivio , nello
studio critico e nella restituzione di pitture al Verrocchio, però non
^tralascierò di richiamar" l' attenzione sul ritratto di giovane don-
zella della Galleria di Berlino (N. 80) che il Bode dichiara po-
Ltersi assegnare colla più grande certezza allo sludio (bottega)
i,del Verrocchio o ad un suo allievo. Egli ne loda la chiarezza
124 BIBLIOGRAFIA.
del tono e 1' armonia del colorilo , le quali mi permetto sog-
giungere son appunto le doti dei dipinti giovanili di Leonardo ,
quali rilevansi, ad es. , nel dipinto della Galleria Lichtenstein di
cui è parola nelle pagine seguenti. Ma ciò che maggiormente
mi colpisce è la circostanza che in una sua annotazione il Bode
dichiara che, al rovescio , cotesto ritratto della Galleria di Ber-
lino porta la seguente iscrizione :
FV CHE mio VOLLE — SARA CHE IDIO VORRÀ — TIMORE" DIN-
FAMIA E SOLO DISIO DOìNORE PIANSI CIA QVELLO CIIIO VOLLI POI
CHIO LEBBI.
L' ultimo di questi versi appartiene a quel noto sonetto , che
dal Lomazzo in poi fu sempre dato come composizione poetica
di Leonardo da Vinci, finché nel 1884 Gustavo Uzielli (1) provò
che il suo vero autore fu Antonio di Meglio. Non rimane però
escluso che Leonardo poetasse, il Govi nel 18 72 (2) pubblicò
alcuni versi indubbiamente del Leonardo e soggiunse pure che il
Vinci probabilmente usava trascriver versi : ed invero ottima
guida nel discerner gli uni dagli altri è il fatto che i primi son
per lo più corretti e ripetuti sullo stesso manoscritto o codice ,
mentre i secondi son tracciati senza pentimenti , anzi alcuni di
essi sono persino di metro sbagliato. Ammesso pure , adunque ,
che il celebre sonetto non sia del Leonardo, tuttavia la trascrizione
ch'egli ne aveva fatto (dando cosi origine all' equivoco) e 1' abi-
tudine sua di copiar versi ed anche di comporne , fa supporre
che potrebbe esser stato egli stesso a tracciar sul rovescio del
ritratto di Berlino quella iscrizione fv che idio volle ecc. che
termina col verso piansi già ecc. del celebre sonetto. E se il
Bode, che pervenne a dichiarare 1' opera dello studio del Ver-
rocchio o di un suo allievo , giungesse , dopo ulteriore studio ,
(1) Gustavo Uzielli : Ricerche intorno a Leonardo da Vinci. Serie se-
conda. — Roma, Salviucci, 1884.
(2) Govi: Saggio delle Opere di Leonardo da Vinci. — Milano, Ricordi,
1872.
BIBLIOGRAFIA. 125
a pronunciare per considerazioni stilistiche il nome del Leonardo,
r iscrizione del rovescio , qualora sia genuina e contemporanea ,
porgerà un elemento induttivo di più.
Notevole è la chiusa del capitolo su Andrea del Verrocchio:
<s. il suo sforzo verso la caratteristica, il suo alto sentimento della
« bellezza , la sua ricerca del perfezionamento della tecnica del
« dipingere , le sue costruzioni di paesi per il fondo dei dipinti,
« provengono da un serio lavorio dell' artista, il quale sempre ha
« 1' occhio rivolto al grandioso e che per raggiungerlo non tra-
« scura nemmeno la minuzia. Se soltanto il suo scolaro Leonardo,
« consegui pienamente ciò eh' egli si sforzò di ottenere, si fu però
« il suo costante lottare verso questo scopo che formò la scala
« colla quale il grande scolaro vi pervenne trionfante. »
Nel successivo capitolo, Scolari ed imUaiori di Verrocchio, il
Bode non si prefigge di seguire T influenza del Verrocchio al di
là delia sua scuola o studio nello sviluppo dell'arte italiana, bensi
egli ricerca la relazione degli scolari col loro maestro e studia
fin dove negli scolari si possa ancor riconoscere il maestro, cioè
fin dove nelle opere di quelli se ne specchi 1' opra.
In queste pagine, in cui il critico ha cercato, scandagliato pro-
fondamente e ricostituito con successo la figliazione di Leonardo
dal Verrocchio, si sviluppa uno dei più interessanti capitoli della
storia dell'arte del rinascimento italiano. Quanta parte spetti al
Verrocchio della sublime figura pittorica del Leonardo, ivi risulta
chiaramente. Né é il caso di provare quel senso di teorie sfatate,
di idoli annebbiati. Oramai il concetto del costante e progressivo
sviluppo della forza artistica ha da alcuni anni preso la via ra-
zionale che lo rannoda al concetto generale del costante e pro-
gressivo sviluppo , dell* esperienza e del sapere accumulato del-
l'uomo e delle generazioni sociali. I recenti studi che hanno provato
la filiazione del Rembraudt dal suo maestro A. Van der Venne
non ne hanno punto sminuito l' aureola né l' importanza di alto
genio e sapere; né menomamente ne torna ora perturbato l'alto
concetto ammirativo del Leonardo. Che più, dato l'odierno studio
126 BIBLIOGRAFIA.
cui è giunto il raziocinio umano, che nega ogni miracolo di genio
balzato tutto armato dal cervello di Giove , data la somma di
gusto, coltura, esperienza e sapere che il Verrocchio trasmise a
Leonardo, rimane ancor un tal salto , un tal progresso dall' uno
all' altro, che la figura artistica del Vinci ne spicca con ancor
maggior portentoso ed abbagliante splendore , cotanto la mente
dello studioso è cosciente questa volta di poggiare sul razionale,
sulla realtà e non più sulle speculazioni trascendentali.
Che r influenza del Verrocchio sul suo grande scolaro possa
in nessuna guisa esser contrastata, non deriva soltanto, dice il
Bode, della circostanza che egli era il solo maestro di Leonardo
e che egli lo accolse giovanissimo quale scolaro (nella sua. fan-
ciullezza scrisse il Vasari) ; deriva bensì dal fatto che Leonardo,
il quale già nel 1472 era stato accettato quale maestro nella
compagnia dei pittori di P'irenze, nel 1476 e cioè di anni 25 di
età viene ancor presentato quale compagno di studio del Ver-
rocchio. Anzi il Bode soggiunge poi ancora che , da una comu-
nicazione orale , ha potuto aver contezza di un altro fatto che
cade soltanto nel 1478. Della comparsa di Verrocchio e Leo-
nardo nanti i giudici per giustificarsi d' un' infame accusa ano-
nima (1), Onde torna assai verosimile che anche Leonardo,, come
Lorenzo di Credi e probabilmente Fiorenzo di Lorenzo, prendesse
parte alla esecuzione di alcuni dei grandi lavori del Verrocchio.
A questo punto l'A. torna nuovamente ad esaminar la celebre
tavola del battesimo di Cristo del Verrocchio, allo scopo di indagar
nella parte compiuta dal Leonardo lo sviluppo giovanile di que-
st' ultimo. Che questa vischiosa parte di pittura , condotta ad
olio, sia realmente di Leonardo ne risponde non solo la circo-
stanza che la figura d' angelo accertata dal Vasari è trattata in
cotesta guisa ma anche il fatto che lo è del pari il fondo di
paese (salvo 1' estremo lato di destra). Ora le forme di questo
paese non rispondono al carattere assolutamente proprio del Ver- ^
11
(1) Il Bode fa pur voti perchè non rimanga piìi a lungo inedito l' interes-
sante documento che risguarda ({uelT avvenimento.
fJinLIOGUAI lA. 1-'
rocchio, bensì alle pitture posteriori di Leonardo. Sotto a questa
iidipintura ad olio di quasi tutto il fondo travedonsi ancora le
forme del paese dapprima eseguite a tempera, le quali son par-
ticolari per lo appunto al Verrocchio.
L' asserzione del Vasari che la partecipazione di Leonardo in
questo dipinto cada nel tempo in cui esso era nella media età
fanciullesca e cioè imparava dal Verrocchio, come già dissi vien
respinta dal Bode. Anzi egli crede che se anche una più precisa
determinazione del tempo della sua esecuzione non è ora possibile
pel limitato punto d' appoggio per la primiera attività di Leo-
nardo, questo lavoro però non é neppure il più antico che di esso
ci sia conservato.
Anzitutto r A. trova già quasi contemporanea all' angelo del
Battesimo 1' Annunciazione di Monte Olivete , ora negli uffizi al
N. 1288, della quale si è assai e variamente discusso in questi
ultimi tempi. Ritiene quindi il Bode che non sia da mantenersi
ulteriormente 1' attribuzione a Ridolfo Ghirlandaio data dal Ler-
niolieff (Morelli) in concordanza con Crowe e Cavalcasene (1).
Il carattere dell' architettura, della decorazione, del paese inducono
il Bode a far risalire questo dipinte a veni' anni più innanzi dei
primi dipinti di quel poco felice motteggiatore del grande maestro
fiorentino. Ciò che già a tutta prima ricorda Leonardo (un'attri-
buzione che è dovuta col signor Liphart e che fu accolta, benché
qual dubbiosa ancora, dall' amministrazione delle gallerie fioren-
tine) è, dice il Bode , il veramente caratteristico color ad olio ,
vischioso e profondo, con cui il dipinto è condotto, esattamente
come la parte eseguita da Leonardo nel Battesimo di Cristo.
(1) In questa divergenza di opinioni, anche se avessi dinanzi le fotografie
dei dipinti in discussione, non riterrei seria da parte mia una disamina delle
ragioni prò e contro ed un tentativo di conclusione. Rimando quindi il be-
nevolo lettore alle opere del Lermolieff e dei signori Crowe e Cavalcasene
per quei maggiori confronti che crederà. Voglia solo avvertire che nella
critica d' arte, per lo più ogni nuova indagine, ogni nuovo studio la fa pro-
gredire e reca nuovi materiali per conseguir nuovi e più seri accertamenti.
128 niBLIOGRAFIA.
Inoltre a suo giudicio non è a disconoscersi anche negli altri
punti il carattere di Leonardo sotto l' immediata influenza del
Verrocchio. Cosi il panneggiare é nella disposizione la più scelta
e piena di gusto, il getto di pieghe grandiosamente tenuto, alta-
mente pieno di grazia e di studio è 1' eccellente riproduzione del
panneggiare che trova la sua analogia nell' angelo leonardesco
del Battesimo di Cristo , nei celebri studi del Vinci degli Uffizi ,
del Louvre, ecc., che appaiono quali studi preparatori pel dipinto,
ma già si discernono in origine nelle opere del Verrocchio, par-
ticolarmente nei dipinti. Cosi dicasi per le figure giovanili , per
la posa, per la movenza.
La prateria fiorita davanti al palazzo , nella cui ombra Maria
si trasse a quieta lettura, é nella fedele ed amorosa riproduzione
della natura, nella disposizione piena di gusto dei fiori, il modello
di una di quelle piantagioni che sbucano dalle aride roccie nella
vierge aux rochcrs.
Per la magica lontananza del fondo il maestro prese ancora
il motivo dai dintorni di Firenze.
La valle del fiume che si apre largamente al mare con un
porto di città corrisponde al paese del Battesimo di Cristo ed a
quello della Madonna di Francoforte.
Un piccolo dipinto di identico soggetto, esistente nella Gallerln
del Louvre al N. 158 e segnatovi quale di Lorenzo di Credi, ha
la più sorprendente analogia con questo degli Uffizi e potrebbe, a
parere del Bode, essere precisamente un pezzo di predella di picco!
dipinto di mano del Vinci, opinione, che formulata dapprima dal
dottor Bayersdorffer, fu di recente accolta dal Lermolieff (188G).
Lo studio per la testa di quest' opera si ritrova nella raccolta
degli Uffizi secondo il Bode, benché peraltro gli studiosi vi muo||
vano qualche eccezione. Egli trova inoltre che il getto delli
pieghe, il colorito concordano coW Annunciazione di Monte Olivetl
e non coi dipinti di Lorenzo di Credi. Nella esecuzione poi abl
bastanza facile e spiccia egli troverebbe un lavoro preparatori^
per opera più grande.
BIBLIOGRAFIA. 129
Passa successivamente il Bode ad esaminare un piccol dipinto
del Magazzeno degli Uffìzi , già scelto da anni per le pubbliche
gallerie , il quale sta cosi vicino sotto ogni rapporto ai due di-
pinti d' annunciazione, che parimenti esso deve ritornare a Leo-
nardo , se pur anche non segna un' epoca ancor più primitiva
del suo sviluppo. Il piccolo dipinto reca il profilo a sinistra d'un
giovane paludato, con una ghirlanda che orna la sua rossa ca-
pigliatura; dietro si svolge un paese dirupato collo sfondo del
mare. Il profilo, dice 1' A., ha interamente il tipo del Leonardo,
proprio come si trova in diversi disegni, particolarmente a Vindsor.
Il paesaggio corrisponde al fondo del dipinto dell'annunciazione ;
nelle forme delle rupi si avvicina di già al paesaggio della Vlrge
auT rockers. Il colorito vischioso ed il tono bruno-scuro sono
parimente caratteristiche proprietà dell'opera giovanile leonardesca,
come pur anche lo speciale trattamento della capigliatura.
Come già nell' Annunciazione degli Uffizi il colorito , special-
mente il tono straordinariamente chiaro della carnagione tradisce
r imitazione del Verrocchio , cosi ciò é ancora più notevole nel
ritratto di una giovane ragazza nella Galleria del Principe Lich-
tenstein a Vienna (N. 38), dov' esso finora è rimasto quasi sco-
nosciuto (1). Waagen ha pel primo pronunciato il nome di
Leonardo nei suoi « monumenti dell' arte a Vienna » (p. 276) ;
purtroppo però lo pronunciò solo come una congettura e colla
restrizione che « per lo meno però poteva esser attribuito ad uno
(1) Questa parte del lavoro dell'A. mi ha fatto provare una delle maggiori
soddisfazioni che uno studioso possa ambire. Trovandomi nell'SS in Vienna e
visitando la Galleria Lichtenstein, sentii vivissimo interesse parlo appunto nel
1 ontemplare cotesto ritratto dal tono latteo e nel mio intimo sia dalla prima
impressione, sia dall' attento esame, si formò il convincimento che mi stava
innanzi un' opera di Leonardo. Mi rammento anzi che richiesi il vecchio
custode che mi accompagnava del perchè non si facesse questa restituzione,
al che con certo fare incredulo egli mi rispose « difatti vi son degli studiosi
che voglion che questo dipinto sia del Leonardo, ma.... »
Arch. Stor. Lomh. — Anno XV. 9
130 bibliografìa.
dei migliori allievi di Leonardo, forse al Boltraffio. » II nuovo
catalogo del Falke di questa Galleria già di nuovo s' allontana
dalla giusta attribuzione là ove ritiene di migliorar il battesimo
del Vaagen coli' avvertenza « forse più giustamente Gianautonio
Bazzi. » Entrambi i nomi di Boltraffio e Sodoma non possono ad
ogni modo esser proprio presi in considerazione dopo un esame
anche puramente esterno; il costume è cioè fiorentino, come lo
si portava verso il 1480. Uno sguardo agli affreschi del Ghir-
landaio, basta per convincersene. Si confronti all' incontro questo
dipinto col ritratto del Verrocchio di giovane donna del Musco
di Berlino (1) , come pure col busto nel Bargello e con quello
di Dreyfuss , ne risulterà cosi evidente la parentela , che quasi ,
dice r A. , non mi rimane più che da provare perchè io , non
ascriva il dipinto di cui ora discorro al Verrocchio, ma lo dia
invece al suo scolaro Leonardo.
E qui il Bode si ferma a dimostrare come 1' analogia leonar-
desca non consista soltanto nei caratteri esterni del costume e
dell' acconciatura, ma bensì nel complesso, nelle forme, nel modo
con cui la testa posa sul collo ben costrutto , nel modo di tener
la testa, nella forma del viso alquanto molle, negli occhi a man-
dorla e semi-aperti con grandi palpebre, nella bocca strettamente
chiusa , neir espressione dello sguardo. Del pari è pur anche la
chiarezza della carnagione in questo ritratto femminile, dal viso
bianco-latteo , e la maniera con cui persino le ombreggiature vi
son tenute chiare , è tuttociò che forma un segno caratteristico
pei dipinti del Verrocchio. Ma in verità concorda ancor più in
tutti cotesti punti colla più volte citata Annunciazione del Leo-
nardo; e, come là. qui pure traspare il genio del grande scolaro
mercé la grandiosità del complesso , la libertà e maestria della
pratica pittorica nella nuova tecnica ed il talento nel disegnar la
figura di color eburneo davanti al fantastico cespuglio verde-
scuro, che lascia penetrar lo sguardo sopra un limpido e lucente
laghetto in un paese coltivato a giardino.
(1) Cioè il ritratto recante riscrizione.,, piansi giù quello ch'io volli.... e
sul quale nelle precedenti pagine richiamai 1' attenzione del lettore.
DIBLIOGRAFIA. - 131
Si sofferma quindi V A. ad esaminare se la giovane donna
ritratta in cotesto dipinto della Galleria Lichtenstein non sia la
Ginevra do' Benci della quale, appunto secondo il Vasari , Leo-
nardo fece il ritratto. Conchiude infine come in questo meravi-
glioso, facile studio dal vero, ove si collega pure 1' attrattiva del
genio consapevole del suo futuro sviluppo, in quest'opera adunque
siano superate quasi trastullandosi le durezze , che quali traccie
di faticoso conato traspaiono ancora nella maggior parte delle
opere del maestro di Leonardo (1).
Ripigliando poi ancora 1' argomento il Bode avverte una cir-
costanza assai notevole, che cioè questo dipinto relativamente alla
tecnica ha caratteristiche diverse da quelle dei posteriori dipinti
più noti del Leonardo, i quali recano ombreggiature nerastre. Qui
all'incontro è straordinaria la chiarezza della carnagione dalla
tinta eburnea, persino nelle ombreggiature , il color ad olio è di
una vischiosa consistenza ed il verde del paese è profondo ed é
annerito fortemente col tempo.
E siccome poi il Leonardo lasciò un cosi gran numero di
molteplici disegni, nei quali non solo puossi rintracciare le opere
lasciate incomplete e quelle scomparse, ma puossi anche assor-
gere allo studio dello sviluppo giovanile del maestro, non manca
il Bode di soffermarsi intorno ad alcuni disegni che ci mostrano
il Leonardo ancor in stretta correlazione col suo maestro Verroc-
chio ed accennano alla origine verrocchiana del tipo di bellezza
femminile, che, sviluppato dal Leonardo da questi prese il quali-
ficativo. Del pari provano i disegni giovanili del Leonardo come
egli abbia pur studiato ripetutamente il tipo del Colleoni giun-
gendo persino a farlo proprio e cosi pure come pel suo studio
del monumento allo Sforza non solo abbia utilizzato il modello
(1) 11 che del resto non fa impallidire il valore del Verrocchio, ovvio es-
sendo che del suo accumulato conato trasse profitto il suo grande allievo, il
quale non ebbe più a rifare la dura strada del perfezionamento dell' arte
pittorica dal punto in cui 1' aveva trovata il Verrocchio a quello in cui il
medesimo 1' aveva portata.
132 BIBLIOGRAFIA.
del SUO maestro pel Colleoni, ma abbia persino copiato quelle pic-
cole figure equestri che ancor si conservano nel libro degli
schizzi attribuito al Verrocchio.
Dopo di aver ancor accennato alla traccia dell' influenza del
Verrocchio sul grande suo scolaro nelle figure di puttini (nella
Vierge aux rochers ed in parecchi disegni) , sugli angeli , sugli
studi dal vero, sui paesaggi, il Bode dedica un paziente studio
critico intorno ad una tavola che in questi anni addietro fu già
oggetto di discussioni nei periodici artistici tedeschi.
Trattasi di una tavola d'altare in legno di pioppo italiano alta
m. 2.32 e larga m. 1,83 , stata acquistata dal Museo berlinese
nel 1821, catalogata dal Waagen nel 1830 quale opra della scuola
milanese sotto l'influenza di Leonardo da Vinci e relegata nel 1843
in un corridoio. Ivi rimase nascosta dai quadri , che le venner
successivamente addossati ; fino a che , anni sono, il magazzeno
o corridoio fu vuotato ed il dipinto, riapparso alla luce, diventò
nuovo argomento d' esame, a tal segno che nel 1884 fece ritorno
nelle sale del Museo berlinese.
Rappresenta questo dipinto la Risurrezione. Il Salvatore glorioso
ascende al cielo e, genujiessi ai due lati, stanno in ammirazione
San Leonardo e Santa Lucia. Il fondo è costituito da un pae-
saggio di rupi , che nella parte sinistra si svolge in una valle
bagnata da un tortuoso e lucente fiume , sulle cui sponde sorge
una città.
Il Bode narra che egli ebbe sin dalla prima impressione l'in-
tuizione che cotesta fosse opera del Vinci , impressione che gli
si tramutò poi in convinzione allorquando alcuni documenti antichi
vennero a convalidare i risultati di pazienti e lunghe considera-
zioni stilistiche.
Dirò sinceramente che, a parer mio, sulle opere le quali appar-
terrebbero a certi autori che una regione ha quasi fatti suoi ed
i studiosi della quale diuturnamente discutono , è concesso a
BIBLIOGRAFIA. 133
questi studiosi più libera discussione, anzi è concessa tanto più se
l'esame si limita allo scopo di conchiudere se cotali opere siano o
non suscettibili di appartenere alla maniera di quegli autori.
Mentre quindi nella discrepanza delle autorità della critica in-
torno ad alcune opere che il Bode ascriverebbe all' attività gio-
vanile di Leonardo, mi limitai a semplici considerazioni, pur ri-
conoscendo la dottrina e verosimiglianza delle ragioni date dal
Bode, in questa discussione sulla tavola della Risurrezione mi
faccio ardito ad esporre il mio avviso se 1' opera possa o non
attribuirsi, ascriversi, al ciclo delle creazioni dell' attività milanese
di Leonardo.
Importa anzitutto eh' io ricordi in succinto su quali considerazioni
stilistiche e su quali documenti il Bode si appoggi.
Cita il Bode parecchi disegni ed opere che posson giovare al
confronto per la figura del Salvatore , tra altri uno studio o di-
segno annunciatogli da L C. Robinson ed esistente nella raccolta
Malcolm. Cita pure altri confronti pel San Leonardo e segnata-
mente un disegno a matita rossa nella raccolta del Louvre. Così
ancora per la Santa Lucia, nella quale egli trova un sapore tutto
Leonardesco che ricorda la Gioconda e Sant' Anna. Quanto al
complesso poi dell' opera egli avverte il carattere prettamente
leonardesco del panneggiare e l' indipendenza della composizione,
r assenza dei guardiani del sepolcro e la forma triangolare della
composizione, dipoi adottata da Raffaello.
A proposito dei confronti dei disegni va notata 1' avvertenza
dell' A. intorno al carattere di autenticità dei disegni del Vinci e
la sua conclusione che il sommo pittore faceva i suoi studi e schizzi
spediti tanto colla destra che colla sinistra o meglio disegnava
colla sinistra quasi tutte le teste o figure rivolte a destra e colla
mano destra quelle rivolte a sinistra.
La seconda parte delle ragioni stilistiche sviluppata dal Bode
concerne la tecnica o fattura che, ben a ragione, egli avverte il
più sicuro segno di riconoscimento della originalità di un dipinto.
E siccome il Bode tratta questa parte con argomenti prettamente
personali, stimo necessario tradurre materialmente il passo :
134 BIBLIOGRAFIA.
« Lo stato incompiuto della maggior parte delle opere di Leo-
« nardo, delle sue varie età , ci permette di penetrar cosi com-
« pletamente nella sua tecnica, pittorica come ben poco ci é con-
« cesso per la trattazione di altri artisti: noi seguiamo i suoi di-
« pinti dalla semplice preparazione (sottostrato) brunastra , come
« nel S. Gerolamo e nell' adorazione dei Magi, alla sotto dipintura
«con colori locali, come nel ritratto d'uomo della Ambrosiana
« e nella Madonna della Grotta di Londra e finalmente al com-
« pimento della Mona Lisa , che 1' artista , non mai contento di
« sé , mai volle dar per terminata , benché ci sembri , almeno
« nelle sue parti principali, già più che terminata. È caratteristica
« nelle opere compiute di Leonardo una fluidezza dei colori al-
« quanto vischiosa (eccezion fatta dei primieri dipinti che hanno
« una applicazione del colore più asciutta e pastosa) , i quali
« colori sono striati da una rete di numerose , fine e regolari
«screpolature, che lascian apparire i colori press' a poco come
« il eracquelé della porcellana chinesc. Siccome ciò nonostante la
« applicazione del colore é proporzionatamente sottile, cosi queste
« screpolature si sono evidentemente formate per mezzo di una
«vernice di tono caldo, colla quale l'artista passò sopra i freddi
« colori, prima che questi fosser del tutto asciutti. Si trova spe-
« cialmente questo genere di eracquelé nella carnagione , dove
« esso però non turba in alcun modo, accresce molto più l'effetto
« della realtà ad una certa distanza mentre lascia apparire la pelle
« come porosa e solcata. Tutto questo appare precisamente, come
« l'osserviamo nei ritratti della Crivelli e di Mona Lisa , anche
« nella nostra risurrezione. E nella stessa guisa che, in quelli e
« nella maggior parte delle già accertate opere di Leonardo ,
« r effetto di alcuni colori nelle ombreggiature coli' annerirsi loro
« ne risultò alterato ed intorbidito , così accade pure in questa
« tavola specialmente nel manto di SM Lucia. Anche la propria
« alterazione del colorito della carnagione in un rosso-violaceo ,
« che in parte già appare nella Mona Lisa ma ancor più nel
« cosi detto Bacco del Louvre in forza del crescere del violetto-
« ferro , appare nella risurrezione del San Leonardo e maggior-
BIBLIOGRAFIA. 135
« mente ancora, proprio perturbante, nelle parti della carnagione
« della Santa Lucia. Dove la superficie del dipinto é ancora in-
< tatta, il colore ha pure il bel effetto smaltato proprio di Leo-
< nardo, specialmente nella testa e nel panneggiamento di Cristo,
« e poi anche in parte nelle vesti dei due santi. »
Il documento letterario infine che convalidò pel Bode la sua
convinzione, sarebbe la citazione fatta dal Torre di questo dipinto
nel suo ritratto dì Milano donde risulta che nel 17° secolo si
trovava nella chiesa di Santa Liberata nelle vicinanze del castello
di Milano.
Ora, alla mia volta, mi arrischierò ad alcune obbiezioni e con-
siderazioni.
Anzitutto ho trovato che VA. si era data poca briga in questa
sua ripetizione di dissertazione , ripetizione che porta la data
del 1887, delle molte obbiezioni mossegli dalla critica artistica (1).
Una confutazione delle principali opinioni contrarie avrebbe assai
giovato non solo all' argomento in questione ma pur anche alle
discussioni di principio.
Mi permetterò inoltre di avvertire che :
È assai discussa la genuinità Vinciana dei disegni presi a
prova del suo asserto e sovra tutto del disegno della raccolta
Malcolm, del resto, ammesso pure che i disegni sian del Leonardo,
ciò non basta a stabilire ed accertare che il dipinto sia davvero
del Leonardo. Quante opere non abbiam noi della scuola leonar-
desca che trovan la loro prima origine in disegni od in dipmti
esistenti o scomparsi del grande maestro ! Con questo ragiona-
mento si dichiarerebbero del Vinci tutte le ripetizioni di scuola.
Air incontro , di recente , il dottor Frizzoni (2) rendendo conto
(1) Per tacere delle crìtiche deìV Atheneum e dell'Art ricorderò che di
questa tavola si occuparono :
Il Kunstfreund. — Anno l**, N. 5, art. del Sbidlitz con lettera del pro-
fessore Lance. La Kunstchronik nella sua 20* annata nei numeri 11, 15,
25, 44 e 45, art. di Rosbnbbrg, Heyden e Richtbr.
(2) Nella Kunstchronik, 23" anno, N. 1.
136 BIBLIOGRAFIA.
delle novità della Galleria Nazionale di Londra, richiamava l'at-
tenzione sulla tavola la Vierge aux rochers, identica a quella del
Louvre è vero, ma probabilmente di artista lombardo della scuola
del Vinci.
Di tanti disegni certi del Vinci non se ne conosce poi alcuno
che risponda alla tesi della duplice maniera di tratteggiare a
destra o sinistra a seconda del lato cui son rivolte le figure. Tutti
quelli che ho esaminato testé e in originale e in fotografia son
trattati in una maniera sola, in quella sinora conosciuta. Sarebbe
quindi bene che l'A.ne facesse un elenco distinto ad appoggio
della sua nuova teoria.
Relativamente poi alle ragioni stilistiche, nelle quali il chiaris-
simo Bode, dimostra tanta intuizione nella parte relativa alle
opere del Verrocchio ed alle giovanili del Vinci , confesso che
provo una vera titubanza nella parte relativa alla tavola della
Risurrezione del Museo di Berlino (1).
Ne volli dar la traduzione appunto perché dubitai di me stesso,
della sincerità o chiarezza del mio modo di sentire e pensare.
Provai davvero meraviglia nel leggere tutta una nuova teoria
sul sistema o procedimento tecnico del Leonardo, il quale avrebbe
eseguito i suoi dipinti in guisa da ottener quelle screpolature cha
(1) Aggiungo ancora, in fatto di osservazioni stilistiche, che mentre il Bode
mantiene al Leonardo il ritratto d' uomo dell' Ambrosiana e lo dà come
specimen dei suoi lavori preparati a sotto dipintura , con colori locali , qui
in Lombardia non v' ha più studioso che persista nella attribuzione al Vinci.
Da anni si convenne che il dipinto non è e non può essere e non è degno
del Leonardo , per quanto opera pregevole , ma di carattere e fattura ben
diversa.
Anche in un altro passo più innanzi il Bode aveva rammentato quale opra
del Vinci il ritratto di Beatrice Sforza dell' Ambrosiana, ritratto che è invece
di Bianca Maria Sforza e fu eseguito dal De Predis e ad ogni modo non
potè mai essere del Vinci e per la maniera e pel carattere, tagliato qual' ù
seccamente colle forbici ed applicato sul fondo , mentre non esiste né una
tavola, nò un disegno di Leonardo che provi abbia egli mai ideato una figura
non ammorbidita, non fusa nell' ambiente, nel fondo, una figura secca anziché
raddolcita nei contorni.
I
BIBLIOGRAFIA. 137
f^inora apparvero e nelle opere Vinciaiic e in luiie le opere amiche
(sempre con caratteri distinti s' intende) quale semplice effetto
del tempo.
Sarà vero , positivo , 1' asserto del Bode ; ma mi sia concesso
rimanerne assai impressionato.
Che il chiaro Autore avesse sostenuto che le screpolature nei
dipinti del Vinci si verificano diversamente che non nelle opere
degli altri artisti, che perciò identiche screpolature provino identico
pittore, niente di nuovo. Su ciò mi basai io pure mesi sono per
la restituzione di un dipinto a Bernardino Luini. Ma la teoria di
screpolature ottenute dall' artista stesso sarà, per quanto positiva,
di assai difficile accoglimento.
Ora possono le ragioni stilistiche messe in campo dall'A. con-
fermare r origine Vinciana della tavola della Risurrezione ?
Le screpolature che egli osserva , siano effetto originario od
elìetto deir alterazione del dipinto , non presentano , nelle poche
parti non ritoccate (1) , stretta concordanza colle screpolature
delle più certe opere del Vinci, ad es., del ritratto della Gioconda.
L' alterazione delle tinte della carnagione in un rosso-violaceo
non è propria ed esclusiva delle tinte del Vinci. Quante opere di
scolari leonardeschi non presentano quest' analogia? L'Ambrosiana
e la Pinacoteca Braidense sarebbero in tal caso ricche di pa-
recchi originali del Vinci!
Se la figura poi del San Leonardo presenta carattere grandioso,
quella di Santa Lucia nell' ampia Silhouette tradisce più influenza
veneziana della maniera del Palma che non influenza leonardesca.
Confesso poi che a stento mi persuado come avrebbe mai il
Vinci potuto tracciare le due mani di questa Santa cosi strana-
mente disegnate nel loro incrociarsi , al punto di formare lo
sgraziato contorno di due ale appiccicate V una all' altra.
Chi osservi inoltre la figura del Cristo dalla testa cosi larga e
banale , la intera corporatura tozza e sgraziata , di leonardesco'
non troverà che il modo di gettare il panneggiamento.
(l) La testa del Redentore, specialmente, e nella figura di San Leonardo.
138 BIBLIOGRAFIA.
Il fondo di paese inoltre , come fu giustamente osservato dai
critici, presenta una miscela delle forme basaltiche e dolomitiche,
che Leonardo trattò bensì ma sempre distintamente; e la maniera
poi colla quale è eseguito il sarcofago , e son trattati i fiorellini
che risaltano sul sarcofago e sul lago , rammenta ben più una
preoccupazione fiamminga che non il fare leonardesco.
Queste mie osservazioni mi feci ardito di esporre perché, mentre
il eh. Bode a prima impressione del dipinto fu persuaso di aver
innanzi un' opera del Vinci, a me principiante a prima impressione
della fotografia si formò l' intuizione di un' opera incerta, magari
lombarda ma non del Vinci.
Il eh. Autore con idea preconcetta cercò, studiò ogni elemento
probante, confermante la sua intuizione.
Dal canto mio lessi quanto fu scritto prò e contro, mi rituffai
nello studio delle opere e dei disegni leonardeschi e per quanto
io abbia fatto per riavvicinarmi all' opinione di quell' autorità
critica non ci sono riescilo.
Probabilmente il mio studio rappresenta una forza, una traiet-
toria esagerata ed è opposta e divergente da quella del eh. Bode.
Altri adunque cerchi la risultante di queste due forze e forse
troverà la verità. Ad ogni modo avverto che mentre il Bode
neir importante studio di restituzione di opere del Verrocchio e
di opere giovanili del Vinci dimostrò esser rimasto nell'ambiente,
nello studio della tavola della risurrezione si mantenne lontano ,
nella brumosa Berlino. Porti il quadro nel suo ambiente, a Pa-
rigi ed a Milano tra le opere certe del Vinci e poi....
Giulio Carotti.
niBMOGKAFIA. 139
(iuida del Famedio nel Cimitero Monumentale di Milano. —
Edizione riveduta. — Milano, G. Galli, Libraio-Editore, 1888.
— Un volume di pag. 216, con fotografia e pianta del
Famedio.
A chi ama gli studi di storia patria e ne segue con vivo in-
teresse le pubblicazioni , che più o meno direttamente vi si rife-
riscono, deve senza dubbio tornar gradita questa Guida del
Famedio, che per cura del Municipio venne or ora pubblicata
in una nuova edizione, elegantemente illustrata. Fin da quando
si iniziarono i primi studi per designare i nomi dei cittadini
degni delle onoranze del Famedio, la Commissione eletta a tal
uopo 'dal Municipio deliberava di raccogliere in un volume brevi
cenni biografici intorno agli illustri Milanesi , o ne affidava
l'incarico al suo Relatore, Conte Emilio Belgioioso. Tale fu
r origine del volume, di cui vogliamo brevemente occuparci.
Sebbene codesto fosse un lavoro di compilazione, e più che
agli eruditi dovesse servire alla maggioranza dei cittadini, non
era però senza difficoltà^ come forse potea sembrare ad alcuno;
e la difficoltà stava appunto nel raccogliere con sapiente parsi-
monia le notizie biografiche , ed esporle con forma semplice e
popolare, ma non senza eleganza. Il Belgioioso ha saputo de-
gnamente corrispondere all' importanza dell' argomento ed alla
fiducia dei Colleghi,
Alle notizie biografiche il Conte Belgioioso ha saviamente
pensato di premettere alcune pagine, in cui narra brevemente,
quando sorgesse il primo pensiero di elevare un Panteon o
Famedio milanese, e come dopo non poche vicende il progetto
avesse il suo pieno compimento. Il primo disegno di un Panteon
risale al 1809, quando il Viceré d'Italia, Eugenio Beauharnais,
pubblicava dal quartier generale presso Comorn (22 giugno) il
('Decreto : che la sepoltura dei cittadini segnalati alla patria
tnelV esercizio delle prime dignità e magistrature , nelle cariche
civili o nel coltivare le scienze e le arti dovesse trovar luogo
140 BIBLIOGRAFIA.
nella Chiesa del Foppone, convertita in Panteon italiano. Le
prime onoranze furono decretate al valoroso generale Pietro
Teulié. Caduto il Regno d'Italia, cadde in oblio anche il De-
creto Vicereale, né più si pensò ad un Panteon cittadino , finché
nel 1869, proseguendosi i lavori del Cimitero Monumentale,
parve al Municipio, che fosse ormai venuto il tempo per effet-
tuare un disegno da tanto tempo vagheggiato. Tre Commissioni
furono nominate dal 1869 al 1886 dal Municipio, dapprima per
determinare il luogo del Famedio e le norme fondamentali per
la sua costruzione, e quindi per designare i nomi degli illustri
uomini, che vi avessero onoranza di iscrizioni o di monumenti.
Dopo molti studi e discussioni veniva dal Consiglio Comunale
approvato il Regolamento in 10 articoli , che la Commissione
aveva elaborato. Le proposte della Commissione sono informate
a savi principi e rivelano uno studio amoroso ed imparziale
delle patrie vicende. La distinzione delle onoranze fra i cittadini
illustri e benemeriti, come fra i cittadini e gli ospiti, e la divi-
sione delle pareti del Famedio in tre zone , che rispondono a
tre grandi periodi nella storia del Comune , il primo dalle sue
-origini fino alla metà del secolo XVIII, il secondo dal 1750
al 1850, e l'ultimo dalla metà di questo secolo in poi, è assai
opportuna e risponde egregiamente allo scopo che si volea
raggiungere. Anche per la scelta dei nomi e per la loro clas-
sificazione in diversi gruppi, la Commissione va lodata assai
per aver saputo fare un' equa parte a tutti gli elementi , apprez-
zando con sapiente criterio le opere dell' ingegno e le virtù
dell'animo, i servizi resi all'intera nazione, o in più modesta
sfera alla città natale.
Se non che da una parte 1' angustia dello spazio disponibile
e dall' altra il desiderio di riunire in gruppi e con certa sim-
metria i nomi dei cittadini e degli ospiti , rendeva più difficile
il lavoro; mentre poi la diversità dei criteri, con cui si possono
estimare i meriti degli uomini, potea condurre ad esclusioni od
ammissioni, che forse ad alcuni non paiono giuste. Sulla scelta
dei nomi più illustri non potea cader dubbio ; ma piuttosto in-
BIBLIOGRAFIA. 141
torno alla celebrità di secondo ordine, di cui soltanto una parte
potea trovar posto nel Famedio. Cosi , per citare qualche esempio,
parmi che fra i cittadini , se non ilhistri , almeno benemeriti , si
dovesse inscrivere il nome del Padre Ermenegildo Pino, che
coltivò ad un tempo la filosofia, la fisica e la mineralogia,
fondò la prima cattedra di idraulica e di idrostatica in Lom-
bardia, e istituì nel 1813 il più ricco museo di storia naturale
che allor fosse in Milano ; è il nome del valoroso Giambattista
Martelli, che per le poetiche versioni della Vergine una di
Spencer, del poema Roderigo di Southey e delle Odi di Collins
merita di essere collocato fra i più eleganti verseggiatori del
secolo XIX. E fra i nomi dei 64 ospiti, che nati fuor di Mi-
lano , per opere in questa compiute vi , acquistarono fama e
benemerenza (Art. S*'), e che, come già i profughi greci in
Italia, ricambiarono 1' ospitalità colla scienza, non dovea scor-
darsi il Petrarca , che , ospite festeggiato dai Visconti , illustrò
cogli scritti e colle opere la città nostra ; e quell' Angelo Mai,
che alla Biblioteca Ambrosiana accrebbe rinomanza colle sue
immortali scoperte. Ospiti più illustri del Petrarca e del Mai non
so davvero , se possano con più degna compiacenza vantare
altre città di Lombardia. Codestejpmissioni non tolgono però, che
il lavoro della Commissione Mila;nese sia degno di molta lode,
e meriti di essere studiato dagli altri Municipi italiani.
Né minor lode vuoisi dare al Conte Belgioioso, il quale rac-
colse con molto amore le notizie biografiche degli illustri Mila-
nesi e le espose con brevità efficace e con semplice eleganza
di stile. Nel compiere questo lavoro, che dovea servir di guida
ai visitatori del Famedio, ciò che veramente importava si era
di mettere in luce i titoli speciali di benemerenza, che valsero
gli onori del Famedio, e di esporre con qualche larghezza la
biografia di quegli uomini, che per l'indole degli studi e per
le opere loro son più noti alla schiera degli eruditi, che alla
maggioranza dei cittadini. Degli uomini altamente famosi, come
s. Ambrogio, i due Borromei, il Beccaria, il Parini, il Man-
zoni e molli altri, bastavano pochi cenni. Questi criteri guida-
142 BIBLIOGRAFIA.
rono appunto il Belgioioso noi dottare le sue biografie, le quali
tanto più si allargano, quanto più si tratta di uomini non molto
popolari, ma pur benemeriti della nostra città, forse più di
molt' altri, il cui nome suona glorioso da un capo all'altro
della penisola. Con savio pensiero aggiunse ad ogni biografia un
cenno delle fonti storiche, antiche e moderne, a cui può ricor-
rere chi voglia procacciarsi più ampie notizie od appurare la
verità delle cose. Una bella pianta dell' edificio nelle sue linee
perimetriche, ove si può facilmente rilevare nei colori la distin-
zione delle tre zone, superiore, mediana ed inferiore, rende più
agevole agli studiosi la ricerca dei nomi illustrati.
Codeste brevi biografie son 218, quanti sono appunto i nomi
degli uomini illustri , che nel civico Famedio son ricordati o con
semplici iscrizioni o con medaglioni o con erme e busti. Per
chi ha vaghezza di sapere, in qual modo si possano aggrup-
pare, secondo la diversità degli studi e delle opere, i nomi
degli illustri Milanesi, noterò che 23 appartengono alla classe
degli Architetti ed Ingegneri, 21 a quella degli Storici e Cro-
nisti, 19 a ciascuna delle tre classi dei Benefattori, dei Capi-
tani e Magistrati e dei Pittori, 18 ai Medici, 15 ai filosofi e
Giureconsulti, 14 alla classe dei Pontefici e Arcivescovi e a
quella dei Poeti, 13 ai Matematici, Fisici e Naturalisti, 12 ai
Letterati ed Economisti, 11 agli Scultori ed Artisti diversi. Sai
Principi e ai Podestà. La schiera più esigua è quella degli Ar-
cheologi (5), dei Musicisti (4), e dei Tipografi (3). Se i numeri,
come scrisse Goethe, non solo governano il mondo, ma dimo-
strano altresì come il mondo è governato , queste cifre potreb-
bero offrir materia di studi e di curiosi raffronti. Ma poiché fra
i 218 illustri v'hanno 64 ospiti, che la fortuna degli eventi
condusse a Milano, le deduzioni che se ne avessero a trarre,
sarebbero fallaci ; e poi chi non sa, che l' interpretare le cifre
statistiche è un' impresa assai difficile e piena di pericoli ?
Benedetto Prina.
BIBLIOGRAFIA. 113
Milano nel settecento, giusta le poesie, le caricature e altre te-
stimonianze dei tempi. Studio di Giovanni De Castro. —
Milano, Fratelli Dumolard editori, 1887. Un voi. di pag. 420.
Illustrare colla scorta delle poesie popolari, delle caricature e
di altre testimonianze dei tempi la storia di Milano e della Lom-
bardia, specialmente negli ultimi due secoli, ecco l'intento che
si propose il valoroso De Castro con una serie di pubblica-
zioni (1) , che furono accolte con favore da' suoi concittadini.
Dopo di aver narrate le vicende di Milano, dalla Repubblica Ci-
salpina fin alla caduta del primo Regno d'Italia, il De Castro in
ijuesto volume ce ne tratteggia le condizioni politiche, morali e
letterarie nel secolo XVIII, le quali ci spiegano in gran parte
le cause dei grandi mutamenti, che seguirono dal 1789 al 1815.
Codeste pubblicazioni del professore De Castro hanno fra loro la
più stretta attinenza; anzi può dirsi, che costituiscono un solo
ed armonico lavoro.
Il concetto, che guidò l'Autore, non v'ha dubbio, che risponde
alle nuove esigenze degli studi storici, e può essere, quando sia
ben inteso, fecondo di utili risultnmenti. Le poesie popolari, al
pari delle caricature, sono una delle fonti più ricche e più pre-
ziose, a cui può attingere lo storico, che voglia ritrarre di un
popolo non solo le politiche vicende, ma i costumi, le abitudini,
la vita intima e il carattere nelle sue più sfuggevoli e delicate ma-
nifestazioni. Mentre gli storici ufficiali, inceppati da mille riguardi
o bramosi di amicarsi i potenti, ci nascondono spesso la verità,
il popolo stesso ci vien narrando di giorno in giorno le sue vi-
cende, i suoi dolori, i suoi entusiasmi e le sue delusioni per
mezzo di oscuri poeti , o di caricature e disegni , non di rado
(1) Vedi i tre volumi già pubblicati da G. De Castro nel 1879, 1880 e
1882, editi dai Fratelli Dumolard, col titolo: Milano e la Repubblica Ci-
salpina — Milano durante la dominazione Napoleonica — La caduta
del Regno Italico.
144 BIBLIOGRAFIA.
pieni di verità e di brio, e nella lor rozzezza eloquenti. Però se
le poesie popolari e le caricature sono talvolta più importanti di
certe storie menzognere, possono tuttavia indurci in gravi errori,
quando non si accolgono con prudente cautela e non si sappia
distinguere ciò che fu dettato dalle vivaci passioni di un giorno
o dallo spirito di parte, da ciò chef veramente risponde al sen-
timento popolare. Il linguaggio imaginoso della poesia e la pa-
cata narrazione del cronista hanno un valore ben diverso ; e i
canti popolari non potranno mai, se non associati a molt' altre
testimonianze, offrire una base sicura all'edificio della storia.
Chi legge questi lavori del prof. De Castro sulla storia Mila-
nese, deve riconoscere, che l'Autore, quantunque mostri di tenere
in assai pregio le poesie popolari, a cui largamente attinge, non
dimentica tuttavia quei principi di critica storica, di cui or ora
dicemmo; anzi cerca di coordinare le poesie e le caricature alle
altre testimonianze dei tempi ed alle storie ufficiali , per modo
che s' abbia un' idea chiara ed esatta degli uomini e dei fatti.
Qualche volta però l'Autore, innamorato de' suoi studi e bramoso
di far parte al pubblico dei tesori da lui scoperti, specialmente
nella Biblioteca Ambrosiana, abbonda un po' troppo nelle cita-
zioni e ci riferisce satire o hosinacle di ben poca importanza per
la storia dei tempi. Lasciando nel dimenticatoio, ov' eran rimaste
finora, alcune bosinade, non ne avrebbe punto scapitato l'opera
del prof. De Castro, la quale e per la abbondanza delle notizie
e la viva dipintura della società milanese sarà letta con piacerò
dal popolo e consultata con profitto dagli studiosi.
Il De Castro narra con vivacità e con brio; e pur non omet-
tendo il racconto dei fatti politici, che mutarono le condizioni di
Lombardia, cerca di preferenza gli episodi e quelle particolarità,
o poco note o affatto nuove, che assai giovano a lumeggiare le
condizioni del paese e a ritrarre con evidenza l'indole dei tempi.
È una storia , direi quasi , aneddotica e spesso drammatica , che
riesce assai piacevole ed istruttiva, al pari delle memorie e degli
epistolari di uomini più o meno illustri. E la storia di Milano
nel secolo XVIII offre appunto un campo assai vasto a codesto
BIBLIOGRAFIA. 145
genere di studi e di ricerche; e quantunque insigni storici vi
abbiano già raccolto una messe abbondante, non può dirsi, che
nulla più rimanga a spigolare.
Le molte poesie, o italiane o vernacole, che il De Castro pub-
blica ad illustrazione della storia civile, ci rappresentano al vivo
il carattere dei Milanesi, non molto diversi da quelli d' oggidi; e
quello spirito mordace e quella fine satira, non disgiunta da una
certa bonomia, che si ammira nei versi del Porta, aleggia anche
nelle poesie popolari del settecento e specialmente in quelle di
colore politico. E per darne un saggio citerò le due quartine di
un sonetto, con cui i buoni Ambrosiani esprimevano i lor voti al
Re Carlo Emanuele III di Sardegna, che, occupata colle sue armi
Milano nel 1733, la considerava ormai come cosa sua.
Scior Carlo Emanuel, che de Miran
Feo la figura e l'att de ver patron,
A veri regna nel coeur di buseccon
Osservèe i bon consej d'un artisan.
Calè i gravezz, fé fa pù gross el pan.
Fé riforma la razza di mangion,
Abbiè l'oeugg che avai drizz i Pelandon,
Né fé cont né marches~i scalzacan....
Come a' di nostri spiacque a non pochi la mania di ribattezzare
le antiche vie, cancellando anche que' nomi che ci conservavano
la memoria di uomini e di fatti a noi cari, cosi gli Ambrosiani
del 1786 al veder in parte rimutati i nomi delle contrade, si
sentirono come turbati nelle lor tranquille abitudini e sfogarono
il lor malcontento in satire ed epigrammi, fin in un sonetto cau-
dato, di cui voglio qui citare, come a conclusione, la parte
principale.
No se pò pù tasè, vuj vojà el goss.
Per bio passen el segn sti novitaa;
Coss' è sto muda el nom a tane contraa ,
In denter, sui terragg e fin dree ai foss ?
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 10
146 BIBLIOGRAFIA.
Se dis dì Clercs la contraa di Boss,
Se dà el sfrati a la Sozza innamoraa,
Se dà el Pont de l'orocch ai Olocaa,
Se stroppia el nom al borg de San Caloss.
Mi no soo in sti scompigli come tasen
Tanci dottor, causidegh e nodee
Vedend soppressa anch la contraa di Asen.
Mandi man che al so confront glie n' è pussce
Di noster Milanes che se compiasen
D' ossegli anmò ci strccciocu di Zebedee,
Benedetto Prina.
Commentarj dell' Ateneo di Brescia. — Brescia, 1885.
L' Ateneo dì Brescia sostiene il buon nome suo con disserta-
zioni, che toccano i punti importanti di igiene, di economia, di
storia, che oggi compaiono nei Commentarj. Facendo seguito agli
annunzj che ripetemmo sulle fatiche storiche di monsignor Fé,
diremo come egli continui il quadro del regime e delle usanze
nel tempo che precedette la Rivoluzione Giacobina; con diligenza
indagò la vita di alcuni di quei signorotti, i Lechi , i Gabara ,
Martinengo.... che circondati di buli, e scavalcando dal territorio
bresciano al bergamasco, al trentino^ al milanese, al parmigiano,
segnavano da per tutto orme di prepotenze, di sangue, di beffe,
di stupri (1). È un prezioso materiale per la storia ultima dei
feudi, della quale 1' Odorici neppur si accorse.
(1) Di prepotenze signorili raccolse un tristo manipolo negli archivj di
Modena Tommaso Sandonnini, raccontando principalmente le sanguinose risse
Ira i Fontana e i Bellincioni. Lanfranco Fontana si infamò dei più tremendi
assassini, fino ad inventar una scatola , che inviava a' suoi nemici e che
aprendosi scoppiava uccidendo o ferendo tutt' in giro. Tollerato dalla fiacca
e peritosa giustizia , protetto da principi e duchi , potè dimorare qualche
tempo nel palazzo di Tommaso Marino a Milano ; ben più scellerato che
Bassano Porrone e Bernardino Visconti. ( Un famoso bandito modenese,
negli Atti della Deputaz. di storia patria modenesi e parmensi, 1887).
BIBLIOGRAFIA. 14'
E tutto questo volume dì Commentarj fa onore alla buona so-
cietà di Brescia con articoli di economia , di igiene , di arte , di
storia , ove primeggia una dissertazione del presidente Bettoni
in cui, sopra V Abissinia, percorse le antiche vicende di quel paese,
si ferma con forza ed evidenza sopra le sanguinose ultime lotte
cogli Egiziani e cogli Inglesi. Farmi opera patriottica lo studio
dei paesi africani , che può servire e di ammonizione e di emu-
lazione alla Italia odierna.
Un patrizio bergamasco conte palatino e colonnello. — Ber-
gamo, 1888, pag. 155, in-32.
Il titolo non ha nulla di aiettante , ma il libretto è curiosis-
simo anche attraverso a gride, a sentenze, a relazioni , inserte in
originale.
Si apre con una scena tragica al palazzotto di Grumello del
Monte , che si direbbe una contrafazione borghese dell' eroico
Otello. Poi si svolgono avvenimenti delle case Borelli , Tasca ,
Vertua, Poncino, Martinoni ed altre bergamasche.
L' Autore ha un' invidiabile ricchezza di notizie , di aneddoti ,
di tradizioni , nelle quali ritrae la vita non invidiabile di quei si-
gnori sullo scorcio del 1600 e in principio del 1700.
Primeggia fra essi per braverie e brillanti assassinj e bassi
delitti Galeazzo Boselli , famoso e tremendo ai suoi giorni quanto
r Innominato ; bandito dal Veneto non men che dal Milanese ;
decretate fin 40,000 lire a chiunque lo desse vivo o morto ; pure
gira qua e là a cavallo del Veneto, del Milanese, del Mantovano,
ora celato , ora fiancheggiato da buli ; ottiene il favore dei non
meno ribaldi Signori di Mantova ; serve ora agli imperiali, ora
al cristianissimo, divenendo conte palatino e colonnello; ma al
fine è colto dalla giustizia , e mandato a morte in Porta Tosa
il 24 dicembre 1705, fra un grandioso apparato di truppe, e
chiuse le porte della città per paura che i suoi fedeli riuscissero
148 BIBLIOGRAFIA.
a forza a salvarlo, come altre volte 1' aveano campato dalla Ba-
stiglia di Parigi.
L'autore fa avvertire la rozzezza e scorrezione di lettere di
gran signori e di dame, cui farebbero vergogna quelle di un in-
fimo soldato,
È pur notevole come quel ricco spavaldo, che nel testamento
potè disporre di ingenti somme, si avvilisse al rubare, come fece
di uno scrignetto, delle cui preziosità abbiamo l' inventario. Ove
r autore nota che in simili imprese lo aveva preceduto un conte
Francesco Barbiano di Belgiojoso, che di concerto col conte Giorgio
Benzoni di Crema, e col conte Gironimo Martinengo di Brescia ,
rapivano una donna e con essa 3800 scudi.
Ghiotti come noi siamo delle particolarità che danno vita alla
storia, ne siamo grati all' autore di questo libricino , al fine del
quale si firma C. Lociiis.
C.
Carlo Giuda. Girolamo Moroni e i suoi tempi. — Torino, 1887,
pag. 375.
Del cancelliere Moroni , oltre i 3 grossi volumi di lettere , fu
tanto scritto e incidentemente nelle storie e in lavori speciali : e
più volte in questo stesso Archivio si discorse di lui , della sua
famiglia , del suo fratello cardinale (1) , che da un altro studio
dovevasi aspettare o un pieno risultato degli studj precedenti , o
una originale esposizione. Insomma , o cose nuove , o dette in
modo nuovo.
Lo studio 'offerto dal sig. Giuda lascia ancora il desiderio di
una completa monografia del cancelliere Moroni , il quale po-
trebbe essere presentato come la personificazione delle teorie
Nicolò Machiavello.
(1) Vedi fra gli altri, anno III, fase. II. La storia del cardinale e l'or
ginale del processo fattogli a proposito del Benefizio di Cristo, fu pubbl|
cata da C. Cantii negli Eretici d' Italia.
BIBLIOGRAFIA. 149
E storicamente e psicologicamente è assai opportuno parago-
nare il segretario fiorentino e il gran cancelliere milanese. En-
trambi politici , r uno in teoria, l'altro in pratica, estrani ad ogni
concetto di moralità, mirando solo al successo, alla riuscita, qua-
lunque ne fossero i mezzi. Cambiarono di padrone secondo gio-
vava, e questo apparve maggiormente nel nostro, perché fu attore,
mentre 1' altro non fu che scrittore. Amavano l' Italia e deside-
rarono la federazione de' suoi principi ; e vuoisi fare al Moroni
il demerito di una congiura, o il merito di una lega italica contro
Carlo V ; in ogni modo riuscita a suo danno. Machiavello si ado-
perava per far rivivere le armi italiane , invece degli stipendiati
forestieri. Il Moroni non cessava di mostrare quanto ai Milanesi
importasse tenersi amici gli Svizzeri e ben pagarli. E quando
svanirono le sue speranze, prese soldo fra le truppe spagnuole ,
e andò coli' Orléans a combattere Firenze , ultimo rifugio della
parte guelfa e della libertà italiana. Ivi una palla lo colse.
C.
■)pere scelte di Benedetto Giovio. — Como, Ostinelli, 1887, un
volume in folio di pag. XXVI-379.
Bernasconi Baldassare. Settanta documenti relatici a S. Fedele
in Como. — Como, Cavalieri e Bazzi, 1887, pag. 76, in-8.
Barelli. Ponna, opuscolo di 32 pag. — Como, Ostinelli, 1888.
Due grandi fittissime pagine di errata basterebbero a difamare
una tipografia, se la più parte non fossero errori non di stampa,
ma di intelligenza e di traduzione. Vaglia un breve esempio:
paludi lagune
la Volturena la Valtellina
fra gli altri fra i nostri
Govardo Mogunzani Gavardo da Monza
alle spalle a danno
1 Volturanati i Valtellinesi
150 BIBLIOGRAFIA.
tal era il nome dei nobili era questo un titolo di nobiltà
ebbero scossa dissennata si gonfiavano
dal suo parente Matteo da Matteo suo padre
sopra un precipizio sopra uno scoglio
italiano provenzale italiano dal Friuli
Il frontispizio non lo dice , ma questa è una traduzione col
testo a fronte. Vera superfluità quando tanti altri originali sa-
rebbero a pubblicare ; e chiunque volesse ancora consultare il
Giovio conosce certamente il latino.
Quel buon Benedetto Giovio applaudiva al frate Bernardo Ra-
tegno, che centinaja di streghe mandò al fuoco :
« Hunc lamiee metuere virum, sageeque potentes,
« Et si qua est teneros oculis qucc fascinet agnos,
« Stringebatque dolos et crimina cuncta fateri
« Impia, et ista dari mandabat corpora flammis. »
Il traduttore loda il signor Cencio Poggi per aver riveduto la
buccia della sua versione. Ma ciò avrebbe dovuto fare prima di
darla cosi scorretta al pubblico. Che del resto non se ne in-
carica.
Meglio avvisato fu il sacerdote Baldassare Bernasconi , che
volendo pubblicare settanta documenti relativi alla chiesa di
S. Fedele, chiese lumi, ajuti, aggiunte da « un venerando bene-
merito delle scienze archeologiche » (Barelli) da un suo « amico
appassionato cultore di cose comasche » (Cencio Poggi), e potè
formare un libretto sufficiente sopra quel prezioso monumento di
stile lombardo, che è la chiesa di S. Fedele. I settanta documenti,
dei quali il più vecchio non risale che al 1183 , non sono dati
per esteso, eccetto uno, gli altri in estratto come regesti. E recano
qualche lume anche sulla chiesa di S. Eufemia dell' Isola Co-
macina.
Il quassù accennato canonico Barelli , diligente e fortunato
cultore delle antichità comasche, pensa che « le monografie re-
gionali sono d' inestimabil vantaggio per la storia, e non si avrà
mai una storia nazionale perfetta senza l'ajuto di quelle. Coerente,
BIBLIOGRAFIA. 151
egli descrisse la terra di Ponna a ValT lineivi, radunando ricordi,
indizj di antichità, di stima, di prosperità, di decadenza, e mo-
strando quanto sarebbe e desiderabile e facile il far altrettanto
ciascuno pel paese ove nacque.
È necessario che noi esprimiamo il nostro assenso ? (1).
T.
Arehivio Siorico dell'Arte, diretto da Domenico Gnoli. — Roma,
Pasqualucci.
Questo periodico scientifico è già stato salutato dalla stampa
0 gradito dagli studiosi: viene a soddisfare ad antiche e ripetute
aspirazioni della critica e della storia dell' arte.
Mentre gli atti dell'Accademia dei Lincei, per cura dell'illustre
senatore Fiorelli, accolgon nelle notizie degli scavi e nei transunti
e memorie , precipuamente studi di patria archeologia , questo
periodico diretto dal prof. Gnoli colma la lacuna per quanto ri-
sguarda la storia dell'arte e degli artisti, dell' arte propriamente
detta italiana, dell' evo medio, del rinascimento e dell' età moderna.
Renderemo contezza degli studi, delle fonti e delle notizie che
particolarmente risguarderanno vicende dell' arte e gli artisti
nella regione lombarda.
Cosi accenniamo sin d' ora all' interessante monografìa inserta
nel 1° numero dal prof. A. Venturi intorno allo pseudo miche-
langiolesco euspido del Museo di Torino che ritenevasi provenisse
dalle celebri collezioni mantovane.
Richiamiamo pure V attenzione degli studiosi sopra alcuni nuovi
documenti relativi a Leonardo da Vinci tratti dalla recente edizione
di soli settanta esemplari fatta a cura di Alessandro Luzio. Ri-
(1) L' opuscolo Ponna è tratto dal fase. 21-22 del Periodico della Società
Storica della Procincia e antica Diocesi di Como. Vi è notevole il lungo
testamento del vescovo Beltramolo Parravicini , che merita una diligente
recensione e illustrazione.
152 BIBLIOGRAFIA.
Sguardano questi documenti i ritratti che il Vinci aveva eseguito
di Cecilia Bergamini e di Isabella d'Este, la data del suo dipinto
di Sant'Anna del Louvre e le sue relazioni epistolari colla stessa
Isabella d' Este.
Il vasto campo degli studi e discussioni aperto dal nuovo pe-
riodico, r indipendenza lasciata agli scrittori, il sussidio utilissimo
delle tavole ed illustrazioni, dicono, assai più di ogni nostra pa-
rola, quanto vantaggioso ed interessante sia per riescire questa
pubblicazione che viene a prender nel paese nostro il posto che
in Germania tiene la Zeitsehrift fùr hildenden Kixnsie e gli annuari
dei Musei prussiani , in Francia la Gazette des Beaux Aris ,
per citare le sole regioni più prossime.
G. C.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA
(Dicembre 1887-Marzo 1888).
Abel Sigurd. Jahrbucher des Frànkischen Reichs unter Karl dem
Grossen. Band I: 768-788. 2'« Auflage, bearbeitet von B. Simson.
— Leipzig, Duncl^er und Humblot, 1887.
Agnelli Giovanni. I tre dì della Merla , illustrazione di costumi lo-
digiani. — Lodi, Tipografia Quirico e Camagni, 1888, in-8 gr. di
pagine 42.
Sebben non avvertito , è un estratto dell' Arcliìcio storico lodigiano ,
disp. I-IIP, 1888. _
Almanacco Laudense per Tanno 1888 della diocesi e circondario, con
memorie storiche. — Lodi, Tip. Laudense, 1888, pag. 96, in-16.
Con notiziette storiche per l'Abbadia di Cerredo (pag. 83), Brembio (pag. 84),
Crespiatica (pag. 88) , Montanaso Lombardo (pag. 90) , Somaglia (pag. 93).
Tolte perù dal Disionario geografico lodigiano dell' Agnelli.
Antolini Patrizio. Il fatto d' arme del Taro, narrato da un contem-
poraneo, ora per la prima volta pubblicato per le nozze Gattelli-
Beratto. — Argenta, 1887.
L' Antolini produce ed illustra una lettera sulla famosa battaglia colla
ijuale l'esercito della Lega tentò il 6 luglio 1495 di arrestare davanti a
Forno vo 1' esercito di Carlo Vili di Francia.
— Vedi Delaborde.
Antona-Traversi Camillo. Lettere inedite di Giacomo Leopardi e
di altri a' suoi parenti e a lui per cura di Emilio Costa, Clemente
154 [VBI.IOGRAFIA.
Bcnedettucci e Camillo Antona- Trae ersi. — Città di Castello ,
S. Lapi, 1888, in-16, pag. XXIV-287.
A pag. 27-138 le lettere degli editori milanesi Antonio Fortunato Stella
[30 lettere, degli anni 1816-1817] ed Antonio Gussalii [3 lettere a Paolina
Leopardi, degli anni 1854 e 1867]. Delle Lettere di oart due del 1857 di-
rette alla contessa Paolina sono del march. Guido Sommi-Piccenardi (Cfr.
pag. 268-271).
— Vedi Malamani.
Antona-Traversi C. Studi su Giacomo Leopardi, con notizie e do-
cumenti sconosciuti ed inediti. — Napoli, Detken, 1887.
Contiene, tra altri studi: «Giacomo Leopardi e Alessandro Manzoni » , o
« Saggio cronologico di una bibliografia del Leopardi e del Manzoni. »
Archivio storico dell' arte, diretto da Domenico Gnoli. — Roma ,
Pasqualucci edit. Anno I, N. 1 e 2, gennaio e febbraio 1888.
D'interesse storico lombardo. N. I: Venturi. Il Cupido di Michelangelo. —
A. V. Nuovi documenti su Leonardo da Vinci [quelli editi dal Lu^io nel suo
opuscolo per nozze Renier / precettori d'Isabella d'Este^. — Lusio A. Isa-
bella d' Este e due quadri di Giorgione.
N. II: Motta Emilio. Data della morte di Gaudenzio Ferrari e di Pelle-
grino Pellegrini [cfr. gli Appunti in questo fascicolo dell' Ardi. Lombardo].
— Miscellanea : Un nuovo dipinto del Correggio [proprietà Crespi di Milano] .
— Un quadro ignoto di Antonio da Pavia [del 1514, esistente nella sagrestia
delia chiesa di S. Stefano a Novellara, presso Reggio d' Emilia].
Cfr. i Cenni bibliograjlci in questo Archivio.
Archivio storico por la città e comuni del Circondario di Lodi.
Anno VIL Dispense I-IIL — Lodi, Tip. Quirico e Camagni, 1888.
Sommario : Continuazione della Storia Diocesana del sac. Giacomo An-
tonio Porro [Antonio Scarampo 62** Vescovo di Lodi, 1569-1576]. — Motta
Emilio. Curiosità di storia lodigiana della seconda metà del secolo XV tratte
dall'Archivio di Stato di Milano [Cont. v. num. precedente. — Frate Antonio
da Lodi ministro dell'ospedale di Cremona, 1452. — Un figlio^ del pittore
Giacomo da Lodi, morto nel 1474]. — Serie cronologica dei podestà di Lodi
provata con documenti dalia sua fondazione sino al giorno d' oggi. [Con-
tinuazione v, num. prec. Dal 1554 al 1621]. — I tre dì della Merla. Illu-
strazione di costumi lodigiani per Giovanni Agnelli. — Museo storico arti-
stico [in Lodi, doni recenti].
Armes d'Henri d' Orléan.s et Catherine de Gonzague. — In Archioes
heraldiqucs et sigillògraphiqucs, N. 13, gennaio 1888. (Ncuchàtel,
Svizzera).
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STOniCA LOMDARDA. 155
Arrighi eletto. Storia del teatro milanese. — In Cronaca mondane,
di Milano, N. 2, 3 e 4, 1888.
Arte e Storia. Giornale diretto da Guido Carocci. — Firenze, anno
VI-VII, 1887-88.
N. 35, 1887 : Manesca A. V arco di Alfonso I d' Aragona a Napoli, [li
monumento più bello del risorgimento che conserva Napoli. Ne fu architetto
Pietro Martino, Milanese].
N. 36, Notizie : Lodi, Barbarie [intonacatura della chiesa di S. Maria.
Egual sorte sembra riserbata a quella di S. Maddalena]; Milano [Conferenza
Boito sul Duomo; Lapide di F. Sforza al Museo archeologico; Restauri e
scoperte a S. EustorgioJ.
N. 37 : Cajft M. L' archeologia in Milano.
N. 1, 1888, Notizie: Cremona [l'isolamento del Duomo e della Gran Torre].
N. 2: Frizzarli Gustavo. Alcune osservazioni dirette alla « Raccolta Mi-
lanese di storia, geografia ed arte » [a proposito del quadro già Bellini, ora
Mantegna. — Vedi la replica nella Raccolta Milanese, N. 2].
N. 3: Intra G. B. La reggia dei Gonzaga. — Caffi Michele. Restauri a
Milano [morte del sac. Giovanni Leone, ristoratore di S. Celso; S. Ambrogio].
Fassò arcb. Giuseppe. Novara. Arte, storia ed archeologia [I.* Basilica di
S. Gaudenzio, opera del Pellegrini]. — Notizie : Milano, [scoperte archeolo-
giche in via Spadari, la Raccolta Milanese, il prof. Mongeri].
N. 4: Cajffi M. Artisti del XV secolo a Venezia [Lombardi] — Fassò
architetto G. Nuovo teatro Coccia a Novara [architetto il milanese Giu-
seppe Oliverio].
N. 5: Fassò arch. G. Onoranze a Giuseppe Regaldi. — Museo patrio ar-
cheologico [cenno sugli oggetti di scavo pervenutivi dalla regione novarese
negli anni 1886-1887].
N. 6: Zaccaria Nicolò, prevosto. Restauri nel santuario di Grossotto nella
Provincia di Sondrio.
Asturaro prof. Alfonso. Gerolamo Cardano e la Psicologia patologica.
Studi psico-biografici. — Nella Ridata di Jilosofia scientifica del
Morselli, voi. VI, dicembre 1887, pag. 720-742.
1 mportante.
Balsimelli Federico. Sul primo atto del Carmagnola del Manzoni.
Osservazioni filologiche in forma di dialogo. — Bologna, Tipo-
grafia Mareggiani.
Barbiera Raffaello. Un poeta lombardo [l'abate Giuseppe Pozzone].
— In Fan/alla della Domenica, N. 2, 8 gennaio 1883.
156 BIBLIOGRAFIA,
Barbiera BafTaello. Cronaca letteraria lombarda, — In Ricista Con-
temporanea del Do Gubernatis , di Firenze, fase. I e II , gennaio
e febbraio 1888.
« UArchwio storico lombardo langue per mancanza di scrittori » [cfr.
pag. 123] .... « langue per mancanza d' articoli » [cfr. pag. 329] ; langue ....
per mancanza di scritti del sig. Barbiera.
Barbieri Luigi. La beneficenza in Crema e nel Circondario. — Com-
pendio cronologico della storia di Crema , dalla fondazione fino
ai nostri giorni. — Crema, Tip. economica di G. Anselmi, 1887-88,
2 voi. in-16, di pag. 122 e 124.
Della Biblioteca storica cremasca, voi. 1 e li. — Usciranno prossimamente
della medesima raccolta i volumi : « Crema Sacra » e « Crema Artistica. »
Terranno dietro : « Saggio di Bibliografia » , « Racconti storici » , « Guida
della città e circondario », « Crema commerciale », « Dell'Accademia dei So-
spinti ed altri scritti » e « Illustri Cremaschi. »
Barelli can. Vincenzo. Ponna in Valle d' Intelvi. — Como, Tipogr.
Ostinelli, 1888, in-8 gr., pag. 32, con 1 tav.
Estr. dal Periodico della Società storica comense, fase. 21-22.
BarofRo. Il dott. Comm. Giudici Vittorio, maggiore generale medico,
— In Giornale medico del R. Esercito e della Regia Marina,
anno XXXV, 10. — Roma, 1887.
Barone G. Manzoni reazionario e una lettera inedita di Luigi Set-
tembrini. — Napoli, A. Morano, 1887, pag. 21.
Lettera del settembre 1872 al prof. Amati , ora provveditore degli studi
in Novara.
[Belgiojoso Emilio]. Guida del Famedio nel Cimitero monumentale
di Milano. Edizione riveduta. — Milano, Giuseppe Galli, libraio-
editore, 1888, in-8 gr., di pag. XV-262 , con fotografia, pianta e
ili. nel testo.
Cfr. i Cenni bibliografici.
Bellio V. Di una carta nautica fatta a Messina nel 1553. — In Ar-
chioio storico siciliano, fase. 4**, 1887.
Nella Biblioteca Universitaria di Pavia.
Beltrami arch. Luca. Per la storia della costruzione del Duomo
Milano. Disegni inediti del 1390 (Dalla Raccolta Milanese, nu-»
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 157
meri di dicembre 1887 e gennaio 1888. — Milano, Tip. G. Va-
risco, 1888, in- 16, pag. 12.
[Bergamo]. Regolamento per la Biblioteca civica in Bergamo , ap-
provato dal Consiglio comunale nella adunanza 29 dicembre 1880
e modificato nella tornata del 23 settembre 1887. — Bergamo ,
Tip. Pagnoncelli, 1887, pag. 13, in-8.
— Vedi Lochis, Rajna, Yriarte.
Bernasconi sac. Bcddassare. Settanta documenti relativi all' insigne
collegiata di San Fedele in Ckjmo, — Como , Tip. Cavalieri e
Bazzi, 1887, in-8, pag. (8)-76.
Documenti che vanno dall'anno 1183 al 1452 con aggiunte illustrative del
can. V. Barelli e dell' avv. Cencio Poggi. — Pubblicazione fatta in ricor-
renza del giubileo papale. — Cfr. oltre i Cenjù hiografiei in questo Archieio,
il N. 1, 1888 della Cultura del Bonghi.
Bersezio V. Domenico Santorno , episodio della Rivoluzione di Mi-
lano (1848). — Milano, E. Sonzogno, pag. 190, in-16.
Ristampa. [Biblioteca romantica tascabile].
Berti Domenico. La Staol e Vincenzo Monti. — Nel Filotecnico, di
Torino, N. XI-XII, novembre-dicembre 1887.
Bertocci canonico Giuseppe. Repertorio bibliografico delle opere
stampate in Italia nel secolo XIX. Storia, voi. 3°. — Roma, Tip.
di Mario Armani, 1887, in-8.
Cfr. a pag. 273-400: « Italia Settentrionale.» Davvero che non compren-
diamo r utilità di quest' opera per gli studi storici. Trattasi di cenni biblio-
grafici di opere storiche, disposti senza un ordine cronologico od alfabetico.
Allato ad una pubblicazione di mole di questi ultimi anni un meschino opu-
scolo del 1820 o per li. E cenni non sempre critici, e brevi sbagli di nomi
d'autori: così Sa Zini a vece di Talini, Zucchini per Lucchini.
Bertolotti A. Curiosità storiche mantovane. — Nel Mendico, di Man-
tova, 1887-1888.
N. 22, 1887: Scampanate nelle nozze di vedovi [a Revere, nel 1480].
N. 1, 1888 : Un duello tra un Veronese ed un Forlivese nella piazza grande
di Mantova (1500).
N. 2: Una spiritata in Cavriana nel secolo XV (1492).
N. 3: Il marchese di Mantova regala due lioni alla città di Firenze (1489).
158 l-;iril.;()GiiAl-lA.
N. 4: Un caso biugolarissiiuo in Mantova nel principio del secolo XVI
[parto fenomenale nel 1509].
N. 5: Un duello mortale fra due Mantovani in Marmirolo nel secolo XVI
(1519).
N. 6 : Il marchese di Mantova vuole che i suoi sudditi stiano allegri e
ballino (1521).
Eertolotti A. Varietà arcliivisticlie e bibliografiche [dall' Archivio di
Mantova]. — Nel Bibliofilo, di Bologna, N, 11-12, 1887 e N. 1, 1888.
Sommario N. 11-12, 1887: La ricerca di un'edizione di Plinio tradotto
in Venezia nel secolo XV (1481). — La lettura dell'Asino d' oro d' Apuleio
(1481). — Commendatizia pel Filelfo [del marchese di Mantova al duca di
Ferrara, 10 luglio 1481. 11 Filelfo recavasi, come è noto, a Firenze]. — Altra
commendatizia per il poeta Nicodenio Folengo [mantovano , raccomandato
al cardinal di Genova, nel 1482]. — Il marchese di Mantova fa appello ai
dotti per avere epitaffi (1482). — Lettera di un traduttore dallo spagnuolo
e dal latino [del medico mantovano Vincenzo Buondi, 1561]. — La stampa
di Consigli legali in Venezia (1569). — Una traduzione del Trattato « del-
l'arte di montare e dirigere i cavalli» di Senofonte [traduzione di Evan-
gelista Ortense, offerta nel 1580 al duca di Mantova]. — Medico, storico,
orientaHsta [Pietro-Maria Minadoi, 1584]. — Un autografo dell'autore della
« Storia del mondo » [Cesare Campana, 1596].
N. 1, gennaio 1888: Un professore mantovano proposto all'Università di Fer-
rara [nel 1488, Anselmo del Mea]. — Un libro cosmografico ricercato (1494).
— Uno strambotto a versi retrogradi [del vescovo di Camerino Fabrizio
Varano, 1494]. — Le orazioni di Elio Aristide (1498). — Rappresentazioni
teatrali alla Corte di Mantova nei, primi anni del secolo XVI (1501).
Bertolotti A. Varietà storico-gentilizie [dall' Archivio di Stato man-
tovano,] — ISel Giornale Araldico, di Pisa, N. 7-8, gennaio e
febbraio 1888.
La nobile famiglia Mastini di Mantova (1624). — Un cavaliere di S. Giorgio
[Gabriele Bertazzolo, 1626].
Bertolotti A. Un valentissimo comico a servizio della Corte Manto-
vana. Nel giornale II Pensiero dei giooani, di Campobasso, n. '^,
16 marzo 1888.
Bartolomeo Raineri « primo innamorato col nome di .\urelio » nei co-
mici mantovani, che passa alla Corte di Francia (1685).
Bertolotti dott. Giuseppe. Illustrazione di un denaro d'argento ine
dito di Rodolfo di Borgogna, re d'Italia, coniato in Milano
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1 ".O
circa il 922-925. — Milano, stab. G. Civelli, 1887, in-8, pag. G,
con tavola.
Bianchi A. G. L'ultimo carnevale cavalleresco [nel 1G45, a Milano].
— In Illustrazione italiana, dei Treves , N. G, 29 gennaio 1888,
Bianchi A. G. I professori « di ballare » [nel Milanese]. — In Con-
ccrsa-ioni della Domenica, N. 7, 12 febbraio 1888.
Bignami dott. Fr. Di mons. Angelo Bei^ani-Dossena, vescovo coadiu-
tore nella diocesi di Lodi; orazione funebre detta addì 4 agosto,
1887, nella chiesa parrocchiale di Senna Lodigiano. — Codogno,
Tip. A. G. Cairo, 1887, pag. 29, in-8.
Becchi dott. Francesco. Rassegna bibliografica dell' opera del profes-
sore Gaetano Mantovani: «Il territorio Sermidese, ecc.» — In
Archieio Veneto, fase. 68 (1887), — Bergamo, 1887.
Bollettino storico della Svizzera Italiana. Anni IX e X — BelHn-
zona, C. Colombi, 1887-88.
Sommario N. 11-12, nov-dicembre : Le zecche di Mesocco e di Roveredo
[fine]. — L'architetto Adamini [f a Bengala nel 1756J. — Omicidi e ladro-
necci in Valle di Blenio nella seconda metà del quattrocento [fine], — Cu-
riosità di storia italiana del secolo XV, tratte dagli Archivi milanesi : Furti
'/di arredi sacri e reliquie in Lombardia. — Saggio intorno la famiglia Mo-
rosini [Notizie complementari alla genealogia, edita nel BoZZ. Sfor., 1885]. —
Notizie luganesi e bellinzonesi della 2* metà del secolo scorso [fine]. — Un trat-
tato di estradizione (del 1752, tra lo Stato di Milano e le Prefetture Svizzero-
Italiane]. — Varietà: La vera data della morte del Cicerejo [noto letterato,
norto in Milano ai 31 marzo 1596]. — Cristalli in Val Lavizzara (1627). —
suonatori girovaghi svizzeri in Roma (1775 e 1778). — Una partecipazione
funebre del secolo XVIII. — Un' indulgenza per la Leventina (1687). — Le
Tipografie del Canton Ticino dal 1800 al 1859. Serie alfabetica delle loro
.lizioni. [Lettera N, Napoleone — NicoliniJ. — Cronaca e Bibliografia.
N. 1-2, gennaio-febbraio 1888: Spinelli A. G. Di Anton Maria Borga
poeta del secolo scorso sul Bergamasco] — Battista e Gian Antonio Verda,
irciiitetti alla Corte di Savoia ed in Sardegna (1593) — In memoria del
adre Gian Alfonso Oldelli — Una lettera dell'arcivescovo di Milano per
1 Collegio di Ascona [del card. Pozzobonelli] — Liebenau dott. T. L' inon-
ìazione in Vallemaggia nell'anno 1648 — Rossetti J. Cappellanie scolastiche
! elle Tre Valli — Meyer p. Gabriele. Per la storia del Collegio dei Benc-
etlini di Bellinzona (1770) — Curiosità di storia italiana del secolo XV :
160 BIBLIOGRAFIA.
Marmi per S. Maria delle Grazie e per S. Celso di Milano (1492 e 1497) —
Filippo di Brisse Einsielden nel 1471 — Come si punivano a Milano i fal-
sificatori di gioie (1469) — I documenti svizzeri del periodo visconteo nel-
l'Archivio di Stato di Milano [1356-1425] — Tariffe mediche nel secolo pas-
sato — Le Tipografie del Canton Ticino ecc. [lettera O] — Varietà : I
Ruggia di Morcote in Sicilia nel quattrocento — Il vescovo di Como a
Bellinzona nel 1417 — Un' operaz;ione chirurgica riuscita fatale ad un
mastro da muro bellinzonese in Milano (1544) — Luganesi in prigione a
Milano nella seconda metà del quattrocento — Cronaca : Pompe da fuoco
svizzere a Milano nel secolo scorso (1738).
Bonaventura (p.) da Sorrento. Il mese di San Pietro ricavato dalla
vita e dagli scritti di Torquato Tasso, ossia Torquato Tasso e i
Papi , con appendici storiche e poetiche. — S. Agnello di Sor-
rento, Tip. all'insegna di S. Francesco d'Assisi ,1887, pag. 178,
in-8, fig.
Per le nozze d' oro di papa Leone XIII.
Bottini dott. Enrico. Elogio di Luigi Porta . Orazione letta all' aper-
tura dell'anno clinico 1887-88. — Milano, Ditta dott. Francesco
Vallardi, 1887, pag. 23, in-8.
[Brescia]. Codice necrologico-liturgico del Monastero di S. Salvatore
o S. Giulia in Brescia , trascritto ed illustrato da A. Valcntini ,
pubblicato dall' Ateneo di Broscia. — Brescia , Tip. Apollonio .
1888, pag. 328, in-4, con 4 tavole.
[Brescia]. Eusebio. Concordanze dei Vangeli : codice queriniano illu-
strato da Andrea Valentini, pubblicato dall'Ateneo di Brescia. —
Brescia, tip. Apollonio, 1887, in-8, pag. (6)-44, con 56 tavole.
Brescia. Vedi Cassa, Commentari, Compendio, Gaillcmaud , Pao-
lucci.
Brown Horatio F. Venetian studies. — London, Kegan Paul, Trench
and C.°, edit., 1887, in-8.
.Cfr. i capitoli: «The Carraresi» (pag. 90-144) e «Carmagnola, a sol(j
of Fortune» (pag. 145-177). [Pel Carmagnola nessun nuovo documento].
Brun Cari. Der Anonymus in der Akademie der schonen Kunst
zu Vencdig. — In Repertorium fiir Kunstirisscnscha/t, voi. XI
fase. II (1888).
DOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 161
Acquistato nel 1810 dal pittore Giuseppe Bossi [cfp. : Areh. Stor. Lom-
bardo, V, 1878, pag. 287-88], e morto lui, nel 1815, passato all'Accademia
di Venezia, per compera fattane dal Cicognara.
Buonanno G. In mcmoriam. Prof. Luigi Zapponi bibliotecario della
R. Università di Pavia — In Ricista delle Biblioteche, di Fi-
renze, anno I, 1888, mira. 1-2, gennaio-febbraio.
Calmo Andrea. Le lettere riprodotte sulle stampe migliori , con in-
troduzione ed illustrazione di Vittorio Rossi. — Torino, Ermanno
Loescher editore, 1888, pag. CLX-503, in-8.
Di quest' importante pubblicazione , altri discorrerà abbondantemente in
. lesto Archicio. Noi ci limitiamo a segnalare l'importanza delle Appendici
annesse alle Lettere, specie la 1* e la III: «Di un motivo della poesia bur-
' sca italiana nel secolo XVI » [il mal francese] , e « Balli e canzoni del
;olo XVI > [cfr. pag. 371-397 e 411-445].
Calvi Felice. La filosofia contemporanea e le lezioni di Ausonio
Franchi: studio. — Milano, Tip. Bernardoni, 1887, in-8, pag. 20.
Caneva G. Cenni storici o dati statistici delia guardia ostetrica di
Milano. — Nel Morgagni, N. 11 (1887).
Canini F. Gerolamo Morene. — In Letture per le Giooinette, di Ge-
nova, voi. X, fase. II, 15 febbraio 1888.
Canonica Luigi (L' architetto). Il prof. Giacomo Mercoli. — Nella
rivista Patria e Progresso, di Bellinzona, N. 1, 31 gennaio 1888.
Cenni riprodotti, senza aggiunte, dai « Racconti ticinesi », del prof. Giu-
seppe Curti , stampati già nel 1866. — (Bellinzona, Colombi).
Cantù C, Relazione della Commissione giudicatrice del concorso al
premio istituito dai signori fratelli Branca sul tema : « Intorno
alla credenza della vita ipercosmica in relazione ai costumi mo-
rali dei popoli. » — Milano, Tip. Galli e Raimondi , 1887 , in-8 ,
pag. 12.
Carcano Giulio. Vedi Howclls, Paglicci e Sacerdote.
Cardano Gerolamo. Vedi Asturaro.
Carmagnola] Sulla decollazione di Francesco Bussone conte di Car-
magnola. Lettera di Giuseppe Bastelli a Francesco Paolo Costare.
Arch. Stor. Lotnb. — Anno XV. 11
162 BIBLIOGRAFIA.
— Cesena, Tip. Nazionale di G. Vignuzzì , 1887, pag. 157,
in-8.
L'A. è per il tradimento del Carmagnola.
— Vedi Brown.
Casati d.r Carlo. Dipinti a fresco della cappella della regina Teodo-
linda nella Basilica di Monza e il loro restauro. (Pubblicato nel
dicembre 1887 nell' Appendice della Raccolta Milanese). — Mi-
lano, Tip. Giov. Varisco, 1888, pag. 12, in-8 piccolo.
Cassa A. Funerali, pompe e conviti : escursione nel vecchio Archivio
Municipale (di Brescia). — Brescia, Stab. Unione Tipografica, 1887,
in-8, pag. 395.
Castaldi Parafilo. Con ili. — In Bollettino bibliografico illustrato,
dello Stabilimento Sonzogno in Milano, anno V, N. 14, 1887.
Gli oramai stranoti documenti dell'Archivio di Milano, pubblicati qui
senza alcuna nuova informazione e colla solita falsa asserzione che il Ca-
staldi « scopri i caratteri mobili e che partecipò la invenzione meravigliosa
;i Giovanni Faust in Magonza»!... [cfr. : Boll. Bibliogr., 1886, pag. 1001].
Catalogne dos actes de Francois I. Tome I (1"" janvicr 1515 — 31 dé-
combre 1530). — Paris, impr. Nationale, 1887, in-4, pag. 738.
Celani E. Un improvvisatore romano [il Gianni]. — Nel Capitan
Fracassa, di Roma, N. 285, 10 ottobre 1887.
Ceretti sac. Felice. Giovanni di Francesco Pico. Memorie. — In
Atti e Memorie della R. Deputazione di^ Storia Patria per lo Pro-
vincie Modenesi, serie III, voi. IV, parte II (1888).
Con 5 documenti inediti dell' Archivio Gonzaga in Mantova (1422-1448) e|
relazioni dei Pico coi Gonzaga.
Cermenati Mario. La Valtellina ed i naturalisti : memoria bibliogra-j
fica. Fase. I (Capitolo I : Generalità). — Sondrio , Stal)ilimentc
Tipografico Emilio Quadrio, 1887, pag. 61, in-8.
Ceruti dott. A. Il rito ambrosiano nella festa della Ss. Annunziai
Quaresima: Ricerche storiche e considerazioni. — Milano, T%
grafia Luigi Marchi, 1887, pag. 175, in-8.
1. Messali, breviari ed altri codici liturgici anteriori al secolo XVI|
li. Altri codici rituali; evangeliari, lezionari , libri corali di canto, brcvia?
nOiXETTINO DI BfBLlOGKAFIA STORICA LOMBARDA. 1G3
— III. Ristaurazione del rito per opera di Carlo; concili e scrittori eccle-
siastici. — IV. Dei giorni aliturgici quaresimali. — V. L'istituzione anni-
ersaria del card. Casati. — VI. Obbiezioni avversarie e risposte. — VII. Ric-
{lilOgO.
Chéruel A. Rùle politique de la princesse Palatine (Anno de tion-
zague) pendant la Fronde en 1651. — In Sd-ances et travaux de
VAcademie dcs sciences morales et polUiques, gennaio-febbraio 1888.
Chirtani Luigi. Cose d' arte. — In Illustrasione Italiana, dei Trevcs,
N. 11, 4 marzo 1888.
Brevissime informazioni giornalistiche. [Sventramenti in Milano; il Bro-
etto vecchio, gli uffici del Tesoro, il conte Carmagnola e il Museo archeo-
logico. — Sifilicomio tra chiesa e giardino. — La cappella della regina Teo-
dolinda in Monza. — La Certosa presso Milano].
Cimone. La Tipografia Elvetica. — Nel Capitan Fracassa, di. Roma,
X. 168, 19 giugno 1887.
Commentari dell' Ateneo di Brescia, per 1' anqo 1887. — Brescia,
Tip. F. Apollonio, 1887 [1888], in-8, pag. 303,
Contenuto: Fé d'Oaiiani Luigi. Brescia nel 1796: Cap. V-VII [I feuda-
ari ed i buli ; La diocesi ed il clero; La politica di Venezia nel 1796]. —
.\'osa Gabriele: La legge comunale e provinciale per Tltalia. — Arcioni
Luigi : Ricerche intorno al palazzo del Comune di Brescia : « La Loggia. »
— Villagana CarloMartinengo : L' Anfiteatro morenico d' Iseo nel periodo
.laciale. — Bettoni Cassago Francesco :' Storia di Brescia narrata al popolo :
L' età preistorica. — Rissini Prospero : Tomba romana recentemente sco-
perta presso Brescia. — Sugli statuti della nostra Accademia : Studio, per
Eugenio Bettoni. Il sacco di Brescia nel 1,512, narrato in un vecchio opu-
scolo pochi giorni dopo 1' avvenimento , per Filippo Garbelli. — » Engarda ,
leggenda bresciana medioevale ; dramma in versi , per Santo Casasopra.
Como e Valtellina. Vedi Arte e Storia, Barelli, Baroffio , Berna-
sconi, Cetani, Cermenati , Cimane, Fagnics, Land, Malagrida,
Periodico, Rioista numismatica, Saragat, Torelli, Wierzboicski.
Compendio della vita , moi*te e miracoli del venerabile servo di Dio
il padre fra Lodovico da Breno, minor riformato, della provincia
di Brescia, pubblicato per cura di fra Costantino da Valcamonica.
— Brescia, Tip. Istituto Pavoni, 1887, pag. XVI-67, in-16.
Corvisieri C. Il tiùonfo romano di Eleonora d' Aragona nel giugno
del 147.3. — In Arcìncio della R. Società Romana di Storia
164 BIBLIOGRAFIA.
Patria, voi. X, fascicolo III IV, 1887. [Cent, vedi voi. I, pag. 475
e seg.].
Eleonora d'Aragona passava sposa negli Estensi dopo sciolto il matrimonio
stipulato con Sforza Maria Sforza, figlio di Francesco, e Duca di Bari (1-172).
In questa seconda ed ultima parte dello studio del Corvisieri sono conte-
nute alcune notizie per Giovanni Visconti d' Oleggio [cfr. : pag. 631], e per
la vedova sua Antonia Benzoni, di Crema [cfr. : pag. 632-634].
Costa de Beauregard (marquis). La jeunesse du roi Charles Albert.
— Nel Corrospondantj, di Parigi, n.'"' del 25 novembre e 10 di-
cembre 1887, 10 e 25 gennaio, e 10 e 25 febbraio 1888,
Courajod L. Quelques sculptures en bronze de Filarète. — In Ga-
iette archcologique, n^ 11-12, 1887.
Crema. Vedi Barbieri.
Cremona. Vedi Arte e Storia, Buonanno e Sacchi.
Cristoforo Colombo studiò in Paoia. — Pavia, Succ. Bizzoni , 1887^
pag. 12, in-16 [Estr. dal Corriere Ticinese, 1887, N. 136].
Ai molti recentissimi scritti dell' Harrisse , del Varaldo , dello Staglienn
e d' altri (elencati nel Giornale Ligustico) aggiungiamo i seguenti meno
noti: l.** Geleich Eugen. Columbus-Studien (in « Zeitschrift der Gesellschaft
fùr Erdkunde» di Berlino, voi. 22", fase. S"", 1887); 2." Buet. Les Collabo-
rateurs de Christophe Colombo (in Recue du monde latin , ottobre 1887).
3." Las cartas que escribiò Cristóbal Colon sobre el descubrimiento de Ame-
rica y Testamento que hizo à su muerte (Paris, Imp. Bouret, 1887, pag. 190,
in-12) e 4.*^ Harrisse H. Christoph Colombus in Orient (in Centralblatt filr
Bibliothekwesen, fase. 3**, marzo 1888).
Deecke W. lahresbericht ùber die italischen Sprachen, auch das
Altlateinische und Etruskische, fur die Jahre 1883-1885. — In
Jahreshericht ilher die Fortschritte der classischcn Alterhums-
icissenschaft, di Berlino, 13* annata, voi. XLIV.
L'A. tien conto fra altro delle pubblicazioni del Nissen [« Italische Lan-
(leskunde »], dello Csórnig [« Die alten Vòlker Oberitaliens »] (1), del PauUÌ
f « Altitalische Studien »], del Bugge [« Etruskische Forschungen »] e d'altre]
dì Vittoria Poggi, d' Elia Lattes, ecc. — [Vedi Rie. stor. ital. , IV, 1887,1
pag. 854].
(1) Il Pauli annuncia l'opera dello C/urnig nella Neue riiilologisehe lìundsehau A
di Gotha [1887, N. 17] come lavoro da dilettante. —Nella Deutsche Litteratur Zeitunt/A
di Berlino [N. 52, 1887] cenno critico del Bresslau intorno all' opera del Galanti. ]j
I
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 165
Delaborde H. Francois. L'expódition de Charles Vili cn Italie. Hi-
stoire diplomatique et militaire. Ouvrage publió sous la direction
et avec le concours de M. Paul d'Albert de Luynes et de Chevreuse,
due de Chaulnes. Illustrò de 3 photogravures, de 2 chromolitogra-
phies, de 5 planches tirées à part et de 138 gravures dans le
texte. — Paris, Firmin Didot, 1888, in-4, pag. VIII-699.
Ne riparleremo.
— Vedi AntoUnì.
Delarc (l'abbé). Le pontificai d'Alexandre II. — In Reoue des quc-
stions historiqucs, V gennaio 1888.
Cfr. il cap. II , a pag. 40 e seg. : « Troubleé de l'église de Milan — Les
Patare8>, (1066-1073).
De Palo Michele. Bricciche Virgiliane. — In Rassegna Pugliese, di
Trani, N. 3, 22 febbraio 1888.
Contro gli (( Studi Vergiliani » del Patrizi (Perugia, 1887).
Deutsche Reichstagacten unter Kónig Ruprecht: 3.<« Abtheilung
1406-1410. Herausgegeben von Weiszàcker. — Deutsche Reichstag-
acten unter Kaiser Sigismund : 3.'e Abtheilung 1427-1431. He-
rausgegb. von Dietrich Kerler. — Gotha, F. A. Perthes, 1887-88,
2 voi. in-4.
Pel periodo dell' imperatore Sigismondo cfr. altresì : Finke H. Papst
«regor XII und Konig Sigismund im Jahre 1414 [in Rómisehe Quartal-
ehrift far rhristUche Alterthumskunde, anno I, fase. IV, 1887] e Reiffèr-
ìeheid. Des Kaiser Sigismund Buch von Eberhard Windeck und seine
leberlieferung [in Nachrichten con der klg. Gesellscha/t der Wissen-
thaften, di Gòttingen, 18S7, N. 18].
iarii (I) di Marino Sanuto. Tom. XXII, fascicolo 99 [aprile 1516 —
17 giugno 1516]. — Venezia, Tip. Visentin!, V febbraio 1888, in-fol.
da pag. 130 a pag. 303
He Kirche S. Maria dei Mir.\cou in Venedig [dell'arch. Pietro Lom-
bardo]. — In Centralblait far Bauoenealtung, N. 51, 1887.
Hez F. Etymologisches Wórterbuch der romanischen Sprachen. Mit
einem Anhang von Aug. Scheler. — Bonn, Marcus , 1887 , pa-
gine XXVI-866, in-8 gr.
166 BIBLIOGRAFIA.
Dionisi G. B. Ruggero Giuseppe Boscovich nel primo centenario della
sua morte. — In Siudi ed Atti dell' Accademia ecclesiastica Mo-
denese di S. Tommaso d'Aquino di Modena. II, 5, 1887.
Discorso letto nel seminario di Zara, il 13 febbraio 1887. [Cfr. Boll. Bi-
bliogr., 1887, pag. 859].
Dionisotti Carlo. Le famiglie celebri medioevali dell'Italia Superiore.
— Torino, L. Roux e C, 1887, pag. 16-183, in-8.
Gap. II: Gli Arduini di Pavia. — Gap. Ili: I marchesi di Romagnano e
i conti di Biandrate. — Gap. VI: I conti d'Asti. — Gap. VII: § I. I conti
di Lomello. — Gap. VIII: La famiglia dei Ghisalberti. — Gap. X : I conti di
Lecco. — Gap. XI: I conti di Seprio. — Gap. XII: I conti di Staziona. —
Gap. XIII: (ultimo) Il contado di Pombia.
Documenti relativi al processo di P. Paolo Vergerlo, vescovo di Capo-
distria. — Nella Prooincia delV Istria, anno XXI, N. 19.
— Vedi Boll. Bibl, 1887, pag. 859.
[Duomo di Milano]. Die erste Wettbewerbung fiir die Mailiinder
Domfacade. — In Ccntralblatt fi'i" Bauoerwaltung, N. 50 (1887).
[Duomo di Milano]. Ueber das Resultai der Vorconcurrenz fiir die
Mailandischo Domfacade. — In Wochenschrift des ocsterr. Inge-
nieur und Architekten Vereins, di Vienna, N. 52, 30 dicembre 1887.
Resoconto delia conferenza del prof, Schmidt, 26 novembre 1887.
[Duomo di Milano]. Die Neugestaltung der Maildnder Domfassade.
— In Deutsche Bauseitang, N. 14 e 15 (1888).
[Duomo di Milano]. Roconstruction do la Fa<^ade du Dòme de Milan.
Nel giornale La Constructlon moderne, di Parigi^ N. 13 e 14 ,
7 e 14 gennaio 1888.
Traduzione francese della Relazione dell' arch. Boito al Giuri , accompa-
gnata dalla riproduzione in eliotipia di quattto progetti di Rodolfo Dick,
Edoardo Deperthes, Luca Beltrami e Giuseppe Locati e del disegno del
Gampanile progettato dal Beltrami a riscontro dell' Arco d' ingresso della
Galleria V. E.
— Vedi Beltrami.
Du Rhóne au Pò et viceversa, étude militaire. — Limoges et Parisji^
impr. Charles Lavauzelle, 1887, in-18, pag. 14L
— Vedi Perrin.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. ìG'
Fagniez G. Lo pére Joseph et Richelieu. La próparation de la rup-
turc ouverte avec la maison d'Autriche (1632-1635). — In Rcciie
historiquc, mars-avril 188S [vedi cont. n." prec.].
Per gli affari di Mantova , Valtellina e Grigioni. Con documenti inediti.
clV. pag. 287-292.
Feichenfeld (F.). De Vergilii Bucolicon temporibus. Diss. inauguralis
philologica. — Berlin, Mayer & MuUer, 1887, pag. 18, in-8 gr.
A questa dissertazione Virgiliana sarà bene aggiungere i seguenti pro-
grammi di scuole ginnasiali dell'Austria:
Matijecic N. Disputantur non nulla de Aeneide Virgiliana [Progr. Gin-
nasio di Ragusa] — Siegel E. Die « Nomina propria > mit besonderer Be-
rùcksichtigung der griechischen Formen in der Aeneis [Progr. Ginnasio di
Budiceis]. — Lechthaler J. Die Darstellung der Unterwelt bei Homer, Odyss.
XI und Virgil, Aen. VI; das Verhaltniss Virgils zu Dante: dell'Inferno
[Progr. Ginnasio di Merano].
Ferrari Sante. Sordello : lettura fatta all'Accademia Virgiliana di
Mantova nella prima domenica del giugno 1887. — Mantova ,
Mondovi, 1887, pag. 37, in-8.
Dagli A<<t dell'Accademia Virgiliana [cfr. Boll. Bibliogr., 1S87, pag. 850].
Foscolo Ugo. Vedi Howells, Morsolin, Race. Milanese, Ugoletti.
Frey Ernst. Ein Stùck deutscher Geschichte und Italien im Jahre 1818.
Eine Studio. — Dresden, von Grumbkow, 1887, pag. 75, in-8 gr.
CtV. altresì : Strats Rudolph. Die Revolutionen von 1848 und 1849 in Eu-
ropa geschicbtlich dargestellt. l'è- Theil (in-8. — Heidelberg , Cari Winter's
Universitatsbuchlandlung, 1888) e Zótl. Die erste Tiroler Scharfschùtzen
Compagnie vom Jahre 1848. — (Insbruck, Wagner, 1887, in-8 piccolo).
Frizzoni Gustavo. Zur Stuttgarter Gemàldegallerie . — In Kunst-
chronik, di Lipsia, N. 21, 1" marzo 1888 e prec.
Quadri di Palma Vecchio, Cesare da Sesto.
Gabotto Ferdinando. Giason del Maino e gli scandali universitari
nel quattrocento. Studio. — Torino, La Letteratura, 1887, pa-
gine XVIII-304, in-8.
Se ne riparlerà (1).
(l) Per difesa personale. — Il sig. Gabotto a pag. 30^ del suo « Giasone » inveisce contro
•ii noi, trattandoci d'ignoranti, maligni e peggio per avere osato scrivere in un prece-
«ion'e fascicolo di questo Arehicio (1887, pag. (507) — a proposito della sua Bibliografia
168 BIBLIOGRAFIA.
Gabotto F. e Badini A. Atto di morte di Giorgio Menila. — In La
Letteratura, di Torino, 15 febbraio 1888.
Gabotto F. La personalità politica di Gerolamo Morene. — In Gaz-
setta Letteraria, di Torino, N. 4, 28 gennaio 1888.
A proposito del libro del Gioda sul Morene, leggesi una recensione, troppo
laudativa, del prof. Romano, nel Corriere Ticinese, di Pavia, N. 28 , 6
marzo 1888.
Gabrieli Andrea. Curiosità manzoniano. Spigolature. — Napoli, A. Mo-
rano, edit., 1888, pag. 151, in-16.
Gabrielli Annibale. Un episodio della « Gerusalemme » recato su la
scena. — In Cassetta Letteraria, di Torino, N. 10, 1888.
Garibaldi Denkmàler in Oberitalien. Nella liunst Chronik, di Lipsia ,
N. 14, 12 gennaio 1888.
Cfr. r articolo d'egual titolo, eccessivamente sarcastico, di Roberto Stiassug,
nell'Appendice della Neue Freie Presse, di Vienna, del 5 novembre 1887.
Garibaldi. Memorie autobiografiche. — Firenze, G. Barbèra, 1888, in-lG.
Ne discorsero, tra altri, R. Bonfadini nelV Illustrazione italiana, di
Milano, N. 11 , 4 marzo 1888 [«Giuseppe Garibaldi e le sue memorie»] ,
P. Valbert nella Recue des deux Mondes, 1" marzo 1888 [« Les Mémoiro^-.
de Garibaldi », pag. 202-213] , Karl Blind nella Contemporary Reciea ..
marzo 1888, Edoardo Rod nella Nouvelle Recue (1 marzo, 888) e Jack la
Bolina nella Rivista Contemporanea, di Firenze (N. 3, marzo 1888.) —
Ctr. altresì la Nuova Antologìa {V marzo
Gazzetta Numismatica, diretta dal dott. Solone Ambrosoli, anno VI.
— Como, Franchi, 1888, N. 12.
Sommario : Rossi Umberto. La patria di Sperandio. — Motta Emilio. Do-
cumenti numismatici [Maffeo da Givate, maestro della Zecca di Desana (1525).
Giasoniana comparsa nel Bibliofilo — che a quel saggio ricco di 34 opere edite in più
e più edizioni noi eravamo già in grado di aggiungerne due dell' anno 1498, per la prima_
parte dell' Inforzìato e la seconda del Digesto vecchio. Se il signor Gabotto si fos
data la pena di interpellarci direttamente, anziché d'insolentire dopo, noi gli avremmi
esibiti più che volontieri i documenti a prova del nostro asserto, documenti che vedranno
la luce in un nostro lavoro sulla tipografìa milanese nel quattrocento, e ch'egli non po-
teva di certo scoprire così subito nell'Archivio di Stato milanese, dove, per uno studio
così importante come quello intorno al del Maino, egli non soggiornò che la parte
tre giornate! Ma il signor Gabotto, che di presunzione non manca, dà facilmente de
r ignorante a chi non la pensa a suo modo.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 169
— Il marchese Rolando Pallavicini falsifica monete tedesche, genovesi e sa-
voine (1452). — Ritrovo di monete e medaglie sul Novarese nel 1460. —
Casse di ferro per custodia dei denari del Duca di Milano (1469 e 1473). —
Rame della Zecca milanese per la fusione di una campana del Duomo di
Milano (1477).] — Rassegna bibliografica [di Umberto Rossi ^ intomo al
r opera del Plon : « Leone Leoni , ecc. »]. — Notizie : La Raccolta Ambro-
soli [donata al Musco Civico .\rcheologico di Como (1)].
Gianandrea Antonio. Il palazzo del Comune di Jesi. Monografia, con
disegno di Guido Landi. — Jesi , Stab. Tipo-litogr. U. Rocchetti ,
1887, in-4, pag. 54, con 5 tav.
Cfr. gli Appunti in questo Archicio.
Giornale di Erudizione , diretto da Filippo Orlando. — Firenze ,
Bocca, 1887.
N. 5-6, dicembre 1887 e 7-8, gennaio 1888: Torquato Tasso [richiesta di
documenti, fonti, ecc., intorno al poeta, da parte di Angelo Solerti, occu-
pato a tesserne la vita documentata]. — Menechino [Risposte circa la do-
manda fatta nel N. 1, cfr. il nostro Boll. Bibliogr. , 1887, pag. 862]. —
Armeria Uboldo [risposta di E. Mottà\. — Biblioteca rara del Daelli [Elenco
fornito da B. M.] — Ribliografia Giordaniana [aggiunte di Emilio Costa a
'luanto già pubblicato nel cessato Giornale dei curiosi^ — Giorgio Merula
e le sue polemiche [notizie chieste da F. Gabotto per un suo lavoro intomo
a quel letterato] — Gli amori di Carlo Gonzaga, duca di Mantova e della
contessa Margherita della Rovere [libro pubblicato sotto il nome di Giuho
Capocoda, ma da taluni attribuito a Gregorio Leti. È stata definita la que-
sstione ?] — Università italiane [bibliografìa] .
[Gonzaga]. Il Parentado fra la principessa Eleonora de' Medici e il
principe don Vincenzo Gonzaga, e i cimenti a cui fu costretto il
detto principe per attestare come egli fosse abile alla generazione :
documenti inediti , tratti dal R. Archivio di Slato di Firenze ,
voi. I-III (ultimo). — Firenze, Giornale di Erudizione, edit. 1887-88,
pag. 1-292.
Bibliotechina grassoccia , edita da F. Orlando e G. Baccini , N. 5-7
;cfr. : Boll. Bibliogr., 1887, pag. 879-90].
— Vedi ArmeSy Chéruel, Molinier, Neri, Ricci.
(i) Alla Gazzetta numismatica di Como è subentrata in Milano sotto la direzione del
medesimo dott. S. Ambrosoli la Rivista italiana di numismatica della quale più avanti
si esiljisce il sommario del primo fascicolo.
170 niBLIOGRAFIA.
[Griflfìni]. In memoria del Dott. Cavaliere Romolo Griffini. — Milano,
Tip. Bernardoni, 1888, pag. 86, in-8, con ritr.
[Guastalla, Col.]. Relazione alla Onorevole Giunta Municipale di Mi-
lano, 28 dicembre 1887 (per .1' acquisto deW Archioio Bcrtani). —
Milano, Tip. Bernardoni, 1887, pag. 12, in-4.
Guillemaud Jacques. Los inscriptions Gauloises. Nouvel essai d'in-
tcrprétation. [III. Inscription de Voltino (cont. e fine num. proce-
dente). — IV. Inscription de Verone]. — In Reouc Archéologiquc ,
novembre-dicembre 1887.
Cfr. ; Bollett. Bibliogr.. 1887, pag. 863.
Guyard de Berville. Histoire du chevalier Bayard, sans peur et sans
reprocho. 8^ edit. — Paris et Lille, Lefort, 1887, in-12, pag. 191
et grav.
Hardy de Perini, Etudes militaires historiques : Bayard (1495-1524),
2"^ edit.. — Paris, Impr. Baudoin et C.'« , 1887, pag. 84, in-8,
con 29 fig. e ritratto.
Horawitz A. Zur Geschichte des Humanismus in den Alpenlàndern.
II. III. — Wien, Gerold Sohn, 1887.
Cfr.: Boll. Biblogr., 1886, pag. 487.
Howells William D. Modem Italian Poots. Essays and Versions. — -
Edinburgh, David Douglas, 1887, in-8.
A pag. 25-50 : G. Parini ; pag. 102-126 : Vino. Monti ed Ugo Foscolo (con
ritratti), pag. 126-174: A. Manzoni (idem); pag. 175-195: Silvio Pellico,
T. Grossi , L. Carrer e Gio. Berchet (con ritr. del Grossi) ; pag. 360-368 :
G. Carcano, A. Fusinato e L. Mercantini.
Ilg Albert. Eine Biistc des Girolamo Fracostero und die Werk%
Leone Leonis in der kaiserlichen Kunstammlung. — In Ja/ir-j
huch der kunsthistorischen Sammlungen des allerhóchsten Kaiser-
haiises etc, voi. V. — [Wien, Adolf Holzhausen, 1887].
Due ritratti di Carlo V e uno della regina Maria di Ungheria.
Illmann Ph. De Tibulli codicis Ambrosiani auctoritate. Diss. inai
guralis. — Berlin, Mayer A Miillcr, 1887, in-8 gr., pag. 85.
1! M.i.i: I riNi) DI BiBLlO<;i; \i !A sroinrA : a. 171
Inama prof. Virgilio, rimmomoi aziono del Comm. Bernardino Bion
delli. — In HeiuUronti dell' Istituto Lombardo , voi. XXI , fasci-
colo I, 1888, pag. 2G-51.
Con r elenco di 38 pubblicazioni a stampa del Biondelli.
Indicatore (I/) Mirandolese. — Mirandola, Tip. Cagarelli , N. 2,
febbraio 1888.
11 sac. Ceretti, discorrendo del rettore dell'Università di Bologna, Lodo-
vico de' Pedocca della Mirandola (U90), riporta il documento milanese da
noi edito in questo Arch. Storico (1887, pag. 839), a proposito della recen-
sione dell'opera del Malagola : « I Rettori dell'Università di Bologna.»
Intra G. B. La Camilla di Virgilio e la Clorinda di Torquato Tasso:
memoria. — Mantova, Mondovi, 1887, pag. 17, in-8.
Dagli Atti dell' Accademia Virgiliana [cfr. : Boll. Bibliogr. , 1887 , pa-
gina 850J. — Anche in La Flora del Mincio, n} 5, 6 e seg., 1888.
Intra Giambattista. II sacco di Mantova. Romanzo storico. 4* edi-
zione riveduta ed ampliata. — Mantova, Stab. Tip. Eredi Segna,
1888, in-lG, pag. 388.
Estratto, sebben non avvertito, dal giornale mantovano II Mendico. — Nel
medesimo foglio [N. 4, 1S8S] è principiata la ristampa dell'altro racconto
storico dell' Intra : La Della Ardiszina.
Intra Q. B. Vergilio o Virgilio? — In La Flora del Mincio, di Man-
tova, anno li, X. 3 (1888).
— Vedi Arte e Storia.
Leonardo da Vinci. Vedi Archicio Storico dell' Arw , Phillimorc ,
Y riarte.
Leoni Leone. \'odi lUj.
Lettere inedite di Giuseppe Torelli a Massimo d' Azeglio. — Nella
Rassegna Xa^ionalc, di Firenze, N. 1 e Kì gennaio 1888.
33 Lettere dal 1S51 al IS65.
Lettres de Louis XI. Tome III publió par MM. Vaesen et Charaoay.
[Publications de la Société de l'histoire de Franco]. — Paris, 1888.
Comprende <iuesto volume le lettere dal 1465 al 1469, molte delle quali
indirizzate al duca di Milano. — Per l'epoca di Luigi XI e Luigi XII con-
sultare anche: lì. de .Matilde: La mère de Louis XII: Marie de Clèves,
172 BIBLIOGRAFIA.
duchesse d'Orléans», in Reoue hisforique , I, 1888; Baet Charles. Lcs
raensonges de l'histoire : Louis XI et l'unite frangaise etc. (Lille-Paris, Lefort,
in-8, pag. 299), e Zeller B. et A. Luehalre: « Louis XI et la maison de
Bourgogne » — (Paris, Hachette, 1887, pag. 187, in-16).
Liebenau doct. Th. Dio projectirte Miinzlvonvention zwischen Trivulzio
und den Waldstàtten (1516). — In Bulletin de la Socicté suisse
de Nutnismatique, di Basilea, N'. 10-11, 1887.
Lochis conte Carlo. Un patrizio bergamasco conte palatino e colon-
nello al servizio di S. M. il Re Cristianissimo. [Estratto dal Notizie
Patrie, 1888]. — Bergamo, Tip. Pagnoncelli, 1888, in-24, pag. 155.
Il conte Galeazzo Boselli, decapitato a Milano nel 1705. — Cfr. la Biblio-
ijrajia in questo Archwio.
Lodi. Vedi Agnelli, Almanacco Laudensc , Arch. storico Lodigiano ,
Arte e Storia, Bignami.
Lund T. W, M. Como and Italian Lake-Land, — London , W. H.
Alien e C.°, 1887, in-8 ili., pag. IX-515.
Di questa guida consacrata specialmente alla storia ed all' archeologia
della Lombardia , e con taluni particolari curiosi od interessanti , diamo a
miglior cognizione del lettore 1' elenco dei capitoli :
Pontresina to Varenna — Varenna — The conventional Round of the
Lake of Como — Isola Comacina — Isola, Madonna del soccorso and Lenno
— Cadenabbia — Menaggio — Gravedona — The Cainallo Pass — Pian
di Tivano and Val Assina — Villa Pliniana and Torno — Val Intelvi and
Monte Generoso — Como — Saronno — S. Pietro di Givate — Bergamo
— Lakes of Iseo and Garda, and Brescia — Milan — S. Ambrose — Leo-
nardo da Vinci — Carlo and Federico Borromeo — The Cathedral (of Milan)
— The Heart of Milan — The Ambrosian Library — The Brera Picture
Gallery — The Archaeological Museum — Poldi Pezzoli Museum, Palazzo
Melzi, and S. Maurizio — S. Ambrogio — S. Maria delle Grazie — A
ramble in Milan — Chiaravalle — The Certosa of Pavia — Lugano and
Varese — Lago Maggiore — Orta — Varallo — Vercelli and Novara.
Delle incisioni notiamo la Vergine col Bambino del Luini , a Brera, il
ritratto della principessa Cristina Trivulzio , Medea Colleoni, a Bergamo, e
Gaston de Foix, al Museo archeologico di Brera ; e schizzi di arcat^
S. Gottardo di Milano e di decorazioni alla Certosa di Pavia.
Mackail I. W. Virgil in cnglish Verse. — In Macmillan' s Magasi
gennaio 1888.
Aggiungi: Sir C. Bomen's Translation of Virgil neìV Atlienaeum, n. 31^
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 173
Mcigenta prof. C. Studi su Ennodio. — In La Letteratura, di Torino,
N. 2, 15 gennaio 1888.
Favorevole all'opera del sac. Magani su Ennodio. — (Pavia, Fusi, 3 voi ).
[Malagrida]. \5n monumento al Padre Malagrida. — In Cieiltà Cat-
tolica, quaderni 901, 904 e 906 (1888).
Malamani Vittorio. Il Leopardi e l'Austria. — Nella Cronaca Rossa,
di Milano, N. 19, febbraio 1888.
A proposito della Cansone ad Angelo Mal.
Manfredi C Saggio di storia reggimentale. — In Ricista militare
Italiana, di Roma, disp. 9 , settembre 1887.
Il 1** Regg.** fanteria nelle campagne 1859 e 1860-61.
"Mantova] . Cuspide di selce del Mantovano. — Ascia di bronzo ad
alette del Mantovano. — Nel Ballettino di paletnologia italiana,
di Parma, anno XIII , N. 11-12, novembre-dicembre 1887, pa-
gine 205-206.
Dal « Territorio sermidese, ecc. » del prof. Mantovani.
[Mantova]. Die Eimveihung des Denkmals oesterreìchischer und fran
zòsischer Krieger bei Mantua. — In Allgemeine Militar Zeitung,
n. 6 (1888).
Mantova. Vedi Arch. storico dell' Arie, Bertolotti, Ceretti , Ferrari,
Gazs. e Rio. numismatica, Gonzaga, Intra, Molinier, Montecerdi,
Neri, Palazzi, Phillimore, Saoiotti, Tomann, Venturi, Virgilio.
Manzoni. Bontà e bellezza o brani dei « Promessi Sposi » nel doppio
testo del 1827 e del 1840, con avvertimenti, note ed osservazioni
di Solcatore Malato-Todaro. — Palermo, L. Pedone-Lauriel, 1888,
pag. 511, in-16.
Manzoni. Vedi Antona-Traoersi, Balsimelli^ Barone, Gabrieli, Ho-
icells. Padiglione, Phillimore, Scherillo, Scola, Torelli e Zingonc.
Mari^ol. Un lettre italien à la cour d' Espagne (1488-1520), Pierre
Martyr d' Anghera, sa vie et ses oeuvres. — Paris, Hachette e C,
1887, pag. XVI-239, in-8.
Martinengo Cesaresco countess. The peasant in North Italy. — In
Scottiseli Rccicv, gennaio 1888.
174 Bn3Mor.i;Ai'i \.
Massarani Tulio. Carlo Tenca e il pensiero civile del suo tempo.
Seconda edizione. — Milano, Ulrico Hoepli, 1887, pag. VII -435,
in-lG con ritratto.
Recensioni di Gabrielli di questa ristampa e di «luella degli scritti del
Tenca nel giornale L'Opinione, di Roma, N. 27, febbraio 1888.
— Vedi Tenca.
Maulde (de) R. Les ducs d'Orlóans en Lombardie avant Loiiis XII
(1387-1483). In Reouc d'histoire diplomatique, anno II, N. 1, 1888,
pag. 62 a 89.
Sarà continuato. Lo studio giunge fino al 1461.
— Vedi Robinson.
Maurice (C. Edmund). The revolutionary movements of 1848-49 in
Italy, Austria-Hungary and Germany. With some Examination f-
the previous thirty-three yoars. — London, Bell and Sons, 1887,
in-8, pag. 540 con ili.
Mauro Matteo Augusto e Basilio Magni. Storia del parlamento
italiano, dedicata a S. M. Umberto I, Nona e decima legislatura,
sessioni del 1865-66-67. Voi. IV, parte I e II e voi. V, parte I
disp. 213-292. — Roma, Tip. della Camera dei Deputati, 1887, in-8.
Contiene la biografia di Giuseppe Mussi.
[Mazzuchelli]. Bencdeito Marcello. Il teatro alla moda, premessovi
alcune illustrazioni ed annotazioni per Andrea Tessier e la biografia
dettata dal conte Giammaria Massachelli. — Venezia, Tip. del-
l'Ancora, 1887, pag. 126, in-16.
Menechmi e Menechini. — In Ricista Contemporanea, di Firenze ,
N. 2, febbraio 1888, pag. 406-407.
Cenno riprodotto dal Giornale di erudisione, N. 5-6 (1887). — Vedi alla
lettera G.
Merlino Giov. Emilio. Testimonianze intorno a Fra Dolcino, —
In Museo storico ed artistico Valsesiann, di Varallo , serio III,
N. 12 (febbraio 1888).
Importante.
Merula Giorgio. Vedi Gahotio.
Meyer d.'^ Joannes und Stàhelin Hermann. Die pàbstliclic Fahne der
Stadt Frauenfeld vom Jahre 1512. Mit 2 Abbildungen. — • In Thar-
BOLLETTINO ni BIBLIOGRAFIA STOnKA LOMBARDA. 175
gauische Beitrage sur Vatcrldndischcn Gcschichtt', di Frauenf(^'(l
(Svizzera) fase. 27", 1887, pag. 144-109.
— Vedi Mdlinen.
Meyer W. Recensione [favorevole] dell' opera del Seifert « Glossar zu
den Gedicliten des Bonvesin da Riva. » — Nel Literaturhlatt fur
Germantsche iind ronianischc Philologie, di Heilbronn , N. 0 ,
giugno 1887.
Altra bibliografia del medesimo libro, per Bertoldo Wiese, nella Deutsche
Literaturseitunrj , di Berlino, N. 7, 18 febbraio 1888.
Michelet J. Francois I et Charles Quint (1515-1547). 0 édition. ~
Paris, librairie Hetzel et C. , 1887, pag. t27, in-16 gr., ili.
[Milano]. Nuovi acquisti nella Pinacoteca di Brera. — Nella Perse-
veranza, gennaio 1888.
Un ritratto del pittore veronese Francesco Torbido, detto il Moro, un quadro
del Civerchio ed uno del Borgognone.
[Milano] Die Aebtissin von St. Ansgari zu Mailand — In Dahcinx, di
Stoccarda, N. 23, 1888.
Milano. Vedi Arrighi, Arte e Storia, Bclgiojoso, Bersesio, Bertolotti,
Bianchi, Brun, Caneca, Cantit, Ceruti, Chirtani, Delare, Duomo di
Milano, Guastalla, Lund, Massarani, Mauro, Menechmi, Neri,
Paglicci, Forati, Raccolta milanese, Robinson . Roostcclt , Vischi,
Vita , Yriarle. >,
Miller. Die Weltkarte des Castorius , genannt die Peulinger'sclie
Tafel. Einleitcnder Tcxt und Atlas. — Ravensburg , Maier, 1888,
in-8 con atlante di 23 fogli in-4 grande.
Mole (C.t'i). Les Cent jours. — Le ballet du Pape. — In Recito de
la rèoolution, gennaio 1888.
Molineri G. C. Un' attrice del secolo XVI : Isabella Andreini. — Nella
Strenna della Gazzetta Piemontese per l'anno 1888.
Molinier Emile. La falence à Venise. Nell'ylr^, di Parigi, N. 564, 1887.
Piatti e vasi al Museo Correr, eseguiti per la marchesa Isabella Gonzaga
d' Este.
Montsverdi Claudio. Leben, Wirken im Lichte der zeitgenòssischen
Kritik von Emil Vogel. — Nella Vicrteljahrssehrift fur Musih-
tcisscnschaft, di Lipsia (edit. Breitkopf) 1887.
176 BIBLIOGRAFIA.
Monza. Vedi Casati e Race. Milanese.
[Morelli]. Der Anonimo Morelliano. (Marcanton Michiel's Notizia
d'opere del disegno) I. Abteilung. Text und Uebersetzung von
Frimmel. — Wien, Graesor, 1888, pag. XXIX-126, in-8.
Quellenschriften fùr Kunsfcgeschichte, Neue Folge, I.
Mòrone Gerolamo. Vedi Canini, Gabotto.
Cfr. i Cenni bibllograflci in questo Archioio.
Morsolin Bernardo. Tito Perlotto e Ugo Foscolo. — In Ateneo
Veneto, settembre-novembre 1887, pag. 223-244.
Motta Emilio. Saggio di una Bibliografia agricolo-forestale del Can-
tone Ticino. [Estratto deìV Agricoltore Ticinese, fase. 23-24]. —
Lugano, Tip. Veladini, 1887, pag. 32, in-8 gr.
A pag. 6-7 elenco delle pubblicazioni dell'agronomo avv. Berrà, morto a
Milano nel 1835. A pag. 15-18 bibliografia della « Derivazione delle acque
del Ceresio » per l' irrigazione della pianura Lombarda.
Motta Emilio. Il privilegio del Duca di Milano per la stampa delle
« Prose » del Bembo [12 agosto 1525]. -- Nel Bibliofilo, di Bo-
logna, N. 11-12, novembre-dicembre 1887.
Motta E. Documenti numismatici. Estratto dal N. 12, anno VI, della
Gazzetta Numismatica, del dott. S. Ambrosoli. — Como , Tipo-
grafia Carlo Franchi, 1887, pag. 0, in-8.
Motta E. Die Mailiinder Korrespondenz von 1499. — In Anseigerfur
Schweiser Geschiehte, N. 6, 1887.
Mùlinen (von) d."" W. F. Geschiehte der Schweizer Sòldncr bis
zur Errichtung der ersten stàndigen Garde, 1497. Dissertation. —
Bern, Verlag von Huber und C.'c, 1888, in-8 gr., pag. XI-184.
— Vedi Meyer.
Mùnch Arnold. Regesten der Grafen von Habsburg der Laufon-
burger Linie, 1198-1408. Zweiter Theil. — Nella rivista Argoma,
voi. XVIII (Aarau, 1888).
Cfr. il § IV. Rapporti del conte Giovanni d'Habsburg coi Visconti (1364-
137^). — Questa memoria del Milnch contiene un'introduzione diffusa in-
torno alle compagnie di ventura in Italia nel secolo XIV, ma senza nuovi
documenti.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 177
Muratcri L. A. Vedi Vischi.
Neri Achille. Un mazzetto di curiosità. — In Giornale Ligustico ,
fase. XI-XII, novembre-dicembre 1887.
A pag. 436-37 un curioso documento mantovano, una lettera del cardinale
li-cole Gonzaga a Francesco, figlio di Ferrante Gonzaga. [Mantova, 5 di-
_mbre 1558], a proposito di una femmina spiritata « la qual dice d' bavere
, IJosso r anima del S.r mie fratello », ecc.
.\ pag. 441 un biglietto dell'imperatore Giuseppe II al marcii. Bartolomeo
Calderari, il cui nome figura negli elencbi dei patrizi milanesi della fine del
secolo scorso e dei primi del nostro. [Documenti degli Archivi di Firenze].
Nisard Charles. Guillaume du Tillot. Un valet ministre et secrétaire
d'Etat > épisode de l'histoire de France en Italie de 1719 à 1771.
— Paris, OUendorff, 1887, in- 12.
Nò Ch. Les Carbonari, ou l'Italie en 1829, drame ea 5 actes et
sept tableaux, précède d'une étude historique sur les Carbonari.
— Paris, Ollendorff, 1887, pag. 204, in-18.
Noiret H. Huit lettres inédites de Démétrius Chalcondyle. — In Mé-
langcs d" archeologie et d'histoire [École francaise de Rome].
VII anno, fase. V, dicembre 1887, pag. 472-500.
Nolhac P. (de\ Los correspondants d' Aide Manuce. Matériaux nou-
veaux d' liistoire littéraire. — In^Studi e documenti di storia e
diritto, di Roma, anno VIII, fase. 5-4, luglio-dicembre 1887.
Lavoro che sarà continuato. — Delle 46 lettere qui pubblicate , le più
sono tolte dall' Ambrosiana. Due sono da citarsi specialmente : l' una di
"irolamo Varadeo, Cancelliere ducale in Milano, del luglio 1498 [cfr. pa-
_ina 260] e l'altra del Fontano diretta a Soardino Scardo di Bergamo, da
Napoli 31 dicembre 1502 [cfr. pag. 280].
Nottenbohm Wilhelm. Montecuccoli und die Legende von S.' Gothard
('1164). — Berlin, Gaertner, 1887, in-4 gr., pag. 28.
Nuovo Statuto orgardco della Società storica Lombarda con sede
in Milano. Approvato nell' Adunanza generalo deli*8 gennaio 1888,
— Milano, Tip. Bortolotti, 1888, pog. 8, in-8.
Oberitalien und Florenz. Pralctisches Reisehandbuch. 3.**^ Auflage,
neu bearbeitet von E. Ribbach. — Berlin,' Albert Goldschmidt, 1888.
Griebens Reise BiI)liothek.
— Vedi Land.
Arch. Star. Lomb. — Anno XV. 12
178 BIBLIOGRAFIA.
Padiglione C. Famiglia Manzoni; l'icordi storici, — Napoli, Tipogr,
Francesco Giannini e figli, pag. 55, in-8, con tavola.
Padoa A. La società di mutuo soccorso , di cooperazione ed istru-
zione fra gli operai di Gallarate, durante il ventennio 1866-1886.
In Rivista della hcncficcnsa pubblica, di Roma, anno XVI, N. 1,
31 gennaio 1888,
Paglicci Brezzi A. Un saggio della censura teatrale austriaca in
Milano nell'anno 185.3. — In La Scena Illustrata, di Firenze,
N. 4, 15 febbraio 1888.
A proposito della cantata « Elena e Titania » di Giulio Carcano, musicata
pel teatro dei Filodrammatici in Milano e rappresentatavi agli 11 luglio 1853
per l'inaugurazione di un busto del Metastasio. 11 P. dà i brani censurati e
quelli sostituiti.
Palazzi G. P. Lo poesie inedite di Sordello. — In Atti del R, Isti-
tuto Veneto di scienze e lettere , tomo V, serie VI, disp. 10. —
Venezia, Antonelli, 1887,
Palumbo V. D. Credenze intorno a Virgilio. — Nel giornale La
Coltura Salentina, di Lecce, N. 1-2, 1" marzo 1887.
Vedi anche « Le tombeau de Virgile », in Courrier de Vaugelas , no-
vembre 18S7.
Paolucci G. L' idea di x\rnaldo da Brescia nella riforma di Roma, — -
— Nella Rioista storica italiana, di Torino, fase. IV, 1887 , ot-
tobre-dicembre.
Pavia. Vedi Bellio, Buonanno, Colombo Cristoforo, Dionisotti, Gabotto,
Magenta, Schrnidt, Vita.
Periodico della Società Storica per la I^rooincia e Antica Diocesi di
Como. Voi. 6, fase. 21-22. — Como, Ostinelli, 1888.
Sommario: Barelli can. Vtncenso. Ponna in Valle d' Intelvi. — Fossati
dott. F. Il vescovo Beltramino Parravicino da Casiglio e il suo testament
(14 marzo 1348). — Motta E. Nove lettere di Vescovi di Como dirette ijf
Isvizzera (1688-1793). — Lo stesso. Un medico distinto di Porlezza
secolo XV. [Gian Pietro Camozzi in Milano nel 1496]. — Fossati dott.
Codice diplomatico della Rezia [Cont. vedi voi. V, fase. 4°. Carte Chiaven^
nasche dal 1176, marzo al 1195, 4 marzo]. — Varietà: Inquisitori in Como
nella 2^ metà del secolo XV. — Una processione a S. Miro di Serico nel 1491.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 170
Perrin, (col. d'artillerie). Marche d'Annibal des Pyrénées au Pò, et
description des vallóes qui se rendent de la vallèe du Rhone en
Italie. — Paris libr. milit. de Edmond Dubois, 1887, pag. 227, in-8.
Aggiungasi: Bucfiheister. Hannibals Zug ùber die Alpen. Vortrag. —
Hamburg, Richter, 1887, in-8 picc. [« Samnolung wissenschaftlicher Vor-
iràge, etc. »].
Persio (Aulio) Fiacco. Satire. Traduzione di Vincenzo Monti. Edi-
zione fatta sul testo della Biblioteca di Brera in Milano, con va-
rianti inedite del traduttore. — Milano, Tip. Edoardo Sonzogno ,
1888, in-lG di pag. 93.
Biblioteca Universale, N. 181. — Le earìanti o meglio correzioni dell'e-
semplare di Brera cbe 1' editore chiama inedite, sono già comparse nell'edi-
zione dei Classici italiani del 1826.
Pfliig-Hartimg (I. von). Die Thronfolge im Langobardenreiche. —
In Zeitschrift der Sacignij Stiftung — (Germanistische Abth.) ,
voi. Vili, fase. 2*», 1887, pag. 66-88.
— Vedi Schmidt.
Philippon M. Une nouvelle biographie de Charles V. — la Recue eie
Belgiquc, N. 3, 1887.
Resoconto molto favorevole della I parte del 2*^ voi. dell'opera del Baum-
_arten « Geschichte Karl 's V. »
Phillimore Mary Catherine. Studies in Italian Lilerature classical
and Modem also The Legend of « El Cenacolo >, a poem. —
London, Sampson Low, Marston, Searle & Rivington, 1887, in-8,
pag. X-326.
III. Torquato Tasso: An essay upon bis Life and Works. Parts I, li
pag. 60-94;. — VI. Manzoni. A Sketch (pag. 228-245). — Vili. Count Arriva-
bene (pag. 276-293). — A Legend of < 11 Cenacolo » [del da Vinci , versi,
l'ag. 320-26].
Phillimore Mary Catherine. The Warrior Medici Giovanni delle
Bande Nere. An liistorical study in Florence, from the Archivio
Storico and originai mss. in the Magliabecchiana Library. —
London, Litterary Society, 1887, pag. VIII-119, in-8.
Picatoste F. Estudios sobre la grandeza y decadenzia de Espana. —
Tomo I : « Los Espanoles en Italia >. — Madrid , Hernando y
Comp., 1887, pag. 357, in-4.
180 BIBLIOGRAFIA.
Può forse servire anche la recentissima pubblicazione: Haebler Konrad.
Die wirthschaftliche Bliithe Spaniens ìiti-16. Jahrliundert uncl ilir Verfall.
Berlin, R. Gaertners Verlag, 1888, gr. 8.
Pianta Rudolf (von). Auszìigc aus dem Mailandcr Staats Archiv.
(Lithographiert). In-1, pag. 30, 1887.
Documenti per la guerra di S ve via, del 1499.
[Poggi avv. Cencio]. Curiosità comasche. La medaglia dei dottori di
collegio [nel Museo civico comense]. — Neil' Araldo , di Como ,
N. 2182, 27 febbraio 1888,
Porati R. A. Una notte fatale , ovvero il ritorno dell' esiliato : boz-
zetti milanesi. Sesta ediz. corretta. — Milano, cdit. Carlo Barbini,
1888, in-16, png. 151.
Raccolta Milanese di storia, geografia ed arte (direttore prof. Gen-
iile Pagani). — Milano, 1888, gennaio e febbraio, N. 1, 2.
Sommario: N. I. Pagani Gentile. Del valore attuale della lira imperiale
(con tabella). — Beltrami L. Per la storia della costruzione del Duomo
(con disegno) II. — Casati dott. C. Quando e da chi venne fondata la Ca-
nonica di Crescenzago. — Moiraghi sae. P. S. Tommaso d' Aquino a Mi-
lano. II. — Beltrami L. Il campanile di S. Gottardo alla Corte II. — Ghin-
soni P. Cristierno I re di Danimarca a Milano (1474). — Venosta Felice.
Una scuola pei poveri nel secolo XV [scuola Grassi, con disegno]. — Motta E.
Ingegneri milanesi in Russia (1496). — Beltrami L. L'ex convento di Pon-
tida (con disegno). — Pagani S. Il venerando Collegio dei Ragionati [Pre-
liminari, 1685-1739]. — Spinelli A. G. Una lettera di Gio. Pietro Puricelli
[Milano, 8 ottobre 1646]. — G. Pg. e L. B. Milano che scompare: Casa
N. 14 in via S. Paolo (con disegno) — Beltrami L. In piazza Mercanti
(con tavola separata). — Necrologia: G. Mongeri. — Notiziario storico, ecc.
— L. A. Effemeride di storia milanese del febbraio. — G. Pg. Per finire !
— Appendice: Zerbi L. Memorie Monzesi.
N. 2. Torretta G. B. Sulla conoscènza delle pietre e dei marmi. — Am-
bioeri L. La Basilica di S. Nazzaro maggiore (con disegno). — Pagani S.
Il venerando Collegiato dei Ragionati II. — L. A. Come si fabbricavano le
maschere nel XV secolo [in Bologna nel 1471J. — Pagllcci-Broszi A. Franco
Salfi presidente del Teatro patriottico. — Salceraglio F. Spigolature cisal-
pine: Ugo Foscolo. — Rossi sac. V. Pavimenti antichi a Robbiano (con
disegno). — Beltrami L. Primi studi per la costruzione del Palazzo Marino
(a proposito della recente discussione e deliberazione del Consiglio Comunale).
— Notiziario storico , ecc. — Cronologia milanese. — L. A. Effemeride di
storia milanese del mese di marzo. — G. Pg. Per finire ! — Appendice :
I
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 181
L. Ambieeri. Per la biografìa di Melchiorre Gioja. Notizie e documenti
inediti (1).
Beu'na Pio. Intorno al cosiddetto «. Dialogus Creaturarum » ed al suo
autore. II. Uautore [2.° Breve intermezzo. S.** Maestro Bergamino.
4." Mayno de' Mayneri]. — In Giornale Storico della Letteratura
Italiana, di Torino, fase. 28-29, 1887, pag. 42-113.
Cent, e fine di questo articolo magistrale. [V. Giornale, IV, 337 per la
1. parte].
Renier Rodolfo. I sonetti del Pistoia giusta 1' apografo Trivulziano.
— Torino, Ermanno Loescher, 1888, in-8 gr, di pag. XLVIII-
404 [Biblioteca di testi inediti o rari, voi. II].
Cenni di G. S. Scipioni in Cassetta Letteraria, di Torino, N. 8 , 25 feb-
braio 1888 : « Un poeta burlesco nel quattrocento. »
Ne riparleremo.
Rhoné A. Vassalli-Bey, — In La Chroniqiie des Aris , di Parigi
N. 25, 2 luglio 1887.
Cenno necrologico del milanese Luigi Vassalli , cooperatore di Manette
negli scavi in Egitto. [Cfr. Arch. Lomb., 1887, pag. 633].
Ricci Corrado. I primordi dello Studio di Bologna, Ercole Gonzaga
allo Studio Bolognese, origini dello Studio Ravennate, Dante allo
Studio di Ravenna, ecc. — Bologna, Romagnoli Dall'Acqua edi-
tore, 1888.
Rivista italiana di numismatica , diretta dal dott. Solone Am-
brosoli. Anno I, num. I, 1888. — Milano, F. Cogliati edit.
Sommario: La Direzione. Prefazione. — Gnecchi Francesco ed Ercole.
Di alcune monete inedite e sconosciute della zecca di Scio (con tav.) —
AmbrosoU Solone. Il ripostiglio di Lurate Abbate (con tav.) — Rossi Um-
berto. I medaglisti del Rinascimento alla Corte di Mantova: I. Ermes Flavio
de Bonis. — Studi economici sulle monete di Milano. Dai mss. di Giovanni
Mulassani. — Motta Emilio. Gli zecchieri di Milano nel 1479. — Necro-
logie, ecc. (con 1 ritr.).
Robinson A. Mary F. The Claim of ilie House of Orleans to Milan.
— In The English Historical Recicic , N. 9, gennaio 1888,
pag. 34-03.
I diritti della casa d'Orleans su Milano. 1° articolo [verrà continuato].
— Vedi De Matilde.
<l) La Raccolta Milanese ha cessato le sue pubblicazioni.
182 BIBLIOGRAFIA.
Roosevelt Bianche. Milan and « Othello » , Being a short Life of
Verdi. With Lctters written about Milan and the new Opera of
« Othello. » — London, Ward and Downey, 1887, pag. 340, in-8.
Rosmini A. Lettere inedite. — Nel Rosmini, di Milano, voi. Ili,
fase. 1 e 16 gennaio e 16 febbraio 1888.
Lettere dal 1830 al 1832, e talune indirizzate al Manzoni. — Nel fascicolo
1** gennaio 1888 della medesima rivista cfr. : Paoli F. « Le opere di Antonio
Rosmini » [elenco di 40 titoli].
[Rosmini]. Kraus Franz XaGcr. Antonio Rosmini. Sein Leben und
scine Schriften I-V. — In Deutsche Rundschau, fase. G, marzo 1888,
pag. 331-3G1. [La fine al prossimo fascicolo].
RufFoni Francesco. Torbiera d' Iseo. — In Bullcitino di paletnologia
italiana, di Parma, N. 1-2, 1888, pag. 35-36.
Brevi rettifiche ai cenni del Castelfranco in Bullettino , 1887, pag. 145.
[Cfr. Boll. Bibliogr., 1887, pag. 856].
Sacchi dott. Federico. I documenti storici e letterari del Museo Ci-
vico e la Biblioteca [di Cremona]. — Nel giornale La Promncia,
Corriere di Cremona, N. G, 14 gennaio 1888.
Cfr, gli Appunti in questo Archicio.
Sacerdote Salvatore. Giulio Carcano. Profilo Letterario. — In Gaz-
setta del Popolo della Domenica, di Torino, N, 10, 4 marzo 188S.
— Vedi Paglicci.
Salvagnini Enrico. S. Antonio di Padova e i suoi tempi (1195-1231).
— Torino, L. Roux, 1888.
Salvioni dott. Carlo. Un passo della « Parafrasi Lombarda » (ylr-
chioio glottol. ital., VII, 23, 9) e il disi dei « Giuramenti di Stras-
burgo. » — Nel Giornale Storico della Letteratura Italiana, vo-
lume X, 1888.
Saragat Gian Martino. Lodovico Castelvetro [morto a Chiavcnna].
In Gazs. Letteraria, di Torino, N. 1, 1888.
Saragat Gian Martino. Carlo Tenca. — In Gazzetta Letteraria, di
Torino, N. 10, 10 marzo 1888.
A proposito delle « Prose » del Tenca, edizione Massarani. Articolo senza
valore storico, lamento solito degli articoli di quasi tutti i fogli domenicali.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 183
Saviotti Alfredo. Una polemica tra due umanisti del secolo XV,
Saggio di uno Studio intorno alla vita e agli scritti di Pandolfo
Collenuccio da Pesaro. — Salerno, Migliaccio, 4 887, pag. 20, in-16.
Storia della polemica sòrta tra il Collenuccio e Niccolò Leoniceno , che
aveva sparlato di Plinio.
Scherillo Michele. Quattro saggi di critica letteraria. — Napoli .
Luigi Pierro, libraio-editore, 1888, in-16.
Dei quattro saggi ,11 !<> è : « Alcune fonti Manzoniane. »
Schipa Michelangelo. Storia del principato longobardo di Salerno. —
Napoli, Fr. Giannini, 1887, pag. 230, in-8.
Estratto da.IV Archicio Storico Napoletano.
Schmidt doct. Ludwig. Paulus Diaconus und die « Origo gentis Lan-
gobardorum.» — In Ncues Archio fur altere deutsche Geschichte,
di Hannover, voi. XIII, fase. II, 1887, pag. 391-94.
Schmidt Otto Ed. Die handschriftliche Ueberìieferung der Briefo
Ciceros an Atticus Q. Cicero, M. Brutus in Italien [Abhandlungen
der philol.-histor. Classe der k. sàchsisch. Gesellschaft der Wissen-
schaften X. Bd. N. 4]. — Leipzig, Hirzel, 1887, in-4, pag, 107.
Con notizie di alcuni codici della Biblioteca Viscontea di Pavia.
Schrader H. Die Ambrosianischen Odysseescholien. — Nella rivista
Hermes, di Berlino, N. 3, 1887.
Studio intorno ai codici dell' Ambrosiana parte sup. B. 99, E. S9, Q. 88.
Schulze K. P. Martialis Catullstudien. — In Neue Jahrbuchcr fiir
Philologie und Padagogik, voi. 135-136, fase. IX (1887).
— Vedi Vallai.
Scola Giovanni. Inaugurandosi nel giardino della Villa Scola in
Creazzo alla memoria di Alessandro Manzoni una colonna del
distrutto Lazzaretto di Milano, 4 novembre 1887. — Vicenza,
Tip. S. Giuseppe, 1887, in-fol.
Scultheiss. Pietro Aretino. — In Westerniann's illustrierte MoncUs-
hefte, febbraio 1888.
Solerti A. La morte di Torquato Tasso narrata dai contemporanei.
— In Gazzetta Letteraria, di Torino, N. 37, 1887.
Documenti inediti.
184 BIBLIOGRAFIA.
Solerti Angelo. Torquato Tasso e Lucrezia Bendidio. — In Gior-
nale Storico della Letteratura Italiana, fase. 28-29 (1887).
Sommario de' affari d' Italia divisa in suoi dominij. Con 1' entrate ,
spese, forze, aderenze con altri prencipi [Nozze Boschetti-Carteri].
— Verona, Stab. Tipo-lit. Franchini, 1888, pag. .SO, in-8.
Edizione di 100 esemplari, fatta a cura di Pietro Sgulmero, di un codice
della Comunale di Verona del secolo XVII. A jiag. 22-23 brevissime notizie
sullo Stato di Milano, senza importanza storica. Appena cominciato il capi-
tolo sul Duca di Mantova (vedi pag. 30) , 1' Autore non prosegui più oltre
e lasciò incompleto il suo lavoro. Diffatti per Mantova non leggesi altro se
non che : « Grande è in Italia la Casa Gonzaga. »
Sommerfeldt Gustav, d."" phil. Die Romfalirt Kaiser Heinrichs VII
(1310-1313). Teil I. Mit Exkurs: Die beiden Speierer Reichstage
der Jahre 1309 und 1310. — Kònigsberg, Gnife und Unzor'sche
Buchhandlung, 1888, pag. 57, in-8.
Ne riparleremo.
[Spallanzani]. Una lettera inedita di Lazzaro Spallanzani (4 giu-
gno 1796). — Nella Rioista Emiliana, di Reggio, N. 39, 25 set-
tembre 1887,
Strambio dott. Da Legnano a Mogliano Veneto, Un secolo di lotta
contro la pellagra. Bricciole di storia sanitario-amministrativa. —
In Rendiconti del R. Istituto Lombardo , voi. XXI , fase. IV (23
febbraio 1888) e V (8 marzo).
11 lavoro sarà stampato integralmente nelle Memorie dell' Istituto Lom-
bardo.
Tasso Torquato salva da mala fine la statua di Pasquino. — In IL
Cracas^ Diario di Roma, anno CXXXII (P del suo Risorgimento),
N, 41, 25 febbraio — 3 marzo 1888.
Non altro che T aneddoto già riportalo da G. B. Mauro nella sua Vita
del Tasso (Venetia, 1621, pag. 319).
Tasso, Vedi p. Bonaocntura, Gabrielli, Intra, Phillimore, Solerti.
Tavallini avv. Enrico. La vita e i tempi di Giovanni Lanza. Me-
morie ricavate da' suoi scritti e coordinate. Voi. 2 , in-8. — To-
rino, L. Roux e C, editori, 1887.
Cfr, specialmente il voi. II per 1' epistolario del Lanza , con lettere del
Jacini, del Correnti, dell'arcivescovo Calubiana, di Visconti Venosta e d'altri.
I
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. I8l
Tenca Carlo. Proso e poesie scolte. Edizione postuma per cura di
Tulio Massarani. — Milano, Ulrico Hoepli editore, 1888, voi. 2,
in-lG, di pag. VIIJ-155 e 490.
Notiamo in ispecie: La cà dei cani; Le strenne; Gli almanacchi popolari;
Epici moderni in Italia; Tommaso Grossi; Giovanni Torti; Ugo Foscolo;
Silvio Pellico; A. Manzoni; Poesie lombarde del secolo XIH; Proverbi to-
scani, veneziani, lombardi.
— Vedi Massarani, Saragat.
Tcman doct. Hugo. Mantuaner Schlachtenbilder aus dom 16. lahr
liundert auf Scliloss Opoèno in Bòhmen. — Nella Kiinstchronik,
di Lipsia, N. 15 e 16, gennaio 1888.
Torelli. Alcuni appunti su Alessandro Manzoni. Memoria postuma.
— Nei medesimi Atti, tomo VI, serie VI, disp. Ili (1888).
Torelli Luigi. Cenni biografici intorno ad alcuni personaggi contem-
poranei ed attori del risorgimento d' Italia. — In Atti del Reale
Istituto Veneto di scienze e lettere, tomo VI, serie VI, disp. I (1887).
Torelli Luigi (Biografia). — In Annuario biografico universale , del
Brunialti, fase. 36, 1888.
Nel medesimo fascicolo dell' Annuario cenni biografici per Agostino De-
pretis, di Stradella, e per il conte Luigi Corti, di Gambarano (Pavia).
Trivulzio. Vedi Liehcnau.
Ugoletti Antonio. Studi sui Sepolcri di Ugo Fo.scolo. — Bologna ,
Nicola Zanichelli, 1888, pag. III-504, in-16,
1.° Giovinezza ed educazione poetica di Ugo Foscolo. 2." Ragione poetica
del carme « I Sepolcri. > 3.^ L' occasione del carme. 4.o Commento dei
« Sepolcri. » Appendice di note. 5." La questione dei « Sepolcri » del Foscolo
e del Pindemonte. 6.** Imitazioni e confronti. 7.° La mitologia del carme. —
[Ne discorre sotto il titolo « Un nuovo libro su Ugo Foscolo » Adolfo Coletti
nelle Concersasioni della Domenica, N. 9, I8S8].
Un curioso profeta. — In Giornale Ligustico, di Genova, anno XIV,
fase. XI-XII, novembre-dicembre 1887.
Lettera di un mezzo astrologo, un tal Sifrono Re, che scrive ai 19 set-
tembre 1469 al duca di Milano da Genova, donde voleva recarsi a trovarlo
per aprirgli un suo miracoloso segreto finanziario per arricchirsi sui Genovesi.
[Documento dell'Arch. di Stato Milanese].
186 BIBLIOGRAFIA.
Vallai G. Thomas Moorc imitateur de Catullo et de TibuUe. — In
Rcmio de Vemsegnement des langucs moantes, novembre 1887.
— Vedi SchuUe.
Venturi A. Kiìnstlerbriefe. I. Zwei Briefe von Giulio Romano. — In
Zeitsclirlft fiir bildondc Kanst , del Liitzow , fase. IV, 19 gen-
naio 1888.
Da Mantova in data 24 dicembre 1537 e 8 gennaio 1531 al duca di Fer-
rara. Ci mostrano il Romano occupato di sera a disegnare cartoni pel duca
di Ferrara, probabilmente da adoperarsi per i gobelins estensi.
Venturi Adolfo. Cosma Tura gennant Cosmo. Mit Abbildgn. — In
JaJirhuch der kgì. preussischcn Kunstsamnxlangcn , voi. IX, fa-
scicolo I-II.
Air articolo del V., segue l'elenco delle opere del Tura , compilato da F.
Harck. — Del Venturi cfr. altresì « Les arts à la Cour de Ferrara : Fran-
cesco del Cossa » nell' yir!!, di Parigi, N. 570, (1888).
Villari Pasquale. La storia di Gerolamo Savonarola e de' suoi tempi.
Nuova edizione aumentata e corretta dall'Autore. 2 voi., in-8 gr.
di pag. XXXIX-533-CLXVIlJ e 2G1-CCLVJ. — Firenze, Successori
Le Mounier, 1887 [1888].
Questa nuova edizione del Saconarola del Villari , [la 1^ è del 1859 , ed
anche tradotta in tedesco] meriterebbe da parte del nostro Archioio più che
un cenno una larga recensione, come di opera classica di uno dei primari
storici d' Italia. La presente edizione acquista una maggior importanza
per i nuovi e molti documenti aggiuntivi , tratti dai dispacci degli oratori
milanesi Semenza e Tranchedini , esistenti nelT Archivio di Stato di Mi-
lano. [Cfr. voi. I, CXXXVJ e seg. ; CXLij; voi. II, XXV e seg.; L-LXij ;
XCV-CVIII].
Virgilio. Vedi De Palo, Feilchenfeld, latra, Mackail, Palutnho.
Vischi Luigi. Come Lodovico Antonio Muratori fosse chiamato Dot-
tore all'Ambrosiana. — In Atti e Memorie della R. Deputazione
di Storia Patria, di Modena, serie III, voi. IV, parte II, pag. 411-
427 (1888).
Ivi la II parte delle « Curiosità storico-artistico-letterarie tratte dal car-
teggio dell' Inviato Estense Giuseppe Riva con Lod. Ant. Muratori » edite
da Ercole Sola [cfr. Boll. Dibliogr. 1887, pag. 209].
1
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 187
Vita del beato Alessandro Sauli, vescovo di Pavia. — Asti , scuola
tip. Miclielerio, 1887, in-24, pag. G3.
Piccola raccolta di vite di santi, anno X, disp. XIX-XX.
Vita di S. Ambrogio , vescovo di Milano e dottore. — Asti , scuola
tip. Michelerio, 1887, in-24, pag. 32.
Della medesima Raccolta, anno X, disp. XXIV.
Vogelin prof. S. Aogidius Tschudi's epigraphische Studien in Sùd-
frankreich und Italien. Ein Beitrag zur Gescliichte des Deutschen
Humanismus. Der 39. Versammlung dcutscher Philologen und
Schulmiinner in Zùrich vom 28 Sept., bis. I Oct. 1887, gewidmet
durch die Antiquarische Gesellscbaft in Zurich. — Zùrich, Orell,
Fiissli und C®, 1887, in-4, pag. 47.
Non si può provare dove veramente il Tschudi si fermasse in Italia per
i suoi studi epigrafici. Traccie si hanno però del suo passaggio a Stabio ,
Arcisate, Sesto Calende. Ben poco si trattenne in Milano, venutovi per la
via di Varese e non per quella di Como. Lo si trova anche in Brescia ,
indi neir Italia centrale ed a Roma in ispecial modo.
Voss. Die Verhandlungen Pius IV [Medici] rait den Catholischen
Maechten ùber die Neuberufung des Tridentiner Concils im J. 1560.
— Leipzig, Fock, 1888.
Wierzbowski T. Vincent Laurea, évéque de Mondovi , nonce apo-
stoHque en Pologne (1574-1578) et ses dépòches inédites au car-
dinal de Còme. — Varsovie, Berger, 1887, in-8, pag. VIII-756.
Winkelmann. Zur Einfuhrung der Todesstrafe fiir Ketzerei. — In
Mittheilungen des Institatsfiir oesterreichische Geschichtsforschung,
d'Innsbruck, voi. IX, fase. I, (1888), pag. 13G-139.
Circa la più o meno ammissibile partecipazione dell' arcivescovo Alberto
di Magdeburgo, come legato imperiale nell' Alta Italia, all' emanazione del-
l'editto di Federico II del 1224 contro gli eretici di Lombardia.
Yriarte Charles. Les portraits de Cesar Borgia. — In Gazeite des
Bcaux Aris, N. 361, 1887.
Esame di ritratti che si suppongono rappresentare Cesare Borgia , e tra
iiuesti quelli della Galleria di Bergamo e della Collezione Castelbarco in
Milano.
188 BinLIOGRAFIA.
Yriarte Charles. Les relations d' Isabelle d' Este avec Léonard da
Vinci. (Con dis.). — In Casette dcs Bcaux-Arts, 1" febbraio 1888.
— Vedi Archivio dell'Arte.
Zardo A. Il Petrarca e i Carraresi, studio. — Milano, Ulrico Hoepli,
1887, pag. 322, in-lG.
Zevi F. La guerra in Italia dal 1742 al 1815. — Roma, Tip. Vo-
ghera, 1888, pag. 543, in-8.
Zingone E. Una probabile fonte del Manzoni. — In Pantagruel ,
N. 4, del 4 febbraio 1888.
[Zoncada], Cenni biografici , con nota bibliografica delle opere prin-
cipali pubblicate dal prof. Antonio Zoncada (1813-1887). In An-
nuario della R. Unwcrsità di Pama , anno scolastico 1887-88.
[Pavia, Bizzoni], pag. 59-63.
Nel medesimo Annuario (pag. 56) cenni biografici del prof. Alessandro
Nova (1819-1887).
I
APPUNTI E NOTIZIE
Archeologia. — Nell'ultimo fascicolo deìV Archivio a pag. 882
abbiamo dato notizia di una lamina in bronzo con iscrizione stata
dissotterrata nelle vicinanze di Cremona, e spiegata in una dotta
illustrazione del prof. Barnabei per la serratura di una cassa
militare; il prof. L. Astegiano, che fu il primo a parlarne, confuta
quell'opinione nel giornale Interessi Cremonesi del 21 e 24 scorso
dicembre, e crede, che, senza nuovi studi, non si possa precisare
il mobile, a cui aspettava la lamina, cosi rettifica l'ultima riga
dell' iscrizione e completa le notizie di fatto su quell' importante
scoperta.
Museo Artistico ni Milano. — Diamo 1' elenco dei donatori
del Museo nell' anno 1887 :
Bagatti Valsecchi nob. fratelli, fotografie artistiche.
Binda fratelli, fotografie artistiche.
Gagnola nob. Rosa, Quinario dell'Imperatore Valentiniano III.
Caimi ing. Giuseppe, majolica antica di Milano.
Signor Cantoni Achille, frammento di arazzo e scampolo di
stoffa antica.
Signor Erei Stanislao, majolica antica di Milano.
Frizioni cav. Gustavo, fotografie artistiche.
190 APPUNTI E NOTIZIE.
Fumagalli conte Fortunato , monete antiche e moderne, ita-
liane e straniere.
Liuzzi avo. Achille, majolica antica di Milano.
Ministero d'Agricoltura, Industria e Commercio , fotografie e
pubblicazioni artistiche.
Ministero dell' Istruzione Pubblica, pubblicazione archeologica
periodica.
Municìpio di Firenze, medaglie e pubblicazioni artistiche.
Museo Artistico Industriale di Roma, medaglia di benemerenza.
Papadopoli conte Nicola, pubblicazione numismatica.
Signor Redimi Primo, medaglia di Giuliano de' Medici.
Ricordi comm. Tito, pubblicazione artistica.
Signor Tagliabue Ermenegildo, majolica antica d' Este.
Signor Tazzini Luigi, fotografie artistiche.
Vigoni nob. Giuseppe, monete greche, romano ed orientali.
Visconti marchese Carlo, pubblicazioni artistiche, numismatiche
o monete romane.
Visconti- Venosta march. Emilio , collezione di Azulejos ispano-
arabi.
Doni al Gabinetto Numismatico. — Il Socio dottor Solone
Ambrosoli , conservatore del Gabinetto Braidense , ci prega di
dar notizia dei seguenti altri doni : — ■ Dal sig. dott. cav. G. B.
De Capitani d'Arzago, una preziosa raccolta di 127 lettere au-
tografe di Domenico Sestini a Gaetano Cattaneo , di argomento
numismatico. — Dal cav. Giuseppe Gavazzi, tre pregevoli moneto
inglesi medioGvali. — Dal cav. Amilcare Ancona, l' autografo
della lettera del conte Giorgio Giulini , pubblicata nell' ultimo
fascicolo di questo Archivio. — Dal cav. Luigi Zerbi, una me-
daglia. — Dal sig. Giulio Pisa, alcune monete del Basso Impero.
— Dal sig. Achille Cantoni, un interessante sigillo veneto. —
Da un donatore che desidera serbare l'anonimo, molte mo-
nete di varie zecche; notevole specialmente un luigino di Fos-
dinovo.
I
APPUNTI E NOTIZIE. 101
Artisti lombardi in Jesi. — Del nostro socio prof. Gianandrea
è uscita alla luce una monografìa sul Palazzo del Comune di Jesi
(Jesi, Tip. Rocchetti, 1887). Contiene il ricordo di alcuni artefici
lombardi. Il palazzo comunale, il più antico, costrutto circa il
quinto decennio del secolo XIII venne forse architettato da quel
Giorgio da Como che nel 1232 fece la facciata della vecchia
cattedrale di Jesi.
Nel 1487 venne stabilita la costruzione di un nuovo che
é l'attuale, opera che ora si prova non già di Bramante, come
lungamente fece credere la tradizione, ma si bene di Francesco
di Giorgio Martini, di Siena. Maestri cottimatori di quell'edificio
pregievolissimo del rinascimento figurano i maestri Gioo. Domenico
di Maestro Antonio di Vico e Pietro di Antonio di Castiglione
di Lombardia, architetti abitanti in Ancona (cfr. i patti o capitoli,
in numero di 18, a pag. 39 e seg.).
Ai 4 giugno 1497 il Consiglio generale di Jesi deliberava di
fare scolpire in nobile marmo un leone honorandum, sumptuosum
et perpulehrum e affìggerlo pompose, prout decet nella facciata
principale del nuovo palazzo. L' opera veniva affìdata ai mae-
stri Michele da Milano e fìglio suo Aloisio. Né l' anno passò
intero che il lavoro era compito (cfr. i patti, conti, ecc., a pag. 43
e seg.). Di altri lavori di Michele da Milano a quel palazzo di-
scorre il Gianandrea, che per quante ricerche abbia fatto non
seppe scoprire altro intorno a tali eccellenti maestri. Un il//cy^e?e
di Giovanni da Milano lavorò nel 1493 il sotto portico del pa-
lazzo degli Anziani di Ancona (cfr. p. 26, 44-46). Sarebbe egli il
nostro Michele?...
Aggiungiamo che nel palazzo di Jesi una iscrizione ricorda il
governatore di Jesi nel 1700, il patrizio milanese marchese Giulio
Resta. Il Gianandrea riporta l' iscrizione (cfr. p. 53).
192 AiM'UNri K xoriziE.
Giovanni di maestro Ugolino da Milano artista, il cui nome
giunge nuovo nella serie degli alluminatori di manoscritti, ci è
ora fatto noto daW Arehioio della Società Romana di Storia Pa-
tria (fase. III-IV, voi. X, 1887, p. 603).
Una singolare miniatura di quell' artista adorna un messale
membranaceo del secolo XV conservato nella cattedrale di Fermo,
e cognito colla designazione di Messale de Firmonihus, per essere
stato ordinato da Giovanni dei Firmoni, vescovo e principe di
Fermo nel 1412. Una illustrazione del detto messale comparve
in Modena nel 1873 per opera del parroco Federigo Fagotti.
Il signor Lucio Mariani allievo del corso pratico di metodologia
della storia, tenuto dalla R. Società Storica Romana, ne tentava
una seconda, ma con considerazioni più di critica d'arte e di
storia che di liturgia. Il Mariani riproducendo la pagina del codice
in cui si rappresenta la festa popolare della cavalcata dell'As-
sunta in Fermo, manifesta il proposito di riuscire con ulteriori
indagini nell'Archivio capitolare a fornire altra notizia circa a
Giovanni di Maestro Ugolino da Milano, che nel 1436, siccome
egli stesso scrive, hoc opus fecit manu propria.
Data della morte di Gaudenzio Ferrari e di Pellegrino
Pellegrini. — Riproduciamo àsAV Archivio storico dell' arte , di
Roma (N. 2 , febbraio 1888) la seguente importante nota di
E. Motta : — Del pittore Gaudenzio Ferrari , al pari che del
Luini, sono incerte le date della nascita e della morte. Ma
un documento ineccepibile, cioè il necrologio milanese (1) del-
l'anno 1546, ci permette ora di fissare esattamente l'epoca del
decesso del celebre pittore lombardo, nonché approssimativamente,
ma più che noi facessero finora i suoi biografi , quella della
nascita.
(l) Neil' A/'c/u'pìo di Stato in Milano, classe Popolazione.
I
APPUNTI E NOTIZIE. 193
Fino al 1881 ponevasi generalmente come anno di nascita di
Gaudenzio il 1484 ; ma poi il padre barnabita Colombo, che della
vita del Ferrari ebbe a scrivere la migliore opera a noi nota (1),
fece adottare come più probabile eh' ei nascesse verso il 1481.
In quale anno ed in che luogo Gaudenzio cessasse di vivere ,
dagli storici contemporanei vien taciuto. Si ammetteva però con-
getturalmente estinto nel 1549 o nel 1550 in Milano. Ed anche
il padre Colombo ammise come fuor di dubbio il luogo , non
cosi il tempo del decesso, eh' egli, basato sul confronto dei passi
del Vasari e del Lomazzo, fissa alla metà del 1546. Secondo lui,
il Ferrari sarebbe morto in età di non meno di G4 anni.
E Gaudenzio Ferrari moriva precisamente ai 31 gennaio 1546
in Milano , a Porta Romana e nella parrocchia di S. Nazzaro ,
dove, per i documenti prodotti dal p. Colombo, si sa eh' egli vi-
vesse neir anno 1539.
I registri mortuari della città di Milano ecco come ne regi-
strano a quel giorno e in quella parrocchia la morte :
« Dominus Magister Gaudentius de ferrarijs annorum circa 75
ex catarro suffocatus in prima, sine signo pestis decessit juditio
Magistri Alexandri Granati. »
Ora se 1' età di circa 75 anni data dall' ufficiale di sanità si
voglia ritenere come esatta o poco lontana dal vero, la nascila
di Gaudenzio Ferrari dovrà porsi nelT anno 1471 o poco dopo.
Ma r età del Ferrari , che il necrologio milanese indica con
un circa va forse diminuita. In ogni caso, sono da esso fissati
con esattezza 1' anno ed il luogo di naorte del valentissimo pit-
tore valsesiano.
Dagli stessi registri mortuari la morte del celebre architetto
Pellegrino Pellegrini , finora non precisata , risulta avvenuta in
Milano ai 27 maggio 1596.
(1) Vita ed opere di Gaudenzio Ferrari, pittore, con documenti inediti.
— Torino, Fratelli Bocca, 1881. ^
Arch. Stor Lomh. — Anno XV. 13
194
AiM'LlN'i'l r XO'I-IZIR.
Tipografi lombardi a Perugia. — Antonio Brizi pubblica noi
Bibliofilo, di Bologna, (N. 1, gennaio 1888) gli Annali tipografici
di Perugia. Tra i tipografi emersi in quella città figurano negli
anni 1499 e seguenti Cartolari Francesco e Domenico da Gor-
gonzola. Vi troviamo nel 1536-1539 Bina Luca Mantovano , e
nel 1570 Panizza Valente pure Mantovano.
Cena e Rappresentazione data dal cardinal Gonzaga. — Il
p. p. fascicolo del nostro Archivio si è occupato di « Trionfi e
rappresentazioni in Milano » nei secoli XIV e XV. — Non riesca
discaro di qui aggiungere alle tante descrizioni di rappresentazioni
sceniche , pubblicate in questi ultimi anni, quella che e' informa
della rappresentazione data la sera di capo d' anno del 1476 ,
durante una cena offerta agli ambasciatori milanesi in Roma dal
cardinale di Mantova, F. Gonzaga.
È tolta dall'Archivio di Stato di Milano (cart. diplomatico), nò
finora ci sembra nota.
IH.'"" et Excel!.™" Signor mio. Eri (ieri) che fu ol die do anno novo
(capo d' anno) se fece messa papale. Il Cardinale de Novaria cantò la
messa cum bone modo et dignissime manere, et fu collodato molto.
Et finita la messa cum debite cerimonio, che fu fenita ad bore XVIIIJ,
chi non aveva mangiato andò a manzaro. Questo fu quanto alla matina,
gioè di quello che yo so. La sera, el Cardinale de Mantoa convitò li
ambasiatori de V. 111.'"'' Sig."" el vescho di Placentia et messer Augu-
stine Rosso. Et qui fece una cena regalle, mostrando di fora, quello
che jo credo sia dentro sei mio parere non erra. Per che, Signor mio
111.'"°, jo starla cento anni in el cuore dunno preyto, e poy lo impa-
rarla a cognoscere etc.
Segnor mio, el Cardinale fece un rey (re) suo camarero , clamato
Brugnollo, comosa V. Ex."' che li brugnolli sono bruschi, et duronzij
ad mangiare. Questo brugnollo pare dolce et suave , che è bello, gio
vane senza barba et de bela persona. Questo Re era obodito et re-
APPUNTI E N'OTIZIF. 10."
vcrito quanto ò la V. Ex. '' in rassa vostra, por quella «era. Et anche
il Cardinale gli volle bene, perchè quello tal Brugnollo lo merita. Lo
Re sentava in capo di tavolla , vestito duna turcha de zetonino raxo
cremo'^sino , qualo turcha era del Cardinale , una collana doro teneva
al collo cura uno pendente assay bello. Da pov sentava el Cardinale,
da poy Monsignor Sacramoro vostro Ambasatore, poy el Mag."'' Messer
Augustino Rosso , Messer Rodolfo da Gonzaga fratello del Cardinale
e poy certa altra gente che yo non li cognosco. La cena fu assai
Isella et fatta la cena se fece una representationc assay bella dele vir-
tute conno sono contrarie ali vicij. E quivi venereno tute le virtute
vestiti ad modo femenille cum volti contraffati et depincti. Et detro
gli seguiva li vicij. E qui si fece una disputationc inante alo Re ,
utrum se doveva atachare alla vita epicuria, overo acostarse ale ver-
tute. E qui se ballò cum spade in mano li viciosi. Et le virtute gli
abateno li vicij et cossi la festa fu fonita ad bore vj di nocte. Me
recomando ala V. 111.'"'' Sig.""'*
Roma die secundo Januarij 1476.
IH.'"'" vestre dominationis
servitor Johannes Marcime.
A tergo :
IH.'"" et excell.'"" principi domino meo singularissimo
Domino d. Duci Mediolani etc.
Per Bartolomeo Platina. — Il dott. Ferdinando Sacchi in-
serisce nella Provincia , Corriere di Cremona , [N. 6 , 14 gen-
naio 1888] , una lettera del dicembre 1475 del celebre storico
dei papi Bartolomeo Platina , o Sacchi da Piadena , conservata ,
assieme ad altri documenti storici importanti nel Museo Civico
nella Biblioteca di Cremona. La lettera autografa del Platina
è la risposta a lettere del Consiglio di Cremona , colle quali
il Platina veniva richiesto di adoperarsi presso papa Sisto IV
per r ottenimento d' una indulgenza plenaria per la Cattedrale di
Cremona, e in essa partecipa che non volendo S. Santità concedere
tali favori prima del Giubileo, farà d'uopo aspettare fino dopo il
196 APPUNTI E NOTIZIE.
Natale , ma che a quali' epoca egli si porrà di nuovo all' opera,
confidando di riuscire. Un 2" documento offerto dal Sacchi é la
commendatizia dei Duchi di Milano (29 gennaio 1477) diretto al
Podestà di Cremona in favore del Platina.
Documenti ben più importanti per l'imprigionamento del Platina
in Roma , nel 1468 , e per la sua andata in Grecia nel 1456 ,
vennero editi in questi ultimi anni nell' Archioio della R. Società
romana di storia patria (1884 , fase. 27-28 , pag. 555 , riprod.
dalla Perseveranza, N. 8040, del 1882), e nel Boll, storico della
Svizzera italiana (1885, pag. 274).
Isabella d' Este marchesa di Mantova. — A. Luzio e R. Re-
nier hanno ultimato il lavoro di ricerche , che durava da pa-
recchi anni, intorno a Isabella d' Este Gonzaga. La monografia
riguardante la celebre gentildonna e le sue relazioni artistiche
e letterarie viene ora stesa, e comparirà quanto prima sarà pos-
sibile , tenuto conto del materiale immenso e della vastità del-
l' opera. [^Giornale Storico della Letteratura Italiana, di Torino,
fase. 28-29, 1887, p. 307]. I documenti raccolti sommano ad
oltre 3000.
Anna Gonzaga e la Fronda. — AH' Istituto di Francia il
signor Cheruel presentò una memoria sull'anione Politica della
Principessa Palatina, che era Anna Gonzaga, durante la Fronda
(1651). Nata nel 1616 da Carlo Gonzaga Nevers duca di Mantova,
sorella della regina di Polonia, primeggiò alla Corte di Francia,
ammirata dal cardinal di Relz ; Bossuet tessendone l' orazione
funebre ne esalta le qualità di mente e di cuore, la dice « sempre
fedele allo Stato e alla gran regina Anna d'Austria e col segréto
di questa ebbe pur quello di tutti i partiti; tanto era penetrante,
tanto ispirava confidenza, tanto le era naturale il guadagnar i
cuori. »
APPUNTI E NOTIZIE. 197
Codeste eroine della Fronda non possono giudicarsi solo dietro
ai panegiristi e ai detrattori, fra quel labirinto d' intrighi politici
e questioni romanzesche e Mazzarino giudicava Anna facile a gua-
dagnare perché molto interessata; e tale si mostrò nella lunga
faceuda di riconciliare il principe di Condé colla regina.
Manoscritti lombardi a Berlino. — Nel Giornale Storico
della Letteratura italiana, di Torino (fase. 30°) Leandro Biadene
elenca i manoscritti italiani della Collezione Hamilton nel R. Museo
e nella R. Biblioteca di Berlino. Taluni provengono dalle biblio-
teche degli Sforza. Cosi il n.** 2 (cfr. p. 319) Il Canzoniere del
Petrarca col commento del Filelfo, appartenuto a Corrado da
Fogliano. Neil' ultima carta non numerata del codice irovansi
notati gli anni della nascita dei figli di Gabriella figlia del mar-
chese di Mantova e moglie per lo appunto di Corrado da Fogliano
(1456 e 1461), e d'altra mano quelli della nascita dei figli di
Ludovica dei marchesi Pallavicini e moglie di Ludovico da Fo-
gliano (1479-95).
Il n." 7 (cfr. p. 321) é codice quattrocentista contenente il noto
poema di Gasparo Visconti Di Paulo e Daria amanti.
Il n.° 11 (cfr. p. 323), codice del secolo XVI, con due belle
pitture del Tintoretto rappresentanti la Vergine col Bambino e i
ritratti di P. Capello e di suo figlio, è la Ducale di Nicolò da
Ponte nominante Pietro Capello podestà della città di Crema. A
tergo della prima guardia leggeri un' annotazione autografa del
podestà Capello sull'epoca della sua nomina, entrata in Crema, ecc.
Questi tre Codici nel R. Museo berlinese. Nella R. Biblioteca
troviamo :
N,** 70 (cfr. p. 349) Cod. membr. del sec. XVI collo stemma
dei Capello finamente miniato. Ducale di Leonardo Lauredauo
nominante Pietro Capello podestà di Brescia (1501).
198 APPUiNTI E NOTIZIE.
L'Archivio di Stato Lombardo acquislò le Carte della Fa-
miglia Melzi (Malingegni), cedutegli generosamente dalla Contessa
Barbara Melzi , ultima di un ramo secondogenito di quella fa-
miglia , persuasa che i ricordi domestici siano meglio conservati
e utilizzati nei depositi pubblici, che non nelle case private. Sono
4000 documenti, che riguardano 434 famiglie : in essi 309 per-
gamene ; diplomi e bolle coi sigilli conservati in teche di me-
tallo o di lecno.
Archivio Bertani. — Il Consiglio Comunale di Milano nella
seduta del 31 dicembre 1887 deliberò l'acquisto per la somma di
L. 30,000 dei documenti costituenti l'Archivio lasciato da Ago-
stino Bertani ed esaminati dalla Commissione del Civico Museo
del Risorgimento, dei quali pubblicò una dettagliata relazione il
colonnello Enrico Guastalla (Milano, Tip. Bernardoni).
Il valore di questo Archivio sta nella raccolta di migliaia di
autografi e di documenti storici , che riguardano i moti milanesi
del 1848, la difesa di Roma (1849),. il periodo della resistenza,
della preparazione, la guerra, i cacciatori delle Alpi (1859), le
campagne dell'Italia meridionale (1860), le diverse spedizioni
dal 1860 al 66 fino a Mentana (1867). — Importantissima è in
particolare per Milano la parte dell'Archivio, che porta per ti-
tolo: Governo Provvisorio di Milano e della Lombardia, 18i8 ,
in cui si possono leggere corrispondenze segrete di Enrico Mar-
tini, di Cesare Giulini, di Guido Borromeo e di altri inviati al
campo di S. M. il Re Carlo Alberto , i protocolli segreti e i
processi verbali delie sedute del Consiglio del Governo Prov-
visorio.
(i>ueste carte furono portate a Lugano da Federico Bellazzi il
giorno 4 agosto 1818, affidate da poi a Carlo Cattaneo, a lui sei-
APPUNTI E NOTIZIE. 199
virono nella pubblicazione deWArchioìo Triennale : morto il Cat-
taneo passarono co* suoi scritti ad Agostino Bertani, che le affidò
alla signora Jessie \\'hite vedova Mario, la quale con lettera
esplicativa del 3 gennaio corrente anno, ed in seguito all'acquisto
dei documenti di proprietà Bertani, le consegnava al signor Sin-
daco persuasa del dovere di deporre queste carie nelle mani del
legiitimo rappresentante del popolo milanese.
Società Storica di Savona. — Nel giorno otto del passato
gennaio veniva inaugurata questa nuova Società; ai discorsi del
sindaco Brignoni e di Anton Giulio Barrili presidente del Comi-
tato Promotore, che ricordò i più illustri scrittori Savonesi e in
particolare l'abate Torteroli, tenne dietro quello di Paolo Boselli,
chiamato alla Presidenza, che tratteggiò con splendide parole le
origini storiche dei Liguri, le condizioni di Savona nel periodo
barbarico e sotto il dominio del marchese Del Carretto, la for-
mazione del Comune nel secolo XIII, le lotte con altre terre
italiane; ragionò di Savona all'epoca napoleonica sino ai giorni
nostri ed avverti per ultimo i tesori che ancora si conservano
negli archivi savonesi alle indagini storiche degli studiosi. — Un
augurio di proficua vita alla sorella istituzione.
Le Moven Age. — A Parigi è uscito il primo numero, gen-
naio 1888, del giornale Le Moyen Age (Alphonse Picard, ediieur)
che si propone di dare lo spoglio , per quanto riflette la storia
medioevale, di tutti i periodici d'Europa. La pubblicazione è men-
sile; e nel primo numero, a pag. 17-19 troviamo' un abbondante
resoconto degli ultimi fascicoli doWArchioio Storico Lombardo.
Co.NCORSI A PREMI DEL R. ISTITUTO LoMB.iRDO DI SciENZE E
Lettere. — Fondazione Tomasoni. Temi per l'anno 1891, ri-
200 APPUNTI E NOTIZIE.
proposto e pubblicato il 13 gennaio 1887: Un premio di lire
italiane 5000 a chi detterà la miglior Storia della vita e delle
opere di Leonardo da Vinci ^ mettendo particolarmente in luce i
suoi precetti sul metodo sperimentale, e unendovi il progetto di
una pubblicazione nazionale delle sue opere edite ed inedite.
Scadenza del concorso alle 4 pomeridiane del 1^ maggio 1891.
Premio Cossa. Tema per 1' anno 1888, pubblicato il 13 gen-
naio 1887 : Fare una esposizione storica delle teorie economiche
e finanziarie in Italia dal 1800 al 1848.
Tempo utile per il concorso, fino alle 4 pomerid. del 1^ giu-
gno 1888. Premio L. 1000.
GIUSEPPE MONGERI.
Compiamo uà dovere assai doloroso, scrivendo, con un triste
annuncio di morte , il nome d' uno dei collaboratori più costami
ed assidui di questo Giornale.
Il prof. Giuseppe Mongeri mori il di 17 gennaio.
Il paese nostro ha perduto in lui un intemerato e operoso
cittadino, gli studi d'arte e di storia un cultore autorevole; per
la Società Storica Lombarda e per questo Giornale la sua morte
é un lutto di famiglia.
Giuseppe Mongeri nacque in Milano nell'aprile del 1815.
Giovinetto , compi , con lode , gli studi classici e letterari ,
ma attratto da una naturale inclinazione, si diede, nel tempo
stesso , ad apprendere il disegno e la pittura , frequentando le
scuole dell' Accademia di Brera , dove lasciò ricordo di sé pel
suo amore alle discipline artistiche e per le sue felici attitudini.
Egli non vagheggiava le glorie dell' artista, ma cercava in questo
studio una soddisfazione dell' animo , un nuovo ornamento di
quella coltura di cui voleva arricchire la mente , un tirocinio
utilissimo per educare il nativo sentimento del bello.
Uscito dalle scuole, il Mongeri entrò presto nei pubblici uffici ,
non abbandonando però, tra i nuovi ed aridi doveri , i suoi lavori
geniali. Egli contrasse allora coi giovani studiosi della nostra
città quelle amicizie che gli durarono sempre affettuose*
202 NECROLOGIO.
Nei tristi tempi del dominio straniero , pei giovani operosi
erano assai minori le distrazioni della vita ; le speranze erano
alte, disinteressate e lontane ; un impulso comune li spingeva, più
che ora, a cercarsi tra loro, ad associare gli studi, a riunirsi
nelle consuetudini d' una fraterna amicizia. Un gruppo di essi ,
che si raccoglieva intorno a Cesare Correnti , collaborava alla
Rivista Europea, coli' intento di seguire quella tradizione che,
cominciata col Caffè e ripresa col Conciliatore, doveva essere più
tardi continuata dal Crepuscolo. Il Mongeri , stretto da una viva
amicizia al Correnti , frequentava questi convegni , dove cia-
scuno portava il contributo de' suoi studi prediletti.
Collaboratore della Rivista Europea , il Mongeri passava in
rassegna le nuove opere d' arte e quelli che allora , meglio che
oggi , potevano chiamarsi gli avvenimenti artistici della città ,
perché 1' opinione pubblica vi pigliava una parte molto più viva
e ogni prova dell' ingegno italiano pareva confermare in tutti la
volontà d' essere italiani.
In questi suoi primi scritti, il Mongeri, appare, più di qua-
rant' anni or sono , quale lo abbiamo poi sempre conosciuto.
Senza essere ingiusto, né irriverente verso gli artisti provetti del
suo tempo, manifestava le sue simpatie per quelli che si allon-
tanavano dagli artifizi e dalle tradizioni accademiche e cercavano
la loro ispirazione nella natura e nella verità. Salutava gì' ingegni
che sorgevano, ammirava con gioia sincera le loro prime opere;
ma li avvertiva eh' essi camminavano tra due pericoli , da un
lato la reminiscenza della scuola , la convenzione classica che
non può esprimere la vita moderna , dall' altro lato la servile e
materiale riproduzione di ogni aspetto esterno delle cose. Fino da
allora egli notava la superiorità dell' esecuzione sul pensiero e
consigliava ai giovani di domandare alla natura la verità delle
forme , ma di cercare nella mente e nel cuore 1' unità e la vita
delle opere d' arte.
In queste rassegne egli andava, soprattutto, additando con
grande amore, agli intelligenti ed al pubblico, quei lavori arti-
stici che non apparivano allo mostre annuali de' quadri e delle
NECROLOGIO. 203
statue. Parlava degli affreschi, di quest'arte tutta italiana, eh' egli
lamentava allora negletta e che potè poi vedere quasi spenta.
Esaminava soprattutto le opere di architettura, di quella forma
dell'arte che a lui pareva, nelle condizioni presenti della società,
la più importante, e che non era in Milano più in fiore che oggi
non sia, segnalando quanto era lodevole, ma deplorando soventi
o la mediocre tradizione accademica , o il tentativo di imitare
altri stili , senza possederne appieno la scienza e lo spirito.
Il Mongeri aveva , in fatto di arte architettonica , una coltura
storica e tecnica , che andò poi sempre aumentando con grande
amore, e che lo distingueva tra i critici d'arte, perchè molti
possono, anche col solo lume dell'intuizione, parlare d' un quadro
o d' una statua , ma per parlare di un' opera d' architettura è
necessario un corredo di cognizioni.
Dallo studio dei monumenti antichi la sua mente si volgeva
a quello della loro conservazione. I lavori che allora si com-
pievano in alcune case private , nel Duomo , in S. Ambrogio ,
soprattutto nella Certosa di Pavia , sono 1' argomento di alcuni
tra i suoi scritti migliori, nei quali egli espone intorno ai metodi
del restauro quei principi che hanno anche oggi tutto il loro
valore.
Ci siamo alquanto indugiati intorno a questi primi lavori del
Mongeri perché in essi è già tracciata la strada che egli per-
corse sino alla fine della sua laboriosa carriera.
La Rivista Europea fini colla rivoluzione del quarantotto , col
trionfo delle speranze che tenevano uniti tra loro quei giovani
che vi scrivevano, congiunti da uno stesso volere e da una stessa
aspettativa. Il Mongeri fu nominato tra i vicesegretari del Go-
verno Provvisorio.
Dopo le nostre sciagure , egli ritornò ai suoi studi e scrisse
nel Crepuscolo, nelle cui pagine, oltre vari giudizi sulle quistioni
artistiche del giorno, pubblicò alcuni scritti i quali avevano una
importanza maggiore di quella che viene dall' occasione. Merita,
ad esempio, d'essere citato un suo pensato lavoro sulla pittura
storica in Italia,
104 xN'ECROLOGIO.
Nel 1855 il Mongeri fu nominato segretario della Accademia
di Belle Arti, nella quale esercitò anche 1' ufficio temporaneo di
Presidente. Cessò da questi incarichi , quando l' Accademia fu
sciolta e riordinata , per riassumere più tardi , come professore ,
i' insegnamento della storia dell' arte.
D' allora in poi si può dire che i suoi giorni furono divisi tra
le cure date al maggiore nostro Istituto artistico e 1' assidua abi-
tudine dello studio.
L' amore per l' arte conservò sempre in lui l' alacrità e la
freschezza di un- affetto giovanile. Ogni fatto, ogni quistione che
importasse alla vita artistica nella nostra città, occupava il suo
pensiero ; da un modesto concorso tra giovani non ancora usciti
dalle scuole, alle nuove opere degli artisti provetti, dalle espo-
sizioni annuali ai nostri musei , dalle quistioni sollevate per le
novità edilizie ai più difficili problemi intorno ai nostri monumenti
storici, tutto gli sembrava degno di nota e per tutto egli cercava,
0 con un breve giudizio o con una indagine dotta e accurata, di
tener desta 1' attenzione e la sollecitudine del paese. Deplorava
soprattutto l'indifferenza, e, ad ogni modo, credeva di compiere
un dovere, come se 1' interesse pubblico fosse cosi vivo come il
suo. La sua ampia cultura intorno alla storia e alla critica del-
l' arte era da lui quasi esclusivamente applicata alle cose arti-
stiche della nostra città.
Egli aveva una piena conoscenza dell' arte contemporanea ,
delle sue condizioni e del suo sviluppo in Italia e fuori d'Italia;
ed aveva coscienziosamente studiato, non solo nei libri, ma con
ripetuti viaggi, lo svolgimento delle scuole moderne in Francia,
in Germania, e nel Belgio.
Alle sue critiche intorno alle nostre esposizioni d' arte e , in
special modo, intorno alle opere di pittura, fu apposto di non
essere scevre da pregiudizi di scuola. Fu detto eh' egli aveva
applaudito ai progressi fatti dall' arte nei tempi della sua gioventù,
ma che aveva fatto il viso dell' arme a quelli compiuti dappoi.
A noi il rimprovero non sembra giusto. Coloro che conobbero
da vicino il Mongeri, sanno che egli comprendeva assai bene da
';io.
quali intenti fossero mossi molti ira i nostri giovani artisti, e da
quale ricerca di una più viva e intima rappresentazione del vero,
e eh' egli non si negava a riconoscere queUa parte di progressi
che poteva dirsi ottenuta. Solo , poiché aveva presente tutto lo
sviluppo artistico nei giorni nostri , propendeva a dare a questo
indirizzo nostro locale piuttosto l' importanza d' un episodio che
di un periodo storico. E per di più gli pareva che , per quanto
riguarda il maggiore obbiettivo della pittura, vale a dire la rap-
presentazione della figura umana, nella nuova scuola si ravvi-
sasse finora piuttosto T intento a cui mirava, che lo scopo rag-
giunto, e eh' essa non fosse ancora uscita, come oggidì si dice ,
dalla sua fase di evoluzione. Credeva dunque più utile esprimere
i suoi dubbii e fare le sue riserve che largheggiare nelle lodi,
delle quali , d' altronde , non si avvertiva la mancanza. Queste
erano le sue opinioni che si potraimo contraddire , ma che è
giusto ridurre nei veri termini loro.
Lo studio che il Mongeri faceva , nel tempo stesso , dell' arte
antica, era per lui l'apparecchio e la materia per quell'insegna-
mento della storia dell' arte eh' egli proseguì per molti anni nella
Accademia milanese con amore grandissimo e con cura indefessa.
Si può dire che questa scuola fu da lui rinnovata e che essa poteva,
per l'indirizzo ed il metodo, servire ad altre di esempio. Alle an-
tiche lezioni di quell' estetica che si era immedesimata colle
Accademie, sono oggidì succedute altre lezioni, nelle quali la
storia dell' arte é unita alla storia generale in un modo affatto
anedottico , oppure é trattata come un esercizio di critica lette-
raria. Un simile insegnamento può dare ai giovani qualche no-
zione di coltura generale, ma nessun concetto positivo dell'arte.
Il Mongeri insegnava con un metodo più rigoroso, più atto a
nudrire di cose, e non a pascere di parole, la mente degli scolari.
Egli non trascurava le relazioni necessarie tra la storia del-
l'arte e quella della civiltà, né le leggi morali che presiedono
al progressivo svolgimento delle forme artistiche, ma queste
forme poi credeva necessario il farle studiare con una analisi
positiva e colle loro dimostrazioni tecniche. In questo gli gio-
:?0G N'iyiMU.oGTO.
vava non solo la dottrina teorica, ma l' avere addestrato 1' occhio
e la mano alla educazione e alla pratica dell' arte.
Il suo corso di lezioni comprendeva un ampio programma che
si svolgeva metodicamente, senza che la sintesi facesse danno
ai particolari e in cui i grandi monumenti dell' arte erano illu-
strati, pel loro valore estetico e pel posto che tenevano nella
storia, col corredo di una larga copia di disegni e di riprodu-
zioni grafiche.
Il Professore amava i suoi allievi, e non credeva che colla
lezione fosse finito il suo compito. Ricercava quelli che davano
migliori speranze e che rispondevano meglio al suo pensiero, li
chiamava a sé per incoraggiarli e per associarsi ai loro studi,
colla guida e col consiglio.
Le sue cure per questa scuola facevano parte dell'opera ze-
lante da lui data all' Accademia di Brera per la quale prendeva
un interesse quasi di famiglia. Il Mongeri , in fatto di Acca-
demie, professava quella opinione media che, dopo molta contesa,
ha finito col prevalere. Le Accademie furono, negli ultimi tempi,
assai impopolari, e non senza ragione. Esse erano sòrte in Italia,
col decadere dell'arte, per far prevalere i principi della scuola
ecclettica, le cui formole e i cui precetti non potevano che nuo-
cere alla originalità spontanea degli ingegni e all' unità caratte-
ristica delle opere loro. Le Accademie ebbero anche un dominio
maggiore, al principio di questo secolo, quando per combattere
il cattivo gusto si volle prescrivere un bello convenzionale de-
sunto dalla imitazione della antichità classica, incompletamente
interpretata ed intesa. Tutti rammentano la crociata contro lo
Accademie ; se ne invocava 1' abolizione e si domandava il ri-
torno alle antiche botteghe del quattrocento da cui erano usciti
i grandi maestri italiani.
Il vero è che se le Accademie avevano le loro grandi pecche,
si poteva anche dire che delle condizioni materiali e morali in
mezzo a cui fiorirono le botteghe del quattrocento, ai giorni
nostri non ne esiste forse una sola. Il Mongeri voleva non la
morte, ma la riforma delle Accademie, e credeva che alle con-
NECROLOGIO. ^O"
dizioni presemi rispondessero piuttosto degli Istituti, il cui inse-
gnamento fosse basato sulla sostituzione del vero al convenzio-
nale e dove i giovani potessero avere quei mezzi di studio e di
lavoro che non potrebbero trovare altrove. Egli pubblicò nel 1860,
un suo Schema di Slaiuto per una Accademia di Belle Arti,
che da coloro che vogliono studiare la quistione, sopita e non
spenta, intorno all'ordinamento dei nostri maggiori Istituti arti-
stici, può ancora essere consultato con interesse e con frutto.
Lo scopo eh' egli si proponeva era di por fine a quella immo-
bilità che era rimproverata alle Accademie , le quali vivevano
chiuse in sé stesse senza sentire né accogliere gli influssi della
vita che le circondava. Egli voleva dunque introdurre nel loro
stesso organismo una legge di trasformazione successiva e di
rinnovamento e, tra altri provvedimenti, la logica del suo prin-
cipio lo conduceva a proporre, come cosa essenziale , che i pro-
fessori delle scuole superiori fossero nominati soltanto a tempo,
e, ogni sei anni, sostituiti da altri. Un riflesso dei concetti esposti
allora dal Mongeri , si trova negli Statuti che furono poi dati
all'Accademia, ma solo in parte, come avviene quando, tra
idee e opportunità diverse, si giunge per transazione o stan-
chezza a un termine medio. Delle riforme indicate da lui al-
cune furono più tardi attuate ; altre potrebbero essere riprese
utilmente in esame. E tutte poi valgono, se non altro, a dimo-
strare che le sue idee erano larghe e progressive, e quanto fos-
sero lontani dal vero coloro che lo andavano talvolta rappresen-
tando come un custode intollerante delle chiuse accademiche.
Le istituzioni sono fatte in parte da chi le ha create o le dirige,
ma più ancora dalle circostanze in mezzo a cui vivono e dalla
forza delle co^e che ne deriva. L'Accademia di Milano ne è una
prova, perchè intorno all' istituto di studi artistici superiori si è
poi formato, ed é sempre andato crescendo, un altro grande isti-
tuto popolare di insegnamento del disegno di cui le classi popolari
soprattutto si giovano. Il Mongeri si prendeva cura dell'Accademia ,
appunto per questa tradizione cittadina che ne fa la maggiore delle
nostre istituzioni artistiche, e le assegna un posto importante nella
208 NECROLOGIO.
vita operosa della nostra città. Egli si adoprava per l' Istituto con
animo volonteroso, nelle maggiori come nelle minori occasioni,
portando in tutte il sussidio della sua dottrina, e il suo amore
per gli studi seri e ordinati.
Il Mongeri studiava con grande diligenza tutti i nuovi lavori
pubblicati in Italia, e assai più fuori d'Italia, intorno alla storia
dell' arte , e segnatamente dell'arte italiana. Egli non era tra co-
loro che, formati una volta i loro giudizi, smettono dall' imparare
e passano il resto della vita a difendere da ogni novità il regno
delle loro antiche dottrine. Seguiva gli ultimi progressi della
critica con piena libertà di pensiero, e con mente volonterosa,
perché non gli pesava il ricredersi d' una opinione già profes-
sata, né gli rincresceva il rifare, col progresso degli studi ge-
nerali, la sua educazione. Nei giudizi intorno all'antica pittura
italiana adottò, come seguace, le idee del Senatore Giovanni
Morelli, il cui libro sulle opere dei Maestri italiani nelle Gallerie
della Germania, apri nuove vie alla critica e gettò una luce
nuova sulla storia dell' arte italiana. Di questo libro fece una
estesa recensione, letta nell'Istituto Lombardo; e il consenso
nelle idee coli' illustre critico gli era reso più caro dalla antica
amicizia che ad esso lo legava.
La conoscenza che egli aveva dell' architettura, la predilezione
che in lui, cogli anni, era andata crescendo per le ricerche eru-
dite lo facevano giudice assai competente in tutte le quistioni che
concernevano gli antichi monumenti ed i loro restauri. Erano
questi gli studi verso i quali si sentiva attratto di preferenza, e che
aveva maggiormente approfonditi. In tal modo egli illustrò molti
monumenti medioevali e del rinascimento, nella città e nel ter-
ritorio milanese, o perchè poco noli, o perchè di essi si era
progettato o incominciato il restauro. Le indagini artistiche lo
conducevano alle indagini storiche e si soccorrevano a vicenda.
La storia degli uomini e dei tempi non si può scompagnare
dallo studio dei monumenti. Essa rischiara la loro origine e le loro
vicende, e dà una voce a questi muti testimoni del passato. I
documenti rintracciati negli archivi aggiungono nuove notizie,
NECROLOGIO. 209
coufermano o correggono le antiche. Ma 1* edificio stesso rimarrà
sempre il maggiore dei documenti. Alla ricerca storica bisogna
dunque che sia unita la conoscenza artistica necessaria per
saper intendere il monumento e per trovare in esso il riscontro
delle tradizioni e delle memorie.
Il Mongeri al quale, in questa materia non mancavano né l'eru-
dizione , né le cognizioni artistiche , si era applicato a dare a
queste ultime un fondamento pratico sempre maggiore. Aveva
assistito da vicino ai restauri della chiesa di S. Ambrogio; e, amico
del compianto Architetto Brocca e dell' egregio Architetto Mac-
ciaschini, aveva seguito con essi i più importanti restauri diretti
da quei due egregi artisti. Egli aveva per tal modo acquistato
una perizia non comune, per uno scrittore che non era archi-
tetto, dell'organismo e delie forme degli antichi monumenti.
L'operosità letteraria del Mongeri fu cosi assidua che a voler
rammentare i suoi scritti, con una parola che vada oltre l'enun-
ciazione del titolo, si farebbe troppo lungo discorso. Abbiamo
cercato di darne, in fine di questa notizia, un' indice cronologico
che non sarà forse completo. E agli articoli nelle Riviste, alle Me-
morie che non si potrebbero qui riassumere con brevi cenni , é
da aggiungere una collaborazione di venticinque anni, come cri-
tico d'arte, nella Perseveranza, dov'egli scrisse su tutti gli argo-
menti d'arte antica e moderna che l'occasione del giorno metteva
in campo.
Il suo libro YArte in Milano fu pubblicato in occasione della
Mostra Nazionale e del secondo Congresso artistico radunato in
Milano.
Il Mongeri volle scrivere una Guida dei monumenti della
nostra città, che stesse alla pari col progresso degli studi e
della critica moderna. Egli si accinse a un' opera nella quale
bisognava rifare da capo, perchè le Guide del secolo scorso, dal
Torre al Bianconi, gli potevano poco giovare, e qualche pregevole
pubblicazione dei nostri giorni trattava dell' arte solo in modo
accessorio. Il libro del Mongeri non è compilato coi libri, e vi
è raccolto, in piccola mole, il compendio di molte e laboriose
Arch. Stor. Lomh, — Anno XV. 14
210 NECROLOGIO.
ricerche fatte sui monumenti o tolte , di preferenza , alle carte
inedite delle Biblioteche e degli Archivi. L' autore non credeva
che il suo lavoro fosse in ogni parte completo , perchè questi
libri non sono mai finiti; e lo presentava modestamente come
il saggio e il disegno d'una Guida. Egli intendeva di ampliarlo
e di estenderlo a tutto il territorio milanese, e di introdurvi quelle
variazioni che nuovi studi gli avevano suggerito, massime per le
antiche pitture, poiché le molte tenebre che circondano la vecchia
scuola lombarda non si vanno che a poco a poco diradando. La
parte più importante e che tiene maggior posto nel libro è quella
risguardanle le chiese, le quali sono i maggiori monumenti della
nostra città. L'autore le descrive e le illustra coll'ordine e col
metodo storico; ne cerca l'origine, segue i casi della loro costru-
zione e gli eventi che ne mutarono 1' antico aspetto. Poi interroga
il monumento stesso, nelle sue forme o in quello che rimane
delle parti più antiche, per ritrovarvi le prove e le traccie del
passato , per esaminare l' autorità delle tradizioni tramandate da
scrittore a scrittore e, investigando alcuni caratteri distintivi e le
loro analogie , cerca di rischiarare con ragionevoli congetture
la storia degli artisti che architettarono i nostri antichi edifici.
Fatto questo studio del monumento , ne descrive poi l'aspetto e
lo stato presente , e passa in rassegna tutto ciò che contiene
d' importante o di notevole. Il Mongeri volle fare un libro ugual-
mente utile agli studiosi e ai semplici visitatori, nel quale i primi
trovassero in compendio, un concetto intorno all' importanza e
al carattere dei monumenti milanesi, i secondi un'utile scorta per
visitarli e per intendere le opere d'arte che vi sono raccolte.
Il Libro dell'Arte è una pubblicazione fatta per giovare al-
l' insegnamento e che merita di essere qui ricordata. Esso è
composto di circa dugentocinquanta tavole incise, le quali costitui-
scono un indice, fatto con disegni, di tutta la storia dell'arte ne' suoi
grandi periodi dell'Antichità, del Medio Evo, del Rinascimento in
Italia, del Rinascimento d'oltre alpi e dell'Epoca moderna sino ai
giorni nostri. I disegni numerosissimi sono opportunamente ordi-
nati ad indicare non solo le forme tipiche , ma anche la serie
NECROLOGIO. ^11
non interrotta dei loro svolgimenti. A ciascuna parte del libro
precede una breve introduzione nella quale è, a gran tratti, rias-
sunta la storia del periodo, e lin commento illustrativo delle
tavole che riassume le notizie, le date, i criteri artistici per ag-
gruppare tra loro e raffrontare le opere rappresentate.
Al Libro dell'Arte fece seguito il libro degli Stili Architettonici,
di minor mole, pubblicato alcuni anni dopo collo stesso ordine,
e che concerne solo l'architettura, la quale si presta meglio delle
altre ani, alle dimostrazioni grafiche compatibili con questo genere
di opere didattiche.
Un' altra pubblicazione di cui vogliamo fare ricordo è quella
del libro di disegni del Bramantino sulle rovine di Roma, che si
trova neir Ambrosiana. Il Mongeri non solo curò la lodevole
riproduzione di questo libro, già veduto e citato dal Vasari, ma
vi aggiunse uno studio sul Bramantino , coli' intento di mettere
ordine e luce nelle notizie intorno a questo artista , che , nella
sua lunga vita, ebbe trasformazioni diverse, pur conservando certi
caratteri nativi, ed esercitò sulla pittura milanese del suo tempo
un influsso forse maggiore di quello che è comunemente creduto.
Intorno alla sua vita e alle sue opere si sono addensati molti
errori e durano ancora molte incertezze , e , se nello scritto di
cui parliamo, tutti i nodi non sono sciolti, è però sgombrata in
parte la via per giungere a una più esatta conoscenza dell' an-
tico pittore e architelto lombardo.
Negli ultimi tempi il Mongeri si occupò soprattutto dei progetti
per la maggiore opera architettonica a cui si potesse pensare
nella nostra città. Come milanese e come artista attendeva l'esito
del concorso per la facciata del Duomo con una viva ansietà e
colla mente già preparata a conoscere e a giudicare le difficoltà
dell'impresa. L'arte era chiamata a ristabilire l'unità del monu-
mento , e il problema sarà tanto meglio risoluto quanto più la
nuova facciata avrà un' intima colleganza e formerà un tutto
organico col meraviglioso edificio che ha un carattere suo ,
senza vero riscontro colla architettura gotica ultramontana. Pa-
reva dunque al Mongeri che . per ben penetrare lo stile del
212 NECROLOGIO.
Duomo fosse necessario saperne la storia e fosse opportuno il
divulgare gli studi , desunti dalle fonti originali , intorno alle ori-
gini artistiche e alle vicende della sua costruzione. Egli pubblicò
sulla storia dell' edificio e della facciata due scritti meritevoli
di rimanere tra le più pregiate illustrazioni che accompagnano
questo grande concorso dell' arte.
Il Mongeri , come si vede , non lascia il suo nome raccoman-
dato ad opere di molta mole, ma il suo miglior titolo alla rico-
noscenza del paese sta nel lavoro e nelle cure di tutta la vita
intesa a promuovere la coltura e 1' amore dell' arte, eh' egli te-
meva si andasse spegnendo tra il soverchiare degli interessi ma-
teriali. Amò il suo paese e lo servi in quella che a lui pareva
dovesse sempre rimanere una delle principali manifestazioni della
sua civiltà.
Egli si era fatto del lavoro il compagno e 1' amico della vita,
e quando, negli anni tardi , per la perdita della moglie, si trovò
solo nelle pareti domestiche , cercò in esso , con nuovo ardore ,
più che un conforto , un rifugio. Metteva nello studiare e nello
scrivere quella costanza di abitudini , mercè la quale il tempo
non è mai scarso all' opera. Nel costume ordinato e semplice
della vita giunse al fine de' suoi giorni senza sentire 1 segni
dell' età, e la sua vecchiezza poteva essere esempio di operosità
e di perseveranza alla gioventù più fiorente. E come il corpo ,
conservò l' animo immune dal peso degli anni. Nulla fu più alieno
da lui che il disinganno e lo scontento in cui si consumano tal-
volta, sul tramonto, le vite incominciate colla più balda energia
e colla fede più viva. Il Mongeri conservò sino all' ultimo la gio-
ventù dei sentimenti e la sollecitudine del bene.
Il suo carattere leale non sapeva transigere con quella che gli
sembrava la buona causa dell'arie; ma chi fu tocco dai suoi giu-
dizi , può ben essere sicuro che in essi non è mai entrata l' ombra
di una passione personale o di un secondo fine, qualunque esso
fosse. A lui era molto più grato il poter lodare che il dover
biasimare, e, senza venir meno alla coscienza, il lasciare 1' ultima
parola ai consigli della sua indole indulgente e benevola.
NECROLOGIO. 21o
La sincerità delle sue convinzioni non aveva nulla di ruvido
o di sdegnoso , anaava la discussione schietta , ma temperata ed
urbana, né sapeva comprendere come nelle materie di arte e di
gusto, in cui i dissensi sono cosi facili e quasi involontari , i giu-
dizi paressero offese e le opinioni diventassero ire. Estraneo a
queste contese, estraneo ai rancori che ne sono lo strascico, con-
servò sempre inalterata, negli scritti e nelle relazioni personali ,
la serenità dell'animo; e rimase con tutti gentile e leale, pronto
a rendere servigio e a dimenticare sé stesso. Modesto e senza
ambizioni, non mosse un passo fuori del posto, ove collo studio
aveva guadagnato il diritto di giudicare; e in questo campo non
si rifiutò mai di farsi maestro paziente a chi lo richiedeva, come
non disdegnò di farsi scolaro presso coloro nella cui dottrina
aveva fede.
Non prodigo di facili dimostrazioni , fu amico sicuro, sinceris-
simo, devoto. Alle amicizie della sua gioventù, a quelle che, come
scrisse Giulio Carcano, dedicandogli la traduzione deVì Otello,
aveva ottenute eolle sue modeste e leali virtù , conservò sempre un
culto affettuoso e fedele.
L' opera indefessa da:a agli studi dell' arte e alla storia dei
patri monumenti , merita a Giuseppe Mongeri un posto onorato
nella memoria de' suoi concittadini. Coloro che lo conobbero e lo
amarono, ricorderanno sempre, con affetto, la rettitudine del suo
carattere e la bontà del suo cuore.
E. V. V.
ELENCO DEGLI SCRITTI PUBBLICATI
DAL Prof. Gay. GIUSEPPE MONGERI. ("
ANNO
1847. Il coro della Certosa di Pavia.
1851. Cenni necrologici di Francesco Durelli. Atti dell' Accademia di
Belle Arti, Milano.
(1) Con questo Elenco non si pretende di dare la nota completa degli
scritti del defunto Mongeri, mancandoci il tempo per maggiori ricerche.
(La Redazione).
214 NECROLOGIO.
ANNO
1853. Dell'importanza del senso morale nelle arti del disegno. Simile.
1854. L'Annunciazione della Vergine. Tavola di F. Gio. da Fiesole
nella chiesa di S. Alessandro in Brescia. — Milano, Tip. Ber-
nardoni.
1857. Come debbasi dall' artista moderno considerare le opere del-
l' antichità. Atti Accad.
» 'Di alcune erronee opinioni nello studio dello arti belle. Aiii
Accad.
1859. Della pittura ad olio. — Milano, Tip. A. Valentini.
» Discorso letto in occasione della distribuzione dei premi. Aiti
Accad.
1860. Schema di Statuto per un'Accademia di Belle Arti. — Milano,
Tip. Lombardi.
1861. Mauro Conconi, pittore, commemorazione. — Tip. Lombardi.
» Cherubino Cornienti , pittore , commemorazione. — Tip. Lom-
bardi.
1863. Illustrazione storico-artististica dei Reali Palazzi di Milano. —
Tip. Alberti e Comp.
1868. La nuova stazione centrale di Milano. Nel Politecnico, giornale
degl' Ing. Arch., anno XIV.
1869, La Torre di Chiaravallc. Nel Politecnico, ecc.
» L' insegnamento popolare del disegno in Italia. Nella Nuoca
Antologia.
1871. I disegni della Cena di Leonardo da Vinci in Weimar. Tip.
della Pcrseocransa.
» Architettura — Il Salone del Palazzo Marino in Milano. Estratto
dall' Arte in Milano.
» Dell' ordinamento delle pubbliche pinacoteche in Italia. Niiooa
Antologia.
1872. L'Arte in Milano. Noto per servire di guida nella città; edi-
zione figurata. — Tip. Società Cooperativa,
» Catalogo delle opere d' arte antica esposte nel Palazzo di Brera,
con appendice sul monumento a Gastone di Foix. — Tipo-
grafia Cooperativa.
» Relaziono del Comitato esecutivo per la Esposizione nazionale
di Bello Arti e pel 2^ Congresso artistico. Atti delV Accademia
di Belle Arti di Milano.
NECROLOGIO. 215
ANNO
1874. Il Museo Patrio di Archeologia. "SeìV Archivio Storico Lombardo.
> Commemorazione dell' ing. arch. Giuseppe Balzarelti, letta al
Cimitero monumentale
» Chiesa e Battistero di Agliate. Nel Bollettino della Consulta
Archeologica di Milano.
» Dei ristauri edilizi assistiti dalla Consulta Archeologica. Simile.
» La Chiesa di Baggio. Simile.
1875. Le rovine di Roma al principio del secolo XVI. Studi sul Bra-
mantino. Da un ms. dell' Ambrosiana di 80 tavole fotocromo-
litografiche da Angelo della Croce, con prefazione e note. Edi-
zione di soli 200 esemplari. Hcepli.
» L' antica porta degli Stanga in Cremona. Nel Bollettino Con-
sulta Arch.
» Postille di un Anonimo seicentista alla prima edizione delle
Vite dei Vasari. ì!ie\V Archicio Storico Lombardo.
1876. Giovanni Brocca, architetto e pittore. Tip. Lombardi.
» Ancora della Porta degli Stanga in Cremona, con tavola, Nel-
V Arch. Stor. Lombardo.
» L'Incoronata di Lodi o gli attuali suoi restauri. Simile.
» La cappella di S. Giuseppe alla Pace in Milano. Simile.
» Santa Maria di Piazza a Busto Arsizio e il suo recente ristauro.
Simile.
» I restauri della R. Basilica di S. Michele Maggiore di Pavia. Simile.
» Gli scavi di Olimpia. Simile.
» Note su diversi scavi e su diverse scoperte. Simile.
1877. La legge sulle commissioni conservatrici di monumenti del
Regno riveduta dal Congresso artistico di Napoli.
> La Pinacoteca di Brera e il suo nuovo ordinaménto. Nel Bol-
lettino Cons. Arch.
» Dei restauri edilizi assistiti dalla Consulta Archeologica (S. Eu-
storgio in Milano). Nel Boll. Cons. Arch.
» Riconsacrazione della chiesa di S. Maria in Piazza a Busto Ar-
sizio. Simile.
» Frate Ambrogino de' Formoli e le sue «N'etriere a Soncino. Nel-
r Arch. Stor. Lomb.
1878. La questione del ristauro.
Il nuovo Museo Artistico Municipale. Neir.4rc/i. Stor. Lomb.
216 NECROLOGIO.
1879. Catalogo del Museo Artistico Municipale di Milano.
1880. La Pinacoteca di Brera e il Museo Patrio d'Archeologia in
Milano, cenni storici nel voi.: Istituti Scientifici, Letterari, ecc.,
Tip. Pirola.
1881. Il libro dell'arte offerto alle scuole ed agli studiosi delle belle
Arti. — Milano, Hoepli , in fogli illustrati.
» La residenza di un insigne patrizio milanese al principio del
secolo XVI, ora casa Ponti. Neil' ArcA. Stor. Lombardo.
» Relazione sul premio destinato dal commendatore C. Cantù al
miglior quadro storico. Simile.
» Gerolamo d'Adda, commemorazione. Simile.
1882 Ddtt. Ambrogio Bazzero, commemorazione. Simile.
1884. Le pitture di maestri italiani nei pubblici musei.
» Scienza dell' Arte, Atti Istituto Lombardo.
» Sulla conservazione del castello di Milano. Relazione alla So-
cietà Storica Lombarda. Neil' Arch. Stor. Loinb.
» 11 Cartello di Milano. Atti Istituto Lombardo.
» Il Duomo di Milano. Conferenza del Barone Schmidt, con note
di Giuseppe Mongeri. — Milano, Tip. degl" Ingegneri.
» Il Libro dell'Arte (Editore Hoepli).
» Il Castello di Cusago. NeW Arch. Stor. Lomb.
» Gaspare Fossati , architetto, commemorazione.
1885. Relazione intorno al nuovo piaao regolatore della città di Mi-
lano. ì^eW Arch. Stor. Lomb.
» Giulio Carcano, commemorazione.
» Un artista inavvertito. Neil' Arch. Stor. Lomb.
» L'Arte del minio nel Dacato di Milano. Appunti tratti dalle
memorie postume del marchese Gerolamo d' Adda. Simile.
» Un palinsesto artistico. Simile.
» Conte Giberto Borromeo Arese, necrologia. Simile.
» La facciata del Duomo di Milano e i suoi disegni antichi e mo-
derni. Simile.
1886. L' Esposizione storica di Buda-Pest. Simile.
» Per la facciata del Duomo di Milano, nota. Tip. degl'Ingegneri.
1887. Per la facciata del Duomo di Milano, Memorie e commenti.
Tip. degl'Ingegneri.
» Gli stili architettonici, dimostrati in ordine storico dai più re-
moti tejnpi air età presente. Presso Hoepli. Tip. Bernardoni.
NECROLOGIO. 217
1887. Marchese Ariberto Crivelli, necrologia. Neil' Arc/itoto Storico
Lombardo.
» Diversi articoli non tirmati nella Riclsta Europea , nel Crepu-
scolo, e numerose recensioni e cenni bibliografici su' libri di
storia e d' arte in parecchi giornali e riviste.
SCRITTI VARI SOPRA COSE CITTADINE
PUBBLICATI NELLA PERSEVERANZA.
1861. 5 Dicembre. I portoni di Porta Nuova.
1862. 3 Gennaio. I restauri del Duomo.
» 7. Maggio. Il nuovo sipario della Scala.
» 14-19 id. I nuovi progetti del Cimitero.
» 27 id. Scoperte a S. Pietro in Gessate.
» 10 Giugno. Monumento distrutto. Ponte Beatrice.
» 11 Settembre. Una parola sul Cenacolo del Vinci.
» 17 id. La piazza del Duomo, secondo le ultime proposte muni-
cipali.
» 29 id. Il nuovo mercato alla Vetra.
» 11 Ottobre. Il pubblico macello.
> 5 Dicembre. La porta della Via dei Bossi.
1863. 27 Gennaio e 23 Marzo. Sul nuovo Museo Archeologico.
> 1 Aprile. Ultimi progetti pel Ciro itera monumentale.
» 24-26 Maggio. Sopra o sotto ? Il sotto passaggio alla staziono.
» 24 Maggio al 6 Giugno. I progetti per la piazza del Duomo.
» 28 Luglio e 4 Agosto. I progetti pel monumento Cavour.
1864. 22 Gennaio. Scoperta a S. Ambrogio.
» 27 id. Ancora sulla porta dei Bossi.
» 9 Marzo. Ancora del sotto passaggio.
» 25 e 26 Aprile. La nuova stazione centrale.
> 23 Maggio, Restauri a S. Eustorgio.
» G Agosto. Restauri a S. Pietro di Viboldone.
> 23 Dicembre. Collocazione del monumento Cavour.
1865. lo Ottobre. Opere a S. Eustorgio.
1866. 29-30 Giugno. Cronaca artistica milanese.
» 11 19 Settembre. Cronaca artistica milanese.
218 NECROLOGIO.
ANNO
1867. 18 Maggio. Del museo Archeologico.
18G8. 24 Aprile. Scoperte artistiche.
» 5 Maggio. Restauri a S. Celso.
» 25 Agosto. Monumento Beccaria.
» 1 Settembre. S. Vincenzo in Prato.
1869. 19 Luglio. Risoluzioni edilizie del Comune.
1870. 24 Aprile. Scoperte di cose antiche.
» 12 Luglio. Piazza del Duomo.
» 28 Settembre. L' altare di S. Ambrogio.
» 2 Novembre. Il Cimitero e i suoi monumenti,
» 2 Dicembre, Riforma archeologica di S. Eufemia.
» 27 id. L' edificio della Cassa di Risparmio.
1871. 10 Febbraio. Il nuovo teatro^ ora Manzoni
> 24 Marzo, Monumento Beccaria.
» 2 Novembre. Il Cimitero monumentale.
» 22 id. La facciata di S, Satiro.
1872. 2 Novembre. Il Cimitero monumentale.
» id. Il teatro della Commedia.
» 15 Dicembre. Il nuovo mercato al Foro Bonaparte.
1873. 11 Marzo. Del monumento a Napoleone III.
» 28-29 Giugno. I progetti pel palazzo Marino.
» 2 Novembre. Il Cimitero monumentalo.
1874. 18 Gennaio. L' edilizia milanese.
» 5 Aprile. Le pitture della cappella di S. Pietro martire a San
Eustorgio.
» 2 Novembre. Al Cimitero monumentale.
1875. 21-27 Gennaio L' edilizia milanese.
» 2-3 Novembre. Al Cimitero monumentale.
1876. 11-19 Febbraio. L'edilizia milanese.
» 2-3 e 6 Novembre. Al Cimitero monumentale.
1877. 9 e 24 Aprile L'edihzia milanese.
» 2-3 Novembre. Al Cimitero monumentale.
1878. 28 Febbraio. L' arco della Galleria.
» 2 Novembre. Al Cimitero Monumentale.
1879. 13 Aprile. La Cappella della regina Teodolinda, a Monza.
» 30 Giugno. Monumento a Alessandro Manzoni
> 22 Ottobre. Di alcune opere d'arte in Milano.
1
NECROLOGIO. 219
ANNO
1879. 2-3 Novembre. Al Cimitero monumentale.
1880. 15, 19 e 2G Gennaio. 1 progetti pel monumento delle Cinque
giornate.
> 2 Novembre. Al Cimitero monumentale.
> 15 id. La Milano nuova.
1881. 13 Aprile. La mostra dei monumenti in progetto per le Cinque
giornate.
» 5 Maggio. Note sulle cose d' arte in Milano e nei dintorni.
> 2 Novembre. Al Cimitero monumentale.
» 2 Dicembre. Le pitture delle vòlte del Duomo.
1882. 2 Novembre. Al Cimitero monumentale.
» 8 Dicembre. Restauri a S. Babila.
1883. 12 Luglio. Sulla facciata del Duomo.
» 24 e 27 id L'edilizia milanese nel 1882.
» 8 Agosto L' edilizia milanese nel 1882.
» 2 Novembre. Al Cimitero monumentale.
1884. 2 Novembre. Al Cimitero monumentale.
1885. 29 Giugno. Il portale dei Filodrammatici.
» 22 Agosto. I progetti pel monumento Garibaldi.
» 2-3 Novembre. Al Cimitero monumentale.
1886. 2 Gennaio. Tre chiese in Milano.
> 8 Ottobre. La facciata del Duomo e il suo passato.
» 2 Novembre. Al Cimitero monumentale.
y> 23 id. La facciata del Duomo e i maestri da Campione.
1887. 3 Gennàio. Restauri- alla Galleria Vittorio Emanuele.
» IT, 19 e 22 Febbraio. La facciata del Duomo e i maestri
stranieri.
> 1 e 2 Aprile. La facciata del Duomo e i maestri stranieri.
» 4, 17 e 18 Maggio. Sulla facciata suddetta.
» 24 id. Progetti pel monumento Garibaldi.
> 25 id. Il Giurì por la facciata suddetta.
» 13 Ottobre. Alla Pinacoteca di Brera.
» 2-3 Novembre. AI Cimitero monumentale.
» 27 id. Una nota sul Duomo.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
Elenco dei Soci (*)
Patrono
S. M. IL RE.
Presidenza.
Cantù comm. Cesare, Presidente.
Calvi nob. cav. Felice , Vicepresidente.
Vignati prof, coaim. Cesare , Vicepresidente.
Ambrosoli dott. Solone , Consigliere.
Beltrami prof. ardi. Luca, »
Ghiron cav, Isaia, »
Greppi nob. avv. Emanuele , »
Carotti dott. Giulio , Bibliotecario.
Seletti avv. cav. l'.iniiio , Segretario
Molta ing. Emilio , Vicesegretario. ,
»
S. M. IL RE UMBERTO I.
S. M. L/V REGINA MARGHERITA.
Adamoli Giulio, Deputato al Parlam, Arnaboldi Gazzaniga comm. Bern.
Agnelli avv. cav. Gaetano Ascoli prof. comm. I. Graziadio
Ambrosoli dott. Solone Bagatti Valsecchi nob. Fausto
Ancona dott. Amilcare Bagatti Valsecela nob. Giuseppe
Annoni conte senatore Aldo 'Barbiano di Belgioioso conte Emilio
(*) I segnali con asterisco sono soci l'ondatori.
EF.ENCO DEI SOCI.
221
Barbò nob. Lodovico
Basile comm. Achille, Prefetto
Bazzero doti. avv. Carlo
'Belinzaghi conte senat. Giulio
Bellini avv. cav. Giuseppe
Beltrami ing. ardi. Luca
Benaglia avv cav. Demetrio
Bertini prof. comm. Giuseppe
Bertolio sacerdote Serafino
Bertolotti cav. Antonio
Besozzi dott. Paolo
Bettoni conte cav. Francesco
Bianchi nob. cav. Giulio
Biffi dott. cav. Serafino
Binda Melzi Cecilia
Boito arch. comm. Camillo
Bonfadini comm Romualdo, Deput.
Borromeo conte Carlo
Borromeo conte senatore Guido
Borromeo Arese contessa Elisa
Bortolotti Lodovico
Bozzi avv. Cesare
Bracciforti prof. Ferdinando
Brambilla nob. cav. Camillo
Brambilla cav. Pietro
Brioschi avv. Giuseppe
Butti prof. cav. Angelo
Butturini Mattia
Caffi dott. cav. Michele
Gagnola nob. sen. Carlo
Gagnola nob. Giambattista
Cairati ing. Michele
'Calvi nob. cav. Fehce
Cambiasi comm, Pompeo
Camozzi de' conti Vertova Giambatt.
* Cantù comm. Cesare
Cardani rag. cav. Paolo
Carnevali avv. Luigi
Garetti dott. Giulio
Casalini dott. Carlo
Casanova nob. Enrico
Casanova nob. avv. Giuseppe
Casati nob. Agostino
Casati nob. Alfonso
Casati conte Gabrio
Casati nob. Rinaldo, Deputato
Castelli cav. avv. Pompeo
Cavriani nob. Ippolito
Cemuschi Enrico
Cesa-B lancili ing. arch. Paolo
Cicogna conte Giampietro
Colla arch. comm. Angelo
Colombo Guido
Conti dott. Emilio, Deputato
Corinaldi conte Augusto
Corradi prof. comm. Alfonso
Correnti comm. Cesare
Corti prof. Siro
Crespi Cristoforo
Crivelli nob. cav. Luigi
Crivelli Serbelloni conte cav. Giu-
seppe Francesco
Czoernig barone Carlo
* D'Adda nob. senatore Carlo
D'Adda nob. Giovanni
Da Ponte Pietro
Dario avv. cav. Enrico
De Angeli dott. prof. Felice
De Castro prof. Giovanni
Del Corno dott. mons. Giuseppe
Delfinoni nob. avv. cav. Gottardo
Del Majno march. Norberto
De Mojana nob. Alberto ' .
De Simoni ing. Giovanni
Dina dott. prof. Achille
Di Rosa nob. cav. Clemente
Durini conte dott. Carlo
Fano dott. cav. comm. Enrico
Faustini parroco G. B.
Fé d'Ostiani nob. mons. Frane. Luigi
Ferrari prof. comm. Paolo
Ferrano avv. Domenico
222
ELENCO DEI SOff.
Ferrarlo prof. Giovanni
Filangeri di Satriano princ Gaetano
Fontana avv. cav. Leone
Fortis Ernesto
"Foucard cav. Cesare
Foucault Daugnon conte Francesco
' Frasconi prof. cav. Giuseppe
Frizzi dott. cav. Lazzaro
Gabba avv. Bassano
Galantine conte Francesco
Gallarati nob. Giuseppe
Gallavresi avv. Luigi
Gallia prof. Giuseppe
Galliani cav, Attilio
Garo vaglio dott. cav. Alfonso
Gentile prof. Iginio
Ghinzoni cav, Pietro
Ghiotti Casnedi Luisa
Ghiron comm. Isaia
Giachi arch. cav. Giovanni
Giampietro Daniele
Gianandrea prof. Antonio
'Giovio conte Giovanni
Giulini nob. cav. Giorgio
Gnecchi Ercole
Gnecchi Francesco
Gori nob. Pietro
Govi prof. cav. Gilberto
'Greppi nob. Alessandro
Greppi nob. avv. Emanuele
'Greppi nob. conim. Giuseppe
Greppi nob. Lorenzo
Guastalla cav, colonn, Enrico
Guerrieri Gonzaga march. Carlo
Hortis Attilio (Socio perpetuo)
Intra cav, prof. G. B.
'Jacini conte senat. Stefano
* Labus dott. cav. Stefano
Landriani dott. Carlo
Lanzani dott. Francesco
Leone notaio Camillo
Linati ing. Eugenio
Lochis conte Carlo
Longhi cav. Achille
Longhi reverendo dott. Paolo
Loria dott. cav. Cesare
Lurani Cernuschi conte Francesco
Macciacchini arch. cav. Carlo
Maggi nob. avv. Giovanni
Magistretti prof Pietro
•Massarani dott. senatore Tulio
Mazzasogni rag. cav. Giovanni
Mazzatinti dott. prof. Giuseppe
Medin conte Antonio
Melilupi di Soragna marchese Rai-
mondo
Melzi noi:). Alessandro
Melzi nob. Lodovico
Melzi d' Eril nob. Giovanni
Minonzio avv. Giovanni
Molina cav. Luigi
Molinelli cav. Pietro
Motta ing. Emilio
'Muoni cav. Damiano
Nazzari Andrea
Negri dott. comm. senat. Gaetano
Negroni avv, comm. Carlo
Negroni Prato Morosini nobile Giu-
seppina
Nervegna cav, Giuseppe
Nizzoli dott. Alessandro
Nevati prof. Francesco
Odazio ing. cav. Emanuele
Olginati nob, cav. Luigi
Ottolenghi avv. comm. Salvatore
Paglia prof. Enrico
Palmieri padre Gregorio, Bibliotec.
Parri Ettore
Pasolini conte Pietro Desiderio
Passalacqua Lucini conte Giovanni
Peluso dott. cav. Francesco
Pio di .Savoia principe Giovanni
ELENCO DEI SOCI.
223
Piolti de Bianchi dott. cav. Giuseppe
Pisa ing. Giulio
Ponti cav. Andrea
' Ponti Ettore
'Porro Lambertenghi march. Angelo
'Pozzuolo prof. Lorenzo
Prato ing. Giuseppe
Prina prof. cav. Benedetto
' Prinetti senat. Carlo
Priora Alberto
' Pullè conte cav. Leopoldo, Deput.
Ramazzini dott Amilcare
Regazzoni Cesare
Regazzoni prof. cav. Innocenzo
Restelli avv. comm. Francesco
Robecchi dott. senat Giuseppe
Rocca-Saporiti march. Marcello
Rognoni avv. Camillo
Rolando dott. prof. Antonio
Rossi abate Enrico
Rotta sacerdote Paolo
Rusconi avv. Antonio
Sacchi comm. prof. Giuseppe
'Sada ing. cav. Luigi
Sala cav. nob. Gerolamo
Salina conte Luigi
Salvadego nob. Giuseppe
Salveraglio Filippo
Sangiorgìo dott. prof. Gaetano
Savio prof cav. Enrico
Seletti avv. cav. Emilio
Servolini comm. Carlo
Sinigaglia prof. Giorgio
'Sola conte .\ndrea, Deputato
Sola Spech contessa Amalia
Sommi de' Marchesi Picenardi comm.
Guido
Sormani Andreani conte Lorenzo
Sormani Andreani Verri contessa
Carolina
Spinelli nob. cav. Alessandro Gius.
Stampa Soncino Morosini marchesa
Cristina.
Tamassia dott. Francesco
'Taverna conte ten. colonn. Rinaldo
Tizzoni Pietro
'Trivulzio principe Gian Giacomo
'Trotti Benti voglio march. Lodovico
Turati conte Vittorio
Vegezzi dott. Angelo
Verga comm. senat. Carlo
Vignati comm. prof. Cesare
Vigoni nob. Giulio
Vigoni nob. ing. Pippo
Villa Pernice dott. comm. Angelo
* Visconti march, cav. Carlo Ermes
Visc nti di Modrone duca Guido
Visconti Venosta march, sen. Emilio
* Visconti Venosta nob. dott. cav. Gio-
vanni
Visconti Venosta nata d'Adda nobile
Laura
Vismara Antonio
Vitali sacerd. cav. Luigi
Volta nob. avv. Zanino
Weill-Schott cav. Cimone
Zanardelli avv. comm. Giuseppe
Zendrini avv. Carlo
224 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
Adunanza Generale dell' otto gennaio 1888.
Presidenza del cav. ¥. Calvi, Vicepresidente.
La seduta è aperta alle ore due.
Approvato il Verbale della precedente alunanza, il Presidente
fa noto, che la Commissione di sorveglianza per l' opera dello
Iscrizioni Milanesi, dopo di aver sentito l'Autore, stimò conve-
niente di ritornare alla prima proposta , quella di dar principio
alla raccolta delle Iscrizioni dal secolo Vili, piuttosto che dalla
caduta dell' Impero Romano, come alcuni Soci avevano mostrato
il desiderio, e ciò per diverse ragioni, fra queste, che le iscri-
zioni anteriori a quel secolo non sono poche , richiedono uno
studio speciale e spettano propriamente a un' altra classe di iscri-
zioni indicate col titolo di Cristiane , per cui avrebbe importato
una non lieve modificazione al convenuto coli' A.; comunica pure
che la Commissione, d' intesa colla Presidenza, ha trovato di adot-
tare per l'edizione delle dette iscrizioni un sesto in ottavo e una
carta a macchina, non a mano quale si adopera per la Biblio-
teca Storica, conciliando in tal modo 1' economia nella spesa della
stampa colla maggiore comodità nella forma del volume.
Il Presidente riferisce poi sulle Adunanze tenute dall' Istituto
Storico in Roma dal 30 maggio al 3 giugno dell' anno passato.
In seguito il Segretario presenta il Bilancio Preventivo per
r anno 1888 , e , dati gli opportuni schiarimenti , il Preventivo
viene approvato nelle sue risultanze di L. 8439.59 per le entrate
e di L. 9025 per le spese, cosi nella presunta eccedenza di spese
per L. 585.41, alla quale si provvederà cogli avanzi in sede pa-
trimoniale.
Si dà lettura dello Statuto Organico (alleg. A), che, riveduto
da apposita Commissione, era stato deposto sul banco della Pre-
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 225
sidenza nel!' Adunanza del 17 aprile dell' anno scorso , e con
qualche variante di forma viene approvato in modo unanime, fis-
sato il termine del primo febbraio per la sua attuazione.
È quindi letta una Circolare dell' Istituto Storico Italiano , in
data di Roma il 26 agosto 1887 , con cui si invitavano le De-
putazioni e Società confederate ad eleggere un Supplente al De-
legato effettivo presso quell' Istituto per poterlo sostituire nelle
sue assenze, a motivo del crescente numero degli affari. — Di-
stribuite le schede per la nomina di questo Supplente , viene
eletto il eomm. prof. Cesare Vignati.
Il Presidente invita alla nomina di un Consigliere di Presi-
denza in surrogazione dello scadente eav. nob. Emanuele Greppi^
che a voti unanimi è rieletto.
Si passa da ultimo alla votazione del candidato a socio Prin-
cipe Gaetano Filangeri di Satriano, e , compita questa nomina ,
r adunanza é levata alle ore 3 ^j^ pom.
n segretario
E. Seletti.
.\rch. Stor. Lomb. — Anno X\ . 15
Allegato A.
STATUTO.
Art. I.
Scopo delia Società.
La Società Storica Lombarda, di carattere unicamente scien-
tifico e letterario, si propone d'indagare le memorie delle Pro-
vincie Lombarde, quali erano circoscritte al momento della ri-
cuperata libertà politica ; di illustrarne le cronache , il diritto
pubblico e privato, civile ed ecclesiastico, 1' arte e la letteratura
dei secoli scorsi, 1' archeologia in ogni sua parte ; i monumenti,
specialmente inediti e originali ; la storia civile, politica, religiosa,
economica, anche nelle sue attinenze e relazioni storiche della
Lombardia con altre regioni , e di rendere di pubblica utilità il
frutto de' propri lavori.
Essa può, all'evenienza e per propria iniziativa, vegliare alla
conservazione de' monumenti e documenti lombardi , e promuovere
il concorso dei Comuni e della Provincia a lustro ed incremento
dell' arte e della storia antica.
Art. il
Uffizi della Società.
La Società é composta d' un numero indeterminato di Soci.
Tutti gli uffizi sono gratuiti, conferiti a soli Soci. Le sostituzioni
I
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 227
normali e le nuove elezioni di ufficiali si fanno nel dicembre di ogni
anno, e tutti sono rieleggibili. Obblighi e diritti sono personali.
I Soci destinati a sostenere una funzione nella Società sono
eletti in assemblea generale a scrutinio segreto ed a maggioranza
assoluta di voti.
Art. III.
Consiglio di Presidenza.
II Consiglio di Presidenza si compone di un Presidente, due
Vicepresidenti, quattro Consiglieri, un Segretario, due Vicesegre-
tari, un Bibliotecario, i quali tutti hanno un voto deliberativo.
È radunato dal Presidente per trattare gli affari ordinari della
Società ; 1' adunanza é legale se presenti almeno cinque membri ;
delibera a maggioranza di voti, e a parità prevale il voto del
Presidente. Le sue deliberazioni sono esecutive.
Art. IV.
P residente.
Il Presidente rappresenta la Società, convoca le adunanze e
ne dirige le discussioni; veglia all' osservanza dello Statuto; pro-
pone quanto giova allo scopo e incremento della Società ; elegge
le occorrenti commissioni ; firma gli atti d' uffizio e la corrispon-
denza ; cura 1' esecuzione delle deliberazioni dell' assemblea, e può
prendere provvedimenti d' urgenza, riferendone alla prossima adu-
nanza. Dura in carica tre anni.
I Vicepresidenti lo suppliscono in ordine di anzianità : essi
durano in carica un triennio.
I Consiglieri si rinnovano ogni dicembre per un quarto e per
anzianità.
In caso di sostituzione straordinaria di alcun membro della
Presidenza, il socio sottentra in luogo e stato del cessante.
228 ATTI DF.LLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
Art. V.
Segretario.
Il Segretario custodisce gli atti ed il suggello della Società,
stende e firma gli atti verbali delle adunanze ; tiene la corrispon-
denza e il protocollo ; eseguisce gli incarichi del Presidente ;
dispone, d'accordo col Consiglio di Presidenza, l'ordine delle
materie da trattarsi nelle adunanze, e veglia alla conservazione
delle cose appartenenti alla Società. Dura in carica quattro anni .
Vicesegretari.
I Vicesegretari lo coadiuvano e suppliscono ; durano anch' essi
in carica quattro anni. Uno dei Vicesegretari designato dal Con-
siglio funge da Economo.
Art. vi.
Vicesegretario- Economo.
II Vicesegretario-economo cura la riscossione del contributo
dei Soci ed ogni altro provento attivo della Società ; firma le qui-
tanze, paga le spese stanziate nel Preventivo o deliberate stra-
ordinariamente dalla Società sovra mandato firmato dal Presi-
dente ; tiene un registro di entrata e uscita ; compila i bilanci
preventivo e consuntivo d' ogni anno da presentarsi, previa l' ap-
provazione del Consiglio di Presidenza, alla Società in ordine
all'Art. XII.
Art. VII.
B i bl iotecario.
Il Bibliotecario dura in carica quattro anni ; è sua mansione
speciale di ordinare, registrare e conservare i libri che perven-
gono alla Società.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 229
I soli Soci possono valersi dei libri, i quali saranno loro forniti
dal Bibliotecario, osservate le norme stabilite dal Regolamento.
Art. Vili.
Pubblicazioni della Società.
La Società pubblica coli' opera di collaboratori, in un periodico
in-8, col titolo: Archivio Storico Lombardo, dissertazioni, me-
morie, illustrazioni di documenti riguardanti la storia lombarda,
articoli bibliografici e critici, ecc.
I Soci hanno diritto ad un esemplare à^W Archivio.
Le pubblicazioni di maggiore importanza, come cronache, sta-
tuti, cartari riflettenti una determinata epoca o regione od uno
speciale argomento, possibilmente commentati, raccolte epigrafiche
e bibliografiche, formano una Biblioteca Storica.
Gli autori degli scritti ammessi alla pubblicazione devono
assoggettarsi alle norme e alle condizioni determinate dal Con-
siglio di Presidenza.
Ciascun autore é responsabile delle sue pubblicazioni e ne con-
serva la proprietà letteraria.
II Consiglio di Presidenza prende in esame i lavori proposti
dai rispettivi autori per la pubblicazione, siano essi destinati pel
periodico o per la Biblioteca Storica.
La Presidenza si vale delle sue facoltà per agevolare gli studi
e r esame dei documenti e delle opere esistenti in archivi e bi-
blioteche anche fuori di Milano.
Il Segretario veglia alla stampa dei lavori ammessi, secondo le
istruzioni avute dal Presidente e le massime praticamente adottate.
Art. IX.
Amnnissione dei Socii.
La proposta per l' ammissione di un nuovo Socio si fa con let-
tera firmata da tre Soci al Consiglio di Presidenza, il quale ove
230 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
non abbia eccezioni, la presenta per 1' accettazione nella prossima
adunanza della Società, indicando nella lettera di convocazione i
nomi del candidato e dei proponenti. Il candidato che, a scrutinio
segreto, ottiene due terzi di voti, si ritiene ammesso ; quello che
non raccoglie un terzo di voti favorevoli non può essere ripro-
posto se non trascorso un anno.
Art. X.
Contributo sociale.
Ogni Socio contribuisce lire dieci a titolo d' ingresso e altre
lire venti in ogni anno. L' obbligo sociale è per un triennio. Il
Socio che nel settembre del terzo anno non dichiara in iscritto
di uscire dalla Società, rimane obbligato per un altro triennio.
Il Socio che neir ultimo trimestre di ciascun anno non ha sod-
disfatto al contributo sociale, vi è invitato con lettera dalla Pre-
sidenza ; se nel successivo trimestre non si pone in regola si ri-
tiene rinunciante di diritto e di fatto alla Società, la quale si
riserva V esercizio delle azioni e ragioni sociali pel conseguimento
del suo credito.
Chi offre lire 400 é considerato socio perpetuo , esente dalla
tassa d' ingresso e dal contributo annuale ; e ha diritto ad un
esemplare di tutte le pubblicazioni della Società.
Art. XI.
Amministrazione.
Il provento dei contributi sociali, degli assegni, dei donativi,
del ricavo delle pubblicazioni viene erogato nelle spese di uffizio
e di stampa, a norma dei Preventivi approvati dall'Assemblea.
Pel servizio di economato e di cassa la Società tiene conto
corrente con un Istituto di credito della città.
I
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. ÌS1
Art. XII.
Adunanze.
Per gli affari scientifici ed amministrativi la Società è convo-
cata dal Presidente. Nella lettera di convocazione si comunica
l'ordine del giorno.
Nel dicembre il Consiglio sottopone all'approvazione della So-
cietà il Bilancio preventivo dell'anno seguente; nel gennaio il
consuntivo dell'anno decorso, e in quell' adunanza l'Assemblea
elegge tre soci incaricati della revisione, del Rendiconto, che, sopra
loro rapporto, viene presentato per l'approvazione in un'adunanza
del febbraio.
Per la legalità delle Adunanze occorre la presenza di un quinto
almeno dei Soci residenti in Milano. Se però dopo un'ora da quella
fissata nella lettera d' invito non si raggiunge quel numero, si
apre egualmente la seduta e le deliberazioni sono valide, qua-
lunque sia il numero dei presenti. Le deliberazioni dell'Assemblea
obbligano tutti i Soci.
Non si ammettono procure, e sono escluse le discussioni estranee
allo scopo della Società o alla sua amministrazione.
Qualora si tratti di persone si procede per votazione secreta.
Ogni socio può chiedere che siano inscritte all'ordine del giorno
proposte di propria iniziativa.
Occorrendo comunicazioni urgenti alla Società o provvedimenti
istantanei in ordine all'assunto scientifico, è in facoltà di cinque
Soci provocare dal Presidente una convocazione straordinaria.
Per deliberazione sociale possono tenersi adunanze solenni con
invito di estranei.
Art. XIII.
Modificazioni allo Statuto.
Nessuna -aggiunta o modificazione può esser fatta allo Statuto
presente, se non sovra proposta sottoscritta almeno da dieci Soci,
232 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
per essere poi sottoposta a scrutinio secreto nella successiva
adunanza. La deliberazione deve riportare il voto di due terzi
dei Soci presenti, che, in questo caso, non possono essere meno
della metà dei residenti in Milano. Non raggiungendosi la metà
dei Soci residenti in Milano si fa luogo ad una seconda convo-
cazione nel termine di otto giorni, nella quale basta la presenza
di trenta Soci e la maggioranza di due terzi dei presenti.
Se r aggiunta o modificazione proposta viene ammessa, il Se-
gretario ne cura l' inserzione nello Statuto e la partecipazione ai
singoli Soci
Le norme succennate valgono anche nel caso di scioglimento
della Società.
Qualora tale caso si avverasse, il fondo residuo, verrà affidato
al R. Istituto Lombardo di scienze e lettere, perché lo destini a
vantaggio della pubblica coltura.
Art. XIV.
Regolamento interno.
Un apposito regolamento interno, redatto dal Consiglio di Pre-
sidenza, dà le norme per la pratica attuazione di questo Statuto.
Art. XV.
Disposizione transitoria.
Il presente Statuto entra in vigore col 1" febbraio 1888 dal
qual giorno in avanti è abrogato lo Statuto originario del 1875
sinora vigente.
Il Presidente
C. CANTÙ.
Il Segretario
E. Seletti.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 233
Adunanza Generale del 26 febbraio 1888.
Presidenza del comm. C. Cartù, Presidente.
La seduta è aperta alle ore due pomeridiane.
Il Segretario dà lettura del Verbale dell'adunanza otto gen-
naio, che viene approvato.
Il Presidente commemora la perdita del socio Giuseppe Mon-
geri colle parole :
« Voi cercate , invano , onorevoli colleghi , un nostro dei più
assidui e operosi collaboratori , e che tale si conservò anche
nella vecchiezza. Giuseppe Mongeri fu scrittore di arte , artista
egli stesso, e compiacevasi principalmente di scoprire e rivendi-
care nomi , lavori e personaggi , che onorassero la patria. Ma
dei meriti suoi letterari e civili si è detto e si dirà ben altri-
menti che in queste poche estemporanee parole , dirette solo a
significare il vivo rimpianto e la durevole ricordanza del nostro
consorzio. La quale non è solo un ufficio, ma un dovere, poiché
egli morendo ci legò un dono tanto prezioso quanto opportuno.
« Ringraziamolo, onor. Soci , col serrar le no^5t^e file , amai'ci
e compatirci ed imitarne V efficace cooperazione. »
Il Segretario completa la notizia del lascito dei libri Mongeri,
comunicando la lettera 24 febbraio del preposto cav. Michele
Mongeri , con cui partecipava un tale legato.
L'Assemblea autorizza il Presidente ad accettare il legato e lo
incarica di essere interprete presso lo stesso Preposto della ri-
conoscenza e buona memoria , che la Società conserverà del-
l' illustre defunto , come della gratitudine al reverendo esecutore
del desiderio manifestato dal fratello.
Il socio Ghiron avverte l' assenza del vicepresidente Vignati,
a motivo della grave malattia, che lo ha colpito, e propone un
234 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
saluto e un augurio per la completa e sollecita sua guarigione ;
il voto è accolto dall' unanime approvazione.
In seguito il vicepresidente Calvi legge intorno alla vita e
alle opere del poeta milanese G. B. Martelli. — Il Presidente
raccomanda la stampa della memoria nell' Archivio Storico.
Da poi il Segretario riferisce suU' operato della Società nel-
r anno 1887 (allegato A) e presenta il Bilancio Consuntivo , di-
mostrando le buone condizioni economiche, in cui si conserva la
Società.
Sono eletti a Revisori del Bilancio gli avvocati Stefano Labus,
Giovanni Maggi , Giovanni Minonzio,
Sì votano a nuovi soci i sigg. dott. Solone Ambrosoli, cav. Leo
Benvenuti, signora Cecilia Binda Melzi , arch. comm. Camillo
Boito , p. Gregorio Palmieri, dott. Francesco Tamassia.
La seduta è chiusa colla nomina a Consigliere di Presidenza,
in luogo del defunto Mongeri , il dott. Solone Ambrosoli, conser-
vatore del Gabinetto Numismatico , che durerà in carica sino al
31 del futuro dicembre.
// segretario
E. Seletti.
Allegato A.
RELAZIONE
SULL' OPERATO DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
NEL 1887.
Signori.
Il Bilancio consuntivo dello scorso anno 1887, che ho l'onore
di presentarvi per essere dappoi trasmesso ai signori Revisori , che
oggi siete invitati ad eleggere , mi rammenta una pratica degli
ultimi anni , quella di presentarvi insieme il conto morale della
Società, nel che farò di essere breve.
Incomincio da.\V Archivio Storino, che ha compito il quattordi-
cesimo volume della sua pubblicazione , e segna il XIV anno
della nostra Società. — Undici Memorie furono inserte in quel
volume e dieci articoli , che p«r la minore loro importanza si
raccolsero sotto il titolo di Varietà ; intento della Redazione fu
di tenersi nei confini della regione lombarda, onde non invadere
il campo delle altre Società e Deputazioni di storia patria.
Milano ebbe la preferenza negli studi presentati ; il nostro
Presidente scriveva di Gian Galeazzo Visconti , che pensò al
dominio d' Italia , che fu largo di doni per l' edificazione del
Duomo, fondato dalla pietà del popolo, dalla comune decozione ;
descriveva l' entrata in Milano nel maggio del 1649 dell' austriaca
Maria Anna , che andava moglie a Filippo IV di Spagna , e ci
mostrava la splendidezza di quelle feste in contrasto colla miseria
del Comune ; ci dava pure notizia di un Gabinetto Numismatico
in Brera, donato nel secolo passato dal giureconsulto Bidello ,
che esisteva prima ancora dell' attuale gabinetto, fondato da Gae-
tano Cattaneo nel 20 dicembre del 1803.
Il Motta, in un lavoro nuovo, erudito ed accurato, raccoglieva
preziose notizie con documenti sulla musica istrumentale e vocale
236 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
alla Corte degli Sforza, scoprendo la data del 1471-72 per la fonda-
zione della cappella dei cantori, dei quali, siano italiani o stranieri
e di questi molli fiamminghi , dava interessanti cenni biografici.
Del prof. Neri abbiamo pubblicato una Memoria, che corregge
le inesattezze di altri scrittori sulla conquista di Sarzana , fatta
nel gennaio del 1437 da Niccolò Piccinino, qual capitano e luo-
gotenente del duca Filippo Maria, e di una seconda occupazione
per opera di Francesco Piccinino nel 1445.
Il Ghinzoni col dirci di alcuni Trionfi e Rappresentazioni in
Milano nei secoli XIV e XV solleticava altri studiosi alla storia
del Teatro in Milano, e in una interessante monografia, che ca-
ratterizza i tempi , raccontava le molte traversie cui andò sog-
getta l'erezione della Colonna di Porta Vittoria, unico monu-
mento che ancora ricorda col nome dei caduti le memorande
giornate del 1848.
Mantova fu illustrata dal prof. Intra , che con facile eloquio
esponendo le vicende storiche del Bosco della Fontana e del
Palazzo del Te, splendide ville dei munifici Gonzaga, completava
la serie dei monumenti mantovani , dallo stesso illustrati nei vo-
lumi' precedenti deW Archivio. — Il Frati, con nuovi documenti
tratti dall'Archivio e dalla Biblioteca di Bologna, esponeva inte-
ressanti particolari sulla Guerra di Gian Galeazzo Visconti contro
Mantova nel 1397 , e il socio Dina ci raccontava la pietosa storia
di Dorotea Gonzaga.
Per la storia dell' arte in Lombardia si è pubblicato un arti-
colo del Portioli , che faceva conoscere il milanese datiliografo
Girolamo Corto, distinto incisore in pietre dure alla Corte di
Vincenzo Gonzaga, cosi il socio Intra mandava alcuni documenti
sfuggiti agli studiosi sull'esimio pittore Lorenzo Leonhruno e
sui rapporti che questi ebbe con Giulio Romano. — Il Carotti ,
in una ben studiata narrazione , esponeva di alcune Pitture
giottesche da lui scoperte nell' Oratorio di Mocchirolo a Lentate-
Seveso, chiamando 1' attenzione su Giovanni da Milano, che ne
supporrebbe l'autore ; il Novati con Alcuni documenti artistici
cremonesi del secolo XV, ricordava gli scultori Giovanni Pietro
de Rhaudo o da Ro e la famiglia di Tommaso del Sacca, l^
Mongeri , che sempre ricorderemo perduto, negli ultimi giorn^
di sua vita scriveva per 1' Archivio alcuni cenni intorno a Bra-
mante e a S. Maria delle Gra:;ie di Milano , studiata dal De
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 237
GeymùUer, e l'arte della guerra trovava nel Beltrami un illu-
stratore colle Bombarde milanesi a Genova nel 1464.
La storia sorretta da documenti letterari e 1' umanistica ebbe
cultori nel prof. Raina colla memoria sul Teatro di Milano e
sui canti intorno ad Orlando ed Ulioieri , nel Media coi tre carmi
in morte del conte Jacopo Piccinino, nel Cian coli' Episodio della
storia della Censura in Italia nel secolo XVI, nello Spinelli colla
notizia sul Codice Sessoriano, conservato nella Biblioteca Vittorio
Emanuele di Roma e in Enrico Casanova col testamento di Carlo
Gerolamo Gavazzo della Somaglia.
Le recensioni , al pari dei brevi cenni bibliografici , furono ri-
servate a far conoscere libri, che interessano la storia lombarda,
e il Motta continuò con scrupolosa diligenza il Bollettino di Bi-
bliografia Storica Lombarda , eh' ebbe si lieta accoglienza nel
primo esperimento del '86, e cosi abbiamo introdotto nell' ultimo
volume dell' Archicio una nuova rubrica , col titolo : Appunti e
Notizie, per potervi raccogliere documenti sparsi , brevi cenni di
archeologia, d'arte, d'archivistica, che se non hanno il merito
di un lungo studio, hanno, a nostro parere, quello di conservare
tante particelle interessanti la storia e che colle ricerche di mag-
gior lena formeranno del nostro Archivio quel corpo di notizie ,
quella fonte, che non potranno. trascurare coloro, che, in seguito
di tempo, vorranno sapere e scrivere di storia lombarda.
Nell'Adunanza Generale del 17 aprile si é riferito intorno al-
l'Assemblea tenuta in Genova il 13 di quel mese dalla Deputa-
zione di Storia Patria per le antiche Provincie e la Lombardia,
delle memorie ed opere risguardanti la storia della nostra regione,
che sono in corso di pubblicazione per opera di quella beneme-
rita Deputazione, quali il Liber poieris di Brescia illustrato dai
nostri soci Bettoni e Fé' d' Ostiani , cosi il Codice Diplomatico
Cremonese raccolto dal prof. Lorenzo Astegiano, non tacendovi ,
che nell'aprile di quest'anno spetterà a noi dare il ben venuto ai
colleghi della Liguria e del Piemonte, che si riuniranno in Milano.
Il vicepresidente Calvi , da noi delegato presso V Istituto Sto-
rico Italiano, ci ha discorso delle sedute , che si tennero in
Roma da quell'Istituto dal 30 maggio al 3 giugno, e come inau-
gurasse l'edizione delle sue Fonti per la Storia d' Italia colle
Gesta di Federico I , descritte in versi latini da Anonimo con-
238 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
temporaneo, secondo un manoscritto della Vaticana, pubblicato dal
prof. Monaci, e come venisse deliberata la stampa per cura del
prof. Luigi Ferrai di un' altra opera di speciale importanza per
Milano , proposta dalla nostra Società , la Cronaca del notaio
milanese Giovanni da Cermenate col titolo: Historia de situ ,
origine et cultoribus Amhrosiance urbis, ae de Mediolanensium
gestis sub imperio Henriei septimi.
Il Consiglio di Presidenza tenne parecchie sedute per 1' ordi-
naria amministrazione e per l'esame degli scritti presentati alla
redazione à&W Ar chimo , coadiuvato in questo lavoro d'ammis-
sione dai colleghi Ghinzoni, Prina e Rolando.
Intanto una Commissione composta dai soci Labus , Maggi ,
Villa Pernice studiava le modificazioni proposte allo Statuto della
Società, le quali non dovevano toccare lo scopo del nostro isti-
tuto, ma solo regolare in modo meglio pratico l'organico direttivo.
Lo Statuto nuovamente ridotto fu esposto nell' Adunanza del
17 aprile ed ultimamente approvato.
Nello scorso maggio si riuniva pure 1' alira Commissione da
voi eletta nei col leghi Belgioioso, Calvi , Vignati , Villa Pernice,
Vismara per esaminare il lavoro di bibliografia milanese assunto
dal socio Filippo Salveraglio, che in quella occasione presentava
circa 2600 nuove schede compilate sui libri, avvertendo di aver
fatto lo spoglio di 357 cartelle di Miscellanee esistenti nella
Braidense. Da quel tempo il lavoro non ha veramente progredito
quale sarebbe stato nel desiderio di noi tutti , in questi giorni
fui però assicurato dall' autore, che vi attende di proposito, e che
presto presenterà un altro buon numero di schede rivedute sugli
stampati.
Un' opera nella vece, che da voi ammessa nell' Adunanza del
17 aprile fu condotta colla massima celerità e della quale fra
pochi mesi potremo possedere il primo volume , è quella delle
Iscrizioni Milanesi.
Voi avete compresa 1' importanza di una simile collezione , le
iscrizioni siano desse religiose , onorifiche o funerarie sono fonti
per la storia, servono a interpretarla, sussidiano lo studio della
lingua, le ricerche paleografiche , e se fu desiderio , che non si
potè conseguire per ragioni d'indole diversa, di dar principio cioè
alla raccolta delle iscrizioni milanesi colla classe più antica, quella
delle etniche, facendo a queste seguire la serie delle cristrane, che
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 239
non sono poche, ciò non toglie, né diminuisce il valore alla
collezione epigrafica da voi incoraggiata , poiché partendo da
un'età meglio accertata, come si é quella del secolo ottavo, l'o-
pera riuscirà egualmente di gran mole e di lutto interesse in
particolare alla storia milanese.
La Commissione di sorveglianza a questo lavoro, composta dei
soci Belgioioso, Calvi, Del Corno, Labus, Rotta, Vignati e Mongeri,
a cui successe Garovaglio, si è riunita otto volte, alcune da sola,
altre colla Presidenza, e prese in esame le iscrizioni già trascritte
dal cav. Vincenzo Forcella nel numero di circa 2500, convenne
sulla forma della pubblicazione , sia pel suo sesto, che pei ca-
ratteri della stampa, cosi sull'ordine da tenere, e si darà principio
all' opera colle iscrizioni , che si trovano o si trovavano nelle
Chiese di Milano aperte al pubblico culto e di quelle Chiese, che
soppresse o distrutta si conserva memoria delle loro iscrizioni in
opere a stampa o manoscritte , seguendo per queste il vecchio
riparto delle sei porte della città (1).
Collo stesso ordine topografico si continuerà da poi 1' esposi-
zione delle epigrafi sparse nei pubblici e privati edifici e per ultimo
quasi appendice, si pubblicheranno le leggende fuse nelle campane
delle torri di Milano; questa terza raccolta riuscirà di certo in-
teressante per essere un lavoro da pochi tentato in altre città ,
mentre le campane più antiche salvate dalla fusione alle campane
moderne ci conservano molte date storiche, ricordano i nomi di
valenti fonditori in metalli da Ambrogio de Calderari sulla campana
del Comune del 1352 , ai Busca del XV secolo , alla famiglia
Bonavilla, sino ai viventi fratelli Barigozzi , dei quali, e di
moltissimi altri nomi ed opere d'artisti altrimenti sarebbe perduta
la memoria.
Nell'anno decorso abbiamo a lamentare fra i soci la dolorosa
perdita dell'ancor giovine march. Ariherto Crivelli (m. 7 luglio)
diligente amministratore della cosa cittadina, cultore di storia, di
arte e del quale il Mongeri ne rammentava i meriti neWArehimo
del 30 settembre. — Il march. Giuseppe Campori (m. 19 luglio)
(1) Porta Orientale (ora Venezia) con Porta Tosa (ora Vittoria); Porta
Romana colle Porte Vigentina e Lodovica; Porta Ticinese con Porta Genova
Porta Vercellina (ora Magenta); Porta Comasina (ora Garibaldi) colle Porte
Tenaglia e Volta; Porta Nuova colla Porta Prìncipe Umberto.
240 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
onore delle lettere e del patriziato di Modena, di cui a lungo
scriveva nello stesso Archivio il concittadino Adolfo Venturi, ri-
cordando le numerose importanti sue pubblicazioni e la beneme-
renza di quel Comune, chiamato erede delle preziose sue colle-
zioni di libri, manoscritti, autografi, quadri ed altri oggetti d'arte.
— Il conte Alfonso Maria Visconti (m. 26 luglio) uomo colto
e generoso, che largamente testò pel nostro Ospedale Maggiore
e per altri pii istituti , legando inoltre II Bacio dell' Hayez alla
Pinacoteca di Brera; da ultimo ricorderò il senatore Luigi To-
relli (m. 14 novembre), iniziatore di opere grandiose, che operò
strenuamente per la patria, scrittore di varia erudizione e al quale
dedicò sentite parole il socio Giovanni Visconti Venosta nell'-Ar-
chivio del 30 dicembre.
A nuovi colleghi abbiamo inscritti i signori : rag. Luigi Binda ,
rag. Giovanni Mazzasogni e il conte Antonio Paglicci-Brozzi.
Esposto quanto operò la nostra Società nel 1887, aggiungerò
due parole suU' andamento finanziario , e senza pregiudizio di
quanto potranno rilevare i sig. Revisori, posso accertare, che il
Preventivo da voi ammesso per quell'anno fu rispettato in quasi
tutti i suoi titoli, e non soffri alterazione nel suo risultato finale;
infatti le entrate che in Preventivo erano state esposte in L, 8,849.59
diedero in Consuntivo L. 8,746.22, cosi le spese preventivate
in L. 7,765 furono in consuntivo di L. 7,662.79 comprese in
queste la maggior spesa votata nell'Adunanza del 17 aprile per
l'opera delle Iscrizioni e per la quale nel 1887 si sborsarono L. 1000.
In onta di questa spesa straordinaria l' avanzo di cassa fu di
L. 1,083.43 , epperò al 31 dicembre 1887 la rimanenza attiva
nitida sommava a L. 12,250.15, che costituiva a quel giorno il
patrimonio della Società , non tenuto calcolo del valore del mo-
biglio e delle parecchie centinaia di volumi che continuamente
vanno aumentando la nostra collezione, mercè l'opera efficace del
bibliotecario doti. Carotti.
Milano, 13 febbraio 1888,
Il Segretario
E. Seletti.
Tipografia BorloioUi 41 Giuseppe Pralo. Giovanni Brigola, responsabile.
I
LA CONTESA
FRA
MATTEO VISCONTI E PAPA GIOVANNI XXII
secondo i Doeumenti dell' Arehicìo Vaticano.
Tutti i documenti relativi alla lotta fra Giovanni XXII e Matteo
Visconti e al processo fattogli per titolo di eresia, furono tra-
scritti dal Codice Vaticano 3937, per ordine del Pontefice Bene-
detto XIV (1), ed ora si trovano raccolti in un grosso volume
che fa parte dei manoscritti posseduti dalla Biblioteca Universi-
taria di Bologna, col n. 1233, e col titolo: Processus contra
Matheum Vicecomitem Mediolanensem ejusque filios Joannis XXII
P. M. jussu confeetus a. D. MCCCXXIIJ.
Codesta pregevolissima raccolta è divisa in due parti , la prima
delle quali comprende quarantasette documenti relativi al processo
contro Matteo, Galeazzo, Luchino, Marco, Giovanni e Stefano
Visconti ; la seconda parte contiene gli atti del processo contro
tutti i fautori dei Visconti e componesi di novantotto documenti.
Nelle prime carte del manoscritto havvì un indice o regesto di
tutti gli atti che sarà pubblicato in appendice a questo studio,
nel quale mi propongo di riassumere, secondo i documenti Vati-
(1) Alla munificenza di Papa Benedetto XIV, la Biblioteca Universitaria di
Bologna è pure debitrice di una copia di tutte le lettere, brevi e bolle ap-
partenenti alla storia di Bologna, che si conservano nell'Archivio Vaticano.
Arcfu Stor. Lomb. — Anno XV. 16
242 LA CONTESA FRA MATTEO VISCONTI
cani , la lunga contesa sostenuta da Giovanni XXII per abbattere
la potenza Viscontea.
Le prime origini della discordia fra la Chiesa e i Visconti si
possono far risalire agli ultimi anni del pontificato di Clemente V,
allorché furono pubblicati due importanti decreti ; col primo dei
quali dichiara vasi che il giuramento prestato dagli imperatori al
Sommo Pontefice, era un vero giuramento di fedeltà, e quindi
r Imperatore veniva ad essere vassallo del Papa. Col secondo
decreto si stabiliva la superiorità della Chiesa sopra l'impero, e
che, vacando la sede imperiale, spettava al Papa il governo ed
ora in sua facoltà eleggere il Vicario imperiale , come avvenne
in sul principio del 1320 , allorché fu nominato Roberto Re di
Napoli , Vicario imperiale in Lombardia, che elesse per suo luo-
gotenente Filippo conte del Maine, figlio di Carlo di Valois. Nello
stesso tempo Giovanni XXII scrisse al cardinale Bertrando del
Poggetto , dandogli ampia facoltà di procedere colle censure e
colle armi contro chi mirasse a turbare la pace della Lombardia.
Fra gli altri ordinò che fosse citato innanzi alla Santa Sede Matteo
Visconti, con un breve riferito dal Rinaldi (27 giugno 1320) (1) ;
nel quale dicesi che quel signore, quantunque avesse deposto il
titolo di Vicario imperiale in Milano, ne riteneva tuttavia ancora
l'officio e la giurisdizione; anzi, per maggior disprezzo della
Santa Sede , osava farsi chiamare Signore di Milano. Perciò si
ordinava al Legato di promulgare solennemente la scomunica
(1) Annales Ecclesiastici (1320), n. 12. È uno dei pochi documenti editi
clic si riferiscono alla contesa tra Papa Giovanni XXII e Matteo Visconti
e il prof. Cipolla {St. delle Signorie Hai. dal 1313 al 1530. — Milano, 1881,
pag. 28); giustamente ne fa rilevare la grandissima importanza storica.
La bolla di scomunica del 19 febbraio 1321 fu pubblicata dal Giulini (Con-
tinua:iione delle Memorie di Milano ne' secoli bassi. Voi. X, pag. 547-552),
elicla trasse non dall' Ardi. Vaticano, ma da quello dei Padri predicatori
di Pavia. La sentenza di Bertrando cardinal legato, di Aicardo, arcivescovo
di Milano e degli Inquisitori di Lombardia contro il Visconti, del 29 dicem-
1)re 1321, fu pubblicata dall' Ughelli {Italia Sacra, IV, 202-2Q6). Pochi
altri documenti furono editi dal RiNALm (Op. cit., tom. V, pag. 130-137).
E PAPA GIOVANNI XXII.
243
contro di lui in tutte le chiese e di citarlo a presentarsi innanzi
al Papa per difendersi dalle accuse che gli erano state mosse
entro il termine di due mesi.
Passato il tempo prestabilito e non essendo comparso avanti
il Papa né Matteo stesso, né altri per lui , Giovanni XXII passò
alla sentenza della scomunica , dichiarando inoltre che Matteo
era incorso nelle pene temporali che aveagli minacciate se non
obbediva; cioè in una multa di diecimila marchi d'argento, nella
perdita di tutti i privilegi, libertà, immunità, feudi, beni, ragioni,
onori e concessioni d' ogni sorta a lui fatte dalla Chiesa o dal-
l' Impero.
Ma tali minaccia non produssero 1' effetto voluto dal Pontefice,
che ordinò di formare nuovi processi contro quel Principe e di
citarlo perchè dovesse presentarsi all' Arcivescovo il 25 feb-
braio 1322 nella Chiesa di S. Maria di Bergoglio presso Ales-
sandria. Fu scelto questo luogo perchè vicino alla Signoria dei
Visconti e perché in altra città di loro giurisdizione i Legati Pon-
tifici non avrebbero potuto stare sicuramente. Bernardo da Bar-
barano , vicario regio , ebbe l' incarico di fare solennemente e
pubblicamente proclamare fin verso Alessandria che niuno osasse
offendere il Visconti quando verrebbe a Bergoglio , né fessegli
fatto impedimento di sorta.
Balzare da Dexio e Bonaccorso de' Zibidi si presentarono quali
messaggeri e procuratori di Matteo e consegnarono due lettere ,
nelle quali egli dicea che gli Inquisitori avrebbero potuto libera-
mente recarsi a Milano senza alcun pericolo, come vi si era re-
cato il Collettore del Papa e ne era ritornato senza la più pic-
cola molestia. Dicea, inoltre, che non voleva andare al luogo
designatogli, perchè non si sarebbe creduto sicuro da' suoi capitali
nemici , sebbene munito di salvocondotto ; e che, se pur l' avesse
voluto , non avrebbe potuto senza suo grave pericolo portarsi a
Bergoglio , avendo già oltrepassato il settantesimo quarto anno
di età ed essendo malato di podagra e del mal della pietra. Ma
neppure queste ragioni addotte dal Visconti valsero a persua"
dere gì' Inquisitori e 1' Arcivescovo di Milano , i quali risposero
244 LA CONTESA FRA MATTEO VISCONTI
(26 febbraio 1322) agli ambasciatori che gì' impedimenti accennati
non potevano tener luogo di scusa , perchè in Milano e in tutta
Lombardia era universalraente noto che la vecchiezza e le ma-
lattie della podagra e della pietra, non erano tali da impedirgli
di cavalcare ogni giorno dentro e fuori di Milano a suo piaci-
mento. Inoltre le lettere consegnate a' suoi ambasciatori poteano
offrirgli sufficiente ed efficace guarentigia di sicurezza. Quanto
alle inimicizie che il Visconti dicea di avere , risposero esserne
causa egli medesimo e non appartenere a lui il designare ove
volea presentarsi , perchè tutti i fedeli hanno 1' obbligo di obbe-
dire alla Chiesa e a' suoi ministri.
Accadde frattanto che , mentre 1' Arcivescovo di Milano stava
aspettando gli eretici in Bergoglio , Marco Visconti e Gerardo
Spinola, capitano generale dell'esercito di Matteo, invasero quel
luogo a mano armata, costringendo l'Arcivescovo a cercar ri-
paro in Valenza. Ivi si unirono con lui Guido , vescovo d' Asti ,
Uguccione, vescovo di Novara, Simone, vescovo di Parma, Fede-
rico, vescovo di Savona, Guglielmo, vescovo d' Alba, insieme con
Astolfo da S. Ambrogio, Lanfranco di S. Simpliciano, Filippo di
S. Celso, Bernardo di S. Dalmazio ed altri abati, giureconsulti
e teologi Milanesi , per trattare della causa per cui erano stati
delegati dal Sommo Pontefice.
Cominciarono dall' esporre i molti delitti commessi da Matteo,
risultanti dai loro processi , de' quali si può vedere 1' enumera-
zione nella sentenza pubblicata dall' Ughelli e dal Giulini (1).
Il Visconti fu quindi privato di tutti gli onori , giurisdizioni e
diritti , furono confiscati tutti i suoi beni mobili ed immobili e
dichiarato soggetto a tutte le pene stabilite contro gli eretici. Fu
inoltre pubblicata una remissione plenaria della pena e della
colpa di qualunque peccato a chi prendesse le armi e seguisse
lo stendardo innalzato alla distruzione di Matteo Visconti e dei
suoi figli e nipoti (2).
(1) Memorie della città e campagna di Milano. — Milano, 1856, voi. V,
pag, 120-122.
(2) V. Chron. Astense, Gap. 105 (Rer. Ital. Scr., tomo XI).
E PAPA GIOVANNI XXII. 245
Cosi Giovanni XXII venne propriamente a bandire una crociata
contro i Visconti e i loro aderenti , ordinando (con bolla del 23
febbraio 1322) che sotto pena di scomunica , qualunque persona
ne fosse in grado, procurasse notizie e informazioni relativamente
ai fautori ed amici dei Visconti entro il termine di quindici giorni.
Tali comunicazioni doveano essere fatte sine strepita et figura
judiiii, e senza alcuna distinzione di grado o di qualità di per-
sone, cosi contro chierici , come contro laici.
Il 19 di marzo dello stesso anno si era già trovato buon nu-
mero di sospetti o infamati di adesione alla parte Viscontea e
furono invitati a presentarsi in Valenza agli Inquisitori molti di
Pavia, Alessandria, Valenza, Tortona, Vercelli, Milano, Lodi,
Cremona, Crema, Como, Castelnuovo ed altre città e diocesi di
Lombardia, i nomi dei quali sono indicati nei documenti vaticani.
Di quelli di Valenza, eh' erano stati citati , nessuno presentossi
il giorno 27 di marzo, eccetto Facino di Mirabello, Bobiano Fer-
rari e Jacopo Carello. Nessuno parimente comparve di Monteca-
stello e di Pecette il 28 di marzo, e nessuno di Bergoglio il 29
dello stesso mese.
Ai 2 d' aprile furono citati quelli di Milano a presentarsi entro
il termine di venticinque o trenta giorni in Valenza, ma nessuno
porse ascolto alla intimazione degli Inquisitori , come fecero pure
quei di Pavia, Novara e Vercelli , citati il 6 d' aprile.
Quelli di Alessandria , eccetto Anselmini Zueta e Giordano
Calcamugio, che si presentarono entro il termine stabilito, e quelli
di TortOBa , salvo Bonifacio de' Guidoboni , Daniele de' Pagani e
Bovarello di Montealdo , furono prima accusati di contumacia ,
poi scomunicati.
Di quelli di Novara comparve solo Bonifacio Gagnola, Ambrogio
Grita, Nicolino da S. Agata, Martino Testa e pochi altri. Di Pavia
e sua diocesi , non presentossi altro che fra Galvano Beccaria ,
ministro dell' Ospizio di Bethleem ; Ruffino Giorgio , abate dì
San Bartolomeo di Pavia, frate Lanfranco, abate di San Salva-
tore ; Obizzo da Gambolato , abate di San Marino ; frate Jacopo
degli Astarii , abate di San Pietro ; Uggerino Giorgio, canonico
24G I.A roNTESA FRA MATTEO VISCONTI
di San Giovanni ; Niccolino da Olivano, canonico di Santa Maria
da Lomello della diocesi di Pavia. Tutti gli altri, eccetto questi
che furono trattenuti in Valenza, ed Amico da Lomello ch'era
morto, furono condannati per contumacia.
Le citazioni si protrassero fino al 30 gennaio 1324, e tra co-
loro che ne furono colpiti , vi fu pure Castruccio Castracani ,
Manfredo di Landò da Piacenza, Rinaldo da Mantova, detto Pas-
sarino, gli Ambasciatori del Duca di Baviera e molti altri.
Tanto apparato di mali spirituali e temporali aveva atterrito
fortemente il popolo Milanese, che mormorava contro il Visconti ,
dicendo che non voleva per cagion sua essere scomunicato e di-
strutto. Furono quindi scelti dodici de' primari signori Milanesi (1)
e mandati al Cardinal Legato per trattare la pace col maggior
vantaggio che fosse possibile. Francesco Visconti , uno di essi
ambasciatori , dubitando che le persuasioni del sagacissimo Car-
dinale potessero indurli a qualche azione dannosa a Matteo, prese
licenza dai compagni e ritornò a Milano , lasciando andare con
gli altri Ambrogio d'Aliate, segretario di Matteo Visconti.
Furono questi nobili Milanesi ricevuti dal Cardinale con benigne
e amichevoli dimostrazioni , persuadendoli per la quiete d' Italia
e la salvezza di Milano, a voler deporre Matteo da quella signoria
e che per l'avvenire si reggessero i Milanesi a Repubblica, ri-
fiutando non solo il dominio Visconteo, ma anche quello dei
Torriani. Presero tempo gli ambasciatori a consultare sopra la
sua proposta ; e , dopo aver ascoltate le vario opinioni de' suoi-
compagni , Francesco da Garbagnate , già divenuto nemico del
Visconti perchè non aveagli concesso il capitanato generale della
milizia, li persuase a voler aderire alla pace colla Chiesa, de-
ponendo Matteo dalla signoria di Milano; il che fu da tutti ap-
provato e datone parte al Cardinale, formarono, col suo consenso,
alcuni capitoli fra la Chiesa e i Milanesi.
(1) Secondo il Corio, questi dodici ambasciatori Milanesi , sarebl)ero stati
scelti dal Pontefice, mentre il Giuuni afferma che furono eletti da Matteo
Visconti.
E PAPA GIOVANNI XXII. 247
Ritornati poscia a Milano, spiegarono a Matteo come avevano
risoluto di voler far pace colla Chiesa, per non recar pregiudizio
all'anima e cagionare la rovina della patria.
Matteo che vide costoro , ne' quali avea posta ogni sua confi-
denza, essere rivolti contro di lui , senza dar risposta voltò loro
le spalle , ed essi , usciti dal palazzo , commossero tutti i citta-
dini a gridare : Pace, pace.
Alle quali voci dichiarò Matteo esser pronto per la pace, purché
10 Stato non fosse mutato ed egli rimanesse signore. Ma il Con-
siglio gli fece sapere che dovesse rimettere ogni sua pretensione
nelle mani di Giovanni XXII, potendo dalla sua paterna benignità
sperare ogni perdono e vantaggio.
Allora, vedendo il Visconti la sovrastante mina, pregò i Ghi-
bellini di Lombardia , suoi amici , a voler convocare un Parla-
mento per consultare intorno a ciò che far si doveva a comune
vantaggio. Concorsero in pochi giorni diversi personaggi e am-
basciatori a Milano , i quali , informati della persecuzione contro
Matteo, lo persuasero a non temere, offerendosi pronti a sommi-
nistrare efficace rimedio. Furono immediatamente richiamati i
dodici nobili Milanesi che avevano capitolato la pace col Cardi-
nale e acerbamente rimproverati di temerario ardire, per avere ,
senza alcun mandato , accettato patti tanto dannosi al Visconti.
11 Conte di Cassiano Lodigiano proruppe in parole poco decenti
contro il romano Pontefice ; della qual temerità fu ripreso da
Matteo Visconti , esortandolo a parlare con il dovuto rispetto del
Papa. Finalmente fu deciso che si ricorresse al Legato per im-
petrare che Matteo fosse ricevuto come vero figliuolo ed amico
della Chiesa ; ma i suoi partigiani Io sconsigliavano^ dicendo esser
meglio che facesse imprigionare i dodici ambasciatori, e, richiamato
da Piacenza Galeazzo suo figliuolo , potrebbe tenere con la sua
autorità più facilmente a freno i tumultuanti. Non accettò in sulle
prime Matteo questo consiglio, perché fra lui e Galeazzo era una
certa antipatia cagionata da emulazione di gloria ; ma poi si per-
suase di dovergli scrivere che senza indugio alcuno venisse a
Milano per porre riparo alla ruina di sua famiglia.
248 LA CONTESA FRA MATTEO VISCONTI
Riconciliatosi col padre, Galeazzo fece convocare i dodici am-
basciatori e loro domandò per qua! cagione avessero suscitato
tanto tumulto contro Matteo e contro i suoi fratelli.
Risposero dessi che ciò aveano operato a buon fine, imperocché
amavano Matteo e la sua casa sopra tutti gli altri nobili Mila-
nesi , ed aveano trattata la pace colla Chiesa per conseguire
njaggior quiete alla patria e alla Lombardia ; tanto più che i
ghibellini molto poteano confidare nel Cardinal Legato per esser
uomo di gran bontà e molto favorevole alla quiete universale.
Soggiunse Galeazzo che assai volontieri s' interporrebbe per la
pace comune, purché non ne seguisse danno al padre suo ed ai
fratelli.
Ma il magnanimo Matteo, che già vedeasi ridotto a grave età,
deliberò rinunziare la cura del governo a Galeazzo e darsi ad
una vita quieta e riposata, ponendo ogni pensiero nel visitare le
chiese ed altre devozioni. Onde trovandosi un giorno nella Chiesa
Maggiore , fece ivi convocare il clero e recitato ad alta voce il
simbolo degli Apostoli, volle che di questa pubblica protesta di
fede fosse rogato un atto da uno de' suoi notari. Si fece poscia
condurre a Monza per visitare il tempio di S, Giovanni Battista,
dove , sopraffatto da grave infermità , fece chiamare i figliuoli ,
prevedendo' assai prossimo il suo fine. Mentre ritornava a Milano,
soffermatosi nella Canonica di Crescenzago per riposarsi , ivi pla-
cidamente spirò il 24 di giugno 1322, poco più di tre mesi dopo
la sentenza, che forse contribuì ad accelerare la sua morte.
L. Frati.
E PAPA GIOVANNI XXII. 249
TAVOLA DEI DOCUMENTI VATICANI
relativi alla contesa tra Giovanni XXII e Matteo Visconti.
Capitula, seu Rubricae primi libri sunt haec.
1. — 13 dicembre 1321. — Littera commissionis domini Papae
missa Domino Archiepiscopo Mediolanensi et Inquisitoribus ut pro-
cedant contra Matheum de Vicecomitibus et ejus filios, Scotum de
Sancto Geminiano, Franciscum de Garbagnate, ac fautores et rece-
ptatores dictorum Mathei et fìliorum.
2. — 17 Jehbraio 1321. — Citatio per Dominum Papam facta dicto
Matheo propter impedimentum euntium ad Curiam Romanam et re-
deuntium et excommunicatio ejusdem proter contumaciam.
3. — 17 febbraio 1321. — Citatio per Dominum Papam facta dicto
Matheo propter exactìones Ecclesiarum et excommunicatio ejusdem
propter contumaciam.
4. — 17 febbraio 1321. — Sententia excommunicationis per Do-
minum Papam lata contra Matheum quia tanquam suspectus de
heresi propter excommunicationem , quam usurpando Dominum va-
cante Imperio incurrerat et per triennium sustinuerat animo indurato
citatus ad respondendum non comparuit.
o. — 13 gennaio 1322. — Citatio per Dominum Archiepiscopum Me-
dioìanensem et Inquisitores facta dicto Matheo ut compareat in Bergolio.
6. — 7 gennaio 1322. — Litera in qua continetur quomodo Do-
minus Frater Symon Episcopus Parmensis et Domini Astulfas Sanati
Ambrosii et Lanfrancus Sancti SimpUciani Mediolanensium Monaste-
riorum Abbates iverunt Mediolanum et nuntiaverunt Matheo sententias
contra eum et ejus filios latas ac eorum fautores et de cruce predi-
canda contra eos nisi obedirent.
7. — 20 gennaio 1322. — Preceptum factum per Dominum Ar-
chiepiscopum et Inquisitores Ambasciatoribus de literis citationis con-
signandis Matheo et filiis et aliis.
250 LA CONTESA FRA MATTEO VISCONTI
8. — 20 gennaio 1322. — Quomodo predicti ambaxiatorcs excusa
veruni se de prcdictarum literarum consignatione propter periculum
porsonarum et rerum, et juraverunt diccre verbo predictis Matlico
et fìliis et aliis continentiam predictarum literarum.
9. — 21 febbraio 1322. — Litera sub metaphora certificans quo-
modo predicti Ambaxiatores servaverint quod juraverant.
10. — 21 febbraio 1322. — Litera missa Domino Archiepiscopo
prò excusatione Franciscì de Garbagnatc innuens quod dieta citatio
fuit pubblicata.
11. — 25 febbraio 1322. — Preceptum factum per Dominum Ar-
chiepiscopum et Inquisitores Vicario Borgolii prò fidancia Mathei.
12. — 20 febbraio 1322. — Datio literarum fidantie Mathei et
filiorum.
13. — 24 febbraio 1322. — Tenor fidantie date Matheo et fìliis
per Dominum Legatum.
14. — 24 febbraio 1322. — Toner fidantie date Matheo et fìliis
per Dominum Raymondum de Cardona et Sencscalcum Lombardie.
15. — 24 febbraio 1322. — Datio literarum fidantiae facta Nuntio
Procurato rum Mathei.
16. — 24 febbraio 1322. — Tenor unius literae directae Domino
Archiepiscopo per dictos Procuratores.
17. — 21 febbraio 1322. — Preconizatio facta Bergolio do voca-
tione Mathei.
18. — 24 febbraio 1322. — Quomodo per D. Archiepiscopum et
Inquisitores Matheus fuit rcputatus contumax.
10. — 12 febbraio 1322. — Exibitio Procuratori! Mathei et in fine
continetur terminus datus Procuratoribus ejus
20; — 12 febbraio 1322. — Tenor Procurato rii dicti Mathei.
21. — 12 febbraio 1322. — Exceptiones propositae prò Matheo per
Procuratores ejus.
22. — 26 febbraio 1322. — Appellatio interposita prò Matheo per
procuratores predictos.
23. — 26 febbraio 1322. — Apostoli refutatorii per Dominum Ar-
chiepiscopum et Inquisitores dati Procuratoribus Mathei super appcl-
latione per dictos Procuratores facta prò dicto Matheo.
24. — 20 febbraio 1322. — Praecepta quaedam facta per Dominum
Archiepiscopum et Inquisitores Notariis et Procuratoribus predictis,
quod non facient instrumento de premissis, nisi intcrponant dictam
responsionem et oblatio copiae dictae responsionis.
E PAPA GIOVANNI XXII. 25t
25. — 11 marzo 1322. — Sententia lata centra Matlieum Viceco-
mitcm propter herésim.
2G. — 13 gennaio 1322. — Citatio facta per Dominum Archiepi-
scopum et Inquisitores de fiUis Mathei, Francisci de Garbagnate et
Scoto de Sancto Geminiano propter heresim.
27. — li febbraio 1322. — Procuratorium Luchini filli Mathei.
28. — 13 febbraio 1322. — Procuratorium Marci filli Mathei.
29. — 22 febbraio 1322. — Procuratorium Joannis filil Mathei.
30. — 22 febbraio 1322. — Procuratorium Stephani filli Mathei.
31. — 22 febbraio 1322. — Appellatlo filiorum Mathei, Joannis,
Marci, Luchini, et Stephani.
32. — 14 febbraio 1322. — Procuratorium Scoti de Sancto Ge-
miniano.
33. — 14 febbraio 1322. — Exceptiones et Appellatlo prò dicto
Scoto.
34. — 13 febbraio 1322. — Procuratorium Francisci de Gar-
bagnate.
35. — 13 febbraio 1322. — Exceptiones factae prò dicto Francisco.
36. — 13 febbraio 1322. — Llbellus Appellatlonis prò dicto Francisco.
37. — 28 febbraio 1322. — Lltera missa per dlctos Procuratores
Domino Archiepiscopo et Inqulsltorlbus.
38. — 1 marzo 1322. — Alia lltera missa per dictos Procuratores
Domino Archiepiscopo.
39. — 3 marzo 1322. — Apostoli refutatoril dati per Dominum
Archiepiscopum , et Inquisitores Procuratoribus filiorum Mathei, Scoti
de Sancto Geminiano et Francisco de Garbagnate et quomodo omnes
filli Mathei fuerunt reputati contumaces et excommunicatio eorundem.
40. — 9 aprile 1322. — Alia lltera predictorum Procuratorum
petentium copiam processuum,
41. — 12 aprile 1322. — Gomparitio filiorum Mathei scillcet Ga-
leatii, Luchini, et Marchi in Mediolano et responslo facta elsdem.
42. — 13 aprile 1322. — Gomparitio Johannis et Stephani filiorum
Mathei in Mediolano et responslo eis facta.
43. — 13 gennaio 1323. — Oblatio facta per Dominum Archie-
pi-scopum et Inquisitores filiis Mathei de audlendo eos de iure et
assignatio termini dati elsdem.
14. — Il gennaio 1323. — Quomodo In loco et termino assignatis
filli Mathei in oblatione predicta Galeatius et ejus fratres faerunt prò-
252 LA CONTESA FRA MATTEO VISCONTI
clamati et alta voce pluries requisiti et nuUus eorum comparuit nec
alius prò eisdem.
45. — 12 marzo 1323. — Sententia diffìnitiva contra Galeatium
filium Mathei propter heresim.
46. — 8 aprile 1323. — Sententia diffìnitiva contra Marchum , Lu-
chinum, Johannem et Stephanum filios Mathei propter heresim.
47. — 8 aprile 1323. — Sententia diffìnitiva contra Scotum de
Sancto Geminiano propter heresim.
Capitula seu Rubricae secundi Libri sunt haec.
48. — 23 febbraio 1322. — Commemoratio Commissionis factae
Domino Archiepiscopo Mediolanensi et Inquisitoritus de procedendo
contra Matheum et filios, ac eorum fautores et receptatores.
49. — 23 febbraio 1322. — Publicatio et expositio duarum lite-
rarum papalium facta in Ecclesia Sanctae Mariae de Valentia et pre-
ceptum datum omnibus ut informent Dominum Archiepiscopum et
Inquisitores de valitoribus et sequacibus Mathei.
50. — 23 febbraio 1322. — Publicatio et vulgarizatio predictarum
literarum facta in Bergolio in Ecclesia Sanctae Mariae cum simili
praecepto.
51. — 23 febbraio 1322. — Tenor primae literae Domini Papae
missae Domino Archiepiscopo Mediolanensi et Inquisitoribus ut pro-
cedant contra valitores, adiutores, consiliarios et seguaces Mathei
et adherentes eidem, quemadmodum contra fautores et receptatores
ejusdem ut dictum est supra in litera commissionis.
52. — 23 febbraio 1322. — Tenor alterius literae Domini Papae
missae. Domino Archiepiscopo et Inquisitoribus ut procedant efficaciter
in prcmissis et quibus impeditur negocium Terrae Sanctae.
53. — 19 marso 1322. — Citatio quorundam de Alexandria, de
Terdona, de Montecastello, de Bergolio, de Valentia, de Peceto ad
terminos diversos.
54. — 20 aprile 1322. — Proclamatio citatorum de Valentia, et
dcclaratio contumaciae ipsorum.
55. — 20 aprile 1322. — Proclamatio citatorum de Montecastello
et Peceto et declaratio contumaciae ipsorum.
E PAPA GIOVANNI XXII. 253
56. — 20 aprile 1322. — Proclamatio predictorum citatorum de
Bergolio et declaratio contumaciae eomm.
57. — 20 aprile 1322. — Proclamatio citatorum de Terdona et
declaratio contumaciae eorum,
58. — 20 aprile 1322. — Proclamatio citatorum de Alexandria et
declaratio contumaciae ipsorum.
59. — 25 aprile 1322. — Sententia excommunicationis lata centra
predictos contumaces de Alexandria, de Terdona, de Montecastello,
de Bergolio, de Peceto.
60. — 25 aprile 1322. — Sententia excommunicationis lata centra
predictos contumaces de Valentia.
61. — 30 aprile 1322. — Sententia fautoriae et confiscationis lata
contra Dominum Guillelmum Inviciatum et alios de Alexandria et
Bergolio, Rufinum Bricium et alios de Montecastello, Magistrum
Franciscum et alios de Valentia, Jacobum de Stronomia et alios de
Peceto, Girardum de Opizonibus et alios de Terdona.
62. — 2 aprile 1322. — Citatio per Dominum Archiepiscopum et
Inquisitores facta ad diversos terminos dicto Matheo Cimiliarcha et
multis de Mediolano, Lanfrancho Musso Potestati Mediolanensi , Gi-
rardo Spinolae Capitaneo g>jerrae et pluribus stipendiariis Mathei.
6.3. — 15 aprile 1322. — Proclamatio dictorum citatorum, scilicet
Lanfranchi Mussi , Girardi Spinolae et aliorum stipendiatorum et con-
tumacia ipsorum.
64. — 18 aprile 1322. — Sententia excommunicationis lata contra
dictos contumaces , scilicet Lanfranchum et alios.
65. — 18 aprile 1322. — Sententia fautoriae et confiscationis lata
contra predictos Lanfranchum et stipendiatos.
66. — 18 aprile 1322. — Prorogatio facta praedictis Mediolanen-
sibus citatis Matheo Cimiliarchae , Roberto et aliis.
67. — 20 aprile* 1322. — Prorogatio secunda faeta Mediolanensibus
praedictis.
68. — 22 aprile 1322. — Prorogatio tertia facta Mediolanensibus
praedictis.
69. — 30 aprile 1322. — Litera Ambassiatorum Mediolanensium
missa Inquisitoribus.
70. — 3 marzo 1322. — Prorogatio quarta facta eisdem.
71. — 5 marso 1322. — Prorogatio quinta facta eisdem Mediola-
nensibus citatis.
254 LA CONTESA FRA MATTEO VISCONTI
72. — 8 marzo 1322. — Prorogatio sexta facta cisdem.
73. — 10 marzo 1322. — Litera Ambassiatorum Mediolanensium
missa domino Legato.
74. — 15 marzo 1322. — Alia litera eorum missa Domino
Legato.
75. — 20 marzo 1322. — Prorogationes quatuor factac de die in
diem eisdem citatis.
70. — 4 aprile 1322. — Proclamatio et declaratio contumaciac
predictorum citatorum Mediolanensium, Roberti Vicecomitis et aliorum,
cxcepto Matheo Cimiliarcha interim mortuo, et exceptis ambassia-
toribus, quibus prorogatur terrainus ad kalendas septembris pro.ximi
venturi.
77. — 6 aprilo 1322. — Prorogatio facta dictis Ambassiatoribus
ad kalendas octobris proximi venturi.
78. — 6 aprile 1322. — Literae tres missae Domino Legalo ex
parte Potestatis sapientium et Communis Mediolancnsis.
79. — 12 gennaio 1323. — Proclamatio et declaratio contumaciae
predictorum Ambassiatorum Mediolanensium.
80. — 15 gennaio 1323. — Sententia cxcommunicationis lata per
Dominum Archiepiscopum et Inquisitores centra Robertum Viceco-
mitem et alios omnes Mediolanenses superius citatos contumaces et
Ambassiatores,
81. — 23 gennaio 1323. — Citatio facta per Dominum Arcbiepi-
scopum et Inquisitores de Azone Vicecomite Proposito et Roberto
Abbate de Gratasolio et multis Mediolanensibus.
82. — 28 gennaio 1323. — Sententia cxcommunicationis lata contiM
predictos Azonem, Robertum et alios prò contumacia.
83. — 1 febbraio 1323. — Citatio facta per dominum Arcbicpi-
scopum et Inquisitores dicto de Curto , de Castelleto Busnardo et
aliis multis de Mediolano, Canubio, Tlioma de la ripa, et do Per-
gamo, de Laude.
84. — 10 febbraio 1323. — Prorogatio facta praedictis citatis ad
diem quartam mensis Aprilis.
85. — 12 febbraio 1323. — Sententia cxcommunicationis lata prò
contumacia centra pracdictos Curtum de Castelleto et Busnardum et
quosdam alios ex contentis in citatione praedicta.
80. — 12 aprile 1323. — Citatio facta per dominum Arcbiepiscopum
et Inquisitorem de Martino de la Poma Capitaneo Trivilii et multi'^
E PAPA GIOVANNI XXII. 255
aliis de Trivilio, de Mediolano, de Varisio et Rugerio de Occulo,
Nello de Massa, et aliis stipendiatis.
87. — 12 aprile 1323. — Prorogatio facta predictis immediate ci-
tatis et multis aliis citatis ad hanc diem.
88. — 27 aprile 1323. — Sententia excommunicationis lata propter
contumaciam centra supra immediate citatos et alios quibus terminus
ad hanc diem et horam fuerat prorogatus.
89. — 27 aprile 1323. — Citatio facta per Dominum Archiepi-
s'^opum et Inquisitorem de Gasparrino et Zanino fratribus de Grassis
et aliis de Canturio.
90. — 30 aprile 1323. — Sententia excommunicationis lata propter
contumaciam contra eosdem immediate supra citatos.
91. — 6 maggio 1323. — Sententia fautoriae et confiscationis lata
contra Azonem Prepositum Sancti Ambrosii, Girardum de Fenegroc
et multos alios de Mediolano et Rugerium de Occulo et alios Cone-
stabiles Galeazii et quosdam de Pergamo et de Trivilio.
92. — 10 maggio 1323. — Sententia fautoriae et confutationis lata
contra Franciscum Vicecomitem hereticum, Cigadam et alios de
Iklediolano, de Papia, de Vigeria, de Lomello, de Vercellis.
93. — 10 maggio 1323. — Sententia fautoriae et confiscationis
lata contra Lodrisium Vicecomitem et plures de Mediolano , de Papia,
de Novaria.
94. — 20 giugno 1323. — Citatio facta per Dominum Archiepi-
.scopum et Inquisitores dicto Presbytero Panza Prealono et aliis do
Mediolano.
U5. — 17 luglio 1323. — Secunda Prorogatio facta eisdem.
96. — 20 luglio 1323. — Sententia excommunicationis lata prò
contumacia contra praedictos immediate supra citatos.
97. — 20 luglio 1323. — Citatio facta per Dominum Archiepi-
scopum et Inquisitorem de Castellano, de Gluxiano et aliis multis de
^Icdiolano clericis et laicis.
'.)8. — 4 agosto 1323. — Sententia excommunicationis lata prò
contumacia contra predictos supra immediate citatos.
99. — 9 agosto 1323. — Sententia fautoriae et confiscationis lata
contra predictos Castellanum de Gluxiano et multos de Mediolano,
ce Crema, de Faventia et Presbyterum de Brone.
100. — 8 settembre 1323. — Citatio Abbatum Clarevallis et Mo-
riinondi de Mediolano, Thomac de la Ripa, et quorumdam de Crema
et de Cremona.
256 LA CONTESA FRA MATTEO VISCONTI
101. — 8 settembre 1323. — Sententia excommunicationis lata
prò contumacia centra predictos Abbates et alios citatos supra im-
mediate.
102. — 23 settembre 1323. — Sententia fautoriae lata centra pre-
dictos Abbates.
103. — 25 settembre 1323. — Citatio predicti elim Abbatis de
Morimondo ad respondendum de fide,
104. — 30 settembre 1323. — Sententia excommmiicationis prò
contumacia dicti olim Abbatis de Morimondo.
105. — 6 aprile 1322. — Citatio lacta per Dominum Archiepi-
scopum et Inquisitores de Musso de Beccaria et multis de Papia, de
Vigerla, Lomello, Bassignana et de No varia, et de Vercellis, et de
Confluentia, et Rodobio ad terminos diversos.
106. — lO aprile 1322. — Proclamatio predictorum citatorum de
Vercellis et declaratio contumaciae ipsorum.
107. — 15 aprile 1322. — Proclamatio predictorum immediate ci-
tatorum de Novaria et declaratio contumaciae eorum.
108. — 20 aprile 1322. — Proclamatio predictorum immediate
citatorum de Papia, de Vigerla, et declaratio contumaciae eorum.
109. — 6 maggio 1322. — Sententia excommunicationis lata centra
omnes predictos contumaces immediate supra citatos de Papia , Ver-
cellis, de Novaria et eorum Dioceses et de Vigerla propter con-
tumaciam.
110. — 6 maggio 1322. — Sententia excommunicationis lata prò
contumacia centra hereticum Gritam de Novaria ommissum ex negli-
gentia legentis predio tam immediate sententiam.
111. — 6 maggio 1322. — Comparitio, iuramentum et abselutio
Lanceae de Cortesela Judicis Marchionis Montisferrati.
112. — 4 aprile 1323. — Privatio Fratris Bonifatii de Opizonibus
a Prioratu, seu administratione Ecclesiae Sanctorum Vitalis et Agri-
colae de Terdona.
113. — 5 aprile 1323. — Citatio Fratris Guillelmi Gaudentis de
Ponzonibus et multorum de Cremona, de Soncino, de Castroleone,
de Faventia, de Cumis, de Pergamo et de Villa.
114. — 5 aprile 1323. — Proclamatio facta de predictis immediate
citatis et declaratio contumaciae eorum.
115. — 7 aprile 1323. — Sententia excommunicationis lata prò
contumacia contra predictos inmedìate citatos.
E PAPA GIOVANNI XXII. 257
116. — 9 maggio 1323. — Sententia fautoriae et confiscationis
lata contra predictos Fratrem Guillelmum et alios de Cremona, de
Sonzino, de Castroleone, de Castronovo, de Cumis, de Pergamo, de
Villa, de Papia et de Terdona.
117. — 5 aprile 1323. — Sententia fautoriae et confiscationis lata
contra Franciscum Tuscham et alios de Cumis, de Cremona, de
Laude.
118. — 19 aprile 1323. — Sententia fautoriae et confiscationis lata
contra Raynaldum Suardum et multos de Pergamo et de Cremona.
119. — 23 maggio 1323. — Citatio Thomayni de Beccaria et mul-
torum de Papia Clericorum et Laicorum.
120. — 6 giugno 1323. — Sententia excommunicationis lata prò
contumacia contra predi«tos Thomainum et alios de Papia.
121. — 6 giugno 1323. — Sententia fautoriae et confiscationis lata
contra predictos Thomaynum et alios de Papia.
122. — 20 giugno 1323. — Citatio Bertholdi de Mastethon dicti
de Niffen et sociorum Ambassiatorum Ducis Baverie.
123. — 17 luglio 1323. — Sententia excommunicationis lata prò
contumacia contra predictos Bertholdum et alios inmediate citatos.
124. — 20 luglio 1323, — Sententiae fautoriae et confiscationis
lata contra predictos Bertholdum et socios.
125. — 4 agosto 1323. — Edictum contra predictum Bertholdum.
126. — 9 agosto 1323. — Citatio Raynaldi dicti Passarini de
Mantua.
127. — 9 agosto 1323. — Sententia excommunicationis lata prò
contumacia contra dictum Passarinum.
128. — 2 settembre 1323. — Procuratorium predicti Passarini.
120. — 2 settembre 1323. — Appellatio predicti Passarini,
130. — 2 settembre 1323. — Apostoli refutatorii dati Nuntiis dicti
Passarini.
131. — 30 settembre 1323. — Sententia fautoriae confiscationis
lata contra predictum Pas.sarinum.
132. — 3 ottobre 1323. — Citatio Kastrucii de Lucha.
133. — 3 ottobre 1323. — Sententia excommunicationis lata prò
contumacia centra predictum Kastrucium.
134. — 3 ottobre 1323. — Sententia fautoriae et confiscationis lata
contra predictum Kastrucium.
135. — 2 gennaio 1324. — Citatio Manfredi de Landò de Placentia.
Arch. Stor. Lcmb — Anno XV. 17
258 LA CONTESA FRA MATTEO VISCONTI E PAPA GIOVANNI XXU.
136. — 2 gennaio 1324. — Sententia excommunicationis lata prò
contumacia contra dictum Manfredum.
137. — 30 gennaio 1324. — ■ Citatio filiorum Mathei super fautoria
patris herctici.
138. — 30 gennaio 1324. — Sententia excommunicationis lata
contra filios Mathei prò contumacia, quia non comparuerunt ad re-
spondendum super fautoria patris heretici.
139. — 5 novembre 1324. — Sententia lata contra filios Mathei et
eorum bona propter fautoriam patris.
140. — 10 novembre 1324. — Edictum contra fautores Galeacii et
fratrum ejus.
LE ARTI MINORI ALLA CORTE DI MANTOVA
NE! SECOLI XV , XVI E XVII
Ricerche storiche negli Archivi Mantovani.
INTRODUZIONE.
Sotto il titolo delle Arti minori alla Corte di Mantova mi sono
jrefisso di trattare degli orefici, degli intagliatori in metalli e
leghe, in legno ed ossi, in cristallo e vetro e dei ricamatori. Ben
fnteso fra i primi saranno compresi gli argentieri, gioiellieri, ce-
sellatori, intagliatori di pietre preziose, smaltatori, niellatori, si-
gillari, coniatori e gli orologieri. Fra gli intagliatori di metalli
comuni e loro leghe comprenderò gli armaiuoli, fra quelli del
legno ed ossi, darò posto agli intarsiatori, ebanisti, tornitori; e
fra gli ultimi a tutti i lavoratori in vetro. Nella sezione del ri-
camo si farà parola di alcune arti tessili, come degli arazzi, e si
presenteranno gli orpellari od altri, che preparassero cuoi ad uso
di decorazioni.
Ho qualificato queste arti per minori in paragone dell' archi-
tettura, pittura e scoltura, benché ai suddetti artefici fossero in-
dispensabili cognizioni delle medesime, e specialmente della scul-
tura, di cui gli orefici e gli intagliatori tutti sono direi figliazioni.
260 LE ARTI MINORI
E talvolta queste arti minori marciarono pari passo con le mag-
giori per opera di loro grandi artisti. Basti il nominare Benvenuto
Cellini, maestro in ogni ramo dell'oreficeria, Lorenzo Ghiberti,
Antonio del Pollajolo quali cesellatori, Dal Prato Girolamo pel
lavoro di piastra d'argento, Bernardi da Castelbolognese, Giovanni
delle Corniole, Domenico dei Cammei, milanesi, quali intagliatori
di gemme, Caradosso per incisioni d' imprese, Lautizio pei sigilli,
Amerigo per gli smalti, Michelangelo di Viviano pelle incastona-
ture di gioielli, Luca Agnolo per le argenterie, Maso Finiguerra
pei nielli, Pietro di Nino pelle' filigrane, ecc., ecc.
Celebri gli armaiuoli Giov. Paolo e Filippo Negroli, milanesi :
il primo fece un' armatura equestre per Emanuele Filiberto Duca
di Savoia; il secondo altre per Carlo V e Francesco 1. Sera-
fino da Gardone, nel bresciano, ne fece una finissima per Carlo V
ed un pugnale per Francesco L Altra armatura bellissima eque-
stre per Carlo V imperatore fece Bartolomeo Campi da Pesaro.
Martino, detto Ghinello, fu rinomatissimo pei lavori all' agemina
sulle armi.
Altro milanese io metterò in luce, che fabbricò più armature
peir imperatore Carlo V.
Abbiamo nei cori di chiese e nelle suppellettili di castelli pa-
trizi tali intagli in legno e avorio e intarsiature che sorprendono
per la finezza del lavoro da far ritenere i loro autori per grandi
artisti, veri scultori. Per brevità nominerò soltanto Raffaello da
Brescia, Giovanni da Verona, fra Damiano da Bergamo, Giacomo
da Crema. Per l'intaglio in cristallo e vetro basterà ricordare
Angelo Beroviero da Murano, i Misseroni milanesi ed il valentis-
simo Valerio Belli vicentino.
Sé la fragilità della materia campo dei loro lavori , ci priva
della conoscenza di molti intagliatori in legno e vetro che do-
vremo dire pei ricamatori, anch' essi apostoli del disegno e del-
l'unione dei colori ! Fra la profusione dei ricami nei vestiari e
negli arredi delle chiese dei passati secoli, qualche cosa ci é
rimasto da farci comprendere come con verità anticamente il ri-
camo fosse qualificato per pittura. Soa ricordati quali valeaiissimi
AI-I>A CORTE:; 1)1 MANTOVA. 261
rìcamatori Pietro Crivelli, detto Spadone, milanese. Cotta, detto
della Zinella, da Trento, Pagolo da Verona, ecc. Gli antichi cuoi
dorati, arabescati con figure stanno a pari passo coi ricami. Si
distinsero gli orpellar! Pietro Paolo Maiorani da Napoli, Pietro
delle Guaine, ferrarese e i bolognesi Ruinetti.
Queste arti, benché possano sembrare a prima vista tra loro
molto diflPerenti, pure dimostreremo nei secoli andati spesso unite,
invadendosi tra loro il campo. Il grande cesellatore Donatello, il
celebre orefice Cellini , il valentissimo coniatore Gaspero Mola
non sdegnavano di occuparsi di armi offensive e difensive; anzi
il già nominato Bartolomeo Campi, ponendo il suo nome sovra
l'armatura per Carlo V, vi aggiugneva aurifex.
Le armature portavano seco tali lavori di smalto, di cesello,
di agemina , di niello di damaschinatura ed anche d' ornati in
gioielli che gli armaiuoli entravano cosi nel campo degli orefici.
L'intagliatore in legno, in ossi, l' intersiatore se spesso offrivano
all'orefice cornici e dittici e preparavano all'armaiuolo le casse
per gli schioppi, i manichi pei pugnali, le selle, con meravigliosi
intagli , spesso univano lavori all' azzimina di oro e di argento
e nielli, come avrebbe fatto un orefice od un armaiuolo.
Gli intagliatori in cristallo e vatri erano pure intagliatori di
pietre preziose: gemme hihere, erano chiamate le tazze ed i bic-
chieri pelle regali mense. I loro cofanetti incorniciavano, legavano
in oro e argento; cosi eglino erano quasi sempre orefici, gioiel-
lieri, smaltatori,
I ricamatori, gli orpellari coprivano con lavori finissimi le
corazze, le barde, le rotelle e preparavano foderi, guaine, cin-
ture con profusione di gioielli , di tele aurate ed argentee senza
passar dagli orefici.
L'Italia manca di storie dell' oreficeria, dell' intaglio in metalli,
legno, ossi, vetri, del ricamo; quantunque queste arti abbiano una
grande importanza nella nostra storia nazionale. L' oreficeria spazia
dall' anello nuziale della popolana allo scettro imperiale ed alla
liara pontificia; l'intaglio dal tugurio del povero alla grande ba-
silica; il ricamo dal vestiario della femminuccia a quello della gran
262 LE ARTI MINORI
dama. Sono pertanto connesse le storie degli usi , de' costumi e
dell' industria e del commercio. Ci manca pure una storia delle
armi, la quale sarebbe un complimento alla storia delle nostre
guerre. Non abbiamo nemmeno dizionari degli orefici, intagliatori,
armaiuoli e ricamatori ; cosi questi artefici in generale , avendo
molto' raramente posto il nome sui loro capolavori , e questi ,
quando in metalli preziosi, 1' avidità ed il bisogno, avendo fusi, o
per la fragilità della materia essendo stati consunti dall' edacità
del tempo, un' infinità di valentissimi artisti furono obbliati.
E tanto più a deplorarsi la deficenza di questi libri; poiché
l'Italia è stata grande in ogni sorta di arti e d'invenzioni nelle
armi e gli artisti, di cui ci occuperemo le aggiunsero fronde di
glorioso alloro.
Le ricerche archivistiche per offrire buoni e sicuri materiali
alle future storie su indicate e per rintracciare nomi di valenti
artefici a loro rivendicazione dell'ingiusto obblio, credo meritar
qualche benemerenza, cosi, secondo le mie deboli forze, e la
regione, ove mi trovo, pensai di rovistare gli archivi di una Corte,
che fu delle più splendide ed eleganti dal secolo XV al XVIII.
Intendo i Gonzaga, signori di Mantova, quasi tutti grandi mece-
nati degli artisti, di cui ricercavano i migliori per tutta Europa.
Infatto il mio materiale fu raccolto negli archivi dei Gonzaga
in Mantova, perlustrando ogni categoria di carte, che potesse
darmi speranza di avere quanto mi era prefisso di raccogliere.
Diedi già un saggio di tali ricerche nel lavoro intitolato: Artisti
in relazione eoi Gonzaga signori di Mantova nei secoli XVI
e XVII. — Modena, tipografia Vincenzi, 1885.
Notava allora la quasi impossibilità di consultare tutto 1' ar-
chivio dei Gonzaga, ove, secondo me, dovevano trovarsi ancora
molti tesori inesplorati, di cui io dava un saggio per invitare i
colleghi ad imitarmi.
Intanto io seguii le mie ricerche e dopo sette anni di dimora
in Mantova mi pare di aver veduto tutto; ma non posso certa-
mente affermare di aver raccolto tutto. Comunque si troverà per
queste arti minori tanto materiale da lusingarmi che poco si
possa aggiugnere di qualche importanza.
ALLV CORTE DI MANTOVA. 263
In questi lavori, frutti di scavi archivistici, a benefizio di altri
studiosi , io ho sempre creduto che la loro migliore disposizione
sia quella, che faciliti altrui la consulta ; cosi io divisi sempre gli
artefici per arte, presentandoli cronologicamente , e unendoli poi
tutti in un copioso indice , oltre altro per materia.
In questo volli, per quanto si poteva , dividere anche per re-
gioni gli artisti , e dopo aver fatto conoscere per secolo quelli
residenti in Mantova, venir a quelli in altri Stati, cui i signori di
Mantova, a mezzo di loro ambasciadori od anche direttamente, si
rivolgevano per ordinare lavori. Per alcuni armaiuoli feci delle
sezioni speciali avendo avuto abbondanza di documenti e trattan-
dosi di artefici famosi. Mi pare che tale divisione per regione
possa servire ad indicarci ove maggiormente fioriva un' arte ;
poiché la Corte mantovana, era sempre desiosa di avere i mi-
gliori lavori ovunque si trovassero.
Il periodo ricercato è dal secolo XV a tutto quello XVII, come
feci sempre per ogni libro mio ; certo che 1' ultimo secolo ha
bisogno di materiali per esser meglio giudicato.
Ben inteso non trascrissi per intero quei documenti che non
potevano esser di alcun utile cosi esposti, ma li riassunsi , di
altri riportai testualmente soltanto quegli squarci, che potevano
interessare , specie pella nomenclatura. Allorché si trattava di
autografi inediti di valenti artisti , non mancai di riportarli inte-
gralmente ; se taluno fosse avido di aver di più potrebbe con le
mie indicazioni rivolgersi alla fonte. Non mi perdetti in com-
menti, prima perché il materiale stesso per lo più non si prestava ;
e poi se ad ogni nome di artefice sconosciuto io avessi dovuto
far particolari ricerche nei libri, troppo tempo avrei sprecato , e
poi mi mancavano molti degli stessi. Del resto mi pare un
troppo pretendere dall'archivista: egli, come il minatore presenta
il materiale greggio, frutto dei suoi faticosi lavori. Chi abbisogna
del frutto de' suoi scavi pensi ad ornarli con opportuni studi.
Io , che rivendicai migliaia e migliaia di artisti dall' obblio ,
se avessi dovuto per ciascuno far specialissime ricerche non
avrei certamente potuto rendermi cosi utile. Infatti io credo che
264 1,E ARTI MINORI
alla mia rapidità si possa dar per epigrafe : Bis dat qui cito dat
(Seneca).
Di forma e stile letterari resta impossibile occuparsi in questi
lavori, che per l' innesto degli gli squarci di documenti diventano
irti; ma comunque sarebbe stata fatica sprecata, questi non es-
sendo libri di lettura amena, ma consultivi.
Forse un di, non più atto alle dure fatiche del minatore, cicó
dell' archivista, ripasserò i miei lavori, ma per ora seguo la via
finora percorsa, tanto più che per esser malagevole , difficile ,
noiosa non é la più battuta.
Prima di finire devo avvertire che non più in Roma, ove alla
Biblioteca Vittorio Emanuele poteva seguire il movimento lette-
rario mondiale, potrebbe essermi accaduto di aver prodotto qual-
che documento come inedito, mentre altri mi avrebbe preceduto
in pubblicarlo. In piccola città e, trattandosi di un Archivio pub-
blico, frequentato da nazionali e stranieri, ed ai quali l' archivista
può aver fornito copie, è più che naturale che a me sia restata
ignota la pubblicazione. E ciò credo avvertire , perchè vi sono
certuni che si offendono quando non vedono citate le loro pub-
blicazioni, come se uno, percorrendo la stessa via, non si fosse
accorto di loro.
Prego costoro di scusarmi, perché posso accertarli, che quan-
tunque io mi veda sovente saccheggiato nelle mie pubblicazioni ,
e talvolta indegnamente e non mai me ne sia lagnato , pure di-
sapprovo tale procedere ; e assicuro che non fu effetto di tras-
curanza o di rappresaglia , ma dell' ignoranza sull' esistenza di
precedenti pubblicazioni, se non citai i miei colleghi. Anzi farò
conoscere che quantunque io abbia raccolto non soltanto docu-
menti sulle arti minori, ma ancora suU' architettura , pittura ,
scultura e musica, diedi la precedenza alle minori per dar campo
a coloro che avessero raccolto documenti sulle arti maggiori, di
pubblicarli.
A me, oramai, poco importano le grandi scoperte archivistiche,
avendone già fatte non poche, mi preme invece di rendermi utile
con r esposizione di documenti intorno ad ogni arte.
ALLA CORTE t) MANTOVA. 265
Orefici, Argentieri, Gioiellieri
Intagliatori ni pietre preziose, Coniatori ed Orologiari.
Arte antichissima è quella dell' orefice ed abbraccia lavori tal-
volta ben diversi, come il niello, lo smalto, la cesellatura, l'in-
taglio di gemme. Non deve certamente 1' orefice esser riguardato
come un semplice fonditore meccanico, anzi egli concentra in sé
le maggiori arti. Infatti è pittore, disegnatore negli smalti, nielli
e nell'intarsiatura e geminature ; scultore nei bassi e alti rilievi
della cesellatura ; e sta come il miniatore alla pittura negli in-
tagli delle pietre dure ; architetto nei tabernacoli e nelle urne ad
uso di reliquiari.
Il Vasari lasciò scritto :
« Senonchè in quei tempi cosi usavano e non era tenuto
buon orefice chi non era buon disegnatore e che non lavorasse
di rilievo. »
Infatto verifichiamo esser chiamati a giudicar nel concorso pella
nuova facciata del Duomo di Firenze gli orefici Amerigo , Ber-
nardetto e l'orologiere Della Volpaja. Cecchino Salviati pittore
imparava i principi del disegno dall' orefice Diaccetto.
Dal ceto degli orefici uscirono grandi architetti , scultori , pit-
tori famosi, e per molti artefici fu il primo passo all' arte.
Roma, Milano, Venezia, Genova, Firenze ebbero fino dal risor-
gimento artistico grande fama per le oreficerie e pei gioielli.
Furono gli orefici dei primi fra gli artisti a costituire in ogni
città la propria università per tutelare la loro arte ; avendosene
degli esempi fino dal secolo XIII.
Ciò premesso veniamo ora alle nostre ricerche divise per re-
gioni e per secolo, divisione che ci farà maggiormente vedere
quelle ove fioriva l'oreficeria e conoscere pei secoli l'evoluzione
dei prezzi delle orerie e gioiellerie.
266 LE ARTI MINORI
SECOLO XV.
Orefici in Mantova.
Che Mantova meriti la precedenza in queste ricerche sugli
orefici si ammetterà facilmente allorché si conoscerà che fino
dalla seconda metà del secolo XIII erano essi già costituiti in
Università.
Da una pergamena, pubblicata dal signor Davari (Sulle perga-
mene dell' Ospedale Civico di Mantova) si apprende 1' arte esser
ben sviluppata. Infatti, a di 30 maggio 1317 , trentadue orafi si
radunavano in congregazione sotto il portico di un loro collega,
mastro Guidone da Crema , e , facendo constare che i presenti
erano più delle due parti degli aventi diritto ad intervenire alla
radunanza, nominano un loro confratello per trattare interessi
dell' università. E questa, come scorgesi, era ben importante pel
numero de' componenti in una città , non certamente molto po-
polata.
Il conte d' Arco (Della economia politica del Municipio di
Mantova) pubblicò gli statuti degli orefici mantovani che risal-
gono al secolo XIII.
L' articolo VII stabilisce una tassa al forestiere che avesse
voluto venir ad aprire bottega in Mantova. Sono fra tutti 24 ca-
pitoli poco interessanti peli' arte in generale.
Credo bene riportare dei radunati orefici nel 1317 quelli che
presentano cognome o soprannome o la patria ; poiché potranno
servire per riconoscere la discendenza nel secolo dopo , donde
prende le mosse questo studio.
Madaleonus quondam Marci, Guido de Crema, Bartolomeo de Blan-
dinis e suo fratello Caldino de Vitalibus, Enrico do Padua, Amadco
de Didatis , Oderico de la picola, Pietro de iVe^/re^^is, Bartolomeo de
Presona, Bonaventurino Colfa, Albertino de Marzo, Marzolo de Marzo,
Fachelino de Mulo, Cabrino de Medccis, Paganino de Bonavitis, Bo-
naventurino de Cotalimanls e fratello Irigino de Capellariis, Stefano
ALLA CORTE DI MANTOVA. 267
De Stefanis, i fratelli de Cafnibus siciis, Giacomino de MoUonis, Don-
dedeus de Guastalla, Giov. de Marenesiis da Bologna, Giacomino de
Amata.
Vediamo Y elemento mantovano prevalente di molto sul fora-
stiero. Venendo ora al secolo XV, non abbiamo più la fortuna di
aver un documento , che ci presenti per sé solo cosi numerosi
orefici , ma questi io ho dovuto raccogliere fra migliaia di de-
creti e mandati marchionali.
Dall' 11 giugno 1409 al 14 novembre 1416 si ha spesso no-
tizia di un mastro Guidone Nieolay de Cauallis orefice in via
della Nave a Mantova, da sembrare che fosse principale nell' arte
(i?. Deereti e mandati, 1407, 1411, f. 86 e Idem, 1416-35, f. 33).
Nel luglio 1436 riscontrasi Giov. da Milano orefice , nel
settembre 1436 Giov. da Cremona orefice , nel luglio 1437 Bar-
tolomeo Sperandio orefice , nel febbraio 1438 Geremia figlio di
Nicolino orefice, abitante in Mantova e nel giugno stesso anno
Francesco de Pedrezano orefice (Registri Deereti ad annum).
Neil' anno 1440 mi si presentano Gio. Antonio orefice figlio
di mastro Bertolino muratore abitante in via del Cigno ; Giacomo
de Ferrariis da Cremona, abitante in Mantova, il quale, a di 15 ot-
tobre 1450, otteneva dal Governo mantovano esenzione di dazio
per spedir vino a suo figlio, studente in Ferrara (Ibidem).
Dal 3 ottobre 1442 si ha Francesco de Gesatis da Milano.
Nel giugno 1446 fa sua comparsa Gasparino da Milano orefice.
Se r elemento forestiere prevale, devesi attribuire alla natura
dei documenti, da cui sono desunte le notizie.
Passiamo ad altre fonti che meglio faranno conoscere 1' arte-
fice ; mentre finora altro non abbiamo fatto che constatare l'esi-
stenza dei medesimi in Mantova.
Il primo del secolo XV è un Cavalli ; e parrebbe dalla se-
guente letterina del marchese Federigo Gonzaga che l' arte si
conservasse nella famiglia: Johanni Marco de Caballis aurifiei.
« Dilecte noster vogliamo che hauendo tn fornito quelli nostri va-
setti subito ce li porti a Mantua. Mantue 5 Junn H8t. >
268 LE ARTI MINORI
Ed egli rispondeva cosi :
111.'"° P. ci Ex. D. d."" mi singularìssimo. Rispondendo ad una hozi'
receuuta mi excuso di non hauere possuto finire quelli vasetti per lo
molte e longe inondatione del Po quale me hano costretto stare in
villa per farmi li ripari dale aque. Ma indubitamante serano finiti per
tuta la septimana, proxime che viene et fati subito li portare alla pre-
fata V. E. alla quale come fidelissimo seruitore di continuo me rico-
mando. Viteliane V)j Junij 1481.
Johannes Marchus de CaualUs seroitof.
Viteliana era 1' attuale Viadana.
Abbiamo veduto un Bartolomeo di Sperandio nel 1437 , forse
si tratta del padre del famoso orefice Sperandio, venuti da Roma
ad abitare in Mantova. Il cav. Malagola (Di Sperandio e delle
cartiere dei carrozzieri, ecc., 1468-1489) li trovò menzionati cosi
in un rogito 7 giugno 1477 Magisirum Speraindeum quondam
Magisiri Bartolomei de Savellis olim hàbitatorem Maniuce et
modo Faventice.
Il conte d' Arco (Delle arti e degli artefici di Mantova), pre-
stando fede al Litta (Famiglia GonzagaJ, diede erroneamente il
casato Melioli allo Sperandio, confondendolo con altri artisti, di
cui avremo presto occasione di veder documenti e notizie.
Abbiamo notato nel 1438 abitatore in Mantova Geremia figlio
di Nicolino orefice, il quale ci dimostrerà for.se altra confusione
con un artista, molto celebre, qual scultore e coniatore, che la-
vorò in Roma ai tempi di Paolo II specialmente nel 1468 ove
è detto Cristo/ero de Gieremiis de Manina (E. Muntz : Les
arts à la cour des Papes, ecc. Tom. II).
Vasari discorre di un valente fonditore nominato Geremia da
Cremona, qual discepolo del Brunelleschi , che lavorò assai in
Venezia ed in Firenze.
Filarete, mettendolo a lato di Donatello, lo designa per Cristo-
fano Geremia da Cremona.
Veniamo ora ai nostri documenti, i quali mi sembrano mettere
in luce due artefici differenti.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 269
Dell' anno 1464 trovai una lettera diretta da Mantova al Ramma
socio del Marchese sottoscritta da Yeremia horeuex.
Luigi De Preti da Borgoforte scrive (13 marzo 1464) alla
marchesa Barbara, notandole che quei due Agnus Dei fattigli ve-
dere che sono di Galeazzo dell' orologio si ponno avere al prezzo
da 16 a venti soldi 1' uno. L' avvisa di più che « Hieremia lavora
« circa la forcela e dice che spera farla cossi zolla e bella che
< piacerà a V. S."' e se ne contentara ; domani ni 1' altro di dice
« non poterla fornire. » Al 15 mandava la forcella d' oro finita.
Credo tali notizie spettare al Geremia figlio di Nicolino abitante
in Mantova, fin dal 1438 e a lui credo pure spettare un decreto
di grazia accordatogli dal Marchese di Mantova per il seguente
fallo, a di 8 luglio 1480.
Contra Magistrum hieremie de hieremiis aurifìcem incarceratum et
imputatum tradidisse alias qùasdam formulas ad cudendam monetara
Benedicto de la Volta qui deinde cum formulis hujusmodi fecit mo-
netam auream et argenteam adulterinam cum scientia diete hieremie
(R. Mandati e Decreti, 1478-80, f. 47>.
Il Geremia stesso fin dal 4 luglio si era rivolto ^direttamente
al marchese per la grazia con la seguente letterina :
III."" Princeps et Ex. d.ne d.ne my sing alarissimo : Dubito la S. V.
me lassa alla presone per dementeganza prego quella me habia per
aricomandato. Se fasse stato fuori de qui seria mezo fato li lauoreri
de V. S. dignase la V. E."^ auerme conpassione che possa gua-
dagniare alcuna cosa. Ex carceribus Comunis Mantum die quarto
julii 1480.
III. Dominationis V.
seruitor
fidelis
Geremia aurifex.
Mi pare dal documento esposto e dalle firme del Geremia che
egli avesse tale nome di battesimo, e di casato fosse Geremei o
Gieremiei, mentre altro vi era nominato Cristofano, come prove-
remo con altri documenti bea più importanti.
270 LE ARTI MINORI
Il Marchese di Mantova scriveva la seguente :
Xpoforo Hieremie,
Intendendo nui che al presente uè trouadi in Fiorenza col R.'"° Mon-
signor lo Patriarcha nostro com-patre hauessemo a caro che possendo
hauere bona licenza da la S. R."^ Signoria per uno o dui mesi
uolectine tranferirvi fin qui per certo lauorero uoressimo faro fare
che ce no fareti piacere assai come più a pieno ne dira Zohanne
di strigi nostro Thesorero qual uene li per certe nostre faconde.
Mantuce mj lunij 1462.
Che abbia trovato mezzo di venir a Mantova , ci proverà la
lettera del Cardinale di Aquileia al Marchese di Mantova :
III. et Excell. domine compater noster honorande salutem. Exibitore
de questo sarà Cristofalo nostro dilecto fameglio et nostro ciptadino :
el quale uiene ad mantua per expedire alcune sue faccende. In ogni
caso havesse bisogno del fauore de la uostra S. uc lo ricommandamo
quanto la iustitia et honestà potè. Bene rsaleat. De V. cui nos offeri-
mus. Ex florentia die 2 septembris 1462.
Cardinalis Aguilacnsis
poni, camerarius.
Da lettera dell' artefice stesso apprendiamo che venne a Man-
tova, donde era poi ripartito per Firenze. Era diretta alla Marchesa.
III.'"" et Excell."'" domina domina et benefatrix mea unica post
Comen etc.
Tornato a Firenze sperarla hauere la lettra de uostra 111."* Signoria
de la facenda do le perle per sapore quel che io havesse a fare et
trovai che chi 1' auea portata per non esser io in Firenze non hauia
uoluto lasarla e così la reporto adrieto de che io non intendo chia-
ramente la uoluntà de U. S. pensai esser meglio spoetar se la S. V.
me scrivesse de nono. Non uedendomi altro deliberai cerchar et in-
uestigare por ditte perle de le quali ne ho trovate assai et de più
sorte. Et siando per mandar ala U. 111. S. una mostra non me ac-
corsi se non quando el mio Re.°-° : Signore me comandò montassi a
cavallo et così in questa bora parto per andar in uno servicio di
S. R.""» S.'* starò forse XV giorni per tanto V. 111.'»^ S,"* se degni ha-
ALLA CORTE DI MANTOVA. 271
vermi per iscusato per non esser stata serixila da me come era sua
intentione et mio desiderio et qual non e ad altra cosa più intento
che seruire V. S. Se tornato che io sia la S. V. uorrà che io seguita
più ultra de ditte perle o che faccia altro sempre sarò apparecchiato
ali comandamenti dessa V. S, ala quale continue me aricomando.
En, florentia die Xuj Octohris 1462.
E. III. D. V.
fidelis seruitor Cristoforus
Zeremie de Mantua.
III."'^ et Ex.""' domine d.ne
Barbara Marchionisse
Mantue eie.
Ecco, pochi giorni dopo, altra lettera del Marchese all' orefice :
Xpoforo hyeremie
Dilecte noster. El se transferisse a quelle parti questo garzone chiamato
Zoanne Carlo gentilissimo nostro cittadino qual ha uno poco de desegno
et vene li per imparar del che el ne hauea facto pregar te lo volessero
ricomandare. Nui certo ne avressimo volentieri che lui e li altri nostri
mantuani se facessero virtuosi et da bene, il quale el potesse imparare
ot farsi valente che ce ne farai piacer assai. Mantuce, 19 ottobre 1462.
Queste lettere provano che Vasari aveva ragione nell' esporre
che il Geremia aveva lavorato a Firenze. Forse l' artista non
venne più a Mantova , ma si portò a Roma ; poiché in una let-
era il Cardinale di Aquileia fa conoscere che nei primi giorni
dell' anno 1463 sarebbe partito per Roma.
Da Governolo, nella provincia di Mantova, Campagnano orefice
e cittadino mantovano, rivolgevasi al marchese Lodovico II Gon-
zaga per chiedergli 1' autorizzazione per lavorare i suoi argenti
senza il bollo, usando soltanto quello del maestro lavoratore, of-
frendosi responsabile di ogni suo operato. E tal grazia domandava
per la difficoltà di portarsi in Mantova per il suddetto bollo, a
cagione della peste, per la quale aveva dovuto abbandonare la
famiglia e ritirarsi a Governolo. Non trovai la risposta, né quella
data a Vigarello Vismara, il quale, al 20 maggio 1461, si era ri-
volto allo stesso Marchese, lagnandosi che gli fosse stato tolto un
candeliere che doveva aggiustargli.
272 LE ARTI MINORI
Il Marchese, a di 1° settembre 1459 sollecitava Bartolomeo de
Thomasiis gioielliere per aver gioielli, che dovevano figurare nel-
r arrivo del Duca (Milano?) in Mantova.
Era il Tommasi mantovano , o della provincia , ove è ancora
vivo il casato. Sembrerebbero i due artefici argentieri.
Baldassare de Lenzoli gioielliere da Ostiglia (Mantova) nel 1464
scriveva alla Marchesa per avere 33 ducati in pagamento di sei
anelli con rubini fornitigli.
Di Tomaso de Caletis orefice, che da Mantova si era portato
ad abitare a Rivarolo mantovano, avremo maggior notizie.
Egli, a di 20 settembre 1470, era avvertito dal Marchese di
Mantova , che aveva disposto che gli fossero pagati ducati tre
a conto de' suoi lavori.
Nell'anno dopo da Rivarolo, ove aveva litigio coi fratelli, man-
dava al Marchese un paio di staffe, aspettando ordini sulla foggia
dell' altro paio da fargli, sperava finir la lite e ritornar a Man-
tova. Infatto al 17 settembre da questa scrivevagli che da Pasqua
non aveva avuto che tre fiorini, cosi supplicava per la sistema-
zione della sua provisione. Ancora nel gennaio 1473 domandava
tre o quattro marche d' argento per compir la eonfetione de V. E_
Da Rivarolo il 28 giugno 1478 scrivevagli di non avere finito i
suggelli di V. E. perché venuto in Rivarolo fu qui assediato dalla
pioggia, ma spera portarli fra quattro giorni.
Sempre da Rivarolo, il 6 febbraio 1479, facevagli sapere che
le stampe richieste sarebbero già state compiute se non avesse
dovuto rifare i ponzoni delle lettere, che erano « caduchi molti. »
E ancora dallo stesso luogo il 26 agosto 1482 faceva inter-
pellare dal Castellano di Mantova il Marchese :
Dimandate 1' epitafio che andarà suso la sepoltura chel fa e in che
modo vole la 111.'"* Signoria siano mosse dite Utero, a lui parerla star
bene a fare ci campo in argento e poi cauare li litere et dorarli.
Dopo più nulla ; ma 1' esposto basta a farci conoscere il genere
dei lavori del Caletti, mentre dei seguenti non avremo altro che
il nome e cognome.
ALLA CORTE DI ALVNTOVA. 273
Nel luglio- 1477 un Giaa Francesco Remesini orefice rivolge-
vasi da Mantova al Marchese per certo suo credito e per argenta
venduto alla Marchesa.
Il Marchese nel luglio 1494 era avvisato da Alberto da Bologna
che Mastro Giov. Francesco veniva a portargli un gioiello, il
quale gli sarebbe certamente piaciuto, oltre ad un ventaglio, forse
non abbastanza bello. Credo trattarsi sempre del Remesini.
Conto Crespellano e Alessandro, orefici in Mantova, nell' agosto
dello stesso anno si indirizzavano al Marchese per compera di
una casa.
Dello steso anno si ha notizia d' un M."' Giacomo che tira
V oro, cui il Marchese dai bagni di Corsen, scrivendo alla Mar-
chesa in Mantova lo nota esser meglio che detto Giacomo trovi
fuori de' suoi Stati ricovero, non intendendo bene come sia passato
r omicidio, di cui si è reso colpevole.
Un mastro Emanuel gioielliere, forse ebreo in Mantova, al
primo luglio 1479 riceveva la seguente marchionale:
Egregie amicc noster carissime : Hauemo receuutc per uno corricro
de la magnifica D. Alda de Gonzaga quelle duo perle et uno rubino
che ne scriueti mandarci , le quali teneremo sin a la tornata nostra
e poi parleremo insieme.
La marchesa Margherita, da Porto Mantovano, il 9 agosto 1479,
scriveva al marito :
Le colane che rechiede V. S. tutavia se tanno : e quando non se
fosse amalato imo garzone de Lodovico da Bologna seriano comò
fornite.
Le spera finite nella settimana.
Queste due collane d' oro con diamanti erano per regalare a
valorosi, distintisi sul campo di battaglia.
Forse questo stesso Lodovico orefice in Mantova, a di ultimo
luglio 1482, faceva conoscere al Marchese :
Intenderà quanto operato per fare fare quelli bicchieri de vetro a la
fornace a similitudine de quelo de aregcnti per modo che a nui pare
Arcfi. Stor Lomb. — Anno XV. 18
274 LE ARTI MINORI
che non se sia possibile, che U sapessero fare con sia che lo mostrato
el modo e dato quelo de arzente inanci.
Ma gli riuscirono male assai, per ciò consigliò il Duca (?) ri-
volgersi a Venezia, ove vi è un maestro che li fa meglio di quelli
in Murano.
Rivedremo questo Lodovico da Bologna, spedito a Ferrara ed
altrove per ordine marchionale.
Lancilotto de Andreasi in Mantova, il 12 febbraio 1483, faceva
conoscere al , Marchese che aveva trattato con Gio. Marco orefice
« de quelle ole vecchie e de li bocali secondo il disegno de Andrea
Mantegna. » Delle olle domanda s. 3 f. 10 de la marca e de li
vasi ducati uno e mezzo della marca. Non volle accettar minor
proposta, essendovi altri che lavorano bene al par di lui fra cui
un giovane nominato Gio. Francesco « quale he zentil maestro
lauora molto diligentemente ed è pronto a servire v, a » cosi li
propone. Sembrerebbe che si tratti d' imitazione in oro ed argento
di antichità. Al 17 fa conoscere aver stretto il contratto con
Gio. Francesco e che trattò con Tomaso pei fiaschi sul modello
di quelli vecchi.
Antonio de' Caprioli all' undici di settembre faceva sapere al
Marchese che 1' orefice aveva compiuto la doratura dei vasi.
Ora ci occuperemo di un Meliolo orefice. Secondo un albero
genealogico pubblicato dal Conte d' Orico la famiglia esisteva già
in Mantova sul finire del secolo XIV e vedremo che si mantenne
fino al principio del secolo XVI.
Io mi restringerò qui a pubblicare quanto mi parve che sia
restato inedito. Chi ne volesse di più consulti 1' opuscolo del signor
Davari, intitolato : Sperandio da Mantova e Bartolomeo Meliolo
mantovano, ecc., 1886.
Trovo che Maddalena Gonzaga sorella del Marchese, a di 17
settembre 1485 , pregava suo fratello affinché liberasse dalle car-
ceri del Castello di Mantova 1' orefice Meliolo.
Non fa conoscere la cagione; ma il carcere nel castello era
assegnato frequentemente agli artefici, che non compivano a
tempo i lavori ordinati.
ALLA CORTF, DI MANTOVA. 275
Era Bartolomeo Meliolo nato nel 1448 e mori nel 1514. Egli
fin dal 1475 aveva dovuto scolpire 1' effigie del marchese Lodo-
vico e dopo quella della su citata Maddalena, figlia del marchese
Federico, morta nel 1489.
Ed ecco un autografo dell' orefice senza data , ma sembrerebbe
del 1490, diretto liberamente al Marchese.
111."'° S. mio. Io non so che pensar sia il vostro : a li dì passati a
quella mandai dei colane doro non ho inteso cossa alcuna, sia con
Dio. Al presente el me acade a fare una certa opera con comissione
secreta et ze di bisogno auer 100 agugii che sia boni et che li abia
bono cullo saldo , et che non sia uoto ; perchè V opera non se poria
compir bene. Io li aspetarò et se quella non li manda ne ancora mi
non manderò la scimitara; di continuo mi arecomando V. E. Jidclissimus
sc/'cus Moliolius.
III.'"'' Ex. d. d. Meo singularissimo
Marchioni Mantue
Mediolani.
Nel dicembre 1490 il Marchese raccomandava a Stefano Sicco
« il Meliolo nostro aurifice perchè amando nui come facemo dicto
Meliolo » avrebbe avuto piacere che fosse favorito in una lite.
E poi scriveva al Meliolo stesso :
Meliolo aurifice. Dilecte noster: Te mandiamo queste due prede qui
incluse cum uno aneletto, voliamo che tu le lige le prede in dui ane-
lettì do oro de ducato al modo tuo et cum più galanteria che sapersi,
facendoli qualche cosa più largetti che non è-l' aneletto che te mandarao
per mostra, fomiti che seranno ce li remetterai et subito. Goruaga
vij augusti H92.
Altre consimili lettere riceveva 1' artista per lavori, fra cui un
boccale d" argento ; nel 1493 per un pettorale d' argento.
Il Marchese, al 2 agosto di detto anno, ordinava al Tesoriere
di dar denaro al Meliolo, perchè doveva fare « fornimenti dorali
! un nostro corsiero. Al 6 agosto 1495 stesso ordine, dovendo
il Meliolo finire le bocaline de lo altare », le quali si meraviglia
di saperle non ancor compiute.
276 LE ARTI MINORI
Ecco un ordino marchionale all' orefice stesso :
Mcliolo auHjiei.
Meliolo, volerne et cosi te imponemo che subito ne faci una nostra
donna de quella forma et quadro che ne hai facto el T et non sii
fallo mandandocelo come è facto. Gonzaghcc TX Noocnibris 1406.
Seguonsi per lutto il secolo lettere del Mcliolo e de' suoi si-
gnori per riguardo a lavori di orerie, di argenteria, di ornamenti
ad armature e di medaglie, smalti, gioielli.
Fu nominato anche soprastante alla zecca ed ebbe nel 1498
dispiaceri ; poiché fu accusato di malversazioni , ma il Marchese
abolì il processo intentatogli.
Per ora lasciamo il Melioli, che rivedremo nel seguente secolo.
Nulla trovai di Sperindio Meliolo da Mantova, coniatore di me-
daglie, che negli anni 1491 e 1492 era a servizio del Duca di
Ferrara e risulta aver casa in Mantova; il quale sarebbe stato
confuso con Sperindio Savelli, come notammo a suo luogo.
Antonio Scazano, orefice, il 11 aprile 1486, da Mantova no-
tificava al Marchese esser giunto da Venezia Pagano gioielliere,
con perle e rubini , diamanti.... per far quelle cornici de l' E. V. Lo
Scazano sarà stato corrispondente di detto Pagano, che rivedremo.
Lo Scazano, al 22 agosto, faceva conoscere al Marchese di
aver ricevuto soltanto ducati 1300, che servirono a pagare lo
note perle, portate da Ferrara. Ancora nel 1494 era in bona re-
lazione col Marchese, il quale al 23 dicembre gli scriveva una
lettera di lode. Al 3 maggio 1497 risulta aver ottenuto da lui
vari possessi in Viadana.
Abbiamo veduti già vari di Cremona orefici , in Mantova , cui
devesi aggiugnere un mastro Francesco che fin dal novembre 1488
risulta abitante in Mantova (Registro Decreti^ 1486-90, fol. 73).
A di 6 agosto 1490 Giov. Francesco orefice, scriveva al Mar-
chese, notandogli che pei lavori in dono al Turco aveva dovuto
far lavorare molti altri orefici di Mantova, trattandosi di armi e
fornimenti da indorarsi. Credo che questo Giov. Francesco, sia il
De Ruberti, detto della Grana.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 277
Ecco intanto sue notizie intorno a servizi pella corte di Mantova.
Egli da Mantova, il 2 maggio 1491, scriveva al Marchese
domandandogli 100 ducati per formare il golzarino. Supplicava
inoltre per ottenere la vicaria di Castellucchio a favore di suo
padre.
Da Marmirolo il Marchese, a di 8 agosto, ordinavagli di far
un modello in piombo « de uno ferro da portar al collo del peso
in oro di 50 ducati » e quindi di portarglielo a vedere (Idem, 139).
Al 7 settembre, il Ruberti presentava al Marchese « due lorgne
quale se non sono eum il smalto procede per bono rispetto perchè
la qualità del oro non li rechede e sariano venute nulle. »
Nel marzo 1492 scrive al Marchese che comincierà a battere
nella zecca e con un metodo più utile e meno spendioso.
Nel 1494 presentagli 20 cannoncini smaltati ordinatigli e un
papagallo d' oro alla Marchesa.
Sul finir del secolo faceva conoscere al Marchese che aveva
portato da Brescia pezzi di diaspro ed un pezzo di colonna antica
e discorre di lavori per la giubba del Marchese e di certo affare,
che ha coi mastri Gio. Spagnolo e Paolo. Lo rivedremo nel se-
guente secolo.
Un mastro Chivizzano nel novembre 1492 avvertiva ripetuta-
mente il Marchese di aver finito il voto commessogli. Lo rive-
dremo nel 1519 occupato della zecca di Mantova.
Alfonso d' Este, primogenito del Duca di Ferrara, scriveva, a
di 29 dicembre 1498, alla Marchesa di Mantova:
Quando il fo qui ali giorni passati mastro Benedecto aurifice citadino
mantovano de la S. V. hauendo visto dell opera sua lo pregai me
uolesse lauorare qualche cosa per me.
Infatti gli mandò due staffe da Zannetto quale gli sono state
graditissime, perciò prega la Marchesa di scusarlo se parti da
Mantova senza opportuna licenza.
Intanto con lui chiudiamo per Mantova l' elemento locale del-
l' oreficeria, argenteria e gioielleria. Abbiamo veduto quanto ricco,
e fra essi vari valentissimi come i Geremia, Melioli, ecc.
278 LE ARTI MINORI
La Corte Mantovana per avere i più bei lavori del tempo, oltre
servirsi degli orefici, che aveva nella città e provincia, si rivol-
geva ovunque sapesse esistere qualche buon artefice.
Orefici in Venezia.
E naturalmente per gioielli la miglior sorgente era Venezia,
cui dall' Oriente ne provenivano in quantità, ed anche Genova
era quasi nelle stesse condizioni. Infatto, seguendo le relazioni
estere della Corte di Mantova cronologicamente, si ó appunto
Venezia e Genova, che prime si presentano, come risulta dal
carteggio marchionale.
Fin dal 1457 il Marchese rivolgevasi a Giacomo del defunto
Nicolao Nanij in Venezia per compera di gioie.
Giovanni De Strigi da Venezia, il 15 maggio 14G4, spediva
alla Corte Mantovana rubini in anelli in forma di verghette, e
due bilanciette da oro e da moneta, oltre dodici altri rubini
« facti legar in Venezia da M. Panizolla » e poi ancora altri tre
ed una bilancia de Ugno.
Aveva il Marchese vari orefici quali suoi corrispondenti, prin-
cipale Antonio Albrici gioielliere veneto, col quale al 8 giugno 1478
condolevasi per la morte del fratello partecipatale.
Al 1° maggio 1480 nuovamente cosi : « Nui hauressimo bi-
sogno de dese diamanti et altrettanti rubini per eseguire un certo
nostro dessegno. » Gli manda un messo per riceverli.
Al 29 stesso gli raccomandava Donato gioielliere che veniva
a Venetia per comprar gioie per la Duchessa di Milano pregan-
dolo di fargli vedere tutte le gioie che ha.
Altro gioielliere in Venezia, particolar corrispondente della
Corte di Mantova, era un mastro Pagano, che, a di 26 gen-
naio 1488, fu invitato di venir presto a Mantova per conferir
col Marchese. E ricorderemo che già nel 1486 era venuto a
Mantova a portar perle, rubini e diamanti. Sovente il Marchese
nel 1490 rivolgevasi al suo ambasciadore Brognolo in Venezia
per acquisto di gioie, e a di 27 maggio l'incaricava di compe-
ALLA CORTE DI MANTOVA. 279
rare dal gioielliere Pagano una turchina intagliata, e se non la
trovava lavorata, la spedisca tuttavia « perché le qua uno Raphael
che sta cuna Monsignor Protonotario quale é buon scultore. »
Il Marchese ordinava ad Antonio Salimbene di vedere se Pagano
avesse un smeraldo bello del valore massimo di 150 ducati, vo-
lendolo regalare alla sorella Mad.^ Chiara ; non avendolo lo
provvedesse. La marchesa Isabella, a di 19 luglio 1495, incaricava
il Pagano di cercarle una turchina bella del valore di 20 o 25
ducati.
Dal 1491 principia il carteggio speciale della marchesa Isabella
d'Este, sposa del Marchese di Mantova , il quale presenta frequen-
tissime lettere dirette all' ambasciadore Brognolo per gioielli.
Ella a di 12 giugno 1491 si dichiarava debitrice del magnifico
Messer Taddeo, del quondam Ckintarini gentiluomo veneziano di
ducati 1200 d' oro « per un zogiello cum uno smeraldo in tavola, uno
rubino in tavola et una perla di sotto al dìcto zogliello, guarnito de
altri diamanti el quale zogliello Sua Signoria ha comperato da esso
M.' Tadeo per mano de Johan Andrea de Fiore > gioielliere veneziano
consenziente il suo signor consorte.
Nel luglio dall' Ambasciadore mantovano in Venezia si prov-
vedeva di una turchina, pagandola ducati 20 ; e nelT ottobre gli
ordinava una filza « de coralli de tute bellezze che siano
cìrcha 150. »
Gian Andrea Fiore servi a lungo in Mantova la Corte.
Era cittadino veneziano. Il Marchese, a di 13 gennaio 1494, di-
chiara vasi suo debitore per varie gioie nella somma di ducati 1900;
a di 30 maggio 1497 prometteva di pagarlo a Natale di ducati 350
per aver avuto una puncta de diamante et de due spinelle ; 5 no-
vembre poi per altri 420 per nuovi gioielli avuti. Anche la Mar-
chesa fin dal 17 gennaio 1495 si dichiarava debitrice del Fiore
di ducati 350 per una crocetta e 4 pezzi di diamante, e di 3 perle
pendenti.
E al 25 dicembre 1496 incaricava l' Ambasciadore di cercare
presso il Fiore ed il Pagano una crocetta de diamanti con
qualche perla pendente del valore di ducati 130 a 150 per
■280 LE ARTI MINORI
donare a una sua donzella. E nel gennaio dell' anno appresso
si dichiarava debitrice al Fiore di ducati 620.
Tolomeo, Segretario del Marchese di Mantova, trovandosi in
Venezia, cosi scriveva alla Marchesa, il 3 ottobre 1498:
Fossimo a Santo Antonio oue ucdcssimo uno sepulchro simile a
quello da la rosa di Ferrara non meno bello di quello ; siamo stati
a casa di Jeanne Andrea di Fiore a vedere certi antiquità, et iui
ultra li tronchi marmorei de corpi antiqui ucdessimo perle più belle
così certe tavolette ove erano inserte medaglie di oro a 36 medaglie
per tavoletta, molto belle, ci pretio loro era mezo ducato per me-
daglia ultra la valuta di oro ; ne monstre anche certe tavolette cum
alcuni camci che cadauna tauoletta potoria hauerne circa octo, tra le
quali una gli ne era che haueua dui optimi intagli, uno di hercule
che soffoca uno triccrbcro, un altro di uno nudo che cum una ala
si fa uento ad una gamba ligata per male : il triccrbcro è bellissimo,
et il signor Zoanne è in pratica di comprarlo, ma credo li bisognara
compravo tuta la tauoletta, uolendolo che non li costarà manche de
cento ducati ben forsi cum qualche commodità di tempo : un' altra
itauoletta hauea tra li altri intagli uno mostro marino che era mezo
becche et mezo pesce, cani uno nudo in su la schina assettato et era
in uno mare cum delphini , molto sutilmcnte lavorato e bello ; gli
era un altro intaglio piccolo e bello d' uno che mungeva una capra ;
gli era anche uno in tutto simile a quello che fece comperare Zoan Cri-
stoforo ala Ecc.** V. che hauea quello nudino che porgeva un pomo
a una maschera, alfine mi monstre uno ballassa/.o legato, cum una
perlissinia et uno smeraldo assai bone di sopra che ne disse ualere
quatro milia ducati, ma la magior parte del baiasse era giaccio; e
quello gioiello era più presto una cosa da altare che da altro ; queste
cose furono tutte di quello Dominico de Petro che bora è morto, et
per testamento ha lassato il modo et il precio che cadauna cosi si
debba uendere.
Il Fiore stesso fino dal 29 marzo aveva avvertita la Marchesa
di questa raccolta di Domenico do Petro, sulla cui eredità spe-
rava aggiustare delle differenze insorte.
Egli, a di 20 novembre 1499, spediva alla Marchesa certi
anelli e gioielli nel caso le fossero piaciuti.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 281
Lo rivedremo noli' altro secolo.
La Marchesa fin dal principio del 1492, a mezzo dell' Amba-
sciadore in Venezia, aveva fatto ricerca dell' intagliatore di
gemme Francesco Anichino, per averne lavori.
Ecco alcuni squarci delle lettere dell'Ambasciadore che faranno
conoscere meglio questo artefice. Egli, a di 7 febbraio 1492, scri-
veva alla Marchesa :
« Ho pur finalmente hauuto li dui intagli de la E. V. da Fran-
cisco de Nichino ; il quale in quest' hora me li ha portati ; et
assai si è excusato cum mi de la tardità sua, la quale dice
esser causata da un pocho de indespositione che 1' ha hauuto
questi di, et certo lo dimostra nel uolto. » Segue a scrivere che
la tardanza è compensata dalla bella riuscita dei lavori pei quali
gii pagò ducati tre « per la manifactura et pel Diaspis el quale
<opratuto mi pare molto bello. »
Infatti la Marchesa ne fu contenta e fece interpellare l' artista
se avrebbe anche intagliata una turchina.
Dalla risposta dell' ambasciadore si apprende :
Nichino mi lia resposto chel sapeva molto ben seruir quella in
intagliar una turchina de ogni sorte de intaglio o cauo o de releuo
in forma de chaimaino come meglio li piacerà.
Cosi domanda la turchina ed il disegno, e questo fu spedilo.
L'Ambascia dorè in altra lettera seguiva :
Io non li mancarò de solicitarlo perche 1' E, V. sia presto seruita
uero è che questui è homo molto fantastico et de suo ceruello et è
necessario tenerlo cum la man destra, ad che non mancarò perchè
r E. V. sia presto e ben seruita.
L'Ambasciadore aveva avuto l' incarico di acquistar la turchina
in Venezia, la quale pagò ducati 25. Al 26 marzo segue a far
conoscere alla Marchesa :'
« Hozi sono stato im bon pezzo con Francesco de Nichino et bolli
fatto intendere quanto 1' E. V. mi ha dito, cioè de uolere stare al iuditìo
de uno bello intaglio de releuo ne la turchina che mostrai a quello.
Esso mi ha resposto che la turchina per essere cosa gentile, et di
282 LE ARTI MINORI
colore conueniente a un giouene non recercha altro che una testa de
uno bambino et dice che comparirà mirabilmente et farallo per excel-
lentia ; dicendo che la turchina non poteua esser di sorte più conue-
niente. » Promise di finir il lavoro in venti giorni intanto presentava
il disegno. La Marchesa fu contenta che l' intaglio in rilievo sulla
turchina figurasse la testa di un bambino.
Al tre maggio il lavoro era spedito a Mantova, e l'artista
pretendeva sette ducati. N' ebbe cinque , o V ordinazione di inta-
gliare dei rubini ed altre pietre.
Due furono compite in luglio, restava a finire un camaino.
Pare che dopo il 1493 l' Anichino per altri lavori sospen-
desse lo sue relazioni con la Corte di Mantova. L'Ambasciadoro
Brognolo, a di 2 febbraio 1495, scrivo che farà di tutto per
indurlo a lavorare una turchina, e al 3 marzo, fa conoscere
che l'Anichino promise di lasciar da parte ogni cosa per occu-
parsi della turchina della Marchesa.
Ella, a di 8 febbraio 1496, domandava notizia sull'intaglio di
una Victoria in figura integra da scolpirsi dall'Anichino sovra
una turchina.
Comperata la stessa l'Ambasciadore riceveva un disegno de
Orpheo da scplpire in rilievo sopra una turchina per opera sempro
«loir Anichino.
Ed ecco ora un autografo di questo:
IC XC.
m ma et Excellent.'»* domina debita comendationc salutcni , forssc
se marauiglierà V. 111. S. che Io sia stato lento a fornire questa tur-
chcxe. Certo la Mag/''-^ de Messer Zorzo oratore de la V.»» IH "^a Sig.' '
et io abiamo ccrchato e fato cerchare da tuti li giolcri do Venocia
più de duj mexi inanti che abiamo posuto atrouare una turchexa bona
da talgiare, ultimamente non sa potuto atrouare de molgiorc di questa
che sia de rocha uechia dura. Bene se na trouaua de Rocha noua
ma non de quella durezza che son de Rocha uechia, la quale non se
si porrà intagliare chossa che fosso utile per esser tenore et fragile.
Questa intalgiata si è di rocha uechia più astimate delle altre por
ossero comò ho dito più dure, auixando V. IH. S. che son difìcilc da
AI-LA CORTE DI MANTOVA. 283
iiitaiare e specialmente a fargli talgio che sia solile come questo e so
fosse stata do hai tra persona non tolca la faticha. Io lo redata in
forma de uno chore di sasso acciò che habia più hasintimento non
haltro se non che prego mia singulare de. et per grazia de V. IH. S,
quale fe.™o m' habia in perpetuo senio et comandarmi , a la quale
umilmente mi rachomando. Dat. Venciiis die 11 Aprile 1496
cius de III. dominationis
VS^ scruulus Francìscus
Anichinus Q\
III.»''' et Ecc.""" domina
Isabella' de Gonsagce Marchionisso
Mantucc eie. d.ne succ sing.'"'^'^
Manfuce.
La Marchesa al 17 aprile 1496 gli faceva avere dieci ducati,
ordinandogli di intagliarne altra, che rappresentasse qualche an-
tichità a sua scelta « essendo el miglior maestro d'Italia. »
Nel giugno 1497 Ella seguiva a scrivere al Brognolo :
Ve mandemo qui incluso una tavoletta facta per nostra impresa ,
liaucmo charo che uni medemo ordinati a Francesco de Nichino che
ne faccia una simile....
Dopo mi mancano documenti sull'Anichino, di cui sarà bene
lire due parole :
Il Baruffaldi nel 1834 ne diede un cenno biografico, qualifi-
candolo per Francesco, detto Luigi Anichini, scultore dì gemme,
ferrarese. Un contemporaneo dello scultore lo loda non soltanto
per valentia, ma per virtudi morali. Vari altri contemporanei lo
oacomiano qual intagliatore. Il Baruffardi finisce di narrare che
iiori decrepito nel 1545 in patria.
Vasari e il famigerato Aretino ne parlano, dandogli il nome
li Luigi ; cosi da taluni fu creduto che si tratti di due artisti
iitlerenti , il che nega il Cicognara.
Il De Boni (Biografia Artistica) dice che si recò in Venezia
i lavorare verso il principio del secolo XVI ; ma i documenti
prodotti provano che fin dal 1491 era in detta città. Aggiugne
che coniò medaglie , fra cui una figurante Enrico II e alt,ra
Paolo III, le quali piacquero moltissimo a Michelangiolo.
284 LE ARTI MINORI
L' Aretino, amico dell' Anichino, esaltò un di lui intaglio figu-
rante Ganimede.
Il signor A. Armand, nella sua pregievole opera: Les mé-
daìlleurs ìtaliens, ecc. , accettò dal Milanesi 1' interpretazione di
queste sigle: L. N. F. per Ludovìcus Nichinus feelt, notando che
Luigi o Alvise Anichini , celebro incisore in pietre dure , ferra-
rese, fioriva in Venezia nel 1550.
Di quanto abbiamo esposto, mi pare che non possa ammettersi ,
perchè nelle sue lettere l'incisore si firma Francesco Anichino,
e poi nel 1550 aveva già fiorito.
Seguiamo ora le relazioni artistiche della Corte di Mantova
con Venezia.
Il Marchese di Mantova si confessava, a di 11 gennaio 1497,
debitore « a de Rigo Exler de Auspurgh tedesco zoiellero in Venetia,
« di ducati 200 d'oro per due gioielli grandi da capello, uno cuni
« fogia del ucello pulicano, l' altro de una anisella eum uno uni-
« corno cum più diamanti smeraldo, rubini , zaffiri , perle et una
«granata grande, ogni cosa lauorata ala todescha », edobbliga-
vasi pagarlo al Natale p. v. del 1498.
Ma questo gioielliere , a di 14 ottobre 1498 , non era ancora
pagato ; cosi scriveva al Marchese esser da tre mesi ammalato
ed abbisognare dei 200 ducati per finire un lavoro,
E con lui finisco le relazioni venete pel secolo XV , che ab-
biamo vedute molto attive ed ancora di più ci si presenteranno
nel seguente secolo.
Orefici in Genova.
La lontananza di Genova rendeva meno facili le comunicazioni
alla Corte di Mantova , tuttavia trovo che il Marchese , fin dal
dicembre 1457 , avvertiva Xichrio zoielerio de Janna, di non
aver più bisogno di quel rubino, di cui gli aveva dato ordine
verbalmente in Cremona di cercargli, invece attende il diamante,
del quale gli scrisse.
A di 3 agosto 14G0 il Marchese accusava a Cristoforo Campa-
norio e compagni, gioiellieri in Genova, la ricevuta di 100 perle.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 285
E forse quanto segue può riguardare un gioielliere in Genova.
Maddalena Torcila, contessa da Guastalla, il 16 luglio 1486,
scriveva al Marchese di Mantova :
È venuto da mi Daniel da la Mandola Zoielero con lettere di V. S.,
il quale me ha richiesto due ducati per doi anelli , quale dice hauero
dati ala bona memoria de mio figliuolo essendo a Genova 1' E. V.
Aggiunge che quantunque non le risultasse tale debito , per
rispetto del Marchese pagò 1' orefice.
Orefici in Milano.
Più facili le comunicazioni con Milano; ma esse si resero più at-
tive nel secolo XVI ; intanto ecco qui quello del secolo antecedente :
Illustrissimo et Excellentissimo signor mio subito che fui a Milano
oonzay et ordinay molto bene le zoye de V. S. El sarebbe venuto
dalla È. V. ma non ho possuto uenire per certe zoye quale sonno
ordinato pei' uxu de lo 111.™-^ ducha de Milano , Zouane o 1' altro al
più tarde sera fornito ogni cosa si che me parso acusarne V. S. aciò
quella non prendesse admiratione delli facti mey. III.™^' signor mio
per tucta la seguente stemana senza dubio alcuno sero da V. S. IH.
Del Balasso de V. E. ne ho trouato_ ducato 800 doro ma non ho
uoluto dare senza licentia di V. S. la quale ad plcnani zonto che
'^orò da quella la informerò d'ogni cosa alli pedi della quale de con-
tinuo me raccomando. Dafo Mcdiolani die xij Ociobris 1470.
E m. D. V. fidelis ser attor magister Donai ns
de La porta
filmo Prencipi et S."'" D."o
Doni Ludouieo de Gonsagha
Marchtoni Mantucc ctc.
E poi da Pavia, firmandosi M/ Donatus de la Porta zoilerius,
il 6 dicembre 1470, scriveva all'Ambasciadore mantovano in Mi-
lano, sollecitandolo di fargli aver risposta dalla Corte di Mantova
circa il Balaxo.
Risulta da lettera dell' Ambasciadore mantovano in Milano che
Mto Donato aveva raconci due baiassi del Marchese di Mantova
286 LE ARTI MINORI
e che aveva avuto incarico, presentandosi occasione di vendere
il più piccolo al prezzo di ducati 1200 e non meno di 1000.
Il compratore apparisce esser stato il Duca di Milano stesso.
Questo gioielliere Donato della Porta forse sarà di quella fa-
miglia, scesa da Porlezza , che diede poi non pochi artisti, ma
non lo trovo segnato.
Presenterò ora una lettera assai curiosa del Duca di Milano
al Marchese di Mantova per verifica di una croce, se sia stata
veramente del Duca di Savoia:
Illustris ae potens tanquam pater nostcr carissime,
Se Messer Jottino do Nores farà portare la una croce quale fu del
111. 'Ilo Sig. Loyse Duca di Savoja prox. passato et se Martino Bellanda
et Mag.'u Jaches Cliiapella portatori mandati da la ili.'"» Madamma
di Sauoya per questa casone ccrtificaranno la S. V. che la sia quella
propria croce et insegna eh' era dal pi^edicto signor Duca (1) pregamo
la V. S. gli piaccia di fare promessa al dicto M. Jotino o ad chi piacerà
ad lui de ducati cinquemilia quattrocento .dodeci doro uenetiani. Il so
facesse difficoltà de la promessa - de V. S. et uolesse promessa de
mercadante : pregamo specialiter la S. V. gli la facci fare per modo
resti satisfacto della promessa. La qual promessa facta, la S. V. teglia
la croce in su et la conserui ad nostra instantia et petitione et gli
piaccia auisare subilo quando liarà facto la promessa et haute la croce ;
perchè manderemo poi li danari contanti , pregamo la S, V. che pos-
scndo li sborsi: et ne auise perche immediate ne li mandarimo.
Bai. Mediolani die XXViiij Octohris 147 J.
J. Galcas Ma. Sf.
Galea:: Maria Sforiia uieeeomcs Dux Mediolani
et p apice Anglerièque eoincs ae Gennai et Cronxonm
Doniinus J. Ciehius.
Jll."^'> ac polenti Dominio D.
Ludouico Marchiani Mantum
loeumtenenti nostri G.''"
et tanquam patri carissimo.
(1) Luigi di Savoja, figlio di Amedeo Vili, era morto il 29 gennaio 1465,
aveva avuto per moglie Anna, figlia del Re di Cipro , di Gerusalemme e di
Armenia , da cui ebbe numerosa prole. Ella rovinò le finanze dello Stat
abusando della debolezza del marito.
;TC DI MANTOVA.
Se uou veramente da Milano, da qualche città lombarda pare
che venissero in Mantova i seguenti , accennati in una lettera
diretta al Marchese mantovane:
Ill.'"o Signor mio beri sera gionsi qui e trovai che lera uenuto Ciiri-
stoforo de Zacharia cura quello Zo bernardo da Crema qual ha por-
tata quella celiata zoiollalii a la E. V. per fargliela ucdere ; e credendo
io che la S. V. douesse ucnire hozi secondo che li me disse l'ho facto
i(?stare qua pur uedendo che la non uene ho uoluto scriuere questa
mia a la Ex. V. e mandargli inclusa la lettera de Zacharia pregan-
<!ola me faccia intendere quanto la uole che faccia di questa celiata;
la quale me pare assai bella cosa come la poterà intendere da Augu-
-tino da le Centurc qual l'ha uista.... Esso Christoforo ha etiam por-
tato quel baiasse del qual se ne farà tanto quanto la Ex. V. comandara
a cui gratia de continuo me raccomando.
Mantiice Xj maij 1486.
Seruus Franciscus
de Aragonia.
Ili/no ei Ex. dJ'o d.'^<^ meo D.
Francisco Marchioni Mantuce.
Orefici IN Ferrara.
Anche con Ferrara le relazioni si fecero frequenti , special-
mente dopo che Isabella d' Este venne sposa al Marchese di
Mantova.
Questi , a di 3 luglio 1480 , mandava a Ferrara il suo ore-
fice Lodovico di Bologna, che già conosciamo, indirizzandolo ad
Alberto de Contrariis dui et aurefiei Ferrar ice , affinchè gli fa-
cesse « vedere alcune monstre di collane e catene d' oro che in-
« tendiamo se fa fare di presente quello Ill.mo Sig. lo Duca perché
« uè pregiamo gè le uogliati monstrare e dargene el disegno de
« piombo ació che anche nui possiamo uederle, che del tuto pia-
<< cere assai e cosa gratissima. »
Lodovico ancora in settembre era a Ferrara per prendere
nuovi disegni dal Contrario e da altri.
288 LE ARTI MINORI
La marchesa Isabella suddetta, a di 28 giugno 1493, spediva
a certo Bareno in Ferrara un diamante da legarsi in anello da
M.ro Michele e poi doveva presentarlo a sua madre. A questo
Michele nel 1494 ordinava una stringa d' oro smaltata , soddi-
sfatta di altra già fattale. Per mezzo di Francesco da Bagna-
cavallo , a di 29 gennaio 1495, gli dava commissione di fare
« un paro de ferretti d' oro smaltati. »
A di 15 maggio 1496, scriveva a M.re Francesco de Castello
che aveva ricevuto « il gioiello di tre rubini et diamanti , la ro-
« setta di diamante e lo diamante in punta, la legatura do quali
« ne piace e laudamo M.ro Michele de l' opera sua.
Mandava poco dopo direttamente a Mjo Michele un braccia-
letto d' oro, affinché lo smaltasse.
Lo pagava a di 15 febbraio 1497, ordinandogli altri smalti.
Non si fa mai conoscere il cognome di questo orefice che do-
veva aver una valentia speciale per gli smalti. Vedremo nel se-
colo seguente eh' egli era spagnuolo.
La Marchesa, a di 12 gennaio 1494, aveva scritto a suo ma-
rito che Giov. Andrea , gioielliere , essendo partito da Ferrara
suo padre, il Duca, lo fece ritornare e contrattò coli' agente man-
tovano il balasso e la perla. Detto gioielliere venne poi a Man-
tova ; e il balazzo fu stimato ducati 1600 e la perla 400.
Forse questo Gian Andrea può essere il Fiore, cittadino vene-
ziano, che già conosciamo, cui abbiamo veduto il Marchese di
Mantova debitore di ducati 1990.
Il Marchese, a di 8 febbraio 1495, rimproverava per lettera
Ercole, orefice ferrarese in Ferrara, per falsa accusa che aveva
dato agli ebrei di Mantova ed in punizione revocavagli il salva-
condotto concessogli e cosi anche a' suoi colleghi G. B. Ippolito
e Leone, riservandosi maggior punizione.
Non so se l' orefice Ercole possa essere Ercole Panizzati , ore-
fice in Ferrara nel 1506, secondo le ricerche di N. Cittadella^
{Notizie relcUioe a Ferrara, ecc.).
Alfonso d'Este, primogenito del Duca di Ferrara, il 22 fel
braio 1498 , spediva alla Marchesa di Mantova « para due
« sonagli quali li ho facto fare a Sigismondo Trotto. »
ALI. A CORTK DI MANTOVA. 289
Orologieri.
Prima di finire il secolo XV, credo indispensabile di radunare
qui quanto trovai riguardante gli orologiari , arte molto affine
all' oreficeria ed oggidì sovente unita.
Fin dal 1402 si ha notizia di Giovanni ab horologio , del de-
funto Petrozano in Mantova, il quale sembrerebbe al signor Da-
VARI (Notule storiche intorno al pubblico orologio in Manioca)^
che nel 1396 avesse costrutto il primo orologio pubblico ad usa
della città. ]']ra della famiglia Manfredi , come risulta da docu-
menti del 1433. Egli sarebbe stato padre del famoso Bartolomeo
Manfredi, che col fratello Nicolò, appresero l'arte dell'orologiere
dal proprio padre, la quale continuossi nella famiglia, poiché da
Bartolomeo provenne Gian Giacomo e da Nicolò, Galeazzo, orologiai.
Di Bartolomeo Manfredi , che fu matematico e astrologo di-
stintissimo , V Archivio Gonzaga ha molte lettere ; ma poiché il
signor Davari ha già esplorato bene questo campo, mi restringo
soltanto a notare che nel 1464 fece quelli per Goito e per Volta.
Galeazzo costrusse quello per Marcaria. Buona parte dei comuni
mantovani, nel secolo XV, provvidero le loro torri di orologi,,
ricorrendo alla famiglia Manfredi.
Quello di Mantova, fatto da Bartolomeo nel 1473 , fu, a' suor
lempi , cosa meravigliosa. Per esso il marchese Lodovico fece
r attuale torre, detta dell'orologio, che mostra ancora le vestigia
dell' orologio manfrediano.
E anche per questa arte, vediamo Mantova ben munita e pre-
«M3dere molte altre città.
In quanto ad orologi portatili, presento per questo secolo le se-
guenti notizie inedite e non prive d' interesse e di curiosità :
Margherita marchesa di Mantova , da Milano scriveva a sue*
marito, il 21 dicembre 1478:
La Ill.ma ]vi.* nostra madre me ha mandato uno horologio molto bello
e lo haueria mandato ma dubito non fusse guasto nel portare sì che
'o ha ritenuto.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 19
290 LE ARTI MINORI
Il Marchese , mentre trovavasi in Toscana (ex casiris apud
S. Cassanum) , il 23 settembre 1479 scriveva al Cardinale di
Mantova in Roma , notando trovarsi senza orologio , essendosi
guasto r uno che avea , né mandato a Firenze , seppero reeon-
ziarlo, né trovarne in vendita , lo prega di cercarne qualcuno
« che mostrasse le hore se bene non le sonasse », e comperato,
spedirglielo.
Comino de Ponteuigho, da Mantova scrive al Marchese, il 21
agosto 1482 :
che r horologlo e fato cum la coreza de aciale temperata.... ma e
serata in uno canone di auricalcho suso lo quale va intortiata la corda
de neruo ita che la non se pò uedere ; et questo fanno tuti li maestri
per più secreto et bellezza do lo instrumento : et quando ditta coreza
non gli fussi ; non e dubio lo instrumento non haueria mouimento
alcuno ctiam che gli fussi la corda di neruo, ma se gè pone ditta
corda a effetto che essa corda atacata a lo canone de la coreza habia
a tirare la vida ala quale etiandio le atacata a cloche per il movi-
mento de ditta vida messa per la uirtude de la coreza se habiano a
mouere tute le rote de lo horologio e così stanno li mei quali mon-
strai a V. E. et così fanno tutti li maestri che fanno horilogi senza
contrapesi come se ne po' uedere alcuni qui a Mantua. Dil resto
quando l' horologio non sia coreto farò venire Piero Guido a cori-
gerlo e poi se no riuscisse restituirà il danaro.
Come vedesi, abbiamo qui un orologio senza contrappeso.
SECOLO XVI.
Orefici in Mantova.
Ripigliando il filo degli orefici in Mantova, principieremo con
il già ben noto Meliolo , che al 13 gennaio 1500 scriveva ad
Enea Furiano in Goito, meravigliandosi che i suoi lavori fossei
tenuti troppo cari ed osservava:
che io ve sonno quello meliol che mai fu et de fede non accdai
a homo che sia al mondo.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 291
Attribuisce il tutto a raalvoglienza di emuli , che già gli ar-
recarono danno pello passato nei lavori pel signor Marchese :
10 me delibero de non seguitar più ultra a compir li Uteri in forma
de giodaria per la coracina, fino a tanto che io intenda se avite a
caro il mio seruire.
E poi il 5 febbraio rivolgevasi direttamente al Marchese :
Mastro NicoUò annarolo de V. S. mi ha comisso che io debia fornir
dui brazaleti com arezento et ponor suso certa inuentiua de una me-
daia che fu de la maestà del Re Alfonso Uegio, del che me ha parse
de non poner inuentiua de altro sopra ali operi de V. E. se non ho
uera comissione de quella.
Giovanni Gonzaga, da Augusta, il 23 maggio 1501, raccoman-
dava al Marchese di Mantova , un Gabriele , che aveva servito
Bartolomeo Meliolo, orefice in Mantova, e non fu pagato.
11 Capitano di Giustizia ed il Pretore in Mantova , scrivevano
al Marchese (29 maggio 1507) per notargli che Bartolomeo Me-
liolo, orefice, uomo dabbene, era stato oltraggiato da un Vidalino,
cui non aveva voluto cedere il posto e n' ebbe anche un pugno
neir occhio sinistro. Federigo Concurrezo, nipote del Meliolo, andò
ad assaltare Vidalino e 1' ammazzò.
Bartolomeo Meliolo, orefice, da Montanara il 25 maggio 1506,
scriveva alla Marchesa in Sacchetta di mandarle il calamaio
finito ; ma per la peste , i suoi lavoranti si sono sparsi qua e
là ed egli per proseguire lavori attende ordini.
La Marchesa faceva scrivere al Podestà di Viadana in racco-
mandazione di M.ro Bartolomeo Miliolo, che doveva esigere colà
un suo vecchio credito.
Pare che gli capitasse male, poiché al 29 dello stesso risulta
ben malmenato, col naso ed un occhio ammaccati da un facchino.
Neil' agosto 1508 , il Meliolo aveva fatto un « caldarino di
argento per la Marchesa. »
Egli, il 20 giugno 1509, mandava al Marchese il « uaseto d'ar-
gento *, secondo il diseguo.
292 LE ARTI MINÓRI
Il signor Davari pubblicò il seguente certificalo di morte :
Batholomeus Meliolus aurlfex in Conirata Equi mortuus est
et ex febribus continuis et stelit infirmus per mensem unum cura
dimidio etatis annorum 66 die veneris 17 novembris 1514.
Aveva la sua bottega presso la chiesa di S. Lorenzo , luogo-
speciale agli orefici. Fu non soltanto orefice , ma coniatore di
medaglie e di monete e cesellatore.
Un contemporaneo , oltre notar la sua valentia , fa conoscere
che era molto faceto ; e 1' allegria doveva esser nella famiglia ,
poiché suo fratello Lodovico, scalco presso il cardinale Gonzaga,
è qualificato da un contemporaneo qual patre de la faeetie.
Di lui vidi lettere, fra cui ricordo una del 27 settembre 1505,
diretta al Marchese di Mantova, cui partecipa 1' esecuzione di un
incarico avuto.
Bartolomeo Meliolo fu certamente un grande artista che per
esser vissuto sul finir del XV e principio del XVI, tiene in questo
ultimo secolo la bandiera mantovana, poiché vedremo dopo lui
più nessuno de' compaesani, che possa pareggiarlo.
Gio. Francesco Ruberti della Grana era sempre a servizio del
Marchese, cui, il 28 agosto 1500, scriveva por certa somma data
a Zorzo tedesco. K nel marzo e dicembre dell' anno seguente no-
tificava al Marchese che un tal Cristofalo da Bologna stava pre-
parandosi per provar la sua abilità « nel far una collana a 5
quadri e altri lavori. » Questi era in Mantova , e al 1° luglio
1501 aveva già domandato al Marchese denaro per terminare
« r opera che procede de bene in meglio. »
Il Marchese , al 30 aprile 1506 , ordinavagli quattro crocette
da 50 a 60 ducati di valore , di cui aveva urgente bisogno
Lo spediva nel 1517 a Milano per disimpegnare gioie pel valore
di scudi 2500.
Il Marchese (20 marzo 1520) scriveva al Grana di mandargli
quel libro avuto dal Thodesco che era nella Rocca di Canneto.
A di 28 giugno 1526 lo raccomandava al suo ambasciadore
in Venezia, poiché doveva venire in quella città « per impegnar
gioie», avendo bisogno da 800 a 1000 ducati.
ALLA CORTE L)I MANTOVA, 293
Un Giovanni Giacomo, scultore ed orefice mantovano, risulta
nel 1503 esser latitante per frode alla Duchessa di Ferrara.
Nel 1511 la marchesa Isabella , da Mantova spediva a suo
figlio in Roma, un braccialetto contenente 1' Evangelio di S. Gio-
vanni, qual amuleto, molto raccomandoglielo ; e nell'anno dopo
« uno tondo d' oro da portare in la berretta », poi cinque stringhe
d" oro battuto ed un braccialetto d' oro con un iacinto legato.
Otteneva Maffeo elisone , orefice , la cittadinanza mantovana ,
il 23 aprile 1514 (i?. Deereti, 1514-19, fol. 183).
Ippolito Calandra, capo delle fusioni in Mantova, il 24 mag-
gio 1516, spediva al Marchese « la corona quale ha fatto il giudeo,
mancandovi però gli otto patri nostri, quali non sono ancora forniti.»
E al 15 maggio :
«Le cose d'oro de V. E. quali fanno Chiapino orefice sono in
bon termine », ma occorrono ancora 30 ducati d' oro perché quei
groppi devono pesar un ducato e mezzo l' uno , altrimenti i più
sottili nello stamparli si romperebbero.
Questo Chiapino nel marzo 1520 risulta aver adornato un pu-
gnale pel Marchese.
Aveva in sua bottega un Battista , molto valente.
Mastro Nicolò era orefice marchionale, e nel 1508 aveva le-
gato due rubini pel Marchese.
Al 1° giugno 1516 risulta aver aggiustato una Madonna per
la Marchesa, mettendovi quattro ducati d'oro; nell'anno dopo,
due braccialetti.
Il Marchese (13 maggio 1520) scriveva ad Ippolito Calandra:
Poiché M.'o Nicolò aurifice non ne po' servire in farci quelle cose
d' oro per sabato proximo.... volemo che pigli da lui il dissegno e lo
porti a M.""" Ludovico Chiappino e lo astringhi ad fare che li pos-
siamo hauere forniti sabato proxime ad ogni costo.
Nel 1521 dava un disegno per un lavoro ad eseguirsi pella
Corte di Mantova.
Il Marchese, al 15 di marzo, stesso anno, per parte della Mar-
chesa raccomandava al Presidente del Senato in Milano « M.ro Ni-
294 . LE ARTI MINORI
colò d'Asti nostro orefice (che) mi ha fatto intendere come esso
molto iniquamente vien molestato da Girolamo Rabbia, gentilhuoma
milanese, per una vendita di pofisessione. »
Ed eccoci ad un suo autografo:
in.ma Madama auixo V. S. com mandai mio fratello a Uerona da
domino Matteo per torre lo Cristo in croce et lo Jasinto , ma non
posse atacarse insieme. El sta obstunato chel uol quatro prede ouero
scudi vinte d' oro in oro dil che lui non uolse consentire a tal partita
età mi tolse quele turchine che sa V. S. per scudi 15 d'oro in oro.
Appresso auiso V. S. che do li vaseti de corniola non auemo ninno
ma ne ligo un pare de Jasinto quali senza comparatione sono più
belli et più estimato che de corniola li mandare insieme cum la spi-
nella o la testa de zibilino et lo modelo de cristalo et recordo a V. S.
l'oro per fornirla; non altro di continuo a V. S. mi raccomando a
di 23 ottobre 1524.
Il nostro seruitore
" Nicolò orcueso de V. EM"-
Ala III.^ Marchesana
di Mantoua patrona sua dìgnissima
in Ferrara.
Un mastro Zeno , orefice , moriva a di 16 marzo 1523 , di
anni 50, nella contrada del Cervo, dopo aver sofferto le febbri
per due mesi (Necrologio Mantovano).
Lodovico Mariano, orefice in IS [auto va, otteneva il 27 gen-
naio 1524, concessione di far unam fornieem suhterraneam (R. De-
creti, 1520-4, fol. 233).
Il Marchese, al 30 gennaio 1525 , raccomandava al Commis-
sario di Coito « M.ro Ludouico Mariano nostro aurefice et cit-
tadino » per una lite intorno ad un possesso, che aveva colà.
E forse era lo stesso, cui a di 9 ottobre 1525, il Marchese ,
qualificando Lodovico gioielliere, non permetteva di « fare un lotto
di gioie in Mantova » ; ma invece si riservava di comperarne egli
stesso, quando gli fossero piaciute.
A di 11 marzo il Marchese presentava Lodovico Mariano suo
orefice al Vescovo di Verona per acquistar il « sechione et il
ALLA CORTE DI MANTOVA. 295
granchio che erano del vescovo da Canossa di bona memoria. » Av-
vertiva che r orefice doveva dare 300 scudi per caparra , e
quando avrebbe veduto detti vasi se gli sarebbero piaciuti avrebbe
fatto sborsare il restante prezzo, altrimenti gli avrebbe rimandali
ritirando i 300 scudi.
Il Marchese mantovano, a di 24 marzo 1531 , concede a Fi-
lippo da Rigimondo, orefice milanese, di « metter alla ventura in
Mantova » varie gioie , tenendole nella bottega di Zoan Antonio
Cataneo, orefice in Mantova (/?. Mandai., 1531, fol. 27).
M.fo Nicolao da Milano e mastro Sebastiano Aueroldo, orefici ,
stimano gioie (1** ottobre 1532) ed altri oggetti che Jacob ebreo
di Mortara doveva mettere alla ventura in Mantova (R. Mandati,
1532-3, f. 126).
In una lettera ducale del 22 dicembre 1537 è accennato Fran-
cesco figlio di Sebastiano Iveroldo «orefice nostro diletto, citta»
dino mantovano. *
Il suddetto Gio. Antonio Cataneo, orefice milanese e Giacomo
Antonio Abendi , ricamatore in Mantova , il 2 novembre 1532
erano stimatori per altra ventura di oreficerie e ricami.
Quel Nicolao, milanese, deve esser « M.ro Nicolò de' Possevini
aurefice milanese » , che il 13 ottobre 1541 moriva in Mantova
nella via di Monticelli Bianchi , di anni 56 , dopo aver sofferto
le febbri per tre mesi continui (Necrologio Mantovano).
Dalla morte della moglie apprendiamo che nel 1541 viveva
in Mantova M.ro Bernardino de Rangoni, orefice (Ifndem).
Il Marchese , a di 21 novembre 1542 , concedeva a Donino
orefice e banchiere di allargar la sua bottega (R. Decret. ,
1538-42, fol. 205).
E a di 21 giugno 1557 accordava la cittadinanza mantovana
a Francesco de Balzanis , detto Guardino, orefice bolognese
(/?. Decreti, 1556-9, fol. 89).
E simile concessione faceva il 16 ottobre 1563 a Giacomo
Filippo Campagna , bresciano , orefice , che da 17 anni era in
Mantova {Id., 1559-63, fol. 184).
Moriva, a di 16 marzo 1560, in Mantova, M.ro Francesco So-
296 LE ARTI MINORI
ragna, orefice, in Via dell'Orso, d'anni 26 (Necrologio Manto-
vano); e a di 5 aprile dell' anno dopo lo seguiva Pietro Bolo-
gnini , orefice nella via dell' Aquila, di anni 60, forse discendente
-di quel Antonio Bolognini , pittore mantovano , che nel 1466 la-
vorava in Firenze.
Al 6 dicenabre del 1561 moriva Paolo Bologna, orefice in via
dell' Orso, di anni 31 ; al 16 febbraio 1563, M.ro Battista di Ros,
orefice in via della Serpe, di anni 54; ed al maggio 1564 ma-
stro Giuseppe Cernuschi , orefice in S. Giorgio, di anni 60, dopo
due mesi di febbri.
Francesco Palazzi , orefice mantovano , è nominato nel 1565
come abitante in patria.
A di 16 febbraio 1576 Davide de Cervi , ebreo in Mantova ,
aveva incarico dal Duca di stimare baiassi. Egli ne stimò uno
22,800 scudi in ragione di scudi 80 il carato , essendo di ca-
rati 380.
Altro di carati 210 ducati 16.800
» » 156 » 6.240
» » 120 » 2.200.
Invece Bernardino Zorzi ne dava la seguente stima:
1.° Ducati 16.000; 2." 10.000; 3.« 5000; 4." 2000.
Liberal Levi, gioielliere ebreo in Mantova, scriveva alla Corte
•di Mantova nel gennaio 1580 per collane e gioie.
Salamone Levi , altro ebreo, fin dal 1570 aveva provveduto al
Duca due collane da regalarsi « a quelli Casalaschi. » Nel 1575
era stato spedito a Venezia per vender gioie di sua Altezza. A
di 6 febbraio 1577 in Mantova si scusava presso il Duca di non
aver scritto egli stesso perché era sabbato. Offriva al Duca (25
febbraio 1580) una tazza d' oro gioiellata per ducati 1800. Egli
nel luglio 1582 provvedevagli anelli ; nel luglio 1584 doman-
dava al segretario del Duca l' inventario dei vasi di cristallo di
S. A.; ed al 13 febbraio 1586 scrivevagli nuovamente che non
aveva ancor potuto comperar le desiderate gioie ; ma che si met-
terà d'accordo con M.ro Achuto, gioielliere, confidente di S. A.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 297
Offre un refrascatore, una fogara grande ed un tavolino , lavori
iu argento. Penserà ai vasi di cristallo. Dà una lista di gioie in
mano del signor Lurano in pegno per 11,000 scudi, mentre sono
stimati 31.550 scudi e sono per lo più diamanti : poi altra lista
di gioie in mano del Carcheno , per lo più rubini , stimati 6086
scudi. Offriva nell'ottobre 1587 ed agosto 1597 al Duca vari og-
getti di cristallo gioiellati.
Vi era pure in Mantova un Anselmo Levi, gioielliere, ebreo,
come apparisce da una sua lettera del giugno 1585 alla Corte
Mantovana, in cui discorre di M.ro Gerolamo Coijro, cristallaro,
milanese, del quale a suo luogo discorreremo.
Filippo Galbiate orefice nel 1582 otteneva di portar il domicilio
da Milano in Mantova.
Carlo Bario risulta negli anni 1585 e 1586 importante orefice
in Mantova, in buona corrispondenza con orefici di Venezia.
Paolo Emilio Morengi orefice , era , a di 27 settembre 1587,
nella prigione comune, donde supplicava per la grazia.
Da pagamento si conosce nel 1590 esser gioielliere della Corte
M.' Girolamo Radetti.
Risultano nel 1593 lavorare pel Duca in Mantova gli orefici
Hermanuo tedesco e Michelangelo milanese.
Un mastro Nicolaus con vari suoi lavoranti, nel 1595 in Man-
tova, lavora di smalto pel Duca.
Nel 1596 risulta morto in Mantova Ermanno Blixgen, orefice
d'Augusta, lasciando vari crediti reclamati da sua moglie.
Moriva in Mantova nella via del Bue, a di 22 settembre 1597,
Orlando Gisghem orefice fiammingo di anni 80.
Nel gennaio 1599 apprendiamo che gli argentieri a servizio
del Duca avevano lavorato un reliquario, che doveva esser re-
galato in Milano a S. Maestà.
Il Duca concedeva nel dicembre 1599 all' orefice Gio. Maria
Strada il privilegio di poter comperare in Mantova « oro et
argento bruciato » {R. Decreti, 1596-1605, fol. 146).
Sul finire del secolo era massaro degli orefici in Mantova, Otti
Luca, orefice veneziano.
298 LE ARTI Minori
L' esposto ci induce a credere che 1' oreficeria era decaduta in
Mantova a paragone del secolo precedente, e pare che vi suben-
trasse il trafficante al fabbricatore ; poiché ci si presentarono
vari ebrei, negozianti di orerie e di gioielli.
Campeggia, si può dire, solo il Meiiolo. Vedremo che la Corte
mantovana si rivolgeva altrove per i suoi acquisti , intanto prima
di abbandonar Mantova, produrremo qualche notizia di orologieri,
di battilori e di lavoranti alla Zecca, dei quali ultimi nel secolo
precedente ci era mancato il materiale per farne una speciale
sezione.
Orologieri in Mantova.
Fin dal 1494 risulta abitare nei dintorni di Revere M.r-^ Pietro
Guido de horologio. Egli nel dicembre 1501 ebbe incarico dal-
l' abbadessa del Monastero di S. Giovanni Evangelista di far un
orologio per detto cenobio , come apparisce da lettera della ab-
badessa al Marchese di Mantova.
Era anche valente nella costruzione degli orologi tascabili ;
poiché negli anni 1501 e seguenti accomodò horologeti per la
marchesa Isabella. Bernardo Bembo da Venezia spediva a Man-
tova, a detto Mastro, V horologino che gli aveva fatto , affinché
fosse aggiustato.
Nel 1507 M.ro Pietro Guido riceveva dalla Duchessa di Urbino
il proprio horoloieto per esser raccomodato.
E tutte queste notizie risultano da speciali lettere.
A di 27 marzo 1516, per ordine del Marchese, furon dati lib-
bre tre di piombo ad un frate de la Certosa , il quale doveva
accomodar i contrappesi all' orologio del Castello di Mantova.
Il Marchese mantovano, trovandosi al campo, scriveva (15 ot-
tobre 1521) al Tesoriere in Mantova di comprargli « un Horoglio
con il suegiarolo » od anche senza, poi ordinasse la costruzione di
un altro orologio « che sonasse le hore de dodici in dodici hore. »
Al 18 era contento che fosse acquistato da M.""" Filippo Arri-
vabene l' orologio che batteva le ore, il quale aspettava.
m
l
\I.I, \ CORrK DI MANTOVA. 290
Il Marchese di Miniova cosi, a dì 22 giugno 1523, al luogo-
tenente in Coito :
Dilecte noster. Haucndo nui in animo di volere in brcuc venire ad
habitare lì in Goyto per alcuni giorni et intendendo che anche quelli
nostri homeni non hanno facto riformare ouer aconciar quello horo-
logio della torre , che tanto desideramo sij acconciato , ma perchè la
tua poca cura e solecitudine la cosa uien conducta m longa te comet-
tcmo che iusta la presente tu facij comandamento a dicti horoini che
in termine de uno mese dopo lo comandamento fatto sotto pena de
cento ducati habbino fatto aconciar ditto horologio , aduertendoli che
inremissibilmente gli faremo pagare dicti cento ducati non facendo
loro acconciare esso horologio in ditto termine....
L' orologio del Comune di Mantova , dopo la morte di Barto-
lomeo Manfredi , fu affidato a suo figlio Ciò. Giacomo ed al cu-
gino Galeazzo. A loro successe M.ro Clemente Compagnano, cui
a di 17 dicembre 1520 il Marchese ordinava regolar pagamento.
Il Duca di Urbino, da Brescia, il 15 ottobre 1525, raccoman-
flava al Marchese di Mantova G. B. Guidotti , affinchè avesse
« r ufficio dell' Horologio de Mantua. » Il Marchese gli rispon-
deva che il raccomandato non aveva cognizioni sufficienti ; ma
pare tuttavia che finisse di accettarlo.
E, come nota il Davari (Notizie storiehe intorno al pubblico
orologio di Mantova), peli' imperizia del Guidotto e di Giovanni
Traversino, che 1' ebbe nel 1544, fu guastato il meraviglioso oro-
logio del Manfredi.
Nel 1547 fu ordinato la ripristinazione dell' orologio manfre-
diano, la quale pare che non riuscissero bene Paolo Orsi e Giulio
Raineri, cui era stato dato incarico.
Nel 1556 se ne occupò Francesco Filopomo, mantovano, ma-
tematico, che pubblicò un' operetta suU' orologio in discorso.
E fu superiore di detto orologio fino al 1564.
Nel 1568 si trova in tale carica M.ro Vincenzo Cocchi , fon-
ditore di metallo.
Indarno il Duca nel 1593 attese il figlio dell' orologiere , che
aveva fatto gli orologi in Piazza San Marco a Venezia, che dopo
300 LE ARTI MINORI
aver promesso non venne. L'Ambasciadore notava che gli oro-
logieri di Venezia non volevano guastarsi le mani coi grandi
orologi.
Pare che non servisse bene Attilio Forchi , orologiere, venuto
nel 1597 da Vicenza in Mantova ; cosi che il Duca dovè farne
venir uno dalle Fiandre.
Fra gli stipendiati della casa ducale nel 1592 figura M.''" Vin-
cenzo degli Orologi per ducati 3. 45.
Vedremo a chi siasi ricorso più tardi per ripristinare il pub-
blico orologio; intanto anche per quest'arte vediamo decadimento;
poiché dopo i Manfredi e quel valente mastro Pietro Guido , si
dovè, come vedremo, ricorrere ad altre città per aver orologi
portatili e per quelli pubblici sulle torri. Apprenderemo che 1' arte
fiori in Reggio dell' Emilia e in Ferrara ; ma per ora passiamo
alla Zecca di Mantova.
La Zecca di Mantova.
Il cavaliere Attilio Portioli pubblicò una storia della Zecca di
Mantova; ma , oltre averla lasciata incompleta , in essa non si
occupò dei coniatori e di altri artefici, addetti ai lavori delle mo-
nete. Scrive che l' origine della Zecca mantovana è remotissima ;
ma mancano documenti suU' origine. Essa esisteva nel secolo X
ed il Muratori nota 1' importanza di una Zecca in piccola città ,
mentre altre ben maggiori ne furono prive per molto tempo dopo
la mantovana.
Nella prima metà del secolo XIV era superiore alla Zecca di
Mantova un Minacino de Minaci , fiorentino.
Nel 1342 aveva a compagno Clerico de Rofino ; ma nell' anno
appresso è sostituito da Bonaccorso , orefice di Crema. Questi ,
fin dal 1340, aveva venduto ai Gonzaga dell' argento lavorato e
smaltato.
Il Portioli , che esaminò le monete Gonzaghesche , notò le
belle e grosse monete coniate dal 1444 al 1478 sotto il marche-
ALLA CORTE DI MANTOVA. oOl
sato di Lodovico III ; ma maggior progresso vi trovò nelle mo-
nete d' argento, lega e rame dal 1484 al 1519, essendo marchese
Francesco II.
I mezzi meccanici per battere monete erano piuttosto semplici
dopo che si aveva dall' incisore i coni. Uno di questi lo si fer-
mava sopra un ceppo e su di esso ponevasi la lamina metallica, e
mentre l'altro conio era collocato di contro all'inferiore, vi da-
vano su dei colpi di martello; cosi la lamina riceveva le due im-
pronte. Con le forbici si tagliava il dischetto: ed ecco le monete
di più secoli. In Mantova, ancora nel secolo XVI, cosi bat-
tevansi.
Un monetiere poteva lavorar da sé coi due coni; e facendo
più copie di coni , la fabbricazione procedeva celere.
Tanto i lavoratori quanto i soprastanti e maestri e specialmente
poi i coniatori , provenivano dall' arte degli orefici , conoscitori
delle leghe dei metalli e periti nell' inciderli e cesellarli.
E spesso anche il zecchiere o appaltatore era un ricco orefice
od un banchiere, od una Società degli stessi.
Veniamo ora a qualche documento inedito intorno a lavori ed
artefici della Zecca mantovana.
Vittor Pisano, veneto, da Mantova, il 9 novembre 1502, ri voi -
jevasi al Marchese cosi :
Per-dispositionc di celi sono ucnuto a patriare nel dominio de V. E.
questa securtà ho preso per la lunga et fedele seruitùh abuta per la
)na memoria del quondam mio patre cani la inclita et pretiosa memoria
el q. Ill."if^ patre de V. 111. S. et non manco serrò jo et mei fratelli vei'so
»E. V. ala quale supplico et dimando de gratia la me uoglia conce-
jrc che possa mettere ne la cccha de Mantua marche 500 de argento
10 , et farne stampare quella sorte de monete parerà e piacerà a
f. E. et che io no habbia soldi nove per marcha persino" ali dicti
larchi 500 e da cinquecento in suso marchetti sey, marchetti che me
forzare et credo fare com effetto che la cecha lauorera gaiarda-
lente tuto 1' anno comò honore et gloria de la p.*^ V. S....
Segue a pregarlo di scrivere alla Marchesa affinchè possa su-
nto cominciarsi il lavoro.
Vi02 LE ARTI MINORI
Pare che la Zecca mantovana avesse per stampatore Giovanni
Marco Cavalli. Egli, fin dal 1503 , aveva inciso delle lettere su
certi tondi della Corte di Mantova, spediti dal podestà di Viadana.
Scriveva , il 19 maggio 1505 , da Viadana , al Marchese esser
pronto a far altre stampe , se i mastri della Zecca gli faranno
conoscere come dovranno esser fatte. Noi ricordiamo come 1' arte
dell'oreficeria nella famiglia risalisse al principio del secolo XV
e già nel 1481 abbiamo fatto conoscenza di questo Giovan Marco.
Da convenzione del 23 ottobre 1504 , risulta che il maestro
della Zecca in Mantova era Sebastiano Spandolini, ebreo veneto
e soci (R. Mand. e Decreti, 1502, 1513, fol. 82).
Nel 1492 abbiamo veduto un Mastro Chivizzano , e forse ap-
partiene a lui la seguente lettera diretta al Marchese :
Ill."i" et Ex. "10 signor mio singularissimo ho uisto quanto mi scriue
V. E. per il caso de le monette et facto cum diligentia recercare il
veronese magistro da le stampe qual ritrovo non essere qui et faro
tenere buona cura per intendere de la venuta sua et liauendo facto
stampo alcuno immediate satisfarò a quanto mi scriue et comanda
V. S. ala bona gratia hurailmente me racomando. Mantace 17 Junij 1510
il cestro fidelissimo scruitor
Ghiuczano.
Era diretta al Marchese di Mantova.
Il Marchese al 3 ottobre 1520 scriveva : « Hauemo nouamente
consti tuito Zoan Francesco di Ruberto per saggiatore di la nostra
Zecca. ,■»
Pare che lasciasse un figlio per nome Federico , detto pure
Grana, il quale in Mantova, il 10 maggio 15G6, scriveva al Con-
sigliere ducale per interesse privato.
Nel 1526 la Zecca di Mantova era condotta dall' Averoldi Se-
bastiano orefice ; e nel 1537 quella di Casale era data dal
Duca di Mantova in appalto per anni 5 ad un De Giva.
Nel 1581 tutte due le zecche erano in affitto ad Ottaviano
Ardizzoni di Trino e ad Ottavio Polerio, bresciano; pella prima
pagavano annui scudi 2500, pella seconda 1500.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 303
Vincenzo per la gratta di Dio etc.
Concediamo per le presente nostre a M. Davide Gaugher d' Augusta
ampia et libera autorità di poter far intagliare nei cuni 1' armi nostre
et tutto quegli impronti che da Voi gli saranno commessi per seruitio
del stampai'e monete nella zecca di questa nostra città. Et per sicu-
rezza di ciò habbiamo commandato che siano fatte queste lettere pa-
tenti che saranno firmate di nostro mano et sigillate dei nostri mag-
gior sigillo.
Di Manilla li 16 di Decembre 1588.
Vincenzo
Petrozanus ser.
{R. Mandati, 1588-9. fol. 170).
Questo Augustano , al 4 dicembre 1595 , ricorreva al Duca
perché, venuto due anni prima dalla sua patria in Mantova con
tutta la famiglia e uomini per lavorar alla Zecca, secondo con-
venzione, questa non gli era stata mantenuta con suo gran danno.
Si rivolgeva pure al Segretario ducale lagnandosi. Gli fu fatto
ragione, ma poco dopo moriva in Mantova, cioè 1' undici settem-
bre 1596 , essendo ancora zecchiere , di anni 58 , nella via del
Cigno, dopo venti giorni di febbre (Necrologio Mantovano).
La Zecca di Mantova nel 1589 era concessa in fitto per 1500
ducatonì a Luca Antonio Bossi da Bergamo.
Da pagamento risulta che nel 1590 era coniatore alla Zecca
di Mantova M.ro Ermano Plixen, orefice.
Il Duca nello stesso anno si rivolgeva a Carlo d'Austria, mar-
chese di Bargan in Inspruck, per conoscere se colà vi erano mi-
niere d' oro. Ebbe dell' oro cercato altrove , non essendovi colà
che miniere di argento. Jacomo de Hacht da Augusta nel 1591
promette « spedir subito una persona capace di fornelli per pre-
parar il noto minerale. » La lettera porta annesso un certificato
dell' arciduca Ferdinando d' Austria , presso cui fece una prova.
Unisce una dichiarazione dei Zecchieri e di Cristoforo Hofero ,
argentiere schicazensi, che approvano ars zimeniaria del de Hacht,
poiché la sua polvere zimeniaria messa in un' olla e cimentata
per 12 ore , indi fusa e purgata, dava oro.
304 LE ARTI MINORI
Venne egli stesso a Mantova, e a di 8 maggio 1593, da Au-
gusta, e ripartitone , domandava al Duca scudi 10,000 o 600 di
provvisione, come da scrittura fatta, notando che era partito da
Mantova ammalato.
Anche un Giorgio Longo , capuano , scriveva al Duca da Do-
modossola (1592), per un secreto di alchimia.
Bellisario Cambi, al 7 marzo 1594, faceva conoscere il bisogno
di piombo pello stampo di monete.
Nel luglio 1592 , Ferrando Gonzaga da Guastalla , scrive al
Duca di Mantova che M.r Matteo Miscato, mastro di Zecca di
Pomponesco , col mezzo di Baldassare Gandolfi e altri forestieri
« batterono monete false, in questo mio territorio », invitandolo a
reciproci provvedimenti. Pomponesco è nella provincia mantovana.
E con questa notizia finisco pel secolo le notizie sugli addetti
alla Zecca , sembrandomi che anche la Zecca mantovana fosse
decaduta dal lustro, che potè avere nei tanti secoli anteriori di
sua esistenza.
Pochi mantovani appaiono fra i coniatori.
Battilori o tiralori in Mantova.
Nel secolo XV abbiamo appena veduto accennato un tiraloro ,
cui fu impedito di restar nel mantovano , perchè imputato di
omicidio.
A di 4 giugno 1526, Paolo Negro, veneto, otteneva cittadinanza
mantovana per le sue rare virtù, reducendi aurum et argentum
in tenuissimas bracteas, per far lettere d' oro e d'argento (R. De-
creti, 1523-6, fol. 242).
E poi il Marchese (26 luglio 1526) raccomandava al suo am-
basciadore in Venezia, Don Marco Negro, veneto, abitante in Man-
tova , che dovea arrivar in Venezia per raccogliere maestri e
maestre da filar oro e condurli in Mantova a suo fratello mastro
Paolo che «ha ottenuto di aprire il mesterò di batter et filar
oro con commodità grande e satisfactione de questa nostra città. »
ALLA COKTK DI MANTOVA. 305-
A di 10 aprile 1529, Graffito Roth, battiloro ulmensiSj otteneva
cittadinanza mantovana, estendibile ai discendenti {R. Decreti,
1522-30, fol. 198).
Non so se si mantenne l' industria per molti anni , succedendo
altri al Negro ed al Roth , ma è certo che sul finire del secolo-
più non esisteva, ed il Duca concedeva buoni privilegi per riat-
tivarla.
Infatti il duca Vincenzo , a di 3 dicembre 1591 faceva pagare
30 ducatoni a Gio, Maria Molano , Tommaso Rozza , Michele
Guiliere e Battista di Giacobo « tutti tre artefici Milanesi per
l'arte del tirar, filar et tagliar l'oro, fatti venire a bella posta
in Mantova per l' introduzione di detta arte.
Da Piacenza, il 10 agosto 1596, Cesare Calvo, milanese, s' in-
dirizzava al Duca di Mantova per impiantare una fabbrica per
battere e filare oro ed argento, avendo conosciuto non esser riu-
scito il tentativo del suo compaesano Aurelio Zanolo. Spera di
riescire , poiché da 32 anni lavora in Piacenza. Fu accettato ;
ma , caduto ammalato , nel 1597 era ancora a Piacenza, e dopo
più nessuna notizia di lui, né di altri pel secolo XVI.
Orefici in Venezia.
Dell'orefice Gian Andrea Fiore, che nel secolo XV abbiamo
veduto, trovo che Isabella, marchesa di Mantova, gli ordina (28
marzo 1501) di comperarle due o tre chrisopazl e nel luglio gli
mandava una filza di 60 corniole affinché le pulisse. Il Mar-
chese, a di 12 maggio 1502 gli accusava ricevuta di un gioiello
comperato per ducati 60. Il Fiore , a di 25 aprile dello stesso
iinno, aveva fatto conoscere alla Marchesa che gli smeraldi ado-
perati dagli speziali per medicamenti non gli sembravano vera-
mente tali ; perciò si riservava di cercare veri smeraldi orientali.
Nel marzo 1503 la Marchesa gli spediva un suo diamante in
avola per essere rilegato; al 28 agosto gli dava incarico di
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 20
306 LE ARTI MINOR!
acquistare quattro grisopagi e di forarli ad uso di braccialetto
e al 7 ottobre ne procurava altri.
Da Venezia era venuto in Mantova « Rigo Todesco zoielero
Esler » come si sottoscrive nell' agosto 1500 , pregando il Mar-
chese di farlo soddisfare, essendo 14 mesi che aspetta. E il Mar-
chese, al 5 giugno 1502, ordinava che gli fosse dato un ronzino
affinchè potesse andar presto in Alemagna.
Infatto dell' agosto 1504 vi è una lettera di M.ro Rigo Exler
gioiellerò da Anspurg, diretta al Marchese, cui dà molte notizie
guerresche.
Al 5 gennaio 1508, era di bel nuovo in Venezia, come da altra
sua lettera al Marchese ; ma nell' anno dopo gli scriveva da
Augusta che era fuggito da Venezia.
Lo rivedremo fra gli armaioli.
Il Marchese di Mantova scriveva al Doge di Venezia il 29
settembre 1505 notandogli che uno spagnolo era venuto in Man-
tova, facendosi conoscere per eccellente orefice, cosi ebbe molte
commissioni e oro per lavorare; ma poi prese il volo per Ve-
nezia; cosi si raccomanda per investigazioni.
La marchesa Isabella nel maggio 1506 dà l'incarico a Taddeo
Albano in Venezia di comperar un vaso d' agata del defunto Vi-
vianello ; e nel giugno ad Aluyse de la Valle gioielliere di pro-
curargli un rubino e delle agate.
jlljna Mad.a S. et patrona mia singulariss.™»
Io mando per messer Suardino lactore presente de U.o S. 111."'^ la
efìgie do la Majestà del Re de Francia in medaglia : et prego questa
non mi reputi negligente perchè la colpa e proceduta da malatia. Ma
presto spero visitar V. S. con più bel presente ala quale come humile
seruo s. p. mi rach ornando. In castello di S. Vaso a di 21 Jan-
nuarii 1518.
Di V. Ili Sig.
S. ridcl.'»'>
Io Jacomo d'Alanlma
de Venciis.
Ala III.'^ ci Ecc.'^ Mad. Marchesana de Mantua.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 307
Per sigillo ha una bella testolina di donna. Non so se sia un anti-
quario o un artista. Nel rispondergli la Marchesa lo qualifica per suo
amico carissimo, lo aspetta in Mantova e lo ringrazia della bellissima
medaglia che le piace sommamente.
Il Marchese di Mantova, il 23 maggio 1524, ordinava al suo
ambasciadore in Venezia una corona di lapislazuli con pater nostri
tondi , fatti a facette.
Orso ebreo, gioielliere mantovano in Venezia, scriveva il 23
giugno 1524 alla Marchesa di Mantova:
Questi giorni passati me ha parlato di quel dyamante quadro et di
quel Saphyl feze comprar a V. S. da mio fratello da un mercadante
forestiere
Il Marchese di Mantova, il 10 marzo 1526, scriveva ad Ales-
sandro Picenardi, che essendo informato che il nobile Peregrino
gioielliere veneziano era creditore di ducati 40 per gioie vendute
al nostro Cardinale; e per ciò aveva ordinato il pagamento.
A mezzo di Vincenzo Albano in Venezia la Corte di Mantova
nel dicembre 1526 provvedevasi di « due miliara d'oro battuto. »
Si scriveva dal Marchese, il 24 maggio 1528, all'Ambasciadore
mantovano in Venezia per esser accertato se M.ro Vincenzo Ros-
satto gioielliere, cittadino veneziano, era ritornato di Turchia con
certi cavalli. In fatto risulta nel giugno ritornato con 12 cavalli
provveduti alla Corte di Mantova.
Un Felice Ceserin gioielliere da Venezia , il 18 ottobre 1528,
si raccomanda al Marchese per soccorsi poiché dopo il suo ri-
torno da Mantova cadde ammalato.
L' Ambasciadore mantovano in Venezia faceva conoscere (27
giugno 1529) al Marchese che aveva fatto stimar i diamanti, che
voleva comperar , dai seguenti Bartolomeo , Bataglia , Pedrazzi ,
Angustino Muse, Antonio Scorzarolo diamantaro, Andrea Quarto,
Azinio Milanese e Marco Antonio Benzone.
La marchesa Isabella si meravigliava (27 giugno 1531) col-
r Ambasciadore suo in Venezia che non si potesse trovar quel
M.'"-' Michelino che dovea farle certi vasetti. Michelino era gio-
308 LE ARTI MINORI
ielHere del Papa e aveva nelle mani un vasetto di cristallo ed
altro di amatista per essere legati in argento e gli erano stati
consegnati dalla Marchesa , quando fu in Venezia. Al 24 ago-
sto 1531 gli ordinava di sollecitare il trovato Michelino e un
M.'" Canori ino che doveva farle un Jesus.
Benedetto Agnello ambasciadore mantovano in Venezia, a di^8
luglio 1536, scriveva alla Duchessa di aver ricevuta « la cidella
di lapislazuli e averne ordinato cinque o sei a gioiellieri. »
Il 7 agosto spediva a Mantova « un migliaro d'oro per indorare »
non avendo potuto trovar di più ; ma al 10 faceva altra consimile
spedizione.
Il Doge di Venezia, Pietro Laudi, il 24 gennaio 1543 , racco-
mandava al Duca di Mantova « il fedel cittadino nostro Antonio
Rizzo giogieliero, creditore di Jacob di Titano e Jacob di Sanson,
ebrei abitanti in Mantova, affinché la causa fosse sollecitata.
E all' 11 maggio replicava la raccomandazione.
« Jachomo de Ranchati » gioielliere, da Venezia scriveva il 24
aprile 1574 al Marchese di Mantova per esser pagato di 'ducati 70
per certi lavori cioè « quele tavole de cristalo de montagna. »
Fa conoscere essere padre di 3 maschi e 6 femmine ed esser
debitore di 70 ducati.
Il Duca di Mantova , a di 13 febbraio 1581 , concede salvo-
condotto a Girolamo Stella gioielliere in Venezia di ritornarvi,
essendo venuto a Mantova per presentargli delle gioie.
Questo Stella nel 1593 proponeva al Duca la compera di quattro
smeraldi regali al prezzo di scudi 2500, notando che se gli sme-
raldi non venissero dal Perù sarebbero stati ben più cari.
« Jacomo Cyinich gioieliere in Venezia », il 20 marzo 1581, fa
conoscere al Duca di Mantova essere in trattative per comperar
il diamante di carati 8, al prezzo di scudi 3000, secondo il desi-
derio espressogli.
Al 3 giugno partecipa che non si può avere a meno di 3000
scudi, ve ne sarebbe altro per 2000.
Nel 10 novembre 1585 domanda di essere pagato di scudi 156
per una fontana, che gli forni in Firenze ; avrebbe bisogno di tale
denaro, dovendo portarsi a Firenze e in Roma,
Ai.i.A rouii; 1,1 .\rAN'rovA. 30y
Offre altra fontana consimile ma a denaro pronto. Nel mag-
gio 1586 gli annunzia un suo viaggio per Graz, Vienna e Praga
per negozio con quelli principi. Avendo comprato in Mantova dal
gioielliere M.ro Bario un collarino per scudi 100, prega di esser
l^agato del conto vecchio per poter fare il suo dovere col Bario.
Spera trovar belle pietre per una fontana , bella come quella
montagna del Serenissimo Gran Duca di Firenze.
Da Venezia il 20 dicembre dello stesso anno, già di ritorno
dalla Germania , gli annunzia che ha venduto il suo centauro e
la figura de perle, et altre cose per studioli a S. Maestà, da cui
fu molto contentato. Da suoi viaggi portò cose bellissime, essen-
dosi messo in relazione con tutti i migliori artisti. Intanto ricorda
il suo conto vecchio insoddisfatto, dal quale devono darsi scudi
100 a M.ro Bario. Sua Maestà gli ha fatto vedere molte sorte
di pietre e vasi, che fa eseguire in Milano e quelle pietre sono
di Boemia.
Bartolomeo del Calice da Venezia, il 20 novembre 1582, scrive
alla Corte di Mantova :
Quanto alla fede del tabernacolo intendo quello che desidera V, E.
ohe la sii fatta per mano de Battista padouano orefice che lo fece.
Al 29 giugno del 1585 spediva il restante « delle rosette dorate
che sono in tutte 400 ben governate .... e lo specchio. »
Bartolomeo Corsini da Venezia, l'il settembre 1585, fa sapere
al Duca di Mantova che M.ro Lunardo gioielliere viene a Man-
tova per servirla « che certo egli é huomo nella sua professione
perfetto come ne uedrà 1' esperienza. » Intanto supplica di esser
pagato di agate fornite, il qual pagamento potrebbe farsi anche
in Mantova a M.ro Carlo Bario orefice.
Aggiugne che ha trovato due pezzi di lapislazuli bellissimi
di 60 libbre 1' uno in circa per far vasi e dal Lunardi saprà il
prezzo.
Un Lo nardi Ricalco gioielliere da Verona , fin dal 22 settem-
bre 1581, supplicava il Duca di esser pagato di scudi 100.
Il Corsini, a di 21 aprile 1586, prega il Duca per esser pagato
310 LE ARTI MINORI
dei bottoni di smeraldo , che gli ha procurato, insistendo i mer-
canti pel pagamento.
Al 1° ottobre 1587 da Venezia rilasciava ricevuta di esser pa-
gato pel resto di 17 smeraldi , comprati dalla Principessa di
Mantova.
Domenico delle due rezine, gioielliere in Venezia, scrive, il 1"
marzo 1586 , al Duca di Mantova per esser pagato di scudi 50,
tanto costando la rocha de smeraldo compratagli, e al 26 agosto
accusagli l'ordine avuto da Messer Lunardo gioielliere per la
provvista di un pezzo di diaspro orientale, sanguinato; cosi lo
spedisce e pesa libbre 19 , oncie 9 , pesando libbre 6 e oncie 3
pili degli altri , già spediti. È trasparente per essere elitropio.
Ultimo prezzo è di scudi 243. E meravigliato (3 maggio) della
bassa offerta.
Al 10 ottobre 1587 Guglielmo Helman da Venezia ricorda il
suo credito per 24 smeraldi provveduti, importanti scudi 400.
G. B. Capra d'Alabio scrive da Venezia al Duca , il 25 no-
vembre 1587, che, arrivato in detta città, visitò il tesoro di San
Marco, ove vidi un vaso di cammeo ; ma inferiore a quel cammeo
intagliato, che S. A. possiede e rifiutò 12,000 scudi; vide poi
due alicorni, ma meno belli dei posseduti da S. A. Gli domanda
in regalo una medaglia da metter al collo affinché i Principi di
Alemagna la vedino , e desidererebbe pure aver quel libro delle
villanelle per farlo vedere a qualche Principe.
David de Cervi, ebreo in Mantova, trovandosi a Venezia, il 23
novembre 1588, scrive al Duca di avergli comprato due anelli ,
uno con un rubino grande, l'altro con diamante vistoso per
scudi 122; li crede rubati, tenuto conto della mitezza del prezzo,
poi gli propone altri gioielli.
Egli- era gioielliere mantovano ed aveva bottega in via degli
Ebrei, come risulta nel settembre 1589.
Era ancora nel 1592 in Venezia, avvisando la Corte esser sul
mercato molti diamanti da ridursi in bottoni.
A di 21 gennaio del 1589, il Duca faceva ordinare al suo Ara-
basciadore in Venezia di comprar e spedire subito da 65 a 70
ALLA CORTE DI MANTOVA. 311
pezzi di gioie false, figuranti diamanti, rubini, smeraldi, tutti legati
in rame dorato od ottone od altro simile per ornare cappelli ad
uso di una mascherata.
II primicerio di Sant' Andrea di Mantova , il 14 agosto 1590,
scriveva all'Ambasciadore veneto che M.ro Antonio Pesadro gio-
ielliere veneziano era creditore per resto di una cassetta d' ar-
gento indorata e gioillellata con rubini e diamanti e smeraldi,
venduta al Duca di Mantova per ducati 1150 di moneta vecchia ;
e per ciò in nome di S. A. gli ordina il pagamento , il che fu
eseguito.
Lo stesso primicerio ordinava a detto ambasciadore di far ese-
guire in Venezia un bambino d' argento di getto o battuto , se-
condo le misure mandate. Esso doveva esser nudo, inginocchiato
sopra un cuscino, ed era per voto.
Paolo Atedendoli, mercante di gioie in Venezia, al 23 gen. 1592,
offre alla Corte di Mantova smeraldi, e nel marzo 1593 ne spe-
diva uno. Si sottoscrive invece Studendoli.
Cristoforo Otto, nel gennaio 1593, presentava quattro smeraldi
all'Ambasciadore mantovano in Venezia, affinché li facesse vedere
al Duca per acquisto al prezzo di scudi 3000.
Mario Bevilacqua da Verona scriveva al Duca di Mantova (9
marzo 1592) che Lonardo vorrebbe esitare un suo bellissimo
filo di perle, cosi attende conoscere la volontà di S. A.
Anselmo Levi, ebreo gioielliere, venuto da Mantova in Venezia,
dava ricevuta al Duca di Mantova di scudi 1400 per spese fatte
in suo servizio (1592).
G. B. Corte da Venezia, il 12 febbraio 1593 , domandava al
Duca 455 scudi per due baiassi vendutigli. L' Ambasciadore man-
tovano in Venezia, il 2 ottobre 1593, alla Corte di Mantova :
Mi dice D, Marc' Antonio Mazzone che gli è capitato alle mani un
segreto di far perle tanto belle, che se ne sono uendute per uere a
questi orefici .... e darà anco il remedio di colorirle et lustrarle, che
uale per le dlffettose et uecchie. Ho io inteso altre uolte che si pigliano
le perle da oncia et si mettono nel succo di limone finché uenghino
in pasta et poi con una forma d'argento si stampano , come si fanno
312 LE ARTI MINORI
le palle da halestru et s'induriscono nell' acqua fresca. S. A. dove sa-
pere meglio queste medicine.
Al 23 dello stesso spediva le i.struzioni per far le pcM-le , avute dal
Don Mazzone.
Girolamo Ott, forse parente o socio di Cristoforo, da Venezia,
il 26 marzo 1594, scriveva alla Corte di Mantova che, secondo
il desiderio di S. A. S. , trattò con quel Ruggiero « che fa le
« pietre false che uoglia per uno sento al giorno di stipendio, oltre
« le spese, transferirsi a Mantova, ma egli pretende lire otto ve-
« nete al giorno, non escluse le feste. Egli vorrebbe condur un
« suo garzone che disgrossa le pietre che egli poi riduce alla
« perfezione. Il maestro ha quattro figli picioli... fa cose bellis-
« sime molto simile alle vere gioie. »
Lelio Arrivabene, il 3 settembre 1394, da Venezia propone al
Duca la compera di una cassetta di cristalli di montagna, mon-
itata in argento, cosa singolare, un filo di perle stimate scudi 25,000
e un diamante a faccio del valore di scudi 6000.
Luca Tron , orefice in Venezia , il 28 ottobre 1594 , cede al
Duca di Mantova il suo garzone Giovanni Mercurio, quantunque
non abbia ancora finito varie opere di non poca importanza.
Neil' anno dopo racconciava pietre preziose mandategli , cioè
sei zaffiri , dei dodici avuti.
L' Ambasciadore mantovano, il 15 gennaio 1595, fa conoscere
«he M.ro Angelo Strada, gioielliere, non vuole venire in Mantova.
Forse era figlio o socio di Girolamo, che abbiamo veduto esser
venuto in Mantova.
Nel giugno promette far accomodar i topazii dal Rosso , gio-
ielliere.
Baldassare Pommari , orefice veronese, da Rolo^, il 21 ago-
•sto 1596, si offre al Duca per lavori in oro ed in argento e per
legar gioie.
La Duchessa di Mantova , al 24 settembre 1597 , fa scrivere
all' Ambasciadore in Venezia di provvederle una lampada d' ar-
gento di non minor prezzo di ducati 50, né maggiori di 60.
Al 24 ottobre essa era spedita in Mantova.
ALI^A CORTE DI MANTOVA. 313
Ercole Udine, ambasciadore mantovano, in Venezia, il 17 gen-
naio 1598 spediva alla Corte 4 candelieri d' argento.
E con queste argenterie finisce il secolo XVI per Venezia.
Orefici in Genova.
Come notammo la lontananza era d'incaglio alle relazioni della
Corte di Mantova con Genova ; ma per certe specialità tuttavia
non mancava di rivolgersi.
Infatto nel 1523 la Marchesa si procurava da Genova una
cinquantina di coralli, che pesarono oncie otto e costarono lire
GO di Milano ; ma erano assai belli, e la Marchesa ne fu molto
soddisfatta.
Stefano Spinola da Genova , il 4 febbraio 1550 , spediva alla
Corte di Mantova filze di coralli al prezzo di scudi quattro la
filza , sperando di trovarne dei più grossi al prezzo di scudi
cinque.
Altra relazione artistica con Genova ci fa conoscere una lettera
di Lorenzo Grosso gioielliere, che da Genova, il 30 marzo 1539,
offrendo al Duca di Mantova « un bellissimo rubino cabussone
di bella fazone e colore , legatto a giorno in quattro branche di
pezzo di caratti 8 al prezzo di scudi 1500. » Ne manda il disegno
in piombo, pregando per pronta decisione, poiché, se non conve-
niente, lo spedirebbe al Re di Francia.
Non trovai l' esito ; ma conosco questo orefice valente , che
molto si distinse a Roma fin dal pontificato di Innocenzo Vili ;
nel 15'22 era console con Antonio da San Marino dell' Uni-
versità degli orefici e fu addetto alla zecca Pontificia. Per mag-
giori notizie si potrà vedere il mio libro Artisti subalpini in
Roma.
314 LE ARTI MINORI
Orefici Milanesi e Lombardi.
La marchesa Isabella scrive, il 14 maggio 1501, a G. B. Vi-
smara in Milano per certe corniole da esser acconciate, secondo
le indicazioni, che darà Gio. Francesco Ruberto orefice.
Le relazioni di Caradosso, mentre era a Milano, con la Corte
di Mantova, a mezzo di Cristoforo Romano scultore già pubblicai
nel mio libro Artisti in relazione coi Gonzaga signori di Mantova.
Riguardano un vaso di 49 pezzi di cristallo ligato in argento
dorato e smaltato, intagliato e ben commesso, che nel luglio 1505
era proposto da detto scultore in compera; poi offriva un cala-
maro meraviglioso.
Venne Caradosso da Milano in Mantova nel settembre a far
vedere i suoi lavori.
Aggiungo che la marchesa Isabella, fino dall'ultimo maggio 1504,
a mezzo di Angelo Vismale, aveva fatto vedere al Caradosso un
rubino affinchè lo legasse nel modo migliore a suo giudizio.
Cristofaro Romano dal finire del secolo XV era già in rela-
zione con la Corte Mantovana e coniò una medaglia figurante
Isabella d' Este marchesa di Mantova. E che egli fosse coniatore
si conobbe a mezzo dei documenti da me pubblicati, pei quali il
signor Valton , nella Révue numismatique di Parigi del 1885.
(Gian Cristofaro Romano medailleur italien) riscontrò l' esistenza
di detta medaglia ed altra nel Gabinetto numismatico nella Bi-
blioteca Nazionale di Parigi.
Sembrandomi lombardo il Mantegazza , comprendo qui la se-
guente lettera, diretta da Casale alla Marchesa di Mantova.
III."^^ Prlneeps et Ex. Domine frater honorandissime. Desideroso
maestro Gentile Mantigatio aurefice essere in seruitio de la 111. Sig. V.
n' ha pregato più volte vogliamo contentarci puossi satisfare al suo
desiderio et perche el seruitio suo a noi era grato non gli haueres-
simo compiaciuto quando hauesse pensato de seruire altro signore
ALLA CORTE DI MANTOVA. 315
I
elio la S. V. ma per reputare li seruitori nostri comuni ala S. V. et
«inando siano cum quella siano anchi cum noi , per questo uoluntieri
li hauemo compiacciuto et cussi cum questa nostra li significamo coma
dicto maestro Gientili vene cum bona licentia nostra et tanto più uo-
lontieri gli habiamo concessa quando che se siano persuasi far cosa
grata a la S. V. Ali piaceri de la quale se offerimo sempre apparec-
chiati. Dnt Casali Die XXIIJ Augusti 1507.
Frater Guglielmus Marchio
Montiferrati ecc.
Maimonus sco.
lllmo Principi et Ex. D.""
Francisco Marchion.
Mantuce et fratri
nostro honorandiss.'""
Era , come vedasi del Marchese del Monferrato , parente del
Marchese mantovano.
Rivedremo presto altri Mantegazza orefici, forse discendenti di
quei famosi orefici lombardi , che operarono anche di scultura
nel secolo XV.
La marchesa Isabella , al 20 luglio 1515 , scriveva al conte
Strozzi :
L' anno passato quando ni trovammo a Milano dessimo una nostra
preta de topazo a M.'"^ Matheo intagliatore di corniole a fine chel gè
tagliassi dentro certo disegno che gli dicessimo.
Non avendo più saputo notizia prega di cercarlo e farsi restituire
il topazio. Scriveva pure al Suardino nell' ottobre di sollecitare
detto intagliatore o di farsi rimettere il topazio. Nello stesso
tempo sollecitava pure il lavoro di lampade d'argento, ordinate da
più mesi e la restituzione di quelle mandate a modello, apparte-
nenti queste ad altri.
Nel 1523 si era procurata la Marchesa una coroncina di cor-
niole assai bella.
Ella avvisava (29 settembre 1530) il Duca di Milano dell' ar-
316 LE ARTI MINORI
rivo di M.™ Nicolò suo orefice affinchè conducesse da Milano in
Mantova due mastri orefici e ne domandava il permesso.
Da Milano Aurelio Arnolfo , il 5 febbraio 1580 , scriveva a
monsignor Priore Cavriano, Consigliere ducale in Mantova :
« Con il signor Conegrano per le mani del quale riceuerrà V.
S. M. Ili/ la presente, le mando il suo diamante intagliato della
sua arma in un scattolino bianco et in un altro negro ui ritrouerà
r impronta d'esso di modo potrà uedere se resta ben semita, l'ho
pagato lire 73. » Attende per la spedizione di un cofano.
Eliseo Magoria, mercante di gioie, scriveva da Milano, il 21
giugno 1581, al Principe di Mantova come nel marzo dell' anno
primo gli avesse fatto rimettere a credenza delle gioie per scudi
1873, a condizione di aver il rimborso mensile di 100 scudi, non
avendo avuto che scudi 700, supplica pel restante.
Filippo Galbiate , orefice milanese , domandò ed ottenne nel
giugno 1582 di portar il suo domicilio in Mantova.
M.ro Gio. Paolo Corsignano, gioielliere milanese, era, a di 2
novembre 1587 , pagato di scudi 70 per un aironera con rubini
Q diamanti, acquistata dal Duca.
Luigi Olivi, agente mantovano in Milano, scrive, 30 dicem, 1587,
alla Corte di Mantova che deve arrivarvi M.^o Gioanni Tradate
orefice che si era offerto, secondo iraitò Giuseppe Mantegazza, di
lavorare in argenteria per Sua Altezza, in ragione di 5 libbre et
cinque soldi 1' oncia. Verrà con dodici homini ; è uomo dabbene
e sufficiente nell' arte.
Salomone Levi, gioielliere ebreo, che già conosciamo, da Milano,
il 7 maggio 1588, scriveva al Segretario ducale su altra compera
di diamanti , fatta per Sua Altezza. Verrà in Mantova il proprio
figlio, dovendo egli partir per Genova.
Al primo di settembre 1594 il Duca faceva pagare in Milano
ai gioiellieri Giuseppe Rovida e Francesco de Bresciani ducatoni
lombardi 1900 per gioie e perle avute e 500 ad Altobello Piotto,
gioielliere della Svizzera italiana per altre gioie.
Successe al Rovida, forse suo figlio Tommaso, gioielliere mila-
nese nel servire il Duca di Mantova fino dal febbraio 1587.
ALLA TORTE DI MANTOVA. 317
L'Altobello, al 23 ottobre 1596, era stato imprigionato in Milano
dallo Inquisitore, qual spione del Duca di Mantova , non ostante
munito di regolar passaporto. Cosi scriveva al Duca Fra Sisto
Rosa per provvedimenti, tanto più che il Fiotto aveva seco molte
gioie. Questo Altobello, fino dal 1592, di ritorno da Venezia era
passato in Mantova per offrire al Duca V acquisto di rubini o
libbre 590 di lapislazuli in 14 pezzi , comperati in Venezia per
fare vasi, ma non aveva trovato il Duca.
G. B. Quenzati , detto il Romanino , da Milano, il 5 dicem-
bre 1598 , mandava al Duca due anelli con rubini fatti ese-
guir espressamente , uno del valore di ducatoni 36 , 1' altro più
piccolo di 31. Nota che vi è mancanza di rubini , cosi costano
molto.
Egli, al 24 giugno 1599, scrive nuovamente, sottoscrivendosi
« G. B. Quenzate zoieler di Milan detto il Romanino, quello che
portò in Berseli es il conzerto de zoie di fiiore al Serenissimo Ar-
ciduca Alberto » partecipando che Roberto Staes gioielliere fiam-
mingo di S. A., nel partir da Milano, gli commise di far stampare
in varie città 1' avviso di un rubino, rubato sul Po vicino a Fer-
rara. Il rubino capitò in pegno per dieci ducati ad un ebreo, come
gli fu detto da M.ro Luca di Otti, orefice veneziano, massaro di
detta arte in Mantova , e poi da Tommaso Rovida orefice in
Milano. Si pensi al riscatto a favore dello Staes.
David di Cervi ebreo mantovano, venuto in Milano, faceva co-
noscere al Duca di Mantova (16 marzo 1599), che teneva a sua
disposizione sei bellissimi tazzoni d' argento grandi , con piede
alto, con un imperatore in mezzo, alto un palmo, istoriato sot-
tilissimamente delle imprese fatte dello stesso imperatore : il peso
dei tazzoni era di oncie 106 per ciascuno. Seguiva a notargli
che r orefice Romanino gli aveva mostrato un bellissima gioiello
del valore di scudi 4. m. e vari cammei istoriati. Un Zan Agnolo
Benzeni lavorante in gioielli , valente , era disposto di venir in
Mantova a fargli « il suo bel vaso ed altro. »
Camillo Riccio da Milano, il 20 febbraio 1599, offre al Duca
un pezzo di lapislazuli , che pesa 965 V2 ed è a giudizio dei
318 LE ARTI MINORI
gioiellieri il più voluminoso pezzo che siasi veduto , mandando
intanto il disegno, che in ogni caso prega di rimettere ad An-
selmo Levi in Mantova. Piacendo lo porterà a Mantova. Fa poi
conoscere che capitarono in Milano « certi paesini del Civeta et
dil suo maestro. »
Rivedremo questo Camillo Ricio nella sezione del vetro.
Se non vi è moltissimo in questa relazione lombarda; il poco
è importante e vedremo farsi maggiore nel secolo XVII.
(Continua).
A. Bertolotti.
GLI SFORZA E CARLO VIIL
/ narratori. — IL / re francesi e V Italia. — III. Lodovico
il Moro. — IV. Suoi intrighi con Carlo Vili e con Massi-
miliano. — V. Bianca Maria. — VI. Politica avviluppata e
Lega. — VII. Preparativi dì re Carlo. — Vili. Sua calata. —
Morte del duca. — IX. Lettere e Arti, — X. Esito del-
l' impresa.
I.
Come avviene delle epoche più momentose della vita sociale,
numerosissimi sono quelli che scrissero intorno alla discesa di
Carlo Vili in Italia, sia del complesso, sia di fatti, sia di per-
sonaggi , 0 di paesi , o di casi parziali. Tra questi merita posto
principale Filippo dì Camines, signore di Argenson, prezioso nar-
ratore di ciò che vide come ministro di Carlo il Temerario , poi
di Luigi XI, adoperato in tutti gli affari del tempo. Non ha molto di
politica e di vedute. Non conosceva, o almeno non seguiva i clas-
sici, e ignorava fin il latino; studiava la storia sul vivo: sapeva
quanto costasse ciascun ministro o magistrato , onde può dirsi
che laicizò la storia , non raccontando se non ciò che vedeva
e al modo che lo vedeva , senza reminiscenze o allusioni o
idealità. Lo chiamai un Machiavello anticipato, perchè, come il
nostro, non conculca la moralità, ma non la valuta, e la sottomette
alla convenienza politica; non loda che la riuscita; non inveisce.
320 GLI SFOKZA i; CARLO VIIL
né si appassiona. Ebbe gran parte nelle imprese di cui prendiamo
ad occuparci , e non é sempre benigno a re Carlo.
Marin Sanudo, di cui a lungo discorsi nel fascicolo precedente,
prima dei Diarj avea descritto l' impresa di Carlo Vili, lavoro di
giovane inesperto, e senza le preziose particolarità di quelli (1).
Sono di questi tempi gli storici più rinomati : Benedetto Varchi,
Paolo Giovio^ Scipione Ammirato, Pietro Bembo, Jacobo Nardi,
Senarega, Navagero, e, superiori a tutti , Francesco Guicciardini
e Nicolò Machiavello,
Il Guicciardini , bellissimo scrittore , formato sui classici , stu-
dioso della parola ancor più che dei fatti , quae desperat traetata
niteseere posse, relinquit. Ranke ne abbatté la reputazione, mo-
strandolo in fallo persin nei fatti a cui prese parte. Bensì è note-
vole pei riflessi politici che fa sopra persone e sopra avvenimenti,
che non si curò di sincerare. Il Delaborde riflette che la splen-
dida descrizione dello stato d' Italia prima dell' invasione fran-
cese, è un artifizio retorico per dar risalto alle miserie che la
seguirono.
Il Machiavello ha una reputazione popolarissima (2), essendosi
da lui denominata quella politica, che cerca 1' utile senza badare
all'onesto, e che egli non inventò ma trovò generale, e che ha
dominio anche ora fra i vanti di civiltà, di umanità, di lealtà,
quando gloria è il riuscire, qualunque siano i mezzi, e il mezzo
migliore è la forza ove non basti l' astuzia. Chiaro , breve ,
efficace , non badando a Dio e Cristo , eppure agi' influssi e agli
astrologi, non curando letteratura e belle arti, indifferente per le vit-
time, simpatico per chi raggiunge il suo fine; immaginava un' Italia
armata contro tutta Europa armata , a cui solo un tiranno ca-
pace di qualunque delitto potrebbe metter freno, detesta'bile solo
quando non riuscisse. Lo stesso Ranke giudica che il Principe di
(1) La spedizione di Carlo Vili in Italia, raccontata da Marin Sanudo,
pubblicata per cura di Rinaldo Fulin. — Venezia, 1873.
(2) Oreste Tommasini: La cita e QÌi scritti di N. Machiavello nella
loro reiasione col Machiavellismo. — Torino, 1883.
GLI SFORZA E CARLO Vili. 321
Machiavello non è un encomio, non un'ironia; ma un opuscolo-
di circostanza.
Speciale alle cose lombarde è Bernardino Corio, « il qual pel
primo commise ai monumenti della lettera le origini e gli incliti
fatti dei Milanesi »: benché cortigiano degli Sforza, lascia tra-^
pelare la sua disapprovazione.
Tanta è l' importanza di quel momento, decisivo dell' avvenire
di tutta Europa, che moltissimi moderni tolsero a parlarne e ra-
gionarne. Principal lode fu data a M. Cherier (1), ma i giudizj dati
generalmente parvero severi e ingiusti al duca di Chaulnes, mu-
nifico protettore delle lettere e delle arti , che col Muntz rac-
colse copiosi e preziosi documenti intorno a quell' epoca. Colpito
da morte, quei materiali furono affidati al signor Delaborde, che
già ne era collaboratore , e che ne continuò le idee e compi
una beli' opera (2).
È una delle splendide edizioni della libreria Firmin Didot, il-
lustrata con 3 fotoincisioni , 2 cromolitografie , 5 tavole litogra-
fate, 138 incisioni nel testo, con moltissime medaglie e ritratti
o firme di personaggi della storia italiana. Fra cui un elegan-
tissimo frontispizio della Historia delle cose faeie dallo inoietis-
simo duca Francesco Sforza , scripia in latino da Giovanni
Simonetta , et tradxicta in lingua fiorentina da Christophoro
Landino fiorentino : il quadro che è in Brera dello Zenale con
Lodovico e la sua famiglia, inginocchiata avanti alla Madonna e
quattro Santi: la «Madonna della Vittoria», del Mantegna.
II.
Questa del Delaborde può dirsi storia milanese, giacché vi sono
minutamente divisati tutte le trattative e i discorsi dei diversi
(1) Cherier. H. de Charles Vili. — 1868.
(2) L' Expédition de Charles Vili en Italie ; histoire diplomatique et mi-
litaire par pRANgois Delabord. — Paris, Firmin Didot, 1888, in-4 , di
pagine 700.
Areh. Stor. Lomb. — Anno XV. 21
322 GLI SFORZA E CARLO Vili.
ambasciatori e le loro relazioni col Moro , dedotte dai carteggi
esistenti nel nostro Archivio, ed egli ha la cortesia di ricordare
l'assistenza datagli dal marchese Gerolamo d' Adda, da Ghinzoni
e da Cantù.
Il posto ove scriviamo c'impedisce di seguirlo nella complicazione
dei fatti d' allora, eh' egli svolge a meraviglia, e ci ritiene a ciò
che riguarda la Lombardia, o, come allora si diceva, il Milanese,
soggiungendo quel che recentemente si pubblicò. I nostri Archivj
offrirono al sig. Delaborde le istruzioni date dal Moro ad abili
diplomatici per riconoscere la supremazia della Francia su Ge-
nova , e insieme domandar 1' annessione di essa al ducato di
Milano. Secondo Comines, il concetto della spedizione in Italia
venne tutto dal Moro. Ma realmente da un pezzo i re francesi
ambivano estendere qui 1' influenza e il dominio , e per mezzo
di matrimonj protendeano a Saluzzo , Asti , Milano , e viepiù a
Napoli , come eredità dei duchi d' Anjou. Di qui un labirinto di
parentele e di pretensioni , complicate dai papi , che allora se-
devano in Avignone , e perciò favorivano i Francesi , e osteg-
giavano i Fiorentini , fedeli alla causa italiana.
Luigi XI, studiando Francesco Sforza (1), avea compreso che
la politica è una scienza ; che 1' amministrazione dello Stato deve
essere sottoposta a calcolo , non abbandonata al capriccio e al-
l' eventualità ; che per deprimere la nobiltà, la quale può opporre
privilegi , bisogna favorire il popolo. Infatti egli operò sempre
con intenti prestabiliti , che introducevano 1' ingegno nel governo
e r interesse al posto della morale , e re popolare per interesse
della corona, non per simpatia, ebbe con arti buone e con pes-
(1) Lo Sforza diceva: Quando si lia tre nemici, col primo si fa pace, tregua
col secondo : sì assale il terzo. Con parole severissime (pag. 86) rinfaccia a
Francesco Sforza l'assassino del Picinino. -La più parte degli storici mila-
nesi lo scagionano ; ma le carte del nostro Archivio ne provano la com-
plicità, e come suggerisse di disfarsene, senza ch'egli apparisse. Il signor De-
laborde è forse troppo severo contro Caterina De Medici (pag. 686), massime
dopo la pubblicazione delle Lettres de Catherine de Medicis , publiées
par le comtc Hector de la Ferrikre. — Paris, 1887.
GLI SFORZA E CARLO VIIL 328
sime umiliati i nobili e consolidata l' autorità regia ben piìi
colla sua grettezza, che non l'avessero ottenuto i re coperti di
armi.
Morto Luigi XI , gli succedeva Carlo Vili , ancor fanciullo
sotto la reggenza di Anna de Boaujou fino al 1492. Di lui scrive
il Fontano (De Fortuna, lib. II, cap. 34) : « Erat in Carolo foeda
queedam oris, corporis vero totius deformis effìgies. »
Esso Fontano ha un' invettiva contro il Moro come uccisore
di Galeazzo.
« Ce gentil roy (scrive Brantóme) ne songeait qu'a donner aux
« seigneurs et aux dames force, beaux plaisirs et passetemps, et
« des beaux tournois à la mode de France qui vat toujours em-
< porte le prix pardassus tous les autres ; jeux guerriers , ou il
« était toujours des mieux tenaus et des mieux faisaus. >
Il sig. Delaborde propende per Carlo Vili , lo crede cavalle-
resco, modesto, fedele alla sua parola; fermissimo nei propositi,
come mostrò nel venir in Italia malgrado tutti i suoi; valoroso,
come appare nella battaglia di Fornovo.
Quando sali al trono gli inviati di tutta Italia non parlarono
che di pace; pace mediava Comines^ pace il magnifico Lorenzo,
ma intanto tutti facevano armi , e bande venturiero invadevano
Roma e Napoli; il duca d'Orléans teneva Asti come chiave
della Lombardia, sulla quale vantava diritti come erede della Va-
^entina Visconti.
Questi cenni bastino a mostrare che, se il Moro eccitò Carlo Vili
a calar in Italia , antico n' era il progetto nei re francesi , e
guatavano tutte le occasioni e i movimenti ; con grande atten-
zione presentati dal Delaborde. Il giovine Carlo avea dunque
davanti ciò che i suoi padri aveano ordito, e non potea che con-
tinuare. Che amasse i romanzi, come dice Cominez, è un accidente
che può garbare a quei che cercano piccole cause ai grandi
eventi , ma sua smania era attraversar 1' Italia con magnifico
esercito, entrare trionfanti in Firenze, Roma, Napoli, acquistar
la Grecia cacciandone il Turco, e sul Santo Sepolcro ricever la
corona di Costantino.
324 GLI SFORZA E CARLO VIH.
HI.
Fra i tanti Stati d' Italia, grande importanza aveva il Milanese,
massime dacché fu sistemato da Francesco Sforza. Suo figlio Ga-
leazzo Maria fu ucciso da congiurati (1476), e la reggenza toccò
alla vedova Bona di Savoja a nome del figlio. Ma i fratelli
di che prudentemente egli aveva tenuto lontani , corsero a Mi-
lano per profittare della giovinezza del nuovo Duca , abbattere
Cicco Simonetta e la duchessa reggente, e dopo una folla d'in-
trighi ottennero ciascuno un assegno annuale , una fortezza nel
ducato, e un palazzo a Milano. Tra essi ben presto primeggiò
Lodovico detto il Moro, uno dei personaggi più enigmatici di quel
memorabilissimo tempo (1).
D' ingegno operosissimo e di animo basso , amava le lettere ;
chiamati alla Corte scienziati , poeti , storici , artisti , ne formò
un'Accademia; ampliò la fabbrica dell'Università di Pavia; fece
riformare gli Statuti ; dilatò la cultura della pianta di cui por-
tava il nome; preparò a Milano il Lazzaretto, disegno forse di
Bramante , il quale invitato da lui con buoni stipendj , eresse
la tribuna e la cupola delle Grazie, il vestibolo di San Celso, la
sacristia di San Satiro, il chiostro di Sant'Ambrogio, mentre
Lionardo da Vinci dipingeva la mirabile Cena alle Grazie, e nel
nuovo canale della Martesana applicava i sostegni che noi chia-
miamo conche, e fondava una scuola da cui uscirono i Luini, Ce-
sare da Sesto, Marco d'Oggiono, il Lomazzo, il Salaino, il Boltraffi,
Incompiuto nelle buone come nelle tristi qualità , Lodovico fi-
dava nella politica destrezza di poter movere a suo senno le
cose italiane (2). Come a qualche primario attore dell' ultima
(1) Vedi in questo Archivio : Il Moro prima di venir al governo (1886 ,
pag. 728); Giudisj $ul Moro, pag. 771).
(2) CoMiNEs dice di lui: Est-il homme très-saige , mais fori craintlf
et bien souple quand il anali pour. J'en parie comme de eeluy qui f ay
cognu et beaucoup de choses traicté aaec luy , et homme sans fois s' il
croit son projlt pour la rompre.
cu SFORZA E CARLO VHI. 325
nostra rivoluzione, con frase troppo ripetuta qualificata Risorgi-
mento, la caratteristica del Moro era d' intrigante. Mirava a pro-
sperar il Milanese e farlo prinìeggiare fra gli Stati italiani ; a
tal uopo renderlo robusto col deprimere i signorotti , fra i quali
erano divisi i dominj , la giurisdizione , le armi , e trarli a un
centro , che le divise forze riassumesse , come aveano fatto la
Francia e la Spagna. Ma in Italia dei quattro Stati principali,
Roma , Napoli , Firenze , Milano , nessuno si era rinforzato in
modo , da prevalere agli altri , onde era un continuo associarsi ,
combattersi , patteggiare fra loro.
Supremo intento del Moro era stato divenir duca di Milano ,
a scapito del nipote , il quale , infermiccio , tenea come prigio-
niero nel castello di Pavia, mentre di tutte le cose pubbliche egli
disponeva come sue.
Se il giovane duca vi si rassegnava, non cosi la moglie di lui
Isabella, figlia dei duca di Calabria, la quale al padre scriveva:
Da parecchi anni tu mi hai dato sposa a Giovan Galeazzo, perchè,
appena fosse giunto all' età virile , governasse da sé il suo regno e
tenesse dietro agli esempj del suo padre Galeazzo, dell' avo Francesco
Sforza e dei Visconti suoi antenati.
Ha compita la sua gioventù ed è padre, e tuttavia è privo d' impero,
e appena appena a stento, a forza di replicate preghiere può ottenere
da Lodovico e dai suoi ministri quanto è opportuno per vivere. Lo-
dovico amministra ogni cosa a suo arbitrio, tratta guerre e paci, fa
leggi , concede diplomi e immunità , impone balzelli , sussidj , ordina
rendimenti di grazie, aduna tesori , e a tutto suo beneplacito. Noi pri-
vati d' ogni soccorso e senza denari , meniamo una vita di privato, né
Gian Galeazzo pare il padrone dello Stato, ma sibbene Lodovico, che
mette prefetto alle ròcche, che si attornia di soldati, accresce i ma-
gistrati , e fa tutto quello che è proprio esclusivamente del vero duca.
Testé fu fatto padre d' un figlio , cui si dice comunemente destinare
alla contea di Pavia per farlo poi suo successore nel ducato , e in-
tanto onora la puerpera come fosse la duchessa. Noi e i figli nostri
Siam disprezzati, e non senza pericolo della vita sottoposti al di lui
impero , che un qualche dì, per far cessare 1' odio che d' ogni parte
manifesto traspare, non abbia a tradimento a spegnerci di modo, che mi
326 GLI SFORZA E CARLO VIH.
par già d' essere vedova e sconsolata, abbandonata da tutti , senza soc-
corso. E pure mi sento ancora animo ed ardire. Il popolo ci ama, ci
compassiona; all'incontro odia e detesta il nostro tiranno che quasi
per avarizia lo ha dissanguato: ma non atta a tenergli testa, mi è
forza tollerare gli affronti e tacere, circondata da' suoi cagnotti a lui
fidi , avversi a noi. Se ti muove pietà , se dramma d' amore hai per
me, se queste lagrime ti possono piegare, se nel tuo cuore v'ha sen-
timento di generosità, la figlia, il genero togli alla dura schiavitù, agli
affronti , alla morte , e rimettili in trono. Che se non ti cale di noi
mi è meglio lasciare da me stessa la vita, che portare il giogo della
tirannia, soffrire qualunque acerbità in un altro regno che non nel
mio, e sotto gli occhi dell' emulo.
IV.
Tanto più il iVloro sentiva bisogno che le circostanze venissero
ad accelerare il suo intento. A ciò vedeva opportuna la spedi-
zione di Carlo Vili contro Napoli, che commoverebbe tutta Italia.
Onde al re scriveva :
La Casa degli Sforza vanta d' essere sempre concorsa in tutte le
guerre a favor della Francia, la quale fu onorata di moltissimi bene-
ficj. Tuo padre Lodovico fece dono a mio padre Francesco Sforza della
signoria di Genova che tu mi hai confermata. Riconoscente di sì gran
meriti , Francesco mandò in Francia Galeazzo suo figlio e mio fratello
con gran copia d' armati all' intento di fiaccare il furor de' Baroni, che
in armi 1' avversavano e più avean fatta lega con Francesco duca di
Brettagna per cacciarlo dal trono e molestarlo con continuo ves-
sazioni.
L' ajuto prestatogli da mio padre fu utile , come gli tornò salutare
il consiglio d' accordare ai nemici le condizioni che più sarebbero a
loi'o piaciute , perchè anche ingannato gli rimanevano intatte le sue
forze, ritenendo il titolo di re , e datane 1' occasione poteva vendicar-
sene, essendo impossibile che un sì gran numero di principi potesse
unirsi ad un sol fine, e in un colpo rivolgergli contro le armate che
ciascheduno aveva preparate a propria difesa. In tal maniera, in breve
tempo impadronitosi di loro e liberatosi dalla soggezione , potè rego-
GLI SFORZA E CARLO Vili. 327
lare , attorniato dal rispetto di tutti , a suo beneplacito un regno , di
cui non si vedeva altro né più ricco, nò più vasto. Lui temevano i
più forti baroni , i popoli , le città , i duchi , i re ; era onorato dai
primati delle provincie , amato da tutti e da tutti riverito. Io mi ac-
corgo che nulla posso fare per rimunerarti della generosità che meco
hai usato, non ostante nutro desiderio fervidissimo di poterti mostrare
quanto r animo mio ti sia propenso, e mentre fra me stesso vo pen-
sando che mai possa fare per onorare la grandezza della tua gloria ,
nuli' altro mi soccorre alla memoria nella pochezza del mio stato, che
di giovarti collo stesso consiglio, che un dì il padre mio diede al tuo,
affine di ampliargli il regno e cessar 1' onta di cui volevano bruttarlo
i re di Napoli , che contro ogni diritto, quel regno che a te è dovuto,
e a te lasciato da' tuoi antenati , e tuo padre per eredità e per testa-
mento ha aggiunto alla corona di Francia, improvvidamente e con vio-
lenza usurpano, dilaniando i popoli, e con vergognosi balzelli dissan-
guandoli.
Non ti ricordi , o Carlo, che il tuo genitore, determinato di sconfig-
gere i Turchi , nuli' altro regno stimò più acconcio per procacciarsi
una flotta ed aumentare l'esercito, che questo regno, dove e si può
armare la flotta, ed ordinar l'oste, rincorarla ed acquartierarla? E fino
a quando sia il nome di Francia vilipeso , manomessa 1' eredità
regale dagli stranieri e trattati i popoli come preda di guerra , ti fa-
voriscono tutti , e te unicamente vogliono principe, e anelano portare
il tuo giogo, purché si liberino dal dispotico e tiranno Aragonese.
In quanto a me, armi , denari , cavalli , soldati , tutto è tuo purché
strenuamente combatta, né patisca che si aggiunga vergogna a vergo-
gna. Non temer ardua V impresa trattandosi di un regno di lungo pos-
sedimento ; hai per te tutti i potentati d' Italia, e Dio stesso avrà cara
e sacra la tua causa; rinfocolerà l'odio dei popoli; lui caccerà i ne-
mici purché veda in campo sventolar le tue insegne e sfolgorar le
tue armi , né diversamente si porteraimo i potentati. Accingiti dimque
all' impresa ; tronca ogni indugio : agli accalorati e disposti nuoce il
protrarre. Da questa fazione te ne verrà gran gloria, e luminosa fama
appo i posteri.
Di là, come varcato un ponte, invaderai i Turchi, li profligherai , ed
a Gerusalemme riunirai i calpestati cristiani , e riconquisterai quei
luoghi che un dì furono soggiogati dalle armi e dal valore de' tuoi
maggiori.
3:28 GLI SFORZA E n ARLO Vili.
Qual cosa più gloriosa che difendere la religione di cui sei capo ,
<i unire alle nostre file anche gli oppressi e non che rintuzzare le in-
giurie, rivolgerle contilo i minacciosi, ed erapire del tuo nome im-
mortale e ciclo e terra e mare. A te ricorrono e gridano i mille
fuorusciti Napolitani , cacciati dalla patria dal desposta Ferdinando.
Essi da te ajuto, confoiHo, riscatto e ritorno alla patria aspettano ed
invocano.
Là stanno partigiani , là cittadini d' ogni virtù ti onoreranno , che
soffocano la loro devozione pel timore de' supplizj , cittadini o popoli
senza colpo ferire si arrenderanno e alzeranno la gloriosa tua bandiera.
Inoltre il Turco move l'armi nell'Illirico contro la religione, e cerca
opprimere la Pannonia e tutto a disdoro della religione col ferro o
col fuoco devastando, mette a soqquadro. Soffriremo d'essere calpe--
stati e vilipesi dal comune nemico e vedremo indifferenti spregiato
Cristo, contaminati i tempj , profanati i divini misteri, e tutto sperpe-
rato ? È tempo che tu muova da Brindisi e difilato navighi a Valona ;
colà gli serrerai addosso all' improvviso, e avrai trafitti i nemici prima
che s' accorgano, quindi sarà forza che si ritiri per difendere 1' aggre-
dito suo regno. Non ti mancherà 1' ajuto di Massimiliano ; imperator
de' Romani , non quello dei re della Spagna e del Portogallo , non
-quello dell' invitto sir d' Inghilterra, non quello dei Daci e dei Sarmati,
'6 di tutta Italia; la gloria sarà tua, la fatica divisa con tutti. Non
perdere 1' occasione , perchè volendolo un' altra volta , non voglia
invano (1).
Sia uu modello delle arringhe , di cui gli storici d' allora im-
pinguavano i racconti, per amor della verità. Certamente il Moro
avrà esposto quella suasoria (che arieggia ad una ben nota di
32 anni fa) più brevemente ; e intanto giocava a due mani, poi-
ché al tempo stesso carezzava Massimiliano re dei Romani, come
si intitolava l' imperatore di Germania prima di essere incoronato
(1) Secondo il Cerio, Lodovico offriva al re 500 uomini d' arme, le grosse
navi genovesi e 12 galee, mantenute a sue spese, e occorrendo darebbe di più.
I
GLI SFORZA E CARLO VIIL 'A29
a Roma. Gli Elettori tedeschi aveano preteso che il Milanese
fosse un feudo dell' Impero , e gran colpa fecero a Venceslao
quando lo investì come Stato a Gian Galeazzo Visconti. Francesc(j
Sforza non ne chiese 1' investitura , né i suoi discendenti , onde
non erano considerati legittimi. Lodovico si valse di tale circo-
stanza, e ne chiese l' investitura a Massimiliano.
Il signor Felice Calvi ha pubblicalo la vita di Bianca Maria
Sforza- Visconti, regina dei Romani, imperatrice di Germania.
(Milano , Vallardi , 1888) di curioso interesse pei costumi della
fine del XIV secolo. Oltre la lode , qui la citiamo per la parte
che r autore vi ha introdotto della politica del Moro. Ai docu-
menti dell'Archivio di Stato, l'autore potè aggiungere molte carte,
giacenti negli scaffali di casa Taverna, e specialmente il carteggio
degli ambasciadori del Moro alla Corte imperiale. Del quale si
vede a non dubitarne il proposito di farsi duca, ottenendone 1' in-
vestitura da Massimiliano mentre ancora viveva il duca suo ni -
potè ; e il debole o avaro imperatore condiscendeva, a patto che
non la si manifestasse che alla morte di quello.
Lodovico la accelerò ì
È quello che i contemporanei dissero, e che ritenne il mondo,
facile a vedere il delitto in chi ne trae vantaggio. Il carteggio
del Moro col Pirovano e col Brasca è accorto e ben dissimulalo,
non cosi però che non ne trapeli la verità.
Si considerava come un onore, un vantaggio pei principi e pei
re d' Inghilterra, di Ungheria, di Spagna, di Francia, di Germania
r imparentarsi coi duchi nostri : e Lodovico volle assicurarsi
r amicizia di Massimiliano col dargli sposa Bianca Maria, nipote
sua e sorella di Galeazzo Maria.
Il Corio dà per esteso le trattative fatte , per mezzo dell' ac-
cortissimo diplomatico Erasmo Branca sopra il matrimonio : in-
sieme domandava i privilegi pel ducato a favore di esso Lodo-
vico. Bianca Maria era stata fidanzata, di 2 anni con Filiberto
duca di Savoja ; poi con Giovanni, primogenito del famoso Mattia
Corvino, poi con Ladislao re di Boemia e Ungheria. Ne discorse
questo Archivio nel 1875, pig. 51, seguendo a dire delle nozze
330 GLI SFORZA E CARLO VIH.
coli' imperatore , dei riti e delle cerimonie che le accompagna-
rono (1). Ed è curiosissimo e prezioso il lungo inventario del
corredo, assegnatole con istromento notarile, con minuta descri-
zione fino alle serviette, ai ditali, agli aghi, agli spilli, ai nastri.
Vi è soggiunto il menu del pranzo nuziale, fatto a Innspruk.
Massimiliano diede per Lodovico l' investitura, « ma si desidera
bene che d' essa lettera non se ne daghi exemplo ad alcuno ,
salvo che al Reverendissimo e Illustrissimo Cardinale Signor
Vostro (card. Ascanio Sforza) per mostrarla al Pontefice. » E
ciò per non incontrare ostacoli negli Elettori, e per non togliere
ogni speranza al re Alfonso ; anzi Massimiliano procurerà ottener
al Milanese il titolo di granducato, e di esser annoverato fra gli
Elettori dello Impero.
Quanto alla spedizione del re di Francia, Massimiliano indicava
al Moro come comportarsi , usandogli bei modi, e distogliendolo
dall' andare a Roma, per paura vi si voglia far coronare impe-
ratore, mentre i Veneziani lo impedivano a lui.
Curiose particolarità ci sono rivelate dal carteggio di essi am-
basciadori milanesi, i quali, come avverte il Calvi, non erano serj
negoziatori , ma ospiti e quasi amici della Corte e dei regnanti.
Diventano però serj quando la spedizione di Carlo Vili si matura.
Il re dei Romani mette il Moro in avvertenza contro le pre-
tenzioni di Luigi di Orleans sopra il ducato di Milano , come
erede della Valentina figlia di Gian Galeazzo Visconti; e le di-
verse Potenze si alleano per impedire che re Carlo acquisti il Na-
poletano. I carteggi son pieni delle paure e delle cautele del Moro
e di Massimiliano. In data 18 giugno 1495 si scrive da Worms :
La Maestà de li Romani prega el Signore Duca a fare bone guardie
allo Stato suo , e precipue a Milano , dubitando de qualche novità ,
parendo la Maestà sua avere certa noticia de li animi de li popoli :
(1) A quelle nozze, tra i varj apparati si segnalava il modello di una
statua equestre colossale di Francesco Sforza, lavoro ammirato di Leonardo.
Gli avvenimenti impedirono che fosse fusa in bronzo , poi i Francesi la
spezzarono.
I
GLI SFORZA E CARLO Vili. 331
et chcl voglia mettere bona guardia in castello de Milano, et che siano
alamani, et che similmente fusse una bona guardia nella cittìt de Como,
pur di gente alamana, et cossi al ultima terra de le frontiere di verso
Coyra , et tutti li passi fra Como et là per potere avere la via libera
de potersi condure a Milano , per il suspecto chel ha che Milano
debia fare novità. Venendo alla specificationc de li alamanni, che nel
castello de Milano se ponessìno 300 fanti de la compagnia de Messer
Zoanne capitano Volsheriche, e a Como 300 fanti de la compagnia de
Trous capitano de Tirola , li quali gli sono fidatissimi , et che sotto
loro el Signore Duca ha dormire sicuramente
La Maestà Regia ha in ponto orane cosa per rumpere in Borgogna,
et resta solo avere li dinari richiesti, et senza quelli non si fa niente,
et esso non ha dinari, et la Maestà Regia prega el Signore Duca a
farglieli rispondere per Nicolò Spinula a Venezia a Luca Beeser, quale
glie li pagherà a Anversa.
Per altre lettere del 20.
Il Texorero avendo parlato cum la Maestà del Re , gli ha pur
accordato el tenere ben fornito da ogni cosa necessaria el castello
de Milano, Como et le confine , et che pareva a sua Maestà che in
esso castello non se havessino tenere donne , quale multe volte sono
causa de la perdita de le forteze, ricordando a mandarle a Cremona,
dove intende essere bella stantia, dicendo Sua Maestà che, purché si
tenghi le predicte cose et la via expedita del venire suo , che non
dubita punto* che non recupera quanto fusse perso.
VL
I complicatissimi intrighi delle molteplici cancellerie, e distin-
tamente dalla Sforzesca , sono seguiti dal signor Delaborde con
una finitezza, che fa onore alla sua diligenza, ma toglie al rac-
conto quella rapida concisione, che il più dei lettori aspetterebbero
da un libro di tante eleganti forme.
(l) Tutto ciò ed altro il Calvi trae dall' Archivio Taverna , dimenticando
(né ce ne duole) la sua Bianca Maria.
Nel magnifico mausoleo di Massimiliano a Innsprak, fra le molte statue
di bronzo vi è pur quella di Bianca Maria, morta il 31 dicembre 1510.
332 GLI SFORZA E CARLO Vili.
Il re di Francia voleva indurre il nostro duca a restituire tre
città, tolte al marchese di Monferrato eh' erasi messo sotto la pro-
tezione francese, come il marchesato di Saluzzo, la contea d' Asti,
Lorenzo De' Medici non manteneva con Milano quell' amicizia ,
che avea fatto la forza d' Italia ai giorni di Cosmo e di Fran-
cesco Sforza. Il Moro, al tempo stesso che patteggiava coli' im-
peratore Massimiliano, strinse lega con Carlo "Vllt, legato coli' in-
vestitura di Genova ; e al quale offriva « tutti i suoi mezzi , le
sue armi , la sua stessa persona », e in secreto dava agli amici
venali del re biglietti per 8000 ducati , pagabili dalle banche a
Lione dei Medici , dei Martelli , di Pasquale Santi , per averne
accoglienze e protezione.
La corruzione era generale alla Corte. In conseguenza gli am-
basciadori milanesi ebbero splendidissimo incontro di 200 cava-
lieri, poi di 500 persone.
Le carte del nostro Archivio descrivono a minuto il ricevimento
in Parigi col cardinale di Lione e quattro vescovi e una folla di
signori in gran gala. Re Carlo stava sotto un baldacchino a fior-
dalisi, con anelli a tutte le dita, e in capo un berretto nero;
sopra un giustacuore di broccato d' oro a fondo nero portava
una veste di velluto raso di Lione foderato di damasco giallo.
Questa pompa non avrà tolto la cattiva impressione del brutto
viso e della meschina persona di Carlo Vili , e della sua sten-
tata parola.
Anche Zaccaria Contarini ambasciatore veneziano dice re Carlo
di 22 anni, piccolo e mal costrutto, brutto di faccia, grandi occhi
bianchi da veder male più che bene ; naso aquilino troppo lungo
e grosso; labbra grosse, sempre aperte ; certi guizzi nervosi delle
mani spiacevoli.
Il Moro non per questo cessava di promovere la federazione
di tutti i potentati d' Italia, e voleva s' intendessero nell'occasione
che a Roma renderebbero omaggio al nuovo papa Alessandro VI (1).
(t) M. Delaborde tende a scagionare o almeno scusare Alessandro VI, se
non altro come non peggiore di altri papi del Secolo che cadeva. Si appoggia
ì
OLI SFORZA E CARLO VIIL 333
C'era bel campo alla scaltrezza del Moro. Ma le altre Po-
tenze italiane vedrebbero di mal occhio 1' usurpazione a danno
del bambino di Galeazzo. Ripetiamo che gli Elettori dell' Impero
pretendevano che il Milanese fosse feudo , e quindi senza ra-
gione Venceslao l' avesse dato a Gian Galeazzo come ducato
indipendente.
Sui principi napoletani pesava la minaccia del re di Francia
come erede della Casa d'Anjou. Aveano dunque sentito la neces-
sità di confederarsi ; e Lodovico, volendo che quest' alleanza appa-
risse all' Europa da un pubblico atto, propose gli ambasciadori di
ciascuno convenissero a Roma un giorno determinato per felicitare
il nuovo pontefice , e quello del re di Napoli parlasse a nome
di tutti. Pier de Medici, uno degli ambasciadori, non pago d'e-
clissare gli altri collo sfarzo del suo seguito, voleva anche sfog-
giare r eloquenza fiorentina ; onde pose di mal umore Lodovico ,
che presto si avvide come colui , disertando dall' antica alleanza
cogli Sforza , si fosse avvicinato a re Ferdinando , il quale im-
putava il Moro d' opprimere il nipote, riducendolo fin a stentare
il vitto.
Alessandro VI aveva accarezzato 1' Aragonese , sperando im-
palmerebbe a suo figlio una figliuola naturale di Alfonso duca
di Calabria; ma vistosene deluso, e che quegli fomentava la di-
sobbedienza di Virginio Orsini , il quale , piantato fra Viterbo e
Civitavecchia , poteva aprir Roma ai Napoletani , si accordò con
al Cipolla. Tutte le nefandità che Vittore Hugo e i suoi imitatori inventarono
sul conto di Lucrezia Borgia non fanno impressione quanto la verità esposta
dal Gregorovius nella Storia di Roma e in quella della Lucrezia. La sfac-
ciataggine di Alessandro VI non tanto nel commettere quanto nel!' ostentare
le sue lascivie e le loro conseguenze , e ratificarle fino con bolle , e chia-
mare il sacro collegio e tutta la città a celebrarle, sorpassano quanto si
potrebbe immaginare della depravazione d' allora. Basti accennare che in
una bolla del 1 settembre 1501 legittima un figUuolo naturale di suo figlio
Cesare : e in un' altra del giorno stesso dichiara che quello non è figlio di
Cesare , ma figlio suo proprio. Esistono le due bolle nell'Archivio estense
a Modena.
334 GLI SFORZA E CARLO VIIL
Lodovico. Questi seppe trarre in alleanza offensiva e difensiva
anche Venezia; e dando Bianca Maria con ricca dote a Massimi-
liano ottenne da questo in segreto l' investitura del ducato di Mi-
lano. Avvezzo però a contare sulle promesse dei signori solo in
quanto abbiano interesse a mantenerle, sentiva come un tal voto
fosse di nessun peso , e gli alleati lo abbandonerebbero appena
tornasse lor conto. Pertanto , giocando a doppia partita cercò di
nuovo appoggio nei reali di Francia, a cui con rinterzati matri-
monj si erano innestati i duchi di Milano.
Felicemente è stata conclusa, facta e formata bona, vera, valida e
perfecta intelligentia, confederation et liga, duratura ad anni 25 et ultra
a beneplacito de esse parti, per conservation de la dignità et autorità
de la apostolica sede, per tuition de la rason del sacro romano im-
perio, et per dofesa et conservation di stati de chadauna de quelle et
di soi adherenti et recomandatì. La qual confederation et liga , è sta
deliberado che in questo zorno, in ogni città de chadauna de le parti
preditte, solennemente publicar se debi a gaudio universal de tutti.
Eowa San Marco !
La qual fo subito butada in stampa, con questi versi, scripti di sopra
la ymagine di collegati :
Questo è x>apa Alexandre che corregic
L' error del mondo con divine legie.
Viva lo Imperador Cesare Augusto,
Maximilian re de' romani justo.
Quest'è il gran re diSpagna e la regina, )
Che do infedeli ha fatto gran ruina. ^
Quest'è quel re il qual darà ancor briga l
A ogni nimico de la fedel liga. /
Potente in guerra ed amica de paco,
Venetia el ben comun sempre te piace.
Quest'è colui ch'ai sceptro justo in mano : ^
Tien el felice stato de Milano. )
Papa
Maximiliano
Angclterra
Venetia
Milano.
In questo tempo el duca Lodovico de Milano , vedendosi in gran
reputatione et in amicitia molto con Venitiani, per dimostrar da lui
veniva la guerra e la pace, fé dipenser sopra alcune barde un moro
GLI SFORZA E CARLO Vili. 335
ch'è 'I SUO cognome, el quale teniva il mondo in man, et pareva vo-
lesse cader, et lui lo teniva suso; con lettere atorno che dicova: Pur
che 'l voglia. Ma non voglio restar di scriver come alcuni saputi, non
havendo a bene questa tal ut ita dicam arogantia, li fece a l'incontro
questo verso : El tuo voler sarà la tua rovina , quasi dicat che '1
preffato duca andarà tanto facendo far novità in Italia , che potria
succeder di lui quello che '1 non vorrebbe , maxime essendo odiato
da tutti li soi popoli.
VII.
Queste trattative doveano spiacere a re Carlo , e per iscagio-
narsi Lodovico gli scriveva :
Finché fervette guerra fra te e Massimiliano ho ricusato sempre di
far alleanza con lui , ora essendo stata segnata la pace fra voi e il
di lui figlio ho provveduto coli* alleanza alla tua gloria e grandezza ,
non essendovi cosa più di questa profìcua alla vittoria della spedizione
di Napoli, avvegnaché non v'è potentato fuori dell' Imperatore de' Ro-
mani che più possa fatalmente turbare lo Stato di Milano, il cui ter-
ritorio è già suo, avvegnaché noi siamo d' ogni parte circondati dai
Germani e specialmente dall'Austria che ci sta in capo , la quale se
superasse le Alpi, ci avrebbe invasi e ci avrebbe costretti a difenderci
in casa , né avremmo potuto dartene aiuto né soccorso per la spedi-
zione ; e perciò con tutte le arti Ferdinando di Napoli cercò di dare
in matrimonio Margherita figlia di Massimiliano a Ferdinando di lui
nipote, ora principe di Capua, onde procurarsi gli ajuti dai Germani,
coi quali non solamente avrebbe frenato i suoi signorotti mentre faceva
scendere nei nostri confini gli Austriaci ed i montani Germani; ma
riscosso Filippo duca di Borgogna e tutto il restante della Germania
a^Tebbe suscitato alle armi e portata la guerra ai confini della Francia.
Aggiungi ancora che per mezzo di questa alleanza abbiam potuto re-
primere i Veneziani, perché, se mai per avventura, il che era forte-
mente da temersi, fossero insorti a guerra, avrebbero lentamente ri-
tardato quella tua spedizione e la tua gloria. Ora questi sono tenuti
in dovere dai Germani che ad un nostro cenno solamente precipite-
ranno dall' Austria in mezzo al loro territorio , ogni qual volta ess
nutrissero contro di te mali pensieri.
336 r.Li SFORZA i-: CvRlo viii.
Lodovico avea 1' accortezza di comperarsi i consiglieri dei re,
il quale del resto gli mostrava gran benevolenza , tanto che
r ambasciadore Belgioioso scriveva : « Davvero questo re è uno
dei migliori e più amabili principi del mondo. » Pure , insusur-
rato dai molti avversar] che il Moro avea alla Corte, volea che,
per garanzia, gli desse alcune fortezze del ducato. Il Moro, che
pure, in grazia di Genova, si sentiva legato al re, protestava di
anteporre tutto agi' interessi d' Italia , carezzava il papa , ma te-
meva sempre Napoli , e gli tardava di veder V esercito francese
interposto fra questo e lui.
Cogli ambasciadori mostrava la facilità dell'impresa, e « 1' af-
ferma con sue lettere Lodovico Sforza , al qual espertissimo
principe prestiamo tutta la fede.... »
Superato Ferdinando ed ivi stabilito 1' esercito e ristorata la flotta,
voglio passare contro i Turchi e disperderli, perocché i miei maggiori,
per aver altro volte superato quegli infedeli, hanno conseguito il titolo
di Cristianissimi, ed io non mi vedo ad essi inferiore. Ah quanto
adunque ne sarà glorioso il ricuperare 1' occupato regno di Napoli
dalle mani del potentissimo nemico, e coli' ajuto di Dio , colle nostre
forze e col nostro consiglio superare i Turchi , fortissimi sovra tutte
le altre genti dell'universo; e questa santissima e cristiana rehgione
da essi con ogni contumelia conculcata, stabilire nel mezzo delle loro
basiliche, onorarla nei templi, diffonderla fra quelle genti, e distruggere
in presenza di tutti i loro sacrifizj ed i loro idoli , quali cose vane e
superstiziose. Grandemente siamo tenuti a Dio ottimo massimo che
ne ha concesso tanto impero e maestà , il quale se saremo diligenti
avremo talmente ad aumentare, che terrà il primo posto fra i cristiani.
Non devesi pertanto rifiutare 1' utile consiglio , e si prender le armi
per la cristiana religione la quale versa in grave pericolo, e dobbiamo
con tutte le nostre forze aumentarla , e questa santissima impresa
sarà tanto grata al sommo Creatore , che al nostro evento ci sarà
favorevole.
Cosi il Corio, il quale soggiunge:
Tanta magnanimità e desiderio di Carlo, il quale non toccava pe-
ranco il vigesimo quinto anno di sua età, fu riputata cosa più divina
I
GLI SFORZA E CARLO VIIL 337
che umana da tutti gli astanti, o si accesero gli animi loro che cre-
devano di non veder mai quell* anno , quel giorno , quel!' ora che si
dovesse muovere V esercito in Italia a gloria del loro re, ed a questi
ubbidire.
Sia un saggio della opinione vulgare d' allora fra gli Italiani ,
da lunga mano abituati a considerare i Francesi come liberatori;
non v' era male da cui non si sperassero guariti per questo re
cavalleresco, che giovane e nuovo, abbandonava trono, agi, delizie,
per amor nostro : Galeazzo Maria s' imprometteva d' essere sot-
tratto alla oppressione dello zio ; i Fiorentini di risquotersi dalla
dominazione dei Medici ; Alessandro VI di dare stato alla sua
casa ; i Veneziani di umiliare gli Aragonesi ; i Napoletani di
sbrattarsi ai forestieri. Ma i savj, che non isperano beni even-
tuali da mali certi, pigliavano sgomento, anche senza le profezie
del Savonarola , né i portenti e le congiunzioni di astri che at-
terrivano il vulgo non meno che gli scienziati.
Al fine Carlo proclamava i suoi diritti sul Napolitano, s' inti-
tolava re di Napoli e di Gerusalemme, e moveva l'esercito, sempre
col programma di liberar Terrasanta, impresa a cui credevansi
obbligati i re di Francia, facendo preghiere e voti , e invocando
la intercessione e i consigli dell' eremita Francesco di Paola,
dappoi santificato.
Era morto il triste Fernando r« di Napoli , e il successore
Alfonso non ben si risolveva. Re Carlo nel trattato di Sanlis erasi
accordato con Massimiliano nel triplice intento, di liberar Terra-
santa, di corregger la Chiesa mediante un Concilio, di rassettare
r Italia a loro vantaggio.
Per quanti sforzi si facessero per un accomodamento , e per
impedire che Carlo in persona comandasse 1' impresa, 1' esercito
di circa 40,000 uomini passò le Alpi. Delle imprese militari la-
sciamo il racconto al signor Delaborde, alle quali tutta Italia fu
involta per terra e per mare.
Brantome dice (e noi dice il sig. Delaborde) che l' esercito « du
petit roy Charles était epouvantable à voir » ; la più parte scam-
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 22
338 GLI SFORZA E CARLO VIU.
paforche , ladri , bollati sulle spalle e mozzati le orecchie dalla
giustizia , e per coprirle portavano capelli e barba lunghissimi.
Quest' esercito (aggiunge Commes) mancava di tutto; il re ancora
fanciullo , debole di corpo , testardo , non aveva a lato né savie
persone, né buoni capitani, né denaro, o tende o padiglioni ; co-
minciava la marcia d' inverno; onde bisogna dire che questa
spedizione , andata e ritorno, fu condotta da Dio ; senza che vi
servisse il senso dei condottieri ».
Pure alla cattiva nostra fanteria, alla pesante cavalleria, alle
rozze bombarde, strascinate e lente, bastanti per le misere guerre
interne, prevalevano i 140 cannoni grossi e 1200 da montagna,
portati a spalla o tratti da cavalli , che avventavano palle non
di pietra ma di ferro, a cui non resistevano le vecchie fortifica-
zioni; e truppe che non pensavano a manovrare, ma ad uccidere
non solo gli uomini^ ma anche i cavalli.
Il risorgere della gentilezza diminuiva qui la passione delle armi,
cosi viva nel secolo antecedente; i capitani di ventura odorano
morti , o si erano procacciato signorie ; la guerra conducevasi
piuttosto con arte che con accanimento, si cercava risparmiare i
viveri, le armadure e soprattutto i cavalli, lo che al Machiavello
parea sintomo di avvilimento, toccando la vittoria non al più prode,
ma a chi avesse maggior denaro e perfidia, e cosi non terminan-
dosi mai la guerra, perchè poteano i vinti facilmente ripristinarsi.
Il Guicciardini dipinge a color di rosa questo tempo , che del
resto non ha nulla d' invidiabile se non pei mali venuti quando ci
piombarono addosso valorosi e grossolani Tedeschi , furiosi e li-
bertini Francesi, feroci e rapaci Spagnuoli, Svizzeri briaconi , in
gara di conquistarci, tormentarci, distruggerci, violando non che
la cortesia, 1' umanità , le convenzioni , 1' onore.
Sarebbe bastata la più piccola difesa delle Alpi per impedire
la calata: ma il Piemonte stava sotto un fanciullo in una tutela
disputata; e Bianca di Monferrato, tutrice di Carlo II di Savoja,
e Maria Paleologo figlia di Stefano despota di Servia, tutrice di
Guglielmo di Monferrato , fecero aprir le fortezze. Cosi Carlo
giunse ad Asti, città francese perchè soggetta al duca d' Orléans.
I
GLI SFORZA E CARLO Vili. 339
A Torino la duchessa gli venne incontro a capo delle sue dami-
gelle « ornate si bene che non v' era che dire », e gli prestò le
proprie gioje ch'ei mise in pegno per dodicimila ducati : la città,
oltre spettacoli nei quali sui crocevia rappresentavansi le imprese
di Carlomagno, gli offerse un cavallo, cui per cortesia egli pose
nome Savoja , e sempre il montò in quella spedizione , e sul-
r esempio di Alessandro volle che il suo giornalista ne facesse
ripetuta menzione.
Carlo il 3 settembre entrava a Torino,, e v'era ricevuto come un
padrone, e cosi per tutto il Piemonte. Ad Annone si incontrò con
Lodovico, venutogli incontro colla bella moglie Beatrice d' Este,
accompagnata da 80 bellissime signore, che tutte il re baciò. Gli
lasciarono « i segni del lor zelo impressi ».
Il Moro moveva cielo e terra per indur Carlo ad andare per
Genova a Napoli , ma egli si ostinò a traversare la Lombardia.
Nel castello di Vigevano , un de' più suntuosi d' Italia , il Moro
lo alloggiò splendidamente, ma il re volle averne in mano tutte
le chiavi , e teneva sentinelle ; tanto si fidava del suo carissimo
alleato.
A questo dava apprensione il proposito del re di visitare il duca
Galeazzo suo cugino (1) che il Moro teneva quasi prigioniero
nel castello di Pavia. In questo volle alloggiare Carlo , fattesi
qui pure consegnar le chiavi ; visitò la duchessa vedova Bona
di Savoja; poi il duca che giaceva malato, e che non osò la-
mentarsi dello zio. Isabella d' Aragona sua moglie se gli gettò ai
piedi, supplicandolo pel marito, pel padre, pel fratello (2). Lodovico
seppe eliderla colle magnifiche feste alla Certosa, poi accom-
pagnò il re a Piacenza , fra 7000 cavalli e gran corteggio , e
bandiere, e insegne e stemmi, e gli applausi immancabili del
cosi detto popolo.
Lodovico ben presto ritornò a Pavia, dove trovò morto il
duca nipote. Si disse, com' è troppo solito, ch'egli lo avesse av-
velenato : ne manca ogni prova.
(1) Nascevano da due figlie di Lodovico di Savoja.
(2) Lo racconta il Guicciardini : i contemporanei ne tacciono
340 GLI SFORZA E CARLO VIH.
Abbiam detto come egli avesse già dal re dei Romani ottenuto
l'investitura del ducato. Poi il 5 settembre 1494 esso re concedeva
a Lodovico e sua discendenza maschile il ducato, assegnando
al duca Galeazzo Maria una pensione di 12,000 ducati. Come
imperatore, Massimiliano potea farlo (lo ripetiamo), considerando
il Milanese quale un feudo, del quale gli Sforza non aveano cer-
cato r investitura.
Il Moro non voleva addurre quella investitura al popolo mi-
lanese, di cui voleva 1' acclamazione ; onde il 22 ottobre, convocati
nel castello duecento dei principali, espose quanti servigj egli
avesse reso alla patria j ma che avendo il compianto duca lasciato
un bambino, gli esortava a proclamarlo duca. Posta intesa, i
patriotti disdissero la proposta; non conveniva in tempo si pro-
celloso, dar la balia a un fanciullo; Lodovico stesso fosse duca.
E Lodovico si rassegnò a quello, per cui aveva trescato tutta
la vita; si pose indosso un vestone d'oro, con corteggio princi-
pesco passò alla basilica di S. Ambrogio tra i fragorosi ap-
plausi del popolo , che non giubila mai tanto , come allorché
cambia di padrone. Segretamente il nuovo duca fece rogar da
notaro che assumeva il potere in virtù della investitura im-
periale, e aspettò 1' autorizzazione imperiale prima di prender il
titolo di Duca.
Mentre la fredda salma di Galeazzo Maria si trovava ancora scoperta
nel Duomo « quasi da tutti universalmente compianto e commiserato
l'infelice e compassionevol caso », sua moglie Isabella coi poveri figliuo-
letti vestiti a lutto si rinchiuse a Pavia come prigioniera entro una
camera , e stette gran tempo giacendo sopra la nuda terra senza ve-
dere la luce.
«Dovrebbe ogni lettore pensare l'acerba sorte della sconsolata du-
chessa e se avesse il cuore più impietrito d'un diamante, pur piange-
rebbe nel considerare qual dolore dovea esser quello della sciagurata ed
infelice moglie, vedere in un punto la morte del giovanetto e bellissimo
consorte, la perdita di tutto il suo impero , i figli a lato privi d' ogni
bene , il padre ed il fratello colla sua famiglia espulsi dal regno di
Napoli e Lodovico Sforza con sua moglie Beatrice , avergli nel sue-
sposto modo occupata la signoria » (Como).
GLI SFORZA E CARLO Vili, 341
Massimiliano nelT ampliare le fatte concessioni , scriveva a
Lodovico :
Né solamente coli' accorgimento del tuo governo il dncato di IVDlano
e le di lui terre, che quasi erano sfinite del tutto perdute farono ricu-
perate, rialzate e pacificate. Ma ben anche il nome e la gloria della
milanese repubblica crebbe in maniera di non essere a nessun altro
regno inferiore.
Tu, non solamente hai provveduto al benessere dfei Milanesi, ma hai
apportato la pace e la tranquillità di tutta quanta l' Italia, di maniera
che tutti ti salutano padre della patria e salvator d' Italia. Aggiungi
che tutti che dall' Italia qui approdiamo siamo informati con quanta
equità, giustizia, clemenza e parsimonia governi le genti a te soggette,
che tutti si chiaman fortunati del tuo regime.
Queste cose come noi magnifichiamo ed abbiam care, cosi van di
giorno in giorno crescendo il cumulo del nostro amore verso di te;
e ciò tanto più perchè sappiamo di certo leco riunire i diritti del nostro
impero ed essere devotissimo alla maestà di Massimiliano. Le cose
cosi essendo, noi godiamo di far partecipe dei doni di nostra liberalità
e munificenza e di cumulare dei nostri più segnalati benefici, la tua
posterità, i tuoi figli e successori.
VIIL
La morte , e come popolarmente dicevasi , l' assassinio del
duca mosse 1' indignazione dell' esercito francese e la tema di
esser minacciati da qualche insidia ; si moltiplicavano aneddoti ,
paure , minaccio : si stupiva che il cavalleresco Carlo stesse le-
gato coir uccisore del suo cugino ; il duca d' Orléans^ che teneva
Asti, e ostentava ragioni su tutto il ducato come erede di Valentina
Visconti , esortava Carlo a cacciare il Moro , e con ciò si age-
volerebbe la conquista di Napoli.
Carlo Vili , udita la morte del cugino pianse , gli fece ren-
dere solenni esequie , distribuì limosino ; ma nessuna opposizione
a Lodovico , solo raccomandógli i figliuoli del defunto.
Lodovico dovette seguitare il re nelle sue imprese contro
la Toscana , donde cacciò i Medici ; poi sopra Roma e sopra
342 GLI SFORZA E CARLO Vili.
Napoli , stupendo 1' Europa che non incontrasse veruna resi-
stenza.
Su questi fatti non ci bada cosi minutamente il signor Dela-
borde, forse perchè gli manchino quei carteggi, di cui fece tanto
uso in principio.
Noi non abbiamo a raccontare quella spedizione ; solo, a con-
ferma di quanto dicemmo sulle diversità del guerreggiare fra
i nostri e gì' invasori , ricorderemo che il re assali Monte For-
tino , castello della campagna di Roma; colla sua artiglieria lo
sfasciò , ed entrato , ne uccise tutti gli abitanti. Altrettanto a
Monte San Giovanni , che aveva la guarnigione di 300 uomini
e 50 contadini , fu preso sotto gli occhi del re , che fece ardere
il castello e trucidare tutte le persone , durando otto ore quella
carnificina.
Le storie particolari ricordano ciò che ciascun paese soffri in
quella marcia. Chi però guardi alla situazione' d' allora , nou
giudicherà che queste spegnessero la nostra civiltà, poiché allora
r Italia maestra e modello delle nazioni per letteratura, per ur-
banità, per r eleganza delle Corti, per la splendidezza delle mol-
teplici feste , dei matrimonj , delle solennità religiose che trae-
vano numerosi pellegrinaggi ai santuarj e alla soglia degli Apostoli,
dei teatri, delle giostre, delle mascherate. Qui i Francesi trova-
vano vivacità d' ingegni , sfoggio di eloquenza sacra e civile ,
ardore nel cercare, pubblicare, commentare autori antichi ; nelle
Università gì' ingegni più eletti ; i principi aveano famigliari i
dotti e ne favorivano le ricerche; senza ripetere la volgarissima
protezione dei pontefici e dei Medici , accennerò di volo che il
re di Napoli , come premio d' una riconciliazione , da Lorenzo
de Medici esigeva un manoscritto delle deche di Tito Livio ; Fe-
derico , duca d' Urbino tenne a Firenze quaranta amanuensi per
copiare manoscritti ; e in sole copie spese 3000 ducati.
Per stare a cose nostre e senza risalire alle ricantate biblio-
teche dei Visconti , Francesco Sforza mandava in Toscana a
raccogliere i libri più degni. Alla Corte del Moro si raccol-
sero : Bramante architetto ; Franchino Gaffuri musicante ; Luca
GLI SFORZA E CARLO VHI. 343
Paciolo matematico; Gabriele Pirovano e Ambrogio Varese medici
ed astrologi; Lionardo da Vinci, pittore e tutto; i letterati De-
metrio Caleondila , Giorgio e Giulio Merula , Alessandro Minu-
ciano, Emilio Ferrari ; lo storico e giureconsulto Donato Bossi ',
Pontico Virunio erudito e uom di Stato, facevano gara di lodare il
principe ; Bernardo Bellincioni fiorentino era il suo poeta laureato ;
suoi storici Bernardino Corio e Tristano Calco ; Andrea Cornaziano
vi cantò in terzine l'arte militare ; Bartolomeo Calchi, Tommaso
Piatti , Tommaso Grassi e Giacomo Antiquario nel favorire le
lettere gareggiavano col padrone , il quale ampliò l' Università
di Pavia, e non passava giorno senza farsi leggere storie (1).
La letteratura si popolarizzava, e venivano di moda le satire in
versi. In altro luogo io ho pubblicato un sonetto, ove si dissua-
deva il Moro dai pericolosi suoi intrighi. In questo Archivio si
parlò distesamente del poeta Gaspare Visconti (anno 1886 , pa-
gina 509). Cui possiamo aggiungere Baldassare Taccone che cantò
le nozze di Bianca Maria.
Viveva di quel tempo un poeta bizzacro come tanti altri con-
temporanei , misto di ideale e di trivialità , amorevole , vendi-
cativo , devoto e osceno , il Pistoja (2). Fu famigliare del Moro,
e allude a' costui intrighi per far riuscire papa o il suo fratello
Ascanio o quel Borgia, che fu Alessandro VI ; mostra come si cre-
deva che dal Moro dipendesse la guerra (3) , benché' sempre
(1) Vedi questo Archivio, anno 1874, pag. 483; e nel 1886, pag 509, le
«lodi di Beatrice l'Este», come fautrice dei belli studj.
Tacendo gli altri narratori di quel risveglio , citerò solo Ecgène Muntz ,^
che, oltre Les Études iconographiques et archéologiques sur le moyen dge,
et la renaissance en Italie et en France à V epoque de Charle VIII^
Paris, 1883, perchè lavorava parallelamente all'epoca di cui discorriamo.
Dei cinque volumi che saranno, il primo è tutto d' Italia.
(2) Cappelli e Ferrari , Rime edite e inedite , di Antonio Cammello ,
detto il Pistoja. — Livorno, 1884. Il Renier a Torino , nella Biblioteca dei
testi inediti e rari , ne diede altri il 1883.
(3) Guerra non sarà mai per tempo o tardi
Finché il Moro non spiega i suoi stendardi.
344 GLI SFORZA E CARLO VIIL
ostentasse voler la pace ; dava ombra il matrimonio di sua ni-
pote ]Bianca Maria coli' Imperatore ; ed ora aizzava, or rappacifi-
cava questi statarelli. Intanto trescava per tirar di qua dell'Alpi
i Francesi, e il Pistoja lagnavasi che
il gallo sta gran tempo a far un uovo,
ed avvertiva il Moro :
Io te r ho detto
Aspetto al gioco pur matto lo scacco,
Che avendo in tanti stuzzicato il ciacco,
Ben ti starà s' ei ti stuzzica il petto.
Celebrò 1' assunzione del Moro :
Ve' eh' è fiorita al Mor la nobil pianta,
Ve' che '1 pronosticar mio non fu vano
Ve' Ludovico duca di Milano
Del mille quattrocento quattro e novanta
Non Moro più , che '1 nome s' è mutato ;
Chiamati pur chi t' è fedele amico
Septimo duca, duca Ludovico.
Insulta agli Italiani :
In sul transirti il Gallo le confine
Tutti i tuoi figli diventar galline ;
Prevede
Che al foco te ne vai senza riparo
Se '1 Gallo tornar lasci al suo pollare.
Presto il poeta ebbe a deplorare i guai di tutta Italia.
Ha ben 114 sonetti politici , violentissimi contro i Napoletani ,
cortigiano quanto i satirici moderni :
Quel ne cred' io che Lodovico crede.
I
GLI SFORZA E CARLO Vili. 345
Viene Carlo?
Lingue, tacete : il re di Francia é qui ;
Più non sia alcun che '1 suo venire ignori,
Spiegato il gonfalone e posto fuori ,
Sta il gallo per far 1' ovo de dì in di....
La impresa è grande, ed è lo assunto tolto
Molto maggiore; a voi tocca tacere
E lasciar far a quel che ha negro il volto.
Poi vede re Carlo andarsene, e il suo successor minacciar
nuovi guai all' Italia, d' accordo o in disaccordo coli' imperatore :
Ecco il re de' Romani e il re de' Galli ,
L' imper difender vien, l'altro in ajuto :
Prepara , Esperia , il tuo ricco tributo
Per pagar condottier, bande, e cavalli....
Pensa al tuo fine, Italia ! Italia guarti
L' aquila e il gallo dubito ; ti dica ,
Oh' ancor s' accorderanno a deciparti.
Se Marco e Ludovico
Non apron gli occhi a giustar questa soma
In breve si dirà: Qui già fu Roma,
E li Venezia è doma,
^ Genova in career tutta si riserba,
Bologna tutta ; e Milan fatto in erba.
E in fatto dovea presto vedere il suo duca spossessato, e Italia
in preda ai micidiali amori degli stranieri (1).
(1) Benché non abbia connessione, voglio notare che il cardinale Ascanio
Sforza , fratello di Lodovico , avendo ottenuto Y abazia di S. Ambrogio
nel 1497, impetrò dal Sacro Concistoro che T abate di S. Ambrogio si eleg-
gesse nel Capitolo di Chiaravalle ; il quale delle entrate di essa badia che
avanzavano dalle spese del culto, si dovesse, ogni anno, nel giorno di San-
t' Ambrogio ad nemus, maritare quattro fanciulle colla dote di cento fiorini
ciascuna ; ai poveri dar tanto pane e vino per mille lire ; ogni venerdì cinque
lire per testa a' poveri vergognosi ; nella festa di S. Ambrogio vestire dieci
poveri colla spesa di 200 lire , e in quel giorno l' abate pranzasse con essi ;
ogni giorno di Natale si liberassero dal carcere imprigionati per debiti colla
spesa di duemila lire. Corio, parte VII, cap. III.
346 GLI SFORZA 13 CARLO Vili.
IX.
Le delizie italiane inebbriavano 1' esercito francese, e da Napoli
Carlo Vili scriveva a Pietro di Bourdon, suo cognato :
Deh, che bei giardini qui ho ! affedidio, non vi mancano che Adamo
ed Eva per crederlo il paradiso terrestre, tanto sono belli e ricolmi
d'ogni buona e singoiar cosa. Inoltre vi ho trovato i migliori pittori,
e ad essi voi commetterete di fare le più belle soffitte che sia possi-
bile, e non saranno soffitte di Paux, di Lyon e d' altri luoghi di Fran-
cia , che non s' accostano in nulla per beltà e ricchezze a questi di
qua ; ed io li menerò con me per farne ad Amboise.
E il cardinale Brigonnet alla regina Anna di Bretagna :
Vorrei che vostra maestà avesse veduta questa città, e le belle cose
che vi sono ; un vero paradiso terrestre. Il re, per sua bontà, ha vo-
luto mostrarmi tutto quanto arrivai a Firenze , dentro e fuori , e vi
assicuro eh' è incredibile la vaghezza di questi luoghi , appropriati ad
ogni sorta di piaceri mondani.... Il re ve ne conterà, e vi ecciterà
desiderio di venir a vedere.
Non ci baderemo a raccontare quel che tutti sanno, che i po-
tentati d'Italia si sbigottirono dell'invasione, mentre i^ Francesi ,
imbaldanziti da quella facile vittoria, suscitavano e soperchiavano
gì' italiani. Trovato denaro , donne , delizie , si sbrigliavano ad
ogni licenza ; poi , satolli di godimenti e desiderosi di tornare
in patria e vantar le loro imprese , anelavano al ritorno. I
nostri, maltrattati, spogliati, offesi nelle loro donne, spiravano
vendetta.
Dei malcontenti si fé' centro Venezia. Il Moro, appagata la sua
ambizione , ne sentiva i pesi ; temeva che Carlo volesse domi-
narlo, che favorisse le pretensioni del duca d' Orléans sul Mila-
nese , che desse ascolto a Gian Giacomo Trivulzio suo gran ne-
mico. Si formò dunque una lega fra loro , il papa , il re dei
GLI SFORZA E CARLO v:n. 3-47
Romani e quello di Spagna, e il titolo n' era di schernnire l' Italia
da questa prevalenza francese. Anche i reali di Napoli ristoravano
le proprie rovinate fortune; dall'isola d'Ischia, dove il re si era
ricoverato, tornavano sul continente , fidanti nel malcontento dei
popoli.
Tutto ciò dava molto a pensare a re Carlo, che ormai abban-
donata la fantasia della guerra di Costantinopoli e. del regno di
David, pensava tornar nel suo paese per rifornirsi. Mosse dunque
l'esercito, affidandone la vanguardia a Gia;i Giacomo Trivulzio ,
arrivarono a Pontremoli , e di là s' internarono a Fornovo , tra
colline separate dal fiume Taro. Avevano sperato di passar senza
ostacolo, quando si videro a fronte 1' esercito dei collegati, coman-
dati dal giovane Francesco Gonzaga, duca di Mantova.
Se non si voleva dare addietro, bisognava venir alle mani, e
qui accadde una delle battaglie più celebri della storia, e di cui
sono cosi diversamente narrati gli accidenti e l' esito.
Tanto si dubitò della situazione, che nove persone si vestirono
come il re, perchè non fosse preso specialmente di mira; ed
egli fece special voto a san Dionigi e san Martino, e consegnò a
un suo cameriere un preziosa reliquiario, contenente frammenti
della S. Croce, eh' egli portava sempre addosso.
I Francesi, prima della battaglia, si fecero il segno della croce
e baciaron la terra. Il combattimento di 10 ore fu sanguinosissimo,
giacché i nostri valletti soccombevano alle forti armadure dei ne-
mici , che non davano quartiere e li sventravano.
Per consiglio del Trivulzio , si abbandonarono alla cavalleria
dalmata ed epinota dei Veneziani, i ricchissimi bagagli , sui quali
gettandosi essi , mandarono tutto a scompiglio. Cosi Carlo si tenne
fortunato di poter uscirne salvo, e ancora ricondurre in Francia
r esercito vincitore.
II Sanudo descrive la battaglia con una esattezza, che si cre-
derebbe vera , eppure i racconti di altri sono diversi , massime
quelli dei Francesi. Secondo essi , i bagagli che menarono via ,
erano « di valuta più di centomila ducati », e rimasero preda
degli Stradioti , coli' elmetto , la spada del re, i suoi stendardi ,
348 GLI SFORZA E CARLO VIIL
un uffizietto dov' era una preghiera, usata da Carloniagno, e una
pace ricca di gemme e di reliquie (1).
Da tutte le parti si cantò vittoria; dappertutto corsero avvisi
diversi di trionfi e di sconfitta ; a Rialto si faceano scommesse
che il re vi era rimasto morto. Questi, al domani, fece cantar
messa solenne con più di 500 gentiluomini francesi « e tutti si
comunicò curando di mantener la fede. »
Si discusse se raccozzarsi e rinnovar la giornata , ma si ri-
solse di raggiungere il corpo , che ad Asti avanzava col duca
d' Orléans.
Colà infatti era riuscito, come si proponeva, e continuava la
guerra esso Duca. A Vercelli aveano conchiuso una pace per cui
Lodovico prometteva due navi per difender Napoli, assalita dagli
Aragonesi , ma non 1' attenne , anzi chiuse il porto di Genova ,
sicché non ne uscissero i legni francesi , onde continuarono le
ostilità intorno a Novara ed Asti.
Lodovico cercava riconciliarsi col re , ma mettendo condizione
che il duca d' Orléans , pretendente al Milanese , fosse messo a
confine ; Gian Giacomo Trivulzio, suo gran nemico, fossegli dato
in mano , ed egli darebbe gente e denaro quanti bastassero a
far fronte ai Veneziani, ed anche per riconquistar Napoli.
Carlo, prima di passar le Alpi, desiderò un abboccamento con
Lodovico. Questi ne rifuggiva, temendo una sorpresa, e asserendo
(1) Un tal Cristallo di Val Brembana, bandito dal Veneto, balestriere del
marchese di Mantova , nella battaglia avea preso un Francese , e gli trovò
addosso questa anconetta o pace, tutta gioje e reliquie, e la presentò alla
Signoria, senza chieder altro, che di esser liberato dal bando. Ma gli furono
fatti regali e pensioni proporzionati al ricchissimo reliquario.
Un poeta ne fece questo epigramma :
Abstulit a Gallo pacem Deus Omnipotens,
Quid mirum pacem si modo Marcus habet?
Despexit pacem Gallus. Miracula cernis;
Anchoneta patet, paxque reliquit eum.
Hanc Cristallinus rapuit, qui Bergomes extat.
Maximus hic meritis perspicuusque suis.
GLI SFORZA E CARLO Vili. 349
che nel campo francese se n' era parlato , e che Carlo avesse
pensato coglierlo fin dal convegno di Pavia. Mostrò accettare,
ma si trovassero sopra un ponte, barricato alla metà. Carlo noi
volle, e prosegui.
Tornato in Francia, avendo battuto la testa in una porta mori
il 9 aprile 1498, e gli successe quel duca d' Orléans, che conquistò
l'Italia e diede l'ultimo colpo a Lodovico Sforza, severamente
punito della sozza sua politica, per la quale si dimenticano tante
insigni sue qualità ; e resta a capo di un' età infelice, ove l' Italia
perdette e ricchezze e dignità.
Cantù.
L' ANTICA BADIA DI S. CELSO IN MILANO.
Il viaggiatore studioso che venendo a Milano move a cono-
scerne i principali monumenti , è certamente dalla sua guida
condotto oltre al canale che apresi avanti la Porta Romana, e
presso la Lodovica, ad un augusto tempio preceduto da spazioso
cortile fiancheggiato da due nobili gallerie, ornato entro e fuori
da colonne, archi e statue ; tempio nel quale gareggiano ii buon
gusto delle linee e delle proporzioni colle dovizie dell' oro, del-
l' argento , delle pitture e dei marmi ; tempio nel quale alla de-
stra del grande altare ne sorge uno più angusto, ma tutto lavo-
rato in massiccio argento, consacrato alla Divina Madre coronata
dagli Angeli. Questa splendida fabbrica, perenne documento della
pietà del popolo e degli antichi nostri principi , dai quali fu ac-
colta a speciale protezione e largamente dotata, questa ora é
bensì comunemente chiamata San Celso, ma in fatto è invece il
Santuario della Vergine Assunta. Due passi più in là eh' egli
muova, trovar potrà il curioso , 1' oggi quasi ignoto San Celso ,
r antico tempio, ossia la piccola parte che di esso, come diremo
più innanzi , ancora rimane. Troverà ivi pure le traccie e me-
morie del pacifico nido di pochi cenobiti e le zolle che due ge-
nerosi campioni della nuova fede, Celso e Nazaro, nel secolo III,
del loro sangue inaffiarono.
l'antica badia di S. CELSO IN MILANO. 351
Un campo, denominato ai Tre Mori (ad Tres Moro»), a breve
distanza dalla città di Milano , ne' primi tempi del cristianesimo
servi allo strazio di molte vittime. Fra queste, la storia conservò
i nomi di Nazaro e del giovanetto Celso suo allievo che patirono
e morirono sotto Nerone nel campo appunto dei Mori, ove anche
furono sepolti. I loro cadaveri rinvenuti da Sant' Ambrogio nel-
r anno 396 , furono quindi trasportali 1* uno in una chiesa che
gli venne eretta presso la Porta Romana , 1' altro in altra che
qui appunto sorse ove egli avea perduta la vita.
Noi non sappiamo come fossero questi antichi sacrari , ma
probabilmente semplici assai e privi di sontuosità , come addice-
vasi all' epoca ed alle vicende d' una religione che si risentiva
ancora di tante sofferte persecuzioni. Soltanto ci è noto che nel-
r anno 992, l'arcivescovo di Milano, Landolfo II, figlio del no-
bilissimo uomo domino Bonizone , ad espiazione del sangue che
erasi per lui sparso in una accanita guerra civile , rifabbricava
la chiesa di S. Celso , 1' arricchiva di doni , e vi poneva presso
una famiglia di monaci; che poi egli morendo (998), veniva ivi
sepolto presso la porta maggiore, come aveva prescritto nel suo
testamento, in cui si ordinava altresì una esequie anniversaria in
perpetuo coli' intervento di molti cfecamani ec? uffizioli, a ciascuno
de' quali prefiggeva ad elemosina tre denari ed un cero. E il
nobile esempio fu presto seguito da altri ecclesiastici , in ispezieltà
da Petriberto, decumano-ufficiale della chiesa di S. Giovanni Ito-
lano, il quale lasciò al nostro San Celso, nell' anno 1052, buona
parte del ricco suo patrimonio.
A Landolfo dobbiamo adunque la ricostituzione della basilica
eh' era a tre navi , e la cui sontuosità ci si attesta ancora 'dalle
sculture, dagli ornati, dai rilievi che ci rimangono di quell'epoca,
e veggonsi principalmente sovra la porta e sui capitelli dei pi-
loni. Essa non soggiacque alle devastazioni ordinate dal Barba-
rossa nel 1162. Forse perchè estramurana , restò illesa come
altre ancora , forse perché quivi presso vi aveva posto il campo
il cancelliere imperiale, Rainaldo, arcivessovo di Colonia, ov-
vero perchè in quei pressi vi fosse assembrata grande parte del
popolo milanese che ancora teuevasi forte.
352 l' antica badia di s. gelso in milano.
La piccola parte , adunque , dell' antico edifizio religioso che
oggidì vediamo e che si limita al solo capo-croce delle tre ori-
ginarie navate basilicali , perchè il restante, meno la porta , fu
poi , come diremo, distrutto , è ciò che precisamente appartiene
all' epoca di Landolfo (secolo X) come riconobbero anche di re-
cente i più dotti neir archeologia cristiana e specialmente il
Dartein (1). Essa è costrutta a vòlta, senza cupole e loggie, con
absida affrancata da robusti contrafforti e munita di grandi fine-
stre colle spalle foggiate a risalti , caratteristica nota in edifici
del secolo X. I piloni a fascio hanno capitelli ricchi di fogliami,
d' intrecci e di figure capricciose ad alto e tondo rilievo, giusta
il costume di allora che molti scrittori vollero tradurre in rito.
La porta è armata a tutto sesto , e simile a quelle di S, Am-
brogio e di San Simpliciano. Al di sopra di essa scorgonsi le
.figure a rilievo di cinque fantastici animali , tre nel giro del primo
semi-cerchio comprendente 1' arco , due collocati al disopra del-
l' arco medesimo.
L' architrave offre in un rozzo bassorilievo le principali gesta,
disposte senza sufficiente ordine cronologico, dei Santi Nazaro e
Celso. In vari comparti firmati da piccole nicchie fiancheggiate
da poco eleganti e non tutte uniformi colonnette, veggonsi, guar-
dando da sinistra a destra, Nazaro genuflesso dinanzi al carne-
fice che sta per recidergli la testa ; quindi Celso parato al mar-
tirio, avvolto in largo manto su cui è impressa una croce; poi
gli stessi campioni condotti , fra due soldati , al carcere. Seguono
Nerone in clamide assiso sovra sedia curule ; un soldato a ca-
vallo ; Nazaro in abito da viandante : lo stesso che, uscendo della
casa paierna, dispensa ogni suo avere a' poverelli; una navicella
coi nocchieri che , vedendo Nazaro e Celso , da essi gettati già
(1) Devo professarmi grato a questo illustre scrittore per le citazioni che
egli si compiacque fare nell'insigne sua opera: Étude sur V Architetture
lombarde (Paris) della mia prima Memoria storico-epigrafica sovra questo
antico Tempio di S. Celso, da me letta nel R Istituto delle Scienze, ecc.,
in Milano, nel di 16 aprile 1843 e quindi pubblicata.
l' antica badia di S. CELSO IN MILANO. 353
nelle onde , passeggiare su quelle illesi col simbolo della fede
nelle mani , si volgono ad essi in atto supplichevole.
Finalmente 1' ultimo comparto ha le salme de' due martiri por-
tate dai fedeli al sepolcro. Le colonnette laterali alle prime nic-
chie, ov' è figurata la decollazione delle due vittime , rappresen-
tano alcune piante di gelso; ossia moro, giusta la tradizione che
il supplizio loro avvenisse nel campo dei mori. Sotto 1' architrave
veggonsi da ciascuna parte due curiose figure, le quali, tutte in-
curvate , mostrano sostenerlo cogli omeri , appoggiando le mani
contro i genitali. Vogliano alcuni attribuire questa scultura, per
sua grettezza, al secolo XII, ma non saprei con quale ragione-
vole motivo ritenere che 1' architrave di cui essa fa parte, fosse
stato innestato posteriormente nella porta tanto tempo prima edi-
ficata, e vorrei anzi crederlo contemporaneo alla porta medesima
perchè lo stile di quelle sculture non si dilunga gran fatto da
altre simili che ci restano del secolo X , e la rozzezza dell' arte
non era molto maggiore nel secolo XII che nel X. Nel vano
poi dell' arco è dipinta a fresco da un pittore del XVI , forse il
Cerano, la Vergine in mezzo ai Santi Celso e Nazaro.
Entriamo nella chiesa, ossia in quella parte di essa che ancora
rimane.
Abbiamo detto eh' era a tre navi , la centrale divisa in tre
campi di vòlta suU' asse, formati questi mediante una doppia ar-
cata sui lati. Colà veggonsi ancora parecchi degli enunciati capi-
telli di antico scarpello, di forma classica romana, sedici altri o
più frammenti se ne vedono fuori nell' indicato muro laterale. I
capitelli dei due piloni laterali alla porta rappresentano 1' Angelo, il
Bue, r Aquila, il Leone , simboli dei quattro Evangelisti. Uno, che
ora trovasi incassato nel muro esteriore, è in tre comparti formati
da nicchie con colonnette simili all' architrave testé descritto, ha tre
mezze figure, sovra una delle quali é una colomba; giova cre-
derle Sant'Ambrogio fra i martiri Nazaro e Celso; quest'ultimo
(perché fanciullo tratto al martirio) contraddistinto dalla colomba.
Degli altri capitelli, alcuni non sono che semplicemente orna-
mentali , ma ve n' ha anche di quel genere che fu chiamato sim-
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 23
354 l'antica badia di s. gelso in Milano.
bolico, pel costume che sembrò ad alcuni fosse adottato da quei
primi credenti di rappresentare con quelle figurazioni le cose, le
idee più sublimi ed auguste della Religione. Leoni , Sfingi , Cervi ,
Cani , simboli della forza , della sapienza , della velocità , della
fedeltà, ci offrono quelle sculture, fra le quali meritano partico-
lare considerazione tre di quei frammenti che sono incassati nel
summentovato muro esterno laterale e che rappresentano , l' uno
due arieti insieme uniti con una croce frammezzo, a simbolo forse
dei due popoli ebreo e cristiano, insieme congiunti sotto il ves-
sillo della fede ; 1' altro una testa fra due leoni ; il terzo un ca-
vallo bardato e sellato condotto da un uomo per la briglia e da
un altro rattenuto per una coscia. La testa fra i leoni esprime
Daniele nella fossa , ed è rappresentazione frequente nei monu-
menti cristiani più antichi , persino nelle pitture delle catacombe.
La si vede espressa ora in intera, ora in mezza figura, ovvero ,
com' é qui , nella semplice testa ; talvolta in atto di orazione ,
colle braccia protese al cielo, talvolta circondata da altre figure;
sovente entro la caverna dei leoni.
Con tali emblemi luttuosi i primi credenti miravano ad ani-
mare i loro fratelli nella furia delle persecuzioni a perseverare
nella fede. A differenza dei pagani i quali dell' idea della morte
non sapevano racconsolarsi se non con quella di un comune de-
stino, quei ferventi cristiani vi contrapponevano quella, ben più
sublime, di un eterno premio in una vita futura, e 1' esempio del
profeta liberato dalle fauci di fameliche fiere non poteva tornare
più acconcio.
Ma il più ragguardevole dei capitelli che sto descrivendo è
quello simbolico-morale che offre il cavallo guidato e rattenuto.
L' uomo nei pericoli della vita si volle ravvisare in cotale rap-
presentazione in cui r auriga figurerebbe il principio del bene
che guida al sentiero della virtù, contrastato da quello del male
che si sforza a sviarcene.
Questi capitelli che ricordano lo stile del corintio romano ,
quelle membrature classiche ivi ancora conservate , sono abba-
stanza eloquenti per farci trovare nell' antico edificio l'epoca del
l' antica badia D! S. CELSO IN MILANO. 355
SUO proraotore Landolfo. Alla quale di certo appartiene anche
r alto e robusto campanile , che spoglio ora di squille vi sta
presso, ed é una delle più antiche sacre torri ancora esistenti in
Milano, specialmente dopo il tanto lamentato recente vergognoso
atterramento di quella di S. Giovanni alla Conca.
Non é peraltro a tacersi (e ognuno facilmente potrà persua-
dersene), che in tanto volgere di anni ed in varie epoche il tempio
di S. Celso abbia avuto a subire più restauri e modificazioni. Ne
resta indizio di una provocata dall' abate Carlo' da Forlì (1450),
il quale molte cose vi fece e specialmente le lignee imposte della
porta maggiore, tutte lavorate a pregevoli intagli , nella sommità
delle quali sorgono le immagini , da una parte, di Sant' Ambrogio
in mezzo ai martiri Gervaso e Protaso , dall' altra la Madonna
fra S. Celso e S. Benedetto, leggendovisi inciso il nome del mu-
nifico ordinatore :
CAROLVS • ABBAS • FECIT • FIERI • MCCCCLI
Molti abbellimenti di pitture, sculture ed altri lavori per entro
la chiesa faceva eseguire il duca Galeazzo Maria Sforza, operan-
dovi i pittori Zanetto Bugato, Jacopo Zajnario ed altro pure per
nome Stefano (forse il Fedeli od il Marchesi , distinti pittori en-
trambi ch'erano allora in Milano), nonché gli architetti e scul-
tori Lazzaro Palazzo, Giovan-Giacomo Dolcebono ed altri (1). Ma
(1) Il documento che qui riportiamo, tratto dal grande Archivio generale
di Milano . accenna ad alcuni lavori fatti eseguire dal duca Gio. Galeazzo
Sforza in S. Celso verso la fine del secolo XV :
MCCCCLXXIIJ.
Mcccc I Qygg^a è 1j^ spesa facta nel ornanto dela capella de Scto Celso la
quale fuo principiato a di XIIJ daprile secundo uno designo ordinato per lo
jUmo Sig.re nostro : (s' intende il Duca Sforza suaccennato).
Primo per certe pere de marmerò fino comprato dali canonici de Scto
Ambrosio etc, e montato i S.nia L. XXIJ s. IIIJ.
Ite per peze duij de marmoro fino comprato per Lazaro da pallazo lapi-
cida in S.^ computate le nicture L. XX J. S.
Ite per asse IIJ de pobie per far li capcello etc.
356 l' antica badia di s. gelso in Milano.
queste opere quasi tutte perirono e con esse anche un più an-
tico palio di altare, dipinto nell' anno 1457 da un Antonio Man-
tegazza , a noi noto soltanto per tale lavoro di cui trovammo
Ommissis.
Ite per la portatura ad portare dicto capcello ad S.c'o Celso L. — S. X.
Ommissis.
Ite per la spesa de ornare tuto lo copcello de oro e azuro e manifactura
de dipintura (numerati) a magro jacobo Zaijnaro et compagni, in S.'* L. 84
Ommissis.
Ite per la dipintura de uaa cortina et la depictura facta in suso lo muro
disopra de lornamto de marmoro cosi de soto per fare li Effigij trati da
naturale del nro jll.mo Sig.re et de la jll.ma Madona con li fioli facti per
Maistro Zaneto depintore ed a luij et quelli che hanno facto la cortina
L. 159 = 12.—
Ite per le ante de ligname dove e dipincto suso le SS. cose e ferramto
et manifattura in S.* L. 8. S. 11.
Victure una delo lavorare del marmoro conducto a San Celso lire —
soldi XII.
Ite per Caualante XLII de sabiono conducto ad S.cto Celso L. 2 S. 2.
Ommissis.
Ite per portature VIIIJ a portare le pilastrate et la Ferrata et altre prede
ad S.cto Celso L. — S. 9.
Ite per una ferrata metuta in la dieta opera con uno vschiolo et ferratura
la quale limata rotonda et facta per magro Biaso ferrare in suma L. 19.
S. X. D. VI.
Ommissis.
Ite per li trombeti che sono metuti in mane ali Angeli de marmoro che
sono facti de recalcho bornito et sendàlo apichato a dicti Trombeti per le
bandere in suma L. 3. S. XVJ.
Ite la diademe et la bandiera metute in mane al Christo suscitato in
summa L. 1. S. 15.
Ite n. ac magro Stefano depinctore per metere doro lo marmoro et ad
fare una nostra Dona depincta drente ad la ferrata L. 28. S. —
Ite per Johanne Jacobo dulcebono con vno garzone per ope 64 ad comput.
de S. 18 per opa in suma L. 62. S. 2.
Ite per Lazaro rechioso ope L. XVIIJ con vno garzono ad 9put S. XVI
per opa L. 61. S. 4.
Ite per Filippo da Castelo per ope LXVI ad 9pute L. XIIIJ® per opa L. 5. 6.
l' antica badia di S. CELSO IN MILANO. 357
menzione (1). E di quanto ordinava nel 1473 per San Celso il
duca Galeazzo, nuli' altro ci sembra che avanzi se non una Ma-
donna dipinta sul muro in una bassa nicchia presso la cappella
già maggiore , ora unica , di cui troviamo notato : ad magro
Stefano depinetore per fare una nostra dona depineta
drento ad la ferata .... (Veggasi pag. 356 nella nota).
Tale pittura, fino a qualche anno fa, era abbastanza discerni-
bile, e vi si notava in un canto una figurina a profilo, diremo
quasi, leonardesco; ma ormai il tutto è ridotto una larva. Mi-
gliore sorte ebbe una immagine di Maria sorreggente il Bam-
bino, dipinto del secolo XV, fatto ripulire e adornare dall' abbate
Don Guglielmo Biumi nell' anno 1773 , come diremo dappoi (in-
scrizione n. 3) , la quale immagine vedesi ancora sulla parete
a sinistra della cappella, sulla linea della stessa.
Un prezioso monumento di cristiana antichità esisteva qui pure,
donde nel 1808 fu trasportato nell' attiguo Santuario di S. Maria,
vale a dire il lapideo sarcofago che conteneva le reputate spo-
Altri opera] :
Lazaro Recbioso.
Filippo da Castelo.
Baptista homadeo.
pedro da briosco.
bruno da pergamo.
Ambrosio da Como.
Samuel luono.
Johanne Antonio da pozo.
Michele dala Chiesa.
Alujsio da Como.
Ricardo de S.cto Fiorano.
Peze due de marmerò fino comprato per Lazaro da Pallazo lapicida in
suma computate le uicture lire 28.
(1) 1457. Ambrogio Mantegazza , pittore, pinge un palio per l'altare in
S. Celso, dotato da Antonio Legnano, pagato dalla Veneranda Fabbrica del
Duomo di Milano, erede del suddetto Legnano.
(Documento derDuomo suddetto, volume II, anno 1878).
358 l' antica badia di s. gelso in Milano.
glie mortali del martire Celso. Questo sarcofago, nell' indicato
Santuario di S. Maria fa ora da mensa all' altare della crociera
alla sinistra di chi entra. In esso sono scolpiti a basso rilievo ,
sul dinanzi , nel centro Gesù fra i Santi Pietro e Paolo, all' estre-
mità destra, il Presepio, e i tre Magi in veste frigia ; all' estre-
mità sinistra le tre Marie presso la tomba del Salvatore, S. Tom-
maso che tocca il costato di Cristo ; ai lati del sarcofago miransi :
da una parte Mosè che trae l'acqua dalla selce, dall' altra l'Emo-
roissa che tocca la veste a Gesù. La scultura ricorda le opere
romane del V secolo ; il suo collocamento in San Celso devesi
probabilmente a Landolfo. La descrisse con esattezza l' oblato
Don Gaetano Bugati nelle s.ue Memorie.... intorno le reliquie e
il Culto di S. Celso, nella quale opera è pure fatto cenno di
una croce greca assai antica , rinvenuta nell' urna del martire
in una ricognizione fattavi nel 1782 ; probabilmente vi era stata
introdotta dall'arcivescovo Landolfo, allorché nel secolo X fece
la prima traslazione del santo cadavere, volendo con essa indi-
care che ivi riposava un martire, giusta l'antico ritmo:
Ubi martyr ibi crux
martyrii sanctis quae pia caussa fuit.
La chiesa nella parte che ora non é più , comprendeva quattro
altari minori entro cappelle, due per lato, costrutti in barocche
forme nel secolo XVIL Uno di essi era titolato nel Crocefisso ,
altri nella Vergine , in S. Ambrogio , ed una poi nei tre martiri
Basilide, Cirino e Naborre, le salme dei quali ivi riposarono fin
dall' anno 1608 , per cura di Cesare Marino , come diremo più
innanzi , ed ora serbansi nel vicino Santuario di Santa Maria. Vi
stavano pure le due casse lapidee , nelle quali Landolfo arcive-
scovo, aveva deposto le reliquie di S. Celso, una delle quali casse
(ossia la superiore, quella cioè che racchiudeva il testé descritto
sarcofago storiato, entro cui era il corpo di S. Celso) trovasi an-
cora in questo vetusto tempio nella nave destra , mentre 1' altra
fu, come già si disse, tradotta nel prossimo Santuario, più volte
I.'aMIi A BADIA DI S. CELSO IN MILANO. 359
nominato. Al disopra della cassa tuttora esistente in S. Celso ,
sono infisse nel muro due iscrizioni (Vedi i num. 1 e 2 àeW Epi-
grafia) comprendenti la storia di quelle reliquie , le loro trasla-
zioni e ricognizioni , 1' ultima delle quali eseguita dall' arcivescovo
nostro Giuseppe Pozzobonello , nell'anno 1782, che fu l'ultimo
in cui ebbe vita nel recinto di questa Badia, la piccola famiglia
dei canonici regolari.
Chiesa e convento tenevano fin dal secolo X , come già si è
premesso , monaci benedettini : il nome di un loro Abbate Gio-
vanni é ricordato in un istromento dell' anno 1152 , in cui egli
fa concordia con Lanfranco preposto di Brebbia.
A mezzo il quattrocento la Badia veniva data in commenda ,
e divisi per ciò li suoi redditi a metà col Commendatario ; fu
eletto pel primo a tale dignità quel Carlo da Forlì già nominato
a pag. 355, il quale, fatto poi nostro Arcivescovo, ritenne nien-
temeno la Commenda e continuò ad abitare la Badia fin che
visse e neir antico tempio di cui fu benemerito, volle essere se-
polto (1475). Gli successe un Antonio dei Baldironi, che ebbe a
sostenere viva lotta coi monaci di Chiaravalle Milanese, renuenti
a riceverlo quale visitatore apostolico mandatovi da Sisto IV.
Partiti da S. Celso i benedettini , Papa Paolo III vi spediva in
loro vece li canonici regolari di Bologna della Congregazione del
Salvatore detti Scoppetiini o Rocchettini. Eglino fecero riattare
gli edifici con lavori durati tre anni , ma che alterarono in gran
parte le forme antiche del Tempio e le eleganti opere innesta-
tevi nel secolo XV, che quasi tutte perirono. Non più felici furono
le innovazioni recatevi da un Abbate-visitatore nel 1576, da un
commendatario, Teodoro Trivulzio, nel 1651 , dall' abbate di Go~
verno, Guglielmo Biumi , nel 1777. Il Trivulzio sconciò in parte
la bella e semplice antica facciata della chiesa , per introdurvi
il pesante suo stemma (tolto poi all' epoca repubblicana del se-
colo ultimo scorso) e l'epigrafe, che parimenti fu tolta:
THEODOR VS • CARDINALIS • PRINCEPS
TRIVVLTIVS • MDCL .
360 l' antica badia di s. gelso in Milano.
Il Biumi che fu il penultimo degli Abbati di Governo e mori
nel 1781, pose nella cappella maggiore il brutto altare che tut-
tora vi sta ed una spaventevole tela di un Giovampaolo Cazzaniga
con entrovi il martirio del Santo titolare ; egli imbarocchi le cap-
pelle laterali ormai senza nostro rincrescimento scomparse. Non-
dimeno meritò lode per aver fatto conservare quella Madonna
dipinta nel secolo XV , di cui si é detto a pag. 357 ed aver
fatto rassodare il magnifico campanile , del che fa memoria una
iscrizione di barbaro latino, infissa alla parete destra fuor della
chiesa (Vedi Epigrafia, Inscrizioni , N. 5).
Uomini illustri nei passati tempi ebbero quivi la tomba. Oltre
all'arcivescovo Carlo da Forli , già ricordato, sappiamo che vi
furono tumulati Bonifazio della Pusterla , abbate che fu del
monastero, oratore in nome di Ottone Visconte per la pace con
Cassone della Torre nel 1278 , morto intorno all' anno 1283,
dopo una vita piena di virtù ; Filippo della Pusterla , monaco ,
ucciso nel 1278 a Gorgonzola da quei della Torre in un fatto
d' armi contro l' arcivescovo Ottone Visconte, di cui era seguace,
inoltre un Cesare Marino, generale di cavalleria ed uditore nelli
eserciti di Carlo V in Italia , oriundo genovese , ma nato a Mi-
lano, ove mori nel 1608. Egli , fin dall' anno 1584 , aveva fatta
ampliare e adornare in questa chiesa la cappella seconda nella
navata a destra per collocarvi le salme dei santi Basilide, Cirino
e Naborre, e vi aveva instituita una cappellania, come danno le
iscrizioni da noi riportate al num. 18, 19 della parte epigrafica.
La Commenda abbaziale che percepiva la metà del reddito dei
beni appartenenti al monastero, durò fino all' epoca dei rivolgi-
menti avvenuti alla fine del passato secolo , e 1' ultimo investi-
tone fu il cardinale Giuseppe Albani, morto nella prima metà del
secolo presente. Anche la piccola Badia dei Canonici di S. Celso
ebbe fine in quell' epoca (1783) , perchè compresa nelle prime
soppressioni ecclesiastiche avvenute fra noi. Era abbate di Go-
verno un Don Domenico Forziati , nato a Napoli nel 1738 e vi-
vente ancora nel 1800 a Milano, ove aveva acquistata la citta-
dinanza.
I
l' antica badia di S. CELSO IN MILANO. 361
I canonici residenti non erano allora che quattro con un solo
laico e tutti furono licenziati , conservata tuttavia al culto la
chiesa ed assegnata al Comune col titolo di distrettuale.
Nel 1802 la si diade quale sussidiaria alla vicina parrocchia
di S. Eufemia, postovi rettore il sacerdote D. Giacomo-Francesco
de Portai, col provvedimento di annue lire milanesi 1500 , per
la manutenzione della chiesa.
Nel mese di agosto 1818, per dare maggior luce e ventilazione
al vicino Santuario, furono demolite quattro delle sei arcate che
costituivano il corpo longitudinale del tempio e col magistero del
valente architetto che fu Luigi Canonica, veniva trasportata al ter-
mine delle due prime 1' antica porta già descritta , e collocatovi
r elegante finestrone a ruota (rosone) che tuttora vi sta, si venne
a formare un Oratorio. Alla quale opera condotta secondo lo stile
primitivo della Basilica e resa poi perfetta nell'anno 1851, nes-
suno vorrà negare 1' onore di essere stata fra noi la prima con
cui siasi tentato e con buon successo procurato a un edificio re-
ligioso un' assegnata restituzione all' antico stile lombardo. Ag-
giungiamo essere dessa il migliore ripristino secondo arte, storia
ed archeologia, che in parità di merito col S. Abbondio di Como,
sia stato finora nei nostri paesi condotto.
Ne concepì l' idea e diresse personalmentee l' opera del 1851
un buon sacerdote, amantissimo dell'arte e benemerito della pa-
tria, Don Giovanni Leoni , del quale bene a proposito 1' illustre
Dartein fece ne' suoi scritti onorevole menzione (1).
Dall' epoca suddetta (1818) in avanti , il nuovo antico Oratorio
rimase quasi sempre annesso all' attiguo Santuario di Santa Maria,
con cui venne messo in comunicazione mediante una porta quasi
a formare una cappella dello stesso , e noi si potè emancipare
da tale sudditanza che per alcuni anni , dal 1860 al 1871 , nel
qual tempo servi di chiesa sagramentale al Collegio militare di
(1) Don Giovanni Leoni, nato a Milano nel 1807, vi mori nel 16 novem-
bre 1887, fra il generale rammarico di quanti lo conobbero od ebbero no-
tizia di lui. Fu verace e costante amico dello scrittore di queste memorie.
362 l' antica badia di s. gelso in Milano.
S. Luca, che vi sorge rimpetto , e 1' oratorio allora era ufficiato
nobilmente da due cappellani. Di presente ben di rado lo si apre
al culto e lo si fa servire, con vera indecenza, a ricetto di
scranne.
Possa il sincero lagno eh' emana dal cuore di un vecchio
amante dell' arte e della patria , muovere gli animi dei rispetta-
bili Patroni di questo antico religioso edificio, a far si che venga
senza indugio restituito all'antico decoro!
Michele Caffi.
EPIGRAFIA.
Le due primo lapidi cristiane che offriamo si trovano entro la
chiesa e rammemorano le reliquie del martire Celso che diconsi
rinvenute da S. Ambrogio nel secolo IV, qui trasportate nel X"'"
da Landolfo, riconosciute nel XVI (precisamente nel 1521) dal-
l'Abbate Commendatario Pallavicino Visconti, e quindi nel XVIII
dal nostro Arcivescovo Pozzobonello ; per ultimo trasportate nel
1813 nel vicino insigne santuario di S. Maria Assunta.
I. Entro la chiesa attuale.
ISCRIZIONE 1.
D • O • M
CORPUS • S • GELSI • MARTYRIS
SAECULO • QVARTO • INVENTVM
DECIMO • TRANSLATVM
DECIMO • SEXTO • RECOGNITVM
lOSEPH • CARD • PVTEOBONELLVS • MED • ARCHIEP
HIC • REPOSVIT
ANNO • DOM • MDCCLXXXII • X • KAL • AVGVSTl
l'antica badia di S. CELSO IN MILANO. 363
DIVI • CELSI • MARTYRIS • INVICTI
SACRO • CORPORE • IN • AEDICVLAM • CELSIANAM
PROXIMI • DEIPARAE • TEMPLI
TRANSLÀTO
V . KAL . MAI . AN . M • DCCC • XIII
HEIC • VRNA • QUAE • ILLVD • CONTEGERAT
POSITA • EST • AN . M • DCCC • XXVIII •
3.
Sotto la ìmmagiue di una madonna a mezza figura dipinta sulla
parete al lato sinistro della chiesa sulla linea dell' unico altare
ora esistente in essa.
ANTIQVAM HANC
DEIPARAE IMAGINEM
SAECULIS XIV ET XVH
POPULI FREQUENTIA
AC MIRACULIS CLARAM
NOBILIORI HOC LOCO
DEPORTANDAM CURaViT
GULLIELMUS BIUMI
HUIUS COENOBII ABBAS
ANNO DOM. MDCCLXXIII
Lo Stile della graziosa pittura ci dispensa dal credere all' iscri-
zione che ci vorrebbe far ravvisare in essa un' opera non ante-
riore agli ultimi anni del secolo XV od ai primi del successivo.
4.
Sul suolo sovra una modestissima tomba :
IO ANTONIO HOMACINO
IVLIVS C.«SAR FILIVS AC
HYPPOLITA A S AMB° VXOR
IN MORTVVM HONORIS
ET PIETATIS ERGO
P
MDLXXXni
364 L* ANTICA BADIA DI S. CELSO IN MILANO.
Essa fu sostituita ad altra che stava nella cappella di S. Ba-
silide , e che ricordava le beneficenze di Giannantonio Omac-
cino , segretario del Senato di Milano , morto nel 1583 e quivi
sepolto.
II.
Sul muro laterale a sinistra fuori chiesa :
5.
TVRRIS RESTAVRATA
SCALIS MARMOREIS ERECTIS
CAMPANIS AVCTIS ET ADDITIS
AVREOS M M M
IMPENSA
MDCCLXXIX
D. GVLLIELMO BIVMI ABBATE
ET CANON ICIS
I nostri lettori non s' innamorino di questo latino che rivaleggia
quello dell' epigrafi Biraghiane poste non più che venti anni ad-
dietro sovra la tomba di Ariberto nel nostro Duomo.
6 e 7.
(Sulla stessa pietra). »
H I e REQVIESCET IN FA C e
tVSTINVS QVIVIXIT IN SC
e V L O A N PLM. L. DEPOSI
^VSSVB. D. C. IDVS. DECEmè
TES SIMMACVM VCC
B. M.
HIC REQVIESCET IN pUCe
MARTIA QVI VIXIT IN SEC
VLO ATinos PLM. Lv. depo
SITA SVB. D. XII. KAL. APRIL.
l'antica badia di S. CELSO IN MILANO. 365
Sono Giustino e Marzia. Il primo mori d' anni dieci, sei giorni
innanzi alle idi (cioè addi sette dicembre), sotto il consolato di
Simmaco ; dell' altra non rilevasi chiaramente l' anno , ma per
essere ambedue le epigrafi sulla stessa pietra , eguali le di-
citure ed il sistema grafico può ritenersi che siano contem-
poranee.
Molti Simmachi consoli sono ricordati dal Sirmondo nelle note
ad Ennodio, e dal Gottofredo nella Prosopografia del codice teo-
dosiano, ma fra essi sembra che il Simmaco della prima lapide
sia il Quinto Aurelio Simmaco console di occidente che non ebbe
collega, e tenne i fasci nell' anno 485. Veggansi le opere di
Alcinio-Avito fra la Collettanea del Sirmondo, ov' é una let-
tera di Avito a questo Simmaco. Questo stesso consolato è
poi segnato anche in un marmo presso il Reinesio. Clas. 20 ,
num. 368.
Altro frammento presso a poco della stessa epoca , a quanto
pare dalla forma dei caratteri , è il seguente che vi si legge
vicino :
8.
IN SECwlo
ORANGO iis
/lmon... età
VI oc-Tobrìs
Alcuno volle rilevarvi 1' epoca dei Consoli romani, Flavio Mo-
naxi e Plinto, vale a dire 1' anno dell' èra nostra 449.
9.
Altro frammento é il seguente anonimo che ricorda il Conso-
lato di Teodosio : (Sec. V) 441 ?
coNSVLe domino nostro
theoDosio
in pACED eposHus
kal lANO arti
(ù ^ A
366 l' antica badia di S. gelso in MILANO.
10.
Frammento pure anonimo.
ann
LXV. DPS
DiES XIII Kol. . . consulibus
ASPERO ET ariohindo
HIC POSIT
vs Qvi vixU annos
XVIII DEpOsit
V
ASPERi Et ariohindi consulibus
B. M.
HIC REquìescit in pa
CE CA
11.
Frammento vicino al precedente n. 9 (1).
HIC REQviES«7 in pa
CE CALOMNIMS qui
VIXIT
Il Consolato di Aspero ad Ariobindo cade all' anno 434.
12.
B. M.
hic REQVIESCIT IN P
ace SECVNDINVS
S QVI VIXIT IN
saecvLO ann • pl • m •
DEP. SVB DS XIII
kal lANVARIAS
cons. pauLim lymoris
in Dictione xiii
La lettera S rimasta sola al cominciare della terza linea po-
trebbe far credere che Secondino fosse un sacerdote. Il Consolato
(1) Questo frammento era forse il principio delle lapide anteriormente
segnata col num. 10.
l'antica badia di S. CELSO IN MILANO. 367
di Paolino juniore corrisponde all'anno 534 nel quale per altro cor-
reva r indizione XII fino al mese di settembre in cui pervenne
la XIII. Essendo morto Secondino tredici giorni innanzi alle ca-
lende di gennaro, cioè nel 18 dicembre, fu giustamente accennata
nella lapide l'indizione XIII.
13.
La memoria che qui poniamo è incisa in pietra nera infissa
nella stessa parete in cui sono le altre dal num. 4 in avanti.
Venne pubblicata pel primo dall' Alciato nel suo Antiquario (mss.
nell'Ambrosiana). Appartiene evidentemente ai primi tempi cristiani.
ARCAM COMPARAVIT ET AVR
©VALERIA VIRGINIA MEA Q\l\lXÌt
.... ANNOS MECVM XXVII MENSIS HII SIC
FATO DECESSIT
Si sa che tirgince appellavansi le donne ite vergini al talamo :
quindi Valeria virginia mea, corrisponde in sostanza a valerla
CONSORTE MIA. Pure i canonici regolari di s. Celso interpretarono
per VALERIA il cognome, per virginia il nome ; credettero fosse
questa lapide sepolcrale di una Virginia Valeria , e sottoposero
alla epigrafe testé riferita il seguente marmo, testimonio tuttora
della grossolana loro credenza :
antiqvissimvm
valeriae familiae
monvmentvm
ab alciato lavdatvm
ac pene deperditvm
restavrata ecclesiae
FRONTE
ABBAS ET CANONICI
LVCI RESTITVERVNT
A. D. MDCCLXXrv.
368 l' antica badia di s. gelso in Milano.
14.
Altro frammento più recente dei precedenti , di poca entità e
difficilmente interpretabile sembra riferirsi alla memoria di inno-
minato chiaro giovane la cui madre portasse il nome di Nova.
. ... io VENIS CLARVS
.... NO VOCATPS
cvwi Genitrice nova nomine
MAGNIFICI PATRISAN....
NAM FILIVS ALDI ....
PRODOLOR HEV PLorars
TEMPORA TOTA VOLE^
Tali lapidi ed altri avanzi di romani lavori del secolo quinto,
capitelli, fregi e figure del secolo decimo ricoverati in questa
parte esterna del tempio erano stati rinvenuti negli ultimi lavori
fattivi nel secolo attuale nel pavimento e nei muri del tempio.
Il che è indicato dalla iscrizione seguente che venne infissa
r anno 1854 nell' accennato muro laterale.
15.
PARIES HIC
CELSIANAE • BASIL • DVM STARET
INTERLECTIS • HVC • ILLVC
RELIQVIIS • ARTIS • PRIMAEVAE
AB • INIVRIA • VINDICATIS
AD • PRISTINAM • FORMAM
RESTITVTVS • A • MOCCOLI V.
In questo spazio esterno a destra dall' entrare nella chiesa ven-
nero poi nella stessa epoca del 1854 raccolti e collocati prege-
voli capitelli di marmo, alcune finestre doppie ed altre belle opere
di epoca rinascente tolte nell' anno 1836 in onta alle arti , al-
l'attiguo Santuario di S. Maria e vi fu posta dappresso la se-
guente iscrizione :
I
l'antica badia di S. CELSO IN MILANO. 369
16.
AVANZI DELL ARTE BRAMANTESCA
TOLTI ALLA CVPOLA DEL VICINO
SANTVARIO DI N. S.
QVI RACCOLTI 1836.
Prossimi a questi frammenti vennero collocati due stemmi io
marmo a bassorilievo del duca Galeazzo Maria Sforza portanti
incise le sigle gz. m.
HI.
Altre iscrizioni eh' erano nella parte demolita del tempio e
delle quali è ignoto 1' esito.
17.
Sovra un avello :
HERCULI CASTELLETTO SUMMAE SPEI ADOLESCENTI
CAROLI V. CAES. AUG. MANUVICTRICE IN EXPEDITIONE
BELLI GERMANICI OB CLARAS ANIMI
VIRTUTES EQUESTRI MILITIAE ORDINIS INSIGNIBUS
EXORNATO. FRANCISCUS -F.T ELISABETH' FILIO
PRAEDILECTO P. ANNO A PARTU VIRGINIS
M.DLIII. XVI CALEN. lUN.
E lo sfogo degli affetti di due infelici genitori , Francesco ed
Elisabetta Castelletti, che piangono nel loro figlio Ercole il fiore
delle loro speranze da immatura morte reciso.
18.
Nella cappella a capo della navata sinistra titolata nei mar-
tiri Basilide, Cirino e Naborre ampliata e adornata da Cesare
Marino di cui a pag. 358.
Arck. Slor. Lomb. — Anno XV. 24
370 l' antica badia di s. gelso in Milano.
avcto ornatoqve sacello
cibariis sacerdoti decretis
caesar marinvs
PAT, GEN.
CORPORA TRIVM MARTYRUM
QVI SVB MAXIMILIANO CAES.
SINGOLARI CONSTANTIA VITAM PERFVNDERVNT
HOC IN LOCO SERVANDA COLENDAQVE
CVRAVIT
ANNO DOMINI MDCVIII.
Neil' anno 1809 queste spoglie vennero trasportate esse pure
nell'attiguo santuario di santa Maria, ove riposano ora insieme
con quelle di s. Celso nell'altare della crociera a sinistra di chi
entra. A quell' altare venne ad uso di mensa adattata 1' arca
storiata marmorea , di cui si é detto ; custodia già delle spoglie
di s, Celso, fino dall' età di Landolfo.
19.
Prossima a questa, era sulla tomba del Marino la seguente :
CAESAR MARINUS PATRICIUS ORIGINE GENUSUSIS
MEDIOLANENSIS NATIVITATE QUI BELLICA VIRTUTE EQUITUM
PRAEFECTWS MORUM SVAVITATE OMNIBUS CARISSIMUS
MORTIS MEMOR POSVIT MDCVIII.
20.
Sovra tomba nella cappella seconda delle laterali che erano
nella navata a destra :
D • 0 • M ■
ALFONSO GUEVARAE HISPANO • PAPIENSI LAUDENSIQUE
PRAETURA • PERFUNCTO • UNIVERSI EXERCITUS CAROLI V. CAES
IN ITALIA • AUDITORI • MEDIOLANI SUMMO FISCI
ADVOCATO • A CONFILIIS SECRETIS • PHILIPPI REGIS
HISPANIORUM • APUD INSUBRES • ALFONSUS FIL. PARENTI OPT.
MERITO • P. NATUS ANNOS LXX • MORTEM OBIIT PRIDIE
ID. APRIL • MDXXXIV
l'antica badia di S. CELSO IN MILANO. 371
21.
Poniamo qui in seguito alle altre a corredo di storia V epi-
grafe che nella ricognizione del 1872 venne rinvenuta nell' avello
del martire impressa sovra lastra di piombo e che risale a pre-
cedente ricognizione fattane 1' anno 1521 dal già accennato Ab-
bate di s. Celso Pallavicino Visconte Vescovo eletto di Alessandria.
Essa deve trovarsi ancora nella sua antica tomba presso gli
avanzi del martire.
i
M • D • XXI
7 HOC • DIVI • GELSI • SACR • CORPUS • A SANCTO -AMBROSIO -ALMO-
HUIUS • URBIS • PRAESULE • HIC • OLIM • RECONDITUM • R • AC • ILL ■
DNUS • PALLAVICINUS • VICEC • ELECTUS • EPS • ALEXANDRINUS •
HUIUSQUE • MONASTERII • ABBAS • ADINVENIT • DETEXIT • QUE • UT •
DE ILLO • CERTIOR • FIDES • HABERETUR • HIC DEMUM • SOLEMNITER
REPOSUIT • ANNO • DOMINI • D • M • XXI • DIE XXV III • APRILIS •
f CUM • ILLO • INVENTE • FUERUNT • ET • SL • RECLUSE • RELIQUIE-
CTOR • APLOR • PETRI • PAULI • HOME - BARTHOLAMEI • NEC- NON -
r . BEATOR • MARTIR • XPOFORI - DESIDERII • SPEI • FIDEI • ET • CA-
HITATIS - AGNETIS - ET - TEGLE • SUNT • ET • ALIA • NOMINA - QUE •
TTIS • VETUSTATE - CSUMPTIS • NON - BENE • DISCERNUNTUR • ADEST •
KT VASCULUM - SANGUINIS • IBIDEM - REPERTUM • DE • QUO • DIVUS •
.MBROSIUS • E • C - ■]-
VARIETÀ
L'ARCO DEI FABBRI
ANTICA PUSTERLA DI MlLANO
L' erezione del nuovo quartiere di Porta Genova col relativo-
allargamento di via San Simone , e più recentemente la delibe-
rata copertura del Naviglio, dal tronco detto di San Gerolamo alj
l'Arco dei Fabbri, hanno alterato e stanno per scompigliare ance
l' arco dei fabbri. 373
più la topografia delle adiacenze di questo Arco, il quale è ormai
l'ultimo esempio che ci resta delle dodici pusterle, che, secondo
il Fiamma, si interponevano alle sei porte della città (1). A tutela
di questo avanzo dell' antico circuito di Milano iniziato poco dopo
il 1171, e più tardi completato nelle torri da Azzone Visconti, già
si fece sentire in seno al Consiglio Comunale la voce del senatore
Tulio Massarani, e già hanno pronunciato voto favorevole alla
conservazione tanto la Consulta Archeologica che la Commissione
Conservatrice dei Monumenti. Non riescirà quindi inopportuno il
riassumere le vicende di questa pusterla, ricavandole dalla rela-
zione che, in unione all'avv. Emilio Seletti, ebbi a rassegnare alla
Consulta Archeologica.
La pusterla in questione dista dall' antica Porta Ticinese di
metri 290 (corrispondenti alle braccia mil. 480 , riportate dal
Fiamma e dal Corio) e , secondo il tipo delle pusterle di quel-
r epoca (2), aveva un solo passaggio sul quale s'innalzava diretta-
mente la torre di difesa. Della sua forma primitiva rimangono
solamente visibili le due arcate , delle quali quella verso il fos-
sato è più interessante di quella verso città , per la perfetta lavo-
razione dei vari conci di pietre componenti 1' archivòlto e per
le profilature della imposta. La larghezza dell' arcata verso città
è di metri 5.25, 1' al ira è alquanto minore — metri 4.80 —
-sondo cosi ristretta dalla disposizione delle spalle alle quali si
adattavano le imposte di chiusura. La lunghezza complessiva del
passaggio è di m. 12.50, e nell'interno, deducendo lo spessore
delle arcate , é di m. 8.70 , misura la quale corrisponde assai
(1) Riportiamo il disegno della vecchia topografìa delle adiacenze del-
l' arco , nella quale si può rilevare come 1' asse della pusterla A non fosse
normale alla direzione delle due tratte di mura, quella B che conduceva
alla Porta Ticinese, e quella C che conduceva alla pusterla di S, Ambrogio.
Le due linee tratteggiate indicano la direzione del prolungamento del
nuovo Corso Genova, in accordo colla via S. Simone, G.
(2) Ad eccezione della pusterla di S. Ambrogio, que hahet duas portas.
Fiamma.
374
VARIETÀ
approssimativamente alla larghezza interna del passaggio che é
di m. 9.40, dal che risulta chiaramente come la torre che si in-
nalzava sulla pusterla fosse di pianta quasi quadrata. È da av-
vertire però che questa larghezza di m. 9.40 non risulta oggidì
visibile , a cagione delle aggiunte che , per utilizzare le due in-
senature laterali al passaggio, benché di soli m. 2.10 circa , si
h."
SC«NOaRAPW)A
TETEMICA
addossarono all' interno dell' arco verso il 1744, per opera del-
l' ing. don Giuseppe Giberto Castiglioni , come risulta dai disegni
originali che posseggo , e dei quali qui riproduco in fae-simile
quello rappresentante la sezione del passaggio, interessante per
alcune indicazioni che presenta ; infatti vi si può notare come i
muri originari della Torre abbiano lo spessore di metri 1, 80j
(br. mil. 3) sino all' altezza della serraglia dell' arco , al di sopra]
del qnalo piano lo spessore diminuisce a un braccio solo per
l' arco dei fabbri. 375
ì
quello a sinistra di chi muove verso 1' esterno della città, mentre
il muro a destra continua collo spessore di m. 1.20 (br. mil. 2)
sino a raggiungere l'altezza di m. 15 (br. mil. 25), misure le
quali danno qualche indizio riguardo alle condizioni delle opere
di difesa a quell' epoca. In quest' ultimo muro esiste una scaletta
(vedi lettere C B) la quale è assai probabilmente una disposi-
zione originaria per dare accesso al locale che si trovava su-
periormente al passaggio. Il disegno del Castiglioni qui riprodotto,
indica altresì un' altra disposizione della quale non resta oggidì
traccia alcuna ; si tratta di una vòlta ribassata (arco R S) , la
quale occupava tutta la larghezza interna del locale, con una corda
quindi di metri 9.30 e una saetta di soli m. 3.30 , e formava
una divisione nel vano del passaggio , sostenendo un pavimento,
il cui piano corrispondeva all' altezza dell' imposta degli archi
(linea M N). Questa costruzione , di cui oggidì non si potrebbe
dire quale sia stata la origine , ma che certo fu una aggiunta
alla disposizione primitiva della pusterla , venne demolila in oc-
casione dei lavori dell' ing. Castiglioni, come risulta da una iscri-
zione che accompagna i disegni, e che riporto a titolo di curio-
sità , benché non mi sia dato asserire se la iscrizione sia stata
realmente scolpita:
PORTA MEDIOLANI ANTIQVA DICTA DE FABIJS
DEFORME, AC SVBMISSO FORNICE DEMOLITO
A GEORGIO MARAZANO MAGiNIFICE RESTITVTA
ANNO MDCCXXXXIV.
Ma il restauro cosi magnificato consistette altresì nel restringere
il passaggio con due muri longitudinali , distanti poco più della
larghezza delle arcate , e sui quali si impostò poi una vòlta a
botte, come risulta dal disegno riportato, nel quale le parti nere
rappresentano i muri originari della pusterla, mentre le parti a
tratti rappresentano le aggiunte fatte nel 1744, e che un odierna
restauro, nel significato più esatto della parola, dovrà far sparire.
Riguardo alle vicende eh' ebbe a subire la denominazione di
questa pusterla, ecco quanto, a cura particolare dell' avv. Emilia
376 VARIETÀ.
Seletti, venne riferito nella succitata relazione alla Consulta Ar-
cheologica :
« Nel corso dei tempi le denominazioni date a questa Pusterla
furono varie. In antico fu detta dei Fabl , e per solo dovere di
cronisti ricordiamo che tal nome fu propugnato dal Castiglioni (1)
e dal Torre (2) , che pretesero ricordasse la venuta in Milano
di Fabio cunetator, il vincitore d'Annibale, o il nome dei sacer-
doti del tempio di Giove, costrutto, a dir loro, ove è la Basilica
frammentaria di S. Vincenzo in Prato; il Castiglioni ci afferma
poi di aver letto il nome dei Fabi in un rogito del 29 novem-
bre 1221 d' Ambrogio Prato, che tratta della vendita di 40 per-
tiche di terreno, sito in Garegaano, parrocchia di San Vincenzo,
fuori della Pusterla ad Cassìnas de Brugo quae dieuntur de Fahis,
e possedute da un Gerardo Fabi.
« Il nome dei Fabi , usato in antico, ma non accolto nel dato
significato dagli altri scrittori di cose milanesi , fu adoperato in
modo ufficiale nelle carte amministrative del Governo e del Co-
mune, dal 1787 al 1814.
« In una vendita fatta dalla città di Milano nel 7 giugno 1561 (3)
a Battista da Magi , di un pezzo di strada , é detto al ponte de
favvreghi. — Il conte G. Porro col marchese Ermes Visconti ,
pubblicavano wqW Archivio Storico Lombardo (4) un ms. della
Biblioteca Trivulzio : Progetto per la costruzione di una mura
intorno a Milano, del 1521, e dove è scritto: De S. Vineentio
seguitando el burgo de Facrega, facevano la dimanda se Favrega
non fosse una corruzione della chiesa di S. Maria Faoens aegris,
oppure se il Favrega, cambiando il o in b volesse dire fabbrica
o fabbriche (5), nome dato ancora all' Arco dei Fabbri.
(1) Mediolanenses antìquitate$, etc. — Med. 1625, pag. 207.
(2) Il Ritratto di Milano. — Mil. 1674, pag. 113.
^3) Carte in Ardi. Municipale.
(4) Anno 1877, pag. 293.
(5) La parola fauregaria per fabbrica si trova in una descrizione fatta
dal Vignati al principio del secolo XVI (Cod. Ms$. Braidense) : « .... una
« bellissima strada ne la quale fauregarie sono de grandissime ricchezze de
« arcenterie et zoglie. »
L* ARCO DEI FABBRI. 377
« Questa Pusterla si trova indicata col titolo di S. Catelìna
neir opera citata ms. Trivulzio e parimenti di S. Catterina in varie
carte, fra queste in una concessione a Bartolomeo Lucarno del 1588,
nome che certamente le fu dato dal vicino Oratorio, ora distrutto,
della Confraternita di S. Caterina, che sorgeva sull' angolo delle
vie S. Pietro in Camminadella e S. Simone.
« Più comuni sono le -denominazioni di Arco delle Fabbriche
e dei Fabbri. Non v' ha dubbio , che il nome di Fabbriche sia
derivato dal Borgo detto delle Fabbriche, che si estendeva al di là
della fossa, come si legge in una pergamena del 16 luglio 1173,
in altra del 25 ottobre 1312 , e in carte del secolo XV presso
l'Archivio di Stato ; questo Borgo , forse fu uno di quelli che i
dispersi Milanesi presero ad abitare dopo la distruzione dell' Eno-
barbo, sebbene Sire Raul, che dà notizia dei siti assegnati nel 1162
dal vescovo Enrico di Liegi , non faccia cenno del Borgo delle
Fabbriche.
« L' odierno nome dei Fabbri (fabrorum) lo si trova pure usato
nei secoli passati , ed è comune nel carteggio del 1559 e suc-
cessivi anni per la costruzione del Ponte in pietra sulla fossa
che scorre davanti alla Pusterla , e che in quel tempo appunto
venne eretto (1) ; la denominazione dei Fabbri non può derivare
altrimenti che dalla designazione di quel quartiere a dimora di
fabbri, fossero dessi battitori in oro o in altri metalli , tenuti
lontani dal centro della città a motivo del loro mestiere.
« A questa Pusterla vi si annette la memoria di una scoltura,
che interessò gli archeologi, servi per secoli a un culto pagano,
e fu motivo di un interdetto dell' arcivescovo Carlo Borromeo.
« Al di sopra dell' arco verso la fossa stava infissa una mezza
figura di giovine seminudo, colla testa turrita, avente scolpito a
destra le lettere I 0 R , e a sinistra H V F.
« Il Castiglioni e i suoi seguaci le interpretarono Iiissu o
Imago Optimi Begis Hymeneus Veneris Filius, e pretesero, che
queir alto rilievo in marmo fosse un simulacro d' Imeneo ; il
(l) Carte in Arch. Municipale.
378 VARIETÀ — l' argo dei fabbri.
Lattuada (1) nella vece pensa , che quel giovine raffigurasse la
città di Milano, sempre fiorente colle sue torri in capo, spiegando
le sigle nel motto : luvantibus Optimatibus Regionis Hcee Urhs
Facia , quasi fosse posta in memoria dell'aiuto ricevuto dalle
città confederate nella ristaurazione di Milano. Non potendosi
giudicare di una scoltura, che più non esiste, se spettante ad
opera romana o di epoca posteriore , ci riservammo riferire le
altrui opinioni.
« Per molti anni questa immagine fu tenuta dal popolo Milanese,,
come auspice alle nozze, e qui venivano gli sposi novelli ad of-
frir doni, ad accendere ceri e lampade. Vuoisi che i fanciulli fa-
cessero gazzarra all'apparire degli sposi e gridassero: All'Imeneo!'
All' Imeneo !, e che da questa voce corrotta e male intesa ne
derivasse 1' altra del dialetto milanese : Allaminé ! Allaminé ! ^
usata oggi ancora dai ragazzi nel deridere qualcuno.
« Il cardinale Borromeo, che in simile pratica sentiva un atto
pagano , proibì agli sposi di recarsi a quella statua , e se tale
divieto venne rispettato per qualche tempo, dopo un secolo co-
minciò ad esser dimenticato, per cui il conte Niccolò Visconti,
proprietario delle case , che erano state costrutte in quel Arco ,.
fece rompere collo scalpello la mezza statua idolatrata e vi fece
sostituire il monogramma di Gesù, che ancora si vede.»
Ed ora, giacché le esigenze di viabilità della via San Simone
non richiedono menomamente la demolizione di questo arco, è a
sperare che, liberato dalle costruzioni che lo hanno quasi soffocato,
resti come un interessante avanzo di quell' antica cerchia che
ricorda un periodo glorioso della storia cittadina.
Luca Beltrami.
(1) Deserisione di Milano, voi. Ili, pag. 277.
PER LA STORIA DEI FONDITORI DI CAMPANE
IN LOMBARDIA.
La nostra Società ha intrapreso la pubblicazione delle Iscri-
zioni Milanesi , raccolte da Vincenzo Forcella , e già é sotto
stampa il volume primo. In questa raccolta si pubblicheranno
altresì le leggende fuse sulle campane delle diverse chiese di
Milano, non senza qualche cenno intorno ai principali fonditori
di campane emersi in Lombardia , da Ambrogio de' Calderari ai
Busca del XV secolo , alla famiglia Bonavilla , sino ai viventi
fratelli Barigozzi (1).
Siamo lieti di qui comunicare un documento stato trovato di
fresco nell'Archivio notarile di Milano (notaio Pietro Brenna ,
N. 6736), e che ci offre i patti stipulati dal Comune di Tré-
ciglio, ai 12 febbraio 1481, a rogito Gio, Antonio Daiberti ,.
notaio trevigliese, con maestro Michele de' Garelli , di Francia ,.
fabricator campanarum, per la rifusione della campana maggiore
di quel borgo (2). Eccone i punti più interessanti :
Inter celerà quod dictus Magister Michael teneatar et debeat et
astrictus obligatus sii suis proprijs expensis, ressego et periculo cam-
panam maiorem dicti Comunis reficere, et facere et fabricare ex et
de bronzio diete campane, unam aliam campanaro quo sit pulcra, bona
et boni sonitus et ponderis pensium centum quinquaginta vel circa.
(1) E. Seletti, in Archicio Storico Lombardo, 1888, 1, pag. 239. — lì
nome del Calderari è ricordato sulla campana del Comune di Milano ,
del 1352.
(2) Il documento non è ricordato dal dott. Casati nella sua Storia di-
Trerlglio.
380 VARIETÀ.
Et teneatur et debeat ipse Magister Michael restituere et dare et con-
s ignare dictis Consulibus suis et dictis nominibus dictam campanam
per eum faciendam utsupra que sit pulcra , bona et boni sonitus et
dicti ponderis , nec non totum bronzium quod superfuerit , quod
bronzium una eum ipsa campana sit tantum quantum sibi et in ma-
nibus suis datum et consignatum fuerit per dictos dominos Consules
suis et dictis nominibus, salvo uno callo quod fecerit in zitando dictam
campanam, si ipsa campana fuerit pulcra, bona , boni sonitus et dicti
ponderis utsupra. Et facta dieta campana utsupra si ipsa campana
non fuerit approbata et laudata per duos Magistros in arte fabricandi
campanas expertos , per dictas partes eligendos , prò bona , pulcra et
boni sonitus et dicti ponderis utsupra , eo casu dictus Mag/ Michael
teneatur et debeat et astrictus et obligatus sit restituere dictis Consu-
libus suis et dictis nominibus totum illud quod habuisset ab eis vel
aliquo eorum vel ab aliqua alia persona de diete comuni , occaxione
fabricationis diete campane.
Et ulterius teneatur solvere dictis Consulibus, suis et dictis nomi-
nibus utsupra, omnes expensas que per eos seu per dictum comune
vel agentes prò eo facte fuissent occaxione reprobationis diete campane.
Et ulterius teneatur et debeat restituere dictis Consulibus, suis et dictis
nominibus utsupra, totum bronzium, staminum et aliud metallum quod
eidem consignatum fuerit per dictos Consules suis et dictis nominibus,
et hoc absque aliquo callo ; de qua consignatione et de quantitate stetur
et stari debeat dicto et sacramento dictorum dominorum Joh. Berlendi,
Francini de Bornis et Martini Magreti, absque alio onere probationis.
Et quod antequam dictus Magister Michael se intromittat de fabri-
catione seu refectione diete campane , debeat ipse Magister Michael
dare et prestare idoneum fideiussorem vel idoneos fìdeiussores ha-
bitantem seu habitantes in civitate Mediolani vel in burgo Caravazij
qui se de et prò predictis omnibus et singulis per ipsum Magistrum
Michaelem fiendis, attendendis, solvendis, restituendis , observandis et
cxecutioni mandandis utsupra constituat seu constituant principalem
debitorem seu principales debitores.
Ed a garanzia del maestro Francesco si presentarono il no-
bile Giovanni de' Borri e Gregorio de Cernate , abitanti ambedue
in Milano. Ma ignoriamo se il lavoro della campana di Treviglio
riuscisse poi a soddisfazione dei committenti.
PER LA STORIA DllI FONDITORI DI CAMPANE. 381
Postoché il discorso ò sulle campane , ci sia concesso 1' ag-
giunta di due altri brevissimi appunti d' archivio. Agli 11 di-
cembre 1469 si faceva il collaudo della campana della scuola
di Santa Maria di Vaprio , fusa da maestro Antonio de' Boschi,
Collaudava l'opera maestro Giovanni da Garbagnaie {!) , fondi-
tore di bombarde al servizio degli Sforza, ed il cui nome ricorre
spesso nei carteggi milanesi.
Un maestro Stefano da S. Martino poi , fondeva , in collabo-
razione col bombardiere Maestro Antonio, dimorante nella rocca
di Arona , la campana del Comune di Baveno , sul Lago Mag-
giore, e prima dell' anno 1479 (2).
E. M.
(1) Rogito 11 dicembre 1469, notaio Zunico , in Archivio Notarile di
Milano.
(2) Vedi una sua supplica, rimessa ai 15 marzo 1490 al Capitano di giu-
stizia di Milano, in Archivio di Stato, Cart. dipi. 1490. — Attendeva an-
cora, malgrado una sentenza del Podestà di Arona dell'anno 1479, L. 24,
da M.ro Antonio « prò mercede de la fabricatione de la campana facta per
esso M.ro Stephano et dicto M.>o Antonio al Comune et homini de Baveno. »^
BIBLIOGRAFIA
F. Gabotto , Giason del Maino e gli scandali universitari nel
quattrocento. Studio. — Torino , « La Letteratura » , 1888.
In-8 gr., pag. XVIII-304.
La figura di Giasone del Maino meritava senza dubbio di essere
presa in più seria considerazione e studiata più attentamente e
minutamente , che finora non si fosse fatto. L' importanza del
tema non può infatti sfuggire a chi indaghi la storia del pensiere
e della coltura italiana nel periodo del rinascimento, poiché, se
da una parte il giureconsulto lombardo interessa la storia del
diritto , come colui che chiude e riassume la vecchia scuola dei
glossatori, forse preparando la nuova, d'altronde la sua vita, con-
dotta quasi per intero nell' insegnamento fra i trionfi più lusin-
ghieri e le dispute più accanite, mostra quale fosse la condizione
di un professore di leggi nella seconda metà del secolo XV.
Allo studio di quest' uomo e dell' opera sua si è accinto un
giovane cultore delle discipline storiche ben noto per la sua grande
e molteplice attività , il sig. Ferdinando Gabotto. Indicati nella
Introduzione i lavori di quelli che lo precedettero nel trattare ex
professo o per incidenza lo stesso argomento, egli cosi espone i
criteri, che lo hanno guidato nel comporre il suo libro : « Il me-
« todo critico mi fu di gran giovamento Jiel procedere nelle ri-
« cerche: ora raccogliendo le sparse fila e riunendole cercai dar
BIBLIOGRAFIA. 383
■« vita e organismo omogeneo ai vari elementi, pensando sempre
«che la storia letteraria, come^la storia politica e civile, se è
« una scienza importante basata su studi minuti, sulla conscienziosa
■« prova di qualunque affermazione, di qualunque idèa che non sia
« presentata come semplice congettura, è però anche un'arte, e
« quindi al vero devesi in essa accoppiare anche il bello , alla
« sostanza la forma » (pagg. 5-6). Non è questo il luogo per di-
scutere tale concetto , né per esaminare fino a qual punto e in
qual senso esso possa essere accettato: dobbiamo quindi soltanto
limitarci a vedere come il G. lo abbia applicato. Evidentemente
quando parla di bello, di forma, egli si riferisce alla costituzione
organica del lavoro, non già alla lingua e allo stile, che nel suo
libro, il G. stesso deve accorgersi di questo fatto , sono irascu-
ratissimi (1). Vediamo dunque se egli abbia saputo raccogliere
in un organismo omogeneo gli elementi risultati dalle ricerche.
Ci si affaccia a primo tratto un' osservazione. Chiunque abbia
letto per intero e di seguito il volume avrà notato la grande fre-
quenza di lunghe digressioni. Non v' ha dubbio che nei lavori sto-
rici esse siano non di rado una necessità: è d'uopo infatti uscire
talvolta dai limiti segnati strettamente dall'argomento o per ram-
mentare al lettore le condizioni generali del tempo, di cui si parla,
o per collocare sotto una luce conveniente un documento o per
porre nettamente una questione o per presentare gli elementi ne-
cessari a risolverla. E talune delle digressioni fatte dal G. cade-
vano forse in acconcio , ma certo anche a queste non era ne-
(I) Per citare qualche esempio, rileveremo il lungo e ingarbugliato periodo
« E scoperti inoltre.... in presbiterale » di pag. 188 ; la frase sintatticamente
sconnessa : « Considerato sotto ogni aspetto, nel Maino ricomparisce sempre
([uesto suo carattere > di pag. 271 ; V uso inelegante e scorretto del lo in
frasi come la seguente « imbrattavano panche e pareti di motti osceni e di
figure, che lo erano anche di più » (pag. 34). Di certe inesattezze ortografiche,
come: scorazzò (pag. 137), careggiata (pag. 156), sifatto (pag. 189, 231), la-
sciamo responsabile il compositore , il quale però protesterebbe vivamente,
se gli attribuissimo anche l'uso costante di cappello per capello nella frase
andar a capello (cfr. pagg. 5 n., 22, 140).
384 BIBLIOGRAFIA.
cessaria l' ampiezza che ha loro voluto dare. Citiamo qualche
esempio. Il parlare della vita studentesca nel quattrocento, prima
di condurre in questa Giasone , tornava opportuno, né noi biasime •
remmo l'A. della lunga parentesi aperta sul principio del Capit. IV
(pagg. 33-8), qualora vi avesse esposti fatti od osservazioni nuovi
o almeno avesse avuto occasione di riassumere qualche ampio
lavoro: ma, via! che valeva forse la pena di interrompere così
a lungo il filo del discorso per ripetere, facendo solo poche e non
importanti aggiunte, quanto aveva detto il Coppi (1), tutto, fino
alla citazione di un passo del Decameron, che non è certo do-
cumento autorevole per la storia de' costumi del secolo XV ?
Non era forse meglio accontentarsi di pochi periodi riassuntivi e
di qualche citazione dei lavori posteriori a quello del Coppi o a lui
sfuggiti (2)? Del pari non era meglio attenersi ad un sistema
analogo, parlando di Filippo Decio, di Bartolomeo Soccini e dello
dispute, che ebbero questi due fra loro o con altri (pagg. 121-6),
quando non vi avesse avuto parte anche il Maino ?
Se non che a queste nostre osservazioni si potrebbe opporre
la seconda parte del titolo del volume. Invero 1' obbiezione non
vale, poiché certo l'A., nominando colà « gli scandali universitari
nel quattrocento » non ha voluto che rammentare uno dei lati
(1) Le Unicersità italiane nel medio eoo, Firenze, 1880, 2* edizione, pa-
gine 269 sgg. Di questo libro , utile quantunque fatto non bene , il Gabotta
cita (cfr. pag. 21 , nota 4) la prima edizione uscita nella Ricista Europea,
1878-79.
(2) li G. aggiunge al Coppi alcune notizie sulla vita dei professori (pa-
gine 36-7), e parlando della loro immoralità, ricorda per primo Andrea Bar-
bazza, che « si meritò d' esser dipinto, d' ordine del duca Dorso d'Este, im-
piccato per un piede sulla pubblica piazza di Ferrara. » Ora il Tiraboschi
(Si!, d. leti, ital, voi. VI, P. 11, lib. 11, cap. IV, § 26), dal quale il G tolse
la notizia, confessava di non sapere, perchè al Barbazza sia stato fatto quello
sfregio : in realtà fu perchè aveva mancato alla promessa di venire a leggere
nello studio di Ferrara, il che non ha nulla a che vedere colla moralità
(cfr. Campori, 1 pittori degli Estensi nel sec. XV, pag. 15; estr. dagli Atti
e Mem della Dep. di st. patr. proo. Mod. e Parm. S. Ili, volume III»
P. Il, 1886).
BIBLIOGRAFIA. 385
più interessanti della vita del Maino, né ha certo pensato a pro-
mettere una storia delle lotte universitarie in quel secolo. Ma
qualunque sia il valore dell' obbiezione , che abbiamo supposto ,
essa certo non infirma 1' osservazione generale, che veniamo ora
facendo e che trova fondamento in ben altre digressioni, per le
quali r egida del titolo non può certo essere invocata. Giasone
ebbe relazioni amichevoli con Rocco Coni, inimicizia invece con
Francesco d' Orlando e con Franceschino di Daria della stessa
famiglia: ma non per questo era necessario e nemmeno opportuno
ritessere tutta la storia di questa (pagg. 171-3), quando non
v'era nulla di nuovo da aggiungere a ciò che avevano detto lo
Argelati , il Magenta ed altri. E superfluo ci sarebbe sembrato
anche il narrare la vita del card. Gurcense, sol perché questi
scrisse al Maino una lettera per incarico dell' imperatore (pa-
gine 188-9). Ma queste digressioni non possono far meraviglia a
chi sappia che il G. s' é creduto in dovere di risalire col suo
racconto fino alle origini delle università di Pavia , di Bologna ,
di Padova, di Pisa (pagg. 28-9, 45 7, 89-91, 116-7), nelle quali
Giasone fu discepolo o maestro ; che anzi é andato più in su ed
ha parlato anche della schola di giurisprudenza milanese ricordata
da Lotario I in un capitolare famoso deU'SSS (pag. 27). Qualche
maggior legame coli' argomento principale hanno alcune altre di-
gressioni , che mirano a lumeggiare i costumi del rinascimento ;
ma in ricambio quanta banalità in que' periodi, che parlano dei ba-
stardi, dell' educazione, dell' adulazione nel secolo XV (pagg. 22-3,.
24-6, 81-83)1 Pare proprio che il G. ignori gli studi che si son
fatti in questi ultimi anni sul rinascimento , che altrimenti coii!
poche parole e qualche citazione scelta giudiziosamente avrebbe
detto assai più e assai meglio, che non abbia detto in quelle ia-
felicissinii pagine (1).
(1) A proposito dei bastardi e della moraliti'i nel rinascimento poteva ber»
citare almeno il Burckhardt, Cìciltà, li, 227 sgg. e il Canello, St. ci, leti,
it. nel sec. XVI, pag. 26. E parlando dell'educazione, invece che riferire
di seconda mano qualche passo di autore antico, poteva ben rinviare, oltre
Arch. Slor. Lotnb. — Anno X^'. 2J
386
BIBLIOGRAFIA.
Il difetto che abbiamo fin qui notato riesce certo nocivo alla
economia e all'euritmia del lavoro; pure non esclude che questo
possa essere in generale bene architettato , alla stessa guisa
che gli altari barocchi adossati alle pareti d'una chiesa medievale,
pur turbando l'armonia delle linee, non guastano l'architettura.
che al Burckhardt, I, 277 sgg., al Voigt , Die Wiederbelebung des clas-
sischen Alterthums^, Berlin, 1880-81, II, 461-7, non dimenticando neppure
alcune buone pagine del Mancini, Vita di L. B. Alberti, Firenze, 1882, (pa-
gine 237 sgg). In generale poi al G. sarebbe stata utile la conoscenza del
volumetto del Janitsciiek, Die Gesellschaft der Renaissance in Italien und
die Kunst, Stuttgart, 1879, più utile, che quella della traduzione francese da
lui scoperta di un' opera finora ignorata, sebbene, a quanto pare, edita al-
meno due volte, del Voigt, intitolata : Za cioiltà del Rinascimento (pag. 81,
n. 2) ! ! Strano invero che il fortunato scopritore (!!) di questo libro , certo
importante, mostri di avere cosi poco famigliare la storia letteraria del ri-
nascimento da trasformare costantemente in Matteo il nome del celebre
umanista Maffeo Vegio da Lodi , di cui parla a lungo il Voigt stesso
nella Wiederbelebung^, II, 39-43, e quello di un non ignoto poeta veronese
del secolo XV, Francesco Nursio Timideo , prima in Francesco Marsio e
poi , più correttamente (!!) in Francesco Murzio (pag. 168 e cartellino di
correzioni in fine ad alcuni esemplari del volume). — Questa recensione era
già in tipografia, quando il sig. Gabotto pubblicò , prima nella Letteratura
e poi a parte, alcune Nuooe notizie. e documenti su G. D. M., Torino, 1888.
Quivi egli riconosce (pp. 13-4 n), V errore riguardante il Voigt, ma non può
tuttavia invocare contro di noi 1' adagio « Peccato confessato » con quel che
segue , perchè non ha avuto il coraggio di confessare il suo errore , ma ha
tentato di gettarlo sulle spalle del compositore. Giudichi il lettore :
Errata
Intorno all' umanesimo ed all' imi-
tazione di cerimonie antiche , vedi
principalmente Burckhardt, La eie.
d. Rinasc, , Firenze, Sansoni, traduz.
Valdusa, e Voigt, La eia. del Rin.,
di cui non potei vedere che la tra-
duzione francese fatta sulla prima
edizione tedesca.
Corrige
... e Voigt , Die Yiederbelebung
(sic) des classischen Alterthums oder
das erste lahrundert (sic) der (sic)
humanismus, seconda edizione, Ber-
lino, 1880-81. Del primo potei vedere
anche la traduzione francese fatta
sull' ultima edizione tedesca.
BIBLIOGRAFIA. 387
Della mancanza di un concetto organico, di un disegno prestabilito
comincia piuttosto a far dubitare un altro difetto: intendo le ri-
petizioni. Si leggano ad esempio le pagine 30-2 e vi si troverà
suppergiù ripetuta la nota 4 di pag. 28: eppure era facile evitare
tale sconcio, ordinando meglio quelle pagine, servendosi cioè della
digressione biografica sui maestri di Giasone per tentare di de-
terminare r anno , in cui questi andò all' università di Pavia e
non confinando in nota quest'ultima questione certo non laterale :
per tal via la digressione avrebbe cessato di essere tale e noi
non avremmo avuto a muoverne rimprovero all' A. Più grave e
più significativa è un' altra ripetizione. Il Panciroli ed altri, che
lo seguirono , diedero a Giasone la taccia di plagiario , che più
specialmente fondavano sull' opera intorno al titolo De aetionibus
delle Isiiiuzioni di Giustiniano , che il Maino si sarebbe indebi-
tamente appropriata, mentre spettava al suo maestro Alessandro
Tartagni. Or bene questa accusa è dal Gabotto accennata e con-
futata non meno che quattro volte. A pag. 48-9 infatti egli tocca
specialmente del plagio del De aetionibus e vi ritorna su a pa-
gina 80 per aggiungere una buona osservazione contro di esso;
ne riparla poi a pagg. 62-3, dove si occupa dell' accusa generale
data al suo autore, ma, non contento ancora, riprende lo stesso
argomento a pagg. 230-31 a proposito del giureconsulto Carlo
Ruini, Ma il peggio si è che il nostro critico non è sempre
coerente a sé stesso , poiché mentre da una parte ammette
(pag. 48) che Giasone rifondesse un'opera del Tartagni sul titolo
De aetionibus, altrove asserisce che in nessuna edizione del lavoro
del Maino « si trova alcuna cosa che accenni ad una rifusione
« di lavoro anteriore » (pag. 63).
Potremmo rilevare molte altre simili ripetizioni, se non temes-
simo di allungare soverchiamente questa nostra recensione (1).
(1) Le ripetizioni nei particolari sono poi innumerevoli. La storiella rac-
contata dal Panciroli, che il padre lasciasse morendo a Giasone una mula,
si legge per esempio a pagg. 72 e 175; quei certi versi di Virgilio, con i
quali il Maino si rivolgeva a Lodovico il Moro, potevano, ci sembra, essere
388 BIBLIOGRAP'IA.
D' altronde già da quanto abbiamo detto sorge ragionevole it
dubbio che il G. si sia posto a scrivere il suo libro senza avere
un'idea esatta dell'ordinamento, che dovesse dargli, senza aver
compiuto sui materiali raccolti quel lavoro di analisi, di classifi-
cazione, di distribuzione, che non é lecito trascurare, senza avere
insomma concepito quell' organismo omogeneo, che egli a ragione
mostra di ritenere indispensabile ad un' opera storica. Nel suo
caso speciale la trama generale era senza dubbio fornita dalla
cronologia, ma su questa trama era d' uopo intessere dietro un
altro concetto secondario i risultati delle ricerche , raggruppare
quei fatti, che sfuggono all' ordinamento cronologico od acquistano
valore solo quando siano riuniti insieme, ed allora il libro sarebbe
riuscito Organico ed omogeneo ; cosi com' è, esso rassomiglia più
ad una tavola cronologica costituita di notizie slegate e non
sempre rigorosamente ordinata , che ad un' esposizione storica
continuata.
Della necessità di certi aggruppamenti il G. si è senza dubbio
avveduto, ma se n'é avveduto cammin facendo e se n'è rammentato
solo tratto tratto : quindi non ha attuato il concetto con quell'u-
niformità e con quel senso di opportunità, che non può avere se
non chi abbia dinanzi alla mente il disegno netto di tutto it
suo lavoro. Si leggano, ad esempio, le pagine che vanno dalla
216 alla 234 e si vedrà che il nostro giudizio è pienamente
giustificato. Ivi il lettore si sentirà ricantare per ben due volte
che Giasone fu fatto senator ducale di Milano da Luigi XII il
citati una sola volta anzi che due (pagg. 42, 194); certe frasi sull' amore
di Lorenzo il Magnifico per la giurisprudenza non meritavano di essere ripe-
tute alla distanza di poche linee (pagg. 131, 132). Così qualche citazione
bastava farla una volta sola: cfr. pag. 47, n. 12 con pag. 50, n. 8. Ma tra
le ripetizioni di questo genere la più curiosa è quella di pag. 62, n. 5; dove
il G. indica alcuni autori, che parlarono di Claudio di Seyssel : da ultimo
cita Mémoires des hommes illustres , T. XXIV, pag. 322 e segg. , ed ag-
giunge subito dopo, come se si trattasse di un libro diverso: « Del Seyssel
« scrisse pure la vita il Niceron, Mémoires des hommes illustres, T, XXI V,^
« pag 322 e seg. » !!
BIBLIOGRAFIA. 389
31 ottobre 1501 (pagg. 221 e 224) e imparerà a memoria che
Ambrogio del Maino ottenne per mezzo del fratello Giasone la
grazia dal re francese dopo il 10 gennaio 1504 (pagg. 220 ,
233, 234); d'altra parte troverà che la storia delle pratiche
fatte dall' università padovana per avere di nuovo Giasone tra' suoi
insegnanti procede lenta , stentata , a balzelloni per le troppo
lunghe digressioni sui professori, che ivi insegnavano, e per l' in-
trusione delle notizie su certi consulti , dati dal Maino forse in
quegli anni.
Ma già abbastanza abbiamo detto dell' ordinamento generale
del libro, troppo anzi ne avremmo detto , se il G. stesso non ci
avesse invitato a trattare la questione colla dichiarazione da noi
riferita in sul principio. Ora ci tarda di venire ad esaminare il
libro in alcuna delle sue parti.
Ricco di note , fornito alla fine di un' appendice di do3umenii
esso si presenta a prima vista come lavoro di larga e soda eru-
dizione, come copiosa raccolta di materiali nuovi e importanti. Se
non che ad una lettura attenta e compiuta l' illusione sfuma in
gran parte dinanzi : mancano in verità anche quei pregi che po-
trebbero benissimo esistere coi difetti generali già rilevati e com-
pensarli anzi ad usura. Dei trentotto documenti, di cui l'Appendice
è costituita, ben diciotto erano già stati pubblicati in libri non certo
difficilmente accessibili ; dei venti restanti ben pochi hanno real-
mente importanza per la vita del Maino ; un paio, più che questa,
interessano la storia dell'Università di Pavia (1), in ogni modo
non tutti meritavano di essere integralmente pubblicati (2). Il
metodo poi , con cui sono svolti certi argomenti o trattate certe
questioni rivela nell' autore non solo grande inesperienza , ma
deficienza di retto senso critico e, quel che é peggio, grande fretta
nella composizione.
(1) Vedi specialmente il IV e il IV.bis
(2) A che per esempio stampare per intero l' inconcludente biografia del
<5hilini (Dog. XXXVII)? Bastava citarla secondo T opportunità , come ba-
stava solo riassumere nel testo qualche altro dei documenti tratti dall' Ar-
chivio di Milano o tutt' al più riferirne il periodo importante.
390 BIBLIOGRAFIA.
Già iti sul principio il lettore rimane sfavorevolmente impres-
sionato dal disordine , che regna nel primo capitolo , quello che
parla degli antenati di Giasone (1). Comprendiamo benissimo,
come fosse difficile, fors' anzi impossibile il determinare le rela-
zioni di parentela fra i molti personaggi, in cui si imbatteva l'A.,
ma non comprendiamo perchè egli si sia creduto in dovere di
snocciolare tutta quella lunga litania di nomi, sui quali non poteva
dare nessuna notizia. Eliminato l' inutile ingombro di que' nomi,
egli avrebbe potuto parlare con maggior ordine e chiarezza di
Andreotto e Lancillotto del Maino, padre e zio di Giasone , per-
sonaggi di notevole importanza storica (2).
Se non che sorvoliamo su questo primo capitolo e veniamo al
secondo, nel quale il G. dopo una lunga discussione stabilisce la
nascita illegittima di Giasone a Pesaro nel 1435. « Ed era tempo,
« egli conchiude, che si ottenesse questo risultato , perché ornai
« le questioni intorno alla nascita sua stavano per diventare più
« lunghe che il racconto di tutta la sua lunga vita » (pag. 24).
In verità a noi pare che tali questioni non esistessero che nella
mente del sig. G., poiché le attestazioni più autorevoli vanno
(1) Fra questi va probabilmente rammentato anche quel Mayno de' May-
neri medico famoso, sul quale portarono luce le belle ricerche del profes-
sore R.uNA, Del ^ Dialogus Creaturarum *, in Giorn. st. d. lett. ital. X,
57 sgg.
(2) Lettere dell' uno e dell' altro si trovano nei codici dell' Archivio Sfor-
zesco conservati ora a Parigi (Bibl. Nazion. codd. 1583-96): cfr. Mazzatinti,
/ mss. ital. delle Bibliot. di Francia. Mss. della Nazionale di Parigi,
Roma, 1886-7, II, 312, 328-9, 336, ecc. Ciò fu avvertito nelle citate Nuoce
Notizie e Documenti, p. 3, dal Gabotto stesso, il quale però inesattamente
nota, che il libro del Mazzatinti usci dopo la pubblicazione del suo:
questa avvenne, se non erro, nel dicembre del '87 , mentre io esaminai il
II volume dei Manoscritti ital. delle Bibl. di Francia, nella seconda metà
del luglio. In due lettere di Lancillotto a Gio. di Cosimo de Medici ci im-
battemmo facendo ricerche nell'Arch. di Stato dì Firenze (Mediceo av. Prin-
cip. F. IX, doc. 436, F. VI, doc. 451): sono datate l'una da Bologna, 15 mag-
gio 1459, r altra da Milano , 5 febbraio 1460; la prima è sottoscritta Vester
Lancelotus de Mayno miles ac comitis Galeas Gubernator.
BIBLIOGRAFIA. 391
perfettamente d* accordo : poco importa, che qualche tardo pane-
girista asserisca che Giasone nacque a Milano (1), meno poi che
un più tardo compilatore di dizionario storico (2) sostenga la
legittimità della nascita , quando il Panciroli , autorevolissimo ,
dice che egli nacque a Pesaro ed i contemporanei lo chiamano
bensi mediolanensis riguardo alla famiglia, la quale solo per vi-
cende politiche si trovava a Pesaro , ma non asseriscono mai
che egli nascesse in Lombardia , quando tutti si accordano nel
dirlo figlio di una concubina.
Del pari il G. ci assume un po' 1' aria di chi combatte contro
mulini a vento, quando si accosta a quella che egli chiama « spi-
« uosa, e non solo spinosa, ma anche e più noiosa questione
« della cronologia dei rapporti di Giason del Maino coli' Uni-
€ versità padovana » (pag. 94). Non occorreva infatti aguzzare
molto gli occhi per avvedersi che il sistema cronologico del Pan-
ciroli non é in fondo che un' esposizione un po' grossolana di
quello del Facciolati (3) e che la diversità di opinione del Fab-
brucci si fonda probabilmente su di una confusione tra 1' anno
comune e l' anno pisano (4) : osservato ciò, non rimaneva che a
(1) A quanto dice il G. (pag. 19, n. 2) pare che ciò sia asserito dal solo
PiciNELLi, Ateneo dei letterati milanesi, Milano, 1670, pag. 250; ma bisogna
certo aggiungere anche il non più autorevole Ghilini : cfr. pag. 295.
(2) MoRERt, Le grand dictionnaire historique, Parigi, 1759, VII, 92.
(3) Il Panciroli infatti dice che Giasone insegnò a Padova tre anni , che
vi si r^cò nel 1486 e lasciò quella città per Pisa nel 1489. Secondo il Fac-
ciolati, il cui sistema è esposto eon molte inesattezze dal G., fu invitato ad
insegnare a Padova il 18 (non 28) giugno 1485 e ne parti il 12 nov. 1488,
(pridie id. noe, non prima del 12). Se si pensi che 1' anno scolastico co-
minciava verso la fine di ottobre si capirà che le due attestazioni coincidono
quasi perfettamente. II sistema del Facciolati ebbe ora un' ultima e defi-
nitiva conferma dai documenti veneziani pubblicati dal sig. Bertanza nella
/fto. stor. Hai., V, 193-197 ; cfr. anche Gabotto, Nuoce notisie, ecc., pp. 5-6.
(4) Secondo il G., il Fabbnicci avrebbe letto MCCCCLXXXVII dove stava
scritto MCCCCLXXXVIII, ma a noi non pare probabile che si tratti d' u»
tpuro e semplice errore di lettura : più verosimile è che il Fabbrucoi abbia
icreduto quella tal lettera datata secondo lo stile pisano, per il quale Tanno
^92 BIIJMOGRAFIA.
notare la solidità delle basi del sistema del Facciolati, che giu-
stamente il G. accetta. Si trattava quindi non già di affrontare
una questione ancora aperta, ma di dimostrare che altri la aveva
realmente già chiusa.
È facile del resto scorgere che questo falso modo di concepire
le questioni ha la sua base in una deficienza di retto criterio nel-
r apprezzamento delle fonti, deficienza, di cui il G. ci dà una
prova irrefragabile, quando cita come « una mirabile riproduzione
« dei tempi e un' intuizione felice de' caratteri degli uomini prin-
« cipali » dell' età di Massimiliano imperatore un romanzo di....
Petruccelli della Gattina ! (pag. 185).
Dopo aver veduto il G. prendere a trattare con tanta solennità
questioni o non mai esistite o già risolte, fa meraviglia la leg-
gerezza colla quale egli sorvola su altri punti controversi della
vita del suo autore e si appiglia risolutamente ad un' opinione ,
che potrà essere giusta, ma che non è dimostrata. Gli elementi
dedotti dalla cronologia dell' insegnamento di Girolamo Torti ,
cominciava nove mesi e sette giorni prima, che non cominci per noi, ed un
anno preciso prima che per i vecchi fiorentini; perciò egli avrebbe ridotto
il 1488 pisano al 1487 di stilo comune. Invece quella lettera è datata ap-
punto secondo lo stile comune o, meglio, secondo il fiorentino, che si seguiva
generalmente nei documenti dell' Università pisana. Ciò si può verificare anche
in quelli ristampati dal Gabotto in appendice (doc. Vili, IX, X, confrontati
coi doc. V, XIII, ecc.), ad eccezione però che in uno (l'XI), il quale è datato
secondo lo stile pisano. Questa singolarità avrebbe dovuto notare il G. se
non per altro per ispiegare la stranezza di due lettere che , parlando della
stessa questione, sono datate rispettivamente Pisis, 24 Martli 1488 (doc. X)
e Pi$is, 26 Marta 1490 (Doc. XI) e per giustificare il diverso metodo da
lui tenuto nel ridurre queste date allo stile comune. Ma di simili consue-
tudini cronologiche pare che il sig. G., pur permettendosi di rimproverarne
i' ignoranza a chi non ha certo bisogno di impararle , non si intenda gran
fatto, sicché sarà opportuno rinviarlo all'introduzione al I voi. dell'Ari de
cerijier les clates , la quale fra molte altre cose gli insegnerà che 1' anno
fiorentino cominciava il 25 marzo (due mesi e ventiquattro giorni dopo il
comune) e non già il giorno di Pasqua , come egli ripetutamente asserisce
^pag. 207 n., 278 n. 3).
BIBLIOGRAFIA. 393
Giacomo dal Pozzo o Catone Sacchi , cronologia vaga ed incerta,
non sono sufficienti a determinare neppure approssimativamente
r anno in cui Giasone sia andato discepolo all' Università di Pavia
(pag. 28) ; tanto meno poi il sapere che Giacomo dal Pozzo
lasciò Pavia nel 14G1 , e che Alessandro Tartagni , maestro di
Giasone a Bologna, era in questa città nelT anno stesso , giusti-
fica la data 1461, assegnata al passaggio del Maino in quest' ul-
tima Università (1). Poteva e doveva il G. accontentarsi di la-
sciare indecise le questioni , come saviamente ha fatto quando
discusso se e dove Giasone abbia ascoltato le lezioni di Fran-
cesco Accolti (pagg. 49-51).
Con la stessa leggerezza, con la stessa inesattezza pare che il
G. abbia fatto anche le sue ricerche e perfino letto le opere del
suo autore. Non occorreva, infatti , se non e' inganniamo, che un
po' di attenzione per legger bene la stampa dei Diari del Sanudo
e per non prendere un mazo (maggio) per marzo, né, data pure
r esistenza dell' errore nel testo, occorreva poi sbracciarsi tanto a
dimostrarla (pag. 236 n), poiché bastava por mente all'ordina-
mento cronologico di quei meravigliosi volumi (2). Similmente se
il G. avesse letto con attenzione almeno i Themata ed i Siim-
maria dei consulti del Maino , non gli sarebbe certo sfuggito
quello , che porta nel secondo volume il n. CXLV (3) , e che
parla di certa questione riguardante un cardinale. Ivi non si fanno
(1) È nostro dovere notare che a pag. 28 il G, dice che « Giasone si recò
a Pavia cerso il 1454 », e a pag. 45, che passò a Bologna « non si sa bene
« in qual anno, raa assai probabilmente rerso il 1461. » Però i verso ed il
probabilmente scompaiono a pag. 49 , dove si legge : « Abbiamo stabilito
«che Gias. fu all'Università di Pavia dal 1454 al 1461, nel qual anno
« passò a quella di Bologna. » Per noi , del resto , sono avventate anche le
date approssimative.
(2) La lettera, infatti, di cui il G. lesse male la data, è l'ultimo dei do-
cumenti raccolti sotto il maggio 1507, il che salta agli occhi a prima giunta,
poiché in testa ad ogni pagina è indicato il mese di cui il diarista parla :
Cfr. Diarii, VII, 93-4.
(3) Ci serviamo della bellissima edizione di Milano, 1534, in quattro vo-
lumi in folio. Il Cons. 145 è a ce. 15-17 del volume II.
394 BIBLIOGRAFIA,
nomi , è vero , ma non era poi tanto difficile sapere di chi si
trattasse, specialmente dopo aver trovato, com' è infatti accaduto
al G., nell'Archivio di Milano due consulti del Maino sulla stessa
questione coi nomi delle persone esplicitamente espressi (1). A
questa mancanza non crediamo inopportuno di rimediare , espo-
nopdo qui come siano andate le cose.
Il 9 marzo 1489 , Innocenzo Vili elesse otto cardinali , ma
solo di cinque pubblicò i nomi ; tenne in pectore gli altri tre ^
che erano Maffeo Gherardo , Federigo Sanseverino , figlio del
conte di Caiazzo e vescovo di Malaga, Giovanni de' Medici, figlio
del magnifico Lorenzo , il futuro Leone X. La bolla di elezione
doveva rimanere segreta sino al giorno , in cui il Papa avesse
creduto opportuno di dare a questi prelati le insegne cardinalizie;
solo nel caso che Innocenzo fosse morto prima della pubblicazione
della bolla , essi avevano il diritto di assumerle senza l' auto-
rizzazione papale. Per il Medici era stabilito che la pubblica-
zione avvenisse tre anni dopo 1' elezione, cioè nel marzo del 1492.
Air avvicinarsi di questo tempo, il Moro, cui premeva di prepa-
rare aderenti al suo candidato per il futuro Conclave e che aveva
avuto di nascosto un trasunto della bolla, cominciò a pensare come
sarebbero andate le cose pel Sanseverino. Egli si poneva questa
duplice questione :
« An talis prelatus dicatur esse verus cardinalis, et habere ius
« irrevocabile cardinalatus adeo quod sanctissimus papa non possit
« de iure revocare, vel predicta tollero aut immutare, non sub-
« sistente alia insta et rationabili causa. Secundo dubitatur , si
« contingat unum solum cardinalem de novo publicari (allusione
«a Giovanni de' Medici), an etiam eius assumptio sit publicanda,
« attento quod verba diete bulle apostolico sunt in plurali numero
« prolata. »
(l) A pag. 154, il G. accenna alla « causa di deposizione » (.'!) del cardi-
nale Maleacense, intorno alla quale confessa di non aver trovato « se non
« quanto dice il Maino stesso in due suoi consulti del 2 febbraio e 7
« marzo 1492 »; e in nota cita : Ardi, di St. di Milano: Autogr. Gias. del
Maino. Che cosa in quei consulti si dica, vattel'a pesca.
BIBLIOGRAFIA. 395
Per aver soluzione di tali dubbi si rivolse al Maino, e questi
emise un parere , probabilmente proprio quello che , soppressi i
nomi, fu stampato fra' suoi Consulti, e che è forse il primo dei
due conservati nell'Archivio di Milano. Quale fosse l'opinione
del famoso giureconsulto nella questione, appare chiaro da questa
sua lettera inedita, che non crediamo male di pubblicare (1).
Ill.f"<^ et exceU,'"^ princeps et domine domine singularissime. Per
obedire alli comandamenti de V. Ex. remando un altra copia de la
consultatione, punctualmente comò la prima, qua ligata, per il presente
cavalario , nella quale de novo recordo essere concluso con juridici
fundamenti : Mons.'^ Malleacense essere vero et irrevocabile Cardinale:
et alla pubblication sua non gli obstare la pluralità de le parole de la
bolla, comò V. Ex. potrà far vedere per essa consultatione. Dapoi in
questa bora ho receputo una littra de V. Ex. nella quale me rechede,
se alla publicatione del fiolo del M.'^o Lorenzo se omettesse la publi-
catione de Mons."^ Malleacense , se esso monsignore per virtù de la
bolla potesse pigliare lo habito del Cardinalato , senza che altramente
gli fosse mandato el capello dal sumo pontifice. Io humelmente re-
spondo che questo passo io l' ho espressamente tochato in essa mia
consultatione : nel XI, XII e XIII fundamenti (2). Recordo alla Ex. V.
che ne la bolla questo puncto è specialmente tochato come quella
potrà nel transumpto far vedere , dove sono queste parole formalle :
< Ac volumus et de apostolica potestatis plenitudine concedimus
« quod tu in huiusmodi' obitas nostri eventum et non ante , dieta pu-
« blicatione non facta, pileum rubeum et alia quecunque cardinalatus
« insignia gestare licite valeas. » Pare che in queste parole la Sanctità
del Papa prohlbisca el pigliare lo habito del cardinale, se non quando
succedesse el caso de la morte de esso pontifice : quelle parole « dieta
publicatione non facta » pare che anche prohibiscano el medesima
(1) La pubblico di su una copia, che se ne conserva fra le carte del com-
pianto marchese Giuseppe Campori.
(2) Nei punti XI, XII, XIII del cit. consulto 145 si tratta precisamente
della questione intomo alla pubblicazione della bolla per Giovanni de' Medici;
è quindi probabilissimo che il Consulto mandato fosse quello che è a stampa.
Considerata poi la data della lettera, è verosimile che esso sia tutt' uno con
quello ras. del 2 febbraio.
H96 BIDLIOGRAFIA.
nante che si fazi la publication sua. Vostra Ex. che he sapientissima
gli faci bona consideratione ; io dirò humelmente ci parer mio. So
Mons/o Malleacense toUo l' habito senza voluntà o licontia de la San-
tità del Papa , sarà cessa scandalosa et dubito che non sia pericolo
de fargli perdere la rasonc sua del Cardinalato , perchè non se dica
che questa sia iusta causa per la qual la Sanctità del Papa el possa
privare. A me non par che sia sapere mettere la rason sua in questo
pericxilo. La sanctità del papa adesso non gli pò tore la rason del
cardinalato, né fargli innovatione alcuna, perchè non gli ha causa iusta
alcuna ; se '1 se tol 1' habito con propria auctorità , se li darà questa
ocasione per iusta causa di privatione , quantunque invero non fosse
iusta. Me pare più secura via el procedere con rasono et far ogni
sforzo con la Sanctità del Papa et con Mons.'"^' R."!*^ che detta publi-
catione per ogni modo se fazi con quella del figlolo del Mag.^o Lo-
renzo, come he iusto e ragionevole, facendoli intendere che questo el
vele la rasone. Quanto all' altro punto che la Ex. V. recercha : se '1
bastarla bavere il transumpto de la bolla per fundamento et defension
de la rasone de Mons.''^ Malleacense, quando se facesse a Roma, per
qualche mala disposition , novità alcvina , io dissi a V. Ex. essendoli
che tal transompto saria de poche valore et de pocha fede, et cos'i
fo scritto de comission de V. Ex. a Mons.''»-' Reverendissimo. Adesso
ricordo humelmente alla Ex. V. che il ditto transumpto non si pò far
che sia autentico nante la publication del figlolo del M.^o Lorenzo ,
perchè in essa bolla he prohibito expressamente et a Cardinali et ad
esso Mons.'e Malleacense el propallare la ditta assumption del Cardi-
nalato, né a bocha , né per scriptura , né per segno alcuno. Sì che ,
oltra che '1 ditto transumpto saria de pocha efficatia, còrno s'è ditto
de sopra, saria anche de qualche pericolo temptarlo de bavere nante
sia fatta ditta publicatione et confidarse in tenere questa cossa secre-
tissima io non lo reputo ben securo partito. Se la Ex. V. vele che io
li dia liberamente el parere mio, io me credo che questo fatto neces-
sariamente se habia ad resolvere in questo modo. Se alla proxima
publicatione del fiolo del M.^o Lorenzo , sarà anche publicato esso
Mons.ie Mallacense et allora non gli sarà bisogno de altra provisione.
E se pur acadesse che per malignità de li invidi essa publicatione
non se facesse, ma se lassasse de dreto, in questo caso saria poi pas-
sato el tempo de tenere più secreta la assumptione del Cardinalato de
Mons.'o Malleacense , comò dice la bolla , et in questo caso Mons.""*^
BIBLIOGRAFIA. 397
R.'»o non haria più insta causa de denegare la bolla a V. Ex. Et
quando in detto caso non mandasse la bolla alla Ex. V., gli farla
grande iniustitia, perchè anche la Santità del Papa in ditto caso non
poterla con rasone interdire che detta bolla se mandasse. Si che a
me pare che di presente non sia ben sicuro, nò anche molto a pro-
posito el cerchar de bavere el ditto transumpto. Tutte queste cosse
che per me sono recordate alla Ex. V. con sincerità et fideUtà molta
io le remetto alla suma sapientia de la V. Cel."« , alla quale humel-
mente sempre me recomando. Papié, 14 februarii 1492.
Ex.*'« V.
Servus Jason de Magna
jurisutriusque doctor.
(A tergo) :
Excellentissimo Principi
Ludovico Marie Sfortie Duci Barri
domino singularissimo.
In maoibus proprii-*
Viglevani
Cito.
Cito.
Cito.
Verso la fine del marzo 149:2 Giovanni de' Medici faceva il
suo ingresso in Roma e riceveva pubblicamente le insegne car-
dinalizie. Il Sanseverino dovette attendere ancora e solo alla
morte di Innocenzo Vili, avvenuta quattro mesi dopo, fu ricono-
sciuto come legittimo cardinale , e potè prender parte al Con-
clave, da cui usci eletto Alessandro VI (1).
L' episodio, di cui abbiamo qui tracciata la storia, non andava
trascurato in un libro, come quello del sig. G. , il quale non è
invero troppo ricco di fatti nuovi : il materiale su cui fondare
(I) Per notizie intorno all'elezione di cardinali del 9 marzo 14S9 ed al
Sanseverino , cfr. : Gregorovius , Storia della città di Roma, VII , 337-8 ;
Cipolla , Signorie , pag. 655-7 ; Cardei.la , Memorie Storiche de' Cardi-
nali della santa Romana Chiesa, Roma, 1793, III, 243.
398 BIBLIOGRAFIA.
la sua narrazione, l'A, lo aveva nel consulto a stampa e nei due
consulti manoscritti dell'Archivio Milanese, purché avesse saputo
giovarsene. Ma nel volume, che veniamo esaminando, vi è una
lacuna ben più grave , della quale non comprendiamo neppure
come il G. non si sia accorto. Crediamo, infatti, di fargli meno
torto coir asserire che nel suo libro manca del tutto una trattazione
sul valore di Giasone giurista, che non gli faremmo, ammettendo
che nella sua mente ne tengano luogo i pochi e superficiali pe-
riodi, coi quali il volume si chiude e che non sarà male riferire :
« L' umanesimo s' era aperto a poco a poco la via : dapprima
« Lorenzo Valla urta contro il vecchio metodo giuridico medioevale,
« poi il Poliziano prepara il rinnovamento coi suoi studi del
«giure, eh' egli cura solamente come parte della civiltà romana;
« da ultimo la rivoluzione si compie. Giasone tiene in questo ri-
« volgimento un posto cospicuo ; egli é fra i principali attori del
« medesimo , e in ciò sta tutta la sua grande importanza come
« giureconsulto. Non è 1' ultimo dei glossatori , e non è ancora
«perfettamente il primo de' giureconsulti della nuova scuola:
« questo posto spetta al suo discepolo e continuatore , spetta ad
« Andrea Alciati ; egli è il segnacolo della rivoluzione, egli è la
« transizione dei due periodi , delle due scuole ; principale fra gli
« iniziatori , massimo fra i promotori , egli chiude gloriosamente
« la storia medioevale del diritto italiano e ne apre la storia
« moderna, dove il giure, libero finalmente dalle pastoie, si afforza,
« si rinvigorisce, si rinnova sotto 1' afflato potente e irresistibile
« dello spirito e della vita dell' umanesimo » (pagg. 271-2).
Di queste entusiastiche parole si cerca invano una prova nelle
pagine che precedono (pagg. 267-71), le quali, accennati alcuni
giudizi di altri sul Maino, dicono inconcludenti banalità sulle re-
lazioni dell' umanesimo colla giurisprudenza (1) e finiscono col
(I) Piuttosto che riNVERNizzi, Il Rinascimento, pag. 106-7, il quale dice
a tale proposito poche cose, parlando del Valla, il G. doveva citare le belle
e succose pagine del Voigt, Wiederbelebung-, lì, 482-91, il quale determina
chiaramente la posizione della scienza del diritto di fronte all' umanesimo e
assegna il loro vero posto agli studi degli umanisti sui giureconsulti romani.
BIBLIOGRAFIA. 399
parlare della religiosilà di Giasone (1). Né prove convfncenti si
trovano nel corso del libro, che tali non possono essere con-
siderati alcuni magri accenni al culto del Maino per la forma e
alla sua erudizione classica, sparsi qua e là.
Eppure al G., se ad altri mai, incombeva l'obbligo di dimostrare
le sue asserzioni , poiché contro di queste sta V autorità , vera-
mente formidabile, del Savigny. Infatti , secondo il grande storico
del diritto, Giasone non fu che un abile e diligente compilatore
e r ultimo fra i giureconsulti della vecchia scuola (pag, 267).
La questione esce interamente dal campo dei nostri studi e sa-
rebbe arroganza la nostra, se entrassimo a discuterla con pretesa
di risolverla. Ci sia lecita tuttavia qualche osservazione. Alcuni
pochi fatti che il G. cita possono provare nel Maino una qualche
coltura classica, quantunque né molto profonda, né molto soda,
ma non lo dimostrano certo « umanista nell' animo » (pag. 113),
Che egli parafrasasse in una prolusione il primo capo della Ca
iilinaria (pag. 113), che facesse sfoggio di citazioni classiche e
più di allusioni all' antica storia di Grecia e di Roma nell' ora-
zione funebre per Girolamo Torti (pagg. 84-5) o in quella recitata
dinanzi ad Alessandro VI (pagg. 162-3), che rifiutasse di pubbli-
care subito il discorso tenuto per le nozze di Bianca Sforza col-
r Imperatore , per il desiderio di rivederlo (pag. 186-7) , sono
fatti , che in pieno rinascimento , quando il culto per 1' antichità
e per la bella forma era diffuso dovunque e si respirava quasi col-
r aria , non possono far meraviglia , né provare che Giasone sia
stato un vero umanista. Ma qualunque fosse la sua coltura clas-
sica (2) , non pare che egli pensasse mai ad applicarla ai suoi
(1) Intorno a questa il G. non fa che ripetere ciò che aveva detto alle
pagine 114 e 213, con gran meraviglia del lettore, che si aspettava lo studio
molto importante sulle tendenze religiose del Maino ivi promesso.
(2) A pagg. 41-5, l'A. raccoglie i fatti che dovrebbero provare la coltura
classica di Giasone, fatti, i quali sono spesso di una meschinità inverosimile.
Le citazioni di autori antichi possono significar bene qualche cosa, ma sarà
proprio un indizio di studi « minuti e completi » di storia antica (pag. 43),
il ricordo di certi fatti che od erano notissimi anche tra il popolo o dove-
vano entrare nel patrimonio della coltura di qualunque persona leggermente
400 mULIOGRAFIA.
studi giuridici , a rinnovare la scienza coli' esame immediato delle
fonti , a infondere nella giurisprudenza lo spirito dell' antichità
romana , a tentare insomma quella riforma che doveva mettere
lo studio del diritto romano su di una nuova via e che fu pro-
mossa dall' Alciati (1). Dato pure che Giasone fosse un umanista,
questa sua qualità non influì suU' altra di giureconsulto : anche
in lui, come già in altri, che lo avevano preceduto nel coltivare
insieme gli studi dell'antichità e la scienza del diritto, come in
Mariano Soccini, Francesco Accolti, Catone Sacchi, e via dicendo,
r umanista era , dice egregiamente il Voigt , parlando di questi ,
« ein anderer Mensch als der Jurist»(2).
intinta di istruzione? Quando sentiamo il G. notare, che Giasone ricorda la
generosità di Fabrizio, la clemenza di Tito, la crudeltà di Domiziano, un
responso dell'oracolo di Delfo agli Ateniesi, il cavallo di Troia, la genero-
sità di Artaserse, le gesta di Fabio Massimo, i prodigi che precedettero la
nascita di Alessandro Magno, di Virgilio, di Platone, le imprese di Scipione
Fiffliliano ; che chiama i popoli del Belgio coi nomi usati da Cesare ; che sa
essere stati spagnuoli gì' imperatori Traiano, Adriano e Teodosio, ed i papi
Damaso, Giovanni XXI e Callisto III, e tutto ciò parlando di un uomo edu-
cato in pieno secolo XV, dobbiamo domandarci se egU dica sul serio o se
per avventura non ischerzi , come certo scherza quando nel Sommario dei
Capitoli, riassume queste pagine con le parole : « Studi umanistici. — Si ricor-
« dano perfino la clemenza di Tito e l' oracolo di Delfo. » Ma già questi
sommari nella loro sibillina teatralità sono spesso umoristici. Sentite qualche
saggio tratto dai primi quattro : « La famiglia di Giasone. — L' Esiliato. —
I mastini di Giovanni Maria Visconti. — La vendetta nella chiesa. —
L'amante del Duca — I misteri della nascita. — Da Pesaro a Mi-
lano — La gelosia di una Repubblica — Le prepotenze e gli amori
degli scolari. — Un parere sulle fantesche — Una novella di Gio. Boc-
cacci. — I vizi dei professori. — Impiccato per un piede. — Sodoma e
Gomorra», ecc., ecc. Non vi pare di leggere \a Dicisione degli atti nel ma-
nifesto di un dramma da arena ?
(1) A proposito di questo insigne giureconsulto, il G. poteva citare accanto
al Mazzuchelli (pag. 241) le recenti pubblicazioni di documenti fatte da
B. Podestà e da L. Gaddi nell'Arc/uoio Giuridico, III , 347-55 , 480-88 ;
IV, 199-208; XI, 84-92, e XXXVII, fase. IIMV.
(2) Wiederbelebung ^ II, 484. L' Alciati loda Giasone per il suo stile mi-
gliore di quello dei giuristi suoi predecessori (p. 269), ma questo merito tutto
superficiale non giustifica il giudizio del Gabotto, nemmeno in piccola parte.
DlBLiOGRAFIA. 401
I fatti , che abbiamo esposto, come saggio dei molti che siamo
venuti notando nella penosa lettura del volume, mostrano quale
giudizio si debba a nostro avviso recare su questo. Povero nel
contenuto, sconnesso nel suo organismo, esso serba traccie non
dubbie di una composizione frettolosa e abborracciata , condotta
colla preoccupazione costante di ingrossarne la mole, e rivela
neir autore grande scarsità di coltura, palliata sotto la lustra di
citazioni antiquate o inopportune, e deficienza di retto senso cri-
tico, unite ad una deplorevole prosunzione. Giudizio severo questo,
ma certo pienamente conforme a quella che a noi sembra la ve-
rità, certo più utile all' Autore, se vorrà approfittarne, delle lodi
incondizionate di certa critica non sappiamo se ignorante o troppo
iccopdiscendente.
Firenze, marzo del '88.
Vittorio Rossi.
A. Mazzi. Studi Bergomensi. — Bergamo , Pagnoncelli , 1888 ,
in-16, di pag. 329.
Il signor A, Mazzi raccoglieva la sua attenzione sopra qualche
punto speciale in molte monografìe da lui pubblicate in varj
tempi , e che hanno un' unità , il trattar tutte di cose bergama-
sche. Mano mano che comparvero , noi ne abbiamo fatto men-
zione , ed ora le rivediamo per dar merito a lui di emende , di
aggiunte, di esplicazione.
Questo giovane che , non fermo in salute e scarco di ambi-
zioni , vive isolato in una piccola terra dell' industriosa provincia
di Bergamo, e si procaccia i libri necessarj a' suoi scopi speciali ;
ci destò interesse dal primo lavoro che diede fuori.
Disegnava le strade militari antiche della sua provincia, deli-
neando passo passo da Pons Aurelj-, da Leuearis a Bergamo, la
traccia loro tra gli anfratti delle valli e dei monti , per riuscire
Arch. Stor. Lomh. — Anno XV. 2ó
402 niBLlOGRAFlA.
ai paesi tedeschi o retici ; lavoro degno di stare fra gli odeporici
del Berger, del Dauville, del Mommsen, del Kiepert (1).
Sono topografici gli studj suoi sul Perelassi , sulle Vicinie di
Bergamo, sulla guerra di Bedriaco, e ne passo altri.
Ora si è mosso di proposito alle origini e alle costituzioni dei
Comuni del medioevo , e dì preferenza sui bergamaschi , valen-
dosi e correggendo la collezione del Lupo , e portando docu-
menti o nuovi 0 non bene intesi , e congetture sui tempi , sui
luoghi, sulle persone, con acuta saviezza.
Sulle origini del Consolato pondera il Pergaminvs di Mosé di
Brolo, e già al principio del X secolo trova una libera cittadinanza,
che ora relutta al vescovo , or lo seconda contro i feudatarj.
Dalla convocazione accidentale dei cittadini , dalle elezioni di
consoli temporanei si arriva agli stabili , crescenti di importanza
a misura degli interessi del Comune , e dell' aggregarsi di varie
famiglie e di Comuni della campagna. Mosé del Brolo, poeta di
quel tempo, loda 1' accordo che regnava tra i cittadini :
.... ligat stabili nodo pax aurea cives
Pace, manct punper, pacis quoque federe dives.
Il Mazzi segue esaminando i primi atti dei consoli bergamaschi,
cominciando dalle donazioni di terre, fatte nel 1117 al monastero
di Astino , e vi trova una certa indipendenza dallo pretensioni
pontificie; afferma il territorio che spettava alla città, la difesa
di questa, i suoi borghi, le vicinie, la diocesi, tutto determinando
colla passione sua di topografo, non meno ecclesiastico che civile.
Xe segue le vicende ; cerca i borghi franchi del contado, dove
merita attenzione la nota di pag. 128 e sul Congresso di Pontida.
Poco a poco dal Consolato si escludono gli ufficiali vescovili ;
resta fissato il modo dell' elezione dei Consoli , il loro numero
e la durata. Il Mazzi ebbe la pazienza di trovare la serie dei
primi Consoli ; fatica nella quale tanto persistette il Wùstenfeld.
(1) Vedasi anche Ellis, An enquiris auto the ancients routes. — Ca
bri.lcrc, 1867.
lilMLlOGRAFIA. 403
Tutto ciò concerne specialmente Bergamo, ma le stesse condi-
zioni ricorrono negli altri Comuni, massime lombardi; oltreché l'au-
tore spesso coglie il destro per trattare o accennare di varj altri.
Ci badiamo volentieri su questa operetta per risciacquarci la
bocca da opuscoli, e anche libri di erudizione municipale, non solo
mancanti di fermezza d' idee e di stile , ma ignoranti fin degli
elementi della paleografia, della corografia, della cronologia; e
questa Ricisia ha il torto di avere inserito , lodato , incoraggiato
1 avori, che la critica ripudia, come non solo inutili ma nocevoli.
C.
Secondo registro della Curia Arciceseocile di Genova , trascritto
da Luigi Beretta e pubblicato da L. T. Belgrano. — Ge-
nova, 1887, pag. 540, in-4.
È il secondo volume di una pubblicazione diligentemente diretta
dal sig. Belgrano, contenente le carte dell'arcivescovado di Ge-
nova. Sono memorie, cartalce , seripUones , Iqeationes , ed altri
interessi dal 1175 al 1322; ma gli eruditi sanno quante volte
possa trarsi lume anche da carte pagensi. Questo non è luogo
da ragionarne, ma sarebbe desiderabile che altrettanto si facesse
del poco che rimane nella Curia milanese.
Il Belgrano vi aggiunge un esatto indice cronologico , ed uno
tleile cose, delle persone, dei luoghi; dove appajono i Consoli;
inoltre il glossario in cui sono segnate parole dialettali, come topia,
cultellus, eribum, parata, potorium, reguardum, scapatus, tenuta,
tregenda, ecc. C.
Aristotile da Bologna. Documenti inediti e pubblicati a cura di
Luca Beltrami. — Milano, 1887.
L'Aristotele poco era citato come ingegnere idraulico, attribuen-
ti'-i a torto al gran Leonardo i tanti lavori di canali, di navigli,
404 BIBLIOGRAFIA.
di ponti allora finiti ; il diligente Promis non avea trovato docu-
menti che mostrassero Aristotele quale ingegnere militare (Mi-
scellanea di Storia Italiana, IV, 585); ma ora il sig. Beltrami
ne reca a dovizia.
È pur troppo noto come una quantità di documenti , mezzo
secolo fa, fossero sottratti al nostro Archivio, venduti poi al mar-
chese di Beauregard e da questo alla Biblioteca di Parigi.
A questi ricorse il sig. Beltrami , e potè crescere la messe
che già avea raccolta dal nostro Archivio di Stato, e che aveano
radunata il Canetta, il Cerio, il Motta, tanto che potè rintegrar
la fama di questo cosi ingiustamente dimenticato, « il quale, allor-
quando Leonardo era ancor fanciullo, trasportava e raddrizzava
torri, rafforzava ponti, tracciava canali, costruiva conche e so-
stegni d'ogni genere, riparava ròcche e castelli, e si provava
altresì nelle concezioni architettoniche. »
Ma insomma questo opuscolo non è che un documento per la
storia della vita e della attività del Fioravanti. E percjiè non la
darebbe il signor Beltrami? al quale assocerebbe l'Aguzio di
Cremona, il Bertola da Nevate , il Della Valle , il Missaglia ed
altri ingegneri, colpiti da quel iedium verum domestieanim, che
pare endemico nel nostro paese. Pazientissimo ed oculatissimo
indagatore dell' antichità, artista egli stesso in giovine età, il
signor Luca Beltrami sarebbe attissimo a dar compita la mono-
grafia dell' Aristotele.
E tali monografie son troppo necessarie, non tanto per emen-
dare quanto per compiere le vite del Vasari , « scritte a brani
apologelici , nei quali ogni punto luminoso richiede l' artifizio di
un' ombra. » C.
Manuale della Provincia di Como. — Como, Ostinelli, 1888.
Credo sarà sola la tipografia Ostinelli di Como, che abbia per
51 anno pubblicato il Manuale della sua provincia, che, oltre le
notizie statistiche e officiali , ha 1' ornamento dì composizioni , di
BIBLIOGRAFIA. 405
cui alcune sopravvissero alla curiosità annuale. Quest'anno, oltre
una topografia della città innovata, ha la traduzione del poema
Cumano , cioè della guerra decenne coi Milanesi , finita colla
ruina della citià (1127). Buona traduzione, opportuna prefazione,
ma a chi non è comasco sarebbe stato necessario indicarvi che
sia l'Isola, di cui tinto vi è parlato e che tanto osteggiò Como;
e ne fu ripagaia colla distruzione del 1160 (1).
Di questo rozzo poema scrive il Cantù : « Sebbene incolto e
« ignorante , pure nel leggere il Cumano non si è mai scompa-
« guati da quel diletto, che reca il modo originale di chi scrive
« casi veduti, e che invano studiano imitare i lontani. E noi, usati
« a pregiar sempre que' libri, che rivelano nell'autore candidezza
«. d' animo, cortese e generoso sentimento , abitudine di benevoli
« pensieri, non potemmo a meno di stimar anche fra la sua zo-
« tichezza questo poeta, che cantò la verità, cantò la patria, non
* come la ciurma slombata dei verseggiatori , buoni solo ad in-
« farcire canore inezie, che dopo lette non ti lasciano se non il
« dispiacere d' aver male il tuo tempo gettato » (2).
Segue una viva storia, direi topografica, degli ultimi 60 o 70
anni , con gran lodi al conte Gian Pietro Porro e ad altri ; lodi
<li misura tanto più lodevole quanto è rara.
Continui la ditta Ostinelli fin a compiere il secolo.
X.
( 1 ) M. C. DANT ANNOS L. X QUE NOTANDOS
INSULA QUANDO SUIT MAGNA PESTILENTIA FUIT.
Questa iscrizione si legge ancora nella chiesa dell' Isola Comacina.
(') Come tu vedi me, vid' io pugnando
Cadérmi a lato un mio fratello estinto;
Vid' io sugli occhi folgorarmi un brando
Ancor nel sangue di mio padre tinto ;
E suore e madre (oggetto miserando!)
Fuggir col volto di terror dipinto ;
E in furor gavazzando, il reo nemico
Arder e Como e Coloniola e Vico.
Cantù, Algiso.
406 BIBLIOGRAFIA.
Sac. Angelo Berenzi. Storia dì Ponteoieo. — Cremona;, Ma-
nini, 1888.
Pontevico non è paese che abbia storia propria più che Ro-
becco, o Grumone, o Verola; ma essendo un passaggio dell'Oglio,
confine un tempo tra Bresciano e Cremonese , tra Lombardo e
Veneto, fu incontrato in tutte le vicende fra i due paesi. Dagli
avvenimenti generali trasse dunque il signor Berenzi tutte le
volte che Pontevico vien nominato , e cosi ne formò 557 pagine
di racconti , che interessano gì' indigeni , se anche nulla aggiun-
gono alla storia grande.
Perché gli giovava, accetta le asserzioni del Biemmi e dell' 0-
dorici, e il romanzo dell'Ardizone. Tanto meno si ha da credere
al romanzo del Lancetti (pag. 212).
Certo non è esatto il dire che peri di veleno Barnabò Visconti
(pag. 203) ; né bene si trasvolano il sottentrare degli Sforza ai
Visconti e il perire di quelli.
Qual uomo illustre egli ricorda Lorenzo Cornino vescovo Lamo-
scuse , « titolo d' onore dato ad alcuni vescovi di Mantova , da
Limoges. »
Questo è un fatto nuovo , e ai vescovi suffraganei si danno
titoli in partibus. Questo di Lamosense non lo trovo nei cata-
loghi, e forse deve leggersi Lubacense cioè di Neuporto, Lubiana.
Benché affatto conciso nella storia moderna e contemporanea,
saviamente l'A. accenna la trasformazione del castello, le vicende
ecclesiastiche , gli uomini che o beneficarono b illustrarono la
borgata , quali d. Carlo Angelini e i fratelli Filippo e Camillo
Ugoni ; sempre con lodevole semplicità e grande amore del suo
paese.
X.
I
BIBLIOGRAFIA. 4UÌ
L « Itinerarium > del Petrarca. Nota del corrispondente Giacomo
LuMBROso. — In « Atti dell'Accademia dei Lincei », di Roma,
voi. IV, fase. 8" (1888), pag. 390-403.
Uno scritto del Petrarca che fu molto trascurato dai suoi bio-
grafi è V Itinerario Siriaco, di cui ora il Lumbroso ci offre una
lezione critica, meravigliandosi a ragione che non ne faccia pure
parola il Gaspary nel primo volume in gran parte petrarchesco
della sua recente Storia della letteratura italiana.
Diverso il giudizio di quest' operetta per parte degli scrittori ,
che il Lumbroso ci presenta l'un dopo l'altro, a cominciare dal
Tiraboschi che la dice libro, che alla storia e alla geografia di
que' tempi reca non poco lume, al Tobler che la trova una
delusione ed al Koerting (1878) che ne parla meglio d'ogni altro.
Entrare nel merito deìV Itinerario non è a noi concesso per la
natura speciale deW Archicio. Altro è da rilevare, in linea storica
lombarda, e lo facciamo colle parole medesime del Lumbroso :
« L' Itinerario fu quel che si chiama uno scritto d' occasione.
Un nobile milanese affezionato e caro al Petrarca avendo riso-
luto di fare con altri gentiluomini il viaggio di Terra Santa , e
sperato fino all'ultimo di attrarre il Petrarca nella comitiva, poi
veduto che per molte ragioni e soprattutto per quella paura del
mare bisognava rinunziare alla carezzata idea, mentre spuntava
la primavera e preparavasi al viaggio, pregò l'illustre uomo ed
amico di stendergli un breve ragguaglio delle cose che dovea
vedere. Il tratto fra Milano e Genova ove s' imbarcava gli era
noto e famigliarissimo, ma Genova stessa affatto nuova. Del resto
gli proponeva, forse andandogli à' versi, questo triplice programma,
gli accennasse quanto avrebbe creduto utile all'anima, alla mente
ed al cuore: sorgendo, come si vede qui, fin da ora, accanto al-
l'ideale della vita cristiana (salus animae), quello della vita scien-
tifica (notitia rerum) e della grandezza storica (memoria exem-
plorum). Il Petrarca lieto di accompagnarlo almeno in ispirilo ,
prestossi con grazia a servire cosi di Baedeker anche in luoghi
408 BIBLIOGRAFIA.
da lui non mai veduti, ed aiutato lungo la costa d'Italia dalle
proprie memorie, oltre Italia dai viaggi fatti sui libri e sugli
atlanti, ed ovunque dalla molta sua erudizione sacra e profana ,-
in tre giorni [iier tu tribus forte vix mensibus, hoe ego triduo
consummaoi] currente calamo, compi questa guida breve e con-
cisa, questa letteruccia-itinerarietto [literulas qiiae brevis itinerarii
loco s'tnt], com'egli la chiama. » I pedanti ne hanno fatto in
seguito un trattato con un titolo che non finisce più. [« Fran-
cisci Petrarchac v. e. Itinerarium in quo , quicquid per Euro-
pam vel Asiam peregrinis Hierosolymitanis memorabile occurrit,
diligentissime describitur, » Basilea, 1554].
Ma chi era questo nobile milanese a cui il Petrarca indirizzava
il suo Itinerario? . .. diversi passi del libro ce lo appalesano.
« Aveva costui ingegno pronto ed aperto, viva curiosità, una certa
coltura classica e pratica di Virgilio, quantunque fosse un uomo
d'arme, e non un erudito: del resto di una religiosità medioevale,
cristiano nell' anima, intento a meditare prima del viaggio e ru-
minare r Evangelio. Era un uomo fatto, non vecchio, avea moglie
e figli. Era notissimo ed accarezzato in Milano. » I manoscritti
consultati dal Lumbroso ne danno anche il nome. La lettera del
Petrarca è indirizzata Egregio militi domino Johanni De Mandello,
che non può essere altri che quel Giovanni da Mandello che fu
capitano generale di Milano nel 1340, pretore di Piacenza nel 134G,
governatore di Pavia nel 1351 , eletto ai 2 settembre 1352 in
capitano generale in Piemonte contro Savoia e Monferrato, 1354
podestà di Bergamo e 8 dicembre 1359 luogotenente in Milano
per Gian Galeazzo Visconti [Muoni, Famiglia MandelUl^.
Altre notizie biografiche il Lumbroso non aggiunge, ma fa voti
affinchè nell'Archivio di Stato Milanese che ha dato un salva-
condotto ducale per recarsi a S. Giovanni di Gallizia nel 1425 a
favore del nobile Raffaello di Mandello [Motta, G. G. Tricuhio
in Terra Santa. — Areh. Stor. Lomb., 1886, pag. 866 e seg.]
si scoprano notizie o salvacondotti della petrarchesca comitiva
del secolo XIV. I quali voti pur troppo , per l' estrema sua po-
vertà di carte viscontee, l'Archivio di Milano non potrà forse mai
«esaudire, osiamo assicurarlo.
lìlBLIOGRAFIA. 409
Né il Lumbroso tralascia di esaminare i diversi passi del-
V Itinerario onde cavarne possibilmente dove e quando fu com-
posto dal Petrarca. Risultato di tale analisi è che in Milano fu
scritto Y Itinerario e poco prima del 1363.
Il testo che si riproduce àeW Itinerario 6 ricavato da tre ma-
noscritti romani, due nella Vaticana ed uno nella Chigiana, il
primo membranaceo del secolo XV (?), il secondo ed il terzo car-
tacei del secolo XIV. Mentre scorretto, deforme e ripugnante ad
uno studio coscienzioso era fin qui V Itinerarium nelle edizioni pur
scorrette e deformi che abbiamo delle opere latine del Petrarca.
E. M.
DoTT. Alfredo Saviotti. Pandolfo Collenueeio umanista Pesarese
del secolo XV. Studi e ricerche. — Pisa, Tip. T. Nistri, 1888,
in-8 gr., pag. 300.
In questo libro, che é un estratto dagli Annali della R. Scuola
Normale superiore di Pisa, l'A. narra le vicende e studia le opere
del celebre umanista Pesarese cui Giovanni Sforza, l'antico ma-
rito di Lucrezia Borgia, apprestò nel 1504 la morte.
Una recensione di questo bel lavoro non si presta per VArehìcio
Storico Lombardo, né noi intendiamo ammannirla. Ci limitiamo a
dare rilievo a quei punti della vita del Collenueeio che hanno
contatto colla storia milanese. E per la storia della famiglia
Sforza occorrerà anzitutto avvertire che egli cantò le nozze di Co-
stanzo Sforza con Camilla d'Aragona, nel 1475 [cfr. pag. 21 e seg.]
e pianse la morte di Battista Sforza, la primogenita di Alessandro,
sposa a Federico da Montefeltro [cfr. pag. 18].
Dopo essere stato ambasciatore a Roma per Costanzo Sforza
ed a Bologna per Lorenzo de' Medici , vien creato podestà di
Firenze , da Innocenzo VIII fatto cavaliere aurato e da Ercole I
di Ferrara consigliere ducale. Nel 1491 ambiva ed otteneva la
podesteria di Mantova [cfr. pag. GO, 243-44, 262-65].
410 BIBLIOGRAFIA.
Scrivendone Pandolfo ai 22 giugno 1491 a Lorenzo il Magni-
fico , afferma che quella podesteria era « la più libera e più
fructuosa de Italia, e guadagnasi in uno anno 400 ducati: e chi
se li porta bene o (ha per sua sorte) grafia col principe, se li ra-
ferma due o tre anni. Hassi qualche difHcultà in obtenerla, perchè
ella è cosa molto domandata e la piacevolezza de chi l'ha a con-
cedere r ha promessa per molti anni a diversi homini. Nondimeno
rompe quando li pare. »
Ai primi anni della dimora del Collenuccio in Ferrara appar-
tiene quella famosa polemica col Leonice^o che aveva sparlato di
Plinio, accusandolo di avere per ignoranza confuso tra loro alcune
piante [cfr. il cap. 4° pag. 62 e seg.]. E ne venne la Defensio
Pliniana (1).
La sua legazione all'Imperatore di Germania onde ottenere l'in-
vestitura imperiale per il duca di Modena si compi nel 1493. Era
compagno al Collenuccio Francesco Ariosti, e la prima loro let-
tera è datata da Bormio 15 novembre 1493 [cfr. pag. 80 e seg.].
Ma oltre allo scopo principale dell' ambasceria, pare avessero
anche quello di seguire il corteo nuziale che dovea condurre
Bianca Maria Sforza a Massimiliano I e di darne notizia parti-
colareggiata. Ed alcuni brani riporta pure il Saviotti e li segna-
liamo al Calvi per un'eventuale ristampa del suo recente lavoro
intorno a Bianca Maria Sforza (Milano , Vallardi , 1888). Ai
16 marzo 1494 si celebrarono le nozze regali e Pandolfo ne dà
accurate novelle : parla della caccia , della messa , degli inter-
venuti, del pranzo, con altre curiose notizie: « El Re giugo al di
qualche poco a charte cum la Regina; e similmente la sera se
ballò alla domestica.... La Regina a desinare tutto quel dì tenne
una brettina de brocato in testa sopra li capelli non troppo lunghi
acconci in guisa d'homo, che parea un putto: qui è tenuta una
(1) Questa polemica diede già il tema di un precedente opuscolo del Sa-
viotti [« Una polemica tra due umanisti del secolo XV. Saggio di uno
studio intorno alla vita e agli scritti di Pandolfo Collenuccio da Pesaro. »
Salerno, Migliaccio, 1887, pag. 20, in-16].
BIBLIOGRAFIA. 411
elegantia e galantaria e cosi usano tutte le Tedesche quando vo-
gliono parere più leggiadre. » Fu in questa occasione che il Col-
lenuccio pronunciò un panegirico latino all'Imperatore di cui, ben
inteso, esaltava la virtù e la magnanimità [efr. pag. 84 e seg.].
E. M.
Calvi Felice. Bianca Maria Sforza Visconti, regina dei romani,
imperatrice germanica, e gli Ambasciatori di Lodovico il
Moro alla Corte Cesarea, secondo nuovi documenti. — Milano,
Vallardi, 1888.
« . . . . i gusti mutati, serie esigenze ed una curiosità che può
« anche parere esagerata, non solo di sviscerare ogni singolo fe-
« nomeno, che oramai per lo studioso palpita della vita universale,
« di conoscere i piccoli fatti, i quali convergendo ad uno scopo
« unico, concorrono a determinare rivoluzioni grandissime; ma
« altresì di esaminare coi propri occhi, se non altro, le copie
« fedeli dei principali documenti che suffolcano le narrazioni degli
« istoriografi, consigliano gli odierni scrittori, i quali hanno rovi-
« stato negli archivi, a metterli in luce nelle loro opere di storia,
« con lo stile esalante tuttavia quel certo profumo di vetustà au-
« tentica, con la originale ortografia antiquata, parlando il meno
« possibile in proprio nome ».
Con cotesti criteri ed intendimenti del modernissimo storico, il
eh. A., valendosi di nuovi documenti, illustra un episodio della
sventata, titubante ed ambidestra politica di Lodovico il Moro, e
precisamente illustra: le trattative che questi fece condurre per
ottenere che la mano di sua nipote Bianca Maria fosse accettata
da Massimiliano I di Germania; le difficoltà e ritardi frapposti
dai grandi dell'impero, anche dopo la conclusione favorevole e lo
sposalizio per procura, a che la sposa raggiungesse l' imperatore ;
la posizione tentennante dell'augusta Bianca Maria ; le ambasciate
e gli sforzi coronati da successo di Erasmo Brasca, al quale lo
412 IJiBLIOGRAFIA.
Sforza aveva affidato la delicata missione di confortar di cousigli
la principessa e ottenere che tandem avvenisse la consumatione
del matrimonio.
E successivamente nella seconda parte l'A. illustra con nuovi
documenti, tratti per la maggior parte dall'Archivio privato dei
conti Taverna, le ulteriori mene, colle quali finalmente il Moro
riusci ad ottener dal nipote il diploma di sovranità sullo stato di
Milano.
La narrazione austera, ma pur elegante, dello storico incastona
i numerosi documenti inediti dai quali per io appunto esala, come
egli erasi prefisso, un certo profumo di vetustà autentica. La ge-
niale e bella figura di Bianca Maria Sforza appare in tutta la
sua eleganza e venustà, nella fragranza della sua giovanile inno-
cenza ed inesperienza capricciosetta.
E, come ben osserva il eh. A., dalle vetuste carte riappare
in piena luce la vera figura della gentile lombarda, che concorda
perfettamente colla descrizione che ne aveva dettato il Lomazzo
e colla effigie della galleria della Biblioteca Ambrosiana, effigie
che, per la maestria dell'arte con cui era stata dipinta, a lungo
fu creduta opera del Vinci.
Anni .sono il senatore Morelli (Lermolieff) nel suo celebre libro
intorno alle opere dei maestri italiani nelle gallerie di Monaco ,
Dresda e Berlino, già aveva dimostrata che il dipinto dell'Am-
brosiana non dava l' immagine di Beatrice d' Este moglie di Lo-
dovico il Moro (1), uè era opera di Leonardo, ma rappresentava
il viso grazioso della nipote del Moro, Bianca Maria Sforza, ed
era lavoro di Ambrogio De Predis.
A questa conclusione egli era stato condotto non solo dalla
circostanza che i lineamenti non corrispondevano a quelli notis-
simi di Beatrice d'Este, ma dalla esistenza nella galleria di Venezia
di un antico disegno di autore lombardo, contenente uno studio
(1) Veggasi pure a questo proposito, lo scritto del Courajod: Copjeet%rcs
à propos d' un buste en marbré de Béatrix d'Este au Must'e du Lourrc,
nella « Gazette des Beaux Arts », ottobre 1877.
I
BIBLIOGRAFIA. 413
di putto da un disegno del Vinci, uno studio di ritratto di Massi-
miliano di Germania ed altro di ritratto di giovane principessa ,
che nel profilo e nelle proporzioni del capo, del collo, del busto
corrispondeva al dipinto dell'Ambrosiana. E siccome poi il De Predis
era l'autore del ritratto di Massimiliano della collezione Ambras
di Vienna e lo stile del disegno concordava colla sua maniera ,
non gli era rimasto dubbio che il ritratto dell'Ambrosiana bello
si , ma duro nel contorno e non di fare leonardesco , fosse del
De Predis.
Ora nei documenti inseriti nel libro del eh. Calvi è ripetuta-
mente fatto cenno di un pittore che Bianca Maria chiama el nostro
Pinetore e che era nel suo seguito, e cosi maggiormente si con-
ferma che furono di un artista solo : il ritratto di Massimiliano
della galleria Ambras, il disegno di Venezia ed il ritratto del-
l'Ambrosiana.
Giulio Carotti.
La beneficenza ed i benefattori della Congregazione di Carità di
Milano. — Milano, Civelli, 1888.
Un capitolo della storia di Milano sta scritto nella recente
pubblicazione della Congregazione di Carità.
Questo lavoro, inteso a dar larga notizia delle varie benefi-
cenze amministrate da quell'Istituzione e del loro modo di fun-
zionamento, ed a commemorare i benefattori e render conto dei
loro lasciti nell'ultimo decennio, fu però condotto con tanta dili-
genza e serietà di intenzioni ed arricchito di studi e dati cotanto
estesi , che è pur riescito opera assai importante ed utile per le
discipline statistiche, per quelle filosofiche, economiche e sociali
e per le discipline storiche.
Mentre quindi la pubblicazione , risulta un coscienzioso rendi-
conto ed un efficace incentivo alla beneficenza, ed appare anche
uno specchio delle principali leggi evolutive di quel grande fé-
I
414 BIBLIOGRAFIA.
nomeno sociale che è la beneficenza , d' altro lato torna altresì
utilissima per gli studi storici e particolarmente per lo studio
della storia di Milano.
Molto interessante ed informata a concetto storico é special-
mente la parte che tratta dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano,
oggi concentrati in un'unica e grande Opera Pia.
Le origini di quei Luoghi Pii sono rintracciate sin nel secolo
decimoprimo dell' E. V. e mano mano ne é studiato e concretato
il carattere e 1' organismo che variamente ebbero nel succedersi
dei secoli, successivamente trasformandosi e sempre storicamente
riflettendo l'ambiente, il periodo di tempo che attraversavano.
Ed a titolo di cronaca non giovano meno le molte notizie in-
torno alle altre opere pie e beneficenze e quelle intorno a notevol
numero di Testatori e Donatori, la qual ultima parte è assai
desiderabile il veder compiuta e data alle stampe, come ne vien
frìtta promessa in quest'importante pubblicazione.
Giulio Carotti.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA
(Marzo-Giugno 1888).
Ademollo A. La beli' Adriana ed altre virtuose del suo tempo alla
Ck)rte di Mantova.— Città di Castello, S. Lapi, 1888, pag. 368,
in-16.
Agnelli Giuseppe. Precursori ed imitatori del Giorno di Giuseppe
Parini. — Bologna, Zanichelli, 1888, in-16, pag. 102.
Almanacco provinciale comense per il 1888. — Como, Ostinelli, in-l<;.
Contiene : « Liber Cumanus ». Versione del prof. Angelo Scalabrini [pre-
mette alla sua traduzione un cenno sul « Libar » dell'Anonimo Cumano : « De
Éello mediolanensium adversus Comenses ». La traduzione è posta senza testo
a fronte]. — Como veccliia e nuova. Memorie intomo al conte Giampietro Porro
raccolte dal dott. Francesco Fossati. — Un medico acscovo , di P. Frico
(dott. Federico Piadeni) [il medico vescovo è Paolo Giovio lo storiografo,
e Frico lo studia dall' opera : « De roraanis piscibus » , unico libro scritto
dal Giovio, in cui versa cognizioni mediche].
[Ambrogio (S.)]. Die Kirchenrechtlichen Anschauungen des heilg.
Ambrosius, Bischofs von Mailand, und seiner Zeit. — In Der Ko-
tholik, febbraio, marzo e aprile, 1888.
Ambrosius (S.), episcopus mediolanensis. De officiis : libri tres. Edidit
sac. Joannes Tamiettius. Augusta" Taurinorum, ex off. Salesiana,
1888, pag. 263, in-16.
Selecta ex christianis scriptoribus In usum scholarum, N. 8.
416 DIDLIOGRAFIA.
Antona-Trayersi C. Versi doUa adolescenza di Ugo Foscolo , ora
por la prima volta pubblicati. — Rocanati, Tip. di Rinaldo Sim-
boli, 1888, pag. 70, in-8.
Per nozze Tittoni-Antona Traversi.
— Vedi Foscolo.
Archivio storico dell'arte. — Roma, Pasqualucci , 1888, N. 3-5,
marzo-maggio.
N. 3 : Venturi A. Gian Cristoforo Romano. Con ili. [continua]. — Da-
oari S. Lo stemma di Andrea Mantegna. — C. R. Un documento su Gio-
vanni da Brescia (1257).
N. 4: Venturi. Gian Cristoforo Romano (cont.). — Rossi A. Nuovi do-
cumenti su Bramante.
N. 5 : Venturi. Gian Cristoforo Romano [fine di questo importante lavoro
sul celebre scultore alle Corti di Milano e di Mantova]. — Beltrami Luca.
Un disegno inedito del Palazzo Marino in Milano di Galeazzo Alessi (con
4 ili.) — Lusio A. Ancora Leonardo da Vinci e Isabella d' Este [nuovi do-
cumenti, con una lettera 29 aprile 1495 di Cecilia Bergamini-Visconti']. —
L. A. Giulio Campagnolo, fanciullo prodigio [alla Corte di Mantova nel 1497].
— Miscellanea: Acquisti del Museo Poldi-Pezzoli di Milano.
Archivio storico per la città e comuni del Circondario di Lodi.
Anno VII, dispense IV-VI. — Lodi, Tip. Quirico e Camagni, 1888.
Sommario: Continuazione della Storia Diocesana del sac. Giacomo An-
tonio Porro [Geronimo Federici 63° Vescovo di Lodi]. — Riccardi Ales-
sandro. Le decime del vescovo di Lodi nei luoghi e territori di Mombrione
e Montemalo oltre Lambro nel basso Lodigiano, giusta un documento inedito
del 7 agosto 1266, dell'Archivio della Mensa Vescovile di Lodi. — Lo
stesso. Una lettera inedita della Repubblica Ambrosiana al Generalissimo
Conte Francesco Sforza, durante il secondo assedio della Fortezza e Borgo
di San Colombano nell'ottobre 1447. — Serie cronologica dei podestà di
Lodi provata con documenti dalla sua fondazione e sino al giorno d' oggi.
[Cont. V. N. prec. — Dal 1622 al 1669]. — Agnelli Giovanni. Il beato
Rainaldo e la famiglia Concoreggi in Lodi. — G. A. Quante messe si cele-
bravano in Lodi neir anno 1788 [52414].
Armand A. Hermes Flavius de Bonis de Padouc, architecte et sculp-
tour. — In Chronlqtic des arts di Parigi, 22 ottobre, 18871
E medaglista alla corte di Mantova. [Cfr. in proposito l'articolo di Um-
borto Rossi nella Ricista italiana di numismatica, fase. I, 1888].
nOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 417
I
Arneth (von). Maria Therosla. [Separat-Abdruck aus Allgemeine Deut-
scìie Biographie]. — Leipzig, Dancker und Humblot , t888 , pa-
gine 85, in-8.
Cfr, altresì: Wolf. Xua der Zeit der Kaiserin Maria Thcresia (Wien ,
Hòlder, 1888, in-8) e Due de Draglie. Marle-Tliérèse impératrice, 1744-
1746. Voi. I e II (Paris, C. Lévy, 1888, pag. 454 e 419, in-8).
Arte e Storia. Giornale diretto da Guido Carocci. — Firenze, 1888.
Anno VII.
N. 7 : Caffi Michele. I Begni da Nembro. — Ferroni ing. Elia. Appunti
sulla Basilica di S. Giulia di Bonato.
N. 9: Frissoni Gustxco. L' Archivio storico dell' arte e gli scultori italiani
della rinascenza del dott. G. Bode [appunti a proposito di L. da Vinci].
N. 11 : Dacid Dati Pecci. Il Duomo di Milano. — Melarti A. A pro-
posito di un affresco del Moretto a Brescia. — Lo stesso. Giuseppe Casa-
nova (necrologia) — Notizie: Cosio (Sondrio). Un dipinto da salvarsi [Un
S. Bartolomeo attribuito a Paolo Veronese , esistente a Piantano , frazione
del comune di Cosio, in una chiesa che sta per cadere in rovina].
N. 14: Fabriesy C. (de). Nuovi appunti per la biografia dello scultore
Giov. Cristoforo Romano. — Melarti A. Mantegna a Padova.
Ascoli G. J. Il Codice irlandese dell' Ambrosiana, edito ed illu.strato.
voi. I , pag. 353-496, voi. II, pag. 1-48, in-8. — Torino, Ermanno
Locscher, 1888 [Archivio glottologico italiano].
Badinì Gonfalonieri Angelo. Il Conte di Carmagnola precursore di
Cambronne. In La Letteratura, di Torino, N. 8, 1888;
Nello stesso giornale (N. 10, 1888) e dell' A. med. : Obbietto del Fiesco
impiccato in effigie [una lettera di L. il Moro al commissario di Pavia , 7
luglio 1494, tolta dall' Archivio civico di Pavia].
Baer A. Die Beziehungen Venedigs zum Kaiserreiche in der .staufi-
schen Zeit. I. Venedig und Friedrich Barbarossa. — Innsbruck,
1887, in-8.
Principio di un lavoro più vasto. Per i trattati pubblicati dallo Stumpf si
danno rettifiche a pag. 8-9.
Barbieri (Luigi). Crema sacra. — Crema , Tip. G. Anselmi , 1888 ,
pag. 81, in-16, [Biblioteca storica cremasca, N. 3].
1. Attraverso i secoli. 2. Fra tiare e prelati. 3. Fra templi ed arte. 4. Ap-
pendice : Notizie intorno al Santuario di S. Maria della Croce presso Crema.
Areh. Stor. Lomb. — Anno XV. 27
418 BIBLIOGRAFIA.
Baye (baron de). Croix lombardes trouvées en Italie. — In Gasette
ArcMologique, N, 1-2, 1888.
Baye (I. baron de), Études archéologiques. Epoque des invasions
barbares. Industrie longobarde. — Paris, librairie Nilsson, 1888,
in-4, pag. 144, con 16 tavole e 16 fig. nel testo.
Belgrano L. T. La presa di Genova per gli Sforzeschi nel 1464. —
In Giornale Ligustico, anno XV, fase. III-IV, marzo-aprile, 1888.
In appoggio air articolo edito dal Beltrami in quest' Arehioio. (Le bom-
barde milanesi a Genova, IV, 1887).
Beltrami arch. Luca. Aristotele da Bologna al servizio del duca di
Milano MCCCCLVIII-MCCCCLXIV. Documenti inediti. — Milano,
A. Colombo e A. Cardani Tip., 1888, pag. 38, in-8.
Nell'ottavo Centenario dell'Università di Bologna. — Cfr. la Bibliografla.
Benvenuti Sforza F. Dizionario biografico cremasco. Fase. I-III. —
Crema, C. Cazzamalli, 1888, in-8, pag. 1-176 [da Albanesi Cristo-
foro a Guinzoni, famiglia].
Beliamo. Vedi Arte e Storia, Bergerat, Bollettino, Donisetti, Finsi,
Massi, Munaron, Rossi, Tasso, Zerbini.
Bergerat E. La nuit bergamasque, tragi-comédie en trois actes. —
Paris, Lemerre, in-18, pag. 106.
Bertani sac. Felice. S. Carlo, la bolla coenae, la giurisdizione eccle-
siastica in Lombardia, ossia considerazioni storiche-critiche-cano-
niche sopra documenti di stato austriaci, riguardanti conflitti fra
Stato e Chiesa pubblicati da S. E. Stanislao Mancini. — Milano,
Tip. Stefano Ghezzi, 1888, in-8, pag. XVI-366.
Bertanza Enrico. Giasone del Maino e 1' Università di Padova. —
In Rivista storica italiana, di Torino, fase. I, 1888, pag. 193-197.
Bertolotti A. Curiosità storiche Mantovane. — Nel Mendico, di Man-
tova, 1888.
N. 7: Duello in Mantova alla presenza del march. Federico Gonzaga (1519).
N. 9: Distruzione delle bestie feroci in Lombardia (1815).
N. 10: Un gran serpente nei dintorni di Curtatone (1525).
N. 11: Duelli di Spagnoli in Mantova (1526).
N. 12: Un duello letterario tra un Veronese ed un Bresciano (1523).
I
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 419
Bertolotti A. Varietà archivistiche e bibliografiche [dall' Archivio di
Stato mantovano]. — In Bibliofilo, di Bologna, N. 2-5, febbraio-
maggio, 1888.
N. 2-3 : Ricerca di un Plauto prezioso in Francia [per la Corte di Man-
tov£i, nel 1504]. — Vite stampate della Venerabile Osana Andreasi (1505-1507).
— Un libro di veterinaria prezioso (1507). — 11 marchese di Mantova si
provvede della traduzione delle Metamorfosi e del Filocolo (1508). — Il
ms. originale della Storia del Regno di Napoli di Pandolfo Collenuccio (1510).
— Libri per la cappella musicale della Corte Mantovana (1511).
N. 4 : Un bellissimo breviario regalato dal Duca di Ferrara a sua sorella
marchesa di Mantova (1501). — Una vita di S. Cecilia (1505). — Necrologie
di una cagnuola marchionale (1511-12). — Risposta del marchese di Man-
tova a Lodovico Ariosto (1512).
N. 5 : La marchesa di Mantova ricerca un libro ebraico (1512) — Apu-
leio tradotto in italiano dal Boiardo (1512) — II Carcere d'amore [I>a
marchesa di Mantova ne fa richiesta nel 1514 da Milano ove si trovava
nel luglio] — Un' operetta di Filostrato fatta tradurre dalla marchesa di
Mantova (1515) — Un libro intorno all'origine dei Turchi (1521) — Una
Bibbia istoriata (1521) — Ricerca di disegni, figuranti città (1523) — Un
duello letterario in Mantova [nel 1523 — Curiosità anche edita nel Mendico,
di Mantova, n. 12].
Bertolotti A. Prigioni e prigionieri in Mantova dal secolo XIII al
XIX. — In Rivista delle discipline carcerarie, di Roma, N. 1-2, 1888.
Blind Karl. Lùcken in Garibaldi 's Denkwurdigkeiten. — In Dos Ma-
gasiti far die Literatur des In und Auslandes, di Dresda, N. 15,
16 e 17, 1888.
Agg. Kuns Isolde. Aus Garibaldi 's Memoiren, nella Gartenlaube, N. 2, 1888.
Bocchi dottor Francesco. Delle vicende e della natura del Po. —
Adria, Tip. Guarnieri, 1888.
Boldoni Sigismondo. — Vedi Pélissier.
Bollettino annuale dei doni ed acquisii (Biblioteca civica di Bergamo).
Anno IX (1887). — Bergamo, Stab.-tip. Cattaneo, 1888, in-8 ,
pag. 46.
Bollettino storico della Svizzera Italiana. Anno X, 1888. — Bellin-
zona, C. Colombi.
N. 3-4, marzo-aprile: di Liebenau. dott. T. I Sax Signori e Conti di Me-
socco (continua). — In memoria del padre Gian Alfonso Oldelli (fine). —
420 BIBLIOGRAFIA.
Notizie intorno a frate Giovanni Fraschina, Arcivescovo di Corinto. — Cu-
riosità di storia italiana tratte dagli Archivi Milanesi : Incendio nelle bot-
teghe di eia Frisari in Milano (1480) — Abbellimenti al muro di cinta
dell'Ospedale maggiore di Milano (1486). — I documenti svizzeri del periodo
Visconteo nell'Archivio di Stato di Milano (cont.). — Tariffe mediche nel
secolo passato. — Le tipografìe del Canton Ticino dal 1800 al 1859 [let-
tera P]. — Gli Statuti di Brissago (1289-1335) con aggiunte posteriori fino
al 1470. Con tav. fotolitogr. — "Varietà: Un carbonaio di Minusio morto a
Milano. — Un Vanzini, mastro da muro in Milano nel 1480. — Il più an-
tico prevosto di Biasca. — Scandali di frati a Locamo. — Cronaca e bi-
bliografia,
Borromeo (S. Carlo). Vedi Bertani, Stancovich.
Brassier P. Pélerinage à Rome, Assise, Loretto, Venise, Milan, otc.
— Rennes, impr. Oberthùr, 1888, pag. VIII-170, in-16, piccolo.
Brescia. Vedi Arch. Storico dell'Arte, Heiss, Rosa.
Caftì M. Dalle carte del Monastero Maggiore [di Milano]. — In Bi-
bliofilo, di Bologna, N. 2-3, febbraio-marzo 1888.
Un documento del 1332 « comprovante le irregolarità che al'ora avveni-
vano nella disciplina monastica. »
Caffì Michele. Necrologie Milanesi : Don Giovanni Leoni , Giuseppe
Mongeri. — In Bibliofilo, N. 2-3, febbraio-marzo 1888.
Caffi Michele. L'Arcadia in Roma. Nel Bibliofilo, di Bologna, N, 4,
aprile 1888.
Pubblica l'invito dell'Arcadia al poeta lodigiano Francesco Lemene, perchè
le invii certe promesse canzoni.
— Vedi Arte e Storia.
Cagnat R. Note sur une plaque de bronze dócouverte à Crémonc. —
In Réoue Archélogique, tome XI, gennaio-febbraio 1888.
A proposito dell'articolo Bernabei nelle a Notizie degli Scavi dei Lincei.
[Cfr. : Arch. Storico Lombardo, 1887, pag. 883].
Calvi Felice. Società Storica Lombarda [Relazione sui lavori pubbli-
cati negli anni 1886-1887]. — In Ballettino dell' Istituto Storico
Italiano, N. 4, 1888, pag. 23-28.
Cenni intorno al N. 4 del suddetto Bullettino in « Conversazioni della
Domenica», di Milano. N. 20, 13 maggio 1888.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 421
Calvi Felice. Bianca Maria Sforza-Visconti , regina dei Romani , im-
peratrice germanica, e gli ambasciatori di Lodovico il Moro alla
Corte Cesarea, secondo nuovi documenti. — Milano, Antonio Val-
lardi , editore, 1888, pag. 180, in-8, con ritratto in fotografia.
Calvi sac. F. Nozioni generali di storia sulla Lomellina e su Mede :
dialogo fra lui ed uno studente parrocchiano. — Mortara, Tipo-
grafia Cortellezzi, 1888, in-16, pag. 90.
Campagnes des Frangais en Italie, en Egypte, en Hollande, en Alle-
magne, en Prusse, en Pologne, en Espagne, en Russie, en Saxc.
Histoire complète des guerres de la France pendant la Revolu-
tion et l'Empire, de 1792 à 1815. — Limoges, E. Ardant & C,
1887, pag. 239, in-8 gr.
Aggiungi: Les batailles célèbres de l' armée frangaise (1796 à 1815),
écrites à Sainte-Hélène sous la dictée de 1' empereur. Nouvelle édition révue
— Limoges, Ardant, 1887, pag. 352, in fol. piccolo.
Campori Gius, e Angelo Solerti. Luigi, Lucrezia e Leonora d'Este :
studi. — Torino, Ermanno Loescher, edit, 1888, in-8, pag. 211.
11 romanzo degli amori di Leonora d' Este pel Tasso rovina sotto i colpi
della critica del Solerti.
Carignani Giuseppe, Le truppe napoletane durante la guerra dei
trent' anni. — In Rassegna NaHonale, di Firenze, 16 marzo 1888.
Con alcuni particolari per la Lombardia,
Carmagnola. Vedi Badini-Confalonieri.
Carnevali avv. Luigi. Una pagina della storia del diritto penale.
La tortura a Mantova. Estratto dagli Atti della R. Accademia
Virgiliana. — Mantova, Mondovi, 1888, pag. 13, in-8.
Carta F. Un Codice sconosciuto dei libri De remediis utriusque
fortunae, di Francesco Petrarca. — In Rioista delle Biblioteche,
di Firenze, N. 3-4, marzo-aprile 1888,
Codice della Braidense in Milano.
Catalogo degli oggetti esposti nel Padiglione del Risorgimento Ita-
liano. Parte II : Oggetti. — Milano, Fratelli Dumolard, 1888, in-8
gr., pag. 333, con 19 ritratti.
Con prefazione del colonnello E. Guastalla : :< Il Risorgimento Italiano
alla Esposizione generale italiana in Torino. »
422 BIBLIOGRAFIA.
Catalogo della ricca collezione di libri rari e preziosi appartenuti alla
nobil Casa Bottigella di Pavia. Sette vendite per pubblica auzione
nei giorni 12-19 maggio 1888. — Roma, Dario Giuseppe Rossi,
1888, pag. 175, in-16 [N. 35 dei Cataloghi Rossi].
Cattaneo Carlo. Opere edite ed inedite, raccolte da A. Bertani. Vo-
lume V. [Economia politica, voi. II]. — Firenze, successori
Lemonnier, 1888, in-16, pag. 395.
Cavalcasene G. B. e J. A. Crowe. Storia della pittura in Italia
dal secolo II al secolo XVI. Volume IV [I pittori contempo-
ranei ai Fiorentini ed ai Senesi del secolo XIV, e prima parte
del secolo successivo nelle altre provincie d' Italia]. — Firenze ,
Le Mounier, 1888, in-8.
Cfr. Il Gap. 8° « Pittori lombardi e piemontesi del secolo XIV e parte
del successivo. »
Chiappelli avv. Luigi. Lo Studio bolognese nelle sue origini e nei
suoi rapporti colla scienza pre-Irneriana. Ricerche. — Pistoia ,
fratelli Bracali, 1888, in-8 gr.
Cfr. nella parte II al cap. II, pag. 130-143 l'esame dei rapporti fra l'an-
tico Studio di Pavia e quello di Bologna , esame importantissimo , e finora
oggetto di scarsi studi speciali.
[Como]. Ricordo pio di mons. Pietro Carsana, vescovo di Como, pre-
lato domestico di S. Santità, assistente al soglio pontificio, conte
romano, alla romana sede sommamente devoto , morto da santo
il 31 dicembre 1887 nell' età di anni 73. — Como , Tip, Caval-
ieri e Bazzi , 1888, pag. 51, in-4.
Como e Valtellina. Vedi Almanacco, Frilhlingstage, Legnassi, Mayer,
Motta, Pélissier, Periodico, Plinio, Relazione, Treces.
Conforti E. Giason del Maino e gli scandali universitari nel quattro-
cento. — In Conoersasioni della Domenica, N. 11, 11 marzo 1888.
Rassegna favorevole del libro del Gabotto.
Costantino (fra) da Valcamonica. I martiri francescani della più
stretta osservanza, nati in Lombardia. — Brescia , Tip. Queri-
niana, 1888, in-8, pag. 20.
Segue in appendice : « I pittori lombardi dell'Ordine de' Monaci riformati. »
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 423
Cotronei Bruno. Il Rinaldo del Tasso ed il Pastor Fido del Guarini.
— In Giornale Storico della Letteratura Italiana, fase. 31-32
(1888).
Crema. Vedi Barbieri, Benoenuti , Viola.
Cremona. Vedi Cagnat, Lucchini, Motta, Nooati.
Davari Stefano. I palazzi dell' antico comune di Mantova e gli in-
cendi da essi subiti. Estr. dagli Atti della R. Accademia Virgi-
liana. — Mantova, Stab. tip.-lit. Mondovi, 1888, in-8, pag. 23.
De Donato Giannini (Pietro). Curiosità Manzoniane. Spigolature di
Andrea Gabrieli. — In Rassegna Pugliese, di Trani, N. 10, 1888.
Rassegna, con alcuni appunti, del libro del Gabrieli.
De Gubernatis (A.). Dictionnaire International des écrivains du jour.
Première livraison : A-Bab ; Deuxième livraison : Bab-Bkc, gr. S.**
— Florence, Louis Niccolai, 1888,
Notizie nel 1° fascicolo per Adamoli Giulio, Albertario don Davide, Al-
bini-Bisi Sofia, Albini-Crosta Maddalena, Albini Giuseppe, Allievi Antonio,
AUocchio Stefano , Amati Amato , Ambiveri Luigi , Ambrosoli Solone ,
Andres Angelo , Anelli abate Luigi , Antona-Traversi Camillo , Archinti
Luigi, Ardigò Roberto, Amaboldi Alessandro, Arrighi Cletto, Ascoli Gra-
ziadio.
Nel 2° fascicolo per Bagatta Gerolamo , Baragiola Aristide , Baravalle
Carlo, Barbiera Raffaello, Barbieri Luigi , Barbieri Ulisse , Barbini Carlo ,
Barelli Vincenzo, Bargoni Angelo, Basseggio Giorgio, Bassini Edoardo, Bat-
tezzati Natale.
Del Cerro Emilio. Epistolario , compreso quello amoroso , di Ugo
Foscolo e di Quirina Mocenni-Magiotti , riprodotto dagli auto-
grafi esistenti nella R. Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
— Firenze, Adriano Salani, editore, 1888, in-16, pag. VIII-350
con ritratto.
Demole Eugène. Monnaies inédites d' Italie figurées dans le livre
d'essai de la monnaie de Zurich. Estr. de la Reoue belge de nu-
mismatique ^ a.nnée 1888. — Bruxelles, Fr. Gobbaerts, 1888, pag. 25,
in-8 gr. con 4 tavole.
A pag. 9 monete di Maccagno; a pag. 15 di Bozzolo; a pag. 19 di Pom-
ponesco.
424 BIBLIOGRAFIA.
De Renaldis G. Memorie storiche dei tre ultimi secoli del patriar-
cato d' Aquileja, pubblicate da G. Groppiere. — Udine, P. Gam-
bierasi , 1888, pag. 605, in-8.
Aggiungi : Degani Ernesto : « Le decime nell' antico principato della
chiesa d'Aquileia ». — S. Vito, Polo e C , 1888, pag. 30, in-8.
Donaver F. Uomini e libri. — Genova, Tip. Sordo-Muti, 1888, in-8.
Cfr. : 6° Foscoliana.
[Donizetti]. Checchi Eugenio. 8 aprile 1848. Gaetano Donizetti —
Gabrielli A. : Due lettere di Donizetti — Dott. Ricchetti : La ma-
lattia di Donizetti. — In Fanfulla della Domenica, N. 15 e 16,
8 e 15 aprile 1888.
4 lettere inedite del Donizetti degli anni 1835, 1839 e 1845.
Drachmann A. B. Guderne has Vergil. Bidrag til belysning af Ae-
neidens Komposition. — Kiòbenhavn, 1887, in-8.
Del medesimo Autore : « Catuls Digfcning belyst i forhold til den tidligere
graeske og latinske litteratur [Ivi, 1887, 8''].
DrufFel (Aug. von). Monumenta Tridentina. Bcitràge zur Geschichte
des Concils von Trient. Heft III, Januar-Fcbruar 1546. — Miin-
chen , Akademie der Wissenschaften , 1 887 , in-4 , da pag. 267 a
pag. 400.
[Duomo di Milano]. Zùr Geschichte des Mailànder Domes, — In
Centralblatt der Bauvcrnaltung, di Berlino, N. 15 a, 16 (1888).
[Duomo di Milano]. Milan Cathedral flying buttresses. — In Building
Neics and Engineering Journal, N. 1734, marzo 30, 1888.
Eugen Beauharnais und das Kònigreich Italien. — In Zeitschrift fiir
Geschichte und PoZt^t/c dello Zwiedcneck-Sudcnhorst, fase. 3 (1888),
Fabriczy (de) C. Nouvoaux renseignemcnts sur Giovan Cristoforo
Romano. — In Courrier de Vari, di Parigi, N. 15, 13 aprile 1888.
— Vedi Arte e Storia.
Favaro prof. Antonio. Bonaventura Cavalieri nello studio di Bologna,
- In Aiti e Memorie della R. Deputasione di Storia patria delle
Romagne, III serie, fase. 1-2, 1888,
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 425
Feldzùge des Prinzen Eugen von Savoyen. Herausgegeben von der
Abtheilung fiir Kriegsgeschichte des k. k. Kriegs-Archivs. Band 12:
Spanischer Successionskrieg. Feldzug 1710. Nach den Feld-Acten
und anderen authentischen Quellen bearbeitet von Karl von Hip-
ssich. — Band 13: Feldzug 1711. Bearbeitet von Friedrich Miihl-
werth-Gàrtner. — Wien, Gerold's Sohn, 1887, in-8 grande, pa-
gine XVIII-63 1-467 e pag. IX-550-168.
Filangeri. Un duello in Mantova al principiare del XIV secolo. —
Nel giornale Cappa e spada, di Firenze, N. 4 (1888).
Pinzi Giuseppe. Saggi dant^chi. — Torino, Ermanno Loescher, 1888.
Cfr. 5. Virgilio nella Comedia: 6. La favella di Beatrice secondo la vera
interpretazione di Guiniforte delli Bargigi (Bar sissa).
Fiorini. Opere pie della Lombardia. — In Raszegna di scienze sociali
e politiche, di Firenze, 1° marzo 1888.
Fligier. Ueber die alten Vólker Ober-Italiens. — In Archic fiir
Anthropologie, voi. XVII, fase. 3 (1887).
Aggiungi : Baule Marcelin. Essai de paleontologie stratigraphique de
riiomme : III Alpes. — In Reeue d'' anthropologie^ di Parigi, N. 3, 15 mag-
gio 1888 e seg.
Foscolo Ugo. Lettere non più stampate di Ugo Foscolo. — Roma ,
Tip. eredi Vercellini, 1888, in-8, pag. 24.
Edite da Domenico Bianchini per nozze Nunziante-Spinelli. Edizione di
50 copie. — Sono 5 lettere degli anni 1814-1817, una a Carlo Porta, una a
G. Pinoli, una a Giuseppe Bottelli, due a lord Kolland.
[Foscolo]. Due lettere inedite a Carolina Russel. — Bologna, Zani-
chelli, 1888, in-8, pag. 30.
Pubblicate da G. Chiarini per nozze Cerruti-Cerboni.
[Foscolo]. Antona-Tra versi C. Una lettera inedita di Ugo Foscolo ,
del 1799 [in Fan/alla della Domenica, N. 18, 29 aprile 1888]. —
Altra inedita, del 1824 [in Conversazioni della Domenica, N. 15,
8 aprile 1888]. — Altra inedita, s. data [in Rivista Contempo-
ranea, marzo 1888].
Foscolo. Vedi Antona-Traversi, Del Cerro, Donaeer, Lusignoli.
Frùhlingstage an den Lombardischen Seen. Nella Beilage deWAll-
gemeine Zeitung, di Monaco, N. 108, 114 b, 129 e 135.
426 BIBLIOGRAFIA.
Gabotto F. Nuovi documenti e notizie su Giason del Maino. — In La
Letteratura, di Torino, N. 8, 9, 10, 15 aprile — 15 maggio 1888.
Gambara conte Francesco. I promessi sposi. Dramma in 5 atti.
Quarta edizione. — Milano, Carlo Barbini, 1888, pag. 05.
Biblioteca ebdomadaria teatrale, fase. 61°.
Gaspary Adolf. Die Italienischc Literatur in der Renaissancezeit.
[Gesehichte der Italienischcn Literatur Bd. II]. — Berlin, Oppen-
heim, 1888, gr. 8, pag. VIII-704.
Cfr. i capitoli : « Gli umanisti del secolo XV » , « Castiglione » , « Pietro
Aretino », ecc. ^
Gaudenzi A. Le vicende del mundio nei territori longobardi dell'Italia
Meridionale. — In Archimo storico napoletano , anno XIII , fa-
scicolo I (1888).
Ghiron Isaia. Annali d' Italia in continuazione al Muratori e al Coppi.
Tomo I: 17 marzo 1861-1863. — Milano, Ulrico Hoepli , 1888,
pagine 400, in-16.
Giasone del Maino. Vedi Bertansa, Conforti, Gabotto.
Giesebrecht (Wilhelm von). Gesehichte der deutschen Kaiserzeit.
Fùnfter Band. Zweite Abtheilung: Friedrichs I Kdmpfe gegen Ale-
xander ITI, den Lombarden Bund und Heinrich den Lówen. —
Leipzig, Duncker und Humblot , 1888, in-8 gr., da pag. 449 a
pag. 979.
Giornale di erudizione, diretto da Filippo Orlando. — Firenze,
Bocca, 1888.
N. 9-10, maggio 1888 : Giorgio Merula e le sue polemiche [risposte di
A. Tessier e B. M.]. — Menechino [risposta di A. Tessier^. — Bibliografia
Giordaniana [aggiunta di C. A.].
Heiss (Alois). Les médailleurs de la Renaissance. 7.® fascicule : Ve-
nise et les Venitiens du XV au XVII siècle. — Paris , J, Roth-
schild, 1887, gr. in fol., pag. 215, con 17 tav.
Elencansi 6 medaglie di fra Antonio da Brescia di cui non si hanno
particolari biografici.
loppi dott. Vincenzo. Diario del campo tedesco nella guerra veneta
dal 1512 al 1516 di un contemporaneo. Trascritto dall'Autografo
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 427
- In Archioio Veneto, fase. 69°, 1888. [Cont. v. t. XXXIV,
pag. 133].
Si può aggiungere in nota : Ulmann H. Kaiser Maximilians I Absichten
auf das Pabstthuni in den Jahren 1507-1511 [Festschrift fùr Prof. Baum-
stark in Greifswald]. — Stuttgart, Cotta, 1888, pag. 74, in-8.
Kleinschmidt. Silvio Pellico. — In Zeitschrift far Geschichte und
Politik, dello Zwiedeneck-Sùdenhorst, fase. 3, 1888.
Notiamo ancora due nuove traduzioni francesi delle Mie prigioni, 1' una
di Francisque Reynard (ediz. illustrata, Parigi, Jouaust et Sigaux, pag. 325,
in-16), e l'altra dell'abate Bourassé (Tours, Marne et fìls, pag. 240, in-8).
Kraus. Antonio Rosmini, sein Leben und seine Schriften. — In Deut-
sche Rundschau, aprile-giugno 1888.
Cont. e fine. Cfr. Boll, bibliogr.. 1888, pag. 182.
Lackner (Wilh). De incursionibus a Gallis in Italiani factis. Quaestio
historica. Pars I. Dissertatio inaugurali?. — Kónigsberg, Koch, 1887,
pag. 26, ìn-4.
Laurière I. (de). Deux inscriptions de 1515 à Zivido, près Marignan
(Italie). — In BuUctin monumentai, gennaio-febbraio 1888.
Le bienheureiix Baptistc Spagnuoli, de la congrégation des carmes
de Mantoue. — In Analccta juris pontificii^ gennaio 1888.
Leonardo da Vinci. — In Deutsche Bauzeitung, N. 30 (1888).
[Leonardo da Vinci]. W. Lùbke's Lionardo's Abendmahl, gestochen
von R. Stang. — In Beilage àeWAllgemeine Zeitung, di Monaco,
N. 139 (1888).
Leonardo da Vinci. Vedi Archivio storico dell'Arte, Arte e Storia,
Mignatij, Rousseau.
Legnazzi prof. E. N. In morte del conte Luigi Torelli, senatore del
Regno, Presidente della Società di Solferino e S. Martino. Com-
memorazione letta nella sala del Museo Civico di Padova il giorno
27 aprile 1888. — Padova, Stab.-tip. Veneto, 1888.
Lodi. Vedi Arch. storico Lodigiano, Caffi, Riboldi, Riccardi.
428 BIBLIOGRAFIA.
Lucchini Luigi. Cenni storici sui più celebri musicisti cremonesi;
illustrazione sull' organo e organisti della cattedrale di Cremona.
— Casalmaggiore, Tip. Carlo Contini, 1887, pag. 54, in-8.
Lumbroso Giacomo. L' Itinerarium del Petrarca. Nota. — In Atti
della R. Accademia dei Lincei, voi. IV, fase. 8, 22 aprile 1888.
Cfr. la Bibliografia.
Lusignoli (Alfredo). Il pessimismo nel Jacopo Ortis. — Li Emporio
pittoresco, di Milano, N. 1233 e seg. (1888).
Luzio Alessandro. Pietro Aretino nei suoi primi anni a Venezia e la
Corte dei Gonzaga. — Torino, E. Loescher, 1888, pag. 143, in-8.
Per gli studi intorno all' Aretino cfr. altresì : Fradeletto A. Pietro Are-
tino, in Ateneo Veneto, N. 1-3, 1888; Battelli dott. Giuseppe. I natali e i
genitori di Pietro Aretino, nella Faeilla, di Perugia, fase. II , 1888 e Graf
A. Attraverso il cinquecento. — Torino, Loescher, 1888 (Un processo a P.
Aretino).
[Mantova]. Cataloghi dello biblioteche provinciali o comunali: Biblio-
teca comunale di Mantova. — In Bollettino delle puhhlicasioni
italiane, di Firenze, N. 54, 31 marzo 1888.
Mantova. Vedi Ademollo , Arch. stor. dell'arte, Armand , Arte e
Storia, Bertolotti, Carneoali , Danari, Fahricgy , Filangieri, Lo,
hienheureux , Luzio , Narducci, Neri, Renier, Ricci, Rivista, Sa-
viotti, Virgilio.
Manzoni A. Le poesie. Nuova edizione corretta su le migliori stampe,
con la vita dell' autore e con note , a cura di Giovanni Mestica.
— Firenze, G. Barbèra, 1888, in-24, pag. CXV-434 con ritratto.
[Collezione diamante].
Recensione di Pio Ferriere nella Perseveranza , N. 10265 , del 10 mag-
gio 1888.
Manzoni (A.). Promessi Sposi, aggiuntovi la vita dell'autore per cura
di un sacerdote milanese. — Milano, G. Prina e C, 1888, pa-
gine 492, in-16.
Manzoni. Le Cinq Mai. Diffórentcs traductions fran^aises avcc re-
marques et trad. littérale, par Jos. Mussini, — Reggio Emilia ,
Degani, 1888, pag. 42, in-16.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 429
Manzoni Alessandro ricordato al popolo e alla gioventù da Augusto
Alfani. — Firenze, G. Barbèra, 1888. in-16 picc, pag. 96 IPic-
cola Biblioteca del Popolo Italiano, N. 35].
[Manzoni]. Una lettera inedita del Manzoni. — Nella Rivista Con-
temporanea, di Firenze, N. 5, maggio 1888.
Diretta da Milano, ai 20 novembre 1832, a Weimar, al cancelliere Federico
di Mùller, che gli aveva annunciata la morte del Goethe.
Manzoni. Vedi Da Donato, Gamhara, Padovan, Randall, Senigaglia,
Torraca, Trombetti.
Mario White (Jessie). Agostino Bertani e i suoi tempi, — Firenze,
G. Barbèra, 1888, 2 voi., in-16, di pag. XXI-435 e 450, con ritr.
Cenni bibliografici di Jack La Bolina in Ricista Contemporanea, giu-
gno 1888.
Maulde R. (de), Les ducs d'Orleans eri Lombardie avant Louis XII
(1387-1483). — In Reoue d'histoire diplomatique , N, 2, 1888.
[Cont.]
Cfr. Boll. Bibliogr., 1888, pag. 174.'
Mayer I. G. (Pfarrer). Hinrichtung des doct. Johann Pianta , Herrn
von Ràzims. — In Anscigcr fur Sehiceiscrische Geschichtc , di
Berna, N. 2, 1888.
Il Pianta venne giustiziato in Coirà il 31 marzo 1572. L'accusa principale
era di aver ottenuto dal papa bolle speciali per rioccupare i benefici eccle-
siastici posseduti dai Protestanti nei Grigioni , la prevostura di S. Urbano
di Teglie, goduta da un Guicciardi e le rendite dei soppressi Umiliati in
Valtellina e nella contea di Chiavenna. — [Documenti dell' Archivio Va-
ticano].
Mazzi A. Studi bergomensi. Bergamo, Tip. Pagnoncelli, 1888, pa-
gine 329, in-16.
Sommario : Cap. I : La origine del Consolato ; Il Pergaminus di Mosè
del Brolo. — Cap. II : I primi atti dei Consoli; I borghi cittadini ed il su-
burbio. — Cap. Ili : I borghi franchi del Contado nel secolo XII ; Le vi-
cende del territorio cittadino fino al 1186. — Cap. IV: Esclusione degli uf-
ficiali vescovili dal Consolato ; Modo di elezione dei Consoli , loro numero ;
Serie dei Consoli fino al 1156; I Consoli di giustizia; La questione di Vol-
pino e la battaglia delle Grumore.
430 BIBLIOGRAFIA.
Mazzoni Guido. Sonetti inediti di Vincenzo Monti. — In Nuoea
Antologia, 16 maggio 1888.
Cfr. anche Scipioni G. S. Alcune lettere e poesie di Costanza Monti Per-
ticari , in Giornale Storico della Letteratura Italiana , fase. 31-32 , 1888
[6 lettere datate da Milano, degli anni 1823-1829].
Melani arch. Alfredo. Arte italiana : Raccolta di 150 tavole di mo-
delli dovuti ad artisti eminenti, quali: Giovanni Bellini, Andrea
Mantegna, Giulio Romano, Giorgio Vasari , ecc., ecc., dispensa I.
— Milano, U. Hoepli , 1888.
Mignaty Margherita Albana. La vita e le opere del Correggio.
Prima edizione italiana per cura di Giorgina Saffi , con proemio
di Angelo De Gubernatis. — Firenze, libr. H. F. Miinster, edit. ,
1888, in-8.
Cfr. i §§ 5 : « Il mondo elegante e la letteratura ; Lodovico Ariosto e
Torquato Tasso », e 8" « Leonardo da Vinci e la Scienza dell' arte. »
[Milano]. La beneficenza e i benefattori della Congregazione di Ca-
rità di Milano. — Milano, Tip. Ditta Emilio Civelli , 1888, in-4 ,
pag. 222.
Milano. Rapporti dell' ispettore prof. Pompeo Castelfranco. — In No-
tizie degli Scaoi , febbraio 1888, pag. 128-129.
Scavi fatti lungo il tracciato della grande via che condurrà in Piazza Ca-
stello (Via Giulini , Cavenaghi , S. Prospero, Via Mangano, Via Spadari).
[Milano]. I cartai milanesi nel secolo XV ed i loro Statuti. — In
Giornale della Libreria, di Milano, N. 16, 15 aprile 1888,
Riassunto di un articoletto analogo di E. Motta, nel Bibliofilo, di Bologna
[Cfr. : Boll. Bibliogr., 1887, pag. 613].
[Milano]. Una libreria che scompare. Antonio Vallardi. — Ancora il ne-
gozio Vallardi (1799). — In Giornale della Libreria, N. 16 e 20,
15 aprile e 13 maggio 1888.
[Milano], Ein Brief ans Mailand. — In Cronik fùr veroielfàltigende_
Kunst, N. 3, 1888.
[Milano]. Der Campo Santo in Mailand. — In Allgem. Eoang. L^-
therische Kirchenzeitung, N. 20 (1888).
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 431
Mistrangelo p. Alf. d. s. p. Il venerabile Glicerio Landriani delle
scuole pie, patrizio milanese. — Genova, Tip. della Gioventù, 1888,
pag. 346, in-16.
Mocavini Roberto. Argante e Tancredi : studio sul Tasso — Città
di Castello, S. Lapi, 1888, pag. VII-103, in-16.
Modena Gustavo. Politica e arte: epistolario con biografìa, 1833-1861
(Commissione editrice degli scritti di G. Mazzini). — Roma, per
cura della Commissione edit. [Firenze, Barbèra], 1888, in-16, pa-
gine CXXXVIIIJ-370.
Mommsen Teodoro. Le Provincie Romane da Cesare a Dioclesiano,
traduzione dal tedesco di Ettore de Ruggiero. Parte I. — Roma,
Pasqualucci Loreto, edit., 1888, in-8 gr., pag. 370.
Cfr. il § / confini settentrionali d' Italia.
[Morigeri]. A ricordo del prof, cav. Giuseppe Mongeri , morto il 17
gennaio 1888. — Milano, Tip. Lombardi, 1888, pag, 77^ in-8,
con ritratto.
Brevi cenni necrologici in Ateneo Veneto, fase. I-III, 1888, pag. 188. —
Cfr. altresì all' articolo Cajffi.
[Mongeri e Massarani]. Les Arts en Italie (les Grands Maìtres de
la renaissance). Iconografie des chefs-d'oeuvre de la peinture , de
la sculpture et de V architecture. Texte par M. M. le Marquis
Baldassini, C. J. Cavalucci. G. Lafenestre, Q. Leoni, Paul Mantz,
M. Maroni , Tulio Massarani , P, G. Molmenti , G. Mongeri ,
L. Mussini , C. Ricci , De Thémines de Lauzières, Charles Yriarte.
— Paris, libr. Rothschild , 1888, in fol„ pag. XII-180 , con 45
acque forti , 2 tavole in acciaio e 325 ili. nel testo.
Morsolin abate Bernardo. Un umanista del secolo XIV pressoché
sconosciuto. — In Atti del R. Istituto Veneto di Scienso e Lettere,
tomo VI, serie VI, dispeasa IV, — Venezia, 1888.
Trattasi di Matteo d' Orgiano o d' Aureliano, del quale fin dal 1878 ebbe
r Hortis a pubblicare una lettera a Pasquino de' Capelli , cancelliere di
Gian Galeazzo Visconti. L' Orgiano, amico di Coluccio Salutati , era Vicen-
tino e nato circa il 1330. Fu alla Corte degli Scaligeri. Caduto Antonio,
nel 1387, il D' Orgiano, che gli era stato primo cancelliere, venne dal Vi-
sconti relegato a Voghera. Liberato un anno dopo dal suo esigilo , lo ve-
432 BIBLIOGRAFIA.
diamo comporre versi inneggianti al Visconti. Passò dappoi al servizio di
Alberto d' Este e nel 95 era a Vicenza.
Lo troviamo, in ultimo, segretario presso il conte di Biandrate e paro
morisse nel 1406, addolorato per la perdita di un figlio amatissimo.
In appendice al suo lavoro il Morsolin produce due elegie del d'Orgiano:
r una ad Antonio Arisi, V altra a Pasquino de' Capelli per la sua liberazione
dal bando di Voghera.
Motta E. Curiosità di storia genovese del secolo XV, tratte dall' Ar-
chivio di Stato di Milano. — In Giornale Ligustico, fase. V-VI ,
maggio-giugno 1888.
Bombardieri a Genova nel 1496. — Nuovo convento di Francescani in
Savona (1473). — Nobih Genovesi morti in Milano, — Un armaiolo nel 1461.
— Accuse date al Capitano delle Galee Genovesi [Giuliano da Magnerà
nel 1473].
Motta E. Numismatica ticinese ?... — In BuUetin do la Società Suissa
de Numismatique, di Basilea, fase. V-VI e seg., 1888.
Motta E. Il tipografo Dionigi da Parravicino a Cremona (1471). — '
Como, Tip. Ostinelli, 1888, in-8 gr., pag. 9.
Estr. dal Periodico della Società Storica Comen$e, voi. VI.
Munaron sac. Giuseppe. Memorie storico-letterarie del venerabile
f. Pietro Maldura da Bergamo, dell'Ordine dei predicatori, au-
tore della Tavola aurea delle opere di S. Tommaso D' Aquino ,
compilate per la fausta occasione del giubileo sacerdotale del
S. Padre Leone XIII. — Venezia, Tip. Emiliana, 1888, in-8, pag. 84.
Muntz Eugène. Les sources de l'archeologie chrótienne dans les Bi-
bliothèques de Rome, de Florence et de Milan. — In Melanges
d'Archeologie et d' Histoire, della scuola francese di Roma, fasci-
colo I-II, marzo 1888.
Cfr. il cap. I : Les dessins de V Ambrosienne, pag. 82-92.
Narducci E. Di un manoscritto di Rime del secolo XVI , recente-
mente acquistato dalla Biblioteca Angelica. — In Atti della R. Ac-
cademia dei Lincei, voi. IV, fase. VI, 18 marzo 1888.
Il Narducci dà l'analisi di questo ms. steso tra il 1578 e il 1582 e con-
tenente Rime di circa 50 poeti. Tra i molti componimenti di T. Tasso , se
ne trovano 5 a lui attribuiti , che invano si cercherebbero nelle raccolte a
stampa delle sue rime.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 433
Vi sono inoltre componimenti di Scipitne e Giulio Cesare Gonzaga; di
Giulio Cesare Albicante, milanese, monaco di M. Oliveto; di Francesco Pa-
nigarola, pure milanese e dell' ordine dei Minori Osservanti.
N[arducci] Efnrico]. Un sonetto di Torquato Tasso novo volte stam-
pato e sfuggito ai raccoglitori delle sue Rime. — Nel Buonarroti,
di Roma, serie III, voi. Ili, quaderno III (1888).
Neri Achille. Niccolò e Francesco Piccinino a Sarzana. — In Gior-
nale Ligustico, fase. V-VI, maggio-giugno 1888.
Memoria già edita nel nostro Archioio (cfr. 1887, pag. 494 e seg.). Perchè
non accennarlo ?...
Neri Achille. Una famiglia di comici. — In Gaszetta Letteraria , di
Torino, N. 12, 24 marzo 1888.
La famiglia Romagnosi alle Corti di Mantova e di Francia (1612-1742).
Neri A. Un mazzetto di curiosità. — In Giornale Ligustico, fasci-
colo V-VI, maggio-giugno 1888.
Con documenti pelle nozze di Ferrante Gonzaga con Vittoria D' Oria
[cfr. pag. 205-208]. — A pag. 219 una lettera del Romagnosi all'intimo
suo Luigi Bramieri (Piacenza, 8 novembre 1790).
Nevati F. A proposito di un preteso autografo boccaccesco. — In
Giornale Storico della Letteratura Italiana, fase. 31-32, 1888.
Codice, venuto forse di Francia, dove era stato originariamente scritto, in
Italia, rimasto un pezzo in Lombardia, posseduto forse prima da un Mon-
delli , quindi da un membro della- celebre famiglia Cremonese dei Dovara ,
un Corrado, che I' aveva ricevuto forse da un Rinaldi. — Il Novati fomistie
notizie pei Dovara.
Orsi Delfino. Un commediografo popolare del quattocento [l'Alione].
— In Concersadoni della Domenica, dì Milano, N. 19 , 6 mag-
gio 1888.
Il Loescher annuncia essere in preparazione , per la Biblioteca di testi
inediti e rari , diretta dal Rénier : « Le farse e le commedie carnasciale-
sche di Giorgio Allione ; testo, commento e glossario a cura di C. Sal-
cioni, e studio critico a cura di B. Cotronei. »
Padovan (Guglielmo), Dell' inno « La Pentecoste » , di Alessandro
Manzoni. — Torino, B. Risso, 1888, pag. 52, in-8.
Arch. Stor. Lotnb. — Anno XV. 28
434 BIBLIOGRAFIA.
Parazzi sac. Antonio. Nella solenne consacrazione della chiesa arci-
pretale plebana de' SS. Maria Assunta e Cristoforo del castello
di Viadana, compiuta il giorno 11 settembre 1887 : memorie sto-
rico-artistiche. — Viadana, Tip. Ciardelli, 1888, p. 14, in-16, con tav.
Parini G. Vedi Agnelli e Twaroni.
Pais Hector. Corporis inscriptionura latinarum supplementa italica,
Consilio et auctoritato academiae regiae lynceorum edita. — Fase. I :
Additamenta ad voi. V Galliae Cisalpinae. [Memorie della classe
di scienze morali, storiche e filologiche, voi. V]. — Roma, R. Ac-
demia dei Lincei, 1888, in-4 fìg,
Pavia. Supplemento mensile illustrato del Secolo. [Delle « Cento Città
d' Italia », serie II, disp. 16*]. — Milano, Edoardo Sonzogao, 25
aprile 1888, pag. 8, in fol.
Pavia e Lomellina. Vedi Caloi, Catalogo, Schinits, Villani.
Pélissier Leon G. Les amis d'Holstenius : III. Aléandro le Jeune. —
In Mélanges d'archeologie et cThistoiro (scuola francese di Roma),
fase. III-IV, maggio 1888.
Vedi a pag. 369-377, la Correspondance entre Aléandro et Boldoni (Si-
gismondo). — Nove lettere dell' Aléandro ed una del Boldoni (Mantova , 1
febbraio 1628).
Pellet. Le thóàtre révolutionnaire dans la Rópubliquc Cisalpine. — In
Reoue politique et littéraìre (Revuc bleuc), di Parigi, tom. 41 ,
n. 16, 1888.
Periodico della Società storica comense. Fase. 23-24. — Como, Osti-
nelli, 1888, maggio.
Sommario: Inizio di una Bibliografia comense [Cont, v. voi. V, fase. 4°.
Lettere E. F. e G]. — Codice diplomatico della Rezia [Contz. Carte dal
1195 al 1205]. — Fossati, dott. Francesco. Fabbrica di vetri a Como nel se-
colo XV [1454]. — Motta Emilio. Il tipografo Dionigi da Parravicino a
Cremona, 1471. — Necrologie [abate Serafino Balestra, conte Sebregondi,
prof. Piccf]. — Bibliografia.
Perosa dott. M. Sulla breve dimora di Torquato Tasso in Borgo-
Vercelli e su qualche particolare che vi si connette : memoria. —
Venezia, Tip. già Cordella, 1888, pag. 13, in-16.
Estr. dal giornale La Scintilla, anno II, N 14, 15 e 16,
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 435
Pichlmayr. Eia neugefundenes Fragment oiner Virgilhandsclirift. —
In Bl'Uter fur das hatjrisehc Gymnasialicescn XXIV, 2, 3 (1888).
Platania Saverio. Le invasioni barbariche. Voi. I. — Roma, fratelli
Bocca, 1888.
Cfr. il libro IV: I barbari in Italia [Gli Ostrogoti, i Longobardi, i Franchi
in Italia].
[Plinio]. Mayljoff Karl. Pliniana. Nelle Philologisehe Abbandlungen
offerte al prof. Martino Herz in occasione del suo 70° compleanno.
— Berlino, Hertz, 1888.
Aggiungi : Arnold (C. Franklin). Studien zur Geschichte der Plinianischen
Christenverfolgung. Kònigsberg, Hartung, 1887, pag. 57, in-8 gr. [Delle Theo-
logische Skissen und Studien aus Ostpreu$sen, N. 5] e Detlefsen D. Unter-
suchungen zu den geographischen Biichern des Plinius (in Philologtis, voi. 46,
fase 4).
Prècis de la campagne de 1859 ea Italie, avec 8 croquis dans le
texte. — Bruxelles , librairie militaire C. Muquardt , 1888 , pa-
gine .313, in-8.
Aggiungi : Picard L. Legons d'histoire et de géographie militaires , avec
croiiuis de 1854 à 1887. Nouvelle édition revue et augmentée, 3 voi., in-8, et
atlas, in-4 de 40 planchss. Tome I: Guerre de Crimée; guerre d'Italie;
guerre de 1S66, etc. — Angers, impr. Lachèse et Dolbeau, 1887, pag. 423, in-8.
Rajna Pio. Intorno al cosiddetto Dialogus Creaturarum ed al suo
autore [5° Mayno e il Contemptus Sublimiiatis], In Giornale
storico della letteratura italiana, fase 31-32 (1888).
Cfr. Boll. Bibliog., 1888, pag. 181.
Randall. Peccati letterari, — Firenze, succ. Le Monnier, 1888, in-16,
pag. 94.
§ 3. L'Adelchi. § 6. La prigionia di Silcio Pellico.
Relazione d'una festa celebratasi in Cernobbio l'il settembre 1672,
riportata letteralmente da un manoscritto che si conserva in
questo arcliivio parrocchiale [per cura del sac. Sebastiano Cas-
serà]. — Como, Tip, Cavalieri e Bazzi, 1888, in-S, pag. 16.
Renier (R.)- Isabella d'Este Gonzaga Marchiouess of Mantua and
her artistic and Uterary relations. -:- Nella rivista Italia, di Roma,
• N. 5 e 6 maggio e giugno 1888.
436 BIBLIOGRAFIA.
Renier Rodolfo. Poeti Sforzeschi in un codice di Roma recentemente
segnalato. — In Rassegna Emiliana, dì Modena, volume I, fasci-
colo I (1888).
L'intende il Codice Sessoriano 413 della V. E. di Roma fatto conoscere
dallo Spinelli per il prinr^o [Arch. sior. lomb., IV, 1887]. — L' Angelo da
Firenze poi, col quale appare e-ssere stato in relazione il Pistoia per un
sonetto mandatogli l'S marzo 1493 e che il Renier publilica, non è certo il
Poliziano come nota lo stesso Renier contro l'ipotesi del Gian [Rio. stor.
ital,, I, 1888, pag. 82], né tanto meno quel Angelo Michele, di cui si hanno
rime nel medesimo Codice Sessoriano [La Letteratura, N. 10, 1888]. Trat-
tasi semplicemente ed unicamente del noto Gio. Angelo de' Talenti amba-
sciatore sforzesco, spesso adoperato dal Moro, e che noi troviamo nel 1475
alla Corte di Savoia IGlngins La Sarra^ Dépèches des ambassadeurs mi-
lanais sur les campagnes de Charles-le-Hardi , I, pag. 17], nel 1491 a Fi-
renze [Arch. st. lomb., 1887, pag. 838] e nel 1495 presso l'imperatore
Massimiliano. [CaliH; Bianca Maria Sforza, pag. 119]. — Il nome suo ricorre
di sovente nei documenti diplomatici dell' Archivio milanese.
Riboldi mons, A. G. Elogio funebre di mons. Domenico Maria Gel-
mini, vescovo di Lodi , detto nei solenni funerali celebrati nella
cattedrale il 31 gennaio 1888. — Lodi, Tip. cattolica della Paco,
1888, pag. 21, in-8.
Ricasoli barone Bettino. Lettere e documenti, pubblicati per cura di
Marco Tabarrini e Aurelio Gotti. Volume III (dal 28 aprile al 7
novembre 1859). — Firenze, succ. Le Mounier, 1888, pag. XXVI-
518, in-8.
Con lettere al Ricasoli di Luigi Torelli, Emilio Visconti Venosta, ecc.
Riccardi (Alessandro). Le località e territori di S. Colombano al
Lambro, Mombrìone, Graffignana, Vimagano , Camatta , Chignolo
Po, Santa Cristina, Bissone , Campo Rinaldo , Miradolo , Monte-
leone, ecc., e loro vicinanze sopra e d' intorno ai colli di San
Colombano. — Studi e ricerche storiche , geografiche , ecc. Con
una carta geografica antico-moderna dei colli, ed una carta topo-
grafica della fortezza e borgo bastionato di San Colombano , sul
finire del secolo XIV. — Pavia, succ. Bizzoni, 1888, in-8, pag. 217.
Ricci Corrado. I primordi dello studio di Bologna , 2^ edizione. —
Bologna, Romagnoh Dall'Acqua edit., 1888, in-16, pag. 373.
3." Ercole Gonzaga allo studio di Bologna. — 14° Claudio Monteverdi alla
Corte di Mantova.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 437
Rieger. Ein franzósisches Urteil ùber Oesterreichs "Siege in Italien 1848
und 1866. — In Organ der militàrvDissenschaftliehen Vereine,
XXXVI, 4.
Rinaudo C. Recensione del Gerolamo Morone del Gioda, — In Ri-
vista storica italiana, fase. I, 1888, pag, 88-95.
Rivista italiana di numismatica, diretta dal dott. Solone Ambrosoli.
Anno I, fase. 2, 1888. — Milano, Cogliati.
Notiamo d' interesse lombardo : Rossi Umberto. 1 medaglisti del Rina-
scimento alla Corte ci Mamtova: II. Pier Jacopo Alari-Bonacolsi detto
l'Antico — Ambrosoli Solone. Dì una monetina Triviilziana con S. Carpo-
foro. — Gacaz3i Giuseppe. A proposito delle monete di Giancarlo Visconti. —
Commemorazione del prof. B. Biondelli (con ritratto).
Robinson miss A. M. F. The Claim of the House of Orleans to
Milan. Part. II. — In The english historieal reoievo , di Londra ,
N. 10, aprile 1888.
Fine. Cfr. Boll, bibliogr., 1888, pag. 181.
Rochas A. (de). La campagne de la succession d'Espagne dans les
Alpes (1707-1713). — In BuUettin de la società d'études des
Hautes-Alpes, aprile 1888,
Aggiungi: Parnell. The war of the succession in Spain during the reign
of queen Anne, 1702-1711, based on originai manuscripts and contemporary
records. London, Bell and Sohns, 1888, pag. 346, in-8.
Rosa Gabriele. La valle di S. Martino. Notizie storico-statistiche. —
Brescia, Tip. Pio Istituto Pavoni, 1888, pag. 44, in-8.
Rosmini Antonio & die Inquisition. — In Deutscher Merkur, 19 Jahrg,
N. 16, 17, 19 e 20 (1888).
[Rosmini]. Lettere inedite. — Nel Rosmird, di Milano, fascicolo 16
aprile 1888.
9 lettere, dal 1832 al 1837.
[Rosmini]. Lockart D. Gugl. Vita di Antonio Rosmini , prete Rove-
retano. Trad. dall'inglese di L, Sergianotto. — Torino, E. Log-
scher, 1888, pag. 711, in-8.
— Vedi Kraus,
k
438 BIBLIOGRAFIA.
Rossi Vittorio. Poesie sloriche del secolo XV a proposito di una
recente pubbicazione [delle Rime del Pistoja]. — In Archioio Ve-
neto, fase. 69 (1888).
Cfr. altresì l'importante recensione delle Rime del Pistoja a cura di Vit-
torio Gian, nella Rwista storica italiana, di Torino, I, 1888, pag. 78-88.
Né da omettersi, per l' interesse storico sforzesco, l'articolo di F. Gabotto :
« La storia genovese nelle poesie del Pistoja », nel Giornale Ligustico ,
marzo-aprile 1888. — V. nel medesimo Giornale (fase. ITI, 1888) la re-
censione del Pistoja di L. Frati.
— Vedi Renier.
Rossi Vittorio. Di un poeta maccheronico [Tifi Odasi] e di alcune
sue rime italiane. — In Giornale Storico della letteratura ita-
liana, fase. 31-32, 1888.
Della famiglia Odasi, oriunda di Martinengo, sul Bergamasco, un ramo si
trapiantò a Padova e da questo uscirono i due Odasi : Lodovico, il precettore
e segretario di Guidobaldo da Montefeltro , duca d'Urbino e Tiji, il poeta
maccheronico. — Il Gian informa , colla scorta di taluni documenti , della
famiglia Odasi ed espone i dubbi che Tifi non sia di nascita padovano, ma
bensì bergamasco, e che il nome suo non sia che un pseudonimo, un nome
di battaglia sotto il quale sarebbe nascosto un individuo della famiglia Odasi,
del quale ignoriamo il nome di nascita. Esempio di un fatto analogo il Go-
smico, padovano e del nostro Tifi intimo.
Rousseau J. Léonard de Vinci. — In Bulletin de V Acadénde ro-
yale de Belgique, febbraio 1888.
Sabaudia [magg. E. Bertet]. Ettore Asvodario o 1' assedio di Arona
nel 1523. — Nel giornale II Prealpino, di Arona, N. 26, 29
marzo 1888 e seg.
Questo racconto storico venne precedentemente stampato in volume se-
parato. [Arona, Tip. Brusa e Macchi, 1887. Cfr. Boll. Bibliogr., 1887, pag. 207].
Saviotti dott, Alfredo. Pandolfo Collenuccio umanista Pesarese del
sec. XV. Studi e ricerche. — Pisa, Tip. T. Nistri, 1888, in-8 gr.,
pag. 300.
— Vedi la Bibliografia.
Scardovelli Giovanni. La battaglia del Taro (1495), — Mantova ,
Stab.-tip. Aldo Manuzio, 1888, in-16, pag. 30.
Schmitz (H. J.). Zu Columban's Klostorregel und Bussbuch. — In
Archic fiir katholisches Kircherrecht, N. Folge, 53° voi., fase. 2.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA. STORICA LOMBARDA. 439
Seni^aglia (Lionello). Relazioni di Goethe e Manzoni su documenti
inediti o poco noti. Corrispondenza inedita di Manzoni col can-
celliere Federico de Mùllor. Studi. — In Rioista Contemporanea,
di Firenze, fase. 6, giugno 1888 [continua].
[Sforza], Una lettera di Lodovico Sforza ad Antonio Vespucci. —
Nello Zibaldone, di Firenze, N. 5, maggio 1888.
Lettera del Moro da Milano, 13 maggio 1468, all'oratore Vespucci, per-
chè venendo da Firenze , infestata dalla peste , prima d' entrare in Milano
faccia la quarantena di tre giorni all' abbazia di Chiaravalle.
Soldan F. Sagen und Geschichten der Langobarden. — Halle a S.,
Verlag der Buchhandlung des Waisenhauses, 1888, pag. XI-218, in-8.
Solerti A. Alcuni frammenti della Gerusalemme liberata. In II Pro-
pugnatore, di Bologna, II serie, voi. I, fase. I, 1888.
Solerti Angelo. Una versione dimenticata della leggenda sugli amori
di Torquato Tasso e Leonora d' Este. — In Rassegna Emiliana,
di Modena, fase. 11, giugno 1888.
Stauicovich can. Pietro, Biografia degli uomini distinti dell' Istria ,
2* edizione con saggio di annotazioni, — Capodistria, Tip. Carlo
Priora, 1888, in-4.
App. 297-329 estesa biografia dei conte Gian Rinaldo Carli. A pag. 110-
137 e 160-174 biografie dei due Vergerlo — A pag. 139, ragionandosi della
vita di .\ndrea Rapicio, vescovo triestino, si produce una lettera a lui di
S. Carlo Borromeo, in data Milano, 5 maggio 1566.
Strambio dott G. Da Legnano a Mogliano Veneto. Un secolo di
lotta contro la pellagra. Bricciole di storia sanitario-amministrativa,
[Cont. e fine]. — In Rendiconti, dell'Istituto Lombardo, voi. XXI,
fase. VI-XII, 1888.
Cfr. Boll. BihUogr., 1888, pag. 184.
Tacconi Baldassare. La Danae: commedia (1496). — Bologna, so-
cietà-tip. Azzoguidi, 1888, in-8, pag. 52.
Pubblicata da Adolfo ed Alessandro Spinelli per nozze Mazzacorati-Gaetani
Dell'Aquila d'Aragona.
Commedia rappresentata 1' ultimo di gennaio 1496 in casa di Francesco
da S. Severino, conte di Cajazzo, alla presenza di Lodovico il Moro. Questa
Danae era sinora ignorata, e venne trascritta dallo Spinelli dal cod. Sesso-
440 BIBLIOGRAFIA.
riano 413 (Bibl. V. E. di Roma) di cui appunto egli diede per primo no-
tizia nel nostro Archivio [1887, IV, pag. 808 e seg.].
Lo Spinelli aggiunge nel suo opuscolo notizie ignorate intorno al Tacconi,
con la promessa di uno studio più largo.
[Tasso]. La Jérusalem délivrée. Avec étude sur la vie et l'ceuvre du
Tasse. — Angers, impr. Burdin e C, 1887, in-16. [Nouvelle Bi-
bliothèque populaire]. Paris, libr. Gautier.
[Tasso]. Canna prof. Giovanni. Correzioni Tassesche. — In La Lette-
ratura, di Torino, N. 10 e 11, 1888.
Tasso. Vedi Campori, Cotronei, Mignaty, Moeacini, Narducci, Perosa,
Solerti.
Tivaroni C. Storia critica del Risorgimento italiano. L' Italia prima
della Rivoluzione francese (1735-89). Torino, Roux & C. , 1888 ,
pag. 552, in-8,
Cfr. la parte II. Il Ducato di Milano. Capitolo I. Il regime spagnuolo. —
Capitolo II. Il regime austriaco di Maria Teresa. 1. Passaggi. — 2. Maria
Teresa come trova i Lombardi. — 3. Il primo periodo. — 4. Il Censimento.
— 5. Il riordinamento comunale. — 6. Il periodo di Francesco III di Mo-
dena governatore e Carlo di Firmian, ministro. — 7. L'arciduca Ferdinando.
— 8. Le Provincie — Capitolo III, Il regime austriaco di Giuseppe II. —
Capitolo IV. L' emancipazione intellettuale. — Carli. — Pietro Verri. —
Beccaria. — 11 Caffè. E la Parte XI. I Precursori [Cap. I. Il conte Giuseppe
Corani. Cap. IV. Parini],
Torraca Francesco. Discussioni e ricerche letterarie. — Livorno ,
Vigo, 1888.
Scritti già pubblicati in periodici od in separati opuscoli. Notiamo: / Se-
polcri di Ippolito Pindemonte e Di alcune fonti de' Promessi Sposi.
Treves Vittorio. Architettura Comacina. — Torino, Tip. e lit. Camilla
e Bertolero. 1888, in-8 gr., pag, 29, con ili.
Trombetti Benedetto. Studio critico su A. Manzoni, Dante e Aleardi.
— Roma, Tip. Mario Armanni, 1888.
Ussing. Et Par Bemaerkninger om Vergils Stil. — In Ooersigt over
det k. Danske Videnskabernes Selskabs forhandlinger , di Cope •
naghen, N. 2, 1887.
Osservazioni intorno allo stile di Virgilio,
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 441
Venosta Felice. Il Teatro Re [in Milano]. In Gaasetta musicale, dei
Ricordi, N. 10, 4 marzo 1888.
Venturi A. L'arte emiliana nel rinascimento: Il Francia. — In Ras-
segna Emiliana, di Modena, fase. I (1888).
[Verdi]. Pougin A. Verdi, sein Leben und seine Werke. Deutsch von
Adolph Schulze. — Leipzig, Reissner, in-8, pag. 289,
Aggiungi : Valori {H. de). La Musique et le Document humain , suivi
d'une étude sur Rossini et Verdi. — Chambery, impr. Chatelain (Paris^ Oi-
lendorff) 1888, pag. 121, in-8 picc.
Viaggi di Giovanni Ridolfi fiorentino (1480) da Milano a Genova.
— Nello Zibaldone, di Firenze, N. 3 e 4, 1888,
Villari Pasquale. Nuove questioni intorno alla « Storia di G. Savo-
narola e de' suoi tempi » a proposito d' uno scritto del prof. F.
C. Pellegrini [nel Giorn. storico della letteratura italiana, voi. X,
pag. 238-54]. — In Archivio storico italiano , di Firenze , di-
spensa 2'\ 1888.
Cfr. il § III : Carlo YIll a Pacia, a pag. 200-201.
Viola avv. Luigi. Crema nella rivoluzione del 1848, conferenza tenuta
in Crema nella sala di 8, Domenico il 18 marzo 1888. — Crema,
Tip. Economica di G. Anselmi, 1888, pag, 26, in-8.
[Virgilio], Cima Antonius. Analecta vergiliana et tulliana. — In Ri-
vista di filologia e d'istruzione classica , di Torino , anno XYI ,
fase. 7-8, gennaio-febbraio 1888.
Per gli studiosi di Virgilio annotiamo inoltre: Màhly F. Aporie virgiliane
[in Zeitsehrift fiXr die oesterreickisehen Gymnasien, 38, 6] ; Pascal dottor
Carlo. La questione dell' Egloga IV di Vergilio , riassunto storico (Torino ,
E. Loescher, 1888, pag. 20, in-8) ; Lo stesso. Asinio Pollione nei carmi di
Virgilio (Napoli, Tip. della R. Università, 1888) ; Baehrens E. Emendationes
Vergilianae [in « Neue Jahrbùcher fur Philologie und Padagogik », voi. 135-
136, fase. 12]; Maurer. Zu Vergilius Aeneis [Ibidem voi. 137-138 fase. 2];
Plùss Th. Zu Aeneis (IX, 176-445) und Ilias (K) [Ibidem fase. 3]; Sabbadini R.
La critica del testo del « de officis » di Cicerone e delle poesie pseudo-ver-
giliane. Secondo due nuovi codici [Catania, 64 pag., inrS] ; Ellis. Further
Notes on the Ciris and other Poems of the AppendLx Vergiliana [in « The
American Journal of Philology », VIII-4] ; Hertz M. De Virgilii Maronis
442 BIBLIOGRAFIA.
grammatici epitomarum codice Ambianensi disputatio (Breslau , 1<
Sir Charles Bowens Translation of Virgil, [in « Tlie Edinburg Review »,
N. 342, 1888].
Virgilio. Vedi Draehmann, Fimi, Pichlmarjr, Ussing.
Vita di S. Gerardo , nativo e protettore della ciUà di Monza. —
Monza, Tip. Corbetta, 1888, pag. 22, in-24.
Vita milanese. — Milano, edit. doti. Francesco VaV.ardi, 1888,
pag. 432, in-8.
Non è che un estratto di diversi capitoli del noto Milano stampato nel
1881 in occasione dell'esposizione nazionale. Ad ogni buona salvaguardia
notiamo qui i 15 capitoli contenutivi: Donfadini R. Una passeggiata storica ;
De-Castro G. Dialetto e letteratura popolare ; Sacchi G. La vita intima ;
Bignami V. Club, società e ritrovi; Fontana, F. La vita di strada; Bar-
biera R. Milano in campagna; Manfredi P. Milano legale; Petrocchi P. 'La,
letteratura a Milano ; Filippi F, Il teatro drammatico a Milano ; Salcera-
glio F, Archivi e biblioteche; Ghiron I. e Schiapparelli G. Associazioni
scientifiche; Prina B. L'istruzione a Milano; Raoasio P. Scuole popolari ;
Morandi F. Tipi di donne illustri milanesi ; Baraaalle C. Note funebri.
Wolfflin. Die Rettung Scipios am Tessin. — In Hermes. XXIII, 2.
Zannoni Giovanni. 1 precursori di Merlin Cocai. — Città di Castello,
1888, pag. 207, in-8.
Zanzi Luigi. Il conte Gian Pietro Porro : commemorazione (29 gen-
naio 1888). — Varese, Tip. Macchi e Brusa, 1888, in-8, pag. 30.
Zerbini Elia. Sonetti politici vernacoli. — In Giornale storico della
letteratura italiana, fase. 31-32 (1888).
Alcuni sonetti in dialetto bergamasco , tolti dal codice LXVI , classe XI
della Marciana, e che si riferiscono alla cattura di Lodovico il Moro e di
suo fratello il cardinale Asoanio.
Sonetti di interesse storico, tant'è vero che uno di essi fu di già pubblicato
da C. Cantù, ed è quello che incomincia O vél, o cét, o cét o Lodooich. Ma
per sfortuna egli non ebbe la mano felice, togliendolo da un ms. del mendace
Zilioli [Scorsa d'un Lombardo, pag. 141], il quale falsamente l'attribuisce a
Lancino Curzio , e quindi da bergamasco che è il sonetto , lo fa diventare
milanese, dandolo spropositato.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 443
Zemin Gebhard. Feldmarschall Radetzkys Denkwurdigkeiten aus
dem Leben. — In Wcstermann' s illustricrte deutsche Monatshefte,
maggio 1888.
Zevi Filippo, capitano. La guerra in Italia dal 1742 al 1815: storia
degli avvenimenti militari della penisola, compilata con nuovi do-
cumenti e nuove ricerche. — Roma, Tip. Carlo Voghera, 1888,
in-8, pag! XVI-527.
Nota Bene. — D'ora in avanti il Bollettino Bibliografico giugno-set-
tembre che si era soliti pubblicare nel fascicolo di settembre dell' Archic io,
si darà assieme a quello di settembre-dicembre nell' ultimo dell' anno in corso.
E ciò a motivo dell'assenza del compilatore da Milano nei mesi d'estate.
APPUNTI E :n^otizie
Museo Archeologico di Milano. — Acquisti e doni pervenuti
al Museo nel primo semestre del 1888.
1. Lapide gallo-italica coli' iscrizione da destra a sinistra
KOMONEOS VARSILEOS
scolpita in rozza pietra lunga m. 1, alta cent. 40, spessore 10 cent.,
rinvenuta nel febbraio del 1875 a S. Pietro di Stabio (Cantone
Ticino) insieme a parecchie fibule a doppio vermiglione ; acquisto
del Museo.
Di questa pietra ne parlano V. Poggi, « Di una nuova iscri-
zione a lettere etrusche » nel <<. Bull, dell' Ist. di corrispondenza
archeolog. », 1875, pag. 201. — A. Fabretti , « Terzo supple-
mento alla Raccolta delle antichissime iscrizioni italiche », pag. 73,
N. 1 é tav. 1, fìg. 1. — P. Castelfranco, nel « Bullettino di Pa-
letnologia Italiana », anno 1879, pag. 12, anno 1886, pag. 236.
2, Paracarro in serizzo ghiandone della misura di m. 1.26
x0.36x0.36; selci poligonali, alcune monete romane trovate fra
queste ; bocca di pietra ; piccolo capitello quadrilungo con ornato,
scoperti nelle fondazioni della casa in angolo delle due vie Spa-
dari e Torino (febbraio 1888) ; dono del proprietario Giuseppe
Cipolla.
APPUNTI E NOTIZIE. 445
3. Capitello di arenaria annerito , base di colonna , diversi
frammenti di ornato in cotto e un cippo sepolcrale in granito
alto m. 0.43, largo m. 0.385 e dello spesssore di m. 0.24 in cat-
tiva conservazione, per essere stato usato come materiale di
costruzione in un muro della casa N. 7 in via Cavenaghi. —
Dono di quella Società demolitrice.
P . CASSI
FR-PXXX
Di questo cippo è riferito nelle « Notizie degli scavi di anti-
chità », comunicate alla R. Accademia dei Lincei nel febbraio 1888
a pag. 128.
4. Embrice ; mezzo disco di colonna di cotto ; base di colonna
in marmo bianco; due mezzi capitelli ionici, altri frammenti di co-
lonne (epoca romana) e una piccola pietra frammentata colle lettere
V « M ^ R-)
P U L e R 0 CJ
Dagli scavi della casa atterrata nel marzo 1888 in via Giu-
lini, N. 4.
5. Sei anfore diote; alcuni frammenti di capitelli in marmo
bianco; due grandi scici di via romana coi solchi caratteristici;
lastre di marmo avanzi di un pavìmenium seetìle.
Sterrati nelT aprile del 1888 , nel posto ove sorgevano le
case in angolo delle vie S. Prospero e Broletto. Dono del-
l' Impresa demolitrice Maroni , Noseda e Minorini sotto la dire-
zione dell'ingegnere nob. De Strani.
6. Una base e la parte inferiore di piccola statua di marmo
bianco, alcuni pezzi di terra cotta con ornati provenuti dagli at-
terramenti delle case in via S. Maria Segreta (aprile 1888), dono
del capomastro Castelli.
446 APPUNTI E NOTIZIE.
7. Frammento di un cippo sepolcrale alto metri 0.40,
largo 0.30, dello spessore di ra. 0.13, coli' iscrizione :
H E R IVE S
IN FR P XXVI
IN AGRVM
dalle demolizioni in via Cavenaghi (maggio 1888) dono dell'Im-
presa Pollini e Mina.
8. Frammento di specchio in bronzo con stella esagonale
nel centro ed altri ornati alla periferia; lucernetta anepigrafe in
terra rossa; moneta di medio bronzo di Tiberio. Dono del signor
Celeste Verazzi, questi oggetti furono rinvenuti nel 1885 insieme
a due anfore intatte col bollo PERENNA in una cava di ghiaia
presso Vigentino e se ne parla nelle Notizie degli scavi comu-
nicate all'Accademia dei Lincei, anno 1886, pag. 112.
9. Parecchi pezzi di marmi (porfido, serpentino, saccaroide),
alcuni tasselli di mosaico e cocci di stoviglie rinvenuti anni sono
dall'ispettore degli scavi prof. P. Castelfranco sotto la navata
principale di S. Giovanni in Conca.
10. Bassorilievo in marmo bianco , che misura l' altezza di
cent. 32 del secolo XIII, rappresenta il bacio di Giuda a Cristo,
composto di sette figure, porta l' indicazione manoscritta Bassori-
lievo appartenente alla demolita Cappella nella Rocchetta di Porta
Romana^ già nel Museo Settala, dono dell' arch. Luca Beltrami.
11. Iscrizione scolpita su marmo bianco della larghezza di
cent. 76 per l'altezza di cent. 47, che stava capoversa nel zoccolo
della facciata di S. Maria Incoronata. — Dono di quella Fabbriceria.
Dm BGHeDITI DG ^<2
campo mmMGo ^!<s gt
QXlIi OBtIT 1 ]^ ^ m
CGC ^<S) IfXXX ^o
APPUNTI E NOTIZIE. 447
12. Tre colonnette con basi e capitelli di stile lombardo, pro-
venienti dalla Chiosa di S. Nazaro alla Pietra Santa , atterrata
neir aprile del 1888. — Dono dell' architetto cav. Luigi Broggi.
13. Porta in legno ferrata e con chiave della prigione esi-
stente nel Castello medioevale di Pandino. — Dono del proprie-
tario marchese Emanuele D'Adda.
14. Frammento di una lapide in marmo bianco dalle demo-
lizioni in Via Cavenaghi (maggio 1888). — Dono dell' Impresa
Pellini e Mina.
CCCCLXXXXI
S A R C 0 P H A G U M V
DEUM ORATO FAC;
ì
15. Lapide in marmo bianco di m. 1.90 di lunghezza e un
metro di altezza con contorno finamente scolpito, che ricorda la
fondazione fatta da Tomaso Marino nel 1554 dell' oratorio di
S. Giovanni Battista dei Genovesi in via Nirone , come ricorda
r istituzione della Congregazione dei Genovesi detta di Gesù e
Maria, eie disposizioni di elemosine e di dieci doti annue. Dalla
fronte dell'Oratorio, ora soppresso, passò a Mombello (Comune
di Inversago) nella villa del principe Giovanni Pio di Savoia, che
ne fece dono al Museo :
AEDEM CHRISTO REDEMPTORI ET VIRGINI A FVNDAMENTIS EREXIT
ET DEDICAVIT
VIR P(VS ET SENATORIVS THOMAS MARINVS
ANNO M.D.L.ini
INSTITVIT VERBERANTIVM COLLEGIVM QVI PRECES DEO PVNDANT
CRVCIFIXVM, D. N. COMITTENTVR PER VRBEM VESPERE DIEI IO VIS PASCHALIS
AC SACERDOTES DIVINA CELEBRARE
AEGEN\'M PRETEUEA NON OBLITVS ET PRO MARITANDIS DECEM PVELLIS OMNI ANNO
REDDITVM DONAVIT
448 APPUNTI E NOTIZIE.
16. Marmo grigio lungo cent. 56, alto 29, che stava murato
nel cortile della casa in via Mangano, N. 2 , e che in origine era
posto nella base della Colonna detta di S. Barnaba, eretta nel 1577
sul largo del Cordusio dai vicini abitanti, esortati all'opera dal-
l'arcivescovo Borromeo per ricordo della peste, che menò strage
in quei dintorni (Latuada, Deserizione di Milano, tom. V, pag. 20).
— Dono dell' impresa Maroni e C.
CRVCIS SIGNVM
A CAROLO • CARDI-
ARCHIEPO • BENEDICTVM
V- GAL- IVNII • M-D-LXXVII
VICINIA PESTE AFFLICTA
17. Piccola campana in bronzo del Comune di Milano, che
.serviva per il mercato nel palazzo del Broletto, già Carmagnola,
ora Intendenza delle Finanze. — Deposito Erariale.
In due linee :
-}- FVSA INSCRIPTO (sic) AN MDXIX ETAZONE REGNA (Reina) VIC - ggF°
REFVSA MDCCXXVII - VIC - CAROLO DE CAPITANEIS
nel corpo:
Stemma di Milano — S. Ambrogio — Sigillo dei fonditori Bonavilla.
18. Lapide in marmo bianco della lunghezza di cent. 77 per
cent. 62 di altezza, disotterrata alla barriera di Porta Ticinese, nel
posto, in cui doveva sorgere un arco trionfale dorico a tre arcate,
disegno dell'architetto Bargigli, decretato dal Governo Cisalpino
in memoria della vittoria di Marengo , e che rimase allo stato
di progetto. — Deposito Municipale.
DELLA PORTA GIÀ TICINESE
ORA MARENGO
QUESTA È LA PRIMA PIETRA POSTA
DAI CITTADINI
SOMMARIVA • VISCONTI • RUGA
COMPONENTI IL COMIT, DI GOVERNO
ASTANTI PER LA NAZ. FRANCESE
PETIET MINISTRO STRAORD.
MONCEY L. TENENTE GENERALE
COMANDANTE LE TRUPPE FRANCESI
NELLA CISALPINA
AI XXVII PRATILE ANNO IX
(16 giugno 1801) .
I
AI'PUNTI E NOTIZIE. 449
Medagliere di Casa Savoia donato alla città di Milano. —
Nel 1757 il Re Carlo Emanuele III pensò ad una raccolta metal-
lica, che doveva presentare coli' immagine dei principi la storia
di Casa Savoia da Beroldo il Sassone, primo conte di Savoia, in
poi , 3 commetteva i punzoni al celebre incisore Lorenzo Lavy ;
questi ne aveva apparecchiati 77, quando la morte del Principe
troncava l' impresa, e solo all' operosità del ministro Luigi To-
relli é dovuto se in questi ultimi anni la preziosa raccolta venne
tolta dall' obblio della zecca, in cui giaceva, e se la fece compire
coir incisione dei 14 punzoni mancanti , portando la collezione a
91 medaglie , che raffigurano i 41 principi e le 50 principesse ,
che si contano da Beroldo a Vittorio Emanuele II. Da ultimo la
Giunta Comunale di Torino con deliberazione del 4 marzo 1885
fece coniare le due medaglie di Re Umberto e della Regina Mar-
gherita e con squisito pensiero volle mandare in dono un esem-
plare del completo Medagliere al Municipio di Milano, accompa-
gnandolo di una cortesissima lettera, che resterà documento
affettuoso della città sorella :
CITTÀ DI TORINO
Gahliìf^tto del Sindaco
Torino, 16 maggio 1888.
Questa Giunta Municipale, in seduta del 4 marzo 1885, deliberava
di completare il Medagliere di Casa Savoia, esistente nel Museo civico,
coir aggiunta dei conii relativi agli attuali regnanti, e di offrire in dono
un esemplare dell' intera collezione di medaglie al patriottico Municipio
di Milano , che tante dimostrazioni d' affetto e di stima diede in pa-
recchie occasioni alla Città di Torino.
Ultimata in questi giorni la succennata storia metallica della gloriosa
Dinastia sabauda, io mi faccio gradito dovere di offrirne un esemplare
all'Amministrazione comunale, alla quale V. S. 111. ma presiede con
tanto senno ed unanime plauso, valendomi all'uopo della cortese of-
ferta di ricapito fattami dall' ing. comm. Riccio, egregio assessore di
questo Municipio, il quale si reca in Milano questa sera stessa.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 29
450 APPUNTI E NOTIZIE.
Nutro fiducia che codesto onorevole Municipio sarà per gradire il
dono, quale attcstato dei vincoli di viva simpatia e di fratellanza che uni-
scono Torino alla nobile Milano, e rinnovo alla S. V. Ill.ma y espres-
sione dei miei sentimenti di alta stima e di inalterabile devozione.
Il Sindaco j M, Voli.
Ill.'^o signor Sindaco
della Città di Milano.
■k
Le collezioni dei Medici. — Delle ultime pubblicazioni del-
l' operoso E. Muntz , sempre utili per bontà di documenti , seb -
bene talvolta il lusso dell' edizione mascheri un tantin di super-
ficialità nel testo (il che è difetto di molte opere di storia d' arte
di Francia), è rimarchevole quella delle CoUections des Médieis
au XV siede (Paris, libr. de l'Art, 1888, in-4 gr.), che serve
d'appendice ai suoi «Precursori del Rinascimento».
Sfogliando gì' inventari delle preziose raccolte medicee che il
MiiNTz pubblica , con troppa parsimonia di note esplicative (1) ,
vi troviamo elencati oggetti di provenienza lombarda. Ad esem-
pio : neir inventario di Piero , figlio di Cosimo de' Medici , del-
l' anno 1456, ricorrono « una testa del Duca de Melano leghato
in ariento » (argento) , che sarà quella di Francesco Sforza , e
« guanti paia 4 da homo milanesi d' ariento et di seta » [pa-
gine 17-19]. I guanti di Milano andavano distinti, sicché il Pistoja,
passando in un suo sonetto [pag. 213, ediz. Cappelli-Ferrari] in
rassegna le diverse città d' Italia, lodava Milano per i guanti [« né
più squille ha Milano o guanti o zeti »].
Neil' inventario del 1463 [ pag. 26] sono annotati « 2 orinoli
lombardi. » In altro del 1464 [pag. 39], tra i vasi, « una coppa
di cristallo legata in ariento dorato et smaltato col coperchio
coir arme del duca di Milano » e stimata 300 fiorini. Per gli
(1) Poiché non è vero, come egli avverte in nota a pag. 23, che l'inter-
pretazione dei termini tecnici di quegl' inventari sia facile e si possa trovare
« dans le premier dictionnairc itahen venu. » !
APPUNTI E NOTIZIE. 451
orologi in Lombardia nel quattrocento cfr. Renier , Gasparo Vi-
sconti (in Arehioio Storico Lombardo, 1886, pag. 542 e se-
guenti e 822).
Nell'inventario di Lorenzo il Magnifico, fatto alla di lui morte,
nel 1492, citansi « uno quadro dipintovi la testa del duca Gha-
leazo di mano di Piero del PoUaiuolo » , stimato fiorini 10 , e.
« uno colmo di braccia 2 V2 chon dua teste al naturale , cioè
Francesco Sforza et Ghatamelata , di mano duno da Vinegia » ,
fiorini 10, e che il Courajod crede identificare coi ritratti conser-
vati nel Museo d 'Arte Industriale . di Vienna [pag. 64] , ipotesi
messa in dubbio dal Fabriczy [Arch. storico dell'Arie , fasci-
colo I, 1888J.
Nel palazzo di Careggi [pag. 89] presentavasi alla vista «uno
quadro dipintovi dentro una Lombardia »', longa braccia 4 V3 6
largo br. 2, stimato 1 fiorino.
Un medico Bergamasco a Napoli nel 1392, e dentisti Lom-
bardi A Roma nel secolo scorso,- — N. Barone ha ultimato
neìV Archivio Storico Napoletano la pubblicazione delle sue «Notizie
raccolte dai Registri di cancelleria del re Ladislao di Durazzo. »
Nel fase. IV, 1887, a pag. 739, è ricordato per gli anni 1392-93
un « Benedetto del fu Bono de Marinonis de Bergamo », profes-
sore in medicina ed in fisica, in Napoli.
Il Bertolotti ha pubblicato un suo nuovo lavoro: « Notìzie e
documenti sulla storia della farmacia e dell'empirismo in Roma».
[Estr. dal Monitore dei farmacisti. — Roma, Tip. Aldina, 1888].
Vi è registrata la concessione del 1779 ad Angelo Maria Fau-
stini, dentista lombardo, per esercitare la sua professione sulle
pubbliche piazze. Ed un anno dopo il Governatore' di Roma ac-
jordava licenza a Giovanni Crespo, milanese^ di cavare e pulire
penti « e di poter andare per la città gridando e dicendo le se-
guenti parole: — Chi vuol cavarsi e pulire i denti — come an-
cora della licenza di giuochi chiamati di destrezza e prestezza de
lani. » [Cfr. pag. 22-23].
452 APPUNTI E NOTIZIE.
Un poeta Cremonese cancelliere a Ragusa. — Nell'Ateneo
Veneto, fase. I-III, 1888, è a leggersi un'interessante me-
moria di Giacomo Boni , intorno ai Monumenti d'Architettura
della Dalmazia. A pag. 109 è menzione del lavoro gotico più
bello e più interessante in Dalmazia, il palazzo della piccola Re-
pubblica di Ragusa , incominciato nel 1435 da messer Onofrio
Giordani di La Cava, napolitano. Benché sia stato molto alterato
posteriormente , contiene tuttavia gran parte del suo lavoro. La
facciata era in origine fiancheggiata da torri basse, fra le quali
nel pianterreno aprivasi una loggia di sei archi , sostenuta da
colonne monoliti dell'isola di Curzola e capitelli scolpiti con un
tocco artistico che non potrà essere mai esaltato abbastanza.
E su uno di detti capitelli venne scolpito , per consiglio del no-
bile cremonese Nicolao da Sazina, allora cancelliere di Ragusa,
r effigie di Esculapio con una sua iscrizione in versi. Ci resta
un ragguaglio di questo palazzo , fatto da un maestro di scuola
di Ragusa, il quale vide i capitelli fra le mani dello scultore e
che scriveva :
« In prima (colonna) sculptus est Aesculapius artis medicinae
« reparator, id persuadente singulari poeta et litterarum doctissimo
« Nicolao de Sazina, nobili Cremonensi, viro procul dubio magni
« ponderis , et inter doctos dignis ejus meritis aprobato , qui ut
« suae patriae dissentionibus paululum cederet , cancellariatus
« Ragusij onus gerere et pati disposuit , ac nunc patitur. Hic
« enim cum scivisset et suis litterarum studijs didicisset, Aescu-
« lapium JCpidauri , quod nunc Ragusium dicitur, oriundum fuisse
« summo studio elaboravit , ut insculperetur illius simulacrum ,
« cui epitaphium metricum mui^o infìxum edidit. »
Ancora della famiglia Moroni. — Nel fascìcolo precedente ab-
biamo indicato all'attenzione il Girolamo Morone di Carlo Gioda,
erroneamente stampato Giuda.
APPUNTI E NOTIZIi:. 453
Ora nella Ricista Storica Italiana del gennaio-marzo, troviamo
una succosa biografia, che merita esser registrata fra quella degli
illustri lombardi.
Sono una curiosità le relazioni che i conclavisti mandavano
fuori sui varj incidenti dei conclavi, raccolti per eleggere il
nuovo papa. Or ora fu pubblicata quella del conclave dopo la
morte del milanese Pio IV.
Era grandissimo il favore pel cardinale Gio. Morone, tolto al-
lora di carcere, e le solite relazioni ne parlano con sommo favore.
Eran 50 cardinali , e 1' imperatore, i re di Spagna e di Francia
erano troppo occupati in casa. Capipartito Carlo Borromeo e
Alessandro Farnese. Carlo menava tutte le creature di Pio IV suo
zio , ma non palesava la sua predilezione pel Morone. I voti
crebbero per questo a segno , che tutti si mossero per andare
a fargli 1' adorazione ; ma si convenne di differirla al domani.
Quell'intervallo mutò i consigli.
Statuti di Milano. — La Raccolta degli Statuti Municipali
italiani che si stampa da A. Todaro a Palermo , lascia troppo
a desiderare per scelta di testi, revisione, confronti e note. La
natura di questo giornale ci limita a ricordare Consuetudines et
Statuta Mediolani. E riproduzione delle Consuetudines del 1216,
data nei Monumenta Historice Patrice , tom. XVI , senza cono-
scere la critica che ne fece il Berlan nel 1866 e la nuova sua
lezione. Poteano completarle gli Statuti del 1396 , confermati
da Gian Galeazzo , e che si stamparono nel 1480-82. Invece
il Todaro stampa quelli del 1502 , tante volte riprodotti e anno-
lati. Cosi poco ò dato sperarne.
Documenti Spagnuoli. — Nel fase. I, 1888, della Historische
Zeitschrift, dello Sybel di Berlino, Corrado Haebler. passa in
454 APPUNTI E NOTIZIE.
rassegna gli ultimi lavori comparsi , pertinenti la storia della
Spagna nel secolo XVII [« Neuere Arbeiten zur Geschichte Spa-
niens im .17. Jahrhundert »] , periodo troppo importante per la
nostra Lombardia per essere trascurato. L'Haebler esamina gì' im-
portanti scritti inserti nella grandiosa Coleeeion de documentos
ìnéditos para la hisioria de Espana , composta di 86 e più vo-
lumi (il l*^* comparve nel 1842), e che indarno cerchiamo nelle
biblioteche di Milano, La Coleeeion consacra una abbondante rac-
colta di documenti, costituenti una raccolta di più di 2000 pagine
al duca di Ossuna [I volumi 44-47].
Una poi delle preziosissime pubblicazioni per la storia della
politica spagnuola, è la corrispondenza di Fernandez de Cordoba
da Milano dell' anno 1629 e della Colleeeion, voi. 54, 369-573 e
voi. 55, 1-41 [« Correspondencia de D. Gonzalo Fernandez de Cor-
doba con Felipe IV conde-duque de Olivares , duque de Saboya
y otros personajes sobre la guerra promovida en el Monferrato »].
Aggiungi , e questo non poteva avvertire per il caso nostro
r Haebler, che il voi. 39" della suddetta Coleeeion, contiene i
Doeumentos relativi a Pier Martire d' Angora.
Lettera di Ugo Foscolo. — Giacché tanto si cerca oggi ogni
minuzia del Foscolo, ne rechiamo questa lettera, tolta dal nostro
Archivio di Stato :
Milano, 6 settembre 1811.
Al Signor Conte Consigliere di Stato,
Direttore Generale della Pubblica Istruzione,
L' onore compartitomi di rivedere nella parte delle lingue e dello
stile le rappresentazioni proposte dalla Compagnia Reale , accresce
l'ossequiosa riconoscenza ch'io da gran tempo professo a S. E. il
S.i" Ministro dell'Interno, ed a lei, Signor Conte, che si è mostrato
propenso sempre a beneficarmi. Tenterò dunque di soddisfare almeno
in parte al mio debito, adempiendo, secondo il mio potere, alle supc-
APPUNTI E NOTIZIE. 455
riori intenzioni r però Ella mi avrà sempre pronto agli ordini che si
degnerà d'ingiungermi sul lavoro a cui Ella mi ha creduto capace.
Piacciale ad un tempo di credere ch'io vivrò perpetuamente memore
dell* onore con che Ella ha saputo aggiungere pregio al beneficio.
Di Lei , Signor Conte
Devotissimo Servidore
Ugo Foscolo.
R. Deputazione di storia patria per le Antiche Provincie
E LA Lombardia. — Nel mattino del 10 aprile la R. Deputazione
si riunì nell'Archivio di Stato in Milano per la prima Seduta ;
presiedeva il comm. Carutti di Cantogno, letti i verbali delle
Adunanze tenute a Genova nell'aprile del 1887, ed approvati i
conti consuntivo e preventivo, il Segretario della Società Storica
Lombarda presentava, in omaggio di questa Società ai Membri
della R. Deputazione un volume del Calvi su Bianca Maria
Sforza- Visconti e gli Ambasciatori di Lodovico il Moro alla
corte Cesarea, un disegno inedito del Castello del Valentino in
Torino con illustrazione dell' architetto Luca Beltrami ed altri
opuscoli storici. Il prof. Rossi di Ventimiglia disse di aver rac-
colto e studiato documenti che accertano la pratica del rito am-
brosiano nelle Diocesi della Liguria.
In seguito fu nominato a Delegato supplente presso l' Istituto
Storico Italiano in Roma il comm. Domenico Carutti e a Segre-
tario della Commissione Lombarda r avv. Emilio Seletti; vennero
poi eletti a membro effettivo il cav. Filippo Vivanet prof, nella
R. Università di Cagliari e a corrispondenti il teologo Pietro
Canetti prefetto dell'Archivio Eusebiano di Vercelli, il cav. Isaia
Ghiron prefetto della Braidense e la signora Luisa Saredo autrice
della recente monografia sulla Regina Anna di Savoia.
Alle ore tre pomeridiane si tenne nell' aula del R. Istituto
Lombardo una pubblica adunanza, alla quale intervenne il Sin-
daco comm. G. Negri^ molti soci della Società Storica Lombarda
e ragguardevoli personaggi in rappresentanza di parecchi Istituti
456 APPUNTI E NOTIZIE.
scientifici Milanesi. Il comm. Cantù diede il benvenuto ai Col-
leghi, ricordò le molte ed importanti pubblicazioni della R. Depu-
tazione ne' suoi 55 anni di vita, disse dell'operato della Società
Lombarda nell' interesse degli studi storici, ricordò la benemerita
Società Palatina.
Il Presidente Barone Carutti ebbe gentili parole per il nestore
degli storici C. Cantù e per la Società Lombarda, segnò la storia
della Deputazione Subalpina e il valido soccorso portato agli
studi colle moltissime sue pubblicazioni, commemorò infine i soci
perduti Banchi, Casanova, Gozzadini, Leonii, Remondini, Reumont.
Il Segretario Barone Manno riferi intorno ai lavori preliminari
per la stampa del secondo tomo degli indici cronologici murato-
riani, a cui attende col collega prof. Cipolla, cosi dell' opera del
prof. Ferrerò sulla carta topografica del Piemonte ai tempi della
dominazione romana, indicò le prossime pubblicazioni nella Bi-
hlioieca storica italiana, nella Miscellanea e nei Monumenta
historiae pairiae.
Da ultimo il deputato Bollati lesse una relazione sopra il conto
sincrono delle entrate e delle spese risguardanti la spedizione di
Amedeo VI in Oriente negli anni 1366 al 1368, e di quel codice
se ne approvò la stampa.
Questa festa degli studi storici veniva chiusa con un banchetto,-
a cui sedevano le Presidenze della R. Deputazione e della So-
cietà Lombarda invitate dall' illustre Cantù, che alla fine salutava
i Colleghi coir augurio di rivedersi all' assemblea generale che
si terrà in Torino nell' aprile 1889.
Quarto Congresso storico italiano. — Nell'Adunanza del
18 marzo p. p. della R. Deputazione di storia patria per le Pro-
vincie della Toscana, dell'Umbria e delle Marche, residente in
Firenze, fu deliberato : 1." Che il congresso si tenga nell' autunno
del 1889 ; 2° Che si nomini una Commissione con incarico di
fare le proposte opportune cosi rispetto al programma del Con-
APPUNTI E NOTIZIE. 457
I
gresso, come rispetto a una pubblicazione da farsi da quella
Deputazione per omaggio al Congresso medesimo ; 3." Che la
Commissione si componga dei soci Villari, Del Lungo e Ridolfi ;
e che il Segretario della Deputazione funzioni da Segretario della
Commissione stessa ; 4." Che le proposte che farà la Commissione
siano dalla Presidenza della Deputazione comunicate per iscritto
ai soci per averne il parere ; poi definitivamente discusse e ap-
provate dal Consiglio direttivo.
Concorsi a premii. — Tra i IG lavori presentati all'Accademia
dei Lincei per concorrere ai premi del Ministero per le Scienze
storiche, 1887-88. notiamo , come d' argomento lombardo : Bu-
STELLI Giuseppe, Sulla decollazione di Francesco Bussone conte
di Carmagnola [stampato] ; Colombo Elia , Gli Angioini , re
Renato e duca Giovanni in Italia [manoscritto ; documenti del-
l'Archivio di Milano^ ; Gian Andrea Antonio , Della Signoria
di Francesco Sforza nella Marca , secondo le memorie e i do-
cumenti dell'Archivio settempedano [stampato] ; Mantovani Gae-
tano, Il territorio sermidese e limitrofi [stampato] ; Paravicini
Tito Vespasiano, U Abazia di Chiaravalle Milanese [ms.] ; Ano-
nimo, Ricerche sulla storia civile del Comune di Cremona Jino
al 1334 [ms.].
(Atti della R. Accad. dei Lincei, fase. X, 20 maggio 1888,
pag. 601).
Necrologio. — È morto Carlo Kunz , fondatore e direttore
onorario del Museo Civico di antichità di Trieste, agli 11 di feb-
braio 1888 in Venezia. Fu numismatico di alto valore , e allo
studio principalmente delle monete medievali dedicò molte sue
dotte pubblicazioni. Citiamo per la storia lombarda : Jacopo Man-
delli III, conte di Maccagno e le sue monete, nella Rivista della
458 APPUNTI E NOTIZIE,
Numismatica antica e moderna, di Asti, voi. I, 1864; Della
Zecca di Crema , nella sua Miscellanea di Numismatica, Vene-
zia, 1867 ; Il Museo Boitacin annesso alla civica Biblioteca e
Musso di Padova ; parte III : Mantova e le zecche minori dei
Gonzaga, in Periodico di Numismatica e sfragistica, di Firenze,
fase. VI , anno I (1869) ; Delle monete ossidionali di Brescia ,
neWArchcografo Triestino, N. Serie, voi. IV, 1876. — Il Kunz
fu anche studioso di paletnologia e collaboratore del Bulleitino
di Parma. Una sua biografìa , accompagnata del ritratto , è da
consultarsi nella Rivista Italiana di Numismatica , di Milano ,
fase. I, 1888.
Nella sua villa di Ombriano , presso Crema , moriva ai 23
aprile p. p. il conte Francesco Benvenuti Sforza. Attese egli
con amore allo studio delle belle lettere e soprattutto della storia.
Scrisse con spirito liberale la Storia di Crema [Milano, Bernar-
doni, 1859-60].
Negli ultimi giorni , mentre lo affliggeva il malore che lenta-
mente lo trasse alla tomba , egli dettava il suo Dizionario bio-
grafico cremasco , del quale sono ora uscite le tre prime di-
spense [Crema, Tip. Cazzamaìli].
Merita una speciale ricordanza in questo Archivio, la. imma-
tura perdita di Leo Benvenuti , di Venezia, morto in Milano, ai
3 marzo 1888. Diamo i titoli delle sue principali pubblicazioni :
Catalogo dell'Archivio della Magnifica Comunità d'Este, 1880;
Il Museo Euganeo- Romano di Este, 1880 ; Bibliografia Aie-
stina, 1881 ; Un autografo di Ugo Foscolo, 1881 ; Indicazione
del Museo d'Este, 1882 ; Lord Brjron a Este, 1884 ; Note biblio-
grafiche, 1885; La, Sitala Benvenuti, 1886.
I
FRANCESCO GALANTINO.
Un nuovo lutto ebbe a provare la Società Storica Lombarda
colla morte avvenuta al 1" maggio u. s. , del conte Fran-
cesco Galantino.
Era nato in Soncino il 27 luglio 1824 dai coniugi Giovanni
Vincenzo e contessa Antonia Camozzi , e la sua vita fu con as-
sidua cura dedicata a servire ed illustrare la terra natale. Chia-
mato nel 1863 a prender parte ai lavori del Consiglio del Co-
mune e del Consiglio della Provincia , nominato a quella stessa
epoca Sindaco di Soncino , egli declinava , per la sua natura
modesta , quest' ultima carica , per dedicarsi interamente allo
studio delle vicende del Comune.
L' opera sua maggiore fu appunto la Storia di Soncino, pub-
blicata in tre volumi negli anni 1869-70 (1). Coli' aiuto di molti
documenti relativi a Soncino, rinvenuti in pubblici e privati archivi,
il conte Galantino potè condurre a termine un lavoro, tentato qualche
tempo prima da Paolo Ceruti, il quale però, scarso di mezzi per
completare la raccolta delle notizie storiche riguardanti Soncino,
aveva dovuto limitarsi a scrivere le biografie de' più illustri Son-
cinesi , che furono pubblicate solo dopo la sua morte. Come il
Galantino stesso dichiara nella prefazione dell' opera , la sua
(l) Milano, coi Tipi di Giuseppe Bernardoni.
460 NECROLOGIO.
Storia di Sonciiio , anziché essere divisa per materie , si svolge
coir ordine cronologico , secondo il metodo adottato dal Giulini
nelle sue Memorie della città e campagna di Milano, seguendo
altresì le orme del Giulini nel!' introdurre nel testo citazioni e
commenti di atti , non strettamente storici , ma piuttosto econo-
mici, come le pergamene di antiche enfiteusi, di istituzioni pie,
con particolar riguardo per quelle anteriori al XV secolo, per-
chè di maggiore interesse. 11 volume primo, partendo dalle origini
di Soncino e sue vicende avanti il mille , abbraccia i periodi
storici del Comune dell' Impero, e della signoria Viscontea, termi-
nando col periodo Sforzesco ; il secondo volume si diffonde sul
periodo della dominazione spagnuola , eh' ebbe una particolare
importanza per Soncino col succedersi dei marchesi Massimiliano I
ed Ermete I Stampa (1535-1557), Massimiliano II Stampa (1557-
1596) , Ermete II (1596-1621) , e Massimiliano III quinto mar-
chese (1621-1658) ; e con questo volume si arriva alle ultime
vicende di Soncino (1800-1866). Il terzo volume è costituito inte-
ramente da documenti in parte inediti , dei quali il più antico
risale al settembre del 920 , ed è il diploma col quale Beren-
gario I conferma ai Benedettini di S. Pietro e dell' Eremo di
S. Zenone presso Soncino, le donazioni fatte ai loro predecessori
da Matelda, vedova di Adaloardo, re de' Longobardi (1).
Ciò che dà speciale valore a questo volume, si è che la mag-
gior parte dei documenti inediti si riferisce ai secoli XII , XIII
e XIV , e molti riguardano quelle questioni di confine e di acque
che Soncino ebbe lungamente colle vicine terre di Orzinovi , Cre-
mona, Brescia. Più tardi il conte Galantino pubblicava, a guisa
di appendice a questa sua storia, / Conti del Forese e i Gouffier de
Boysi (2), cui tenne dietro, a breve intervallo, un supplemento (3),
nel quale presero posto molti altri documenti riguardanti la Si-
(1) Il documento illustrato tre anni prima dal prof. Waitz nel Giornale
Storico di Gottinga, non era stato ancora pubblicato in Italia.
(2) Milano, Tip. Bernardoni , 1880.
(3) Milano, Tip. Bernardoni, 1881.
NECROLOGIO. 4G1
gnorla feudale dei Gouffier in Lombardia, in parte comunicati al
conte Galantino dal commendatore C. Cantù , il quale li aveva
trascritti dai Registri conservati nell' Archivio di Stato , in parte
dovuti alle ricerche fatte in Parigi dal visconte de Poli che pel
suo parentado coi Gouffier potè esaminare accuratamente i pre-
ziosi manoscritti del Cabinet des titres , nella Dihliothèque Na-
tionale.
All'opera delle famiglie notabili Milanesi il compianto nostro
collega pure collaborò, illustrando la famiglia Medici di Mari-
gnano, colla quale il suo matrimonio lo aveva imparentato.
Il dono che 1' ultimo marchese Stampa fece al Comurie della
Rocca Sforzesca , da Galeazzo Maria Sforza eretta a difesa di
Soncino nel 1472, forni occasione al conte Galantino (1) di trac-
ciare brevemente nel nostro Archivio Storico le vicende della
Rocca , richiamando cosi 1' attenzione sopra questo interessante
esemplare dell' architettura militare del XV secolo, che da molto,
tempo era lasciato nel più squallido abbandono ; al tempo stesso
il conte Galantino , come membro della Commissione Conserva-
trice dei Monumenti per la Provincia di Cremona , sollecitava
dal Governo i provvedimenti necessari ad arrestare la rovina del-
l' edifìcio. Fu appunto nel 1883 che, incaricato dal R. Ministero
della Pubblica Istruzione di predisporre i rilievi e il progetto di
restauro della Rocca Sforzesca di Soncino, ebbi la fortuna di en-
trare in rapporti personali col compianto conte Galantino, il quale,
non pago di avere sollecitato l' intervento del Governo e di aver
promosso lo studio del restauro, segui con interesse ed affetto i
miei studi e le mie ricerche confortandomi del suo prezioso con-
siglio ed aiutandomi nelle lunghe pratiche che precedettero l'inizio
dei lavori di restauro. Allo stesso modo egli s' interessò viva-
mente per le sorti di un altro edificio insigno di quel Comune ,
la chiesa di S. Maria delle Grazie , interessante costruzione del
Rinascimento, sgraziatamente lasciata in cattive condizioni, e final-
(1) L' iscrizione messa sull' ingresso Iella Rocca a memoria del marchese
Stampa Soncino, fu dettata dal Galantmo.
462 NECROLOGIO.
mente in questi ultimi tempi sollecitava il restauro della vecchia
torre del Comune.
Nel 1883 pubblicava un cenno storico suU' Ospitale de' Nobili
Barbò in Soncino (1). Fu a quest' epoca che il benemerito ed
operoso nostro Collega , attivo Consigliere di Presidenza della
nostra Società fin dal 1879 , ebbe a provare per la morte del-
l' unico figlio un fiero colpo che lo indusse a vita ritirata , con-
servando solo r ufficio di Consigliere Comunale di Soncino , che
dal 1863 tenne continuamente sino allo scorso anno, e prendendo
parte ai lavori della Congregazione di Carità e di varie commis-
sioni municipali.
Il Consiglio Comunale di Soncino, radunatosi pochi giorni dopo
la morte del compianto nostro Collega , accoglieva unanime la
proposta della Giunta di porre nel Palazzo del Comune una
lapide , a ricordare le molte benemerenze di cittadino ed i me-
riti di storico del conte Francesco Galantine.
L. B.
(1) Crema, 1883.
ATTI DELLA SOCIETÀ
AdAinanza Generale del 13 maggio 188d.
Presidenza del cav. F. Calvi, vicepresidente.
Letto ed approvato il verbale dell' Adunanza del 26 febbraio ,
il Presidente riferisce intorno all'Assemblea tenuta in Milano il
10 aprile dalla R. Deputazione di Storia Patria per le antiche
Provincie e la Lombardia , e su quanto fece la rappresentanza
della Società Lombarda per festeggiare gli onorevoli colleghi ;
comunica , infine, una lettera di quel presidente Barone Carutti ,
colla quale , a nome della R. Deputazione , ringrazia vivamente
per le cortesi accoglienze ricevute.
La parola è quindi data al prof. Adolfo Cinquini , cui legge
una Memoria intorno alla Cronaca Vieecomitum Angleriae, cono-
sciuta col. titolo di Cronaca Danielis, la quale si riferisce in parte
alle gesta di Federico Imperatore, ed ha un interesse speciale
per le notizie topografiche di Milano del secolo XIII , il Confe-
renziere dice dei manoscritti conservati nelle Biblioteche di Pa-
rigi , di Torino , di Milano , e ritiene che quello della Nazionale
di Parigi sia del XIV secolo , proveniente dalla Biblioteca Vi-
scontea, e se non l'originale, la copia più antica; a questa per
importanza di tempo fa seguire il Codice dell'Ambrosiana, donato
dal conte Giulio Porro Lambertenghi , poi quello della Trivul-
464 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
zìana e della Braidense, dimostra che questa cronaca non è una,
ma il complesso di quattro distinte cronache, cosi reputa erroneo
r attribuire quell' opera ad un certo Daniele, mentre deduce dallo
scritto, che ne sia autore un chierico anonimo, forse di S. Am-
brogio; dimostra l'importanza della Cronaca ancora inedita, che
presto curerà di pubblicare , sebbene ne abbiano usufruito il
Fiamma, il Bosso, il Merula.
Finita r interessante lettura , il Presidente invita i signori Re-
visori del Consuntivo 1887 a riferire su quel Bilancio.
Il comm. Labus procede alla lettura della Relazione , colla
quale constata 1' ordine e 1' oculatezza , che presiedono alla ge-
stione economica , dichiara inappuntabili e precise le esposizioni
fatte nel Bilancio, ed invita i Colleghi ad approvarlo.
Il Presidente apre la discussione, nessun Socio prende la pa-
rola , e messa ai voti la proposta dei Revisori , il Consuntivo è
approvato all' unanimità.
Per ultimo vengono eletti a nuovi Soci il deputato Giulio Ada-
moli, di Varese ; cav. Carlo Raffaele Barbiera , avv. Cesare Bozzi,
rag. Paolo Cardani , Cristoforo Crespi , ing, Giovanni De Simoni ,
Luisa Ghiotti Casnedi, dott. Giuseppe Luini, di Milano; marchese
Giuseppe Cavriani , avv. Carlo Finzi, principe Ferrante Gonzaga
e prof. Enrico Paglia di Mantova.
Esaurito cosi 1' Ordine del giorno, 1' Adunanza viene sciolta,
//- Segretario :
E. Seletti.
ELENCO
dei Libri e Pubblicazioni giunte in dono alla Biblioteca sociale
dopo il 15 Dicembre 1887.
Adams Herbert B. Ph. D. of the Hopkins University. The study of history
in American coUeges and Universities. — Washington, Gouvernement
Printing Office, 1887 (d. dell'A.V
— — Bureau of education, N. 1, 1887. — Washington, Gouvernement Prin-
ting Office, 1887 (d. dell' A.).
Agnelli Giovanni. I tre di della Merla. Illustrazione di costumi lodigiani.
— Lodi , Quirico e Camagni , 1888 (d. dell' A.).
Ambiveri Luigi. Della Piacentinità di Cristoforo Colombo. — Piacenza
Solari, 1888 (d. Prina).
Antona Traversi Camillo. Lettere inedite di Giacomo Leopardi e di altri
a' suoi parenti e a lui ; per cura di Emilio Costa , Clemente Benedet-
tucci e C. Antona Traversi. — Città di Castello, S. Lapi , 1888 (dono
dell' A.).
Archiv, fùr òsterreichische Geschichte herausgegeben von der zur Pflege
vaterhìndischer Geschichte aufgestelle commission der Kaiserlichen
Akademie der Wissenschaften. — Voi. LXV-LXX. — Vien , Holz-
hausen, 1883-1887 (d. Ascoli).
Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la provincia di Torino
— i primi quattro volumi ed il 1° fascicolo del quinto. — Roma, To-
rino, Firenze, Bócca, 1887 (cambio della S.).
Baer D."" August. Die Beziehungen Venedigs zum Kaiserreiche in der
staufiscen zeit. — Innsbruck, Wagner, 1888.
Ardi. Stor Lomb- — Anno XV. 30
466 ELENCO DEI LIBRI E PUBBLICAZIONI
Balzani Ugo. Un'ambasciata inglese a Roma. Enrico VII ad Innocenzo Vili
(anno 1487). — Roma, Società Rom. di St. Patria, 1879 (d. Prina).
Bartolini Domenico, L' antico Cassino e il primitivo Monastero di S. Be-
nedetto restituito alla luce dai suoi ruderi. Memoria. — Tip. di Mon-
tecassino, mdccclxxx (d. Prina).
Belgioioso conte Emilio. Guida del Famedio nel Cimitero Monumentale di
Milano, 2^^ edizione illustrata. — Milano, Galli, 1888 (d. dell' A.).
Beltrami ardi. Luca, Per la storia della costruzione del Duomo di Milano,
Disegni inediti del 1390. Estr. race, milanese. — Milano, Varisco, 1888
(d. dell'A.).
Beltrami Luca, Il reale Castello del Valentino innalzato dalla Duchessa
Maria Cristina di Savoia, secondo un disegno inedito presentato dalla
Società St. Lomb. alla R. Dep, di St. Patria, radunata per la prima
volta in Milano il 10 aprile 1888. — Milano, Colombo e Cordani (dono
dell'A.).
— — Aristotele da Bologna al servizio del Duca di Milano, mcccclviii-
mcccclxiv. Documenti inediti. — Milano, Colombo e Cordani, mdccclxxxiv
(d. dell'A.).
Benedettucci Clemente. — V. Antona Traversi.
Benvenuti Leo. Lord Byron a Este. — Bologna, Zanichelli, 1884 (d. dell'A.).
Berchet Guglielmo. Le antiche ambasciate Giapponesi in Italia. Saggio
storico con documenti. — Venezia, Visentin!, 1877 (d. Prina).
Bernascon'1 sac. Baldassare. Settanta documenti relativi alla collegiata di
San Fedele in Como. — Como, Cavalieri e Bazzi, 1887 (d. dell' A,).
BuLLETTiNO dell' Istituto Storico italiano, N. 4. — Roma, 1888.
Bureau of etimology fourth annual report to the secretary of the Smitho-
nian Institution 1882-83, contents : Powel J. "W. , Director: Report -
Pilling James C. : Bibliography of the Eskimo Language - Holmes W. H.
The use of gold and other metals - Heushaw H. W. : Perforated Sto-
nes from California - Thomas Cyrus: Work in Mound Exploration. Bi-
bliography of the Siouan Language. — Washington (d. dell' Istituto
Smith oniano).
BuscAiNO Campo Alberto. Quistioni di fonologia discorse col prof. Policarpo
Petrocchi; 2* edizione. — Trapani, Modica Romano, 1888 (d. dell'A.).
GIUNTE IN DONO ALLA BIBLIOTECA SOCIALE. 467
I
Caffi Michele. Pittori in Venezia nel secolo XIV. Estr. dalVArch. Veneto,
XXV.1-1888. — Venezia, Visentini, 1888 (d. dell'A.)-
Calvi Felice. Disinganno. Commedia in un atto. — Milano, Vallardi , 1887
(d. dell'A.)-
11 poeta Giambattista Martelli e le battaglie fra classici e romantici. —
Milano, Bortolotti, 1888 (d. dell'A.).
— — Bianca Maria Sforza Visconti regina dei romani , imperatrice ger-
manica e gli Ambasciatori di Lodovico il Moro alla corte Cesarea —
Secondo nuovi documenti. — Milano, Vallardi, 1888 (d, dell'A).
Cantò Cesare. — Chiesa e Stato. Rapsodie. Estratto dalla Ricista Unicer-
sale. — Genova-Firenze, 1867 (d. dell' A.).
— — Dell'assassinio officiale. Nota Ietta al R. Istituto Lombardo nell'adu-
nanza del 1° febbraio 1883 (d. dell'A).
— — I progressi della storia. Nota letta al R. Istituto Lombardo nell'adu-
nanza del 15 marzo 1883 (d dell'A).
— — Il Reale Istituto. - G. B. Venturi : Appunti letti al R. Istituto Lom-
bardo neir adunanza del 26 marzo 1885 (d. dell' A.).
— — Ezelino da Romano. Storia di un Ghibellino. — Milano, Carrara, 1879
(d. deU' A.).
— — San Benedetto (articolo nella Roma Antologia), cronaca art. se. lett.
ed ind. — Roma, 29 agosto 1880 (d. dell'A).
— — L' incivilimento dell' Africa - Conferenza. — Torino, Unione Tip. Edi-
trice, 1887 (d. dell'A.).
— — Storia universale. — Decima edizione, interamente riveduta dall'autore
e portata sino agli ultimi eventi, volumi I-VI e volumi della cronologia
ed archeologia. — Unione Ed., Torino, 1884-1888 (d. dell'A.).
Carrara prof. Francesco. Onoranze funebri rese al prof, Francesco Carrara,
Senatore del Regno. — Lucca, xix gennaio mdccclxxxvii. — Lucca,
Tip. Giusti, 1888 (d. del Comune di Lucca).
Carutti barone Domenico. Il conte Umberto I e il re Ardoino, ricerche e
documenti, nuovamente riveduti dall'autore. — Roma, Lincei, 1888
(d. dell'A.)
C.WAZZA G. Francesco Della statua di Gregorio XIII sopra la porta del
palazzo pubblico in Bologna. Memoria. — Bologna, Società Tipografica
Azzoguidi , 1888 (d. dell' A.).
468 ELENCO DEI LIBRI E PUBBLICAZIONI
CiiiAPPELLi avv. Luigi. Lo studio Bolognese nelle sue origini e nei suoi rap-
porti colla Scienza pre-irneriana. Ricerche. — Pistoia, Bracali, 1888
(d. dell' A. \
Città di Torino. Biblioteca civica. Bollettino annuale, anno IV, 1887. —
Torino, Eredi Botta, 1888 (d. del Municipio di Torino).
Congregazione di Carità di Milano. La beneficenza ed i benefattori della
Congregazione di Carità di Milano. — Milano, Civelli, 1888 (dono della
Congregazione.
Costa Emilio. — V. Antona Traversi.
De Castro Giovanni. Milano nel Settecento, giusta le poesie e le caricature
e altre testimonianze dei tempi. — Milano, Dumolard , 1887 (d. degli
editori).
Del Corno mons, Giuseppe, Una suora i^rincipessa, racconto storico-biogra-
fico nel secolo XVIL — Milano, Tip. degli Artigianelli, 1886 (dono
dell' A.).
Del Giudice Giuseppe. Il Giudizio e la condanna di Corradino. Osservazioni
critiche e storiche, con note e documenti. — Napoli, Tip. della R. Uni-
versità, 1876 (d. Prina).
Dell'Acqua doti. Carlo. Nuove osservazioni confermano che Cristoforo
Colombo studiò in Pavia, con appendice sul ricevimento di porzione
delle ceneri di Colombo donata alla Università Ticinese; — Pavia, Succ.
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in Oesterreich. Ungarn von 1526 bis 1795, — Bricfe und acten zur
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GIUNTE IN DONO ALLA BIBLIOTLXA SOCIALE. 469
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Gabotto Ferdinando. Giason del Maino e gli scandali Universitari nel
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nunciata dalla Suprema Congregazione del S. Ufficio. Secondo il testo
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Manno Antonio, Ferrerò Ermanno e Pietro Vayra. — Relazioni diplomatiche
della Monarchia di Savoia dalla prima alla seconda restaurazione (1559-
1814). Francia - Periodo III, voi. II (1715-1717) IV voi. della Biblio-
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Bocca, MDC'CLXxxvjii (d. della R. Dep. di St. patria).
470 ELENCO DEI LIBRI E PUBBLICAZIONI
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tina. Voi. I e II, 3^ edizione rived. ed accr. — Torino , Canonica Bi-
nelli, 1887 (d. dell' A.).
Marchini Isidoro, Bozzetti storici , critici e biografici di letteratura greca,
latina e italiana. Parte 2^^, letteratura latina. — Torino, Tip. Collegio
Artigianelli, 1882 (d. dell' A.).
MiNERviNi Giulio. Scoperte Napoletane (ricavate da un manoscritto di Luigi
Vanvitelli) e Scavi di Suessula, Estr. Ardi. St. per le Proc. Nap. IV-3.
— Napoli, Giannini (d. Prina).
Ministero della Pubblica Istruzione. Indici e Cataloghi. IV i Codici palatini
della R. Bibli. Naz. Centrale di Firenze, voi. I, fase. 7 — Roma, 1888.
— — Indici e Cataloghi I Codici Ashburhhasniani della R. Bibl. Mediceo
I.aurenziana di Firenze, voi. I, fase. 1. — Roma, 1887.
(MoNnERi G.). A ricordo del prof, cav. Giuseppe Mongeri morto il 17 Gen-
naio 1888, (Discorsi, cenni necrologici ed elenco delle opere). — Milano,
Lombardi 1888 (d. del Rev. cav. Michele Mongeri)
Motta Emilio. Documenti numismatici. — Estratti dal N. 12, anno VI, della
Gazzetta Numismatica. — Como, Franchi , 1887 (d. dell' A.).
— — Un medico distinto di Porlezza nel secolo XV. — Estratto dal pe-
riodico della Società Storica Comense, voi. VI (d. dell' A.).
— — Oculisti, dentisti e medici Ebrei nella 2^ metà del secolo XV alla
Corte milanese. — Estratto dagli Annali Universali, voi. 283, 1887. —
Milano, Rechiedei, 1887 (d. dell' A.).
— — Saggio di una bibliografia agricolo-forestale del Cantone Ticino. —
Estratto àa\V Agricoltore Ticinese, 23-24 — Lugano, Veladini, 1887
(d. dell' A.).
Muntz Eugkne. Les collections des Médicis aux XV siede - Le musée, la
Bibliotèque - le Mobilier. (Appendice aux prócurseurs de la Renaissance)
— Paris, libr. dell'Art. 1888 (d, del cons. Luca Beltrami).
Parri Ettore. Vittorio Amedeo II ed Eugenio di Savoia nelle guerre della
successione spagnuola. Studio storico con documenti inediti. — Hoepli,
Milano, 1888 (d. dell' A.).
Pillino James Constantine. Bibliography of the Siouan Languages. —
Smithonian Institution Bureau of Ethnology. — Washinghton, G. Prin-
ting Office, 1887.
GIUNTE KN IX)NO aLla BIBLIOTECA SOCIALE. 471
l')LiiN'> Iames CoNSTANTiNE. Bibliography of the Eskimo Languago, —
Suiithonian Institution Bureau of Etbnology. — Washinghton , G. Prin-
ting Office, 1887.
l'ippi Averardo. Mauri Achille. — Firenze, Cellini, 1885. Estr. Rassegna
Naz. VII (d. Prina\
Frina Benedetto. Il Giocedi, numero unico pubblicato per i' inaugurazione
d' una lapide ad Achille Mauri e compilato da B, Prina a beneficio del
fondo Vecchiaia dei Tipografi Milanesi. — Milano, Agnelli, 1885 (dono
Prina).
PusTERLA Gedeone. I nobili di Capodistria e dell'Istria, con cenni storico
biografici. Terza edizione — Capodistria, Priora, 1888 (d. dell'A.).
Raccolta Milanese di Storia, Geografia ed Arte della Città e suo territorio
storico, diretta dal prof. E. Pagani. — Milano, Ducati e Varisco, 1887
e 1888 (d. del prof. Pagani).
Rivista italiana di Numismatica , diretta dal dott. Solone Ambrosoli , Con-
servatore del R. Gabinetto numismatico di Brera e da un consiglio di
redazione. — Milano, Cogliati, 1888 (Cambio della S.).
Rossi Girolamo. Storia della Città di Ventimiglia. Edizione riveduta ed am-
pliata. — Oneglia, Ghilini, 1888 (d. dell'A.).
Rusconi. Il Mosaico antico della Cattedrale di Novara. Rilievi. — Novara,
Tip. Commerciale, 1882 (d. Prina).
--.vLVERAGLio FILIPPO. Bibliografia della pellagra. — Milano, Civelli , 1887
(d. dell' A.).
S.'VViOTTi dott. Alfredo. Pandolfo CoUenuccio umanista pesarese del se-
colo XV. Studi e ricerche. — Pisa, Nistri, 1888 (d. dell'A.).
Sgulmèro Pietro, Sommario de' affari d' Italia , divisa in suoi domini , con
r entrate, spese, forze, aderenze con altri prencipi. Edizione di 100 esem-
plari. — Verona, Franchini, 1888 (d. dell'A.).
Società Napoletana di Storia Patria. Cronicon siculum incerti authoris ab
anno 340 ad annum 1396. — Napoli , presso la Società, Piazza Dante, 93.
Mdccclxxxvii (d. della S. Nap. di St. Patria).
bciETÀ Storica Comense, Opere scelte di Benedetto Giovio, edite per cura
della Società Storica Comense. — Como, Ostinelli , 1887 (d. della So-
cietìi Comense).
472 ELENCO DEI LIBRI E PUBBLICAZIONI GIUNTE IN DONO, ECC.
SOMMERFELOT GusTAV D/ Phil. Die Romfahrfc Kaiser HeinrichsVII (1310-1313)
Teil. I mit Exkurs. Die beiden Speierez Reichs-sago der lahre 1309
und 1310. — Konigsberg i. Pr. Grtife & Unzer, 1888 (d dell' A.).
Statuti di Pistoia. — Vedi Zdekauer,
ToDAiio DELLA Galla ANTONIO. La raccolta degli Statuti municipali italiani
e il suo denigratore Vito La Mantia. — Palermo, Tip. Vena, 1888
(d. dell' A.\
— — Analisi critica su le ristampe iniziate in Palermo col titolo Raccolta
di Statuti Municipali Italiani, pubbl. da Todaro e Pedone Laurei , ecc.
Documenti per la Storia della pubbl. istruzione in Italia sulla fine del
secolo XIX. — Roma, Loeschér, 1888 (d. dell' A.).
Tononi arcip. G. Documenti inediti intomo alla scoperta di Velleia e gli
illustratori delle sue antichità. Memoria. — Modena, Vincenzi e Ni-
poti, 1881 (d. Prina).
— — I templari nel Piacentino. — Estr. dalla Strenna Piacentina, 1885
(d. Prina).
Thomas Cyrus. Work in Mound Exploration o.f the Bureau of Ethnology
Smithoniens Institution Bureau of Ethnology. — Washinghton, G, Prin-
ting Office, 1887.
Treves Vittorio, Architettura Comacina. — Torino, Camilla e Bertolero, 1888
(d. dell'A.).
Vayra Pietro. — V. Manno.
Zdekauer Lunovicus. Statutum potestatis Comunis Pistoni, anni mcc-
Lxxxxvi , nunc primum edidit Ludovicus Zdekauer. Preecedit de Sta-
tutis pistoriensibus sce.culi XIII dissertatio. — Mediolani, apud Ulricum
Hoepli, editorem bibliopolam regii palatii, mdccclxxxviii (dono del-
l' Editore).
Il Bibliotecario
Dott. Giulio Carotti.
TipograCa BortoioUi di Giuseppe Prato. Gìovanai Brigola, responsabili.
LA REGGIA MANTOVANA
SOTTO LA PRIMA DOMINAZIONE AUSTRIACA.
La vastissima e stupenda residenza dei Principi di Mantova ,
della quale abbiamo discorso altra volta in questo Arckiaio (1) ,
porge sempre ampia e interessante materia agli studi e alle me-
ditazioni degli amatori della storia e dell' arte. Di varie sue mem-
brature, come del Castello, dell' appartamento della Grotta della
marchesana Isabella d' Este , dell' appartamento della Mostra, si
potrebbero scrivere parziali monografie, tanto I' argomento é im-
portante, e copiosi sono i materiali per lo studio. Lo stesso Mi-
nistero della Pubblica Istruzione , che ora è entrato in possesso
di un si grande monumento, e ne ha assunto tutta la responsa-
bilità, ha ordinato una diligente ricerca dei vari documenti, che
ne illustrano la edificazione ; e già fin d' ora gliene furono in-
viati più di 500 , distinti e classificati topograficamente e crono-
logicamente, in mpdò che ne emerga tutta la storia della Reggia
nelle varie sue fasi.
Ora intendiamo tenere parola di quella parte di Reggia, nella
quale durante la prima dominazione austriaca , 1708-1797 , eb-
bero luogo molte e gravi innovazioni ; e ci siamo indotti a questo
studio e per i nuovi documenti , che qui possiamo pubblicare , e
perché tali innovazioni sono le ultime radicali, che si sieno ese-
(i) Fascicolo del 30 Giugno 1879.
Ardi. SCor. Lornh. —Anno XV^ 31
474 LA REGGIA MANTOVANA
guite , e che determinarono quindi lo stato della Reggia , quale
ora si vede.
Questa frazione di Reggia comprende 1' appartamento del Ple-
nipotenziario, oggi sede degli uffici di Prefettura, il palazzo Bo-
naccolsi, ove trovasi 1' appartamento Guastalla e V Armeria, oggi
abitazione del Prefetto della Provincia, 1' appartamento à&W Arci-
duchessa, più tardi detto deW Imperatrice , il Refettorio e il
Giardino pensile, V appartamento Verde detto anche degli Arazzi
e dell' Imperatore , e l' appartamento per antonomasia chiamato
ducale .
Riattare e restaurare tutta la Reggia nella sua integrità era
cosa troppo colossale; mancavano i mezzi e gli artisti e gli alti
intendimenti ; chi avrebbe osato accingersi a rimettere a nuovo
il Castello, V appartamento di Troja, qiielli del Paradiso, della
Mostra, degli Stivali, la Cavallerizza, ì giardini, i cortili, le fon-
tane, i teatri ? Ed, escluso il sentimento della storia e dell' arte,
per r abitazione dei Principi , che da Vienna e da Milano veni-
vano talvolta ad abitare a Mantova , quegli appartamenti , che
avevano tanto patito nelle passate gjfierre , non erano punto ne-
cessari; si preferirono quindi quelli meno ammalorati, quelli posti
in luogo più salubre , verso la piazza di S. Pietro , vicino alla
Cattedrale, alla parte più popolata della città. In questo parziale
rinnovamento avvennero certo delle manomissioni altamente de-
plorabili ; si distrusse la cappella di Santa Croce, che ricordava
tanta parte della storia mantovana ; si falcidiò 1' appartamento
della Grotta , che fu per tanto tempo il vero tempio dell' arte ;
altre trasformazioni erano state progettate , che, per fortuna non
furono eseguite; ma in complesso 1' opera di ristauro non si può
dire biasimevole.
Nel 1708 , spento il ramo principale della famiglia Gonzaga ,
e avocato il dominio mantovano all' Impero , o più propriamente
a Casa d'Austria , la Reggia dove insieme ai Principi abitavano
più di 300 persone, a .poco a poco rimase deserta , abitate solo
poche stanze dal Principe Filippo Landgravio d'Assia Darmstadt
luogotenente dell' Imperatore, e dal modesto suo seguito. Le guerre
SOTTO LA PRIMA DOMINAZIONE AUSTRIACA. 475
che si successero e combattute in parte sul Mantovano, le sorti
ancora incerte del Ducato non permisero , che si avesse cura
della Reggia, la quale per ciò andava rapidamente decadendo;
solo verso il 1728 Francesco PuUicani , Presidente del Senato ,
inspirato da carità di patria e dall'amore per 1' arte, coli' opera
dell' architetto Doriciglio Moscatelli Battaglia, che conservava an-
cora le belle tradizioni di Giulio Romano, del Bertani, del Viani,
del Sebregondi , fece eseguire i lavori più importanti , che arre-
stassero la rovina imminente della Reggia, come altrettanto aveva
fatto per il palazzo del Te e per quello della Ragione.
Ma dopo il 1748, terminata la guerra per la successione au-
striaca , e confermato nella pace di Aquisgrana il Mantovano
nella Casa d' Austria , il mite e liberale governo d' una Donna
savia consenti , che qualche attenzione si portasse anche alla
cadente Residenza dei Gonzaga. Le belle tradizioni artistiche
della scuola mantovana sopite, non spente, cominciarono a ri-
svegliarsi ; già nel 1753 per opera di Giovanni Cadioli sorgeva
una scuola di pittura ; nel 1767 per impulso della Nobiltà man-
tovana, assecondanti Maria Teresa, il principe di Kaunitz e il
conte di Firmian si fondava quell' Accademia di scienze e belle
lettere, che doveva poi sorgere a tanta fama ; la Reggia, monu-
mento grandioso d' arte e di storia era degnamente apprezzata.
e studiata ; quindi era universalmente sentita la necessità di con-
servarla, di difenderla, di ripararla. Nel 1772 poi, venuto a Mi-
lano a reggere la Lombardia in nome dell'Imperatrice, il figlio
arciduca Ferdinando , si trovò necessario di rendere ancora abi-
tabile almeno una parte di questa Reggia , ove il principe colla
sposa Beatrice d' Este e la sua Corte avrebbe preso stanza
quando nel mese di maggio d' ogni anno sarebbe venuto a go-
dervi la fiera, a dare banchetti, spettacoli teatrali, ricevimenti ai
Principi circumvicini della valle del Po.
Già erano stati chiamati a Mantova da Verona Paolo Pozzo
professore d' architettura , e da Cremona Giuseppe Bottani pro-
fessore di pittura ; emergevano già nell'Accademia Felice Campi,
Andrea Mones e i fratelli Marconi , insigni artisti , ottimi stru- .
476 LA REGGIA MANTOVANA
menti pei lavori della Reggia ; fu mandato qui sul luogo Luigi
Piermarini, che ebbe la direzione suprema delle opere , sebbene
per studi, per gusto, per cultura fosse a lui molto superiore il
Pozzo ; e vennero chiamati da Milano l'Albertolli disegnatore , e
da Como Stanislao Somazzi egregio stuccatore.
Era sovraintendente e amministratore dei palazzi ducali Anton
Maria Komenati , uomo intraprendente e infaticabile , che nello
stesso tempo era anche impresario teatrale, e tenitore del banco
pei giochi d' azzardo , ai quali passionatamente si abbandonava
la nobiltà mantovana nella sala del Ridotto in Castello. Il Ro-
menati per la natura del suo ufficio aveva una grande ingerenza
nelle opere, che si progettavano ; egli era in relazione col Pier-
marini , col Pozzo, col Bottani; egli corrispondeva coi Membri
del Maestrato , ai quali spettava approvare le somme da impie-
garsi nei lavori , ed era sentito benevolmente anche dallo stesso
conte di Firmian. Egli segnalava i bisogni dei palazzi, suggeriva
le opere da farsi, le modificazioni da introdursi, e presentava le
perizie delle spese.
Ecco una sua Relazione del 1773 diretta ai Membri del Mae-
strato camerale ; la riproduciamo nella sua integrità , perchè in
essa il Romenati ci dipinge come in uno specchio fedele lo stato
in cui allora trovavasi la parte della Reggia, che è oggetto ora
del nostro studio , dà ragguagli delle opere eseguite , accenna a
quelle che ancora si debbono fare , e rassegna un preventivo
delle somme, che vi si hanno a spendere ; è un amministratore,
un maggiordomo, un architetto, un ragioniere, un factotum; alla
Relazione aggiungeremo alcune postille per dare maggior chia-
rezza alle cose, che ivi si contengono:
III.""' et Ecc.'"' Signori
Per rassegnare alle SS. VV. 111.™* et Ecc.'"'' una chiara idea dello
stato in cui nella circostanza delle correnti riparazioni trovasi questo
R. D. Palazzo di Mantova appoggiato alla direzione del sottoscritto,
giova col mezzo della presente Relazione di dettagliatamente sotto-
porre quelle cose che in virtù dei Superiori loro ordini si sono ese-
I
SOTTO LA PRIMA DOMINAZIONE AUSTRIACA. 477
guite sin qua e quelle che restano tuttavia a farsi indispensabilmente
per rendere detto R. D, Palazzo fornito di tutti quei comodi, che si
converranno alle LL. A\. RR. e al loro Real seguito, ritenuto sempre
in massima il principio inculcato da S. M. di ommettere il superfluo,
e combinare colla conveniente decenza la possibile economia del
R. Erario, per quanto però ha permesso il pessimo stato in cui si è
trovata una si vasta mole per il totale abbandono in cui da tanti anni
si giaceva.
Primieramente adunque si rassegna , che l' appartamento di S. E.
il signor conte Ministro Plenipotenziario e Vice-governatore de Fir-
mian posto verso la piazza del Duomo è già ridotto al suo termino
secondo si era disposto ; nella riduzione di questo molte e gravi dif-
ilcoltà sonosi riscontrate ; si è do\Tito assicurare da' fondamenti col
rinnovarne una gran parte , ripezzare V armatura , alzare vari solai
per ridurre le camere tutte ad una altezza , rifare li selciati e porli
tutti ad un livello , allargare e tirare a linea gli sfori degli usci con
porre a cadauno il suo antiporto e rendere le finestre tutte orizzon-
tali e d' una stessa grandezza con a cadauna telari , vetri , griglie al
di fuori, bancale di marmo, voltino, ect.
Li camerini retro sonosi riselciati , dipinti e riattati nei soffitti , fi-
nestre, ect. e resi comodi alla famiglia di S. Ecc. predetta. La scala
pure che conduce al granaio superiore si rese più facile di quello che
era dapprima , e il granaio medesimo si è restaurato nel pavimento ,
armatura, muri e coperto per difendere le camere inferiori dal danno
delle pioggie e straventi. Non si è per ultimo mancato di riflettere
a ridurre in convenevole forma anche il piccolo giardino , che resta
al secondo piano di detto appartamento.
Gli otto camerini posti verso la, sopraddetta piazza , che restano
immediatamente dietro V appartamento Guastalla (1) sonosi restaurati
nei p.avimenti e finestre, e dipinti li muri, e come altri fossero bassi
e altri alti , così si sono messi tutti ad una altezza , e con ciò sono
rimasti a livello anche li piani superiori.
A mezzo il corso dei suddetti camerini trovasi la cappellina , che
resta così immediatamente retro la cambra di udienza di S. A. R.
(I) E l'appartamento del palazzo Bonaccolsi che prospetta sulla piazza
del pallone, oggi della Lega Lombarda, cosi detto perchè riattato per la
penultima Duchessa Anna Isabella, che portò in dote il ducato di Guastalla.
478 LA. REGGIA MANTOVANA
r Arciduca ; questa come che sia 1' unica di cui usa S. A. R. si è ri-
dotta decentemente ornata (1).
Gli otto camerini superiori alli già descritti erano pure in preciso
bisogno , che venissero ristaurati e tolti dalle inegualità dei piani e
delle finestre, 1' una delle quali bassa, l'altra alta, quale rotonda e
quale quadra, producevano un effetto mostruosissimo nella facciata ;
ora tolti da tali difetti potranno essere una comoda abitazione per la
famiglia, massimamente avendo ingresso e regresso libero, senza dare
né ricevere disturbo da chi abiterà inferiormente.
Riman pure quasi ormai accomodato anche l' appartamento Gua-
stalla , destinato per S. A, R. il Sor.""* Arciduca , dove essendosi
trovata l'armatura de' pavimenti carica di un eccessivo peso di mate-
riali, e quindi in pericolo di non reggere più lungo tempo, si è pen-
sato di ripiegarvi in modo di renderla solida e sicura.
La sala cosi detta del Refettorio, attigua all'appartamento della
R. Arciduchessa e corrispondente al giardino pensile (2), dopo d'avervi
formato di nuovo il vólto con canne e gesso e rifatto conseguente-
mente il tetto, di avere ristabiliti li muri, ristaurata la mostra della
grotta, che in un capo già esisteva, e formatane un'altra simile di-
rimpetto , si è selciata a terrazzo con disegno , indi dipinta a bersò ,
per darle una forma corrispondente al suddetto giardino pensile, il
quale è uno dei più singolari pezzi di questo R. D. Palazzo, si attesa
1' altezza della sua situazione che la giusta simmetria del portico, che
quadrangolarmente lo circonda sostenuto da colonne d'ordine dorico;
tutto questo porticato si è redipinto sul vecchio disegno, che conve-
niva fosse ritenuto (3). Accidentalmente poi nel mezzo di esso nella
facciata rimpetto al Refettorio si è scoperta una antica e affatto di-
roccata Grotta, che trovavasi turata, si è quindi creduto bene di for-
marvi un Gabinetto, che servir possa di trattenimento alle LL. AA. RR.
dopo il passeggio del suaccennato giardino, al di cui perfetto compi-
(1) È la cappellina, che tuttora si vede dedicata a Maria Vergine Im-
macolata.
(2) È la sala, dove poi nel 1775 il pittore veronese Giorgio Anselmi di-
pinse i sei fiumi del Mantovano, onde è chiamata anche Sala dei fiumi.
(3) Per eseguire tale porticato il duca Guglielmo , verso il 1580 , aveva
fatto invitare il Palladio; questi, che non poteva venire, mandò in gua vece
un allievo, che accontentò il Duca.
SOTTO LA PRIMA HOMINAZIONE AUSTRIACA. 479
raeiuo nuli' altro mancavi se non che di piantare dei fiori nel parterre,
e collocarvi all' intorno in ordine alternativo 16 vasi e 16 statue di
mediocre altezza in modo però che non tolgano 1* aspetto all' ornato
del portico. Per formare i quali vasi e statue si implora dalle SS. VV.
111.™" ed Ecc."" l'ordine approvativo (1).
La Galleria vecchia , e le tre annesse anticamere , che formano il
miglior pezzo di tutto l' appartamento ducale, e il più usato dai Se-
renissimi Principi nelle più luminose circostanze di pranzi pubblici ,
conversazioni e feste, erano in precisa necessità di essere riselciate (2).
Il sottoscritto quindi avuto riflesso alla sublimità del luogo, ha creduto
conveniente di formarvi un terrazzo con disegno , selciato di lunga
durata, non producente polvere, e di spesa non maggiore d'un selciato a
quadroni di cotto. Locchè venne approvato dalle SS. VV. IH."* ed Ecc."^.
Le camere, che altra volta erano ad uso dello scaduto Magistrato,
sonosi adattate ad uso di questa Segreteria di Vice-governo , con es-
servisi fatti li selciati e plafoni e ridotti gli usci a linea, accomodate
le finestre, e riattata la scala interna conducente all' appartamento di
S. E. de Firmian ed ai Segretari di Governo (3).
Tutto questo si è eseguito in conformità sempre di venerati ordini
dell' Ill.™° et Ecc.™" Magistrato camerale, e si è studiato di combinare la
solidità e decenza colla economia possibile , essendosi posto in opera
tutto che di vecchio si è trovato servibile in questi magazzini camerali.
Sarebbervi da descriversi molte altre minute riparazioni già termi-
natesi , e quelle massimamente che si sono fatte nello scorso au-
tunno 1772 all'occasione delli preparativi per la venuta delle LL. AA. RR.
come sarebbero le riduzioni degli alloggi delle Guardie Nobili e della
Famiglia, delle rimesse, scuderie, dispense, controlleria, camere degli
argenti, delle biancherie ed altro, ma tutto ciò si passa sotto silenzio,
perchè la presente non abbia a riuscire prolissa più del dovere (4).
(1) Il tempietto fu in fatti eseguito, e riuscì una graziosissima cosa ; ma
nel giardino non furono messi né i 16 vasi, né le 16 statue.
(2) Qui si accenna alla Galleria degli Specchi, e alle tre Sale di Giuditta,
del Labirinto e del Crogiuolo.
(3) Sono quei locali, che incendiati per una bomba che vi scoppiò nel-
l'assedio del 1799, furono poi totalmente demoliti.
(4) Dove erano queste Guardie Nobili, fu collocata nel 1852 la Corte spe-
ciale di Giustizia di sciagurata memoria, ed ora vi sono gli alloggi delle
Guardie di pubblica sicurezza.
480 LA REGGIA MANTOVANA
Soltanto si sottopone, che tra le opere sin qui eseguite, e quelle
che ora si passeranno a proporsi da eseguire , risulterà questo
^. D. Palazzo fornito di tutti quei comodi , che si converranno alle
LL. AA. RR. e al loro seguito ; ed inoltre rimarravvi tutto 1' appar-
tamento ducale di riserva all' occasione che sopraggiunga qualche
Principe estero.
Sarebbesi pure oramai terminato anche 1' appartamento di S. A. R.
l'Arciduchessa, che resta attiguo all'appartamento Guastalla, se al-
l' atto del disfacimento dei muri , che si sono trovati composti di
canne, assi e malta, ed erano ricetto di mille noiosi insetti, non
fosse qua comparso l'architetto Piermarini, il quale, d'ordine di
S. A. R, , prese la misura della camera da letto di detto apparta-
mento , di alcune retro-camere da costituirsi nella così detta Cappel-
lina di Santa Croce, e di certa capuccina da ricavarsi nell'Armeria
sopra r appartamento Guastalla. Non essendosi poi mai veduta ve-
runa superiore risoluzione su di ciò, il sottoscritto più volte fece al-
l' Illustrissimo ed Eccellentissimo Magistrato presente la necessità
•di sollecitare l' esecuzione di tal opera per dar tempo ai muri di
asciugarsi.
Questa necessità la riconobbe eziandio Sua Ecc. il signor Conte
Vice-governatore e Ministro Plenipotenziario de Firmian all' occasione
d' essersi degnata di personalmente visitare questo R. D. Palazzo
neir ultima sua felice dimora in questa città. E difatti non si tosto
ebbe fatto ritorno a Milano, che interpellò detto Piermarini per le
misure che da lui dicevansi prese , ma questi rispose di aver già
rassegnato il suo parere , e che non avendone mai veduto riscontro,
aveva desistito dall' opera. Tale notizia fu da S, Ecc. predetta commu-
nicata alle SS. VV. IH. me ed Ecc. me con venerata Lettera de' 25
Dicembre 1773, ed Elleno in vista di essa con loro venerato De-
creto de' 27 stesso si compiacquero di ordinare al sottoscritto come
«dotto della mente di Piermarini di far formare il disegno del modo
in cui credevasi conveniente di ridurre detto appartamento, e quello
altresì d' elevazione della facciata , sì nel modo in cui trovasi al di
d'oggi, sì nella forma che si intenderebbe di darle tanto verso la
piazza, che verso il cortile del gioco del pallone, in esecuzione del
quale superiore ordine e lettere si dà l'onore il sottoscritto di rasse-
gnare quattro Piante con tre Elevazioni, ed una Distinta ossia spie-
gazione delle opere da farsi a norma delle medesime, con appiedi di
SOTTO LA PRIMA DOMINAZIONE AUSTRIACA. 481
quella la perizia di quanto verranno ad importare dette opere , qua-
lora a S. M. piacesse di farle eseguire (1).
La prima pianta contiene lo stato presente d' una porzione del
pianterreno.
La seconda contiene lo stato presente d' una porzione del Piano
superiore.
La terza dimostra la forma che intenderebbesi di dare al piano
terreno, ed è relativa alla Pianta prima.
La quarta dimostra la forma che si intenderebbe di dare al piano
superiore, ed è relativa alla seconda Pianta.
Le elevazioni poi corrispondono rispettivamente alle Piante.
Resteranno servite le SS. VV. 111. me et Ecc. me di osservare che
la facciata verso il Duomo si propone di ritenerla nello stato pre-
sente collo stabilirla soltanto, come mostra l'Elevazione alla Lettera A,
e non d' ornarla come era la superiore domanda , perchè qualora si
fosse proposto di formare una facciata moderna ed ornata, sarebbe
stato necessario demolire tutti i camerini sì superiori, che inferiori,
che sono costruiti sulla pura e mera estensione del portico, altri-
menti le finestre sarebbero riescile più vaste di quello si convenisse
alla ristrettezza dei camerini, ed in caso tale sarebbe stato piuttosto
da proporsi il trasporto di detto porticato e camerini nell' interno del
cortile , e mettere in aspetto l' appartamento Guastalla immediata-
mente verso la piazza ; dippoi si sarebbero dovuti abbassare tutti li
piani dell' appartamento stesso e di quello della R. Arciduchessa , po-
nendoli a livello dell'appartamento ducale, ma una tale proposta
avrebbe portato una spesa immensa ed un lunghissimo tempo per la
sua esecuzione (2) ; quandoché con molto minor spesa si può rendere
la Corte fornita di tutti quei comodi che sono necessari, e nel tempo
stesso avere una facciata molto conveniente , ritenendo l' ordine go-
tico, che anziché toglierle le dona moltissimo; cosicché la stessa ve-
(!) Piante, Elevazioni, Distinta e Perizia, che non abbiamo potuto rin-
venire, consunte forse nell'incendio sopra ricordato.
(2) In questo punto il Romenati vedeva meglio dei suoi superiori e dello
stesso Pozzo, il quale aveva già fatto il disegno della nuova facciata, con
che si alterava del tutto lo stile del palazzo Bonaccolsì ; abbiamo ancora
il disegno del Pozzo pubblicato da Carlo d'.\rco, e che fortunatamente non
fu eseguito.
482 LA REGGIA MANTOVANA
nejido fiancheggiata d' ambi i lati dalli due appartamenti della R. Ar-
ciduchessa, e di S. Ecc. de Firmian, forma un'apparenza di Castello
con un regolare ordine di finestre, come mostra l'accennata eleva-
zione alla Lettera A (1). Oltre di che se si fosse formato questo
ornato sarebbe convenuto di formarne un altro simile nella facciata
opposta, entro il cortile del Pallone, il quale forma piuttosto un' unione
di varie strade, che un regolare cortile di un R. D. Palazzo (2).
Nella quarta Pianta al N. XLV si propone la riduzione dell' appar-
tamento di S. A. R. l'Arciduchessa, si stima bene di restringere le
retro-camere, per ingrandirlo e formarne delle altre di servigio nella
così detta Cappellina di Santa Croce, e riattare le superiori a comodo
delle signore Cameriste. Questo è quell' appartamento che abbisogna
della più sollecita provvidenza per li motivi altre volte replicatamcnte
fatti presenti alle SS. VV. IH. me et Ecc.me,
In detta quarta Pianta si progetta un piccolo appartamento nobile
da farsi contro alla nuova Galleria ; questo avrà superiormente le sue
camere di servigio, che si estenderanno fin sopra alla scala dei Duchi,
e potranno servire invece della Capuccina, che erasi proposto di
ricavare nell' Armeria dell' appartamento Guastalla , da essa pianta si
ricava la necessità che vi è di far tal fabbrica, si per rinforzare detta
nuova Galleria, sì per continuare la facciata dell'appartamento du-
cale, che per ornare una parte del Cortile del Pallone, come dal-
l'Elevazione alla Lettera E; questo appartamento godendo d'una
felicissima situazione potrà ser\'ire d' alloggio per il Maggiordomo
maggiore o per altro ragguardevole personaggio (3).
(1) Anche qui il Romenati aveva tutte le ragioni; il palazzo Bonaccolsi
fiancheggiato a oriente dall' appartamento della Arciduchessa, a sera da
quello del Plenipotenziario, presenta una linea grandiosa, che contermina
regolarmente la piazza; mentra l'isolare il palazzo Bonaccolsi, come ta-
luno anche ultimamente suggeriva, avrebbe rotto questa linea, e fatto sfregio
alla storia, da cui non risulta che il palazzo Bonaccolsi fosse mai isolato.
(2) L' incendio già sopra ricordato e la demolizione d' altri locali contigui
hanno fatto di questo cortile irregolare una vasta e armonica piazza oggi
ombreggiata da superbe e numerose piànte.
(3) Questo progetto non fu allora eseguito ; solo nel 1835 se ne esegui
una parte, deformando le poche reliquie del mirabile appartamento della
Grotta della marchesa Isabella d' Este.
SOTTO LA. PRIMA DOMINAZIONE AUSTRIACA. 483
Qui non sì può a meno di sottoporre, che la nominata Armeria
essendo carica d' archibugi, picche, lancie , armature , e d' una immen-
sità di vari altri inutili militari antichi attrezzi di ferro, rende un
notabile peso alli solai delle sottoposte camere del R. Arciduca;
quindi il sottoscritto sarebbe d' umile sentimento , che detta Armeria
si trasportasse nel teatrino dell' appartamento di Castello , che ora è
vuoto, ed è stato assegnato agli Artiglieri per riporvi i loro attrezzi
militari ; e così rimarrebbero sollevate da un tanto peso le ca-
mere del R. Arciduca, e si torrebbe agli Artiglieri la continua com-
municazione in questo R. D. Palazzo.
Quanto al nuovo ingresso per le carrozze, questo è stato già pro-
posto da S. A. R. r Arciduca per togliere la passata incongruenza,
che li RR. Principi abbiano a montare e smo ntare dalla carrozza
allo scoperto, per cui l'anno 1772 convenne di formarvi interinal-
mente un così detto baito di legno.
Esaminata poi la riparazione, di cui necessita il corridore, che dal
Refettorio conduce alla tribuna del Duomo, si è riconosciuto che
trovandosi in un pessimo stato tutta la travatura, assi e coperto,
sarebbe occorsa la spesa di circa fiorini 2500 , e perciò sul riflesso
di questa e della continua manutenzione per essere costrutto di le-
gnami e del lungo giro che devesi fare per andare in Duomo , si
crede più conveniente e di maggior economia insieme di proporre
un nuovo passaggio di' pietre e marmi sostenuto da tre Archi, che
dal Refettorio conduca diametralmente alla detta tribuna, nel modo
che dimostra la quarta Pianta. Questo nuovo passaggio produrrà vari
vantaggi, si accorcierà di molto il cammino a detta tribuna, si evi-
terà la spesa della manutenzione, sarà di lunghissima durata, si ri-
quadrerà la piazza, e si darà un risalto non indifferente a tutta la
facciata del R. D. Palazzo, e per ultimo si avrà una specie di pic-
cola Galleria della larghezza di braccia 10 e più, da cui si dominerà
tutta la piazza (1).
Dall'annessa distinta, le SS. VV, Ill.me et Ecc. me rileveranno
tutte le altre operazioni che si propongono e la spesa che impor-
teranno quale si è calcolata in circa Fiorini 71,300, somma che il
sottoscritto per non aggravare di troppo il R. Erario in una sola
(1) Questo progetto del Romenati, che presenta tanti vantaggi, e che
allora non fu eseguito, si potrebbe eseguire ancora al giorno d'oggi.
484 LA REGGIA MANTOVANA
volta, attese massimamente le spese fatte sin qui, sarebbe del sotto-
messo parere che si ripartisse in tre anni, ed intanto principiare da
ciò che abbisogna d'istantanea provvidenza, come sarebbe l'apparta-
mento della R. Arciduchessa, ed ìndi negli anni successivi proseguire
il rimanente fino alla totale riduzione del R. D. Palazzo.
Scalcheria, 30 Dicembre, 1773.
Anton Maria Romenati, Sopraintendente della Ducale Scalcheria.
Questa Relazione del Romenati diede luogo a molte discus-
sioni nel seno della Presidenza del Maestrato, e varie furono
le lettere che si scambiarono col Vice-governo di Milano, dal
quale ogni cosa dipendeva; parecchie delle proposte furono appro-
vate, in altre si fecero delle modificazioni, talune furono respinte.
Messo mano all'opera, dopo qualche tempo a Milano si de-
siderava sapere a che punto erano giunti i lavori approvati; e
il Romenati, in risposta alla fattagli richiesta, scrisse quest'altra
Relazione, pure assai interessante, ove rende conto di quanto
fu eseguito dai diversi artisti, che erano stati chiamati ad ab-
bellire la Reggia:
In adempimento dei veneratissimi comandi di S, A. R. porta-
timi con favorita sua dei 29 p. p. (1) a doverla minutamente relatare
dello stato delle fabbriche e riparazioni ordinate dalla prelodata
A. S, R. mi faccio a dirle che :
L' appartamento della R. Arciduchessa entro il corrente Aprile sarà
totalmente ed in istato di potere senza tema abitare alla fine di
maggio, come Ella dice, attesoché quanto sia alle muraglie sono
d'alcuni anni state fatte, e le ultime riparazioni che si fanno a questo
appartamento consistono nei Parchetti intarsiati , operazione non poco
tediosa. Questo appartamento privato per la R. Arciduchessa è riu-
scito gaio e luminoso con tutti H suoi comodi e communicazioni,
giusta le disposizioni di S. A. R.
Il gabinetto che rimane tra la camera da letto e 1' altra camera
verso la piazza, è riescito nel dipinto assai bene, di modo che lu-
(1) La presente Relazione è senza data, e senza indirizzo.
SOTTO LA PRIMA DOMINAZIONE AUSTRIACA. 485
singasi possa incontrare la superiore approvazione della R. A. S. Questo
ò tutto dipinto al gusto di Raffaello, ed ottimamente ornato.
La camera di ritirata di S. A. R. contigua ai camerini dell' appar-
tamento Guastalla, è addobbata cogli arazzi di Fiandra provenuti da
Vienna (1), e si sono incontrate, che le misure dei medesimi erano
precise per quella.
Le serande alle porte, grillie alle finestre, sono fatte a dovere.
L' appartamento ducale , questo parimenti è terminato , e le ope-
razioni che si sono fatte a questo , consistono : nell' alzamento e ri-
quadro delle porte, si sono ripuliti ed accomodati li soffitti, fatti li
fregi alle due anticamere, non che li suoi lambrici, e si sono tapez-
zate tutte le tre stanze di damasco giallo, che esisteva in Galleria,
giusta r ordine di S. A. R.
Le stanze interne del detto appartamento, attese le nuove finestre
che si sono fatte, e che corrispondono alla terrazza posta sopra la
nuova fiera (2) hanno acquistato un lume assai grande , e per conse-
guenza riescono assai allegre. Anco in queste stanze si sono ripuliti
li soffitti dorati, che ne avevano bisogno.
È riescita assai bene la camera ordinata da S. A. R. nel sito ove
oravi la scaletta di legno contigua alla camera di Lustrino dipinto.
In questa camera ritrovasi la sortita per andare sulla terrazza, come
del pari nell' ultimo camerino , che conduce all' appartamento di
^. Ecc. il signor Principe Albani, si è parimenti fatta la communi-
izione nel passetto, che porta all'appartamento alias Majer, per
< omodo delle signore Cameriste, che servissero a queir apparta-
mento (3).
La vecchia Galleria di questo appartamento è totalraiente terminata
dallo stuccatore Somraazzi sul preciso disegno dell' AlbertoUi , ed ora
si stanno dorando gli stucchi ; e questa invero riesce assai bene.
(1) Questi arazzi furono mandati da Vienna per ornare il palazzo reale
di Milano; e siccome là non parvero opportuni, vennero destinati per il pa-
izzo di Mantova; erano 16 pezzi.
(2) La nuova fiera era sulla piazzetta avanti alla basilica di santa Bar-
ira, chiesa addetta alla Reggia.
(3) È un appartamento di nessuna importanza, posto fra 1' appartamento
del Paradiso e quello degli Stic ali , e cosi detto perchè abitato dal Majer
che fu il primo Amministratore del Palazzo.
48G LA REGGIA MANTOVANA
Sono stati parimenti accomodati li vecchi stucchi, che esistevano nella
vòlta, in quelle parti, che ne avevano bisogno.
Il pittore Campi successivamente all' approvazione ha lodevolmente
accomodate alcune lunette poste tra le soprafinestre della Galleria
stessa logorate, cavandovi li fondi, e rimettendo le parti consunte.
Alle tre Medaglie di mezzo rappresentanti la Notte, il Cielo e l'Au-
rora, non ha che cavati li stessi fondi, senza por mano alle figure,
in modo che resta riavivata totalmente (1).
Il fondo d' oro del fregio , questo si è dovuto col sentimento del-
l'Albertolli rimetterlo, perchè troppo avrebbe stonato colla vicina do-
ratura dei nuovi stucchi.
Questo pezzo unitamente al ristauro del suddetto appartamento du-
cale , /orma un quarto rispettabile , e sarà servibile per la venuta
delle AA. RR.
L' appartamento Verde , questo quanto sia all' opera dei muratori è
totalmente terminato, tanto le camere verso il cortile, quanto la
parte retro, che guarda la corticella alias di Santa Croce con la sua
ringhiera. Questo appartamento non potrà in tale occasione essere
servibile, atteso le muraglie fattesi di fresco. Sarà però disposto a
vederne la sua vaghezza, atteso l'adattamento degli arazzi di santa
Barbara. A questo appartamento è stato necessitato l' architetto Pozzo
di sottoporne al R. D. Maestrato 1' insussistenza dei vecchi plafoni,
perchè ritrovati tutti fracidi, e questi con approvazione sono stati
costrutti in solido modo, e con ornato, che corrisponde alla magni-
ficenza degli arazzi, e comechè questi erano totalmente rovinati dal
tempo e dal cattivo uso che ne facevano i Preti, stati da tempo
anche pezzati e castronati in varie parti oltre ài tarli, si è foi'tunata-
mente ritrovata una esperta ed intelligente ricamatrice, che li ha ri-
dotti in istato del primiero suo essere, in modo tale che ha fatto
r ammirazione universale del Paese , e segnatamente del direttore
Bottani, che ne ha avuto 1' ordine dal R. D. Maestrato di accudirvi
per r esatta e precisa esecuzione (2).
(1) Sono quegli ammirabili dipinti di uno stupendo effetto prospettico,
disegnati da A. M. Viani, e coloriti dai suoi allievi, tra il 1597, e
il 1605.
(2) Questi arazzi in numero di 9 e rappresentanti gli Atti degli Apostoli,
erano in origine posseduti dal Cardinale Ercole Gonzaga, che nel 1563 li
SOTTO LA PRIMA DOMINAZIONE AUSTRIACA. 487
Una delle tre camere di questo magnifico addobbo sarà alla venuta
di S. A. R. completata nel modo che devono essere le altre due, e
lusingomi anche in questa parte, che S. A. R. sarà soddisfatta.
La fabbrica della fiera è ormai al suo termine : questa si è pari-
menti eseguita nel modo prescritto da S. A. R, coli' aggiunta della
terrazza parimenti approvata; la stessa è riescita assai bene, e ne
fa un ottimo ornato a quella piazzetta, e le terrazze ne formano un
grazioso passeggio sortendo dall'appartamento, ove si dominerà la
fiera, tenendosi le tende al disopra delle balaustrate.
Gli pittori milanesi stanno ora dipingendo il plafone del teatro, e
gli parapetti, secondo il disegno approvato dal signor Piermarini.
Gli specchiari veneziani travagliano dietro la sala dei Cristalli (1), e
questa sarà ridotta a tutta perfezione di specchi e trasparenti, che la
renderà assai vaga, essendosene impegnato oltremodo l' Intrapprendente.
A maggiore ilustrazione di questi Rapporti del Romenati tro-
viamo molte fatture dei principali Artisti, che lavoravano nella
Reggia ; e di queste pubblichiamo sommariamente alcune , che
hanno un particolare interesse, specialmente quelle di Felice
Campi, incaricato di dipingere quei fìnti arazzi, che tuttora pos-
sediamo, e che dovevano accompagnare quelli che da Santa
Barbara vennero ad ornare l'appartamento Verde.
Maestrato Camerale antico.
1780. 4 aprile. — Fattura di Stanislao Somazzi stuccatore.
Dettaglio delle spese per le fatture di stucco nei bassamenti detti
Lambrici da farsi nell' appartamento Verde di questa R. D. Corte
lasciò per testamento al nipote Duca Guglielmo, perchè ne ornasse la ba-
silica di santa Barbara, che allora si costruiva. Nel 1777 il Capitolo di
santa Barbara li cedette al Maestrato camerale, ricevendone in compenso
tanta quantità di damasco rosso che bastasse per adobbare la chiesa, e li
arazzi egregiamente rammendati dalla signora Maria Carré maritata Loren-
zini custode della Reggia , rimasero a ornare 1' appartamento Verde , finché
nel 1866 furono portati a Vienna, donde non sono più ritornati.
(l) La sala dei Cristalli era il gran palco dal quale i Principi assiste-
vano agli spettacoli teatrali; fu consunta nell'incendio, che distrusse il
teatro nel 1781.
I
488 LA REGGIA MANTOVANA
per la deèente collocazione degli Arazzi fatti sotto la direzione e di-
segno del famoso Rafaello Sanzio.
Segue il dettaglio delle fatture da farsi a 4 camere , in Lire di Mi-
lano 13,000.10.
— Fattura di Pietro Ceriola intagliatore.
Gli intagli di legno, che occorreranno da farsi nell'appartamento
Verde sui modelli dello stuccatore Stanislao Somazzi ascenderanno a
Br.** 1300, le quali si calcolano per le sole manifatture a lire 8 il
braccio, in tutto sono L. 10,400.
— Fattura di Felice Campi pittore.
Nota della spesa che occorrerà per gli pezzi d' arazzo finto ed altri
pezzi minori , che abbisognano per ornamento delle stanze dell' appar-
tamento Verde , e ciò è quello che s' aspetta al figurista.
Nella prima anticamera ; Due quadri istoriati dipinti a finto arazzo,
che devono essere posti tra le finestre ; la spesa sarà
Cinque pezzi minori di arazzo finto
Nella seconda : Un pezzo grande istoriato dipinto
come sopra
Sei altri meno grandi
Nella terza : Otto pezzi di finto arazzo
Due mezze lune con figure colorite
Nella quarta : Un pezzo grande dipinto come i sud-
detti
Dieci pezzi minori
Per li sette Pianeti, che devono dipingersi nel pla-
fone di detta camera » 528
Nella stanza cosi detta dei Segni (1). — Per l'acco-
modamento della vòlta
Per r accomodamento del fregio
Un pezzo grande sopra il camino
N. 7 sopraporte
Laterali N. 4
L.
1,320
»
1,300
»
660
»
1,230
»
1,408
»
528
»
660
»
2,200
»
300
»
130
»
440
»
616
»
120
L. 11,440
(1) Più nota col nome di Sala dello Zodiaco,
SOTTO LA PRIMA DOMINAZIONE AUSTRIA'^A. 4S9
— Fattura di G. B. Marconi.
Por gli ornati di pittura da farsi noi plafoni , fregi ed abbassamenti
dell'appartamento Verde di questa R. D. Corte, per quello che ri-
guarda alla dipintura d' ornato , vi occorreranno le seguenti spese :
(Seguono i dettagli delle fatture, che omettiamo) Totale L. 10,330,
— Fattura di Giuseppe Passera Indoratore.
Conto della quantità dell' oro e spese per porlo in opera occorrente
per le cinque stanze dell' appartamento Verde , nel quale si debbono
dorare tutte le cornici di stucco e di legno intagliate per il contorno
dogli Arazzi, porte e finestre, N. 55 migliaia d'oro a L. 160, com-
prese le spese di porto L. 8,800
Manifatture a porlo in opera, parte brunito e per
la maggior parte a mordente » 5,500
L. 14,300
— Fattura di Giuseppe Scarmur tappezziere.
Fatture da tappezziere da farsi nell' appartamento Verde in porre
in opera li 9 pezzi di arazzi di Santa Barbara, ed altri 8 pezzi
che erano nelle Ritirate di S. A. R. ed il compimento per il rima-
nente delle stanze, che sono cinque, quali saranno compite di finto
arazzo dipinto su Tardisi già provveduti da questa R. D. Scalcheria,
con la sottonotata somma si faranno le manifatture delle tendine per
le indicate nove finestre di damasco verde, come pure le tendine per
coprire le tre stanze maggiori degli Arazzi , quali si calcolano in tutto-
comprese le bacchette ed anelli L. 3000.
Queste sono le opere principali, che — architetto dirigente
Paolo Pozzo e Amministratore Anton Maria Roraenati — furono-
eseguite nella Reggia Mantovana durante la prima dominazione
austriaca ; e ci parvero degne d' essere segnalate al pubblico , e
perchè di un merito incontestabile, e perchè tuttora si possono
nella loro integrità riscontrare.
Arch. Slor. Lomb. — Anno XV. 32
490 LA REGGIA MANTOVANA, ECC.
Le presenti notizie non saranno forse neppure inutili al R. Mi-
nistero della pubblica Istruzione, che ora fa studiare da esimio
Artista un progetto di ristauro di questa Reggia; e gli sarà di
stimolo a proseguire nel nobile suo divisamento il vedere, come
anche un Governo straniero si prendeva cura di tale monumento,
e a conservarlo vi profondeva egregie somme, favorendo cosi
anche lo sviluppo delle Belle Arti, che furono sempre la più
splendida gloria del nostro Paese.
G. B. Intra.
LE ARTI MINORI ALLA CORTE DI MANTOVA
NEI SECOLI XY, XVI E XVII
Ricerche storiche negli Architi Jkfantovani.
(Continuazione V. Fascicolo XVIII).
Orefici in Ferrara.
MJ° Paolo de Renaldinis orefice, scriveva al Marchese, il
1** aprile 1501 , da Ferrara mostrandosi dolente di non aver
potuto parlargli nella sua venuta in Mantova col nipote Spada-
cini e offrirgli certi « lauori di cavalli , che dovè riportarseli. »
Se verrà a Ferrara si propone di insegnargli un secreto per for-
tificar sempre più un bastione di Porta Predella, in Mantova.
La marchesa Isabella ordinava (22 agosto 1501) a Girolamo
Zilioli di procurarle una corona d' ambra nera con certe rosette
d' oro smaltate. Se non la trovarà da Francesco Leardi la farà
eseguire da mastro Michele orefice.
Ebbe quanto desiderava e ne ordinò a detto mastro Michele
spagnolo altre sette simili, E questi rivolgevasi alla Marchesa di
Mantova (18 aprile 1502) per esser pagato « delle bottessele
d' oro.... d' un paro de maiete doro smaltate facte di suo ordine. »
Il Marchese di Mantova riceveva, il 13 luglio 1503, da Lucrezia
Borgia la notizia seguente :
492 LE ARTI MINORI
Avendo dato « a Zuan Jacomo sculptore et aurifice mantuauo
lauorar oro per quaranta ducati et similmente un rubinio et un
diamante » se ne parti per Mantova insalutato hospite per cui
la prega per ricerche.
Il Marchese stesso , a di 19 luglio , rispondevale di aver ve-
rificato ogni cosa, ma detto orefice avendo domicilio instabile,
non aveva ancor potuto mettergli sopra le mani ; sperava di
coglierlo e riferirle.
La Marchesa, al 18 ottobre 1504, sollecita M.™ Ercole per le
maniglie. E questi il 17 agosto 1501, spediva alla Marchesa di
Mantova certe maniglie, che fin dal gennaio aveva cominciato a
lavorarle ma « 1' opera tanto subtile et de gran manifactura »
portava seco molto tempo. Nel maggio 1506 le mandava « il di-
segno del ferro da collo per il noto. »
La Marchesa fu contentissima delle maniglie e ne espresse
all'orefice la sua soddisfazione, estensibile al figlio, che pure
aveva aiutato il padre in tale lavoro. Intanto ordinava loro una
dozzina di bottoni d' oro.
Fin dal 2 aprile dello stesso anno era venuto in Mantova
Alfonso, figlio di detto Ercole, da Ferrara, a bella posta per
abboccarsi con la Marchesa.
Al 20 maggio 1512 faceva avere all' orefice Ercole una « bal-
lotta de compositione » di odori affinchè le facesse un coperchio
d' oro ; ma nel marzo 1516 scriveva la Marchesa al Ziliolo con
meraviglia di non averla ancora ricevuta. Questi avvertiva ch'era
stato più volte dall' orefice Ercole ; ma indarno potè aver « la
ballotta de odori » crede esser necessario farlo carcerare per
costringerlo a finirla. L' ebbe al 16 agosto , e fu in compenso
molto soddisfatta.
E nel 1518 seguiva a scrivere che M.'*'' Ercole andava sèmpre
per le lunghe per riguardo alle maniglie. Fece per la marchesa
anche un libretto.
Nel 1519 Alfonso figlio dello stesso forniva bottoni d' oro alla
Marchesa di Mantova, di cui fu soddisfatta.
Stando al Cittadella, che nota fra gli orefici in Ferrara Ercole
■
ALLA CORTE DI MANTOVA. 493
Paaizzato, questo sarebbe il cognome, come già avvertii nel
t^ecolo XV.
Mandava la Marchesa a Girolamo Ziliolo una piastra d' ar-
gento (151S) affinché facesse costruire dei candelieri dall'argentiere
del Duca di Ferrara. Eseguiva 1' ordine il Ziliolo, osservandole
che essendo tale argentiere egli solo maestro capace del lavoro,
j^^arebbe andato molto tempo prima di averli.
La Marchesa Isabella nel 1529, a mezzo del Ziliolo, si provve-
deva di due ampolle d' argento, di un calice e di patena.
Alfonso d' Este da Ferrara scriveva, a di 8 novembre 1565,
al Duca mantovano che da due anni Francesco de Palazzi, ore-
fice di Mantova, essendo debitore di MJ^ Annibale Borgognoni
ingegnere del Duca di Ferrara pella somma di scudi 17 d'oro,
capitato in Ferrara, fu fatto imprigionare dall' ingegnere per esser
pagato.
S'intromise lo scrivente e gli fece dar la libertà, ma vedendo
che non pensa al suo dovere, incita il Duca a costringerlo.
Orefici in Firenze.
Con questa relazione ne iniziamo delle nuove, di cui non ab-
biamo avuto esempio nel secolo XV.
Prima di entrare nei documenti , trovali nell' archivio dei Gon-
zaga, dobbiamo ricordare che in questo secolo il fiorentino Ben-
venuto Cellini venne a Mantova.
Nel 1528, come egli stesso narra, da Firenze, ove eravi grande
peste, incitato dal padre, che in gioventù aveva passato bene
parecchi anni in Mantova, verso questa città volse i suoi passi.
Trovò lavoro presso Nicolò milanese, orefice del Marchese. Forse
si trattava di Nicolò d'Asti, che abbiamo veduto veramente orefice
marchionale; non risultando che Nicolò Possevino milanese, che
pure era in Mantova, fosse a servizio speciale della Corte man-
tovana.
A mezzo della conoscenza di Giulio Romano ebbe dal Duca
494 LE ARTI MINORI
r ordine di far « il modello per tener la reliquia del sangue di
Cristo, » che molto piacque. Fece il suggello del Cardinale Ercole
Gonzaga sul quale intagliò l'Ascensione di M. V. coi dodici apo-
stoli, e forse altri ancora per lui e pel Marchese. Ma, assalito
da febbre quartana, dovette, dopo quattro mesi, abbandonar Man-
tova, ove fu ben pagato.
Si possono vedere i suggelli del Cellini, fatti in Mantova, nella
splendida opera di Eugenio Plon Benvenuto Cellini, orfètre me-
dailleur, sculpteur, ecc., riprodotti in bellissime incisioni, oltre
di altri lavori attribuiti al Cellini e fatti pure per Mantova.
Il Duca di Mantova, il 21 maggio 1564, spediva in Firenze
Salamone Levitico ebreo, gioielliere in Mantova, per comperar gioie,
oro battuto, drappi d'oro, d'argento, seta, lana, per uso della
Corte di Mantova, avendo più volto esperimentata la sua « fedeltà
e lealtà. » (R. Mandati, 1564, /. 116).
Lorenzo Capogrosso diamantaro in Firenze nel febbraio 1585
e aprile dell' anno seguente pregava il Duca di Mantova per esser
pagato di sue fatiche.
Michele Mazzafiri, orefice del Serenissimo Gran Duca di Toscana,
da Firenze, al 28 gennaio 1593, rivolgevasi alla Corte di Man-
tova per mezzo di G. B. maestro di legname, che veniva in Man-
tova a fare certi strumenti per S. A. domandando risoluzione
intorno ai coni delle medaglie già fatte a S. A. Scrive nuova-
mente al Duca, il 30 « per sapere la risoluzione intorno ai modelli
in piombo di due medaglie con la testa di V. A. »
Al 6 marzo e al 27 settembre attende sempre risposta « intorno
ai due ponzoni : uno grande con la testa e l' arme di V. A. S. con
il tosone, accresciutovi l'arme d'Austria e il berrettone, secondo
V. A. S. m' impose a bocca » ed altro minore di cui gli manda
il modello in piombo per averne 1' approvazione.
Ma ancora al 3 novembre ricordava le medaglie in piombo ed
i roversi in acciaio sul che pare non abbia avuto risposta.
Questo Mazzafiri Michele di Battista , era fiorentino , nato verso
il 1530 e morto nel 1597. Il signor Alfredo Armand nella sua
opera Les medailleurs italiens, fa conoscere le medaglie da lui fatte.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 495
Argentieri in Urbino.
Benedetto Capilupo da Mantova scrive alla Marchesa, il 7
luglio 1516:
Le signore Duchesse d' Urbino (si trovavano in Mantova) me dissero
r altro giorno che erano necessitate far rompere et battere alcuni pezi
di argento fra quali erano dui bacilli con dui bronzi da mano molto
belli de desegno et fogia antiqua designati per Raphael , hanno del
oblongo sono dorati et credo piaceranno all' E. V. dicendomi che quando
V. E. hauesse modo de dargli dinari o tanti argenti da rompere che
uoluntieri li gli dariano più presto che butare via tanto bella opera,
hanno anche alcuni altri pezi e nasi ma questi non potei uedere per
non esserli quello che haueua la chiave. Se V. E. uolesse contracam-
biare qualchuno di questi argenti i poterà darmene auiso che uederò
di hauerli et mandarli a V, E. a ciò che la si capisca quelli gli piacerà.
E al 9 dello stesso annunziava aver dato la cura al Negro di
farsi dare « detti argenti dalle duchesse per presentarli a V. E. »
La Duchessa di Urbino fa conoscere al Marchese di Mantova
il 9 luglio 1529 che ha ricevuto da Marcotti il coperchio della
tazza di V. E. che diede a racconciar all' artefice stesso , che
l'aveva fatto, e con gran difficoltà riuscirà ad aggiustarlo e poi
1* indorerà.
Orefici in Roma.
Le relazioni della Corte di Mantova con Caradosso e il celebre
Gio. Cristoforo romano mentre erano in Roma, già pubblicai in
altro lavoro.
Quest' ultimo nel dicembre 1505 proponeva alla Marchesa
r acquisto di « una tavola di bronzo tutta lavorata d' argento a la
damaschina » con figure antiche e lodava la compera del famoso
Cupido. Nel 1510 era passato a Loreto. In quanto al Caradosso
aggiugnerò quanto segue, accennato dal Plon nell' appendice al
suo stupendo Benvenuto Cellini.
496 LE ARTI MINORI
Il principe Gonzaga in Roma, a di 3 settembre 1512, scriveva
a sua madre Isabella in Mantova :
Thebaldeo me ha detto che Caradosso farla uolontieri a V. E. o a
mi uno Lacoonte d' oro di tutto releuo con li figlioli e serpi come e
<|ua di marmo fatto a martello et non gietato. Io uoluntieri uederia
una tal cosa a V. E. di man de cosi ben maestro per quanto mi è
detto ò istimato excellente et singulare in quella arte.... Quand' anche
li piacessi eh' el facesse detto Lacoonte in un tondo di mezo releuo
per portar in un capello el lo fasa in excellentia perche el ni ha fatto
una a Thebaldeo per portare nella beretta nel quale e uno Hercule
•che amaza Anteo bellissimo fatto tutto a martello la factura del quale
e stato istimato da 35 in 40 ducati d' oro e V. E, acusi quel che la
uole che si facci che el farò fare.
E la madre cosi rispondeva :
Isabella marchionissa etc.
111.*^° Frederico Gonzagce marchioni etJiUo nostro carissimo s. Hauemo
inteso per la tua de iij. del presente che Caradosso uolontieri ni farla
un Lacoonte in summa beleza et per il simile el desyderio tuo in zo
al che respondendo dicemo che seriano contentissima et haueressimo
molto caro hauere qualche opera de mano di tale artefice intendendo
de la sufficientia et excellentia di quello ne 1' arte sua ma perchè se
ritrouamo al presente hauere mal il modo di spendere et remunerare
uno tanto homo per el danno hauemo receputo ne le possessione nostre
mandate dal Po unde m' è necessario prouedere ad altri bisogni più
urgenti, transcorreremo per adesso questo nostro appetito differendolo
al tempo più commodo ad satisfare a tale opera et operano exceliente.
Ne piace bene che tu sij desyderoso farmi cosa grata et maxime de-
lectandoti de tale imprese uirtuose come sono queste....
Mantue XI IIJ sept. 1512.
E pare che per contentarlo il Marchese padre gli scrivesse il 4
novembre 1512 che avendo inteso il desiderio « di hauer qualche
fornimenti d' oro da ornar berrette subito dessimo commissione a
Federico Benali che mandasse a Milano a far fare a posta quatro
donzene di betoni et uno de pontaletti smaltati et dui tondi con
r imprese dentro che uederai , le quali cose tutte ti mandamo
in un scatoletto. »
ALLA CORTE DI MANTOVA. 497
Nel 1522 Caradosso in Roma faceva un impresa e nel 1524
una medaglia pella Corte di Mantova.
Uno Schiavolino Graciolo gioielliere trovandosi in Roma, il 23
settembre 1510, riferiva al Marchese intorno ad affare, di cui
era stato incaricato. Egli era veronese, e più tardi da Verona
scriveva alla Corte di Mantova, offrendo porfidi, alabastri ed
altre pietre.
Porto le relazioni della Marchesa di Mantova col celebre inta-
gliatore di gomme, Nicolò d'Avanzi, veronese nella sezione di
Roma, poiché egli visse e lavorò quasi sempre in questa città;
benché abbia il dubbio che nel 1512 fosse in patria od in Venezia.
La Marchesa, il 15 agosto di detto anno, lo pregava di venir
in Mantova per ritoccar un intaglio in uno smeraldo; e già al 19
aveva avuto risposta che non poteva venirvi ; cosi la Marchesa
qualificandolo Nobilis amice noster carissime gli mandò lo sme-
raldo stesso. AI 3 settembre gli scriveva cosi :
Spectabilis amice noster carissime ,
Hauemo recevuto dal nepote uosiro il nostro smeraldo ci qual è
tanto ben ridutto che a pejia possemo credere chel fosse mai fatto
cosi bello, onde restamo tanto ben satisfacie quanto sia possibile.
Gli manda sei ducati e gli offre la sua protezione. Il nipote
per nome Matteo era pure suo allievo nell' intaglio delle gemme.
La Marchesa, al 28 gennaio 1522, scriveva a M.'"^ Cosmo me-
dico, per secreto di composizione di uno stucco, atto a formare
corniole, agate ed altre pietre preziose, simili alle vere. Pare che
detto medico fosse nello stato ecclesiastico.
Nel novembre 1525 Francesco Gonzaga da Roma:
Ho fatto uedere a questi di il disegno de la Salerà che se haueria
ad fare per V. S. per intentere il costo e il tempo che ui andarla et
ho adoperato il meggio di quello ho proposto M."" Julio pittore dice
che non li uorrà manco de tre libre d' argento al quale costerà da
^circa 25 ducati et li andara più che sei ducati de oro et de manifat-
tura dimanda 30 ducati, pur credo se ritirarla alli 25 et non uol
manco de dui mesi di termine a farla.
498 LE ARTI MINORI
Al 12 settembre partecipa che restò d' accordo coli' orefice che
la saliera debba esser fatta per 20 ducati d' oro di manifattura.
Nel finir di dicembre 1526 1' orefice sempre era attorno alla
saliera ; e al 1° marzo la spediva, e fu graditissima alla Corte
(li Mantova.
Forse si trattava di artefice lombardo, essendovene dei valen-
tissimi in quel tempo a Roma.
Il Cardinale di Ferrara in Roma (26 feb. 1569) e anche il
Cardinale di Augusta raccomandavano al Duca di Mantova G. B. Ti-
baldi gioielliere mantovano, che da Roma veniva in patria per lite.
Bernardino Pia, agente mantovano in Roma, nel maggio ave^^a
ordine di far intagliare una penna in argento.
Dal carteggio ducale con Roma, dal 1587 al 1589, risulta
che la Corte di Mantova si provvedeva nell' alma città di occhiali
e di Agnus Dei , questi lavorati dall' orefice di Bologna.
Da una nota del 28 agosto 1595 si viene a conoscere che
M.r Paolo Fané ti , orefice romano, aveva fatto 435 lune d'oro
smaltate di bianco al prezzo di scudi tre il paio.
Aveva di più legati in oro due vasi (R. Tesoreria, 1592-7).
Orefici stranieri.
Allo sfarzo della Corte mantovana non bastavano più i gioiel-
lieri italiani ; e forse, anche per seguir la moda, ricorreva alla
Francia ed alla Germania.
Marcantonio di Galego da Lintz, il 30 giugno 1501 spediva
alla Marchesa di Mantova « una corona di 74 ambre bianche
senza li segnacoli le quali sono un poco più grandi che quelli
portaua el signor Joanni mio patrono per corone ; li quali pel
mio sono bellissimi.... Si riservava di mandar corde di liuto
per non ritrouare cosa buona in Alemagna se non pure in No-
rimberga. »
E altra corona più piccola riceveva da Vienna, il 26 feb-
braio 1506 da certo Brunori, che sembra padovano.
I
ALLA CORTE DI MANTOVA. 499
Gaspiire Magno da Lione spediva braccialetti a Federigo, pri-
mogenito del Marchese di Mantova.
Il Duca di Mantova riceveva la seguente di Francia :
U."" Signore ,
La presente è solo "per supllicar V. A. che mediante il rimborso
delli sudi 3000 che deve il Re la si degni far consegnar il rubino ba-
lascio di carati 120 di S. M, al sig. Jaques Qaion presente latore...
Dall' abballa du Jan alli 30 di novembre 1580. Di v. a. s.
DcDotiss.^ seruitore
Horatio Rucellai.
La Corte di Mantova, il 1" giugno 1581, scriveva a MJ" Fi-
lippo Cardano fiammingo, orefice o gioielliere, che a giorni sa-
rebbe stato pagato.
Da Parigi Ascanio Andreasi, il 24 aprile 1582, scriveva al
Duca di Mantova che in compagnia del signor Nuvolone , mastro
di casa di S. Maestà, perlustrò le botteghe di molti orefici per
trovar un bufetto d'argento, secondo l'ordine avuto; finalmente
!o trovò, ed al 4 maggio avverte che più tardi sarà spedito.
Pervenne infatti, ma eccone il giudizio.
Il signor colonnello Andreasi hebbe carico di far fare a Parigi una
credenzetta d'argento comoda per portar in uolta, la quale, essendo
stata condotta si è trouato che è stata così mal fatta e lauorata
che l'A. S. n' è restata malissimo soddisfatta, ne sa altro che farne
salvo che farla riffondere caso che l' orefice che V ha fatta qual si
chiama M.'J Tomaso Echialla, al segno del pomo rosso, non la ripigli.
Antonio Cizzoli da Colmer, il 10 maggio 1582 , scriveva al Se-
gretario ducale che ebbe dal signor Antonio Jaciperon dieci piatii
e 12 tondi d' argento con una rosa di gioie, un paio di braccia-
letti guarniti di rubini e perle che subito furon presentate a nome
del Duca di Mantova alla Serenissima Signora Duchessa « la
quale con lieta fronte ha riceuuto il dono rendendone a S. A. gratie
infinite. »
Martino Zobol , cittadino d'Augusta, da questa città scrive in
tedesco, il 29 novembre 1584, al Duca di Mantova, notandogli
500 LE ARTI MINORI
che ha avuto commissione da Roberto Austerstorfer, agente du-
cale, di provvedergli agate, corniole, topazii boemi, granate, tur-
chesche, lapislazzoli, ed altre pietre preziose; ma gli rincresce
di non averne ritrovate ; gli ricorda poi il prezioso giannetto di 4
anni , che riceverebbe con riconoscenza.
Dario Castelletto da Nomi nel Tirolo, il 6 febbraio 1586, scrive
al Duca di Mantova che essendogli giunto ad Inspruck il mo-
dello del fiasco, desiderato da S. A. per portare medicamenti,
glielo spedisce. Piacque ed ebbe ordine di farlo eseguire in argento.
Curzio Pichena da Praga, il 18 novembre 1591, faceva avere
al segrerario Ducale 12 diamanti, 9 topazii, sei granate, sei ama-
tiste e quattro zaffiri, avuti dallo Zoppo, affinchè il Duca decidesse
come dovessero esser intagliati. Di granate si nota che vi è
molta penuria presso tutti i gioiellieri , spera di averne però due
dozzine più grosse ; il Zoppo pretende un tallero per dozzina.
Neil' aprile 1592 notava che le gioie spedite sorpassano le 70
dozzine; promette, occorrendo, mandar delle più belle pietre,
che sieno in Boemia per far tavolini.
Il Consiglio della città di Augusta, a di 13 luglio 1596, rac-
comandava al Duca di Mantova Giacobina vedova di Hermann©
Olixgen orefice, morto in Mantova, ove lasciò crediti.
.Jaques , orefice fiammingo , il 20 giugno 1594 da Anversa scrive
al Duca di Mantova che obbedisce agli ordini verbali avuti prima
di lasciar Mantova. Descrive prima il suo viaggio a Francoforte,
Colonia e la dimora di due mesi a Liegi presso quel principe,
fratello del Duca di Baviera. « Ho faito mandaer de Francoforte
a S. A. S. quattro quaderetine piccole de li 4 tempi dell' anno del
minnaitdoere de Hoefaneghel molto raire » ma non ebbe risposta.
In altra del 4 ottobre si sottoscriveva Jacques Roymans con-
tento di aver ricevuto risposta. Notagli che sull' incarico datogli
di comprar diamanti piccoli ad uso di bottoni per S. A. S., non
convenirCj essendo carissimi, costando due ducatoni ; cosi i bot-
toni verrebbero a costar più di 100 scudi. Propone diamanti più
grossi per formare un S. Giorgio di diamanti a cavallo con spada
ed altri gioielli, degni di un principe.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 501
Egli al 24 luglio 1599 scriveva da Parigi al Duca, sperando
di venir a Mantova a fargli vedere bei oggetti.
Arrigo de Hontorst, argentiere fiammingo, da Genova il 6
aprile 1595, scriveva al segretario del Duca di Mantova per indo-
ratura di un bacile.
Al 26 aprile si meravigliava di non aver avuto risposta , né
il disegno dei candelieri che S. A. gli aveva ordinati, trovandosi
egli a Genova per conto del bacile, lascia di salutare in Man-
tova Marcantonio pittore, signor Herman orefice e altri amici.
Al 30 stesso, sempre senza risposta, ha messo mano alla
conchiglia di madreperla, che dovrà spedire in Mantova, pel quale
lavoro ha dovuto pigliare un valente artefice in aiuto.
Al 24 Giugno ha finito « la bacile e stagnara » che fra 14
giorni spera di far avere in Casale, ed è certo che sarà soddi-
sfatto. Ha già fatto i modelli in cera dei candelieri ed é pronto
a gettarli in argento.
Una nota, in data 28 agosto 1595, per un castone con rubino,
altro con una orientale . un zaffiro triangolo, 65 smeraldi grandi,
altri 25 zaffiri di diversa grandezza e 18 baiassi per un lavoro
di perle sopra speroni, morso, e accomodatura di 59 diamanti
e cosi firmata ;
« Io Nicolao Rogiers mi chiame sattisfatto di soprascritti danari.»
Nieolaes Rogiers orrejìei.
(Regia Tesoreria, 1592-7).
Porfirio Bosso da Praga, il 28 di ottobre 1595, spedisce al
Duca pietre di Boemia lustrate per saggio , cioè 8 dozzine ; alcune
possono servire per far vasi, altre quadretti, ovvero facette di
scrittoi.
Abram Colorni da Stucarts, il 27 gennaio 1598, partecipa a
f^. A. S. che quel Principe « gli manderà certi belli vasi » fatti
da un suo valente maestro.
502 LE ARTI MINORI
Orologieri diversi.
Abbiamo veduto gli orologiai in Mantova, in questa sezione
si vedrà ove ricorreva la Corte di Mantova, specialmente per
gli orologi portatili.
Da Venezia la Marchesa Isabella, nell'agosto 1506, si procu-
rava un « horologio a sole. »
Un Peregrino di Prisciano, orefice in Ferrara, faceva nel 1509
un orologio pella Marchesa di Mantova , di cui fu contenta « per
la bellezza e bontà sua. » Ne ordinava altro « più portatile e
più legiero. »
Rimandava ella nel settembre 1511 in Ferrara un orologio
per esser aggiustato dallo stesso orefice, essendosi spostata la
calamita. Nel novembre dello stesso anno ordinava a Lorenzo di
Pavia in Venezia di comprarle un « orologio da polvere. » Lo
ricevette al primo dell' anno seguente e ne fu contenta.
Del citato Peregrino de Prisciano, orefice, il Cittadella f^A^o-
tizie relative a i^erraro^ dà un piccolo albero genealogico, l'arto
essendo stata in famiglia.
In Reggio vi era la famiglia Sforzani, famosa per la fabbrica
di orologi tascabili, celebre M.ro Cherubino, soprannominato Pa-
rolaro, di cui fa parola Benvenuto Cellini.
Cosi scriveva il Marchese di Mantova.
Allì fratelli de M.™ Cherubino che fanno orololij in Reggio.
Nobili etc. se quello orololio principiato per ÌA:° Cherubino vostro
'rateilo di qua! li fu dato 10 ducati d'oro e in termine chel si puossi
finire facendoli una cassa semplice senza quelli ornamenti dessignati per
Tulio romano hauerei piacer che me fosse mandato o per voi portato.
Et quanto più presto tanto più ci sera grato et di satisfaction suprema.
E quando esso orololio non sij in termine da non potersi finire facendo
di la cassa semplice senza li ornamenti predicti mi farestini cosa
molto grata quando li ne fosse un altro che subito lo portastini qua
che vi sarà ben pagato. Et pertanto anche questo orololio eh' è in quej
ALLA CORTE DI MANTOVA. 503
manico d' occhiale che li fu dato per conciar et per questo mando questo
presente correrò a posta Mantua Vij september 1529.
E a! 9, Girolamo, uno dei fratelli, rispondeva che l'orologio
non poteva esser finito prima di due mesi, anche facendogli la
cassa semplice.
Al 18 dava nuova promessa di portarlo in Mantova ; ma il
Marchese al 1** ottobre spediva un corriere per aver 1' orologio.
Al 15 novembre 1530 scrivevagli cosi :
M,"^° Hieronimo de Korloglii amico carissimo. Perchè ho donato al-
l' III.""*» sig. Duca di Milano 1' horologlio che a Bologna hebbi da Mastro
Cherubino nostro fratello, me ne bisogna un altro e lo uorrei adesso.
Cherubino Sforzani era nel 1531 a Roma e di colà il 5 gen-
naio prometteva al Duca di Mantova fra un mese di spedirgli
un orologio.
Al primo giugno nuovamente facevagli conoscere che T amba-
sciadore mantovano in Roma gli aveva ordinato un orologio si-
mile a quello che il Papa teneva in sua camera, il quale « so-
nava r bore di sei in sei colla mostra delle minute, ma non li
quarti come vorrebbe V. S. » domanda spiegazione.
Neil' aprile 1540 M.'" Cherubino era rimpatriato in Reggio e
prometteva di far al Duca di Mantova un orologio come quello
di Vili afranca.
L' ambasciadore mantovano in Venezia, il 30 settembre 1531,
spediva alla Corte di Mantova un orologio, fatto in Venezia.
Altro spediva 1' 11 aprile, 1534, aggiustato da un frate,
il quale pretendeva scudi 4 ^j^ in pagamento. E Benedetto
Agnelli, stesso ambasciadore, al 23 gennaio 1535 , assicura aver
ordinato gli orologii e, finiti, li spedirà.
E due orologii spediva il 17 febbraio 1536, stati aggiustata
pei quali pagò cinque lire e sette soldi di moneta mantovana, e
al 4 febbraio 1539 scriveva gli orologii esser finiti ed il maestro
pretendere scudi 16.
A di 28 di Giugno 1539 da Augusta « Conrado Bego o Rego
o Voegg maestro di Horologii » scriveva in tedesco al Marchese
504 LE ARTI MINORI
di Mantova che gli fu rimesso un orologio di V. E. da Fran-
cesco Trombetta della Maestà del Re per esser aggiustato, il che
fece e spera che ne sarà contento ; attende ordini per spedirlo.
Intanto gli offre un buon orologiaio, come gli fu manifestato
dal Trombetta, il quale verrebbe a portar detto orologio, e lo
proverebbe se sufficiente.
Domenico Bratto, piacentino, otteneva il 13 novembre 1556
esenzione per dieci anni dei dazi, purché venisse in Mantova
ad esercitar fra le altre arti quella di fabbricante di orologi
{R. Decreti, 1556-9, fol. 69).
Ippolito Cardinale di Ferrara, da questa città, spedisce al Duca
di Mantova due orologi, che sono dei migliori, che siansi potuti
avere in Francia.
Fabio Landriano della Rovere, da Pesaro, il 6 d'aprile 1587
spediva al Duca di Mantova un orologio accomodato.
L'Ambasciadore mantovano in Venezia, il 13 novembre 1593,
faceva conoscere alla Corte di Mantova che il primo orologiere,
non avendo voluto venir in Mantova, ha trattato con un altro,
figliuolo di colui che ha fatto gli orologi della piazza di
S. Marco ; ma dopo molta indecisione, anch' egli rifiutossi di
partire. Ne cercherà altro se conveniente.
Al 20 dello stesso scriveva che gli orologiai di Venezia lavo-
rano orologi piccoli e non vogliono guastarsi le mani nei grandi,
cosi nessun vuole venire in Mantova.
Il Duca Vincenzo , a di 5 febbraio 1597 , concedeva privilegio
per 20 anni nei suoi Stati ad Attilio Forchi, vicentino, il quale
gli aveva esposto « di hauer con longo studio et industriosa
fatica et molta spesa sua ritrouato un nuovo artificio de Ho-
rologi con ruote concave e non dentate quali suonano et mo-
strano le bore et si mantengono con poca seruitù. » (i?. Man-
dati 1596-97 , fol. 35).
Da Castel d' Ombras nelle Fiandre, il 13 febbraio 1599, il
Principe Carlo scrive a suo cifgino duca di Mantova , che se-
condo il desiderio espressogli, avrebbe trovato un buon maestro
di orologi, che si trova in Augusta, il quale verrebbe in Man-
i
ALLA CORTE DI MANTOVA. 505
tova, quando conoscesse le condizioni , le quali attende per trat-
tare. Infatti questo orologiere veniva in Mantova, e pare che
soddisfacesse da varie altre lettere in tal proposito ; ma non è
nominato. E anche per 1' orologieria, dopo aver fiorito in Italia
fini di scadere ; cosi , come vedesi , per i grandi orologii pub-
blici la Corte di Mantova doveva cercare artefici! all' estero.
SECOLO XVII.
Orefici ed Orologieri in Mantova.
Al 21 febbràio 1604 moriva nella via dell'Orso per febbri
nell'età di anni 60, M/*' Giulio Goito, orefice.
Il Duca di Mantova, concede, 23 agosto 1604, da Casale un
salvacondotto a David Cervi, ebreo, gioielliere in Mantova.
Egli nel dicembre da Milano spediva gioielli , poi nel feb-
braio 1605 ebbe litigi in Milano con Carlo Sovico , gioielliere
milanese, per diamanti procurati alla Corte di Mantova.
Carlo Emanuele Duca di Savoia, il 30 di marzo 1609, da
Torino raccomandava al Principe di Mantova David de Cerni ,
gioielliere ebreo, da cui aveva preso varie cose, trattenendolo a
lungo, con danno forse dei suoi affari.
Altra consimile raccomandazione spedivagli il 3 luglio , no-
tando che lo trattenne per cose di sua professione.
Egli mori in Mantova, il 19 febbraio 1626 , di anni 84 (Necro-
logio Mantovano).
Paolo Croyer gioielliere tedesco, nel 1610, ottenne di ritornar
in patria dopo aver servito la Corte di Mantova per 14 anni
qual gioielliere. Lo vedremo fra gli orefici all' estero.
Girolamo Coirò da Mantova scriveva al Cardinale Gonzaga in
Parigi , il 3 febbraio 1612 : « 0 poi finito la coIona de agata
bellissimo per mettere lo Cristo.... la qual coIona si è uota da
r uno canto a lo altro per mettere de le reliquie con farle fare
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 33
506 LE ARTI MINORI
la base e chapitello de oro. » Lo prega intanto ordinare il pa-
gamento per la « eoronade lapis et corniole fornita. »
Era socio del Fiotto Altobello, ed offrono insieme allo stesso
cardinale, il 18 febbraio, una cassetta di grandezza di sei palmi
e larga quattro, tutta de cristallo d'argento con 24 colonne, e
diversi vasi et reliquiari di cristallo e di diaspro orientale.
Il Fiotto, a di 5 gennaio 1614, in Mantova, pregava il Duca di
fargli pagare da Vincenzo Bonino 25 scudi , dovutogli da 7 anni.
Appolonio Comi, gioielliere in Mantova, nell'agosto 1617 do-
mandava al Duca di esser pagato di scudi 60 per pendentini
provveduti ; Gabriel Saracco altro collega , lapidario di S. A. fa-
ceva ricordare (4 dicembre 1617) al Duca che sei mesi prima
aveva spedito a mezzo di suo fratello dei cristalli , cioè una ba-
cillstta con li boccali da altare, e certa quantità di lapislazzuli,
il tutto trattenuto dal dazio , e perciò aspettava ordini.
Egli, al 17 novembre 1618, domandava di esser pagato di 5000
e più scudi. Taluno scrisse che la famiglia Saracco venisse in
Mantova da Ferrara, ma forse provenne da quella di Milano,
distinta per lavori di cristallo e di oreficeria, nelle quali arti
furono famosi cinque fratelli, come nota il Cicognara.
Cristoforo Fagliaro, orefice in Mantova, apparisce in una sua
supplica al Duca del 1618.
Federico Jorio horefiee di Grosaria, nel 1624 carcerato, inven-
tava un edifizio atto a riparare il territorio di Ostiglia dal Po
nelle sue piene.
Il Duca concede (25 novembre 1626) licenza di porto d' armi
« al nostro seruitore Ambrogio Spica nostro gioielliere. » {R. Man-
dati 1626-33, fol. 30).
Carlo II, Duca di Mantova, a di 12 settembre 1650, oltre il
porto d' arme, concedeva a Gaspare Taliani orefice e a suo figlio
Francesco , 1' aggregazione fra i servitori di Corte , in premio
della sua « molta esperienza e valore, mostrato dal detto Ta-
liani nella sua professione per lo spazio di molti anni in questa
nostra città » (Idem 1644-50, fol. 86).
Lo stesso Duca, a di 2 marzo 1663, nominava suo famigliare
ALLA CORTE DI MANTOVA. 507
« Pietro Caliari nostro gioielliere », per servizi prestatigli, conce-
dendogli nello stesso tempo il domandato passaporto {Idem 1657,
fol. 63).
Ed il Caliari, a di 13 novembre 1675, otteneva conferma
di gioielliere ducale dal successore Duca Ferdinando Carlo
(Idem 1673-81, fol. 75),
E, a di 28 gennaio 1668, era accordata la cittadinanza manto-
vana a Volfango \\'asser ex ala oenepontano , noster ab argento
escarìus. (R. Decreti 1660-8, fol. 298). Mi pare che si tratti
di uno scalco o di un custode di vaselleria argentea, comunque
lo lascio qui per migliori ricerche.
Sebastiano Costa, gioielliere veneziano, otteneva dal Duca, 8
giugno 1689 , il ben servito e il passaporto (B. Mandati 1688-93,
fol. 74).
Un solo orologiere mi si presentò in Mantova, cioè « Zorgi
Ardin, » il quale nell'ottobre 1603 domandava a Fabio Gonzaga di
esser pagato di scudi 35 ; cosi resta inutile farne una particolar
sezione. Questo Giorgio Ardin era ancora vivo in Mantova nel 1623.
Come si sarà appreso, l'elemento mantovano è molto raro,
trattandosi per lo più di forestieri, che diventavano cittadini.
Altri , come il Coirò cristallaro e il Protti , il primo residente in
Milano, il secondo della Svizzera italiana, erano venuti pei loro
affari in Mantova, non risiedendovi.
Il grande assedio del 1629-30, portò seco gran danno alla
Corte di Mantova ; e poi , estintosi con Vincenzo II nel 1627 il
vecchio ramo dei Gonzaga, successo quello di Nivers e Rethel ,
vari di questi non furono più amatori delle arti belle, preferendo
le cantanti e le ballerine.
Zecca in Mantova.
Il Duca Vincenzo, a di 29 maggio 1601, concedeva il passa-
porto ad Enrico Gotten, che doveva portarsi qual assaggiatore
della zecca di Casal», dopo aver servito per sette anni a quella
di Mantova {R, Mandati 1598-1606, fol. 153).
508 LE ARTI MINORI
Egli Stesso, al 23 ottobre 1602, deputava Gio. Maria Strada,
saggiatore alla zecca di Mantova, e Alessandro Vani, nostro
lapidario, per andar in cerca di miniere d'oro e d'argento, e
d' altri metalli nei suoi Stati di Monferrato , e particolarmente nei
luoghi di Ponzone e Silvano (^Idem fol. 238). Lo Strada dal
dicembre 1599 al settembre 1603, aveva avuto il privilegio di
comprare oro e argento rotto e bruciato ad uso della zecca.
Ed ora vedremo un primo autografo di valentissimo coniatore
di medaglie e di monete.
Serenissimo Signore ,
Il Rovida gioielliere mi dimandò dei conii della medaglia di
V. A. S. della quale ora gliene mando dei piombi improntati ne
quali o usato quella miglior diligentia che per me o potuto , così
V. A. S. mi ordino che io facessi diuersi rouersi o fatto 1' arme per
esser il più difficile el più bello, ora intendo che V. A. S. gU è
venuto in pensiero di uoler un altro rouerso cioè che da una parto
sia la luna et il erosolo tutti adatati insieme, si che o pensato già
che o il ponzone della testa di uolere farne un' altra stampa in forma
un poco più piccola con il sodetto rouersio che dimanda V. A. S. ma
mi dia un poco di tempo in tanto se quella vole che io gli mandi
questo che o finito me lo farà intendere. Spero che V. A. S. resterà
semita et spero anco che a me darà qualche consolatione di questa
longa faticha. L' arei portata io , ma la zeccha di Milano mi da oc-
chupatione che non mi posso partire oltre che anche o da fornire il
ritrato dell'Altezza di Savoia, che già e a bon termine et molte altre
occupationi se cossi gli piacesse gli manderei da qualcuno e riueren-
temente me l' inchino pregandole da Nostro Signore soma felicità.
Di Milano, il di 3 luglio 160^.
humilissimo
seruo
Gaspar Molo.
A Sua Allessa
Serenissima il signor
Duca di Mantoa
Casale.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 509
Il Cancelliere del Duca di Mantova nell' archiviare questa let-
tera, scrivevale dietro questo prò memoria:
« Far un ponzone grande per la testa — già fatto.
Un altro, meno delle lettere che uan attorno, ma per la testa che
sia come è.
Un grande dell' arma già fatto.
Un altro egualmente con S. Giorgio.
Uno men grande delle lettere dintorno col erosolo.
Un altro simile con la mezza luna.
Accomodar 1' horologio. >
Sembrerebbe che si dovesse scrivergli anche per aggiustar un
orologio.
Lelio Bellone , ambasciadore mantovano in Milano , scriveva
alla Corte del suo signore a di 22 aprile 1606 che ha ricevuto
N. 16 dobloni ossiano medaglioni « quale consegnara a M.'"° Ga-
sparo Molo e riceuerà quegli altri che dovrà avere da questo
per spedirli a Mantova. » Pagherà al Molo 200 ducatoni per
parte di S. A. S. Ha pagato al Rovida 500 scudi che gli si
dovevano a conto del Manara gioielliere.
Al 28 scriveva nuovamente che solo in quel di potè far la
consegna al Molo essendo allora ritornato da Asti. Egli promise
di dare le medaglie come fece e furono spedite a Mantova il
primo maggio.
Si conosce che il Duca Vincenzo I ripristinò in certo modo
r impresa del crogiuolo, adottata da un suo predecessore dopo la
battaglia del Faro, consistente in un crocinolo al fuoco pieno
di verghe d' oro. Vincenzo I se ne servi per la collana dell' or-
dine cavalleresco del Redentore, da lui istituito.
La seguente del Molo ci proverà la continuazione della rela-
zione sua con la Corte di Mantova, benché avesse lasciato la
zecca di Milano.
Serenissimo Signore,
L' Altezza Vostra me ha fatto dire dal signor Vincenzo Giugni
guardaroba del Gran Duca che io le mandi le stampe delle medaglie
510 LE ARTI MINORI
che io gli feci a Milano. Sappi V. A. io scrissi già un pezzo fa a-
Mantova al signor Presidente Nerli, auisandolo come io mi ritrovauo
qui in Firenze con delle stampe in seruitio di questa zeccha et con
libertà di poter seruire V. A. sì nelle medaglie come in altro, ne
mai ho hauto risposta alchuna. O uoluto prima che mandarli le
stampe auisar quella come io sono qui prontissimo alli suoi coman-
damenti per farli delle medaglie et altro se gli piacerà eh' io la serua
et nararli come al Ser.™o di Savoia per non haver huomini pratichi
in coniare le sue medaglie gli anno rotto le sue stampe, et ho co-
missione ora de farne di nouo , non uorei che accadesse un simil
fatto a queste di V. A. però io mi esebischo prontissimo a seruirla
qui con quella prestezza che fia possibile nel medesimo modo che io
faceuo a Milano, che qui ho tutte le comodità che mi occorre et le
stampe sarano da me bene custodite, comandi adunque V. A. Sere-
nissima quel che più gli agradisce che sarò prontissimo ad obidire,
intanto gli prego di Nostro Signore ogni sua compita consolationo.
Di Fiorenza, il dì 24 aprile 1610.
Di V. A. S.
humilissimo et Diootissinio senio
Gasparo dal (sic) Molo
intagliatore di stampe
de medaglie.
Si fermò poco a Firenze e da monete esposte dal Zanetti (Nuooa
raccolta delle monete di zecche d'Italia) risulterebbe che venne
alle zecche di Guastalla e Mantova, coniando monete assai belle
negli anni 1613-14, poi di nuovo a Firenze, donde nel 1625 si
portò in Roma.
Del Molo io scoprii molti documenti inediti , che pubblicai in
due pubblicazioni speciali, poi riassunsi con giunte negli Artisti
Lombardi in Roma ; ma fino ad ora mi erano rimaste scono-
sciute le qui esposte lettere.
Potei affermare che egli nacque in Como, dove suo padre era
venuto da Breglio. Mori a Roma nel 1640, ed io ne pubblicai i
testamenti e l' inventario della sua bottega.
I
ALLA CORTE DI MANTOVA. 511
Era zecchiere in Mantova nel 1616, Carlo Torre, che poi associò
un Borgatti.
Gio. Ambrogio Spiga orefice da Milano, il 2 settembre 1619,
prega il Duca di aver pazienza pel ponzone, cui manca ancora
il centelio ; lo porterà egli stesso a Mantova.
Il Duca Ferdinando concede licenza (22 settembre 1621) a
Guglielmo Drago genovese , assaggiatore nella zecca in Mantova,
per 8 anni continui di ritornarsene in patria (R. Mandati 1618-26
fol. 149).
Il Duca della Mirandola, a di 19 gennaio 1629, scriveva a
quello di Mantova :
Ricorro a V. A. nell' occorrenze, con quella confidenza che mi presta
la sua grande benignità. Per bisogno della mia zecca sono necessitato
a provvedere d' un intagliatore ; e perchè mi prometto che dal Morone,
che serue in cotesta zecca di V. A. io restarci benissimo seruito ogni
uolta che ella si compiacesse che io potessi ualermi di lui, supplico
perciò uiuamente l'A. V. a uolermi far gratia della persona sua , con-
cedendogli che con 1' assistere al suo seruitio egli possa anco supplire
a quanto qui occorrerà. Il che riuscirà a luì commodo e facilissima-
mente per il poco che qui pure haurà che fare ; che ne dourà obbliga
singolare all'A. V....
L' intagliatore desiderato dal Duca della Mirandola era il va-
lente Gaspare Morone, erede di Gasparo Mola. Risulta da atto
notarile dell' aprile 1633 che era ancora in Mantova, dopo lo
trovai nel gennaio 1637 successore al Mola in Roma. Anche del
Morone lombardo pubblicai importanti documenti. Mori in Roma ,
nel 1669.
Lo stesso Duca della Mirandola, il 25 ottobre 1629, scriveva
al Segretario ducale :
Quando intesi che il signor Duca Serenissimo haueua pensiero dì
ualersi in cotesta zecca dell' opera di Gio. Antonio Riuarolo fui pron-
tissimo a seruire S A. ma perchè costui è condannato da questa
giustizia in pena della forca per delitto che lascia intaccata la mìa
riputazione prego V, S. 111.'"» a supplicar in mìo nome S. A. di rimet-
terlo nelle mie forze.
512 LE ARTI MINORI
Nel 1631 la zecca di Mantova era assunta da Marc' Antonio
Ghiselli.
A di 22 novembre 1657, il Duca di Mantova nominava suo
zecchiere Giacomo Berti veneziano {R. Mandati 1657-1663, fol. 27).
Un privato, Abramo Provenzali, nel 1678 otteneva di far battere
nella zecca di Mantova dei talleri « alla bontà di once nove di
ferro per ogni libra d' argento di peso di zecca » obbligandosi di
pagar al Duca 1500 doppie d' Italia.
Di ciò abbiamo veduto già un esempio nel principio del 1500.
Orefici in Venezia.
Ercole Pedemonte, d'ordine di sua Altezza nel giugno 1600,
scrive all' ambasciatore mantovano in Venezia di cercare presso
i gioiellieri « diamanti per far tre gilii e rubini in forma di balle
per r arme del Re di Francia e quella di casa Medici. »
Jacomo Konig, gioielliere in Venezia, nel maggio 1601 an-
nunzia aver portato da Roma belle cose, che presenterà nel ri-
torno da un nuovo viaggio di Germania. Questo Konig sembrerebbe
non esser altro che Jacomo Cyimich del secolo precedente, per
«attiva scrittura del casato tedesco.
Da lettera del Segretario ducale , in data 30 maggio 1601 ,
all' ambasciadore mantovano in Venezia, risulta che la Regina
di Francia, volendo avere un filo di perle per scudi 2000, la
Duchessa di Mantova se ne interessava peli' acquisto in Venezia.
La Corte mantovana faceva eseguire dall' orefice Braganze in
Venezia candelieri ed un' aquila d' argento (3 luglio 1601).
Luca Tron, orefice da Venezia , nel 1602 spediva alla Corte di
Mantova 3 dozzine di zaffiri e segui dopo a far altre consimili
spedizioni. E anche questo Tron abbiamo veduto nel secolo pre-
cedente.
Giovanni Ruscher da Venezia, il 28 dicembre 1602, offriva
alla Corte di Mantova la compera di gioie a mezzo del banchiere
in Mantova Angelo Bonaventura Gullam, il quale non risulta se
era anche gioielliere od orefice.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 513
Il Duca di Mantova si dichiarava debitore (8 aprile 1603) di
ducati veneti 14 m. a Carlo Elman di Venezia per gioie dategli
(R. Mandati 1598-1605, fol. 268). Forse era figlio o parente del
Guglielmo che abbiamo veduto scritto Helman. Egli nel gennaio
e marzo 1604 spediva rubini e una rosa con brilli, riuscita be-
nissimo, e poi un diamante grande in stella, legato in un anello.
Nel settembre offriva perle e 84 diamanti.
Bernardo del Calice da Venezia, il 17 febbraio 1606, scrive al
Duca di Mantova di aver pagato ducati 2348 al signor Vincislao
Pors ore/ice alla Todesca per conto di lui.
Gio. Giacomo Corte nel giugno 1607, scrive per rubini com-
missionatili da S. A.
Lucio Alpron ebreo, gioielliere in Venezia, nell'agosto 1607,
offre al Duca una grossa perla.
Don Giovanni Medici da Venezia, il 24 febbraio 1618 racco-
mandava a sua nipote Duchessa di Mantova, Borromeo Borromei,
orefice che avendo venduto certe argenterie a Bastiano Benissone
« che fa il lotto » in Mantova, non poteva avere il saldo, trat-
tandosi di scudi 1800.
Tommaso Canossa da Verona, il 14 maggio 1619, partecipava
al Duca che aveva fatto avvertire tutti gli orefici e minacciati
di scomunica tutti gli ebrei ; ma a nessuno furono presentati
r Officio, le turchine e rubini smarriti da S. A.
Michele Vignen da Venezia (21 maggio 1622) al Duca di Man-
tova scrive che gli rincresce non aver più quelle opali mostratele
in Venezia, perchè G. B. Cati possessore le ha cambiate con
Daniele Niss fiammingo. E questi da Venezia scrive subito aver
vendute le desiderate opali.
Un Appolonio Rizzardini da Venezia, il 10 aprile 1691 rin-
grazia il Duca di Mantova di aver preso al servizio suo figlio
Gio. Ma«a, dichiarandosi <s. fonditore all' argento in questa pub-
blica città. »
Vedremo queste relazioni venete , oltre esser diminuite , esser
superate da quelle con Milano.
514 LE ARTI MINORI
Orefici Lombardi.
Da Casale, a XJ di decembre 1600, il Duca Vincenzo ordinava
il pagamento a Tommaso Rovida milanese suo gioielliere di du-
catoni 1000 per tante gioie procurategli. L' avevamo veduto già
nel secolo precedente.
Altobello Fiotto, gioielliere della Svizzera italiana, era pure pa-
gato, al 3 febbraio 1601 ; e nel giugno il Duca gli lasciava com-
mendatizie pel gran Duca di Toscana, pel Cardinale di Montalto
in Roma. Egli serviva anche il Duca di Mantova, qual agente
per affari col Governo di Locamo, dal 1600 al 1601.
Carlo Emanuele Duca di Savoia, da Torino, il 23 dicembre 1606,
al Duca di Mantova gli annunzia aver ricevuto l'Altobello gioiel-
liere di S. A. con la lettera di raccomandazione, dichiarandosi
prontissimo a favorirlo.
Questo gioielliere nel 1609 era già a Venezia, all'osteria del
Sole, donde scriveva al Duca di Mantova :
« La mia casella di Christallo é finita saluo di mettere li 8
lioni che la portano e le 24 colonne. » Fra 15 giorni gliela avrebbe
spedita. Aggiunge esser ammalato, ed i medici lo consigliano di
rimpatriare.
G. B. Guenzate, detto il Romanino, già noto gioielliere da
Milano, il 10 marzo 1601, spediva un barehetto di fiche dì resta,
augurando al Duca e suoi figliuolini ogni bene.
A di 6 aprile 1606 scrive a Fabio Gonzaga, promettendogli di
far eseguire « una bottoniera con rubini ed un centurino con pic-
coli diamanti ed una collanetta, » dolente che per la gotta non
possa più lavorare egli stesso, avendo dovuto lasciar affatto l'arte
e il commercio.
Il Duca Vincenzo, al 15 marzo 1604, dichiarava di aver rice-
vuto da Gio. Paolo Rusca, detto il Mandrese, gioielliere milanese,
« un fiore con diversi diamanti a facette ed altro di giacinti , due
branchilli e una medaglia da portar al collo con santa Elena e
ALLA CORTE DI MANTOVA. 515
una croce » al prezzo di 2 mila ducatoni da pagarsi in terreni
nello stato monferrino (R. Mandati 1598 1601 , fol. 323). Egli
nel 1612 aveva avuto l' incarico di far una collana di diamanti
per S. A.
Ordinava il Duca nelT aprile 1605 il pagamento di ducati 500
a Vincenzo Manara gioielliere in Milano e poi il compimento di
2000 dovutigli a mezzo di G. B. Rovida. Questo terzo Rovida
era ancora nel 1609 in relazione colla Corte di Mantova. Eliseo,
Magoria, già conosciuto nello stesso anno (1605), domandava da
Milano di esser pagato del residuo di ducatoni 1000, promettendo
di finire i bottoni e la Fenice per Pasqua.
Da Cremona (9 genn. 1612) si manifestava contento d' aver
conosciuto che lo spedito diamante era piaciuto.
Gio. Giacomo Corte da Milano , il 22 novembre 1606 , scrive
che non gli furono pagati sulla tesoreria di Casale i promessi
4100 ducatoni da Davide de Cervi a nome di S. A.
Al 6 marzo 1608 scriveva da Milano, ove risiedeva aver con-
segnato i 50 bottoni d' oro con perle al conte Girolamo Morone,
intagliate e smaltate assai bene.
Al 10 luglio 1609, supplica di esser pagato della prima rata
delle lire 12,400 , dovutegli per gioielli ed anche per altra rata
di ducati 14,800.
Egli in Milano nel luglio 1612 , rinnovava domanda di paga-
mento, oltre scudi 2626 , dovutigli dagli eredi di Carlo Helman.
Ma nel 1613 non era ancora pagato ed il Duca di Mantova era
morto.
Nel 1615 da Milano avverte che gli Helman d'Anversa l'hanno
sollecitato per i loro crediti con la Corte di Mantova. Furono
questi soddisfatti. Nel 4 novembre offre una cassetta d' argento,
indorata con cristalli, gioiellata, che spera finita fra quattro mesi.
Ricorda nel marzo 1617 esser un anno da che spedi 12 bot-
toni con diamanti, senza che sia stato pagato ; e nel giugno re-
plicava, notando che importavano ducatoni 3600. Seguono molte
lettere fino al giugno 1619, in cui si domanda sempre lo stesso
pagamento o di restituirgli i bottoni.
)1C LE ARTI MINORI
Nel 1624, pagato, offre tre grandi smeraldi gregi , oltre 37
altri pezzi.
Sonvi relazioni nel 1609 tra la Corte mantovana e Marco Tullio
Ponzone per gioiellerie.
Francesco Runati, detto il Ziitera, da Milano, il 17 dicembre 1609,
alla Corte di Mantova fa conoscere aver « finite la collana et il
centurino per S. A. et il calamare per il signor Cardinale, le
spade et le due centure per il sig. Don Silvio et d. Vincenzo,
il Baldachino grande et le portere sono ancho elle finite. Le
gioie del Ser.mo sig. Principe sono impronte , li reliquiari et
una croce di Cristallo et è anche finita » spedisce « la baciletta
et bochallino doij et il campanille (sic) tutti di argento. » At-
tende denaro.
Michelangiolo Spiga, a di 27 luglio 1612, in Milano rilasciava
ricevuta all' ambasciadore mantovano di oro per far una forni-
tura alla Ginetta ed un gioiello al Duca con rubini , i quali
pure ebbe, cioè due grandi e altri 38 per finimenti obbligan-
dosi di dare i lavori finiti alla festa dell' Ascensione. I rubini
pella Ginetta erano 280 tra grandi e piccoli avendone avuti, oltre
dall' ambasciadore , da Gio. Paolo Rusca e dal signor Polonio
« con un cameo d' oro crocefisso per far una pace. »
La Ginetta era una prediletta cavalla ducale. Lamentavasi
che la massaria sui fini di Moncalvo per gioie fornite al Duca
Vincenzo esser un magro compenso , così n' ebbe altra. Aveva
provveduto pure la sella secondo disegno avuto e quattro pia-
strelle d' oro con dentro rubini avuti dal fratello dello Spiga.
Forse era parente di Ambrogio Spica veduto in Mantova.
Gio. Domenico Borgaccio gioielliere milanese nel 1612 , era pa-
gato per 1440 perle provvedute al defunto Duca di Mantova.
Gio. Ambrogio Saracho, da Milano, 11 maggio 1616, domanda
di esser pagato di 5500 ducati dovutigli per lavori di argenterie
e nota.
« Il catino de Igiardra che V. A. mi diede a fare si lauora
continuamente e riesce bello a tutta perfettione. » Risulta nel
dicembre 1617 che aveva spedito a mezzo di suo fratello una
ALLA CORTE DI MANTOVA. 517
baciletta con boccalini ad uso di altare e certa quantità di lapi-
slazzuli , sequestrato il tutto al dazio , per cui si provvede dal
Consigliere ducale all' esenzione. Resta a sapersi se fratello di
Gabriele che abbiamo in Mantova.
Un Fra Gio. Battista Porchari, da Varese scriveva da Milano,
al Duca di Mantova , nel marzo 1617 , che per una confessione
avuta potè fargli restituire una buona somma carpitagli, la quale
deve aver avuto dal « Mag.co Ambrogio Marliano gioielliere, an-
« tiquo servitore di V. A. » domanderebbe in compenso una
limosina pel suo convento.
Gio. Pietro Barco da Milano, nell'ottobre 1617, scriveva al
Duca di Mantova che sabbato passato erano state esposte sul-
r altare maggiore della Chiesa di Santo Ambrogio < le tre lam-
pade donate da V. A. S. E. e si ebbe le « benedizioni del pub-
hìico. » Il Barco dovrebbe essere mantovano. Gio. Pietro Lainate
da Milano (1 dicembre 1621) offre al Duca pezzi di agata, di
topazio e pietre preziose per far un reliquiario. G. B. Roscalio ,
gioielliere da Milano , il 24 maggio 1622 , si fa raccomandare
Mila Corte di Mantova per esser pagato di certe gioie.
Un Gio. Antonio Lucino scriveva , il 18 novembre 1631 , da
Como al Duca di Mantova :
Nel ritorno dell' esercito Alemano di Mantua un offitiale di quella
natione ha uenduto a certa persona da me conosciuta et alquanto di-
scosto di qua un quadro con sopra un Christo in croce et doi angioli
con li calici a lato il tutto di purissimo oro el detto Christo et angioli
dicesi esser assai coperti d' intreciato, o come siano conci di finissimi
diamanti di ualore di qualche decine di migliara de scudi.
Segue a dire che , sospettando che tale oreficeria sia stata
rubata nel palazzo ducale di Mantova, se intende rivendicarne ,
gli promette ogni opportuna istruzione.
Vedremo nella sezione zecchieri nuove relazioni lombarde.
518 LE ARTI MINORI
Orefici in Genova.
Vincenzo Manara, gioielliere lombardo, che già conosciamo, a
di 6 maggio 1609, era pagato in Genova di ducati 1000 per lavori
alla Corte di Mantova.
Luigi Centurioni nel settembre 1615 da Genova spediva molti
coralli, ramificati, desiderati al Duca di Mantova.
Vedesi cosi la continuazione pei coralli, sempre procurati da
Genova.
SiGiLLARo IN Ferrara.
Bernardino Chiario padovano intagliatore di sigilli da Ferrara,
nel luglio 1620 si rivolge alla Corte di Mantova per ottener»
conferma di certi salvacondotti, avuto dai duchi Vincenzo, Fran-
cesco e Ferdinando Gonzaga, perdonandogli Tesiglio procuratogli
da malevoli.
Non è registrato da N. Petrucci nel suo libro Biografia degli
Artisti Padovani.
Io trovai in Roma un Antonio Chiari veneziano , gettatore di
lettere nella tipografia delle lingue straniere nel 1615, e nel 1669
un orefice per nome Lorenzo Chiari orefice veneto. (Vedi Artisti
Veneti in Roma, ecc.).
Orefici in Toscana.
Un Don Mariano Gambacorta , che da Roma nel 1602 aveva
offerto miniature al Duca nel marzo 1605 da San Vittore in
Toscana gli offriva opere «fatte alla damaschina, la materia si
« d' oro et argento » ricercategli indarno dagli ambasciadori di
Francia e Spagna.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 519
Orefici in Roma.
Vincenzo de Cochis, orefice al Pellegrino, in Roma, scrive al
Cardinale di Mantova, 20 maggio 1611, per essere pagato di
scudi 120 d'oro valore di tre anelli con diamanti forniti. Nel 1613
e 1614 domandava di esser pagato di 5 lampade e di due sotto
coppa pel cui lavoro aveva dovuto sborsare scudi 77,60 all' ar-
gentiere Gironimo Cona.
Altri orefici in Roma scrivevano in consimil modo fra cui Gio-
vanni Zaccaria, che avevagli fatto due reliquiari.
M.ro Pecorelli argentiere in Roma era creditore di scudi 242,34.
Valerio Caronni gioielliere, forse lombardo , in Roma, oltre la
domanda di pagamento, nota mancare dell'occorrente per lavorare
le pietre preziose.
Fo seguire altra prora della credulità del duca Vincenzo I
sulla possibilità di aver oro a mezzo dell' Ale Ifimia. Egli, spen-
diosissimo avrebbe certatneote avuto bisogno di trovar un mezzo
per riparare alle esauste finanze del suo Stato.
Ecco quanto gli si scriveva da Roma.
Serenissimo Signore
La fama che per il mondo e sparsa della generosità di V. A. S.
et imparticolare dimostrandosi tanto grata e benigna uerso li uirtuosi
et anco il desiderio grande di darle qualche picciol segno della deuo-
tione mia mi hanno fatto prendere ardire scriuerle queste quattro mal
composte righe con esporli la qualità delle incluse mostre quali am-
bedoi da me sono state fatte con gran facilita, brevissimo tempo., poca
spesa ed senza adoprar vetri. Sappia dunque che il pezzetto di oro e
una moltiplicatione fatta con argento tinto prima poi accompagnato
con oro di scudo, cioè una parte di detto argento et cinque parte di
oro di scudi fusi insieme, si è fatto il presente tocco et resta a tutti
giuditiì di fuoco, eccetto V argento, che non resta al acqua forte, ma
è permanente a tutte fusioni, è cotesto secreto si fa in doi o tre bore,
et in una settimana se ne puoi fare più di centomila scudi, et detto
argento tinto si puole accompagnare con più e manco oro , come le
520 LE ARTI MINORI
pare ; circa 1' argento è accompagnato con doi parte di argento et une
di rame bianco^ quale uno resta alle fusioni et anco di questo se ne
puoi fare grandissima quantità in un giorno pur senza adoprar uetri
et dell' ingrediente dell' uno et 1' altro secreto se ne trova grandissima
quantità, et sono meglio mercato in Lombardia perchè uengono da
Venetia.
Offre dunque i suoi segreti, obbligandosi di pagare mille scudi
se essi non dessero un prodotto simile ai saggi presentati. Intanto
gli dà il seguente suo indirizzo pella risposta.
Africano Fatio in Roma alla Ciambelle sopra l'arco in contro all'Ill.^o
Cardinale Parauicino in una delle case del signor Alessandro Orsino.
Di Roma li 19 di maggio 1601 di V. A. S.
humilissimo seroitore
Africano Fatio.
Il Duca si rivolgeva al suo ambasciadore in Roma Lelio Ar-
rigoni, il quale conoscendo il pensare del suo signore rispondeva:
Questi alchimisti hanno fatto certo lor prona in casa del signor
Giulio Capilupi, che affermano esser riuscita assai bene et per quanto
testifica esso M."" Giulio la moltiplicatione di questa esperienza è stata
in ragione di 50 "/^ guadagno securissimo et che indarebbe a soffiare
qualsiuoglia galanthomi fosse nera et che 1' utile non uacillasse. Hor il
frate sicuramente se ne uerrà a Mantoua non essendo certo il Prin-
cipale si uoglia transferire costa ^ et a sue spese farà la prona di
questo suo secreto.... Il Cardinale Montalto è per comperar questo
segreto quando la prona riesca, alla quale ora si attende.
Come scorgesi l' Ambasciadore era più astuto del suo signore;
ma ben inteso il frate venne in Mantova regalato dal Duca ; poi
il risultato delle esperienze si riducevano a lunghi tentativi, finché
il Duca perdeva la pazienza , accettando altre proposte.
Sempre incorreggibile benché fin dal 30 dicembre 1589 avesse
avuto questo avviso da Roma dal suo Ambasciadore :
Monsignor San Galletto dice che Sua Santità ha inteso che il Bra-
gadino alchimista si uanta di hauere hauuto molte milia de scuti da
V. A. perchè le ha insegnato a far 1' oro del che la Santità sua, che
I
ALLA CORTE DI MANTOVA. 521
tiene essere uanità ha sentito disgusto che si uanta di haver gabbato
l'A. V. et S. S.'^ ha detto a San Gaietto che lo faccia sapere a V. A.
Egli tenne in nessun conto l'avvertimento papale. Nel 1599 e
seguente si lasciò persuadere della congelazione del mercurio per
ridurlo in argento e di poter aver oro da miscugli metalliferi da
un Matteo Neroni e da certo Fasciatelli in Roma, che gli avevano
spediti campioni. Il Duca regalava scudi 400 d'oro in oro e una
collana alla vedova di certo Pertica per aver un libro di secreti
alchimistici del già suo marito.
Orefici stranieri.
Se scarse , come abbiamo veduto pei centri italiani , vedremo
le relazioni artistiche della Corte Mantovana esser più abbondanti
dei secoli scorsi coli' estero.
Lodovico Srearz, arciero di S. M. C. da Praga, il 5 maggio 1600,
rivolgevasi al Duca di Mantova per ricordargli che due anni
prima, a mezzo del gioaro Cherspaum gli spedi alcune catenelle
kdel valore di talleri 42 ; la qual somma mai ebbe.
Anna Caterina, arciduchessa d'Austria, da Milz il 16 set-
tembre 1600 scriveva alla cognata Duchessa di Mantova :
.... Le mando adunque.... dei disegni delli puttini o figurine che uorrei
solo per le grandezze et ne uorrei duodici pari delli più piccoli ; ma
sempre due pari a un modo cioè che questi duodici pari fossero di
sei diuersi atti.... uorrei poi dui pari de angelli, alti due palmi con
candelieri in mano o sul ginocchio et dui madonne assai grandete
r una con il bambino in braccio e S. Caterina auanti, l'altra della
medesma grandezza, ma d' altro effetto come che meglio a V. A. piace
de più , uorrei due bambini ignudi stanti in piedi con il pomo d' or»
in mano et questa della grandezza dello madone et ancora quattro-
'ìgure della medesma grandezza et de quella qualità o di quelli santi
che a V, A. piacciono lei che infatta et che le puoi uedere. Sapera'
bene quelle siano più belli.
Giacomo Roymans orefice fiammingo, socio di Nicola Rogiers
dimorante questo a Parigi ; nel gennaio 1601 pregava il Duca
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV, 34
522 LE ARTI MINORI
di Mantova pel pagamento di scudi 1607, ma solo nell'ottobre
potè esser soddisfatto, ed allora egli domandava compenso.
Nel 1608 si occupava della vendita di diamanti ducali. Ot-
tenne di collocare sua figlia Clara Winman, a servigio della du-
chessa, di cui nel settembre 1611 si condoleva della morte. Egli
scrive sempre da Anversa.
Tanto il Roymans quanto il Rogiers abbiamo già veduti nel
secolo XVI.
Il Rogiers spediva da Parigi (12 marzo 1604) al Duca di
Mantova due figure di cera, notandogli che S. M. avrebbe desi-
derato che fossero fatte in lapislazzuli e in diaspro o altra sorta
di pietre preziose.
Noto pure una sua lettera a Leonora duchessa di Mantova,
il 18 maggio 1604, per una collana con diamanti e figurine di
diaspro occidentale. Queste si desidera dal Re di Francia fatte
in Mantova o meglio in Italia in lapislazzuli o in diaspro.
Da Fontainebleau al 20 ottobre 1604 spediva al Duca un anello
bizzarro e un paio di dorettini di diamanti ; nel 1605 gli fa avere
una collana per la Duchessa ed altre galanterie.
Nel marzo 1613 da Parigi scriveva alla Corte mantovana pel
pagamento di 300 scudi dovutigli da più anni dal defunto Duca
Vincenzo. Nel 1618, pagato, si offriva per altri servigi.
A dì 13 settembre 1602, Paolo Croyer orefice in Augusta in
casa di lohan Jpleger annunziava al Duca di Mantova di aver
« finito dui teste d' argento » per mettervi la reliquie.
Il Duca di Mantova nel 1610 aveva concesso a Paolo Croyer
esc urbe Luce germaniee, oriondo per assidua fedeltà di 14 anni
qùal gemmario e per altri offizi di ritornar in patria con licenza
di portar lo stemma dei Duchi di Mantova sormontato da Leo-
pardo con due ale nere. {R. Decreti 1605-1612, fol. 216).
Il Duca gli scriveva in Augusta il 2 marzo 1611, mandandogli
diamanti da esser venduti per conto della Corte di Mantova, con-
cedendogli il 10 7o di benefizio. L' incaricava di procurargli di
quei piatti straordinari o per dir cosi « strauaganti che sono simili
a questi altri che abbiamo qui Noi. »
I
ALLA CORTE DI MANTOVA. 523
Marco Zecchi da Augusta nel gennaio 1602 partecipa all' am-
basciadore mantovano in Jngolstatt, che fece eseguire i due can-
delieri, secondo il modello avuto e che 1' orefice « li riusci bene. »
Importavano col fodero 427 Vi fiorini.
Vita del quondam Liberal Levi gioielliere, ebreo da Trento,
nel luglio 1602, fa sapere al Duca che il « gentiluomo dal Libro
del Lapis » è pronto venir in Mantova purché gli siano assicu-
rati 30 ducati mensili e le spese del viaggio.
Egli da Praga, il 6 settembre 1604, scriveva al Duca:
Hauendo da loco sicuro come il sig. Dottor Giovanni Rigotto da Re.
veretto tiene intima amicitia con un personaggio del qual ne può dispo-
nere. Quel personaggio ha un segreto uero reale per distruger 1' oro
et ridurlo in olio et componerlo col mercurio in modo che 1' uno et
l'altro stara al tocco a paragon di 24 carati, et esso Dottor afferma
ciò auerlo uisto effettuare più volte perciò ne dà ragguaglio :
E poi soggiunge :
Io son quello che feci capitarli il libro del già Gap.'' Ruscha qual
libro so non tratta di cose soffistiche.
Segue nel 1604 a dar notizie di segreti e nel gennaio 1605
nota aver spedito un sommario latino, che trattava di far il Lapis
Philosophorum di un professore tenuto per unico e poi altro libro
che trattava dei segni della fronte e mani. E il Duca manteneva
seriamente carteggio con lui ; e fece eseguire esperimenti in Man-
tova per aver oro da vili metalli.
Che fosse 1' ebreo un imbroglione prova egli stesso, scrivendo
il 24 Giugno 1621, da Praga al Duca di Mantova esser quello
che nel novembre 1614 aveva intercettato un piego di lettere,
scritte dal Duca di Savoja al suo agente Avancetti alla Corte
Cesarea e che a mezzo del Sorina, agente mantovano in Vienna,
glielo fece avere. E ricorda tutto ciò qual un servizio fatto pel
Duca di Mantova.
Si scriveva dalla Corte di Mantova nel novembre 1604 a Carlo
Kohuer per aver diamanti, lavorati alla fiamminga.
524 LE ARTI MINORI
Jodocco Otts fiammingo da Augusta, il 25 agosto 1606, scrive
al Duca di Mantova come da tre mesi, mentre Ella trovavasi a
Monaco, M.'"" Paolo gli domandò in nome di V. A. « il mio ru-
bino bianco con il disegno di quel re Moro, che V, A. uide di-
pinto in una delle mie pitture di Alberto Duro. » Lo spedi subito
al prezzo ultimo ; pel rubino era di scudi 100 ; ma non ebbe
r obbligazione né il prezzo che attende. Offre, piacendo, qualche-
duna di sue pitture.
Il 20 settembre il Duca gli fa avere ricevuta dei suddetti
oggetti.
Michele Peres, di Anversa, scrive al Duca, esser venuto in
Mantova, (dicembre 1609), per fargli conoscere un segreto della
moltiplicazione dell'argento vivo, di 6 oncie farne 12.
Jacques Russel orefice, (^12 maggio 1613) da Parigi si dichia-
rava soddisfatto del suo conto ed offrivasi al Cardinale Duca.
Luca Reimer orefice, cittadino di Monaco, in Baviera, scrive
al Duca di Mantova (13 aprile 1623) pregandolo di farlo pagare
da Giorgio Hardino abitante in Mantova di reali 120 per uno
scrittoio d' ebano di bellissima fattura e grande , vendutogli. Unisce
r obbligo di pagamento in tedesco.
Questo Giorgio Hardini è il Zorzo Ardin, che abbiamo veduto
orologiere in Mantova.
Il Duca di Baviera da Monaco, il 14 di aprile 1623 presenta
al Duca di Mantova: saggio di conche di perle e di oro, che si
pescano in alcuni fiumi della Baviera, e ciò, secondo il desiderio
manifestatogli.
Bellinzani Francesco, ambasciadore mantovano in Parigi, da
quivi il 17 dicembre 1655 scriveva al Duca di Mantova: «In
questo punto Monsieur Gottardo orefice viene di portarmi i due
ritrattini di V. A. a fi neh ■ io li ueda et esamini, poi di serrarli
col cristallo nel scatoline d' oro » se fosse cosa conveniente da
dirsi. E fu certamente spedita perché trovo che a di 4 aprile 1656
« Cottard orfeure de Paris », scriveva direttamente al Duca per
esser pagato.
Finisco con la seguente senza data.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 525
Se. Sig. Sig. Duca Principe Clein.^'^
Riceuei 1' anno passato qui in Ispruch al tempo delle nozze Cesaree
da quella Sacra Maestà dell' Imp/" tal gratioss.*"*» ordine eh' io douessi
con ogni possibil artifìcio e sottigliezza fare doi differenti intagli delle
armi di V. A. et de Mad-'=* Ser.""* Così subito principiato 1' opera fui
da tale malatia sopragionto che non hebbi ne la man ne li occhi che
mi potessero o uolessero in ciò seruire bora per la gratta d' Iddio
d' alcun tempo in qua ritornato al mio primo stato della sanità mi
son messo di nuovo et l' ho ridotte a quella meglior se'ppl et che
V. A. S. scoprirà congionta perfettione. Supplicandola humiliss. che
raguardando la benememorata S. C. M. d' onde è seguito tal imposi-
tione si degni con la solita sua benignità e clemenza accettar questo
debol parto del mio rozzo ingegno et arte offerendomi ad ogni cenno
al suo eie.™" comando in devotione sempre favorito tanto nelli intagli
di pietra quanto di aciaio vuoi qualsivoglia altra materia et in caso
V. A. S. queste mie fatiche non le vegli indarno suplicola della gratia
d' un picciol medaglia della Sua Ser.™* effigie impresa a nome
Di V. A. S.
detotiss sempre sero.''^
Mathias Cliinig intagliatore
d arme per S. M. Ces. e li
Ser.'ni Arciduchi d^ Austria in Ispruch
Orologierl
Qui avremo qualche notizia di orologi.
Nicolas Regnault, trovandosi in Venezia nel gennaio 1604,
scrive al Duca di Mantova per un orologio molto eccellente e
provato da S. A. Egli era segretario della Camera di S. M. Cri-
stianissima.
Jodocco Otts fiammingo da Augusta il 25 agosto 1606 offre
al Duca un « Horologgio di legno grande », il quale accerta che
526 LE ARTI MINORI
non ha pari per « uarie cose che egli opera. » Occorrendo spe-
direbbe il disegno.
L' ambasciatore mantovano in Milano il 7 febbraio 1607 spe-
disce al Duca 1' orologio con diamanti e altro pure « fatti aggiu-
stare da buon mastro.
Attilio Parisio da Este, il 7 aprile 1622, scrive al Duca di
Mantova che aveva presentato al Papa Clemente Vili defunto
un orologio di sua « inventione che con una sola rota non dentata,
mostraua et batteua le hore mostrando insieme d' hora in bora
il carattere del Pianeta dominante in quel bora. » Formò quel-
r orologio l'ammirazione del Papa, dei Cardinali, di Principi.
Sfortunatamente andò smarrito, pensò egli di farne altro e glielo
manda in dono a mezzo del nipote ben istruito.
L'industria degli orologi, che fiori in Reggio Emilia e ad Ur-
bino nel secolo XVI, andò scadendo dopo; cosi che nell' Esposi-
zione industriale italiana, tenuta a Milano nel 1881 fu dai giurati
constatato che se per gli orologi da Torre vi è in Italia un di-
screto numsro di fabbriche, per quelli da Tavolo e da Caminetto
mancano, e non esiste affatto l'industria dell'alta orologeria e
degli orologi da tasca.
Materiale più abbondante ed importante non potevamo aspet-
tarci per quanto alle arti congiunte coli' oreficeria. Abbiamo ve-
duto grandi artefici e molti altri, che meritavano di aver finalmente
il loro posto fra i più valenti, tutti premurosi nel servire la Corte
mantovana. Se questa non li poteva far venire presso di sé, a
mezzo degli ambasciadori, loro dava ordini per lavori, senza ba-
dare a spese e a difficoltà per avere gli stessi.
Nel suo piccolo, la Corte di Mantova ha concorso assai al
buon avviamento dell'oreficeria e delle arti affini, specialmente
nelle città dell'Italia settentrionale, come Venezia e Milano.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 527
Intagliatori in ferro, acciaio, ottone, bronzo.
Armaiuoli e Bombardieri.
Neir introduzione notai come l' arte dell' armaiuolo non sia
stata sdegnata da grandi artisti quali un Donatello (1) , Benve-
nuto Cellini, Bartolomeo Campi, e come i lavori degli armaiuoli
offrano un complesso di operazioni molto simili a quelle degli
orefici; poiché oltre le fusioni vi sono le cesellature, il niello,
lo smalto, ecc., e non sono esclusi i gioielli per adornare le ar-
mature. Le gallerie d'armi, le raccolte private ci presentano
armature equestri adorne di intagli in basso ed alto rilievo, di
lavori azziminati , intarsiati , damaschinati , da provar i loro ar-
tefici véri scultori e pittori. Trattandosi di artisti che lavoravano
per la difesa ed offesa nelle guerre , non è raro il trovar armaiuoli
guerrieri, come erano ingegneri militari i bombardieri. In tutte
le corti festeggiati , accarezzati , poiché dalla loro valentia dipen-
deva spesso la vita o il disonore. Gli armaiuoli dovevano pensare
a vestir i sovrani e loro cavalli di acciaio forte , leggiero e nello
stesso tempo ricchissimo di ornati ; da una buona armatura poteva
dipendere la salvezza in guerra e la vittoria nei tornei.
I bombardieri si provvedevano di metalli, formavano le leghe,
gettando palle ed artiglierie, adornando queste con bassi rilievi ed
altri lavóri d' intaglio ; dopo si preparavano la polvere e poi di-
rigevano sui campi di battaglia e negli assedi i colpi delle loro
macchine belliche.
Celebri furono gli armaiuoli di Milano, Brescia. Se le lame
di Valenza ebbero fama, ne furono lavorate in Italia delle
migliori.
(1) Si conservano nell'Armeria reale di Torino i fornimenti a croce di
spada che ha sur una ghiera del manico la scritta Opus Donatelli lavoro
descritto dall' Angelucci (Notisìe sull'Armeria reale).
rj28 LE ARTI MINORI
Un M." Piccinino lombardo, nel secolo XVI, era riputato unico
in Europa per lame di spade e pugnali.
Speciali a Venezia erano le schiavone, e a Verona le spade a
Ijngua di bue.
Erano gli armaiuoli italiani ricercati per tutta 1' Europa ; ba-
sterà notare quel Jacobino Ayroldo da Milano, armarolo del Re
Luigi XI , che sul finir del secolo era mandato dal Re in patria
per condurre in Francia 12 compagni armaiuoli nell' intento di
far alcune « gentili et belle armature » per il Re e sua Corte.
In queste mie ricerche Jio dato la precedenza ai bombardieri,
facendone una particolar sezione , in altra compresigli armaiuoli
e fabbricanti di armi portatili, comprendendovi qualsiasi altro in-
tagliatore di metalli comuni.
SECOLO XV.
Bombardieri.
Nel 1434 erano bombardieri del Marchese di Mantova Mastro
Nicolao e suo socio de Alemania, i quali al due di agosto otte-
nevano licenza di estrarre da Mantova 15 schioppetti e tre bom-
barde grosse (R. Mandati 1434-6, fol. 98).
Da ciò si apprenderebbe che lavoravano anche per proprio conto
mandando loro fusioni fuori dello Stato mantovano.
Il socio tedesco deve essere M.ro Giorgio de Alemania olim bom-
barderius che nel marzo 1442 il Marchese di Mantova prometteva
di pagar tra un anno di tempo.
Giovanni da Milano, a di 30 gennaio 1462, facendosi conoscere
al Marchese di Mantova per « maestro de far spingarde e zarn-
botane de metallo », discepolo che fu di maestro Antonio « nepote
de Maystro Ferrarino » che fu bombardiere « de la 111."* bona me-
moria Duca Filippo de Visconti » si offre di servirlo in tale sua arte.
Non so se accettato, trovo però che un Giovanni a bombardis
J
ALLA CORTE DI MANTOVA. 529
in Mantova, il 4 settembre 1464 rivolgevasi al Marchese per
aver quattro sacchi di frumento e del denaro per comprar vino ,
secondo il pattuito.
Francesco, fu M.ro Giacomo, bombardiere, da Mantova, il 4
luglio 1471, fa sapere al Marchese la necessità di aggiustar varie
bombarde , che sono inzochate, e spingarde e cannoni,
A di 17 maggio 1473, domandava denaro « dovendo far chau-
nozeti da spingarda et da refar due bombarde, le quali sono rotte. »
La fonderia era a S. Giorgio, come risulta da altra sua lettera
del 15 agosto 1478 al Marchese, annunziandogli che lavora certi
cannoni, che vanno a quelle borabardelle che fa M/" Zoan
tedesco. Ha molto ferro al maglio per ridurlo « in Verzella da
ligare le spingarde » domanda però rimborso di spese.
Firmandosi Franciscus de Mantova homharderius , da Milano,
il 15 gennaio 1479, scriveva al Marchese di Mantova:
È stato qui M.'"*' Zohanne bombarderò de V. S. al quale ho facto
vedere totaliter quanto la prefata V. S. mi scrive de li archibusi, ma
ha dicto che forse V. S. se delliberaria farne fare una quantità ;
così è pronto a lauorare.
Perciò promette di far quanto saprà di meglio per servirlo.
Vediamo però sempre accennato un Giovanni, qual bombardiere
marchionale , il quale non so se sia il primo che si offriva da
Milano.
//L"'^ et Ex."'^^ Princeps et c?."^ cZ."<? mi singularìssime per la presente
auisoi V. S, come ho gitato una bombarda de peso de libre XXVIJ molto
bellissima de lunghezza de piede quinque et porta preda de libre de. et
ho aprouata et facta la experientia de essa e quale ho tratto culpi tri
et lo primo gli misse libre LXV de poluerre et lauorai molto bene
per lo primo , lo segando gli misse libre LXXX* de polvere et la trette
facendo uno digno culpo megliorando per il primo , lo terzo gli misse
libre LXXXXVIIJ de polvere et fece uno dignissimo culpo megliorando
pur anchora et molte laudabile quantunque da mi mestesso non tocha
ad fir laudato pur per auisare del tuto la V. S. non ho possuto dire
di mancho et la quale bombarda fu nominata la Galeasa Victoriosa
530 LE ARTI MINORI
et questo per mio debito et fede et deuotione porto ad la prelibata V, S., me
sono permesso talitcr auisarla et ad la quale continuamente me ri-
comando.
Dat. Papiae die XV Junii MCCCCLXXIJ. .1. d. V.
fidelissimus seruitor
Magistcr Johannes
De Gabergnate hombarderias ducalis
Ex."''° Principi d.
Federicho de Gonzaga
Marchioni Mantuce ctc.
Come si è veduto era il bombardiere del Duca di Milano.
Bernardo da Piacenza, da varie sue lettere al Marchese nel 1478,
risulta soprastante ai lavori dell' arsenale e della fonderia in
S. Giorgio di Mantova.
Al 13 luglio 1480, ricorda al Marchese che per suo ordine
fu con M." Francesco e Giovanni bombardieri per esaminare due
fatte spingarde.
Al 12 luglio dell' anno seguente fa conoscere aver provato la
spingarda fatta da M.'" Francesco, la quale riusci benissimo.
Era ancora in servizio nel 1482, come da sue diverse lettere.
Il Marchese, a di 27 marzo 1492, raccomandava al Potestà di
Canneto M." Vitale « nostro bombardiere, quale habita li che fu
per la guerra passata strupiato et perse la uista » ed ha figli
presso di lui.
Giorgio di Vitale bombardiere da una sua lettera del 23
giugno 1482 da Canneto al Marchese si viene a conoscere ch('.
aveva avuto l' incarico di visitare tutte le fortezze del bresciano,
dipendente dal Marchese. Egli fa cenno di M." Albergeto altro
bombardiere, che fuse una bombarda. Fu poi mandato dal Mar-
chese in Canneto Giovan Francesco da Firenze bombardiere per
bisogna di quella fortezza. Giorgio suddetto nell' ottobre passò in
Revere , nel 1492 aggiustava artiglierie in Canneto , Marcarla ,
Revere ed Ostiglia, e nel 1495 domandava pagamento.
I
ALLA CORTE DI MANTOVA. 531
Il nominato Albergeto potrebbe essere il capo stipite di quella
famiglia, originaria di Massa Fiscaglia, la quale diede celebri
artiglieri e fonditori. (QuarEìNGhi C. — Le Fonderie dei cannoni
bresciani, ecc.). Vari stranieri risultano pure a servizio del Mar-
chese nel 1482, come Giov. de Pergar da Monaco bombardiere,
il quale da Mantova scrive al Marchese che M." Giovanni
bombardiere fuggi perchè all' esperimento in Soave di una sua
bombarda questa si spezzò. Essendo valente nell' arte consiglia di
farlo richiamare.
Non so se si tratta di Giovanni Bremburg, che con Giacomo
Tedesco e Simone Schiavo erano bombardieri, tutti a servizio del
Marchese nel 1482.
Silvestro Calandra, castellano di Mantova e valoroso guerriero,
nel luglio 1482, annunziava al Marchese che il bombardiere de
Dritimhergo aveva gettato sei archibugi, ma che non potè pro-
seguire per essersi scottato un piede ; che l' altro bombardiere
de Monego era molto occupato nei fuochi e che alla dimani
Federico avrebbe gettato altra bombarda.
Il de Britimbergo e il De Monego si riconoscono facilmente
per Giovanni Bremburg e Giov. de Pergar da Monaco.
In quanto a Federico era figlio dello stesso Calandra.
Il padre, al 12 luglio 1483, seguiva a partecipare al suo si-
gnore che detto Federigo aveva gittato la bronzina, riuscita assai
bene, cioè una bombarda in bronzo.
Questi cosi scriveva al Marchese (5 marzo 1493) :
111.'^'^ Signor mio, infinite sono le obligationi eh' io ho a Vostra Si-
gnoria per le uirtù che io ho imoarato e imparo per suo rispeto.
V. S. sa che Ella fu causa de farrae douentare maestro da bombarde
che mi è molto caro bora quella mi fa imparare a conzare gabie da
uceli, ma io solea lauorare il zorno et bora mi conuiene lauorare
zorno et notte.
Intanto spedi vagli una gabbia con sei uccelli.
Nel 1498 era egli direttore della fonderia marchionale ed aveva
fra i suoi principali soggetti un Zan Cristofalo. Erano occupati
532 LE ARTI MINORI
nel settembre a far imprimere sulle artiglierie la nuova arma del
Marchese, assunta dopo la battaglia del Taro, cioè il crogiuolo
colle verghe.
Il Calandra, a di 18 marzo 1499, cosi scriveva al suo signore:
Perdoni che io resto de fare quello e molte altro cose perchè da
alcuni zorni in qua il male franzese me da fastidio nela gola e neh
mani e neli zenochi per modo che mi fa parere negligente appresso V. E.
Lo rivedremo nel secolo seguente.
Gio. Francesco De Rossi bombardiere mantovano, 21 die. 1482,
da Revere scriveva al Marchese dì Mantova, ricordandogli come
fosse stato mandato al Duca di Ferrara per mettere in ordine le
bombarde e i bastioni, nel ritorno passando al Bondeno ordinò
riparazioni a quella fortezza.
Di qual importanza egli fosse, ci dimostrerà questa lettera del
Re di Sicilia al Marchese di Mantova.
Rex Sicilice
III. March, affinis et tanquam fili eariss. Mastro Francesco de Rossi
funditore de artigliarla, quale de presente è ali seruitio nostri e ad
noi caro per li meriti soi et però haueremo ad piacere : che tutte lo
cose sue fossero respectate lui ne ha supplicato che recoinandassemo
ala S. V, sua mogliera et robbe tene nel stato nostro et uolendoli
satisfare per le cause prcdicte ; ve pregamo quanto possemo che per
nostro amore in omne cosa Inonesta la S. V. se demonstre fauoreuole
ala mogliera del dicto mastro Francesco et cose sue per modo intendo
lo scriuere nostro hauerli iuuato lo che reputaremo da V. S. ad pia-
cere singulare offerendone ad quella paratissimi. Dat Neapol. XXVIIIJ
Sept. MCCCCLXXXX.
Rex Ferd.
Francesco Sicco, consigliere del Marchese mantovano, da Ser-
mide, il 22 novembre 1482, gli faceva conoscere quanto segue :
L' è comparso un M.'-^ Antonio franzoso instrutto de trarre spingarde,
passavolandi e curtaldi et molto è commendato da M.''" Francesco
ALLA CORTE DI MANTOVA. 533
bombardiere. Per sua prouisione dice haucr hauuta questa estate pas-
sata ducati due al mese, il che conferma esso M."*^ Francesco. Per
non lasciarlo partire hogli facto dare due fiorini per il uiuere suo finché
mandi V. E. quanto lo possi condurre ali seruicij suoi sei parerà a
quello che li nonduchi.
Che fosse stato accettato e' é di prova la seguente lettera mar-
chionale al Vicario di Revere :
Havendo a sfare li Antonio de Pranza nostro bombardiere di com-
missione de lo 111. "10 Sig. mio Patre ; et intendendo lui esser stato fin
qua sul hosteria ; me parso scriuerne li facciati dare coperto et legna
per uso suo fin tanto chel starà lì. Mantuce 13 agusti 1483.
Egli stesso nell' ottobre scriveva al Marchese per aver paghe
arretrate.
Nell'aprile 1483 il Conte Antonio da Crema, podestà di Ser-
mide, scriveva al Marchese :
Qui è capitato uno todesco qual dice saper zettare bombarde e spin-
garde e trarre dignamente. E qui ha tratto cimi uno schiopetto molto
iusto e datto imbrocco e cosi dice de far dare la bonbarda e spingarda
in qualunque signo li sia designato, et dice che sa fare la polvere de
liombarde in fucte perfectiono et de più sorta; qual ho facto restare
qui per advisare V. E, nel caso volesse accettarlo a suo servizio.
Forse egli é un mastro Giacomo bombardiere, che nel 1490
voleva abbandonar il servizio, perchè retribuito al dissotto della
sua valentia.
Da Reggiolo Magister Paris bombar derius, il 15 settembre 1483,
si offriva al marchese di Mantova per servirlo.
Il Marchese, a di 23 dicembre 1483, faceva scrivere al Potestà
di Canneto.
Mandiamo li Christophoro da Ferrara et Pietro de Augusta nostri
bombardieri per che habiano a star li fermi.... Vogliamo che tu gli
prouedi de habitatione conueniente , massaritie et Ugna secundo et
'Consueto.
534 LE ARTT MINORI
Antonio de Lucha bombardiere rivolgevasi al Marchese di Man-
tova, il 3 marzo 1484, da Asola per esser pagato ; ed avvertivalo
il 4 aprile « come ho fatto uno desegno de una bombarda per
500 libre de pietra de tri pezi la qua! facta sera una cosa fa-
mosa. » Al 5 gennaio del 1485 domandava di esser pagato ,
poiché sua moglie a Pesaro aveva partorito due figliuole.
Un Andrea da Piacenza, che si sottoscrive « vostro bombarderò
in Ostia » sollecita il Marchese , il 14 febbraio 1484 per sua
provvisione.
Altro che si segna Georgius bombarderius de Caneio , scrive
pure da Ostigìia, il 6 maggio 1484, lamentandosi di essere stallo
mandato colà per bombardiere con soli ducati due di soldo, mentre
i suoi colleghi ne hanno quattro, domandando di esser ritornato
a Canneto, ove ha la famiglia. Nel 1495 da lettere del Vicario
di Meldole risulta che Magistro Giorgio bombarderò marchionale
aveva colà aggiustato tutte le artiglierie ; nel febbraio 1496 aveva
fatto la stessa cosa a Governolo ; nel 1497 aveva rinnovate le
artiglierie di Goito e sperava di far altrettanto per quelle di
Mantova,, come fece nel 1498.
Neil' agosto 1499 fu spedito ad aggiustar quelle di Borgoforte
e ancora nel 1500 era occupato.
Un M.ro « lohan de Basilea» schioppetterò, domandava al 25
aprile 1492, la sua provisione. Lo rivedremo nel seguente secolo
bombardiere ; come pure rivedremo tale M.ro Bilon tedesco, che
nel 1494 fa risultare che serviva la Corte di Mantova da 16
anni qual schioppettiere.
Nel discorrere degli orefici abbiamo avuto occasione di far
conoscere M.ro Sperandeo o Sperandio Savelli , non so se si
tratta di lui in una lettera di Lodovico Gonzaga , vescovo di
Mantova, al marchese, scritta da Quingentole, l'undici febb. 1495,
raccomandandogli M.ro Sperandeo che desiderava « continuar lo
seruitio alla Casa Gonzaga nee non di morire in la patria
sotto l'È. V..,. E quando lo uolesse adoperare in lo exercitio
di artellarie aut de fabricare et architectura lo ritrouerà sin-
gulare. »
ALLA CORTE DI MANTOVA. 535
Sembrerebbe che fosse stato accettato, tenendo conto della me-
daglia che Sperandio scolpi dopo il 1495, figurante il marchese
Francesco trionfatore sui Francesi al Taro.
Viveva pure in quel tempo il pittore Nicolò Sperandio de Man-
tova ai servigi del Duca di Ferrara secondo il Cittadella (Notizie
relative a Ferrara). Fino da questo secolo si hanno documenti
che in Mantova era già attivato il tiro a segno tanto a balestre
quanto a schioppi, come si può vedere nel lavoro dell'Angelucci
(Notizie con documenti inediti sul tiro a segno a Manioca). Egli
nota che tale instituzione in Mantova è la più antica che si co-
nosca, risalendo quella degli schioppetti al 1462.
SECOLO XVI.
Rivedremo in questo secolo conoscenze già fatte , oltre altri
vaienti bombardieri.
Al 9 di ottobre 1500 il Marchese permetteva al suo bombar-
diere M.''° Costantino di portarsi a Bologna, conservandogli la
paga. Nel 1501 lo mandava alla Mirandola assediata a gettar
artiglierie per quei signori ; ma, come egli stesso scrive , al 16 no-
vembre, crede di non averle riuscite bene per cagione dei forni.
Viveva allora il celebre bombardiere Costaniiao da Caprara bolo-
gnese, resterebbe a verificarsi se possa esser egli stesso quello,
di cui ci siamo occupati fin ora.
Federigo Calandra permaneva alla direzione della fonderia
ducale; aveva seco suo fratello Gian Giacomo pure fonditore e
scriveva sul finire del 1500 per certi cannoni, che stava gettando,
i quali dovevano esser collocate sulle ruote. Gian Giacomo era
allora ventenne, lasciò poi 1' arte e fu eletto segretario del Mar-
chese. A di 31 luglio 1501 avverte il Marchese che gli spedisce
una spingardella e poi nel 1502 lo prega di mandar denari af-
finchè possa proseguire alacremente nei lavori specialmente per
la colubrina.
536 LE ARTI MINORI
Egli nel 1504 scriveva una lunga lettera, in cui esponeva:
Io ho facto cauare la colubrina fora del pozo e per fare il debito
mio mi è parso notificarce a V. E, come Ella sta io gli ho retrouato
dui defecti li quali non credo siano causati per malitia de alcuno , ma
si per ignorantia : uno, de defecti si è che io la ho retrouato scaueza
de soto dala cornise de questo io non sciò a chi dare la colpa se non
che esendo zetata de fresche che gli hera Alcxio e tucti quelli che
me uisteno zetare, essendo anchora il metalo tenero : Maistro Costantino
uolse rompere il metalo, che gli si era sopra li suspiri e gli dctc cani
una lenirà et io mi turbai cum lui benché io credo che lui lo facesse
a fino de bene pure io credo che quella sia stata la causa ma a quello
io gli prouederò zezetandoli una cornise e la colubrina non se ascu-
stcrà se non tanto come e grosa la balota. L' altro defecto si è che
quando loro misero il maschio ne la forma benché io gli hera conti-
nuamente ma non potei andare a uedere il facto mio ma sempre gli
racordava che guardasene ad incasarlo insto e loro me dissero haucrjo
incasato iustissimo, ma ala bocha ella é uno dito più da un canto che
da r altro ; per quello io non credo che ella sia de pezo perchè io
scio che de dreto non pò essere che il masch'o non sia in mezo uero
e ch'ella non è così bella da uedere comò seria se ella fusse insta,
ma anche quello me bastarla lo animo de prouedere io scio che la
E. V. me ha per excusato per la infermità mia et io son certo so
fusse sano non accaderia damno a quella ne vergogna a me
Scriveva dopo in altra lettera da Brusacagna nel mantovano
al Marchese che era venuto in villa per fortificarsi un poco per
poter lavorare meglio , accusa la ricevuta dell' ordine di gettare
la colubrina e la colubrinetta e per obbedire prometteva al dimani
di principiare benché non possa star in piede avendo « ben sette
piage ne le gambe e neli pedi et in un brazo. » Ancora nel
luglio 1506 lo trovo ritirato a Brusacagna, donde spedisce alla
Marchesa delle prugne , dopo più nulla. Ecco la sua morte :
i512, 23 feh. D. Federicus Calandra arcìs Mantuce prcefectus in
centrate aquilce mortuus est ex malo g alleo et stetit infirmus per
nnnos octos etatis annorum 48. Si possono vedere altre lettere
dei Calandra nell' opera del Conte d' Arco (Delle Arti e degli
Artefici di Mantova).
I
ALLA CORTE DI MANTOVA. 537
Silvestro Calandra, castellano di Mantova, nel giugno del 1502
fa sapere al Marchese che ha fatto imbarcare la saetta, la co-
lubrina grande, il cannone, palle e polvere con i bombardieri Luca,
Luigi e Costantino.
Gian Giacomo Calandra , fratello di Federico, castellano di
Mantova, nel 1513 faceva vedere al Marchese i ripari che ope-
ravansi nel castello peli' avvenuto incendio <c avendo lui e M.ro
Heronymo depintore fatto prouisione de parecchi sogli d' acqua
in cima dal castello per ogni caso potesse occorrere. » Al 25
aprile dà la notizia che i bombardieri mentre stavano gettando
otto falconetti, per disgrazia essendosi aperta la fornace di dietro,
soltanto tre riuscirono. E altra disgrazia consimile annunziava al
12 maggio. Seguono altre lettere fino al 1541 sempre per lo
stesso oggetto. La famiglia Calandra mantenne in essa l'arte delle
fusioni.
Intanto devo dar posto ad un Bilone bombardiere tedesco, che
dal gennaio al novembre 1500 risulta in servizio del Marchese
di Mantova.
Da Bozzolo Enea, Furiano, il 10 aprile 1502 scrive alla Corte
mantovana :
« Vene Mastro Toraaxo bombarderò quale era con el signor
Duca di Milano , et è eccellente ne l' arte sua de bombarde :
ancora luy a altre vertute che credo a quella (V. S.) li piazerà »
insomma lo raccomanda affinché sia accettato in servizio.
M.ro Giorgio bombardiere, da Canneto il, 6 ottobre 1503, scrive
alla Marchesa di Mantova :
Sono già anni 40 che mi e casa mia sono ali servitii de Casa de
V. IH.* S. et già anni quatro che sonto nel Reuelino de Canneto et
nanti che fusse in esso Reuelino la prouisione mia, che erano ducati
tre al mese, me corse; ne mai dopo sonto in dicto Reuelino me sonno
corsi ; se non d' un ducato al mese comò hanno li altri bombardieri
saluo de genaro in qua che nulla m'e corso.
Domanda perciò provvedimento.
A di 15 dicembre 1506 rivolgevasi al Marchese : « Essendo
Arch. Stor. Lornb. — Anno XV. 35
538 LE ARTI MINORI
già sette anni deputato nella custodia del Reuellino de Canneto
et a raconzar le arteliarie de le forteze de V. S. » fa osservare
che per cagione della peste non ha avuto dal maggio scorso
pagamento alcuno ; perciò sollecita le paghe. Era moribondo nel
1520 e il Marchese permetteva a Gian Giacomo Calandra di dargli
in successore M.''° Simone. Come si sarà notato era un veterano
de' bombardieri a servizio dei Gonzaga,
Mastro Aloisi bombardiere, scrive da Viadana, alla Marchesa
di Mantova che ha fatto fare il ponte de la Rocha e ringesse
varie artiglierie. Nel gennaio 1504, domandavale licenza, dovendo
sposare una figlia di Lodovico Colombo orefice.
Nel marzo, sottoscrivendosi Alouìsius de mediolano homharderius,
annunzia alla Marchesa che deve venire in Mantova M.ro Lodo-
vico da Como bombardiere, già suo compagno ; cosi glielo rac-
comanda affinchè sia assunto in servizio essendo « homo sufficien-
tissimo. » Le dà notizie intanto che ha messo su le ruote quattro
curtaldi e gettate 400 balotte d' ogni sorta pei bisogni della rocca
viadanese.
Giovanni di Basilea scrive da Canneto, il 23 giugno 1506, al
Marchese, che era stato da due anni messo alla custodia di quella
fortezza ; e perciò domanda le sue competenze.
G. B. da Brescia (3 novembre 1510) era spedito qual bombar-
diere a Castiglione mantovano per bisogno di quel luogo.
Riporteremo per esteso il seguente autografo di un bombardiere
celebre.
IH.""' signor patron mio. Io fo intendere ala S. V. comò mi Camillo
■d'Abergeto io sono bono seruitore di quella et uolontera veneria mi e
mio fratello a stare in seruicio de la S. U, quando quella volese per
lafecione grande che ci ho abuto et ho ala S. U. et faria cose che
piacerija a quella quando la S. U. li bisognasse bombarderj ye ne farija
iiintecinque in quatro giorni, che serian bonj comò mi ma se per caso
la S. U. non n' auesse bisogno di questi, se quella auesse di bisogno
di fare zetare alcune artelarie li ucgneria a zetarle ot le farija por
tale modo che le starija al paragone di quanto ne in Italia et se le
uenese male le uolio refare a mi spese auisando ala S. U. che a mi
ALLA CORTE DI MANTOVA. 539
fìon mancha rechapito ma per l' amore che io porto a questo ecce-
lentissimo stato li uegneria uolontera a seruire se quela e contenta
■quela m' auisi. Io sono qui a Corezo che io ho zetato duj beli peci
d' artelarje e non altro di continuo mi ricomando a la S. U. In Corezo
in Rocha a d'i 18 de feurraro M. D. X. j.
El seruitore de la S. U.
Camillo (TAlbergeto
bombarderò.
A lo 111."" et Ecc.""
signor mio Colend.
lo Signor Marchese
di Mantova.
A di 7 aprile 1520 il Marchese scriveva al suo agente in
Venezia :
< Non volemo che tu facci pratica di condurre a nostro ser-
uitio quel Sigismondo Alberghetto perchè non hauemo bisogno,
hauendo a nostra posta quando lo uolemo, lo funditore del signor
Duca dì Ferrara. »
E poi al 2 maggio del 1522 , da altra lettera marchionale al
suo ambasciadore in Venezia, risulta che un figlio di Sigismondo
Albergetto era venuto in Mantova e ripartito in fretta peli' an-
nunzio avuto che la moglie era morente di aborto. L' avvertiva
di trattenerlo fino a nuovo ordine, non avendo bisogno di lui.
Neil' albero genealogico degli Alberghetti del Cicogna (Sulle
Iscrizioni venete), ripubblicato, corretto dal Quarenghi nel lavoro
già citato, Camillo sarebbe terzo figlio di Sigismondo, e suoi
fratelli erano Alberghetto e Fabio.
Angelo Angelucci (I canoni veneti di Famagosta , l'Armeria
dell' arsenale ed il Museo civico di Venezia) descrisse varie ar-
tiglierie degli Alberghetti, che riscontrò in Venezia.
Nel novembre 1510 Girolamo Cingiolo bombardiere della Rocca
di Lonato, domandava al Marchese di Mantova la sua provvisione.
Il Marchese Mantovano, a di 14 aprile 1511, spediva al castello
di Ostiglia per bombardiere Nicolao francese invece di M.*"" Ja-
<Jomo de Busti , che doveva passar a Ponte Molino.
540 LE ARTI MINORI
Nel maggio, il francese fu richiamato in Mantova, e sostuito
in Ostiglia da Mastro Andrea da Parma.
Il Marchese di Mantova, a di 11 aprile 1524, ftcriveva al fa-
migerato Fabrizio Maramaldo, il quale comandava 1000 fanti, che,
il Marchese aveva messo a disposizione della Repubblica Veneta :
Signor Fabritio, mandandovi noi de presente Jo. Jacomo da la Mina
nostro ingegnere e M/" Jacomo bombardiere con dui altri che serano
con la loro et perche il predeto M/" Jo. Jacomo et Jacomo mi sono
cari et li amamamo glieli raccomando.
Si trattava forse di mastro Jacomo da Busto accennato ancora
nella seguente del 14 gennaio 1525 dal Marchese, diretta al suo.
ambasciadore in Milano, ove cosi si discorre:
Perchè hauemo dato licentia a M.""" Jacomo bombarderò presente
exhibitore che per dui mesi possa seruire li in campo semo contenti
che uenendo a Voi lo raccomandiate a Monsig."" 111.™° et Ecc.™° di
Borbone acciò che 1' habbia qualche recapito.
Dal 1515 al 1529 nella contabilità pelle munizioni, sono regi-
strati i seguenti bombardieri a servizio del Marchese mantovano.
1515 Bernardino Messaglia ; 1516 Gio. Stefano, Michele Gian
Marco da Borsena, Zoane tedesco e mastro Andrea; 1519 mastro
Antonio; 1521, Giov. Maria de Amighini ; 1528, Sebastiano
Caronzo.
Il Marchese, al 14 ottobre 1524, ordinava ad Ippolito Calandra
di far vestire secondo il solito « li nostri bombarderi Thodeschi. »
Nel gennaio 1517 furono date a M.'" Justo bombardiere, libbre 15
di piombo per far certi « experimenti che haueua commesso il
signor Marchese.» Questo Giusto era ancora in servizio nel 1521.
Il Marchese, al 6 novembre 1524, domandava licenza di estra-
dizione da Brescia al Capitano in essa, per quattro moschetti,
otto archibusi e 50 canne di schioppo ordinate, poi al 23
giugno 1525, domandava licenza per 12 spingarde, e al 12
agosto avvertiva che doveva arrivare in Brescia M.™ Giacomo
di Benzene « nostro mastro di artiglieria » per prendere 14
moschetti, 12 archibusi e 12 schioppi.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 541
E ancora nella seguente marchionale è accennato il Benzone,
che sarà stato successore al De Busti.
Domino Jo. Baptisice Malatestce
« Ms^ etc. questi anni passati conducessimo M/" Jacomo Berzono
(sic) bombarderio quale ne hauesse ad seruire nel suo mesterò et tener
fornite in ordine li schiopi et archibusi et altre artigliarle de fero de
la nostra monitione et del quale se potessimo seruire in mandar a
tuore de le cane de ferro a Brasa per finire poi qui a nostro modo
€t essendone accaduto questo anno a mandar a torre alquante cane a
Bressa per uso de la predita notra monitione cioè schiopi ed archibusi
per esso M." Jacobo li magnifici Rectori di quella terra hano resposto
che loro hano expressa commissione de la 111.™=^ Signoria che non lasino
condurre pezo alcuno o cana senza licentia et perchè molto desideramo
de fornire la predita nostra Mantova de tante cane volemo che in
nomo nostro suplicate alo Serenissimo Principe et a quelli signori se-
condo sera bisogno che se vogliano dignare de concederni che ogni
anno ne possiamo extrahere almen ducente cane per schiopi et archi-
busi da Bressa gli faremo poi fornire qui il che pensamo facilmente
ne sera concesso per la seruitù nostra uerso la predita 111,™^ Signoria
et tanto più che ogni modo le artelarie et cane che haueremo da
Bresa, così come quelle che presente hauemo sarano sempre così pre-
giade ad ogni bisogno del stato della Pred. 111.'^* Signoria come del nostro
proprio stato et in ciò non mancherete dela nostra solita diligentia,
credendo de hauere essa hcentia più presto che sia possibile Bene va-
lete Mantue Xij rnaij 1526.
Il Marchese di Mantova , a di 28 giugno 1521 , concedeva a
« M.ro Andrea bombarderò lancecheneco » il benservito e passa-
porto.
Domenico Bratto , piacentino , /usar mae chinar um helliearum
quas artiglierias voeant , riceveva privilegi nel novembre 1556,
per incitarlo a venir in Mantova con la famiglia {R. Decreti,
1556-9, fol. 69).
Il Marchese mantovano, a di 17 agosto 1559, scrivendo a Pirro
bombardiere, principia la lettera : « Pirro carissimo » lodandolo
di quanto ha fatto per 1' artiglieria e monizione.
542 LE ARTI MINORI
Il Dottor Gio. Pacecho offre da Venezia (21 aprile 1571) al
Duca di Mantova, uno che possiede il segreto di riparare in urv
giorno le artiglierie inchiodate, certo Girolamo Liotto intagliatore
di stampe.
Dopo le notizie si fanno più scarse.
Un Camillo Gatino, a di 29 luglio 1586, avvisa il Duca cher
ha deputato M.ro Simone Pocaparte per superiore alla fonderia
delle artiglierie in Mantova. Vi lavorava pure Giorgio Albenga ;
ma neir agosto fu deputato altrove.
Aluise, bombardiere della Signoria veneta, da Venezia il 9
agosto 1586 , s' indirizza al Duca di Mantova perchè conoscendo
come un «Gian Domenico Brochetto ha messo bottega in Man-
tova di broche da carrozza » gli fa sapere esser bandito da Ve-
nezia per omicidio di un garzone diciottenne dello scrivente ,
amato come figlio. E poiché il Brochetto minacciò di uccidere
anche lui, domanda provvedimento.
Pare che in Mantova fosse sospesa la fonderia, trovando che
il Duca nel settembre 1586 , trattava in Brescia per la fusione
di una campana di 30 pesi per lire 11 e soldi 10 di moneta
bresciana il peso.
Non andando d'accordo, si rivolse ad Ippolito Delaiti in Ve-
nezia, che gli mandava, a di 13 settembre 1588, il tono della
campana a mezzo di un « sobiolo . . . . , si che la cosa sta cosi
che soffiando nel sobiolo senza serar altro buso quello è il tuono
della campana che è e. sol fa ut. »
In un documento del 15 giugno 1595 si fa menzione di Belisario
da Salò, Antonio Gelmini da Castellucchio e Giulio Ghiselieri,
bombardieri , che essendo in prigione per ordine ducale , furono
liberati, il primo però pagando 5 scudi da erogarsi in elemosina
ai prigionieri , oppure pigliando un tratto di corda a sua scelta.
Da lettera di un Giovanni Lamprecht , svizzero , fonditore di
artiglieria pel Duca di Ferrara, scritte nel 1590 a M.o Giuseppe
Milanesi in Mantova , si conosce che questi era « gettator in
Fonderia del Duca signor Ducha di Mantova nel borgo di Santo
Geòrgie con Georgio Albenga fonditore di artiglierie. »
ALLA CORTE DI MANTOVA. 543
Del Lamprecht produsse documenti V Angelucci (Documenti
inediti per la storia delle armi da fuoco italiane).
È la seconda volta che ci occorre nominare Albenga, sul qual
vale la pena di fermarsi un poco, essendo stato fonditore non
soltanto di bei cannoni con ornati , ma ancora di statue.
Fu detto dal Cittadella, cittadino ferrarese , ma il comm. Angelo
Angelucci (Documenti inediti per la storia delle armi da fuoco
italiane), scopri pel primo esser piemontese e gli parve di San-
t' Albano (Mondovi). Io pubblicai molti documenti inediti intorno
alle sue fusioni , in vari de' miei libri sugli « Artisti in Roma »,
ed ora ne aggiungo qualche altro di recente trovato, da cui ap-
parirà esser originario di Trino.
L' abbiamo veduto nel 1586 per poco tempo al servizio del
Duca di Mantova ; pare che andasse a Milano , e qui il Duca a
di 24 febbraio 1587 , a mezzo del suo agente Olivi , fece con
r Albenga una convenzione per farlo ritornar a Mantova. Essa
cosi principia :
11 Signor nostro Serenissimo si contenta di far gratia a M. Giorgio
Albenga originario di Trino di Monferrato del carico di capo dei bom-
bardieri di Mantova e di fonditore dell' artiglierie di S. A. con prouì-
gione ordinaria in tutto di cinque scudi il mese da sei lire l' uno
quale habbia da cominciare a 18 di settembre 1586, nel qual tempo
egli diede principio a lauorare in tale esercitio di fonderia con la
spesa di due boche et con lessentione di due carra di vino per cia-
scuno anno et delle legne et carbone che bisogneranno per fondere
con le conditioni infrascritte.
Fondere pezzi ad libitum di S. A.
Darli tutti a prova.
Non possa fondere per altri principi.
Indi seguono i prezzi dei cannoni di vario peso e delle co-
lubrine.
L' Albenga aveva , fra i suoi soggetti , Flaminio di Pasquale ,
il quale , a di 18 luglio 1589 , riceveva da suo zio Gio. Pietro
Faustini , gettatore in Milano, una lettera, in cui, maledendo
1' ora di esser venuto in Milano, ove in rissa feri Campignano ,
544 LE ARTI MINOIII
prega il nipote di ottenergli dall' Albenga impiego nella fonderia
ducale.
Ma r Albenga era scontento della sua capitolazione ed aveva
ricorso al Duca per modificazioni. Intanto nel 1589 aveva gettato
due colubrine, riuscite benissimo, ed aveva avuto ordine « di ri-
gitar i cherubini et festoni della porta della Ferriata. » Fuse
neir anno dopo una grande campana.
Il Duca nel 1594 faceva prender cognizioni da' suoi ambascia-
dori in Milano e in Venezia, per conoscere le paghe dei bombar-
dieri e delle fusioni , per esser certo che tutti i lagni dell' Al-
benga erano giusti intorno ai danni , che recavagli la capitolazione
del 1586 ; e pare che avesse ragione.
Nel settembre 1595 l' Albenga riferiva al Duca che giudicava
buono il ferro della miniera in Val Trompia per fare palle e
pezzi di artiglieria e si offriva a darne le prove.
Neil' agosto e settembre 1597 lo trovò a Inspruck, Vienna ed
in Ungheria, avendo seguito il Duca di Mantova, che erasi por-
tato colà a combattere i Turchi , donde scrive più lettere.
Nel 1598 r Albenga passò a servizio della Corte Ferrarese ,
sembra , con licenza del Duca di Mantova , lasciando in questa
città la moglie e un fratello. In una sua lettera nota servir di
preferenza la Corte di Mantova che non la Ferrarese. Da Bologna
nel 1600 si lamentava che non lo lasciassero ritornar in Man-
tova. Otteneva nel 1602 di vendere 100 biolche di terra che
aveva nel Mantovano. Pare che più non ritornasse in Mantova ,
trovandolo che nel 1605 in Ferrara proponeva di gettar la statua
di papa Clemente VIII.
Deve aver avuto un figlio od un parente pure fonditore, il quale
nel febbraio 1591 lavorava a Castelcorvo, come egli stesso scrive
alla Corte di Mantova.
Battista Balduino da Trento (12 agosto 1591) offriva al Duca
di Mantova un' invenzione di un tedesco, che « ritrovò un modo
con che si può ammazzare ogni personaggio con picciol instro-
mento qual non fa strepito alcuno, ne porta sospetto, poiché non
si adopera né archibugio, balestra o simile cosa che dia a so-
ALLA CORTE DI MANTOVA. 545
spettar al nimico.... si può usare nelle guerre e nelle cittadi , sia
armato colui o no.... et a adoperarlo si può star 15 et più uarghi
lontano.... et può fare a più persone, ma non in un colpo, ma
ben con pochissimo intervallo. »
Un ingegnere tedesco offriva pure nello stesso anno una special
polvere pirica ed una sua invenzione nel caricare le artiglierie
e altri segreti guerreschi. Era certo Giovanni Sigismondo Fristh.
Un Capitano Matteo ne offriva altri nel 1592, e nel seguente
il Capitano Marco Antonio bresciano e poi nuovamente nel 1595.
Abbiamo veduto che l' arte del bombardiere farsi più rara ,
diventando però più artistica, perché, oltre i cannoni , fondevansi
statue.
SECOLO XVII.
Pel secolo XVII, le notizie sui bombardieri , sono molto scarse.
M.ro Stefano Porcari , fonditore di cannoni in Mantova, a di 20
giugno 1604 , riferiva al Duca intorno ad un pezzo d' artiglie-
ria fuso.
A di 31 luglio scriveva la seguente :
Serenissimo Signor mio e Pron sempre Colendissimo.
La fama sparsa di questa mia trouata d' artiglieria leggiera cagiona
che uiene gelosamente bramata dalla Serenissima Signoria di Venetia
di maniera tale che gli maestri eh' hanno seruito V. A. sotto di me
fanno come uedrà nelle due incluse che per alcun modo partiranno
dall'ubbidienza di V. A. S. benché fatti siano pregare sottomano Io
ho sempre predicato il silentio di tal opera et pure troppo e statta
veduta.
Non mancherò di tener secreto il secreto et cbe le persone che
parimente hanno seruito in detta opera facciano lo stesso. Se piacerà
a V. A. S fare anco dare una nona commissione all' IH. 'it' Sig. Fabio
che i maestri non si mouino per alcun modo et di più ancora parti-
colarmente a ciascuna persona che l'è impedita in tal opera mi sarà
546 LE ARTI MINORI
di grandissimo gusto per honor di Dio di S.** Chiesa di V. A. S, di
me et della mia famigliola.
M'inchino et auguro ogni felicità a V. A. S. Da Mantova il dì 31
luglio 1604. Di V. A S.
humilissimo seroitore
Federico Porcari.
Al Serenissimo Signor ColJ^°
Il Sig. Duca di Mantova
e del Monferrato.
, Casale.
Un G. B. Borrini bombardiere da Ferrara, il 21 aprile 1619,
offri vasi al Duca di Mantova qual possessore di un secreto del-
l' arte sua molto utile ; ma non trovai se accettato.
A di 1 dicembre 1620 S. A. ordinava di pagare mastro Fran-
cesco Gregoli, capo bombardiere di 800 lire, per far la prova di
3000 moschetti, comperati a Brescia da mastro Paolo Chinelli in
ragione di 14 lire l'uno {Tesoreria, 1615-20. Questo Chinelli
bresciano gettava artiglierie più leggiere e perfette fino allora
conosciute.
Un Vincenzo da Savignano scriveva (26 luglio 1628) al Duca
di Mantova, proponendogli due secreti :
Il primo sarà di regolar i pezzi con facilità in maniera che 1' artel-
laria non hauer più bisogno di esser agiustata, perchè sempre colpirà
doue uorà tirare il bombardiero, et questo seruirà per punto in bianco.
Gli ne darò poi un altro fuori di ponte in bianco qual seruirà per
colpo ogni uolta la metà più lontano di quello tira il pezzo, cosa non
più uista et mai darà di fallo et più si farà con questa regola in 50
cannonate et senza questa in 200 et questo e quanto a pezzi. »
Il secondo segreto riguardava una speciale fabbricazione del
Salnitro. Non vidi la risposta ducale.
Silvestro Manfredo Vannini da Roma si rivolge al Duca (29
maggio 1633) offrendogli un particolar falconetto di sua inten-
zione, che sarebbe stato utilissimo.
Marco Prosperi bombardiere e fabbricante di bombarde, anco-
nitano, scrive al Duca (30 maggio 1633) che ha servito per 32
ALLA CORTE DI MANTOVA. 547
anni la Camera Apostolica e che sarebbe pronto a passar in
Mantova per servirlo.
Neir ottobre 1633 « Il Capitan Claudio corso , lauoratore et
inuentore del suddetto ingegno » come sottoscrivevasi , in una
sua lettera da Roma al Duca di Mantova proponevagli :
Un ingegno d' arme potentissimo chiamato Brande Stocco o mo-
schetto uolante che fu adoprato dal già Duca d'Ossuna nelle scorrerie
di leuante nelli sbarchi a combattere le fortezze et impedire l' impeto
della caualleria.... Il detto ingegno è di mistura che in sé stesso non
tiene altro che l' anima di getto fatto di fondo reale che si copra con
detta mistura che resiste al pari dell' artigliere di bronzo di qual sorte
si sia fa ristesso tiro porta l'istessa palla fa la medema passata et è
durabile in etemo et è tanto leggiero che per grosso che sia il pezzo
lo porta commodamente doi huomini et la sua ualuta non ascenderà
a più di 150 scudi l'uno.
Segue a descrivere la sua invenzione , che può far 30 colpi
in ogni giorno, offrendosi di costrurre tale moschetto, di cui po-
trebbe darne una ventina in ogni mese.
Questi segreti, secondo me, erano l' infanzia di quella scienza
militare, che diventò regina nelle artiglierie, facendo scomparire
l'arte individuale del bombardiere, i cui meno periti furono ridotti
a fonditore di campane , i più valenti a gettatori di statue e di
ornati. La fusione di cannoni, la fabbricazione di polvere pirica,
la direzione dei tiri a bersaglio e gli spari nelle guerre sono ora
sotto la direzione delle cosi dette armi dotte, da cui ebbero grande
incremento.
Armaioli diversi.
SECOLO XV.
Neil' agosto 1434 il Marchese di Mantova donava una pezsa
aratoria a M.ro Rubertino, cittadino di Mantova, suo armarolo,
in remuneratione meritorum suorum (^Registro dei mandati e de-
creti per gli anni 1434-6, fol. 107).
548 LE ARTI MINORI
AU'armarolo Rubertino pare che succedesse, a di 18 luglio 1444
mastro Zonepio de Milano, che ottiene patente marchionale per
far condurre da Mantova in Venezia braciai i e schienali {Idem,
1442-44, fol. 342).
E qui vediamo come fu notato pei bombardieri esportazione
da Mantova , il che prova esservi buona fabbrica di armi e di
armature. Fin dal 1436 la Corte di Ferrara aveva comperato
un' armatura da mastro Pietro di Milano armaiuolo in Mantova.
Borso Duca di Modena, Marchese d'Este, al 31 gennaio 1464,
da Belriguardo scriveva al Marchese di Mantova che « maestro
Piedro armarolo de la Ill.ma S. V. è occupato per le armature
cosi non lo lascio uenire a uui, » E al 3 febbraio del 1465
scrivevagli nuovamente di lasciar venire da lui detto « maestro
de arme » affinchè gli faccia una corazza.
Egli deve esser Pietro de Dilaleni , che al 30 maggio 1478
scriveva al Marchese mantovano di non poter per la peste por-
tarsi nel Prato del Castello, ove è l'armeria, né i mastri Provaso
e Dagli Penazo potevano lavorare.
Al 24 maggio dello stesso anno risulta che M.ro Gian Pietro
di Milano armaiuolo fece condurre le cose opportune per far le
corazze. E al 31 luglio scriveva al Marchese che stava ultimando
tre corazze.
Ed il Marchese gli spediva la seguente letterina:
Io. Pet. Armarolo.
Vogliamo che subito ricevuto la presente tu uegni qua ad nui et
questo non fia fallo perchè uoressimo che anelici ne conzasti la corraza
nostra Ex. Aretio 27 auguste 1479.
Come vedesi il Marchese era lontano ; pure non trovava miglior
armarolo del suo mastro Gian Pietro. Dopo non vi è altra no-
tizia di lui.
Da altra lettera marchionale sembrerebbe che un mastro Zo-
hanne da Lodi fosse nel giugno 1475 armaiolo in Mantova e
che ottenesse di rimpatriare.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 549
La seguente lettera diretta al Marchese di Mantova ci farà
conoscere forse altro armaiolo a suo servizio.
Ill.'no Principe et Ex. domino domino mi sing alarissimo. Heri ri-
tornai de Alemagna ed ho portato quello feramento de la armadure
de V. 111. E. secondo el designo et peso me dette Bernardino del Maia,
quelli magistri l' hanno fatto me dissero che hauendolo finito loro
l'hariano facto più legieri et seria stato forte asai ma hauendosse a
finire del canto di qua me dissero chel togliesse un pocho più graue et
cossi lo tolto aciò se possa meglio ridure al proposito de V, E. non
essendo temperato, me recomando a quella. Dat. Mantouce, 30 maj 1479.
Seruus Tristanus de
Sasoduro
Non visse molto dopo l'esposta lettera, trovando che, a di 11
marzo 1480 , Barbara vedova di Tristano Saxoduro in Mantova
rivolgevasi al Marchese per aver otto ducati d' oro , pagati dal
suo consorte « per resto de quelle armature de V. E. a Pietro
Todescho. »
Era pure a lavorare in Mantova Alessandro Bolzono, come
risulta da sua lettera del 13 gennaio 1479 al Marchese, cui do-
manda i suoi utensili « che lassai a Mantova quando me partite
per la peste.... de lauorare forme et far capelleti et molte cose
e circa carte cento de designi » avendone bisogno perchè ri-
tornato in Mantova vorrebbe riprendere il lavoro per sostentare
la famiglia.
In quanto a morsi, staffe ed altri fornimenti in ferro il Mar-
chese teneva a suo servizio Già. Francesco Magister a Morsis,
come apparisce da una lettera del 27 luglio 1479 con la quale do-
manda al Marchese di esser pagato di lire 125 per lavori fattigli.
Non bastando alla Corte di Mantova il lavoro de' suoi armaioli
ecco come si provvedeva fuori dello Stato suo.
Dominis Rectorihus Brixiae
Magnifici tanquam fratres nostri carissimi: Hauendo nui bisogno
per questa nostra caualcata de alcune armature quale uoressimo com-
prare de Mastro Masino armarolo et hauendo bisogno de uno Mastra
550 LE ARTI MINORI
Rigo armarolo habitante in Bressa pregamo la vostra magnificentia
vogliano esser contente che dicto Masino ce daga et ne conduca qua
diete armature pagandogele perhò nui perchè nel vero ce ne fariano
piacere assai et anche haremo carissimo cocedano licentia a dicto Rigo
de venire a seruire in questo nostro bisogno offerendone de continuo
ali piaceri de quelle de continuo apparecchiati. Mantova 5 aprile là79.
E vedremo poi che spesso la Corte mantovana rivolgevasi a
Brescia per armi. Forse il Rigo non è altro che il seguente
Enrico. Il Marchese, a di 30 gennaio 1483, scriveva al Cardinale
di Mantova :
M/o Henrico armarolo non si troua qua de presente per esser ito
a Bressa perchè lui non sta mecho ma solum si era conducto per
farne certe arme : non dubito chel seruira voluntera la S. V. et ser-
uiralla bene per esser bono maestro El per intender et sapere bene
fare el mestiere et simile farrà ancor M.'"o Micheletto.
Quest' ultimo era fabbricante di corazze , essendo in Mantova ,
a di 28 agosto dello stesso anno, faceva conoscere al Marchese
aver finito cento corazze. Ancora nel 1485 era a servitio del
Marchese mantovano, anzi credo che sia mastro Micheletti delle
Corazzine, come egli si firma in una lettera (25 novembre 1491)
nella quale reclama una provisione perché « era stata tolta la
spesa de la Corte. »
E neir anno dopo faceva sapere aver egli fatti i lavori rega-
lati al Gran Turco e al Duca di Urbino. Nel 1493 domandava di
esser pagato di corazze fatte.
Del resto ovunque vi era qualche armaiolo famoso la Corte
mantovana non mancava di rivolgersi, come nella seguente.
Francisco de Merate magistro armorum Ul.^^
D. Ducis Ferrariae.
Egregie etc. Per la nostra letra hauemo inteso el scriuere che fate
de la armatura de la quale già uè dessimo commissione che doueste
fare per la persona nostra. Nui non respondemo per bora altro se
non che la tentate cussi et quando nui seremo a Ferara ui chiareremo
de quanto e la nostra intentione.
Manina; XVIIIJ Januarii 1485.
ALLA CORTE DI MANTOVA.
551
AI 28 dello stesso mandava a prendere detta armatura a
Ferrara.
Sempre il Marchese , benevolo verso gli armaroli , al 28 nov.
dello stesso anno, raccomandava al Duca di Ferrara M.° Antonio
de Zohanne spadaro, cittadino modenese, bandito dagli Stati ferra-
resi per ferite date , affinchè potesse rimpatriare. E nuovamente
al 28 dicembre.
I regali che faceva la Corte di Mantova spesso erano di armi
perché n' era provveduta delle migliori d' Italia. Infatto al 25 ot-
tobre 1485 il Marchese spediva in dono ad Andrea di Paolo de
Carnesecchi ed a Alessandro di Francesco Naso fiorentini un
pugnale per ciascuno.
M.ro Pietro da Castello armarolo nel xbre dello stesso anno pre-
tendeva dal Marchese ducati 21 per armature fattegli.
Era egli forse un nuovo a suo servizio, come verremo a cono-
scere altro per spade.
Illustrìssimo Signore Mio.
Auiso Vostra signoria comò gli mando tute doe le spate auisando
vostra Signoria che la spata quale e stata fornita a Ferara e un pocho
,greue et gli ho mutato pomo più lezero et a me pare che questo sia
Ùl meglio perche la spata e tanto longa che gli bisogna bono contra-
preso : Se nostra signoria noie che facia fare coreza alchuna per quella
r spata prego la prefata me ne dia auiso et farola fare secondo la qua-
[litate de essa spata non altro a V. S. continue me ricomando. Data
Mantuce die 12 mcUj 1486.
Seruulus Magister
Jacobus de la Scrìmia
cum seroitute
[///. et Ex. Prìncipe d. d. Francisco
de Gonzaga Marchioni...
Mantua domino
meo uìiicho
Gonzaghce.
552 LE ARTI MINORI
Qui abbiamo un ringraziamento del Visconte di Milano :
III. et Ecc. D. at frater hon.
Per Rigo servitore de la S. V, ho hauto la spada gli hauia rcc-
chiesto per mie lettere che è de tal bellezza che saria digna de ca-
duno digno signore. Et sicome il dono è de la natura chel è così gli
ne resto obligato. Ringraziandola infinite volte de queste sue demon-
stratione, se ancora io posso cosa alcuna per ley me offerisco alli pia-
ceri suoi alla quale me riccomando. Mediolani die 24 februarij 1488.
111. D. V. ut frater
Alexander Sforila
viceconies
III. et Ex. ut frat. hon.
D. Francisco de Gonisaghw
Marchio. Manina;
Forse tanto bella spada era stata fatta dallo Scrima, forse ve-
neziano, essendovi un pagamento 'riservato di 10 ducati ad un
M.'o Francesco de la Scrima, veneziano, nel 1498.
Il Marchese faceva nel novembre 1488 venire da Bologna a
dimorare in Mantova Giacomo da Amelana, armarolo, come ri-
sulta da lettera del fratello frate.
Fin dal gennaio 1489 si conosce che Giacomo da Capua era
capo alla fabbrica di armature in Mantova. Egli era allora oc-
cupato a far le armi del signor Alfonso d' Este. Si hanno di
questo armaiolo molte lettere. Prometteva al Marchese in una
del gennaio 1494 di affrettare le armi di Alfonso d' Este ; intanto
la marchesa Isabella scriveva a questo per conoscere di qual
foggia desiderava 1' elmo. Seguiva negli anni dopo a spedire
elmi , scudi , lame, armature. Eccoci ora alla sua morte.
Addi 3 gennaio 1499 il Cancelliere scriveva al Marchese « che
il nero seruitore M.ro Jacobo de Capua questa matina a hore xiij
ha hauuto l'olio sancto e tutauia declina et se ne more..,, l'af-
maria sta di continuo serrata.... Secondo i medici non può durar
fino a mezzodì o poco più. »
Raccomandava la moglie, il figlio e tutti i suoi lavoranti.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 553
Nel marzo , Caterina , vedova del suddetto , scriveva al Duca
per soccorsi.
Un M° Gio. Pietro, armarolo, chiamato in Mantova dal Mar-
chese , otteneva (10 maggio 1493) di servirsi di certa acqua e
luogo per impiantar l' officina {Reg. Mand. e Decreti , 1489, 1497,.
fol. 135). Ammalato nell' agosto era soccorso dal Marchese con
cinque fiorini.
Jldo Prolonotario BentP (Bentiooglio ?)
Reoerende, etc. Desideramo nuy hauere due spade col maniche-
hornato di matreperle et de la facta e beleza che era quella che la
111. Sig, Johanne nostro fratello 1' altro zorno comparueli in Bologna
e sapendo che la S. V. ne ama gli havemo uoluto dar il carico et
impazo de farcene fornire subito due de la sorte predicta et per il
presente messo a posta mediate mandarcele qua a Ferrara che le ne
farà cosa de summa satisfactione et restaremone obligato ala prefata
S. V. ala quale ne oflferimo e raccomandamo.
Ferrarìce XVj martii 1493.
Antimachus.
Tale lettera era scritta per ordine del Marchese di Mantova ,
dal suo Segretario, mentre trovavasi in Ferrara.
Da Gonzaga, il 13 maggio dello stesso anno, ordinava al Te-
soriere in Mantova di far eseguire « quatro o sei pecti a la
Thodisca de diverse sorti più presto che sia possibile. »
III. Sig.^o'' mio. A questa di la Ex. V. me scrisse che douesse mandar
^a Mantua da M,'o Jacobo armarolo uno Thebaldo di Castelani moio-
iro quale habitaua a Dosulo, et subito scripsi al locotenente del Vi-
irio a Dosulo che facesse 1' ambasciata et dicto Thebaldo et hogi me
la resposto et dice che esso gli ha dicto chel andara a Mantua. Di
bhe ne ho uoluto dar noticia ala S. V. A la cui insieme cum meo figlio»
»e raccomando.
Bozuli Xiij mai] 1497.
Antonia de Bautia
de Gonzaga Marchionissa, etc.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 36
554 LE ARTI MINORI
Era la famosa Antonia del Balzo, che sposò un Gonzaga , si-
gnor di Bozzolo, Gazzuolo, ecc.
Il Marchese , a di 12 maggio 1499 , scriveva a Filippo Mol-
tono :
Mj° Niedo armarolo nostro si dole chel non può brunire le arme
nostre al Molino novo de le armi cosa che de che marauigliamo.
E ne domandava spiegazione.
Con lui si chiude il secolo nel quale abbiamo veduto armaioli
e loro lavori da Mantova passar in altri Stati, essendo molto
ricercati.
Abbiamo pure veduto la Corte mantovana ricorrere già a Brescia,
famosa polla fabbricazione di armi ; e maggiormente vedremo ciò
nel secolo XVI.
SECOLO XVI.
Armaiuoli diversi.
Nicolao da Azano, da Brescia, sua patria, a di 15 agosto 1503,
scriveva al Marchese di Mantova che non poteva venir, secondo
V invito, a servirlo, perchè doveva compiere armature per Alfonso
d' Este , che gli teneva ai gomiti due sue persone per provare
ogni pezzo a mezzo di forti balestre. Prometteva di mandar fra
quattro giorni « li testeri et brochieri. »
Venne in Mantova, ma non lo lasciarono molto tempo i signori
Estensi, come apparirà dalla seguente:
/i/."'« Sorella mia : M.'o Nicolò da Brexa armaiolo del signor Mar-
chese et che ad me ha facto alcune armature ha li in Mantua alcuni
instrumenti da lauorare secundo che recerca il suo esercitio. Et per
che li auemo diete chel debia uenire qua ad adaptarme alcune arme
chel mi ha facte che non stanno a modo mio: li farà bisogno portare
dicti soi in instrumenti : inperò prego V.'i S.'' che uoglia essere con-
ALLA CORTE DI MANTOVA. 555
tenta darli licentia chel possa ad ogni sua peticione portare qua dicti
instrumenii che ne reccuerò singular piacere da quella a la quale me
ricornando sempre.
Monasteroli primo Xbris 1503.
Fr. Alfonsus Estensis.
lU.'"'^ et Ecc. d.ne sorori
mece hon. d.ne Marchionisse "
Mantuce
Bernardino Messaglia.
Durò più a lungo a servizio della Corte di Mantova Bernar-
dino Messaglia, detto dall' Armaria, cui era preposto. Comincie-
remo a dar notizie speciali a lui e poi seguiremo i vari armaroli,
di cui è cenno nelle sue lettere.
Fin dal marzo 1498 il Missaglia risulta già a servizio dei
Gonzaga.
Il Marchese, da Gonzaga, a di 26 agosto 1503, scrivevagli di
far subito eseguire « due lancie cum due bandere dipinte una
cdI erosolo e 1' basta cum li colori nostri, l'altra col T d'oro
su la bandiera e l'asta carica de T d' oro e finite siano man-
datele fore, »
Ordina pure di fargli avere il suo stocco al più presto pos-
sibile.
E cosi il Messaglia al Marchese per altro affare :
III."^^ et Ex."^^ Signor mio per debito mio facio intendere a V. S.
come eri Smit tedesco giunse qui a Mantua et ha portato una arma-
tura solum ala Italiana et l' altra M.° Colmo me scriue che in prin-
cipio lui non hebe comissione alcuna de far armatura da combatere
.<a pede et che dopoi tardi li fu dicto per modo che è stato impossi-
bile a poterla fenire et non poterle fare se non ha uno gipone et uno
.pardo calcie de V, S. che li stiano bene per torre la mesura et che
Pmay fu principe ne Re alcbuno che li leuasse fori de la sua botega
arme de sorte alchuna se non hauea prima li suoi denari et paga-
vmento se sia la S. V. che per esserli bon seruitore a uoluto compia-
556 LE ARTI MINORI
cerli preterea che li Fochari non gè hanno voluto fare promissa al-
chuna per V. S. per diete arme, cioè de li denari de quelle el Corato
tedesco merchadante li ha dati fiorini quaranta de Reno in nome di
V. S. ala quale se l'arme prime facte per dicto M.''o Colmo piaceranno:
molto più spero li piaceranno le presenti alla cui gratia continue me
aricomando.
Mantuoe 14 Januarii 1507.
Fidelissimus seruus Bcrnardinus
del Armarla.
Vedremo poi chi fosse l' armaiolo Coiman intanto ecco una
lettera marchionale.
Ill."^o Duci Urbini
III.'' Princeps et Ex."^^ domine Getter et frater noster dilectissime.
Mandarne alla S. V. la nostra armatura todescha che la desidera di
vedere per Bernardino Massaglia superiore di la nostra armarla : el
quale e pratico in questo mestiere quanto alcun altro : et saperà ben
parlarne a V. S. perchè la gli prestarà fede in quel che le dirà a
tutti gli sui comodi e piaceri ni ofiferimo paratissimo. Mantuo} ultimo
aprilis 1511.
E al 13 gennaio novamente scrivevagli :
Bernardino Misaglia (sic) superiore della armeria nostra presentarà
alla S. V. la armatura che m'è sta condutta di Alemagna per la per-
sona di quello quale a noi potria più satisfare di quel che la fa per
lo artificio e bella foggia sua credemo sia per piacere alla S. V. corno
in effetto la potrà uedere.
I COLMAN TEDESCHI.
Ed eccoci alle relazioni degli armaiuoli tedeschi con la Corte
di Mantova :
Magistro Laurentio Culmo Augustensi.
MJ' Laurentius : Mandamo in queste parti Smitto nostro messo per
tuor le nostre arme che hauete facto e per exbursarui il resto de gli
ALLA CORTE DI MANTOVA. 557
denari che douete hauere per epse, piaceui adunche consignargeli, se
mai ui accaderà uenire in Italia e che giongiati fin qua a noi, vi ve-
deremo uoluntieri et accarezaremo perchè intenderne che seti uno homo
da bene, et alli commandi uostri ni offerimo. Gonzagce XXVIJ aprilis
MDVJ.
Ptlolemeus.
E poi il Marchese di Mantova dal suo segretario faceva scri-
vere (primo maggio) alli banchieri Fugger in Augusta fra le altre
cose: « mandamo li Bernardino nostro armarolo presente exhi-
bitore cum la lettera del cambio de Venetia a uoi directa per
la reception di fiorini 4000 de Reno. E in data del 3 stesso
presentava pure gli armaioli marchionali Smith e Bernardino
ad Alessio Beccheghie sempre pel denaro da sborsarsi al Col-
man » che faceva 1' armatura.
La Marchesa di Mantova dalla terra Sacchetta, il 14 giugno
stesso anno avvertiva il marito che « el Cusatro mi ha rechiesto
da parte di la S. V. un paro di maniche di brochardo per
mandare a donare alla mogliere di M.ro Thodesco che ha facta
la sua armatura. Rincresce non hauerni perchè non se usano
più d'oro», le rincresceva non averne, meritando « careze e
gratificazioni quel maestro per averlo ben servito. »
1
Jhesus Maria 1506 a dì 20 nouembre in Agosta.
Ill.'^o et Ecc."^^ domino domino meo che per auixar la S. V. commo
li armi de la S. V. sono fornite fino all' indorare et parte indorato Et
per dicto questo mese prosimo sera fornite ogni caso et apreso queli
armi del messer Lodouigo de Fermo ogni casso per tutto questo mese
sera fornito. Signore sera cussi peli armi comò mi sta la S. V. me
e certi secreti.
Ill.roo Signore Io aueria scrito più uolte si foso stato in Augusta, jò
son stato più de doi mesi in Fiandra et auiemo tanto tribolazione in
Lamagna adeso et maximamente in la Fiandra per la bona morte del
fiol del imperadore. Altri nouelle non son in Lamagna, zeto la maestà
558 LE ARTI MINORI
de la imperadriza le in Agosta et Re se speta in di in dì in fra pochf
zorni uoja trouar la S. V. 111.
El M.*' Coiman se rechomande alla S. V.
sempre seruidor MP Rigo
Texeler zoielcr S.S.
Era diretta al Marchese di Mantova di cui il Texeler indorava
le armi fatte dal Coiman; e noi già l'abbiamo conosciuto fra gli
orefici in Venezia. Il Marchese, a di 14 giugno 1511, per esser
più inteso faceva scrivere in latino e tedesco al Coiman per sol-
lecitare altre armi per ricevere le quali spediva lo Smith.
A sua volta 1' armarolo augustano spediva le seguenti al
Marchese :
Ill.'^o et Ex.^'^ Signor mio sempre quel che io pò far nel fatto mio
son al comando de la S. V. quel arme che io ho fatto per la S. V.
quando non stia tanto bene comò uoria mi me rincresce perchè mia
està cosi di seruir sempre ben la S. V. et più che S."* nissun del
mondo anci io ho lassato star gli signori eh io ho da lauorar mi per
seruir la S. V. io ho auisato la S. V. quando vole la S. V. una bella
barda de azalo tutta serrada da la testa fina alle ungie dil cauallo
qual se potrà manegiar senza faticha alcuna comò mi ho uisto uostri
belli caualli mi penso mi in la fantasia fare una si bella barda alla
S. V. con tanta bontà che nissuna che si possa trouar in tutto lo
mondo se mi posso cosa altra per la S. V, per amor de la S, V. son
sempre apparechiato seruir la S. V. quando piace a quella et altro
sempre vi sia racomanda.
Il vostro seroitor Coiman
armarolo de Augusta.
Jeshus Maria 1512 a di 23 november in Augosta.
Ill.'^o et Ex/^° d.no domino meo singula rissimo etc.
La causa se questa che la S. V. sia desmentìgato tuto del fato mio
Io ni portato in pazienza, mo le un grande dano a me, et altro volta-
la S. V,, me contentado de uero signore et jo ditto ad tanti signori
et zentilomini et presenti et el donnar che mea fatto la S, V. et io
ALLA CORTE DI MANTOVA.
559
credo zerto che la causa non sia dela S. V. et che sia del nostro
armirol Bernhardino onero de Schmidt che lor non fazeno recordanza
alla S. V. del fato mio per che, signor, li ultimi armi che a portado
Schmidt alla S. V. et queli del ducha de urbinio me resto aver fiorini
de remisth ouer bislachi se tanto oramai le apesso un anno jo uoja
pregar la S. V. per grazia che me voliati dargi et farme spazare el
dicto corero et presentador de questa, che io mandato a posta perche
signor me in porta anchora 111.'"'^ Sig.'® me stato ordinato in scrito
per la S. V. una barda de zall per fiorini dosento remisth la quale o
fato per zelenzia et fato farre una schela galante me a costa fiorini
16 che io uoja donare alla S. V. apresso et che uoja pregari ala S. V.
che me daga auixo si la S. V. non aula uoja da tuor la dito barda
io trouero patrone assai chel tuora uoluntiera, io non uoja far nienti
per fina o risposta de la S. V. non altro de continuo me richomando
alla S. Uostra.
Servitore sempre ala Signoria
uostra.
MP Coiman armirol in
Augusta S.S.
Hl."^o Qt Ex.""" dno. dno
Franzesco de Gonzago
Marchio Mantuce, ecc.
Mantoa.
Ed ora vediamo quali provvedimenti furono dati dal Marchese
di Mantova , il quale , soddisfatto , intendeva che Coiman fosse
pagato subito ; ma la lontananza produceva ritardi.
Il Marchese, a di 14 dicembre 1512 , mandava al Coiman 70
fiorini del Reno, facendogli conoscere che non intendeva prendere
« le barde da cavallo di Atiale che ci avete scritto hauer fatto
a nostro nome. » Ringrazia pure della sella.
E cosi ordinava il Marchese :
Thesaurio
Ti comettemo che subito dij dece ducati a Colmo todésco che gli
; donamo et lo expedirai presto. Gonza^ce XVJ sept. 1519.
)60 LE ARTI MINORI
E poi al 16 dicembre avvertiva Giacomo de Fuchari che gli
presentava Hagan e Anchise suoi armaioli, venuti in Augusta
per certe armi, e, abbisognando denari loro ne desse per conto
della Corte mantovana.
Intanto ecco il Coiman non pagato strillare presso il Marchese:
Illustre generoso principe e gratioso signor
Alla nostra ducal gratia siano sempre premissi li mei uoluntarij
subietti seruitii, gratioso signor secondo che V. ducal gratia mando a
me de Italia Anchise e Zorzo Magano sci seruitori acciochè facessero
fare una bellissima armatura da cauallo et ci detto suo seruitore me
dessigno in papiro essa armatura et me dimandò che cosa li tocca a
farla. Io li disse che la non cesteria manco di trecento ducati perchè
la sarà cosi pretiosa eh' io non feci mai a li di mei cosa di maggior
fatica facendo ogni cosa doppia , dui elmetti , due para de arnise e
schinere, dua para de guanti dua para de spalaci piceli e grandi et
questa armatura sarà bona a torneamenti et da usar da cavallo e a
piedi.
Adesso sono aparechiato ad adorarla. He qui posso ritrouare facil-
mente ducati d' oro vechi et ho pregato Anchise sei me potesse dar
altorio (sic) in questo El qual me ha fatto intender a che modo ba
ditto Hageno eh' io sia per venire a torre i mei dinari a Mantua.
Cosa cbe certamente non è in mia possibilità. Gratioso signore Prego
Vostra ducal gratia comò mio patrono gratioso , voglia essermi gra-
tiosa e non me uoglia tenire altramente di quel che faceua la bona
memoria del Signor nostro patre che mi mandava fin un ducato tutti
li dinari e qua in casa mia perchè io sono ancho debitore ad altri.
Et prego V. ducal gratia comò mio patrone gratioso che quando la
mandara altri armaroli i soi dinari la uoglia anche allora mandar i
mei , allora io uedero se me potrò disponere perche io ho molta
gente sopra di me et mi bisogna adesso bavere dinari. Altramente
non posso expedire niente . Et se io sapessi caualcare in Italia da
V, S. ma io son troppo occupato et però se la uol essere servito la
prego comò mio gratioso signore che gratiosamente la uoglia essere
raccordeuole di me perche io faccio quel lauorero molto più precioso
chel primo. Et io uorria sempre lauorare a complacentia di V, S.
uoluntieri, ne me pentiria di cosa alcuna. Io ho pregato Anchise che
ALLA CORTE DI MANTOVA. 561
uoglia uenire da V. S. e lui non si uol partire de Augusta sinché le
armature non siano fatte al che non gli manca Et per questo ho
mandato ci suo famiglio a V. S. alla quale non ho voluto tacere
questo raccomandandomi alla sua ducale gratia.
Dat. in Domenica nel maggio della quadragesima 1520.
De V. Ducal gratia
Colmo Armarolo in
Augusta.
E qui vedrassi quanto osservava 1' Hagan ; poi ritorneremo al
buon Colraan, che avrebbe desiderato puntualità nei pagamenti ,
al che l'aveva costumato il padre del Marchese.
L' Hagan , con sua lettera del 25 aprile 1520 al Marchese ,
sottoscritta Giorgio, detto Righino, fa conoscere che giunto il 21
in Augusta , si portò subito dal Coiman , ove vide « li armi de
V. S. finite , ma non indorate » , e per cui pregò il Mastro di
farle indorare, e questi , a mezzo di suo cognato e suo figlio, su-
bito cominciarono l'indoratura «la qual finita, subito si farà la
spedizione. »
Scriveva dopo il Coiman in latino più volte al Marchese nel 1520,
di avergli fatto duos cataphrattos insieme con suo fratello, le quali
essendo armature doppie, importavano per ciascuno 300 aureos.
Il Marchese, a di 25 giugno 1520 , scriveva in latino al Col-
nian, dichiarandosi soddisfattissimo delle armi fatte da lui e dal
fratello , essendo molto eleganti. Questi , venuto a Mantova a
portarle, lo ritenne forse un po' troppo, intanto da lui riceveva
in testimonianza di soddisfazione, manuseulum quoddam,... ex quo
uesies tuo modo conficci possis.
Ultimo lavoro dei Coiman pella Corte di Mantova fu nel 1530,
consistendo in armature, che piacquero.
Il signor Wendelin Boeheim scrisse: Die Mailànder Nigroli und
■der Augshurger Desiderius Coiman die WaffenkiXnstler Karl's v.
Questo Desiderio sarà il figlio di Lorenzo, che come aveva
^fatto suo padre un'armatura per 1' Imperatore nel 1521, egli ne
^avrà operata altra.
562 LE ARTI MINORI
Se i Coiman furono eccellenti armaioli , che servirono più so-
vrani, abbiamo però veduto che i disegni per le armature ad
uso della Corte mantovana, erano fatte su quelli mandati d' Italia.
E meglio ciò apparirà dalle lettere seguenti di un armaiolo sco-
nosciuto; che ben meritava esser rivendicato dall' obblio, nulla
sapendosi di lui , nemmeno a Bologna, sua patria.
Anchise della Guaina, armatolo bolognese.
Ed ora impareremo a conoscere per la prima volta questo ar-
raarolo, che serviva nello stesso tempo, come lanza spezzata, il
Marchese di Mantova.
Dell' 8 ottobre 1519 vi é un ordine marchionale al Tesoriere
di dare « ducati 100 in tanti bislacchi ad Anchise da Bologna
nostro lanza spezzato perchè noi il mandamo nella Alemagna
per farne fare delle armi. »
Egli, con un suo compagno, a di 22 novembre 1519, da
Priehsino, faceva conoscere al Marchese di aver incontrato un
servitore del Duca di Baviera , che con un altro era diretto a
Mantova per portargli « doe balestre fornite et molto bellissime. »
E finisce coli' assicurare che prosegue il viaggio. Infatti , eccolo
nel giorno dopo in Augusta :
lU.^^o ci Ex.'^^ Signore Ecc.'^^ Patrone mio obseruand."^'^ venento
in Mantoua questo presente messo me parco dare nouva a V. S. questo
seguito : fine a ora sapi V. S. che le fatto lo petto et la schena et la
celata et la gola e 1' arnese cioè la scarsella del primo corsaletto de
V. S. et vene molto belissimo, la celata sarà la più bella cosa che
mai fesse M° Colmo et ancora tute il resto de l'armatura et perchè
tuto anco aseguirà uno ordine il se prima comenciato larmatura de
fante a piedi perchè sopra a detta armatura se gouerneremo del resto.
M."" Colmo uole che la sia un' armatura che siano doe e tre cioè
sopra lo corsaletto de fanto a piede per cauallo li mete un sopra
petto lo quale servirà di tute la fogia a cauallo che sera bona et pò
Ij fa la scarsella con larnese e spalerij et elmetto e è schenera moze
et integre che seleue et bone e guanti che doe forte et il tuto il hi-
ALLA CORTE T MANTOVA. 563
sognio io uoleua eh' el fassa 3 petti per che non andasse niente. Sopra
lo petto de fante da pede El luy dice non uolerne fare se non doj
vederemo il melio Et quello faremo le uno omo molto de soa testa
il bisogna anderli dreto con molte careze, la molta stima de V. S. et
a piazere seruirà quella et io non li manco deserti sopra de continuo.
Io spero menar in Italia un buon lauoranto che farà che ogni sorta
darme et che farà sencia il uenire qua et ancora comperato tuta questa
soa fozina che tenbre et de desegnj et il tuto faro sencia loro.
Ancora do auiso a V. S. che non ho un quatrino et bisogaia
darli mangiare ogni zorno altramente non se lauora et liuerò ogni
mancione però V. S. sa bene non manca Zorzo cosi presto con tuli
li denari , il basta per adesso a cento fiorini perche comenceremo
arotare Y arma et disegniera Et in dorare et li acascha noue spese
pero V. S. preste me espedischa docento fiorini per la uia de li Fu-
cari per Venecia o per Regalino come torna melio a V. S....
Dopo varie cose sui banchieri Fucari segue a dire che ordinerà
e acquisterà «Martinetti, mazze alla Tarchescha, staffe speroni,
corte spade da doe mano, molte bone lame uecchie et certi stochi
da guerra molti boni una dozina de Capelitti coacij ala todescha
con certi retorti et cochieri », ma per aver tutto ciò ci vogliono
quattrini e perciò li attende.
Circa le arme de lo 111.™° Signor Duca prima de quelle de V. S.
saran fatte perche le fa lo fratello de M.™ Colmo et e ancor lui bono
mastro et seran molto bele e bone e ben lavorate perche le fa belle
in pruova per amor de M.** Colmo io penso che sei i denari siano
qua presto che fra duy mesi seremo con ditte arme in Italia.
O trouati certi corami de bo seluatichi concij per fare barde de
caualli che seria una bela et bona fogia se a V. S. parerà che ne
tolia quella me ne dia auiso
Angusta die XXiij novembre MDXViiij
De V. III. S. seroitore
Anchisis de la Guaina de Bologna.
ilio Ill.'^o et Ecc."^o Signore II Signor
Federicho Marchese de Manica
mio obseroandissimo
in Manica.
564 LE ARTI MINORI
Delle molte sue altre lettere ci contenteremo a dar sunti per
quanto riguarda le armi, essendo lunghissime.
4 gennaio 1520 al Marchese di Mantova :
Auiso a V, S.... che ala uenuta de Regelino a retrouato 1' arma in
benissimo stato, quela de V. S. non li manca a fare se non il sopra
petto li spalaci] et brazali e lo elmetto e quanto tuto il resto e fatto
io penso che V. S. auera una armatura che mai non ne fu una in
Italia simile ne manco fu fatta mai in Lamagna et non daremo già
TAL ONORE A LamAGNA PERCHE LORO HANNO FATTO COME IO HO COMESSO ET
COME DE PEcio IN PEcio HO FATTO FARE. Le fato la Celata che per Dio
mai non fu uisto la più bella cosa et li uoglio fare la schofia de sopra
sia lauorata come proprio uno schofia con lo tortione et la barba sera
d' oro et li peli negri et così li riccioni che rieschono sotto la schofia,
le orecchie serano bianche et li busi negri che proprio parerano orechie
et serano sposate con due zolie , lo collo sera bianche et 1' orlo in
forma de una catena et donante sera un volto contrafatto bello et un
altra fogia per combatere che ancora era bello et penso che V. S.
molto ben resterà da me satisfatto....
Ancora le arme de lo signore ducha uengono molto belle perche
son fatte a contrasto perche li fratelli cioè Mastri sono partiti de sema
et ogni omo se sforcia per farse bon credito et così serano liuere
come quelle de V. S,...
19 gennaio 1521 al Marchese di Mantova :
Io fo fare li modelli de tutti queste fogie belle de inzegni che son
qua et li porterò con mecho non cerche perder tempo. Io tengo un
bon mastro de arme a mia posta. Io prego V. S. che se teglia per
usire de le meno de questa gieneracione : luj lauora meglio che omo
de qua la fatto un par de barde de fero col collo tuto intero et non
pesano più che 24 liuere , il sera seruito V. S. In casa de quello
avrete lauoro de tuti li pezi et uerà ancora quello che me fa li mo-
deli et forme et sera molto utile, tuto queste paserane per libarderi
et lauoreranno. Io mando un martineto belissimo a V. S. e un altro
ne o fatto fare.
(Finisce col domandar denaro).
ALLA CORTE DI MANTOVA. 5G5
14 febbraio, da Bramacio (sic) al Marchese mantovano :
III."^^ signore et patrone mio obseruand.'^° per auer mandato il mia
seruitore a V. S. et auerlo ad aspectare perché non era liuerato
r arme de V. S. HI.* in tal tempo è stato bisognio a M.''^ Colmo di
portar 1' arme alo imperatore non auendo io altro che fare con esso
M.i'o Colmo son venuto h.
23 febbraio, da Augusta al Marchese di Mantova :
Ritornato in Augusta trovo l'arme finite e sto cercando il modo di
-pedirle.
Fermiamoci ora un momento per vedere le lettere del Marchese
ad Anchise della Guaina.
Fin dal 16 novembre 1520 il Marchese avvertiva il Duca di
Baviera che doveva ricevere «quattro falconi sacri da Anchise,
familiare nostro » e nello stesso giorno faceva sapere al Coiman
l'arrivo di Anchise con denaro; cosi sollecitasse le armi per lui
0 per Federico nostro consanguineo.
E poi al 3 gennaio 1521 gli ordinava di spedire le armi sue
quelle del cugino Federigo e poi di ritornare , non aspettando
4uelle che fanno eseguire dal Coiman i « Duchi di Baviera nostri
parenti. »
Il Marchese riceveva, a di 12 febbraio 1521 , da Cesare Fe-
ramosca scritta da Brumaeia una lettera, in cui si faceva co-
noscere :
Questi nobili de Alamagna adorano questo messer Anchise uostro
per esser uertuoso, sapelo tenir V. S/' che molto vale e basta.
Spediva il Marchese ad Anchise (21 febbraio 1521) 300 raines,
secondo la domanda fattagli verbalmente dal di lui garzone e
poi segue : « Siamo contenti che pigli quelli instrumenti e chia-
vature che hai ritrouato e che conduchi quelli 3 maestri che
mi scrivi Et volemo che resti tu ad far fornire l'armatura del
cavallo che ai fa fare quelli nostri parenti. » Seguono solleci-
566 > Lr. ARTI MINORI
tazioni; e da una lettera diretta dal Marchese, il 13 giugno 1521,
perchè lascino passare le armature che fece fabbricare in Ale-
magna, apprendiamo 1' arrivo finale di esse.
Nel partire di Augusta M.ro Anchise lasciò diversi debiti cioè
nove fiorini a Bernardo Mair fahro armorum , 5 fiorini e 30
cruciaios iirolenses a Pietro Prauaschwick fahro bombardorum ,
fiorini renensi 13 e crociati 6 a Giovanni Eggenberger, Di più
il Coiman per sicurtà di Anchise aveva dovuto pagare 14 fiorini
e 30 crociati. Questi creditori a mezzo dell' Autorità municipale
di Augusta , reclamarono al Marchese di Mantova , il quale fin
dal 18 febbraio aveva ricevuto consimile reclamo da Gabriele di
Tassi, mastro di Posta imperiale ad Inspruck.
Sfortunatamente Anchise della Guaina aveva nel ritorno , ab-
bandonato il servizio della Corte di Mantova per passare a quella
del Duca di Ferrara. A questo scriveva il Marchese, ma indarno;
poiché anche da quella Corte era partito per servir quella di
Urbino, al quale pure rivolgevasi il Marchese di Mantova. Dopo
più nessuna traccia di lui. Abbiamo veduto da una lettera di An-
chise della Guaina come avrebbe spedito in Mantova armaroli
tedeschi. Ecco il contratto originale :
1521 a di X marzo In Agusta
Io Anchise da le Guaine da bolognia prometto liberamente a Ba-
stiano Armarolo de Cirio che lo Ill.'"f' Signor Marchese de Mantoa
lo torà per suo seruicio in farlo lauorare de arme. Et che li darà
per suo pagamento. A luj quatro corone al meso Et così che
ognio meso li sera fatto il suo pagamento anchora per lo M.''° de
bornitore che lui mena li prometto che sera date quattro reines il
mese et che come luj ognio meso sera satisfatto et pagato. Ancora
per un lauoranto che lui mena che li sera dato quatri raines et così
ogni meso come li altri sera satisfate et pagato Et più che lo ditto
]ll.'"o s. Marchese li farà le spese a tuti tri et più dui vestimenti de
pendano uno da state et uno lo inverno zoè a natale uno V altro a
pasqua rosata : Et de più che li sera fatto provesione de un locho
doue possano lauorare per che non uogliono lauorar in botega de
M.'"' Taliani per non lassare uedere il suo lauoro. Et che li serra
ALLA CORTE DI MANTOVA. 5G7
latto lìrouisione del tuto li achade in dita botega per lauorare anchora
di sera dato stanzia dove possan staro e mangiare et a dormire, cosi
letti e touaglia, lencioli et quello achada a sua opera. Et che essendoli
manchato del suo pagamento o altro che se contiene in tal mio
<chrito che loro : intendono auere bona licentia. Ancora li prometto
che de li venti fiorini che do al ditto Bastiano per il partire suo de
chi quando auerà seruito lo 111."^» sig. Marcheso lo tenpo che qua
sera scrito che li ditti uenti fiorini li serano donati e non messo in
conto. Cosi il ditto Bastiano mi promette liberamente uenire subito
dato li denari in Italia a li seruicii de lo Ill."io Sig."" Marcheso et
con secho menare li infraschriti dui mastri zoè un bornitore et un
lauorante et lauorar da omo da bene et fare tuto come a fato per il
pasato con li mastri che ha seruito : cosi per sei mesi prometto stara
lui et li infraschriti duj mastri et mantenerli e quando se partisse de
farne auere altri simili a quelli et in tempo de li detti sei mesi non
se auere a partire senza lecencia de lo infrascrito Sig. Marcheso: cosi
manchando de tal promessa uol essere debitore de li ditti uenti fiorini
et uole che io o altro in nome del prefato sig. Marchese lo possi fare
pasare in tuti li lochi sera così ne Lamania come in Italia. Anchora
li prometo che ne mastri ne altro se non la persona del Sig. Marcheso
li auera da comendare o io in nome suo cossi del tuto li prometto
liberamente et in fede del uero ho fatto questo scrito de mia mano
et sottoschrito et segnata del mio sigillo et cosi anchor luj lo soto-
scrivera de sua mano perche ne femo dui luno presso a se l'altro
apresso al Sig. Marchese.
Ich Sebastian vam Zurling sefer zu son Zals sie aben geschricben
isex.
Io Lion Braunsper de Lipczick doctor Artium et Medicine etc. fu
presente quando il nobilesso sig. Me^ser Anchise dete al presente
mastro Sebastiano 20 venti fiorene Reynisch et lui affermaua de far
ogni cessa come de sopra e scrito del suo nome.
Actum a die X de marso anno 1521 in Augusta.
Lasciando Anchise della Guaina noterò quanto il lettore avrà
già indovinato che Guaina è soprannome , il quale ci priva di
conoscere il cognome di questo valentissimo armaiolo.
(68 LE ARTI MINOPa
Armaiuoli diversi.
Le lunghe pratiche col Colmaa non distoglievano la Corte d
Mantova da procurarsi armi da altri artefici.
Mastro Antonio da la Scrinia nel 1503 risulta aver offerto due
spadette « cum li soi brochieri » al giovanetto principe ereditario,
il quale secondo lettera della Marchesa a suo marito , le « ma-
neggia cum mirabile gratta »
Forse questo Mastro era figlio di quel Giacomo, che abbiamo
veduto spadaro nel 1486. Nel 1513 viveva M/^ Paolo della Scrima.
Dal 1507 al 1516 risultano in Mantova i seguenti armare! i :
Pietro, Lorenzo, Bartolomeo milanese, morto nel 1514 di anni 31,
Bono e Marco spadaro.
Ludovico da Bagno , trovandosi in Agria (Ungheria) scriveva
il 7 gennaio 1518 al Marchese che avendogli ordinato prima di
ritornar in Italia di procurargli « uno schioppetto boemo ed una
« daga da Cazza 1' uno e 1' altro ha in pronto » ma trova diffi-
coltà per la spedizione. E al 4 marzo scrivevagli che spedisce
lo schioppetto « boemo dextero una daga boema con tre cortelli,
pur di boemia, la é de la foggia che hor se usano qua » spe-
diva pure alla Marchesa « uno ritratto de quello animale el quale
Plinio chiama bisontera. »
Da una lettera di Giacomo da Covo in Mantova del 4 aprile
1518 risulterebbe che a Pietole vi fosse un armarolo, cosi scri-
vendo al Marchese :
Circha alle armi quale fa Lazimino beri fui da lui a Pietole; e li
vidi in assai ben termini doue che lui mi disse che fra ceto zorni mi
li darà subito e li mandaro a V. S.
Questo artefice soprannominato Azimino, forse dal suo speciale
lavoro, era spagnuolo. Passò dopo in Venezia, ove mori nell'ot-
tobre 1527. Lasciò un allievo con lo stesso sovranome, il quale
in detto anno cominciava un bracciale pel Marchese. Il suo
ALLA CORTE DI MANTOVA. 569
maestro, per nome Andrea, nel 1525 aveva fatto un bellissimo
pomo per lo stocco del Marchese.
Il Marchese, a di 28 settembre 1520, ordinava al tesoriere
di provvedere alle spese pel viaggio che deve « fare mastro Ja-
como Lancechenech armarolo per andar a far fare armi per
suo conto.
M.ro Battista di Mercadante spadaro , a di 24 luglio 1521 ,
aveva acciaio dal Marchese per fargli spade ; e al 12 settembre
ebbe ordine di lavorare alla damaschina « una testerà di ferro
per un canal lo turco, leggiera, del modo che lauorò el nostro
corsaletto. » Nel luglio 1524 gli ordinava di finire « la schiauona
nostra grande » e di spedirgliela ; e nell' agosto aveva per suo
alloggiamento la Ruchetta di Pradella. Lavorava pel Duca ancora
nel 1534.
Scriveva (22 febbraio 1521) al suo ambasciadore Giossino in
Milano affinchè dicesse all' armarolo che « fa quella schena del
nostro corsaletto che lo mandi e sei corsaletto nostro segreto
e fornito puro lo mandi. »
E nuovamente al 17 aprile « avemo inteso che il nostro cor-
saletto secreto è finito » sollecita la spedizione.
TI marchese Federico Gonzaga aveva scritto fin dal 29 giugno
1520 a G. B. Malatesta suo ambasciadore in Venezia avvertendolo
che deve ricevere « una spata guarnita d' argento con le arme
et insegne nostre da due mani.... sei Allabarde , sei pedi , due
acce , due piche astate et dorate » fatte fare a bella posta per
•"«ser regalate al Magnifico messer Andrea Gritti, oltre due quadri
■'• pictura.
Il Marchese riceveva la seguente :
III."^'^ et Ex.^'^ Signore mio obseroandissimo ho uisto quanto la
'^ V. me ha scripto per due sue letre la prima datta sotto al di Xiilj
aigusto he le quale la S. V. me comandi li manda la celiata fra
trej dì : ad questa li respondo non essere restardo per me ma per
Charamolo qual may non^ha uoluto fornire essa Cellada : et hauendo
io mandato a dimandar •certi lauoranti a Bressa per satisfare a la S. V.
Arch. Stor. Lornh. — Anno XV. 37
570 LE ARTI MINORI
ìuy me li ha desuiati a ciò non possa suplire ala voluntade de la
S. V. Quella pò mo pensare de mi natura et animo e esso Charemolo
presso la E. V. ha quella me piglia quanto concepto li pare. L'altra
lettra e datta solo el dì 25 augusto del tenore ut supra cum ad in-
stantia de mandarli certe peze de armi a la quale rispondo el li si-
gnifico come heri fu finito la celiata que sabato proximo la mandare
ly ala E. V. com quelli pezi de arme la bisogna si che prego la E.
V. con questo non me imputa me de negligentia ma solum esso Cha-
remolo quale e seruitor de la E. V. de parole e non de facti. Ala
E. V. me ricomando.
Mantua^ XXmij Augusti 1521
III. D. V.
Seruitor Mj' Jacohus de Bressa
armarolo
Pare che non gli valesse la discolpa, stando alla seguente del
Marchese :
Z)."« Alcxi Beccaguto
MS"^ etc. Uolemo che facciate che subito uista la pi'esente M.^ Ja-
como armarolo ne finisca la nostra celata et ce la mandate senzia
lardare. Facendo doppoi mettere in pregione ditto Mastro Jacomo
doue uolemo che stia sia tanto che hauerete altro da noi in contrario.
Et lene valete. Ex f eli. Castris S.'""^' lighoì contra Parmam : penultimo
augusti MDXXj.
A di 30 novembre 1522 scriveva all' ambasciadore di Portogallo
che stava aspettando le spade e balestre.
Dall' esposta lettera dell' armarolo Giacomo bresciano si co-
minciò a conoscere Mastro Caremolo armaiolo a servizio delj
Marchese, del cui artefice avremo presto a dare molti documenti.
A mezzo dell' ambasciadore mantovano in Roma , il Marchesa
si provvedeva nel 1522 di spade valeilfziane. E a proposito dij
spade sarà bene riportare la seguente diretta al Marchese :
ALLA CORTE DI MANTOVA. 571
Ex."^° 5.0' et Patron mio
Per messer Angelo presente exibitor mando la spada ad V Ex. V.
la quale intendo prestarli per CL*^ anni del dì de la receputa , li
mando anchora un paro di forfice al suo barber che facessero quelle
da trinziar a M.™ Zani. La spada comò le dissi e facta in Bilbao per
mano de quello AUogorth che è tenuto uno de li doi primi mastri et
la fece batter ad freddo in mia presentia. Al signor Duca piacque
assai et me disse che si landasse in volta de nocte che non me la
lassaria. Ma serra ad non poca gratia che la satisfaccia ad Ecc. V.
la quale humilmente et senza fine comò suo schiauo sempre me re-
commando.
Vrbini Xv Septembris 1524.
humil. servo suo
Horatio Florido.
Domini Octaeio Ursino
Signor Octavio lo Mes. Vincenzo Guerriero ni ha nouamente fatto
intendere che se ritroua in Roma uno spagnolo che lavora alla aza-
mino benissimo et per un saggio et exempio del suo lauorare me ha
dato un pugnale lauorato di sua mano che ne piaciuto quanto altra
opera tale habbiamo mai ueduto. Et perchè uolontieri faressimo fare
alcuni pesi darme a nostro modo al detto spagnolo intendendo noi
che V. S. può dispoiiere assai di lui per quanto esso M. Vincenzo
ni dice ne parso pregar quello che la voglia far opera che ogni modo
ci venghi a seruirmi per un tempo certificandolo et assecurandolo
chel sarà ben ueduto trattato et remunerato da noi et a questo effetto
mandiamo questo nostro cavallaro a posta quale li conduca et ac-
compagnarà fin qua et li la farà bonissima compagnia piacendo al
detto spagnolo di venire come speramo ni 1' opera et autorità di V. S.
Mantua V junij Mdxxiij.
quanto Rateilo
Il Marchese di Mantua.
Non saprei chi possa esser stato questo -valente armaiolo o
spadaro.
572 LE ARTI MINORI
Caremolo Mondrone, milanese.
Abbiamo veduto già accennato un mastro Caramolo al ser-
vizio della Corte mantovana fin dal 1521 , ed eccoci a più notizie
speciali a lui.
Cosi gli scriveva il Marchese :
A. Caremolo armarolo
Auisami quando serano finite le lanze, che si possino hauere
et sollicita le nostre armature. Et bene valete. Ex Ponteoico 8. Octo-
bris 1523.
Al 3 settempre gli faceva pagare otto ducati per celate fatte
al Marchese del Guasto e per altre armature, che doveva fare.
Il Marchese, a di 14 novembre 1524, scriveva al suo amba-
sciadore in Milano De Cappo che aveva ricevuto le lettere por-
tategli per Caremolo « et havemo carissimo che 1' armatura sia
piaciuta a monsignor di Borbone e li stia cosi bene. » Le quali
armature, ben inteso, erano fatte dal Caremolo.
A di 3 dicembre 1524, spediva una lettera dominis reetoribus
Brixice , notando loro :
Ho commisso a M.o Caremolo mio armarolo che ne faci de le
armi per me et per alquanti mei soldati da piedi et da cauallo et
per tale effetto lui venera lì a Bressa per tuore del ferro da fare esso
armi prego le M. V. per amor et respetto mio li uogliano lassar tuorre
et extrhaere eoe
E poi sempre agli stessi, a di 8 dicembre 1525 :
Per la lettera de le M. V. di 5 del presente ho visto quanto beni-
gnamente le siano contentate ad instantia mia di far relaxare a
M.™ Petro Jacomo da Castello armarolo le due somme di ferro lui
ALLA CORTt; DI MANTOVA. 573
neramente hauea compro per mio bisognio cioè per far armature e
per mi e per mei soldati però ne le ringratio infinitamente.
Questo armarolo da Castello nell' ottobre 1527 aveva promessa
dal Marchese mantovano di 350 ducati per armature, archibugi
e schioppi, fattigli in Brescia.
Ringrazia pure per aver dato licenza consimile a Mastro Ca-
remolo per tre some di ferro , e domanda la tratta ancora per
cinque altre some.
E poi a di 21 gennaio 1525 , rivolgevasi al suo ambasciadore
<3. B. Malatesta in Venezia :
Perchè molte volte mi occorre per fare armature per la persona
nostra a Caremolo nostro armarolo et da tre in quattro uolte l'anno
secondo le mutationi della persona nostra et secondo diverse foggie
che mi piaceno de quale -alcune ne tenemo alcune donamo uia ad
qualche amico et Gentilhomini et anchor li nostri Gentilhomini , es-
sendo questo bono armarolo se forniscono da esso, accadi parimente
mandar molte volte a Bressa a leuare ferri per tal bisogno. Il per-
chè quel M.co Capitano di quella città se rende difficile lassarli cavare
acciochè non si pensi che la cosa sia altramente come le et che ogni
uolta non interuengono queste difficoltà uolemo che faciati intender
il tutto a quelli Signori con pregarli che uogliano essere contenti di
scrivere al predetto Magnifico Capitano o che permetti che si leni
quelli ferri che saranno per il detto bisogno o che limittono quella
honesta quantità che li piace concederni che mi faranno gratia sin-
gulare , cauando tale expeditione più fauorabile che potrete.
Seguiranno autografi dell' armaiolo stesso :
Signor Patron auiso come azo presentato la litera de V. S. al Cha-
pitani di Bresa e lui me ha dito a bona giera che lui non uole chel
>^e me uà ferro zo del palese et auiso V. S. corno retornai una altra
volta da lui et lui me dise che non me douesse partir da lui per fin
che la risposta vineva da Uinetia da parte de V. S. et uedando tal
risposta da lui me pensai de dir de uoler andar in un seruisio de
V. S. per sei dì uedendolo mal disposto de seruh* V. S. et auiso
quella comò vado al uiazo per far il debito mio siche V. S. prouedi
574 LE ARTI MINORI
et fati uoi et pur non uoria far chosa che fosse un dispiaser di V. S,
et uisateme per il presente lator a dì 12 de Zenaro del 1526.
Mi Carcmol a fato scrwerc dal
Ber gemo.
Che sia data in man del
lustrissimo signor Marchese di Mantooa.
Allora il. Marchese si rivolse al suo Ambasciadore in Venezia
per aver 1' opportuna licenza.
III.'"" Signor. Sapia Vostra Signoria comò la vostra gola et quella
de Magistro Petro sono tutte due eguale di peso cioè pesano tanto
una quanto 1' altra, ma quella de V. S. è molto più bella che quela
altra et è più granda pur assai mo quella de Magistro Petro è più
granda de colare che non ze quella di V. S. Sapia V. SigA'^ eh' io
sonto per fare tanto quanto voi quella et non altramente et tanto
quanto mi comandarà V. S. farò da vero et fedele servitore ancora.
Zohan Zorzo selaro me ha mandato uno fusto da armare uno de
quelli cavalli che ha menato Mg.'o Alessio a V. S. che ha nome :
il primo soltano Solimano da armare a botta de schioppo : sapia V. S.
che ho pagato a Bressa il ferro per armare selle et colui non me la
ancora mandato ma pur se V. S. vole che sia fornito subito gua-
starò di petti e ciò che ho al mondo par seruir V. S.'^ non altro a
V. S. me racomando xxj Augusti mdxxvìj.
Vostro ser attore Caremoro armarolo
di V. S.
All' III. et Ex.'^° Signor nostro
il Sig. Marchese di Mantua
in Marmirolo.
Il marchese Federico, a dì l** giugno 1527, facevagli la seguente
concessione :
« Gli meriti di la servitù che ha con noi Caremolo da Milano nostro
armarolo carissimo ne inducono ad gratificarlo concedendogli la
privativa di fare e permettere ad altri venture e giochi di coso
mangiative e di altre cose del valore d'un ducato per ciascuna uolta,
concessione » estensibile anche agli eredi suoi.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 575
Al 23 gennaio dello stesso anno « Caremolo e Consorti de
Mondrone , cioè Paolino suo fratello , Bernardino nipote loro ex
fratre de Mondronihus mediolane nses armaroli, ottenevano cittadi-
nanza mantovana. E al 22 novembre 1528 Caremolo de Mon-
dronibus otteneva dal marchese privativa erigendi cedijitium super
rivo Jtuminum regalium prò faeienda arma.
(R. Decreti et Mandati 1522-30, fot. 30 a 133J .
III.""' et Ex.'"" Signor mio et patron obseroand.""' Quanto se spela
a me de compiacer Ms^ Caremolo armarolo de V. E. de la botegha
che quella per una sua me scrive , son contentissimo contendosi an-
cora lo Ill.mo signor Ludovico mio fratello : desideroso in questo et
in magior altra cosa far piacere a V. S. alla quale con tutto il cuore
baciandogli le mani me offero et raccomando in sua buona gratia.
Da Gazolo a li xxvj de Zenaro mdxxvii.
Di V. S. III. et Ex.
seruitore
Pirrho Gonsaga.
AlV III. et Ex. Signor mio et Patron
Obs. Il Signor Marchese di Mantoua.
Lorenzo Martinengo da Brescia scriveva al Marchese di Man-
tova in data 12 dicembre 1527 :
Hoggi mastro Caremolo et io insieme hauemo fatto portare qui in
casa nostra dal Mastro le spade di V. E. , le quali sopra d' un bono
brazzale prouate non si sono ponto dal primo suo essere mosse
comò la stessa V. E, uederà et il tutto più chiaramente dal prefato
mastro Caremolo intenderà.
Pare che dopo il Caremolo facesse una gita per proprio conto ,
|poichè il Marchese lo faceva cercare ad Orzinuovi. Egli rispon-
ieva da Verona nel dicembre 1528, che , lasciate le armature in
^Brescia , sarebbe partito secondo gli ordini. Erano armature che
iveva fatte per l' imperatore , da cui erano aspettate vivamente.
Antonio Bagarotto da Ispruch scriveva alla Corte di Mantova
iil 2 maggio 1530:
)76 LE ARTI MINORI
L' armarolo de la Maestà Cesarea cui insta che voglia pregare
V. E. che come più pi^esto siano fornite le arme che si fanno l'i in
Mantoua per S. M.^'"^ là le uoglia mandare perchè le sono aspettato
da quello cum summo disidcrio.
Ma Caremolo pare che pensasse più a suoi possessi ; poiché
a di 22 april)8 1531 domandava al Duca di Mantova ed otteneva
di portarsi in villa (rus) non ostante non fosse ancora tempo
(^R. Mandati 1531, fol. 63J.
Ippolito Calandra, da Mantova, scriveva, a di 22 marzo 1533,
al Duca :
Le armature di la M^'"^ Cesarea non puonno esser fornite a lauorar
di e nocte e dimane che è festa più presto che posso dimani alli
dicesette hore che V. S. facia conto che alle venti hore M.''o Care-
molo si partera'che serra lunedi.
E al 23 seguiva :
M.'o Caremolo domatina a bona hora si parte con il mulo et lo
arme di S. M. quale sono belle corno V. S. uederà et anche esso
porta la sella che si è fornita.
L' ambasciadore mantovano in Spagna, in data 26 agosto 1534,
da Potenza scriveva al Duca di Mantova :
V. S. sapeva come ali 23 del mese M.'o Caremolo apresento le
armi quali li sono state tanto care che S. M. disse che li erano più
care che una cita puoi fece tante careze a M.''o Caremolo come fosse
stato suo fratello puoi gè li à aprouate et li sono state tanto bene
clie non si puotria dir meglio e credo se il gè avesse tolto la mesura
mile uolte non stanano meglio M.^o Caremolo più è amato e rc-
uerito che omo de la Corte.
E meglio proveranno la soddisfazione dell' imperatore i suoi
autografi che qui per la prima volta vengono in luce.
Carolus Augustus D. F. C.
Romanorum Imperator.
III.'^^ Prineeps Consang.'^ Carissima Las armas q. nos truxo Care-
molo nos ha parescido muy bien y estamos muy contento dellas
ALLA CORTE DI MANTOVA. 577
porque son nxuij bien acabadas ya nostra uoluntad , y lo qucdamos
del animo con que se enihiaro porque lo tenemos bien conoscido y ha-
beinos lo que enei ay para nostras cosas ci nostro para las vestras
es de la misnia manera come cs rason , Ca remolo dira particular-
mente lo demas q. teca a las armas Dai. ex Palencia a quatro de
septembre an. de MDXXXiiij_,
Carolus.
///." Duci Mantuae Principi
et Consanguineo nostro carissimo.
E ne fu tauto contento che ne volle altre.
Ritornato Caremolo in Mantova, a di 19 maggio 1536, rivol-
gevasi cosi al Duca :
Per il presente lator di questa mando a V. S. la spada et lo pu-
gnale et quanto che quella mi dette commissione beri sarà che li
d vessi mandarli drieto che cosi non ho mancato exeguire quanto in
executione me impose ho hauuto beri serra una lettera de Monsignor
grande qual me scriue che quanto più presto porterò le armature allo
Ces. M.t'* tanto più grate li saranno però non mancare solicilare.
In fatto Carlo da Fano, a di 19 giugno 1536, scriveva da Asti
al Duca di Mantova:
Hoggi mastro Caremolo ha presentato la celata et spada a S. M.
et per quanto egli mi dice gli è molto piaciuta , domani S. M. se
uole armare uolendosi prouar ogni cosa ad un tratto Le ha doman-
dato quando potrà hauer li dagoni, mostrando hauer desiderio di ha-
uerli presto , le resposi che li hauria alla fine di questo mese col
^ guanto stanco e chel dritto hauer ebbe a meze che viene.
Ed anche per queste seconde armi , F imperatore espresse la
sua soddisfazione nel seguente autografo inedito :
f
Carolus divina facente Clementia
Roman. Imp. August.
Illj^ Princeps consanguinee Carissime Las armas son muy buenas
nos han parescido en extremo bien y contentado mucho y assy nos
578 LE ARTI MINORI
ha sati^fecho el armerò al qual hauremos plaser que per nuestro re-
spedo tengays per encomendado.
De Alua a XXiij de Junio de MDXXXVj .
Carolus.
Fiaques secret.
Ill."^o Frederlgo Gonsaga duci Mantuce
Principi et consanguineo nostro cariss."^^
Da Mantova Caremolo , al 9 novembre 1536 , presentava al
Duca un pugnale ordinatogli , promettendo « di fornire uno altro
cappello e beretta di ferro. » E a di 14 dicembre mandavagli
per suo genero « lo capello et la beretta alquanto più grande de
r altra et con le pieghe ad un altra foggia .... ancora auiso
comò la sua armatura è finita Quel Maestro da le spade
ha portato a V. E. uno belissimo dagone il più bello che mai
uedessi insieme con molte spade molto belle quale ha compro
il conte da la Mirandola el l' ha fatte fornire molto bene do
fornimenti bressani. Parimente auiso V. E. come il conte da
Fontanella ha mandato da me per farsi fare due armature per
la sua persona. »
Ed eccoci ad un autografo di un altro ancor più famoso ar-
maiolo, Serafino da Gardone, che operò una finissima armatura
per Carlo V.
Iho maystro Antonio de Serafino confesso hauer receuto da Miscr
Caremolo maystro de 1' armarla de 1' ecclentissimo signor Ducha de
Mantoua scudi setanta doro per compito pagamento de doi spade et uno
pugnale e questo si è sta paga di in tasa del magnifico signor Caualer
Marloto Martlnengo a di 12 desembre a bore 23 e mezza del 1537.
E mi Antoni de Sarafino scrito el presente scrito a di medesmo
sopra scrito.
L'Angelucci (L'arte nelle armi) crede aver scoperto il casato
di Serafino essere Martinoni ; ma io credo che si tratti di altro,
infatto quello che egli trovò nominato armaiuolo del Duca di Savoja
nel 1566 chiamavasi Francesco e nel documento da me esposto
abbiamo la firma stessa Antonio de Serafino.
ALLA CORTE DI MANTOVA.
579
Caremolo, al 15 aprile 1539, faceva conoscere al Duca, suo
!iignore, d'avergli già partecipato che mastro Bartolomeo da Ve-
rona non aveva potuto finire quelle armi per essere stato am-
malato ; ma che guarito riprese il lavoro, ma poi ricaduto dovè
passare il compimento ad altro mastro, che fra 15 giorni le darà
compiute.
Due giorni dopo facevagli conoscere che aveva ordinato a
Brescia la spada e i fornimenti dorati, secondo i voleri del Duca.
Al 28 stesso mese partecipa vagli che andò a Brescia ad ordi-
nare le due spade a mastro Antonio de Serafino « una con gli
dui canaletti e V altra col spigolo in mezzo. » L' avvisa che man-
derà subito r arme del Gran Conestabile a mezzo di Marcantonio
suo genero. Al 6 maggio erano spedite.
Margherita d'Austria da Roma, il 16 agosto 1539, rivolgevasi
al Duca di Mantova, raccomandandogli Antonio de Torres che
veniva a Mantova « per havere certe arme che ha fatto fare in
Mantova per Don Gratia de Toledo figliolo del signor Viceré di
Napoli. »
Il Torres ebbe in Mantova lite con un gentiluomo, cosi al 21
dello stesso mese Margherita d'Austria ne raccomandava al Duca
la risoluzione.
Boisy d'Albeville al 23 febbraio 1540 scriveva al Duca pre-
gandolo di far sollecitare 1' armaiolo cui da otto mesi aveva or-
dinato l'armatura, dandogli scudi 250 di caparra ; ma al 26 maggio
non le aveva ancora ricevute e domandava nuovamente notizie
sullo stato del lavoro.
Ed ecco la fine del valente artefice.
1543 27 febraio.
M'"o Caremol di Modrone da Milano armarolo dell' 111.'" et Ex"io
Signor nostro in contrada del Leopardo morto di 5 4 anni.
Dall'eredità risulta che aveva comprato un molendinum armorum
in suburbio Portus da Viglino de Vilatis.
Suo fratello Paolo armarolo moriva il 20 aprile 1563 nella
580 l'E ARTI MINORI
stessa casa di febbre, dopo otto giorni di malattia, avendo 65 anni.
(jVeerologio Mantovano). Erano figli di un Pietro Ambrogio.
Come si é veduto questo Caremolo mantenne 1' onore italiano
pella fabbricazione delle armi e fu onorato personalmente dallo
stesso imperatore Carlo V.
Armaruoli diversi.
Ora ritorniamo indietro a riprendere altri artefici e notizie at-
tenenti alle armi presso la Corte mantovana.
Al 26 gennaio 1525 il Marchese scriveva al Castellano Arcis
Capr lance.
Dilccto Jidelis noster. Volemo che tu consegni al presente exhibi-
tore sei de quelle armature che ti lassò questa estade passata Caremolo
nostro armarolo quando il signor Fabritio Maramaldo fece compagnia
de fanti con ordine che tu dovesti dar a niuna persona senza nostra
lettra, che mandamo questo messo a posta perchè le conduchi a
Mantova : bene tale.
Giacomo Cappo ambasciadore mantovano in Milano avendo
fatto sapere al Marchese suo signore che il Marchese del Guasto
avrebbe aggradito una spada schiavona, a di 10 marzo 1526,
aveva in risposta :
Mandamoui due schiauone ben guarnite e bone lame le quale pre-
sentarete per parte nostra al signor Marchese di Guasto facendo la
escusa nostra con sua signoria se siamo stati tanto tardi, perchè ni
è stato forza mandar a Venetia al ritrouarne da quelli schiauoni, che
si intronano là et hauemoae haucto queste due per le migliori che
si habino potuto hauere che in casa non se ne retrouano che quelle
che già ni porto il Capitano Ioan d' Urbino le facessimo retirare....
farete ancor offerta de la spada da due mani che ui mandassimo li
di passati fornita di argento se non 1' accetta remandatemela indietro.
Intendemo che si è uno mastro che fa barde da cauallo de piastre
de ferro come si fanno le coracine e perchè designamo di hauerne
uolemo che sapiate da lui quanto pesariano le barde fornite integra-
mente et quanto ne costariano per un cavallo...
ALLA CORTE DI MANTOVA. 581
Il Duca di Urbino cognato del Marchese di Mantova, trovandosi
a Castel Goffredo nel mantovano, a di 2 di ottobre 1526, rivol-
gevasi al Marchese:
Perche ho desiderio et bisogno di un pugnalo qual non farei caso
che fussc o alla spagnola o a qual altra foggia se uolesse et mede-
mamente de un arma da portare allo arcione poro che quella mia eh' io
portaua si è rotta...
Prega per averla aggiugnendo che gradirebbe molto :
Quel pugnale che ella mi mostro a Marmirolo guarnito di argento
Inuorato de mano di quel spagnolo.
Da Padova poi al 9 settembre 1527 scriveva :
Ho riceuuto la gola di maglia che V. S. 111."^^ mi ha mandato e
per essere de la qualità che è ; e uenire da lei mi è summamente
• ara e particolarmente perche parmi che perfettamente finirà la mia
armatura.
Indi prosegue con notargli che se desiderasse alcun pezzo
d'arme da M.'° Antonio in Brescia, non avrebbe altro che av-
visarlo che lo farebbe eseguire subito.
Al 28 settembre 1529 da Brescia nuovamente.
Quanto al soprapetto et la celata il mio armarolo me ne lauora
una al presente che prestissimo sarà finita et sarà de bona mancra
però perchè elio non potria seruir bene V. S. IH. senza pigliarle la
misura io glielo manderò snbito et faroUe portare detta celata....
E al quattro novembre avvisava che aveva spedito I' armarolo.
G. Giacomo di Medici dalla Rocca di Musso, fin dal 18 gen-
naio 1528, aveva mandato a Mantova archibusi «della bontà et
beltà loro sonno degli meglioii et più belli si sono trouato in
alemagna ».
Tommaso Cardo da Pojsi, il 5 marzo 1528, avvertiva il Mar-
chese :
Delle armi hauendo S. Maestà un certo pugnai non .... bello allato
He che io gli lo leuasse et che io li ponesse quello de V. S. quale
i ha molto piacciuto et da bora in qua sempre 1' ha portato et porta.
582 LE ARTI MINORI
Delle altre armi disse « che mai non ha hauuto il più bello
ne il più charo presente. Erano presenti monsignor lo Gran Mastro
Monsignor de Guisa et el Cardinale suo fratello. »
Altre armi il Marchese mandava a suoi cugini in Lorena e
non regalava soltanto a Principi ma anche a privati ; e ne riceveva.
Altro sontuoso regalo faceva il Marchese mantovano (ultimo
giugno 1528) a messer Giov. Contareno, cioè:
Uno spadone a due mani fornito d' argento col manico pomo elzi
et pontale d'argento battuto. Un azza adorata inastata; tre altre in
diversa foggia.
Dui partesanoni inastati
Un armatura fornita da tutto punto col petto dorato
Una corazzina d' azzalo a tutta botta intersata coperta di raso
Una celata alla polacha coperta di brocato, altra differente
Dui targoni lauorati et dorati.
Egli, a di 11 settembre 1528, avvertiva Fernando Gonzaga
che gli faceva far una armatura simile a quella fatta eseguire
pel Marchese del Guasto, e gli spediva pure un cavallo turco
per la via di Gaeta.
A di 10 luglio 1536 il Marchese incaricava di far conoscere
a Don Ferrando, mandandogli una spada, che « questa é ritirata
da una schiauona uecchissima che Noi tenemo per perfetta arma.
Et poi di quella maniera che parerà a sua Signoria presenterete
a S. Maestà. » Nel gennaio 1588 ordina a Brescia per conto di
Don Ferrando, viceré di Sicilia, ferro per petti, coppe di celate
e schienali di armature.
Riceveva dal famigerato Pietro Aretino un pugnale fatto da
Mastro Valerio , bellissimo, come fa conoscere il Marchese stesso
ringraziandolo, il 23 ottobre 1529.
Sembrerebbe che altre armi oltre quelle fatte da Caremolo , il
Marchese facesse eseguire peli' imperatore ; poiché riscontrai che
egli al 18 luglio faceva pagare sulle condanne o composizioni^
scudi 29' d' oro a M^° Pietro armarolo per certe armature fatt^
da lui e donate dal Marchese alla Maestà Cesarea (i?. Decret^
e Mandati 1530-2, fol. 332).
ALLA CORTE DI MANTOVA. 583
E poi il 9 novembre 1532 faceva scrivere a M."^ Franceschiao:
Ilauendo la Maestà Cesarea uedute alcune armature delle uostre
bellissime et essendogli piaciute molto e venuto in desiderio de hauerne
per la persona sua. Unde seria bene et così ui priego a far che man-
diati subito in qua uostro figliuolo acciochè sua Maestà possa ordi-
narli quelle cose che uorrà et quanto più sera presto sera tanto
meglio. . . .
Urbano da Brescia da questa città spediva al Segretario du-
cale in Mantova, il 16 aprile 1531 :
Finalmente tutta questa architettura che mi ha comesso el signor
Duca et la signora Duchessa miei patroni, di armi che sono parecchie
casse poiché sonno tutte doppie da giostra et da combattere alla spada
con centinara di grappeìlo schife e contraschife et armi da uomini con
tutti li fernimenti anco con testiera da cavalli. . . .
Leonora Gonzaga duchessa d' Urbino da Pesaro scriveva a
suo fratello, duca di Mantova (23 marzo 1536).
Quando il signor mio 111.™» fu arrivato qui presente a S. E. il
pugnale che V, S. 111. mi haueva mandato. ... e stato tanto accetto
a questo quanto dire se potesse auendolo accettato, come si suol dire
in prestito per cento un anno.
Anche suo marito ringraziava del dono, e poi al 6 luglio 1537,
scrivendogli da Murano :
Io desideraria che un Mastro da schioppi che sta in Augusta e ne
lauora de simili a quello che mi dono V. E. con qualche cosa di più
di nono me ne facesse uno ma mi fa intendere non potermi sefuire
per hauer preso a farne quattro o cinque per il signor Duca di Ba-
viera, il lavoro de quale non pò intralassare et perche vi ho pur gran
desiderio di satisfarmene ho pensato con la solita confidenza di in-
teressare insomma il cognato per averne uno dal Duca bavarese.
E pare sia stato soddisfatto , poiché al 23 gennaio 1538 da
Venezia scriveva :
Ringratio grandemente V. S. 111. de la risposta che mi fa circa
lo archibuso che douea uenirè d' Alemagna et de la canna che mi ha
raandato che tira senza fuoco che mi è molto cara.
584 LE ARTI MINORI
« Alessandro antiquario dele medaie » da Venezia nel lu-
glio 1538 offriva al Duca di Mantova una scimitarra damaschina
di Bascià turco, domandando scudi 12.
Bono Moreschi e suo figlio Gian Pietro appariscono nel 1539
a servizio della Corte di Mantova quali armaruoli.
Il Duca di Mantova favoreggiava con facilità gli artefici di
armi e di fornimenti in Mantova: a di 20 marzo 1539 era accor-
data la cittadinanza mantovana a M.'''^ G. B. Marchetti, detto il
Chiosi , da Salodio Morsarlus, che da 18 anni era in Mantova
{R. Decreti 1538-42, fol. 30).
A di 6 dicembre 1542 permetteva che M.'° Bastone armarolo
dell' 111.'"° Don Ferrante trasportasse senza pagamento di dazio
al suo signore 17 casse e 4 forzieri pieni di armature e 18 spade ,
tutti di spettanza di Ferrante Gonzaga.
E la stessa concessione all'ultimo gennaro 1543 dava al Ca-
pitano Belantonio Corso che conduceva da Brescia per Pier Luigi
Farnese certa quantità d' armature.
Era superiore della Armeria Ducale nel 1543 un Mastro Marco
Antonio.
Il Duca di Mantova riceveva la seguente da Venezia, il 10 di
luglio 1549 :
In questa terra è un tedesco qual lauora molto bene di ruote da
schioppo et altre cose che altre uolte essend' egli putto insieme con
un altro tedesco stete al seruicio della felice memoria dell' Ecc."^^ ^\.
gnor Duca padre di V. E. et lauoraua nella monitione, bora costui e
reiiscito un buon maestro et io ho veduto V oppei^a sua qual molto
mi piace , quando V. E. lo uolesse al suo seruicio mi darebbe il
core di condurglielo con poca cosa, costui e giovane solo ba ingegno
et lauora uolontieri. Le cose mie procedono all' usanza di Venotia
lunghe per il che dubito essere sequestrato per qualche mese. . . .
G. B. da Gambara.
Al 1" marzo 1553 il Governo mantovano concedeva il privile-
gio a Gio. Antonio de Bombardarijs bresciano per fabbricare ed
indorare armi in Mantova, accordandogli di più la cittadinanza
{R. Decreti 1518-53, fol. 278-9).
ALLA CORTE DI MANTOVA. 585
E al due maggio dell' anno seguente facevasi concessione degli
statuti o capitoli all' arte dei fabbricatori di spade o spadari, no-
tandosi che prima d' allora per esser pochi non avevano potuto co-
stituire il paratieo e dovettero star uniti coi ferrari. Riconosciuto
esservi 24 botteghe di spadari, i mastri domandarono ed ottennero
la separazione {R. Decreti, 15536, fol. 120).
Per la seconda metà del secolo XVI possiamo dar un po' d' or-
dine regionale ai documenti a cominciar da Ferrara.
Non comprendo bene di qual ordegno si voglia alludere in
questa lettera :
//i."*» et Ecc."^o S.o'' Perchè intendo che un M.™ Antonio Magnano
che tiene bottega in Mantoa è stato fabricatore dello ruote di quelli
scelerati ordegni che sono stati mandati in diverse parti d' Italia et
particolarmente nello Stato mio et hanno fatto quel danno che ben
mi rendo certo che sarà peruenuto alle orecchie di V. E. et essendo
stata non solo cosa inaudita ma scelerata et di pessimo essempio et
desiderando io estremamente di uenir in cognitione di tutti quei miei
sudditi che ui hauranno hauuto parte per poterli perseguitare, come
sono risoluto di far fin all' ultimo punto prego 1' E. V. che si con-
tenti per amor mio oltre che so eh' Ella è di sua natura nemica de
tristi di ordinare eh' egli sia subito preso et posto ia una buona et
sicura prigione, che come io habbia auiso della sua detentione man-
derò persona espressa per interrogarlo diligentemente sopra tutto quel
che occurrera et perchè sarebbe facil cosa che costì si trouassero al-
cuni altri complici di questa sceleragine, se il portatore di questa ne
notificherà alcuno all' E. V. la prego parimente a farli ritenere che
oltre ch'ella farà cosa degna di se, io gliene resterò con obbligo par-
ticolare, raccomandandomi intanto alla sua buona gratia et pregandole
dal S.f^o Dio ogni felicità. Di Belriguardo a di xixj di giugno MDLXij^
Senatore di V. £".'«
Il Duca di Ferrara
AlV Illj^o et Ecc."^o Sig.''
Il Sig. Duca di Mantoa.
Risulta da due lettere posteriori che fu imprigionato e sotto-
posto a processo con altri. Credo possa trattarsi di una specie
Arch. Slor. Lomh. — Anno XV. 38
i8C LE ARTI MINORI
di bombe all' Orsini, accennate in gride appunto dei 1562. Erano
in forma di scatola piena di polvere, la quale aperta da chi la
riceveva, mercè una piccola ruota d' archibugio scoppiava. Molti
ne furono vittima in Modena.
Cesare d' Este da Ferrara, il 21 febbraio 1590 faceva cono-
scere al Duca di Mantova che non prima « il mio Thedesco
ha finito la ruota d' archibugio che piacque a V. A. di accettare. »
Ed egli stesso, a di 26 agosto 1596, dava ricevuta al Duca di
Mantova dell' archibugio d' acciaio, mandatogli in dono.
Pelle relazioni con Brescia principio con intagliatori in ferro.
EeC'^o Signore
Pei- non mancare ala 111.™^ S. E. non ho mancato insieme lo M.'"
Zouanni circa dele feriate prima quello Mastro che aueua detto già
molti giorni de far li ornamenti a pretio de soldi otto la lira luij dice
non pò farli al presente per manco de soldi noue per alcuni sol ra-
gioni : li altri M." sono più cari , poy essendome metuto ale mane
M.''^ Paulo qual sono stato filiolo de uno grande ualentomo in questa
arte qual anno promesso far li detti fornimenti per otto soldi di lira
et darli in laudabile forma et se sono obligati dar idonia sicurtà de
(juello se conuiene li come questa per uno scritto che ano abuto M.»»
Zouann.e qual Mastro Zouanne se auertisse a farse dar bona segurta
perchè io non ho molta pratica de questo MasU'o desidero che V. S*
sia ben semita che la prego con tutto el core che la me uolia co-
mandar ben che sia indegnio perchè io li sarò sempre umile et fidele
che S.>" Dio conserui V. E. ala qual umilmente li bascio le ill."'^ mani.
Da Bressa a lì 22 agosto 1565. Di V. S. III.
Gratiadio Antignate.
L'Antignate deve esser stato il conosciuto fabbricante di or-
gani, che fece fra gh altri quello della chiesa primaria di Chiari,
del Duomo vecchio di Brescia e della chiesa ducale di S. Barbara
in Mantova, valutato questo 600 ducati- da Girolamo d'Urbino, E
l'inferriata, di cui è cenno nell'esposta lettera, deve riguardar ap-
punto detta chiesa. Figlio di G. B. orgasaro fu padre a sua volta
ALLA CORTE DI MANTOVA. 587
(li Costanzo, che segui a mantener l'arte in famiglia come si può
vedere nel lavoro del Cav. Danmano Muoni : Gli Antignaii orga-
na ri insigni e serie dei maestri di cappella del Duomo di Milano.
11 Podestà di Canneto, a di 2 gennaio 1576, presentava al Duca
questa domanda, appoggiandola come molto utile.
Al nome de Dio
Io Gasparo de la Roccha armaruolo in Bressa mi offerisco et faccio
oblatione al Ser."io Sig.»" Duca di Mant.^ et Monferrato ecc. di tenere
una monitione de 300 morioni a mie spese et interesse o bonefitio
de S. A. et servitù de li huomini de Canneto et tener detta monitione
di detti 300 morioni in Canneto et se le genti di S. Al.^a o altri ne
comprarano mi obbligo a remetterli de mano in mano secondo si ven-
dirano a tal che la monitione de detti 300 morioni sia sempre integra.
Di più mi offerisco se in Canneto ouero in altro luogo vicino a Can-
neto però sottoposto a su Altezza gè sarà ale* monitione d'arme di
tenerla in ordine regolata et gouernata et da armar le sue genti o
soldati quando sarà il tempo de far le mostri o ad altri bisogni.
Di più mi offerisco a mettere botega in Canneto et lavorare della
arie de le armi farne de nuoue, conciar dolio vecchie et conciar o
reformar le antiche in forme moderne.
Et tutte qxieste opere farle fedelmente so su altezza si degnarà di
farci dare quella minima prouisione o salario che si dà a uno minimo
fantaccino cioè scuti trei al mese et la casa de banda da mettere la
botega.
Et anco mi offerisco dar Idonea seg;urtà de scuti 200 d'oro di seruire
fidol mente.
Queste proposte, tanto più appoggiate dal Podestà locale, non
potevano a meno di esser accettate, essendovi penuria di fabbri-
cauti d'armi in Mantova.
La seguente era diretta al cameriere del principe di Mantova:
Molto magnijico mio patrone.
Feci fare la canna rigata che mi comise V. S. III. ma non è riuscita
a mio modo per seruir V. S, onde la mi perdonerà se ho tardato dì
mandargliela a tempo ma per meglio seruir sua signoria 111.'"» come
588 LE ARTI MINORI
è mio desiderio ne ho ordinata un altra quale si fa et subito fornita non
mancaro subito di mandarla con che molto me gli offero et recomando.
Da Bressa li 10 aprile 1587
Di V. S. III.^
Seruitore affy
Gio. Maria De Fino
maestro de archibusi
All'Esposizione di oggetti artistici in metallo, tenuta in Roma
nel 1886, figurava un trombone con canna in ferro, ornata da graf-
fiti e di testoline a cesello, lavoro del secolo XVII sul quale vi
era il nome dell'archibusiere G. Battista Dafino. Forse costui era
bresciano e della famiglia di Gian Maria.
Benedetto Ragazzoni da Venezia, il 3 febbraio 1595, spediva al
Duca: « alcune lame di spade fatte al mio luocho di Sacile, quale
mi vo imaginando che possino essere di sua satisfatione ».
Nello stesso giorno Gio. Francesco Casullara da Brescia man-
da vagli « la ruota e la canna fatta dal Colombo; se non buona
la canna è confacente alla bella ruota » , del resto ne farebbe
eseguire altre dal Lazzarino. Questo Lazzarino deve esser il Co-
minazzo, del quale nell' Esposizione di oggetti artistici in metallo,
tenuta a Roma nel 1886, figurarono un pistolone a fucile e pi-
stoletti.
Dalle esposte importazioni in Mantova da Brescia, crederei che
non fosse stata accettata un' offerta, che fin dal 8 dicembre 1583
Antonio Magno Von Echk da Vienna faceva al Duca di Mantova
di « belle archibusi longi e corti » e anche di cavalli. Dal car-
teggio degli ambasciadori mantovani in Firenze pegli anni 1588-
1590 risulta che dalla Toscana si fecero venir in Mantova molte
canne di archibugio.
Ascanio Cavalli da Firenze (1° ottobre 1590) pregava il Duca di
Mantova affinchè maestro Maffio da Pistoia fosse pagato per
quattro canne d' archibugioni fatte e spedite d' ordine ducale.
In Milano a di 28 lugho 1592 il Duca di Mantova faceva pa-
gare ducatoni 140 a Pompeo della Chiesa armarolo regio per
i
ALLA CORTE DI MANTOVA. 589
resto e saldo di armature fatte per la Corte di Mantova. La citata
Esposizione di oggetti in metallo, tenuta in Roma, aveva armature
di questo artefice, le quali provano la sua grande maestria. Esse
si conservano nell' armeria reale di Torino e nel museo dell'Ar-
senale di Vienna. Da documenti risulta che ne fece diverse anche
pei Farnesi, veduti dall' Angelucci {L'arte nelle armi, lezione fatta
ueir Esposizione di oggetti artistici di metallo in Roma).
Maestro Martino Terzago armaiuolo risulta nel 1595 che, caduto
ammalato in Mantova, ove lavorava, fu lasciato ritornar a Milano
dove aveva la moglie. Prima di partire aveva finita la celata ; cosi
fu dato l'incarico ad altri di finire il petto ed i bracciali dell'ar-
matura, che stava costruendo.
Erano armaiuoli del Duca mantovano nel 1569 i fratelli Dio-
nisio e G. B. del defunto Antonio ; e ferraro ducale nel 1584
M.™ Jacomo Cavalletti.
In Mantova fin dal 1593 si conosce che serviva la Corte tjual
armaiuolo Gabriele Cozzi, di cui ecco una lettera :
Serenissimo Signore,
Essendo Gabrielle Cozzi armarolo fedelissimo seruo di V.» S. stato
richiesto di un suo figliolo dall' 111.° S. Guido Gonzaga ad istanza di
Mad.™'^ Serenissima per mandarlo al servitio dell'A. V. costì poiché non
si è mai havuto risposta d'un altro armarolo qual è -stato ricercato da
Milano per quelle. Perciò non ho mancato come fedel.™^ suo seruo
ch'io li sono di mandarli il presente mio figliolo con uno aiutante del
quale son sicuro resterà seruita in ogni occorrenza, piacendo a V. S.
essendo lui perito al pari di qual siuoglia della proffessione sua el
:Come lo potrà vedere in effetto et perfine di ciò non òiancaremo ambidui
•di pregar sua diuina Maestà li conceda la sua santa gratia alla quale etc.
Di V. A. S.
fed."^o gre Gabrielle Cozzi armarolo
Ippolito Martini a nome de li predicto servitore
27 agosto 1595.
Nel luglio 1597 è accennato Antonio Maria Cozzi armarolo.
In quanto a spade nel 1582 risulta esservi gli spadari maestri
Ippolito e Francesco Cagis, il quale nel luglio ed agosto 1595
590 LE ARTI MINORI ALLA CORTE DI MANTOVA,
riceveva 171 ducatoni per aver provveduLo di corda da schioppi
ad uso dell'Armeria ducale (^Tesoreria, 1592-7). Ippolito Hirma
era spadaro di S. A. nel 1591, la cui bottega passò a Battista
Abbadino.
Per gli archibugi é menzionato Paolo Munnens o Moremans
fiammingo, garzone di maestro Alberto archibugiere da S. Agnete,
a servizio della Corte di Mantova, il qual Murmens, a di 8 gen-
naio 1596 fu arrestato, perchè trovato di notte con la spada. VA
ecco ora chi era il suo padrone.
Il Duca Vincenzo Gonzaga, a di 17 maggio 1597 , dava il ben
servito ad Alberto Ruotieri fiammingo, che per alcuni anni gli
aveva fabbricato ruote ed altri oggetti per archibugi , accordan-
dogli di ritornar in patria con moglie e figlioli (/?. Mandati,
1596-99, fol. 158).
Rivedremo questo Routieri o Rutier accennato , nel seguente se-
colo, a mezzo di un suo figliastro, per ora abbiamo esaurito i
materiali del secolo XVI, che non potevano esser più interessami
e abbondanti.
(Continua).
A. Bertolotti.
■
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO
(1814-1817)
NOTIZIE DESUNTE DA DIARJ
E TESTIMONIANZE CONTEMPORANEE.
I.
Se ci facciamo a studiare la società milanese nei primi anni
che seguirono la catastrofe napoleonica, più che mai torna op-
portuno distinguere il maggior numero, che s' adatta agli eventi,
Iche piega il capo dinanzi i fatti compiuti, dai pochi — e dai mi-
gliori — a cui r insuccesso non insegna alcuna viltà, e nei quali
non vieue meno la fede e il desiderio di operare ad onta delle
difficoltà cresciute e dei pericoli sovrastanti. Più che mai é me-
stieri di fare questa distinzione, giacché in quei giorni eravamo
tassai lontani dall' attuale diffusione dei sentimenti e dei convin-
Ècimenti patriottici, e la massa troppo facilmente indietreggiava
[davanti gli ostacoli , mutava gusti e tendenze secondo le circo-
Stanze del momento, e proporzionava le sue timide speranze alle
)robabilità meno arrischiate e meno pericolose. La disillusione,
iir uscire del 1814, era stata cosi grande e completa da aumen-
|tare questa separazione, che, più o meno, c'è senjpre stata fra
molti e i pochi , quelli sbaldanziti , spauriti , mogi mogi , e gli
litri fermi al loro posto, risoluti, immutabili. Per dire il vero,
y avvenire si presentava si folto di tenebre che i migliori patriotti
592 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
avevano delle ore amarissime di scoraggiamento , ma , passate
queste, la speranza riprendeva impero sugli animi : fosse mancata
anche la speranza rimaneva un dovere e un voto da compiere ,
e non si voleva venir meno al primo, non si voleva tradire il
secondo.
Il grosso della popolazione provava più che altro il bisogno
di quiete, fosse pure vigilata da armi straniere. Dopo venti anni
di guerre incessanti , delle quali si sentiva il peso e si portava
il lutto senza capirne lo scopo e l'utilità, dopo tanti sacrifizi di
danaro e di sangue, il paese non chiedeva che riposo, sentiva ■
un desiderio imperioso di pace. La gloria militare era venuta a
fastidio , giacché a nulla avea giovato , anzi 1' Italia , tenendo
conto delle condizioni politiche, si trovava a peggior partito che
non nel 1796. Pareva a molti che una specie di fatalità pesasse
sul nostro paese, sicché non gli fosse consentito di acquistare
mai la propria indipendenza : e mentre questo concetto di un
avverso , inesorabile destino ispirava le poesie politiche del Leo-
pardi , scritte fra il 1818 e il 1820, gittava nel cuore della
nazione una sfiducia profonda, e, almeno sul principio, una sfini-
tezza che poteva sembrare rassegnazione. E non foss' altro per
distrarsi si chiedevano divertimenti e spettacoli , corsi di gala,
sfoggi di mode , battibecchi letterari , gare coreografiche , del
chiasso in una parola.
I borghesi si erano fatti prudenti, i popolani quasi indifferenti;
di politica si parlava sotto voce e con timore, giacché l'Austria
era riuscita ad imprimere nella mente del maggior numero due
fondamentali opinioni, la prima che essa era fortissima, per non
dire invincibile , e la seconda che la polizia aveva cent' occhi e
vedeva e sapeva tutto. L'esteso spionaggio levava persino la
voglia di occuparsi di argomenti proibiti , e nei quali non era
concesso di parlare alla libera, con franchezza, senza riserva.
Mentre, però, il maggior numero accettava quasi senza mor-
morare il fatto compiuto, sicché l'Austria potè impunemente tra-
dire tutte le promesse che ci avea fatte poc' anzi per allontanarci
da Napoleone, non si creda che andassero del tutto perduti i
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
593
benefici della propaganda liberale , non si creda che la società
milanese tornasse indietro e si rimettesse nei solchi del secolo
trascorso. Il rivolgimento politico precedente era stato troppo
profondo perchè fosse dato ai nuovi padroni di cancellarne le
iraccie colle minaccio e coi castighi. Le nuove idee erano entrate
nel convincimento generale, erano passate nel costume, e quindi
nemmeno il più dispotico dei governi avrebbe potuto far rivivere
integralmente un passato , che non solo differiva in molte cose
dalle condizioni di quel tempo , ma era colpito dal biasimo uni-
versale e perfino dal ridicolo. Gli sforzi che si fecero qua e là,
per rimettere in piedi il tarlato edificio feudale , destarono più
che altro disprezzo e compassione : il regno delle parrucche, dei
codini, della cipria, dei lacchè, degli spadini e dei poetini era
per sempre caduto.
Il vecchio trionfava in politica , ma nel modo di sentire e di
vivere il nuovo continuava a farsi strada , a quel modo che un
movimento continua per forza iniziale e per esaurire del tutto
r impulso da cui proviene. La repressione poliziesca per quanto
occhiuta e violenta , non poteva colpire che gli atti esterni , le
offese materiali agli ordini costituiti , ma non poteva rimutare le
idee, né rifondere l'intera società nello stampo di un'età defini-
tivamente tramontata. Era impossibile rialzare le barriere castali,
come non si poteva levare dai codici le leggi basate sul concetto
dell' eguaglianza civile, e tanto meno si poteva strappare alla
coscienza le grandi verità conquistate mercè tante fatiche e tante
lagrime ! Tutti servi dell'Austria, ma almeno tutti eguali davanti
questa umiliazione! Svogliati, per ora, ed inetti a risorgere, ma
pronti, almeno, ad accogliere con gioia qualsiasi arbitrio o novità
nel campo del pensiero, qualsiasi tentativo di emancipazione arti-
stica e letteraria. Ciò spiega l'appassionarsi del pubblico per le
contese fra Monti e la Crusca, fra Classici e Romantici, fra la
Biblioteca Italiana e il Conciliatore, fra gli Arcadi moribondi e
r audace scuola che spezzava i ceppi di un' arte vecchia e con-
venzionale quasi per compenso e vendetta delle pesanti catene
testé ribadite ai polsi e ai piedi della nazione.
594 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Se non che queste battaglie di tavolino non bastavano agli
spiriti più animosi e gagliardi. Reduci dai campi di Spagna e di
Russia e caduti protestando, gemevano segretamente e sospiravano
i giorni della riscossa. A questi gloriosi avanzi dell'esercito na-
poleonico, a questi veterani di cento battaglie, che aveano offerta
Ja vita a Napoleone nella lunga e cara lusinga di offrirla al-
l' Italia, si erano congiunti molti giovani, fatti audaci dagli esempi
ancora recenti e dall'età stessa. Fra questi patriotti è rapido lo
scambio delle idee, è facile l'intendersi, necessità l'amarsi, ne-
cessità il cospirare in segreto : fra essi si discute il nuovo van-
gelo politico, si dispone un' attiva propaganda, si prepara e affretta
il movimento nazionale , che più volte arrestato e sconpigliato,
deve mettere capo al grande risveglio del 1848.
Non sarà mai bastevole la nostra ammirazione per questi forti,
che sapevano tenersi in piedi in mezzo ad un popolo prostrato ;
che sapevano custodire sul loro petto, coperto di cicatrici , il
nostro tricolore; che sapevano riprendere il faticoso viaggio, fra
insidie e pericoli d' ogni specie , mentre i più preferivano , di-
mentichi e dubitosi del grande scopo, di far sosta, dissipando le
più vitali energie tra inezie e brighe quasi fanciullesche. Dal 1814
al 1821 il lavoro delle società segrete fu vivissimo fra noi :
stracciata in un punto la tela, si ritesseva altrove, con un'insi-
stenza, che stancava le ricerche della polizia e teneva in allarme
i nostri padroni.
Furono pur lunghi e tristi quegli anni ! Circa mezzo secolo,
malamente vissuto dai pigri , dagli sfaccendati , dai dormiglioni ,
ma colmo di ansietà per chi aspettava 1' alba della redenzione I
Ore eterne , vigilate , senza moto , senza gioia , tranne gli sfoghi
clamorosi delle vie e dei teatri ; un sentire o sprecato in cose
senza costrutto , o fortemente concentrato nei misteriosi ritrovi
dei cospiratori; la quiete ad ogni costo, riguardata come ideale
supremo e perfezione ultima, e insieme la capacità di sfidare ad
ogni istante la morte. Nelle modeste pagine che seguono , si
trovano documentati molti affetti e molte impressioni di un tempo,
che oggi si riguarda da noi coli' intima soddisfazione del nau-
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 595
frago, giunto a salvezza: orme fuggevoli, vestigia appena rico-
noscibili , ma che pur meritano uno sguardo pensoso, e che il
piede affrettato del viandante felice farà bene di rispettare.
II.
In un precedente volume (1) ho descritto per minuto, e giusta
testimonianze contemporanee, la caduta del Regno Italico, quella
catastrofe, tinta di sangue innocente, che metteva fine alla ven-
tenne signoria francese e rovesciava un edificio, che pur appariva
bello e saldo e cospicuo.
Il 1814 fu una annata feconda anche troppo di sorprese e
rivolgimenti : alle improvvisazioni napoleoniche succedono quelle
degli alleati ; si demolisce in fretta e furia , sperando di rimet-
tersi al punto di prima e di ripigliare comodamente e piacevol-
mente la vita del secolo decorso.
Era più che logico questo desiderio de' sovrani ; ma fa a bella
prima sorpresa che i popoli applaudissero questo tentativo di
rimettere il passato , cioè un insieme di cose e di sistemi del
tutto disformi dai bisogni e dai sentimenti delle maggioranze.
Ma è facile spiegarsi questa disposizione degli spiriti , tenendo
conto di due fatti : anzi tutto la totale sfiducia , per non dire
sazietà che la sconclusionata politica napoleonica aveva gettato
negli animi , e in secondo luogo l' artificio dei sovrani che pro-
mettevano mantenere i benefici della rivoluzione , pur rattenen-
done i furori e ricacciando nell' alveo nativo il torrente che
avea inondato molta parte d' Europa.
Dal giorno in cui si cessò di credere in Napoleone si cominciò
a credere ne' suoi nemici : giacché ad alcuna cosa o ad alcun
uomo è necessità credano i popoli.
A Milano il sentire pubblico non era in massima diverso da
(1) La Caduta del Regno Italico y narrazione desunta da testimonianze
contemporanee e da documenti inediti o poco noti. — Milano , Fratelli
Treves, 1882.
596 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
quello di altre parti d' Italia e d' Europa, tranne quelle speciali
intonazioni che provenivano dai buoni e fastosi ricordi del Regno
Italico. Lo spettacolo o la fantasmagoria erano durati anche
troppo, si desiderava finissero : si chiedevano sonni quieti dopo si
lunghe e tormentose veglie, riposi senza scosse dopo sì faticose
agitazioni. Lo stesso Napoleone , al tramonto della sua carriera,
capi, non senza tristezza, ma senza pentimento forse, di averli
stancati e disgustati i popoli, già avvezzi a credergli e ad ubbi-
dirgli; e però ad un suo intimo, il conte di Segur, in un momento
di intimità completa , ebbe a dire — non ricordo più in quale
occasione — che alla sua scomparsa si sarebbe esclamato Auf!
Era tutta la verità.
Manzoni giudicava cosi i sentimenti e le cose che gli stavano
sott' occhio : — « Nel 1814 la maggior parte erano abbagliati dal
fantasma della gloria passata : molti, per le circostanze delle
cose, desideravano ardentemente gli Austriaci : cioè, dopo 18 anni
di tanti casi , desideravasi restituito quell' ordine di cose che
allora, per voce di filosofi e confessione dei principi stessi, si
era conosciuto disadatto. Pochi, i più quieti, dicevano : — Ma che
volete mai fare ? Lasciate un po' far a loro. Volete andare contro
tante baionette , ecc. , ecc. » (1).
Su per giù dice la stessa cosa un cronista milanese , che pi-
gliamo a guida fra queste melanconie , anzi tristezze terribili , il
Mantovani , il cui Diario , manoscritto , venne non é molto de-
posto nell'Ambrosiana. Era un dabbene impiegato, senza eroici
furori, per dire il vero; un uomo tutta pace, tutto ordine, e scru-
polosamente devoto alla Chiesa e ai suoi precetti : geme su!
costume corrotto ; sospira il ritorno della semplicità e della
castigatezza ; vorrebbe la gente laboriosa , quieta , senza ubbie
per il capo, senza frenesie né francesi, né gianseniste. Al paese
vuol bene anche lui , ma persuaso che non sappia reggersi da
sé , o che i tempi non sieno maturi per questo , gradisce anche
il dominio straniero, purché rispetti le buone usanze native, con-
(1) Dal libretto ove Cantù notò alcune opinioni udite dal Manzoni —
Vedi le Reminiscenze intorno allo stesso Manzoni del Cantù, II, 313.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 597
tenti la Chiesa , moderi le imposte e dia opera a migliorare il
pubblico costume.
Il Porta — anche lui — ne ha abbastanza :
Marcannagg i politegli seccaball !
Cessa serv tane descors e tane reson ?
Già on bast in fin di face boeugna portali,
E r è inutil pensa de fa el patron.
E quand sto bast ghe 1' emm d' ave sui spali
Etemament, e senza remission,
Cossa ne importa a nun eh' el sia d' on gali ,
D* on' aquila , d' on' occa o d' on cappon ?
Per mi credi che el mej el possa vess
El partii de fa el quoniam, e prega
De no baratta tant el bast de spess.
Se de nò , col posta d' on sit a 1' olter
I durezz di travers, reussirà
On pelament puttasca e nagott olter (1).
III.
Veggasi quello che il Mantovani scrive nel suo diario il 1^ gen-
naio del 1814 : — « Incomincia il nuovo anno con un apparato
assai lodevole, cioè non più colla speranza di esser liberati dal
nostro governo , ma colla certezza di avere a giorni un grosso
corpo di Austriaci a Milano. Questo pensiero ci fa tollerare le
gravi e quotidiane contribuzioni, dalle quali per la settima volta
siamo aspramente angustiati. » I sudditi « gementi per 1' orribile
-corticazione » frenano le querele in attesa del vicino rimedio.
« Milano ha un aspetto brillante, perchè avvivata dalla certezza
di finirla. »
Se non che V apparato assai lodevole sarebbe stato anche più
bello se i concordi e disciplinati voleri , risparmiando i tumulti
(1) Poesie, Milano, Robecchi, 1887, pag. 610; sonetto che, se non m'in-
ganno , è di questo tempo e non anteriore , com' altri crede.
598 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
[jarlameatari e di piazza , e 1' eccidio del Prina che ne fu V in-
diretta conseguenza, avessero procurato a Milano maggiore ar-
bitrio di sé e la possibilità di darsi quel governo che meglio le
convenisse. Rimpianti inutili, oramai, cogli Austriaci alle porte :
e mentre si menava il can per 1' aia colla riunione dei Collegi
Elettorali nel palazzo di Brera, col votare indirizzi e ringrazia-
menti , coir invio di una deputazione a Parigi (1) , e predicando
sapientissimi e umanissimi i sovrani alleati , che ci avrebbero
messi in tale stato e loco da non desiderare più nulla al mondo.
E intanto la Reggenza provvisoria (2) frettolosamente legiferava;
r idolo di ieri , Napoleone , è fatto segno di satire volgarissime ;
Bellegarde andava occupando 1' una dopo 1' altra le nostre città,
da cui uscivano alquanto sbaldanziti i soldati francesi per rim-
patriare ; e due giorni dopo 1' eccidio del povero Prina si cele-
brava un solenne triduo in S. Maria Segreta agli Angeli Cu-
stodi « per implorare il divino patrocinio sulla tranquillità dei
cittadini » (3).
Le insolenze al caduto rassomigliano a troppe altre , gittate
nel solito stampo, testamenti, epitaffi, ecc. Eccone un saggio:
Testament
Je ligue aux Enfers mon genie,
Mes Gxploits aux aventuriers,
Le Grand Livre a mes creanciers,
Aux Frangais 1' horreur de mes crimes,
Mon oxeraple a tous les tirans,
La France a ses rois légitimes
Et r hòpital a mes parens.
(1) La Reggenza provvisoria, eletta la sera del 20 aprile, dal «Consiglio
comunale in seduta straordinaria, si componeva di Gilberto Borromeo , Al-
berto Litta, Giorgio Giulini, Giacomo Mellerio, Domenico Pino, Giovanni Baz-
y,etta , Carlo Verri presidente , Giuseppe Pallavicini segretario generale. —
Vedi De Castro, Caduta del Regno Italico, ecc., pag. 129.
(2) Marcantonio Fé , Federico Gonfalonieri , Alberto Litta , Giangia-
como Trivulzio, Giacomo Ciani, Soraaglia , Sommi, Balabio , segretario
Giacomo Beccaria.
(:>) Mantovani, Diario, 22 aprile 1814.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 599
I
Epitaphe
Passoni ne pleure pas mon sort
Si je vivais tu serai mort (1).
Ma il francese non tutti lo capivano ; mano dunque alla poesia
vernacola , a quelle facili strofette metastasiane che al popolo
vanno proprio in tanto sangue :
Lamento di Napoleone
Che più a soffrir mi resta
Or che Parigi è preso?
Da pochi fui difeso
Di me che ' mai sarà ?
Che barbara sventura !
Che inaspettato evento !
È stata un'ombra, un vento.
La mia sovranità (2).
E cosi, di cuore leggiero, collo scherzo sulle labbra, il mag-
gior numero disponevasi ad un cambiamento dì servitù , senza
avvertirne 1' onta, il danno, il pericolo — pago di deridere il trion-
fatore di ieri, e ansioso di applaudire al novo signore.
IV
Il 26 aprile — cioè sei giorni dopo l'eccidio del Prìna — giunse
in Milano il lodigiano Annibale Sommariva, tenente maresciallo (3).
(1) Mantovani, Diario.
(2) Nella Egeria del Mueller e Wolff, Lipsia. 1829, pag. 100; D'Ancona,
Varietà storiche e letterarie. — Milano, fratelli Treves, II, 351.
(3) « Vissuto sì lontano e con tale abborrimento alle nostre pazzie, che
meritavano compassione anziché abborrimento, da temere di tutti e di tutto >.
Fos«oi,o.
600 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Andò ad alloggiare nel palazzo del Ministero della guerra , non
senza intenzione ed espresso comando di Bellegarde — che im-
portava anzi tutto insediarsi li. Nel suo proclama invita il popolo
italiano ad attendere « con fiducia e tranquillità quella più felice
sorte che mercè le gloriose imprese degli augusti sovrani alleati
diffonderà sopra l'intera Europa i beni preziosi della pace ».
Pace, pace, pace! Ben altra da quella che il cantore di Laura
raccomandava, per non dire comandava ai principi italiani, sicché
bavari ed estrani d' ogni sorta ne andassero in bando. Ora gli
stranieri li avevamo proprio in famiglia.
Il Sommariva, per mandato che n'avesse o per suo scaltri-
mento, promise subito che le imposte sarebbero state alleggerite:
e per conferma scemò della metà la tassa postale, la meno gra-
vosa al popolo che scrive si poco, e comandò per il giorno suc-
cessivo «una illuminazione generale affine di festeggiare l'in-
gresso delle truppe austriache » (1).
La Reggenza raccomanda, alla sua volta, di accogliere i soldati
austriaci come amici e liberatori :
Sovvengavi, o Italiani, delle benefiche sovrane intenzioni, accogliete
come vostri veri liberatori i soldati che hanno esposta la vita per la
vostra salvezza. Accoglieteli coll'affettuosa ospitalità loro dovuta, schiu-
dendo loro le domestiche mura. Fate che i trasporti dell' universale
letizia sieno vivi, dignitosi e tranquilli ad un tempo.
Ci si chiedeva, davvero, un po' troppo! Ma già le domestiche
mura erano violate, per la dura legge degli acquartieramenti
militari, da questi nuovi ospiti, non meno insolenti dei Francesi,
ma più brutti a vedersi, e più sporchi, gli abiti a brandelli, senza
scarpe o avvolti i piedi di pelli bovine (2).
Il Lecchese n' era andato sconvolto : impressioni che, aggiunte
a quelle altre della fine del secolo, quando irruppero fra noi gli
(1) Mantovani, Diario.
(2) De Gubernatis, Il Mansoni e il Fauriel, pag. 96; Perini, Storia di
Verona dal 1790 al 1822, III, 297; De Castro, op. cit., pag. 181.
I
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 601
Ausiro-Russi, Alessandro Manzoni assimilò e trasformò in alcune
fra le più evidenti pagine dei Promessi Sposi (l).
La nostra vita parlamentare era proprio agli sgoccioli. I Collegi
Elettorali continuavano a riunirsi, ma quale effettiva autorità po-
tevano esercitare, sotto gli occhi del Sommariva che nel Ministero
della Guerra già indagava e travolgeva, a beneplacito dell'Austria,
ogni cosa? Pure le discussioni erano vive e tumultuose, ma volte
pili che altro a cancellare ogni traccia della signoria francese. Si
faceva istanza alla Reggenza, perché levasse alcune denomina-
zi(jni, come Foro Bonaparie, Porta Marengo (2), Contrada della
Riconoscenza (3), Piazza del Tagliamento (4). Si propose di abolire,
seduta stante, nel Codice Napoleone la legge del divorzio. « Siccome
contro l'aspettazione alcuni posero in campo difficoltà, si nominò
una Commissione per esaminare la proposta e riferirne » (5). Ma
gli eventi precipitarono e la Commissione non potè nemmeno in-
cominciare il lavoro affidatole.
Fra gli omaggi resi al Commissario Imperiale, non potevano
mancare quelli dei Collegi elettorali. Venne a tale scopo eletta una
deputazione. Il generale Sommariva, da quell' accorto uomo che
era, l'accolse si cordialmente « che la dignità dell'alta rappre-
sentanza — per ripetere ciò che fu scritto allora — si confondeva
nella dolcezza delle maniere e in una espressione patetica, che
tutto lasciava travedere l'amore di patria che né tempo, né lonta-
nanza non può estinguere giammai ».
Si accenna, qui, all' essere Sommariva di nascita lodigiano e
forse la nostra ingenuità politica era si grande da credere che
anche questa circostanza potesse influire un pochino sopra i nostri
destini !
Il Sommariva schivò di dare risposte esplicite: disse che non
(1) Stoppani, / primi anni di Alessandro Manzoni. — Milano, 1875,
pag. 112 e segg.
(2) Ora Porta Ticinese.
(3) Ora Corso Venezia.
(4) Ora Piazza Fontana.
(5) Mantovani, Diario.
Arch. Stor. Lomh. — Anno XV. 39
602 LA UESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
intendeva violare la tregua, o derogare alla sovranità milanese,
o dare consigli all'Assemblea legislatrice: ma che alcuni reggi-
menti austriaci verrebbero a mantenere concordia, finché gli
alleati avessero risposto ai deputati che erano in viaggio per
Parigi (1).
Anche il Senato diede gli ultimi segni di vita. L'ex presidente
Veneri e l'ex cancelliere Guicciardi, più che altro per mettersi
in l'egola, presentarono al Sommariva una nota firmata da venti
colleghi per giustificare la propria condotta. Dichiararono essersi
solo proposto, nel loro seno, di venerare gli alti principi delle
potenze alleate, inviando alle medesime rispettosi omaggi; non
essere stato legalmente nominato niun Collegio elettorale; ogni
fiducia si rimette nelle alte potenze alleate (2).
Cosi ne' quadri solventi ; — senza strepito, senza scosse, senza
avvedersene si passa da una scena all'altra!
I Collegi Elettorali, sapute le oneste intenzioni del Sommariva,
determinarono di « aggiornarsi fino a che, diradandosi il velo
politico sul nostro orizzonte, si potesse ancora riunirsi ad operare
il bene, e a tutte realizzare le concepite liete speranze ».
Da noi stessi gettavamo i nostri diritti , come il soldato getta
l'arme prima della battaglia. A molti piaceva esagerare la con-
fidenza perchè dispensa dall'agire; e le parole si spacciavano non
meno fruttuose dei fatti. Si credette di aver bene meritato della
patria, rinnovando, al termine della seduta che fu l'ultima « i voti
unanimi per la indipendenza, senza la quale non vi è né bene,
né patria (3).
(0 Foscolo, Lettera apologetica, nelle Prose Politiche.
(i) Protesta 29 aprile 1814; Odorici, St. Bresciane. X, 175.
(3) Negli Atti dell'Assemblea.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. G03
Dunque il giorno dopo (28 aprile) dovevano entrare in Milano
quattordicimila Austriaci, e la Reggenza ci sollecitava a riceverli
con plauso, per rimeritarli delle fatiche sostenute per noi; e la
sera ci doveva essere una sfarzosa illuminazione.
Il volgo, che non sa determinarsi da sé, obbedisce ora all'uno
ora all'altro; ama e odia per consenso, per imitazione: e nem-
meno questa volta mancò di obbedire all'invito degli uomini, che,
bene o male, tenevano il mestolo. Fra i quali nessuno, forse,
capiva di far male , o di agire meno patriotticamente. L' educa-
zione politica era un pochino progredita nel ventennio precorso,
ma persuasioni di poca data non reggono contro i rovesci e le
sventure; e cedono luogo, al primo soffio, a nuove opinioni non
meno labili delle anteriori : occorre del tempo parecchio perchè
i migliori sentimenti gettino radice nelle masse.
Triste cosa a dire, ma vera, e utile da sapere ad ogni modo:
gli Austriaci ebbero liete accoglienze.
Piovvero le poesie laudative. La Staffetta della Bassa (1) an-
nunziò con giubilo l'arrivo degli Austriaci : — Asciugate, o madri,
le lagrime, che i vostri figli non saranno più mandati in capo
al mondo e a quasi sicura morte:
Quand el elei voeur l'è pur finii
El spaghett d' ess requisii.
Evidentemente si confidava che il Lombardo-Veneto venisse di-
spensato dal servizio militare, ma era scorso appena un anno,
e la coscrizione venne rimessa in vigore. Si vedeva tutto color
di rosa, e il paese bello e guarito, e rimesso in pieno vigore,
mercé 1' opera dei sovrani:
(l) Milano, Pulini, 1814, nella Raccolta di Bosinade dell'Ambrosiana,
Y.M. VII.
604 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Ringraziera sira e mattina
Sti bravi professori de medesina,
Che la povera umanitaa
Han guarii de tanti maa ,
Che hann distrugaa n' epidemia
Cile tanta gent la boffaa via.
Poesia altrettanto povera e scipita, come la circostanza che la
ispirava.
Il Mantovani è contento anche lui come una pasqua:
Oggi fu uno spettacolo non mai più visto: la gioia, l'allegria, la
commozione di tutta la città; la folla di popolo e il laterale corteggio
delle carrozze che andavano a Melegnano ; la guardia civica schierata
in vari corpi di circa ottocento uomini ciascuno, armati e ben mon-
tati. I cittadini ingombravano il corso di Porta Romana, aspettando
il corpo austriaco. Finestre e logge ornate di bei tappeti, il popolo
nella via, ove in vari luoghi eransi costruiti palchi per le donne. Lo
sterminato concorso cominciò alle otto antimeridiane, e durò fino alle
cinque pomeridiane quando cominciò ad arrivare la truppa.
Lo storico Cusani, allora fanciulletto, ha serbato vivo ricordo
di quella infausta giornata , che pure non é sembrata tale ad
una parte della popolazione: « Il conte C... , egli scrive, uno
dei più fanatici , correva senza possa a cavallo dalla casa, ov' io,
fanciulletto , mi trovavo , alla Porta Romana , e più oltre sulla
strada, retrocedendo giubilante coli' annunzio che l'avanguardia
era giunta a Melegnano, a San Donato, al Dazio » (1). I parti-
giani dell'Austria, a detta dello stesso Cusani, mostrarono « una
baldanzosa gioia» stoltezza più che colpa del resto, stoltezza da
attribuirsi ad abitudini secolari di servitù, all'assenza di solidi
principi, a debolezza di carattere.
L' avanguardia, comandata dal generale Niepperg , si presentò
alle nostre mura verso le cinque pomeridiane :
(l) St. di Milano, VII, 195.
I
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 605
Che i Todisch trionfant cont un' arniada
De fa trema (del frecc !) n' han conquistaa,
Vegnend con tutt so comed per la strada
Maestra fin ai port de la cittaa,
Ch* even già avert a posta per spedai,
Prima che lor se ongessen i stivai (1).
Le truppe sfilarono a suon di musica, e furono ricevute «con
incessanti evviva ; nessuna confusione , né incidenti clamorosi :
tanto é vero che 1' allegria sincera e cordiale non è mai disgiunta
dalla giusta moderazione anche tra il basso popolo » (2).
Non vorrei credere ciò che scrive l'Arrivabene : « Lo spirito
patriottico delle popolazioni era tutto compreso nel seguente
adagio che correva per la bocca d' ognuno : Viva la Francia,
riva la Spagna ; basta che se magna ! e poscia si parteggiava
chi per la Francia, chi per l'Austria ; per l' Italia nessuno » (3).
I fatti che esporrò tra poco ci compensano largamente di questo
contegno della parte meno responsale della cittadinanza.
Del resto , non si videro i Parigini fare pazzie pei Cosacchi
il 23 marzo 1814!
Oh ! i Parigini^ che banderuole ! Ho sempre compianto dal più pro-
fondo dell' animo coloro che si son presi la briga di governarli. Io
li ho visti, i Parigini, all'Ambigù, il 23 marzo 1814, applaudire alla
probabile rovina dell' Impero — mentre si facevano nella Sciampagna
tutti gli sforzi che il genio può suggerire al coraggio per cacciare i
Cosacclii dalla Francia — Otto giorni più tardi, sui bouleoards , li ho
visti insudiciare i loro fazzoletti bianchi a spazzar la polvere delle
strade innanzi ai cavalli dei sovrani alleati , che caracollavano alla
testa dei loro reggimenti (4).
(1) Pr incide.
(2) Mantovani, Diario.
(3) Arrivacene, Memorie. — Firenze, 1879, pag. 23.
(4) Nelle Memorie di Paul de Kock, — Velungton, pigliando a vile le
piaggerie dei vinti , disse : — Se i Francesi entrassero in Londra , tutti gli
Inglesi , vestirebbero a lutto quel giorno.
606 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Deh ! valgano quale protesta — e non solitaria, giova credere —
questi versi :
Ventrata dei Tedeschi in Milano.
Sono d' Italia le contrade amene
Or del gallo preda , or del tedesco ;
E il goffo popolaccio animalesco
Maledice chi va, plaude chi viene (1).
Bello il ripeterli, sotto \^oce, aggirandosi, quella sera, per le
nostre vie e per le nostre piazze , splendenti per mille faci , in-
gombre di plebe lieta : di che ?
L' illuminazione della città non fu mai cosi generale , studiata e
ricca. Io non ricordo di aver veduto un simile spettacolo, tanto è vero
che le opere che vengono dal cuore e non dal comando hanno un
carattere di vera grandezza e verità (2).
Ma il comando e' era stato, per dire il vero.
VI.
Vedemmo che all' ingresso degli Austriaci assistevano le nostre
guardie nazionali, e, se uno storico esattamente informa, anche
tre nostri reggimenti di cacciatori a cavallo (3). Con quali sen-
timenti dovettero , la sera , rientrare nei loro quartieri ? Come
erano stati feriti da quegli applausi che la plebaglia concedeva
si largamente ad uomini, che essi aveano più volte veduto fug-
gire davanti le loro baionette ! Parlo in particolar modo dei
nostri cacciatori a cavallo, ma anche fra le guardie civiche e' e-
(1) Nella Raccolta di opuscoli dell'Ambrosiana segnata S, C, V, V, 26.
(2) Mantovani, Diario.
(8) Zanoli, Miliùe italiane, ecc. II, 312.
i
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 607
pano dei ciitadini non al tutto disposti alla nuova servitù , che
chetamente si preparava per il nostro paese.
ì' opposizione al governo austriaco comincia, fra i meglio pen-
santi , il giorno stesso della comparsa tra noi delle truppe au-
striache, o piuttosto ricomincia giacché il partito nazionale s'era
molto agitato anche prima del 28 aprile. E fra i primi a muo-
versi e a sospingere gli altri all' azione ó da ricordare Foscolo.
La fiducia dei patriotti si volgeva in ispecie verso l' Inghilterra
e verso la Russia. Quando lord Bentinck ristabili in Genova la
repubblica se ne trasse buon augurio.
Taluno accenna che Bentinck facesse una corsa anche a Mi-
lano per incoraggiare i nostri a spedire deputati per chiedere si
formasse un r.ìgno cisalpino, costituzionale , con un principe au-
striaco ma indipendente (1). Nelle carte del tempo non trovo
cenno di questa gita. I deputati, come é noto, già erano in
viaggio per Parigi, e molto si attendeva dall' opera loro.
Sappiamo invece che Foscolo ebbe incarico da molti colleghi
in milizia di recarsi a Genova per interrogare lord Bentinck
« di quanto potrebbe aiutare o impedire non la salute, ma l'onore
tradito del nostro esercito » (2). Ma ricevette in via 1' avviso di
retrocedere per non destare sospetti , e perché essendo giunta
in Milano un altro inglese, il generale Macfarlane , a lui si po-
teva rivolgere per lo stesso oggetto.
Infatti, sotto colore di offrirgli, quasi dono di ospitalità militare,
un esemplare dei Commentari del Montecuccoli , Foscolo fece
visita al generale Macfarlane ; ma non ebbe alcun conforto al-
l' azione, anzi consiglio di attendere i provvedimenti superiori.
Attendere valeva quanto consegnarsi, a mani legate, al nemico l
Tre giorni dopo l'assassinio del Prina, Foscolo, in un'ora di
terribile disgusto, decise abbandonare la carriera militare, ma la
chiesta dimissione gli fu disdetta in modo che sarebbe stata vil-
lania e imprudenza l'insistere ; era stato nominato capo-battaglione,.
(1) Cantù, Cronistoria, ecc., voi. II, par. I, pag. 11.
(2) Foscolo.
C)OS LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
il 26 aprile. E però rimase, rimase Io stesso uomo, non tedesco-
filo o gallofilo, ma solo e semplicemente e potentemente italiano.
La guardia nazionale era forte di novemila uomini ; si adunava
frequente, si agitava nei propri quartieri, trattava di politica, non
le pareva che le cose dovessero finire cosi meschinamente e
alla peggio per noi. Il Mantovani accenna a questa agitazione :
« La nostra guardia civica si lasciò trasportare dal brio giovanile
e a suggestione di alcuni fanatici, i più quondam repubblicani,
hanno incominciato a invocare la libertà e l'indipendenza, senza
conoscere la forza dei vocaboli , e scrivono sui muri dei loro
<iuartieri Indipendenza o morte » (1).
Valga ciò a provare che non eravamo poi tutti pecoroni da
lasciarci tosare senza dare un lamento I
E non si limitarono a scrivere sui muri , ma mandarono una
deputazione per ossequiare il generale Macfarlane ; e Foscolo
ebbe l' incarico di stendere e di presentargli un indirizzo , che
esprimeva 1' unanime loro voto per l' indipendenza e per la pos-
sibile integrità del regno d' Italia (2).
Il generale inglese tenne un linguaggio franco ed esplicito ;
ripetè , su per giù , quello che aveva detto privatamente al Fo-
scolo; disapprovò la condotta dell'Austria, ma disse che non era
saggio consiglio una resistenza armata (3).
Un altro indirizzo, pure riveduto dal Foscolo, venne presen-
tato dalla guardia nazionale al generale Sommariva ; ma di questo
non abbiamo copia.
Quale fu la risposta ?
Ce lo dica il Mantovani: «Bisognò (2 maggio) levare gli
schioppi alla guardia civica , e diminuirne il numero , essendo
giunti a novemila. »
Ci si disarmò per impedire che prendessimo qualche vigoroso
partito ; ci si temeva ; ma noi si viveva in tale incertezza intorno
la cosa pubblica, che non si sapeva qual partito fosse il mi-
(1) Diario cit.
(2) Si legge in Foscolo, Prose Politiche, pag. 73 e segg.
(3) Foscolo, Lettera Apologetica.
I
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 609
gliore : da qui 1" esitanza nel deliberare e la vanità della nostra
agitazione : mentre l'Austria sapeva chiaramente il fine da rag-
giungere !
Le nostre truppe erano ancora riunite e sotto le armi, e pari
in numero alle austriache : fatto non insignificante che rafforzava
le speranze di Foscolo e degli amici : ma ogni giorno che trascor-
reva senza agire, rendeva meno probabile qualsiasi movimento
militare e patriottico. Pareva a Foscolo che V esercito dovesse
pur contare qualche cosa, dovesse dire le sue ragioni, e mettere
innanzi i propri diritti. « Importava — egli scrive, con quella sua
prosa magnifica e veloce che dice l' altezza e la concitazione
dell' animo suo — importava che noi potessimo interrogare eflB-
cacemenie gli Austriaci, cosa intendevano di fare di noi, e degli
orfani e delle vedove de' nostri compagni, morti in battaglia, e
del nome delle nostre armi. » Qui compare anche uno spirito di
corpo, che, volto a fine generoso, poteva rendere più pronta e
deliberata l' azione delle nostre milizie ; e non era male fomen-
tarlo in quel momento.
« E prevedendo — prosegue il Foscolo — che la risposta
^sarebbe fatta da moltitudini di reggimenti e di artiglierie, im-
portava che innanzi tratto gli avanzi de' nostri movessero di
notte ad accamparsi improvvisamente fra le gole di monti , at-
traverso il Bergamasco, la Valsassina^ e la Valtellina e i Grigioni
italiani. Ivi i pochi sarebbero stati leoni a impedire che arram-
picassero turbe di cacciatori e cani tedeschi avviliti già da quin-
dici anni di perpetue sconfitte, e proverbiati da nostri veterani —
oltre il vero, ma pur quanto era utile — come fossero carne da
battaglioni e non altro. »
Né pare che tutto si limitasse a mettere innanzi progetti,
giacché Foscolo loda i concittadini che offerivano danaro e vetto-
vaglie ; e nelle stanze stesse di lui si stampavano segretamente
fogli da spargere, nel momento opportuno, fra le popolazioni.
Se non che Sommariva teneva gli occhi aperti , anzi spalan-
cati addirittura sui depositi d'armi, sui magazzini, sulle caserme
sospette e sopra i sospetti uffiziali. Questa continuava ad essere
610 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
la principale sua cura; su questo esercitava le maggiori vigilanze :
isolare, disarmare, quindi disciogliere un esercito, che possedeva
un patrimonio comune di glorie, che era vanto della nazione, o
intorno al quale potevano stringersi , da un' ora all' altra , i pa-
triotti, per ristorare le sorti del paese o almeno vendicarne gli
oltraggi (1).
Riconosciuta la vanità di questi e consimili tentativi, Foscolo
stava di mal animo a Milano, e a taluno anche premeva di al-
lontanarlo ; e però il generale Pino, sul cadere del mese, gli fa
dare una missione per Bologna, all' oggetto di ricondurre a Cre-
mona le truppe italiane provenienti dall' isola d' Elba (2). Da
Bologna egli sperava fare una corserella a Firenze, a respirarvi
aure meno avvelenate. Il generale austriaco, che comandava a
Bologna, lo vide non senza sospetto ; sicché egli non potè nem-
meno compiere la missione che gli era stata affidata; della quale
scrive alla contessa d'Albany :
.... In Milano chiunque non è del partito di una o di un' altra na-
zione coiTe pericoli non tanto dagli stranieri quanto dalla stolta ma-
lignità dei nostri cari concittadini che non sanno ciò che si vogliono,
ma che pur riescono a fare del male a chi amò sempre sinceramente
la patria; cachi, non potendo preservarla, vorrebbe almeno che non
cadesse vilmente e degna di riso. Per fuggire si fatti pericoli io mi
feci addossare una commissione militare, tanto da poter anche tentare
(1) «Qua! fu, pur troppo, il destino di quel gagliardo esercito del regno
d' Italia, che pigliò si nobile parte a tutto, le glorie degli eserciti francesi ?
Ben centomila prodi caddero in Catalogna e a Valenza, in Russia e in Sas-
sonia, e nondimeno i suoi avanzi, strettisi presso Mantova nel 1814, punto
non avevano perduto della loro fermezza. In onta alle segrete intelligenze
col partito retrogrado, gli alleati non entrarono a Milano che il 28 aprile,
ossia quattro settimane dopo la presa di Parigi. Questo semplice richiamo
reca onor grande a quei poveri soldati italiani , sempre mai sacrificati a
misteriose influenze. » — Cattaneo, Insurrezione di Milano, ecc. — Bruxelles
(Lugano), 1849, pag. 9.
(2) Martinetti, Documenti della cita militare di Ugo Foscolo, in Riolsta
Europea, 1882, pag. 911.
I
lA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. Oli
che si riducano a casa quo' disgraziati che militavano di presidio iiel-
r isola dell'Elba, e che, non essendo stati pagati, sbarcheranno forse
a Livorno o a Piombino, dandosi a rubare a masnade (1).
VII.
La gente che giudica dalle apparenze era imbonita da alcuni
atti del Sommariva e della Reggenza, che valevano a prolungare
quel po' di luna dì miele ! Il 1° maggio il Sommariva con tutto il
>;uo stato maggiore assisteva alla m ssa in Duomo, all' altare di
>^an Giovanni Bono; soldati dentro e fuori; musica; una scena d'ef-
fetto. Il Mantovani ne fu intenerito : « Questa funzione, egli scrive,
fu molto gradita e applaudita dal popolo, avvezzo da quattordici
anni a non veder mai nulla di simile. » La Reggenza, dal canto
suo, accennava a voler rimettere le cose come prima del 96 :
per esempio, ampliava il diritto di caccia. Il conte Giberto Bor-
romeo a qualsiasi proposta un po' antiquata opponeva la frase :
Taccuìni vecchi! Ma questi taccuini vecchi erauo però tenuti in
sommo pregio da una classe danarosa e potente. Il governo
austriaco ebbe la scaltrezza di appressarsi agli uni per impedire
agli altri di muoversi ; e in tal modo gli riusci più facile il com-
pito di adagiarsi con piena sicurezza nel nostro paese.
I nostri deputati erano, intanto, giunti a Parigi. Primeggiava
fra essi il Gonfalonieri, gallofobo, ma ardentemente desideroso
ohe si mantenesse il regno italico. Egli possedeva le migliori doti
per figurare nella politica e nella diplomazia, ma, sventuratamente,
si presentava a Parigi messaggiero, cogli altri, di un paese, di
cui già erano, senza rimedio, designate le sorti. Egli scrisse una
prima lettera da Parigi alla moglie, il 30 aprile ; ne seguirono di-
ciannove altre, e contengono una pittura efficace delle coudizioni
politiche del giorno (2).
(1) Foscolo, Epstolario, II 578.
(2) Arehiclo Casati. — Facciamo voti perchè il diligente e valente pro-
prietario pubblichi presto il promesso lavoro intorno al suo illustre parente,
il Confalonieri, servendosi delle preziose carte, già da lui cosi bene custodite
fi ordinate.
(312 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
L' opera del Gonfalonieri e dei suoi compagni non fu priva di
sagacia e di coraggio, ma rimase senza frutto. Il Gonfalonieri
vide gli uomini che più potevano influire suU' andamento delle
cose, e parlò con risoluto animo e copiosa eloquenza. Avendo il
ministro inglese qualificato' un giogo di ferro quello imposto da
Napoleone al regno d'Italia, il patrizio lombardo, dismesse le
vecchie avversioni, gli rispose non essere infondato il pericolo che
il suo paese nel nuovo ordine di cose fosse costretto a richia-
mare con piacere la passata esistenza, e confortò il pronostico
colle seguenti ragioni :
Il paese nostro, se non ha gustato mai il bene di una esistenza po-
litica e nazionale, è da vent' anni che ha imparato a desider'arla. La
sola speranza ed il solo nome di questa hanno fatto fare alla nazione
sacrifizi d' ogni genere; e questi sacrifici, quest' impiego e anche abuso
de' suoi mezzi e della sua forza 1' hanno portata ad un grado di energia,
di vigore, di consistenza che non aveva mai toccato da prima. Set-
tantamila Italiani nel medesimo tempo stavano armati in Russia a farsi
scannare per causa affatto estranea alla nostra ; e nondimeno alla loro
disciplina e bravura gli inimici stessi rendono omaggio. I rami tutti
d' ogni amministrazione presero vigore e vita che non avevano mai
avuto. Sorsero pubblici stabilimenti, si moltiplicarono e perfezionarono
le manifatture e si provvide alle maggiori comodità ; si accrebbero
non solo i luogld d' istruzione, ma anche i giardini e i luoghi di pub-
blico divertimento ; tanto 1' esempio e una specie di utilità nazionale
sostenevano questa macchina contro le troppo spesso dispotiche e de-
vastatrici ordinazioni di quel governo. Io vorrei, milord, che Ella
sentisse bene la verità di quanto ho 1' onore di assicurarla, che noi
non siamo più quelli di venti anni fa, né ci è possibile ridivenirlo se
non rinunziando ad abitudini e a sentimenti, già inviscerati e cari ad
una nazione che ha ingegno, energia, passioni, che ha acquistato
maggiore esperienza delle cose politiche e più amore per la patria,
e ha imparato a combattere (1).
Ragioni validissime ; ma potevano tornare a grado della diplo-
mazia, quale era allora rappresentata in Parigi?
(1) Rapporto alla Reggenza del 18 maggio 1814. — Archivio Casati. —
Vedi pure le Prose Polìtiche di Foscolo, pag. 255; Cantù, Cronistoria, ecc.,
voi. II, par. I, pag. 18
■
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 613
Vili.
L' 8 maggio arrivò fra noi il maresciallo Bellegarde « con
circa tredicimila uomini di bellissima truppa, massime la cavalleria
montata su superbi cavalli» (1). Largo promettitore anche lui,
blando, insinuante, non mediocre nelle armi, abilissimo in società.
Già avea avuto grandi faccende per le mani ; governatore nel Veneto
dopo il trattato di Campoformio, governatore delia Galizia, ministro
della guerra. Nato in Chambéry, da una antica famiglia savoiarda,
poteva apparirci non del tutto straniero : uomo non volgare del
resto, e degno del consorzio di persone cólte (2). Al pari del
Sommariva, riteneva un po' del console Flaminio, per spandere
sui nostri capi un facile oblio del passato e servili influssi.
La guarnigione, come si vede, si faceva grossa, e come in città
occupata per forza d' armi.
Erano circa 22,000 uomini, sparsi nelle caserme e nelle case,
e il loro mantenimento costava novantamila lire al giorno « che
verranno compensate ai particolari » (3). Eravamo anche tenuti
a mantenerli, tranne quelli accolti nelle caserme, che vivevano a
spese municipali. «Ora, scriveva Enrichetta Blondel, la sposa
del Manzoni, alla cugina Carlotta Blasco, noi siamo ingombri di
soldati , le nostre case in città e in campagna ne sono ancora
occupate, e non si sa troppo come bastare alla spesa. » E Giulia
Beccaria, la madre di Manzoni : « Il nostro Lecco é rovinato in-
teramente dal soggiorno di otto mesi di soldati.... Le spese straor-
dinarie e forzose ci hanno impedito di ultimare la nostra casa
nuova » (4).
(1) Mantovani, Diario cit.
(2) Biografia degli Italiani oicenti. — Lugano, Veladini, 1819, II, 17-J.
(3) Mantovani. Diario cit.
(4) De Gubebnatis, Il Manzoni e il Fauriel, ecc., pag. 96.
614 r-A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Chi si contenta gode ; ma nemmeno i più sviscerati verso casa
d'Austria dovevano godere di questo accampamento, che dava
alla nostra città l'aspetto di una grande caserma; che ci faceva
sopportare i pesi della guerra, mentre le armi s' erano posate da
per tutto; che mettova i privati in contatto con gente rozza, esi-
gente, violenta, L' alta ufficialità pretendeva i migliori palazzi, e
di essere trattata principescamente. Basti dire che per la sola
tavola di Bellegarde si spendevano circa ottocento lire al giorno;
o questo aggravio ci fu imposto per parecchio tempo (1). Dove-
vamo fargli le spese al nostro Flaminio !
Molti ufficiali dopo avere spesa tanta parte della vita sotto
le armi, desideravano continuare la carriera, sia pure sotto
l'Austria, ma non pochi dei loro compagni dissentivano da ciò,
sia per tedio della milizia, sia per ribrezzo della bandiera gialla
e nera. Il Mantovani, in data 17 maggio, riferisce: «Essendosi
presentati al maresciallo Bellegarde gli ufficiali dei Veliti, espo-
nendo il desiderio dei loro soldati di servire Casa d'Austria, cento
soldati tumultuarono chiedendo di tornare a casa. »
11 capo battaglione Foscolo non avea potuto né rimanere più
a lungo a Bologna, né spingersi sino a Firenze. Il 19 maggio
eccolo di nuovo fra noi, e per poco non correva pericolo di es-
sere trattato da disertore ; i maligni s' avventavano contro di lui.
Egli scrive al Verri della Reggenza e gli acclude un memoriale
alla polizia per protestare contro lo vociferazioni de' tristi. Si pre-
senta anche al Bellegarde, che gli permette di rimanere a Milano
e gli assicura difesa contro le calunnie. Ma da taluno mal si
comportava la sua dimora fra le nostre mura; e però gli capita
l'ordine di recarsi a Montechiari, nello stato maggiore del ge-
nerale Bonfanti. Mercè una seconda visita al Bellegarde, ottenne
che r ordine venga disdetto. Veggasi da ciò quanto era temuto
il libero e generoso uomo (2).
Se non che di giorno in giorno andavano tramontando le ultime
(1) Dall' 8 maggio a] 14 giugno. — MANTovANr, Diario.
(i) Martinetti, Dog. cit., in Ricista Europea, 1882.
I
LA RESTAURAZIONE AUi^trIACA IN MILANO. 615
lusinghe persino di una parziale indipendenza. Tratto tratto, cor-
levano delle voci stravaganti : il Lombardo- Veneto doveva asse-
gnarsi all'uno o all'altro principe; si discuteva — vanissima
disputa — quale dei principi austriaci sarebbe stato eletto re
d'Italia; additavasi Francesco d'Este, di sangue misto austro-
italico, e nato in Milano, quello stesso che fece poi a Modena
sì belle prove ! Intanto i nostri deputati continuavano a fare dei
passi inutili, e toccava loro di ricevere delle risposte molto dure,
molto desolanti. Francesco li ricevette con burbanzoso sussiego :
« non poter esser quistione d' indipendenza, né di governo costi-
tuzionale in un paese conquistato colle armi, senza tener conto
degli antichi diritti che il conquistatore avea su di esso. » Il
principe di Metternich distrusse addirittura ogni speranza di un
regno autonomo. La Russia non si sognava nemmeno di venire
in nostro soccorso, e l' Inghilterra ci consigliò di metterci d' ac-
cordo coll'Aùstria, offerendoci solo per questo i suoi buoni uffici (1).
Gonfalonieri rimase non so se io dica più crucciato o irritato,
0 scrisse il 18 maggio la già ricordata lettera alla Reggenza per
i!ar conto del proprio operato. Indi deliberò di non rimettere piede
in Milano, non reggendogli di vederla contaminata da piede stra-
niero, e intraprese dei lunghi viaggi.
Anche prima della lettera del Gonfalonieri, arrivò da Parigi il
corriere Fiocchi con dispacci (22 maggio) che annunziavano le
ultime e irrevocabili risoluzioni dei sovrani.
« Il feld maresciallo Bellegarde si mette alla testa della Reg-
genza. L' imperatore d'Austria si dichiara padrone e sovrano del
Lombardo-Veneto » (2).
Padrone e sovrano ! Lo sentite ? Padrone, nel concetto cesareo,
bisantino, asiatico della parola ; padrone anche più del Barbarossa,
che pure avea dovuto concedere una tal quale autonomia alle
nostre comuni ; padrone assoluto, come se la storia non contasse
per niente, come se milioni d' anime fossero vendibili a peso e a
1 1 1 Cantc, Cronistoria, ecc., loc. cit.
ti) Mantovani, Diario cit.
616 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
misura, come se la Francia non avesse bandita la dichiarazione
dei diritti, come se la nazionalità non avesse pregio di sorta, come
se la volontà popolare valesse meno che zero!
IX.
Il 25 maggio, Bellegarde si dichiara investito dall'imperatore
« di pieni poteri nelle provincie del regno d' Italia, ora distrutto,
e già appartenenti alla Lombardia austriaca, compreso lo stato
di Mantova e i dipartimenti sulla sinistra del Po. »
Neil' atto di assumere il governo, abolisce il Senato, il Consiglio
Legislativo e di Stato ; conferma i ministri che dovevano agire
a norma delle leggi vigenti e ricorrere a lui nei casi dubbi.
Cinque giorni dopo si firmava la pace di Parigi. I sovrani vi
disponevano del Lombardo-Veneto, e di ogni altra parte dei do-
mini napoleonici : rialzati troni, barattate corone, avulsi e rimpa-
stati territori, con reciproco solenne impegno di mutua assistenza,
sicché, in quel momento, e per degli anni molti, levarsi contro
l'Austria valeva quanto levarsi contro l' Europa intera, malleva-
trice di patti arbitrari, ma formalmente stipulati a danno nostro.
Dico r Europa governativa. Quanto all' Europa dei popoli, troppo
disingannata e salassata dal ventennio precedente, per ora, la-
sciava fare quel che meglio o peggio piacesse ai sovrani e ai
loro ministri.
Non mancarono laudatori perfino di quella pace, qui e altrove,
in lingua e in vernacolo, in versi sciolti e in rima ; non manca-
rono epigrafi italiane e latine, e anagrammi e acrostici ; ma vibrò
pure alta la nota della poesia patriotica ; e basti trascrivere
questo sonetto :
Tradito e vinto per virtude e inganno
Chi molti ha vinto e chi tradito ha tutti,
Cessar de' troni vacillanti i lutti,
E ogni prence potè farsi tiranno.
I
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA LN MILANO. 617
I russi artigli sul polono stanno,
Prussia vuol d' Elba dominare i flutti,
Bretagna ha i mari in servitù ridntti.
Gli Austriaci Italia a gotizzar sen vanno.
Sul franco trono uà re Borbone or siede
Per la grazia del popolo che ardio
Massacrar suo fratello e il figlio erede.
I frati a generar ritorna Pio,
Spagna minaccia ai dotti atti dì fede ,
Ecco la pace che ci diede Iddio (1).
I civici banditori annunziarono il 12 giugno a suon di tromba
la lieta novella. Ecco come le potenze alleate mantenevano la
promessa dell' indipendenza, espressa nei loro manifesti in periodi
franchi e sonori ; quella promessa che lo stesso Bellegarde avea
mandato innanzi da Verona, affinchè più facilmente ci cadessero
di mano le armi (2) ; e adesso ben altro discorso ci rivolgeva :
Popoli di Lombardia, una sorte felice vi è destinata ; le vostre pro-
J.vincie sono definitivamente aggregate all'Austria.
Voi rimarrete tutti uniti ed egualmente protetti sotto lo scettro dei-
augustissimo imperatore e re Francesco I , padre adorato de* suoi
sudditi, sovrano desideralissimo dagli Stati che godono la felicità di
kppartenergli.
Egli si reca in mezzo a' suoi sudditi, ai suoi popoli, alla sua capi-
ile, ove la prima sua cura sarà di dare alle vostre provincie una
jrma di governo soddisfacente e durevole, e un ordinamento acconcio
assicurare la futura vostra felicità.
Noi siamo convinti che gli animi vostri saranno pieni di gioia nel
contemplare un' epoca felice del pari che avventurata e che la vostra
riconoscenza trasmetterà alle remote generazioni una prova indelebile
della vostra devozione e fedeltà.
(1) Lo reca Cantò, nella Cronistoria, ecc., voi. II, par. I, 105.
(2) Editto del 16 aprile 1874.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 40
618 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
E non bastò questa proclamazione solenne, per voce dei ban-
ditori e col mezzo di questo editto affisso fin nei più remoti vil-
laggi ; si ebbero pubbliche preci inaugurative e propiziatorie :
« Furono delegati sei cavalieri per invitare la vecchia nobiltà
onde intervenisse numerosa e in gala. Il cannone all'alba annunziò
la funzione, e continuarono gli spari durante la medesima. Il
Te Deum fu cantato in tutte le chiese » (1).
La Reggenza, non altro più che strumento degli altrui voleri,
postilla cosi il proclama di Bellegarde:
Veduto il bando di ieri, che dichiara queste contrade definitivamente
soggette al felice e "paterno regime di S. M. l'imperatore Francesco I,
tutti gli emblemi del cessato governo sono soppressi, e gli emblemi
dell'Austria sono loro surrogati.
E che questa surrogazione accadesse con totale indifferenza da
parte nostra, non pensiamolo nemmeno. Il tricolore lo si vedeva
sventolare da molti anni; piaceva all'occhio, parlava al cuore,
suscitava nobili orgogli; scintillava al sole dalla reggia, dai pub-
blici edifici, dalla Madonna del Duomo, dalla vetta delle Alpi;
lo aveano portato con alterezza virtuosi magistrati, e i nostri
prodi dalle rive dell'Ebro a quelle della Moscova aveano saputo
intorno ad esso vincere o morire. E in sua vece, una bandiera
estrania, brutta a vedersi, senza linguaggio per noi se non di
servitù e di ignominia!
E quando vedemmo disciolti i Veliti e le Guardie Reali ci è
parso che ci venisse a mancare alcuna cosa, alcuna difesa, alcun
ornamento della nostra vita.
Però altre divise si videro e anche quelle livree che la vanità
rende, non che sopportabili, invidiate. « I vecchi ciambellani di S. M.
sfoderarono la loro chiave; e i bibliotecari dell'Ambrosiana la
catena d'oro con medaglia. Primi a rimettere le proprie insegne
furono i Cavalieri di Malta » (2).
(1) Mantovani, Diario.
(2) Mantovani, Diario.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. GÌ 9
Benché senza credito oramai e senza forza la Reggenza ebbe
ordine di completarsi mercè l'aggregazione di rappresentanti delle
Provincie: aumento numerico e nulla più! (1).
X.
Le gravi considerazioni che si dovettero fare in quei giorni
non pono consegnate ad alcun libro; e nemmeno il- Mantovani
osa esprimerle, ma forse meno di molti altri egli era in grado
di farle, giacché si vede che dava poca importanza alla indipen-
denza e alla libertà, anzi diffidava persino di queste parole, come
piene di minacele e di pericoli, quel dabbene ma semplice e
pauroso uomo! Ma il poeta vernacolo non sapeva mandarla giù.
Cornei A si breve distanza di tempo Bellegarde avea potuto so-
stenere due parti in commedia!
L'indipendenza Tè una bella cossa;
Ma sta parola in bocca de' certun
Sueffaa a raspa per lor a doss a nun ,
L' è vun de quij scirot che mett ingessa.
Adesso non era più il caso di parlarne; acqua in bocca, se
non si vuol di peggio:
Che in quant a nun glie n' emm cavaa on beli piatt ,
Col fagh ciappa de 1' aria a San Fedel. —
Comò (Prina), el me dis, ma donch l'indipendenza?...
E mi: Citte! eh' el lighen, ezzellenza (2).
Ma tutti stavano proprio zitto? Parrebbe di no. Due soli giorni
dopo la solenne inaugurazione del nuovo dominio « nel teatro
(1) E furono: Lucrezio Longo per il Mella, Luigi Turini pel Mincio,
G. B. Tarsis per l'Agogna, Peregalli per l'Adda, Muggiasca pel Lario, Ver-
tova pel Serio, Sommariva per l'Aito Po.
(?) Prineide.
620 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
della Canobbiana fu dato per tema ad un improvvisatore La bat-
taglia di Lipsia. Verseggiando eg'i, come doveva, in lode degli
Alleati, sorse un forte susurro, ed in mezzo ai fischi non si
lasciò continuare. Il teatro fu sgombrato per ordine superiore.
Pessimi preludi » (1).
La Reggenza, lasciata sussistere per dare a credere che il
paese avesse alcuna parte al governo, moltiplica, per celare sua
nuUità, editti e regolamenti; e fa sua la proposta, già discussa
nei Collegi Elettorali, quella famosa proposta che riguardava il Di-
vorzio : quistione grave per certo , disputabile assai e disputata,
ma tutt' altro che urgente, anzi da ponderare assai.
La Reggenza abolisce, da un giorno all'altro, il Divorzio; e le
parve di avere grandemente meritato della patria !
Tra una novella e l'altra, susurravasi di Napoleone, e del suo
viaggio attraverso la Francia fremente d'odio, come alcun tempo
prima ubbriaca di entusiasmo, e del suo comparire all'isola d'Elba,
piccola isola per si grande destino. Ed ecco il Giornale Italiano
— il foglio officiale — riferire la notizia — che a Portoferraio
r ex imperatore era impazzito, e i medici davano per disperata
la sua guarigione.
Raro diletto dir male, oggi, di lui ! Impazzito o no, era caduto
in pur basso loco, gli avevano dato un regno minuscolo, sponde
brevi e vegliate, ove non poteva maestosamente imperare senza
apparire ridicolo, dove lui e gli altri potevano far confronti che
lo umiliavano.
Qui si esponevano caricature esotiche e nostrali sul suo conto,
sopra una catastrofe così grandiosa che dava piuttosto soggetto
di lagrime che di riso. Ma il volgo ride volontieri di chi lo ha
fatto piangere; e talvolta ride dei propri danni. Napoleone vi era
rappresentato in atto di fuggire, s'intende, in camicia. Gli danno
degli scappellotti, gli tirano le orecchie; ed egli si curva, si
rannicchia , si fa piccino sotto la pesante mano dell' Austria. In
altro disegno, la spada giace spezzata ai suoi piedi e tiene nelle
(1) Mantovani, Diario.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 621
deboli mani una croce. Le Songe d' Enghien rappresenta il prin-
cipe fucilato che appare a Napoleone, e si legge in un canto:
« il y a un Dieu vengeur. » Nel General sans pareli il cappello
rappresenta l'aquila prussiana, che afferra cogli artigli l'eroe:
il colletto un fiume di sangue; l'abito la Confederazione Renana;
una tela di ragno sul petto per decorazione; la spallina figura
la mano di Dio, che straccia il tessuto, cioè distrugge l'opera
del despota.
La composizione ha maggiori proporzioni nella Caduta di Na-
poleone. Da un lato Mercurio, il dio dei furbi e dei ladri, che
lo protesse e gli diede ali alle piante onde innalzarsi sino al polo
artico. Ma è respinto dalle potenze coalizzate, l'Inghilterra col
tridente, l' Austria e la Russia colle invitte spade. Solca il cielo
la cometa del 1811, annunziatrice di sua caduta. Traballa il suo
trono, e i popoli redenti spezzano le catene (1).
Piace al popolo che il despota chiuso in sé, o rado alle con-
fidenze, sia costretto, dalla sventura, a confessarsi, a pubblicarsi,
a mettersi, come si suol dire, in camicia; e però abbondano le
conf esioni ; e tra le altre:
Bon. In Dio mai non credei, nemmen nei Santi.
Con Ebben sei preparato al pentimento?
Bon. I peccati commessi ahi son pur tanti.
Con. Questo tei credo Senza giuramento....
Bon. Di prender l'Inghilterra avea giurato.
Con. Ah! ass^olver non ti posso, sei perduto
Che l'Inghilterra è caso riservato.
Nemmeno si voleva ritardare al volgo il piacere di saperlo
morto; e anticipandogli quella fine, che 'ioveva essergli inasprita
da indicibili ambascie, si stampava il suo epitaffio:
(l) In una Raccolta di fogli volanti e di caricature posseduta da Cesare
Cantù, al quale devo vive grazie perchè mi permise di esaminarle.
622 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO,
Qui giace un Uom che fu nel mondo un mostro ,
Succo e midolla del tartareo chiostro ;
E benché avesse infra Cristian la cuna
Mai religion conobbe o legge alcuna.
Perfido in pace e traditore in guerra,
Empì di sangue e di terror la terra;
Famoso ladro di prebende e regni.
Rovesciò troni e aitar con modi indegni ;
Ipocrita, crudel, superbo, avaro,
Empio fra gii empi ed ai malvagi caro ,
Questo mostro, figliuol spurio di Marte
Se Diavol non fu, fu Bonaparte (1).
Ma il vinto dell'isola d'Elba ebbe da noi solo « codardi oltraggi? ».
È certo che molti patriotti avviavano intelligenze con lui, per
indurlo a sbarcare nella Penisola e farsi re d' Italia. Un convegno
si tenne a tale effetto a Torino, e vi si trovavano anche de' Lom-
bardi. Il 10 maggio si indirizzò a Napoleone una lettera eloquente
davvero perchè veniva dal cuore. Andò per noi a Portoferraio un
messo segreto, un veterano di molte battaglie. Parlò con alta
facondia e innamorò, a bella prima, Napoleone del progetto, a
cui promise dedicare le sue forze. I patriotti, fidando in quella
promessa, disposero gli animi e i mezzi al singolare evento: e,
chi sa, qual corso avrebbero pigliate le cose d' Italia se Napoleone
manteneva l' assunto impegno (2).
Un nobile milanese, ne ignoriamo il nome, che forse qualche
cosa sapeva della congiura, recatosi a visitare Napoleone all'Ellba,
fu ricevuto con singolare bontà. Uscendo dalle stanze dell'impe-
ratore, uno dei generali del suo seguito lo trasse a discorso sulle
cose della nostra penisola:
— Se a Napoleone venisse in mente di tentare uno sbarco
(1) In una Miscellanea posseduta dal marchese Sommi-Picenardi di Cre-
mona; De Castro, Op. cit., pag. 214 e segg.
(2) Mi diffondo altrove, Cadala del Regno Italico, pag. 231 e segg. —
Livi, Napoleone all'isola d'Elba. — Milano ,' Treves, 1888.
I
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 623
sulle coste d'Italia, credete voi che egli dovrebbe operare in
Toscana o a Genova?
— Non in Toscana — risposegli il nobile milanese — dove
gli abitatori sono troppo cruscanti; e nemmeno a Genova dove
sono troppo mercanti (1).
Opinione tutta individuale, e tutt'altro che giusta: il patriottismo
dei Genovesi e dei Toscani — s' intende i buoni — non era da
mettere in dubbio.
L'intenzione dei napoleonisti era quella di far sbarcare Napo-
leone nelle terre centrali d'Italia più prossime al Lombardo-Ve-
neto, perchè da noi erano ancora stanziate truppe italiane , o vi
si raccoglievano molti ex soldati dell'ex Regno d'Italia.
Ma tutto si ridusse ad un complesso di bei progetti e di buone
intenzioni !
XI.
Giovava ai governanti, piaceva ai governati rinnovare suppli-
cazioni all'Altissimo, e però a Sant'Ambrogio, con molto e ordi-
nato concorso della rifatta nobiltà, s'ebbe un nuovo Te Deiun ,
d' ordine di Bellegarde « per ringra^are Dio del pacifico nuovo
governo. » Ma già di questo Bellegarde i più accalorati per la
ristorazione dell' antico cominciavano a lagnarsi. Egli procedeva
troppo a rilento, al parere di costoro, nel cacciare dagli impieghi
i liberali: si volevano atti energici e di pronta giustizia — dite
pure di piena reazione e di vendetta politica, come nell'attiguo
Piemonte e in altre parti d' Italia.
Il Mantovani accoglie queste mormorazioni _, e vi aggiunge ti-
midamente le sue, ma confida che Bellegarde saprà purgare il
paese della lebbra demigogica. — Lasciategli tempo, egli dice,
e vedrete che farà il debito suo.
(1) Neiropuscolo (raro) Delle cause italiane nelV evasione di Napoleone
dall'Elba. — Bruxelles, 1329.
624 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Alla calata degli Austro-Russi, nel 1799, s' era veduto alcun che
di simile: spettacolo profondamente disgustoso se non si sapesse
che questi arrabbiati erano pochi, e facevano rumore per molti.
Anche il Foscolo né ò sdegnato : « Chiedono costoro alla cle-
menza di Cesare una stanza in prigione, o la galera, o il pati-
bolo, o, se non altro l'esiglio per chiunque ebbe opinioni contrarie
alle loro passioni. Ed io sono assicurato da tale, a cui cadono
sott' occhio ogni giorno , che le denunzie fioccano a centinaia per
settimana nel palazzo di Bellegarde, che le fa ardere senza vo-
lerle pur leggere » (1).
È possibile?
Ed ecco Bellegarde messo in grado di rinnovare , con poca
fatica a dir vero, e per fuggire più che altro delle brighe, gli
atti che tanto si commendano in Pompeo e in Cesare, i quali
abbruciarono le lettere de' propri personali nemici !
Anche da noi, come in Piemonte e in genere in molta parte
d' Europa s' era ravvivato l'odio contro tutto ciò che ricordava la
rivoluzione e i tempi napoleonici ; e questo odio si manifestava in
ogni possibile guisa. Ogni sentimento esagerato é di sua natura
contagioso, ed anche per questo si apprendeva con somma facilità.
Oltre Ticino la coccarda francese era abborrita — e non senza
cagione, rammentando la prima e sola lunga servitù patita da
quel paese, per tanti secoli autonomo — e la coccarda azzurra
piaceva cosi che i più infervorati se ne coprivano il cappello ,
il vestito , il panciotto , perfino le scarpe « Gli antichi im-
piegati, gli antichi nobili, gli antichi cortigiani aprivano i polve-
rosi armadi , spazzavano le vecchie gualdrappe da tanti anni
sepolte fra i ragni e le tignuole e se le mettevano in dosso come
bandiere di vittorioso capitano » (2).
Il Foscolo conferma, per ciò che riguarda la Lombardia:
Fioccano petizioni perché si restituiscano i privilegi antichi alle sa-
cristie delle chiese e alle anticamere dei signorini, e si ridonino le
(1) Foscolo, Epistolario, II, 40.
(2) Brofferio, / miei tempi. III, 258.
I.A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. <J"i">
trino agli staffieri e le nappe ai cavalli... Itern, professandosi teneri
della gloria italiana e della patria letteratura, vanno ideando di bruciare
tjuanti autori giansenisti, repubblicani, atei, giacobini, amorosi, comici
e tragici ebbe fino ad oggi l' Italia o che non sieno stati canonizzati
dal Santo Uffizio (1).
Se non che al Bellegarde s' accostavano anche letterati di
vaglia, e fra gli altri Melchiorre Gioja, il quale sarà scusato se
iieir interesse degli studi chiedeva al governo i mezzi per pub-
blicare la sua opera delle Scienze economiche. Notava che il
cessato governo avea promesso soccorrerlo per quel!' opera, in
ventiquattro volumi, la cui pubblicazione doveva costare più di
cinquantamila lire. Ma contro di lui si hanno reclami di magi-
strati e di vescovi, che mettevano in mala vista le sue opinioni (2).
Tutti gli atti di pia emendazione e ritorno verso il passato ri-
cevevano lodi non solo dai retrivi, ma anche da quegli spirili
timorati che dopo vent' anni di libertinaggio politico e filosofico
— per usare una frase di moda — non vedevano salute se non
nel ritorno dei Gesuiti, della loro filosofia, dei loro sistemi peda-
gogici, sociali, politici.
In data 12 luglio il Mantovani scrive: «Fu sospesa l'adunanza
(lei Franchi Muratori, nel locale di Sant'Orsola, con sequestro
della cassa e delle carte. » E s' affretta a soggiungere: « Sarebbe
un atto politico e insieme religioso la distruzione di questa loggia. »
L' anno precedente la polizia di Padova aveva sorpresi in piena
adunanza i membri della Loggia dell' Amicizia , intimando loro
di separarsi (3). L'Austria rinnova, da questo momento, la guerra
alle associazioni segrete : ma vedremo come queste si moltipli-
cassero deludendo le più assidue vigilanze e affrontando i mag-
giori rischi.
(Il Foscolo, Epistolario, li, 40.
(2) Cantù, Cronistoria , ecc., voi. II, par. 1, 537.
(3) De Castho, Caduta del Regno Italico, pag. 203.
626 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
XII.
Gode pure il Mantovani per avere Bellegarde risposto al Vicario
Capitolare « nulla sta più a cuore di S. M. che il ristabilimento
del buon costume, e la coltura della nostra santk religione ; per
cui i Missionari di Rho possono come per l' addietro tenere gli
esercizi spirituali, le missioni, ecc. » E in vero si ripresero questi
esercizi con indescrivibile soddisfazione di quella parte di pubblico
che suole usarne, e s' ebbero inaugurazioni e discorsi con allu-
sioni agli avvenimenti del giorno e al buon andamento che pi-
gliavano le cose.
I Gesuiti tornavano a gala, anche qui, piuttosto ringagliarditi
che scemati di forza , e per nulla assennati dalle precorse peri-
pezie e dai mutati pensieri di una parte del mondo. Tornati per
istanze pressantissime di vecchie dame e dei loro consorti e
clienti , fecero , alla loro volta , pressantissime istanze e studi e
cabale per* rimettere la società nel vecchio solco, « per sop-
primere , se tornava possibile , 1' incomodo sviluppo delle forze
indagatrici e innovatrici dello spirito umano » (1). Sant' Ignazio
ebbe benedizioni senza fine , e una solenne funzione si celebrò,
proprio al suo altare, nella chiesa di San Fedele (2).
Bel momento per uno dei soliti promotori o fabbricatori d' in -
dirizzi, giuramenti, medaglie, monumenti al Nume del giorno — -
e neppur questa volta mancò questo sviscerato servitore del prin-
cipe o piaggiatore dei fatti compiuti. Il quale propose si sten-
desse un atto spontaneo di fedeltà. Molti accorsero a firmarlo ,
perchè cosi facevano gli altri. Manzoni raccontava a Cesare Cantù
come, incontrato Ermes Visconti che andava a firmarsi, cercò dis-
suaderlo, ma questi rispose : — Il giuramento è un atto virtuoso,
dunque? (3) — Eppure l'Ermes Visconti era uomo di raro ta-
(1) Correnti, L'Austria e la Lombardia, pag. 6.
(2) Mantovani, Diarco.
(3) Cantò, Monti e l'età che fu sua, pag. 232.
I
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 627
lento e di feconda coltura, e ancora non s'era dato a quell'esa-
gerato pietismo , che gli fece , in parte , smarrire il senso della
vita mondana e delle cose politiche. Poteva in lui più che altro
lo spirito d' imitazione , che dispensa spesso dall' avere delle
opinioni e ci fa accettare troppo facilmente l'andazzo comune.
È inutile negarlo : e' è un immiserimento nel sentire delle masse
al cadere del Regno Italico e al sopravvenire degli Austriaci, sia
per disinganno, sia per stanchezza, sia per epicureismo. Milano,
cosi larga di cuore, cosi espansiva ed ospitale durante il Regno Ita"
lieo, si rinchiude in sé stessa, comincia a guardare di mal occhio
i forestieri, i pagnottanti — come si dicevano — del governo ca-
duto. Il municipalismo si ridesta in Italia, mancando all' affetto
di patria un campo più esteso. Foscolo vedeva con angoscia
questo rinascente grettume d' invidiuzze e di livori municipali , e
nella Lettera Apologetica non risparmia amare rampogne (1).
Ad un nobile milanese mette in bocca questi versi :
Io che son più che buon cristiano
Sincero milanese,
Nemico nato d' ogni maledetto
Forestiero italiano
Che ci consuma 1' aria del paese (2).
Dove non si caccia un falso zelo ? Dove non giunge lo spirito
li servilismo e d'imitazione? È storia di tutti i popoli e di tutti
1 giorni. In quella furia demolitrice, penso che taluno avrebbe
volentieri buttato giù i monumenti del ventennio precedente : fu
appena consentito di ribattezzarli. L'Arco di Porta Ticinese, eretto
per ricordare la battaglia di Marengo, venne intitolato « alla pace
dei popoli.» L'Arco, dedicato alle vittorie nostre e napoleoniche,
in corso di lavoro, si proponeva pure dedicarlo alla Pace.
Pace, pace! Non si chiedeva altro!
E come si picchiavano il petto molti fra i più aperti fautori
(1) Vedi pure Epistolario, II, 40.
(2) Pecchio, Vita di Vgo Foscolo. — Milano, Ferrario, 1851, pag. 185.
628 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
del regime napoleonico. Ma non si confusero per si poco, e voi--
tarono al più presto casacca, spingendo l'artificio o la viltà fino
a scusarsi di non essere stati austriaci in un tempo, in cui
niuno prevedeva il rifiorimento della mala pianta.
Banderuole ! L'Austria li accoglieva a braccia aperte questi
pentiti, o falsi convertiti, ma il paese li colmava di ben meritato
disprezzo :
Vorev mò di che certa gent balossa,
Vedend che han minga poduu fa trentun
Col vend Milan a quel fìoeu de uissun
Come se vend a mucc la roba grossa,
Volten casacca adess , f m el zelant ,
Fan mostra de cerca el noster vantagg
Per podè seguitalla a fa el raspant,
Ma in Milan de sti baloss n' hin sagg,
Negher no en voeurem pù né tant né quant
E a chi no la squadra bon viagg (1).
Alla perfine nell'agosto Bellegarde accenna a voler procedere
con risolutezza contro i liberali ! Parecchi furono rimossi dagli
uffici , e tra gli altri , il Rasori , luminare della scienza medica,
perdette il posto di protomedico all'Ospedale, per'chè fervente
patriotta. Il Mantovani tien conto di questo atto d' energia , ma
soggiunge : « Non mancano i satirici i quali con mordace scherzo
chiamano l' imperatore d'Austria Caesar semper augustus, perché
cominciò ad agire nel mese di agosto. »
XIII.
Ma se gli inermi e volontariamente sottomessi si ponevano
facilmente d' accordo coi nuovi signori, i nostri soldati continuavano
(1) Nella Raccolta dell' AmbroBÌanat segnata E, S, III, 5.
r,A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 629
a guardarli con occhio bieco, e mal comportavano la vicinanza
delle truppe austriache : spirito di corpo e rivalità fomentavano
vivi risentimenti, nei quali aveano pure non piccola parte le
memorie napoleoniche e l'affetto per il paese.
A Brescia vi furono gravi risse per continui insulti delle truppe
italiane contro le tedesche. Cinque di questi rimasero uccisi , e pa-
.'.^chi feriti. Se non si provvede all'eccessiva moderazione di Bellegarde
)trà succedere altrettanto a Milano, dove l' ufficialità italiana colle
divise e i distintivi onorifici gira tronfia per le strade, ed incontrando
utììziali o semplici soldati tedeschi non lascia di ridere loro in faccia,
o borbottare sotto voce, forte incentivo a gente sospettosa per al-
i-care (1).
Notizie, queste, significative, e che valgano, da sole, a metterci
sott' occhio quella forzata convivenza d' uomini cosi diversi , di
cui gli uni rappresentavano ciò che ancora ne rimaneva dì isti-
tuzioni militari quadrilustri, e gli altri rappresentavano il diritto
arbitrario dei sovrani e l' iniqua prevalenza della forza brutale.
Si scontravano nelle vie, si urtavano forse col gomito, e i nostri
ridevano in faccia a quei poveri Croati e Schiavoni e Panduri e
Boemi, forse inconsapevoli dell'opera prava che col mezzo loro
si compiva fra noi, soggetti alla stessa servitù, incapaci di resi-
stervi e persino di discuterne le ragioni e il fondamento giuridico,
passivi strumenti e non altro.
Tre giorni dopo (18 luglio) il Mantovani aggiunge una notizia che
ci sembra pure di qualche rilievo : « Ieri 1' altro si trovarono na-
scoste presso il negoziante Sovesi alcune casse di fucili , e dicesi
alcuni barili di polvere. * Delle armi ce n' erano ancora : e quel
che é più vi era in molti la voglia di adoperarle.
Non terremo conto delle immaginazioni, nelle quali s'agitava
pure questa febbre di salvare 1' Italia dalle attuali miserie. Com-
parve, colla falsa data di Novara, un indirizzo ad Alessandro di
Russia, ove si rappresentava la necessità di fare l'Italia una e
I indipendente sotto la casa di Savoia :
(1) Mantovani, Diario, 15 luglio.
630 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
L' illustro casa di Savoia è italiana, e gli avi suoi sono dell' Italia
la gloria e l'ornamento. I monarchi alleati e l'imperatore d'Austria,
amico e sostegno di questa reale famiglia (!), la chiamino all'antico
dominio non solo, ma a regnare su tutti gli Italiani che desiderano
divenirne sudditi. Si presenti il re di Sardegna agli Italiani come il
centro di loro unione ; e gli Italiani tutti accetteranno con viva gioia e
trasporto il magnanimo dono e benediranno la mano donatrice.
• Vaneggiamenti, per que' giorni : ma pure 1' avvenire vi è pre-
detto appuntino, perfino si suggeriscono i plebisciti.
Si almanaccò dalla polizia intorno 1' autore di questo indirizzo,
e ne fu indiziato Ugo Foscolo, sospetto senza alcun fondamento (1),
che il poeta, dopo le recenti delusioni, aveva deciso di non occu-
parsi almeno per qualche tempo di politica militante. Da Vienna
capitò r ordine alla polizia di sorvegliarlo (2).
E vaneggiavano pure coloro che avevano messo gli occhi su
Francesco d' Este , figlio a quel Ferdinando che aveva governato
Milano nel secolo scorso , e discendente di una casa che riguar-
davasi come italiana, ad onta del recente innesto absburghese.
Si stampò a Milano una specie di memoriale Sui futuri destini
d'Italia (3), nel quale Francesco d' Este è invitato a reggere la
patria nostra indipendente e confederata !
Non scemano gli urti e le provocazioni , anzi gli animi si ac-
cendono più che mai. ,
Si fecero varie insolenze ai generali austriaci. Alla Villa Bonaparte
si mise un cartello : Qui si oende consoUna (4), alludendo air affabilità
di Bellegarde che vi alloggia ; al palazzo Clerici, ove risiede il barone
(1) CoRio, Rivelazioni intorno a Ugo Foscolo. — Milano, 1873, pag. 93.
(2) Cantù, Monti e l'età che fu sua, pag. 235 e nella Cronistoria, ecc.,
voi. II, par. I, pag. 10.
(3) Lettera scritta da Parigi ad un zelante italiano, al signor D. P. , Mi-
lano, Sonzogno, 1814. — Ne parla anche Cantò, Cronistoria, ecc., voi. II
par. I, pag. 9; Correnti, L'Austria e la Lombardia, pag. 5.
(4) Bevanda insipida, la doucette dei Francesi, acqua indolcita con rego-
lizia o miele, ecc., da cui la frase: « dare della consolina » per lasciare a
bocca asciutta.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IM MILANO. G31
Rossetti, si appese una stampa che rappresenta 1* assassinio del Prina e
lo strazio crudele che ne fece il popolo, minacciando il Rossetti d' egual
^orte. Per simili insolenze, che per lo meno provano il malcontento e
il disprezzo del pubblico , si fecero girare pattuglie a piedi e a cavallo,
Dggi, per infrenare i riottosi se mai tentassero sollevare la plebaglia (1),
Questo barone Rossetti era 1' alter ego del Bellegarde, e spesso
presiedeva la Reggenza, che si governava in tutto e per tutto a
beneplacito dei superiori. Il 3 ottobre si tenne una prima seduta
|ter riordinare le scuole. Il sullodato barone lesse una lunga tiri-
tera « insistendo che tutte le scuole si dovevano riformare giusto
i metodi di Vienna, metodi sicuri e bene sperimentati » (2).
Trovò, naturalmente, adesione: tutti d'accordo a dire che la
pedagogia, nella terra di Vittorino da Feltro, non aveva mai dato
ilcun buon frutto ; tutti unanimi nel chiedere che Vienna ci man-
dasse libri di testo, catechismi, per non dire maestri. E il voto
fu compiuto. Uomini sconosciuti nelle scienze e taluni ignoran-
tissimi vennero con arrogante burbanza a sconvolgere e a pre-
siedere le nostre scuole — anche le superiori — quando vive-
vano fra noi Volta e Oriani e altri luminari europei (3).
Sfoghi satirici e umoristici , più che altro , i precedentemente
accennati , sfoghi conformi alla nostra indole burlona e piacevole,
indizio sicuro che l' opinione pubblica cominciava a chiarirsi
piuttosto ostile ai nuovi reggitori , ma a questa opposizione di
arguzie e motteggi non corrispondeva alcun piano prestabilito di
resistenza, alcun disegno di rivolta : e non erano per nulla giu-
stificati i provvedimenti difensivi del sempre timoroso governo.
Ben altra è la cospirazione , che , nel frattempo , si ordiva fra
molti ufficiali del nostro esercito.
(1) Mantovani, Diario, 21 agosto.
(2) Mantovani, Diario.
(3) Cattaneo, Insur re sione di Milano, pag. 12.
632 I-A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
XIV.
È ancora il pensiero di Foscolo , che ripiglia gli animi più
ardenti, e che si vorrebbe effettuare : ma il grande poeta, come
testé ho avvertito, disgustato delle cose e degli uomini, che gli
stanno intorno , e ritenendo che le migliori congiunture si fos-
sero lasciate passare senza rimedio , si mette in disparte , e si
mantiene estraneo a queste orditure.
L' iniziativa è assunta da quattro generali del nostro esercito ,
il bresciano Teodoro Lechi , già capo di Stato maggiore presso
il viceré Eugenio : Gaspare -Bellotti, torinese, già generale di bri-
gata ; il modenese Zucchi e Fontanelli, già ministro della guerra.
Teodoro Lechi ne scriveva al fratello Giuseppe , allora al soldo
di Murat, perché informasse il re di queste pratiche, e ne veni-
vano larghe promesse d' aiuti (1). Intorno a questi valentuo-
mini si strinsero i colonnelli Antonio Gasparinetti di Ponte di
Pieve sul Trevigiano ; Silvio Moretti bresciano ; Carlo Olini di
Mompiano nella provincia di Brescia e Pietro Varese milanese ;
il tenente-colonnello Pietro Pavoni di Orzinuovi ; Bartolomeo Ca-
vedoni di Modena, già aiutante del generale Severoli ; Cesare
Ragoni già capo squadrone nell' esercito italiano e allora al ser-
vizio del re di Napoli; Innocente Ugo Brunetti, lodigiano, ispet-
tore generale delle rassegne (2), onorato da Foscolo di calda
amicizia, che egli teneramente ricambiava.
La congiura, fin qui tutta militare, si estese anche a non mi-
litari, nel preciso senso della parola, e vi si iscrissero, per gli
altri, il medico Giacomo Rasori ; Giovanni Lattuada di Ponte Cu-
rone, aiutante maggiore della Guardia Civica di Milano e disce-
(1) Odorici, Storie Bresciane, X, 176.
(2) Nel Museo del Risorgimento si trovano due documenti , che riguar-
dano il Brunetti.
I.A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 633
polo di Romagnosi ; Santino Cerosa di Lecco, usciere presso la
Corte d'Appello di Milano; Antonio Maria Caprotti, impiegato
presso la Contabilità di guerra; Filippo Demester, milanese di
nascita, ma olandese di famiglia, flemmatico, pertinace, che te-
neva presso di sé come amministratore quel gran galantuomo e
insigne patriotta di Francesco Bertani (1). Il medesimo avrà pro-
babilmente saputo alcun che della trama, ma non lo trovo ri-
cordato. Invece trovo nominati fra i cospiratori i fratelli Rezia ,
Porro Lambertenghi , Sante Bignami (2) , ingegni eletti , anime
gagliarde, che gemevano per la nuova recente servitù e avreb-
bero tutto messo in opera per scuotersela di dosso.
Si tenevano convegni in casa del Brunetti, in quella casa ospi-
tale abbellita dall' ingegno e dalle grazie di una donna, la con-
tessa di Bergamo Lucilla Macazzoli, più che amica al Brunetti ,
amica sincera al Foscolo. Un' altra ispiratrice di que' forti pare
sia stata Elisabetta Vadori, veneta^ che teneva circolo in Milano :
e vi tuonava spesso la voce di Rasori, bizzarro ingegno e franco
parlatore.
Lo scopo della congiura era ristabilire il Regno Italico , va-
lendosi dell' esercito nazionale prima che Bellegarde lo avesse
ccolto in un solo luogo e inviato in Germania. Il suono a
stormo delle campane di Milano dovea intimare la battaglia nelle
varie città e borgate ; con improvvise mosse si sperava sorpren-
dere le fortezze ; in caso di avversa fortuna era disposto un asilo
in Toscana (3).
Ma, doloroso a dirsi, sul meglio cadde in molti la fiducia, e
cadde fra que' medesimi che aveano disposte le prime file, o su
cui i cospiratori facevano il maggiore assegnamento. Occorreva
un capo. Come tale fu richiesto il Fontanelli, lusingato dapprima
e voglioso di sostenere si gran parte ; ma la grave responsabi-
lità lo impensierisce, ingigantiscono ai suoi occhi le difficoltà ,
(1) Padre di Agostino. — Ne parla la Mario nell' opera Agostino Ber-
tani e i suoi tempi, cap. I.
(2) De Castro, Caduta del Regno Italico, pag. 219 e segg.
(3) Odorici, Storie Bresciane, X, 176.
Ayrfi. Stoy. Lomb. — Anno XV. 41
634 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
esita dapprima, poi rifiuta. Allora si pensò al conte Teodoro Lechi.
Chi più adatto di lui ? Godeva di molto credito e si sapeva degno
figlio di una città di eroi. Ma egli pure, mentre era impaziente
di agire sotto altrui direzione, non si sentiva da tanto di gover-
nare il movimento. Insomma non si trovò un capo che volesse
arrischiare colle proprie le altrui sorti e che avesse tal nome da
ispirare grande e pronta fiducia. E questa mancanza fu appunto
cagione che le deliberazioni rimanessero a mezzo e che tutto si
riducesse a lunghi colloqui e ad oziose trattative. Non potendo
invero tentare una mossa militare di tanto rilievo senza un capo
ben noto, si riconobbe con dolore doversi per allora deporre il
pensiero e le speranze. Separaronsi i generali cogli occhi lagri-
mosi e il cuore angosciato, non osando nemmeno proporsi di dif-
ferire la cosa ad altra occasione, che non erano sicuri di poter
afferrare (1).
La polizia ebbe sospetto che alcuna cosa si tramasse, ma nulla
più che vaghi indizi. Bellegarde, per ogni buon conto, per troncar
corto ad ogni pericolo , emanò il 18 novembre 1' ordine per cui
le truppe italiane doveano partire alla volta dell' Ungheria e di
altri paesi transalpini : — ordine che ci afflisse tutti, come molte
famiglie erano state perturbate dal precedente richiamo dei diser-
tori e dei soldati in permesso alle loro case. Si voleva avere
tutti i nostri soldati sotto mano, e per poco non aggiungo sotto
chiave.
Che i timori del governo fossero assai vivi si può desumere
da quanto scrive il Mantovani in data 20 novembre :
Nella scorsa notte tutta la truppa austriaca è stata sotto le armi
sulla piazza del Castello e varie squadre tanto a piedi che a cavallo,
giravano per la città. Il motivo precisamente non si può accertare.
Chi dice per un ufficiale austriaco trovato morto nel Nirone di S. Fran-
(1) Studi intorno alla Storia della Lombardia negli ultimi trenf anni
e delle cagioni del difetto d'energia dei Lombardi, manoscritto in fran-
cese di un lombardo, voltato in italiano da un francese, Parigi, 1847, pag. Ili
e segg. ; volume proibitissimo dalla Censura Austriaca e assai raro. Lo si
attribuisce alla principessa Cristina Belgiojoso-Trivulzio.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 635
Cesco , chi dice per l' avviso recente che i soldati italiani , in pro-
cinto di partire per 1' Ungheria, vogliono far man bassa sugli Austriaci.
E in data del 21: « Anche questa notte le truppe girano per
la città con alcuni commissari di polizia. »
Era senza meno traspirata 1' intenzione de' congiurati di suo-
nare a stormo, giacché « furono chiamati tutti i custodi delle
chiese ed avvisati di non toccar le campane per festa né per
incendio, lasciando la sola libertà per le solite funzioni sacre. >
Pare che si avesse l' intenzione di far partire le nostre truppe
senz' armi, ma si dovette abbandonare questo spediente. Il Man-
tovani aggiunge : « Alle truppe italiane si è dovuto accordare le
armi. » Lungo il viaggio, molti soldati si sbandarono e fuggirono
in Svizzera od altrove (1).
Se il Gonfalonieri si fosse trovato in quei giorni in Milano si
sarebbe messo anche lui , più che probabilmente , fra i cospira-
tori, ma ancora non avea saputo indursi al rimpatrio, troppo do-
lendogli di vedere la sua città sotto la signoria di Vienna. Il
9 settembre del 1814 egli scrive da Londra a Giacomo Beccaria
la seguente lettera, che chiarisce i suoi sentimenti :
Da un mese corro come un cervo i tre regni britannici visitando
I le campagne, le città, le capitali'ed avendo percorso due mila e cin-
quecento miglia di paese.... Eccomi ora da quattro giorni reduce in
Londra ove non soggiornerò che altri tre o quattro e quindi passando
per Parigi sarò fra breve di ritorno in patria. Nulla ti dirò su di
Londra né del mio giro , perchè e troppo avrei a dirti e presto , nel
nostro ozio patrio, avrò campo di farlo verbalmente. Nulla più posso
dirti o seminulla di notizie politiche, perché tutto è calmo e nube, e
tutto si tratterà, si accorderà o si scompiglierà nel Congresso di Vienna...
Tienmi in serbo, mio caro amico, qualche dose del tuo buon umore
e del tuo spirito ; esso mi sarà troppo necessario per interrompere
piacevolmente la pacifica calma e la soporifica monotonia con cui a
quel che vedo è preparata a ricevermi la mia cara patria. Salutimi
(1) Norme per V arresto dei disertori dei reggimenti austro-italici. —
Museo del Risorgimento.
636 I,A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO,
gli amici tutti che serbano memoria di me ; di' a Balabìo che si di-
sponga a battersi meco, giacché io vengo campione di questo bel paese
di cui so che egli ho deturpato la fama e l'onore..,. (1).
XV.
Intanto i delegati della nostra città , Mellerio e Castiglioni ,
viaggiavano per le poste a Vienna per conaplimentare l' Inipe-
ratore, ricondottosi nella sua capitale. Avrebbero ottenute migliori
assicurazioni di quelle date al Gonfalonieri ?
Il 4 ottobre il primo Te Deura per 1' onomastico imperiale fu
celebrato con pompa magna, non solo nelle cattedrali , ma in
tutte le chiese, fin nei più remoti villaggi. « Invito grande di no-
biltà , ma pochissima vi assistette » (2). Che ! I grandi amori
erano già intiepiditi !
Il librajo Stella , incorre nelle ire della Censura : e sostenuto
in carcere per alcun tempo ; pare lo si incolpasse di aver messo
in giro una commedia con data di Cagliari, le Disnapolenùsa-
zìone, nella quale figurava il mago Don Pilucca, che è il ministro
Talleyrand ! (3) Il quale Talleyrand, per avere voltato casacca,
era divenuto 1' occhio destro della Santa Alleanza : e i fogli par-
lavano di lui come di uno dei personaggi più importanti del giorno.
Il 9 ottobre giunge a Milano una sventurata principessa, che
molto faceva parlare l'Europa di sé. Carolina di Galles, moglie
al dissoluto e tristo principe di Galles, che fu poi Giorgio IV re
d' Inghilterra. I suoi lagrimevoli dissidi col marito erano gene-
ralmente noti, e suscitavano grande interessamento. Prese alloggio
all' Albergo Reale. Bellegarde e i magistrati le fecero un po-
chino la corte, e procurarono di svagarla nei pochi giorni che
rimase fra noi: di svaghi avea grande bisogno, e assiduamente li
(1) Lettera autografa inedita alla Braidense.
(2) Mantovani, Diario.
(3) Idem,
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 637
cercava e li variava per vincere o almeno lenire le ambascie
dell' animo.
Al tearo Re vide ballare una bambina di ire anni sulla corda;
si commosse ; chiamò la piccina nel suo palchetto, e dopo averla
baciata e ribaciala , le regalò un bel gruzzolo di monete. Diede
un banchetto a quaranta dame e anche una festa da ballo, che
durò r intera notte : 1' albergo era tutto rischiarato a torcie di
cera. Bellegarde, per ricambio, apprestò all' Arena un finto com-
battimento ^). Il 18 novembre lasciò la principessa un soggiorno
che pur le era tornato assai gradito , esprimendo il desiderio di
gustarne ancora.
Cominciata la dispersione delle nostre truppe , più che mai
Foscolo si convinse della vanità di qualsiasi tentativo , e fece
parte da sé stesso, dispettoso e crucciato.... « Mi feci di ghiaccio,
sottentrò in me il^^desiderio di ritiro e di tranquillità, e la
pietà insieme del mio paese, che più che altro ha bisogno di
quiete! » (2).
Ma la polizia non si dava pace se non le riesciva di scoprire
le trame precedentemente ordite, quantunque i congiurati aves-
sero rinunciato all' impresa.
Si ebbe ricorso , per quanto si afferma , all' opera di un sa-
l'vojardo , che prese il falso nome di visconte di Saint-Aignan.
;C' è chi assicura che fosse parente di Bellegarde, e che lo stesso
maresciallo lo assoldasse a tale servizio (3). Avvicinò anzi tutto
il già militare ed ora commerciante G. B. Marchal , nativo di
tCleusis in Lorena. Si diceva mandato dai Borboni e dal Reggente
•,d' Inghilterra per scalzare in Italia la signoria austriaca , mercè
l'opera dei liberali. Marchal fu preso all'amo, e presentò il falso
(Ij Mantovani, Diario.
(2) Epistolario, li, 10.
(3) Che la polizia ricorresse a questo spediente non è cosa da sorpren-
|dere : era una delle solite arti ; ce lo conferma 1' autore dei cit. Studj, pa-
gina 116; aggiunge particolari il Gualterio, Rivai. It., I, 408, e il Cusani,
St. di Milano, VII, 218. — 11 Cantù non crede vi partecipasse Bellegarde,
Cronistoria, voi, II, part. I, 37,
638 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
visconte al Rasori , che non sapeva rassegnarsi all' abbandono
dell' impresa poc' anzi ideata.
Della comparsa di questo savoiardo ebbe contezza anche Fo-
scolo : « Dopo non mollo uà francese, di nome che parevami di
emigrato e di portamenti diplomatici , venne come di passaggio
in Milano, e teneva tavola e strette conversazioni con uomini che
aveano virilmente desiderato indipendenza di patria anche sotto
Napoleone » (1).
Convennero in casa del Rasori : Lattuada, Gasparinetti, Teodoro
Lechi, e 1' astuto agente parlò in tal guisa da ridestare le sopite
speranze : si scrissero note e proposte, si discussero i mezzi che
meglio conveniva impiegare ; e 1' accesa fantasia giudicò ancora
facile ciò che era meno probabile che mai.
Qualche giorno dopo il tristo uomo presentasi turbato e in-
quieto alla casa del Rasori , si fa dare o trafuga le carte , le
consegna alla polizia; e più non si fa vivo in Milano (2).
I congiurati erano in tempo di fuggire, ma non lo fecero ,
giacché lontanissimi dal sospettare che la denunzia fosse stata
fatta.
Nella notte dal 3 al 4 dicembre si fecero i primi arresti: « Questa
notte fu levato di sua casa il dottor Rasori e suggellate le carte
e due stanze : fu condotto in fondo di torre nel castello da qua-
ranta dragoni diretti da un ufficiale ! » (3).
Vennero pure arrestati Teodoro Lechi^ Belletti, Pagani^ Cerosa,
Capretti e Cavedoni.
II Foscolo informa la contessa d'Albany di questi primi arresti :
« Oggi vorrei pur ridere ma non posso , e sono costernato per
r arresto di due persone che io conosceva da più anni ; odo dire
che gli arrestati siano quattro , ma non ne conosco che due ;
degli altri due non aveva mai sentito neppure il nome » (4).
(1) Lettera Apologetica.
(2) Pochi anni dopo Marchal scoperse in Parigi, nella folla, questa spia
matricolata, e gli diede tal lezione da ricordarsene un pezzo.
(H) Mantovani, Diario.
(^1) Epistolario, II, 93.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 639
Compianto vivissimo, ma non scompagnato dalla disapprovazione
dei loro disegni, che al Foscolo apparivano privi di ogni oppor-
tunità : e il dolore medesimo gli fa pronunciare parole severe
sul loro conto.
« Bisogna che il delitto — scrive il Mantovani in data del 12 —
per cui furono detenuti sia certo , poiché non si lascia loro né
coltello né forchetta nel dubbio che possano tentare di uccidersi. »
Il 17 « vennero arrestati alcuni scolari dell' Università di Pavia,
perchè partitanti di Bonaparte » (1). Non sappiamo se questi ar-
resti si collegano coi precedenti.
Il processo del Rasori e compagni venne incominciato a Milano,
scegliendo a giudici i più arrabbiati reazionari, di triste memoria
per i processi del 1799, Cardani, Freganeschi, Bonacina, Borghi,
Gianni e Draghi.
I congiurati erano circondati dai soldati nel loro letto, e pigliati
a tre o quattro per notte. Poi , dopo l' intervallo quando di sette e
quando di quattordici notti, altri tre o quattro erano pigliati. Né con-
giunti né amici li rivedevano più ; né mai potevano dire perchè fos-
sero messi in ferri, I carcerati erano interrogati in segreto, ed essi,
e gli scrivani e i giudici erano strettamente obbligati con sacramento
di non mai rivelare cosa che vedessero o udissero » (2).
Raggiunsero i compagni, ma senza che 1' uno sapesse 1' arresto
dell'altro, Brunetti, Demester, Marchal , Ohni, Moretti, Gaspa-
^rinetti, Zucchi, Ragani e parecchi altri.
Brunetti era fra questi il più gracile , anzi malaticcio da più
!,anni , sputava sangue quasi ogni mese ; tempra antica in un
^corpo poco meno che disfatto. Il suo imprigionamento desolò
la gentile Lucilla Macazzoli , e anche Foscolo , che riguardava
il Brunetti come 1' ottimo fra i suoi amici , non sa darsi pace.
x Gli arresti, scrive alla contessa d' Albany, caddero sopra per-
sone che io da più anni conosceva e vedeva ; e tre degli arre-
stati m'erano amici: e un d'essi era, ed é, e sarà il più caro
(1) Mantovani, Diario.
(2) Foscolo, Lettera apologetica.
640 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA iN MILANO.
e il più leale e santissimo amico che io possa aver mai. Io come
conoscente e loro antico compagno di milizia e di lettere, piango
sovr' essi e per essi , e piangerò sempre con tutta la pietà e 1' a-
marezza del dolore » (1).
XVI.
Le torture dei nostri patriotti, che sperimentavano per i primi
i metodi inquisitoriali austriaci, non raffreddavano per nulla le te-
nerezze verso r Austria di certuni. Il Mantovani continua a can-
tare osanna ! « Dopo 17 anni — egli scrive il 1" gennaio 1815 —
di vera organizzata tirannia, entra 1' anno 1815 con una ben fon-
data speranza di avere un governo giusto , moderato e ragione-
vole. » E viene enumerando i provvedimenti lodevoli adottati
dall' Austria : fa scrupolosamente osservare il riposo festivo, pu-
nisce i libertini, dà man forte alle curie arcivescovili e vescovili
per la riforma del costume, e va dicendo.
I nobili avevano anch' essi i loro pensieri , per cui porgevano
poca attenzione a questo tristissimo processo. Il 23 gennaio
r Imperatore nominava una Commissione per depurare la nobiltà
e si fissavano tre mesi per far valere i propri titoli. Il conte
Borromeo era capo di questa commissione araldica. Tempi di
depurazione : il clero ripudiava da sé i sanfenisti , i nobili di
puro sangue i men nobili, e l' Austria i liberali.
Invece per Foscolo, e per tutti i buoni patriotti furono quelli
giorni di inenarrabile amarezza : « Ci mancava un verno simile a
questo perchè io diventassi perfettamente marmotta : potessi al-
meno marmottescamente dormire ! o più bestialmente ancora tra-
cannare, ingoiare, sbadigliare e tornare a tracannare come fanno
i beati animali bipedi di questo paese : cosi possano dimenticarsi
delle noie del verno, e di tutte le stagioni infelici dell' uomo.... (2).
(1) Epistolario, III, 10.
<2) Epistolario, II, 99.
I
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 641
Già da qualche tempo Foscolo divisava di lasciare Milano, per
recarsi in più spirabile aura : ma dovette attendere alcun tempo
prima di effettuare questo su.o pensiero, e ne dice il motivo :
Si sapeva che io era amico di tre degli arrestati, e quasi fratello
dell' ultimo di cui parlai. Mentre il governo può credermi complice, i
cittadini possono malignarmi come rivelatore del secreto. Se io m' al-
lontanassi, alimenterei i sospetti degli uni e degli altri : ogni uomo
teme d' ogni uomo in si fatte congiunture ; le prove di un secolo di
vita integerrimo non bastano a rassicurare chi teme. L' onore quindi
mi comanda di star qui pronto a rispondere delle mie azioni a chi
governa , ed insieme a non rinnegare (e mostrerei di rinnegarla se
me n' andassi) 1' amicizia eh' io professo a chi soffre.... (1).
Il 29 gennaio gli inquisiti venivano trasferiti nelle carceri man-
tovane, ove si costituiva un nuovo tribunale per giudicarli, pre-
sidente il consigliere Trevisini e inquisitore il famigerato Ghi-
slieri : tribunale anche peggiore del precedente :
Oggi in tredici carrozze sono partiti 14 detenuti di Stato per
Mantova, scortata ciascuna carrozza da otto dragoni , oltre un corpo
volante di cavalleria di dietro e davanti. Di questo traslocamento non
si sa intendere lo scopo , massime non sapendo se i processi sono
ultimati, oppure, come a me sembra probabile, che debbansì colà ter-
minare col confronto di altri colà detenuti (2).
E però l'Austria, trascorsi appena nove mesi dal suo insedia-
mento fra noi , già si trovava a fronte una valida opposizione, già
ricorreva per domarla ad arcane procedure e ad estremi castighi.
Il pubblico rimaneva percosso dalla notizia di questi notturni
arresti, tranne i moralmente pervertiti, che forse ne godevano:
Vecchi preti e patrizi , frattanto , tripudiavano , immaginando boia ,
bastoni e torture che stavano vendicandoli di giacobini pagnottanti ,
cosi, con vocabolo milanese, chiamavano que' cittadini del Regno, che
per esercizi di uffizi pubblici nei ministeri e nel Senato e nella Corte,
(1) Epistolario, II, 101.
(2) Mantovani, Diario.
642 I.A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
si erano domiciliati a Milano Un tristo andava intorno per le bot-
teghe da caffè interrogando quanti fossero stati imprigionati la notte
passata : quanti bastonati davanti a' giudici, quanti strozzati o straziati
in prigione ; e perchè mai si indugiasse (I).
Il giorno medesimo della partenza dei nostri inquisiti per Man-
tova, la Società dei Nobili dava una splendida festa da ballo al
corpo dell' ufficialità. Bellegarde e gli ufficiali si disponevano a
ricambiare queste cortesie , li uni con un banchetto , e gli altri
con una festa , che ottennero si desse nel Palazzo di Corte , e
per la quale si fecero grandi apparecchi.
XVII.
Di questa prima procedura mantovana pochissimo è trape-
lato (2). Le confessioni furono estorte col solito tranello di falsi
costituti , per lasciar credere che i compagni già avessero rive-
lato. Gasparinetti cadde, fra i primi, nella rete, e narrò come il
generale Teodoro Lechi, incontratolo, gli dicesse : — Coraggio,
mio caro ; se Fontanelli ricusa di condurci, lo Zucchi subentrerà.
Il Ghislieri, visitò il Lechi nella sua cella, e dicendosi venuto
dalla sua casa, ridestando nell' animo del prigioniero le più care
e insieme le più strazianti memorie de' suoi cari , tentò fiaccare
il suo spirito ; gli parlò della madre in fin di vita e che arden-
temente sospirava di vederlo prima di morire. — Ebbene, finiva,
confessate tutto, e siete libero all' istante.
(1) Foscolo, Lettera apologetica.
(2) Fra i manoscritti della Biblioteca Ambrosiana trovasi una copia del-
l'atto di accusa datato da Mantova, 2 marzo 1815, firmato dal procura-
tore imperiale L. Valeri, e diretto contro undici imputati di cospirazione a
danno del governo austriaco, Lattuada, Teodoro Lechi, Belletti, Cavedoni,
Ugo Brunetti, Gasparinetti, Rasori, Ragani, Cerosa, Capretti, Marchal. —
Un' altra copia trovasi al Museo del Risorgimento.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 643
li Lechi non si lasciò sfuggire una sola parola (1).
Fin dal febbraio , la buona Lucilla Macazzoli era accorsa a
Mantova , per istarsi vicina al suo sventurato amico , e non si
parti da quella città per tutto il tempo del processo ; prova com-
movente di fedeltà e devozione. E al principio di marzo Foscolo
scrisse all' amico, offerendosi di assumerne la difesa : ma il giu-
dice lo ricusò come incompetente (2).
Nel frattempo, i nostri ambasciatori a ^'^ienna ebbero dall' im-
peratore parole tutt' altro che promettenti : « Milano cessa d' es-
sere capitale, deve decadere ; procurerò che decada adagio ! » —
Rispetto alla sistemazione del paese non furono né interrogati
né ascoltati. Scoraggili, vanno a Corte per chiedere il congedo.
L' imperatore lo accorda ben volontieri , ma trattiene presso di
sé il Mellerio.
Il quale Mellerio , sul principio , credette che gli avrebbero
lasciato qualche ingerenza negli affari. Avendo il governo invi-
tati i delegati a riferire sui bisogni delle nuove provincie, il Mel-
lerio riceveva con piacere questi rapporti, ne lodava la franchezza,
prometteva appoggio (3). Ma non tardò a svanirgli di mano anche
questa larva di potere. I Tedeschi lo vedevano di mal occhio, e
gli Italiani lo biasimavano perchè avea transatto collo straniero.
Si tolse a quella dubbia posizione appena gli fu possibile.
Neil' occasione di questi ricevimenti dei nostri ambasciatori ,
l'imperatore, informatosi dell'andamento dei processi mantovani,
dichiarava che era sua intenzione usare qualche clemenza : e
Bellegarde scriveva ai giudici si studiassero di essere severi
quanto la legge il permettesse, affinchè meglio rifulgesse la cle-
menza sovrana.
Aveva l' inquisizione imperiale chiesta per tutti la pena di
morte (aprile); i difensori mostrarono chiaramente come quel
titolo d' alto tradimento per difetto di prove mal si sostenesse ;
(1) OooRici, Storie bresciane, X, 178.
(2) Foscolo, Epistolario, li, 216.
(3) Cantù, Cronistoria, ecc., voi. II, parte I, 369.
044 LA RESTAURAZIONE AUSTRUCA IN MILANO.
sicché non era credibile che i giudici potessero condannarli per
tal reato.
Non si pigliò alcuna decisione — enormità che si direbbe
quasi inverosimile — ; rimasero quegli sventurati per mesi e mesi
ignari della propria sorte , sospesi fra la vita e il capestro : e
invano i parenti sollecitavano una risoluzione : la cosa si riman-
dava a disegno di settimana in settimana , per non dire d' anno
in anno (1).
Anche in Milano i liberali continuavano a vivere fra le più
crudeli ansietà, e i timidi fra incessanti terrori : « Le notti erano
rumorose sin dopo 1' ora dei teatri, ove, per non lasciarsi sospet-
tare di colpa, i più timidi affettavano più allegria. Poscia, dopo
mezzanotte, le ore d' ora in ora suonavano cupe di passi di com-
pagnie tedesche ; e alcuni immaginavano di sentirli soffermali
alle loro pone ; e per unico rimedio alla paura e alle verghe ,
turavansi ermeticamente 1' orecchio, e sognavano tuttavia , e va-
neggiavano Tedeschi, e inquisizione segreta, e le prigioni sepol-
ture di vivi » (2).
Eppure il governo , oltre che dal Bellegarde , era tenuto dal
conte di Saurau, che in molte occasioni si mostrò temperante e
rispettoso ai vinti. Bellegarde teneva una specie di luogotenenza
generale, e Saurau era governatore di Milano. In uno de' suoi
primi rapporti a Vienna, « diceva di aver trovato la nobiltà oziosa
e prepotente, il clero ignorante, tenace, corrotto, il medio ceto
operoso ed illuminato. Avvisò ottimo partito mantenere presso che
intera 1' amministrazione itah'ca , scambiando i nomi ; e cosi si
fece » (3).
Tanto Bellegarde come Saurau cercarono di attirare a sé
alcuni eminenti ingegni , fra cui Foscolo : « Non devo celare ,
scrive il Pecchio, che alcuni Austriaci in autorità ben presagendo
r effetto che farebbe sullo spirito pubblico degli Italiani se aves-
(1) CusANi, St. di Milano, VII, 224; i citati Studt si diffondono pure su
questo iniquo processo, pag. 118 e segg.
(2) Foscolo, Lettera apologetica
(3) Correnti, L'Austria e la Lomhardia , pag. 7.
r.A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 645
soro potuto assoldare per loro scrittore Ugo Foscolo, gli richie-
sero il piano di un nuovo giornale letterario, e poi gliene offer-
sero la direzione col salario di seimila franchi. Egli distese il
piano che era fondato su principi larghi e liberali, ma ne ricusò
ad ogni patto la soprintendenza » (1).
In termini consimili parla lo stesso Foscolo di questa proposta,
accennando com' egli richiedesse che il giornale fosse sottratto
a qualsiasi censura preventiva , per rimanere una indipendente
palestra di studi utili e onorevoli.
Se ben si guardi , non havvì fin qui argomento di biasimare
Foscolo. Persuaso com' egli era che fosse oramai vana e dispe-
rata impresa di opporsi all'Austria, gli sorrise, per un momento,
r idea di compensi intellettuali, di un pacifico convegno di spiriti
liberi, di una propaganda calma ma efficace di studi.
Si avviarono, quindi, delle trattative tra il governo e il libero
-crittore, con quei contatti personali e con quegli scambi di cor-
tesie, che non potevano evitarsi, ma che gettavano una luce sfa-
vorevole sul grande patriotta. Però nei documenti pubblicati su
questo affare non s' incontra una sola frase , la quale ci mostri
Foscolo disposto a scrivere sulla falsariga austriaca e a bene-
placito degli stranieri (2).
Bellegarde ne scrive a Vienna al barone Hager, presidente della
polizia aulica e , per dire il vero , aggiunge una frase , che , se
esprimesse il vero, farebbe grave torto al Foscolo: «interamente
e incondizionatamente si è offerto a noi » (3). Ma Bellegarde avea
dato all' adesione di Foscolo un significato molto maggiore del
reale , non teneva conto delle esplicite riserve con cui il poeta
voleva conservare al periodico il carattere di una istituzione pu-
ramente letteraria e scevra di fini politici. Il barone Hager, dal
(1) Vita di Foscolo. — Milano, 1851, pag. 130.
(2) CoKio, Ricelasioni intorno a Uqo Foscolo, pag. 86 e segg.
(3) Tentativi del governo austriaco per fondare un giornale critico-lette-
rario « del quale il governo intende seroirsi onde rettificare le erronee
opinioni sparse sotto tante forme dal cessato governo » (incartamento di
T documenti d'ufficio con firme autografe). — Museo del Risorgimento.
64G LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
canto suo, è lieto della proposta, e ne scrive al conte Saurau.
Ha luogo uno scambio di notizie intorno all' autore dei Sepolcri ;
ma, ad un tratto, lo stesso Foscolo straccia quelle orditure, ap-
pena s'avvede del falso giudizio che se ne poteva ricavare sulle
sue intenzioni e sulla sua condotta.
XVIII.
Napoleone a si breve distanza dai nostri lidi, Murat in armi,
e malcontento degli alleati, come gli alleati dubitosi di lui, ciò
bastava per dar sospetto che le cose non fossero del tutto finite :
e i napoleonisti avevano, non che il desiderio, il presentimento
che grossi eventi stessero per sopraggiungere. Murat dava ricetto
ai fuggitivi in Lombardia, rinfocolava le speranze nazionali, spar-
geva le medaglie col motto Onore e Fedeltà. Si recò al suo
campo il nostro Luigi Porro Lambertenghi, che sempre troviamo
fra gli emissari e iniziatori tutte volte si tratti del bene del
paese : spirito culto, generoso, audace. Di ritorno passò da Roma
e vide il restaurato Pio VII, il migliore fra i principi reduci o
il solo che non si bruttasse con poliziesche reazioni.
Gli parlò delle trame muratiane, e il papa gli disse : — Io non
sono avverso all'impresa di Murat, né ai mezzi con cui viene
condotta. I Carbonari hanno senso italiano, ed ella pure é italiano,
e lo sono anch' io (1).
Ebbe insolito successo sui nostri teatri V Italiana in Algeri, per
le allusioni politiche ; e acclamazioni prorompevano ai versi :
Pensa alla patria, e intrepido
Il tuo dover adempì,
Or che por tutta Italia
Risorgono gli esempi
D' ardire e di valor.
(1) Maroncri.li. Addizioni. — Cantù, Il Conciliatore, ecc., pag. 7.
f
LA KESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. G47
E un subisso di applausi accoglieva il coro :
Quel che valgon gì' Italiani
Al cimento si vedrà.
Percorrevano l'alta Italia segreti emissari del Murat, fra gli
altri il genovese Maghella ; e ci risulta che si trattenne anche
a Milano, ove parlò coi migliori — pochi a dire il vero — ai
quali i processi mantovani non avevano tolto lena per cospirare,
ud almeno per sperare.
I sovrani alleati s' erano raccolti in Vienna, per proseguire
l'opera del Congresso di Parigi^ ribadire le catene ai popoli,
spiare che da nessuna parte si ridestasse il desiderio della libertà,
s'intrattenevano in lunghi colloqui, si stringevano la destra; ei
loro ministri se la intendevano e saldavano i vincoli, e 1' un so-
vrano doveva infallibilmente accorrere a puntellare il trono del-
l' altro quando vacillasse, e se uno fosse insufficiente tutti insieme
dovevano schiacciare l' idra della rivoluzione. L'Austria faceva le
Dese agli ospiti: spettacoli e feste per alleviare quella grave
t viica : r oro d' Italia serviva anche a questo.
Se non che i sovrani, fra i giocondi simposi e V« ingorde lun-
ghe contese » furono sopraccolti da notizie, che niuno avrebbe
pensato poc' anzi verosimili : fuga di Bonaparte dall' Elba (26 feb-
braio 1815) : mentre Murat s' accingeva a sconvolgere l' Italia e
minacciava Roma, e il papa più che di passo toglievasi dalla sua
capitale per riparare in Toscana.
Le quali notizie, appena si diffusero per Milano, produssero,
com' era da aspettarsi, una viva agitazione : « La scorsa notte —
scrive il Mantovani , in data 8 marzo — furono arrestate varie
persone dalla Polizia, a quanto dicesi per esaltamento esternato
alla nuova della mossa di Bonaparte. Se le spie faranno in questi
giorni il loro dovere, il governo potrà conoscere molte maschere
che ha d' intorno e non distingue per tali. »
Un poeta vernacolo fa parlare i sovrani spauriti :
648 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
....Insci se vari disend qui pover locch
In intani el glie prepara un bel viorin
Per vede anmò de fa resta i re mocch (I),
E, se non m'inganno, vi allude il Porta:
Ma coss' è ? Se romp l' incant
Porcinella el torna viv,
Alto a gamb, moUen tucc quant
Quij che baja e quij che scriv.
Si tentava ingannarci suU' esito dell' impresa napoleonica : im-
minente la sua cattura ; e gli alleati, dismessa ogni pietà, avevano
deciso trattarlo come un volgare malfattore. Ma il 21 marzo era-
vamo già informati del ritorno trionfale di Napoleone a Parigi :
« Oggi lettere da Lione, Ginevra, Torino danno quasi sicuro l'in-
gresso di Bonaparte a Parigi. Il governo nostro avvedutissimo
non ha pensato a procurarsi i mezzi per aver notizie sicure, e
cosi tranquillizzare i popoli, e perciò fu sorpreso di quanto spar-
gevasi con qualche fondamento. Per rimediare e saper anche rego-
larsi mandò a chiamare Giuseppe Corti, direttore dell' ufficio delle
poste, e da questo canale potè, dubbiosamente però, affrancare i
cittadini che Bonaparte non era giunto che a Magon » (2).
Gli allarmisti avevano buon giuoco, e potevano spargere le più
stravaganti novelle, quasi sicuri d' essere creduti e di mettere
sossopra cittadinanza e governo. Il 1* aprile si sparge a Milano
che il papa è giunto a Belgioioso. Il giorno dopo doveva tro-
varsi fra le nostre mura. Si fanno al più presto preparativi al
nostro palazzo arcivescovile ; anche al Duomo si fanno gli appa-
recchi di circostanza; l'A-rco di Porta Ticinese è messo, per cosi
dire , a festa ; e cosi il Corso , ove già si accalca la folla. Ma
ecco smentita la storiella: il papa è a Viareggio e si dirige alla
volta di Genova. Il governo burlato, nomina una commissione
(1) In una Raccolta deirAinbrosiana segnata E, S, III, 5.
(2) Mantovani, Diario.
à
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 649
apposita contro gli allarmisti e diffonditori di false notizie ; e si
fanno molti arresti di forastieri (1).
Forse è un' altra storiella il minacciato eccidio dei liberali in
Milano, a cui accenna il Mantovani in data 3 aprile. Non par vero
che il feroce zelo degli Austriacanti potesse spingersi a questo
segno, nell'ora stessa in cui i Napoletani ripigliavano le armi per la
salute comune : « Nelle ultime due notti diconsi fatti molti arresti.
Si pretende che vi fosse un complotto di far man bassa sui par-
litanti di Bonaparte, e tale mal inteso trasporto verso gli Austriaci
fu scoperto a tempo, perchè a quanto dicesi doveva succedere
lo scoppio domani, giorno della B. V. A., in cui di solito pel Per-
dono si affolla la città di contadini. » Fatto sta che si presero
rigorose precauzioni ; si sguinzagliarono per le vie numerose pat-
tuglie ; e frotte di contadini furono respinti alle porte.
XIX.
Dacché nelle nostre truppe, sparse ancora per il Lombardo-
Veneto, serpeggiavano virili pensieri, che meglio si davano a
conoscere in quei giorni, urgeva discioglierlo legalmente. Il
1'^ aprile 1815 comparve il decreto relativo. Alcuni ufficiali supe-
riori ebbero promozioni, dovute loro per anzianità e che valsero
a rendere meno increscioso il mutamento della bandiera (2). Il
generale Frimont, incaricato della fusione dei due eserciti, baciò
ùcuni generali italiani « in segno d' amicizia e di fratellanza. »
Onesta forse l'intenzione del tedesco, ma quei baci, in simile
(1) Mantovani, Diario. — Il Mantovani mette innanzi il sospetto che la
voce fosse ad arte diffusa dalla polizia « per divagare i pensieri e tenere
attento a tutt" altro il pubblico in (^uei giorni creduti pericolosi. > Diario :
1" giugno 1815.
(2) Ebbero grado di tenenti marescialli i generali Severoli, Bonfanti e
Peiri, e di maggiori generali i generali di brigata Balabio, Dembowsky e
Galimberti.
Arch. Star. Lomb. — ^ A " no X^■. 42
650 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
momento, rassomigliavano troppo a quello di Giuda. Molti spez-
zarono la spada, ripugnando di servire il nemico di ieri, e il
nuovo oppressore d' Italia : tornarono a vita privata o lasciarono
il paese nativo, e parecchi si segnalarono fuori (1).
A poco a poco, come s' è visto, per non far rumore, per non dar
neir occhio, ci si erano tolti tutti gli elementi dell' organizzazione
militare, fabbriche d'armi, fonderie da cannoni, polveriere, ma-
nifatture di panni, scuole militari, e via dicendo. L'Austria fece
suo un materiale da guerra e di marina, il cui prezzo ammon-
tava a molte centinaia di milioni. Per ridurre all' impotenza ,
anche sotto l'aspetto militare, le nazioni soggette, il governo si
serviva di questo mezzo. Riservava ai soldati tolti all' arciducato
d'Austria e alle provincie vicine il servigio esclusivo dell' arti-
glieria e di quasi tutti i rami più elevati dell' arte militare, re-
stringendo le altre nazioni all' esercizio d' armi speciali, che non
potevano mai sopperire all' uopo di un completo esercito. La
cavalleria ungherese non contava che ussari ; la cavalleria di
Galizia lancieri ; il Tirolo dava fanteria leggiera ; e nelle Pro-
vincie italiane non si reclutavano che soldati di linea ! Non un
solo artigliere ! (2).
Foscolo continuava a trovarsi in grande tempesta di pensieri.
Un dopopranzo — scrive il Pecchie — lo incontrai mesto e cor-
rucciato fuori di Porta Orientale lungo quel viale di pioppi che conduce
a Loreto ; e dopo aver camminato per lungo tempo senza far motto ,
alla fine ruppe il silenzio dicendomi : — Tu che sei avvezzo a dir la
verità agli amici ed ai nemici, dimmi francamente che si dice di me
nel pubblico ? — Se tu continui queste tue tresche con gli Austriaci,
gli risposi, i tuoi nemici diranno che sei una spia di loro. — Queste
parole furono come un fulmine. Si mise a precipitare i suoi passi :
il suo volto si offuscò. Non disse più nulla (3).
(1) 11 modenese Ventura andò a sistemare gli eserciti del re di Lahor,
donde con ricchissimi doni tornò dopo venti anni in Francia ; Codazza nelle
repubbliche dell'America meridionale lavorò da ingegnere ; e cosi altri. —
Cantò, Cronistoria ecc., voi. II, par. I, pag. 65.
(2) Cattaneo, Insurresione di Milano, pag. 10.
(.3) Vita cit., ed. cit., pag. 131.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 651
Sappiamo di quali tresche qui s'intenda parlare: le trattative
per il giornale letterario. Pare che s' aspettasse una definitiva ri-
sposta da Vienna, ma quando giunse la risposta, Foscolo non
si trovava già più in Milano. Messo nel 1' obbligo di giurare, e
impensierito per le mali voci che correvano sul suo conto, egli
preferi sottrarsi alla doppia ingiuria, e, senza congedo dagli amici
lombardi, senza passaporto del governo, quasi senza denaro, parti
travestito per la Svizzera (31 marzo). Giunto a Lugano, ebbe
gli aiuti di un Antonio Quadri (1), mercè i quali potè proseguire
l'arduo viaggio.
Bellegarde ha l' ingenuità di attribuire la non riuscita del pro-
getto giornalistico al ritardo della risposta da Vienna, ne incolpa
« la poco propizia istituzione postale avendo soppresso la posta
giornaliera da Milano a Vienna sulla diretta via della Pontebba e
avendola ridotta a due volte la settimana » (2). Per simile ritardo,
Foscolo, dice lui, ebbe tempo a riflettere, e lo sbarco di Bona-
parte e 1' avanzarsi di Murat lo indussero a novo estremo partito.
Ecco invece i veri motivi della condotta di Foscolo : « L' onor
mio e la mia coscienza mi vietano di dare un giuramento che
il presente governo domanda per obbligarmi a servire nella milizia,
della quale le mie occupazioni e l' età mia e i miei interessi
m'hanno tolta ogni vocazione. Inoltre tradirei la nobiltà, incon-
taminata fino ad ora del mio carattere, col giurare cose che non
potrei attenere e con vendermi a qualunque governo. » Quell' a-
nima sdegnosa preferi alla servitù della milizia sotto bandiera
austriaca e al tristo vivere in paese schiavo, le vie incerte, lun-
ghe, dolorose dell' esiglio ; e, congedatosi dalla famiglia con lettera
del 31 maggio (3) superò le Alpi e si allontanò per sempre dal-
l' Italia.
(1) Op. cit., pag. 93.
(2) Museo del Risorgimento; doc. cit.
(3) Epistolario, HI, 106. — Lettera apologetica; Io scritto Sui Giura-
menti diretto al conte di Ficfjuelmont, quartier mastro generale dell' esercito,
«uomo di molta niente e di nobile animo»; — Martinktti, lav. cit. nella
Rioista Europea, 1882.
652 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
XX.
Fusione sempre sgradita e intempestiva quella di due eserciti,
ma più che mai in quei momenti, mentre da due settimane Murat
avea intimato guerra all' Austria. Un nostro lombardo, un gene-
rale dell'esercito testé disciolto, Giuseppe Lechi, entrava in Roma
e vi parlava in nome dell' Italia. A Pesaro i nostri incontravano
per la prima volta gli Austriaci e li mettevano in fuga , lieto
principio che suscitò speranze troppo superiori all' entità della
cosa. E da Rimini il re guerriero rivolge un proclama che agi-
tava le più intime nostre fibre , e che , provando all' evidenza
r ingiustizia della dominazione austriaca, levava qualsiasi scrupolo,
e pareva dovesse vincere ogni esitazione e ogni codardia : mentre
Manzoni, il nostro cantore solitario, formulava in versi memora-
bili il programma politico unitario , quel programma che solo
nel 1859 si è cominciato a compiere :
O delle imprese alla più degna accinto ,
Signor, elle la parola hai proferita
Che tante etadi indarno Italia attese.
Ah ! quando un braccio le teneano avvinto
Genti che non vorrian toccarla unita ,
E da lor scissa la pascean d' offese ;
E r ingorde udivam lunghe contese
Dei re tutti anelanti a farle oltraggio,
In te solo un raggio di nostra speme
Di nostra speme ancor vivea pensando
Clr era in Italia un suol senza servaggio,
Ch' ivi slegato ancor vegliava un brando.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 653
Eran le forze sparse
E non le voglie, e quasi in ogni petto
Vivea questo concetto,
Liberi non sareni se non siam uni.... (1)
Egli è sorto per dio !
Con lui , Signor , dell* itala fortuna
Le sparse verghe raccorrai da terra
E un fascio ne farai nella tua mano (2).
Al proclama di Rimini rispondeva Bellegarde da Milano il
5 aprile, derideva Murat qual venturiere politico « straniero al-
l' Italia e nuovo nella categoria dei regnanti » ; enumerava le be-
nejicenze del governo austriaco ; ripeteva le solite promesse, tranne
quella dell' indipendenza : « Lombardi ! Il governo austriaco, sin-
cero per natura e per sistema non millantatore, vi ha promesso
tranquillila , buon ordine , amministrazione paterna , e tanto vi
manterrà » (3).
Da Rìmini Murat s' era spinto a Bologna , con animo di var-
care il Po ad Occhiobello e dar mano ai Lomba rdo- Veneti , che
si confidava ripigliassero al suo primo comparire le armi , da
poco dismesse, per avventarsi contro lo straniero.
Mentre Murat era a Bologna gli si presentò un animoso gio-
vine di Como, Francesco Scalini, il quale studiava in quella uni-
versità e a nome dei compagni chiedeva armi per formare una
legione e per combattere accanto ai soldati del re. Lodava il re
la generosa offerta e prometteva secondarla (4). Ma quando fu
(1) Verso duro, ma forte, degno di splendere sovra il ricomparso tricolore.
11 poeta « si vantava dopo molti anni, celiando, che per T unità d' Italia egli
avea fatto il più grande dei sacrifizi, quello di scrivere scientemente un così
brutto verso ». — D'Ovidio, Saggi critici, pag. 75.
(2) Il proclama di Rimini ; frammento di canzone, nelle Tragedie e Poesie
di Alessandro Manzoni, 1873, pag. 319.
(3) Archivio di Stato. — Una copia si trova pure nel Museo del Risor-
gimento.
(4) Martini Storia d'Italia dal 1814 al 1834 I, 202.
654 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
sul punto di dare le armi, non ne trovò, giacché appena ne avea
pel suo sottile esercito. E questa fu cagione che i Lombardi e i
Romagnoli non potessero moversi, come ne aveano somma voglia :
e anche dalla Toscana e dalle Marche piccoli aiuti venivano aire
liberatore. I patriotti continuamente dicevano o mandavano a dire
al re, da ogni città già liberata da lui o in attesa del benedetto
tricolore, che somministrasse fucili , giacché le armi erano state
staggite dall'Austria o dai governi che ne dipendevano. A Man-
tova in ispecie i patriotti cospiravano in vista di quelle tetre
mura, ove già stavano carichi di catene i primi nostri cospiratori,
e mandavano ogni giorno al re esortazioni e sollecitazioni, ma né
fucili né sciabole si possono avere li per li, ci vogliono quattrini,
ci vuol tempo : mancavano i primi , e anche il secondo volgeva
oramai poco propizio all' ardito guerriero , e già i suoi giorni ,
per cosi dire, erano numerati.
Ci limitammo a declamare nei crocchi più intimi dei versi, fra
cui i seguenti che dovrebbero piacere e commuovere anche dopo
passata l' ora per cui furono scritti :
Giunta l'ora: volate, o Guerrieri,
Al gran sasso che Italia circonda :
Libertade ogni lido risponda
Dal Sebeto alle rive del Po.
Trionfante d' Ausonia il vessillo
Vi richiami alla gloria degli avi,
Su col sangue la macchia si lavi,
Che tant' anni l' Italia bruttò.
I Re nostri discordi ed imbelli
Fer superbe le barbare genti,
Ma un Re solo, un Re forte spaventi,
Fughi, abbatta il nemico furor.
I
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 65 S
Chi è SI vile che ad opra cotanta
Non si desti, o negli occhi non arda ?
Chi dubbiando s' arretra o chi tarda
Ha de' cervi più timido il cuor.
Non Siam noi di quel seme divino ,
Che captive sul colle di Roma
Per la polve e con sordida chioma
La Germania, la Francia meno ?
SolTrirem che dell' Itale genti
Qual de' greggi si faccia mercato ?
Solo a noi, solo a noi fia negato
Ciò che a tutti natura donò ?
Di Pirene fa scherno l' Ispano
Al valor della Gallia vicina :
Può il Britanno fra 1' onda marina
Della terra gli insulti sfidar.
E all'Italia dell'arti bel nido,
Già de' Numi soggiorno giocondo,
All' Italia , giardino del mondo ,
Vana siepe fien 1' Alpi ed il mar i
Forti petti a cui morte non duole,
Forti petti in cui 1' alma non dorme,
Oggi siate alle barbare torme
Voi la siepe ed il muro fatai.
Ecco aperte mirate due strade :
Qua gli onori risplendon sicuri ;
Là il terrore, l'infamia, le scuri;
Vi miiiaccia lo sgherro venal.
Or scegliete ! ma nude già veggo
Balenar mille spade d' intorno ?
O felice, lietissimo giorno
Che dai fine a si lungo servir
656 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Degl^i eserciti il Dio benedice
La tua luce tremenda ai tiranni,
E r Italia col volger degli anni
Non la veggo men bella apparir (1).
Fra gli studenti , a cui il solo nome di patria fa battere il
cuore , circolò questo canto militare :
Ecco il suon della tromba rimbomba :
Ecco r armi d' Italia e le armate (sic)
Libertà 1 si gridò , liberiate !
E r antico valor si destò.
Quali allori stiam qui noi cogliendo ;
D' arti serve infelici sudori ?
Son nel campo ora i vividi allori
Ove gloria ed amor li piantò.
Tutto ceda : non v' ha che un momento :
S' egli fugge mai più non s' afferra :
Ecco il suon della tromba di guerra :
Di sangue sei giunto, gran dì!
Alle madri diam 1' ultimo addio :
Sia la lagrima al ciglio straniera:
È la patria , la madre primiera !
Ogni debole affetto mori.
A che il pianto ? il versammo a torrenti,
Schiavi, vili, oltraggiati finora:
Ora il sangue si versi ; si mora ;
Ma la patria salviamo e 1' onor !
Ecco il suon della tromba: o qual fiamma
Or sottentra agli affetti di schiavi !
Questa è 1' ora del Tebro, degli avi
Che ci scorre col sangue nel cor.
(1) Li credo inediti ; si trovano manoscritti nella cit. Raccolta del marchese
Sommi-Picenardi ; me li trascrisse con squisita gentilezza il prof. F. Nevati,
al quale mi dichiaro obbligatissimo.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Prodi, a voi che nel campo di gloria
Per la patria primieri morite
Sono nostre le vostre ferite,
Niun fratello qui innlto cadrà.
Sarà un fiume di sangue nemico
Ogni stilla del nostro che cada :
Ecco il suon della tromba ! si vada :
O la morte o vogliam libertà (1).
Il 7 aprile a Milano si è impensieriti per le mosse muratiane :
Oggi — scrive il Mantovani — la città è sorpresa da alcune dimo-
strazioni di debolezza che fa il nostro governo, mostrandosi pronto a
ritirarsi all' arrivo dei Napoletani per non aver forza bastante di re-
sistere. Sono in vendita molti mobili deli' armata : sono vuotati tutti
i magazzini Un così subitaneo cangiamento ed un timore cosi im-
provviso fanno nascere mille sospetti, e indispettiscono tutti i cittadini
che si lusingano d'essere difesi da una forza di truppe imponente,
perchè per tale ne pagavano le spese.
Insomma, si vedevano male serviti ; e pagavano tanto I
Il Congresso di Vienna accelerava i suoi lavori e i sovrani fret-
tolosamente si preparavano a ridiscendere in campo contro Na-
poleone. L' Austria profittò della paura dei confederati e si fece
riconfermare il più esteso arbitrio in Italia. Ma, d'altra parte,
giovava dare qualche miglior speranza ai Lombardi-Veneti : donde
il decreto 7 aprile, che costituiva i domini austriaci d' Italia in
regno , aggregava alla Lombardia la Valtellina e le contee di
Bormio e Chiavenna, prometteva una corte, grandi officiali, con-
servato r ordine delia Corona Ferrea, un viceré. Fu pubblicato in
Milano il 12(2); e il giorno dopo il conte Bellegarde partecipava
la sua nomina a luogotenente del viceré negli Stati d'Italia (3); —
(1) Nella cit. Raccolta del marchese Sommi-Picenardi,
(2) Archivio di Stato.
(3) Museo del Riso.rgimento.
658 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
noi si continuava a tendere 1' orecchio verso il Po, ove rumoreg-
giavano i Napoletani , verso Genova , ove il papa seduceva col-
r evangelica sua dolcezza : e frotte di Milanesi andavano fin là
solo per vederlo e ricevere la sua benedizione.
Intanto le cose di Murat, e insieme le nostre precipitavano.
Dal Po ritraevasi, scarseggiando di forze e per il falso annunzio,
che gli Inglesi gli invadevano il regno. Il nemico lo incalzò, con
sollecitudine insolita negli Austriaci : ma erano spinti innanzi da
tre buoni generali Frimont, Neipperg e Bianchi ; aggiungi la bal-
danza del numero. Qui si gridavano dai tetti le vittorie di Ma-
cerata , Tolentino , Ceprano : man mano spegnevasi quella luce ,
che pure avea mandato vivi lampi : e 1' oscurità ricadeva sul-
r Italia.
(Continua).
Giovanni De Castro.
VARIETÀ
MONACO DI RIVIERA E I DUCHI DI MILANO (1).
Nella inesplebile avidità delle grandi potenze ad ingojarsi i
piccoli Siati, ha potuto conservarsi il principato di Monaco, ben-
ché il Piemonte, che ne aveva la protezione armata, nei subugli
del 1848 gli togliesse Mentone e Roccabruna. Ma dopo infrancesate
Nizza e la Savoja, il Principe le cedette alla Francia, limitandosi
a Monaco e suo territorio di 21 chilometri quadrati con 18,000
abitanti.
Il Principe regnante volle che il suo paese imitasse i maggiori
coir ordinare la raccolta di tutte le carte che lo riguardano.
Consistono esse : 1." in documenti relativi alla guerra del Principe
di Monaco dopo il secolo xv ; 2.° nelle carte del conte di Rethel,
uno dei più preziosi cartolarj feudali del nord della Francia;
3.° la corrispondenza del maresciallo Giacomo di Mantignon coi
più illustri uomini politici del secolo xvi.
(1) Documents historiques relati/s à la principaute de Monaco depuis
le quinziéme siede; reccuilles et publiés par ordre de S. A. S. le prince
Charles III, par Gustave Saige, T. I. — Monaco, imprimerie du gouvernement,
MDcccLXXxvui. — Un volume in-4 di pag. cclxxix e 714.
660 VARIETÀ.
Per ora non si dà che la prima parte, ma durante la prepa-
razione ne crebbe sterminatamente la quantità e l' importanza,
frutto delle diligenti ricerche fatte in tutti gli Archivj d'Europa,
e godiamo che quel di Milano abbia potuto largamente con-
tribuirvi , e meritare l' elogio, che non crediamo vanità il qui
trascrivere :
Nous avons réservé pour terminer la mention qua nous devons
aux Archives d'Etat de Milan, et cependant nous avons bàie de dire
toutes nos obligations envers ses fonctionnaires. L'illustre surintendant
des Archives de Lombardie, celui dans lequel l'Italie salue avec orgueil
r une de ses plus grandes gloires littéraires , nous permettra de lui
exprimer notre respectueuse reconnaissance et de piacer, à còtó do
son nom vènere, celui de ses dignes collaborateurs. MM. P. Ghinzoni,
G. Porro, A. Cappelli.
Nous avons regu dans cet admirable établissement un de ces ac-
cueils , dont le souvenir reste ineffa^able; nous avons surtout trouvé
dans un des plus jeunes archivistes un aide dévoué, infatigable, qui
a mis à concourir à notre reconstitution d'Archi ves une intelligence,
une activité et une pénétration, auxquelles nous devons la découverte
de plusieurs documents diplomatiques d'un intérét capital, dont nous
avions longuement mais vainement nous-mème recberché la trace.
Depuis dcux ans et demi, M. le docteur A. Paglicci-Brozzi a pris à
tàche de compléter par lui-mème nos rechercbes personnelles, dont il
a triple le resultat. Nous lui donnons donc ici de grand cffiur la place
d'honneur qui lui revient si justement (1).
I documenti sono la maggior parte nella lingua latina can-
celleresca, ma vi compajono i varj dialetti, lombardo, genovese^
monachino, provenzale, e come tutto il resto furono trascritti
esattamen te.
(1) Uno dei tanti dotti stranieri che vengono a usufruttare il nostro Ar-
chivio di Stato, ci scrive:
« Je ne saurai oublier votre accueil si obligeant à Milan, ou je ne saurai pas
tarder à retourner. Quand je n' y serais pas rapellé par mes travaux sur
Louis XII, les Archives de la Lombardie sont de celles ou l'on aime toujours
à revenir, car Taccueil est aussi bon que les richesses sont admirables, et je
crois (c'est tout dire) qu'on ne peut mieux exprimer sa reconnaissance.... ecc..»
MONACO DI RIVIERA E I DUCHI DI MILANO. 661
Monaco aveva uà dialetto speciale, diverso da quelli di Nizza
e di Mentone, arieggiante al provenzale. Il fondo del vocabolario
ne è il genovese, con aspirazioni che si vorrebbero dedurre
dagli Arabi : bensi molte parole spagnuole vi lasciò la domina-
zione Ispana dopo Carlo V ; ma un buon quarto sono di forma-
zione locale. Gr indigeni, che sono forse 1500 sopra i 18,000,
usano il dialetto, ma dopo l'annessione alla Francia nel 1793,
il francese divenne generale, e tale si conservò dopo la ristaura-
zione del 1814.
Il più antico documento è del 1413, l'ultimo del 1496, e il
primo in italiano del 1494. Non vi si ha dunque a rimontare
nella storia della riviera di ponente del mar Ligure fino all'Arce
Monceei di Virgilio (1) , o all' Hereulis sacratus nomine portu^
di Lucano (2) , né avvolgersi in ambiziosa genealogia o divina
coW Hercules Monoeei, o principesca, appena accennandosi l'in-
signe monumento di Turbia. Monaco fu probabilmente distrutto
dai Barbari, e nel 1225 riedificato dai Genovesi.
Vi troviamo potente la famiglia Grimaldi fin quando nel 1357
la repubblica di Genova le tolse la ròcca di Monaco, ricuperata
da essa 72 anni più tardi; dopo di che ìa storia di Monaco è
storia dei Grimaldi.
L'andamento delle cose italiane determinò la condotta di questi.
Monaco, come un Comune autonomo, riconosciuto anche dalla
repubblica di Genova, cessava d' esser tenuto unicamente come
un porto, atto a lontane spedizioni. Segui ora il partito francese,
ora r angioino.
I Genovesi lo guardavano con gelosia, e con robusta fazione
ebbero Ventimiglia, Mentone, Roccabruna e Monaco stesso (1357).
A mezzo il xiv secolo si segnalò Carlo Grimaldi, per 30 anni
capo del partito guelfo, allontanando le famiglie che gli facessero
ombra, come gli Spinola, e abilmente acquistando terre attorno
alla sua ròcca; ebbe in dedizione Ventimiglia, piazza forte ma-
il) ^., VI-831.
(2) Pars., 1-405.
662 VARIETÀ.
rittima, col cui appoggio padroneggiò quel mare. Egli esercitava la
pirateria, come allora si usava; imponeva pedaggi, faceva accordi
colla Francia, coi re di Napoli, con Firenze, osteggiò Pisani e
Catalani. L'abitudine delle corse formò il carattere dei Monacesi.
Non meno notevole fa l'amministrazione di Lamberto, che assai
ebbe a fare con Galeazzo Visconti, e nel 1424 si collegò con
Firenze contro i signori di Milano, ch'erano pure signori di Ge-
nova. Ma nel 1430 la ròcca di Monaco dovette essere arresa a
Filippo Maria.
Si sa come i principi milanesi possedessero , perdessero , ripi-
gliassero Genova, e in conseguenza si trovassero in variate re-
lazioni coi signori di Monaco , se ne valessero nelle guerre
coi Veneziani , coi Fiorentini , coi Savoiardi , cogli Inglesi , coi
Catalani.
Le relazioni durarono mollo vive con Bona e con Galeazzo
Sforza, ed è notevole che le costoro lettere erano dirette non al-
l' individuo ma alla famiglia Grimaldi. Imperciocché i Grimaldi
poterono risorgere e crebbero mediante un costume, sempre osser-
vato in quella famiglia non solo ma in tutto il sud-ovest della
Provenza e massime in Liguria , che i beni restassero indivisi.
Questa indivisione teneva legati i parenti e i varj rami, donde la
potenza delle grandi famiglie di Genova e di quella dei Grimaldi.
Ma in questo luogo noi non dobbiamo fare la storia di essa fa-
miglia e dei varj rami, eseguita con molta diligenza dal sig. Gu-
stavo Saige, appoggiandosi alle opere più accreditate e a nuovi
documenti.
E in questi appunto spicca l'importanza delle carte sommini-
strate dal nostro Archivio.
Il carteggio consiste in avvisi, comunicazioni, documenti, con-
cessioni, passaporti, salvocondottl , compre, privilegi, e ne viene
molta luce e accertamenti sul regno di Filippo Maria Visconti,
di Francesco e Gio. Galeazzo Sforza.
Per un esempio rechiamo una lettera del 7 luglio 1477 di
Bona e Gio. Galeazzo Sforza al protonotario Cusani, ad Antonio
di Romagnano ed Antonio d' Apiano.
MONACO DI RIVIERA E I DUCHI DI MILANO. 663
Milano, 1477 - 7 luglio (pag. 543).
Reverendo domino prothonotario de Cusano, domino Antonio de
Romagnano, e Antonio d' Apiano.
Nel tempo che Zenoa se rebellò de la fede et obedientia nostra,
corno doveti bavere inteso, Lamberto Grimaldo de Monaco ne tolse
el loco de Mentono, tenuto molti anni per lo illustrissimo quondam
signore nostro consorte et patre, et successive se teneva per noi. Il
che non fece esso Lamberto senza ajuto et favore del Governatore de
Nizza, perchè l'impedite el transito al subsidio che gli mandavamo,
che, sei lassava passare li nostri et se ne fusse impazato may, non
haveria preso né havuto dicto loco. El quale Lamberto deinde fece la
fidelità in mano desso governatore a nome de quella illustrissima Ma-
dona et del illustrissime duca suo figliolo, del dicto loco de Montone ,
in nostro evidentissimo prejudicio, perchè, se pure la voliafare, non
la potea de jure fare se non de una mittà, quale pare che altra volta
fosse recognosciuta da la illustrissima casa de Savoya, che de l'altra
mittà desso loco mai per lo passato non fu facto fidelità ne recognitiono
alcuna ad essa casa : ma fu ben facta a li illustrissimi signori nostri
predecessori et poi successive ad noi da li consorti quali gli hanno
interesse.
Deinde, essendo nuy, dopo la recuperatione de Zenoa, per compiacere
ad tuta la casa de Grimaldi, rimassi contanti lassare dicto loco ad esso
Lamberto, dummodo ne facesse la debita recognitione et fidelità de
la dieta mittà spoetante ad noi, ne ha risposto che noi pò fare per la
fidelità già facta ad la prefacta Madama et Duca suo figliolo in mane
di lo governatore de Nizza , se prima non è liberato de la dieta Ma-
dama de quela, et che essendo liberate, cela farà volentera. — Pertanto
volexno, che in nostro nome debeati essere con sua Signoria, et pregarla
che, praemissis attentis, et per lo debito de la justitia, et honestà, per la
mutua nostra benivolentia , affinità et conjunctione, gli piacia essere
contenta de liberare esso Lamberto de dieta fidelità, facta. in mano del
Governatore de Nizza per la mittà de dicto loco de Mentono, spectante
a noi, et dargli licentia che con sua bona voluntà la faci ad noi, perchè,
comò za la prefata Madama ne de rasone el dicto Lamberto ha possuto,
fare questa fideltà essondo dieta mittà obligata ad questo Stato, ne el
suo governatore la doveva acceptare, attesa la coniunctione et strecta
affinità è tra essa Madama et noi: et facendo comò è dicto, la cosa
664 VARIETÀ. — MONACO DI RIVIERA E I DUCHI DI MILANO.
passarà con bona equabilità, che la prefata Madama bavera obligato
esso Lamberto de la sua mittà de dioto loco, corno era per el passato,
et noi de laltra nostra mittà. Et vogliate mandare in mane nostre
dieta licentia con quanta più presteza sii possibile.
La storia del signor Saige finisce col secolo xv, quando nel-
r amministrazione di 37 anni Lamberto Grimaldi vide assodata
l'indipendenza del principato, non solo come base di trattati e di
alleanze, ma riconosciute esplicitamente nelle formole cancelle-
resche, e da lui espressa col motto Deo juoanie , ben vicino al
Per la Grazia di Dio.
È dunque un episodio che comprende solo il secolo xv, e va
lodata la diligenza con cui il signor Saige, conservatore degli
Archivj del palazzo di Monaco, raccolse e pubblicò questo tesoro
con opportune note e indici.
È impossibile parlar di Monaco senza deplorare il Casino , né
ammirare la dotta perseveranza, con cui il principe Alberto Ono-
rato esplora gli abissi del mare colla goletta L' Hirondeite , con
ingegnosissimi ordigni arricchendo di ignote specie fa fauna e
la flora.
DI ALCUNI SCOLARI MILANESI
ALL'UNIVERSITÀ DI BOLOGNA NEL 1564.
Nel fare alcune ricerche presso l'Archivio degli atti civili e
criminali di Bologna, Ottavio Mazzoni-Toselli trovò in un volume
segnato CCIIII, 1563-64, un processo fatto a Torquato Tasso
r anno 1564 per alcuni versi infamatori contro scolari suoi con-
discepoli, che fu pubblicato nell'Almanacco statistico bolognese
del 1838 dallo stesso Mazzoni-Toselli, ma tradotto in lingua
volgare. Michelangelo Gualandi ebbe poscia la felice idea di
ristampare il processo « in tutta la sua integrità (1) coi nomi
« non alterati o cambiati , dopo avere vinti con pazienza e per-
« severanza gli ostacoli di ardue e difficili interpretazioni in causa
« o della cattiva lingua per solito nei processi adoperata , o del
« pessimo carattere che vi s' incontra. »
I versi recitati dal Tasso nella sua Pasquinata, alla presenza
di ser Ventura Manfetta bergamasco, di ser Orazio Merzaro, di
ser Lelio Arrigoni ed altri, sparlavano di un ser Cesare Speziano,
dicendo eh' egli era brutto d' effigie e sporco, di ser Filippo Ci-
cala narrando eh' egli era nato di un corsaro e d' una schiava ,
di ser Pomponio Cusano milanese che consumava più olio che
vino in profumarsi, di Cesare Dado, di Gio. Pietro Ruffoli, di
Monsignor S. Vitale, del signor Gio. Battista Aresio, del Trecce
e d' altri.
(1) Processo fatto in Bologna 1' anno 1564 a Torquato Tasso, pubblicato
da Michelangelo Gualandi. — Bologna, 1862, in-4.
Arch. Sior. Lomh. — Anno XV. 43
666 VARIETÀ.
Di uno di questi e d' altri compagni di studio che ebbe il Tasso
in Bologna parlano anche altri processi criminali, che il Maz-
zoni-Toselli, secondo il suo costume, tradusse dal latino e ora
si trovano fra i suoi manoscritti passati alla Biblioteca Comunale
di Bologna.
La chiesa di S. Domenico, siccome una delle più vaste e delle
più vicine alle pubbliche scuole , era il tempio ove la scolaresca
soleva riunirsi per esercitarvi i divini uffici e per creare i loro
Reggenti, Cancellieri ed altre dignità scolaresche.
Neil' ultimo giorno dell' anno 1564 fra gli innumerevoli scolari
che stavano ad ascoltare la messa , erano due milanesi ; l' uno
chiamato Pietro Paolo Cotica , l' altro Alessandro Ferrerie suo
cugino. Mentre il Cotica stava genuflesso orando, certo Gaspare
Bernuzzo di Parma, passeggiando per chiesa con alcuni suoi
compatrioti , voltossi ad uno de' compagni e disse : Ecco là il
Cotica, voglio far questione seco. Poi accostatoglisi, disse all'orec-
chio : Ho da far conti con voi.
Il Cotica, eh' era valente schermitore quanto lo era il Bernuzzo,
non fece risposta. Finita la messa, il Cotica, Alessandro Ferrerio
ed altri milanesi si accompagnarono col Rettore ed uscirono dalla
chiesa, incamminandosi verso le scuole. Il Bernuzzo con Gio. An-
tonio Buseca, Attilio Anselmi e Giulio Baiardi, tutti scolari par-
migiani, seguivano da lungi i milanesi, e siccome erasi sparsa la
voce che questi due eccellenti schermitori dovevano azzuffarsi,
cosi molti altri scolari, per vedere qualche bel colpo di scherma,
s' avviarono verso le scuole. Fra questi erano pure cinque sici-
liani : Annibale Calvi, Lorenzo Sottili, Filippo Cicala, Giuseppe
Ghiotta, Innocenzo Marsili nobile bolognese e Gio. Pellegrino
Puglioli maestro di scherma. I milanesi, accompagnato che eb-
bero il Rettore in palazzo, ne uscirono e ritornarono per la via
medesima delle scuole, poi voltarono per la piazzetta de' Calde-
rini e per via dei Poeti incamminandosi verso l' abitazione del
Cotica, che stava nel borgo degli Arienti.
I parmigiani camminarono per il vicolo detto della scimia, poi
voltarono verso via Castiglione con animo di sorprendere i mila-
D ALCUNI SCOLARI MILANESI ALl'uNIVERSITÀ DI BOLOGNA. 667
nesi allo sbocco di vìa Poeti. I curiosi che volevano essere spet-
tatori alla questione, vennero per quella via che dalle scuole
andava al quadrivio di via Castiglione.
Per intendere come avvenne il duello giova richiamare alla
memoria alcune notizie topografiche del tratto di via ove accadde
la scena. Sull' angolo della strada che dalla chiesa di S. Damiano
andava a via Castiglione era una spezieria coli' insegna della
ruota. Più oltre era la casa di Alberto Pasi, poi quella del Pro-
curatore Pensabene, indi, sull'angolo che piega per la via Poeti,
quella di Mario Sampieri , ora palazzo Cospi.
Passata la strada stavano i Poeti, poi la famiglia Dal Ferro,
quella dei Danesi e prima di giungere all' antica porta, ora detta
Torresotto, stavano gli Orsi e i Beró. Dalla parte opposta, di
rincontro ai Poeti e ai Sampieri, era il palazzo di Lodovico della
Ratta e passata la via de' Chiari quello dei Guastavillani e l'altro
dei Savignani.
In mezzo alla via Poeti era un canale con due ponti, uno vi-
cino alla^ casa Ratta, 1' altro, chiamato ponte di ferro forse dalla
antica famiglia Dal Ferro, agevolava il passaggio dalla via di
S. Damiano a quella di Miola.
Fra quelli che seguirono gli scolari parmigiani alcuni passarono
il ponte di ferro (e due di questi furono il Puglioli e Innocenzo
Marsili), ed incontrarono i milanesi fra la casa Sampieri e
quella dei Poeti- Il Cotica ed il Ferrerio si azzuffarono mettendo
mano alle spade. Il Cotica volle entrare nella casa dei Poeti ,
ma non potè e si ritirò verso la casa de' Sampieri. Gaspare Ber-
nuzzo incalzandolo lo feri a un braccio si che caduto in terra
si raccomandava, dicendo : — Non più, signor Gaspare, non più. —
Innocenzo Marsili , che stava col maestro di scherma al lato
opposto sotto il portico de' Guastavillani, calò giù da tre o quattro
gradini nel canale e passò dall' altra parte , ove aveva luogo la
rissa. Fosse per inimicizia verso il Cotica o per amicizia verso
il Bernuzzo suo compagno, calò un fendente sulla testa del Co-
tica che sarebbe stato mortale se non fosse stato riparato dalla
secreta di ferro che portavasi sotto il berretto. Poi voltosi subito
al Ferrerio lo feri mortalmente alla testa.
668 VARIETÀ.
Il maestro di scherma balzò nell' acqua e tanto fece per divi-
dere i duellanti, aiutato dagli scolari siciliani e particolarmente
da Annibale Calvi, che la rissa ebbe termine presso la spezieria
detta della ruota.
Il Ferrerio , tenendo in mano la spada sguainata, gridava : —
ohimè sono morto ! — e il Cotica senza cappa , tenendo in una
mano il pugnale e nell'altra la spada, lamentavasi che venti-
cinque avessero avuto la viltà di assalirne due. Si avviarono
verso il palazzo Popoli, ma, non potendo più camminare per le
ferite, entrarono nella casa di messer Cari' Antonio Serpa, ove
furono tosto medicati. Il Cotica accusò il Bernuzzo, il Buseca e
il Marsili suoi feritori ; ma il Ferrerio non potè parlare per la
mortale ferita che lo trasse a morte il giorno 16 di gennaio 1565.
Il Marsili si ritirò in casa de' Campeggi e il giorno dopo fu
visitato dal Procuratore che lo consigliò ad andarsene con Dio,
dicendo che l' Auditore era molto in collera con lui. Egli parti
per Ferrara, poi passò a Venezia, indi a Corfii col Colonnello Ales-
sandro Zambeccari governatore di quell' isola.
Gli scolari parmigiani avevano cambiato stanza per non essere
imprigionati, ma ciò giovò loro assai poco, imperocché il bargello,
recatosi alla casa di Antonio dei Calcagni in via del Crocifisso ,
ov' erano alloggiati, fece imprigionare Marc' Antonio Conti cre-
masco ed Annibale Calvi siciliano. Il giudice minacciò il Calvi
di sottoporlo ad esame rigoroso, ma egli protestava di essere
accorso per difendere non per offendere ; nulladimeno fu spogliato
e presentato alla corda. Egli domandò che prima gli fosse data
copia del processo per fare le sue difese, e il Cardinale, volendo
agire benignamente, lo assolse dalla tortura e lo mandò in esigilo.
Il giorno 14 gennaio furono citati Gaspare Bernuzzo, Gio. An-
tonio Buseca, Attilio Anselmi, Giulio Baiardi e certo Bartolomeo,
scolari parmigiani , non che Innocenzo Marsili e Gio. Pellegrino
Puglioli , i quali , non essendo comparsi dopo la terza citazione ,
furono multati e condannati alla pena pecuniaria di scudi 500.
Il Procuratore Lucchini si presentò alla Curia allegando l'im-
possibilità del Marsili a comparire, stante che egli era assente
DI ALCUNI SCOLARI MILANIìSl ALL'unIVERSITÀ DI BOLOGNA. 669
da Bologna e chiese che perciò non si procedesse ulteriormente
contro di lui. L'Auditore rispose che essendo stato il Marsili in
Bologna nel tempo che ebbe luogo la rissa ed essendo la sua
assenza procurata, non potevasi ammettere l' istanza e comandò
che si continuasse il processo.
Il medesimo accadde al Puglioli, per il quale fu domandata
una dilazione, acciocché potesse provare la sua innocenza. Il
Puglioli erasi appellato a Sua Santità e durante 1' appellazione
non si sarebbe potuto procedere ad alcun atto contro di lui ;
pure ciò non valse a sospendere il processo e tutti furono nuo-
vamente citati a presentarsi il 23 gennaio, e nel giorno seguente
furono banditi nel capo e i loro beni confiscati siccome rei d'omi-
cidio. Il solo maestro di scherma che accorse a dividere i duel-
lanti ed a salvare la vita a più d' uno , soggiacque a questa
terribile sentenza e fu decapitato nel cortile del palazzo del Po-
destà. Pochi seppero la cagione del suo supplizio. Nel libro dei
condannati è scritto : « per aver fatto ammazzare il campanaro
« de' PP. de' Servi in chiesa e fu sepolto nella chiesa della Mise-
« ricordia fuori di porta Castiglione. » E veramente nessuno
poteva sospettare in lui veruna colpa nelT omicidio del Ferrerio,
e tutti seppero eh' egli era accorso per impedire un male maggiore.
Più cauto e più fortunato fu il Marsili, che, come dicemmo,
potè fuggire a Corfù. Dopo tre anni, essendo stato sostituito al
Governatore Grassi il Cardinale Boria, e all'auditore Marc' An-
tonio Arese da Milano, Michel Angelo Sorbolongo da Fossom-
bruno, domandò un salvocondotto , che gli fu spedito dal Procu-
ratore Lucchini a Venezia. Venuto a Bologna, si costituì affermando
la propria innocenza, comecché il Cotica lo avesse accusato uc-
cisore del Ferrerie.
Fu sottoposto al tormento della corda e, dopo il breve spazio
di un MisererCj fu deposto ed assolto come innocente.
Il Buseca domandò perdono e grazia al Papa Gregorio XIII e
l'ottenne il giorno 5 di agosto 1579, perchè la clemenza della
S. Sede (dice la Bolla) < gremium suae pietatis petentibus
claudere non consuevit. > L. Frati.
FRANCESCO MARIA RICHINO
AUTORE DI UN PROGETTO PER LA FACCIATA DEL DUOMO DI MILANO
RIMASTO SCONOSCIUTO.
Scorrendo la lunga serie dei progetti per la facciata del Duomo
raccolti ed ordinati dall'Amministrazione della Ven. Fabbrica, in
occasione dell'attuale Concorso per la nuova facciata (1), si può
facilmente notare come ben pochi siano quei disegni i quali hanno
realmente esercitato una influeinza nella esecuzione dei lavori,
tanto che — attenendoci alle indicazioni di quella raccolta — si ar-
riva a concludere come la facciata attuale non sia che l'aggre-
gato di elementi architettonici ricavati solamente dai progetti Pelle-
grini, Buzzi, Soave e Zanoja- Amati, mentre tutti gli altri progetti
non sono che composizioni più o meno fantastiche e bizzarre,
delle quali non è rimasta alcuna traccia nel lento svolgimento
dei lavori per la facciata.
Un disegno che ebbi la ventura di trovare recentemente, e di
cui qui presento la riproduzione in facsimile, porta un nuovo
elemento di studio per quel momento storico importantissimo della
facciata che costituisce il passaggio dal progetto del Pellegrini a
quello di Carlo Buzzi, nella prima metà del secolo XVII, accer-
(1) l.'Arch. Stor. Lombardo, nel 1886, assieme allo scritto di G. Mongeri :
La Facciata del Duomo di Milano e i suoi disegni antichi e moderni,
ha dato Y elenco dei disegni componenti la Raccolta ordinata dall'Ammini-
strazione. Vedi pag. 337-362, voi. IH, seconda serie, anno XIII.
i
FRANCESCO MARIA RICHINO.
671
tando r intervento e l'azione di un ahr<> architetto fra quei due,
di modo che rimane assai diminuita quella influenza che comune-
mente sì suole attribuire al Buzzi nell'indirizzo dei lavori.
È noto come il progetto del Pellegrini — abbandonato in seguito
alla morte del cardinale Carlo Borromeo — venisse ripreso in con-
siderazione nel primo decennio del secolo XVII, per iniziativa
dell'arcivescovo Federico Borromeo : è noto altresì come l'ostacolo
principale che ne intralciasse la esecuzione sia stata la grave
difficoltà di provvedere in un pezzo solo le colonne dell'ordine in-
feriore, che dovevano avere l'altezza di quasi metri venti; infatti
la prima delle dieci colonne di quell'ordine, dopo essere stata
estratta con grandissima fatica e spese dalla cava, spezzati i ritegni
nella discesa al lago Maggiore, si rompeva in tre pezzi. In se-
672 VARIETÀ.
guito a ciò, dopo molte e vane discussioni intorno al ripiego di
fare il fusto delle colonne in varii pezzi, si fini col rinunciare alla
effettuazione integrale del concetto Pellegrini, benché questo fosse
già avviato per le porte ed alcune finestre minori. Ora il rinun-
ciare alle colonne , implicava la soppressione del grande corni-
cione che nel senso orizzontale tagliava in due parti la massa
della fronte, e costituiva il motivo principale della composizione
pellegriniana.
Tolto di mezzo questo elemento cosi eterogeneo alla strut-
tura del tempio , la soluzione della fronte del Duomo ritor-
nava spontaneamente ad un concetto più logico , basato sul
predominio delle linee verticali nettamente indicate dai con-
trafforti.
Di questo ritorno alla disposizione razionale ed organica del
tempio, si è sin qui attribuito il merito a Carlo Buzzi. Infatti i
suoi tre progetti — numeri XXI, XXII e XXIII (1) — sono appunto
i primi della Raccolta nei quali sia scomparsa la ricorrenza del
cornicione che dimezza la fronte.
Questa innovazione può realmente essere attribuita al Buzzi ?
Un esame critico dei progetti di questo architetto , e il disegno
che forma argomento di questo scritto, rettificano in modo cate-
gorico tale attribuzione generalmente accettata.
I disegni del Buzzi sono tre, eseguiti dal 1645 al 1653 , e già
nei primi due, in ordine di tempo, si presenta il partito dei con-
trafforti ; ma vi si deve notare altresì come questi contrafforti non
siano le sole varianti al disegno del Pellegrini , giacché, mentre
le porte e le finestre minori sono conformi a questo disegno, la
porta maggiore e le altre finestre della facciata hanno già una
disposizione e una forma affatto diversa (2).
(1) Vedi Descrizione in Arch. Stor. Lomb. , seconda serie , anno XIII ,
voi. Ili, pag. 346-347.
(2) Di questi disegni del Pellegrini e del Buzzi, l'architetto Augusto Guidini
ha dato la riproduzione nel suo studio: La Facciata del Duomo di Mi-
lano attraverso i secoli ^ nelV Illusi r. Ital. , anno XIV, nuni. 39, pa-
gina 194-195.
FRANCESCO MARIA RIGHINO. 673
Il motivo del cornicione non aveva lasciato campo al Pelle-
grini di aprire una finestra immediatamente sopra la porta mag-
giore, come invece aveva potuto fare per le porte minori, e questo
perchè lo spazio che rimaneva fra la porta maggiore e l'archi-
trave, risultava appena sufficiente per sviluppare il motivo decora-
tivo di un bassorilievo : ne venne quindi la necessità di aprire la
finestra della navata maggiore al disopra del cornicione in corri-
spondenza all'ordine superiore, il che portava a più di quaranta
braccia la distanza fra l'architrave della porta e il parapetto della
finestra. Una volta abbandonato il cornicione, veniva tolta la ne-
cessità di collocare cosi in alto questa finestra, la quale nel di-
segno del Buzzi è appunto indicata al posto che, secondo il pro-
getto Pellegrini , doveva essere occupato dal cornicione. Si deve
quindi ammettere che fu l' architetto progettante la finestra in
quel punto quegli che, non solo ha sanzionato 1' abbandono del
disegno Pellegrini , ma ha implicitamente ammesso il partito de^
contrafforti anche per la fronte , giacché quella disposizione di
finestra rendeva impossibile qualsiasi ricorrenza di linee orizzon-
tali. Ora è facile dimostrare come questi elementi architettonici?
i quali sono in disaccordo col progetto Pellegrini , non si pos-
sano attribuire al Buzzi.
Già si poteva escludere tale paternità osservando come il Buzzi
nel terzo suo disegno di facciata, eseguito nel 1653 die septima
mensis Aprilis, progettasse di disporre al disopra della porta
maggiore un' unica ed ampia finestra a sesto acuto, invece delle
due indicate nei suoi precedenti disegni : cosicché risulterebbe
assai strano che egli avesse progettato di distruggere un motivo
architettonico che fosse stato da lui ideato e avviato all' esecu-
zione pochi anni prima. Tale esclusione ora é confermata in modo
esplicito dal disegno in quistione.
Questo disegno rappresenta un* ampia finestra di braccia 8 in
quadro , con balconata e due statue agli estremi di questa : di
fianco al disegno d'assieme, si nota uno schizzo, in rapporti mag-
giori, del risvolto del finestrone e di alcune menbrature architet-
674 VARIETÀ.
toniche. Chi ha studiato i moltissimi disegni architettonici della
prima metà del secolo XVII, conservati in raccolte pubbliche e pri-
vate di Milano, non indugia a riconoscere l'autore dello schizzo in
Francesco Maria Richino, per la caratteristica sia del disegno che
della scrittura , e perchè il motivo di queste finestre tozze con
balconata a forma di loggia, è proprio del Richino il quale lo
svolse ripetutamente nella chiesa di S. Giuseppe e nella fronte
dell'Ospedale Maggiore a Milano, nella Foresteria della Certosa di
Pavia, e in molti altri edificii. Altrettanto facile riesce il constatare
come questo schizzo si riferisca al Duomo, giacché presenta la
stessa disposizione architettonica che si nota appunto nella fine-
stra centrale dei progetti N. XXI e XXII del Buzzi : del resto
due misure indicate nello schizzo tolgono qualsiasi incertezza po-
tesse rimanere a questo riguardo, identificando il disegno come
relativo al Duomo : nell'alto del disegno si legge : da A alla punta
del frontispizio del finestrone br. 33; ora, se col disegno del Buzzi
si misura la distanza dal gocciolatoio del finestrone inferiore — che
corrisponde alla lettera A nello schizzo — alla punta del frontone
triangolare della finestra superiore si hanno le braccia 33 indi-
cate : analogamente lo schizzo segna due linee verticali di fianco
al finestrone notando la distanza fra queste in br. 19 ; e questa
distanza è , con molta approssimazione , quella che si ha fra i
due contrafforti della navata di mezzo.
Riconosciuto quindi che il disegno è del Richino e si riferisce
indubbiamente al Duomo, ne consegue che deve essere attri-
buita al Richino la prima idea di una facciata del Duomo basata
sul concetto di una suddivisione verticale mediante i contrafforti.
L' oblìo in cui rimase sinora questo intervento del Richino nello
sviluppo della fronte, riesce tanto più strano in quanto che le in-
novazioni del Richino vennero in parte mandate ad effetto. In-
fatti il disegno in questione, coU'avvertire fra il progetto del Pel-
legrini e quello del Buzzi un altro progetto del Richino, ci
guida a riconoscere quale sia stata l'azione di questo architetto
nei lavori. La porta maggiore , la quale nella sua parte di
finimento non si presenta conforme al diseguo del Pellegrini,
FRANCESCO MARIA RIGHINO. 675
non può essere stata modificata che dal Richino nella stessa
circostanza in cui disegnò la finestra immediatamente supe-
riore ; e nella variante si riconosce del resto abbastanza facil-
mente la caratteristica di questo architetto. Se poi si lien cal-
colo del fatto , sinora inavvertito , che nella raccolta di disegni
della Ambrosiana si conserva il disegno a penna della porta
maggiore interna, di mano del Richino, si ha un nuovo argo-
mento per assegnare al Richino anche la composizione della
porta maggiore esterna in quelle parti che differiscono dal disegno
del Pellegrini. Delle altre innovazioni immaginate dal Richino
venne invece avviata solo la struttura muraria : infatti i pochi
documenti che ci danno la fronte del tempio prima della riforma
napoleonica, presentano sopra la porta maggiore una larga aper-
tura, colle proporzioni di quella del Richino, e superiormente alle
finestre delle tre navate centrali un'altra serie di finestre termi-
nate ad arco tondo in conformità alla disposizione delle finestre
indicate nei progetti XXI e XXII Buzzi , e che , come le altre
pani inferiori, debbono essere attribuite al Richino (1).
(1) I rapporti che il Richino ebbe colla Amministrazione della Fabbrica
del Duomo si possono cosi riassumere mediante gli Annali. Nel 1603 , il
Richino presenta il primo disegno per la Facciata del Duomo, che gli venne
pagato 12 ducatoni; nel 1606, è incaricato del disegno per il Sepolcro del
Beato Carlo Borromeo , e l' anno dopo presenta il secondo disegno della
Facciata che gli è pagato scudi 18 : in questo stesso anno esprime il suo
parere riguardo al progetto Pellegrini. Dopo essersi occupato della Cappella
della Madonna dell'Albero, i cui disegni si conservano nella Raccolta Bian-
coni air Archivio Civico , e dopo essersi offerto per la fornitura delle co-
lonne della fronte , venne nel 1631 nominato ingegnere della Fabbrica collo
stipendio annuo di scudi 200 d' oro , aumentato T anno dopo di 600 lire.
Nel 1634, ai vede occupato nella demolizione del modello in legno della
Porta maggiore , e nel successivo anno , attese all' appalto dei lavori in
marmo della Porta intema ed esterna.
Nel 1638 venne licenziato dalla Fabbrica e sostituito dal Buzzi . il
quale però presentò il primo suo progetto di Facciata, solo nel 1645 : risulta
<[uindi che, dal 1631 a quest'epoca, tutto quanto fu eseguito per la fac-
ciata dovette essere conforme alle idee del Richino. Gli Annali però non
accennano a! quarto progetto del Ricbino , cui si riferisce il disegno in
questione.
676 VARIETÀ.
Le vicende della facciata del Duomo di Milano nella prima
metà del secolo XVII debbono quindi ossero cosi rettificate. Il Ri-
chino — il quale fin dai primi anni del secolo XVtl aveva ideato
due progetti basati sul partito di due ordini sovrapposti che
ricordavano il progetto Pellegrini solamente nella disposizione
delle porte, e più tardi verso il 1617 ripetè lo stesso concetto
in modo più conforme al disegno Pellegrini riguardo alle porte
e finestre minori, essendo queste già avviate a compimento — deve
essere considerato come l' autore un quarto progetto rimasto sin
qui inavvertito benché sia stato realmente avviato ad esecuzione :
questo progetto, la cui esistenza è confermata dal frammento pub-
blicato in questo studio , è lo stesso che si vede riprodotto nei
primi due disegni del Buzzi, il quale di suo non vi aggiunse che
la disposizione dei campanili nel primo , e solo qualche partico-
lare decorativo secondario nel secondo. Non si può certo affer-
mare che il Richino, coU'adottare i contrafforti, abbia avuto di
mira il rispetto della disposizione organica del tempio : la forma
estremamente barocca delle parti da lui ideate ed eseguite esclude
tale ipotesi, e d'altra parte l' adozione dei contrafforti era un prov-
vedimento che si presentava per sé stesso inevitabile di fronte
alla impossibilità di sviluppare l'ordine romano del Pellegrini. Da
questo fatto riesce ad ogni modo diminuita assai quella aureola
che, specialmente in questi ultimi anni, si volle creare al Buzzi
coir ammettere che questi sia stato l' instauratore dello stile gotico
nella facciata del Duomo. La sola riforma , che in tale senso
potrebbe vantare il Buzzi, sarebbe quella che egli indicò nel
terzo progetto del 1653, consistente in una grande finestra ad arco
acuto sopra la porta maggiore in sostituzione delle due del Ri-
chino, riforma però che rimase allo stato di progetto. Osser-
vando le varie parti della facciata attuale, dobbiamo cosi distin-
guerne i vari autori : le quattro porte minori e le finestre supe-
riormente a queste sono composizioni del Pellegrini , la porta
maggiore é, nella parte superiore, opera del Richino, come pure
opera del Richino sono i contratforti, salvo forse qualche disposi-
zione decorativa in questi e cioè le cariatidi e i busti di vescovi che
FRANCESCO MARIA RIGHINO. 677
sarebbero del Buzzi, del quale però non rimarrebbe altra traccia
nella facciata : la parte superiore della facciata infine é 1' opera
del Soave, del Zanoia e dell'Amati : ma anche quest' ultima fase
dei lavori risenti l' influenza del Richino , non solo col rispettare la
disposizione delle finestre stabilita dal Richino, ma coli' effettuare
altresi qualche disposizione architettonica di questo architetto, giac-
ché la balconata con statue del finestrone maggiore attuale, non
é che una tardiva effettuazione del concetto disegnato dal Richino
il quale, considerato sin qui come un architetto che ebbe poca
influenza sui lavori del Duomo, si presenta invece per tutto quanto
si è detto, come quegli, fra tutti gli architetti, che lasciò l'im-
pronta più larga in quel miscuglio di stili e di maniere che è
r attuale facciata del Duomo.
Luca Beltrami.
PROCESSO ROMAGNOSI.
L' importanza del personaggio dà rilievo anche a incidenti poco
notevoli. Il nostro Arehwio ^\ è altrove occupato del Romagnosi,
che fu venerato come maestro da quella generazione che ora tra-
montò o n' è vicina. Essendoci occorsa questa Nota , che non
figura nel processo di lui, crediamo non inutile pubblicarla.
N. 630. NOTA.
Le carte che furono perquisite al professore Romagnosi, e rimesse
fino dal giugno 1821 alla ora sciolta Commissione di Venezia, furono
trattenute da Sua Maestà, né finora a noi si abbassarono. Emerge da
un rapporto mensile di quella Commissione come i manoscritti per-
quisiti a Romagnosi sulle idee politiche, delle quali si stava occupando
in continuazione dell' opera sua intitolata Della Costitusione , e stam-
pata a Lugano nel 1815, come Romagnosi veniva qui disviluppando e
giustificando le teorie così dette liberali, mostrando come i Sovrani
non sono che gli amministratori dei popoli, e che perciò possono senza
lesione di alcun diritto venire dai popoli rimossi a lor piacimento,
come ad ogni momento può essere rimosso dal padrone il suo ammi-
nistratore. Si trascrive un passo che più di ogni altro ha paruto me-
ritevole alla Commissione di essere fatto notare a Sua Maestà.
«Una potenza sorda, gagliarda, instancabile, provocata sempre
« dall' antagonismo (dalla reazione cioè ai principj del Governo sta-
« bilito) venne e verrà in soccorso delle nazioni, soggiogate dal dispo-
« tismo, dal feudalismo e dal clericato, e lentamente rodendo le catene
« afferrate dalla legge opprimente , finalmente pose e porrà i popoli
« in grado di spezzarle , per passare sotto la dominazione morale del
PROCESSO ROMAGNOSI. 679
« Governo temperato, sol degno della umanità. Lunga, penosa e piena
< di aspre vicende fu e sarà la lotta. In niun luogo è finita — in certi
< paesi appena è principiata — in altri è ancora da desiderarsi. Ma
< gli oppressori sono costretti loro malgrado a sentire la possanza del
« tempo. Essi , sebbene vibrino qua e là i colpi della tirannia , non
<< ostante temono le querele dei popoli che non si stancano di citare
<< i potenti loro nemici al tribunale della opinione. Invano i tiranni
« impiegano minacele, menzogne, oltraggi e tutte le soverchierie e le
« atrocità di una brutale politica. L' opinione e la libertà progrediscono
« col mezzo stesso , col quale i tiranni tentano di corromperle e soffo-
< carie, e i saggi ringraziano gli insensati Governi che non permettono
< ai popoli di addormentarsi sulle loro catene. Questo è ancor poco.
« La conformazione geografica e quindi morale e politica dell'Europa,
« nella quale la natura sembra chiamare le Nazioni a formare una
« grande famiglia unita per comunione di interessi economici , morali
« e politici : i progressi della coltura interna e del commercio esterno
« che sospingono incessantemente alla moralità, ed un regime equo
« ed alla pace fra loro, sono pure cagioni possenti a prepararle or
« più, or meno al governo della ragione. La forza quindi della opinione
« e degli interessi degli Stati inciviliti, diviene ogni giorno più la forza
« delle genti europee. Era naturale che le Sfingi coronate spaventate
« da questa apparizione raddoppiassero i loro sforzi per combattere il
« genio della luce e della umanità. Ma vani riuscirono e riusciranno.
<( La possanza della verità condotta dal tempo irresistibile si avanza,
« e camminando di vittoria in vittoria pianterà ovunque i vessilli del-
< r eterna giustizia. La tarda posterità ricorderà col più alto stupore
« e scandalo essere nel secolo XIX esistito un Concilio scettrato, nel
« quale solennemente fu decretato che i popoli tutti siano di diritto
« altrettante greggio di proprietà dei Re, ben inteso che i piccoli pa-
« stori siano schiavi dei forti. Essa gemerà leggendo che l'esecuzione
« di questo decreto fu appoggiata ad una turba immensa di armati
« incaricati di farlo accettare a quella Nazione che osò predicare che
« i popoli non sono bestie ma uomini, »
Romagnosi si escusava diiiendo di non aver mai comunicato ad al-
cuno questi suoi pensamenti non ancora ridotti a perfezione, e di averli
gittati sulla carta fra il 181.3 e 1814 al 1815. Però alcuni passi dello
scritto dove si vedevano citate delle opere escite alla luce nel 1816,
I
680 VARIETÀ. PROCESSO ROMAGNOSI.
come p. e., le Memorie di Fouché stampate a Lipsia nel 1816, face-
vano supporre che di più recente data fosse questo lavoro.
La Commissione di Venezia procurò di rilevare la prima circostanza,
ma nissuna traccia le emerse contro la negativa asserzione di Ro-
magnosi.
Non contenta di questi negativi rilievi , la Commissione ha voluto
richiamare i manoscritti delle lezioni che dava Romagnosi, ma nulla
ci trovò che meritasse un'aperta censura, tranne un'osservazione
inopportuna sul fatto di Labedoyer e di Ney, colla quale pareva vo-
lesse condannare la Seatenza che li dannò a morte , per il principio
dal suddetto professore, già nei suoi manoscritti ampiamente svilup-
pato, e nelle sue lezioni soltanto di volo toccate, che cioè quando la
insurrezione è generale, non vi abbia più il delitto di alto tradimento.
La Commissione di Venezia, nell'atto che restituì a codesta politica
Autorità gli scritti tratti dagli studenti di Romagnosi ha richiamata
la sua attenzione su questa emergenza. Del resto qui si acchiude in
copia 1' osservazione fatta dallo inquirente su quel passo.
Ciò serva di evasione della pregiata Nota di codesta L R. Direzione
Generale, N. 3133.
Dalla L R. Commissione Speciale di Prima Istanza , Milano ,
li 22 agosto 1822.
Della Pokta.
Alla I. R. Direzione Generale di Polisca
Milano.
BIBLIOGRAFIA
ì
MARiÉJOL (I. H.). Un lettre italien d la cour d' Espagne (1488-1526),
Pierre Martyr dAnghera. — Paris, Hachette, 1888, pag. xvi-
239, in-8.
Un nuovo contributo per la biografia di Pier Martire d'Angera,
il celebre autore doli' Opus Epìstolarum e del De Orbe novo,
dovrebbe riuscire oltremodo gradito agli studiosi. Senonchè le
mende da rilevare nel libro del Mariéjol non sono poche e leggere.
Lettolo per bene, noi non possiamo far a meno di dichiarare che
quasi nulla di nuovo aggiunge a quanto già se ne sapeva per
le ultime pubblicazioni dello Schumacher, deW Heidenheimer, del
Ciampi, del Gerigk, ecc. Dell' opera deW Heidenheimer, poi [Petrus
Martyr Auglerius und sein Opus Epistolarum , 1882] , il Ma-
riéjol s' è giovato assai abbondantemente , anzi i tre primi ca-
pitoli del suo libro sono ricamati sui tre medesimi capitoli del-
l' Heidenheimer. Un confronto un po' minuzioso lo prova ; si
direbbe del primo capitolo trattarsi quasi d' una versione francese
dall' originale tedesco, in più talune trasposizioni del testo e svi-
luppi delle note appiè di pagina , laddove sono riportati i brani
tolti dalle lettere di P. Martire. Migliore il cap. IV, nonché 1' XII
(« Pier Martire storico del nuovo mondo »), debole l' XI.
Trattasi pertanto di un lavoro fatto sui libri, e più pel gran
pubblico , sebbene sia una dissertazione di laurea. Solo che vi
Arch. Slor. Lomb. — Anno XV. 44
882 BIBLIOGRAFIA.
sono radunate più al completo e con metodo da biografo la vita
e le opere di P. Martire, mentre gli autori tedeschi lo ebbero
fin qui a studiare piuttosto da un solo punto di vista, o da quello
dello storico o da quello del geografo. E il nostro Autore avrà
ragione se dirà che un libro come il suo mancava tuttavia alla
Francia ; lo gradiranno per consultazione anche quei pochi storici
giovani d' Italia cui fa difetto il tedesco. Ma affermare come egli
fa (cfr. pag. 233) che P. Martire era lasciato « dans T ombre »
per delle « séches et courtes notices » e che le medesime « rap-
portaient quelques circonstances de sa vie sans le faire agir et
vivre » questo è poi davvero troppo. In coscienza non lo può
affermare chi delle opere precedenti s' è cosi largamente valso ,
e delle quali , come di obbligo , fornisce nel!' introduzione la Bi-
bliografia (1).
Perchè poi stampare nel frontispizio del volume : Pierre Martyr
d'Anghera , mentre tutti sanno che Angera è Angera e non
Anghera? (2). Quand' è che gli autori d'oltre Cenisio cesseranno
dallo storpiare i nomi italiani ?...
Documenti nuovi intorno a Pier Martire non ci offre il Ma-
riéjol. Se non già compreso nella Collecion de doeumentos ine-
(1) In essa sarebbesi desiderata una maggior esattezza nell'indicazione
dei titoli. Perchè, per es. , non dare esatti quelli degli articoli del Ciampi,
anziché limitarsi a registrare « 3 articoli del Ciampi, N. Antologia, voi. XXX,
1875» ?... E perchè omettervi l'opuscolo che poi cita più innanzi, a pa-
gina 197 in nota: « Marie Pascal d'Avezac, les Décades de Pierre Martyr
et les Collections de Venise, de Vicence, de Milan et de Bàie» in « Bul-
letin de la Soc. de géographie » 4^ serie, t. XIV. Paris, 1857, p. 306-314?
E magari doveva citare anche quanto di P. Martire, sebbene senza alcuna
novità, scrisse V. De Vit nel suo Lago Maggiore e le isole Borromeo , a
pag. 250-261 del Voi. II, parte I. Prato, 1876. — Parranno minuzie di
critica queste, ma come già altri scrisse, a che servirebbe un'opera sto-
rica, se allo studioso non è dato di potervi attingere con piena sicurezza?
(2) Pier Martire della famiglia d'' Angera, molto nominata alla corte Sfor-
zesca, era però nato in Arona, dove al pari che a Milano era molto usato
il nome dì Pier Martire, a memoria dell'inquisitore, poi santo, Pier Mar-
tire di Verona. Un dominus Petrus Martir de Arona, per esempio, moriva
in Milano ai 30 gennaio 1539. [Arch. di Stato, Milano, Necrologio].
BIBLIOGRAFIA. 883
ditos para la Historia de Espana (1), dovrebbe essere inedito il se-
guente che noi riportiamo, tolto dall'Archivio di Stato milanese (2).
Utile perchè rivela diversi nomi nuovi della famiglia di Pier
Martire d'Angera, « la di cui memoria come di scrittore e di rap-
presentante del rinascimento sopravviverà. Le lettere che gli ebbero
acquistato il favore dei principi, serviranno ancora a raccoman-
darlo alla posterità » [Mariéjol, pag. 166].
Franciscus etc. Sacra Cesarea Majestas per litteras suas patentes
datas in Givi tato Lucronie die XXV. Octobris MDXXIII. creavit La-
teranensis Palalii ac Imperialis Concistorii Comites Rev.""» D, Petro-
Martirem de Angleria Prothonotarium Apostolicum ac suum consi-
liarium, nec non Georgium ejus fratrem, ambobusque dedit autboritatem
creandi Notarios Imperiales, et filios minus legitimos legilimandi, ac
portandi insignia, seu arma, quae in ipsis litteris descripta sunt, nec
non etiam jussit eisdem litteris ambos cum eorum domibus, possessio-
nibus et bonis sub salvaguardiam a quibuscumque capitaneis, stipen-
diatis, et armigeris recipi. Itcm sepius jam dictis D. Petro-Martiri et
Geòrgie auctoritatem dedit adoptandi et arogandi sibi liberos et aliis
adoptionibus assentire licentiam prebere, et auctoritatem imperialem
interponere, ac infames tam juris, quam facti, restituere. Mox etiam
Barnabovem, Hieronymum et Honofrium fratres de Angleria, ac
dictorum D.""" Petri-Martiris et Georgii consanguineos, Franciscum de
Pepulis (3) consobrinura , et Franctscum de Vismaris avunculum , et
filios et heredes ipsorum legitimos natos et nascendos, creavit et esse
voluit Sacri-Romani-Imperii nobiles et prout latius omnia in eisdem
litteris patentibus nobis exhibitis continentur. Quo Privilegio cum suo,
et ceterorum nomine idem Georgius a nobis petierit in Dominio nostro
uti sibi licere, et illud observari : Nos, qui ipsi Cesareae Majestati tam
obsequentes sumus, quam ejus erga nos innumerabilia beneficia exigunt,
(1) Collezione irreperibile nelle biblioteche di Milano, pur troppo. Il tomo
XXXIX contiene i Documentos relatieos à Fedro Mdrtir de Angleria.
(2) Registro ducale, n. 80, fol. 60 t.
(3) Il Pepali è ricordato nel testamento di P. Martire (23 sete. 1526), al
pari di Giorgio, suo fratello, che fu castellano di Monza dal 1489 in avanti:
Il Pepoli era suocero di G. Antonio, nipote di Pier Martire, che servi sotto
il magno Trivulzio.
884 BIBLIOGRAFIA.
tanto libentius id concedimus, quanto memorato Rev,° D.° Petro-
Martiri, qui jam diu ob summam virtutem et humanissimos mores
Serenissimis Castello et Aragonum Regibus, et in presentia ipsi Cesaree
Majestati apud quos vixit, et vivit in magno honore habitus est, merito
afficimur suosque etiam caros habemus, quare harum serie concedimus
et dispensamus, ut ipso D."« Petrus-Martir et Georgius de Angleria in
Dominio nostro uti et gaudere ad eorum arbitrium possint auctoritato
et facultate ut supra eis per Cesaream Majestatem ex dictis letteris
concessa, hac tamen lege quod in Dominio Nostro eisdem Dominis
Decreta serventur, volumusque eos, nec non antedictos Barnabovem,
Hieronymum et Honofrium de Angleria, Franciscum de Pepulis, et
Franciscum de Vismaris, eorumque filios et heredes ut supra in nostro
Dominio perinde ac tales habere, quales per memoratum privilegium
decorati sunt. Mondantes Rev/"^ Magnificis ei Spectabilibus D.'^ Sena-
toribus nostris, ac ceteris omnibus officialibus et jusdicentibus iiostris,
ad quos spectat, et spoetare quomodolibet poterit, ut has nostras con-
cessionis et dispensationis litteras fìrmiter observent, et observari faciant.
In quorum etc. Dat. Mediolani XXX Julii MDXXV.
Franciscus
Visa Moronus
Bartolomeus Rozonus.
E. M.
G. Campori e A. Solerti. Luigi, Lucrezia e Leonora d' Este. —
Torino, Ermanno Loescher, 1888, in-8, pag. 211.
Dell' amore del Tasso per la principessa Leonora d' Este per
molto tempo ninno pensò a dubitare e si accettò e ripetè quanto
avea narrato il Manso nella sua romanzesca biografia. Primo il
Serassi intese a darci una vita coscienziosa ed esatta, dimostrando
immaginarie e false molte delle notizie divulgate dal Manso, che,
per la stretta amicizia avuta col Tasso, avrebbe potuto traman-
darne la più sicura biografia.
BIBLIOGRAFIA.
885
Dopo il Serassi molti altri intesero a ricercare nuovi documenti
che chiarissero i fatti più incerti e malnoti della vita del grande
epico italiano ; ma niuno certo superò la diligenza e 1' amore che
pose in questi studi il marchese Giuseppe Campori, esaminando
pazientemente nell' archivio Estense i memoriali della Camera ,
gli inventari, le lettere dettate da Leonora d' Este o a lei dirette,
il carteggio dei principi Estensi che vissero in quel torno, e tutto
ciò che poteva in qualche modo contribuire all' esatta conoscenza
della vita di Leonora e delle sue relazioni col cantor della Ge-
rusalemme. La morte gli impedi sventuratamente di condurre a
termine l' opera da lui ideata intorno a Torquato Tasso e gli
Estensi, della quale solo alcune parti furono lette alla Deputa-
zione di storia patria per le Provincie Modenesi e Parmensi.
Il dott. Angelo Solerti con lodevole pensiero, raccoglie ora
in un volume i due lavori del marchese Campori , intitolandoli
Luigi e Lucrezia d' Este ; di più vi aggiugne un suo studio su
Leonora d'Este, nel quale compie con nuove e diligenti ricerche
gli appunti lasciati dal marchese Campori.
Lo studio del S. è corredato di un' appendice di ottantadue do-
cumenti, tratti per la massima parte dall'Archivio Estense, dai
quali si ritrae 1' imagine più viva di Leonora che si possa desi-
derare e ci é dato di seguire le .più minute particolarità della sua
modesta vita. Al S. devesi adunque la lode di avere per primo
ricostruita la vita della principessa Estense quale ci appare dai
documenti contemporanei, nell' intendimento di provare « la non
«esistenza, anzi l'impossibilità dell'affetto di lei per il Tasso
« (pag. 76). » È questo uno dei punti più controversi ed oscuri
nella vita di Leonora d'Este, che rimaneva tuttora avvolto in
un' ombra di mistero ed il S. è riuscito assai felicemente a chiarire
ogni dubbio che potesse rimanere.
Più diffìcile era il dimostrare con ugual chiarezza di prove
che il Tasso abbia mai amata Leonora d' Este. Al qual propo-
sito avrei desiderato che il S. confutasse i principali argomenti
addotti da coloro che sostennero l' opinione contraria, fondandosi
specialmente sulle rime del Tasso.
886 BIBLIOGRAFIA.
Vero è che il S. altrove (1) avverte che « di poco fondamento
« possono essere gli argomenti ricavati dalle rime di Torquato e
« che esse vanno citate assai cautamente, come quelle di qua-
« lunque altro poeta cortigiano del cinquecento, »
Va bene il citarle assai cautamente, ma non il tacerne affatto.
La poesia che più frequentemente è messa innanzi dai soste-
nitori dell' amore del Tasso per Leonora è la bellissima canzone :
Mentre eh' a venerar muovon le genti, '
che, secondo l'argomento appostovi dal Tasso, dovea esser la
prima di tre sorelle scritte a Madama Leonora da Este sua sin-
gularissima padrona e benefattrice.
In essa il poeta dice in modo abbastanza chiaro che al vedere
la prima volta Leonora ne provò cosi viva impressione che, se
non era la disuguaglianza somma che passava tra loro, egli
correa pericolo di restarne perdutamente invaghito.
E certo il primo dì clic '1 bel sereno
Della tua fronte agli occhi miei s' offerse,
E vidi armato spaziarvi amore,
Se non che riverenza allor converse
E maraviglia in fredda selce il seno,
Ivi perla con doppia morte il core :
Ma parte degli strali e dèli' ardore
Senti pur anco entro '1 gelato marmo.
E nel commiato :
Canzon, deh sarà mai quel lieto giorno
Ch' in que' begli occhi le lor fiamme prime
Raccese io veggia e eh' arda il mondo in loro ?
Anch' io purgherei 1' alma e le mie rime
Foran d' augel canoro,
Ch' or son vili o neglette, se non quanto
Costei le onora col bel nome santo.
(1) ùlorn. storico della letter. ital. i^X, 120).
BIBLIOGRAFIA. 887
Il S. stesso, citando questa catìzone nel suo studio su Torquato
Tasso e Lucrezia Bendidio (1), è costretto a confessare che per
sostenere 1' inclinazione del Tasso verso la principessa « v' è già
« più che a sufficienza materia di sospetto >; ora come può egli
affermare cosi decisamente (pag. 76) che « fino a tanto che il
« Tasso visse, e per qualche tempo ancora posteriormente; nes-
« suna traccia si trova, nessuna :allusione la più lontana che a
« questi amori possa riferirsi ? »
Questi miei dubbi potranno essere dissipati dalla pubblicazione
della vita del Tasso alla quale il S. ora attende, assicurandoci -
che ogni fatto più oscuro della vita di questo savio pazzo diverrà
chiaro interamente. Attendiamo adunque, prima di pronunciare
un giudizio definitivo su questo punto controverso della vita del
Tasso, che i fatti sieno chiariti interamente e che ogni apparenza
di romanzo sia scomparsa.
L. F.
La Mantia. Cenni storici sulle fonti del diritto greco-romano,
le Assise e leggi dei re di Sicilia. — Napoli, 1887 (2).
L' Inquisizione , e i processi contro le streghe.
E d' interesse generale tutto ciò che riguarda la legislazione
greca e romana, di cui tanta parte fu trasfusa nella moderna.
Lo questioni di diritto non hanno patria ma principalmente toc-
cano alla storia nostra anche locale quelle che si riferiscono al
diritto Romano e al Longobardo. All'esame di quelle si è dato
c<jn pazienza il consigliere La Mantia.
(1) L. e, pag. 119,
(2) 11 sunto che nel 1884 ne stampò a Napoli il signor Abignente è ine-
satto e insufficiente.
BIBLIOGRAFIA.
Neil' indicare le fonti della legislazione italiana (Torino, 1881)
egli si lagnò che il diritto bisantino e greco-romano fosse poco
studiato in Italia,
Del La Mantia l' Italia (tacendo i lavori di mera giurisprudenza)
possiede la storia della legislazione civile e criminale in Sicilia
dai tempi antichi fino al presente : i cenni storici sugli statuti di
Roma, loro origine e vicende; notizie e documenti sulle con-
suetudini delle città di Sicilia; Cenni critici sulla storia del Par-
lamento in Sicilia, e ultimamente una recensione sopra Calisse,
Storia del Parlamento in Sicilia (Torino , 1887) , esaminato con
dotta severità.
Ora ci regala un prospetto cronologico delle fonti del diritto
greco-romano.
La Delineatio di Zacharia del 1839 e la Histoire di Montreuil
del 1843-45 sono gli ultimi lavori su questo tema, al quale giovano
tante posteriori pubblicazioni di documenti e codici e testi e disser-
tazioni secondo la critica moderna. Di questi volle profittare il
La Mantia.
Quanto alle Assise dei re di Sicilia discusse le epoche di rac-
colta e promulgazione, e sopra una legge di re Ruggero chiari
come si fossero ingannati i Bullarj e il libro VII delle Decretali.
Il La Mantia fa le sue opere con pazienza ed esattezza. Nessuna
meraviglia se scrittori leggieri approfittano delle sue miniere, e se
lo copiano a man salva e senza neppure citarlo. E massime di
plagio egli imputa Alberto Del Vecchio (La legislazione di Fede-
rico II imperatore) ; Antonio Busura (Storia della legislazione di
Sicilia); Hartwig (Codex juris municipalis Siciliae) ; e cosi Brun-
neck. Serafini, e viepiù insiste sui furti degli stranieri. Una Storia
del Parlamento di Sicilia è annunziata come importante e ricca
di novità, mentre non ne ha alcuna; né altri parlamenti inediti si
conoscono oltre i due pubblicati dal figlio del La Mantia nell'ot-
tobre 1886, dove rettificò alcuni sbagli o inesattezze in precedenti
raccolte dei Parlamenti siciliani.
Ci fermiamo principalmente sul suo lavoro della origine e vi-
cende della Inquisizione in Sicilia. A questo nome i dilettanti si
I
BIBLIOGRAFIA. 889
figurano non solo quel che di mostruoso avevano i processi di
quel tribunale, ma ne fanno un tema di declamazioni contro i tempi
che li tolleravano non solo ma sancivano, e cha arrivarono fino
al limitare del nostro secolo. Equivarrebbe a dichiarare barbara
Atene per la schiavitù, che credeva necessaria; Roma per le leggi
contro i debitori e pe' suoi spettacoli gladiatorj; l'impero dei Cesari
per la persecuzione dei Cristiani; il medioevo pei giudizj di Dio;
l'America per la tratta dei negri; gl'Inglesi per l' espropriamelo
dell'Irlanda; la Francia pel terrore. Tutte le nazioni hanno colpe
orrende; a tutto il patriottismo o la filosofia della storia trovano
o discolpa o scuse,
L'Inquisizione è uno di quei mali che mai più non torneranno;
si può dunque esaminarla con ribrezzo, ma senza esagerazioni,
e ponendosi nel suo ambiente per consolarsi che la ragione pub-
blica e la privata hanno tanto migliorato.
Giuseppe Bonaparte, posto re di Spagna da Napoleone I, diede
incarico a Llorente di spogliare il carteggio di quella Inquisizione.
Egli mandò al macero tutti i processi che non venivano utili al
suo proposito, qual era di infamare i precedenti Governi e l' In-
quisizione. Cosi tolse di riconoscerlo o di mala fede o di corto
vedere. M, De Pidal nel Filippo II, Antonio Perez e II regno
d'Aragona, 1867 , trovò che nella famosa sollevazione d'Aragona
furono consegnate al S. Uffizio sei persone ; il Llorente dice 69.
La costui opera, esaltata ufficialmente e dalla stampa vendereccia,
oggimai non vi è autore savio che vi si appoggi.
Su questa sciagurata istituzione in Italia si è parlato in più
d'un' occasione, ed anche in questo stesso Arehicio. Vi si connette
la storia della magia e della stregheria tanto rischiarata dai re-
centi studj fisiologici e psicologici.
In un libro pubblicato adesso a Trento , / processi contro le
streghe nel Trentino, di Augusto Panizza, a pag. 37 si legge:
« Manca una storia della stregheria in Italia. Il materiale disperso
in molte Biblioteche ed in molti Archivj meriterebbe di venire
raccolto, studiato, ordinato, pubblicato, ed è bene a sperarsi che
qualche scrittore diligente, appassionato, non rifugga dal sobbar-
890 BIBLIOGRAFIA.
carsi a questa fatica, certo non inutile per la storia di casa no-
stra ». In questo ch'egli chiama « campo quasi vergine » (pag. 95)
si esercitò bastantemente il Cantù nella Storia di Como, nel
libro XIV della Storia Universale e negli Eretici d'Italia.
Il soggetto del Panizza era già stato trattato da Tullio Dandolo
nel 1855, poi da Rapp, Die Hoxenprozessen, und ihie Gegner im
Tirol (Innspruch, 1874), e sono notevolissimi: Soldan's, Geschichte
der Hoxenproeesse, neu heharheitet, von dr. Heinrich Hoppe, Stoc-
carda, 1886; e Henry Charles Lea, A history of the Inquisi-
tion of the middle ages. New-York, 1888, tre volumi. .
Farmi varrebbe la pena di completarne la storia, e perciò profitto
di questo articolo per esortare ad ajutarci di fatti e di consigli
coloro che possedessero libri, documenti, tradizioni sopra il
S. Uffizio in Lombardia a comunicarli al nostro Archivio per
amore della verità.
I
APPUNTI E NOTIZIE
Archeologia. — Da una nota negli Atti della R. Accademia
dei Lincei (Notizie degli scavi : Marzo, 1888) si ricava, che a
Centemero, comune di Costa Masnaga, provincia di Como, nel
podere dei signori ing. Giovanni e rag. Antonio Beretta nello
scavare ceppo per uso di fabbrica si scoprirono alla profondità
di circa m. 1. 50 alcune tombe di varia struttura, coperte da una
lastra di pietra grezza, contenente ciascuna un vaso o due, co-
perti da altro vaso capovolto o da una piastrella.
Nello scorso ottobre (1887) si scoprirono nello stesso fondo
altre sette tombe in due file, distanti l'una dall'altra circa un
metro, coperte esse pure da informe lastrone , una era lunga
quanto un corpo umano e non conteneva che terra frammista ad
ossicini e carboni. Nelle altre, notabilmente più piccole, si rin-
vennero vasi di pasta nera , di forma regolare, sebbene di cot-
tura imperfetta , lavorati al tornio, con semplici ornamenti nel-
l'orlo ; contenevano oggetti di bronzo, consunto quasi del tutto,
cioè quattro o cinque ardiglioni di fìbule e due ricci.
Tutto ciò che della suppellettile si potè ricuperare fu donato
dal dott. Magni al Museo di Como, cioè i frammenti di un'an-
fora , che teneva un unguentario di vetro ben conservato, altri
vasi con orlatura sagomata , di tipo gallico, ed un coltello di
ferro frammentato, col suo manico di osso.
i
892 APPUNTI E NOTIZIE.
Epigrafia. — Il Giornale di Roma, intitolato Voce della Verità,
nel suo N.° 45 dell'anno 1886, ripubblicava la seguente inscri-
zione cristiana rarissima, assai nota e controversa fra gli eruditi.
Essa credesi ci venisse dalle romane Catacombe di S. Sebastiano :
da circa un secolo trovasi nel portico nuovo della Biblioteca Am-
brosiana in Milano. Appartiene alla classe delle epistografe, perché
da una parte è inciso in caratteri non del tutto ineleganti il nome
di AVRELIVS LEONTIVS, e dall'altra in lettere affatto rozze
è la scorretta epigrafe che qui ripetiamo assegnandola a un' e-
poca di maggiore decadenza che la prima, a quegli anni, cioè,
che prevennero di poco la discesa dei barbari in Italia.
Il Giornale di Roma più sopra citato ne diede la seguente
lezione :
EGO EVSEBIVS ANTIOCENO
SAN PLM LXX COMPARAVI E
GO SS VIVVS IN CATACVMRASA
LVMENAREM A FOSSORE OA
APATO STANEES AMICV
S DUI IDVS SEPT --K
Questa lezione è inesatta e noi diamo la vera che abbiamo
trascritta religiosamente dalla pietra :
EGO EVSEBIVS ANTIOCENO
S AN^ PL- M. LXX COMPARAVI E
GOSS. VIVVS IN CATACVMRAAA
LVMENAREM AEO SSORE OC
APATO SrANEES AMICV
S D III IDVS SEPT. -^
Da tanti anni, molti tentarono decifrare questo enigma della
latinità più scadente, ma finora nessuna interpretazione venne
ritenuta ragionevole, meno poi incontrovertibile.
Le difficoltà sorgono dalla rozzezza dei caratteri, dalle scorre-
zioni , dalle continuità delle lettere che rendono arduo il distin-
APPUNTI E NOTIZIE. 893
guere e formare le singole parole. Scorgonsi lettere imperfette o
sbagliate come : E in fossore ed in Stanees per Stanfes. Cosi
pure A anziché A in Ocapato (linea 5), ed ancora in Stanfes
il T configurato come un r (gamma) greco, un A (delia) greco
nella terza linea, ultima lettera, in luogo di un D.
Noi crediamo interpretare l' inscrizione nel modo seguente :
Ego Eusehius Antiochenus annorum plus minus LXX compa-
ravi ego solus (ovvero suprascripius) vivus in eatacumba ad lumen
a Rema fossore occupato. Stanfes amìeus fedi Illidus septembres.
La versione italiana sarebbe :
« Io Eusebio Antiocheno di anni più o meno settanta preparai
« io solo ancora vivente in catacomba al chiarore un posto dal
« fossore Rema acquistato. Stanfi suo amico fece questa memoria
* tre giorni prima delle idi di settembre. Cristo. »
Il nome di Stanfes incontrasi in qualche documento del Medio-
evo. Guidone Stanfeo giurista, uomo letteratissimo, fioriva in Mi-
lano nel 1200 ; il nome Stanfes deriva forse da Stephanus.
Di questa singolare epigrafe vidi altra interpretazione, la
seguente :
Ego Eusehius antiochenus annorum plus minus LXX comparaci
ego se mvus in eatacumba.... lumenarem a fossore Ocapato..,. etc,
come neir altra. Tradotta in italiano darebbe :
« Io Eusebio Antiocheno di anni più o meno LXX, io ancora
« vivo nella catacomba comperai un lume dal fossore Ocapato.
« Stanfe amico fece questa memoria tre giorni prima delle idi di
settembre. Cristo. »
Non badiamo agli idiotismi che offre la lapide e proprii sono
della sua epoca ; pure nella seconda interpretazione mi ripugne-
rebbe la frase EGO SE VIVVS : inoltre nella stessa interpreta-
zione non trovo fatto calcolo dell' Aa delia terza linea, né saprei
in essa come spiegare quelle sigle.
Ecco quindi perchè mi sembra più ragionevole la prima ver-
sione : < Gli eruditi giudicheranno se vorranno prendersene la
briga. » Michele Caffi.
894 APPUNTI E NOTIZIE.
Il palazzo Botta- Adorno di Pavia. — Si legge nella Per-
severanza del 30 giugno che lo storico palazzo Botta-Adorno in
Pavia é in demolizione ; delle sue vaste gallerie abbellite da
arazzi splendidi di Fiandra poche rimarranno^ dacché la rifabbrica
è destinata a sede di cinque istituti del Portico medico senza che
per questo il medesimo si dichiari soddisfatto ; tutt'altro.
Quel palazzo vastissimo risale al 1702, e sorse sulle rovine
di un palazzo Beccaria, di cui venne allora conservata la torre
0 la cappelletta. Al medesimo non mancano i ricordi storici. Da
Genova, cacciato dal sasso di Balilla e divallando dalla Polce-
vera, corse a quel palazzo il generale Botta sfuggendo alle in-
sidie che gli vennero tese alla Cava per depredarlo delle doppie
di Genova che il generale alla sua volta aveva predato a quella
città. Un nobile Castiglione in quell'assalto mori al fianco del
generale.
Da quel palazzo nel 1778 usci il maresciallo Botta per re-
carsi a Vienna a perorare coU'archiatro Alessandro Brambilla la
conservazione a Pavia dell'Università sua antichissima, che Maria
Teresa voleva trasportata a Milano ; l'Università rimase.
In un padiglione del palazzo Botta, chiamato l'appartamento
dei principi, Giuseppe II , nel 1786 , volle circondarsi dei mag-
giori dotti che decoravano lo studio di Pavia, Spallanzani, Scarpa,
Fontana, Scopoli, Volta, Mascheroni, Tamburini. Questi illustri
sostenevano valorosamente il decoro della sapienza italiana di
fronte alla straniera.
Nel luglio del 1791, vi si radunarono a conferenza 1' impera-
tore Leopoldo II con gran seguito di arciduchi, il conte d'Artois
per l'emigrazione francese, gli inviati del Piemonte, della Spagna
e della Svizzera per opporsi alle armi repubblicane della Francia
che rumoreggiavano alle chiuse delle Alpi. Al Congresso prese
parte la Gran Bretagna nel febbraio del 1792. Ma la pretesa del-
l' Imperatore di riavere, nel caso di buon successo, quella parte
APPUNTI E NOTIZIE. 895
del Ticinese che aveva perduta col trattato di \^'orms nel 1743,
rese pressoché nulle quelle conferenze diplomatiche, ed il Pie-
monte, guardiano delle Alpi, fu debolmente soccorso dall'Austria
in quella guerra. ■
' Napoleone, che nel 1796, semplice generale, era disceso al Col-
legio Caccia, nel 1805, coli' imperatrice Giuseppina, venne accolto
nel palazzo Botta, nel quale Giuseppina corse pericolo della vita
per dolori fìerissimi di ventre. Alla preghiera del podestà Ca-
millo Campari che non sì recasse detrimento allo studio univer-
sitario rispondeva l'Imperatore: «L'Università esiste da secoli in
Pavia, né avvi ragione perché non abbia a rimanervi. » Al pro-
fessore Tamburini, rettore del Ghislieri, chiesta notizia delle ren-
dite , del numero e del trattamento degli alunni , ebbe a dire :
« A Fontainebleau ne manterrei 400 con L. 250 annue per cia-
scuno. Il trattamento al Ghislieri dovrebbe essere di una zuppa,
di un poco di bollito, pane non tanto bianco, e vino. » Un trat-
tamento, per vero dire, un po' troppo alla militare e non ade-
guato ai tempi.
Xel 1815, come nel 1825, Francesco I prese stanza nel pa-
lazzo Botta ; fu da quelle sale che rivolse ai professori dell'A-
teneo ticinese quelle parole memorande che fecero il giro del-
l' Europa : « Sappiano , signori, che a me occorrono sudditi non
troppo dotti, ma fedeli » ; le quali parole infatti erano tutto un
programma di Governo.
Nel 1838 vi albergò Ferdinando I , della cui mente Sambuy
scriveva a Solaro della Margarita (31 marzo 1838) dicendo : « È
già molto , quando con innumerevoli dilazioni si giunge ad ot-
tenere che dia corso alle firme di sua mano assolutamente indi-
spensabili » ; a quel palazzo lo visitò Carlo Alberto. Il volto
pallido, l'alca e sottile persona del Re, l'aspetto suo marziale, il
colore giallastro del volto, i folti mustacchi , il bene ed il male
che di lui susurravasi in quei giorni, sospetto a molti, indovinato
da pochissimi , vennero assai commentati dalla popolazione pa-
vese ; come lo furono il capo a pera, l'occhio intontito e spento,
il labbro inferiore turgido , penzolone ed inerte di Ferdinando I.
fViDARi, Frammenti storici dell'Agro ticinese, voi. II).
896 APPUNTI E NOTIZIE.
Nell'agosto del 1859 il palazzo Botta si aperse a Vittorio
Emanuele , e ogni ordine di cittadini vi accorse a festeggiarlo.
L'antico Duca di Savoia, il Re del Piemonte vincitore a Palestre
ed a San Martino, scendendo cogli anni e col Po, si incammi-
nava a divinire liberatore e re d'Italia per grazia di Dio e vo-
lontà della Nazione.
Non è quindi senza un qualche rimpianto che i Pavesi assi-
stono alla demolizione del palazzo Botta. Non rimase alla città
loro né una carta, né un codice, né un documento del prezio-
sissimo archivio Botta-Adorno che vi stava bene ordinato (1).
Negli scavi a ponente del palazzo si rinvenne, da pochi giorni,
qualche tomba appartenente, a quanto sembra, ai tempi della
decadenza della civiltà romana, quando non era spento affatto il
paganesimo, e la religione cristiana non s'era abbastanza diffusa
per rendersi prevalente. Nelle modeste tombe a grossi mattoni
coir impugnatura disposti a colombaia non si rinvennero infatti
emblemi né pagani, né cristiani, ma solo teschi ed altre ossa,
che anatomici ed archeologi vanno studiando.
Un inventario di libri del secolo XV. — Il dott. Giuseppe
Travali pubblicava ultimamente in Palermo coi tipi di V. Davy
un inventario di 147 libri , posseduti dal barone di Grottacalda
dott. Giovanni de Coffitellis o Coffitella, e rogato dal notaio pa-
lermitano Domenico Di Leo nel 29 novembre 1491 : in questo
inventario figurano alcune opere di scrittori lombardi, quali sono :
librum magni voluminis ad stampam repertorii domini episcopi
brixiensis.
È questi Bartolomeo^ vescovo di Brescia, autore di parecchie
opere di diritto civile e canonico.
item librum scriptum manu in carta consiltorum et questionum ol-
tradij cum repetitione domini petri de ancorano.
(1) Per legato del conte Giulio Porro Lambertenghi le carte dell'ArcIiivio
Botta passarono nel 1886 alla Biblioteca Ambrosiana.
APPUNTI E NOTIZIE. 897
Oltrado, detto da Ponte, era di Lodi , professò a Padova, a
Siena, a Monpellieri , fu avvocato concistoriale della Santa Sede
e mori in Avignone nel 1335 lasciando molti scritti.
item librum in carta scriptum manu cum fundello nigro seu ca-
pillari, qui incipit super rubrica in principio additionum domini baldi
scriptum partim manu partim impressione , qui vocatur dominus al-
bericus de raanetis super apparata de testibus.
Alberico de Maletis , nativo di Pavia , scrisse un trattato De
Testibus, che fu pubblicato nel Traetatu universi iuris , voi. IV,
fog. 162 e seguenti.
item librum repetitionis capituli domini lanfranci scriptum manu
cum fundello albo.
Lanfranco, nacque a Crema, insegnò diritto civile e canonico
a Bologna, a Vercelli ; mori nel 1229.
Attestato di morte di Franchino Gaffurio. — La data della
sua morte, come avvenuta ai 24 giugno 1522, era già nota, ma
davasi erroneamente l'anno 1451 per quello della sua nascita.
Ora , r attestato mortuario del Gaffurio , tolto dai necrologi nel-
r Archivio di Stato milanese , e pubblicalo nell'ultimo fascicolo
à&W Archivio Storico Lodigiano (cfr. Motta, Curiosità di storia
lodigiana, pag. 121 del fase. VII-IX, anno VII), precisa quella
data al 1442.
Ecco il brevissimo, importante documento:
Reverendus Dominus Presbiier Franchinus Gaffurus annorum LXXX
rector ecclesie Sancti Marcellini ex febre tertiana dupla in 2° mense ,
sine suspictione judicio Magistri Oldrati Martignoni decessit. »
Moriva a P. Comasina, nella parrocchia di S. Marcellino, dove
era per lo appunto rettore ed alla quale chiesa nel 1490 lavorava il
celebre architetto e suo compatriota Giovanni Battaggio da Lodi,
come da un altro documento pubblicato in quel medesimo fasci-
colo dQÌV Archivio Lodigiano.
Arch. Utor. Lomb. — Anno XV. i"'
898 APPUNTI E NOTIZIE.
L'Archivio della Società romana di Storia patria, voi. Xf,
fase. II, pubblica una lunga e importante lettera del famoso
Cicco Simonetta, 19 febbrajo 1471, in cui egli si giustifica delle
accuse fattegli da papa Paolo II. È tolta dal nostro Archivio di
Stato, Carteggio diplomatico, cartella 331.
Panfilo Castaldi. — Dal terzo documento rinvenuto nel di-
cembre 1880 nell'Archivio di Stato in Milano intorno al Maestro
DA LIBRI DAL STAMPO PANFILO CASTALDI , risulta ch' egli , nel
maggio 1472, da Milano è rimaso contento de retornarsene a
Venetla ; ma, per quante ricerche si sieno fatte, non s' è potuto
ancora sapere ove il Castaldi finisse i suoi giorni , e chi avesse
per successori.
A completare la Storia della Tipografia in Italia , promossa
nel 1881, a beneficio del Corpo Tipografico di Milano, — opera
tuttora incompiuta per la sopravvenuta morte del cav. prof. Fran-
cesco Berlan, al quale si era affidata, — la Delegazione di Be-
neficenza del Pio Istituto Tipografico in Milano apre il concorso
ad un premio, consistente in una Medaglia d'oro, con relativo
diploma , a chi sapesse dare le suindicate notizie , dalle quali
certamente ne verranno altre , riguardanti la storia dell' arte
tipografica.
Monumento NAzio5fALE a Cristoforo Colombo. — Con regio
decreto dato a Roma addi 17 maggio p. p, fu statuito, che nella
solenne ricorrenza del quarto centenario della scoperta dell'America
APPUNTI E NOTIZIE. 899
(1892) sia pubblicata, per cura ed a spese dello Staio, una Rac-
colta degli scritti di Cristoforo Colombo, di tutti i documenti e di
tutti i monumenti cartografici, i quali valgono ad illustrare la
vita ed i viaggi del sommo navigatore, la memoria ed i tentativi
dei suoi precursori e le successive trasformazioni dell'opera sua
pel fatto di altri navigatori italiani.
Tale raccolta dovrà essere seguita da una bibliografia degli scritti
pubblicati in Italia sul Colombo e sulla scoperta dell'America dai
suoi primordi fino al presente.
Ad ordinare e pubblicare la detta Raccolta fu istituita una Com-
missione, della quale fanno parte due membri della nostra Società
il Cantù e il Correnti, quest'ultimo qual presidente.
Battaglia di Pavia, 1525. — 'SeW Anzeiger fiir sehtceizerische
Geschichte (N. 3, 1888), il dottor T. di Liebenau pubblica la Cro-
naca del padre francescano friborghese Antonio Palliard com-
prendente r epoca 1499-1513. In essa sono nominati i capitani
di Friborgo nelle diverse guerre di Lombardia, ed all' anno 1525
v' ha una nota speciale intorno alla celebre battaglia di Pavia.
Della sconfitta dei Francesi quel cronista incolpa il duca Carlo
d'AleuQon, marito di Margarita d'Orleans (-|- 11 aprile 1525) :
« 1525 uif Sant Mathysen tag geschach die schlacht ver Pavy, und
ward der kiing Franciscus gefangen ; verluren die Eydgenossen vyl liitt.
Daran was der Dallenson , des kiings schwòsterman (als man seyt)
schuldig. Dan er den kùng wolt zum tod verraten haben, domit daz
er kiing wurde. Als er aber vernam, dass der kùng nitt umkomen ,
sonders gefangen were, liess er Im zu Lyon ein vrasserbad machen
und alle ader ufFtbun, domit das er nitt dem kung under ougen kàme. >
Il principe Eugenio di Savoja e il Governatore di Milano.
- Alle lettere del principe Eugenio di Savoja testé messe in
900 APPUNTI E NOTIZIE.
luce dal socio Ettore Farri (1) aggiungansi ora le due, tutte di
pugno d' Eugenio, indirizzate al duca Vittorio Amedeo nel tempo
della guerra contro la Francia, e pubblicate da Achille Neri nel-
l'ultimo fascicolo del Giornale Ligustico (fase. VII-VIII, luglio-
agosto 1888, pag. 290 e segg.). L'una, datata da Milano ai 24
marzo 1691, merita da parte nostra una riproduzione. Eugenio di
Savoja, che si recava in missione a Vienna onde ottenere che i
promessi e invocati soccorsi scendessero finalmente in Piemonte,
riferisce l'accoglienza avuta dall'intrattabile conte di Fuensealida,
governatore di Milano.
Monseigneur,
En arrivant a Milan j'ay recu du comte Landriani la lettre que
V. A. R. me fait l'honneur de m'ecrire, et ne manqueré pas de ra-
presenter a S M. avec les paroles les plus pressantes le danger cu
V. A. R. ce trouve si elle n'est secourue promptement. Je me suy
informe icy de ce qui se passe, pour pouvoir en rendre un conte
juste a la Cour. Le comte Fuensealida m'a recu a son ordinaire dans
le Ut, son bonnet sur la teste, rassemblant beaucoup plus a un singe
qu'a un honime. Je luy ay dit que V. A. R. m'avoit charge de le
presser de secour, dont elle avoit tant de besoin ; a quoi il ne m'a
rien repondu.
En attendant que je luy puisse mander quelque chose de mon
voyage, je reste avec le plus profond respect.
Monseigneur
de Milan ce 24 mars 1691.
De V. A. R.
tres humble et tres obeisant serviteur
Eugene de Saooye
La sua missione non mancò di produrre il desiderato effetto.
(1) Vittorio Amedeo II ed Eugenio di Savoja nelle guerre della succes- %
sione spagnola. — Milano, U. Hoepli, 1888.
I
APPUNTI
901
Ugo Ba^seville. — Xei Diplomaies de la Récoluiion di Fede-
rico Mcisson, troviamo cenno d' una persona di nessun conto, ma
che acquistò nome non perituro nella letteratura italiana.
Nel settembre 1793 il barone Mackan, ministro plenipotenziario
di Francia presso la Coree di Napoli , avea dimandato a Lebrun.
ministro degli esteri, di mandar di tempo in tempo un secretano
di legazione a Roma per meglio informarsi di quel che vi si facea.
Il secretario avea commissione di informarsi esattamente sulle mire
e intenzioni del governo pontifizio, sulle disposizioni degli spiriti
e delle cose, sul castello Sant'Angelo, ecc. Egli dovea stabilirsi
a Civitavecchia , conoscer lo stato di questa fortezza , i legni di
guerra che il papa vi aveva e vi faceva costruire. Non doveva
avere né funzione, né titolo ufficiale, ma presentarsi come un
semplice viaggiatore, non coperto da veruna immunità diplomatica ;
avrebbe semplice uffìzio di osservatore, che pur non era senza
pericoli, attesa la rottura di relazioni tra Roma e la Francia.
Hugon Basseville, designato a tale incarico, invece di tenersi
stretto alla missione di osservatore, volle operare efficacemente
sul governo pontifizio , e quasi sobbarcarvisi ; accampò preten-
sioni straordinarie e ridicole , e si condusse con una jattanza
talmente incredibile , che par un sogno 1' udirla ; né mai altro
diplomatico o agente relatore sprezzò talmente l'oggetto della sua
missione (1).
Sinché la flotta francese fu in vista di Civitavecchia, Basse-
ville ottenne dal governo di Roma , impotente a resistere , tutto
quanto volle, ma questa flotta essendo stata dispersa da una pro-
(1) Dalla francese libertà mandato
Sul Tebro a suscitar l'empia favilla.
BasscilUana
902 APPUNTI E NOTIZIE.
cella (1), egli fa a Roma trucidato in una sommossa popolare,
13 gennajo 1793. Il Monti lo immortalò.
Dono alla Biblioteca Ambrosiana. — Il prof. arch. Luca Bel-
trami donava in questi giorni una preziosa Raccolta di oltre
1100 documenti manoscritti , che si riferiscono ai Navigli deno-
minati Grande, di Bereguardo, di Paderno, della Martesana e di
Pavia. I documenti vanno dal principio del secolo XVI alla fine
dello scorso secolo e costituiscono dieci volumi; in altro fasci-
colo daremo maggiori notizie su questi documenti, che potranno
tornare utili a molti interessi cittadini.
Il padre Alfieri. — Dove ora finisce il portico meridionale
della piazza del Duomo, arrivava una serie di case, ora distrutte,
alla cui estremità, parallela agli scalini del Duomo, si aprivano
varie botteghe, e fra queste la farmacia Alfieri. Al tempo del
regno d' Italia era il convegno vespertino di persone rispettabili,
massime fisici, e a me fanciullo, che giocavo coi condiscepoli Alfieri,
dicevano: «Questi é il Porati , questi il Moscati, quello là è il
Breislak, o l'Aldini, o lo Stratico ». Dissipata e scomparsa questa
compagnia, restò in buona reputazione la farmacia per diligenti
preparati e onesta gestione.
(1) Vide spezzate antenne e rotte vele
Del regnator libeccio orrendo gioco,
E portati dall' onda aspra e crudele
Cadaveri e bandiere,
Sul lido intanto il dito si mordea
La temeraria libertà di Francia.
BassvilUana
APPUNTI E NOTIZIE. 903
Nella sovrastante abitazione con altri fratelli nacque Gio. Maria
Alfieri il 1807. Lasciamo via la storia, troppo consueta, della sua
prima età e de' suoi studj , peFdire come seguisse le orme paterne,
e insieme la sua vocazione professandosi nei Fate-bene-fratelli,
dediti, come si sa, alla cura caritatevole dei malati. Dal nostro
ospedale a Porta Nuova passò a diversi, e infine a quello nell'isola
del ponte Quattro Capi a Roma. Sempre zelantissimo nei servigi,
come attento all'amministrazione, meritò di esser nel 1872 eletto
generale della pia Congregazione, per 28 anni reggendola qui e
ne' paesi stranieri, anche in Francia, in Austria, in Inghilterra ;
fece rifiorire i Fate-bene-fratelli a Verona, a Brescia, in Stiria, in
Spagna. Dopo il 1859, venuta la soppressione degli Ordini religiosi
e l'incameramento dei beni, adopró incessanti premure per sal-
vare dall' eccidio i suoi , mostrando che quello non era un Ordine
monastico, con voti e regole somigliami alle fraterie, ma una
fratellanza dedicata a sollievo dell' umanità soffrente. I Tribu-
nali gli diedero ragione , ma dopo il 1870 nuove controversie
ebbe a sostenere , e vide il suo ospedale destinato specialmente
ai militari.
Ciò amareggiava gli ultimi suoi giorni, che chiuse nel giugno
di quest'anno a 82 anni.
I suoi Buoni Fratelli ricordano come , anche dopo generale ,
non {sdegnasse i più bassi uffizj ; l' abbiam visto rifar i letti,
bendar le piaghe ; affabile con tutti i malati , al comparire di un
nuovo visitandolo, interrogandolo anche sui patimenti morali, che
hanno tanta parte nei patimenti fisici. Era operosissimo capo
della Società di S. Vincenzo di Paola ; chiese da Milano persone
esperte ad educare i ciechi ; morto il Mozzoni, l'Alfieri assicurò
la continuazione delle Tavole Cronologiche Ecclesiastiche.
Fra le quotidiane ovazioni alla miriade di eroi dell'età nostra
saturata di gloria, concediamo un ricordo a questo concittadino
benevolo e benefico.
C. C.
904 APPUNTI E NOTIZIE.
Necrologio. — Dott. Vincenzo Giacometti , morto il V maggio
p. p., cultore degli studi paletnologici nel Mantovano, pubblicò
una Relazione intorno ad alcune scoperte paleoetnologiche fatte
nelle adiacenze di Mantova, 1868 (Atti dell'Accademia Virgiliana^,
Note per uno studio di paleontologia del territorio mantovano ,
1880 (Atti simili),, Relazione sopra il civico Museo di Mantova
(Gazzetta di Mantova, 1881, n. 102).
Tipografia Borloiolti di Giuseppe Prato. Giovanni Brigola, responsabile
I
ELENCO DEI LIBEI
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
DAL DEFfJJTO
Prof. Cav. GIUSEPPE MONGERI
Academy (Rovai). Observations of the members of the royal Aca-
deniy of arts upon the Report of the Commissioners appointed to
inquire into the Present Position of the Royal Academy in relation
to the Fine Arts. — London, Eyre e Spottiswoode, 1864.
Accademia di Belle Arti in Firenze. Rapporto del f.f. di Presidente
Niccolò Antinori a S. E. il Ministro della P. I. sul progetto del
nuovo Statuto. — Firenze, Barbèra, 1866.
— (R.) Centrale delle Belle Arti dell'Emilia in Bologna. — Atto ver-
bale della Sessione del Corpo Accademico per la esposizione e pre-
miazione triennale in Bologna nel MocccLkm. — Bologna, R. Tipo-
grafia, 1862.
— (R.) Centrale delle Belle Ani dell'Emilia in Bologna. — Adunanza
generale dei tre corpi accademici il 15 maggio 1863. — Bologna,
R. Tip., 1863.
— (L') di Venezia. Relazione Storica per V esposizione di Vienna
nel 1873. — Venezia, Visentini, 1873.
Adda (D') — V. D'Adda.
KLENCO DEI LIBRI DAI, DEFUNTO PROF. MOXGERI
Albani cav. can. Carlo. Di Luigi Canina da Casale Monferrato. Nar-
razione. — Casale, Bertero, 1873.
Alighieri Dante. La vita nuova e il Canzoniere commentati da G. B.
Giuliani. — Firenze, G. Barbèra, 1863.
Allocchio Stefano. La nuova Milano. — Milano, C. Robeschini, 1884.
Amari M. Racconto popolare del Vespro Siciliano., — Roma, Tipo-
grafia del Senato, 1882.
Amati Amato. 11 Risorgimento del Comune di Milano. Studio storico su
documeriti patri, editi ed inediti. — Milano, A, Lombardi, 1865.
Ambiveri Luigi. Dei principali errori detti intorno ai Monumenti
Piacentini. — Piacenza, G. Tononi, 1887.
— Gli Artisti Piacentini, — Piacenza, F. Solari, 1879.
Ampère G. G. Viaggio Dantesco. — Firenze, F. Le Mounier, 1855.
Ampère J. J. L' Istoii^e romaine à Rome. — Paris, Michel Levy, 1863,
Tome 1", 2" édition.
Annali della Fabbrica del Duomo di Milano dall' origine fino al pre-
sente, pubblicati per cura della sua Amministrazione. — Milano ,
Tip. Sociale, E. Reggiani e C. , 1877-1885, voi. 9.
Annuncio Bibliografico. IV Centenario della nascita di Raffaello. —
Roma, Tip, delle Scienze Matematiche, 1883.
Ancnimo. Notizie d' opere di disegno nella prima metà del secolo XVI
esistenti in Padova, Cremona, Milano, Pavia, Bergamo, Crema e
Venezia, pubbUcate e illustrate da Jacopo Morelli. — Bassano.... 1800.
— Due orfani illustri. Notizie di FeUce Scotti e Giuseppe Franzosi. —
Milano, AgnelU, 1884.
— Cenni Necrologici di Francesco Durelli. Estratto dagli Ann. Unic.
di Statistica, ecc. Fase. Luglio 1851. — Milano, Tip. degli An-
nali, 1851,
— Descrizione del monumento di Gastone di Foix.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARD\. 3
Anonimo. Cicognara, Notizia Storica Artistica intorno ad Agostino
liusti, 1852. (Frammento con postille del prof. Mongeri;.
— Intorno alla vita ed alle opere dell'arch. Angelo Pir>oni. Commemo-
razione. — Milano, Tip. e Lit. degli Ing., 1883.
— Carlo Barbiano di Belgioioso. Commemorazioni, 1881.
— La tentazione di S. Antonio dipinta da Michelangelo Buonarroti.
— Bologna, Gamberini e Parmeggiani, 1877.
— Introduzione allo studio delle arti del disegno e vocabolario com-
pendiaro delle arti medesime. — Milano, P. e G. Vallardi, 1821, voi. 2.
— Les Artistes Milanais (Orféeres). Paris, Cabinet de l'Ainatour, 1863,
Anselmi Gaspare. Rivendicazione al Popolo Milanese della vera ori-
gine del Duomo di Milano , finora attribuita a Gian Galeazzo Vi-
sconti. — Milano, N. Battezzati, 1881.
Antinori Niccolò. Rapp. al Min. della P. I. sul progetto del nuovo
Statuto della R. Accademia di Belle Arti. — Firenze, Barbèra, 1866.
Arago Etienne. Notice des peinture?, sculptures et dessins de 1' é-
cole moderne exposés dans les galeries du Musée National du
Luxembourg. — Pari^ , Mourgues , 1881.
Arborio-Mella Carlo Emmanuele. Cenni istorici sulla Chiesa ed
Abbazia di S. Andrea in Vercelli. — Torino, Giordano, 1856.
Archivio Storico Lombardo , giornale della Società Storica Lom-
barda. — Milano, Rebeschini e Bortolotti, 1874-1883, voi. 10. —
Idem — Seconda Serie. — Milano, Bortolotti, 1884-1887, voi. 4.
Arcozzi- Masino Luigi. Le Necropoli Torinesi. Guida Storico de-
scrittiva ed illustrata. — Torino, Stab. Art. Lett., 1779.
— Il Ck-^erone delle strade ferrate. Linea Torino-Milano. — Torino,
Stab. Artistico -Letterario, 1878.
Ariosto Ludovico. Orlando furioso. — Venetia, 1556.
Armand Alfred. Les médailleurs Italiens des quinzième et seizième
siècles. — Paris, E. Plon, 1879.
ELEN'UO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Arnaboldi Alessandro. Versi. — Milano^ C. Molinaii, 1872.
Arrigoni Luigi. Francesco Alunno da Ferrara, abbachista, calligrafo,
filosofo, grammatico, matematico, oratore, poeta del secolo XV. —
Firenze, Tip. dell'Arile della Stampa, 1885 (edizione di 500 esempi.).
Atti della R. Accademia di Belle Arti in Milano per gli anni 1842,
54, 55, 60, 63, 64, 68, 70, 72, 74, 75, 76, 77, 80, 81, 82, 83,
84, 85, 86. — Milano, Pirola, Lamperti, Lombardi, Manin.
— della R. Accademia di Belle Arti in Venezia. Anno 1877, 78, 79,
80, 81, 82, 83. — Venezia, M. Vicentini, 1878-85, voi. 6,
— ufficiali del primo congresso artistico italiano, 1870. — Parma,
Grazioli, 1871.
— del Secondo Congresso Artistico Italiano , settembre 1 872. —
Milano, Lombardi, 1874.
— del IV Congresso artistico italiano, tenutosi in Torino. Maggio, 1880.
— Torino, Bona, 1880.
Aubel. Verzeichniss der in dcm Lokale der Gemàldc Gallerie zu Cas-
sei befendlichen Bilder. — Cassel-Kay.
Audin. Storia di Leone Decimo , tradotta dal francese. — Milano ,
Ronchetti e Ferreri, 1855, voi. 2.
Ausonia. Albo d'arte e letteratura. — Pisa, Gazani e Galanti, 1880.
Autori vari. Inni sacri ed odi. — Trento, G. A. Marietti, 1835, voi. 2.
Azeglio (D') Massimo. V. Mongcrl Giuseppe.
Azeglio (D') Roberto. Delle Accademie di Belle Arti. — Torino,
Tip. Unione Ed., 1859.
Azeglio (D') V. E. Manuscrits Sforza 1467. — London, I. Clayton, 1860.
Azzurri Francesco. I nuovi restauri nell' Archispedale di S. Spirito
in Saxia. — Roma, Tip. Osseroatore Romano, 1868.
Bailo Luigi. Degli affreschi salvati nella demolita chiesa di Santa Mar-
gherita in Treviso. Relazione. — Treviso, Zoppelli, 1883.
I
LEGATI ALLA, SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
Balbo Cesare. Della storia d'Italia dalle origini fino all'anno 1814.
Sommario. — Losanna, S. Bonamici, 1848.
— Vita di Dante. — Firenze, Lo Monnier, 1853.
Baldazzì. — Vedi Bìancoli.
Balestrini Pietro. Commemorazione. — Milano, Pirola, 1886.
Banchi Luciano. I fatti di Cesare. Testo di lingua inedito del se-
colo XIV. — - Bologna, Romagnoli, 1863.
Barbet de Jouy Henry. Masi'-e National du Louvre. Déscription des
sculptures du moyen-àge et de la renaissance. — Paris, C. De Mour-
srues, 1876.
— Musée National du Louvre. Déscription des sculptures des temps
modernes. — Paris, C. De Mourgues, 1876.
Barrerà C. Storia della Valsolda con documenti e statuti. — Pine-
rolo, Chiantore, 1864.
Barrichella Vittorio. Andrea Palladio e la sua scuola. Conni. —
Lonigo, Gaspari, 1880.
Barthelemy J. B. A. A. Nouveau manuol complet de numismatique
ancienne (Manuels-Roret) avoc atlas. — Paris, Libr. encyclopédique
de Roret, 1866, 2 voi.
Battaglini Nicolò. Torcello antica e moderna. Studii. — Venezia,
Visentini, 1871.
Bazzero Ambrogio. Le armi antiche nel museo patrio di archeologia
in Milano (prima e seconda edizione). — Milano, Dumolard, 1882.
— Parole della Stampa alla morte di Ambrogio Bazzero. — Milano,
A. Lombardi, 1882.
Belgioioso Carlo. Considerazioni sul concetto e sulla veridicità della
storia. — Milano, Bernardoni, 1865.
— Le arti del disegno in Italia e l'Esposizione universale del 1867.
Considerazioni lette nell' adunanza del R. Istituto Lombardo del
li marzo 1867. — Milano, Bernardoni, 1867.
b ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF, MONGERI
Belgioioso Carlo. La tutela dei monumenti patrii. — Milano, Ber-
nardoni, 18G8.
— Alessandro Manzoni. Commemorazione. — Milano, Lamperti, 1873.
— Il programma della Società Italiana contro le cattive letture. —
Milano, Bernardoni, 1874.
— Commemorazione del conte Pompeo Litta Biumi, 7 agosto 1874.
— Milano Bernardoni, 1874.
— Induno Domenico. Commemorazione. (Estr. dagli Atti della R. Ac-
cademia di Belle Arti di Milano, 1878). — Milano, Lombardi, 1878.
— Brera. Studii e bozzetti artistici. — Milano, U. Hoepli, 1881.
— Inaugurazione in Brera del ricordo monumentalo a Carlo Barbiano
di Belgioioso, 22 giugno 1882. — Milano, Lombardi, 1882.
Belgioioso Emilio. Storia della famiglia Brivio. — Milano, A. Val-
lardi, 1885.
— Guida del famedio nel cimitero monumentalo. — Milano, Ma-
nini, 1887.
— Guida del famedio, seconda edizione. — Milano, Galli, 1888.
Belinzaghi Giulio. Indirizzo a S. A. R. la principessa Margherita di
Savoia letto dal Sindaco di Milano il 4 settembre 1869, ecc.
Belletti Felice, Tragedie di Euripide recate in italiano. — Milano,
Bernardoni, 1844-1851, voi. 4.
Beltrami Giambattista. Discussioni recenti su gli studi e gli scavi
d'antichità in Italia, — Roma, Barbèra, 1875.
Beltrami ardi. Luca. Le vòlte del nostro Duomo. — Milano, Bor-
tolotti, 1882.
— 11 Lazzai'etto di Milano. — Milano, Bortolotti^ 1882.
Beltrami Luca. L' Hotel de Ville di Parigi e 1' architetto Domenico
da Cortona. — Roma, Tip. Bodoniana, 1882.
— La facciata del nostro Duomo mdccclxxxiu. — Milano , Colombo
e Cordali i.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
Beltrami Luca. La Rocca Sforzesca di Soncino, mdcc< lxxxiv. — Mi-
lano, Colombo e Cordani.
— Dispareri in materia d'architettura e di prospettiva nella questione
del prolungamento dal lato settentrionale della piazza del Duomo.
Milano, Pagnoni, mdccclxxxvi.
— Dispareri in materia d' architettura e di prospettiva nella questione
del prolungamento del lato settentrionale della piazza del Duomo,
MDCCCLXXXVI. — Milano, Pagnoni.
— Commemorazione di Archimede Sacchi , con ritratto. — Milano ,
Tip.-lit. degli Ing., 1886.
— Relazione sul progetto di completamento del palazzo Marino nella
fronte verso Piazza della Scala.
— Per la facciata del Duomo di Milano. Parte prima. Le linee fon-
damentali, in)cccLxxx\ii. — Milano, Colombo e Cordani.
Benedetti da Cortona Fr. Vite di celebri italiani con note di M. Fabi.
— Milano, P. Agnelli, 1854.
Benvenuti Leo. Indicazione del museo di Este. — Bologna , Zani-
chelli, 1882.
Benvenuti Matteo. Milano com'era e qual'è. Cenni storici. — Milano,
Tip. A. Lombardi, 1872.
— Milano. Usi e costumi vecchi e nuovi. — Milano, Agnelli, 1873.
— 11 Duca d'Ossuna o tre anni di pessimo governo. Pagine di Storia
Milanese. — Milano, Regia Stamperia, 1875.
Bergmann loseph. Ubersicht der K.K. Ambraser-Sammlung. 2'<^
Autì. — Wien, 1853.
Bernasconi Cesare. Il Pisano grand' artefice veronese della prima
metà del secolo decimoquinto, considerato primieramente come pit-
tore e di poi come scultore in bronzo. — Verona, Civelli, mdccclxii.
Bertoldi M. Antonio. Sarcophage-autel de l'église Saint-Zénon a
Verone [Extrait de la revue de l'Art chretien]. — Paris, Blé-
riot, 18G2.
S ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Bertolotti Antonio. Spese di giustizia nei secoli xvi e xvn. Estratto
dalla Rivista di discipline carcerarie. — Roma, anno xvi, fase. 3.
— Artisti Belgi ed Olandesi a Roma nei secoli xvi e xvii. — Firenze,
Tip. della Gazzetta d' Italia, 1880.
— Artisti Lombardi a Roma nei secoli xv, xvi o xvn, studi e ricerche
negli Archivi Romani. — Firenze , Tip. dell' Arte della Stampa ,
1881, voi. 2.
— Artisti urbinati in Roma prima del sec. xviii. Notizie e documenti.
— Urbino, Righi, mdccclxxxi.
— Artisti Modenesi, Parmensi e della Lunigiana in Roma nei se-
coli XV. XVI e XVII. — Modena, Vincenzi, 1882.
— I testamenti di Girolamo Cardano, medico , filosofo e matematico
nel secolo xvi. — Milano, Bortolotti, 1882.
— Don Giulio Clovio , Principe dei miniatori ; notizie e documenti
inediti. — Modena, Vincenzi e Nipoti, 1882.
»— Giunte agli artisti lombardi in Roma. — Milano, Bortolotti, 1883.
— Artisti Veneti in Roma nei secoli xv , xvi e xvn ; studi e ricerche
negli Archivi Romani. — Venezia, M. Visentini, 1884.
— Artisti Subalpini in Roma nei secoli xv, xvi e xvii. Ricerche e studi
negli Archivi romani. — Mantova, Tip. Mondovi, 1884.
— Artisti in relazione coi Gonzaga signori di Mantova , ricerche e
studi negli Archivi Mantovani. — Modena, G. T. Vincenzi, 1885.
— Artisti bolognesi, ferrai-esi ed alcuni altri del già Stato Pontificio
in Roma nei secoli xv, xvi e xvn. — Bologna, Regia Tipogr., 1885.
— Artisti Svizzeri in Roma nei secoli xv, xvi e xvii, ricerche e studi
negli Archivi Romani. — Bellinzona, Colombi, 1886.
— Artisti Francesi in Roma nei secoli xv, xvi e xvii. Ricerche negli
Archivi Romani. — Mantova, G. Mondovi. 1886.
Bertolotti A. e Portioli A. Le carceri politiche del castello di
S. Giorgio in Mantova. — Mantova, Segna, 1883.
Berty Adolphe. Dictionnaire de 1' ai'chitecture du moyen-àge. —
Paris, A. Derache, 1845.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 9
Beruto Cesare. Progetto del piano regolatore della Città di Milano.
Relazione alla Giunta Municipale. — Milano, Bernardoni, 1885.
Beulé M. Histoipo de l'art grec avant Póriclès. 2" édition. — Paris,
Didier, 1870.
Biancoli. L'arte della maiolica, poemetto del conte Alessandro Bian-
coli Bagna-cavallese, con la vita dell'autore, ed illustrazioni del ca-
nonico-teologo Luigi Bàlduz2i. — Ravenna, Tip. Calderini, 1875.
Bianconi. Nuova guida di Milano per gli amanti delle belle arti e
delle sacre e profane antichità milanesi. — Milano, Sirtori, 1787.
Bìbblia sacra. Vulgatae editionis, Sixti V et Clementis Vili jussu
recognita atque edita. Editio nova, mdcccxliil
Bibliofilo. Leonardo da Vinci e la sua libreria. Note di un bibliofilo.
— Milano, Bernardoni, mdccci.xxul [Ed. di 75 es. Es. n. 2.]
Bibliofilo Milanese. Noto bibliografiche del fu D. Gaetano Melzi ,
edite per cura di un bibliofilo milanese con altre notizie. — Milano,
Bernardoni, mdccclxih.
Bigi Quirino. Notizie di Antonio Allegi'i, di Antonio Bartolotti suo
maestro e di altri pittori ed artisti Correggiesi. — Modena, C. Vin
cenzi, 187.3.
Bignami ing. Emilio. I canali nella città di Milano. Considerazioni
o proposte estr. dal Politecnico. — Milano, 1866.
Biondelli Bernardino. Importanza degli studi archeologici in Lom-
bardia. — Milano, G. Bernardoni, 1854.
— Elogio del conte Carlo Ottavio Castiglioni. Discorso, con ritr. —
Milano, Bernardoni, 1856.
Biraghi Luigi. Boezio filosofo, teologo, martire a Calvenzano Mila-
nese. — Milano, Boniardi-Pogliani di Besozzi, 1865.
Bisccura Felice. Relazione storica intorno alla R. Accademia Alber-
tina di Belle Arti in Torino. — Torino, Bocca, 1873.
10 KLENCO nr;i libri dal defunto prof, mongert
Biscarra Felice. Cetini storici sommari intorno alla R. Accademia
di Belle Arti di Torino. — Torino, Bona, 1866.
— V. Schreiber.
Boccaccio Giovanni. L'amorosa Fiammetta. — Venetia, D. Farri, 1580.
Bode W. Bericlitc und Mittheilungen aus Sammlungen und Museiim
uber staatliche KunstpHege und Restaurationen , neue Funde ; Ita-
lianische Kunstsammlungen und ihre Pflege. — Spemann , Stutt-
gard, 1883.
Boito C. Proposta di un nuovo ordinamento di studi per gli archi-
tetti civili. (Estr. dal Giorn. deìV Ing.-Arch.) — Milano, Salvi, 1858.
— L' architettura odierna e l' insegnamento di essa. Pensieri. — Mi-
lano, Salvi, 1860.
— L'Architettura Cosmatesca. — Milano, Salvi, 1860.
— Proposta di una riforma negli statuti della R. Accademia di Belle
Arti in Milano. — Milano, Pirola, 1861.
— La Chiesa di S. Abbondio e la Basilica dissotto. — Milano, Tipo-
grafia degli Ingegneri, 1868.
— Scultura e pittura d'oggidì. Ricerche. — Torino, Bocca, 1877.
— Leonardo e Michelangelo. — Milano, Hoepli, 1870.
— Architettura del medio evo in Italia. — Ricerche. — Milano,
Hoepli, 1880.
— I principi del disegno e gli stili dell' ornamento. Lettere. 2* edi-
zione. — Milano, U. Hoepli, 1882.
— Gite di un artista. — Firenze, Tip. dell' Arte della Stampa, 1884.
Boito C. e collaboratori. Appunti tecnici suU' Esposizione Nazionale
di Milano (1881). — Milano, Tip. degli Ingegneri, 1882.
Bologna Giacomo. Notizie storiche della Chiesa collegiata arcipretalo
di Schio. — Schio, Tip. di Leonida Marin , 1879.
Bombognini Francesco. Antiquario della Diocesi di Milano, con cor-
rezioni e giunte del D. Carlo Redaelli. — Milano, Pirotta, 18.50.
LROATI At.L.V SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 11
BonafTé Edmondt Dictionnaire des amateurs fran<^ais aii XVII siécle.
— Paris, Quantin, 1884.
— Inventaire de la Duchesse de Valentinois Charlotte D' Aibret. —
Deux caux'fortes par H. Valentin. — Paris, A. Quantin, 1878 (Edi-
tion à 300 exemplaires ; exemplaire n. 296).
Bonfadini R. Dell' indole e dell' azione dei partiti politici nei governi
rappresentativi. Conferenza. — Milano, Bemardoni , 1879.
Bonghi (R.). — V. Rieh.
Bonora Tonamaso. L' arca di San Domenico e Michelangelo Buo-
narroti. Ricerche storico-critiche. — Bologna , Romagnoli , 1875.
Bordiga G. Storia e Guida del Sacro Monte di Varallo. Nuova edi-
zione. — Varallo, Colleoni, 1857,
Bossi Giuseppe. Del Cenacolo di Leonardo da Vinci. — Milano ,
Stamperia Reale, 1810.
— Delle opinioni di Leonardo da Vinci intorno alla simmetria dei
corpi umani. — Milano, Stamperia Reale, 1811.
Bossi Joseph , Albertoli e Longhi. Catalogne de la Galeric Melzi
(à vendre). — Milan, Fontana, 1838.
Bossi Luigi. Guida di Milano, ossia descrizione della città e de' luoghi
più osservabili. Voi. II. — Milano, P. e G. Vallardi , 1818.
Both de Tauzia (Vicomte). Notice des tableaux exposé dans Ics
galeries du Musée National du Louvre. Première partie : Ecoles
d'Italie & d' Espagne. — Paris, Charles De Mourgues frères, 1880.
— Notice des dessins de la collection His de La Salle exposés au
Lou\Te. — Paris, C. Mourgues, 1881.
Bouchot (H.). — V. Duplessis.
BraghiroUi ViUelnxo. Sulle manifatture di Arazzi in Mantova. Notizie
storiche. — Mantova, Eredi Segna, 1879.
Bramantino (Bartolomeo Suardi). Le rovine di Roma al principio
12 FXENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERl
del secolo xvi. Studi da un manoscritto dell'Ambrosiana di 80 ta-
vole, fotocromolitografate da Angelo Della Croce , con prefazione ò
note di Giuseppe Mongeri. — Milano, U. Hoepli , 1875. Edizione
di 200 esemplari, N. 1.
Brambilla Camillo. La Basilica di S. Maria del Popolo in Pavia ed
il suo mosaico. — Pavia, Fusi, ISlfj.
— Pavimento a mosaico, scoperto nella Basilica di S. Pietro in Ciel
d'Oro di Pavia. — Milano, C. Rebeschini, 1886,
— Sullo opere di restauro alla Basilica di S. Pietro in Ciel d' Oro.
— Pavia, Fusi, 1886.
Brambilla Giuseppe. Intorno al monumento eretto in Alessandria al
commendatore Urbano Rattazzi. Lettera agli amici. — Como^ Fran-
chi, 1884.
Brambilla Luigi. Varese e suo circondario. — Varese, Ubicini, 1874,
volume II.
Brambilla (V,). Topografia storica di Milano , voi. III. — Milano ,
Tip. Carlo Tinelli, 1844-1846.
Branca Carlo. Cenni storici sulla origine e la fondazione -dei luoghi
pii elemosinieri di Milano, amministrati dalla Congregazione di Ca-
rità. — Milano, Agnelli 1880.
Breton (Ernest). Porapeia décrite et dessinée. Suivie d' une Notice
sur Herculanum. — Paris, Gide et I. Bandry, 1855.
Brocca Giovanni. Notizie sul Pio Albergo Trivulzio di Milano. —
Milano, G, Agnelli, 1873.
— Sulla proposta 13 luglio 1861 del prof. Camillo Boito (Questione
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Brockhaus. Bilder — Atlas zur Conversations. Lexikon. — Geschichte
der Baukunst. Atlante di 60 tavole e testo. — Leipzig, Brockhaus, 1830.
Brogi Carlo. In proposito della protezione legalo sulle fotografie.
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LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 13
Buffini Arturo, dottore iii medicina e chirurgia. Discorsi pronunciati
ia svia ricordanza. — Milano, Zanaboni e Gabuzzi, 1886.
Bulwer E, L. Rienzi , V ultimo do' Tribuni. Seconda edizione riveduta
0 correità sul testo inglese, da Francesco Cusani. — Milano , Ma-
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Buonarotti Michelangelo. Rime e lettere, precedute dalla vita del-
l' autore, scritte da Ascanio Condivi. — Firenze, Barbèra, 1858.
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Paris, P. A. Bourdier, 1860.
Burigozzo Gianmarco. Cronica Milanese dal 1500 al 1544. — Mi-
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Burty (Philippe). Les artistes célèbres : Bernard Palissy. — Paris ,
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— Chefs- d'ceuvre des arts industriels. — Paris, Paul Ducrocq, 1866.
Byron. Il Corsaro. Novella. — Milano, Tipi Bettoniani, 1824.
— Parisina. Poema, Traduz. del cav. A. MaflFei. — Milano, Gnoc-
chi, 1853.
— CEuvres complétes. Traduction de L. Barre ; illastrées par Mettais,
Bocourt, Dorè. — Paris, I. Bry, 1853.
Caffi Michele. Della chiesa di S. Eustorgio in Milano. — Milano ,
Boniardi-Pogliani, 1 841 .
14 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Caimi Antonio. Delle arti del disegno e degli artisti nelle provincie
di Lombardia dal 1777 al 1862. — Milano, Pirola, 18G2.
— Commemorazione del cav. Giuseppe Molteni. Commemorazione. —
Milano, 1867.
— Luigi Calamatta. Commemorazione letta nell' adunanza del Cons.
della R. Acc. di B. A. in Milano il 23 giugno 1869.
— Cenno storico sul Museo Patrio di Archeologia in Milano. — Mi-
lano, A. Lombardi, 1873.
— La Pinacoteca della R. Accademia di Belle Arti di Milano. —
Milano, A. Lombardi, 1873.
Callery I. M. La galene royale de pcinture de Turin. — Turin ,
Falletti, 1859.
Calvi Felice. Vicende del Monte di Pietà in Milano. — Milano ,
P. Agnelli, 1871.
— Famiglie notabili milanesi, Manzoni, Clerici, Taverna. — Milano,
A. Vallardi, 1875.
— Il Patriziato milanese. — Milano, Mosconi, 1876.
Calvi Girolamo. Intorno alla vita ed alle opere di Giovanni di Bal-
duccio da Pisa. — Milano, Boniotti, 1857.
— Del rinnovamento dell' arte in Milano , ovvero di Bramante da
Milano detto anche Bramantino. — Milano, Guglielmini, 1861.
— Notizie sulla vita e sulle opere dei principali Architetti, Scultori e
Pittori che fiorirono in Milano durante il governo dei Visconti e
degU Sforza. — Milano, P. Agnelli, 1865.
— La fondazione del Tempio della Certosa presso Pavia , ovvero
Appendice alle notizie di Bernardo da Venezia. — Milano , Bor-
roni, 1868.
— Notizie dei principali Professori di beile arti che fiorirono in
Milano durante il governo dei Visconti e degli Sforza. — Milano,
Borroni, 1869.
Camozzi Verteva Giambattista. Dissertazione del medagliere relativi^
alla storia moderna d' Italia. — Bergamo, Bolis, 1880.
LKGATI ALLA SOCIETÀ 8TOKICA LOMBARDA. 15
I
Campi avv. Emilio. Delle tendenze democratiche delle Società mo-
derne. Conferenza. — Milano, Bortolotti, 1879.
Canetta Pietro. Cenni sull'Ospedale Maggiore di Milano e. sulla sua
beneficenza. — Milano, Tip. Sociale, 1880.
— Il Lazzaretto di Milano. — Milano, Tip. Sociale, 1881.
— Elenco dei Benefattori dell'Ospedale Maggiore di Milano, 1456-1880.
— Milano, L. F. Cogliati, 1887.
Cantù Cesare. Il sacro macello di Valtellina. — Firenze, G. Ma-
riani, 1853.
— L'abate Parini e la Lombardia nel secolo passato. — Milano, Gu-
glielmini, 1854.
— Milano. Storia del popolo e pel popolo. — Milano, Agnelli, 1871.
— La questione sociale. Lettere di C. C. precedute da un articolo
della Ricista Universale. — Firenze, Tip. Cenniniana, 1871.
— La fede. Vita delle Arti. (Dalla Ricista Unioersale). — Firenze ,
Tip. Cenniniana, 1872.
Cantù C. e Rovida C. Donato ed Ercole Silva , conti di Biandrate.
— Milano, Borroni, 1876.
Cantù Ignazio. L'Italiano in viaggio per Londra. — Milano, A. Val-
lardi, 1851.
Carcano Giulio. Commemorazione di Rinaldo Giulini. Dalla Rioista
Europea. — Milano, Bernardoni, 1838.
— Neil' inaugurazione a Tommaso Grossi in Milano il primo giorno
di Luglio MDcccLvm, discorso, con tav. — Milano, Colombo, 1858.
— Ruth , imitazione biblica. — Milano , Ripamonti Carpano , 1 850.
— Per r inaugurazione del busto di Felice Belletti nel palazzo di
Brera in Milano, il xv sett. mdccclx , parole, ecc. — Milano , Ber-
nardoni, 1860.
— Arte e ideale. Note d'Estetica lette nell'adunanza 4 luglio 1872
del R. Ist. Lombardo. — Milano, Bernardoni, 1872.
— Vita di Alessandro Manzoni. — Milano, Bernardoni, 1873.
16 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Carcano Giulio. Carlo Barbiano di Belgioioso. Commemorazione. —
Milano, Rebeschini, 1881.
— 7 Gennaio 188G. Inaugurazione del ricordo monumentale a Giulio
Carcano. — Milano, C. Rebeschini, 1886.
Cardano Gerolamo, De rerum varietate libri XVII. — Avignone,
M. Vincentio, 1558.
Carena Giacinto. Vocabolario Domestico. — Napoli, Perrotti, 1851).
— Vocabolario italiano d' arti e mestieri. — Napoli, Perrotti, 1859.
Carotti Giulio. Pitture giottesche nell'oratorio di Moccliirolo a Lcntato.
sul Seveso (Lombardia) saggio critico. — Milano, Bortolotti, 1887.
Carraresi G. Cesare. Cronografia generale dell'era volgare dallo
anno I all' anno 2000. — Firenze, Sansoni, 1875.
Carta Francesco, Sul poemetto di Pietro da Bescapé esistente nella
Bibl. Naz. di Milano Descrizione bibliografica con fac-simile. —
Roma, Forzani, 1885.
Casati Carlo, Treviglio di Ghiara d' Adda e suo territorio. Memorie
storiche-statistichc. — Milano, tipi della Perseveranza, 1873.
— Vicende edilizio del Castello di Milano. — Milano, G. Brigola, 1876.
— Ricordi Storici di Castano Primo, raccolti da.... — Milano , Tipo-
grafia della Pcrscocran^a, 1878.
— Vita di Cesare Cesariano architetto milanese , scritta da Venanzio
de Pagave pubblicata dal dottor C. Casati — Milano, Tipografìa
Pirola, 1878.
— Il Lazzaretto di Milano. Schizzo storico. — Milano, Robecchi, 1880.
— Lettere e scritti inediti di Pietro e di Alessandro Verri. — Milano,
G. Galli, 1879-1881.
— Leone Leoni d' Arezzo, scultore , e Giov. Paolo Lomazzo pittore
milanese, nuove ricerche — Milano, Hocpli, 1881,
— Un ricordo a Giuseppe Bossi. Sue poesie edite ed inedite colla
vita scritta da Gaetano Cattaneo sino all' ieri sconosciuta. -^ Milano,
Colio, 1885.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 17
Casati Carlo. Nuove notizie intorno a Tomaso De-Marini tratte da
docunionti inediti. — Milano, Bortolotti , 188fJ.
Casati Luigi Agostino. Famiglie notabili milanesi : Giidini. — Mi-
lano, A. Vallardi , 1875.
Casati Rovaglia Cirillo. Relazione della Commissione per lo studio
do! ristaui-o della Galleria Vittorio Emanuele di Milano. — Milano,
Tip.-Lit. degli Ing., ISSC.
Caselli C. Progetto d' ingrandimento della chiesa parrocchiale di Ca-
magna (Casale-Monferrato). — Torino, Camilla e Bertolero , 1886.
Caselli Giuseppe. Nuovo ritratto di Milano in riguardo alle belle
arti. — Milano, Sonzogno, 1827.
Casoni Guido. OJe. — Treviso, A Regliettini , 1G15.
Castelar Emilio. Maria Stuarda. Prima versione italiana di Daniele
Rabbi. — Milano, Dumolard, 1884.
Castelfreuico prof. Pompeo. Due periodi della prima età del ferro
nella necropoli di Golasecca. — Parma, Operai Tipografi, 1876-
— Le stazioni lacustri dei laghi di Monate e di Varano e considera-
zioni generali intorno alle palafitte. Estratto dagli « Atti della So-
cietà Storica Italiana di Scienze Naturali. » — Milano, Tip. Ber-
nardoni, 1878.
— Tombe Gallo-Italiche, rinvenute al Soldo presso Alzate Brianza. —
— Reggio, Tip. Artigianelh , 1870.
Castellani Alassandro. Degli ori e dei gioielli nella Esposizione di
Parigi del mdccclxxv.u. — Roma, Tip. Elzeviriana, 1879.
Castellani Tarabini Ferdinando. Cenni storici e descrittivi intorno»
alle pitture della R. Galleria Estense. — Modena, R. Stampa, 1854,
Castellionaeus Io Antonius. — Mediolanenses antiquitates ex urbi??
paraecijs collcctae, ichnographicis ipsarum tabulis, recentibus rerum
memorijs, variis ecclesiasticis ritibus auctie et illustratae. — Medio-
lani , I. B. Bidoll, 1625,
2
18 ELENCO DEI LIBRI DAL DKF'UNTO PROF. MONGERI
Cataloghi, Guide ecc. Aja. Notice de la Galerie des Tableaux de
S. M. le roi des Pays-bas, mdcccxlvi.
• — Notice des Tableaux du Musée Rovai à la Haye,
— Amsterdam. Notice des tableaux du Musée d'Amsterdam avec
fac-simile des monogrammes. — Amsterdam, Buffa et fils, 1858.
— Déscription des tableaux déposés au Musée royal à Amsterdam, 1846.
— Anversa. Notice des Tableaux éxposés au Musée d'Anvers, 1829.
— Catalogue du Musée d' Anvers. — Anvers, T. E. Buschman,.,..
— Assisi. Guida artistico-storica di Assisi e de' suoi dintorni. —
Assisi, Sensi, 1869.
— Bergamo. Esposizione Provinciale Bergamasca. — Elenco degli
espositori ed oggetti esposti. — Bergamo, Bolis, 1870,
— Catalogo dei quadri della Accademia Carrara di Belle Arti in Ber-
gamo. — Bergamo, Bolis^ 1881.
— Berlino. Catalogo della Schwarz und Weiss-Ausstellung. Berlin,
Mai 1886. — Leipzig, Diirr.
— Bologna. Pinacoteca di Bologna : Breve indicazione della Galleria
dei quadri, ecc. — Bologna, Chierici, 1860.
— Catalogo dei quadri di varie scuole pittoriche raccolte per una
galleria particolare in Bologna. — Bologna, Fava e Garagnani, 1865.
— Pinacoteca di Bologna. — Bologna, Tipi in via Poggiale, 18....
— Bruxelles Cataloque of the Picture-Galéries at Brussels. — Brussels,
Kicssling.
— Catalogue du Musée Royal de peinture et de sculpture de Belgique.
— Bruxelles, Stienon, 1857.
— Budapest avec ili. et pian et appendice concernant l' Exposition
nationale hongroise, an 1885. [L'Europe IH., 66, 67, 68]. — Zurich,
Fussh.
— Colonia. Der Kòlner Dom. [N.° speciale della Illustrierte Zeitung ,
di Lipsia], fol. — Leipzig, 2 ottobre 1880.
— Como. Cenni storici sulla Cattedrale e sulle altre chiese di Como
e dei sobborghi. — Como, C. F. Ostinelli, 1860.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 19
Cataloghi, Guide, ecc. Cremona. La chiesa dei SS. Giorgio e Pietro
in Cremona. Relazione storico-artistica. — Cremona, Montaldt, 1884.
— Cremona nei suoi monumenti e nelle sue istituzioni. Guida della
Città. — Cremona, Pezzi, 1880.
— Dijon, Catalogue historique et descriptif du Musée de Dijon. —
Dijon, I. E. Rabutot, 1869.
— Ferrara. Catalogo dei quadri esistenti nella Pinacoteca Comunale
di Ferrara. — Ferrara, Tip. Dell' £"/*t(iano, 1863.
— Firenze. Description des objets d'art de la R. Académie des Beauz-
Arts de Florence. — Florence, d. Calasance, 1861.
— Catalogo della R. Galleria di Firenze. Prima e seconda parte. 1*
ediz. italiana. — Firenze, Tip. delle Murate, 1863.
— Foligno. Elenco delle pitture ed altri oggetti d'arte esistenti nella
Pinacoteca eretta nella chiesa di Betlemme in Foligno. — Foligno,
Sgariglia, 1875.
— Frankfurt Y'm-)- Verzeichniss der uffentlich ausgestellten Kunst-
Gegenstànde des Stàderschen Kunst-Instituts, 1879. — Frankfurt ^ni-
C. Naumann, 1879.
— Verzeichniss. Der uffentlich Ausgestellten Kunst Gegenstànde des
Stàderschen Kunst-Justituts. — Frankfurt, 1844.
— Londra. Cataloque of the pictures in ustionai Gallerj', mdcccxhh. —
London, Clowes.
— Guide du palais de Hampton Court avec une notice des tableaux
et ouvrages d'art exposés dans les appartements publics. — Windsor,
Brown, 1851.
— Synopsis of the contents of the Britisch Museum. — London ,
Woodfall and Son, 1851.
— International Exhibitionj 1862. Kingdome of Italy, Officiai descriptive
Catalogue. — London, W. Trounec, 1862.
— Descriptive and historical catalogue of the pictures in the National
(iallery, \vith biographical notices of the Painters. Foreign schools.
— London, Edward Eyre, 1868.
20 ELDNCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Cataloghi, Guide ecc. The abridged catalogue of the Pictures in the-
National Gallery ; with start biographical notices of the Painters.
Foreign Schools. — London, 1887.
— Lucca. Guida di Lucca. — Lucca, Giusti, 1877.
— Milano. Guida per l'L R. Pinacoteca di Brera. — Milano, Car-
rara, 1838.
— Esposizione delle opere di Belle Arti nelle gallerie dell' Accademia
di Brera. Cataloghi ufficiali per gli anni 1847, 1850 al 1887. — Mi-
lano , fascicoli 38.
— Storia e descrizione delle chiese distrutte ed esistenti oggigiorno
in Milano, Corpi Santi e dintorni, — Milano, C. Mauri, 1857.
— Guida storico-artistica dell' Ospitale Maggiore di Milano. — Mi-
lano , Agnelli, 1857.
— Storia e descrizione delle chiese distrutte ed esistenti oggigiorno
in Milano , Corpi Santi e dintorni , aggiuntovi la necrologia dei
Sommi Pontefici sino ai nostri giorni. — Milano, Centenari, 1860.
T— Illustrazione storico-artistica dei Reali Palazzi di Milano. — Mi-
lano, G. Alberti, 1863.
— Guida per i visitatori della Pinacoteca della R. Accademia di
Belle Arti in Milano. Milano, Ci velli , 1872.
— 2^* Esposizione nazionale di Belle Arti , diretta da un Comitato
eletto dalla R. Accademia di Brera, 1872. — Milano, Società Coo-
perativa Tipografi, 1872.
— Catalogo delle opere d'arto antica, esposte nel palazzo di Brera.
2* edizione ufficiale, — Milano, Società Cooperativa Tipografi, 1872.
— Esposizione storica d'arte industriale in Milano, 1874, Cataloga
generale — Milano , Ti^eves, 1874.
— Sant' Eustorgio in Milano [descrizione della Basilica], — Milano ,
Pagnoni , 1876.
— Catalogo della Esposizione Musicale, sotto il patrocinio di S. M,
la Regina, due' parti. — Milano, Pirola, 1881.
— Esposizione Nazionale in Milano nel 1881. Catalogo ufficiale illu-
strato: Belle Arti. — Milano, SQnzogno, 1881.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. Ji
Cataloghi, Guide ecc. Municipio di Milano: Onoranze del Famedio.
— Milano, Bernardoni , 1886.
— Programma pel monumento a Vittorio Emanuele e Relazione 1879
del giudizio sul concorso. Relazione 1880 del giudizio sul concorso
per il monumento in commemorazione delle Cinque Giornate. —
Milano, Pirola, 2° opuscolo. Giornale Programma, ecc.
— Exposition Universelle de Munich en 1858, ou l'art Allemand au
19ème siede. — Munich, C. R. Schurich, 1858.
— Monaco di Baviera. Catalogne des tableaux de la nouvelle Pina-
cothèque royale à Munich. — Munich, J. A. Finsterlin, 1858.
— Catalogne des tableaux de la Pinacothèque royale à Munich. —
Munich, 1858.
— Katalog provisorischer der I. Internationalen Kunst-Ausstellung im
K. Glaspalaste in Mùnchen, 1869.
— Catalcgue de tableaux dans la nouvelle Pinacothèque Royale a Mu
nich. — Munich, F. S. Hùbschmann, 1875.
— Katalog der internationalen Kunst-Ausstellung im Kgl. Glaspalaste
zu Munchen, 1879.
— Illuslririrter Katalog der internationalen Kunst-Ausstellung im K5
nigl. Glaspalaste in Mùnchen, 1883. — Munchen, Brochmann, 1883.
— Munich et ses collections d"wuvres d'art. — Berlin, Goldschmidt, 1 869.
— Napoli, Catalogo dell'Esposizione Nazionale di Belle Arti del 1877
in Napoli. — Napoli, Tip. S. Pietro a Majella, 1877.
— Catalogo dell'Arte antica: Pittura. Esposizione Nazionale di Belle
Arti in Napoli. — Napoli, Fibrine, 1877.
— Paris. Guide par les principaux écrivaincs et artistes de la France,
1'" parti e : La science. — L'Art. — Paris, A. Lscroix, 1F67.
— Exposition universelle de 1855. Explication des ouvrages de pein-
ture, sculpture, etc., des artistes vivants étrangers et francais
exposés au palais des Beaux Arts. — Paris, 1855.
— Exposition Rétrospective. Tableaux anciens emprun tés aux galcries
particulieres. — Paris, T. Claye, 1866.
— Pavia. Guida pel visitatore della R. Basilica di S. Michele in Pavia.
Cenni storico descrittivi — Pavia, Fusi, 1869.
22 ELENCO DEI I.IBFU DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Cataloghi, Guide ecc. Piacenza. Descrizione dei monumenti e delle
pitture di Piacenza, corredata di notizie storiche. — Parma, Car-
mignani, 1828.
— Roma. Catalogo degli oggetti ammessi alla Esposizione romana
del 1870 relativa all' arte cristiana e al culto cattolico nel chiostro
di S. Maria degli Angeli. — Roma, Stab. tipografico Camerale, 1870.
— Nuova descrizione del Museo Capitolino. — Roma, Salviucci, 1828.
— Catalogo delle opere esposte nella Mostra retrospettiva d' arte
Italiana in Roma, nel 1883. — Roma, Bencini, 1883.
— Prima Esposizione di Belle Arti. — Relazione del Comitato ese-
cutivo. — Roma, 1883.
— Esposizione di Belle Arti in Roma, 1883. Catalogo generale uffi-
ciale. — Roma, Tip. Bodoniana, 1883.
— Gsell-Fels. Rom. — Ober Italien ecc. — V. Gsell-Fels.
— Siena. Catalogo della Galleria del R. Istituto di Belle Arti di Siena. —
Siena, A. Mucci, 1860.
— Guida artistica della città e contorni di Siena. — Siena, Tipografia
Sordo-muti, 1863.
— Catalogo della Galleria del R. Istituto Provinciale di Belle Arti di
Siena. — Siena, O. Porri, 1864.
— Strassburg. Catalogue des tableaux, statues et bustes exposés au
Musée de la ville de Strasbourg. Octobrc 1842.
— Notice sur la cathédrale de Strasbourg, dcuxième édition. — Stras-
bourg, 1850.
— Torino. In ricordo dell'E^sposizione Nazionale di Belle Arti e Con-
gresso artistico Nazionale. — Torino, Roux e Favale, 1880.
— Catalogo degli oggetti componenti la mostra di Arte antica della
IV Esposizione Nazionale di Bolle Arti in Torino, 1880. — To-
rino, Bona, 1880.
— IV Esposizione Nazionale di Belle Arti. Catalogo ufficiale gene-
rale, Torino, 1880. — Torino, V. Bona, 1880.
— Alcuni giorni in Torino. Edizione ornata da vignette con una
carta topografica. — Torino, Fontana, s. data (francese e italiano).
I
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 23
Cataloghi, Guide, ecc. Venezia. La Galleria dell* Accademia di Ve-
nezia. Relazione storica. — Venezia, Vicentini, 1873.
— Onorificenze ed estratti di docamenti in lode dell' opera La Ba-i-
silica di San Marco in Venezia diretta ed edita da Ferd. Ongania.
— Venezia, 1887.
— Vienna. Catalog zur Ausstellung dcs O e sterre ichischen Kunstve-
reins in Wien^ 1856.
— lUttstrirter Katalog deuster internatìonalen Kunst-Ausstellnng ira
Kunstlerhause. — Wien, 1882.
— Catalogo della 348* Esposizione della Oesterreichischer Konst Verein
in Vienna. — Wien, Steyrermiihl , 1886.
— Katalog (lev permanenten Kunst- Ausstellung in "Wien. — Wien,
Eistel, 1886.
— Catalog der Gemàlde Gallerie Seiner excellens des Crafen. —
Jaromiz C^emin von Chudenitz in Wien. — (Con note manoscritta
del prof. Mongeri).
— Zurigo. Catalogne special du group xxxiv. Art contemporaine de
1' Exposition Nationale Suisse. — Zurich, 1883.
Catalogo generale delle riproduzioiii fotografiche, pubblicate per cura
dei fratelli Alinari. 1* a 3* Appendice al Catalogo generale, ecc. —
— Firenze, G. Barbèra, 1873, 1876, 1881 e 1887, voi. IV.
Catalogue general, des photographies publiées par la maison Giacomo
Brogi de Florence. Supplemento al Catalogo generale, ecc. — Flo-
rence, Civelli , 1878, e maggio 1881, voi. II.
Cattaneo Carlo. Notizie naturali e civili su la Lombardia. — Milano,
(t. Bernardoni , 1844.
Cattaneo Gaetano. Osservazioni sopra un frammento antico di bronzo,
di greco lavoro, rappresentante Venere. — Milano, Regia Stam-
peria, 1819.
— Equejade, monumento antico di bronzo del Museo Nazionale Un-
gherese, considerato ne' suoi rapporti coli' antichità figurata. — Mi-
lano, I. R. Stamperia, 1819.
24 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Cavagna Sangiuliani Antonio. Il portico di San Celso in Milano.
— Milano, P. Agnelli, 1865.
Cavalcasene G. B. Sulla conservazione dei monumenti e dogli og-
getti d' arte e sulla riforma dell' insegnamento accademico. — Roma,
E. Loescber, 1875.
Cavallucci Jacopo. Notizie storiche intorno alla R. Accademia delle
Arti del disegno in Firenze. — Firenze , Tipografìa del Voca-
bolario, 1873.
— Notizia storica intorno alle Gallerie di quadri antichi e moderni
della R. Accademia delle Arti del disegno in Firenze. — Firenze ,
Polverini, 1873.
Caverni Raffaele. — V. Galilei.
Celentino L. VII Congresso Pedagogico in Napoli. Studi preparatori
della Commissione speciale del disegno. — Napoli, P. Androsio, 1870.
Celesia Emanuele. Nel IV Centenario di Gaudenzio Ferrari. — Va-
ralle, Caraaschella, 1885,
Cellìni Benvenuto. Due trattati , uno dell' Oreficeria , T altro della
Scultura. — Firenze, Stamperia di S. A. R., per li Tartini e Fran-
chi, 1731.
Ceresole Victor. Origine do la denteile de Venise et de l'école du
point de Burano, en 1878. — Venise, Antonelli , 1878.
Champagny (F. de). Les Césars. S'^ edition , voi, li. — Bruxelles,
1853, 1854. — Meline, Cans et C'^
Champeaux (A, de). Dictionnaire des fondeurs, ciseleurs, modeleurs
en bronzo et doreurs ; depuis lo moyen-àge jtisqu'à l'epoque actuelle
[A-C]. - Paris, Libr. de l'Art, 1886.
Champfleury. Histoire de la caricature moderne. - Paris, E. Dentu, 1865.
— Histoire de la caricature antique. — Paris, E. Denta, 1865.
— Les Artistes : La Tour. — Paris, Libr. de l'Art, 1886.
I
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. ^*5
Chiavacci Egisto. Guida della R. Galleria del Palazzo Pitti. — Fi-
renze, M. Cellini, 1862.
Chizzolini G. Sui restauri della Galleria Vittorio Emanuele. — Mi-
lano, Tip. della Persetcransa, 1887.
Cialdi Alessandro. Leonardo da Vinci , fondatore della dottrina sul
moto ondoso del mare. — Roma, Cotta e C, 1872. Estratto dalla
< Riv. Mariti. », VI, s. 1873.
Ciceri Carlo Francesco. Selva di notizie autentiche risguardanti la
fabbrica della Cattedrale di Como con altre memorie patrie ed ana-
loghe all'argomento. — Como, Caprani, 1811.
Cicognara. — V. Anommo, Descrizione, ecc. - Frammenti.
Cittadella Luigi Napoleone. Ricordi e documenti intomo alla vita
di Cosimo Tura, detto Cosmè, pittore ferrarese del secolo XV. —
Ferrara, Taddei, 1886.
— 1 due Dossi , pittori ferraresi del secolo XVI : Memorie. — Fer-
rara, Tip. dell'Eridano, 1870.
Claudius. La science populaire. - Vie et voyage de Cristophe Colomb.
— Paris, I. Renouard, 1836.
— De la manier d'écrire et de lir» l'histoire. Simile.
— De la composition de l'air. Simile.
— Sur le poids de la masse de l'air. Simile.
— Histoire de la Bible. Simile, 1837.
— Sur la vie de FrankUn. Simile.
— Les Espagnols en Amérique. Simile.
— Histoire de la terre. Simile.
— Sur une lecture de la Bible. Simile, 1837.
— Sur r ygiène. Simile.
— Sur la botanique. Simile.
— Voyage de Marco Polo. Simile, 1838
26 ELENCO Dr:i libri dal defunto prof. MONGERI
Claudius. Sur les aérostats. Simile.
— De la composition de 1* eau. Simile.
— Sur la structure du corps humaia. Simile, 1839.
— Sur les cristaux. Simile.
— Sur r eclairage au gaz. Simile, 1839.
— Sur r aimant. Simile, 1840.
— Pompei et Herculanum, Simile.
— Sur les maladies mentales. Simile, 1841.
— Sur r obélisque de Louqsor. Simile.
Clericetti Celeste. Ricerche suU' architettura religiosa in Lombardia
dal secolo V all' XI. — Milano, editori del Politecnico, 1862.
— Ricerche sull' architettura lombarda. — • Milano, Tip. della Perseoe-
ransa, 1869.
— Il ponte acquedotto delle torri di Spoleto. — Milano, Tip.-Lit. degli
Ingegneri, 1844.
Coindet (J.). Histoirc de la peinture en Italie. — Paris, Imp. Re-
nouard , 1857.
Colla Angelo, Intorno alla chiesa di S. Giovanni in Conca. Relazione.
Estr. dal « Read. Ist. Lomb. » — Milano, Tip. Bernardoni, 1878.
Collegio degli Ingegneri ed Architetti di Milano. Primo Congresso
degli Ingegneri ed Architetti Italiani in Milano. Atti. — Milano ,
Tip, degli Ingegneri , 1873.
Collegio degli Ingegneri ed Architetti. Milano tecnica dal 1859 al 1884.
— Milano, Tip, Bernardoni, 1885.
Colletta Pietro. Storia del reame di Napoli, voi. IV. — Capolago,
Tip. Elvetica, 1834,
Colombo Giuseppe. L'arte, l'industria e la meccanica all'Esposi-
zione di Parigi , 1878. — Milano^ Tip. Bernardoni, 1878.
Colombo Giuseppe. Documenti e notizie intorno gli Artisti Ver-
cellesi, — Vercelli, F. Guidetti, 1883,
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 27
Colombo G. e collaboratori. Le gallerie delle macchino del lavoro e
del materiale ferroviario all' Esposizione Nazionale di Milano, 1881.
— Milano, Tip. degli Ingegneri, 1882.
Colombo B. Giuseppe. Montaldo Torinese. Notizie storiche. — To-
rino, Artigianelli, 1879.
Commissione Provinciale per la conservazione ed illustrazione dei
monumenti ed archivi. Relazione al Consiglio Provinciale , al Con-
siglio Comunale ed all' « Ateneo » di Brescia. — Brescia , Apol-
lonio, 1875.
Comparetti D. Virgilio nella tradizione letteraria fino a Dante. —
Firenze, .V, Antologia, 1866.
Conestabile Gian Carlo. Sull' insegnamento della scienza delle anti-
chità in Italia. — Torino, Bona, 1873.
— Sulla vendita della Madonna del libro di Raffaello. — Perugia ,
G. Boncompagni, 1871.
Conti Cosimo. Ricerche storiche suU' arte degli arazzi in Firenze. —
Firenze, Sansoni, 1875.
Corio Bernardino. Storia di Milano , riveduta e annotata dal pro-
fessore Egidio De Magri, voi. III. — Milano, Colombo, 1855-57.
Courajod Louis. Exposition rétrospective de Milan, en 1874. — Paris,
I. Claye, 1875.
— Un bas relief de Mino da Fiesole. Extr. du « Musée archéologique » ,
con illustr, — Paris, Leroux, 1876.
— Observations sur deux dessins attribué-; a Raphael et conservò s
a l'Académie des Beaut-Arts de Venise. — Paris, Pillet et Du-
moulin, 1880.
— Une oeuvre inèdite de Jean BuUant ou de son école. — Paris ,
Pillet et Dumoulin, 1880.
— Léonard de Vinci et la statue de Francesco Sforza. — Paris, Pillet
et Dumoulin, 1880.
28 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGEUl
CJourajod Louis. La cheminée de la Salle des Caryatides au Musée
du Louvre. — Paris, Daupeley-Gouverncur, 1880.
— Les chandeliers de la chapellc du Chateau d'Écouen au Musée du
Louvre. — Paris, Daupeley-Gouverneur, 1880.
— Acquisitions du Musée dola sculpturo moderne au Louvre, en 1880.
— Paris, Rapilly, 1881.
— Jean Warin, ses neuvres de sculpture et le buste de Louis XIII du
Musée du Louvre. — Paris, I. Rouam, 1881.
— Deux fragments des constructions de Pie II a Saint-Pierre de Rome,
aujourd'hui au Musée du Louvre. — Paris, Quantin, 1882.
— Quelques monuments de la sculpture funéraire des XV et XVI siè-
cles, — Paris, Daupeley-Gouverneur, 1882.
— Observations sur deux bustes du Musée de sculpture de la Re-
naissance au Louvre, — Paris, A. Quantin, 1883.
— Le buste de Jean d' Alcsso au Musée du Louvre. — Paris , Dau-
peley-Gouverneur, 1883.
— La statue de Robert Malatesta, autrefois a Saint-Pierre de Rome,
aujourd'hui au Musèo du Louvre. — Paris, A. Quantin, 1883.
— Une édition avec variantes des bas-reliefs de bronzo de l'armoire
de Sainte-Pierre-Aux-Liens au Musée du Louvre et au South-Ken-
sington Museaum. — Paris, A. Quantin, 1883.
— Le portrait de Sainte Catherine de Sienne de la coUcction Timbal
au Musée du Louvre. — Paris, Daupeley-Gouverneur, 1883.
— La part de 1' art italien dans quelques monuments de sculpture
de la première renaissance fran^aise. — Paris, A. Quantin, 1885.
Courajod L. et Charles Ravaison-MoUien. Conjectures a propos
d' un buste en marbré de Béatrix D' Este au Musée du Louvre, et
étude sur les connaissances botaniques de Léonard, de Vinci. —
Paris, Rapilly, 1877,
Courajod Louis et GeymuUer (de) Henry. Les estampes attribuées ù
Bramante, au point de vue iconographique et architectonique. —
Paris, Rapilly, 1874.
Cournault (Charles). Les artistes célèbres : Jean Lamour. — Paris,
Libr. de l'Art, 1886.
I
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 20
Covino A. La città e la Provincia di Torino , descritte. — Torino
Siiamp. R., 1875.
Grippa Lodovico Giuseppe. Una lezione di aritmetica. Cenni sul-
r origine e composizione, e sul metodo d' insegnamento della scienza
suddetta. — Milano, Pirola, 1861.
Crivelli Ariberto. Gli avanzi del Castello di Trezzo. — L' antico
e il nuovo ponte suU'Adda. — Milano, Tipografia degli Inge-
gneri, 1886.
Curti Pier Ambrogio. La vita e le opere dell' ing. arcliitetto com-
mendatore Carlo Mira. — Milano, Tip. Letteraria, 1886.
Cusanì (F.). Storia di Milano dall' origine ai nostri giorni, voi. I-VII.
— Milano, Pirotta, 1861-1873.
— V. Buhcer E. L.
D' A (le C. Cousin). Le nouveau tambour du monde. — Paris,.
chez. Barba libraire, An. IX, 1801.
D' Adda Gerolamo. Essai bibliographique sur les anciens modèles de
lingerie de deiitelles et de tapisserie gravés et publiés en France,
on Allemagne et en Fiandre. — Extr. de la G. des B. A. —
Paris, 1861.
— Lettera di Cristoforo Colombo a Luis de Santangel , ediz. di 150
esemplari (Es. N. 33). — Milano, Laeuguer, mdccclxvi.
— Léonard de Vinci, la gravure milanaise et Passavant. Extr. de la
Gaz. des B. A. — Paris, Clave, 1868, con tav.
— Lodovico Maria Sforza ed il convento di S. Maria delle Grazie,,
diplomi, documenti, decreti, inventari, ecc., in gran parte inediti.
— Milano, Bernardoni, 1874.
— G. d' A. (Girolamo d' Adda). Arte antica ed artisti moderni (sul-
r agemina a proposito di un lavoro di G, Franzosi). — Milano,
Tip. Pcrseoeranza, 1874.
— Indagini sulla Libreria viscontca-sforzesca del castello di Pavia.
Parte I. e Appendice Voi. 2. — Milano, Brigola e Dumolard, 1875-79.
30 ELENCO DEI LIBRI DAI, DEFUNTO PROF. MONGERl
D'Adda Gerolamo. Ricerche sulle arti e suU' industria romana (casa
vitrea diatreta). — Milano, Bernardoni, 1870. Ediz. di 66 esemplari
numerato N. 19.
— L' arte del minio nel Ducato di Milano dal secolo XIII al XVI ;
appunti tratti dalle memorie postume per cura di G. Mongeri. —
Milano, Bortolo tti, 1886.
Dalbono Carlo Tito. Nuova guida di Napoli e dintorni. — Napoli,
V. Morano, 1876.
— Ritorni sull'arte antica napolitana, — Napoli, Tip. de' Classici ita-
liani, 1878.
Dall' Acqua Giusti A. L' Atramentum di Appelle proposto d'una corre-
zione a un passo di Plinio Secondo. — Venezia, Grimaldo, 1875.
— La Loggia del Doge Ziani. — Venezia, Kizchmaiz e Scozzi, 1880.
— L'arco acuto e i Guelfi. Memoria. — Venezia, Antonelli, 1885.
Dall' Ongaro F. L'arte italiana a Parigi. — Firenze, Polizzi, 1869.
— Scritti d'arte. — Milano, U. Hoepli, 1873.
D' Ancona A. I precursori di Dante. — Firenze, Sansoni, 1874.
Da Persico G. B. Verona e la sua Provincia. — Verona, F. Pollidi, 1838.
Dartein (de) Fernand. Rcponse aux observations présentés par M.
Alfred Rame sur l'église de Saint Ambroise à Milan. — Paris,
Lahure, 1883.
De Castro Giov. La caduta del Regno Italico. — Milano, Treves, 1882.
De Castro Vincenzo. Guida del viaggiatore in Italia. — Milano,
Guglielmini, 1866.
— V. Rio.
De' Gori Augusto. Sull'ordinamento dello Stato. Nuovo studio. —
Firenze, Cellini, 1866.
Delaborde V. Henri. Les artistes cclèbres. Gerard Édelinck. — Pa-
ris, Libr. dell'Art, 1886.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 31
Delécheze E. Saggio intorno a Leonardo da Vinci (1452-1519). —
Siena, O. Porri, 1844.
Dell' Acqua dott. Carlo. Dell' insigne reale Basilica di S. Michele
Maggioro in Pavia. Studio, 2* ediz. — Pavia, Fusi, 1875.
Dell' Acqua Siro. I restauri del S. Michele nel 1875. Relazione. —
Pavia, Bizzoni, 1876.
Déon Horsin. De la conservation des tableaux. — Paris, Hector Bos-
sarge. 1851.
De Sitonisde Scotia. Theatrum equestris nobilitatis secundae Romae,
seu Chronicon insignis Collegii I. PP. ludicum, Equitum, et Comi-
tum inclita? civitatìs Mediolani^ in quo ejusdem amplissimi ordinis
origo, antiquae sedes, dignitates, honores, privilegia et viri illustres.
eorumque affinitates cospiquae recensentur: ccccxlv Nobilium Fa-
miliarum, ac Insubrum Excellentissimi Senatus monumento illa-
strantur. — Mediolani, M. A. Pandulphus Malatesta, 1706.
D' Està Antonio C F. Memorie di Antonio Canova. — Firenze, F. Le
Monnier, 1864.
De Zerbi R. L' arte moderna. Lettera a proposito della Esposizione
Nazionale di belle arti in Napoli. — Firenze, Le Monnier, 1877.
Diehl Charles. Ravenne. Études d Archeologie byzantine. — Paris,
I. Rouam, 1886.
Dolce Lodovico. L' Aretino ovvero dialogo della pittura con l' ag-
giunta delle lettere del Tiziano a vari e dell' Aretino a lui, — Mi-
lano, Redaelli, 1863.
Dozio Giovanni. Degli scritti e disegni di Leonardo da Vinci e spe-
cialmente dei posseduti un tempo e dei posseduti adesso dalla Biblioteca
Ambrosiana. — Milano, G. Agnelli, 1871.
Dresda. Les trésors, les environs et la Suisse-Saxonne avec pian et
vignettes traduit de l'allemand. — Dresde, Meinholdt.
Duchesne. Museo di pittura e scultura, ossia raccolta dei principali
quadri, statue e bassirilievi delle gallerie pubbliche e private d' Eu-
ropa. — Firenze, P. Fumagalli, 1838-45. Voi. 15.
32 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Duplessis Georges et Bovelot Henri. Dictionnaire des marques et
monogrammes des graveurs. — Paris, Rouam, 1886.
Duruy Victor. Hi stoire grecque. 7* cdition. — Paris, Hachette, 1870.
Eastlake Charles. Materials for a history of oil painting. — London,
Longman, 1847.
Emiliani- Giudici Paolo. Storia della letteratura italiana. Voi. 2. —
Firenze, Le Monnier, 1855.
Esposizione Bergamasca 1870, Atti. — Bergamo, Pagnoncelli, 1871.
Euripide. Tragedie. — V. Bellotti.
F. La nuova Chiesa della Madonna del Suffragio in Torino. — Torino,
Camilla e Bertolero, 18....
Fabretti A. Il Cupido di Michelangelo nel Museo d' Antichità di
Torino. — Torino, Paravia, 1883.
Fano dott. Enrico. Elogio di Giacomo Battaglia, Ferdinando Cartellieri
e Gian Luca Padulli. — Milano, Guglielmini, 1862.
Fantozzi Federico. Nuova Guida ovvero descrizione storico-artistico-
critica della città e contorni di Firenze, — Firenze, E. Bucci, 1857.
Felini Pietro Martire, da Cremona. Trattato nuovo delle cose m a-
ravigliose dell'Alma Città di Roma, ornato di molte figure^ ecc., ecc.
— Roma, Andrea Fusi, 1625.
Ferrari Carlo. Atti del V Congresso Artistico Italiano tenutosi in
Roma nel gennaio 1883. — Roma, Bencini, 1883.
Ferrarlo Giuseppe. Necrologia, onori funebri e monumento per l'ar-
eliitetto cav. Carlo Amati. — Milano, Guglielmini, 1852'.
Ferri Luigi. Soveda Palma Luigi.
Fiorelli G. — V, Ridi.
LI=:r.ATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
I
Formentini Marco. Memoria sul rendiconto del Dacato di Milano
per Tanno 1463 ne' suoi rapporti coli' amministrazione , col corso
delle monete, colle finanze, coli' esercito, colla famiglia ducale e col
costo degli oggetti di consumo di quel tempo. — Milano , Società
Cooperativa, 1870.
Fornari Filippo. Notizie storiche ed artistiche intorno al Duomo di
Milano e sua piazza antica e nuova. — Milano , Società Coopera-
tiva, 1867.
Forni Ulisse. Manuale del pittore restauratore. — Firenze, Le Mou-
nier, 1866.
Foscolo Ugo. Prose politiche. — Firenze, Le Monnier, 1850.
— Epistolario. Voi. 3. — Firenze, Le Monnier, 1852-54.
— Poesie. — Firenze, Le Monnier, 1856.
— Prose letterarie. Voi. 4. — Firenae, Le Monnier, 1850-51.
Fouke. Some account of the building^ designed by Francis Fouke ,
Capt. R. E. for the international exhibiiion of 1862 with ili. and a.
Map. — London, Chapman and Hall, 1861.
Fraccaroli Innocenzo. Proposta per la libera istruzione pratica delle
Arti Belle cioè della Pittura e della Scultura. — Milano , 22 gen-
naio 1860, manoscritto (due pagine).
Frcuiceschi Ferrucci Caterina. Della educazione morale della donna^
itahana. — Torino, Unione Tipografica, 1855.
Franchetti Gaetano. Storia e descrizione del Duomo di Milano coni
30 tavole incise. — Milano, G. G. De-Stefanis, 1821.
Frazzi Giacomo. 11 governo feudale degli Abati del Monastero di
S. Ambrogio Maggiore di Milano nella terra di Cioenna in Valassina.
— Milano, G. Agnelli, 1879.
Frenfanelli Cibo S. Niccolò Alunno e la Scuola Umbra. ,— Roma ,
Barbèra, 1872.
34 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Frizzi Giuseppe. Povero ammannato i quattrini son finiti e il tempo
gli ù avvanzato. Ediz. di 50 esemplari numerati (Es. X). — Firenze,
Ciardelli, 1876.
Frizzoni dott. Gustavo. Delle pitture di Baldassare Peruzzi e del
giudizio portatone dal sig. Cavalcasene. — Roma, Tip. delle Se. M.
e F., 1869.
— Del Palazzo e della Galleria Spada e di una recente scoperta fat-
tavi. — Roma, Tipografia delle Scienze Matematiche, 1871.
— Di alcune opere di disegno da rivendicare al loro Autore l'artista
Minese Baldassare Peruzzi. — Roma, Tip, delle Scienze Matema-
tiche, 1871.
— Giovanni Antonio de' Bazzi, detto il Sodoma, secondo recenti pub-
blicazioni e documenti. Estr. dalla N. Ant. — Firenze, Agosto 1871.
— Giovanni Antonio Amadeo scultore ed architetto, 1447-1522, tra-
duzione dal tedesco con note cstr. dal Buonarroti II-VIII-1873. —
Roma, Tip. delle Se. M. e F., 1873.
— Lorenzo Lotto e le sue pitture nella cappella Suardi a Trescorre.
— Perugia, Boncompagni, 1875.
— Alessandro Bonvicino detto il Moretto pittore Bresciano e le fonti
storiche a lui riferentisi. — Perugia, G. Boncompagni, 1876.
— Napoli ne' suoi rapporti coli' arte del Rinascimento. — Firenze ,
M. Cellini, 1878.
— L' arte italiana nella Galleria Nazionale di Londra. — Firenze, M.
Cellini, 1880.
— Le opere degli artisti italiani nelle Gallerie di Monaco , Dresda e
Berlino. Saggio critico di Ivan Lermolieff, tradotto dal russo pel
dott. Giovanni Schwarze. — Lipsia, 1880. — Milano, Tip. Perse-
veransa....
— L'ancien Chateau des Visconti et des Sforza a Milan. (La Chronique
des arts et de la curiosité) N. 26, 1884. — Paris, Grande Impri-
merle, 1884.
— Saggio critico intorno alle opere di pittura dell' epoca del Rina-
scimento esistenti nella R. Galleria di Berlino
LEGATI ALLA S(»rn-.T.A STiiRKA LOMBARDA. ■>,)
Frizzoni Gustavo. La pala di Calisto Piazza nella Parrocchiale di
Azzate presso Varese.
— V. Morelli.
Fròhner W. Notice de la sculpture antique de Musée national du
Louvre, L-'" volume. — Paris, Tip. Charles De Mourgucs frères, 1878.
Fulin R. e P. G. Molmenti. Guida artistica e storica di Venezia e
delle isole circonvicine. — Venezia, G. Antonelli, 188L
Fumagalli A. Le vicende di Milano durante la guerra con Federico I
imperatore, 2* ediz. per cura di M, Fabi. — Milano, Colombo, 1854.
Fumagalli Ignazio. Scuola di Leonardo da Vinci in Lombardia, ossia
raccolta di varie opere eseguite dagli allievi e imitatori di quel
gran maestro. — Milano, R. Stamperia, 1811.
Galantino Francesco. Storia di Soncino. — Milano, Bernardoni,
1869-70, 3 voi.
— I conti del Forese ed i Gouffier de Boysi. (App. al voi. 3° della
St. di Soncino). — Milano, Rebeschini, 1 880.
— I Gouffier de Boysi (Suppl. al voi. 3** della St di Soncino). — Mi-
lano, Rebeschini, 1881.
Galilei. Problemi naturali di G. Galilei e di altri autori della sua scuola
raccolti ordinati e annotati da Raffaello Caverni. — Firenze, San-
soni, 1874.
Gallo Nicolò. La scienza dell' arte. — Torino, Roux, 1887.
Garava^lia Ambrogio. Cenni biografici dell' ingegn.-arch. Garavaglia
cav. Maurizio , estratti dal Politecnico, XXIII. — Milano , Tip. e
Lit. degli Ingegneri, s. data.
Gargani G. Jacopo Ligozzi considerato particolarmente nel dipinto
della Maddalena penitente presso la famiglia Guasconi in Firenze.
— Firenze, Campolmi, 1867.
Gargantini G. Necrologia di Milano. — Milano, Tip. Editrice Lom-
barda, 1871. .
36 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Garonì. Nic. Cesare. Guida storica, economica e artistica della città
di Savona. — Savona, G. Zambolino, 1874.
Gatti Angelo. Indicatore di Milano e pianta generale dell' esposizione
nazionale ai giardini pubblici. — Milano, Gatti, 1881.
Gauthiez Pierre. Los artistes célèbres. Prud' hon. — Paris, Libr. de
l'Art, 1886.
Gautier. Les curiositcs de 1' exposition universelle de 1867. — Paris,
Delagrode, 1867.
Genolini Angelo. Majoliche italiane, marche e monogrammi. — Mi-
lano, D. Bellazzi, 1881.
— Le majoliche di CafPaggiolo o Casa Fasoli. — Milano, Dumolard, 1882,
GeymùUer Henry. Les projets primitifs pour la Basilique de Saint-
Pierre de Rome par Bramante, Raphael Sanzio, Fra-Giocondo, Les
San Gallo, etc. — Paris, Georges Chamerot, 1875.
— Cento disegni di architettura, di ornato e di figure di fra Giovanni
Giocondo, riconosciuti e descritti. — Firenze, fratelli Bocca, 1882.
— Documents inédits sur les Thermes d' Agrippa, le Panthéon et les
Thermes de Dioclétien. — Lausanne, G. Bridel, 1883.
— Documents inedits sur les manuscrits et les oeuvres d' architecture
de la famille des San Gallo, ainsi que sur plusieurs monuments de l' Ita-
lie. — Extr. Mem. S. des Antiquaires de France, XLV, Paris, 1885.
— Bramante et la restauration de Sainte Marie des Graces a Milan. —
Paris, A. Levy, 1887.
— V. Coiirajod.
Ghinzoni (G. P.) Pietro. Frammento d'una cassa nuziale sforzesca di-
pinta nel secolo XV, estr. Areh. St. Lomb., VII, 2. — Milano, Ti-
pografia Bernardoni di C. Rebeschini, 1880.
Giachi Giovanni. Il nuovo edificio dell' istituto dei rachitici. — Mi-
lano, Civelli, 1881.
Ginori. La manifattura Ginori a Doccia. — Firenze, G. Barbèra, 1867 .
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 37
Gioberti V. Del buono e del bello. — Firenze, Le Monnier, 1853.
Giordani Gaetano. Catalogo dei quadri che si conservano nella Pi-
nacoteca della R. Accademia di Belle Arti in Bologna. — Bologna,
Nobili, 1835.
— Guida per la pontificia Accademia di Belle Arti in Bologna. — Bo-
logna, 1846.
— Guida per la pontificia Accademia di Belle Arti in Bologna. — Bologna,
Sassi, 1846.
Giordani Pietro. Di sei st atuette di illustri italiani fatte da Bartolomeo
Ferrari al nob. Antonio Papadopoli. — Venezia, G. Antonelli, 1862.
Giovenale. Le satire voltate in versi italiani dal prof. Raffaele Ve-
scovi, — Firenze, Sansoni, 1875.
Giovio Giovanni. Lari artistici. — Como, Ostinelli, 1881.
Giry A. Notice sur un traité du moyen-àge, intitulé : De colorìbus et
nrtibus Romanorum. — Paris, Impr. Nationale, 1878.
Giusti G. Verei editi ed inediti. Edizione postuma. — Firenze, Le
Monnier, 1852.
— Raccolta di proverbi toscani con illustrazioni. — Firenze, Le Mon-
nier, 1853.
Giusti. P. Sul riordinamento delle scuole del disegno in Italia. —
Torino, Oddenino, 1869.
— idem, 2^ edizione. — Torino, Paravia, 1869.
— di Siena. La ornamentazione esaminata come uno dei mezzi essen-
ziali per educare il gusto. — Torino, Paravia, 1872.
Gnecchi F. ed E. Guida numismatica universale, — Milano, Dumo-
lard, 1886.
Goldoni Carlo. — V. Spinelli Alessandro.
Goldschmidt Albert. Guide illustre de Berlin, 17^ édiction. — Berlin,
Goldschmidt, s, data.
38 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PKOF. MONGERI
Gotti Aurelio. Le gallerie d! Fircn/.i^ Relazione al Ministro della
Pubblica Istruzione in Italia. — Firenze, Cellini, 1872.
— Vita di Michelangelo Baonarotti, narrala con 1' aiuto di nuovi do-
cumenti. — Firenze, Tip. Gas^etta d'Italia, 1875, voi. 2".
Govi Gilberto. Intorno a un opuscolo rarissimo della fine del se-
colo XV , intitolato : Antiquarie prospettiche Romane composte per
prospettivo Milanese dipintore. — Roma, Salviucci, 1876.
Grimm Ermanno. Michelangelo , traduzione di Augusto Cossilla. —
Milano, F. Manini, 1875, voi. 2.
Grossi Tommaso. — V. Porta Carlo.
Grundy John. The Stranger's Guide to Hampton Court Palace. —
London, Bell, 1847.
Gruyer A. Essai sur les fresques do Raphael au Vatican. — Paris,
Gide, 1858.
Gruyer Gustave. Les illustrations des écrits de Jerome Savonarole
publiés en Italie au xv et au xvi siede et les paroles de Savonarole
sur l'art. — Paris, Firmin-Didot, 1879.
— Une Abbaye Bénédictine aux environs de Salerno. — La Sainte-
Trinité do Cava. — Paris, E. De Soye, 1880.
— Le palais de Schifanoia à Ferrare. — Paris , Revue des Deux
Mondes, 1883.
Gsell-Fels dott. Th. Rom und Mittel-Italien. Band I. Mittel Italien
und die ròmische Campagna. — Hildburghausen,Bibliogr. Institut 1872.
— Ober Italien 2^ Auflage. — Leipzig, Bibliographisches Institut, 1874.
Guadagnini Pompeo. Guida per le arti e mestieri, destinato a faci-
htare il loro progresso in ogni ramo speciale. — Bologna, G. Wenk,
1872-73-74, voi. 3.
Gualandi Michelangelo. Guida di Bologna e suoi dintorni. — Bo-
logna, N. Zanichelli, 1875.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA, 31)
Guardabassi Mariano. Indice-guida dei monumenti pagani e cristiani
riguardanti l'istoria e l'arte esistenti nella provincia dell'Umbria.
— Perugia, G. Buoncompagni, 1872.
Guastalla E. Commemorazione di G. Medici. (Inaugurazione del nx»-
numento, ecc.). — Milano, Lombardi, 1884.
Guasti Cesare, Dei Puristi e degli Accademici. — Corneliano, 1846.
— Giorgio Vasari, discorso. — Firenze, Barbèra, Bianchi, 1855.
Guasti C, G. Milanesi, L. Venturi, G. E. Saltini, G. Dupré, G.
Mongeri, C I, Cavallucci, E. FruUsmi. Michelangiolo Buonarroti.
Ricordo al popolo italiano. — Firenze, Sanfi, 1875.
Guerzoni Giuseppe. San Marco nell'arte e nella storia, — Padova,
Sacchetto, 1878.
Guhl e Koner. La vita dei greci e dei romani , traduzione di Carle
Giussani. — Torino, Loescher, 1875.
Guide. — V. Cataloghi.
Hanno Georges. Les villes retrouvées. — Paris, Hachette, 1^81.
Hayez F. Esposizione ISS-*^. Ediz. ufficiale del Comitato. — Milano ,
Lombardi, 1883.
Hegel Giorgio G. F. L' idea del bello d' arte, traduzione di A. No-
velli. — Napoli, Rossi-Romano, 1863, voi. 3.
Hope Tomaso. Storia dell'architettura, 1^ versione italiana dell'inge-
gnere Gaetano Imperatori. — Milano, Lampato, 1840.
Horatiiis Flaccus Q. Carmina expurgata. — Mediolani, Tip. Biblio-
tliccae Ambros,, 1754, voi, 3.
Hùbner Julius. Catalogne de la Calerle Royale de Dresdc. — Dresde,
E. Blochmann, 1868.
lacini Stefano. La proprietà fondiaria e le popolazioni agricole in
Lombardia. Studi economici. — Milano, Borroni e Scotti, 1854,
40 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Intra G. B. La Basilica di S. Andrea in Mantova. — Milano , Bor-
tolotti, 1882.
— Guglielmo Braghiroli, cenni biografici. — Torino, G. B. Paravia, 1885.
Isola G. 11 palazzo delle compere di S. Giorgio in Genova. — Ge-
nova, Pagano, 1875.
istituto (R.) di Belle Arti in Napoli. Premiazione dell'anno 1878-79,
— Napoli, Stab. Tip., 1879.
(Italy). The unity of Italy. The american celebration of the unity of
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Jacob P. L. Curiosités de l'histoire des arts. — Paris, S. Racon, 1858.
Jacquemart A. Les merveilles de la céramique. 2 voi. — Paris,
Hachette, 1866-68.
Jan Giorgio. Re Lear, dramma di Shakespeare, versione ed analisi.
— Parma, Tip. Ducale, 1838.
— Cenni sul Museo Civico di Milano ed indice sistematico dei rettili
ed anfibi esposti nel medesimo. — Milano, L. Pirola, 1857.
Jouffroy. Cours d'esthétique suivi de la thèse du mème auteur sur
le sentiment du beau et de deux fragments inédits et précède d'une
Preface par M. Ph. Damiron. — Paris, Hachette, 1843.
Jriarte Charles. Frangoise de Rimini dans la legende et dans 1' hi
stoire. — Paris, 1. Rothschild, 1883.
— Les artistes célèbres, Fortuny. — Paris, Libr. de l'Art, 1886,
Kaden Woldemar. La ferrovia del Gottardo e i suoi dintorni. —
Lucerna, Prell, 1883.
Klenze (de) L. e L. Schorn. Description de la Glyptothèque de S.
M. Louis L Roi de Bavière. — Munich, I. G. Cotta.
Kòlner (der) Dom. Numero speciale della Illustrazione Zeitung di
Lipsia. — 2 ottobre, 1880.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 41
Kondako£f N. Histoire de l'art Byzantin , considerò principalement
dans les miniatures. — Paris, E. Menard, 1886.
Kra£Ft Albert, L'école moderne de la Galerie de Tableaux Imp. et
Rovaio. — Vienne, Pichler, 1853.
— Catalogue de la Galerie de tableaux imperiale et royale au Bel-
vedére à Vienne. 2* édition, — Vienne, A. Pichler, 1853.
Kiigler dott. F. Manuale della Storia dell' arte. Con aggiunte del
dott. Jacopo Burckhardt, 1* versione italiana fatta sulla 2^ edizione
tedesca dall' ab. Pietro Mugna. — Venezia , tipi del giornale II
Lombardo-Veneto^ 1852.
La Bruyère (de). Les caractéres. — Paris, L. Prault, 1768, voi. 2.
Labus Stefano. Norme per l'Archivio del Municipio di Milano. —
Milano, P. Agnelli, 1874.
Lacroix Paul. Les arts au moyen-àge et à l'epoque de la Renais-
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Lazzari V. — V. Seloatico P.
Lazzoni Emilio. Parole di ammirazione e compianto sulla tomba
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Lefèvre André. Los merveilles de l' architecture. 3' édition. — Paris,
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Lefèvre Andrea. Le meraviglie dell'architettura, traduzione di L.
Chirtani. — Milano, Treves, 1874.
Leitfaden fiir den Unterricht in der Kunstgeschichte der Baukunst ,
Bildhauerei, Malerei und Musik. 3'^ Auflage. — Stuttgart, Ebner e
Seubert, 1874.
LermoliefT Ivan. Le opere dei maestri italiani nelle gallerie di Mo-
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Leroi Paul. Thomas Couture. — Paris, Pillet et Dumoulin, 1880.
Leti Gregorio. Il governo del Duca d' Ossuna e la vita di Bartolomeo
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Leveque Charles. Le spiritualisme dans l'art. — Paris, Baillière, 1864.
Levi David. La mente di Michelangelo. — Milano, Goglio, 1883,
Litta Pompeo. Stampa di Milano, dalle Famiglie Celebri Italiane. —
Milano, G, Ferrano, 1851,
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Lochis Guglielmo. Cento quadri della Galleria Loohis in Bergamo.
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Liibke "Wilhelm. History of art. — London, Smith, 18(38, voi. 2.
Lunn Charles The Philosophy of Voice showing the right and wroug
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44 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
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— Abbondio Sangiorgio con ritratto. Commemorazione. — Milano,
Menozzi, 1879.
Malagola Carlo. La fabbrica delle maioliche della famiglia Corona in
Faenza. Lettera al cav. Giuseppe Corona, con introduzione del me-
desimo ed una tavola litografica. — Milano, Dumolard, 1882.
Malfatti Bartolomeo. Bernardo re d' Italia. — Firenze , Le Mon-
niei', 1876.
Malvasia Carlo Cesare. Felsina pittrice. -- Bologna, Guidi, 1844,
voi. 2«.
Malvezzi Luigi. Le glorie dell' Arte Lombarda, ossia illustrazione
storica delle più belle opere che produssero i Lombardi in pittura,
scultura ed architettura dal 590 al 1850. — Milano, G. Agnelli, 1882.
Manfredini Francesco. Delle arti del disegno e degli artisti nella
provincia di Modena dall'anno 1777 al 1862. — Modena, C. Vin-
cenzi, 1862.
Marchese Vincenzo. Manuale storico dell' arte Greca, pubblicato per
cura di una Società di amatori delle arti belle. — Firenze, F. L,
Monnier, 1846.
— Memorie dei più insigni pittori, scultori e architetti Domenicani. —
Firenze, F. Le Monnier, 1854, voi. 2*.
— Scritti vari. — Firenze, Le Monnier, 1855.
Marci Achille. — V. Ventura.
Margarita sac, Camillo. (C M.) Cenni storiai ed artistici sul santuario
della B. V. M, de' MiracoU presso S. Celso in Milano, redatti da C. M.
Cappellano Corale da molti anni ivi funzionario d' ufficio, — Milano,
Tamburini, 1862.
MarggrafF Rodolphe. Catalogne des Tableaux de l'ancienne pina-
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LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 45
Marselli Nicola. La critica e l'arte moderna — Napoli, R. Ghio, 1866.
Marsh Giorgio. L' uomo e la natura ossia la superficie terrestre mo-
dificata per opera dell'uomo. — Firenze, G. Barbèra, 1870.
Mariani Bassano. Sui casi d'arte e d'archeologia in Lodi. — Lodi,
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giano, S. Rezzonico, 1874.
Martigny (M. l'Abbé . Dictionnaire des antiquités chrétiennes. — Paris,
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Martini Pietro. La scuola Parmense delle arti belle e gli artisti delle
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pografia Governativa, 1862.
— Il Correggio. Studi. 2^ ediz. — Parma, Tip. Grazioli, 1871.
— La publica Pinacoteca di Parma. — Parma, G. Ferrari, 1872.
— La R. Accademia parmense di Belle Arti. — Parma, Ferrari, 187.3.
— L'arte dell'incisione in Parma. — Parma, Ferrari, 1873.
Masini Cesare. Dell' arte e dei principali artisti di pittura, scultura
e architettura in Bologna dal 1777 al 1862. — Bologna, Regia Ti-
pografia, 1362.
— Del movimento artistico in Bologna dal 1855 al 1866. — Bologna,
R. Tipografia, 1867.
— Un progetto di più per la riforma delle Accademie di Belle Arti.
— Bologna, R. Tip., 1869.
— Ancora sulla questiono delle Accademie di Belle Arti. Lettera apo-
logetica del progetto di Cesare Masini all'Ili, prof. Ferd. Pellicia.
— Bologna, R. Tip., 1870.
I' — Vita del comm. Carlo Arienti pittore della Real Casa. — Bologna,
R. Tip., 187.3.
M aspero G. L' archeologie égyptienne. — Paris, maison Quantin,
1887.
46 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF, MONGERI
Massarani Tulio. L' arte a Monaco e a Norimberga. Estratto dalla
N. Antologia, 1870. — Firenze, 1870, Le Monnier.
— Del salone di Palazzo Marino. — Milano, G. Bernardoni, 1872.
— Sulla conservazione dei monumenti e degli oggetti d' arte e d' an-
tichità. — Roma, Tip. del Senato, 1877.
— Studi di letteratura e d'arte. — Firenze, Le Monnier, 1873.
— L'arte a Parigi. — Roma, Forzani, 1879.
Massi Ercole. Descrizione compendiosa dei Musei dell' antica scul-
tura greca e romana nel Palazzo Vaticano, con aggiunte dei Musei
Gregoriano-Etrusco ed Egizio, delle tappezzerie di Raffaele e delle
carte geografiche d'Italia. — Roma, Morini, 1882.
Massola Enrico. Di tre soffitti della seconda metà del secolo XVI
intagliati in legno larice, esistenti nella casa già Aliverti ora Carones,
Via Brolletto, 20, Milano. — Milano, Pirola, 1881.
— Biografia del pittore Giuseppe Mazzola, estr. dalla Gazz. di Milano,
Gennaio 1839. — Milano, Tamburini, 1855.
Medebach Girolamo. — V. Spinelli Alessandro.
Melani Alfredo. Dupré. — Estr, dalla Roma Vita Artistica. Roma,
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Mella Edoardo. Battistero di S. Maria del Figlio in Gravedona. —
Torino, Botta, 1872.
— Chiesa di S. Lorenzo a Montiglio di Casale Monferrato. — Torino,
Botta, 1874.
— S. Secondo Cortazzone d' Asti (secolo XI). — Torino, G. B. Pa-
ravia, 1877.
— Battisteri di Agrate, Conturbia e di Albenga. — Torino, G. B. Pa-
ravia, 1880.
— La cassa già di deposito delle ossa del cardinale Guala Bicheri. —
Torino, G. B. Paravia, 1883.
— Cenno storico artistico sull' Abbazia e Chiesa di Santa Fede press;o
Cavagnolo. — Milano, Tip. Ingegneri.
I
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 47
Mella Edoardo. Proporzioni della Chiesa di S. Fede presso Cava-
gnolo al Po
Mella C. Edoardo. Elementi di architettura gotica, parte 1* e 2.* —
Milano, Corbetta, 1857, Ronchi, 1863.
Melzi Lodovico. Cenni storici sul R. Conservatorio di Musica di Milano.
— Milano, Ricordi, 1873.
— Somma Lombardo , storia , descrizione e illustrazione. — Milano ,
Tip. del Patronato, 1880. Edizione di 300 esemplari.
Ménard Louis et Réne. La sculpture antique et moderne. — Paris,
Didier, 1867.
Merli A. Delle arti del disegno e dei principali artisti in Liguria.
Sunto storico-cronologico. — Genova, Tip. Gassetta dei Tribu-
nali, 1862.
— Appendice al sunto storico delle arti del disegno e dei principali
artisti in Liguria. — Genova, Tip. Sordo-Muti, 1865.
Messogi- Roncaglia G. Cattedrale di Modena. Sui restauri proposti
recentemente. (Iconografia antica e moderna della Cattedrale). —
Modena, Società Tip., MDcccLxxvni.
Meyer Giulio. Giovanni Ani. Amadeo. — V. Fric:oni.
— Galeazzo Alessi architetto, estr. dal BuonarroUi, II-VII, 1872.
Michel Emile. Les artistes célèbres. Rembrandt. — Paris , Lib. de
l'Art, 1886.
Michiels Alfred. Catalogne des tableaux et dessins de Rubens avec
r indication des endroits ou ils se trouvent. — Paris, A. Delahays, 1854.
— Rubens et 1' école d'Anvers. — Paris, A. Delahays, 1854.
— Vandyck in Italy. At Genoa , Florence , Venice and Rome. —
Rome, office of Minerva, 1880.
Mignet M. Antonio Perez et Philippe II. — Paris, Charpentier, 1854.
— Vita di Franklin , versione dal francese con cenni di G. D' Adda.
— Milano, Bernardoni , 1870.
48 ELENCO DEI LTBRI DAL DEFUNTO PROF, MONGERI
Mikelli Vincenzo. Di Jacopo Palma il vecchio e dell' Arte contem-
poranea. — Venezia, Visentin!, 1875.
Milanesi Carlo. Dello svolgimento storico e scientifico della diplo-
matica. — Firenze, M, Cellini , 1860.
— Il sacco di Roma del 1527 ; narrazioni di contemporanei. — Fi-
renze, G. Barbèra, 1867.
Ministero d'Agr. , Ind. e Comm. Esposizione Universale del 1878
in Parigi , Sezione Italiana. Elenco dei Giurati e dei Premiati. —
Roma, Barbèra, 1878 (Elenco degli artisti premiati).
Mira Carlo. Progetto per la deviazione e copertura della fossa in-
terna di Milano (detta Naviglio). — Milano, Civelli, 1881.
Missaglia Marcantonio. Vita di Giangia,como Medici , marchese di
Marignano, con note di Massimo Fabi. — Milano, P. Agnelli, 1854.
Molière. Jean Baptiste Poquelin (de). — Paris, Gennequin^ 1857.
Molinier Emile. Dictionnaire des cmailleurs depuis le moyen-àge
juscfu'à la fin du XVIII® siècle. — Paris, Libr. de l'Art, 1885.
— Les bronzes de la renaissance. Les plaquettes. Catalogne raisonné
précède d'une introduction. Tom. I. — Paris, Libr. de l'Art, 1886.
Molmenti P, G. Vittore Carpaccio. — Bologna, N. Zanichelli, 1881.
— Bernardo Celentano. Estratto dalla Nuooa Antologia, II, 1882. —
Roma, Bodoniana, 1882.
Mommsen Teodoro, Storia Romana, prima traduzione dal tedesco,
di G. Sandrini. — Torino, M. Guigoni , 1857-67, voi. 3.
Monaco Domenico. Guida nuovissima del Museo Nazionale di Napoli.
— Napoli, V. Morano, 1876.
Mongeri G. Il monumento a Daniele Manin in Venezia, — Milano ,
Tip. Ingegneri. .
— Dell' ordinamento delle pubbliche pinacoteche in Italia. Dalla Nuova
Antologia.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. l'J
Mongeri G. La nuova Stazione di Milano. — Milano, Tip. Ingegneri.
— La torre di Chiaravallc. — Milano, Tip, Ingegneri.
— L' architettura delle terre cotte in Lombardia
— La scuola di Leonardo da Vinci , dipinto a fresco di Raffaele
Casnedi. — Milano.
— L' annunciazione della Vetrine ; tavola di F. Giovanni Angelico
nella chiesa di S. Alessandro in Brescia.
— Del concetto storico nella pittura a proposito di un recente quadro
di G. Hornung, di Ginevra. — Milano, P. Valentini, 1852.
— L' arte lombarda e i ritratti dello Spedale Maggiore in Milano. —
Dal Crepuscolo, 1855.
— Della pittura ad olio. — Milano, A. Valentini , 1859.
— Schema di Statuto per una Accademia di Belle Arti. — Milano,
A. Lombardi, 1860.
— La questione Accademica, Manoscritto, probabilmente del 1861.
— Cherubino Cornienti , pittore, 1816-1860. Commemorazione. — Mi'
lano, G. Bcrnardoni, 1861.
— Sulla conservazione del Cenacolo di Leonardo da Vinci. — Milano,
Perseoeransa, 1861.
— Mauro Conconi, pittore (1815-1860): Commemorazione. — Milano,
P. Agnelli, 1861.
— Lodovico Giuseppe Grippa : Commemorazione, — Milano , Società
per la pubblicazione degli Annali Unicersali, 1866.
— Mostra dei dipinti di Massimo d' Azeglio, fatta a cm*a del Municipio
di Torino nel palazzo Carignano. Catalogo preceduto da alcuni cenni
riguardante la vita e le opere dell' illustre artista. — Torino, Botta, 1866.
Massimo d'Azeglio, artista. — Milano, F. Zanetti, 1866.
L'Arte all'Esposizione Universale del 1867.
, — Giovanni Ventura : Commemorazione. — Milano, Tip. degli Annali
Unicersali, 1869.
— L' insegnamento popolare del disegno in Italia. — Firenze, Nuoca
Antologia, 1869.
50 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Mongeri G. L' insegnamento popolare del disegno in Italia. — Fi-
renze, dalla Naooa Antologia, 1869.
— Descrizione del Nuovo Cimitero Monumentale di Milano. — Mi-
lano, Lombardi, 1870.
— Dell' ordinamento delle pubbliche pinacoteche in Italia. — Firenze,
Nuotsa Antologia, 1871.
— I disegni della Cena di Leonardo da Vinci a Weimar. — Milano,
Tip. della Pcrseoeransa, 1871.
— Relazione del Comitato Esecutivo per 1' Esposizione Nazionale di
Belle Arti e pel secondo Congresso Artistico nel 1872, — Milano,
Società Cooperativa, 1873.
— Chiesa e Battistero di Agliate. — Milano, Bernardoni, 1874.
t— Giovanni Brocca, arch, e pittore : Commemorazione ; con ritratto
— Milano, Lombardi, 1876.
-— I restauri alla R. Basilica di San Michele Maggiore di Pavia. —
Milano, Bernardoni , 1876.
— Santa Maria di Piazza a Busto Arsizio e il suo recente ristaui'o.
— Milano, Bernardoni, 1876.
— S. Eustorgio in Milano. — Milano, Bernardoni, 1877.
— Bramante e il Duomo. — Milano, Bernardoni , 1877.
— La Pinacoteca di Brera e il suo nuovo ordinamento. — Milano,
Bernardoni, 1877.
— Frate Ambrogio de' TormoM e le sue vetriere a Soncino. — Mi-
lano, Bernardoni, 1871.
— La legge sulle Commissioni conservatrici dei monumenti del Regno,
riveduta dal Congresso Artistico di Napoli. — Milano, Bernardoni, 1877.
— Là quistione dei ristauri nell'arte. — Milano, G. Bernardoni, 1878.
— Il nuovo Museo Artistico Municipale. — Milano, Bernardoni, 1878.
— La cappella della Regina Teodolinda a Monza. — Milano, Per-
seceranxa, 1879.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 51
Mongeri G. La Piuacuteca di Brera e il Museo patrio d' Archeo-
logia. — Milano, L. Pirola, 1880^
— Gerolamo d'Adda (1815-1881) : Commemorazione. — Milano, A. Lom-
bardi, 1881.
— La residenza d' un insigne patrizio milanese al principio del se-
colo XVI, ora casa Ponti. — Milano, L. Bortolotti, 1881.
— Sette giorni a Milano. Appunti sulle cose d'arte della città e suoi
dintorni pei visitatori dell' Esposizione Nazionale. — Milano, Tipo-
grafia della Perseccranza, 1881.
— D."" Ambrogio Bazzero, commemorazione. — Milano, Bortolotti, 1882.
— F. Hayez. Esposizione 1883: Reminiscenze d'arte. — Milano,
A. Lombardi , 1883.
— Il Castello di Milano : Storia ed arte. — Milano, Rebeschini, 1884.
— Il Castello di Cusago. — Milano, Bortolotti, 1884.
— Giulio Carcano: Commemorazione. — Milano, Maniiii, 1884.
— Gaspare Fossati, architetto: Commemorazione. — Milano, Tip. Ma-
nini, 1884.
— Scienza dell'arte. — ^ Un palimpsesto artistico. — Milano, Rebe-
schini , 1885.
— V. D'Adda Gerolamo. 188G.
— La focciata del Duomo di Milano e i suoi disegni antichi e mo-
derni. — Milano, Tip. Bortolotti, 1886.
— Per la facciata del Duomo di Milano, 18ST: Memorie e commenti.
Con tavola. — Milano, Tip.-Lit. degli Ingegneri, 1887.
— V. Bramantino.
Mongeri prof. cav. Giuseppe e Zanca ing, cav. Antonio. — In
morte dell' ing. arch. Giuseppe Balzaretti : Commemorazioni; con
ritrattto. — Milano, Tip. e Lit. degli Ing., 1874.
Morbio Gaudio. Opere storico -numismatiche e descrizione illustrata
delle sue l'accolte in Milano. — Bologna, Romagnoli, 1870.
— Francia ed Italia , ossia i manoscritti francesi delle nostre biblio-
teche. — Milano, Ricordi, 1873.
52 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Morelli D. ed altri. Relazione della Commissione speciale sul tema
dello insegnamento del disegno: VII Congresso pedagogico Italiano,
Napoli, settembre 1871. — Napoli, Giannini, 1871.
Morelli Jacopo. Notizia d'opere di disegno, pubblicata e illustrata da
D. Jacopo Morelli, 2^ edizione riveduta ed aumentata, per cura di
Giistaoo Fris^oni. — Bologna, Zanichelli, 1884,
— V. Anoninio.
Morigia P. La nobiltà di Milano. Col Supplemento di Gerolamo Bar-
siccL — Milano, Bidelli, 1619.
Moses Enrico. Raccolta di vasi antichi, altari, patere, tripodi, can-
delabri, sarcofagi, ecc., pubblicati in 170 tavole. — Milano, Stabi-
limento dei Classici Italiani, 1824.
MùUer Max. Quattro letture d' introduzione alla scienza delle reli-
gioni , con due Appendici. Trad, dall' Inglese P. Gherardo Nerucci.
— Firenze, G. Sansoni , 1874.
Mùller O. Nouveau Manuel complet d' Archeologie. Traduit de 1' al-
Icmand par m. P. Nicard, voi. 3. — Paris, Libr. Roret, 1841.
— Nouveau Manuel complet d'Archeologie, traduit de 1' allemand par
P. Nicard. — Paris, Libr. Roret, 1842.
Mùndler Otto. Essai d' une analyse critique de la notice des tablcaux
italiens du Mus('e National du Louvre. — Paris, F. Didot, 1850.
Muntz Eug. La Renaissance à la Cour des Papes. - Les coUections
du Cardinal Pierre Barbo (Paul II). Paris, I. Claye, 1877.
— Notes sur les mosaiques chrétieuncs de l'Italie, IV 1' Oratoire du
pape Jean VII. — Paris, Pillet et Dumoulin, 1877.
— Les anciennes Basiliques et Eglises de Rome au xv siede. —
Paris, Pillet et Dumoulin, 1877.
— Inventaire des camées antiques do la collection du pape Paul II ,
1457-1471. — Paris, Pillet et Dumoulin, 1878.
— Notes sur les mosaiques chrétienne de l'Italie, V Sainte-Constance
de Rome. — Paris, Pillet et Dumoulin, 1878.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 53
Muntz Eug. Essai sur l' histoire des collections italiennes d* anti-
quites dt'puis Ics débuts de la Renaissance jusqu* à la mort de
Paul II. — Paris, Pillet et Dumoulin, 1879.
— Giovannino De' Dolci , 1' architetto della Cappella Si>;tina e delle
Fortezze di Ronciglione e di Civitavecchia , con documenti inediti.
— Roma, Tip. delle Scienze Matematiche, 1880,
— Notice sur un pian inédit de Rome au xv siècle. — Paris ,
Nogent-Le-Rotrou, 1880.
— Ricerche intorno ai lavori archeologici di Giacomo Grimaldi , an-
tico archivista della Basilica Vaticana , fatte sui manoscritti che si
conservano a Roma, a Firenze, a Milano, a Torino e a Parigi. —
Firenze, Tip. della Cassetta d' Italia, 1881.
— Une rivalité d' artistes au xvi siècle. Michel-Ange et Raphael a
la Cour de Rome. — Pai-is, A, Quantin, 1882.
— Le Palais de Venise a Rome. Traduzione dal francese, di Gto. Gatti.
— Roma, A. Befani, 1884.
— Les Arts a la Cour des Papes, nouvelles recherches sur Ics Pon-
tificats de Martin V, Eugène IV, Nicolas V, Calixte III, Pie II et
Paul II, — Rome, Ph. Cuggiani , 1884.
— Les monuments antiques de Rome a 1' epoque de la Renaissance,
Nouvelles recherches. Premier fascicule. — Paris, Léroux , 1885.
— Donatello. — Paris, Libr. de l'Art, 1885.
— La Renaissance à la Cour des Papes, La sculpture pendant le
règne de Pie II. — Paris, A. Quantin, 1888.
Muoni [Damiano], Binasco ed altri Comuni dell' Agro Milanese. —
— Milano, Boniotti, 1864,
— Un dipinto del Romanino in Antignate. — Milano , Tip. Lette-
raria, 1869.
— L' antico Stato di Romano di Lombardia ed altri Comuni del suo
mandamento; Cenni storici, documenti e regesti. — Milano, C. Mo-
linari, 1871.
— Archivi di Stato in Milano. Prefetti o Direttori , 1468-1874. Note
sull'origine, formazione e concentramento di questi ed altri simili
54 ELENCO de; libri dal defunto prof, mongeri
istituti, con un cenno sulle particolari collezioni dell'autore. — Mi-
lano, Molinari, 1874.
Muoni [Damiano]. Gli An tignati organavi insigni e serie di maestri di
Cappella: Spigolature. — Milano, Bortolotti, 1888.
— Preziosità artistiche nella chiesa dell' Incoronata presso Martinengo.
— Milano, Bortolotti, 1884.
— Iscrizioni storiche e funerarie. - Autori vari. - Iscrizioni comme-
morative della famiglia Muoni e notizie sul Beato Amedeo , fon-
datore degli Amedeisti. — Milano, Tip. Naz., 1886.
— Elenco delle zecche d' Italia dal medio evo sino a noi. Seconda
edizione. — Como, Franchi, 1886.
Murnigotti ing, G. I nuovi quartieri di Piazza d' Armi. — Milano ,
Civelli, 1885.
Musatti Eugenio. Padova e i Padovani. — Verona, Drucker e Te-
deschi, 1880.
Nardinl-Despotti Aristide. Della nazionalità architettonica, saggio
con xvn tavole in rame. — Firenze, Tip. Nazionale Italiana, 1853.
Nardini Despottl Mignotti Aristide. Il sistema triscupidalc e
la facciata del Duomo di Firenze. — Livorno, Vigo, 1871,
Natalis. Mythologiae, si ve explicatio fabularum. — Francofurti, A.Wo-
chcli, 1596.
Nava Ambrogio. Relaziono dei ristauri intrapresi alla gran guglia
del Duomo di Milano nell'anno 1844, ed ultimati nella primavera
del 1845. — Milano, Valentini , 1815.
— Memorie e documenti storici intorno all'origine, alle vicende ed
ai riti del Duomo di Milano. — Milano, Borroni e Scotti, 1854.
Nava Domenico. I corpi dei Santi Vittore Mauro Martire e Satiro
confessore ; riposano in pace sotto Y aitar maggiore della Basilica
di S. Vittore al Corpo. — Milano, Lombardi , 1870.
Negri Gaetano. La religione e la morale neh' insegnamento. Con-
ferenza. — Milano, Trevcs, 1879.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 55
Negrin A. Del ristauro della Loggia del Capitano, ora residenza munici-
pale nella Piazza dei Signori in Vicenza. — Vicenza, Parona, 1881.
— Tre fotografie di disegni o progetti di opere architettoniche : —
Nuova Chiesa in Poleo di Schio. — Cella Monumentale della la-
miglia Rossi nel camposanto di Schio. — Palazzo Comunale di
Arzignano. — Fot. Bignotto-Caponero.
Nicard P. — V. Mailer O.
Niccolini (G. B.). Lezioni di mitologia ad uso degli artisti. Voi. 2°.
— Firenze, Barbèra, 1855.
Novelli Ettore. Di un busto di Torquato Tasso. — Roma, Tip. della
Camera, 1886.
Nurimberga. La galerie royale de tableaux dans la chapelle de
S. Maurice à Nurcmberg. — Nuremberg, Schàrtel, 1869.
Occioni Onorato. Marco Basalti, discorso. — Venezia, Vicen-
tini, 1868.
Odorici Federico. Guida di Brescia rapporto alle arti ed ai mo-
numenti antichi e moderni. — Brescia, Gilberti , 1853.
Okely W. Sebastian. Development of Christian Architecture in
Italy. — London, Longman, 1860.
Pagane de Venanzio. — V. Casati.
Pagani Gentile. Alcune notizie sulle carte da giuoco a Milano nei
secoli scorsi. — Como, Ostinelli, 1882.
Pagliano Eleuterio. Esposizione Universale del 1878 in Parigi. —
Relazione, Dipinti ad olio. Dipinti diversi e disegni. — Roma,
Botta, 1879.
Palizzi Filippo. L' Istituto di Belle Arti di Napoli. Dello Stato pre-
sente, ecc. Relazione. — Napoli, Stab. Tip., 1864.
Palma L. e L. Ferri. Legislazione scolastica comparata. — Firenze ,
G. C. Vansoni, 1875.
56 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Palma Stefano. Vocabolario metodico-italiano , parte che si rife-
risce all'agricoltura, alle arti ed industrie, che ne dipendono. —
Milano, Guglielmini, 1865.
Pangborn I. G. Picturesque B. and O. historical and descriptive. —
Chicago, Léonard, 1882.
Panni Anton-Maria. Distinto rapporto delle dipinture che trovansi
nelle Chiese della città e sobborghi di Cremona. — Cremona, Ric-
chini, 17G2.
Paravicini Tito Vespasiano. Albo dell' Architetto. — Milano,
Rondid, voi. 2, 1874.
— Guida artistica di Milano. Dintorni e Laghi. — Milano, F. Val-
lardi, 1881,
— L' ornamentazione delle vòlte del nostro Duomo. — Estratto dagli
Atti del Collegio degli Ing. ed Arch. — Milano, 1882.
Pareto R. Dello stile barocco nei fabbricati e nei monumenti della
città di Genova. — Milano, Tip. D. Salvi, 1857.
Parker Théodore. — Six sermons. — Paris, C. Lambert, 1873.
Parkes. (S. T. H.) A short study of the Gothic architecture , with
illustrations. — Second ediction. — London, Winsor 7, Newton,
(senza data).
Parini G. Versi e prose , con un discorso di Giuseppe Giusti. 2' edi-
zione, — Firenze, Le Monnier, 1850.
Pastoris F. Relazione al quarto congresso artistico italiano sul tema:
« Come si possa introduri'e e svolgere V insegnamento del disegno
nelle classi elementari delle scuole pubbliche.» — Torino, Tipo-
grafìa Bona, 1880.
Peluso Francesco. La chiesa di Castiglione e le opere d' arte che
contiene. — Milano, Brigola, 1874.
Penei Emilio. Omero e Dante. — Schiller e il dramma. — Confe-
renze. — Milano, Dumolard, 1882.
I
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 57
Perkins Charles. Ghiberti et son école. — Paris, E. Menard et
J. Augry, 1886 ; — (édition tlrée a 500 exemplaires).
Persio (A. Fiacco). Satire. Traduzione di V. Monti. — Milano, dal
Genio tipografico, 1803.
Petrarca F. Rime. Con l' interpretazione di Giacomo Leopardi, 3*
edizione. — Firenze, Le Monnier, 1851.
Philo-Junius. Gli animali avanti il diluvio. Prove di uno spettacolo
mimico- vocale-istrumentale descritto da un medico italiano residente
in Turchia. — Milano, G. Brigola, 1866.
— Heine e Borne, OTS'ero l'umore in relazione con l'individuo e con
la società. Saggi, — Milano, ConadetU, 1865.
Pirelli. Piano regolatore del Comune. — Relazione e proposte della
Commissione nominata dal Consiglio Comunale nella tornata del
23 febbraio, 1885. — Milano, Tipografia Bernardoni di Rebe-
^chini, 1885.
Podesti Francesco. A Raffaele Sanzio, Versi. — Roma, Pucci-
nelli, 1831.
Poggi Emilio. Della scultura e della pittura in Italia dall' epoca di
Canova ai tempi nostri. — Firenze, Tip. Toscana, 18G5.
Poggi Giuseppe. Sui lavori per 1* ingrandimento di Firenze. Rela-
zione 1864-1877. — Firenze, Barbèra, 1882.
— Sulla conservazione dei monumenti architettonici ed interessanti
r arclieologia. — Firenze, Tip. Gazzetta d'Italia, 1876.
Poggi Vittorio, La Gemma di Eutiche. — Genova, Tip, del Regio
Istituto dei Sordo-muti, 1884.
Polizzi Lorenzo. Guida della città di Napoli e suoi dintorni. —
Napoli, G. Regina, 1876.
^ Porro Lambertenghi Giulio. Cedex Diplomaticus Langobardiaì
nei Monumenti Historioe Patrioe, tom. XIII. — Torino, R. Tipo-
grafia, 1873.
58 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Porro Lambertenghi Giulio. Leonardo da Vinci. Libro di anno-
tazioni e memorie. — Milano, Bortolotli, 1881.
— Catalogo dei codici manoscritti della Trivulziana. — Torino,
Bocca, 1884.
Porta Carlo. Poesie milanesi. — Milano, G. Pirotta, 1817.
— Poesie edite in dialetto milanese coli' aggiunta di due componi-
menti di Tommaso Grossi. — Italia, 1826.
Porta Carlo e T. Grossi. Poesie scelte in dialetto milanese. Edi-
zione illustrata. — Milano, Guglielmini e Redaelli, 1812.
Portioli Attilio. Collegio e Chiesa di S. Carlo in Mantova. — Man-
tova, Eredi Segna, 1879.
— La zecca di Mantova, parte I, II, VI e VII. — Mantova, Mon-
dovi, 1879, 80, 82.
— Le vicende di Mantova nel 1796. — Mantova, Segna, 1883.
— Le corporazioni artiere e Y archivio della camera di commercio di
Mantova. — Mantova, Eredi Segna, 1884.
— V. Bcrtolotti.
Pozzone Giuseppe. Alcune poesie. — Milano, Dumolard, 1876.
Prandi Gerolamo. Notizie storiche spettanti la vita e le opere di
Lorenzo Leonbruno, insigne pittore Mantovano del secolo xvi. —
Mantova, Tip. Virgiliana, 1825.
Prina Benedetto ed Elia Zerbini. Nel primo centenario di An-
gelo Mai, memorie e documenti. — Bergamo, Gaflfuri e Gatti, 188?,
Programm der Festlichkeiten zur Siebenhundert Jàhrigen Jubilàums
feier, der Stadi Munchen, von 25 bis .30 september 1858. — Miin-
chen, 1858.
PuUé Leopoldo. Famiglie notabili milanesi — Berlini. — Milano,
A. Vallardi, 1875.
Quatremere de Quincy. Histoire de la vie et dos ouvrages de
Raphael. — Paris, Gosselin, 1824.
I
M.r. ATI ALI.A SOCIIiTÀ STORICA LOMBARDA. 59
R. B. T musaici della Società musiva veneziana. — Venezia, Fischer.
Rabbi prof. Carlo Costanzo. Sinonimi ed aggiunti italiani, 2 parti.
— Parma, fratelli Bersi, 1778.
Raffo Pier Battista. Lo stile, la maniera del Correggio. — Ge-
nova, Tip. del Commercio, 1880.
Raiberti. L'arte poetica di Quinto Orazio Fiacco esposta in dialetto
milanese. — Milano, Sambranico-Vismara , 1836.
Ramée Daniel. Histoire generale de 1* architecturc , 2 voi. — Paiis,
Amyot, 1860-1862.
Ranalli Ferdinando. Storia delle Belle Arti in Italia. — Firenze,
Società edita Fiorentina, 1846.
Ranzi Marcello. Les Beaux Arts Italiens à 1' Exposition Universelle
de Paris, 1867. — Paris, Dramard-Baudry , 1867.
Ratti Carlo Giuseppe. Istruzione di quanto può vedersi di più
bello in Genova, in pittura, scultura ed architettura. — Genova,
I. Gravier, 1780, voi. 2.
Rauchet abate Giovanni e Ragazzoni prof. Innocenzo. Le
nuove scoperte preistoriche all' isolino nel lago di Varese, con tavole.
Ravaisson Felix. Rapport sur V enseignement du dessein dans les
licócs. X. 18 e 19 del Moniieur Unioersel. — Parigi, 1854.
Ravaisson-Mollien Charles. Les ccrits de LOonard de Vinci, à
propos de la publication intégrale des douze manuscrits inédits de
la bibliothèque de 1' Institut. — Paris, Quantin, 1881.
Raymond Ludovico. Le Belle Arti in Italia e le sue Accademie.
— Torino, Moretti, 1869.
Ragazzoni Innocenzo. L' uomo preistorico nella provincia di Como.
— Como, C. P. Ostinelli, 1878.
— Il museo archeologico Garovaglio in Loveno. — Cenni. — Como,
Ostinelli, 1879.
60 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Regazzoni Innocenzo. — V. Hauchet.
Réglements pour les concouvs aux grands prix de l'Académio des
Beaux Ai'ts. — Paris, Firmin Didot, 1854.
— de r Ecole Royale des Beaux Aris. — Paris, Imprimerle Royale,
MDCCCXLVI.
Regolamenti e discipline interno della R. Accademia Albertina di
Belle Arti. — Torino, Zecclii e Bona, 1857.
Regolamento por la Consulta del Museo Patrio d' Archeologia in
Milano. — Milano, Pirola, 1863.
Relazione della Commissione per lo studio del ristauro della Gal-
leria Vittorio Emanuele di Milano. — • Milano , Tip.-Lit. degli Inge-
gneri , 188G.
Relazione sullo svolgimento delle tre arti : pittura , scoltura od ar-
chitettura nelle provincie meridionali d'Italia dal 1777 sino al 18G2.
— Napoli, F. Giannini, 1862.
Rembadi Domenico. La Madonna del Libro, quadretto in tavola
di Raffaello Sanzio, da Urbino. — Firenze, G. Mariani, 1873.
Reymond William. Histoire de l'art. — Lausanne, Howard De-
lisle, 1874.
Riccardi Giuseppe. Intorno a Leonardo da Vinci, studio storico.
— Milano, 4 settembre, 1872. — Milano, Alberti, 1872.
Rich Anthony. Dictionnaire des antiquités romaines et grecques.
Traduit de 1' anglais par M. Chérnel. — Paris, Imprimerle de l'In-
stitut, 1861.
— Dizionario delle antichità greche e romane. Opera tradotta dal-
l' inglese sotto la direzione di Ruggero Bonghi e Giuseppe Del Re,
con supplemento di Giuseppe Fiorelli. — Milano, a spese dell'Edi-
tore, 1869, voi. 2.
Ridolfi Enrico. Diporti artistici. — Lucca, Giusti, 1872,
Rio A. F. De la poesie chrétienne dans son principe, dans sa ma-
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 61
ticrc, et dans scs formcs : Forme de l'art — peinture. •*- Pari<;,
Dchécourt, 1836.
Rio A. F. Leonardo da Vinci e la sua scuola. Prima traduzione con
note di V. G. De Castro. — Milano, Brasca, 1856.
Riolo Rosario. Della necessità di conservare gli antichi musaici
della Sicilia, del modo di provvedervi, e della scuola del musaico
in Palermo. — Palermo, F. Gilibcrti, 1873.
Ristori G. B. Nuova guida della città di Arezzo. — Firenze, M. Cel-
lini, 1871.
Rivista archeologica della provincia di Como, serie completa. —
Como, Franchi, e Milano, Bortolotti , 1872-1887.
Rizzi Giovanni ed altri. Notizie intorno la Chiesa ed il con-
vento della Pace , ora riformatorio Marchiondi , e circa le pitture
che vi si trovavano nel secolo xv e xvi. — Milano, Tipografia del
Riformatorio, 1885.
Robinson J. C. South Kensington Museum. A descriptivc cata-
logue, ecc. : Italian Sculpture of the Middle Ages and Period of
the Revival of Art. — London, Chapmann and Hall, 1862.
Romani Luigi. Teatro alla Scala. — Cronologia di tutti gli spetta-
coli rappresentati in questo dal giorno del suo apparimento all' au-
tunno 1862. — Milano, G. Pirola, 1862.
Romussi Carlo. Milano nei suoi monumenti. — Milano, A. San-
vito, 187.5.
Rondani Alberto. Scritti d'arte. — Parma, P. Grazioli, 1874.
Rosa Gabriele. Relazione dei Membri della Commissione per la
conservazione dei Monumenti ed Archivii della Provincia di Brescia,
letta al Consiglio Provinciale nella sessione ordinaria del 1872. —
Brescia, La Sentinella, 1872.
Rosa Salvatore. Satire, odi e lettere illustrate da G. Carducci, —
Firenze, Barbèra, 1860.
62 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
Rosa Salvatore. Abbozzi di Poesie. — Edizione di 110 esemplari,
N. 93. — Napoli, G. De Angelis, 1876.
Rosaio D. Considerazioni intorno alle Belle Arti ed alla influenza
esercitata su queste dalle Accademie e dalle Società promotrici. —
Torino, Tip. del C. Cavour, (senza data).
Rosenheim (de) Ferdinando. Poche parole in morte dell'architetto
Comm. Errico Ah'ino. — Napoli, De Angelis, 1876.
Rosmini Enrico. Notizie intorno la chiesa e il convento della Pace,
e circa le pitture che vi si trovavano nel secolo xv e xvi. —
Milano, Tip. del Riformatorio, 1885.
— V. RiszL
Rossi Adamo. Galeazzo Alessi, architetto perugino. Memorie attinte
dai patrii scrittori ed archivi. — Perugia, Boncompagni, 1873.
Rossi Francesco Maria. Ci-onaca dei ristauri e delle scoperte fatto
nell'insigne Basilica di S. Ambrogio dall'anno 1857 al 1876. —Milano,
Tip. S. Giuseppe, 1881.
Rossi Giuseppe Maria. Nuova guida di Verona e della sua Pro-
vincia. — Verona, a spese dell'Autore, 1854.
Rossi Scotti Gio. Batta. Guida illustrata di Perugia. — Perugia,
G. Boncompagni, 1878.
Rotta Paolo. Il trasporto dell'Arca di S. Pietro Martire effettuato
nell'anno 1875 entro la Cappella di Michelozzo, annessa alla Basi-
lica Eustorgiana in Milano. — Milano, A. Lombardi, 1876.
— Del primo fonte battesimale in Milano, detto Fonte di S. Bar-
naba. — Milano, A. Lombardi, 1879.
— Memoria sui Re Magi nella Basilica di S. Eustorgio in Milano.- —
Milano, Lombardi.
— Cenni illustrativi intorno all' antica Basilica di S. Vincenzo In Prato
in Milano. — Milano, Lombardi, 1880.
— Sulle sette antiche Basiliche stazionali di Milano ; cenni storici ed
illustrativi. — Milano, Tip. del Riformatorio Patronato, 1881.
I
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 63
Rotta Paolo. Sullo sette antiche Basiliche stazionali di Milano :
— I.... — II. S. Ambrogio. — III. S. Nazaro o Santi Apostoli. —
IV. San Lorenzo. — V. S. Stefano. — VI. S Simpliciano. —
VII. S. Vittore, detta Basilica porziana. — Cenni storici ed illu-
strativi. — Milano, Tip. del Riformatorio Patronato, 188.. .-1884.
— Cronaca annuale dei ristauri e delle scoperte della Basilica di
S. Eustorgio in Milano dall'anno 1862 in avanti, con appendice
sui fasti memorabili della Basilica. — Milano, Tipografia del Pa-
tronato, 1886.
Rougé (de) Emanuel. Notice sommaire des monuments Egyptiens,
exposus dans Ics galeries du Musèo du Louvre. — Paris, C. De
Mourgues, 1876.
Rovere Clemente. Descrizione del R. Palazzo di Torino. — To-
rino, Botta, 1858.
Rovida Cesare — V. Canta C.
Rusconi Alberto. I Registri e i Documenti dell' Ai'chivio della fa-
miglia Rusconi di Lucerna, con dissertazione storica, del prof. Luigi
Liìtolf. — Como, F. Ostinelli, 1879.
Rusconi Antonio. Il lago d'Orta, sua riviera e i dittici novaresi.
— Torino, Tip. Legale, 1880.
— I dittici novaresi. — Torino, Tip. Legale, mdccclxxx.
Sacoardo. La Basilica di S. Marco in Venezia nel suo passato e nel suo
avvenire. — Venezia, Tip. dell'Immacolata, mdccclxxxui
Sacchi Archimede. L'economia del fabbricare, stime di precisione
e di confronto, analisi di prezzi di produzione, appalti, condotta e
direzione dei lavori. — Milano, G. Bernardoni, 1878-79, voi. 2.
— Le Abitazioni, alberghi, case operaie, fabbriche rurali, case civili,
palazzi e ville. — Milano, G. Bernardoni, 1878, voi. 2.
Sacchi Defendente. Descrizione del Monumento di S, Agostino,
conservato nella cattedrale di Pavia, con incisioni del Ferreri. —
Milano, Tip. di S. Giuseppe, 1879.
64 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERl
Sacchi Federico. Notizie pittoriche Cremonesi. — Cremona, Ronzi
e Signori, 1872.
Sacchi Giuseppe. Gli archi di Porta Nuova in Milano, illustrati. —
Milano, Stab. degli Annali Univers. della Se. e della Ind., 1856.
— Rapporto della Commissione stat'a eletta dalla Sezione Economica
della Società di Incoraggiamento di Scienze, Lettere ed Arti, relati-
vamente al progetto di regolamento per l'Istituzione di una Società
Artistico-Lombardo- Veneta, allo scopo di incoraggiare e favorire lo
sviluppo dell'arte in Itaha. — Milano, 1858.
Sacchi Luigi. Comunicazione fatta alla Società degli artisti di Milano,
in una conferenza destinata ad indagare se al mighore sviluppo delle
arti possa piuttosto convenire il mezzo dei concorsi, oppure il libero
acquisto delle opere stesse. — Milano, Guglielmini (senza data).
— Studi intorno alla storia civile delle arti belle in Italia. — Milano,
Guglielmini, 1856.
Sacken E. (von). Stili di architettura, versione con note ed aggiunte
di Riccardo Brayda. — Torino, Loescher, 1879.
Saint-Pierre (De) Bernardin. Paul et Virginio. — Paris , L.
Curmer, 1838.
Salazaro Demetrio. Sul riordinamento della Pinacoteca del Musco
Nazionale. Rapporto al Comm. E. Fiorelli. — Napoli, Ghie, 1866.
— Conclusioni sulla architettura classica e quella del Medio-Evo. —
Napoli, Tip. S. Pietro a Maiella, 1875.
— Sulla coltura artistica dell' Italia Meridionale dal iv al xiii secolo. —
Napoli, Fibreno, 1877.
— Pensieri artistici. — Napoli, Tip. S, Pietro a Maiella, 1877.
— L'arco di trionfo con le torri di Federico II a Capua. Notizie sto-
rico-artistiche. — Caserta, Nobile, 1877.
— Brevi considerazioni sugli affreschi del monastero di Donna Regina
del XIII secolo. — Napoli, Tip. S. Pietro a Maiella, 1877.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 65
Salazaro Demetrio. Poche parole dette sul Sepolcro di Luigi Van-
vitolli. — Caserta, Nobile, 1870.
— Pietro Cavallini pitt. , se. ed arch. romano del xin secolo. Nota
storica. — Napoli, Tip. dell' Univ., 1882.
— Catalogne of the national Gallery. — Naples, Ghio, 1867.
Saldarini ing. Eugenio. L' Oratorio di S. Ambrogio a Sulbiate
Inferiore in Lombardia. — Milano, Tip. degli Ing., 1880.
Saltini Guglielmo Enrico. Le arti belle in Toscana da mezzo il
secolo xvni ai di nostri. Fuori di commercio. — Firenze, Le
Monnier, 1862.
— Guida di Firenze e suoi contorni. — Firenze, Bottini.
Sanasi prof. Tomaso. Storia delP antica Grecia. 2' edizione , Vo-
lumi 2. — Firenze, Sansoni, 1875.
Sangiorgio prof. Gaetano. Primi scritti. — Milano, F, Menozzi, 1879.
— Carlo Belgioioso. Commemorazione. — Milano, Bortolotti , 1881.
— Inaugurazione in Brera (T Giugno 1882) del monumento allo scul-
tore Abbondio Sangiorgio. — Milano, Lombardi, 1882.
Sarfatti Attilio. San Marco ; conferenza tenuta il 27 luglio 1 882 ,
all'Ateneo Veneto. — Venezia, Owgania, 1883.
Sassi Daniele. Il Palazzo Carignano. Ricordi storici. Estr. Filo^
tecnico, I, 1. — Torino, Derossi, 1879.
Scaramuccia Luigi. Le finezze dei pennelli italiani. — Pavia,
G. A. Magri, 1674.
Schiaparelli G. V. Il movimento dei poli di rotazione sulla super-
ficie del globo. — Torino, G. Candeletti, 1883.
Schiller (F.). Storia della rivoluzione dei Paesi Bassi sotto il regno
di Filippo II. - Torino, Pomba, 1852.
Schliemann (Henri), Antiquitcj troyenne-j. Rapport sur les fouilles
5
66 ELENCO DEI LIB«I DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
de Troie, Trad. de l' allemand par Alexandre Rizos Rangabé. —
Leipzig, Brockhaus. — Paris, Maisonneuse, 1874.
Schmit I. P. Nouveau manuel complet de V architecte des monuments
religieux. — Paris, Roret, 1845.
— Atlas complet du manuel de 1' architecte des monuments religieux.
Schorn. — V. Klcnse.
Schreiber Guido. Il disegno lineare. Corso pratico per artisti e
industriali. Versione italiana riveduta e corretta da Carlo Felice Bi-
scarra. — Torino, E. Loescher, 1872.
Schulz Frederio John. Newest Guide through Prague. — Praguo,
Calve' s imp. royal university library, 1869.
Sebregondi Francesco. Carlo Barbiano di Belgloioso. — Milano,
Lombardi, 1882.
Secco-Suardo Giovanni. Manuale ragionato per la parte mecca-
nica dell' arte del ristauratore dei dipinti. — Milano, P. Agnelli, 1806.
Seidlitz W. V. Bramante in Mailand, — London, 1887.
Selstti Emilio. Commemorazioni del pittore Stefano Bareggi da
Busseto. — Milano, Colombo, 1859.
— Appendice documentata alla commemorazione del pittore Stefano
Bareggi da Busseto. — Milano, Colombo, 1859.
. — Parole lette sulla tomba del conte Massimiliano Cesare Stampa,
marchese di Soncino. — Milano, Tip. degli Ingegneri, 1876.
— Inscrizioni alla memoria di alcuni personaggi dell' illustre casato
dei Conti Stampa Marchesi di Soncino. — Milano, Tip. Ed. Lom-
barda, 1877.
— La città di Busseto capitale un tempo dello Stato Pallavicino. —
Milano, L. Bortolotti, 1883, voi. 3.
— Scrittura del Questore Casnedi al Gran Duca per li soccorsi alldr
Stato di Milano. — Milano, Tip. Bortolotti, 1884.
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. 67
Selvatico Pietro. Sulla architettura e sulla scultura in Venezia dal
Medio Evo sino ai nostri giorni. Studi. — Venezia, Ripamonti
Carpano, 1847.
— Storia estetico-critica delle arti del disegno, ovvero 1' architettura,
la pittura e la statuaria considerate nelle relazioni fra loro e negli
svolgimenti storici, estetici e tecnici. 2 volumi. — Venezia, Nara-
tovich, 1852-1856.
— Catalogo delle opere d' arte contenute nelle sale delle sedute del-
l' I. R. Accademia di Venezia. — Venezia, Naratovich, 1855.
— Suir insegnamento libero nelle arti del disegno, surrogato alle Ac-
cademie. — Venezia, Tip. del Commercio, 1858.
— Intorno alle condizioni presenti delle arti del disegno, ecc. — Ve-
nezia, Naratovich, 1858.
— Gli ammaestramenti delle arti del disegno nelle Accademie e nelle
officine, esaminati, ecc. — Venezia, Tip, del Commercio, 1859,
— Sulla condizione attuale del palazzo pubblico di Piacenza, e sui
modi di restaurarlo. — Piacenza, Del Maino, 1862.
— Le condiiioni dell' odierna pittura storica e sacra in Italia, rintrac-
ciate nella Esposizione Nazionale, seguita in Firenze, nel 1861. —
Padova, Antonelli, 1862.
— Arte ed artisti. — Padova, Sacchetto, 1863.
— Arte ed artisti. Racconti e studi. — Padova, Lib. Sacchetto, 1863.
— Guida di Padova e dei suoi principali contorni. — Padova, F. Sac_
chetto, 1869.
— Doveri dei Municipi Italia ni rispetto alle opere d' arte esposte al
pubblico. — Padova, F. Sacchetto, 1869.
— L' insegnamento artistico nelle Accademie di Belle Arti e nelle
scuole ed Istituti tecnici del Regno d'Italia. — Padova, Sacchetto, 1869
— L'arte nella vita degU artisti. — Firenze, Barbèra, 1870.
— Di un migliore avviamento necessario agli insegnamenti pubblici
68 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
dell'architettura in Italia. — Memoria. — Estr. Atti del R. Ist. Veneto
di Scienze, Lettere ed Arti. — Venezia, Antonelli, 1871.
Selvatico Pietro. Il disegno elementare e superiore ad uso delle
scuole pubbliche e private d'Italia. — Padova, Tipografia F, Sac-
chetto, 1872.
— Relazione dello scavo eseguito dal Municipio di Padova su la piaz-
zetta Pedrocchi, Testate dell'anno 1877, con tavole. — Padova,
Tip. alla Minerva, 1878.
— Le arti del disegno in Italia. Storia e critica. Parte I : L'Arte An-
tica, — Milano, Dott. F. Vallardi, 18....
Selvatico Pietro e V. Lazari. Guida di Venezia e delle isole
circonvicine. — Milano, P. Ripamonti Carpano, 1852.
Selvatico Pietro ed altri. Monumenti artistici e .storici delle Pro-
vincie Venete. — Milano, R. Stamperia, 1859,
Seroux d'Agincourt G. B. Storia dell' arte dimostrata coi monu-
menti dalla sua decadenza nel iv secolo fino al suo risorgimento
nel XVI, tradotta ed illustrata da S, Ticozzi, — Prato, Giachetti,
1826-28, voi. 6.
S. L. (Setticelli Luigi.) Sguardo storico sulla facciata del Duomo di Fi-
renze e considerazioni relative ai concorsi e giudizi emessi sui pro-
getti presentati negli anni 1863, 1864, 1867. — Firenze, Tip. Eco-
nomica, 1872.
Seubert (A.). Allgemeines. Kùnstlerlexikon oder Leben & Werke dor
beriihwtesten hildenden Kùnstler. 2. Auflage. — Stuttgart, Ebner
& Seubert, voi. 3, 1878-1879.
Sìnibaldi Lorenzo. Guida di Spoleto e suoi dintorni, — Spoleto,
Bassoni, 1873.
Siret Adolphe. Dictionnaire historique des peintres. 2® édition. —
Paris, A. Lacroix, 1866,
Soldi Emile. L* art et ses procéd«^s dans l' antiquité, — L' art Egyp-
tien d'après les dernières découvertes. Ed, ili, — Paris, Leroux, 1879.
I
LEGATI ALLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA. G9
Solferino. La spia d'Italia. — Mantova, Mondovi, 1883,
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Statuti e piano disciplinare per le Accademie Nazionali di Belle
70 ELENCO DEI LIBRI DAL DEFUNTO PROF. MONGERI
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Zanetti Francesco. Il nuovo giardino di Milano con tavole e
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LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO
(1814-1817)
NOTIZIE DESUNTE DA DIARJ
E TESTIMONIANZE CONTEMPORANEE.
(Seconda ed ultìma parte.)
XXI.
Vienna aveva fretta di stringere i legami che già congiungevana
il Lombardo-Veneto all'Impero, e se non bastavano i legami,
ceppi dovevano essere. In attesa di regalarci quel viceré che fin
dal principio della nova signoria ci era stato promesso - sicché
non era un regalo, ma il mantenimento di un debito - ci si
mandò, per il momento, l'arciduca Giovanni in qualità di com-
missario imperiale. Parve cosa opportuna che i nostri occhi ,
avvezzi a contemplare il viceré Eugenio caracollante pei nostri
corsi, rivedesse un principe di sangue, non che regio, imperiale :
sapendo che simile spettacolo fa sempre un certo effetto sulle
moltitudini. L' arciduca aveva uno speciale mandato , quello di
ricevere dai novelli sudditi il giuramento di fedeltà (1) « come
r è giust e naturai » (2).
(1) Soc rana patente da Vienna, 8 aprile 1815, che delega V arciduca
^ì'Austria, principe Giocanni, a ricecere il giuramento di fedeltà dalle
autorità cicili ed ecclesiastiche. — Museo del Risorgimento.
(2) Dialogh tra Peder e Fransesch. — Milano, Tamburini, nella cìt. Rac
colta di bosinade dell'Ambrosiana, voi. VI.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 46
906 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Il messaggio imperiale che ci invitava al giuramento, ebbe,
per la circostanza, parole ornate e melliflue:
I sudditi del nuovo nostro Regno possono far conto di essere da
noi accolti con quel medesimo amore di cui quelli dalla Provvidenza
da più lungo tempo alla nostra paterna cura affidati hanno riportato
tante prove; e che i nostri riguardi saranno particolarmente diretti a
far loro risentire i vantaggi che risulteranno dal mantenimento della
santa religione, da un'imparziale amministrazione della giustizia, dal-
l'equitativa ripartizione de' pubblici carichi, dalla gelosissima solleci-
tudine per la pubblica sicurezza, ed in fine da quei fonti di lucro ai
<juali la dolcezza del clima , l' animata industria e la vicinanza del
mare aperto alle speculazioni mercantili offrono la meno dubbiosa
prospettiva (1).
L'arrivo dell'arciduca fu annunziato per il 14 maggio (2); il
servidorame alto e basso si mise in moto per gli opportuni ap-
parecchi, e, ghiotta notizia, « trentadue cuochi lavorarono in corte
per ammanirgli il pranzo » (3). Già si trattava di un pranzo di
gala, o piuttosto di una serie di pranzi l'uno più ricco dell'al-
tro : politica anche questa.
II cerimoniale per il giuramento da prestarsi nella reggia venne
discusso e stabilito precedentemente, trattandosi di cosa che era
giudicata di somma importanza, e si voleva producesse indele-
bile impressione.
Fece specie che i vescovi fossero posposti ai ciambellani: ma
chi non sa che quelli pei ciambellani furono giorni d'oro! S'ag-
giravano in palazzo con quella grave imponenza che s' addice a
cosi vitale ufficio, primi ai servigi, alle udienze, alle confidenze
del principe: e taluni, per quanto se ne dice, riescirono perfino
importuni col loro zelo e molesti colle loro insinuazioni.
Ce n' erano di quelli che avrebbero voluto ricondurre il mondo
non che al 1796 al medio evo, e proponevano, fra gli altri ec-
(1) Giornale Italiano, 12 maggio 1815.
(2) Museo del Risorgimento.
(3) Mantovani, Diario.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 907
cessi, che si cancellassero nel palazzo vicereale, e precisamente
nel salone delle Cariatidi, gli affreschi dell'Appiani rappresentanti
le gesta militari di Napoleone: ma l'arciduca seppe redarguirli (1).
Non vedevano salute, per la società guasta, che nella più rigida
disciplina religiosa: si desse cura alla conservazione delle chiese,
a promuovere gli atti di pietà; guardarsi anzi tutto dalla peste
giansenista e liberale ed altri suggerimenti di questo genere. Ap-
punto in questo senso l' inimitabile ritrattista poeta fa parlare un
nobile reazionario all'arciduca, che, dopo i primi sfoghi, brusco
brusco lo interrompe, e
Tàs, tocco de mincion,
Ei prenzip el respond , el tò mestee
L' è de fa el nobil , e boffamm dedree (2) ;
linguaggio tutt' altro che arciducale, per dire il vero, ma va-
levole ad esprimere il disprezzo che gli stessi stranieri risentivano
verso questi incurabili adoratori del passato. Se non che i raffacci
patronali non hanno mai trattenuto certuni dagli uffici più avvi-
litivi ; e però si allestì al più presto una guardia d' onore.: « ot-
tanta nobili, parte a cavallo, parte a piedi, vestiti di scarlatto e
trina d' oro e ben montati » (3) , primo esempio di un omaggio
che si rinnovò più volte e prese all' ultimo stabile forma.
Bellini davvero questi ottanta nobili vestiti di scarlatto e trina
d'oro! E bellissimi furono giudicati dal volgo, che non discute
i motivi ma giudica per impressioni momentanee, mentre i ben
(1) CusANi, St. di Mei., cap. XL. — Nel prezioso commento che Cantù
fece al Giorno, di Parini leggo: «Quando, nel 1814, tornarono i Tedeschi,
molti speravano, tra le altre cose, di veder rimessa la moda dei lacchè, e
anche questo non fu che sperato : ma nella coronazione di Ferdinando I ,
tra altre deplorabili vigliaccherie, rivedemmo i lacchè correr dinanzi alle
carrozze di principi e di ambasciatori.» V abate Parini, ecc. — Milano,
1854, pag. 353.
(2) Porta, Poesie. — Firenze, Barbèra, 1884, pag. 215.
(3) Mantovani, Diario.
908 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO,
pensanti ne ridevano o ne sorridevano compassionevolmente : e
fra le altre satire :
— Chi è quel militar ? chiese un signore ,
— È una guardia d'onor, risponde un tale,
— Mi perdoni, soggiunse l'ufficiale.
Guardia nobile sono e non d' onore.
E quel primo: — Mi scusi, io non sapeva
Che onor con nobiltà star non poteva.
Da questi apparecchi argomentate se il giuramento fu dato
(15 maggio) con solennità j ma non s' è provato che si desse
proprio da tutti con tenerezza e compunzione di spirito. Già s' in-
tende che nella sala del trono non si poteva accogliere il giu-
ramento di tutta la cittadinanza; giurarono per sé e per gli altri,
assenzienti o dissenzienti che fossero, i magistrati e i rappresen-
tanti delle città e borgate. — E n'ebbero premio: sedettero, quel
medesimo giorno, alla mensa arciducale. — Ecco la formula
del giuramento :
Noi promettiamo e giuriamo a Dio onnipotente per noi (e in virtù
delle nostre particolari procure pei nostri commettenti) d'essere fedeli
ed obbedienti a S. M. ecc., nostro graziosissimo sovrano, ed ai suoi
legittimi successori , di promuovere in ogni occasione il suo vantaggio
e quello dell'Impero austriaco, d'impedire con tutte le nostre forze
ogni loro detrimento e danno , e di comportarci in ogni tempo come
sudditi fedeli ed obbedienti. Così Iddio ci aiuti (l).
Né rimase senza svaghi e donativi la plebe : il municipio di-
spensò doti, allestì feste popolari (2), e dalla finestra della reggia
si gettarono alla folla plaudente, strillante, monete commemorative
colla scritta: Longohardorum Jides sacramento firmata (3).
(1) Giornale Italiano, 15 maggio 1815.
(2) Museo del Risorgimento.
(3) Grandi feste si fecero in Valtellina per V annessione alla Lombardia :
e il Rusconi , che fu poi professore e segretario nell' Accademia mila-
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 909
La Scala, ognora partecipe a queste officiali esultanze, s'aperse
per quella Siera ad uno spettacolo straordinario : s' ebbe la can-
tata del Monti // mistico Omaggio, musica del Federici: cantata
e cantore da farne poco conto se si guarda alla saldezza delle
convinzioni, ma versi sempre belli, sempre sonori:
Eccelso
Prence, che qui n'ascolti.
Prence a Pallade caro e a Gradivo,
Il giuramento accogli
Che dalle labbra, e più dal cor prorompe
Di questo generoso
Popolo, caldo di valor, che tutta
Soffrir non può la libertà, né tutta
La servitude. Degli opposti estremi
Temprò gli eccessi il senno
Di Cesare, e così dritto alla vera
Felicità lo guida. Al sacro piede
Dell' augusto German questo deponi
Patto solenne, e del regal tuo brando
La sicurtà v' aggiungi ,
Di quel brando che forte in su la riva
Della fredda Livenza alle tue chiome
Mietea gì' itali allori. E tu col grido
Del prisco onor destavi
La lombarda virtù, che in cor premendo
L'alto sentir cui nulla forza affrena.
Taciturna mordea la sua catena.
nese di^Belle Ani, improvvisava in quell' occasione un sonetto che co-
ni incia così:
Le campane, i tripudi e degli abeti
I rami arcbittetati e i simulacri.
Le ornate chiese, e i salmeggianti preti.
Gli spari, le fontane ed i lavacri
Annunziano che omai sono completi
Nostri voti ....
Vedi RoMEGiALLi, St. della Valtellina, V, pag. 88 e segg.
910 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Spezzò pietoso alfine
Quella catena il fato ;
Alfin compose il crine
L' Insubria tua fedel.
Ma del bel seno ancora
Mostra le piaghe, e implora
Che al rotto laccio, ingrato
Più non la torni il Ciel (i).
E ancora il Monti letificò con un discorso l'arciduca, quando
volle sedere fra i dotti dell'Istituto, non meno facili lodatori,
allora, di qualsiasi governo. L' arciduca rivolse al Monti queste
parole: «Avete espresso delle utili verità che devono piacere
a tutti i sovrani. Questo è il linguaggio che gradisce all' impe-
ratore »~(2).
XXII.
L' arciduca poco si trattenne fra noi , e se ne dolsero i ciam-
bellani, le guardie nobili e in genere tutti quelli che pigliano
diletto dalla presenza di una corte. Andò a visitare Pavia ed altre
città; ospitato sontuosamente dai Borromei nell'Isola Bella, di
cui non rifini di ammirare le bellezze , e se ne allontanò con
rammarico. A Milano lo pregarono di ritardare la sua partenza
fin dopo la festa del Corpus Domini , che s' aveva a celebrare
con inusata pompa, ma non potè aderire a questa preghiera. Nel
lasciarci si dichiarò soddisfattissimo. Luna di miele di una si-
gnoria che a molti appariva inevitabile, e ritenevano che giovasse
mitigarla con ossequi e salamelecchi !
Se fosse rimasto fra noi come viceré, molti gli avrebbero fatto
buon viso, memori del suo proclama del 1809; e corse la voce
(1) Monti, Opere. — Milano, Resnati, 1839, IH, 443 e segg.
(2) Cantù, Cronistoria ecc., voi. II, par. I, pag. 103.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 911
che r ufficio gli fosse stato offerto ; ma soggiungevasi che egli
ricusasse assumere una carica spoglia d' ogni potere effettivo ,
inferiore ai suoi meriti politici e militari (1).
E per quel Corpus Domìni (25 maggio) dovemmo accontentarci
del Luogotenente del viceré, S. E. Bellegarde.
Oggi si è fatta la processione del Corpus Domini in grande pompa
e corteggio. Tutta la nobiltà vi fu in gala, i ciambellani, i tribunali
e tutti gli araldi per far la corte al maresciallo Bellegarde che \ in-
tervenne e vi fa sempre con esemplare divozione. Ciò che allo scri-
vente fé' qualche senso fu il ricevimento fatto alla porta maggiore del
Duomo al signor Bellegarde. Discesero dal coro una trentina di semi-
naristi, poi il clero tutto metropolitano con monsignor arciprete in
piviale, che gli die l'acqua santa, e con questo accompagnamento il
signor Bellegarde andò alla sedia destinatagli. Non mi pare che possa
farsi di più per lo stesso Imperatore (2).
Dopo il maggiore il minor gregge ! Il 18 giugno, per comando'
della Reggenza « tutti i non possidenti si raccolsero nelle prin-
cipali chiese per prestare il giuramento di fedeltà al sovrano » (3).
Quanti giuramenti !
Fra questi strepiti officiali e queste pompe cortigianesche —
per non tener conto dei grossi avvenimenti di fuori — Manzoni
ritemprava la lirica a servigio di un sentimento , che riguada-
gnava, per alcuni anni, in intensità, quello che avea perduto da
circa mezzo secolo in poi» Era un ritorno, e per molti una ripa-
razione. Nel 1812 Manzoni avea scritto l'inno della Risurrezions,
nel 13 il Nome di Maria e il Natale, nel 15 la Passione (4) —
annata proprio di passione. — Si direbbe che il poeta ricove-
rasse in cielo, malcontento della terra. — Al loro primo comparire,
(1) Bianchi Giovini, L'Austria in Italia e le sue confische ecc., pag. 2ft.
(2) Mantovani, Diario.
(3) Mantovani, Diario. — Nel museo Ancona si conserva la circolare del
conte Bolza, amministratore delle fabbriche erariali, che invita gli impiegati
da lui dipendenti a prestar giuramento.
(4) Cantò, Alessandro Manzoni, reminiscenze, I, 116.
912 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
gli Inni Sacri (1) passarono inosservati: solo quattro anni dopo,
G. B. De Cristoforis nel Conciliatore vi richiamò 1' attenzione dei
letterali. Allora si cominciò a gustarli , ed anche ad imitarli ,
più o meno felicemente, o mediocremente. Fra gli imitatori stette
per mettersi il Leopardi , allora religiosissimo , e si ha il pro-
getto degli Inni che voleva scrivere. La lirica politica stava per
ammutolire : e vi subentrava questa , per rafforzare la fede , per
insegnare agli uomini a non disamare , a non disperare : arte
confortatrice di certo , e di tale una perfezione , che piace fino
agli increduli.
xxin.
La catastrofe di Murat -precedeva di poco quella di Napoleone:
surti insieme , caddero insieme ; ma il secondo aveva persuaso
le moltitudini che il suo destino fosse , per cosi dire , superiore
ai casi comuni della vita e al corso fatale degli eventi. I Cento
Giorni furono anche per migliaia di petti italiani giorni febbrili ,
colmi di ansietà e di aspettative ; ma la battaglia di Waterloo
(18 giugno) , come rimise la Francia ai piedi della vecchia Eu-
ropa, sbaldanzi ad un tratto i Napoleonisti cisalpini, che, fidando
nella stella del Grande, nella sua invincibilità, s' aspettavano di
vederlo presto al di qua del Cenisio, nel nostro Duomo, a ripi-
gliare solennemente la corona.
Il futuro autore del Cinque Maggio si trovava in quei terri-
bili momenti a Parigi. Benché di Napoleone misurasse le colpe
e gli errori, gli dolse, come italiano, che un italiano finisse cosi ;
vide in quella catastrofe un danno più che francese, previde che
le cose d' Italia dovevano peggiorare : ma anche senza fare sul-
r accaduto lungo ragionare , ricevette una prima fortissima im-
pressione. Si trovava nella bottega di un libraio quando entrò
un tale , annunziando 1' avvenuto disastro :
(1) Milano, P. Agnelli, 1815.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 91o
— Noi allora (sono sue parole dette più tardi e raccolte da uno
de' suoi più intimi), cogli Austriaci in casa non si poteva più sperare
che in Napoleone ; e io stesso avea sottoscritta , con altri Milanesi ,
una petizione alle Potenze , con cui si clìiedeva la creazione di un
Regno italico. Ma all'udire repentinamente la notizia della totale disfatta
di Napoleone, fui ripreso da questo benedetto male nervoso, che mi fu
compagno per tutta la vita. Dico ripreso , perchè la prima volta mi
colse nel 1810, pure in Parigi, quando mi trovai, con mia moglie,
serrato improvvisamente in una folla , a una festa popolare per il
matrimonio di Napoleone : ma pure in seguito n' ero guarito. Fu
dopo il 1815 che non ho potuto più liberarmene (1).
E quanto più, nell' intimo del cuore, soffersero gli ammiratori
di lui, i veterani della Grande Armata!
La notizia arrivò con tre staffette nove giorni dopo : ritardo
che basterebbe a provare il segregamento inflitto a Milano, quale
meschina borgatella, appena gli Austriaci vi rimisero piede. « Bel-
legarde non ha fatto dare segno alcuno di giubilo : sembra ad
alcuni troppo sublimata modestia, o noncuranza viziosa » (2).
Indescrivibile la trepidazione per le ultime fasi del dramma ;
e si fece nei napoleonisti anche più vivo il compianto quando
videro il loro duce relegato al di là dei mari, nella remota isola,
flagellata dalle dure onde , che gli vietava ogni possibilità di
scampo : « Da queste accertate notizie sono, come dice il volgo,
accresciuti gli individui del dipartimento del Musone, cioè av-
viliti i partitanti di Bonaparte » (3).
Se non che la seconda catastrofe presentava un finale più atto a
suscitare meraviglia e compassione. Il prigioniero di Sant' Elena,
caduto dopo una lotta titanica, mandato si lontano, legato come
Prometeo ad uno scoglio — ricordo mitologico che s' imponeva
irresistibilmente alle fantasie — si prestava alla satira molto
meno del sovrano di si vasti domini ridotto, ad un tratto, a con-
(1) Fabris, La Concersasione dì Manzoni, nella strenna Reminiscenza. —
Milano, Cogliati, 1886-87, pag. 286.
(2) Mantovani, Diario.
(3) Mantovani, Diario cit.
914 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
tentarsi di uno staterello microscopico, a breve distanza dal tea-
tro delle sue pompe e dei suoi trionfi. E però la beffa irrive-
rente tace ad un tratto. Tutt' al più cadono dalla penna dei versi
di questo tenore :
Dunque colui che sull' Europa stese
Si larghe penne, su questo lido giacque ;
Abbian novel dall' Icaro francese
Nome quest' acque.
La letteratura vernacola risparmia il caduto e si limita a de-
ridere i suoi partigiani, che, senza nulla operare, si ripromette-
vano da lui chi sa quali fortune. Neil' opuscolo Sora el maa della
riesca (1) si accenna copertamente al dolore che risentivano al-
cuni per i disastri di Francia : era un boccone amaro da inghiottire
e faceva intoppo alla gola. Ma appena la poesia vernacola sia
trattata da qualche ingegno riflessivo e colto, cessa dall' esclusivo
parteggiare per il vincitore : anche senza intendere le ambascio
di un uomo ridotto all' impotenza dopo aver voluto e agito con
sovrumana energia, si riconosce apertamente che i popoli sono
venuti a peggior stato di prima :
Napoleon, Hesus per lu ! L' è andaa
A fa i tacoin de la del mar un tocch.
De scior che 1' èva 1' è restaa pittocch
E r ha tra su tutt quel che la robaa.
Nun tucc em ditt de cccuv sia rlngraziaa
Lem fenida una vacuità con sti scrocc,
Che ne pelaven su, gius come i occh
Quand menen el cu biott su per i straa.
Hin chi i Todisch ! E insci ! I olter rabott
Spazzaven tutt e perdeven quai coss,
Ouist fann l' istess e lasscn giò nagott.
Prima che n' abbien schisciaa froura i oss,
Ingles, per caritaa, menee on bott
In barca a Sant' Elena anch sti baloss (2).
(1) Milano, G. Pirota, 1815.
(2) Questo sonetto è di Carlo Alfonso Pellizzoni, di cui esistono altre
poesie inedite nella Raccolta dell'Ambrosiana segnata E, S, III, 5.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 015
XXIV.
Questo involgere nello stesso biasimo il potente di ieri e i
potenti di oggi, dà segno che l'Austria già aveva seminato nuovi
rancori, e che parecchi di quelli, che l'avevano forse lodata sul
principio, ora si alienavano da essa.
E in vero , pur abituandosi alla nuova ed ultima fase della
vita napoleonica , per associazione di giudizi , s' imparò a man-
dare a Sani' Elena i nuovi padroni , a quel modo che prima
s'usava mandare le persone moleste a Patrasso, o, magari, a
Calicut.
Di questa disposizione degli animi si hanno parecchie riprove
nelle poesie vernacole. Nella circostanza di un soldato tedesco
che era stato , per non so quale delitto , condannato , persino il
boia si fa interprete del generale risentimento ;
Han fa di guaj e squasi hin vegnuu ai man
Fra el comandant del corp de quel Tòdesch
Ch' è stàa impiccaa e el Boja de Milan ;
Ecco el fatt tal e qual, 1' è chi fresch fresch
El comandant, parland pocch el talian,
El s' è spiegaa in termen squas bernesch,
Disend al boja : A vò tene paisan,
Dandegh in man trii swanzegh de rinfresch.
El Boja, eh' el credeva de ciappà
Per el manch quell che in legg gh'è stàa fissaa,
El ghe respond
« Per un fiorin mi farev nanch la straa,
A men che me lassassen impicca
Tutt lor insemma a quij che si ha cercàa (1).
(1) Questo sonetto, inedito, si attribuisce al Porta, e si trova nella Rac-
colta testé citata.
916 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Si giuocarono i numeri dell' appiccato ; e
Corriva lutt el mond di lottiroeu
Per fas paga di venget che s' e fàa,
Quand mi guardand in strada da un poggioeu.
Senti sto beli descors de duu fermaa :
« Hai sentii quanta gent ha vengiù incoau ?
Rcspond queir olter : Sì, me 1' han cuntaa....
Che numer è vegnuu ?.... El me car fioeu,
El saveva, ma adess el m' è scappàa :
Soo però che ha perduu squasi nissun,
Ch' è vegnuu i numer dell' impicament
Ch' an faa de quel tal.,., el dì vun.
Corpo de bacco ! che beli' accident !
E che fortunna la saria per nun
Se i impiccassen tucc, disi nient (1).
La cetra vernacola veronese dà lo stesso suono : a cause iden-
tiche corrispondono effetti identici, e i comporti degli Austriaci
nelle provincie venete, non differivano per nulla dai modi che
usavano tra noi :
Un giorno el bon Gesù el se lamentava
De una gente perversa e peccatora
E a san Piero e a san Paolo domandava
El modo de mandarla a la malora.
San Paolo co la spada el tempestava
De tagiarla a tocheti en men d' un' ora :
E san Piero più tosto el consegiava
De mandarghe la peste alloi^a allora.
Ma el Padre Eterno, che 1' aveva sentì
La domanda e'I consegio che se dà,
El s' è messo de mezzo a tutti tri
(1) Anche questo sonetto inedito si attribuisce al Porta, e si trova nella
Raccolta testé citata.
I.A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 917
E'I dise : So voli darghe un castigo
Degno de 1' alta nostra maestà
Tegnive a mente ben quel che ve digo
Lasse la peste a cà,
E per farli star freschi
Mandeghe sta bordaja de Tedeschi (1).
XXV.
Lasciate che trascorra alcun tempo, e l'evoluzione dei giudizi
popolari si compie in modo più spiccato, si compiange maggior-
mente il vinto e si bestemmia il vincitore, cosi avaro di doni e
di compensi alle nazioni , che pur aveva avute compagne nel-
r ardua impresa di abbattere il tiranno di Francia. Appare costui
molto meno tiranno al paragone del nuovo despotismo. La figura
di Napoleone acquista, artisticamente , proporzioni colossali ; la
distanza e la sventura fanno dimenticare gli sbagli da lui com-
messi ; rifiorisce intorno al suo capo la poetica corona poco
anzi sfrondata. Specialmente ad una parte della popolazione, quella
gloria, benché pasciuta di sangue e lagrime, riappare splendidis-
sima. I reduci di Russia — pochi e giustamente superbi — si
stringono sul petto la spada e baciano con lagrime le aquile delle
loro decorazioni. A questi spiriti accesi ed esaltati tornò accetta
la poesia laudativa, che faceva atto di coraggio magnificando, in
faccia ai carcerieri, l' impotente prigioniero :
Napoleone a Sani' Elena.
Mira Ocean ! Quel prigionier son io
Temuto in guerra qual signor del tuono,
Che a mia voglia togliendo e dando il trono
Turba d' imbelli re spinsi all' obblio.
(I) Perini, Carlo Montanari e i suoi tempi, nella Gazzetta di Verona,
28 febbraio 1867.
918 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Un trono io m' ebbi, e non mei diede in dono
La sognata dai re grazia di Dio
Ma ad un nume mio pari, al brando mio
Terror del mondo, debitor ne sono.
Qui mi trasse il destino, e non l' Ispano,
Il Russo, il gel di Scizia, o i re tremanti,
O i fulmini temprati al Vaticano.
Qui pur son grande, e chi mai fia che vanti
Aver per sua prigion F ampio Oceano
E per custodi suoi tutti i regnanti? (1).
Ad ogni critica segue sempre da presso la lode ; e la poesia
s' assume anche questo penoso ufficio di rammentare al relegato
di Sant' Elena gli imperdonabili e irreparabili torti da lui fatti
alla sua patria :
Al Northumherland.
Anglico altiero Pin di palme ornato.
Che pei mari d' atlante a estremi lidi
Il vincitor de' Re vinto alfin guidi,
Cui la reggia in esilio or volge il fato.
Giunto alla mota a lui con volto irato
L' onta palesa de' suoi Galli infidi,
E i non mortati ceppi e il pianto e i gridi
D' Italia nai'ra a lui d' Italia nato.
Digli che pena è d' empio figlio degna
La sua perchè vendea con arte prava
La nobil madre a meretrice indegna.
E tal mostrossi ei sallo e tal io veggio
Or superba, or vigliacca, e sempre schiava
Gallica tomba a virtù e al vizio seggio (2).
(1) Lo dà Cantù, nella Cron., voi. II, par. I, 85, ed aggiunge la risposta
di monsignore Muzzarelli.
(2) Eaccolta dell' Ambrosiana, segnata S, C, V, V, 26. — Un documento
popolare di codardo oltraggio pubblica il Livi, Napoleone all' isola d'Elba,
pag. 9, 245 e segg. , col titolo: Testamento dell' ambizione di Napoleone
Bonaparte :■ ebbe corso in Toscana, ma a quanto pare non uscì mai per
le stampe. Un documento invece di serco encomio è la poesia pubblicata
dallo stosso Livi : Le§ adieuoj de Napoléon le Grand, pag. 9, 252 e segg.
r.A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 919
XXVI.
Le sempre inquiete e vaneggianti polizie, neppur dopo che tanto
spazio d' acqua separava Napoleone dal resto della terra, vivono
tranquille sul suo conto, e sul conto de' suoi famigliari e devoti:
fantasticano fughe e sbarchi e inaspettate rivincite. Avrebbero
voluto svellere il suo nome persino dalla memoria degli uomini,
radiare i suoi fasti dagli annali del mondo : e l' avergli simpatia
giudicavasi- segno di mal talento e di criminose intenzioni.
Vengo informato che alcune sere sono , al caffè Pedrocchi , abbia
avuto luogo uno scherzo per parte di codesti scolari dell' Università ,
clie, sussistendo nei termini con cui venne esposto, non potrebbe la-
sciarsi impunito. Vuoisi che uno di costoro, greco di nascita, siasi con
alcuni suoi compagni recato alla predetta bottega, dove preso il caffè,
cstrasse dalla saccoccia un napoleone d' argento , clie pose sopra il
tavolo dicendo : « Pagatevi , ecco un Napoleone > , parole a cui fece
seguire immediatamente uno starnuto , che fu da tutti gli altri accom-
pagnato da un evviva, apparentemente allusivo alla salute dell'autore
dello scherzo, ma in sostanza diretto alla persona di Napoleone (1).
A Venezia venne arrestato un Sebastiano Cosin , perchè avea
pronunciato il nome di Napoleone nel mostrare al pubblico , in
un panorama, la pianta della città di Parigi.
La polizia si adombrava anche dei sentimenti che ispirava nel
pubblico compassionevole 1' ex imperatrice Maria Luigia , quan-
tunque la medesima avesse saputo separarsi dall' uomo a cui
doveva le gioie del soglio e della maternità e che le correva
obbligo di consolare nell' estrema sua sciagura (2). Eccovi un
rapporto in proposito, senza luogo e senza data:
(1) Rapporto di polizia.
(2) Anche più la polizia insospettiva di Letizia, madre di Napoleone, cosi
schiva di comparire, così aliena dalla politica: soffriva molestie nella sua
breve dimora a Siena. Vedi lo scritto del Livi, Madama Letizia a Siena,
nella Nuoca Antologia, 1888.
920 LA. RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Nobile Sig. Consigliere Direttore Generale di Polida.
Jiiseroatissima. — La presenza della principessa Luigia, sviluppò
un entusiasmo il più rimarchevole nei patrioti Francesi, ed il com-
passionarla che questi nei vari crocchi feccero , causò del mail' umori
anco a quelli che tutto lo spirito loro è per l'Augusto Nostro Sovrano.
L' esaltar che fecero questi le rare qualità morali della Principessa
suddetta, il racconto della sua triste iliade, il farla rimarcar per af-
llittisima per aver lasciato il Figlio, tutto ciò in complesso dall'ar-
tificioso e seducente dire di Partiggiani causa un sommo raffredda-
mento dell'opinione dovuta all'Augusto Monarca. Ciò le fo a di Lei
cognizione (1).
Questo puerile studio di levare via i ricordi napoleonici non
perdonò a pubblici edifìci , non a lapidi , e nemmeno alle meda-
glie, alle carte, ai libri. Non tQllerarono gli Austriaci la memoria
monumentale della sconfìtta di Marengo, sicché sull'Arco di Porta
Ticinese, innalzato con offerte spontanee di parecchi cittadini per
festeggiare e rammentare quell'avvenimento, sostituirono le iscri-
zioni che si leggono tuttora. Sulla facciata esterna :
PACI POPULORUM SOSPITAE
e sulla interna :
DEDIC. ANNO MDCCCXV.
Ma la storia non si cancella ad arbitrio di despoti, e le epigrafi
nemmanco valgono ad alterarne gli effetti (2).
E un altro ricordo fu levato via , per non offendere i nuovi
padroni, la grandiosa lapide infissa nel 1801 sulle mura della
stessa Porta Ticinese, la quale con elegante concisione comme-
(1) Abbiamo conservato a questo documento tutti gli errori dell'originale,
onde il lettore possa rilevare il grado di coltura d^i confidenti, a cui l'Au-
stria commetteva di far indagini e riferire sullo spirito pubblico delle popo-
lazioni. — Carte segrete, I, 42.
(2) BiONDELLi, Sulle antichità e sui restauri di Milano, nel Politecnico,
XIV, 319.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 921
morava le fortune napoleoniche dell' anno precedente (1). Di
un'altra lapide, pure napoleonica, non si seppero per un pezzo
le sorti: un coraggioso cittadino la celò nella propria casa, e,
non é molto, ricomparve in pubblico, e fu deposta nel nostro
>fuseo archeologico.
Vane paure , se riguardavano Napoleone e Maria Luigia e ma-
dama Letizia e i Napoleonidi tutti, e stolte vendette contro pietre
e marmi a cui erano affidati i ricordi incisi nei cuori; ma ragio-
nevoli timori se riguardavano le idee che Napoleone, bene o
male, avea rappresentate per qualche tempo, e che adesso rida-
vano un certo prestigio al suo nome.
XXVIL
Non tardò a presentarsi un altro argomento di timori per la
polizia , e questa volta reali e vicini : 1' agitazione popolare contro
i panattieri.
Le farine cominciavano a scarseggiare e il pane era salito a
caro prezzo.
L' agitazione sul principio si dissipava in dicerie , ma a poco a
poco il discorrere appassionato e il designare accaparratori di
grani e cupidigie di fornai fé' bollire la testa della gente, sicché era
a prevedere qualche grosso caso, di quelli che il Manzoni ha de-
scritto nel suo romanzo. Infatti due fornai, il 2 luglio, videro
addensarsi la folla davanti i loro negozi, e la corsero brutta. Benché
avessero chiuso in fretta e furia, disperavano di sfuggire all'ira
del popolo : ma ecco sopraggiungere un drappello di soldati , e
(1) BioNDELLi , lav. cit. , pag, 320. — Questa lapide, per quanto sap-
piamo andò perduta, ma l' iscrizione fu riprodotta in un grande medaglione
di bronzo. Il Biondelli accenna al dubbio che possa ancor trovarsi in
qualche casa magnatizia.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 47
922 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
la folla venne dispersa (1). Il giorno dopo si pubblicò un proclama
minaccioso : e la città tornò quieta.
Il 9 luglio un altro Tedeum, — quanti nello spazio di pochi
mesi! — per le vittorie degli alleati, colla spesa di ottomila lire,
che agli affamati o male sfamati parve di sicuro soverchia! E
s'andò pure accattando, per iniziativa di alcuni nobili, danaro per
i militari feriti dell' « armata I. R. d' Italia » : si raccolsero ap-
pena quattromila lire (2). E già era in vista un'occasione di nuove
spese : il 4 ottobre doveva festeggiarsi l'onomastico dell'imperatore.
Neir anticipare l'annunzio di un giorno si « desiderato », piovvero
dall'alto nuove dichiarazioni e assicurazioni di una felicità perenne,
non mai goduta :
mentre splende l' aurora di una durevole pace che rallegra colle
più fauste speranze; mentre non più forzata ad esporsi nei peincoli di
mondiali eterne guerre la gioventù può tranquillamente applicarsi al-
l' esercizio delle arti e dei mestieri ; mentre infine le circostanze po-
litiche e territoriali si combinano in modo da assicurare il risarcimento
del commercio, ecc.
E per meglio commemorare quel giorno , il governo assegnò
medaglie d' oro e d' argento, <r< onde premiare e avvalorare il
coraggio di chi avrà fatte utili scoperte nelle arti meccaniche e
nell'agricoltura, ecc. » Al Cesareo Regio Istituto ne venne affi-
data la distribuzione.
Avrete notata la formale promessa che risguarda la coscrizione.
Ebbene, il 7 agosto si ristabilisce in Lombardia il servizio militare :
Oggi per compimento delle consolazioni , stante 1' eccessiva carezza
dei viveri e i dazi oltremodo gravosi, si espose dalla benemerita nostra
Reggenza una coscrizione di 6188 giovani. La coscrizione era il solo
aggravio che ormai il pubblico riteneva abolito per sicuro. In tale cer-
tezza sopportava pazientemente tutti gli altri aggravi che non la colpi-
(1) Mantovani, Diario. — Il Giornale Italiano non fa cenno di ciò: si
temeva il contagio dell' esempio.
(2) Giornale Italiano, 2 luglio 18J5.
I A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 923
vano si da vicino come la perdita della figliolanza. Perciò la desola-
zione andrà al colmo (1).
E la desolazione andò proprio al colmo, e indusse a parlare
e a gridare anche quelli che fin qui non avevano osato aprir
bocca. Vederseli ancor portar via i figliuoli, per mandarli in paesi
lontani, fra gente estranea, dopo che il paese s'era già dissan-
i.'ualo per quell' altro ! Ma almeno quell' altro ci avea raccolti
sotto una bandiera amata, ci aveva infuso il desiderio della mi-
lizia, e, oltre la gloria, ci dischiudev'a dinanzi una carriera ricca
di seduzioni e di compensi : ma adesso I
Non riuniti quelli di una medesima favella ma dispersi , alla
mercé di rozzi caporali ; esposti alla pena del bastone che talora
lasciava semivivi ; sempre umiliati, anzi frementi d'ira impotente;
aggregati a reggimenti esotici, cacciati forse in qualche fortezza
ungherese o boema I Un simile quadro ispirava ribrezzo e terrore
insieme ; ne piangevano le famiglie, e i coscritti tutto mettevano
in opera per isfuggire ad una sorte cosi dura (2). Aggiungete
l'obbligo di servire per otto e talora nove anni, il meglio della
giovinezza I
Ieri (I settembre) fu un giorno d'estrema tristezza per le famiglie.
Non è possibile farsi un' idea delle imprecazioni e degli improperi
d' ogni sorta scagliati contro 1* autorità (3).
E ai disertori si dava la caccia su pei monti e nei boschi ;
guardatissimo il confine dalla parte della Svizzera e del Piemonte.
I coscritti si pigliavano a trattare come prigionieri o bestie da soma.
Ieri r altro — scrive ancora il Mantovani in data 15 settembre —
volendo i gendarmi in Pavia legare a due a due i coscritti, questi
(1) Mantovani, Diario.
(2) Contro la diserzione si rinnovano notificazioni all' intemo e si fanno
convenzioni colle potenze vicine per la reciproca consegna dei colpevoli. —
Museo del Risorgimento.
(3) Mantovani, Diario.
924
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
si offesero del villano trattamento. Ne segui una zuffa: un gendarme
fa ucciso, altri feriti gravemente d'ambedue le parti. La truppa di linea
acquetò il subbuglio, che temevasi avesse più serie conseguenze.
Questa brutta faccenda della coscrizione inaspri anche le classi
che n'erano meno ferite. Ci fu del freddo fra Bellegarde e i no-
bili. La moglie del maresciallo, venuta fra noi a raggiungere il
marito felicemente regnante, piglia le pose di vice regina, par-
tecipa con biglietto il suo arrivo e invita le dame a farle visita,
« Alcune dame trovano quest' invito troppo pretenzioso » (1). Al
teatro per due o tre volte il maresciallo e la marescialla non ebbero
alcun applauso! (2). Il maresciallo, per ristabilire Veniente cordiale,
diede un festone alla Villa Bonaparte : non badò e spendere ; già
non spendeva lui! L'illuminazione fantastica dei vecchi Giardini (3)
estese al maggior numero un diletto, che, nelle vaghe splendenti
sale, era deliziosamente gustato dal fiore delle dame e dei cava-
lieri. Si ballò molto e molto si perdonò !
xxvin.
In quei giorni faceva la pratica legale nello studio dell'avvocato
Lodovico Capretti il neo-laureato Tommaso Grossi. Aveva venti-
quattro anni, ma si poteva dargliene anche meno, tanto erano
vive in lui le prime energie e inquietezze giovanili. Faceva onore
all' aure native , quelle aure del lago di Como che hanno il pri-
vilegio di eccitare l' intelligenza e ravvivare le forze dello spirito.
La famiglia lo aveva avviato nella carriera ecclesiastica, ma in
seminario ci rimase pochissimo, e fece chiasso la sua fuga. Un
po' scappatello, insubordinato, si arrivò persino a temere del suo
avvenire, ma il cuore era eccellente. A Pavia si diede a cono-
(1) Mantovani, Diario.
(2) Idem.
(3) Idem.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 925
scere con satire contro i professori. A Milano le migliori brigate
se lo rubavano giacché era pieno di brio e di talento.
La prima poesia di polso (1), scritta in dialetto, diffusa clan-
destinamente pei crocchi e ripetuta d' orecchio in orecchio , non
fu solo un' opera d' arte ma un atto di coraggio : s' incaricò di
parlare lui pei mille ammutoliti ; e , tolta occasione dall' eccidio
del Prina, palesò il disgusto del paese per quel delitto, proclamò
irresponsale la maggioranza di quell'eccesso plebeo, ed espresse
anche, sotto forma umoristica, il disinganno del paese rispetto al
nuovo governo e perfino rispetto alla persona dell' imperatore.
Non si poteva andare più in là.
La Prineide rendeva un grande servigio al paese : la nostra
città, per bocca del suo poeta vernacolo, si dichiarava innocente,
si lavava di quel sangue: e nello stesso tempo mostrava che non
era spento in essa il retto senso politico e il coraggio di una
schietta per quanto impotente protesta. Il lavoro del giovine poeta
recava l' impronta di quella scuola pariniana , che non perdette
mai di vista la pubblica educazione, e che osò sfidare gli abusi
e le preponderanze privilegiate. Anche il Grossi, come già il Pa-
nni e il Porta, scendeva nella via, s'accostava al popolo, trattava
un soggetto ardente e pericoloso, pronunciava il rimprovero che
fa arrossire, che scuote la coscienza intorpidita, che ridesta i
liberi convincimenti e i foni voleri (2). Per tal modo, al tramon-
tare del Porta, sorgeva un altro prestante ingegno, per raccogliere
la sua eredità : ingegno affine , eppur originale.
Divulgate senza nome, lette avidamente quelle sestine mirabili
per brio, per freddezza di sarcasmo e di stile, la polizia fece le
più diligenti ricerche per iscoprirne l'autore, e si misero gli occhi
su quanti usavano manifestare i loro pensieri in versi vernacoli.
Tra gli altri, ne fu indiziato autore Carlalfonso Pellizzoni, prete
addetto ad una chiesetta nella parrocchia di Sant'Ambrogio, poeta
di facile vena, e del quale all'Ambrosiana si conservano molte
(1) La Prineide.
(2) Tenga, Prose e poesie scelte , I, 149 e segg.
926 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
poesie manoscritte e inedite. Una lunga sua diceria, descrive la
perquisizione fattagli dalla polizia e i pettegolezzi della parrocchia :
Ehi set nagotta, el pret de la gesetta
Han de menali a Santa Margherita
In penitenza che 1' ha faa el Poetta.
So dagn respond quell'olter, le merita.
Si lamenta in particolare col commissario di polizia, che gli
usò sgarbatezze :
A quel sciur capp vorev giust fac savee
Che no se tratta insci coi sacerdott
El visi per so ben che el staga in riga
Ch' el guarda che el Segnor no le castiga.
Ma so già che no poss alza i barbis
E falla foeura con sto sciur todesch.
Del resto egli aspetta la prima occasione per denunciare quel
prepotente.... e farlo bastonare.
Anche più indiziato era il principe dei poeti vernacoli , Carla
Porta ; da tale supposizione potevano venirgli danni gravissimi.
Cassiere al Monte Lombardo- Veneto, viveva del suo salario , e ,
per quanto gli spiacessero i nuovi padroni, aveva risoluto di evi-
tare molestie col governo. Già gli uni valevano gli altri, i Fran-
cesi non erano gran che migliori di questi, e dopo tanti casi e
rivolgimenti anche il Porta provava un senso di stanchezza, quella
stanchezza che rasenta un po' 1' apatia e che esprime più che
altro un bisogno supremo di riposo. Gli spiacque quindi di es-
sere creduto autore di questa e di altre satire vernacole che
andavano in giro, quasi che egli solo sapesse trattare la poesia
in dialetto. E però scrisse tre sonetti (1), pieni di tristezza, nei
quali non disdice l'omaggio reso a Napoleone, ma si dichiara
anche incapace di offendere 1' attuale governo (2). È la protesta
dell'impiegato che teme la riprensione del proprio capo d'ufficio!
(1) Poesie. — Milano, Robecchi, 1879, pag. 615.
(2) Questo sentimento egli esprime anche altrove : « Giuri vess grato a chi
me dà el me pan ». — Poesie, ed. cit., pag. 393.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 927
Non daremo a questi sonetti maggiore importanza di quello che
meritano : il poeta non rinnega nulla , ma dice tale e quale lo
stato del suo spirito, alieno da nuove lotte, e più che altro ansioso
di pace. C'è già in questi versi il presentimento degli anni con-
tati: « Hoo già saraa su l'anta > , egli dice; sono innanzi negli
anni, non voglio più impicci ! '
Anche nel terzo sonetto che comincia :
Gh'hoo miee, gh'hoo ficea, sont impiegaa,
e che fu disapprovato più degli aliri, non è difficile scoprire una
certa vena umoristica ; e non pare sieno da pigliare tutti sul
serio quei suoi risentimenti, quelle sue proteste. Quel « degn de
andà in galera » applicato agli autori delle satire incriminate ,
accenna evidentemente ad un regime di caserma che s'offendeva
anche degli scherzi letterari: ci pare più presto una critica al
sistema vigente che non un rimprovero agli autori.
Non è da credere che egli ignorasse che il giovane Grossi era
r autore della Visione (1), giacché gli andava famigliarmente per
casa e ne aveva predetto l' ingegno, ammirando i primi suoi saggi.
Tre anni prima gli aveva diretto, mentre si trovava a Treviglio,
in villa presso uno zio, quella saporitissima poesia: «Al me car
sur Tommàs », mandandogli colla sua la benedizione di altri amici
di casa, segno che la convivenza e la confidenza era già molta :
Cattani, i duu Maderna, mia miee,
Tandin , Lanzett , Mongee ,
E Greppi e Bernardon ,
Per fa la rima in on.
Te dan la soa benedizion.
Mettet in genoeuggion, *
Rezevela che V è mei che papal
O per el manch 1' è tal e qual (2}.
(1) Del tutto diversa è l' opinione , in proposito , del Barbiera ; però mi
paiono buoni i motivi per i quali io dissento da così grave e valente illu-
stratore della vita e delle poesie del Porta.
(2) Poesie^ ed. cit., pag. 392.
928 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
E però non si dirà che egli commettesse un'offesa all'amicizia
dicendo il vero , cioè che quella poesia non era farina del suo
sacco. Evidentemente egli non riteneva con tale dichiarazione di
nuocere al giovane suo amico , e confidava che in nessun modo
si venisse a scoprire il vero autore:' bastavagli non essere addi-
tato lui alle ire dei governanti.
Ad ogni modo quei sonetti gli furono apposti a colpa, e spe-
cialmente il terzo ; e non si mancò di dirglielo anche in versi
vernacoli :
Carlin , te parli ciar, el tò sonett
E la tua smania de giustificatt
Sul cunt de la vision, fan un eflfett
Che domanden paricc se te se matt.
Con i tocu loffi de leva el sospett,
Disen che la tua ronfa V è el lodati ,
Che i tò resonament varen on ett,
Che te guadagnarisset a fa el sciati,
Che no te gh' entret nanca per fer rott
A spuà di sentenz su certi scritt,
Tanto più che anca ti te gh'ee d'.... brutt.
Donca per no fatt toeu tropp sul legott,
God i tò crost, impiegh, pension, ciovitt,
Lassa sta el can che dorma e dì nagott (1).
Invece la condotta del Grossi fu molto risoluta e si può ag-
giungere insolita , pei tempi che correvano. Affinchè altri non
soffrisse per cagion sua, si presentò al governatore Saurau e si
dichiarò autore della Prineide: « Io rivelo la cosa al ministro
e interpongo in mio favore l' autorità del magistrato che mi
(1) Questo sonetto, inedito, si attribuisce ad Antonio Zanatta, e si trova
nella Race. dell'Ambrosiana, segnata E, S, III, 5. — Il Porta fu per alcuni
giorni bersagliato da lettere anonime e da mordaci sonetti , del genere di
quello sopra riferito; ma egli non se ne turbò gran fatto. — Vedi il cit. studio
del Barbiera premesso alle Poesie del Porta. — Firenze, 1884, pag xxxvm
e seguenti.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 929
ascolta » (1). Al magistrato piacque questa franchezza , e , solo
per salvare le apparenze, tenne il Grossi due giorni in arresto:
piccolo martirio che fece più noto 1' autore e più ricercata la
satira. Ma non tardò una piena assoluzione; l'imperatore, indi-
vidualmente offeso , dichiarò cassata ogni procedura , e non si
dovesse tener conto al poeta di questo fatto né per allora né per
i futuri destini della sua carriera.
Fra queste ansietà e per timori di perquisizioni domiciliari, il
Grossi avea dovuto, ben a malincuore , distruggere parecchie carte
compromettenti, fra cui alcuni versi del Porta, che forse si sfogava
con lui, intiraissimo, sul cattivo andamento della cosa pubblica.
Dolente di ciò, scriveva all'amico una lettera, nella quale si leg-
gono queste parole frajnmentarie : « mi scrivesti tante e si
belle cose che serbava come reliquie nel cuore del mio scrittoio,
e che il diavolo mi fece abbruciare in occasione delle mie note
vicende (e t' assicuro che vorrei piuttosto aver perduto un dente) ;
basta.... riparerò per l'avvenire a questa disgrazia» (2).
La condotta del Grossi fu da tutti ammirata, e più d'ogni altro
forse dovette ammirarla il Porta, che si trovò per tal modo al-
leggerito di ogni timore. Ne rimase rinsaldata un'amicizia, che
fu uno dei maggiori conforti degli ultimi anni del poeta vernacolo,
e che ha contribuito a iniziare alle più sottili finezze dell' arte
il giovane alunno.
Continuarono a vedersi e a scriversi i due poeti come vecchi
amici, quasi si direbbbe innamorati l' uno dell' altro. Il Grossi
chiudeva le sue lettere: «Addio, il mio caro Porta, onore e gloria
della lingua nostra ». E il Porta: « Oh i begli ingegni che siete
voi altri ! Non v' è nulla che non vi riesca meraviglioso in verso
e in prosa , ancorché fatta cosi su due piedi ; e io scrivo a voi
altri di questa prosacela. Addio, addio. Guardami il cuore. Questo
(1) Predari, nella continuazione dell'opera del Corniani, / secoli della
letteratura italiana. — Torino, 1856, Vili, 191. — Vedi pure le mono-
grafie d'Ignazio Cantù, di Cesare Cantù, ecc.
(2) Barbiera, studio cit. , pag. xxxix.
930 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
viscere te lo prometto migliore assai del cervello ». E un' altra
volta allo stesso Grossi: «Ti voglio tutto il bene che vorrei alla
più bella e brava ragazza di questo mondo ». E ancora: « Ti am-
miro e ti guardo come si guarda il sole » (1). Poche amicizie
letterarie sono salite più su di questa: ed è confortevole segna-
larle alla nostra memoria.
Il ricordo della breve prigionia rimase assai vivo nella mente del
Grossi. In una poesia inedita , scritta molti anni dopo , per un
pranzo in campagna, in onore del cav. Cicogna, trovo questi versi :
te set minga che i poetta
No san fa olter che tacca alla vitta,
O strusa dent in d' una quai Bocchetta ,
O vessigà verso Santa Margarita ?
L' è inutel 1 Già 1' è '1 vizzi di Bositt ,
O che pizzighen, o che fan galitt (2).
E si duole di non poter dare commissioni agli artisti :
Vun el dà commission , l' olter el spetta
A dai, quand el sarà un pòo mandi poetta,
cioè notaio ; ma non so che ci guadagnasse tanto da largheggiare
cogli artisti , egli fino all' ultimo artista e grande !
La nativa giovialità recava il Grossi a scherzare anche quando
la polizia austriaca gli teneva il broncio. È di questo tempo un
suo Ricors al sur coni mareseiall Bellegar (.3) :
Ezzellenza, desfand giò
Sto ricors, el credarà
Ch' el sia fors d' un quai gogò,
Ch'el le voeur vegnì a secca
Con quei solet resonasc
Taja giò con el corlasc.
(1) Barbiera, studio cit.
(2) Possedute da don Nazaro Vitali, già amicissimo del poeta, che cor
tesemente me le comunicò.
(3) Comunemente si attribuisce questo scherzo al Porta, ma nella Raccolta
dell'Ambrosiana segnata O, 226, par. sup. si assegna al Grossi.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN" MILANO. 931
Nò, signori, 1' è giust vun
Che, r è inutil, sanguanon,
No'l g'ha firo de nessun
Qaand la vaga a ave reson,
E reson che no se pò
Propi minga digh de no.
In del Codez caviggin
Al capp terz de ìncaciggiando,
Leg ottava, vers el fin,
Gh' è che tugg quij che domanda
La patent de incaviggiaa
Han d'avegh tre qnalilaa.
Omnes UH in conclusion
(Zitti, i so prezzis paroU)
Ch' in sfaccia, bastard, mincion,
S' incaviggien fina al coli ;
Nec caoiggium V entra adoss
Quibus maneant sti tré coss.
Ezzellenza caviggioria.
Mi me piasen i coss spicc :
Ghe presenti sta memoria
Scongiurandel d' on cavicc ;
E ghe foo vede in d'on fiaa
Che g'hoo tutt sti qualitaa.
Segue r enumerazione degli allegati. Il poeta vuol convincere
Bellegarde della propria asinaggine, per tacere delle altre doti ;
e, tra le altre prove, rammenta che è dottore, e
Nient olter che Accademmegh
Dell'Arcadia de Homma,
Con tri brazza de diplomma.
Non gli si può davvero rifiutare, secondo giustizia, quanto chiede :
Preghi donca sua Zellenza
Perchè '1 veubbia teus l' impicc
De proved all' occorrenza
Regallandem un cavicc.
Di pu long che ghè in l' Imperi,
Come implori e come speri.
932 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Oggetto del ricorso :
Recors d' un desavi aa
Pien de fum e senza rost,
Ch' è nassuu descaviggiaa,
Che r è al mond perchè gh' è post,
Per ave se ghe fuss strada,
Ona benna incaviggiada.
XXIX.
Consuetudini e motivi politici raccomandavano all' imperatore
di scendere in Italia per visitare il paese ricuperato alla sua co-
rona, ridestarvi tradizioni e affetti illanguiditi e vincere le masse
collo spettacolo della sua maestà. Fa sempre effetto sulle turbe
la sovranità in viaggio, che si circonda di tutta la sua pompa.
Fra noi dell' imperatore si diceva bene e male secondo gli
umori , secondo i momenti. Che fosse un genio , nessuno poteva
affermarlo, ma a molti sorrideva la speranza che governasse colla
placida temperanza di Leopoldo. Il Grossi esprime , su per gtù ,
il concetto che avevano di lui i non ignari delle cose del giorno
e della parte presavi dall' imperatore :
Tutt quist hin ciaccer che concluden n'ient.
Salta su el Prinna; infin coss haal poeu faa ?...
In quant al fa, respondi, verament....
Sì.... fina adess.... l'ha minga comenzaa;
Ma disen.... Cosa occor ? in fin di fin
L' è el re di galantomen Franzeschin. —
— El re di galantomen , dis el Prinna
Sgavasgiand, obbhgato dell' avis !...
E mi allora : Coss' è sta pantominna ?
Ch' el me scusa, zellenza, m' è duvis
Che sta vceulta con tutta la soa furia
L' abbia tolt un cojon per on' inguria !
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA l.\ MILANO. 933
E lu : Ben , che s' el tegnen sto co,... — Tura... 1
Sbraggi mi subet.... brutt mostacc de toUa!
Ma con tutt quest, perdincio, gh' hoo pagura
Ch' el l'abbia proferida la paroUa,
Che in la cappella se sentiva el sòn
Dell' ecco, che finiva come in òn.
Ed anche i rapporti fra sovrano e sudditi, quali erano creati
dal posticcio accomodamento , sono ritratti con felice umorismo
dal Grossi :
Adess disi per di del grand amor
Che gh' emm nun Milanés per el padron ;
Car padronasc, che gust.... andà a descor.
L'è una robba, che l'è fina tropp bon ;
E nun cont lu semm propi carna e peli,
Camisa e sedes, scisger e buell ;
Che semm bon anca nun tant quant à lù,
E lù l' è bon anca lù tant quant a nun ,
Nun incapazz de fagh del maa a lù,
E lù incapazz de fa del ben a nun ,
Pien fina sora i oeucc de la virtù
De la santa pa^cienza e nun e lù (I).
Ad ogni modo si trattava di vederlo da vicino , ed una visita
di quella fatta ha sempre la potenza di agitare le fantasie, sve-
gliando intensa curiosità.
Nell'ottobre fece la prima sosta a Venezia, e le prestabilite
ovazioni lasciarono credere che fosse perfetto l'accordo fra Vienna
e quel lembo orientale d'Italia, per dodici secoli libero, e certo,
in fondo all' anima sua, non obblioso della sua passata indipen-
denza e gloria.
Il mondo officiale milanese si commuòve, e dispone che una
deputazione vada a Venezia per supplicare 1' imperatore di pro-
(1) Nella Prineide. Mi attengo alla lezione data nelT ed. del Carrara,
Opere poetiche. — Milano, 1887, pag. 277.
934 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
lungare il suo viaggio nelle provincie lombarde. Già si sapeva
che doveva recarsi anche fra noi, ma ci si consigliò di pregamelo,
affinché un nostro sospiro anticipasse l'evento; si fece anche di
più, si nominò addirittura la deputazione incaricata di quest'ufficio.
Oggi (5 novembre) mentre l'Amministrazione municipale deliberava
per scrutinio in Broletto chi doveva mandare a Venezia per compli-
mentare S. M., capitò una lettera del governatore Saurau aver egli
fissato per 1' ambasciata monsignor Opizzoni, il conte Giulini e il ne-
goziante Ciani. Ecco risparmiato l' incomodo dello scrutinio (1).
I tre deputati compirono la propria missione, e ritornarono colla
promessa che l'imperatore non ci avrebbe privati della sua visita.
Una parte della nobiltà si mette in una grande agitazione: pei
nobili vecchi 1' ossequio all'Austria si combinava col rimpianto
della giovinezza, placidamente e rumorosamente goduta della ba-
raonda napoleonica: si trattava quindi di far rivivere quei bei tempi;
pei nobili giovani si trattava di mettersi innanzi, di far risaltare il
casato, lo stemma, il censo.
Alcuni giovani (13 novembre) della nostra nobiltà avevano proposta
una guardia d' onore , per accompagnare S. M. all' arrivo e alla par-
tenza. Il maresciallo Bellegarde avea dato loro il permesso, ed inco-
minciavano a fare le spese per la montatura, quando venne da Venezia
la proibizione, per il motivo che l'imperatore viene per sanar piaghe
e non per aprirne (2).
L'imperatore si trattenne a Venezia oltre il tempo fissato, per
attendervi l'arrivo dei famosi cavalli di bronzo che Parigi dovette
restituire con molta parte del mal tolto bottino artistico. Anche
noi potemmo rallegrarci per la restituzione dei nostri capi d'arte,
codici e manoscritti : ma la restituzione non fu completa e il
rimpianto non è cessato. La delicata faccenda fu messa nelle
mani di Antonio Canova , che , per quella circostanza , fu detto
non ambasciatore ma imballatore , e mostrò zelo grande : ma la
(1) Mantovani, Diario.
(2) Mantovani, Diario cit.
I,A RI^«;T\URA/'IONl^ AIJSriMVCA IN MILANO. 935
sua opera avrebbe giovato anche di più se a ciascuna provincia
si fosse permesso o meglio comandato di inviare a Parigi , per
tale oggetto, un proprio rappresentante.
Il 1* dicembre arrivarono a Milano non so quante casse con-
tenenti quadri e codici, e furono deposte nel chiostro delle Grazie
per farne pubblica mostra in occasione del prossimo arrivo del-
l'imperatore. Restituzione che ricondusse il nostro pensiero verso
i giorni della Cisalpina, per deplorarli : ma a quel modo che mani
straniere ci aveano spogliati, mani straniere ci ridonavano il fatto
nostro, e pareva regalo e quasi trofeo. Due giorni dopo vedemmo
anche noi i famosi cavalli che parevano impazienti di riedere
all' antica sede. Attraversarono la città su robusti carri e con
grande strepito, scortati da guardie.
Di un' altra restituzione, fuori di ogni nostra aspettativa, corse
da Milano per tutta Italia l'annunzio. Il bergamasco Angelo Mai
trasse in luce, dai palinsesti dell'Ambrosiana, delle opere antiche
di gran pregio: avviamento a scoperte anche maggiori. Sino al 1819
adoperò quella sua nova e mirabile industria nella nostra Am-
brosiana, quindi passò a Roma ove la sorte gli fu più che mai
propizia, e rievocò dalle tombe gli alti insegnamenti dell'antichità.
Questo ridestarsi dei morti fu da taluno, anche prima che Leo-
pardi ne scrivesse, riguardato coQie rimprovero e stimolo insieme
ai viventi ; ma sciaguratamente scarseggiavano le occasioni e i
mezzi di ben fare.
I Veneziani profittarono della presenza dell! imperatore, in vista
benigno e disposto a condiscendenza, per chiedergli di non dipen-
dere da Milano e far da sé: e che ciò si chiedesse da una città
che fu per si lungo ordine d' anni dominante, non faremo le me-
raviglie. Fu bello sacrificare interessi e orgogli di questo genere
all'unità della patria: ma, allora, non era più parola di patria,
sibbene di un regno vassallo a Casa d'Austria.
La cosa saputa a Milano suggerì questi versi :
Ma che bravi Venezian !
L' han cattaa lor el moment
De raostrass italian,
Patriott cold e bujent.
936 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Ghe r han ditt ciar e destes
Propri a lu , all' imperator,
Che no vceuren Milanes
In r Italia soa de lor.
E de fatt per gent sovranna.
Che han faa, ditt e bordegaa,
L'è de giust, ghe va la canna
Che r è un segn de nobiltaa !
Quant a nun, sem gent indegna
De mesciass con tanta gloria,
Nun che portem per insegna
Del paes sgriscia e sciloria (1).
Andee là, car Pantaloni,
Dio ve faga soddisfa.
Che per nun pover mincioni
Stem mej sol che mal cobbià (2).
Se ne alimentarono dei dispettucci , che i ben pensanti cerca-
vano di tòr via, ma che erano fomentati dai pregiudizi di cam-
panile. Nelle bosinade del tempo ricorre spesso il confronto fra
le due città, fra i monumentt dell' una e dell' altra, che é proprio
una miseria. Si fa parlare , di solito , Meneghino e Pantalone ,
ovvero dei Milanesi e dei Veneziani ; e i primi lodano il meglio
della loro città, e cosi i secondi: prolissa enumerazione, scarsa
dì novità come priva di ogni merito letterario. In uno di questi
dialoghi, la moglie milanese persuade il marito veneziano della
eccellenza, della superiorità di Milano:
Sì, mojer, mi ve protesto,
Che Venezia xe una parte
E Milan xe tutto el resto (3).
(1) Né il Cherubini né il Banfi registrano la voce sgriscia. La voce sci-
loria significa aratro ad un solo orecchio.
(2) Poesia manoscritta nella Race. dell'Ambrosiana segnata E, S, IH, ■">.
(3) Dialogo ira il marito veneziano e la moglie milanese. — Milano,
Tamburini (senza data) nella cit. Raccolta di bosinade dell'Ambrosiana, voi. VI.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 937
« Milan e poeu pù » , dice 1' ambrosiano puro sangue. « De
Venezia ghe n' é una sola», dirà il cittadino delle Lagune, or-
goglioso di oltre un millennio d' indipendenza e di potenza. E il
sentimento che in questi detti proverbiali si tramanda, se fino a
un certo punto é lodevole , è pure il residuo di quel regionalismo
accanito e indomito che travagliò il nostro paese , e soltanto ai
nostri giorni è andato mancando perchè gli eventi , le più facili
comunicazioni e la possibilità di più larghi raffronti hanno cor-
retto e nobilitato gli orgogli municipali. E per toccare della nostra
città, quel suo nobilissimo figlio, di cui sempre porteranno il lutto nel
cuore quanti hanno in pregio la sapienza e la virtù, il conte Carlo
Belgioioso, ne scrisse poco prima di morire: « I Milanesi hanno
fama di essere troppo facili lodatori delle cose loro. È un' accusa
vecchia; e, riferibilmente ai tempi, giusta. Ma come poteva essere
altrimenti solo quarant'anni fa, quando per visitare Novara e Pia-
cenza bisognava munirsi di due passaporti e del visto degli agenti
consolari di due Stati? Era ben naturale che chi tornava dall'aver
percorso il piccolo regno di Lombardia dicesse che la più grande
e la più bella delle città vedute era Milano. Ora non è più cosi.
Ora, che si vola a Parigi con meno apparato che una volta si
richiedesse per trottare a Bergamo e a Brescia, tutti hanno im-
parato la modestia ; e i Milanesi amano la loro città in silenzio
e senza far dei confronti » (1).
XXX.
L'imperatore entrò nelle nostre mura il 31 dicembre (2). Le scene
veneziane si riprodussero con poche variami. Venne, vide.... e non
fece nulla. Solo parve notevole la semplicità del suo costume ,
, quel vivere da borghese: si coricava presto, si alzava prestis-
(1) Brera, studii e bozzetti artistici. — Milano. Hoepli, 1881, pag. 2.
(2) Il Podestà C. Giuiini annunzia tale ingresso. — Museo del Risorgimento.
A7xh. Stor. Lornb. — Anno XV. 48
938 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
simo, e subito in giro, per sorprendere gli impiegati e coglierli
in fallo, come faceva Giuseppe II. « Stamattina — scrive il Man-
tovani in data 3 gennaio — l' imperatore andò all' ufficio della
Posta e lo trovò chiuso. Bussando gli fu aperto. Il Direttore in
pantofole stava vestendosi e non eravi alcun impiegato ». Quadro!
Il 2 si pubblica un ringraziamento alla Reggenza, sostituendole
un Consiglio di governo, composto del conte Saurau presidente ,
Mellerio vice-presidente, e dieci consiglieri (1). Il conte Saurau ci
aveva appena tastato il polso e pretendeva conoscerci : diceva
essere qui nobiltà oziosa e prepotente , clero ignorante , tenace ,
corrotto , media classe operosa e illuminata.
Mentre l'imperatore passeggiava le nostre vie, visitava i nostri
stabilimenti, col solito codazzo di cortigiani e di curiosi , si spe-
gneva una vita preziosa. Il duca Melzi scompariva a tempo dalla
scena quando ogni atto del mondo officiale milanese offendeva
qualche sua cara memoria (6 gennaio). Certo agli atroci dolori
che sfinivano il suo corpo, s' aggiunse 1' ambascia di non vedere
avverati , ma troncati , chi sa per quanto ! i destini che egli da
vent' anni augurava all' Italia ! È vero che da tempo la delusione
era venuta a fiaccare , non la sua operosità , ma la sua fiducia.
Però egli avea vagheggiato e voluto , fino all' estremo , il bene
del suo paese : e per poco s' illuse che potesse uscire da quel
vasto sconvolgimento , a quel modo che la bufera rasserena il
cielo e purifica 1' aria. Morte deplorata da tutti , ma forse a lui
propizia, giacché gli risparmiava la vista di danni maggiori. Il
governo non permise che i pubblici fogli parlassero di lui (2) :
e nemmanco gli furono celebrate decorose esequie finché l' im-
peratore rimase in Milano.
Ma il sospettoso governo austriaco, non solo spiava le lagrime
che la morte de' nostri grandi poteva spremerci dagli occhi già
velati di tanta tristezza, tentava altresì soffocare la voce de' nostri
filosofi e statisti. Il sommo Romagnosi, che nei consigli legislativi
(1) Notificazione di Saurau. — Archivio Seletti.
(2) Melzi d' Eril, Mem.-Doc, I, 340.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 939
del Regno Italico avea avuto tanta parte, fu additato alla polizia
come uomo pericoloso. Egli aveva tenuto negli anni decorsi impor-
tanti uffici : consultore presso il Ministero di giustizia e professore
di alta legislazione, e di lui poteva dire il ministro Luosi: « Ro-
magnosi ba lo sguardo acuto dell'aquila e il cuore candido della
colomba >. Non avea dismesso gli studi durante i pubblici disastri,
anzi vi avea cercato un rifùgio e un conforto : per cui al cadere
del Regno pubblicò il primo volume Della Monarchia rappresen-
tativa, preludendo quasi per vaticinio alle futuri sorti del secondo
regno d' Italia (1).
Però il governo austriaco non permise che tali confortevoli
annunzi fossero pubblicati dalla cattedra. Il grande giurista fu
privato d' ogni pubblico uffizio e gli fu assegnata una tenue pen-
sione , che il generoso uomo cedeva per tutta la vita ad una
propria sorella, vedova e povera di fortune. Trasse da quel tempo
i giorni in onorata povertà, campando dello scarso guadagno che
gli proveniva da private lezioni a pochi studenti di legge : futuro
cenacolo di statisti e di patriotti !
Al paragone di questi uomini quanto appariva piccino l'impe-
ratore , che non esprimeva mai un' idea originale , mai pigliava
un partito decisivo, e di solito rispondeva: « Datemi una memoria
e la trasmetterò al Consiglio Aulico a Vienna ».
Perfino il Mantovani , che si riprometteva un mondo di belle
cose dall' imperatore , è tutt' altro che soddisfatto di lui , e sog-
giunge : « Il pubblico é malcontento ».
Il 12 febbraio , in occasione del compleanno dell' imperatore ,
si attendevano deliberazioni favorevoli : la nomina del viceré e
dell'arcivescovo, delle grazie, diminuzione di dazi e simili; ma
invece nulla, neppure un cenno, una lusinga per l'avvenire. Il
giorno dopo si provvide ad intedescare anche 1' ordine napoleonico
della Corona di ferro. Nella cappella di corte si tenne la funzione
del nuovo ordine, con larga dispensa di commende e cavalierati.
Non ci mancarono i rabbuffi : tacciava 1' amministrazione di
(1) Sacchi, Il mìo maestro, nella strenna II nuovo Presagio, 1879, pag. 57.
940 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
violenza e di venalità, dichiarando che egli non era disposto
a tollerar alcun disordine ; e venutegli innanzi le corti di giustizia,
con sguardo severo disse loro : Saper egli bene quanti abusi si
tollerassero nei tribunali, volere che i nuovi imitassero gli antichi
suoi Stati , ove la prima cura del sovrano era la retta ammini-
strazione della giustizia (1).
Ma S8 lui ad alta voce ci deprimeva e ci umiliava , a bassa
voce noi gli rendevamo la pariglia : si scrivevano sui muri frasi
poco rispettose, fra cui i versi che durarono poi per un pezzo fra
le ariette popolari :
Franzeschin
Cent' el coin ,
Cent' el tupè ,
Va via , v' è !
Il tupè, ossia i capelli stretti sulla nuca da un nastro di seta,
era, chi noi sa , una moda caduta in disuso fin dal 1796. Ripi-
gliarla , faceva parte di quel programma di ristorazione e di ri-
vincita , nel quale si dava importanza anche alle minime cose.
11 ritornello, per evitare fastidi , lo si aggiungeva a strofe vuote
di senso , preferendo le più scipite, perchè il pensiero ricorresse
subito al sottinteso :
Alla mattina ben a ben' ora
El ven dessora {il domestico)
Cent' el caffè ,
Va via , v' è ! (2).
S' affannava la polizia a cancellare le frasi satiriche , ma ri-
comparivano al mattino sotto altra forma , talora più pungente :
Aritmetica di fresco :
Zero e zero fa Francesco.
(1) E la stessa cosa ripeteva a Mellerio in Vienna, benché ad ognuno
fosse nota la sfacciata venalità dei dicasteri viennesi in quei tempo. —
L'Austria e la Lombardia (di Correnti), 2* ediz., Italia, 1847, pag. 8.
(2) CusAN(, St. di Mil, VII, 275.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 941
E sul piedestallo dell' Uomo di Pietra :
Tutti si lagnano , io non mi lagno
Perchè Francesco ho per compagno.
Sovra un serraglio di bestie, appena aperto al pubblico presso
il corso detto allora Francesco, cioè accanto all'antica osteria di
S, Romano , si trovò scritto : Consiglio Aulico di Vienna.
Molti fra i titolati lavoravano a rialzare la barriera fra sé e
le altre classi , per ricattarsi della promiscuità durante la fase
rivoluzionaria e napoleonica ; e però aveano fondato un Casino ,
non ammettendovi che i nobili di prima bussola, cioè quelli ri-
cevuti a corte.
La presenza dell'imperatore era una bella occasione per met-
tersi in visita , per richiamare sopra di sé nuovi favori. Fecero
molte spese, arredarono sontuosamente le sale del circolo, dando
occasione a questi versi , credo inediti ; e li riferisco anche per
dar saggio delle idee e tendenze democratiche che si mantenevano
vive pur neir ora della rivincita feudale :
Oh ! che stanzett sciallos , che bel salon ,
Che mobel , che pittur, che scagn ; commè !
Sti nobel han voluu dann a vede
Quel che fann , quand vceuren fa de bon.
De cavalier spilorc , de spiosseron ,
De tegn , grazia al Signor, pu no ghe n' è :
Catto ! per fagh onor al noster re
L' è un grand bel spend pussee d' un mezz milion.
Parlava insci pocch su pocch giò la gent
Sora el Casin di nobel un mes fa ,
Ma cont i guaj che adess ghe nassu dent
In sul punt de paga o del no paga,
Milan r ha voltaa lengua in sul moment ,
E adree i nobel ghen disen una cà ;
942 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Mi ghoo un alter pensa,
E senza avegh quistaa ne perduu stima
Disi doma ch'hin anmò quii de prima (1).
XXXI.
Dopo queste satire, meno ci indispongono le menzogne in rima,
quali comprate a peso d' oro , quali offerte spontaneamente da
versaiuoli d' occasione (2).
Il bibliotecario della Braidense, Robustiano Gironi, applicava a
Francesco I quello stesso paragone, che era stato applicato fino
alla sazietà al « nume terreno » , al « sole ardentissimo di gran
luce » , a Napoleone :
Così di rai la diva chioma adorna
Dopo r orror di tempestoso verno
La gente ad allegrar il sol ritorna
Sul carro eterno (3).
Fra gli orrori dello Spielberg , quanto Pietro Borsieri ebbe a
pentirsi dei versi, che egli non seppe rifiutare a quella funesta
attualità: ove dà vanto al solo Francesco I di ciò che era appena
riuscito alle maggiori potenze coalizzate :
(1) Probabilmente questo sonetto è del Porta, di certi nobili nimicissimo :
e si trova nella Raccolta dell'Ambrosiana, segnata S, C, V, V, 26. —
Piovvero le satire contro il partito feudale. Anche la Prineide esprime i
risentimenti della borghesia verso le pretensioni castali.
(2) Vedi la Raccolta dell'Ambrosiana intitolata: Opuscoli storici patrl-
austrlaci ecc. — Un'altra raccolta, pure esistente all'Ambrosiana, è inti-
tolata: Rime milanesi e toscane per II felicissimo ritorno delle gloriose
armi austriache. — Milano, Veladini. Pertusati vi premise dei sonetti. —
Per Varrlco di Francesco I In Milano, ode del Carpani, Pirola, 1815.
(3) Per l'entrata In Lombardia, ecc., in una Miscellanea della Brai-
dense.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IV MILANO. 943
E con un raggio di tranquille ciglia
Il turbo dissipò de' tempi insani ! (l).
Il Monti, rimessosi al mestiere di poeta di corte alla comparsa
fra noi dell' arciduca Giovanni , ripiglia la cetra per Francesco ,
benché il bresciano Scalvini ne lo dissuadesse. « Sai che il go-
verno, rispondeva al generoso bresciano, mi costringe a scrivere
una cantata : sanno bene che non amo l' imperatore , ma devo
obbedire » (2). Parole che provano anche di più la sua debolezza.
Nella quale cantata, per lo spettacolo di gala al teatro della Scala,
osava affermare pago il voto della fede longobarda :
Quel che i ti'oni esalta e guarda
Invocato il secondò :
Te la gente longobarda.
Re possente insieme e padre ,
Esultando salutò.
Meno male che non ha detto fede italiana , mirando piuttosto
a suscitare i ricordi medievali, a rappresentare Milano come dis-
giunta dal resto del Paese, la Lombardia costituita in regno se-
parato: smanie autonomiche che tornavano comode al poeta per
non dire una bugia troppo grossa. Ma come al poeta non cadde
la penna di mano nel celebrare
Il sapiente , il giusto ,
Il migliore dei re , Francesco Augusto.
Così r orror finito
Di questa fiera età
Il suo novello Tito
Il mondo adorerà.
(1) Cantò, Cronistoria ecc., voi. II, par. I, pag. 103. — De Castro,
Caduta regno italico, pag. 296 e segg., ove si fa parola di un abate De Filippi,
mediocrissimo verseggiatore, sfacciato adulatore, che parve biasimevole persino
all' I. R. Censura e a quella schietta e diritta anima di Francesco Cherubini.
(2) Arrivasene, Memorie.
944 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO,
Adorarlo beati vedremo
L' Unno, il Daco, il Moravo, il Boemo,
E quant' altra a lui serve giurata
Gente armata di ferro e valor.
E tu , madre di fervide menti ,
Che caduta ma grande ti senti ,
Bella Italia dirai : Se son viva ,
Se son diva , d'Augusto è favor (1).
L'imperatore pare non pigliasse sul serio queste lodi smaccate,
e , a proposito del loro autore , fu inteso dire : « Egli ha lo-
dato tutti ! » (2).
In quella sera alla Scala si ebbe una scenetta davvero nuo-
vissima. Tutti , come 1' etichetta esige , stavano a capo scoperto
davanti ai sovrani, ma uno si fece notare tenendo il cappello
in testa , come se niente fosse. Il governatore Saurau , invasato
da santo zelo poliziesco, uscito dalla loggia imperiale, scese nel
palco sotto il quale stava colui, e sporgendosi dal parapetto con
un potente manrovescio fé' balzar via il cappello. Fatto un breve
inchino, lasciando gli astantì sbalorditi, il governatore risali presso
V imperatore (3).
Se non con parole, interiormente, l'imperatore avrà apprez-
zata quella prova di devozione , ma il pubblico vi fece su i
più svariati commenti , non tutti lusinghieri , per il manesco
governatore.
Il nostro dialetto , cosi facile ad accogliere le attualità , per
poco sieno singolari , serbandone il ricordo in qualche parola o
frase caratteristica , adottò il nome di Saurau nel significato di
«cappellotto; e fra i monelli il nome fu più che mai di moda al
pari della cosa : ne corsero molti dei Saurau specie all'indirizzo
di quelli che osavano persino approvare la condotta di quell' a-
(1) Nella cantata: Il ritorno di Astrea.
(2) Cantù, Monti e l'età che fu sua. — Milano, 1879, pag. 240.
iì) Cosi il CusANi, Storia di Mil., e il Barbiera nello studio cit.
I
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 945
gente troppo tenero dell' etichetta. Il Porta scoccò un sonetto
pungentissimo ,-che comincia cosi :
Sbraggen i birichitt in su i canton :
Te doo un Saurau invece d' un cappon.
E finisce :
Di sciocch ven foeura i tapp , e di pattan
Legnad , sgiaffon , tratt de villan.
Air ultimo verso mancano tre sillabe , ma il sonetto , natural-
mente, circolò fra noi manoscritto, e ce ne sono giunti solo questi
versi , r ultimo zoppicante per colpa degli amanuensi (1). Non
sono che quattro versi ma bene appioppati : schiaffo per schiaffo ;
solo questo rimane, insieme colla memoria di quell' ardito che
osava tenersi coperto davanti le sacre maestà imperiali. Peccato
che ne sia andato perduto il nome !
XXXII.
Il nostro Porta avea inneggiato a Napoleone : tacere in questa
occasione gli parve cosa poco prudente , ma è anche probabile
che come impiegato dello Stato- ricevesse invito di sbrigliare
r umore faceto. Egli seppe uscire d' impaccio nel miglior modo.
Per non far torto a nessuno dei due sovrani, cosi diversi, scelse
il brindisi bacchico, la forma poetica che impegna meno i convin-
cimenti, e come all'osteria avea celebrato le nozze di Napoleone
con r arciduchessa Maria Luigia ; ancora all'osteria. Meneghino,
personificazione del popolo ambrosiano , con estro scomposto e
scapigliato esalta il nuovo Cesare , promettitore di cosi larghi
beni al paese.
(1) « Probabilmente il sonetto fu distrutto dallo stesso Porta, perchè non
mi fu dato trovarne nemmeno la più breve traccia ne' suoi numerosi mano-
scritti e abbozzi. Certo quel sonetto prova la poca tenerezza che il poeta
sentiva per i nuovi venuti » (Barbiera).
946 LA. RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Che il Porta avesse brindato spontaneamente a Napoleone , lo
dice egli stesso in una nota apposta ad un esemplare di quella
poesia : « Questo ditirambo , che fu divulgato colle stampe di
G. G. De Stefanis, e gratuitamente da me distribuito a chiunque
mostrò brama d'averlo, non é stato da me composto né per forza
di altrui comando o suggerimento , né per desiderio di lucro q
smania di entrare fra il numero immenso degli adulatori di Na-
poleone, ma per spontaneo tributo d'ammirazione dovuto in quel
momento a quel grand' uomo.... ». Ora il non aver trovato , tra
le carte postume , alcuna nota consimile per il brindisi in onore
di Francesco I, lascia chiaramente intendere che questa volta il
poeta non cantò per convincimento, ma piuttosto per convenienza.
Ciò , del resto , traspare dalla poesia medesima. Quelle lodi
sperticate , quelle iperboli eccessive non possono essere pigliate
sul serio da uno che sia abituato a leggere fra le righe. I com-
plimenti , quando sono esagerati , rasentano la burla , tanto più
gustosa quanto più 1' adulato beve grosso ; e ci pare di questo
genere « quell patron careg ras de virtù ». E le quartine se-
guenti non vanno prese in senso ironico ?
Per fa evlva al gran Metter che riva,
Al padron car carasc, ben padron,
Oh' el ven scià con la brocca d' oliva
Senza ruzz, né sparad, né baccan
A proved ai bisogn de Milan....
Venezia, buseccon e todescb
Bevemm tucc, su sbraggemm, su cantemm,
Viva viva la ca de Lorenna ;
Viva viva evivazza Francesch.
Car carase, caro caraccio', è 1' espressione, come giustamente
osserva il migliore annotatore delle poesie portiane, di un affetto
sviscerato e veemente ; ma si può supporre che il Porta lo sen-
tisse questo affetto per il nuovo sovrano , al quale già , oltre la
mancata fede, potevamo rimproverare i primi processi di Mantova?
Che toccaj , che Alicant , che Seiampagn , ma vini nostrani
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILASO. 947
devono essere, vini legittimi, schietti, sinceri, ultimo rifugio contro
un' invasione straniera , che minacciava di adulterare completa-
mente la fisonomia del paese.
Cara pàs, santa pàs sospirada
Tant cercada — comprada e pagoda.
Notate quel pagada !
E poi tutto il ditirambo ha l' andamento dì persona che mal
si regge sulle gambe ; e il poeta si finge ubbriaco fradicio per
assumere meno , anzi per non assumere affatto la responsa-
bilità delle lodi esagerate che gli escono di bocca. « L'iper-
bole, scrive il Barbiera, fu sempre il difetto dei cortigiani che
cantano i re e le regine, siano pure quelli di popoli liberi, e
a Meneghino, antico servitore, assuefatto a sostenere gli stra-
scichi dei tronfi padroni, non torna difficile 1' adulazione ; ma in
questa poesia chi parla è il Porta più che Meneghino; scorgi il
suo sarcasmo mal velato, senti il suo rammarico, indovini il suo
sdegno nel veder tornare a Milano lo straniero bastonatore. Nulla
di più effervescente di questo brindisi ove il dialetto milanese
acquista snellezza nuova ; nulla di più allegro di questo canto
del vino lombardo ; ma è un' allegria falsa ; non è festa , è
scherno >.
Che più ? Lo stesso Porta in una sua lettera a Luigi Bossi
(fratello del pittore e poeta Giuseppe), che riparato più tardi in
Svizzera, per motivi politici, vi si celava sotto il nome di Pao-
liniano Bellinzaghi, dichiara che il suo Meneghin all' ostarla del
1815 deve sembrare veramente un poeta ubbriaco che rugge sotto
le cólte d una cantina o d una bisca (1).
La sera del 6 marzo, nel Teatro Filodrammatico, già Patriotico,
doveva inaugurarsi un busto al Goldoni. L' imperatore e l' impe-
ratrice avevano promesso di intervenire alla festa. Splendida l' il-
luminazione , sfoggiati gli abbigliamenti femminili. Venne distri-
ci) Barbiera, ed. cit. delle poesie del Porta, pag. 221, 439. — Poesie di
Carlo Porta, Robecchi, 1887, pag. 583.
948 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
buito agli adunati una poesia vernacola del Porta. Vi si loda
più che altro le virtù private dell' imperatore : ma in mezzo ai
complimenti più o meno studiati o rugiadosi non manca la nota
gagliarda.
Oh quante voeult in su sti scenn 1' Alfieri
El n'ha faa cor el fregg giò del firón
Col dipingen al viv cuntee e miseri
De re prepotentòn !
Lumi, abbigliamenti e versi sprecati ! Le sacre maestà non
vennero. Il Porta, in alcune sue note manoscritte, pubblica il
motivo, poco decente, di quell'assenza: l'imperatrice s' era sentita
male per una indiavolata indigestione (1).
Un poeta vernacolo, anonimo, un bosin, descrive la bufera
napoleonica (2).
Da ved i face de tanta gent
Semper inquiet e raalcontent
In passaa qui dì insci negher
Che no se vedeva pei contraa
Che di face smort e immagonaa,
In fenii qui mès de guerra
Che ann mis a bordel tutta la terra,
Tocca mo ades giust alla pas
A remedià ai noster brutt cas
Da lee sperem, da lee tutt in sostanza ,
Quiet, salut ed abondanza.
Un colpo di vento ha spazzato le nubi : 1' arcobaleno austriaco
arride all' Italia :
(1) Barbiera, studio cit., pag, xxxvi. — Porta, Poesie. — Milano, Ro-
becchi, 1887, pag. 605.
(2) Dopo el nioel cen el seren, dopo el maa pceu torna el ben, Milan,
dal stampador Tamburini, in contrada di S. Raffael (senza data) , nella cit.
Raccolta di bosinade dell'Ambrosiana, voi. VII. — Non tengo conto di altre
composizioni, Milan in alegria, ecc. Tamburini ; Quatter cersper V arrio, ecc.
Sonzogno, ecc. Queste bosinade si trovano pure all' Ambrosiana.
I
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 949
Consolev ricc e poveritt.
Che in fenii i piagh dell' Egitt ;
Sughè i oeucc e slarghè '1 coeur
E in cielo « lusìrà pu de tri sol ».
Tuttavolta già si avevano indizi che le imminenti annate do-
vevano essere tutt' altro che buone ; il 20 febbraio scoppiarono
tumulti anche a Cremona per la carezza del pane.
Che el elei 1' è nivel e torbolent.
Or el tentona, or el straluscia.
Or el minaccia della siasela,
Ora un vent^ o un tempora),
Ora un turbin boreal.
La lingua batte ove il dente.... ha lasciato il segno.
No ghera di chi in sto pajes
Che no ghe foss pes e contrapes.
Dopo un bugnon ghcra una piaga,
E ogni fregui : Sciori se paga
Ogni fregui on aument^
Ora el cinq o '1 des per cent
Sera el commersi, o i tass di cà;
Ogni fregui : boeugna paga.
Dopo on salas, quatter sanguett
E tocchen là con sti rizzett.
Ma stava per caderci dal cielo, cioè da Vienna ogni ben di
Dio ; e i doni della pace dovevano abbondantemente compensarci
dei mali sofferti.
Em fenii quand Dio voeur
Da sentis scraper strengiù '1 coeur.
950 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
XXXIII.
Il 17 marzo, prima di lasciarci, 1' imperatore pubblicò la no-
mina del viceré destinatoci, V Arciduca Antonio (1).
Il 21 marzo s'incomincia la vendita del pane di frumento misto
con un terzo di farina di pomi di terra. Pane che fu trovato cat-
tivo, poco nutriente, e si cessò ben presto di fabbricarlo ; ma
questo spediente, a cui si doveva aver ricorso, basta ad annun-
ciare maggiori miserie.
Uscito di Lombardia 1' augusto ospite , o piuttosto padrone ,
si fecero, circa tre mesi dopo il suo trapasso, il 28 marzo, le
esequie al duca Melzi in San Francesco da Paola. S' era te-
muto forse che le esequie di questo illustre cittadino potessero
in alcun modo offendere la sacra maestà dell' impero e s' era
quindi atteso che il sovrano absburghese se ne fosse andato ?
Un simile timore poliziesco forma un altro elogio di quella grande
figura storica. Egli ricordava e in parte riassumeva in se tali
tempi che umiliavano nel modo più irritante le presenti condi-
zioni del paese.
Al principio d' aprile s' ebbe la notizia che l' arciduchessa
Maria Beatrice, nostra vecchia e cara conoscenza, doveva ricon-
dursi a Milano, per fare fra noi lunga dimora. Vissuta qui, per
tanta parte della vita , prima da fanciulla poi come moglie al-
l' arciduca governatore Ferdinando , avea lasciato di sé i ricordi
migliori (2). Le improvvisammo una festosa accoglienza, nella quale
e' era più spontaneità che nei precorsi ricevimenti ; e ai vecchi
pareva di tornare vent' anni indietro : impressione sempre pia-
cevole.
Entrò come in trionfo da Porta Romana (10 aprile); lungo la strada
fino a corte facevano spalliera i soldati , tutta 1' ufficialità a cavallo e
(1) Patente Sovra!na, ecc. — Museo del Risorgimento.
(2) Dk Castro, Milano nel Settecento, pag. 273.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 951
un grosso corpo di truppa con due bande musicali la scortavano; i
più cospicui nobili in carrozze con livree di gala la seguivano. Cento
colpi di cannone la salutarono dal castello fra gli evviva ai quali cor-
rispondeva coi baciamani (1).
E non mancò il saluto della poesia vernacola , senza che oc-
corresse questa volta salire sui trampoli della rettorica (2). Il
Porta era pure fra gli ammiratori delle rare virtù di quella prin-
cipessa, ma egli non scrisse in proprio nome, ma in quello della
signora Giuseppa Parea, figlia ed erede di Domenico Balestrieri,
il facile poeta vernacolo che era tanto piaciuto all' arciduchessa
e che aveva celebrato nel 1771, il suo ingresso a Milano come
governatrice.
Maria Beatrice era madre di Maria Luigia, moglie dell' impe-
ratore, ed anche per questo le si fece buon viso: si sperava col
suo mezzo di ottenere i favori cesarei :
Alla madonna de l' imperator
I busecconi in contrassegn d' amor.
rinnovarono V entusiastica accoglienza di circa mezzo secolo
prima.
' Intanto l' imperatrice , ammalata di tisi , giunta a Verona non
potè proseguire il viaggio ; si pose a letto e mori poco dopo, A
San Fedele le fecero le esequie, ritirandosi a Niguarda la madre
desolata, la buona Beatrice, per non assistervi ; e fu nostro il
dolore di quella gentile Estense.
Non possiamo ommettere un documento, che riassume i risul-
tati del viaggio imperiale. La sua provenienza dagli uffici della
polizia — è il rapporto di un confidente — accresce il suo
valore.
Venezia , che all' apparir dell' augusto Monarca nelle di lei lagune ,
piena di speranze in lui , manifestò spontanea il più vivo e devoto
(1) Mantovani, Diario.
(2) Porta, Poesie, ed. RobecQhi, pag. 604.
952 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
entusiasmo sino al termine del di lui soggiorno in questa Centrale ,
pareva eccitare tutta la veneto-lombarda popolazione a seguirne 1' au-
gurato impulso ; ma, staccatosi da qui appena il prelodato Sovrano ,
e rivolti i passi a Milano , si osservò scemarsi sensibilmente quella
devozione e quell' entusiasmo , degenerando adesso , se non in avver-
sione, almeno in mortificante indifferenza.
Lontano però , come sono , da quel paese, e rendendosi difficile di
sapere la verità col mezzo epistolare , mi è forza di starmene al ge-
nerico cenno su espresso , il quale emerge da tutte le notizie che si
ricevono da colà. Animato però da giusto zelo verso il Governo, non
dissimulerò che un ostacolo gravissimo al miglioramento dello spirito
pubblico in Lombardia, e segnatamente nella capitale, lo si attribuisce
al contegno, forse soverchiamente severo, di quel Governator Generale,
nonché all' asprezza con la quale sembra distinguersi il conte Lasanski,
cui viene addebitata 1' espressione , di essere cioè necessario di gcr-
maniser l'Italia, ciò che ha fatto veramente un'impressione molto
sinistra.
Una poi delle cose , che forse ha contribuito a tener depressa la
devozione verso il Monarca nei Lombardi , mi si fa credere per cosa
indubbia esser quella relativa alla continuazione della prigionia di co-
loro , che , preA'enuti V anno scorso di alto tradimento, furono tradotti
nelle fortezze di Mantova. Lusingati come erano gli aderenti di quei
prigionieri di stato, che nel passaggio di S. M. l'Imperatore da Man-
tova potesse impartir loro la grazia, o almeno far conoscere il pro-
prio destino, si sono indisposti nel vedersi delusi nelle concepite loro
speranze.
A tutto quanto si è qui esposto intorno alla degradazione dello
spirito pubblico , non è poi da trascurarsi la promulgazione della
costituzione del regno di Polonia, or ora emanata dall'Imperatore
Alessandro.
Quanto la lettura di quest' atto politico abbia esaltate le passioni è
difficile assai di descriverlo, mentre ora su qjaesto argomento sembrano
gli uomini agitati da un fanatismo per la Russa Potenza , che tutti i
discorsi politici vengono compilati sull'indicato oggetto. Da ciò ne de-
rivano parecchie volte degli odiosi confronti fra il Monarca nostro ed
Alessandro, ed a tali confronti succedono ben spesso dei voti e delle
espressioni che la mia penna ha rossore di ripetere.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 953
Ed eccovi un saggio di questi voti e di queste espressioni :
Verona città giuliva
L' applaude quando arriva ,
Milano che sa 1' arte
L' applaude quando parte ,
Le altre città che la pensan bene
L'hanno in uggia quando parte e quando viene.
C é una variante di questo tenore :
Milano pazientissima e giuliva
Festeggia quando arriva ;
Pavia , gran madre d' ogni scienza ed arte
Festeggia quando parte;
Ma tutte le città che pensan bene
Lo sprezzan quando parte e quando viene (1).
I versi non sono tutti versi, ma le rime ci sono, e la sostanza^
come osserva il Rovani (2), fa le spese della forma. E questo
medesimo epigramma, con pochi cangiamenti, fischiò alle orecchie
di un altro imperatore , di Francesco Giuseppe , quando visitò it
Lombardo-Veneto ; perocché 1' intimo disprezzo , palesato nelle
principali occasioni con argute facezie e frasi di fuoco , dovea
redimere la nostra città nel cospetto del paese, rimuovere da essa
le sozzure delle compre lodi, ed attestare ai superstiti la fermezza
dei suoi intendimenti e delle sue speranze.
fi) Satira ripetuta con poche varianti anche quando finaperatore Fran-
cesco visitò nel 1819 Firenze e Roma :
Flora città giuHva
Festeggia il prence quando il prence arriva ;•
Roma madre dell' arte
Festeggia il prence quando il prence parte;
Città che pensa bene
L' ha in uggia quando parte e quando viene.
Vedi Vannucci, / Martiri, ed. Ili, I, 13. -
(2) Nei Cento Anni.
Aì'^h. S'/or. Lonib. — Anno XV. 49
954 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Allorché Firenze nel 1870 perdette grado di capitale, e il no-
stro Vittorio si condusse a Roma , gli indispettiti e i reazionari
sparsero dei foglietti con un sciaguratissimo epigramma , che fa
riscontro ai precedenti , e che comincia :
Torino piange quando il prence parte ,
Roma gioisce quando il prence arriva ,
Firenze la gentil culla dell' arte , ecc.
Questa ripetizione dello stesso pensiero e perfino delle stesse
parole è altra prova della scarsa fantasia de! volgo, di rado ori-
ginale nelle sue composizioni , ammenoché 1' argomento non ri-
guardi r amore o la famiglia.
XXXIV.
La venuta dell'imperatore avea ridestate le più belle speranze
fra i prigionieri che gemevano nelle orride carceri del castello
di S. Giorgio a Mantova. Il voto universale preconizzava lo scio-
glimento delle loro catene. Vane lusinghe. Non si diradò il mi-
stero che circondava le loro sorti.
Foscolo dalla Svizzera piangeva ancora 1' amico diletto , Ugo
Brunetti , che mal sopportava gli stenti del carcere , e scriveva
il 1° aprile 1816 una lettera calda d' amore all' amica sua Lu-
cilla Macazzoli, che ancora si trovava a Mantova per confortare
almeno colla vicinanza quel desolato :
Dacché son partito d'Italia, ho sempre cercato per ogni via di ot-
tenere notizie del più fidato, del più generoso e del più affettuoso
amico che io abbia avuto in mia vita, nò spero di più ritrovare sopra
la terra un'anima che m'ami tanto e che gli somigli. Io l'ho perduto,
e voi sapete come e quando io 1' ho perduto , e in che stato rimasi.
Né d' allora in qua il mio dolore è scemato , né mi rimaneva altra
consolazione se non la speranza di poterlo aiutare e difenderlo ; . . . e
mi fu anche vietata queir unica mia speranza.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 955
(>>UL'sia lettera venne mandata da Foscolo a Pellico, che doveva
recarsi a Mantova: e con tal mezzo fidatissimo arrivò al suo
destino. Lucilla ne fu intenerita, e s'affrettò a mandare all'esule
poeta le notizie tanto sospirate.... « Voi siete sventurato, è vero,
ella scrive , pure gioite almeno della libertà : ma egli I . . . egli
vive tuttavia serrato in isquallido carcere, segregato dagli amici,
dai parenti e da tutto ciò che v'ha di più caro al mondo. Io l'ho
seguito, come voi sapete, e seguirò! lo ovunque lo conduca il suo
tristo destino , tuttoché rade volte mi venga concesso consolarlo
cogli accenti dell' amicizia, ed ora meno che mai » (1).
Il Maroncelli ci ha conservato questo commovente episodio:
Lodovico di Breme — l'amico di Silvio Pellico — avea pensato di
far eseguire sulle scene un suo dramma, se non erro Ida; e ne fu
affidata la cura a Carlotta Marchionni, la quale allora era a Mantova.
Lodovico si trasferì colà, e Silvio lo accompagnò.... Nella captività di
Rasori, Silvio avea servito di padre e di maestro alla figlia di lui, ed
ora che egli era a Mantova chiedeva istantaneamente di penetrare in
fortezza e vederlo. Il conte Giovanni Arrivabene s'adoprò a quest'uopo
quanto più potè , e fu concluso che Silvio stesso avrebbe veduto il
rigidissimo ma onesto generale che comandava la piazza. Questo buon
tedesco gli disse :
— Che vuol Ella da Rasori ?
— l'n consulto medico.
(1) Foscolo, Epistolario, IH, 422. — 11 Cav. Seletti mi permise, col-
1' usata cortesia, di esaminare molte lettere d' indole privata scritte dalla
contessa Lucilla Macazzoli nata Pezzoli di Bergamo, all' amico suo Ugo
Brunetti, deposte nel suo importante Archivio. Vi si rivela un affetto grande,
e confermano quanto già si conosce intorno alle relazioni fra quella gentil-
donna ed il brillante ufficiale dell' esercito italico, amico delle armi e degli
amorii La devozione di quella donna non tenne conto della poca fedeltà di
lui, e seppe mantenersi invariabile fra le più crudeli vicende. In un luogo
scrive: «Ti raccomando d'esser bonino, che io sono sempre la stessa».
E in un altro luogo, alla notizia che egli era ammalato : « Ti prego di farmi
sapere subito qualche cosa , o di mandarmi a prendere ; tu sai che la tua
salute mi sta e cuore più d' ogni altra cosa , dunque ti raccomando d' es-
sere sincero ».
OàT) LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
— E che male ha?
— Male di petto.
— Mal di petto ! mal di petto 1 — E mentre cosi diceva apponeva
veramente la palma della mano sul petto di Silvio, aggiungendo : — Il
mal di petto è 1' amicizia , è l' amicizia I — E la sua voce tremava a
queste ultime parole, come voce d'uomo sommamente commosso. Ora
il buon vecchio è morto ! Iddio lo onori più, dacché permise che l'a-
mico desse conforto all'amico e ne ricevesse ! Silvio entrò in fortezza,
vide, parlò, né certo gli volse mai per l'animo allora che un di ei pure
sarebbe recluso.
Solo il 17 settembre venne notificato ai prigionieri di Mantova
che la clemenza sovrana avea mitigato i rigori della sentenza ,
di cui non conobbero mai il tenore, riducendola a diciotto mesi :
ma la passata prigionia riguardavasi qual provvedimento di pub-
blica sicurezza ; sicché tenendo conto del tempo già passato in
carcere , la grazia riducevasi a ben poco.
Questo il primo esempio del modo con cui il nuovo Signore
amministrava la giustizia.
Dicasi pure che i congiurati fecero troppo a fidanza coi tempi ,
e s' ingannarono sui mezzi e sulle possibilità ; ma non si cessi
per questo d' onorarli. Rammentiamo che senza queste audacie
il sentimento nazionale sarebbe caduto dall'animo dei più: ram-
mentiamo che questi generosi mantennero viva la fiamma pa-
triottica. L' insurrezione, uscita dall'esercito, ribenediva le nostre
armi, si a lungo adoperate per vantaggio di un solo, e additava
alle medesime lo scopo che doveano unicamente proporsi : la
redenzione del paese. « Fu quello, come ha scritto Carlo Cattaneo,
il primo tentativo d' insurrezione , pel quale la bandiera del sol-
dato si tradusse in segnale di congiurati. L' anima del fedele e
indomito esercito s' incorporò nella nazione » (1).
(1) V antico esercito italiano, nel Politecnico, Vili, 105.
LA RESTAURAZIONE AU-i TRIACA IN MILANO. 957
XXXV.
Dopo la visita imperiale ci corsero giorni desolati , non solo
per la recente servitù — forse dal maggior numero poco avver-
tita e non abbastanza deplorata — ma anche per le angustie
della povertà:
Semm già ai 28 d' aprii, gh' emm la stagion
Che la pò minga vess pu mej d' insci,
E no se ved a comparì un rondon
Che j altr' ann V èva aj bella eh' even chi.
Cossa dianzen eia la reson ?
Stimi quel! strolegh eh' el le poda di ;
Parlen tace, e luce parlen a taston,
E a taston diroo anmì la mia de mi.
Mi dighi, che avend vist in st' ann passaa
Come tratten con nun sti car Pattan ;
Se saràn resolvuu de volta straa.
Putasca ! (avaran ditt) se sti legrij
Pelen tant de suttir i Cristian,
Cossa fàran con nun che semm usij ? (1).
L' 8 Ottobre, si rinnovano tumulti in Ponte Vetero, per il caro
ei viveri, accorrono i soldati dal vicino Castello « Cattivi prin-
cipi di fatali conseguenze » scrive il Mantovani. E pochi giorni
^opo partono dei « forgoni » che si sapeva contenere sei milioni
in effettivi napoleoni d' oro ! II ravvicinamento di questi due fatti
fa impressione sul popolo ; ed è tale davvero che potrebbe ispi-
rarci lunghe considerazioni. Oltre il danaro fra noi consumato
per r esercito, per la corte, per gli impiegati forestieri, cinquantasei
milioni passavano tutti gli anni le Alpi (33 pel Lombardo, pel Ve-
neto 28) , sicché in trentatré anni 1' Austria emunse dalle terre
italiane un miliardo e 650 milioni !
(1) Porta, Poesie, ed. Robecchi, pag. 614.
058 LA RESTAURAZIONK AUSTRIACA IN MILANO.
L' arciduca Antonio non volle accettare la carica di viceré ;
prevedendo che non avrebbe potuto esercitare alcun effettivo po-
tere, e non era uomo da contentarsi dell'ultima parte. A questo si
prestò per obbedienza e amore di lucro, l'arciduca Ranieri, ultimo
fratello del defunto imperatore Francesco e zio di Ferdinando.
L'arciduca Ranieri venne a vederci, più che altro per fissare,
come si direbbe, gli alloggi, il 23 settembre : ma si trattenne
pochi giorni. Ciò confermò delle dicerie che correvano da qualche
tempo, cioè che 1' Austria negoziasse di cambiare il Lombardo-
Veneto colla Baviera. Vedendo che si spogliavano i nostri pa-
lazzi ; e il Teseo di marmo e la Cena di Leonardo in mosaico
da Milano passavano a Vienna — trofeo di una città non vinta,
ma carpita — si fantasticava su questa cessione : tanto più che
r imperatore, dopo brevissimo lutto, passava a quarte nozze colla
figlia di Massimiliano duca di Baviera.
Un altro giorno si diffondeva, invece, la diceria « che il Lom-
bardo-Veneto dovesse cedersi, come regno autonomo, all'arciduca
Carlo » e questa voce gradiva assai.
Ma erano pettegolezzi da caffè e non altro. E fra le novello
da occupare i gazzettanti metteremo anche questa : « La princi-
pessa di Galles, che ora trovasi in giro per la Turchia, ha man-
dato al generale Pino due cavalli arabi e due inglesi con un moro
per governarli. Mandò insieme un leoncino allattato da due capre.
Pino si risolse a mandare in dono all' imperatore il leoncino e
le capre, sapendo che nel serraglio di Schònbrunn era morto
r unico leone » (1).
XXXVI.
« Entra quest' anno (1817) con assai triste apparato *, scrive il
Mantovani nel suo Diario.
Le derrate alimentari salirono a prezzi enormi, a motivo della
(1) Mantovani, Diario.
I
I.A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 959
scarsezza dei raccolti, e per le guerre precedenti, e per la nuova si-
gnoria incurante verso i sudditi, solo intenta ad opprimerli e ad im-
pedire che le speranze rinverdissero e con esse migliori propositi.
« Prezzo eccessivo delle granaglie — nota il Mantovani — il
frumento sale a lire milanesi 75, il riso a 110 al moggio ; gli
altri generi in proporzione. Vi si aggiunge il pungente rammarico
dei cittadini. Si dolgono che siasi lasciato uscire il grano a danno
delle popolazioni. Nelle campagne pure la miseria è portata all' ec-
cesso e temesi qualche sollevazione in montagna dove sento che
si mangiano erbe e corteccie con crusca pestata ».
Concordi testimonianze offrono i cronisti di altre città. « Dalle
misere valli calavano a Brescia, limosinando, le squallide fami-
glinole alle porte cittadine, gittandosi per le vie, biecamente guar-
date dalla emunta poveraglia, che nella sua disperazione imprecava
a questo aggiungersi d'altri affamati al pari di lei, volenti un pane
che non bastava per nessuno, che a tutti mancava » (1).
Il Cusani , il futuro storico di Milano , si trovava allora nel
Collegio di Gorla Minore , territorio non ubertoso e però più di
ogni altro afflitto dalla fame. « Vecchi, donne e fanciulli apposta-
[vano i convittori uscenti giornalmente al passeggio per camerata,
[e dalla loro pietà ottenevano pane, però di nascosto, che avevamo
livieto dai superiori di sfamare quei derelitti » (2).
Il veronese Francesco Cavazzocca , nelle sue note storiche :
* La miseria e la fame regnano intanto da per tutto. Il governo
[municipale di città e delle campagne ha istituito varie commis-
^sioni per questuare e soccorrere i più infelici.... Non si vide da
jran tempo un languore tale nelle arti e nel commercio. I ge-
leri di prima necessità sono all' eccesso. Il governo non prende
lessuna misura compensativa » (3).
Le plebi, percosse da mali eccessivi, non sanno più ragionare,
— si poco sanno ragionare anche in tempi normali — sognano
(1) Odorici, Storie Bresciane, X, 183.
(2) CusANi, Storia di Milano, VII, 326.
(3) Archicio Storico Veronese, 1885, pag. 151 e 263.
960 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO,
cause immaginarie, farneticano. La fame, certissima cosa, fu attri-
buita più che altro a incertissimi motivi : tranello degli usurai, degli
ingordi accaparratori di grano. Certo neppure allora mancò questa
tristizia di speculare sulla miseria del popolo : e si levavano pro-
teste ed anche minaccie , e si pretendeva dalle magistrature
municipali anche più di quello che potevano fare : ma né gridi
incomposti di plebe, né frettolosi e tardivi provvedimenti possono
riparare le av^^ersità dei tempi e delle stagioni, possono fare che
vengano derrate fuor di tempo: e la fame di ora in ora cresceva.
I panini da un soldo a Verona, e probabilmente anche a Milano,
erano detti pillole, e il cronista veronese Alberti dice di averne
conservato uno per memoria. Nel Veneto circolavano questi versi:
In questo pan contempla, o povertà,
Quale per te si nutra carità.
Questo è pillola inver, non già panetto,
Frutto
Di tanto mal gli autori scellerati
Oh , fossero in lor vita condannati !
A un simile panetto ed acqua il giorno,
Che 1' abbondanza allor farà ritorno (1).
La musa vernacola milanese sapeva scherzare anche su questo :
Che appenna eh' hin staa chi quel porch d' on vizzi
De vorè scraper forloccà in todesch.
Sia malarbett I l'ha faa tceu su on stremizzi
A la generazion di nost micch fresch,
Che han dovuu solassai, e van a risegh.
Se no moBuren, de deventà tisegh.
Che oltra sto pocch viorin , sti patatòcch ,
Che fussen trifolaa ! ! han tolt su la screura,
No potendes fa intend col so zoròcch ,
De parla el tal'ian con la nisciffiura.
Che r è on lenguacc quell là eh' el san per pratega ,
E gh' han minga besogn de la gramatega.
<1) Perini, Storia di Verona dal 1790 al 1822, III, 357.
I
I.A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 961
Che intrattant che stralatten el nost gran ,
Dandeghel ai cavai disnà e scenna ,
La famm di poveritt che crien pan
La speccia la risposta de Vienna,
Per savè se '1 Consej el ghe permett
O de mangia , o de tra l' ultem pett.
Ma, siccome el Cousej in di so coss
El va con flemma e cont meditazion ,
Intrattanta ghe dan in bocca on oss
Coi soìit. loffi de la religion.
Che l'è ona bona cossa in veritaa,
Ma quand se gli' ha ben pien el consolaa (1).
Fu implorata, timidamente, la pietà di Vienna. Andò laggiù
per esporre gli urgenti bisogni delle provincie lombarde il vice-
presidente Mellerìo: ma non ci venne alcun soccorso immediato.
Alcuni ex religiosi inoltrarono una supplica per qualche aumento
della pensione , s' ebbero da Vienna la rozza risposta : Non ha
luogo la domanda (2). A Vienna giungevano contrari avvisi ; il
governatore Saurau diceva imminente 1' abbondanza , il direttore
della polizia Strassoldo dipingeva il paese prossimo a sollevarsi per
il caro dei viveri. Ci si mandò 1' ordine di nominare una com-
missione per discutere sulla convenienza di proibire l'uscita delle
granaglie. Fu composta del vice-presidente del governo, dell'ine-
vitabile Mellerio , due nobili e un negoziante. La Commissione
propose un radicale provvedimento, ma invece questo si ridusse
a raccomandare cautela nell' accordare le licenze d' estradizione.
Anche quelli che ravvisavano nell' esportazione la causa della
carestia dissero che si serrava la stalla dopo scappati i buoi!
Né meglio giovò più tardi il decreto col quale si tolse il dazio
d' entrata pei grani, giacché scarseggiandone anche gli Stati vi-
cini , poco ne giungeva (3).
(1) Nella Prineide, ed. cit.
(2) CosANi, Storia di Milano, VII, 329.
(3) Cubani, Ivi.
962 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
« Ben regolata 1' annona — scrive il Mantovani — noi dove-
vamo nuotare nell'abbondanza » (1). E addita l'esempio del vicino
Piemonte : « Chi riflette su queste nostre vicende e le paragona
con quelle del Piemonte, non sa intendere l'accecamento delle
attuali leggi che hanno per principio la libera contrattazione dei
grani ». Invero al di là del Ticino , non solo leggi severissime
vietavano l'esportazione, ma si punirono gli incettatori di grana-
glie. « Giorni sono — scrive il Mantovani in data 20 ottobre 1816
— il re di Sardegna ha condannato un ricco possidente di Broni
a lire 10,000 di multa, sei mesi di carcere e ad essere esposto
per tre giorni sul mercato con un cartello al petto: Ammassatore
di grani ».
All'ultimo, pur venuti nella determinazione di impedire l'espor-
tazione delle granaglie , quei talentoni di Vienna , piuttosto che
raccomandare l'osservanza del divieto ai pubblici funzionari, prefe-
rirono la pericolosa ed immorale misura di concedere la proprietà
della derrata e che ne avesse saputo denunziare la procurata
vendita all' estero.
E nuli' altro operò il governo per venire in nostro sollievo ;
argomento a giudicare di sue benigne intenzioni a nostro ri-
guardo (2). Il « sollecito abbondante soccorso dalla paterna cle-
menza di S. M. » si prometteva dai pubblici funzionari; ma altro
è dire , altro è fare. « Il commercio è totalmente inceppato , ed
é una lagnanza generale dell'ozio dei mercanti, negozianti e ban-
chieri.... La miseria cresce e il pubblico si duole dell' estrema
lentezza che domina nelle risoluzioni governative. Sarebbero da
(1) La stessa opinione sostiene Sadatti , Sulle cagioni della carestia
degli anni 1815-1816. Brescia, 1816. — Principali furono, e ne reca prove,
il monopolio dei grani, l'incetta enorme che se n'era fatta, la troppa facilità
delle esportazioni. Di quasi tutto il grano s'erano impadroniti gli incettatori
alle prime ricolte , divenendo arbitri dei prezzi. Fu rea macchinazione lar-
gamente distesa, per utilizzare enormi somme che si trovavano giacenti. —
Vedi pure Odorici, Storie Bresciane, X, 254.
(2) Il Gioja lodò l'Austria per le sue sollecitudini a prò del paese durante
la carestia. Quali ?
LA RESr.VURAZIONK AUSTRIACA IN MILANO. 963
iiniiarsi le savissime leggi del re di Sardegna, ma pare che un
grande stato non reputi convenevole imparare da un piccolo
principe » (1).
XXXVII.
Ben provvide , il meglio che fu dato , la carità fraterna , ben
provvidero con fervido zelo le autorità cittadine.
Alcune deputazioni comunali risolsero, per venire in aiuto ai
più bisognosi, di contrarre il prestito di un milione di lire, da re-
stituirsi coir interesee del cinque per cento. Francesco I accordò
il milione ai comuni senza interesse, autorizzandoli a rimborsarlo
mediante un centesimo addizionale d' imposta. — Questa fu la
sola sua larghezza I
La nostra città più che mai formicolava di mendicanti, vecchi
e nuovi, quali abituati a stendere la mano, quali vergognosi, ti-
midi, accasciati; intere famigliole vaganti per le vie, i figlioletti
seminudi, le madri smunte, i genitori senza lavoro, disperati di
trovarne. Si raccolse quella poveraglia in un ospizio, nei chiostri
di S. Marco: beneficenza che non fu più dismessa. «S'incomin-
ciano a ritirare i mendicanti — scrive il Mantovani — ma era
desiderio generale che si premettesse un editto , il quale impo-
nesse ai forastieri di ripatriare ; sarebbe stato un gran bene per
i nostri ». Cosi, davanti mali grandi e che parevano irreparabili.
si smarriva il concetto di un mutuo soccorso, che si estendesse
al di là delle mura cittadine.
Il nostro municipio assegnò lavoro ai questuanti, ma le braccia
si prestavano di malavoglia ; da molti si preferiva l'indipendenza
di patir anche la fame, ma senza l' obbligo di vivere e lavorare
in comune. « Facevasi riattare il bastione da Porta Orientale a
Porta Romana da oltre 500 lavoratori, pagati ogni sera; ma per
(1) Mantovani, Diario cit.
^64: LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
dispetto rompevano zappe, badili, barelle da portar terra, onde
si dovette rinchiuderli tutti in S. Marco. Una settinaana dopo ,
con un po' di pazienza e un po' di minacele , si sono indotti i
poveri a lavorare sul bastione : sono 560 » (1).
Non infrequenti i suicidi. In tasca ad un annegato si trovò una
carta con su scritto : Meglio morire che patire. E il buon Man-
tovani soggiunge: «sentimenti rivoluzionari! » I disamorati delle
idee e delle cose di Francia, i disingannati, vedevano serpeggiare
nella società la lue razionalista e repubblicana, si riattaccavano
alle vecchie credenze, e persino in un suicidio, prodotto dall' ine-
sorabile miseria, denunziavano gli influssi della rivoluzione fran-
cese. Molti ne aveano concepito un orrore, che non permetteva
più di proporzionare gli effetti alle cause ; e il mondo appariva
del tutto guasto, irreligioso, sulla via della perdizione : « Iddio —
scrive ancora il Mantovani — ci castiga in ogni parte per la sco-
stumatezza. Piacesse al Cielo che il pubblico conoscendo visibil-
mente il castigo s' inducesse ad una morale riforma ».
Le campagne erano percorse da bande di malviventi ; e anche
in Milano spesseggiavano le aggressioni e i delitti di sangue. Si
dovette comminare il giudizio statario contro gli aggressori a
mano armata.
A Brescia autorità e privati gareggiarono nelle opere filantro-
piche. È bello ricordarle. Il vescovo Gabrio Maria Nava diede al
povero, poiché altro non restava a dargli, l'anello e la croce
episcopale, doni di Bonaparte ; e ad un cotale che ne faceva lo
meraviglie : Cristo, riprese, le portò di legno (2). Il prefetto della
provincia, Francesco Torriceni, dava pane e lavoro (3). Una Com-
missione straordinaria di beneficenza raccoglieva e dispensava
soccorsi, in città e fuori. « Non si può non piangere, scriveva il
parroco di Malonno al vescovo Nava, all' udire che quasi tutti si
(1) Mantovanm, Diario cit.
(2) Scancella, Vita del vescoco G. M. Nava. — Brescia, 1857.
(3) Zambelli, Biografia di Francesco Torriceni; Odorici, Storie Bre-
sciane, X, 183.
I.A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 965
pascono di fieno, e non mancarono di quelli che si trovarono
estinti colle dita fra i denit ».
Il conte Arrivabene aveva ordinato al proprio fattore di dare
lavoro a chiunque si presentasse a chiederne. « A cominciare dal
mese di novembre 1815 fino alla primavera del 1817, io usciva
il sabato di città con un sacchetto ai lavoratori per pagare ai
lavoranti quanto aveano guadagnato » (1). Cosi fosse giunto a
noi intero il ricordo di quei giorni miserandi, per aggiungere al
racconto delle popolari sofferenze tutte le prove segnalate di re-
ciproca assistenza ; quelli almeno della stessa città, della stessa
borgata si sentivano doppiamente fratelli perché infelici e avvinti
allo stesso giogo.
Ma i giusti lamenti prorompevano nei segreti convegni, e la
ironia sapeva dare ad essi forma viva ed efficace :
Quand comandava obi do nun la Spagna
Disa chi vopur l'era ona gran cuccagna,
Quand la Pranza comandava
Se disnava e se scannava
Adess che comanda Lorenna
Né se disna, né se scanna.
1'. nel Veneto correva questa variante :
— Co san Marro dominava,
Se disnava, e se cenava.
— Cola cara libertà,
S' ha disnà, no s' ha cena.
— Cola Casa de Lorena
Né se disna, né sa cena (2).
Municipi, commissioni di beneficenza, ricchi cittadini (3) ave-
vano fatto del loro meglio ; ma troppe vittime caddero per ine-
(1) Memorie, pag. 29.
(2) I^EKiNi, Carlo Montanare e i suoi tempi, nella Ga2:;etta di Verona,
es felìbraio 1867. — Si legge quasi identica nella Eaccolta di procerbi to-
^'•ani, in favore dei Medici e contro i Lorenesi.
I 3) Si ricordi, fra essi, Giacomo Mellerio, patrizio milanese, benché questo
nomo renda, per altri motivi, cattivo suono.
96G I.A RESTAURAZIONE AL—ll'IATA IX MILANO.
dia (1), troppe privazioni si dovettero sopportare perché svanisse
presto il malaugurato ricordo. Nelle valli, nei piani, nelle città
rimasero traccie profonde e non cancellabili ; nelle famiglie se ne
continuò a discorrere per anni e anni , e chi scrive ha pur rac-
colto dalle testimonianze de' sopravvissuti , fra cui dalla calda e
venerata parola del proprio padre , la pittura di quel tempo so-
vrammodo infelice.
A peggiorare le nostre già tanto lagrimevoli condizioni, imper-
versò pure fra noi il tifo petecchiale, prodotto dal cattivo cibo,
in sostituzione delle mancate granaglie, patate, luppoli, erbe sel-
vatiche. « Grande spavento, scrive il Mantovani, perché ieri (30
gennaio 1817) si sviluppò il tifo petecchiale negli uffìzi di polizia».
Era giusto che il contagio non risparmiasse quelli, che assi-
stevano poco meno che indifferenti ai nostri mali. Si dovettero
aprire ospedali appositi ; neppure bastò la chiesa e 1' ex convento
di Sant'Angelo ; si apersero altri ospedali alla Fontana, alia Si-
monetta, a San Luca, a Monza, a Melegnano. I Municipi lom-
bardi noa se ne stettero colle mani alla cintola ; ma la furia del
morbo non potè essere rattenuta, dalle valli calò al piano, dal
piano risali alle valli più segregate. È detto che un tale scon-
sigliasse dai rimedi, acciocché 1* idea dei patimenti si associasse
a quella dei governanti (2). Ma -comunque si apprestassero dei
rimedi, mercé 1' illuminata pietà nostrale, quella associazione di
idee si formò lo stesso, e durò, e ancora dura !
Tifo, tedeschi e frati
Ecco d'Italia i fati (3).
Veramente i frati ci stanno più che altri per la rima, perchè
con questi disastri non ci aveano niente a vedere ; ma qui si
accenna, in genere, al ricrescere delle corporazioni religiose,
specie degli Oblati e dei Gesuiti, fmtori di reazione.
(1) « La fame va crescendo, scriveva il Provani da Malonno (28 maggio 1817),
in due mesi ne abbiamo seppelliti quaranta, trenta di questi morti di sola
inedia; sono cinque mesi che la generalità non si pasce che di erbe».
(2) Cantù, Croniètorin, voi. II, par. I, 127.
(3) Vedi i Bicordi di G. B. Niccolini. — Firenze, 1886, 1, pag. 31 e 428.
I. A RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 967
XXXVIII.
Riassumiamo :
L'Austria ci avea date formali promesse di lasciarci una certa
autonomia, di rispettare la nazionalità, l'indole, le abitudini (1):
ma quelle promesse non furono che un tranello , ebbero solo lo
scopo di ammansarci nel momento in cui eravamo ancora armati
e potevamo insorgere ; fu una blandizia o piuttosto una tristizia
di più per ridurci al silenzio. Si ebbe cura di non ferire l' amor
proprio municipale : non ci doveva neppur mancare il prestigio
di una corte, cioè le apparenze dell'autonomia furono rispettate,
ma non la sostanza ; e Milano confidò di non scendere di grado.
Una tal quale libertà di stampa ci fu lasciata, giacché la Legge
Censoria permetteva stampare « opere nelle quali si prende ad
esaminare V amministrazione dello Stato in generale e ne' suoi
singoli rami , a scoprire dei difetti ed errori , a proporre dei mi-
glioramenti, ecc. » Ma appena la servitù fu cementata con appa-
rato d' armi, con processi e supplizi, le magnificate larghezze si
ridussero a niente; "ci sì trattò da schiavi novellamente aggregati
ad una mal composta famiglia dL;ippoli, già avvezzi ad un regime
da caserma ; a poco a poco ci si privò di istituzioni, che pur ci
erano assai care ; insomma vedemmo gradatamente restringersi
i nostri orizzonti, ci si tolse l'aria come si fa coll'augellino sotto
la campana pneumatica ; sentimmo gradatamente serrarsi la ca-
tena che ci legava allo straniero.
Fu scaltrezza o concessione che non impegnava per nulla quel
nome Regno Lombardo- Veneto , sicché non fosse a gettare tra i
ferravecchi la corona ferrea, che si custodiva in Monza, e i cre-
denzoni potessero conservare qualche illusione : ma chi conosceva
l'Austria e le arti vecchie e nuove dei governi dispotici, non si lasciò
allucinare dai nomi, come non si lasciò ingannare dalle persone.
(1) Editto di Bellegarde del 16 aprile 1814.
968 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
Le circoscrizioni territoriali vennero rimesse come al tempo di
Maria Teresa. I dazi tra la Lombardia e le altre parti dell'impero
austriaco non furono aboliti : il che ci privò dell' unico e tenue
vantaggio che avrebbe potuto procurarci la riunione ad un grande
stato. La linea doganale del Mincio diede origine ai più vivi ri-
chiami, ma non fu levata che nel 1822. Cosi, nel fatto, la Lom-
bardia e il Veneto non formarono un solo regno, com' era stato
promesso, ma piuttosto due provincie separate. Tale divisione non
era casuale , ma deliberatamente fu mantenuta dall'Austria , che
sempre procurò di tenere divisi i sudditi, e diffidava di aggregati
persino amministrativi troppo forti. Il sentimento della giustizia
fu offeso da differenze odiose e da anomalie inesplicabili. Nel
Veneto il sale si vendeva a minor prezzo che in Lombardia ,
minore era anche il testatico; in una provincia si applicavano delle
imposte, in altre no (1).
Ripristinati i titoli nobiliari (2), e sbanditi perfino i nomi venuti
in uso dal tempo della rivoluzione francese in poi. Soppressi i
due giornali che si pubblicavano in Milano (3) per abbreviare
anche questo arringo, e per dare esclusivo favore e studiato in-
dirizzo alla Gazzetta di Milano, raccolta insignificante di notizie
passate allo staccio, oppure di fiabe esotiche, di storielle riguar-
danti i selvaggi, la Cina, il Regno di Monomotaba. Richiamati i
sudditi italiani di S. M. che erano all'estero, sotto minaccia in
caso di disobbedienza di pene severissime. Vigilata 1' uscita dei
nostri, persino per motivi di studi (4); e i genitori che abitavano
(1) Bianchi Giovini, L'Austria in Italia e le sue conjlsche. — Torino,
1853, pag. 23 e seguenti.
(2) Giusta queste tendenze mecliovali, comunque i feudi fossero stati alio-
liti, con bando del 15 luglio 1818 vennero in parte ripristinati, ordinando a
quelli che vi avevano interesse a denunciare i loro diritti, per poterli rego-
lare in conformità alla nuova legge.
(3) Giornale Italiano e Corriere Milanese.
(4) « Con cinque giorni d' anticamera il Rettore del Seminario ha ottenuto
il passaporto per andare al Seminario di Arona a fare, secondo il solito,
gii esami ! » — Mantovani, Diario cit.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 969
lungo il confine e che mettevano i figli in collegi d'oltre Po e d'oltre
Ticino dovevano pagare una multa di seicento lire. Ristabilito il
fidecomesso; regalatoci tale e quale il Codice Penale degli Stati
tedeschi. Restituite al clero alcune delle sue immunità. Rimessa
il pensiero in arbitrio di una rozza e prepotente Censura. Si con*
tinuò a favorire la delazione e lo zelo di polizieschi uffici, offrendo
una mancia di sei fiorini a qualunque persona non militare che
arrestasse un disertore o un prigioniero di guerra fuggitivo ! Sciolto
il nostro esercito, vietato il nostro vessillo, affinchè i risorti spi-
riti marziali di nuovo languissero, languisse il sentimento di patria,
e i nostri figli , dispersi in lontani reggimenti, si amalgamassero
coi Croati, cogli Ungheresi, coi Boemi, e divenissero, occorrendo,
nemici spietati dei loro medesimi fratelli. Soppressi i Collegi mi-
litari, disfatto il Genio, disfatte le fabbriche d'armi, per meglio
ridurci all' ignavia e toglierci del tutto la forza di risorgere.
E fummo gravati d' imposte cosi che i sudditi italiani della casa
d' Austria ebbero a pagare un terzo delle gravezze dell' Impero ,
benché facessero un ottavo della sua popolazione (1).
A poco a poco Milano si vide impoverita anche in altro modo r
trasferito a Verona il generale comando militare ; soppresse le
scuole cliniche all' ospedale ; poi l' ufficio topografico ; scemato
lavoro alla polveriera, alla fabbrica dei tabacchi e ad altri pub-
yblici stabilimenti.
I consessi centrali e provinciali erano stati dati « a meglio
jonoscere i bisogni degli abitanti e trarre parere dai lumi e dai
jonsigli dei loro mandati » ; ma a che mai si ridussero !
A Milano ed a Venezia risiedevano le due Congregazioni cen-
trali, composte per ciascuna provincia di un deputato degli esti-
lati nobili, uno degli estimati non nobili, uno di ciascuna delle
sittà regie. Gli altri dovevano essere cittadini, sopra i trent' anni,
iver domicilio in quella provincia, con un estimo di almeno quattro
lila scudi. Al deputato della città tenevasi conto di un traffico
iquivalente a questo capitale, ed era proposto dal Consiglio Co-
(1) Cattaneo, Insurresione di Milano.
Ardi. Stor. Lomb. — Anno XV. 50
970 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
munalo della città medesima : gli altri dai convocati o consiglio
di ciascun comune. Da tali proposte la Congregazione provinciale
formava una terna, che presentava al sovrano per la nomina.
Il governo fece di tutto per impedire che questa già tanto me-
schina istituzione rappresentativa ottenesse il suo naturale svi-
luppo. Anzi tratto era stabilito che essa non potesse adunarsi se
non convocata dal governatore; e questi presiedeva le adunanze,
dirigeva le discussioni , raccoglieva i pareri. Il voto era me-
ramente consultivo ; e di affari deferiti alla Congregazione cen-
trale la decisione talvolta non era tampoco annunziata a questa.
Per impedire che i deputati favorissero troppo la provincia nativa,
si stabili che nessuno fosse relatore se non di affari di provincia
altrui! Appena si dava permesso di fare « sommesse rimostranze ».
Per rappresentazione nazionale
Darem una congregazione centrale,
La qiial, perchè non faccia ben né malo
Sarà da noi prescelta e ben pagata
Per occuparsi solo di spedali :
Negli altri affari, un poco più essenziali,
Libero ognun sarà e indipendente,
Seguenc^o il voto ognor del presidente (1).
Le Congregazioni provinciali trattavano gli affari di ciascuna
provincia ; e le Congregazioni municipali governavano ciascuna
città, ma sempre sotto 1' immediata dipendenza del governo e
presiedute da un commissario imperiale !
Il viceré aveva pochissima autorità : più che altro rappresen-
tava il sovrano nelle occasioni solenni; doveva alternare la sua
residenza fra Milano e Venezia.
Accanto al viceré risiedeva il governatore , ma anche lui con
potere scarsissimo; tutto dipendeva da Vienna, gli affari anche
di minima importanza si tiravano in lungo; e le risoluzioni erano
(1) Versi inseriti dal Pecchio nel suo lavoro Patente sovrana con cui
V imperatore d'Austria accorda una costitusione al regno Lombardo-
Veneto.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 971
per lo più improvvide, eccessive, un po' per effetto della distanza,
ina anche più per l' incuria e la presunzione dei governanti.
I poteri maggiori spettavano alla polizia e al comando mili-
tare : dipendevano direttamente da Vienna , si davano mano in
tutte occasioni. II direttore generale della Polizia era più potente
dello stesso viceré ed era servito da schiere di aggiunti , segre-
tari, commissari e da falangi compatte di sgherri. Il comando
generale militare per il Lombardo- Veneto risiedeva, come si è
detto, a Verona ; ma a Milano si teneva una forte guarnigione
con due comandanti d' armata e molti generali.
Gli alti impiegati erano quasi tutti stranieri , specie tirolesi.
Nella cancelleria vicereale, per esempio, di tre consiglieri aulici,
due erano tedeschi , di sei cancellisti quattro erano tedeschi. E
queste cariche spesso si ottenevano per servigi occulti, per zelo
a tutta prova : lo spionaggio era titolo di merito ; le più onore-
voli magistrature non disdegnavano prostituirsi a gara e diffa-
marsi con uflfìci poco meno che sbirreschi: spettacolo miserando!
Una vigilanza occhiuta e orecchiuta, una ostilità permanente, le
armi spianate, un vivere chiuso,, tetro, pauroso : uno studio per-
tinace di snaturarci, di germanizzarci, di tenerci divisi, con mi-
sere voglie e più miseri intenti ; anche le scuole infeudate a di-
segni antinazionali ; « e dove un giorno suonava potente la parola
di Foscolo e di Parini, protestare V imperatore di non voler let-
terati, ma sudditi devoti » (1).
Ristrettezze e angustie d' ogni maniera, si che non si osava
fiatare : ed è già molto che la Congregazione centrale non am-
mutolisse del tutto. Il 25 luglio osò umiliare all' imperatore una
petizione perchè fosse conservato nella sua integrità il Censimento
Lombardo, che molte nazioni ci invidiavano. E almeno questa ci
andò bene ; l' ufficio del censimento fu conservato (2).
(1) Odorici, Storie Bresciane, X, 188.
(2) Documenti della guerra santa, XIV, 28.
972 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
XXXIX.
Il carnovale del 1817 fu lugubre: «Ieri sera, per essere al
principio del carnovale, non erano occupati alla Scala che soli
quindici palchi, e non più di cento persone » (1). Ma le indivi-
duali ed anche collettive sbrigliatezze non fecero difetto. Dicono
si organizzasse, tra giovinastri, delle società con fini biasimevoli,
ma talvolta si dava addosso agli stranieri e ai loro manutengoli,
o si combinavano dimostrazioni di significato politico ; tra 1' altre
la combriccola detta della Pantenna o dei bevitori (2). Ma forse
(lai novellai s' è esagerata l' importanza di q^ueste mattezze, che
non erano sempre né pulite né patriottiche.
« Nella scuola di rettorica a Sant'Alessandro, coperta da un
certo De Rossi, toscano, gli studenti giunsero al segno di mettere
sopra la cattedra uno spazzacamino, regalandolo, perchè vi sedesse
con in mano un volume di Cicerone. Nacque un gran chiasso » (3).
Una carnevalata di giovani, tenuti a stecchetto, per molta parte .
dell* anno, e ai quali il mal capitato professore era forse spìaciuto
per le sue fiorentinerie ! Forse si ridesta un po' il municipalismo,
che infiammò i nostri poeti vernacoli, nel Settecento, contro un
altro professore, il padre Branda, solito dalla stessa cattedra a
magnificare la sua Toscana, deprimendo Milano e il suo dialetto (4).
Ricomparve tra noi, in quei giorni, la principessa di Galles, le
cui sventure furono anche maggiori delle colpe, e fece tanto par-
lare di sé. Voleva gettare danaro al popolino invece di corian-
doli, non le fu permesso.
Fu chiesto a Vienna il permesso delle maschere ; arrivò in
luglio ! Sollecitudine non più veduta. Persino 1' abate De Filippi,
(1) Mantovani, Diario.
(2) Puntos tutto — eno$ vino. Ne parla Rovani nei Cento anni.
(3) Mantovani, Diario.
(4) De Castro, Milano nel Settecento, pag. 214 e segg.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 973
sfegatato per l'Austria, e che avea tanto avvilita la musa ver-
nacola incensando Francesco II , durante la sua presenza fra
noi (1), arrischia quest' osservazione :
L' almanach de ses mes postizipaa
Del noster regn, sortii adess de fresch,
Segond l'usanza svelta di Todesch (2).
Con la massima sollecitudine, all'incontro, ci si imponeva di
regalare la nuova sposa che 1' imperatore Francesco chiamava
al suo talamo (3) : « Il Consiglio Aulico con patente insinuazione
eccitò il Regno di Lombardia a fare un regalo per le nozze del-
l' imperatrice. Si rispose con garbatezza che non si erano mai
fatti simili regali ; ma di rimando il Consiglio Aulico lo comandò;
fissandolo in diciottomila zecchini. Io credo che le popolazioni
troveranno soverchie simili gravezze, essendo la quarta per ma-
trimoni dell' imperatore Francesco. Da codesti regali di nozze dei
vari Stati dell' Impero austriaco uscirono i ventidue milioni che
la defunta imperatrice lasciò all' arciduca Ferdinando suo fratello,
oggidì governatore d'Ungheria » (4).
Si fece di necessità virtù ; si decretarono con apparente spon-
taneità i donativi, e si mandarono a Vienna mentiti tributi di
affetto : « Fu dato ordine ai quattro cavalieri, delegati di portare
a Vienna i regali nuziali del Regno Lombardo-Veneto all' Impe-
ratrice, di non parlare all' Imperatore di affari. Questo davvero è
un ordine assai umiliante e indecoroso » (5).
XL.
Non valsero al Monti i mistici omaggi a rendergli propizio il
nuovo Cesare. Anzi fu lasciato in disparte e gli assottigliarono
(1) De Castro, Caduta del Regno Italico, pag. 296 e segg.
(2) Poesia manoscritta nella Raccolta dell'Ambrosiana E, S, III, 5.
(3) Mantovani, Diario.
(4) Diario cit.
(5) Carolina Augusta, figlia di Massimiliano di Baviera,
974 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
la pensione di cui godeva come istoriografo della già Casa reale
d' Italia. « Ricorse a Vienna, scrive il Mantovani, per riaverla,
ma ebbe una negativa colla tassa di dieci fiorini pel decreto ;
replicò la supplica e si ripetè la negativa e la tassa ». Non so
della tassa, ma so che la pensione per quel titolo onorario di
corte gli fu ridotta a poche centinaia di fiorini, da aggiungere
alla pensione di professore (1). Ne rimase irritatissimo, e fece
pratiche presso il municipio affinchè per lui si facesse rivivere
la dignità di storico patrio, che in altri tempi era stata conferita
al Ripamonti , al Giulini , ed altri : ma anche da quella parte
s' ebbe un rifiuto.
« Monti vìve, ma muto. Si scusa di questo suo demone taci-
turno, attribuendolo alla sordità. Il pover' uomo è assai avvilito,
perché i governi più non 1' accarezzano. Egli non ha mai saputo
di valer qualcosa per sé stesso, e ora che gli mancano i sorrisi
dei potenti si crede spogliato de' suoi più bei pregi » (2).
Per dire il vero, il governatore Saurau proponeva che si usas-
sero i maggiori riguardi ai letterati , specie al Monti ; e sotto i
suoi auspici già era uscita la Biblioteca Italiana. Ne ebbe la
direzione il mantovano Acerbi, tutta cosa di Vienna. Vi collabo-
rarono il Monti, il Giordani, i naturalisti Brocchi e Breislak ,
r erudito Labus, Gherardini : ma i primi collaboratori se ne disgu-
starono presto. Ne subentrarono altri di minor grido. Gli usciti,
con a capo il Monti, meditavano una rivista veramente nazionale,
ma non se ne fece nulla (3). In opposizione al periodico offi-
cioso, ebbe voga lo Spettatore, diretto da Davide Bertolotti.
Saurau sollecitava pure l' Istituto Lombardo a proseguire i la-
vori linguistici, che da alcuni anni aveva iniziato, per dotare
r Italia di un Vocabolario, procedendo la Crusca troppo a rilento
e troppo esclusiva : e questo fu principio dell' invelinita que-
(1) Cantù, Monti e V età che fu sua, pag. 240 e segg.
(2) Lettera di Pellico a Stanislao Marchisio, Cantù, Il Conciliatore, q.co.,
pag. 84.
(3) Si diffonde Cantù, Monti, ecc. , pag. 254 e segg.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 975
stioue che tutti conoscono : e Monti, .scematigli i proventi come
istoriografo di corte, seppe ricattarsi come filologo e polemista.
Piacque al governo austriaco che noi ci occupassimo più di pa-
role che di idee.
« Da quel punto funesto cominciò quella guerra di parole, che
durò per tanti anni, e coloro, che pensavano da filosofi, comin-
ciarono a balbutire da grammatici, e gli uomini gravi, che vol-
gevano grandi idee di patria, cominciarono a recitar vecchi nomi
e vecchi verbi : cosi l'Austria ingannò gli Italiani » (1).
In quei giorni venne a vederci madama di Staèl, con seguito
di duchi, parenti suoi, e di letterati, fra gli altri lo Schlegel.
Frequentò il conte Alberto Litta, il Monti, l'abbate di Bréme ,
l'Acerbi. Le fecero scrivere un articolo per la Biblioteca lialiana
sulle traduzioni, ove conforta gli Italiani a rifarsi sui Tedeschi.
Ribattè lo Spettatore, e s' ebbe una grossa polemica. Saurau si
stropicciava le mani : -aveva dei gusti letterari , e si proponeva
svagare il paese con passatempi di questo genere (2).
A Vienna duravano le diffidenze verso di noi, e un pochino
anche ci si temeva, se é vero quello che riferisce il Mantovani :
« Con decreto governativo (29 luglio) , intimato a tutte le co-
muni, si obbligano le chiese a fare una cassa a chiave alta tre
braccia, con cui vanno in avvenire chiuse le funi delle campane,
affinché non si suonino né per fuoco, né per temporale : si fanno
responsabili il parroco e il sagrestano ».
E s' ingelosiva di ogni nostra più piccola soprastanza : « Tra
le benefiche provvidenze che diconsi oggi (23 agosto) venute da
Vienna, si dà per certa la soppressione del Collegio delle Vir-
tuose alla Passione, e della pensione che il governo pagava a
sei o otto giovani che studiavano le belle arti in Roma. Qualche
maligno trovò giusto questo rimedio alla mortificazione dei Ger-
mani, nel vedere gli Italiani si virtuosi ».
Ci visitarono, nell'agosto, il principe d'Assia d' Armstadt e il
(1) Cantò, Monti, ecc., pag. 251.
(2) Lettera di Gabriele Rossetti, in Cantò, Op. cit , eco, pag. 276.
976 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
ministro della guerra del re di Sardegna, Il generale Bubna, fra
gli altri spettacoli, per diletto dei due personaggi , volle che i
nostri pompieri dessero saggio di loro bravura : spettacolo riusci-
tissimo. I pompieri ebbero molte lodi. « Queste lodi , soggiunge
il Mantovani, avranno proseguito ad ingrandire 1' odio sperticato
che hanno i Tedeschi agl'Italiani, e segnatamente ai Milanesi,
senza saperne precisare la ragione ».
Il 3 ottobre, onomastico dell' imperatore, passò senza che al-
cuno se ne accorgesse : « Non vi fu alcun segno pubblico , anzi
in S. Gottardo dal parroco di corte non si cantò tampoco messa.
Si vede la prudenza della corte , che fa economia di tutto , per
pagare forse i debiti contratti nella passata guerra. Chi pensa
malignamente attribuisce a tutt' altro ».
Gli avvocati davano ombra ; ma di che non pigliava sospetto
il governo di Vienna, In data 8 ottobre 1817, il Mantovani scrive:
« Oltre le borse e le private sostanze, pare che si voglia restrin-
gere anche la libertà personale ; ieri con ordine superiore fu
proibito agli avvocati di uscire di città senza permesso ottenuto,
e questo limitato a pochi giorni : e chi ne vuole di più ricorra
a Vienna »,
Ma è cosa da credere ? Forse il Mantovani non si dava molta
cura di appurare le notizie che raccoglieva nel suo Diario :
ormai vedeva scuro, e gli Austriaci aveano cessato di formare
il suo ideale !
In data 20 novembre soggiunge : « È giunto ordine da Vienna
che fin al 1830 non si facciano più avvocati ». Un' altra diceria,
ma egli ne piglia nota, giacché gli dava materia di critica, e
aveva proprio bisogno di sfogare il mal umore !
Serpeggiavano le opinioni gianseniste : la curia, assistita dalla
polizia, dava la caccia ad opuscoli e catechismi luganesi, che
non avevano buon odore. L' editore Vincenzo Ferrarlo apre ne-
gozio in via dei Bigli, e presenta alla revisione un suo estesis-
simo manifesto per la pubblicazione delle opere del Tamburini (1).
(1) Carte inedite del Tamburini possiede nel suo ben ordinato archivio i^
^ott, Amanzio Rezia, in S. Giovanni di Bellagio.
LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 977
Fu proibito, avvertendo che tali opere erano state proibite dalla
Santa Sede. « 0 tempora , o mores ! » soggiunge il Mantovani ,
scandalizzato che si potessero rimettere in campo le idee giu-
seppine.
Il ricolto del 1817 fu abbondante, sicché, almeno il pane non
ci fu usureggiato. Però i commerci languivano ; mal sicure le
strade , a motivo del brigantaggio ; e di risveglio industriale ap-
pena i primi indizi nelle « due o tre grandiose filature, ove l'ac-
qua é scaldata a vapore; cosi riesce assai meglio la seta, e la
spesa cala di un terzo » (1). Novità procurata da quel Luigi
Porro Lambertenghi, collo e ingegnoso patrizio, e ardente patriotta,
che intorno a sé raccoglieva il fiore della cittadinanza. Primo
anche in questo, aperse a Como una filatura meccanica (2); e
illuminò a gas la sua casa (3) , venticinque anni prima che
Milano adottasse la nuova illuminazione.
Cessata la carestia, rimborsato il milione all'erario, avanzarono
751,325 franchi del ricavo dell' imposta, e 153,000 residuo di
elargizioni spontanee. Si deliberò di sussidiare con questa somma
le case di ricovero e d' industria, che erano sòrte per dar lavoro
agli affamati ; — di costituire un fondo per soccorrere con pre-
stiti gratuiti i comuni in caso di bisogno ; — e per ultimo di
fondare in Milano una cassa di risparmio. Iniziatasi con danaro,
che la pietà fraterna offerse, si ditschiuse in un meschino locale
in piazza Mercanti, ed ora trionfa in una sede monumentale:
faccia più che mai opere di carità e amore , conforjni alla sua
origine e alla sua missione !
Sul finire dell' anno , venne improvvisamente richiamato a
Vienna il governatore Saurau: galantuomo, compatibilmente colla
carica , e meno reazionario di coloro che gli stavano intorno ,
(1) Mantovani, Diario cit.
(2) Ne imitò 1' esempio, in Carate Brianza, il marchese Carlo Cusani Gon-
falonieri, padre dello storico. I fratelli Ponti eressero a Solbiate, sull' Olona,
la prima grande filatura meccanica di cotone. — Cubani, Storia di Milano,
VII, 318 e segg.
(3) In via Monte di Pietà, ora Casa Betlem.
978 LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO.
del Mellerio, del Ghislieri, dei quali frenò spesso l' impronto zelo.
In sua vece , col nuovo titolo di presidente del Governo Lom-
bardo, venne nominato il conte Giulio di Strassoldo, già ministro
di polizia. Nel breve tempo corso fra il richiamo dell' uno e la
nomina dell' altro , sedette a palazzo il vice-presidente Mellerio ;
ma nulla fece.
Il medesimo fu poco stante chiamato a Vienna, assegnandogli
un ufficio tutt' altro che omogeneo. S' erano istituite tre Cancel-
lerie, che doveano trattare gli affari delle diverse provincie. Ora
Mellerio fu chiamato a presiedere non già la italiana , bensì la
morava ; ma egli non ci si raccapezzava : nemmeno conosceva
lo slavo ! Temendo con tali Cancellerie di avere anche troppo
favorite le provincie , vennero al più presto trasformate in tre
sezioni del Consiglio Aulico, quasi senza autorità. Mellerio diede
le dimissioni e si ridusse a vita privata. Meglio non ne fosse
uscito mai !
L'anno si chiuse con nuovi balzelli. « Ieri l'altro, 3 dicembre, ci
fu fatto il bel regalo di portare la carta bollata da 13 a 50 cente-
simi, e quella da 28 a 80. Bel donativo per le feste natalizie » (1).
I contribuenti strillavano; strillavano gì' impiegati per gli scarsi
salari :
Me domandi giurad'i
Con vottocent lirett a 1' ann
Se pò forsi mantegni
La miée con dò tosann? (2).
Sentitene un altro :
.... diurnista a cinq lirett
A desfà giò quij scigollon todesch
Per fann foeura in nostran tutt quij polpett
Che n' han faa sta insci fresch (3).
(1) Mantovani, Diario cit.
(2) Lamento d' on impiegaa de finanza, 1817, ms. nella Race. dell'Ani
brosiana, segnata E, S, III, 5.
(3) El Pentiment j ode nella Race. deirAnibrosiana , segnata E, S, III, 27.
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LA RESTAURAZIONE AUSTRIACA IN MILANO. 979
Insomma musi lunghi un braccio, confronti penosi, ansietà per
il presente e timori per l'avvenire; e il Mantovani, già mutato
avviso sul conto dei nuovi signori, esclama alla fine del 1817.,
che era sLato proprio lungo come 1' anno della fame : Evviva la
nostra felicità '. E possiamo and ir certi che egli non esprimeva
un giudizio individuale.
Pare che 1' imperatore non si desse alcuna cura di tenersi bene-
viso fra di noi : « Si fece presente a S. M. dal nostro governo che
bisognava togliere dal Codice la facoltà ai moribondi del testa-
mento verbale alla presenza di tre testimoni, perché in due anni
vennero annullati due testamenti per false testimonianze. L' Im-
peratore rispose : Ciò conferma vieppiù la conosciuta perfidia dei
Milanesi , ciò non essendo mai seguito in Germania dopo tanti
anni che è in vigore questa legge » (1).
Ignoro se si abbia a credere che l' imperatore ci disprezzasse
a questo segno , ma è certo che Vienna con atti malaccorti e
con sconsigliate durezze inaugurava tristamente il suo regime
fra noi ; è certo che la Restaurazione austriaca nel Lombardo-
Veneto, dal 1814 al 1817, presenta fatti non meno brutti e la-
grimevoli della reazione politica in altre parti dell' Europa ! E a
questi cattivi principi corrisposero anche troppo gli avvenimenti
posteriori.
Giovanni De Castro.
(1) Diario cit.
LE ARTI MINORI ALLA CORTE DI MANTOVA
NEI SECOLI XV, XVI E XVII
Ricerche storiche negli Archivi Mantovani.
(Continuazione e fine, V. Fase. XIX)
SECOLO XVII.
Armaiuoli diversi.
Per questo secolo i documenti sono scarsi e facilmente può
indovinarsene la ragione.
Armaiuoli in Mantova.
In Mantova troviamo Battista Costa schioppettiere di S. A.
cui scriveva (29 settembre 1604) per affare « dei maio di ferro
e de rame » da che possiamo conoscervi fabbrica di schioppi.
« Silvio Moremans nativo di la nobilissima città di Mantoua
mastro di archibusi » come egli stesso si sottoscrive in una sua
lettera da Bruxelles , in data 8 settembre 1618 , indirizzata al
Principe di Mantova, fa conoscere che è figlio di Ans, che mori|
al servizio del duca Vincenzo Gonzaga e che ebbe per padrino]
LE ARTI MINORI ALLA CORTE DI MANTOVA. 981
il Duca stesso, rappresentato dal maggiordomo. Egli ottenne di
rimpatriare con la madre , che sposò in seconde nozze mastro
Alberto Rutiier pure archibugiere, essendo morta. Ora desi-
dera ritornare in Mantova , contentandosi di filippi 6 per ogni
ruota d'archibugio e 4 scudi al mese di salario. Ha moglie senza
figli. Non trovai la risposta. Sarà ricordato come Alberto Ruttier
o Ruotieri fiammingo fin dal 1597 aveva ottenuto il ben servito
per ritornare in patria ; e fu pure nominato un suo garzone no-
minato Paolo Murmans o Moremans.
Fra gli intagliatori in metallo devo comprendere Giacomo
Onigo novarese, che da dodici anni, dimorando in Mantova qual
fabbricante di lucerne otteneva (7 Idiis maij 1606) la cittadinanza
mantovana (/?. Decreti 1605-1612, fol. 91).
Erano armaioli in Mantova nel 1658 Fabritio Castelli mila-
nese e Francesco Pavanini padovano.
Armaiuoli in Milano.
Vedremo ora donde la Corte mantovana si provvedesse di ar-
lature.
Ercole Gonzaga da Milano al Duca di Mantova, il 31 di-
jmbre 1603:
L'armatura che si lauora per seruitù di V. A. sta a buon termine.
E poi al 5 febbraio seguente :
Mando a V, A. le sue armi... Io ho fatto usare tutta quella dllì-
mza che è stata possibile acciò riuscissero belle et a gusto dell'A. V,
Baldassarre Bigliani, ambasciadore mantovano in Milano, scri-
ìva al segretario del suo signore, il 21 giugno 1611 :
Ho dato ordine a Giulio Pigone armarolo che facci l'armatura per
|f. A. nella forma comandata e farà lauorare con ogni diligenza e più
restezza che sarà possibile .... se la uuole di color di viole lauorata
ic si intende più nobile che quella di color di ferro et da puoco
fh e meno non passerà la spesa che V. S. scrive, ma sarà armatura
982 LE ARTI MINORI
veramente che la potrebbe portar qual si uoglia Re. Potrà anco V. S.
intendere da S. A. se uorrà la celata a botta di pistolla come pur
uoleno tutti questi maestri di campo, ma ne fanno far due una che
serue per le fattioni e l'altra per mostra legiera.
Potrà anco commandare S. A. piacendoli il colore del ueluto che
va per la guarnitione sodisfacendosi al gusto et all'apparitione del
color dell'armatura se pur sarà di gusto a S. A. che sij temperata
con il colore uiolato ne occorrendomi altro
Pietro Enrico Porta spadaro milanese era venuto nel 1658 a
Mantova per esercitare la propria arte.
Armaiuoli in Venezia e Brescia.
In quanto alle canne d' archibugi le provisioni erano fatte a
Venezia, donde Luca Tron, il 15 novembre 1610, ne spediva in
Mantova 1610, oltre le opportune casse e ruote. Il capitano An-
tonio Grimani da Brescia, il 12 dicembre 1613 mandava al Duca,
di Mantova 1500 canne di moschetto, secondo l'ordinazione data.
E noto come nel seguente secolo delle armature si cessasse
l'uso, conservando solamente le corazze, fabbricate generalmente
molto pesanti e forti, prive d'ornati per non aggiungere inutile peso,
dovendo resistere alle palle. E si fini di non più servirsene; poiché
l'arte doveva cedere il campo alla scienza al macchinismo militare.
Ponendo fine a questa sezione armigera, noi ricorderemo come
essa rifulse gloriosa peli' Italia. Un francese scrisse :
« L' istoire des armes est essentielment liéé a celle des peu-
« ples et parmi les nations guerrieres l' Italie est une de celles
« qui aux siécles passés attacha une importance réelle à la fa-
« brication des armes ; au moyen age, elle partagea avec la
« péninsule le monopole de cette fabrication, et sur tous le champs
« de bataille de l'Europe on vit les armes italiennes obtenir la
« preference, tant par l'excellence de leur fabrication que par
« r ingeniosité de leur invention » (Th. F. Calard, Histoire des
armes offensives et defensives en Italie).
ALLA. CORTE DI MANTOVA. 983
IntaglL'ìtori ln legno, avorio, ossi
Intarsiatori, Ebanisti, Carrozzai, Tornitori.
Oggidi difficilmente un architetto, uno scultore prenderebbe la
sgorbia per intagliare in legno ; e pure nei secoli passati quasi
sempre l'intagliatore in legno era architetto, scultore, e pittore
nelle intarsiature.
Fra Giovanni da Verona, cosi celebre nell'intaglio e nell'in-
tarsio, era nello stesso tempo miniatore, fonditore, architetto.
Grandi artefici, quali Donatello, Brunelleschi, Giovannino Dolci,
i San Gallo, Giuliano da Maiano scolpirono in legno, e per ta-
luni di loro fu il primo passo all'arte ; come ad esempio Baccio
d'Agnolo, architetto fiorentino, prima legnarolo e intarsiatore,
Vitoni Ventura pistoiese, architetto e falegname , notati dal Va-
sari ; benché fin d'allora l'intagliatore in legno avesse l'umile
qualifica di magister lignaminis, faher lignarius, carpentarius.
Ed anche oggidi l'arte dell' intaglio del legno e della tarsia si
trovano spesso unite con quella del falegname, ebanista, tornitore;
benché V intagliatore adorni talvolta i suoi intagli di cesellature,
azziminature , damaschinatura , nielli al pari degli orefici ed ar-
maiuoli, di cui abbiamo già fatto parola.
L'intaglio in legno, in avorio e ossi spazia dal semplice mo-
bile privato ali altare di grande cattedrale. I mobili fanno cono^
scere la civilizzazione de' popoli e ne riflettono i costumi, e danno
cognizione della vita privata di ogni ceto.
Fiori per tempo in Italia l' intaglio ; e la tarsia si crede ori-
ginaria italiana ; nel lavoro dell' avorio ed ossi fino dal medio
evo furono segnalati gli Italiani , sopra tutti gli altri popoli di
Europa.
La Toscana, Siena, Perugia, Orvieto diedero, specialmente nel
rinascimento, lavori stupendi ; Bergamo, Venezia, presto si mo-
strarono emule. Il frutto delle nostre ricerche archivistiche, quan-
984 LE ARTI MINORI
tunque scarso e fatto in regione lontana da quelle, ove l' intaglio
e la tarsia andarono all'apogeo, tuttavia offrirà cenni di grandi
artefici e ne farà conoscere altri meritevoli di prendere il loro
posto nella storia dell'arte.
SECOLO XV.
Il poco materiale, scavato per questo secolo, rende inutile ogni
divisione ; basterà l'esposizione cronologica e il riassunto in fine.
Ed eccoci al primo artefice scoperto.
A di 17 dicembre 1425 è accennato Magister Johannes de
Trigulis, qui feeit sedilia chori Eeclesioj sancii Franeisei pel cui
lavoro deve avere ducatos duecentos per sua provisione (i?. Man-
dati e Decreti 1416-1435, fol. 279). In una vertenza dell'anno
seguente, al 22 aprile, col suo già famulo Giacomo de Riparo) io
è designato per De Tribulis {Ibid., fol. 340).
Nel 1422 trovo che Giovanni de Tribulis riceveva un paga-
mento prò lana starno tineta et aeubus prò dando D.ne Marie
de Bononia prò tapezariis aptandis per conto della Corte Gon-
zaghesca.
In altra lite (7 aprile 1442) col consorzio di Santa Maria della
Cometa di Mantova pel pagamento dei sedili su accennati si
presenta altro col nome di Marco de Tribulis de Ferraria. Forse
si tratta del figlio o socio di Giovanni {Idem, 1442-44, fol. 44).
Questi, a di 12 aprile 1443, otteneva esenzione dal pagamento
di dazio per condurre le sue robe in Ferrara {Ibid., fol. 162).
Venuto nuovamente in Mantova otteneva consimile esenzione, a
di 1° aprile 1445 ; ed in questo, documento gli si dà il nome di
Marco {Idem, 1444-7, fol. 97).
Il Cittadella {Notizie relative a Ferrara, ecc.), non trovò do-
cumenti su questo intagliatore in legno; ma registra fin dal 139G
Domenico de Triguis falegname ; né lo vedo segnato da altri.
Vediamo dunque Mantova aver ricorso ad un ferrarese, cui
I
ALLA CORTE DI MANTOVA. 985
concesse privilegi per allettarlo ; e per ciò possiamo arguire la
valentia dell'artefice sopra i suoi collega mantovani.
Nel seguente documento abbiamo in prova che la Corte man-
tovana si rivolgeva sempre a quei centri, ove maggiormente fio-
riva quell'arte, della quale si desiderassero lavori.
Marsiglio Andreasi da Mantova scriveva al marchese Federico,
il 26 agosto 1458:
Hozi e glonto Zohane da Milano cani li drapi et altre cose mandate
a tuor a Fiorenza tra le altre ha portato uno schachero d'osso bel-
lissimo e da ogni canto intarsiato cum li schachi e tauole d'osso che
costa ducati 14, una croce cum uno crucifisso pur d'osso, una pace
una scatola da hostie, una petra sacrata per otto ducati et uno spec-
chio per tri ducati, le quali cose tute vole comprare la IH"™* Madonna
vostra maire : ha portato dopo quattro visi de terra cotta de due
vechie e dui grassi, che ridono insieme che pur è una consolatione
da uedere e chi li vede bisogna che voglia o non comenci a ridere . . .
Abbiamo in queste provviste, fatte a Firenze, oltre intagli in
osso ed altro, quattro figurine in terra cotta del genere forse di
Luca della Robbia, le quali dovevano essere di una somma na-
turalezza da quanto scrisse l'Andreasi.
Quantunque a rigore l'intarsiatura stia pari al mosaico, pur&
la compresi fra gli intagliatori in legno, perchè quasi sempre
l'intarsiatore si preparava i mobili da intarsiare.
Pietro Peccato, intarsiatore in Venezia, nel 1463 si giustifica
per un lavoro, che non piacque al Marchese di Mantova.
Ecco una provenienza che comprova quanto abbiamo detto
sulle provviste fatte in Toscana, sapendosi che Venezia era altro
centro famoso per lavori d' intagHo e intarsio.
Quanto abbiamo osservato nell'unione delle due arti può esser
di prova Vincenzo Piacentino, qualificandosi per marangoniis in-
tarsiator in due lettere, quali da Mantova scriveva al Marchese
di Mantova. Nella prima del 6 febbraio 1464 domanda soccorsi
per aver la moglie quasi morente di parto , e nell'altra del 14
luglio chiede pagamento per un soffitto che fa, avendo sotto di
sé vari mastri, fra cui Jacomo da Crema.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. SI
986 LE ARTI MINORI
Non Io vedo segnato fra Gli artisti piacentini di Luigi Am-
biveri, né da altri. Di Piacenza, fin dal secolo XIV, fu famoso
qual intagliatore in legno un mastro Gabriello. Se quel Jacomo
da Crema può essere il celebre Giacomo Marchi degli scrigni,
appunto vivente in quel tempo, darebbe gran merito al piacentino
che l'aveva sotto di sé.
Il Marchese mantovano da Revere, a di 27 agosto 1482, scri-
veva a suo figlio :
. . . altre uolte Zohanne Stambucchino ne promise fare uno bastone
doue se uà apostato suso, ne sapiamo se mai l'habia finito. Vogliamo
tu faci uedere se le formato et ne auisi subito de che forma et
lungeza.
Ed aveva questa risposta, a di 4 novembre :
. . . ho fatto attastare per Pandolfo Malatesta quello Johannes Stam-
becchino del fatto del bastone . . . esso ha domandato se lo uoria tondo
ouero in otto quadri : tuto coperto d'osso o in parte : dice anche che
uolendolo fare signorile bisognarla che li ossi fussero de quatro colori:
cioè bianco, rosso, uerde e nero : e che l'hauesse in fondo una nera
de ottone cum un poco de ponta per poterlo meglio fermar : el manico
doue se ha fermare la mano al suo parere uorrà essere uno poco
pregno et precio ultimo a che el se ha possuto retrahere sono ducati
sei forse farà per cinque.
Pare che si trattasse di una mazza principesca, ma non so
se mantovano questo Stambecchino. La Marchesa rivolgevasi a
Federico Calandra fonditore di bombarde, che già conosciamo, di
cui ecco una lettera del 17 marzo 1492 :
Ill""a et Ex* Madona mia singularissima etc. per il comandamento
che mi fa V. Ex*'^ nel scriuere suo del bastone et bacheta ch'ella
vole che io le aparechi mi è forza rompere il sagramento che hauea
fatto de mai più non conzare bachete anzi quante ne acataua rompe-
rale per dispetto .... farò quanto desidera zoè che siano gropolosi et
pomposi e digni da essere portati da quella.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 987
E al 23 luglio scrivevale di avere avuto altro ordine di « uno
macio de bachete. »
Ma eccoci di nuovo a provviste fatte a Venezia. La marchesa
Isabella nel settembre 1491 faceva comperare in detta città uno
scacchiere d'avorio, il quale fu pagato 5 ducati, e molto piacque.
Elisabetta Gonzaga duchessa d' Urbino, da Urbino ( 19 lu-
glio 1489) ringraziava il fratello Marchese di Mantova per regali
fra cui « de li forzieri uenuti da Venezia ».
Il Marchese, a di 22 agosto 1494, intendeva spedire a Cre-
mona « M""** Zacharia intarsiatore, ouero un suo garzone per com-
prare certo oro per bisogni de nostri lauoreri ».
Riporteremo integralmente un autografo di intagliatore, diretto
al marchese Francesco Gonzaga :
Jhs.
Ill""^ et Ecc^^ d.ne D. Mi Sing"^^ etc. Al partir di qua de V. S.
dise a quella mi bisognaua danari per comprar oro per dorare le co-
lonne di V. S. et quella me dise ordenaria me fossino dati mi par
quella non abia hordenato niente chredo sia stato per dim entichanza :
prego quella li piacci scriuere de q. a la magnificentia de l'ambasador
di V. S. ouer a Franceschino seruidore di quella aciò possa com-
prar oro et fornire diete coione e quelle fornide mandar a V. S. ala
quale umilmente me ricomando. Ex Venetiis die xiij Januari 1496.
El Seruidor de V. S.
Luca Biancho intaiador.
E nemmeno costui, che pare artefice importante, trovo regi-
strato nel libro: Della sciiUura e tarsia in legno dagli antichi
tempi ad oggi del Conte Finocchietti. E forse nella seguente con-
cessione si tratta di altro artefice di Reggio d' Emilia, ove fiori
l'intaglio degli ossi:
Francesco ecc.
Hauendo Nui concesso ad Mastro Luca da Rezo chel possi con-
durre ouero far condurre opere o lauorerij avolio sottile et gentile
988 LE ARTI MINORI
de OSSO et Ugno facti al torno ne la città nostra de Mantua, coman-
damo ad qualunche nostro officiale che lassi condurre le predicte robe
senza pagamento alcuno de datio. Et hoc ad nostrum bene placitain.
Dat. Mantuce XVij Nooembrls 1497 Antimachus
(R. Mand. et Decreti 1497-8, fot. 83).
Egli deve essere quel Luca Giovanni, che fin dal 1466 aveva
presentato al duca Borso, alcuni lavori di avorii, secondo scopri
il Campori (Della lavorazione degli ossi e dell'avorio .... nella
città di Reggio deW Emilia).
Un altro intarsiatore sul finir di questo secolo principiò rela-
zioni con la Corte di Mantova, le quali mantenne a lungo, vo-
glio dire Lorenzo da Pavia residente in Venezia: ma esse furono già
pubblicate prima dal Baschet (Aldo Manuzio^ Lettres et doeuments
1495- 1515) poi da Carlo Dell'Acqua {Contributo allo studio sul-
l'arte degli Organi). Egli spedi alla marchesa Isabella Gonzaga
D'Este liuti, clavicordi, viole ed altri strumenti, oggetti in avorio
ebano, ed anche pietre preziose, codici, ecc.
Secondo il Dell'Acqua, il cognome di questo artefice sarebbe
Gusnasco.
Se abbiamo avuto poco in questo secolo, il compenso si ha
nella valentia dei citati artefici. Dai migliori centri artistici, quali
Firenze, Venezia e Reggio abbiamo visto la Corte mantovana
trarre intagli in legno ed ossi, e meglio ciò vedremo nel se-
colo XVL
SECOLO XVI.
Lntagliatori e Lntarsiatori in Mantova.
Per questo secolo faremo qualche divisione dei materiali. Prin-
cìpieremo con quegli artefici, che paiono mantovani o in Mantova
dimorarono a lungo o vi morirono.
I
ALLA CORTE DI MANTOVA. 989
Giovanni Maria Platini intarsiatore , figlio di Francione, pure
della stessa arte, moriva in Mantova nel 1500.
La marchesa Isabella, a di 4 luglio 1506, minacciava Paolo
e Antonio intarsiatori , usciti di Mantova per la peste, di farli
stentare un anno in fondo di torre, se non le davano finiti per
tutto agosto i quadri, che dovevano farle.
Eglino sottoscrivendosi deditissimi et fideles seroitores Anto-
niiis et Paulus Mole lignorum ineisores rispondevano da Coito ,
il 12 luglio 1506, alle lettere del 14 aprile e 4 luglio della
Marchesa, domandando scusa per «la tarditate nostra in fornir
« r opera.... per imposibilitate et parte malo discuntio et incomo-
« ditate.... notificamo.... doi de quelli quadri in tutto esser forniti
« et perfecti il tertio anche esser in bon termine ». Speravano
di presto poter ridursi a Mantova e compire 1' opera.
Federico Cattaneo da Mantova scriveva alla Marchesa il 14
luglio 1508:
Eri fui a chasa de M™ Antonio intarsiatore doae ritrouai tute lo
horatorio esser comò fenito solo gè resta a darli la vernice houer
rolio. . . , credo satisfarà asai a V, S.
E poi al 12:
Como M^o Antonio intarsiatore «»è infermato de una febra mata
acutissima.... credo sera forza che l'oratorio ritarda alquanto.... Pur
ho messo talle bordine che M"^' Paulo suo fratello uenerà a lauorare.
E finalmente al 13 :
M""» Panilo intarsiatore comincia a inchiodare suso li quadri in lo
horatorio.
Forse erano quegli stessi Antonio e Paolo mantovani, che nel
1482 avevano lavorato di tarsia gli armadi della sacrestia di
San Marco in Venezia.
Il Marchese ad Ippolito Calandra :
Hipp.^o fa fare due scanni da balla per nui a quel mastro che sta
a S. Silvestro secondo e solito di fami et vedi di fare che ogni modo
990 LE ARTI MINORI
doraantina se non li possiamo hauere tutti dei ne habbiamo almeno
uno senza fallo. Marmiroli XXVj Maij MDXIX.
Moriva in Mantova Benedetto Tebaldi intarsiatore nel 1510, e
risulta vivente nel 1520 un mastro Sebastiano pure intarsiatore
di Mantova.
Addi 30 marzo 1526 moriva M. Davit intarsiatore , nella via
del Leone, di anni 60, per asma.
Bernardo, legnarolo in Mantova, si rivolge al Marchese, il 7
gennaio 1530, notandosi che era venuto da Bologna per lavorare
secondo gli ordini avuti, ma oltre non aver avuto rimborso delle
spese, nemmeno ebbe il promesso lavoro ; e per ciò supplica per
provvedimento.
Nel novembre 1532 risulta che « Mastro Richo Todesco aveva
fatto in Mantova un tavolo de tarsia pella Corte di Mantova.
Il marchese Federico Gonzaga, addi 20 settembre 1539, rila-
sciava il seguente :
Essendo determinato M.» Gaspare di Amigoni intarsiatore et nostro
suddito di andar ad habitare in Roma et esercitare tal arte et uirtù
sua ci ha domandato licentia di poterui andar et condurul anchora la
famiglia sua dil che volendolo noi compiacere per la presente nostra
concedemo al detto M.'"'^ Gasparo che gli possi liberamente andar
ad habitar a Roma et condurui la famiglia non obstante l'ordine che
ui è almeno nostri sudditi non si habbia di partir dal nostro dominio,
però commandiamo agli ufficiali e sudditi nostri a quali spelli che
lassino andar il ditto et famiglia al suo viaggio ecc. ecc.
(R. Mandati 1539-40, fol. 62).
Dal Necrologio mantovano si conosce M. Jacomo della Volta
intarsiator de legname, già morto nel 1540, allorché moriva sua
moglie di anni 88 , in via del Cavallo. Nel 1544 era vivente
M.° Isaco intarsiatore mantovano.
Al 19 novembre 1545 si concedeva a « Jacomo da Bressa
tornitore il quale é stato da cinque anni in questa città (Mantova)
et hora voria partissene a ritornar alla patria sua, che egli li-
beramente possia andarsene .... et condurre seco la sua fa-
miglia » {Idem, 1545-6, fol. 218).
ALLA CORTE DI MANTOVA. 991
Moriva al 10 aprile 1552 M.*» Andrea legnaiolo di S. Altezza
in via dell' Aquila , di anni 44 , e al 16 Giugno Franchino de
Franchini intarsiatore in via del Corno di anni 80; e al 20 gen-
naio 1553 moriva un bambino ad Anteo iniersiatore in via de
Monticelli bianchi.
Nel 1575 viveva in Mantova Annibale Zanetti intarsiatore ;
nel 1577 mastro Anteo lavorava d'intarsio pei Castiglioni; enei
1587 vi moriva mastro Giovanni intarsiatore tedesco; ma di loro
altro non scoprii, né altro ne dice il Conte d'Anco (Delle arti e
degli artefici di Mantova).
Del 1579 Domenico Genovesi intagliava finestre e due usci
per la camera dell'Aquila in Coito.
A di 11 agosto 1588, il Duca faceva ricercare mastro Pompeo
intagliatore veronese ; ma questo era a lavorare pel Duca di
Sabbioneta. E ciò fa conoscere al Segretario ducale Francesco
Borgani, pittore mantovano, il quale aggiunge : « Io diedi il di-
segno della sofitta (nel castello di Coito) al detto M*" Pompeo ei
gli dissi che S.* A" comandaua che gli dissegni delli fogliami
se gli facesse per di dentro alcuni animali et qualche mezza
figura per uscire dalla stanza vecchia che cosi ha usato il Bono
anticho et in particolar Giulio Romano. Ho veduto poi lo quarta
parte del dissegno della sofitta, il quale sarà molto bella et benis-
simo intesa, se V. S. si de guarà *iar conto di ciò al Sig''Duca,
io lo riceuerò a grande fauore et gratia. Mando un mio gio-
uane à aparechiare li dui quadri , il quale se ne spedirà hoggi
et di mane ».
Francesco Borgani, pittore ed architetto mantovano, mori il
23 aprile 1624 in Mantova, d'anni 67. Il Bono, citato come an-
tico fu Bernardino Dal Buono pittore e scultore mantovano che
nel 1530 era stato in aiuto a Giulio Romano, e mori in Man-
tova di 55 anni nel 1562.
Nel maggio 1583, sempre a Coito, lavorava M. Elia tedesco
marangone « qual fa le finestre et portelle intarsiate per la sala
nova » ; e altro tedesco per nome Giovanni aveva fatto un cas-
sone d' armario di noce per S. A.
^92 LE ARTI MINORI
M." Donino Belleboni marangone nello stesso anno s' incari-
cava di un solaro a Vilimpenta in edifizio ducale.
A di 17 settembre 1594 si domandavano « tre braccia di panno
rosso per foderare una cassetta , che va sopra uno scrittoio di
S. A. fatta da Bastiano tedesco intersiatòre ».
M." Gienebon Tomasello era nel dicembre 1595 pagato per
aver fatto due solari a camere nel castello di Mantova.
Don Pietro Sforza lavorava in avorio pel Duca nel 1595.
A di 16 gennaio 1596, mastro Pietro Antonio Acorsi, intaglia-
tore, riceveva scudi 30 . . . « sopra la seconda parte della sofitta
della Galleria di S. A. S* » {R. Tesoreria, 1592-7). Egli fin dal-
l'ottobre 1592 aveva già ricevuto lire 320 a conto di detta sof-
fitta e poi nel 1595 n'ebbe 180 sempre a conto {Ihid.).
E Sebastiano tedesco intarsiatore, pure ducale, a di 7 settem-
bre 1595 , dava ricevuta per scudi 24 per suoi pagamenti di
giugno , luglio ed agosto , e altri 48 ne aveva poi pei due mesi
seguenti. I suoi lavori erano tavolini intarsiati con pietre. Aveva
vari lavoranti sotto di sé.
Mastro Paolo intarsiatore e tornitore tedesco, il 30 agosto 1595
domandava al sovrintendente dei lavori nei palazzi ducali « una
ponta d'avorio per lavorare più presto ». Egli è Paolo Neupért,
tedesco, tornitore ducale, che, a di 31 ottobre 1595, dichiarava di
aver ricevuto pel mese di settembre e ottobre lire 60 {Id.).
Ebbe Mantova in questo secolo Paolo mantovano, detto del
Garzoni, illustre intarsiatore del 1580.
Intagliatori e Intarsiatori in Venezia.
Passiamo ora alle relazioni artistiche della Corte mantovana
con Venezia, le quali per ragioni di data e per l'abbondanza de-
vono avere il primo posto.
Continuarono le relazioni di Lorenzo da Pavia-, intarsiatore e
fabbricante di strumenti musicali, con la Corte di Mantova fino
alla sua morte che avvenne nei primi mesi del 1517. Nel gen-
ALLA CORTE DI MANTOVA. 993
naio 1511 aveva avuto ordine dalla Marchesa di preparare un
piedistallo d'ebano per un bambino d'avorio, che aveva fatto scol-
pire. Gli nota che il disegno di detto piedistallo, i tornitori di
Mantova non seppero far migliore, pensi egli a dargli più grazia.
Nel dicembre preparava pella Marchesa calamai di dente di pe-
sce e procuravale un temperino e forbicetta, lavorati alla da-
maschina.
Il Marchese di Mantova, il 20 luglio 1508, faceva scrivere a
Tadeo Albano in Venezia di aver ricevuto « quelle cose mar-
moree venutemi da Rodi e dopo la corona d'ebano » ; gli ordina
<li procurargli altra corona di legno aloè; gli manda per disegno
« uno vasetto de legno cum il manico e bochino di cera » af-
finché ne sia fatto eseguire il consimile di cristallo.
Riceveva dal medesimo il 13 agosto la corona di aloè, aspet-
tando « un nasetto de agata ».
Bernardino De Prosperi da Venezia, il 19 aprile 1516, rispon-
deva alla Marchesa di aver ricevuto « la misura del crucifisso
de auolio cum la croce e pide de hebano che quello noria lauo-
rato per mane de bono maestro, me sum sforzato de saper chi
lauora bene et non trovo chil gè sia paro a quello mastro Mi-
chele Tedesco quale morite, ben gè è uno M" Paulo intagliator
che dice esser come fratello de M""" Antonio Lombardo che pro-
mette de seruir bene non se uoleudo laudar de far meglio disso
M' Michele » ; ma si rimette all'opera « chel farà che sera quella
che gè darà laude e biasmo .... che dixe hauerne fato uno ben
più longo de la misura eh' io li mostrai et esserli sta pagato
ducati XXX. De questo chel ne noria xx ducati » rimettendosi
del resto alla stima dei Lombardi e di altri.
Questi Lombardi devono appartenere a quella famiglia artistica,
di cui fa parola il Vasari, quali scultori fino dal secolo XIV.
La marchesa Isabella, al 29 stesso, conosciuto che si preten-
deva 20 ducati pel crocifisso, parendole troppo e che bastassero
12 o 14 ducati, ordina di sospendere il contratto e di trattare
per avere da un notaro un crocifisso, fatto dal defunto mastro
Michele.
994 LE ARTI MINORI
Ella spedisce all' ambasciadore in Venezia (19 giugno 1524)
« doe casseti de avorio affinchè siavi acconciati da quel maestro
che sta in Merzaria et tiene il signo dell' angelo ».
Il Marchese scriveva al suo Ambasciadore in Venezia il 17
luglio 1525:
Volerne che uedete quanto costarla a far fare li in Venetia un
tauolino di cinque o sei palmi longo et quatro et mezo largo di san-
dalo et d'ebano fatto a liste de l'uno et del'altro legno a liste di asse
sotile.
Uno che si firma Don Ben.*'o venetiano scrive al Duca di Man-
tova da Venezia una lunga lettera in data 15 gennaro 1569, da
cui risulta che ha già ricevuto da Bartolomeo de Calice due scudi
d'oro « per tre tauolette et il disegno d'una , le quali ho fatto
segare et pulire come hanno da stare et le mando a V. S. due
sono di bosso et una di pero, le due di bosso costano una pia-
stra e la di pero dui marchetti .... conciosiache hauendosi da
stampare ad un tempo con la lettera la quale e grossa e dan-
dosi l'inchiostro ad un medesimo tempo con le mazze se l'in-
taglio fosse sottile si riempieria d' inchiostro et uerria sporco :
perloche è necessario che il disegnatore stia in ciò auertito et
lauori , secondo ricerca il mestiero. Mando dette tavolette liscie
affinchè faccia disegnare l' intaglio ; rammentando però di far
presto perchè horamai siamo al tempo di dar dentro allo stampa
et ancor non e disegnato non che intagliata cosa alcuna ».
Avuto lo schizzo si consiglierà cogli intagliatori et darà fine
al contratto.
In un postseritto seguiva :
La tauoletta di pero costa soldi 10 e quelle di bosso 52 Vg soldi per
ciascuna, il disegno scudi due d'oro et tanto costeriano gli altri ch'il
facesse fare a questo maestro che è ualentuomo ; ma chi può farà
bene a risparmiarli et farli disegnare costi. L'intaglio costerà sei scudi
d' oro. La carta per cinquecento messali uuol essere saldetta et
grandetta bella et buona ; et in quantità dodici balle et la balla di
5000 fogli.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 995
Il Duca gli rispondeva esser soddisfatto delle tavolette man-
dategli , non essendovi in Mantova chi capace a farle cosi belle
r incarica di farli eseguire a Venezia.
Si tratta insomma del messale di Santa Barbara , venuto poi
in luce nel 1583.
Eccoci ad un bell'autografo di Emanuele Filiberto duca di
Savoia :
Ill.'^o et Ecc.'"(> Signore,
Hauendo io fatto fare in Venetia un Gabinetto osia studiolo di legna
di noce con li suoi ornamenti da certi maestri di legname che ui
sono molto eccellenti per riporui le mie scritture ordinatamente et
facendolo condurre in qua sopra il Po in una barca sola et a posta
oue non sarà altro, ho ben uoluto con questa pregare l' Ecc.^^ V.a che
sia contenta di concedermi un passaporto, et per essa ordinare alli
suoi ufficiali et massime alli dacieri et peaggieri che lascino passare
la detta barca col studiolo senza pagamento di dacito ne altro per
essere cosa mia particolare et quale io ho fatto fare a posta che oltre
il piacere che me ne farà gratissimo mi profero di rendere il cambio
a V. E. in simile omaggio cosa quando Ella me ne ricercarà. Con
che per fine me le raccomando et prego da Dio S/*? ogni contentezza.
Da Tarino alli iij di Gennaio MDLXXij
Di V. E. §0 ruttore
Il Duca di Saooia
E. Philibert
AlVIll.'"" et Ecc."^» Signore
Il Sig. Duca di Manioca.
Mastro Ruggiero Gazuolo legnaiuolo da Venezia scriveva al
Duca, il 9 novembre 1585, per pagamento di scudi 600, avendogli
fatto uno scrittoio. Nel gennaio dell'anno seguente, facendo co-
noscere essere ammalato da cinque mesi ed aver pur la moglie
inferma , domanda di essere soddisfatto perchè il Ch." Messer
Zuan de Leze non gli paga neanco le lire 300.
-Nel maggio aveva ancora soltanto ricevuto scudi 120.
996 LE ARTI MINORI
Ebbe ordine di altri lavori, cosi che, morto il Duca, soltanto
nel 1588 potè intascare dal successore scudi 1080 da lire sei,
soldi tre l'uno.
Altro scrittoio si ordinava dalla Corte mantovana al suo am-
basciadore in Venezia di noce forte e copioso di cassettini nel
1593, e altro con tavolino era offerto al Duca da David de
Pomphis ebreo in Venezia.
Vari di questi scrittoi, fatti costrurre a Venezia, servivano poi
per esser regalati. Infatti nell'agosto 1585 il Duca di Mantova
aveva donato a Camilla Martelli Medici « un bellissimo scrino -
rietto » come ella fa conoscere nella lettera di ringraziamento.
Doveva essere veramente un elegantissimo lavoro da poter
stare al paragone di quelli fatti in Toscana.
Bernardino Zenobello antiquario , all' insegna dell' Orso in Ve-
nezia, a di 14 agosto 1598, scriveva al Duca di Mantova per
esser pagato di « un armetto simile a quello che gli aveva dato
in Venezia , che per suo ordine aveva fatto costrurre. Gli offre
pure una bella coda di cavai marino » assai più bella di quella
già provveduta.
Ed ora vedremo le provviste fatte in Genova e poi in Milano.
Intagliatori in legno a Genova.
La marchesa Isabella, al 26 agosto 1518, scriveva a G. B.
Monliono, mercante in Genova^ che avendo veduto dalla Duchessa
di Urbino delle scranne di legname « molto ben lavorate di bel
garbo et che hanno del galante » gli ordina di farne eseguire
otto dallo stesso maestro, quattro per uomo e quattro per donna,
più grandi, secondo il disegno che gli spediva. Ancor oggi la
Liguria conserva questa industria, spedendo all'estero molte sedie.
E dalle minime alle colossali opere in legno, do posto a que-
sta marchionale del 22 giugno 1520, diretta ad Andrea Doria :
« Intendo che voi avete fato una galea molto bona et excel-
lente, desideramo che quel Maestro che 1' ha fatta faccia anche
le nostre ». Lo preghi di venir a Mantova. E con stessa data
ALLA CORTE DI MANTOVA. 997
scriveva pure al Governatore di Genova per avere due buoni
costruttori di galee.
E al 2 gennaio 1523 rivolgevasi a Girolamo Adorno affinché
intercedesse presso il fratello Doge la licenza di poter essere
fatta in Genova, o su quel di Genova un galeone.
Intagliatori in legno ed osso a Milano.
AH '8 di ottobre 1508, il Marchese mantovano scriveva a Gio.
Angelo Vuemale affinché ordinasse a « Cleophasso sei scotellette,
tutte di corno negro ».
Questo Cleofas de Donato era un intarsiatore e tornitore mi-
lanese, che nel 1512 preparava per la Corte mantovana un bel-
lissimo scacchiere , nell' agosto dello stesso anno spediva alla
Marchesa oggetti di avorio e di balena e nel 1514 bottoni d'osso
e certi bussolotti.
Risulta nel 1512 esser venuto in Mantova e spedito dalla
marchesa Isabella in Venezia a riportar a Lorenzo de Pavia un
calamaio di dente di pesce, guastatosi, e per altri incarichi. Al
1^ aprile 1519 essendo di nuovo in Milano, la Marchesa gli or-
dina di fare un ventaglio con bellissimo manico, ingiugnendogli
di non esser tardivo, come é suo solito nel prepararlo. Nel marzo
1523 con la stessa raccomandazione gli ordinava uno scatoline,
secondo il disegno speditole. Nell'anno dopo riceveva dal Gros-
-ìno suo ambasciadore quattro vasetti, molto graditi e pregavalo
li sollecitar Cleofasso ne facesse di varie foggie. La relazione
•on questo tornitore durava ancora nel 1530.
Marco Antonio Facca milanese scrive da Milano al Duca
30 maggio 1582) che, avendogli dato un anno prima « due scri-
toi et una spada lauorata alla gemina per scuti cento d'oro »
non fu pagato benché vi fosse promessa di pagamento fra quattro
mesi. Venne allora in Mantova ; ma trovò che era partito per
Inspruck, cosi dovette ritornarsene senza denaro e con una guar-
nizione di spada che intendeva offrirgli per acquisto. Prega
998 LE ARTI MINORI
far rimettere scudi 75 a mastro Ippolito spadaro in Mantova, che
subito glieli farà avere a compimento del pagamento , avendone
già avuti 25.
Forse si tratta di un antiquario o di un rivenditore, non di un
artefice.
Pei lavori in ossi Reggio d'Emilia continuava a conservare il
primato.
Intagliatori in osso a Reggio d'Emilia.
Da Reggio nel 1509 Girolamo Porcione aveva già spedito
alla Marchesa 33 bottoni ; e altri nel 1511 gliene mandava da
Reggio Timoteo Bendidio, fra cui un vasello a tener sapone.
Giuliano Musto, sempre da Reggio (1510) presentavale un cinto
d'osso, secondo il modello dato e poi « due cadenele d'osso cum
li tre anelli .... per el suo zebelino » e di poi ancora altra ca-
tenella.
Il lavoratore era un « Angelo mastro de corni » come appa-
risce da sua lettera" dell'S novembre 1512 alla Marchesana per
esser' pagato. Egli ancora nel 1523 lavorava un cinto per la
stessa.
Carrozzai in Ferrara.
La marchesa Isabella al 30 dicembre 1522 ringraziava suo
fratello, Duca di Ferrara, pel cocchio, veramente bellissimo ri-
cevuto.
Vi é un ordine di pagamento in data 26 settembre 1559 a fa-
vore di mastro Domenico d'Achille di scudi 50 in oro od in mo-
neta di Ferrara per comprare un cocchio in quella città e pej
finimento alle cavalle, per donarsi il tutto dal Duca a monsigm
di Brisach.
Vi è pure un supplimento di paga del cocchio suddetto ij
lire 63, soldi 7 (R. Tesoreria, 1531-80).
ALLA CORTE DI MANTOVA. 999
Lavori d'intaglio in legno ed avorio in Roma.
La marchesa Isabella, nel marzo 1505, rimandava a Giovanni
Gonzaga in Roma una testa di avorio, perché veduta dai mastri
Andrea Mantegna e Giov. Cristoforo romano non la giudicarono
antiqua né bona,
L'ambasciadore mantovano in Roma, il 13 giugno 1514, spe-
diva alla Marchesa uno specchio di acciaio con magnifica cor-
nice, intagliata in legno, lavoro che qualificava « veramente ra-
rissimo ».
Un bellissimo scrittoio era offerto al Duca nel 1595 da un
ebreo in Roma.
Intagliatori stranieri.
La Corte mantovana ricorreva anche all'estero per oggetti di
intagli in legno e loro artefici.
Ricercava presso il Duca di Baviera due ebanisti famosi nel
1585 , cioè Abramo Kraus annemonianum e Giovanni Woertz
abusiaeum, arcularios .... qui ebano poliendo elaborandoque idonei
prceter ceieros videntur.
Riceveva, a di 14 dicembre 159^, diversi scrittoi, fatti a Stert-
zingen, speditigli da Andrea Unterpergher in Inspruck.
E con questi termina il secolo XVI, sul cui finire 1' arte del-
l' intaglio in legno e dell' intarsio cominciò in Italia a decadere.
SECOLO XVII.
Intagliatori e Intarsiatori in Mantova.
Poco presenta questo secolo e pochissimo di arte veramente
mantovana ; la Corte seguiva rivolgersi particolarmente a Venezia
per mobili od altrove, quando le veniva a cognizione l'esistenza
1000 LE ARTI MINORI
di qualche rarità od eccellente artefice, che si procurava di far
venire in Mjantova.
Paolo Neuwart tornitore in Mantova , ebbe nel 1600 un re-
clamo dalla vedova di Giovanni Keschbaum^ lapisfasoria arte,
chiamato ad esercitare in Mantova dal Duca, alla morte del quale
ella aveva consegnato denari e gioie al tornitore, da cui più non
poteva riaverli.
Fin dal 12 marzo 1611 Virgilio Gonzaga in Mantova faceva
conoscere al cardinale Gonzaga :
Ho addimandato a M.'o Giorgio Tedesco il quadro di V, S, Ili. e R.
ma non è ancora incornigiato et dolendomi seco di non hauerlo a:-
contio m'ha detto, che l'ornamento che ha adesso è tanto serrato con
la pietra del parragone, che dubita in metterui il scapello di giettarlo
tutto in pezzi. E però lo darebbe più tosto quando V. S. 111. R.'"^ restasse
così seruita che si dasse a quel legno deirornamento che lo giudica
bellissimo, bello come d'hebbano. Egli non ha vero ebano. Attende la
decisione.
Era morto, al 17 ottobre 1609, in Mantova nella Via dell'A-
quila, di anni 21, per febbre. Michele Faimer intarsiatore te-
desco.
Vedremo a suo luogo tentativi della Corte mantovana per
trarre in Mantova buoni fabbricanti di carrozze ; ma si fini di
ordinarle a Parigi per averne delle elegantissime.
Lavoravano in Mantova nel 1658 Lorenzo Parenti da Vicenza
intagliatore e Marco Antonio Tavel veneziano. Il duca Ferdi-
nando Carlo, a di 17 aprile 1674, concedeva patente di famiglia-
rità a favore di G. B. Pessetti da Castiglione delle Stiviere, eba-
nista ed intagliatore, fabbricatore anche di strumenti musicali
(R. Mandati, 1673-81, fol. 28).
Intagliatori e Intarsiatori in Venezia.
Il Duca di Mantova a di 21 dicembre 1602 riceveva dal si
ambasciadore in Venezia Ercole Udine la seguente , diretta
consigliere Chieppio :
ALr.A CORTI-: DI MANTOVA. 1001
Fui a uedeie i lauorieri di ebano che sono sei casse longhe cia-
<(una tre braccia alte un braccio et larghe poco meno di un braccio
. on una cubba che s'inalza fuori del coperto quasi una spanna o
))Oco mono lunga del coperto e larga una spanna in circa e ciaschuna
di queste casse profilate con profili di avorii di forme quadrate et
vuote, ma i profili piccolissimi benissimo tirati e benissimo contesti :
ha ciascuna nella sponda davanti tre nicchi con dentro tre figurete di
avorio molto ben fatte che rappresentano o Gioue o Venere o qualche
altro nume antico, di modo che le figurette delle casse sono 16 in
tutto l'ebano è bellissimo lustro come specchio. Ci è una tauola a
otto faccio e gira di circuito da sei braccia in circa anch' ella profilata
con r istessi dissegni delle casse così è il piede che è quadro ; et per
ogni lato ci è una figuretta di avorio simile a quelle delle casse. Ci
è una lettiera con le sponde intorno fino a terra che le seruono
per bancale profilato con l' istessi dissegni delle casse e tauola e nelle
sponde cioè in tre sono in ciascuna tre nicchi con tre figurette simili
iiUe suddette si che tutte le figurette di questi lauori sono 31. Sorgo
da ciascun angolo della lettiera a guisa di colonna un bel naso di
figura di pero tutto profilato a lungo ma excellentissimamente , in-
gomma questi sono i lauori di ebano, i quali a me non paiono no-
tabili per le foggio e dissegni de profili ; ma si bene per la gran-
dezza delle casse , della tauola e della lettiera , la quale grandezza
fa neramente una bellissima uista e massime essendo l'ebano finissima
e molto raro. — -
Da altra lettera, in data 12 luglio 1603, di certo Vincenzo
Folchino, che pare mediatore per la vendita dei suddetti mobili,
si viene a conoscere che si pretendevano 7,000 scudi ; ne offri
il Duca 4,000 ; cosi pare non siano stati comperati.
L'Udine, nel giugno 1605, faceva eseguire dei tavolini, impor-
tanti scudi 72 circa e nota in Venezia esservi vari tedeschi per
tali lavori.
Camillo Sordi , ambasciatore mantovano in Venezia, annunziava
il 3 luglio 1610 alla Corte sua :
Lunedì saranno espediti li buffetti et scrittori del Ser.™o Sg. Prcn-
cipe nostro .... manderò dopo i pifferi che si stan facendo.
Arch. Slor. Lomh. — Anno XV. .52
1002 Ì.F. ARTI MINORI
Da Venezia nel carcere Giustiniano, il 5 febbraio 1621, Simon
Gruato ri voi gè vasi al Duca di Mantova :
Se bene io mi assicuri che li legni impietrati che mi risolsi quasi
troppo ardito inuiare all'A. S. S. liaueranno liauto in se stessi poca
apparenza o niente di aspetto, sapendo io per vere rellatione di molti
die nelle noue Galeric che ha fatto ul messe et ogni di più ni ag-
giunge cose delicatisissimo e superbe che quasi in sublime teatro uè
apparisce un Paradiso terrestre nel mondo ....
E per ciò spera che aggradirà la sua bona volontà.
Al 22 marzo 1622 si rivolge al segretario ducale :
Ritornato d'Oriente, di doue portai certi legni impietrati che a giu-
dicio de molti son cosa meravigliosa da vedere et degni di apre-
sentarle ad ogni Gran Principe ....
Cosi spera aver risposta per la spedizione fattagliene. Era
sempre in carcere.
Fra Evangelista Raguseo da Padova (17 luglio 1627) presenta
al Duca mantovano una crocetta intagliata tutta di un pezzo « e
perché non è cosa de S. A. lasciando da parte disegni di S. Croce,
ma per essere tanto deuota si della passione di N. S. Red.'"® quale
in essa scolpita, come della nostra Serafica Religione, cosi la
prego di accettarla ». Era stata lavorata dal frate stesso, cosi
fu aggradita.
Carrozzai di Piacenza e di Modena e in Roma.
« Gio. .Jacomo Novena, detto Cimeta » mastro di carrozze di
Piacenza, essendo venuto in Mantova nel settembre 1608, si ri-
volgeva al Duca di Mantova per fargli carrozze, sedie di canna,
lettighe e fuochi artificiali. Dice che più volte era stato invitato
di venire in Mantova ma non prima d'allora aveva potuto partire.
Bartolomeo Martini, modenese, aveva sul finir del 1649 tolta
V impresa di fabbricar carrozze pella Corte di Mantova, in oc-
casione delle nozze e si ebbe il benservito dal duca Carlo il
4 dicembre {R. Mandati Ì64Ì-50, fol. 157).
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1003
Francesco Bel trami falegname e Lorenzo Fabroni da Roma,
nel 1615 supplicavano il Duca di Mantova per esser pagati di
lavori fatti in sua casa a Roma.
Intagliatori in legno stranieri.
Per quanto a relazioni coli' estero trovai pochissimo.
Il Duca riceveva, il 4 gennaio 1606, da Augusta a mezzo di
Dionisio Bratturi uno scrittoio « degno veramente di V. A. pel
cosi nobile lavoro. » Era stato stimato scudi 6,000 e fu pagato
iu taleri 5,300.
Nella stessa lettera gli fa conoscere che non gli potè vendere
le gioie.
A di 17 dicembre 1655, a mezzo del suo ambasciadore in Pa-
rigi, ordinava una carrozza, che gli fu fatta e l'ebbe il 19 mag-
gio 1656.
Ponendo fine a questa sezione dell' intaglio e dell' intarsio,
credo bene di dar luogo ad un giudizio di un competentissimo
francese, scrittore d' arte, Eugenio Muntz :
« La « tarsia in legno » ou marqueterie de bois, est, comme
« la mosaique de marbré, un art essentiellement italien. Floris-
« sante dés le moyen àge, elle a brille d'un éclat sans pareil à
« l'epoque de la Renaissance et s'est maintenu jusqu'à nos jours
« dans un état de prospérité fort satisfaisant. Les oeuvres qu'elle
« a produites ne son pas seulement des merveilles de patience
« et de fini, elles abondent également en motifs de décoration aussi
« noble qu'élégants, et cela se comprend sans peine quand on
« pensa que des maitres tels que le Pérugin et Raphael n'ont pas
« dédaigné de fournir le dessin de quelques unes d'entre elles ».
(Eugenio Muktz, nelle Revue Critiqite, N. 43-4, 1874).
1004 LE ARTI MINORI
Intagliatori di cristallo e vetro, Vetrieri, Margaritai.
E anche per quest'arte rorigine è nascosta nell'oscurità; sti-
matissima però fino da remoti tempi. Petronio (Satiricon, e. 41)
scrisse che se il vetro non fosse fragile egli l'avrebbe preferito
all'oro. In Italia vuoisi che nascesse con Venezia; in essa nel
secolo XIV era già tanto in fiore che quel Senato, a di 15 marzo
1383, emanò un decreto ui ars iam nobilis semper stet et per-
maneat in loco Murano.
Ai Muranesi fu accordata la cittadinanza veneziana, e cosi eb-
bero il loro libro d'oro pelle famiglie originarie. Le figlie di un
operatore in vetri potevano sposare patrizii. Enrico III re di Francia
nel 1574, visitando Murano, diede la nobiltà ai principali ve-
trieri.
Anche altrove si trovano traccie di concessioni di nobiltà e di
molti privilegi ai lavoranti in vetro, per esempio, nella Lorena,
nella Normandia, nel Nivernese, ecc.
L'arte in discorso portava seco cognizioni di architettura, pit-
tura e scoltura, ed era unita per gli smalti, l'intaglio di cristalli,
pelle fusione agli orefici, ai mosaicisti, ai plastici. Quadri colorati,
dorati, vasellami, grandi specchi, oggetti di abbigliamento, come
margaritine, perle, pendenti, collane, filagranati, candelieri, lam-
padarii, cassette, statuette, un' infinità insomma di cose uscivano
dalle officine di vetrai.
Venezia, per conservare a lungo il monopolio, fino dal se-
colo XV aveva ordinato gravi pene ed anche la morte a coloro
di questi artefici, che si fossero portati fuori dello Stato a lave
rare od avessero insegnato a forestieri i segreti dell'arte.
Non ostante tale severità ed il verificare che talvolta il G(
verno veneto spediva sicarii ad uccidere "artefici, disertali in lonj
tane contrade, tuttavia se ne sparsero per tutta Europa.
In Altare, terra soggetta al Duca di Mantova, sorsero buoni
ALLA CORTE DI MANTOVA. 100'
officine fino dal secolo XI ; e loro artefici furono ricercati , e
quantunque anche quelli che abbandonassero il luogo fossero
banditi, si trovano Altaresi tanto all'estero quanto a Corti italiane.
Ebbero molti privilegi e anche la nobiltà e furono i fondatori
delle officine di Nevers, allorché i duchi di questo luogo ebbero
anche il ducato di Mantova.
Milano non tardò a coltivare quest'arte con buon incremento.
Firenze, Roma ebbero officine. Sfortunatamente anche quest'arte
in Italia decadde e oggidì è considerata quale industria, di cui
nelle ultime esposizioni si viddero ancora bei saggi ma isolati, e
si constatò la quasi mancanza dell'ottica, mentre questa da ta-
luni era considerata indigena.
Nella storia del vetro si vengono a conoscere la vita dome-
stica, il lusso e la scienza. Eccoci ora alle nostre ricerche ar-
chivistiche, le quali se faranno conoscere molti bei lavori , po-
chissimi nomi de' loro autori si potranno avere. Non vi era posto
per segnarlo sui capilavori, cosi spesso non si giugne nemmeno
a scoprire dalla loro esamina l'epoca e provenienza.
SECOLOj:V.
In quanto a Mantova il contingente si riduce a qualche vetraio
e all' arrivo di qualche forestiere, benché fino dal 1482 abbiamo
veduto traccie di una vetriera.
Pei lavori alle finestre primo a presentarsi è un M.™ Giovanni
a Fenestris de Franila dal 1411 al 1420, poi è un MS^ Gabriele
de Triuisio haetenus habitaior Verone artifice fenesirarum vetri
et incisore lignaminis come è qualificato in una vertenza del
22 febbraio 1438 (R. Mand. et Decreti 1436-46, fai 212).
Un Corrado de Alemania scriveva nel dicembre '1463 alla
Marchesa di Mantova esser giunto a Quistello e che aveva por-
tato molte belle cose fra cui due « bichieri cristallini ». Quistello
1006 LE ARTI MINORI
si trova nella provincia di Mantova. Forse si trattava di cristallo
di Boemia.
Il principe Federico Gonzaga da Mantova avvertiva sua madre,
a di 25 giugno 1473.
Le' venuto qui uno maistro Marche che lauora de vitro e secondo
intendo e de h migliori raaistri che fusse a Vinezia et a Murano da
lauorarne do ogni qualitade e sorte e dice farla de quelli quadri da
salicare anco arme e dorate che mai non mancheriano che se lo
IH.^io Signor mio patre volesse fare el pauimento de la sua camera
non se havrà a mandare a ricercare altrui : questo mastro dice che
se firmarla qui se gli fusse fato qualche prouisione de adiutarlo e chel
lauoraria per tri mesi e daria de la roba sua a chi ne volesse e quando
non potesse spazarla qua uederia smaltirla altroe e restituirla li denari
se gli prestasse in questo principio.
Segue a sollecitare la Marchesana affinchè ottenga dal padre
la fermata di questo artefice in Mantova.
Sfortunatamente mancano altri documenti sul risultato. Doveva
trattarsi di un fuggiasco da Murano o di un bandito della Repub-
blica di Venezia, essendo proibito, pena la morte, ai lavoratori
in vetro di portarsi fuori dello Stato ad esercitare I' arte loro.
Qui vediamo questa unita alla plastica, trattandosi di quadrello
di imprese di terra vetrificata.
Quest' altra è della Marchesa al marito :
III. etc. Mastro Pietro da Proenza : el quale fae le finestre de la S. V.
se noria transferire a Verona per condur poi in qua ad ogni requisi-
tione de Bernardo da Piasentia alcuni garzoni per lauorare qui a
Palatio, Mi richiedeua una fidanza per V andare suo di presente et
per ritornare in qua cum li garzoni : quando 1' accaderà sia dimandato
dubitando, lui de essere facto presone. In questa cosa non ho uoluto
procedere ultra, non parendomi che forsi spoeti a me, ma remetterlo
in dispositione de la Ex. V. che quella intieso lo caso mi comandi il
modo che ho ad obseruare che ala sua bona gratia di continuo
raccomando. Mantuce, xj septembris 1483.
Trattandosi del palazzo Marchionale i vetri dovevano essfl
sceltissimi, forse anche colorali.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1007
Giacomo delle vetriate, ferrarese, rivolgevasi al Marchese, il
29 gennaio 1492, per esser pagato dei vetri alle finestre del pa-
lazzo in Marmirolo.
In Marmirolo, poco lungi da Mantova, i Gonzaga avevano un
castello che col tempo fu reso veramente delizioso.
Ora passeremo alle relazioni fuori Mantova per ragione di
vetri e cristalli.
Il Marchese cosi scriveva all' III.™^ Donna Paola contessa di
Gorizia :
Ill.'na qI(.^ Ilauendo uisto alcuni pezi de cristallo che V. S. ha
mandato ala III.™^ Marchesa nostra matre : et perche intendiamo che
quello mercadante che li ha datto questi ne ha anchor de li altri et
magiori pezi: preghiamo essa V. S. che uogha essere ciim lo merca-
dante et fare cani lui mercadato de tuti quelli pezi simili mandati qui
o magiori et non guardi a la spesa: Et ce li uoglia mandare hanuto
elle r habbia et auisarne del resto di essi che subito li manderemo li
denari. Et ultra ciò uogliamo che V. S. ctim nui guadagni qualche
cosa. A li piaceri etc. Manina;, xoij decembris 1479.
Isabella Gonzaga d' Este marchesa di Mantova, fin dal luglio
1491 faceva avere a Giorgio Brognolo ambasciadore mantovano
in Venezia alcune catenelle di vetro da portare al collo affinché
fossero allungate.
Ella neir agosto 1495 gli dava ricevuta di 20 scatole di vetro
di cui era molto contenta, e ne aspettava altre.
E al 26 settembre dello stesso anno riceveva dal medesimo am-
basciadore le seguenti :
Non ritrouandosi qui cauallaro alcuno de li nostri spazo questa sera
■"ranceschino et quale mi ha promisso uenire a la E. V. di et nocte
ìum gran celerità : per esso li mando otto catenelle de uetro che sono
Iquante ne -ho retrouato in questa terra. Non sono a mio modo ma
[bo ordinato al maestro che me ne facia delle più belle fin a la summa
;he quella mi scriue....
La Marchesa, al 10 aprile 1496 , gli ordina una dozzina di
bichieri cristallini con cerchietto piccolo d" oro alla bocca ».,
lOUS LE ARTI MINORI
Ricevuti, al 20 ne ordinava altri venti. Nel giugno I' incaricava
dell' acquisto di una tazzetta di cristallo lavorato e di un sec-
chietto o caldarino simile : che tosto le furono spediti.
Nel febbraio 1497 dava ordine per l' acquisto dt quattro specchi
dorati e di far, eseguire due o tre hoeealette de eristalUno, secondo
il modello, che gli faceva avere, oltre altri due alquanto più
grosse.
L' ambasciadore , al 16 dello stesso , scrivevale : « ordino al
maestro che ha fatto tutti gli altri vasi di cristallo che ne faccia
altri cinque, secondo la mostra: li farà per sabbato ».
La Marchesa, al 13 ottobre dell' anno 1498, scriveva a Tolomeo
spagnolo, suo agente in Venezia, che era contenta che prendesse
le due tazzette al prezzo di dodici ducati. Il denaro occorrente
poteva farsi dare dall' orefice Pagano o dall'Albano.
Questi acquisti fatti a Venezia vedremo nel secolo XVI farsi
ancora più abbondanti con altri altrove.
SECOLO XVI.
Mantova come città presenta niente per quanto a fabbriche di
vetro e meno ancora a lavori d' intaglio sui cristalli. Il contin-
gente suo è quello stesso, che abbiamo veduto nel precedente
secolo : qualche vetraio.
In un registro di contabilità pelle munizioni trovo :
Notta come a di 18 de xbre 1520 io prestai ad istantia de specta-
bile Mes. leromiro Archari Thesorero a M.™ Benedetto depintore
pesi 21 de piombo per far vederiate per bisogno de lo 111.° signor
nostro, qual piombo mi debe restuire esso M.'° Benedetto.
2 feb. 1521 de commissione de la IW.'^^ Madama nostra.... consignai
a M/o Alexio de le vedriate pesi 122 et libre 16 de piombo de quello
de la monitione per cobrire (sic) due cube ne lo giardino de Porto
qual piombo S. E. e ha promesso far restituire. {Libro della monitione
tenuto da Gio. Giacomo Calandra, fot. 21 e 22).
ALLA CORTE bl MANTOVA. 1009
A di 28 maggio 1522, il Marchese di Mantova concedeva a
Gio. Pietro di Bonavoglia di poter « egli solo far lavorare di
vetro in questa città di Mantova ».
Moriva nel 1540 « Battista Poci vedraro » di anni 70. Nel
1541 risulta aver bottega in Mantova Alessandro Chiaponi vetraio.
Un Mario bolognese nell' agosto 1595 era pagato di lire 40.15
dalla Tesoreria ducale per lavori di fiori in vetro.
Dai conti stessi di G. B. Festa, dal 17 marzo 1593 al 30
giugno 1595, risulta che era vetraio ducale e che continuò in
tale carica. Lavorava in vetri nel 1597 Gio. Giacomo, lombardo.
Sono quasi inutili notizie ; ma ben delle più importanti ce ne
presenterà l' importazione da Venezia , la qual città non poteva
in Europa aver concorrenza per lavori in vetro.
La marchesa Isabella accusa ricevuta, nel luglio 1502, a Taddeo
Albano in Venezia di una cassa de vetri ; a mezzo dello stesso
al 28 maggio 1505, ordinava a « M.™ Anzeletto che lavora de
vetro a Murano » di non più occuparsi de' quei vasi cristallini, or-
dinatigli dall'orefice Della Grana. Nell'agosto incaricava M.*"" An-
gelino de Murano di formare quattro vasi , secondo il disegno
datogli.
Procura vasi la Marchesa da Venezia nell' ottobre 1506 due
specchi, di cui uno di cristallo bellissimo.
Ella, a di 9 aprile 1507, scriveva, a Lorenzo di Pavia : « Man-
[damoui una piadenetta de argento per mostra accioché a Murano
[ne facciate fare cinque simile de vetro de smalto de diversi co-
ciori et mandarmeli subito » ; e nel febbraio 1512 gli mandava
^il disegno per dodici bicchieri da farsi « dal miglior mastro che
[sij a Murano » col loro coperchio. Nel settembre 1510 riman-
dava uno specchio di due ricevuti da Gio. Francesco Valero in
: Venezia, da cui aveva pure avuto due turchine , ordinandogliene
una terza più fina.
La Marchesa di Mantova, al 20 maggio 1521, rivolgevasi al
|suo ambasciadore in Venezia cosi :
Ambassadore : Gli nostri credentieri lassorno la mesura di certi
scudellini di uetro di smalto bianco a Murano alla insegna de la Se-
1010 LE ARTI MINORI
rena et non conclusero altramente il mercato con li mastri : haueremo
piacere che tu ne faci fare una donzena accordandote del precio et
co li mandarai acusandone il costo.
Et recordamo che faci fare quelli nasi da bere che te dicessemo
et di quelle boccaline di uetro cisellate ouero con quelle tre bochie
per cadauna costa. Et ce manderai ogni cosa con 1' auiso del costo.
Bene uale.
E al 30 dicembre lo ringraziava, mandandogli denaro : « Te
rengratiamo del vaso il quale è bello et ne piace ».
E al 19 agosto 1522 ordinavagli quattro fiaschi « di uetro
cristallino schietto con qualche poco adornamento ».
Un prete Stefano Moro, a di 15 novembre 1522 , scriveva al
Marchese intorno a certa tazza di vetro, che doveva esser ese-
guita a Venezia pella credenza marchionale.
E il Marchese, il 13 giugno 1524, mandava al suo ambascia-
dorè a Venezia il disegno di « certo uaso da bere di foggia che
ne piace » di cui ne desiderava dodici in vetro, altri sei più alti
e lunghi e altri quattro secondo modello rotto.
E all' ultimo giugno 1528, facevagli avere il disegno per dodici
boccalini da farsi costrurre in Venezia.
La Marchesa, al 18 giugno 1527, aveva ordinato all' ambascia-
dorè in Venezia bicchieri di diverse forme di cristallo fino « e
« due dozzine di boccaline piccole de la foggia che si usa in
« Roma ». E nel maggio 1529 altra provvista di tazze , vasi ,
bicchieri con fili bianchi. Portatosi ella stessa in Venezia scri-
veva al Tesoriere in Mantova (12 giugno 1530) di non aver più
denaro e desiderando comperare « un cristallo per il tabernacolo »
gli ordinava di procurarle 50 scudi che occorrevano per acqui-
starlo. Il tabernacolo fu poi eseguito a Milano, avanzandosi del
cristallo, che fu domandato nel luglio 1533.
Domenico Verniero da Venezia, al maggio 1531, fa conoscere
che indarno ha cercato « quella corona di cristallo a peri ovei
charaffe ».
L'ambasciadore mantovano da Venezia (6 settembre 1531) at
verte che lo specchio fatto per ordine ducale riusci beli issili
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1011
come tale lo giudicarono molti intelligenti, tra cui Tiziano. Si
tratta proprio del pittore, che da lettera antecedente risulta che
si era preso l' incarico di trovare « o cristalo da segare o spec-
chio fatto », che doveva servire pel marchese Federigo.
Giacomo di Thebaldi da Venezia scriveva alla Marchesa, il 12
gennaio 1534, di esser contento dei 14 scudi avuti pella corona
e poi :
Io mi ho facto donare da quello magistro uno uasetto ch'a dentro
nel fondo una macchietta negra quale sera qui incluso che forse non
disderà né la corona come non sole spiacere quello poco negretto
che se sol porre sopra la faccia iuxia lo consueto da spagnole.
Al 14 dello stesso l'ambasciadore mantovano, Benedetto Agnello,
da Venezia spediva « el smalto qual è sta compro da messer
Ticiano egli dice che V. E. ne sera ben semita ».
E al 18 :
Li vasi di vetro da bevere acqua sono stati fatti ma beri il signor
Duca di Ferrara li uolse cbe non ei^ano ancbo" ben cotti del che sto
disperatissimo perchè si crederà li cbe sia negligente ni le cose cbe
mi sono raccomandate dal signor nostro IH ."io vederò de farne fare
de li altri , il mastro cbe ba fatti detti vasi se excusato assai meco
dicendo non baber possuto negar di non dargli al predetto signor
Duca di Ferrara. ^
Al 20 spediva 4 ampolline e due bicchieri di quelli che si
era allora potuto avere non essendovi cosa molto eccellente per esser
le botteghe di Murano state saccheggiate dal R.™° ed 111.™° Signor
Cardinale nostro e dal Signor Duca di Ferrara. Il costo fu di
. 4 mocenighi.
Nel febbraio 1536 spediva uno specchio fatto lustrare ma non
riuscito ben netto « per essere d'una mixtura molto trista ».
Venendo ora al 4 febbraio 1539, lo stesso ambasciadore scri-
veva alla Corte mantovana :
Ho consegnato la tazza di cristallo che ho fatto far per S. S." a
M.'^ Traiano et l' bo pagato uno scuto et dui mozenighi, si come feci
anche per l'altra pagata, però solo uno scudo.
1012 LE ARTI MINORI
Al 11 maggio 1536, il Marchese scriveva a Bartolomeo Bo-
nacolso di far eseguire in Venezia, secondo la forma spedita in
legno, un vaso « di vetro cristallino del più bello et meglio pur-
« gaio che sii possibile dove gli ha ad entrare il preciosissimo
« sangue di Christo N. S, » Forse il disegno era stato fatto da
Giulio Romano, risultando che nell'aprile 1539 aveva ancora pre-
sentato al Duca vari disegni di tazze.
Il nuovo ambasciadore mantovano in Venezia, Lodovico Trida-
pale, il 14 gennaio 1540 faceva conoscere al suo signore :
Fui a Murano per cambiar le tazze che feci fare, ma perchè il pa-
trone della bottega non si trouava all'hora in Murano li garzoni ne
li suoi lauoranti le uolsero accettare con dire che non si usa doppoi
tenuti li lauoreri 15 o 20 giorni portarli in dietro, ma domani le tor-
narò et vedrò di far cosi col patrone che siano repigliati et fattine
delle altre ....
Ma al 18 dovè rimandare a Mantova dette tazze, non avendo
voluto il mastro ripigliarsele.
Domenico Molino da Venezia, al 31 maggio 1561, scriveva alla
Corte mantovana per specchi di vetro piccoli, notando :
In uno ha d' andar una Victoria la qual come uada dipinta uoi il
sapete.
Nell'altro ui ha da essere una Camilla la qual fu armigera et perchè
fu Roma ha da essere una corona regale in terra.
E tutte due le figure ui hanno da essere scritti da piedi i nomi in
lettere d'oro cioè Vittoria Vittoria et alla Camilla Camilla.
E Bartolomeo del Calice da Venezia, il 24 gennaio 1572, spe-
diva alla Corte di Mantova vasi fatti eseguire in Venezia.
E al 31:
Mandai a Murano il gotto di mostra per sapere se il mastro che
fece li altri p.oteva farli con le lachrime più menude .... et più bello.
Ne mando sei et il suo gotto de scttileza non si può più fare perchè
vanno doppii do cristallo » come riferiva a bocca il corriere. Terrà
la forma di legno per provare presso qualche maestro , cui ne ordi-
\
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1013
norebbe ancora mezza dozzina. Le lacrime non possono venire più
menute perchè le stampe , che sono di ferro canate , non si possono
sminuire.
Ai 7 febbraio :
Si sono fatte prove di quanti maestri sono in Murano ne mai e
-<tato possibile trouar niuno che hauesse la stampa delle laci'ime ....
0 perciò mi è convenuto tornare dal primo maestro perchè in vero
gli è il più valente homo che tra loro sia et ne ho fatto fare ancora
sette di quelli nasi ; ma però schietti che a lacrime non se ne poi mi-
LTÌi orare.
Il Duca però fu poco soddisfatto : ordinò altri vasi di vetro ;
ma il maestro cadde ammalato.
Pare che la Corte mantovana, indispettita dei ritardi nell'avere
ia Venezia i desiderati oggetti in vetro, tentasse di averli da Mi-
lano, come vedremo a suo luogo. Infatti troviamo una sospen-
sione di ordini a Venezia.
Non tardava però la Corte mantovana di ritornare a Venezia
per vetri ; donde il segretario ducale riceveva (19 maggio 1584)
.due tazze di finissimo cristallo nobilissime, qual dono di Gio. Tora-
laso Minadoi, celebre medico.
Gabriele Calzoni, ambasciadore mantovano in Venezia, il 15
jbbraio 1586, faceva conoscere al suo signore :
Hoggi son stato a Murano et apunto delli vedri reffinati che in-
sauano per Roma ho preso tre bicchieri de maggiori che ho tro-
tto insieme con doi altri bicchieri de più grandi che ui erano che
ìel resto gli altri poteuano tener quattro onze et sino a sei i più
randi : però mando per il corriero presente i tre col coperto et doi
ìnza hauendo io cercato et uoltato tutto Murano senza trouar cosa
le mi sia piaciuta
Il protonotario Pomponazzo da Venezia, il 16 aprile 1588, spe-
liva alla Corte un pezzo di cristallo di Minerà, « il mastro ne
la tre donzene de pezzi e domanda 40 marchetti al pezzo ». E
1014. LE ARTI MINORI
cristallo di Boemia ; differisce dall'ordinario perchè se casca in
terra non si rompe.
Altri otto pezzi spediva il 23 detto.
Cominciarono appunto sul finire del secolo XVI i lavori in
vetro e cristallo della Boemia a prendere una vera importanza
nell'arte, benché fin dalla prima metà del secolo antecedente vi
fossero colà officine.
Prima di lasciare Venezia darò qui posto ad un autografo del
più grande intagliatore di vetri , gemme e cristallo.
Ecc.'"" Signor mio sempre ohscruandissimo. Tonto (sic) qui in TJi-
cenza Io ho trouado una lettera, la quale me scriue il R."io Cardinale
Ridolfi per concesion de nostro signore faccndome intendere che sua
santità desidera molto de auer quele opere che io faccio a S. S."^ lo
quale opere sono uno fornimento di altare cioè una croce et doi can-
delieri et una pace tu ti de cristalo , le quale opere li o lauorado za
alcuni mesi perche è opera che importa tenpo li uà molte istorie de
la vita de Cristo et perchè sua santità me solicita molto che le for-
nischa penso non potrò seruire V. Ecelentia perche in dite opere li
uà l'onor mio et l'utile mio grande. Io non poso manchare a S. S.i^ et
masime che tute le opere che io ho fato a S. S ta me rcmmunerado
largisimamente. La V. Eccelentis.» S.''^ poterà spetare fate queste
opere io seruerò quela con tuto el core. Et in bona gratia de V. Ece-
lentissima Signoria me aricomando. Data in Vicenza ali 3 Dccen-
brio 1533.
E l fid olissi mo senio de V. S.
Valerio di Belli.
Alo Eccleniissimo Signor
Duca di Mantua in
Manilla
Lavorò per Clemente VII e Paolo III assai cose, riputate dal
Vasari per divine. Mori nel 1546 in Vicenza sua patria, lavorando
fino agli ultimi giorni della sua vita. Coniò anche medaglie bel-
lissime.
Delle provviste fatte dalla Corte di Mantova varie erano per
esser destinate in regalo.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1015
In fatto Andrea Panili da Dresda, il 22 giugno 1585, scriveva
al Duca di Mantova :
10 ho presentato al Ser."io Signor Elettore mio padrone li caualli
ot li uasi di cristallo i quali hanno mollo piaciuto a S. A, et ne rin-
gratia V. A. infinitamente.
Abbiamo notato che vi fu una sospensione di provvista in Ve-
nezia dopo il 1572, sembrando che la Corte di Mantova indispet-
tita di non poter ricevere con sollecitazione quanto ordinava al
suo ambasciadore di provvederle.
Si provò allora a Milano e Alessandro Andreasi ambasciador
mantovano colà, il 21 febbraio 1573, faceva conoscere alla Corte
di Mantova :
Quei pochi cannoni di cristallo, che erano qui sono stati mandati
in Spagna a quelle maestà per riporre le reliquie, ne sono stati uen-
duti 5 scuti et tali sette ; però non essendone di fatti il maestro uo-
rebbe un mese di tempo a farli tuttidue.
Al 25 detto :
11 cristallaro non uole manco di otto scudi de luno de nasetto per
le reliquie et l'asino ha alzato la coda perchè se ne spazzano molti
.per Spagna e Francia.
Come vedesi, anche in Milano gTi artefici in vetro non erano
più accondiscendenti dei loro colleghi veneziani. Intanto al primo
marzo lo stesso ambasciadore seguiva a scrivere:
Non è stato possibile ritrouar in tutta Milano pur un cannone si-
mile a quello che dall'A. V. mi fu mandato ; però conuiene farne fare
uero è che non uorebbero calare de li 8 scudi.
Le compere in Milano si seppero, cosi il G. B. Villanova mu-
sico , da Milano , al primo di febbraio 1574 cosi rivolgevasi al
Duca di Mantova :
Ill."^o et EccJ^^ Signore,
La gi'ande aCFectione che già molti anni desidero a seruire a V. E.
et farmeli cognosser, anchor ch'io sia di piccola ualiuta nell' arte di
1016 LE ARTI MINORI
musica et ch'io sia de li vecchi musici francesi che habitano in que-
sta città di Milano Hora me occorre parlare a lei con questa picciola
mia : poiché hauendo inteso qua che V. E. a comprati già pochi giorni
sono alchuna quantità di lauori di cristallo cioè bicchieri e uasi dali
M.C* Maestri Li Misseroni primi di questa città : et che l'intentione
di V, E. sarebbe d'hauer cui presso di lei liuomini esperti nella detta
arte per puoter taccar piedi et reintegrare in buona forma li suddetti
lauori comprati ecc. Il che Ill.>"o et Ecc."'" signore per la grande af-
fìtione di seruirla come desidero gli vengo a offerire un mio nepote
bisognandolo a questo suo seruitio nominato Hieronimo Vaprio gio-
uane d'età di xxv anni, cleuato anni 7 con li Sig.'"' Maestri Misseroni
et reussito in quest'arte espertissimo : che uerrà a seruirla fìdelmente
et che da lei ne rapporterà honore : et che ancora di più a aggiutato
a fabbricare li suddetti uasi comprati da V. E. Il che di subito si
seppe alla uenuta di Mantova qua in Milano del suddetto M.''o Mis-
seroni ; mi raccorse dall' IH."' signore suo ambasciadore et gli disse le
formale parole gli scrino doue parendo a V. E. chel mio intento et
l'affectione di seruirla , sia stato prontissimo Ella si degnara di dar-
mene risposta nelle mane dell'Ili. '^lo Sg. ambasciadore qua in Milano
quanto prima perchè detto mio nipote è pregato da alcuni principi
nostri parenti per tal lauorerio et non farà saluo quello uorrò Io perchè
l'o eleuato da piccolo et gli posso comandare come proprio figlio. Con
raccordar humilmente a Lei di mandarli aggiuto di costa per mettersi
in essere et che non spenda il suo in cauallo et spese cibarie comò
son certissimo che V. E. hauria risguardo come e suo solito al qual
pregoli ogni felicità che nostro Signore la conserui et prosperi lunga-
mente. Di Milano alli primo di feb. 1574.
Gio. Battista Villanooa Musico.
1 Misseroni Girolamo e Gasparo fratelli di Milano ebbero fama
di valenti intagliatori di gemme del secolo sedicesimo. Avevano
appreso in patria l'arte dal celebre Jacopo da Trezzo e fecero alla
loro volta molti allievi de' loro figli e nipoti. Chiamati in Ispagna
operarono lavori meravigliosi.
Queste notizie prendo dalla Biografia artistica del De Boni.
Ed anche il Vaprio doveva esser milanese.
I
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1017
A di 2 gennaio 1580 si ordinava dal Duca il pagamento dì
due tazze di cristallo comperate da Pietro Valdise-Scala figlio
di M. Michele da Milano.
Anselmo Levi gioielliere, che già conosciamo, in sua lettera
del 21 giugno 1585 fa conoscere alla Corte mantovana mastro
Girolamo Coyro cristallaro milanese.
Questo venne a Mantova, a desiderio del Principe ereditario,
e quando Duca pare ritornasse per altri lavori, fra cui venti co-
rone o rosarii con corniola intagliate, rinettó un ritratto in bronzo
della Marchesa di Grana ; intagliò di poi due vasetti, uno di cor-
niola l'altro di lapislazuli, sei candelieri e una croce di diaspra
orientale, un fregetto per un libro di lapislazuli , due vasi di
lapislazuli; due fiaschetti, uno di corniola, l'altro di lapislazuli;
due pezzi di Isadra ; un piedestallo di diaspro ; una tazza di la-
pislazuli ; quattro tavolini adornati di pietre dure, come agate,
corniole, diaspri ; due piedi per vasi orientali ; corone di avorio ;.
colonnette di ferro.
Come si vede era orefice, intagliatore di cristalli, di avorio.
I suoi lavori appaiono dai conti di tesoreria pegli anni dal 1595
al 1595, in parte pubblicati dal Portioli (Girolamo Coirà o Corio
incisori di pietre dure).
Al 21 ottobre 1587 il Duca di Mantova, a mezzo del suo amba-
^sciadore, ordina in Milano, due lavori di cristallo di monte, secondo
il modello, fatto da Alberto Milanese che egli stesso portò a Milano^
Luigi Olivi, agente mantovano in Milano, scriveva al segretario
lei Duca (30 dicembre 1587) :
M.'o Giovanni Tradate orefice ha preso carico di portar a S. A.
lue pezzi di cristallo che ho fatto fare insieme con la mostra che mi
Jortò in qua M/o Alberto quali pezzi sono stati ueduti hoggi apunto
Idopo auer io scritto a V. S. da due dei primi cristallari di questa
Icittà, che hauendoli diligentemente essaminati gli hanno giudicati non
|iolo simili alla suddetta mostra ma più belli assai et meglio politi
feosa che mi ha consolato grandemente parendomi di poter credere
ihe S. A. sij per restar soddisfatta il che prego V. S. a farmi sapere
"per mia consolatione.
Arch. Stor. LotJib. — Anno XV. 53
1018 LE ARTI MINORI
Domani pagherò al mastro 40 scudi ch'egli auanza et poi mandarò
la lista et pregaro V. S. a farmela espedire. Il detto mastro piange
et esclama quando che ei ha posto del suo et supplica S. A. a do-
narli qualche cosa oltre il pagamento, il pouer homo s'ingannò pen-
sando di hauer il cristallo quale bisognò poi comprare per 40 o 45
scudi tuttavia S, A. non è obblignto darli più del conuenuto ....
Mastro Giovanni Tradate era giunto a Mantova nel gennaio
1588 coi cristalli, che molto piacquero al Duca.
Ed ecco la Corte mantovana ritornare a Milano dopo qualche
anno di sospensione :
Ill.'"o et Scr.'»o Prcncipe,
Mando li disegni delle Isadre, o messo da parte che serano opere
sei et secondo la qualità de pezzi grossi si è fatto il disegno delle tre
piccoli la natura li ha fatti con poco meno dil suo disegno uno a
scruir per bocal dello bacillo, li altri doi o per uasi ouer bocali.
Dil suo gran pezzo di Cristallo se li pò far dentro un vaso in piedi
o un rinfrescatore ouer un nauiglio di mare , non ho potuto far il di-
segno essendo che non haueua le cose pertinenti da pigliarlo ne tan
poco che me aiutasse a manegiarlo se tirasi la misura justa in carta
della longezza sua, largezza et grosezza farò tal disegno. Li Seracchi
debono hauer messo a dormir il suo pezzo di cristallo che se fosse
uero ne saria forse cagione che il detto pezzo li haurà messo paura.
In summa io farò il pezzo grosso li farò tutti doi meglio le piacerà.
Farò le sei opere de Isadra. Pianterò una bottega con molti omini ....
sino seran finiti.
Per la mercede delli doi pezzi grandi compresi quelli del Seracho ....
ne uoglio scuti 4500 de tutti doi dil grosso solo 3,000. Delle sei opere
de Isadra l'ult.™" precio sarà scudi 2,000.... questo è quanto si pò fare.
Vi anderan scudi 1,000 di sicurtà ....
Il mio male ricorda a S. A. S."i^i il già promessomi pozzetto del
ungia della gran bestia , con un pochetto di lionicorno se possibile
fosse con che pregherei N. S. la conserui .... Milano VuUiino giorno
d'ottobre 1598 Di S. S.
Afflcionatissimo senatore
Camillo Rido
A S. A. ci Sg. Prcncipe
il Duca di Manioca
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1019
Abbiamo già veduto questo Ricio fra i gioiellieri lombardi del
secolo XVI. Nella sua lettera si parla dei Saracchi gioiellieri,
che pure già conosciamo, intagliatori tutti di gemme e di cristallo.
L'ambasciadore in Milano, Nicolò Bellone, scriveva alla Corte
di Mantova, il 2 gennaio 1599 :
Questa città di Milano ha poi data alla Reina di buona mano un
bellissimo specchio, guarnito d'argento con certi nasi in fondo da met-
terui dentro da conciar la testa alle dame et una galera di Cristalli
con un canestro d'oro con dentro duvi drappi lauorati dalla Cantona
squisitamente che dicono tutto quello presente ualc 12 ra. scuti.
Segue poi a partecipare :
Roggi si è poi fatta la tragedia spirituale, che si scrisse in latino
essendoui sta presente la Reina, arciduchessa e arciduca.
David de Cervi, ebreo, da Milano, scriveva al duca di Man-
tova, 1" aprile 1599, che secondo gli ordini avuti ha disposto
che il Benzeni venga con lui a Mantova a portare uno di quelli
tazzoni, di cui si potrà far un'idea e trattare sopra tutti sei « non
essendo altra differenza che l'effigie dell'Imperatore con le sue
imprese ».
Da altre lettere si conosce che il Benzone era un cristallaro.
Come si sarà notato, dopo Venezia, Milano fu la città che più
)otè servire la Corte mantovana.
Darò qui posto ad alcune relazioni con Firenze, benché in
'senso contrario, essendo per lo più il Gran Duca di Toscana che
ricorre a quello di Mantova per vetrai.
Serenissimo Signore,
Ambrogio (era un nano) mi ha fatto più volte istantia di tornare a
seiuire V. A. ma io mi sono preso sicurtà di ritenerlo questi pochi
giorni et liora con l' occasione del suo ritorno mando a V. A. un
saggio di Christalli et porcellane fabbricate nella mia fonderia ac-
cìoche piacendole possa ualerscne che ce ne sarà maggior somma ....
Da Pratolino il di primo di Giugno 1584 De V. A. Seruitore
El Gran Duca di T/'
1020 LE ARTI MINORI
Serenissimo Signor mio Nepote Oss."*"
Alcuni maestri di bicchieri sudditi di V. A. quali si aspettano in
Pisa per attendere a questa lavoratione hanno bisogno di una gratia
da lei et mettono me per loro intercessore, onde io per degni ri-
spetti fo uolentieri questo offitio con V. A. a loro fauore di mandarlo
et raccomandarle l'inclusa supplica, certificandola che riceverebbe a
molta gratia che essi uenessero in ciò consolati come la prego di
restar seruita per amor mio.
Da Cafaggitioli Vij di settembre 1592.
Dell' Alt. V. zio et seruitore
El Gran Duca di T.a
Questa lettera conteneva dentro la seguente supplica, che ci
darà maggior lume sulle condizioni dei vetrari :
Signor Duca.
Expone il fidelissimo suddito Antonio Rosso del luogo de l'Altare
che essendo de maestri de l'arte de uedri in detto luogo l'anno pas-
sato per esser stato acordato a richiesta da un M. Andrea Racchette
fa fornace in Milano e bandito da l'arto de nobili consoli do l'arte de
uedri in detto locho di l'Altare andò a esercitare detta arte in detta
fornace in Milano in compagaia di Baptista suo figlioglo et de un suo
cugnatto Gio. Maria Perotto quai deciano intrassero a ditta arte e
per esser parente di M. Andrea e benissimo sapeua che era banditto
de Ms. Andrea ma perchè detto suo figliuolo et cugnatto se facessero
mastri in detta arte o per l'obligho che di già haueua con detto M.
Andrea fatto fu astretto andarui e le che molto si sdegnarono gli
suddetti Nobili dell'arte di Altare in tal modo et anchor bora si troua
banditto e non sa doue andare : ha fallato ha trangriditto per i detti
suggietti anci per hauer posto il figliolo all'arte che prima douea se-
condo i capitoli de l'arte tizare e non ancor intrar tanto inanci nel-
l'arte meno spera di poter ottenere da suddetti nobili consoli la onde
assicurato della clemenza et molta bontà di V. A. ha tolto per espe-
diente hauerne raccolto da quella Humilmente supplica si degni commet-
tere a sud,*^' Consoli che non uogliano mancar di accettarlo e di conce-
dergli licenza a lui cugnato et figliolo di poter seguitar in detta arte ser
ALLA CORTE DI MAMOVA. 1021
«he più suo figliolo sia aspetto et obligho del tizare offerendosi in
l'auenirc di star et osseruar gli ordini del arte con condonargli ogni
pena nella quale fossero incorsi per questa nolta tanto i che spera
come meglio.
Ser."^^ Signor Nipote mio oss.'^^
Ottenni gratia da V. A. come aueuo grandemente desiderato che
col Valenza dall'Altare mastro di fornace potessero alla mia fornace
di Pisa lauorare altri altaresi senza incorso di pregiuditio alcuno et
perche questa gente e di facile leuatura, et per ogni minima occatione
si sdegni abbandonando con grande interesse e danni il mercante con
allegare che lauorando il med.'"o Valenza con altra gente che altarese
in correria inpregiuditii notabili. Però supplica l'A. V. a fauorirmi di
nuouo concessione nella quale si permetta al sud.*o Valenza di lauo-
rare alla fornace di Pisa introdotto d'ordine mio et alla mia del Ca-
sino in Firenze non solo con altaresi, ma ancor con ogni altro lauo-
rante o Venetiano o di qualunque altra Provincia auertendola che
questa gratia si desidera da me infinitamente per il gusto grande che
ho di uedere introdotto in Pisa la lauoratione dei Cristalli et che le
ne restarò con obbligo infinito ; et col pregarle dal Signor mio ogni
maggior felicità le bacio la mano. Di Pisa olii X di aprile 1593.
Dell' A. V.
Aff.'^o zio et seruo
n Gran Duca di T.^
jAf Sg. Duca di Manioca
Faranno sempre più conoscere le usanze dei vetrai di Altare
seguenti documenti di taluno di loro fuori d'Italia.
5g^/»a g^ Clementissima arciduchessa signora
Signora mia sempre gratiosissima,
Già sono anni 17 ch'io dimoro in Halla, esercitando la mia arte de
fabricar vedri, et non solamente in Halla ma ancor qua in Insprugg
n servitio di S. S. Ar. e la mia sorte portò in questi mei primi anni,
i maritai in una giouene de queste bande tedesca dalla quale ho
uto quattro figlioli tra li quali ho un putto di 14 anni incirca il quale
orrei imparasse l'arte mia. El perche fra noi uedrai ci sono statuiti
1022
LE ARTI MINORI
che nessuno possa imparar l'arte nostra eccetto quelli he nati sono
di padre e madre della nostra terra detta Allaltare del Monferrato.
Et essendo nato questo mio figliolo qua in Halla di madre tedescha ho
gran dubio che mandandolo a Casa mia non lo lasseno imparare. Et
perciò humilmente supplico alli Clementiss."i' piedi di V, S. A. che la
si voglia degnare de fauorirmi appresso Al Ser.'"" Signor suo Padre
nostro Clementiss,'"o Signore et padrone di quel stato d'una sua rac-
comandatione acciò io possa per gratia (non obstante li statuti e lege
in contrario) conseguir questo mio honesto desiderio et cosi pregaro
il Sigaor Iddio che li dona perpetua felicità e contento aspettando da
quella una gratiosa e beaigna risposta di V. S. A.
humil et fidcl seruitore
Antonio Montano Vidraro in Halle
L'arciduchessa Anna Caterina da Tnspruck, il 13 ottobre 1587,
spediva la supplica a Mantova, raccomandando il Montano mon-
ferrino, cioè suo figlio Achille.
SerenissJ^'^ arciduchessa ecc. Cleinentiss.'^<^ Principessa et Signore,
Notificio alla S. V. con ogni pietà et sommissione come ho in animo
di uoler chel mio legitimo fiolo impari la molto lodeuol arte di fare
i bicchieri. La qual cosa io non posso metter in opra ne mio figliolo
acquistarla senza il benignissimo fauore dell'A. V. Prego pertanto et
rinnouo humiliss.^e |a Ser. V. si compiaccia per sua innata et gratiosa
bontà di concedere a me suo fidelissimo suddito, gratia et una sua
gratiosissima intercessione et lettera al Ser.™" et Chariss.'^o suo si-
gnor fratello il Sig. Duca di Mantoua eh el predetto mio fiolo sia
accettato et possa imparar la predetta arte senza impazzo così nel
Ducato di Mantua come in quello di Monferrato raccomandandome
con mio figliolo con ogni humiliss.™* summissione allo Ser. V. spe-
rando da lei in questo nostro honesto proposito fauoreuol risposta.
Di V. al S. humiliss."^° suddito.
Frederico Schinck mastro di cedraria in Trento
Era scritta in tedesco diretta ad Anna Caterina arciduchessa
d'Austria, la quale con sua lettera del 14 gennaio 1588 da In-
spruck, la mandò al Duca di Mantova con raccomandazione.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1023
Anche l'agente mantovano Olivi da Milano, al 30 dicembre 1587,
aveva scritto al Duca di Mantova :
Qui et in Pavia habitano vetrari dall'Altare che hanno beni in questo
stato io dubito che disegnino di fai'li metter prigione et de sforzarli
ad insegnar l'arte ad altri contro i loro ordini parendo ad ogni modo
strano che questo jas personale habia ad osseruarsi qui se bene è di
ragione però bisogna auuertire molto bene a ciò
SECOLO XVII.
In Mantova troviamo sempre G. B. Festa vedraro ducale, il
ijuale però si provvede da Venezia gli occorrenti vetri.
Il duca Vincenzo , a di 4 giugno 1610 , concedeva a Marco
Antonio Fineo di « fabricar certi vasi di vetro di molta capacità
per riporvi vino, migliori delli botti ». Il privilegio era per venti
anni, estensibili agli eredi, dando però la decima parte del gua-
dagno alla Camera ducale (/?. Mandati 1605-1611, fol. 235).
Giovanni Bertolotti e Cesare suo fratello di Altare , abitanti
in Guastalla, si offrivano di venir a Mantova « ad esercitar l' arte
de' vetri et christalli reffinati » mediante certi privilegi.
Li ottennero e nel 1612 ebbero anche la cittadinanza manto-
rana {R. Decreti 1605-1612, fol. 248).
Vediamo sempre gli AUaresi sparsi ovunque per esercitare
r arte loro.
Il Duca di Mantova, a di 12 dicembre 1670, confermava pri-
vilegi a Moisè Civita per l' introduzione e fabbricazione di vetri
e cristalli in Mantova.
Al 6 agosto 1672 si faceva constare che da trent' anni Carlo
Solari era vetraro di Corte, e per ciò gli si dà tale titolo {R. Man-
dati 1667-73, fol. 176). Era dunque il successore al Festa.
Al 20 dicembre 1675 concessione a Moisè Finzi eguale a quella
liei Civita, il qual Finzi ancora al 30 dicembre 1680 aveva
conferma.
1024 LE ARTI MINORI
A di 16 aprile 1680 Antonio Grandi otteneva patente di ve-
traro di Corte.
Nel 1695 si concede ad Orfeo Bornioli e compagni 1' appalto
de vetri e cristalli per cinque anni e ancora al 7 luglio 1715
aveva conferma.
Nel novembre 1721 viene dato invece a Gerolamo Bettinelli.
E con tutte tali concessioni 1' arte non si mantenne, né ora in
Mantova vi è fabbrica di vetri.
Le provviste di lavori intagliati in vetro e di specchi sempre
facevasi a Venezia, come pel passato, ed anche in Milano, come
dimostreremo.
D' ordine del Duca nel 1600 G. B. Guerriero scriveva all' am-
basciadore mantovano in Venezia :
Essendomi scritto che M.™ Anzolo d'Anzoli uno di quelli mastri da
uetriate che condusse il serenissimo signor nostro da Venezia che
essa ha comperato cristalli per seruitio della Galeria di S. A. col ri-
chieder anco dinari V. S. si contentarà di fargli sapere che quando
li parti l'A S. ordinò che uolendosene seruire gli haurebbe fatti auui-
sare, come si deuono raccordare, ma douendo esser l'A, S. a Casale
aha fine di questi mesi le darò conto de tutto et poi della mente sua
farò auuisato V. S. e sarà pagato.
Luca Tron, che già abbiamo conosciuto fra gli orefici in Ve-
nezia, cosi scriveva :
Serenissimo mio Signore,
Li specchi che U. A. ordinò che si facessero colorati al N.° di 400
sono finiti et belissimi li quali a 13 gazette l'uno (per quanto me dice
il mastro) uengono a montar lire 520 di Vinetia. Li grebani di diversi
colori assai belli di quelli.... inuiati saranno di peso alla grossa lib. 2000
in circa et uedra pietre o lastrette con le colonnelle che mi ordinò di
quelli colori trasparenti non si sono possati fare se non poca quan-
tità per essersi leuati i fuochi dalle fornaci.... come si tornerà il fuoco
non mancherò di seruirla.
Da Venetia 12 agosto 1600.
Di V. A. S.
humilissimo senatore
Luca Tron.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 10~5
Al 7 settembre spediva i 400 specchi e risulta che dei grehani
per fontane ne furono spedite 3000.
Ercole Udine anabasciadore mantovano in detta citta, il 16 lu-
glio 1603, scriveva :
Ebbi le sette forme di vasi che S. A ordina che io faccia far di
Cristallo qui a Murano.
E al 28 gennaio dell' anno seguente spedisce a Mantova una
cassa grande piena di vasi da distillare, sei vasi di terra pello
stesso scopo, cassette di solfo e argento vivo, due sacchi di soda,
una cassetta con cristalli di una finestra per la galleria, ed un
padiglione di Campo fornito.
Un Pietro Licini Bonetti da Murano, il 20 aprile 1624, scriveva
al Duca esser pronto a venire in Mantova « per far una fornace
et lauorar d'ogni sorte di vetri come prima S. A. gli aveva ordinato ».
Non trovai il seguito.
Veniamo ora alle provviste fatte in Milano, donde cosi scrivesi
al Duca :
Serenissimo Signore,
Piacque a V. A. S. l'altro hieri commandarmi di farle hauere la
misura del uaso di cristallo guarnito d ai'gento nel quale si conserua
il santiss.'"o chiodo. Io pensando di hauerlo dall'orefice che lo fece et
hauere il modello ho trouato che più non uiue et a farne il disegno
compito bisognerebe far calare il Santo Chiodo dal luogo dove sta
riposto o farui ascendere un perito, il che non si può fare senza sa-
puta dell' Ill.i"o Signor Cardinale che tiene le chiaui et per non chie-
derle senza ordine di V. A. S, le mando per bora l'allegato foglio
nel quale sta delineata la grossezza et lunghezza di detto uaso tolto
dal uacuo della croce nella quale si ripone quando si porta in pro-
cessione e si espone sull'altare.
Ho fatte celebrare le dodici mes?e che V. A. comandò a honore
del Beato Carlo pregando il Signore, ecc.
Di Milano alli XViij di Xbre 1603.
Di V. A. S.
humilissimo et deuotissimo
Scruo
Bart.° Giorgi
1026 LE ARTI MINORI
La seguente era diretta al conte Alessio Strozzi, ambasciadore
mantovano in Milano.
Francesco per la gratta di Dio Duca di Mantooa
et Monferrato ecc.
Conte nostro Carissimo,
Conforme all'ordine nostro datoui sotto li 30 del passato farete
sborsar a Gabriel Saracco lapidario di cristalli li duoi milla ducatoni
che ui furono ultimamente rimessi da Casale pigliandone sua ricevuta
sotto il titolo di prestito che gli facciamo per far una compra di cri-
stalli con promessa di restuirceli o farceli buoni nei detti Cristalli
conforme al capitolato fra Noi con scrittura firmata dal sudd.'o Sa-
racco sotto il giorno di hoggi e della ricevuta farete far due copie
simili per mandarne una a Noi et per restar l'altra in mano nostra.
Francesco
Di Mantooa li 25 aprile 1612.
Ricorderemo di aver conosciuto fra gli orefici Gabriele Sa-
racco.
Il Gran Duca di Toscana, il 4 di aprile 1617, ringrazia sua
sorella Duchessa di Mantova pel dono di un prezioso bicchiere
« veramente bello ». Scherzando sulla grandezza le scrive :
.... di già ella à i gran calici che sogliono usarli in Lombardia,
si ricorda più de' bicchierini di Toscana .... ma sia comunque si uo-
glia io ho fatto gran carezze a questo bicchiere et ui berrò uolentie-
rissimamente et così V. A. sarà sicura che almeno quando io beuerò
mi ricorderò sempre di lei ... .
E poi scrivevagli la seguente :
Serenissima Signora mia Sorella,
Non son mai arriuati i maestri da lauorar cristallo che per mezzo
del conte Senesi io chiesi circa un mese fa a V. V. A. A. hauendo
inteso che nella Terra di Altare doue si fa professione di questa arte
uè ne sono degli eccellenti et son già tre settimane che il med.o Conte
Senesi scrisse al Cav.° Cioli che si aspettauano costà il giorno ap-
I
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1027
presso incamminati per qua et da che l'istesso Conte e tornato a Bo-
logna io gne ne ho fatto ricordare insino con speditione espressa et
egli ha risposto che uerranno et ad ogni modo non compariscono. El
perche questa speranza mi ha ritenuto dal farne uenire da altre bande,
et intanto la mia fornasetta qui nel Giardino di Pitti patisce . . .
E per ciò la prega d' intervenire per appagarlo.
Di Firenze 3 ay. 1618.
a(f.'"o fratello
Il Gran Duca di T.
AUi 11 agosto scrivevale nuovamente :
Con troppo gran reputazione del loro mesterio et della sufficienza
mi pare che habbiano uoluto trattare quei maestri di Cristalli ; poiché
doppo hauere indugiato con qualche danno della mia fornacetta un
mese più di quel che bisognava a muoverli si sono poi fermati costi
a uoler capitolare et essendone intanto comparsi dei più ualenti di
Murano per hauer solamente sentito che io faceva fare questa forna-
cetta io mi risoluo a pregar V. A. mentre la ringrazio , dei pensieri
^t brighe hauute in ciò che ella gli licenzii, acciò se ne possano ri-
)rnare alle case loro.
Il cardinale de Medici da Siena, il 6 maggio 1619, ringraziava
[I Duca di Mantova suo cognato per varie « casse de quadri di
Jhristalli de quali V. A. mi fauorisce, gli farà portar alla sua
rilla di Corezzi ».
La Gran Duchessa di Toscana presentava ringraziamenti il
LO agosto 1621 al cognato Duca di Mantova per regalo « delle
|ue belle campade di Christallo di montagna ».
E suo marito nello stesso di faceva il medesimo pel bellis-
imo bicchiere di cristallo di montagna.
Da queste relazioni con Firenze abbiamo altra prova che delle
randi provviste in cristalli la Corte di Mantova si faceva poi
morosa donatrice alle consorelle.
Abbiamo già fatto conoscenza di Achille Montano, che doveva
apprender l'arte in Altare, eccolo ora maestro :
Ì028 LE ARTI MINORI
Serenissimo Signore,
Achille Montano vetraro sudditto di V. A. dall'Altare essendosi
transferito in queste parti a seruirmi si maritò honoratamente et doppo
d'hauer tenuto casa in questa città alcuni anni con soddisfatione mia
e di tutti giunse finalmente a morte con lasciar la moglie con quattro
figliuoli piuttosto in necessità che altrimenti. E però intendendo hora
essa vedova et li tutori delli figli del d.to Achille che al paese si tro-
vano alcune facoltà et diritti che pervengono di ragione alli pupilli
loro hanno dato carico a Domenico Piazza corriere et seruitore antico
di questa casa che uada a ueder di ricuperarle .... »
Cosi raccomanda l'affare.
Di Monaco li ? di Giugno 1620 di V. A.
seruitore a/J."'^°
Guglielmo (Duca di Baviera)
Al Ser."^o Sg. il Sg. Duca
di Mantova
Poiché abbiamo avuto occasione di conoscere più vetrai di
Altare noteremo che, secondo tradizione, l'origine delle officine
vetrarie in questo luogo risalirebbe al 1000 ; ancora oggidì è
coltivata questa industria e nell'esposizione di Milano del 1881
fu premiata con medaglia d'argento, e altra d'oro ebbe la Società
per tale arte. I vetrai altaresi ebbero pure la nobiltà, e si po-
tranno vedere i blasoni di vari di loro nel libro La Verrerie et
les Geniìlshommes verriers de Nevers par Vabhé Boutiliér, edito
a Nevers nel 1885.
Preferisco sempre nella chiusura delle sezioni di riportare dei
giudizi complessivi, dati da stranieri sulle nostre arti, così in
questa do luogo a quanto segue :
« Si les fabbriche di conterie on fait la fortune des verriei
« vénitiens , les piéces d'apparat , de luxe , de fantaisie et les
« verres de seruices de table on fait leur gioire. Les Vénitiens
« ont, à fort peu d'exceptions prés, mis en oeuvre toutes les res-
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1029
« cources que leur offrait la matiére ; ils ont produit des verres
< incolores, unis ou craquelés, des verres teints dans la masse, des
« verres sablès d' or des verres filigranés, gravés, dorés, éraaillés.
« Selon le gout du decorateur, les verres en verre blanc ou teint
« étaient homogénes ou avec des anses et des pieds d' autres
« couleurs, de godrons et des masques dorés ; on usait en un
« mot, de toutes les combinaisons pour embellir l'objet. Sous ces
« aspectes multiples, les verries ont constitué un genre, le verre
« de Venise, qui est reste le type de la finesse et de l'elegance,
« il n'est pas possible de décrire toutes les formes qu' ils ont
« données a leurs produits coupes, calices, buires, hanaps, ai-
« guiéres, verres, cylindriques, coniques et toutes les variétés de
« leur decors Les verriers venitiens etaient des artistes ....
« Les Venitiens ont compris les qualités expressives du verre,
« et c'est là la veritable raison de leur supériorité dans cet art
« difficile » (Gerspach, L'Ari de la vetrerie).
RiCAMATORi, Arazzieri, Orpellari, Sellari, Librai.
Eccomi giunto all'ultima sezione del mio lavoro. Se il ricama
é arte antichissima, come risulta da citazioni nelle vetuste storie,
mancano le prove, troppo debole essendo la materia sulla quale
r artefice, qual pittore, dipinse coll'ago e con opportune sete o
^ lane colorate disegni finisssimi od elegantissimi ornati. Qualche
frammento si può vedere ne' musei e meglio nei dipinti e nelle
\, sculture, che riprodussero vestiari da provarci che il ricamatore
iveva vera conoscenza del disegno, dei colori , gusto nell'unirli
sd attitudine alla creazione di soggetti da vincere per verità di
limitazione la pittura stessa. L'arte del ricamo sta unita con quella
jdel tessitore, da cui deve avere il campo pei suoi lavori , con
l'orificeria e gioielleria, con i margaritai , i perlai in vetro pei
jrandi ornati, portati sulle figure ricamate.
Famosi furono i ricaraatori milanesi fin dal secolo XV. Vasari
Kcorda Girolamo Cicogna, ricamatore e ingegnere veronese.
1030 LE ARTI MINORI
L'arazzo distinguesi dal ricamo, perché le sue figure ed i suoi
ornati non sono soprapposti, ma fanno parte integrante del me-
desimo Quest'arte, pure antichissima, pare importata dall'Oriente
in Europa. L'Italia volle esser regina anche in essa; e, cono-
sciuto che i migliori arazzieri erano i fiamminghi , fin dal prin-
cipio del secolo XV ne furono invitati in diverse Corti e città,
facilitando loro l'apertura di officine. I Gonzaga fin dal 1419
ebbero arazzi, operati in Mantova da artefici fiandresi, cui tosto
si unirono altri italiani; Venezia non tardò ad avere officine e
tenne anche grandi depositi di arazzi da provvedere a chiunque,
tanto in Italia quanto all'estero; Ferrara, Urbino, Siena, Firenze
ed altre città ebbero loro officine nel secolo XV; ma non furono
stabili, dipendendo molto dalla generosità dei sovrani.
Nel secolo XVI l'Italia rivaleggiava negli arazzi perfino con i
suoi primi maestri : i fiamminghi.
Pochi arazzieri sono conosciuti ; dacché, oltre non aver segnato
i loro tessuti che con qualche monogramma indecifrabile, questo
per lo più non nascondeva il nome dell'artefice , bensì quello
dell' ofBcina. Conosciamo fra i migliori italiani Francesco da
Ferrara, Giovanni Piemontese, Benedetto da Milano , che avreb-
bero vinto i fiamminghi.
Nel secolo XVII l'arazzeria in Italia era, si può dire, scom-
parsa dall'alta Italia ; vi erano officine a Firenze e Roma, senza
contare i depositi in Venezia.
La moda aveva fatto preferire fin dal secolo XVI agli arazzi
i cuoi dorati, inargentati, figurati; e di quest'arte, venuta di Spagna,
l'Italia non mancò anche d'impadronirsi; e fin dal secolo XVI
sorsero fabbriche in Roma, Venezia, Ferrara, Bologna, Modena,
che ne provvedevano alle Corti italiane.
Il Garzoni {La Piazza Universale di tutte le professioni del
Mondo) sul principio del secolo XVII scriveva :
« Ma quei particolari, che trovarono l'arte di corami d'oro,
« tanto nobili e pregiati a tempi nostri meritano veramente somma
« gloria et honore per essersi mostrati huomini singolari e di
« gran giudicio, aggiungendo una tal perfettione a quell'arte .... »
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1031
Ma in quello stesso secolo perdettero il loro grande uso nelle
decorazioni, e scomparvero le fabbriche, come erano scomparse
quelle per arazzi.
Vennero in voga i tessuti serici, damascati, velutati e si fini
con la carta impressa.
Il sellaio partecipa dell'intagliatore in legno, del ricamatore e
dell'orpellaro ; però anche le selle ornatissime, ma pesanti, la-
sciarono il posto a quelle di puro cuoio.
Il legatore da libri sulle copertine era orpellare, ricamatore
nei segnacoli, orefice nei fermagli e nelle borchie. Come oggidì
sono ricercatissimi i lavori degli orpellari, non lo sono meno le
legature librarie.
SECOLO XV.
Ricamato RI.
Ecco i ricamatori operanti in Mantova.
Nelle spese di papa Martino V, allorquando dal 25 ottobre 1418
il 7 febbraio 1419 fu in Mantova, il Muntz (Les arts à la Cour
ìe Papes) porta pagamenti ai ricamatori Rinaldo da Colonia e
■"rancesco da Mantova , Luca de Capellis, che paiono allora re-
bidenti in Mantova.
Nicolao ricamatore, figlio di Francesco, nel 1436 (13 ottobre)
ibitava in Via del Leopardo, e nel 28 agosto é qualificato cit-
idino mantovano. Era ancora vivo nel 1443 ; ma altro non vidi
\ì lui (R. Decreti et Mandati 1436-46, fol. 68, 82, 194 e 234).
Risulta che, a di 1° agosto 1451, mastro Antonio ricamatore
Mantova aveva per famigliare Giovanni tedesco {Idem 1450-3,
fol. 117).
Bianchine ricamatore, dalle carceri di Mantova (IO settembre
1458), supplicava la marchesa Barbara Gonzaga per cambio di
1032 LE ARTI MINORI
prigione, acciocché potesse lauorare polito. Era in prigione da
due anni e mezzo.
Al 27 dello stesso mese si lamentava nuovamente di dover re-
stare ozioso; domandava lavoro in carcere.
Nicolasio Rodiano da Ostiglia (16 settembre 1462) ringraziava
la marchesa Barbara suddetta, del dono d'un cordoncino da chiave,
lavoro di mastro Paris.
« Lanzillotto da Sesso, dito di Scupi rechamatore » in Man-
tova nel luglio 1477, e poi nel settembre 1480 rivolgevasi al
Marchese per esser pagato per lavori fatti.
Gio. Antonio, ricamatore in Mantova, nell'agosto 1490 doman-
dava al Marchese argento e danaro per finire i lavori commes-
sigli, cioè « uno zuppone e uno mantelleto da barberi ».
La marchesa Isabella , a di 24 settembre 1499, scriveva al
Vicario di Revere, raccomandandogli mastro Romano, nostro ri-
camatore e famigliare , il quale veniva a Revere per un suo
affare.
In quanto a gelazioni fuori dello Stato trovo che, a di 23 mag-
gio 1479, Filippo de Rongoni o Ronzoni maistro da panar orti da
Venezia scriveva al Marchese di Mantova per essere pagato di
certe trabacche. Lo comprendo fra i ricamatori, poiché i padi-
glioni, le bandiere, le trabacche potevano aver ricami.
Giovanni de Barcorentini, ricamatore, da Milano scriveva, il pe-
nultimo maggio 1486, al Marchese di Mantova, ricordandogli la
leale e fedele servitù al padre del Marchese, defunto ; supplicava
il figlio a dargli del lavoro, e poi :
Vnde ritrouandomi hauere certi ricami per uno paro de barde in
et qualle gli intra el colo insieme molto bellissimi et signorili .
Presenta il disegno di esso ricamo a mezzo di certo Cristofor
perchè a cagione del dazio non può mandare i ricami. Attende
la decisione.
Vediamo altra prova di quanto già abbiamo notato che i ri-
cami servivano per le armature ed anche per quelle dei cavalli
ALLA. CORTE DI MANTOVA. 1033
Arazzieri.
Passando ora agli arazzi, io riassumerò quanto già fu ripetu-
tamente pubblicato, aggiugnendo quel poco che io ho trovato di
inedito negli archivi dei Gonzaga in Mantova.
Fin dal 1399 abbiamo documenti, che ci fanno conoscere che
Francesco Gonzaga aveva più arazzi fatti a Parigi. Risulta poi
anche che già nel 1356 un Giacomino da Lione aveva in Man-
tova un deposito di drappi.
Un Nicolò di Francia apparisce, a di 11 marzo 1420, qua!
stipendiato di Giovanni Francesco Gonzaga col titolo di maestro
di apparamenti ; pel quale il pittore Giovanni Corradi formava
disegni di armi e di fogliami ; ed era pur pagato Andrea di Ca-
stello per fornitura di lana allo stesso Nicolò.
Da ciò si può arguire il primo impianto di una «fabbrica di
arazzi in Mantova.
Nel 1421 è accennata Maria di Bologna col titolo di maestra
di apparam£nti, poi Zanino de Frantia magister ab apparam^ntis,
a bancalibus a tapesariis o m.agister iapezarius , secondo i vari
locumenti che lo riguardano nei venti anni e più di servizio alla
Jorte mantovana. Era egli figlio di un Tomeo ed aveva sposata
*aola Buzzoni mantovana.
Dopo il 1442 non si hanno più notizie in Mantova di questo
arazziere, dei cui lavori sono accennati alcuni bancali di lana con
)ro e seta, delle insegne marchionali.
Risulta che portavasi a Venezia con altro tappezziere per prov-
viste di sete colorate.
Erano suoi colleghi in Mantova Guidone ed Adamante francesi,
quali fin dal 1426 appariscono stipendiati della famiglia Gonzaga.
Maestro Anichino tappezziere nel 1433 riceveva lire 10 per
stipendio di due mesi nel rappezzare tappezzerie.
Un Bartolomeo Cremaschi da Rodigo nel Mantovano è ricor-
dato dal 1433 al 1444.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 54
1034 LE ARTI MINORI
Rinaldo di Gualtieri fiammingo tappezziere, che era il Boteram da
Bruxelles, dopo essere stato a Siena e in Ferrara passò in Mantova
dal 1449 fino verso il 1457. Aveva seco mastro Pietro, forse pa-
rente, e altri. Licenziatosi nel marzo 1457, Lodovico Gonzaga lo
raccomandava al Duca di Modena , qualificandolo « già nostro
tapezziere in casa ».
Restarono in Mantova suoi compagni de' quali due, nel 1458,
fuggiti in Ferrara, ebbero il perdono pel ritorno. Giacomo Bol-
lanti di Terra d'Otranto, venuto in Mantova, forniva loro disegni
per arazzi.
Rinaldo suddetto non cessava le sue relazioni coi Gonzaga,
come risulta dal suo carteggio dell'anno 14G0 al 1474, tanto da
Ferrara quanto da Bruxelles.
Era pure in Mantova Maffeo de Mafeis, tappezziere, come si
conosce da sue lettere dell' ultimo novembre 1463 e 28 aprile
1468 alla marchesa Gonzaga per aver soccorsi. Egli nel 1465
dovè, portarsi a Venezia a comperar di lana , seta e oro per
eseguire un appartamento disegnato da Andrea Mantegna.
Non è stato trovato da altri che Bengarda de Gonzaga, mar-
chesa d' Este, da Ferrara, il 3 agosto 1466, scrivesse alla mar-
chesa Barbara in Mantova :
Lo presente portadore si è uno maestro Zobanne de Pranza bono
tapeciero come V. Ill.^ia S. perà conoscere per le sue opere, quale
me ha pregato lo uoglia alla prelibata V. L S, raccomandare unde
da pietà mossa hauendone quella de bisogno lo raccomando.
Egli nel 1491 otteneva dal marchese Francesco una pezza di
terreno, nella Via del Mastino, per erigervi un edifizio.
Nel 1469 la Corte di Mantova mandava il tappezziere Simone
in Firenze per acquisto di sete ed oro ad uso dei suoi lavori.
Dal 1471 appaiono i nomi dei tappezzieri Lorenzo e Ruggiero ;|
e che in Mantova si lavorassero tappeti abbiamo prova nel 1473J
da una lettera del cardinale Gonzaga, che da Bologna invia
Mantova Nicolò Columbino e Antonio Barisino « affinchè pos-J
sano imparare a far tappeti ».
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1035
Dei parenti di Rinaldo di Bruxelles era ancora in Mantova un
Rigo nel 1474 ; e Rinaldo stesso nel 1479 venne in Mantova ed
ottenne nell'anno dopo nuova concessione d'importazione.
Sono nel 1475 menzionati in Mantova i tappezzieri mastro Ru-
hichetto, Enrico, Gioanni e Pietro Busele. Il primo francese, gli
altri fiamminghi, parenti del Botram.
Francesco degli Acerbi tappezziere dal 1475 al 1478 si cono-
sce da una lettera aver lavorato pei Gonzaga.
Un mastro Bartolomeo risulta nel 1493 avere in Mantova una
sua particolore fabbrica di arazzi.
La marchesa Isabella Gonzaga estense nel maggio 1496 spe-
diva a Venezia mastro Pedro iapezero per compere di arazzi
ad uso della sua camera ; di altri pel suo studio nel dicembre
1497 incaricava l'orefice Pagano dell'acquisto.
Da ciò si potrebbe credere che in Mantova fosse cessato il
lavoro di arazzi.
Questi si prestavano a vicenda le Corti italiane nelle occasioni
di festini. Francesco Gonzaga nel 1488 domandavane ed ottene-
vane dal Duca di Ferrara per festeggiare il Duca di Milano ed
litri signori.
La Marchesa del Monferrato da Casale 1' 11 novembre 1494
ringraziava il Marchese di Mantova per « li arzenti e tapezarie,
che quella ni li zorni proxime ne prestò ». Glieli restituiva a
mezzo di Galeotto Del Carretto, offerendosi per la reciprocità di
impresti to.
Orpellai, Sellai.
Ili quanto ai lavoratori in cuoio devo comprendere anche i
>ellai benché spesso si trovino coi ricamatori.
Frate Raffaello da Brescia nel convento di S. Barnaba in Man-
tova, a di 12 maggio 1462, raccomandava al Marchese di Man-
tova « Piero da Bressa habitante in Castiono de le Streuere
idoneo mastro de selle et de barde » che desiderava servire la
Casa marchionale e 1' esercito di selle e alabarde accontentan-
1036 LE ARTI MINORI
dosi di guadagnar ; « per ogni duoy denari uno » purché il
Marchese fornisse il denaro per metter su la bottega, in cui egli
lavorerebbe « eum uno lauorente e cum uno garzone » preten-
dendo ducati 5 « de oro » al mese per le spese per tutti tre,
« come usitato dalla Corte ». La casa a gratis per far la bottega.
Prometteva : « fare fusti de sua mano de ogni rasone ala na-
politana e ala franziosa al modo de Lamagna e alla moderna
pizoli grandi e mezani fusti busi da portare molta quantitade
de ducati etiam nascosti fusti da donna e fusti da maschi per
tre modi et coprirli de sua propria mane de ueluto de panno de
corame per ogni modo ed ogni foza ;
« Item de li fornimenti longi e de ogni sorte inbrocati de ottone
de ferro staginato e de panni frapati e de corame rosso e de
negro alla franzosa per ogni modo et ad ogni foza sgorbiati ad
ogni modo.
« Item selle de donne per tre modi .... »
Non mi venne sotto gli occhi il risultato della raccomanda-
zione, come l'esito di una consimile domanda di metter su bot-
tega, fatta al Marchese di Mantova, da un mastro Alouixlus sei-
laro, che trovavasi in Mantova nel 1479.
Giorgio Brognolo, agente della Corte mantovana in Venezia,
scriveva (19 maggio 1490) al Marchese :
Heri scrissi a la Ex. V. come uno Matheo de Thomaso da Ragusa
auea mandato qua due casse cum sette selle turchesche et certe
pelle de cordoano et li rimandai la litera de esso Matheo ne la quali
li specificasse el tutto.
E faceva la spedizione delle casse.
Il Marchese (2 agosto 1463) ordinava al Tesoriere di prov-
veder r opportuno denaro a M. Antonio Sellaro per far « unr
sella de veluto cremesino ».
La Marchesa Isabella, a di 8 agosto 1495, scriveva a Fran-
cesco de Castello in Ferrara per ordinargli l'acquisto di coraraj
lavorati, secondo il disegno.
E questo secolo ci ha offerto quanto basta per darci una buont
idea delle arti, di cui è oggetto questa sezione.
ALLA CORTK DI M VNTOVA. 1U37
SECOLO XVI.
RlCAMATORL
A di 4 ottobre 1504, moriva in Mantova, d' anni 65, mastro
Doli ricama tore di Cugni, di cui altro non scoprii.
Il Marchese di Mantova , a di 22 settembre 1505, sollecita
mastro Jacomo ricamatore pel finimento dei lavori ordinatigli, che
devono essere spediti in Francia.
Ed egli nel giorno dopo da Mantova rispondeva, notando che
« in fondi de tore si lauora di e notte in dieci persone .... et
uno drapo da batizar longo braza 4 e largo uno e mezo e meza quarta
lauorato tuto d'oro ala dalmaschina come uno Jesus in mezo
comò ozeli animali di diuersi sorti » e offre anche altri ricami
in cambio di frumento. Si firma « El nostro Vasaio Jacomo ri-
camatore ».
Sembrerebbe che si lavorasse nelle torri del castello di Mantova.
Una Arestea Serra, ebrea, da Quistello scriveva alla Marchesa
che non può finire il lavoro, mancandogli oro e non trovando-
sene in quel luogo (26 settembre 1506).
La marchesa Isabella, il 10 ottobre 1506, faceva conoscere al
suo signor marito che gli manderà il domandato cappello, osser-
vando però che mastro Bernardino della Armeria non ne aveva
trovato , secondo il bisogno ; cosi ella stimerebbe meglio farne
eseguire uno da Giovanni ricamatore con gioie ben disposte e
non molte e piccole. Si farà restituire dalla Duchessa d' Urbino
una bella filza di gioie che le ha prestato, mancando presso sé
le necessarie; tanto più che ne furono spedite in Francia a mezzo
di Joan Francesco de la Grana per aver in cambio tappezzerie.
Al 20 stesso :
Coroo me sij portato il capello de Feltro quale se fa secundo che
ha ordinato Bernardino de l'Armeria subito lo farò coprire de veluto
1038 LE ARTI MINORI
et recamare a mio modo per chel sii più bello gallante che si può
la Ex. V. farà che abbia presto le perle che haueua la duchessa de
Urbino.
E l'arte di fare cappelli e berretti ricamati in Mantova fiori,
trovando che le Corti rivolgevansi volentieri per averne. Da quella
di Ferrara il 27 gennaio 1512 s'interessava confidenzialmente la
Marchesa stessa di Mantova per avere « qualche bello schuf-
fiotto per portare in capo, hauendo io inteso che a Mantova gè ne
sono de summa belleza d'oro e facti ellegantemente ». Era per
uso del Duca di Ferrara stesso che se ritrovava toso.
Ne furono subito spediti cinque.
Il Marchese mantovano, volendo regalare il famigerato Pietro
Aretino, gli manda parecchi scuffiotti (24 marzo 1525).
In una lettera del 19 settembre 1531 al Duca di Mantova sì
parla di uno scuffiotto dove sono ottanta pezzi di diamanti belli
e uno d'oro « tutta piena di giolie » fattagli costrurre dalla Du-
chessa sua consorte.
A M.° Augusto ricamatore, nel 1513, morivano di p este la
moglie e due bambine.
Si ordinava il pagamento (29 aprile 1531) di scudi 5 in oro
a M." Alessandro pittore e ricamatore per certe rebus ex serico
per eum factis pel Duca (i?. Alandati 1531, fol. 79).
Giorgio Ghisi, il 19 ottobre 1581, provvedeva ricami alla Corte
di Mantova e ancora al 26 novembre 1582 era a servizio ducale,
come da sue lettere.
Un Girolamo Costa, mantovano, ricamatore, a di 8 di settembre
1588 , scriveva al Duca su certi saltatori, che sospettava at-
tossicati.
Venivano in Mantova, nel 1590, Pietro Paolo Pagani, ricama-
tore milanese , Vincenzo bolognese e G. B. milanese per lavori
di S. Altezza.
La Duchessa di Mantova, a di 6 settembre 1595, concedeva
a Cesare Rasetti parmigiano di ritornare in patria dopo averla
servita in Mantova , qual ricamatore per 14 anni {R. Mandati
1593-6, fol. 330). Ismael Plouer fiammingo nel luglio 1596 ar-
I
^\ ALLA CORTE DI MANTOVA. 1039
rivava in Mantova per lavorarvi , e pella stessa ragione nel-
r anno dopo Gio. Antonio Negri, ricamatore milanese.
Venendo alle importazioni in Mantova prima per data presen-
tasi da Milano poi da Venezia.
Il Marchese ordinava (29 maggio 1521) al Crossino suo
ambasciadore in Milano :
Apresso vedi se ritroui li in Milano uno Cruxifisso , una nostra
donna et una S. Caterina fatte de recami per mettere sopra un palio
di altare che sieno ben lavorate. Se non li trova li faccia eseguire.
Dal 25 settembre 1568 al 1° agosto 1570 vi sono diverse let-
tere di un Giacomo Antonio ricamatore, dirette da Milano al
Duca di Mantova, quasi tutte sullo stesso soggetto, cioè esser egli
« quello che fece far la caretta quando V. E. prese moglie et
che fece anco quei uestiti all'IU."^^ Sig. Lodouico suo fratello »
dichiarandosi pronto a svelargli chi attenta alla sua vita purché
sia rimbosato di 150 scudi, di cui l'assassino gli è debitore e
darà prove autentiche.
Pare che non si sia data alcuna importanza a tale suo segreto.
Leonora per la grada di Dio
Ducile ssa di Manto o a et di Monferrato
Molto Reoerendo Monsignore, _
Habbiamo inteso dalle uostre lettere delli 26 del passato et 2 di
questo la risolutione di quel mastro Tedesco di non uoler manco di
li quattro ducati di cotesta moneta per la fattura di ciascun brazzo
lei ricamo ch'era nostra intentione ch'egli facesse il che parendoci
)ppo si risoluiamo di non uoler per adesso farci altro come ne anco
)n le donne che ci auisate uolerlo fare per due ducati il brazzo
mendo il disegno fatto et dandole tutta la robba, comendiamo bene
nostra diligenza et amorevolezza et per fine ui desideriamo ogni
)ntento. Leonora
Di Mantova, li 6 di aprile 1594.
il molto Reoerendo Monsignor
Protonotaro Pomponasz-i
ambasciadore nostro cariss.'"*
In Venetia
1040 LE ARTI MINORI
Arazzieri.
Per quanto agli arazzi troviamo in Mantova dal 1502 al 1505
mastro Giovanni, forse quello che vi aveva avuto uno stabile.
Mastro Zanino moriva nel 1507 di anni 70, ex apostemate in
stomaco.
Un Giovanni Francesco è accennato dal 1508 al 1511.
Dal 1511 al 1522 si ha menzione di M.'* Martino di Fiandra
tappezziere , cui il Marchese concedeva una condanna di lire 45
per compensarlo expensis faetis uel faeiendis in expediendis et
absolvendis quibusdam iapezariis del Marchese stesso {R. Man-
dati 1510-11, fol. 177).
Mastro Martinus tapecerius de Burselo (Bruxelles) moriva
nella Via de' Cervi in età di anni 55 il 28 novembre 1522, dopo
aver sofferto febbri e flusso per quattro mesi.
Un Mastro Pietro nel 1511 lavorava in via della Serpe.
Un Giuseppe è accennato in una investitura del 1538 ; e nel
1539 moriva di anni 50 M.° Francesco de Benedetti in via del
Falcone.
Vedremo ora uno importantissimo non stato avvertito da altri,
come operante in Mantova.
Fcdericus etc. Hauendo noi condutti in questa terra Nicola Charcher
di Burselles Mjo di tappezzarle perclié l'habbia da tesser per la Corte
nostra tappezzarle secondo gli disegni che gli faremo dare. Volerao
eh' l'habbia l'essentione da tutti gli Datij per lui et quelli chel pigliara
a lauorare seco che saranno in tutto undeci bocche acciò che facil-
mente el possa hauere delli operai et lauorare con maggior commo-
dita sua però lo essentiamo et liberamo dal Datio della macina, dal
Datio del vino e di qualunque altra cosa chel comprarù o condurà a
Mantova per il uiuere delli detti undici bocche per tutto il tempo che
a tale effetto el starà qui commandando alli spcctabili mastri delle
entrate alli Datiari et altri officiali nostri alli quali spetta e spet-
tarla che osseruino et facciano osseruare inuiolabilmente la presente
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1U41
essentione al predetto Nicola per tutto il tempo qual stara qui per
lauorarci non obstante ordine alcuno perchè cos'i uolemo liauendolo
Noi condotto a posta per noi. Dat. Mantuce Viij octohris 1539.
Franciscus Gazolus Cancellarius
Mand. Domini ex Relatione
MS' D. Sab. Calandra Ducalis
secretarii subscripsit
Sab.
(R. Decreti 1538-42, fol. 56).
E consimile decreto ottenne ancora sedici anni dopo , di cui
ecco l'estratto :
Gulielmus etc. Condesendentes uotis Mj'' Xicolcc Charcher de Brus-
ielle tapetum carice noster confector qui a Nobis petendum curauit ut
exemptionem sibi concedere uelimus prò duodecim operariis quos ex-
\*ercet in dictis tapetis ccnficiendis. Tenore presentis decreti etc
Concedimus dicto Nicolao prò dictis duodecim operariis seu operariis
Iperidtempus quo predicitce Carice nostrce seruiet imunitatem et
semptionem macince dati] .... faeimus ab omnibus aliis datiis et gra-
iminibus quibuscumque per dictum tempus ....
Dat. Mantuce sub fide nostri maioris sigilli die XV Julii MDLV.
Idem 1553-6, fol. 220).
Questo Carcher o Karcher è quegli stesso che in società
)n Giovanni Rost nel 1546 aveva pure fatto un contratto con
Corte toscana per fabbrica di arazzi e aveva anche lavorato
quella ferrarese, dimostrandosi eccellentissimo.
Sarebbe dunque questo Carcher che esegui gli stupendi arazzi
li disegni di Raffaello, fatto accennato dal Volta nelle notizie
)riche su Mantova, ma negato « come opinione interamente
lisa » dall' ultimo , che scrisse sugli arazzi mantovani ; mentre
crebbe dovuto restringersi a notare che non aveva trovati do-
cumenti.
E dagli esposti e seguenti documenti apprendiamo che la fab-
Srica degli arazzi si mantenne in Mantova per tutta la prima metà
del secolo XVI. Un Endimio scrive, al 1° dicembre 1556, al Can-
1042 LE ARTI MINORI
celliere ducale per meravigliarsi che M.° Niccolò tappezzerio non
gli abbia risposto , avendogli scritto per conto di Gio. Mocenigo
e poi fattogli parlare da un gentiluomo , il quale ebbe imperti-
nenze « io mi sono meravigliato che M. Nicolò che suole essere
« la dolcezza et amorevolezza del mondo sia diventato cosi ter-
« ribile , r ho excusato chel mali et la necessità lo dovranno
« stringere ». Finisce con raccomandarsi affinché l'arazziere man-
tenga la promessa « di fornire doi pezzi a questo Natale ». Ed
ecco da Venezia rivolgersi a Mantova per arazzi. Infatti Nicolò
Carcher moriva in Mantova nel 1562, nel qual anno aveva sup-
plicato il cardinale Ercole Gonzaga per avere un sussidio e cosi
poter maritare una delle tre figlie, che aveva.
Era pure morto in Mantova nel 1540 un mastro Aluisio araz-
ziere, fiammingo, di anni 85, nel borgo di S. Giorgio.
Negli anni 1547 e 1549 un maestro Giacomo dalla Porta era pa-
gato per aver rappezzato alcuni tappeti di Corte qui erant ruptl et
brasati ; e cosi faceva Federico del Caletto per spalliere a verdura.
Un pagamento trovasi dal 1556 a Sigismondo Zarabelli, quale
arazziere.
E molti bei arazzi il Duca di Mantova regalava al cardinale
Borromeo « che sono certo delle belle cose che oggi si possano
vedere » come scriveva Bernardino Pia da Roma.
Per quanto a provviste fuori dello Stato notiamo che nel 1502
il marchese Francesco, essendo in Francia, comperò a Lione pa-
recchi arazzi e molti altri il marchese Federico nel 1531 faceva
acquistar in Ferrara.
L'ambasciadore mantovano in Venezia, al primo gennaio del
1554 spediva :
.... quattro pezzi de Razzo delle qualità che si contiene in le in-
cluse polize per le quali potrà intendere il prezzo ....
L'Historia di Jacob scuti uno et mezzo sala pezzi 10.
» di David non pare in proposito uno scuto et un terzo |
» delle forze di Ercole e la più degna al medemo pre2
pezze sette,
» di Isaia uno scuto et dui terzi pozze 7.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1043
E queste polizze sono (ìrmate cosi :
E sono del Vostro seruitor
Rigo di Schos
/iamengo Venezia al Ponte di
Baxxelen
Il portatore era certo Cagno ebreo, che meglio verbalmente
avrebbe spiegato ogni cosa.
Ippolito Andreas! disegnava per ordine della Corte mantovana
delle tappezzerie che Salomone Levi doveva (28 agosto 1579)
far eseguire in Venezia. E nell'ottobre l'ebreo Modone era spe-
dito a Venezia per altre tappezzerie.
Bartolomeo del Calice da Venezia, il 20 dicembre 1586, alla
Corte di Mantova, mandavate cinque pezzi di tappezzerie ed av-
vertiva :
Quanto alla piezzaria che l'A. S. S. ricercha da M.™ Alessandro fia-
lengo egli mi risponde che in Mantova non ha che dare per tal prezzo
^a che in Venetia lo farà molto volontiero.
Antonio Costantini , agente mantovano in Venezia, raccoman-
iva al Duca di Mantova Vitale del Bene ebreo mantovano che
^eniva con certe tappezzerie di slngolar bellezza e ricchezza
. per la esquisita qualità loro, cosi nell'eccellenza de disegni
Ielle figure a merauiglia tessuti al uiuo come per la ricchezza
spetto alla gran quantità dell'oro » sperando che posano essere
imperate.
Il Cataneo segretario ducale (17 marzo 1587) scriveva al con-
igliere Gatico in Venezia che il fiammingo, il quale aveva prov-
luto gli arazzi pel castello di Goito non doveva lagnarsi es-
mdovi stato diversità nelle misure da quelle date per gli arazzi
|ielle nozze del Principe Vincenzo Gonzaga.
La marchesa Isabella scriveva nel settembre 1501 a Milano
ir tele d' oro e per aver « 20 braza de tabeto de argento
bianco ».
1044 LE ARTI MINORI
Da Milano Giuliano Goselino notifica alla Corte mantovana, il
1° marzo 1559, che si stava facendo il drappo di tre colori e
già 160 braccia erano compiute, e di quello a quattro colori se
ne erano già fatte 70 braccia.
Giorgio Pietro della Sala, incaricato dalla Corte di Mantova
di cercar tappezzerie in Milano nel 1569 ne dava in nota, con-
sigliando però di rivolgersi a Bergamo, donde si poteva averne
dei migliori. Fu accettato il consiglio ed il Della Sala stesso
ebbe l'incarico di portarsi a Bergamo, come fece.
David di Cervi, ebreo, da Milano alla Corte di Mantova fa co-
noscere, il 23 gennaio 1590, che ha veduto un fornimento « di
lapezaria alto ala 5 di giro ala 52 a boscaglia con figure cosa
rara et bella et nuova domandandone scudi 5 dell'ala e forse lo
daranno a 4 ».
Il Duca neir ottobre 1593 ordinava il pagamento di scudi « 12
a Nicolò fiorentino arazziere per un drappo d' oro ».
E. MiiNTZ {Les Tapisseries italiennes) scrisse : En Italie la
periode vraiment brillante, vraiment creatrice de Vhistoire de la
tapisserie finii atee la Renaissance.
Setaioli.
Prima di chiudere sugli arazzi per questo secolo credo bene
dare alcune notizie sull'industria delle sete in Mantova, prodotto
indispensabile per la fabbrica degli arazzi , pel quale abbiamo
veduto la Corte di Mantova dover ricorrere a Venezia.
Le materie colle quali anticamente si lavoravano arazzi erano
l'oro e argento filati, la seta e la lana ; i due primi furono poi
interamente abbandonati per l'ossidazione.
Fin dal 20 luglio 1524 Girolamo Morando aveva ottenuto dalla
Corte mantovana il privilegio per dieci anni prò erectione in
hae urbe hedeficii ad illusiranda et expolienda linteamina ac
telas sericas vulgo dictum manganum {R. Decreti 1520-4, fol. 289).
Nel 1539 il sarto ducale M. Giani di Rosseti , francese , mo-
riva di anni 48, in via dell'Aquila per febbri continue.
ALLA rORTE DI MANTOVA. 1045
A di 20 giugno 1543, si dava la cittadinanza mantovana a Dar-
dano de Bardano urbinate, che da 16 anni esercitava l'arte della
seta in Mantova con special bottega (R. Decreti 1542-7, fol. 224).
Il Governo mantovano, ricordando aver fatto molto per Y im-
pianto dell'arte della seta; e per ciò, a di 19 dicembre 1543,
gli parve tempo di promulgarne gli ordini e statuti, come ave-
vano altre città (Ibid., fol. 54).
Nel 17 febbraio 1546 si dava la cittadinanza di Mantova ad
Antonio fu Giovanni de Villiaeha, spagnolo di Toledo, che da 9
anni eserciva l'arte della seta.
Giovanni Antonio Savino da Milano, il 3 novembre 1574, sol-
lecitava la Corte di Mantova per esser pagato, poiché da due
mesi aveva spedito il restante delle cento braccia di « tela d'oro
et de seta negra » ordinatagli al prezzo stabilito di 110 scudi
d'oro data ad un mezzo scudo al braccio, meno del valore, avendo
sommo bisogno.
Francesco Roma nel febbraio 1583 da Milano provvedeva la
Corte mantovana di tele e veli d'oro, fatti in detta città.
Il segretario ducale Chieppio, a di 22 gennaio 1599, scriveva
all'ambasciadore mantovano in Milano :
Hauendo S. A. fatto cercare in Vinezia certa tela d'oro et argento
che si sia conformi alla mostra che^si manda, ne essendosi ritrouata,
desidera V. S. faccia ogni suo sforzo per hauerla costì.
Orpellari, Sellal
Cominciarono in questo secolo a venire in gran moda le de-
corazioni in cuoi dorati, argentati con storie e fregi dipinti a ri-
lievo ; cosi gli arazzi furono meno ricercati ; e poco per volta le
fabbriche cessarono.
Nell'arte di lavorare cuoi ad uso di tappezzerie ebbe gran
^araa la Spagna ; ma presto in Ferrara,. Roma sorsero officine
la poter sostenere la concorrenza dei eordocani o cuoi lavorati
in Cordova.
1046 LE ARTI MINORI
Se nel precedente secolo abbiamo trovato poche traccie di
provviste di cuoi, ma solamente di arazzi, in questo ne daremo
subito dei saggi a cominciare dai sellai.
Un Zaneto sellaio mantovano . è accennato nel 1507 ; e un
Gio. Picenino nel 1510. Morivano, di anni 50 nel 1524 M." Ste-
fano sellaro e M,'' Pellegrino da Correggio di anni 60.
Il Marchese, dal Campo, l' otto agosto 1521, scriveva :
A Zo. Zorzo sellaro. Volerne che tu facci dar al cognato di Bona-
ventura Messaglia la maglia di coprir il nostro Zirello di tela et su-
bito lo fìnischi et ce lo mandi.
« Zohan Zorzo sellaro » con bottega in Mantova aveva scritto
al Marchese fino dal 26 dicembre 1529 che non intendeva dar
due selle al mastro di stalla perchè gli fa delle difficoltà nei
pagamenti, del resto è pronto a servire S. A.
E al 30 dello stesso continuava :
Prego V. E. per quanta seruitù ha fatto il patre del patre de mio
patre e mio patre et me ala casa di V. E. che uoglia esser contento
di far prouisione a quel tristo che j nominato per mìo fratello qual
non è, che ferì nella sua bottega una putta che tiene minacciando di
ammazzar pur me se non veniva in aiuto il proprio seruitore Lodo-
vico. Era il tristo fratello pure mastro sellaro.
Vincenzo Pecenini, sellaro, moriva nel 1552 di anni 52.
Lavorava nel 1560 in Mantova M.° Frant di Cani de Filtro
sellaio.
Nel 1597 , veniva in Mantova a far selle Faustino Farina.
« G. B. Ranaio che fa corami dorati » scrive da Mantova ,
il 22 febbraio 1587, che sta preparando cuoi dorati e colorati
per S. A.
Vediamo pertanto un artefice stabilito in Mantova e da un do-
cunienlo sull' importazione da Milano si verrebbe a conoscer che
questo Ranaio poteva far concorrenza agli orpellari di Milano.
Veniamo all' importazione.
La marchesa Isabella , a di 20 maggio 1505, scriveva a Gi-
rolamo Gigliolo in Ferrara per conoscere se gli ordinati « co-
ALLA CORTE DI MANTOVA. 104'
rami stagnoli per spalere » erano stati preparati da quel Spa-
(/nolo.
La stessa Marchesa che nel 1516 aveva scritto ad un suo
agente in Genova di procurarle dalla Spagna dei cuoi lavorati,
al 3 novembre nuovamente gli toglieva l'ordine osservandogli :
Circha li curami sappiati che pochi giorni fanno essendo nui sopra
tale materia in ragionamento con la Ill."ia Signora Duchessa di Vr-
l)ìno, nostra cognata et sorella .... fossimo da S. Ex. exhortate a
fornirni di essi a Roma, perchè più presto gli haueressimo là et tanto
bene come in Hispagna propria seressimo seruite per ritrouarsegli
alcuni spagnoli che di questo mesterò lauorano benissimo.
Il Marchese di Mantova rivolgevasi (9 gennaio 1521) al suo
ambasciadore in Venezia :
Volemo che tu usi diligentia per ritrouar li in Venetia un feltro fino
alla turchesclia bianco il meglio che tu possi hauere. Una maza alla
damaschina bella et logera e meza dozena di cordoani cremesini che
siano belli et grossi per fare fornimenti, uedendo ben che da reuerso
non siano scarnature.
Domenico Verniero da Venezia, nel maggio 1531, scrive alla
marchesa Isabella pei cuoi dorati fatti fabbricare in Venezia , il
cui prezzo era aumentato.
Nel maggio 1533 la stessa Marchesa gli ordina di far ese-
guire dai soliti Mastri in Venezia « corami stretti di color ber-
« tino et negro con li frisi et le colonne solamente dorate per
« fornire un mio camerino ». E altri dopo ne ordinava che ebbe
poi tutti al 21 giugno, e ne fu soddisfatta.
Benedetto Agnelli, ambasciadore mantovano in Venezia, al 30
gennaio 1534, scriveva alla Corte, di aver parlato col mastro che
la le spalliere di corami dorati, qual prometteva di seruir bene e
a tempo il Duca di Mantova.
Domenico Molino da Venezia spediva alla Corte di Mantova
più cordouani latto rati.
Francesco Moro in Venezia (6 aprile 1585) faceva conoscere
il Duca che era stato da lui Josefo ebreo e che a nome di lui
1048 LE ARTI MINORI
gli aveva ordinato « un tavolino coperto di sommaco turchino
« addorato overo mimato ». Gli fa conoscere che sarebbe mi-
glior lavoro farlo coprire « di un corame di color assai più
bello » e notagli che per Pasqua sarà finito altro bellissimo
tavolino.
Il Cardinale ostiense da Napoli, il 27 aprile 1521, scriveva al
Marchese di Mantova, aver appreso con piacere che « li for-
nimenti de camere de corame dorato sono stati grati et accepti
a la E. V. »
Il Marchese (14 settembre 1525) dava ricevuta di « pelle la-
« vorate d' argento speditegli da Roma », e al 9 febbraio 1527
ordinava in Roma « corami rossi per tre stanze , altri berettini
« e d' argento » ; ed al 4 maggio dava 1' incarico per un « para-
« mento di corame dorato in azzurro coi freggi e le colonne in
« argento ».
Teodoro da San Giorgio , che sovrintendeva a nuovi lavori di
abbellimenti agli edifizi ducali, faceva conoscere, il 5 dicembre
1579, alla Corte di Mantova :
Mi vien scritto da Milano che hauendo un Diego Lopez spagnolo
il quale lauora in detta città de corami dorati intesi che il Signor
nostro Serenissimo uole farne faro una quantità per le stanze nuove di
Castello profferisce di seruir lui et d'auanzo ogni altro che possi seruire
l'A. S. in ciò, et mi dicono che egli n'ha fatti in questa città molti a
grottesco et d'altre opere alla spagnuola cho sono bclissimi ondo at-
tende ordine.
Deve però aggiugnere che già fece vedere a S. A. « alcune
mostre di detti corami fatte da un mastro uenuto ad habitare in
questa città » (Mantova), ed avendone trattato del prezzo « 1' ho
ridotto che ne darà cinque delle dorate al scudo » ed anche su
ciò attende ordini.
Le tappezzerie in cuoi si prestavano, come si è veduto, per
gli arazzi : noto ad esempio Isabella marchesa di Mantova per
onorare il suo felice parto domandava in prestito (17 maggio 1500)
al Duca di Ferrara « l'aparamento de corame d'oro per coprire
una camera ». E consimile domanda faceva un anno dopo.
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1049
Legatori da libri.
Poiché i legatori da libri adoperavano pure cuoi dorati nelle
legature e ricami nei segnacoli , sarà bene dar posto in questa
sezione a quelli, che lavorarono per conto dei Gonzaga.
Un Silvestro, lucchese, legatore da libri, da Mantova, scriveva
al Marchese in Revere (6 ottobre 1501) partecipandogli che
« Mando alla S. V. lo libretto ligato secondo mi è stato imposto
per lettera di quella con quella celerità et miglior modo che
ho saputo et potuto ».
E pare che si tratti dello stesso individuo nella seguente mar-
chionale.
Commissario Reiteri
Pietro : Et mi pare honesto che quello pouero homo che liga gli
nostri libri sia satisfacto de la mercede sua et gli sia proaisti degli
fornimenti perhò a conto nostro gli farai dare gli denari del tutto,,
mandandone poi suso gli libri subito forniti che siano. Vale. Mantuce
primo Julii MDVI.
Battista Cattaneo da Mantova, il 13 giugno 1514, scriveva alla
Marchesa fra le altre cose :
Del libretto che fa M.'"o Baptista non è ordine che la S. V. lo habbia
fino a lune, che dice gli uà tanta manifactura che non pò più presto,
non gli ha già mancato di lauorargli ogni di, come e de questo ne
posso certificare la S. V. che gli do di volta ogni di a aederlo lauo-
rare ma come lui dice è una terribilissima manifactura ....
Moriva nel 1526 Vitale, ebreo tedesco, libraio, di anni 52 ; nei
1527 M.** Giorgio di Barufi, di anni 50; nel 1532 Michel di Mai,
d' anni 70, e Pietro di Gloria, di anni 68 ; nel 1535 Battista Par-
mense , d' anni 90 ; nel 1539 Gio. Francesco Bianchini , detto
Lorin, d' anni 50, tutti librai.
Era vivente, nel 1560, in Mantova, M. Lutreco, librare, in
via del Griffone.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 55
1050 LE ARTI MINORI
L'arciprete di Santa Barbara, il 22 giugno 1581, scriveva alla
Corte di Mantova :
Breviari legati non sono nel studio eh' io possi mandare per il bi-
sogno dalli doi Reverendi Sacerdoti, di legarli M.''o Andrea dice non
bauere questi doi giorni tempo doppoi quali sono le feste .... M.^° Ma-
rio Rossi non è in Mantova et M.»'o Andrea a proposito de Breviari
dice che gli ne legò uno di già alquanti mesi che fu la prima parte
e per ricordo mai è stato pagato di modo che per ora ne l'uno ne
r altro può seruire ....
Poiché, come oggidi, i librai erano quasi sempre legatori di
libri, noto che mastro Paris Gallo era nel 1596 libraro di Corte
{R. Tesoreria 1592-7) e che a di 4 marzo 1597 moriva nella
Via dell' Aquila, d' anni 57, mastro Ives di Bonivardo francese,
libraro di S. A. il Duca di Mantova.
Di legatori fuori di Mantova non trovo ricordati in questo se-
colo, che abbiano avuto relazioni con la Corte mantovana, salvo
un Agostino Tavoletta figlio del defunto Antonio, legatore di libri
in Roma , secondo una lettera dell'ambasciadore mantovano in
Roma del 21 ottobre 1570.
S E C O L O V I I .
RlCAMATORI.
Come gli arazzi furono scavalcati dai corami ad uso di tap-
pezzerie , a sua volta , queste decaddero per lasciar posto a
tessuti serici, a voluti, che poi lasciarono il posto alla carta
stampata.
Ercole di Boni , ricamatore in Mantova , al 21 marzo 1611
scriveva al Duca, promettendogli di finir presto le calze.
Pompeo Messoso ricamatore riceveva, a di 11 maggio 1696,
doppie 7 a conto di ricami fatti per S. Altezza {R. Tesoreria^
i 695-1740).
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1051
E di altro in Miantova non vedo, ed in quanto ad importa-
zione trovo che l'ambasciadore mantovano in Firenze, il 3 maggio
1622, cosi scriveva al Duca di Mantova:
Il Raglietti mi è uenuto a ritrouare con uolermi consegnare il for-
nimento del letto ricamato già altra uolta datone parte a V. A. S.
che non lo accetterò se da V. A. S. non mi sarà comandato lo mandi
con farlo stimare.
Risulta nel 1658 che era ricamator^ ducale Giuseppe Bresani
ferrarese, che abitava nel distretto della parrocchia di S. Pietro.
Carlo Cerruti, ricamatore da Torino, il 4 settembre 1670, ri-
volgevasi al Segretario ducale, notandogli che avendo conosciuto
del matrimonio con la Principessa di Guastalla, si offriva per
lavori in ricami , essendo egli sufficientemente fornito di per-
sonale.
Ferdinando Carlo Duca di Mantova sul finire di dicembre 1670
conchiudeva i capitoli matrimoniali con Anna Isabella figlia del
Duca di Guastalla.
Setaioli.
Nulla più trovai sui decaduti arazzi. Darò posto a due grida
|riguardanti la seta in Mantova :
Vincenzo per la g natia di Dio
Duca di Manioca, et di Monferrato, ecc.
Mostrando l'isperienza, che l'abuso introdotto di far tirare la seta
quattro capi riesce con perdita de' Mercanti, con danno delle Mae-
stranze, et con pregiudicio publico, non potendosi fabricar drappi con
isse, se non bruttissimi per la mala qualità d'esse sete; Volendo per
jiò Noi rimediare à tal disordine, come ricerca la buona et particolar
cura, che professiamo tenere di questa Arte, in virtù della presente
lostra grida , commandiamo a qualunque persona, di che grado, stato
ìt conditione si sia, che da qui innanzi non faccia tirar Seta in questa
!Iittà, et suo Stato a più di due capi, sotto pena della perdita d'essa
Seta, et di scudi dieci per libra ; nella qual pena di scudi dieci in-
1052 LE ARTI MINORI
correranno ancora le Maestre, che tirando la Seta disubidiranno alla
presente nostra ordinazione, et non havendo il modo di pagarla sa-
ranno altrimente castigate à nostro arbitrio. Commandiamo ancora
che nissuno ardisca nel tirar delle Sete di mettere nelle caldaie allume di
rocca, fieno greco, 6 altra sostanza, che possa artificiosamente renderle
più p3santi , sotto pena così à i Patroni, come alle Maestre di scudi
cinquanta per volta , oltre alla perdita delle Sete , qual pena non
havendo il modo di pagare si puniranno come sopra in altro modo
ad arbitrio nostro ; volendo , che ciascuno possa essere l'accusatore
con partecipar delle pene , che si divideranno conforme à gli ordini
dell'Arte, et che la maestra accusando il Padrone sia libera dalla pena,
et guadagni ad ogni modo la parte, come se non fosse interessata.
Di Porto à 19 Giugno 1609.
Vincenzo
Luogo del suggello
Per parte dell'Illustrissimo Senato Ducale di Mantova, ad istanza
del m.to Magnifici Mercanti, & Superiori dell'Arte della Seta di Man-
tova; inherendo alla Commissione di S, A, S. rogata per il No-
tare infrascritto sotto il di 24 Dicembre 1619. Si fa pubblica grida
& comandamento da essere inviolabilmente osservato, che ogni uno
di qual si voglia grado, sesso, & conditione, cosi terriero, come
forastiero, & che per l'avvenire per se, & per altri fabricherà, o
tara fabricare Ormesini, debbano in fabricar quelli, far che detti
Ormesini siano, & debbano essere in nouanta portate, & di fili ot-
tanta per portata, & alti brazza una, & mezzo di Orsoglio cotto filato,
& torto, & di trama cotta reale, senza acqua ò colla tanto alla tela,
quanto al drappo. Nel resto concedendo à loro tre mesi di termino
doppo la publicazione della presente, à provvedersi di pettini, & alte
istrumenti necessarij, & opportuni alla fabrica di detti Ormesini ne
modo sudetto. Comandando inoltre l'A. S. Serenis. alli presenti,
à caduno di loro, che per l'avenire habiano da osservare omninamen|
i Capitoli infrascritti , & anticamente fatti & concessi à detta arte ;
questo sotto la pena contenuta in detti capitoli infrascritti da essei
irremissibilmente tolta, & applicata come in essi si contiene. Ave|
tendo li Signori superiori dell'Arte ad invigilare con ogni diligenza
che il tutto babbi effetto, col procedere contro qual si sia persona il
ALLA fORTE DI MANTOVA. 1053
quel miglior modo, che à loro parerà ispediente per venire in cogni-
tione delle fraudi, che potessero essere in esse, & conforme all'auto-
rità loro concessa anticamente, come nelli ordini. Avertendo ogn'uno,
che si guardi di non contrafare, perchè senza altra remissione saranno
puniti con la perdita delle tele adulterine, & non fatte conforme alli
detti Capitoli.
Di Manioca adì 3 Genaro 1620.
Li capitoli sono :
Che detti superiori siano obbligati andare ogni mese una volta
almeno , & ogni volta , che à loro parerà, tutti due, ò uno solo, ac-
compagnati però dal Xotaro, & Maestri eletti, à cercare, & visitare
li Telari di essa Arte, & vedere se le tele, che si faranno sono or-
dite, & tramate di buono Seta , &t alte secondo gli ordini ; & ritro-
vandone, che siìno contro gli ordini, siano tenuti li Superiori punire
i contrafacenti, cosi il mestro testore, come il padrone di esse tele in
lire venticinque per ogni volta, & per ogni tela, & farli perdere esse
tele & sete ; la terza parte delle quali pene s' applichi alla Camera
Ducale, l' altra terza parte all'Arte della Seta, & l'altra alli inventori :
& ognuno sij obligato quando essi Superiori gli vorranno andar in
casa, aprirli la porta sotto pena di ducati quindici, la metà alla Ca-
mera Ducale, & l'altra all'Arte.
Che nissuna sorte di tele possino esser tessute se non sono
realmente filate, & torte, sotto quella pena che si è detto di sopra
nel sesto Capitolo del cercare, salvo che li Cendali , mezzi doppij,
Seempij, & Canevette.
Cessar Manentus Prceses
Locus Sigilli.
Andreas Roccìio nofarius subscripsif.
A di 2 giugno 1651 richiamavansi le grida 19 giugno 1609
ed altra del 1628, riguardanti la fabbricazione della seta.
Il 10 ottobre 1609 G. B. Cortellini, bolognese, otteneva privi-
legio per dieci anni di poter esercitare l'arte di far retami fon-
dati in oro ed in argento all'uso di Bologna (/?. Decreti 1605-
1612, fol. 188).
1054 LE ARTI MINORI
In quanto a tele d'oro trovo anche che Angelo di Zanetti Vene-
ziano da Venezia, il 19 gennaio 1603, rivolgevasi al Duca di
Mantova, notandogli esser pronto di venire a Mantova « e metter
la mia arte d'oro filato fino per far brocati et altre cose simili
et queste per il bisogno grande de oro et argento quali l'ado-
perano in Mantova » ma pretende la preventiva approvazione dei
capitoli ed esenzioni, di cui da nota. Il suo ateliere dichiara com-
posto di 16 persone.
Sellar!, Legatori da libri.
Più nessun orpellaro comparisce. Moriva in Mantova il 13 feb-
braio 1625 Luca Lupi sellaro di S. A. S. nella Via dell'Aquila
per febbre di anni 70 {Necrologio Mantovano).
Per quanto a legatori di libri noto che nel 1627 davasi la cit-
tadinanza mantovana a Girolamo de Pace bergamasco Bibliopola
da tre anni in Mantova {R. Decreti 1626-31, fol. 74).
Nel 1658 aveva bottega da libraio Bartolomeo Beltrami , ve-
neziano.
Finirò col seguente documento :
Ferdinando Carlo ecc.
Supplicato humilmente da Francesco Capodaglio che esercitò la
professione del libraro perchè ci degniamo di aggregarlo nel numero
de' nostri seruitori attuali col carico di aggiustar e tener governati
li libri , esistenti nella nostra ducale camera senza mercede di qua-
lunque sorta , uolentieri concorriamo a renderlo corrisposto. Laonde
in uirtù delle presenti, dichiarandolo per tale uogliamo che in auue-
nire goda e possa godere di tutti gli honori , gratie prerogative e
preminenze solite, a godersi dagli altri ecc. Data in Manioca li 7 set-
tembre 1683.
Ferdinando Carla.
Vialardus ecc.
{R. Mandati 1681-7, fol. 76).
I
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1055
Ecco ora un giudizio ben competentte sull'arte degli arazzi
in Italia.
« Pendant le XVI siécle , l' Italie est , aprés les Flandres le
« pays où la fabrication des tapesseries a pris le plus brillant
4. essor. Gomme si la Renaissance avait doublé en elle la faculté
« d'agir et de creer, elle ne se borna pas a défrayer de cartons
€ le reste de l' Europe : elle ambitionna encore de produire elle-
« mème des tapisseries, et elle y reussit, a une condition cepen-
« dant : celle d'appeler de temps en temps des artistes flamands
< pour renouveler la tradition » (E. Muntz, La Tapìsserie).
Epilogo.
Abbiamo fatto un lungo viaggio, fra miriadi di meandri, nel
regno dell'oro, della gioielleria, passando poi in quello dell'ac-
ciaio, del ferro, indi in quelli del legno, dell'avorio, del cristallo,
del vetro per riposarci finalmente fra i tessuti ricamati , gli arazzi
e i cuoi dorati.
Se Mantova fu il punto di partenza fu anche il centro dove
affluirono dal Veneto, dalla Ligurrn, Lombardia, da Ferrara, Ur-
)ÌD0, Firenze, Roma e da nazioni straniere i più bei lavori d'arte
[e valenti artefici.
I Gonzaga , signori di Mantova , furono quasi tutti mecenati
(delle arti belle e vollero la loro reggia stupenda per oggetti ar-
pistici , profondendo, per riuscirvi, denaro ad oltranza, finché verso
fi finire della prima metà del secolo XVII estintisi , i successori
lilapidarono gli immensi tesori raccolti ed un assedio infelice
Ricompi la dispersione.
Le nostre ricerche archivistiche già fatte, le presenti e quelle
phe ancora speriamo di fare, oltre a quelle di ccUeghi, tendono a
)resentare le sperse ricchezze artistiche, radunando le memorie
Iella loro origine ed esistenza,
A. Bertolotti.
1056 LE ARTI MINORI
GIUNTE, VARIAZIONI, CORREZIONI
Orefici.
A pag. 288 e 492 accennai M.** Ercole orefice che, stando al
Cittadella , mi parve esser di cognome Panizzato ; il Commen-
datore Angelucci mi fece conoscere che questo Ercole di casato
era Fideli e che prima di farsi cristiano era Salomone da Sesso,
ebreo. Egli fabbricò anche bellissime spade. Suo figlio Alfonso
nel 1521 era in prigione a Ferrara e sua madre e moglie sup-
plicarono la marchesa Isabella per la libertà e sussidi , essendo
assenti il padre Ercole e 1' altro figlio Ferrante, tutti orefici.
Moriva in Mantova nel 1514 Nicolao orefice milanese , di
anni 30, idropico ; nel 1529 M." Gerolamo di Fero milanese, ore-
fice, d' anni 32, e M.° Pietro de Lion, orefice, anni 44.
Da Lione il Principe Federigo Gonzaga raccomandava a suo
padre « Carlo argenterò de la Regina di Francia» che doveva
arrivare a Mantova pei suoi affari.
Nel 1524 il Marchese ordinava il pagamento di scudi 85
d' oro del sole a M.° Pietro Locoli gioielliere per uno balasso
comprato.
La marchesa Isabella (17 novembre 1533) concedeva salva-
condotto al cav. Balduchino affinché venisse in Mantova a por-
tarle cammei, che desiderava comprare.
Il Duca (10 giugno 1581) scriveva a Giacomo Mirci orefice
di mandargli la lista delle gioie e del prezzo. Neil' agosto gli
pagava scudi 25 per « la fattura et oro della medaglia ».
Aurelio Cremona milanese , nel 1591 veniva in Mantova per
lavorare di gioiellerie al Duca.
Bellisario Cambio bombarda , nell' agosto 1592 gettava due
medaglie , una d' oro e 1' altra d' argento , le cui stampe erano
di Gio. Paolo orefice.
1
ALLA CORTE DI MANTOVA. 1057
Orologierl
Nel 1529 moriva in Mantova M.° Benedetto da Brescia , oro-
logiaio, di anni 36.
Nel 1532 il Duca ordinava a Giulio romano di provvedere subito
a regolare l'orologio di Marmirolo che «non bate rhorejuste».
Zecca.
Nel 1658 erano in Mantova intagliatori alla zecca Gio. Toiser
e Matteo Porroni fiorentini.
Armaioll
A pag. 552 si nota che fin dal 1489 Giacomo da Capua era
capo delle fabbriche d' armi del Marchese : fino dal 5 gen-
naio 1488 scriveva al Marchese che le armi per lui erano a
buon termine. Si firmava Jaeohus armarolus.
A pag. 555 si parla di Bernardino Messaglia armaiuolo. Egli
era di Yimercate e, al 18 febbraio 1507, si trovava in carcere
:oi ferri ai piedi per ordine del Marchese, perchè non aveva fi-
lilo in tempo l' armatura , comandatagli per il re di Francia,
scrive al Marchese per la libertà, essendo già colà da quasi un
lese, privo della bottega. Il ritardo fu per l' infermità de' suoi
genitori. Promette, se libero, di finirla in tre o quattro mesi e la
farà cosi bella che mai ne sarà vista eguale per far maggior
)nore al Marchese , che la deve regalare al re di Francia e
fenderà conto del denaro avuto. Se lo si lascia colà a languire
Il ritardo sarà sempre maggiore.
Il Duca di Urbino , da Brescia (7 marzo 1525) , scriveva al
[marchese di Mantova di rimettere « al latore qual mando a posta
r elmo suo da giostra che quello portò de Franza et medesi-
mamente tutti i pezzi doppij da giostra » volendo farne ese-
1058 LE ARTI MINORI
guire un' armatura consimile. E da Urbino nel ^531 nuovamente
gli domandava tale imprestito ad uso di una giostra.
Dal 1552 al 1555 morivano in Mantova Pietro di Carvaglio
armaiuolo di anni 90 , Ambrogio Ferrari armaiuolo , anni 60 ,
Bono di Boni armaiuolo, anni 70.
Dal 1554 al 1592 M.° Antonio Osma armaiolo era a stipendio
della Corte.
Nel 1591 lavoravano in Mantova Gio. Ant. Galuzzi spadaro e
Gio. di Balesini fiammingo, per ruote di schioppi.
CORREZIONI.
Pag. 272 Un. 5: Sembrerebbero eco. Corr. (La frase fa parte di due alinea
avanti)
» 274 » 23: Conte d'Orico » Conte d'Arco
» (Va tolto via)
» Gian Maria
» Abbiam veduto
» prove
» faceva scrivere
» Grossino
277
»
8:
Idem 139
312
»
25:
Girolamo
517
»
ult.:
Vedremo
519
»
14:
altra prova
545
»
18:
scriveva
569
»
15:
Glossino
ALLA. CORTE DI MANTOVA.
1059
INDICE DEGLI ARTEFICI E DI ALTRI.
Abbadino Battista, spadaro, 590.
Abendi Antonio, ricamatore, 205.
— Giacomo Antonio, id., 295.
Acerbi (degli) Francesco, tappez-
ziere, 1035.
Achille (d') Domenico, ferrarese,
998.
Acorsi Pier Antonio, intagl. legno,
992.
Acuto, gioielliere, 296.
Agnelli Benedetto, 1011, 1047.
Agnese (da Santa) Alberto , ar-
chibugiere, 590.
Alamania (de) bombardiere, 528.
Alanima (de) Frate Jacomo, 306.
Albano Taddeo, 306, 993, 1008,
1009.
— Vincenzo, 307.
Albenga Giorgio , fonditore d' ar-
tiglierie da Trino, 542, 543, 544.
Albergeto Albergetto, 539.
— bombardiere, 539.
— Camillo, id., 538, 539.
— Fabio, id., 539.
— Sigismondo, id., 539.
Alberto da S. Agnete, archibu-
giere, 590.
Alberto, milanese, 1017.
Albrici Antonio, orefice, 278.
Alemagna (d') Corrado, vetraio,
1005.
Alemania (de) Giorgio, bombar-
diere, 528.
Alessandro, antiquario, 584.
— pittore, 1038.
Alessio, bombardiere, 536.
Alfonso, orefice, 1056.
Alpron Lucio, gioielliere, 513.
Altogorth, spadaro da Bilbao, 571.
Aluise, bombardiere, 537.
Amata, orefice, 267.
Ambrogio, nano, 1019.
Amelana (da) Francesco, arm., 552.
— — Giacomo, id., 552.
Amerigo, orefice, 260, 265.
Amighini (da) Giov. Maria, bom-
bardiere, 540.
Amigoni Gaspare, intarsiat., man-
tovano, 990.
Andrea, bombardiere, 540, 541.
— legatore da libri, 1050.
Andreasi Ascanio, colonnello, man-
tovano, 499.
Agnolo, argentiere, 260.
Anichino (de) Francesco, intaglia-
tore in gemme, 281,
282, 283, 284.
— • tappezziere, 1033.
Antignate Costanzo, organaro, 586.
— G. B., id., 586.
— Graziadio, id., 587.
Anteo Antonio, bombardiere, 991.
Antonio (di) Giovanni , spadaro
551.
1060
LE ARTI MINORI
Antonio, ricamatore, 1031.
— (di) sellaro, 1036.
— spadaro, 551,
— spingardiere, 528.
Anzoli Angelo, vetraio, 1009, 1024.
Ardin Zorzi, orologiere, 507.
Ardini Giorgio, id., 524..
Ardizzoni Ottaviano da Trino, zec-
chiere, 502,
Aretino Pietro, 1038.
Armarla (della) Bernardino. Vedi
Messaglia.
Arrivabene Filippo, orolog. ,298.
— Lelio, 312.
Asti (d') Nicolao, orefice, 293, 294,
493.
Atendoli Paolo, gioielliere, 311.
Augusta (de) Pietro, bombardiere,
533.
Augusto, ricamatore, 1038,
Avanzi (d') Nicolò, intagl. gemme,
veronese, 497.
Averoldo Sebast., orefice, 295, 302,
Ayroldi Jacobino, armaiuolo, mila-
nese, 528.
Azano Nicolao, armaiuolo, bre-
sciano, 554.
Azimino Andrea, armaiuolo, spa-
gnuolo, 568,
Azinio, gioielliere, milanese, 307.
B
Baldassare Gandolfo , monetario ,
304.
Balesini (di) Giovanni, schloppet-
tiere, 1058.
Balzani Francesco, orefice, bo-
lognese, 295.
Bancorentini Giovanni, ricamatore,
1032.
Barco Carlo, orefice, 297, 309.
Bario Giovanni Pietro, 517.
Barisino Antonio, tappezz. , 1034.
Bartolomeo, gioielliere, 307.
— tappezziere, 1035.
Barufì Giorgio, libraio, 1049.
Basilea (da) Giovanni, bombar-
diere, 534, 538.
Bataglia Bartolomeo , gioielliere,
307.
Battista, legatore da libri, 1049.
— orefice, 293.
Beccheghiel Alessio, banchiere, te-
desco, 557.
Bego Corrado, orologiere, tedesco,
503.
Bellanti Giacomo, miniatore, di
Otranto, 1034,
Bell'Antonio, capitano còrso, 584,
Belleboni Domenico , marangone ,
992.
Belli Valerio, intagliatore cristalli,
vicentino, 260, 582, 1014.
Beltrami Bartolomeo, libraio, 1054.
— Francesco, falegn., 1003.
Bembo Bernardo, 298.
Bene (del) Vitale, mercante, 1043.
Benedetti Francesco , arazziere ,
1040.
Benedetto, pittore in vetro, 1008,
Bendidio Timoteo, 998.
Benisone Sebastiano , veneziano,
513,
Benzeni, cristallaro, 1019.
— Marco Antonio, gioiel-
liere, 307. •
Bergamo (da) Damiano, intaglia-
tore in legno, 260.
Bernardetto , orefice , fiorentino ,
265.
Bernardi, da Castel Bolognese, 260.
ALLA CORTE DI MANTOVA.
1061
Berti Giacomo, zecchiere, 512.
Bertolotti Cesare , cristallaro d'Al-
tare, 1023.
— Gio. Frane, id., 1023.
Bettinelli Girolamo, vetraio, 1024.
Bevilacqua Mario, 311.
Bianchini Giov. Francesco, detto
Lorin, 1049.
Bianchino, ricamatore, 1031.
Bianco Luca, intagliatore, 987.
Bilone, bombardiere, tedesco, 537.
Blixgen Ermanno, orefice, d' Au-
gusta, 297.
Bologna Paolo, orefice, 296.
— (da) Alberto, 273.
— — Bernardo, legnaiuolo,
990.
— — Cristoforo , orefice ,
292.
— — Lodovico , id. , 273 ,
274, 287.
— — Maria , arazz. , 984,
1033.
— — — vetraio, 1009.
— — Paolo, orefice, 296.
— — Vincenzo , ricamat. ,
1038.
lìolognini Antonio, pittore, mila-
nese, 296.
— Pietro, orefice, 296.
1 )olzono Alessandro , armaiuolo ,
549.
1 bombarde (dalle) Giovanni, bom-
bardiere, 529.
Bombardarli Giov. Antonio, ar-
maiuolo, 584.
Bonacorsi, orefice, da Crema, zec-
chiere, 300.
Bonavoglia Giovanni Pietro, ve-
traio, 1009.
Bonetti Pietro, vetraio, 1025.
Boni Bono, armaiuolo, 1058.
— (di) Ercole, ricamai., 1050.
Bonino Vincenzo, orefice, 506.
Bono, scultore, 991.
Bonovardi Ives, libraio, francese,
1050.
Borgaccio Giov. Domenico, gioiel-
liere, milanese, 516.
Borgano Francesco, pittore, 091.
Borgognoni Annibale, ingegnere,
493.
Bornioli Orfeo, vetraio, 1024.
Borrini G. B., bombardiere, 546.
Borromei Borromeo, orefice, ve-
neto, 513.
Borsena (da) Giov. Marco, bom-
bardiere, 540.
Bosetti Cesare, ricamatore, par-
mense, 1038.
Bossi Luca Antonio, zecchiere, 303.
Boteram Rinaldo, arazziere, da
Bruxelles, 1034, 1035.
Bragadino, alchimista, 520.
Braganze, orefice, 512.
Bi-atto Domenico, fonditore, pia-
centino. 504, 541.
Diatturi Dionisio, 1002.
Braunsper Lione , medico , da
Lipsia, 567.
Bremburg, bombai*diere, 531.
Brescia (da) Antonio, arm., 581.
— — Bened., orolog., 1057.
— — Giacomo, id., 570.
— — — tornit., 990.
— — G. B., bombard., 538.
— — Nicolò, arni., 554.
— — Pietro, sellaio, 1035.
— — Raffaello , intagliat. ,
260, 1035.
— — Urbano, 583.
Bresciani Francesco, gioiell., 316.
1062
LE ARTI MINORI
Bressani Giuseppe , ricamatore ,
ferrarese, 1051.
Britembergo (di) bombard., 531.
Brochetto Gian Domenico, chio-
darolo, 542.
Brunelleschi, scultore, 268, 983.
Bruxelles (da) Martino, tappez-
ziere, 1040.
Buonarroti, scultore, 283.
Buono (da) Bernardino, pittore e
scultore, mantovano, 991.
Buselle, tappezziere, 1035.
Busti (de) Giacomo, bombardiere,
539, 540, 541.
Cagis Francesco, spadaro, 589.
Cagno, ebreo, 1043.
Calandra Federico, direttore fon
deria, mantovano, 531
532, 535, 536, 986.
— Gian Giacomo, fonditore
535, 538.
— Ippolito, id., 293, 540
576, 989, 990.
— Silvestro, castellano di
Mantova, 531, 537.
Caletti ( de ) Federigo , tappez-
ziere, 1042.
— Tommaso, orefice, 272.
Caliari Pietro, gioielliere, 507.
Calice (de) Bartolomeo, 309, 994,
1012, 1043.
Calvo Cesare, tiraloro, milan,, 305.
Cambio Bellisario, -fonditore, 304,
1056.
Cammei (dei) Domenico, intaglia-
tore, milanese, 260.
Campagna Filippo, orefice, bre-
sciano, 295.
Campagnano, orefice, mantovano,
271.
Campanario Cristoforo, gioielliere,
284.
Campi Bartolomeo, orefice, pesa-
rese, 260, 261, 527.
Canneto (da) Giorgio , bombar-
diere, 534, 537, 538.
Capellari Iginio, orefice, 266.
Capodaglio Francesco, 1054.
Capogrosso Lorenzo, diamantaro,
494.
Capra G. B., d'Alabio, 310.
Caprara (de) Costantino, bombar-
diere, 535.
Caprioli Antonio, orefice, 274.
Capua (da) Giacomo , capo ar-
maiuolo, 552, 553, 1057.
Caradosso, orefice, lombardo, 260,
314, 495, 496, 497.
Carcher Nicolao, tappezziere, da
Bruxelles, 1040, 1041, 1042.
Cardano Filippo, orefice, fiam-
mingo, 499.
Caremolo, armaiuolo. Vedi Mon-
drone.
Carlo, argentiere, 1056.
Carnesecchi (fratelli), orefici, 267.
Caronni Valerio, gioielliere, 519.
Carenze Sebastiano, bombardiere,
540.
Carvaglia Pietro, armaiuolo, 1058.
Carretto (Del) Galeotto, 1035.
Castelani Teobaldo, moiolaro, 553.
Castelli Fabrizio, armaiuolo, 981.
Castello (de) Andrea , lanaiuolo ,
1033.
— — ■ Giacomo, arm., 572.]
— — Pietro, armaiuolo ej
gioielliere , 551 ,j
5.72, 573, 574.
ALLA CORTE DI MANTOVA.
1063
Calano Giov. Antonio , orefice ,
milanese, 205.
Cati G. B., 513.
Cavalletti, ferrano, 589.
Cavalli Giovanni , orefice , 267 ,
268, 302.
— Guidone, id., 267.
Cavorlino, id., 308.
Cellini Benvenuto, id., 260, 261,
403, 494, 502, 527.
Gelmini Antonio, bombardiere, 542.
Centurioni Luigi, 518.
Cernuschi Giuseppe, orefice, 296.
Cerruti Carlo, ricamatore, 1051.
Cervi (de) Davide, gioielliere, man-
tovano, 296, 310, 317, 505, 515,
1019, 1044.
Ceserin Felice, gioielliere, 307.
Cherspaun, gioaro, 521.
Chiapino, orefice, 293.
Chiapponi Alessandro, vetr., 1009.
Chiari Antonio , gettatore di ca-
ratteri, 518.
— Lorenzo, orefice, veneziano,
518.
Chiario Bernardino, sigillaro, 518.
Chiesa (della) Pompeo, armaiuolo,
milanese, 588, 589.
Chinelli Paolo , fonditore d' arti-
glierie, 546.
Chinig Mattias , intagliatore di
armi, 525.
Chiosio morsaro. Vedi Marchetti.
Chivizzano, argentiere, 277, 302.
Cicogna Gerolamo, ricamatore e
ingegnere, veronese, 1029.
Cingiolo Girolamo, bombardiere,
539.
Civeta, pittore, 318.
Civita Moisè, fabbricai, di vetro,
1023.
elisone MafTeo , orefice , manto-
vano, 293.
Cocchi Vincenzo, fonditore, oro-
logiere, 299, 519.
Coirò Gerolamo, intagliatore vetri,
505, 507.
Colfa B., orefice, 266.
Coiman Desiderio, armaiuolo, te-
desco, 561.
— Lorenzo, id., di Augusta,
555 a 568,
Colombo , fabbricatore di armi ,
588.
— Lodovico, orefice, 538.
Colorni Abramo, meccanico, 501.
Columbini, tappezziere, 1034.
Comi Appollonio, gicjielliere, 506.
Cominazzo Lazzarini, fabbricatore
d' armi, bresciano, 588.
Como (da) Lodovico, bombardiere,
538.
Compagnano Clemente, orologiere,
299.
Cona Girolamo, argentiere, 519.
Centanni Taddeo, veneziano, 279.
Contrarli Alberto , orefice , ferra-
rese, 287.
Corniole (delle) Giovanni, intaglia-
tore, milanese, 260.
Corradi Giovanni, pittore, 1033.
Corrazzine (delle) Mastro Miche
letto, armaiuolo, 550.
Correggio (da) Pellegrino, sellaro,
1046.
Corsica (da) Claudio , artigliere ,
547.
Corsignano Gio. Paolo, gioielliere,
milanese, 316.
Corsini Bartolomeo, 309
Coi-te G. B., gioielliere, 311.
— Gio. Giacomo, 513, 515, 516.
1064
LE ARTI MINORI
Cortcllini 0. B. , sctarolo , bolo-
gnese, 1053.
Cosmo, medico, 497.
Costa Battista, schioppettaro, 980.
— Girolamo, ricamatore, man-
tovano, 1038.
— Sebastiano, gioielliere, ve-
neziano, 507.
Costantino, bombardiere, 535, 536,
537.
Cotta, ricamatore, da Trento, 261.
Cottardo, orefice, parigino, 524.
Covo (da) Giacomo, 568.
Coyro Girolamo, cristallaro, mi-
lanese, 297, 1017.
Cozzi Gabriele, armaiuolo, 589.
Crema (da) Giovanni Bernardo, id.,
287.
Crema (da) Jacomo, intagliatore
legno, 260, 985.
— Guidone, orefice, 287.
Cremasela Bartolomeo, arazziere,
da Rovigo, 1033.
Cremona Aurelio, gioielliere, 1056.
— (da) Frane, orefice, 276.
— — Giovanni, id., 267.
Crespellano Alessandro, id., 273,
— Conto, id., 273.
Crivelli, ricamatore, 261,
Croyer Paolo, argentiere, augu-
stano, 505, 522.
Cyinich Jacomo, gioiell., 308, 512.
D
Dafino G. B., archibugiere, 588.
Dagli ^ armaiuolo, bresciano, 548.
Dardani (de) Bardano, setaiuolo,
1045.
Davit, intarsiatore, 990.
De Giva, zecchiere, 303.
Delaiti Ippolito , fonditore, vene-
ziano, 542.
De Rossi , bombardiere , manto-
vano, 532.
De Stefani, orefice, 267.
Diaccetto, id„ 265.
Didati, id., 266.
Dilaleni Pietro, armaiuolo, 548.
Doli di Cugni, ricamatore, 1037.
Donatello, cesellatore, 261, 268,
527, 983.
Donato, gioielliere, 278
— Cleofasso, tornitore, mila-
nese, 997.
Donino, orefice e banchiere, man-
tovano, 295.
Drago Guglielmo, genovese, assag-
giatore, 511.
Durer Alberto, incisore, 524.
Dursoli Martino, tappezziere, da
Bruxelles, 1040.
E
Echialla Tomaso, argentiere, 499.
Echk (Von) Antonio, fabbricatore
d' archibusi, 588.
Eggenberger Giovanni , tedesco ,
566.
Elia, marangone, tedesco, 991.
Elman Carlo, gioielliere, 513.
Emanuele, id., 273.
Enrico, armaiuolo, 550.
Ercole, orefice, ferrarese, 1056.
Ermanno, id., tedesco, 207,
Exler Rigo de Anspurg, gioielliere,
284, 306.
AI.LA CORTE DI MANTOVA.
10G5
Fabroni Lorenzo, falegname, 1003.
Faimer Michele, intarsiatore, te-
desco, 1000.
Panetti, orefice, 498.
Farina Faustino, sellaro, bresciano,
1046.
Fasciateli!, alchinaista, 521.
Fatio Africano, id„ 520.
Faustini Giov. Pietro , gettatore ,
543.
Fedeli Alfonso, orefice, ferrarese,
1056.
— Ercole, id., id., 1056.
Fero (di) Girolamo, 1056.
Ferrara (da) Alfonso, orefice, 492,
1056.
— — Cristoforo , bombar-
diere, 533.
— — Ercole, orefice, 288,
492, 1056.
— — G. B., id., 288.
— — Ippolito, id., 288.
— — Leone, id., 288.
Ferrari Giacomo, orefice, da Cre-
mona, 267.
Ferrarino, bombardiere, 528.
Festa G. B., vetraio, 1009, 1023.
Fiandra (di) Alessandro, arazziere,
1043.
— — Enrico , tappezziere ,
1035.
— — Giovanni, id., 1040.
— — Martino, id., 1040.
— — Pietro, arazz., 1034.
Filopono Frane, matematico, 290.
Filtro (de) Frantz, sellaio, 1046.
Fine (de) Gio. Maria, fabbricatore
d'armi, 588.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV,
Fineo Marco Antonio, fabbricatore
di vetri, 1023.
Finestre (dalle) Giovanni, vetraio,
francese, 1005.
Finiguerra, niellatore, 260.
Finzi Moisè, fabbricatore di vetri,
1023.
Fiore Gian Andrea, gioielliere, ve-
neziano, 279, 280, 288, 305.
Firenze (da) Baccio d'Agnolo, ar-
chitetto, 983.
— — Gio., bombard., 450.
— — Nicolò, arazz., 1044.
Florido Orazio, 571.
Folchino Vincenzo, 1001.
Franceschino, armaiuolo, 583.
Francesco, bombardiere, 530, 533.
Franchi Franchino , intarsiatore ,
99L
Francia (di) Adamante, arazziere,
1035.
— — Antonio, spingardiere,
532, 533.
— — Giovanni, ricamatore,
1034.
^,.:r- — Guidone, arazz., 1035.
— — Nicolò, id., 1033.
— — — bombardiere,
539.
— — Zannino, arazz., 1033.
Franza (di) Giov., vetraio, 1005.
Fristh, ingegnere, tedesco, 545.
Fucchari, banchiere, id., 556.
Furiano Enea, 290.
G
; Gabergnate, bombardiere, 530.
! Gabriele, orefice, 291.
I Galbiate Filippo, orefice, milanese,
I 316..
56
1066
LE ARTI MINORI
Galego Marcantonio, 498.
Gallo Paris, legatore da libri, 1050.
Galupi Gio. Ant., spadaro, 1058.
Gambacorta D. Mariano, 518.
Gandolfi, monetario, 304.
Garbegnate (da) Giovanni, bom-
bardiere, 530.
Gardone (de) Antonio Serafino ,
armaiuolo, 260, 578.
Garzoni (del) Paolo, intarsiatore,
mantovano, 992.
Gaugher Davide , coniatore, ale-
manno, 303.
Gazuolo Ruggiero, ebanista, 995,
996.
Gelmini Antonio, bombardiere, da
Gastellucchio, 542.
Genova (de) Xichrio, gioielliere,
284.
Genovesi Domenico , intagliatore ,
991.
Geremei Geremia, orefice, 268.
Geremia Cristoforo, id., 268, 269,
270, 271.
— - (di) Nicolino , id. , 267 ,
268, 269.
Gesati Francesco, id., 267.
Ghiberti, cesellatore, 260.
Ghinello (detto) Martino , arma-
iuolo, 260.
Ghiselieri Giulio , bombard. , 542.
Ghiselli, zecchiere, 512.
Ghisi Giorgio, ricamatore , 1038,
Giacobo Battista, tiraloro, mila-
nese, 305.
Giacomo Antonio, ricamat., 1039.
— armaiuolo, 553, 569.
— bombardiere, 533, 540.
— ricamatore, 1037.
— tiraloro, 273.
Gian Antonio, orefice, 267.
Giorgi Bartolomeo, 292.
— Giovanni, sellaro, 1025.
Giorgio, orefice, tedesco, 292.
— (di) Vitale, bombardiere,
530.
Girolamo, dipintore, 537.
Giov. Andrea, orefice e ricama-
tore, 288.
Giov. Antonio, ricam., 1032, 1037.
G. Battista, falegname, 494, 589.
Gio. Carlo, orefice, 271.
Giov. Cristoforo, id., 280, 531.
Giovanni, bombardiere, 529, 530.
— Francesco, arazz., 1040.
— — orefice, 273,
274.
— Giorgio, sellaro, 1025.
— intagl. in ferro, 586.
Giov. Maria, orefice, 274.
Giov. Paolo, id., 1056.
Giov. Stefano, bombardiere, 540.
Gisghem Orlando, orefice, fiam-
mingo, 297.
Giuseppe, tappezziere, 1010.
Giusto, bombardiere, 540.
Gloria (di) Pietro, libraio, 1040.
Goito Giulio, orefice, 505.
Gotten Enrico, assagg. zecca, 507.
Grana (della), orefice. Vedi Ru-
berti.
Grandi Antonio, vetraio, 1024. .
Gregoli Francesco, bombard., 5^
Grimani Antonio, 982.
Grosso Lorenzo, gioielliere, geno-
vese, 313.
Gruato Simone, intarsiatore, 1002.
Guaina (della) Anchise, armaiuolo,
bombardiere, 560, 562 a 568.
Guardino, orefice. Vedi Baharà.
Guido Pietro, orologiaio, 298.
Guidetti G. B,, id., 299.
ALLA CORTE DI MANTOVA.
1067
Guiliere Michele , tiraloro , mila-
nese, 305.
(lullam Bonaventura , banchiere ,
518.
n
Hacht (de) Jacomo, alchimista,
d'Augusta, 303.
•Hagan Giorgio , armaiuolo , 560 ,
561, 563, 564.
Hardin Giorgio, orologiere, 524.
Helman Carlo, gioielliere, 515.
— Guglielmo, id , 310.
Henrico, armaiuolo, 550,
Hermanno, orefice, tedesco, 297,
501.
•Hoefaneghel, miniatore, 500.
^Hofer Cristoforo, argentiere, te-
desco, 303.
[Hontorst Arrigo, argentiere, fiam-
mingo, 501.
I
3Ìperon Antonio, gioielliere, 499.
)rio Federico, argentiere, 506.
ìpolito , spadaro , orefice , 288 ,
589.
Kohner Carlo, gioielliere, 523.
Konig, orefice. Vedi Cyinich.
Kraus Abramo, ebanista, tedesco,
999.
Lainate Gio. Pietro, gioielliere,
milanese, 517.
Lamprecht Gio. , fond. , svizzero ,
542, 543.
Lancecheuecco Jacomo, armaiuolo,
569.
Lanzillotto, ricamatore, 1032.
Lautizio, intagliatore, 260.
Lazimino, armaiuolo, 568.
Lazzarino, fab. d'armi, bresciano,
588.
Leardi Francesco , orefice , fer-
rarese, 492.
Lenzoli (de) Baldassare, gioielliere,
272.
Levi Anselmo, gioielliere, ebreo,
297, 311, 318, 1017.
— Liberale, gioielliere, 296.
— Salomone id., 296, 316, 494.
1043.
— Vita, id., 523.
Lion (de) Pietro, orefice, 1056.
Locoli Pietro, gioielliere, 1056.
Lodi (da) Giov., armaiuolo, 548.
Lombardi Gio. Giacomo, vetraio,
1009.
Lombardo Antonio, scultore, 993,
Longo, alchimista, 304.
Lopez Diego, orpellare, spagnuolo,
1048.
Lorenzo, armaiuolo, 568.
— tappezziere, 1034.
Luca Agnolo, argentiere, 260.
— bombardiere, 534.
Lucca (da) Antonio, bombardiere,
534, 537.
— — Silvestro, leg. da libri,
1049.
Lucino Gio. Antonio, 517.
Luigi, bombardiere, 537, 5:^8, 542.
Lunardo, gioielliere, 309, 310, 311.
Lupis Luca, sellaro, 1054. .
Lutrcco, libraio, 1049.
1068
LE ARTI MINORI
M
Madaleone, orefice, 266.
Maffei Maffeo, ricamatore, 1034.
Magnano, armaiuolo, 585.
Magoria Eliseo, gioielliere, 316,
515.
Mai (di) Michele, libraio, 1049.
Maia (del) Bernardino, armaiuolo,
549.
Maiorano , orpellare , napoletano ,
261.
Mair Bernardo, arm., tedesco, 566.
Manara Vincenzo, gioielliere, lom-
bardo, 509, 515, 518.
Mandola (della) Daniele, gioielliere,
285.
Mandrese, orefice. Vedi Rusca.
Manfredi Bartolomeo, orologiere,
289, 299.
— Galeazzo, id , 299.
— Gian Giacomo, id , 299.
— Giov., id., 289.
— Nicolò, id., 299.
Mantegazza Gentile, oref., 314, 315.
— Giuseppe, 316.
Mantegna Andrea, piti , 274, 999.
Mantova (da) Antonio, intars., 989.
— — Francesco , ricama-
tore, 1031.
— — Giacomo, id., 529.
— — Gian Giacomo, scul-
tore ed oref., 293.
— — Gio. Carlo, disegna-
tore, 271.
— . — Paolo, intagliai., 989.
^— — Rinaldo, ricam., 1031.
Marchetti G. B,, morsaro, da Salò,
584.
Marco, vetraio, veneziano, lOOG.
Marenesio, orefice, bolognese, 267.
Mariani Lodovico, orefice, 294.
Marliano Ambrogio, gioiell., 517.
Marmaldo Fabrizio, 540.
Martini Bartolomeo , carrozzaio ,
modenese^ 1002.
Martinoni, armaiuolo, 578.
Marzo, orefice, 266.
Masino, armaiuolo, 549^ 550.'
Matteo, intagliat. di gemme, 315.
Mazzafiri Michele, orefice, 494.
Mazzone Marc' Antonio , perlaro ,
311.
Melioli Bartolomeo, orefice, 268,
274, 275, 276, 290, 291, 292.
MeUolo, orefice, 268.
— Lodovico, 292.
— Sperandio , orefice, 268,
274, 276.
Merate Francesco, armaiuolo, 550.
Mercadante, spadaro, 569.
Mercurio Giovanni, orefice, 312.
Messaglia Bernardino , bombard. ,
540, 555, 557, 558, 1037, 1057.
Messoso Pompeo, ricamat, 1050.
Michele, orefice, 288, 491.
Micheletto, armaiuolo, 550.
Michelino, gioielliere, 307, 308.
Milanesi Giuseppe , bombardiere ,
542.
Milano (da) Bartolomeo, armaiuolo,
568.
— — Gasparino, oref., 267.
— — Gian Pietro, arm., 548.
— — Giov., orefice, 267.
— — — spingard., 528.
— — — Battista, ricama-
tore, 1038.
— — Luigi, id., 538.
— — Michelang., oref., 297.
— — Nicolao, id., 295, 1050.
ALLA CORTE DI MANTOVA.
1069
Milano (da) Pietro, armaiuolo, 548.
— — Zonepio, id., 548.
Mina (della) Gio. Giacomo, bom-
bardiere, 540.
Minacini Minaci, zecchiere, fio-
rentino, 300.
Minadoi Gio. Tom., med., 1013.
Mirci Giacomo, orefice, 1056.
Mischato Matteo, zecchiere, 304.
Misseroni, vetrai, milanesi, 260,
1016.
Mola Antonio e Paolo, intagliatori,
989.
— Gaspare, coniatore, 261, 508,
509, 510, 511.
Molano Giov. Mario, tiraloro, mi-
lanese, 305.
Molino, Domenico, 1012, 1047.
Moltono orefice, 267.
Mondrone Bernardino, armaiuolo,
milanese, 575.
— > Caremolo, milan., 569,
570, 572 a 580, 582.
— Paolo, milanese, 575,
579.
— Pietro Ambrogio , 580.
Monego (da) , bombardiere. Vedi
Pergar.
Montano Achille, vetraio, d'Altare,
1022, 1027, 1028.
— Antonio, id., id., 1022.
Morando Girolamo, manganatore,
1044.
Moremans Silvio , arcliibugiere ^
fiammingo, 980.
— Paolo, id.,id., 590, 981.
Morcnghi Paolo Emilio, oref , 297.
Moreschi Bosio, armaiuolo, 584.
— Gian Pietro, id., 584.
Moro don Stefano, 1010.
— Francesco, orpellare, 1047.
Morone Gaspare, incisore, 511.
Morse (dalle) Francesco, morsalo,
549.
Mortara (da) Jacob, gioiell., 295.
Mulo (da) Jachelino, orefice, 266.
Murano (da) Angelo, vetr. , 1009.
Muse Agostino, gioielliere, 307.
Musto Giuliano, da Reggio, 998.
N
Nanj Giacomo, gioieUiere, 278.
Navena Gio. Giacomo, carrozzaio,
1002.
Negrelli, orefice, 266.
Negri Gio. Ant. , ricamatore, 1039.
Negro Paolo , battiloro , veneto ,
304, 305.
Negroli Filippo, armaiuolo, 260.
— Gio. Paolo, id., 260,
Neroni, alchimista, 521.
Neupert Paolo, tornitore, tedesco,
992.
Neuwart Paolo, id., id., 1000.
Nichino, intagliat. Vedi Anichino.
^icolao, bombardiere, 528.
— di Francesco, ricamatore,
1031.
Nicolaus, smaltatore, 297.
Nicolò, armaiuolo, 291.
Niedo, id., 554.
Nino (di) Pietro, orefice, 260.
Niss Daniele, fiammingo, 513.
0
Olixgen Ermano, orefice, tedesco,
500.
Onigo Giacomo, fabbr. di lucerne,
novarese, 981.
Orologi (degli) Vincenzo, 300.
1070
LE ARTI MINORI
Orologio (dell') Galeazzo , orolo-
giere , mantov.,
269, 289.
— — Guido , id. , 298 ,
300.
Orsi Paolo, orologiere, 299.
Orso , gioielliere , ebreo , man-
tovano, 307.
Osma Antonio, armaiuolo, 1058.
Ott Girolamo, gioielliere, 312.
Otti Luca, massaro degli orefici
veneziani, 297, 317.
Otto Cristoforo, gioiell., 311,312.
Otts lodoco, gioielliere fiammingo,
5?5.
Pace Girolamo , libralo , berga-
masco, 1054.
Padova (da) Battista, orefice, 309.
— — Enrico, id., 266.
Pagani Pietro Paolo ricam., 1038.
Paganino, orefice, 266.
Pagano, gioielliere, veneziano, 276,
278, 279, 1008, 1035.
Pagliaro Cristoforo, orefice, 506.
Palazzi Francesco, orefice, man-
tovano, 296, 493.
Panizolla, orefice, veneziano, 278.
Panizzato Alfonso , orefice , fer-
rarese, 1056.
— Ercole, id., 288, 1056.
Paolo, intagliatore in ferro, 586.
— orefice, 277.
Parenti, intagliatore. 1000.
Paris, bombardiere, 533.
— ricamatore, 1032.
Parisio Attilio , orolog. , d' Este ,
526.
Parma (da) Andrea, bombard., 540.
Parma (da) Battista, libraio, 1049.
Parolaro, orolog. Vedi Sforzarli.
Pasquale (di) Flaminio , bombar-
diere, 543.
PauUi Andrea, 1015.
Pavanini Francesco , armaiuolo ,
padovano, 981.
Pavia (de) Lorenzo , intagliatore ,
502, 988, 992, 993, 997, 1007.
Peccato Pietro, intarsiatore, 985,
Pecorelli, argentiere, 519.
Pedrazzo, gioielliere, 307.
Pedrezano Francesco, orefice, 267.
Pedro, tappezziere, 1034.
Pellegrino, gioielliere, veneziano,
307.
Penazzo, armaiuolo, 548.
Peres Michele, alchimista, 524.
Pergar (de) Giov., bombardiere,
da Monaco, 531.
Perotto Giovanni Maria , vetraio ,
d'Altare, 1020.
Pertica, alchimista, 521.
Pesadro Antonio, gioielliere, 311.
Pesetti G. B., ebanista, 1000.
Petro (de), antiquario, 280.
Piacenza Andrea, bombard., 534.
— (da) Bernardo , sopra-
stante alla fon-
deria, 530.
— — Bernardo, vetraio,
530, 1006.
— — Vincenzo, intars.,
985.
Piccola, orefice, 266.
Picinini Gio., sellare, 1046.
— spadaro, 528.
— Vincenzo, sellaio, 104(
Pietro, armaiuolo, 568, 582.
— arazziere, 1035, 1040.
Pigone Giulio, armaiuolo, 981.
ALLA CORTE DI MANTOVA.
1071
Fiotto AUobello , gioielliere , sviz-
zero, 316, 317, 506, 507, 514.
Pippi Giulio, romano, 493, 497,
991, 1012, 1057.
Pirro, bombardiere, 541.
Pisano Vittore, veneto, 301.
Pistoia (da) Maffio , fabbricatore
d'armi, 588.
Platini Francione, intarsiai, 989.
— Gio. Mar., id., 989.
Plixen Ermano, orefice, 303.
Plouer Ismaele, ricamatore, fiam-
mingo, 1038.
Pocaparte Simone, fonditore, 542.
Poci Battista, vetraio, 1009.
Polieri Ottavio , zecchiere , bre-
sciano, 302.
Pomfi Davide, ebreo, 996.
Pommari Baldassare, orefice, ve-
ronese, 312.
Pompeo, intagliatore in legno, ve-
ronese, 991.
Pontevigo (de) Comino, orol., 290.
Ponzone Marco Tullio, gioielliere,
516.
Porcari Federico, 546.
— Stefano, 545.
Forchi Attilio, orologiere, vicen-
tino, 300, 504.
Porcione Girolamo, intagl. d' ossi,
reggiano, 998.
Forroni Matteo, incisore, fiorent.,
1057.
Pors Vincislao , orefice , tedesco ,
513.
Porta (della) Donato , gioielliere ,
285, 286.
-^ — Giacomo, tapezziere,
1042.
Possevino Nicolo , orefice , mila*
nese, 295, 493.
Prato (dal) Girolamo, orefice, 260.
Prauaschivick Pietro , bombard. ,
5G6.
Presona, orefice, 266.
Prosperi (de) Bernardino, 993.
— Marco, bomb., d'Ancona,
546.
Provenza (da) Pietro, vetr., 1006.
Provenzale Abramo, zecch. , 512.
Q
Quarto Andrea, gioielliere, 307.
Quenzate G. B., gioielliere, mila-
nese, 317.
Quion Giacomo, orefice, 49,9.
R
Racchetto Andrea, vetraio, d'Al-
tare, 1020.
— Battista, id., id , 1020.
Radetti Girolamo, gioielliere, 297.
Raffaello, intagl. di gemme, 279.
Ragazzoni Bened., spadaro, 588.
Raghetti, ricamatore, 1051.
Ragusi (da) Fra Evangelista, inta-
gliatore, 1002.
— — Tommaso, mercante,
1036.
Raineri Giulio, orologiaio, 299.
Ranaio G. B., orpellaro, 1046.
Ranchati (de) Jacomo, gioielliere,
308.
Rangoni Bernardino, orefice, 295.
Recalco Leonardo, gioielliere, 309,
311.
Reggio d'Emilia (da) Angiolo, in-
tagl, 998.
— ^ — — Luca Giov..
intagliatore, 987, 988.
1072
LE ARTI MINÓRI
Rego Corrado, orologiere, tedesco,
503.
Reimer Luca, orefice, 524.
Remesini Gian Frane, id., 273.
Renaldini Paolo, orefice, 491.
Rezine (delle due) Domenico gio-
ielliei^e, 310.
Riccio Camillo, intagliai, in vetro.
317, 318, 1018, 1019.
Righino, armaiuolo. Vedi Hagan.
Rigimondo (da) Filippo, orefice,
milanese, 295.
Rigo, arm., 306, 550, 552, 990.
— gioielliere, tedesco, 306.
Rivarolo Gio. Antonio, coniatore,
511.
Rizzardini Appolonio, fonditore di
argento, venez., 513.
— Gio. Maria, 513.
Rizzo Antonio, gioielliere, 308.
Rocca (della) Gaspare^ armaiuolo,
587.
Rodiano Nicolasia, 1032.
Roffino Clerico, zecchiere, 300.
Rogiers Nicolao, orefice, 501, 521,
522.
Roma Franceso, setaiuolo, 1045.
Romanino, orefice. Vedi Quensatl.
Romano Cristofaro, coniatore, 314,
495, 999.
— ricamatore, 1032.
Ronzoni Filippo, mastro di pa-
diglioni, 1032.
Ros Battista, orefice, 296. ,
Roscaglia, orefice, 517.
Rossello Vincenzo, gioiellere, ve-
neziano, 307.
Rossetti Gianni , sarto , francese ,
1044.
Rossi Mario , legatore da libri ,
1050.
Rosso Antonio, vetraio, d'Altare,
1020.
Roth Graffito, battiloro, d' Ulma,
305.
Rovida G. B., gioielliere, milanese,
508, 509, 515.
— Giuseppe, id., id., 310.
— Tommaso, id., id., 316, 317.
Roymans Giacomo, orefice, fiam-
mingo, 500, 521, 522.
Rozza Tommaso, tiraloro, mila-
nese, 305.
Ruberti Federico, 302.
— Francesco , orefice , 276 ,
277, 292, 302, 311,
1009, 1037.
Rubertino, armarolo, mantovano,
547, 548.
Rubichetto, tappezziere, francese,
1035.
Ruggiero , fabbricante di pietre
preziose false, 312.
— tappezziere, 1034.
Runati Francesco, orefice, 516.
Rusca Gio. Paolo, gioielliere, mi-
lanese, 514, 516.
Ruscher Giovanni, gioielliere, 512.
Russel Giacomo, orefice, 524.
Ruttier Alberto, architetto, fiam-
mingo, 590, 981.
Salò (da) Belisario, bombardiere,
542.
Salviati Cecchino, pittore, 265.
San Marino (da) Antonio, orefice,
313.
Sanson (di) Jacobo, ebreo, 308.
Santi Raffaello, 495.
ALLA CORTE D! MANTOVA.
1073
Saracco Gabriele, intag. di gemme,
506, 517, 1018, 1026.
— Gio. Amb., argentiere, mi-
lanese, 516, 517, 1018.
Sassoduro (de) Tristano , arma-
iuolo, 510.
Savelli, orefice. Vedi Sperandio.
Savignano (da) Vincenzo , arti-
gliere, 5 16.
Savino Giovanni Ant. , setaiuolo ,
1045.
Savoja (di) Duca Emanuele Fili-
berto, 995.
— — Luigi, 286.
Scanzano Antonio, orefice, 276.
Schiavo, bombardiere, 531.
Schiavolino, gioielliere, 497.
Schinck Federico, mastro di vetri,
1022.
Schmid t, armaiuolo, tedesco, 555
a 559.
Schoz (di) Rigo, argentiere, fiam-
mingo, 1043.
Scorzaroli Antonio , diamantaro ,
307.
Schiavolini Graciolo , gioielliere ,
497.
Jcrima Antonio , armaiuolo , 568.
— Francesco, veneziano, 552.
— Giacomo , armaiuolo , 551 ,
552, 568.
^- Paolo, veneziano, 568.
Sebastiano, intarsiatore, 990, 992.
Jerafino (de) Antonio, armaiuolo,
578, 579, 581.
Serra Arestea , ebrea , ricama-
trice, 1037.
Sforza Galeazzo Maria , visconte ,
286.
— Pietro, intagliatore avorio,
992.
Sforzani Cherubino, orologiaro, da
Reggio Emilia , 502 ,
503.
— Girolamo, id., id., 503.
Simone, tappezziere, 1034.
Smith , armaiuolo , tedesco , 555
a 559.
Solari Carlo , vetraro di corte ,
1023.
Soragna Francesco, orefice, 295,
296.
Sovico Carlo , gioielliere , mila-
nese, 505.
Spadarino, orefice, 491.
Spadolino Sebastiano , zecchiere,
veneto, 302.
Spadone , ricamatore. Vedi Cri-
oclli.
Spagna (di) Michele, orefice, 277.
Sperandio Bartol. , orefice , 267 ,
268, 276.
— ingegnere milit. , 534 ,
535.
— Nicola , pittore , man-
tovano, 535.
Spiga Giov. Ambrogio , orefice ,
506, 511, 516.
— Michelangelo, orefice, mi-
lanese, 516.
Spinola Stefano, zecchiere, 313.
Sreaz Ludovico, arciere, 521.
Staes Roberto , gioielliere , fiam-
mingo, 317.
Stambechino Giovanni , intaglia-
tore in legno, 986.
Stefano, sellaro, 1046.
Stella Gerolamo, gioielliere, 308.
Strada Angelo, id., 312.
— Giov. Maria, saggiatore alla
Zecca, 297, 3 12, 508.
Studcndoli Paolo, gioielliere, 311,
1074
LE ARTI Minori
Taliani Gaspare , orefice , manto-
vano, 506.
Tassi Gabriele , mastro di posta
imperiale, 566.
Tavel M. Ant., intagliatore, 1000.
Tavoletti Agostino , legatore da
libri, 1050.
Tebaldi Benedetto, intarsiat., 990.
— Giacomo, 1010.
Tedesco Andrea , bombard. , 540.
— Giacomo, id., 531.
— Giorgio, intarsiat., 1000.
— Giov., bombardiere, 529,
531, 540.
— Giov. intarsiatore, 991.
— — ricamatore , 1031.
— Michele , intagliatore di
avorio, 993.
— Pietro, armaiuolo, 549.
— Rico, intarsiatore, 306.
Torzago Martino, armaiuolo, 589,
Texler Rigo, gioielliere, 55S.
Titano (di) Jacobo, ebreo, 308.
Tiziano, pittore, 1011.
Toiseri Giovanni , incisore , fio-
rentino, 1057.
Tomaselli Giambono , falegname ,
992.
Temasi Bartol., gioielliere, 272.
Tomaso, bombardiere, 537.
Torre Carlo, zecchiere, 511.
Tradate Giovanni, orefice, 316.
Traversino Giovanni , orologjaro ,
299.
Tribuli Giovanni , intagliatore in
legno, ferrarese, 984.
— Marco, id., id., id., 984.
Trigui Domenico, falegname, fer-
rarese, 984.
Triguli Giovanni , intagliatore in
legno, ferrarese, 984.
Triviso (de) Gabriele , vetraio e
legnaiuolo, 1005.
Tron Luca, orefice, 312, 512, 982,
1024,
Trotto, orefice, 288.
U
Udine Ercole, ambasciadore, man-
tovano, 1000, 1025.
Unterpergher Andrea, 999.
Urbino (da) Girolamo , organista ,
586.
— — Giov. , capitano, 580.
Valdise-Scala Pietro, vetraio, 1017.
Valenza, mastro di fornace in ve-
tri, d'Altare, 1021.
Valle, gioielliere, 306.
Vani, lapicida, 508.
Vannini Silvestro, man. arm., 546.
Vaprio Girolamo , intagliatore in
vetro, 1016.
Venezia (da) Benedetto, legnaiuolo,
994.
Verniero Domenico, 1010, 1047.
Verona (da) Bartolomeo , arma-
iuolo, 579.
— — Paolo, ricamat., 261.
Vetriate (delle) Alessio, 1008.
— — Giacomo , ferra-
rese, 1007.
Viclmale Giovanni Angelo, 314.
Vigliacca Antonio da Toledo ,..^e
taiuolo, 1045.
ALLA CORTK Di MANTOVA.
1075
VigneH Michele, gioielliere, vene-
ziano, 513.
Villanova G. B., mus., 1015, 1016.
Vismara Vigarello, orefice, 271.
— G. B. gioielliere, 314.
Vitale, bombardiere, 530.
— libraio, ebreo, 1049.
Vittoni Ventura , architetto , pi-
stoiese, 983.
Viviano (di) Michelangelo, orefice,
260.
Voegg Corrado, orologiaro , 503,
Volpaja (della) Lorenzo , orolo-
giaro, 265.
Volta (della) Bened., coniai., 269.
— — Jacomo, intagl., 990.
X j
Xichrio, gioielliere, genovese, 284. i
W j
i
Wasser Volfango, 507.
Woertz Giovanni, ebanista, 999. \
Zaccaria (de) Cristoforo, orefice,
287, 519.
— — intarsiatore, 987.
Zambelli Sigismondo , arazziere ,
1042.
Zanetti Angelo, setaiuolo, 1054,
Zanetto, sellaio, mantovano, 1046.
Zanino, arazziere, 1040,
Zanolo Aurelio, tiraloro, milanese,
305.
Zeno, orefice, 294.
Zinella, ricamatore. Vedi Cotta.
Zittera, orefice. Vedi Ruttati.
Zoboll Martino, gioielliere, d'Au-
gusta, 499.
Zonepio, armaiuolo, milanese, 548.
Zoppo, gioielliere, 500.
Zorzi Bernardino, id., 296.
— sellaro, 574, 1046.
Zurling Sebastiano, arm., tedesco,
566, 567.
CENNI STORICI ILLUSTRATIVI DELLA CHIESETTA
DI
S. NAZARO PIETRASANTA
IN MILANO.
Ora che è scomparsa, sotto il martello demolitore, quest'umile
chiesuola, posta sull'angolo della via Giulini, ci proviamo a darne
almeno in compendio qualche cenno storico cronologico. La sua
origine, come avviene di tutti i vecchi edifizi e monumenti, si
perde nella caligine dei tempi e la rimota antichità che gli si
attribuisce si trova circondata , come sovente avviene, da molte
cronache favolose od almeno esagerate , da tradizioni e volgari
superstizioni, che ben difficilmente si può discernere se esista in
tutto ciò qualche fondo di verità. Cosi, a cagion d'esempio, altri
la riferiscono questa chiesa all'epoca stessa di S. Nazaro Martire,
nell'anno 69 dell'Era cristiana; altri a S.Ambrogio, per le bat-
taglie in questi paraggi sostenute gloriosamente contro gli Ariani;
altri finalmente a qualche membro della famiglia Pietrasanta, che]
più si distinse nel combattimento. (Vedi appiedi, inscrizione 2^ e 4").
Ma chi può in oggi accettare ad occhi chiusi tutte queste nar-
razioni ? Non bisogna però esagerare anche in tali scandagli,:
come é costume di certi positivisti che se non vedono non cre-
dono e che rifiutano a priori ogni credenza a qualsiasi storia
CENNI STORICI ILLUSTRATIVI DELLA CHIESETTA DI S. NAZARO. 1077
e cronaca, perchè infarcita di errori e falsità (1), Anche in queste
esposizioni e narrazioni di fatti, quando non siano proprio contrarie
ad ogni ragione, vi dev'essere qualche fondo di vero, l'errore
stesso è un qualche cosa di trasformismo che ha il più delle
volte basi solide e radicate; il difficile sta nel farne scintillare
gli sprazzi di luce dalle tenebre in cui trovasi intorno avvolta.
Cosi, non si potrà certamente aggiustar fede a quelli che as-
seriscono doversi l'erezione del S. Nazaro al santo martire omo-
nimo, che venuto fra noi da Roma e dalle Gallie col compagno
Celso fu martirizzato, sotto Nerone, nella qual' epoca non è neppure
supponibile la struttura di un tempio cristiano. Ma se questo
ripugnerebbe ; non ripugna però che qualche casa di orazione o
luogo di riunione, occulto fin che volete, non fosse possibile al-
lora pei fedeli e noi sappiamo dalla storia di questa nostra stessa
città, che tali convegni avvenivano frequentemente presso case e
proprietà private che in seguito si trasformarono in chiese, gome
dai nomi tuttora conservati di Filippo, di Porzio, di Fausta, di
Solanolo, di Fulcorina, di Pedone, di Beltrade, di daziate, ecc.
Il dotto Puricelli al Capo XXXVI, pag. 150, della sua Nazariana,
verrebbe a comprovare il fatto, applicandolo al nostro caso, e
dimostrando come il martire S. Nazaro quando ci giunse per
predicare la parola della fede dopo — Nerone felix principe —
diversa perpessus mala — (Epig. S. Ennodio) , stabilite diverse
stazioni cristiane in Treviri e Pavia , ne costruì una in questa
stessa città, che non può essere altro che il luogo di S. Nazaro
Pietrasanta, chiamato nel III secolo sotto S. Mirocle, Oratorium
SS. MM. Nazarii et Gelsi, come da documenti allegati nei Ca-
pitoli XIII e XXXII della stessa Nazariana.
(1) Il chiarissimo Professore di scienze naturali L. Nicotra, col suo re-
cente libro, intitolato / possibili, edito a Napoli, sbugiarda il pregiudizio di
certi critici e moderni soggettivisti e positivisti, i quali sbalorditi dall' in-
cremento vistoso delle scienze fìsiche e naturali, credono che esse deb-
bono essere da ora in avanti tutto ed uniche a sostituirsi alla filosofìa ed
alla storia e non vedono nulla al di là del sentimento , del particolare ,
del fatto.
1078 CENNI STORICI ILLUSTRATIVI
Parimenti sarà cosa affatto inverosimile , che S. Ambrogio
abbia capitanato ed aizzato i fedeli milanesi a sanguinose bat-
taglie contro gli Ariani in un tempo, in cui non era ancor con-
cesso alla Chiesa il potere temporale e politico ; e nemmeno che la
famiglia dei Pietrasanta abbia derivato dall' epoca romana e da un
supposto combattimento il nome di sua prosapia; ma qualche fatto
storico, secondo verità, deve nascondersi anche in questa oscura
tradizione. Niente di più probabile che S. Ambrogio abbia fatto
qui atto di presenza (Inscriz. 5"), massime se v' era già Oratorio
in cui fu consacrato il Vescovo di Ascoli e martire S. Emigdio,
come prova il Puricelli nell' opera citata, massime se sta quanto
assevera il Giulini, nella Parte IV, Lib. 25, delle sue Memorie,
come cioè nello stemma originario della famiglia Pietrasanta si
raffigura un' arcatura con al disotto un tronco di colonna recante
nel mezzo un' ostia consacrata. Ciò ne induce a ritenere avvenuto
in questi pressi e zona della città qualche fatto meraviglioso allu-
sivo al Mistero Eucaristico, fatto confermato dalla venerazione e
gelosa custodia in cui si tenne anche nelle epoche successive
quel tronco di colonna che servi di strumento a tale avveni-
mento, fatto che probabilmente diede il nome all'Oratorio annesso
ed alla famiglia dei Pietrasanta che in qualche modo vi parte-
ciparono.
Comunque sia la cosa, é certo che sull'area ed in vicinanza
del luogo, dove sorgeva l' antichissimo Oratorio e la Cappella
suaccennata, si eresse la demolita chiesa di S. Kazaro e ciò av-
venne circa il mille, come dalla qualità dei muri e fondamenti
testé scoperti e comuni cogli edifici sacri di quell'epoca, come dal
Calendario Sitoniano del 1119, Rer. Hai., Tomo II, Parte II, e da
quanto risulta dalla lapide di Asberto benefattore della Chiesa che
ha la data del 1074 (Inscriz. 1*). Da questa lapide pure ne emerge
che la Chiesa era investita del diritto di Parocchialità, diritto
che esercitò fino all' epoca di S. Carlo, il quale affidò il regime
della Chiesa ad una Confraternita dei Gerolimiti. Questi la rifor-
marono e rifabbricarono replicatamente e se si eccettui la facciata]
eseguita a stile classico, con qualche ristauro e due nuovi altari
DELLA CHIESETTA DI S. NAZARO PIETRASANTA. 1079
(Inscriz. 6* e 12') verso la metà del secolo presente, la chiesa
é quale essi ce la tramandarono (Inscriz. 4').
Era ad una sol nave , misurante metri quadrati 300, cioè li-
neari metri 12 circa di larghezza e metri 25 di lunghezza con
tre altari , di cui due ai lati ed il terzo primario che aveva per
tncona un bel simulacro della Vergine, dono di S. Carlo (Iscriz. 4',
; ' ed 8'). Superiormente alla porta principale distinguevasi 1' Ora-
torio, dove conveniva per le funzioni religiose la pia Confraternita
che raccolse l' eredità degli antichi Gerolimiti. (Inscriz. 6' e 10')-
Nessun avanzo ed indizio della primitiva struttura della chiesa
appariva all'esterno ed all'interiore della stessa, essendo stata
rivestita, nelle diverse rifabbriche, con forme classiche ed orna-
menti barocchi o affatto moderni. Scomparve persino tutto quello
che è accennato negli Atti di Visita Pastorale dal 1576 in
avanti (1). Si eccettui solo il tronco di colonna di marmo ros-
(1) Riproduciamo solo dagli atti di Visita Pastorale depositati presso la
Curia Arcivescovile, che sono una miniera tuttora inesplorata di notizie reli-
giose e cittadine, uno specimen di stato d'anime del 1576, l'epoca della peste
di S. Carlo, che riflette la parecchia di S. Nazaro Pietrasanta e dove figurano
alcune vie e i nomi di alcune nostre famiglie patrizie; parimenti un altro
atto autentico che riguarda le pubblicazioni matrimoniali. Lo stato d'anime
ha la data dell' 8 Nobre 1576 e trovasi allegato nelle Cartelle — Luogo di
S. Tommaso, Volume XIII — e così incomincia:
Nella contrada del Mayno nella casa di detto sig. Maj-no habi—
tano gì' infrascritti compresavi la famiglia di Carlo e Lodovico
Visconti Totale abit. 23
La porta del sig.- Gio. Pietro Carchano dott. è serrata di fuori
per essere tutti in villa.
Nella casa della sig.* Ber.* Maggiolina habitano » 5
Nella contrada de' Maraviglia in altra casa della detta signora » 4
Nella casa del sig. Gio. Batta Rottola habitano » 11
» » » Franco Landriano quale è fuori con tutta la
sua famiglia » 3
» > » Carlo Maraveia » 9
In altra casa del detto sig. Carlo Maraveia habitano gì' infrascritti
quali sono tutti fuora et chiusa la porta per sospetto di pesta
1080
CENNI STORICI ILLUSTRATIVI
eiccio africano, rilegato con cancello nel lato a sinistra entrando
h che vi fu asportato, nel 1549, all'epoca del Moriggia con la-
pide analoga « allorquando — come scrive il Torre — il Go-
essendoli morto un prete detto M.'' Prete Ambr. robustello et
M,* Anastasia^ et M.* Laura di robustelli et una fantesca
mandata a S. Gregorio, quelli che qui habitavano erano il no-
bile sig. Fabio Gallarate co tutta la sua famiglia.
Nella casa del sig, Gio. Batta Purisello habitano il sig. . . abit. 1
» » » Pietro Maraviglia qual'è fuori con quasi tutta
la famiglia, al presente » 2
cioè li sigg. Cavalieri ed è chiusa per so-
spetto di pesta.
» » delle putte di S. Cath.^ habitano » 2
In due case della sig. Melzi habitano »12
Nella casa dei tre patroni cioè lì sigg. Melzi, M.'" Gio. di Senile
Cappellano e M.'' Gio. Jacopo Gimello Calegaro
habitano » 38
» » della sig. Cath.* Melzi chiusa essendo tutti fuora
habitano » 11
» » del sig. Gio, Pietro pirovano habitano » 30
Porta Comasina nella contrada del Broveto.
Nella casa del Monte di Pietà habitano gì' infrascritti . ...» Il
» » del sig. Gio. Batta Fare .,...» 4
» y> delli sigg. Pietro Paolo porro Cavaglieri habitano
gl'infrascritti » 3
> » delli sigg. Canevesi » 4
» > del sig. Cristoforo di Porri e fratelli di Porri habitano » 4
» » » > Jacopo Philippe Seregno chiusa per essere
tutti in villa » 9
» » » M.*" Martiano di Donato Cordare » 9
» » » sig, Pellizzaro habitano »10
> » » » Franco Ber.*' di Ruffini habitano . ...» 23
» » » » Franco Aresio * , ...» 4
» » » » dott. Faruffino » . ...» 11
Abitanti N. 243
Pbr bapta Bugarottus scrip$it. •+•
Nell'istessa cartella degli Atti di visita leggesi una testimoniale autentica
DELLA CHIESETTA DI S. NAZARO PIBTRASANTA. 1081
vernatoro D. Ferrante Gonzaga era intento a raffazzonare con
varie mutazioni d'antiche fabbriche la città, e cosi restò la cap-
pelletta soggetta ad un diroccamento, perché impediva il corso di
pubblica strada » (1).
È per ciò che dovendosi qui alla sua volta applicare il nuovo
piano regolatore, questa chiesuola, quantunque allogata fuori del
[ iargo della via nuova del Sempione, per il pericolo che si esten-
desse fino alla medesima la legge di espropriazione e per far
luogo alla sistemazione delle fabbriche in margine al nuovo Corso,
eoU'approvazione della Superiore Autorità Ecclesiastica, ne venne
acconsentita la cessione. Fu convenuto cioè il prezzo di L. 135000,
da compensarsi con una permuta d'area, misurante circa Mq. 3000
in Piazza d'Armi, riservata per l'eventualità di una nuova chiesa
erigenda in quella lontana località , voltaché ne apparisse il
bisogno.
Appartenevano al tempietto demolito molti oggetti di culto in
parte ceduti a chiese povere della città e contado , in parte a
disposizione dell' Opera della fabbrica , tra cui il tronco di co-
lonna suindicato, il Simulacro della Vergine cosi venerato (In-
crizioni 7*, 8*, 9*); nonché alcune lapidi storiche. Le inscrizioni
iie c'indica il modo con cui erano fatteci pubblicazioni di matrimonio, ed
-CO come era espressa :
1572 die 24 febraio
Io P. Batta Bugarotto curato dì s. Nazaro pietra santa faccio fede
.ualmente ho pubblicato 1' editto del matrimonio il di 5 f.o che fu il giorno
:i carnevale presenti gì' infrascritti testimoni. E per fede
idem Rector E. P. S.
affirmo et prò fide me subscripsi.
Li testimoni sono i sigg. Henrico Pigino — Lud.**» Meltio — Carlo Ma-
raviglia.
(1) li suddetto tronco di colonna in cima a cui à scolpito un vaso per
r acqua benedetta e che misura un metro circa di altezza e centim. 50 di
diametro , dopo diverse vicende , giace ora ed è visibile pre-so la Canonica
di S, Tommaso.
Arch. Stor Lomb — Anno XV. 57
1082 CENNI STORICI ILLUSTRATIVA
di queste sono dodici, di cui 10 ìq pietra e 2 sulla calce e non
furono mai integralmente edite. Copiate con ogni fedeltà prima
della avvenuta demolizione e gentiltaente comunicateci dal M. R.
D. Giuseppe Maroni Proposto Paroco di S. Tommaso, di cui era
oratorio sussidiario il S. Nazaro Pietrasanta, eccole qui elencate.
La 1* contiene i legati del benefattore Ansberto e donata al
Museo Archeologico è cosi espressa neìV ArcJùvio Storico 1887,
con qualche variante a quella riportata del Giulini :
QVOD FVIT ILLVD OBIT QD OBHT SUBSISTERE NOVIT
-f- HINC EGO NVP HOMO PVLVIS ET VMBRA MODO
PRO DOLOR IMMSVS NIHIL EST HUMANA IVVENTVS
FLORET ENI NIMIV SED CADIT IN NICIIILVM
ORBIS EGO LVM FLOS VRBIS ET IPSE CACVMEN
MARMORE MEMBRA LOCO SIDERA MTE COLO.
POSTULAT AL-ALTV BERTERRAT VSQQ I SAC RVM
HINC SACER INDE BREVIS HINC SVPER ALTA LEVIS
QVI LEGITIS CARMEN PCIBVS PBETE JVVAM
DICITE CORDE TAMEN PACE QVIESCAT AMEN.
-f- EGO AEBERTVS JVDICO HVIC ECCLE OMIA TRITORIA Q SIA MI U MICIO
GORLA MINORE -CASTENIATE-ABIATE' MARNATE -ET MANSVM
VNVM IN IPSO LOCO CASTENATE • ALIV MARIANO ALlV LANDRIANO
ALIV TCIO- EA CONDITIONE VT QVINTVS ADDATVR PSBIT ET PESTI
VITAS SCI TIMOTEI CELEBRETVR CV CARDINALIB'^ MAIORIS ECCLE
SCDVM MORE ALIOR ET ANNVALE MEV FIAT ET XII PSB PASCANTVf
IN EO'ET MISSA PRO ME ET PATRE MEO COTIDIE CELEBRETVR
AC P SINGVLAS ANNI EDOMADAS SVPRA SEPVLCHRM
EJVS SEMEL CV PCESSIONE VENIANT : ANNO AB INCARNATIONt
DNI NRI IHV XPI MILLEXIMO SEPTVAGESIMO • IIII INDICTIO;\'
V-XII'OBIIT" V -IDVS JVLII-
DELLA CHIESETTA DI S. NAZARO PIETRASANTA. 1083
La 2*, in marmo bianco, riportata dal P. Puccinelli e Latuada, al-
lude al supposto combattimento di S. Ambrogio ed é la seguente:
DIVVS AMBROSIVS DUM ARIANOS FAMILI^ PETRA
SANCTORVM MANV HIC EXPVGNAT, GRATO IN
EVVM TESTIMONIO VICTORI.E, LOCVM A GENTE
IP3A PETRASANCTA NOMINAVIT.
La 3*, che leggevasi suU' altare della vecchia cappelletta de-
molita, al dir del Meriggia, nou era altro che una pietra dove
stava scolpito il versetto del salmo :
DEVS IN ADJVTORIVM MEVM INTENDE.
La 4*, posta sulla porta maggiore, è cosi riprodotta dal La-
tuada e si riferisce ai ristauri ed alla nuova dedica della Chiesa :
D. o. M.
TEMPLVM DIVI NAZARII TVTELARIS
RELIGIONE SACRVM
DIVI AMBROSII TROPHEIS DE ARIANIS
AVGVSTVM,
VIRGINIS MAGN.E MIRACVLIS INCLYTVM
DIVI CAROLI DONO
SACRA DIVI HIERONYMI SOCIETAS
SIBI CONCESSVM
ANTIQVITATE DEFORME
A FVNDAMENTIS TERTIO INSTAVRATVM
MAGN.E MATRI SINE LABE CONCEPT.B CONSECRABAT
ANNO MDCCXXI
La 5*, che ripete la solita leggenda degli Ariani e Pietrasanta, é in
marmo nero, avente fregio di spada intrecciata con staffile e dice;
LAPIDEM HVNC
IN QVO GENIBVS FLEXIS
S. AMBROSIO DEPRECANTE
ARIANI PR.«LIO VICTI SVNT
SACRiE SANCTI NAZARII MARTIRYS .«DI
PETRASANCT.E APELLATIONE INDE FACTA
SODALES DEIPAR.« SINE LABE CONCEPT.E
HOC LOCO PERSPICVO COLLOCA RVNT
ANNO MDCCXXI
1084 CENNI STORICI ILLUSTRATIVI
La 6*, pure in pietra, allude al nuovo altare, e cosi si esprime :
n. o. M.
IN HONOREM SANCTI NAZARll MARTYRIS
EDEM AB MAJORIBVS DICATAM
HIERONYMIANI SODALES ANNO MDCCXXI
SERVATO PATRONI C.ELESTIS NOMINE
MARI^ VIRGINIS LABIS NESCI.T. ADDIXERE
SODALES MARIANI HIERONYMIANIS SVFFECTI ANNO MDCCCI
TEMPORVM INJVRIA CORRVPTAM
SQVALORE DETERSO, ALTARE MARMOREO PRO DURATEO
EXORNATAM RESTITVERVNT
ANNO MDCCCXXXVIII
VETVSTATE TVMESCENTEM PAVIMENTO REFECTO
PARIETIBVS INSTAVRATIS CVLTVQVE ADDITO
PERFICIENDAM CVRAVERVNT.
La 7*, con quella che segue, si riferisce a S. Carlo che in
tempo della peste qui pregò ed incoronò il simulacro di Maria.
SANCTVS KAROLVS
SVPPLICATIONE INDICTA
PESTILITATIS AVVERRVNCAND,^: CAVSSA
HEIC
OPEM DEIPAR.E IMPLORAVIT
L'8^
OB DEPVLSAM PESTILITATEM
SANCTVS KAROLVS
SIMVLACRVM DEIPARA PRODIGIALE
ARGENTEA CORONA ORNAT
ANNO MDLXXVIII
Le due seguenti scritte sulla calce nell' oratorio superiore par-
lano del Cardinale Gaysruck , e del nuovo Consorzio Mariano,
sosiituito air antico dei Gerolomiti.
DELLA CHIESETTA DI S. NAZARO PIETRASANTA. 1685
La 9', a destra entrando
KAR. CAJET. COMES CAISRVKIVS
MEDIOLANI ARCHIEP. CARDIN.
(jVOD
VI IDVS DECEMBR. ANN. MDCCCXL
?^ARIANIS SODALIBVS CONGREGATIS
IN BENEVOLENTIAM ET SOSPITATEM
VNIVERS.E NOSTRE FAMILI.E
HEIC ORAVERIT ET BENE
DIXERIT
P. C.
La 10*, a sinistra
QVOD AB INEVNTE S.ECVLO XIV.
SCHOLA HIC INSTITVTA
DEHINC
V. CAL. APRILIS ANN. MDLXXVIII
A. S. KAR. HIERONYMIANI ACCITI
IISQ. ANNO MDCCXIVC DISTRACTIS
POST QVADRIEN. DEO FAVENTE
MARIANVM C.EPTVM
SODALITIVM
M. P.
L' 11' è una piccola lapide in marmo nero, allogata nel piccolo
andito a portico, dove leggesi un legato di messe di certo Penano:
FRANCISCVS PENANVS
SACRVM QVOTIDIANVM
PERPETVO JVRE FAMlLLE
AD ARAM VIRGINIS
SINE LABE CONCEPTvB
CELEBRANDVM
ERE SVO INSTITVIT
ANNO MDCCXXII
1086 CENNI STORICI ILLUSTRATIVI DELLA CHIESETTA DI S. NAZARÓ.
La 12", ed ultima, allusiva ad un nuovo altare dell'Oratorio
superiore, dice :
ANNO 1854
AD HONOREM
DEI. OPTIM. MAX.
VIRGINISQVE MATRIS
ALTARE MARMOREVM,
TABVLA RECENS
FORNIX DEPICTA
P. P. Rotta.
VARIETÀ
DI ALCUNI ARTISTI CREMONESI
E SPECIALMENTE MAESTRI DI LEGNAME
NEI SECOLI XV E XVI.
Il valente nostro socio Prof. Francesco Nevati nel fascicolo 31
dell' anno 1887 di questo Giornale Archivio Storico Lombardo
dava una concisa analisi del lavoro di un riputato scrittore fran-^
cese, Luigi Courajod, intitolato : Documenis des arts et des ar-
iistes de Cremona aux XV et XVI sièeles (Paris, 1885). Ed
invero meritava quello studio il sig. Courajod, che molti studi
fece sull'arte italiana, e passò fra noi qualche tempo, onde
pubblicò r opuscolo testé citato , frutto di sue ricerche per la
maggior parte fatte nel ricchissimo archivio dei Notari in Cre-
mona ove rinvenne molli documenti relativi alle sue ricerche.
Dei quali toccano parecchi una famiglia di artefici assai distinti,
cognominati Sacchi o Sacca, o del Sacca, antica e notoria fra
le cremonesi.
Lo abbiamo scritto ancora su questo giornale : facile intentis
addere , epperò ci permettianM) di aggiungere qualche linea a
quanto sugli artisti cremonesi ci narravano in questi ultimi tempi
i signori Courajod e Novali.
1088 VARIETÀ.
Grande e splendida pagina nella storia dovrebbe occupare
r arte cremonese, ma per mala sorte pochi scrittori e con non
bastante cura vi si occuparono fin quij i ridondanti archivi fu-
rono lasciati in pace e si tennero preziosi gli strafalcioni del
Bresciani, le inesatte pubblicazioni del Grasselli, del Grandi,
del Federico Sacchi , perfino il manoscritto di casa Sommi,
feconda sorgente di errori che ci trassero, segnatamente, a fab-
bricare un Bramante Sacchi, e quasi dimenticare tre distinti in-
gegni, Pietro Rondo, Francesco Riccio della Torre, Francesco Pam-
purino, e obliare del tutto un grande idraulico, maestro Aguzzo.
E se non del tutto, la stessa sorte toccò in parte alla bene-
merita famiglia artistica dei Sacchi. Essa esisteva in Cremona
fino dal 1302, ed il Courajod nomina alcuni personaggi distinti
dei quali trovò notizie sino al 1489; esso lasciò- sue onorevoli
traccie eziandio in Piadena. Era un Sacchi di Piadena quel Bar-
tolommeo Platina che scrisse nel 1479 le notissime Vite dei
Pontefici, ed un Simon de Saccis, non nominato dal Courajod,
troviamo nei libri dell' Opera del Duomo di Cremona quale ma-
rangonus et murator nell' anno 1480.
Il Courajod fa menzione di un M. ApJonio del Saecha vivente
nel 1493 e dei suoi figli M. Giacomo e M. Cristoforo nel 1500,
ma non ci seppe dire quale arte eglino trattassero. Questo solo
di uno di essi abbiamo noi rinvenuto , cioè di Cristoforo , ed è
ch'egli era pittore di vetri e di ornamenti, e col suo collega
Giuseppe Coralli metteva ad oro e colori 1' ancona dell' altare
principale nel Duomo di Cremona.
Dove alcuni dei Sacchi cremonesi veramente segnalaronsi , fu
nel far di legname ed in ispecie nella tarsia. Abbiamo me-
morie di un Tommaso figlio di maestro Matteo, il quale con
due dei suoi figliuoli Paolo ed Imero aveva adornato di belle
tarsie il Coro della Certosa di Asti, come dall' epigrafe che sovra
di esse leggevasi:
Prioratum regente domino Bartolomeo de Murra
TiiOMA Sacha cremonensis cum Paulo et Hymerio
FILIIS HOC OPUS FECIT MCCCCLXXXXVI , XX SEPT.
DI ALCtJNI ARTISTI CREMONESI. 1089
Tomaso Sacca, ovvero del Saeha, o de Saehis , il quale in-
titolavasi modestamente marangomis , erasi obbligato fino dal
venti ottobre del 1481 cogli operai della Chiesa maggiore di
Cremona a lavorare per lire 33 imperiali unum pulehrum litte-
rile (un leggio pel Coro), bene subtiliier et laudabiliier laho'
ratum ad iarsiam. Egli poi nelT anno 1487 aveva trattato coi
Rettori del Duomo di Parma per lavori di tarsia nella sagrestia,
ma r incarico fu dato invece a Cristoforo Canozio o Genesino da
Lendinaraj il cui disegno meglio era piaciuto (1).
Mentre del figlio Imero nuli' altro sappiamo all' infuori del-
l' avere lavorato col padre e col fratello Paolo nella Certosa di
Asti , di quest' ultimo la storia ci somministra larghe e rilevanti
notizie. Ei riusci ingegnere e maestro di legname assai valente
e dal 1496 in cui prese ad oprare nella suddetta Certosa fino
al 1537 in cui pagò il comune tributo condusse buon numero di
lavori per la più parte ricordati dal Courajod.
Appartengono quasi tutte a' fatture di legname avvegnaché
lo scrittore cremonese Antonio Campi , seguito pure da altri ,
nomini Paolo e Giuseppe padre e figlio Saeea come amendue
architetti ragionecoli et eccellenti. Per verità non conosciamo
alcuna cosa di architettura operata da Giuseppe ; e quanto a'
Paolo non ci giunse a certa notizia se non l' avere lui dato
lel 1477 il disegno al celebre architetto cremonese Bernardo
^Boccali detto del Hera o da Lera pel tramezzo della Chiesa di
S. Domenico fatto poi demolire da S. Carlo Borromeo, e V essere
[stato eletto nel 1508 col suddetto da Lera e con Evangelista di
[Ronco e Lazzaro Pozzali, tutti ingegneri e peritissimi scultori
id esaminare il torricino sovra la facciata della Cattedrale di
^Cremona che si fabbricata allora sovra disegno di Pietro da
Rho (de Rhaude) (2). Aggiungiamo aversi da un libro (xiv,
(1) RoNCHiNi, Hieista di Firenze; anno 1857, pag. 1326 — lìog. del notaio
Gaspare del Prato del 7 maggio 1488 nell' Archivio pubblico di Parma.
(2) Giocan Pietro de Rhaude, ossia da Bho, figlio di Pagano, era, a
quanto pare, nativo di Lodi, di nobile stirpe, ed abitava in Cremona nella
1090 Varietà.
N. 232), appartenente all'Amministrazione di quella Cattedrale
che nel 1525 Paolo Sacca ingegnere, disegna ornamenti pel
Duomo. E crediamo sua opera il chiostro di S. Pietro come di-
remo più innanzi.
Ei fu un intarsiatore in legno di molta abilità. Il suo stile
specialmente nei lavori del Coro di S. Giovanni in Monte a Bo-
logna compiuti nel 1523, e già condotti in società col nipote
Antonio Sacca, figlio d'Imerio, e coli' aiuto di Michele Cartar
di Cremona, nel 1527, si avvicina a quello del rinomato suo
contemporaneo Raffaello da Brescia. Collo stesso nipote egli
aveva intagliata di queir epoca un' ancona per la Certosa di
Pavia, cosi scrivendo il Courajod (pag. 44 o 45).
Da un libretto di spese del Convento, che fu di San Domenico
in Cremona riportato da Ettore Signori nel fascicolo 3° dei suoi
Monumenti Cremonesi (Milano, 1882, in 4<*, tip. Ingegneri),
abbiamo che « addi 7 marzo 1498 maestro Paolo Sacha della
« Vicinia di S. Margherita, convieile con il Padre Marco di Blan-
« cate Priore , di fare 70 sedie , quali saranno nel choro della
« cappella maggiore del convento , cioè 20 da ogni parte del
«; choro della parte di sopra, e 15 dalla parte di sotto, con li
« patti come nell' istromento rogato per Bortolo Sampietro per il
« prezzo di ducati 320 d' oro : compiuti nel 1503 ». Distrutta la
chiesa magnifica di S. Domenico nel 1865, il coro tarsiato fu
avvolto nella vandalica impresa.
Nel giorno 5 settembre 1511 il notaro di Cremona Filippo
de Nicolis stipulava nel Chiostro di S. Pietro al Po un Accordio
fra r Abate dei Canonici regolari eh' erano in S. Andrea di
Vercelli, e M. Paolo del Sacca per fare di legname un coro
Cura di S. Erasmo. Fu architetto, pittore, scultore di non comune abilità,
e ciò nondimeno il suo nome in Cremona, ove menò molta parte della sua vita
e godette della cittadinanza, fu quasi dimenticato. Di lui ragioneremo in altro
scritto. Ad esso in società forse col collega cremonese Francesco Riccio
della Torre, potremmo attribuire il lavoro della rinomata Porta di Casa
Stanga, ora nel Museo del Louvre. (Vedi Archivio Storico Lombardo,
anno 1879, VI, pagg. 151-152).
I
Di ALCUNI ARTISTI CREMONESI. 1094.
simile in tutto a quello costrutto dal Sacca per la Certosa di
Asti , al prezzo di scudi 20 d' oro del sole per ogni sedia doppia
e coir obbligo di darlo compiuto entro tre anni.
I frati minoriti di S. Francesco pel loro tempio in Cremona
oggi compreso nel ricinto del grande ospedale, con atto del 2
ottobre 1531 (Courajod, pag. 53), affidavano ai maestri carpen-
iarii Paolo del Saeha e Cristoforo fu Antonio da Venezia,
il lavorio del loro coro di legname coli' obbligo di fare le sedie
et quadri grandi de dette sedie delle tre parti in palatii et bel-
lissimi paesi et fontani et verdure.... et mobili onorevoli, et parte
de eommissi.... Lo Zaist faceva gli elogi di quest'opera attri-
buendola in parte ad un ancora incerto Evangelista Sacca, po-
reriore di parecchi anni all'epoca testé accennata, mentre dai
documenti prodotti dal Courajod (Ice. cit.) è provato che il Sacca
maestro di quel lavoro era il rinomato Paolo figlio del fa Torti'
maso , della Vieinia di S. Margherita. Il Cristoforo da Venezia
collaboratore di esso Paolo nel sucitato lavoro era un Cristoforo
Mantello nativo di Treviso, abitante a Cremona; il quale poi
nel 1556 con un figlio suo per nome Giuseppe fece di tarsia il
Coro a 63 stalli di S. Prospero in Reggio modenese lasciandovi
entrambi sull'ultima sedia a sinistra i loro nomi appellandosi
VENETI DE CREMONA.
È un bel lavoro di figure e fregi cogli stemmi dei Visconti e
degli Sforza ed altre imprese , allogato a Paolo nell' ultimo anno
Iella sua vita che fu il 1536. Esso venne poi nel 1542 dato
a compiere a suo figlio Giuseppe al quale fu aggiunto l' incarico di
fare i due panconi del presbiterio con ornamenti e sante figure ,
nella quale opera costui si manifesta assai meno valente del padre.
Taluno attribuì a questi Sacchi anche il lavoro del Coro nella
detta Chiesa di S. Sigismondo, ma fu cosa assai posteriore ad
essi, e di altro artefice, come dall'epigrafe appostavi:
lE
GABR. L. CAPRA
A CREMONA F
A. D. 1603.
1092 VARIETÀ.
L' anno 1554 Giuseppe del Sacha si toglieva a fare il Coro di
San Pietro al Po, in Cremona; sono ventisei stalli di assai me-
diocre fattura. Dai libri delle spese del Duomo di Cremona (xiv,
n, 252 e seg.) appare che nel 1586 egli medesimo desse il di-
segno per il solarne di marmo presso al Coro, e nell' anno
appresso dovesse ricevere venti scudi d' oro per lavorare (pro-
babilmente d' intaglio in legno) 1' ancona dell' aitar maggiore sul
modello di Camillo Boccacino (1).
Come abbiamo già detto, Antonio Campo nella sua Cremona
fedelissima chiamava Paolo e Giuseppe /)a(fre sfigliolo dei Sacca
amendue architetti ragioneooli.
Ma del secondo, come già abbiamo detto, niun lavoro di ar-
chitettura ci è noto , e del primo, oltre al già accennato disegno
pel tramezzo od iconostasi nella chiesa di S. Domenico, non pos-
siamo credere con sufficiente ragione se non lui essere stato
r architetto , dal magnifico chiostro maggiore nel monastero di
S. Pietro , eretto intorno al 1517 sul migliore stile della rina-
scenza. In fatti l'Anonimo del Morelli (Don Giacomo) ne attri-
buiva la costruzione ad un Filippo dal Sacco cremonese mastro
di tarsia (2), nome affatto ignoto, e siccome niun altro dei Sacchi
cremonesi troviamo che fosse contemporaneamente architetto e
tarsiatore fuorché il mentovato Paolo fu Tommaso, né ci è noto
alcuno fra i Sacchi artefici che si nomasse Filippo, cosi rite-
niamo che tale nome cadesse dalla penna all' anonimo per er-
rore, in luogo di quello di Paolo.
Un Filippo da Cremona lasciava bensì alcuni finissimi intagli
in legno sulle imposte della porta del Santuario delle Grazie, in
Brescia, lasciandovi inciso :
PHILIPPVS CREM. PECIT. 1490.
(1) « Dedimus scutos xx auri facientes summam librarur cxiu imperia-
liura Magistre Josepho del Sacha prò faciendi inconam altaris magni cujus
modellum facit Camillus Bocacinus pictor prò L. v. xiu. imp. »
(dal Libro delle Procvisioni del Duomo di Cremona. Lib. xiv, n. 254).
(2) < L' inclaustro con due solari de opera dorica , de buona forma
per architettura de Filippo del Sacco cremonese, maestro de tarsia.»
Anon. Morell., pag. 35.
DI ALCUNI ARTISTI CREMONESI. 1093
con un Cristoforo da Milano, nel 1488, faceva di legname in
^arma, una bellissima porta (che ora non é più) con fregi inta-
liati, al palazzo del conte Galeazzo di Sanseverino. — Questo
i'ilippo non appare che fosse né architetto, né intarsiatore, e la
la opera (1490) è notabilmente anteriore a quella della fabbrica
lei chiostro (1517) e ben diverso é lo stile dei due lavori (1).
Veniamo ora ad un mito : Bramante Sacchi. Questo nome dagli
strafalcioni di un cronista Bresciani, passò per secoli in trasmis-
^ sione pressoché ereditaria nei libri di scrittori poco devoti alla
Sritica, finché venne il di del risveglio. — Il sig. Courajod (pag. 7)
il merito al sig. Babet di aver discussa colla stampa in Parigi
esistenza di Bramante Sacca, ma noi lo avevamo fatto già
^prima (2) senza neppure aver letto le fantasticherie del Bresciani
quale perfino immaginò che il suo fantasima Bramante fosse
jiglio di Paolo Sacca, avesse in gioventù imitate le virtù, del
idre e con maggiore studio /ossevi riuscito di tutta eccellenza;
là' è che proclamò fatture di lui la rinomata porta già degli
Stanga ora esistente al Louvre e 1' arca dei Santi Marcellino e
dietro che sta nei sotterranei del Duomo di Cremona, lavoro questo
lltimo dell' insigne scultore milanese Benedetto Briosce pel quale
)dava Paolo Sacca (1506).
(1) Il cb. Amadio Ronchini nel citato giornale della Ricista di Firenze ,
anno 1857, pag. 227, reca 1' estratto di un documento di data 7 maggio 1488,
in cui <' Filippo da Cremona e Cristoforo da Milano, assumono di fare pel
onte di Cajazzo, ossia Galeazzo Sanseverino, nel suo palazzo in Parma, una
porta larga B. 5, alta B. 9 Va misura parmigiana, formata di buoni assoni de
pianconi cum la fodra de asse de noxe e cornixate de sopra de bona corni xa
'i' abia architraue, frixi a cornix come quella de strada et il volto suo con
re spere, VZ. denteile, fusarolo e foglia: et de fare nel frixo Arme tre et
::\ mezo del volto un'Arma grande cum dui puttini che la tengano, inuerni-
gata; et de soto l'Architraue fino in terra parti in quadri, et in li quadri
metterli differentiate 1' Arme e il tracaglio et il diamante e la rosa. II tutto
; c-r L. 91 imperiali. »
N. B. — Il traeaglìo, arnese di mascalcia, era l'impresa del Conte di
Cajazzo, come può vedersi nel Dialogo del Giovio, sulle imprese militari
ed amorose. — Venezia, Giolito, 1557, pag. 57.
(2) Vedi il Giornale délVArchicio stor. lomb. Anno VI, 1879, pagg. 151, 152.
1094 VARIETÀ.
Documenti autentici che fra non molto daremo in luce, ci fanno
credere che la porta già degli Stanga sia stata costrutta nel 1488
da quel Giov. Pietro Rho (di Rhaude o de Rondo) da noi accen-
nato più sopra, il quale fu ingegnere ducale, architetto e scul-
tore, e venisse coadiuvato in quel lavoro da altri artefici, e più
facilmente, da M.'''^ Francesco della Torre detto Riccio e da quel
Ivl.''° Francesco Pampurino che nel 1484 compieva la fabbrica
del magnifico tempio di S. Domenico colla cui barbarica distruzione
andò perduto uno dei più belli esemplari del risorgimento dell'arte.
Vi fu chi poco in essa erudito e nel diverso carattere degli
artefici, o«ò proclamare questa porta creazione di Bremonte da
Urbino ; a noi basterà dire che tale ardita sentenza increbbe
sovra tutti al chiarissimo GeymùUer il quale notò in quel lavoro
piuttosto lo stile, tanto diverso, dei Rodari, e che fa pensare, egli
scrive, alla porta della Rana ed alla Cattedrale di Como.
La più bella e grandiosa opera di tarsia in legname che si
vegga in Cremona, é il Coro della superba sua Cattedrale por-
tante il nome di Giovan-Maria Platina.
Da un Francesco di Piadena, in quel di Cremona, e per ciò
chiamato P/a^ma, nasceva nel 1455 questo Giovan-Maria, intar-
siatore, creduto tradizionalmente nella sua patria come un membro
dell' antica famiglia platinese dei Sacchi. — L' avo suo Lanfran-
chino Platina, detto volgarmente Francone, esercitava già 1' arte
del tarsiatore. Giovan Maria abitava ed aveva lavoro in Mantova,
quando nel 1482 i Rettori del Duomo di Cremona sapendolo
expertvs in arte Tarxie et intagliator, gli commisero di costruire
il Coro de bonis lignaminibus nucis ab extra, et de bonis Ugna-
minibus albere ab intus , per lir. 60 impl. prò qualib. sede.
(Archivio della fabb. n. 169. Filza). Il lavoro restò compiuto
nel 1490 (1).
(1) Il coro della Cattedrale di Cremona, è a due ordini : i seggi del superiore
sono nel disegno generale 45, ma di fatto non arrivano che a quarantaquattro
porche il 19°, incominciando a numerare da sinistra, comprende una porta
che introduce a stanze interne. — Gli scanni inferiori non sono che 36, il
DI ALCUNI ARTISTI CREMONESI. 1095
Sono gli stalli, come abbiamo già detto, ael complesso 45 ,
distribuiti ia due ordini , e le figure intarsiate sono utensili, or-
? lamenti, arredi sacri, attrezzi di varie sorta ; lavori condotti con
tale gusto e diligenza, che il Grasselli storico dell' arte cremo-
nese, li chiama squisiti e raffinati. Il bravo artista non visse che
semicerchio eh' essi formano è interrotto ad ogni sei scanni per agevolare
lo salire all'ordine superiore, due soli gradini piuttosto bassi segnano la
lifferenza di altezza fra il primo e il secondo ordine, l'iscrizione pure a
arsia in lettere maiuscole, che riporta il nome del valente artefice è posta
ateralmente al primo scanno di destra, ed anche in oggi può leggersi be-
nissimo avvegnaché collocata affatto contro luce :
OPUS PERFECIT NON HUMANI3 MANIBUS
SED DIVINIS ARTlbus
PLATINA io MARIA N0\'\'S INGENIO PHIDIAS
IN QVO EGREGIUM OPERE FABRILIS SPECtme/l prO
DIDIT HCCCCLXXX KL N0VEMBR{3
Le ultime lettere delle linee 2*, 4' e 5* sono abrase, ma facilmente si sup-
: ìiscono col buon senso.
Nel 4" scanno detti stalli superiori alla parte sinistra, sotto un teschio
intarsiato nel postergale , fu lasciato dall' artista uno spazio adatto ad una
leggenda; e la leggenda vi è stata posta molto più tardi e malamente in-
cisa, sembra nel 1600, ovvero nel secolo ultimo scorso. La legenda dice :
« Chi ben si spe
« chia in me
« Che son sì brutto
<i In vita pensi far
« Per r alma frutto. »
Altra leggenda trovasi sotto la più bella delle tarsie di questo coro rap-
presentante la Vergine ; è la seguente :
« Defendi alma regina il fedel servo
« Che per tua laude fé iusta faticha
« Dall' adversario fallace et protervo. >
Evidentemente la leggenda intarsiata con eleganza è della fine del 400 e
t>rse opera manuale dello- stesso Platina.
In «juesti stalli superiori due altre figurazioni tarsiate meritano speciale
servazione; a destra quel vegliardo che reca nella man ritta una borsa (forse
un mecenate del lavoro del coro) a stanca un vescovo con pastorale e mitra.
Mi fu di grande aiuto nel raccogliere e comporre tali notizie, la cortesia
di un bravo e carissimo amico, il dott. Luigi Ferrai toscano, professore già
nel Liceo di Cremona, ora in quello di Padova.
1096 VARIETÀ.
45 anni, mori a Mantova nel 7 giugno 1500, come segna quel
Necrologio. La sagrestia di S. Abondio in Cremona, conserva
due armadi da lui costrutti nel 1480, ivi trasportati dalla diruta
chiesa di S. Antonio abate. Delle cose dal Platina operate in
Mantova ed altrove, nessuna notizia.
Il valente scrittore francese, togliendo argomento da un acquisto
che il Museo del Louvre faceva; di una piastrella egregiamente
lavorata a bassorilievo, e che per V inscrizione che essa porta ;
ANTO. DE MELIS
I, V. DOCT. ABB. F.
e per la sua somiglianza ad altra piastrella conservata nel Museo
di Brera in Milano (ove la scoperse ed indicò pel primo lo scrit-
tore dì queste memorie) resta provato che apparteneva all' urna
di certi Santi Mario e Marta, nobilissima fattura di Gio. Antonio
Amedeo il principe degli scultori milanesi nell' epoca rinascente,
consacrò alcune dotte linee alle vicende di questo monumento e
di un altro che dalla Chiesa distrutta di S. Tommaso in Cre-
mona trovò asilo nella cripta di quella Cattedrale. L' urna inta-
gliata dall'Amedeo cadde per isventura 1' anno 1814 nelle mani
dell'ingegnere Voghera, un vìgnoleseo per la pelle, e fu molto
eh' egli ne lasciasse intatte le specchiature storiate usan-ilole a
parapetti dei nuovi pergami della Cattedrale stessa, ma ne fece
un innesto senza gusto e senza rispetto all' arte, ponendo a so-
stegno dei finissimi lavori dell'Amedeo certe colonnuccie volgari
che reggevano il coperto della cupola di una cappella annessa
alla Chiesa di S. Domenico, diverse di epoca e di stile ed assai
inferiori di merito.
Il monumento che dalla Chiesa di San Tommaso fu portato
nella cripta del Duomo ove tuttora si trova, è 1' arca dei SS. Pietro
e Marcellino. L' anonimo del Morelli (don Giacomo) ne farebbe
autore un ignoto Zuan Domenego da Vercelli^ ma per un rogito
del notaro cremonese Gabriele Schizzi in data 6 maggio 1506
tuttavia esistente e già conosciuto, é a credersi, che l' artefice ne
fosse il milanese Benedetto Briosce del fu Ardizzolo (non già
Medigolo come pubblicava il Courajod). E qui giova avvertire come
J
DI ALCUNI ARTISTI CREMONESI. 1097
da una patente del Duca di Milano del 23 febbraio 1482, si
comprenda che di quel tempo il Prineipe e i Nobili della città
di Cremona ad empiere un voto fatto pel cessare della pestilenza,
avevano allogato al già nominato reputatissimo ingegnere, pittore
e statuario , Pietro di Rondo la costruzione di im' arca per le
salme dei santi Marcellino e Pietro da collocare nella Chiesa di
S. Tommaso, e di altr' arca pel cadavere di S. Imero destinata
alla Cattedrale. Di quest' ultima opera non intendiamo qui far
parola, ma ci sembra verosimile il pensare che non avendo po-
tuto il Rho (Rhaude) aggravato com' era d' incarichi, eseguire il
lavoro pei Santi Pietro e Marcellino (benché vivesse ed operasse
di poi fin oltre all' anno 1507) lo si alleviasse da quel!' incarico
e lo si desse al Briosco collega accreditatissimo dell'^Amedeo nei
lavori della Certosa di Pavia, come lo fu più tardi del Busti nel mo-
numento di Gastone di Foix in Santa Marta di Milano (1515-1522).
Il sig. Courajod ha premesso al suo lavoro alcune giuste parole
intorno alla negligenza in che si é lasciata finora la storia della
scultura lombarda nell' epoca del rinascimento. Ma non alla sola
scultura, anzi per tutte le nostre- arti belle devesi estendere questo
lagno. E poiché egli accenna a Cremona , vogliamo dirgli che
appunto dell' arte e degli artisti cremonesi, molte e molte notizie
con penosa fatica abbiamo raccolto e molte ne possediamo pure
'■^ di altre di città italiane, specialmente delle lombarde, ma quale
editore vorrebbe qui pubblicarle, e quanti poi dei nostri si fareb-
\ bero a leggerle e studiarle ?
E cosi si tira innanzi, contentandosi del Vasari, del Cicognara,
i dell'anonimo del Morelli (don Giacomo) dei tre famosi abati, Zani,
Ticozzi, Filippo de Boni, mentre i lavori veramente storici perchè
fatti sui monumenti e sui documenti si lasciano per eredità ai
cervellieri, ai tabaccai. Lode agli stranieri, specialmente ai fran-
cesi, che vanno riempiendo questo vergognoso vuoto studiando
con ardore l'arte nostra veramente divina, e illustrandone la
storia in quella guisa che non possiamo o non vogliamo far noi,
già troppo vecchi. Gridiamo quindi a piena voce ai nostri gio-
vani : Lahoremus! Michele Caffi.
Arch. Star. Lomb. — Addo XV. 58
LA TORRE DEL FILARETE
NELLA FRONTE DEL CASTELLO DI PORTA GIOVIA
VERSO LA CITTA.
Le costruzioni che in questi ultimi mesi vennero iniziate in
Piazza Castello richiamano l'attenzione sulla fronte del Castello,
la quale è destinata a formare lo sfondo della nuova via e della
Piazza Semicircolare stabilita dal recente piano regolatore della
Città. Questa fronte, costituita da una cortina dello spessore di
braccia mil. sei, racchiusa fra due torri rotonde rivestite di
bugne in sarizzo , misura una lunghezza complessiva di circa
metri duecento : le iniziali che ancor si veggono nei frammenti
dei due stemmi colossali scolpiti nelle due torri rotonde, Indicano
che questa fronte venne innalzata da Francesco Sforza, il quale
senti il bisogno di dare una particolare importanza decorativa a
questa parte del Castello che prospettava 1' abitato, allo scopo
di mascherare quella diffidenza di cui potevano tacciarlo i suoi
nuovi sudditi, vedendolo affrettarsi a costrurre opere cosi impor-
tanti di difesa e di offesa rivolte verso la città. Cosi come ora
si presenta, la fronte ben poco ricorda dell' antico suo splendore,
allorquando l'ampio fossato la recingeva, e le torri estreme s'in-
nalzavano poderose sulla cortina merlata interrotta nel suo mezzo
dalla torre riccamente decorata dall' Averulino. Pure, dinanzi al-
l'evenienza di un restauro del Castello, di fronte all'imminente
VARIETÀ. LA TORRE DEL FILARETE. 1099
sua nuova destinazione, non é fuor di luogo ricercare e racco-
gliere tutte quelle notizie che possono concorrere a ricostituire
questa fronte nell' originaria sua forma.
Una delle parti sulle quali maggiormente peserà la mancanza
di dati e di notizie è senza dubbio la torre centrale che costituiva
e difendeva l'ingresso al Castello verso la città, e di cui non
rimane alcuna traccia apparente. La costruzione di tale torre,
iniziata verso il 1452, era stata dal Duca affidata all'Averulino,
detto Filarete, e nella storia del Castello di Milano (1) ho rac-
colto le vicende di tale costruzione, narrando i contrasti che in-
sorsero fra r architetto fiorentino e gli architetti nostri. Le no-
tizie di fatto che dai documenti ivi riportati si possono desumere
si riducono alle seguenti : al disopra dello stemma o ducale
che decorava la porta d'ingresso, coli' emblema sforzesco del-
l'Angelo e del Cane, era stata riservata una insenatura, alta
braccia 3 e profonda braccia 1 , per adattarvi un fregio in terra
cotta a colonnette intagliate, alternate con teste di bue ; al di
sopra del piano delle cortine — alto braccia 22 — la torre si
innalzava per contenere una camera, ad uso di guardaroba, co-
perta a vòlta, raggiungendo al piano dei piombatoj un'altezza
di braccia 40 circa ossia m. 24.
La torre, la quale serviva di deposito delle munizioni (2)
scoppiò, come è noto, nel pomeriggio del 28 giugno 1521.
(1) // Castello di Milano all' epoca degli Sforza — pag. 47-58.
(2) A queir epoca le munizioni « uasa pulueris bombardici » si conser-
vavano nelle camere superiori delle torri isolate, disposte lungo le cortine,
appunto per limitare il più possibile le conseguenze dello scoppio delle
polveri. La catastrofe della torre nel Castello di Milano è avvenuta però
per r accensione di una certa quantità di polvere « quale avevano pareccbiato
li francesi che volivano mandare la mattina alla volta di Parma » cosicché
la causa deli' accidente può essere stata anche qualche trascuratezza nel
caricare la polvere sui carri.
Erasmo da Rotterdam descrive una consimile catastrofe alla quale egli
assistette, durante il suo soggiorno a Firenze nel 1506. «Qualche giorno
prima dell' uragano , erano stati messi in una delle torri degli spalti pa-
recchi vasi pieni di polvere da cannone, aliquot rasa pulceris bombardici:
1100 VARIETÀ.
Le varie descrizioni che di tale catastrofe ci lasciarono gli
storici e i cronisti, contengono scarsi indizii riguardo alla deco-
razione della torre. Il Guicciardini dice solo che era « una torre
« di marmo bellissima, fabbricata sopra la porta, nella sommità
« della quale stava 1' orologio ». Francesco Banfo aggiunge
qualche particolare riferendo che « in la torre de mezo verso
« la piaza di S. Maria gli era su el dottor Sant'Ambrosio con
« diverse armi ducali di malmore », il che concorda coli' asserto
di Scipione Vegio: « ipsa D. Ambrosii ingens ex marmore imago,
« quee super portam eminebat in fossa cum tota turri et horoscopo
« proruit ». L' esistenza di statue dei Santi protettori della citta
e degli stemmi ducali, è constatata altresì in un' altra descrizione
della catastrofe, la quale è meno nota di quelle già accennate
e delle altre del Burigozzo, del Grumello e del Ferni ; e poiché
contiene alcuni particolari affatto nuovi e non privi d' interesse ,
credo non inutile di trascriverla dal libro : La Cosmographie Uni-
verselle par Sebast. Mùnstere, 1560.
L' an 1521 advint un cas horrible à Milan. Il y avoit sur la vuolte
de la porte du chasteau une tour qui estoit munie , et ne seruoit pas
seullement à la deffense mais aussi estoit belle à veoir. Car oultre
les aultres paremens elle auoit en front les images dcs Saintes pro-
tecteurs de la ville , toutes grauées en "marbré , si bicn tiréez qu' il
n' y auoit que redire , avec les enseines des Sforces duez de Milan
qui auoient fonde ce grand bastiment. Or còme d' auenture en la
diete tour estoit gardée pour la munition de l'Artillerie grande quaii-
tite de uaisseaux remplis de pouldre soulphree, la fouldre tomba de-
il magistrato aveva ordinato di collocarli nella camera superiore, il che non
poteva compromettere che il tetto , ma per negligenza i vasi erano stati
depositati in basso. Dalle finestrelle del tetto la folgore penetrò nella torre
e tutti i vasi di polvere si accesero. L' esplosione (incendium) cercò dap-
prima di sollevare la massa della torre e scagliarla in alto d' un sol pezzo,
poi , essendo la massa troppo pesante , spezzò la torre in quattro parti
cosi regolari, che si sarebbero detti tagliati in isquadra da un geometra »
(Erasmo, 955 F, a 956 E).
LA TORRE DEL FILARETE. 1101
dans du ciel, et rompant la muraille, se print à ceste matiere qui
estoit bien propro à brusler. La violence et impetuosité de laquelle
renuersa non seuUement la tour des fondemens, mais aussi abbatit
en terre les murailles et chambre prochaines et autres membres du
chasteau , dont les pierres vollantes en 1' aire tuerent deux preuostz du
chasteau, qui estoient allez un peu deuant selon leur constame saluer
la Vierge Marie en la chapelle qui est pres de la porte et se pro-
mcnoient en la place. Ilz mirent aussi à la mort d' aultres gens
d' armes qui estoient sortiz pour prendre l' air car e' estoit en este
(sic) et sur le Vespre, ostanz aux uns la teste , aux aultres rompans
les bras, aux aultres cu la jambe ou la poitrine, tellement que de
deux cens souldatz à grand peine en demoula il douze. Le son de
ceste ruine ne fut pas incogneu à ceu de la ville, la quelle mesme
fut branslée par un fort tremblement de terre dont plusieurs furent
efFrayez de peur qu' ilz auoient que tonte la ville ne s' en allast en
ruvne. Cela cesse quand on voit la lueur du freude la foudre bien
grande uers le chasteau, un nombre de peuple infiny y courut qui
trouuerent ceste grande place qui est deuant le chasteau tonte couuerte
de pierres , et s' ebahyssoient bien fort d' aucunes pierres qui auoient
este iettes à plus de cinq cens pas loins lesquelles toutes fois estoient
si grosses que uingt beufs ne les eussent peu esleuer : ilz furent aussi
esmerueille de ueoir les fondemens de la tour arrassez et passez sur
le portail, et ce qui auoit este tout en hault jetté au fondz et ne
pensoient point que cela fust adueaut sans la prouidence de Dieu.
Aureste le Francois craignantz que le chasteau ne demourast la nuit
sans garnison, feirent entrer dedans les senateurs, receueurs, et autres
magistratz de la nation Fran^oise qui n' estoient pas gens de defifense,
ne en grand nombre en la ville iusque à ce que le iour ensuyant
ilz eussent faict venir de Novarre cent horames d' armes auec autant
de soldartz armez à la legere.
Da queste sole indicazioni sommarie contenute nelle cronache
del tempo, non era facile il ricostituire la disposizione della
lorre, specialmente nella sua pane più alta, giacché, per la
parte inferiore, non è fuor di proposito l'ammettere che all'atto
di riparare la cortina squarciata dall'esplosione, si siano ancora
utilizzate le fondazioni della torre, le quali non dovettero essere
1102 VARIETÀ.
sensibilmente danneggiate, per quanto il Grumello asserisca che
sia stata sollevata « la media parte de dieta torre et li fonda-
menti insieme ». Cosi la disposizione originaria della torre, conio
sviluppo di pianta, può essere ritenuta conforme a quella che
oggi ancora si può rilevare nell'accesso principale al Castello e
che risulta di forma rettangolare di m. 18.60 di fronte, per
m. 13.60 di larghezza, col marmo di fronte in allineamento
colla cortina, e di uno spessore di m. 4.50, eguale a quello
dei due muri di fianco, mentre il lato verso 1' interno del Castello,
che non era esposto alla violenza degli attacchi, aveva solo lo
spessore di m. 2. 20. Anche la disposizione della porta pei ca-
valieri e del portello dei pedoni doveva essere nella torre del
Filarete conforme a quella che ancor si vede oggidì.
Le ricerche che ebbi a fare posteriormente alla pubblicazionr^
del volume « Il Castello di Milano », mi hanno condotto a rintrac-
ciare due documenti grafici i quali forniscono ulteriori indizi sulla
torre in argomento. L' egregio collega Gustavo Frizzoni ebbe a
segnalarmi un quadro di Scuola leonardesca, attualmente passato
in America nel quale , da una delle due finestre che si aprono
nel fondo dietro la figura della Vergine col bambino, si vede la
rappresentazione della fronte di un castello limitata da due torri
rotonde ed avente in mezzo una torre rettangolare , come risulta
dallo schizzo che avanti riporto, nel quale si può rilevare come la
torre centrale, dopo la merlatura, si sopralzasse con due ordini
minori di costruzione, coperti da cupolino con banderuola. Non
era fuor di luogo, avuto riguardo all' epoca e alla scuola cui
appartiene quel quadro, 1' intravvedere in tale rappresentazione
per quanto sommaria, una riproduzione della fronte del Castello di
Porta Giovia, fatta — se si vuole — di memoria, dal pittore, giacche
la disposizione generale delle torri rotonde bugnate agli angoli,
della torre centrale, e del revellino che si scorge sul davanti é_
abbastanza conforme ai dati di fatto. Tale induzione era destina^
ad avvalorarsi mediante la scoperta dell' altro documento grafie
che ebbi a fare poco dopo per un caso veramente singolare
Infatti, recatomi un giorno a rivedere quell' originale costruzione
LA TORRE DEL FILARETE.
1103
che è la Cascina Pozzobonella — destinata pur troppo a sparire
in un non lontano avvenire — trovatomi costretto da un uragano a
ripararmi a lungo sotto il porticato che collega la Cappelletta
alla casa di abitazione, ebbi occasione di esaminare con una par-
ticolare attenzione la parete di fondo di portico ; cosicché mi av-
l&v
venne di osservare come, in una parte di quel fondo, un intonaco
grossolano coprisse l'intonaco primitivo molto più fino, e che
portava alcune traccio di disegni graffiti ; la curiosità mi spinse
a tentare di scoprire maggiormente quei segni originari staccando
r intonaco che li mascherava in parte, e la curiosità si fece ancor
più viva tosto che mi accorsi di avere dinanzi la rappresentazione
di un castello. Sfortunatamente l' intonaco originario aveva subito
1104
VARIETÀ,
dei gravi danni pei quali il disegno presentava molte lacune, co-
sicché non mi fu possibile trovare traccie maggiori di quelle che
risultano dal fac- simile che qui riporto. Le traccie però sono
sufficienti ad identificare la rappresentazione del Castello di Mi-
lano ; infatti si vede la torre d' ingresso colle due parti di sopralzo
conformi alla indicazione del quadro succitato, coperte con cupo-
lino terminato a banderuola ; di più si osserva la disposizione
delle Campane. Nel basso della torre si vede accennato il revellino
LA TORRE DEL FILA RETE.
1105
ad angolo, conforme alle altre indicazioni che già si hanno su
tale revellino, il quale maschera naturalmente la porta d'accesso
al Castello, ma lascia però vedere sulla torre la decorazione di
una nicchia terminata superiormente a frontone triangolare, nella
quale pochi segni sono ancora sufficienti per lasciar intravvedere la
figura di S. Ambrogio. A sinistra della torre si vede la cortina
che si collega alla torre rotonda d'angolo, col ballatoio coperto ;
dietro tale cortina si vede abbastanza nettamente indicata la torre
di Bona di Savoia, e il lato della Rocchetta colla curiosa indica-
zione di una serie di fumaiuoli colla forma caratteristica che era
adottata alla fine del XV secolo.
Un altro particolare interessante dei due disegni in quistione,
sta nella indicazione dei piombatoi e della copertura anche
nelle torri rotonde : particolare questo il quale non si vede mai
indicato nelle altre vedute meno antiche del Castello che ci
1106 VARIETÀ. LA TORRE DEL FILARETE.
sono rimaste^ a cominciare da quella contenuta nel libro Civi-
tates orhis terrarum — Colonia MDLXXII, venendo a quelle del
XVII secolo della raccolta Sorniani a Castellazzo , del signor
Luigi Fuzier, e all' affresco nel palazzo Borromeo a Cesano Ma-
derno. Farebbe solo eccezione il disegno contenuto nell' edizione
di ViTRUvio, stampata a Basilea nel 1616, ma quel disegno non
è molto attendibile in quasi tutti i suoi particolari.
I due documenti grafici segnalati , in mezzo alla scarsità di
notizie, riescono quindi interessanti per ricostituire lo stato della
fronte del Castello al principio del XVI secolo.
Luca Beltrami.
BIBLIOGRAFIA
Von Oettingen Dott. Wolfang: Ueber das Leben und die Werke
des Antonio Acerlino genannt Filarete (Della cita e delle
opere di Antonio Acerlino detto Filarete). — Leipzig, See-
mann, 1888.
Benché il soggiorno in Milano del Filarete non siasi prolungato
per più di tredici o quattordici anni, pure la sua azione artistica
vi si esplicò maggiormente che altrove, e per le opere certe
che di lui vi sono rimaste, e per l'influenza sua sullo sviluppo
dell' arte lombarda.
Ovvio è quindi che la monografia recentemente dettata dal
)ott. Von Oettingen , libero docente di storia dell' arte nella
Università di Marburg , ci abbia assai ad interessare.
L' autore si era accinto a preparare una prefazione alla pub-
blicazione del trattato di Architettura dell'Averlino , quando, ac-
cortosi che la materia gli veniva crescendo tra le mani, si risolse
ad accettare il maggior sviluppo del lavoro, formandone addirittura
una monografìa separata, che fu accettata nella raccolta del-
l' editore Seemann dei materiali per la storia dell' arte (1).
(1) Il trattato compiuto dal Filarete nel 1464 e non mai escito per le
ampe, viene ora pubblicato nella raccolta viennese delle opere (fonti) della
"■toria dell' arte, e per quest' edizione il Dott. Oettingen preparò la prefazione
esiderata, facendo un sunto della sua monografìa.
1108 BIBLIOGRAFIA.
Del Filarete eran sparse notizie e discorsi partitamente oggettivi
in più opere e pubblicazioni , e, per non dire che delle recenti,
in quelle di Mongeri, Beltrami, Canetta, Muntz, ed anzi questo
ultimo , nella sua Histoire de V ari pendant la renaissance (in
corso di pubblicazione) ce ne dà, si potrebbe dire, la bibliografia.
Ma di cenni o studi complessivi, dopo quelli del Vasari non
ne troviamo di notevolmente importanti per notizie nuove e lavoro
d'insieme, che nello scritto recente del Dott. Lodovico Corio :
Antonio Filarete, da Firenze, inserto nel Politecnico (1) ed in
quello recentissimo del Dott. Volfango Von Oettingen, di cui è
questione.
Se si tien conto della novità, della difficoltà di un primo la-
voro originale, recante documenti che gettan nuova luce, danno
notizie dapprima ignorate, rettificano opinioni e nozioni invalse
in verba magistri Vasari , V importanza del lavoro di Lodovico
Corio non è piccola, ed il merito suo, il servigio reso agli studi
sulla storia dell' arte, perdura.
Naturalmente dal 1873 al presente, nuovi lavori su argomenti,
in cui l'attività del Filarete ha connessione, hanno incidental-
mente schiarito alcuni dubbi, rettificato nozioni ed opinioni e recate
notizie nuove di notevol momento. E tra cotesti lavori nuovi
primeggiano essenzialmente quelli di Luca Beltrami, sul Castello
di Milano (2), e di Pietro Canetta, sull' Ospedale Maggiore (3).
E per lo appunto in questi ultimi ha attinto largamente, co-
scienziosamente, avvertendolo, ben s'intende, il Dott. Oettingen
per la sua monografia. M
Partendo dal lavoro or ricordato del Corio, anzi per forza stessa ™
della naturale e scientifica ragione e nesso della materia, dell'ar-
(1) Milano, Dicembre 1873, anno XXI, N. 12, pag. 722 e seguenti.
(2) Milano, Colombo e Cordani. — 1885.
(3) Cenni sull'Osp. Magg. di Milano — Milano, Tip Soc, 1885.
Cenni storici sugli acquedotti dell' 0$p. Magg. di Milano. — Milano/
Ci velli, 1884.
Cronologia dell'Osp. Magg., ecc. — Milano, Cogliati, 1884.
Elenco dei benefattori delV Osp. Magg., ecc. — Milano, Cogliati, 1S87J
BIBLIOGRAFIA.
1109
-omento, accettando senz'altro la trama, la distribuzione delle
arie parti dell'argomento adottata dal Corio slesso, è riescilo a
darci sul Filarete e sulle sue opere, la monografìa la più com-
pleta che oggi coi risultati delle ricerche negli archivi, e dello
studio dei monumenti, fosse possibile di desiderare. Né in ciò
soltanto sta il vantaggio di questa recentissima pubblicazione ;
una parte propria l'A. seppe competentemente aggiungere : V ana-
lisi critico-artistica delle opere del Filarete.
Il giudizio del Dott. Oettingen sull'Averlino, non sale ad una
lode entusiasta, anzi nella conclusione riesce alquanto severo.
Egli loda in tutte le sue opere plastiche assai più i particolari
he non l'insieme; e nella creazione dell'ospedale, pur fa-
endo larga parte al concetto ed ai consigli dello Sforza e dei
deputati, lo trova artista grandioso e chiaro nella distribuzione
(Ielle parti, ma tosto soggiunge che nel complesso esagerò e si
abbandonò alla sua fantasia troppo chiassosa e gonfia. Una certa
omogeneità corre difatti nei due giudizi del Dott. Oettingen sulle
opere plastiche e costruttive del Filarete, il che dimostra che egli
comprese un lato della natura artistica di quel bizzarro talento.
Però, dico un lato e non l' intera natura artistica. Invero l'A. con-
fronta troppo r opera del Filarete con quella dei grandi toscani,
nel qual paragone ovvio è che la conclusione rimanga abbastanza
severa ; l'A. d' altro lato, riconoscendo che il Filarete subì l' in-
fluenza lombarda e l' innestò nelle proprie opere, ne deduce che
se il Filarete fosse stato un artista dì genio più comprensivo e
profondo , non avrebbe fatte eoneessioni al vecchio gusto lom-
bardo , e che V Alberti avrebbe imposto lui le proprie forme
artistiche.
Ora, convien riflettere che l'Alberti crebbe e si sviluppò in un
ambiente per cosi dire unico, omogeneo, e che all'incontro il
Filarete peregrinò a traverso le varie regioni. Se tutti gli artisti
fossero recisamente o geni creatori, o discepoli rinchiudentisi in
scrupolosa ed assoluta imitazione, lo sviluppo dell'arte non si
verificherebbe quale costantemente lo vediamo e nell' evo antico
e nel medio e nel rinascimento e nei tempi moderni.
Ilio BIBLIOGRAFIA.
Ogni artista che giunge in un ambiente nuovo, subisce, riceve
impressioni e ne trasmette agli altri coi quali viene a trovarsi
in contatto, È questione di ricevere e dare più o meno, ma 1' ef-
fetto è costante. Filarete oltre ai principi dell' arte toscana sua
propria, subì l' influenza delle varie tendenze di Roma, Venezia,
Mantova e Milano : ne cavò tipi che, se non assolutamente spic-
cati e nuovissimi, furon però tali da influenzar alla lor volta
r arte lombarda. E ninna meraviglia, se un giorno o l'altro qual-
che studioso rintracciasse l' influenza che la parte di decorazione
compiuta dal Filarete nell' ospedale (1) potè avere sulle opere
decorative del lodigiano Battagio e del Caradosso.
Oltre agli artisti creatori ed agli imitatori, vi son quelli che:
fungono da intermediari, da veicolo dei concetti e delle forme
artistiche ; e questa fu 1' azione del Filarete.
Giulio Ca rotti.
Adolfo Venturi. Gian Cristoforo Romano {wéW Archivio Storico\
dell'Arte. Anno I, fase. 3, 4 e 5). — Roma, Pasqualucci, 1888.
Di un altro valente artista del rinascimento, che visse ed oprò
assai in Milano e in Lombardia, è stata testé riconnessa e resti-
tuita l'intera figura: e di quest'importante rievocazione siamo questa!
volta debitori ad un italiano, al prof. Adolfo Venturi , il preclaro]
critico e storico d'arte. «Sono pochi anni, egli scrive, che ri-|
(1) A dir vero l'A. non si è preoccupato dell' opinione che riconosce l'operai
decorativa del Filarete nella sola parte inferiore di un campo della facciata
dell' ospedale. Tale almeno è 1' avviso dell' ardi. Paravicini (L' architettura
del Risorgimento nella Lombardia. — Gilbers, Dresda, 1878). E ciò spiegai
assai bene la disarmonia notata dallo stesso Oettingen fra il piano inferiore i
ed il superiore, nel quale le finestre non sono neppur nell' asse delle arcate ;
del portico inferiore; un artista solo non avrebbe certamente compiuto uns
cosi evidente contrasto.
BIBLIOGRAFIA. 1111
<f. suona il nome di Gian Cristoforo Romano, l'amico del Cara-
« dosso, lo scultore ufficiale della gentil marchesana Isabella
« d'Este Gonzaga, il contradditore di Baldassar Castiglione alla
« Corte di Urbino, l'amatore di antichità che, ancora pu^^o^ seppe
« impedire a Lorenzo il Magnifico e al cardinale Giovanni d'Ara-
« gona di spogliar Roma di cose rare ».
E di Gian Cristoforo, della sua esistenza, delle sue opere, egli
è riescilo a dare dettagliate e ben ordinate notizie, e una descri-
zione ed apprezzamento <iritico di notevol importanza; che più,
egli ha restituito al versatile artista alcune opere importanti.
Il Venturi desume che il Gian Cristoforo, figlio dello scultore
Isaia da Pisa, sia nato verso il 1465 e che in Roma, sua città
natale, egli abbia passato la giovinezza ed abbia compiuti i suoi
primi lavori.
Nel 1491 quest'artista era già in Milano, e vi si doveva tro-
vare già da tempo, che godeva del favore di Lodovico il Moro
e di Beatrice d'Este e di questa consta già avesse fatto il busto
in marmo. E qui l'autore, con una serie di osservazioni e dedu-
zioni, prudenti quanto evidenti, giunge a scoprire nel noto bel-
lissimo busto del Louvre dall'iscrizione:
DIVAE
BEATRICt^
D • HERC • F
il ritratto in piarmo di Beatrice d'Este, ricordato da Isabella
d' Este nella lettera del 22 giugno 1491.
Il Courajod nelle sue Conjectures à propos d'un busi e j ecc. (1^
pur non riconoscendo in quest'opera la mano propria di scultori
lombardi, erasi dichiarato propenso a rivendicare l'opera alla
>^cuola milanese, scorgendovi tuttavia una certa aria fiorentina.
< )ra il Venturi per lo appunto, prima ancora di aprire la discus-
s^ione su questo busto, nel dare i caratteri stilistici delle opere di
(1) L. Courajod, Conjectures à propos d'un buste en marbré de Béatrix
d' Este au Musée du Louvre. — Gaiette des Beaux Arts, 1877.
1112 BIBLIOGRAFIA.
Gian Cristoforo, dichiara che « all' eleganza della scultura toscana
« (la sua arte paterna) congiunge un profondo studio dell' anti-
« chità; intagliatore di gemme e cristalli , sa condurre sottilmente
« i particolari della forma ». Resterebbe a spiegarsi il profumo
lombardo avvertito pure dal Courajod e questo forse ha la sua
ragione o nella ispirazione toscana che il Vinci arrecò nel patri-
monio degli artisti Lombardi , o nell' influenza successiva che anche
le opere di Gian Cristoforo possono aver esercitato su di essi.
Passa successivamente l'A. a trattare delle altre opere del gè
niale scultore in Cremona, nella Certosa di Pavia, in Vigevano
ed in Milano.
In Cremona, per la celebre porta Stanga, ora del Museo del
Louvre, egli fa la parte direttrice, ispiratrice, di Gian Cristoforo,
e la parte degli artisti del paese , che diedero alla decorazione
un'impronta lombarda nella esecuzione.
Al monumento Trecchi , or nella Chiesa di Sant'Agata in Cre-
mona, lo scultore avrebbe atteso tra il 1502 ed il 1505, poste-
riormente cioè ai lavori della Certosa di Pavia, al Mausoleo di
Gian Galeazzo ed alle opere di ornamentazione della facciata.
La erudita e artistica descrizione e critica stilistica del Monu-
mento Trecchi e del Mausoleo della Certosa ^ sono una preziosa
guida per gli studiosi che intraprenderanno a rintracciare le altre
opere di Gian Cristoforo Romano e nella facciata della Certosa,
e nelle raccolte, e nei monumenti di Milano (1) e Pavia, giacché,
come il Venturi stesso ci dice , è verosimile che egli rimanesse
a Milano o a Pavia dal 1497 al 1499 ed è provato che egli vi
ritornò nel 1505 e fu in allora che deve aver incontrato, in casa
di Monsignor della Torre, Sabba da Castiglione e il Caradosso.
Delle altre opere di Gian Cristoforo in Mantova, poi in Na-
poli ed in Roma, discorre pure il Venturi, e delle sue bellissime
medaglie, delle quali fa apprezzare la gran bellezza e venustà
(1) Il Venturi sospetta come fattura di Gian Cristoforo un pilastrino del
rinascimento in Casa Valsecchi in Milano, fra i cui finissimi ornati si discer-
nono nocciole, scolpite in una forma anche altrove usata da queir artista
BIBLIOGRAFIA. 1113
antica. Ed oltre che artista; l'A. ce lo dipinge pure, abile nel
canto, colto, anzi versatile, piacevole ed apprezzato e protetto
cortigiano, nonché intelligente raccoglitore di antichità, delle quali
lasciò una collezione quando mori in Loreto nel 1512.
Questa monografia è corredata da illustrazioni in fototipia ben
riuscite e grandi abbastanza perchè se ne ricavi una vera utilità
pratica nello studio. Nell'interesse degli studi e della critica
d'arte, spontaneo è il voto che di cosi importante lavoro l'A.
faccia una pubblicazione a parte, come vediamo praticare dai Cou-
rajod , Geymùller, ecc., dei loro scritti dell'Art e della Gazeite
des Beaux Artfì.
Giulio Carotti.
La località e territorio di San Colombano al Lambro. Studj di
Alessandro Riccardi. — Pavia, 1888.
Quel nome ci richiama all'insigne apostolo irlandese, che, nel
505 e seguenti, portò scienza, pietà, civilizzazione nella Svizzera e
in Italia, fondando monasteri , che divennero centri di popolazione,
di educazione, di mercati, e salirono anche a città.
Egli stesso, o alcuno de' suoi discepoli si fermò sul Lambro, e
ne derivò il nome ad una borgata notevolissima, insigne pei colli ,
la cui formazione pliocenica fu studiata dal Breislac , dal Volta,
dal Cavezzali, dal Sartorio, dallo Stoppani, e da altri moderni
geologi.
L'elevatezza del colle di San Colombano sul circostante piano
(scrive il cav. Brambilla) (1) e la sua prossimità al fiume Lambro,
al Po che di questo riceve le acque, ed all'antica strada, che
svolgendosi appunto sulla sinistra del Po conduceva e conduce
(1) Camillo Brambilla, Tremisse inedito al nome di Desiderio re dei
Longobardi, trovato a Montemalo e conservato dal Galletta. — Pavia, 1888.
Arch. SlOì\ Lomb. — Anno XV. 59
1114 BIBLIOGRAFIA.
per Cremona dalla vetusta Pavia e Mantova nel Veneto, erano
circostanze naturali , che per sé lo designavano adatto tanto alla
difesa quanto a preparare le offese, opperò non vi mancarono
anche in tempi remoti i munimenti guerreschi nella foggia e neWd
estensione , che essi suggerivano , e rendevano possibili. Al Ca-
stello con baluardi e fosse, che San Colombano ricorda quale iu-
tissinum Federici castrum nel secolo XII, e vanta anche oggidì
annoverato fra i monumenti nazionali, facevano corona robuste^
costruzioni a Mombrione, alla Mostiola, a Montemalo, ed altre non-
poche in situazione più depressa, che non quella dominante
principale ove sorgeva il Castello tanto più importante sotto l'a-j
spetto strategico e per la sua estensione.
Luogo forte e salubre per la sua posizione, il Colle di San Co-
lombano, come certamente ebbe ben presto numerosi abitanti, e
fra questi anche padroni , e con essi , e per essi aver parte nei
grandi avvenimenti, che vennero mutando le sorti del paese, do-
veva anche conservarne le traccio e i ricordi , siccome appunto,
e specialmente accade per simili particolari rilieti del terreno
dai quali il circostante e sottoposto piano viene naturalmente, e
per ogni rapporto dominato. Né San Colombano contraddice col fatto
a quelle premesse, poiché nel terreno suo e in quello delle vici-
nanze nei passati anni erano frequenti le scoperte di avanzi mu«-
rali in larghi tavelloni e laterizi quali soglionsi dire Romani, in
amplissimi frammenti, di pavimento in calcestruzzo, in urne cine-
rarie, fìbule, bronzi, stoviglie e monete tanto imperiali romane
quanto giù discendendo e di epoca più recente. Il Riccardi nei
suoi studi sul territorio di San Colombano accenna opportuna-
mente e con dettaglio a quelle scoperte , e rileva come di esse,
e di quelle che si facessero nei contorni si occupasse facendone
premuroso studio e ragguardevole raccolta il sacerdote Luigi
Callotta, che stette proposto-parroco e vicario foraneo nel borgo
di San Colombano per ben 50 anni dal 1828 al 1877 in cui mori
di ottant' anni al 31 dicembre.
Di quanto poteva raccogliere 1' ottimo proposto Callotta teneva
diligente nota , e deve augurarsi , che quei cimelj non vadano
I
BIBLIOGRAFIA. 1115
dispersi e che non ne rimangano disgiunte le memorie, colle
«luali , lo studioso raccoglitore amava constatare il tempo di
ogni scoperta , il luogo e le eventuali circostanze in cui fosse
ivvenuta.
Le nostre idee sulle storie municipali le abbiamo troppe volte
esposte. Pure è desiderabile che alcuno cominci a raccogliere i
tatti particolari , e divisare i singoli paesi ; e questo ha voluto
lare Alessandro Riccardi. Maggiori particolarità egli promette; in-
tanto dà un sunto cronologico dei fatti dal 1000 fino ad oggi, più
o meno accertati, e la più parte relativi a Lodi, Pavia, Piacenza.
La dicitura è stentata, e qualche volta fino inintelligibile, il che
i fa desiderare un miglioramento nel seguito dell'opera.
Con pazienza sono indicate le varie frazioni del distretto, e in
mappe indicate le posizioni antiche e le odierne , e il variato
corso del Lambro e dell'Adda (1).
Giovanni Jachino. Il libro della Croce. Studj ed analisi. — Ales-
sandria, 1888, in- 16 di pag. 146.
Alessandria è talmente connessa a Milano , che la storia del-
l'una è storia dell'altra città. È notissima la sua origine, che non
abbisogna di antichità, né di favoleggiati aforismi. Quindi da Fede-
rico Barbarossa, da papa Alessandro III e dalla Lega Lombarda
cominciano i suoi storici , che non sono pochi. Oltre i cenni che
se ne trovano nei cronisti di Piacenza, di Asti, di Lodi, nel
>ecolo XVI ebbe Giovanni Clari e Raffaele Lumelli, ancora
semplici cronisti; nel XVII, lasciando stare l'esagerato Giuliano
Porta , spiccato esempio di secentismo , Guglielmo Schiavina e
Girolamo Ghilini ritornano sulle notizie date, le aumentano, e per
(l) Riceviamo ora il Sommario di nuoci dati storie o^geograjici sa
m Colombano. — Lodi, 1888.
1116 BIBLIOGRAFIA.
quanto si poteva allora, le discutono. Nel 1700 Lorenzo Bur-
gonzio, Lucio Marmanzana, Giuseppe Antonio Ghenna, Giuseppe Ot-
tavio Bissati, Giacomo Antonio Degiorgi si fermano intorno a
qualche particolare questione. Nella prima metà del nostro secolo,
dopo le brevi storie del Civalieri e del Piccolini , Carlo A-Valle,
si valse di tanta preparazione, per una storia popolare di Ales-
sandria in quattro volumi.
Ma non è scrittore serio : compila, fantastica, secondando le
fantasie del 1848 « con tono (dice 1' avv. Ronzi) e fine più pa-
triottico che storico, nel senso che non ha presentato un ampio,
vero, e preciso quadro della molteplice vita sociale delle passate
generazioni. Si applicò egli ad impolpare di molte considerazioni
tratte dalla moderna idea filosofico-sociale, lo scheletro dei fatti
narrati dai vari annalisti di Alessandria, senza curarsi di farne
più ampia e precisa messe nel campo dei documenti scritti ;
ciò che d'altronde non gli tornava forse agevole, trattandosi di
scrivere presto la sua storia, e mancandogli ogni altro efficace
ajuto ».
Da quel tempo gli esempj dati da qualche valoroso si divul-
garono, e soccorsi dalle ricerche negli Archivj e dalla migliore
intelligenza delle fonti, portarono altre esigenze nelle storie mu-
nicipali. E un discreto corredo di documenti offrono gli Archivj del
Municipio, della Curia, di varie chiese di Alessandria, e se ne
giovarono Giulio Leale, Francesco Gasparolo, Fritz Graf, il
dott. Giovanni Jachino.
Questi pensa seriamente alla storia della sua città, e crede bi-
sogni anzitutto stampare le fonti. E cominciò dal Libro della
Croce, nel quale sono raccolti 172 documenti dall'anno 1106 al
1572. Egli ne dà il sunto; fra i quali noi indicheremo uno , del
1252 circa, dove sono condannati i Catari, i Gazari , i Poveri di
Lione, contrarj alla romana Chiesa; l'editto vuole siano espulsi
da tutto l'Alessandrino; e chi li ospitasse o vi desse comunque
ajuto o consiglio, sia tenuto d' occhio.
i
BIBLIOGRAFIA. 1117
Mous. Aurelio Zonghi. Repertorio dell' antico Archivio di Fano.
— Fano, 1888.
Oltre applaudire a questo esempio del far conoscere i cimelj
paleografici degli Archivj municipali, qui citiamo questo lavoro per
r attinenza che ha colla storia di Brescia. È noto come in questa
ittà dominasse Pandolfo Malatesta, che la sottrasse ai Visconti,
inchè a lui fu ritolta dal Carmagnola, (1404-1421). Allora
gli, arricchito di 34,000 fiorini d'oro, si ritirò a Fano, gover-.
andolo a baldanza. Colà trasportò i libri delle spese per l'ac-
iuisto di Bergamo, per la compera di Cabrino Fondulo e altre
:el suo dominio in Brescia. Ed ora analizzati da mons. Zonghi,
jutano a compiere la storia bresciana. Son nominati notari, can-
cellieri, massari, il maastro dell' orologio, i campanari, gli ufficiali
Ielle fontane, i capitani ed uomini d' arme, i giudici dei malefizj,
podestà, le spese pei soldati mandati al campo contro Chiari
' Pontoglio; il conto con Antonio de' Porzelagi ufficiale della zecca
li Brescia, importante per le qualità delle monete ivi ricordate.
V'é documenti per la costruzione delle ròcche di Chiari (1406), di
Rovaio (1406-1408), di Gavardo, di Capriolo, di Carpenedolo, del
palazzo dei Podestà in Brescia, dei fprtilizj a Rudiano, a Monte-
chiaro, a Gàmbara.
Ricorrono i nomi di Tartarino e di Corradino Capriolo , degli
Averoldi, dei Calino, di un Cornino tesoriere per la riviera del
lago di Garda, e di moltissimi castellani e vicarj dei Comuni.
Trovansi registrati maestri orefici, fra i quali celebre Antonio
3 Meda, di fabbricatori d'armi, di ingegneri, di nobili qui non
liis dederunt, e che abitavano ad Iseo, Capriolo, Adro, Chiari,
i'ontoglio, Pompiano, Porzano, Savallo, Carcina, ecc., ecc.
Nel voi. 52 è il dare e avere colle valli Sabbia e Trompia.
Dal voi. 66 si raccoglie che la maggior parte dei Comuni erano
debitori verso la Camera, non essendovi allora l'esazione forzosa.
Dal 1411 al 1417 è la nota delle condanne. Molte appostazioni
1118 BIBLIOGRAFIA.
pei (lazj del pane, del vino, della carne, e altre minuzie che ora
la storia più non trascura.
Dicasi altrettanto di Bomporto, paesello di 450 abitanti, di cui
il canonico Primo M. Brandoli scrisse la storia (Modena, 1888)
dicendo che, sebbene sia vano ed inutile il farlo, pure « questi
cenni entrino fra la parte delle inutilità che ogni di sono messe
ai tipi » (1).
Architetto Luca Beltrami. Per la storia della navigazione nel
territorio Milanese. — Milano, 1888.
Una delle più belle imprese della Lombardia è quella dei ca-
nali, che dall' Adda e dal Ticino si condussero a Milano, e di qui
al Po per l' irrigazione e per la navigazione. Molti ne scrissero,
ed estesamente l' ing. Giuseppe Bruschetti. In sua mano vedemmo
una raccolta copiosa di documenti, venutigli dal Bernardino Ferrari.
Una larga collezione formò 1' ardi. Beltrami, e fattone un esatto
catalogo, la regalò alla Biblioteca Ambrosiana, accrescendone laj
preziosa raccolta.
Divi Ludovici marehionis Mantuce Somnium — Mantova, 1887.
Una eena a Mantova nel secolo XV. — Mantova, 1888.
Sono due brevissimi opuscoli, che il nostro socio marchese
Cavriani rese pubblici per cura del signor Antonio Porzioli,e si
riferiscono a Mantova e ai suoi duchi.
(1) È qui luogo a ricordare le Memorie dell'Archivio municipale di Poi
rance , date dalla Rassegna Nazionale, e che molto riguardano il Comi
di Volterra.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA
(Giugno- Dicembre 1888).
Ademollo A. I matrimoni di Vincenzo Gonzaga. — In FanfuUa
della Domenica, N. 26, 24 giugno 1888.
Agnelli Giovanni. Notizie storiche sull' oratorio di S, Giovanni
Battista del Galendone , con novena ed inni, — Lodi , Tip. Cat-
tolica della Pace, 1888, pag. 60, in-16.
Agnelli Giovanni. Cenni sulle vite di Rinaldo Concoreggio e Cesare
Sacco , canonici lodigiani , con alcune notizie sulle loro famiglie
in Lodi. — Lodi, Tip. Quirico e Camagni, 1888, in-4, pag. 36.
Estr. àaWArchicio storico lodigiano.
Alberti cav. Gioachimo. Antichità di Bormio. [Della Raccolta
storica iniziata dalla Società storica Comensc, voi. I, disp. 1]. —
Como, Ostinelli, 1888, in-8 gr., pag. 80.
[Alciato]. Rime di Pierfrancesco Bertioli da Ostiglia, col commento
di Andrea Alciato, per la prima volta pubblicate con prefazione
e note di N. Zingarelli. — Bologna, Romagnoli Dall'Acqua, 1888,
in-16, pag. 82.
Scelta di curiosità letterarie inedite o rare, disp. 227.
Algozino sac. Garmelus. In divi Caroli mediolanensis antistitis
tertio centenario: Carmen. — Nicosiae, ex typ. A. De Castro,
1888, pag. 12, in-4.
1120 BIBLIOGRAFIA.
Ambiveri prof. Luigi. La Basilica Fausta in Milano. — L'ambone
della basilica di S. Ambrogio in Milano ed il sottostante sarcofago.
[Appunti d'itici]. — In Conversazioni della Domenica, di Milano,
N. 46 e 50, nov.-dicembro 1888.
Ambiveri prof. L, Il beato Pietro da Bergamo [fra Pietro da Mal-
dura]. — In L'Indicatore ecclesiastico ptacen^mo per l' anno 1888,
pag. 75-78.
Annuario della nobiltà italiana per il 1889 (Anno XI). — Pisa, Li-
breria Galileo, 1888, in-32, ili.
Tra le nuove famiglie lombarde introdotte in questo volume notansi: Ja-
cini di Milano, Macchi di Cremona, Spargella di Vigevano e Suardi di
Cremona.
Archivio storico dell'Arte. Anno I, 1888. — Roma, Pasqualucci.
N. 7 luglio: Yeniuri A. Lorenzo Costa [pittore. Nel 1507, cacciati i Ben-
tivoglio da Bologna, si ritirò alla Corte di Mantova a prendere il posto del
Mantegna]. — Lazio A. Disegni topografici e pitture del Bellini [pei mar-
chesi di Mantova]. — Venturi. Quadri di Lorenzo di Credi, di Antonio da
Crevalcore e di un discepolo del Francia [per Isabella Gonzaga d'Este]. — •
V. A. Per Gian Cristofora Romano.
N. 8 agosto : Venturi A. Leone Leoni incisore della zecca del duca di
Ferrara [prima di passare alla zecca imperiale di Milano]. — Lo stesso.
Due teste marmoree eseguite dallo scultore Alfonso Lombardi per il duca
di Mantova (1536). — Carotti Giulio. Cronaca artistica contemporanea [in
memoria del prof. Mongeri. — La facciata del palazzo Marino].
Archivio storico per la città e comuni del Circondario di Lodi.
Anno VII, disp. VII-IX. — Lodi, Tip. Quirico e Camagni, 1888.
Sommario : Porro sac. Giacomo Antonio. Continuazione della storia dio-
cesana [Monsig. Ludovico Taverna, 64" vescovo di Lodi]. — I duca Sforza
e la città di Lodi. — Memorie del capitano Fabio Denti. — S. Maria del
Bosco sotto Spino d'Adda. — Motta Emilio. Curiosità di storia lodigiana
dei secoli XV e XVL [Attestato di morte di Franchino Gaffurio. Cfr. Arch.
stor. lomb.j 1888, p. 897. — Un lodigiano che studia medicina all'Università
di Parigi, 1490. — Giovanni Battaggio da Lodi lavora alla chiesa di S. Mar-
cellino di Milano, 1490. — Un commissario delle biade impiccato, 1546]. —
Bologna e Lodi. — Serie cronologica dei Podestà di Lodi provata con do-
cumenti [Cont. Dal 1670 al 1687]. — Agnelli Giovanni. Cesare Sacco e sua
famiglia.
I
BOLLETTINO DI UIBLIOGRAFLV STORICA LOMBARDA. 1121
Arte e Storia. Giornale diretto da Guido Carocci. -^ Firenze, 1888,
Anno VII.
N. 22: Melarli Al/redo. Dalla Svizzera italiana: Mareggia, Bissone, Me-
lide, Campione, Carena. Lettere al Direttore, [cont. in N. 23 e 24].
N. 24 : G. C. La Certosa di Pavia. — Notizie : Milano.
N. 25 : Fornoni ing. Elia. Il cognome e la patria del Palma vecchio. —
Caffi M. Della Certosa di Pavia e di un' opera di Benedetto Ubriachi. —
Lo stesso. La famiglia dei Solari.
N. 26 : Clerici prof. G. La facciata del duomo di Milano. — CaXfi M.
Parma, ed alcuni artisti lombardi del Rinascimento. — Melane A. 11 capo-
stipite della famiglia Solari.
N. 27 : Melarti A. La facciata del duomo di Milano. I progetti nel con-
corso di 20 grado. — Lo stesso. Cristoforo di Domenico Lombardo, scultore
e architetto a Milano.
N. 28 : Melarli A. Le vòlte del duomo di Milano. — CaX/ì M. Il capo-
stipite dei Solari. — Frizioni G. Le opere di Gaudenzio Ferrari e le ripro-
duzioni fotografiche del cav. Ambrosetti.
N. 29: Melani A. L'esito del concorso di 2° grado (duomo di Milano). —
Fornoni Elia. La conservazione dei monumenti nella Provincia di Bergamo.
— Ca(/ì M. Cesare Correnti.
N. 30 : Ca/Ji M. Il Lombardino.
N. 31 : Melani A. La facciata del duomo di Milano. L'esclusione del
progetto Brade.
Axenfels Henri. Les grands peintres. Ecoles d'Italie. Les grands
déssinateurs : Léonard da Vincij^ Michel-Ange, Raphael, — Paris,
Lecène et Oudin, edit., 1888.
Barbier de Montault (monsg.') Les ostensoirs du trésor de Monza.
— In Régno de Jesus Christ, aprile 1888.
Barbiera Raffaello. Arte ed Amori (Profili lombardi). Milano,
Tip. Bortolo tti di G. Prato editrice, 1888, in-16, di pag. 341.
Barbiera Raffaello. Un teatro milanese che se ne va. — In Cor-
riere della sera,, ài Milano, N. 255 e 256, 15-17 sett. 1888.
Notizie storiche intomo al teatro della Canobbiana.
Barbiera R. Il conte Cicognara a Milano, — In Corriere della sera-,
di Milano, N. 287, 17 ottobre 1887.
A proposito del libro di V. Malamani : Memorie del conte Leopoldo Ci-
cognara, tratte dai documenti originali. — Venezia, Merlo, 1888.
1122 BIBLIOGRAFIA.
Barbiera R. Cronaca letteraria lombarda. — In Rioista contempo-
ranea, di Firenze, fase. 7-9, luglio-settembre 1888.
Barbiera R. Tebaide Lariana. — In Illustrazione italiana, N. 40,
23 settembre 1888.
Barbieri Luigi. Crema artistica, [Biblioteca storica cremasca, voi. IV].
— Crema, Tip. G. Anselmi, 1888, in-16, pag. 98.
I. Cremaschi illustri nella pittura. II. Cremaschi illustri nell'arte dei suoni.
111. La musica in Crema. IV. Opere in musica state rappresentate sul teatro
di Crema.
Barbieri Luigi. Racconti patrii. — Crema, Tip. G. Anselmi, 1888,
in-16, pag. 108.
Biblioteca storica cremasca, N. 5.
Barelli can. Vincenzo. Monumenti comaschi. Parto I. La Cattedrale
di Como. Dispense I e II ; Parte II, Altri monumenti, disp; III.
— Como, A. Fustinoni edit., 1888, in-fol., con 10 tavole.
Baumgarten. Geschichte Karl's V. Bd. II. 2t'\ Halfte. — Stuttgart,
Cotta, 1888, pag. VIII-335, in-8.
[Bellintani]. Biografia e bibliografia del P. Mattia da Salò cappuc-
cino, pel P. Valdimiro da Bergamo, Capp. — Nuove notizie sul
padre Mattia Bellintani da Salò. — In Miscellanea Francescana,
di Foligno, voi. III, fase. I-III, 1888.
Beloch Giulio. La popolazione d'Italia nei secoli XVI, XVII e XVIII,
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tom. Ili, fase. I, 1888.
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Beltrami arcb. L. Il cimitero monumentale di Milano : guida arti-
stica illustrata con note. — Milano, Stab. V. Turati, 1889, in-16,
di pag. 31, con 54 tavole.
Beltrami arcb. Luca. Elementi architettonici e decorativi comj
nenti la facciata del duomo di Milano secondo il progetto de
r arch. Luca Beltrami. — Milano , Tip. A. Colombo e A. Cor-
dani , 1888, in-4, pag. 24.
BOLLETTINO DI BIBLIOGUAFIA STORICA LOMBARDA. 1123
Beltrami arci). Luca. Per la storia della navigazione nel territorio
milanese : manoscritti e documenti donati alla biblioteca Ambro-
siana. — Milano, Tip. A. Colombo e A. Cordani , 1888, in-8
fig., pag. 77.
Benvenuti-Sferza F. Dizionario biografico cremasco. Fase. IV-V
[sino a Vimercali Lodovico IV]. — Crema, Tip. C. Cazzamalli, 1888.
Berenzi sac. Angelo. Storia di Pontevico. — Cremona, Manini, 1888,
in-8 , pag. XVI-560, con fotogr.
Bergamo. — Vedi Ambiocri, Arte e Storia, Fiorentini, Giuriato ,
Lampertico, Motta, Stiassny, Zerbini.
Bernasconi sac. Baldassare. Due lettere di Basilio Paravicino da
Como. — Como, Tip. Cavalieri e Bazzi, 1888, pag. 15, in-8.
Bertani Agostino. Biografia. — In Italia, a monthhj magatine, di
Roma, N. 7, 1888.
[Bertani]. Discorsi pronunciati per l' inaugurazione del monumento
ad Agostino Bertani, avvenuta in Milano il 3(T aprile 188?. —
Genova, Stab. tip.-lit. Pietro Martini, 1888, in-4 , pag. 27.
Cfr. anche Robiati Giuseppe. Agostino Bertani [a proposito dell' opera
della White Mario] nella Letteratura, di Torino. N. 18, 15 settembre 1888.
Bertoldi Alfonso. Dell'ode alla Musa di Giuseppe Parini. — Fi-
renze, Sansoni, 1880, pag. 52,~in-16.
Bertoldi A. Topografia del Veronese (secolo XV). — In Archioio
Veneto, fase. 70, 1888.
Si dà conto di un'antica Topografia del Veronese, che trovasi tra le carte
del R. Archivio dei Frari. Vi si comprende parte del Mantovano e do-
veva esservi anche un tratto del Bresciano, ma in questo lato la carta, su
pergamena, acquarellata a colori, è guasta Vi sono indicate le vie Verona-
Mantova, Verona-Ostiglia, Legnago-Mantova. La veduta di Mantova non è
intera , essendo qui guasta la pergamena ; vi sono disegnati i due Borghi :
Borgo de Porto, Borgo de Sorio S. Giorgio. Tutti i luoghi notati nella Carta
■sono disegnati prospetticamente. II Bertoldi ne dà il saggio riproducendo ii
:ìc-siraile della veduta di Verona.
Bertolotti A. Curiosità storiche mantovane. — Nel Mendico, di Man-
tova, anno VIII , 1888.
1124 BIBLIOGRAFIA.
N. 13: Imposizione di un lutto esagerato (1567).
N. 14: La corsa dei Barberi ed altri divertimenti in Mantova or sono
cento anni (1788).
N. 15: Il castello di Volta in rovina (1568).
N. 16: Il marchese di Mantova vuol dimagrare (1522\
N. 17: Rimedio contro la rabbia (1524).
N. 18: Baruffa tra Francesi ed Italiani sotto gli ordini del marchese Fran-
cesco Gonzaga e giudizio di questo sui primi (1503).
N. 19: Schiavi in Mantova nel secolo XVI (1543).
N. 20: Consulti medici per conto del marchese di Mantova (1501-1510).
N. 21: Il rettore di San Lorenzo di Ost'glia, dilapidatore della sua
Chiesa (1635).
N. 22 : Una sposa reclamante al marchese di Mantova contro il marito ,
perchè non compie gli obblighi matrimoniali (1490). — La marchesa Isa-
bella pranza a Redondesco (1517).
N. 23: Guerra di banchi in una chiesa di Viadana (1617). — Leoncini in
pietra nel castello di Viadana (1464).
N. 24: L'orologio di Goito (1523). — L'orologio di Marmirolo (1532).
Bertolotti A. Architetti, ingegneri, matematici, in relazione coi Gon-
zaga signori- di Mantova nei secoli XV, XVI e XVII. Ricerche
archivistiche mantovane. — In Giornale Ligustico, anno XV,
fase. IX-XII , settembre-dicembre 1888 (continua).
Bertolotti A. Lettres inédites de Marc-Antoine Muret et documents
le concernant. Transcrits aux Archives de Mantoue et de Rome.
— Limoges, impr. e libr. Limousine V.* H. Ducourtieux, 1888,
in-8 gr., pag. 16.
Con 9 lettere autografe del Muret , indirizzate da Roma e da Tivoli al
duca di Mantova ed al suo ambasciatore romano (1570-1580). Dal duca
aveva avuto commissione di comporre inni sacri , per cui rimunerato ge-
nerosamente.
Bertolotti A. Prigioni e prigionieri in Mantova, dal sec. XIII al XIX. —
In Rivibta delle discipline carcerarie, di Roma, fase. 3-6, 1888.
Bertolotti A. Muzio Manfredi e Giuseppe Passi , letterati in rela
zione col duca di Mantova. — Nel Buonarotti , di Roma , qus
derni IV e V, 1888.
Bertolotti A. Margherita Farnese e Vincenzo Gonzaga , sposi impc
tenti (1582-83). Nella Vita Letteraria, di Mantova, anno I, N.
l*' agosto 1888.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1125
Bertolotti A. Curiosità di Storia medica , Chirurgica , Farmaceutica
e Veterinaria raccolta negli Archivi di Roma e di Mantova. —
In Monitore dei farmacisti e dei veterinari, di Roma, N. 31, 3G,
39, 44, 45 e 50 (1888).
Notiamo per Mantova: Farmacisti alla corte di Mantova nel secolo XV
(1483). — Il duca d'Urbino impresta al marchese di Mantova un libro di
veterinaria (1525). — Anatomia veterinaria comparativa (1503). — Un libro
preziosissimo di veterinaria (1507). '— Il farmacista della corte di Mantova
(1510). — Un medico chinr.ico (1691). — Necroscopia di un cavallo, morto
di malattia strana nel secolo XV (N99\
Bertolotti A Varietà archivistiche e bibliografiche [dall'Arc/n'oto Man-
tocano']. — Nel Bibliofilo, di Bologna, anno IX, N. 6-7 e 10-11, 1888.
N. 6-7 : Iscrizioni antiche donate a Mario Equicola dal marchese di Man-
tova [stavano a piedi della rocca di Ostiglia, 1525]. — Imprestito di Com-
medie plautine tradotte, fatto dalla corte di Mantova (1504). — Opere del
poeta Postumo dedicate alla march, di Mantova (1513). — Passaporto ad un
precettore marchionale [M.ro Bartolomeo Benzene da li Orzinovi, precettore
lei figli di casa Gonzaga, nel 1514]. — Un mappamondo con nuove scoperte
ai terre per opera degli Spagnuoli (1514). — Musica stampata [mandata da
Gonzaga nel settembre 1514 al cantore Marchetto Cara veronese, che fu
lungamente al servizio della corte di Mantova]. — Un epitalamio di Ber-
nardo Tasso offerto al duca di Mantova (1532). — Un libro di falconeria
(1534). — Un'edizione giohtina (1557). — Un libro su Carlo V presentato
al duca di Mantova dall'autore [Gio. Maria Memmo, patrizio veneto, 1563J.
— Un libro di Rettorica ecclesiastica (1574). — Raccomandazione del duca
di Mantova per una cattedra nell' Università di Padova [a favore di Gio.
Paolo Branca, nel 1578]. — Un duca di Mantova compositor musicale [Gu-
glielmo Gonzaga, 1583]. — Desiderata relazione di uno scrittore italiano con
altro tedesco per giunte ad un' opera. [Di Antonio Beffa Negrini, autore di
un' opera sulla famiglia Castiglioni, col tedesco Schrader, 1596].
N. 10-11: Preparazione di un libro in carta pecorina (1501). — Libri
lesiderati dal marchese di Mantova (1521). — Provvista di hbri di astro-
ogia in Venezia (1522). — Una traduzione di Lelio Manfredi interrotta (1523).
— Altra lettera autografa di Girolamo Vida (1536), — Altra lettera di Muzio
I Wrolamo giustinopolitano (1538). — Corrispondenza di Pietro Galesini, mi-
inese, col duca di Mantova (1569, 73 e 81). — Uno scrittore di inni pel
luca di Mantova (1569).
Bertolotti A, Varietà storico gentilizie [dall'Archivio di Stato di Man-
tova]. — In Giornale Araldico, di Pisa, N. 2 e 5, agosto e no-
vembre 1888.
1126 BIBLIOGRAFIA.
Despoti greci spodestati dai Turchi (1481 , 1499 e 1507). — II duca di
Baviera manda regali al gran maestro di Rodi (1494). — 11 nobile Ermes
Visconti educato alla corte di Mantova (1499). — La nobile impresa del
Piombino (1500). — Onorifico attestato a favore del Connestabile Leone
Rozzo da Milano (1519). — Passalacqua della Pieve di Santo Stefano, detto
il Fiorentino, fatto cavaliere del marchese di Mantova (1524), — Un Alba-
nese creato cavaliere dal marchese di Mantova per valore dimostrato sui
campi di battaglia (1525). — Un Mantovano raccomandato per scudiere al
marchese del Guasto (1526). — La famiglia Fieramosca (1510). — Istruzione
all'inviato mantovano in Francia per riavere il Collare dell'Ordine di S. Mi-
chele perduto in guerra dal marchese di Mantova (1519) — Un Dalmata ed
un Bolognese fatti cavalieri dal duca di Mantova (1521).
Blennerhasset. Frau von Staél in Italien. — In Deutsche Rundschau,
agosto 1888.
Boissier (Gaston). Études d'histoire religieuse. IV. La convcrsion de
Saint Augustin. — In Reoue des deux mondcs, I, 1888.
Aggiungi per la biografia di S. Agostino : Mirbt Cari. Die Stellung Au-
gustins in der Publicistik des gregorianischen Kirchenstreits (Leipzig, Hin-
richs, 1888, pag. 113, in-8 gr.); Harnack Adolph. Augustins Confessionen.
Ein Vortrag (Giessen, Ricker, 1888, pag. 31, in-8 gr.) e Smith F, S. Tlie
papacy in the days of S.t Augustine [in Month , N. dell'agosto 1888J.
Boissier. Études d'histoire religieuse; 5'" article : l'affaire de l'aulcl
de la Victoire. — la Reoue des deux mondes, 1° luglio 1888.
Rivalità di S. Ambrogio e di Simmaco circa la soppressione dell' altare
della Vittoria a Roma per decreto di Graziano , fatto noto. 11 B. analizza
il discorso di Simmaco a Valentiniano e la risposta data alcun tempo dopo
da S. Ambrogio.
Boito C. La facciata del nostro Duomo. — In Aiti delV Accademia di
Belle Arti, di Milano, anno 1887.
Boito C. Relazione sui progetti per la Facciata del Duomo di Milano
agli onorevoli signori amministratori della Fabbrica del Duomo
di Milano. — Milano, Tip. Pirola, 1888, in-4 (pag. 5).
Boito C. Le oblazioni per la Fabbrica del Duomo di Milano ,
1386 al 1402. — In Nuooa Antologia, 1° dicembre 1888.
Bollati di Saint-Pierre F. E. Un inedito documento sulla battaglia
di Guastalla (1734). — In Atti della R. Accademia delle Sciei
di Torino, voi. XXIII, disp. II (1888).
BOLLETTINO DI BIBUOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1127
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zoiia, C. Colombi.
N. 5-11, maggio-novembre: Di Liebenau d.' T. I Sax signori e conti di
Mesocco [cent.] — Lo stesso. Progetto di una Università svizzera in Lu-
gano — Inimicizie tra Rusca e Muralto (secolo XV). — Rossetti I. I prevosti
di Biasca dal 1663 al 1883 e una lettera autografa di Stefano Franscini
— Curiosità di storia italiana del secolo XV tratta dagli archivi milanesi :
Il primo elefante in Milano. Serpenti e draghi nel Tevere nel 1476. Un pro-
verbio romano? Un epigramma in lode di Lodovico il Moro. Nave re-
galata alla duchessa di Savoja. Inondazioni di quattrocento anni fa in Italia
Prodezze degli Umiliati di Milano. — Fraschina prof. G. Alcune lettere di Gio-
condo Albertolli [cont. e fine]. — I documenti svizzeri del periodo Visconteo
nell'Archivio di Stato di Milano [fìnej. — Ancora dell'arcivescovo Fraschina —
L' architetto Aristotile da Bologna ai castelli di Bellinzona. — Liebenau d.*" T-
Un documento per l' ing. Pietro Morettini. — Dotta S. Ancora del padre
Oldelh — Sul giuramento repubblicano nel 1798 (Lettera inedita del vescovo
Tosi; — Un documento per la battaglia di Nancy (1477) — Gli Statuti di
Brissago (1289-1335) con aggiunte posteriori fino al 1470 — Le tipografie del
Cantone Ticino dal 1800 al 1859. Serie alfabetica delje loro edizioni [cont. da
Parravicini a Restelli]. — Varietà : Costruzione dell' organo di S. Antonio
in Lugano (1743); Superstizioni in Valle di Elenio; L'avvocato Reina era
Luganese ?.... : Litigi in V. Maggia ; Fra Gerardo da Bellinzona ; Ancora
cuochi della Valle di Blenio a Milano; Una famiglia distrutta dalla peste;
Vecchie osterie ; Sonetto per il quaresimalista di Brissago nel 1791 ; Frati
di Mendrisio e di Locamo morti a Milano ; Una lèttera del signor Lautrech ;
Le reliquie di S. Fulgenzio ; Due gridCL della 2* metà del secolo scorso ;
Bambina Vallesana comperata da Maria di Savoja ; L' introduzione del telc-
g.-afo nel C. Ticino ; Lapide dell' incisore Pietro Bettelini ; Tariffa daziaria
del 1759; Un Ruggia da Morcote mastro da muro sul lago d'Orta ?....;
Ancora di Altobello Piotto ; Iscrizioni commemoranti Ticinesi nel contado
di Chiavenna. — Cronaca — Pubblicazioni recenti.
Bonghi Ruggero. Horae subsecivae. — Napoli, Morano, 1888, ìn-lG.
A pag. 249-258 perchè Ugo Foscolo non finisse le Grazie.
Boralevi. I primi mesi del pontificato di Paolo IV [Medici di Milano] :
studio. — Livorno, Giusti, 1888, pag. 47, in-8.
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per la nuova facciata del Duomo di Milano. Con eliotipie. — Mi-
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Calisse prof. Carlo. Diritto ecclesiastico e diritto longobardo. —
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Camozzi G. B. Marco Furio Bibacolo : controversie e ricerche. — Ir
Rivista di fdologia e d'istruzione classica, di Torino, XVI, fase. 5-6,
novembre-dicembre 1887.
11 Bibacolo è noto per lo scherno d' Orazio (Satire, I, 10 v. 36-37 ; 5,
V. 39-41 [Orelli]). È insussistente che professasse umane lettere nello studi
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1129
»
pubblico fiorente in Cremona e vi avesse a discepolo Virgilio. [Rie. stor. ital.,
II, 1888, p. 374].
Canata p. Atanasio, d. s. p. Opere precedute da un breve cenno
della sua vita. [Volume I] : tragedie. — Torino, Tip. Salesiana ,
editrice, 1888, in-8, pag. Ivj, 405, con ritratto.
Severino Boezio, tragedia.
Ganetta Pietro. Cura della pellagra nell' ospedale maggiore di Mi-
lano [1771-1863]. — In Giornale della R. Società Italiana d'igiene,
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Canna prof. Giov. Giovanni Maria Bussedi, spigolature. Lettera 2*.
— In Rendiconti, del R. Istituto Lombardo, voi. XXI, fase. XIV,
5 luglio 1888.
Canna prof Giovanni. Di una recente critica dell' ode del Parini
La caduta. — In Rendiconti dell'Istituto Lombardo, serie II,
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Cantù C, Racconti alla buona. — Milano, ditta Giacomo Agnelli,
1888, png. 369, in-16, con ritratto.
Cantù C. Beniamino Franklin, biografìa, massime e consigli. — Siena,
Fratellanza tipografica, 1888, pag. 35, in-16.
Cantù C. Diarj di Marin Sanudo. — Iti-Archioio Veneto, fase. 7° (1888).
Riproduzione dell'articolo inserto neWArch. Stor. Lombardo, serie II.
fase. XVII (1888).
[Cantù]. G. M. C. Recensione delle Corrispondente dei Diplomatici
della Repubblica e del Regno d'Italia, 1796-1814, del Cantù. —
In Archivio Storico Italiano, dispensa 3*, 1888, pag. 390-393.
Con appunti.
[Cantù]. D. S. Sulla Storia Universale di C. Cantù, Il voi. Vili
della 10^ ediz. torinese. — In Rassegna Nadonale, fase. 16 set-
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dei Treves, N. 37, 2 settembre 1888.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 60
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mio Quirini-Stampalia per una « Storia documentata » del conte
Francesco di Carmagnola [relatori De Leva, Gloria e Morsolin].
— In Atti del R. Istituto Veneto di scienze e lettere, tomo VI,
serie VI, disp. VII, pag. 1007-1014.
Vincitore del concorso riuscì il dott. Antonio Battistella , prof, di storia
e geografìa nel Liceo Doria di Genova.
Carnevali avv. Luigi. L' eredità di Marcello Donati ed il Monto di
Pietà in Mantova, (Estr. dalla Ricista della Beneficenza pubblica,
anno XIV, fase, di maggio 1888). — Roma, Stab. tipografico
italiano, 1888, pag, 11, in-8
Carotti Giulio, Per la facciata del Duomo di Milano. — In Rassegna
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Carotti Giulio. Il Duomo di Milano e la sua facciata. Con illustra-
zioni. — Milano, Tip, Bortolotti di Giuseppe Prato editrice, 1888,
in-16, pag. 184,
Carpi Daniele, Il Risorgimento italiano. Biografie storico-politiche di
illustri italiani contemporanei. Voi, IV, fase. 39 e 40 (fine). —
Milano, ditta Vallardi, 1888, in-8.
Biografìe di Bava generale Eusebio (pec Mariotti T.), Achille Mauri (por
Luigi Breganze\ e Benedetto CairoU (per Leone Carpi),
Castelfranco P. Ripostiglio della Cascina Ranza , fuori di Porta Ti-
cinese (Milano). Con tav. — In Bullettino di Paletnologia ita-
liana, anno XI, N. 9 e 10 (1888;^
A pag. 194 del medesimo fascicolo: Tombe del tipo di Golasecca, nei
Novarese.
Castelfranco. Les villages lacustres et palustres et les terremares
(cont). — In Recue d' anthropologie, di Parigi, N. 5, 1887.
A pag. 567 e seguenti , per le palafitte del lago di Varese.
Castelfranco prof. Pompeo. Nuove scoperte di antichità in Milan(
Note, — In Notizie degli seam, maggio 1888, pag. 269-70.
Cavriani mons. Corradino. Vita della b. Osanna Andreasi di Man-
tova , del terz' ordine domenicano , aggiuntovi alcuni scritti della
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1131
beata stessa. — Monza , Tip. dei Paolini di Luigi Annoni e C,
1888, in-16, pag. 224.
Collana di vite di santi, anno XXXVIII, disp. 226 (4* del 1888).
Ceretti don Felice. Un torneo ed altri spettacoli spagnuoli del se-
colo XVI, descritti da Pandolfo de' Pico della Mirandola in una
sua lettera inedita ad Isabella d' Este Gonzaga Marchesana di
Mantova. — Mirandola, Tip. Cagarelli, 1888, in-8. — Nozze
Ghirelli-Tosatti.
Estr. dall' Indicatore Mirandolese, N. 10, ottobre 1888. — Anche ripro-
dotto nel Giornale Araldico, di Pisa, N. 5, novembre 1888.
Cermenati Mario. La Valtellina ed i naturalisti : memoria bibliogra-
fica. Fase. Ili (Capitolo III : botanica). — Sondrio, Stab. tip. Emilio.
Quadrio, 1888, in-8, pag. 113-160.
Cerquetti A. Saggio degli errori di lezione dei « Promessi Sposi »
nelle ristampe dei Successori Le Monnier e di Edoardo Sonzogno.
— Osimo, Rossi, 1888, in-8, pag. 18.
Cesa-Bianchi ing. P. Alcune considerazioni unite ai progetti pre-
sentati al concorso di secondo grado per la nuova facciata del
Duomo di Milano. — Milano, Tip. Luigi di Giacomo Pirola, 1888,
in-4, pag. 18.
Cesa-Bianchi ing. P. Tipi e studi di monumenti ad illustrazione
della relazione unita ai progetti presentati al concorso di secondo
grado per la nuova facciata del Duomo di Milano. — Milano.
Tip.-lit. degli Ingegneri, 1888, in-4, con cinque tavole.
Chilesotti dott. O. Francesco Corbetta [suonatore di chitarra. Pavese,
nato nel 1630]. — In Ga^.^etta Musicale, del Ricordi, N. 43,
21 ottobre 1888.
Chinazzi. Il mendacio nella storia (appendice : Foscolo e Monti). —
In Giornale della Società di letture, di Genova, fase. 7-8, 1888.
^ Chirtani L. Scritti d' arte sul Duomo di Milano [di Beltrami , Bren-
tano e Garetti]. — In Illustrazione Italiana, N. 42, 7 ottobre 1888,
Del med. A. gli articoli « Sul secondo concorso mondiale per la facciata del
Duomo di Milano. Esposizione dei progetti », in Corriere della Sera, N. 260
1132 BIBLIOGRAFIA.
263 e 27J, 1888. — Aggiungi l'articolo di Carlo Arner «La facciata del
Duomo di Milano » in Conversazioni della Domenica, N. 42, 1888. Omet-
tonsi i molti cenni dei diversi giornali quotidiani di Milano e fuori.
Chroust d/ A. Untersuchungen ùber die Langobardischen Kònigs-
und Herzogs-Urkunden. — Graz, Universitàts Buchdruckerei, 1888,
in-8, pag. VI-212.
A proposito di studi di storia Longobarda , notiamo che nella raccolta
dei Geschichtsschreiber der deutschen Vorzeit è comparsa la seconda edi-
zione completa di Paolo Diacono, versione tedesca di R. Jacobi.
Cipolla Carlo. Intorno al panegirico di Ennodio per re Teodorico. —
Padova, Tip. G. B. Randi, 1888, pag. 18, in-8.
Estr. del voi. IV, dispensa 2* degli Atti e Memorie della R. Accademia di
scienze e lettere di Padova.
Claretta G. Illustrazione di sigilli inediti dei secoli XV e XVI. — 1
In Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, voi. XXlII^j
dispensa 6% 1888.
Cfr. il § IV: Il sigillo di Lodovico Tana gran Priore dì Lombardia (1580).
Cocchia E. La tomba di Virgilio. Contributo alla topografia dell' an-
tica città di Napoli. — In Archioio Storico Napoletano, anno XIII,
fase. Ili, 1888.
Colini Baldeschi L. Liudprando , vescovo di Cremona. — Giarre ,
Castorina, 1888, in-8, pag. 73.
Como e il .suo lago. Delle « Cento Città d'Italia», supplemento
mensile illustrato del Secolo, dispensa 2P, serie li. — Milano ,
E. Sonzogno, 25 settembre 1888, in-fol. ili., pag, 8.
Con articoli di C. Cantù.
[Como]. Prato S. Un conte populaire de Còme et un conte ture. — .
— In Reoue des tradìtions populaires, N. 11, 25 novembre 1887.
[Como]. Scavi a Centemero, Comune di Costa Masnaga, Provincia dij
Como. — In Notizie degli scaoi, di Roma, marzo 1888, pag. 173.|
Nota riportata in questo Archioio (fase. Ili, 1888, pag. 890).
[Como]. Cataloghi delle Biblioteche provinciali e comunali : Biblioteca
comunale di Como. — In Bollettino delle Pubblicasioni italiane^
di Firenze, N. 71, 15 dicembre 1888.
I
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1133
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Bernasconi, Castelfranco, Cermenati, Coolidge , Dùhi, Fagniez ,
Filippi , Frankcn , Guida , Heicrli , Liebenau , Matjer , Motta ,
Ochino, Pasolini, Poggi, Pauli, Piazzi, Richard, Boti, Valaer.
Conti A. L' esercito, da Custoza e San Martino a Legnano. — In
Rassegna Nazionale, di Firenze, 1** agosto 1888.
Coolidge W. A. B. (reverend). Articolo « Valtellina » , nell' ultimo
volume della Enctjclopaedia Britannica, 9* edizione, 1888.
Corno (Del) mons. Giuseppe. Tcobaldo Maria Visconti : racconto
biografico-storico del secolo XVII. — Milano , Tip. Eusebiana ,
1888, in-16, pag. 163, con ritratto.
Piccole letture francescane, 1" e 2° semestre 1888.
Correnti Cesare. Note storico -biografi che di Leonardo Carpi. Estratto
dall' opera 11 risorgimento Ualiano, di Leone Carpi, voi. IV. —
Milano, Ditta editrice dott. Francesco Vallardi , 1888, pag. 53,
in-8, con ritratto.
Correnti Cesare. Cenni biografici di L. S. — Milano, Tip. della
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Correnti Cesare. — In Nuoca Antologia, fase, del 16 ottobre 1888.
Correnti Cesare a Pavia per V. C. Estr. dal Patriotta del 12 ot-
tobre 1888. — Pavia, Stab. Marcili, 1888, pag. 8, in-8.
Correnti Cesare. Cesare Correnti poeta. — In Coneersazioni della
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tip. Edoardo Perino, 1888, in-8, pag. 16.
[Corrènti]. Pesci Ugo. Cesare Correnti. Con ritratto. — Barbiera
Raffaello. Cesare Correnti scrittore. — In Illustrazione Italiana,
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di Benedetto Lampridio, cremonese [pag. 107-109]; di Girolamo Vida [pag. 133"
143]; di Andrea Alciato [pag. 144-146]; di Elio Giulio Grotti, cremonese
[pag. 163-169]; di Basilio Zanchi, bergamasco [pag. 174-176] ; di Ippolito
Capilupi, mantovano [pag. 180-181] e di Gio. Matteo Toscani, nato in Milano
[pag. 189-191].
Costa Torquato. Studi sugli oggetti giudicati gallici, rinvenuti in al-
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Babia » in North Italy. — Is « Zaba-Frog » a Dialectal Italiau
Word ? — « Zaba-Frog » in the Dialect of Cremona. — « Zaba »
in the Dialect of Cremona. — « Babio-Babio » in North Italy. —
« Zaba ì» and « Satt » in the Dialect of Cremona. — In The Aca-
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CroUalanza G. B, (di). Dizionario storico-blasonico delle famiglie
nobili e notabili italiane. Volume II [L.-S.] — Pisa, presso la
direzione del Giornale Araldico, 1888, in-8 gr. a 2 col., pag. 570.
D'Ancona A. e Medin A. Rime storiche del secolo XV (Estratto
dal Ballettino delV Istituto storico italiano, N. 6). Rom.a , For-
zani e C, 1888, in-8, pag. 23.
È la tavola del Codice Marciano, it. ci. IX, 36, che contiene la raccolta
di rime politiche della fine del sec. XV compilata da Marin Sanudo. Di
questo Codice, già fatto conoscere dal Fulin [Marin Sanudo e la spedizione
di Carlo Vili in Italia] e dal Rossi [Poesie storiche, 1887], verrà data la
riproduzione nei volumi deW Istituto storico. Inutile avvertirne l'import.anza
per i tempi di L. il Moro.
De Gubernatis (A). Dictionnaire International des écrivains du joi
3-5 livraisons. — Florence , Louis Niccolai ódit., 1888.
Notiamo le biografie di : Beduschi Giovanni, prof., mantovano — Beltrami
Eugenio, matematico, cremonese — Beltrami Luca, architetto, milanese —
Bernasconi sac. Baldassare, di Torno — Berri Giovanni, giornalista, mila-
nese — Bertanza Giovanni, di Limone (E. di Garda) — Bertelli Giusepi
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1135
scrittore militare, di Brescia — Bertolini Francesco, storico, di Mantova —
Bertolotti Antonino — Bettonàgli Francesco, gesuita, di Bergamo — Bet-
toni-Cazzago conte F. di Brescia — Biaggi Gerolamo, critico musicale, di
Calcio (Bergamo) — Bignami ing. Enea, milanese — Bignami-Sormani
ing. Emilio, idem — Blraghi Emilio, pubblicista, di Merate — Bittanti Luigi,
fisico , cremonese — Bizzoni Achille , pubblicista , di Pavia — Bizzozero
Giulio, medico, di V^arese — Bodio Luigi, di Milano — Boito Arrigo e Ca-
millo — Bonatelli Francesco, filosofo, d' Iseo — Bonavino (Ausonio Franchi)
— Bonfadini Romualdo — Bonola Federico, pubblicista lombardo — Bono-
melli, vescovo di Cremona, bresciano — Bortolotti Ghedini Fanny — Bosia
sac. Giuseppe, milanese — Bottini Enrico, medico, di Stradella — Bram-
billa Giuseppe, letterato, di Como — Brigola Alfredo — Brioschi senatore
Francesco — Broglio umilio — Brugnatelli Tullio, chimico, pavese — Brusa
Emilio, giureconsulto, comasco — Buccellati abate Antonio, idem, di Mi-
lano — Buratti Carlo, scrittore, di Vimercate — Busnelli Bernardo, idem,
di Milano.
Caffi Michele — Cairo Gaetano , tipografo , di Codogno — Cajmi Carlo ,
letterato, milanese — - Calvi Felice — Cameroni Felice, critico, di Milano —
Camperio Manfredo — Cantoni Carlo e Giovanni — Cantù Cesare — Capo-
rali Enrico, filosofo, di Como — Cappelli Giuseppe, letterato, di Pavia —
Casorati Felice, matematico, idem — Casoretti Claudia, scrittrice lombarda
— Castellazzo Luigi, di Pavia — Castelli Dionigi, giureconsulto, di Cremona
— Castelnuovo e Castel vecchio (Leopoldo e Giulio Pullé) — Castoldi Ezio,
medico, di Milano — Cattaneo Cesare, giureconsulto, idem — ■ Cattaneo Gia-
como, medico, di Pavia — Cavallotti Felice — Celoria prof. Giovanni.
Del Cerro. Il Pctrarchino del Foscolo. — In Gazzetta Letteraria, di
Torino , N. 34 , 25 agosto 1888.
De Waal. Kleinere Mittheilungen. 2. Longobardische Gold und Sil-
berarbeiten. — In Roniische Quarfalschrift fùr christliche Al-
terthamskundc , I, 2-3, 1888.
Documents historiques relatifs à la Principauté de Monaco depuis le
quinzièrae siècle recueillis et publiés par ordre de S. A. S. Le
Prince Charles III par Gustave Saige. Tome I (1413-1496), — Mo-
naco, impr. du Gouvernement , 1888, in-4, pag. CCLXXIX-714.
Più di 150 documenti dell'Archivio di Stato milanese e riflettenti le rela-
zioni degli Sforza coi Grimaldi. Cfr. in proposito l'articolo Monaco di Ri-
eiera e i duchi di Milano , inserito nel precedente fascicolo di questo
'Archivio.
1136 BIBLIOGRAFIA.
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Italicn. XIII-XV. — In Neue Militarische Blàtter, luglio, agosto
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Deutung der schweizerischen Ortsnamen, — In Anzeiger fiir
Schweiserische Geschischte, di Berna, N. 4, 1888,
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Brade, Carotti, Cosa-Bianchi, Chirtani ^ Gatti, Kohtc , Metani,
Nardini.
Elenco dei benefattori degli ospedali Fatebenefratelli in Milano. —
Milano, Tip. A. Lombardi, 1888, pag, 135, in-8.
Fagniez G. Le pére Joseph et Richelieu. La préparation de la rup-
ture ouverte avec la maison d'Autriclie (1632-1635). — In Reoue
historiguo, settembre-ottobre 1888.
Cfr. il cap. C. Le projet de ligue italienne et le tratte de RieoU per le
notizie di Valtellina e di Mantova. In Italia il P. Giuseppe riusci ad una
alleanza offensiva della Savoja contro la casa d'Austria con promessa della
cessione del Milanese,
[Filelfo] Un nemico del Filelfo. — Nel giornale Zibaldone , di Fi-
renze , N, 6, 1888.
Lettera scritta da Camilla Mattei al duca d'Urbino in odio al Filelfo.
Filippi Giovanni. Documenti intorno alla guerra di Valtellina. — In
Ricista storica italiana, fase. Ili, 1888, pag. 656-59.
Tavola di 31 documenti valtellinesi del secolo XVII, non cosi importanti,
come li vuole l'editore, e contenuti in un Codice di proprietà dei librai Bocca,
ora vendibile presso i medesimi.
Fiorentini Lucio. Monografia della provincia di Bergamo. — Ber*
gamo, fratelli Bolis, 1888, in-4, pag. XLIII-288-209.
Cfr. il cap. VIII ed ultimo Scaci d' antichità e belle arti.
Foà Elena. Manzoni e Leopardi. — In Letture per le giocinetie ,
Firenze , voi. XI , fase. 1-2.
Foà Elena. Giovanni Berchet. — In Letture per le giovinette, fase. Vi
voi. XI, 15 novembre 1888.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1137
Forcella Vincenzo. Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici di Mi-
lano dal secolo Vili ai giorni nostri, raccolte da V. Forcella per
cura della Società storica lombarda. Volume I. — Milano, Tip.
Bortolotli , 1889 , in-8 gr, pag, XIX-515.
Foscolo Ugo. Dei Sepolcri. Carme con discorso e commento di Fran-
cesco Trevisan. 3^ edizione ritoccata ed accresciuta. — Verona ,
• D. Tedeschi, 1889, pag. VIII-193 , in-16.
^Foscolo]. Antona Traversi C. Due lettere inedite di U. Foscolo (Lon-
dra, 1827). — In Fanfulla della Domenica, N. 33, 1888.
Foscolo. Vedi Bonghi, China^^i, Grimassi, Lusignoli , Mani», Peri,
Pintacuda , To^^i , Winckels , Zernitz.
Fossati Claudio. Notizie intorno a Francesco Calsene di Salò e alla
sua famiglia , con note e documenti. — Brescia , Stab. tip. La
Sentinella, 1888, pag. 73, in-4.
Fournier prof, d/ August. Eine aratliche Handiungsreise nach Ita-
-lien im Jahre 1754. Ein neuer Beitrag zur Geschichte der oester-
reichischen Commercialpolitik. (Aus dem Archiv filr oesterrei-
chische Geschichte, Band LXXIII, I Hàlfte). — Wien, F. Tempsky,
1888, pag. 52, in-8.
Con interessanti e curiosi dettagli sulle industrie manifatturiere e sul
commercio della Lombardia austriaca. A pag. 30 per Pavia, a pag. 31 per
Milano, a pag. 32 per Cremona, a pag. 33 per Mantova.
Franken. Die Ràto-Romanen der schweizer Alpen. — In Neuphilolo-
gisches Centralhlatt , 2 Jahrg. N. 7 (1888).
Frìzzoni G. Deux tableaux de la jeunesse du Corrège à Milan. —
In La Chronique des arts , di Parigi, N. 10, 1888.
L'uno nel Museo municipale, l'altro nella casa Crespi.
Frizzoni G. Neuer Zuwachs zur Breragallerie und zum Museo Poldi-
Pezzoli in Mailand. — In Kunstchronik , N. 2, 18 ottobre 1888.
Gabotto Ferdinando. Una relazione sconosciuta di Angelo Poliziano
colla Corte di Milano. — In La Letteratura , di Torino , N. 23 ,
1° dicembre 1888.
1138 BIBLIOGRAFIA.
Gabotto F. Francesismo ed Antifrancesismo in due poeti del 400.
(Panfilo Sassi e Giorgio Alione). — In Rassegna Emiliana, N. v",
settembre 1888.
Aggiungi per la biografia dell'Alione e di Bassano da Mantova 1' altro
scritto del Gabotto in unione a D. Barella: La poesia macaronica e la
storia in Piemonte sulla fine del secolo XV (Torino, La Letteratura, 1888,
pag. 88, in-16).
Garibaldi. Memorias autobiogràficas , traducidas par Odón de Buen ,
Tomo I. — Madrid , M. Romero , in-8 , pag. 284.
Gatti Angelo. Per la facciata del Duomo di Milano. — Bologna,
Tip. L. Andreoli, 1888, in-8, pag. 19.
Gay Romildo. Casa nostra. Saggio di geografia locale. (Milano città,
comune, circondario, provincia, Lombardia). — Milano, Tip. Pi-
rola, 1888, pag. 104, in-8, con 6 tav.
Gebhardt Em. Un lettre italien à la Cour d'Espagne : Pierre Martyr
d'Anghera. — In Reoue polctique et liiièrairc, 4 agosto 1888.
Gebhardt O. (von). Ein Biicherfund in Bobbio. — In Centralblattjur
Bibliothekwesen , di Lipsia, N. 8 e 9-10, agosto-ottobre 1888,
pag. 343-362 e 383-431.
Scoperta del 1494 per opera di Giorgio Meruia. Importante pubblicazione.
Geiger Ludwig. Eine lateinische Rede uber die Schlacht bei Pa-
via 1525. — In Zeitschrift fur vergleichende Litteraturgeschichte
und Renaissance, N. Folge , voi. I, fase. 5-6 (Berlino, 1888).
Notizie sul ms. della Biblioteca nazionale di Parigi: Francisci Testae in
Victoriam Dici Caroli Quinti Caes. Aug. apud Ticinum patam Oratio.
Gentilucci Gaspare. Breve storia delle principali città dell' Italia
settentrionale e centrale. — Camerino , Tip. di Egidio Marchi ,
1888, pag. 34, in-8.
Gianandrea A. Della signorìa di Francesco Sforza nella Marca , se-
condo le memorie e i documenti dell'Archivio Fabrianese. — In
Archioio storico italiano, dispense 4^^ e 5*, 1888 (contìnua).
Gianetti Alessandro. Il castello di Monguzzo , ricerche storiche.
Milano, Frat. Dumolard , 1888, pag. 158, in-8.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 11317
Giornale di erudizione. Corrispondenza letteraria, artistica e scien-
tifica, raccolta da Filippo Orlando, voi. I, N. 11-14. — Firenze,
ottolire-novembrc 1888.
Un'accusa allo Spallanzani. [Domanda: Che c'è di vero sull'accusa data
a questo celebre naturalista, di avere rubato parecchi oggetti preziosi dal
Museo di Storia naturale in Pavia, per arricchirne il proprio? Risposta del
i rof. Corradi nel N. 13-1 4.J — Un traduttore di Byron. [Notizie intomo a
Giuseppe Niccolini, bresciano, 1789-1855]. — Tessier. Lodovico Domenichi
e la sua traduzione di Plinio.
Giudizi della stampa suU' opera : Girolamo Morone e i suoi tempi .
Studio storico del dott. Carlo Gioda, R. Provveditore agli studi
per la provincia di Torino. — Torino, Ditta G. B. Paravia e C,
1888, pag. 39, in-16.
Intendansi i giudizi laudatori , poiché quello dato dal nostro Archioio
(1888, pag, 148) non vi è riportato.
Giulietti C L'investitura feudale di Casteggio (15 settembre 1466).
Estr. dal numero unico del giornale 11 Pistornilc (Casteggio, 16 set-
tembre 1888). — Casteggio, Tip. Perca, pag. 2, in-fol.
Del med. A.: Chiesa e Confraternita di S. Sebastiano in Casteggio. Notizie
storiche. (Casteggio, Tip. L. Perca, 1887, pag. 64, in-16).
Giulietti C. Voghera oltre 100 anni fa. — Voghera Tip. Successori
G. Gatti, 1888, in-12, pag. 115.
Giuriate G. Memorie venete nei moriamenti di Roma. — In Archivio
veneto , fase. 70 (1888).
A pag. 324-326 il G. riferisce due iscrizioni sepolcrali, l' una per il canonico
Ceragioli, bergamasco (159t) e l'altra per Girolamo Muziano, bresciano (1592),
ritenuto quale fondatore dell'Accademia di S. Luca in Roma.
Crebbi prof. Ulisse. L' economia politica negli scrittori italiani del
secolo XVI-XVII. (Opera premiata al concorso Cossa). — Mi-
lano, U. Hoepli, 1880, in-8, pag. 390.
A pag. 257-269 rassegna degli scritti di G. A. Zerbi, Alessandro da Rho,
Ferrari Cantoni, Dugnani intorno al Banco di S. Ambrogio in Milano.
Golfo Sigismondo. Una cena a Mantova nel secolo XV : lettera «i
Benedetto Capilupi, [pubblicata da Attilio Porfiolt]. — Mantova ,
Stab. tip. Eredi Segna, 1888, in-8, pag. 20.
1140 BIBLIOGRAFIA.
Gonzaga. Numero straordinario della Flora del Mincio. Dedicato alla
memoria della marchesa Isabella d' Este Gonzaga. — Mantova ,
Stab. Segna, novembre 1888, pag. 16, in-fol. gr.
LomelUni Riccardo. Isabella Gonzaga. — PortioU Attilio. L' iscrizione
di Bartolomeo Gavazzi. — Simonattl Spinelli Elvira. Le donne celebri di
casa Gonzaga. — Teresina. Superstizioni mantovane.
[Gonzaga]. Famille de Gonzague. — In Internxèdiairc des chercheurs
et des eurieux, di Parigi, N. del 10 agosto 1888.
Govi prof. Gilberto. Come veramente si chiamasse il Vespucci, e se
dal nome di lui sia venuto quello del Nuovo mondo. Nota. — In
Atti dei Lincei, voi. IV, fase. 10, 18 novembre 1888.
A togliere ogni incertezza e a restituire al celebre navigatore il vero suo
nome (Amerigo) il G, pubblica una lettera del Vespucci scritta in Siviglia
il 30 dicembre 1492 a Corradolo Stanga, commissario del duca Sforza in
Genova, conservata nell'Archivio Gonzaga di Mantova.
Grabinski (Joseph). M. Depretis, — In La Reoue generale, di Bru-
xelles, maggio-luglio 1888.
Aggiungi: Speyer. Agostino Depretis, in Un$ere Zeit, H. 10 (1888).
Gràf dott. Fritz. La fondazione di Alessandria in relazione colla storia
della lega lombarda, tradotta dal tedesco dal prof. G. A. Bolishauser.
— Alessandria, Tip. lit. Chiari, Romano e Filippa, 1888, in-8,
pag. 132.
Cfr. inoltre : Osservazioni critiche sopra alcune recenti pubblicazioni in-
torno alla storia di Alessandria. — Alessandria, Tip. Sociale, diretta da
G. Panizza, 1888, in-8, pag. 37.
— Vedi Jachino.
Grimassi dott. G. Del pessimismo nell' « Ortis ». — E ancora del
pessimismo nell' « Ortis ». — In Emporio Pittoresco, di Milano,
N. 1245 e seg. e N. 1259 e prec, 1888.
Guardione F. Storia della letteratura italiana dal 1750 al 1850: libri
due. — Palermo, Tip. edit. Tempo, 1888, pag. XV-472, in-16,
Cfr. Libro 1° § 3 : Il Parini e la satira; Hbro IT § 1-9: Il regno italico,
V. Monti, U. Foscolo, Poeti minori, P. Giordani, Il 1815, Le questioni sulla
lingua , Le due scuole , Alessandro Manzoni e gli scrittori del romanze
storico.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1141
Guasti Antonio. Alcuni brevi di Clemente VII sulle ferite e la morte
di Giovanni de' Medici estratti dagli Archivi segreti del Vaticano.
— In Archteio storico Italiano, disp. 4" del 1888.
Giovanni delle Bande Nere moriva sulla fine del 1526 a Mantova. Il C.
riporta dei brevi di Clemente VII, taluno diretto al chirurgo ebreo iliramo,
mantovano, alle cui cure il Medici era stato affidato in Parma dopo la fe-
rita ricevuta da una palla d'archibugio in uno stinco, 4 giorni prima della
battaglia di Pavia.
Guida alpina della Provincia di Brescia compilata per cura della
sezione del Club Alpino Italiano. 2* edizione riveduta ed aumen-
tata. — Brescia, Libr. Malaguzzi, 1888.
Guida storico-descrittiva e itineraria dell'Ossola e sue adiacenze (Valli
d' Intra, Val Cannobina e Valle Maggia) compilata per incarico
della sezione di Domodossola del Club Alpino Italiano dai soci
Basetta, cap. G. G. e prof. E. Brusoni. Corredata da una cartina
topografica. — Domodossola, 1888, per cura degli autori. (Arona,
Tip. Brusa e Macchi), in- 16, pag. LXVII-240.
Heierli J. Zwei Gràberfelder im Kanton Tessin. — In An^ciger fOr
sehiceÌ2erischc Alterthumskunde, N. 3, luglio 1888.
Hermann. Maria Theresa als Gesetzgeberin. — Wien, Hoelder, 1888,
lachino dott. Giovanni. II libro della Croce, Studi ed analisi , con
Appendice intorno ad alcune leggende Alessandrine. — Ales-
sandria, Tip. Jacquemod, 1888, in-8, pag. 146.
Per la spiegazione della leggenda alessandrina La Regina Pedoca, storia
di un assedio fantastico che ricorda in alcuni particolari quello vero che
Alessandria ebbe a sostenere contro il Barbarossa, cfr. una nota di Arturo
Graf in Giornale Storico di Torino, fase. 34-35, pag 305, 1888.
Kohte Julius. Die Westfront des Domes in Mailand. Mit Abblgn. —
In Centralblatt fùr Bauoencaltung, N. 46-47, novembre 1888.
Kopp K. M. (rector) Maffeo Vegio , ein Humanist und Piidagoge
des 15. Jahrhunderts. [Programma della scuola secondaria di
Miinster, Canton Lucerna, 1887].
Kunz F. X. Die christliche Erziehung. Dargestellt im Aufti'age des
hlg. Karl Borromàus von Kardinal Silvio Antoniano. Aus dem
1142 BIBLIOGRAFIA.
Jtalienischen ubersetzt und mlt der Biographie des Verfassers
versehen. — Freiburg im Breisgau, Herdersche Verlagshandlung ,
1888, in-8 gr., pag. XVIII-446.
Forma il voi. P della Bibliotheìi der kathoUschen Pàdagogik , nella
([uale vedranno la luce, fra altre pubblicazioni italiane , (luelle di Maffeo
Veggio (De educatione fìliorum) e di Pier Paolo Vergerio (De ingenuis <
moribus).
Kunz major H. Von Montebello bis Solferino. — Berlin, Verlag von
Friedrich Luckhardt, 1888, in-8 gr., pag. 178.
Aggiungi: Solferino et San Martino [in Matinées Egpagnoles , 30 giu-
gno 1888] — Bersezio V. Battaglia di Novara, 23 marzo 1849 [in Fanfulla
della Domenica, N. 25, 1888] — Cenni. Combattimento di Curtatone 29
maggio 1848 [in Illustrazione Militare Italiana, N. 35, 1888] — e Sforna
Giovanni. Un 4nno di guerra del 48 [in Gazzetta Letteraria, di Torino,
N. 33, 1888].
Lackner Guil. De incursionibus a Gallis in Italiani factis. Quaestio
liistorica. Pars II. (Programma del Ginnasio di Gùmbinnen) ,
pag. 15, in-8, 1888.
La malattia del sicr Prevost. Romanz storich dal 1700. — Man-
tova, Tip. Giovannazzi Agostino, 1888, pag. 60, in-16.
La Mantia F. G. Edizioni e studi di Statuti Italiani nel secolo XI]
— In Rioista storica Italiana, fase. III, 1888.
Con accenni alle pubblicazioni fatte fino agli ultimi anni, di Statuti dell
Lombardia.
Lamenti storici dei secoli XIV, XV e XVI raccolti ed ordinati a
cura di A. Media e L. Frati. Volume secondo. — Bologna, Roi
magnoli Dall'Acqua, 1888, in-8 [Scelta di curiosità letterarie, eccr
N. 220].
A pag. 233 seg. e 323 seg. sono riportati i due Lamenti di Genova
1464 e del 1473, già editi da Acliille Neri [Atti della Società Ligure di
storia patria, voi. XIII, fase I e V] e tratti dai registri delle Missive du-
cali dell'Archivio di Stato milanese. Diretti ai duchi Francesco e Galeazzo
Maria Sforza.
Lamma Ernesto. Dante Alighieri e Giovanni Quirini. — In L'Atei
Veneto, serie XII, N. 1, luglio-agosto 1888.
BOLLETTINO DI BIBIIOORAFIA STORICA LOMBARDA. 1143
Studio critico sul codice O. Sup. 63 deìV Ambrosiana. Si discute l'auto-
rità di questo Codice, giù adoperato dal Muratori e dal Witte , negandosi
la supposta amicìzia fra Dante e il Quirìni.
Lampertico Fedele. La canzone di Giacomo Leopardi ad Angelo
Mai e la censura : cenni storici. — Vicenza, 1888, in-8, pag. XXIJ-26.
Per nozze Roi-Fogazzaro.
Lanapertico Fedele. Luigi Torelli. [Commemorazione letta all'Istituto
Veneto il 12 agosto 1888]. — In Rassegna nazionale, di Firenze,
1*^ dicembre 1888 e seg.
Anche in Atti del R. Istituto Veneto, tomo IV, serie VI, disp. 10.
Lanzirotti A. Guide pour visiter la Chartreuse de Pavie, monument
national. — Pavia, Marelli, 1888, in-16, fig., pag. 45.
L' ediz. italiana è del 1887. Cfr. Boll. Bibliogr., 1887, pag. 864.
Larchey Lorédan. Le cahiers du capitaine Coignet (1776-1859) pu-
bliés d' après le manuscrit originai , et illustrés par J. Le Blant.
— Paris, Hachette, 1887, in-4, avec 18 grandes planches en hélio-
gravure et 66 dessins intercalés dans le texte.
La pubblicazione interessa anche l'Alta Italia, il capitano Coignet avendo
fatto e raccontandoci qui la campagna d' Italia sotto Napoleone , generale
della repubblica.
[Leonardo da Vinci]. Das heil. Abeiìdmahl von Leonardo da Vinci.
— In AUgemcine etiangelisch-lutherische Kirchenseitung , N. 38-
.39, 1888.
La prima dispensa della nuova edizione economica delle Quellenschri/ten
fùr Kunstgeschichte uncl Kunsttechnik des Mittelalters unii der Renais-
sance, contiene il principio del Trattato della pittura del Da Vinci.
Leonardo da Vinci. Vedi Axenfels^ Muntz, Racaisson, Springer.
Léris (de). L'Italie du Nord. — Paris, maison Quantin , in-8, ili.
Lettere inedite di Melchiorre Cesarotti, di Madama di Stael, di Ip-
polito Pindemonte, di Ugo Foscolo e di Carlo Rosmini alla con-
tessa Massimiliana Cislago-Cicognara. — Venezia, Tip. dell'.-ìn-
cora, 1888, pag. 28, in-16.
Pubblicato da V. Malamani per nozze Bentivoglio-Hurtado.
1144 BIBLIOGRAFIA.
Liebenau d/ Th. (von) Die von Uri, Schwyz und Unterwalden ge-
meinschaftlich gepràgten Mùnzen. — In Bullctin de la Société
suisse de numisinatique, di Basilea, N. 8-9, 1888.
La parte principale del P oap. Ubersicht ùber die gemeinsame Munz-
gesehiehie der Urkantone con 1503-1610 è consacrata alle vicende della
zecca di Bellinzona, con nuove importanti informazioni. AH' articolo del
Liebenau il signor Alberto Sattler fa seguire un catalogo delle monete d'oro
e d' argento bellinzonesi, con 2 tavole.
Liebenau d.*" Th. (von). Dio Ursachen des Irniserkricges von 1478.
— In Archio des historischen Vereins des Kantons Beni, voi. XII,
fase. II, 1888.
Questo scritto intorno alle cause della guerra di Giornico nel 1478, seguita
tra gli Svizzeri ed i Milanesi , con la peggio di questi ultimi, è in buona
parte 1' originale tedesco di quanto il Liebenau già ebbe a pubblicare nel
Bollettino storico della Salsiera Italiana, anno I, 1879 « La battaglia di]
Giornico »; in più alcune notizie e l' interessante Memoriale intorno alle]
cause della suddetta guerra, innoltrato dalla Dieta Elvetica, dopo la vittori?
di Giornico, al re Luigi XI di Francia, mediatore della pace tra la Svizzera
e Milano.
[Lodi]. Il tempio di S, Maria Incoronata in Lodi. Con 4 iHustrazioniJ
— In Illustrazione Italiana, dei Treves, N. 35, 19 agosto 1888.J
Lodi. Vedi Agnelli, Archivio storico Lodigiano, Kopp, Riccardi.
Lusi^noli Alfredo, E ancora del pessimismo neir« Ortis ». — In E/n-
paria pittoresco, di Milano, N. 1250, agosto 1888.
Contro l'articolo del Grimassi che gli mosse, degli appunti,
Mabellini dottor Adolfo. Le varianti manzoniane. — Fano, Tip, del-]
V Ancora, 1888.
Mabellini Adolfo. I Promessi Sposi di A. Manzoni nelle due edizion^
del 1841 e 1875, — Firenze, Letture di famiglia , 1888.
Magno Carlo, Vincenzo Monti e Clarina Mosconi. (Con documenta
nuovi). — In Giornale Ligustico , fascicolo XI-XII , novembre-
dicembre 1888,
Maino [Giasone del]. Gabotto F. Lettera aperta al dottor Vittorio
Rossi, in La Letteratura, di Torino, N. 14, 15 luglio 1888. —
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1145
Rossi Vittorio. Per finirla. (Estr. dal giornale La Cronaca Rossa,
anno II, N. 16). Milano, 1888, pag. 14, in-8. — Gabotto F.
Onestà letteraria ! Seconda lettera aperta al dottor Vittorio Rossi.
— Pinerolo , Tip. Sociale, 1888, pag. 14, in-8.
Polemica a proposito della recensione del dottor Rossi del Giason del
Maino del Gabotto, pubblicata nel nostro Archivio, fase. II, 1888.
Manis Fanny. Foscolo e Pindemonte: riflessioni. — Lanciano, R. Ca-
rabba, tlp.-edit., 1888, pag. 47, in-16.
Mantova. Vedi Ademollo, Arte e Storia, Bertoldi, Bertolotti, Carne-
vali, Caoriani, Ceretti, Golfo, Gonzaga, Gooi, La malattia, Mas-
sini, Nolhac, Orsini, Orioli, Renier, Rivista numismatica, Robert,
Taszoli , Torre , Wagner.
I Manzoni]. Lo^^i C. Alessandro Manzoni a Federico Gonfalonieri. —
Saloeraglio /^.Ancora dell'autografo consolatorio di A. Manzoni
a F. Gonfalonieri (1836). — In II Bibliofilo, N. 8-9 e 10-11,1888.
Manzoni A. Il carme in morte di Carlo Imbonati, con note e raffronti
di Ugo Rosa. — Torino, Ditta G. B. Paravia, 1888, in-8, pag. 32.
[Manzoni]. G. Il cantico del genio (il Cinque Maggio). — In Rassegna
Pugliese, di Trani , N. 12-14, 28 giugno-10 luglio 1888.
Nel Leonardo da Vinci, di Milano (N. 23, 17 giugno 1888): Una visita
alla casa di A. Manzoni, di Cesare M. Travelli.
Manzoni. Vedi Cerquetti , Foà , Mabellini , MongiUo , Senigaglia ,
Vuillemin.
Marasco L. Saggio critico su la poesia pastorale italiana e specialmente
sul Tirsi di B. Castiglione. — Napoli, Tornese, 1888, pag. 24, in-8.
[MarchìondiJ. Renati prof. G. A. Brevi notizie intorno alla vita ed
alle opere di Paolo Marchiondi , dei chierici regolari somaschi ,
fondatore ed amministratore del pio Istituto dei figli discoli in
S. Maria della Pace in Milano. — Milano, Tip. pont. di S. Giu-
seppe, 1888, in-8, pag. 12.
Massini Carlo. Brevi cenni sulla vita di S. Luigi Gonzaga. — Gre
dera , Tip. S. Sebastiano Evangelisti , 1888 , pag. 28 , in-16. -
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114G BIBLIOGRAFIA.
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ballet and opora, from S.* Ambrose to Mozart. — London, Grevel
and C.^ 1888, in-4 , pag. .318, con ili.
[Mauri]. Notizie biografiche di Achille Mauri e programma dell' Isti-
tuto convitto maschile Achille Mauri in Saronno. — Milano, Ditta
Giacomo Agnelli, 1888, in-8 , pag. 16, con ritratto.
Mauro prof, C Minima. [Un sonetto rarissimo di A. Manzoni, 1802.
— Milano e i Milanesi giudicati da Ausonio. — Un'ottava inedita
di Carlo Porta]. — In Conversasioni della Domenica, di Milano,
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kunden , die Diozese Chur betreffend aus dem 13, 14, und 15
Jahrhundert. In den Registern des Vatikanisclien Archivs gesam-
melt. — In XVII Jahresbericht der hist. antiq, Gesellschaft , di
Coirà, 1888.
Dei 39 documenti, due riflettono il vescovo di Como, e cioè il 1° [papa
Gregorio IX scrive al vescovo di Como a proposito degli uccisori del ve-
scovo Bertoldo di Coirà, Perugia, 28 luglio 1235], ed il 26° [papa Gre-
gorio XI ordina al vescovo Federico di Coirà di imporre severamente ai
propri vassalli e sudditi, di non vietare l'importazione di vettovaglie in Chia-
venna, conquistata in nome della S. Sede, Avignone, 28 gennaio 1374] (1).
Melani Alfredo. Briefe aus Mailand. — In Blatte r fiir Architektur
und Kunsthandwerk , 1° novembre 1888, N. 13.
Vi si parla della facciata del duomo di Milano.
Melani A. Lettre d' Italie à la Costruction moderne. Le Concours
International pour la fagade du dòme de Milan. — In La Co-
struction moderne, 27 octobre 1888 , N. 3.
(1) Nel medesimo Ja/iresbericht a p. 26 è prodotta la parte di una lett^
di Giov. Angelo de Baldo, oratore milanese in Bormio, al duca L. il Me
(4 giugno 1499) e tolta dall'Archivio di Stato in Milano. Concerne la guerra -
di Svevia degli Svizzeri e la morte di Benedetto Fontana; serve d'aggiur
ai precedenti documenti , citati in questo Archicio. [Boll. Bibliogr., \i
p. 6lll.
erra^™
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1147
Mémoire du Département federai suisse des chemins de fer sur la
construction du chemin de fer du S.' Gothard. 2* et dernière livrài-
son. In-fol., pag. 61-290. — Zurich, Orell, Fussli et C.
Mengotti F. Lettera (Milano, 12 ottobre 1820) al cav. F. Maria
Franceschini di Udine. — Udine, Tip. Patria del Friuli, 1888,
pag. 13 , in-8.
Per nozze Alpago Novello- ValJuga.
[Milano]. Una splendida pagina della storia della beneficenza italiana.
La Congregazione di carità di Milano. — In Rioista della bene-
ficenza pubblica, di Roma, N. 9, settembre 1888.
Milano. Vedi Ambioeri, Barbiera, BeUranù, Bollettino storico, Canetta,
Castelfranco , Duomo, Elenco , Forcella , Frizioni , Gay, Gobbi ,
Ricordo , Rioista numismatica , Stiassny.
[Molinelli]. 11 aprile MDCCCLXXXVIII. Al professore Pietro Moli-
nelli, ufficiale dell'Ordine Mauriziano, R. Provveditore agli studi.
[Necrologie]. — Milano, Tip. Pirola , 1888, in-8 gr., pag. 46.
Mongillo (M.) Alessandro Manzoni. — In La Scuola Italiana , di
Napoli, N. 9, 25 febbraio 1888.
[Monza]. Modoetienses. Numero unico (settembre 1888) a scopo di
beneficenza, con scritti di Aguilhon, Pozzi, Colombo, Zerbi, Ta-
lamone, ecc., intorno alla storia monzese. — Monza, Tip. Paleari,
in-4, fig., pag. 24.
Monza. Vedi Barbier de Montault e Villoresi.
Morone Gerolamo. Vedi Giudici , Occella.
Motta E. Un omaggio di Mascheroni a Kosciuszko. — L' edizione
piacentina della Chirurgia di Guglielmo da Saliceto (1476). —
Nel Bibliofilo, di Bologna, N. 6-7, giugno-luglio 1888.
Invio , con dedica autografa in versi , della Geometrie du eoinpas , del
Mascheroni al Kosciuszko. II libro donato è ora nella Biblioteca di Soletta
(Svizzera) dove mori 1' eroe polacco. — Nel 2° art, si accerta , mercè un
documento dell'Archivio di Stato milanese , che 1' edizione piacentina della
Chirurgia del Saliceto venne compiuta dal Ferrati di Cremona,
1148 BIBLIOGRAFIA.
Motta E. Fra Gabriele da Barlassina , predicatore in Alessandria
nel 1451. In memoria del padre Gian Alfonso Oldelli. — In Mi-
scellanea Francescana, di Foligno, voi. Ili, fase. II, 1888,
Motta E. Documenti milanesi intorno a Paolo II e al card. Riario.
[I. Cicco Simonetta e papa Paolo II (1471), II. La morte del car-
dinale Riario (1474)]. — In Arcldmo della R. Società Romana
di Storia patria, voi, XI, fase. II, 1888.
Motta E. Spigolature d'archivio per la storia di Venezia nella seconda
metà del quattrocento. (Dall'Archivio di Stato milanese). In Ar-
chicio Veneto, fase. 71 (1888).
Motta E. Come rimanesse svizzero il Ticino nel 1798. — In Poli-
tisches Jahrbuch der Schweigerischen Eidgenossenschaft, di Berna,
voi. Ili, 1888, pag. 97 a 198.
Si mettono in nuova e più serena luce, alla stregua di nuovi documenti,
i maneggi dei Patrioti luganesi che tentavano l'unione di Lugano alla Re-
pubblica Cisalpina,
Motta E. Quando mori Gaudenzio Ferrari, — In Museo storico ed
artistico Valsesiano, di Varallo, serie IV, N. 1, novembre 1888.
Riproduzione della nota apparsa neìVArchii^io storico dell'Arte, di Roma
(N. 2, 1888), indi riportata nel nostro Archioio (fase. I, 1888).
Muntz E. La « Sainte Anne » de Léonard do Vinci. Con ili. — In
L'Art, N. 579.
Miintz E. Léonard de Vinci, sculpteur, et la statue equestre du due
Francois Sforza — In Reoue unioerselle illustrée, N. 1, 1888.
Muntz Eugène. Histoire de 1' art pendant la Renaissance. — Paris ,
Librairie Hachette, 1888, in-4, ili.
Pubblicazione di lusso a dispense , e in corso tuttora. E a notarsi il ca-
pitolo VII a pag. 175 e seguenti, (dispensa undecima): «La Lombardie.
Milan et les Sforza. Les ducs Francois et Galcas Marie. L' oeuvre du Dòme.
Pavie et la Chartreuse. Brescia, Lodi, Crémone, Cóme. La Suisse italienne.
Bergome et le Colleoni. Diffusion de 1' élément lombard dans la seconde
moitié du XV siècle». — Per la corte dei Gonzaga, cfr. pag. 151 e seg^
(dispensa decima).
Musica sacra. Serie I. — Lipsia, P. Brami, 1888, in-8 gr.
Contiene questa prima serie le Litanie lauretane di Giovanni Macchi, mi-
lanese, del secolo scorso.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STOHICA LOMBARDA. 1149
Nardini Despotti Mospignotti arch. A. Del Duon^o di Milano o
della sua nuova facciata. — In II Politecnico, di Milano, fase. 7,
8 e 9, agosto-settembre 1888 e seg. con tav.
Naue J. Eisemes Dolchmesser aus dem Gardasee. Mit Tafel. — In
Jahrhùcher des Vcrcins von Alterthumsfreunden ini Rheinlande,
fase. 85, 1888.
Nolhac (de) P. Lc^ corrospondents d'Aide Manuce : matériaux nou-
veaux d' histoire littéraire (1483-1514). — In Studi e documenti
di storia e diritto, di Roma, anno IV, fase. 2° e 3", aprile-set-
tembre 1888 [cont. e fine].
Pel precedente fascicolo cfr. Bollett. Bibliograflco^ 1888, pag. 177. Qui si
producono le lettere di Mario Equicola, al Manuzio, in data Mantova, 10
marzo e 15 giugno 1510 [cfr. pag. 239-240].
Novali F. Un Codice Milanese delle Laudi di Fra Jacopone. — In
Miscellanea Francescana, di Foligno, voi. Ili, fase. II, 1888.
Si tratta del Codice Braidense, Ad. IX, 2, del secolo XIV.
Nevati Francesco. Bartolomeo da Castel della Pieve grammatico e
rimatore trecentista. — In Giornale storico della letteratura ita-
liana, fase. 34-35, 1888.
Delle canzoni di B., prodotte dal Nevati, l' una in favore di Giovanni
Visconti d' Oleggio, signore di Bologna, è diretta ad un innominato possente
.signore, forse il conte Corrado di Landò, jl celebre venturiero tedesco mosso
ai danni dei Bolognesi — Pubblica poi il Novati due lettere , rinvenute in
un ms. della Comunale di Bergamo, una delle quali, notevole come quella
in cui Bartolomeo fa a Gabrio de Loschi giureconsulto parmense, vissuto a
quei giorni, il racconto delle avventure che gli erano capitate nel suo viaggio
di Lombardia. La seconda , meno importante , non è che un' esercitazione
rettorica ; Bartolomeo scrive al giureconsulto cremonese Tommaso Malombra
per manifestargli la sua sfiducia nelle cose mondane. È aggiunta la risposta
pel Malombra.
Occella P. Uno statista Milanese del secolo XVI [a proposito del
Girolamo Morone del Gioda], — In Rassegna Nazionale, 16 set-
tembre 1888.
Ochino 's Bernardino « Tragedie » und das Vatìcanische Concil. —
In Deuischer Mcrkur, XIX Jahrgang, (1888), N. 28.
1150 BIBLIOGRAFIA.
Orsini Felice e camplici. [Processi celebri illustrati]. — Milano , E.
Sonzogno edit., 1888, in-4, pag. 48, con fig.
Aggiungi : Zironi Enrico. Vita di Felice Orsini narrata al popolo. — Fi-
renze, Tip, A. Salani, 1888, pag. 144, in-16, con ritratto.
Oettingen (von) d"". Wolfgang. Ueber das Leben und die Werke
des Antonio Averlino gennaut Filarete. Eine Studie, — Leipzig ,
Verlag von E. A. Seemann, 1888 \_Beitràge sur Kunstgeschichto,
Neue Folge VI], pag. VII-68, in-8.
Studio critico intorno alla vita del celebre architetto fiorentino che lavorò
al castello ed all' ospedale maggiore di Milano introduttorio all' edizione a
stampa del suo inedito Trattato d'architettura, 1464, che comparirà nelle
Quellenschriften far Kunstgeschichte di Vienna.
[Oriani]. Planisferi o Astrolabi — Nel Bibliofilo , di Bologna, N, 6-7,
giugno-luglio 1888.
Nota autografa del famoso astronomo Barnaba Orianf intorno agli astro-
labi indirizzata da Brera li 23 aprile 1823 al prof. Gaetano Cattaneo custode
del Gabinetto numismatico di Milano. Autografo di proprietà del oav. Er-
cole Gnecchi.
Orioli dott. don Paolo. Il latcral sangue in correlazione alla storia
di Mantova. (Nella basilica dell'Alberti, di S. Andrea, il 10 mag-
gio 1888). — Mantova, Tip. Giovanazzi Agostino, 1888, in-8,
pag. 28.
Paglicci Brezzi dott. A. Le disgrazie di un povero medico del se-
colo XV. (Baldassare Cristiani, alla Corte di Milano). — In Con-
tiersasioni della Domenica, N. 28, 8 luglio 1888.
Le sue suppliche del 1471, anziché dirette a Bianca Maria Sforza, lo erana
alla duchessa Bona di Savoia, per la semplice ragione che la Bianca era
morta fin dall' ottobre 1468 !
Parini. Vedi Bertoldi, Canna, To^si.
Pasolini conte Pietro Desiderio. Spigolature [di Casa Savoia]. —
Imola, Galeati, 1888, in-12.
A pag. 29 leggesi un sonetto del duca di Savoia « Sopra 1' armi del Re
Cristianissimo per la ricuperatione della Valtellina » tolto da un codice della
Nazionale di Firenze (XVI secolo).
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1151
Passanisi Mario. Giovanni Berchet , con una lettera del fu senatore
G. Arrivabcne. — Torino, Fratelli Bocca, 1888, pag. 552, in-8.
— Vedi Foà.
Pastore A. Gerolamo Cardano e il primo grado di degenerazione del
sistema nervoso. — In Fanfulla della Domenica, N. 30, 22 lu-
glio 1888.
Pauli d'. C. Zwei Thonwirtel mit gallo-etruskischen Jnschriften. Mit
2 fig. — Nella rivista Antiqua , di Zurigo , N. 6-7 , giugno-lu-
glio 1888.
Oggetti di provenienza lombarda ed appartenenti alla collezione Forrer in
Strasburgo. Le iscrizioni gallo-etrusche appartengono all' alfabeto di Lugano,
secondo la divisione adottata dal Pauli.
[Pavia]. La Chartreuse de Pavie. — la L'Architecture, N 19, 1888.
Pavia. Vedi Arte e Storia, Canna, Chilesotti, Cipolla, Correnti, Geb-
hardt. Geiger, Giulietti, Grabinsky, Lansirotti, Rajna, Schmidt,
Zuradelli.
Percopo Erasmo. I sonetti del Pistoia. A proposito di una recente
pubblicazione. — In II Propugnatore, N. Serie, voi. I, fase. 2-3,
pag. 249-290.
Peri Severo. Foscolo e Pindemonte, studi e ricerche, con un* appen-
dice di lettere inedite e cose rare di scrittori illustri. — Milano,
D. Briola edit.. Tip. A. Guerra, 1888, in-16, di pag. VIII-256.
Perret P. M. Notes sur les acles de Francois I, conservés dans les
archi ves de Turin, Milan, Gòne.s, Florence, Modène et Mantoue.
— Paris, L. Picard, 1888, iii-8, pag. IV-58.
[Pestalozza]. Lettere del prof, don Alessandro Pestalozza al prof.
don Francesco Panceri, prof, di filosofia nel Seminario di Monza
[1849, 1850 e 1861]. — In Rosmini, 16 agosto 1888.
Petit E. La vie mondaine de Mignet. — Nel Liore , di Parigi , no-
vembre 1888.
Vi si parla e bene della principessa Cristina Belgiojoso Trivulzio.
[Piazzi]. Lettera inedita, al prof. Pompilio Pozzetti (Palermo, 2 marzo
1802). — In Indicatore Mirandclese, N. 6 , giugno 1888, pag. 47-48.
1152 BIBLIOGRAFIA.
In questa lettera, il celebre astronomo "Valtellinese discorre della Cerere
Ferdinandea da lui scoperta nel 1801.
Pintacuda. Secondo inno alle Grazie di U. Foscolo. — In Vita Let-
teraria, di Palermo, fase. 2-3, 1888.
Piumati A. La vita e le opere di Torquato Tasso, ad uso delle scuole
secondarie. — Torino, G. B, Paravia, 1888, pag. 154, in-16.
Platina B. The lives of the popes. from the time of our Saviour
Jesus Christ. Written originally in latin and translated into english,
edited by W. Benham. — London, Griffith and Farran, 1888.
[Plinio]. Mùller C. F. W. Kritische Bemerkungen zu Plinius naturalis.
historia [Programma del Johannes- Gi/mnasium di Brcslavia]. — •
Breslau, Grass, 1888, in-4, pag. 30.
Aggiungi : Suster G. Codici contenenti il panegirico di Plinio a Trajano
[in «Rivista di filologia» di Torino, fase. 11-12, 1888]; Lehmann Bruno:
Queestionum Plinianarum specimen. Dissert. (Kònigsberg, 1888, pag. 89, in-8) ;
Rabiet. Pline, N. H. 3, 34 [in « Revue de philologie » X , Il , I] ; Ess F
Quaestt. Plinian. dissertatio li (Leipzig, Fock, 1888); Hardy. A Bodleian
Ms. of Pliny's Lettres Vili, 8, § 3-18, § 11 and ad Trai. 1-40 [in < The
Journal of Philology. N. 33] e Morillot. De Plinii minoris eloquentia; Thèse
(Grenoble, Impr. Allier, pag. 97, in-8).
Poggi Cencio. (Arrigozzo). Curiosità Comasche — Como, Tip. del-
l'AraWo, 1888, in-16, pag. 123.
Forastieri a Corno — Vicende di Porta Sala — Due lettere del Cardinale
Gallio — Angherie di Roderigo de Arce — Il Baluardo di Porta Torre —
Le piene più famose del lago — Bosinada per la festa di casa Resta — La
fiera di S. Abbondio nei primi secoli — La medaglia dei dottori di Collegio.
[Studi di cose Comasche pubblicati per la maggior parte nel giornale L'A-
raldo di Como].
Poggi avv. Cencio. Nozze Comasche (Secolo XVI). Lettera di Luigi
Raimondi a monsignor Paolo Giovio, il giovane, vescovo di No-
cera (20 febbraio 1559). — Como, Tip. R. Longatti, 1888, in-12,
pag. 24. [Per nozze prof. E. Bertona].
Poggi avv. Cencio. Ad Alfredo Rasina celebrando la sua prima messa
(3 giugno 1888). — Como, Tip. Cavalieri e Bazzi, in-fol., pag. 2.
Pubblica un frammento di documento del febbraio 1515, tolto dall'Archivio
di Como. Dovrebbe concernere Torno.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA^ 1153
Prou Maurice. Elude sur les rclations politiques du pape Urbain V
avec les rois de Franco Jean II et Cliarles V (1302-1370). —
Paris, Vieweg, 1888, in-8, pag. 195, [Bibliothèquc de T Écolc des
hautes ùtudes, fase. 70].
Con documenti per le negoziazioni di Barnaba Visconti con il papa, grazie
all' intercessione di re Giovanni II di Francia.
Prudenzano Francesco. Novelle cavalleresche. — Quarta edizione.
Trani, V. Vecchi, Tip. edit., 1888, ìn-8, fig., pag. 383.
A titolo di bibliografia notiamo le novelle I. Un eroe o V onore d' Italia
[ Ubaldo padre di Bonifacio, marchese di Camerino, abbatte a Pavia 1* or-
goglio d' un formidabile Bavaro, e salva l'onore italiano, sec. IX], X. Il ca-
rtello di Valsassina [epoca delle crociate] e XVI. Un'eroina o Piemontesi e
^pagnuoli [episodio dell' assedio di Novara, sec. XVIII].
Rajna Pio. Mayno de' Mayneri e i primordi dell' Università di Pavia
— In Giornale storico della letteratura Italiana, fase. 33, 1888,
Raulich Italo. La prima guerra fra i Veneziani e Filippo Maria Vi-
sconti [continua]. — In Ricista storica Italiana, fase. Ili, 1888.
Ravaisson-Mollien Charles. Les manuscrits de Léonard de Vinci.
Troisième volume Manuscrits C. E. et K. de la Bibliothèque de
r Institut , contenant 474 fac-similés phototypiqucs , avec tran-
scriptions littérales, traductìons frangaises, avant-propos et tables
méthodiques. Gr. in-fol. — Paris, Maison Quantin, 1888, pag. 44,
in-fol.
Sono precedentemente comparsi i due volumi comprendenti i manoscritti
A. B. et D.
Ravaisson-MoUien (C) Pages autographes et apocryphes de Léonard
de Vinci. — Paris, [Nogeni le Rotrou impr. Daupeley Gouverneur]
1888, in-8, pag. 10 e tavola.
Regola delle confraternite dei disciplinati per decreto del concilio
provinciale secondo di Milano riformata , d' ordine di mons. ili.
rev. il cardinale arcivescovo Borromeo, — Tortona, Tip, ditta Rossi,
1888, pag. 34, in-lO.
Regolamento pel museo del Risorgimento Italiano. Approvato dalla
Giunta Municipale in seduta del 4 giugno 1888. — Milano, Ma-
nini, in-4, pag. 7.
1154 BIBLIOGRAFIA.
Renier R. Nuove notizie di Giovanni Sabadino degli Arienti. — In
Giornale storico di letteratura italiana, fase. 34-35 , (1888) ,
pag. 301-305.
Relazioni di Sabadino col vescovo di Mantova, Lodovico Gonzaga.
Riccardi Alessandro. Sommario di nuovi dati storico-geografici sulle
località e territori di S. Colombano al Lambro e vicinanze in ag-
giunta al volume : « Su S. Colombano e vicinanze ». — Lodi, Tip.
editrice Quirico e Camagni , 1888, in-8 gr., pag. 28.
Ricci Corrado e Bacchi della Lega A. Gynevera de le dare donne
di Jeanne Sabadino de li Arienti. — In-8. Bologna, Romagnoli Dal-
l'Acqua, 1888. [Scelta di curiosità, ecc., N. 223].
Libro scritto nel 1483 da Sabbadino per Ginevra, figlia di Alessandro
Sforza signore di Pesaro, moglie di Sante Bentivoglio, signore di Bologna,
e tutto in lode della virtù e del magnifico aspetto di lei, cose ambedue assai
esagerate. Tra le biografie delle donne celebri, regalate in quel libro, notiamo
quelle di Catterina Visconti , duchessa di Milano ; di Paola marchesa Gon-
zaga ; di Barbara di Brandeburgo, marchesa di Mantova; di Costanza Sforza
Gonzaga; di Ginevra, moglie del conte Brunoro da Gambara; di Bona Lom-
barda ; di Orsina Visconti Torelli ; di Bianca Maria Visconti , moglie di
Francesco Sforza; di Battista Sforza, duchessa di Urbino; di Elisa Sforza
da S. Severino ; e di Ippolita Sforza, duchessa di Calabria. — Aggiungonsi
alcune righe (pag. 398 e 402) per Beatrice, moglie di Tristano Sforza , Bona
di Savoia ed Isabella d'Aragona.
— Vedi Renier.
Richard. Còme : son lac et ses vallécs. — Zuricli-Còme , Meyer et
Zeller, cdit., 1888, pag. 68, iii-16 , con 12 incis. e carta.
Ricordo d' amicizia. Strenna per l' anno 1889. — Milano , Bontà
e Comp., in-16.
Gorini G. Donne italiane [Laura Visconti Ciceri; Paolina Grismondi (Lesl)ia
Cidonia)]. — Venosta Felice. Il primo brefotrofio (dell' arciprete Dateo). —
Lo stesso. Una scuola pei poveri nel secolo XV (Scuole Grassi. Articolo già
comparso nella defunta Raccolta Milanese del prof. G. Pagani). — Lo stesso.
La prima scuola festiva pei poveri (di Castellino da Castello).
Rivista italiana di numismatica diretta dal dottor Solone Ambrosoli.
Anno I, fase. Ili, 1888. — Milano, L. F. Cogliati , edit.
Studi economici sulle monete di Milano [Dizionario delle monete milanesi].
Dai mss. del conte Giovanni Mulazzani. — Tamassia Francesco. Di una
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1155
moneta inedita mantovana. — Gabinetto numismatico di Brera, [Si comunica
la lettera 15 giugno 1776 del conte Pietro Verri, in risposta a quella del
conte Giulini; lettera quest'ultima comparsa nelV Areh. stor. lomb , anno XIV,
lasc. IV, pag. 887].
Robert P. Ch. Le médailleiip Sperandio et les médaillons dont il est
Tauteur. — Paris, Journal des Aris, in-12 , pag. 2-1.
Robinson Mary. La femme de Ludovic le More. — In Recue poU-
tique et littéraire, 21 luglio 1888.
Rosmini A. Lettere inedite (1818-1830). — In Rosmini, 1° e 16 set-
tembre, 1° e 16 ottobre 1888.
Nel fascicolo l^ ottobre rilevare eziandio f articolo di F. Alessio : Ro-
smini preistorico.
Rosmini Antonio. — Nella Beilage, N. 276 della AUgemeine Zeitung,
di Monaco.
Per la caratteristica del filosofo roveretano aggiungiamo i seguenti scritti :
Mareotti. Politica di Rosmini, fin Gai3etta letteraria, di Torino, N. 25, 1888].
— Ferri. Rosmini e il Decreto del S. Uffizio. [In Ricista italiana di filo-
sofia, maggio-giugno 1888]. — Visintainer dott. Bernardino. V idea nei
sistemi filosofici di Hegel e Rosmini. [In Programma dell' I. R. Ginnasio
superiore di Rovereto, 1888] — Abbé Paquet. Rosmini et son système. [In
Canada Frangais, ottobre 1888]. — Didiot J. La fin du Rosminianisme.
[In Recue des scienees ecclesiastiques , maggio 1888]. — Rosmini und Fr.
X. Kraus noch einmal. [In Deutscher Merkur, 19 Jabrg., N. 29]. — Ro-
smini und die Jesuiten. [In Deutsche ecangelische Kirchenseitung , N. 32,
1888]. — Die Jrrthùmer in den Schriften Rosmini 's. [In Archic fur kathol.
Kirchenreeht, voi. 54, fase. V]. — Bonghi R. The condemnation of Rosmini 's
doctrines. [In T/ie Athenaeum, N. 3161, U
Rott Edouard. Inventaire sommaire des documents relatifs à l'histoire
de Suisse conservés dans les Arcliives et Bibliothèques de Paris.
3^ partie, 1648 à 1684. Publié par ordre du Haut Conseil federai
suisse , in-8 gr. — Berne , Impr. Collin S., 1888.
Dell'importanza del 2° volume di questo Incentario per la storia della
Valtellina a' tempi dei torbidi del 1600 discorse questo Arch. stor., anno 1886,
pag. 468. — In questo 3° volume è da annotarsi, pel medesimo argomento,
«la pag. 357 a 377 la rubrica: Négociations aux Ligues Grises en vue de
renouer les relations avec la France rompues depuis le traité de Milan de
1639 (1651-1677). — Cfr. altresì le pag. 657, 738 e seg., 742 e seg., 756 e
115G niBLlOGRAFIA.
seg. — A pag. 635 seg., 665-666 e 705 seg. elenco di alcuni documenti in
Parigi concernenti gli Svizzeri in Lombardia (1521-34).
Rotta p Paolo. Passeggiate storiche. Le chiese di Milano dalla loro
origine fino al secolo XVI. — In La Lega Lombarda, di Milano^
n. 30G, 313, 320, novembre 1888 [Edizione della festa, n. 45,
46 e 47] e proc.
Sabbadini Remigio. La critica del testo del De Officiis di Cicerone
e delle poesie pseudo-vergiliane secondo due nuovi Codici (della
Biblioteca Ambrosiana). Dissertazione letta il 16 novembre 1887
nella R. Università di Catania per l'inaugurazione dell'anno sco-
lastico 1887-88. — Catania, Tip. F. Calati, 1888, pag. G4 , in-8.
Sangiorgio prof. Gaetano. Recensione dell'opera di F. Calvi : Bianca
Maria Sforza, ecc. — In Rioista storica italiana, fase. Ili, 1888,
pag. 591-596.
Appunti in Recue cles questions historiques , fascicolo 1» ottobre 1888 ,
pag. 645-646.
[Saronno]. Gibity. Origini di Saronno. — Nel giornale Saronno, N. l"
(Num. di saggio, dei 2 settembre 1888). — Saronno, Tip. Volente.
Schmidt Ed. Die Visconti und ihre Bibliothek zu Pavia. — In Zeit-
schrift fiir Geschichte und Politik , N. 6 (1888).
Schoen Théodore. Genealogie de la famille milanaise De Martignoni,
composée d'après des documents. — In Giornale araldico-genea-
logico , di Pisa, anno XVI, n. 5, novembre 1888.
Senigaglia L. Relazioni di Goethe con Manzoni. — In Rioista con-
temporanea , fase. 7 e 8, luglio-agosto 1888 (fine).
[Sforza]. Liscio per il viso mandato a Caterina Sforza Riario. — In
.Zibaldone, di Firenze, N. 7, luglio 1888.
Ricetta mandata da Roma ai 15 marzo 1508 da una tal Anna, ebrea.
Sforza. Vedi Gebhardt, Gabotto, Gianandrca, Lamenti storici, Mùnfs,
Ricci , Robinson , Sangiorgio , Schmidt , Spinelli.
Soffredini. Tito Ricordi. — In Gassetta musicale, di Milano, N. 38,
16 settembre 1888.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1157
Solerti A. La prigione del Tasso a Ferrara. — In Gazzetta letteraria,
di Torino, N. 29, 21 luglio 1888.
Per lo studio sul Tasso aggiungi la nota del med. A, : Di una canzonetta
ricordata in due incatenature. — In Giornale storico, di Torino, fase. 34-35,
pag. 303-311 (1888). — Notiamo ancora Hoefer Ferd. Der Bau des Goe-
the 'schen Torquato Tasso. [Programma del Ginnasio di Seehausen , 1888 ,
pag. 20 , in-4].
Sorrentino-Albertini M. Vergilio e la sua Bucolica. — Catania ,
Gianotta, 1888, in-8 , pag. XXXI-458.
[Spallanzani]. Malatesta Baccio. Spigolature intorno a Lazzaro Spal-
lanzani.— Estr. dagli Studi letterari e morali, di Modena, T. II, 1888.
Notizie ed osservazioni sulla vita e gli studi dello Spallanzani, con alcune
sue lettere inedite. — Delle numerose pubblicazioni fatte nell'occasione delle
feste celebrate a Scandiano Emilia (ottobre 1888) in onore del celebre natu-
ralista, professore a Pavia, noteremo le più importanti in linea storica : Cam-
panini Naborre. Storia documentale del museo di Lazzaro Spallanzani (a
Reggio nell'Emilia). Bologna, Zanichelli. — Lo stesso. Lazzaro Spallanzani.
Viaggio in Oriente. Torino, Bona (con numerosi documenti e 6 tavole). —
Salimbeni conte Leonardo. Prodromo di uno studio da imprimersi sui lavori
scientifici di L. Spallanzani. Modena, Tip. Soliani. — Jona prof. Alfredo .
I^a collezione monumentale di L. Spallanzani classificata e ordinata secondo
lo stato della scienza alla fine del secolo XVIII ecc. Reggio Emilia , Tip.
degli Artigianelli. — Modena a Lazzaro Spallanzani (scritti di vari autori).
Modena, Namias. — Jona prof, A. Per la solenne inaugurazione del monu-
mento a L. Spallanzani in Scandiano. Reggio Emilia, Tip. degli Artigianelli.
— Cottafaci dottor Y. Due lettere inedite di L. Spallanzani dirette a G. B.
Contarelli, in L'Italia Centrale, 22 ottobre 1888. — Campanini Naborre.
L. Spallanzani, Voltaire e Federico il Grande, in Rassegna Emiliana, N. 7,
novembre 1888.
Spinelli A. G. Lettere a stampa di L. A. Muratori. — Roma , Tip.
Forzani e C, 1888, in-8 gr., pag. 114.
Forma il N. 5 del Ballettino dell'Istituto storico italiano. Lavoro pre-
paratorio alla pubblicazione di un completo Epistolario Muratoriano, a cui
attende il medesimo Spinelli.
Spinelli A. G. Poesie inedite di Galeotto del Carretto. (Estr. dal
1° voi. degli Atti e Memorie della Società storica savonese). —
Savona, Tip. D. Bertolotto e C, 1888, in-8 gr., pag. 65.
A pag, 29-35 due componimenti in lode di Lodovico il Moro.
1158 BIBLIOGRAFIA.
Springer A. Der neue Kupferstich nach Leonardo 's Abendmahl voti
R. Stang. — In Kunstchronik , di Lipsia, 1888, pag. 524 e seg.
Altro articolo sulla medesima incisione, di G. Galland , in Chronik fiir
rervielfàltlgende Kunst, 1888, N. 4.
Sterza. La ragioneria alla Biblioteca di Brera. — In Rimsta di ani-
ministrazione e contabilità, di Como, N. 8-9.
Stiassny R. Altdeutsche und Altniederlànder in oberitalienischen
Sammlungen. — In Repertorium fiir Kunsticissenschaft , XI ,
4 (1888).
Cap. I. Venezia; II, Padova, Cremona, Bergamo; III. Milano.
Strenna piacentina. Anno XV, 1889. — Piacenza, Tip. F. Solari di
Gregorio Tononi, in-16.
Tononi A. G. Memorie dei Piacentini in un poema del secolo XII recen-
temente scoperto. [La partecipazione dei Piacentini alla lotta dei Milanesi
contro il Barbarossa, secondo le Gesta di Federico I del Monaci]. — Na-
salli Giuseppe. Un antico Podestà di Borgonuovo. [Notizie pel Conte Bel-
trame Cristiani, governatore di Lombardia].
Tamassia G. Longobardi, Franchi e Chiesa romana fino a' tempi di
re Liutprando. — Bologna, Nicola Zanichelli, Tip. edit., 1888,
in-8, pag. 208.
1. Goti, Franchi e Chiesa romana. — 2. Prime relazioni longobardo-fran-
che. Il Papato e l'Impero. — 3. Spedizioni merovingie in Italia. — 4. Loro
esito finale. — 5. L'arianesimo longobardo. — 6. La conversione dei longo-
bardi e lo scisma dei tre capitoli. — 7. La legislazione cattolica longobarda. —
8. Stato e Chiesa nel regno longobardo.
I Tasso]. Gennari Aldo. La prigione del Tasso. — In La Letteratura,
di Torino, N. 16, 15 agosto 1888.
— Vedi Piumati e Solerti.
Tazzoli Enrico. Del congresso di Genova, 1846 : brani di un mano-
scritto inedito. — Bassano, Tip.-lit. Antonio Roberti, 1888, in-8,,
pag. 24. [Per laurea Fermo Zanoni].
Torre dottor Giovanni. I precursori di Merlin Coccai. [A proposito;
del libro dello Zannoni]. — In Conoersasioni della Domenica,,
N. 28, 8 luglio 1888,
BOLLETTINO D! BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA. 1159
Tozzi G. Toininaso. Parini , Alfieri , Foscolo (Confronti e ravvicina-
menti). — In Emporio pittoresco, di Milano, N. 1261 e seg.,
ottobre 1888.
Valaer Michael (d/ phil). Johann von Pianta. Ein Beitrag znr poli-
tischen Geschichte Rhfitiens im XVI Jahrhundert. — ZOrich ,
F. Schulthess, 1888, in-8 gr., pag. X-118.
Del Pianta, personaggio che interessa la Valtellina, cfr. quanto s'è detto
nell'antecedente fascicolo {Boll, bibl., 1888, pag. 429) a proposito dell' arti-
colo del Mayer.
[Verdi], t-esimple. Giuseppe Verdi. — In Vom Fcls zum Mecr^ fa-
.scicolo X (1887-88).
Villoresi p. Luigi Maria, Barnabita [di Monza, 1814-1883]. Cenni
biografici. — In Illustrazioni Cattoliche. Omaggio pel giubileo di
Leone XIII. Anno III, 1888 (Roma), pag. 298-300.
[Virgilio]. Quintavalle prof. Ferruccio. L'adulazione in Virgilio: con-
ferenza tenuta il giorno 29 gennaio 1888 nella sala della Società
filarmonica in Ascoli Piceno. — Mantova, Tip. di Bortoli Enrico,
1888, pag. 33 , in-8.
Annotiamo inoltre: Friedrich J. Die Didodramen des Dolce, Jodelle und
Marlove in ihrem Verhaltniss za einander und zu Vergil 's Aeneas. [Pro-
gramma della Studìenansialt di Kempten, 1888, pag. 60, in-8J. — Gehlen Joh.
De Juvenale Vergilii imitatore. [Diss. inaugurale di Erlangen, pag. 44, in-8].
— Giorgi. Frammento Vaticano delle Georgiche di Virgilio. L'Eneide di Vir-
gilio dal Codice Vaticano 3867. [In Archiolo Paleografico italiano, di Roma,
voi. II, fase, 2, 1888]. — Haeberlin. Quaestiones Vergilianae. [In Philologus,
N. Folge, 1,2]. — Jaconianni Luca. Il Caronte di Dante paragonato col
Caronte di Virgilio e con quello di un altro autore moderno. Saggio di studio
critico per le scuole, e facile ad essere capito anche da coloro che non co-
noscon il latino. (Firenze, Tip. deH'ylr^e della Stampa, 1888, in-8, pag. 30). —
B leppi prof. Ant. Lo scudo di Enea di Vergilio con alcuni riscontri con lo
scudo d'Achille di Omero e con quello d' Ercole d* Esiodo. Dissertazione.
(Reggio Calabria, 1888). — Rostagno H. Vergilius quae rom. esempla secutus
sit in Georgieis. (Firenze, Barbèra, 1888, pag. 115, in-16). — Serinerius P. I.
Ad VergiUi Aen. VI, 664. [In Mnemosyne , N, Serie, voi. XVI, par. IV].
Virgilio. Vedi Cocchia , Sabbadìni e Sorrentino.
VulUemin Charles. Manzoni, et son oeuvre comma patriota. — In Bi-
bliothèque unioerselle , di Losanna, luglio 1888.
1160
BIBLIOGRAFIA.
"Wagner. Studien zu einer Lehre von der Geheimschrift.
chioalische Zeitschrlft , 1887, XII.
Accenno alle opere di Abramo Colorai, un ebreo mantovano.
In Ar-
Winckels (de) F. G. Foscolo, Go3the e Mùller, — U. Foscolo, l'Ortis
ed il Werther. — In Coneersasioni della Domenica^ N. 28 e 47, 1888.
Wolfflin. Nachtràgliches zur Rettung Scipios am Tessin. — In Her-
mes , H. 3 (1888).
Nel precedente articolo (cfr. Boll., 1888, pag. 442) il Wolfflin proclamava
inesatta la notizia che Scipione dovesse la propria salvezza esclusivamente
al figlio. — Ora aggiunge che fu salvo per opera de' suoi schiavi. Compara
i passi relativi alla battaglia della Trebbia in Plinio (Hist. nat., 16, 14) ed in
Appiano (Hannib., 7) col combattimento al fiume Ticino.
Zaccovich Gaspare. Cesare Arici : della vita e delle opere,
dova, Stab. tip. Prosperini , 1888^ in-8 , pag. 48.
Per nozze Caratti-Rinaldini Arici.
Pa-
Zerbini Elia. Di Guidotto Prestinari (poeta bergamasco del XV secolo).
— In Giornale storico della letteratura italiana, fase. 33, 1888.
Zernitz prof. Antonio. Saggi di una biografìa di Ugo Foscolo, tratt
dalla sua corrispondenza epistolare. — Capodistria, Tip. Cobol é^
Priora, 1888, pag. 39, in-8.
Estr. dal Programma dell' I. R. Ginnasio superiore di Capodistria.
Zuradelli dott. Crisanto. Le torri di Pavia, con prefazione di Carlo
Magenta. — Pavia, Tip. Fratelli Fusi, 1888, in-8, pag. XV-252,
con sedici tavole.
1. Delle torri in generale. — 2. Delle torri di Pavia in particolare. —
3. Torre della città. — 4. Torri speciali artistiche, — 5. Campanili. — 6. Rias-
sunto conclusionale dell' opera.
ELENCO
dei Libri e Pubblicazioni giunte in dono alla Biblioteca sociale
dopo il lo Giugno 188S.
Alberti Gioachimo. Raccolta storica. Antichità di Bormio. — Pubblicazione
della Società Storica Comense. — Como, Ostinelli, 1888 (dono della So-
cietìi Storica Comense).
Ancona Amilcare. Il ripostiglio di S. Zeno in Verona, città. — Estratto dalla
Rie. Num., anno I, fase. II, 1888. — Milano, Cogliati, 1888 (d. dell'A.).
Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino , pubblicati dagli Accade-
mici Segretari delle due classi. — Voi. XXIII, Disp. 1-12, 1887-88. —
Torino, Loescher (cambio della S.).
Beltrami arch. Luca. Elementi architettonici e decorativi componenti la
Facciata del Duomo di Milano. — Milano, mdccclxxxvui, (d. dell'A.).
— — Il cimitero monumentale di Milano. Guida artistica illustrata. — Mi-
lano, Stabilimento V. Turati, 1889 (d. dell'A.).
Brambilla Camillo. Tremisse inedito al nome di Desiderio re dei Longo-
bardi. — Pavia, premiata Tipografia Fratelli Fusi, 1888 (d. dell'A.).
BuLLETTiNO della Commissione archeologica comunale di Roma. — Serie II
e III, 1881-88. — Roma, Tip. R. Acc. Lincei (cambio della S.).
Caffi M. — V. Cesarotti.
Calvi Felice. Versi. — Milano, Vallardi, 1888 (d. dell'A).
Cantò Cesare. Storia Universale. Decima edizione interamente riveduta
dall' autore e portata sino agli ultimi eventi. — Tomo VII. — Unione
tip.-ed. torinese, 1888 (d. dell'A.).
Carnevali avv. Luigi. Una pagina della Storia del Diritto penale. La tor-
tura a Mantova. — Estratto dagli Atti della i?. Acc. Virgiliana. —
Mantova, Mondovi, 1888 (d. dell'A.).
— — L' eredità di Marcello Donati ed il Monte di Pietà in Mantova. —
Estratto Rie della Ben. pubblica ^ ecc. Anno XIV, maggio, 1888. —
Roma, Stabilimento tip. ital. Perelii, 1888 (d. dell'A.).
Arch. Stor. Lomb. — Anno XV. 62
1162 ELENCO DEI LIBRI E PUBBLICAZIONI
Carotti Giulio. 11 Duomo di Milano e la sua Facciata. Con illustrazioni. —
Milano, Tip. Bortolotti di Giuseppe Prato, ed., 1888 (d. dell' Editore).
— — Passeggiate nella Magna Grecia, — Milano , Tip. Bortolotti di Giu-
seppe Prato, ed., 1888 (d. dell' Editore).
Carpi Leonardo. Cesare Correnti. Note storico-biografiche. — Estratto dal-
l' opera del Risorgimento Italiano j, Voi. IV. — Milano, Francesco Val-
lardi, 1888 (d. dell' A.).
Ces V Bianchi Paolo. Tipi e studi di monumenti ad illustrazione della relazione
unita ai progetti presentati al concorso di secondo grado per la nuova
Facciata del Duomo di Milano. — Milano, Saldini, 1888 (d. dell'A.).
— — Alcune considerazioni unite ai progetti presentati al concorso di se-
condo grado per la nuova Facciata del Duomo di Milano. — Milano ,
Pirola, 1888 (d. dell'A.).
Cesarotji Melchiorre. Poesia giocosa in dialetto padovano, inedita, pub-
blicata da Michele Caffi. — Venezia, Visentini, 1888 (d. del socio Caffi).
Chronica : Ignoti Monachi cisterciensis S. Marise de Ferrarla chronica et
Ryccardi de Sancto Germano chronica priora , repperit in codice ms.
bononiensi atque nunc primum edidit Augustus Gaudenzi adiectis ejus-
dum Ryccardi chronicis posterioribus ex editore Georgii Pertsii. — Nea-
poli, ex Regio Typographo Francisci Giannini & Fil. , Mdccclxxxviii (d.
della S. Napoletana di St. P.).
Comune di Milano. Regolamento pel Museo del Risorgimento italiano, appro-
vato dalla Giunta Municipale in seduta del 4 giugno 1888. — Atti mu-
nicipali, N. 40528-823, Pres. — Milano, Manini, 1888 (d. del Comune.).
Conti Augusto. Memoria documentata suU' operato dell' Associazione Na-
zionale di Soccorso ai Missionari cattolici italiani. Settembre, 1888. —
Firenze, Cellini, 1888 (d. dell' A.\
D'Ancona A. e Medin A. Rime storiche del secolo XV. — Estratto dal
Bulleit. dell' Ist. St. It., N. 6, — Roma, Forzani, 1888 (d. degli A.).
Davari Stefano. I Palazzi dell' antico Comune di Mantova e gli incendi
da essi subiti. — Estratto dagli Atti della R. Acc. Virgiliana. — Man-
tova, Mondovi, 1888 (d. dell'A.).
Deputazione di Storia Patria, Modena. Monumenti di Storia Patria delle
Provincie Modenesi, Voi. XV. Cronache Modenesi di Alessandro Tas-
soni, di Giovanni da Bassano e di Bonifazio Morano, pubblicate a cura
di L. Vischi, T. Sandonnini e O. Raselli. — Modena, Soc. Tip., 1888
(d. della D.).
Filippi Giovanni. L' arte dei Mercanti di Calimala in Firenze, ed il suo più
antico Statuto. — Torino, Bocca, 1889 (d. degli Editori).
Forcella Vincenzo. Iscrizioni delle Chiese e degli altri Edifici di Milano,
dal secolo Vili ai giorni nostri , raccolte da Vincenzo Forcella per
cura della Società Storica Lombarda. — Milano , Tip. Bortolotti di
Giuseppe Prato, editrice, 1889.
Fournier dott. AuGUST. Eine amtliche Handlungsreise nach Italien im
Jahre, 1754. — Ein neuer Beitrag zur Geschichte der òsterreichischen
commercialpolitik. — Wien, Terapsky, 1888 (d. dell'A.).
GIUNTE IN DONO ALLA BIBLIOTECA SOCIALE. 1163
GiODA dott. Carlo, Giudizi della stampa suU' opera Girolamo Morone t i
suoi tempi. Studio storico. — Torino, Paravia, 1888 (d. dell'A.).
Gnecchi Ercole. Documenti inediti della zecca di Correggio. — Estratto
Rie. It., N, 1-2. — Milano, Cogliati, 1888 (d. dell'A.).
Gnbcchi Francesco. Appunti di numismatica romana — Estratto Rie. It.
Num., N. 1-2. — Milano, Cogliati, 1888 (d. dell'A.).
GozzADim Giovanni. Inaugurazione del busto di Giovanni Gozzadini. — Bo-
logna, Azzoguidi, 1888.
Jachino Giovanni. Il libro della Croce. Studi ed analisi con appendice
intomo ad alcune Leggende alessandrine. — Alessandria, Tip. Jac-
quemod, 1888.
Jahrbuch. Fur Schweizerische Geschichte herausgegeben auf Veranstaltung,
der allgemeinen geschichtforschenden Gesellschaft der Schweiz. Drei-
zehuter Band. - Zùrich, S. Hòhr 1888 (cambio della Società^
LoERSCH Hugo. Zur Erinnerung an Alfred von Reumont. — Aachen
Kaatzer, 1888 (d. dell'A).
Massarani Tullo. Lettres de Renan, Plon, Berthelot, Bardoux, Delaborde,
Claretie, Am, Roux, Duruy, J. Simon à M."" Tullo Massarani, précédées
d' une lettre du mème à M.' le Directeur de la Recue Internationale. —
Extrait de la Recue Int., Voi. XVIII-1 et 2. — Rome, Forzani, 1888
(d. dell'A.).
— — À mes amis de France. — Extrait de la Recue Int., Voi. XVII-6. —
Rome, Forzani, 1888 (d. dell'A.).
*- — Sulla conservazione dei monumenti e degli oggetti d' arte e d' anti-
chità (Parole dette in Senato da T. Massarani e da altri oratori). —
Roma, Forzani, 1888 (d. dell'A.).
Cipro antica e moderna. — Estratto dalla N. Antologia, III-xiv. —
— Roma, Stab, del Fibreno, 1888 (d. dell'A.).
Medin a. Frammento di Serventese in lòde di Cangrande I della Scala. —
— Estratto àdiìVArch. Veneto, Tomo XXXV, Parte II. — Venezia, 1888
(d. dell'A).
MisEROCGHi Tito. La provincia di Ravenna. Nozioni topograflco-storiche. —
Milano, Paravia, 1888 (d. dell'A.),
— — Città e Comune di Ravenna. Nozioni topograflco-storiche. — Milano,
Paravia, 1888 (d. dell'A.).
MoLiNARi Dott. Francesco. Statuti della terra del comune della Mirandola
e della Corte di Quarantola, riformati nel MCCCLXXXVI, voltati dal
latino nell'italiana favella. — Mirandola, Cagarelli, 1888 (d. dell'A.).
Motta Emilio. Spigolature d' Archivio per la Storia di Venezia nella se-
conda metà del quattrocento. ( Dall'Arc/ifcio di Stato Milanese). —
Estratto Arch. Veneto, XXXVI-1. — Venezia, 1888 (d. dell'A.).
Documenti milanesi intomo a Paolo II e al Cardinale Riario. —
Roma, S. St. p. Romana, 1888.
— — Gli Zecchieri di Milano nel 1479. — Estratto dalla Rie It. Num., 1-2. —
Milano, Cogliati, 1888 (d. dell'A.).
1164 ELENCO DEI LIBRI E PUBBLICAZIONI GIUNTE IN DONO, ECC.
Motta Emilio. Il tipografo Dionigi da Parravicino a Cremona. — Estratto
dal periodico della Soc. Comense, VI, — Como, Ostinelli, 1888 (d. dell'A.)
Municipio di Milano. Atti del Municipio di Milano , annata 1887-88. —
Milano, 1888 (d, del M.).
— — Allegati. — V. sopra.
— — Dati statistici a corredo del resoconto dell' Amministrazione comu-
nale nel 1887. — Milano , Tip. Bernardoni di Rebeschini , 1888 (d. del
Municipio).
PusTERLA Gedeone. S. Nazario protovescovo di Capo d' Istria. — Memorie
storiche con note e cronologie. Seconda ediz. riv. e corr. - Capo d'Istria
Cobol e Priora, 1888 (d. dell'A.}.
Rapisardi Francesco. La guida del galantuomo. Seconda edizione corretta
e ampliata dall'A. — Firenze, Paravia, 1888 (d. dell'A,).
Rassegna Emiliana di storia, letteratura ed arte. Direttori G. Marradi e
A. Venturi. — Modena, 1888, fase. I-V (cambio della Società).
Riccardi Alessandro. Le località e territori di S. Colombano al Lambro, —
Pavia, Bizzoni, 1888 (d, dell'A.).
— — Sommario di nuovi dati storico-geografici sulle località e territori di
S. Colombano al Lambro e vicinanze. (In aggiunta al volume su S. Co-
lombano e vicinanze). — Lodi, Quirico e Camagni, 1888 (d. dell'A.).
Roberti Giuseppe. I primi anni della Compagnia Reale Sarda. — Estratto
dalla Rivista contemporanea. — Firenze, 1888 (d. dell'A.).
Rossi Luigi. Gli scrittori politici bolognesi. Contributo alla Storia univer-
sale della scienza politica. — Bologna, Soc. tip. già Compositori, 1888
(d. dell'A.).
Rossi Vittorio. Per finirla. — Milano, Tip. Galli e Raimondi, (d. dell'A. \
Sangiorgio Gaetano. Gli ambasciatori di Lodovico il Moro e Bianca Maria
in Germania. Recensione. — Torino, Bocca, 1888 (d. dell'A.).
Smithonian Institution. Annual Reporfc of the United States National Mu-
seum. Mi, 1885, Parte II. — Washinghton , Gov, Print. Off., 1886
(d. dell' Ist. Smith.).
Sommi Picenardi Guido. Esumazione e ricognizione delle ceneri dei Prin-
cipi Medicei, fatta nell'anno 1857. — Estratto dall'Are/i. St. It. , —
Firenze, Cellini, 1888 (d. dell'A.).
Statuti di Mirandola. — V. MoUnari.
Travali dott. Giuseppe. Un inventario di libri del secolo XV. — Palermo ,
Davy, 1888 (d. dell'A.).
ZiCARi Luigi. Il monumento ad Ugo Foscolo in Santa Croce. — Roma ,
Tip. Aldina, 1888.
Milano, 20 dicembre 1888.
Il Bibliotecario
Dott. Giulio Carotti.
INDICE
MEMORIE
PAG.
Sommi Picenardi Guido. Le Commende e i Commendatori di
S. Giovanni di Cremona e di S. Giovanni di Persichello 5
Intra Gio. Battista. Il Castello di Goito 23
C, C. Diarj di Marin Sanudo 49
Calvi Felice. Il poeta Giambattista Martelli e le battaglie fra
classici e romantici 69
Frati Lodovico. La contesa fra Matteo Visconti e Papa Gio-
vanni XXII secondo i documenti dell'Archivio Vaticano . 241
Bertolotti Antonio. Le Arti minori alla Corte di Mantova nei
secoli XV, XVI e XVII Pag. 259, 491, 980
Cantù Cesare. Gli Sforza e Carlo VIII 319
Caffi Michele. L' antica Badia di S. Celso in Milano .... 350
Intra Gio. Battista. La Reggia Mantovana sotto la prima do-
minazione austriaca 473
De Castro Giovanni. La Restaurazione Austriaca in Milano
(1814-1817) ....'. Pag. 591, 905
Rotta Paolo. Cenni storici illustrativi della Chiesetta di S. Na-
zaro Pietrasanta in Milano 1076
VARIETÀ :
NovATi Francesco. Di un Codice sforzesco di Falconeria . . 88
Motta Emilio. Suicidi nel quattrocento e nel cinquecento . . 96
Ghinzoni Pietro. Usi e costumi nuziali principeschi. Gerolamo
Riario e Caterina Sforza (1473) 101
Feltrami Luca. Il pavimento del Duomo di Milano .... 112
Beltrami Luca. L'Arco dei Fabbri, antica Pusterla di Milano . 372
1166 I N' D I e E .
Pag.
Motta Emilio. Per la storia dei Fonditori di campane in Lom-
bardia 379
Monaco di Riviera e i Duchi di Milano 659
Frati Lodovico. Di alcuni Scolari milanesi all' Università di
Bologna nel 1564 665
Beltrami Luca. Francesco Maria Richino autore di un progetto
per la Facciata del Duomo di Milano, rimasto sconosciuto 670
Processo Romagnosi 678
Caffi Michele. Di alcuni Artisti Cremonesi e specialmente
maestri di legname nei secoli XV e XVI 1087
Beltrami Luca. La Torre del Filarete nella fronte del Castello
di Porta Giova verso la città 1098
BIBLIOGRAFIA :
TocLER A. Das Spruchgedicht des Girard Pateg. Aus den Ab-
handlungen der preuss. h. Akad. der Wiss. zu Berlin vom
Jahre 1886 (pag. 74, in-4). — F. N 116
BoDE Wilhelm. Italienische Bildhauer der Renaissance. — Stu-
dien zur Geschichte der Italienischen Plastik und Malerei
auf Grund der Bildwerke und Gemàlde in den k. Museen
zu Berlin. — Berlin, W. Spemann, 1887. ~ G. Garetti . 121
Belgioioso Emilio. Guida del Famedio nel Cimitero Monumen-
tale di Milano. — Milano, G. Galli, 1888. — B. Prina , 139
De Castro Giovanni. Milano nel settecento, giusta le poesie, le
caricature e altre testimonianze dei tempi. — Milano, Du-
molard, 1887. — B. Prina 143
Commentar] dell'Ateneo di Brescia. — Brescia, 1885. — C. . 146
LocHis C. Un Patrizio bergamasco conte palatino e colonnello.
— Bergamo, 1888. — C 147
GioDA C. Girolamo Morene e i suoi tempi. — Torino, 1887. — C. 148
Giovio Benedetto. Opere scelte. — Como, Ostinelli, 1887. — T. 149
Bernasconi Baldassare. Settanta documenti relativi a S. Fedele
in Como. — Como, Cavalieri e Bazzi , 1887. — T. . . 149
Barelli. Penna. — Como, Ostinelli, 1888. — T 149
Gnoli Domenico. Archivio storico dell'Arte. — Roma , Pasqua-
lucci, 18S8. — G. C. . 151
Gabotto F. Giason Del Maino e gli scandali universitari del
quattrocento. — Torino, 1888. — Vittorio Rossi . . . 382
Mazzi A. Studi Bergomensi. — Bergamo, Pagnoncelli, 1888. — C. 401^
Beretta L. e Belgrano L. T. Secondo Registro della Curia
Ai^civescovile di Genova. — Genova, 1887. — C. . . . 40c
INDICE, 1167
Pag.
Beltrami L. Aristotile da Bologna. — Milano, 1887. — C. . 403
Manuale della Provincia di Como. — Como, Ostinelli, 1888. — X, 404
Berenzi Angelo. Storia di Pontevico. — Cremona , Manini ,
1888. — X 406
LuMBRoso Giacomo. L' « Itinerarium » del Petrarca. — Roma,
1888. — E. M 407
Saviotti Alfredo. Pandolfo Collenuccio umanista pesarese del
secolo XV. — Pisa, Nistri, 1888. — E. M. . .' . . . 409
Calvi Felice. Bianca Maria Sforza Visconti, regina dei Romani
imperatrice germanica , e gli Ambasciatori di Lodovico il
Moro alla Corte Cesarea. — Milano, Vallardi , 1888. —
G. Garetti ' 411
La beneficenza e i benefattori della Congregazione di Carità di
Milano. — Milano, Civelli, 1888. — G. Garetti .... 413
Mariejol I. H. Un lettre italien à la cour d' Espagne (1488-
1526). — Pierre Martyr d'Anghera. — Paris, Hachette ,
1888. — E. M. . . (1) 881
Campori G. e Solerti A. Luigi, Lucrezia e Leonora d' Este. —
Torino, Loescher , 1888. — L. F 884
L\ Mantia. Cenni storici sulle fonti del diritto greco-romano ,
le Assise e Leggi dei Re di Sicilia. — Napoli, 1887 . . 887
Von Oettixgen Dott. Volpano. Ueber das Leben und die Werke
des Antonio Averlino gennant Filarete. — Leipzig, 1888. —
G. Garetti . 1107
Venturi Adolfo. Gian Cristoforo Romano. — Roma, 1888. —
G. Garetti 1110
Riccardi Alessandro. La località e territorio di San Colombano
al Lambro. — Pavia, 1888 1113
jAcmNo Giovanni. Il libro della Croce. — Alessandria, 1888 . 1115
ZoNGHi Mons. Aurelio. Repertorio dell' antico Archivio di Fano.
— Fano, 1888 IH?
Beltrami Arch. Luca. Per la storia della navigazione nel terri-
torio milanese. — Milano, 1888 1118
Divi Ludovici marchionis Mantuce Somnium. — Mantova, 1887.
— Una cena a Mantova nel secolo XV. — Mantova, 1888 1118
Bollettino di Bibliografia Storica Lobibard.\. — Dicembre 1887
al Dicembre 1888 Pag. 153, 415, 1119
(1) In luogo di 881 dovevasi stampare 681, che per errore tipografico, fu conti-
nuato sino alla fine del Volume.
1168 INDICE.
APPUNTI E NOTIZIE:
Archeologia — Museo artistico di Milano — Doni al Gabinetto numismatico —
Artisti Lombardi a Jesi — Giovanni di Maestro Ugolino da Milano — Data
della morte di Gaudenzio Ferrari e di Pellegrino Pellegrini — Tipografi
Lombardi a Perugia — Gena e rappresentazione data dal cardinale Gonzaga
— Per Bartolomeo Platina — Isabella d' Este marchesa di Mantova — Anna
Gonzaga e la Fronda — Manoscritti lombardi a Berlino — L' Archivio di
Stato Lombardo — Archivio Bertani — Società Storica di Savona — Le
Moyen àge — Concorsi a premi del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere.
Pag. 189
Museo archeologico di Milano — Medagliere di Casa Savoia donato alia città
di Milano — Le collezioni dei Medici — Un Medico bergamasco a Napoli
nel 1392, e Dentisti lombardi a Roma nel secolo scorso — Un Poeta cremo-
nese Cancelliere a Ragusa — Ancora della Famiglia Moroni — Statuti di
Milano — Documenti spagnuoli — Lettera di Ugo Foscolo — R. Deputazione
di Storia Patria per le antiche Provincie e la Lombardia — Quarto Con-
gresso storico italiano — Concorsi a premi — Necrologio. Pag. 444
Archeologia — Epigrafia — Il palazzo Botta-Adorno di Pavia — Un inventario
di libri del secolo XV — Attestato dì morte di Franchino Gaffurio — L' Ar-
chivio della Società Romana — Panfilo Castaldi — Munumento nazionale a
Cristoforo Colombo — Battaglia di Pavia , 1525 — Il Principe Eugenio di
Savola e il Governatore di Milano — Ugo Basseville — Dono alla Biblioteca
Ambrosiana — Il Padre Alfieri — Necrologio. Pag. 891
Necrologie. — Giuseppe Mongeri. — E. V. V 201
Francesco Galantine. — L. B 459
Atti della Società Storica Lombarda. — Elenco dei Soci . . 220
Adunanza Generale dell'otto gennaio 1888 224
Nuovo Statuto Organico 226
Adunanza Generale del 26 febbraio 1888 233
Relazione sull' operato della Società Storica Lombarda nel
1887 235
Adunanza Generale del 13 maggio 1888 463
Elenco dei libri e pubblicazioni giunte in dono alla Biblioteca
Sociale dal 15 dicembre 1887 al 15 dicembre 1888 . 465, 1161
Elenco dei libri legati alla Società Storica Lombarda dal defunto
prof. cav. Giuseppe Mongeri.
TìpograOa BorloloUi di Giuseppe Prato. Giovanni Brincia, responsabile.
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Archivio storioo lombardo
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