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Full text of "Atti"

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Ser,   2 
Voi.  10 
1907 


ATTI 


DELL 


ISTITUTO  BOTANICO 

DELL'UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 


REDATTI  DA 


GIOVANNI  BRIOSI 

Professore  di  Botanica  nell'Università  e  Direttore  della  Stazione 
DI  Botanica  Crittogamica. 


II  Serie 
Volx-ii-ne   Decimo 

Con  28  tavola  lilorjrafuie 
e  UH  ritrailo. 

Seguito  deWArchivio  Triennale 
del  Laboratorio  di  Botanica  Crittogamica. 


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MILANO 

TIPO-LIT.   REBESCHINI   DI   TURATI   E   C. 
1907. 


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J^n^^yU. 


ATTI 


DELL 


ISTITUTO  BOTANICO 


DELL'UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 


REDATTI    DA 


GIOVANNI  BRIOSI 

Professore  di  Botanica  nell'Università  e  Direttore  della  Stazione 
DI  Botanica  Crittogamica. 


II  Serie 

V  o  1 1^1  n"L  e   Deci  ni  o 

Con  28  tu  vale  litografate 
e  un  ritratto. 


Seguito  àf^W Archivio   Triennale 
del  Laboratorio  di  Botanica  Crittogamica. 


*>rAN)CAL 


AVIS 


Le  tome  IX  ne  peut  pas  encore  étre 
publié  selon  les  raisons  indiquées  dans  la 
préface  de  ce  volume. 


DELL 


ISTITUTO  BOTANICO 

DELL'UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 


REDATTI    DA 


GIOYANNI  BRIOSI 

PnOFESSOBE    DI    BOTANICA    NELL'UNIVERSITÀ    E    DIRETTORE    DELLA    STAZIONE 

DI  BoTANTCA  Crittogamica. 


II  Serie 

V  o  1 1.1  ni  e   Deci  m  o 

Con  28  tavole  Utorjrafate 
e  un  ritratto. 

Seguito  àiéW Archivio   Triennale 
del  Laboratorio  di  Botanica  Crittogamica. 


^  ^'••rANlCAL, 


MILANO 

TIPO-LIT.    REBESCHINI    DI   TURATI   E    C. 
1907. 


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PREFAZIONE  u^ku.> 


Jl  volume  nono  non  può  ancora  vedere  la  luce  causa  le  mancate 
resultanze  d'alcune  ricerche  per  uno  studio  in  corso,  del  quale  sono 
già  stampate  molte  tavole  litografiche  che  portando  l'indicazione  di 
volume  IX  non  si  possono  spostare.  Per  non  tener  più  a  lungo  sospese 
le  nostre  pubblicazioni,  ciò  che  complica  ed  intralcia,  faccio  al  volume 
nono  precedere  il  volume  decimo. 

Le  memorie  in  questo  contenute  sono  per  massima  parte  dell'anno 
1904;  due  sole  appartengono  al  1905,  ed  una,  l'ultima,  all'anno  in  corso. 

Questo  volume  peraltro  riflette  solo  una  parte  dell'operosità  dell'Isti- 
tuto Botanico,  negli  anni  1904-907,  poiché  altre  ricerche  furono  pure 
compiute  durante  questo  periodo  di  tempo  e  di  esse  anche  pubblicate 
le  memorie  relative,  che  verranno  inserite  nei  volumi  undecime  e  duo- 
decimo di  prossima  pubblicazione. 

Come  i  precedenti,  anche  il  volume  che  ora  presento  è  diviso  in 
due  parti:  la  prima  contiene  Note  e  Memorie  sopra  ricerche  originali; 
la  seconda  le  Rassegne  Crittogamiche  relative  egli  esami  di  malattie  di 
piante  fatti  in  servizio  di  enti  morali  e  di  privati,  italiani  e  stranieri, 
che  al  nostro  Laboratorio  si  rivolsero  con  lettere  e  campioni  per  co- 
noscere la  natura  di  mali  ed  averne  consiglio. 

Tanto  le  une  che  le  altre  riflettono  esclusivamente  ricerche  com- 
piute nel  nostro  Laboratorio,  e  vennero  rese  di  pubblica  ragione  per 
mezzo  di  Estratti  non  appena  ultimate,  conformemente  alla  data  indi- 
cata alla  fine  di  ciascuna  di  esse. 

Questo  volume  è  ornato  del  ritratto  di  Federico  Delpino. 

Dall'Istituto  Botanico  di  Paria,  Marzo  1907. 

Giovanni  Briosi. 


IN  RICORDO  DI  FEDERICO  DELFINO 


DI 

GIOVANNI   BRIOSI. 

Sotto  gli  auspici  di  un'immagine  caia*,  quella  del  prof.  Federico 
Delpino,  io  presento  al  pubblico  questo  volume  decimo  dei  lavori  del 
mio  Istituto. 

Lo  ebbi  amico  affettuosissimo,  l'ho  amato  come  fratello  e  l'animo 
mio  prova  ora  una  dolce  soddisfazione  nel  dedicargli  questi  nostri  la- 
vori, tenue  omaggio  della  molta  affezione  e  dell'alta  stima  che  a  lui 
mi  legavano. 

Pochi  studiosi  hanno  portato  un  contributo  cosi  grande  di  nuovi 
fatti  e  di  nuove  e  geniali  idee  in  diversi  rami  della  Botanica,  e  pochi 
ebbero  come  lui  tante  e  cosi  straordinarie  difficoltà  da  vincere  per 
riuscire  a  coltivare  gli  studi  prediletti. 

Per  molti  anni  costretto,  per  non  vivere  a  carico  della  famiglia, 
all'umile  ufficio  di  semplice  applicato  nell'Amministrazione  doganale, 
l'anima  sua  di  scienziato  provava  angoscie  inenairabili  "  nonostante  che 
rubando  il  tempo  al  sonno  ed  agli  svaghi  giovanili  riuscisse  fino  da 
allora  a  pubblicare  un  primo  lavoro  ^  che  "  permise  all'umile  impiegato 
"  delle  Dogane  di  prender  posto  accanto  a  Darwin  nello  scoprire  i  rap- 
"  porti  fra  piante  ed  animali  nel  compimento  della  funzione  vitale  „.  (Cav.^ka). 

Dopo  14  anni  arriva  a  liberarsi  dalle  occupazioni  burocratiche^  ma 
difi&coltà  d'altro  genere,  non  meno  penose,  lo  attendono. 

Nel  nostro  paese,  purtroppo  !  il  dedicarsi  alla  scienza  pura  signi- 
fica, quasi  sempre,  votare  sé  e  la  propria  famiglia  ad  una  vita  di  sa- 
crificio; e  tale  verità  il  Delpino  ha  provato  anche  in  maggior  misura 
di  molti  altri. 


'  È  ricavata  da  una  fotografia  avuta  da  lui  in  dono  nel  1879. 

■  Il  Borzì  riferisce  come  il  Delpino  di  suo  pugno  scrivesse  nel  1864  sulla 
copertina  di  un  esemplare  dell'opera  '  Ordiiies  naticrales  „  di  Bartling.  le  seguenti 
parole:  Natus  Clavari,  in  orientali  Liguria,  die  27  Decemhris  1833  ex  Henrico 
et  dilectissima  maire  Carota,  studium  vegetahilium  puer  meditaham  inconscius, 
adolescens  agyrediehar  ardentissime.  Sortes  adversae  me  ad  aliena  rapuerimt. 

"  Relazione  sull'apparecchio  delle  Asclepiadee,  1865. 


—    VI    

Contava  egli  più  di  45  anni  di  età,  molte  scoperte  aveva  fatte,  e 
tuttora  non  era  clie  professore  straordinario  nell'Università  di  Genova, 
allora  di  grado  secondario,  con  180U  lire  di  stipendio  annuo! 

Considerando  come  da  noi  viene  ricompensato  chi  si  dedica  agli 
studi,  direbbesi  quasi  che  l'Italia  nuova  non  sa,  o  non  ricorda,  che  la 
Scienza  è  una  forza,  forse  la  maggiore,  per  certo  la  più  sicura  e  fe- 
conda, di  tutte  le  forze  che  possa  nn  popolo  possedere. 

E  cosa  ben  triste,  e  che  forte  addolora,  vedere  come  il  nostro  paese 
non  si  curi  né  preoccupi  di  trarre  il  maggior  frutto  dall'ingegno,  del  quale 
è  sempre  così  ferace  questa  nostra  terra  italiana;  anzi,  come  alla  leg- 
gera, senza  accorgersene  forse,  continui  a  fai'  getto  di  tanta  jìarte  della 
propria  potenza  intellettuale,  cui  non  concede  i  mezzi  necessari  per  mani- 
festarsi. 

Ai  cultori  seri  degli  studi  infatti  talora  nemmeno  dà  pane  ed  agia- 
tezza sufficiente  per  vivere  senza  misere  preoccupazioni,  con  modesto  de- 
coro, e  quel  tanto  di  benessere  che  permette  e  feconda  il  lavoro. 

11  Delpino,  professore  straordinario  a  Genova,  nn  giorno  mi  scii- 
veva:  quando  m'alzo  al  mattino  mi  assale  il  pensiero  della  colazione  per 
la  mia  famiglia  e,  fatta  questa,  come  si  debba  provvedere  pel  desinare. 

Se  un  desiderio  sconfinato  di  sapere,  una  volontà  ferrea  ed  un 
amore  indicibile  per  la  scienza,  che  i  sacrifici  non  vede  e  non  conta, 
non  lo  avessero  animato  e  sorretto,  alla  nostra  Italia  sarebbe  mancato 
uno  degli  eletti,  sempre  ed  ovunque  molto  rari,  che  onorano  la  scienza 
e  contribuiscono  a  far  rispettato  un  popolo. 

Non  è  mia  intenzione  di  qui  i  laudare  la  vita  e  l'opera  sua,  non 
sarebbe  il  luogo  e  ne  mancherebbe  lo  spazio;  altri,  Borzì ',  Morini  ". 
Penzig  ',  Cavara  ■',  Comes  ■'',  Macchiati  '',  Piccioli  ',  ecc.  ne  hanno  fra  noi 


'  Antonino  Boezì.  Discorso  conntuiìtoratito  su  Federico  Deìjìino  letto  nctlii 
prima  (iiliniama  ilella  Riìifìtone  (iella  Soc.  Bot.  Itul.  il  2  Settembre  1905  (Nuovo 
Giornale  Botanico  Italiano,  nuova  serie,  voi.  XII). 

—     Commemorazione  del  socio  nazionale  Feilerico  Delpino.  Atti  della   lì. 
Accademia  dei  Lincei.  Novembre  l'J05. 

^  Fausto  Morini.  Commemorazione  letta  nell'utlitnanza  ilei  28  ìiiaijijio  1905 
della  R.  Accademia  delle  scienze  in  Bologna. 

'  Otto  Penzig.  Commemorazione  di  Federico  Delpino.  Malpigliia,  1905. 

■•  Fridiano  Cavara.  Fedii'ico  Deljiino,  nell'Annuario  dell' Università  di  Na- 
poli, 1905-90G. 

^  Luigi  Macchiati.  Cenno  hioijrafico  del  professor  Federico  Delpino.  Sa- 
vona, 1905. 

"  Orazio  Comes.  Federico  Delpino.  Parole  alla  L'.  Accademia  delle  Scienze 
fisiche  e  matematiche  di  Napoli,  —  Rendiconti,  19t5. 

'  Lodovico  Piccioli.  Federico  Delpino. 


—    VII    

parlato  con  intelletto  d'amore,  larga  competenza  ed  alto  sentire,  ed 
anche  sommi  stranieri  di  lui  dissero  con  sincera  e  profonda  ammi- 
razione. 

L'uomo  fu  un  vero  carattere;  buono,  affettuoso,  cortese,  integer- 
rimo fino  allo  scrupolo,  modesto  e  fiero  e  forte  ad  un  tempo,  fedele  ai 
propri  ideali  a  qualunque  costo,  ed  entusiasta  del  bello  e  del  buono 
senza  secondi  fini.  Lo  scienziato,  un  naturalista  filosofo,  lasciò  tali 
traccie  nella  scienza,  ed  il  pensiero  suo  ebbe  voli  d'aquila  così  alti  e 
poderosi,  specie  nella  Biologia  e  nella  Morfologia  e  sui  loro  rapporti, 
che  il  nome  suo  starà  sempi-e  come  torre  che  non  crolla. 

A  lui  spetta  l'onore  d'aver  istituito  un  nuovo  ramo  della  Botanica, 
la  Biologia  Vegetale,  clie  studia  gli  organi  e  le  funzioni  della  vita  esterna 
delle  piante,  cioè  le  relazioni,  le  armonie,  gli  adattamenti  che  esistono  fra 
(jli  organi  esteriori  delle  lìiaute  e  tra  gli  esseri  ed  agenti  della  natura.  E 
questo  concetto  biologico  inspirò  quasi  tutta  l'opera  del  Delpino  e  ne 
informò  per  cosi  dire  il  pensiero  di  tutta  la  vita. 

Lo  Sprengel  ^  invero,  iniziò  questi  studi  con  molte  e  belle  osser- 
vazioni date  alla  luce  nel  1793,  alle  quali  Carlo  Darwin  altre  e  geniali 
ne  aggiunse,  specie  sulle  conseguenze  della  fecondazione  incrociata  e 
dell'autogamia,  non  pertanto,  come  giustamente  dice  il  Ludwig,  la  fon- 
dazione della  Biologia  Vegetale  come  scienza  speciale  devesi  a  Federico 
Delpino  "  che  ne  formulò  il  concetto  e  delineò  il  programma  nel  classico 
lavoro:  Pensieri  sulla  Biologia  Vegetale,  sulla  Tassonomia,  sul  valore  tas- 
sonomico dei  caratteri  biologici,  ecc.,  pubblicato  nel  1867.  Tale  nuovo 
ramo  della  botanica  della  cui  vitalità  ancora  nel  1875  Ferdinando  Cohn 
dubitava  ^  sotto  il  potente  impulso  dello  scienziato  italiano  crebbe  ra- 
jiidamente  e  ingegni  vigorosi  vi  si  dedicarono.  Ora  sono  migliaia  le 
pubblicazioni  sopra  tali  studi;  e  trattati  speciali  adesso  si  hanno,  dedi- 


'  C.  C.  Sprengel.  Das  entde.hle  Geheimniss  der  Natur  iti  Bau  und  in  der 
Befructitng  der  Pfìumen,  con  25  tavole  incise. 

-  Con  queste  parole  infatti  incomincia  il  Ludwig  la  Prefazione  del  suo 
Lrhrt/itch  der  Biologie  der  Pflanzen  (ISO.j);  "Die  Begriinduiig  der  Pflanzenbio- 
logic  als  einer  besonderen  Wissonscliaft  riihr  von  Federico  Delpino.  „ 

'  Il  OoHN  noll'aprile  del  1875  scriveva  al  Delpino:  "  Gewiss  ist  die  von 
'  llinen  unterschiedenen  Beziehung  zvvieschen  Biologie  und  Pliysiologie  eine  wich- 
'  tige  wenn  ich  auch  zweifeln  iiiochte  dass  die  von  Ihnen  gewiihlten  Bezeich- 
"  nungen  sich  einburgen  werden,  wenigstens  bei  der  Pflanzen,  wo  die  iiusserii 
*  Lebensertcheinungen,  die  Sie  mit  Recht  als  biologische  untersclieiden,  bisher  iiur 
"  wenig  beobachtet  wurden  „  (Ludwig  o.  e)- 


—  vili  — 

cati   esclusivamente   alla   B/oiof/ia    Vegetale,   dovuti   a   menti  superiori  : 
Wiesuer  \  Ludwig  -,  Knutli  ',  Loew  *',  ecc. 

A  lui  devesi  l'interpretazione  degli  apparecchi  fiorali  d'un  numero 
grande  di  fanerogame:  Asclepindee,  Apocinee,  Legtimliìose,  Conifere,  Aroi- 
dee,  l'rofeacee,  Canipanidacee,  Composite,  Eìiforhiaree,  Coniaeee,  Zingihe- 
racee,  ecc.  Onde  bene  osserva  il  Peuzig  ciie  "  gli  studi  del  Del  pino  sulla 
dicogamia  nel  regno  vegetale  insieme  a  quelli  del  Darwin,  Hildebrand, 
Ludwig  e  fratelli  Miiller  vennero  a  formare  la  base  d'ogni  lavoro  che 
riguardi  l'impollinazione  „. 

E  sua  la  teoria  generale  delle  strutture  e  dei  caratteri  fiorali  in 
rapporto  alle  differenli  agenzie  pronube,  e  la  classificazione  e  descri- 
zione dei  differenti  tipi  fiorali;  di  lui  sono  le  leggi  della  dicogamia  e 
della  omogamia;  furono  da  lui  in'oi>oste  le  distinzioni  ed  i  termini  og- 
gidì generalmente  accetlati  di  piante  idrofile,  anemo/ìle,  zooidiofile  (queste 
suddivise  in  en/niìiofi/e,  ornitofile  e  mnlaeofile),  e  quelle  di  piante  pro/e- 
ruiidre  e  proterogine,  ecc. 

La  questione  generale  delle  piante  carnivore  fu  intavolata  dal 
Delpino  prima  ancora  che  dal  Darwin,  e  devesi  a  lui  l'indicazione  di 
molti  nuovi  esempi  in  specie  di  Drosera,  Dischidia,  Utricularia,  nel- 
Y Aldovranda  vesicidosa;  negli  spallici  di  Alocasia,  ecc. 

Il  modo  singolare  d'impollinazione  nelle  gimnosperme;  la  doppia 
dicogamia  del  noce;  la  relazione  fra  i  nettarli  estrnnuziali  e  le  for- 
miche sono  [ture  scoperte  sue;  come  sua  è  la  sco[)erta  della  relazione 
di  mutua  beneficenza  tra  diverse  cicadelliue  e  formiche. 

È  lui  che  ha  illustrato  molti  apparecchi  ed  espedienti  di  dissemi- 
nazione; è  lui  che  ha  applicato  i  caratteri  biologici  alla  tassonomia  nelle 
Marantacee,  Artemisiacee,  Margraviacee,  Smiìacee,  proponendo  e  svilup- 
pando nuovi  principi  di  tassonomia  filogenetica. 

Spetta  a  lui  anche  l'applicazione  dello  studio  dei  caratteri  biologici 
per  chiarire  alcuni  punti  della  geografia  vegetale  ''. 

E  del  Delpino  una  teoria  generale  meccanico-biologica  della  Fillo- 
tassi; opera  originalissima,  poderosa  e  ricchissima  di  osservazioni  e  di 
dati.  È  contraria  alla  teoria  meccanica  della  Fillotassi  formulata  dallo 
Schwendener,  ma  il  fisiologo  di  Berlino  non  solo  d'essa  parla  con  molta 


'  WiKSNER.  Biologie  der  Pflanzrn,  l'.ìOl. 

*  Ludwig,  o.  c. 

'  Knuth.  Handhncli  der  Bìiillie.idnnlnfjie  (I8;)8-Ii»04). 

■'  LoKW.  Einfidirunij  in  die  BlìUlienlnologic  ciuf  liistorisclier  Grundlaije 
(1005). 

■'  Vedi:  Aìeuni  appunti  di  (/eof/nifia  7;o^///à7(,  pubblicati  a  Firenze  nel  1861) 
e  tradotti  quasi  per  intero  in  tedesco  nella  "  Botanische  Zcitung  ,. 


—    IX   — 

deferenza,  ma  riconosce  la  completa  originalità  dello  schema  generalis- 
simo delle  armonie  geometriche  ed  aritmetiche  immaginate  dal  Delpino. 

Sono  pure  di  questo  primo  periodo  della  sua  vita  le  Rassegne  Bo- 
taniche elle  egli  pubblicava  in  un  Aìinuaiio  scientifico  popolare  ',  ove  a 
larga  mano  trovausi  sparse  critiche  acute,  osservazioni  fini,  idee  origi- 
nali e  geniali  sopra  un  grandissimo  e  svariato  numero  di  argomenti. 

Tanto  lavoro  e  tutte  queste  scoperte  egli  aveva  compiuto  prima 
del  1883;  allora  contava  di  già  50  anni,  ed  era  in  corrispondenza  coi 
più  grandi  biologi  del  tempo  ^  i  quali  privatamente  e  pubblicamente  ne 
lodavano  gli  scritti,  eppure  egli  trovavasi  tuttora  professore  a  Genova 
con  appena  tremila  lire  annue  ! 

Solo  nel  1884  gli  riesce,  finalmente,  di  avere  una  cattedra  in  una 
Università  di  1°  ordine  ed  incomincia  per  lui  un  periodo  di  vita  meno 
disagiato;  nell'Ateneo  di  Bologna,  ove  va  per  concorso,  tocca  5  mila 
lire  di  stipendio! 

Coll'agiatezza,  ben  relativa,  non  vien  meno  per  altro  la  produzione 
scientifica  del  Delpino,  anzi  si  intensifica  e  continua  sempre  abbon- 
dante e  poderosa,  non  ostante  la  salute  malferma,  e  l'asma  che  gli 
dava  sotferenze  indicibili. 

A  Bologna  ed  a  Napoli  pubblica  ancora  opere  di  grande  valore; 
basterebbero  le  sette  grosse  memorie  &\\\V  "  Applicazione  di  nuovi  criteri 
per  la  classificasione  delle  piante  „ ,  a  rendere  immortale  un  botanico  si- 
stematico. Si  può  essere  non  sempre  d'accordo  nei  criteri  in  esse  svolti, 
ma  sono  sempre  idee  nuove  ed  originali  che  l'autore  annuncia  e  sviluppa 
sulla  filogenesi  delle  famiglie  e  delle  classi  vegetali  che  egli  studia  con 
indirizzo  biologico. 

Fra  le  molte  pubblicazioni  di  questo  secondo  periodo  della  vita 
del  Deliiino,  devonsi  citare  altresì  le  importantissime  ricerche  sulla  Fun- 
zione mirmecofila  nel  Begno  Vegetale.  "  A  dare  un'idea,  dice  il  Borzì, 
anche  fugacissima  della  importanza  di  questo  studio  basterebbe  ricor- 
dare la  paziente  e  particolareggiata  rassegna  descrittiva  delle   piante 


'  Annuario  scientifico  ed  industriale  del  Treves  (dal  1876  al  1882). 

^  Il  Merini  scrive;  "Fino  dalle  prime  lettere  del  Darwin  al  Delpino,  tosto 
si  riconosce  l'alta  stima  e  considerazione  in  cui  il  sommo  naturalista  teneva  i 
lavori  del  Delpino.  Così  ad  es.  fra  le  parecchie  lettere,  delle  quali  gentilmente 
mi  è  stata  trasmessa  copia  dalla  famiglia,  ve  n'ha  una  molto  lusinghiera  dell'll 
settembre  1867  relativa  a  due  dei  primi  lavori  del  Delpino;  un'altra  del  24  ago- 
sto 1869  dove  Darwin  manifesta  la  sua  particolare  compiacenza  perchè  il  Del- 
pino ha  preso  a  discutere  la  teoria  della  Pangenesi;  infine  una  del  25  giugno 
1873  in  cui  dice:  Ilo  aruto  uHiniamente  occasione  di  rilef/'/ere  il  vostro  lavoro 
sidle  piante  anemofde  ed  ho  sentilo  di  nuovo  molta  animirazione  per  la  vostra 
opera  „. 


—    X    — 

iiiirraecufile  e  dalle  relative  disposizioni.  Essa  comprende  ben  3000 
specie  di  sole  piante  mirmecofile  a  nettari  estranuziali  appartenenti  a 
poco  meno  di  300  generi  ed  a  46  famiglie  vegetali.  Il  solito  acume  di 
critica  e  la  solita  originalità  rendono  quest'opera  una  delle  più  note- 
voli fra  quelle  che  annoveri  la  bibliografia  biologica  di  quest'ultimo 
decennio'  „.  Ed  il  Ludwig-  non  esita  a  dichiarare  questo  lavoro  o/)(?rrt 
del  pn)  ijraii.de  fìtobiologo  vivente.  Le  ricerche  ed  osservazioni  sulla  mir- 
mecofilia  il  Delpino  continua  tutta  la  vita  e  ne  trae  argomento  per  nuove 
Note  e    Memorie. 

Anche  la  Geografia  Vegetale  deve  a  lui  nuovo  indirizzo  di  studi  che 
servi  ad  ispirare  molti  dei  lavori  che  sulle  cause  della  distribuzione 
delle  piante  vennero  di  poi  alla  luce.  Devesi  altresì  a  lui  una  compara- 
zione biologica  degli  apparecchi  fiorali  di  due  flore  estreme,  artica  ed 
antartica,  con  resultati  nuovi  e  bene  importanti. 

Ma  molto  lungo  riuscirebbe  il  dire  di  tutti  gli  studi  "  e  delle  sco- 
perte numerose  fatte  nell'ultimo  ventennio  da  questo  grande  naturalista 
cui  solo  la  morte,  avvenuta  a  Napoli  nel  1905,  potè- colla  vita  troncale 
l'operosità  *. 

Anima  entusiasta,  ardente,  tenace,  anzi  tenacissima,  specie  in  filo- 
sofia, nella  quale  professava  idee  teleologiche  particolari.  Riteneva  che  un 
principio  presciente,  intelligente  e  lUiero  avesse  predisposto  la  creazione 
di  tutti  gli  esseri  viventi,  e  ad  un  tempo  ammetteva  l'evoluzione  e  la 
variabilità  delle  specie'',  benché  iión  abbandonata  per  cosi  dire  a  sé 
stessa  come  vuole  Darwin  colla  sua  legge  della  selezione  naturale.  A 
questa  il  Delpino  era  decisamente  contiaiio  come  era  nemico  acerrimo 
del  materialismo  che  riteneva  dannoso  alla  scienza,  alla  morale,  a  tutto; 
e  su  tali  argomenti  mostravasi  di  un  esclusivismo  assoluto. 


'  Bonzi.  Nuoro  (riornide  ìiutioiico.  Nuova  serie,  voi.  XII,  pag.  4.S5. 

-  Boianisrhes  Cenlrallitatf,  1887,  voi.  2  (citato  dal  Merini). 

^  Oltrepasserei  i  limiti  e  lo  scopo  ili  questo  breve  cenno;  del  resto  VEìenra 
hililionrafieo  che  in  fine  riporto,  ne  può  dare  un'idea. 

''  Due  sue  pubblicazioni  di  grande  valore  portano  appunto  la  data  ili  tale 
anno. 

"  Non  escluso,  pare.  Vi/onio,  dappoicliè  etili  scrive  nel  suo  discorso:  tSon'a- 
ìismo  e  Storia  iialiiriiln  (11)04- 11105).  "  In  fin  dei  conti,  il  genere  umano,  sebbene 
"  iinmensamente  dilfereiiziato  da  tutti  gli  esseri  viventi  sotto  il  rapporto  delle  i>iìi 
"  sublimi  facoltà  psicologiche,  pure  in  ultima  analisi,  non  è  che  un  anello  nella 
"  graTide  catena  degli  organismi;  in  guisa  che  gli  statuti  del  vivere  suo  devono 
"  essere  consentanei  alle  leggi  generali  che  reggono  gli  organismi  stessi,  e  tuttociò 
"  che  è  contrario  ad  esse  non  può  né  artecchire,  né,  se  in  date  contingenze  di  luogo 
"  e  di  tempo,  attecchisce,  }iuò  durare  o  prosperare  ,.  Ed  altri  concetti  simili  sulla 
eroluzione  e  sullo  .sn'lnjipo  del  (ji'ìiere  iiiikuui  nello  stesso  Discorso  ed  in  altre  sue 
opere  si  trovano  che  a  questo  conducono. 


—    XI    — 

Aveva  mente  potente,  analitica  e  sintetica  ad  nn  tempo,  investi- 
<^atrice,  acutissima,  geniale,  ma  forse  un  po'  troppo  speculativa  e  filo- 
sofica; il  ragionamento  lo  conduceva  qualche  volta  a  deduzioni  che  non 
tutti  persuadevano,  benché  fossero  sempre  sincere  ed  originali. 

Non  aveva  frequentato  alcun  laboratorio,  si  era  fatto  tutto  da  se, 
«osicchè  alcuni  metodi  di  ricerca  non  conosceva,  quale  quello  del  mi- 
croscopio; ciò  nonostante  la  sua  mente  divinatrice  leggeva  nel  gran 
libro  della  natura  con  tale  sicurezza  e  fortuna  che  ben  poclii  seppero, 
corno  lui,  scoprirvi  e  penetrarne  tanti  misteri. 

Cenxo  biografico.  —  Il  Delpino  nacque  a  Chiavari  nell'anno  1833. 
Nel  1849  lo  troviamo  studente  di  matematica  nell'Università  di  Genova, 
che  gracile  abbandona  prima  ancora  di  compiere  l'anno  di  studio  per 
intraprendere  un  viaggio  di  mare  sopra  un  veliere  che  va  in  Oriente. 
Nel  1852  non  volendo  vivere  alle  spese  della  famiglia  entra  come  sem- 
plice applicato  nell'amministrazione  delle  Finanze  dello  Stato,  e  vi  ri- 
mane fino  al  1867.  In  quest'anno  Filippo  Parlatore  lo  nomina  suo 
assistente  a  Firenze.  Nel  1871  ottiene  il  posto  di  professore  di  Stoiia 
Naturale  nella  Scuola  Forestale  di  Vallombrosa.  Nel  1873  s'imbarca 
sopra  la  fregata  Garibaldi  per  un  viaggio  di  circumnavigazione  attorno 
al  globo,  ma  arrivato  a  Rio  Janeiro  è  costretto,  per  malattia,  a  sbar- 
care, e  di  poi  ritornare  in  Italia.  Nel  1876  viene,  per  concorso,  nominato 
professore  straordinario  di  botanica  nell'Università  di  Genova  allora  di 
secondo  ordine  e  nel  luglio  del  1879  vi  è  promosso  ad  ordinario.  Nel  1884 
vince  il  concoiso  di  ordinario  per  la  cattedra  di  botanica  di  una  Uni- 
versità piimaria,  quella  di  Bologna;  e  nel  1894  non  potendo  resistere 
al  clima  rigido  della  capitale  emiliana  chiede  di  essere  trasferito  a 
Napoli;  e  solo  in  seguito  a  concorso  vi  riesce.  Ivi  chiude,  per  sempre, 
nel  maggio  1905,  quei  suoi  occhi  fulgidi,  ove  il  pensiero  non  aveva 
riposo,  tanto  cari  alla  sua  ottima  famiglia,  quanto  ai  molti  suoi  amici 
€d  ammiratori. 

DaU' Istituto  Botanico  di  Pavia,  marzo  1907. 


ELENCO   DEI   LAVORI   PUBBLICATI 
da  Fedei'ico  Deli)iiio  ' 


1.  Relazione  sull'apparecchio  della  fecondazione  delle  Asclepiadee.  Torino   1865. 

2.  Sugli  apparecchi  della  fecondazione  nelle  piante  antocarpee.  Firenze   18G7. 

3.  Sull'opera  «  La  distribuzione  dei  sessi  nelle  piante  e  la   lei/rje  che    osta   alla    pe- 

rennità della  feconda zione  consanguinea  »  del  prof.  Hildebraml.  Con  note  critichi^ 

-  Atti  della  Società  Ital.  delle  Scienze  Naturali  in  Milano- Voi.  X.  I\Iilano  1860. 

4.  Pensieri  sulla  Biologia   Vegetale,    sulla    Tassonomia,  sul    valore   tassonomico    dei 

caratteri  biologici,  e  proposta  di  un  genere  nuovo,  della  famiglia  delle  Labiate 

-  Nnovo  Cimento,  Voi.  XXV.  Pisa,  Tip.  Pieraccini  -  1807. 

5.  Ulteriori  osseraazimii  e  considerazioni  sulla  dicogamia  nel  Regno  Vegetale,  1.  Atti 

della  Soc.  Ital.  delle  Scienze  Naturali  -  Voi.    XI,    pag.  265-382.    Milano    1868. 
0.   Ulteriori  osseroazioni  e  considerazioni  sulla  dicogamia  del  Regno  Vegetale.  II.  ktVi 
della  Soc.  Ital.  dello   Scienze   Naturali  in   Milano  -  Voi.    XII,    p.    21-141,    Stil- 
lano 1869. 

7.  Ulteriori   osservazioni  e  considerazioni   sulla   dicogamia  nel   Regno    Vegetale.   111. 

Atti  della  Soc.  Ital.    delle  Scienze  Naturali  in  Milano   -  Voi,    XII.    p.   179-233. 
Milano   1809. 

8.  Sulla  Darwiniana  teoria  della  Pangenesi  (Rivista  con  toni  p.  naz.  ital.  Voi.  LVI  e 

LVIL    Torino  1809. 

9.  Ueber  die   Wechselbeziehung  in  der   Verbreitung  voii  P/lanzcn  xmd   Thieren.   Bo- 

tanische  Zeitung.  p.  792-809.  1869.  (Recensione  di  F.  Ildebrand.) 

10.  Rioisla  monografica  della  famiglia  delle  Margraviaceae,  precipuamente  sotto   l'a- 

spetto della  Biologia  ossia  delle  relazioni  di  vita    esteriore  -   Nuovo    Giornale 
Botanico  It.aliano,  fase.  IV   1809. 

11.  Breve  cenno  sulle   relazioni   biologiche   e   genealogiche   delle   Marantacee.   Nuovo 

Giornale  Botanico  Italiano,  1869  p.  293. 

12.  .Ucuni  appunti  di  geografia  botanica,  a  proposito  delle  Tabelle  fitogeografichc  del 

prof.  E.  Hoffmann.  Bollettino  della  Società  Geografica    Italiana,   fase.    III.  Fi- 
renze 1809  p.  273. 

13.  Sull'influenza  del  soggetto  sul  ramo  d'innesto  e  sitila  diretta  influenza  cxtraovu- 

lare  del  polline.  Traduzione  dal  tedesco  con    annotazioni.    Industrialo    Roma- 
fenolo,  Febbraio   1869. 

14.  Una  recente  parola  di  Carlo  Darwin  sulla  j>angencsi.  Lettera  al  prof.  Do  Guber- 

natis.  Rivista  contemporanea  italiana.  Torino   1869. 
1.5.   Ulteriori  osservazioni  sulla  Dicogamia  nel   Regno    Vegetale    IV.    Atti    della    Soc. 

Ital.  delle  Scienze  Naturali  in  Milano,  Voi.  XIII,  p.  107-205.  Milano  1870. 
16.  Applicazione  della  teoria  Darwiniana  ai  fiori  ed  agli  insetti  visitatori  dei  fiori.  - 

Ver.sione  dal  tedesco  con  annotazioni  del  discorso  pronunciato  dal  Dott.    Em. 


'  Tanto  il  .Moriiii  clic  il   Ponzi"  luinno  citìsciiim  datn  un  elenco  dei  lavori  pubblicali  dal  r>cl- 
jiiuo.  11  presente  riassume  ;_Mi  elenchi     ei  due  ej^re^'i  autori  con  (jualche  agj^iunta  e  niodilicazioiu'. 


—  xin  — 

Miiller  di  Lippstadt  alla  26^  Assembl.  generalo  del  Natui-liistorischei"  Verein 
fùr  Rheinlande  uiid  Westphalen.  Bollettino  della  Società  Entomologica  Italiana, 
Anno  li  pag.  140-228.  Firenze  1870. 

17.  Altri  apparecchi  dicoz/amici  recentemente  osservati.  Nuovo  Giornale  Botanico  Ita- 

liano, Voi.  II.  1870,  p.  51-64. 

18.  Eintheilung  dar  Pflanzen  nach  dem  Mechanismus  der  dicìwgamischen  Befruchtimij 

und  Bemerktinqen  ùber  die  Befruchtungsvorgange  bei  Wasserpflanzen.  Bot. 
Zeitung  XIX  1871,  p.  443-463.  (Recensione   di  Ascherson.) 

19.  Sulla  Dicogamia  vegetale  e  specialmente  su  quella  dei  cereali.  Bollettino  del  Co- 

mizio Agrario  Parmense,  Anno  IV.  Parma  1871. 

20.  Ueher  die  Dichogamie  im  Pflanzenreiche.  Glogau  1871. 

21.  F.  Delpino  e  P.  Ascherson:  (Corrispondenza)  Sia'  fenomeni  generali  relatici  alle 

piante  idrofile  ed  anemofile.  (Nuovo  Giornale  Bot.  It.  Voi,  3.;   1871). 

22.  Sulle  piante  a  bicchieri.  Nuovo  Giornale  Botanico  Italiano,  Voi.   III.   1871   pagine 

174-176. 

23.  Sui  fenotneni  generali  relativi  alle  piante  idrofile  ed    anemofile.    Nuovo    (iiornale 

Botanico  Italiano,  Voi.  Ili,  1871,  p.   194-195. 

24.  Studi  sopra  un  linguaggio  anemofilo  delle  Composte  ossia  sopra  il   gruppo    delle 

Artemisiacee.  Firenze,  Tip.  Cellini  e  C.   1871. 

25.  Etudcs  sur   une   déscendence    anémophile  des  Composées  du  groiipo  Artemisiacee. 

Archives  d.  Se.  Phys.  Nat.,  Voi.  XLIII,  1872,  p.  195-197. 

26.  lìassegna  botanica  (in  Annuario  Scientifico  ed  industriale  anno  VIII.  1871.  — 

Secrezione  della  cera  della  epidermide  delle  piante  —  Glandolo  del  calice  del'a 
Tecoma  radians.  —  Concrezioni  saligne  nel  corpo  della    membrana    cellulare. 

—  Foglie  del  pino  del  Giappone.  —  Significazione  morfologica  delle  spine 
delle  cactaceae.  —  Galleggianti  del  Desmanthus  natans.  —  Piante  insetticide 
e  piante  carnivore  —  Piante  idrofile,  anemofile  e  zoidiofle.  —  Dicogamia 
delle  piante  alpine.  —  Piante  trimorfe.  —  Possibilità  della  dicogamia  nei 
cereali.  —  Cleistogamia  del  Juncus  bufonius.  —  Apparecchi  di  disseminazione. 

—  Biologia  delle  Crittogame.  —  Sovra  ima  supposta  causa  determinante  il 
sesso  nell'embrione.  —  Nuova  forma  di  sessualità  in  alcune  alghe.  — 
Influenza  dell'innesto  sul  soggetto  e  viceversa.  —  Irritabilità  degli  stami  di  Ma- 
honia.  —  Ufficio  della  potassa  nelle  piante.  —  La  vita  dei  Licheni.  —  Yita  degli 
ascoboli  e  delle  pezize.  —  La  vita  dei  batteri. 

27.  Sull' impollinazione  dei  nuclei  ovulari  presso  le  Conifere.  Atti    della  Società  Ita- 

liana delle  Scienze  Naturali  in  Milano,  Voi.  XV,  p.  424-426.  Milano   1872. 

28.  Fécondation  dans  la  Conifères.    Archives  d.   Se.    Phys.   Nat.    Tom.    XLIII.    1872, 

p.  194-195. 

29.  Sui  rapporti  delle  Formiche  colle   Tettigomctro  e  sulla   genealogia    degli    Afidi    e 

dei  Cocciài.  Atti  della  Società  Italiana  delle  Scienze  Naturali  in  J\Iilano.  Voi. 
XV.  p.  472-479.  Milano  1872. 

30.  Sui  rapporti  delle  Formiche  colle  Tetticjometre  e  sulla    genealogia    dagli    Afidi   e 

dei  Cocciài.  Bollettino  Entomologico.  Anno  IV,  1872. 

31.  Ulteriori  osseroaziìni  e  considerazioni  sulla  dicogamia  nel  Regno  Vegetale.  Parte 

seconda,  fascicolo  secondo.  Atti  della  Società  Italiana  delle  scienze  Naturali 
in  Milano,  Voi.  XVI,  p.   151-349.  Milano  1873. 

32.  Rassegna  Botanica  (In.  Ann.  Scient.  Ind.  anno  X,  1873):  Moltiplicazione  dei 

corpuscoli  di  clorofilla  per  scissioìie.  —  Cellule  e  vasi  latliciferi.  —  Struttura 
delle  radici  nelle  gimnospenne.  —  Rigenerazione  della  pjuyita   delle  radici.  — 


—    XIV    

Striiltìci'a  e  funziono  delle  lanlicelle,  —  Struttura  istoìof/ica  dei  in'tlarii.  —  .1- 
niido  nei  vasi  crivellati.  —  Struttura  morfoloffica  dei  fiori  il.elle  Composte.  — 
SinfjùUirità  morfologiche  del  genere  Cupliea.  —  Morfologia  florale  dello  Ca>i- 
nacee  e  Murantttcee.  —  Significazione  del  ciazio  d' Expìiorbia.  —  Aborti  di  or- 
r/ani  florali.  —  Tessuto  galleggiante  di  Aeschinomene  liispidula.  —  Eterofilla 
per  dioersiià  del  mezzo  ambiente.  —  \uoDa  pianta  muscipula  (Desmodium 
tnquetrum  Brami.  —  Fecondazione  dei  foii  mediante  gì'  insetti.  —  Impollina- 
zione delle  Gimnosperme.  —  Organi  e  mez^i  di  disseminazione  presso  le  fa- 
nerogame. —  Tensioni,  moti  e  direzioni  d^gli  organi,  eliotropismo,  geotro- 
pismo. —  Attività  vitali  del  protoplasma.  —  Evaporazione  dell'acqua  e  de- 
composizione dell'acido  carbonico  per  mezzo  delle  foglie.  —  Epifitismo,  Con- 
sorzio, Commensalismo,  Parassitismo.  —  Presunto  jjarassitismo  di  Nostoc.  — 
Proembrione  di  Lycopodium. 

33  Altre  osservazioni  sui  rapporti  tra  Cicadelle  e  Formiche.  Bnlli'ttino  oiitomologicn, 
Anno  VI,  1874. 

34.  Sulla  natura,  dei  gonidi  dei  Licheni  (Atti  del  Congr(?sso  Inteninzioiiale  tli  lìota- 
iiii'u  tornito  a  Firen/,0  noi   1874  \t.  71). 

3.3.  Rapporti  tra  inietti  e  nettarii  extrirnuziali  in  ah-une  piante.  liollettino  (lolla  So- 
cietà Entomologica  in  Firenze,  Anno  VII,   1874. 

30.  Dimorflsmo  del  noce  e  plciontismo  nelle  piante.  Nnovo  Giornale  liotanico  Italiano. 
Vói.   VII,  p.   148,   1875. 

37.  lìasscgiHl    bofanirn.    (In    Annuario    Scientifico    industriale,   Anno  XII-  1875); 

Cellule  artiflciali  di  Trauhe.  —  J iflirizzo  teUudoqico  dell'istologia  moderna.  — 
Embriogenià  delle  piante  monocotiledoni,  —  Teoria,  morfilogica  tleW embrione 
monocotiledone.  —  Differenze  tra  caulomi  e  fillomi.  —  Formazione  di  gemoie 
sui  tricomi.  Epimorfosi  e  metamorfosi.  —  Natura  morfologica  delle  jdacente 
e  deqli  ovuli.  —  Morfologia  dei  pissidii.  —  Piante  carnivore.  —  Consorzio  e 
rapporti  tra  piante,  formiclie  e  vespe.  —  Caratteri,  disposizioni  ed  apparecchi 
dicoijamici  presso  le  piante  zoidiofile.  —  Fecondazione  di  alcune  specie  di  yucca 
mediante  una  tignola.  —   Uccelli  mellisngi  pronubi  delle  specie  di  Marcgravia. 

—  Effetti  dei  colori  sulle  api  e  sulle  vespe.  —  Dimorfismo  del  noce.  —  Fiori 
cleislogami  o  clandestini.  —  Sensibilità  e  moti  delle  piante.  Irritabilità  degli 
stami  di  Mahonia  e  Berberis.  —  Yariahilità  della  sjiecie  ;  S/ierimenti  di  col- 
tura; Comparsa  di  caratteri  degli  antenati  nella  prima  età  di  alcune  piante; 
Asingamia;  Meiomerismo,  Pleiomerismo  —  Fasi  sessuali  nei  licìieni.  —  Natura 
dei  licìieni.  —  Emigrazione  di  semi  colle  lane.  —  Caso  di  agamogenesi  in  pro- 
tallo  di    felce.    —    Affinità    di    Zea,    Etichlena    e    Tripsacum,  eco. 

38.  Dicogamia  ed  omogamia  nelle  piante.  Nuovo  Giornale  Botanico  Italiano,  Voi.  VIII, 

1876,  p.   140. 

39.  Consorzio  fra  Nostoc  ed  altre  piante.  .Atti  del  Congresso  Internazionale  Botanico 

ili  Firenzo,   1870,  |i.  71. 

40.  Hassi'yiKi  bottmicd.  (In  annuario  scientifico  indnstrialo  anno  tredicesimo  1870. 

—  I  tre  tessuti  costituenti.  —  Critica  alla  teoria  di  Ilanstein.  —  Struttura  e 
costituzione  delle  cellule.  —  Organogenia  dei  fiori  di  cucurhitacee.  —  Organo- 
genia dei  fiori  nelle  rafflesiucee  e  nel  genere  aristolochia.  —  Eteromorfismo  di 
Rhipsalis  Cassitha.  —  Eteromorfismo  fogliare  di  Eucalyptus  globulus.  — 
Piante  carnivore:  Pepsina  vegetale  —  Relazione  tra  piante  e  formiche:  Piccoli 
pomi  designati  a  formiche;  Nettarii  eslranuziali  in  una  crittogama;  Nettarii 
di  Rhipsalis  Cassytha;  Altri   nettarii    eslranuziali.    —  Difesa  dei  fiori  contro 


—    XV    — 

ospiti   non   chiamati.  —   Una   crucifera   anemofìln.    —    Semi   che    si  sotterrano 
da  sé.  —   Teoria   degli  innesti.  —  Misura   dell'  incremento  longitudinale  nella 
piante.  —  Misura  d'alcuni  incrementi  internodali.  —  Andamento  dei  moti  pro- 
toplastici. —  Aggregazione  del  succo  cellulare  nei  tentacoli  di  Drosera  rotundi- 
folia.  —  Generazione  alternante  nei  muschi.  —  Dicogamia  ed  omogamia  nelle 
fanerogame.  —  Sperimenti  di  Darwin.  —  Prepotenza  del  polline  eteroclino.  — 
Fecondazioni  con  eccesso  di  polline.  —   Variabilità  delle  specie;    Atavismo    di 
Primula  pistiifolia.  —  Ipotesi  sulla  correlazione  genetica  dei  musclii  colle  crit- 
togame vascolari  e  colle  fanerogame.  —  Adattazione  degli  organismi  al  mezzo 
ambiente.  —  Vita  di   Ulothrix  Zonata.  —  Vita  delle  nidulariacee.  —  Congettura 
sulla  sessualità  dei  funghi.  —  Questione  dei    licheni.    —    Singolare   mezzo    di 
disseminazione  in   una   conouloulacea.  —  Posizione  sistematica   delle    Salvado- 
racee.  —  Dimorfismo  in  alcuni  Paspalum.  —  Parallelismo  tra  i  caratteri  mor- 
fologici e  la  distribuzione  geografica  della  palme.  —  Appunti  sulla  flora  del- 
l'isole dell' Atnmiragliato,  ecc. 
41.  Kassegna  botanica,  (.\nnuario  scientifico  Industriale  1877).  —  Morfologia  dalle 
gimnosperme :  Cicadee,   Gnetacee.  —  Posizione   degli    ovuli    nei   carpidii    delle 
cicadee.  —  Natura  morfologica  degli  stami.  —  Natura  morfologica  dell'ovulo 
nelle   angiosperme.    —    Valore  morfologico    del   cirro    nelle  cuciirbitacae.    — 
Biologia  delle  palme;  Apparecchi  di  fecondazione;  Disseminazione  delle  palme. 
—  Biologia  della  Collomia  grandiflora.    —   Peli  odorosi  di   alcune  specie   di 
Triumphetta.  —  Apiarte  pronube  di  Salix  repens.  —  Apparecchi   di  feconda- 
zione nelle  genziane.  —   Varietà  biologiche:   Insetti  jìolari,   pronubi    dì   fiori; 
Azione  dei  colori  sulla  Macroglossa  stellatarum:  Senso  dei  colori  negli  uccelli, 
fiori  ornilofili;  Funzione  dei  nettarii  di  Pteris  aquilina;  Piante  che   sotterrano 
i   semi;    Viola    cleistogama  del    Brasile.    —   Deiscenza   dei  fori   di    Stanhopea 
oculata.  —  Espansione  dei  fiori  di  genziane  alpine.  —   Geotropismo  del  labello 
delle  orchidee.  —  Attorcimento  dei  cirri  di  Dryonia.  —  Squilibrio  elettrico  negli 
stimmi  di  Mimulus.  —  Pleuronastia  nelle  dicotiledoni  legnose.  —  Lavoro  della 
clorofilla  nella  vite.  —  Eteromorfismo  florale    nelle    angiosperme:    Dimorfismo 
di  Primula  officinalis,  elatior,  acaulis;  Dimorfismo  di  Bottonia  palustris;  Bor- 
raginee  dimorfe.  Pulmonaria  officinalis.  Specie  di  Linum  dimorfe;  Limim  pe- 
renne, grandiflorum;  Specie  eterostile  trimorfiche;  Prodotti  della  nozze  legittime 
e  illegittime;  Cause  dell' eterostilismo.  —  Distribuzione  dei  sessi  nelle  fanerogame. 
Piante  a  fiori  cleistogami.  —  Partenogenesi  nelle  piante.  —    Fasi   sessuali   dei 
licheni.  Classificazione  delle  crittogame  superiori.  —  Area  geografica  delle  piante 
vascolari  dell'Europa  continentale.  —  Piante  alpine  e  polari.  —  Flore  isolane. 
—  Distribuzione  geografica  delle  meliacee.  —   Valori  in  geologia  dei    caratteri 
fitopaleontologici.  —  Pleiomerismo  esagerato.  —  Api  uccise  da  fiori  dì  Tritoma. 
Distribuzione  dei  sessi  nelle  felci.  —  Distribuzione  dello  rubiacea.  —  Distribu- 
zione geografica   del   genere   Uropedium.  —  Polline   fossile.   —  Antichità  com- 
paratica  dei  continenti,  ecc. 

42.  Sassegna  botanica.  (Annuario  Scientifico  Industriale  1S7S):  —  Morfologia  dagli 

embrioni.  —  Ligula  di  Graminacee.  —  Organi  inseltidici  presso  piante   carni- 
vore. —  Coppe  idrofore  di  Dipsacus.  —  Nettario    estrafiorale    di    Batatas.    ~ 
Sessualità  nelle  alghe.  —  Vita  delle  Nostocacee  e  dei  Licheni.  —  Classificazione 
delle  Amarillidee,  Poligalee,  liestiacee,   Sapotaceo.   —  Distribuzione  geografica 
delle  Smilacee,  delle  Palme,  e  delle  Graminacee  etc. 

43.  Difesa  della  dottrina  dicogamica.  Nuovo  Giornale  Bot.  Ital.  Voi.  X,  1878,  p.   1''- 


—    XVI    — 

44.  Rassegna  bofaiiica,  (Annuario  Scientifico    Industriale    1879).    —   Islolnrjin   iJci 

netinrii  fiorali.  —  Questione  dell'i  giiniiO':per,ìna.  —  Nnliirn  morfolorjica  del- 
l'ovulo.  —  Diaijrninmi  fiorali.  Interpretazione  della  obdiplostemonia;  Cupula 
delle  cupulifere;  Natura  morfologica  dei  cirri  della  vite;  Ciazio  del  r/enere 
Eupliorbia.  —  Piante  carnivore.  —  Rapporti  tra  fori  e  pronubi.  —  Altre  os- 
servazioni intorno  a  piante  zoidiofle.  —   Visite  forali  legittime  ed,    illegittiinc. 

—  Omogamia  nelle  fanerogaoie.  —  Nuove  specie  cleistogame.  —  Apparecchi 
dicoijamici  delle  aracee.  —  Nettari  forali.  —  Organi   odoriferi  delle   farfalle. 

—  Colori  forali.  —  Fiori  versicolori.  —  Varietà  biologiche.  —  Produzione  dei 
sessi.  Dicogamia.  —  Rapporti  tra  i  generi  Azolla  e  .Anabaona.  —  .Melastomacee.  — 
Cornacee.  —  Diapensiacee.  —  Aracee  —  Affinità  del  gruppo  delle  Oleacee.  — 
Orii/ini  articlie  della  vita.  —  Sjihrnnphgll  ■m,  .Asterophyllites,  Calamitcs  —  .4- 
mi/lobitcter  nell'epoca  carbonifera.  —  Flora  deU'.imerica  del  Nord:  Grande 
regione  delle  foreste  dell'est;  La  regione  delle  praterie;  La  regione  dei  laghi: 
La  Sierra  Nevada.  —  Distribuzione  delle  piajUe  dell'arcipelago  papuano  r.ia- 
lese.  —  Flora  ài  Kergnelen.  —   Tesi  ptogeografche,  ecc. 

45.  Il  iiiaterialisino  nella  scienza.  Discorso  pronunciato  nella  grande  aula  della  R.  Uni- 

versità di  (jenova  per  la  solenne  inaugurazione  dell'anno  accademico  1880-ìSl. 
Genova  Tipog.  Martini  1880. 
40.  Causa  meccanica  della  fllotassi  quincùnciale  —  Nota  preliminare  —  Genova  1880. 

47.  Contribuzione  alla  storia  dello  sviluppo  del  Regno  Vegetale.  I,  Sinilacee.  Atti  della 

R.  Università  di  Genova  Voi.  IV,  parte  I.  Genova  1880. 

48.  Hassegna  botanica,  (.\niiuario  scientifico  Industrialo   1880.  —  .'Struttura   e  fun- 

zioni dei  sosiiensori  eml/rionici  nelle  orchidee  e  Videe.  Cellule plurinucleote. — 
Fillotassi.  —  hiflorescenze  di  Ataccia  cristata.  —  Adattamento  delle  foglie  al 
mezzo  ambiente.  —  Nettarli  eslranuziali.  —  Deiscenza  dei  fori  nelle  graminacee. 

—  Ntiove  osserva zìoni  sovra  piante  eiitomofle.  —  Dicogamia  e  omogamia  nella 
vile.  —  Impollinazione  e  fecondazione  nel  cotone  e  in  altre  specie.  — 
Griniidiecia  di  Plantar/o  e  tH  altre  piante.  —  Specie  cleistogame.  —  Specie  adi- 
namandre.  —  Proporzione  delle  piante  anemofle  ed  entomofle  nelle  isole.  ~ 
Movimenti  nelle  piante  superiori.  —  Fase  sessuale  nel  Dosycladus  clavaeformis. 

—  Classifcazione  delle  Crittogame.  —  Scitonemacee.  —  Distribuzione  paleonto- 
logica delle  Salisburiee.  —  Vegetazione  artica.  —  Piante  naturalizzate  ed  inva- 
denti nel  sud  dell'. iiistralia.  —  Fillotassi  uniseriale.  —  Compensazione  tra  le 
stipole  e  la  lamina  fogliare.  —  Rasi  connate  idrofore  delle  foglie  di  Silpliium 
perfoliatiim.  —  Sessualità  nelle  piante  d.ioiche.  —  Origini  della  flora,  delle  alpi. 

—  Flora  fossile  di  Sumatra.  —  Piante  invadenti  nell'America  del  Nord,  ecc. 
40.  Fondamenti  di  Biologia   Vegetale,  I.  Prolegomeni.  Rivista  di  Filosofia  Scientifica. 

.\nno  I.  Voi.  I,  fase.  I.  Milano-Torino  1881. 
50.  liassegna  botanica.  (.Vnnuario  Scientifico  industriale.  1881).  —  Studi  di  Treub 
sulle  cicadee  —  Antogenia  ed  embriogenià  delle  lorantacee.  —  Embriogenià 
delle  graminacee.  —  Anatomia  delle  piante  scandenti,  —  Ayialomia  della  Tri- 
sticha  hijpnoidxs.  —  Organi  omologhi  ed  organi  analoglii,  —  Infiorescenze 
scorpioidi.  —  Natura  morfologica  d<dl'ovulo.  —  Mutazione  di  petali  in  stami. 

—  Lodicule  graminacee.  —  Fondamenti  biologici,  —  Nettarti  eslranuziali  e 
nuziali.  —  Adattazioni  biologiclie  presso  i  funghi.  —  Biologia  dei  fori  al- 
jìini.  —  Rapporti  tra  fiori  e  pronubi  recentemente  osservati.  —  Insetti  perfo- 
ranti tubi  melliferi.  —   Apparecchi  di   disseminazione.    —     Varietà   biologiche. 

—  Effetti  immediati  della  luce  sulle  piante.   —    Ccusa   dell'emanazione  netta- 


—    XVII   — 

rea.  —  Mutabilità  della  cosiiiuzione  delle  piante.  —  Mutabilità  dei  caratteri 
specifici.  —  Diatomacee  sociali  e  solitaria.  —  Fasi  sessuali  di  alcune  feosporee. 
—  Classificazione  delle  tallofile.  —  Sezioni  del  genere  Pinìis.  —  Prospetto 
dai  generi  delle  Litrariacee.  —  Affinità  delle  Taccacee.  —  Rapporti  genealogici 
e  geografici  del  genera  Rubus.  —  Distribuzione  geografica  delle  giuncacee.  — 
Chenopodiacee.  —  Flora  della  Groenlandia.  —  Particolarità  della  flora  di  Ma- 
dagascar. —  Flora  della  Baleari.  —  Araucarie  viventi  e  fossili.  —  Embrione 
delle  graminacee.  —  Fillotassi  di  Hippuridium.  —  Sepali  caudati  di  Asarum 
caudigerum.  —  Innesti  eterogenei  o  btgeneri.  —  Affinità  dal  Thalygonum  Cy- 
nocrambe.  —  Angiosperme  primitivo,  ecc. 

51.  Lespirilualisne  dans  la  Science.  Rgvuo  internationalo,  1.  aniiée  tora.  Il,  1  livi-aisou. 

Rome   188.!. 

52.  Contribuzione  alla  storia  dallo  sviluppo  del  ragno  vegetale  1.  Smilacaa.  (Alti  della 

R.  Università  di  Genova,  Voi.  IV,  parte  II,  1883). 
b?>.   Teoria  generale  della  Fillotassi.  Atti    della    R.    Università    di    Genova.    Voi.  IV, 
part.  II.  Genova  1883. 

54.  Erwiderung.  (Bot.  Zeit.) 

55.  Funzione  mirmecofila  nel  Regno    Vegetale.    Prodromo    di    una    monografia    delle 

piante  formicarie.  Parte  prima.  Rassegna  delle  piante  fornite  di  nettari!  estra- 
nuziali  (dalle  Ranuncolacee  alle  Oleacee).  Memorie  della  R.  Accademia  delle 
Scienze  dell"  Istituto  di  Bologna.  Ser.  IV,  Tom.  VII.  Bologna.  Tip.  Ganiberin:  e 
Parmeggiani   1886. 

.50.  Fiori  doppi  (Flores  pieni)  Memorie  della  R.  .\ceudeinia  delle  scienze  dell'Istituto 
di  Bologna,  Ser.  VI,  Tom.  Vili.  Bologna.  Tip   Gamberini  e  Parmeggiani  1877. 

57.  Zigomorfia  fiorale  e  sue  causa.  Malpighia.  Anno  1,  fase.  VI,  Messina.  Tip. 
Capra  e  G.   1887. 

.5S.  Il  nettario  fiorale  del  Symphoricarpus  racemosics.  Malpighia.  .\nno  1,  fase.  X-XI. 
Messina,  Tip.  Capra  e  C.  1887. 

59.  Sul  nettario  fiorale  del  Galanllius  nivalis  L.  Malpighia.  Anno  I,  fase.  Vili.  Mes- 
sina, Tip.  Capra  e  C.   1887. 

G  ).  Equazione  chimica,  e  fisiologica  del  processo  della  foi-mazione  alcoolica.  Nuovo 
Giornale  Botanico  Italiano,  Voi.  XIX,   1887,  p.  260. 

61.  Weitere  Bamerkiingen  u.  myrmecophile  Pflanzen.  (Monatliche  IMittheil.  a.  d.  Go- 

samtgebieto  d.  Naturwiss.,  N.  2;   1887. 

62.  Il  passato,  il  presente  e  l'avvenire  dalla  Psicologia.  Discorso  per  l'inaugurazione 

degli  studii  nella  R.  Università  di  Bologna.  Bologna  1888. 

63.  Funzione  mirmecofila   nel  Regno    Vegetale.    Prodromo   di    una    monografia    delle 

piante  formicarie.  Parte  Seconda.  Rassegna  delle  piante  fornite  di  nettarli 
estranuziali  (dallo  Bignoniacee  ai  Funghi).  —  Memorie  della  R.  Accademia  delle 
Scienze  dellTstituto  di  Bologna,  Ser.  1\',  Tom.  IX.  Bologna,  Tip.  Gamberini  e 
Parmeggiani  1888. 

64.  Osservazioni  sopra  i  hatlerincecidH  e  la  sorgente  d'azoto  in   una  pianta  di   Galega 

officinalis.  Malpighia,  Anno,  II.  p.  385-394,   1888. 

65.  Applicazioni  di  nuovi  criteri  per  la  classi  fi  ca'zione  delle  piante.  Prima  Memoria, 

I.  Divisioni  primarie  del  Regno  Vegetale.  II.  Origine  delle  Monocotiledoni. 
III.  Classificazione  dei  Tallofiti.  IV.  Posizione  dei  Briofiti  e  dei  Pteridofili. 
V.  Classificazione  dei  Briofiti.  VI.  Classificazione  dei  Pteridofiti.  VII.  Pterido- 
fiti  dei  tempi  paleozoici.  —  Memorie  della  R.  .Accademia  delle  Scienze  del- 
l'Lstituto  di  Bologna,  Ser.  IV.  Tom.  IX.  Bologna,  Tip.  Gamberini  e  Parmeg- 
giani 1888. 


—    XVIII    — 

Gei.  Applicazione  di  nuovi  crilori  per  la  clnssipciizione  delle  piante. 'èQconàa.ì^lQmnna. 
Vllt.  Classificazione  delle  Gimnospernie.  IX.  Divisione  delle  Gimnosperme  in 
quattro  famiglie.  X.  Natura  morfologica  delle  s  juame  ovulifere  delle  Abietinee 
e  di  altro  Conit'ere.  XI.  Teoria  generale  del  carpidio.  XII.  Fondazione  della 
famiglia  delle  Salisljuriee.  XIII.  Singolarità  del  genere  Sciadopitys.  XIV.  Cir- 
coscrizione e  dipendenza  delle  Araucariee.  XV.  Circoscrizione  e  dipendenza 
delle  Podocarpee.  XVI.  Ordinazione  delle  Tassinee  e  loro  dipendenza.  XVII. 
Ordinazione  delle  Cuprossinee.  XVIII.  Ordinazione  delle  Abietinee.  XIX.  Im- 
portanza delle  Cicadee.  XX.  Ordinazione  e  dipendenza  delle  Gnetacee.  XXI. 
Schemi  elassificatorii  delle  Gimnosperme.  Memorie  della  R.  Accademia  delle 
Scienze  dell'Istituto  di  Bologna.  Ser.  IV,  Tom.  X.  Bologna,  Tip.  Gamberini 
Parmeggiani,  1889. 

07.  Kote  ed  osservazioni  botanicìie.  Decuria  prima.  1.  Anomofilia  e  scatto  delle  antere 
presso  il  Ricinus  communis.  II.  Ascidii  lemporarii  di  Sterculia  platanifolia  e 
di  altre  piante.  1(1.  Nettarli  estranuziali  nelle  Eliantee.  IV.  Nuova  pianta  a 
nettarli  estranuziali.  V.  Variazione  nnlle  squame  involucrali  di  Centaurea 
montana.  VI.  Anemofìlia  dei  fiori  di  Pliyllis  Nobla.  VII.  Galle  quercine  mir- 
mecofile.  VIII.  Acacie  africane  a  spine  mirmecodiate.  IX.  Sull'affinità  delle 
Cordaitee.  X.  Singolare  fenomeno  d'irritabilità  nelle  specie  di  Lactuca.  —  ?\Ial- 
pighia,  Anno  III,  Voi.  III.  Genova,  Tip.  Ciminago,  Dicembre   1889. 

CS.  Valore  morfolofjico  della  squama  ovulifera  delle  Abietinee  e  di  altre  Conifere. 
Malpigliia.  .\nno  IH.  Voi.  Ili,  Genova,  Tip.  Ciminago,  Giugno  1889. 

69.  Funzione  mirmecofila  nel  Regno  Vegetale.  Prodromo  di  una  monografia  delle 
piante  formicarie.  Parte  terza  ed  ultima:  Rassegna  delle  piante  che  apprestano 
nidi  e  domicilii  alle  formiche.  Considerazioni  generali  o  conclusioni.  Con  un 
quadro  delle  regioni  fitogeografiche.  Memorie  della  R.  Accademia  delle  Scienze 
dell'Istituto  di  Bologna.  Ser.  IV.  Tom.  X.  Bologna,  Tip.  Gamberini  e  Parmeg- 
giani,  1889. 

70  Fiori  monocentrici  e  policentrici.  Jdalpigliia.  .Vniin  III.  Voi.  111.  Genova,  Tip.  Ci- 
minago,  1889. 

71.  Sulla  impollinazione  dell'Arimi    Draoi/ìculus.  Malpighia.  Anno  III.  Voi.   III.    Ge- 

nova, Tip.  Ciminago,  Febbraio  1890. 

72.  Ancoì'a  sull'impollinazione    del    Dracunculus.    Malpighia.    Anno    I\',    p.    134-135 

Genova  1890. 

73.  Note  ed  osservazioni  botanicìie.  Decuria  seconda.  1.  Biologia  delle   Gimnosperme. 

IL  Pensieri  ed  osservazioni  sulla  disseminazione.  III.  Funzione  degli  ascidii 
di  Dischidia.  IV.  Una  delle  funzioni  della  glaucedine.  V.  Significazione  bio- 
logica dei  nettarostegi  fiorali.  VI.  Funzione  della  corolla  di  Bassia  latifolia. 
VII.  .\neraofilia  di  Bocconia  frutescens,  Dodonaea  viscosa.  Erica  scoparia,  !Mer- 
curialis  perennis.  VII.  Apparecchio  florale  staurogamico  della  Barnadosia  rosea. 
IX.  Staurogamia  presso  il  Sauroniatuin  guttatuiu.  X.  Simbiosi  tra  Ejiatiche 
fogliose  e  Rotiferi.  Malpighia,  Anno  IV,  fase.  I-III.  Genova,  Tip.  Ciminago  1890. 

74.  Contribuzione  alla  teoria  della  Pseudanzia.  .Malpighia.  Anno  IV,  Voi.  IV.  Genova, 

Tip.  Ciminago,  Ottobre   1890. 

75.  Applicazione  di  nuovi  criterii  per  la  classifica  zinni!  delle  piante,  Terza  Memoria; 

XXII.  Classificazione  delle  Angiosperme.  XXIII.  Quali  sieno  gli  ascendenti 
delle  Angiosperme.  XXIV'.  Quali  delle  odierne  forme  angiospermiche  sieno  da 
ritenersi  prototipiche.  XXV.  Invenzione  di  un  nuovo  criterio  tassonomico; 
Angiosperme  euante  e  pseudante.  XXVI.  Teoria  della  Pseudanzia.  XXVil  Pseu- 


—    XIX   — 

danzia  nelle  Malvaceo  e  Rosacee.  XXVllI.  Pseiulanzia  nelle  famiglie  ilipendenti 
dalle  Malvacee.  XXIX.  Pseudanzia  in  alcuni  generi  di  Rosaceo  e  nelle  famiglio 
affini.  XXX.  Pi-obabile  Pseudanzia  in  altre  famiglie.  XXXI.  Angiospermo 
eiiante.  XXXII.  Angiospermo  di  dubbia  o  d'incerta  sede.  Memorie  della  R.  Ac- 
cademia dell'Istituto  di  Bologna,  Ser.  IV,  Tom.  X.  Bologna,  Tip.  Gamborini 
e  Parmeggiani   1890. 

76.  Applicazioni  di  nuovi  crilerii  per  la  classificazione  delle  piante.  Quarta  Memoria. 

XXXIII.  Canoni  della  dottrina  filogenetica  applicabili  alla  classificazione  delle 
piante.  Memorie  della  R.  Accademia  delle  scienze  dell'Istituto  di  Bologna. 
Ser.  V,  Tom.  I.  Bologna,  Tip.  Gamberini  e  Parmeggiani  1890. 

77.  Pseudanzia  di  Camellia  e  di  Geum.  (in  collaborazione  col  D.  Ugo  Bernardi)  Mal- 

pighia.  Anno  V,  fase.  III.  Genova,  Tip.  Ciminago  1891. 

78.  Pensieri  sulla  ììietaniorfosi  e  sulla  idiomorfosi  presso  le  piante  vascolari.  Memorie 

della  R.  Accademia  delle  Scienze  dell'Istituto  di  Bologna.  Ser.  V,  Tom.  111.  Tip. 
Gamberini  e  Parmeggiani,   1892. 

79.  Esposizione  di  ima  nuova  teoria  della  Fillolnssi.  .\tti  del    Congresso    Internazio- 

nale Botanico  1892.  Genova,  Tip.  Sordo-muti. 

80.  Esposizione  della  teoria  della  Pseudanzia.  A.tti  del  Congresso    Botanico    Interna- 

zionale 1892.  Genova,  Tip.  Sordo-muti. 

81.  Disordini  Universitarii.  Cause  e  rimedii.  Bologna,  1892. 

82.  Applicazione  di  nuovi  crilerii  per  la  classificazione  delle  piante.  Quinta  Memoria. 

XXXIV.  Proposte  di  correzioni  e  di  emendazioni  ai  quadri  tassonomici  delle 
Angiospermo.  A.  Rinantacee.  B.  Passi tloracee.  Cucurbitacee.  C.  Aristolochiacee. 
Memorie  della  R.  Accademia  delle  Scienze  dell'Istituto  di  Bologna,  Ser.  V. 
Tom.  III.  Bologna,  Tip.  Gamberini  e  Parmeggiani,  1893. 

83.  Elerocarpia  et  Eteromericarpia  nelle  Angiosperme.  Con  un  capitolo  sul  mimismo 

nei  frutti  o  nei  semi.  Memorie  della  R.  Accademia  delle  Scienze  dell'Istituto 
di  Bologna.  Ser.  V.  Tom.  V.,  Bologna,  Tip.  Gamberini  e  Parmeggiani,  1895. 

84.  .Studi  fillotassici.  I.  Casimiro  De  CandoUe  e    la   teoria   fiUopodiale.    II.    Sdoppia- 

mento dei  fiUopodii.  III.  Polimeria  nelle  fillotassi  verticillari.  IV.  Moltiplica- 
zione e  contrazione  d'organi  togliari.  Malpighia,  Anno  IX.  Genova,  Tip.  Ci- 
minago, 1895. 
■85.  Sociulistno  e  Storia  Naturale.  Discorso  per  la  inaugurazione  dogli  studi  [iresso 
la  R.  Università  di  Napoli  nell'anno  accademico,  1894-95.  Napoli,  Tip.  della 
R.  Università.  1895. 

86.  Applicazione  di  nuovi  criterii  per  la  classificazione  delle  piante.  Sesta  Memoria. 

II.  Monocotiledoni.  Memorie  della  R.  Accademia  delle  Scienze  dell'Istituto  di 
Bologna,  Ser.  V.  Bologna,  Tip.  Gamberini  e  Parmeggiani,  1896. 

87.  Dicroismo  nell'Euphorl/ia  Peplis  e  in  altre  piante.  Rendiconti  dell'Accademia  delle 

Scienze  Fisiche  e  Matematiche  di  Napoli.  Fase.  6.  Napoli,   1897,  Giugno. 

88.  Dimorfismo  del  Ranttnculus  Ficaria.  L.  Memorie  della  R.  Accademia  delle  Scienze 

dell'Istituto  di  Bologna,  Ser.  V.  Tom.  VI.  Bologna,  Tip.  Gamberini  e  Parmeg- 
giani, 1897. 

89.  Per  la  critica.  Rivista  contemporanea,  fase.  6.  Napoli,  1897. 

90.  Gaetano  Licopoli.  Parole  commemorative.  Rendiconti  della  R.    Accademia    delle 

Scienze  Fisiche  e  matematiche  di  Napoli.  Napoli  1898. 

91.  Studi  di  Geografia  botanica  secondo  un  nuovo  indirizzo.    I.  Preliminari.  II.  Divi- 

sione della  terra  in  territori!  fitogeografici.  Centri  di  formazione  delle  specie. 
Centri  di  sviluppo.  III.  Centri   di  formazione  e    di    sviluppo  dei    generi,    delle 


—   XX  — 

tribù  e  delle  fainig-lin.  IV.  Stazioni.  V.  Regioni.  VI.  Eiiumerazioue  e  classi- 
ficazione delle  diverse  regioni.  VII.  Endemismi.  IMeniorie  doIUi  R.  Accademia 
delle  Scienze  dell'Istituto  di  Bologna.  Ser.  V.  Tom  VII.  Bologna.  Tip.  Gam- 
berini  e  Parraeggiani,  1898. 

92.  Kiiooe  specie  ìnirnii'cofllc  fornite  di  netlarii  estramciali.  Rendiconti  della  R.  .\c 

cademia  delle  Scienze  Fisiche  e  Matematiche  di  N;ipoli.  Fase.  G  e  7,  Giugno- 
Luglio,   1898. 

93.  Commeìuorazione  del  prof.   Teodoro   Caruel.  Rendiconti  della  R.  Accademia  delle 

Scienze  Fisiche  e  Matematiche  di  Napoli,   1898. 

94.  Rapporti  tra  la  eooluzione  e  la  distrihuziono  geografica  delle  Raniincolaeee.  l\Ie- 

morie  della  R.  Accademia  delle  Scienze  dell'Istituto  di  Bologna.  Ser.  V. 
Tom.  Vili.  Bologna,  Tip.  Gamberini  e  Parmeggiani.   1899. 

95.  Questioni  di  Diolof/ia    Vegetale.  I.    Defiiiiiioiie  e  limiti  della  Bioloi/ia.  Rivista  di 

Scienze  Biologiche  dirotta  da  E.  Morselli.  Fa.sc.  I.  Gennaio,  1899. 

96.  Note  di  Biolor/ia  Vei/etale.  II.  Apparecchio  sotterratore  dei  semi.  Rivista  di  Scienze 

Biologiche  fase.  VIIMX.  Agosto-Settembre  1899.  Como,  Tip.  Longatti. 

97.  Relazione  sulla  o.iport unità  d' impiantare  giardini   sperimentali    di    colture   tro- 

picali nell' Eritrea.  Alla  Illustre  Società  Reale  delle  Scienze  Matematiche,  Fi- 
siche e  Naturali.  Rendiconto  della  R.  Accademia  delle  Scienze  Fisiclie  e  Ma- 
tematiche di  Napoli  fase.  2  e  3.  Febbraio  e  Marzo,  1899. 

93.  Depnizione  e  limiti  della  Biologia  Vegetale.  Bollettino  dell'Orto  Botanico  di  Na- 
poli. Tom^  I.  fase.  1,  p.  5.  Napoli,  Tip.  Tessitore,   1899. 

99.  Piante  formicarie.  Parte  prima.  Bollettino  dell'Orto  botanico  di  Napoli,  Tom.  I 
fase.  I,  p.  36.  Napoli,  Tip.  Tessitore,  1899. 

100.  Sulla  costituzione  del  Ranunculus  Vicaria.  L.  nei  dintorni  di  Dresda.  Bollettino 

dell'Orto  botanico  di  Napoli,  Tom.  I,  fascicolo  1,  pag.  24.  Napoli,  Tip.  Tes- 
sitore,  1899. 

101.  Comparazione  biologica  di  due  fiore  estreme,  artica  ed  antartica.   Memorie  della 

R.  Accademia  delle  Scienze  dell'Istituto  di  Bologna.  Ser.  V.  Tom.  Vili. 
Bologna,  Tip.  Gamlierini  e  Parmeggiani   1900. 

102.  Sulle  piatile  a  bicchieri.  Ballettino  dell'Orto  botanico  di  Napoli-  Tom.  I.  fase.  2. 

p.  63.  Napoli,  Tip.  Tessitore,  1900. 

103.  Piante  formicarie  (seguito).  BuUettino  dell'Orto  botanico  di  Napoli,  Tom.  I,  fase.  2, 

p.  67.  Napoli,  Tip.  Tessitore,   1900. 

104.  Questioni  di  Biologia   Vegetale.  3*  Funziono  nuziale  e   origino  dei  sessi.    Rivi.stu 

di  Scienze  biologiche  Voi.  II,  n.  4-5.  Como,  Tip.  Longatti,  1900. 
Il  15.  Circa  la  teoria  delle  spostazioni  ^/totesiù'/ie.  Rendiconti  della  R.  Accademia  delle 

Scienze  Fisiche  Matematiche  in  Napoli,  lOtK). 
106.  Sugli  artropodi  fllobii  e  sulle  complicazioni  dei  loro  rapporti  biologici.  Bollettino 

della  Società  Botanica  Italiana,  I90I. 
1()7.  Ver  una  rettificazione.  Bollettino  della  Società  Botanica  Italiana,  1901. 

108.  Sopra   ttn   organo   caratteristico   di  alcune    Cucurbitacee  e   sulle  relazioni  delle 

piante  coi  Tripidi.  Memorie  della  R.  Accademia  delle  Scienze  dell'Istituto  di 
Bologna,  Ser.  V,  Tom.  IX.  Bologna,  Tip.  Gamberini  e  Parmeggiani,  1901. 

109.  Leonardo  Jooinc.    Il   secolo    ventesimo.'  Moniti  e  profezie  di    Zoroaslro.  Napoli. 

Tip.  Tocco  e  Salvietti,  1901. 

110.  Bei  meriti  di  Domenico  C/riVto  yerso /ci  ?;otoniC<;.  Napoli,  Tip.  Morano  e  figlio  1901. 

111.  Sul  genere  Donzellia  Ten.  —  Rendiconti  della  R.  Accademia  delle  Scienze  Fi- 

siche e  Matematiche  di  Napoli.  Fase.  8-11   1902,  Agosto  e  Novembre. 


—    XXI    

112.  Piante  formicarie  fseguito).  Bollettino  delTorto  botanico  di  Napoli,  Tom.  1,  fase.  3, 

p.  201.  Napoli,  Tip.  Tocco  e  Salvietti,  1902. 

113.  Domenico  Cirillo  e  le  sue  opere  botaniche.  Bollettino  dell'Orto  botanico  di    Na- 

poli. Tom.  I,  fase.  3,  p.  202.  Napoli,  Tip.  Tocco  e  Salvietti,  1902. 

114.  Notizie  filobiolor/iche.  I.  Nettari!  estranuziali  in  una  specie  di  Fraxinus.  II.  Ete- 

romericarpia  di  Portulaca  ol'racea.  III.  Eterocarpia  di  Filago  gallica.  Bollet- 
tino dell'Orto  botanico  di  Napoli.  Toni.  I,  fase.  4.  Napoli,  Tip.  Tocco  e  Sal- 
vietti, 1903. 

115.  Cladomania  di   Picris    hieracioides.    Bollettino    della   Società    Botanica  italiana, 

p.  275.  1903. 

116.  Piante  formicarie,  (seguito  e  fine).  Bollettino  dell'Orto  botanico  di  Napoli.  Tom.  I. 

fase.  4,  p.  349.  Napoli.  Tip,  Tocco,  e  Salvietti.  1903. 

117.  Sul  fenomeno  della  macrobiocnrpia  in  alcune  piante.  Rendiconti  della  R.  Acca- 

demia delle  Scienze  Fisiche  e  Matematiche  di  Napoli,  fase.  2.   Febbraio  1903. 

118.  Aggiunte  alla  teoria  della   classificazione   delle   monocotiledoni.    Memorie    della 

R.  Accademia  delle  Scienze  dell'Istituto  di  Bologna.  Ser.  V,  Tom.  X.  Bologna, 
Tip.  Gamberini  e  Parmeggiani,   1903. 

119.  Il  Radio.  Il  giornale  d'Italia,  1904,  Roma. 

120.  Discorso  del  prof.  Delpino.  (Vedi  Onoranze  al  prof.  Delpino  nel    suo  70°.  com- 

pleanno). Palermo,  1904.  pag.  28-32. 

121.  Zoidiofilia  nei  fiori  delle  Angiosperme.  Parte  prima.  Bollettino  del  R.  Orto  Bo- 

tanico di  Napoli.  Tom.  II,  fase.  1,  p.  3,  Napoli,  Tip.  Tessitore,  1904. 

122.  Sulla  finzione  vessillare  presso  i  fori  delle  Angiosperme.  Memorie  della  R.  Ac- 

cademia delle  Scienze  dell'Istituto  di  Bologna,  Ser.  VI,  Tom.  1.  Bologna,  Tip. 
Gamberini  e  Parmeggiani,  1904. 

123.  Sviluppo  della  eieromericarpia  nelle  Portulacacoe.  Rendic.  dell'Accad.  delle  Se. 

Fis.  e  Mat.  di  Napoli,  Serie  3,  Voi.  VI,  1905. 

124.  Applicazione  di  nuovi  criteri  per  la  classificazione,  delle  piante.  Settima  memoria, 

letta  il  7  maggio  1905  —  Meni,  della  R.  Accad.  delle  Se.  di  Bologna. 

Dall'Istituto  Botanico  di  Pavia,  marzo  1907. 


INDICE  DEL  PRESENTE  VOLUME 


PAETE  I. 


Prefazione Pag.    iir 

Cenno  sopra  Federico  Delfino,  con  ritratto  (G.  Briosi) ,        v 

Ip.torno  alla  Ruggine  bianca  dei  limoni  (Ciirus  Limomim  Risso)  Grave 
malattia  manifestatasi  in  Sicilia.  Parte  I:  Frutti.  — Con  11  tavole 
litografate  (G.  Briosi  e  R.  Farneti) „        1 

Sulla  relazione  tra  lo  sviluppo  della  lamina  fogliare  e  quello  dello  xi- 
lema nelle  traccio  e  nervature  corrispondenti,  con  una  tavola  litogr. 
(L.  Montemartini) „      61 

Sull'avvizzimento  dei  germogli  del  gelso.  Suoi  rapporti  col  Fusarium 
lateritium  Nees  e  colla  Gihlierelìa  moricola  (De  Not.)  Sacc.  Se- 
conda nota  preventiva  (G.  Briosi  e  R.  Farneti) ,      65 

Osservazioni  critiche  sopra  alcune  ricerche  microchimiche  [dell'esculina 

(E.  Cazzani) ,       68 

Intorno  ad  alcune  malattie  della  vite  non  ancora  descritte  od  avver- 
tite in  Italia  (R.  Farneti) „       72 

Il  marciume  dei  boccinoli  e  dei  fiori  delle  rose  causato   da  una   forma 

patogena  della  Botì-ytis  vuìgaris  (Pers.)  Fr.  (R.  Farneti)    ....      „      77 

Sull'origine  degli  ascidi  anomali  nelle  foglie  di  Saxifraga  crassifolia  L. 

{L.  Montemartini) »      78 

Intorno  al  miglior  modo  di  ricerca  microchimica  del  fosforo  nei  tessuti 

vegetali  (G.  Pollacci) „      80 

Alcune  considerazioni  sull'ontogenia  delle  cormofite  vascolari,  con  1  ta- 
vola litogr.  (G.  Rota-Rossi) ,      88 

Un  nuovo  fungo  parassita  sulla  Chaquirilla,  pianta  messicana  (M.  Tur- 
coni) ,      91 

Di  un  nuovo   mezzo   di  diffusione  della  Fillossera  per  opera  di  larve 

ibernanti,  con  1  tavola  litogr.  (R.  Farneti  e  G.  Pollacci)    ....      „      95 

L'evoluzione  morfologica  del  fiore  in  rapporto  colla  evoluzione  croma- 
tica del  perianzio,  con  13  tavole  litogr.  (L.  Buscalioni  e  G.  B.  Tra- 
verso)   B     103 

Intorno  al  brusone  del  riso  ed  ai  possibili  rimedi  per  combatterlo.  Nota 

preliminare  (R.  Farneti) »    203 

Azione   della  luce  solare  sulla  emissione  di  idrogeno  dalle  piante  (G. 

Pollacci) ,215 

Ispezione  ad  alcuni  vivai  di  viti  americane  malate  di  "Roncet,  in  Si- 
cilia (G.  Briosi) „    225 

Contributo  alla  biologia  fogliare  del  Buxus  semperrirens  L.  con  1  tav. 

litogr.  (L.  Montemartini) „    239 


XXIV    — 

Primi   stiuli  sulla   formazione  dello  sostanze  albuminoidi   nelle  piante 

(L.   Montemartini) Pag.  245 

Seconda  contribuzione  calla  micologia  della   provincia   di  Bergamo   (G. 

Rota-Rossi) ,    265 

Sulla  scoperta  dell'aldeide  formica  nelle  piante  (G.  Pollacci) ,     203 


PARTE  II. 

Rassegna  crittogamica  per  il  primo  semestre  1904  (G.  Briosi)    ....  Pag.  305 
Rassegna  crittogamica  per  il  secondo  semestre  1904  (G.  Briosi)     ...       ,     323 
Sull'operosità  della  R.  Stazione  di  botanica  crittogamica   di  Pavia  du- 
rante l'anno  1904  (G.  Briosi) ,331 

Rassegna  crittogamica  pel  primo  semestre  1905  (G.  Briosi) 337 

Rassegna  crittogamica  pel  secondo  semestre  1905  (G.  Briosi)     ....      ,     344 
Sull'operosità  della  R.  Stazione  di  botanica  crittogamica  di   Pavia  nel- 
l'anno 1905  (G.  Briosi) 351 


PARTE  PRIMA. 

NOTE  E  MEMORIE  ORIGINALI. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  E.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


INTORNO 

ALLA 

RUGGINE   BIANCA  DEI  LIMONI 

(CITRUS  LIMONUM  Risso) 
GRAVE  MALATTIA  MANIFESTATASI  IN  SICILIA 


Aspetto  esterno  :  alterazioni  anatonio-patolo^ielie  : 

«•ausa  e  riproduzione  artificiale  «Iella  malattia:  sviluppo,  poliniorlisnio 

e  biologia  del  parassita  ;  rimedi. 


R-ICER-CHE     DI 

GIOVAXNI  BRIOSI  e  RODOLFO  FARNETl 


Parte  Prima  —  FRUTTI. 
Breve   cenno  storico  (Iella  malattia  in  Sicilia. 

In  mia  Nota  preliminare^  pubblicata  nell'ottobre  passato,  noi  ab- 
biamo dato  un  breve  cenno  di  una  malattia  da  poco  tempo  avvertita 
in  Sicilia,  ove  volgarmente  è  designata  col  nome  di  Ruggine  bianca  dei 
limoni. 

Su  di  essa  fu  richiamata  l'attenzione  nostra  dai  signori  Severino 
Davi  ingegnere  di  Messina  ed  E.  Arnao  direttore  della  Cattedra  am- 
bulante di  agricoltura  di  Siracusa. 

Il  Davi  nell'agosto  e  l'Arnao  nel  settembre  dell'anno  passato  (1901) 
mandarono  al  Laboratorio  Crittogamico  frutti  e  foglie  di  limoni  malati 
chiedendo  studi  sulla  natura  del  male  e  consigli  sui  possibili  mezzi  per 


1  G.  Briosi  e  R.  Farne ii.  Sopra    una    r/rave    malattia  che  deturpa  i  frutti  del 
limone  in  Sicilia,  in  Alti  ddl' Istituto  Botanico  di  Pavia.  —  Nuova  Serie,  voi.  VITI. 
Alti  dell' I.-il.  Bui,  deirViiieeri-ilù  di  Pacia  —  Xuova  Serie  —  Voi.  X.  1 


difendersene;  e  nel  gennaio  passato  ci  fu  spedita  nn' altra  cassetta  di 
frutti  provenienti  da  un  limoneto  del  signor  Sebastiano  Palisi  sindaco 
di  Ali. 

E  un  male  molto  grave  di  già  diffuso  in  diverse  Provincie  della  Si- 
cilia '  che  fa  scrivere  all'Ing.  Davi:  da  circa  due  anni  esso  /in  portato 
nelle  nostre  contrade  la  miseria,  ^jercliè  rende  inservibili  gli  agrumi,  ed  al 
prof.  Arnao:  il  male  è  tale  che  impressiona  c/li  agricoltori. 

La  malattia  attacca  i  limoni  e  ne  deturpa  i  frutti  di  tal  maniera 
che  il  gran  commercio  li  rifiuta. 

I  frutti  malati  raggiungono  dimensioni  discrete,  spesso  di  poco 
inferiori  alle  normali,  e  raci(ìità  loro  non  sembra  diminuire  in  modo 
notevole,  ma  la  bruttezza  del  loro  aspetto  è  tale  che  rimangono  forte- 
mente deprezzati,  e  sebbene  le  alterazioni  non  arrivino  di  solito  alla 
polpa,  pure  la  lesistenza  loro  ai  lunghi  viaggi  è  di  molto  scemata  poi- 
ché l'epidermide  screpolata  e  morta  piii  non  li  protegge  e  nelle  casse 
pel  contatto  reciproco  e  lo  sfregamento  divengono  bruni,  prendono  una 
consistenza  coriacea,  quasi  sugherosa,  o  divengono  teneri  e  allora  fa- 
cilmente marciscono. 

Questa  malattia  si  sarebbe,  a  quanto  ne  scrive  l'Arnao,  manife- 
stata due  anni  or  sono  ad  Itala  e  ad  Ali  (in  provincia  di  Messina), 
dalle  quali  località  l'Arnao  ricorda  di  avere  allora  avuto  campioni  di 
foglie  che  presentavano  nn  affezione  identica  a  quella  die  si  riscontra 
nelle  foglie-  delle  piante  i  cui  frutti  si  cedono  attaccati  oggi  dalla  Uuggine 
bianca. 

La  malattia  si  svilupperebbe  e  sulle  foglie  e  sui  frutti;  noi  però 
ci  occuperemo  nella  presente  Memoria,  che  costituisce  la  Piima  Parte 
del  nostro  lavoro,  solo  dei  frutti,  riserbandoci  di  raccogliere  in  una 
prossima  pubblicazione  che  ne  formerà  la  Seconda  Parte,  i  risultati 
dei  nostri  studi  sulle  foglie  ;  se,  come  speriamo,  riusciremo  ad  avere 
materiale  adatto  e  sufficiente  per  completare  le  osservazioni  e  le  spe- 
rienze  che  su  di  esse  abbiamo  in  corso. 

La  Ruggine  bianca  dei  limoni  ha  richiamato  l'attenzione  anche  di 
altii  ricercatori  e  studiosi  valenti,  ma  le  conclusioni  loro  non  concor- 
dano colle  nostre  e  noi  ne  parleremo  piti  oltre  in  s[)eciale  capitolo, 
dopo  avere  esposto  i  risultati  delle  nostre  ricerche. 


'  A  quanto  sembra  questa  malattia  nou  è  più  limitata  alla  Sicilia  Noi  abbiamo 
trovato  sul  mercato  di  Pavia  limoni  colla  stessa  infezione  che  provenivano,  a  quanto 
ne  fu  assicurato  dal  negoziante  grossista  che  li  aveva  iiiiiiortati,  da  Varazze  di 
Liguria. 


—   3   — 


Come  si  manifesta  la  malattia. 
Aspetto  esterno  delle  alterazioni. 

Se  questa  malattia  oltre  al  limone  attacchi  in  Sicilia  altre  auraii- 
ziacee  (cedri,  aranci,  ecc.),  come  sembrerebbe  da  quanto  afferma  il  Leo- 
nardi', noi  non  potremmo  assicurare;  anzi  il  fatto  che  mai  non  ci  furono 
mandati  altri  frutti  all'infiiori  di  quelli  di  limone,  che  di  questi  soli 
ripetutamente  ci  fu  scritto,  sembrerebbe  escluderlo;  comunque,  noi  ci 
occuperemo  solo  dei  limoni,  anzi  qui  in  particolare  studieremo  unica- 
mente il  male  come  si  presenta  sui  loro  frutti,  che  è  quello  che  attual- 
mente dà  mag-g-iori  preoccupazioni  agli  agrumicoltori,  riserbando,  come 
si  è  detto,  ad  altra  Nota,  i  risultati  dello  studio  di  quanto  avviene  sulle 
foglie,  delle  quali  ora  faremo  solo  breve  cenno. 

Frutti.  —  I  frutti  di  limone  attaccati  dalla  lìugijiìie  bianca  pre- 
sentano aspetti  diversi  e  ciò  in  relazione  allo  stadio  ed  all'intensità 
del  male,  al  differente  grado  di  maturazione  e  di  sviluppo  che  i  frutti 
avevano  quando  furono  attaccati,  e  forse  anche  in  ragione  della  varia 
forza  di  resistenza  al  male  che  offre  la  varietà  colturale  alla  quale  il 
frutto  appartiene. 

Nelle  figure  della  tavola  I,  riproducenti  tutte  limoni  malati  man- 
datici dalla  Sicilia,  trovansi  rappresentate  le  principali  alterazioni  che 
il  morbo  in  modo  diretto  od  indiretto  produce  sulla  buccia  dei  frutti  ; 
e  nella  fìg.  5  della  tav.  II  è  rappresentato  un  frutto  fortemente  ma- 
lato, proveniente  dalla  Liguria,  che  mostra  in  quale  stato  i  limoni  af- 
fetti dal  male  possono  ridursi  dopo  lo  strapazzo  di  breve  viaggio. 

La  sede  del  male  è  nella  buccia,  che  esso  altera  in  vario  modo  e 
misura  senza  però  ojìporre  notevole  ostacolo  allo  sviluppo  dei  frutti  i 
quali,  anche  malati,  raggiungono  o  quasi,  come  si  è  detto,  le  dimensioni 
dei  sani  ma  non  la  bellezza  e  l'aspetto  loro.  Dalla  Sicilia  ci  furono 
spediti  giovani  frutti  verdi  in  vario  grado  di  .sviluppo  e  frutti  gialli 
perfettamente  maturi  ed  anche  dei  verdelli.  -  Nei  frutti  verdi,  più  o 
meno  immaturi,  il  male  si  presenta  sotto  due  aspetti  alquanto  diversi. 
In  alcuni  la  buccia  mostra  qua  e  là  delle  chiazze  cenerognole  o  di  un 


'  Lkoxakdi,  Danni  causali  dalla  Heliotìirips  Uacinorroidalis  Benché  agli  agrumi: 
in  Bollettino  di  Entomolojiiii  Ai/raria,  n.  11,  uovemhre  1902. 

2  I  limoni  t;ii(livi  clie  maturano  verso  il  mese  di  giugno  chiamansi  verdelli:  essi 
non  prendono  mai  la  tinta  gialla  propria  delle  frutta  normali,  hanno  forma  piuttosto 
sferica,  sono  abbastanza  consistenti  e  molto  pregiati,  specie  pei  preparati  di  spezieria 
(Alfonso  Spagna,   Trattato  della  coltioasione  defili  ugnimi). 


—   4  — 

«^risio  verdiccio,  iri'egolai  i ,  forforacee,  spesso  continenti  fra  loro,  for- 
niate (la  crostine  di  varie  dimensioni,  jiiii  o  meno  rilevate  e  squa- 
niantesi.  Questa  forma  talora  è  limitata  ad  una  porzione  della  buccia 
(tìg.  1,  2,  tav.  I),  tal  altra  invece  invade  quasi  tutta  la  superfìcie  del 
frutto  (flg;.  4,  tav.  I),  che  allora  vedesi  idcoiierto  come  da  una  specie 
di  eritema  continuo  ed  uniforme  d"  un  verdiccio  cenerognolo.  In  altri 
(fi?:.  3,  tav.  I)  si  ha  pure  una  S[),^cie  di  eritema  uniforme,  ma  di  un 
colore  grigio-gialliccio,  non  a  superfìcie  continua,  ma  formato  da  cro- 
stine irregolarmente  poligonali  e  fortemente  aderenti  alla  buccia. 

Anche  nei  frutti  maturi  il  male  assume  diversi  aspetti.  Alcune 
volte  esso  presenta  chiazze  d'infezione  isolate  (fìg,  5,  tav.  I)  con  eritema 
più  0  meno  esteso,  cenerognolo  o  gialliccio,  cosparso  però  il'  aree  bru- 
iiicce,  con  squamazione  piìi  o  meno  avanzata;  altre  volte  invece  (fìg.  (i, 
tav.  I)  la  buccia  del  fruito  è  ricoperta  in  giau  parte,  talora  anzi  per 
intero,  da  una  specie  di  patina  o  vernice  uniforme,  biaccosa,  opaca,  di 
una  lucentezza  metallica  o  meglio  micacea,  leggermente  prominente,  di 
un  colore  bianchiccio  cenerognolo  o  grigio-paglierino,  tutta  disseminata 
di  screpolature  che  la  dividono  in  tanti  poligoni  più  o  meno  ampi  ed 
irregolari.  È  questo,  a  quanto  sembra,  l'aspetto  più  frequente  che  il  male 
assume  nei  frutti  maturi. 

Si  trovano  altresì  frutti  maturi  ben  sviluppati,  e  ricoperti  alla  let- 
tera di  croste  varie  di  forma  e  colore,  giallognole,  violacee,  brune,  lucide 
anche,  ecc.  fra  loro  confluenti  e  disgregantesi,  che  danno  un  aspetto 
sealìbioso  ancora  più  sgradevole  e  brutto  di  quel  che  si  possa  rilevare 
dalla  fìg.  7  tav.  I,  nella  quale  si  è  cercato  di  rappresentare  questa 
altei'azione. 

Tia  i  frutti  maturi  speditici  dalla  Sicilia,  infine,  se  ne  trovavano 
alcuni  di  già  imbruniti  poco  dissimili  da  quello  della  Liguria  rappre- 
sentato nella  fìg.  5  della  tav.  II;  e  dei  bruni  e  rammolliti  o  colla  buccia 
raggrinzita  se  ne  avevano  anche  fra  quelli  licoperti  dalla  (latina  biac- 
cosa alla  (luale  si  è  sopra  accennato.  E  che  essi  possano  lidursi  in 
cosi  triste  stato  non  deve  recar  meraviglia,  iioichè  nei  frutti  malati  la 
buccia  screpolata,  iu([uinata  ed  offesa,  non  può  sempi'^  ('ffi'ii'é  valida  di- 
fesa alla  polpa  interna. 

Sino  a  ([ual  punto  ed  in  ([ual  maniera  il  tempo  dell'  attacco  e  la 
resistenza  della  varietà  e  dell'individuo,  abbiano  influenza  sulla  forma 
dell'alterazione,  noi  non  potremmo  dire  con  sicurezza,  nonostante  che 
la  forma  che  presenta  sulla  buccia  la  patina  biaccosa  e  lucida  forte- 
mente aderente,  sembri  manifestarsi  di  preferenza  quando  il  male  at- 
tacca i  frutti  che  hanno  raggiunto,  o  quasi,  il  loro  completo  sviluppo. 
Si  osserva  infatti  che  lo   strato   biaccoso  a  lucentezza  metallica  è  più 


—  5   — 

aderente  alla  buccia  ed  ha  screpolature  iiiù  rare  e  polio;oui  più  ampi, 
quando  i  frutti  sono  più  maturi.  Questo  si  può  spiegare  col  fatto 
che  i  frutti  attaccati,  allorquando  iianno  raggiunto  il  loro  completo 
sviluppo,  più  non  si  ingrossano,  mentre  gli  immaturi  seguitando  ad  au- 
mentare di  volume  debbono  determinare  nell'  epicarpo  morto,  che  non 
può  più  distendersi,  maggior  numero  di  screpolature  e  quindi  croste  più 
piccole  ed  irregolari  le  quali  facilmente  squamano  ed  in  parte  si  di- 
staccano. 

Questa  specie  di  vernice  biaccosa  è,  come  vedremo  meglio  più 
oltre,  costituita  da  una  zona  di  tessuto  formato  di  cellule  più  o  meno 
schiacciate  e  piene  d'aria  le  cui  pareti  spesso  sono  così  a  contatto  fra 
loro  che  al  microscopio  si  presentano,  in  sezione  radiale,  quasi  come 
un'unica  grossa  parete  compatta  ed  omogenea  più  o  meno  opaca,  pa- 
rete che  invece  è  costituita  dalle  membrane  combaciantisi  delle  cellule 
di  tessuto  morto  e  schiacciato. 

Foglie.  —  Sulle  foglie  malate  a  noi  spedite  dalla  Sicilia  si  pre- 
sentavano (fig.  6  e  7  tav.  II)  nella  pagina  inferiore  delle  macchie  più 
0  meno  estese  ed  irregolari,  senza  margine;  le  più  piccole  e  giovani 
bianchiccie  o  giallognole,  le  più  grandi  e  vecchie  di  un  color  bruno 
(tìg.  7,  tav.  II),  a  queste,  sulla  pagina  superiore,  corrispondevano  delle 
macchie  giallognole  come  se  il  lembo  fogliare  ivi  fosse  eziolato. 

Da  principio,  le  dette  macchie  anche  alla  pagina  inferiore  si  pre- 
sentano spesso  come  semplici  chiazze  biancliicce  e  giallognole  a  contorni 
indeterminati  ed  evanescenti,  in  mezzo  ad  esse  per  altro  scorgonsi  delle 
areole  più  o  meno  puntiformi,  brunicce,  iirominenti,  che  si  allargano 
e  coniìuiscono.  comunicando  gradatamente  a  tutta  la  macchia  un  colore 
bruno  tabacco  più  o  meno  intenso,  come  sopra  si  è  detto. 

Queste  piccole  areole  sono  costituite  in  principio  da  semplici  e 
minute  verrucchette  brunicce  formate  dal  mesofillo,  le  quali  crescendo 
rapidamente  in  numero  e  dimensioni  confluiscono  e  producono  delle 
crostine  più  o  meno  rilevate  che  danno  alla  macchia  un  aspetto 
leggermente  rognoso,  aspetto  il  quale  spesso  si  accentua  anche  per  la 
presenza  di  escrementi,  di  ragnatele  e  spoglie  di  insetti  e  di  altri 
animalucoli. 

Col  progredire  del  male  le  porzioni  am.malate  del  lembo  fogliare, 
più  0  meno  bollose  verso  la  pagina  superiore,  muoiono  e  seccano. 

Queste  alterazioni  disturbano  al  certo  la  funzione  della  foglia,  ma 
se  fossero  limitate  al  solo  lembo  fogliare  non  produrrebbero  forse  gravi 
danni,  poiché  esse  non  si  estendono  a  tutta  la  lamina  (almeno  nei  cam- 
pioni a  noi  mandati)  ma  solo  ne  ammortizzano  qua  e  là  qualche  por- 
zione. 


~   6   — 

Il  morbo  per  altro  non  si  arresta  al  lembo,  ma  frequentemente 
invade  anche  il  i)icciiiolo  sul  quale  forma  specie  di  croste  giallognole  o 
brunicce,  che  non  solo  si  allargano  nel  senso  della  lunghezza;  ma  spesso 
lo  girano  e  tutto  lo  avvolgono  screpolandone  la  corteccia  che  sollevano 
ed  uccidono,  e  determinando  cosi  il  distacco  e  la  caduta  del  lembo.  Per 
tal  modo  la  pianta-  perde  molti  dei  suoi  principali  organi,  cioè  le  lamine 
fogliari,  le  quali  in  realtà  sui  rami  a  noi  mandati  mancavano  in  gran 
parte,  mentre  vi  si  vedevano  tuttora  attaccati  i  piccioli  detur]iati  dal 
male,  anzi  spesso  di  già  morti  e  secchi. 

Qualora  l'attacco  dei  picciuoli  molto  si  estenda,  è  chiaro  che  anche 
l'infezione  delle  foglie  può  rendersi  assai  dannosa,  anzi,  per  un  certo 
rispetto  più  dannosa  di  quella  del  frutto,  poiché  col  privare  la  pianta 
degli  organi  verdi,  ove  si  elaborano  le  principali  sostanze  ]ilastiche, 
essa  pone  ostacolo  alla  nutrizione,  quindi  non  solo  ne  deve  diminuire 
il  prodotto  ma  anche  comprometterne  la  vita. 


Alterazioni  aiiatoino-i)atoIo2;iclie 
nei  limoni  della  Sicilia  ed  in  quelli  della  Liguria. 

I  frutti  mandatici  dalla  Sicilia  erana  tutti  o  maturi  od  in  avanzato 
grado  di  sviluppo;  frutticini  molto  piccoli  non  ne  abbiamo  avuto;  i  più 
giovani  erano  grossi  quanto  una  noce  col  mallo  od  erano  rrrdelli  di  tali 
dimensioni  da  essere  di  già  commerciabili.  Più  sopra  abbiamo  descritto 
quale  sia  l'aspetto  esterno  che  i  frutti  malati  assumono  nei  diversi  stadi 
di  sviluppo,  ora  ricerchiamo  le  alterazioni  anatomiche  interne  che  il  male 
in  loro  produce. 

La  malattia  cominciava  a  manifestarsi  coll'apparizione  sui  frutti  di 
pustole  cenerognole,  minutissime,  delle  quali  le  più  piccole  non  raggiun- 
gevano il  diametro  di  un  decimo  di  millimetro,  ed  erano  quasi  invisibili 
ad  occhio  nudo. 

Pustole  maggiori  vedevansi  d'  ogni  dimensione,  sino,  grazie  alla 
loro  confluenza,  a  ricoprire  larghe  porzioni  del  frutto  e  talvolta  l'in- 
tera sua  superficie. 

Esaminando  al  microscopio  in  sezioni  tangenziali  la  superficie 
esterna  delle  pustole  più  minute  si  vede  che  il  tessuto  epidermico  della 
buccia  è  intatto,  cioè  non  interrotto,  e  che  su  di  esso  in  corrispondenza 
al  centro  della  pustola  sonvi  articoli  miceliali  formanti  dei  glomeruli  e 
talora  delle  brevi  catenelle  isolate,  oppure  dei  filamenti  jalini  o  bruni, 
quali  veggonsi  disegnati  nella  fig.  9  della  tav.  HI,  che  più  oltre  descri- 
veremo. 


/    — 


Esaminando  le  dette  inistole  invece  in  sezioni  radiali  si  scorge  che, 
sebbene  il  tessuto  epidermico  non  sia  per  anco  rotto,  è  peraltro  di 
già  alteiato,  inquantochè  il  plasma  delle  sue  cellule  mostrasi  più  o 
meno  contratto  ed  ingiallito,  come  più  o  meno  ingiallite  sono  altresì 
le  pareti  cellulari.  Alterazioni  simili  scorgonsi  nel  primo  ed  anche  nel 
secondo  strato  ipodermico,  e  sotto  di  questo  immediatamente  od  in 
strati  più  profondi,  vedesi  iniziarsi  la  formazione  di  un  tessuto  sughe- 
roso 0  periderma.  Studiando  in  modo  simile  pustole  isolate  i)iù  grandi 
si  trova  che  incomincia  in  esse  la  rottura  dello  strato  epidermico,  e 
«he  il  nuovo  tessuto  sugheroso  sottostante  di  già  costituito  di  più 
strati,  forma  una  zona  peridermica  più  o  meno  concava,  gli  orli  della 
quale  gradatamente  salgono  verso  l'epidermide  del  frutto,  formando  per 
cosi  dire  una  specie  di  scodella  sugherosa  interna  che  circonscrive  e 
limita  il  tessuto  malato  della  pustola  stessa. 

Quando  l'infezione  del  frutto  avviene  su  larga  plaga  e  quasi  si- 
multaneamente in  molti  punti  vicini  fra  loro,  allora  le  pustole  che  ne 
derivano,  e  per  la  vicinanza  e  per  1'  allargarsi,  confluiscono  e  formano 
una  specie  di  eritema  che  ricopre  porzioni  più  o  meno  estese  della  buc- 
cia. In  questo  caso  il  sughero  che  formasi  sotto  il  tessuto  patologico  non 
assume  più  la  forma  a  coppa  sopra  descritta  per  le  pustole  isolate, 
ma  costituisce  zone  pianeggianti  più  o  meno  parallelle  alla  superficie 
del  pericarpo.  Ciò  deve  provenire  dal  fatto  che  l' energia  vitale  de- 
terminante la  formazione  del  tessuto  sugheroso  riparatore  non  arriva 
in  tempo  a  circonscrivere  il  male  attorno  a  ciascun  centro  d'infe- 
zione, onde  r  opera  difensiva  e  limitatrice  non  potendo  arrestarlo 
agli  orli  d'ogni  singola  pustola,  deve  procedere  oltre,  cioè  sino  al  mar- 
gine dell'  intera  chiazza  infetta,  che  risulta  di  molte  pustole  fra  loro 
confluenti. 

Il  fellogeno,  cioè  il  tessuto  che  dà  origine  al  periderma,  non  sempre 
«sercita  la  sua  attività  solo  in  senso  centrifugo,  ma  talora  oltre  al  pro- 
durre periderma  verso  l'esterno,  forma,  con  processo  centripeto,  un  fel- 
loderma interno  rappresentato  da  una  zona  più  o  meno  alta  di  collen- 
chima (fig.  2  e  3  tav.  Y),  che  ha  cellule  a  lume  più  piccolo  ed  a  pareti 
più  grosse  di  quelle  dell'ipoderma  in  mezzo  al  quale  si  forma.  Di  più, 
in  quei  frutti  maturi  provenienti  dalla  Sicilia,  nei  quali  la  malattia  aveva 
assunto  all'esterno  l'aspetto  di  vernice  biaccosa  ricoprente  in  gran  parte 
o  per  intero  la  loro  buccia,  si  trovano  molto  di  frequente  in  mezzo  al 
detto  collenchima  dei  gruppi  di  cellule  pietrose  {si  fig.  2  e  3  tav.  Y  e 
2  tav.  YII),  fortemente  lignificate,  pure  di  origine  fellodermica. 

Cellule  di  tal  fatta  noi  non  abbiamo  mai  rinvenute  nelle  parti  sane 
della  buccia  dei  frutti  malati  e  meno  ancora  in  quella  dei   frutti  inco- 


—  8  — 

lumi,  laonde  esse  sembrano  una  conseguenza  dell'  azione  patologica  ^  ; 
probabilmente  servono  a  rinforzare  in  qualche  modo  e  meccanicamente 
il  nuovo  tessuto  peridermico  protettore. 

Non  appena  si  produce  un  centro  d'infezione  e  i)rima  ancora  che 
si  abbia  rottura  nello  strato  epidermico  della  buccia  e  produzione  di  pe- 
riderma,  il  parenchima  epi-  ed  ipodermico  sottostante  al  centro  dell'at- 
tacco, incomincia,  come  sopra  si  è  detto,  ad  ingiallire  e  l'ingiallimento 
affetta  tanto  il  plasma  che  le  pareti  delle  cellule.  Ora,  se  si  trattano 
fettoline  ottenute  con  sezioni  radiali  fatte  in  corrispondenza  di  questi 
centri  infetti  con  solfato  d'anilina  o  con  iloroglucina  ed  acido  cloridrico, 
si  vedono  le  pareti  delle  cellule  malate  assumere  un  colore  ancora  più 
giallo  col  primo  reattivo  e  divenire  rosso  ciliegia  col  secondo;  sono 
quindi  lignificate  ;  e  la  lignificazione  incomincia  prestissimo,  quando  il 
male  è  tuttora  limitato  a  pochissime  cellule,  non  peranco  in  alcun  modo 
deturpate. 

Più  tardi  le  pareti  del  tessuto  ammalato  sottostanno,  a  quanto  pare, 
anche  ad  un  iirocesso  di  suberificazione.  poiché  allora  resistono  all'azione 
dell'acido  solforico  concentrato,  che  invece  distrugge  il  tessuto  sano  cir- 
costante. Riassumendo,  il  processo  anatomo-patologico  è  il  seguente: 
sotto  l'azione  dell'agente  infettivo,  e  prima  ancora  che  l' essere  che  lo 
determina  sia,  come  vedremo  più  oltre,  penetrato  nell'interno  dei  tes- 
suti del  frutto,  incomincia  ad  alterarsi  (ingiallimento)  il  plasma  delle 
cellule  del  parenchima  corticale  sottostante;  quasi  nello  stesso  tempo 
si  lignificano  le  loro  pareti,  indi  queste  vanno  soggette  ad  un  processo 
di  suberificazione;  poscia  il  plasma  si  disorganizza  e  muore.  Contempo- 
raneamente 0  subito  dopo,  nei  tessuti  sani  sottostanti,  si  inizia  la  for- 
mazione di  un  periderma  protettore  che  arresta  l'infezione,  in  quanto 
le  impedisce  di  progredire  tanto  nei  tessuti  profondi  quanto  in  quelli 
laterali. 


Qiial  è  la  causa  della  malattia? 

L'  agente  causa  della  malattia  non  è  altro,  secondo  noi,  che  un 
fungo  parassita  che  più  oltre  studieremo  e  descriveremo  in  tutti  i  suoi 
particolari. 

Abbiamo  già  detto,  parlando  dei  frutti  giovani  speditici  dalla  Si- 
cilia, che  anche  sulle  pustole  più  minute  prodotte  dall'infezione  si  tro- 


'  Il  Penzig  nei  suoi  Studi  botanici  sugli  agrumi  e  suite  piante  affini,  Roma,  1887, 
non  fa  cenno  di  celiale  sclerencliiniatose  nella  corteccia  dei  frutti  delle  Aurantiacee ; 
anzi  dice  che  esse  sembrano  limitate  ai  rumi  ed  al  fusto,  pag.  234. 


vano  essenze  fungine  brunicce  o  jaline  die  hanno  forme  diverse  ma 
costanti.  Esse  non  mancano  mai  anche  nelle  pustole  molto  sviluppate 
come  altresì  nelle  chiazze  e  nelle  croste,  intere  o  rotte,  e  negli  eritemi 
che  la  Ruggine  bianca  produce  sulla  buccia  dei  limoni  molto  sviluppati 
0  maturi. 

La  forma  sotto  la  quale  il  parassita  si  presenta  sulla  superficie 
delle  pustole  è  quella  di  glomeruli  di  cellule  rotonde  o  leggermente 
ovoidali,  brunicce  o  jaline,  staccate,  ammucchiate  o  disposte  in  brevi 
catenelle,  ovvero  quella  di  filamenti  miceliali  talora  grossetti  e  bruni, 
tal  altra  sottili  e  jalini.  Vi  si  trova  iu  altri  termini  una  specie  di  micelio 
toruloide,  fuligginoso,  che  aderisce  fortemente  alle  parti  malate  del 
frutto;  .micelio  che  forma  catenelle  tortuose  composte  di  articoli  glo- 
bosi od  ovoidali,  brunicci,  misuranti  da  7  a  9  y.  di  diametro,  i  iiuali 
di  poi  staccandosi  danno  origine  a  specie  di  artrospore.  Queste  ar- 
trospore  od  articoli  di  micelio  si  moltiplicano  :  sia  per  gemmazione  a 
guisa  di  saccaromiceti,  produceudo  od  una  catena  toruloide,  od  un  glo- 
merulo  di  cellule  rotondeggianti  ;  sia  per  germinazione  diretta,  emet- 
tendo un  filamento  di  micelio  strisciante  per  breve  tratto  sulla  super- 
ficie del  frutto,  da  prima  jalino  e  sottile,  indi  fuligginoso,  più  o  meno 
grosso  ed  abbondantemente  settato.  Inoltre,  tanto  sulle  pustole  intere 
0  rotte  quanto  nelle  croste,  veggonsi  spesso  sollevarsi  o  serpeggiare 
fra  esse,  aste  miceliche,  qualche  volta,  grosse  e  brune,  che  terminano 
con  conidi  relativamente  vistosi  corrispondenti  alla  forma  di  un  Cìa- 
dosporium;  qualche,  altra  esilissime  e  jaline,  poco  o  punto  settate,  alla 
cui  estremità  si  producono  conidi  ovoidali  pure  jalini  e  miuutissimi 
che  rappresentano  la  forma  di  una  Ovularia. 

Anche  i  conidi  del  Cladosporiwn,  germinando  sulla  superficie  del 
frutto  producono:  o  micelio  filamentoso,  o  glomeruli  di  cellule  gemmanti; 
anzi  i  glomeruli  debbono  provenire  piìi  di  frequente  da  questi  conidi  di 
Cladosporium  che  non  dalle  artrospore  della   forma  toruloide. 

Riassumendo,  sulla  pustole  o  meglio  sulle  croste  e  nelle  loro  scre- 
polature, si  possono  trovare,  e  spesso  si  trovano,  tre  diverse  forme  di 
micelio  filamentoso.  Una  è  relativamente  grossa,  bruna,  settata,  di  3 
a  4V2  1*'  f^i  diametro,  la  quale  produce  conidiofori  pure  bruui  e  set- 
tati, isolati  (fig.  7  tav.  IV)  0  riuniti  a  cespuglio  (fig.  2  e  5  tav.  Ili,  e 
fig.  1  a  6  tav.  IV),  che  misurano  generalmente  50  —  70  x  3  —  4  "^  /i, 
e  qualche  volta  fino  a  110x6]W,  ad  apice  assimetrico,  i  quali  ge- 
nerano conidi  ellissoidali  0  brevemente  fusoidali,  bruni  0  fuscidoli, 
unicellulari  0  bicellulari,  di  5  —  11x4  /(,  del  tipo  di  un  Clado- 
siporiiim.  La  seconda  forma  è  simile  alla  precedente,  ma  il  suo  micelio 
è  jalino,  essa  rappresenta  uno  stadio   giovane   di   Cladosporium,  perchè 


-    10   — 

coH'iiiveccliiare  diviene  bruno  e  fuliggineo.  Essa  produce  conidiofoii 
indistintamente  settati,  più  sottili,  lunghi  20  /i  circa,  jalini,  tortuosi, 
papillati  0  crenulati  aiFapice,  ove  sono  ingrossati  e  troncati,  i  quali  pro- 
ducono Gonidi  pure  jalini  che  misurano  da  4'/^,  >c<5,'(.  La  terza  forma, 
infine,  è  di  nn  micelio  esilissimo  di  2  /i  di  diametro,  jalino,  poco  ramifi- 
cato, raramente  settiito,  che  spesso  vedesi  insinuarsi  nelle  screpolature, 
micelio  il  quale  emette  rami  conidiofori  affusolati,  grossi  2  /(  e  lunghi 
sino  a  30/1,  pure  jalini,  semplici,  diritti,  ad  apice  acuto  che  producono 
minutissimi  conidi  acrogeni,  jalini,  continui,  ellissoidali,  misuranti  3-4x6/(. 

Questa  ultima  forma  che  mai  imbrunisce  è  una  Ovnlaria  tipica  mentre 
la  precedente,  perchè  essa  pure  jalina,  noi  ritenemmo  nella  nostra  ^ofa 
jirelimiiuu-c'^  appartenere  alla  stessa  forma  di  Ondan'a,  non  è  invece  che 
uno  stadio  immaturo  del  Cladosiior/nm,  che  col  maturare  imbrunisce. 

La  forma  toruloide  non  manca  mai,  si  trova  tanto  sulle  pustole 
giovanissime  quanto  nelle  croste  vecchie,  e  quasi  altrettanto  avviene 
del  Cladosporiuììi,  mentre  VOvìiIan'a,  come  fu  già  detto  nella  detta  Nota 
2»- ci  imi  naie,  di  rado  all'inizio  del  male  si  osserva,  essa  si  fa  frequente 
solo  a  malattia  avanzata. 

Altre  forme  di  miceti  non  abbiamo  trovato,  o  solo  sporadiche,  come 
non  abbiamo  mai  rinvenuto  alcuna  sorta  d'insetti  o  d'altri  animali  sui 
frutti  malati  a  noi  mandati. 


Reazioni ,   penetrazione   e   percorso 
del  micelio  nei  tessntì. 

Ecazioni.  —  Non  è  cosa  semplice  e  facile  accertare  la  presenza 
del  parassita  nell'interno  dei  tessuti  ammalati.  Ripetute  osservazioni 
dirette,  fatte  con  cura  ma  col  semplice  aiuto  dei  comuni  reattivi  non 
erano  valse  a  rivelarlo  in  modo  sicuro.  Così  per  qualche  tempo  noi  rite- 
nemmo che  il  nostro  fungillo  si  arrestasse  alla  superficie  dei  frutti  e  che 
J'azione  patologica  sua  si  esercitasse  a  distanza  solo  per  opera  di  tossine. 

Successive  ricerche  per  altro  fatte  con  opportuni  reagenti  (picro- 
nigrosina,  floroglucina  e  solfato  di  anilina),  misero  in  evidenza  che  il 
micelio  penetra  invece  nell'interno  dei  tessuti  dell'oi-gano  attaccato. 

Infatti,  trattando  i  preparati  con  picronigrosina  in  soluzione  alcoo- 
lica  debitamente  concentrata,  il  micelio  in  pochi  minuti  si  colora  in 
toruno  ed  il  tessuto  infetto  (che  come  si  è  detto,  è  lignificato)  in  giallo; 

»  Op.  cit. 


—  11  — 

s'intende  clie  non  bisogna  lasciare  il  preparato  troppo  a  lungo  in 
contatto  del  reattivo,  perchè  allora  anche  il  tessuto  dell'organo  imbru- 
nisce. Se  si  sottraggono  per  tempo  le  fettoline  all'azione  della  i)Ìltouì- 
grosiua  e  si  pongono  subito  in  glicerina,  si  ottengono  preparati  nei 
quali  il  micelio  si  mantiene  colorato  in  bruno  ed  il  tessuto  in  giallo  per 
molte  ore.  Fa  d'uopo  di  adoperare  soluzione  di  nigrosina  non  troppo  con- 
centrata perchè  altrimenti  precipitano  facilmente  in  essa  dei  cristalli, 
che  depositandosi  nelle  cellule,  tolgono  chiarezza  alla  reazione.  Se  que- 
sto avviene  bisogna  lavare  i  preparati  con  alcool  assoluto  per  sciogliere 
i  cristalli  e  render  loro  la  dovuta  chiarezza. 

Con  floroglucina  ed  acido  cloridico  il  tessuto  malato  si  colora  in 
rosso,  mentre  il  micelio  leggermente  imbrunisce  e  cosi  si  rende  mani- 
festo. Altrettanto  avviene  col  solfato  di  anilina  ;  solo  con  esso  il  tes- 
suto attaccato  (lignificato)  si  colora  in  giallo,  mentre  il  micelio  anche 
qui  leggermente  imbrunisce.  Più  evidente  ancora  si  rende  il  micelio 
combinando  le  due  reazioni,  cioè  trattando  i  preparati  dapprima  con 
picronigrosina  e  poi  con  solfato  di  anilina  o  con  floroglucina.  Con  trat- 
tamenti di  tal  genere  siamo  riusciti  a  mettere  in  evidenza  come  il  mi- 
celio penetri  abbondantemente  nel  tessuto  che  ammala  e  come  entro 
esso  si  insinui  in  tutte  le  direzioni. 

Penetrazione  e  percorso.  —  I  conidi  e  gli  articoli  toruloidi  del 
fungo,  quando  trovansi  sulla  superficie  del  frutto  in  condizioni  oppor- 
tune, germinano;  cioè,  come  abbiamo  di  già  descritto,  producono  delle 
gemmazioni  le  quali  hanno  la  proprietà,  se  ad  immediato  contatto  colla 
cuticola  delle  pareti  epidermoidali,  di  perforarla  ed  entrare  nelle  cellule 
ove  producono  fili  micelici  cilindracei  o  moniliformi  (fig.  2,  3,  5,  6,  12, 
ir,,  tav.  V;  fig.  7,  11,  17,  18  tav.  VI  e  fig.  2-4  me.  tav.  VII). 

Talora  il  micelio  appena  perforata  la  cuticola  si  piega  e  si  allunga 
sviluppandosi  nello  spessore  della  parete  esterna  (che  spesso  ingrossa 
e  deforma)  delle  cellule  epidermiche  (fig.  7  tav.  VI)  ed  entro  gli  strati 
più  0  meno  cutinizzati  sottoposti  alla  cuticola  stessa;  tal  altra  invece 
il  micelio  entra  subito  nel  vano  della  cellula  e  corre  lungo  la  superfi- 
cie interna  delle  pareti  della  cellula  stessa,  che  spesso  di  poi  perfora 
per  entrare  in  una  cellula  contigua,  oppure  si  sofferma  nella  cavità 
cellulare  ed  allora  vi  forma  o  dei  gangli  (m.  e.  fig.  8,  tav.  VI)  che 
quasi  per  intero  la  riempiono,  o  dei  glomeruli  di  articoli  nodosi  risul- 
tanti di  ripetute  e  successive  segmentazioni,  glomeruli  che  occupano 
buona  parte  del  vano  cellulare  ed  anche  lo  riempiono  (m  e.  fig.  2,  3, 
5,  6,  12  e  14,  tav.  V). 

Alcune  volte  il  micelio  altresì  scende  e  s'insinua  entro  lo  spessore 
delle  pareti  laterali  o  radiali  delle  cellule  epidermiche  seguendo  vario 


—   12    — 

]iei'Coi-so  (fìg.  7,  8,  9  e  10  tav.  VI),  oi)pure  entrato  nei  vani  cellulari 
delle  cellule  epidermiche,  da  uneste  per  mezzo  di  nuove  perforazioni 
scende  piii  o  meno  profondamente  negli  strati  ipodermici  sottostanti. 

Questi  casi  che  noi  abbiamo,  solo  per  comodità  di  descrizione, 
tenuti  distinti,  nel  fatto  fra  loro,  come  è  naturale,  si  combinano,  e  lo 
stesso  iìlamento  iiiicelico  dapiirima  si  ]n\<>  comportare  in  un  modo  e  poi 
in  nn  altro. 

In  corrispondenza  ai  punti  di  perforazione  il  micelio  soffre  come 
delle  strozzature  omle,  ap|ieiia  si  trova  libero  nel  vano  cellulare  e  fuori 
della  parete  perfoi'ata,  .si  rigonfia  più  o  meno  sino  a  diventare  vari- 
coso (fig.  8  e  11  tav.  VI). 

I  gangli  micelici  che  si  formano  nell'interno  dei  tessuti  invasi,  sono 
spesso  non  solo  molto  grossi,  ma  talora  pigliano  la  forma  di  articoli 
sarciniformi,  affatto  simili  a  quelli  che,  come  vedremo,  ottengonsi  nelle 
colture  artificiali  del  fungo  (fig.   14,  tav.  V  e  fig.  9,  tav.  VI). 

Entro  Io  spessoi-e  delle  pareti  cellulari  il  micelio  dapprima  si  man- 
tiene per  qualche  tratto  piìi  o  meno  sottile,  indi  si  ingrossa,  si  seg- 
menta ed  entro  la  parete  stessa  forma  talora  delle  lunghe  e  grosse  ca- 
tenelle toruloidi.  (fig.  2,  .5,  13  e  1.5,  tav.  V). 

II  micelio  penetra  più  o  meno  piofondamente  entro  i  tessuti  dei 
frutti  che  attacca,  noi  lo  abbiamo  trovato  perfino  in  contatto  dei  primi 
strati  del  periderma  che  limita  l'infezione  (fig.  2,  5  e  16,  tav.  V).  Le 
aste  conidiofore  che  spesso  veggonsi  innalzarsi  sulla  superficie  dei  tessuti 
malati  (fig.  3,  tav.  VII)  provengono,  come  è  naturale,  dal  micelio  che 
scorre  nell'  interno  dei  tessuti. 

La  penetrazione  del  micelio  nelle  pareti  cellulari  deve  avvenire 
per  opera  di  diastasi  capaci  di  sciogliere  la  cellulosa  e  le  altre  so- 
stanze che  entrano  nella  composizione  dei  diversi  strati  della  mem- 
brana cellulare,  ed  anche  della  cutina. 


Come  procedono  le  alterazioni  nei  tessnti 
(lei  frntti  attaccati. 

Il  parassita  evidentemente  svolge  la  sua  azione  deleteria  in  vaiio 
modo;  anzitutto,  col  sottrarre  al  parenchima  della  buccia  del  frutto 
che  infesta  le  sostanze  nutritizie  delle  quali  ha  bisogno  ;  secondaria- 
mente, colle  alterazioni  meccaniche  e  diastasiche  che  esso  opera  nelle 
cellule  che  invade  e  perfora  in  vario  senso  ;  in  terzo  luogo,  coli'  opera 
avvelenatrice  delle  tossine  che  esso  produce.  E  l'azione  delle  tossine 
si  fa  sentire  non  solo  sulle  cellule  colle  quali  il    micelio  viene  diretta- 


—   13  — 

mente  a  contatto  e  clie  perfora  e  disgrega,  ma  altresì  a  distanza,  cioè 
in  tessuti  lontani,  giacché  le  alterazioni  si  scorgono  molto  di  frequente 
in  strati  pi-ofondi  ove  non  si  riesce  a  scoprire  la  più  piccola  traccia  di 
micelio  parassita. 

Noi  vedremo  altresì,  in  un  altro  capitolo,  come  nella  produzione 
delle  verruche  di  natura  patologica  che  forraansi  nei  giovani  frutticini 
artificialmente  infettati  nelle  nostre  serre,  si  manifesti  nna  ipertrofia 
nel  parenchima  corticale  profondo,  in  corrispondenza  ai  punti  di  attacco 
del  fungo,  quando  questo  trovasi  tuttora  alla  superficie  della  buccia  o 
vi  è  appena  penetrato. 

A  contrastare  il  progredire  ed  il  diffondersi  del  parassita  e  dei 
suoi  eftetti  nocivi  per  entro  il  narenchima  corticale  si  formano  allora 
le  coppe  pili  0  meno  ampie  i.  più  o  meno  concave  del  periderma  pro- 
tettore, che  abbiamo  sopra  descritte  ;  coppe  che  hanno  la  loro  massima 
concavità  in  corrispondenza  ai  centri  d'infezione,  e  salgono  gradata- 
mente verso  l'eiiiderniide  e  spesso  sino  ad  essa,  circoscrivendo  ed  iso- 
lando in  tutti  i  sensi  V  infezione  ed  il  tessuto  che  per  essa  si  è  am- 
malato, il  quale  cosi  finisce  per  morire  e  disgregarsi. 

Sospettando  che  tali  fenomeni  si  potessero  avere  anche  indipen- 
dentemente dall'azione  del  parassita,  noi  abbiamo  fatto  a  bella  posta 
delle  ferite  di  vario  genere,  punture,  graffiature  e  raschiature  con  lime 
ed  aghi  sterilizzati  intinti  o  no  di  acido  formico,  sopra  la  corteccia 
di  frutti  in  vario  grado  di  sviluppo,  per  confrontarne  le  alterazioni  che 
ne  derivano  con  quelle  prodotte  dal  parassita.  Alcune  di  tali  ferite  fu- 
rono tenute  superficialissime,  altre  invece  si  approfondirono  sino  ad  un 
millimetro,  operando  con  aghi  ai  (inali  si  erano  piegate  le  punte  ad  an- 
golo retto  per  ottenere  ferite  di  determinata  profondità. 

Qualche  tempo  dopo  aver  fatto  le  ferite  si  osservò  che  in  nessun 
frutto  si  erano  formate  le  crostine  caratteristiche  della  Riiffr/iue  bianca. 
Nei  frutti,  relativamente  gros.si,  tutto  attorno  alle  ferite  il  parenchima 
superficiale  della  corteccia  per  qualche  tratto  era  ingiallito,  avvizzito  e 
morto,  ed  aveva  formato  sulla  buccia  delle  macchiette  alquanto  depresse, 
nericce  o  brune  a  seconda  che  i  ferri  erano  stati  intinti  o  no  nell'acido 
formico. 

Le  ferite  fatte  invece  nei  fruttini  molto  giovani  (grossi  poco  più  di 
un'avellana)  produssero  chiazze  di  maggiore  sviluppo,  tanto  in  superficie 
che  in  profondità  (sino  a  6  o  7  strati  ipodermici),  formando  talvolta 
specie  di  croste  di  un  colore  giallo-bruniccio  o  nere,  che  avevano  una 
lontana  apparente  rassomiglianza  colle  croste  di  alcune  delle  forme 
della  Ui((jgine  bianca,  ma  che  da  esse  facilmente  si  distinguevano  per- 
chè senza  screpolature  e  di  altro  aspetto. 


—   14  — 

All'esame  microscopico  dette  chiazze  ammortizzate  non  presenta- 
vano, contrariamente  a  quanto  noi  prima  avevamo  sospettato,  alcuna 
formazione  di  periderma,  ma  risultavano  semplicemente  di  cellule  in- 
giallite, i)iù  0  meno  raggrinzite  e  morte.  Nemmeno  si  trovarono  iper- 
trofie nelle  cellule  del  parenchima  coiticale  profondo,  come  avviene  in 
corrispondenza  ai  centri  d'attacco  nei  fruttini  giovani  artificialmente 
infettati  col  parassita.  Nelle  cellule  immediatamente  sottostanti  alle 
ferite  le  membrane  erano  leggermente  suberificate  e  lignificate,  e  solo 
nelle  ferite  molto  superficiali  si  aveva  talvolta  ([ualclie  tenue  zona  di 
periderma  vero,  foi'matosi  a  naturale  difesa  dell'organo  ferito  contro 
r  ambiente  esterno.  ' 

Questi  fatti  dimostrano  che  l'azione  del  (larassita  è  molto  più  dan- 
nosa e  di  ben  altra  natura  di  quella  che  i)uò  prodiirre  una  semplice 
ferita  traumatica. 

L'azione  patogena  del  trauma  è  molto  circoscritta,  si  limita  come 
vedesi  alle  cellule  direttamente  colpite  e  a  quelle  immediatamente  cir- 
costanti; e  l'organo  ferito  non  ha  bisogno  di  ricorrere  alla  formazione  di 
speciali  difese  contro  di  esso,  poiché  anche  i  tenui  e  superficiali  strati 
di  periderma  che  talora  si  formano  servono  evidentemente  non  per  ar- 
restare la  diftusione  di  un  processo  patogeno  nell'Intel  no  dei  tessuti  del- 
l'organo, ma  unicamente  a  proteggere  contro  l'azione  dell'ambiente  esterno 
i  tessuti  messi  a  nudo  dalle  ferite.  Questo  è  comprovato  anche  dal  fatto  che 
nei  ca.si  di  parassitismo  il  periderma  forma,  come  si  è  detto,  coppe  at- 
torno ai  centri  di  infezione;  mentre  nelle  ferite  esso  si  tiene  parallelo 
alla  superficie  dell'oigano.  L'azione  deleteria  del  parassita,  al  conti'ario 
di  quella  del  trauma,  tende  spontaneamente  ad  estendersi  e  da  sé  non 
si  arresta,  onde  la  pianta  a  contenerla  e  limitarla  accorre  e  provvede 
colla  formazione  di  nuovo,  speciale  tessuto  protettore  (periderma). 


Collivazioiie  del  parassita  e  sue  forme  dì  sviluppo. 

Diverse,  come  si  è  detto,  sono  le  forme  fungine  da  noi  trovate  sui 
frntti  malati  di  U'igijiiie  hianca;  ora,  quali  di  esse  iianno  azione  dele- 
teria? tutte,  oppuie  una  sola"?  Sono  esse  esseri  autonomi  ed  indipen- 
denti, ovvero  fra  loro  collegati  geneticamente,  e  costituiscono  semplici 


'  Mentre  nei  te.ssuti  attaccati  ilal  parassita  le  pareti  delle  cellule  che  trovausi 
all'iiigiro  dell'infezione  ben  presto  si  lignificano  su  larga  zona,  raggiungendo  anclie  strati 
molto  profondi;  in  quelle  dei  tessuti  offesi  da  trauma  la  lignificazione  si  limita  gene- 
ralmente alle  pareti  delle  celliilc  direttamente  lacerate  ed  a  quelle  delle  cellule  più 
■vicine  alla  lacerazione. 


—   15  — 

staili  (li  una  sola  eil  unica  specie?  E  le  forme  da  noi  trovate  sui  limoni 
inietti  sono  esse  le  uniclie  manifestazioni  morfologiche  del  parassita  o 
rappresentano  anelli  di  una  più  lunga  catena  evolutiva  di  forme? 

D'altra  parte,  se  lo  studio  diretto  delle  alterazioni  anatomo-patolo- 
giche  riscontrate  nei  frutti  infetti,  e  sopradescritte,  sono  sufficienti  a 
persuadere  noi  che  le  forme  fungine  in  esse  alterazioni  riscontrate  sono 
veramente  gli  agenti  clie  le  producono,  non  è  men  vero  che  esse  non 
forniscono  la  prova  diretta  del  parassitismo  di  queste,  la  quale  prova  può 
essere  data  solo  daHa  riproduzione  artificiale  della  malattia  per  mezzo 
d'infezioni  provocate  con  germi  del   parassita  ottenuti   in  colture  pure. 

Per  rispondere  quindi  a  queste  domande  e  risolvere  le  questioni  che 
ad  esse  si  connettono,  noi  ricorremmo  alla  coltivazione  saprofitica  del 
fungo.  A  tale  scopo  coltivammo  sopra  appositi  substrati  nutritivi,  entro 
scatole  Petri  (gli  uni  e  le  altre  sterilizzati  con  tutte  le  precauzioni  che 
la  scienza  insegna  e  conservati  in  ambienti  pure  disinfettati),  tanto  i 
conidi  di  Cladosporium  quanto  le  artrospore  od  articoli  toruloidi  die  si 
trovavano  sui  frutti  infetti  a  noi  pervenuti  dalla  Sicilia. 

I  substrati  o  terreni  ai  ([uali,  dopo  alcuni  tentativi  di  prova, 
demmo  la  preferenza  per  le  nostre  colture,  furono  due  gelatine  fra  lorO' 
diverse:  l'una  che  denoteremo  con  la  lettera  A  composta  di: 

gelatina  di  Agar-Agar 

ittiocolla 

glucosio 

acqua  distillata 


l'altra,  che  chiameremo  B,  formata  di 

gelatina  di  Agar-Agar 

ittiocolla 

glucosio 

succo  di  mele  cotte 


Ambedue  queste  gelatine  erano  di  uua  consistenza  semifluida,  con 
reazione  leggermente  acida.  Le  colture  in  esse  ottenute  servirono  per 
controllarsi  a  vicenda,  ma  la  colonia  che  qui  descriveremo  è  una  di 
quelle  ottenute  nella  gelatina  A;  mentre  dalle  colture  della  gelatina  B 
si  tolsero  i  germi  che  servirono  per  le  infezioni  artificiali  delle  quali 
parleremo  più  oltre  in  apposito  capitolo. 


)art 

i     5.00 

« 

0.50 

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0.50 

n 

94.00 

100.00 

parti 

2.00 

» 

1.00 

« 

2.00 

« 

95.00 

100.00 

—  ir,  — 

I  collidi  di  Clado^poriìcm  tolti  direttamente  dai  frutti  siciliani,  se- 
minati entro  scatole  Petri,  nella  gelatina  ,1,  dopo  due  o  tre  giorni  in- 
cominciarono a  germinare  producendo  delle  colonie  che  lentamente 
crebbero,  ed  acquistarono  alla  fine  del  loro  sviluppo  forma  discoidale, 
come  vedesi  nella  figura  1  della  tav.  X,  che  ne  mostra  una  metà  in- 
grandita di  4  diametri. 

La  colonia  si  forma  irradiando  dal  conidio  germinante  con  lento 
sviluppo  e  seguendo  un  processo  centrifugo.  Nella  fìg.  1  tav.  X,  essa 
appare  un  tutto  unico  apparentemente  uniforme,  mentre  sono  parecchie, 
e  molto  interessanti,  le  forme  che  la  compongono  ;  e  provengono  tutte 
jier  successiva  e  non  interrotta  evoluzione  dal  tìlamento  miceliale  del- 
l'unico conidio  germinante  col  quale  la  colonia  si  è  iniziata. 

La  colonia  mostra  infatti,  vista  a  forte  ingrandimento,  quattro 
zone  ben  distinte,  di  vai'ia  estensione,  successive  e  concentriche,  cia- 
scuna delle  quali  non  solo  consta  di  ife  miceliali  più  o  meno  distinte 
ma  dà  origine  a  speciali  organi  riproduttori  fra  loro  molto  diversi. 

Nella  tav.  IX  abbiamo  rappresentato  a  forte  ingrandimento  una 
porzione  (quasi  un  settore)  della  colonia  disegnata  nella  fig.  1  tav.  X.  Il 
settore  non  fu,  nella  parte  anteriore  figurato  in  tntta  la  sua  estensione; 
inoltre,  esso  è  interrotto  nella  parte  mediana,  ove  si  è  soppressa  una 
larga  zona  di  micelio  più  o  meno  sterile,  ma  nella,  figura  sono  conser- 
vate e  ilisegnate  le  qnatti-o  zone  caratteristiche,  quelle  che  contengono 
i  quattro  diversi  ordini  di  urgani  di  riinoduzione  della  colonia  stessa. 

La  zona  primitiva  centrale  («  «  tav.  IX  eia  tav.  X),  la  meno 
estesa,  è  quasi  per  intero  formata  da  un  intreccio  di  catenelle  di  un 
micelio  moniliforme  e  fuligineo,  le  cui  forme  ricordano  le  coroncine 
della  Fiimago,  che,  per  le  ragioni  ciie  saranno  più  oltre  es^ioste  e  per 
brevità,  chiameremo  PseudofitiìKajo. 

Essa  si  forma  direttamente  dal  conidio  o  meglio  dai  conidi  (spesso 
sono  i)iù  di  uno)  seminati  nella  gelatina,  i  quali  possono  germinare  in 
<lue  modi  diversi.  Infatti,  o  ])roilucono  adirittura  un  micelio  monili- 
forme  che  dà  senz'altro  le  sopradette  coroncine  fuligginee,  oppure  dap- 
prima i  detti  conidi  formano  un  micelio  che  per  qualche  tempo  si 
mantiene  filamentoso,  si  ramifica  ed  anche  si  segmenta  in  lunghi  arti- 
coli che  pure  imbruniscono  conservandosi  per  altro  cilindracei;  indi 
terminato  questo  primo  stadio  di  sviluppo,  in  molti  di  tali  filamenti  in- 
cominciano più  tardi  a  prodursi  dei  nuovi  setti,  pressoché  equidistanti, 
che  dividono  tutto  il  micelio  in  una  sequela  di  cellule  più  o  meno  iso- 
diametriche  le  quali  si  rigonfiano  e  trasformano  il  micelio  tuboloso  in 
catenelle  moniliformi  perfettamente  simili  a  quelle  formatesi  diretta- 
mente col  primo   processo  di  germinazione.   Queste    catenelle   toruloidi 


—  17  — 

una  volta  costituitesi,  sia  neiriuio,  sia  nell'altro  modo,  si  allungano  si 
ramificano,  si  intrecciano  e  seguitano  a  svilupparsi  formando  il  contesto 
fuligiueo  della  zona  a,  centrale,  della  colonia.  ' 

Dopo  qualche  tempo  tale  produzione  cessa;  l'apice  del  micelio 
di  ciascuna  catenella  seguita  bensì  a  progredire,  ma  più  non  si  seg- 
menta in  articoli  brevi  e  globosi,  invece  si  allunga  in  filamenti  cilin- 
droidi, tortuosi,  più  0  meno  ramificati  ed  intrecciati  fra  loro,  a  pareti 
liscie,  i  quali  pure  imbruniscono  ma  non  cosi  fortemente  come  le  forme 
iuferiori  fumagoidi.  Su  tali  filamenti  sviluppansi  ben  presto  dei  brevi 
rami  laterali,  semplici,  affusolati  i  quali  producono  al  loro  apice  dei 
corimbi  e  dei  racemi  di  conidì  bruni,  elittici  o  brevemente  oblunghi. 

Questa  produzione  dà  origine  ad  una  seconda  zona  {òb  delle  figure 
citate)  concentrica  alla  prima,  ad  immediato  contatto  con  essa  ma 
lien  distinta,  che  ci  dà  la  forma  di  un  Hormodendron  tipico  che  noi 
descriveremo  più  oltre,  quando  esporremo  anche  le  ragioni  per  le  quali 
lo  designamo    col    nome  di  Hormodendron   Cifri. 

Tale  zona  si  estende  per  uno  spazio  assai  maggioro  di  quello  oc- 
cupato dalla  zona  fumagoide,  poiché  il  micelio  seguita  per  non  breve 
tempo  ad  allungarsi  e  formare  con  ordine  sparso,  di  tali  conidiofori. 

Di  mano  in  mano  però  che  si  procede  verso  il  margine  esterno 
della  zona  àeìV Hormodendron,  il  suo  micelio  tarda  ad  imbrunire,  mentre 
su  esso  comincia  a  far  capolino  un'altra  forma  di  conidiofori,  molto  più 
sottili  di  quelli  deW Hormodendron,  anzi  adirittura  esilissimi,  non  più 
bruni  ma  jalini,  i  quali  non  producono  i  corimbi  di  spore  brune  del- 
V Hormodendron,  ma  invece  formano  all'apice  un  unico  minutissimo  co- 
nidio,  ellittico,  unicellulare  e  jalino.  È  una  nuova  forma  di  organi  ripro- 
duttori, quelli  di  un'  Oimlaria  che  corrisponde  -AÌVOmlaria  Citri  che  noi 
abbiamo  osservato  sui  frutti  malati  provenienti  dalla  Sicilia,  alla  quale 
si  è  accennato  anche  nella  Nota  preliminare  di  già  citata. 

Questa  Ovnlaiia  non  forma  per  altro  una  zona  ben  distinta  da  quella 
deW Hormodendron;  da  questa  zona  si  passa  a  quella  per  gradi:  le  due 
forme  dapprincipio  sono  tramischiate,  ed  è  solo  nella  parte  periferica 
della  zona  stessa  che  i  conidiofori  àeW  Hormodendron  cessano  di  for- 
marsi e  quelli  dell' Oy((/rtme  si  fanno  frequenti  (in  maggior  misura  di 
quanto  reggasi  nella  figura  della  tav.  IX),  mentre  il  micelio  più  non 
si  imbrunisce  o  solo  in  molto  tenue  misura. 

Colla  formazione  di  questa  zona  che  chiameremo  Honnodendron- 
Ooularicn  non  cessa  l'attività  del  corpo  del  fungo  ;  il  suo  micelio  infatti 

'  Qualche  volta  il  micelio  filamentoso  proveuieute  dal  conidio  del  Cìadosporiam  A\ 
direttamente  conidiofori  di  Hoi  modcndron  senza  trasformarsi  prima  nella  forma  toruloide. 
Atti  dell'Ut.  Bot-  tleirViiitersità  di  Pavia  —  Nuova  Serie  —  Voi.  X.  2 


—    18  — 

seguita  a  crescere,  ma  non  forma  più  aste  ovulariche,  anzi  cambia  di- 
mensioni e  proprietà. 

I  filamenti  micelici  più  non  imbruniscono,  mentre  si  assottigliano 
notevolmente  e  fortemente  si  allungano  irradiando  (parte  soppressa 
nella  figura  interrotta),  ed  il  loro  plasma  si  va  facendo  ognora  più 
granuloso  e  rifrangente.  Sulle  pareti  di  questi  filamenti  micelici  inco- 
minciano allora  ad  apparire  delle  minute  papille  fortemente  rifrangenti 
la  luce  le  quali  coiralliingarsi  del  micelio  si  fanno  più  frequenti  e  ben 
presto  lo  ricoprono  (ìuasi  per  intero. 

In  tali  papille  si  manifesta,  appena  formate,  un  processo  di  gem- 
mazione sjìeciale  pel  quale  si  producono  con  successiva  evoluzione,  di 
cui  diremo  in  esteso  più  oltre,  dei  glomeruli  di  piccoli  conidi  jalini, 
sferoidali  od  ellittici.  È  quindi  la  comparsa  di  una  nuova  forma  d'organi 
riproduttori  che  si  manifesta,  i  cui  caratteri  corrispondono  a  quelli  di 
un  Haplaria  che  noi  denomineremo  Haplaria  Citi-i.  Questa  zona  (tav.  IX 
e  e  e  fig.  1,  tav.  X)  deW Haplaria  occupa  uno  spazio  nella  colonia  molto 
largo,  maggiore  di  quello  delle  due  zone  precedenti. 

Anche  i  filamenti  de\VHai>laria  però,  dopo  aver  formato  per  lungo 
tratto  e  con  forte  intensità  i  glomeruli  di  spore  che  la  caratterizzano, 
a  poco  a  poco  ne  rallentano  la  produzione,  indi  non  ne  producono  più. 

I  filamenti  micelici  per  altro  non  si  arre.stano  nello  sviluppo  ma 
conservandosi,  anche  dopo  cessata  la  produzione  dei  glomeruli  di  Ua- 
pìitrÌK,  jalini  e  dello  stesso  diametro,  con  plasma  finamente  granuloso,  si 
allungano  ancora  per  non  breve  tratto,  dando  origine  ad  una  nuova 
larga  zona  concentrica  ed  esterna  alla  precedente,  nella  quale  altri  e 
più  complicati  organi  si  vanno  a  costituire. 

In  questa  regione  da  prima  qua  e  là  si  manifestano  degli  aggro- 
vigliamenti  prodotti  da  rami  di  micelio  che  si  avvolgono  a  spira  e  for- 
mano con  lento  e  lungo  lavorio,  che  altrove  descriveremo  nei  suoi  par- 
ticolari, una  nuova  specie  di  organi  riproduttori  più  evoluti  di  quelli 
finora  accennati,  cioè  dei  corpi  fruttiferi  di  varie  dimensioni,  neri,  pi- 
liformi,  rostrati,  cavi  all'interno,  ove  le  pareti  si  tappezzano  di  un 
imenio  producente  stilospore,  i  quali  sono  veri  picnidi. 

Questi  picnidi  presentano  tali  caratteri  da  non  potersi  ascrivere  a 
nessuno  dei  generi  noti,  laonde  costituiscono  un  genere  nuovo  che  noi 
denominiamo  lìhiincliodiplodia  e  la  nuova  specie  Rlnjiichoiliplodia   Citri. 

Con  questa  quarta  zona  della  Ithijnchodiplodia  (tav.  IX  (/  d  e  tav.  X, 
fig.  1  d)  termina  la  colonia  ma  non  l'attività  del  suo  micelio.  Infatti 
solo  piccola  parte  dei  suoi  filamenti  dà  origine  a  picnidi,  gli  altri,  in- 
vece sorpassato  per  qualche  tratto  la  zona  picnidica  stessa  più  non  si 
allungano;  di  questi  alcuni  si  disorganizzano  e  muoiono,  altri  continuano 


—   19  — 

a  vivere,  ma  si  incistitlano  tiasfoiinaudosi  in  organi  di  vita  latente, 
cioè  in  forme  varie  di  clamidospore,  quali  veggonsi  nelle  fiff.  2,  3,  5 
6,  7,  8,  della  tav.  X  ;  clamidospore  che  conservano  in  vita  il  fungo 
durante  le  stagioni  avverse  o  di  riposo,  e  che  ritornate  le  condizioni  fa- 
vorevoli divengono  alla  lor  volta  nuovi  organi  di  riproduzione. 

Le  nostre  colonie  dopo  aver  percorso  tutto  il  processo  ora  de- 
scritto si  sono  arrestate  ed  esaurite;  il  fungo  lia  però  in  esse  compiuto 
l'intero  suo  ciclo  di  evoluzione?  È  ciò  che  non  possiamo  dire,  perchè 
non  sapiamo  se  queste  stesse  colonie  (od  altre  meglio  costituite),  tro- 
vandosi in  condizioni  diverse  e  più  favorevoli  delle  nostre,  non  avessero 
continuato  ad  evolversi  fornendoci  organi  di  riproduzione  anche  piìi 
perfetti,  quali  sarebbero  p.  es.  delle  forme  ascofore  che  noi  finora  non 
siamo  riusciti  ad  ottenere. 

I  resti  delle  nostre  colonie  sono  tuttora  vivi,  ma  da  8  mesi  ripo- 
sano, né  forse  piìi  si  ridesteranno,  noi  però  li  conserviamo  egualmente, 
tanto  per  vedere  se  mai  ulteriori  evoluzioni  in  esse  avvenissero,  quanto 
per  trarre  i  germi  (conidi,  stilospore,  clamidospore)  per  nuove  possibili 
esperienze. 

Descrizione  dei  diversi  organi 
riproduttori  e  delle  forme  tipiche  corrispondenti 

del  parassita. 

Da  quanto  abbiamo  finora  esposto,  e  da  quello  che  aggiungeremo 
in  questo  stesso  capitolo,  emerge  che  il  parassita  della  Ruggine  bianca 
dei  limoni  presenta,  almeno  allo  stato  attuale  delle  nostre  ricerche, 
sette  diverse  forme  di  organi  riproduttori,  che  danno  luogo  ad  altret- 
tanti cicli  di  sviluppo,  alquanto  differenti  fra  loro  ma  che  ripetono,  in 
parte  o  per  intero,  il  ciclo  principale,  forme  che  noi  per  comodità  chia- 
miamo: Cladosporiam  C/tri,  Pxeudofumago  Citri ,  Honnodendron  Cifri, 
Ooularia  Citri,  Haplaria  Citri,  Pseudosaccharomyces  Citri,  Rhijncìiodiplodia 
Citri;  esse  presentano  i  caratteri  che  qui  sotto  descriviamo. 

Cladosporium  Citi-i.  —  Questa  forma,  fu  già  detto,  si  trovò  non 
solo  nei  limoni  provenienti  dalla  Sicilia  e  dalla  Liguria  ma  si  ottenne 
anche  nei  frutti  delle  nostre  serre  infettati  ad  arte  coi  germi  tolti  di- 
rettamente dai  limoni  siciliani,  ed  anche  con  conidi  di  Hormodendron 
Citri  ottenuti  nelle  nostre  colture  pure  (tav.  Ili  fig.  2  e  e  fig.  5  e  ; 
tav.  IV,  fig.  1,  6,  7;  tav.  VI  fig.  20  e;    tav.  VII  fig.  1,  .3,  4,  5,  13,  1.5)' 

Nei  limoni  della  Sicilia,  come  si  è  visto,  i  conidiofori  sono  gene- 
ralmente isolati,  sparsi  alla  superficie   delle    pustole    o    nelle  screpola- 


—  20  — 

ture  delle  croste;  in  quelli  provenienti  dalla  Liguria  e  negli  infettati 
ad  arte  si  presentano  spesso  anche  riuniti  in  ciuffetti  di  due  a 
quattro. 

I  conidiofori  del  Clailn^porinm  Citri  sono  bruni,  settati,  diritti  o 
tortuosi,  non  nodosi,  ad  apice  assinietrico.  Essi  misurano  generalmente 
da  50  a  70 /<  per  3-4  '  ., /(,  qualche  volta  tino  a  110  /t  per  6  ,u.  Il  mi- 
celio che  li  produce  invece  è  quasi  sempre  jalino  o  colorato  così  de- 
liolmente  che  per  renderlo  visibile  si  dovette  ricorrere  a  speciali  reat- 
tivi come  a  suo  luogo  fu  descritto. 

I  conidi  sono  pure  brunicci,  generalmente  unicellulari,  raramente 
bicellulari  e  misurano  da  5  /i  ad  11  /.(  per  4/*. 

I  conidiofori  si  sviluppano  generalmente  da  un  glomerulo  di  cel- 
lule globose  aderenti  alla  buccia  del  frutto  od  in  essa  immersi,  qual- 
che volta  anche  sorgono  da  un  micelio  filamentoso  o  monilifornie  insi- 
nuantesi  nelle  screpolature  o  entro  i  tessuti. 

Nelle  colture  ])er  altro  il  Cìudospor/inn  si  forma  dii3fìcilmente  ;  solo 
qualche  raia  volta  a  noi  fu  dato  di  vederlo. 

Pscudofiimago  Citri.  —  Le  forme  fumagoidi  non  mancavano  mai 
sui  frutti  infetti,  provenienti  dalla  Sicilia  o  dalla  Liguria  o  fatti  am- 
malare artificialmente  (tav.  Ili  flg.  9;  tav.  V  flg.  2,  5,  6,  13,  14,  1.5,  16, 
tav.  VI  fig.   7,  8,  9,   17,  18;  tav.  VII  fig.  2,   11). 

Queste  forme  fumagoidi  sui  frutti  si  presentano  come  brevi  cate- 
nelle, 0  come  glomeruli  formati  di  cellule  globose  od  elissoidali,  sem- 
plici 0  divise  da  uno  o  due  setti  trasversali  (tav.  VII  fig.  11  mt.)  e 
talvolta  anche  da  un  setto  longitudinale. 

Esse  si  trovano,  come  si  è  detto,  sulla  superficie  delle  pustole  dei 
frutti  malati,  fino  dal  loro  inizio,  ed  anche  entro  il  parenchima  corti- 
cale. (Quando  sono  nell'interno  dei  tessuti  fuori  del  contatto  dell'aria 
rimangono  incolori;  mentre  divengono  brune  quando  si  sviluppano  alla 
superficie.  Le  dimensioni  delle  cellule  della  Pseudofumcujo  variano  as- 
.sai;  da  3-4 /(  di  diametro  fino  a  13  ;<  17  '/^  (tav.  VII  fig.   11    e  12). 

Le  PsendofiiìiKKjo  si  possono  ottenere,  come  vedremo,  in  diversi 
modi;  i  loro  articoli  sono  sempre  germinabili  e  germinando  danno  di- 
rettamente 0  nuove  forme  fumagoidi  o  colonie  saccaromicetiformi,  che 
poscia  trasformansi  in  catenelle  fumagoidi.  La  forma  Pieudofumago  si 
ottiene  non  solo  direttamente  dalla  germinazione  dei  suoi  articoli,  ma 
altresì  dai  conidi  di  Cladosporinin,  dalle  gemmazioni  dei  Pseudosaccha- 
romijccs  e  persino,  in  virtù  di  successiva  evoluzione,  dai  filamenti  mi- 
celiali  dtW Horiììodendroii,  àbiVIlapìaria,  ecc. 

I  conidi  di  Cladosporìtiin  germinando  producono  le  catenelle  fuma- 
goidi in  due  diversi  modi  come  fu  già  descritto. 


—   21   — 

Hormodeiidron  Citri.  —  VHormoJeiirlroìi  Citri  in  fondo  non  è 
che  il  Cladosporiiiin  Citri  nel  quale  i  conicli  sono  tutti  o  in  gran  parte 
rimasti  aderenti  tra  loro  ed  attaccati  al  conidioforo  in  grazia  della  ge- 
latina entro  la  quale  si  sono  formati.  * 

La  forma  Honnodendron  non  mai  si  i-invenne  sui  fi-utti  della  Sicilia. 
ma  qualche  volta  l'osservammo,  quantunque  molto  i-idotta,  nei  frutti  di 
Varazze  (fig.  8  tav.  VII)  ed  in  quelli  delle  nostre  serre  ad  arte  am- 
malati (fig.  14  tav.  VII). 

Nelle  colture  pure  invece  V Honnodendron  si  ottiene  sempre,  anzi 
spesso  abbondantissimo,  come  si  è  detto  nella  descrizione  della  colonia 
principale  figurata  nella  tav.  IX. 

I  conidiofori  e  i  conidì  di  Honnodendron  che  si  sviluppano  sopra 
i  frutti  hanno  dimensioni  molto  varie,  ma  si  tengono  entro  i  limiti  di 
quelli  del  Cladosporium  Citri  (conidiofori  50-120 /t  x  4\oi't;  conidì 
.5-11  /(  X  4,u). 

Nelle  colture  il  micelio  à&W Hormodi'iìdron  è  tortuoso,  ramificato, 
liscio,  settato,  di  colore  bruno,  di  6  ad  8  /(  di  diametro.  I  conidiofori 
si  inseriscono  lateralmente  al  filamento  principale  in  modo  irregolare, 
e  sono  alquanto  fiisoidali  e  di  varia  lunghezza;  in  media  non  superano 
i  120  n  per  5  ,«  ;  ed  i  loro  conidì  i  (ì-8  /;  per  4  ^  ., /«. 

Questi  ultimi  sono  disposti  in  corimbi  od  in  racemi  corimbosi 
{b  tav.  IX)  all'estremità  dei  conidiofori,  e  si  formano  nel  modo  seguente. 
L'apice  del  conidioforo  si  ingrossa  in  una  piccola  capocchia  ovoidale 
che  alla  base  forma  un  setto  trasversale;  poscia  nella  parte  superiore 
produce  due  o  tre  mammelloni  che  rapidamente  ingrandiscono,  indi 
alla  lor  volta  si  dividono,  senza  staccarsi,  con  setti  trasversali  e  ciascuno 
di  essi  forma  due  altri  mammelloni  in  un  piano  perpendicolare  a  quello 
della  coppia  precedente.  Questo  processo  seguita  sino  a  costituire  di- 
cotomicamente un  corimbo  più  o  meno  ricco,  corimbo  che  può  diven- 
tare anche  racemoso  se  alcuni  conidì  si  arrestano  nello  sviluppo,  cioè 
cessano  di  produrne  dei  nuovi. 

Tanto  i  conidì  quanto  il  micelio  ed  i  conidiofori  visti  per  traspa- 
renza al  microscopio  hanno  color  bruno,  mentre  visti  in  massa  ad  oc- 
chio nudo  presentansi  come  piccoli  fiocchi  di  un  verde  bottiglia  (ta- 
vola IX  b). 

II  micelio  deW Honnodendron  talvolta,  come  fu  già  altrove  descritto, 
può  modificarsi  in  modo  da  produrre  conidiofori  di  Oniìaria. 


'  Nel  Cladosporium  Iterhantm  Lk.  A.  iV.  Berlkse  avverti  uu  fatto  simile  e  di- 
mostrù  che  V Honnodendron  clndosporoides  non  era  una  forma  particolare  di  sviluppo 
del  Cladosporium  herharum  ma  bensì  lo  stesso  Cladosporium  nel  quale  i  conidi  non 
staccatisi  formavano  catenelle  più  o  mi  no  lunghe  e  ramificate. 


I  collidi  (\q\Y Ilorìiimìniilron  geninnamlo  si  coniportaiio  come  quelli 
del  Cìadosporiiim  ed  altrettanto  fanno  i  miceli  che  da  loro  derivano, 
come  dimostreremo  più  oltre. 

Ovularia  Citri.  —  Questa  forma  in  fondo  può  considerarsi  come 
uno  stato  particolare  del  C/adosporhan  od  Ilonnodendron  Cifri;  fu  tro- 
vata da  noi  per  la  prima  volta  sopra  i  limoni  affetti  da  Ruggine  bianca 
provenienti  dalla  Sicilia,  insieme  alla  forma  toruloide  [Pseudofumago  — 
fig.  6  0  s  tav.  VII)  e  ad  nno  stadio  giovanile  e  jalino  del  Cladospoìiiini 
Cifri  {fig.  6  0  f'  tav.  VII);  stadio  che  fu  nella  nostra  Nota  preliminare'^ 
compreso  per  errore  nella  diagnosi  deWOvaìaria  Cifri,  benché  ci  fossimo 
fin  d'allora  accorti  che  presentava  leggere  differenze  di  forma  e  di- 
mensioni nei  conidiofori.  Infatti  mentre  quelli  AeWOndaria  misurano 
circa  2  /;  di  diametro,  quelli  dello  stadio  giovanile  di  Cladoaporiam  toc- 
cano i  4  /( . 

I  conidiofori  diiW'Ot'iiìaria  Cifri  si  conservano  sempre  jalini  e  sono 
acuti  all'apice,  molto  più  sottili  di  quelli  imperfetti  e  giovani  del  Cla- 
dosporiiini,  i  quali  sono  anche  troncati  obliquamente  e  qualche  volta 
crenulati  all'apice;  inoltre,  questi  col  tempo  imbruniscono  più  o  meno 
distintamente. 

1j  Ocidaria  Cifri,  come  fu  osservato  anche  nella  nostra  Nofa  preli- 
minare, non  si  trova  sempre  sui  limoni  ammalati,  anzi  in  alcuni  stadii 
della  malattia  non  si  rinviene  punto.  Per  altro,  oltre  che  in  parecchi 
dei  limoni  provenienti  dalla  Sicilia,  la  trovammo  anche  in  alcuni  dei 
frutti  della  Liguria  (fig.  3  o  tav.  VII),  e  si  sviluppò  tanto  nei  limoni  ad 
arte  infettati  delle  nostre  serre  (fig.  4  o  e  fig.  7  tav.  VII)  quanto 
nelle  colture  in  gelatina  (fig.  17  e  18  tav.  VII),  come  venne  disegnato 
e  descritto. 

Haplaria  Citri.  —  h'Haplaria  Cifri  non  si  è  mai  trovata  sui  frutti 
ammalati,  sia  di  Sicilia  che  della  Liguria  e  nemmeno  in  quelli  delle 
nostre  serre.  Si  ottenne  solo  nelle  colture  in  gelatina  nel  modo  che  ab- 
biamo detto  descrivendo  lo  sviluppo  di  una  colonia  principale. 

Abbiamo  infatti  visto  che  in  essa  il  micelio,  dopo  aver  formato  la 
Pseiidofinnago,  V Hornìndendron  e  VOvnìaria,  produce  V Haplaria. 

I  filamenti  miceliali  che  danno  Y Haplaria  sono  molto  ramificati 
(fig.  4  m  II  tav.  Vili),  jalini,  più  o  meno  settati,  pieni  di  protoplasma 
granuloso,  grossi  da  4  /i  a  4  '/\,  /(  e  portano  numerosi  glomeruli  di  co- 
nidi  inseriti  attorno  ad  una  papilla  (fig.  4  r/ A  e  fig.  5  </ A  tav.  Vili). 
Queste  papille,  sulle  quali  si  formano  per  gemmazione  i  eonidi,  da  prin- 
cipio appaiono  come  minute  venuche  che  divengono  piccoli  mammelloni, 

•  Op.  cit. 


—  23  — 

inrli  specie  di  gozzi  che  si  ricoprono  di  papille,  poi  di  collidi  che  vi  re- 
stano lungamente  aderenti. 

Sopra  il  filamento  i  glomeruli  di  collidi  dapprima  radi,  diventano 
di  poi  assai  fitti  per  successiva  iormazione  di  nuove  papille,  e  misurano 
«irca  18  i-i  di  diametro. 

I  conidì  maturi  sono  globosi  od  ellittici,  jalini,  unicellulari,  a  con- 
tenuto finamente  granuloso  e  misurano  4  '/o  fi  x  6  i^t. 

Quando  VHaplaria  va  in  riposo  (dopo  circa  tre  mesi  nelle  nostre 
colture)  tanto  il  micelio  che  i  conidì  si  modificano  notevolmente.  Il  fi- 
lamento miceliale  per  successiva  segmentazione  e  rigonfiamento  delle 
sue  cellule  diventa  moniliforme  e  dà  articoli  due  o  tre  volte  più  grossi 
4el  micelio  primitivo  (9-10  ,«  x  11-13  Va  i"^i  '^i  foi'ma  globosa,  ellissoi- 
dale, 0  brevemente  cilindracea.  Anche  la  loro  membrana  si  modifica 
poiché  si  ingrossa,  si  cutinizza,  diventa  bruna  e  verrucosa.  In  poche 
parole,  i  filamenti  miceliali  (ìeWHap/aria  si  trasformano  in  vere  cate- 
nelle fuinagoidi  simili  a  quelle  rappresentate  nelle  fig.  2  e  3  della  tav.  X. 

I  conidì  pure  sMngrossano  straordinariamente  (10  x  12  /t),  la,  loro 
membrana  si  ispessisce,  si  cutinizza,  diventa  bruna  e  si  ricopre  di  mi- 
nute verruchette. 

Nell'interno  di  (luesti  conidì  si  forma  una  prima  grossa  vacuola,  po- 
scia una  seconda;  indi  il  conidio  si  divide  in  due  cellule  con  un  setto 
che  (lassa  fra  le  due  vacuole. 

Khyuchoiliplodia  Citrl.  —  I  picnidi  che  costituiscono  la  h'In/n- 
cììodlplodia  Cifri  sono,  come  si  è  visto,  la  forma  che  sussegue  aXV  Haplarìa 
e,  come  questa,  è  forma  di  coltura  che  pure  non  ci  fu  mai  dato  tro- 
vare nei  frutti  ammalati. 

I  filamenti  micelici,  cessata  la  produzione  dei  glomeruli  dell' /:/«- 
piarla,  seguitano  ad  allungarsi,  ed  alcuni  di  essi  per  accrescimento  as- 
simetiico  si  avvolgono  a  spira  in  modo  vario  (fig.  8-14  tav.  Vili  e 
tav.  IX). 

Questo  avvolgimento  ricorda  il  carpogono  che  prende  parte  alla 
formazione  di  un  peritecio.  ' 

II  filamento  talora,  dopo  aver  formato  uno,  due  o  tre  giri  di  spira,  esce 
dalla  parte  opposta  e  continua  a  prolungarsi  in  senso  centrifugo,  cioè  nella 
primitiva  sua  direzione  (vedi  fig.  2  </  in  tav.  IX);  tal  altra  si  ripiega 
sopra  se  stesso  e  prende  una  direzione  in  senso  contrario,  quasi  parallela  o 


'  Formazioni  spirali  analoghe  sono  state  osservate  recentemente  nello  sviluppo 
■di  altre  specie  di  funghi  dall'IsrvANFFi  e  dal  Guèguen. 

LTstvanftì  suppone  che  possono  essere  l'inizio  di  periteci  abortiti;  il  Gaègueu 
si  limita  a  descrivere  queste  spirali  corno  un  fatto  anormale  e  curioso. 


—  ap- 
poco divergente  dalla  primitiva  (&g.  8,  tav.  Vili).  Notiamo  questo  parti- 
colare perchè  forse  sta  in  relazione  colla  origine  dei  rostri  dei  picnidi. 

Comunque  si  sia  formata  la  spirale,  e  sia  essa  di  pochi  o  molti  giri 
di  spira,  dopo  la  sua  formazione  comincia  ad  imbrunire,  mentre  il  resto 
del  filamento  rimane  jalino.  Sul  ramo  ravvolto  compaiono  delle  piccole 
protuberanze  che  i-apidamente  si  allungano  (fig.  9  e  10,  tav.  Vili)  e 
finiscono  ])er  produri-e  i-ami  secondari  che  a  lor  volta  si  ramificano 
(fig.  14  tav.  Vili),  s'aggomitolano  (fig.  11,  12,  13,  tav.  Vili;  fig.  27, 
tav.  X),  e  fra  loro  si  anastomizzano. 

Ne  risulta  per  tal  modo  un  corpo  globuloso,  nero  fuliggineo  all'e- 
sterno, cavo  e  jalino  all'interno;  il  quale  va  rapidamente  ingrossando 
per  simultaneo  allungamento  di  tutte  le  cellule  dei  filamenti  aggomi- 
tolati che  continuano  altresì  a  ramificarsi  e  anastomizzarsi. 

Contemporaneamente  il  picnidio  ingrandisce  la  propria  cavità,  ma 
non  per  disgregazione  e  gelatinizzazione  di  parte  delle  sue  cellule,  come 
avviene  generalmente  negli  organi  di  tale  natura,  bensì  per  semplice 
e  simultaneo  allungamento  e  distensione  delle  cellule  dei  rami  più  o 
meno  anastomizzati  che  formano  il  gomitolo,  e  costituiranno  poi  il  con- 
testo del  peridio.  Un  tale  processo  nella  formazione  delle  cavità  picni- 
diali  non  si  eia,  almeno  per  quanto  a  noi  consta,  finora  segnalato. 

Altro  fatto  notevole:  i  rami  che  formano  le  maglie  del  reticolo  peri- 
diale  non  producono,  verso  la  cavità,  lamificazioni  secondarie  ma  invece 
sviluppanu  delle  semplici  papille  jaline  le  quali  costituiscono  senz'altro 
Timenio;  poiché  sono  esse  che  producono  direttamente  per  gemmazione 
le  stilospore  che  riempiono  la  cavità  picnidica  (fig.  15  e  17,  tav.  Vili). 

Il  picnidio  adulto  rassomiglia  più  o  meno  ad  un  microscopico  fia- 
sco da  vino;  è  cioè  piriforme,  ed  ha  ostiolo  rostrato,  diritto  od  adunco, 
per  lo  più  assai  sviluppato,  spesso  anzi  è  munito  di  due  rostri  (fig.  1.^ 
e  19  a  25,  tav.  Vili). 

Il  rostro  del  picnidio  si  forma  intorno  al  filamento  principale  che 
lo  ha  prodotto  (fig.  1,'!  tav.  Vili),  ed  ove  si  hanno  due  rostri,  sembra 
clie  il  secondo  pure  si  formi  dallo  stesso  filamento  là  ove  esce  dal  go- 
mitolo picniilico  dopo  averlo  formato,  poiché  appunto  ove  esce  i)er 
qualche  tratto  detto  filamento  si  prolunga,  si  ramifica  ed  i  rami  si  ag- 
grovigliano attorno  al  filamento  principale  (fig.  13,  tav.  Vili). 

Tutta  la  superficie  esterna  dei  picnidi  è  rivestita  di  peli  flessuosi 
(fig.  17,  tav.  Vili),  formati  da  ramificazioni  secondarie,  prolungantesi 
verso  l'esterno  del  micelio  che  forma  il  pei'idio.  Questi  peli  sono  di 
color  fuliggineo  come  il  sottoposto  peridio,  mentre  i  filamenti  micelici 
che  non  hanno  preso  parte  alla  formazione  dei  picnidi  rimangono  jalini 
pur  seguitando  a  crescere  per  qualche  tempo. 


—   25  — 

Una  volta  formati  i  picnidi,  il  micelio,  dal  quale  hanno  avuto  ori- 
gine, si  disorganizza,  così  clie  essi  rimangono  liberi  ed  isolati  entro  la 
gelatina  che  ha  servito  di  terreno  nutritizio  alla  coltura. 

L'imenio  tappezza  tutta  la  cavità  del  picnidio,  e  le  stilospore,  in 
catenelle  ed  inserite  sopra  brevi  papille  (fig.  17,  tav.  Vili),  sono  da 
])rima  jaline  e  unicellulari,  indi  brune  e  bicellulari,  con  leggero  ristrin- 
gimento in  corrispondenza  al  setto  mediano  ;  di  forma  oblungo-ellittica, 
un  poco  ottuse  alle  estremità  e  giittulate;  misurano  7  '/^  —  9  ;i  x  3  — 
3  7,  i-i  (fig.  16,  tav.  Vili). 

Le  dimensioni  dei  picnidi  variano  molto;  in  alcuni  il  diametro 
tocca  i  250  II  con  rostro  lungo  da  90  a  IIó.k,  in  altri  il  diametio  ar- 
riva appena  agli  80  /i  con  rostro  proporzionato  (fig.  19-25,  tav.  Vili). 

Anche  la  forma  loro  varia:  alcuni  sono  globosi,  altri  decisamente 
piriformi;  il  rostro  è  talora  sottile  e  lungo,  tal  altra  breve  e  grosso,  in 
alcuni  casi  curvo  od  adunco,  in  altri  diritto.  Si  hanno  pure  picnidi  con- 
nati alla  base  a  due  a  due  ed  altresì,  come  fu  detto,  picnidi  forniti 
di  due  rostri  divergenti  od  opposti  (fig.  24  e  25,  tav.  Vili).  Anche  il 
peridio  o  la  parete  del  picnidio  (fig.  17  e  18,  tav.  Vili)  presenta  fatti 
interessanti,  poiché  i  vani  delle  sue  maglie  non  sono  cavità  cellulari 
ma  gli  spazi  intercellulari  del  reticolo  formato  dall'intreccio  dei  rami 
miceliali  che  lo  costituiscono;  fatto  questo  per  quanto  a  noi  consta, 
non  messo  in  evidenza  finora  da  coloro  che  si  occuparono  della  forma- 
zione e  struttura  dei  picnidi. 

La  forma,  o  stadio  di  mieete  che  descriviamo,  per  avere  i  picnidi 
rostrati  ed  irsuti,  non  trova  posto  in  nessuno  dei  generi  conosciuti  a 
spore  didime  e  brune,  quindi  deve  costituire  un  nuovo  genere  che  va 
posto  nelle  Phaeodldymae  Sacc.  degli  Sphaerossidei.  A  tale  genere  noi 
diamo  il  nome  di  lihijnchodìplodìa  per  i  suoi  picnidi  rostrati  e  per  la 
rassomiglianza  delle  sue  stilospore  con  quelle  del  genere  Diplodia  ;  de- 
nominando la  specie  Uhyncliodiplodia  Citri  in  riguardo  alla  matrice. 

Pseudcsaccharoiiiyces  Citri.  —  Questa  forma  si  ottiene  coltivando 
in  gelatina  tanto  i  conidi  A&W Hormodcndron  e  deWHopìaria  quanto  gli 
articoli  della  Pseitdofumogo  Citri.  A  questa  stessa  forma  forse  appar- 
tengono le  colonie  di  piccolissime  cellule  fungine,  globose,  jaline,  o 
leggermente  brune  che  si  osservano  adeienti  od  impiantate  nella  buc- 
cia dei  limoni  malati,  colonie  che  noi  abbiamo  considerato  come  uno 
stadio  giovanile  di  Fseudofumago.  Qualunque  sia  per  altro  la  specie  di 
conidi  che  dà  origine  alla  forma  Pseudosacclmroinijces,  le  loro  colonie  si 
producono  nel  seguente  modo  : 

Il  conidio  dopo  aver  perduta  la  colorazione,  se  ne  aveva,  si  ri- 
gonfia leggermente,    il    suo   plasma  diventa   finamente  granuloso,  e  la 


—  26   — 

sua  membrana  si  assottiglia,  poscia  sulla  sua  superficie  appaiono  delle 
piccole  protuberanze  (due  a  quattro)  che  sono  specie  di  piccole  ernie 
o  gozzi  che  vanno  di  mano  in  mano  ingrossando,  e  queste  ne  producono 
poi  delle  nuove  simili  a  quelle  dalle  quali  hanno  avuto  origine,  ed  il  pro- 
cesso continua  e  dà  diverse  specie  di  colonie  saccaroniicetiformi,  quali 
veggonsi  rappresentate  nelle  fig.  1  e  2  della  tav.  Vili. 

Le  cellule  adulte  delia  colonia  sono  ellissoidali  e  misurano  11  '/^,  x 
fl  fi.  Queste  colonie  raggiunto  un  certo  sviluppo,  e  dopo  qualche 
tempo,  perdono  la  forza  di  moltiplicarsi  e  d'ingrandirsi  per  gemmazione; 
allora  imbruniscono  e  le  loro  cellule  apicali  si  [irolungano  in  un  mice- 
lio tubuloso  che  pure  ben  presto  diventa  bruno.  Da  tale  micelio  si  pro- 
duce la  forma  Eonnodendroii  e  le  successive  forme  colturali  di  succes- 
sione ascendente.  Queste  colonie  saccaroniicetiformi  quindi  iìniscono 
per  acquistare  l'aspetto  e  le  proprietà  biologiche  della  Pseìidqfiimar/o 
Cifri  dalla  quale  non  si  distinguono  che  per  la  loro  origine.  ' 


Sviluppi  e  rapporli  delle  forme  sccoiifl.iiìe  ; 
colture  (li  controllo. 

Abbiamo  di  già  studiato  e  descritto  il  processo  principale  d'evolu- 
zione del  nostro  fungo  e  visto  come  da  un  conidio  di  Clndosporium  col- 
tivato in  apiìosite  ed  adatte  gelatine  si  ottenga  un  micelio  che  ci  dà 
successivamente  con  processo  non  interrotto  e  per  cosi  dire  in  linea 
retta  :  Pseìtdofitmajo  C/tri,  Hormodendron  Cifri,  Ovuìaria  Cifri,  Haplaria 
atri,  Rlnjnchndipìodia   Cifri.  ''  Ora,  ciascuna  di  ijneste  forme  presa  iso- 


'  Recentemente  I.ligi  Planchon  {Influence  des  dirers  mdienx  cliimlques  sur  quel- 
•luef!  Cliampic/noifi  dii  yroupe  de  lìemntiees,  Paris,  1900),  ha  osservato  che  producono 
spesso  forme  di  Saccaromiceti,  non  solo  alcune  specie  di  Otadosporitim,  di  Dematium, 
di  Fiitnago,  ecc.  (come  era  già  noto),  ma  anche  delle  specie  di  Macrosporinm.  di  Alter- 
narla e  di  altre  Dtmalieiie.  Nota  anche  che  cjueste  cellule  saccaromicetiche  possono  in 
alcuni  casi,  arrotondarsi,  incistidarsi  ed  anche  dividersi  in  2  o  3  cellule  formanti  un 
hijmospora  e  riunirsi  in  gruppi  fumagoidi  che  danno  alla  colonia  un  colore  verdastro; 
«io  specialmente  sotto  l'influenza  della  disseccazione.  Tali  colonie  saccaromicetiche 
perù,  e  le  nostre  altresì,  quantunque  provenienti  da  cellule  gemmanti  in  modo  affatto 
simile  a  quello  seguilo  dalle  colonie  di  saccaromiceti  veri,  non  si  possono  a  questi  as- 
similare, perchè  esse  non  lormano  e  ndospore  né  hanno  i  caratteri  fisiologici  dei  sacca- 
romiceti veri,  come  è  stato  diurnstrato  dalle  ricerche  di  Hansen  (Becìiercfies  sur  la 
physioloffie  et  la  morfologie  des  ferinents  alconliques,  1888).  E  tale  opinione  è  condi- 
visa anche  dal  Lal'kent  (0.  e.)  quantunque  abbia  trovato  che  queste  forme  saccaromi- 
cetiche intervertono  il  saccarosio  e  alla  lunga  producono  piccole  quantità  di  alcool, 

-  Qualche  volta  il  micelio  del  conidio  di  Cladosporium  produce  direttamente 
V Hormodendron  senza  formare  prima  le  coroucine  di  Pseudofumngo,  per  altro  in  questo 


latamente   come  si   comporta?  Di   quale  sviluppo  è  suscettibile?  Quali 
rapporti  corrono  fra  le  forme  stesse? 

Per  rispondere  a  tali  domande  abbiamo  ricorso  a  colture  separate, 
facendo  germinare  in  gelatine,  entro  scatole  Petri,  i  germi  di  ciascuna 
forma,  per  studiare  le  colonie  che  da  esse  si  sviluppano  ed  i  loro  rap- 
porti ;  e  per  avere  altresì  con  queste  colture  particolari  un  contrullo 
alla  coltura  principale  ed  una  conferma  dei  risultati  in  essa  ottenuti. 

Hormodendron.  —  Il  processo  evolutivo  che  si  ottiene  dai  conidi 
di  CladosjìorìHiit  tolti  dai  frutti  malati  si  ripete  identico  dai  conidi  del- 
Y Hormodendron  tolti  dalle  c(dture  pure;  essi  producono  colonie  nelle 
quali  successivamente  si  manifestano  le  forme  di  Pseudofumago,  Hormo- 
dendron, Oiidaria,  Haplaria,  L'hi/nchod/plodia,  e  susseguenti  incistidazioni. 
Dalla  germinazione  dei  conidi  tanto  di  Cladosporium  che  di  Hormoden- 
dron si  ottengono  altresì  talvolta  delle  colonie  nelle  quali  il  primo 
prodotto  non  è  la  Pseudofumarjo,  ma  bensì  la  forma  Pseudosaccliaromy- 
ces  dalla  quale  poi  si  passa  alla  Pseudofumago  e  da  questa  alle  forme 
successive. 

Se  la  coltura  dei  germi  deW Hormodendron  si  fa  in  gelatina  molto 
diluita  e  fluida  si  ottiene  un  micelio  fioccoso  che  galleggia  alla  super- 
ficie della  gelatina,  si  segmenta  ripetutamente,  si  ramifica,  si  contorce 
(fig.  14  tav.  X)  e  talvolta  riproduce  anche  qualche  ramo  di  Hormoden- 
dron ma  non  le  successive  forme  di  Haplaria  e  lìlujnchodiplodia.  Esso 
degenera  piìi  tardi  in  speciali  filamenti  composti  di  cellule  brune,  corte, 
rigonfie,  globose  od  elissoidali,  analoghe  a  quelle  rappresentate  nelle 
fig.  2,  13,  21  della  tav.  X,  le  quali  sono  diverse  forme  d'incistida- 
mento. 

Pseudofumago.  —  Gli  articoli  della  Pseudofumago  germinando  pro- 
ducono di  solito  il  ciclo  generale  di  già  descritto  {Hormodendron,  Ovii- 
laria,  ecc.);  talvolta,  invece,  colonie  di  Pseudosaccharomyces  le  quali  in- 
cistidandosi  forniscono  nuove  colonie  di  Pseudofumago  e  queste  ripro- 
ducono di  poi  il  ciclo  generale  di  Hormodendron,  Ovularia,  Haplaria  e 
Ehì/chodlplodia. 

OTiilaria.  —  T)e\\'  Ovidaria  non  abbiamo  fatto  colture  particolari 
per  la  difficoltà  di  isolare  i  suoi  rari  e  minutissimi  conidi  ed  altresì 
perchè  essa  si  presenta  quale  una  semplice  modificazione  o  forma  di 
transizione  deW Hormodendron. 

Haplaria.  —  Dalla  germinazione  (sempre  in  colture  separate)  dei 
conidi  dell' i/a2^^amt  si   possono  ottenere  tre    diverse  specie  di  colonie. 


caso  le  corouciiie  di  l'seudofumwjo  si  hanno  egualmente,  ma  dopo  la  formazione  del- 
V Hormodendron  e  per  successivo  iuciscidamento  del  micelio  stesso. 


—   28   — 

Infatti,  talvolta  il  coiiidio  dà  un  micelio  che  direttamente  riproduce  di 
nuovo  Vllapìaria,  indi  forma  la  li'Iii/iichodiplodin,  poi  si  disorganizza  ed 
incistida  al  solito  ;  tal'altra  il  conidio  germinamlo  produce  colonie  di 
Pscìulosacc/iaronìi/ces  indi  P^ciidof'imayo,  Hormodeiulroìì,  Ovularìa  e  Bliipi- 
chodiplodia  e  successivi  incistidamenti  ;  in  terzo  luogo  il  conidio  prima 
di  germinare  si  incistida,  cioè  si  ingrossa  (10  ;<  12  /O,  si  fa  bruno, 
verrucoso,  {spessisce  e  cutinizza  la  propria  membrana  e  contempoi'anea- 
mente  si  divide  in  due  cellule.  Questo  avvenuto,  il  conidio  seminato  in 
nuova  gelatina  germina  e  produce  successivamente  Hormodendron.  Ovu- 
larìa, Haplaria  e  Rìvincliodiplodia,  cioè  il  ciclo  completo  delle  forme  di 
sviluppo  del  fungo.  Il  micelio  deWHafdaria  quando  la  coltura  invecchia 
e  va  a  riposo  dà  pure  origine  alla  formazione  di  coroncine  di  Pseitdofu- 
mago,  poiché  dopo  essersi  mantenuto  per  qualche  temi>o  esile  e  jalino 
incomincia  a  segmentarsi  fortemente,  poi  ingrossa  (più  del  doppio)  e 
arrotonda  le  sue  cellule,  ne  cutinizza  le  pareti  che  divengono  brune, 
e  si  trasforma  in  catenelle  fumagoidi. 

Rh.viu'ho(liplodi.i.  —  Le  stilospore  della  Tìì///nchodiplodia  messe  a 
germinare  in  una  nuova  gelatina  danno  un  micelio  clie  riproduce  di- 
rettamente, cioè  senza  passare  per  forme  conidiche,  nuovi  picnidi  di 
]i'lii/ììc/iod/p!odia  \  le  stilospore  di  questa  seconda  generazione  di  L'h/'n- 
r/iodiplodia  quando  escono  spontaneamente  dai  picnidi  e  germinano  nella 
stessa  gelatina  ove  si  sono  formate,  danno  taloia  un  semplice  micelio 
filamentoso,  jalino,  settato,  che  si  ricopre  di  gemme  (fig.  12  e  13,tav.  X), 
poi  rapidamente  si  disorganizza  mentre  le  gemme  da  esso  prodotte  pos- 
sono, poste  in  condizioni  propizie,  germinare.  x\ltre  volte  invece,  in 
virtù  di  uno  speciale  processo,  dette  stilospore  formano  direttamente  co- 
lonie di  Pmidnfumafio  (fig.  17,  18,  19,  20,  22,  23,  24  e  25,  tav.  X),  alcune 
delle  quali  di  poi  producono  un  micelio  pullulante,  clie  forma  piccole 
gemme  laterali  come  si  è  sopra  descritto;  indi  esso  pure  si  disorganizza. 

Il  processo  col  quale  le  stilospore  formano  Pseudofuinago  è  bene 
descriverlo,  poiché  presenta  particolarità  che,  almeno  per  quanto  a  noi 
consta,  finora  non  sono  state  avvertite. 

Esso  ricorda  quello  di  moltiplicazione  delle  eudospore  dei  Schizo- 
saccaromiceti  recentemente  studiati  dal  signor  A.  Guilliermond'  ed  è  il 
seguente  : 

Le  due  cellule  che  costituiscono  ogni  stilospora  si  gonfiano,  diven- 
gono globose,  indi  ciascuna  si  divide  in  due;  le  quattro  cellule  che  risul- 
tano alla  lor  volta  si  ingrossano  e  tornano  a  dividersi  in  due  o  più  dire- 


'  A.  GuiLi.ERjioND,  Recherchex   vijloloinqìics  sur  les  Levures  et  fjuelques  Mois- 
seunrc  à  fonnes  Levures.  Paris,  19:J'J,  pag.  170. 


—  29  — 

zioni;  e  questo  processo  si  ripete  sino  a  foniiare  o  delie  catenelle  fuma- 
goicii  (semplici  o  raniiiìcate)  più  o  meno  lunghe  (fig.  19,  20,  22,  25,  tav.  X) 
oppure  (lei  glomeiuli  di  varia  forma  e  grandezza  (fig.  23,  e  24,  tav.  X). 


Iiiipoi'tjiiiza  e  signiflcato  della  Pseudofuiiiago. 

Da  quanto  si  è  esposto  più  sopra  risulta  che  la  Pseudofumago  si 
riproduce  nello  sviluppo  di  tutte  le  forme  colturali  successive  del  Cla- 
dosporium  Citri :  cioè,  si  ottiene  direttamente  tanto  dai  suoi  conidì  quanto 
da  quelli  A&W Hormoclendroìi,  ù.e]l'Haplaria  e  della  Rhijncliodiplodia,  come 
altresì  ad  es.sa  i-itornano,  o  per  essa  passano,  le  forme  secondarie  e  lo 
stesso  micelio  nelle  sue  diverse  modificazioni  e  nella  sua  disorganizza- 
zione. 

Essa  ha  quindi  un'importanza  biologica  particolare,  poiché  rappre- 
senta uno  stadio  di  incistidamento  comune  a  tutte  le  forme  di  sviluppo 
del  fungo.  ^ 

Inoltre,  essa  non  si  può  ritenere  per  una  vera  Fumago,  quali  quelle 
che  danno  forme  ascofore  ed  appartengono  all'ordine  dei  Perisporiacei, 
ma  va  considerata  come  una  forma  che  alle  Fumago  rassomiglia  sem- 
plicemente per  l'aspetto. 

Per  tali  ragioni  e  tale  rassomiglianza  noi  l' abbiamo  chiamata 
Pseudofumago  Ciiri,  pensando  di  provvedere  cosi  alla  precisione  del 
linguaggio  ed  alla  speditezza  delle  descrizioni.  - 


Quadro  grafico  dello  svihii>i)o  del  fungo. 

Nella  figura  1  della  tav.  XI  abbiamo  cercato  di  rappresentare  gra- 
ficamente ed  in  modo  succinto  il  processo  di  sviluppo  del  nostro  fungo, 
cioè  l'ordine  di  successione  delle  forme  colturali  tanto  nella  sua  evolu- 
zione principale  quanto  nelle  evoluzioni  secondarie.  La  linea  grossa 
assile  indica  lo  sviluppo  diretto  e  successivo,  e  le  linee  laterali  rap- 
presentano gli  sviluppi  che  si  ottengono  dai  germi  di  ciascuna  forma 
particolare;  allevati  in  colture  separate.  In  detta  figura  le  singole  forme 

'  Auche  il  Lauhent  ha  accertato,  coltivando  il  Cladosporium  ìterharum,  che  le 
forme  fumag-oidi  di  questo  fungo  non  sono  altro  che  un  particolar  modo  di  incistida- 
meato  delle  diverse  forme  fungine  del  suo  ciclo  di  sviluppo. 

"  I  risultati  di  queste  nostre  ricerche  inclinano  ad  avvalorare  l'opinione  di  quei 
micologi  i  quali  ritengono  che  le  Famago  altro  non  siano  che  stadi  vegetativi  spe- 
ciali, che  possono  appartenere  a  molte  e  diverse  specie  di  niiceti. 


—   30   — 

dei  diversi  stadi  di  sviluppo  sono  rappresentate  da  semplici  puntini; 
mentre  i  germi  iniziali  da  cui  si  ottengono  le  colture,  tanto  la  principale 
quanto  le  secondarie,  sono  indicati  da  cerchietti  con  un  puntino  nel 
mezzo.  La  coltura  principale  è  designata  col  numero  1,  le  colture  se- 
condarie coi  numeri  a  a  8. 

Nella  fìg.  2,  tav.  XI  sono  rappresentati  invece  i  reciproci  rapporti 
ciie  passano  fra  le  singole  forme.  La  linea  grossa  mediana  indica  an- 
che qui,  schematicamente,  lo  sviluppo  continuo  del  filamento  micelico 
che  si  ha  da  na  conidio  di  Cladospoi-ium  colle  forme  riproduttive  alle 
quali  dà  origine  nel  suo  ciclo  di  sviluppo;  le  linee  sottili  laterali  invece 
indicano  i  rapporti  fra  le  singole  forme  di  sviluppo  delle  colture  secon- 
darie con  quelle  del  ciclo  principale;  cosi  p.  es.  i  conidi  deW Haplaria 
(clip)  coltivati  a  parte  producono,  come  indicano  le  frecce:  V Haplaria 
(h p),  indi  la  lìIìjiiìchoiUplodia  (/•)  ;  oppure  direttamente  si  incistidano  (e//), 
poscia  danno  HonnodeiKÌroit,  Ooìdaria,  Haplaria  e  Rhijiichodiplodia ;  ed 
anche  i  Pseiulosacckaroini/ce^  {p  s)  che  alla  loro  volta  danno  Pseudofiimago 
(pf),  indi  Hormodendron,  Ovnlaria,  Haplaria  e  Bhyiichodiplodia. 

DIAGNOSI. 

Jihyncliodiplodia  ii.  gen. 

Perii liec/a  rnstra(((,  pilosa.  Spornlae  ohlonyac,  1-  septate,  casta neae.  — 
J'Jst  Chaetodiplodia  scd  pcrilhccio  rostrato. 

lihi/ìichodiplodia  Citfi  n.  .sp. 

Formae  couidicac. 

Cladosporlmn  C'itri.  —  Hijphis  crectis  vel  adscendcntlÒHs, 
reclis  rei  fiexitosis,  simplicibìis,  septatis,  apice  pìerinm/nc  oltlir/ae  ohtu- 
satis,  òrunneis  vel  paìlide  fiiscis,  solitariis  vel  H-i  caespitosis,  50-70  [i. 
loìirjis,  3-4  '/.,  crassis,  rariter  110  ^j.  lomjis.  5  [j.  crassis;  stromate  cellu- 
ioso immerso. 

Coìtidiis  ellipsoideis  vel  ohlongis,  simplicilnis  vel  didi/mis,  pcdlide 
fnscis,  miniitis,  5-11'j.  longis,  4  [j.  crassis. 

Hai),  tu  friictibìis  Citri  limoni  morbo  Ituyyine  Bianca  deturpatis. 

llorììiodend l'Oli  Cltri.  —  Hijphis  teretiusculo-fitsoideis,  sim- 
plicibiis,  septatis,  brniuteis,  e  micelio  rcpcìi/c  ortis,  saepc  80-1 10  u. 
loncjis,  i^l,-ij    crassis. 

Conidiis  conjmboso-cakìiulatis,  ellipsoideis  vel  oblouyis,  coiitii/iiis. 
brtiìiìieis,  ()-ti  '^  loìKjis,  /  '  .,  (^.  crassis.  —  Est  Cladosporitnii  Citri  ciim 
conidiis  miìiìis  secedeiitibus. 


—  31  — 

Ovularia  Citrl.  —  Hìjpliis  sterilibus  repeuiihus,  liaxd  septafis,. 
hi/alinis,  2-3  a  chn.,  fertilibus  simpìirihus,  rarissinie  rei  obsolete  uni- 
septalis.  ConkUis  acrogenis  elipsoideis,  continnis,  hyalhiis,  :>-4  y.  (Idi. 

Haplaria  Citvl.  —  Hi/phis  ramosissimis,  Jv/alinis,  septatis^ 
papilloiis,  i-i  ^\.^,[J-  crassis.  Conidiis  glohosis,  vel  ellipsoideis,  continnh, 
h;jal/nis,  4  '/.j  x  6  [/.,  r.apitato-aggregutis.  CapitnUs  pleurogcnis.  semi- 
globosis,  18  u.  dm.  sessìlibns  lìgpliai-nni  lateribiis  insertis. 

I*seìidofuni(igo  Citri.  —  Caitìiulis  vel  gangliis  celhilosis, 
poli/ìiiorp/iis,  siinplicibiis  cel  rdinosis,  rariter  fasciculatis,  saepe  prhìtum 
kgalinis  vel  pallide-fascis,  dein  bninìieis  vel  fuliginosis.  Cellidis  glo- 
bosis vel  ellipsoideis,  levibus,  vel  aspcnilis,  coiifin'iis  raviter  1-2  septa- 
tis,  8-13  X  4-17  [j.. 

Hab.  in  fritctibus  Citri  I/moni  morbo  Rìiggine   Bianca  delurpatis. 

Psemlosacchaì-omyces  Citri.  —  Cdlnlis  saccìtaromgcdi- 
formis  gemmcniiihus,  ellipsoideis,  ligalinis  deinde  brunneis,  intus  granii- 
losis,  11  \;'.)  ;j.  longis,  0  [J-  crassis,  in  acervulis  simplicibus  vel  ramosis 
congestis. 

Forma  pyciiidiea. 

Hit (1  iichoil iploilUi  Citri,  —  Pcritlieàis  globoso-conicis,  fuli- 
ginosis,  birsiti/s,  rostralis,  80-250  jj.  dm.  Sporiil/s  oblongis,  iitringiie 
obtusis,  uniseptatis,  brunneis,  ad  sepia  lenifer  construiis,  7  Va -•'-';-'- 
longis,  3-3  ',\,  y.  crassis. 

ClndosjjorÌKiii  Citri,  Hormodeudron  Citri,  Ortdariu 
atri,  Haplaria  Citri,  Pseiidofaìnaffo  Citri,  fi^eudosac- 
charoniycs  Citrl  et  It/ii/nchodiplodia  Citri  culturales  mere 
formile  siinf  et  status  in/tialis  et  conidicits  fungi,  ciiius  quidem  fungi 
status  perfectus  adliiic  ignoratur. 


Esperienze  (Vinfezione  artificiale 
per  riprotlurre  la  lualiittia. 

Per  istabilire  con  sicurezza  l'azione  patologica  del  nostro  parassita 
era  necessario,  come  si  è  detto  in  altro  capitolo,  di  potere  riprodurre 
con  esso  artificialmente  la  malattia. 

A  tal  uopo  abbiamo  ricorso  ai  limoni  delle  aranciere  del  nostro  Isti- 
tuto botanico,  ove  non  si  aveva  alcnna  traccia  del  male.  Le  sperienze 
furono  fatte  ;  alcune,  con  germi  tolti  direttamente  dai  frutti  malati  in- 


—  32   — 

viatici  dalla  Sicilia  ;  altre,  coi  germi  avuti  dalle  colture  pure  ottenute 
■es[iressaniente  dai  germi  siciliani. 

Infezione  con  germi  (li  produziona  diretta.  —  Si  scelsero  piante 
]iiirtanti  frutti  in  diverso  grado  di  sviluppo;  alcuni  della  grossezza  di 
un'avellana,  alti-i  un  jioco  più  grossi,  parecchi  quasi  maturi  o  molto 
sviluppati,  e  su  di  essi  si  eseguirono  le  sperienze. 

Dalle  chiazze  della  buccia  malata  dei  limoni  provenienti  dalla  Si- 
cilia si  tolsero,  con  leggere  raschiature,  i  germi  del  parassita  e  si  mi- 
sero in  piccola  quantità  d'acqua  distillata  entro  vetrini  d'orologio.  Con 
gocce  di  quest'acqua  nelle  quali  si  era  accertata,  col  microscopio,  l'e- 
sistenza dei  germi  dei  parassita,  cioè  forme  toruloidi  (in  maggior  quan- 
tità), conidii  di  C/ai/osporiKm  e  talvolta  anche  d'Ovularia,  si  bagnarono 
con  un  piccolo  pennello  porzioni  più  o  meno  estese  della  superficie  dei 
frutti  che  si  volevano  infettare.  (Questi  sperimenti  si  fecero  parte  sulla 
fine  dell'anno  1901  e  parte  sul  principio  del  1902. 

Nei  frutticini  grossi  quanto  una  avellana,  dopo  S  giorni,  comincia- 
rono ad  apparire  nei  luoghi  toccati  col  pennellino  infetto  delle  minutis- 
sime verruchette  cenerognole,  le  quali  lentamente  ingrandirono,  così 
che  passati  25  giorni  alcune  avevano  raggiunto  0,'"002  di  diametro. 
Nei  frutti  un  poco  più  grossi  i  pi-imi  cenni  d'  infezione  visibile  ad  oc- 
chio nudo,  consistenti  pure  in  verruchette  cenerognole  minutissime, 
apparvero  al  sesto  giorno;  ed  al  decimo  1'  alterazione  era  di  già  bene 
sviluppata  su  tutti  i  frutti  di  mezzana  grossezza. 

Nei  frutti  grossi,  che  avevano  raggiunto  o  sorpassata  la  metà  del 
loro  sviluppo  normale,  l'infezione  si  manifestò  anche  in  modo  più  ac- 
centuato, poiché  la  formazione  e  lo  sviluppo  delle  crostine  procedette 
con  maggiore  rapidità;  queste  crostine  ricoprirono,  confluendo,  buona 
parte  della  buccia,  e  l' aspetto  loro  divenne  perfettamente  simile  a 
quello  delle  croste  più  caratteristiche  dei  frutti  malati  venuti  dalla 
Sicilia. 

Le  figure  1,  2,  3,  4  della  Tav.  II  rappresentano  appunto  fruttini 
infettati  artificialmente  con  germi  direttamente  tolti  dai  frutti  siciliani, 
nei  quali  le  i)roduzioni  patologiche  erano  anche  più  nette'  ed  appari- 
scenti di  quanto  non  sia  riuscito  nelle  dette  figure.  Anche  le  altera- 
zioni interne  dei  tessuti  nei  frutti  grossi  rassomigliavano  di  più  a  quelle 
dei  limoni  siciliani  che  non  le  alterazioni  manifestatesi  nei  frutti  gio- 
vanissimi, come  più  oltre  diremo. 

Infezione  eon  germi  tolti  da  colture  pure.  —  Contemporanea- 
mente alle  infezioni  sopra  descritte,  si  iniziarono  con  germi,  tolti  pure 
dagli  stessi  frutti  malati  siciliani,  delle  colture  in  laboratorio  seminando 
i  germi  (forme  toruloidi,  conidii  di  Cladosporinìu)  nella  gelatina  B  semi- 


—   33   — 

fluida  ed  acida  entro  scatole  Petri  dopo  avere,  come  è  naturale,  per- 
fettamente sterilizzato  in  stufa  ed  in  autoclave,  recipienti  e  gelatina 
onde  avere  colture  pure.  Entro  tali  scatole  si  avverti  ad  occhio  nudo 
la  formazione  ben  decisa  delle  prime  colonie  quasi  nello  stesso  giorno 
che  apparivano  le  prime  pustole  sui  frutti  delle  serre  prodotte  dalle 
seminagioni  dirette  dei  germi  primitivi. 

Si  formarono  bellissime  colonie,  irregolarmente  rotondeggianti,  da 
piima  jaline,  indi  verdastre,  poscia  in  parte  brunicce  ;  in  esse  vedovasi 
colla  lente,  ed  anche  ad  occhio  nudo,  che  il  funghetto  col  suo  micelio 
irradia,  ramificandosi  abbondantemente,  dai  centri  di  seminagione.  I 
filamenti  micelici  che  si  dirigevano  verso  la  superficie  libera  della  ge- 
latina erano  colorati,  e  più  o  meno  jalini  quelli  che  si  internavano 
nella  gelatina  stessa,  dirigendosi  verso  il  centro  della  colonia. 

I  germi  sviluppatisi  in  queste  prime  colture  li  abbiamo  successiva- 
mente trasportati  in  altre  scatole  Petri  sino  ad  ottenere  colture  pure 
del  Claiìospovinm  che  vive  sui  limoni  affetti  dalla  linggine  bianca..  Da 
queste  ultime  colonie,  dopo  10  o  12  giorni  di  vita,  si  tolse  il  materiale 
(in  gran  parte  elementi  toruloidi  e  conidii  di  Hormodcudron  e  talvolta 
anche  di  Ovularia)  per  le  nostre  infezioni  artificiali. 

Porzioni  della  gelatina  contenente  tali  colonie  si  diluirono  con 
aequa  sterilizzata  e  con  essa  si  spalmarono,  al  solito  per  mezzo  di  un 
pennellino  prima  disinfettato,  parecchi  punti  della  buccia  di  limoncini 
in  via  di  sviluppo,  alcuni  grossi  quanto  una  avellana,  altri  quanto  una 
noce  ed  altri  più  grossi  ancora,  appartenenti  a  piante  diverse,  poste  in 
due  distinte  aranciere. 

In  una  di  tali  aranciere,  molto  asciutta,  molto  illuminata  e  fredda, 
si  trattarono  in  tal  modo  tre  fruttini  (gli  unici  rimasti  liberi  in  causa 
delle  altre  esperienze  e  dei  controlli)  e  dopo  due  mesi  in  corrispondenza 
ad  uno  dei  punti  infettati  si  era  sviluppata  una  crosta  abbastanza  estesa, 
perfettamente  simile  a  quelle  ottenute  sui  frutti  infettati  direttamente 
coi  germi  primitivi,  e  coi  caratteri  tanto  esterni  che  interni  della  Rur/- 
(l'ine  bianca. 

Negli  altri  due  fruttini,  rimasti  incolumi,  vedevasi  sopra  i  luoghi 
spalmati  coi  germi  delle  colture  una  specie  di  pellicola  jalina,  che  non 
era  altro  che  la  gelatina  delle  colture  stesse,  la  quale,  a  quanto  sembra, 
non  era  stata  per  la  seminagione  diluita  a  sufficienza  ed  essiccatasi  sui 
frutti  aveva  formato  le  pellicole  che  vedevansi  contratte  e  sollevate  sulla 
loro  buccia.  Forse  a  tale  inconveniente  dovevasi  attribuire  la  mancata 
infezione;  i  germi  non  erano  probabilmente  venuti  in  contatto  diretto 
coll'epicarpo  del  frutto,  e  la  rapida  essiccazione  della  gelatina  ne 
aveva  impedita  la  germinazione,  o  disturbato  lo   sviluppo. 

Atti  dell' Isl,  Hot.  cleW  i'nirersilii  ili  Puvia  —  Nuova  Serie  —  Voi.  X.  3 


—  34  — 

Nell'altra  aranciera  più  umida,  piii  calda  e  meno  illuminata,  infet- 
tammo colle  stesse  colture  due  fruttini  grossi  quanto  una  noce  ed  un 
terzo  più  grosso  ancora,  erano  gli  unici  rimasti  disponibili.  Trascorsi 
due  mesi,  si  trovò  ciie  l' infezione  in  questi  aveva  presa  larga  esten- 
sione. Infatti  molte  erano  le  verruche  e  le  crostine  caratteristiche 
della  malattia  in  essi  sviluppatesi  ;  alcune  d'  un  grigio  sporco,  altre 
d'un  grigio  bruniccio,  aventi  perfettamente  l'aspetto  di  quelle  trovate 
e  descritte  nei  frutti  verdi  della  Sicilia.  Alcune  di  tali  crostine  erano 
piccole,  altre  misuravano  di  già  più  di  un  centimetro  di  diametro,  molte 
erano  isolate  e  altre  fra  loro  confluenti  ;  nell'  insieme  esse  ricoprivano 
un  buon  terzo  della  superficie  di  ciascun  frutto,  come  vedesi  nella  fig.  2 
della  Tav.  V,  che  appunto  uno  di  tali  frutti  rappresenta.  Alle  altera- 
zioni superficiali  od  esterne  corrispondevano  anche  le  interne,  come  più 
sotto  descriveremo,  ed  il  micelio  del  parassita  non  solo  aveva  invaso  i 
tessuti  ma  aveva  prodotto,  verso  1'  esterno,  aste  conidiofore  tipiche, 
tanto  di  Cladosporium  quanto  di  Ovularia,  anzi  queste  ultime  in  uno  dei 
tre  fruttini  erano  abbondantissime  '. 


Alter.azìolii  (leteriniiiate  dalle  infezioni  artificiali 
nei  tessuti  della  I)nccia. 

struttura  della  buccia  sana.  —  Prima  di  procedere  alla  descri- 
zione delle  alterazioni  patologiche  prodotte  dal  parassita  nella  buccia 
dei  frutti  da  noi  infettati,  sarà  bene  daie  uno  rapido  sguardo  alia 
struttura  della  buccia  dei  frutti  sani. 

I  limonciui  sani  presentavano  un'epidermide  composta  di  uno  strato 
di  cellule  jaline  relativamente  piccole,  quasi  isodiametriche  od  un  poco 
più  alte  nel  senso  radiale,  colla  parete  esterna  alquanto  più  grossa  delle 
altre;  ricoperta  di  una  sottile  cuticola.  A  questo  primo  strato  ne  sus- 
segue quasi  sempre  un  secondo  e  talvolta  un  terzo  pure  di  cellule  jaline 


'  Sperieiize  con  tossine.  Abbiamo  tentato  anche  di  isolare  le  tossine  per  studiare 
l'azione  loro  indiiiendrntemente  dalla  presenza  degli  elementi  fungini  che  le  producono. 
A  tale  scopo  preparammo  colture  pure  del  fungo  in  grande  copia,  entro  grossi  matraci, 
ma  le  sperienze  non  riuscirono.  Quando  la  gelatina  vegetale  nella  quale  si  coltivava 
era  così  flidda  da  poter  passare  attraverso  il  filtro  di  Chamberland,  le  spore  del  fungo 
germinavano  bensì  in  essa,  ma  il  micelio  da  loro  prodotto,  dopo  breve  sviluppo,  mo- 
riva per  mancanza  di  nutrimento  ;  quando  invece  la  gelatina  era  densa  a  sufficienza 
da  permettere  lo  sviluppo  normale  del  fungo,  essa  non  passava  più  attraverso  al  nostro 
filtro.  Così  noi  dovemmo  sospendere  questi  sperimenti  per  la  deficienza  dei  mezzi  dei- 
nostro  laboratorio. 


—  35   — 

e  molto  simili.  Sotto  si  ha  invece  una  zona  più  o  meno  alta  di  tessuto 
clorofillifero,  che  è  quella  che  dà  il  color  verde  al  frutto,  zona  com- 
posta anche  di  cellule  pressoché  isodiametriche  ma  un  poco  più  grandi 
delle  pi'ecedenti,  pure  a  pareti  sottili.  Internandosi  nella  buccia  le 
cellule  del  suo  parenchima  si  fanno  più  grandi,  perdono  i  cloroplasti, 
divengono  jaline  e  nel  tessuto  da  esse  formato  si  costituiscono  le  glan- 
dole  oleifere,  che  veggonsi  più  o  meno  sviluppate,  ovoidali  o  piriformi, 
spingersi,  per  cosi  dire,  verso  la  superficie  dei  frutti,  circondate  da 
cellule  di  parenchima  jalino  più  o  meno  distese  ed  ingrandite  per  la 
pressione  laterale  prodotta  contro  di  esse  dalla  glandola  che  si  ingrossa. 
Negli  strati  ipodermici,  e  più  specialmente  nel  più  esterno,  trovansi 
spesso  molti  cristalli  di  ossalato  di  calcio,  dei  quali  qualcuno  non  manca 
nemmeno  in  qualche  cellula  dell'epidermide. 

liuccia  malata.  —  Le  infezioni  artificiali,  sopra  i  fruttini  in  via 
di  sviluppo  nelle  nostre  serre,  produssero  alterazioni  di  dift'erente 
aspetto,  nelle  quali  possiamo  distinguere  tre  forme  principali,  che  chia- 
meremo: forma  ipertrofica  a  pustola,  alla  quale  si  riferiscono  le  fig.  3  ed 
1  della  Tav.  IV  e  la  fig.  2  della  Tav.  Ili  ;  forma  ipertrofica  a  verruca, 
alla  quale  si  riportano  le  fig.  1  della  Tav.  IV;  4  e  5  della  Tavola  III 
e  5  della  Tav.  TV;  forma  non  ipertrofica  a  crosta  cui  si  rapportano  le 
fig.  7  della  Tav.  IV  e  8  della  Tav.  III. 

Queste  distinzioni  si  riferiscono  più  che  altro  al  modo  di  procedere 
delle  alterazioni  stesse  ed  al  diverso  aspetto  che  assumono  le  produ- 
zioni patologiche  che  ne  derivano  e  non  alla  natura  della  alterazione. 
Si  hanno  del  resto  forme  intermedie,  e  talvolta  anche  l'alterazione  in- 
comincia in  un  modo  e  termina  in  un  altro. 

Verruche.  —  Le  verruche,  colle  quali  si  iniziava  generalmente 
la  infezione  nei  fruttini  giovani,  si  formano  nel  modo  seguente:  In 
corrispondenza  alle  aree  della  buccia,  ove  si  erano  seminate  le  spore 
del  parassita,  si  determina  da  prima  un  rigonfiamento  tanto  nelle  cel- 
lule dell'epidermide  quanto  in  quelle  dei  primi  strati  dell'ipoderma,  le 
cui  pareti  si  rigonfiano  e  talvolta  anche  si  piegano  e  scontorcono,  indi 
insieme  al  plasma  le  pareti  ingialliscono  od  imbruniscono  e  le  cellule 
muoiono  (fig.  3  Tav.  IV).  Subito  dopo,  o  contemporaneamente,  le  cellule 
di  alcuni  degli  strati  più  superficiali  dell'ipoderma  (per  lo  più  il  3"  od 
il  4°)  incominciano  a  segmentarsi  per  mezzo  di  pareti  tangenziali  sot- 
tili, formando  una  tenue  zona  di  tessuto  sugheroso  o  peridermico,  più 
o  meno  tipico,  posto  a  breve  distanza  dall'epidermide.  Questa  zona  su- 
gherosa si  forma  nell'  ipoderma  jalino  superficiale,  talvolta  anche  nei 
primi  strati  a  cloroplasti,  ma  quasi  sempre  ha  poco  sviluppo,  rimanendo 
costituita  di  un  esiguo  numero  di  strati. 


—   36    - 

Conteraporaneamente  o  quasi,  pure  in  corrispondenza  ai  centri  di 
infezione,  in  alcune  cellule  del  parenchima  jalino  profondo,  sottostante 
al  clorofillifero,  incomincia  uno  straordinario  allungamento  nel  senso 
radiale  che  produce  un  tessuto  il  quale,  per  la  forma,  rammenta  il 
palizzata  (privo  per  altro  di  cloroplasti),  risultante  di  cellule  molto 
lunghe  nel  senso  radiale,  più  o  meno  parallele  fra  loro,  a  pareti  sottili 
ed  a  plasma  finamente  granuloso  e  jalino. 

Le  cellule  di  tale  nuovo  e  patologico  tessuto  crescono  rapidamente, 
segmentandosi  anche  in  senso  tangenziale  e  formano  una  specie  di 
piccolo  tumore  da  prima  più  o  meno  rotondeggiante  ed  immerso  nelhi 
buccia. 

Col  crescere,  questo  tumoretto  preme  contro  il  parenchima  soprap- 
posto e  contro  la  zona  di  tessuto  sugheroso,  formatasi  sotto  l' epider- 
mide, ne  schiaccia  le  cellule,  le  quali  insieme  a  quelle  dell'epidermide 
pure  schiacciate,  finiscono  per  costituire  una  specie  di  grossa  parete 
opaca  (poiché  tutte  le  pareti  tangenziali  di  tali  cellule  schiacciate  ven- 
gono fra  loro  in  contatto),  ch(s  spinta  dal  detto  tumore  si  solleva,  fa 
bozza  sulla  superficie  della  buccia,  e  per  qualche  tempo  resiste  e  rico- 
pre il  tumore  stesso.  Di  poi,  questa  specie  di  parete  opaca  si  rompe 
e  lascia  libero  sfogo  allo  sviluppo  delle  cellule  a  palizzata  del  tumo- 
letto,  le  quali  allora  ancora  più  rapidamente  e  fortemente  si  allungano 
e  crescono  (fig.  4  e  5  della  Tav.  Ili  e  6  della  Tav.  IV),  formando 
escrescenza  o  verruca  sporgente  sulla  buccia  del  frutto.  Queste  ver- 
ruche più  tardi,  per  cosi  dire,  si  aprono  in  quanto  il  tessuto  loro  si 
piega  e  rovescia  tutto  in  giro  sulla  superficie  del  frutto  (fig.  6  Tav.  IV) 
allargando  la  vei'ruca  stessa. 

Nella  regione  superiore  o  periferica  le  cellule  della  verruca  si  seg- 
mentano abbondantemente,  specie  in  senso  tangenziale,  formando  cellule 
relativamente  corte  che  prima  si  piegano  e  gonfiano  in  modo  irregolare, 
poi  muoiono  e  si  staccano  ;  alloia  la  superficie  della  verruca  si  sgre- 
tola e  sfrangia. 

Le  cellule  di  tali  verruche  costituiscono  una  specie  di  tessuto  su- 
beroso in  quanto  le  più  esterne  hanno  pareti  perfettamente  suberificate, 
anzi  la  suberificazione  si  estende  più  o  meno  anche  alle  cellule  interne, 
come  lo  dimostrano  le  reazioni,  specie  quella  dell'acido  solforico,  il 
<iuale  non  solo  non  attacca  le  pareti  delle  cellule  esterne  ma  altresì 
non  riesce  a  distruggere  buona  parte  di  quelle  delle  cellule  interne. 

Tali  neoformazioni  di  tessuto  patologico  in  corrispondenza  ai  centri 
di  seminazione  del  parassita  sono  evidentemente  a  questo  dovute.  Esse 
si  iniziano  sotto  lo  stimolo  della  germinazione  delle  sue  spore  la  quale 
avviene  alla  superficie  del  frutto. 


—   37   — 

Il  parassita,  non  vi  ha  dubbio,  deve  produrre  delle  tossine  le  quali 
facilmente  debbono  penetrare  e  diffondersi  nei  tessuti,  e  l'azione  loro, 
a  quanto  pare,  si  fa  sentire  non  solo  sulle  cellule  che  trovansi  in  con- 
tatto immediato  del  parassita  ma  anche  su  tessuti  relativamente  lontani, 
come  nel  corticale  jalino  profoudo  sottostante  al  clorofiUifero  nel 
quale,  come  è  detto  sopra,  si  inizia  l'allungamento  delle  cellule  che 
formano  le  verruche. 

Le  verruche,  a  quanto  sembra,  si  formano  di  preferenza  sui  frut- 
tini molto  giovani  ove  i  tessuti  teneri  sono  tuttora  in  via  di  rapido 
sviluppo  ;  il  processo  della  loro  formazione  è  probabilmente  il  se- 
guente. 

Le  tossine  prodotte  dal  fungo  che  germina  sulla  superficie  del 
fratto  penetrano  attraverso  l'epidermide  negli  strati  superficiali  del- 
l'ipoderma, ed  ivi  subito  determinano  la  produzione  della  zona  protet- 
trice dello  sughero  che  abbiam  visto  formarsi  poco  sotto  l'epidermide 
stessa. 

A  quanto  sembra,  questa  zona  protettrice  non  sempre  arriva  in 
tempo,  forse  per  la  rapida  diffusione  della  tossina  in  tessuti  tanto 
teneri,  ad  arrestare  la  diffusione  di  tutta  la  tossina;  una  parte  di  essa 
forse  passa,  prima  che  la  zona  sugherosa  divenga  valido  ostacolo  al 
suo  procedere,  ed  allora,  scendendo,  essa  arriva  sino  ai  tessuti  jalini 
profondi.  Ivi  probabilmente  giunge  solo  in  tenue  dose  e  diluita  ;  cioè 
non  più  in  stato  da  potere  uccidere  il  tessuto,  ma  pur  sempre  con  forza 
sufficente  per  irritarne  il  plasma  e  determinare  l'anormale  allungamento 
delle  cellule  che  producono  la  verruca.  Probabilmente  a  tale  straordi- 
nario sviluppo  di  dette  cellule  verso  l'esterno  contribuirà  anche  la  di- 
minuita contropressione  dei  tessuti  periferici  di  già  ammalati,  che  presto 
muoiono  e  si  schiacciano  insieme  alla  debole  zona  dello  sughero  supe- 
riormente sviluppatosi. 

A  confermare  in  tale  opinione  vale  anche  il  fatto  che  la  forma- 
zione della  tenue  zona  di  periderma  periferico  è  contemporanea,  se  non 
posteriore,  all'inizio  dell'allungamento  delle  cellule  producenti  la  verruca. 

Questo,  a  noi  sembra,  deve  essere  il  processo  ordinario  della  for- 
mazione delle  verruche,  il  che,  come  è  naturale,  non  esclude  che  esse 
possono,  in  alcuni  casi,  formarsi  anche  in  modo  alquanto  diverso. 

All'inizio  della  verruca  nessuna  traccia  di  micelio  si  riscontra  nel- 
r interno  del  suo  tessuto  (fig.  4  Tav.  Ili);  ma  più  tardi  non  è  difficile, 
con  opportuni  reattivi,  di  scoprirvi  filamenti  micelici,  ed  altresì  aste 
conidiofore  di  Cladosporium  (fig,  .5  Tav.  IIIj  infisse  sopra  le  verruche 
stesse.  Noi  vi  abbiamo  trovato  quasi  esclusivamente  micelio  toruloide, 
bruniccio  e  relativamente  grosso,  e  conidiofori  di  Cladosparium;  mentre 


—  sa- 
le aste  sottili,  jaliue,   indistintamente   settate   ieW  Ovularia   sono   rare 
nelle  verruche.  Questo  si  accorda  con  quanto  si  rinvenne  nei  frutti  si- 
ciliani ne'  quali  VOcularia  non   mostravasi  mai    nelle   infezioni  iniziali, 
mentre  di  frequente  si  trovava  nelle  vecchie  od  adulte. 

Tale  fatto  del  resto,  non  può  arrecare  meraviglia  ora  che  cono- 
sciamo il  ciclo  di  sviluppo  del  nostro  fungo,  e  sappiamo  che  prima  si 
forma  il  Clodosporiiim.  e  dopo  Y  Ontlaria,  e  che  i  conidiofori  del  primo 
si  producono  senza  confronto  in  maggiore  abbondanza,  di  quelli  della 
seconda. 

Pustole.  —  Nella  formazione  ipertrofica  a  pustole  (fig.  3  ed  1, 
Tav.  lY  e  2,  Tav.  Ili)  i  tessuti  jalini  profondi  non  subiscono  altera- 
zione, manca  cioè  la  produzione  del  tessuto  patologico  a  cellule  forte- 
mente allungate  il  quale  costituisce  il  corpo  della  verruca.  Xella  pustola 
pure  si  ha  la  produzione  di  una  escrescenza  sulla  superficie  del  frutto, 
ma  que.sta  di  poco  si  innalza,  poiché  il  tessuto  epi-  ed  ipodermico  su- 
perficiale ben  presto  si  altera  e  muore,  e  nessuna  produzione  patologica 
sottostante  spinge  e  solleva  la  parte  attaccata. 

Nelle  pustole  si  forma,  come  nelle  verruche,  una  zona  di  tessuto 
sugheroso  sotto  l'area  d'infezione  in  vicinanza  dell'epidermide,  ma 
questa  zona,  al  contrario  di  quanto  avviene  nelle  verruclie.  rapidamente 
si  ingrossa  anche  verso  1"  interno,  come  vedesi  nelle  figure  2  Tav.  Ili  e  1, 
Tav.  IT,  formando  una  massa  peridermica  che  circonda  ed  arresta  l'in- 
fezione, ed  è  tanto  forte  da  non  permettere  alle  tossine  di  attraversarla 
e  giungere  agli  strati  jalini  profondi  come  avviene  nelle  verruche. 

Croste.  —  Nelle  formazioni  che  abbiam  detto  a  crosta  non  si  ba 
ipertrofia  della  buccia  od  almeno  essa  è  poco  accentuata  (fig.  7,  Tav.  IV 
e  8,  Tav.  III).  Questa  forma  si  manifesta  ove  i  centri  d'infezione  sono 
numerosi  e  fitti,  e  l'area  d'infezione  di  ciascuno  si  allarga  subito  in 
senso  tangenziale,  senza  molto  approfondirsi.  In  tal  caso  la  zona  dello 
sughero  protettore  formasi  pure  vicino  all'epidermide  ma  si  estende  ra- 
pidamente tanto  in  senso  tangenziale  che  in  senso  radiale,  acquistando 
ben  presto  tale  spe.ssore  da  non  permettere  il  passaggio  né  alle  tossine 
né  al  micelio  del  parassita  nei  tessuti  profondi,  e  determinando  la  morte 
del  parenchima  soprastante  prima  che  in  esso  abbia  luogo  alcun  accre- 
scimento. Questa  forma  non  ipertrofica  a  croste  nelle  nostre  serre  si  svi- 
luppò specialmente  nei  frutti  piìi  grossi,  mentre  le  pustole  e  le  verruche 
apparvero  abbondanti  nei  fruttini  molto  giovani. 

Le  croste  più  tardi  si  squamano  anche  nei  frutti  ad  arte  infettati, 
come  avviene  in  quelli  ammalati  per  infezione  naturale. 

Attorno  ai  centri  d' infezione,  isolati  o  disgiunti,  spesso  la  zona 
sugherosa  clie  si  forma   nell'  ipoderma  sale  tutto  all'  ingiro  sin   contro 


—  39  — 

T  epidermide  formando  coppe  peridermiclie  limitatrici  simili  a  quelle 
trovate  e  descritte  nei  frutti  provenienti  dalla  Sicilia.  In  alcuni  casi 
il  periderma  piglia  la  disposizione  che  vedesi  nella  figura  2  della  Ta- 
vola III,  cioè  irradia  tutto  attorno  all'  area  infetta. 

In  quasi  tutte  le  infezioni  artificiali,  qualunque  aspetto  assumessero 
più  tardi,  vedevansi  fin  dal  loro  inizio  (fig.  1,  Tav.  VII  e  Tav.  IV)  aste 
di  Cladosporiam  in  esse  infisse,  ed  altresì  rami  del  micelio  bruniccio 
entro  le  cellule  attaccate.  Sotto  i  centri  di  disseminazione  le  cellule 
subito  ingialliscono,  prima  ancora  che  il  micelio  vi  penetri  ;  evidente- 
mente l'azione  deleteria  delle  sue  tossine  lo  precede,  ne  uccide  il  plasma, 
che  si  raggrinza  e  diviene  giallo  ed  opaco. 

Questo  fatto  rende  difficile  poter  scorgere  il  micelio  nel  momento 
della  sua  penetrazione,  ciononostante  qualche  volta  si  riusci  di  metterlo 
in  evidenza  anche  in  pustole  tanto  giovani  che  in  sezione  radiale  mo- 
stravansi  costituite  da  sole  3  o  4  cellule. 

lufezioue  nelle  glandolo.  —  Nella  flg.  4  della  Tav.  VII  è  rap- 
presentata un'infezione  artificiale  in  vicinanza  d'una  glandola  oleifera. 
È  caso  frequente,  attesa  l'abbondanza  delle  glandole  nelle  bucce  dei 
limoni,  e  la  detta  figura  ne  rappresenta  uno  fra  i  tanti  simili  che  si 
riscontrano.  Noi  lo  descriviamo  perchè  è  molto  istruttivo  e  getta  luce  sul 
come  le  infezioni  procedono  e  ci  aiuta  a  spiegare  fatti  simili  frequenti 
nei  frutti  della  Sicilia;  fatti  dei  quali  noi,  atteso  lo  stadio  generalmente 
molto  avanzato  delle  infezioni,  non  sapevamo  renderci  conto. 

In  vicinanza  ed  in  corrispondenza  alla  glandola  rappresentata  in 
iletta  figura,  si  avevano  tre  centri  d'infezione;  uno  laterale  a  destra 
piccolissimo  a,  che  era  rimasto  circoscritto  assai  per  tempo  da  una  coppa 
peridermica  p,  la  quale  non  gli  aveva  permesso  che  una  debole  diftusione; 
un  secondo  /*  molto  più  grande  sulla  sinistra;  esso  pure,  come  vedesi, 
circoscritto  da  una  coppa  ^j'  più  larga,  ma  pure  limitata  di  periderma; 
un  terzo,  infine,  ìi,  quasi  centrale  sovrastava  alla  glandola  cj.  Il  prepa- 
rato, come  mostra  la  figura,  era  una  sezione  radiale  obliqua,  la  quale 
sulla  sinistra  aveva  tagliato  in  pieno  una  porzione  e  di  parete  glando- 
lare, e  sulla  destra  scorreva  tangenziale  e  paralella  alla  superficie  in- 
terna della  parte  h  della  parete  glandolare  stessa  ;  della  quale  una  por- 
zione era  asportata. 

Di  queste  tre  infezioni,  la  //',  cioè  quella  sovrastante  alla  glandola 
■era  scesa  lungo  la  parete  glandolare  ma  in  modo  non  uniforme  ;  infatti 
sul  lato  sinistro  aveva  quasi  raggiunto  la  base  della  glandola  (cellule 
■colorate  in  giallo),  mentre  sul  lato  destro  rimaneva  limitata  ad  una  pic- 
cola porzione  della  parete  superiore  glandolare,  poiché  le  cellule  h  a 
pareti  gialle  che  ivi  si  veggono,  rappresentano  l'ultimo  limite  dell'in- 


—  40  — 

fezione  stessa  proveniente  dalla  sinistra,  come  lo  dimostrava  il  fatto- 
che  al  di  là  di  dette  cellule  gialle  h  si  vedevano  solo  cellule  jaline, 
appartenenti  quindi  alla  parte  della  parete  glandolare  tuttora  sana. 
Con  tale  procedere  dell'  infezione  trovasi  in  perfetto  rapporto  la  pro- 
duzione del  periderma  ;  poiché  sul  lato  sinistro  il  periderma  è  sceso 
lungo  il  lato  malato  della  parete  glandolare,  mentre  sul  lato  destro  esso, 
invece  di  discendere  parallelamente  alla  parete  glandolare,  come  ha 
fatto  sulla  sinistra,  si  è  presto  arrestato,  avendo  quivi  incontrato  la 
contigua  parete  peridermica  dovuta  all'infezione  h.  Questi  due  periderma 
coU'incontrarsi  hanno  formato  una  specie  di  diga,  e  chiuso  il  passaggio 
agli  agenti  infettivi,  sicché  ne  fu  impedito  l'abbassarsi  dell'infezione 
lungo  il  lato  destro  della  parete  glandolare. 

Il  processo  ora  descritto  ci  dimostra  quindi  che  laddove  per  una 
ragione  qualunque  (in  questo  caso  la  speciale  natura  del  tessuto  glan- 
dolare) il  periderma  é  arrestato  nel  suo  percorso  tangenziale  e  non 
può  compiere  in  senso  laterale  la  coppa  liniitatrice  dell'infezione,  questa 
allora  si  estende  in  senso  radiale,  sino  a  raggiungere  strati  molto  pro- 
fondi; nel  caso  nostro,  sino  alla  base  della  glandola.  Altresì  esso  ci 
dice  che  nel  tessuto  delle  pareti  glandolari,  formato  di  cellule  molto 
grandi  ed  a  pareti  molto  sottili,  l'infezione  si  diffonde  assai  rapida- 
mente, tanto  che  il  periderma  non  arriva  in  tempo  a  svilupparsi  tangen- 
zialmente in  modo  da  potere  compiere  la  sua  coppa  limitatrice,  ed  allora, 
incontrando  esso  il  tessuto  glandolare  di  già  infetto,  piega  e  scende  in 
direzione  radiale  per  entro  il  tessuto  tuttora  sano,  formando  una  zona 
protettrice  parallela  alla  parete  glandolare  infetta. 

Quanto  abbiamo  descritto,  che  si  riferisce  ad  infezioni  di  fruttini 
tuttora  in  via  di  sviluppo  ad  arte  infettati  nelle  nostre  serre,  ci  dà 
modo  di  spiegare  molti  dei  fenomeni  analoghi  e  più  complicati  che  si 
osservavano  nei  frutti  naturalmente  infetti  della  Sicilia.  In  questi,  in- 
fatti, la  buccia  è  spesso  disseminata  di  screpolature  e  di  fessure  di 
varia  forma  e  misura  ;  la  iìg.  2  della  Tav.  VII  rappresenta  la  sezione 
radiale  di  una  di  queste,  fatta  in  uno  di  quei  limoni  siciliani  ricoperti 
da  croste  bianchicce  e  lucide  che  abbiamo  altrove  descritte.  Anche  qui 
trattasi  di  una  infezione  in  corrispondenza  ad  una  glandola  oleifera 
quasi  distrutta,  ma  della  quale  rimanevano  ancora  le  tracce. 

Il  tessuto  corticale  soprastante  alla  glandola  (ove  certamente  sarà 
stato  un  centro  d'infezione),  fortemente  attaccato,  non  solo  era  morto, 
ma  si  era  rotto  ed  in  gran  parte  disgregato,  lasciando  una  fessura  che 
penetrava  profondamente  nella  corteccia  stessa. 

Ora  a  spiegare  la  formazione  di  tale  fessura  corticale  bisogna  am- 
mettere evidentemente  che  l'infezione  epiglandolare  siasi  sviluppata  in 


—  41    — 

modo  da  non  lasciare  tempo  (o  spazio,  se  la  glandola  era  molto  super- 
ficiale) al  periderraa  di  formarsi  al  di  sopra  dell'  apice  della  glandola 
prima  di  averla  raggiunta.  Le  zone  di  periderraa  tangenziali  p,  p, 
che  veggonsi  sulla  destra  e  sulla  sinistra  provenienti  da  infezioni  la- 
terali (non  rappresentate  nella  figura),  che  si  avanzavano  per  com- 
piere le  solite  coppe  limitatrici,  non  hanno  potuto  arrestare  l'infezione 
epiglandolare,  poiché  tali  zone  nel  loro  procedere  tangenziale  hanno  in- 
contrato l'apice  della  glandola  di  già  infetto  e  ne  furono  fermate;  così 
l'infezione,  in  nessun  modo  contenuta,  scese  ed  invase  tutto  l'organa 
glandolare  sino  alla  sua  base,  come  la  rivelavano  le  reazioni  e  l'aspetto 
delle  cellule  rimaste. 

In  relazione  a  tale  cambiamento  avvenuto  nel  procedere  dell'  in- 
fezione (in  causa  della  glandola)  anche  il  periderma  aveva  modificato 
il  proprio  percorso  ;  quella  scendeva,  ed  esso  pure  è  sceso,  seguendola 
per  cosi  dire  a  passo  a  passo,  ed  avvolgendo  esso  pure,  come  quella,  tutto- 
l'organo  oleifero  malato,  per  difendere  i  tessuti  profondi  della  corteccia,, 
nei  quali  l'organo  glandolare  tentava  di  portare  l'infezione. 

Ed  osservando  la  detta  figura  vedesi  anche  come  non  solo  il  pe- 
riderma, per  cosi  dire  primitivo  e  normale  p  p,  formi  una  zona  non  in- 
terrotta attorno  alla  cavità  lasciata  dalla  glandola  distrutta,  ma  altresì 
come  in  suo  aiuto  si  costituisca  altro  periderma,  per  così  dire  secon- 
dario, coU'attacco  die  si  accentua  specialmente  al  lato  destro,  per  entro 
le  cellule  dell'ipoderma  sottoposto.  Cosi,  od  in  modo  simile,  si  riesce  a 
spiegare  facilmente  la  formazione,  ed  il  loro  modo  di  presentarsi,  delle 
molte  fessure  ed  abrasioni  clie  si  riscontrano  spesso  nella  buccia  dei 
limoni  presi  dalla  Ihiggine  bianca. 


Brevi  considerazioni  critlclie. 

La  Ruggine  bianca  dei  limoni  attrasse  l'attenzione  degli  agricol- 
tori italiani  solo  nell'anno  1899,  come  appare  da  quanto  è  riferito  nel 
primo  capitolo  di  questa  Memoria;  ma  allorquando  una  nuova  malattia 
sveglia  il  cultore  dei  campi  e  lo  spinge  a  chiedere  consiglio,  il  danno 
che  essa  arreca  è  di  già  rilevante  ed  il  male  non  piìi  ai  suoi  primi 
tentativi.  È  quindi  da  ritenersi  tale  malattia  più  antica,  non  prima  av- 
vertita solo  perchè  contenuta  in  modesti  confini,  come  è  probabile, 
per  non  dir  certo,  che  non  può  ritenersi  limitata  ad  alcune  provincie 
della  Sicilia,  anzi  nemmeno  circoscritta  all'Italia.  Noi  infatti,  come  si 


—  42   — 

è  fletto,  abbiamo  di  già  accertato  il  male  in  frutti  provenienti  dalla 
Liguria,  e  cenni  di  malattie  consimili  si  trovano  nella  letteratura  scien- 
tifica, cosi  italiana  come  straniera,  riferentisi  tanto  al  nostro  ^  quanto  ad 
altri  paesi. 

Trovansi  p.  es.  sparse  in  diverse  pubblicazioni  inglesi  e  giapponesi, 
brevi  descrizioni  di  una  malattia  indicata  col  nome  di  Sayb  or  Verrn- 
cosis,  manifestatasi  negli  agrumeti  dell'America  e  dell'Australia,  prove- 
niente a  quanto  sembra  dal  Giappone,  ove  ne  fu  confermata  l'esistenza 
poche  settimane  or  sono  (Nisida  —  Kaiìkitsu,  Giugno  1903  in  lingua 
giapponese).  Anche  nella  Scabbia  si  è  riscontrato  un  Cladosporiitm  che 
gli  autori  invero  non  riescono  a  determinare,  ma  al  quale  attribuiscono 
la  causa  di  tale  malattia. 

Il  Cladosporiuììi  della  scabbia  è  identico  a  quello  che  fa  parte  del 
ciclo  evolutivo  delia  nostra  Bhi/iicJiodiplodia  ;  e  la  nostra  Euggine  bianca 
sembra  differire  di  ben  poco  dalla  malattia  degli  agrumi  giapponesi  ed 
americani.  Di  tutto  questo  peraltro  diremo  e  discuteremo  largamente 
nella  Seconda  Parte  di  questo  nostro  lavoro. 

Per  quel  che  ha  riguardo  alla  Eur/gine  bianca  dei  limoni  della  8i- 
cilia  è  a  nostra  conoscenza  che  due  valenti  cultori  di  patologia  vege- 
tale, il  Leonardi  ed  il  Cavara,  se  ne  sono  occupati,  arrivando  per  altro 
a  conclusioni  affatto  diverse  dalle  nostre.  Nella  Seconda  Parte  di  questo 
lavoro,  ove  tratteremo  delle  Foglie  e  degli  altri  organi  vegetativi  dei  limoni 
presi  dalla  Eaggine,  daremo  per  esteso  la  storia  dell'argomento,  riferendo, 
confrontando  e  vagliando  non  solo  quanto  è  stato  scritto  in  Italia  ma 
altresì  quello  che  si  è  stampato  all'estero;  ora  diremo  solo  dei  due,  e 
brevemente,  che  studiarono  il  male  nell'Italia  Meridionale,  ove  si  è  con 
tanta  intensità,  in  questi  ultimi  anni,  manifestato.  L'uno,  il  Dott.  G.  Leo- 
nardi, assistente  al  Laboratorio  di  l'entomologia  Agraria  di  Portici  ha 
pubblicato  una  breve  Nota  dal  titolo:  I danni  causati  dalia  Heliothrips 
HaeììiorrJtoklalis  (Bouché)  agli  agrumi  ;  l'altro,  il  Prof.  Fridiano 
Oavara  dell'  università  di  Catania  ha  letto  una  sua  memoria  sopra  la 
Enggine  bianca  al  Congresso  internazionale  degli  agricoltori  in  Roma. 

Il  Leonardi  descrive  una  malattia  sopra  frutti  di  limoni,  cedri  ed 
aranci  a  lui  mandati  da  Messina  e  da  Nizza  di  Sicilia,  i  cui  caratteri 
esterni,  gli  unici  da  lui  descritti,  sono  presso  a  poco  gli  stessi  di  quelli 
riscontrati  in  alcuni  dei  frutti  e  delle  foglie  a  noi  spediti  dalla  Sicilia. 


'  Il  Penzig  p.  es.  a  pag.  58  e  seguenti  della  sua  monografia  sugli  agrumi  (0.  e.) 
accenna  ad  una  alterazione  sugherosa  che  si  manifesta  nelle  foglie,  la  quale  ha  qualche 
somiglianza  con  quella  dei  limoni  affetti  dalla  Ruggine  bianca:  alterazione  della  quale 
peraltro  l'autore  non  determina  la  causa. 


—  43  — 

"  Le  foglie,  dice  il  Leonardi,  mostravano  alla  pagina  inferiore 
'■  delle  chiazze  più  o  meno  estese,  irregolari,  di  tinta  chiara,  resa  al- 
"  quanto  oscura  per  numerosi  ed  irregolari  punti  nerastri  che,  ad  un 
"  esame  più  diligente,  si  riconobbero  per  deiezioni  fecali  di  un  insetto. 
"  Alla  pagina  superiore  le  foglie  lasciavano  scorgere  delle  macchie 
■'  giallognole  assai  più  chiare,  che  spiccavano  nettamente  sul  rimanente 
"  fondo  verde  oscuro  delle  foglie  e  si  notavano  in  corrispondenza  delle 
'•  macchie  disposte  alla  pagina  inferiore;  inoltre  da  questo  lato  la  por- 
'■  zione  di  foglia  emaciata  risultava  alquanto  gibbosa,  mentre  per  lo 
"  contrario  alla  pagina  inferiore  la   stessa  porzione  eia  incavata. 

"  Le  frutta  invece,  mostravano  zone  di  superficie  più  o  meno  estese, 
"  iu  cui  era  scomparso  il  colore  naturale  e  questo  era  sostituito  da  una 
"  tinta  grigiastro-pallida  ;  questa  tinta  era  data  dallo  strato  epidermoi- 
"  dale  superficiale  mortificato,  il  quale  se  da  tempo  cosi  offeso,  era  tutto 
"  ispessito  a  guisa  di  callo,  diviso  da  screpolazioni  varie  in  aree  irre- 
"  golarmente  poligonali,  e  raschiando  anche  leggermente,  si  scrostava 
"  in  piccole  scaglie,  al  disotto  la  buccia  compariva  nuovamente  di  un 
"  verde  vivace.  „ 

Non  v'ha  quindi  dubbio  che  i  limoni  studiati  dal  Leonardi  dove- 
vano essere  attaccati  dalla  Ruggine  bianca,  la  quale,  come  fu  da  noi 
descritta,  pi'esenta  caratteri  varii,  ma  in  fondo  non  diversi  da  quelli 
esposti  dal  Leonardi,  almeno  per  quei  frutti  ove  essa  è  più  caratteri- 
stica. Il  Leonardi  negli  esemplari  provenienti  da  Messina  "  non  potè 
•'  rinvenire  alcun  insetto  incriminabile,  ma  nei  campioni  di  Nizza  gli  fu 
"  facile,  egli  scrive,  di  trovare  la  causa  del  danno  in  numerosi  indi- 
"  vidui  di  un  Fisapodo,  l'IZeiiof/tJ'y^s  Haernorrhoidalis  Bouché  „, 
del  quale  descrive  i  danni  causati,  le  alterazioni  prodotte,  ecc. 

Il  Leonardi,  di  conseguenza  ritiene  come  causa  della  detta  malattia 
questo  insetto,  ben  noto,  comunissimo  ed  antico  abitatore  di  molte  delle 
nostre  piante  coltivate.  Nessuno  per  altro,  almeno  finora,  per  quanto  è 
a  nostra  conoscenza,  aveva  avvertito  che  tale  insetto  producesse  sui 
limoni  fenomeni  simili  a  quelli  della  Bnggine  Manca.  E  vero  che  il  Leo- 
nardi riferisce  che  A.  Targioni  Tozzetti  avrebbe,  fino  dal  1879-1882 
(Relazioni  intorno  ai  lavori  della  R.  Stazione-  d' Entomologia  Agraria  di  Fi- 
renze, pag.  76  ed  80),  rinvenuto  sopra  campioni  d'agrumi  ricevuti  da  Gaeta 
una  tale  malattia  e  constatata  l'esatta  natura  sua  appunto  nell'opera 
di  questo  insetto.  Il  Targioni  in  realtà  si  limita,  nella  detta  opera,  ad 
indicare  alla  pag.  76  V Jleliothrips  llaeniorrhoidalis  nella  lista 
degli  Insetti  degli  agrumi,  ed  alla  pag.  80  aggiunge:  "  La  infezione  di 
"  Lccanium  hesperidiiim  (L.)  denunziata  da  Gaeta  non  usciva  dai  termini 
"  dei  fatti  ordinarli;  ma  più  nuova  era  quella  di  una  Thrips  {Hello- 


—   44  — 

"  tlirips  Jlaeniorì'hoidalis  Burnì).  Le  foglie  dove  l'insetto  si  pone 
"  perdono  il  colore  e  rimangono  conspurcate  dalle  secrezioni  e  dalle 
"  spoglie  di  qnello  „. 

Altro  non  dice  il  Targioni  ;  quindi  egli  ivi  non  descrive  né  parla 
di  alcuna  malattia  nei  limoni  che  avesse  rassomiglianza  colla  Ruggine 
bianca. 

Del  Cavara  non  abbiamo  sottocchio  il  lavoro  originale;  quel  che 
sappiamo  lo  dobbiamo  a  comunicazioni  avute  cortesemente  per  lettera 
dall'autore  stesso,  cui  ci  legano  sensi  di  molta  stima  ed  amicizia,  il  quale 
ne  scrisse  dopo  aver  letto  la  nostra  Nota  preliminare.  Delle  ricerche  del 
Gavara  diremo  quindi  molto  brevemente,  poiché  di  esse  sappiamo  solo 
che  l'Autore  non  ritiene  che  il  fattore  della  malattia  sia  il  Fisapode  del 
Leonardi  ma  invece  ha  per  tale  un  acaro,  il  Tenuipalpus  citneatus,  che 
egli  descrive  e  studia.  Il  Cavara  altresì  non  ha  rinvenuta  VOndaria 
atri  della  quale  noi  tenemmo  parola  nella  detta  nostra  Nota;  quindi 
egli  esclude  pure  che  VOvularia  possa  essere  la  causa  della  malattia. 

Ora,  per  rispetto  &\VOviilaria  Citri,  dopo  quanto  abbiamo  esposto 
in  questa  Memoria.,  si  può  chiarire,  almeno  sino  ad  un  certo  punto, 
come  al  Cavara  non  la  abbia  potuta  trovare  ;  essa  rappresenta  uno  de- 
gli stadii  del  parassita,  quello  meno  frequente  e  più  fugace,  che  si 
rinviene  solo  in  alcuni  periodi  del  male  ed  in  speciali  condizioni. 

In  quanto  all'azione  dell'acaro  e  del  Fisapode  noi  ci  limitiamo  per 
ora  alle  seguenti  considerazioni  ed  osservazioni: 

1"  Nei  frutti,  ed  erano  molte  decine,  da  noi  ricevuti  dalla  Si- 
cilia, in  tutti  gli  stadii  della  malattia,  esaminati  subito  dopo  il  loro  ar- 
rivo, non  abbiamo  mai  trovato,  per  quanto  siausi  ricercati,  né  l' lle- 
liothrlps  Jiaemorrhoitlalis  né  il   Tcmiipalpus  cnneattts. 

2"  Abbiamo  preso  porzioni  di  corteccia  di  limoni  e  di  aranci 
sani,  tanto  del  mercato  quanto  delle  nostre  serre,  vi  abbiamo  seminato 
sopra  della  grossa  raschiatura  delle  croste  dei  frutti  malati  avuti  dalla 
Sicilia,  indi  abbiamo  messo  queste  porzioni  di  corteccia  in  scatole  Petri 
sotto  campana  a  perfetta  chiusura  d'acqua,  affine  che  se  uova  di  animali 
fossero  in  dette  croste  più  o  meno  nascoste,  avessero  potuto  svilupparsi, 
e  permettere  di  vederne  i  prodotti.  Ciò  non  avvenne  ;  sulle  buccie  si 
svilupparono  unicamente  i  germi  del  nostro  fungo  parassita. 

3»  Abbiamo  posto  alcuni  dei  limoni  malati  speditici  (frutti  interi) 
sotto  campane  di  vetro  a  perfetta  chiusura  entro  camere  umide  insieme 
a  frutti  ed  a  rami  freschi  per  vedere  se  col  tempo  si  sviluppassero 
insetti  od  acari,  ma  nulla  é  apparso. 

4"  Nelle  foglie  malate  spediteci  da  Messina,  sulle  macchie  di  già 
descritte,   iri'egolari,  brune,    ecc.,   ove  il  tessuto   è  alterato,    o  di  già 


—  45  — 

morto  e  secco,  abbiamo  trovato  entro  le  loro  bollosità  diverse  larve  di 
insetti,  qualche  spoglia  di  forma  perfetta  di  Fisapodi,  diverse  specie 
di  cocciniglie  e  ragnatele  di  acari  ;  insieme  al  micelio  bruniccio,  alle 
catenelle  toruloidi  ecc.,  che  abbiamo  rinvenuto  sui  frutti  malati  e  ap- 
partenenti al  fungo  da  noi  dimostrato  causa  del  morbo.  Bagnate  queste 
macchie  con  gocce  d'acqua,  e  con  cura  e  precauzione  raschiatele,  ab- 
biamo seminate  le  raschiature  sopra  frutti  di  limoni  in  vario  grado  di 
sviluppo  delle  nostre  aranciere.  Su  essi  si  è  sviluppato  il  fungo  pa- 
rassita solito,  ma  non  comparvero  animali,  quindi  il  male  che  si  ri- 
produsse era  dovuto  unicamente  a  quello  e  non  a  questi  animali. 

5"  Nei  frutti  sui  quali  per  mezzo  di  seminagioni  dei  germi,  tolti 
tanto  dai  limoni  della  Sicilia  che  dalle  colture  pure  del  nostro  fungo,  riu- 
scimmo, come  è  stato  sopra  detto,  a  riprodurre  artificialmente  la  malattia, 
non  ebbimo  mai  a  rinvenire,  né  il  Fisapode,  né  l'Acaro,  né  le  loro  uova, 
né  i  loro  escrementi;  si  era  quindi  riprodotta  indipendentemente  da  loro. 

6°  Tanto  nelle  croste  che  nelle  veniiche  e  pustole  prodotte  ar- 
tificialmente sui  nostri  limoni,  non  si  sviluppò  mai  nulla  altro  all'infuori 
del  micromicete  descritto.  Il  fungo,  inoltre,  si  sviluppava  sempre  unica- 
mente in  corrispondenza  alle  aree  (ove  erano  stati  seminati  i  germi) 
che  si  ammalavano,  e  non  mai  nella  rimanente  superficie. 

7°  Nelle  nostre  aranciere  la  Ruggine  bianca  era  affatto  scono- 
sciuta, non  se  ne  aveva  traccia  in  nessuna  pianta;  essa  apparve  solo 
in  seguito  alle  nostre  seminagioni  artificiali  fatte  coi  germi  fungini  ri- 
cavati od  ottenuti  dai  frutti  siciliani,  e  rimase  limitata  ai  frutti  infettati. 

8°  Sulle  foglie  piobabiluiente  le  cose  sono  più  complicate  che 
sui  frutti;  noi  dimostreremo  ciie  su  esse  pure  il  fungo  parassita  che 
abbiamo  descritto  si  sviluppa  e  costantemente  riproduce  l'infezione. 
Solo,  a  quanto  sembra,  il  fenomeno  qui  si  complica  alquanto  coll'opera 
<li  altri  fattori,  come  a  suo  tempo  cercheremo  di  dimostrare. 


Kiniedi. 

Se,  come  noi  opiniamo,  anzi  crediamo  aver  dimostrato,  la  Ruggine 
hianca  dei  limoni  è  dovuta  al  parassitismo  di  alcune  delle  forme  di 
sviluppo  della  Rynchodiplodia  Citri,  quali  la  Pseudofumago  Ciiri,  il  Cla- 
dosporim  Cifri,  V Hormodendron  Citri,  ecc.,  è  evidente  che  i  rimedi  contro 
tale  malattia  si  devono  prima  di  tutto  cercare  fra  quelli  che  l'esperienza 
ha  dimostrato  efficaci  contro  i  parassiti  congeneri.  È  quanto  noi  abbiamo 
fatto,  almeno  nei  limiti  concessi  a  chi  è  lontano  dai  luoghi  dell'infezione. 


—  46  — 

Le  nostre  esperienze  sono  di  laboratorio  e  di  aranciera,  le  nniclie 
che  permettevano  le  condizioni  nelle  quali  ci  troviamo;  ciò  non  pertanto 
crediamo  che  1  dati  da  esse  ottenuti  offrino  agli  agricoltori  elementi 
bastevoli  per  tentare  con  buon  esito  sperimenti  in  grande  negli  agrumeti. 

Il  Dangeard,  l'Hotter  ed  i  signori  Swingle  e  Webber  si  sono  oc- 
cupati di  combattere  parassiti  simili  al  nostro,  che  danneggiano  diverse 
specie  di  piante  colturali,  ed  hanno  ottenuto  buoni  risulati  e  forniti 
consigli  utili  che  qui  riportiamo. 

Il  Dangeard  '  afferma  che  per  combattere  il  Cladosporium,  il  Fusi- 
cladium,  le  Fuììiago,  ecc.,  che  attaccano  i  peri  ed  i  meli,  sono  efficaci 
le  seguenti  miscele  anticrittogamiche  : 

I.  —  Poltiglia  Bordolese. 

l'^  formula. 

Solfato  di  rame Chilogr.     3.00 

Calce  spenta  in  zolla „  1..500 

Acqua litri         105. — 

Idem.  —  2''  formìild. 

Solfato  di  rame Chilogr.     2.00 

Calce  grassa  in  zolla ..           1.00 

Acqua litri        105.— 

Si  sciolgono  separatamente  tanto  la  calce  die  il  solfato  di  rame, 
e  la  prima  soluzione  si  versa  a  poco  a  poco  nella  seconda. 

II.  —  Poltiglia  Korgoguona  o  Delfinese. 

Solfato  di  rame Chilogr.     2.00 

Scioglierli  in  .3  litri  (l'acqua. 

Carbonato  di  soda „  3.00 

.Scioglierli  in  .5  litri  d'acqua. 

Mescolare  le  soluzioni  ed  allungare  con  acqua  sino  a  100  litri. 

III.  —  Poltiglia  zncclierata. 

!■'  foriitiila. 

Calce  viva Chilogr.  2.00 

Spegnerla  e  scioglierla  in  S5  litri  d'acqua. 

Melassa  del  commercio Chilogr.  2.00 

Scioglierla  in  10  litri  d'acqua. 


'  Dangeard  P.  A  ,  Lei  maladic-s  da   Pommicr  et  ila  Poirier.  18!)2. 


—   47   — 

Mescolate  le  due  soluzioni,  aggiungere  chilogr.  2  di  solfato  di  rame 
sciolto  in  litri  10  d'acqua. 

Idem.  —  2''^  forinola. 

Cristalli  di  soda Cliilogr.  3.00 

scioglierli  in  t?5  litri  d'acqua. 

;\felassa  del  commercio „         2.00 

scioglierli  in  10  litri  (rac(ina. 

Mescolare  le  due  soluzioni  indi  aggiungere  cliilogr.  2  di  solfato  di 
rame  sciolti  in  litri  10  di  acqua. 

IV.  —  Acqua  celeste. 

Solfato  di  rame Chilogr.  1.00 

Ammoniaca  a  22"  Baumé litri         1.50 

Acqua da    „  100  a  200. 

Si  scioglie  il  solfato  di  rame  in  litri  10  d'acqua  calda;  si  lascia 
ratfreddare,  si  aggiunge  l'ammoniaca,  indi  si  allunga  la  soluzione  con 
100  a  200  litri  di  acqua. 

Non  si  adopera  subito;  bisogna  aspettare  che  l'ammoniaca  libera 
si  sia  evaporata. 

V.  —  Soluzioue  ammoniacale  di  carbonato  di  rame. 

Carbonato  di  rame gr.     250 

Ammoniaca litri  2 — . 

Si  versa  il  carbonato  di  rame  in  un  litro  d'acqua,  si  aggiunge  l'am- 
moniaca e  quando  il  carbonato  è  sciolto  completamente,  si  allunga  con 
125  a  200  litri  d'acqua. 

Si  lascia  riposare  per  qualche  tempo  prima  di  adoperarla. 

VI.  —  Miscuglio  di  carbonato  di  rame  e  di  carbonato  d'ammoniaca. 

Carbonato  di  rame gr.     150 

Carbonato  d'ammoniaca  polverizzato     .     .      ,,       500 
Acqua litri  225. 

Si  mescolano  le  due  sostanze,  indi  si  scioglie  il  miscuglio  in  1  o  2 
litri  d'acqua,  poi  si  allunga  sino  a  225  litri. 

La  soluzione  si  adopera  dopo  qualche  tempo  di  riposo. 


—  48  — 

Secondo  Dangeard  le  miscele  a  base  di  carbonato  di  rame  costano 
più  delle  altre  ma  sono  anche  più  efficaci. 

I  recipienti  per  la  preparazione  ed  applicazione  di  qneste  miscele 
debbono  essere  di  legno  o  di  rame. 

II  dott.  Hotter  contro  il  Fasicladitim  del  Pero  ha  adoperato  le  se- 
guenti miscele: 

Poltiglia  bordolese 

Solfato  di  rame Cliilogr.       1 

Calce  spenta „  2 

Acqua litri  100. 

Acqua  celeste 

Solfato  di  rame Cliilogr.       1 

Soda „             2 

Ammoniaca       '/<  di  litro 

Acqua 100  litri. 

Aziirin. 

Un  cliilogr.  in  100  litri  di  acqua. 

I  signori  Swingle  e  Webber,  contro  la  Scabbia  degli  agrumi,  causata 
pure  come  abbiamo  detto  da  ClaJosporiìiiii,  consigliano  di  raccogliere  e 
distruggere  i  frutti  e  le  foglie  ammalate,  siano  tuttora  attaccate  all'al- 
bero 0  di  già  cadute;  e  quale  rimedio  preventivo,  irrorazioni  con  soluzione 
ammoniacale  di  carbonato  di  rame  preparata  nel  seguente  modo  : 

Si  stemperano  in  litri  0.475  (1  pinta)  d'acqua,  grammi  1.55  (5  once) 
di  carbonato  di  rame,  cosi  d'avere  una  pasta  grossolana,  indi  si  allunga 
«on  litri  5.70  (1  '/g  gallone)  d'acqua  entro  un  secchio  di  legno. 

Ciò  fatto  si  aggiunge  a  poco  a  poco,  tenendo  bene  agitato,  litri  0.95 
{2  pinte)  d'ammoniaca  concentrata,  o  litri  2.612  (5  '/^  pinte)  d'ammoniaca 
diluita. 

L'agitazione  deve  continuarsi  sino  a  (juando  tutto  il  carbonaio  di 
rame  sia  disciolto,  od  almeno  non  ne  resti  che  qualche  granello;  allora 
si  allunga  con  190  litri  d'acqua  (50  galloni).  Con  tale  liquido  si  irro- 
rano le  piante  avvertendo  che  il  getto  della  pompa  sia  ben  polveriz- 
zato e  diretto  sui  giovani  frutti;  sulle  foglie  non  è  necessario,  perchè 
esse  rimangono  spruzzate  coli' irrorazione  ai  frutti. 

Abbisognano  da  4  a  6  trattamenti:  il  1°  quando  appaiono  i  giovani 
fruttini  subito  dopo  la  caduta  del  fiore;  il  2°  dopo  due  o  tre  settimane; 


—  49  — 

il  3"  dopo  altri  25  o  30  giorni,  quando  la  fioritura  è  completamente  ter- 
minata; il  4°  quando  i  fruttini  hanno  raggiunto  una  grossezza  che 
varia  da  quella  d'un  pisello  a  quella  di  un'oliva.  Se  la  stagione  corre 
umida  fa  d'uopo  una  S"*  ed  anche  una  6'^  irrorazione. 

Le  nostre  esperienze  furono  limitate  ai  rimedi  del  Dangeard,  le 
buone  resultanze  con  essi  ottenute  resero  inutile  estenderle  ad  altri. 

In  laboiatorio  abbiamo  esperimeutato  la  germinabilità  e  lo  sviluppo 
dei  germi  del  parassita  in  rapporto  ai  rimedi;  nelle  aranciere  si  esa- 
minò quale  era  l'effetto  dei  rimedi  sulle  piante. 

Abbiamo  da  una  parte  preparato  le  8  diverse  miscele  anticritto- 
gamiche sopra  descritte,  suggerite  da  Dangeard  contro  le  malattie  crit- 
togamiche del  melo  e  del  pero,  riducendo  la  proporzione  di  tutti  gli 
ingredienti  ad  un  centesimo  del  loro  peso  o  del  loro  volume;  cioè:  per 
esempio,  la  Poltiglia  bordolese,  1*  formola,  si  preparò  cosi: 

Solfato  di  rame gr.        30 

Calce  grassa  in  zolla „         15 

Acqua litri  1.05. 

E  colla  stessa  riduzione  si  prepararono  le  altre. 

Le  seminagioni  nelle  colture  furono  fatte  con  germi  direttamente 
tolti  dai  limoni  mandatici  dalla  Siiùlia,  ponendole  tutte  in  condizioni  iden- 
tiche, cioè  operando  nello  stesso  giorno,  in  un'unica  camera  umida,  ecc. 

Le  sperienze  furono  cosi  condotte  :  sopra  vetrini  porta-oggetti  si 
misero  grosse  gocce  della  gelatina  A,  della  quale  è  indicata  la  com- 
posizione alla  pag.  15  della  presente  Memoria,  ed  in  esse  si  semina- 
rono i  germi  del  parassita^  Qualche  ora  dopo,  cioè  quando  la  gelatina 
si  era  di  già  rappresa,  si  lasciò  cadere  sopra  ciascuno  di  questi  piccoli 
campi  di  coltivazione  una  gocciolina  del  rimedio  che  si  voleva  sperimen- 
tare; e  questi  vetrini  (due  per  ogni  rimedio,  onde  avere  il  controllo) 
si  posero  in  camera  umida  a  conveniente  temperatura. 

Tali  colture  furono  sottoposte  ad  un  primo  esame  microscopico  dopo 
tre  giorni  ;  indi  rimesse  nella  camera  umida  e  riesaminate  una  seconda 
volta  dopo  altri  cinque  giorni,  cioè  all'ottavo  giorno  dalla  seminagione  ; 
eccone  i  risultati: 

Coltura  nella  gelatina  pura,  cioè  senza  sostanze  anticrittogamiche. 

Al  terzo  giorno  il  micelio  del  parassita  aveva  invaso  la  gelatina 
in  ogni  senso  ;  all'ottavo  giorno  vedovasi  un'  abbondante  produzione  di 
conidiofori  sporificanti  di  Hormodendron  Citri. 

Atti  deìVIst.  Boi,  dell' Vuiversità  dì  Pavia  —  Nuova  Serie  —  Voi.  Vili.  4 


—  50  — 

Poltiglia  Bordolese.  —  1"  formula. 

Al  terzo  giorno  una  debolissima  germinazione;  all'ottavo  nessuno 
ulteriore  sviluppo,  il  micelio  non  aveva  progredito. 

Idem.  —  2"  formula. 

Al  terzo  giorno,  nessuna  germinazione;  all'ottavo,  qualche  lieve 
micelio  che  peraltro  si  era  presto  arrestato  senza  formare  organi  di 
riproduzione. 

Poltiglia  Borgognona  o  Delflnese. 

Al  terzo  giorno  debole  germinazione  che  non  progredì  ;  il  micelio 
non  mostrò  organi  di  riproduzione  nemmeno  al  secondo  esame. 

Poltiglia  zuccherata. 

1*  formula. 

Al  terzo  giorno  qualche  germinazione  con  filamenti  micelici  che 
non  superavano  i  50;^.  in  lunghezza  e  più  non  crebbero. 

Idem.  —  2*  formula. 
Nessun  accenno  di  germinazione  nemmeno  dopo  8  giorni. 

Acqua  celeste. 
Nessun  segno  di  germinazione  nemmeno  all'ottavo  giorno. 

Soluzione  ammoniacale  di  carbonato  di  rame. 

Al  terzo  giorno  brevi  miceli  che  più  non  crebbero,  uè  sporifi- 
carono. 

Miscuglio  di  carbonato  di  rame  e  carbonato  di  ammoniaca. 

Dopo  tre  giorni  un  solo  conidio  era  germinato,  e  dopo  otto,  il 
numero  dei  conidi  germinanti  era  un  poco  aumentato,  ma  i  filamenti 
micelici  si  erano  subito  arrestati  nello  sviluppo. 

In  conclusione  tutte  le  preparazioni  sopra  indicate  mostrarono  una 
non  dubbia  efiìcacia;  esse  o  uccidevano  i  germi  prima  ancora  che  po- 
tessero germinare,  o  avvenuta  la  germinazione,  ne  fu  arrestato  subito 
lo  sviluppo  ed  impedita  ogni  riproduzione.  L'Acqua  celeste,  la  PoUigUa 


—  51   — 

zuccherata  ed  il  miscugìio  di  carhonato  di  rame  con  cartonato  d'ammo- 
niaca mostrarono  anche  un'  eiBcacia  maggiore  delle  altre,  ma  le  diffe- 
renze furono  piccole,  di  poco  valore,  e  potrebbero  essere  dovute  a  cause 
accidentali,  quali;  diversa  profondità  entro  la  gelatina  dei  germi  semi- 
nati; diversa  rapidità  di  diffusione  delle  dette  miscele  anticrittogamiclie 
nella  gelatina  stessa,  ed  altre  consimili. 

Nelle  aranciere  dell'orto  botanico  abbiamo  colle  stesse  miscele  del 
Dangeard  irrorato  diverse  piante,  onde  vedere  se  per  caso  qualcuna 
potesse  portar  loro  nocumento  ed  in  quale  misura;  fortunatamente  tutte 
si  mostrarono  innocue;  nessun  danno  né  alle  foglie,  né  ai  frutti,  tanto 
giovani  che  adulti. 

Se  potrà  tornare  utile  qualche  modificazione  nei  trattamenti  da 
applicarsi  agli  organi  vegetativi  ove  la  malattia,  a  quanto  sembra,  si 
complica,  diremo  nella  Seconda  parte  del  lavoro,  dopo  compiute  le  ri- 
cerche sulle  foglie. 


N.B.  —  Della  Nota  dei  signori  F.  Cavara  e  N.  Mollica  dal  titolo:  Intorno  alla 
Ruggine  bianca  dei  limoni,  presentata  il  17  marzo  1903  all'Accademia  Gioenia  di  Ca- 
tania, non  potemmo  tener  conto  ;  poiché  essa  vide  la  luce  solo  parecchi  mesi  più  tardi, 
quando  questa  Memoria  era  stampata  e  da  tempo,  salvo  l'ultimo  capitolo,  sui  Rimedi, 
non  essendo  ultimate  le  sperienze  relative. 

Aggiungiamo  per  altro  che  non  ostante  le  opinioni  diverse  dell'egregio  Professor 
Cavara  e  del  Dottor  Mollica  noi  non  avremmo  trovato  di  dover  modificare  quanto  ab- 
biamo stampato. 


52   — 


SPIEGAZIONE  DELLE  TAVOLE 


TAVOLA  I. 


Fig.  I  e  2.  —  Due  frutti  di  limone  non  interamente  sviluppati,  tuttora  verdi,  prove- 
nienti dalla  Sicilia,  attaccati  dalla  liur/gine  hianca  che  vi  forma  chiazze 
irregolari  più  o  meno  confluenti  fra  loro  risultanti  da  minute  crosticine  pro- 
minenti le  quali  ricoprono  più  di  ','3  della  superfìcie  del  frutto.  Le  porzioni 
di  color  cenerino  scuro  sono  più  0  meno  rilevate  e  rappresentano  la  parte 
della  buccia  attaccata,  ricoperta  di  croste  sovrapposte  di  differenti  dimen- 
sioni e  vario  rilievo.  —  Grandezza  naturale. 
3.  —  Un'  altro  frutto,  come  sopra,  nel  quale  la  Ruggine  bianca  ha  prodotto 
una  specie  di  eritema  d'  un  color  cenerino  gialliccio  uniforme,  costituito 
da  crosline  irregolarmente  aderenti  al  frutto.  —  Grandezza  naturale. 

„  4.  —  Altro  frutto  della  Sicilia  quasi  completamente  sviluppato,  ove  la  Ruggine 
hianca  ha  attaccato  pressoché  tutta  la  buccia  ricoprendola  d'una  specie 
di  eritema  uniforme  d'un  colore  cenerino-verdiccio,  formato  da  tante  cro- 
stine squamautesi  che  gli  danno  un  aspetto  forforaceo.  —  Grandezza 
naturale. 

„  5.  —  Limone  maturo  della  Sicilia  con  diversi  centri  d'infezione  che  hanno  pro- 
dotto, oltre  le  forme  di  eritema  descritte  nei  frutti  precedenti,  anche 
alcune  chiazze  brunicce  ove  la  squamazione  era  più  avanzata.  —  Gran- 
dezza naturale. 

„  6.  —  .i^ltro  limone  della  Sicilia  ove  la  Ruggine  hianca  ha  ricoperta  quasi  tutta 
la  buccia  d'una  specie  di  patina  biiiccosa  leggermente  paglierina  e  lucida, 
lievemente  prominente  e  screpolata  in  modo  da  formare  poligoni  rela- 
tivamente grandi  ed  irregolari. 

„  7.  Limone  della  Sicilia  a  completo  sviluppo,  fortemente  attaccato  dalla  llug- 
gine  bianca,  la  quale  ne  ha  invaso  tutta  la  buccia,  ricoprendola  di  croste 
varie  di  forma  e  colore  (cenerognole,  brunicce,  giallognole,  violacee,  ecc.) 
Ira  loro  mescolate,  confluenti  ed  in  via  di  disgregazione.  —  Grandezza 
naturale. 


TAVOLA  IL 

Fig  1.  2.  3.  e  4.  —  Fruttini  giovani  di  limone  in  vario  grado  di  sviluppo,  apparte- 
nenti a  piante  coltivate  nelle  aranciere  dell'Orto  Botanico  di  Pavia,  sui 
quali  si  è  riprodotta  artificialmente  la  malattia  {Ruggine  bianca)  colle 
spore  del  micete,  tolte  direttamente  dai  frutti  di  limone  provenienti  dalla 
Sicilia.  L'infezione,  più  0  meno  sviluppata,  ha  prodotto  sulla  loro  buccia 
chiazze  forforacee  e  prominenti  di  varia  forma  e  dimensioni,  formate  di 


—   53  — 

crostine  bruniccio-cenerogaole,  affatto  simili  nell'aspetto  esterno  e  nella 
struttura  anatomica  a  quelle  dei  giovani  frutti  siciliani  rappresentati  nelle 
figure  1,  2  e  3  della  Tavola  I.  —  Grandezza  naturale. 
Fig.  5.  —  Frutto  fortemente  attaccato  dalla  lim/gine  bianca,  trovato  sul  mercato  di 
Pavia  e  clie,  a  quanto  ne  fu  detto,  proveniva  dalla  Liguria.  La  cassa  con- 
teneva limoni  quasi  tutti  attaccati  in  forte  misura.  Questi  frutti  avevano 
in  gran  parte  la  buccia  escoriata  e  bruna  come  è  disegnata.  Erano  per 
tal  modo  alterati  da  non  potersi  conservare,  ne  vendere.  In  tale  stato 
dovevano  essere  ridotti  non  solo  per  l'azione  diretta  del  parassita  ma 
probabilmente  anche  per  le  conseguenze  del  viaggio,  rovinose  in  causa 
della  mancata  difesa  di  una  buccia  sana.  —  Grandezza  naturale. 
^.  6  e  7.  —  Foglie  di  limoni  della  Sicilia  tolte  da  piante  con  frutti  affetti  da 
Ihiggine  bianca.  Ksse  mostrano  sulla  pagina  inferiore  chiazze  di  un  co- 
lore giallo-bruno  a  superficie  scabrosa,  il  cui  studio  sarà  completato  con 
altre  ricerche  nella  Seconda  Parte  del  lavoro. 


TAVOLA  III  e  IV. 

Le  deformazioni  prodotte  sui  limoni  nelle  infezioni  artificiali  si  presentano, 
come  è  detto  nel  testo,  sotto  tre  forme  principali  divèrse: 

1*  forma  ipertrofica  a  pustola,  fig.  3  e  1  Tavola  IV,  fig.  2  Tavola  IIL 
2'  forma  ipertrofica  a  verruca,  fig.  4  e  5  Tavola  ITI  e  fig.  G  Tavola  IV. 
3"  forma  ìion  ipertrofica  a  crosta,  fig.  7  Tavola  IV  e  fig.  8  Tavola  III. 

Tutte  le  figure  di  queste  due  tavole,  eccetto  la  9  (Tavola  III),  sono  tolte  da 
frutti  infettati  artificialmente  nelle  nostre  serre.  In  esse  le  parti  colorate  in  giallo  rap- 
presentano le  porzioni  del  tessuto  malato  e  lignificato. 

Fig.  3.  (Tavola  IV).  —  Sezione  radiale  del  frutticino  rappresentato  nella  fig  1  della 
Tavola  II,  infettato  artificialmente  con  germi  tolti  da  limoni  ammalati 
mandati  dalla  Sicilia.  Rappresenta  il  principio  di  un'alterazione  a  pustola 
od  a  verruca  (vedi  testo).  La  sezione  è  fatta  in  corrispondenza  di  una  fu- 
tura pustola  0  verruca  non  ancora  visibile  ad  occhio  nudo.  In  m  si  inizia 
l'ipertrofia  delle  cellule  epidermiche  il  cui  plasma  incomincia  ad  ingial- 
lire ed  a  contrarsi  ;  il  fenomeno  si  estende  a  tutta  la  parte  colorata  in 
giallo.  —  Ingrandimento  380  diam. 

\.  (Tavola  IV).  —  Sezione  radiale  in  corrispondenza    di    una  pustola  giovanis- 
sima ottenuta  in  limoni  delle  nostre  serre  infettati  artificialmente, 
la  p  l'inizio  della  formazione  di  periderma  e    della   ipertrofia   del  tessuto  ipo- 
dermico ;  in  m  il  tessuto   epidermico    sformato  ;    in  e  dei    conidiofori    di 
Cladosporium,  e  epidermide,  ip  ipoderma.  —    Ingrandimento  380   diam. 

2.  (Tavola  III).  —  Stadio  di  un'  alteraz.imie  a  pustola  simile  alla  precedente 
ma  più  progredita,  in  limoncini  come  sopra,  ove  non  solo  la  pustola  è 
molto  ingrandita,  ma  il  tessuto  peridermico  p  protettore  ed  irradiante, 
fortemente  sviluppato,  ha  quasi  circoscritto  l'infezione;  e  due  conidiofori  di 
Cladosporium,  m  ni  limiti  della  pustola,  e  epidermide,  ip  ipoderma,  p  pe- 
riderma. —  Ingrandimento  380  diam. 

4.  (Tavol.v  IID.  —  Sezione  radiale,  di  un  fruttino  come  il  precedente,  in  corrispon- 
denza di  una  giovane  verruca  tuttora  coperta  dell'epidemide  schiacciata. 


—  54  — 

In  /)  s  vedousi  cellule  ipodermiche  ipertrofiche  e  contorte  ;  e  epidermide- 
normale;  /jj  ipoderma  normale.  —  Ingrandimento  180  diam. 
Fig.  5.  (Tavola  III).  —  Sezione  radiale  in  fruttino  come  il  precedente,  che  mostra  una 
verruca  più  sviluppata,  la  quale  ha  già  rotto  Tepidermide,  in  buona  parte 
distrutta,  come  errose  sono  alla  periferia  le  cellule  ipodermiche  ed  iper- 
trofiche della  verruca  ;  e  conidiofori  di  Gladosporium,  e  epidermide, 
ip  ipoderma  ;  g  glandola  ;  ps  verruca.  —  Ingrandimento  90  diam. 

„  6.  (Tavola  IV).  —  Sezione  radiale  in  fruttino  come  sopra  ed  in  corrispon- 
denza di  una  verruca  espansa,  che  ha  raggiunto  il  suo  massimo  sviluppo  ; 
cr  cellule  ipertrofiche  errose  ;  le  altre  lettere  come  sopra.  —  Ingrandi- 
mento 180  diam. 

„  7.  (Tavola  IV).  —  Sezione  radiale  fatta  al  solito  in  piccolo  frutto  delle  nostre 
serre  infettato  artificialmente,  e  simile  a  quello  rappresentato  dalla  fig.  2 
della  Tavola  IL  Mostra  V  inizio  itW alterazione  non  ipertrofica  a  crosta. 
In  e  un  conidioforo  di  Cladosporium  nel  centro  del  tessuto  malato;  inferior- 
mente, nell'ipoderma  (ip/),  incomincia  la  formazione  di  periderma.  In  questo 
caso  non  si  ha  sensibile  ipertrofia  nelle  cellule  epi-  ed  ipodermiche.  — 
Ingrandimento  450  diam 

,  8.  (Tavola  III).  —  Sezione  radiale  in  fruttino  come  il  precedente  ma  un  poco 
più  grosso,  che  rappresenta  uno  stadio  più  avanzato  dell'alterazione  non 
ipertrofica  a  crosta.  La  formazione  del  periderma  p,  come  vedesi,  non 
si  estende  molto  in  profondità,  ma  invece  si  allarga  nel  senso  parallelo 
alla  superficie  del  frutto,  senza  speciali  ipertrofie,  ma  comprimendo  e 
schiacciando  la  zona  del  tessuto  ipo-  ed  epidermico  soprastante,  che  forma 
crosta  e  si  screpola;  p  periderma,  e  epidermide,  mm  limite  del  tessuto- 
malato,  r  r  rotture  della  crosta.  —  Ingrandimento  S.'JO  diam. 

„  9.  (Tavola  III).  —  Porzione  di  epidermide  vista  di  fronte,  in  cui  si  vede  un  centro- 
d'infezione,  in  un  frutto  proveniente  dalla  Sicilia;  mt  micelio  toruloide  del 
parassita  molto  giovane;  e  epidermide.  L'areola  colorata  in  giallo  rap- 
presenta la  piute  di  già  infetta.  —  Ingrandimento  380  diam. 


TAVOLA  V.  e  VL 

In  queste  due  tavole  le  parti  colorate  in  giallo  od  in  bruno  sono  tessuti  malati 
e  lignificati. 

Fig.  1.  —  Piccolo  frutto  infettato  arificialmente  nelle  nostre  serre  con  germi  otte- 
nuti da  colture  pure.  —  Grandezza  naturale. 

„  2  —  Sezione  radiale  in  frutti  di  Sicilia  a  pattina  biaccosa  e  lucida  (rappresen- 
tati in  fig.  H  Tavola  I)  ove  il  male  forma  croste  non  ipertrofiche,  costi- 
tuenti una  zona  quasi  continua  e  parallela  alla  superficie  del  frutto  ; 
ce  epidermide,  ip  ipoderma,  p  periderma,  pi  felloderma,  */  cellula 
sclerose,  ;/;  e  micelio  del  parassita.  Ingrandimento  380  diam. 

,  3.  —  Idem,  in  corrispondenza  ad  una  piccola  chiazza  isolala  ove  vedesi  che 
anche  in  questi  casi  il  periderma  può  prendere  forma  netta  di  coppa 
limitante  e  protettrice,  come  nei  frutti  infettati  artificialmente  (fig.  2 
Tavola  IH  e  1  e  7  Tavola  IV)  ;  v  rottura  ;  m  m  limite  dell'area  infetta  ; 
le  altre  lettere  come  sopra.  Ingrandimento  250  diam. 


—  55  — 

Fig.  4.  —  Sezione  radiale  del  frutto  della  Sicilia  rappresentato  nella  fig.  4  Tavola  I,  ove 
il  parassita  ha  formato  una  specie  di  eritema  uniforme  a  crostine  Sfjua- 
mantesi:  vv  rottura,  p  periderma.  —  Ingrandimento  80  diam. 

„  5.  —  Porzione  della  lesione  precedente  ove  il  più  forle  ingrandimento  lascia  scor- 
gere in  in  c^  i  germi  del  parassita  infettante  alla  superficie  ed  in  me  il 
micelio  che  diffondesi  nell'interno  :  e  epidermide,  r  rottura  ;  p  periderma, 
ip  ipoderma.  —  Ingrandimento  380  diam. 
•  ,  6,  12,  13,  14,  15,  16  (Tavola  V);  7,  8,  9,  10,  11  (Tav.  VI).  -  Sezioni  radiali  tolte 
tutte  da  frutti  della  Sicilia  colle  tre  diverse  principali  forme  d'alterazioni  ; 
nelle  dette  sezioni  veggonsi  le  diverse  forme  di  micelio  del  parassita  e 
i  suoi  diversi  modi  di  penetrazione  nei  frutti:  e  epidermide,  ip  ipoderma, 
p  periderma,  vie  micelio  nell'interno  dei  tessuti,  me'  alla  loro  superfice 
ed  in  via  di  penetrazione.  —  Ingrandimento:  diam.  380  per  le  fig.  fi,  l'J, 
13  e  IG  ;  e  diam.  45(1  per  le  fig.  9,  10,  14  e  15;  diam.  900  per  la 
fig.  8;  e  diam.  1800  per  le  fig.  7  e  11. 

„  17.  —  Sezione  tangenziale  e  molto  vicina  alla  superficie  del  frutto:  ip  ipoderma 
in  sezione  tangenziale,  me  micelio  —  Ingrandimento  ir>u  diam. 

„  18.  —  Sezione  radiale  di  cellule  ipertrofiche  in  verruche  di  fruttini  infettati 
artificialmente  nelle  nostre  serre;  p  x  cellule  ipertrofiche,  me  micelio  del 
parassita.  —  Ingrandimento  450  diam. 

,  10  e  20.  —  Sezioni  radiali  in  frutti  di  Sicilia  colla  iilterazione  a  croste  varie, 
(rappresentata  in  fig.  7  Tavola  I)  :  e  r  corteccia  errosa,  e  conidiofori, 
r  rotture,  p  periderma,  ip  ipoderma,  e  epidermide.  —  Ingrandimento 
80  diam.  per  la  fig.  19  e  380  per  la  fig.  20. 

,  21.  —  Sezione  radiale  in  frutto  verde  di  Sicilia  con  alterazione  ad  eritema  dif- 
fuso (rappresentata  in  fig.  4  Tavola  I),  in  corrispondenza  di  crestina 
isolata,  ed  al  suo  margine,  ove  vedesi  l'orlo  della  coppa  peridermica  in 
via  di  formazione:  e  epiderma,  jj  periderma,  ip  ipoderma.  —  Ingrandi- 
mento 380  diam. 


TAVOLA  VII. 

I.e  figure  1.  3,  5,  7,  IO,  li,  12,  13,  14,  15,  IG  sono  tutte  di  preparati  ottenuti 
da  limoni  infettati  artificialmente  nelle  nostre  serre  ;  le  2  e  G  sono  di  preparati  da 
limoni  provenienti  dalla  Sicilia;  le  3,  8  e  9  da  preparati  di  limoni  provenienti  da  Varazze 
(Liguria^;  le  17  e  18  di  preparati  ottenuti  di  colture  pure  del  parassita. 

Fig.  1.  —  Inizio  di  una  pustola  in  un  frutto  infettato  artificialmente  con  germi, 
tratti  da  coltura  pura.  Mostra  una  colonia  di  conidì  jalini  gemmanti;  in 
basso,  fortemente  inserti  nell'epidermide  del  frutto,  producenti  verso  l'alto 
aste  miceliche.  Nel  tessuto  della  buccia  comincia  il  processo  patologico; 
cellule  colorate  in  giallo.  —  Ingrandimento  380  diam. 
^  4.  —  Sezione  radiale  obliqua  nella  buccia  di  un  frutto  infettato  artificialmente 
in  corrispondenza  a  tre  centri  d'infezione  a,  h,  V  uno  dei  quali  il  h'  so- 
prasta alla  glandola  g.  Sotto  al  centro  a  si  ha  la  coppa  peridermica  p 
completa;  sotto  il  centro  h,  la  coppa  peridermica  p  confluisce  e  si  con- 
giunge con  quella  p-  del  centro  6  la  quale  è  incompleta  perchè  inter- 
rotta dalla  glandola  stessa  (vedi  testo):  e  conidioforo  di  Cìadosxiorium ; 


.  —  56  — 

o  conidiofori  di  Ovi/ìaria  ;  ìi.e   parete  della  glandola.  —  Ingraudimento 
ISO  diani. 
Fig.    5.  Cespuglietto  di  Cladosportnm  (e)  sopra  glomeruli  {m  e)  di  articoli  fungini  bruni, 
sopra  buccia  di  fruito  infettato  artificialmente:  s  conidio  di  Cladosporimn. 

—  Ingrandimento  380  diam. 

„  7.  —  Ovularia  sviluppatasi  sopra  buccia  di  frutto  infettato  artificialmente  con 
conidi  di  Hormodendron,  ottenuti  in  coltura  pura:  m  i  micelio  jalino, 
0  s  conidiofori,  e  o  conidi.  —  Ingrandimento  380  diam, 

„  10.  —  Muccbietto  di  ife  miceliche  di  varia  grossezza,  varia  forma  tì  gradazione 
di  colore;  sulla  superficie  d'una  pustola  simile  a  quella  rappresentata  nella 
fig.  2  Tavola  IV  :  m  b'  ife  sottili  e  fuscidule,  mb-  grosse  e  fuligginee.  — 
Ingrandimento  380  diam. 

^  11.  —  Forme  fumagoidi  brune:  (mi)  ad  articoli  od  artrospore  pure  brune,  [ìu  t') 
articoli  bicellulari  da  esse  prodotti.  Trovavansi  sulla  buccia  in  corrispon- 
denza ai  centri  d'attacco  in  frutti  artificialmente  infettati.  —  Ingran- 
dimento 380  diametri. 

„  12.  —  Microconidi  jaliui  o  fusoidali  che  trovansi  sulla  buccia  dei  frutti  come  i 
precedenti.  —  Ingrandimento  380  diam. 

„  13  e  1.5.  —  Conidiofori  di  Chidoxpon'iim  sopra  buccia  di  frutto  artificialmente 
infettato  :  m  b  micelio,  e  conidiofori,  s  conidio.  —  Ingrandimento 
800  diam. 

„  14.  Conidioforo  di //ormo(/en(^;-ott  in  frutti  come  i  precedenti:*'  conidi.  —  Ingran- 
dimento 380  diam. 

„  16.  —  Catenella  bruna  fumagoide  clie  germina  e  produce  un  micelio  cbe  si  as- 
sottiglia e  diventa  jalino.  Su  buccia  di  limoni  come  sopra.  —  Ingran- 
dimento 3S0  diam. 

„  2.  —  Sezione  radiale  in  limone  infetto  della  Sicilia,  coperto  di  pattina  biaccosa, 
lucida  (tipo  della  fig.  6  Tavola  li,  fatta  in  corrispondenza  ad  una  glan- 
dola invasa  e  distrutta  dal  morbo  ed  avvolta  dal  periderma  jj^'  protet- 
tore: r  screpolatura  in  corrispondenza  alla  glandola,  e  epidermide, 
i p  ipoderma  ammalato  e  lignificato,  p  periderma,  .«?  gruppo  di  cellule 
sclerose,  m  e  micelio  fumagoide  del  parassita  entro  cellule  della  parete 
della  glandola.  —  Ingrandimento  250  diam. 

„  6.  —  Glomerulo  (m  e')  bruniccio  di  conidi  od  artrospore  producenti  micelio  {m  b) 
e  conidiofori  jalini  di  Ovularia,  in  screpolature  di  limoni  infetti  della 
Sicilia  :  0  s  ed  0  $'  conidiofori,  e  o  conidi  jalini  di  Ovularia.  —  Ingrandi- 
mento 450  diam. 

„  3.  —  Sezione  radiale  in  limone  proveniente  da  Varazze  (Liguria)  fatta  in  una 
plaga  infetta  tuttora  intatta  :  e  epidermide,  ip  ipoderma  ammalato  e  li- 
gnificato, p  periderma,  m  e  micelio  toruloide  del  parassita  entro  l'ipoderma, 
e  conidiofori    di    Cladoaporium,  o  conidiofori  di   Ovularia,  p  periderma. 

—  Ingrandimento  380  diam. 

8.    —  Conidioforo  di  Hormodendron  sopra  buccia  infetta  di  limone  di  Varazze  : 

.s'  conidi.  —  Ingrandimento  380  diam. 
„      9.  —  Conidio  bruno  germinante  sopra  buccia   di   limone    infetto  di  Varazze.  — 

Ingrandimento  800  diam. 
j,     17  e  18.  —  Porzione  di  micelio  {m  h)  bruno  di  Hormodendron  che  produce  rami 

laterali,  i  quali  allungandosi  si  assotigliano  in  esile  filamento  jalino  (o  «). 

indistintamente  settato,  costituente  un  conidioforo  di  Ovularia;  da  colture 

pure,  ottenute  con  conidi  di  Hormodendron.  —  Ingrandimento  800  diam. 


—   57  — 


TAVOLA  Vili. 


Tutte  le  figure  di  questa  tavola  si  riferiscono  alle    forme,  ed    ai  loro  stadi  di 
sviluppo,  che  assume  il  parassita  della  Ruggine  bianca  nelle  colture  pure. 

Fig  1  e  2.  —  Colonie  saccaromicetoidi  formatesi  per  gemmazione  di  conidii  di  Hor- 
modendron  coltivate  in  gelatina  di  Agar-At/ar  molto  diluita.  La  figura  1 
rappresenta  una  colonia  osservata  a  forte  ingrandimento  (diam.  130n) 
e  mostra  il  processo  di  gemmazione.  La  figura  2  rappresenta,  a  in- 
grandimento meno  forte  (diam.  380)  gli  stadi  successivi  di  una  colonia 
formatasi  dal  conidio  a  di  Hormodendron.  Nella  figura  2,  b,  e,  d  rappre- 
sentano forme  diverse  di  colonie  ottenute  nello  stesso  modo  ;  e  è  pure 
d'una  colonia  formatasi  per  gemmazione  ;  ma  i  suoi  articoli  però  non 
danno  più  gemme  beusi  rami  di  un  micelio  filamentoso  i  (juali  producono 
conidiofori  di  Hormodendron  e  le  successive  forme.  —  Ingrandimento 
1300  diam.  per  la  fig.  1  e  380  per  la  fig.  2. 

„       3.  —  Conidioforo  di  Hormodendron.  —  Ingrandimento  400  diam. 

,.  4.  —  Ramo  di  Hfiplaria,  a  destra  disegnato  coi  glomeruli  gh  dei  suoi  conidi  ;  a 
sinistra  senza  di  essi,  per  mostrare  il  sistema  di  ramificazione.  —  In- 
grandimento lOn  diam. 

„  5.  —  Porzione  di  ramo  di  Haplaria  veduto  a  forte  ingrandimento  :  (i  h  glome- 
ruli sessili  di  conidi  :  e  /(  conidi  staccati  dalla  papilla  micelica  sopra- 
stante che  aveva  prodotto  il  corrispondente  glomerulo  disgregatosi.  — 
Ingrandimento  .'iOO  diam. 

„       6.  —  Ramuscolo  di  Haplaria  ;  dal  quale  si  sono  distaccati  i  conidi    dei  glonu'- 
ruli,  che  mostra  come  formansi  e  si  distribuiscono  le  papille  p  a,  le  quali 
per  gemmazione  danno  origine  ai  conidi.  —  Ingrandimento  450  diam. 
7.  —  Gonidi  di  Ilnplaria  germinanti.  —  Ingrandimento  400  diam. 

^  8  e  9.  —  Prolungamenti  miceliali  jalini  che  susseguono  alla  forma  del  Haplaria. 
i  quali  si  ravvolgono  a  spira  e  divengono  l'inizio  di  un  nuovo  organo 
di  riproduzione,  come  è  descritto  nel  testo.  —  Ingrandimento  400  diam. 
10.  —  Stadio  più  evoluto  delle  figure  precedenti  ove  sulla  spirale  che  incomincia 
a  imbrunire  s'iniziano  protuberanze  che  poi  prolungansi  in  rami  secon- 
darii  come  vedesi  nella  fig.   14.  —  Ingrandimento  400  diam. 

„  H.  —  Stadio  successivo  ma  visto  ad  ingrandimento  più  debole  dello  stesso  pro- 
cesso ove  i  rami  secondari  si  sono  di  già,  sviluppati  ed  intrecciati  in 
modo  da  formare  una  specie  di  gomitolo  bruno  p  r.  Il  filamento  h  dal 
quale  esso  si  è  formato  è  l'estremità  di  un  ramo  di  Haplaria  con  pa- 
pille che  non  formano  più  glomeruli.  —  Ingrandimento  380  diam. 
12.  —  Stadio  ancora  più  evoluto  del  precedente,  ove  i  rami  secondari  o  terziari 
sono  già  anastomizzati.  —  Ingrandimento  380  diam. 

^  13.  —  Idem,  più  evoluto  ancora,  che  comincia  a  mostrare  la  forma  di  un  con- 
cettacolo  fruttifero.  —  Ingrandimento  40o  diam. 

^  14.  —  Figura  schematica  che  dimostra  come  avviene  il  processo  di  ramifica- 
zione e  d'intreccio  dei  rami  che  si  anastomizzano  e  formano  la  parte  del 
concettacolo  fruttifero,  quale  vedesi  nelle  fig.  17  e  18. 

^  la.  _  Picnidio  (in  sezione)  di  Rhgnchodiplodia  Citri  ;  l'imenio  riveste  tutta  la 
parete  interna  e  le  stilospore  riempiono  tutta  la  cavità.  —  Ingrandi- 
mento 120  diam. 


—   58   — 

Fig.  Iti.  —  Stilospore  mature    di  Uliynchodiplodia  Citri.  —  Ingrandimento  50U  diam. 

„  17.  —  Porzione  di  parete  del  picnidio  di  Bliynchodiplodia  Citri  in  sezione,  la 
quale  mostra  come  esso  sia  all'esterno  rivestito  di  peli  {pì)\  ed  all'in- 
terno, che  l'imenio  si  forma  per  gemmazione  pleurogena  dei  filamenti 
della  parete  piciiidica,  le  lacune  della  quale  non  sono,  come  si  ammetto 
generalmente,  formate  da  cavità  cellulari  ma  bensì  da  vani  derivati  dall'in- 
treccio ed  auastomizzazione  dei  rami  micelici  che  hanno  costituito  il 
concettacolo;  s  catenella  di  stilospore.  —  Ingrandimento  500  diam. 

„  18.  —  Porzione  di  parete  picnidica  vista  di  fronte,  che  mostra  come  le  maglie 
del  contesto  siano  derivale  dall'intreccio  e  dall'anastomosi  delle  ife.  — 
Ingrandimento  óOO  diam. 

„     19.  —  Giovane  picnidio  di  Sìjncìiodiplodia  Citri.  —  Ingrandimento  120  diam. 

„     20,  21,  22.  —  Picnidii  con  varie  forme  di  rostro.  —  Ingrandimento  120  diam. 

„     23.  —  Due  picnidii  uniti  fra  loro  alla  base.  —  Ingrandimento  120  diam. 

„     24  e  25.  —  Picnidii  a  doppio  rostro.  —  Ingrandimento  120  diam. 


TAVOLA  IX  e  X. 

Anche  le  figure  di  queste  due  tavole  si  riferiscono  allo  sviluppo  del  parassita 
della  Ruggine  biatica. 

Fig.  1  (Tav.  X).  —  Rappresenta  una  colonia  ottenuta  iii  coltura  a  piatto  sopra  gelatina 
di  Agar-Agar  ingrandita  di  circa  quattro  diametri.  In  essa  si  distinguono 
quattro  zone;  «,  la  prima  centrale,  costituita  da  forme  fumagoidi:  b,  la 
seconda  formata  da  Jlormodendron  Citri  ed  Ovularia  Citri;  e  la  terza,  ca- 
ratterizzata dall' Haplaria  Citri;  d\a.  quarta,  ove  sviluppasi  la  Rhyncho- 
diplodia   Citri. 

Le  figure  della  Tavola  I.\  rappresentano  un  settore  della  colonia  della  figura 
precedente  (fig.  I,  Tav.  X)  limitato  in  alto  ed  in  basso,  ed  interrotto  nella  parte  me- 
diana per  mancanza  di  spazio  ;  fa  vedere  a  forte  ingrandimento  le  parti  più  importanti 
e  caratteristiche  dello  sviluppo  del  parassita. 

La  inferiore  della  tavola  rappresenta  in  a  (coroncine  nericce)  la  porzione  supe- 
riore della  massa  fumagoide,  che  costituisce  il  centro  della  colonia  (zona  a  della  fig.  1 
tavola  X);  in  6  la  porzione  inferiore  della  zona  sovrastante  ad  Hormodendron  ed 
Ovaìaria  (zona  b  della  fig.   I,  tavola  X). 

La  superiore  della  tavola  rappresenta  in  e  la  parte  superiore  della  lunghissima 
zona  ad  Hnplaria  (zona  e  della  fig.  I,  tavola  X),  in  d  la  parte  inferiore  delia  zona 
periferica  a  Rìiynchodiplodia  (zona  d  della  fig.  I,  tavola  X). 

La  porzione  non  disegnata  fra  le  due  figure  è  costituita  da  un  lungo  tratto  di 
semplici  filamenti  miceliali  di  transazione  fra  le  forme  dL^W  Hormodendron  e  dell'Ha- 
jilaria. 

I  picnidii  (neri)  della  Rhynehodiplodia  si  sono  disegnati  ad  una  scala  minore 
di  quella  addotata  per  il  complesso  della  figura,  onde  poterli  rappresentare  in  tale 
quantità,  da  caratterizzare  la  zona. 

La  zona  6  (figura  inferiore)  mostra  come  numerosi  siano  i  conidiofori  di  Hor- 
modendron e  pochi  quelli  di  Ovularia.  —  Ingrandimenti  della  fig.  a  a,  bb,  ce,  380  diam.; 
ingrandimento  dei  picnidii,  80  diam. 


59  — 


TAVOLA  X. 

Fig.  2.  —  Porzione  di  micelio  di  coltura  artificiale  vecchia  in  via  di  esaurimento  (8  mesi), 
che  si  divide  in  tanti  articoli  elissoidali,  spesso  bicellulari,  i  quali  traspor- 
tati in  nuovo  substrato  nutritizio  germinano.  Essi  rammentano  per  la 
forma  eie  dimensioni  le  stilospore  della  Rhychodiplodia.  —  Ingrandimento 
400  diam. 

,  5,  6,  7  ed  8.  —  Filamenti  micelici  di  coltura  come  sopra,  che  assumono  varie 
forme  di  riposo,  e  gli  articoli  dei  quali  trasformansi  spesso  in  clamido- 
spore. —  Ingrandimento  400  diam.  per  le  figure  3,  5,  7,  8  e  di  800  dia- 
metro per  la  fig.  6. 

„  4.  —  Una  delle  sopradette  clamidospore  germinante.  —  Ingrandimento  400  dia- 
metri. 

„  9  e  10.  —  Porzioni  di  micelio  sterili  e  disorganizzantesi,  coltura  come  sopra.  — 
Ingrandimento  400  diam. 

„  11.  Ife  di  coltura  in  via  di  esaurimento,  come  sopra,  le  quali  per  successiva  seg- 
mentazione formano  cellule  quasi  isodiametriche,  che  in  corrispondenza  ai 
setti  si  restringono,  assumono  forme  sferoidali  e  danno  coroncine  fuma- 
goidi  come  in  fig.  21.  —  Ingrandimento  400  diam. 

,  12  e  13.  —  Ife  nodulose  e  pullolanti  ottenute  da  colture  di  stilospore  della  lihyn- 
chodiplodia  Citri.  —  Ingrandimento  400  diam. 

„  14.  —  Forme  di  micelio  che  provengono  da  spore  'di  Uormodendron  quando  si 
coltivano  in  gelatina  fluida.  —  Ingrandimento  400  diam. 

,  15.  —  Stilospore  di  lìhi/nchodiplodia  Citri  dopo  venti  ore  di  coltura;  una  delle 
cellule  si  è  allungata  sensibilmente.  —  Ingrandimento  400  diam. 

^16   —  Idem,  ehe  germina  producendo  ifa  filamentosa.  —  Ingrandimento  400  diam. 

■„  17.  —  Idem,  che  non  germina  come  la  precedente,  ma  che  prima  allunga  le  sue 
due  cellule,  poscia  le  segmenta  e  forma  spore  tetracellulari.  —  Ingran- 
dimento 400  diam. 

„  18,  19,  20,  22,  23,  24,  25.  —  Stilospore  le  quali  trasformansi  direttamente  per  suc- 
cessiva segmentazione  in  catenelle  e  glomeruli  più  o  meno  ricchi  e  rami- 
ficati di  Pseiidofumaf/o.  —  Ingrandimento  400  diam. 

,  26.  —  Glomerulo  toruloide  formatosi  come  quelli  delle  figure  antecedenti,  le  cel- 
lule periferiche  del  quale  producono  un  micelio  filamentoso.  —  Ingrandi- 
mento 400  diam. 

,  21.  —  Catenella  fumagoide  proveniente  da  un  ramo  della  ifa  della  figura  11,  a 
coltura  in  via  di  esaurimento.  —  Ingrandimento  400   diam. 

,     27.  —  Picnidio  in  via  di  formazione.  —  Ingrandimento  400  diam. 


TAVOLA  XI. 

Fig.  1.  —  Rappresentazione  grafica  delle  forme  di  sviluppo  del  parassita   della    Ritq- 
gine  bianca  (vedi  testo). 
,     2.  —  Idem  dei  reciproci  rapporti  fra  le  singola  forme  del  detto  parassita  (v.  testo).' 
Dal  Laboratorio  Crittogamico  di  Pavia  —  Settembre  1903. 


60 


INDICE  DELLA  PARTE  PRIMA  —  FRUTTI 


Breve  cenno  storico  della  malattia  in  Sicilia Pag.  1 

Come  si  manifesta  la  malattia.  Aspetto  esterno  delle  alterazioni     .    .    .     .  ,  3 

Frutti ,  ivi 

Foglie ,  5 

Alterazioni  anatomopatologiche  nei  limoni  della  Sicilia  ed  in  quelli  della  Liguria  ,  6 

Qual' è  la  causa  della  malattia? ,  8 

Reazioni,  penetrazione  e  percorso  del  micelio  nei  tessuti ,  10 

Reazioni ,  ivi 

Penetrazione  e  percorso  .         ,  11 

Come  procedono  le  alterazioni  nei  tessuti  dei  frutti  attaccati ,  12 

Coltivazione  del  parassita  e  sue  forme  di  sviluppo ^  14 

Descrizione  dei  diversi  organi  riproduttori  e  delle  forme  tipiche  corrispon- 
denti del  parassita ,  19 

Cladosporium  Cifri „  ivi 

Pseudofumago  Cifri ,  20 

Hormodendron  Cifri ,  21 

Ovularia  Citri ,  22 

Haplaria  Citri ,  ivi 

Kbynchodiplodia  Citri ,  23 

PseuJosaccliarom3'ces  Citri ,  25 

Sviluppi  e  rapporti  delle  forme  secondarie,  colture  di  controllo „  2S 

Hormodendron ,  27 

Pseudofumago ,  ivi 

Ovularia ,  ivi 

Haplaria ,  ivi 

Rhynchodiplodia ,  28 

Importanza  e  significato  della  Pseudofumago ,  29 

Quadro  grafico  dello  sviluppo  del  fungo ,  ivi 

Diagnosi ,  30 

Rhynchodiplodia  n.  geu ,  ivi 

Rhynchodiplodia  Citri ,  ivi 

Formae  conidicae ,  ivi 

Forma  pycnidiea ,  31 

Esperienze  d'infezione  artificiale  per  riprodurre  la  malattia ,  ivi 

Infezione  con  germi  di  produzione  diretta ,  32 

,                   ,       tolti  da  colture  pure ,  ivi 

Alterazioni  determinate  dalle  infezioni  artificiali  nei  tessuti  della  buccia      .  „  34 

Struttura  della  buccia  sana ,  ivi 

Buccia  malata ,  35 

Verruche ,  ivi 

Pustole ,  38 

Croste ,  ivi 

Infezione  nelle  glandole „  39 

Brevi  considerazioni  critiche     ..         „  41 

Rimedi ,  45 

Spiegazione  delle  tavole ,  52 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


Sulla  relazione  tra  lo  sviluppo  della  lauiiiia  fogliare 
e  (juello  dello  xilema  delle  traccie  e  nervature 
corrispondenti. 

NOTA    DEL 

Dr.  LUIGI   MONTEMARTINI 

(colla  lavelli  XII). 


In  (lue  lavoii  pubblicati  anni  sono  nella  Bolanische  Zeitnii;/,  '  e  i 
cui  risultati  sono  riassunti  e  riconfermati  nel  suo  recente  trattato  di 
Fisiologia  vegetale,-  il  .Tost  ha  esposto  una  serie  di  fatti  intesa  a  dimo- 
strare che  vi  è  una  stretta  relazione  tra  lo  sviluppo  delle  foglie  e 
quello  delle  rispettive  traccie  fogliari  nel  fusto  ;  cosi  che  tagliando  quelle, 
lo  xilema  di  queste  quasi  abortisce,  e  incidendo  trasversalmente  un 
fusto  in  via  di  sviluppo,  si  da  separare  in  due  metà  un  cordone  pro- 
cambiale che  costituirà  una  traccia  fogliare,  lo  xilema  acquista  uno 
sviluppo  normale  solo  nella  parte  superiore,  in  quella  cioè  che  rimane 
unita  al  lembo  della  foglia.  E  dietro  l'osservazione  delle  condizioni  di 
nutrizione  dei  tessuti  (presenza  di  amido  e  di  sostanze  proteiche  in 
tutte  le  cellule,  anche  sotto  l'incisione),  il  .Tost  escluse  ogni  influenza 
indiretta,  come  pensava  De  Vries,  per  mezzo  della  nutrizione  e  venne 
invece  nell'idea  trattarsi    "  um   eine   Beeinflussimg   ganz   besonderer 


'  L.  JosT,  Ucher  Bickcnwachsthum  iiiul  Jahresringlildung  {Bot.  Ztij.,  1891),  e: 
l'eher  Beziehuiiqen  -.wischen  elei-  BlattenUcickelun;/  und  der  Gefiissbildunij  in  der 
Pflame  (Boi.  Zig.,  1393,  i«  Abth.).  —  Osservazioni  analoghe  a  quelle  fatte  in  quest'ul- 
timo lavoro  dal  Jost  sulla  formazione  dello  xilema  nelle  piantine  di  Phascolus,  ven- 
nero eseo-iiite  anche  da  K.  Schiluerszky,  Kioistlich  hervorgcrafcne  Bilduiìg  secun- 
ddrer-ertrafasciculiirer  GefnssbiiHdel  bei  Dicotyledonen  (Ber.  d.  detits.  hot.  Ges.,  Bd. 

X,  1892). 

-   Vorlesuntjen  iìber  P/laiizenphysiologie.  Jena,  19C-1. 

Alti  (Irll'Ul.  Boi.  (leìrUniveisilù  tU  rrn-in  —  Nuova  Serie  —  Voi.  X.  5 


—   6::'   — 

"  Art,  um  eine  Reizwiikung,  die  von  dem  wacliseudeii  Orgaii  ausgeht 
"  und  sich  abwilrts  fortpflaiizt.'  „ 

Una  simile  spiegazione  non  è  applicabile  quando  invece  di  tagliare 
un  cordone  procambiale  nell'interno  di  un  fusto,  lo  si  tagli  in  mezzo 
allo  stesso  lembo  fogliare,  in  modo  cioè  che  anche  la  sua  parte  inferiore 
rimanga  unita  al  lembo  medesimo.  In  tal  caso  infatti  non  è  possibile 
pensare  che  l'incisione  interrompa  lo  stimolo  che  dall'organo  in  via  di 
sviluppo  si  estenderebbe  verso  il  basso  a  regolare  la  differenziazione 
della  traccia  fogliare. 

Osservazioni  di  tale  natura  io  feci  sulle  seguenti  specie:  Ampc- 
lopsis  (jniiKjue folla  Miclix.,  Aticuba  japonica  L.,  Begonia  lìe.''  Putz.,  Cle- 
mutis  apiifolia  ì).  C,  Corylus  Avellana  L.,  Ficus  Carica  L.,  Ficus 
macrophylla  Desf.,  (Hijcine  chincnsis  Curt.,  Hedera  Helix  L.,  Ligustrwii 
V'ìdgarc  L.,  Magnolia  grandiflora  L.,  Nerium  Oleander  L.,  Phgtolacca 
deeandra  L.,  Rosa  canina  L.,  Sassafras  ofjicinale  Nees.,  Sparmannia  afri- 


'    Vorlesunrjeìi,  ecc.,  pag.  410. 

La  correlazione  di  sviluppo  tra  le  foglie  e  lo  xilema  dei  rami  che  le  portano, 
stata  rilevata  in  altri  lavori  dal  Jost  (Beobacìitunrjen  iiber  den  zeitlichen  Verlimf  det^ 
xccundi'ìreii  Diclcenirachstìium  der  Binane,  in  Ber.  d.  deuts.  hot.  Ges.,  Bd.  x,  1892), 
non  che  da  K.  G.  Lurz  [Beitr/'ii/e  zar  Plii/sioloQie  der  Holzyewiichse,  in  Ber.  ci.  d.  Boi. 
Ges.,  18S5,  e  in  l' iiufstuck's  Beitr.  s.  luis.f.  Boi.,  Bd.  i,  1895),  da  A.  Wielek  (Ueber 
JlezieliHiigeii  sici.sc/icn  dem  secuiidiiren  Diclcemcachstìtum  und  den  J^rni'iliruncjsver- 
ìtfiltnissen  der  Brhmie,  iu  Tliarand.  Jorst.  Jahrb.,  Bd.  42,  1892)  e  da  altri,  aveva  in- 
dotto alcuni  botanici  a  ritenere  che  il  processo  di  differenziazione  degli  anelli  annuali 
del  leisno  nel  fusto  dei  nostri  alberi  non  sia  altro  che  una  conseguenza  diretta  ditale 
correlazione.  Altri  fatti  vennero  però  a  provare  che  il  meristema  cambiale  ha  un'atti- 
vità periodica  propria,  dipendente  dalle  condizioni  esterne  allo  stesso  modo  che  ne  di- 
pende l'attivitil  di  tutti  i  tessuti  meristematici  primarii,  e  legata  a  questi  ultimi  solo 
per  la  legge  dei  compensi,  e  che  la  differenziazione  degli  anelli  dipende  da  tale  atti- 
vità (veggasi  in  proposito;  L.  Montemartim,  Rk-ercìie  intorno  all'accrescimento  de/le 
piante  —  Ax>pendiee  prima:  Formazione  det/li  anelli  annuali  di  lei/no  — ,  in  Atti 
delVIst.  Bot.  di  l'avia.  Voi.  v,  1896). 

Presentano  dunque  un  certo  interesse  tutti  i  fatti  che  possono  chiarire  la  natura 
dei  fenomeni  di  relazione  sopra  rilevati 

I  casi  di  formazione  di  legno  in  relazione  al  callo  di  cicatrizzazione  (osservati 
dal  ,TosT  in  l'eher  Bezifìmnijen,  ecc.,  pag.  95),  o  in  seguito  a  parassitismo,  come 
quello  osservato  da  Stuasbuuger  (Ueber  den  Bau  und  die  Verricìitiini/en  der  Lei- 
tnnr/sbalnien  in  den  Pflanzen.  .Jena,  1891  pag.  953)  in  un  ramo  di  Bobinia  su  cui  ve- 
getava un  Viscum,  entrano  nei  casi  di  formazioni  anormali  di  legno  di  cui  parla  anche 
il  De  VuiES  (Ueber  abnorme  Entsteliung  secundiirer  Gewebe,  in  Pringsheim's  Jarlib. 
f.  w.  Bot.,  Bd.  XXII,  1891)  e  la  cui  causa  non  è  ben  conosciuta.  Essi  dunque  non  pos- 
sono per  ora  servire  di  base  ad  una  sjiiegazione  del  fenomeno  generale  della  forma- 
zione del  leu'uo. 


—   G3  — 

cana  L..  Sijrlnga  sp.,  Tlieobroma  Cacao  L.  e  qiialclie  altra.  In  tutte  ri- 
scontrai, più  0  meno  distintamente,  quanto  lio  disegnato  per  alcune 
specie  nella  tavola  annessa  a  questa  nota. 

Se  si  taglia  la  nervatura  mediana  o  una  grossa  nervatura  late- 
rale <li  nna  foglia  giovane,  appena  uscita  dalla  gemma  ed  i  cui  tessuti 
non  sieno  ancora  differenziati,  la  parte  di  lembo  che  sta  sopra  il  taglio 
e  alla  quale  vennero  coU'operazione  intercettate  le  vie  per  ricevere  gli 
alimenti  necessarii  all'accrescimento,  non  raggiunge  di  solito  nno  svi- 
luppo normale,  ma  spesso  resta  più  piccola  (figura  4),  talvolta  si  ac- 
cartoccia, e  quasi  sempre  mostra  un  colore  verde  più  pallido  con  ten- 
denza al  giallastro:  la  ferita  nella  foglia  a  completo  sviluppo  mostrasi 
larga,  quasi  a  forma  di  ferro  di  lancia,  e  sporgono  in  essa  i  due  mon- 
coni della  nervatura  tagliata  (fig.  4-a  e  6).' 

Se  ora  si  praticano  sezioni  trasversali  della  nervatura  operata,  si 
vede  che  sotto  la  ferita,  venendo  giù  fino  al  picciuolo  e  dentro  al  pic- 
ciuolo stesso,  lo  xilema  ebbe  nno  sviluppo  debolissimo  (fig.  1-a,  2-«, 
e  3-a)  in  confronto  a  quello  da  esso  raggiunto  sopra  la  ferita  (fig.  1-^, 
2-b  e  3-ft),  tanto  in  riguardo  alle  formazioni  primarie,  che  alle  secon- 
darie. Il  contrario  si  verifica  invece  spesso  per  gli  altri  tessuti,  perchè 
il  collenchima  ipodermico  ed  i  tessuti  a  membrane  ingrossate  che  ac- 
compagnano il  libro  sono  (come  si  può  rilevare  dal  confronto  delle 
stesse  figure  precedenti)  più  abbondantemente  sviluppati  e  meglio  dif- 
ferenziati sotto  il  taglio  che  sopra,  ciò  che  è  in  relazione  colla  mag- 
giore abbondanza  di  amido  e  di  sostanze  nutritizie  che  si  può  consta- 
tare nella  parte  inferiore  della  foglia. 

E  poiché  il  fenomeno  si  verifica  pure  quando  il  taglio  è  stato  pra- 
ticato a   metà  del   lembo   fogliare   ed  anche   più   in   su,  non   è   logico 


'  Non  sempre  il  taglio  di  uua  nervatura  provoca  ima  deformitil  della  foglia. 
Questo  fatto  avviene  specialmente  nelle  foglie  a  lembo  lobato  (come  in  quelle  di  Vite, 
di  Fico,  di  Clematis,  ecc.)  in  cui  un  determinato  lobo  dipende  esclusivamente  dalla 
nervatura  tagliata:  nelle  foglie  intiere,  massime  se  a  lembo  un  po' coriaceo  e  con  ner- 
vature laterali  in  frequenti  anastomosi  tra  loro,  si  può  stabilire  un  equilibrio  della 
circolazioìie  lungo  le  nervature  laterali  ed  il  lembo  acquista  forma  e  dimensioni  nor- 
mali anche  malgrado  il  taglio  di  una  delle  nervature  principali. 

Modificazioni  della  forma  di  foglie  composte  in  seguito  a  tagli  praticati  su  al- 
cune delle  fogliette  giovani  vennero  recentemente  osservate  anche  dal  Nemec  (i'eber 
die  VoUjen  einer  Syrnmetriesturung  bei  zusammenr/esetsten  Blatlern,  iu  Bull,  intern.  </. 
l'Ac.  d.  Se.  de  Boheme,  1902).  Il  Lrdoux  (Sur  le  développement  du  Gicer  arietimim  L. 
aprcs  des  sectioìtnenients  de  l'embrijon,  in  Compi.  liend,  de  VAc.  d.  Se.  d  Paris,  1903, 
T.  cxxxvi;  e:  Essais  sur  la  régénération  expérimentale  (Ics  feuilles  cìiez  les  légumi- 
neuses,  in  Anìi.  d.  Se.  Nat.,  Ser.  vm,  T.  xviii,  1903)  provocò  tali  deformazioni  nelle 
foglioline  di  giovani  piantine,  tagliando  la  gemmula  o  un  cotiledone. 


—  r,4  — 

spiegare  la  mancata  differenziazione  dello  xilema  sotto  di  esso  pen- 
sando ad  un'azione  stimolante  diretta  dall'alto  al  basso  e  proveniente 
dallo  svilnppo  del  lembo  fogliare.  Questo  infatti,  mentre  è  debole  e 
rachitico  nella  porzione  che  sta  sopra  la  ferita  e  che  contiene  lo  xi- 
lema meglio  differenziato,  nella  porzione  inferiore,  che  è  in  diretto  con- 
tatto collo  xilema  abortito,  raggiunge  uno  sviluppo  quasi  normale.  Qui 
sono  stomi,  palizzata,  cloroplasti,  amido,  ecc.,  e  tutto  lascia  vedere  che 
il  fuzionameuto  della  foglia  è  certamente  piìi  attivo  e  normale  che  nella 
parte  supei'iore,  dove  colore,  forma  e  struttura  portano  i  caratteri  evi- 
denti di  una  degenerazione.  Lo  stesso  xilema,  pur  essendo  piìi  abbon- 
dante sopra  la  ferita,  è  indice  di  condizioni  anormali  e  sfavorevoli  di 
vita  quando  lo  si  paragoni  a  quello  che  si  vede  nelle  foglie  completa- 
mente sane. 

Onde  è  a  escludersi  che  la  mancata  differenziazione  dei  fasci  le- 
gnosi sotto  la  ferita  sia  una  conseguenza  della  interruzione  di  comu- 
nicazioni colla  parte  superiore  del  legno  fogliare.  Essa  appare  piut- 
tosto come  un  efletto  della  ferita  medesima  e  rappresenta  uno  di  quei 
fenomeni  di  irritazione  per  ferita,  che,  come  ha  visto  recentemente  il 
Kretzschmar,  ■  nelle  vie  conduttrici  si  propagano  più  in  senso  basipeto 
die  acropeto. 

Hall' Istituto  Botanico  di  Pavia,  febbraio  1904. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  XII. 


Figr.  1-a  e  1-h.   —  .Sezioni  trasversali  ili  nervatura  mediana  di  una  foglia  di  Ficus  ma- 
cropìiylla,   tagliata   quando    era    giovane:    la,    sotti    il    taglio: 

l-h,  sopra;  e,  collenchima  ipodermico  (schem.dicoì .    -  . 

135 

,     2-a  e  2-6.  —  Idem  di  foglia  di  Cìematis  apiifolia .  -~  . 

,     3- (7  e  3-/).  —  Idem  di  foglia  di  Aucuha  iaponica  .  -     . 

,  4.  —  Foglia  di  Clcmalis  apiifolia  la  cui  nervatura  mediana  è  stata  tagliata  du- 
rante il  periodo  di  accrescimento,  così  che  il  lobo  mediano  rimase 
rachitico:  a  e  h,  regioni  sotto  e  sopra  il  taglio  in  cui  vennero 
praticate  le  sezioni  rappresentate  dalle  figure  2-a  e  2-6  (un  po' 
impiccolita). 

'  P.  Kretzschmar,   Veher  Entstcìiuni;  und  Aitsbrei/itii;/  der  l'iasmastrumuiir/  in 
Folge  VOH   Wundreis  {Prinijshcim's  Jahrb.f.  >r.  Bot.,  Bd.  xxxix,  1903). 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  E.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


BREVI  NOTE. 

Skconda  Serie  —  INDICE 


G.  Briosi  e  Faiineti  —  Suiravvizzimeiito  dei  germogli  del  gelso.  —  Suoi  rapporti  col 
Fusariìiìi!  ìatrn'liiim.  Nees.  e  colla  Gihcrdla  moricola  (De  Not.)  Sacc.  Seconda 
nota  preventiva. 

E.  (!.\zzAxi  —  Osserv^izioni  criticlie  supra  alcune  ricerche  microchimiche  dell'esoulina. 

E.  Farnkti  —  Intorno  ad  alcune  malattie  della  vite  non  ancora  descritte,  od  avver- 
tite in  Italia. 

—  Il  marciume  dei  hocciuoli  e  dei  fiori  delle  rose  causato  da  una  forma  patogena 
della  Boli-yiis  vulgaris  (Pers.)  Fr. 

L.  MoNiEMAUTi.M  —  Sull'origine  degli  ascidi  anomali  nelle  foglie  di  Saxi fraga  cras- 
sifolia  L. 

G.  PoLi.Acr.i  —  Intorno  al  miglior  metodo  di  ricerca  microchimica  del  fosforo  nei 
tessuti  vegetali. 

G.  Rota-Rossi  —  Alcune  considerazioni  sull'ontogenia  delle  cormofite  vascolari.  (Con 
una  tavola  litografata.) 

M.  TuRC'^Ni  —  Un  nuovo  fnngo  parassita  sulla  Chaquii-illa,  pianta  messicana. 


Suirìivvizzimeiito  dei  i;ei'iiiosìli  del  gelso. 

Suoi  rapporti  col  Fusarinm  Uiteritiinn  Nees. 
e  collii  Glhei'ella  moricola  (De  Not.)  Sacc. 

Seconda  nota  preventiva. 

Nel  luglio  deiranno  1901  pubblicammo  una  nota  preliminare  in- 
torno all'avvizzimento  dei  germogli  del  gelso  '  nella  quale  dimostrammo 
che  esso  era  dovuto  al  parassitismo  del  Fiisarium  lateritinm  Nees.  (Jome 
per  altro  questa  grave  infezione,  che  dimezza  talora  il  raccolto  delia 
foglia,  in  natura  avvenisse  noi  allora  non  sapevamo;  ciò  costituiva  una 


'  GiovAXNM  Briosi  e  Rodolfo  Faiineti,  Intorno  all'avvizzimento  dei  {lermOijU  dei 
aelsi.  —  Nota  preliminare,  in  Atti  Tst.  botanico  dell' Vniver sita  di  Paoia.  serie  II, 
voi.  VII,  pag.  123. 

Alti  dell' Isl.  Boi.  dell' Vnicersità  di  Pavia  —  II  Serie  —  Voi.  X.  6 


—  66   — 

incresciosa  e  coiniilicata  incognita  percliè  !a  sporosi  del  Fiis'ir/inn  iia  luogo 
in  primavera  avanti  la  potatura  dei  gelsi,  vale  a  dire  molto  tempo  prima 
die  i  rami  nuovi,  clie  forniranno  la  foglia  nell'anno  successivo  e  sui  quali 
il  male  poi  si  manifesta,  si  siano  formati.  Quando  questi  si  svilupperanno, 
i  rami  vecchi  sono  generalmente  di  già  tagliati  e  portati  fuori  del  campo. 

Come  spiegare  quindi  il  fatto  clie  sono  appunto  i  rami  rimessiticci 
dell'annata  che  si  ammalano  sui  quali  nella  primavera  ventura  avvizzi- 
scono i  germogli  e  seccano?  Se  le  spore  del  Fnsariìim  laleiifium  sono  di 
già  disperse,  e  da  tempo,  quando  si  formano  i  nuovi  rami,  esse  non  pos- 
sono evidentemente  produrne  Tinfezione  delle  gemme  non  ancora  formate. 

Un'altra  forma  fungina,  della  i^uale  il  Fitsarinm  non  poteva  essere  che 
uno  stadio  di  sviluppo,  doveva  fornire  i  germi  infettivi.  Per  quante  ri- 
cerche peraltro  noi  avessimo  tentato,  non  eravamo  mai  riesciti  a  trovare 
prima  d'ora  questa  supposta  forma  di  successione  del  Fitsarium  lutcritinm 
a  sporosi  autunnale  o  iemale,  che  ci  desse  la  chiave  del  come  avveniva 
l'infezione.  Ora  che  finalmente  l'abbiamo  rinvenuta  ne  diamo  l'annunzio, 
riserbandoci  di  pubblicare  per  esteso  i  particolari  dei  nostri  studi  nel 
lavoro  definitivo  che  vedrà  pi'esto  la  luce. 

Il  Fnsarium  latcritiuni.  da  noi  coltivato  artificialmente  in  diverse 
gelatine,  non  produsse  mai  lo  stroma  caratteristico  delle  Tuhcrcìi/ariìicae, 
esso  si  comportò  sempre  come  una  vera  M/iccdinea  senza  produrre 
forme  picnidiche  od  ascofore,  e  ciò  anche  nelle  colture  abbandonate  a 
lungo  riposo,  onde  rimanevano  ignoti  quali  rapporti  esso  avesse  con 
forme  supeiiori. 

I^]  vero  che  fin  dal  1901,  sopra  alcuni  rami  di  gelso  nei  quali  ave- 
vamo ri|irodotto  artificialmente  la  malattia  inoculandovi  collidi  di  Fn- 
sariìiD!  ìa/crifium,  avevamo  notato  la  comparsa  di  forme  periteciali,  ma 
al  fenomeno  non  deramo  allora  speciale  importanza  credendo  si  trat- 
tasse di  saprofiti  indipendenti  affatto  dal  nostro  parassita. 

Solo  nel  marzo  scorso  osservando  in  campagna,  come  facciamo  da 
parecchi  anni,  i  gelsi  tanto  delle  siepi  che  dei  campi  che  trovansi  alla 
nostra  portata,  osservammo  che  in  alcuni  rami  dell'anno  scorso,  amma- 
lati e  non  tagliati  dopo  il  raccolto  della  foglia,  come  suolsi  fare,  le  de- 
pressioni cancrenose  prodotte  dui  parassita  erano  tuttavia  ricoperte 
dalla  corteccia  e  che  questa  si  mostrava  cosparsa  di  verruche  nericce. 
Ci  venne  allora  il  sospetto  che  queste  verruche,  anche  per  la  loro  par- 
ticolare disposizione,  potessero  essere  in  lapporto  col  micelio  del  Fiisn- 
riìtin  che  produce  le  necrosi  cancrenose,  onde  tagliammo  i  rami  per  le 
opportune  osservazioni  in  Laboratorio.  .Studiate  al  microscopio  attenta- 
mente tali  veiruche  si  rivelarono  per  altrettanti  stroma  di  un  noto 
saprofita  del  gelso,  della  Giberelìn  moricola  (De  Not.)  Sacc. 


—  67  —   • 

Come  è  naturale,  esteudenimo  allora  le  nostre  ricerche  al  maagior 
ninnerò  di  piante  possibile  e  da  esse  è  risultato  ciie  tali  produzioni  non 
erano  pnnto  un"  eccezione,  benché  non  in  tutte  le  vecchie  cicatrici  si 
manifestassero. 

Le  depressioni  cancrenose  nelle  quali  le  verruche  della  Glhcrdla 
si  mostravano  piii  frequenti  avevano  per  centro  i  resti  di  un  g-ermoglio 
avvizzito,  mentre  in  quelle  ove  la  gemma  era  abortita  esse  erano  piìi  rare. 

Queste  ammortizzazioni  attorno  ai  germogli  avvizziti  sono  dovute 
ad  attacchi  tardivi  che  hanno  luogo  in  primavera  avanzata  e  talora 
anche  in  estate,  mentre  gli  attacchi  precoci  ed  invernali  uccidono  ad- 
dirittura la  gemma  senza  lasciarle  tempo  di  svilupparsi  in  germoglio, 
come  dimostreremo  nel  lavoro  definitivo. 

Le  verruche  sono  disposte  ed  aggregate  pressocliè  nello  stesso  or- 
dine che  hanno  gli  stremi  del  Fusavium  laterìtimn  quando  si  sviluppano 
in  primavera. 

Era  ovvia  l' idea  che  fra  il  Fusarium  e  la  Giliereìla  potesse  esistere 
qualche  nesso  genetico,  non  ostante  che  sino  ad  ora  quest'ultima  fosse 
ritenuta  come  un  semplice  saprofita  inocuo. 

Per  chiarire  le  cose  abbiamo  coltivato  in  apposito  substrato  le 
ascospore  di  Giberella  e  con  nostra  non  piccola  soddisfazione,  dopo  ap- 
pena ventiquattro  ore,  esse  lianno  prodotto  una  forma  conidica  perfet- 
tamente eguale  a  quella  che  si  ottiene  coltivando  il  Fusarinm  lateritium, 
-seguendo  identico  processo  di  sviluppo. 

Non  v'è  [liii  dubbio  ;  la  Giberella  moricola  è  la  forma  autunnale  cer- 
cata, alla  quale  si  deve  l'infezione  delle  gemme  formatesi  durante  l'e- 
state e  che  dà  il  Fiisariam  lutcritiinn  il  quale,  nella  ventura  primavera, 
sviluppasi  nelle  depressioni  cancrenose  prodotte  dal  male  attorno  ai 
centri  d'infezione. 

Esaminando  allora  quanto  avviene  in  natura  sugli  alberi  attaccati, 
abbiamo  trovato  che  la  formazione  dello  stroma  e  dei  periteci  della  Gihe- 
rdla  moricola  avviene  negli  stessi  acervoli  del  Finiariuiu  lateritium.  Questi 
dapprima  perdono  il  loro  colore  mattone  e  prendono  una  tinta  bruna 
che  di  mano  in  mano  va  facendosi  più  cupa,  indi  finiscono  per  acqui- 
.stare  il  colore  nero  cianotico  caratteristico  della  Giberella.  Il  processo 
si  segue  ancor  meglio  esaminando  i  rami  morti,  nei  quali  è  facile  tro- 
vare gli  stroma  della  Giberella  in  tutti  gli  stadi  di  sviluppo. 

Studiando  al  microscopio  sezioni  di  questi  stroma  nei  diversi  stadi, 
si  scorge  che  dapprima  la  produzione  dei  conidi  del  Fusarinm  va  di- 
minuendo, poi  la  superficie  degli  acervoli  loro  si  fa  bernoccoluta,  indi 
tutta  la  massa  si  tiasforma  in  sclerozio,  nell'interno  del  quale  si  for- 
mano in  seguito  i  periteci  della  Giberella. 


—  68  — 

Qualche  volta  la  sclei'dtizzazioue  della  stroma  del  Ftisio-i/nìi  è  sol- 
tanto parziale;  anzi,  avviene  che  in  alcuni  punti  continui  la  produzione 
di  conidi  del  Fusarinm  persino  dopo  che  hanno  cominciato  a  formarsi 
i  periteci  e  gli  aschi  della  Gihcreìla. 

Tale  essendo  il  processo  della  formazione  dell'organo  ascoforo  della 
Gilicrcìla  è  facile  comprendere  perchè  nelle  colture  artificiali  noi  non 
riuscivamo  ad  ottenere  dalla  forma  conidica  la  forma  ascofora;  il  Fusa- 
rinm comportavasi  in  esse  come  una  Mucecìiura,  cioè  senza  formare  stroma. 

Del  come  combattere  la  malattia  e  dei  rimedi  da  applicarsi  diremo 
nel  lavoro  in  esteso,  non  appena  ultimato  lo  studio  della  biologia  del 
parassita  ed  eseguite  le  tavole  litografiche  relative. 

Dal  Laboratorio  Crittogamico  di  Pavia;  aprile  10ii4. 

G.  Briosi  e  R.  Farneti. 


Osservazioni  criticlie  sopra  ìilciiiic  ricerche   niicrochiiiiirlio 
(lell'esculiua  eseguite  dal  J)ott.  A.  (ìoris.  ' 

Le  prime  ricerche  per  vedere  ove  si  localizza  l'esculina  nei  tes- 
suti vegetali,  basarono  quasi  esclusivamente  sul  fatto  che  l'esculina: 
(i)  Precipita  col  sottoacetato  basico  di  piombo. 
b)  Trattata  con  acidi  diluiti  e  bollenti,  o  con  fermenti  diastasici, 
si  sdoppia  in  esculetina  e  glucosio,  eh*  è  riduttore  energico  del  li- 
quore di  Fehling;  per  cui,  quest'ultimo  reattivo,  potrebbe  indirettamente 
servire  da  indicatore  dell'esculina. 

Però  i  metodi  fondati  su  queste  proprietà  non  presentano  una  tec- 
nica praticamente  facile  e  una  base  chimica  sicura,  malgrado  le  modi- 
ficazioni suggerite  da  diversi  autori;  di  modo  che  si  tentò  di  raggiun- 
gere lo  scopo  mettendo  a  prova  la  reazione  di  Sonnenschein,  secondo 
la  quale:  cristalli  di  esculina  messi  nell'acido  nitrico  concentrato  e  tosto 
nell'ammoniaca  pura,  verrebbero  a  prendere  una  colorazione  rosso  san- 
gue molto  intensa.  Identica  colorazione  assumerebbero  le  cellule  ad 
esculina  delle  sezioni  di  alcune  parti  di  vegetali  trattate  coi  reattivi 
sopra  indicati. 

Recentemente  il  Dott.  A.  Goris  portava  una  leggera  modificazione 
al  metodo  Sonnenschein;  modificazione  che  consiste  nell'aggiungere  al- 
l'acido nitrico  il  0,20,  0,30  per  '|'„  di  ferro  puro. 


■  A.  Goiiis,  lìechcrches  microchimiques  sur  quel iptes  r/liicosides  et  quelqucs  tanins 
veijétaux.  —  Paris.  A.  .loaiiin,  190.'ì. 


—  69  — 

A  questo  proposito  il  Goris  scrive  :  "  . . . .  poìir  caractériser  ì'escu- 
line  dans  les  ceìlules  qui  la  contienneìtt,  le  n'actif  de  Sonnenscheìn  nevi 
donne  d'exccUents  résultats.  Le  mcillenr  mode  opcrntoire  consiste  à  plonger 
les  coupes  pendant  2  à  4  secondes  dans  l'acide  azofique  à  1,33  renfermatit 
0,20,  0,30  de  fer  pour  100,  pìiis  à  ìes  retircr  rivement  pour  les  faire 
òaigner  immédiafement  dans  de  l'ammoniaguc  liquide  da  commerce.  Le 
aéjour  dans  ce  dernier  reacfif  petit  diirer  quelqnes  minufes.  „ 

Egli  otteirebbe  cosi  le  cellule  ad  esculina  colorate  in  rosso  viola, 
a  differenza  di  quanto  si  è  detto  parlando  del  reattivo  Sonnensciiein. 

Siccome  da  qualclie  tempo  sto  occupandomi  della  ricerca  e  distri- 
buzione di  alcuni  glucosidi  ed  alcaloidi  nei  diversi  organi  di  piante  di 
The  coltivate  nell'orto  Botanico  di  Pavia,  volli  esperimentare  la  rea- 
zione di  Sonnenscliein  modificata  dal  Goris,  non  percliè  io  avessi  un 
dubbio  sul  rigore  scientifico  delle  sue  esperienze  e  deduzioni,  ma  al 
fine  di  conoscerne  la  tecnica  necessaria  alla  buona  riuscita,  onde  valer- 
mene eventualmente  per  completare  i  miei  studi. 

I  risultati  da  me  ottenuti  confermano  solo  in  paite  quanto  aff"erma 
il  Goris. 

II  Goris  appoggia  tutte  le  sue  argomentazioni  sulla  reazione  di 
Sonnenscbein  che  cioè  :  l'esculina  trattata  con  acido  nitrico  concentrato 
indi  con  ammoniaca  pura,  si  colora  in  rosso  sangue. 

Tale  proprietà  dell'esculina  è  vera;  però  debbo  osservare  die  non 
tutte  le  reazioni  cliimiche,  specialmente  le  cromatiche,  che  si  ottengono 
per  sostanze  pure,  cristallizzate,  mediante  reattivi  specifici,  si  possono 
estendere  a  caratterizzare  queste  medesime  sostanze  in  tessuti  vegetali, 
dove  abbondano  composti  organici  di  diversa  natura,  i  quali  possono 
talora  impedire  che  il  fenomeno  chiuiico  avvenga,  o  dar  luogo  con  quei 
reattivi  o  col  corpo  stesso  risultante  dalla  reazione,  a  dei  derivati  spe- 
ciali che  mascherano  i  caratteri  organolettici  della  sostanza  che  si 
cerca,  lasciando  in  tal  modo  campo  ad  errate  deduzioni. 

Cosi  io  ho  potuto  osservare  che  la  reazione  di  Sonnenscbein  non 
si  può  estendere  con  rigore  scientifico  alia  localizzazione  dell'esculina 
nelle  cellule  vegetali,  per  il  fatto  che  anche:  alcuni  tannini,  l  quali  nei 
tessuti  abbondano,  si  colorano  in  rosso  pili  o  meno  intenso  se  trattati  con 
acido  nitrico  ed  ammoniaca. 

Difatti  :  Se  si  scioglie  in  acqua  distillata  piccola  quantità  di  tan- 
nino e  si  tratta  poi  la  soluzione  con  acido  nitrico  concentrato,  essa 
prende  una  tinta  rossastra,  che  per  alcalinizzazione  con  ammoniaca 
passa  al  rosso-sangue  intenso. 

Non  solo  :  se  si  sottopongono  allo  stesso  trattamento  delle  sezioni 
di  quercia,  ricche  in  tannino,  ed  esenti  di  esculina,   si  vedono  alcune 


—   70  — 

cellule  prendere  un  marcato  colore  rosso-sangue  o  rosso-mattone,  e  sono 
precisamente  quelle  stesse  che  col  percloruro  di  ferro  danno  la  reazione 
caratteristica  e  spiccata  del  tannino. 

Il  Goris  poi,  aggiungendo  all'acido  nitrico  il  0,20-0,30  "/o  di  ferro 
incorre,  secondo  me,  in  altri  inconvenienti,  cause  probabili  di  errori. 

Prima  di  tutto  dirò  che  nelle  mie  esperienze  di  controllo  —  trat- 
tando sezioni  d'ippocastano  —  non  ho  mai  ottenuto  cellule  colorate  in 
rosso-viola,  ma  sempre  in  rosso  sangue  o  mattone,  quantunque  mi  sia 
scrupolosamente  attenuto  alle  condizioni  suggerite  dal  (xoris;  e  lo  stesso 
colore  riio  sempre  osservato  anche  nelle  cellule  tannifere  di  sezioni  di 
corteccia  di  quercia  trattate  col  reattivo  sopra  indicato. 

In  secondo  luogo,  siccome  della  reazione  sulla  quale  egli  si  basa 
non  si  ha  tuttora  una  esatta  interpretazione  chimica,  e  d'altra  parte 
non  si  sa  quali  mutamenti  avvengano  nella  molecola  dell'esculina  in 
seguito  all'azione  dei  reattivi  indicati,  ma  solo  essa  è  resa  palese  \)ev 
hi  speciale  colorazione  che  le  attiibuiscono,  si  può  domandare: 

Quale  azione  ha  il  ferro  in  questo  caso  ? 

Agisce  esso  come  riducente  per  mettere  in  libertà  acido  nitroso 
ch^  avrebbe  poi  un'energica  azione  ossidante,  condizione  forse  neces- 
saria perchè  l'esculina  si  colori  ?,  od  entrerebbe  questo  acido  nitroso 
direttamente  a  far  parte  della  molecola  del  nuovo  composto  attribuen- 
dogli speciale  colore,  come  talvolta  accade  quando  negli  editici  orga- 
nici, massime  a  catena  chiusa,  entra  il  gruppo  NO-?  Oppure  il  ferro 
ha  una  azione  puramente  catalitica,  ovvero  entra  nella  architettura  del 
nuovo  composto? 

Non  credo.  Se  la  sua  presenza  fosse  solo  necessaria  per  sviluppare 
HNO-,  invece  del  ferro  che  con  ammoniaca  dà  precipitato  rosso-mat- 
tone più  0  meno  intenso  di  idrossido  di  ferro,  come    dall'equazione  : 

NO-^  NO-'  OH  OH 

NO'  —  Fe-Fe       NO'  ^  «NH^  OH  =  OH       Fe-Fe       OH  + 
NQs  NO'  OH  OH 

-f  tìNH^NO" 

precipitato,  che  anche  a  detta  del  Goris  maschera  talvolta  la  (creduta) 
colorazione  dell'esculina,  si  potrebbe  licorrere  ad  altro  l'iducente  che 
non  dia  precipitato  con  ammoniaca  od  almeno  non  lo  dia  colorato. 

Ciò  nonostante  si  incorrerebbe  sempre  nel  piimo  errore  già  notato 
per  la  reazione  di  .Sonnenschein. 

E  se  si  trattano  sezioni  di  corteccia  di  quercia  o  d'ippocastano  col 
reattivo  Goris,  le  cellule  tannifere  della  quercia  e  ad  esculina  ("?)  del- 


—  71  — 

l' ippocastano  si  colorano  in  rosso,  come  quelle  trattate  col  reattivo 
Sonnensclieiu;  ad  esecuzione  fatta,  che  in  questo  caso  la  colorazione 
persiste,  raentie  nel  primo  passa,  dopo  qualche  tempo,  alla  tinta  ver- 
dastra, simile  a  quella  clie  assumono  le  cellule  di  sezioni  di  quercia  e 
d'ippocastano  se  sottoposte  all'azione  del  percloruro  di  ferro. 

Questo  dipenderà  forse  da  un'ulteriore  ossidazione  o  più  probabil- 
mente da  una  lenta  e  successiva  azione  del  tannino  sul  ferro. 

In  appoggio  ancora  alle  mie  osservazioni  porterò  i  risultati  di  al- 
cune esperienze  da  me  eseguite  e  di  altre  del  Goris  stesso  e  riferite 
nel  suo  lavoro. 

Sezioni  di  tepali  di  giacinto,  trattate  col  reattivo  Goris  si  colorano 
semplicemente  in  giallo  per  xantoproteima.  In  essi,  mancando  o  quasi 
il  tannino  non  appare  la  colorazione  rossastra,  come  non  appare,  e  lo 
dice  lo  stesso  Goris,  nei  giovani  cotiledoni  dell'Haesculus  Hippocastanum 
dove,  non  solo  manca  l'esculina,  ma  manca  anche  il  tannino;  mentre 
essa  si  ottiene,  quando  durante  la  germinazione  appaiono  tannino  ed 
esculina. 

E  dunque  dovuta  al  tannino  od  all'esculina? 

11  (Toris  attribuisce  questo  al  fatto  che  nell'ippocastano  la  com- 
parsa del  tannino  e  dell'esculina  è  simultanea,  e  sostiene  che  essi  sono 
contenuti  nelle  medesime  cellule  sotto  forma  d'esculitannato  d'esculina. 

E  sia  pure:  ma  se  ammettiamo  vero  questo,  allora  bisogna  rinun- 
ciare alla  reazione  da  lui  seguita  per  localizzare  l'esculina.  Perchè,  se 
tannino  ed  esculina  sono  nelle  identiche  cellule,  e  se  i  tannini  e  le  cel- 
lule tannifere  della  quercia  danno  col  reattivo  Goris,  come  l'esculina, 
colorazione  rosso-sangue,  chi  può  affermare  che  il  colore  reso  evidente 
è  dovuto  all'esculina  o  al  tannino? 

Ad  avvalorare  maggiormente  le  mie  asserzioni  dirò  che  il  Goris 
stesso  scrive:  il  reattivo  di  Sonnenschein  può  servire  anche  alla  ricerca 
microchimica  della  fitstina  (che  assume  colore  rosso-vivo)  della  fraxinn 
(che  assume  colore  rosso-giallastro)  e  dell'acido  caffetannico  (che  si 
comporta  come  l'esculina)  perchè  sono  corpi  aventi  una  costituzione 
chimica  molto  vicina  a  quella  del  glucoside  in  discorso. 

Io  però  vorrei  domandare  :  Se,  come  è  probabile,  questi  glucosidi 
sono  in  combinazione  col  tannino,  non  potrà  darsi  che  le  colorazioni 
così  assomiglianti  che  prendono  talune  cellule  delle  sezioni  del  vege- 
tale in  esame,  piii  che  ai  glucosidi  contenuti,  siano  dovute  al  tannino 
col  quale  sono  combinati? 

È  un'ipotesi  qualunque  questa,  come  è  ipotesi  quella  del  Goris, 
ma  in  mio  appoggio  sta  il  fatto,  che  soluzioni  acquose  di  tannino  e  le 
stesse  cellule  tannifere  della  quercia,  col  reattivo   Sonnenschein  si    co- 


r^ 


lorano  in  rosso  più  o  meno  intenso,  sebbene  non  contengano  i  glucosidi 
sopra  accennati. 

Qualunque  sia  l'ipotesi  più  attendibile,  resta  sempre  il  fatto:  che 
il  reattivo  Sonnenscliein  nella  sua  forma  primitiva  e  neppure  nella  mo- 
dificazione apportata  dal  Goris,  non  può.  con  rigore  scientifico,  servire 
alla  localizzazione  dell'esculina  nei  tessuti  vegetali: 

l")  Perchè  la  colorazione  che  si  pretende  propria  dell'esculina 
è  data  anche  dalle  cellule  semplicemente  tannifere. 

2°)  Perchè  l'esculina  è  probabile  si  trovi  nei  vegetali  in  combi- 
nazione col  tannino  sotto  forma  d'eseulitannato  d'escnlina. 

3")  Perchè  il  ferro  in  soluzione  nitrica,  in  seguito  ad  alcaliuiz- 
zazione  con  ammoniaca  dà  precipitato  rosso-mattone  che  può  masche- 
rare la  colorazione  dell'esculina. 


Dall'Istituto  Botanico  di  Pavia;  aprile  190J. 


Emilio  Cazzani 
Assistente  all'Istituto  Botanico. 


intorno  ad  aU-nno  malattie  della  vite  non  ancora  descritte 
od  avvertite  iu  Italia. 

Ulcera  bi.uicsi  dei  paiiiiiiiii. 

Dall'Italia  Centrale  furono  inviati  al  Laboratorio  Crittogamico  dei 
pampini  di  vite  affetti  da  una  malattia  che  io  ritengo  fino  ad  ora  non 
descritta. 

La  malattia,  a  quanto  sembra,  attacca  Y Aleatico  e  non  gli  altri  vi- 
tigni, e  si  dice  limitata  ad  un  sol  vigneto,  dove  però  si  manifesta  co- 
stantemente da  alcuni  anni. 

Essa  forma  sui  giovani  tralci,  sui  picciuoli,  sui  peduncoli  e  sui  ciii i 
numerose  ulceri  più  o  meno  grandi,  a  contorno  irregolare,  che  hanno 
una  grande  rassomiglianza  con  quelle  prodotte  AaW Aìitracnosi,  ma  che 
si  distinguono  a  prima  vista  per  la  muffa  di  color  bianco  niveo  che  le 
ricopre. 

Questa  malattia,  per  le  sue  conseguenze,  è  assai  grave,  perchè  le 
ulceri  ingrandendosi  confluiscono  fra  loro  e  quando  arrivano  ad  abbrac- 
ciare il  germoglio  od  il  peduncolo  del  grappolo  questo  muore. 

Le  ulceri  fino  dal  loro  inizio  sono  ricoperte  da  un  feltro  bianco  e 
fioccoso,  costituito   dall'  intreccio  di  numerosissime  ife  del  fungo  che  è 


—  73  — 

la  causa  della  malattia.  Queste  ife  sono  jaliue,  ramificate,  settate,  a 
protoplasma  finamente  granuloso,  spesso  vacuolose  nell'interno,  e  in  esse 
non  ho  potuto  osservare  ìa,  formazione  di  conidi.  I  filamenti  miceliali 
per  l'aspetto  esterno,  per  la  loro  struttura,  le  loro  dimensioni,  la  loro 
azione  patogena  hanno  una  grande  rassomiglianza,  se  non  sono  perfet- 
tamente identici,  colle  ife  delle  Bolri/tis  che  producono  malattie  nelle 
Fave,  nelle  Salvie  ^  e  in  tante  altre  piante  ;  e  ritengo  che  Vulcera  hiancn 
dei  ■pampini  sia  prodotta  appunto  da  una  specie  di  questo  genere. 

E  noto  che  anche  la  Botri/ti:^  cinerea  non  si  limita  solo  ad  attac- 
care l'uva,  nella  quale  produce  il  ben  noto  marciume,  ma  in  luogo  u- 
mido  e  caldo,  specialmeute  nelle  serre  destinate  alla  coltura  forzata 
della  vite,  e  qualche  volta  anche  nei  vigneti  all'aperto,  attacca  spesso 
le  foglie  verdi  e  i  giovani  germogli.  L'alterazione  che  vi  produce  è  però 
ben  diversa  da  quella  che  ho  più  sopra  descritto  sotto  il  nome  di  «/- 
cera  bianca.  Essa  forma  sopra  le  giovani  foglie  delle  larghe  macchie 
brune  die  si  ricoprono  d"un  vello  grigiastro  formato  dai  conidiofori  della 
Botri// is  cinerea. 

Le  macchie  che  essa  vi  produce  non  sono  limitate  da  alcuna  linea 
netta  che  separi  la  parte  sana  e  verde  dalla  regione  malata.  Anche  i 
giovani  tralci  attaccati  dalla  Bofrytis  cinerea  prendono  una  colorazione 
bruna,  senza  limiti  distinti,  muoiono  e  si  ricoprono  della  muffa  gri- 
giastra caratteristica  ed  i  loro  internodi  si  disarticolano.' 

Fae.x;  -  ha  osservato  in  alcuni  vigneti  dell'Algeria  e  della  Francia 
numerosi  pampini  di  vite  lunghi  da  20  a  30  centimetri,  staccarsi  e  ca- 
dere a  terra,  indi  ricoprirsi  d'un  micelio  bianco  fioccoso. 

Quantunque  per  l'aspetto  esterno,  l'ulcera  bianca  dei  pampini  sia 
assai  diversa  dalla  malattia  descritta  dal  Faex,  potrebbe  darsi  che  i 
suoi  caratteri  esterni,  sotto  l'influenza  di  speciali  condizioni,  fossero 
soggetti  a  notevoli  variazioni,  e  che  essa  potesse  essere  prodotta  anche 
dalla  stessa  Botrytis  cinerea. 

Se  potrò  avere  nuovo  materiale  fresco  mi  propongo  di  studiare  spe- 
rimentalmente Vulcera  bianca  dei  pampini  e  il  micromicete  patogeno 
che  la  produce. 


'  A.  De  B.vr;y,  Veher  einig-e  Sclerolinien  iind  Sclerotienhranliìieiteit,  in  Bota- 
iiische  Zeitimg,  1886. 

R.  Farnett,  Intorno  allo  sviluppo  e  al  polimorfismo  di  un  nuovo  micromicete 
parassita;  in  Atti  dell'lst.  botanico  dell'  Università  di  Pavia,  nuova  serie,  voi.  VII. 

-  F<iÉ\-,  Pourriture  des  rameaux  de  Viijne  détcrminée  par  le  Botrytis  cinerei/,  in 
Pevue  di'  Viticuìliire.  t.  V.  1896. 


—  74 


Di  uno  speciale  marciiinio  deiriivu  cL<'  da  alcuni  anni 
sì  osserva  i»  Pienioute. 

Da  (liveisi  lunglii  del  Piemonte  (Tortona.  Ivrea,  Pinerolo,  ecc.)  ed 
a  diverse  riprese,  furono  inviati  in  questi  ultimi  anni  al  Laboratorio 
Crittogamico  grappoli  d'uva  att'etti  da  speciale  marciume. 

Gli  acini  colpiti  da  questa  malattia  hanno  l'aspetto  di  quelli  che 
eventualmente  si  ritrovano  intatti  nelle  vinaccie  dopo  che  hanno  subito 
la  fermentazione.  Si  staccano  con  la  massima  facilità  dal  peduncolo, 
lianiio  la  poljia  rammollita,  un  colore  di  feccia  di  vino  ed  esalano  un 
odore  vinoso. 

Ad  occhio  nudo  ed  anche  con  una  lente,  non  si  osserva  all'esterno 
alcuna  vegetazione  fungina.  All'esame  microscopico  si  vede  la  polpa  in- 
vasa in  ogni  senso  da  filamenti  niicelici  che  penetrano  entro  le  cellule, 
d'un  colore  giallognolo  o  leggermente  ocraceo,  a  protoplasma  finamente 
granulo.so,  ramificati,  indistintamente  settati,  alquanto  varicosi,  di  dia- 
metro variabile  da  .3  a  6 '/-/'•  I  coniili  sono  portati  da  brevi  coni- 
diofoii  di  circa  4  ' '^  /»  di  diametro  ;  essi  sono  sferici  o  brevemente 
ellissoidali,  jalini,  catenulati,  di  7  "., /(  di  diametro,  raramente  col  dia- 
metio  maggiore  di  tO-lL'/(  di  lunghezza. 

Mi  pare  che  questo  mieromicete  non  si  possa  riferire  alla  ben 
nota  Moiiilia  ffHcì>;/cìì<t,  (luantunque  sembri  che  si  debba  ascrivere  al 
genere  Monilia. 

I  conidi  della  Moniìia  frudigenn  sono  molto  più  grossi  ['l'i  x  10  —  1 2  /i  ), 
ellissoidali,  linionifonni,  e  formano  le  catenelle  unendosi  fra  loro  jier 
mezzo  di  un  istmo. 

Invece  il  fungo  che  si  rinviene  nell'uva  del  Piemonte  affetta  da 
marciume,  ha  i  conidi  molto  più  piccoli,  quasi  sferici,  e  non  sono  mai 
uniti  fra  di  loro  dall'istmo  caratteristico  dei  conidi  della  Moììilia  l'i-ur- 
tii/eiia.  Per  la  loro  forma  rassomigliano  di  più  ai  conidi  della  Monilia 
LìiKirlianit  iSacc,  ma  sono  ancora  più  piccoli  e  non  presentano  mai  l'ap- 
pendice istmica. 

Debbo  aggiungere  che  sopra  gli  acini  marcescenti  min  lio  mai  ve- 
duto comparire  i  cespuglietti  caratteristici  della  Moniìiit  fnicfi(/rii(t  o  di 
altra  specie  analoga. 

Un'altro  carattere  differenziale  ciie,  a  mio  modo  di  vedere, -deve 
avere  una  certa  importanza,  è  quello  che  viene  offerto  dalla  consistenza 
della  polpa,  che  nell'uva  atfetta  da  marciume  è  molle,  quasi  deliquescente, 
mentre  nei  frutti  attaccati  dalla   Monilia  fnniiijnm  s'indurisce. 


—  75  — 

I  caratteri  morfologici  ai  quali  ho  accennato,  sono  insufficienti  per 
una  sicura  determinazione  del  micromicete  che  è  causa  del  marciume 
dell'uva  nel  Piemonte.  Se  potrò  ottenere  la  produzione  di  cespuglietti 
aerei  o  la  riprnduzione  artificiale  del  fungo,  ritornerò  suU'argonieiito. 


Lesioni  prodotte  AnìVEiimolpus  ritis  Fabr. 
sugli  acini  e  sitaccatnra  di  questi  in  seguito  a  suberosi. 

Nel  luglio  delid  scorso  anno,  il  prof.  Eugenio  Azimonti  della  Cat- 
tedra ambulante  di  agricoltura  della  provincia  di  Sondrio,  inviò  per  e- 
same  a  questo  Laboratorio  Crittogamico  dei  grappoli,  delle  foglie  e  dei 
giovani  tralci  di  vite  affetti  da  una  malattia  manifestatasi  ai  piimi  di 
luglio  nei  vigneti  della  Sassella. 

Le  foglie  erano  ti'aforate  secondo  linee  più  o  meno  curve  e  ser- 
peggianti e  presentavano  qualche  punta  dei  lobi  disseccata.  Nei  tralci, 
nei  peduncoli,  nei  picciuoli  ed  anche  negli  acini  si  osservavano  ana- 
loghe lesioni,  accompagnate  quasi  sempre  da  vegetazioni  fungine  che 
ne  aumentavano  la  gravità. 

Negli  acini  si  osservavano  più  frequentemente  delle  strisele  brune 
e  delle  spaccature  analoghe  a  quelle  prodotte  dall'Oidio. 

Le  lesioni  erano  assai  gravi;  però,  da  quanto  scriveva  il  prof.  Azi- 
monti,  non  si  mostrava  attaccato  con  qualche  intensità  che  il  solo  vitigno 
liosiìoìa,  che  non  è  il  predominante  in  quella  regione  viticola. 

Queste  lesioni,  a  giudicare  dal  loro  aspetto  esterno  erano  dovute 
molto  probabilmente  airEumolpn^  vilis  Fabr.  che  per  nutrirsi  aveva  sca- 
vato i  solchi  caratteristici. 

Negli  acini  si  osservavano  però,  assai  frequentemente,  anche  altre 
alterazioni  che  non  erano  dovute  ad  erosioni  della  polpa,  ma  probabil- 
mente alla  semplice  azione  irritante  prodotta  dall'insetto  sull'epider- 
mide dell'acino.  Queste  alterazioni  si  manifestavano  da  principio  sotto 
forma  di  strisele  brune,  per  lo  più  longitudinali,  dovute  a  necrosi  del- 
l'epidermide e  dell'  ipoderma  accompagnata  da  suberificazione  degli 
strati  sottostanti. 

Li  seguito  la  buccia  necrosata  e  suberificata,  non  potendo  disten- 
dersi e  seguire  il  processo  d'accrescimento  del  frutto,  si  screpola,  indi 
si  spacca  insieme  al  parenchima  sottostante  dell'acino.  Le  spaccature 
spesso  sono  tanto  profonde  che  si  vedono  i  semi  e  rassomigliano,  come 
si  è  detto,  a  quelle  prodotte  in  alcuni  casi  dall'Oidio. 

I  grappoli  attaccati  à?i]V  Eumo/piifi  vifis  non  si  sviluppano  che  in 
modo  imperfètto  e  gli  acini  restano  assai  piccoli  e  non  matui'ano  bene. 


—  76  — 

IjEuiiuiIpiis  vitis  è  un  piccolo  coleottero  di  5  a  G  mm.  di  hiiigliezza 
con  elitri  di  color  rosso-bruno  e  corpo  nero. 

(Quest'insetto,  quantunque  sia  assai  comune  nell'Italia  settentrionale, 
è  la  prima  volta  che  quivi  si  mostra  veramente  dannoso. 

In  Francia,  invece,  specialmente  nel  Beaujolais  e  nella  Borgogna, 
dove  è  pili  comune,  vi  produce  ogni  anno  danni  assai  rilevanti,  special- 
mente quando  attacca  i  grappoli  e  le  radici. 

I  grappoli,  come  gli  altri  organi  aerei  della  vite,  vengono  attac- 
cati dall'insetto  quando  questo  è  allo  stato  perfetto;  le  ladici  invece 
quando  è  ancora  allo  stato  di  larva. 

Per  combattere  VEumolpii^  ////.<  bisogna  dargli  la  caccia  special- 
mente quando,  allo  stato  perfetto,  si  trova  sopra  le  viti,  approfittando 
del  costume  che  esso  ha  di  lasciarsi  cadere  a  terra  appena  viene  scossa 
la  pianta. 

In  Francia  per  raccogliere  quest'insetto  si  adopera  una  specie  di 
imbuto  smarginato  da  una  parte,  perchè  abbracci  il  tronco  della  vite,  e 
munito  in  fondo  di  un  piccolo  sacco  di  tela.  Si  usa  pure  un'  altro  ap- 
parecchio, più  semplice  ed  economico,  composto  di  un  semicerchio  di 
legno  al  quale  si  applica  una  tela  munita  ili  un  foro  centrale,  intorno 
al  quale  si  iìssa  la  bocca  del  sacchetto. 

Par  dare  la  caccia  all'  Kumolpo  bisogna  mettersi  in  campagna  di 
buon  mattino,  camminando  in  silenzio  e  nel  senso  del  sole,  perchè  il 
rumore  o  l'ombra  dell'operaio  raccoglitore  non  spaventi  anzi  tempo  l'in- 
setto e  questo  non  si  lasci  cadere  prima  che  l'apparecchio  sia  pronto  per 
raccoglierlo.  In  Francia  si  calcola  la  spesa  di  questa  raccolta  da  15  a  20 
lire  all'ettaro. 

Nel  Bordolese  per  conibattei'e  quest'insetto  si  mandano  nelle  vigne 
dei  branchi  di  polli  che  ne  divorano  una  grande  quantità,  servendosi 
all'uopo  anqhe  di  pollai  mobili. 

La  larva  dell'Eumolpo  vive  nel  terreno;  il  miglior  mezzo  per  di- 
struggerla è  il  solfuro  di  carbonio  in  ragione  di  200  chilogrammi  all'et- 
taro come  si  usa  per  combattere  la  Fillossera. 

Dal  Laboratorio  Crittogamico  di  Pavia;  aiirile  1904. 

R.  Farneti. 


—  77 


II  niiirciuiiio  dei  boccinoli  e  dei  fiori  delle  rose  causato  da  ima 
forma  patos^eua  della  Liotri/tis  vulgavis  (Pers.)  Fr. 

Alcune  varietà  di  rose  che  si  coltivano  in  un  orto  di  Pavia,  vanno 
costantemente  soggette  ogni  anno  ad  una  grave  malattia,  una  specie  di 
cancrena,  che  si  propaga  con  estrema  rapidità,  distruggendo  in  pochi 
giorni  tutti  i  bottoni  od  i  fiori  appena  sbocciati,  specialmente  nelle  an- 
nate umide. 

La  Eom  ffcillica  perla  delle  bianche  è  quella  che  va  più  soggetta  alhi 
cancrena,  poi  vengono  fra  le  thee  YEtoile  de  Lf/on,  la  Perle  de  Li/oii, 
la  The  Bridi-  e  qualche  altra. 

I  bottoni  non  ancora  sbocciati,  specialmente  nella  lìosa  gallica  perla 
delle  bianche,  prendono  un  colore  giallastro  o  livido,  ed  i  fiori  appena 
sbocciati  assumono  un  colore  fosco  ed  un  aspetto  marcescente. 

I  peduncoli  fiorali,  quando  il  male  è  avanzato,  si  curvano  poco 
sotto  il  punto  d'inserzione  col  ricettacolo,  per  modo  clic  il  boccinolo 
od  il  fiore  semiaperto,  prendono  una  posizione  piìi  o  meno  inclinata  o 
ricurva,  secondo  la  robustezza  dei  peduncoli  e  l' intensità  del  male.  (Jiò 
si  deve  al  diffondersi  della  cancrena  che  colpisce  i  sepali,  i  petali  e  il 
ricettacolo,  anche  a  parte  del  peduncolo  fiorale. 

Sulla  causa  della  malattia  non  vi  è  alcun  dubbio.  Dopo  due  o  tre 
giorni  tutti  i  fiori  colpiti  dal  male  si  ricoprono  di  un  vello  fuliggineo- 
grigiastro,  formato  dai  conidiofori  di  una  forma  della  Botri/ti^  vìdyuris 
(Pars.)  Fr. 

Se  esaminiamo  nell'interno  un  piccolo  boccinolo  di  Bosa  gallica  perla 
delle  bianche  ancora  perfettamente  chiuso  e  tosto  che  appaiono  i  primi 
sintomi  del  male,  si  vede  un  abbondante  micelio,  generalmente  jalino, 
varicoso,  di  grossezza  variabilissima,  che  striscia  lungo  la  parete  interna, 
glandoloso-sericea,  della  cavità  ricettacolare,  il  quale  si  avvolge  anche 
a  spira  intorno  ai  peli  o  vi  penetra  nell'interno.  Questi  filamenti  mice- 
liali  penetrano  anche  nell'interno  degli  ovaiM,  seguendo  generalmente 
la  via  del  canale  stilare. 

Nei  petali  il  micelio  è  poco  abbondante  e  da  principio  non  sembra 
penetrare  nel  loro  parenchima  che  in  quelli  più  interni  del  boccinolo, 
situati  in  vicinanza  della  bocca  del  ricettacolo. 

Evidentemente  le  glandole  che  rivestono  le  pareti  interne  del  ri- 
cettacolo, e  forse  anche  le  papille  stilari,  oftVono  condizioni  favorevoli 
di  sviluppo  e  di  vita  al  parassita  ;  perchè,  da  quanto  ho  potuto  osser- 
vare, è  soltanto  dopo  che  il  micelio  del  fungo  è  giunto  nella  cavità  ri- 


—   78   — 

cetiacolare,  peiietramlovi  dalla  bocca,  che  acquista  il  vigore  necessario 
per  penetrare  attraverso  i  tessuti,  e  la  virulenza  per  agire  in  modo 
deleterio  sul  protoplasma  delle  cellule  deirosjiite.  Fatto  sta,  che  il  pro- 
cesso cancrenoso  si  propaga  dal  centro  alla  periferia  e  non  viceversa. 
Quanto  al  fungo  patogeno  che  è  causa  del  processo  morboso  non 
va  dubbio  che  deve  ascriversi  al  genere  Bolnjtis,  e  precisamente  alla 
Botvijfia  viiìijiui^  (Pers.)  Fr.  Sembra  distinguersi  soltanto  per  il  colore 
fuligineo,  per  il  diametro  dei  conidiofori,  che  è  alquanto  maggiore  (20  «), 
per  i  lunghi  rami  alterni  che  spesso  s'inseriscono  verso  la  base  od 
alla  metà  del  conidioforo,  per  i  conidì  alquanto  verrucosi  e  sensibil- 
mente più  grossi  (13  —  1-1  :  8  ^  9  ,w).  Nell'insieme  pei'ò,  malgrado  le 
piccole  differenze  de'  suoi  caratteri  morfologici,  non  mi  sembra  altro 
che  una  forma  patogena  del  tipo  comune. 


I)al   l.aboratc'iio  Crittogamico  di  Pavia:  aprile   iOOJ. 


R.  Farnkti, 


Sull'origine  degli  asoldi  anomali  nelle  foglie 
di  Sancì fì'H(ja  crassifolia  L. 

Le  foglie  di  Sa,:ifyaga  cra-is/folia  L.  presentano  non  di  rado  delle 
deformazioni  caratteristiche  '  per  le  quali  i  loro  orli  saldandosi  tra  loro 
alla  base,  o  ripiegandosi  contro  la  nervatura  mediana  alla  quale  riman- 
gono connati  e  prolungandosi  molte  volte  in  espansioni  membranose  ir- 
regolari, danno  luogo  ad  uno  o  più  ascidii  talvolta,  capaci  di  contenere 
solamente  una  o  poche  goccie  d'acqua,  tal'altra  anche  parecchi  centimetri 
cubi.  Si  hanno  pure  dei  casi  in  cui  la  deformazione  si  localizza  sulla 
nervatura  mediana  o  sopra  qualunque  delle  lateiali,  ed  allora  il  lembo 
presenta  come  delle  introflessioni  che  costituiscono  ascidii  aperti  sem- 
pre, verso  la  pagina  superiore.  Qualche  volta  tali  ascidii  si  staccano 
dal  resto  del  lembo,  all'orlo  o  in  mezzo  ad  esso,  come  piccole  coppe 
peduncolate,  sostenute  da  ramitìcazioni  delle  nervature,  e  può  avvenire 
che  nelle  foglie  interne  e  più  giovani  tutto  il  lembo  si  atrofizzi  e  si 
riduca  a  cinque  o  sei  di  tali  piccoli  ascidii. 


'  Per  la  letteratura  suU'argomeuto,  veggasi:  0.  PrsziG,  !'flaii:eiìtcraiuloijie  (Ge- 
nova, 1890,  3d.  I,  [lag-.  4.')tì),  e:  Ti.nk  Ta.mmes,  Die  l'eriiidicil'l  morplioloi/ixcìicr 
Jù:sclieii>iiii(/eit  bei.  dea  Fflanzeii,  (Verliaml  .  il.  I\.  Akad.  van  Wctcnscli.  te  Aiiìntcrdaìii, 
l'.HYò,  pag'.  128  e  ,segueuti).  Quest'ultima  pubblicazione  ò  anche  corredata  da  una  ta- 
vola nella  quale  sono  rappresentate  le  formo  principali  degli  ascidi  di  cui  qui  è  parola. 


--  79   — 

Il  Tammes.  xilie  ha  studiato  iu  modo  speciale  simili  anomalie  so- 
pra individui  dell'Orto  Botanico  di  Gromiugen  sui  quali  erano  abbon- 
dantissime, ha  trovato  dicesse  compaiono  durante  l'inverno  sui  lanii 
lìoriferi,  ed  ha  rilevato  che  la  loro  formazione  segue  una  certa  perio- 
dicità per  cui,  mentre  le  prime  foglie  di  un  dato  ramo  fiorifero  ne  sono 
esenti  o  le  mostrano  quasi  attenuate,  le  ultime  e  più  interne  ne  sono 
deformate  quasi  completamente.  • 

Nello  scorso  anno  anche  una  piantagione  di  Saxifraga  crassifolia  del 
nostro  Orto  Botanico  mostrò  un  certo  numero  di  foglie  anomale  in  tutti 
gli  stadii  sopra  accennati,  sì  che  pensai  di  esaminare  se  qualche  utile 
la  pianta  potesse  derivare  da  tanti  ascidii.  Ora  nello  studiare  le  parti 
più  profonde  di  essi  mi  venne  dato  riscontrare  frequentemente  degli 
acari  i  quali  non  si  trovavano  invece  sulle  foglie  normali  né  sulle 
piante  esenti  da  anomalie.  Mi  nacque  pertanto  il  sospetto  che  la  pre- 
senza di  simili  animali  fosse  in  relazione  colle  deformazioni  sulle  quali 
si  trovavano  e  portai  alcuni  di  essi  su  un  ramo  in  vegetazione  di  una 
piccola  pianta  perfettamente  normale.  All'autunno  potei  constatare  che 
alcune  delle  foglie  die  eransi  sviluppate  dtiranle  l'eslafe  avevano  dato 
luogo  ad  ascidii. 

Mi  proponevo  di  continuare  le  ricerche  nel  presente  anno  ma  sgra- 
ziatamente non  si  svilupparono  più  né  acari  '  né  ascidii;  però  la  con- 
temporanea scomparsa  degli  uni  e  degli  altri  non  può  a  meno  di  con- 
fermare il  dubbio  che  vi  siano  tra  i  primi  ed  i  secondi  rapporti  di 
causa  ad  effetto. 

Circa  l'utilità  che  la  pianta  può  ricavare  da  simili  formazioni,  im- 
porta sapere  che  in  fondo  ad  ogni  ascidio  (e  specialmente  ai  più  grossi) 
si  trovano  sempre  uno  o  due  mammelloni  i  quali  venendo  in  contatto 
tra  loro  o  colla  superficie  interna  della  foglia,  limitano  interstizii  o  fes- 
sure capillari  veramente  adatti  a  trattenere  l'acqua  di  pioggia  o  la 
rugiada  che  viene  a  raccogliersi  sopra  di  loro.  In  fondo  a  tali  fessure 
si  trovano  per  le  glandole  capitate  che  sono  sparse  anche  sulle  altre 
parti  della  foglia;  la  membrana  esterna  dell'epidermide  è  meno  cuti- 
nizzata  che  altrove.  Le  cellule  del  parenchima  onde  sono  costituiti  i 
mammelloni  hanno  poca  clorofilla  e  contenuto  incoloro  o  leggermente 
antocianieo:  il  loro  potere  osmotico  è  superiore  a  quello  delle  cellule 
dei  tessuti  circostanti,  cosi  che  il  loro  protoplasma  non   si  contrae   in 


'  Alcuni  acari  raccolti  1'  aiiuo  scorso  avevo  inviato  alla  Stazione  di  Entomologia 
Agraria  di  Firenze  per  la  determinazione.  Poiché  il  campione  è  andato  smarrito  e  non 
mi  è  stato  possibile  raccogliere  quest'anno  nuovi  individui,  non  posso  neanche  dire  di 
che  specie  si  tratti. 


—  so  — 

certe  soluzioni  in  cui  (luesle  si  plasinolizzano.  Tutti  tali  caratteri  cui 
si  deve  aggiungere  la  presenza  di  una  terminazione  vascolare  nell'in- 
terno di  ogni  nianimellone,  fanno  pensare  che  si  abbia  a  che  fare  con 
organi  assorbenti. 

E  che  sieuo  veramente  tali,  lo  prova  il  fatto  che  le  foglie  isolate 
conservano  più  a  lungo  la  loro  turgescenza  quando  gli  ascidii  sono  pieni 
di^acqua  che  non  quando  si  tiene  bagnata  semplicemente  una  parte 
qualunque  del  lembo. 

Pairistitnto  Botanicu  ili  Pavia;  maggio   1904. 

Dott.  Luigi  Muxtejiaktixi. 


CiiMi  i'uLLAri  1.  —   Intorno  al   miglior  metodo  di  ricerca 
microcliimica  del  fosforo  nei  tessuti  vegetali. 

I  metodi  finora  proposti  per  la  ricerca  microchimica  del  fosforo  nei 
vegetali  sono,  come  è  noto,  '  i  seguenti  : 

Metodo  del  reattivo  triplo  (miscela  di  solfato  di  magnesio,  cloruro 
d'ammonio  ed  ammoniaca)  ; 

Metodo  del  reattivo  molibdico  (miscela  di  acido  nitrico  e  molibdato 
d'ammonio); 

Metodo  di  Lielienfeld  e  Monti  (reattivo  molibdico  e  pirogallolo); 

Metodo  da  me  proposto  (reattivo  molibdico  e  cloruro  stannoso). 

Servendosi  del  reattivo  triplo  si  ottiene  in  presenza  di  alcuni  com- 
posti fosforati  un  precipitato  bianco  di  fosfato  ammonico  magnesiaco. 
Tale  reattivo  è  iusutììciente  per  la  ricerca  microchimica  del  fosforo; 
innanzi  tutto  perchè  il  precipitato  si  forma  solo  quando  il  fosforo  si 
trova  come  componente  di  fosfati  solubili  e  poi  perchè  il  precipitato  è 
incoloro,   trasparente,   poco  visibile  nel   tessuto  cellulare;  inoltre   non 


'  Pei'  maggiori  particolari  consultare 

Pfeii-er,  Jaliilj.  f.  ii;i.ss.  Botai!.  1872,  p.  465. 

A.  Haxsen,  Arheit.  dcs  botai/.  Zcit.    Wilnhiirri,  Bil,   III,  p.  '.ìi',   1885. 

W.  Behi'.ex?,  Tahellen  zum  (ìchrauelt  microscop.  Arljeit,  \\.  1H3,  18'.(:^. 

.\.  ZiMMEKMAN,  Dic  Boianìsche  MicrotedmiJc,  p.  51,  1892. 

LiELiESEEi.D  e  Moxii.  Atti  R.  Acetici.  Lincei,  Roma,  voi.  I,  serie  5,  fase.  9  e  lo,  1892. 

Gino  Poii.acci,  Malpighia,  p.  301,   1894  e  p.  .370,   1895. 

Atti  Ist.  Bot.  di  Pavia,  voi.  0,  pai:.   15.   I89S. 
E.  Strasijurgep.,  Das  Botanische  Practicum.  .Jena,   1902. 


—   81    — 

producesi  in  iiuautità  apprezzabile  se  non  quando  il  fosforo  trovasi  in 
proporzioni  notevoli.  Il  reattivo  moUbdico  ha  il  pregio  di  essere  sensibi- 
lissimo, poiché  bastano  3, 14- parti  circa  di  anidride  fosforica  per  formare 
100  parti  di  precipitato  giallo  di  fosfomolibdato  d'ammonio,  molto  più 
visibile  del  fosfato  ammonico  magnesiano;  inoltre  questo  precipitato  si 
forma  anche  in  molti  casi  in  cui  il  reattivo  triplo  non  dà  reazione;  però 
tale  metodo  se  non  è  accompagnato  da  successive  "reazioni  non  può  e 
non  deve  essere  usato,  tanto  per  la  debole  colorazione,  quanto  perchè 
l'acido  nitrico  che  entra  nella  composizione  del  reattivo  forma  delie 
sostanze  in  contatto  col  protoplasma  le  quali  hanno  colore  molto  simile 
a  quelle  del  fosfomolibdato  d'anunonio  (per  es.  l'acido  xantoproteico,  ecc.). 
L'osservatore  quindi  che  si  fida  in  microchimica  di  sola  tale  colorazione 
incorre  certamente  in  errore.  ' 

Il  metodo  Lielienfeld  e  MoìUi  è  basato  invece  sulla  riduzione  del 
fosfomolibdato  ottenuto  col  reattivo  molibdico  per  mezzo  del  pirogallolo 
onde  rendere  maggiormente  visibile  il  precipitato  dovuto  alla  presenza 
di  composti  fosforati  ;  questo  metodo  è  certamente  superiore  ai  primi 
da  me  ricordati  e  può  essere  adoprato  per  le  ricerche  microchimiche, 
ma  ha  il  difetto  di  presentare  una  colorazione  non  sempre  bastante- 
mente forte,  specialmente  quando  il  fosforo  trovasi  nei  tessuti  in  pic- 
cola proporzione,  poi  di  assumere  con  facilità  colorazione  bruna,  inoltre 
il  colore  dei  preparati  facilmente  si  altera  in  contatto  di  acqua  e  gli- 
cerina. 

Il  metodo  da  me  proposto  consiste  nell'  immergere,  servendosi  di 
pinze  di  platino,  -  le  sezioni  dei  tessuti  da  studiare  nel  reattivo  molib- 
dico usato  a  freddo,  e  se  a  caldo,  non  si  deve  oltrepassare  mai  i  40  gradi 
di  temperatura;  indi  lavare  ripetutamente  con  acqua  semplice  o  meglio 
ancora  con  acqua  acidulata  con  acido  nitrico,  le  dette  sezioni.  Questa 
operazione  di  lavaggio  è  d'uopo  sia  effettuata  con  cura  perchè  è  neces- 
sario che  non  rimangano  nei  pezzi  da  studiarsi  traccie  anche  minime 
di  molibdato  d'ammonio,  il  quale,  come  è  noto,  è  solubile  in  acqua;  quando 


•  L.  IwANOFF  si  è  servito  di  (jnesto  metodo  per  ricerche  microchimiche  sulla  com- 
parsa e  scomparsa  del  fosforo  nelle  piante  (Jarh.  f.  wiss.  Botan.  pag.  355,  1901)  e 
lo  stesso  Ila  fatto  E.  Pantanem.i  per  la  ricerca  microchimica  del  fosforo  in  studi  sopra 
l'albinismo  nel  regno  vegetale  (Malpii/ìiia,  voi.  XVII,  1903);  per  le  ragioni  suddette 
i  risultati  di  tali  ricerche  devono  essere  controllati  con  altri  metodi.  Anche  il  semplice 
esame  microscopico  dei  cristalli  in  tali  casi,  come  è  noto,  non  è  pratico. 

-  È  necessario  l'adoperare  piuze  con  punte  di  platino,  [lerchè  l'acido  nitrico  di 
cui  è  ricco  il  reattivo,  può  intaccare  ed  insudiciare  le  sezioni  col  sale  formatosi;  gli 
Autori  che  hanno  discusso  questo  metodo,  hanno  sempre  tralasciato  questo  particolare 
che  è  di  non  secondaria  importanza,  e  che  trascurato,  potrebbe  spiegarci  alcuni  casi 
di  insuccesso  avuti  da  operatori  non  diligenti. 

4lti  'kìl'ht.  lìut-  dell' Uniocraità  di  Puiiia  —  II  Serie  —  Voi.  X.  7 


—   82   — 

si  è  sicuri  che  questa  ultima  operazione  è  stata  beu  eseguita  si  im- 
mergano le  sezioni  in  soluzione  acquosa  di  cloruro  stannoso  (Sn  CL, 
parti  4;  H-0  parti  lUO).  Se  esse  contengono  del  fosforo,  in  contatto  col 
reattivo  molibdico,  formeranno  del  fosfoniolibdato  d'ammonio,  sostanza 
insolubile  in  acqua  (tanto  piìi  se  si  aggiunge  all'acqua  del  nitrato  d'am- 
monio) ed  in  acido  nitrico  diluito;  e  questa  sostanza  rimasta  per  tale  sua 
proprietà  nei  tessuti",  in  contatto  del  cloruro  stannoso,  produrrà  un  ossido 
di  molibdeno  di  un  bel  colore  caratteristico  azzurro  e  ben  distinguibile 
anche  in  tenuissinie  quantità. 

Questa  sostanza  formatasi,  ha  la  proprietà  di  essere  resistente  a 
molti  reagenti,  infatti  è  inalterabile  in  glicerina,  balsamo  del  caiiadà, 
acqua  e  non  è  sciolta  ed  alterata  in  acido  nitrico  allungato,  L' acido 
xantoproteico  non  si  colora  in  azzurro  con  questo  cloruro  e  quindi 
resta  eliminata  la  grave  causa  di  errore  a  cui  si  va  soggetti  adoprando 
come  hanno  fatto  alcuni  autori  il  semplice  reattivo  molibdico;  inoltre, 
il  cloruro  stannoso  rende  il  reattivo  estremamente  sensibile  per  modo 
che  con  esso  può  essere  accertata  la  presenza  del  fosforo  anche  dove 
è  in  tenuissime  quantità  e  dove  il  pirogallolo  non  riesce  a  renderlo 
manifesto.  Anche  il  tono  e  la  natura  del  colore  che  rendesi  nettamente 
visibile  al  microscopio  e  la  prontezza  con  cui  esso  si  produce  hanno 
pure  il  loro  valore. 

Da  quanto  ho  riportato,  è  facilmente  constatabile  che  quest'ultimo 
metodo  è  il  migliore  fra  quelli  descritti,  esso  non  è  empirico,  ma  ra- 
zionale, sapendosi  appunto  come  agisce  tanto  il  reattivo  molibdico  sui 
composti  fosforati,  quanto  il  cloruro  stannoso  sul  fosfomolibdato  di  am- 
monio e  potendo  cosi  nelle  condizioni  dell'  esperienza  ammettere  od 
escludere  con  sicurezza  la  presenza  del  fosforo. 

Tale  reattivo  è  usato  in  molti  laboratori!,  specialmente  dell'estero; 
ciò  però  non  ha  impedito  a  qualche  isolato  Autore  di  tentare  di  dimo- 
strare l'insufficienza  del  mio  metodo  asserendo  cose  non  giuste. 

Siccome  ho  la  ferma  convinzione  che  tale  reattivo  è  veramente  di 
buon  aiuto  alla  soluzione  di  alcuni  problemi  della  fisiologia  generale, 
credo  cosa  utile  ritornare  sull'argomento  e  dimostrare  che  simili  asser- 
zioni non  hanno  fondamento  e  sono  state  enunciate  perchè  il  detto  me- 
todo non  fu  a  dovere  applicato. 

Si  è  detto  prima  di  tutto  che  la  presenza  di  sostanze  acide  nella 
cellula,  come  sarebbe  per  esempio  il  tannino,  impedisce  l'applicazione 
del  metodo,  e  sono  state  citate  dell'esperienze  fatte  sopra  sezioni  di 
tessuti  imbevuti  d'acido  tannico  e  sopra  altre  senza  tale  sostanza,  ot- 
tenendo risultati  secondo  il  desiderio  di  chi  eseguiva  le  licerche. 

Ma  io  domando:  in  presenza  di  fosfati,  di  reattivo  molibdico  ed  acido 
tannico  si  forma  o  no  il  fosfomolibdato  ? 


—  83  — 

Che  si  formi  fosiomolibilato  in  dette  coudizioui  non  vi  sarebbe  nep- 
pure bisogno  di  provarlo,  essendo  tale  reattivo  in  simili  condizioni  usato 
ogni  giorno  nei  laboratori  di  chimica,  ma  per  chi  tenesse  dei  dubbi 
e  non  avesse  la  possibilità  di  consultare  persone  competenti,  faccia  per 
convincersi  la  seguente  semplicissima  prova:  in  uua  provetta  conte- 
nente dell'  acido  tannico  in  soluzione  acquosa  vi  aggiunga  una  data 
quantità  di  un  fosfato,  in  un  altro  tubo  d'assaggio  vi  metta  la  stessa 
precisa  quantità  di  fosfato  senza  1'  acido  tannico,  tratti  il  contenuto 
di  ambedue  le  provette  con  il  reattivo  molibdico  ed  avrà  colorazione 
gialla  nella  provetta  in  cui  non  vi  è  tannino  e  colorazione  scura  nella 
provetta  contenente  oltre  il  fosfato  anche  l'acido  tannico;  ed  ecco  che 
al  subito  comparire  di  questa  colorazione  i  critici  proclamano  l' insuf- 
ficienza del  metodo!  Invece  si  continui  l'esperimento,  si  aggiunga  del- 
l'acido cloridrico  al  contenuto  di  questa  provetta  e  si  vedrà  scomparire 
la  colorazione  scura  del  liquido  e  rimanere  distinta  la  colorazione  gialla 
come  nella  prima  provetta.  (Si  noti  che  per  ottenere  questo  basta  la 
quantità  di  acido  cloridrico  che  si  trova  nel  cloniro  stannoso  e  che  non 
scioglie  invece  il  precipitato  giallo  di  fosfomolibdato).  '  I  liquidi  delle 
due  provette  si  decantino  e  si  filtrino  con  filtri  tarati,  si  lavino  ed  asciu- 
ghino e  poi  si  pesino,  avremo  che  la  quantità  di  precipitato  di  fosfo- 
molibdato raccolto  nei  due  filtri  è  uguale.  Il  che  dimostra  a  chi  non  lo 
sapeva,  che  la  presenza  del  tannino  in  qualunque  dose,  non  disturba 
afiatto  la  formazione  del  fosfomolibdato  come  erroneamente  si  è  voluto 
sostenere;  questa  prova  così  semplice  ed  alla  portata  di  tutti,  a  me 
pare,  dovrebbe  bastare  per  convincere  ognuno  che  tale  affermazione  non 
ha  alcuna  base  né  scientifica  uè  pratica. 

Iwanoff  (1.  e.  pag.  .3.56)  dice  clie  la  formazione  del  fosfomolibdato 
deve  essere  impedita  dalla  presenza  di  alcune  sostanze  organiche  come 
per  esempio  Vacelalo  di  potassio  ;  ammetto  che  vi  potranno  essere  al- 
cune sostanze  che  ostacoleranno,  come  pure  vi  potranno  essere  delle  .so- 
stanze riduttrici  capaci  in  alcuni  casi  di  ridurre  subito  il  fosfomolibdato, 
ma  in  questo  caso  si  vedrà  subito  tale  riduzione  prima  di  aggiungere 
il  cloruro  stannoso  e  questa  eventualità  la  si  ha  egualmente  anche  col 
semplice  reattivo  molibdico;  per  quanto  poi  riguarda  l'acetato  di  potassio, 
questa  sostanza  non  ha  influenza,  infatti,  mescolati  dei  fosfati  in  pro- 
vetta con  soluzione  non  solo  di  acetati  ma  anche  di  tartrati,  o  di  acido 
ossalico,  od  acido  citrico  ed  altri  acidi  organici  e  poi  trattati  col  reat- 


'  An-i'-iungendo  im  alcale  al  filtrato  decolorato  con  1'  acido,  esso  riprende  la  co 
lorazioue  scura  primitiva,  indipendentemente  dal  contenuto  in  fosforo  che  è  stato  rac 
colto  nel  filtro  sotto  forma  di  fosfomolibdato  d'ammonio. 


—  84  — 

tivo  molibdico  in  eccesso,  dauiio  egualmente  abbondante  produzione  di 
precipitato  caratteristico  di  fosfoinolibdato. 

È  stato  anclie  detto  clie  nei  vegetali  vi  può  essere  dell'acido  ar- 
senico e  dell'acido  silicico  i  quali  col  suddetto  metodo,  cioè  in  contatto 
col  reattivo  molibdico  formerebbero  un  arsenio  ed  un  silico-molibdato 
d'ammonio  analogo  al  fosfomolibdato  d'ammonio,  insolubile  in  acqua  ed 
avente  la  stessa  proprietà  di  colorarsi  in  azzurro  con  il  cloruro 
stannoso.  ■ 

Questo  è  un  errore  grossolano;  basta  consultare  qualciie  trattato, 
anche  comune  di  chimica,  come  quelli  di  Fresenins  o  Koìuitck  o  del 
Barrai  (assai  consigliabili  specialmente  a  ciii  vuol  fare  il  critico),  ove 
per  esempio  trovasi  che: 

"  ....  /'acide  f/iogphoriqne  ne  pourra  ètre  con  fondu  aicc  mi  ((idre 
acide,  enr  l'acide  urgenifjue  avec  la  dissolution  mal iihdìque  ne  donne  pax 
(In  precipite  à  froid,  mais  senlemcnt  (ì  clumd  et  mème  à  rehullitiuii;  l'acide 
siliciqite  ne  prodiiif  ()  froid  aucune  reaction,  en  chcm[fant  il  ij  a  une  furie 
coloration  juuve,  mais  pas  de  precipit('\  —  (Fresenius,  Traiti}  anahjs.  et 
cìiim.  (jìKilit.  1902,  pag.  320)  ,,,  oppure:  "  .  .  ..  Oìi  a  pretendu  rpie  l'acide 
.'<ilici(/iie  puuvait  pri-ter  ìi  confiision,  mais  dans  les  conditions  de  l'emploi 
da  mohjbdate,  toiis  au  moins,  il  n'en  est  rien.  —  (Koxinck,  Traile  anali/s. 
c/dm.  2"  tom.  pag.  912),,,  od  anche:  "....  celie  reaction,  failc  à  froid, 
est  très-caracteristi(jue,  à  /"  condiiion  de  xe  pas  chaajfer  audessiis  de  10', 
cai'  l'acide  arsenique  donne,  mais  sealement  à  chand,  un  precipite  jaune. — 
(Bareal,   Prècis  d'anal.  chim.  qualit.,  1904,  Paris,  pag.  280)  „.- 

Del  resto  è  cosa  facile  il  convincersene:  prendendo  un  soluto  di 
silicato  ciie  non  contenga  dei  fosfati  per  impurezza  e  trattandolo  col 
reattivo  molibdico,  a  freddo,  poiché  si  vede  che  la  soluzione  rimane  lim- 
pida. E  non  avendo  formazione  nella  provetta  di  silico-molibdato  d'am- 
monio, quali  ragioni  vi  possono  essere  che  ci  dimostrino  la  sua  forma- 
zione durante  la  ricerca  microchimica? 

Inoltre  si  è  aggiunto  che  una  delle  cause  d'errore  è  data  dal  fatto 
che  la  colorazione  azzurra  col  cloruro  stannoso  la  si  ha  tanto  col  fosfo- 
molibdato quanto  col  semplice  molibdato  d'ammonio;  (juesto  è  verissimo, 
ma  clii  scrive  cosi  non  tiene  calcolo  che  il  fosfomolibdato  è  insolubile 


'  Tale  errore  è  sfuggito  prima  di  tutti  al  Sig.  G.  Dk  La>iarijì;ki:  in  una  pub- 
blicazioue  in  cui  tratta  del  molibdato  d'ammonio  come  reattivo  delle  membrane  cellu- 
lari {Bull.  Soc.  Botan.  de  t'nmcc,  l!)il2,  pag.  187)  e  fu  poco  dopo  copiato  da  altri. 

-'  Chi  vuole  maggiori  particolari  cousuiti  i  lavori  originali  di: 

Knop,  Cliem.  Centrali!.,  2,  p.  691.  e  p.  «61,  1857  e  p.   102.   1858. 

IIoBEi.,  Wiltslein's  Vierteljaì'rschr.,  7,  p.  74,  1857. 


-  85  - 

in  acqua.  Infatti  Koninch  dice:  "  Le  phosfomolyhdafe  aìnnionique  est  in- 
soluble  dans  l'e(tti  fi  dans  Ics  arides  rlilorijdnqne  ef  nitrique  trh-dihu'es. 
(Koninck,  1.  e.  pag.  912)  „,' mentre  il  molibdato  d'ammonio  è  solubilis- 
simo, quindi  dalle  sezioni  sottili  dei  tessuti  in  esame  si  toglie  con 
lavaggi  in  acqua  tutto  il  molibdato  e  solo  dopo  tali  diligenti  lavature 
si  deve  trattare  con  cloruro  stannoso,  giusto  le  istruzioni  già  date  sul 
metodo.  Naturalmente  questa  operazione  \h  fatta  con  cura,  ma  se  ad 
alcuno  torna  molto  difficile  il  togliere  da  una  sezione  di  un  tessuto 
una  sostanza  solubile  in  acqua  semplice,  allora  ben  pochi  metodi  di  mi- 
crochimica potranno  da  lui  essere  usati  convenientemente. 

Vj  stato  anche  detto  che  ciascun  tessuto  in  contatto  col  reattivo 
molibdico  potrà  presentare  attitudine  variabile  a  seconda  dei  casi  a 
fissare  nei  suoi  elementi  una  certa  quantità  di  molibdati  di  ammonio 
in  modo  che  anche  nei  tessuti  che  non  contengono  fosforo  si  potrebbe 
avere  dopo  il  trattamento  con  la  soluzione  di  cloruro  stannoso  la  colo- 
razione azzurra  caratteristica  dell'ossido  di  molibdeno. 

Ora  questo  potere  fissatore  dei  tessuti  sarà  o  fisico  o  chimico;  se 
fisico  soltanto,  il  risultato  finale  dell'operazione  è  evidente  che  non  ne 
sarà  compromesso,  perchè  i  componenti  del  reattivo  stesso  non  cesse- 
ranno per  questo  di  essere  solubili,  altrimenti  bisognerebbe  ammettere 
che  il  molibdato  d'ammonio  solubile  in  acqua  divenga  insolubile  senza 
cambiare  di  composizione  ;  che  il  potere  fissatore  invece  sia  chimico, 
le  cognizioni  che  si  hanno  non  lo  farebbero  supporre,  ma  in  ogni  modo 
non  c'è  che  l'esperienza  la  quale  possa  ammetterlo  od  escluderlo  con 
sicurezza. 

Per  questo  ho  fatto  la  seguente  prova  :  Ho  trattato  ripetutamente 
col  reattivo  molibdico  diverse  sezioni  di  tessuti  vegetali  ed  ho  tolto 
tutto  il  fosfomolibdato  che  si  era  formato,  con  delle  lavature  in  ammo- 
niaca in  cui  esso  è  solubile.  Ho  lavato  con  acqua  e  poi  trattato  nuo- 
vamente con  reattivo  molibdico,  poi  rilavato  con  diligenza  le  dette  se- 
zioni in  acqua  con  nitrato  d'ammonio,  e  trattate  dopo  con  il  dormo 
stannoso  ed  osservate  al  microscopio,  non  ho  avuto  affatto  accenno  di 
colorazione  azzurra;  in  alcune  cellule  si  scorgeva  una  tinta  bruno- 
giallastra  dovuta  probabilmente  all'azione  dell'acido  nitrico  del  reattivo, 
ma  ben  differente  dall'azzurro  dell'ossido  di  molibdeno. 

Basta  naturalmente  non  togliere  tutto  il  fosfomolibdato  dalla  se- 
zione od  eseguire  male  i  lavaggi  in  acqua,  per  avere  la  colorazione  az- 
zurra, ma  quando  tali  semplici  operazioni  sono  ben  eseguite  non  vi  è 
dubbio  che  la  colorazione  non  si  abbia,  il  che  dimostra  che  se  i  tessuti 
senza  fosforo  hanno  un  potere  fissatore  sul  reattivo  molibdico,  questo 
è  puramente  meccanico  e  quindi  il  molibdato  d'ammonio  che  non  entra 


—  m  — 

nella  composizione  del  fosfomolibtlato  d'ammonio  insolubile,  è  dall'acqua 
asportato,  dato  le  sue  proprietà  di  solubilità.' 

Fu  pure  detto  che  il  metodo  non  può  servire  nei  casi  in  cui  il 
fosforo  è  fissato  nelle  nucleine  e  sostanze  proteiche;  è  bene  notare  in- 
tanto che  ammesso  pure  questo  fatto,  tanto  meno  si  dovrebbero  ado- 
prare  tutti  gli  altri  metodi  proposti.  Di  positivo  poi  si  è  che  con  sva- 
riate sostanze  fosforate  tra  le  quali  la  nucleina,  l'acido  fosfoglicerico, 
caseina,  legumina,  ecc.  io  ho  ottenuto,  e  solo  dopo  pochi  minuti,  forma- 
zione di  fosfomolibdato  col  reattivo  molibdico." 

Quindi  credo  che  per  l'azione  di  un  agente  cosi  energico,  qual'è 
l'acido  nitrico  libero  del  reattivo,  il  fosforo  vien  trasformato  facilmente 
in  acido  fosforico  che  è  sensibilissimo  al  reagente,  come  del  resto  le 
prove  sperimentali  per  molti  casi  lo  dimostrano."' 


CONCLUSIONI. 

Da  quanto  sopra  è  esposto  risulta: 

1.°  Il  metodo  del  reatlivo  triplo  per  la  ricerca  microchimica  del  fo- 
sforo nei  tessuti  vegetali  non  può  essere  usato,  sia  per  il  colore  del 
precipitato,  sia  per  la  poca  sensibilità  e  sopiatutto  perchè  il  precipitato 
di  fosfato  ammonico  magnesiaco  si  foi-ma  solo  quando  il  reattivo  è  in 
contatto  di  fosfati  solubili;  in  tutti  gli  altri  casi  non  si  ha  formazione 
di  alcun  precipitato. 

Le  ricerche  quindi  che  si  sono  basate  unicamente  su  questo  me- 
todo per  studiare  la  distribuzione  del  fosforo  delle  sostanze  fosforate 
nei  varii  tessuti  sono  di  necessità  incomplete. 


'  Evidentemente  chi  ha  avuto  risultati  coutrari  a  questi,  non  ha  ben  condotto  le 
manipolazioni,  altrimenti  non  si  potrebbe  spiegare  come  si  sia  potuto  ottenere  col 
detto  reattivo  la  colorazione  azzurra  dei  ijrani  d^amido,  di  celloidina  e  perfino  di  carhi 
da  filtro!  Tale  risultato  è  la  migliore  dimostrazione  che  il  metodo  è  stato  male  eseguito. 

-  Risultati  simili  sono  riportati  anche  dall'IwANOFF  (1.  e,  pag.  ;i5C). 

"  Anche  Iwanoff  (1.  e,  pag.  357)  è  della  stessa  opinione  circa  l'azione  dell'acido 
libero  del  reattivo  su  tali  composti  e  riporta  dei  risultati  di  prove  che  sono  favorevoli 
a  tale  conclusione.  Il  reattivo  molibdico  deve  essere  preparato  con  somma  cura  e  con 
acido  nitrico  in  eccesso  (come  insegna  Konin-ck  1.  e,  tom.  2,  pag.  G2'2)  e  ricambiato 
di  sovente;  alla  mescolanza  del  reattivo  non  ben  fatta,  si  deve  forse  attribuire  la  dis- 
cordanza dei  risultati  di  alcuni  Autori.  Cosi,  per  esemjiio,  Iwanoff  ed  io,  agendo  col 
solito  reattivo,  sulle  nucleine,  otteniamo  a  freddo  la  caratteristica  formazione  di  fosfo- 
molibdato d'  ammonio,  mentre  il  dott.  A.  Arcangeli  non  la  ottiene  ;  e  cosi  dicasi  di 
altri  risultati  negativi  che  non  si  possono  spiegare  se  non  coli' ammettere  l'uso  di 
reattivi  non  ben  preparati. 


—  87  — 

2.0  II  metodo  del  reattico  moUbdico  solo  senza  eccessive  modifica- 
zioni, non  deve  essere  usato,  oltre  che  per  la  colorazione  del  precipi- 
tato a  cni  dà  luogo,  poco  vjsibile  quando  è  disseminato  nel  tessuto  cel- 
lulare, anche  perchè  l'acido  nitrico  che  entra  nella  composizione  del 
reattivo  produce,  in  contatto  colle  sostanze  protoplasmatiche,  delle  colo- 
razioni giallastre  molto  simili  a  quelle  del  fosfomolibdato  ed  affatto  da 
lui  indipendenti.  Quindi  i  risultati  delle  ricerche  numerose  eseguite  con 
tale  reattivo,  devono  essere  controllati  con  altri  metodi. 

3."  I  metodi  Lielienfeld  e  Monti  e  quello  da  me  proposto  sono 
certamente  i  migliori  perchè  offrono  meno  cause  d'errore;  il  secondo 
perù  ha  il  vantaggio  sul  primo  perchè  il  cloruio  stannoso  non  ha  gli 
inconvenienti  che  offre  il  pirogallolo,  si  conserva  meglio  è  molto  più 
sensibile  e  sopratutto  dà  una  colorazione  azzurra  in  contatto  dell'ani- 
dride molibdica  del  fosfomolibdato  che  è  resistente  ed  ha  una  tinta  che 
ben  si  distingue  dalle  varie  sostanze  in  cui  agisce;  al  contrario  del- 
l'ossido formato  dal  pirogallolo. 

4.°  Il  metodo  da  me  proposto,  usato  convenientemente,  al  contrario 
di  quanto  da  alcuni  è  stato  affermato,  rivela  la  presenza  del  fosforo 
anche  quando  questo  si  trova  in  presenza  di  molte  sostanze  acide  or- 
ganiche come  l'acido  tannico,  acido  citrico,  ossalico,  tartrati,  acetati  ecc. 
e  se  vi  potranno  essere  delle  sostanze  finora  non  note  le  quali  abbiano 
la  facoltà  di  impedire  la  reazione,  per  la  stessa  ragione  l'ostacoleranno 
usando  il  solo  reattivo  molibdico. 

.5.°  Il  suddetto  metodo  serve  benissimo  anche  quando  nei  tessuti 
in  esame  vi  sono  diffusi  dei  composti  silicici  od  arseniosi,  perchè  il  reat- 
tivo molibdico  al  di  sotto  di  40°  C.  di  temperatura  in  contatto  di  tali 
sostanze  non  forma  né  arsenio,  né  silico  molibdato  d'ammonio,  come  è 
stato  erroneamente  detto. 

6.°  Il  fosfomolibdato  d'ammonio  è  insolubile  in  acqua  ed  in  acidi 
nitrico  e  cloridrico  diluiti,  mentre  il  molibdato  d'ammonio  è  molto  so- 
lubile in  acqua,  quindi  è  possibile  togliere  dalle  sezioni  dei  tessuti  que- 
st'ultima sostanza  mediante  lavaggi  in  acqua  lasciando  in  essi  il  fosfo- 
molibdato d'ammonio  che  è  insolubile. 

7.0  Svariati  tessuti  vegetali,  privati  prima  delle  sostanze  fosforate 
e  poi  trattate  col  mio  metodo,  non  danno  la  caratteristica  colorazione 
azzurra,  il  che  dimostra  come  i  diversi  tessuti  senza  fosforo  non  hanno 
la  proprietà  di  fissare  chimicamente  il  reattivo  molibdico. 

8."  La  formazione  di  fosfomolibdato  d'ammonio,  dopo  trattamento 
col  reattivo  molibdico  a  freddo,  la  si  ottiene  anche  coU'acido  fosfoglice- 

rico,  nucleine,  caseina,  leguraina,  ecc. 

Dott.  Gino  Pollacci. 
Dall'Istituto  Botanico  di  Pavia,  Aprile  19U4. 


Alcune  considerazioni  suli'Ontogenia  delle  Cormofite  vascolari. 

(Cou  mia  tavola  litografata.) 

L'ontogenia  delle  Cormofite  vascolari,  qual' è  modernameute  conce- 
pita, così  semplice  nei  fatti,  cosi  razionale  nella  loro  interpretazione  e 
concatenazione,  presenta  tuttavia,  ad  essere  appresa  con  esattezza, 
qualciie  difficoltà,  di  cui  parvemi  doversi  ricercar  l'origine,  in  nua 
inopportuna  se  non  inesatta  limitazione  del  concetto  di  i^cs^ìialiti). 

Così,  nel  ciclo  ontogenetico  delle  Cormofite  vascolari,  suolsi  attri- 
buire sessualità  e  quindi  chiamar  sessuale,  o  differenziata  in  sessi,  una 
generazione  quando  "  le  forme  riproduttive  provenienti  da  essa  sono 
atte  a  svilupparsi  solo  dopo  essersi  fuse  con  altre  '  ... 

Per  esclusione  ne  viene,  clie  si  devono  ritenere  e  cliiaraare  ((ses- 
suali le  generazioni  cormofiticlie  delle  Eterosporofite  (Hvdropteridee, 
Selaginellacee,  Gimnosperme,  Angiosperme),  il  che  non  mi  pare  esatto, 
perchè  sembrami  che  in  tal  modo  si  neghi  di  riconoscere  un  principio, 
una  manifestazione  di  sessualità  nell'eterosporìa,  sia  essa  quella  inci- 
piente delle  Pteridofite  o  quella  evoluta  delle  Fanerogame. 

È  invero  nella  difierenzazione,  scissione  degli  elementi  riproduttori 
di  una  generazione  in  due  categorie  distinte  (sessi),  che  io  credo  con- 
sistere la  sessualità,  semprechè  a  tale  diiferenzazione  o  scissione,  ne- 
cessariamente si  contrapponga,  o  nella  stessa  generazione  od  anche  nella 
generazione  successiva,  entro  i  limiti  cioè  del  periodo  ciclico,  e  non  solo 
r/itro  i  limiti  della  generazione,  un  processo  inverso  di  gamìa,  che  è  riu- 
nione e  fusione  di  elementi  sessuali. 

Di  conseguenza  mi  sembra  impropria  la  denominazione  di  "  ses- 
suale „  quand'essa  è  attribuita  solo  alla  generazione  tallofitica  (protal- 
lare)  delle  Eterosporofite,  mentre  in  que.^te  la  sessualità  s'estende  a 
tutto  il  periodo  ciclico,  ne  abbraccia  ameudue  le  generazioni  cormofi- 
tica  e  tallofitica  (protallare),  simile  direi  quasi  ad  una  divergenza  che 
manifestatasi  nella  prima,  passa,  pei-  così  dire,  inalterata  per  mancanza 
di  gamìa,  nella  seconda,  in  cui  prosegue  sino  ad  una  convergenza  (gamìa 
ossia  fecondazione),  processo  implicitamente  voluto  e  determinato  dal 
primo  e  ad  esso  contrapposto. 

Posta  questa  distinzione  tra  sessualità  e  i/aiuht,  A  tolta  anche  quel- 
l'impropria sinonimìa  od  equipollenza  delle  espressioni  "  gamico  ,,  e 
"  sessuale,  „,  e  delle  inverse  "  aganiico  „  ed  '•  asessule  „,  causa  non 
ultima,  parmi,  di  confusione. 


'  Cfr.  SrriASbUK<jiiK  Noli.  ecc.  Trattato  di  Botanica.  1'  Trailiiz.  Ital.  [lag.  43. 


—  89  — 

Pertanto  io  direi  f/amira  la  generazione  clie  originando  agamicamente, 
termini  colla  gamìa  —  ed  inversamente  —  agamica  la  generazione  che 
originando  dalla  gamia,  termini  con  produzione  di  elementi  agamici  — 
prescindendo  aifatto,  in  tale  definizioni,  dalla  sessualità,  —  Quindi  è 
che  una  generazione  potrà  considerarsi  ad  un  tempo  agamica  e  sessuale; 
così,  direi,  la  generazione  cormofitica  delle  Eterosporofite. 

Né  coll'estensione  fatta  del  concetto  di  sessualità,  né  colla  sua  di- 
stinzione dal  concetto  di  gamìa,  vien  peraltro  ad  essere  disconosciuta 
0  menomata  la  Metagenesi  delle  Eterosporofite,  che  anzi  nella  sua 
stessa  prima  definizione  ■"  alternanza  di  una  generazione  agamica  e  di 
ima  generazione  gamica  „  riceve  maggior  chiarezza,  per  essere  più  pre- 
cisamente definito  il  senso  delle  espressioni  "  generazione  agamica  „  e 
"  generazione  gamica  „. 

Né  infine  tale  estensione  e  distinzione,  è  in  contrasto  con  "  l'in- 
fluenza qualitativa  „  '  che  caratterizza  nello  scopo  e  negli  effetti  la 
riproduzione  sessuale,  e  ne  costituisce  il  divario,  dalla  riproduzione  ve- 
ramente asessuale:  infatti  sol  che  si  pensi  a  certi  processi  di  impolli- 
nazione, sarà  facile  rilevare  quale  sia  il  contributo  portato  dall'etero- 
sporia  a  tale  "  influenza  qualitativa  „  e  quale  quindi  anche  il  suo  diritto 
a  partecipare  della  sessualità. 

* 

K-    * 

Impni'tante  a  rilevarsi,  e  posto  in  rilievo  nei  diagrammi  segnati 
nell'annessa  tavola  N."  27  —  coi  quali  ho  tentato  una  rappresentazione 
sintetica  dell'oiitogenia  delle  Cormofite  vascolari  nelle  sue  linee  prin- 
cipali, è  l'essere  comune  a  tutti  i  gruppi  di  tali  Cormofite,  un'alter- 
nanza di  una  generazione  gamica  tallofitica  (protallare),  con  una 
generazione  agamica  cormofitica  —  costituente  un'unica  modalità  me- 
tagenetica,  per  cui  anziché  parlare  come  si  suole  di  Metagenesi  nelle 
Pteridofite  e  di  Metagenesi  nelle  Fanerogame,  tornerebbe  più  opportuno, 
parmi,  parlare  di  JCetagenesi  nelle  Cormofite  vascolari,  meglio  indicando 
l'unità  dell'espressione,  l'unità  della  cosa. 

Se  poi  prescindendo  da  questa  linea  principale  costante,  ci  facciamo 
a  considerare  le  variazioni  nei  dettagli  dell'ontogenia,  pure  assai  im- 
portante a  rilevarsi  è  l'evoluzione  del  ciclo  ontogenetico,  evoluzione 
regressiva  per  la  generazione  tallofitica  e  progressiva  per  la  genera- 
zione cormofitica. 

L'evoluzione  regressiva  della  generazione  tallofitica,  che  non  è 
stata  posta  in  rilievo  nei  diagrammi,  prescindendosi  in   essi  per  seni- 


Cfr.  Strasel'kger,  Noli.  ecc.  Oiiei'.  cit.  pag.  tiSG. 


—   90    - 

plicità,  dalla  durata  e  sviluppo  delia  generazione,  consiste  essenzial- 
mente in  una  riduzione  graduale  del  suo  corpo  vegv'tativo  (riduzione  del 
protallo),  così  che  essa,  direi,  manifesta  una  tendenza  a  ridursi  quasi 
esclusivamente  ai  soli  el;:meiiti  gamici  ed  al  processo  di  gamia  —  che 
di  conseguenza  sembrano  tendere  ad  inserirsi  direttamente  sulla  gene- 
razione cormufitica,  la  quale,  quando  ciò  si  avverasse,  da  agamica  di- 
verrebbe gamica;  si  verificherebbe  cioè  il  fatto  curioso  e  paradossale 
per  cui  "  la  riduzione  della  generazione  gamica  avrebbe  portato  con  sé 
la  scomparsa  della  generazione  agamica  —  „. 

In  intima  corrispondenza  a  tale  evoluzione  regressiva  della  gene- 
razione tallofitica,  ed  alla  conseguente  tendenza  degli  elementi  gamici 
e  del  processo  di  gamia  ad  inserirsi  direttamente  sulla  generazione 
cormofitica,  è  l'evoluzione  progressiva  di  quest'ultima,  che  si  manifesta 
nel  passaggio  graduale  dall'isosporia  all'eterosporia,  e  nella  complica- 
zione e  perfezionamento  di  questa,  per  cui  davvero  sembra  —  che  tale 
generazione  cormofitica  si  prepari  a  ricevere  in  sé  gli  elementi  gamici 
ed  il  processo  di  gamia,  ed  a  subire  la  sua  metamorfosi  da  agamica 
in  gamica. 

Un'altra  considerazione  è  quella  relativa  alla  ricorrenza  dello  sta- 
dio di  vita  latente,  '  cui  si  connette  il  distacco  dalla  generazione  madre, 
e  la  caduta  sul  terreno  della  nuova  generazione  —  distacco  e  caduta 
che  è  punto  di  riferimento  e  di  partenza  nella  considerazione  sia  vol- 
gare che  scientifica,  dell'ontogenia  della  pianta  superiore. 

Orbene,  nel  mentre  nelle  Pteridofite  sono  le  spore  che  si  staccano 
dalla  generazione  madre  e  cadono  sul  terreno,  e  quindi  lo  stadio  di 
vita  latente  si  può  considerare,  intervenga  ai  primordi  dello  sviluppo 
della  generazione  tallofitica  cui  susseguirà  la  generazione  cormofitica, 
nelle  Fanerogame  sono  le  oospore,  che  hanno  già  subito  segmentazione, 
ossia  gli  embrioni,  che  si  staccano  e  cadono,  e  lo  stadio  di  vita  latente 
interviene  quindi  durante  lo  sviluppo  della  generazione  cormofitica  cui 
susseguirà  la  generazione  tallofitica. 

¥j  questa  diversa  ricorrenza  dello  stadio  di  vita  latente  nel  ciclo, 
e  la  conseguente  inversione  nella  successione  delle  due  generazioni, 
che  diff'erenziano  dal  punto  di  vista  ontogenetico  le  Fanerogame  dalle 
Pteridofite,  ed  a  cui  corrisponde,  dal  punto  di  vista  morfologico,  quel 
carattere  differenziale,  comunemente  adottato  a  caratterizzare  le  Fane- 
rogame, che  è  la  produzione  del  seme,  per  cui  queste  col  nome  di 
Spermatofite  vengono  contrapposte  alle  Crittogame  o  Sporofite. 

'  C.fr.  SiuAsiuiiiGEr.,  Noli.  ecc.  Oper.  cil.  jiag.  440. 


—  91 


* 


Tuttavia  le  affinità  ontogeneticiie  fra  i  gTup[>i  delle  Cormofite  va- 
scolari, parmi  sieno  di  assai  maggiore  entità  di  quello  che  non  le  dif- 
ferenze —  per  cui  se  è  vero  che  un  sistema  moderno  di  classificazione 
debba  basarsi  principalmente  sui  caratteri  filogenetici,  e  che  perciò  an- 
cora, ammessa  la  legge  di  Federico  Miiller  "  L'ontogenia  ripete  la  filo- 
genia,,, i  caratteri  ontogenetici  debbano  assumere  il  massimo  valor  si- 
stematico, parmi  ne  venga  che  il  gì  appo  delle  Cormofite  vascolari,  trovi 
nella  unità  della  modalità  metagenetica  e  nella  continuità  evolutiva  del 
suo  ciclo  ontogenetico,  ragion  d'essere  considerato  quale  vero  c/nippo 
naturale. 

Peraltro  anche  tale  gruppo  ha,  non  v'è  dubbio,  grandi  contatti  ed 
affinità  colle  Briofite  e  colle  Tallofite,  ancorché  dal  punto  di  vista  filo- 
genetico forse  non  ancora  ben  chiariti  ed  interpretate,  ond'è  che  tale 
continuità  meravigliosa  sebbene  non  assoluta,  che  è  nella  natura  vi- 
vente, e  che  nessuno,  interprete  Cuvier  o  Lamarck,  accetto  il  domma 
0  la  spiegazione,  può  non  ammettere,  rende  difficile  l'opera  del  siste- 
matico, e  fa  sì  che  la  di  lui  espressione  favorita  "  Sistema  naturale  di 
classificazione  „  appaia,  almeno  sotto  un  certo  punto  di  vista,  una  con- 
traddizione in  termini,  sotto  cui  parmi  si  celi  solo  un  "  Sistema  di 
classificazione  meno  degli  altri  artificiale  „. 

Dall'Istituto  Botanico  ili  Pavia;  maggio  1904. 

G-DiDO  Rota  Rossi 
Studente  in  Scienze  Naturali. 


Un  nuovo  fungo  parassita 
sull.i  "  Chaqnirilla  ",  pianta  ni<'ssicana. 

Nello  scorso  dicembre  il  Prof.  A.  L.  Herrera,  della  Coiiiission  de 
Parasitologia  Agricola  del  Jfexico,  inviava  al  direttore  del  nostro  Labo- 
ratorio Crittogamico  dei  rametti  malati  di  Adolphia  infesta  ifeissn.  (o 
Ceanothusinfestus  H.  B.)  pianta  appartenente  alla  famiglia  delle  Riiam- 
naceae  e  nota  volgarmente  in  quelle  regioni  col  nome  di  "  Chaquirilla  „. 

Egli  desiderava  venisse  studiata  la  malattia  per  sapere  quale  fosse 
la  causa  dell'alterazione. 

Il  Direttore  Prof.  G.  Briosi,  ne  affidò  a  me  lo  studio,  ed  i  risultati 
ottenuti  dalle  mie  ricerche  formano  l'oggetto  della  presente  nota. 


—  92  — 

I  rametti  presentano  in  alenili  plinti  tutt'all' ingiro,  e  perdei  tratti 
(li  1-2  centimetri,  nnmerose  pustolette  di  color  nero  pece  un  pò"  lu- 
cente, piccole,  del  diaraetio  di  1-2  mm  ,  avvicinate  tra  loro  in  modo  da 
coprire  quasi  totalmente  il  tratto  di  i-ametto:  ma  di  rado  perù  con- 
tluenti. 

Tali  pustolette  sono  rotondeggianti  od  allungate;  talora  anche,  ma 
raramente,  a  contorno  angoloso,  irregolare,  e  presentano  una  superficie 
piana  o  leggermente  convessa. 

All'esame  microscopico  potei  facilmente  constatare  che  esse  erano 
date  da  stromi  di  un  fango  appartenente  al  gruppo  degli  Ascomiceti. 

In  sezione,  tali  stromi  infatti  presentano  internamente  2  a  4  ca- 
vità (loculi)  di  forma  globosa  un  po'  depiessa,  oppure  lenticolare  sulla 
cui  parete  inferiore  si  ha  uno  strato  imeniale  dal  quale  sorgono  nume- 
rosi ascili,  stipati,  contenenti  ciascuno  otto  spore. 

Gli  ascili  sono  di  forma  cilindrica,  lunghi  8(i-110;/,  larghi  12-15;/, 
arrotondati  all'apice  mentre  alla  base  si  restringono  bruscamente  in  un 
bi'evissimo  pedicello.  Non  presentano  parafisi. 

Le  spore,  di  forma  elissoidale,  ottuse,  o  meglio  arrotondate  alle  e- 
stremità,  jaline,  gianulose,  sono  disposte  obliquamente,  in  una  sola  serie 
entro  l'asco  e  misurano  12-15;/  di  lunghezza  su  6  '/,, -8;/  di  larghezza. 

In  qualche  raro  asce  le  spore,  nella  parte  mediana  della  cavità  del- 
l'asco  stesso,  sono  disposte  quasi  in  due  serie. 

Dati  i  suddetti  caratteri  questa  specie  va  quindi  riferita  alla  fa- 
miglia delle  Dotliidearcac  Nits.  et  Fuck.  ;  sezione  Ilijalo.^/iorac  Sacc; 
genere  PJtyllachora  Nits. 

Di  questo  genei'e  una  sola  specie,  per  quanto  mi  consta,  è  stata 
riscontrata  sin'ora  sulle  Ramnaceae  e  precisamente  su  foglie  vive  di 
Condaìki  lineala,  la  PJii/ì/ac'inra  lonchntheca  Speg.  F.  Arg.  Pag.  IV 
n.  183;  Sacc.  Syll.  voi.  II,  pag.  fi9G. 

Questa  peiò  differisce  dalla  specie  ora  studiata  sui  rametti  di  A- 
dolphia  per  diversi  caratteri. 

Così  per  citarne  alcuni,  come  si  può  facilmente  rilevare  dalla  dia- 
gnosi, nella  Phyllachora  lonchotheca  Speg.  gli  stromi  sono  orbicolari  e 
più  piccoli  (0,5-0,8  mm.  d.)  gli  ascili  sono  di  forma  lanceolata,  misu- 
rano 90-100  *  15-20  u.  e  sono  forniti  di  parafisi;  le  spore  infine  sono 
disposte  nell'asco  in  2-4  serie,  sono  elittielie-fusoidee  e  misurano  35  v  6;/. 

Si  può  dunque  vedere  facilmente  come  le  due  specie  siano  tra  loro 
ben  distinte. 

La  Pli.yllachoi-a  della  Cliaquirilla  differisce  pure  per  qualche  carat- 
tere diagnostico  dalle  numerosissime  altre  specie  riscontrate  su  piante 
diverse,  benché  qualcuna  le  rassomigli  più  o  meno;  ad   es.  la   Ph.   di- 


—   93   — 

Spersa  Speg.,  la  Pli.  soiorcula  Speg.  (ved.  Sacc.  Syll.  voi.  IX  pag.  in  15) 
e  la  Ph.  Asterocai-yi  P.  Heuii.  (ved.  Hedwigia  Bd.  XLIII,  pag.  87,  1904) 
le  quali  però  oltre  ad  altri  caratteri  differenziali  presentano  pure  quello 
di  avere  ascili  con  parafisi. 

La  Phyllacliora  della  Cliaquirilla  è  dunque  una  specie  nuova  per  la 
micologia. 

Oltre  agli  stromi  con  loculi  ascofori  sopra  descritti,  altri  se  ne  no- 
tano tra  essi  e  da  questi  poco  o  nulla  differenti  nell'aspetto  esterno, 
ma  ben  diversi  per  la  conformazione  interna  e  pel  contenuto. 

Questi  infatti  si  presentano  divisi  iu  tante  concanierazioni  di  rado 
rotondeggianti,  per  lo  più  invece  a  contorno  irregolare,  sinuoso,  le  cui 
pareti  sono  tutte  tappezzate  da  numerosissimi  basidii,  densamente  fa- 
scicolati, relativamente  lunghi  (25  *=  2  y.),  sottili,  filiformi,  jalini,  por- 
tanti un  gran  numero  di  spore  cilindrico-filiforrai,  attenuate  o  meglio 
appuntite  ad  ambo  le  estremità,  esilissime,  per  lo  più  leggermente  curve 
talora  invece  diritte  o  leggermente  flessuose,  jaline,  lunghe  22-25  y.,  e 
larghe  1  p.. 

Qualche  stroma  infine  presenta  oltre  a  loculi  ascofori  1  a  3  di 
questi  loculi  con  basidi  e  conidi;  che  si  trovano  da  un  lato  nello  stesso 
stroma. 

Questa  forma  che  va  ascritta  pei  suoi  caratteri  al  genere  Cylo- 
importila  Sacc.  (sezione  Scolecospure  Sacc.  ;  famiglia  Sp/iarioù/eac  Sacc.  tra 
i  Deuteromycetes  o  funghi  imperfetti)  altro  non  sarebbe  dunque  che  lo 
stadio  imperfetto,  spermogonico  dell'Ascomicete  cui  si  trova  associata. 

Giova  notare  ancora  che  delle  diverse  forme  di  C'ytosporina  sin'ora 
descritte  nessuna  corrisponde  nella  somma  dei  caratteri  diagnostici  a 
quella  da  me  ora  descritta. 


l'hyllachora  inexicana  n.  sp. 

IStroiuallbns  numcrosis,  dense  ijregarii^,  rariim  con/lueìitiòus,  subrotimdis 
vel  eliplico-elongatis ;  prominido-applanatis  tei  lenitcr  convexis,  laevibus, 
(ttro'piceis,  minulis  1-2  iiim.  diam-,  deniqiie  lonijitudincdiler  fissis,  2-4  lo- 
cularibus  ;  locidis  globoso- depressis  vel  Icnticularibns,  ascis  cijlindraceh 
80-110  V  12-15  iJ,  superne  rotuiidatis,  infere  brevissime  et  spurie  attenuato 
pedicellatis,  aparaphysatis,  octosporis,  sporis  oblique  monostichis,  raritis  sub- 
lUslichis,  ovato-elipsoideis,  idrinque  rotundatis,  liyalinis  11-15  *  6,5-3  fx, 
(jranulosis. 

In  raniulis  vivis  Adolphiae  infestae,  Mexico. 


94  ~ 


Stadio  spermogonico.   Cijto.sporiiia  Adolphiae. 

Stroìiuitiliiis  nii/r/s,  promiiuih  ajiphniat/s,  ìiiiiiu/is  (ìiah/fit  c.iienio  Pli. 
mcxivanac)  /rirf/idcin'ler  plitriloculan'ÒHS,  locnlis  plcnimque  irrfgiilaritcr  si- 
nuosis,  rare  snòrolund/s,  sporul//^  copios/ss/iiìis,  lììiformibiis  c'ili^simis,  ple- 
ruinque  ìenUer  cnrvatis,  rariiis  rectis  od  lenifcr  fìe-t'iiosis,  ufi  inqiic  aciilatis 
33-25  *  / /f  Iii/a/inis,  òasidiis  vijlììidricis  23-2 /i  dense  fnscicnìnlìs,  Injaliìiis 
siifi'ìdi/s. 

In  ramiilis  vivis  Adolphiae  infestae  socia  Pliyllaclioia  mexicana 
ciiiiis  status  spermogonicus  esse  mihi  videtiir. 

I  rametti  presentansi  ingialliti  nei  tratti  ove  sono  attaccati  dal  pa- 
rassita. 

Pai  Laboratorio  Critlogamico  ili  Pavia;  aiirile  1004 

Malusio  Turconi 
Addetto  al  Laboratorio  Crittogamico, 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  I  (XXVII  Atti  Vol.  X) 


Yig.  1.  —  Ciclo  ontogenetico  delle  Pteridofite  isosporee. 
.,    '2.  —  Ciclo  ontogenetico    delle    l'teridofite  eterospoiee  (comprese    le   equisetacee 

l'isosporismo  delle  finali,  è  in  realtà  solo  apparente). 
„    3.  —  Ciclo  ontogenetico  delle  Gimnosperme. 
„     4.  —  Ciclo  ontogenetico  delle  Angiosperme. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


DI  UN  NUOVO  MEZZO 

DI 

DlFFUSrONE  DELLA  FILJ.OSSERA 

PER  OPERA  DI  LARVE  IBERNANTI 
RINCHIUSE  IN  GALLE  DI  SPECIALE  CONFORMAZIONE 


Nota   di 
FARNKTl  RODOLFO  e  POLLACCI  GINO 

con  I  tavola  lìtografii^n. 


Nel  mese  di  luglio  del  1902  vennero  raccolte  dal  prof.  G.  Briosi 
in  vigne  di  San  Colombano  al  Lanibro  alcune  foglie  di  viti  americane 
(varietà  Clinton)  con  numerose  galle  in  vario  stadio  di  sviluppo.  Queste 
galle  attirarono  subito  la  nostra  attenzione,  perchè  mentre  alcune  erano 
in  tutto  simili  a  quelle  prodotte  dalla  Fillossera,  molte  invece  apparivano 
assai  diverse,  essendo  munite  di  un'apertura  più  o  meno  ampia  nella  parte 
della  galla  situata  nella  pagina  inferiore  del  lembo  fogliare;  cosicché 
questa  particolarità  faceva  a  tutta  prima  sospettare  che  quésti  zooce- 
cidii  fossero  opera  di  qualche  altro  insetto,  tanto  più  che  l'apertura 
caratteristica  dell'apice  della  galla  nella  pagina  superiore  era  nascosta 
da  produzioni  ipertrofiche  ricche  di  peli. 

La  forma  delle  aperture  inferiori  delle  galle  dimostrava  evidente- 
mente che  tali  fori  non  erano  dovuti  a  contrazioni  del  parenchima  in 
seguito  a  disseccamento,  ma  a  vere  perforazioni  dovute  a  corrosione  dei 
tessuti,  e  l'esame  al  microscopio  di  tali  parti  ci  confermò  pienamente 
quanto  avevamo  presupposto. 

Nelle  galle  aperte  inferiormente,  tanto  adulte  che  non  perfetta- 
mente sviluppate,  a  noi  non  ci  riusci  di  trovare   né  larve   né  uova  di 

Atti  dell'Ut.  Boi,  dell'Università  di  Pavia  >—  Nuova  Serie  —  Voi.  X.  8 


—   96   — 

insetto,  mentre  nelle  altre  galle  non  aperte  nella  pagina  inferiore,  e 
sulle  foglie  stesse,  noi  osservammo  molte  uova,  larve  ed  adulti  in  ogni 
stadio  di  sviluppo  iino  alla  forma  alata  e  tutti  presentavano  i  caratteii 
tipici  della  legione  epigea  della  Fillossera  vastairix. 

Verso  la  fine  d'ottobre  dell'anno  successivo,  raccogliemmo  presso 
Miradolo,  in  località  detta  Val  Bisserà,  non  molto  lontano  da  San  Co- 
lombano, altre  foglie  di  Clinton  con  galle  fìllossericlie,  alcune  intere  altre 
rotte  di  sotto,  perfettamente  simili  alle  precedenti  (Tav.  XXVI,  fig.  1, 
2  e  3. 

Osservate  al  microscopio  si  trovò  che  tutte  le  galle  aperte  di  sotto 
erano  vuote,  mentre  quelle  ancora  intatte  contenevano  tutte,  con  nostra 
sorpresa,  una  grande  quantità  di  larve  di  fillossera  con  i  caratteri  tipici 
della  forma  ibernante;  ed  alcune  galle  contenevano  rinchiuse,  insieme 
alle  fillossere  ibernanti,  anche  cinque  o  sei  larve  normali  in  seconda  e 
terza  muta  (Tav.  XXVI,  iig.  9)  ';  l'adulta  però  presentava  una  colora- 
zione assai  diversa  dalla  tipica  femmina  gallicola. 

Le  larve  invece  di  uscire  dalla  galla  mano  a  mano  che  le  uova 
si  schiudevano,  rimanevano  imprigionate  nella  galla  stessa  trasforman- 
dovisi  in  fillossere  ibernanti  ed  in  femmine  adulte,  e  ciò  per  conforma- 
zione speciale  della  galla. 

Tale  fatto  che,  per  quanto  a  noi  consta,  non  era  mai  stato  notato, 
è  di  grande  importanza  per  la  diffusione  della  fillossera,  oltre  ad  essere 
assai  interessante  ])er  la  biologia  di  questo  parassita;  e  questa  è  la  ragione 
della  pubblicazione  della  presente,  nota,  nella  quale  descriveremo  nei  suoi 
particolari  la  forma  e  la  struttura  di  questi  zoocecidii,  come  avviene  la 
perforazione  della  parte  inf eiiore  della  galla  e  perchè  si  trovino  le  forme 
ilìernanti  nelle  foglie. 


'  Maxime  Coiind  (Ktiides  tur  la  nnuvclle  maìadie  de  la  vitine,  Paris  1874,  pag.  23) 
nega  contrariamente  a  rpianto  affermano  altri,  che  in  ogni  galla  vi  possa  essci-r  più  di 
una  iillos.sera  : 

"  ()n  a  dit  qiie,  dans  cliai/ne  (/alle,  se  Irouvaient  de  un  à  troin  iiiseclcs.  Je  iieime 
ijuc  loittes  Ics  ijallcs  ne  eonlicnncnt  qn'im  seid  insecle  normcdcmcnt ;  mais,  par  le  rap- 
procliement  da  plusleurs  insectes  appliqués  sur  des  porlions  peu  éloigiiées  de  In  feiiillc, 
la  formation  lii/pertrupliiée  p)eut  Ics  engloher  tous.  Oit  a  doitc,  daius  ce  cas.  non  plus 
une  galle  iiniqii';,  mais  plnsieurs  f/alles  confi iientes,  et  il  est  souvcnt  possihle  à  l'c.cle- 
rieur  de  reconnaitre  le  nomhrc  des  galles  qui  se  soni  coìifoiidiics  et  doni  les  cacitcs 
communiqiienl  ensemble  „. 

Valliiv  Mayft  {Les  Insectes  de  la  ì'ii/nc,  Paris  1890,  pag.  Gfi)  dico  invece: 
"  Soueent,  snrlont  à  Tarriire-suison,  ccrliiiiies  de  ces  fjalles,  plus  dévclo2'pées  qne  Ics 
autrcs,  reììfermcìit  dcit.i;  truis  et  mcme  quatre  GalUcolcs.  Ce  soni  généralement  des 
pondeuses  soeurs  qui,  uu  lieu  d'nnigrcr,  se  soni  fixées  là  oìi  cllcs  ctaient  nces,  lUili- 
sant  en  commun  et  ai/randissaiit  par  leur  piqure  la  galle  formce  par  leur  mere  „. 


—  97  — 


* 

*  * 


Forma  e  struttura  delle  galle. 

Com'è  noto  le  galle  fillosserlche  variano  assai  per  la  forma  e  le 
dimensioni.  Quelle  da  noi  raccolte  a  Miradolo  avevano  la  forma  di  una 
pera  o  di  un  uovo  e  le  dimensioni  di  un  piccolo  pisello,  misurando  circa 
6  nini,  d'altezza  per  4  di  lunghezza. 

Queste  galle  sporgevano  dalla  pagina  superiore  del  lembo  fogliare 
più  del  consueto,  cioè  per  un  terzo  od  un  quarto  della  loro  totale  lun- 
ghezza (vedi  Tav.  XXVI,  fig.  2)  K  La  superficie  esterna  della  parte  in- 
feriore era  bitorzoluta,  cosparsa  di  qualche  setola,  l'apice  era  irto  di  peli 
convergenti  a  cono,  mentre  la  bocca  che  generalmente  è  ben  visibile 
non  si  scorgeva  anche  con  occhio  armato  di  lente. 

Facendo  sezioni  longitudinali  mediane  delle  galle  si  osseri'ò  che 
l'orlo  che  limita  la  bocca  della  cavità  formatasi  per  introflessione  del 
lembo  fogliare,  si  prolungava  per  accrescimento  ipertrofico  formando 
tutto  intorno  un  processo  laminare  i  cui  margini  convergendo  e  spesso 
biforcandosi  venivano  a  chiudere  l'orifizio  (vedi  Tav.  XXVI,  fig.  4,  5, 
6  e  7).  Si  osservò  inoltre  che  i  peli  i  quali  rivestono  la  parte  interna 
della  bocca  invece  di  facilitare  l'uscita  delle  giovani  fillossere  ed  osta- 
colare l'entrata  nelle  galle  dei  loro  nemici,  sono  incrocicchiati  e  disjìo- 
sti  in  modo  da  impedire  l'uscita  dell'  insetto  dalla  piccola  bocca  (vedi 
Tav.  XXVI,  fig.  4,  5  e  9). 

Questa  struttura  ci  spiega  la  ragione  per  cui  le  fillossere  non  po- 
tendo uscire  per  fissarsi  altrove,  di  mano  in  mano  che  le  uova  si  schiu- 
dono, restano  imprigionate  nel  zoocecidio.  E  ciò  al  contrario  di  quanto 
avviene  nei  casi  normali  descritti  fino  qui  dagli  autori  in  cui:  "  l' orifìcio 
(iella  galla  si  mostra  sotto  forma  di  un  foro  circolare  -  guarnito  sui  mar- 
gini di  numerosi  peli  rigidi,  incrociati  fra  loro  e  disposti  in  maniera  che 
il  passaggio  è  chiuso  per  Ventrata,  mentre  è  aperto  per  Vuscita  ^ „. 

Come  si  è  detto  molte  galle  erano  aperte  nella  parte  inferiore  e 
tali  aperture  erano  variabilissime  per  forme  e  dimensioni.  Alcune  erano 
larghe  quanto  l'intera  cavità  della  galla  (vedi  Tav.  XXVI,  fig.  3  e  ,')), 


'  ViAi.A  {Les  maladics  de  In  ciijne,  III  ed.,  pag.  SO'Jj  ilice  che  le  galle  s'aprono 
alla  pagina  superiore  senza  farvi  prominenza. 

-  [1  ConNu,  VrALA,   Mavet,  Dussuc,  ecc.  dicono  invece  che   l'apertura  della  galla 
della  fillossera  è  oblunga  a  guisa  di  fessura. 

'  Vedi  Leonardi,  Gli  insetti  nocivi,  voi.  IV,  pag.  .390. 


—  98  — 

altre  più  strette,  generalmente  parallele  al  piano  della  foglia,  qualche 
volta  anche  oblique;  si  osservarono  pure  galle  aventi  di  sotto  due 
aperture  e  di  ampiezza  diversa. 

Ora  noi  ci  siamo  fatti  la  domanda:  tali  rotture  sono  dovute  al- 
l'azione delle  fillcssere  costrette  ad  aprirsi  una  via  d'uscita?  Quantunque 
una  risposta  affermativa  potesse  sembrare  assai  naturale,  pure  in  modo 
preciso  non  possiamo  rispondere,  perchè  ci  manca  la  prova  diretta  per 
ammettere  od  escludere  tale  ipotesi. 

Che  le  rotture  siano  dovute  ad  erosione  dei  tessuti  non  vi  è  alcun 
dubbio,  perchè  l'esame  microscopico  delle  galle  rotte  lo  dimostra.  In- 
fatti l'erosione  delle  pareti  cellulari  segue  attraverso  il  parenchima  una 
linea  irregolare,  assai  sinuosa  e  l'alterazione  del  protoplasma  delle  cel- 
lule erose  dimostra  che  questa  rottura  avvenne  quando  i  tessuti  erano 
ancora  vivi  (vedi  Tav.  XXVI,  fig.  8),  Se  esaminiamo  però  le  galle  ancora 
intere  nelle  quali  si  trovano  imprigionate  le  larve  ibernanti,  di  rado  tro- 
viamo erose  le  cellule  superficiali  della  parete  che  limita  la  cavità  in- 
terna della  galla. 

Un  altro  fatto  che  a  priori  sembra  inesplicabile  è  quello  che  la  rot- 
tura della  galla  avviene  sempre  nella  parte  inferiore,  dove  cioè  la  pa- 
rete è  due  0  tre  volte  pili  spessa  ciie  nella  jiarte  superiore,  tanto  più 
che  nelle  galle  cliiuse,  non  sempre  le  fillossere  ibernanti  si  trovano  fis- 
sate al  fondo  ma  qualche  volta  anche  alle  pareti  laterali  e  piii  spesso 
verso  la  bocca  superiore  tra  i  peli  che  ne  impediscano  l'uscita. 

Malgrado  però  lo  spessore  maggiore  della  parete,  la  regione  infe- 
riore della  galla  è  quella  in  cui  la  rottura  può  avvenire  con  maggiore 
facilità,  perchè  le  cellule  nella  parte  inferiore  non  solo  hanno  le  menbrane 
alquanto  più  sottili,  ma  per  la  loro  disposizione  rendono  quivi  assai  più 
facile  una  rottura,  senza  contare  che  verso  il  fondo  esistono  delle  inse- 
nature naturali  che  ne  riducono,  alle  volte,  anche  di  cinque  sesti  lo 
spessore.  Le  cellule  delle  pareti  della  galla  sono  infatti  molto  allungate 
in  confronto  del  loro  diametro  trasversale,  e  siccome  per  la  loro  dispo- 
sizione lo  spessore  della  parete  nella  parte  superiore  e  mediana  della 
galla  è  dato  dalla  sovrapposizione  delle  cellule  secondo  il  loro  diametro 
trasversale  e  nella  parte  inferiore  invece  dalle  cellule  sovrapposte  se- 
condo il  loro  diametro  maggiore,  ne  deriva  clie  quivi  la  galla  olire  mi- 
nore resistenza  alla  rottura  malgrado  che  lo  spessore  sia  maggioie. 


99   — 


Descrizione  degli  insetti. 

Fillossera  gallicola  adulta.  —  La  Fillossera  gallicola  trovata  nelle 
galle  raccolte  nel  mese  di  luglio  a  San  Colombano  lia  tutti  i  caratteri 
(Iella  femmina  partenogenetica  ordinaria  della  legione  epigea;  non  così 
quella  trovata  nell'ottobre  a  Miradolo,  la  quale  diiferisce  specialmente 
per  le  dimensioni,  il  colore  e  qualche  altro  carattere  di  lieve  importanza. 

Le  sue  dimensioni  non  sono  che  la  metà  circa  della  forma  galli- 
cola  tipica,  quindi  sono  anche  minori  di  quelle  della  femmina  parteno- 
genetica ipogea;  misura  poco  più  di  mezzo  millimetro  dì  lunghezza 
(circa  550 /()  e  poco  meno  di  mezzo  millimetro  di  grossezza  (circa  440/(). 
Il  suo  colore  è  di  un  rosso-bruno  intenso,  quasi  castagno;  quindi  anche 
per  questo  carattere  si  accosta  di  più  alle  Fillossere  ipogee  che  alle 
gallicole  ordinarie  che  sono  gialle  o  giallo-verdastre;  non  ha  però  i  tu- 
bercoli dorsali  caratteristici  delle  prime  ed  ha  la  pelle  zigrinata  di 
quest'ultime,  anzi  la  zigrinatura  è  data  da  papille  tubercolose  ancora 
più  prominenti  di  quelle  che  si  osservano  nella  pelle  delle  femmine  gal- 
licole ordinarie.  Le  antenne  hanno  l'ultimo  articolo  a  forma  di  becco  di 
zufolo,  ciò  che  è  caratteristico  di  tutti  gli  adulti  della  legione  epigea 
che  appartengono  alle  ultime  generazioni  autunnali.  Perciò  che  riguarda 
le  dimensioni,  è  noto  come  esse  siano  variabilissime  in  tutte  le  forme 
adulte  partenogenetiche,  dipendendo  la  maggiore  o  minore  distensione 
del  corpo  dalla  quantità  d'uova  che  contiene;  e  siccome  le  fillossere 
gallicole  appartenenti  alle  ultime  generazioni  autunnali,  non  depongono 
che  un  terzo  ed  anche  meno  delle  uova  deposte  dalle  prime  generazioni 
non  è  quindi  a  meravigliarsi  della  piccolezza  delle  fillossere  gallicole 
da  noi  raccolte  sul  finire  d'ottobre  a  Miradolo. 

Forme  larvali.  —  Le  larve  della  forma  epigea,  come  è  noto,  mano 
mano  che  nascono  abbandonano  la  galla  per  andarsi  a  fissare  altrove. 
Sopraggiunto  l'ottobre  e  fattisi  sentire  i  primi  freddi,  tutte  le  fillossere 
gallicole  adulte  muoiono  e  le  giovani  larve  nate  da  queste  ultime,  non 
una  eccettuata,  abbandonano  gli  organi  aerei  della  pianta,  si  ridu- 
cono nel  terreno  e  vanno  a  raccogliersi  in  colonie,  più  o  meno  nume- 
rose sulle  radici  e  là  rimangono  immobili,  senza  cibarsi,  sinché  non  sia 
trascorsa  tutta  la  stagione  invernale.  '  Queste  larve  che  assumono  forma 
e  colore  speciale  sono  le  /ìHosserc  iheìnanfi. 


'  Coi!Nu,  op.  cit.,  pag-.  22;  Mayet,  op.  cit.,  pag.  69;  G.  Leonaiìpi,  op.  cit.,  pag.  .'504. 


—   100  - 

Nella  maggior  parte  delle  galle  raccolte  sul  finire  d'ottobre  a  Mi- 
radolo  e  da  noi  studiate,  le  larve  non  potendo  uscire  dalle  galle,  per 
le  ragioni  che  abbiamo  viste,  erano  quasi  tutte  trasformate  in  larve  iber- 
nanti; diciamo  quasi  tutte  perchè  in  alcune  galle  abbiamo  anche  osservato 
fino  a  cinque  o  sei  larve  che  avevano  la  forma,  le  dimensioni  ed  in 
parte  anclie  il  colore  delle  larve  ordinarie. 

Quest'ultime  erano  di  forma  elittica  e  di  grandezza  variabile,  al- 
cune misuravano  più  di  un  terzo  di  millimetro,  altre  un  poco  meno;  a 
giudicare  dalla  lunghezza  delle  appendici  e  dei  peli  e  dal  colore  del 
corpo,  le  larve  ordinarie  trovate  entro  le  galle  erano  della  seconda  e 
terza  muta. 

Fillossere  ibernanti,  —  Le  fillossere  ibernanti  non  sono  che  larve 
ordinarie  arrestate  nel  loro  sviluppo.  Esse  si  distinguono  specialmente 
per  la  loro  piccolezza  e  pel  corpo  appiattito  di  color  bruno. 

Le  fillossere  ibernanti  da  noi  esaminate  entro  le  galle  foimavano 
numerose  colonie  fissate  alle  pareti  interne  del  zoocecidio.  Il  loro  corpo 
eia  perfettamente  elittico,  depresso,  di  color  bruno-nerastro,  lungo  circa 
2'20  y.  e  largo  144  y.,  munito  di  lunghe  zampe  fornite  di  lunghi  peli. 

Come  ognuno  sa,  le  fillossere  ibernanti  restano  immobili  senza  nu- 
trirsi tutta  la  stagione  invernale,  ma  coll'elevarsi  della  temperatura 
riprendono  la  loro  vita  temporaneamente  arrestata  dal  freddo.  Fintanto 
che  le  larve  escono  dalle  galle  per  andarsi  a  trasformare  in  fillossere 
ibernanti  e  fissandosi  sopra  le  radici  della  pianta  sulla  quale  sono  nate  o 
di  quelle  delle  più  vicine,  non  oflrono  per  la  diftìisione  di  questo  pa- 
rassita maggior  pericolo  delle  altre  forme  attere  della  fillossera;  ma 
nel  caso  da  noi  osservato,  la  cosa  è  molto  diversa.  Infatti,  essendo 
molte  galle  piene  di  fillossere  ibernanti  verso  la  fine  di  ottobre,  vale 
a  dire  poco  prima  della  caduta  delle  foglie,  è  evidente  che  le  foglie 
cadute  ricoperte  di  galle,  come  quelle  da  noi  esaminate,  costituiscono 
il  mezzo  più  pericoloso  per  la  diftusione  di  questo  infausto  insetto. 
Potrebbe  nascere  il  dubbio  se  durante  l'inverno  le  fillossere  ibernanti 
chiuse  nelle  galle,  non  siano  destinate  a  morire  per  Fazione  del  freddo, 
non  trovandosi  protette  da  uno  strato  più  o  meno  spesso  di  terra, 
come  le  ibernanti  che  si  fissano  sulle  radici.  Le  esperienze,  però,  di 
Maurizio  Girard  e  del  dott.  Horvath  di  Budapest,  sembrano  escludere 
questa  ipotesi.  Infatti,  Girard,  servendosi  di  miscele  refrigeranti,  ha 
potuto  dimostrare  che  la  fillossera  può  sopportare  senza  perire  dei 
freddi  di  —8"  e  — 10"  centigradi;  e  Horvath'  esponendo  radici  con 
fillossera,  alla  superficie  del  suolo,  ad  una   temperatura  che  raggiunse 


'  Accademia  delle  scieìi~c  d' Uìiglieria,  seduta  del  23  .aprile  1883. 


—    101   — 

fino  a  12'^  ceiiti^Tadi  sotto  zero,  dopo  diciotto  giorni  jìotè  veriticare 
clie  la  filiosseia  viveva  ancora.  Del  resto  è  noto  come  la  fillossera  non 
soffra  il  freddo  anche  durante  i  più  rigidi  inverni.  Nel  dicembre  1879, 
nei  dintorni  d'Orléans  la  temperatura  discese  fino  a  30°  centigradi 
sotto  zeio,  ma  la  fillossera  resistette,  malgrado  che  molte  viti  moris- 
sero per  il  gelo. 

E  iiecessaiio  quindi  raccogliere  tutte  le  foglie  infette  per  distrug- 
gerle immediatamente  col  fuoco,  prima  che  il  vento  trasporti  a  distanza 
le  foglie  e  che  questa  nuova  forma  di  diftìisione  abbia  a  rendere  sempre 
più  inefficace  la  lotta  contro  il  più  grave  flagello  della  vite. 


CONCLUSIONI 

1."  Sono  state  trovate  sopra  foglie  di  viti  appartenenti  alla  va- 
rietà americana  Cliiiloìi  delle  galle  fillosseriche  con  ampia  apertura 
inferiore. 

2.°  Queste  galle  hanno  l'orifizio  superiore  stretto  e  con  peli  i 
quali  anziché  facilitare  l'uscita  delle  giovani  fillossere  ed  ostacolare  l'en- 
trata dei  loro  nemici,  sono  disposti  in  modo  da  impedire  l'uscita  dell'in- 
setto dalla  piccola  bocca. 

3.°  La  rottura  inferiore  della  galla  è  dovuta  ad  erosione  e  questa 
avviene,  con  tutta  probabilità,  per  opera  delle  fillossere,  le  quali  non 
potendo  escire  dall'apertura  naturale  si  aprono  la  via  attraverso  le  pa- 
reti della  galla. 

4.0  Molte  galle  rimangono  chiuse  ed  in  esse  vi  si  trovano  larve 
in  slafo  ibernante  insieme  a  poche  larve  ordinarie  della  seconda  e  terza 
mnta. 

.5."  La  fillossera  di  queste  galle  raccolta  in  ottobre  differisce 
principalmente  dalla  normale,  per  le  dimensioni  che  sono  circa  la  metà 
di  quelle  della  forma  gallicola  tipica;  ed  anche  per  il  suo  colore  rosso- 
bruno  che  l'avvicina  più  alle  fillossere  ipogee  anziché  alle  epigee. 

6.°  Le  foglie  con  questi  zoocecidi  rappresentano  il  mezzo  più 
facile  e  pericoloso  per  la  diffusione  della  fillossera  a  mezzo  del  vento. 
Occorre  distruggerle. 

Dal  Lalioratoriu  crittogamico  italiano  —  Pavia,  maggio  1904. 


—    1U2 


.sriKG AZIONE  DP:LLA  tavola  XXVI 


Fig.   1.  —  Estreiiiila  ili  mi  tralcio  con   l'oglie    ricwpeite  ili   giiUe    tillusseiiilie,   alcune 

delle  quali  cun  larga  apertura  di  sotto. 
,,     2.  —  Galla  ingrandita  intera  che  sporge  dalla  pagina  superiore  della  l'oglia. 
„     3.  —  Galla  ingrandita  aperta  di  sotto. 
„     4.  —  Sezione  longitudinale  mediana   di   una  galla,   ingrandita,   in  cui   si  vede  la 

disposizione  dei  peli  cbe  ostruiscono  l'apertura  superiore. 
,.     .'■).   —  Sezione  longitudinale  mediana  di  una  galla  con  grande  apertura  inferiore. 
„     0  e  7.  —  Galle  in  via  di  sviluppo  che  dimostrano    come  la  chiusura  della   galla 

avvenga  per  accrescimento  ipertrofico  e  convergenza  dei  margini  dell'ori- 

lìzio.  internamente  ed  esternamente  ricoperti  di  peli. 
„     S.  —  Erosione  del  parenchima  della  parete  di  una  galla  aperta  infcriurniente. 
„     'I.  —  Sezione  schematica   di    una   galla   eouteneule   diverse   culonie  di  lillossere 

iUernauti  od  alcune  larve  normali  in  diverso  grado  di  sviluppo. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  E.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

(la  GIOVAJfNI  BRIOSI. 


LA  EVOLUZIONE  MORFOLOGICA  DEL  FIORE 

IN  RAPPORTO  COLLA  EVOLUZIONE  CROMATICA  DEL  PERIANZIO 


STUDI   BIOLOG-ICI 
dei  Dott.  L.  BiS(  ALIONI  e  G.  B.  TRAVERSO 

(con  tiiToIe  XIII-XXV) 


Capitolo  I. 
(ìeiicralità  a  storia  dell' argomento. 

Dopo  che  lo  Spreiigel,  sullo  scorcio  del  secolo  XVIII,  rivelò  agii 
scienziati  i  singolari  rapporti  che  corrono  tra  i  fiori  e  gli  insetti  e  dopo 
che  il  Darwin  tornò  a  rimettere  in  onore  la  grande  scoperta  dello  scien- 
ziato tedesco,  illastrand(da  con  nuove  e  sagaci  osservazioni  che  hanno 
portata  una  vera  rivoluzione  nella  biologia  vegetale,  una  schiera  di  dotti, 
fra  i  quali  meritano  di  essere  segnalati  il  Miiller,  il  Delpino,  l'AxelI,  il 
Knuth,  l'Hildebrand,  ecc.,  si  è  lanciata  operosa  sulla  nuova  via  trac- 
ciata dal  grande  maestro  di  Spandau,  col  nobile  intento  di  analizzare 
le  cause  delle  più  minute  modificazioni  della  struttura  fiorale,  di  guisa 
che  nel  giro  di  pochi  anni  il  grande  edificio  della  biologia  del  fiore  si 
presentò  quasi  come  un'  opera  compiuta. 

La  bibliografia  concernente  la  biologia  fiorale  eonta  ormai  tre  mila 
e  più  lavori,  ma  se  noi  compulsiamo  questa  immane  letteratura  troviamo 
che  quasi  tutti  gli  autori  si  sono  preoccupati  particolarmente  di  stabi- 
lire che  le  modificazioni  sia  di  forma  che  di  colorazione  dei  fiori  sono 

Atti  lUU'Ut.  Bot.  dell' Uiiivensiti'i  di  Paria  —  II  Serie  -  Voi.  X,  9 


—  104  — 

state  motivate  dall'azione  degli  insetti  nell'evolversi  incessante  del  gran- 
dioso fenomeno  dell'allogamia,  qnasi  che  gli  altri  fattoli  (luce,  clima, 
ecc.)  fossero  stati  da  questo  tacitati  o  non  avessero  esplicato  che  una 
insignificante  azione  durante  revdlnzioue  degli  organi  florali. 

Rapporti  coy;li  insetti.  —  Da  questi  studi  è  sorta  la  legge  fon- 
damentale che  il  cidore  dei  fiori  è  intimamente  collegato  colla  visita 
degli  animali  iironnbi.  Il  legame  ap[>arve  così  intimo  che  il  Delpino  ha 
creduto  di  poter  stabilire  una  gradazione  di  colori  in  correlazione  coi 
differenti  pronubi,  il  quale  sistema  di  classificazione,  prettamente  biolo- 
gico, è  stato  poi  seguito  dal  Miiller  e  da  altri  autori. 

Le  obbiezioni  a  questo  sistema  non  mancarono,  ma,  malgrado  i 
lavori  di  Plateau,  di  Tiebe,  di  Carnei,  di  Bonnier,  di  Herwey  e  di  altri 
scienziati  che  mal  si  piegavano  a  riconoscere  nelle  variazioni  di  colore 
un'efficacia  sopratutto  valida  nella  scelta  dei  juonnbi  e  fors'anco  iielTal- 
lettamento  degli  stessi,  è  stato  laigamente  jiosto  in  sodo  che  i  colori 
gialli  e  bianchi  attirano  prevalentemente  gli  insetti  meno  evoluti  ed  i 
raccoglitori  di  polline,  mentre  i  colori  della  serie  cianica,  e  special- 
mente i  violetti  e  bleu,  sono  destinati  ad  allettare  gli  insetti  piìi 
evoluti,  prevalentemente  cercatoi'i  di  nettare,  quali  sono  gli  imenotteri, 
le  farfalle,  ecc. 

Noi  ci  troviamo  ailunque  dinanzi  ad  un  fenomeno  (pianto  mai  sìik 
golare  di  evoluzione  cromatica,  il  quale  a  sua  volta  ha  indotto,  come 
vedremo  fra  poco,  delle  profonde  modificazioni  niorfologiclie  nel  fiore  o 
per  lo  meno  a  queste  si  è  associato,  e  che  ha  la  sua  ragione  di  essere 
nell'attitudine  più  o  meno  spiccata  che  presentano  i  differenti  insetti  a 
percepire  i  diversi  colori  spettrali.  Stando  infatti  ai  dati  che  ci  hanno 
forniti  le  osservazioni  del  Lubbock,  le  api  visiterebbero  i  diversi  co- 
lori secondo  i  seguenti  rapporti:  .340  volte  il  bianco,  37.5  volte  il  bleu, 
40.5  il  giallo,  427  il  vei'de  e  513  volte  il  ros.so.  Il  Bonnet,  da  ana- 
loghe ricerclie  istituite  sulle  farfalle,  sui  dittei  i,  sugli  imenotteri,  ottenne 
raiiporti  un  (lò  diversi  poiché  le  farfalle  visiterebbero  i  fiori  bleu  5 
volte,  i  fiori  gialli  ed  i  bianchi  pure  5  volte  ed  i  fiori  rossi  70  volte;  i 
ditteri  visiterebbero  8  volte  i  fiori  gialli,  20  volte  i  bianchi  e  7  volte 
i  rossi;  gli  imenotteri  infine  si  poserebbero  12G  volte  sui  fiori  Iden, 
11  volte  sui  gialli,  17  sui  bianchi  e  203  volte  sui  rossi.  Finalmente 
il  Miiller  ebbe  a  riscontrare  che  il  giallo  riesce  poco  simpatico  alle 
api,  le  quali  all'  opposto  ricercherebbero  avidamente  i  colori  rossi  e 
violetti. 

Non  si  può  adunque  disconoscere  che  vi  ha  poco  accordo  fra  i 
ditferenti  autori,  ma.  ciò  malgrado,  in  ultima  analisi  riesce  evidente  la 
legge  fondamentale  che  i  colori   apiiartenenti   alla  serie   cianica   (fiori 


—   105   — 

rossi,  violetti  e  bleu)  sono  visitati  prevalentemente  dagli  insetti  più 
evoluti,  quelli  invece  della  serie  xantica  (fiori  gialli)  e  le  tinte  bianche 
0  bianco-verdastre  dagli  in«etti  meno  perfetti. 

Oltre  il  colore,  anche  l'odore  ha  una  parte  importantissima  come 
mezzo  per  attirare  gli  insetti,  e  lo  dimostra  il  fatto  che  i  fiori  i  quali 
si  aprono  di  notte  (per  lo  più  bianchi  e  giallastri  perchè  questi  due 
colori  riescono  meglio  visibili  di  notte)  odorano  intensamente  al  cadere 
della  sera  ed  anco  durante  la  notte'. 

La  grande  scoperta  della  correlazione  fra  insetti  e  fiori  ha  svelato 
al  biologo  le  ragioni  quanto  mai  singolari  per  cui  i  fiori  cleistogami  e 
quelli  anemofili  od  autogami  non  sono  vivamente  colorati,  o  molto  vi- 
stosi, ma  hanno  all'opposto  una  tinta  erbacea  o  pallida  che  contrasta 
collo  splendore  delle  tinte  di  quei  fiori  che  hanno  sentito  il  bisogno  di 
attirare  gli  insetti  al  servizio  della  fecondazione  allogamica. 

Actinoniorflsmo  e  zigoniortìsmo.  —  Dall'osservazione  delle  colora- 
zioni fiorali  i  biologi  sono  risaliti  allo  studio  della  costituzione  del  fiore 
ed  anche  in  questo  campo  le  ricerche,  condotte  con  fine  acume  di  osser- 
vatore, hanno  assodato  che  coll'evoluzione  cromatica  va  di  pari  passo 
l'evoluzione  morfologica,  per  cui  dalla  forma  fiorale  più  degradata  (fiori 
acunomorfi),  ornata  d'ordinario  di  colori  verdastri,  gialli,  o  bianchi,  si 
risale  mano  mano  alle  forme  zigomorfe  contraddistinte  sia  dalla  vivacità 
delle  colorazioni,  che  sarebbero  poi  prevalentemente  rosse,  violette  e 
bleu,  sia  dalla  presenza  di  disposizioni  quanto  mai  complesse  e  tutte, 
si  può  afferuìare,  intese  ad  ostacolare  agli  insetti  più  degradati  la  fun- 
zione di  pronubi. 

Ma  mentre  noi  vediamo  che  nelle  ricerche  sui  colori  fiorali  in  rap- 
porto coU'allogamia  gli  studiosi  si  sono  tenuti  pressoché  nell'ambito 
delle  osservazioni  d'indole  biologica  ^  in  quelle  concernenti  la  simme- 
tria fiorale  troviamo  invece  che  occupano  un  più  largo  posto  le  osser- 
vazioni sperimentali  e  fisiologiche.  Le  conclusioni  che  si  ottennero  ap- 
paiono pertanto  il  risultato  di  nna  critica  più  severa  di  quella  che  ha 
guidato  gli  studiosi  nella  disanima  del  problema  biologico. 

Il  fiore  considerato  dal  punto  di  vista  fisiologico  non  appare  più 
soltanto  come  un  quid  assoggettato  quasi  esclusivamente  alle  leggi 
dell'allogamia,  ma  bensì  come  un  organo  che,  al  pari  degli    altri,  rea- 


'  Vecii,  per  le  ricerche  sui  rapporti  tra  i  fiori  e  gli  insetti,  specialmente  i  lavcti 
di  Jliiller,  Darwin,  Ludwig,  Delpino,  Graeber,  Heuderson,  Kuuth,  Foclse,  Lubbock,  Bull- 
mauu,  Low,  Kionfeld,  Plateau,  Lowel,  Kienitz-Gerloff,  Bonnier,  ecc. 

-  Fauno  eccezione  a  questo  riguardo  alcuni  lavori  sperimentali,  come  ad  es.  quelli 
di  Miiller,  Lubbock,  ecc. 


—  106   — 

gisce  agli  stimoli  della  luce,  della  temperatura,  della  gravità,  dell'umi- 
dità, ecc.,  (V.  capitolo  IX)  per  quanto  la  sua  evoluzione  sia  essenzial- 
mente subordinata  al  principio  della  fecondazione  incrociata. 

Prescindendo  per  un  momento  dalla  questione  dell'allogamia,  noi 
vediamo  che  il  fiore  reagisce  allo  stimolo  della  luce  modificando  a  se- 
conda dell'intensità  di  questa  la  sua  struttura.  11  Viicliting  fu  uno  dei 
primi  a  dimostrare,  con  esperimenti  rigorosi,  che  molti  fiori  assogget- 
tati a  variazioni  dell'intensità  luminosa  cambiano  di  forma,  ed  è  spe- 
cialmente il  labbro  superiore  della  corolla  che  si  modifica  nel  senso 
che  quasi  sempre  si  rimpicciolisce. 

Anche  la  gravità  esercita  un'azione  di  non  minore  importanza  sulla 
forma  del  fiore,  provocando  la  trasformazione  dei  fiori  actinomorfi  in 
zigomorfi.  Già  l'Hofmeister  aveva  intraveduti  i  rapjiorti  che  corrono  tra 
la  posizione  apicale  o  laterale  del  flore  da  una  parte  e  la  costituzione 
morfologica  di  questo  dall'altra,  avendo  saputo  rilevare  come  lo  zigo- 
morfismo  appaia  specialmente  nei  fiori  laterali  sui  quali  la  gravità  non 
può  di  conseguenza  agire  in  modo  uniforme  ma  bensì  in  maniera 
molto  differente  rispetto  ai  diversi  assi  o  settori  fiorali.  Ma  è  special- 
mente merito  del  Voeliting,  dell'  Hildebrand  e  di  altri  autori  l' aver 
saputo  rilevare  l'intimo  nesso  che  esiste  fra  lo  zigomorfismo  e  l'acti- 
morfismo  da  un  lato  e  la  gravità  dall'altro. 

Altri  fattori  vennero  pure  invocati  per  spiegare  lo  zigomorfismo 
fiorale:  cosi  ad  esempio  il  Delpiuo,  riportandosi  agli  studi  del  De  Caii- 
dolle,  ritiene  che  lo  zigomorfismo  sia  derivato  dall'actinomorfismo  in 
conseguenza  della  lateralità  degli  assi  florali  e  del  nisns  forma/ìvus  ad 
nn  tempo  (Orcliidee).  Lo  zigomorfismo  poi,  secondo  lo  stesso  autore, 
può  essere  di  data  più  o  meno  recente  ed  anzi  si  può  ritenere  che 
quanto  più  esso  è  accentuato  tanto  più  ab  antiquo  è  stato  ereditato.  Al 
Delpino  spetta  il  gi'ande  merito  di  aver  saputo  mettere  in  evidenza 
come  nelle  famiglie  a  fiori  zigomorfi  manchino  i  tipi  anemofili  (v.  ec- 
cezione presentata  dal  Gen.  Dodonaea)  e  ciò  perchè  le  piante  a  fioii 
zigomorfi  sono  di  molto  progredite  sul  sentiero  dell'evoluzione  allo- 
gamica. 

Aggiungeremo  ancora,  da  ultimo,  che  anche  la  costituzione  (Vochting), 
il  turgore,  le  pressioni  esercitate  sul  fiore  dalle  brattee  involucranti  e 
dall'asse  fiorale  (Treviranus,  Eopers,  Hofi'mann,  Focke)  ed  altre  cause 
vennero  tirate  in  campo  per  spiegare  lo  zigomorfismo.  11  Meehan  spe- 
cialmente insiste  sulle  cause  interne,  fra  le  quali  importantissima 
sarebbe  la  nutrizione,  quali  fattori  delle  modificazioni  di  forma.  Que- 
st'autore però,  per  quanto  ci  consta,  non  ha  sviluppato,  colla  scorta  di 
documenti  scientifici,  il  suo  concetto. 


—   107   — 

Qualunque  possa  essere  la  causa  che  ha  indotto  lo  zigomorfisnio  e 
l'irregolarità  fiorale',  sta  sempre  il  fatto  che  questo  nuovo  elemento 
il  quale  lia  cosi  potentemente  contribuito  a  modificare  il  tipo  fiorale  è, 
a  nostro  parere,  entrato  ben  presto  al  servizio  della  allogamia,  per  cui 
troviamo  che  nei  fiori  zigomorfi  si  complicano  le  disposizioni  atte  ad 
attirare  taluni  insetti  (Robertson,  Haeckel  ed  altri)  e  compaiono  delle 
speciali  strutture  che  valgono  ad  eliminare  il  concorso  dei  pronubi  meno 
evoluti,  ciò  che  determina  appunto  la  superiorità  di  questi  fiori  su  quelli 
actinomorfl.  Il  Verhoefi'  infatti  nelle  sue  ricerche  sulla  fauna  e  sulla 
flora  dell'isola  Norderney  trovò  che  su  75  piante  ve  ne  erano  3(1  acti- 
iiomorfe  e  30  zigomorfe.  Le  prime  erano  poi  visitate  da  272  insetti, 
le  seconde  solo  da  136.  Oltre  a  ciò  rilevò  il  seguente  rapporto  per 
<luanto  concerneva  la  visita  degli  insetti  ai  fiori  difi'erenteraente  colorati: 


Fiori  actinomorfl. 

Fiori  zigomorfi. 

Fiori  gialli         88  visitatori 

51  visitatori 

„      bleu          15 

16 

„      bianchi  135         „ 

41 

„      rossi         34 

ae 

In  omaggio  ai  concetti  sovra  esposti,  l'Henslow  pei  fiori  delle  Cro- 
cifere,  il  Goebel  e  rUexktill-Gyllemband  per  quelli  delle  Composite, 
il  Buchenau  per  quelli  di  Tropacohtm,  hanno  stabilito  il  principio  che  i 
fiori  actinomorfl  sono  piìi  antichi  di  quelli  zigomorfi  e  questi  derivano 
da  quelli  -,  per  cui  la  comparsa  di  pelorie  non  sarebbe  che  il  ritorno 
ad  una  condizione  di  cose  atavica  e  primordiale.  Il  fatto,  per  quanto 
sia  stato  negato  dal  Pasquale,  dal  Braun  (1875),  dal  Bischoff  (1839), 
dal  Bayer  ',  appare  ormai  troppo  validamente  confermato  da  nume- 
rosi esempi  (HensloAV,  ecc.),  perchè  ancora  possa  essere  messo  in 
dubbio. 


"  Noi  facciamo  qui  astrazione  dalle  distinzioni  stabilite  dal  Pax  {Allgemeine 
Morpholor/ie  der  Pffanzen)  a  riguardo  delle  varie  sorta  di  irregolarità  fiorali  (plas- 
tische  und  syntaktische)  non  entrando  nella  cerchia  dei  nostri  studi  l' insistere  sopra 
tali  distinzioni. 

'  I.o  Schumaun,  accennando  ai  fiori  zigomorfi  ed  actinomorfl,  afferma  tuttavia  che 
non  si  può  stabilire  un  unico  principio  filogenetico,  essendo  possibile  far  derivare  gli 
uni  dagli  altri  tanto  ricorrendo  al  concetto  di  una  serie  monofiletica  quanto  a  quello 
di  una  serie  polifilelica. 

"  Il  Bayer  nega  assolutamente  che  i  fiori  zigomorfi  siano  «tati  in  origine  actino- 
morfi  e  solo  più  tardi  abbiano  subita  la  metamorfosi  sotto  l'influenza  esercitata  dalle 
pressioni. 


—    108  — 

Stabilito  pertanto  che  i  fiori  zigomorfi  sono  l'espressione  di  nna 
più  avanzata  evoluzione  in  confronto  di  quelli  actinomorfi,  è  lecito  aspet- 
tarsi che  gli  stessi  siano  ornati  prevalentemente  di  quelle  colorazioni 
che  tutti  gli  autori  ritengono  pili  progredite  nel  senso  che  sono  desti- 
nate ad  attirare  gli  insetti  piii  intelligenti  e  ad  eliminare  quelli  piìi 
stupidi  *.  Ora  un  tale  principio  emerge  appunto,  sebbene  in  forma  non 
sempre  molto  chiara,  dai  lavori  di  molti  biologi  (Focke,  Miiller.  Dei- 
pino,  Coupin,  ecc.)  di  guisa  che  si  può,  in  tesi  generale,  affermare 
che  l'evoluzione  cromatica  cammina  di  [lari  passo  con  quella  che  noi 
chiameremo  "evoluzione  di  simmetria,,  per  distinguerla  da  un'altra 
forma  di  evoluzione  della  quale  dobbiamo  ora  discorrere. 

Dialipctalia  e  ^amopetalia.  —  Accanto  alle  modificazioni  di  sim- 
metria troviamo  ancora  due  altri  tipi  o  stadi  di  evoluzione:  la  dialipe- 
talia  cioè  e  la  gamopetalia,  i  quali  a  loro  volta  possono  darci  preziosi 
ragguagli  sulla  biologia  fiorale. 

Dall'esame  comparativo  dei  tipi  dialipetali  con  quelli  gamopetali 
risulta  manifesto  che  i  primi  devono  essere  considerati  come  piii  de- 
gradati, l'ariano  in  questo  senso  le  osservazioni  del  Miillei-,  ma  più 
specialmente  i  lavori  dell' Haeckel  e  del  Celakovsk,v.  L'Haeckel,  elevan- 
dosi contro  le  osservazioni  di  Brongniart,  sostiene  che  le  piante  gamo- 
petale essendo  comparse  in  un  periodo  geologico  più  recente  delle  diali- 
petale  e  non  avendo  alcun  legame  con  forme  apetale,  devono  essere 
considerate  come  maggiormente  evolute.  Alla  quale  conclusione  è  pure 
giunto  il  Miiller,  avendo  questi  stabilito  che  sulla  terra  comparvero 
dapprima  le  metasiierme  anemofile,  poi  le  piante  entomofile  dialipetale 
ed  infine  le  entouMifile  gamopetale  '-. 

Il  concetti)  ileir Haeckel  fu  più  ampiamente  svolto  dal  Celakovsky 
che  se  ne  valse  per  formulare  la  "  teoria  della  riduzione  „  secondo  la 
quale  un  fiore  è  tanto  più  evoluto  quanto  più  il  numero  degli  elementi 
di  cui  consta  si  presenta  ridotto,  ciò  che  porta  a  concludere  che  nelle 
gamopetale  essendo  il  numero  delle  lacinie  perigoniali  teoricamente  ri- 
dotto all'unità  si  ha  l'espressione  di  un'evoluzione  quanto  mai  progre- 
dita. Malgrado  che  questo  concetto  abbia  trovato  qualche  oppositore 
(Eugler)  pur  tuttavia  esso  non  manca  d'avere  il  suftVagio  della  grande 


'  Oltre  agli  insetti  anche  le  lumache,  i  cangouri,,  i  volitanti,  gli  uccelli,  ecc. 
prendono  parte  ;il  proc(>s,so  dell'alloganiia.  Secondo  il  nostro  modo  di  vedere,  l'ornitolìlia 
non  sarehbe  una  forma  di  adattamento  molto  antica,  ma  la  stessa,  malgrado  il  perfe- 
zionamento morfologii-o  che  ha  raggiunto,  andrebbe  collegata  ad  un  tipo  di  colora- 
zione non  eccessivamente  evoluto,  poiché  i  fiori  ornitoflli  più  classici  (fiori  impollinati 
dai  Colibrì)  sono  quasi  sempre  rossi. 

^  W  di  a  questo  proposito  Taylor,  Floioers. 


—   109  — 

maggioranza  dei  documenti  scientifici.  Basterà  ricordale  clie  le  parti 
fiorali  nascono  indipendenti  le  une  dalle  altre  e  solo  più  tardi  si  fon- 
dono per  dare  origine  al  tipo  gamopetalo  e  che  le  corolle  gamopetale 
in  seguito  a  processi  d'indole  regressiva  e  teratologica  possono  assu- 
mere nuovamente  i  caratteri  delle  dialipetale,  rivelando  così  probabil- 
mente la  loro  origine. 

Nessun  autore,  per  quanto  ci  consta,  lia  cercato  di  stabilire  su  basi 
realmente  scientifiche  un  nesso  fra  la  gamopetalia  —  rispettivamente 
la  dialipetalia  —  e  le  colorazioni  fiorali.  Solo  incidentalmente  viene 
fatto  cenno  di  talune  colorazioni  predominanti  in  questi  due  tipi  fiorali 
come  appare  manifesto  dal  lavoro  del  Coupin,  il  quale  ha  trovato  che 
nelle  dialipetale  vi  ha  la  seguente  seriazione  decrescente  :  bianco,  giallo, 
rosso,  violetto,  bleu,  verde,  mentre  nelle  gamopetale  si  ha  il  predominio 
del  giallo  cui  seguono  in  ordine  di  frequenza  il  rosso,  il  bianco,  il  vio- 
letto, il  bleu  ed  il  verde  '. 

Filogenesi  dei  colori  florali.  —  Benché  nelle  pagine  precedenti 
si  sia  accennato  abbastanza  diff"usaniente  ai  rapporti  che  l'evoluzione 
di  simmetria  (actinomorflsmo  e  zigomorfismo)  e  quella  di  numero  (diali- 
petalia e  gamopetalia)  contraggono  coU'evoluzione  cromatica,  non  jìos- 
siamo  dispensarci  ora  dal  soffermarci  a  discutere  i  lavori  di  alcuni 
autori  che  hanno  trattato  Targomento  in  questione  con  vedute  affatto 
originali.  Noi  lasceremo  da  parte  le  discussioni  sul  controverso  problema 
riflettente  la  derivazione  della  corolla  dagli  stami  (Baillon,  Naegeli, 
Drude)  o  dai  fillomi  ordinarli  (Wolf,  Goethe,  ecc.)  o  in  parte  dagli  uni 
ed  in  parte  dagli  altri  (Pax,  Delpino,  ecc.)  poiché  non  entrano  nel 
campo  dei  nostri  studi  che  in  via  affatto  secondaria  ed  invece  affron- 
teremo subito  la  questione  che  ci  interessa  analizzando  i  lavori  che  si 
riferiscono  esclusivamente  ai  colori  fiorali. 

Alien  Grant,  partendo  dal  principio  che  la  corolla  deriva  dagli 
stami  perché  i  fiori  delle  Gimnosperme  sono  nudi  e  basandosi  inoltre  sul 
fatto  che  gli  stami  colle  antere,  d'ordinario  gialle,  rappresentano  degli 
organi  molto  più  importanti  della  corolla,  stabili  la  legge  fondamentale 
che  il  giallo  è  il  colore  primitivo,  dal  quale  poi  hanno  tratto  origine 
successivamente  il  bianco,  il  rosso,  il  bleu,  il  violetto  ed  infine  il  lilla. 
In  ogni  famiglia  di  vegetali,  stando  a  questo  concetto,  le  specie  a  fiori 
gialli  meriterebbero  adunque  di  essere  considerate  come  le  meno  evolute 
mentre  quelle  a  fiori  rossi,  violetti  o  bleu  sarebbero  le  più  perfette.  Un 


'  Olti-e  ai  lavori  citati  sulla  gamopetalia  e  dialipetalia  e  sul  zigomorfismo  ed 
actiuomorfismo,  si  cousultiuo  ancora  i  seguenti  autori:  Delpino,  Baillon,  Hildebrand, 
floffmann,  ecc. 


—  no  — 

indizio  di  una  tendenza  al  perfezionamento  o,  viceversa,  alla  degrada- 
zione, si  avrebbe  nella  comparsa  di  nuove  colorazioni  al  maigine  della 
corolla,  poiché  le  colorazioni  marginali  se  appartengono  alla  categoria 
di  quelle  piii  evolute  indicano  che  il  flore  è  in  via  di  perfezionamento, 
mentre  nel  caso  opposto  accennano  ad  una  degradazione  di  questo. 

L'Alien  Grant  cerca  di  confortare  la  sua  teoria  con  numerosi 
esempi  desunti  dai  fenomeni  di  variazione  cromatica,  sia  regressivi  che 
progressivi,  dai  quali  sarebbe  risultato  che  i  fiori  gialli  rappresentando 
il  tipo  primitivo  non  sarebbero,  come  ben  si  comprende,  più  in  grado 
di  andare  incontro  ad  una  variazione  regressiva,  mentre  quelli  rossi,  in 
causa  della  variazione  regressiva,  potrebbero  passare  al  bianco,  quelli  bleu 
al  l'osso,  ecc.,  Il  che,  in  altre  parole,  significa  che  tali  fiori  assumereb- 
bero quelle  colorazioni  che  sono  immediatamente  sottoposte,  dal  j)unto 
di  vista  gerarchico  ed  evolutivo,  a  quelle  che  essi  hanno  di  regola. 
L'opposto  ha  luogo  allorché  si  tratta  di  variazioni  progressive,  potendo 
i  fiori  gialli  passare  al  bianco,  quelli  bianchi  al  rosso,  i  rossi  al  violetto 
od  all'azzurro. 

Oltre  al  criterio  desunto  dalla  variazione,  il  Grant  accenna  pure 
ad  un  altro  carattere:  quello  cioè  delle  macchie  e  delle  strie,  la  cui 
presenza,  secondo  l'autore,  sarebbe  un  indizio  di  più  o  meno  avanzata 
regressione  fiorale,  essendo  i  fiori  più  degradati  spesso  cosparsi  di 
macchie. 

La  teoria  del  Grant  ha  trovato  ben  pochi  sostenitori  (Daves)  es- 
sendo stata  severamente  co.nibatiuta,  sia  perchè  riposa  sul  principio 
tutt'altro  che  accertato  della  derivazione  della  corolla  dagli  stami  e  sia 
ancora  perchè  non  è  ai)plicabile  alle  Composite,  non  poche  delle  quali 
portano  dei  fiori  ligulati  che  sebbene  più  evoluti  di  quelli  tubulosi  sono 
ciò  nondimeno  gialli. 

Il  Wallace  che  ha  analizzata  la  teoria  dell'Alien  Grant,  fa  notare 
—  come  un  argomento  capace  di  demolirla  —  che  stando  ai  dati  del- 
l'Hoocker  (J5r;V/s/«  Flora)  ed  a  quelli  del  Mongredien  {Trees  and  ScìiniÒA 
for  Enrjìish  plaìitatious)  i  fiori  ed  i  frutti  delle  piante  dell'Inghilterra 
presentano  dei  caratteri  assolutamente  discordanti  per  ciò  che  concerne 
la  colorazione,  sebbene  in  ultima  analisi  si  tratti  sempre  degli  stessi 
individui.  Infatti  egli  riporta  il  seguente  specchietto: 

bianco  giallo  rosso  bleu 

\  British  Flora.  ...  292  228  168  123 

iioRi.  .^  ^,j,^gg  ,^j^^  Schrubs.  160  73  62  37 

Totale  452  301  230  160 


Ili  — 

bianco 

giallo 

rosso 

bleu 

2 

3 

33 

24 

0 

11 

35 

21 

(  British  Flora .... 
Frutti.  ^  .^^.^^^  ^^^^^  Schnibs. 

Totale  7  14  (!8  45 

Neppure  fu  accettata  l'idea  del  Grant  intesa  a  mettere  in  sodo 
che  il  verde,  presente  in  molti  fiori  {Alchemilla,  Jlellebonis  ecc.)  e  spe- 
cialmente in  quelli  sommersi  {Callifriche),  non  costituisca  una  colorazione 
primordiale,  ma  bensì  una  tinta  di  degradazione.  Infatti  lo  Sclinetzler 
ritiene  che  la  colorazione  primitiva  dei  fiori  sia  stata  precisamente  quella 
verde,  dalla  quale  derivarono  di  poi  tutte  le  altre,  di  guisa  che  la 
comparsa  di  questa  tinta  in  fiori  altrimenti  colorati  indicherebbe  un 
ritorno  ad  una  condizione  di  co.se  originaria. 

Allo  stesso  risultato  sono  giunti  il  Miiller,  che  chiamò  la  tepria 
dell'Alien  Grant  "  eine  Karikatur  von  Yorschnngsergebnisse  „,  THervey 
e  pili  specialmente  l'Hildebrand  il  quale  ci  dà  la  seguente  seriazione 
filogenetica  dei  colori  fiorali  :  venie,  bianco,  giallo,  i-osso,  violetto,  bleu,  con- 
trastante notevolmente  con  quella  del  Grant  cui  egli  imputa  di  aver 
copiato  le  idee  altrui  senza  citarne  la  fonte. 

Uno  studio  un  pò  piìi  serio  della  questione  venne  fatto,  ma  limi- 
tatamente al  gruppo  delle  Monocotiledoni,  dal  Lovell  il  quale  cercò  pure 
di  dimostrare  che  il  colore  primitivo  è  il  verde,  perchè  lo  si  rinviene 
nelle  piante  anemofile  ed  autogame  e  nelle  famiglie  vegetali  molto  an- 
tiche. Pili  elevati  si  presenterebbero  il  bianco,  il  giallo  ed  il  rosso: 
tutti  quanti  derivati  dal  verde.  I  fiori  attualmente  rossi,  durante  la  loro 
evoluzione  sarebbero  tuttavia  passati  attraverso  uno  stadio  di  colora- 
zione bianca  e  poi  gialla.  Per  quanto  riguarda  infine  i  fiori  bleu,  egli 
sarebbe  venuto  alla  conclusione  che  gli  stessi  abbiano  tratto  origine 
da  progenitori  bianchi,  gialli  o  rossi.  11  lavoro  del  Lovell  si  chiude  con 
una  tavola  liassuntiva  sulla  distribuzione  dei  differenti  colori  nelle  di- 
verse famiglie  costituenti  il  gruppo  delle  Monocotiledoni,  la  quale  viene 
qui  riportata  unicamente  a  causa  dell'attinenza  che  la  stessa  ha  coi 
nostri  studi. 


(Vedi  tabella  a  pag.  seguente.) 


—   112 


ORDINI 

FAMIGLIE 

O 

.2 

co 
co 

C3 

CO 

ai  — 

E 
co 

Pandanales  .  .  j 

Tyiihaceae     . 
Siiarganiaceae 

2 
4 

2 

4 

Najadales .  •  •  , 

Najadaceae    . 

42 

42 

Sthenchzeriacea 
Alismaceae    . 

e 

1 

19 

3 

4 

19 

Vallisneriaceac 

3 

3 

Graminales  .  .  \ 

Graraiiiaceae. 
Cyperacrae    . 

371 
334 

371 
334 

Arales  .  .  .  .] 

! 

Araceae     .     . 
Lemuaceae    . 
Mayaceae  .     . 

1 

2 

1 

5 
11 

8 
11 

1 

Xyridales .  .  . 

Xyridaceae    . 

6 

6 

Eriocaulaceae 
Broineliiiceae. 

1 

0 

5 

1 

Comraeliiiareae 

1 

11 

12 

' 

Pontederiaceae 

l 

1 

2 

4 

/ 

.Inncaceae.     . 

47 

47 

i 

llelanthaceae 

7 

10 

2 

r, 

24 

I.iliaceae   .     . 

G 

13 

li 

1 

r, 

1 

38 

] 

Convallariaceaft 

2 

11 

1 

4 

5 

23 

Liliales .... 

1 

Srailacaceae  . 
Ilaemodoraccae 
Amaryllidaceae 
Dioscoreaceae 
Ili laceae  . 

1 
3 

1 

3 

1 

14 

11 

11 

1 

6 

1 

17 

Scìtaminales.  . 

Maranthaceae 

1 

1 

Orchidales.  .  .  | 

Biiruianiaceae 
Orohideaceae. 

18 

18 

8 

1 
14 

11 

1 
69 

Totale  '  .     .     .     . 

49 

82 

22 

23 

38 

852 

10G() 

Per  quanto  concerne  le  Dicotiledoni  siamo  debitoii  a]  Coiiiiin  di  al- 
cune osservazioni,  avendo  egli  rilevato  ciie  in  tali  piante  predomina  il 
giallo,  poi  vengono  il  bianco,  il  rosso,  il  bleu  e  il  violetto. 

È  da  notarsi  intanto  che  nelle  famiglie  più  degradate  di  questo 
gruppo  sono  maggiormente  diffusi  i  colori  gialli,  bianchi  e  rossi  (Croci- 
fere,  Kanunculacee,  Papaveracee,  etc). 

Se  si  fa  astrazione  pertanto  da,lle  peregrine  idee  dell'Alien  Grant 


'  I  rapporti  trovati  dal  Lovell  corrispondono  abbastanza  bene  a  quelli  rinvenuti 
dal  Coupin,  poiché  questi  rilevò  la  seguente  seriazione  decrescente  nelle  Monocotiledoni  : 
1°  verde,  2"  bianco,  3°  rosso,  4°  giallo,  5»  bleu,  6"  violetto. 


—  li;;  — 

intese  a  porre  in  so.lo  che  il  giallo  è  il  colore  primordiale,  il  verde 
invece  un  colore  di  degradazione,  emerge  evidente  il  fatto  che  le  ri- 
cerche di  tutti  quanti  gli  autori  concordano  nell'aniniettere  un  graduale 
perfezionamento  cromatico  che  iniziatosi  col  verde  e  coi  colori  della 
serie  xantica,  terminerebbe  attualmente  colle  tinte  della  serie  cianica 
e  più  specialmente  col  violetto  e  col  bleii. 

Questo  modo  di  interpretare  il  fenomeno  dell'evoluzione  cromatica 
sarebbe  in  intimo  rapporto  colle  ricerche  di  quei  biologi  che  hanno 
assodato  che  gli  insetti  più  intelligenti  visitano  i  fiori  più  evoluti  cro- 
maticamente e  che  le  famiglie  più  degradate  morfologicamente  portano 
d'ordinario  dei  fiori  gialli,  bianchi  o  verdi. 

Ma  a  questo  riguardo  giova  notare  che  non  tutti  gli  autori  con- 
cordano sul  significato  che  si  deve  dare  alle  specie  a  fiori  verdicci, 
inquantochè  taluni  ritengono  che  le  anemofile,  fra  le  quali  abbondano 
le  specie  fornite  di  fiori  verdi,  siano  tipi  antiijuati  (Delpino)  od  arre- 
stati nella  loro  evoluzione,  il  che  a  nostro  parere  ha  un  fondamento 
ili  verità,  mentre  aUri  sostengono  che  le  stesse  piante  derivano  da 
forme  entomofile  (Alien  Grant,  Henslow  ed  altri),  come  si  è  visto  nelle 
precedenti  pagine. 

Variazioni  cromatiche.  —  L'Alien  Grant  ha  fatto  molto  assegna- 
mento sull'indole  delle  così  dette  variazioni  cromatiche  per  formulare  la 
sua  curiosa  teoria,  e  gli  autori  che  lo  hanno  combattuto  si  sono  preoc- 
cupati, a  nostro  parere,  assai  poco  di  questo  concetto,  avendo  essi 
tentato  unicamente  di  stabilire  una  seiiazione  filogenetica  dei  colori 
fiorali  in  base  ad  altre  vedute.  Ora  è  d'uopo  domandarci  qui  se  la  va- 
riazione, intesa  pressoché  nel  senso  dell'Alien  Grant,  sia  costantemente 
collegata  coli' evoluzione  o  non  dipenda  piuttosto  da  altre  cause.  Per 
l'ispondere  a  questo  quesito  dobbiamo  rivolgerci  di  preferenza  allo  studio 
che  l'Hildebrand  ha  fatto  sulle  variazioni  dei  colori  fiorali.  Quest'autore 
colle  sue  ricerche  è  giunto  alla  conclusione  che  la  variazione  cromatica 
fiorale  d'ordinario  oscilla  nell'ambito  delle  colorazioni  che  predominano 
nelle  specie  o  nei  generi  aflìni. 

Dal  confronto  delle  famiglie  prevalentemente  costituite  da  fiori  or- 
nati delle  colorazioni  della  serie  xantica  con  quelle  rappresentate  da 
generi  aventi  il  perianzio  colorato  colle  tinte  della  serie  cianica,  egli 
potè  rilevare  che  ben  di  rado  ha  luogo  una  variazione  con  passaggio 
dalla  serie  cianica  a  quella  xantica,  o  viceversa,  in  una  data  specie,  il 
che,  come  vedremo  in  seguito,  ha  per  noi  un'altissima  importanza.  Fatte 
poche  eccezioni   {Hlòiscus,  Hi/acinthus  ')  si  può  dire  che  queste  due  se- 


'  È  singolare  che  i  Giacinti  gialli  sono  poco   resistenti,    per   cui    muoiono  facil- 
mente (Hildebrand). 


—  114  — 

rie  di  colorazioni  si  escludono  vicendevolmente  nelle  manifestazioni  do- 
vute alla  variazione'.  La  raj^ione  di  un  tale  contrasto,  che  secondo  noi 
avrebbe  la  sua  origine  nella  filogenesi,  va  per  FHildebrand  ricercata 
invece  nella  circostanza  clie  la  contemporanea  comparsa,  in  un  organo 
fiorale,  di  questi  due  tipi  cromatici  darebbe  luogo  a  colorazioni  inde- 
cise e  poco  vistose,  per  cui  verrebbe  meno  la  funzione  che  è  devoluta 
ai  pigmenti  vegetali  nel  processo  dell'impollinazione.  Noi  non  vogliamo 
scemare  il  valore  dell'interpretazione  dell'Hildebrand,  ma  solo  faremo 
osservare  che  le  associazioni  in  questione  sono  forse  più  frequenti  di 
quanto  ammette  quest'autore. 

L'Hildebrand  si  sofferma  a  lungo  a  trattare  delle  variazioni  che 
danno  luogo  al  bianco,  che  egli  ritiene  il  colore  più  diffuso  perchè  tanto 
le  colorazioni  della  serie  xantica  quanto  quelle  delle  serie  cianica  ten- 
dono a  variare  verso  il  bianco.  Raggiuntasi  la  colorazione  bianca  si  ha 
una  forte  diminuzione  nella  tendenza  alia  variazione  -,  per  cui  questo 
colore  va  ritenuto  come  una  delle  tinte  più  stabili  e  più  diffuse,  tanto 
che  non  infreiiuentemente  esso  si  appalesa  nella  variazione  anche  quando 
manca  nelle  specie  tipiche  e  non  aberranti,  il  che  per  noi  è  di  alto 
interesse. 

Il  predominio  di  una  determinata  colorazione  in  una  data  famiglia 
provoca,  come  si  è  detto,  delle  variazioni  limitate  al  gruppo  cromatico 
cui  appartiene  il  colore  della  famiglia  o  tutt'al  più  si  potrà  arrivare 
fino  alia  colorazione  bianca.  A  questo  proposito  l'Hildebrand  fa  os- 
servare col  Darwin  che  solo  in  pochi  generi  si  incontrano  associati  i 
colori  delle  due  serie:  la  cianica  e  la  xantica.  Essi  citano  come  tali  i 
generi  Lìipiniis,  Poli/gala,  A/jiii/egia,  ecc. 

Come  fenomeno  interessante  l'Hildebrand  osservò  che  i  fiori  i  quali 
hanno  colori  assai  vistosi  vanno  poco  soggetti  alla  variazione,  mentre 
questa  diventa  frequente  nelle  si)ecie  a  fiori  ornati  di  tinte  alquanto  in- 
certe ed  indecise. 

Tanto  prima  che  dopo  la  comparsa  del  lavoro  dell'  Hildebrand 
molte  osservazioni  vennero  fatte  sulle  cause  che  determinano  la  varia- 
zione (diminuita  forza  vitale  [Meelian],  luce,  clima,  cause  fisiologiche 
[Lovell])  e  noi  citeremo  qui  come  assai  importanti  le  ricerche  del  Men- 
del, da  poco  soltanto  state  rimesse  in  onore,  quelle  di  Darwin,  di  De 
Vries,  di  Correns,  di  Foche  e  di    Tschermack.  Alcuni   di   iiuesti    studi 


■  L'autore  accenna  pure  a  facili  passaggi  dal  giallo  al  rosso  ed  anzi  ritiene  che 
il  rosso  passi  più  facilmente  al  giallo  che  al  bleu,  sul  quale  fatto  noi  pure  concor- 
diamo (Vedi  Tav.  XIV). 

'  Il  Klinge  fa  notare  che  talune  specie,  per  ragioni  di  mimicnj,  divoiitauo  bianche 
e  si  conservano  tali  quando  si  trovano  frammiste  a  determinati  gruppi  di  piante. 


—   115  — 

riflettono  le  colorazioni  settoriali,  a  riguardo  delle  quali  venne  data  una 
spiegazione  abbastanza  plausibile  dal  Villmorin,  mentre  altri  hanno 
avuto  di  mira  le  coloraziouL  che  insorgono  neg-li  ibridi  quando  (luesti 
derivano  da  progenitori  colorati  differentemente  l'uno  dall'altro.  Noi  non 
staremo  qui  ad  enumerare  tutti  (juanti  i  risultati  cui  sono  giunti  gli 
osservatori,  poiché  troppo  lungi  ci  porterebbe  un  tale  compito,  mentre 
poi  chiunque  può  trovare  ampiamente  discussa  la  questione  nel  lavoro 
del  De  Vries  (Mutationstheorie),  in  quelli  di  Correns  e  nella  pubbli- 
cazione che  uno  di  noi  ha  fatto  in  collaborazione  col  dott.  PoUacci 
sulle  antocianine.  Non  possiamo  però  passare  sotto  silenzio  un  feno- 
meno abbastanza  singolare  che  si  osserva  talora  nei  tentativi  di  ibri- 
dazione eseguiti  scegliendo  progenitori  fra  loro  differentemente  colorati. 
Le  ricerche  di  Mendel,  di  Correns  e  di  De  Vries  hanno  dimostrato  che 
se  si  procede  all'ibridazione  nel  senso  sopra  accennato  spesso  si  ot- 
tiene che  il  discendente  acquisti  una  colorazione  che  non  è  quella  dei 
progenitori.  Per  esempio  se  uno  dei  progenitori  ha  fiori  bianchi,  l'altro 
rossi,  l'ibrido  sorto  da  questi  può  mostrare  una  colorazione  bleu.  Il 
fenomeno  è  quanto  mai  strano  e  nello  stesso  tempo  poco  suscettibile  di 
una  rigorosa  spiegazione,  come  lo  prova  il  fatto  stesso  che  i  differenti 
autori  che  lo  studiarono  ne  hanno  date  disparatissime  interpretazioni. 
Nello  studio  sopra  ricordato  che  uno  di  noi  ha  fatto  sulle  antocianine 
essendo  arrivati  alla  conclusione  che  la  comparsa  di  questo  pigmento 
è  dovuta  probabilmente  all'intervento  di  speciali  enzimi  ossidanti,  si  è 
emessa  l'ipotesi  che  la  formazione,  nell'ibrido,  di  colorazioni  antocia- 
niclie  differenti  da  quelle  dei  progenitori  dipenda  appunto  dall'azione 
delle  ossidasi  e  dalla  costituzione  diversa  del  succo  cellulare  dei  due 
progenitori.  Supponiamo  infatti  che  uno  dei  progenitori  (A)  porti  dei 
fiori  muniti  di  corolla  bianca,  l'altro  (B)  abbia  dei  fiori  rossi  per  anto- 
cianiua.  Percliè  l'ibrido  che  ne  deriva  possa  assumere  la  colorazione 
bleu  occorre  semplicemente  che  nelle  cellule  della  corolla  bianca  del 
progenitore  A  si  trovi  un  succo  alcalino  e  fors'anco  delle  sostanze  cro- 
mogeniche. Data  questa  condizione  di  cose  la  sostanza  colorante  anto- 
cianica  del  progenitore  B  (il  quale  si  suppone  contenere  anche  il  fer- 
mento ossidante  attivo  sui  cromogeni)  verrà  ereditata  dall'ibrido,  niM 
allo  stato  dissociato,  vale  a  dire  sotto  forma  di  antocianina  bleu.  Man- 
cando 0  scarseggiando  il  succo  alcalino  non  si  avrà  la  comparsa,  nel- 
l'ibrido, di  una  colorazione  differente  da  quella  di  uno  dei  progenitori. 
Questa  idea,  per  quanto  richieda  il  controllo  dell'osservazione  di- 
retta e  sperimentale,  trova  un  forte  appoggio  in  alcune  osservazioni 
analoghe  fatte  dal  Correns,  il  quale  pure  ha  sospettato  che  i  fermenti 
compiano  un  certo  ufficio  nella  biologia  degli  ibridi,  non  potendosi  spie- 


—  no- 
mare, senza  l'intervento  degli  stessi,  il  fenomeno  singolarissimo  clie  ne- 
gli ovari  (li  questi  compaiono  spesse  volte  quelle   coloiazioni   die  sono 
liropiie  del  progenitore  maschile. 

Parimenti,  secondo  il  nostro  mudo  di  vedere,  in  alcnni  casi  (osserva- 
zioni del  Correns  sulle  Mirabilis  [V.  Bot.  Centralbl.  1902  Bd.  XX])  l'in- 
sorgere di  una  colorazione  rossa  negli  ibridi  derivati,  da  progenitori  for- 
niti di  corolle  bianche  e  gialle  ])0trebbe  diiiendere,  per  le  ragioni  sopra 
esposte,  da  una  più  intensa  ossidazione  del  jiigmento  antocianico  giallo 
analogamente  a  quanto  si  osserva  negli  idioblasti  colorati  delle  Fuma- 
riacee  (v.  in  proposito  il  lavoro  di  Zopf,  in  Bibliot.  botanica). 

Noi  non  insisteremo  ulteriormente  su  questioni  clie  hanno  solo  un 
lapporto  iudiretto  coi  nostri  studi,  per  concludere  die  dalla  ia})ida  ras- 
segna die  abbiamo  fatto  dei  fenomeni  concernenti  la  variazione  emerge 
evidentemente  die  non  si  può,  senz'altro,  accettare  la  teoria  la  quale 
vorrebbe  far  derivare  le  une  dalle  altre,  per  una  serie  non  interrotta,  le 
varie  colorazioni  fiorali  (seriazione  monofìletica)  di  guisa  che  il  verde 
ed  il  giallo  dovrebbero  ritenesi  come  i  primi  anelli  della  catena,  il  violetto 
eii  il  Ideu  gli  nltiini. 

Oppostamente  a  questa  teoria  (che  sarebbe  certamente  confortata 
<lai  risultati  dell'osservazione  diretta  qualora  l'insetto  fosse  stato  l'unico 
agente  della  evoluzione  fiorale)  i  fatti  che  noi  abbiamo  registrati  com- 
pulsando la  letteratura  dell'argomento  ci  portano  a  ritenere  che  la  filo- 
genesi cromatica  è  in  certo  qual  modo  discontinua  ed  interrotta,  poicliè 
dal  verde  (pel  tramite  talora  del  giallo)  si  può  arrivare  al  bianco,  ma 
]Hii  qui  la  variazione  suliisce  un  lirusco  arresto  nello  stesso  modo  che 
si  arresta  al  bianco  la  variazione,  pure  d'indole  regressiva,  jirocedente 
dalle  colorazioni  della  serie  cianica.  Solo  in  pochi  casi  e  jier  ragioni 
che  discuteremo  in  seguito,  la  variazione  che  dal  verde  tende  al  bianco 
può  riprendere  lena  e  determinare  il  jiassaggio  dai  colori  degradati 
verde-biancastri  ai  tiiii  di  colorazione  molto  evoluti  quali  sono  il  losso, 
il  violetto  e  il  bleu.  Con  questi  nostri  concetti,  che  redamano  di  venir 
illustrati  nelle  pagine  seguenti,  noi  faremo  rilevare  come  il  perfezio- 
namento fiorale,  ne' suoi  primordi  almeno,  non  sia  stato  motivato  dal- 
l'intervento dei  pronubi,  ma  da  cause  interne. 

Le  colorazioni  tìorali  in  rajtjtorto  col  clima  e  colla  distribnzlone 
geografica  delle  piante.  —  Anche  non  eccessivamente  in  accordo  colla 
concezione  di  un  perfezionamento  cromatico  dovuto  unicamente  all'in- 
Ihienza  dei  pronubi  sono  i  reperti  concernenti  le  colorazioni  fiorali  nelle 
varie  regioni  della  terra. 

Il  Fisch,  oppostamente  al  Jliiller  ed  in  accordo  invece  col  Keller, 
trova  che  nelle  regioni  baltiche  e  sulle  Alpi  predominano  i  colori  bianchi 


—   117   — 

{32,3  "„)>  poi  vengono  il  giallo  (28,7  7„),  il  violetto  ed  il  bleu  (21,6  7„) 
ed  infine  il  rosso  {n,5''lg).  Lo  stesso  autore  osserva  che  nella  flora  dei 
deserti  il  bleu  è  scarsamente  rappresentato,  menti-e  sono  frequenti  i 
colori  giallo-biancastri,  rossi  e  violetti. 

Il  Coupin  sostiene  che  nelle  alpi  francesi  predominano  i  colori 
gialli,  mentre  l'Pxkstam,  accennando  alle  regioni  nordiche  e  piìi  special- 
mente allo  Spitzberg,  riferisce  che  ivi  il  bianco  è  il  colore  predomi- 
nante, poi  viene  il  giallo  e  quindi  il  verde,  mentre  manca  il  bleu,  ed 
il  rosso  è  soltanto  rappresentato  nella  pi'oporzione  dell'S"/;,. 

Nel  lavoro  dell' Hildebrand  sulla  variazione  delle  colorazioni  fiorali 
si  incontrano  i  dati  relativi  alla  Lapponia,  Groenlandia,  Francia,  Ger- 
mania, Spitzberg  e  all'isola  di  Melville.  Nello  Spitzberg  la  seriazione 
è  quella  stessa  indicata  dall' Elckstam;  nella  Groenlandia  invece  sopra 
26  specie  bianche  ve  ne  ha  solo  una  bleu,  nella  Lapponia  domina  la 
seguente  seriazione:  bianco,  giallo,  rosso,  bleu,  violetto  e  verde  mentre 
per  quanto  concerne  l'isola  di  Melville  si  nota  una  lieve  dilferenza 
dovuta  al  predominio  del  giallo  sul  bianco;  in  Germania  è  ditfusissimo 
il  giallo,  poi  viene  il  bianco,  indi  il  rosso,  il  bleu,  il  violetto  ed  il  ran- 
ciato;  infine  in  Francia  si  avrebbe  come  colore  piii  diffuso  il  bianco, 
cui  terrebbero  dietro  il  giallo  e  gli  altri  colori  come  in  Germania'. 

Un  aumento  nella  proporzione  dei  fiori  bianchi  e  gialli  verso  il 
Nord  è  stato  pure  riconosciuto  dal  Lindman,  il  quale  però  fa  rilevare 
che  in  Norvegia  il  bleu  ed  il  rosso  sono  più  fortemente  rappresentati 
(bianchi  2G,  gialli  32,  rossi  42,  bleu  e  violetti  33).  Lo  stesso  autore 
trova  ancora  che  sui  monti  eccellono  il  bleu  ed  il  violetto. 

Il  Cockerell,  avendo  osservato  che  sui  monti  del  Colorado  si  ha  la 
seguente  progressione  per  quanto  concerne  la  frequenza  dei  colori  : 
verde,  giallo,  rosso,  bleu,  fa  rilevare  che  la  predominanza  del  bleu  è 
in  relazione  collo  stentato  accrescimento  delle  parti  vegetative  delle 
piante  sulle  montagne. 

Stando  alle  osservazioni  del  Kuutli,  sui  continenti  predominereb- 
bero i  colori  gialli,  bianchi  e  rossi,  sulle  isole  invece  ed  in  primavera 
sarebbero  più  frequenti  i  fiori  bleu  e  violetti.  La  ragione  di  ciò  va  ri- 
cercata, secondo  l'autore,  nella  scarsità  dei  pronubi  che  è  una  carat- 
teristica delle  regioni  insulari,  jìer  cui  i  fiori  debbono  rendersi  molto 
appariscenti  per  attirare  i  fiochi  insetti  della  località  speciale. 


'  La  questione  è  alquanto  complessa  poiché  il  Roder  ritiene  invece  che  il  bianco 
sia  il  colore  predominante  tanto  in  Francia  che  in  Germania,  mentre  il  Coupin  per  la 
flora  francese  dà  la  seguente  seriazione:  giallo  (808);  bianco  (C87);  rosso  (505);  verde 
(313);  bleu  (157);  violetto  (l'22). 


—   118  — 

Lo  Scliiibeler  ha  cercato  di  coordinare  1  fatti  in  base  alle  se- 
guenti leggi  : 

1°)  Nelle  regioni  nordiche  predomina  il  bianco.  —  Infatti  su  10 
specie  di  fiori  colorati  si  ha  la  seguente  proporzione  di  fiori  bianchi  : 
in  Germania  5,  in  Lapponia  7-S,  in  Melville-Inseln  8-9,  in  Groenlandia 
15,  nello  Spitzberg  16. 

2°)  Verso  il  Sud  aumentano  i  fiori  colorati  e  diminuiscono  i  bian- 
chi, poiché  su  10  bianchi  allo  Spitzberg  se  ne  hanno  6  colorati,  e  que- 
sta cifra  arriva  ad  8  nella  Groenlandia,  ad  11  nell'isola  di  Melville,  a 
13  in  Lapponia,  a  19  in  Germania. 

.3°)  Il  giallo  è  il  colore  più  frequente,  dopo  il  bianco,  nel  Nord, 
poi  viene  il  rosso,  mentre  assai  raro  è  il  bleu.  Il  fenomeno  risulta  evi- 
dente se  si  considera  che  su  10  fiori  gialli  a  Melville-Inseln  si  hanno 
solo  1,2  fiori  bleu  e  questi  ari  ivano  ad  1,8  in  Groenlandia,  a  2,9  in 
Lapponia,  a  3,  3  in  Germania,  ammessa  —  ben  inteso  —  sempre  ira- 
mutata  la  proporzione  sopra  indicata  dei  fiori  gialli. 

Lo  Schiibeler  afferma,  non  sappiamo  con  quanto  fondamento,  che  i 
fatti  osservati  sono  in  accordo  col  principio  della  fecondazione  incro- 
ciata per  mezzo  dei  pronubi,  poiché  tanto  più  si  va  verso  il  Nord  al- 
trettanto più  scarsi  diventano  gli  insetti  ed  in  conseguenza  debbono 
primeggiare  quelle  colorazioni  fiorali  che  valgono  ad  allettarli. 

Da  ultimo  noi  ricorderemo  ancora  che  secondo  lo  Scliomburg  la 
flora  dell'Australia  del  Sud  è  caratterizzata  dal  predominio  dei  colori 
gialli,  ma  intanto  faremo  parimenti  rilevare  che  il  lavoro  di  quest'au- 
tore si  presta  a  non  poche  obbiezioni. 

Emerge  dai  fatti  esposti  che  iielle  regioni  nordiche  tendono  a  farsi 
più  frequenti  i  colori  bianchi,  mentre  in  quelle  temperate  e  calde  pri- 
meggiano i  coloi'i  vivi  quali  sono  il  rosso,  il  violetto  ed  il  bleu.  Tutti 
quanti  gli  autori  (Hildebraiid,  Knuth,  Lubbock,  Joly,  Verholf,  ecc.)  hanno 
messo,  come  si  è  detto,  il  fenomeno  in  rapporto  colla  scarsità  dei  pro- 
nubi che  é  la  caratteristica  delle  desolate  regioni  nordiche,  ma,  a  no- 
stro parere,  questa  non  deve  essere  la  sola  causa,  non  potendosi  negare 
r  influenza  di  altri  fattori,  come  giustamente  sostengono  anche  il  Sar- 
gnon  e  l' Herwey. 

Egli  è  ceito  ciie  prendendo  unicamente  in  considerazione  gli  in- 
setti, talune  variazioni  di  colorazione  che  .si  verificano  in  differenti  re- 
gioni '  riescono  diffìcili  ad  interpretarsi,  nello  stesso  modo  die   non  si 


'  Il  Bennet  studiaiiJo  comiiarativamenfe  la  flora  iirimaverile  dell' Iiigbilterra  e 
della  Svizzera  trovò  che  nella  prima  si  ha  la  seguente  seriazione  di  colori:  2(>  "/„  bianchi, 
IT»/,,  gialli,  il  "lo  bleu  e  violetti,  9"!^  verdi  e  5  "/(,  rossi,  mentre  nella  Svizzera  su 
cento  fiori  se  ne  riscontrano  18  bianchi,  10  rossi,  8  bleu,  1  verde,  le  quali  difterenze 
non  si  possono  spiegare  che  ammettendo  l'intervento  di  influenze  climatiche. 


—   119  — 

può  spiegare  collo  stesso  criterio  il  fatto  che  i  fiori  di  pianura  portati 
sui  monti  acquistano,  già  nel  primo  anno  di  dimora  nella  nuova  sta- 
zione, una  colorazione  più  viva  (vedi  i  lavori  di  Musset,  Haeckel  e 
Bonnier). 

Influenza  delle  stagioni  snlle  colorazioni  florali.  —  Il  nostro  as- 
serto appare  ancora  piìi  manifesto  se  si  consultano  quei  pochi  lavori 
che  si  hanno  sulle  colorazioni  fiorali  in  rapporto  alle  differenti  stagioni. 
Importantissime  osservazioni  vennero  fatte  a  questo  riguardo  dall'Hil- 
debranii  che  segnalò,  fra  l'altro,  come  la  Lychnis  vespertina  varii  di  co- 
lorazione a  seconda  delle  stagioni  in  cui  avviene  l' impollinazione.  Si 
volle  attribuire  il  fenomeno  alla  presenza  di  diiferenli  pronubi  nelle 
diverse  stagioni,  ma  è  certo  che  una  tale  ipotesi,  per  quanto  seducente, 
è  assai  speciosa  e  richiede  di  essere  convalidata  da  uno  stuiUo  un  pò 
accurato  del  fenomeno. 

Secondo  il  Drnmnìond,  in  Aprile,  Maggio  e  Giugno  predominano,  ad 
Ontario  e  Quebeck,  i  fiori  bianchi,  in  Luglio  compaiono  anche  numerosi 
i  gialli  associati  ai  bianchi;  in  Agosto  i  gialli  assumono  il  sopravento, 
ed  infine  in  Settembre  ed  Ottobre  diventano  predominanti  i  rossi  e  bleu. 
La  stessa  seriazione  intravvide  il  Clarke,  il  quale,  in  base  appunto 
ad  un  tale  reperto,  formulò  il  principio,  tutt'altro  che  sicuro  secondo 
noi,  del  perfezionamento  ciclico  dei  fiori,  grazie  la  quale  le  colorazioni 
fiorali  diventerebbero  sempre  più  evolute  (nel  senso  biologico)  dalla 
primavera  all'autunno  '. 

Fra  i  pochi  autori  che  hanno  trattato  il  fenomeno  delle  colorazioni 
fiorali  dal  punto  di  vista  fenologico  merita  ancora  di  essere  segnalato 
il  Natoli,  che  a  riguardo  della  flora  ticinese  trovò  la  seguente  se- 
riazione : 


Colori  dei  fiori 

Primavera 

Estate 

Autunno 

Inverno 

giallo 

199 

242 

43 

2 

bianco 

150 

222 

21 

5 

verde 

45 

44 

10 

0 

rosso 

65 

61 

11 

0 

violetto 

35 

53 

7 

0 

azzurro 

74 

72 

12 

0 

porpora 

65 

76 

9 

2 

rosa 

63 

71 

5 

0 

'  Ancora  meno  attendibile  ci  sembra  l'affermazione  del  Biichau  il  quale  ammette 
che  le  colorazioni  fiorali  si  presentino  nel  decorso  deirauuo  secondo  l'ordine  stesso  con 
cui  appaiono  i  colori  dell'arcobaleno,  troppe  essendo  le  eccezioni  che  si  incontrano  al- 
lorché si  corca  di  applicare  un  tale  principio. 

Atti  dell'Ut.  Boi.  dell' Università  di  Pai-ia  —  II  Serie  —  Voi.  X.  10 


—   120  — 

Da  ultimo  licordeiemo  ancora  il  Robertson  che  per  mezzo  di  adatti 
diaframmi  sarebbe  riuscito  a  mettere  in  evidenza  che  la  predominanza, 
nei  dift'ei'enti  mesi  dell'anno,  di  determinati  colori  fiorali  è  in  correla- 
zione colla  presenza  di  speciali  insetti  pronubi,  nello  stesso  modo  che 
l'area  di  distribuzione  dM' Aconilam  è  legata  alla  distribuzione  geogra- 
fica dei  Bombits  (vedi  Kronfeld  in  Botan.  .Talirb.  f.  System,  ecc.,  Bd.  XI 
pag.  ]',)).  Disgraziatamente  noi  non  abbiamo  potuto  avere  sott'occlii  il 
lavoro  del  Robertson,  per  cui  non  siamo  in  grado  di  fare  alcun  apprez- 
zamento in  merito  alle  sue  osservazioni. 

Dal  complesso  di  pochi  dati  non  è.  possibile  ileiliirre  una  legge  e 
tanto  meno  stabilire  che  la  successione  dei  colori  nelle  varie  stagioni 
sia  in  relazione  colla  presenza  di  una  determinata  categoria  di  insetii, 
la  maggior  parte  dei  qiudi  poi,  come  si  sa,  non  è  legata  ad  uno  spe- 
ciale colore  fiorale.  Tutfal  piii  è  lecito  atfermare  che  la  predominanza 
dei  colori  bianchi  in  pidmavera  dipenda  dalla  circostanza  che  le  piante 
a  fiorituia  jìrecoce  a[)partengono  alla  categoria  delle  specie  alpine  o 
nordiche  (Harshberger)  le  quali,  come  si  è  detto  sopra,  sono  prevalen- 
temente bianche.  Ma  non  è  questa  la  sola  causa,  e  d'altra  parte  poi  non 
si  può  assolutamente  spiegare  con  un  tale  criterio  il  fenomeno  della 
più  precoce  fioritura  dei  fiori  bianchi  di  Neriinn,  Croctts,  S//rinr/a,  la 
quale  talora  precede  di  una  settimana  la  comparsa  dei  fiori  colorati 
della  stessa  specie  (Hoffmanii).  In  conseguenza  è  d'uopo  confessare  che 
le  cause  delle  colorazioni  fiorali  in  relazione  colle  stagioni  debbono  es- 
sere molteplici  e  complesse. 

Il  [iroblema  è  veramente  grandioso  e  seducente,  ma  la  sua  soluzione 
potrà  dirsi  definitiva  quando  si  sarà  fatto  uno  studio  accurato  dei  sin- 
goli fattori  che  colla  vicenda  delle  stagioni  possono  influire  sulla  colo- 
razione fiorale. 

Infliieuza  della  stazione  .sulle  colorazioni  florali.  —  Senza  dub- 
bio la  stazione  in  cui  vive  la  pianta  deve  spiegare  anche  a  sua  volta 
una  cert.-i  influenza  sulla  colorazione  dei  fiori,  ma  per  quanto  concerne 
quest'argomento,  oltre  ai  lavori  citati  trattando  delle  influenze  clima- 
tiche non  ci  fu  dato  di  riscontrare,  come  degne  di  menzione,  che  le 
osservazioni  di  Coupin  e  quelle  di  Rogers. 

Il  Coupin,  che  si  è  occupato  esclusivamente  della  flora  francese, 
trovò  che  nei  boschi,  nei  luoghi  umidi  e  sulle  sponde  del  mare  predo- 
mina il  verde  (142  specie),  poi  viene  il  bianco  (109  specie),  il  rosso 
(62),  il  bleu  (IO)  ed  infine  il  violetto  (8),  mentre  l'opposto  avviene  nei 
luoghi  secchi  (montagne,  campi,  roccie)  predominando  ivi  il  bianco 
(442  specie),  cui  seguirebbe  il  rosso  (362  specie),  poi  il  verde,  il  bleu 
ed  il  violetto.   Dal  complesso  dei  suoi  risultati  emergerebbe  il  fatto  di 


—   121   — 

non  poca  importanza  (qnando  non  sia  una  semplice  accidentalità)  clie 
la  grafica  rappresentante  l'ordine  di  frequenza  con  cui  si  presentano  i 
colori  nella  flora  francese  corrisponderebbe  alla  grafica  dell'  intensità 
luminosa  spettrale. 

Il  Rogers  osserva  pure  che  nei  luoghi  boschivi  predomina  il  bianco 
oppure  si  hanno  dei  fiori  pallidamente  gialli  o  bluastri,  mentre  all'op- 
posto è  scarso  il  porporino  e  manca  quasi  del  tutto  il  rosso.  Lo  stesso 
autore  fa  inoltre  rilevare  che  molti  fiori  di  bosco,  prevalentemente 
bianchi,  giallo-pallidi  o  bleu-pallidi,  portati  all'aperto  diventano  rossa- 
stri 0  acquistano  delle  altre  ùnte  vivaci. 

Si  potrebbero  ancora  ricordare  i  lavori  del  Miiller,  di  Bonnier  e  di 
altri  autori  sulla  floia  delle  Alpi,  poiché  sarebbe  dagli  stessi  stato  as- 
sodato che,  sia  a  causa  della  più  intensa  illuminazione,  sia  per  il  freddo 
e  per  la  scarsità  dei  pronubi,  i  fiori  alpini  si  contraddistinguono  per 
una  grande  vivacità  di  tinte.  Noi  tuttavia  non  crediamo  di  dover  insi- 
stere su  questi  lavori,  non  essendo  i  botanici  concordi  a  riguardo  delle 
colorazioni  pi  edominanti  nelle  piante  alpine,  che  per  taluni  sarebbero 
il  rosso  ed  il  violetto,  per  altri  solo  quest'ultimo,  per  altri  il  bianco,  e 
via  dicendo. 

*  # 

In  poche  pagine  noi  abbiamo  cercato  di  riassumere  quanto  di  più 
importante  è  stato  scritto  sulla  biologia  fiorale  e  sull'evoluzione  degli 
apparati  di  fecondazione  in  rapporto  coi  difi'erenti  colori  del  fiore  e  colla 
morfologia  del  perianzio. 

Il  complesso  dei  fenomeni  osservati  fa  sorgere  a  primo  aspetto 
l'idea  che  l'evoluzione  filogenetica  delle  colorazioni  fiorali,  sia  per  sé 
stessa,  sia  in  correlazione  coU'evoluzione  morfologica  (numerica  e  di 
simmetria)  del  fiore,  dipenda  unicamente  dalle  visite  degli  insetti,  ai 
più  intelligenti  dei  quali  sarebbero  riservati  i  fiori  più  evoluti. 

Ma  dallo  studio  delle  variazioni  cromatiche,  come  si  vedrà  nelle 
pagine  seguenti,  noi  abbiamo  concepita  l'ipotesi  che  la  filogenesi  delle 
colorazioni  fiorali  non  sia  tanto  semplice  come  appare  ad  un  esame  su- 
perficiale della  questione,  né  si  possano  far  derivare  le  une  dalle  altre 
per  una  serie  filogenetica  continua  e  ininterrotta  (filogenesi  monotìle- 
tica)  le  varie  colorazioni  fiorali.  All'opposto  faremo  rilevare  che  l'evo- 
luzione è  in  certo  qual  modo  frazionata  o  per  meglio  dire  si  compie 
secondo  due  direzioni  (filogenesi  polifiletica)  l'una  delle  quali  sarebbe 
caratterizzata  dalla  predominanza  dei  colori  della  serie  xantica,  l'altra 
da  quelli  della  serie  cianica.  Queste  due  direzioni  di  evoluzione  avreb- 


—  122   — 

bero  un  tratto  comune  nel  bianco  che  sarebbe  come  l'anello  di  congiun- 
zione fra  i  (lue  ti[ii  evolutivi. 

Un  tale  reperto  mal  si  concilia  colla  dottrina  dominante  che  vor- 
rebbe collegare  il  perfezionamento  fiorale  esclusivamente  all'azione  dei 
pronubi,  per  quanto  la  grandiosa  influenza  da  questi  spiegata  non  possa 
essere  disconosciuta. 

E  d'uopo  quindi  ammettere  che  altri  fattori  oltre  gli  insetti  abbiano 
più  0  meno  contribuito  a  dare  ai  fiori  l'assetto  attuale  ed  è  questo  con- 
cetto che  noi  abbiamo  cercato  di  seguire  allorché  si  è  fatto  rilevare 
come  a  seconda  delle  stazioni,  dei  mesi  dell'anno,  della  distribuzione 
geografica  e  via  dicendo,  i  fiori  si  presentino  variamente  colorati  e  le 
variazioni  di  tinta  possano  manifestarsi  con  estrema  rapidità,  come 
venne  osservato  dal  lleehan. 

Persuasi  che  la  verità  in  merito  al  grandioso  problema  biologico 
solo  riescila  manifesta  quando  si  saranno  accumulati  fatti  su  fatti  e  si 
saranno  vagliate  le  osservazioni  con  criteri  spassionati,  noi  ci  siamo 
indotti  a  rendere  di  pubblica  ragione  le  seguenti  nostre  ricerche  colle 
(inali  si  è  tentato  di  studiare  separatamente,  per  quanto  era  possibile, 
l'azione  di  alcuni  di  (juei  fattori  che  hanno  concorso  cogli  insetti  a  mo- 
dificare la  forma  e  le  colorazioni  fiorali. 


Capitolo  IL 
.Metodo  (li  studio. 

Nelle  pi'esenti  ricerche  ci  siamo  proposti  di  esaminare  se  l'evolu- 
zione del  fiore  sia  subordinata  ad  altri  fattori  oltre  a  quello  dell'im- 
pollinazione per  mezzo  di  pronubi  più  o  meno  intelligenti,  e  se  inoltre 
vi  abbia  un  qualche  rapporto  tra  l'evoluzione  fiorale  (morfologica  e 
cromatica)  e  la  stazione  in  cui  la  pianta  vive,  i  mesi  in  cui  essa 
tìoiisce. 

Per  condurre  a  termine  un  tale  lavoro,  l'unica  via  da  seguire  sa- 
rebbe stata  quella  di  studiare  sul  vivo  la  flora  di  un  determinato  paese 
notando  diligentemente  l'epoca  della  fioritura  e  la  colorazione  del  fiore 
di  ogni  singola  specie,  tenendo  conto  della  sua  costituzione  (zigomor- 
fismo  ed  actinomorfi'^mo,  gamopetalia  e  dialipetalia)  ed   osservando  in- 


—  123  — 

fine  se  la  pianta  in  questione  vive  in  luoghi  aperti  od  ombrosi,  in  siti 
pili  0  meno  umidi  od  asciutti,  sui  monti  o  nella  pianura  e  via  dicendo. 

Colla  scorta  di  questi  documenti  non  si  potrebbe  fare  a  meno  di 
arrivare  a  conclusioni  importantissime  per  la  biologia  fiorale  e  senza 
dubbio  i  risultati  che  verrebbero  per  tal  guisa  in  luce  addimostrereb- 
bero, osiamo  crederlo,  in  modo  indiscutibile  che  l'evoluzione  del  fiore 
non  è  legata  esclusivamente  all'intervento  dei  pronubi. 

Disgraziatamente  un  lavoro  rigoroso  di  questo  genere  non  è  stato 
.ancora  fatto  né  è  lecito  sperare  nella  sua  attuazione  che  richiede,  per 
parte  del  botanico,  anche  un  corredo  non  indifferente  di  pazienza,  di 
perseveranza  e  di  sagacia. 

Compresi  delle  dif&coltà  che  ad  un  tale  studio  si  oppongono,  noi  abbia- 
mo battuto  una  via  più  facile,  sebbene  forse  meno  sicura,  per  raggiungere 
il  nostro  intento.  Scelta  per  argomento  di  studio  la  flora  tedesca  come 
quella  che  venne  illustrata  da  più  di  un  autore  con  belle  tavole  a  co- 
lori (Reichenbach,  Schlechtendal  ed  Hallier,  ecc.)  abbiamo  tenuto  conto 
della  forma,  della  colorazione  e  della  costituzione  di  ogni  singolo  fiore 
della  stessa,  desumendo  i  caratteri  sopra  citati  sia  dalle  descrizioni  che 
ne  diedero  gli  autori,  sia  dall'osservazione  diretta,  sia  dall'esame  delle 
tavole  colorate,  sia  infine  dai  ricordi  e  dalle  cognizioni  personali.  Ciò 
fatto  abbiamo  messo  a  confronto  i  caratteri  sopra  citati  colie  condizioni 
biologiche  imperanti  sulla  pianta,  allo  scopo  di  poter  stabilire,  ad  esem- 
pio, quante  volte  una  data  colorazione  si  presenti  nei  fiori  actinomorfi, 
zigomorfi,  dialipetali  o  gamopetali  e  quante  volte  un  determinato  ca- 
rattere desunto  dalla  natura,  ad  esempio,  del  colore  o  della  struttura 
fiorale  o  di  entrambi  ad  un  tempo  si  presenti  nelle  piante  che  vivono 
in  condizioni  difterenti,  cioè  nell'acqua,  nei  luoghi  umidi,  nei  prati,  nei 
boschi,  nei  pascoli  alpini,  sulle  roccie,  ecc.  o  vegetano  iu  differenti 
epoche  dell'anno. 

Le  conclusioni  cui  si  tendeva  di  arrivare  non  avrebbero  potuto 
tuttavia  presentare  una  certa  importanza  se  prima  non  si  fosse  cono- 
sciuto quali  colorazioni  predominano  nella  flora  tedesca  e  la  percentuale 
con  cui  i  differenti  colori  sono  reperibili  nei  vari  tipi  di  piante  e  nelle 
varie  famiglie  e  come  infine  gli  stessi  si  trovino  variamente  fra  loro 
associati.  Noi  ci  siamo  pertanto  fermati  anche  su  questi  argomenti  e 
più  di  una  tavola  è  stata  destinata  ad  illustrarne  i  risultati. 

Il  nostro  procedimento  non  si  sottrae,  a  primo  esame,  all'obbie- 
zione che  i  colori  fiorali  sono  variabili,  ma  a  questo  riguardo  noi  os- 
serviamo, coll'Hildebrand,  che  essi  costituiscono,  all'opposto,  dei  reperti 
di  una  notevole  costanza  e  fissitcì,  per  cui  le  variazioni  possono  influire 
soltanto  in  misura  molto  lieve  sui  risultati. 


—   124  — 

Un'altra  e  più  jrrave  obbiezione  si  è  quella  che  le  tavole  a  colori 
ili  rado  lispeccliiano  la  vera  e  genuina  tinta  del  fiore,  essendo  spesso  i 
colliri  riprodotti  alquanto  alterati  in  i-apporto  al  subbiettivismo  perso- 
nale dell'artista  '. 

Ciò  nondimeno  faremo  osservare  che,  dato  il  grande  numero  dei 
fiori  studiati  e  la  prudente  scelta  dei  colori  che  abbiamo  fatta,  l'errore 
non  si  è  presentato  cosi  grave  come  a  prima  vista  parrebbe  dovesse 
succedere.  I  risultati  che  ne  emersero  ne  sono  la  prova  più  convin- 
cente. 

Certo  si  è  che  conclusioni  molto  rigorose  si  sarebbero  ottenute, 
dall'esame  diretto  dei  fiori  vivi  perchè  si  sarebbe  potuto  registrare  an- 
che le  più  piccole  variazioni  di  forma  e  di  coloraz  one  del  filloma  fio- 
rale, il  che  mal  si  laggiunge  coU'esame  di  tavole  colorate  e  colla  let- 
tura di  sommarie  descrizioni,  ma  ciò  non  esclude  che  anche  col  nostro 
metodo  non  si  possa  arrivare  a  conclusioni  che,  se  non  assolutamente 
rigorose,  si  presentino  jier  lo  meno  attendibili. 

La  fiora  tedesca,  quale  ci  viene  ad  esempio  rappresentata  dall'opera 
di  Schlechtendal  ed  Hallier,  comprende  circa  3000  specie  fornite  di  fiori 
tipici,  delle  quali  circa  1200  portano  dei  fiori  a  corolla  ilialipetala 
actinomorfa,  4-50  dei  fiori  a  corolla  dialipetala  zigomorfa,  700  dei  fioii 
gamopetali  actinomorfi  ed  infine  600  circa  con  fiori  a  corolla  gamope- 
tala zigomorfa. 

Lo  studio  venne  fatto  su  queste  piante,  essendo  state  escluse  dal 
computo  (pielle  famiglie  che,  come  le  Graminaceae,  Cyperaceae,  ecc., 
ci  lasciano  in  dubbio  sulla  natura  dei  loro  involucri  fiorali,  poiché  no- 
stro intedimento  eia  quello  di  esaminare  unicamente  quelle  piante  che 
portano  dei  fiori  nei  quali  è  chiaramente  distinta  una  corolla  o  per  lo 
meno  un  perianzio  tipico. 

Per  limitare  il  più  che  fosse  possibile  lo  studio,  si  è  anche  avuto 
cura  di  prendere  in  considerazione  unicamente  le  colorazioni  del  pe- 
rigonio e  della  corolla  poiché  in  caso  contrario,  vale  a  dire  se  si  fosse 
tenuto  conto  anche  delle  colorazioni  localizzate  sulle  brattee,  sugli  sta- 
mi, sugli  ovari  ecc  ,  si  sarebbe  complicato  ed  esteso  notevolmente  il 
problema  con  grande  pregiudizio  —  forse  —  dei  risultati.  Con  ciò  noi 
siamo  ben  lontani  dal  voler  affermare  che  uno  studio  il  quale  abbracci 
tutti  quanti  gli  organi  fiorali  e  quelli  vicarianti,  extrafiorali,  di  adesca- 
mento non  possa  riuscire  di  grande  utilità;  solo  riteniamo  che  il  me- 
desimo reclami  un  procedimento   quanto   mai  cautelato  e  guardingo  se 


'  A  questo  errore  d  .■!  resto  è  difficile  sottrarsi  anche  coll'osservazione  diretta  dei 
fiori,  essendo  sempre  la  interpretazione  dei  colori  affatto  soggettiva. 


—  125  — 

(leve  arrivare  a  conclusioni  pratiche  circa  le  leggi  che  regolano  l'evo- 
luzione degli  ajiparati  di- riproduzione  e  di  adescamento. 

Per  quanto  riguarda  i  colori  fiorali  noi  siamo  partiti  dal  concetto 
che  la  classificazione  att.ialmente  in  uso,  la  quale  stabilisce  una  serie 
di  colori  ossidati  ed  un'altra  di  colori  disossidati  (Schiibeler),  oppure 
quella  di  una  serie  cianica  e  di  un'altra  xautica  stabilite  dal  De  Can- 
dolle  allo  scopo  di  distinguere  i  colori  giallo-aranciati  da  quelli  rossi, 
bleu  e  violetti,  non  siano  del  tutto  prive  di  mende  e  perciò  non  sempre 
applicabili. 

Il  concetto  pertanto  che  ha  informato  il  nostro  studio  è  stato  quella 
che  ha  p^r  base  fondamentale  l'origine  dei  colori  fiorali  stessi. 

I  colori  fiorali  non  si  presentano  come  un  aggruppamento  di  ele- 
menti fra  loro  concatenati  da  una  certa  afiìnità,  ma  bensì  come  entità 
differenti,  non  sempre  paragonabili  fra  loro,  come  purtroppo  hanno  af- 
fermato alcuni  dei  nostri  predecessori.  Infatti  il  color  bianco  è  dato  ' 
dall'aria  racchiusa  negli  spazi  intercellulari  del  parenchima  del  perian- 
zio; il  vei-de  è  dovuto  alla  presenza  di  cloroplasti  ;  il  giallo,  l'ai-anciato 
e  talune  colorazioni  rosse  alla  comparsa  di  speciali  plastidi  (cronioplasti), 
mentre  all'opposto  il  rosso,  il  bleu  ed  il  violetto,  salvo  qualche  caso  in 
cui  si  mostrano  fissati  su  speciali  plastidi  o  granuli,  dipendono  dalla 
comparsa,  nell'interno  delle  cellule,  di  un  succo  colorato  dall'antocia- 
nina.  Questa  sostanza,  secondo  le  moderne  teorie  chimiche  e  le  nostre 
particolari  vedute,  si  presenterebbe  di  colore  bleu  o  violetto  allorché  è 
più  0  meno  dissociata  nei  suoi  joni.  rossa  nel  caso  opposto.  Non  si  può 
tuttavia  negare  che  eccezionalmente  si  possono  avere  anche  dei  succili 
gialli  di  dubbia  natura  oppure  dei  succhi  rossi,  bleu  o  violetti  dovuti 
a  sostanze  che  non  lianno  alcun  rapporto  colle  antocianine. 

In  omaggio  a  queste  considerazioni  e  per  agevolare  le  ricerche,  noi 
abbiamo  stabiliti  i  seguenti  tipi  di  tinte  fiorali:  l.--  verde,  dovuta  ai 
cloroplasti;  2.-''  gialla  (comprendendo  nella  stessa  anche  l'aranciato  e 
l'aranciato-rossastro),  dipendente  da  plastidi  (cromoplasti)  derivanti 
dalla  metamorfosi  di  cloroplasti  (salvo  rare  eccezioni);  'ò.^  bianca,  di- 
pendente esclusivamente  dall'aria  racchiusa  negli  spazi  intercellulari; 
4.*  rossa  (comprendendovi  il  porpora  ed  il  roseo),  5.=-  violetta  (com- 
lirendendovi  il  lilla),  6.-'  bleu  (compresovi  l'azzurroj,  tutte  tre  dovute 
a  pigmenti  disciolti  per  lo  più  antocianici,  e  finalmente  la  7.-'  bruna, 
dovuta  probabilmente  alla  comparsa  di  masse  tanniche  più  o  meno  mo- 
dificate. 

All'obbiezione  che  taluni  potrebbero  muovere,  di  aver  noi  trascu- 
rato di  prendere  in  considerazione  alcune  tinte  come  il  rosa,  il  por- 
pora, ecc.  che  pure   hanno  una  larga   parte   nella   biologia   fiorale,   ri- 


—  126  — 

spondiamo  clie  molti  di  questi  colori  (porpora,  rosa)  non  sono  ciie  insi- 
gnificanti gradazioni  dell'uno  o  dell'altro  di  quei  colori  che  abbiamo 
scelti  per  lo  studio,  ojipure  le  tinte  omesse  entrano  nel  quadro  dei  tipi 
di  colorazione  sui  quali  abbiamo  fondato  tutto  quanto  lo  studio  e  che 
hanno  il  loro  fondamento  o  nella  dissociazione  dei  joni  o  nella  natura 
figurata  o  meno  del  pigmento  o  nell'aria  raccliiusa  negli  spazi  intercel- 
lulari e  via  dicendo.  Il  Coupin  adotta  33  colori  ma  un  tale  sistema 
complica  eccessivamente  le  osservazioni. 

Stabiliti  i  tipi  di  colorazione  da  prendersi  in  esame  noi  li  abbiamo 
di  poi  oi'ientati  in  .serie  disponendoli  nel  seguente  modo: 

1."  verde,  2."  (/ialìo.  3."  bianco,  A."  rosso,  h."  violetto,  6.°  bleti,   Imbruno. 

Questa  disposizione  non  è  stata  scelta  a  caso  ma  ci  venne  ispirata 
dalle  condizioni  fisiologiche,  istologiche  e  chimiche  che  sono  inei'enli 
alla  colorazione  fiorale  stessa,  inqaantodiè  dal  verde,  per  graduale 
scomparsa  della  clorofilla  si  arriva  al  giallo  (dovuto  alla  persistenza 
della  xantofilla,  dell'eziolina  o  carotina,  ecc.);  da  questo  o  da  entrambi, 
in  seguito  alla  scomparsa  totale  del  pigmento,  si  ha  il  bianco  ';  dal 
bianco,  quando  nelle  cellule  esistono  dei  fermenti  ossidanti  e  delle  so- 
stanze ossidabili  capaci  di  dare,  sotto  l'azione  dei  primi,  le  antocianine 
(vedi  Buscalioni  e  Poliacci:  Le  Antocianine  ecc.),  si  sostituisce  il  rosso 
e  questo  infine  dissociandosi  più  o  meno  completamente  dà  il  violetto 
ed  il  bleu.  Il  bruno  —  assai  raro  nei  fiori  —  forma  un  colore  a  sé, 
non  avente  raiiporto  alcuno  con  quelli  testé  indicati.  Vedrenn»  più  tardi 
nelle  conclusioni,  quando  cioè  si  parlerà  della  filogenesi  dei  colori 
fiorali,  l'importanza  del  nostro  ordinamento  e  della  classificazione 
adottata. 

Le  colorazioni  fiorali  sono  tuttavia  di  rado  semplici:  per  lo  più, 
0  almeno  molto  si>esso,  ogni  fiore  ha  un  jìerianzio  variamente  colorato 
nelle  differenti  parti  e  non  infrequentemente  poi  si  incontrarono  delle 
macchie  o  strie  che  spiccano  in  modo  evidente  sul  tono  fondamentale 
dell'involucro  fiorale.  Orbene,  anche  di  queste  peculiari  disposizioni  — 
cioè  delle  associazioni  cromatiche  —  si  è  tenuto  conto,  e  noi  non  ab- 
biamo mancato  di  catalogare,  per  quanto  era  possibile,  tutte  le  colora- 
zioni che  ornano  i  ditferenti  fiori. 

Coi  dati  che  ci  vennero  offerti  dall'esame  di  ogni  singolo  fiore 
della  flora  tedesca  si  sono  di  poi  costruite  delle  curve  grafiche,  talune 
delle  quali  ci  indicano   qual'è   la  proporzione    dei    colori  semplici   che 


'  Talora  il  bianco  deriva  da  scomparsa  di  altri  pigmenti,  ma  questi  casi  nou  sono 
molto  frequenti. 


—   127  — 

dominano  nelle  ditferenti  condizioni  biologiciie  del  fiore  o  nei  differenii 
stati  evolutivi  del  medesimo;  altre  invece  ci  danno  la  {iroporzione 
con  cui  —  sempre  nelle  stesse  condizioni  di  cose  —  i  vari  colori  fio- 
rali si  presentano  fra  loro  associati  (associazioni  cromatiche  dei  fiori  po- 
licromatici) ;  alcune  graficlie  infine  esprimono  la  frequenza  assoluta  delle 
varie  colorazioni,  tenuto  conto  tanto  dei  colori  semplici  quanto  delle 
associazioni  cromatiche. 

Nelle  nostre  ricerche  noi  abbiamo  esaminato  innanzitutto  le  colo- 
razioni semplici  e  le  associazioni  cromatiche  della  flora  tedesca  presa 
nella  sua  totalità'  e  prescindendo  dai  caratteri  fiorali  e  dai  rap- 
porti sistematici,  quindi  siamo  passati  ad  analizzare  in  quale  pi'opor- 
zione  tali  colorazioni  si  presentano  nelle  difterenti  famiglie  e  classi  di 
cui  è  ricca  la  flora  tedesca  ed  a  seconda  dei  diversi  tipi  morfologici 
fiorali  (dialipetalia  e  gamopetalia,  actinomorfismo  e  zigomorfismo);  ciò 
fatto  si  è  cercato  di  stabilire  quali  colorazioni  predominano  a  seconda 
che  la  pianta  vive:  1")  nelle  acque  marine,  nelle  saline,  2")  nelle  ac- 
que dolci,  3°)  nelle  paludi,  4°j  nei  luoghi  umidi,  5°)  nei  boschi,  G°)  nei 
prati,  7'')  nei  luoglii  soleggiati,  8")  sui  ruderi  o  sulle  rupi,  9°)  nei  pascoli 
alpini  ;  infine  abbiamo  anche  avuto  cura  di  segnalare  quali  sono  i  co- 
lori predominanti  nei  differenti  mesi  dell'anno. 

Evidentemente  il  metodo  seguito,  per  le  ragioni  sopra  esposte  e 
pel  fatto  ciie  parecchi  fattori  possono  agire  ad  un  tempo  sul  fiore 
che  si  considera,  non  è  scevro  di  errori,  ma  ciò  non  di  meno,  siccome 
il  medesimo  ci  ha  dato  dei  risultati  che  reputiamo  attendibili,  abbiamo 
creduto  opportuno  di  rendere  di  pubblica  ragione  questo  primo  tenta- 
tivo, nella  speranza  che  altri  venga  indotto  ad  estendere  le  nostre  os- 
servazioni ed  il  nostro  metodo  alle  flore  di  altri  paesi,  studiando  però 
possibilmente  sul  vivo  le  caratteristiche  fiorali.  Ed  invero  solo  con  un  tale 
sistema  si  potrà  arrivare  un  giorno  sia  a  stabilire,  per  ogni  paese, 
quali  sono  i  colori  fiorali,  diremo  cosi,  nazionali;  sia  a  rilevare  la  mag- 
gior parte  delle  cause  che  hanno  provocato,  assieme  agli  insetti,  le 
particolari  modificazioni  di  struttura  e  le  peculiari  colorazioni  dei  fiori 
di  ogni  distretto  floristico. 


'  Come  si  è  precedentemente  avvertito,  furono  escluse  dal  computo   le  famiglie 
aventi  fiori  incompleti,  quali  :  Graminaceae,   Cijpcraceae,  ecc. 


128  — 


Capitolo  III. 


Colorazioni  predoni  inaliti 
nella  flora  tedesca  in  rapporto  coi  vari  tipi  fiorali. 

(Tav.  XIII,  XIV  e  XV). 


Tav.  XIII. 


Tanto  nel  caso  clie  si  esaminino  i  fiori  monocromatici  quanto  in 
quello  che  si  tenga  conto  delle  ditì'erenti  associazioni  cromatielie  clie  jios- 
sono  presentarsi  nei  fiori  policromatici,  si  nota  clie  il  colore  meno  rap- 
presentato nella  flora  tedesca  (Tav.  XIII,  fig.  8)  è  il  bruno.  A  questo  ten- 
gono dietro,  in  ordine  ascendente,  il  blen,  il  violetto,  il  verde,  il  rosso 
ed  infine  il  bianco  ed  il  giallo.  Lo  stesso  diagramma  si  ottiene  se  si 
prendono  in  considerazione  soltanto  i  fiori  monocromatici,  ma  le  di- 
stanze fra  taluni  colori  (p.  es.  rosso  e  verde)  restano  lievemente  va- 
riate. Ben  diversamente  andrebbe  la  cosa  se  si  facessero  entrare  nel 
computo  anche  quei  fiori  che  non  sono  muniti  di  una  vera  corolla  o  di 
un  perianzio,  ma  si  presentano  involucrati  da  brattee,  dei  quali  noi  non 
ci  siamo  occupati. 

Rileviamo  intanto  qui  il  fatto  che  il  violetto,  il  quale  è  pili  disso- 
ciato del  rosso  e  meno  del  bleu,  occupa  precisamente  una  posizione  in- 
termedia fra,  questi  due  colori. 

Se  prendiamo  ora  a  considerare  unicamente  quei  fiori  che  sono 
screziati  di  parecchi  colori  (fiori  policromatici)  troviamo  che  il  bruno 
entra  pochissimo  in  combinazione.  Un  pò  di  piii  si  combina  il  bleu  men- 
tre il  verde  ed  il  violetto  sono  pressoché  associati  nella  stessa  propor- 
zione con  altri  colori.  Il  massimo  dell'associazione  viene  data  dal  bianco, 
dal  giallo  e  dal  rosso,  ed  anzi  quest'  ultimo  è  il  colore  più  frequeute- 
menle  associato  (Tav.  XIII,  fig.   7). 

Interessanti  risultati  si  ottengono  confrontando  fra  loio  i  fiori  diali- 
petatali  (actinomortì  e  zigomorfi)  con  quelli  gamopetali  (parimenti  acti- 
nomorfi  e  zigomorfi).  Nei  fiori  monocromatici  dialipetali  actinomorfi  (Ta- 
vola XIII,  fig.  1'',  linea  verde)  il  bruno  è  pochissimo  ra|)presentato;  un 
po'  di  pili  lo  è  il  verde  e  quindi  in  ordine  ascendente  vengono:  il  bleu, 
il  violetto  (ancora  poco  rappresentati),  il  rosso,  il  giallo  ed  infine  il 
bianco  che  è  anzi  in  notevole  proporzione.  All'opposto  nei  fiori  monocro- 


—  129  — 

iiiatici  dialipetali  zigomorli  (Tay.  XIII,  fig.  l",  linea  rossa)  manca  quasF 
il  verde,  ma  il  fenomeno'  più  notevole  che  ha  luogo  sta  nel  fatto  che- 
li bianco  è  assai  meno  rappresentato  tanto  del  giallo,  che  diventa  il  co- 
lore predominante,  quanto  del  rosso. 

Ne  consegue  che  il  massimo  della  frequenza,  che  aveva  luogo  nel 
bianco  per  le  corolle  monocromatiche  dialipetale  actinomorfe,  passa  in 
quelle  zigomorfe  al  giallo  e  secondariamente  al  rosso. 

Anche  se  si  fanno  entrare  nel  computo  tutti  quanti  i  fiori  a  colo- 
razioni associate  (fiori  policromatici)  il  rapporto  non  cambia  notevol- 
mente. Solo  si  ha  un  aumento  nel  verde  che  però  è  più  notevole  nelle 
corolle  dialipetale  actinomorfe  (Tav.  XIII,  fig.  3,  linea  verde),  tanto  da 
superare  il  livello  del  violetto,  mentre  il  rosso  tende  a  farsi  più  fre- 
quente nelle  dialipetali  zigomorfe  (linea  rossa)  senza  tuttavia  raggiun- 
gere il  giallo  che  continua  a  tenere  il  primato. 

Le  associazioni  cromatiche  si  mostrano  differentemente  costituite 
nelle  corolle  dialipetale  actinomorfe  ed  in  quelle  dialipetale  zigomorfe. 
Infatti  (Tav.  XIII,  fig.  2)  nelle  dialipetale  actinomorfe  (linea  verde)  il  bleu 
è  pochissimo  rappresentato,  un  pò  di  più  lo  sono  il  bruno  ed  il  violetto, 
assai  diffuso  è  il  giallo,  ma  il  massimo  di  frequenza  si  ha  nel  verde,  nel 
rosso  e  nel  bianco.  Anche  qui  adunque  il  bianco  tiene  il  predominio. 
Nei  fiori  dialipetali  zigomorfi  (linea  rossa)  vediamo  invece  il  bruno  ed  il 
bleu  ancora  poco  rappresentati,  poi  viene  il  verde,  ma  questo  è  di  gran 
lunga  meno  frequente  di  quanto  lo  sia  nelle  actinomorfe.  Il  verde  è 
superato  dal  giallo  e  questo  dal  violetto,  mentre  il  rosso  diventa  il  co- 
\ni-e  più  frequente,  superando  perù  di  poco  il  bianco. 

Noi  faremo  osservare  che,  per  quanto  riguarda  le  associazioni  cro- 
maticiie,  il  giallo  ed  il  rosso  tendono  ad  elevarsi  nelle  combinazioni- 
che  hanno  luogo  nei  fiori  dialipetali  zigomorfi  mentre  è  il  bianco  il 
colore  in  questo  senso  predominante  nelle  dialipetale  actinomorfe  dove 
poi  il  giallo  diventa  meno  frequente  del  verde  (Tav.  XIII,  fig.  2).  Oltre 
a  ciò  segnaleremo  ancora  che  le  associazioni  cromatiche  sono  relati- 
vamente più  frequenti  nelle  dialipetale  zigomorfe  che  in  quelle  actino- 
morfe. 

Passiamo  ora  alla  categoria  dei  fiori  gamopetali  actinomorfi  e  zi- 
gomorfi, cominciando  dalle  colorazioni  semplici. 

Nelle  gamopetale  actinomorfe  (Tav.  XIII,  fig.  4,  linea  verde)  manca 
(juasi  il  bruno,  ed  il  bleu  e  il  violetto  sono  poco  accentuati.  Gli  ultimi 
colori  tuttavia  sono  assai  più  rappresentati  che  nelle  corolle  dialipetale 
actinomorfe  e  zigomorfe,  poiché  malgrado  che  il  numero  dei  fiori  ga- 
mopetali actinomorfi  sia  inferiore  a  quello  dei  dialipetali  actinomorfi  » 
zigomorfi,   occupano   pur  tuttavia   una   posizione  più  elevata  lungo   la 


—   130   - 

grafica.  Il  rosso  è  molto  rappresentato,  ma  il  massimo  di  frequenza  cade 
nel  giallo,  mentre  il  bianco  ed  il  verde  (quest'ultimo  notevolmente 
rappresentato)  occupano  pressoché  la  stessa  posizione,  la  quale  è  assai 
più  bassa  di  quella  occupata  dal  rosso. 

Nelle  corolle  gamopetale  zigomorfe  (Tav.  XIII,  fìg.  4,  linea  rossa)  il 
verde  quasi  scompare,  assieme  al  bruno  ;  il  bleu  è  poco  rappresentato, 
tanto  ciie  la  sua  posizione  è  inferiore  a  quella  occupata  dal  blen  nel 
diagramma  d^i  fiori  gamopetali  actinomorfi.  All'opposto  troviamo  un 
maggior  numero  di  fiori  violetti  e  gialli  mentre  quelli  bianchi  e  più 
ancoia  i  rossi  subiscono  una  forte  retrocessione. 

Dal  confronto  delle  corolle  gamopetale  actinomorfe  con  quelle  ga- 
mopetale zigomorfe  si  rilevano,  come  assai  importanti,  i  seguenti  feno- 
meni: nelle  prime  predominano  il  giallo  ed  il  rosso,  nelle  seconde  il 
giallo  ed  il  violetto;  nelle  actinomorfe  il  rosso  è  aumentato,  nelle  zi- 
gomorfe in  ribasso,  in  entrambe  infine  il  bianco  si  mantiene  molto 
basso  (fig.  4). 

Pochi  dati  di  un  certo  interesse  si  rilevano  dall'esame  delle  asso- 
ciazioni cromatiche  nelle  due  sorta  di  fiori  gamopetali  (Tav.  XIII,  fig.  5). 
Il  verde  entra  molto  in  combinazione  nelle  gamopetale  zigomorfe,  po- 
chissimo invece  in  quelle  actinomorfe.  Il  giallo  è  pressoché  ugualmente 
rappresentato  nelle  due  sorta  di  fiori  e  lo  stesso  può  dirsi  del  violetto, 
i  quali  colori  poi  occupano  un  posto  molto  elevato  nella  curva  grafica. 
Il  bianco  diminuisce  nelle  zigomoife  (linea  rossa),  è  invece  notevol- 
mente rappresentato  —  quasi  quanto  il  giallo  —  nelle  gamopetale  acti- 
nomorfe (linea  verde).  Il  rosso  diminuisce,  ma  di  poco,  nelle  actino- 
morfe ed  aumenta  nelle  zigomorfe  tanto  da  raggiungere  quasi  il  livello 
del  giallo.  Il  bleu  è  fortemente  rappresentato  nelle  gamopetale  actino- 
morfe, poco  nelle  zigomorfe.  Infine  il  violetto  è  assai  elevato  ed  occupa 
lo  stesso  livello  nelle  due  graficiie. 

A  prescindere  da  lievi  difterenze  nelle  due  categorie  di  fiori,  i  co- 
lori giallo,  rosso,  bianco  e  violetto  occupano  una  posizione  abbastanza 
elevata  nella  grafica;  il  giallo  ed  il  bianco  sono  però  predominanti 
nelle  actinomorfe,  il  giallo  ed  il  rosso  nelle  zigomorfe  (Tav.  XIII, 
fig.  5). 

Oltremodo  istruttive,  per  ragioni  che  discuteremo  in  seguito,  diven- 
tano le  curve  dei  colori  nelle  corolle  gamopetale  actinomorfe  e  zigo- 
morfe se  si  sommano  i  risultati  ottenuti  dai  fiori  monocromatici  con 
quelli  dei  fiori  policromatici  (Tav.  XIII,  fig.  (3).  Nei  fiori  gamopetali  acti- 
nomorfi  (linea  verde)  il  bruno  è  poco  rai)presentato,  il  verde  lo  è  discre- 
tamente e  quasi  quanto  il  bleu.  A  questi  colori  tengono  dietro  in  or- 
dine ascendente  il  violetto,  il  bianco,  il  rosso  ed  il  giallo. 


—   131  — 

Se  si  confionta  ora  la  curva  data  da  questi  fiori  con  quella  dei 
fiori  gamopetali  zigomorfi  (linea  rossa)  si  rileva  che  in  questi  ultimi 
il  verde  ed  il  bruno  sono  pochissimo  rappresentati,  il  bleu  è  in  dimi- 
nuzione, aumenta  invece  il  violetto.  Anche  il  rosso  ed  il  bianco  degra- 
dano, ed  il  giallo  in  compenso  si  eleva  al  disopra  del  livello  che  ha 
nelle  corolle  actinomorfe. 

Nelle  gamopetale  abbiamo  quindi  due  massimi  cromatici  dati  dal 
giallo  e  dal  rosso  (gam.  actinomorfe)  o  dal  giallo  e  dal  violetto  (gam. 
zigomorfe).  Il  bianco  poi,  che  è  superiore  al  violetto  nelle  actinomorfe, 
diventa  a  questo  inferiore  nelle  zigomorfe,  e  lo  stesso  dicasi  del  rosso. 

Se  si  confrontano  infine  fra  loro  le  corolle  dialipetale  con  quelle 
gamopetale  risulta  evidente  un  altro  fatto  di  non  minore  importanza, 
che  cioè  mentre  nelle  prime  (Tav.  XIII,  fig.  1  e  .3  linea  verde)  la  curva 
grafica  ha  un  solo  massimo  o  appena  accenna  a  diventare  bicuspiiiata 
nelle  corolle  zigomorfe  (linea  rossa),  nelle  gamopetale  ha  sempre  due 
cnspidi  0  vertici.  Oltre  a  ciò,  mentre  nelle  dialipetale  il  vertice  è  oc- 
cupato dal  bianco  (dialipetale  actinomorfe)  o  dal  gialh)  (dialipetale  zi- 
gomorfe) (fig.  1).  nelle  gamopetale  l'uno  dei  due  vertici  è  tenuto  dal 
giallo,  l'altro  dal  rosso  (gam.  actinomorfe  ;  fig.  6,  linea  verde)  o  dal 
violetto  (gam.  zigomorfe;  fig.  6,  linea  rossa).  Da  ultimo  faremo  ancora 
osservare  che  il  bianco,  predominante  in  tutte  le  dialipetale,  sia  in  modo 
assoluto  (dial.  actinomorfe)  o  dopo  il  giallo  ed  il  rosso  (dial.  zigomorfe), 
si  abbassa  notevolmente  nelle  gamopetale  tanto  da  occupare  il  quarto 
posto  venendo  cioè  dopo  il  giallo,  il  rosso  ed  il  violetto. 


T.\VOLA   XIV. 

Per  ben  comprendere  la  diversità  di  costituzione  cromatica  che 
presentano  i  fiori  a  seconda  del  tipo  morfologico  cui  appartengono,  con- 
viene pure  prendere  in  considerazione  le  varie  combinazioni  di  colori 
(associazioni  cromatiche)  che  si  incontrano  in  ogni  singolo  fiore  e  sta- 
bilire poi,  per  mezzo  di  adatte  curve  grafiche,  la  proporzione  con  cui  i 
vari  colori  elementari,  cioè  il  verde,  il  giallo,  il  bianco,  il  rosso,  il  vio- 
letto, il  bleu  ed  il  bruno,  entrano  fra  loro  in  combinazione  (Tav.  XIV, 
fig.  1,  2  e  3). 

Se  si  esanima  il  complesso  delle  curve  che  si  possono  cosi  ottenere 
colle  dialipetale,  zigomorfe  ed  actinomorfe  (fig.  1),  il  quale  gruppo  con- 
tiene il  maggior  numero  di  specie,  appare  tosto  evidente  che  vi  hanno 
delle  forti  elevazioni,  e  delle  grafiche  quindi  molto  estese,  con  certe 
associazioni  cromatiche;  combinazioni   invece  di  poca  entità  con  altre, 


—   132  — 

come  si  può  rilevare  confrontando  la  parte  superiore  della  fig.  1  con  la 
parte  interioie.  —  L'opposto  si  verifica  se  si  esamina  la  fig.  2  rappre- 
sentante le  associazioni  cromatiche  delle  corolle  gamopetale,  nella  quale  i 
massimi  delle  associazioni  sopi'a  indicale  sono  spostati  alla  parte  infe- 
riore della  figura.  Ciò  indica  subito  clie  le  combinazioni  della  serie 
cianica  sono  qui  prevalenti  su  quelle  date  dalla  serie  xantica,  del  verde 
e  del  bianco,  le  quali  invece  sono  predominanti  nei  tipi  dialipetali. 

Oltre  a  ciò  si  osserva  pure,  confrontando  le  due  figure  citate,  che 
le  combinazioni  del  giallo  sono  poco  elevate  nelle  dialipetale  (fig.  1,  B) 
e  costituiscono  invece  delle  associazioni  elevate  nelle  gamopetale  (fi- 
gura 2,  B),  dove  le  combinazioni  del  bianco  sono  poco  rappresentate 
(fig.  2,  C)  mentre  queste  entrano  frequentemente  in  giuoco  nelle  diali- 
petale (fig.   1,  C). 

Veniamo  ora  ad  esaminare  singolarmente  i  diversi  colori  in  rap- 
porto alle  loro  combinazioni. 

Issoeiazioui  del  verde.  —  Nelle  corolle  dialipetale  actinomorfe 
(fig.  1,  A,  linea  verde)  il  verde  si  presenta  come  un  colore  frequente- 
mente combinato  con  altri.  Le  associazioni  più  frequenti  avvengono  col 
giallo  e  col  bianco,  per  cui  la  curva  grafica  occupa  un'area  molto  estesa 
sulla  carta  millimetrata,  mentre  poi  quasi  non  vi  ha  associazione  col 
violetto  e  col  bleu.  Le  combinazioni  col  bruno  sono  relativamente  ab- 
bastanza freiiuenti.  —  Il  maggior  numero  delle  combinazioni  è  dato  dal 
bianco,  cui  seguono  il  giallo  ed  il  rosso;  quest'ultimo  però  sta  molto 
al  disotto  del  giallo 

Nelle  corolle  dialipetale  zigomorfe  (fig.  1,  A,  linea  rossa)  il  verde 
perde  terreno  come  colore  di  combinazione  ed  inoltre  invece  di  asso- 
ciarsi prevalentemente  al  bianco  contrae  il  maggior  numero  di  combi- 
nazioni col  giallo  e.  col  rosso.  Per  quanto  riguarda  gli  altri  colori  non 
si  hanno  notevoli  differenze  nelle  due  categorie  di  fiori,  se  si  escludono 
gli  abbassamenti  del  bianco  e  del  bruno  nei  fiori  zigomorfi. 

Se  ora  passiamo  alle  gamopetale  (fig.  2,  A)  troviamo  che  nelle 
gam.  actinomorfe  (linea  verde)  il  verde  forma  un'  ampia  curva  di  asso- 
ciazione che  va  degradando  dal  giallo  verso  il  bianco  ed  il  losso, 
mentre  accenna  appena  a  combinarsi  cogli  altri  colori.  Nelle  gam.  zi- 
gomorfe (linea  rossa)  il  verde  mostra  poca  tendenza  ad  entrare  in  as- 
sociaziou':',  e  la  grafica  presenta  tre  piccole  cuspidi  in  corrispondenza 
al  giallo,  al  rosso  ed  al  bleu,  separate  da  tre  abbassamenti  in  corri- 
spondenza al  bianco,  al  violetto  ed  al  bruno. 

Associazioni  del  giallo.  -~  Nelle  dialipetale  actinomorfe  (fig.  1, 
B,  linea  verde)  si  ha  il  massimo  di  associazione  col  verde,  cui  succe- 
dono le  combinazioni  col  bianco,  rosso,  bruno,  violetto  e  bleu. 


—  133  — 

Nelle  corolle  dialipetale  zigomorfe  (linea  rossa)  il  massimo  è  an- 
cora (lato  dalle  combinazioni  col  verde,  sebbene  il  rosso  entri  frequen- 
temente in  associazione,  tanto  ciie  in  sua  corrispondenza  la  curva  rag- 
giunge quasi  r  altezza  del  verde.  Per  ciò  che  concerne  i  rapporti  col 
bianco  si  verifica  un  notevole  abbassamento  in  confronto  di  quanto 
ha  luogo  nelle  corolle  dialipetale  actinomorfe,  mentre  se  si  prendono 
in  considerazione  il  violetto,  il  bruno  ed  il  bleu,  si  nota  che  le  curve 
corrispondenti  si  sovrappongono  quasi  nei  due  tipi  fiorali,  dove  però  ra;i- 
presentano  una  parte  poco  manifesta  nel  processo  di  associazione.  Però 
esaminando  attentamente  le  curve  non  si  può  a  meno  di  liconoscere 
che  nelle  corolle  zigomorfe  vi  ha  una  percentuale  alquanto  più  elevata 
di  combinazioni  relative  a  questi  tre  colori. 

Se  «i  analizzano  ora  le  corolle  gamopetale  (fig.  2,  B)  si  trova  che 
per  quanto  si  riferisce  alle  gam.  actinomorfe  (linea  verde)  il  massimo 
delle  combinazioni  ha  luogo  col  verde;  a  questo  succedono  il  rosso  ed  il 
bianco,  pressoché  rappresentati  in  ugual  misura.  Il  violetto,  il  bleu  ed  il 
bruno  entrano  [loco  in  associazione,  ma  per  quanto  liguarda  la  frequenza 
delle  loro  combinazioni  la  grafica  arriva  per  tutti  tre  alla  stessa  altezza. 

Nelle  corolle  gam.  zigomorfe  (fig.  2,  B,  linea  rossa)  il  verde  è  pò 
chissimo  rappresentato,  poi  vengono,  in   ordine   ascendente,  il    bleu,  il 
bruno,  il  bianco,  il  violetto  ed  in  fine  il  rosso. 

Riassumendo  i  fatti  principali  relativi  al  giallo  si  può  concludere 
che  questo  colore  ha  una  grande  afiftnità  pel  verde,  fatta  eccezione 
però  per  le  corolle  gamopetale  zigomorfe;  che  il  violetto,  il  bleu  ed  il 
bruno  entrano  poco  in  combinazione  col  giallo,  fatta  però  eccezione  per 
le  corolle  gamopetale  zigomorfe  nelle  quali  il  violetto  è  notevolmente 
associato;  che  il  bianco  infine  è  assai  rappresentato  nelle  dialipetale 
actinomorfe  (secondo  posto  nella  grafica)  mentre  negli  altri  tipi  fiorali 
passa  al  terzo  posto  od  al  quarto. 

Il  tipo  di  curva  rappresentante  le  combinazioni  del  giallo  è  abba- 
stanza uniforme,  non  presentando  notevoli  differenze  di  dettaglio  se  si 
confrontano  fra  loro  le  corolle  dialipetale  e  le  gamopetale. 

Associazioni  del  bianco.  —  Nelle  corolle  dialipetale  actinomorfe 
(fig.  1,  C,  linea  verde)  il  bianco  entra  frequentemente  in  combinazione 
col  verde  (1°  posto)  e  poi  col  rosso,  tanto  che  i  vertici  grafici  di  que- 
sti due  colori  raggiungono  pressoché  lo  stesso  livello.  Poi  tengono  die- 
tro, in  ordine  decrescente,  le  associazioni  col  giallo,  col  bleu,  col  bruno 
e  col  violetto.  Queste  tre  ultime  combinazioni  sono  però  assai  poco 
frequenti. 

All'opposto  nelle  corolle  dialipetale  zigomorfe  (fig.  1,  C,  linea  rossa) 
diminuiscono  notevolmente  le   combinazioni   col  verde  e  col    giallo  ;  il 


—   134  — 

iiiassiiiio  è  (lato  dal  rosso,  cui  sedile  il  violetto  a  breve  distanza.  Il  bleii 
ed  il  bruno  sono  poco  combinati  col  bianco. 

Per  le  corolle  gamopetale  actinoniorfe  (fig.  2,  C,  linea  veide)  ab- 
biamo una  curva  simile  a  quella  delle,  dialipetale  corrispondenti.  L'unica 
differenza  notevole  cousiste  nelTaumento  delle  combinazioni  col  giallo 
a  scapito  di  quelle  col  rosso. 

Infine  se  consideriamo  le  gamopetale  zigomoife  (fìg.  2,  C,  linea 
rossa)  troviamo  che  il  massimo  delle  combinazioni  è  dato  dal  violetto 
che  negli  altri  tipi  fiorali  era  poco  rappresentato.  Il  t;iallo  ed  il  rosso 
vengono  subito  dopo  ed  anzi  raggiungono  quasi  il  livello  del  violetto. 
Da  ultimo  abbiamo  un  forte  rialzo  nel  bleu  mentre  il  bruno  scompare 
quasi  del  tutto,  come  pure  mancano  le  associazioni  col  verde. 

L'aumento  nelle  combinazioni  col  violetto  che  si  osserva  allorché 
passiamo  dal  tipo  actiuomorfo  a  quello  zigomoifo  e  la  retrocessione 
delle  associazioni  col  verde  che  a  tale  fenomeno  si  collega  costituiscono 
i  principali  reperti  ed  i  caratteri  piìi  salienti  delle  combinazioni  del  bianco. 

Associazioni  del  rosso.  —  Il  rosso  è  uno  di  quei  colori  che  ei;ti-ano 
abbastanza  frequentemente  in  combinazione  con  altre  tinte,  qualunque 
sia  il  tipo  fiorale,  ragione  per  cui  le  quattro  curve  grafiche  si  rasso- 
migliano. 

Nelle  corolle  dialipetale  actinoniorfe  (fig.  1,  D,  linea  verde)  abbiamo 
la  seguente  progressione  discendente:  bianco,  violetto,  verde,  giallo, 
bruno  e  bleu,  mentre  nelle  dialipetale  zigomorfe  (fig.  1,  D,  linea  rossa) 
si  ha  come  carattere  differenziale  il  rialzo  del  giallo  che  prende  il  se- 
condo posto  venendo  subito  dopo  il  bianco,  pi'ima  del  violetto.  Le  due 
curve  adunque  si  corrispondono  abbastanza,  ma  le  due  cuspidi  dovute 
l'una  al  bianco  e  l'altra  al  violetto  sono  nei  fiori  dialipeteli  actino- 
niorfi  alquanto  piìi  elevate  che  non  nei  fiori  dialipetali  zigomorfi,  il  che 
probabilmente  è  anche  dovuto  al  maggior  numero  di  specie  presenti 
nelle  prime. 

Nei  fiori  gamopetali  actinomorfi  (fig.  2,  D,  linea  verde)  invece  del 
bianco  ha  il  predominio  il  giallo;  poi  seguono  in  ordine  decrescente  il 
violetto,  il  bianco,  il  verde,  il  bleu  ed  il  bruno.  La  stessa  curva  si  ha 
nelle  gamopetale  zigomorfe  (ib.  linea  rossa)  colla  differenza  che  il  bruno 
si  associa  più  del  bleu  mentre  il  verde  si  abbassa  nella  grafica  pur 
mantenendo  il  suo  posto  relativamente  agli  altri  colori. 

In  conclusione  emerge,  come  fenomeno  interessante,  che  il  massimo 
delle  associazioni,  il  quale  ha  luogo  col  bianco  nelle  dialipetale,  actino- 
niorfe e  zigomorfe,  passa  al  giallo  nelle  gamopetale. 

Associazioni  del  violetto.  —  È  questo  uno  dei  colori  che  danna 
(Ielle  curve  abbastanza  polimorfe. 


—   135   — 

Nei  fiuri  di  ali  petali  acliuoiiioifi  (fig.  1,  E,  linea  verde)  il  massimo 
di  associazione  si  ha  col  rosso.  Gli  altri  colori  entrano  poco  in  com- 
binazione, pur  potendosi  per  essi  stabilire  la  seguente,  gradazione  in 
ordine  discendente:  bleu,  bianco,  giallo,  bruno  e  verde,  che  appena  ac- 
cenna ad  associarsi,  mentre  poche  difterenze  si  osservano,  per  rispetto 
alla  frequenza  delle  combinazioni,  tra  il  bianco,  il  giallo  ed  il  bleu, 
essendo  i  vertici  delle  rispettive  grafiche  pressoché  alla  stessa  altezza. 

Nelle  dialipetale  zigomorfe  (ib.,  linea  rossa)  il  massimo  è  ancora 
rappresentato  dal  rosso,  ma  qui  abbiamo  anche  una  forte  elevazione  del 
bianco,  al  quale  tengono  poi  dietro  il  bleu,  il  giallo  ed  il  bruno.  Man- 
cano associazioni  col  verde. 

Nelle  gamopetale  actiuomorfe  (fig.  2,  E,  linea  verde)  troviamo 
quasi  nulla  l'associazione  col  verde,  poco  rappresentate  quelle  col  bruno, 
col  giallo  e  col  bianco,  elevate  invece  le  combinazioni  col  rosso  e  più 
ancora  quelle  col  bleu. 

Nelle  gamopetale  zigomorfe  (ib.,  linea  rossa)  il  verde  mostra  po- 
chissima tendenza  ad  associarsi  e  lo  stesso  vale  per  il  bruno.  Col  giallo 
e  col  rosso  si  ottengono  due  massimi  di  associazione  ai  quali  tengono 
dietro  le  associazioni  col  bianco  e  col  bleu. 

Dai  fatti  esposti  risulta  che  nelle  dialipetale  actiuomorfe  il  violetto 
si  combina  frequentemente  soltanto  col  rosso;  nelle  dialipetale  zigomorfe 
esso  si  unisce  quasi  con  pari  frequenza  al  rosso  ed  al  bianco;  nelle 
gamopetale  actiuomorfe  contrae  notevoli  rapporti,  oltre  che  col  rosso, 
anche  col  bleu;  infine  nelle  gamopetale  zigomorfe  il  violetto  contrae  più 
frequentemente  associazioni  col  rosso,  col  giallo  e  col  bianco.  Di  qui 
la  grande  variazione  nella  costituzione  delle  curve  grafiche  sebbene 
ovunque  il  verde  ed  il  bruno  siano  poco  rappresentati. 

Associiizioiii  del  Ideii.  —  La  curva  delle  corolle  dialipetale  acti- 
uomorfe (fig.  1,  F,  linea  verde)  tiene  il  seguente  decorso  ascendente: 
bruno,  verde,  giallo,  violetto,  rosso  e  bianco. 

Nelle  dialipetale  zigomorfe  (ib.,  linea  rossa)  invece  la  curva  co- 
mincia col  verde  e  poi  passa  al  bruno,  al  giallo,  al  bianco,  al  rosso, 
per  raggiungere  il  massimo  col  violetto. 

Nelle  corolle  gamopetale  actiuomorfe  (fig.  2,  F,  linea,  verde)  la 
curva  sale  dal  verde  al  violetto  passando  successivamente  per  il  bruno, 
il  giallo,  il  rosso  ed  il  bianco.  La  combinazione  col  violetto  è  straor- 
dinariamente elevata  rispetto  alle  altre. 

Infine  nelle  gamopetale  zigomorfe  (ib.,  linea  rossa)  la  curva  passa, 
ascendendo,  dal  rosso  al  bruno  e  quindi  al  verde  (che  è  ancora  pochis- 
simo rappresentato)  ed  al  giallo,  per  formare  due  massimi  corrispondenti 
l'uno  al  bianco  l'altro  al  violetto,  quest'ultimo  meno  elevato  del  primo. 

Alti  dell' Ist.  Boi.  dell' Uiiicersilà  di  rafia  —  Il  Serie  —  Voi.  X.  U 


—    13G   — 

Associazioni  del  hniiio.  —  (^)aeste  associazioni  ìiaiiiio  per  noi  sul- 
taiito  una  importanza  relativa,  per  cui  ci  limitiamo  ail  indicare  l'online 
di  frequenza,  procedendo,  per  ogni  gruppo,  in  linea  ascendente. 

Nelle  corolle  dialipetale  actinomorfe  (fig.  1,  G,  linea  verde)  ab- 
biamo l'ordine  seguente:  blen,  violetto,  bianco,  giallo,  verde  e  rosso. 

Nelle  dialipetale  zigomorfe  (ib.,  linea  rossa):  bleu,  violetto,  bianco, 
giallo,  verde  e  rosso. 

Nelle  gamopetale  actinomorfe  (fig.  2,  G,  linea  verde):  bleu,  bianco, 
verde,  rosso,  violetto  e  giallo. 

Nelle  gamopetale  zigomorfe  (ib.,  linea  rossa):  verde,  bleu,  bianco, 
violetto,  rosso  e  giallo. 

Non  pochi  ragguagli  si  ottengono  confrontando  le  curve  delle  co- 
rolle gamopetale  con  quelle  delle  dialipetale,  a  prescindere  dalla  natura 
actiiiomorfa  o  zigomorfa  dei  fiori  (Tav.  XIV,  tìg.  3). 

Il  verde  (fig.  3,  A)  lascia  chiaramente  scorgere  che  esso  entra 
prevalentemente  in  combinazione  col  giallo,  col  bianco  e  col  rosso,  ma 
è  molto  più  rappresentato  nelle  dialipetale  (linea  verde)  che  nelle  ga- 
mopetale (linea  rossa). 

Il  giallo  (fig.  3,  B)  si  comporta  in  modo  uniforme  nelle  due  categorie 
di  fiori,  pur  entrando  più  frequentemente  in  combinazione  nelle  gamo- 
petale. Però  nelle  dialipetale  (linea  verde)  la  curva  del  diagramma  ha 
il  suo  vertice  nel  verde,  nelle  gamopetale  invece  (linea  rossa)  nel  rosso. 
A  questi  colori  fanno  seguito  il  bianco,  il  violetto,  il  bruno  ed  il  bleu 
che  si  presenta  poco  frequentemente  associato  al  giallo.  Nelle  gamo- 
petale l'associazione  col  violetto  si  presenta  più  frequente  che  nelle 
dialipetale. 

La  curva  del  bianco  (fig.  3,  C)  dimostra  chiaramente  che  le  sue 
associazioni  .sono  molto  più  frequenti  nelle  corolle  dialipetale  che  non 
nelle  gamopetale.  Infatti  nel  diagramma  la  linea  verde  supera  notevol- 
mente quella  rossa. 

Le  associazioni  del  rosso  (fig.  3,  D)  raggiungono  il  massimo  di 
frequenza  ancora  nelle  dialipetale.  Il  rosso  è  più  spesso  combinato 
col  bianco  nelle  dialipetale  (linea  verde)  e  col  giallo  nelle  gamopetale 
(linea  rossa).  Un'allra  associazione  molto  frequente  è  (juella  col  vio- 
letto. 

Il  violetto  [&g.  3,  E)  entra  poco  in  combinazione  col  giallo  nelle 
dialipetale  (linea  verde),  molto  invece  nelle  gamopetale  (linea  rossa). 
L'opposto  ha  luogo  se  si  considerano  le  combinazioni  col  bleu,  poiché 
il  massimo  di  combinazione  cade  per  le  gamopetale  appunto  nel  bleu 
mentre  passa  al  rosso  nelle  dialipetale. 


—  137  — 

Il  bleii  (là  delle  curve  (fig.  3,  F)  che  sono  abbastanza  uniformi, 
per  guanto  l'associazione  -col  violetto  sia  notevolmente  più  frequente 
nelle  g-amopetale  che  nelle  dialipetale. 

Infine  se  si  considerano  le  associazioni  del  bruno  (fig.  3,  G)  si  ha 
la  seguente  disposizione  in  oriline  di  frequenza,  dal  meno  al  più:  nelle 
dialipetale  (linea  verde):  bleu,  violetto,  bianco,  giallo,  verde,  rosso; 
nelle  gamopetale  (linea  rossa):  bleu,  bianco,  verde,  violetto,  rosso  e 
giallo.  —  Le  associazioni  del  bruno  sono  assai  più  frequenti  nelle  dia- 
lipetale che  nelle  gamopetale. 


Tavola  XV. 

Noi  abbiamo  anche  cercato  di  analizzare  i  rapporti  che  intercedono 
—  per  quanto  concerne  la  fre(iuenza  dei  singoli  colori  —  tra  le  corolle 
gamopetale  da  una  parte  e  quelle  zigomorfe  dall'altra. 

Le  grafiche  che  abbiamo  ottenuto  analizzando  le  differenti  associa- 
zioni cromatiche  sono  straordinariamente  complesse  e  non  si  mostrano 
abbastanza  importanti  perchè  sia  il  caso  di  riportarle  qui  e  di  par- 
larne. Non  possiamo  però  omettere  di  ripoitare  qui  la  grafica  che  si 
riferisce  alla  somma  totale  dei  colori  nelle  due  categorie  di  fiori  (Tav.  XV, 
fig.  1).  Dal  tracciato  che  abbiamo  ottenuto  risulta  evidente  che  la  curva 
delle  corolle  gamopetale  (linea  verde)  corrisponde  quasi  esattamente  a 
quella  delle  corolle  zigomorfe  (linea  rossa),  le  ditì:erenze  essendo  di 
lieve  momento. 

Solo  si  osserva  che  la  curva  dei  fiori  zigomorfi  è  per  ogni  singolo 
colore  meno  elevata  di  quella  dei  fiori  gamopetali. 

Non  vogliamo  per  oia  insistere  sul  significato  di  questo  reperto, 
poiché  ci  siamo  prefissi  di  metterne  in  evidenza  l' importanza  nel  ca- 
pitolo dedicato  alle  conclusioni. 

* 

I  risultati  che  abbiamo  ottenuti  dallo  studio  della  flora  germanica 
ci  portano  a  concludere  che  a  seconda  del  tipo  fiorale  si  hanno  colori 
differenti  e  differenti  associazioni  cromatiche.  Mentre  ci  riserbiarao  di 
discutere  più  tardi  il  significato  di  tanto  l'eperto,  vogliamo  qui  far  ri- 
levare che  la  seriazione  cromatica  da  noi  trovata  e  secondo  la  quale 
il  giallo  sarebbe  il  colore  dominante  e  poi  verrebbero  il  bianco,  il  rosso, 
il  verde,  il  violetto,  il  bleu  ed  il  bruno  non  corrisponde  a  quella  rile- 
vata dal  Riider  mentre  si  accorda  quasi  completamente  con  la  seria- 
zione proposta  dal  Coupiu  per  la  flora  francese. 


—   138  — 

Il  RCuler  (UittcrsHcli.  uh-  d.  Farò('HVi'r/iall>iis.<e  il.  BìiUìien  d.  Flora 
Fmnkmchs.  Tiibiiigen,  1833)  basandosi  anche  sulle  osservazioni  di 
Werlne  (  Uiitersuc//.  Uh.  ti.  Faròeuverlìcdlnisse  d.  Bliilhen  v.  d.  Flora 
D.  Deidschlands.  Tiibingen  1833)  dopo  aver  fatto  rilevare  che  in  Fran- 
cia su  3525  specie  con  fiori  evidenti  ve  ne  sono  664  fornite  di  perian- 
zio iucomiiletamente  evoluto  ('/-,  circa)  e  dopo  aver  separato  molto  ar- 
bitrariamente i  fiori  a  colori  pallidi  da  quelli  a  tinte  vive  ci  dà  il 
seguente  prospetto  relativamente  alla  frequenza  con  cui  si  presentano 
le  singole  colorazioni  nella  flora  francese  : 

51,5     fiori  violetto-pallidi 


664 

fiori 

scolorati  (!) 

800,16 

M 

bianchi 

727,33 

» 

gialli 

226,5 

H 

giallo-pallidi 

13 

y 

aranciati 

417,33 

n 

rossi 

228,83 

IT 

rosso-pallidi 

ioy,5 

» 

violetti 

156,5 

„     blen 

58,5 

„     bleu-pallidi 

27,83 

verdi 

33,0 

„     verde-pallidi 

3,5        , 

I,     bi'uni 

3,0        , 

,     neri 

2,5 

„     gi'igi. 

Dallo  stesso  risulterebbe  pertanto  che,  sommando  i  fiori  pallidi  con 
lineili  a  tinte  vive,  i  fiori  gialli  devono  essere  più  numerosi  di  quelli 
bianchi.  Ciò  malgrado  il  Roder  dà  la  sej^-uente  seriazione  in  ordine  de- 
crescente: bianco,  giallo,  rosso,  bleu,  violetto,  verde,  aranciato,  bruno, 
nero  e  grigio. 

Per  ottenere  un  tale  risultato,  che  non  è  più  conforme  al  nostro, 
l'autore  divide  la  somma  di  tutti  quanti  i  fiori  pallidi  per  due  ed  in- 
globa arbitrariamente  il  quoziente  nel  gruppo  dei  fiori  bianchi. 

Dato  un  tale  procedimento,  i  risultati  del  Riider  diventano  quanto 
mai  irrazionali  come  irrazionale  è  il  metodo  seguito  di  distinguere  p.  es. 
tre  categorie  di  fiori  gialli  (gialli  p.  d.,  giallo-pallidi  ed  aranciati),  ({li 
stessi  però  meritano  di  essere  segnalati  perchè  l'autore  fa  osservare 
che  quanto  potè  rilevare  nella  fiora  francese  vale  anche  per  la  flora  te- 
desca dove  però  i  fiori  bianchi,  pur  essendo  predominanti,  sono  relati- 
vamente meno  numerosi,  perchè  vennero  computati  alla  Francia  anche 
i  distretti  delle  Alpi  e  dei  Pirenei,  ricchi  di  fiori  bianchi. 


—  139    - 

Capitolo  IV. 

Rapporti  (li  colorazione  nelle  famiglie  delle 
Monocotiledoni  e  delle  Dicotiledoni. 

(Tav.  XV,  XVr,  XVir,  XVIII) 

Se  rivolgiamo  la  nostra  attenzione  alle  .Monocotiledoni  (Tav.  XV, 
fig.  2)  della  flora  germanica  constatiamo  clie  in  questo  grande  aggrup- 
pamento abbondano  le  famiglie  a  fiori  dialipetali  actinomorfi,  mentre 
poco  numerose  sono  quelle  a  fiori  dialipetali  zigomorfi  (Orchidee  p.  p.). 
Poco  rappresentate  poi  sono  anche  le  gamopetale  (Asparagacee  p.  p., 
Gigliacee  p.  p  ,  Amarillidacee  p.  p.,  Agavee,  Dioscoreacee,  Iridacee,  Col- 
chicacee). 

Come  conseguenza  di  un  tale  stato  di  cose  dobbiamo  aspettarci  di 
trovare  che  per  molte  famiglie  i  colori  predominanti  siano  rappresen- 
tati dal  gruppo  delle  serie  xantica,  dal  verde  e  dal  bianco.  Per  la 
stessa  ragione  poi  vediamo  che  talora  il  verde  diventa  il  colore  più 
ampiamente  diffuso  (Juncaginacee,  Asparagacee,  Agavee,  Juncacee,  Dio- 
scoreacee). 

Il  giallo  predomina  soltanto  in  due  famiglie  (Amarillidee  e  Gigliacee) 
e  lo  stesso  vale  pel  bianco  (Idrocaridee  ed  Amarillidee). 

Le  Orchidee  essendo  fornite  per  massima  parte  di  fiori  dialipetali 
zigomorfi  sono  contraddistinte  per  un  forte  predominio  del  rosso,  cui 
tengono  dietro,  in  ordine  decrescente,  il  verde,  il  giallo,  il  bruno,  il 
bianco  ed  il  violetto. 

Nelle  Iridacee,  rappresentate  da  specie  gamopetale  actinomorfe  e 
zigomorfe,  si  incontra  in  grande  proporzione  il  violetto.  Il  giallo, 
il  bianco  ed  il  rosso  vengono  in  seconda  linea  e  sono  tutti  quanti 
pressoché  ugualmente  rappresentati,  mentre  il  verde  ed  il  bruno  quasi 
mancano. 

La  curva  grafica  rappresentante  il  complesso  delle  colorazioni  fio- 
rali delle  Monocotiledoni  (Tav.  XVII,  fig.  3,  linea  verde)  presenta  il 
massimo  di  elevazione  nel  rosso,  cui  segue  molto  da  vicino  il  verde.  A 
questo  tengono  dietro,  in  ordine  decrescente,  il  giallo,  il  bianco,  il  bruno, 
il  violetto  e  da  ultimo  il  bleu. 

La  curva  è  molto  dilferente  da  quella  che  si  ottiene  colle  Dicotile- 
doni poiché  in  queste  (Tav.  XVII,  fig.  3,  linea  rossa)  il  massimo  si  ve- 
rifica nel  giallo,  cui  susseguono  il  bianco,  il  rosso,  il  violetto,  il  bleu,  il 


.—   140  — 

verde  ed  il  bruno.  Dal  confronto  delle  due  grafiche  si  rilevano  ancora 
come  caratteri  differenziali:  che  il  bianco  è  notevolmente  rappresentato, 
assieme  al  rosso,  nelle  Dicotiledoni,  mentre  nelle  Monocotiledoni  va  ad 
occupare  il  quarto  jiosto,  e  che  il  bruno  ed  il  verde  si  elevano  nelle 
Monocotiledoni  e  si  abbassano  nelle  Dicotiledoni. 

Passiamo  ora  a  considerare  separatamente  i  diversi  tipi  di  piante 
Dicotiledoni. 

Dicotiledoni  lìiaUpetale  actinomorfe  (Tav.  XV,  fig.  3  e  Tav.  XVII, 
fig.  2,  linea  verde). 

Il  verde  costituisce  il  colore  predominante  nelle  Acerinee,  e  Gros- 
snlariacee. 

Una  predominanza  del  giallo  si  ha  solo  nelle  Cistacee,  Zigofilacee, 
Ipericacee,  Ramnacee,  Cactee  e  Terebintacee.  Esso  è  però  notevol- 
mente rappresentato  nelle  Papaveracee,  Oxalidee,  Eamnacee,  e  Tilia- 
cee.  Nelle  Papaveracee  il  predominio  del  giallo  è  condiviso  dal  rosso 
nelle  Linee  dal  bleu. 

Il  bianco  ha  il  predominio  in  molte  famiglie  (Cariofillacee,  Portu- 
laccacee,  Elatinee,  Paronicliiee,  Orocifere,  Rosacee,  Saxifragacee,  Tama- 
riscinee,  Droseracee,  Stafileacee,  Cornacee,  Mirtacee,  Filadelfee)  talune 
delle  quali  poi  sono  contraddistinte  per  un  grande  numero  di  specie. 

Occorre  intanto  notare  che  il  colore  bianco  i>uò  essere  notevol- 
mente più  diffuso  degli  altri,  oppure  andar  associato  con  altre  tinte  pure 
fortemente  rappresentate.  Cosi  ad  esempio  esso  è  il  solo  colore  domi- 
nante, 0  quasi  il  solo,  nelle  Elatinee,  Tamariscinee,  Droseracee,  Stafi- 
leacee, ecc.,  mentre  si  associa  notevolmente  al  rosso  nelle  Cariofillee, 
al  giallo  nelle  Crocifere  e  Saxifragacee,  al  giallo  infine  ed  al  rosso 
nelle  Rosacee. 

In  qualche  famiglia  vi  ha  il  predominio  del  rosso-roseo  (Onogra- 
riacee,  Celastracee,  Crassulacee,  Empetracee,  Ninfeacee  e  Geraniacee). 

Il  violetto  ed  il  bleu  non  hanno  mai  il  predominio  assoluto;  solo 
in  alcune  famiglie  sono  più  o  meno  dift'usi.  Cosi  ad  esempio  nelle  Ge- 
raniacee abbonda  il  violetto,  nelle  Linee  il  bleu.  il  quale  si  può  dire 
condivida  il  primato  col  giallo. 

Sommando  assieme  tutte  quante  le  colorazioni  delle  dialipetale 
actinomorfe  si  ottiene  un  massimo  nel  bianco,  cui  segue  a  distanza  il 
giallo,  poi  il  rosso,  il  violetto,  il  verde,  il  bleu  ed  infine  il  bruno  che 
è  il  colore  meno  diffuso  (Tav.  XVII,  fig.  2,  linea  verde). 

Dicotiledoni  dialipetale  zigomorfe  (Tav.  XVI,  fig.  2  ;  Tav.  XVII,  fig.  2, 
linea  rossa). 

In  questo  tipo  manca  assolutamente  la  predominanza  del  verde, 
ad  eccezione  di  un  caso  (Resedacee)  in  cui  questo  colore  è  in  ugual 
misura  del  giallo. 


—  141   - 

Il  giallo  primeggia  nelle  Balsaminee  e  nelle  Leguminose:  nelle 
prime  il  colore  non  è  associato,  nelle  seconde  invece  trovasi  fortemente 
associato  al  rosso  e  con  minor  frequenza  anche  al  bianco,  al  violetto, 
al  bleu  ed  al  bruno. 

Il  bianco  è  ugualmente  rappresentato  dal  bleu  nelle  Capparidacee. 
Il  rosso  trovasi  nelle  Fumariacee  fortemente  rappresentato  e  lo  stesso 
può  dirsi  del  violetto  nelle  Violacee,  ma  tanto  nell'  un  caso  come  nel- 
l'altro si  ha  anche  una  forte  proporzione  di  bianco  e  giallo. 

Il  bleu  non  appare  mai  come  colore  predominante,  ma  è  molto 
diffuso  nelle  Violacee. 

La  curva  rappresentante  il  complesso  delle  colorazioni  nelle  Dico- 
tiledoni dialipetale  zigomorfe  (Tav.  XVII,  fig.  2,  linea  rossa)  è  del  tutto 
differentemente  da  quella  delle  corrispondenti  actinomorfe  poiché  si  ha 
il  predominio  del  giallo,  cui  seguono  in  ordine  decrescente  il  rosso,  il 
violetto,  il  bianco,  il  bleu,  il  verde  ed  il  bruno. 

Dicotiledoni  gamopetale  actinomorfe  (Tav.  XVI,  fig.  1  e  Tav.  XVII, 
fig.  4,  linea  verde). 

Qui  torna  a  rendersi  alquanto  frequente  la  predominanza  del  verde 
(Ceratofillee,  Santalacee,  Oleracee,  Urticacee,  Ulmacee,  Cucurbitacee  ed 
Ampelidee).  Esso  è  però  sempre  associato  in  forte  proporzione.  Infatti 
noi  troviamo  una  notevole  quantità  di  bianco  nelle  Santalacee  e  nelle 
Ceratofillee,  di  giallo  e  rosso  nelle  Oleracee,  Ulmacee  ed  Urticacee.  — 
Notiamo  però  intanto  che  talune  delle  famiglie  caratterizzate  dall'ab- 
bondanza di  verde  nei  fiori  sono  o  acquatiche  o  parassite. 

Il  giallo  ha  il  predominio  nelle  Eleagnacee,  Timeleacee,  Lauracee, 
Polemoniacee,  Primulacee,  ed  esiste  quasi  da  solo  (Eleagnacee)  oppure 
associato,  come  nelle  Primulacee  e  Timeleacee  dove  trovansi  diffusi  an- 
che il  rosso,  il  bruno  ed  il  violetto,  e  nelle  Polemoniacee  dove  abbon- 
dano il  bleu  ed  il  violetto. 

Il  bianco  occupa  il  primo  posto  in  un  gruppo  di  famiglie,  non  po- 
che delle  quali  sono  rappresentate  da  molti  generi.  Esso  è  di  rado  solo 
(Aquifoliacee)  avendo  una  spiccata  tendenza  ad  associarsi  al  rosso 
(Plantaginacee,  Solanacee,  Convolvulacee,  Asclepiadacee,  Oleacee)  od 
al  giallo  (Plantaginacee,  Solanacee)  -sebbene  in  questo  caso  l'affinità  sia 
alquanto  minore. 

Anche  il  rosso  primeggia  in  certe  famiglie,  spesso  ricche  di  specie 
(Poligonacee,  Plumbaginacee,  Malvacee,  Ericacee,  Valerianacee).  Esso  è 
solo  nelle  Fitolaccacee  ;  associato  invece  al  bianco,  nelle  Valerianacee 
ed  Ericacee  od  al  bianco  ed  al  giallo  nelle  Poligonacee.  Raramente  si 
associa  al  violetto  (Plumbaginacee,  Malvacee). 

Il  violetto  è  un  colore  poco  frequente  ed  anzi  manca  affatto  in  ta- 
lune famiglie  (Ceratofillacee,  Eleagnacee,  ecc.). 


—   142  — 

Nelle  Apocinacee  e  Genzianacee  alil>iamo  il  predominio  del  bleii, 
ma  nella  prima  famiglia  esso  condivide  il  primato  col  rosso  e  nella  se- 
conda si  associa  con  discreta  intensità  al  violetto,  al  rosso,  al  giallo 
ed  al  bianco. 

Nel  sno  assieme  la  curva  grafica  delle  colorazioni  nelle  Dicotiledoni 
gamopetale  actinomorfe  (Tav.  XVII,  fig.  4,  linea  verdej  ricorda  alquanto 
quella  delle  dialipetale  actinomoife  (Tav.  XVII,  fig.  2,  linea  verde)  ma 
ne  differisce  tuttavia  notevolmente  perchè  il  rosso  è  il  colore  predomi- 
nante cui  tiene  dietro  subito  il  bianco.  A  questo  seguono,  in  ordine 
decrescente,  il  giallo,  il  verde,  il  violetto  ed  il  bleu,  entrambi  questi 
ultimi  ugualmente  rappresentati,  ed  infine  il  bruno. 

Facciamo  qui  notare  come  il  bianco  rappresenti  la  colorazione  piii 
diffusa  nelle  dialipetale  actinomorfe  ed  il  verde  sia  quivi  poco  rappre- 
sentato, ciò  che  ha  una  certa  importanza,  come  si  cercherà  di  mettere 
in  evidenza  nelle  conclusioni. 

D/cotiledoìii  gamopetale  zujoviorfc  (Tav.  XVI,  fig.  3  e  Tav.  XVII, 
fig.  4,  linea  rossa). 

Le  poche  famiglie  che  rappresentano  questo  gruppo  nella  flora 
germanica  spiccano  per  un  carattere  essenziale  dovuto  al  predominio 
del  giallo  (Orobancacee  Utricnlariacee),  del  violetto  (Labiate  e  Globu- 
lariacee)  o  del  bleu  (Poligalacee).  All'opposto  manca  il  verde,  ed  il 
bianco  è  sempre  rappresentato  in  minor  copia  del  giallo.  ti>uest'ultimo 
colore  pertanto  quando  non  ha  il  sopravvento  è  pur  sempre  notevol- 
mente diffuso  (Labiate)  come  pure  è  diffuso  il  violetto  quando  adirit- 
tura  non  primeggia. 

Il  rosso  infine  è  pure  abbastanza  rappresentato  e,  salvo  rari  casi, 
lo  è  sempre  più  del  bianco. 

Interessante  è  la  curva  grafica  complessiva  di  questo  tipo  fiorale 
(Tav.  XVII,  fig.  4,  linea  rossa)  poiché  essa  non  presenta  quasi  traccia  di 
verde,  ha  il  suo  massimo  cromatico  nel  violetto,  cui  tien  dietro  il  rosso 
e  poi  il  giallo,  il  bianco,  il  bruno  ed  il  bleu.  Questa  curva  rassomiglia 
a  quella  delle  Dicotiledoni  dialipetale  zigomorfe  (Tav.  XVII,  fig.  2,  linea 
rossa)  ma  ne  differisce  perchè  in  quest'ultime  si  ha  il  massimo  croma- 
tico nel  giallo  anziché  nel  violetto.  Entrambe  le  curve  presentano  un 
forte  abbassamento  in  corrispondenza  del  bianco  mentre  in  compenso 
il  rosso  è  in  ambedue  fortemente  rappresentato. 

Se  si  confrontano  fra  loro  le  due  grafiche  si  direbbe  che  l'una  sia 
l'immagine  speculare  dell'altra.  -  Notiamo  anche  che  questi  due  tipi 
di  curva  non  hanno  alcunché  di  comune  con  quelle  delle  Dicotiledoni 
dialipetale  actinomorfe  (Tav.  XVII,  fig.  2,  linea  verde)  o  gamopetale 
actinomorfe  (Tav.  XVII,  fig.  4,  linea  verde)  che  sono  entrambe  mo- 
nocuspidate. 


—   143  — 

Vi  hanno  alcune  famiglie  di  Dicotiledoni  le  quali  comprendono 
al  tempo  stesso  piante  con  fiori  dialipetali  actinomoifi  e  piante  con 
fiori  dialipetali  zigomorfi  oppure  gamopetali  actinomorfi  e  zigomorfi. 

Il  primo  di  questi  tipi,  clie  per  ragione  di  bi evita  chiameremo  tipo 
dialipetalo  actino-zigomorfo  (Tav.  XVI,  fig.  4)  è  caratterizzato  pei'  il 
predominio  del  giallo  (Ranunculacee  e  Rubiacee)  o  del  bianco  (Ombrel- 
lifere). Nelle  Ombrellifere  però  al  bianco  segue  con  una  certa  frequenza 
il  giallo  mentre  gli  altri  colori  quasi  difettano.  —  La  curva  comples- 
siva dei  colori  rappresentati  in  questo  tipo  (Tav.  XVII,  fig.  6,  linea 
])unteggiata)  rassomiglia  a  quella  delle  Dicotiledoni  dialipetale  actino- 
morfe,  ma  presenta  già  una  spiccata  tendenza  a  sviluppare  due  cuspidi, 
avendosi  un  forte  rialzo  nel-bleu. 

Se  ora  passiamo  all'altro  tipo,  che  denomineremo  gamopetalo  ac- 
timo  zigomorfo  (Tav.  XVI,  fig.  5  e  Tav.  XVII,  fig.  1)  troviamo  che  il 
giallo  ha  un  fortissimo  predominio  in  talune  famiglie.  Così  nelle  Scrofula- 
riacee  si  ha  la  seguente  gradazione:  giallo,  violetto,  bleu,  rosso,  bianco, 
verde  e  bruno,  mentre  nelle  Composite  abbiamo  l'ordine  seguente: 
giallo,  rosso,  bianco,  violetto,  bleu,  verde,  bruno.  In  altre  famiglie  il 
massimo  è  dato  dal  violetto  (Campanulacee)  o  dal  bleu  e  dal  violetto 
assieme  (Borraginacee)  ed  allora  si  osserva  un  abbassamento  notevole  in 
corrispondenza  del  giallo  (fatta  eccezione  però  per  le  Borraginacee). 

Tanto  nell'un  caso  che  nell'altro  il  bianco  è  ridotto  assai  e  lo  stesso 
può  dirsi  pel  rosso,  quantunque  si  abbia  un'eccezione  nelle  Dipsacacee. 

Infine  abbiamo  una  famiglia  (Caprifogliacee)  in  cui  il  bianco  ha  il 
sopravento,  ma  in  questo  caso  il  rosso  ed  il  giallo  sono  pure  fortemente 
rappresentati,  mentre  scarseggia  il  violetto. 

Il  tipo  gamopetalo  actino-zigomorfo,  assai  ricco  di  generi  e  di  spe- 
cie, ha  una  curva  (Tav.  XVII,  fig.  6  linea  tratteggiata)  che  pel  suo  an- 
damento corrispondente  abbastanza  a  quella  delle  dialipetale  zigomorfe 
ma  ha  una  elevazione  grandissima  nel  giallo.  Una  seconda  cuspide,  ma 
molto  piii  bassa,  si  verifica  puie  in  corrispondenza  del  violetto  e  del 
rosso  ed  una  terza  nel  bleu,  il  che  contribuisce  a  rendere  questa  curva 
un  quid  di  intermedio  fra  quella  delle  corolle  dialipetale  zigomorfe 
(Tav.  XVII,  fig".  2,  linea  rossa)  e  quella  delle  gamopetale  actinomorfe 
(Tav.  XVII,  fig.  4,  linea  verde). 

Se  si  aggiunge  poi  che  il  bianco  è  poco  rappresentato,  si  può  af- 
fermare che  la  curva  in  questione  è  intermedia  fra  quelle  dei  tipi  zi- 
gomorfi ed  actinomorfi.  Essa  però  differisce  notevolmente,  come  si  vede 
nella  fig.  ir'',  dalle  curve  delle  famiglie  a  specie  dialipetale  actino-zi- 
gomorfe. 


—  144  — 

L'esistenza  di  quattro  categorie  di  fiori  clie  sono  appunto  date: 
1")  dalle  Dicotiledoni  dialipetale  aclinomorfe,  2")  dalle  Dicotiledoni  dia- 
lipetale  zigomorfe,  3"j  dalle  Dicotiledoni  gamopetale  actinomorfe,4"J  dalle 
Dicotiledoni  gamopetale  zigomorfe,  come  pure  la  presenza  di  due  tipi  di 
curve:  le  une  monocuspidate  (dialipetale  aclinomorfe  e  gamopetale  acti- 
nomorfej,  le  altre  bicuspidate  (dialipetale  zigomorfe  e  gamopetale  zigo- 
morfe) ci  ha  indotti  ad  istituire  alcune  ricerche  di  confronto  fra  le 
stesse.  Noi  esporremo  qui  sommariamente  i  risultati,  riservandoci  nelle 
conclusioni  di  rilevare  i  fatti  più  salienti  che  sono  venuti  in  luce  e  di 
interpretarli. 

Abbiamo  già  veduto  nelle  pagine  precedenti  che  la  curva  delle  di- 
cotiledoni dialipetale  actinomoi'fe  procede,  degradando,  nel  seguente 
ordine  (Tav.  XVII,  fig.  2,  linea  verde)  : 

bianco,  giallo,  rosso,  violetto,  verde,  bleu,  bruno; 
mentre    quella   delle    Dicotiledoni    dialipetale    zigomorfe    (Tav.    XVII, 
fig.  2,  linea  rossa)  si  comporta  nel  seguente  modo: 

giallo,  rosso,  violetto',  bianco,   bleu,  verde,  bruno; 
che    la    curva    delle    Dicotiledoni    gamopetale    actinomorfe  (Tav.  XVII, 
fig.  4,  linea  verde)  tiene  il  seguente  ordine  decrescente: 
rosso,  bianco,  giallo,  verde,  bleu,  violetto,  bruno  ; 
mentre  infine  quella  delle  Dicotiledoni  gamopetale  zigomorfe  (Tav.  XVII, 
fig.  4,  linea  rossa)  procede,  sempre  in  ordine  decrescente,  così: 
violetto,  rosso,  giallo,  bianco,  bruno,  bleu,  verde. 

Orbene,  associando  le  gamopetale  zigomorfe  alle  dialipetale  zigo- 
morfe e  comparandole  di  poi  colle  dialipetale  actinomorfe  e  gamopetale 
actinomorfe  fra  loro  pure  associate,  si  ottengono  le  seguenti  seriazioni, 
in  ordine  decrescente: 

a)  per  le  zigomorfe  (gamopetale   e  dialipetale)   ^Tav.   XVII,  fi- 
gura 5  e  Tav.  XVIII,  fig.  1,  linea  rossa): 

giallo,  rosso,  violetto,  bianco,  bleu,  bruno,  verde 

h)  per  le  actinomorfe  (gamopetale  e  dialipetale)  (Tav.  XVII,  fi- 
gura .5  e  Tav.  XVIII,  fig.  1,  linea  verde): 

bianco,  rosso,  giallo,  verde,  violetto,  bleu,  bruno. 

Una  di  queste  curve  —  la  prima  —  è  bicuspidata,  la  seconda  mo- 
nocuspidata, nel  quale  carattere  noi  troviamo  appunto  la  difterenza  prin- 
cipale fra  l'actinomorfismo  da  una  parte  e  lo  zigomorfismo  dall'altra. 

Se  noi  all'opposto  paragoniamo  fra  loro  la  curva  delle  Dicotiledoni 
actinomorfe  (ottenuta  associando  le  gamopetale  alle  dialipetale)  con 
quella  delle  Dicotiledoni  dialipetale  (sommate  assieme  le  actinomorfe  e 
le  zigomorfe)  si  possono  rilevare  le  differenze  dovute  all'actinomoi'fisnio 
da  una  parte  e  alla  dialipetalia  dall'altra. 


—  145  — 

L'actinomorfismo  dà,  in  ordine  decrescente,  la  seiiazione  seguente 
(Tav.  XVIII,  fig.  2,  linea  verde): 

bianco,  rosso,  giallo,  verde,  violetto,  bleu,  bruno. 
La  dialipetalia  invece  (Tav.  XVIII,  fig.  2  linea  rossa  e  verde)  : 

bianco,  giallo,  rosso,  violetto,  bleu,  verde,  bruno. 
Le  due  curve  decorrono  dunque  quasi  parallele  fra  loro  ed  hanno 
in  conseguenza  lo   stesso    aspetto,   die   è   caratterizzato   da  una   sola 
cuspide. 

Il  confronto  tra  le  Dicotiledoni  gamopetale  (zigomorfe  ed  actino- 
morfe)  da  un  lato  e  le  Dicotiledoni  dialipetale  (pure  zigomorfe  ed  acti- 
nomorfe  assieme)  dall'altro  dimostra  che  le  due  curve  non  sono  piìi 
uguali  fra  loro,  ma  Funa  (dialipetale)  è  monocnspidata,  l'altra  (gamo- 
petale) bicuspidata.  Infatti  le  dialipetale  (Tav.  XVIII,  tìg.  .3,  linea  pun- 
teggiata) danno  la  seguente  seriazione: 

bianco,  giallo,  rosso,  violetto,  bleu,  verde,  bruno. 
Mentre  le  gamopetale  (Tav.  XVIII,  fig.  .3  linea  tratteggiata)  danno 
quest'altra  : 

giallo,  rosso,  bianco,  violetto,  verde,  bleu,  bruno. 
Infine  se  si  stabilisce  il  paragone  fra   le   Dicotiledoni  gamopetale 
(zigomorfe  ed  actinomorfe   insieme)  e  le  Dicotiledoni   zigomorfe  (diali- 
petale e  gamopetale)  si  ottiene  il  seguente  schema  che  ci  dà  i  rapporti 
tra  la  gamopetalia  da  una  parte  e  lo  zigomorfismo  dall'altra: 

(i)  gamopetalia  (Tav.  XVIII,  fig.  4,  linea  a  tratti  rossi  e  verdi)  : 
giallo,  rosso,  bianco,  violetto,  verde,  bleu,  bruno. 

h)  zigomorfismo  (Tav.  XVIII,  fig.  4,  linea  a  tratti  e  punti  rossi): 
giallo,  rosso,  violetto,  bianco,  bleu,  bruno,  verde. 

Vi  ha  quindi  nel  zigomorfismo  uno  spostamento  del  bianco  dal  3" 
al  4"  posto  e  del  verde  dal  .5°  al  7"  posto,  a  vantaggio  rispettivamente 
del  violetto  e  del  bleu. 


Con  queste  singolari  associazioni  di  curve  noi  abbiamo  tracciato 
i  principali  caratteri  dei  differenti  tipi  morfologici  fiorali  (zigomorfismo, 
actinomorfismo;  gamopetalia  e  dialipetalia).  Per  ora  ci  limitiamo  alle 
illustrazioni  che  qui  sopra  ne  abbiamo  fatte,  riserbandoci  di  addentrarci 
in  ulteriori  ragguagli,  per  quanto  riguarda  l'interpretazione  dei  dia- 
grammi, allorché  tratteremo,  nelle  conclusioni,  dell'importanza  dei  diife- 
renti  tipi  fiorali  e  dei  loro  rapporti  coH'evoluzione  del  fiore. 

Prima  di  chiudere  il  presente  capitolo  faremo  rilevare  che  nepiiure 
per  ciò  che  ha  riguardo  alle  colorazioni  delle  ;\[onocotiledoni  e  delle 
Dicotiledoni  le  nostre  osservazioni  si  accordano  con  quelle   del  Riider 


—   14(i   — 

State  sopra  citate,  poicliè  egli  dà  iier  i  due  grappi  le  seguenti  se- 
riazioni '  : 

ironocotiledoiii:  bianco  (62),  giallo  (40),  rosso  (39,5),  verde  (11)), 
bleii  (18),  violetto  (11,5),  bruno  (7). 

Dicotiledoni:  giallo  (028),  bianco  (738),  rosso  (605),  bleu  (197). 
violetto  (149),  verde  (41),  bruno  (4). 

le  quali,  come  si  vede,  non  concordano  colle  nostre. 

Secondo  il  Riider  poi  le  Monocotiledoni  hanno  una  percentuale 
maggiore  di  fiori  bianchi  (rispetto  a  quelli  colorati)  in  confronto  delle 
Dicotiledoni,  il  che  neppure  si  accorda  coi  nostri  risultati,  mentre  è  in 
piena  armonia  colle  nostre  vedute  il  fenomeno  rilevato  dal  Roder  che 
le  Monocotiledoni  tendono  a  sviluppare  i  fiori  rossi  anziché  i  gialli. 

Noi  non  crediamo  che  differenze  cosi  sensibili  dipendano  dall'avere 
il  RiJder  studiata  di  preferenza  la  flora  francese  e  noi  invece  la  tede- 
sca, perchè  troppo  grandi  sono  le  variazioni  che  inoltre  si  appalesano 
di  già  sensibilissime  allorché  si  confrontano  i  risultati  ottenuti  colle 
singole  famiglie. 


Capitolo  V. 

Le  colorazioni  florali 
ed  il  mezzo  in  cni  aìvc  la  pianta. 

(Tav.  XVIIT,  XIX.  XX.) 

Per  portare  un  modesto  contributo  di  ricerche  in  questa  questione 
che  fino  ad  ora  é  stata  molto  superficialmente  trattata  dai  nostri  pre- 
decessori, (V.  in  proposito  i  lavori  di  Coupin)  abbiamo  innanzi  tutto 
stabilite  alcune  categorie  di  stazioni  prendendo  per  base  due  fattoli 
quanto  mai  importanti,  cioè  la  luce  e  l'umidità. 

A  tale  scopo  vennero  prese  separatamente  in  considerazione:  1")  le 
piante  che  vivono  nelle  saline  e  nelle  acque  marine;  2")  quelle  che 
vegetano  nelle  acque  dolci;  3»)  quelle  che  crescono  nelle  paludi; 
4°)  quelle  dei  luoghi   umidi;  5")  le   piante   dei  boschi;  G»)  i  fiori  delle 


'  Per  ragioni  abbaslaiiza  ovvie  noi  abliiamo  qui,  per  ogni  singolo  colore,  fuse  as- 
sieme le  tinte  pallide  e  (jnelle  vive. 


-    147   — 

praterie  ;  7")  le  [liaiite  crescenti  sulle  miti  e  nei  siti  molto  battati  dal 
sole;  8")  la  flora  dei  ruderi;  9'^)  le  piante  dei  pascoli  alpini. 

Moltissime  piante  delle  acque  dolci  e  delle  saline  sono  anche  sog- 
gette ad  una  forte  insolazione  ma  ciò  non  di  meno  è  lecito  supporre 
che  il  peculiare  mezzo  in  cui  vive  la  pianta  debba  riuscire  ad  attenuare 
l'azione  della  radiazione  solare  ed  a  dare  un'impronta  speciale  agli  ap- 
parati fiorali  nello  stesso  modo  che  ha  potuto  modificare  gli  organi  ve- 
getativi. Le  piante  che  crescono  nei  luoghi  umidi  e  nei  boschi  per  lo 
più  si  trovano  sottoposte  ad  una  scarsa  illuminazione,  la  quale  condi- 
zione di  cose,  associata  all'umidità,  deve  pure  aver  infinito  sulla  colo- 
razione fiorale. 

Infine,  per  quanto  concerne  le  piante  dei  luoghi  soleggiati,  dei  prati, 
delle  rupi,  dei  ruderi,  dei  pascoli  alpini,  ecc.,  l'azione  della  luce  deve 
aver  esercitata  indubbiamente  un'  infiuenza  predominante  in  confronto 
di  quella  che  poteva  spiegare  la  quantità  più  o  meno  grande  di  umidità 
cui  andavano  soggette  le  piante  stesse. 

Non  possiamo  tuttavia  dissimularci  che  la  classificazione  proposta 
è  alquanto  artificiosa,  poiché  i  differenti  fattori  che  abbiamo  scelti  come 
fondamentali  pel  nostro  studio  riescono  il  più  delle  volte  ad  associarsi 
variamente  fra  loro  a  seconda  del  mezzo  in  cui  vive  la  pianta,  il  che 
vale  a  mascherare  alquanto  i  risultati. 

Però,  malgrado  questo  inconveniente,  noi  abbiamo  ottenuti  dei  ri- 
sultati di  tal  natura  che  ci  lasciano  supporre  che  i  differenti  fattori  che 
costituiscono  il  mezzo  esterno  esercitino  realmente  un'influenza  gran- 
dissima anche  sull'organizzazione  fiorale  e  specialmente  sulla  colorazione 
del  perianzio. 

Nelle  nostre  ricerche  abbiamo  tenuto  innanzitutto  conto  della  pro- 
porzione con  cui  si  presentano  le  singole  colorazioni  allorché  le  stesse 
nelle  differenti  specie  si  presentano  isolate,  cioè  non  combinate  con  al- 
tre tinte  (fiori  monocromatici).  I  dati  relativi  a  queste  ricerche  sono 
consegnati  nella  tavola  XVIII,  fig.  5-11  e  nella  tavola  XIX,  fig.  1-3 
(linea  continua). 

Secondariamente  abbiamo  analizzato  come  si  associano  i  diversi 
colori  nelle  singole  specie  di  fiori  policromatici  a  seconda  che  queste 
vivono  nell'una  o  nell'altra  delle  stazioni  da  noi  indicate  (Tav.  XVIII, 
fig.  .5-11  e  Tav.  XIX,  fig.  1-3,  linea  punteggiata). 

Nella  Tav.  XIX,  fig.  4-13  si  sono  di  poi  tracciate  le  curve  grafiche 
delle  colorazioni  sommando  fra  loro  le  colorazioni  semplici  dei  fiori  mo- 
nocromatici e  quelle  associate  dei  fiori  policromatici.  Dato  il  predominio 
delle  colorazioni  fiorali  monocromatiche  su  quelle  policromatiche  tali 
curve  hanno  presentata  una  certa  analogia  con  quelle  relative  alle  co- 
lorazioni semplici. 


—  148  — 

Da  iilUiiio  .si  è  voluto  esaiuinare  come  si  iiresentauo  fra  loro  asso- 
ciate le  colorazioni  nei  fiori  i)oIicroniatici  a  seconda  che  questi  vivono 
in  un  mezzo  piuttosto  che  nelTaltro.  I  risultati  delle  nostre  ricerche  in 
proposito  sono  consegnati  nella  Tav.  XX  in  cui  per  ogni  singola  sta- 
zione sono  indicate  le  colorazioni  colle  quali  si  associano  il  verde,  il 
giallo,  il  bianco,  il  rosso,  il  violetto,  il  bleu  ed  il  bruno  e  la  frequenza 
relativa  di  associazione. 

Premesse  queste  considerazioni  veniamo  ora  alla  trattazione  dei 
singoli  quesiti. 

I.  Fiori  monocromatici  (Tav.  XVIII,  fig.  .511  e  Tav.  XIX,  fig.  1-3; 
linea  continua). 

Il)  Salhtc.  —  (Tav.  XVIII,  fig.  ,5).  Primeggia  il  bianco,  poi  ven- 
gono il  giallo,  il  verde,  il  rosso.  Mancano  gli  altri  colori,  ma  il  numero 
delle  piante  studiate  è  troppo  esiguo  perchè  si  possa  trarre  una  con- 
clusione un  pò  importante  a  riguardo  delle  tinte  assenti. 

h)  Acque  ihlci.  —  (Tav.  XIX,  fig.  3).  Vi  ha  in  notevole  propor- 
zione il  bianco,  mentre  il  giallo  è  solo  mediocremente  rappresentato.  11 
rosso  ed  il  violetto  sono  appena  accennati  e  gli  altri  colori  mancano. 

e)  Faluih'  —  (Tav.  XVIII,  fig.  ti).  Il  bianco  ha  ancora  il  soprav- 
vento ma  ad  esso  tiene  subito  dietro  il  giallo.  Il  rosso  è  anche  abba- 
stanza elevato.  Comincia  a  salire  il  violetto  ed  il  verde  è  pure  accen- 
nato. A  questi  colori  tengon  dietro  il  bleu  ed  il  bruno,  ma  quest'ultimo 
è  appena  indicato. 

d)  Luof/Iii  umidi.  —  (Tav.  XVIII,  fig.  7).  Qui  comincia  a  palesarsi 
un  cambiamento  nella  disposizione  dei  colori  poiché  il  giallo  diventa  il 
colore  predominante.  A  (luesto  però  tiene  subito  dietro,  in  ordine  de- 
crescente, il  bianco,  seguito  a  breve  distanza  dal  losso.  Il  violetto  ed 
il  bleu  sono  relativamente  ancora  molto  bassi  e  molto  distanti  perciò 
dal  rosso.  Infine  il  bruno  ed  il  verde  segnano  i  ti'i'miiii  piii  bassi  della 
curva  grafica. 

e)  Boschi.  —  (Tav.  XIX,  fig.  I).  La  curva  relativa  alle  piante 
dei  boschi  ha  ancora  molta  rassomiglianza  con  (luella  delle  piante  dei 
luoghi  umidi,  poiché  al  giallo  che  predomina  sussegue  parimenti  a  bre- 
vissima distanza  il  bianco.  Il  rosso  è  assai  meno  rappresentato,  mentre 
quasi  nulla  vi  ha  di  mutato  per  quanto  riflette  la  frequenza  del  violetto, 
del  bleu,  del  verde  e  del  bruno. 

f)  Prati.  —  (Tav.  XVIII,  fig.  11).  La  cuiva  grafica  che  abbiamo 
visto  fino  ad  ora  terminare  in  punta  più  o  meno  ottusa  a  causa  della 
grande  frequenza  del  bianco,  diventa  qui  molto  acuta  pel  fatto  che  il 
giallo  si  fa  molto  frequente  in  confronto  del  bianco  che  tende  invece 
ad  abbassarsi.  Il  rapporto  degli  altri  colori  rimane  pressoché  invariato. 


—  149  — 

(j)  Liiorj/ii.  solcfigiati.  —  (Tav.  XV[II,  fig.  10).  Il  coniporunieuto 
è  analogo  a  (luello  delle  inaute  dei  prati,  solo  si  nota  una  certa  predo- 
miuanza  del  verde  e  specialmente  del  rosso  clie  tende  ad  avvicinarsi 
al  bianco  per  frequenza. 

//;  Rapi.  —  (Tav.  XVIII,  fig.  9).  Nulla  di  notevole  in  questa 
curva,  che  corrisponde  abbastanza  bene  a  quella  delle  piante  dei  prati. 

i)  Eiukr/.  —  (Tav.  XVIII,  fig.  8).  Neppure  in  questa  stazione 
non  si  nota  alcun  che  di  interessante  essendo  essa  analoga  alla  prece- 
dente. Il  verde  solo  si  eleva  notevolmente  raggiungendo  quasi  il  livello 
del  bianco. 

j)  Pascoli  alpini.  —  (Tav.  XIX,  flg.  2).  Di  notevole  si  osserva 
una  forte  elevazione  del  bleu,  per  cui  la  curva  diventa  bicuspidata,  su- 
perando detto  colore  il  livello  del  violetto  per  raggiungere  quasi  quello 
del  rosso.  Il  bianco  torna  pure  a  mostrarsi  assai  elevato. 

IL  Fiori  polici-omatici.  (Tav.  XVIII,  fig.  5-11  e  Tav.  XIX,  fig.  1-3; 
linea  punteggiata). 

aa)  Saline.  —  (Tav.  XVIII,  fig.  .5).  Predominano  il  verde  ed  il 
rosso,  ma,  ripetiamo,  le  piante  sono  troppo  scarse  perchè  si  possa  for- 
mulare un  giudizio  sui  vari  colori  di  questa  curva. 

bl>)  Acque  dolci.  —  (Tav.  XIX,  fig.  3).  Primeggia  il  bianco,  ed 
a  questo  tengono  dietro  il  giallo  ed  il  verde;  il  rosso  ed  il  violetto 
sono  pochissimo  rappresentati. 

ce)  Paludi.  —  (Tav.  XVIII,  flg.  6).  Il  bianco  è  il  colore  più  fre- 
quente, ma  anche  il  giallo  è  molto  elevato.  Lo  stesso  può  dirsi  pel 
verde  e  pel  ros.so  mentre  gli  altri  colori  sono  poco  rappresentati. 

ddj  Luoghi  umidi.  —  (Tav.  XVIII,  fig.  7).  Il  bianco  ed  il  rosso 
hanno  il  predominio,  poi  seguono  il  verde,  il  giallo,  il  violetto,  il  bruno 
ed  il  bleu. 

ce)  Boschi.  —  (Tav.  XIX,  fig.  1).  Il  rosso  prende  il  sopravento, 
ma  subito  dopo  si  hanno  il  bianco  ed  il  verde.  Il  giallo  è  più  basso, 
sebbene  di  poco,  ed  a  questo  seguono  il  violetto,  il  bleu  ed  il  bruno. 

f/)  Prati.  —  (Tav.  XVIII,  fig.  11).  Predomina  il  rosso,  poi  viene 
il  bianco  e  quindi  il  violetto  ed  il  giallo.  Il  verde  ed  il  bleu  si  trovano 
ancora  più  bassi  e  quasi  ad  uguale  livello.  Infine,  ultimo  per  frequenza, 
si  ha  il  bruno. 

ijgì  Lnotjhi  soleggiati.  —  (Tav.  XVIII,  fig.  10).  Si  ha  quasi  la  stessa 
curva  che  per  le  piante  dei  prati,  solo  che  il  giallo  è  più  elevato  del 
violetto  e  arriva  al  livello  del  bianco,  mentre  il  verde  supera  il  bleu. 

Uh)  Baili.  —  (Tav.  XVIII,  fig.  9).  Si  ha  una  curva  che  diffeiisce 
dalla  precedente  solo  perchè  il  violetto  si  innalza  di  più  ed  il  verde 
invece  si  abbassa. 


—   150  — 

ih  lÌKileri.  —  (Tav.  XVIII,  fig.  S).  Predomina  il  rosso,  poi  ven- 
gono il  verde,  il  giallo  ed  il  bianco,  il  violetto,  il  bruno  ed  il  bleii. 

JJ)  Pascoli  itliiiiii.  —  (Tav.  XIX,  fig.  '2).  Questa  curva,  per  ragioni 
che  ci  sfuggono,  è  alquanto  anomala  avendosi  il  massimo  nel  bianco,  cui 
seguono  il  rosso  ed  il  violetto,  entrambi  allo  stesso  livello.  Più  basso 
é  il  giallo  ed  ancora  più  il  verde,  il  bleu  ed  il  bruno. 

Dal  confronto  dei  fiori  monocromatici  con  quelli  policromatici  emer- 
gono i  seguenti  fatti  :  1")  predomina  sempre  il  bianco  nelle  stazioni 
umide  analogamente  a  quanto  osservò  il  C'onpin  ;  y")  il  giallo  è  il  colore 
che  si  eleva  maggiormente  nelle  stazioni  secche  e  soleggiate  (V.  in 
proposito  la  curva  data  dal  Coupin  molto  simile  alla  nostra)  allorché 
esso  è  isolato,  altrimenti  cede  il  predominio  al  rosso;  3°)  il  verde,  che 
è  sempre  poco  rappresentato  nei  fiori  monocromatici,  diventa  abba- 
stanza frequente  in  quelli  policromatici:  il  fenomeno  è  particolarmente 
evidente  nelle  piante  dei  boschi  e  dei  luoghi  umidi,  dei  ruderi  e  delle 
paludi;  5")  il  predominio,  a  seconda  delle  stazioni,  è  dato  o  dal  bianco, 
0  dal  giallo,  o  dal  rosso,  il  che  non  corrisponde  completamente  a  quanto 
si  è  osservato  studiando  le  colorazioni  dei  vari  tipi  fiorali,  perciiè  in 
questi  abbiamo  veduto  che  poteva  predominare  il  bianco  (fiori  dialipetali 
actinomorfi),  il  giallo  (fiori  dialipetali  zigomorfi)  o  il  giallo  ed  il  violetto 
(fioi  i  gamopetali  e  fiori  zigomorfi)  ;  6")  nei  fiori  policromatici  il  giallo 
di  rado  supera  il  bianco  per  rappresentare  il  massimo  cromatico,  come 
si  osserva  nei  fiori  delle  rniii;  più  di  frei(uente  invece  sta  al  disotto 
del  bianco  (fiora  dei  prati,  dei  luoghi  umidi,  ecc.);  al  contrario  nei  fiori 
monocromatici  esso  giallo  è  molto  spesso  il  colore  predominante;  7°)  nulla 
di  notevole  si  osserva  rispetto  al  violetto,  al  bleu  ed  al  bruno;  perù 
quest'ultimo  supera  il  bleu  in  talune  associazioni  (paludi,  luoghi  umidi 
e  ruderi). 

III.  FroqiK'Hza  assoluta  delle  singole  colorazioni  nelle  varie  sta- 
zioni (fiori  monocromatici  +  fiori  policromatici).  (Tav.  XIX,  fig.  4-13). 

Data  la  grande  predominanza  dei  fiori  monocromatici  su  quelli  po- 
licromatici, queste  curve  hanno  molta  rassomiglianza  con  quelle  dei  fiori 
monocromatici. 

aaa)  Saline.  —  (fig.  4).  Predominano  il  bianco  ed  il  verde  ;  se- 
guono il  giallo  ed  il  rosso  e  mancano  le  altre  tinte. 

bbh)  Acque  dolci.  —  (fig.  .5).  Predomina  il  bianco  e  poi  viene  il 
giallo.  Il  verde  è  notevolmente  elevato;  molto  basse  invece  le  altre  tinte. 
ccc)  Paìinli.  —  (fig.  (j).  La  curva  è  analoga  alla  precedente,  però 
il  rosso  si  eleva  e  supera  notevolmente  il  verde. 

ilddj  Luogìii  umidi.  —  (fig.  9).  IMolto  elevato  il  giallo,  che  è  il 
colore  predominante.  A  questo  però  segue  da  vicino  il  bianco,  ed  il  rosso 


—   151   — 

è  di  poco  più  basso.  Il  verde,  beucliè  più  basso  del  violetto,  è  ancora 
notevolmente  frequente. 

cec)  Boschi.  —  (fig'.  10).  La  curva  diifei'isce  ben  poco  dalla  pre- 
cedente; solo  si  nota  un  leggero  abbassamento  del  rosso. 

fff)  Prilli.  —  (iig.  12).  Il  giallo  è  molto  elevato.  Seguono  il 
bianco,  il  rosso,  il  violetto,  il  bleu,  il  verde  ed  il  bruno.  Tutti  i  colori 
sono  assai  distanziati  gli  uni  dagli  altri,  ad  eccezione  del  violetto  e  del 
lileu.  Il  verde  è  però  relativamente  poco  elevato. 

f/fff/)  Lnogld  soleggiati.  —  (fig.  11).  La  curva  è  analoga  alla  pre- 
cedente ;  il  rosso  è  però  vicinissimo  al  bianco. 

hlih)  Rupi.  —  (fig.  i;:5).  La  curva  è  analoga  a  quella  dei  prati  e 
dei  luoghi  soleggiati. 

Hi)  Ruderi.  —  (fìg.  7).  Il  giallo  ha  il  predominio,  ma  è  seguito 
subito  dal  verde.  Il  bianco  ed  il  rosso  —  ma  più  specialmente  il  primo 
—  sono  notevolmente  elevati.  Nulla  degno  di  nota  riguardo  agli  al- 
tri colori  all' infuori  di  un  lieve  rialzo  dal  bruno  rispetto  al  bleu. 

JJjJ  Pascoli  alpini.  —  (fig.  8).  Manca  l'elevazione  del  bleu,  per 
cui  la  curva  da  bicuspidata  diventa  monocuspidata  (Cfr.  fig.  2  stessa 
tavola). 

In  quasi  tutte  le  curve  tracciate  si  ha  di  notevole  l'elevazione  re- 
lativa del  verde  rispetto  agli  altri  colori. 

IV.  Associazioni  cromatiche  nelle  piante  delle  differenti  sta- 
zioni. —  (Tav.  XX). 

Dalle  curve  esposte  nella  tavola  XX  si  può  rilevare  come  ogni 
singolo  colore  si  associ  agli  altri  in  modo  molto  uniforme  sebbene  dif- 
ferenti siano  le  stazioni  in  cui  vive  la  pianta.  Tuttavia  un'analisi  un  po' 
accurata  dei  diagrammi,  ed  in  ispecie  un  diligente  studio  comparativo 
dei  medesimi  ci  ha  permesso  di  rilevare  i  seguenti  fenomeni. 

1°).  Il  colore  che  entra  in  combinazione  si  associa  con  maggior 
frequenza  colle  tinte  che  lo  precedono  o  lo  seguono  immediatamente  '. 
Cosi  il  verde  si  combina  di  preferenza  col  giallo,  il  bianco  col  rosso  e 
col  giallo,  il  rosso  col  bianco  e  col  violetto  e  questo  col  rosso  e  col 
bleu.  Fa  in  parte  eccezione  a  questa  regola  il  giallo  in  quanto  che 
solo  poche  volte  si  associa  prevalentemente  (associazioni  al  massimo) 
col  bianco,  essendo  esso  di  preferenza  combinato  col  verde  (boschi  e 
ruderi)  o  col  rosso  (luoghi  soleggiati,  luoghi  umidi,  ecc.). 

2").  Il  verde  non  si  combina  che  debolmente  coi  colori  dissociati 
della  serie  cianica  (bleu  e  violetto).  Le  sue  combinazioni  più  frequenti 


'  Tu  questo  fatto  noi  erodiamo  potè)'  vedere  ima  prova  della  razionalità,  della  se- 
riazione dei  colori  da  noi  seguita. 

Atli  dell'Ut.  Boi.  dell'  Uineersità  ili  Pallia  —  II  Serie  -  Voi.  X.  12 


—    \')2   — 

sono  col  giallo  (liiog-lii  soleggiati,  rupi,  boschi)  o  col  bianco  {luoghi 
umidi,  pascoli  alpini).  Col  rosso  è  pure  frequentemente  associato,  seb- 
bene meno  di  quanto  lo  sia  colle  altre  tinte. 

3")  Il  verde  è  fortemente  rappresentato,  come  colore  di  combi- 
nazione, nei  luoghi  umidi,  nei  boschi  e  nei  luoghi  soleggiati.  La  sua 
potenzialità  di  combinazione  diminuisce  nei  fiori  dei  prati  e  delle  rupi. 

4").  Il  bianco  nei  siti  umidi  e  nelle  acque  tende  a  combinarsi, 
come  si  è  detto,  prevalentemente  al  verde.  Nei  luoghi  soleggiati  dimi- 
nuisce la  sua  affinità  per  questo  colore  e  aumenta  quella  pel  rosso  col 
quale  colore  forma  perciò  delle  associazioni  al  massimo  (prati,  luoghi  so- 
leggiati, pascoli  alpini).  Col  giallo  si  associa  fortemente  nei  siti  esposti 
al  sole  (rupi,  pascoli  alpini). 

.5°)  Se  si  esamina  il  tracciato  che  risulta  costituito  dalla  somma 
di  tutte  quante  le  singole  combinazioni  per  una  data  stazione,  si  rileva 
che  il  medesimo  decresce  dal  lato  sinistro  (lato  del  verde)  verso  il  de- 
stro (lato  dei  colori  cianici)  nelle  piante  delle  acque,  dei  luoghi  umidi  e 
dei  boschi  ;  si  mantiene  pressoché  ugualmente  elevato  (ad  eccezione  del 
bruno)  in  quelle  delle  rupi;  ha  il  massimo  di  altezza  iu  corrispondenza 
del  rosso  o  del  bianco  nelle  piante  dei  luoghi  S!)leggiati  ed  aperti. 

6")  Le  combinazioni  della  serie  cianica  (violetto  e  bleu)  si  fanno 
pili  frequenti  nei  luoghi  soleggiati,  diminuiscono  nei  luoghi  umidi  ed 
ombrosi,  il  che  dipende  dalla  poca  tendenza  che  hanno  questi  colori  a 
combinarsi  col  verde  prevalente  in  queste  stazioni. 

La  spiegazione  di  questi  singolari  fenomeni  verrà  data  nel  capitolo 
dedicato  alle  conclusioni. 


Capitolo    YI. 
I  colori  florali  nei  (liflfercnti  mesi  dell'anno. 

(Tav.  XXI,  XXII,  XXIII,  XXIV). 


Nella  tavola  XXI  sono  rappresentate  le  curve  che  indicano  la  fre- 
quenza con  cui  i  differenti  colori  fiorali  si  mostrano  nei  diversi  mesi 
dell'anno,  ma  limitatamente  alle  famiglie  di  piante  dialipetale. 

Un  primo  fenomeno  che  dall'esame  delle  stesse  emerge  si  è  quello 
del  diverso  comportamento  delle  differenti  tinte  a  seconda  che  si  tratta 


—   153  — 

(li  fiori  actiuomorft  (linea  continua)  o  di  lìori  zigomorfi  (linea  punteg- 
giata). Nei  primi,  il  verde,  il  giallo,  il  bianco,  il  rosso  ed  il  bruno  sono 
molto  maggiormente  rappresentati  durante  tutto  l'anno  di  quanto  lo  sieno 
nei  fiori  zigomorfi. 

All'opposto  la  curva  del  violetto  dei  fiori  actinomorfi  quasi  si  so- 
vrappone alla  curva  dello  stesso  colore  dei  fiori  zigomorfi  (Tav.  XXI, 
fig.  51,  il  che  ha  non  poca  importanza  se  si  considera  che  le  piante  diali- 
petale  zigomorfe  sono  assai  meno  numerose  delle  actinomorfe.  Il  bleu 
infine  si  presenta  notevolmente  più  diffuso,  durante  tutto  l'anno,  nei 
fiori  zigomorfi  in  confronto  di  quelli  actinomorfi  (Tav.  XXI,  fig.  6). 

E  duopo  ancora  rilevare  che  per  una  causa  che  noi  non  siamo 
riusciti  a  rintracciare,  ma  che  probabilmente  non  si  può  ritenere  come 
accidentale,  la  massima  frequenza  delle  singole  tinte  nei  fiori  zigomorfi 
cade  di  solito  in  giugno,  mentre  nei  fiori  actinomorfi  le  singole  colora- 
zioni presentano  il  massimo  di  frequenza  in  luglio.  Il  verde  anzi  rag- 
giungerebbe la  maggior  frequenza  in  agosto  (fig.  1). 

In  non  pochi  casi  il  massimo  verrebbe  raggiunto  in  giugno  ma 
persisterebbe  fino  a  luglio  oppure  le  differenze  fra  questi  due  mesi,  per 
(luanto  riguarda  la  frequenza,  sarebbero  pochissimo  accentuate  (verde  : 
fig.  1,  fiori  zigomorfi;  bianco;  fig.  3,  fiori  zigomorfi;  bleu:  fig.  6,  fiori 
zigomorfi;  giallo:  fig.  2,  fiori  actinomorfi). 

Allorché  il  massimo  trovasi  localizzato  in  luglio,  si  ha  come  con- 
seguenza uua  diminuzione  nella  frequenza,  assai  piìi  rapida  dell'incre- 
mento, nei  mesi  d'estate  e  di  autunno,  mentre  l'opposto  avviene  allor- 
ché il  massimo  cade  in  giugno. 

Il  fenomeno  del  raiiido  decrescimento  è  particolarmente  accentuato 
nel  verde,  il  cui  massimo  (fiori  actinomorfi)  cade,  come  si  è  detto,  in 
agosto. 

Se  noi  passiamo  ora  ad  analizzare  come  si  comportano  le  curve 
cromatiche  nei  fiori  gamopetali  (Tav.  XXII,  fig.  1-7)  rileviamo  nei  diffe- 
renti mesi  dell'anno  un  comportamento  che  si  allontana  da  quanto  si  é 
visto  nei  fiori  dialipetali. 

Esaminando  i  relativi  diagrammi  noi  vediamo  che  nelle  gamopetale 
actinomorfe  (linea  continua)  le  curve  del  verde  (fig.  1),  del  bianco 
(fig.  3),  del  rosso  (fig.  4),  del  bleu  (fig.  6)  sono  piii  elevale  delle  omo- 
loghe riferentisi  ai  fiori  zigomorfi,  mentre  l'opposto  si  verifica  pel 
giallo  (fig.  2)  e  pel  violetto  (fig.  5).  La  curva  del  bruno  (fig.  7)  mantiene 
pressoché  lo  stesso  andamento  nelle  due  categorie  di  fiori. 

Ora  la  maggior  elevazione  del  giallo  e  del  violetto  contrasta  sin- 
golarmente con  quanto  si  é  verificato  per  gli  stessi  colori  nelle  diali- 


—    154    - 

petale  (T;iv.  XXI,  (ig.  2  e  5)  in  cui  tali  colori  sono  semprt'  più  fre- 
quenti nei  fiori  actinoniorfi. 

Il  massimo  di  frequenza  ilei  singoli  colori  cade  in  luglio  tanto 
pei  fiori  actinomorfi  che  per  i  zigomorfi.  La  discesa  autunnale  quindi 
avviene  con  una  certa  celerità  che  è  già  abbastanza  marcata  in  agosto, 
ciò  che  rende  queste  curve  abbastanza  differenti  da  quelle  della  ta- 
vola XXI.  Oltre  a  ciò  nelle  gamopetale  non  si  incontra  quella  speciale 
fase  di  stazionarietà  che  ha  luogo  per  molte  curve  delle  dialipelale 
in  coirispondenza  dei  mesi  di  giugno  e  luglio,  di  guisa  che  nelle  prime 
la  grafica  termina  sempre  in  punta  acuta. 

Una  curva  alquanto  anomala  è  quella  del  verde  che  nelle  gamope- 
tale zigomorfe  arriva  quasi  a  produrre  un  secondo  massimo  in  niarzo- 
ajirile  (Tav.  XXII,  fig.   1,  linea  punteggiata). 

La  tavola  XXIV  ci  indica  i  rapporti  di  frequenza  dei  vari  colori  nei 
difterenti  mesi  a  prescindere  dalle  distinzioni  fiorali  dovute  alle  modi- 
ficazioni morfologiche.  I  tracciati  che  si  sono  ottenuti  dimostrano  che 
il  massimo  assoluto  delle  singole  colorazioni  cade  in  luglio;  che  il 
giallo,  il  bianco  '  ed  il  rosso  sono  i  colori  più  comuni  nei  differenti 
mesi  e  che  infine  la  discesa  e  l'ascesa  delle  curve  differiscono  alquanto 
fra  loro  solo  in  alcuni  colori  (bruno,  bleu,  verde),  perchè  la  discesa 
è  in  principio  assai  più  lenta  dell'  ultimo  tratto  dell'ascesa. 

Abbastanza  interessante  si  è  mostrato  lo  studio  riflettente  i  rap- 
porti di  frequenza  delle  diverse  colorazioni  nei  diversi  mesi  dell'anno 
(Tav.  XXIII)  poiché  dallo  stesso  è  stato  posto  in  sodo  che  in  gennaio 
predominano  il  bianco  ed  il  giallo  ;  in  febbraio  il  giallo  ha  il  predo- 
minio da  solo,  ma  ben  tosto  viene  superato  dal  bianco  il  quale  si  man- 
tiene molto  elevato  rispetto  agli  altri  colori  nei  mesi  di  marzo  ed  aprile 
per  cedere  di  nuovo  la  supremazia  al  giallo  in  maggio.  Dal  giugno  al 
novembre  rimane  incontrastato  il  predominio  del  giallo,  il  quale  però 
torna  a  passare  in  seconda  linea  e  cede  il  campo  al  bianco  in  di- 
cembre. 

Per  ciò  che  concerne  gli  altri  colori  si  ha  la  seguente  seriazione 
(in  ordine  decrescente)  rispetto  alla  frequenza:  rosso,  violetto,  bleu, 
verde,  bruno.  A  seconda  dei  mesi,  ora  l'uno  ora  l'altro  di  questi  colori 
tende  ad  elevarsi  senza  che  tuttavia  riesca  a  turbare  l'ordine  della 
seriazione.  Bisogna  però  fare  eccezione  pel  verde  che  in  maizo  cambia 
di  posto  portandosi  al  disopra  del  bleu. 


'  La  grande  frequenza  del  bianco  è  qui  iu  gran  parte  dovuta  all'azioue  dei  fiori 
dialipetali,  essendo  tale  colore  relativameute  poco  rappres;ntato  uidie  gamopetale 
(V.  Tav.  XXII,  fig.  :>). 


—   155  — 

E  vero  che  in  ottobre  il  bianco,  il  rosso  ed  il  violetto  tendono  a 
diventare  ngualniente  fretìuenti,  e  lo  stesso  fatto  si  ripete  in  novembre 
e  dicembre,  ma  la  quantità  di  fiori  che  si  hanno  in  tali  mesi  è  così 
scarsa  che  non  si  può  dare  una  grande  importanza  al  fenomeno. 


Cai'itolo  vii. 

Fiori  moiiocroniatici  e  fiori  policromatici. 

(Tav.  XXII,  fig.  8-11). 

Se  noi  passiamo  in  rassegna  una  flora  qualsiasi,  troviamo  che  molte 
famiglie  sono  per  lo  più  rappresentate  da  generi  e  da  specie  che  por- 
tano dei  fiori  di  un  solo  colore  (fiori  monocromatici)  il  quale  però  può 
essere  diverso  nelle  diverse  specie,  come  si  osserva  per  esempio  nelle 
Crocifere,  mentre  altre  famiglie  ed  altri  generi,  oltre  a  possedere  un 
certo  numero  di  specie  monocromatiche,  comprendono  pure  non  pochi 
tipi,  0  constano  esclusivamente,  di  piante  i  cui  fiori  sono  screziati  o 
sulfusi  di  diversi  colori  (fiori  policromatici). 

L'intima  essenza  del  policromismo,  il  quale  dipende  in  gran  parte 
dalla  presenza  dei  cosidetti  nettaro-indici,  secondo  la  maggior  parte 
degli  autori  va  ricercata  nei  rapporti  che  i  fiori  contraggono  cogli  in- 
setti, ma  uno  di  noi  ha  posto  in  evidenza  (Cfr.  Buscalioni  e  PoUacci, 
Le  Antociaìiiìie,  ecc.)  come  anche  altri  fattori  possano  aver  determinate 
le  screziature  nei  fiori,  per  cui  appai'e  giustificata  l'opinione  del  Knuth 
(Vedi  llandhiicli  dei-  BUìthcnhioìoyic)  allorché  afferma  che  solo  fino  a 
prova  contraria  si  devono  ritenere  le  macchie  e  le  striature  quali  dis- 
posizioni intese  a  guidare  gli  insetti  al  nettario. 

Lo  studio  che  abbiamo  fatto  delle  colorazioni  fiorali  ci  ha  pure  in- 
dotti a  portare  la  nostra  attenzione  sui  fiori  policromatici  e  più  spe- 
cialmente a  rilevare  la  proporzione  con  cui  questi  si  presentano  nei 
differenti  tipi  fiorali,  vale  a  dire  nelle  piante  dialipetale,  actinomorfe 
e  zigomorfe,  e  nelle  corrispondenti  gamopetale. 

Noi  riporteremo  qui  i  risultati  ottenuti,  riservandoci  di  rilevarne 
l'importanza  nelle  conclusioni,  ma  nello  stesso  tempo  sentiamo  l'obbligo 
di  dichiarare  che  per  quanto  le  nostre  ricerche  ci  paiano  attendibili,  al- 
meno nelle  linee  generali,  esse  tuttavia  sono  alquanto  incomplete,  non 


—  ir,6  — 

potendosi  condiiri'e  a  terniine  con  sufficiente  rigore  scientifico  uno  studio 
che  richiede  incondizionatamente  l'osservazione  delle  piante  vive. 

Fra  le  piante  dialipetale  actinomorfe,  rappresentate  nella  flora  te- 
desca da  oltre  1000  specie,  ne  abbiamo  trovate  872  a  fiori  monocroma- 
tici e  215  a  fiori  policromatici,  il  che  darebbe  una  percentuale  di  24, G 
fiori  policromatici. 

Nel  gruppo  delle  dialipetale  zigomorfe  su  409  specie,  ne  abbiamo 
rinvenute  148  a  fiori  policromatici,  per  cui  la  percentuale  dei  fiori  po- 
licromatici salirebbe  al  36,0  "/„. 

Nelle  gamopetale  actinomorfe,  rappresentate  da  circa  602  tipi,  la 
percentuale  dei  fiori  policromatici  raggiunge  il  .35,1  "/o  (180  fiori  poli- 
cromatici). 

Infine  per  ciò  che  concerne  le  gamopetale  zigomorfe,  .sopia  549  fiori 
ne  abbiamo  trovati  131  policromatici  e  quindi  un  rapporto  di  313  '% 
vale  a  dire  una  cifra  un  po'  più  bassa  di  quella  corrispondente  nelle 
gamopetale  actinomorfe  e  nelle  dialipetale  zigomorfe,  ma  più  elevata 
di  quella  dei  fioii  dialipetali  actinomorfi. 

Adunque  il  numero  più  basso  dei  fiori  policromatici  si  incontra 
nelle  dialipetale  actinomorfe,  poi  seguono  le  gamopetale  zigomorfe,  le 
gamopetale  actinomorfe  ed  infine  le  dialipetale  zigomorfe. 

Noi  siamo  pertanto  in  grado  di  affermai'e  che  i  risultati  delle  nostie 
ricerche  concordano  con  quelle  di  Taylor  il  quale,  a  pag.  199  del  suo 
trattato  sui  fiori,  così  si  esprime:  "  We  commonly  find  that  when  ali 
"  the  petals  are  equal  in  size  and  shape,  all'are  equally  .coloured  or 
"  sheaked.  I5ut  as  soon  as  one  petal  is  enlarged  for  any  special  pur- 
"  pose  in  the  economy  of  the  plant,  althoug  the  enlargement  may  be 
"  comparatively  trifling  in  degree,  a  change  in  colour  or  adornement 
"  in  mediately  ensues.  But  when  the  change  in  shape  is  carried  to  a 
"  high  degree,  then  the  part  Avich  is  the  largest  is  either  of  a  diffe- 
"  rent  colour,  or  it  is  dift'erently  marked.  When  the  petals  of  a  Flower 
"  bave  grown  together  so  that  a  gamopetalous  corolla  is  the  result. 
"  then,  is  this  be  of  an  irregnlar  shape,  there  is  noth  so  niuch  difte- 
"  rence  in  the  colour  of  the  united  parts,  except  the  lower  wich  are 
"  usually  spotted,  or  more  brillant  in  colour  „. 

E  duopo  però  notare  che  il  Taylor,  pur  essendo  giunto  alle  nostre 
conclusioni  in  base  ad  osservazioni  alquanto  superficiali,  non  ha  saputo 
dare  una  spiegazione  del  fenomeno  oltre  a  quella  solita  che  si  riferisce 
all'allettamento  dei  pronubi. 

I  rapporti  di  fi'equenza  tra  le  differenti  categorie  di  fiori  (mono- 
cromatici e  policromatici)  e  il  tipo  morfologico  fiorale  (dialipetalia,  ga- 
mopetalia,  zigomorfisnio  ed  actinomorfismo)  sono  stati  illustrati  grafica- 


—   157  — 

mente  nella  tavola  XXII  flg.  8-11.  La  fìg.  8  rappresenta  il  rapporto  tra 
i  fiori  monocromatici  (e.  s.)  ed  i  fiori  policromatici  (a.  e.)  nelle  diali- 
petale  actinomorfe;  la  fig.  9  lo  stesso  rapporto  nelle  dialipetale  zigo- 
morfe; la  fig.  10  ci  indica  i  risultati  ottenuti  studiando  le  gamopetale 
zigomorfe,  ed  infine  la  fig.  11  mostra  la  frequenza  relativa  delle  due 
sorta  di  fiori  nelle  gamopetale  actinomorfe. 

In  tutte  le  figure  sopra  citate  il  rapporto  tra  il  numero  dei  fiori 
monocromatici  e  quelli  policromatici  è  ridotto  a  100,  il  che  permette 
di  rilevare  con  maggior  facilità  le  divergenze  dovute  alla  struttura 
fiorale. 


Capitolo  Vili. 
Le  colorazioni  predoiuiiiaiiti  nelle  flore  alpine. 

(Tav.  XXV,  fig.  1-7). 

Colla  scorta  dell'opera  del  Graf  il  quale  ha  illustrato  con  tavole 
a  colori  circa  400  specie  di  piante  della  catena  delle  Alpi  svizzere  e 
delle  regioni  austriache  noi  abbiamo  potuto  rilevare  alcuni  dati  concer- 
nenti la  distribuzione  dei  colori  nelle  piante  alpine,  sia  rispetto  alla 
costituzione  fiorale,  a  prescindere  da  qualsiasi  altro  fattore,  sia  rispetto 
al  mezzo  in  cui  la  pianta  vive. 

A  quanto  pare  i  rapporti  di  frequenza  delle  singole  colorazioni  non 
corrispondono  più  a  quelli  che  sono  venuti  in  luce  dallo  studio  della 
flora  tedesca  in  gran  parte  costituita  da  piante  di  pianura  e  di  collina. 

Infatti  la  tinta  ciie  presenta  il  massimo  di  frequenza  non  è  più  il 
giallo  (Tav.  XIII,  fig.  8)  ma  bensì  il  rosso  (Tav.  XXV,  fig.  1),  ed 
inoltre  si  ha  la  seguente  gradazione  in  ordine  decrescente:  rosso,  bianco, 
giallo,  violetto,  bleu,  verde,  bruno. 

Ora  questa  seriazione  neppure  corrisponde  a  quella  indicata  dal 
Conpin  per  la  flora  francese,  dal  Fisch  per  le  Alpi  dove  trovò  predo- 
minanti i  fiori  bianchi,  cui  seguivano  per  ordine  di  frequenza  i  gialli, 
i  violetti,  i  bleu  ed  i  rossi,  né  a  quella  del  Lindmann  che  trovò  pure  un 
aumento  dei  fiori  bleu  e  violetti,  né  infine,  a  quella  di  Cockevell  che, 
nelle  montagne  del  Colorado,  vide  più  frequenti  i  fiori  bleu,  rossi,  gialli 
e  verdi.  Essa  presenta  invece  una  certa  analogia  con  quanto  ebbero  a 
segnalare  il  Miiller  ed  il  Bonnier. 


—    I5S    - 

Sta  intanto  il  fatto  die  se  nelle  tlme  alpine  predominano  i  colori 
vistosi,  qnesto  sarebbe  un  carattere  che  varrebbe  a  distinguere  ([Uesta 
fiora  dalle  flore  ai'ticlie  e  nnrdirhe  in  cui,  stando  ai  dati  di  Scliiibeler, 
di  Lindmann  e  di  Eekstam  il  bianco  sarebbe  il  colore  predominante. 
Una  concordanza  di  tinte  tia  le  due  fiore  si  verifica  solo  se  conside- 
riamo le  sommità  alpine  e  le  regioni  dei  ghiacciai,  come  fra  poco  ve- 
dremo. 

Sulle  montagne  abbiamo  delle  condizioni  biologiche  le  quali  rispec- 
chiano quanto  avviene  in  pianura  e  noi  perciò  abbiamo  pure  tentato  di 
dare  i  diagrammi  relativi  alle  piante  dei  boschi,  dei  prati,  dei  luoghi 
soleggiati,  dei  luoghi  umidi  (comprendendo  in  questo  gruppo  la  flora 
delle  torbiere  e  delle  paludi)  ed  infine  abbiamo  fatta  una  categoria  spe- 
ciale per  la  flora  dei  nevai. 

Per  quanto  riguarda  quest'ultima  (fìg.  2),  troviamo  che  il  massimo 
di  frequenza  coincide  col  bianco  e  col  violetto,  poi  viene  il  giallo,  ed 
infine  il  rosso,  il  bleu  ed  il  verde. 

Nelle  paludi,  torbiere  e  luoghi  umidi  in  genere  (fìg.  3)  si  osserva 
pure  un  notevole  predominio  di  fiori  bianchi,  cui  seguono,  in  ordine  de- 
crescente, i  rossi  ed  i  gialli  —  pressoché  ugualmente  rappresentati  — 
i  violetti,  verdi,  bleu  e  bruni. 

La  curva  corrisponde  abbastanza  a  quella  che  abbiamo  ottenuta 
per  la  flora  germanica  (Tav.  XIX,  fìg.  G),  poiché  anche  in  questa  tro- 
viamo il  massimo  nel  bianco.  Differiscono  tuttavia  le  due  curve  perchè 
nelle  Alpi  il  giallo  è  di  poco  inferiore  al  rosso,  il  verde  al  violetto, 
menile  l'opposto  ha  luogo  nella  flora  tedesca,  ma  queste  differenze,  per 
ragioni  facili  a  comprendersi,  non  hanno  grande  valore. 

Il  giallo  diventa  il  colore  predominante  nei  prati  e  pascoli  alpini 
(fìg.  4)  e  ad  esso  seguono,  in  questa  curva,  il  bianco  ed  il  rosso.  Il 
violetto  ed  il  bleu,  che  vengono  dopo,  sono  quasi  ugualmente  rappre- 
sentati. Il  verde  occupa  l'ultimo  posto.  —  Anche  questa  curva  ha  molta 
analogia  con  quella  che  abbiamo  data  pei  pascoli  alpini  della  flora  te- 
desca, come  si  può  vedere  confrontando  la  fig.  4  della  tavola  XXV  colla 
fig.  8  della  tavola  XIX,  il  che  ben  si  comprende  qualora  si  consideri 
die  il  giallo  ed  il  bianco  sono  eccellenti  colori  di  contrasto  sul  fondo 
verde. 

I  boschi  alpini  albergherebbero,  secondo  il  nostro  schema  (fig.  5), 
una  grande  quantità  di  fiori  rossi.  A  questo  colore  terrebbe]  o  dietro, 
in  ordine  decrescente,  il  bianco,  il  giallo,  il  violetto,  il  bleu,  il  verde 
ed  il  bruno.  La  curva  differisce  notevolmente  da  quella  che  .si  è  trac- 
ciata per  i  boschi  della  flora  germanica  (Tav.  XIX,  fìg.  10),  il  che  forse 
ha  la  sua  ragione   d'  essere  nelle  differenti  condizioni   biologiche  (illu- 


—   159  — 

niinazione,  allettamento  dei  pronubi,  ecc.)  dei  bosclii  alpini  lispetto  a 
quelli  di  pianuia. 

Nei  luoghi  aperti  (fig.  6)  abbiamo  due  massimi  di  frequenza  in 
corrispondenza  al  rosso  ed  al  giallo,  mentre  il  bianco  si  abbassa  no- 
tevolmente. Ancora  più  basso  trovasi  il  violetto,  mentre  il  bleu  si  in- 
nalza alquanto.  Il  verde  è  debolmente  rappresentato  ed  il  bruno  manca. 
Anche  questa  curva  ha  poca  affinità  con  quella  corrispondente  dei  luoghi 
soleggiati  di  pianura  e  collina  (Tav.  XIX,  fig.  11). 

Infine  sulle  rupi  (fig.  7)  torna  a  predominare  il  bianco  sul  giallo, 
ma  di  poco,  ed  inoltre  si  ha  una  accentuazione  del  bleu  rispetto  al 
violetto. 

La  curva  non  coriisponde  in  tutto  a  quella  della  flora  tedesca 
(Tav.  XIX,  fig.  13)  sebbene  anche  in  questa  si  noti  un  grande  pre- 
dominio dei  fiori  bleu  che  tendono  quasi  ad  uguagliare  quelli  violetti. 

Questi  sono  i  risultati  che  noi  abbiamo  ricavato  dai  nostri  studi, 
che  certo  non  possono  dirsi  completi,  sulla  flora  alpina.  Noi  li  segna- 
liamo perchè  crediamo  che  nelle  grandi  linee  siano  attendibili,  ma,  dato 
il  numero  esiguo  di  piante  esaminate  e  la  sicurezza  solo  relativa  del 
metodo  impiegato,  non  vogliamo  desumere  da  questi  risultati  delle  con- 
clusioni di  indole  generale  all'infiiori  di  quelle  segnalate  nel  corso  della 
descrizione. 


Capitolo  IX. 

CONCLUSIONI. 

Il  Miiller  nel  suo  classico  trattato  "  Blumen  und  Insekien  „  così 
si  esprime  a  riguardo  delle  colorazioni  fiorali:  "  Noi  siamo  ancora  al- 
l'oscuro sulle  cause  che  hanno  provocato  la  piima  comparsa  dei  fiori 
colorati.  Siccome  però  le  piante  anemofile  e  le  Gimnosperme  al  tempo 
della  fioritura  si  ornano  spesso  di  colori  abbastanza  vivi  indipendente- 
mente dalla  presenza  degli  insetti,  così  appare  probabile  che  le  colo- 
razioni dei  fiori  dipendano  dai  processi  chimici  attivati  e  che  i  fiori 
ermafroditi  piìi  antichi  abbiano  ereditato  degli  involucri  colorati  da 
progenitori  anemofili  e  a  sessi  separati  e  che  infine  gli  insetti  siano 
unicamente  riusciti  ad  esaltare  ed  a  perfezionare  le  colorazioni  pree- 
sistenti „. 


—  ir.n  — 

Purtroppo  quasi  tutti  gli  autori  clie  si  occuparono  di  poi  della  bio- 
logia fiorale  hanno  trascurato  il  concetto  del  grande  biologo  tedesco, 
non  curanti  clie  di  ascrivere  agli  insetti  ed  agli  altri  animali  pronubi 
tutte  quante  le  modificazioni  di  forma  dei  fiori  e  più  ancora  le  grada- 
zioni di  tinta  che  questi  presentano. 

Non  vi  ha  dubbio  che  gli  animali,  e  più  specialmente  gli  insetti, 
hanno  contribuito  potentemente  a  modificare  la  struttura  e  le  tinte  fio- 
rali, ma  non  si  può  neppure  escludere  che  le  condizioni  esterne,  nelle 
quali  la  pianta  vive,  non  abbiano  anche  concorso  a  portare  delle  mo- 
dificazioni. Orbene  fu  precisamente  nostro  compito  quello  di  investigare 
in  quale  misura  le  tinte  fiorali  ed  i  cambiamenti,  sia  di  numero  che  di 
simmetria,  reperibili  nella  corolla  siano  dovuti  a  questi  fattori. 

E  ora  peitanto  tempo  di  raccogliere  le  idee  e  venire  ad  una  con- 
clusione che  riassuma  i  fatti  esposti  e  cogli  stessi  armonizzi. 

Prima  però  di  entrare  in  merito  alla  questione  è  duopo  analizzare  il 
problema  della  evoluzione  fiorale  secondo  le  moderne  concezioni  degli  autori. 

Lo  studio  delle  forme  fiorali  ha  indotto,  come  si  è  visto,  più  di 
un  botanico  a  ritenere  che  le  colorazioni  dei  petali  siano  stj'ettamente 
collegate  col  grado  di  evoluzione  del  fiore.  Ma  il  concetto  del  perfezio- 
namento fiorale  fu  variamente  interpretato,  poiché  mentre  il  Wolff"  ed 
il  Goethe  asseriscono  che  gli  involucri  perianziali  derivano  dalla  meta- 
morfosi delle  foglie,  l'Alien  Grant  fa  derivare  gli  stessi  dalle  antere  in 
base  all'unica  circostanza  che  le  antere  d'ordinai-io  sono  gialle  come 
taluni  perianzi  e  che  esse  si  trovano  di  già  nei  fiori  privi  di  corolla. 

Queste  differenti  vedute  filogenetiche  hanno  fatto  sentire  il  loro 
contraccolpo  sopra  la  teoria  concernente  l'evoluzione  cromatica  del  fiore, 
di  guisa  che  noi  vediamo  che  i  differenti  autori,  per  quanto  concordi 
nello  stabilire  un'unica  seriazione  di  colori,  gli  uni  più  perfezionati  degli 
altri,  si  son  trovati  di  poi  imbarazzati  nello  stabilire  la  dignità  dei 
singoli  colori  fiorali,  i  più  degradati  dei  quali  sarebbero  destinati  ad 
ornare  le  corolle  meno  evolute,  gli  altri  quelle  più  perfezionate.  Come 
colore  più  degradato  taluni  ammisero  il  giallo  (Alien  Grant),  altri  il 
verde  ed  il  giallo  (Miiller,  Lovell  e  Lubbock),  altri  infine  il  bianco  ed 
il  verde,  che  sarebbero  anzi  per  taluni  1  colori  primitivi,  mentre  all'op- 
posto il  rosso,  il  violetto  ed  il  bleu  rappresenterebbero  le  tinte  più 
nobili.  Cosi  veniva  stabilita  la  reciproca  dignità  dei  differenti  colori 
fiorali  concatenati  gli  uni  cogli  altri  in  modo  da  formare  un'unica  se- 
riazione che  noi  chiameremo  seriazione  monofiletica,  e  ciò  malgrado 
che  il  De  Candolle  avesse  da  tempo  fatto  osservare  che  le  colorazioni 
fiorali  appartengono  a  due  tipi  differenti  costituiti  dai  colori  della  serie 
xantica  da  una  parte,  da  quelli  della  serie  cianica  dall'altra. 


—   IGI   — 

Nel  lavoro  sulle  antocianine  e  la  loro  fmizioiie  biolof^ica  nelle  iiiante 
che  uno  di  noi  (Biiscalioni)  ha  fatto  in  collaborazione  col  D.''  G.  Poi- 
lacci,  la  questione  della  filogenesi  e  delle  variazioni  cromatiche  venne 
ampiamente  discussa  allo  scopo  di  dimostrare  come  non  si  possa  a 
rigor  di  termini  parlale  di  un'unica  seriazione  cromatica  pel  fatto  che 
le  ditFerenti  tinte  florali  (verde,  bianco,  colori  della  serie  xantica,  co- 
lori della  serie  cianica,  ecc.)  rappresentano  tre  differenti  sorta  di  unità 
cromatiche  non  collegate  fra  loro  da  alcun  nesso.  Infatti  la  presenza 
dell'aria  è  la  cagione  della  comparsa  del  color  bianco;  il  verde  è  dato 
dai  cloroplasti,  il  giallo  ed  il  ranciato  dai  cromoplasti,  mentre  poi  i  co- 
lori della  serie  cianica  derivano  per  lo  piìi  dalle  antocianine  variamente 
colorate  a  seconda  del  loro  stato  di  dissociazione. 

Buscalioni  e  Pollacci  prendendo  per  base  l'ipotesi  dell'origine  fo- 
gliare del  filloma  fiorale  come  quella  più  generalmente  accettata  e  più 
consona  ai  fatti,  hanno  formulata  una  teoria  secondo  la  quale  il  verde 
sarebbe  il  colore  primordiale  e  da  questo,  in  seguito  ad  una  alterazione 
più  0  meno  marcata  dei  cloroplasti,  sarebbe  derivato  il  giallo,  mentre 
dalla  distruzione  totale  dei  cloroplasti  (rispettivamente  dei  cromo- 
plasti) avrebbe  tratto  origine  il  bianco.  I  colori  infine  della  serie 
cianica  si  sarebbero  insediati  in  quei  fiori  nei  quali  la  distruzione  dei 
plastidi  aveva  raggiunto  il  grado  più  elevato  (caso  più  frequente)  op- 
pure in  quelli  in  cui  le  modificazioni  si  erano  arrestate  colla  forma- 
zione dei  cromoplasti. 

Noi  siamo  ora  in  grado  di  precisare  meglio  questo  concetto  e  di 
illustrare  cosi  l'intima  essenza  del  processo  filogenetico  fiorale,  almeno 
nelle  sue  grandi  linee. 

Il  verde  è,  come  si  disse,  il  colore  primordiale,  ma  esso  —  fatta 
eccezione  per  jiochi  casi  —  non  si  conserva,  e  ciò  per  cause  interne 
di  indole  fisiologica.  È  noto  infatti,  dalle  ricerche  di  Saposknikoff,  che 
i  cloroplasti  quando  vengano  costretti  ad  accumulare  nella  loro  compa- 
gine i  prodotti  della  loro  attività  fotosintetica  si  disorganizzano.  Ora 
un  fenomeno  analogo  deve  avvenire  nel  filloma  fiorale,  perchè  i  mate- 
riali nutritizii  (zuccheri,  ecc.)  che  da  tutte  le  parti  della  pianta  accor- 
rono al  fiore  in  via  di  sviluppo  intralciano  senza  dubbio  l'eliminazione 
dei  prodotti  di  assimilazione  dei  cloroplasti  dei  fillomi  fiorali   stessi  '. 


'  In  appoggio  di  questa  teoria  far(3nio  notare  che  il  prof.  Fatta  avendo  preso  a 
studiare  la  corolla  verde  della  Delieralnia  smaragdinn  non  vi  rinvenne  traccia  di 
amido  sebbene  il  parenchima  della  stessa  fosse  ripieno  di  granuli  clorofilliani,  il  che 
dimostra  come  l'attivitii  fotosintetica  nei  petali  di  queste  piante  sia  abolita.  (Vedi 
G.  Fatta,  I  fiori  della  Deherainia  smarwjdina  in  Nuovo  Gioni.  Bot.  ital.,  1808). 


—  ir,2  — 

Di  qui  la  tendenza  alla  distruzione  del  granulo  clorofilliano.  Un 
tale  fenomeno  essendosi  riprodotto,  senza  posa,  di  generazione  in  gene- 
j-azione  deve  avei'  determinato,  come  è  facile  a  comprendersi,  la  me- 
tamorfosi del  cloroplasto  in  cromoplasto,  il  che  ha  avuto  per  conse- 
guenza che  il  filloma  fiorale,  modificato  nella  sua  colorazione,  venisse 
utilizzato  per  una  nuova  funzione,  che  è  quella  di  adescamento. 

La  metamorfosi  cromatica  è  però  avvenuta,  a  nostro  parere,  indi- 
pendentemente dall'intervento  degli  insetti  e  per  condizioni  non  già  di 
relazione  ma  inerenti  alla  pianta  stessa,  vale  a  dive  per  cause  interne. 
Ciò  concorda  col  fatto  che  molte  piante  anemofile  e  le  Gimnosperme 
hanno  spesso  gli  apparati  fiorali  piìi  o  meno  colorati  benché  non  deb- 
bano attirare  gli  insetti. 

Lo  stesso  principio  che  ci  ha  indotti  a  spiegare  l'origine  dei  colori 
giallo  e  raneiato,  può  servire  a  chiarirei  come  si  sia  venuto  organizzando 
il  color  bianco.  A  tale  scopo  è  sufficiente  ammettere  che  in  laluni  fil- 
lomi poco  resistenti,  sempre  per  la  stessa  causa,  abbia  avuto  luogo 
una  più  radicale  alterazione  dei  cloroplasti  per  cui  questi,  anziché  tras- 
formarsi in  cromoplasti,  andarono  scomparsi  come  corpi  divenuti  inutili 
in  seguito  all'esaurimento  della  loro  attività. 

Secondo  le  nostre  vedute  ailunque  l'ingombro  di  materiali  plastici 
attorno  al  filloma  fiorale  avrebbe  determinato  in  certi  casi  1"  ingialli- 
mento di  questo,  in  altri  l'imbianchimento.  Contro  questa  teoria  si  ele- 
vano le  osservazioni  del  Taj'lor  il  quale,  basandosi  sul  fatto  che  i  fiori 
si  formano  in  maggior  copia  se  le  piante  son  tenute  in  cattive  condi- 
zioni di  esistenza  e  che  gli  stessi  appaiono  sui  rami  terminali  spesso 
privi  di  foglie  o  portanti  solo  delle  brattee,  ritiene  che  la  formazione 
dei  fiori  sia  inerente  ad  un  rallentamento  nella  nutrizione.  Noi  faremo 
notare  che  l'osservazione  è  giusta  ma  non  regge  se  si  considera  il  fiore 
durante  la  sua  evoluzione,  poiché  è  noto  dalla  fisiologia  che  in  queste 
condizioni  i  materiali  plastici  elaborati  dalla  pianta  si  portano  al  fiore. 
Le  osservazioni  del  Mattirolo  sui  tubercoli  radicali  delle  Leguminose 
ne  sono  una  prova  quanto  mai  convincente. 

Nel  lavoro  sopra  ricordato  sulle  antocianine  si  é  anche  fatto  rile- 
vare come  queste  sostanze  si  formino  di  preferenza  nelle  regioni  albicate 
delie  foglie  oppure  appaiano  prevalentemente  allorché  i  cloroplasti 
non  hanno  ancora  cominciato  a  funzionare  (foglie  giovani)  o  viceversa 
sono  per  invecchiamento  divenuti  inetti  al  loro  compito  (colorazione 
rossa  autunnale).  Si  tratta  pertanto  di  rapporti  antitetici  tra  i  cloro- 
plasti e  l'antocianina,  la  ragione  dei  quali  andrebbe  ricercata,  secondo 
le  nostre  vedute,  nel  fatto  che  i  clorojdasti  allorché  funzionano  nor- 
malmente sviluppano  probabilmente  delle  sostanze  di  natura  enzimica. 


—  163  — 

con  funzione  di  riducenti,  le  quali  perciò  impediscono  od  ostacolano 
l'esplicazione  dei  processi'  di  ossidazione  dai  quali,  come  è  noto,  dipen- 
derebbe la  formazione  delle  antocianine.  Ben  si  comprende  quindi  che 
queste  appaiano  di  preferenza  là  dove  non  vi  hanno  cloroplasti  o  questi 
non  sono  ancora  attivi  o  sono  divenuti  inerti  per  senilità. 

Colla  scorta  di  queste  ipotesi  noi  possiamo  ora  interpretare  la  com- 
parsa delle  colorazioni  antocianiche  nei  fiori,  poiché  è  lecito  ammettere 
che  nei  fillomi  ingialliti  ed  in  quelli  imbiancati  si  ritrovino  quelle  con- 
dizioni favorevoli  alla  formazione  del  pigmento  che  trovansi  nelle 
foglie.  Perchè  si  formino  le  antocianine,  siano  esse  rosse,  violette  o  bleu, 
è  però  necessaria  la  presenza  dei  fermenti  ossidanti,  ed  infatti  noi  ab- 
biamo osservato  che  molti  fiori  bianchi,  taluni  dei  quali  anche  abba- 
stanza evoluti  dal  punto  di  vista  morfologico  {Eosa,  Punica,  Petunia, 
Dianthus,  Dahlia,  Antirrhinum,  Hydrangea,  ecc.),  saggiati  colla  tintura 
di  guajaco  o  colla  paradifenildiamina  «  naftol,  non  rivelarono  la  pre- 
senza di  questi  corpi  o  solo  ne  lasciarono  scorgere  delle  tracce  insi- 
gnificanti, come  ad  esempio  nel  Neriuni  ^ 

Ammessa  la  nostra  ipotesi,  la  seriazione  dei  colori  può  venir  for- 
mulata secondo  il  seguente  schema:  1.°  Vi  ha  un  colore  originario, 
proprio  anche  dei  fiori  anemofili,  e  questo  sarebbe  il  verde.  2."  Da 
questo,  per  un  proces.so  di  degradazione  del  cloroplasto,  ha  tratto  ori- 
gine il  giallo  (compresovi  l'aranciato  e  certe  poche  tinte  rosse)  dovuto 
a  croraoplasti.  Tale  colorazione,  a  causa  dell'importanza  che  ha  nella 
biologia  fiorale,  benché  derivata  da  un  fenomeno  di  degradazione,  me- 
rita tuttavia  di  esser  ritenuta  come  maggiormente  evoluta  del  verde  e 
noi  conforteremo  questa  nostra  asserzione  con  non  poche  prove.  3."  Nei 
fillomi  fiorali  poco  resistenti,  lo  stadio  della  degradazione  gialla  —  ci 
si  permetta  la  parola  —  fu  oltrepassato  e  si  arrivò  così  alla  tinta 
bianca  dovuta  alla  scomparsa  dei  plastidi,  colla  conseguente  esplicazione 
dei  fenomeni  cromatici  inerenti  unicamente  alla  presenza  dell'aria  negli 
spazi  intercellulari.  Tale  colorazione  è  prodotta  da  un  processo  di  im- 
ponente degradazione,  come  vedremo  meglio  in  seguito.  La  stessa  si 
mantenne  immutata  tutte  le  volte  che  il  filloma  fiorale  si  è  trovato 
•sprovvisto  di  energie  latenti  ed  in  ispecie  di  sostanze  ossidanti  o  di 
composti  atti  a  .subire  l'azione  di  queste.  In  caso  contrario  il  filloma 
fiorale  in  via  di  degenerazione,  quasi  rinato  ad  una  nuova  vita,  entrò 
in  una  nuova  fase  evolutiva  biologica  e  cromatica  ed  il  risultato  del 
mutato  indirizzo  fu  la  comparsa  dei  colori  della  serie  cianica. 


'  I  fiori  Inanelli  di  Nerium  sottoposti  a  temperature  piuttosto  alte  nou  hanno 
più  date  le  reazioni  caratteristiche,  il  che  è  una  prova  che  le  colorazioni,  dovute  al- 
l'azione dei  reattivi  sopra  ricordati,  dipendevano  realmente  dalla  presenza  di  ossidasi. 


—   16-1  — 

Dai  fatti  esposti  noi  dobbiamo  ammettere  che  l' evoluzione  fiorale 
non  sia  collegata  ad  un'unica  seriazione  cromatica  (seriazione  nionofi- 
letica)  ma  bensì  a  due  (seriazione  polifiletica)  1'  una  delle  quali  porte- 
rebbe alla  degradazione  caratterizzata  dalla  colorazione  bianca,  pas- 
sando talora  dal  verde  al  giallo,  l'altra  invece,  traendo  origine  dal  bianco, 
porterebbe  alle  colorazioni  altamente  evolute  rapi>resentate  dal  rosso, 
violetto  e  bleu. 

Se  noi  teniamo  però  conto  dell'importanza  che  ha  il  giallo  nella 
funzione  allogamica,  ci  troviamo  autorizzati  ad  ammettere  che  nell'evo- 
luzione cromatica  vi  abbiano  due  massimi  evolutivi  rappresentati  dal 
giallo  e  dai  colori  cianici  e  due  massimi  involutivi  dati  dal  verde  e  dal 
bianco,  il  primo  dei  quali  sarebbe  originario,  l'altro  derivato  e  secon- 
dai'io.  (Vedi  il  nostro  schema  alla  fig.  8  della  tavola  XXV). 

Tale  è  il  nostro  concetto  riguardo  all'evoluzione  cromatica  dei  fiori, 
e  noi  riteniamo  che  il  medesimo  abbia  un  fondamento  di  verità  perchè 
è  consono  ai  dettami  della  fisiologia  e  della  istologia  vegetale. 

Premesse  queste  nostre  considerazioni  preliminari  è  duoi)0  ora  in- 
vestigare un  po'  da  vicino  il  fenomeno  delle  differenti  colorazioni  che 
presentano  prevalentemente  i  diversi  tipi  fiorali. 

«)  Dialipetale  acttnonwrfe.  —  Tutti  gli  autori  sono  concordi 
nel  ritenere  ciie  queste  piante  siano  meno  evolute  di  quelle  zigomorfe 
e  delle  gamopetale.  Noi  ci  riferiamo  qui  specialmente  ai  risultati  della 
paleontologia  ed  alle  osservazioni  del  Celakovsky  che  nelle  sue  ricerche 
sull'evoluzione  fiorale,  prendendo  per  base  il  principio  della  riduzioue 
come  indizio  di  evoluzione,  è  giunto  alla  conclusione  che  le  dialipetale 
actinomorfe,  avendo  un  numero  relativamente  grande  di  lacinie  perigo- 
niali,  devono  essere  ritenute  come  più  degradate  delle  gamopetale.  ()ra, 
in  queste  piante  noi  abbiamo  precisamente  constatato  che  il  bianco  si 
presenta  come  il  colore  predominante  nei  fiori  monocromatici  mentre 
nelle  associazioni  cromatiche  compare  subito  dopo  il  rosso.  Il  principio 
della  degradazione  cromatica  è  adunque  rispettato  perchè  a  priori  è 
lecito  supporre  che  la  degradazione  morfologica  debba  andare  congiunta 
alla  degradazione  cromatica  che  ha  la  sua  più  alta  espressione  nel  bianco. 

Ma  giunti  a  questo  punto  noi  dobbiamo  domandarci  :  Sono  il  colore 
bianco  e  la  degradazione  morfologica  fiorale  (nelT  actinomorfismo  diali- 
petaloj  conseguenze  di  una  stessa  causa  o  nou  piuttosto  il  colore  bianco 
è  una  manifestazione  dipendente  dalla  degradazione?  Il  problema  è 
assai  arduo  e  stando  alle  moderne  teorie  biologiche  sul  fiore  parrebbe 
che  l'actinomorfismo  abbia  portato  alla  colorazione  bianca,  per  le  pe- 
culiari necessità  dell'  allogamia.  Noi  nou  siamo  di  questo  parere,  ma 
invece  riteniamo  che  l'imbianchimento  e  l'arresto  nello  sviluppo  siano 


—  165  — 

entrambi  conseguenza  necessaria  dell'  involuzione  indipendentemente 
quasi  del  tutto  dal  procèsso  dell'allogamia.  Per  comprendere  la  portata 
delle  nostre  conclusioni  basta  considerare  che  il  filloma  fiorale  origi- 
nario era  una  foglia  verde,  di  forma  ordinaria,  la  quale  in  seguito  alla 
abolita  funzionalità  dei  cloroplasti  —  il  quale  stato  di  cose  avrà  per- 
durato per  una  liingliissinia  serie  di  generazioni  —  ha  finito  per  di- 
ventare bianca  essendo  scomparsi  i  cloroplasti.  Ma  1'  atrofia  di  questi 
elementi  così  importanti  per  la  nutrizione  della  cellula,  dei  tessuti,  della 
pianta  stessa,  deve  aver  necessariamente  portato  con  sé  una  diminu- 
zione notevole  nell'  energia  vitale  del  filloma  florale,  per  cui  questo, 
quasi  paralizzato  nella  sua  vitalità,  è  rimasto  tal  qnale  si  trovava,  o, 
in  altre  parole,  non  ha  cambiata  la  forma  primordiale  che  è  quella  di 
una  foglia  isolata  o  di  una  brattea.  Ciò  ci  permette  di  comprendere 
come  i  fillomi  fiorali  bianchi  siano  stati  quasi  sempre  incapaci  di  ar- 
rivare a  fondersi  assieme  per  dare  origine  alle  forme  gamopetale,  op- 
pure di  svilupparsi  variamente  a  seconda  delle  condizioni  di  illumina- 
zione, della  gravità,  dell'orientazione  ecc.  per  provocare  la  comparsa 
del  zigomorfismo,  richiedendo  F  esplicazione  tanto  della  gamopetalia 
quanto  dello  zigomorfismo  un'attività  ed  una  energia  non  indifferenti 
per  parte  dell'antofillo,  attività  ed  energia  che  diffìcilmente  si  possono 
rinvenire  in  nn  organo  degradato. 

A  sostegno  delle  nostre  ipotesi  faremo  osservare  che  in  molte 
piante  a  fiori  bianchi  la  conformazione  dei  petali  è  quella  di  una  foglia 
ordinaria.  L'esempio  più  classico  di  questo  genere  ci  viene  dato  dalla 
Magnolia. 

Si  può  obbiettare,  e  giustamente,  che  molti  fiori  zigomorfi  e  ga- 
mopetali sono  bianchi,  ma  noi  faremo  osservare  che  il  nostro  concetto 
contempla  il  fenomeno,  come  già  dicemmo,  nelle  sue  grandi  linee  e  non 
nei  singoli  dettagli  ;  in  secondo  luogo  nulla  osta  che  fiori  gamopetali 
0  zigomorfi  abbiano  di  poi  potuto  divenire  bianchi  o,  viceversa,  che 
fiori  bianchi,  avendo  ancora  conservate  sufficienti  energie  endocellulari, 
abbiano  potuto  assurgere  alla  dignità  di  fiori  gamopetali  o  zigomorfi 
senza  cambiare  di  tinta.  Sta  intanto  il  fatto,  come  vedremo  in  seguito, 
che  nelle  famiglie  gamopetale  o  zigomorfe  i  fiori  bianchi  costituiscono 
la  minoranza. 

Concepita  in  tal  guisa  la  dialipetalia  actinomorfa,  appare  evidente 
che  la  medesima  è  in  relazione  pressoché  unicamente  colle  cause  interne, 
indipendentemente  dall'azione  dei  pronubi. 

La  poca  energia  funzionale  dei  protoplasti  nei  fiori  bianchi  ci  dà 
anche  la  spiegazione  del  fatto  che  nelle  piante  dialipetale  actinomorfe 
sono  pochissimo  accentuate  le  associazioni  cromatiche,  come  si  può  ri- 


—   166   — 

levare  dalla  fig.  8  della  tav.  XXII,  e  queste  p(ii,  come  ben  si  comprende 
a  iiriori,  sono  date  prevalenleraente  dal  bianco.  Le  associazioni  croma- 
tiche sono  dovnte  alla  presenza  di  varie  sostanze  fra  cui  primeggie- 
rebbero  le  antocianine,  i  cromoplasti,  ecc.  Ora  un  fiore  che  ha  perduto 
tutti  quanti  gli  organiti  capaci  di  formare,  sia  indirettamente  che  di- 
rettamente, i  pigmenti,  non  può  certo  spiccare  per  abbondanza  di  as- 
sociazioni cromatiche. 

Che  il  filloma  fiorale  bianco  abbia  tratto  origine  dalla  distruzione 
del  pigmento  clorofilliano  oppare  manifesto  pel  fatto  che  se  si  esami- 
nano le  differenti  associazioni  cromatiche  (Tav.  XX)  si  nota  che  il 
bianco  si  associa  più  frequentemente  col  verde  che  col  giallo,  mentre 
noi  abbiamo  fatto  lilevare  che  per  quanto  concerne  gli  altri  colori  le 
associazioni  più  frequenti  sono  quelle  coi  colori  immediatamente  anle- 
(■eiienti  o  susseguenti  (Vedi  pag.  151).  L'anomalia  offerta  dal  bianco 
l'iesce  chiarita  quando  si  faccia  derivare  questo  colore  piuttosto  dal 
verde  che  dal  giallo. 

Un'ultima  prova  che  il  filloma  fiorale  bianco  è  una  foglia  degra- 
data noi  possiamo  desumerla  dalle  osservazioni  del  Taylor,  che  par- 
lando del  fiore  in  genere  cosi  si  esprime:  "  It  would  tlius  appear  as  if 
"  fiorai  organs  were  less  higlily  organised  than  green  leaves,  although 
"  we  are  in  the  iiabit  of  regarding  tlie  converse  as  thi'ue.  There  can 
"  be  no  dubt,  however,  tliat  the  parts  of  flowers,  in  spite  of  the  special 
"  adaptations  they  subserve,  are  really  less  complex  as  to  strncture.  It 
"  is  perhaps  on  tliis  account  it  is  possible  to  produce  souch  as  mar- 
"  vellous  variety  of  shapes,  and  especially  of  tints  and  colonrs,  in 
"  fiorai  organs.  If  they  had  been  more  higlily  organized  their  plasticity 
"  niight  not  have  been  great  enough  to  bave  allowed  of  those  wonderful 
"  variations  of  fiorai  shape  and  colour  wich  we  behold  „.  Lo  stesso 
autore  poi  insiste  sopra  la  povertà  di  stomi,  di  fasci  fibrovascolari,  ecc., 
che  caratterizza  appunto  siffatti  fillomi  degradati. 

Ma  qui  è  lecito  domandarci:  perchè  le  piante  anemofile  non  sono 
dotate  di  fiori  bianchi  pur  andando  soggetto  il  fiore  allo  stesso  infarci- 
mento di  materiali  nutritizi?  Noi  faremo  osservare  a  questo  proposito 
che  molti  fiori  delle  piante  anemofile  hanno  gli  involucri  parzialmente 
0  totalmente  scariosi  e  quindi  il  bianco  entra  in  più  o  meno  grande  mi- 
sura, ma  per  ciò  che  riguarda  la  maggior  parte  dei  fiori  che  rimangono 
verdi  sarebbe  d'uopo  istituire  delle  ricerciie  fisiologiche  intese  appunto 
a  mettere  in  evidenza  le  cause  del  differente  comportamento,  che  pel 
momento  ci  sfuggono. 

Il)  DiaUpetalc  zigomorfe.  —  Queste  piante  sono  i>iù  evolute 
delle  precedenti  actinoniorfe  poiché  tuli  gli  studi  sulla  morfologia  fio- 


—    1(37   — 

rale  che  vennero  fatti  dallo  Scliuniann,  dal  r.elakovsky.  dal  DeI[)ino, 
dtiJl'Haecke],  dall'Alien  (rrant,  ne  hanno  rilevata  la  snperiorità  ed  allo 
stesso  risnltato  sono  giunte  le  ricerche  paleontolos?iclie,  essendo  stato 
assodato  che  tali  piante  comparvero  in  epoca  più  recente  delle  dialipetale 
actinomorfe.  Esse  sono  però  delirate  da  un  tipo  dialipetalo  actinomoifo, 
ed  in  conseguenza  è  d'uopo  ammettere  clie  alcuni  rappresentanti  di  questo 
tipo  abbiano  conservato  una  certa  attività  ed  una  certa  funzionalità  clie 
loro  permise  di  sviluppare  in  varia  guisa  le  lacinie  perigoniali  a  seconda 
delle  intluen/.e  esercitate  sulle  stesse  dalla  luce,  dalla  gravità  e  dagli 
insetti  iironubi.  Non  è  quindi  a  caso  che  noi  vediamo  nei  fiori  diali|ie- 
tali  zigomorfi  diminuire  notevolmente  la  colorazione  bianca  ed  assurgere 
invece  il  giallo.  I  colori  gialli  ed  aranciati  o  aranciato-rossi  implicano  la 
conservazione  dei  plastidi  e  di  certe  sostanze  (xantofilla,  cai-otina,  ecc.) 
che  secondo  il  Kohl  possono  ancora  prender  parte  al  metabolismo  or- 
ganico, ciò  che  indicn  come  nei  fiUinni  gialli  per  la  presenza  di  cromo- 
plasti  la  vitalità  sia  ben  lungi  dalTessersi  cusì  esaurita  come  in  quelli 
bianchi.  Però  la  presenza  di  non  pociii  fiin-i  bianchi  fra  le  dialipetale 
zigomorfe  non  esclude  che  anche  alcuni  di  questi  abbiano  conservate 
qielle  condizioni  interne  c!ie  loro  perniisero  di  evolversi,  salvo  il  caso, 
ben  inteso,  che  i  fiori  dialipetali  zigomorfi  bianchi  non  abbiano  assunta 
questa  tinta  in  via  secondaria, 

Per  comprendere  come  nelle  dialipetale  zigomorfe  sia  pure  fre- 
quente il  colore  rosso  è  duopo  ricorrere  di  nuovo  alla  teoi'ia  che  uno 
di  noi  (Biiscalioni)  ha  esposta  sulle  antocianine,  secondo  la  quale  la 
comparsa  di  un  tal  pigmento  si  coUegheiebbe  colla  diminuita  attività 
totosintetica  dei  cloroplasti  '  che  noi  abbiamo  presa  a  sostenere  in  base 
alle  osservazioni  di  Saposknikoff.  Ritenuto  consono  ai  fatti  questo  prin- 
cipio, appare  manifesto  che  da  alcuni  tipi  di  dialipetale  actinomorfe  nei 
quali  la  funzione  clorofilliana  era  diminuita  (fillomi  gialli)  od  anche  abo- 
lita (fillomi  bianchi),  abbiano  potuto  derivare  le  forme  zigomorfe  diali- 
petale ornate  di  tinte  antocianiclie,  in  seguito  all'esaltamento  delle  fun- 
zioni ossidanti,  come  sopra  è  stato  segnalato. 

La  fig.  :!  della  Tav.  XIII  mette  appunto  in  evidenza  la  grande 
prevalenza  del  rosso,   poiché    dalla  stessa  si    rileva  che  accanto  ad  un 


"  Uno  di  uni  (Bascalioni)  ha  potuto  recnntemente  coiistatiire  che  talune  Viti 
americane,  o.l  in  ispcce  la  Ihiprstri.i  dn  Lot,  so:to  l'influenza  clorosante  dei  terreni 
molto  calcari,  (|uali  sono  appunto  quelli  dei  dintorni  di  Sassari,  assumono  una  colora- 
zione rosso-rosea  anziché  gialla  allorché  vengono  colpite  dalla  clorosi  nei  primi  anni 
di  vita.  Analogo  fenomeno  osservò  il  Boux  nei  Trifolium  clorotici.  ciò  che  conferma 
sempre  di  più  l'-  nostre  vedute  sui  rapporti  tra  la  funzione  clorofilliana  e  la  comparsa 
dell'antocianiua. 

Alli  ileU'Isl.  Bùi.  delV  Università  di  Paria  —  Serie  II  -  Voi.  X.  13 


—   ICS  — 

primo  massimo  dovuto  al  giallo  la  curva  grafica  ne  presenta  un  secondo 
il  quale  cade  precisamente  nel  rosso,  mentre  fra  i  due  massimi  si  ha 
un  forte  abbassamento  corrisiiondente  al  bianco.  Il  rosso  ha  dovuto 
pertanto  forniaisi  in  gran  parte  a  spese  del  bianco. 

Un  altro  fenomeno  si  rileva  esaminando  la  cuiva  grafica  delle  dia- 
lipetale  zigomorfe  ed  è  l'abbassamento  notevole  del  verde,  ciò  che  ben 
si  comi)rende  qualora  si  consideri  che  questo  col  ire  primordiale  non  può 
sussistere  che  in  scarsa  misura  nei  fiori  evoluti  o  che  per  lo  meno  si 
sono  in  certo  qual  modo  riabilitati  da  quella  condiziDiie  di  degradazione 
in  cui  dovettero  trovarsi  nel  perioilo  di  imbianchimento. 

Noi  non  esamineremo  la  parte  che  prendtiuo  gli  altri  colori  nella 
costituzione  dei  fori  dialipetali  zigomorfi;  solo  faremo  notare  che  le  as- 
sociazioni cromatiche  si  presentano  qui  mi)lto  più  frequenti  ed  alle  stesse 
piendouo  parte  attivissima  il  rosso  ed  il  bianco  da  cui  il  primo  ha  tratto 
origine.  (^ìiiesto  tipo  di  associazioni  rispecciiia  quanto  abbiamo  già  ve- 
duti) nelle  dialipetale  actinomorfe  dove  il  bianco,  che  deriva  dal  verde, 
è  pui'e  frequentemente  associato  a  questa  tinta. 

Le  torsioni  e  r  asimmetria  fioiale,  gli  acci'esciraenti  disuguali,  ecc., 
cl;e  carattei'izzano  il  zigomoilisuio  derivano  in  parte  da  condizioni  mec- 
caniche e  statiche,  in  parte  da  un'eccessiva  nutrizione  di  talune  regioni 
del  fiore  o  da  un  acci'escimento  della  turgescenza  in  una  determinata 
parte  di  questo.  Ma  le  condizioni  di  più  elevata  turgescenza  da  cui  può 
dipendere  il  zigomorfismo  sono  inerenti  alla  presenza  nelle  cellule  di 
certe  sostanze,  quali  gli  zucchei'i,  che  sono  capaci  di  produrre  l'anto- 
cianina.  In  conseguenza  non  deve  recar  raei'aviglia  se  le  macchie  auto- 
cianiche  dalle  quali  (lii>Hiide  per  lo  più  la  foi'mazione  delle  associazioni 
cromatiche  sono  assai  spesso  localizzate  appunto  su  quelle  regioni  dove 
hanno  luogo  gli  accrescimenti,  le  torsioni  e  gli  altri  mutamenti  di  forma. 
Piìi  che  in  qualsiasi  altro  tipo  fiorale,  nelle  forme  dialipetale  zigomorfe 
sono  necessari  gli  accumuli  circoscritti  di  sostanze  osmotiche,  poiché  le 
lacinie  fiorali  a  causa  della  loro  reciproca  indipendenza  sono  assai  ce- 
devoli e  mal  si  prestano  ad  assumere  quelle  forme  che  danno  al  fiore 
l'impronta  caratteristica  del  ti|io.  Questa  è,  a  nostro  parere,  la  causa 
principale  per  cui  nei  fiori  zigomorfi  dialipetali  troviamo  straordinaria- 
mente freiiuenti  le  associazioni  cromatiche  (dovute  per  lo  più  ad  accu- 
mulo di  autocianina)  di  fronte  alle  colorazioni  semplici  (vedi  Tav.  XXII, 
fig.  9),  quale  espressione  appunto  dell'intervento  in  causa  di  processi 
osmotici  e  di  una  nutrizione  i)iù  attiva  ma  localizzata  a  particolari  re- 
gioni del  fiore.  ' 


'  Anche  il  Deliiiuo  incitlentalmeute  fa  rilevare  come  le  torsioni  e  uH  ^Iti'i  fenomeni 
morfologici  che  caratterizzano  la  zigomorfia  diossano  esser  dovuti  in  parte  all'azione  di 
sostanze  osmotiche  (Malpighia,  1887). 


—   169   — 

In  cuiK'lusioue,  un  arresto  avvenuto  sulla  via  della  degradazione, 
per  la  persistenza  di  processi  metabolici  attivi,  deve  aver  reso  possi- 
bile, in  origine,  la  trasformazione  dei  fiori  dialipetali  actinomorfi  in  zi- 
gomorfi. Lo  zigomorfismo  quindi  va  riportato  in  ultima  analisi  a  peculiari 
processi  di  nutrizione.  Ma  mentre  noi  abbiamo  veduto  che  la  dialipetalia 
actinomorfa  è  in  grandissima  jiarte  il  lisultato  di  cause  interne  poco 
favorevoli,  le  quali  hanno  mantenuto  il  filloma  fioraie  nello  stato  pri- 
niordia.le,  a  ])rescindere  ben  inteso  dalla  colorazione,  per  la  dialipetalia 
zigomorfa  è  necessario  ammettere  che  alla  sua  attuazione  non  siano  stati 
estranei  gli  insetti  pronubi  ed  altri  fattori  (luce,  umidità,  ecc.). 

Si  può  pertanto  atìermare  che  i  fiori  i  quali  sono  divenuti  zigo- 
morfi hanno  potuto  raggiungere  tale  risultato  perchè  nelle  loro  cellule 
eravi  ancora  dell'energia  latente  che  permise  loro  di  reagire  adeguatamente 
agli  stimoli  esterni,  di  qualunque  natura  essi  fossero,  mentre  tale  ener- 
o-ia  è  andata  distrutta  nei  fiori  che  sono  rimasti  dialipetali  actinomorfi. 

Giunti  a  questo  punto  ci  sembra  opportuno  trattare  per  sommi  capi 
la  questione  dei  nettari  fiorali,  della  loro  formazione  e  del  loro  signi- 
ficato primoriiiale. 

Un  nettario  fiorale  è  d'ordinario  rappresentato  da  un  tessuto  spe- 
ciale secernenle  dell'acqua  e  delle  sostanze  zuccherine.  Esso  è  per  sua 
natura  ad  un  tempo  una  ghiandola  ed  un  iiiatode.  I  nettari  fiorali  man- 
cano nelle  piante  anemofile  e  sono  scarsamente  rappresentati  nelle  dia- 
lipetale  actinomorfe  mentre  abbondano  nei  fiori  dialipetali  zigomorfi  e 

gamopetali. 

Attualmente  i  nettali  costituiscono  degli  organi  posti  al  servizio 
dell' allogamia,  ma  questo  fatto  non  implica  necessariamente  che,  come 
vorrebbe  la  maggior  parte  degli  autori,  la  pianta  abbia,  in  origine  al- 
meno fabbricati  siffatti  organi  unicamente  allo  scopo  di  richiamare  i 
pronubi.  All'opposto,  prendendo  nuovamente  per  base  la  teoria  filoge- 
netica del  filloma  fiorale  che  noi  abbiamo  preso  a  sostenere,  si  può 
ammettere  che  il  perianzio  originariamente  trovandosi  infarcito  di  as- 
similati e  di  sostanze  zuccherine,  a  causa  dell'incessante  anivo  al  fiore 
di  sostanze  nutritizie  state  elaborate  dalle  diiferenti  parti  della  pianta, 
siasi  trovato  costretto  ad  eliminarle  ed  in  conseguenza  abbia  a  poco  a 
poco  fabbricati  gli  apparati  nettariferi  nello  stesso  modo  che  la  foglia 
sviluppa  gli  idatodi  (luando  deve  liberarsi  dall'eccesso  di  liquido. 

Le  cause  interne  sono  state  dunque  i  fattori  primordiali  che  hanno 
provocata  la  comparsa  di  idatodi  a  secrezione  zuccherina,  i  (luali  poi 
si  sono  localizzati  per  lo  piii  alla  base  dei  fillomi  fiorali  perchè  ivi  è  la 
regione  dove  si  accumulano  piìi  facilmente  gli  zuccheri. 


—   170  — 

Ma  perchè  un  organo  diventi  ca[)ace  di  formare  un  tessuto  cosi 
specializzato  quarè  un  nettario,  si  richiede  che  il  medesimo  sia  in  piena 
attività  e  che  le  sue  cellule  si  trovino  in  condizioni  tali  di  nutrizione 
da  potersi  segmentare  e  specializzare  e  che  infine  la  nutrizione  dell'or- 
gano sia  assicurata.  Ora,  per  le  ragioni  sopra  esposte,  mancando  le  pre- 
dette condizioni  nei  fillomi  fiorali  dialipetali  actinomorfi  riesce  chiaro 
che  questi  difettino  degli  apparati  nettariferi,  uè  gli  insetti  colle  loro 
visite  avrebbero  potuto  determinarne  la  formazione,  mentre  all'opposto 
appare  logica  la  loro  grande  diffusione  nelle  piante  dialipetale  zigomorfe 
nei  cui  fillomi  fiorali  i  processi  vitali  sono  maggiormente  assicurati. 

Ma  colla  comparsa  dei  nettari  fiorali  noi  vediamo  pure  apparire, 
lungo  le  vie  che  conducono  al  nettario  stesso,  delle  macchie  e  delle  strie 
variamente  colorate  le  quali,  secoiido  le  vedute  dei  moderni  biologi,  ser- 
virebbero appunto  a  guidare  l'insetto  al  nettario  inettaro-indici).  Ora 
domandiamo  noi,  è  possibile  che  il  fiore  primordiale,  quasi  fosse  un  es- 
sere preveggente  e  dotato  di  un  arcano  senso  di  intelligenza,  siasi  indotto 
ad  ornarsi  di  tali  particolarità  cromatiche  per  lo  scopo  invero  grandioso 
della  allogamia?  La  cosa  ci  pare  poco  probabile.  Le  macchie  e  le  strie 
antocianiciie  —  poiché  d'ordinario  i  nettai'o-indici  sono  antocianici  — 
hanno  dovuto  appalesarsi  pel  fatto  che  nei  fiori  esistevano  le  sostanze 
prime  (zuccheri,  fermenti  ossidanti,  ecc.)  atte  alla  loro  formazione,  e  di 
poi  si  sono  localizzate  di  preferenza  lungo  le  vie  che  guidano  al  net- 
tario perchè  è  appunto  lungo  le  stesse  (nervature  principali,  linea  me- 
diana dei  fillomi  fiorali,  ecc.)  che  maggiormente  venivano  accumulandosi 
gli  idrati  di  carbonio. 

Anche  ijui  ailunque  sono  le  condizioni  anatomiche  e  chimiche,  vale 
a  dire  le  condizioni  interne,  e  non  già  la  vita  di  relazione,  che  hanno 
determinato,  hi  origine,  da  un  lato  la  comparsa  e  dall'altra  la  localiz- 
zazione dei  nettari  e  dei  nettaro-indici.  Gli  insetti  [ironubi  non  sareb- 
bei'o  intervenuti  che  in  via  quasi  secondaria  per  esaltarne  la  funzione 
e  per  perfezionarne  il  meccanismo  e  le  disposizioni. 

Questa  nostra  opinione  collima  con  certe  osservazioni  del  Darwin 
dalle  quali  risulta  che  in  talune  Orchidee  l'accumulo  degli  zuccheri  non 
ha  potuto  originare  la  formazione  di  un  nettario  sebbene  i  fiori  siano 
visitati  dagli  insetti,  i  (inali  si  tiovano  così  costretti  a  pungere  il  tes- 
suto fioiale  per  ricavarne  il  nutrimento  zuccherino.  Giova  intanto  anche 
notare  che  lo  stesso  autore  ha  rilevato  come  gli  insetti  abbiano  dovuto 
dapprima  visitare  i  fiori  unicamente  allo  scopo  di  raccogliere  il  polline, 
il  che  pure  è  in  accordo  colle  nostre  vedute. 

La  frequenza  con  cui  appaiono  i  nettaro-indici  nei  fiori  dialipetali 
zigomorfi  va  considerata  come  una  delle  cause  principali  per  cui  in  questo 
tipo  fiorale  sono  frequenti  e  molte  le  associazioni  cromatiche. 


—   171   — 

e)  Gauiopetaìe  aeUnomovfe.  —  La  persistenza  delle  sostanze 
più  importanti  nella  vita  delle  cellule  ed  una  nutrizione  meglio  assicu- 
rata dei  tessuti  devono  aver  concorso  potentemente  a  determinare  la  fu- 
sione dei  fillomi  fiorali  originariamente  separati,  dando  cosi  origine  al 
tipo  gamopetalo.  La  gamopetalia  è  pertanto  un  indizio  di  più  avanzata 
evoluzione,  il  che  si  accorda  col  fatto  che  le  piante  in  questione  furono 
fra  le  ultime  a  comparire  sulla  terra. 

Li  questo  tipo  il  fiore,  lungi  dal  presentare  una  colorazione  bianca, 
indizio  di  degi'adazione,  mostrasi  assai  spesso  invece  tinto  in  giallo,  tanto 
che  questo  colore  nelle  curve  grafiche  dà  luogo  ad  una  elevazione  for- 
tissima del  tracciato.  La  mancanza  di  una  tinta  degradata  si  rileva 
nella  curva  per  una  profonda  insenatura  in  corrispondenza  del  bianco, 
cui  segue  un'altra  elevazione  (secondo  massimo)  in  corrispondenza  del 
rosso.  Questo  colore  peiò  non  arriva  all'altezza  del  giallo. 

Se  noi  confrontiamo  la  curva  che  si  riferisce  ai  fiori  dialipetali  zi- 
gomorfi con  quella  dei  fiori  gamopetali  actinomorfi  troviamo  una  grande 
uniformità  nei  tracciati,  i  quali  differiscono  quasi  unicnmente  per  essere 
il  giallo  meno  elevato,  in  confronto  del  rosso,  nelle  corolle  dialipetale 
zigomorfe. 

Data  la  maggior  somma  di  energia  che  possiedono  i  fiori  gamope- 
tali actinomorfi  parrebbe  a  priori  che  i  fiori  policromatici  nei  quali  pre- 
valgono le  associazioni  cromatiche  dovessero  essere  molto  frequenti  in 
confronto  di  quelli  monocromatici,  ma  se  si  considera  invece  che  la  sta- 
tica del  fiore  riesce  assicurata  dall'aderenza  stessa  delie  lacinie  perian- 
ziali  saldate  fra  loro,  si  comprende  di  leggeri  come  le  associazioni  cro- 
maticlie  nei  tipi  gamopetali  siano  di  poco  più  numerose  di  quelle  che 
vennero  riscontrate  nelle  dialipetale  actinomorfe  e  non  raggiungano  la 
frequenza  delle  associazioni  che  hanno  luogo  nelle  dialipetale  zigomorfe 
(vedi  Tav.  XXII,  fig.  11). 

Se  si  esaminano  perù  le  differenti  associazioni  cromatiche  si  rileva 
subito  che  queste  sono  totalmente  diffei'enti  da  quelle  che  caratterizzano 
i  tipi  dialipetali.  Qui  abbiamo  frequenti  le  associazioni  del  bianco,  del 
verde,  dei  giallo  e  del  ros.so,  mentre  nelle  gamopetale  actinomorfe  pre- 
valgono notevolmente  le  combinazioni  del  bleu,  del  rosso,  del  violetto, 
sebbene  neppure  le  altre  facciano  difetto.  '    Ciò  è  un  nuovo   indizio  di 


'  Il  granilo  fiore  della  Datura  (come  del  resto  avviene  anche  per  altri  Mori)  è 
dapprima  verde,  poi  si  fa  bianco,  e  mentre  avvengono  siffatti  cambiamenti  di  colora- 
zione si  accresce  notevolmente.  Noi  riteniamo  che  una  tale  condizione  di  cose  non  sia 
accidentale  ma  bensì  probabilmente  colligata  coll'esiibin-ante  sviluppo  del  fiore,  poiché 
fino    a    tanto  che    questo    si  accresce  ha   bisogno   di   nutrimento   abbondante   per  cui 


—  172  — 

.superiorità,  ed  infatti  dalla  fig.  2  della  tav.  XIV  si  rileva  facilmente  come 
nelle  gamopetale  actinomorfe  le  associazioni  in  cui  prende  parte  il  bianco 
siano  poco  frequenti  oppostamente  a  (juanto  si  vei-itica  nella  fig'.  1  della 
stessa  tavola  che  riflette  le  associazioni  nelle  dialipetale,  nelle  i|uali  pre- 
dominano le  associazioni  non  solo  del  bianco  ma  anche  quelle  del  verde. 
a  scapito  di  quelle  del  violetto  e  del  blen. 

(1)  Gfnnoprtftlc  viyoniorf'e.  —  Colla  scorta  dei  criteri  sopra 
esposti  noi  possiamo  anche  interpretare  la  gamopetalia  zigomoifa,  che 
rappresenterebbe  lo  stadio  più  evoluto  e  più  giovane  del  filloma  fiorale 
(Grdiel). 

In  questo  tipo,  oltre  ad  nn  grande  predominio  del  color  giallo,  col 
conseguente  abbassamento  del  bianco,  si  ha  anche  l'elevazione  del  vio- 
letto che  per  la  prima  volta  vediamo  superare  il  rosso  in  frequenza. 

Il  fenomeno  dell'elevazione  del  violetto  io  si  osserva  tanto  nel  caso 
che  si  prendano  in  considerazione  i  colori  semplici  dei  fillomi  monocro- 
matici (juanto  in  quello  che  si  esaminino  le  associazioni  cromatiche. 

L'elevazione  del  violetto  jirovoca  intanto  anche  nn  leggero  abbas- 
samento del  color  bleu.  Ora  un  tale  fenomeno,  al  pari  di  quello  della 
diminuzione  del  rosso,  non  è  suscettibile  di  una  spiegazione  fisiohjgica 
e  noi  siamo  ijuindi  costretti  a  ritenere  che  lo  stesso  entri  realmente 
nella  categoria  dei  fenomeni  dipendenti  dalla  vita  di  relazione  e  sia  stato 
indotto  dall'intervento  di  speciali  pronubi  essendo  noto  che  molti  degli 
insetti  più  intelligenti  cui  è  affidata  la  cura  dell'impollinazione  di  questi 
fiori  hanno  speciali  simpatie  per  i  colori  violetti  e  bleu.  Dal  i)UUto  di 
vista  chimico  è  d'uopo  tuttavia  rilevare  che  i  colori  violetti  si  trovano 
in  uno  stato  di  dissociazione    elettrolitica  meno  completo    di  quanto   si 


riesce  spiea;ato  come  si  maiiteuga  verde  onde  poter  usufruire  degli  assimilati  fabbricati 
dai  suoi  cloroplasti. 

Ili  questo  caso  la  colorazione  verdastra  non  può  essere  considerata,  almeno  dal 
punto  di  vista  fisiologico,  come  nn  indizio  di  inferiorità,  ma  semplicemente  come  una 
disposizione  istologica  reclamata  dal  rigoglioso  sviluppo. 

Forse  per  una  causa  quasi  analoga  in  certe  Papilionacee  (Snpìwra)  lo  stendardo, 
che  è  forzatamente  ripiegato  all'indietro,  si  presenta  di  color  verde  giallastro  e  la  tinta 
Verde  appare  particolarmente  intensa  nel  punto  dove  avviene  la  flessione.  Qui  pelò  i 
cloroplasti  non  avrebbero  più  l'ufBcio  di  intrattenere  l'accrescimento  fabbricando  delle 
sostanze  plasticbe,  ma  semplicemente  quello  di  sopperire  alla  provvista  di  sostanze 
osnioticbe  onde  mantenere  il  petalo  forzatamente  ripiegato- 

Noi  riteniamo  pure  che  il  rapido  accrescimento  cui  va  incontro  l'ovario  allorché 
è  stalo  fecondato,  manifestissimo  in  certe  piante  (come  ad  esempio  Leguminose,  Cu- 
curbitacio,  ecc.)  sia  la  cagione  principale  per  cui  tali  organi  si  presentano  verdi  e 
solo  riescono  ad  acquistare  le  tinte  fiorali  (per  lo  più  le  tinte  gialle)  dopo  elie  hanno 
raggiunta  la  maturità  e  cessato  quindi  di  svilupparsi. 


—    173   — 

verifichi  per  le  tinte  bleu,  ma  noi  non  sappiamo  quale  valore  possa  avere 
un  tale  reperto  trattandosi  di  processi  chimici  clie  la  scienza  solo  da 
poco  iia  impreso  ad  affrontare  e  che  perciò  ancora  si  mostrano  molto 
oscuri  nella  loro  intima  essenza.  Sotto  questo  aspetto  è  tuttavia  singo- 
lare il  dover  constatare  che  il  violetto  rappresenti  il  colore  preferito  e 
perciò  più  evoluto  mentre  il  bleu  è  maggiormente  dissociato  e  perciò 
assai  pili  progredito  chimicamente  (ci  si  permetta  la  parola)  che  non  il 
rosso  ed  il  violetto.  ' 

Per  quanto  riguarda  le  associazioni  cromatiche  noi  troviamo  qui, 
sebbene  ancora  più  accentuate,  quelle  disposizioni  che  abbiamo  indicate 
per  le  piante  gamo[>etale  actinomorfe,  vale  a  dire  vi  iia  una  forte  di- 
minuzione nelle  combinazioni  in  cui  entrano  il  bianco  ed  il  verde,  il  ciie 
è  un  nuovo  indizio  di  superiorità. 

Nelle  precedenti  pagine  si  è  cercato  di  mettere  in  evidenza  come 
talune  condizioni  interne  debbano  aver  regolato  l'evoluzione  del  fiore  a 
partire  dal  momento  in  cui  questo  abbandonava  lo  stato  anemofilo  e  non 
aveva  perciò  ancora  richiamata  1'  attenzione  dei  pronubi,  fino  all'epoca 
in  cui  i  rapporti  tra  fiori  ed  insetti  costituirono  il  momento  di  capitale 
importanza  per  la  biologia  fiorale. 

Dai  fatti  esposti,  che  non  ci  paiono  in  disaccordo,  nei  tratti  gene- 
rali, colle  idee  dominanti  sulla  biologia  del  fiore,  appare  manifesto  che 
taluni  fiori  anemofili  divennero  bianchi  per  cause  interne,  il  che  ha  con- 
tribuito ad  attirare  l'attenzione  degli  insetti.  Questi  visitarono  i  fiori 
così  metamorfosati  allo  scopo  di  cercarvi  il  polline,  ma  il  loro  inter- 
vento rimase  quasi  inavvertito  a  taluni  di  siffatti  finri  i  quali,  in  causa 
dello  stato  di  degradazione  in  cui  si  trovavano  —  per  ragioni  di  difet- 
tosa nutrizione  —  non  furono  in  grado  di  sentire  alcun  giovamento  da 
tali  visite  e  reagire  opportunamente  al  nuovo  stimolo.  Essi  nacquero 
dialipetali  actinomorfi  e  rimasero  tali  fino  ai  nostri  giorni  o  subirono 
soltanto  delle  modificazioni  insignificanti. 

Gli  altri  fiori  invece,  che  nel  loro  interno  avevano  ancora  conser- 
vata una  sufficiente  energia  vitale  allo  stato  —  diremo  così  —  latente, 


•  A  parte  la  ilistiiizione  non  si^miire  f.icile  fra  i  due  coluri,  noi  riteniamo  clie  il 
violetto  sia  nn  colore  biologicamente  iiiiì  evoluto  del  bleu  perchè  questo  si  presenta 
più  di  frequente  che  il  violetto  nelle  gamopetale  actinomorfe  che  sono  oertamonte  in- 
feriori alle  gamopetale  zigomorfe  nelle  quali,  come  si  è  visto,  predomina  il  violetto  a 
spese  del  bleu.  —  La  minor  importanza  del  bleu  appare  ancora  più  manifesta  se  si 
considera  che  certi  fiori  violetti  o  rosso-violetti  {Borraginee,  ecc.)  nel  momento  clas- 
sico (iella  loro  esistenza,  che  è  quello  della  fecondazione,  assumono  invecchiando  una 
colorazione  bleu. 


—    17-t  — 

lianiio  reagito  airiiitluenza  dei  iirnnul)i  moilitìcaiulosi  in  modo  da  ren- 
dere più  intima  la  vita  di  illazione  e  da  assicnrare  le  visite  dei  più 
adatti,  di  gnisa  die  cei'te  modificazioni  insignificanti  avvenute  nelle  co- 
rolle dialipetale  aclinoniortV,  ma  più  di  tutto  quelle  che  hanno  dato  ori- 
gine ai  fiori  zigomorfi  e  gamopetali  ed  alle  singolarissime  strutture  che 
in  questi  si  rinvengono,  benché  strettamente  coliegate  colle  cause  in- 
terne e  più  specialmente  colla  nutrizione  ',  sono  state  aiutate  dalle  vi- 
site degli  insetti  i  (jiiali,  in  tempo  relativamente  breve,  hanno  spinta 
l'evoluzione  tiorale  a  (luell'estremo  che  rende  tanto  meravigliosi  i  fiori 
delle  Papilionai-.ee,  delle  Orchidee,  ecc. 

Il  voler  negare  Tintei-veiito  in  causa  degli  animali  pronubi  equivai'- 
l'ebbe  a  negare  l'evidenza,  tanto  più  che  tenendo  conto  soltanto  delle 
cause  intei'ue  non  si  potrebbei'o  spiegare  certi  fatti  che  invece  i-iescono 
evidenti  (|uanilo  si  ilia  la  dovuta  importanza  all'allogamia,  fra  i  quali 
citeremo  ad  esempio  la  presenza  di  molti  granidi  pollinici  nelle  piante 
anemoiile,  di  pochi  granuli  invece  e  fr.i  loro  conglutinati  nelle  zoidioftle. 
D'altra  parte  però  il  voler  asci'ivere  tutto  quanto  il  movimento  evolu- 
tivo, dal  suo  inizio  iilla  fine,  alle  necessità  deirallogamia  equivale  a  vo- 
ler daie  ai  liori  degli  attributi  psicologici:  un'intelligenza  raffinata  ed 
una  volontà  ca|)ace  di  influire  sulle  caiatteristiclie  somatiche,  il  che  poco 
si  accorda  cidl'indirizzo  moderno  delle  scienze  sperimentali. 

Dacché  siamo  sull'argomento  dell'involuzione  biologica  del  fiore  ci 
si  permetta  di  alfroutafe  una  questione  ahiiianto  dibattuta  e  scabrosa. 
Iiittiudiamo  pariai-e  dello  zigomorfismo  e  della,  gainopetalia,  due  processi 
che  indicano  un  certo  grado  di  perfezionamento  fiorale,  a  riguardo  dei 
([uali  tuttavia,  per  quanto  ci  consta,  nessuno  ha  saputo  risolvere  la  que- 
stione della  siipremiizia.  1']  [dii  importante,  cinne  fattoi'e  del  movimento 
biologico  evolutivo,  la  gamopetalia  o  lo  zigomorfisnuj?  Ecco  il  problema. 

A  ijuesto  è  possibile  dai-e  una  i'is[)(}sta  quando  si  consideri  che  il  color 
giallo  ed  il  violetto  sono  i  coloii  piti  no'oili  e  più  evoluti,  in  ispecie  Ful- 
tiino.  Ola  nella  Tav.  XV,  fig.  1  essendosi  tracciata  da  un  lato  la  curva 
risultante  dalie  c(dorazi(jni  proprie  dei  fiori  gamopetali  (gamoi».  actino- 
moifì  +  gamop.  zigoniorii)  e  dall'altro  ij nella  piopria  delle  corolle  zi- 
goiiiorte  (fiori  zigom.  dialipetali  -|--  zigom.  gamoi-etali)  si  è  rilevato  che 
le  due  curve  si  cmiisponilono  (piasi  esattamente,  jier  cui  zigomorfismo 
e  gimopetalia  prenderebbero  una  parte  quasi  uguale  nel  movimento  di 
ev(dazione  liorale.   8e  si  considera  [leiò  che  nella  gamopetalia  abbonda 

'  Che  la  iiutrlzioiio  aliljia  potuto  iniliiire  sull'evolnzioiie  fiorale  lo  iliinostrano  ta- 
liiiie  ('ouiposite  le  quali  sotto  le  sapienti  cure  flel  gianliiiieie  liaiuio  trasformati  i  fiori 
tiibiilari  ili  ligulati  e  ilivermero  "  lioppie  ,.  (Vedi  Tavi.ok,  Floirers,  pag.  2S7). 


{ 


piuttosto  il  verde,  la  coiidiisioiie  riesce  lievemente  modificata  nel  senso 
che  lo  zif^omorfismo  sarebbe  un  indizio  di  maggior  perfezionamento.  Ad 
analogo  risultato  siamo  giunti  cou  altre  ricerche  che  abbiamo  istituite 
sulle  associazioni  cromatiche,  a  proposito  delle  quali  non  crediamo  di 
dover  qui  insistere,  rimandando  il  lettore  alla  Tav.  XVII. 

Applicando  lo  stesso  metodo  si  è  pure  cercato  di  vedere  se  la  dia- 
lipetalia  sia  un  carattere  di  maggior  inferioi-ifà  rispetto  all'actimorfisiiio, 
ma  i  risultati  otteuuti  (Tav.  XVIII,  fìg.  2)  tenderebbero  a  farci  ritenere 
che  i  due  tipi  siano  pressoché  ugualmente  degradati. 

Premesse  queste  considerazioni,  se  ora  ci  facciamo  a  comprendere 
colle  nosti'e  ricerche  tutta  la  flora  germanica,  a  prescindere  dalla  co- 
stituzione fiorale  delle  singole  piante,  troviamo  che  l'evoluzione  del  ])e- 
rianziii  in  generale  è  ancora  poco  progredita  poiché  il  giallo  è  il  colore 
predominante  ed  il  violetto  è  ancora  molto  basso,  mentre  poi  il  verde, 
che  è  il  colore  originario  e  quimli  poco  evoluto,  appare  ancora  notevol- 
mente rap[)resentato. 

In  base  allo  stesso  principio  si  potrebbe  investigare  se  le  Monoco- 
tiledoni fornite  di  fiori  (nel  senso  volgare  della  parola)  siano  più  evo- 
lute delle  Dicotiledoni  zoidiofile,  o,  viceversa,  queste  più  di  quelle.  Es- 
sendoci noi  occupati  escUisivamente  della  flora  germanica,  il  problema  si 
presenta  oltremodo  complicato,  né  ci  pare  di  poter  dare  una  risposta 
esauriente.  Relativamente,  il  i-osso  ed  il  verde  sono  più  diffusi  nelle 
Monocotiledoni  (Tav.  XVII,  fig.  3'.  Ora  questi  due  colori  appartenendo 
alla  categoria  di  quelli  meno  evoluti  lascierebbero  credere  che  le  Mo- 
nocotiledoni germaniche  siano  meno  progredite  delle  Dicotiledoni  e  ciò 
apparirebbe  ancor  più  manifesto  se  si  tenesse  conto  del  fatto  che  in 
queste  ultime  il  giallo  ha  il  predominio  sugli  altri  colori. 

Contro  questa  interpretazione  sta  però  il  fatto  che  se  si  confron- 
tano le  curve  di  frequenza  del  bianco  e  del  violetto  nelle  Monocotile- 
doni colle  stesse  curve  delle  Dicotiledoni,  le  differenze  che  si  incontrano 
sono  oltremodo  insignificanti  essendo  in  entrambe  il  violetto  assai  poco 
rappresentato,  discretamente  elevato  invece  il  bianco  ed  anzi  questo  co- 
lore è  un  po'  più  diffuso  nelle  Dicotiledoni. 

È  certo  però  che  tinto  nelle  Monocotiledoni- quanto  nelle  Dicotile- 
doni esistono  famiglie  degradate  e  famiglie  evolute,  e  sia  nelle  une  che 
nelle  altre  il  principio  dell'evoluzione  cromatica  cammina  di  conserva 
con  quello  del  perfezionamento  morfologico  fiorale.  ^ 


'  Questo  piiiicipio,ueIle  sue  grandi  linee,  corrisponde  a  quello  enunci.-ito  dall'ENCLEii 
nel  suo  Systematisclie  Anordung  der  Munocotìnjìedoìien  poiché  le  famiglie  che  que- 
st'autore ritiene  più  degradate  sono  quelle  appunto  che  presentano  maggior  copia  di 
fi. .ri  bianchi  dialìpetali. 


—  176  — 

Se  poclii  (lati  si  rieavai-ono  in  merito  alla  dignità  rispettiva  (Italie 
Monocotiledoni  e  delle  Dicotiledoni,  (luasi  nessnno  ne  abbiamo  ottennto 
relativamente  alla  controversa  questione  riflettente  l'origine  di  queste 
due  grandi  classi,  a  riguardo  della  quale  si  sono  pronunciati  in  modo 
quanto  mai  discorde  il  Delpino,  l'Engler,  il  Wetterlian,  l'Henslow  ed 
altri  autori.  Noi  certo  non  entreremo  in  una  discussione  cosi  spinosa, 
però  faremo  osservare  che  [)robabilmente  da  un  tipo  actinomorfo  diali- 
petalo  a  colorazione  bianca  o  verdastra,  od  anco  da  un  tipo  anemofilo 
deve  aver  avuto  luogo  la  grande  se[>arazione,  essendo  difficile  concepii-e 
che  delle  forme  evolute  sotto  tutti  i  raiiporti  alibiano  presentata  quella 
))lasticit;i  che  è  necessaria  per  addiveiiire  all'attuazione  di  un  jirocesso 
così  complesso. 

Lasciamo  ora  i  rapporti  tra  le  Monocotiledoni  e  le  Dicotiledoni  per 
soiierniarci  un  breve  istante  su  quest'ultima  classe. 

Nel  grande  gruppo  delle  Dicotiledoni  ci  appare  particolarmente  in- 
teressante la  famiglia  delle  Cnmpoailae  perchè  molte  delle  specie  che  vi 
appartengono  portano  due  sorta  di  fiori:  gli  uni  gamopetali  actinomorfi, 
gli  altri  gamopetali  zigomorfi. 

I  fiori  regolari  per  lo  più  sono  ornati  di  tinte  abbastanza  evolute, 
quale  è  il  giallo,  gli  altri  di  un  colore  degradato  qual'è  il  bianco,  es- 
sendo rari  i  casi  in  cui  anche  quest-i  sono  colorati  in  giallo  o[)pure  in 
violetto. 

Stando  alla  flor.i  tedesca  noi  abbiamo  infatti  trovato  che  su  -i:]  in- 
fiorescenze, a  fiori  tubolari  gialli  come  d'ordinario,  .3  avevano  i  fiori  pe- 
riferici ligulati  violetti,  4  li  avevano  bleu  e  .36  bianchi. 

Un  tale  reperto  è  assolutamente  contrario  al  principio  dell'evolu- 
zione cromatico-mortblogica  del  fiore,  in  base  alla  quale  i  fiori  zigomoifi 
vanno  considerati  come  piti  evoluti  degli  actinomorfi  e  come  tali  dovreb- 
bero ])resentarsi  anche  ornati  di  colorazioni  ]iiù  progredite. 

Noi  dobbiamo  tuttavia  considerare  che  i  fiori  ligulati  sono  freiiuen- 
temente  più  degradati  dei  centrali  tubulari  a  causa  della  sterilità  che  li 
ha  colpiti,  e  come  tali  devono  di  conseguenza  aver  subito  anche  un  pro- 
cesso di  degradazione  nelle  loro  tinte,  le  quali  invece  avrebbero  dovuto 
essere  prevalentemente  violette. 

Un  tale  contrasto  dimostra  a  chiare  note  che  l'azione  degli  insetti 
non  è.  stata  sufficientemente  energica  [ler  paralizzare  l'azione  della  de- 
gradazione fisiologica  che  ha  determinata  la  degradazione  nel  colore. 

Un  fatto  analogo,  e  secondo  noi  di  grandissima  importanza,  si  ve- 
rifica nelle  piante  parassite  della  flora  tedesca.  Queste  appartengono  per 
la  maggior  parte  ai  tipi  fiorali  più  evoluti,  essendo  date  da  non  poche 


—   177   — 

piante  gamopetale  zigomorfe  (Pedkularis,  Barfsla,  Tozzia,  Melampijrum, 
Odoiìt'des,  Iihinant/iHS,  Phelipaea,  Orubanc/ie,  Latliraea)  o  gamopetale  actino- 
morfe  (Cuscuta,  Viscum).  Solo  una  (LoranthusJ  appartiene  alle  dialipetale 
actinoniorfe. 

Colla  scorta  di  questi  dati  sarebbe  lecito  arguire  che  la  curva  delle 
colorazioni  fiorali  delle  piante  parassite  germaniche  debba  piesentare 
delle  notevoli  elevazioni  in  corrispondenza  del  violetto  e  del  giallo.  In- 
vece se  si  esanima  la  fig.  9  della  Tav.  XXV  che  rappresenta  appunto 
tale  curva,  si  rileva  che  il  giallo  è  in  verità  il  colore  più  rappresentato 
ma  ad  esso  seguono  in  ordine  decrescente  il  rosso,  il  bianco,  il  bleu,  il 
violetto  ed  il  verde.  Si  ha  pertanto  tutto  un  altro  tipo  di  curvn,  il  quale 
poi,  per  l'andamento  che  addimostra,  si  avvicina  a  quello  delle  curve  delle 
corolle  meno  evolute.  Ora,  se  si  vuole  s[)iegare  l'anomalia  bisogna  di 
necessità  ammettere  che  malgiado  l'evolLizione  morfologica  fiorale  pro- 
gredita e  malgrado  l'adattamento  del  fiore  ad  insetti  evoluti,  la  colora- 
zione del  perianzio  abbia  subita  l'influenza  del  processo  di  degradazione 
che  ha  colpito  l'intero  organismo  delle  piante  parassite  e  si  sia  a  sua 
volta  degradata. 

Noi  sappiamo  infatti  che  l'attività  funzionale  delle  piante  parassite 
è  notevolmente  ridotta,  traendo  queste  in  [larte  o  quasi  del  tutto  il  nu- 
trimento dalla  pianta  ospite,  per  cui  i  processi  metabolici  e  fotosinte- 
tici diventano  notevolmente  lenti.  Di  qui  la  causa  della  degradazione 
cromatica  fiorale  indipendentemente  dall'azione  dei  pronubi. 

L'essere  però  degradato  unicamente  il  carattere  cromatico  mentre 
quello  morfologico  è  altamente  evoluto  significa  che  la  forma  parassi- 
taria gamopetala  zigomorfa  non  è  originaria  ma  derivata  da  un  tipo 
pure  altamente  evoluto  e  non  parassitario. 

Il  fenomeno  che  abbiamo  osservato  nelle  Composite  non  si  verifica 
più  nelle  Ombrellifere  le  cui  infiorescenze  benché  siano  anche  spesso  costi- 
tuite da  due  tipi  fiorali  (fiori  actinomorfi  e  fiori  zigomorfi)  pi-esentano 
ciò  non  di  meno  una  sola  tinta.  Noi  faremo  osservare  a  questo  rignai'do 
che  i  colori  predominanti  nelle  Ombrellifere  sono  il  bianco  ed  il  giallo, 
il  che  indica  che  le  piante  in  questione  sono  ben  lontane  dall'aver  rag- 
giunto un  grado  elevato  nella  evoluzione,  di  guisa  che  la  degradazione 
cromatica  non  poteva  quasi  piìx  effettuarsi. 

I  fenomeni  osservati  testé  nelle  piante  parassite  ci  portano  a  stu- 
diare più  da  vicino  l'influenza  del  mezzo.  Stando  alle  idee  dominanti, 
il  mezzo  può  influire  più  o  meno  notevolmente  sugli  organi  vegetativi 
delle  piante,  poco  invece  su  quelli  di  riproduzione.  In  caso  contrario  il 


—   178   — 

tipo  sistematico  riescirebbe  ad  ogni  pie  sospinto  sconcertato.  Quasi  tutti 
gli  autori  si  esprimono  in  questo  senso,  e  tale  è  pure  l'opinione  del  Dei- 
pino  (Applicazione  di  nuovi  criteri  alla  classificazione  delle  piante,  Bolo- 
gna 1896). 

Le  modificazioni  che  avvengono,  o  meglio  che  avvennero,  negli  ap- 
parati fiorali  sarebbero  adunque,  secondo  la  maggior  parte  dei  botanici, 
esclusivamente  collegate  colla  vita  di  l'elazione  che  le  piante  hanno  con- 
tratto cogli  insetti.  Una  tale  ipotesi  è,  a  nostro  jiarere,  poco  consona 
coi  fatti,  e  ne  abbiamo  indicate  le  ragioni  parlando  del  parassitismo. 
Tutt'al  più  si  potrebbe  ritenere  come  parzialmente  vero  die  nelle  cou- 
dizioni attuali  il  mezzo  non  i)0ssa  influire  sensibilmente  sui  liori  che 
hanno  raggiunta  l'odierna  costituzione  in  seguito  ad  un  lungo  processo 
di  evoluzione.'  Ma  l'iiiotesi  dei  botanici  non  regge  più  se  riportiamo 
le  nostre  ricerche,  per  quanto  ce  lo  concedono  i  mezzi  d'indagine,  al 
fiore  (nel  senso  volgare  della  parola)  primordiale,  predestinato  a  subire 
quelle  modificazioni  che  dovevano  dar  origine  ai  differenti  tipi  fiorali, 
in  parte  sotto  l'azione  dei  pronubi,  in  parte  sotto  l'influenza  di  altri 
stimoli  esterni. 

A  conferma  del  nostro  asserto,  oltre  ai  casi  già  citati,  riporteremo 
qui  gli  esempi  desunti  dai  fiori  delle  acijue  dolci  e  dei  luoghi  umidi,  i 
(juali  dimostrano  a  chiare  note  come  l'organizzazione  fiorale  sia  ener- 
gicamente influenzata  dal  mezzo  in  cui  vive  la  pianta,  a  pi'esciudere  dal 
fenomeno  dell'allogamia.  La  maggior  parte  di  tali  fiori  sono  actinomorfi 
e  dialipetali  ed  inoltre  presentano  una  colorazione  bianca  o,  per  ragioni 
evidentissime,  bianco-verdastra.  Su  di  essi  l'influenza  degli  insetti  ha 
potuto  esplicarsi  liberamente,  ma  questo  fattore  non  è  riuscito  a  strapparli 
dalla  categoria  dei  fiori  degradati  [)er  farli  assurgere  alla  dignità  degli 
altri  tiiii  fiorali.  Se  ne  deve  adunque  trarre  la  conclusione  che  il  mezzo 
ac(iueo  deve  aver  ostacolata  l'evoluzione  nello  stesso  modo  ciie  ha  pro- 
vocata la  degradazione  in  tutto  l'ambito  degli  organi  vegetativi. 

Lo  stesso  può  dirsi  per  la  flora  dei  boschi  la  quale  pure  è  contras- 
segnata da  numerosi  fiori  bianchi  perchè  a  questi  è  mancato  lo  stimolo 
della  luce  che,  quando  non  sia  troppo  intensa,  spiega  pure  un'azione  be- 
nefica considerevole. 

Si  potrebbe  obbiettare  che  nei  boschi  l'influenza  degli  insetti  pro- 
nubi è  grandemente  attenuata,  ma  l'obbiezione  non  ci  pare  troppo  seria 
né  toglie  valore  al  nostro  asserto. 

Noi  vogliamo  a  questo  pioposito  riportare  un  esempio  che  dimostra 
in  modo  molto  istruttivo  l'azione  del  mezzo  sul  fiore. 


Vedi  in  proposito  i  lavori  di  H    Voclitiiig;. 


—   179  — 

Durante  la  spe'lizioue  dell'  "  Herebus  und  Teiror  „  venne  scopeita 
nelle  isole  Ivergiielen  una -pianta  che  venne  denominata  Pringlea,  appar- 
tenente alla  taniigiia  delle  Crocifere  ed  importantissima  dal  punto  di 
vista  biologico  poiché  la  stessa,  essendo  anemofila.  presenta  i  petali  atro- 
fizzati e  g:li  stami  allunj^ati,  oltre  ad  alcune  altre  modificazioni  più  o 
meno  impoitanti  inerenti  alle  speciali  condizioni  in  cui  la  pianta  vive. 
Sulle  isole  Ivergnelen  i  venti  soffiano  con  inaudita  violenza  e  come  con- 
seguenza di  ciò  gli  insetti  vi  sono  scarsi  e  quei  pochi  che  abitano  l'isola, 
benché  appartengano  a  generi  altrove  forniti  di  ali,  sono  atteri  ed  hanno 
inoltre  le  elitie  fra  loro  saldate.  Gli  insetti  così  profondamente  modifi- 
cati nella  loro  struttura  menano  una  vita  eminentemente  terrestre,  con 
loro  grande  giovamento,  poiché  se  fossero  atti  al  volo  facilmente  verreb- 
bero dai  venti  trasitortati  in  mare. 

I  botanici  che  si  sono  occniiati  della  flora  di  quelle  isole  desolate 
hanno  voluto  mettere  l'aneraofilia  della  Prhujlea  in  diretto  rapporto  colla 
mancanza  dei  pronubi,  poiché,  dicono  essi,  le  piante  non  visitate  dagli 
insetti  non  hanno  più  sentito  il  bisogno  di  possedere  dei  petali  vistosi  e 
questi  in  conseguenza  andarono  a  poco  a  poco  atrofizzandosi. 

Nulla  di  più  falso,  a  nostro  parere  :  la  Pringlea  è  divenuta  anemo- 
fila per  la  stessa  causa  che  ha  fatto  perdere  le  ali  agli  insetti,  vale  a 
dire  pel  vento,  sotto  la  cui  azione  i  petali  hanno  dovuto  gi-adataniente 
atrofizzarsi  perché  altrimenti  sarebbero  stati  esiiosti  ad  un  rapido  essi- 
camento.  Di  qui  il  cambiamento  della  costituzione  fiorale  della  pianta. 

Nei  prati,  nei  luoghi  soleggiati,  è  predominante  il  giallo  (il  giallo 
ed  il  rosso  nelle  associazioni  cromatiche)  per  cui  il  diagramma  delle  co- 
lorazioni fiorali  acquista  una  configurazione  sui  generis,  ma  però  se  noi 
risaliamo  dalla  pianura  al  monte  troviamo  di  nuovo  che  la  curva  gra- 
fica si  modifica  in  quanto  che  presso  i  ghiacciai  torna  a  predominare 
il  bianco  mentre  nei  luoghi  soleggiati  diventano  predominanti  tanto  il 
giallo  quanto  il  rosso. 

Anche  sulle  rocce  delle  Alpi  ricompaiono  numerosi  i  fiori  bianchi, 
ma  noi  ignoriamo  se  questo  fenomeno  debba  andar  ascritto  alla  ecces- 
siva insolazione  che  avrebbe  apportata  la  completa  distruzione  dei  clo- 
roplasti 0  non  piuttosto  a  qualche  altra  causa.  Né  vogliamo  soffermarci 
di  più  sullo  studio  della  flora  delle  montagne  perchè  i  nostri  diagrammi 
sono  troppo  incompleti  ed  i  nostri  risultati  si  allontanano  alquanto  da 
quelli  ottenuti  da  altri  osservatori  i  quali  alla  flora  dei  monti  hanno 
dedicati  i  loro  migliori  lavori. 

Chiuderemo  pertanto  le  nostre  ricerche  con  alcune  osservazioni  sulle 
variazioni  cromatiche  che  si  verificano,  nella  flora  germanica,  a  seconda 
della  stagione. 


—  180  — 

Dalle  curve  che  abbiamo  ottenuto  risulta  in  modo  manifesto  (ed  in 
conformità  di  quanto  ebbero  già  a  notaie  altri  osservatori)  che  nei  mesi 
di  marzo  ed  aprile  predominano  i  fiori  bianchi.  Qual'è  la  causa  di  un 
tale  fenomeno?  La  risposta  non  è  molto  facile,  ma  se  si  considera  tut- 
tavia che  i  fiori  nati  sul  principio  della  primavera  si  trovano  in  cattive 
condizioni  di  vegetazione  a  causa  del  frediio  ancora  dominante  e  delia  in- 
solazione passeggera,  appare  logico  ritenere  che  gli  stessi  siano  rimasti 
in  (jnelUi  condizione  di  degradazione  che  è  caratterizzata  dalla  tinta. 
bianca.  —  Ci  sembra  dubbio  che  la  povertà  degli  insetti  possa  aver 
contribuito  ad  intrattenere  nu  tale  stato  di  cose  '  che  del  resto  —  forse 
per  le  stesse  ragioni   —  è  i>ure  i-eperibile  nella  flora  artica. 


Dalla  lunga  serie  dei  fatti  esposti  è  lecito  concludere  che  le  cau.'-.e 
iiitei'ne  dapprima,  gli  insetti  ed  altri  fattori  di  poi  hanno  apportato  al 
fiore  quelle  profonde  modificazioni  di  forma  per  cui  questo,  dal  tipo  ane- 
niofilo  primordiale,  ha  finito  per  raggiungere  la  meravigliosa  struttura 
clie  ci  iiresenta  nelle.  Orchiilee  tropicali. 

Forma  e  colorazione  sono  state  subordinate  alle  condizioni  di  nu- 
trizione (nel  senso  lato  della  parola),  ma  mentre  alcuni  fillomi  liorali 
non  hanno  saputo  superare  lo  stadio  dell'actinomorfismo  dialipetalo  e 
della  colorazione  bianca,  -  altri,  non  del  tutto  sforniti  di  energie  latenti, 
salirono  la  china  dell'evoluzione  adattandosi  ai  vari  bisogni  dell'al- 
logamia. 

Noi  insistiamo  sul  concetto  che  la  compai'sa  delle  foi-me  degradate 
primordiali  non  è  stata  motivata  dall'azione  dei  pronubi  come  vorreb- 
bero i  moderni  autori,  ma  nello  stesso  tempo  riconosciamo  che  al  prin- 
cipio delle  cause  interne"  bentosto  si  è  sovrapposto  quello  dell' alloga- 
mia  il  quale  ha  di  poi  agito  come  una  molla  polente  nell'evoluzione 
fiorale. 

La  teoria  della  impollinazione  per  mezzo  dei  pronubi,  se  imo  illu- 
strare   meravigliosamente   lo  stato  attuale  del   fiore,  non  si  presta   per 


'  Essa  avrebbe  piuttosto  dovuto,  ci  sembra,  favorire  lo  sviluppo  di  colori  vi.stosi, 
più  evoluti. 

-  Ha  quanto  abbiamo  esposto  riesce  ora  facile  comprendere  come  il  color  bianco 
rappresenti  la  tinta  più  fissa  di  tutte,  su  di  che  hanno  anche  insistito,  pur  ignoran- 
done il  motivo,  i  nostri  predecessori. 

^  Il  principio  delle  eause  interne  fu  pure  superfici.ilmente  discusso  da  più  di  un 
autore  (Mt  Li-EK,  Bhimeìi  und  Insekten;  Siuasbcrger,  Jenaisclie  Zrituclir.,  vj,  1871; 
BcLMAN.v,  Nature,  xiv,  1S99;  Lowej.,  27(6  colour  of  northen  Monocolil  Floioers,  Amer. 
Nature,  xxxiu,  l.sg;)). 


—   181   — 

chiarire  le  prime  modificazioni  clie  avvennero  nel  primordiale  filloma 
anemofilo  dirigentesi  snHa  via  della  zoidiofilia,  salvo  il  caso  che  si  vo- 
glia concedere  a  qnesto  uno  speciale  intuito  o  meglio  una  intelligenza 
elettiva  che  lo  spingeva  a  variare  per  richiamare  l'attenzione  dei  futuri 
pronubi,  il  che  deve  ritenersi  assurdo. 

Non  vogliamo  negare  che  colle  nostre  vedute  sulle  cause  interne 
alcuni  fenomeni  rimangono  inesplicabili,  ma  la  stessa  obbiezione  può  farsi 
a  coloro  che  sostengono  l'influenza  esclusiva  dei  pronubi  come  fautori 
dell'evoluzione  fiorale,  mentre  il  problema  ci  si  affaccia  assai  meno  com- 
plesso se  si  ammettono  le  due  cause  ad  un  tempo. 

Al  nostro  modesto  lavoro  può  farsi  l'obbiezione  —  lo  ripetiamo  an- 
cora —  che  la  maggior  parte  delle  nostre  ricerciie  vennero  eseguite 
colla  scorta  di  descrizioni  e  di  figure  che  non  sempre  arrivano  a  ripro- 
durre con  scrupolosa  fedeltà  le  vere  colorazioni  fiorali.  L'obbiezione  è 
giusta,  uè  abbiamo  cercato  di  evitarla.  A  nostra  giustificazione  faremo 
tuttavia  rilevare  che  i  dati  ottenuti  collimano  nei  tratti  essenziali  colle 
moierne  vedute  sull'argomento  e  che  inoltre  l'opera  nostra  ha  la  sola 
pretesa  di  un  primo  tentativo  di  studi  i  quali,  quando  vengano  ripresi 
con  metodo  più  rigoroso  d'indagine,  non  mancheranno  di  gettare  molta 
luce,  osiamo  sperarlo,  sul  grandioso  problema  della  biologia  fiorale. 


xVPPENDICE.  ' 
Esame  critico  delle  osservazioni  del  Rev.  (i.  Heuslow. 

Nel  1893  l'Henslow,  che  da  lungo  tempo  andava  raccogliendo  delle 
osservazioni  sopra  la  fecondazione  delle  piante,  pubblicava  il  volume 
che  porta  per  titolo  "  The  origin  of  flora!  structure  through  insect  and 
other  agencies  (London;  Kegan  P.  Thench.  Thriibner  et  C.)  „  nel  quale 
il  perfezionamento  fiorale  viene  considerato  sotto  un  punto  di  vista 
abbastanza  originale. 

L' Henslow,  partendo  dal  principio  pure  sostenuto  dal  Wallace  e 
da  altri  autori,    che  le  cause  interne,  da  sole,    non  possono    produrre 


'  Le  presenti  ricerche  erano  già  in  corso  di  stampa  quando  ci  venne  dato  di 
consultare  l'opera  dell'Henslow  che  per  la  sua  orighialità  ed  importanza  crediamo  utile 
di  discutere  qui  brevimente. 


—    182  — 

delle  modificazioni  stabili  negli  organismi,  viene  alla  conclusione  che 
i  fiori  siano  andati  a  poco  a  poco  modificandosi  sotto  l'azione  delle  vi- 
site degli  insetti,  ma  piii  specialmente  per  gli  stimoli  che  questi  hanno 
spiegato  sui  tessuti  fiorali  coi  loro  tentativi  di  succiiiamento  e  col  loro 
peso. 

Secondo  le  vedute  di  quest'autore  il  passaggio  dal  ti(io  actiuo- 
morfo  a  quello  zigomoifo  nella  costituzione  fiorale  è  stato  motivato 
dagli  insetti  die  gravando  col  peso  del  loro  coi-po  sopra  i  seguienti 
inferiori  della  corolla  o  del  calice  o  del  perigonio  determinarono,  su 
fiori  che  hanno  una  posizione  laterale,  1'  accrescimento  esagerato  della 
parte  assoggettata  alla  pressione.  L'  Henslow  appoggia  la  sua  teoria 
sulle  osservazioni  del  ViJcliting  dalle  quali  risulta  che  la  gravità  de- 
termina delle  modificazioni  di  forma  nei  fioii  e  porta  al  zigomorfisnio; 
nega  tuttavia,  nella  conclusione,  che  la  gravità,  per  sé  sola,  possa 
aver  prodotte  tutte  quante  le  singolari  modificazioni  di  forma  che  pre- 
sentano i  fiori  zigomorfi. 

Parimenti  la  gamopetalia  sarebbe  in  relazione  colla  visita  degli 
insetti  poiché  i  fiori  laterali,  costretti  a  sopportare  il  peso  degli  in- 
setti, spesso  di  grandi  dimensioni,  hanno  reagito  allo  stimolo  fondendo 
assieme  i  singoli  pezzi  del  perigonio,  o  della  corolla  od  anco  del  ca- 
lice. Lo  studio  della  costituzione  fiorale  corroborerebbe  tali  vedute, 
nota  l'Henslow,  inquantochè  i  verticilli  fiorali  coiicrescenti  sono  spesso, 
in  corrispondenza  d(dla  parte  piii  ileclive  dell'organo,  rinforzati  da  ner- 
vature soprannumerarie,  la  cui  presenza  non  potrebbe  essere  in  rela- 
zione colle  disposizioni  inerenti  alla  nutrizione. 

L'Henslow  ha  cercato  pure  nell'anatomia,  nella  patologia  e  nella 
teratologia  gli  argomenti  favorevoli  alla  sua  tesi,  ed  a  tal  uopo  ricorda 
come  i  fiori  dei  Pdavgonium,  delle  Glnxiiìia  e  di  altre  piante  coltivate 
assumano  assai  spesso  una  forma  regolare,  e  come  i  fiori  centrali  ed 
eretti  di  molte  piante  siano  pure  regolari  mentre  irregolari  sono  quelli 
periferici. 

Colla  scorta  di  questo  fatto  l'Henslow  conclude  che  l'insetto  gra- 
vando sopra  una  parte  del  fiore  produce  uno  stimolo  sulla  stessa,  il 
quale  provoca  un  aumento  di  nutrizione  localizzato,  il  che  dà  luogo  in 
ultima  analisi  alla  irregolarità  della  forma  (zigom.orfismo)  o  alla  sal- 
datura dei  pezzi  (gamopetalia). 

È  all'ineguale  distribuzione  del  pahuiìim  che  va  quindi  ascritto,  ma 
in  via  secondaria,  il  fenomeno  dell'evoluzione  fiora,le,  nello  stesso  modo 
che  per  una  causa  opposta  i  fiori  di  Clcrodendmu  diventano  regolari 
sotto  l'azione  dannosa  prodotta  da  certe  larve  e  diventano  pelorici  i 
fori  di  Antivrliiinim  fecondati  col  proprio  polline. 


—   183  — 

Le  modificazioni  di  forma  clie  sotto  l'azione  del  peso  dtU'  insetto 
si  sono  venute  organizzamlo  e  che  vengono  dali'Henslow  illustrate  ap- 
plicando la  teoria  del  parallelogrammo  delle  forze,  servirebbero  a  im- 
primere al  fiore  tuia  tale  costituzione  da  rendere  frustraneo  qualunque 
tentativo  di  impollinazione  agli  insetti  poco  adatti  alla  funzione  alio- 
gamica. 

Né  solo  la  forma  del  fiore,  ma  anche  la  sua  intima  costituzione 
ha  subito  delle  variazioni  sotto  l'azione  degli  stimoli  sopra  accennati. 
Noi  abbiamo  già  ricordata  la  comparsa  delle  nervature  sopra  nume- 
rarie, ma  r  Henslow  afferma  che  la  speciale  localizzazione  dei  tricomi 
fiorali  nei  Verbaseum  ed  in  altre  piante  debba  essere  1'  espressione  di 
irritazioni  circoscritte  determinate  dalla  proboscide  o  da  altre  parti  del 
corpo  dell'insetto. 

Giustamente,  a  nostro  parere,  l'Henslow  osserva  in  proposito  "  We 
must  be  on  our  guard,  however,  in  asserting  that  nature  has  produced 
them  in  order  to  keep  ants  off;  for  that  line  of  reasoning  is  pretty 
sure  to  land  ns  in  faulty  theological  metods  „. 

Parlando  poi  dei  nettari  e  della  posizione  clie  essi  occupano  nel- 
l'apparato fiorale,  l'Autore  sopra  ricordato,  dopo  aver  messo  in  cliiaro 
come  la  sede  degli  stessi  sia  variabile,  viene  alla  conclusione  che  una 
continuata  irritazione  meccanica  prodotta  dal  morso,  dal  succhiamento 
0  dalla  deambulazione  degli  insetti  sopra  un  punto  circoscritto  del  fiore 
abbia  dapprima  provocato  lo  sgorgamento  di  una  sostanza  nutriente 
{Anemone  nemorosa),  nello  stesso  modo  che  l'irritazione  prodotta  dalle 
larve  d'insetti  ha  determinato  l'emissione  delle  sostanze  nutritizie  delle 
galle. 

Ora  come  le  galle  hanno  tratto  origine  da  un  eccesso  di  nutrizione 
localizzata  iu  una  determinata  regione  e  sotto  l'azione  dell'irritazione 
protratta  dovuta  alle  larve,  cosi  anche  i  nettari  si  sono  venuti  orga- 
nizzando in  seguito  al  prolungato  stimolo  degli  insetti.  Ben  tosto  però 
aggiunge  "  Why  tlie  cell-contents  of  nectaries  should  especially  give 
rise  to  sugar,  is  a  question  at  preseut  begond  auswering  „. 

Non  ci  deve  recar  meraviglia  pertanto  se  l'Henslow  arriva  ad  af- 
fermare che  i  nettari  iu  certo  qual  modo  derivano  da  produzioni  pato- 
logiche, rese  fisse  dall'eredità  e  che  perciò  dove  manca  lo  stimolo  della 
visita  degli  insetti  essi  scompaiono  di  nuovo. 

Il  perfezionamento  dell'  organo  nettarifero  si  potrebbe  in  certo 
qual  modo  paragonare  all'esuberante  sviluppo  del  capezzolo  o  delle 
ghiandole  mammarie  che  si  è  venuto  manifestando  in  alcuni  animali 
domestici  (vacche,  capre)  sotto  l'azione  dello  stimolo  prolungato  dovuto- 
alle  manovre  del  mungimento. 

Alti  dell'Ut.  Bot.  dell' l'iihersità  (U  Pacia  —  II  Serie  —  Voi.  X.  U 


—   184  — 

Infine  anche  i  colori  dei  fiori,  e  più  specialmente  le  colorazioni 
dei  uettaro-indici,  sarebbero  l'espressione  di  una  esagerata  nutrizione 
che  nel  caso  dei  nettaro-indici  si  localizzerebbe  appunto  nelle  macchie 
perchè  ivi  è  maggiore  la  irritazione  prodotta  dall'  insetto,  per  cui  sif- 
fatte colorazioni  circoscritte  sarebbero  meno  proclivi  a  scomparire,  nei 
casi  di  incroci,  in  confronto  delle  colorazioni  fondamentali  del  fiore. 

In  conclusione,  dalla  teoria  dell'Henslow  risulta  manifesto  che  non 
già  il  fiore  si  è  modificato  per  attirare  l'insetto  e  fare  una  scelta  fra 
i  suoi  visitatori,  quasi  sia  stato  indotto  a  far  ciò  da  un  sentimento 
intelligente  suo  proprio,  ma  all'opposto  è  l'insetto  che  ha  modificato  il 
fiore  a  causa  degli  stimoli  di  diversa  natura  che  esso  ha  sul  medesimo 
esercitato.  Il  fiore  è  stato  perciò,  in  certo  qual  modo,  vittima  dell'  in- 
setto ed  ha  soltanto  cercato  di  reagire  al  nuovo  stimolo  coU'accrescere 
la  nutrizione  di  determinate  parti. 

L'interpretazione  data  ha  portato  l'Autore  a  ritenere  che  l'anemo- 
filia  sia  un  feaomeno  secondario  che  si  è  manifestato  tutte  le  volte  che 
gli  insetti  sono  venuti  meno  al  loro  compito,  come  è  il  caso  per  certi 
fiori  di  talune  isole  (Galapagos)  e  di  altre  regioni  povere  di  insetti 
(regioni  artiche).  Per  la  stessa  causa  il  fiore  è  pure  andato  incontro 
ad  un  altro  processo  di  degenerazione  che  è  quello  della  cleistogamia. 
All'opposto  una  frequenza  maggiore  nelle  visite  degli  insetti  —  sempre 
iu  seguito  ai  sopra  accennati  stimoli  —  avrebbe  portato  persino  alla 
colorazione  brillante  delle  brattee  che  circondano  i  fiori. 

Non  già  pertanto  la  selezione  naturale  ma  la  "  Constitutional  se- 
lection  „  è  stata  la  causa  delle  modificazioni  fiorali  secondo  l'Henslow, 
poiché  coU'antico  principio  che  ascriverebbe  alle  piante  la  facoltà  di 
variare  in  direzioni  disparatissime  si  avrebbero  dei  risultati  poco  in 
accordo  col  graduale  perfezionamento  che  noi  constatiamo  nelle  piante 
stesse. 

Questa,  per  sommi  capi,  è  la  teoria  dell'  Henslow,  il  quale  collo 
stesso  principio  cerca  pare  di  spiegare  molte  altre  disposizioni  fiorali, 
come  anche  l'origine  delle  piante  Dicotiledoni  dalle  forme  dicline  e  dioiche 
gimnospermiche  ancestrali. 

A  nostro  parere  l'idea  dell'  Henslow  merita  sotto  certi  punti  di 
vista  di  essere  presa  iu  considerazione,  ma  la  stessa  non  si  emancipa 
tuttavia  dal  difetto  di  voler  spiegare  con  un  solo  principio  un  complesso 
di  fatti  spesso  fra  loro  disparati.  Se  l'Henslow  avesse  unicamente  cer- 
cato di  fare  entrare  nel  quadro  delle  sue  vedute  i  fatti  che  meglio  si 
adattavano,  senza  cercare  di  forzare  le  conclusioni  e  di  dare  un'esten- 
sione esagerata  al  suo  concetto,  avrebbe  ottenuti  migliori  risultati.  Noi 
cei'cheremo  pertanto  di  sceverare  qui  il  lato  buono  da  quello  che  ci 
pare  cattivo,  del  naturalista  americano. 


—   185   — 

Cominciamo,  innanzi  tutto,  dalla  questione  dei  nettari. 

A  nostro  modo  di  ve'deie  è  poco  consono  coi  fatti  l'idea  che  i  net- 
tari siano  sorti,  quasi  produzioni  patologiche,  per  opera  degli  insetti, 
e  più  specialmente  dell'irritazione  prodotta  dai  loro  morsi  o  dalle  loro 
manovre.  L' insetto  potrà  aver  contribuito  all'  evoluzione  di  questi  or- 
gani, ma  giammai  determinata  la  loro  comparsa.  Noi  non  ripeteremo 
qui  quanto  già  si  è  detto  nelle  precedenti  pagine  in  proposito  e  quanto 
uno  di  noi  ha  pubblicato  sullo  stesso  argomento  (v.  Buscalioni,  Sulla 
Caidifloì-ia  Malpigliia,  1901)  allo  scopo  di  dimostrare  che  la  formazione 
dei  nettari  è  stata  in  origine  motivata  da  cause  interne,  ma  solo  fa- 
remo osservare  che  tanto  dal  Paul  Knutli  (JJeb.  d.  Nachivciss  d.  Nec- 
tarien  nuf  chemische  Wege  Bot.  Centralbl.  Bd.  76)  quanto  dal  E,.  Stayer 
fChemische  Nachweiss  der  Nektarien  b.  Pollemhlumen  und  Anemoiìlii/len 
Beihefte  d.  Bot.  Centralbl.  1902)  venne  posto  in  sodo,  per  mezzo  di 
opportune  reazioni,  che  nei  fiori  anemofili  come  in  quelli  visitati  dagli  . 
insetti  unicamente  cercatori  di  polline  è  presente  spesso,  ed  in  abbon- 
danza, lo  zucchero  (Chelidonium,  Helianfhemum,  Parnassia,  Hijpericum 
Papacer,  Li/simachia,  Ctjclamen,  Chenopodium,  Plantago,  Cannabis,  Urfica, 
Holcìts,  Poa,  Molinia,  eie).  Questi  fatti  pertanto  sono  in  urto  colle  ve- 
dute dell'  Henslow,  mentre  confermano  le  idee  esposte  da  uno  di  noi 
(Buscalioni)  suU'  origine  dei  fiori,  dalle  quali  è  emerso  che  i  nettari 
dovettero  formarsi  prima  che  il  fiore  venisse  visitato  dagli  insetti. 

Ma  se  questo  non  bastasse  noi  faremo  ancora  osservare  all'Henslow 
che  i  fiori  non  avrebbero  mai  prodotto  i  nettari  se  l'insetto  fosse  stata 
l'unica  causa  delle  modificazioni  fiorali  poiché  gli  insetti  cercatori  di 
polline  non  hanno  le  tendenze  a  pungere  il  fiore  e  quindi  non  produ- 
cono alcun  stimolo  capace  di  richiamare  il  deflusso  di  una  soluzione, 
e  tanto  meno  zuccherina,  in  un'  area  del  perianzio  poco  visitata  dal- 
l' animale  in  questione. 

Anche  poco  plausibile,  per  le  ragioni  altrove  esposte,  ci  pare  l'idea 
dell' Henslow  secondo  la  quale  i  nettaro-indici  si  sarebbero  sviluppati 
in  seguito  all'irritazione  prodotta  in  determinati  punti  della  corolla  dal- 
l'insetto penetrato  nel  fiore.  Tanto  meno  poi  ci  pare  che  l'Autore  abbia 
colpito  nel  segno  allorché  vuole  attribuire  alla  stessa  causa  la  colora- 
zione delle  brattee  fiorali.  Qui  cadiamo  realmente  nell'assurdo,  poiché 
è  duopo  ammettere  che  lo  stimolo  si  sia  esercitato  con  maggiore  in- 
tensità su  quelle  parti  che  molto  meno  del  fiore  sono  esposte  al  con- 
tatto coir  insetto.  Del  resto,  anche  considerando  la  cosa  limitatamente 
al  fiore,  ci  pare  strano  che  la  colorazione  del  medesimo  sia  sorta  in 
seguito  allo  stimolo  di  pronubi,  ma  noi  non  insisteremo  su  questa  que- 
stione, avendola  già  altrove  trattata. 


—  186  — 

La  questione  dei  nettari  si  connette  intanto,  stando  ai  dati  del- 
l' Henslow,  con  quella  dell'anemofilia.  L'autore  sopra  citato  afferma  che 
le  piante  anemofile  sono  più  recenti  di  quelle  entoniofile  ed  una  tale 
opinione  troverebbe,  a  primo  aspetto,  un  forte  appoggio  nelle  ricerclie 
di  Stiiyer,  poiché  la  presenza  di  nettari  o  di  depositi  zuccherini  nelle 
piante  anemofile  potrebbe  essere  considerata  come  un  ricordo  od  un 
accenno  di  un'antica  condizione  di  cose,  la  quale  avrebbe  persistito  mal- 
grado il  processo  di  involuzione  che  ha  colpito  il  fiore  in  seguito  alla 
mancata  visita  degli  insetti. 

Noi  faremo  però  osservare  all'Henslow  che  la  sua  ipotesi  non  regge 
avendo  dimostrato  la  Paleontologia,  l'Anatomia  comparata  e  la  Filoge- 
nesi, che  le  piante  anemofile  dovettero  precedere  quelle  entoniofile. 

Con  ciò  noi  non  vogliamo  negare  1'  esistenza  di  un'  ancmofiUa  se- 
condaria, la  quale  sarebbe  appunto  sorta,  secondo  noi,  sui  ruderi  del- 
l'entomofilia (Composite  anemofile  di  certe  isole  battute  dal  vento),  ma 
questo  non  toglie  che  non  abbia  parimenti  esistito  un  anemofilia  pri- 
maria, anteriore  all'entomofilia. 

A  sostegno  del  suo  asserto  1'  Henslow  cita  le  galle  di  Quercns  le 
quali  si  formano  sotto  1'  azione  di  uno  stimolo.  Qui  però  abbiamo  ap- 
punto un  dato  che  torna  contrario  alle  sue  vedute,  poiché  nelle  Quercus 
dove  con  estrema  facilità  si  formano  le  escrescenze  gallicole  non  capita 
mai  di  osservare  l'insorgere  di  galle  spontaneamente,  senza  cioè  l' in- 
tervento dell'animale,  mentre  i  nettari  nascono  spontaneamente  senza 
che  si  richiedano  le  punture  o  gli  altri  stimoli  (enzimi?)  che  sono  re- 
clamati perché  si  formino  le  galle.  (V.  in  proposito  i  lavori  di  Bej'erink, 
citati  nella  Monografia  del  D.  Ross,  Die  (iallenbildungen  d.  Pfìanzen  etc. 
Stuttgart  1904). 

Analoghe  obbiezioni  si  potrebbero  fare  alle  osservazioni  dell'Hen- 
slow  relative  al  diclinismo,  alla  dioecia  ed  alla  monoecia,  etc,  ma  sic- 
come il  problema  é  oltremodo  spinoso  e  non  entra  nell'orbita  dei  nostri 
studi  lo  lascieremo  da  parte  per  soffermarci  piuttosto  sul  concetto  fon- 
damentale dell'ipotesi  dell'Henslow  che  vede  nel  peso  dell'insetto  e  nel- 
r  irritazione  che  questi  esercita  sul  fiore  la  causa  della  gamopetalia, 
del  zigomorfismo  e  di  molte  altre  peculiari  strutture  fiorali. 

Secondo  il  nostro  modo  di  vedere  è  probabile  invece  che  i  primi 
accenni  della  gamopetalia  e  del  zigormorfismo  siansi  manifestati  prima 
che  intervenisse  Fazione  dell'insetto;  egli  è  certo  però  che  le  successive 
gradazioni  nel  perfezionamento  cui  andarono  incontro  questi  due  ti[ii 
fiorali  furono  motivate  anche  dalla  presenza  dei  pronubi.  Sotto  (jucsto 
punto  di  vista  la  teoria  dell'Henslow  si  accorda  colle  nostre  vedute  ed 
anzi  le  completa,  non  potendosi  di  certo   trascurare    1'  azione  del  peso 


—   187  — 

come  stimolo  atto  a  produrre  delle  modificazioni  in  un  organo  squisi- 
tamente seiisibile  come  è'  appunto  il  fiore.  L'  Henslow  adunque  ha  in- 
tuito una  delle  cause  principali  ma  forse  secondaria,  delle  modificazioni, 
mentre  le  nostre  ricerche  avrebbero  messo  in  evidenza  la  causa  primor- 
diale ed  il  meccanismo  della  reazione  per  parte  del  fiore:  meccanismo 
che  va  ricercato  in  una  più  abbondante  nutrizione  e  più  specialmente 
nella  formazione  di  sostanze  dotate  di  forte  potere  osmotico,  la  cui  pre- 
senza può  agevolare  grandemente  tutti  quei  processi  cha  portano  alle 
strutture  fiorali  più  o  meno  complicate  ed  ai  particolari  adattamenti  del 
fiore  al  corpo  degli  insetti. 

L'Henslow  ha  pure  avuto  il  grande  merito  di  mettere  in  accordo 
le  sue  vedute  colle  osservazioni  del  Vi'ichting  il  quale  ha  portato  un 
contributo  non  indifferente  alla  biologia  fiorale,  per  quanto  le  sue  con- 
clusioni, essendo  state  formulate  in  base  all'esperimento  di  laboratorio, 
non  siano  state,  da  molti  biologi,  tenute  in  quella  considerazione  che 
ejse  meritano. 

È  probabile,  a  nostro  parere,  che  anche  taluni  organi  fiorali  siano 
comparsi  iu  seguito  alla  incessante  visita  degli  insetti.  Non  si  può 
forse  altrimenti  spiegare,  ad  esempio,  la  presenza  di  peli  nella  regione 
del  fiore  dove  si  trova  il  nettario  o  lungo  la  via  battuta  dall'  insetto 
pronubo.  La  produzione  di  peli  in  questo  caso  ha  qualche  lontana  ana- 
logia cogli  organi  erinoidei  dovuti  pure  ad  una  irritazione  inerente  alla 
presenza  di  animali.  Ma  l' esistenza  di  questi  organi,  come  di  molti 
altri,  dimostra  unicamente  che  il  fiore,  altamente  sensibile  alla  influenza 
esterna  ha  reagito  prontamente  alla  stessa,  comportandosi  però  varia- 
mente a  seconda  la  natura  dello  stimolo  e  della  pianta  cui  il  fiore 
appartiene.  Le  numerosissime  variazioni  di  struttura  e  di  forma  che 
presentano  i  fiori  entomofili  non  furono  motivate  esclusivamente  dallo 
stimolo  dovuto  al  peso  ed  ai  morsi,  il  quale  avrebbe  portato  alla  forma- 
zione di  pochi  tipi  fiorali,  ma  bensì  da  molteplici  cause  (luce,  gravità, 
eredità,  costituzione  organica,  peso  dei  pronubi,  morsi,  e  via  dicendo) 
che  fanno  sentire  la  loro  azione  più  o  meno  energicamente  sul  fiore. 

Che  molteplici  cause  e  non  solo  il  peso  e  il  morso  degli  insetti 
abbiano  prodotte  le  mirabili  modificazioni  nella  costituzione  fiorale  ap- 
pare manifesto  se  noi  prendiamo  a  considerare  che  le  piante  anemofile, 
assoggettate  tutte  quante  allo  stesso  fattore  :  il  vento,  il  quale  agisce 
con  una  straordinaria  uniformità,  presentano  non  di  meno  delle  di- 
sposizioni svariatissime  intese  tutte  quante  ad  assicurare  la  feconda- 
zione incrociata.  Uno  studio  comparativo  fatto  sulle  Conifere,  sulle  Gra- 
minacee, sulle  Amentacee  e  su  altre  piante  anemofile  vale,  senz'altro, 
a  dimostrare  la  verità  del  nostro  asserto.  Se  il  vento  solo  avesse  agito 


—   188  — 

sui  fiori  e  sulle  infiorescenze  di  queste  piante,  quale  desolante  unifor- 
mità nei  tipi  fiorali  si  dovrebbe  ora  constatare! 

Anche  in  quanto  concerne  la  degradazione  fiorale  l' HensloAV  ha 
forse  fatto  assegnamento  sulla  mancanza  degli  insetti  pronubi  per 
spiegare  le  peculiari  strutture  che  alla  stessa  sono  inerenti.  Molte  in- 
vece, a  nostro  parere,  sono  le  cause  che  possono  aver  prodotta  la  de- 
gradazione fiorale  e  noi  ricorderemo,  ad  esempio,  l'accumulo  di  gemme 
in  limitato  spazio,  la  comparsa  tardiva  o  troppo  precoce  dei  fiori,  la 
posizione  centrale,  acropeta  o  basipeta  e  via  dicendo.  Nei  casi  che  ab- 
biamo ora  citati  si  tratta  quasi  esclusivamente  di  cause  inerenti  al- 
l' organizzazione  stessa  del  fiore  e  della  pianta  che  lo  porta,  le  quali 
determinando  molto  probabilmente  una  diminuzione  nella  nutrizione  dei 
fillomi  fiorali  portano  necessariamente  alla  comparsa  dei  caratteri  propri 
della  cleistogamia.  La  scomparsa  dei  colori  fiorali,  dei  nettari,  dei 
nettaro-indici  etc.  trova  adunque  spesso  una  soddisfacente  spiegazione 
nei  processi  di  deficiente  nutrizione  senza  che  si  debba  in  ogni  singolo 
caso  richiamare  in  causa  la  mancata  visita  dell'insetto,  quasi  che  il 
fiore  trascurato  reagisca  degradandosi.  Quando  si  tratta  di  degrada- 
zioni inerenti  alla  pianta,  la  assenza  dei  pronubi  può  tutt'al  più  alfrettare 
l'esito  finale  cui  mira  la  degradazione. 

In  conclusione  risulta  dai  fatti  esposti  che  la  teoria  dell' Henslow 
ha  un  lato  che  merita  di  essei'e  preso  in  considerazione  e  questo  con- 
cerne la  questione  inerente  ai  processi  di  più  attiva  nutrizione  dovuti 
alle  visite  degli  insetti,  agiscano  questi  colla  loro  presenza  o  mecca- 
nicamente (massa,  peso)  o  in  parte  anche  chimicamente  (morsi,  ecc.). 
Considerata  in  questo  senso  la  questione,  l'idea  dell'Henslow  torna  in  ac- 
cordo colle  nostre  vedute,  le  quali  però  sotto  molti  altri  punti  di  vista 
sono  divergenti  poiché  noi  riteniamo  che  le  strutture  fiorali  nelle  loro 
linee  generali  (presenza  di  nettari,  di  nettaro-indici,  formazioni  di  fil- 
lomi fiorali,  colorazioni  etc),  abbiano  cominciato  a  manifestarsi,  come 
è  stato  detto,  sotto  l'impulso  di  cause  interne  e  non  già  sotto  l'azione 
dell'  agente  fecondatore,  il  quale  invece  non  ha  fatto  altro  che  perfe- 
zionarle. 


189   — 


BIBLIOGRAFIA  DELL'ARGOMENTO 


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SPIEGAZIONE  DELLE  TAVOLE 


T.-VVOLA  XIII. 

Fi^.  1.  Coloii  semplici  nelle  dialipetale  .ictinomorfe  (linea  piiuteggiata  venie)  e  nelle 
dialipetale  zigomorfe  (linea  punteggiata  rossa).  (Ridotte  a  ''3). 

,  2.  Associazioni  cromatiche  nelle  dialipetale  actinomorfe  (linea  punteggiata  verde) 
e  nelle  dialipetale  zigomoTfe  (linea  punteggiata  rossa). 

,  3.  Rapporti  di  frefjuenza  delle  singole  colorazioni  nelle  corolle  dialipetale  acti- 
nomorfe (linea  punteggiata  verde)  e  nelle  dialipetale  zigomorfe  (linea  pun- 
teggiata rossa).  (Ridotte  a  VsJ- 

,  4.  Colori  semplici  nelle  gamopetale  actinomorfe  (linea  verde)  e  nelle  gamop.  zi- 
gomorfe (linea  rossa).  (Ridotte  a  '/.,). 

,  5.  Associazioni  ciomaticlie  nelle  gamopetale  actinomorfe  (linea  verde)  e  nelle 
gamop.  zigomorfe  (linea  rossa). 

,  G.  Rapporti  di  frequenza  delle  singole  colorazioni  nelle  corolle  gamopetale  acti- 
nomorfe (linea  verde)  e  nelle  gamop.  zigomorfe  (linea  rossa).  (Ridotte  a  '/s)- 

,       7.  Associazioni  cromatiche  nella  flora  germanica. 

,       8.  Rapporti  di  frequenza  delle  singole  colorazioni  nella  flora  germauicn.  (Ridotta 

TAVOLA  XIV. 

Fig.    1.  Associazioni   cromatiche    nei  fiori   dialipetali  actinomorfì   (linea   punteggiata 
verde)  e  dialipetali  zigomorfi  (linea  punteggiata  rossa). 
A  Associazioni  del  verde. 
B  ,  ,     giallo. 

C  ,  ,     biaijco. 

D  ,  ,    rosso. 

E  ,  ,     violetto. 

F  ,  ,     bleu. 

G  ,  ,     bruno. 


—   196  — 

Fig.     2.  Associazioni  cromatiche  nei  fiori  gamopetali  actinomorfi  (linea  verde)  e  gamop. 
zigomorfi  (linea  rossa). 
A  Associazioni  del  verde. 
B  ,  ,     giallo. 

C  .  ,     bianco. 

-D  ,  ,     rosso. 

E  ,  ,     violetto. 

(?  ,  ,     bruno. 

3.  Kapporti  di  frequenza  delle  associazioni  dei  singoli  colori   nelle  corolle  diali- 
petale  (linea  verde)  e  gamopetale  (linea  rossa). 
A  Associazioni  del  verde. 
5  ,  ,     giallo. 

C  ,  ,     bi.-inco. 

Z)  ,  ,     rosso. 

E  ,  ,     violetto. 

E  .  ,     bleu. 

G  ,  ,     bruno. 

TAVOLA  XV. 

Fi;:.  1.  Colorazioni  predominanti  nelle  corolle  gamopetale  (linea  verde)  e  nelle  zigo- 
morfe (  linea  rossa). 
,  2.  Colorazioni  dei  fiori  delle  Monocotiledoni  della  flora  tedesca:  a)  Juncagiuacee, 
h)  Asparagacee,  e)  Agavee,  il)  Dioscoreacee,  e)  Amarillidacee,  /)  Liliacee, 
g)  Idroearidacee,  ìi)  Alismacee,  /)  Bntoniacee,  l;)  Orchidee,  /)  Iridacee,  ?«)  Col- 
chicacee,  )()  .Tuncacee.  —  l.a  curva  formata  ila  tratti  e  punti  verdi  indica 
che  la  famiglia  è  composta  di  piante  a  fiori  gamopetali  actinomorfi  e  dialipetali 
pure  actinomorfi  (b  e  /).  Quella  formata  da  punti  verdi  significa  che  la 
famiglia  comprende  solo  fiori  dialipetali  actinomorfi  (a.  g,  ìi,  i,  n).  Quella 
formata  da  tratti  verdi,  che  la  famiglia  comprende  fiori  gamopetali  iictino- 
morfi  (e.  d,  m).  Quella  formata  da  punti  rossi,  che  la  famiglia  contiene  solo 
fiori  dialipetali  zigomorfi  {li).  Infine  la  curva  formata  da  tratti  rossi  e  verdi 
indica  che  la  famiglia  cousta  di  piante  dialipetale  actinomorfe  e  zigo- 
morfe (/). 
,  3.  Colorazioni  dei  fiori  nelle  Dicotiledoni  dialii)etale  actinomorfe:  a)  Acerinee, 
h)  Araliacee,  e)  Grossulariacee,  il)  Ninfeacee,  e)  Cistacee,  /)  Papaveracee, 
g  I  ZigofiUacee,  li.)  Ipericacee,  i)  Oxalidee,  j)  Linee,  k)  Ramnacee,  T)  Cactee, 
vi)  Tiliacee,  n)  Cariofillee,  o)  Portulacacee,  lì)  Elatinee,  q)  Tamaricacee, 
r)  Droseracee,  s)  Stafileacee,  t)  Cornacee,  u)  Mirtacee,  v)  Filadelfaoee, 
x)  Paronichiacee,  y)  Crocifere,  zi  Rosacee,  aa)  Saxifragacee,  hh)  Onogra- 
riacee,  ce)  Crnssulacee,  dd)  Celastracee,  ec)  Empetracee,  ff)  Ninfeacee, 
gtj)  Terebintacee,  hit)  Geraniacee. 

TAVOLA  XVI. 

Fig.  I.  Colorazioni  dei  fiori  delle  Dicotiledoni  gamopetale  actinomorfe:  o)  Ceratofil- 
lacee,  b)  Sautalaeee,  e)  Oleracee,  d)  Urticacee,  e)  Ulmacee,  /)  Cucurbitacee, 
g)  Ampelidee,  //)  Eleagnacee,  i)  Timeleacee,  j)  Lauracee,  le)  Polemoniacee, 


—   197  — 

l)  Primulacee,  m)  Malvacee,  n)  Rubiacee,  o)  Aqnifoliacue,  p)  Plantagiuacee, 
q)  Solanacee,  r)  Coiwolvulacee,  s)  Asclepiailacee,  t)  Oleacee,  u)  Poligonacee, 
V)  Plumbagiiiacee,  x)  Ericacec,  y)  Fitolaccacee,  z)  Valerianacee,  aa)  Gen- 
ziauacee,  hh)  Apocinacee. 
Fig.  2.  Colorazioni  dei  fiori  delle  Dicotiledoni  dialipetale  zigomorfe:  a)  Violacee,  h)  Fii- 
niariacee.  e)  Resedaeee,  d)  Leguminose,  e)  Balsamiuacee,  /)  Capparidacee, 
rj)  Sapindacee. 

„  3.  Colorazioni  dei  fiori  delle  Dicotiledoni  gamopetale  zigomorfe:  a)  Oroliancacee, 
h)  Utriculariacee,  e)  Labiate,  d)  Globulariacee,  e)  Poligalee. 

,  4.  Colorazioni  delle  famiglie  Dicotiliedoni  aventi  fiori  dialipetali  actiuomorfi  e  zi- 
gomorfi: a^  Ombrellifere,  6)  Rauunculacee,  e)  Rutacee. 

,  5.  Colorazioni  delle  famiglie  Dicotiledoni  aventi  fiori  gamopetali  actiuomorfi  e  zi- 
gomorfi; Scrofulariacee.  (Vedi  continuazione  Tav.  XVII,  fig.  1). 

TAVOLA  XVIL 

Fig.  \.  Continuazione  della  fig.  5,  tav.  XVI:  a)  Caprifoliacee,  h)  Dipsacacee,  e)  Cam- 
panulacee,  (/)  Borraginacee,  e)  Composite. 

,  2.  Rapporto  di  colorazione  fra  le  Dicotiledoni  a  fiori  dialipetali  actinomorfi  (linea 
venie)  e  quelle  a  fiori  dialipetali  zigomorfi  (linea  rossa).  (Ridotte  a  '/si- 
La  linea  verde  si  riferisce  alle  famiglie  indicate  nella  Tav.  XV,  fig.  o,  quella 
rossa  alle  famiglie  della  Tav.  XVI,  fig.  2. 

,  3.  Associazioni  crom.iticbe  nelle  Monocotiledoni  (linea  verde)  e  nelle  Dicotiledoni 
(linea  rossa).  (Ridotte  a  '/s)- 

„  4.  Associazioni  cromatiche  nelle  Dicotiledoni  gamopetale  zigomorfe  (linea  rossa)  e 
gamopetale  actinomorfe  (linea  verde).  La  linea  verde  si  riferisce  alle  famiglie 
indicate  nella  Tav.  XVI,  fig.  1,  quella  rossa  alle  famiglie  della  Tav.  XVI,  fig.  3. 

„  5.  Associazioni  cromatiche  nelle  famiglie  Dicotiledoni  aventi  fiori  dialipetali  zi- 
gomo! fi  e  gamopetali  zigomorfi  (linea  rossa)  e  in  quelle  a  fiori  gamopetali 
actinomorfi  e  dialipetali  actinomorfi  (linea  verde).  (Ridotte  a  V.^)-  I'*  linea 
rossa  rappresenta  la  somma  delle  famiglie  riportate  nelle  fig.  2  e  3  della 
Tav.  XVI;  la  linea  verde  la  somma  delle  famiglie  indicate  nella  fig.  3  della 
Tav.  XV,  e  nella  fig.  1  della  Tav.  IV. 

„  6.  Associazioni  cromatiche  nelle  famiglie  Dicotiledoni  aventi  fiori  gamopetali  acti- 
nomorfi e  zigomorfi  (linea  tratteggiata)  e  in  quelle  a  fiori  dialipetali  acti- 
nomorfi e  zigciniorrt  (linea  punteggiata).  I.a  linea  punteggiata  si  riferisce 
alle  famiglie  della  fig.  4,  Tav.  XVI,  quella  tratteggiata  alle  famiglie  della 
Tav.  XVII,  fig.   I. 

T.WOLA  XVIII. 

Fig.  1.  Associazioni  cromatiche  nelle  famiglie  Dicotiledoni  a  fiori  dialipetali  e  gamopetali 
actinomorfi  (linea  verdei  e  in  quelle  a  fiori  dialipetali  e  gamopetali  zigomorfi 
(linea  rossa).  La  linea  verde  si  riferisce  alle  famiglie  indicate  nella  Tav.  XV, 
fig.  3  e  Tav.  XVI,  fig.  1  ;  la  linea  rossa  a  quelle  della  Tav.  XVI,  fig.  2  e  3. 
,  2.  Associazioni  cromatiche  nelle  famiglie  Dicotiledoni  a  fiori  dialipetali  e  gamo- 
petali actinomorfi  (linea  a  tratti  e  punti  verdi)  e  in  quelle  a  fiori  dialipetali  acti- 
nomorfi e  zigomorfi  (linea  a  punti  rossi  e  verdi).  La  linea  verde  corri- 
sponde alle  famiglie  indicate  nella  Tav.  XV,  fig.  3  e  Tav.  XVI,  fig.  1;  la 
linea  verde  e  rossa  a  quelle  della  Tav.  XV,  fig.  3  e  Tav.  XVI,  lig.  2  e  4. 


—   198   — 

Fig'.  3.  Ai3sociazioui  cromatiche  nelle  Dicotileiloni  diali|ietale  actinomorfe  e  zigomoife 
(linea  punteggiata)  e  in  quelle  gamopetale  actinomorfe  e  zigomorfe  (linea 
a  tratti).  La  linea  punteggiata  corrisponde  alle  famiglie  indicate  nella 
Tav.  XV.  fig.  3  e  Tav.  XVI,  fig.  2  e  4;  la  linea  a  tratti  a  quelle  della  Ta- 
vola XVI,  fig.  1,  3  e  ò  e  Tav.  XVII,  fig.   I. 

,  4.  Associazioni  cromatiche  nelle  Dicotiledoni  gamopetale,  actinomorfe  e  zigomorfe 
(linea  a  tratti)  e  nelle  Dicotiledoni  zigomorfe,  dialipetale  e  gamopetale  (linea 
a  tratti  e  punti).  La  linea  a  tratti  rossi  e  verdi  corrisponde  alle  famiglie 
indicate  nella  Tav.  XVI,  fig.  1,  3  e  5  e  Tav.  XVII,  fig.  1;  quella  a  tratti  e 
punti  rossi  a  quelle  della  Tav.  XVI,  fig.  2  e  3. 

„      .').  Colori  dei  fiori  nelle  piante  delle  saline. 
'>■      ,  ,  ,  ,  „      paludi. 

'       7.       ,  ,  ,  ,        dei  luoghi  umidi. 

,      ■''•      ,  ,  ,  ,  „   ruderi. 

,       9.       ,  ,  ,  ,        delle  rupi. 

,     IO.       ,  ,  ,  ,        dei  luoghi  soleggiati. 

,     11-       ,  ,  ,  ,  «    prati. 

Nelle  figure  .")-ll  la  linea  continua  rappresenta  la  proporzione  in  cui  si  presentano 
i  colori  semplici,  la  linea  punteggiata  quella  delle  associazioni  cromatiche.  (Tutti  i 
diagrammi  sono  stati  ridotti  ad  Va). 


TAVOLA  XLX. 

Fig.     1.  Colori  dei  fiori  nelle  piante  dei  boschi. 
V,       ^-       y         7,       1,         V  ,         n    pascoli  alpini. 

,       3.       ,         ^      ,         „  „      delle  acque  dolci. 

Per  queste  figure  vale  la  stessa  avvertenza  che  prr  le  figure  5-11  della 
tavola  precedente. 

,  4.  Colori  (semplici  -(-  associaz.  croniat.)  delle  piante  delle  saline. 

r,  •''•  ,  ,  ,  ,  ,  ,  ,          ,       acque  dolci. 

,  «•  ,  ,  ,  ,  ,  ,  ,          ,       paludi. 

,  '•  ,  ,  „  ,  ,  ,  ,  dei  ruderi. 

■  •'^-  ,  ,  ,  ,  ,  ,  ,         ,    pascoli  alpini, 

■'•  .  .  .  ,  ,  ,  ,         ,    luoghi  umidi. 

,  10-  ,  ,  ,  ,  ,  ,  ,         .     lioschi. 

,  11-  ,  ,  ,  ,  ,  ,  .         .    Illogici  soleggiati. 

,  1'-^-  ,  ,  ,  ,  ,  ,  ,         ,    prati. 

,  13.  ,  ,  ,  ,  ,  ,  .  ''e"e  l'i'P'- 

Le  fig.  4-13  sono  ridotte  ad  '/a- 

TAVOLA  XX. 

Associazioni  cromatiche  nelle  piante  delle  saline  (a),  delle  acque  dolci  (h),  delle 
paludi  (e),  dei  luoghi  umidi  (d),  dei  boschi  (e),  dei  prati  (/),  dei  luoghi  soleggiati  (,</) 
delle  rupi  (/i),  dei  ruderi  (0,  dei  pascoli  alpini  (j).  —  Tutte  le  figure  sono  ridotte  a'/i- 


199 


TAVOLA  XXI. 


Frequenza  delle  singole  colorazioni  nei  differenti  mesi  dell'anno  nelle  piante  dia- 
lipetale.  (La  linea  continua  si  riferisce  alle  dialipetale  actinomorfe,  quella  punteggiata 
alle  diaiipetale  zigomorfe).  Tutte  le  curve  sono  ridotte  a  '/a- 
Fig.     ].  Curva  del  verde. 


2 

7> 

„ 

giallo. 

3. 

n 

y, 

bianco. 

4. 

^ 

■e 

rosso. 

5. 

» 

^ 

violetto. 

b". 

V 

V 

lileu. 

7, 

^ 

biimo. 

TAVOLA  XXIL 

Frequenza  delle  singole  colorazioni  nei  differenti  mesi  delFanno  nelle  piante  ga- 
mopetale. (La  linea  continua  si    rilerisce  alle  gamopetale  actinomorfe,  quella  punteg- 
giata alle  gamopetale  zigomorfe)  Tutte  le  curve  (fìg.  1-7)  sono  ridotte  a  '/a- 
F'g     1.  Curva  del  verde. 

„      2.       ,        ,     giallo. 

„       3.       ,        ,     bianco. 

,       4.       „        ,     rosso. 

,       5.       ,        ,     violetto. 

,       6.       ,        ,     bleu. 

,       7.       ,        ,     bruno. 

,       8.  Rapporti  di  frequenza  tra  le  colorazioni  semplici  (fiori  monocromatici)  e  le  as- 
sociazioni cromatiche  (fiori  policromatici)  nelle  diaiipetale  actinomorfe. 

,      9.  Lo  stesso  per  le  diaiipetale  zigomorfe. 

^     10.  Lo  stesso  per  le  gamopetale  zigomorfe. 

,     11.  Lo  stesso  per  le  gamopelale  actinomorfe. 

Nelle  figure  8-11  il  tratto  contrassegnato  con  c.s.  si  riferisce   ai  fiori  monocro- 
matici, quello  segnato  con  a.  e.  ai  fiori  policromatici. 

TAVOLA  XXIIL 
Frequenza  dei  differenti  colori  nei  singoli  mesi  dell'anno.  (Le  curve  sono   ridotte 


a  ■/. 

il- 

Fig. 

L 

Col 

orazioni 

(lei 

,  mese 

di 

gennaio. 

2. 

febbraio. 

J- 

i> 

^ 

3. 

jj 

V 

7> 

marzo  • 

^ 

4. 

r 

V 

J) 

aprile. 

^ 

5. 

V 

V 

71 

maggio. 

fi. 

V 

V 

7t 

giugno. 

7. 

« 

j, 

luglio. 

8. 

, 

^ 

y, 

agosto. 

l 

9. 

^ 

T 

r 

settembre. 

T 

10. 
II. 

V 

7) 
1) 

ottobre, 
novembre. 

:i 

12. 

^ 

dicembre. 

Alti  deìVIst. 

Bot. 

dell' Università 

dì  Pavia  — 

U  Serie 

Voi.  X.  13 


—   200  — 

TAVOLA  X.XIV. 

Frequenza  dei  singoli  colori  nei  differenti  mesi  dell' anno   (Tav.  XXI,  fig.  1-7  -f 
Tav.  XXir,  fig.  1-7). 

Le  curve  sono  ridotte  a  V4' 

Fig.  1.  Curva  del  verde. 

,  2.  ,  ,  giallo. 

,  3.  ,  ,  bianco. 

,  4.  ,  ,  rosso. 

,  5.  ,  ,  violetto. 

6.  ,  ,  bleu. 

,  7.  ,  ,  bruno. 

TAVOLA  XXV. 

Fig.  1.  Frequenza  delle  singole  colorazioni  nella  flora  alpina. 

,  ;!.  Frequenza  delle  singole  colorazioni  nella  flora  dei  ghiacciai. 

,  3.  Lo  stesso  nella  flora  delle  paludi,  torbiere  e  luoghi  umidi  alpini. 

,  4.  Lo  stesso  nella  flora  dei  prati  alpini 

,  5.        ,  ,  ,     boschi  alpini. 

„  6.         ,  ,  ^     luoghi  aperti  alpini. 

,  7.        ,  ,  delle  roccie  alpine. 

,  8.  Frequenza  delle  singole  colorazioni  nelle  piante  parassite. 
9.  Schema  dell'evoluzione  dei  differenti  colori  fiorali. 


—   201   — 


INDICE  DEI  CAPITOLI 


I.         Generalità  e  storia  dell'argomento pag.  103 

IL       Metodo  di  studio 122 

III.  Colorazioni  predominanti  nella  flora  tedesca  in  rapporto  coi  vari  tipi 

fiorali ,  128 

IV.  Rapporti   di   colorazione  nelle  famiglie   delle   Monocotiledoni   e   delle 

Dicotiledoni ,  139 

V.  Le  colorazioni  fiorali  ed  il  mezzo  in  cui  vive  la  pianta ,  146 

VI.  I  colori  fiorali  nei  differenti  mesi  dell'anno „  152 

VII.  Fiori  monocromatici  e  fiori  policromatici ,  !55 

Vili.  Le  colorazioni  predominanti  nelle  flore  alpine ,  157 

IX.      Conclusioni ,  159 

Appendice:  Esame  critico  delle  osservazioni  del  Rev.  G.  Henslow    ....  ,  ISl 

Bibliografia  dell'argomento ,  189 

Spiegazione  delle  tavole ,  195 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  E.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


INTORNO 

AL  BEUSO^^E  DEL  RISO 

ED 

AI  rOSSIBILI  KI.MEDI  PER  COMBATTERLO 


NOTA  PRELIMINARE 

DI 

RODOLFO    FARNETI 


Quest'anno,  le  risaie  della  Lombardia  e  del  Piemonte  sono  state 
colpite  da  una  forte  infezione  di  Brusoiic,  ed  in  modo  cosi  generale, 
che  si  può  dire,  che  nessuna  risaia  è  rimasta  perfettamente  immune  ; 
ciò  che  da  diversi  anni  non  si  verificava. 

La  malattia  si  è  presentata  con  tutti  1  caratteri  del  Brusone  clas- 
sico, quale   è  stato  descritto   dal   Saudri  \   dal  Garovaglio  -  e  da  altri 


'  Giulio  Sandhi,  Cenni  sulla  vera  causa  del  carolo  del  riso,  e  sui  mezzi  di  ri- 
parare a  questo  disastro,  iu  Memorie  deirAccademia  di  Agricoltura  di  Verona,  l.*34, 
voi.  Xr,  pag.  ■^5. 

-  Santo  Garovaglio,  Del  Briisoiie  o  Carolo  del  Riso;  in  Archivio  Tripnnalc  del 
Laboratorio  di  Botanica  Crittogamica,  voi.  f,  pag.   173. 

Secondo  Garovaglio  queste  due  forine  del  Brusoue  presentano  i  seguenti  caratteri: 
Carolo  nero.   "  Le  piante  di  riso  colpite  da  questa  malattia  tutte  hanno: 

'  L°  I  nodi  anneriti,  strozzati  nel  mezzo  e  qualche  volta  scavezzati,  e  più  o  meno 
laceri  e  consunti. 

"  2.°  Le  foglie,  le  guaine  fogliacee  ed  il  culmo  (quest'ultimo  per(">  quasi  sempre 
nella  parte  sua  superiore)  aridi,  di  color  rosso  sbiadito,  sovente  coperti  da  eruzioni 
esnntematiche,  che  danno  loro  un  aspetto  lurido  e  sozzo. 

'  3."  Le  spighette,  le  quali  a  un  lieve  tocco  si  staccano  dalla  rachide  e  spesso 
crollano  di  per  sé  innanzi  la  maturità,  hanno  le  glume  ingiallite,   brune,  nerastre,  o- 
Atti  dell'Ut.  Bot.  dell'Università  di  Pavia  —  II  Serie  -  Voi.  X,  16 


—   204   — 

autori,  sotto  le  due  forme  tipiclie  denoniinate  Carolo  nero  e  Cardo 
hianco. 

Il  Bnisoiie,  come  fa  notare  benissimo  il  Sandri,  può  attaccare  la 
pianta  anche  in  un  punto  limitatissimo,  come  sarebbe  una  porzioncella 
d'ini  peduncoletto  che  porta  un'unica  spighetta,  o  il  pistillo  di  un  sol 
liore,  rimanendo  le  altre  parti  della  pianta  perfettamente  sane.  Anche 
nei  casi  più  gravi  non  è  raro  trovare  nello  stesso  cespo,  prodotto  da 
un'  unica  pianta,  qualche  culmo  sano  accanto  agli  ammalati  ;  ciò  di- 
mostra, come  acutamente  osserva  il  Sandri,  che  la  malattia  non  è  co- 
stituzionale ma  puramente  locale  '.  Questo  fatto  basterebbe  da  solo  a 
dimostrare  che  la  causa  determinante  del  Brusirne  non  è  fisiologica,  come 
alcuni  ritengono. 

Il  carattere  dell'annerimento  dei  nodi  non  si  verifica  in  tutte  le 
piante  attaccate  da  Bnisone,  né  rappresenta  uno  stadio  più  avvanzato 
della  malattia  come  alcuni  dissero,  ma  una  particolare  forma,  la  più 
grave  se  si  vuole,  per  le  sue  conseguenze,  che  assume  il  processo  ne- 
crotico quando  il  male  attacca  la  pianta  nel  nodo. 

Ciò  dipende  dal  fatto  che  il  Brnsone  è  dovuto,  come  ho  potuto 
constatare  in  modo  non  dubbio,  ad  una  crittogama  che  attacca  la  pianta 
in  uno  degli  organi  aerei,  ma  che  non  esercita  la  sua  azione  patogena 
che  nel  punto  determinato  che  direttamente  attacca  o  in  un'area  rela- 
tivamente ristretta  che  ha  sempre  per  centi'o  il  punto  attaccato.  Quando 
una  pianta  presenta  più  nodi  necrotici,  diverse  macchie  sulle  foglie, 
diverse  spighette  ammalate  qua  e  là,  vuol  dire  che  i  germi  della  crit- 


<li  uu  bigio  sudicio,  as.sai  .spesso  cliiazzate  di  macchie  rugginose.  TI  granello  per  Io 
più  è  vuoto,  cioè  manca  del  suo  contenuto,  embrione  ed  albume,  tantoché  è  ridotto  a 
poco  più  di  uu  semplice  sacco,  membranoso,  avvizzito  e  sterile.  Attorno  a  questo  ru- 
dimento di  seme  abortito  e  di  dentro  alle  valve  si  dà  a  vedere  una  sorta  di  laniiggiue 
0  peluria,  quando  bianca,  quando  nera,  quando  mista  di  bianco  e  di  nero,  che,  esami- 
nata al  microscopio,  ci  presenta  uu  ammasso  di  fili  esilissimi  (filamenti  '  miceliali),  ra- 
mosi, bruni  o  bianchi,  intrecciati  in  modo  da  formare  un  denso  feltro,  che  copre  e  na- 
sconde il  ]iistillo  atrofico.  „ 

'  Vuoisi  però  avvertire  che  non  sempre  la  malattia  colpisce  tutta  la  i)iauta. 
Ora  piglia  soltanto  alcuni  grani,  ora  un  quarto,  uu  terzo,  la  metà  o  più  della  spiga, 
preferendo  ordinariamente  la  parte  ima;  ora  attacca  il  collo  di  questa  dove  che  allre 
■volte  si  manifesta  di  preferenza  ai  nodi,  alle  guaine  o  sulle  foglie.  Ben  di  rado  si 
propaga,  come  già  abbiamo  avvertito,  alle  parti  che  stanno  sotto  al  gruppo  inferiore. 
Onde  è  frequentissimo  lo  scorgere,  e  piante  ammorbate  e  piante  sane  sopra  il  mede- 
simo piede,  e  dopo  morta  l' infetta  uscire  dalla  stessa  radice  nuovi  rampolli  vegeti  ed 
intatti,  che  giungono  talvolta  a  fare  anche  la  piccola  spiga,  serbandosi  in  piena  sa- 
lute, oppur  attaccandosi  anch'essi  in  qualche  loro  parte,  se  l'infezione  ancora  duri.  Il 
che  tutto  dimostra,  senza  alcun  dubbio,  che  la  malattia  è  puramente  locale.  Sandri, 
loc.  cit. 


—  205   — 

togama  hanno  attaccata  la  pianta  separatamente  in  tutti  questi  diversi 
punti,  e  non  già  che  il  male  che  ha  colpito  il  nodo  si  sia  conseguen- 
temente manifestato  anche  sulla  foglia,  nelle  spighette  o  viceversa.  È 
bensì  vero  che  quando  il  Bnisone  colpisce  anche  un  sol  nodo  o  buona 
parte  delle  foglie,  anche  la  panocchia  intera  si  mostra  piìi  o  meno 
clorotica  e  stremenzita,  ma  ciò  è  una  conseguenza  indiretta  della  ma- 
lattia ciie  ha  colpito  gli  organi  vitali  della  pianta  e  non  un  fenomeno- 
morboso  0  patogeno  *. 

La  radice  non  viene  mai  attaccata  dal  Brusone;  le  alterazioni  che 
alle  volte  essa  presenta  e  che  sono  stale  notate  da  diversi  autori,  di- 
pendono 0  da  altra  causa  o  sono  una  conseguenza  indiretta  della  ma- 
lattia che  ha  colpito  altri  organi  vitali  della  pianta. 

Anche  le  parti  internodiali  del  culmo,  ad  eccezione  dell'estremità 
al  disotto  della  panocchia,  vengono  raramente  colpite  dal  male  e  solo- 
nel  caso  in  cui  esse  si  trovino  a  contatto  con  una  guaina  internamente 
ammalata.  Ciò  è  dovuto  più  che  alla  resistenza  meccanica  dei  tessuti,  ^ 
alla  .superfìcie  esterna  quasi  liscia  dell'organo  che  non  offre  punti  di 
facile  adesione  alle  spore  dal  parassita  e  alle  goceie  di  rugiada  ;  mentre 
l'apertura  auricolore  della  guaina  fogliare  munita  di  ligula,  la  parte 
superiore  del  culmo,  i  rami  della  panocchia,  le  glume  e  le  glumelle 
rivestite  di  peli  aspri  e  profondamente  solcate  offrono  facile  appoggia 
e  riparo  ai  germi  della  crittogama. 

Si  è  detto  che  il  Bnisoue  non  attacca  la  pianta  che  all'ultimo  nodo 
0  ai  nodi  superiori,  ma  ciò  non  è  esatto:  la  malattia  si  manifesta  in 
tutte  le  parti  aeree  che  si  trovavano  sopra  il  pelo  dell'acqua  a!  mo- 
mento dell'attacco  del  parassita. 

In  un  compartimento  di  una  risaia,  nei  dintorni  di  Pavia,  ho  os- 
servato che  molte  piante  di  Riso,  non  tutte  però,  avevano  i  nodi  si- 
tuati poco  sopra  la  base  del  culmo  più  o  meno  anneriti.  Esaminando 
attentamente  ho  constatato  che  nella  maggior  parte  dei  casi  il  pro- 
cesso necrotico  non  abbracciava  l'intera  circonferenza  del  nodo  ma  si 
era  arrestato  ad  un'area  variabile  da  un  millimetro  quadrato  a  poco 
più  della  metà  della  circonferenza,  e  che  la  necrosi  non  si  trovava  iu 
una  fase  iniziale,  come  sarebbe  stato  se  l'attacco  fosse    stato  recente, 


'  Benché  il  Brusofie.  presenti  alla  vista  varie  ilifferenze  che  gli  conoiliarouo  anche 
nomi  diversi,  queste  dipendono  dal  maggiore  o  minore  avanzamento  di  esso  o  dall'età, 
più  0  meno  inoltrata  della  pianta  assalita,  o  dalla  diversità  della  pnrte  che  fu  colta 
la  prima  o  di  preferenza;  ma  in  sostanza  ella  è  pur  sempre  la  medesima  ed  appar- 
tiene alla  classe  di  quelle  che  si  riproducono  sempre  e  dappertutto  essenzialmente  le 
stesse.  Sandri,  loc.  cit. 


—    206   — 

ma  evidentemente  datava  da  un  certo  tempo,  pei-chè  era  avvenuta  una 
specie  di  cicatrizzazione  ed  il  culmo,  per  il  successivo  accrescimento 
della  parte  sana,  ivi  si  era  storpiato.  In  molti  casi  il  culmo  e  le  foglie 
al  di  sopra  del  punto  cicatrizzato  avevano  il  color  verde  e  l'aspetto 
sano,  cosi  pure  la  panocchia.  quando  al  disopra  non  vi  erano  altri  punti 
ammalati;  ma  generalmente  in  tutta  la  parte  sovrastante,  si  verificava 
uno  stato  di  nanismo  più  o  meno  accentuato  e  jìroporzionato  alla  gravità 
del  male  che  aveva  colpito  il  nodo. 

Non  lio  trovato  altra  spiegazione  di  questo  fatto  singolare,  che  l'am- 
mettere che  il  livello  dell'acqua  della  risaia,  al  momento  dell'  attacco 
del  male,  fosse  uguale  o  più  basso  a  quello  dei  nodi  ammalati,  e  che 
■  dopo  questo  livello  si  sia  elevato.  Ciò  mi  ha  indotto  a  fare  le  espe- 
rienze delle  quali  parlerò  più  avanti  e  in  base  alle  quali  credo  poter 
suggerire  un  mezzo  di  cura  che  forse  sarà  l'unico  che  si  possa  pratica- 
mente tentare  contro  (jnesta  gravissima  malattia  del  più  importante  ce- 
reale della  nostra  pianura  irrigua. 

* 

*  * 

Ho  detto  ]iiù  sojìra,  clie  la  causa  determinante  la  malattia  del  Brii- 
aoiie  non  è  fisiologica;  .  ed  ho  accennato  ad  alcune  delle  ragioni  che 
l'escludono  a  priori. 

Aggiungerò  che  (lualunque  sia  la  foi'ma  sotto  la  (juale  si  presenta 
la  malattia,  qualunque  siano  le  circostanze  in  cui  essa  appare,  tosto  che 
si  presenta  il  primo,  il  j)iù  piccolo  sintomo,  fosse  pure  in  un  punto  ap- 
])ena  visibile  ad  occhio  nudo,  là  si  trova  sempre  il  parassita,  ciò  che  non 
si  verifica  nelle  altre  parti  perfettamente  .sane  o  sofferenti  per  altra  causa. 

Gli  organi  che  più  facilmente  vengono  attaccati  dal  parassita  sono 
le  antere,  gli  stimmi,  le  squame  perigoniali.  Se  il  fiore  viene  attaccato 
jirima  o  poco  dopo  la  sua  fecondazione  il  seme  non  si  forma  e  si  hanno 
le  cosi  dette  scatole;  se  il  seme  è  quasi  formato  il  parassita  dapprima 
si  fissa  sugli  stimmi  persistenti,  jioscia  invade  i  tegumenti,  ed  il  seme 
così  alterato  acquista  un  sapore  terreo  e  disgustoso  caiatteristico.  L'al- 
terazione del  fiore  e  del  seme  precede  generalmente  (jualunque  appari- 
zione di  macchie  o  colorazioni  speciali  anormali  delle  glumelle. 

Ho  fatto  anciie  ricerche  sulle  foglie  all'apparire  delle  prime  niac- 
chiuzze,  appena  visibili,  asportando  quanto  si  trovava  alla  superficie 
delle  foglie  stesse,  mediante  pellicole  di  collodio,  ed  ho  potuto  consta- 
tale che  solo  nei  punti  dove  cominciava  a  formarsi  una  macchia  si  tro- 
vavano le  spore  del  jiarassita  in  via  di  germinazione  e  di  penetrazione, 
ed  un  po'  più  tardi,  la  comparsa  di  un  ciufto  di  conidiofori  in  via  di 
sporificazione. 


—   207  — 

Non  v'iia  dubbio  però,  che  vi  sia  una  o  più  cause  ^ìredisponenti  fi- 
siologiclie  0  meteorologiclie,  come  in  generale  si  verifica  per  tutte  le 
malattie  delle  piante  e  degli  animali,  ma  escludo  che  qualunque  causa 
fisiologica  0  meteorologica,  basti  da  sola  a  fare  ammalare  il  Kiso  di 
Brusone,  senza  l' intervento  della  crittogama  clie  ne  è  la  causa  deter- 
minante. Del  resto  come  si  spiegherebbe  che  una  causa  fisiologica  o 
metereologica  qualsiasi  potesse  agire  limitatamente  sopra  alcuni  semi 
di  una  pianta  e  non  sopra  l'intera  pannocchia?  La  natura  parassitaria 
di  questa  malattia  dimostrerò  sperimentalmente  nel  lavoro  definitivo  che 
pubblicherò  tosto  che  tutte  le  ricerche  e  le  esperienze  intorno  al  Bru- 
sone del  Riso  saranno  ultimate;  per  ora  dirò  soltanto  che  ho  ottenuto 
la  riproduzione  artificiale  della  malattia  per  semplice  contatto  di  semi 
e  di  foglie  ammalate  con  organi  sani  di  piante  di  Riso  appartenenti  a 
varietà  delle  pili  resistenti  come  il  Giapponese  nero  e  biondo. 

Quale  è  questa  crittogama  patogena?  Nel  caso  dell'annerimento 
dei  nodi,  che  come  ho  detto  è  il  caso  più  grave,  ma  non  il  più  fre- 
quente, il  mìcromicete  che  compare  alla  superficie  della  parte  ammalata 
è  la  Piricularia  Oryzu;  Briosi  e  Cavara  S  che  il  Ferraris  -  ritiene  causa 
del  male  ;  così  pure  nella  maggior  parte  dei  casi  in  cui  l'annerimento 
si  manifesta  all'  estremità  del  culmo.  Le  mie  osservazioni  confernmno 
quindi  in  ciò  quelle  del  Ferraris  ;  ma  la  Piricularia  Orijzoe  non  si  trova 
costantemente  sopra  tutti  gli  organi  attaccati  dalla  malattia  ;  anzi  io 
ho  avuto  r  occasione  di  osservare  pareccliie  piante  affette  dal  Carolo 
bianco  e  dal  Carolo  minore  in  modo  gravissimo,  in  cui  non  mi  è  stato 
possibile  rinvenirvi  la  Piricularia,  la  quale  del  resto,  non  è  molto  fre- 
quente sul  Riso  brnsonato.  Ho  trovato  più  frequente  invece  V  Helmin- 
tosporiim  Oryza;  Maiyebe  et  Hori  "'  che  al  Giappone,  secondo  i  due  di- 
stinti patologi,  è  la  causa  AèWHagarc,  del  Naeimocci  e  del  Naeyake,  che 
corrispondono  presso  a  poco  al  nostro  Carolo  minore,  che  i  sullodati 
Autori  tengono  distinto  dal  Fnsliiguro-imocci  e  Hokubi-imocci  che  corri- 
spondono al  nostro  Carolo  maggiore  (mal  del  nodo,  Carreu)  e  che  essi 
ritengono  prodotti  da  altro  parassita:  la  Piricidaria  grisea  (Cooke)  Sacc. 

L'  Helminthosporium  Orìjzce  è  la  prima  volta  che  viene  segnalato  in 
Italia;  si  tratta  quindi  di  una  nuova  e  grave  forma  di  Brusone  o 
d'  altra  malattia  del  Riso  ?  Io  ritengo  di  no. 


'  Briosi  e  Cavaea,  1  fungili  parassiti  delle  piante  coltivate  od  utili,  fase.  Vili. 

-  Dott.  Teodoro  Fekraris,  Il  Brusone  del  Riso  e  la  Piricularia  Oryzite  Br.  e  Cav. 
Nota  preliminare  in  Malpighia,  voi.  XVI II,  1902. 

'  Maiyebe  et  Hoiii,  Rapporto  della  Stazione  aijraria  sperimentale,  N.  18  (1901) 
pag.  67-84  (in  giapponese). 

16* 


—  208  — 

Tanto  la  Piricularia  Ori/zcc  quanto  1'  Helniinthosporlum  Oryzct;  sono 
assai  i)olimorfi,  come  ho  potuto  osservare  direttamente  e  come  con- 
fermano pienamente  le  prime  esperienze  colturali:  la  Piricularia  Orizce 
varia  fino  ad  assumere  i  caratteri  del  Cladosporiimi  citato  dal  Garo- 
vaglio  fra  i  microfiti  del  Kiso  e  da  lui  rappresentato  nella  fig.  7,  tav.  XV 
della  citata  memoria,  passando  per  tutti  gli  stadi  intermedi,  fra  i  quali 
quello  di  Piricularia  grisea,  che  secondo  Hori  e  Kavakami  produce  una 
specie  di  Brusone  al  Giappone. 

Ij  Hehninthosporium  Ori/zce,  da  quanto  ho  potuto  constatare,  non  è 
che  una  forma  a  spore  due  o  tre  volte  più  grandi  deW Helmintosporium 
macrocarpnm  (?)  segnalato  dal  Garovaglio  fra  i  micromiceti  che  si  rin- 
vengono sopra  ed  entro  le  glumelle  del  Eiso  affetto  da  Carolo  nero 
(con  tale  costanza  che  il  Garovaglio  l'annoverava  fra  i  segni  caratte- 
ristici della  malattia)  e  del  VHelììiinthosporiimi  sixsmoideum  trovato  dal 
Cavara  parimenti  sopra  piante  di  Riso. 

Ma  le  dimensioni  e  la  forma  delle  spo)'e  e  dei  couidiofori  non  sono 
caratteri  sufScenti  per  ritenere  questi  funghi  imperfetti  vere  specie  di- 
stinte, perchè,  come  ho  potuto  ripetutamente  osservare,  questi  caratteri 
sono  variabilissimi  ed  oscillano  in  modo  da  presentare  tutti  gli  stadi  in- 
termedii.  Occorrono  quindi  delle  esperienze  colturali  per  dimostrare  la 
loro  autonomia,  ciò  che  sto  facendo,  ma  i  primi  risultati  ottenuti  dimo- 
strano il  contrario  ;  giacché  tanto  seguendo  lo  sviluppo  del  micelio  clie 
si  ottiene  dalla  Piricularia  Ort/zce  e  àsLÌVHebnint/iosporinm  Orizw  in  goccia 
pendente,  tanto  seguendo  direttamente  la  Piricularia  On/zce  che  si  svi- 
luppa sui  nodi  ammalati,  ho  potuto  constatare,  sopra  uno  stesso  fila- 
mento miceliale:  1."  la  formazione  di  spore  fusariiformi  che  in  seguito 
si  trasformano  in  conidi  di  Helminthosporium  sixsmoideum,  H.  macrocar- 
pum{?)  od  H.  Uryzce;  2."  la  ramificazione  della  Piricularia  Oryza'  come 
nella  Piricularia  grisea  tipica  e  nel  Cladosporiam  figurato  dal  Garova- 
glio nella  tav.  XV  fig.  7  della  citata  memoria  sul  Brusone,  e  spesso 
con  la  formazione  di  conidi  verticillati  che  per  successiva  trasforma- 
zione riproducono  il  tipo  deW  Hormodendron  rappresentato  dal  Garova- 
glio nella  fig.  4,  tav.  XV  della  precitata  memoria;  3."  la  formazione 
di  conidi  unicellulari  o  bicellulari  sopra  rami  semplici  come  nei  Cla- 
dosporium  tipici;  4  "  la  formazione  di  clamidospore  di  forma  diversa, 
quando  il  micelio  va  in  riposo.  Sembra  dunque  accertato  che  gli  Hel- 
minthosporium, i  Cladosporiìtm,  le  Piricularia  trovate  sul  riso  non  siano 
che  forme  speciali  di  adattamento  o  di  sviluppo  di  uno  stesso  micromi- 
cete;  ma  di  ciò  dirò  piii  diftusamente  nel  lavoro  definitivo,  quando  le 
esperienze  in  corso  saranno  ultimate,  nella  quale  parlerò  anche  dei 
rapporti  che  questi  funghi  imperfetti  hanno  colla  Pleospora  Oryzae  data 
dal  Garovaglio  come  causa  del  Brusone. 


—   209  — 

Per  ciò  che  riguarda  la  germinazione,  tanto  le  spore  degli  Helmin- 
fhosporiiim  quanto  quelle  della  Pivicularia  germinano  quasi  subito,  anclie 
iieir  acqua  pura,  e  poste  in  gelatina  di  agar-agar  cacciano  uno  o  due 
ed  anclie  tre  tubi  micelici  a  ciascuna  estremità  della  spora,  i  quali  pos- 
sono laggiuni^ere  100  e  piìi  a  in  due  ore.  Qualche  volta  anclie  uno 
degli  articoli  intermedi  della  spora  può  germinare.  Anche  i  conidiofori 
germinano  emettendo  un  filamento  jalino,  pii!i  sottile,  relativamente  al 
loro  diametro.  Il  micelio  della  Piricidaria  è  più  esile  di  quello  degli 
Helminthosporium,  ma  la  struttura  è  perfettamente  identica  ed  anche  le 
differenze  di  diametro  scompaiono  quando  esso  può  vivere  di  vita  auto- 
noma. Ciò  dimostra  come  nell'interno  dei  tessuti  ammalati  non  sia  pos- 
sibile trovare  differenze  sensibili  fra  il  micelio  à^W Helminthosporium 
Orijzae  e  quello  della  Pivicularia  Onjzae. 

Dal  punto  di  vista  pratico,  poco  importerebbe,  del  resto,  che  il  Bra- 
sane fosse  prodotto  da  due  specie  distinte  di  micromiceti,  i  quali  aves- 
sero qualche  differenza  nella  forma  e  nelle  dimensioni  delle  spore,  quando 
questi  si  riproducessero  e  si  sviluppassero  nelle  identiche  condizioni  di 
tempo  e  di  luogo,  con  l'identica  rapidità,  producendo  eguale  alterazione 
sopra  la  stessa  pianta  colturale,  e  quan-do  i  mezzi  per  combatterli  non 
fossero  diversi;  ma  ho  voluto  insistere  sopra  queste  identificazioni  per 
dimostrare  che,  tanto  in  Italia  che  al  Giappone,  il  J?n<so?ie  si  presenta 
sotto  diversi  aspetti  ma  costituisce  una  malattia  unica,  perchè  unica 
è  la  causa  ciie  lo  produce. 

*  * 

Una  delle  cause  predisponenti,  forse  la  principale,  è  certamente 
dovuta  alle  forti  concimazioni  che  la  coltura  del  Eiso  richiede  ;  e  ritengo 
non  sia  facile  contrapporvi  altro  rimedio  che  sostituire  alcuni  concimi 
con  altri  meno  dannosi,  o  ricorrere  alla  selezione  o  all'introduzione 
di  varietà  più  resistenti,  perchè  non  mi  pare  economicamente  conve- 
niente il  ridurre  soverchiamente  le  concimazioni  in  genere.  Anche 
l'introduzione  di  varietà  resistenti  offre  in  pratica  gravissimi  incon- 
venienti, perchè,  fino  ad  ora,  si  è  constatato  che  la  resistenza  della 
varietà  è  in  ragione  inversa  dei  pregi  e  del  valore  commerciale  del  pro- 
dotto. Ritengo  quindi  che  la  via  più  breve  da  seguirsi  sia  quella  che 
tende  alla  ricerca  dei  rimedi  per  combattere  direttamente  e  in  modo 
economicamente  pratico  la  critogama  che  produce  la  malattia. 

Io  ho  sperimentato  l'azione  che  esercitano  i  sali  di  rame  sopra  la 
germinabilità  delle  spore  della  Piricularia  e  MV Helminthosporium  ed  ho 
trovato  che  una  soluzione  di  solfato  di  rame,  anche  al  mezzo  per  cento. 


—  210  — 

impedisce  assolutamente  la  germinazione.  Si  ha  quindi  un  rimedio  si- 
curo per  combattere  preventivamente  il  Bnisonc. 

Anche  in  pratica  le  irrorazioni  col  solfato  di  rame  mi  sembrano 
facili  e  relativamente  economiche.  Si  potrebbe  adottare  un  recipiente 
di  rame  o  di  legno,  come  sarebbe  ad  esempio  una  brenta;  munito  in 
fondo  di  due  o  quattro  cannule  di  rame,  trasversali  e  poste  orizzontal- 
mente da  ciascun  lato  della  brenta.  Le  cannule  munite  di  minutissimi 
fori  servirebbero  da  polverizzatori,  senza  bisogno  di  alcun  altro  mecca- 
nismo, potendo  agire  benissimo  per  la  sola  pressione  del  liquido. 

Dal  punto  di  vista  economico,  da  alcune  esperienze  fatte  in  piccolo, 
ho  potuto  calcolare  approssimativamente  che  un  uomo,  lavorando  otto 
ore  al  giorno,  con  una  brenta  munita  di  cannule  lunghe  un  metro,  può 
inorare  circa  due  ettari  al  giorno.  Colla  seminaggione  a  righe  si  po- 
trebbe forse  adottare  una  botte,  posta  sopra  un  carretto  trascinato 
da  un  cavallo,  con  grande  economia  di  tempo  e  di  spesa  nella  mano 
d'opera. 

Per  un  ettaro  di  terreno  occorrerebbero  circa  2  chilogrammi  di 
solfato  di  rame,  4  ettolitri  di  soluzione,  quindi  la  spesa  ad  ettaro  sa- 
rebbe di  circa  L.  2,50  tutto  compreso,  ciò  che  corrisponde  a  L.  0.17 
alla  pertica  milanese. 

La  spesa  sarebbe  quindi  quasi  insignificante,  ma  bisognerebbe  ap- 
plicare il  rimedio  preventivamente  e  almeno  due  o  tre  volte  nell'annata. 

È  noto  che  Fazione  prolungata  dell'acqua  distrugge  il  micelio  dei 
funghi;  ciò  è  stato  sperimentalmente  dimostrato  nel  processo  di  disso- 
ciazione dei  licheni.  È  ovvio  quindi  arguire  che  l'arresto  del  male  nei 
nodi  parzialmente  attaccati  dal  Brusone,  ai  quali  ho  accennato  più  so- 
pra, sia  dovuto  appunto  all'azione  che  l'acqua  esercita  sul  micelio  anche 
neir  interno  dei  tessuti. 

La  stagione  essendo  troppo  inoltrata  non  ho  avuto  il  tempo  di  fare 
esperienze  dirette  nelle  risaie  e  mi  sono  limitato  a  fare  esperienze  indi- 
rette in  Laboratorio. 

Sopra  vetri  porta-oggetti  ho  posto  una  grossa  goccia  di  gelatina 
di  agar-uijar  assai  densa.  In  alcuni  ho  seminato  spore  di  Piricularia, 
in  altri  di  Helminthosporium,  ponendo  alcuni  sotto  campana  in  camera 
umida,  altri  in  fondo  a  un  vaso  di  vetro  pieno  di  acqua.  Dopo  cinque 
ore  ho  esaminato  le  colture  poste  sotto  campana,  ed  essendo  già  avve- 
nuta in  tutte  la  germinazione,  ne  ho  posto  una  parte  sott'acqua  ed  ho 
lasciato  le  rimanenti  sotto  campana  per  controllo.  Dopo  venti  ore  circa 
lio  constatato  che  le  spore  avevano  germinato  anche  sott'acqua  e  che 
il  micelio  delle  colture  che  furono  poste  sott'acqua,  quando  la  germina- 
zione era  già  inoltrata,  aveva  continuato  a  svilupparsi,  ma  non  con  la 


—   211   ~ 

stessa  intensità  di  quello  delle  colture  poste  sotto  campana  in  camera 
umida.  Dopo  48  ora  lo  sviluppo  del  micelio  si  era  quasi  arrestato  del 
tutto  ed  apparivano  già  segni  evidenti  della  sua  degenerazione  ;  ed  in 
seguito  non  ha  pili  dato  segni  di  vita. 

Dunque,  per  combattere  il  Brusone  del  riso,  almeno  la  sua  forma 
più  grave,  quella  del  Carolo  nero,  secondo  i  risultati  delle  mie  osser- 
vazioni ed  esperienze,  bisognerebbe  elevare  il  livello  dell'acqua  tìn  sopra 
i  nodi  anneriti,  contrariamente  a  quanto  alcuni  avevano  suggerito.  Quando 
il  male  non  è  ancora  molto  inoltrato,  questo  dovrebbe  arrestarsi,  limi- 
tando cosi  i  danni  che  arreca  e  salvando  una  parte  del  prodotto  anche 
delle  piante  già  colpite  dal  male.  La  prova  è  facile  e  non  apporta  ai- 
mina  spesa  ;  se  i  risultati  dell'  esperienza  iu  grande,  tanto  con  le  ir- 
rorazioni di  solfato  di  rame,  quanto  coll'elevazione  del  livello  dell'acqua, 
corrisponderanno  alle  mie  speranze,  si  potrà  dire  che  la  grave  malattia 
del  riso,  sarà  quasi  debellata. 


CONCLUSIONI. 

1.°  Le  malattie  del  Riso  conosciute  coi  nomi  di  hnisone,  brìi- 
clone,  selene,  solone,  mal  del  nodo,  mal  del  gropjjo,  caroeu,  carolo,  carolo 
nero,  carolo  bianco,  carolo  maggiore,  carolo  minore,  carbonchio,  crodatiira., 
crollamento,  làsaróla,  co.'^fipazione,  bianchella,  biancona,  secchereccio,  ma- 
rino, marin,  sterilità,  spica  falsa,  gentiluomo  non  sono  che  forme,  stadii 
od  aspetti  diversi  della  stessa  malattia,  a  seconda  del  suo  grado  di  svi- 
luppo, dell'età  delle  piante  colpite,  degli  organi  attaccati.  Esse  possono 
avere  diverse  cause  predisponenti  fisiologiche  o  meteorologiche,  ma  la 
causa  determinante  è  dovuta  ad  una  crittogama  appartenente  alla  classe 
dei  funghi,  senza  l'intervento  della  quale  non  si  può  produrre  la  ma- 
lattia in  nessun  luogo,  in  nessuna  varietà  di  Riso,  in  nessuna  condi- 
zione speciale  d'ambiente,  sia  essa  relativa  al  terreno,  agli  avvicenda- 
menti, alle  concimazioni,  al  clima,  alle  vicende  atmosferiche. 

2.0  II  Brusone  del  riso  è  una  malattia  parassitaria,  dovuto  al- 
l'azione patogena  di  un  unico  micromicete  assai  polimorfo,  che  si  pre- 
senta sopra  gli  organi  ammalati  e  nelle  colture  artificiali  sotto  le  se- 
guenti forme  principali:  Firiadaria  Onjzae  Briosi  e  Cavara,  Piricu- 
laria  grisea  (Cooke)  Sacc,  Helminthosporinm  Oryzae  Maiyebe  et  Hori, 
H.  macrocarpmn  Garovaglio,  Cattaneo  (non  Grev.?),  H.  sixmoideum 
Cavara,  Clndosporium  sp.  Garovaglio,  Cattaneo,  Hormodendron  sp.  Ga- 
rovaglio. Le  malattie  conosciute  al  Giappone  sotto  il  nome  di  Bogare 
e  Naegake  esistono  anche  iu  Italia  colla   ste.ssa  forma,    prodotte   dallo 


—   212  — 

Stesso  parassita  (Helminthoxporium  Oryzae),  esse  corrispondono  al  Cardù 
minore  del  Sandri.  Il  l>vusone  è  quindi  una  malattia  sola,  tanto  in  Italia 
ciie  al  Giappone,  perchè  proilotto  da  un'  unica  e  medesima  causa. 

3.°  La  crittogama  del  Brw<one  vive  anche  sopra  altre  piante  che 
crescono  entro  le  risaie  o  negli  arginelli  delle  medesime  (Panicum  saii- 
gitinale,  Panìciim   Crus-galli,  Leersia  orijzoides). 

4.0  I  semi  e  la  paglia  del  Riso  brusonato  e  delle  erbacce  sopra 
nominate,  trasmettono  la  malattia  alle  giovani  piante  di  Riso  in  pri- 
mavera. 

5."  Il  secondo  periodo  d'infezione  è  il  più  grave,  e  corrisponde 
all'epoca  della  sporosi,  ossia  della  dispersione  e  della  disseminazione 
dei  germi  riproduttori  della  crittogama. 

6."  Perchè  le  spore  della  crittogama  possano  attaccare  il  Riso 
occorrono  diverse  condizioni  :  a)  che  la  spora  sia  trasportata  dal  vento 
0  dall'acqua  o  per  altra  via  a  contatto  dell'organo;  h)  che  vi  sia  nella 
pianta  una  certa  predisposizione,  inerente  a  condizioni  speciali  del  suo 
organismo,  condizioni  che  possono  essere  ereditarie  nella  varietà  od 
acquisite  nell'individuo  sotto  l'influenza  dell'ambiente,  della  nutrizione 
e  delle  variazioni  atmosferiche;  e)  che  la  spora  possa  aderire  all'organo 
col  quale  è  venuta  a  contatto;  ci)  servono  all'adesione  delie  spore  i  peli 
e  le  insenature  che  si  trovano  verso  l'apice  del  culmo,  sopra  i  rami 
della  pannocchia,  i  peduncoli  delle  spighette,  le  glumelle,  le  guaine 
semi  aperte.  Ciò  spiega  il  fatto  che  le  piante  vengono  quasi  sempre 
attaccate  in  questi  determinati  punti. 

7."  Le  spore  germinano  con  molta  rapidità  e  vigorosamente  in 
una  semplice  gocciolina  d'acqua. 

8."  La  germiuabilità  delle  spore  viene  distrutta  nel  moilo  più 
assoluto  da  una  quantità  anche  minima  di  solfato  di  rame. 

9.°  Lo  sviluppo  del  micelio  del  parassita  viene  completamente 
arrestato  dall'azione  prolungata  dell'acqua  nella  quale  vive  immerso  ; 
di  conseguenza,  con  molta  probabilità,  il  processo  morboso  può  essere 
arrestato  sommergendo  la  parte  ammalata. 

10.°  Per  combattere  preventivamente  il  parassita  che  è  la  causa 
del  Brusone  si  può  raccomandare:  a)  una  prima  falciatura  verso  la 
metà  di  giugno  di  tutte  le  erbacce  che  crescono  sugli  arginelli  e  .sui 
margini  delle  risaie;  b)  una  seconda  falciatura  verso  la  metà  di  luglio, 
e  l'estirpazione  di  tutto  il  giavoiie  che  cresce  entro  la  risaia  e  nei  din- 
torni, che  eventualmente  fosse  sfuggito  alle  prime  sarchiature;  e)  la 
falciatura  od  estirpazione,  prima  della  maturazione  dei  semi  di  tutto 
il  giavone  che  cresce  nelle  colture  che  si  avvicendano  colla  risaia  e 
possibilmente  anche  lungo  i  canali  irrigatori.  La  spesa  sarà  largamente 


—   213   — 

compensata  dallo  strame  e  dal  risparmio  nel  lavoro  di  mondatura  del- 
l'anno veniente.  Per  impedire  l'introduzione  dei  semi  di  (jiavone  nelle 
risaie,  mescolati  alla  semente  del  Riso  o  trasportativi  dalle  acque,  gio- 
veranno assai  i  processi  già  suggeriti  dallo  scrivente  per  la  selezione 
del  Riso  e  l'epurazione  dell'  acqua  irrigua  '  ;  d)  la  disinfezione  e  sele- 
zione della  semente  col  processo  già  indicato";  e)  l'irrorazione  della 
risaia  con  una  soluzione  di  solfato  di  rame  al  '/i  P^i'  cento,  e  forse  anche 
a  dose  piii  i)iccola.  Occorrono  almeno  due  trattamenti,  uno  in  principio 
della  spigatuia  e  l'altro  sul  terminare  della  medesima;  /')  abbruciare  le 
stoppie  per  distruggere  il  parassita  die  permane  e  sverna  negli  stop- 
pioni e  sopra  i  semi  infetti  crollati,  si  otterrà  anche  il  vantaggio  di 
distruggere  molti  semi  di  piante  infestanti;  cj')  non  servirsi  mai  del 
concime  ottenuto  con  lettiera  fatta  di  paglia  di  riso  o  con  stramaglia 
di  ripa,  per  concimare  le  risaie,  serbandolo  per  gli  altri  cereali,  o 
meglio  per  i  prati  e  gli  erbai. 

11.°  Si  possono  probabilmente  limitare  i  danni  del  Bntsone,  nelle 
risaie  già  parzialmente  colpite  dalla  forma  di  Carolo  nero,  elevando  il 
livello  dell'acqua  in  modo  da  coprire  i  nodi  non  ancora  completamente 
distrutti  dal  male  ^. 

Dal  Laboratorio  Crittogamico,   10  settembre  1904. 


'  Farneti  R.,  Il  riso  da  semina,  modo  di  sele:ioniirìo,  mondarlo  e  disinfettarlo 
con  ìina  soia  operazione  ;  iu  Alba  Agricola.  n.°  20  (1004). 

-  Vedi  nota  precedente 

^  Bordiga  nella  sua  monografia:  Del  riso  e  della  sua  coltivazione,  parlamlo  del 
Brusone  dice  che  come  rimedio  curativo  si  usa  dii  alcuni  di  accrescere  l' altezza  del- 
l'acqua nelle  risaie  e  che  ciò  ha  dato  buoni  risultati. 

Egli  attribuisce  i  buoni  risultati  che  si  ottengono,  ad  un  abbassamento  della 
temperatura  del  terreno  prodotto  dall'aumento  d'acqua  (pag.  138). 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIUF.TTI 

da  GIOVAJfNI  BRIOSI. 


AZIONE  DELLA  LUCE  SOLARE 

SULLA 

EMISSIONE  DI  IDROGENO  DALLE  PIANTE 


RICERCHE  DI  FISIOLOGIA.  VEG-ETA.LE 

del  Dott.  GINO  POLLACCI 

Libero  Docente  all'  Università  e  Conservatore  dell'  Istituto  Botanico  di  Pavia. 


In  un  mio  lavoro  '  ho  dimostrato  clie  le  jìiante  esposte  alla  luce 
solare  emettono  durante  la  loro  vegetazione,  dell'idrogeno  libero  e  dt-l- 
ridrogeno  carbonato,  ed  ho  promesso  altresì  di  continuare  quelle  mie 
ricerciie  per  stabilire,  fra  l'altro,  quale  influenza  ha  la  luce  sopra  la 
emissione  di  tale  gas.  Ecco  ora  i  risultati  delle  osservazioni  fatte  col 
metodo  qui  sotto  riportato. 


Negli  ultimi  studi  di  Fr.  Phillips  -  sulle  proprietà  chimiche  dei 
gas,  egli  studiò  il  comportamento  dell'idrogeno  rispetto  a  varie  solu- 
zioni ed  a  vari  reagenti  solidi  e  trovò  non  solo  che  molte  sohizion  di 
sali  metallici  facilmente  riducibili  sono  lidotte  da  questo  gas  special- 
mente se  riscaldate  a  100»,  ma  operando  sopra  reagenti  solidi,  i)otè 
scoprire  anche  che  il  cloruro  di  Palladio  (Pd  Cl=)  è  l'unico  sale  che 
sia  ridotto  a  freddo  dall'idrogeno;  la  reazione  è  esotermica  ed  incomin- 


■  PoLLACci  Gino,  Intorno   aL'assimilasionc  cìorofiViana,    Memoria  IT,    3    tavole 
in  Atti  Istit.  Botan.  di  Pavia,  Voi.  VUI,  19i;2. 

'  Fr.  Phillips,  Untersucìiuni/en  iiber  die  Chemischen  E^genschaflen  von  Gase», 
in  Zeitschrift  fiir  Anorg.  Chemie,  6  Band,  pag.  213,  1891. 

Alti  (leirixt.  Hot.  dell' Uiiivfisilà  ili  Parla  —  Il  Serie  -  Voi.  X.  H 


—   216    - 

ciata  procede  senza  clie  sia  necessario  il  caloie  dall'esterno.  Lo  scliema 
seguente  indicherebbe  la  reazione  : 

2  Pd  Cl=  +  5  H  =  Pd=  H  +  4  H  CI 

(2  X  40)  cai.  +  9,4  cai.  +  (4  x  22  cai.)  =  17,4  cai. 

Il  cloruro  di  Palladio  ridotto  dall'idrogeno,  forma  dell'acido  clori- 
drico facile  a  svelarsi  facendo  gorgogliare  in  soluzione  di  nitrato  d'ar- 
gento il  gaz  che  è  stato  in  contatto  col  cloruro. 

Il  Pliiliips  ha  esperimentato  l'idrogeno  con  vari  cloruri,  ioduri  e 
bromuri  ed  i  suoi  risultati  si  possono  riassumere  nel  seguente  spec- 
cliietto: 

Beagciitc  :  Temperatura  di  riduzione  : 

Eu  CI'',  anidro     ....     190" 

AuCF       150» 

Rh  CI"  anidro     ....     200° 

PtCl* 80« 

Ag  CI 270O-280» 

AgBr 330''-360'' 

Agi 3.50°-.3G0° 

Hg  I Volatile  senza  riduzione 

PdCP Ridotto  a  freddo. 

Quiudi  il  cloruro  di  Palladio  (Pd  CF)  essendo  l'unico  sale  ridotto 
a  freddo  dall'idrogeno,  costituisce  certamente  il  più  prezioso  dei  rea- 
genti che  si  conoscano  per  la  ricerca  qualitativa  di  questo  gas  quando 
esso  trovasi  mescolato  con  altri,  poiché  il  solo  idrogeno  si  comporta 
con  esso  nel  modo  indicato  '. 

Di  tale  proprietà  del  cloruro  di  Palladio  mi  sono  valso  pel  metodo 
delle  mie  ricerche  operando  cosi  : 

Le  parti  verdi  delle  iiiaiite  che  dovevano  servire  alle  ricerche 
erano  completamente  isolate  dal  terreno  su  cui  vegetavano  mediante 
un  piano  di  cristallo  (vedi  fig.  1,  a)  avente  un  piccolo  foro  centrale. 

Da  questo  toro,  quando  la  pianta  eia  appena  nata,  fu  fatto  pas- 
sare il  piccolo  fiisticino,  che  poi  crescendo    aveva    finito    col  chiudere 


'  Il  reagente  si  prepara  facendo  riscaldare  la  soluzione  in  acqua  regia  per  pa- 
recchi giorni  a  bagno  niai-ia  in  capsula  coperta  con  ripetute  aggiunte  di  acido  clori- 
drico; poi  dopo  avere  scacciato  completamente  i  composti  ossigenati  dell'azoto  ed  eva- 
porato a  secco,  il  residuo  si  riscalda  in  un  tubo  di  vetro  a  180'.  facendovi  passare 
dell'acido  cloridiico  secco.  Questo  acido  viene  in  seguito  scacciato  ililigentemente 
con  correnti  di  anidride  carbonica. 


—   217   — 

enneticamente,  provocali  lo  anzi  un  rigonfiamento  del  fusto  in  contatto 
del  vetro,  che  meglio  ne  garantiva  la  chinsiira. 

Aggiungevo  anche  uno  leggero  strato  di  balsamo  del  canadà  nella 
strozzatura,  per  meglio  garantirmi  che  dell'aria  da  quella  parte  non  ne 
sarebbe    entrata. 

Operando  in  tale  modo  ho  potuto  mettere  sotto  campane  di  vetro 
a  tenuta  d'aria,  delle  fronde  di  piange  sviluppatissime    in  perfetta  ve- 


ll'so" 


:     H^SO'  IVA.rO'1- 


■I     Al    tìJ    rawi 


f 


V<r^ 


ì    r9  \€^^ 


Spivijazioìte  della  fig.  1.  —  a)  lastra  rìi  cristallo;  b)  tubo  di  vetro  che  esporta  l'aria  aspirata, 
dalla  campana:  r)  tubo  che  porta  l'aria  eatro  la  campana;  ri)  fornello  di  corabustiune  oou  tubo 
(f/i  ripi"no  di  OCu  ;  e)  vaso  esiiec  itoio  con  arid.i  solt'orioo  ;  /,)  vaso  contenente  nitrato  d'arj,'-^'nto 
g)  refripi-erante  ad  acqua;  h)  vasi  coìiteneriti  acido  solforico;  i)  vaso  contenente  acido  solfurico; 
/i  tubo  a  strozzature  contenente  cloruro  ili  Palladio;  w)  vasetto  conleneiito  nitrato  d'aryento  ; 
t)  termometro;  x)  imbuto  per  dar  aet^ua  alle  piante;  z)  tubo  attaccato  alTaspiratore. 


—    218   — 

jjetaziune,  taiitocliè  varie  liamio  prodotto,  stau.lo  sotto  il  VLtro,  nume- 
losi  fiori  e  frutti.  Le  campane  colle  quali  coprivo  (luelle  parti  verdi 
riposavano  sul  piano  di  cristallo  smerigliato,  erano  a  .perfetta  tenuta 
d'aria,  assai  ampie  (alte  70  cni.  e  larghe  40  cm.)  e  con  due  tubulature 
(vedi  fig.  1,  b,  e)  da  una  delle  quali  l'aria  contenuta  nella  campana  veniva 
aspirata  e  dall'altra  entrava.  L'aria  però  prima  di  entrare  nella  cam- 
pana era  costretta  a  passare  lentamente  prima  entro  un  lungo  tubo  di  vetro 
infusibile  (lungo  circa  85  cm.)  ripieno  di  ossido  di  rame  reso  incande- 
scente da  numerosi  becchi  di  gas  '  (vedi  fig.  \,d).  Questo  passaggio  aveva 

10  scopo  di  togliere  all'aria  anche  le  minime  traccie  di  idrogeno  che 
poteva  contenere;  quest'aria  poi  veniva  asciugata  facendola  passare  attra- 
verso un  vaso  di  assorbimento  contenente  acido  solforico  (vedi  fig.  1,  e) 
indi  fatto  gorgogliare  in  altro  vaso  contenente  un  soluto  acquoso  di 
nitrato  d'argento,  allo  scopo  di  privarla  di  vapori  di  acido  cloridrico, 
dato  ne  avesse  ratteniito;  e  infine  l'aria  così  depurata,  passava  in  lungo 
tubo  a  serpentino  circondato  da  acqua  (vedi  fig.  \,  g)  il  quale  faceva 
da  refrigerante  ed  impediva  che  essa  penetrasse  nella  campana  troppo 
calda.  Sul  piano  di  cristallo  collocavo  vari  vasi  di  vetro  (vedi  fig.  1,  h) 
contenenti  dell'acido  solforico  per  togliere  la  soverchia  umidità  esi- 
stente sotto  la  campana.  L'aria  sempre  per  aspirazione  uscendo,  passava 
in  un  vaso  di  essiccamento  con  acido  solforico  (vedi  fig.  1,  ó  e  poi 
attravei'sava  un  lungo  tubo  con  numerose  strozzature  (circa  20)  ripieno 
di  cloruro  di  Palladio  (vedi  pag.  1,  l),  finalmente  gorgogliava  in  un 
vasetto    contenente  soluzione  acquosa  di   nitrato  d'argento  (fig.    1,   m). 

11  passaggio  di  quest'aria  era  provocato  da  a-^piratori  continui,  facilmente 
regolabili  da  manometri  a  mercurio. 

Per  le  proprietà  chimiche  dell'idrogeno  dal  Phillips  dimostrate,  è  evi- 
diMitc  che  se  durante  la  vegetazione  della  pianta  in  esame,  si  svilujipa 
tale  gas,  questo  deve  ridurre  il  cloruro  di  Palladio,  ottenendo  sviluppo 
di  acido  cloridrico,  il  quale  con  nitrato  d'argento  forma  cloruro  d'argento 
facilmente  visibile  pel  preeiidtato  (in  vaso  m  della  fig.  1)  che  imbiai- 
nisce  alla  luce,  è  insolubile  in  acido  nitrico  e  solubile  in  ammoniaca. 
Le  grosse  campane  a  tenuta  d'aria  alcune  erano  di  vetro  bianco  tras- 
parente, altre  di  vetro  colorato  in  nero,  in  modo  da  privare  completa- 
mente la  pianta  della  azione  delia  luce. 

Le  precauzioni  da  avere  per  evitare  cause  di  insuccesso  o  di  er- 
rore non  sono  poche.  Innanzi  tutto  essendo  il  nitrato  d'argento  un  reat- 


'  Spesso  ho  ailoprato  invece  ilell'  ossiilo  di  rame,  del  quarzo  platinato  che  pure 
rendevo  iinan-lesoeiite;  si  lia  cosi  il  vantaggio  di  ottenere  lo  stesso  risnltato  con 
minore  fuoco  (bastano  U  o  'J  lì  nume)  ed  egiuil  tenjpo. 


—  219    — 

tivo  sensibilissimo  è  necessario  clie  i  reagenti  clie  si  usano  siano  ]ni- 
rissimi.  L'acqua  clie  entra  nella  soluzione  e  quella  che  serve  a  rilavare 
il  vasetto,  non  deve  assolntamente  contenere  uè  cloruri  né  vapori  di 
acido  cloridrico,  come  pure  il  cloruro  di  Palladio  deve  essere  lien  secco, 
preparato  con  ogni  cautela  attenendosi  al  modo  detto  sopra  (vedi  pag.  216). 

Fra  il  tubo  di  cloruro  di  Palladio  (fìg.  1,  l)  ed  il  vasetto  ultimo 
di  nitrato  d'tirgento  (fig.  1,  tu)  va  collocato  uno  strato  lungo  di  lana 
di  vetro  o  fine  quarzo,  onde  impedire  che  1'  aspirazione  non  porli  in 
contatto  del  nitrato  d'argento,  della  polvere  di  cloruro  che  altererebbe 
il  risultato.  Prima  dell'esperienza  è  necessario  far  arroventare  il  tubo 
ad  ossido  di  rame  o  di  quarzo  platinato  e  solo  allora  attaccarlo  al  resto 
dell'apparecchio,  come  pure  il  vasetto  ultimo  (fig.  1,  m)  contenente  ni- 
trato d'argento,  va  attaccato  al  tubo  con  cloruro  di  Palladio  (fig.  1,  /) 
solo  quando  si  è  certi  di  avere  rinnovata  per  aspirazione  tutta  l'aria 
contenuta  nella  campana  prima  dell'inizio  dell'esperienza. 

L' aria  che  va  in  contatto  col  cloruro  di  Palladio  deve  essere 
asciutta;  perciò  il  tubo  ad  acido  solforico  (fig.  1,  /)  messo  davanti  al 
detto  cloruro  è  d'uopo  sia  rinnovato  di  sovente  e  se  non  è  sufficienie 
un  solo  vaso  a  trattenere  il  vapore  acqueo,  è  indispensabile  aggiun- 
gerne altri.  Se  passa  umidità  si  può  constatarlo  fatilmente  con  del  sol- 
fato di  rame  anidro:  come  è  noto,  tale  sale  si  colora  in  azzurro  in  pre- 
senza di  minime  tracce  d'acqua. 

L'aspirazione  deve  essere  lenta  e  continua,  cosi  operando,  1'  aria 
resta  maggioi-mente  in  contatto  con  i  reattivi  assorbenti. 

Le  piante  che  si  prestano  meglio  per  tali  esperienze  sono  le  Cucur- 
bite per  la  loro  rapida  vegetazione,  per  le  grandi  foglie  che  posseggono 
ed  anche  per  il  loro  fusto  che  si  adatta  benissimo  alla  strozzatura  e 
relativa  chiusura  del  foro  centrale  della  lastra  di  cristallo  smerigliato. 

Esperienze  con  piante  esposte  alla  luce  solare. 

Tutte  le  esperienze  sono  state  eseguile  servendosi  dell'apparecchio 
sopra  descritto  e  figurato.  —  Ho  riportato  qui  soltanto  il  risultato  di 
quelle  esperienze  che  riuscirono  più  convincenti. 

l.-^  Esperienza  del  12  Giugno  1904,  temp.  media:  20°,9.5,  cielo  coperto. 
Pianta  :  Cucurbita  maxima,  in  pieno  sviluppo. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  9  alle  17'/.. 

Risultato:    Visibile    formazione   di    cloruro   d'argento    nel  vasetto 
(fig.   1  in)  contenente  il  soluto  di  nitrato  d'argento. 


—    -2211   — 

2."-  Esperienza  del   14  Giugno,  temp.  23", 0  cielo  sereno. 
Pianta:    ('itno-bita  maxìnìa,  come  sopra. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  9  alle  18. 
Risultato:  visibile  precipitato  di  cloruro  d'argento. 

i:?.^  Esperienza  del  16  Giugno,  tenip.  23",8,  cielo  sereno. 
Senza  pianta  sotto  la  campana. 
Durata  dell'esperienza:   dalle  10  alle  18. 
Risultato:  Nessuna  formazione  di  precipitato. 

4.^*  Esperienza  del  20  Giugno,  temp.  22°.25,  cielo  '/^  sereno. 
Senza  pianta  sotlo  la  campana. 
Durata  dell'esperienza:   dalle  9 '/„  alle  17. 
Risultato:  Nessun  precipitato  visibile.     , 

5.*  Esperienza  del  22  Giugno,  temp.  22°,33,  cielo  sereno. 
Pianta:   (-'iirìtrhila  maxima,  come  sopra. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  9  alle  17. 
Risultato:  Visibile  precipitato  di  cloruro  d'argento. 

O.a  Esperienza  del  24  Giugno,  temp.  23°, 6,  cielo  V,  coperto. 
Pianta:   Eiciniis  communi.'^,  in  forte  sviluppo. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  9  alle  17. 
Risultato:  Visibile  precipitato  di  cloruro  d'argento. 

7.'^  Esperienza  del  27  Giugno,  temp.  20°,65,  cielo  ^^|^  coperto. 
Senza  piante  sotto  la  campana. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  9  alle  17. 
Risultato:  Nessun  precijiitato. 

S.»  Esperienza  del  29  Giugno,  temp.  22°,05,  cielo  sereno. 
Pianta:  Bichius  coniìiiniiif:,  come  sopra. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  9  '/2  *ille  18. 
Risultato:  Visibile  precipitato  di  cloruro  d'argento. 

9.-''  Esperienza  del  2  Luglio,  temp.  24°,2,  cielo  ^1^  coperto. 
Pianta:  Cuciirhita  maxima,  come  sopra. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  9  alle   17. 
Risultato:  Visibile  precipitato. 


—  221   — 

Tali  risultati  confermano  pienamente  quelli  da  me  ottenuti  su  di- 
versissime specie  (li  piante  con  altri  metodi  ^  e  dimostrano  sempre  più 
che  le  piante  esposte  alla  luce  emettono  idrojjeno.  Il  metodo  usato  in 
questo  caso  è  certamente  meno  completo  di  quelli  da  me  adoperati  nelle 
analisi  quantitative  e  descritti  precedentemente,  ha  però  su  quelli  il 
vantaggio  di  essere  di  facile  applicazione  e  nello  stesso  tempo  molto 
sensibile. 

Rimaneva  di  vedere  se  questa  formazione  di  cloruro  d'argento  av- 
veniva anche  tenendo  le  piante  allo  scuro;  se  sì,  ne  sarebbe  venuto  di 
conseguenza  che  per  l'emissione  di  questo  gas  non  era  necessaria  alla 
pianta  la  presenza  di  luce  e  ciie  tale  fenomeno  non  dipendeva  diret- 
tamente dall'assimilazione  clorofolliana. 

Il  risultato  delle  principali  esperienze  intese  a  dimostrare  tale  in- 
fluenza, son  qui  sotto  i-iportate: 

Esperienze  con  piante  aU'oscnro. 

Osservazioni  eseguite  collo  stesso  apparecchio  usato  per  le  prece- 
denti esperienze  ;  solo  la  campana  sotto  la  quale  stava  la  pianta  anzi- 
ché essere  di  vetro  trasparente  era  di  vetro  verniciato  in  nero  o  co- 
perta da  panno  nero. 

1.*  Esperienza  del   12  Luglio  1904,  temp.  media:  •2i",9. 
Pianta:    Cucnròitn  maxima,  in  forte  sviluppo. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  9'/.  alle  17'/,,. 
Risultato:   Visibile  precipitato  di  cloruro  d'argento. 

2.»  Esperienza  del  U  Luglio,  temp.  23°,.3. 
Nessuna  pianta  sotto  la  campana. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  9  alle   17. 
Risultato:  Nessun  precipitato. 

S.-'i  Esperienza  del  19  Settembre  1904,  temp.  13° fi. 
Pianta:    Cucurbita  ma  rima,  come  sopra. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  9  alle  17. 
Risultato:  Visibile  precipitato  di  cloruro  d'argento. 

^.^  Esperienza  del  20  Settembre,  temp.  11",5. 
Pianta:   Cucurbita  maxima,  come  sopra. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  9  7,  alle  17. 
Risaltato:  Visibile  precipitato  di  cloruro  d'argento. 


'  PoLLvcci  Gino.  1.  e.  a  pag.   I. 


ó.'^  K-sperieiiza  del  23  Settembre,  temi).   12°,4. 
Pianta:   lìiciiiu^  coiiiini(iii:<.  i:i   forte  sviluppo. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  10  alle   17  ^  _,. 
Risultato:  Visibile  precipitato  di  cloruro  d'argento. 

{>.■■>■  Esperieuza  del  24  Settembre,  temp.   13", 8. 
Senza  pianta  sotto  la  campana  nera. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  S  alle   18. 
Risultato:  Nessun  precipitato. 

l.'^  Esperienza  del  25  Settembre,  temp.   14",0. 
Pianta:   Cucurbita  rnuxiiìia,  come  sopra. 
Durata  dell'esperienza:  dalle   10  alle  18. 
Risultato:  Visibile  precipitato  di  cloruro  d'argento. 

S.^  Esperienza  del   2(3  Settembre,  temp.   lò°,(5. 
Pianta  Cucmhita  maxima,  come  sopra. 
Durata  dell'esperienza  ;  dalle  9  alle  17. 
Risultato:  Visibile  preciidtato  di  cloruro  d'argento. 

t).''  Esperieuza  del  27  Settembre,  temi).   16", 5. 
Pianta:  Iticiiius  commiuiis,  come  soiira. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  9  alle  17. 
Risultato:  Visibile  precipitato  di  cloruro  d'argento. 

10.*^  Esperieuza  del  28  Settembre,  temp.   15",2. 
Senza  pianta  sotto  la  campana. 
Durata  dell'esperienza:  dalle  9  alle  18. 
Risultato  :  Nessun  precipitato. 

Dalle  esperienze  soi)ra  riportate  e  da  molte  altre  che  pure  ho  fatto 
e  che  credo  inutile  qui  ripetere,  si  deve  dedurre  che  le  piante  anche 
tolte  dall'influenza  della  luce  solare  emettono  idrogeno. 


Riassumendo  dunque  si  ha  che  il  cloruro  di  Palladio  usato  col 
metodo  da  me  indicalo  è  uno  dei  reattivi  idii  razionali  e  comodi  per 
rintracciare  l'idrogeno  quando  si  trovi  mescolato  con  altri  gaz. 

Applicando  tale  metodo  risulta  confermato  perfettamente  quanto  io 
avevo  già  trovato  ed  esposto   nel  mio  lavoro:    Intorno   all' assimilazione 


—   223  — 

clorofilliana  (memoria  II",  1902)  e  cioè  clie  le  iiiaute  alla  luce  emet- 
tono idrogeno  ;  inoltre  dalle  presenti  ricerche  risnlta  che  tale  emis- 
sione esiste  anche  quando  le  piante  sono  sottratte  all'azione  della  luce. 
Quest'ultimo  fatto  ha  importanza  per  le  conseguenza  che  se  ne  possono 
trarre  specialmente  in  rapporto  all'assimilazione  clorofilliana. 

Allorché  esposi  le  risultanze  dalle  quali  emergeva  che  i  vegetali 
in  condizioni  normali  di  sviluppo  emettono  idrogeno  '  feci  notare  come 
tale  fatto  avvalori  1'  ipotesi  che  l'aldeide  formica  sia  il  prodotto  di 
una  riduzione  dovuta  con  tutta  probabilità  all'idrogeno  ;  tanto  più  che 
con  esperienze  di  lab natorio  il  Bach  -  ottenne  aldeide  formica  per  elet- 
trolisi dell'acido  carbonico,  e  Berthelot  per  mezzo  dell'acido  iodidrico 
(per  avere  idrogeno  nascente)  partendo  dagli  acidi  organici  l'insci  a 
trasformare  questi  nelle  rispettive  aldeidi.  Lo  schema  clie,  riassume  la 
sintesi  che  avviene  nelle  piante  sarebbe,  secondo  me,  il  seguente  : 

C  H-  0'  +  H=  =  C  H-  0  +  H=  0  +  0 

Acido  carbonico  Aldeide  formica 

Non  è  il  caso  (|ui  di  discutere  su  quanto  è  stato  detto  in  proposito; 
sta  di  fatto  però,  che  nessun  esiìerimentatore,  finora  almeno,  ha  contrad- 
detto con  fatti  le  esiierienze  di  Bach,  di  Lichen,  Bckefoir,  Deii/ieìuf, 
i  quali  dall'acido  carbonico  anivarono  per  azione  dell'idrogeno  alla  for- 
mazione di  aldeide  formica,  come  pure  nessuno  ha  negato  che  le  piante 
emettano  idrogeno;  quindi  dato  come  vere  questi  fatti  è  impossibile  non 
tenerne  calcolo  e  dar  valore  all'ipotesi  che  nella  cellula  vegetale  si 
formi  aldeide  formica  e  relativi  idrati  di  carbonio,  nello  stesso  modo 
che  avviene  artificialmente;  a  meno  che  venga  proposta  un'altra  ipotesi 
che  più  si  avvicini  al  vero,  il  che  finora  non  è  stato  fatto. 

L'aver  dimostrato  che  anche  ali"  oscuro  le  [liante  emettono  idro- 
geno, non  toglie  nulla  all'ipotesi  surriferita;  soltanto  vorrà  dire  che 
il  gas  il  quale  viene  emesso  dal  vegetale,  non  potrà  essere  internamente 
attivo  se  non  cimi  l'aiuto  di  determinati  coefiìcienti,  dei  quali  fia  gli 
altii' uno  ed  il  iirincipale  con  tutta  probabilità  sarà  l'energia  solare. 


Pavia,  R    Istituto  Botanico,  Ottobre  1004. 


'  Poi.LACci  Gì. NO,  1.  e,  pag'.  54. 

-  B\CH,  Sur  la  correlation  entre  la  reduction  par  l' liydror/ene   7ìa/s.''ant,   l'elee- 
troìì/se  et  la  photohjsc  de  l'acide  carboniqiic,  iu  Comiit.  Rcnd.,  Tom    CXXVI,  169S. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


ISPEZIONE  AD  ALCUNI  VIVAI 

DI 

VITI  AMERICANE  MALATE  DI  "RONCET,, 

IN    SICILIA 


BREVE    RELAZIONE 
a  S.  E.  il  CoiDin.  LUIGI  RAVA  Ministro  di  Agricoltura.  Industria  e  Commercio 

DI 

GIOVANNI  BRIOSI. 

Eccellenza, 

Nell'aprile  di  quest'anno  per  uno  stadio  in  corso  nel  mio  Labora- 
torio ispezionai  alcuni  agrumeti  della  Calabria  e  della  Sicilia  nei  quali 
una  grave  malattia  si  era  manifestata,  la  Ruggine  Bianca,  che  molto 
danno  arreca  ai  limoni  e  non  poco  preoccupa  parecchi  agricoltori  meri- 
dionali che  vedono  resi  non  commerciabili  i  frutti  dal  male  deturpati. 
Ho  già  mandato  a  V.  E.  una  memoria  a  stampa  clie  si  riferisce  alla 
prima  parte  del  lavoro  compiuto  insieme  al  mio  assistente  ed  amico 
signor  Rodolfo  Farneti,  intorno  a  tale  malattia;  e  appena  saranno  ulti- 
mate le  ricerclie,  lente  per  loro  natura,  sul  nuovo  materiale  raccolto, 
rivolte  a  studiare  in  particolar  modo  le  alterazioni  prodotte  sui  rami  e 
sulle  foglie  (nella  prima  si  sono  esaminate  quelle  dei  frutti),  ne  darò 
notizia  a  V.  E.  probabilmente  per  mezzo  di  una  seconda  memoria. 

Di  questa  mia  gita  in  Sicilia  ho  approfittato,  cosa  naturale,  per 
visitare  alcuni  dei  vivai  governativi  di  viti  americane  che  forniscono 
talee  e  barbatelle  per  la  ricostituzione  delle  vigne  meridionali  distrutte 
dalla  fillossera,  vivai  nei  quali  una  malattia  non  meno  grave  di  quella 
degli  agrumi,  anzi  di  essa  più  minacciosa,  il  Boticet,  si  è  da  qualche 
anno  sviluppata,  destando  fortissima  apprensione  in  tutti  i  viticoltori  si- 
ciliani. 

Atti  detrisl.  Boi.  dell'Università  di  Pavia  —  Serie  II  -  Voi.  X  18 


—  226  — 

Avevo  già  nel  19()1  ispezionati,  pure  per  incarico  di  codesto  Mini- 
stero, tali  vivai  \  ed  ero  desideroso  di  rivederli  per  osservare  come  il 
male  avesse  proceduto,  ed  accertare  se,  e  quali,  progressi  avesse  fatto. 

Avrei  desiderato  di  poter  dare  maggior  sviluppo  a  questa  mia  ispe- 
zione, e  spingermi  fino  a  Palermo,  ma  causa  altri  impegni  lio  dovuto 
tenerla  in  ristretti  confini,  sicché  breve  è  questa  mia  relazione. 

Molti  sono  gli  studi  fatti,  specialmente  all'estero,  sul  Boncet  o  <'oìirt 
None,  peraltro  nulla  di  sicuro  ancora  sappiamo  sulla  sua  natura.  Come 
è  noto,  le  viti  che  ne  sono  prese  ritardano  in  primavera  a  germogliare 
di  15,  20  ed  anclie  30  gioi'ni,  sviluppano  lentamente  i  getti,  che  pre- 
cocemente induriscono  e  lignificano,  sicché  l'allungamento  loro  presto  si 
arresta.  Quando  il  male  è  leggero  (primo  anno)  i  tralci  riprendono  in 
parte  vigore  dui'ante  l'estate  e  crescono  discretamente,  diminuendo  la 
dispaiità  die  in  primavera  forte  si  manifesta  allorché  si  confrontano  con 
quelli  delle  viti  sane,  peraltro  non  raggiungono  mai  la  loro  lunghezza 
normale;  quando  invece  il  male  ha  preso  possesso  (negli  anni  successivi) 
i  tralci  non  si  ripigliano  nemmeno  durante  1'  estate,  rimangono  corti  e 
le  viti  si  fanno  cespugliose. 

E  se  corti  rimangono  i  tralci,  cortissimi  restano  gli  internodi  e  sot- 
tili, mentre  si  manifesta  un  anormale  sviluppo  di  femminelle  ed  anche 
di  sottofemminelle,  con  contemi>ora!iea  alterazione  della  forma  del  lembo 
fogliare,  il  quale  nel  suo  complesso  si  rimpicciolisce,  mentre  allunga  i 
lobi  ed  i  denti  onde  la  fo2:lia  diviene  laciniata,  e  tutta  la  pianta  diventa 
rachitica  per  modo  che  il  Boncet  si  potrebbe  chiamare  con  frase  ita- 
liana il  rachitismo  della  lite. 

Il  Boncet  è  stato  da  taluno,  ed  è  tuttoi'a,  confuso  col  Mnhiem.  In- 
vero molte  sono  le  rassomiglianze  loro,  ed  allo  stufo  attuale  delle  nostre 
conoscenze  non  sarebbe  facile  diie  per  quali  caratteri  scientifici  diversi- 
ficano e  fino  a  qual  punto  le  due  malattie  fra  loro  differiscano. 

Non  peitanto,  alla  forma  cespugliosa  ed  al  frastagliamento  delle 
foglie  al  quale  arrivano  le  viti  americane  jìrese  dal  Boncet  non  si  ridu- 
cono mai  le  viti  nostrane  attaccate  dal  Mainerò.  Inoltre,  nelle  viti 
prese  dal  Mainerò  il  legno  del  tronco,  e  spesso  anche  quello  dei  raini, 
presenta  sempre  puntini  e  chiazze  nericce,  mentre  in  quelle  alfette  da 
Boncet  tale  fenomeno  qualche  volta  si  ha  e  qualche  volta  manca.  Al- 
quanto diverso  anche  sembra  il  decorso  del  male  poiché  le  viti  col 
Mainerò  non  solo  intisichiscono  ma  lentamente  muoiono,  mentre  non  pare 
che   altrettanto    avvenga   col   Boncet,   almeno  i  casi  di  morte  per  esso 


'  Vedi:  Intorno  alla  malattia  designata  col  nome  di  Ronckt  sviluppatasi  in 
Sicilia  sulle  viti  americane.  Relazione  di  Giov.  Briosi.  Dicembre.   1901. 


—  227   — 

sono  finora  rarissimi.  E  vero,  per  altro,  clie  il  primo  è  male  antico  fra 
noi,  da  tempo  oggetto  di  studio  ed  osservazione,  mentre  del  secondo 
non  abbiamo  ancora  avuto  agio  di  scoprire  tutto  il  processo  di  svilu|)po; 
come  altresì  va  notato  che  la  vitalità  delle  viti  americane  ed  il  tratta- 
mento al  quale  le  sottoponiamo  nei  nostri  vivai  sono  ben  diversi  di  quelli 
delle  viti  europee,  da  secoli  addomesticate  e  coltivate  per  ricavarne 
non  legno  ma  frutti.  Comunque,  tino  a  quando  almeno  nuove  e  rigorose 
ricerche  comparative  non  apportino  maggior  chiarezza,  le  due  malattie 
vanno,  a  parer  mio,  tenute  distinte. 

La  legge  fiUosserica  non  permette  di  trasportare  a  Pavia  vivo  il 
materiale  necessario  per  le  ricerche,  è  questo  un  grande  ostacolo,  che 
non  ha  permesso  di  ricavare  dagli  studi  iniziati  in  Laboratorio  risul- 
tati attendibili  sulla  natura  del  male,  la  quale  del  resto,  a  giudicare 
dal  molto  tempo  che  è  oggetto  di  investigazioni  all'estero,  e  del  poco 
che  finora  si  è  da  esse  ottenuto,  deve  essere  ascosa  e  difficile  a  chiarire. 

* 
*  * 

Ecco  ora  le  impressioni  avute  ed  i  dati  raccolti. 

La  prima  visita  fu  al  vivaio  di  Milazzo,  ove  ero  di  già  stato  due 
anni  or  sono,  ed  ove  il  Roncet  si  presentava  allora  in  tutto  il  suo  vi- 
gore e  fortemente  impressionava.  Anche  questa  volta  ebbi  a  compagno 
nella  mia  ispezione  il  dottor  Buggeri  che  dirige  con  rani  valentia  il 
vivaio  e,  cortese,  mi  forni  tutti  gli  schiarimenti  che  desideravo. 

Nel  complesso  ho  avuto  l'impressione  che  il  male  non  ha  seguitato 
con  l'intensità  dei  primi  anni  (nel  che  conveniva  anche  il  Ruggeri), 
benché  tuttora  persista  e  intralci  non  poco  la  li produzione  del  legno 
che  devesi  distribuire  ai  viticoltori. 

I  ceppi  degli  appezzamenti  di  Rupesfris  du  Lot  che  erano  tanto  at- 
taccati due  anni  or  sono  furono  estirpati  ad  eccezione  di  una  piccola  por- 
zione, che  ne  comprende  poco  piii  di  un  centinaio,  lasciata  per  istudio. 
In  questi  il  male  ha  continuato,  ma  non  è  cresciuto,  anzi  nella  prima- 
vera scorsa  essi  avevano  ripreso  un  certo  vigore  e  mostravano  getti 
relativamente  robusti  e  lunghi. 

Degli  altri  vitigni  attaccati  nessuno  era  guarito,  ma  nemmeno  aveva 
peggiorato,  e  la  relativa  resistenza  loro  si  è  conservata  quale  è  stata 
indicata  nella  mia  piima  relazione. 

Lnportanti  sperimenti  ha  ora  intrapreso  il  Ruggeri  per  provare 
la  varia  resistenza  al  male  delle  diverse  varietà  di  Vitis  vinifera  col- 
tivate in  Europa.  A  tale  scopo  ha  innestato  sopra  ceppi  di  Rupeshis  du 
Lot  malati  ben  IS    delle  nostre  varietà  europee  le   quali   comprendono 


—   228 


le  migliori  che  si  coltivano  in  Sicilia  ed  alcune  di  quelle  coltivate  nelle 
Puglie.  Gli  innesti  fatti  nell'inverno  (1903)  erano  nell'aprile  scorso 
alla  loro  prima  foglia,  e  si  presentavano  bene,  ma,  come  è  naturale, 
nessun  giudizio  è  per  ora  possibile,  bisogna  attendere  che  le  sperienze 
maturino. 


A  Catania  ho  visitato  il  vivaio  della  Scuola  Enologica  e  quello  di 
Nesima  posto  a  4  o  5  chilometri  dalla  città;  ambedue  piantati  e  diretti 
dal  cav.  Francesco  Segapelli  che  dirige  pure  la  scuola.  I  vivai  di  Ca- 
tania sono  dei  più  antichi  della  Sicilia  e  mi  duole  di  non  averli  visitati 
anche  nella  mia  prima  ispezione,  poiché  molto  d' interessante  essi  con- 
tengono. 

Il  vivaio  della  Scuola  misura  quasi  15  mila  metri  quadrati,  quello 
di  Nesima  circa  quattro  ettari,  ed  in  ambedue  si  coltivano  le  principali 
varietà  di  viti  americane  che  si  impiegano  alla  ricostituzione  dei  vitigni 
.siciliani.  Nelle  visite  ad  essi  ebbi  a  compagno  il  Segapelli,  professore 
e  viticoltore  distinto,  osservatore  attento  ed  accorto  che  da  anni  segue 
il  comportarsi  delle  viti  americane  nella  provincia  di  Catania. 

In  questo  vivaio,  si  accolsero  i  primi  tralci  di  molte  delle  varietà 
americane  fatte  venire  di  Francia  e  quivi  pure  si  coltivarono  i  primi 
ceppi  della   Riipestris  di(  hot. 

Il  Segapelli  afferma  che  il  Roncet  si  è  manifestato  a  Catania  sino 
dall'anno  1888  sulle  Solonis  e  Biparia  tipo;  ma  al  male  allora  si  dava, 
egli  dice,  altro  nome  e  lo  si  attribuiva  a  cattiva  coltivazione,  a  steri- 
lità del  terreno  e  ad  altre  consimili  cause. 

Con  tutta  la  deferenza  che  si  deve  avere  per  l'afferjnazione  di  una 
persona  tanto  competente  quale  è  il  Segapelli,  io  ritengo  che  il  male 
di  allora  non  dovesse  essere  proprio  il  Roncet  che  attualmente  ci  tra- 
vaglia, il  quale  solo  da  pochi  anni  ha  destato  rallariiie  dei  nostri  viti- 
coltori. 

A  Catania,  come  negli  altri  luoghi,  la  varietà  più  attaccata  è  la 
Rupestris  du  Lot,  alla  quale  segue  la  Riparia  x  Rupestrìs  3306  ed,  a 
qualche  distanza,  la  Riparia  toniputosa ;  indi  le  altre,  poiché  tutte  le 
varietà  americane,  ad  eccezione  di  una,  la  Mouroedre  x  Rupestris  '  ven- 
gono prese  dal  male,  benché  in  grado  diverso. 


■  La  Mourvedre  Rupestris  è  l' unica  varietìi  che  su  quel  di  Catania  non  è 
stata,  a  quanto  mi  affermava  il  signor  Segapelli,  finora  presa  dal  Roncet,  ma  è 
vitigno  poco  coltivato  perchè  su  esso  gli  innesti  delle  viti  nostrane  Catanesi  non  vi 
prosperano. 


—   229   — 

La  Eupestris  metallica  e  VArra?non  x  Rupestris  Ganzin  N.°  1  sino  a 
poco  tempo  fa  si  credettero  inattaccabili  ma  ora  esse  pure  incominciano 
ad  ammalarsi. 

In  questo  vivaio  lio  osservato  nn  appezzamento  di  Rupestris  du  Lot 
tutto  preso  dal  Roncct,  in  mezzo  al  quale  trovansi  tre  piedi  di  Eupestris 
melaUica,  messi  per  errore  e  lasciativi  [ler  studio,  essi  sino  a  due  anni 
fa,  avevano  sempre  resistito  al  male  che  da  ogni  parte  li  circondava, 
ma  nell'anno  scorso  furono  attaccati. 

Ho  visto  pure  un  appezzamento  di  Eupestris  metallica  in  mezzo  al 
quale  invece  erano  tre  o  quattro  piedi  di  Eupestris  du  Lot  piantativi 
pure  per  isbaglio  e  lasciati  poi  per  esperimento.  Le  piante  della  E.  du 
Lot  caddero  presto  ammalate,  ma  il  male  non  era  mai  passato  alla  E. 
metallica  che  le  avvolgeva,  quando  l'anno  scorso  incominciarono  ad  am- 
malare alcuni  dei  tralci  contigui  ed  il  male  progredisce  poiché  nell'aprile 
scorso,  mese  della  mia  visita,  parecchi  ceppi  della  7?.  metallica  che  cir- 
condano il  focolaio  della  E.  du  Lot  malata  erano  in  arretrato  di  svi- 
luppo in  confronto  delle  più  lontane  tuttora  immuni. 

Ho  osservato  altresì  un  appezzamento  di  Arramon  x  Eupestris  dell'età 
di  8  a  9  anni  in  mezzo  al  quale,  pure  per  errore  e  per  studio,  trova- 
vansi  4  piedi  di  Eupestris  du  Lot.  Tutte  le  viti  si  erano  mantenute  sane 
sino  all'anno  passato  nel  quale  le  quattro  E.  du  Lot  improvvisamente 
ammalarono,  ed  il  male  subito  si  estese  alle  vicine,  ed  in  questa  pri- 
mavera progrediva,  come  arguivasi  dal  deperimento  di  già  manifesto 
nei  nuovi  getti. 

Come  per  tanti  anni  le  une  e  le  altre  si  mantennero  sane,  in  mezzo 
a  tanti  malati?  E  come  è  arrivato  il  male,  alle  quattro  E.  du  Lot  ri- 
maste immuni  per  8  anni,  tuttora  circondate  da  viti  perfettamente  sane? 

In  questo  stesso  vivaio  il  Segapelli  mi  disse  che  eravi  prima  un 
campo  di  Eupestris  du  Lot  (ora  distrutto)  interamente  preso  dal  Eoncet, 
e  che  in  mezzo  ad  esso  trovavasi  un  piede  di  Eupestris'  metallica  che  si 
mantenne  sempre  sano  non  ostante  fosse  completamente  circondato  da 
viti  malate. 

*  * 

Il  Vivaio  di  Nesima  ha  soli  nove  anni  di  vita,  ma  la  Scuola  inco- 
minciò a  distribuire  regolarmente  legno  americano  sino  dal  1892-93 
servendosi  d'altri  vivai,  che  dovette  poi  abbandonare;  ed  erano  pure 
costituiti  di  viti  fatte  venire  dalla  Francia.  La  distribuzione  anzi  fu 
iniziata,  dice  il  Segapelli,  sino  dall'anno  1888  con  legno  di  viti  che  al- 
lora si  ottenevano  da  semi  fatti  venire  direttamente  dall'America. 


—   230  — 

Fra  le  varietà  clie  si  coltivano  nel  vivaio  di  Nesiina  quelle  che 
hanno  mostrato  più  resistenza  sono  VArramon  >'  Bnpestris  Gnnzin  n  °  1, 
la  Rupestris  mefaìlica.  la  Riparia  :<  I\'upestris  3309  e  la  Grande  Glabre, 
anzi  questi  quattro  vitigni  tino  a  due  anni  fa  eransi  mantenuti  perfet- 
tamente sani.  Fu  solo  nell'anno  scorso  che  in  essi  apparvero  qua  e  là 
i  piimi  segni  del  male. 

Ho  visto  infatti  un  campo  di  mille  e  più  ceppi  di  Arramon  x  Ru- 
pestris Gan~in  h."  1  dell'età  di  9  anni,  vigorosissimi,  ove  per  altro  qual- 
cuno soft'ereiite  incominciava  a  marcare  fortemente  i  lobi  delle  foglie, 
segno  d'inizio  del  male,  poiché  le  viti  sane  di  tale  vitigno  danno  foglie 
quasi  rotonde.  E  fatti  simili  presentavano  i  lotti  delle  altre  tre  varietà. 

Ho  osservato  altresì  un'appezzamento  di  Riparia  tomentosa  che  conte- 
neva circa  350  cei>pi  per  tal  modo  malati  che  non  si  poteva  più  rica- 
vare legno  buono;  e  tre  anni  fa  erano  tutti  sani! 

Un'altro  campo  di  Riparia  Gioire  i)resentava  ceppi  sani  e  ceppi  am- 
malati, i  primi  con  pam|)ini  che  nell'aiirile  avevano  già  raggiunti  da 
40  a  GO  cm.  di  lunghezza,  i  secondi  con  getti  che  appena  raggiunge- 
vano 8  a  10  centimetri. 

Un  campo  di  Riparia  x  Rupestris  w."  330(>,  uno  dei  vitigni  come  fu 
detto  più  sensibili  al  Roncet,  presentava  tutti  i  ceppi  malati,  con  que- 
sto di  notevole  peraltro,  che  i  getti  che  provenivano  dal  pedale  (in  parte 
sotterranei)  erano  normali,  cioè  molto  lunghi  con  foglie  rotonde  e  sane, 
mentre  (jnelli  formatisi  sul  tronco  vedevausi  rattrapiti,  corti,  malati. 
Il  fatto  non  sarebbe  privo  d'importanza  se  tanto  il  signor  Segapelli 
quanto  il  vignaiuolo  non  mi  avessero  assicurato  che  anche  questi  getti 
del    pedale,   ora    apparentemente   sani  e  vigorosi,  più  tardi  ammalano. 

Osservai  altresì  buon  numero  di  cepjìi  di  Arramoìi  x  Rupestris 
Ganzin  «."  1  i  quali  tre  anni  or  sono  erano  stati  innestati  sopra  piante 
di  Riparia  Gioire  in  parte  sane  ed  in  parte  malate  ;  orbene,  quelle  in- 
nestate sui  ceppi  sani  sono  tuttora  sani,  mentre  si  sono  malati  gii  altri, 
ed  il  Direttore  come  il  vignaiuolo  mi  affermavano  che  avviene  sem(ire 
cosi. 

Del  resto,  in  questo  stesso  vivaio  veggonsi  delle  viti  nostrane  inne- 
state tre  anni  or  sono  sopra  ceppi  di  h'upestris  du  Lot  sani,  le  quali  viti  si 
mantengono  tuttora  perfettamente  immuni.  Nel  vivaio  sonvi  ancora  delle 
viti  malate  che  il  Cav.  Segapelli  l'anno  scorso  aveva  fatto  scaintozzare 
per  esperimento;  ora  i  getti  primaverili  mostrano  di  già  i  segni  del 
male,  ed  altrettanto  si  osserva  in  altre  viti  scapitozzate  due  anni  or 
sono. 

Ceppi  malati,  scapitozzati  tre  anni  fa,  diedero  nell'anno  passato 
tralci  relativamente  buoni,  ma  quelli  che  spuntavano  in   (juesta  prima- 


—   231  — 

yera  presentavano  i  caratteri  tlel  male.  Il  signor  Segapelli  mi  diceva 
che  sperimenti  consimili  aveva  fatto  auclie  prima  nel  vivaio  di  Catania, 
facendo  tagliare  la  capitozza  di  molte  viti  Rupestr/s  du  Lot  fortemente 
malate;  da  esse  ebbe  dapprima  tralci  lunghi,  belli  e  sani,  poi  le  viti 
degenerarono,  ed  il  male  si  riaffacciò  come  per  l'addietro. 

Questi  fatti  sembrerebbero  provare  che  il  Roncet  è  male  cl'.e  non 
sempi'e  si  arresta  alla  ceppala  od  al  nodo  superiore  del  tronco  da  dove 
si  staccano  gli  speroni,  ma  che  può  scendere  più  sotto. 

Tutte  le  Rnpestris  du  Lot  del  vivaio  di  Nesima  sono  fortemente  at- 
taccate dal  Roncet  ad  eccezione  d'alcune  che  trovansi  in  un  appezza- 
mento che  è  degno  di  nota  pel  modo  col  quale  il  male  vi  ha  proceduto. 
Infatti  vedesi  in  esso  tuttora  un  folle  grni)po  di  cepi>i  vigorosi  e  sani 
posto  verso  unangolo  dell'  appezzamento  stesso,  mentre  tutto  il  rima- 
nente è  pressoché  intisichito.  Il  male  si  è  manifestato  nella  parte  op- 
posta del  riquadro  ed  è  avanzato  gradatamente  infettando  le  piante  a 
poco  a  poco,  con  processo  periferico  relativamente  lento,  il  quale  ad 
ogni  anno  restringe  l'oasi  delle  sane. 

Del  resto,  a  Nesima,  a  Catnnia,  ovunque,  il  male  forma  sempre 
specie  di  centri  d'infezione  dai  quali  procede  irradiando. 

Osservai  pure  due  aiipezzamenti  di  Arrainon  >'■  Rupestris  Gamin 
n.°  1  fra  loro  contigui,  l'uni)  malato,  l'altro  sano;  il  primo  constava  di 
ceppi  che  erano  stati  innestati  sopra  Solonis  allorché  questo  incomin- 
ciava ad  ammalarsi;  il  secondo  invece,  era  di  piante  non  innestate. 
L'innestare  quindi  non  ha,  almeno  in  questo  caso,  valso  a  nulla,  anzi 
il  male  si  è  dal  vitigu't  debole  (Solonis),  trasmesso  al  forte  (Arramon 
X  Rupestris). 

Nelle  vicinanze  del  vivaio  di  Nesima  ho  visitato  altresì  dei  vigneti 
appartenenti  a  privati  e  formati  di  viti  nostrane  che  furono  ricostituiti 
6  0  7  anni  fa  con  barbatelle  di  Rupe.'^tris  du  Lot  inuestate,  fornite  dalla 
Scuida  Enologica  di  Catania.  Questi  vigneti  si  presentammo  perfettamente 
sani  e  nessun  segno  di  Ronat  in  essi  si  vedeva. 

Il  Direttore  della  Scuola  Kncdogica  di  Catania  mi  disse  anche  che 
nei  suoi  vivai  i  primi  ad  ammalarsi  furono  i  piedi  piti  forti  e  vigorosi, 
quelli  dai  iiuali  traeva  maggior  cofiia  di  legno.  Questo  farebbe  sospet- 
tare che  lo  sforzo  della  pianta  ed  il  conseguente  contiuuo  impoveri- 
mento pei  tralci  espoHati  la  predispongano  coU'esaurirla,  alla  niHlattia  : 
e  se  tahira  in  qual<-lie  i^iqu^dro  di  viti  fort^'Uieute  e  completamente 
malate  qualche  piede  si  mantiene  sano  e  rigoglioso,  nonostante  ciie  da 
esso  si  continui  a  tagliar  legno,  ciò  deve  attiibuirsi  a  speciale  resi- 
stenza individuale;  costituisce  un'eccezione  e  nuli' altro. 

Il  si"nor  Segapelli  mi  racconta  ancora  che  aveva  un  piede  di  Rn- 


—   232    — 

pestfis  du  hot  die  per  le  speciali  condizioni  nelle  quali  si  trovava  era 
prosperosissimo;  aveva  preso  uno  sviluppo  gigantesco,  e  dava  tralci 
lungliissimi,  quando  un'anno  i  tralci  rimasero  cortissimi,  le  foglie  rim- 
piccolirono e  si  manifestarono  in  esso  d'un  tratto  tutti  i  caratteri  del 
Boncet. 

Di  questo  caso,  affermato  da  persona  seria,  che  lo  ha  visto  coi 
propri  occhi  va  pure  tenuto  nota;  la  malattia  qui  manifestatasi  all'im- 
provviso, senza  graduale  deperimento,  male  si  spiega  coli' ipotesi  di  alte- 
razioni e  degenerazioni  anatomiche,  sempie  lente  per  loro  natura;  que- 
sto fatto  avvalorerebbe  invece  il  sospetto  che  il  male  debbasi  ad  azione 
parassitaria,  benché  non  vada  taciuto  che  si  hanno  in  altre  piante,  pure 
sottoposte  a  tagli  lipetuti,  malattie  analoghe,  delle  quali  la  causa  sem- 
bra di  natura  esclusivamente  fisiologica. 

Afferma  altresì  il  Direttore  della  Scuola  di  Catania  di  avere  osser- 
vato che  tanto  le  viti  nostrane,  quanto  le  americane,  se  si  innestano 
sopra  ceppi  di  Rupestris  du  Lot  malati,  nel  primo  anno  quasi  sempre 
cacciano  tralci  sani,  ma  al  secondo  ed  al  terzo  ammalano;  qualche  va- 
rietà resiste  più  a  lungo,  ma  poi  finisce  essa  pure  per  ammalare. 

Tanto  le  piante  madri  di  Biipestris  du  Lot  quanto  quelle  di  Riparia 
>c  Rìipcstris  3306  o  prima  o  poi  vengono  prese  dal  male,  ma  mi  assicu- 
rava il  Segapelli  che  l'esperienza  gli  aveva  dimostrato  che  se  si  innestano 
prima  che  il  Roncet  in  esse  si  manifesti,  gli  innesti  non  si  ammalano 
e  le  viti  innestate  crescono  sane.  Affermazioni  simili  io  ebbi  da  altri, 
ed  esse  troverebbeio  in  qualche  modo  una  conferma  nel  fatto  che  sulle 
colline  delle  cosi  dette  Terre  Forti  del  Catanese  vi  sono  dei  vigneti 
estesissimi,  che  contano  migliaia  e  migliaia  di  ceppi,  i  quali  furono 
ricostituiti  parecchi  anni  or  sono  con  legno  di  Rupestris  du  Lui  e  di  Ar- 
ramon  x  Rupestris,  nei  quali  vigneti  non  si  parla  di  Roncet  uè  di  altro 
straordinario  deperimento.  Altrettanto  va  detto  per  vigne  ricostituite 
nella  t'iaiut  di  Catania,  con  legno  di  diverse  varietà  di  Riparia;  e  si 
che  alcuni  di  tali  vigne  hanno  IO  e  12  anni  di  vita.  Il  legno  americano 
col  quale  tali  vigneti  sono  stati  ricostituiti  doveva  esser  sano  perchè 
il  Boncet  non  ei'a  alloia  ancora  comparso;  e  sane  sono  rimaste  le  vigne 
con  esso  ricostituite. 

Tale  considerazione  vale  non  solo  pel  Catanese,  ma  per  pareccliie 
altre  località  ove  da  tempo  si  stanno  ricostituendo  vigne,  poiché  non 
mi  è  giunto  all'orecchio  di  guai  stiaoidinari  e  di  nuove  malattie,  fatta 
eccezione  per  due  vigneti  dei  quali  sarà  detto  più  oltre. 


—  233 


* 

*  * 


A  Noto  ebbi  anche  questa  volta,  nella  mia  visita,  a  guida  l'egre- 
gio dott.  Montoneri,  giovane  solerte  e  distinto  che  dirige  ad  nn  tempo 
la  Cantina  sperimentale  ed  il    Vivaio  di  viti  americane. 

L'impressione  complessiva  che  io  ricevetti  in  questa  seconda  ispe- 
zione si  è  che  le  viti  dei  vivai  di  Noto  non  hanno  in  questi  due  anni 
peggiorato. 

Anzi  le  Berlandierì  N.  l  e  N.  2,  che  al  tempo  della  mia  prima  is|)e- 
zione  erano  prese  dal  male  con  intensità,  ora  lo  sono  meno;  hanno  al- 
meno migliore  aspetto. 

I  campi  di  Rupestris  dii  Lot  che  due  anni  fa  erano  fortemente  at- 
taccati, lo  sono  tuttora,  ma  non  in  maggiore  misura;  ed  un  appezza- 
mento di  tale  vitigno,  che  allora  era  sano,  tale  pressoché  si  è  mante- 
nuto e  prospera. 

II  Montoneri  mi  disse  che  nella  penultima  primavera  (1902)  le  viti 
presentarono  un  forte  intristimento  quasi  generale,  che  lo  impensieri 
al  punto  da  telegrafarne  al  Ministero,  ma  poi  nell'estate  esse  si  rieb- 
bero e  nell'anno  scorso  (1903)  nulla  più  si  è  manifestato,  ed  il  vivaio 
si  mantiene  in  uno  stato  relativamente  buono. 

Altrettanto  avvenne  colle  viti  che  furono  spedite,  per  ordine  del 
Ministero,  dalle  Isole  Tremiti;  queste  pure  dapprima  sembrava  voles- 
sero tutte  ammalarsi,  ma  [)oi  si  riebbero. 

Due  anni  or  sono,  il  dott.  Montoneri  ha  fatto  innestare  molte  Ru- 
pestris du  Lot  e  Berlandieri  N.  1  e  N.  2,  con  viti  nostrane;  gli  innesti 
l'anno  scorso  si  mantennero  sani;  ora  sono  alla  loro  seconda  foglia,  ed 
1  getti  in  generale  si  presentano  bene.  E  da  sperare  che  così  con- 
tinuino. 

Nella  mia  prima  ispezione  notai  che  a  Noto  le  foglie  della  Rupestris 
du  Lot  malate  di  Runcet,  oltre  ai  caratteri  speciali  della  malattia  mostra- 
vano dei  pnntini  neri  attorno  ai  quali  il  mesofiUo  si  arrestava  nello 
sviluppo  e  la  lamina  fogliare  diveniva  più  o  meno  asimmetrica;  questo 
fenomeno  si  ebbe  anche  nell'anno  scoi-so;  ed  ora  chiazze  e  puntini  ne- 
ricci di  già  si  manifestano  anche  nelle  foglioline  dei  getti  primaverili. 

Noto  il  fatto  perchè  nel  luglio  scorso  nel  vivaio  di  Udine  le  viti 
mandate  dalle  Isole  Tremiti  sospette  d'essere  malate  di  Roncet  rivela- 
vano lo  stesso  fenomeno,  ma  nessuno  dei  caratteri  del  Roncet,  onde 
probabilmente  tali  chiazze  sono  dovute  ad  altra  malattia,  forse  a  Me- 
lanosi. 

Anche  in  questa  seconda  ispezione,  ed  in  maggior  numero  che  nella 


—   234  — 

prima,  ho  visto  viti  con  getti  sani  frammisti  a  malati  sullo  stesso  ceppo  ; 
la  differenza  fra  essi  non  era  piccola  ;  non  ostante  fossimo  ai  primordi 
della  vegetazione  ho  su  parecchi  ceppi  contato  da  10  a  15  getti  che 
avevano  ai)pena  7  od  8  ceiitim.  di  lunghezza  con  foglioline  di  già  defor- 
mantesi,  ed  insieme  uno,  due  o  ti'e  pampini  perfettamente  sani,  e  Inn- 
giii  da  60  ad  80  centim. 

Il  dott.  Montoneii,  come  tutte  le  persone  da  me  interrogate,  mi 
assicurava  che  anche  nel  territorio  di  Noto  e  dei  paesi  vicini  i  vigneti 
ricostituiti  con  legno  americano  (alcuni  hanno  sino  a  12  anni  di  vita) 
sono  pili  0  meno  prosperosi  e  non  presentano  i  fenomeni  del  Roncet. 
Qua  e  là  si  hanno,  come  sempre  si  è  avuto,  casi  di  viti  intristite,  ma 
sono  sporadici,  e  quantunque  la  causa  deirintristimento  loro  non  sia 
bene  accertata,  non  preoccupano. 

Fanno  eccezione  due  vigneti,  l'uno  molto  grande,  su  quel  di  Vit- 
toria, appartenente  al  principe  Biscari  ;  l'altro  più  piccolo  sito  nel  cir- 
condario di  Siracusa.  Il  primo,  formato  alcuni  anni  fa  con  legno  ame- 
ricano fatto  venire,  a  quanto  mi  dissero,  dalla  Francia,  vuoisi  sia  for- 
temente attaccato  di  Roncet.  Di  scienza  mia  per  altro  nulla  posso  dire 
perchè  sventuratamente  non  potei  recarmi  a  Vittoria  per  mancanza  di 
tempo,  del  che  forte  mi  spiace,  anche  [lerchè  il  principe  Biscari  gode 
fama  di  uno  dei  più  api>assionati  ed  intelligenti  agricoltori  deUa  Sicilia. 

L'altro  vigneto,  pure  designato  come  fortemente  attaccato  da  Roncet 
è  posto  nella  contrada  d'Isola  presso  Siiacusa,  ed  appartiene  al  signor 
Salibra.  Io  lio  visitato  questo  vigneto  insieme  all'egregio  (irof.  Arnao, 
direttore  della  Cattedra  Ambulante  di  Siiacusa,  che  volle  gentilmente 
accompagnarmi,  e  mi  fu  guida  molto  gradita  ed  utile. 

Questo  vigneto  fu  impiantato  5  anni  or  sono,  e  conta  cii'ca  10,000 
piedi  di  viti  nostrane  (in  gran  parte  ]Sero  d'Avola  o  Calabrese^  innestate 
sopra  legno  di  Riipestris  dti  Lot  avuto  da  un  vivaio  privato  di  Palmi. 
Nei  primi  tre  anni  le  viti  pi'ospei'arono  senz;i  alcun  segno  di  sofferenze, 
ma  due  anni  fa  molti  ceppi  rimasero  coi  tralci  corti  e  intisichiti,  le 
foglie  non  raggiunsero  l'ampiezza  normale  e  divennero  ricce  ed  il  i>io- 
dotto  fu  molto  scarso.  L'anno  scorso  l'intristimento  liappaive  sulle 
stesse  viti,  ma  in  minor  grado;  il  ritardo  infatti  nello  sviluppo  delle 
gemme  che  nel  jìrimo  anno  dell'intristimento  era  stato  di  10  a  12  giorni, 
nella  primaveia  passata  (1903)  fu  solo  di  6  a  7  giorni,  poi  nell'estate 
i  tralci  l'aggiunsero  quasi  la  lunghezza  normale  ed  il  prodotto  fu  abba- 
stanza buono;  il  vignaiuolo  che  ne  dava  i|iieste  notizie  concludeva: 
l'anno  passato  il  male  fu  molto  meno,  anzi  gitasi  nullo. 

Il  21  d' ai)rile,  giorno  nel  quale  io  visitava  il  vigneto,  i  getti 
delle  viti  avevano  di  già  raggiunti  da  40  a  60  centimetri  di  lunghezza, 


—   235  — 

nessun  ritardo  si  era  avvertito  nell'apertura  delle  ^emme  e  l'intero 
vigneto,  a  primo  aspetto,  si  mostrava  in  buone  condizioni.  Per  altro, 
osseivando  con  attenzione,  trovavansi  ceppi  con  getti  più  corti,  bencliè 
perfettamente  verdi  ed  apparentemente  sani,  essi  avevano  internodi 
più  brevi  e  non  cosi  flessibili  come  quelli  delle  altre  viti;  e  non  solo 
erano  meno  pieghevoli,  ma  anche  più  duri,  indizio  di  voler  presto  li- 
gnificare, e  di  non  essere  destinati  a  raggiungere  forte  lunghezza. 

Alcuni  cepiii  mostravano  altresì  insolito  sviluppo  delle  sottogemme 
ed  anclie  produzione  di  femminelle,  quindi  un  poco  di  tendenza  alla 
forma  cespugliosa.  Tje  foglie  pei-  altro  erano  larghe  e  pressoché  nor- 
mali, se  si  toglie  la  presenza  dei  puntini  nericci  simili  a  quelli  riiiiHr- 
cati  a  Noto,  forse  dovuti  a  melanosi.  Anche  i  getti  corti  portavano  pe- 
raltro gran  copia  di  grappoletti. 

Il  terreno  su!  quale  è  piantato  questo  vigneto  è  di  natura  calcare, 
ma  non  uniforme,  come  lo  dimostra  il  suo  vario  colore;  pare  terreno  di 
trasporto;  nemmeno  è  piano,  poiché  ha  per  sottosuolo  una  roccia  com- 
patta ed  ondulata  onde  presenta  rialzi  ed  avallamenti.  Le  viti  a  getti 
lunghi  occupavano  generalmente  le  parti  basse  ove  lo  spessore  del  ter- 
reno agrario  era  maggiore,  quelle  a  getti  corti  le  parti  più  alte  ove  lo 
strato  del  terreno  agrario  era  minore.  Le  condizioni  del  terreno  ave- 
vano, non  vi  ha  dubbio,  influenza  sullo  sviluppo  dei  germogli,  ma  non 
va  taciuto  che  anche  fra  le  viti  [ìiù  piosperose  delle  vallucce  qualche 
ceppo  si  vedeva  a  getti  relativamente  corti. 

Altra  osservazione  importante;  i  getti  che  partivano  dai  pedali, 
sotto  l'innesto,  cioè  dal  selvatico  aiìiericano  (come  fu  detto  e  come  si 
vedeva  costituito  di  Rupestris  dn  L<>t)  portavano,  alcuni  foglie  rotonde  e 
normali,  altri  invece  foglie  a  lunghi  lobi  e  frastagliate.  Questo  ne  dice 
che  con  ogni  probabilità  le  viti  che  avevano  fornito  il  legno  da  porta 
innesti  dovevano  essere  in  parte  sane  ed  in  parte  malate. 

Siamo  qui  in  presenza  di  un  attacco  di  Roncet  trasmesso  dai  sog- 
getti americani  alle  viti  nostrane  su  essi  innestate,  oppure  ad  un  intri- 
stimento  più  o  meno  passeggero  e  dovuto  ad  altre  cause? 

E  il  (irimo  vigneto  di  viti  nostrane,  ricostituito  con  legno  ameri- 
cano che  si  sospetta  attaccato  da  Roncet,  che  io  ho  avuto  occasione 
di  osservare;  onde  è  prudenza  non  arrischiare  alcun  giudizio,  bisognerà 
aspettare  che  l'andamento  dell'infezione,  se  infezione  vi  é.  meglio  si 
chiarisca. 

Pel  momento  si  può  affeimare  solo  che  in  questo  vigneto  vi  è  stato, 
e  vi  è  tuttora,  accenno  di  rachitismo,  benché  a  quanto  sembra,  in  via 
di  scomparire.  Al  suo  manifestaisi  potrebbe  aver  contril)uito  il  vario  e 
qua  e  là  insufficiente  spessore  dello  strato  arabile   e   la   varia  sua   na- 


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tura;  ed  in  parte  forse  le  condizioni  delle  barbatelle  originarie  colle 
quali  si  è  ricostituito  il  vigneto,  fumiate,  non  vi  ha  dubbio,  con  legno 
di  liiipestris  d>i  Lot  promiscuamente  sano  e  malato. 

Il  fatto,  per  altro,  ciie  tutti  i  vigneti  del  territorio  di  Siracusa  da 
tempo  ricostituiti,  sono  tuttora  sani,  toglie,  almeno  in  parte,  valore  al 
sospetto  che  trattisi  veramente  di  Roncet  trasmesso  dai  soggetti  ame- 
ricani agli  innesti  nostrani. 


CONCLUSIONI. 

Rapida  e  foise  non  abbastanza  estesa  è  stata  questa  mia  isi)ezione; 
in  parte  contradditori  sono  i  fatti  da  me  raccolti,  e  insufficienti  quelli 
che  noi  conosciamo  sulla  natura  del  Roncet,  ciie  da  solo  pochi  anni  si 
è  da  noi  manifestato. 

I  dati  che  abbiamo  sono  quindi  trop|)0  poveri  e  le  osservazioni 
tuttora  immature  onde  alcune  delle  conclusioni  che  seguono,  ricavate 
da  quanto  è  sopra  esposto,  non  possono  avere  che  un  valore  lelativo. 

In  questi  due  anni  il  Roncet  non  ha  continuato  ad  estendersi  colla 
intensità  colla  quale  si  era  prima  manifestato,  anzi  pare  accenni  a  con- 
tenersi, se  non  a  diminuire.  Il  fatto  che  quasi  tutti  i  vigneti  ricosti- 
tuiti, e  da  molti  anni,  con  legno  americano,  anco  di  vitigni  dei  piii  sen- 
sibili al  Roncet,  si  mantengono  tuttora  in  buono  stato  deve,  a  mente 
mia,  ricondurre  in  più  giusti  e  ragionev(tli  limiti  la  preoccupazione  che 
esso  ha  destato,  la  quale  sembra  ora  esagerata. 

Non  è  di  certo  il  Roncrt  male  da  poco  e  trascurabile,  ma  nemmeno 
è  tale,  come  alcuno  voirebhe,  da  scoraggiare  ed  abbandonare  l'impiego 
del  legno  americano  nella  ricostituzione  dei  vigneti  che  la  fillossera  ha 
distrutti. 

Per  detta  ricostituzione  non  sembra  nemmeno  neci'Ssai-io  l'esclu- 
dere il  legno  dei  vitigni  meno  resistenti  al  male,  che  spesso  sono  per 
le  altre  loio  qualità  i  [tiù  preziosi;  quali  la  Rupestris  clu  Lot,  la  Ri- 
paria Rnpestris  3306,  ecc.;  basta  che  i  ceppi  dai  quali  si  ricava  il  legno 
per  le  talee  siano  sani,  cioè  non  abbiano  ancora  manifestati  i  segni  del 
male,  e  si  innesti  presto  cioè  prima  che  si  ammalino. 

Le  piante  madri  dei  vitigni  americani  prima  o  jioi  nei  vivai  am- 
malano; alcune  varietà  resistono  a  lungo,  ma  nessuna  ne  va  esente; 
invece  se  si  innestano  le  viti  americane,  prima  che  in  esse  il  Roncet 
si  sviluppi,  con  vitigni  nostrani,  questi  non  sono  attaccati. 

Impiegare  per  la  ricostituzione  dei  vigneti  legno  proveniente  da 
ceppi  malati  di  Roncet,  non  mi  pare  cosa  prudente;  nemmeno  mi  sem- 


—  237  — 

bra  consigliabile,  almeno  per  ora,  innestare  le  viti  americane  malate 
con  nostrane,  poicliè  i  risnltati  finora  ottennti  da  tali  innesti  sono  fra 
loro  contradittori.  È  savio  attendere  che  il  tempo  chiarisca  la  questione, 
sulla  quale  porteranno  luce  gli  sperimenti  intrapresi  a  Milazzo  e  gli 
altri  che  altrove  si  fanno,  rivolti  a  cercare  se  fra  le  varietà  europee 
da  noi  coltivate  ve  ne  sono  di  refrattarie,  od  almeno  di  sufficientemente 
resistenti  al  male;  ed  il  vario  grado  della  loro  resistenza. 

Il  taglio  soverchio,  e  ad  ogni  anno  ripetuto,  di  tutti  i  tralci  della 
vite  per  trarne  talee,  quale  si  opera  nei  vivai,  deve  come  ho  di  già 
detto  altra  volta  ',  col  martorizzare  continuamente  la  pianta,  portare 
non  lieve  squilibrio  nelle  funzioni  fra  la  parte  aerea  e  le  radici,  quindi 
indebolire  e  predisporre  il  ceppo  ad  ammalarsi,  ma  questo  non  basta  a 
spiegare  alcuni  dei  fatti  esposti,  specie  il  processo  per  contiguità  col 
quale  il  male  si  manifesta  e  diffonde,  il  che  fa  sospettare  che  vi  entri 
pure  l'opera  di  qualche  parassita. 

Pavia,  dal  Laboratorio  Crittogamico.  —  Settembre  1004. 


Vedi:  Relazione  mia  avanti  citata  del  Dicembre  1901, 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


CONTRIBUTO  ALLA  BIOLOGLi  FOGLIARE 

DEL 

BUXUS  SE31PEBVIBENS  L. 

PER    IL    nOTTOR 

LUIGI  MONTEMARTINI. 

Nelle  giornate  rigide  d'inverno,  quando  la  temperatura  si  abbassa 
sotto  lo  zero,  le  foglie  del  Buxhs  sempervirens  mostrano  sulla  loro  pa- 
gina inferiore  una  grossa  vescica  che  ne  occupa  quasi  l'intiero  lembo 
(iig.  1),  costituitasi  per  il  sollevamento  dell'epidermide  e  degli  strati 
più  esterni  del  mesofillo  che  le  sono  rimasti  aderenti.  L'interno  è  occu- 
pato da  una  relativamente  grossa  lente  di  ghiaccio,  che  può  avere  uno 
spessore  massimo  di  due  millimetri  e  un  volume,  dedotto  dal  peso,  di 
25  —  40  millimetri  cubi  ^ 


•  La  formazioue  di  masse  relativamente  grosse  di  ghiaccio  nell'interno  degli  or- 
gani vegetali  fn  già  osservata  da  Ed.  PrilUeux  (i^ei  de  la  gelée  stir  les  plantes.  — 
Formation  de  glacons  dans  les  tissus  des  plantes,  in  Bull  de  la  Sue.  Hot.  de  France. 
18(j9,  pag.  140;  e  Sur  la  formation  de  glagoim  à  l'intérieur  des  plantes,  in  Ann.  de 
Se.  Nat.,  Botaniqiie,  Sér.  V,  T.  12,  1869,  pag.  125),  il  quale  ci  dà,  nella  prima  delle 
pubblicazioni  citate,  numerosissimi  esempi,  alcuni  presi  da  autori  precedenti,  di  tale 
fenomeno,  e  nella  si^conda  descrive  parecchie  disposizioni  anatomiche  intese  a  ren- 
dere possibile  tale  formazione  senza  danno  alcuno  per  i  tessuti. 

Disposizioni  e  formazioni  simili,  alcune  delle  quali  ricordano  quella  da  me  qui 
descritta  del  Bn.ms,  vennero  anche  studiate  da  51.  Dalmer  (Ueber  Eishilduiig  in  P/'an- 
zen  mit  Hiicksicht  aitf  die  anatomische  Bescliaffenlieit  derselhen,  in  Flora,  18115,  pa- 
gina 436)  e  da  F.  Ludwig  (Weitere  Beobachtungen  ilher  die  Biologie  von  Hellebo- 
rus  foetidus.  in  lìot.  Centralbl,  18!)9,  Bd.  LXXX,  pag.  401),  e  si  trovano  pure  nu- 
merose menzionate  in  diversi  trattati,  fra  i  quali  quelli  di  A.  B.  Frank  (Die  Krank- 
heiten  der  l'Jlanzen,  II.  Aufl.,  Breslau  1805,  Bd.  I,  pag.  178)  e  di  \\'.  Pfeffer  (Pflan- 
zenphysiologie,  IL  Aufl.,  Leipzig  1901,  Bd.  II,  pag.  307). 

Non  mi  risulta  però  che  il  fatto  sia  stato  osservato  nelle  foglie  del  Biixiis  sem- 
peroirens,  né  che  ad  esso  sia  stata  data  finora  altra  importanza  che  quella  di  un  fe- 
nomeno puramente  fisico. 

Atti  dell'Ut.  Boi.  (leW Università  di  Paeia  —  Serie  II  —  Voi.  X-  19 


—   240   — 

La  separazione  del  mesofiUo  avviene  (fig.  2  e  3)  in  corrispondenza 
alla  superficie  esterna  del  libro  delle  nervature,  in  una  zona  nella  quale 
pochi  e  piccoli  sono  i  punti  di  contatto  (fig.  4)  tra  le  cellule  inferiori 
estese  quasi  trasversalmente  e  le  superiori  che  sono  invece  rotondeg- 
gianti. Ed  il  distacco,  forse  favorito  lialia  gir-latinificazione  della  lamella 
mediana,  ha  luogo  nettamente  e  senza  rotture  di  cellule,  proprio  come 
in  alcuni  dei  casi  descritti  dal  Prillieux  '  o  dal  Dalmer  »  (fig.  5). 

Quando  la  temperatura  esterna  si  fa  più  mite,  il  ghiaccio  si  fonde, 
l'acqua  viene  riassorbita  dai  tessuti  e  la  vescica  scompare  per  tornare 
ancora  a  formarsi  se  la  temperatura  ambiente  si  abbassa  un'altra  volta 
sotto  lo  zero.  Però  gli  strati  più  esterni  del  mesofiUo  spugnoso  non  si 
riattaccano,  quando  la  foglia  ha  ripreso  il  suo  aspetto  normale,  ai  sot- 
tostanti, ma  ne  rimangono  divisi,  sì  che  nelle  foglie  che  hanno  subito 
una  volta  l'azione  del  gelo  essi  si  possono  con  facilità  sollevare  e  stac- 
care senza  recare  alcun  danno  meccanico  agli  altri  tessuti  (fig.  2). 

Quali  etfetti  ha  per  la  pianta  la  formazione  di  grosse  masse  di 
ghiaccio  nell'interno  delle  foglie,  resa  cosi  possibile  da  speciali  dispo- 
sizioni anatomiche? 

In  una  recente  pubblicazione  del  Mez  ^  si  ammette  che  tali  masse 
di  ghiaccio  che  si  formano  nell'  interno  dei  tessuti  possano  essere  utili 
alla  pianta  e  per  il  calore  di  cristallizzazione  che  se  ne  libera,  e  spe- 
cialmente perchè  impediscono  la  dispersione  di  calore  da  parte  dei  tes- 
suti che  esse  ricoprono.  Tale  ipotesi,  che  il  Mez  appoggia  ad  osserva- 
zioni non  prive  di  importanza,  può,  secondo  me,  applicarsi  anche  al 
caso  nostro. 

Che  la  presenza  del  ghiaccio  nell'interno  delle  foglie  del  Buxus 
protegga  il  mesofiUo  contro  i  danni  del  gelo,  mi  risulta  dal  fatto  che 
avendo,  verso  i  primi  dello  scorso  gennaio  (e  cioè  prima  che  si  facessero 
sentire  i  freddi  più  intensi  dell'inverno),  praticato  un  finissimo  taglio 
sulla  pagina  inferiore  di  diverse  foglie,  tale  da  non  danneggiare  in 
alcun  modo  i  tessuti  sottostanti  ma  permettere  però  l'uscita  dell'acqua 
ed  impedire  la  formazione  del  ghiaccio,  le  foglie  così  trattate  seccarono 
0  tutte  0  in  parte  durante  le  giornate  freddissime  che  seguirono.  Invece 
le  foglie  sulle  quali  l'operazione  fu  fatta  verso  la  metà  di  febbraio  e 
rimasero  esposte  dopo  bensì  al  gelo  (in  modo  che  l'acqua  è  uscita  anche 
da  esse),  ma  non  alle  basse  temperature  che  avevano  già  superato  nei 


'  Ed.  Peilueux,  /oc.  cit. 
"  M.  Dalmer,  loc.  cit. 

'•'  C.   Mez,    Neue    Untersuchiint/cn    iiher   dan    hh-frleren    eUhesPindigcr   l'/lmizeu 
{Flora,  19u5,  pag.  Si»). 


—  241  — 

giorni  precedenti,  resistettero  malgrado  l'operazione,  anzi  presentarono 
un  fenomeno  speciale  di  cicatrizzazione:  le  loro  cellule  scoperte  cioè 
(fig.  6)  si  allungarono  in  peli,  sostituendo  con  una  fitta  peluria  la  epi- 
dermide là  dove  era  stata  tagliata  *. 

Ma  non  è  solo  un  effetto  termico  quello  che  le  masse  di  ghiaccio 
che  studiamo  hanno  sopra  le  foglie  in  cui  si  formano. 

Io  ho  determinato  la  quantità  d'acqua  contenuta  nelle  foglie  del 
Biixus  nei  diversi  periodi  dell'anno.  Tale  determinazione  ho  fatto  su 
molte  foglie  colte  sempre  alla  stessa  ora  della  giornata  ^  e  ad  inter- 
valli di  20-25  giorni,  pesandole  fresche,  appena  colte,  e  dopo  averle 
seccate  in  una  stufa  a  100°  C. 

Da  tali  determinazioni  mi  risalta  che  le  foglie  di  questa  pianta  si 
comportano,  per  rispetto  al  loro  contenuto  in  acqua,  in  modo  un  po' 
diverso  da  quelle  delle  altre  piante  sempreverdi  dei  nostri  paesi. 

Ecco  infatti  quanta  è  l'acqua  contenuta  nelle  foglie  dell'annata: 

da  luglio  (dopo  raggiunto  il  loro  completo  svi- 
luppo) a  novembre 62,25  "/„  del  peso  fresco 

da  dicembre  a  febbraio  (durante  i  freddi).     .  59,19  „     „       ,,         „. 

da  marzo  ad  aprile  (prima  e  durante  l'apertura 
delle  gemme) 54,77  „     „       „         „ 

E  cioè  l'acqua  durante  l' inverno  diminuisce  leggermente  (3,06  "/oj 
e  alla  primavera,  quando  le  gemme  si  aprono,  diminuisce  ancora  sen- 
sibilmente. 

Invece  ecco  come  si  comportano  altre  piante  sempreverdi  dei  nostri 

paesi  : 

Acqua  contenuta  in  100  parti  di  peso  fresco  nelle  foglie  di: 

Laurus     Aucuba       Magnolia     Hedera  Abies 

nobilis     japonica   grandiflora     helix      Nord-manniana 

durante  i  mesi  d'estate 

fino  a  novembre  .     .  53,13  75,70  62,38  63,83  55,14 

da  dicembre  a  febbraio  48,98  70,34  58,81  60,22  51,89 

marzo  e  aprile    .     .     .   '.3,49  73,65  60,92  62,22  52,62 


'  Esempi  tli  simili  cicatrizzazioni  fogliari  sono  descritti  e  figurati  auclie  da  E. 
KusTEK  (Pathologische  Pflanzenanaiomie.  Jena,  1903,  pag.  94). 

Nel  Bnxus  si  vedono  meglio  se  la  foglia,  dopo  che  è  ferita,  viene  conservata  in 
ambiente  caldo  ed  umido.  In  questo  caso  perù  la  peluria  di  cicatrizzazione  riesce  meno 
fitta  che  all'aperto. 

-  Tale  precauzione  è  necessaria  per  evitare  le  differenze  dovute  alle  variazioni 
diurne.  Veggasi  in  proposito:  G.  Kraus,  Ueber  die  Wasservertlieilung  in  der  l'flanze, 
III,  Die  VigUche  Srhwellungsperiode  der  Pflanzen  (Abh.  d.  Natnrf.  Ges.  zìi  Halle. 
Bd.  XV,   1881). 


13  febbraio 

14  febbraio 

mattino     pomeriggio 

mattino 

pomeriggio 

59,31           52,60 

60,80 

51,74 

67,55          68,85 

— 

— 

—               — 

63.02 

62,81 

—               — 

51,85 

50,32 

—   242   — 

E  cioè  l'acqua  diminuisce  considerevolmente  durante  l'inverno  e 
aumenta  alla  primavera^  quando  le  gemme  cominciano  ad  aprirsi. 

Interessante  è  anche  vedere  come  si  comporta  l'acqua  col  gelo  e 
col  disgelo  nelle  varie  foglie.  Tale  comportamento  risulta  dalle  seguenti 
determinazioni  fatte,  sempre  col  metodo  sopra  descritto,  nei  giorni  13 
e  14  febbraio  u.  s.,  nei  quali  si  aveva  al  mattino  una  temperatura  di 
3°  e  4"  C.  sotto  zero,  e  nel  pomeriggio  di  -f  2"  0.  I  numeri  indicano 
ancora  la  percentuale  di  acqua  rispetto  al  peso  fresco  delle  foglie. 


Buxus  sempervireiis  '     .     .     . 

Aucuba  japoìiica 

Eoonjmus  japonica   .... 

Ahies  Nord-Dianniana    ... 

Risulta  che  durante  il  gelo,  e  cioè    mentre  esiste  nel  loro  interno 
il  grosso  corpo  di  ghiaccio,  le  foglie    di   Buxns  contengono  una  consi 
derevole  quantità  di  acqua  (dal  7  al  9  7o)  ''i  P'ì'  che  durante  lo  sgelo  : 
mentre  nelle  altre    piante    sempreverdi  la  differenza  è  minima,  se  pur 
non  si  verifica  il  fenomeno  opposto  ^. 

Si  direbbe  dunque  che  il  gliiaccio  serva  a  trattenere  nelle  foglie 
ed  in  generale  nelle  parti  più  elevate  della  pianta  una  certa  quantità 
di  acqua,  che  poi  è  ceduta  ai  rami  quando  le  gemme  cominciano  ad 
aprirsi.  La  ripresa  della  vegetazione  ha  luogo  in  parte  a  spese  del- 
l'acqua contenuta  e  rimasta  nelle  foglie,  la  quale  quindi,  come  si  è 
visto,  diminuisce.  Nelle  altre  piante  invece  tale  ripresa  ha  luogo  spe- 
cialmente a  spesa  dell'acqua  proveniente  dal  terreno  la  quale  va  tanto 
alle  giovani  gemme  che  si  aprono^  quanto  alle  foglie  vecchie,  in  cui  in- 
fatti aumenta  la  proporzione  di  essa. 

Che  la  conservazione  dell'acqua  nelle  foglie  abbia  una  certa  rela- 
zione collo  sbocciare  delle  gemme  è  dimostrato  anche  dalla  seguente 
esperienza.  In  pieno  inverno,  quando  le  foglie  mostravano  tutte  la  loro 


*  Le  espeiienze  furouo  fatte  ancora  colle  foglie  dell'ultimo  anno  percliè  le  più 
alte  e  più  vicine  alle  gemme  e  più  esposte  al  freddo.  Il  fenomeno  però  si  riscontra, 
benché  meno  intenso,  anche  nelle  foglie  più  vecchie.  In  queste  infatti  trovai:  nel  I."> 
febbraio  il  55,.57  "/(,  di  acqua  nella  mattina  a  il  54,0.7  nel  pomeriggio;  e  il  11  febbraio 
il  49,48  e  il  4!»,yi. 

È  inutile  dire  che  le  foglie  appena  colte,  prima  di  essere  pesate,  eiano  con  ogni 
cura  asciugate  esternnmente  onde  togliere  le  cause  d'errore  dovute  all'umidità  esterna. 

-  La  perdita  di  acrjua  degli  organi  gelati  è  descritta  anche  da  H.  Molisch:  Un- 
tersucltungen  iiher  das  i^rfrieren  dcr  PJianzen  (Jena,  18SI7). 


—   243   — 

vescichetta  di  ghiaccio,  tagliai  diversi  rametti  di  Buxus  e  ad  alcuni  di 
essi  praticai  in  tutte  lo  foglie  una  sottile  incisione  si  da  far  uscire 
l'acqua  che  vi  era  immagazzinata,  poi  li  portai  tutti  in  serra  calda 
dove  li  immersi  colla  loro  parte  inferiore  nell'acqua  di  uno  stesso  re- 
cipiente. Tutti  continuarono  a  vivere,  anzi  nelle  foglie  ferite  cominciò 
attivo  il  processo  di  cicatrizzazione  che  è  stato  sopra  descritto  ;  ma 
mentre  i  rametti  lasciati  intatti,  dopo  un  mese  in  quelle  condizioni  di 
vegetazione  forzata,  cominciarono  a  sbocciare  le  loro  gemme  ed  a  ger- 
mogliare, quelli  colle  foglie  aperte  non  hanno  ancora  cominciato  a  ger- 
mogliare ora. 

Credo  dunque  si  possa  concludere  che  le  foglie  del  Buxus  semper- 
virens  sono  in  modo  speciale  adattate  a  favorire  nel  loro  interno,  du- 
rante l'inverno,  la  formazione  di  considerevoli  masse  di  ghiaccio,  le 
quali,  oltre  difendere  il  mesofìllo  da  una  soverchia  dispersione  di  calore, 
trattengono  nelle  foglie  stesse  una  certa  quantità  di  acqua  che,  ceduta 
poi  ai  rami,  ha  una  funzione  non  indifferente  nella  germogliazione  pri- 
maverile. 

Dall'Istituto  Botauico  di  Pavia;  aprile  1905. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  XXVIIL 


Fig.    I.  —  Estremità  di  rametto  di  Biixus  seìnpervrrens  iu  una  rigida  giornata  d'in- 
verno. 
,     2.  —  Sez.  trasv.  schematica  di  una  foglia  dello  stesso,  durante  il  disgelo. 
.     -'3.  —  La  stessa  durante  il  gelo  e  quando  è  piena  di  ghiaccio. 
,     4.  —  Porzione  di  sezione  di  foglia  dell'anno  che  non  ha  ancora  subito  l'azione 

del  gelo  -  -  . 

135 

,     5.  —  La  ste.ssa  durante  il  gelo  —  - . 

^     6.  —  Processo  di  cicatrizzazione  iu  foglia  alla  quale  e  stata  tagliata  l'epidermide 
della  pagina  inferiore  — j— . 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  K.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


PRIMI  STUDI 

SULLA 

FOMAZIOM  DELLE  SOSTANZE  ALBIIMINOIDI 
NELLE    PIANTE. 

PER    IL 

Dotf.  LUIGI  MONTEMARTINl 


Inti'oduzione. 


I  processi  sintetici,  clie,  nelle  piante  dagli  idrati  di  carbonio  pro- 
dotti per  la  fotosintesi  clorofilliana  e  dai  composti  azotati  inorganici 
provenienti  dal  suulo  conducono  alla  formazione  degli  albuminoidi  e 
della  sostanza  vivente,  non  sono  per  anco  ben  noti,  né  si  conoscono 
con  precisione  gli  organi,  le  condizioni,  il  tempo  in  cui  essi  hanno 
luogo. 

La  maggior  parte  dei  moltissimi  lavori  che  si  hanno  sull'argo- 
mento si  raggruppa  intorno  alle  due  ipotesi,  ambedue  accreditate,  del 
Sachs  e  dello  Pfeffer  :  secondo  la  prima  (I),  la  sintesi  degli  albumi- 
noidi avverrebbe  negli  stessi  organi  nei  quali  si  formano  gli  idrati  di 
carbonio,  cioè  nelle  foglie  e  nelle  altre  parti  verdi  della  pianta;  mentre 
secondo  l'altra  (I),  essa  sarebbe  funzione  di  ogni  protoplasma  e  potrebbe 
per  conseguenza  aver  luogo  tanto  al  buio  che  alla  luce,  in  tutte  le 
cellule  vive  dalle  foglie  alle  radici. 

Tra  i  più  validi  sostenitori  ed  esplicatori  della  ipotesi  del  Sachs 
abbiamo  lo  Schimper  (I  e  II),  il  quale  ha  osservato  che  i  nitrati,  i  sol- 
fati e  gli  altri  sali  minerali  che  sono  assorbiti  dalle  radici  nel  suolo 
vengono  scomposti  nelle  foglie  verdi  sotto  l'azione  della  luce  ^  e  trovò 


'  Lo  Schimper  confermò  così  l'osservazione  già  fatta  da  Wulfert,  Berthe- 
lot,  ecc.,  che  i  nitrati  si  accumulano  in  tutti  gli  organi  delle  piante  superiori  fuor 

Aili  (ìeU'lsI    Bot.  ddV  Università  di  rafia  —  Serie  II  —  Voi.  X.  20 


—  246  — 

ili  questo  fatto  la  prova  che  almeno  le  prime  fasi  della  sintesi  orga- 
nica che  succede  a  quella  degli  idrati  di  carbonio  si  compiono  nelle 
cellule  verdi  e  sono  dipendenti  dalla  luce.  Onde  queste  cellule  devono 
essere  considerate,  secondo  lo  stesso  autore  e  come  pensava  anche 
Dehérain,  come  laboratori  in  cui  tutte  le  sostanze  che  formano  il  nu- 
trimento della  pianta  subiscono  una  prima  elaborazione  ;  ed  è  probabile 
che  i  cloroplasti  agiscano  come  organi  riduttori  non  solamente  del 
biossido  di  carbonio,  ma  anche  dì  certi  acidi  minerali,  come  il  nitrico 
ed  il  solforico,  arrivati  nelle  cellule  in  forma  di  nitrati  e  solfati.  '  E 
che  alcuni  funghi  possano  assimilare  i  sali  minerali  senza  il  concorso 
della  luce  e  della  clorofilla,  non  infirma,  sempre  secondo  Schimper,  la 
ipotesi  sopra  esposta,  come  la  esistenza  di  bacteri  che  possono  formare 
al  buio  un  idrato  di  carbonio  simile  alla  cellulosa  non  distrugge  la 
teoria  dell'assimilazione  clorofilliana  per  le  piante  superiori. 


clie  nelle  foglie,  egli  aggiunse  però  la  dimostrazione  che  nelle  foglie  verdi  te- 
nute al  buio  e  nelle  porzioni  bianche  delle  foglie  variegate  i  nitrati  si  accu- 
mulano conio  negli  altri  organi.  Anche  recentemente  il  Wòlfer  (1)  confermò  l'ac- 
cumulazione dei  nitrati  nelle  piante  superiori  tenute  al  buio  e  ne  dedusse  una 
probabile  relazione  tra  l'assimilazione  del  biossido  di  carbonio  e  quella  dei  sali 
in  parola. 

'  Secondo  recenti  ricerche  di  S.  Posteunak  {Contrihulion  à  l'elude  cJiì'iìiirjiie 
ée  Vassiiììilulion  cli!oropIi>/!licinie :  Si(r  le  jireìiiier  jìroduit  d'oryanisuiion  do  ì'u- 
fide  phosphoriqua  dans  les  plantes  à  cldorophi/lle,  avec  quelgnes  remarques  sur 
h  fòle  phi/sìoloi/iqjie  de  l'inosiie;  in  Bev.  f/ón.  de  Botanique,  Paris,  19C0,  N.  133 
<■  134)  o  di  L.  IwANOFF  (Das  Aufreten  und  Schwivden  von  Phosphorverhindungen 
in  der  Pflcmse;  in  rriiu/sheùn's  Jahrb.  f.  w.  Boi.,  Bd.  XXXVI,  1901,  p.  355-379), 
anche  i  fosfati  vengono  consumati  nelle  foglie  verdi  sotto  l'azione  della  luce,  e 
cioè  in  quelle  si  combinano  coll'aldeide  formica  (Posternak)  o  cogli  idrati  di  car- 
bonio (Iwanoif)  per  formare  i  primi  composti  organici  con  fosforo,  che  migrano 
poi  verso  gli  organi  nei  quali  sono  utilizzati.  Per  Iwanoff  però  la  dipendenza 
del  fenemeno  dalla  luce  è  solamente  indiretta  perchè  da  essa  dipende  la  forma-- 
zion(!  degli  idrati  di  carbonio,  e<l  infatti  in  atmosfere  privo  di  biossido  di  car- 
bonio i  fosfati  non  sono  utilizzati.  Questo  si  accorderebbe  coli'  osservazione  re- 
centemente fatta  nei  nostro  Laboratorio  dal  dott.  Pavaeino  {SuU' influenza  della 
Flasmopara  viticola  sull'assorhimenio  delle  sostanze  minerali  nelle  foglie,  in 
Alti  dell'Ist.  Boi.  di  Pavia,  Ser.  II,  Voi.  XI,  1905,  p.  310-314)  che  nelle  foglie 
di  vite  peronosporate,  nelle  quali,  per  l'azione  del  parassita,  rimane  indebolita 
la  funzione  clorofilliana,  si  accuniulano  il  fosforo,  lo  zolfo  ed  il  calcio,  e  cioè  gli. 
elementi  di  cui  la  pianta  ha  maggiormente  bisogno. 

Che  la  foglia  verde  sia  un  laboratorio  nel  quale,  oltre  gli  idrati  di  car- 
bonio, vengono  elaborati  tutti  ì  principali  principii  vegetali,  è  stato  ammesso 
anche  da  E.  Chababot  ed  A.  Hébert  (Forination  des  coniposés  (erpéniques  dans 
les  organcs  cliloropìigll ìennes ;  in  Coìnpt.-Rend.  d.  s.  d.  l' Ae-  d.  Se.  de  Paris,  1904, 
T.  CXXXVIII,  p.  380-381)  i  quali  la  indicano  come  sede  di  formazione  pure  dei 
■terpeni. 


—  247  — 

Nello  stesso  ordine  di  idee  entrano  il  Teodoresco  (I),  il  quale  dal 
diverso  sviluppo  clie  le  piante  raggiungono  a  luci  differenti  è  indotto 
ad  ammettere  die,  indipendentemente  dalla  fissazione  del  carbonio, 
la  luce  eserciti  un'azione  su  tutte  le  altre  sintesi  più  complesse;  il 
Laurent  (IV),  il  quale,  facendo  assorbire  del  glucosio  alle  radici  di 
certe  piante,  vide  che  questo  non  viene  utilizzato  al  buio  e  ne  dedusse 
che  le  radiazioni  luminose  sono  necessarie,  oltre  che  per  l'assimilazione 
clorofilliana  del  carbonio,  anche  per  altre  funzioni  più  complesse  ^  ed 
il  Charpentier  (I  e  II),  il  quale  ha  osservato  che  il  Ci/slococcus  humi- 
cola  posto  a  sviluppare  in  soluzione  nutritizia  contenente  glucosio  e  sali 
azotati,  si  sviluppa  più  abbondantemente  alla  luce  (anche  in  assenza 
assoluta  di  biossido  di  carbonio)  che  non  al  buio,  dimostrando  cosi 
che  la  luce  è  utile  alla  pianta  anche  quando  questa  non  ha  bisogno  di 
prendere  il  carbonio  dall'atmosfera  in  cui  vive.  " 

Abbiamo  poi,  a  sostegno  dell'intervento  della  luce  nelle  sintesi 
organiche  superiori  ed  in  particolar  modo  in  quella  delle  sostanze  al- 
buniinoidi,  diversi  autori  che  hanno  cercato  di  dare  delle  prove  dirette. 

Sapoznikow  (I)  ha  esperimentato  con  foglie  staccate  dalla  pianta 
e  che  egli  divideva  per  metà  longitudinalmente  in  modo  da  poterne 
dosare  gli  idrati  di  carbonio  e  le  sostanze  albuminoidi  (riferendoli 
all'unità  di  superficie)  per  metà  subito  appena  colte,  e  per  metà  dopo 
un  certo  tempo  di  esposizione  alla  luce  o  al  buio,  tenendone  il  pic- 
ciuolo immerso  in  una  soluzione  nutritizia  di  Knop.  Egli  vide  così  che 


'  L'osservazione  del  Laurent  trova  riscontro  in  osservazioni  di  altri  autori: 
A.  BtJRGERSTKiN  (  Uf ter  rfffs  VerlutUen  dcr  GijmHOsjìermenkeimliKge  im  Lichte 
iind  ini  Diaikelii;  in  Ber.  d.  deuts.  hot.  Ges.,  Bd.  XVIir,  1900,  p.  168-184)  ha 
■visto  p.  e.  elio  lo  piantine  di  conifere  in  via  di  germinazione  al  buio  assorbono 
l'endosperma  più  lentamente  che  alla  luce;  e  N.  Schulz  {Ueber  die  Einwirhung 
des  Lichies  aiif  die  Keimtaigsfiihiykeit  dev  Sporen  der  Moose,  Fante  und  Schach- 
telhalme;  in  Beili,  z.  Bot.  Cenlralbl.,  Bd.  Xl,  1901,  p.  81-97)  ha  rilevato  che 
la  luce  è  necessaria  alle  spore  dei  Muschi  e  delle  Felci  come  stimolo  alla  assi- 
milazione delle  sostanze  nutrienti  in  osse  immagazzinate. 

-  Vero  è  però  che  il  Ci/stococctis  si  sviluppa  anche  al  buio. 

Osservazioni  simili  erano  stato  fatte  da  L.  Knt  (Die  Beziehiingen  des 
Lichies  zur  Zelllheiìinia  bei  Suedi aromi/ces  cerevisifie  ;  in  Ber.  d.  deiits.  bot. 
Ges,  Bd.  II,  188i,  p.  129-144)  per  il  Saccharomt/ces  cerevisiae,  senza  però  rilevare 
una  differenza  notevole  tra  lo  sviluppo  alla  luce  e  al  buio. 

Che  la  luce  sia  necessaria  alle  piante  anche  indipendentemente  dall'assimi- 
lazione clorofilliana,  e  sia  anzi  per  esse  condiziono  generale  essenziale  di  vita, 
era  già  stato  altre  volte  discusso  ed  ammesso  (veggasi  in  proposito:  Busch  I, 
Untersuchuiìgen  iiber  die  Froge  ob  das  Licht  zu  den  unmiitelbaren  Lebenabedin- 
ijungen  der  Pflanzen  oder  eimelner  Pflanzenorgane  geìiiirf;  in  Ber.  d.  detils. 
hot.  Ges.,  Bd.  VII,  1889). 


-    248   — 

sotto  l'azione  della  luce  aumentano  tanto  gli  idrati  di  carbonio  che  le 
sostanze  albuminoidi,  queste  ultime  specialmente  se  la  soluzione  è 
concentrata  e  se  contiene,  come  sorgente  azotata,  un  po'  di  asparagina.  ' 
Esperienze  simili,  ma  piìi  complete,  fecero  Laurent,  Marchal  e 
Carpiaux  (I),  i  quali  pure  si  servirono  di  organi  vegetali  staccati  dalla 
pianta  cui  appartenevano  ed  esposti  alla  luce   o   al   buio,  su   soluzioni 


'  Se  dunque,  come  fanno  quasi  tutti  i  fisiologi  e  come  espone  chiaramente 
lo  Czapek  (IV),  si  distinguono  nella  sintesi  di  cui  ci  occupiamo  le  due  fasi  che 
conducono  l'una  alla  formazione  delle  amidi  a  spese  dei  nitrati,  l'altra  alle  so- 
stanze proteiche  a  spese  delle  prime,  secondo  Sapoznikow  l'azione  della  luce  si 
eserciterebbe  sulla  seconda  fase.  Come  si  vedrà  più  avanti  essere  ammesso  an- 
che da  Godlewski. 

Secondo  Sapoznikow  poi,  il  quale  dà  importanza  al  fatto  che  gli  idrati  di 
carbonio  che  si  formano  nell'assimilazione  clorofilliana  non  corrispondono  mai 
per  quantità  al  consumo  di  biossido  di  carbonio,  le  sostanze  albuminoidi  si  for- 
merebbero prima  degli  idrati  di  carbonio  e  questi  deriverebbero  da  (luelle  come 
prodotti  di  scissione.  È  in  fondo  l'ipotesi  di  E.  Belzung,  esposta  da  questo  autore 
in  molti  lavori  che  è  inutile  qui  citare  e  nel  suo  trattato  (Anatomie  et  Physiologie 
Végétales,  Paris,  1900)  e  così  riassunta  in  un  breve  commento  {Bull-  d.  l.  Soc. 
Bot.  d.  France.  1904,  p.  .S63)  al  lavoro  di  Laurent  e  Marchal  di  onici  occupiamo 
più  avanti:  "11  n'est  pas  recherché,  dans  ce  travail,  si  la  genèse  des  principes 
'  albuminoides  dans  la  cellule  verte  aux  dépens  de  l'aliment  minerai  est  le  phé- 
"  nomène  initial,  et  la  production  d'anddon  un  phénomène  consécutif  et  sécon- 
"  daire,  ou  si  au  contrairc  ces  niénies  principes  albuminoides  naissent  seulement 
"  à  la  suite  de  l'élaboration  de  principes  liydrocarboncs,  qui,  eux,  proviendraient 
"  séparóment  de  l'assimilation  de  l'anhydride  carboiiique,  co  qui  i'erait  deux 
'  échelons  dans  l'assinnlation  totale,  colle  du  carbone  d'abord,  celle  de  l'azote 
"  ensuitc. 

'  Précisément,  certains  l'aits  sont  cn  faveur  de  la  synthèse  simultanee  du 
"  carbone  et  de  l'azote  „. 

E,  come  è  naturale,  se  così  fosse,  l'intervento  della,  luce  nella  sintesi  dello 
sostanze  albuminoidi  non  potrebbe  essere  messo  in  dubbio.  Però  il  Rothket  {Bot. 
Centralbl-,  Bd.  LXIII,  p-  251),  dopo  avere  riassunto  le  conclusioni  del  Sapoz- 
nikow, fa  osservare  che  con  esse  non  si  spiegherebbe  il  fatto  che  in  atmosfere 
ricche  di  biossido  di  carbonio  viene  favorita,  come  ammette  lo  stesso  autore,  la. 
formazione  degli  idrati  di  carbonio  ma  non  quella  degli  albuminoidi;  il  che  vuol 
dire  che  quest'ultima  è  susseguente  alla  prima  ed  indip('n<lente  dalla  luce. 

Giustamente  poi  il  Kothert  rileva  che  il  Sapoznikow  ha  trascurato  di  osscr- 
yare  se  al  buio  si  arresta  la  formazione  degli  albuminoidi  quando  nei  tessuti  si 
trovino  sufRcienti  quantità  di  idrati  di  carbonio  e  <li  sali  azotati.  E  quanto  ve- 
dremo più  avanti,  ha  constatato  che  non  avviene  il  Treboux. 

Lo  stesso  rilievo  possiamo  farlo  al  lavoro  del  Baessier  (I),  che  ha  visto 
come  l'asparagina  può  essere  direttamente  assimilata  dalle  piante;  non  che  a 
quelli  del  Lèfevre  (I)  e  del  Lutz  (I)  tendenti  puro  a  dimostrare  che  le  piante 
possono  assimilare  l'azoto  dai  composti  organici,  senza  però  osservare  se  tale 
assimilazione  abbia  luogo  solamente  alla  luce. 


—  249  — 

nutritizie  contenenti  il  40  "/o^  di  saccarosio  e  il  2  "j^^  di  solfato  d'am- 
monio oppure  di  nitrato  di  potassio.  Essi  trovarono  una  maggior  quan- 
tità di  sostanze  albuminoidi  negli  organi  esposti  alla  luce  che  in  quelli 
tenuti  al  buio,  e  conclusero,  e  le  conclusioni  furono  più  tardi  confer- 
mate da  Laurent  e  Marclial  (I),  che  la  luce,  e  specialmente  la  parte 
più  rifrangibile  dello  spettro  solare,  è  necessaria  all'assimilazione  del- 
l'azoto tanto  in  forma  di  ammoniaca  che  di  acido  nitrico:  la  prima 
viene  meglio  utilizzata,  sempre  sotto  l'azione  della  luce,  negli  organi 
senza  clorofilla,  il  secondo  in  quelli  verdi.  Nelle  piante  inferiori  invece, 
secondo  gli  stessi  autori,  la  luce  è  affatto  inutile,  come  non  è  neces- 
saria nelle  piante  superiori  quando  si  trovino  in  presenza,  nelle  stesse 
cellule,  certe  ed  appropriate  sostanze  amidate  e  zuccherine. 

Il  Godlewski  (I  e  II),  facendo  germinare  piantine  di  frumento  in 
soluzioni  di  nitrati  e  dosando,  a  dati  intervalli  di  tempo,  le  sostanze 
albuminoidi  in  esse  contenute,  vide  che  queste  non  aumentano  che  sotto 
l'azione  della  luce.  Al  buio  può  avere  luogo  consumo  di  nitrati  con 
formazione  di  ammidi,  ma  la  sintesi  ulteriore  si  effettua  solo  sotto 
l'azione  della  luce  dalla  quale  proviene  l'energia  ad  essa  necessaria: 
quando  questa  sintesi  nlterioie  ha  luogo  anche  al  buio,  gli  è  che  le 
cellule  si  trovano  in  speciali  condizioni  di  vitalità  e  di  nutrizione  ed 
il  fenomeno  non  è  duraturo.  ^ 


'■  La  formazione  dell'asparagina  al  buio  per  utilizzazione  dei  sali  inorga- 
nici azotati  fu  constatata  anche  dal  Kinosliita  (I)  in  piantine  di  frumento  e  di 
mais  tenute  al  buio  :  egli  anzi  asserisce  che  a  tale  sintesi  sono  più  a<iatti  i  sali 
ammoniacali  che  i  nitrati.  Lo  stesso  fenomeno  (formazione  di  asparagina  con 
consumo  di  nitrati  al  buio)  venne  rilevato  anche  da  Ishizuka  (!)  nelle  radici  e 
nei  tuberi  radicali  di  diverse  piante,  e  da  Suzuki  (I)  nei  germogli  eziolati  di  pa- 
tata. Solo  il  Loew  però  (I)  ammette  che  quando  abbondano  gli  idrati  di  car- 
bonio possa  avere  luogo  al  buio  anche  la  ulteriore  applicazione  dall'asparagina 
alla  formazione  degli  idrati  di  car))onio. 

Vero  è  però  che  l'asparagina  può  avere  diverse  origini  nella  pianta  (veg- 
gasi  in  proposito  :  W.  Palladin,  Der  Eùifluss  des  Sauerstoffs  auf  den  Zerfall 
der  Eiiceissstoffe  in  den  Pflanzen,  Warschau,  1889;  D.  Puianischnikow,  Zei- 
fallcH  der  Ein-ei.tsstoffe  bei  der  Keimutig,  in  Ber.  ti.  d.  Silz.  d.  Sect.  d.  Naiurf. 
in  Kieiv,  1898,  e  Zur  Froge  der  Asparagiiihildnng,  in  Ber.  d.  deuts.  hot-  Ges., 
Bd.  XXII,  1904;  e  E.  Schulzb,  Ueher  die  Biìdungsweise  des  Asparagins  in  den 
Pflanzen,  in  Landioirth.  Jahrb.,  1898  e  1901)  e,  come  ha  obbiettato  Zaleski  (IV) 
al  Prianischnikow,  può  spostarsi  nella  pianta  ed  emigrare  in  organi  diversi  da 
quelli  in  cui  si  forma.  Le  osservazioni  sopra  esposte  non  sono  dunque  affatto 
«uperiori  ad  ogni  dubbio;  tanto  più  che  il  Qoklberg  (I)  dosando  le  sostanze  al- 
buminoidi separatamente  nell'albume  e  nella  giovane  piantina  di  frumento  in 
germinazione,  ha  visto  che  si  veriBea  uno  spostamento  di  esse  e  cioè  che  si 
scindono  nell'albume  e  in  forma  di  amidi  passano  nel  fusticino  ove  si  rigenerano 
anche  nel  buio- 


—   250  — 

Il  Bokorny  (I)  lia  poi  esaminato,  con  colture  speciali,  il  valoie 
nutriente  che  hanno  per  le  piante  verdi  diversi  composti  organici  (acidi 
organici,  alcool,  aldeidi,  amidi,  idrati  di  carbonio,  ecc.)  ed  ha  visto  che 
molte  di  esse  possono  essere  assimilate  solamente  sotto  l'azione  della 
luce  e  che  per  tutte  questa  azione  è  vantaggiosa. 

Lo  Stoklasa  (1)  adoperando  piante  verdi  e  piante  eziolate  di  lupini 
e  studiando  in  esse  la  distribuzione  e  la  formazione  della  lecitina  e 
delle  sostanze  albuniinoidi,  concluse  che  questa  sintesi  dipende  dii-etta- 
mente  dall'energia  dei  raggi  solari  assorbiti  dai  cloroplasti.  Le  eelhile 
senza  clorofilla  dei  Funghi  formano,  secondo  lui,  la  molecola  di  albu- 
mina con  un  processo  diverso  da  quello  delle  Fanerogame. 

Il  Palladin  (I-IV),  nutrendo  foglie  eziolate  di  fava  con  soluzioni 
al  10  7o  ^i  saccarosio,  vide  che  alla  luce  esse  ne  assimilano  tre  volte 
più  che  al  buio  e  formano  anche  maggior  quantità  di  sostanze  albumi- 
noidi,  le  quali  per  altro  possono  formarsi  anche  in  assenza  della  luce. 
La  parte  bleu  dello  spettro  solare  è,  per  questa  funzione,  più  attiva  che 
quella  rosso-gialla. 

Il  Nedokutschaeff  (1),  facendo  assorbire  a  foglie  di  sambuco  ed  a 
piantine  di  zucca  dei  nitrati  e  poi  esponendole,  per  un  certo  tempo  e 
su  acqua  distillata,  al  buio  o  alla  luce,  vide  che  i  nitrati  sono  consu- 
mati, con  formazione  di  composti  organici  azotati,  più  alla  luce  che 
al  buio. 

E  finalmente  Balicka-Iwanovvska  (I),  facendo  germinare  luiiini  in 
atmosfera  priva  di  biossiilo  di  caibonio,  vide  che  anche  in  tali  condi- 
zioni essi  formano  alla  luce  maggiore  quantità  di  asparagina  e  di  so- 
stanze albuniinoidi,  onde  concluse  che  la  luce  ha  un'azione  diretta  nella 
formazione  di  queste  sostanze. 

D'altra  parte  non  meno  numerose  ed  importanti  sono  le  osserva- 
zioni che  vengono  in  sostegno  della  ipotesi  di  PfefFer. 

Anche  astraendo  dal  fatto,  rilevato  da  Elving  (I),  dal  Lendner  (I), 
dallo  Czapek  (II  e  IV)  ed  ammesso  del  resto  anche  da  Schimper,  da 
Stoklasa  e  da  altri,  che  nei  Funghi  la  sintesi  delle  sostanze  albunii- 
noidi può  avere  luogo  anche  al  buio  \  merita  speciale  attenzione 
la  osservazione  di  Artari  (1  e  II)  che  certe  alghe  verdi  (p.  e.  Io  SU- 
chococciis  bacillari^)  prosperano  benissimo  anche  al  buio  -'  quando  sia 
loro  fornito  del  nitrato  d'ammonio. 


'  Secondo  Elving  anzi,  a  i),irtire  da  una  certa  intensità  la  luco  ritarde- 
rebbe la  sintesi  organica  nei  Funghi,  misurata  approssimativainento  da  lui  dal- 
l'aumento totale  di  jicso  della  sostanza  vegetale  veritìcatosi  in  un  tempo  deter- 
minato. 

"  Anche  Charpentier  del  resto  non  esclude,  come  si  è  già  visto,  che  le  alglie 


—  251  — 

E  per  le  piante  superiori,  già  il  Miiller  (I)  aveva  visto  che  si 
accumula  dell'asparagina  (ritenuta  anche  da  lui  il  primo  prodotto  della 
sintesi  complessa  degli  albuminoidi)  non  solamente  nelle  foglie  tenute 
al  buio,  ma  anche  in  quelle  esposte  alia  luce  in  atmosfera  priva  di 
biossido  di  carbonio,  onde  ne  aveva  dedotto  che  la  luce  è  bensì  neces- 
saria alla  formazione  definitiva  delle  sostanze  albuminoidi,  però  la  sua 
azione  è  solo  indiretta  e  cioè  serve  unicamente  a  produrre  gli  idrati 
di  carbonio  che  entrano  nella  sintesi  stessa.  Simile  opinione  è  accet- 
tata dal  Kohl  e  anche  dal  Treub  (I),  il  primo  dei  quali  si  basa  sulla 
funzione  e  sulla  distribuzione  del  calcio  nelle  piante,  il  secondo  su 
quella  dell'acido  cianidrico.  Anche  il  Clirapowicki  (I)  nelle  sue  inte- 
lessanti  ricerche  sulla  foimazione  e  apparizione  piima  delle  sostanze 
albuminoidi  in  piantine  germinate  e  cresciute  il  più  a  lungo  possibile 
in  substrato  affatto  privo  di  azoto  e  poi  passate  in  soluzione  completa 
di  Knop,  vide  che  dette  sostanze  compaiono  bensì  anzitutto  nei  cloro- 
plasti, ma  il  fatto  ha  luogo  anche  al  buio  purché  i  cloroplasti  stessi 
contengano  dell'amido.  '  Il  Kosutany  (I)  poi,  rilevando,  da  numerose 
analisi  di  foglie  tagliate  metà  di  pieno  giorno  e  metà  di  notte,  che 
durante  la  notte  le  foglie  contengono  una  maggiore  quantità  di  sostanze 
proteiche  ed  una  minore  di  composti  azotati  non  proteici,  pur  ricono- 
scendo la  debolezza  di  questo  argomento,  ne  dedusse  che  la  pianta 
alla  notte  converte  in  albumina  i  nitrati  assorbiti  durante  il  giorno. 

Una  lunga  seiie  di  ricerche  e  di  analisi  dirette  a  provare  la  for- 
mazione delle  sostanze  albuminoidi  anche  al  buio  venne  fatta  da  Za- 
leski  (I-VI),  il  quale  riusci  a  constatare  che  i  nitrati  fatti  assorbire  a 
foglie  di  girasole  tenute  al  buio  vi  si  trasformano  in  composti  proteici 

verdi  in  soluzioni  mitritizie  adatte  possano  svilupparsi  pure  al  buio;  osserva 
solamente  che  alla  luce,  anche  senza  l'intervento  del  Iiio.ssido  di  carbonio,  il  loro 
sviluppo  è  più  rigoglioso.  E  l'Artari  rileva  che  in  pr(!senza  di  acetato  di  potassio 
l'alga  in  parola  si  sviluppa  solamente  alla  luce. 

Invece  L.  IFatruchot  e  M.  Moi.liakd  (  Variations  de  xtruclure  d'ime  algue 
verte  soiis  l'infliteììce  du  milieu  vulritif,  in  Uev.  ghi.  de  Botaiiique.  Paris,  1902, 
N.  161-1G3),  ripetendo  le  osservazioni  di  Artari  sullo  Stidwcoccus  hcicilldris,  con- 
fermarono che  all'oscurità  si  può  sviluppare  tanto  intensamente  quanto  alla  luce. 

'  Anche  lo  Czapok  (IV,  p.  669j  ainmelte  che  i  cloroplasti,  percliè  conten- 
gono molti  idrati  di  carbonio,  possano  essere  il  posto  principale  della  sintesi- 
degli  albuminoidi.  Però  non  è  a  escludersi,  secondo  lui,  che  tale  sintesi  si  compia 
anche  nel  citoplasma  delle  cellule  tutte:  anzi  egli,  in  altro  precedente  lavoro  (I), 
dal  fatto  che,  incidendo  trasversalmente  un  picciuolo  fogliare  di  vite  o  di  be- 
gonia, nella  parto  di  lembo  che  corrisponde  all'incisione  si  accumula  amido  (di- 
mostrando così  che  non  ha  luogo  circolazione  in  senso  laterale  dei  succhi  nutri- 
tizi) e  non  sostanze  albuminoidi,  aveva  dedotto  che  queste  idtime  non  si  formano 
neanche  nelle  foglie. 


—   252   — 

quando  si  trovano  nelle  foglie  stesse  sufficienti  quantità  di  idrati  di 
carbonio,  e  che  durante  la  germinazione  al  buio  dei  bulbi  di  aglio 
molti  composti  azotati  organici  non  proteici  si  trasformano  in  sostanze 
proteiche  la  cui  proporzione  dunque  aumenta.  La  formazione  al  buio 
di  tali  sostanze  in  bulbi  di  agli  tagliati  a  pezzi  venne  pure  constatata 
<la  Hettlinger  (I)  e  da  Kovchoff  (1). 

Anche  il  Suzuki  (II)  ed  il  Mazé  (I)  hanno  fatto  assorbire  a  pian- 
-tine  germinanti  al  buio  una  soluzione  nutritizia  contenente,  oltre  che 
dei  sali  minerali  azotati,  anche  il  glucosio  e,  dall'aumento  delle  sostanze 
-albnminoidi  dopo  un  determinato  periodo  di  tempo,  conclusero  non  es- 
sere possibile  dubitare  che  i  nitrati  vengono  assimilati  anche  al  buio, 
€on  formazione  di  proteine.  ' 

Nello  stesso  modo  l'Hansteen  (II),  nutrendo  piantine  con  sostanze 
organiche,  vide  che  la  luce  non  esercita,  almeno  in  generale,  alcuna 
azione  diretta  sulla  sintesi  degli  albnminoidi  negli  organi  verdi  delle 
Fanerogame:  l'albumina  vi  si  forma  senza  l'intervento  della  luce,  purché 
nelle  cellule  viventi  si  trovino  le  sostanze  ternarie  e  quelle  minerali 
a  tal  uopo  necessarie.  Allo  stesso  risultato  giunse  anche  M."^  Mali- 
niak  (I)  facendo  assorbire  soluzioni  di  glucosio  o  di  saccarosio  a  pian- 
tine di  mais  cui  toglieva  l'albume  del  seme. 

A.rrivarono  da  ultimo  alla  medesima  conclusione  che  le  sostanze 
albnminoidi  possono  formarsi  anche  al  buio,  lo  Schulze  (II  e  III),  do- 
gando le  sostanze  stesse  in  piantine  di  Lupino  germinanti  al  buio; 
-Iwanoff  (li),  analizzando  tuberi  di  patate  e  radici  carnose  di  barba- 
bietole messi  pure  a  germinare  all'oscurità  ;  Treboux  (I),  facendo  cre- 
scere della  Lemna  eziolata  al  buio  col  fornirle  le  sostanze  necessarie 
al  suo  accrescimento  ";  e  Karapétoft'  e  Sabachnikoif  (I)  dosando  le  so- 
stanze proteiche  di  piantine  tenute  iil  buio. 


'  Malgr.adn  questo,  iti  vnia  lìiibblicazionc  posteriore  (IH)  il  Suzuki  ammette 
che  La  sintesi  ilegli  nlbumiiioiili  at)bia  luogo  spocialmeiite  nelle  foglie  e  durante 
il  giorno,  mentre  nella  notte  essi  vengono  ancora  sconiposti  e  trasportati  in  forma 
solubile  agli  organi  in  via  di  accrescirnento. 

-  È  importante  notare  clie  secondo  il  Treboux  l'azoto  ammoniacale,  contra- 
i'iau)ento  a  quanto  viene  generabnenle  ammesso,  è  assimilabile  dalle  piante  elo- 
rofìlliane  più  elie  i  nitrati:  il  fenomeno  della  nitrifìcazione  non  sarebbe  né  ge- 
nerale, ne  indispensabile.  Se  così  fosse,  verrebl)e  ad  essere  modificato  lo  schema 
dato  da  tutti  i  trattati  della  circolazione  dell'azoto  in  natura.  Che  il  fenomeno 
della  nitrifìcazione  non  sia  generalo  e  cìie  lo  piante  possano  assorbire  ed  assi- 
milare direttamente  l'azoto  ammoniacale,  era  già  stato  dimostrato  anche  da  M. 
:Mazé  {L'assimilation  de  l'azoto  nitrique  et  de  l'azote  ammoniacAc  par  les  tégé- 
taiix  siipérieures;  in  Compt.-Rend.  d.  s.  d.  l'Ar.  d.  Se.  d.  Paris,  1898,  T.  CXXVII, 
pag.  103). 


—  253  — 

Contemporaneamente  a  queste  osservazioni  sopra  l'azione  della 
luce,  altre  però  ne  venivano  fatte  dalle  quali  risultava  che  il  processo 
sintetico  che  conduce  agli  albuminoidi  non  è  sempre  lo  stesso,  ma 
anzi  si  presenta  assai  variabile  a  seconda  delle  materie  prime  da  cui 
si  parte,  delle  condizioni  in  cui  si  effettua,  del  vegetali  con  cui  si 
esperimenta  ed  anche  dello  stadio  di  vita  nel  quale  detti  vegetali  si 
trovano. 

Circa  l'importanza  delle  materie  prime  da  cui  si  parte,  essa  ri- 
sulta già  dalle  osservazioni  sopra  riportate  di  Kinoshita  sull'influenza 
dei  nitrati  e  dei  sali  ammoniacali  nella  formazione  dell' asparagina, 
nonché  da  quelle,  pure  giià  riportate,  del  Bokorny  sul  diverso  valore 
nutriente  di  vari  composti  organici  per  le  piante  verdi,  dell' Artari 
sull'acetato  di  potassio  nello  sviluppo  alla  luce  di  certe  alghe,  del 
Godlewski  sopra  le  speciali  sostanze  che  possono  temporaneamente  dar 
luogo  agli  albuminoidi  anche  al  buio,  ecc.  L'idea  che  i  diversi  idrati 
41  carbonio  non  sieno  equipollenti  nella  sintesi  degli  albuminoidi,  so- 
stenuta fin  dal  1878  dal  Borodin  (I),  venne  poi  accettata  da  vari  stu- 
-diosi  e  recentemente  dimostrata  giusta  dall'Hansteen  (I  e  II),  dal  Pal- 
ladin  (III  e  IV),  dalla  Maliniak  (I)  e  dal  Monteverde  (I)  i  quali  ci 
danno,  si  può  dire,  una  serie  di  combinazioni  diverse  che  facilitano,  o 
rendono  impossibile  il  fenomeno  in  parola.  E  quello  che  si  è  visto  per 
gli  idrati  di  carbonio  si  verifica  anche  per  tutte  le  sorgenti  azotate 
organiche  o  inorganiche,  le  quali,  come  hanno  mostrato  chiaramente 
Czapek  (II,  III  e  IV),  >  Schulze  (I),  Lutz  (IV)  ed  altri,  non  tutte  si 
prestano  allo  stesso  modo  ad  essere  assimilate  dalle  piante. 

Inoltre,  come  si  è  visto,  il  Sapoznikow  ha  dimostrato  che  ha  in- 
fluenza la  concentrazione  dei  sali  nutritizi,  e  la  stessa  osservazione 
venne  ripetuta  pure  dal  Nedokutschaef.  E  venne  pure  constatato  che 
qualche  volta  sopra  i  processi  di  assimilazione  e  di  nutrizione  delle 
piante  può  avere  influenza  la  presenza  di  determinate  sostanze  :  cosi, 
per  es.,  il  Puriewitsch  (I)  vide  che  in  presenza  di  nitrato  di  ammonio 
VAspergiUìts  niger  può  utilizzare  ed  assimilare  anche  l'azoto  atmosferico, 
il  Salda  (I)  dimostrò  la  stessa  cosa  per  altri  funghi,  il  Lutz  (I  e  II) 
dimostrò  che  i  funghi  assimilano  gli  alcaloidi  solo  quando  trovano  nel 


1  Ricerche  simili  a  quelle  fatte  dallo  Czapek  sulla  nutrizione  àeWAspergilìus 
niger  furono  più  recentemente  ripetute  da  J.  Nikitinsky  (Ueber  die  Beeinflux- 
siing  der  Enlwickduny  einiijer  Schimmelpihe  durch  ihre  Stoffwechsclproducte;  in 
Pringsheiin's  Jahrh.  f-  w.  Bot.,  Bd.  XL,  1904,  p.  1-93),  il  quale  concluse  che  il 
cloruro  d'ammonio  è  sorgente  di  azoto,  per  YAsp.  nirjer,  migliore  dell'acetato  di 
ammonio,  e  l'asparagiua  migliore  del  peptone.  11  fungo  però  si  comporta  in  modo 
diverso  colle  varie  sorgenti  di  azoto  che  sono  a  sua  disposizione. 

Atti  dell' Ist.  Bot.  dell' Uiihersìlù  di  Paria  —  Serie  II  —  Voi.  X.  20* 


—  254  — 

substrato  anclie  qualche  composto  azotato  inorganico  ',  il  Webmer  (I) 
osservò  ebe  allo  sviluppo  (ìeWAspen/illus  nigcr  è  utilissimo  aggiungere 
al  substrato  nutritizio  un  sale  di  ferro  quando  l'azoto  venga  sommini- 
strato in  forma  di  nitrato  d'ammonio,  mentre  tale  aggiunta  è  indiffe- 
rente quando  si  adoperi  niti-ato  di  potassio. 

Riguardo  poi  alle  condizioni  nelle  quali  si  effettua  il  fenomeno,  è 
interessante  l'osservazione  di  Lutz  (III  e  IV)  che  la  tirosina  e  la  leu- 
cina  possono  servire  come  nutrimento  azotato  alle  Fanerogame  quando 
vegetino  in  un  substrato  di  sabbia  grossolana  o  meglio  di  piccolissime 
biglie  di  vetro,  non  lo  sono  in  sabbia  fina  perchè  in  essa  le  radici 
non  le  possono  assorbire.  Nello  stesso  ordine  di  idee  il  Lendner  (I) 
rilevò  i  bisogni  diversi  di  molti  funghi,  anche  in  riguardo  alla  luce,  a 
seconda  che  si  trovano  a  vivere  in  un  substrato  liquido  o  solido. 

Pure  interessanti  sono  le  ricerche  di  Thiele  (I)  dalle  quali  risulta 
che  l'assimilazione  di  un  alimento  dipende  anche  dalla  temperatura, 
così  che  un  composto  che  ad  una  determinata  temperatura  è  con  pio- 
fitto  utilizzato  da  un  organismo  vegetale,  contribuisce  solo  debolmente 
alla  nutrizione  dello  stesso  organismo  quando  l'ambiente  si  riscaldi  o 
si  raffreddi  anche  di  pochi  gradi. 

E  finalmente  non  vanno  taciute  le  osservazioni,  già  sopra  ricor- 
date, di  Hettlinger,  di  Zaleski  e  di  Kovchoff  sull'azione  delle  ferite  e 
del  libero  contatto  coll'ossigeno  dell'aria  sopra  la  formazione  delle  so- 
stanze albumiuoidi. 

E  da  ultimo,  per  quanto  concerne  il  vegetale  sul  quale  si  fanno 
gli  studi,  è  da  ricordarsi  la  differenza  ammessa  dalla  maggior  parte 
degli  autori  fin  qui  citati  tra  il  modo  di  comportarsi  dei  fungili  e  quello 
delle  piante  verdi.  Una  tale  differenza  si  osserva  anche  tra  gruppo  e 
gruppo  e  fino  tra  specie  e  specie,  e  da  taluno  è  stata  osservata  pure 
tra  i  diversi  stadii  nei  quali  può  presentarsi  una  stessa  specie,  oppure 
tra  i  vari  organi  di  cui  si  compone  il  suo  corpo.  - 


'  Un  fenomeno  analogo  venne  osservato  nelle  piante  superiori  per  certi 
composti  di  fosforo,  da  D.  Priaxischnikow  (Ueher  deii.  Einfliiss  von  Amìnoniuni- 
salzen  atif  die  Anfiìiihme  ron  Phosporsi'iiire  bei  Jiuhereii  Pfìanzcìì ;  in  Ber.  ti. 
deiits.  hot.  Ges.,  Bd.  XXIII,  1905,  p.  8-17).  Egli  vide  che  la  presenza  di  sali  ani- 
inoniacali  nel  terreno  rende  assimilabili  alle  Graminacee  i  fosfati  poco  solubili 
(come  le  fosforiti)  i  quali  non  sono  utilizzabili  con  un'alimentazione  di  puri  nitrati. 

'  Lo  si  deduce  anche  dalle  ricerche  di  Ch.  Das.sonvii.le  [Inflìtmce  des  sels 
minérmix  sur  in  forme  et  la  structiire  des  régétaux;  in  Rev.  (jén.  de  Botaniqne, 
Paris,  1898,  Nr.  109-117)  sull'azione  dei  sali  minerali  sullo  sviluppo  complessivo 
delle  piante.  Vi  si  trova  illustrata  la  diversa  influenza  che  hanno  i  nitrati  a  se- 
conda delle  dosi  in  cui  vengono  somministrati,  e  delle  specie  e  dello  stadio  di 
vegetazione  cui  sono  applicati. 


—  255  — 

Cosi,  oltre  alla  osservazione  già  riportata  del  Laurent,  Marcimi  e 
Cliarpiaux  che  gli  oigani  senza  clorofilla  utilizzano  energicamente  l'am- 
moniaca (in  forma  di  sali  ammoniacali)  e  poco  o  nulla  l'acido  nitrico 
(in  forma  di  nitrati)  mentre  l'opposto  avviene  per  gli  organi  verdi; 
merita  tra  le  altre  di  essere  ricordata  quella  di  Artari  (II)  il  quale 
ha  visto  che  lo  Slichococcus  hacillaris  quando  vive  libero  utilizza  ed 
assimila  preferibilmente  il  nitrato  d'ammonio,  quando  invece  trovasi  a 
vivere  in  associazione  in  un  Lichene  assimila  meglio  il  peptone.  Così 
ancora  il  Laurent  (I)  aveva  visto  che  il  Cladosporiiim  herharum  può 
assimilare  tanto  i  nitrati  che  i  sali  ammoniacali,  però  nella  forma  di 
ifomicete  assimila  molto  meglio  questi  die  quelli,  e  si  comporta  in 
modo  opposto  nella  forma  di  saccaromicete'.  Una  preferenza  per  i  sali 
ammoniacali  la  ha,  secondo  lo  stesso  autore  (II  e  III)  anche  il  lievito 
di  birra,  mentre  alcuni  altri  fungili  si  comportano   in    modo   differente. 

Cousiderazioui  geuerali. 

Tutti  questi  ultimi  fatti,  che  non  vennero  sempre  tenuti  presenti 
dai  diversi  autori  che  si  occuparono  dell'argomento,  ci  danno  ragione 
delle  spiccate  contraddizioni  tra  i  risultati  dei  molteplici  studi  sopra 
l'azione  della  luce  sul  fenomeno  che  ci  occupa,  e  ci  inducono  a  dubi- 
tare che  tale  azione  non  sia  in  tutti  i  casi  la  stessa  ed  abbia  un'im- 
portanza diversa  a  seconda  delle  condizioni  complesse  speciali  nelle 
quali  viene  condotta  un'esperienza. 

L'instabilità  della  molecola  della  sostanza  vivente  e  le  sue  con- 
tinue trasformazioni,  scissioni  e  ricomposizioni  ;  il  modo  con  cui  essa 
reagisce  ai  diversi  agenti  esterni  essi  pure  in  continua  mutazione;  la 
infinita  varietà  di  condizioni  fisiche,  chimiche  e  biologiche  nelle  quali 
hanno  luogo  1  complessi  fenomeni  della  sintesi  degli  albuminoidi,  tutto 
ci  indica  che  tali  fenomeni  non  possono  essere  sempre  gli  stessi  ed 
eguali  tra  loro.  Così  che  è  lecito  pensare  che  non  si  può  delineare 
una  sola  teoria  per  la  sintesi  degli  albuminoidi,  né  per  le  piante  su- 
periori né  per  le  inferiori,  perchè  tante  sono  le  condizioni  esterne  ed 
interne  in  cui  in  natura  ha  luogo  il  fenomeno,  quanti  press'a  poco  gli 
adattamenti  e  le  modalità  colle  quali  esso  si  compie. 

Se  così  fosse,  i  risultati  diversi  ottenuti  dai  vari  autori  potreb- 
bero bensì  ad  uno  ad  uno  applicarsi  a  spiegare  come  avviene  la  sin- 
tesi nelle  speciali  condizioni  in  cui  vennero  rilevati,  ma  non  si  dovrebbe 
in  nessun  modo  generalizzarli:  la  luce  potrebbe  avere  azione  diretta 
0  indiretta  sul  fenomeno,  e  potrebbe  anche  essere  senza  influenza  al- 
cuna a  seconda  della  temperatura,  della  composizione  del  nutrimento 


—   256  — 

esterno  o  di  quello  interno,  della  loro  proporzione,   della   specie,  dello 
stadio,  ecc.,  ecc. 

Ciò  premesso,  io  penso  che  nuove  ed  accurate  ricerche  debbano 
essere  dirette  : 

a)  a  dimostrare  la  verità  di  quanto  sopra  si  è  detto,  a  provaie 
cioè  che  la  luce  esercita  sulla  formazione  delle  sostanze  albumìnoidi 
un'azione  diversa  a  seconda  delle  condizioni  in  cui  tale  formazione  ha 
luogo,  cosi  che  non  si  può  delineare  una  unica  teoria  su  essa; 

b)  a  studiare  come  avviene  il  fenomeno  nelle  combinazioni  più 
possibili  e  più  comuni  di  condizioni  fisiche  e  chimiche. 

A  tal  uopo  io  mi  sono  proposto  diverse  specie  di  ricerche  che 
spero  potere  condurre  a  termine  quanto  prima,  e  cioè  : 

I.  coi  Saccaromiceti,  facendoli  sviluppare  in  soluzioni  di  glucosio 
e  sali  minerali  con  quantità  equimolecolari  di  diversi  composti  azotati 
inorganici  o  organici,  poste  in  recipienti  di  vetro  bianco  o  colorato, 
tenuti  a  diverse  temperature,  e  raccogliendo  dopo  un  certo  tempo  su 
filtro  tutti  quelli  sviluppatisi  e  dosando  nel  loro  corpo  Tazoto  di  al- 
burainoidi; 

II.  cogli  Ifomiceti,  coltivandoli  in  soluzioni  nutritizie  come  quelle 
adoperate  dal  Salda  (I),  ma  tenute  in  diverse  condizioni  di  luce  e  di 
temperatura,  e  dosando  poi  l'azoto  di  albuminoidi  nel  laccolto  totale; 

III.  con  Fanerogame  a  riserva  organica  esterna  (endosperma)  o 
interna,  amilacea  od  oleosa,  oppure  con  nutrizione  organica  artificiale, 
facendone  colture  in  sabbia  pura  bagnata  con  soluzioni  nutritizie  con- 
tenenti alimenti  azotati  diversi,  esponendole  al  buio  e  alla  luce  (anche 
in  atmosfere  prive  di  biossido  di  carbonio)  a  varie  temperature,  e  do- 
sando le  sostanze  albuminoidi  totali  dopo  un  certo  tempo  di  vegetazione. 

Riservandomi  di  pubblicare,  non  appena  mi  sarà  possibile,  i  risul- 
tati di  più  numerose  esperienze,  comunico  intanto  quelli  ottenuti  da 
due  prime  serie  di  determinazioni,  perchè  mi  pare  possano  già  valere 
a  confermare  quanto  si  deduce  dallo  studio  bibliografico  dell'argomento. 

L'azione  della  luce  in  presenza  di  s.ali  ammoniacali 
o  di  nitrati  e  di  riserve  amilacee  interne. 

Le  prime  esperienze  le  ho  fatte  con  piantine  germinanti  ricche  di 
sostanza  amilacea  di  riserva  contenuta  in  organi  speciali:  i  cotiledoni. 
Adoperai  Pisum  satUum  e  Pìiaseolus  vulgaris. 

Tali  piantine  provenivano  da  semi  scelti  originariamente  eguali 
(talché  è  a  supporsi  contenessero  tutti  quantità  iniziali  eguali  di  so- 
stanze albuminoidi),  messi  a  germinare  nello  stesso  tempo  e  nate  con- 


—  257  — 

temporaneamente  (le  ritardatarie  erano  trascui-ate).  Esse  vegetavano 
«ntro  cristallizzatori  pieni  di  sabbia  debitamente  calcinata  e  lavata  con 
acido  cloridrico  ed  acqna  distillata,  ed  inaffiata  o  con  acqua  distillata 
0  con  soluzione  nutritizia  nella  quale  l'azoto  trovavasi  sotto  forma  di 
^ale  ammoniacale  '  o  di  nitrato.  Ed  i  cristallizzatori,  preparati  tutti 
nello  stesso  modo,  erano  distribuiti  sotto  tre  campane  di  vetro  (una 
verniciata  di  nero  e  le  altre  due  chiare),  della  stessa  forma  e  dimen- 
sioni e  poste  vicine  tra  loro  sullo  stesso  tavolo  onde  fossero  eguali  le 
condizioni  di  temperatura,  sotto  le  quali  passava  una  corrente  di  aria 
nmida,  presa  fuori  dal  laboratorio  iu  cui  si  faceva  l' esperienza.  Per 
una  delle  campane  di  vetro  chiaro  l' aria  passava  prima  entro  tubi 
contenenti  potassa  caustica  e  calce  onde  era  completamente  spoglia  di 
biossido  di  carbonio. 

Le  piantine  appena  tolte  dai  cristallizzatori  venivano  ben  lavate  in 
acqua  distillata,  essiccate  fino  a  peso  costante  in  stufa  a  100°,  triturate 
e  trattate  in  seguito,  per  la  determinazione  in  esse  degli  albuminoidi, 
secondo  il  metodo  di  Stutzer  prima  e  di  Kyeldall  poi.  - 

Ecco  quanto  ottenni  col  Phaseoliis  vnlgaris  piantato  il  30  giugno  u.  s. 
e  levato  il  7  luglio  successivo  quando  l'ipocotile  delle  piantine  era  già 
lungo  da  quattro  a  cinque  centimetri  ed  i  cotiledoni,  dopo  essersi  li- 
berati del  tegumento  seminale,  cominciavano  già  a  raggrinzarsi. 


Peso  secco  di  5  piantine 

Azoto  di  albuminoidi 

Al  buio 

nutrite  con 

contenuto  in  5  piantine  nutrite  con 

acqua 
distil- 
lata 

soluzione 

con 
NH4CI 

soluzione 

con 

Na  NO3 

acqua 
distillata 

soluzione 

con 

NH.  CI 

soluzione 

con 
Na  N  O3 

gr.  2,29 

gr.  2,55 

gr.  2,-l4 

gr.  0,06940 

gr.  0,07824 

gr.0,08610 

Alla  luce 

in  aria  norrii. 

,   2,30 

9  f>9 

,    2.31 

,  0,06940 

„  0,08699 

„  0,07700 

»              M 

e  senza  CO- 

,   2,31 

'>  11 

„    2,35 

„  0,07450 

„  0,08111 

'  La  soluzione  nutritizia  era  così  composta:  acqua  gr.  1000;  solfato  di  calcio 
gr.  0,5;  solfato  di  magnesio  gr.  0,25;  fosfato  di  sodio  (NaUj  Ph  DJ  gr.  0,25;  clo- 
ruro di  potassio  gr.  0,5;  cloruro  d'ammonio  gr.  0,5  (oppure  gr  0,5  di  nitrato  di 
sodio).  Che  i  sali  ammoiiiacali  possano  essere,  senza  previa  nitrificazionc,  utiliz- 
zati dalle  piante  venne  provato  anello  recentemente  e  confermando  ricerche  già 
fatte  da  altri,  da  Gerlac  e  Vogel  (Aiiiiiio?ìtakstic/cstoff  als  Pfianzenniihrsloff,  in 
Centralhl.  f.  Bald.  ti.  Par.,  Bd.  XIV,  p.  124-128). 

^  Le  analisi  le  ho  fatte  nel  Laboratorio  Chimico  della  R.  Scuola  d'applica- 
zione per  gli  Ingegneri  in  Torino,  sotto  ha  direzione  del  Direttore  mio  fratello 
Clemente,  che  qui  ringrazio. 


—  258  — 

Il  che  significa  '  anzitutto  clie  l'aumento  del  peso  secco  non  è 
proporzionale,  come  è  naturale,  coH'aumento  delle  sostanze  albuminoidi 
contenute  nel  corpo  della  pianta.  Queste  al  buio  si  trovano  in  maggior 
quantità  nelle  piantine  nutrite  con  nitrato  di  soda,  mentre  alla  luce 
sono  più  abbondanti  in  quelle  nutrite  col  sale  ammoniacale,  e  col  ni- 
trato di  soda  anzi  sono  in  maggiore  quantità  al  buio  che  alla  luce. 

Col  Pisìim  sntiotun,  piantato  il  7  luglio  u.  s.  e  levato  il  13  suc- 
cessivo quando  le  piantine  (con  sviluppo  quasi  uniforme)  erano  lunghe 
3-4  cm.,  ottenni  invece: 


Al  buio    ...... 

Alla  luce  in  aria  norni. 
_       ,       e  senza  CO- 


Peso  secco  di  9  piantine 
nutrite  con 


acqua 
distil- 
lata 


gr.  2,07 
.    2,10 


soluzione 

con 

NII4C1 


soluzione 
con 


gr.  1,95   gr.  2,17 
,    2.08;   ,    2,04 


Azoto  di  albuminoidi 
contenuto  in  9  piantine  nutrite  con 


acqua 
distillata 


gr.  0,05288 
,  0  05640 
,  0,05508 


soluzione 

con 

UH,  CI 


soluzione 

con 
NnNO, 


gr.  0,05222  gr.  0,05360 
,  0,05874 
„  0,06883    ,,0,06095 


Anche  pei  piselli  dunque  non  vi  è  relazione  tra  il  peso  secco  e 
le  sostanze  albuminoidi  e  queste  ultime  al  buio  si  trovano  ancora  in 
maggior  quantità  nelle  piantine  nutrite  con  nitrato  di  soda  mentre 
alla  lu(ie  sono  più  abbondanti  in  quelle  nutrite  col  sale  ammoniacale. 
Sono  però  sempre  in  maggiore  quantità  alla  luce  clie  al  buio. 

È  poi  a  notarsi  die,  tanto  pei  fagiuoli  die  per  i  piselli,  appare  pres- 
socliè  costante  il  fatto  che  alla  luce  e  in  atmosfera  priva  di  biossido 
di  carbonio  è  maggiore  la  quantità  di  sostanze  albuminoidi  contenuta 
nelle  piantine,  quasi  che  l'attività  impiegata  nell'assimilazione  clorofil- 
liana comune  andasse  a  detrimento  della  utilizzazione  delle  sostanze  di 
riserva  interne. 


La  formazione  delle  sostanze  albnminoidi 
tlnrante  il  giorno  e  dnrante  la  notte. 

Un'altra  serie  di  esperienze  ho  diretto  a  constatare  se  in  natura 
le  sostanze  albuminoidi  si  formano  nelle  piante  durante  il  giorno  o 
durante  la  notte,  oppure  preferibilmente  iu  quello  o  in  questa. 

'  Sarebbe  utile  conoscere  esattamente  la  quantità  iniziale  «li  sostanze  al- 
buminoidi contenute  nelle  piantine  appena  nate,  e  mi  riservo  di  fare  tale  inda- 
gine in  altre  esperienze.  Qui  mi  pare  che  anche  le  quantità  finali,  supponendo 
nome  si  è  detto  clic  le  iniziali  sieno  eguali,  possano  prestarsi  a  qualche  utile 
considerazione. 


—  259  — 

A  tal  uopo,  in  un  lettnrino  che  potevo  ricoprire  perfettamente  in 
modo  da  impedire  la  penetrazione  della  luce,  seminai  in  terra  comune 
di  giardino  un  certo  numero  di  semi  di  granoturco  scelti  tutti  di  gros- 
sezza pressapoco  eguale.  I  semi  stessi  vennero  tenuti  superficiali  in 
modo  che,  appena  cominciata  la  germinazione,  potei  levare  tutti  quelli 
che  avevano  germinato  troppo  presto  ed  i  ritardatari,  sì  da  avere  poi 
un  certo  numero  di  piantine  che,  essendo  nate  contemporaneamente  da 
semi  di  eguale  grossezza  e  vivendo  tutte  nelle  stesse  condizioni,  cre- 
scevano molto  uniformemente  tra  di  loro. 

Quando  tali  piantine  ebbero  raggiunto  la  lunghezza  media  (misu- 
rata dal  seme)  di  cm.  13,  e  cominciavano  ad  apparire  quasi  esauriti  i 
semi,  ricoprivo  il  letturino  dalle  ore  7  di  sera  alle  7  del  mattino  si 
da  lasciare  esposte  le  piante  per  dodici  ore  alla  luce  e  per  dodici  alla 
oscurità,  e  di  dodici  in  dodici  ore  levavo  completamente  sette  piantine 
sulle  quali,  col  metodo  sopra  esposto  per  i  fagiuoli,  facevo  le  determi- 
nazioni desiderate. 

Ecco  i  risultati  di  tali  determinazioni  : 


13  luglio   ore  10 

14  „          „      7 
«       Il          B     19 

Lune:hezza 
media 

Au- 
mento 

Peso  secco 

di 
7  piantine 

Au- 
mento 

Azoto 

di  a  1  b u n 0 i d i 

di  contenuto 

in  7  piantine 

Aumento 

cm.  13,00 

n     14,00 

„    16,00 

1  1,00 
)  2,00 

gr.  1,61 
„    1,65 
„    1,<1 

5  0,04 
j  0,06 

gr.   0,01781 
„     0,01942 
„     0,02900 

1  0,00161 
i  0,00958 

Si  vede  pertanto  che  mentre,  come  era  da  prevedersi,  l'accresci- 
mento in  lunghezza  non  è  proporzionale  all'accrescimento  in  peso  né 
all'aumento  delle  sostanze  albuminoidi,  tutte  queste  funzioni  appaiono 
più  attive  durante  il  giorno  che  durante  la  notte.  Specialmente  la  for- 
mazione delle  sostanze  albuminoidi,  pur  avendo  luogo  anche  durante  la 
notte,  nel  giorno  è  stata  cinque  volte  superiore  a  quella  che  si  è  ve- 
rificata nella  notte. 

Se  una  tale  diff'erenza  sia  dovuta  all'azione  diretta  della  luce  sul 
fenomeno,  o  all'azione  indiretta  dell'assimilazione  degli  idrati  di  car- 
bonio, 0  alla  temperatura  più  elevata,  è  quanto  risulterà  da  prossime 
nuove  ricerche. 


Dall'  Istituto  Botanico  di  Pavia,  '28  agosto  1005. 


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*  Pei  lavori  dei  quali  non  lio  potuto  let;g:<^re  rori-.'iiiale,  cito  il  giornale  che  ne  dà  un  esteso 
riassunto. 


—  261   — - 

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—  263  — 

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Abschti.   Ili:    Die   Synthese   sticìcstoffhaUiger    Korpet:  Yeggasi   anche   hi 

—  II.  Aufl.  (Leipzig,  1807),  Btl.  I,  §  72:  Die  liildungssUUten  dev  Froleinstoffe. 

In  questi  due  paragrafi  del  trattato  classico  del  Pfctfcr  sono  esposti  o 
confermati  i  risultati  dei  lavori  speciali  dell'autore  sull'argomento  (  Ueher 
die  Beziehnììg  des  Lichtes  zur  Regeneration  von  Eiweisssloffeii  axs  Aspa- 
ragin,  in  Monatsher.  d.  Beri-  Ak.,  1873;  De  l'influence  de  la  lumière  sto- 
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—  II.  Zar  Frage  der  AssiinHalioìi  der  Mineralsalze  diirch  die  grinte  Pflaiize: 
in  Fiora,  1890,  p.  207-2G1. 

ScHDLZB  E.,  I.  Ueher  den  Einfliiss  der  Koìilenhgdrale  nuf  die  Bildiing  von  Ei- 
veisssioffen  iti  den  Pfìanzen;  in  Landwirth.  Jahrb.,  1898.  (Bot.  Centralbl-, 
Bd.  LXXVIl,  p.  273). 

—  II.  Ueher  Eiireisszerfall  tind  Eiweisshildiing  in  der  Pflaiize;  in  Ber.  d. 
deuts.  bot.  Ges.,  Bd.  XVIII,  1900,  p.  3(1-42. 

—  III.  Ueher  die  Riickhilduii:t  der  Eiweissstoffe  aiis  deren  Zerfaìlsprodiicten 
in  der  Pflanze;  i»  Landwirtlisch.  Versuchsstationen,   Bd    LV,  1901,  p.  33. 

Stoklasa  J.,  I.  Ueher  die  Entstehnng  tind  Unucatidlung  des  Lecilhins  in  der 
Pflanze;  in  Hoppe-Seyler's  Ztschr.  f.  pbys.  Cheni.,  1898  (Beih.  z.  Bot.  Cen- 
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Suzuki  U.,  I.  On  the  forination  of  asparagine  in  plants  nnder  different  condi- 
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—  II.  Ueher  die  Assiinilatioti  der  Xitrate  in  Dunkellieit  diirch  Phaiterogamcn ; 
in  Bot.  Centralbl.,  1898,  Bd.  LXXV,  p.  289-292. 

—  111.  On  an  important  ftinction  of  leaves ;  in  Bull,  of  t.  Collego  ot  Agricul- 
ture Imp.  Univ.  Tokyo,  Voi.  Ili,  1898. 

Teodokesco  e.,  I.  Infliience  des  difl'érentes  radiutions  luminenses  sur  ìa  forme 

et  la  structiire  des  plantes;  in  Ann.  d.  Se.  Nat.,  Botanique,  Sor.  Vili,  T.  10, 

1899,  p.  141-263. 
Thiele  K.,  I.  Die  Temperatnrgrenze  der  ScMiitmelpilze  in  verschiedetten  Ndhr- 

Zc;.s«»(/e«.  Leipzig  il naug.  Diss.),  I896.{Rev.  Mycoiogique,  Ann.  XXI,  p.  84). 
Tkeboux  0-,  I.  Zar  Sticlstofferniiìining  der  griinen    P fiume;  in  Ber.    d.  deuts. 

bot.  Ges.,  Bd.  XXII,  1904,  p.  570-572. 
Teeub  M.,  I.  Sitr  la  localisation,   le  iransporl  et   le  róle  de  l'acide  ci/anidriqiie 

dans  le  lUtugiinn  edule;  in  Ann.  d.  Jard.  Bot.  d.  Buitenzorg,  A^'ol.  Xlll, 

1895.  (Beih.  z.  Bot  Centralbl.,  Bd.  VI,  p.  15'. 
Wehmer  C,  I.  Zur  Frage  nach  der  Bedenliing  von  Eisenverhindnngen  fiir  Filze; 

in  Beitr.  z.  Kenntn.  einli.  Filze,  li,  1895.  (Bot.  Centralbl.,  Bd.  LXIX.p.  67'. 


—  264  -■ 

Wehmee  C,  II.   Zur   Frage   nach   ehm    Werth  der   eineelnen  Mineralsalze  filr 

Pihe;  in  Ber.  d.  deuts.  bot.  Ges.,  Bd.  XIII,  1895,  p.  257-265. 
AVoLFEE.  Tli.,  I.  Beitriige  sur  Kcnntniss  der  Aufnahme,   VerhreHunn    und  Assi- 

milatioH  der  Nitrate  in  ìandioirthschaftìiehen  Ciilturpflamen.  Rostok,  1898. 

(Beili,  z.  Bot.  Centralbl ,  Bd.  VIII,  p.  278\ 
Zaleski  AV.,  I.  Zur  Kenutniss  der  Eiìreisshildung  in  den    Pflamen  ;  in  Ber.  d. 

deuts.  bot.  Ges.,  Bd.  XV,  1897,  p.  536-542. 

—  II.    Zar  Keimung  der   Zrviehel   roti  AIHiim    Cepa    und   EiireisshiUhinii  ; 
ibidem,  Bd.  XVI,  1898,  p.  146-151. 

—  III.  Zur  Acfherwirkunci  aiif  die  Stoffiarnvandhing  in  den  Pflamen  ;  ibidem, 
Bd.  XVIII,  1900,  p.  292  296. 

—  IV.  Die  Bedingimgen  der  Eiioeissbildiing  iti  den  Pflanzeti.  Charkow,  1900 
(Bot.  Centralbl.,  Bd.  LXXXVII,  p.  277). 

—  V.  BeitrSge  zur  Kenntniss  der  Eiweisshildnng  in  der  Pflanzen;  in  Ber.  d. 
deuts.  bot.  Ges.,  Ed.  XIX,  1901,  p.  331-.3.39. 

—  VI.  Beitrdge  zur  Ketmtniss  der  Eiiveisshildung  in  reifetiden  Samen;  ibi- 
dem, 1905,  p.  126  133. 


/ 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

£ 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIUETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


SECONDA  CONTRIBUZIONE  ALLA  MICOLOGIA 


DELLA 


PROVINCIA    DI    BERGAMO 


Dott.  GUIDO  ROTA-ROSSI 

AssisUiUe  all'Istituto  Botanico. 


Da  quando  fu  chiamato  a  dirigere  l'Istituto  Botanico  dell'Ateneo 
Lombardo,  nel  mio  Maestro  il  Chiar.  Prof.  Briosi,  è  costante  il  proposito 
di  un'accurata  e  sempre  più  completa  conoscenza  della  Flora  Crittogama 
di  Lombardia;  intento  fecondo  di  tutta  una  serie  di  lavori'  pei  quali 


'  (1888)  Farneti  R.  Muschi  della  Provincia  di  Pavia .  II.  Centuria,  Atti  Ist. 
Bot.  di  Pavia.  Voi.  I,  p.  325. 

(1891)  Farneti  K.  Giunchi  della  Provincia  di  Pavia.  III.  Centuria,  Atti  Ist. 

Bot.  di  Pavia.  Voi.  II,  p.  175. 

(1892)  Cavara  F.  Coìitribiizione  alla  Micologia  Lombarda.  Atti  Ist.  Bot. 

di  Pavia.  Voi.  II,  p.  207. 

(1893)  Farneti  R.  Muschi  della  Provincia  di  Pavia.  IV.  Centuria,  Atti  Ist. 

Bot.  di  Pavia.  Voi.  Ili,  p.  63. 

(1894)  Farneti  R.  Ejxiticologia  Insuhrica.  Atti  Ist.  Bot.  di  Pavia.  Voi.  Ili, 

p.  231. 
(1894)  Cavara  F.   Ulteriore  contribuzione  alla  Micolocjia  Lombarda.  Atti 
Ist.  Bot.  di  Pavia.  Voi.  Ili,  p-  313. 

(1894)  MoNTEMARTiNi  L.  Contributo  alla  Ficoloyia  hisubrica.  Atti  Ist.  Bot. 

di  Pavia.  Voi.  IV,  p.  43. 

(1895)  Farneti  R.  Briologia  Insuhrica.  I.  Contribuzione.  Atti  Ist.  Bot.  di 

Pavia.  Voi.  IV, "p.  129. 

(1898)  MoNTEMARTiNi  L.  Cloro/icce  di  Valtellina.  II.  Contrib.  alla  Ficol. 

Insubrica.  Atti  Ist.  Bot.  di  Pavia.  Voi.  V,  p.  249. 

(1899)  Farneti  R.  Nuovi  materiali  per  la  Micologia  Lombarda.  Atti  Ist. 

Bot.  Voi.  VI,  p.  95. 
(1901)  Magnaghi  a.  Micologia  della  Lomellina.  I.  Contributo.  Atti  Ist.  Bot. 
di  Pavia.  Voi.  VII,  p.  105. 

Alti  iteli' Ist-  Bot.  dell' Uiiiveifitù  ili  raiia  —  Serie  II  —  Voi.  X.  21 


—   266   — 

dal  lato  botanico  si  continua  e  s'integra  l'opera  grandiosa'  che  Callo 
Cattaneo  iniziava  poco  avanti  la  metà  del  secolo  scorso. 

Ben  lieto  della  mia  piccola  parte,  come  per  l'inizio  del  mio  mo- 
desto contributo,  così  ora  per  la  sua  prosecuzinne  mi  sin'nge  anche  un 
affetto  vivo  pei  luoohi  che  la  nascita,  la  dimora  e  la  propinquità  fa 
dir  nostii,  naturalmente  e  primamente  più  nostri  di  quelli  ciie  man 
mano  lontanando,  solo  più  tardi  si  hanno  da  noi  l'affetto  di  figlio. 

S'aggiunga  un  senso  "  umano  „  di  benefica  ambizione,  per  sentirsi 
comechesia  di  cooperare  appresso  a  chiari  nomi  "  che  ci  hanno  prece- 
duto 0  sono  compagni,  uniti  sia  pur  nell'  unità  del  movente  e  dell'  in- 
tento, se  non  nella  disparità  delle  foi'ze  e  del  tributo. 


Ho  questa  volta  estese  le  mie  ricerche  a  tutta  la  cosidetta  •'  Valle 
di  San  Martino,,,  che  come  ben  osserva  Gabriele  Rosa  ^  :  "'non  è  valle 
propriamente,  ma  costiera  degradante  dalle  cime  di  Serada,  Ocù,  Cam- 
piabona,  Linsù,  Albesa,  elevate  novecento  (e  più!)  metri  sul  livello  del 
mare,  sino  all'Adila,  che  ne  scorre  tutta  la  lunghezza  maggiore  da  Ver- 
curago  a  Villa  d'Adda  „. 

Dalla  descrizione  di  questa  amenis.sima  plaga  delle  prealpi  orobi- 
che, m'esime  la  peluia  valente  del  succitato  scrittore*. 

{1905)  Rota  Rossi  G.  Prima  contriìntzione  alla  Mifoloijia  delta  J'roiiiici'a 

di  Bergamo.  Atti  Ist.  Bot.  di  Pavia.  Voi.  IX. 
(  I9i)fi)  BiANcni   G.   Bviolouia  della  Provincia   di  Manloia.  \    Contributo. 

Atti  Ist.  Bot.  (li  Paviii.  Voi.  IX. 
(inofì)  Rota  Rossi  G.  Seconda  coìitrihuzioiie  alla  Mi'olor/ia  della  Proriiiria 
di  Bert/aiiio-  Atti  Ist.  Hot.  di  Pavia.  Voi.  X. 
—    TuRCONi  M.  Micologia  Lombarda  (ili  prossima  pubblicazione).  Atti 
Ist.  Bot.  <li  Pavia. 
'  Cattaneo  C.  Notizie  iialarali  e  cirili  siiìta  Lonttiardia.  Milano  184-t. 
°  Maironi   da  Ponte  G.   (1748-1833)    —  Cima  F.  G.  —   Bergamaschi    G. 
(1785-1867)  -  Rota  L.  (181i)-1855)  —  Venanzi  G.  (n.  1851)  —  Rodecher  E.  (n.  185G) 
"  Rosa  G.  IjO  valle  di  San  Martino.  Notizie  storico-statif^tidie.  Brescia  1888. 
■'  "  Questa  breve  costiera  è  di  fondo  calcare,  erto  e  dirotto  alle  cime  verso 
"il  Rcsegone,  alternato  a  piani,  a  vallette,  a  catini,  a  collinette  comode  o  svaria- 
"  tissime  «li  forma  dalla  metà  dell'altezza  sino  all'Adda  ed  in  breve  spazio  acco- 
"  glie  spettacoli  naturali  meravigliosi.  Perchè  dalla  cima  di  Campiabona  elevata 
"  illl   metri  dal  mare,  si  comprende  in  cerchio  una  delle  più  vaste  e  svariate  ve- 
'  dute  della  Lombardia,  dalla  pianura  interminabile  verso  ìlantova  agli  Apennini, 
"  da  Modena  a  Cuneo,  indi  dalle  cupole  di  ghiaccio  dell'Alpi  del  Piemonte  e  della 
"  Svizzerif  alle  più  alte  cime  delle  valli  Sasina,  Brendjana,  Seriana  per  degradare 
"  giù  sino  al  colle  della  Maddalena  che  porta  Brescia  sul  piede.  E  più  vicino  l'ap- 
"  profondarsi  dei  valloni  ed  il  sennnato  dei  paesi  e  delle  ville  ed   i  vaghi  meati 


—   267  -- 

Ricorderò  invece  come  essa  sia  già  stata  oggetto  delle  amorose 
cure  di  un  distinto  botanico  bergamasco,  Lorenzo  Rota,  autore  di  un 
pregevole  studio  '  sulla  Flora  Fanerogama  dell'  intera  Provincia  :  e  fu 
sventura  che  una  morte  immatura  ne  troncasse  l'opera,  quando  era  per 
occuparsi  attivamente  anche  delhi  Flora  Crittogama". 


Anche  in  questa  seconda  contribuzione,  massima  parte  delle  specie, 
da  me  raccolte  e  studiate,  sono  per  la  prima  volta  segualate  nella  Pro- 
vincia di  Bergamo;  altre  tuttavia  ne  ho  inserite  che  furono  in  diversi 
tempi  raccolte  in  località  bergamasche  ed  inviate  per  ragioni  di  ricerche 
tìto-patologiehe  a  questo  Laboratorio  Crittogamico  ^ 

Fra  le  specie  annoverate  ve  n'ha  qualcuna  nuova  per  la  flora  nii- 
cetica  Lombarda  ed  anche  per  l'italica;  non  ve  n'ha  però  alcuna  di  nuova 
per  la  scienza  micologica. 

L'accresciuta  esperienza  dell'estrema  variabilità  di  queste  interes- 
santi forme  vegetali,  mi  ha  reso  assai  cauto,  ed  ho  seguito,  almeno  in 
parte,  l'aureo  aforisma  che  Carlo  Vittadini  prepone  alla  sua  Monogra- 
phia  L'jcQperdiìieorum  : 

"  Melius  est  nofas  exaetim  definire  spec/es,  quam  novas  plerumque  hi- 
certas  proponere  ,,. 

Ho  pertanto  in  compenso  resa  più  attenta  l'osservazione  ed  anno- 
tato quanto  mi  parve  utile  a  colmare  qualche  lacuna  diagnostica  od  a 
seo-nare  la  variabilità  di  qualche  carattere,  come  ad  es.  a  proposito  del 
Trimmatostroma  Scdicis  Cda.,  del  Coniothyrium  foedans  Sacc,  del  Lep- 
fnfhi/riiim  (diieum  (Lèv.)  Sacc,  del  Capnodiim  snUcinum  Mont.,  ecc. 

Parmi  invero  che  se  in  lavori  di  questo  genere,  il  contribuire 
alla  miglior  conoscenza  della  flora  di  una  data  regione  (e  quindi  anche 
di  quelle  man  mano  più  comprensive),  è  il  primo  scopo,  non  dev'essere 


"  dell'Adda,  o  lo  specchio  dei  laghi  di  Pusiano,  di  Oggiono,  di  Olginate,  di  An- 
'  none,  di  Sartirana.  A  questa  veduta  gigante  e  sublime  si  contrappone  l'idillio 
•  di  quella  di  Pioda,  cocuzzolo  petroso  presso  Moiiteniarenzo,  quasi  a  perpendi- 
"  colo  dell'Adda,  e  che  quindi  ne  domina  tutte  le  vaghezze,  là  ove  i  più  strani 
"  orrori  formano  isolette,  paludi  e  limpidi  stagni,  e  così  al  sorriso  degli  ulivi  e 
'  di  una  vegetazione  degli  Apennini  a  Somasca,  fanno  contrasto  i  casali  dispersi 
"  di  Erve  e  di  Valle  Cava,  tristi  per  tettoie  acute  di  pietra  bigia,  portanti  il  mar- 
"  chio  dei  villaggi  delle  Alpi  .. 

'  Rota  L.  Prospetto  della  Flora  della  Provincia  di  fìerfjamo.  Bergamo  lb.o3. 

=  Rosa  G.  Cenni  Necrologici  del  Dr.  Lorenzo  Rota,  del  Dr.  Feìerico  Ve- 
nnnzio  e  di  Don   Vincenzo  Bonicelli.  Bergamo  1855. 

^  Briosi  G.  Rassegne  Criltogamiclie.  Roma  (in  Bollet.  Min.  Agric.  dal   1886 

al  1906). 


—   268   — 

però  l'unico,  e  cosi  non  siano  da  trascurarsi  quelle  eventuali  osserva- 
zioni morfologiche  o  biologiche  che  in  qualche  motlo  giovino  alla  scienza 
micologica. 

Nella  ileterminazioiie  delle  specie  mi  fu  di  base  la  S'jl/oi/e  Fìdi- 
gorum  del  Saccardo  ;  ho  però  cercato  sempre  in  ogni  possibile  caso  di 
ricorrere  (come  si  rileva  dalle  frequenti  citazioni  ciie  occorrono  nell'enu- 
merazione) anche  alle  speciali  o  più  l'ecenti  pubblicazioni  e  Monogra- 
fie ^  concernenti  particolari  gruppi  definiti  sistematicamente  o  per  Ylm- 
bitat  loro  proprio. 

Così  pure  mi  sono  valso  di  numerose  Iconografie  ed  Exsiccata. 

Il  materiale  oggetto  del  presente  studio,  trovasi,  come  d' nso,  de- 
positato presso  questo'  Istituto  Botanico,  disponibile  per  qnalsiasi  ra- 
gione di  confronto  e  ricerca. 

Mi  è  infine  doveroso  e  gradito,  porgere  qui  vivi  ringraziamenti, 
oltreché  al  mio  ottimo  Maestro,  il  Chiarissimo  Prof.  Briosi,  il  quale 
ha  consigliato  ed  in  ogni  modo  favorito  questo  lavoro,  anche  al  Chia- 
rissimo Prof.  P.  A.  Saccardo  ed  a  G-.  Bresadola,  il  ben  noto  Imenomi- 
cetologo,  alla  rara  competenza  e  squisita  cortesia  dei  quali  ho  proficua- 
mente ricorso  in  alcuni  casi  dubbi;  ed  ancora  affettuosa  riconoscenza 
debbo  all'amico  carissimo  Dott.  G.  B.  Traverso  che  mi  fu  pure  di  co- 
stante e  valido  consiglio. 

Palili,  lidi   Liihoriitorio  Crilìoijiiìiiiro,  Sfttcìiihre  lOOG. 

Dott.  Guido  Rota-Rossi. 


'  Ne  ricoi'iio  (lualcuna  fr:i  le  principali: 

Sydow  P.  et  H.  Monographia   Uredùieannii.  Voi.  I.  Lipsia  11104. 
FiscHKR  A.  F/u/romi/ce/es  in  Ilabenliorst.  Kri/iitogamen  Flora.  Lip.sia  I8U1'. 
Sai.mon  e.  a  Monugraph  of  the  Eri/siphaceae  in  Memoirs  of  the  Tor- 

rey  Botanica]  Club.  New-York  ItlOO. 
Polpacci  G.  Monografia  delle  Eri/.tiiiìiaceae  italiane.  Milano  1905.  Estr. 

dagli  Atti  Ist.  Bot.  di  Pavia,  A'ol.  IX. 
Lloyd  C.  G.   The  Lycoperdaceae  of  Australia.  Cincinnati  l'.M)5.  Bull,  of 

the  Lloyd  Library  of  Botany,  Pharni.  etc 
Berlese  A.  N.  Fiiììgi  moricolae.  Padova  ISS'J. 
ViAi.A  P.  Les  Maladies  de  la   Vigne.  Paris  1893. 
Penzig  C.  Studi  botanici  Siigli  Ai/rnmi.  Annali  ili  Agricoltura.  lioma  1887. 


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lano 1872. 

—  Osserrozioni  sul  dipartinieiìto  del  Serio.  Bergamo  1803. 

—  I  tre  liegni  della  Natura  ttella  Frovincia  di  Berna  ino.  Modena  1822. 
Pollini  0.  Flora  Veronensis.  Tom.  III.  Crypt.  Fungi.  Verona  1824. 

Cima  F.  G.  Relazione  e  tavola  sinottica  dei  Funghi  commestibili  piti  comuni.  Ber- 
gamo 1826. 

Delegazione  Provinciale  di  Bergamo.  Prospetto  e  descrizione  dei  funghi  man- 
gerecci innocui  che  crescono  nel  territorio  dipetidente  dall'I.  R.  Governo 
di  Milano,  col  confronto  di  quelli  velenosi  o  sospetti  che  a  loro  più  ras- 
somiijliano  e  coi  quali  jiotrehbero  essere  sgraziatamente  confusi.  Ber- 
h'amo  1831. 

Garovagi.io  S.  Archivio  del  Laboratorio  di  Botanica  Crittogaitiicn  presso  la 
li.   Università  di  Pavia.  Voi.  I-V.  Milano  1874-1888. 

Briosi  G.  Rassegne  Crittogamiche.  Roma  in  Boll.  Min.  Agric.  dal  1886  al  1906. 
ed  in  Atti  Ist.  Bot.  di  Pavia  Voi.  I-IX. 

Cavara  F.  Contribuzione  alla  Micologia  Lombarda,  in  Ati'i  dell'Ist.  Bot.  di  Pavia 
Voi.  n.  Milano  1892. 

Briosi  e  Cavara.  /  funghi  parassiti  delle  piante  coltivate  od  utili.  Fase.  I-XVI. 
Pavia  1888-1906. 

Klotzscfi  et  Rarenhorst.  Hcrbariiim  vivum  wjcologicum.  Berolini  et  Dresdae 
1832-1863. 

Rota-Rossi  G.  Prima  contribuzione  alla  Micologia  della  Provincia  di  Bergamo. 
in  Atti  deirist.  Bot.  di  Pavia,  Voi.  IX. 


*  Riassumo  qiu'lla  i)oca  che  più  o  meno  direttamente  interessa  la  Micologìa  Bergamasca. 


ELENCO  DELLE  SPECIE 


Coliors   P  H  Y  C  0  il  Y  C  E  T  E  A  E   De  Bary. 

A)   OO.ULC'IJTAE. 
Fani.    Pcrouospor.aceae   De  Bary. 

159.  Plasmopara  iiivea  (Ung.)  Seliroet.    Knjpt.    Fior.   v.  Schles.  IIL 

pag.  237.  —  Sacc.  %//.  VIL  \\:\g.  240.  —  Brios.  e  Cav.  "I Fiaii/. 

Paraf:s.  . .  „  11°  203.  —  in  Rabeiili.  Kri/;i.  Fior.  Piìzr  A.  Fiscliei'. 

F/ii/com.  \).  429.  —  Beri.   Icoìì.  Fiiìkj.   PÌhjc.  I.   \^.   18.  tab.  XIX. 

Su  foglie  (li  Aegopodiiim  podin/raiia  L.;  Palazzago,  ottobre  19041 

160.  PlasiiKtpara  viticola  (Berk.  et  Ciirt.)    Berlese   et    De  Toni    in 

Sacc.  Si//!,  vii.  [).  239.  —  Brius.  e  Cav.  "  I  Fung.  Para.ss...  „ 
II"  1,  —  in  Rabenli.  Kri/pt.  Fior.  Pilze  A.  Fi.sclier.  —  P/n/coin. 
p.  435.  —  Beri.  Icon.  Fini,/,  l'hi/c.  I.  \\.  17.  tab.  XVJI-XVIll. 
Sulla  Viìis  vhiifera  L.,  segnalata,  credo  per  la  prima  volta  in 
Provincia  di  Bei'ganio,  il  5  settembre  1880  (Se.  Profes.  d'Agric. 
di  Gruniello  del  IVIonte)  —  vedi  Garov.  Arcìrio.  d.  Lahor.  Bofaii. 
Oriti.  R.  Univ.  di  Pavia  voi.  IV.  p.  44  e  p.  77:  ed  oia  ovunque 
diffusavi  (Dovere,  Ranzaiiico,  Trescoi-e  Baliieario,  Gorlago,  San 
Pellegrino,  Zogno,  ecc. .  .)  vedi  G.  Briosi.  liassegna  crittor/nmiin 
in  Atti  i/eirist.  Bot.  di  Pavia.  Voi.  I-VIII).  (Cisano,  Villasol.i. 
Caprino,  Celana,  Palazzago,  Almenno  . . .  ecc.I). 

161.  Bremia  Lactucac  Regel.  Bot.  Zcit.  1843.  —  St.  39.,  tab.  Ili  — 

Brios.  e   Cav.   "  /  Fmuj.  Parass.  . .  „  n"   51.  —  Sacc.    Si///.  VII. 
p.  244  —  in  Rabenli.   Kr/jpt.  Fior.  Pi/::c  A.  Fischer.  Pìiì/coni.  \ì. 
440.  —  Beri.  Icnn.  Fung.   Phijc.  I.  p.   19,  tab.  XXI-XXII. 
Su  foglie  di   Ceìitaurea  sp. ;  Cisano,  agosto  1906! 

162.  Peronospora  Lamii    A.   Braun  :    in    Rabenli.  Ilcrb.  nii/c.   ed.  II. 

n"  325.  —    Sacc.  &>//.  VII.  pag.  256  —  in  Rabenli.  Kri/pt.  Fior. 
Pilze  A.  Fisclier.   Plu/rom.  pag.  462.   —  Beri.  Icon.  Fung.   Phg- 
com.       I.  p.  35,  tab.  LV. 

Su  foglie  di  Salvia  sp.  ;  a  Villa  d'Adda  (C.  Alassa).  —  P)i-ios. 
Bassegn.  Crittog.,  luglio  1889  in  Alt.  Ist.  Bot.  di  Pavia.  Voi.  Il, 
pag.  XIX. 


—   271   — 

BJ  ZIGOMYCETAE. 

Fani.  Mucoraceae  De  Baiy. 

163.  Mucor  tiavatus  Lk.  in  Willil.  Sp.  pi.  VI.  p.  92.  —  Peuz.  Fung. 
Aijnim.  Cent.  II.  p.  20.  —  Sacc.  Syll.  VII.  p.  193.  —  Eabenli. 
Krypt.  Fior.   Filze  A.  Fisclier.  Phijcom.  p.   232. 

OsSERV.  Associato  al  Peiticillium  digitatum  (Fr.)  Sacc. 

Su  frutto  marce.scente  di  Citnis  Limoiium  Eisso;  Cisano,  ago- 
sto 1906  ! 
16.1.  Rhizopus  uigTieans  Ehreiib.  De  Micet,  in   Sov.  Act.  Acid.  Leop. 
p.   198..  tab.  II.  -  Sacc.  Sgll.  VII.,  )).  212.  —  Rabenli.   Krgpt. 
Fior.  Filze  A.  Fisclier.  Fhycom.  p.  230. 
Su  pane  umido;  Cisano  agosto  1906! 


Cohors  DEUTKlU)3iYC'ETAE  Sacc. 

A)    GFJ/iV^OC-l/i'Pyl^MHypbomyceteae  Martius). 

Fani.  Miieediuaceae  Link,  enieiul. 

Sect.  HvALospoRAE  Sacc. 

165.  Oidium  leueocouium  Desni.  Ann.   d.   Scienc.   Nafui.  1829-XIII. 

p.  102,  tab.  6,  f.  1-2.  —  Sacc.  >////.  IV.  p.  41.  —  Brios.  e  Oav. 
"  /  Fung.  Parass.  . .  „  n'  10. 

OssERV.  Stadio  conidico  della  Sp/uierof/ieca  pannosa   (Wallr.)  Lèv., 
vedi  11°  256. 

Su  foglie  di  Persica  vulgaris  Mill.,  a  San  Pellegrino  (Briosi); 
Brios.  Bassegii.  Critlog.  agosto-settembre  1896  in  Atf.  Istit.  Boi. 
di  Paria.  Voi.   V.   p.   182. 

166.  Oidium  mouilioides  Lk.  Sp.  I.  p.  122.  —  Sacc.  Syll.  IV.  p.  46. 

OssERV.  Stadio  conidico  dM'Erysiphe  gramiiris  DC. 

Su  foglie  di  Triiicitm  vulgare  L.  a  San  Pellegrino  (Briosi).  — 
Brios.  Rassegiì.  Criffog.  II  Sem.  19U2,  in  Ali.  hlif.  Boi.  di  Pa- 
via. Voi.  VIII.  p.  536. 


—   272   — 

167.  Oidiiim  Evoiiymi-japoniei  (Are.)  Sacc.  np.  Salmon  in  Aim.  My- 

col.   1905.  p.  5,  tal).  I,  f.   1-7.  —  Sacc.  Syìl.  XVIII.  p.  .506. 
Su  foglie,  di   Evoìììjmuii  japonicus  L.  ;  Cisaiio,  agosto  1906! 

168.  Asperstillus  glaiieus  (L.)  Lk.  Sp.  pi.  Fung.  I.   p.  67.  —  Sacc. 

Sijll.  IV.  p.  64. 

Su  rami  corticati  marce.scenti  di  Ci/lisiis  Lcdiumum  L.;  Val- 
cava,  settembre  1906! 

169.  Peuieilliiim  digitatum    (Fr.)   Sacc.    Fung.    Ital.   894.   —   Peiiz. 

Fung.   Agrumic.  il"   134,  fig.   1192c. —  Sacc.   Si/U.  IV.  p.   78. 

OssERV.  Associati)  al   Mucor  davatus  Lk. 

Su  frutto  marcescente  di  C/trìis  Limoiium  Risso;  Cisano,  ago- 
sto 1906  ! 

Sect.  Hy.^lodidymae  Sacc. 

170.  Ti'ichothccium    roseiim  (Pers.)   Lk.   Ohserc.   mijcoì.  I.   pag.   16, 

fig.   27.  —  Sacc.  X'"'^-   IV,  p.    178. 

Su  Scleroderma  vnlgarc  Hornem.  ;  Cisano,  agosto  1906! 

Sect.  Hyalophragmi.xr  Sacc. 

171.  Bamularia  aeqxiivoca  (Ces.)  Sacc.  forma  RauiiiU'uli-at'i'is  C. 

Mass.   Novif.   FI.    Mijc.    Ver.  1902,   p.  75.  —  Sacc.  Sgll.    XVIIL 
pag.  546. 

Su  foglie  di  liauìincuhis  acrr  L.;  Cisano,  agosto  1906! 

172.  Kamiilaria  Pariotariae  Pass,  in  L'ab/i.  F.  E.  n°  2066.  —  Sacc. 

Si/l/.  IV.   p.  216. 

Su  foglie  di  Parietaria  officinalis  L.  ;  Palazzago,  ottobre  1904! 

Fani.    Dematiaccae   Fr. 

Sect.  Phaeospor.\e  Sacc. 

173.  Hadrotriclunn  Populi  Sacc.  Midi.  I.  p.  264.  —  Sacc.  Syll.  IV. 

p.  301.  —  Brios.  e  Cav.  "I  Fmig.  Farass.  ..  „  n»  139. 

Su  foglie  di  Piriis  communifi  L.  e  di  Acer  Negiiìido  L.,  a  San 
Pellegrino.  (Briosi)  —  Brios.  Rassegn.  Critt.  II  Sem.  190:^  in  Atti 
Isf.   Boi.  di  Pavia.  Voi.  Vili.  ]).  541. 

Sect.    PlIAEODIDYMAE    SaCC. 

174.  Fiisicladiiim  pirimim  (Lib.)  Fuck.  Sgndj.  Myc.  p.  357.  —  Sacc. 

Sgll.  IV.  p.  346.  —  Brios.  e  Cav.   "  1  Fung.   Piras.'^.  .  .  „   n«  43. 


—  273   -- 

Su  foglie  di  Finis  communis  L.  a  Villa  d'Adda  (C.  Massa).  — 
Brios.  Raasegn.  Critt.  Luglio  1S89  in  Atf.  Ist.  Botan.  di  Pavia, 
Voi.  IL  p.  XVIIT. 

175.  Fusicladium  deudrificum  (Wallr.)  Fuck.  St/mò.  myc.  p.  357.— 

Sacc.  Fuìifj.  Hai.  tab.  782.  —  Brios.  e  Cav.  "  1  Ftmrj.  Parass.  . .  ., 
n°  140. 

Su  foglie  di  Finis  communis  L.  a  Gnimello  del  Monte.  (Ta- 
maro) R.  Scuoi.  Prat.  d'Agric.  —  Brios.  Rasserjn.  Critt.  I  Sem. 
1894  ili  Ati.   Ist.  Bot.  (li  Favia.  Voi.  IV.   p.  IX. 

176.  Fumago  vagans   Pars.    Myc.   Eur.  I.  p.  9.  —  Sacc.  Si/ll.  IV.  p. 

547.  —  Brios.  e  Cav.   "  I  Fiing.  Farass. . .  „  n°  244. 
OssKRV.  Stadio  conidico  del   Capnodium  salicimun  Mont.  v.  u"  258. 
Su  grappoli  di   Mtis  vinifera  L.  a  Villa  d'Adda  (C.  Massa). — 
Brios.  (Cladosporium  Fumago  Lk.)  Bussegn.    Crittogam.  settembre- 
ottobre  1889  in  Att.  Ist.  Bot.  di  Pavia.  Voi.  II,  p.  XXIV. 

Sect.  Phaeodictyae  Sacc. 

177.  Macrosporium  Vitis  Sorok.  Farass.  pag.  31.  t.  IV.  f.  51-52.  — 

Sacc.   Si/U.  XI.   p.  635. 

Su  foglie  di  T7//.S'  vinifera  L.  a  Grumello  del  Monte.  —  R.  Scuoi. 
Prat.  d'Agi'ic.  —  Brio.s.  lìassegn.  Crittog.  II  Sem.  1905  in  Bollett. 
di  notizie  agrarie.  Roma. 

178.  Macrosi)oriuin  Convallariae  (Scluim.)  Fr.  Sgst.  mgc.  III.  pag. 

373.  —  Sacc.  Syll.  IV.  p.  538. 

Su  foglie  di  Foligonafum  officinale  Ali.;  Valcava,  sett.   1906! 

179.  Altei'iiai'ia  tennis  Nees.  ^yst.  p.  72.  f.  68.  —  Sacc.  Fung.   Ital. 

p.  737.  —  Penz.  Stud.  Bot.  s.  Agrum.  . .  p.  416,  tab.  XLV.  f.  2. 
—  Sacc.  Syll.  IV.  p.  545. 

Su  foglie  secche  di  Citrus  Limonum  Risso;  Palazzago,  ottob.  1905! 

180.  Alteriiaria  Brassieae  (Berk.)  Sacc.  Mich.  II.  pag.  172.—  Sacc. 

Syll.  IV.  p.  546.  —  Brios.  e  Cav.  "  I  Fung.  Parass.  . .  „  n"  87. 
Su  foglie  di  Brassica  oleracea  L.  var.;  Palazzago,  marzo  1905! 

Sect.  ScoLECospoRAE  Srcc. 

181.  Cercospora  depazeoides  (Desm.)  Sacc.  Fung.   Yen.  nov.  vel  crit. 

V.  p.  187.  —  Sacc.  Syll.  IV.  p.  469. 

Su  foglie  di  Samhiicus  nigra  L.;  Ci-sano  (torrente  Sonna),  ago- 
sto 1906! 

182.  Cercospora  microsora  Sacc.  Midi.   II.  p.   128  et   Fung.  ital.  t. 

662.  —  Sacc.  Syll.  IV.  p.  459.  —  Brios.  e  Cav.   "  1  Fung.    Pa- 
rass .  .  „   n°  44. 


—   274  — 

Su  fog-lie  (li  Tilia  ruropaea  L.  a  Zogno  ed  a  San  Giovanbianco. 
(Briosi)  —  Brios.  Rassegii.  Cn'ff.  h(glio-ngosfo-scttembre  1890  in 
Att.  Istit.  Boi.  (li  Pavia.  Voi.  V.  p.   187. 

Fani.  Tuberciilariaeeac  Elirenb.  emend. 

Ser.    TnbercnlarHicaie  miiccdincac  Sacc. 

Sect.  HYAi.osroRAE  Sacc. 

183.  Yolutella  Buxi  (Corda)  Berk.   Oiitt.  j).  .340.  —  Sacc.  Fung.  Ital. 

t.  731.  -  Sacc.  8glL  IV.  p.  (385. 

Su  foglie  di  Buxux  srmpercireiis  L.;  Palazzago,  ottobre  1904! 

Sect.  Hyalopiiuagmiae  Sacc. 

184.  Fusarium  palleiis  Nees.  Jet.  Acad.  Lcop.  IX.  p.  237.  t.  V.  7.  — 

Sacc.  Sgìì.  IV.  p.  69.5. 
Observ.  iSporodocliii.s  priimuii  albi.s  vel  albo-cinereis,  deiii  rubellis. 
Couidiis  50-65  ?  4,5-5  /(. 

Su  ramo  inaix-escente  di  Holihiiu  T'scudacacia  L.;  Ci.sano,  ago- 
sto 1906! 

185.  Fusarium  herharum  (Coidn)  Fr.  Snmm.   ì'rgei.  p.  472.  —  Sacc. 

Sìjl/.  IV.  p.   701. 

Su  caule  di   Sapimaria  of/ìcin'd/s  L.  ;  Cisaiio,  agosto    1906! 

Ser.    Tiibcrcìilayiaceue  deiiiatiae  Sacc. 

Sect.  PiiAEosi'JKAE  Sacc. 

186.  Epieoei'um  imrpurasceus  Eiirenb.  S///v.  p.  12.  —  Sacc.  Sgìl.  IV. 

p;ig.   736. 

Su  l'IiascoìiUis  vulgaris  L.  ;  Palazzago,  ottobre  1904! 

Sect.  Phaecphragmiae  Sacc. 

187.  Trimmatostroma  Salicis  Corda  le.  fung.  I.  p.  9.  f.  148.  —  Sacc. 

S,yll.  IV.  p.  757. 

Su  legno  decorticato  ;  Palazzago,  ottobre  1904  ! 
OssERv.  L'  esemplare  da  me  raccolto  e  studiato,  come  pure  quelli 
dati  nei  seguenti  Eisiccata: 

L.  Fuckel,   Fnìigi  llhcnani  exsiccati,  n"  62. 
Rabenhorst,  Fungi  Europaei.  n»  882  et  882  b. 
D.  Saccardo,  3Jgcvtìiecu  Italica,  n°  1000 
Firbario   Crittogninico   Ita/iiino,  ser.  II.  n"  44. 


—  275   — 

differisce  alquanto  dalla  descrizione  e  dal  dise<?no  dati  dal  Corda  ', 
poiché  le  spore  non  si  presentano  siibfusit'ormi,  ma  appaiono 
piuttosto  cilindroidi,  ad  estremità  più  o  meno  arrotondate  e  piii 
spesso  diritte  che  non  curve.  Notisi  che  il  disegno  di  Corda  è 
probabilmente  alquanto  inesatto,  poiché  vi  appaiono  affatto  jaline 
ed  incolori  le  spore  descritte  come  "  fnscis-semipellncidis,,.  Fra 
gli  stessi  esemplari  surricordati  e  da  me  esaminati,  esiste  qual- 
che altra  minor  differenza.  Cosi  pure  in  quello  da  me  raccolto 
le  spore  presentansi  assai  distintamente  asperule,  e  di  dimen- 
sioni alquanto  maggiori,  larghe  8-10  /i-,  variabilissime  i)oi  in 
lunghezza  per  il  loro  particolar  modo  di  produzione  e  distacco. 
Tuttavia  credo  esatto  il  conservar  riunita  queste  forme  sotto 
la  denominazione  data  da  Corda. 

BJ   E3I1AJSÌGIOCJ11PAE. 
Fam.  Melaneoniaceae  Berle. 

Sect.  Hyalospouae  Sacc. 

188.  Gloesporiiim  Vouetum  Speg.  Midi.  I.  p.  477.  —  Sacc.  Syil.  HI. 

pag    706. 

Su  foglie  di  Uosa  sp.  a  Fuipiano  (Briosi).  —  Brios.  liassegn. 
Crittog.  higUo-a;/osto  1890  in  Att.  hlit.  Bof.  di  Pavia.  Voi.  V. 
pag.   lS(j. 

189.  Gloeospoi'ium  ampelophassum  (Pass.)  Sacc.  Mich.  I.  p.  217.  — 

Sacc.  Sy/A  HI.  p.   719.  —  Bri<is.  e  Cav.    "  /  Fhikj.   Parass.  .  .  „ 
11°  96.   —   Viiila.  Les  Malad.  d.  la  Vigne,  p.   22.5. 

Sn  foglie  ed  acini  di  Vitis  cinifera  L.  a  Villa  d'Adda  (C.  Massa). 
—  Brios.  Basseyn.  Crittog.  luglio  ISS'J  in  Alt.  Istit.  Boi.  di  Pa- 
via. Voi.  II.  p.  XVI. 

190.  Colletotrichiim   Lindemuthiamim  (Sacc.  et  Magnns)  Brios.  et 

Cav.  "  I  Fnng.  Parass.  .  .  „   n°  50.  —  Sacc.  Si/ll.  III.  p.  717. 
Su  Phaseolus  i-vlyaris  L.;  Cisano,  agosto  1906! 

Sect.  Phaeospou.\e  Sacc. 

191.  Melaucoiiiuiii  jnglaiuliiiiim  Kunz.  in  Fie.  Fi  Dresd.  p.  260.  — 

Corda,  le.  IH.  p.  21.  f.  53.  —  Rabenh.  Herb.  Mijcol.  n°  279.  — 
Sacc.  Siili.  III.  p.   753. 

Su  rami  corticati  di  .Ingtiuis  regia  L.;  Cisano,  agosto  1906! 


•  Corda.  Icoiies  fiuKjonim,  I.,  p.-is-  '•'.  H-  1-4^.  ^^^  in    "  Aiileiliiivj  zum  sìii- 
diiiiit  der  Micologie  „  tab.  B,  6,  fìg.  4-5. 


—   27G   — 

Sect.  Pjiak.opiiragmiae  Sacc. 

192.  C'Oryiieum  Beyei'iuekii  Oml.  in   Hedw.   1883.    p.  115.  —  Sacc. 

Siili.  III.  p.   774. 

Su  rami  di  Persica  i-ulgaris  Mill.  a  Grnmello  del  Monte  (Ta- 
maro). E.  Scuoi.  Prat.  d'Agric.  —  Brios.  Rasiegn.  Crittog.  1  sew. 
1902  in  Aff.   Istif.  Bot.  di  Pavia.  Voi.  Vili.  p.   528. 

Sect.  ScoLEcospoRAE  Sacc. 

193.  Libei'tclla  fagiliea  De.sm.   Aim.  Se.  Kat.   1830.  p.  276.  t.  5.  f.  5. 

—  Sacc.  Fung.   Ita!,  t.   1()S5.  —  Sacc.  Sgll.  IH.  p.  744. 

O.SSERV.  Sporule  lG-30  .  1-1,5  ,«. 

Su  rami  corticati  di   Fagus  silratica  L;  Valcava,  sett.    1906! 

C)  ANGIOCAIIPAE  [Spliaeropsidaceae  (Lev.)  Sacc.]. 

Fani.  Sphaerioidaceae  Sacc. 

Sect.  Hyalo.spuijae  Sacc. 

194.  Pliy  Mosti  età  Lantanae  Pass.  Eri>.  critf.  it.  II.  n°  1290.  —  Sacc. 

Sgll.  X.   p.    113. 

Su  foglie  di    Vibur/uim  Laìitaiia  L.;  Palazzago,  ottobre  1904! 

195.  Phyllosticta  Viiicae-majoris  Allescli.    in  Rabenli.   Krgpf.    Fior. 

Fg.  impcrf.  p.   155.  —  Sacc.  Sgll.  XV.  p.  844. 

Su  foglie  di   ì'iììcu  minor  L.;  Palazzago,  marzo  1905! 

196.  Phyllosticta  prunieola  lOpiz.?)  Sacc.  Mich.  I.  p.  15  7.  —  Sacc. 

Sgll.  III.  p.  4. 

Su  foglie  di  Pniuìi^  Ccras/is  L.  ;  Palazzago,  ottobre  1904! 

197.  Phyllosticta   cupatorina  Tliiim.   Con/r.  jì.  mgc  Lusit.  —  Sacc. 

Sìjll.  III.  p.  45. 

Su  foglie  di  Eirpaforium  canìiahiiiìim  L.  ;  Palazzago,  ottobre 
1904! 

198.  Phyllosticta  Glechomae  Sacc.  Mich.  I.  p.  151.  —  Sacc.  Sgll.  III. 

pag.  50. 

Su  foglie  di   G'echoma  fieilerarea  L.  ;   Palazzago,  ottobre   1904! 

199.  Phyllosticta  crataogricola  Sacc.  Mieli.  I,  ]).  483.  —  Sacc.  Sgll. 

III.  pag.  6. 

Su  foglie  di  Cratacgu^  Oxgacantha  L.  a  San  Pellegrino  (Briosi). 

—  Brios.  Eassegn.  Crittog.  Luglio-Agosto  ISOG  in  Att.  Istif.  Bot. 
(li  Paria.  Voi.   V.   p.  18G. 


—   277   — 

200.  Phjilostiota  ostcospora  Sacc.  j\Jir/>.  I.  531.  —   Sacc.  Si/ll.  III. 

p.  34.  —  Beri.   Fnn;/.  Morie,  fascic.  VI.  n°  11,  tab.  Xr.VllI. 

Su  foglie  (li  Morus  alba  L.  a  San  Pellegrino  (Briosi).  —  Brios. 
Bassec/ìì.  Critt.  higlio-agosio  IS'.KJ  in  Alt.  Istil.  Bot.  di  Pavia.  Vo- 
lume V.  ]).    186. 

201.  Pliyllostieta  morieola  E.  et  E.  New.  Fimg.  in  Proceed.  Acad.  N. 

Se.  Philad.  1893.  p.  455.  —  Sacc.  Sali.  XI.  p.  476. 

Su  foglie  di  Morus  alba  L.  a  San  Pellegrino  (Briosi).  —  Brios. 
Bassegn.  Critt.  Luglio- Agosto  189(!  in  Att.  Istit.  Bot.  di  Pavia. 
Voi.  V.  p.  186. 

202.  Pliyllostieta  Lauri  West.   Exs.  \\°  650  —  Kx.  Flaudr.  1-417.  — 

Sacc.  Sgll.  111.  p.  17. 

Su  foglie  di  Lunrus  nobilis  L.  a  San  Pellegrino  (Brio.si).  — 
Brios.  Bassegn.  Critt.  Luglio- Agosto  1S96  in  Alt.  Tstit.  Bot.  di  Pa- 
via. Voi.  V.  p.  186. 

203.  Pliyllostieta  Juglaudis  (DC.)  Sacc.  Mich.  I.  pag.  135.  —  Sacc. 

Sgll.  III.  p.  31. 

•Su  foglie    di    .Juglans   regia    L.    a   San   Pellegrino  (Briosi).  — 
Brios.  Bassegn.   Crittog.  Luglio-Agosto  JS96  in    Alt.    Istit.   Bot.  di 
Pavia.  Voi.   V.  p.   181. 
.204.  Pliyllostieta  haeteriosperma  Pass.  Diagn.  F.  N.  III.  u"  47.  — 
Sacc.  Sgll.  III.  p.  125. 

Su  foglie  di   Clematis   Vitalba  L.  ;  Palazzago,  ottobre  1904! 

205.  Pliyllostieta  limbalis  Pers.  sec.  Wallr.  Criipt.  Germ.  n"  3706.  — 

Sacc.  Sgll.  III.  p.  24  et  X.  p.  113. 

Su  fo2:lie  di   Biirus  sciupcrrircns  L.  ;  Palazzago,  aprile  1906! 

206.  Pliyllostieta   enienta  (Fr.)   Kx.    Flandr.  I.   412.  —  Sacc.   Sgll. 

III.  p.  58. 

Su  foglie  di  Poligoiiatuiii  officinale  AH.;  Valcava,  settembre  1906! 

207.  Pliyllostieta  populiiia  Sacc.  Mich.  I.  p.  155.  —  Sacc.  Sgll.  III. 

pag.  33. 

Sii  foglie  di  Populus  nigra  L.  ;  Cisano,  agosto  1900! 

208.  Pliyllostieta  aiespili  Sacc.  Mich.  I.    p.  159.  —  Sacc.  Sgll.  IH. 

pag.  5. 

Su  foglie  di  Mespilus  germanica  L.;  Cisano,  agosto  1906! 

209.  Plioma  oueostoma  Thiim.  il/.  V.  n"  877.  —  Sacc.  Sgll.  III.  p.  69. 

Su  rami  corticati  di  Bobinia  Pseudacacia  L.;  Cisano,  agosto 
1906! 

210.  Plioma  saliciua  West.   Crtjpt.   Class.  Append.  —  Sacc.  Syll.  III. 

pag.  97. 

Su  rami  corticati  di  òalix  sp.;  Cisano,  agosto  1906! 


—   278  — 

211.  Plioma  Ilicis.  Desm.  Ars.  n"  1lH)0.     Evoiij'mi-japoiiici.  —  Sacr. 

Syll.  III.  p.    106. 

Su  fooflie  di  Evoiìi/mug  jiipoìiiciis  L.;  Cisauo,  agosto   1906! 

212.  Phoma  media  Eli.  et   Rv.  Joum.  Mi/c.  1889.  p.  147.  —  Sacc. 

S,/U.  X.  !•.   184. 

Su  cauli   morti   di   Asparagus  of/ìcinnlis  ],.;   Palazzago,  ottobre 
1904! 

213.  Phoma  Vitis  Ben.  AhhandL  Mf/c   p.  14.  —  Sace.  .%//.  ITI.  p.  78. 

Su  sarmenti  di    Vif/s  vinifera  L.  ;  Paiazzago,  marzo  190.'5! 

214.  Phoma  phaeidioides  Sacc.  Midi.  IL  p.  274.  —  Sacc.  %//.  III. 

pag.   106. 

Su  foglie  di  Buxiis  scmpcn-ircns  L.  ;  Palazzago,  ottobre  1904  e 
Cisano,  agosto   1906! 

215.  Vermit'ularia  Liliacoarum  West.  FI.  Bui.  Fung.  II.  p.  11.3. — 

Sacc.   Siili.  III.   ]!.   233. 

Su  foglie  di   l'olifiiHiatimi  of/ìciiuiìe  Ali.;  Valcava,  sett.  1906! 

216.  Cytospora  riibesceiis  Fi-.  S.  M.  II.   p.   .512.  —  Sacc.  SijU.  III. 

pag.  253. 

Su  i-ami  di  Pcri^ica  vnlgaris  L.;  Cisano,  settembre  1906! 

217.  Cytosi)ora  clirysospcrma  (Pers.)  Fr.  S.  M.  II.  p.  542.  —  Nae- 

maxpora  cJtri/sosperma  et  populina  Pers.  Si/n.  p.  108-109.  —  Sacc. 
Si/Il.   III.  p.   260. 

Su  corteccia  di  Populiis  nigyn  L.;  Cisano,  agosto  1906! 

Sect.  Phaeospotì.vf,  Sacc. 

218.  t'oniotliyriiim  olivaeeum  iBon.)  in  Fuck.  Sinnh.  p.  377.  —  Sacc. 

Siili.  III.  p.  305. 

Su  foglie  di  Helleborus  sp.  a  San  Giovan  Bianco  (Briosi).  — 
Brios.  lìasscgii.  Critlog.  Luglio- Agosto  18DG  in  Alt.  htit.  Botan.  ili 
Pavia.  Voi.  V.   p.    186. 

219.  Coiiiotlij'i'ium  olivaeeum  Bon.  in  Fuck.  Sijmh.  i)ag.  377,  foini. 

Hederae.  Sacc.  Si/ll.  III.  p.  306. 

Su  rami  secchi  di  Iledcrn  Hclix  L.  ;  Cisano,  agosto  1906! 

220.  Coniolhyrium  eoiieentrieum  (Desm.)  Sacc.  Mich.  I.  p.  204,  var. 

A^-aves.  —  Sacc.  Syll.  IH.  p.  317. 

Su  foglie  di  Agai-e  sp.;  Palazzago,  marzo  1905! 

221.  Coniothyrium  foedaus  Sacc.  Mici,.  I.  p.  95.  —  Sacc.  %//.  III. 

pag.  308. 

Su  rami  coi'ticati  di  Moriis  all)a  L.  ;  Cisano,  agosto  1906! 

O.SSERV.  I   picnidi   sono    assai    intimamente  aggregati,  cosi  che   la 


—     L'TiJ     — 

foi'iiia  (la  me  osservata  appare  quasi  sfroniatica,  e  tale  che  po- 
trebbe auciie  essere  interpretata  come  ascrivibile,  o  per  lo  meno 
come  forma  di  passaggio,  al  genere  Haplosporel/a.  Spegaz.  — 
Sporule  5-C)  «  4-5  /t. 

Sect.  Hyalodidymae  Sacc. 

222.  Aseofhyta  Pisi  Lib.  E.rs.   n"  12.  —  Sacc.  SylL  III.   p.  397.  — 

Bi-ios.  e  Oav.   "i  F/uìfj.   Paross. .  .  „   n.  119. 

Su  foglie  di  Fimm  salivuni  L.  a  Grumello  del  Monte  ^Tamaro) 
R.  Scuola  Prat.  d'Agr.  —  Brios.  Jlasseyn.  Critiog.  Luglio- Agoi^lo 
1892  in  Alt.  htit.  Bot.  di  Pavia.  Voi.  III.  p.  xVlII. 

223.  Diplodiua  Vitis  Bruii.  Champ.   Sniuf.    p.  339.  —  Sacc.    Sgll.    X. 

pag.  313. 

OssKRV.    Farmi    die   VAscoch'/la   ampdinn  fi  dadogena  Spegaz.   sia 
identica  alla  D.  Vitis  Bruii. 

Su  sarmenti  di  Vitis  vinifera  L.  ;  Cisano,  agosto   1906! 

Sect.  Pii,\EnDiDY.M.\E  Sacc. 

224.  Diplopia  lìoumegiieri  Sacc.  ]\Jich.  II.  p.  106.  —  D.  laurina  Roum. 

F.  Gali.  u°  217.  —  Sacc.  S>jll.  III.  p.  340. 

Su  rami  corticati  di  Prunus  Lauro-Ccrasus  Ij.;  ('isano,  ago- 
sto 1906! 

225.  Botryodiplodia  congesta  (Lev.)  Sacc  Sgll.  III.  p.  378. 

Su  rami  corticati  di  Juglans  regia  L.;  Cisano,  agosto   1906! 

Sect.  PH.\EOPnnAGMrAK  Sacc. 

226.  Hendersonia  piilcliella  Sacc.  Midi.  I.  pag.  112.  —  Sacc.   Sgll. 

pag.  430. 
Su  caule  secco;  Palazzago,  marzo  1905! 

227.  Heudersoiiia  Sarmentonim  West.  Bull,  de  Brux.  XVIII.  n"  60, 

f.  2.  —  var.  Lauri  Sacc.  Sgll.  III.  p.  420. 

Su  foglie  di  Laurus  nohUis  L.  a  San  Pellegrino  (Briosi).  — 
Brios.  Bassegn.  Critfog.  Luglio- Agosto  180IÌ  in  Alt.  hlit.  Botan. 
di  Pavia.  Voi.  V.  p.   187. 

Sect.  Phaeodictyar  Sacc. 

228.  Camarosporium  oreades  (Dnr.  et  Mont.)  Sacc.  Sgll.  III.  p.  466. 

Su  foglie  languenti  di  Qucrcus  robur  L.;  Palazzago,  ottobre 
1904! 


—   280   — 
Sect.  ScoLEcospoRAE  Sacc. 

229.  Septoria  Crataegi  Kx.  Fior.  Cn/pt.   FI.  IL  p.  433.  —  Sacc.  Syll. 

III.  11.  48(5.  —  Brios.  e  Cav.   "  I  Fune/.  Paras.s.  „  n"  194. 

Su  foglie  (li  Cralaegus  Oxyacantha  L.  a  San  Pellegrino  (Briosi). 

—  Brios.  lìassegn.  Crittog.  Luglio- Agosto  180G  in  Alt.  Istit.  Boi. 
di  l'aria.  Voi.  V.   p.   186. 

230.  Septoria  Rubi  West.  Ess.  n°  938.  -   Kx.   Fior.  FI.  p.  433.  — 

Sacc.  S/jll.  III.  p.  48(3.  —  Brios.  e  Cav.  "  I  Fiaig.  l'ara.ss.  .  .  „ 
n«  271. 

Su  foglie  di  Biiòìis  fruticonis  L.  a  Villa  d'AiMa  (C.  Massa).  — 
Brios.  I!a.~;segii.  Crittog.  Luglio  188!>  in  Att.  Istit.  Botan.  di  Pavia. 
Voi.  II.  p.  XVIII. 

231.  Septoria  Limonum  Pass.    Fimg.  Pann.  enumcr.  iu  Att.  Soc.  Orili. 

Hai.  II.  p.  2.3.  —  Sacc.  Sgll  HI.  p.  47  7.  —  Brios.  e  Cav.  "  / 
Fuiig.  Parass.  .  .  „  ii"  248.  —  Peuz.  Fniig.  Agrumic.  ii°  6(5.  f.  1175. 
Penz.  Htud.  Boi.  sugli  Agrum.  p.  .'567,  tav.  XXXLV,  fig.  4. 

Su  foglie  di  Citrus  Limonum  Risso  a  Villa  d'Adda  (C.  Massa).  — 
Brios.  lìassegn.  Crittog.  Luglio  J88'.>  ili  Alt.  Istit.  Botan.  di  Pavia. 
Voi.  n.  pag.  XIX. 

232.  Septoria  legiiiuiinim  Desm.  io  Noi.   p.    H»    —  Sacc.   .%//.    III. 

jìag.  .5.59. 

OssERV.  Sporule  25-30  ^  3-3,5. 

Su  foglie  di   l'ìiaseolus  vìilgaris  L.   a  Villa  d'Adda  (C.   Massa). 

—  Brios.  Ilassegn.  Crittog.  Luglio  ]8s'.)  in  Att.  l'olii.  Boi.  di  Pa- 
via.  Voi.  II.  p.  XVII   —  e  Palazzago.  ottobre  1904! 

233.  Septoria  Convolvuli  Desili,  in  Ann.  Scienc.  Naiur.  1842.  XVII. 

pag.   ICS.  —  Sacc.  Sgll.  III.  p.  536. 

Su  foglie  ili   Conrolt'olus  arvensis  L.  a  Cisano,  agosto  1906! 

234.  Septoria  Populi  Desniaz,  ]()  Not.  5.  pag.  11.  —  Sacc.  Sgll.  IH. 

pag.  502. 

OssERV.  Associata  alla  Phyllosticta  popuìina  Sacc. 

Su  foglie  di  Populus  nigra  L.;  Cisano,  agosto  190(^' 

235.  Septoria  Sapouariae  (DO.)  Savi  et  Beco.  Erh.  critt.  Hai.  u"  882. 

—  Sacc.  Sgll.  III.  p.  516. 

Su  foglie  di  Saponaria  officinalis  L.;  Cisano,  agosto  1906! 

236.  Septoria  polygoiiina  Tliiim.  Pitil.  Sihir.  w>  021.  —  Sacc.  Sgll. 

III.  p.  554. 

Su  foglie  di   Polggoniiìu  sp.;  Cisano,  agosto  1906! 


—   281   — 

237.  Septoria  Lavandulae  Desni.  21   Nat.  4.   pag.   2.  —  Sacc.  Sijìl. 

jiag'.  537. 

Sn  foglie  (li  Lavaìidula  Spicci  Cav.  ;  Cisano,  agosto  1906! 

238.  Soptoria  Astragali  De.sm.  Ann.   ^c.   Nat.   1S43-XIX.  p.   34.5.  — 

Sacc.  Syll.  III.  p.  508. 

Su  foglie  (li  Aslragahis  (ilijcijpìii/llus  \i.\  Cisano,  agosto  1906! 

239.  Septoria  Napelli  Speg.   Nov.   Add.  n°   162.  —  Sacc.   StjU.   m. 

pag.   525. 

Os.SERV.  Macul/s  fuscis  irregidarihus;  sporiiìis  in  cirniin  album  effìucn- 
tihus. 

Su  foglie  (li  Aconitu.'i  Napellus  L.;  Valcava,  agosto  1906! 

240.  Septoria  Hederae  Desraaz.  Ann.  Se.  Natur.  1843.  XIX.  p.  340. 

—  Sacc.  Si/ll.  III.  p.  490. 

Su  foglie  cadute  di   L'edera  Helix  L  ;   Palazzago,  apille  1906! 

241.  Septoria  Desmazierii  Sacc.  Mic/i.  I.  p.  172.  —  Sacc.  Sy!l.  III. 

pag.  491. 
OssERV.   .4  ti/po  differì  sporulis  rectis,  bacillaribus,  nec  claiatis. 

Su  foglie  cadute  di  Hedcra  Helix  L.;  Palazzago,  aprile  1906! 

242.  Septoria  Lyeopi  Pass.  Hedw.  1878.  pag.  60.  —  Sacc.  Sijll.  III. 

pag.  540. 

OssERV.  Sporule  25-35  »  2  /.i. 

Su  foglie  di  Lijcopus  enropaeus  L.;  Cisano,  agosto  1906! 

243.  Septoria  Gerauii  Rob.  et  Desm.  Ann.  ».   Nat.  Bot.   1853.  XX. 

pag.  93.  —  Sacc.  Syll.  ITI.  p.  514. 
OssERV.  Sporule  40-60  »  1  ii. 

Su  foglie  di  Geranium  molle  L.;  Palazzago,  ottobre   1904! 

Fani.  Leptostromaceae  Sacc. 
Sect.  Hyalosporae  Sacc. 

244.  Leptothyrium  Hederae  (Mong.)  Starb.  Stnd.  p.  96.  —  Sacc.  St/U. 

XI.  pag.  Ò.54. 
O.SSERV.  Sporule  4  -  0,5-1  /t. 

Su   peduncolo   e   lembo  di   foglie  cadute  di  Hedera   Helix  L  ; 
Palazzago,  aprile  1906  ! 

245.  Leptothyrium  Castaiieae  (Spr.)  Sacc.  Mich.  pag.  631.  —  Sacc. 

Syll.  III.  pag.  628. 

Su  foglie  di  Casfanea  vesca  G'a«-/«.  ;  Palazzago,  ottobre  19U4! 

246.  Leptothyrium  alneum  (Lèv.)  Sacc.  Mich.  I.  p.  202.  --  Melasmia 

Atti  dell'Ut.  Bot.  dell'  Uìiifersità  di  Pavia  -  Serio  II  —  Voi.  X.  2? 


—  282  — 

alma  Lèv.   Ann.  Scienc.  Nafur.  1848.  p.  252.  —  Sacc.  Si/ll.  III. 
pag.  627.  —  Elio.?,  e  Cav.   "  /  Fì(ng.  Parciss.  .  .  „   ii°  95. 

Su  foglie  di  Almis  (jltitinosa  Gaertn.  a  Zogno  (Briosi).  —  Biios. 
Bassegn.  Crittog.  Lìiglio- Agosto  ISOG  in  Ait.  Istil.  Botan.  di  Paria. 
Voi.  V.  p.  186;  ed  a  Cisano,  agosto  1906! 
OssERV.  La  forma  da  me  os.servata  parmi  la  tipica,  descritta  da 
Léveillé  .«otto  il  nome  di  Miìasinia  alma;  i  picnidi  sono  antigeni, 
numerosi,  sparsi  su  tutta  la  superficie  fogliare  e  non  distinta- 
mente niaculicoli  come  nella  forma  delineata  da  Briosi  e  Cavara 
nell'opera  "  1  Fitng.  Paiass  ..  „  al  n°  95. 

Recentemente  pare  poi  accertato  che  il  Lcptot/ìyrium  aìncìon 
(Lèv.)  Sacc.  abbia  nesso  genetico  colla  Gnomo)iicUa  tuhiformis 
(Tode).  —  Cfr.  H.  Ivlebahn  "  Ziisamiiienhciiìge  von  Ascomycclen 
mit  Fangis  impei  fectis.  „  Vor!aii/ige  Mitleilung,  in  Centraìblatt  filr 
Bnlier.   Para^.   n.    Infili.   Abt.   2,   Bd.   XV,  pag.   336.  „ 

247.  Mclasmia  Berberidis  Tliilm.  et  Wint.  F.  au^tr.  n°  201.  —  Sacc. 

Syll  III.   p.   638. 

Su  foglie  di  Berberis  vuìgaris  L.,  a  Clusone  (A.  Guarinoni).  — 
Brios.  Rassrgìì.  CriUog.  Il  Sem.  lOOi)  in  Atti  Istil.  Bot.  di  Paria. 
Voi.  VII.  p.  316. 

Sect.  Phragmosporae  Sacc. 

248.  Eiitomosporium  Mespili  (DC).  Sacc.  Mie//.  II.  p.  115.  —  Sacc. 

Sgl/.  III.  1).  657.  —  Briosi  e  Cav.   "  /  Fimg.  Purass.  .  .  „  n»  146. 
Su  foglie  di  Mespilus  germaniea  L.  a  San  Pellegrino  (Briosi). 
—  Brios.  Bassegn.   Crittog.  Luglio- Agosto  1S96  in  Atti  Istit.  Bot. 
di  Paria.  Voi.  V.  pag.    182. 

Fam.  Excipulaceae  Sacc. 
Sect.  Hy.\losporae  Sacc. 

249.  Diiiemasporium  deeipieus  (De  Not  )  Sacc.  Mic/t.  II.  p.  282.  — 

Sacc.  S,j/ì.  TU.  p.  685. 

Su  rami  secchi  decoiticati;  Palazzago,  marzo   1905! 


—  2B3  — 

Cohors  ÌSC031YCETAE. 

HEUIAJSGIOCABPAE  (Discomycetae  Fr.)- 
Fani.  Pliacidiaceae  Fr. 

Sect.  Hyàlosporae  Sacc. 

250.  Trochila  Laurocerasi  (Desm.)  Fr.  Sum.  Veg.  p.  367.  —  Desm. 
(Phacidium)  riant.  Cri/pt.  d.  France,  n°  292.  —  Roum.  Fung.  Se- 
lect.  Exs.  ir  266.  —  Sacc.  Syll.  Vili.  p.  729. 

Su  foglie  (li  Pntnus  Lauro- Cera sus  L.;  Cisano,  agosto  1906! 
2.51.  Stegia  Ilicis  Fr.   Oòs.   myc.    II.   pag.   312.   —   Sacc.  Sull.   Vili, 
pag.  733. 

Su  foglie  Ci  llex  aquifoUiim  L.;  Palazzago,  agosto  1906! 

252.  Stegia  Lauri   (Cald.)    Sacc.   F.   Ital.   f.    1425.   —  Cald.  in   Erb. 

critiofj.   Ital.  Ser.  I,  n"  491.  —  Sacc.  Syll.   Vili.  p.  733. 

Su  foglie  (li  Laitrus  nobi/is  L.,  a  San  Pellegrino  (Briosi).  — 
Brios.  Easse(/)i.  Crittog.  Luglio-Agosto  1896  in  Alt.  Istif.  Boi.  di 
Pavia.  Voi.  V.   p.    188. 

Sect.  ScoLEcospoRAE  Sacc. 

253.  Rhytisma  saliciuum  (Pers.)  Fr.  S.  M.  II.  p.  568.  —  Sacc.  Sgll. 

Vili.  p.  753.  —  Brios.  e  Cav.   "  1  Fung.  Parass. . .  „  n°  214. 

Su  foglie  (li  ^alix  sp.  a  elusone  (A.  Guarinoni).  —  Brios.  Ras- 
segn.  Crilfog.  I  Sem.  If'OO  in  Aft.  Isfit.  Bot.  di  Pavia.  Voi.  VII, 
pag.  303. 

Fam.  Patellariaceae  Fr. 

254.  Heterospliaeria  Patella  (Tode)  Grev.  Scoi,  crypt.  Fior.  t.  103.  — 

Sacc.   Fung.   Ital.  t.  1367.  --  Sacc.  Sgll.  Vili,  p.  775. 
Su  caule  secco;  Valcava,  settembre  1906! 

AJVGIOCJBPAE  (Pyrenomyceteae  Fr.  eui.  De  Not.). 
Fani.  Perisyoriaceae  Fr. 

Subfam.  Erisipheae  Lèv. 

255.  Erysiphe  Polygoni  DC.    FI.   Fr.  2-273  (1805).  —  Erysiphe  coni- 

munis  (AValli'.j  Fr.  (1829),  Sacc.  Syll.  I.  p.  18.  -  Brios.  e  Cav. 
"  I  Fungh.   Paraf^s. .  .  „  W   173.  —  Salnion.  Monogr.  Erysiph.  p. 


—  284  — 

174.  —  Pollacci  G.  Moaoijr.   Eri/sìijJi.  ital.    in    Atf.    Isfif.    Bo!.  di 
Pavia.  Voi.  IX  (estrat.  p.  18). 
OssERV.  Ascili  55-60  ^  35-40 /(  ;  sporidi  18-24  ;  10-14 /(. 

Su  foglie  di  Ba>iuìicì<lìis  acer  L  ;  Palazzago,  ottobre  1904! 

256.  Spbaerotheca  paunosa  (Wallr.)  Lèv.   Ann.   Se    Xatur.  III.   15, 

pag.  138  (1851 V  —  Sacc.  Si/U.  I,  pag.  3.  —  Brios.  e  Cav.  "  J 
Fungh.  Parass.  .  .  „  u°  10.  —  Salmon.  Monogr.  Erysipli.  p.  65.  — 
Pollacci  G.  Monogr.  Ergsiph.  ital.  in  Aft.  Istit.  Botan.  di  Pavia. 
Voi.  IX  (estrat.  pag.  8). 

Su  giovani  rami  di  Persica  vulgavis  Mill.  a  Gruniello  del  ilonte 
(Tamaro).  K.  Scuola  Prat.  d'Agric.  —  Brios.  Passgn.  Critt.  Lu- 
glio-Agosto 1S9.3  in  Aff.  htif.  Boi.  di  Paria.  Voi.  Ili,  p.  XXXVII. 

257.  llncinula    Salieis   (DO    Wint.    Eabenli.  Krypt.  Fi.    Dcufscl/.   I, 

pag.  40  (1884*.  —  Uncinula  adunca  Lèv.  (1851).  Sacc.  S;/ll.  I, 
pag.  7.  —  Brios.  e  Cav.  "  /  Fnng.  Parass...  „  n"  69-171.  — 
Salmon.  Monogr.  Ergsipli.,  p.  81.  —  Pollacci  G.  Monogr.  Ergsìph. 
ital.  in  Att.  Istit.  Bot.  di  Paria.  Voi.  IX  (estrat.  p.   10). 

Su  foglie  di  Sa!i.r  Caprea  L.  a  Giasone  (A.  Guarinoni).  —  Brios. 
Rassegu.  Crittog.  I  Sem.  1900  in  Att.  Istit.  Botan.  di  piria.  Yo- 
liime  VII,  pag.  303. 

Subfam.  C.\rsoDiEAE  Sacc. 

258.  Capnodiuin  salii-iniim  ilont.  Sgll.  Crgpt.  n"  915  et  in  B.  et  Desni, 

J.  Hort.  Lon.  IV,  pag.  2.')l,  f.  4  et  Ann.  Scienc.  Natiir.  3-XII, 
p.  302.  —  Tnl.  ■•-■eìect.  Carp.  t.  II,  p.  279  et  ss.  Tab.  XXXIV.  — 
Sacc.  Sg!l.  I,  p.  73  et  IV.  p.  547.  —  Brios.  e  Cav.  "  I  Fung.  Pa- 
rass. . .  „   no  244. 

Su  foglie  di  Salix  alba  L.  ;  Cisano,  agosto  1906! 
OssERV.  L'esemplare  da  me  osservato  presenta,  oltre  la  nota  forma 
conidiofora  estiva  di  Fumago  vagane  Pers.,  quella  particolare 
forma  conidica  ramificata  a  stella,  riferibile  al  genere  Tripospo- 
riunì,  clie  non  è  tanto  comune  nel  Capnodium  salicimnn  Mont., 
mentre  è  assai  più  frequente  e  visibile  ad  es.  nel  Capnodium 
diri  Penz. 

Ma  ben  più  notevole  nell'  esemplare  da  me  osservato  è  la  pre- 
senza di  numerosi  picnidi  di  forma  globulosa,  in  tutto  afì'atto  si- 
mili a  quelli  descritti  come  propri  del  Capnodium  elacophilum.  — 
Misurano  circa  50  /(  di  diam.,  e  contengono  sporule  ovoidi  molto 
allungate,  pressoché  bacillari,  jaline,  misuranti  4-6^2/1. 

Xon  so  se  tale  forma  picnidica,  nei  recenti  e  numerosi  studi  sul 


—  285   — 

genere  Capnodium,  sia  già  stata  osservata  pel  Capnodium  sali- 
cinum  ;  comunque  non  è  certo  frequente,  e  pai  mi  meriti  di  esser 
tuttavia  notata,  poiché  leggo  in  Prillieux:  Maladies  des  Plantes 
Agrkoles,  Tom.  II  (1897),  a  pag.  51:  "Montagne*  en  1849  de- 
"  crivait  le  Noir  de  l'Olivier  sous  le  nom  ([' Antennaria  elaeo^ììila 
"  comme  présentant  au  milieu  d'un  mycelium  de  couleur  très 
"  foncée,  compose  de  fllaments  eutreméles  formés  d'articles  le 
"  plus  souvent  oblong  et  en  chapelet,  surtout  vers  les  extremitó, 
"  de  peiits  conceptacles  ovoìdes  à  spores  liyalines,  oblongues  et 
"  ovoìdes.  De  tels  conceptacles  n'ont  jamais  été  observés  sur  le 
"  Capnodium  salicìnuni. 

et  à  pag.  54:  "Le  Noir  de  l'Olivier  présent  donc  les  forraes 
"  de  fructificatiou  décrites  et  figurées  par  Tiilasne  pour  le  Cap- 
"  nodium  salicinum  et,  à  part  quelques  très  légères  dififérences, 
"  elles  semWent  à  peu  près  identiques  ;  mais  il  produit  en  outre 
"  des  conceptacles  globuleux  qui  paraissent  manquer  à  la  Fuma- 
"  gine  du  Saule.  „ 

Pertanto  col  rinvenimento  di  tali  concettacoli  picnidici  anche 
pel  Capnodium  salicimim,  vien  a  mancare  la  principale  delle  già 
lievi  differenze  che  sembra  tengono  ancora  distinto  come  specie 
autonoma  il  Capnodium  daeophilum  dal  Capnodium  salicinum,  con 
cui  pare  invece  debba  essere  identificato. 

Fam.   Sphaeriaceae  Fr. 

Sect.  Hyalosporae  Sacc. 

259.  Ditopella  fu&ispora  De  Not.  Sfer.  ital,  t.  48.   —  Sacc.  Syll.  I. 

p.  450. 

Su  rami  corticati  di  Alnus  [/lutinosa  Gaertn.;  Palazzago,  mar- 
zo 1905  e  Cisano,  agosto  1906! 

Sect.  Phaeosporae  Sacc. 

260.  Roselliuia  liguaria  (Grev.)  Nits.  Fuck.  Symb.  myc.  150.  —  Sacc. 

Fung.  Hai.  t.  596.  —  Sacc.  ■%//•  I,  P-  269. 

Su  legno  marcescente;  Palazzago,  marzo  1904! 

261.  Rosellinia  liguaria  (Grev.)  Nits.  forra.  Fagi  sglvaticae. 

Su  legno  di  Fagus  sglvatica  L.;  Valcava,  settembre  1906! 


'  Mo>JTAGNE,  Plantes  celi-  Ann.  des  Scienc  Natur.  Boi.  serie  in.  t.  xii,  1849. 
pag.  304. 


—  286   — 

262.  Helmintospliaeda  Clavarianim  (De.sm.)  Fuck.  %wò.  mucol.  p. 

166.  —  Sacc.  Siiìl.  I,  p.  230. 

Su  Clavaria  albida  Scliaeff.  ;  Cisano,  agosto  1906  ! 

Sect.  Hyalodidymae  Sacc. 

263.  Didymella  aiialepta  (Adi.)  Sacc.  Siili.  I.  p.  548. 

Su  corteccia  di  Cijtisus  Lalmrnum  L.;  Valcava,  settembre  1906! 

264.  Si»liaerella  Pirolae  Rost.  Fnng.  Gronil.  p.  551.  —  Sacc.  Syìl. 

IX,  p.  628. 

Su  foglie  di  Pirola  sp.  a  Giasone  (A.  Guariuoni).  —  Brios. 
Hassegn.  Crittog.  1  Sem.  1900  in  Atti  Istit.  Bot.  di  Paria.  Voi.  VII. 
pag.  304. 

Sect.    PlIAEODIDYMAE    SaCC. 

265.  Valsaria  nibricosa  (Fr.)  Sacc.  %//.  I.  p.  743. 

Su  ramo  corticato  di  Popiilus  nigra  L.;   Cisano,  agosto  1906! 

266.  Valsaria  iusitiva  Ces.  et  De  Not.  Schem.  Sfer.  Ital.    p.  205.  — 

Sacc.  Sgll.  I.  pag.  741.  —  Beri.  Fiing.  Mot:  fase.  V,  n"  11,  tab. 
XXVI,  tìg.  1-3. 

Su  corteccia  di  Popubis  nigra  h.  e  su  Moriis  alba  L.;  Cisano, 

agosto  1906  ! 

Sect.  Phaeophragmiae  Sacc. 

267.  Leptospliaoria  eustoma  (Fr.)  Sacc.  Mtjcol.  Ven.  p.  210.  —  Sacc. 

Sgll.  II.  p.  61.  —  form.  Tritici  (Garov.)  Pass.  j¥.  n.  i)ag.  859 
(ut  sp.).  —  Sacc.  Sgll.  II.  p.  62.  —  Beri.  Icon.  Fung.  I.  p.  56, 
tab.  XLI,  f.  6. 

Su  culmi  di   Triticum  vulgare  L.;  Cisano,  agosto  1906! 
2(i8.  Clypeospliaeria  Jfotarisii  Fuck.  Sgmb.  p.  117.  —  Sacc.  Sgll.  IL 
p.   9,,    _   B^.,!.  Jcon.   Fnng.  I.  p.  26,  tab.  XVII,   f.   1. 
Su  rami  di  Uubus  fruticosus  L.;  Palazzago  ottobre  1904! 

Fani.  Dothideaceae. 

Sect.  Phaeodidymae. 

269.  Dothidoa  Samlmci  (P.  rs.)  Fr.  S.  .17.  II,  p.  63y.  —  Sacc.  Sgll. 
II.  p.  639.  —  Brios.  e  Cav.  "  /  Fuiig.  Paross.  . .  .,  n°  294,  f(/rma 
Vibiirui-Lautauae. 

Su  i-ami  di  Vibunium  Laidaua  L.;  Valcava,  settembre  1906! 


—  287  — 

Fani.  Hypocreaceae  De  Net. 
Sect.  Hyalosporae  Sacc. 

270.  Polystigma  rubrum  (Peis.)  DC.  Mem.  Mns.  p.  337,  t.  i,  fig.  7.  — 

Sacc.  Sjjìl.  IT,  p.   458.  —  Brios.   e  Cav.   "  /  Fung.   Parass. .  .  „ 
n°  12. 

Su  foglie  (li  Priiììus  domestica  L.,  a  San  Pellegrino  (Briosi)  e 
elusone  (A.  Giiarinoni).  —  Brios.  lìasseffu.  Criitog.  Luglio-Ago- 
sto 1896  e  n  Sem.  1900  in  Att  Isfit.  Botan.  di  Pavia.  Voi.  V. 
p.   181,  e  Yul.  VII.  p.  310. 

Fani.   Hystei'iaceae  Corda. 
Sect.  ScoLEcospoE.AE  Sacc. 

271.  Hypoderma  Ilederae  (Martiu.s)  De  Not.  Pìjren.  ht.  pag.  36.  — 

Sacc.  Sgll.  Il,  p.  784. 

Su  foglie  e  peduncoli  di    Hedera  Helix   L.;    Palazzago,  aprile 

1906! 


Cohois.  «A^ilDIOMYCETAE. 

HEMJBASIDJA  E. 

Fani.  Urediuaceae  Brongn. 

Sect.  Amerospoe.ae   Sacc.   et  Dc-Toni. 

■212.  Uromyees  appeudicnlatus  (Pers.)  Lk.  Ol/s.  II.  p.  28.  —  Sacc 
Si/ll.  VII.  p.  535.  —  Brios.  e  Cav.  "  /  Fung.  Parass. .  ■  „   n"  3. 
Su  foglie  di  Phaseoliis  vidgaris  L.  ;  Cisano,  agosto  1906! 

273.  Ui'omyces  Gerauii  iDC.^  Otth.  et  Wartm.  Schw.  Krgpt.  u»  4ni. 

—  Sacc.  Sgll.  VII.  p.  535. 

Sn  foglie  di  Geranium  nodosum  L.;  Cisano,  agosto  1906! 

Sect.  DiDYMOSPORAE  Sacc.  et  De-Toni. 

274.  Puceiuia  holciua  Erikss.  in  Ann.  Se.  Nat.  1899,  p.  274.  —  Sacc. 

Sgll.  XVII.  p.  379.  —  Syd.  Monogr.  Ured.  I.  p.  715. 
Su  foglie  di  Holcns  laiiafus  L.  ;  Cisano,  agosto  1906! 


—   288  — 

275    Piiceinia  montaua  Fuck.  Symb.  Nachtr.  IL  p.  14  (1873).  —  Sacc. 
Syll.  VII.  p.  619.  —  Syd.  Monogr.   Ured.  I.  p.  37. 
Su  foglie  (li  Centaurea  sp.;  Palazzago,  ottobre  190-1! 

276.  Pueciiiia  Buxi  DC.  Fior.  Frane.  VI.  pag.  60.  —  Brios.  e  Cav 

"  1  FuìKj.  Parass. .  .  „  ii°  37.  —  Sacc.  Si/ll.  VII.   p.  G88.  —  Syd. 
Monogr.  Ured.  I.  p    4.53. 

Su  foglie  di  Bìixus  sempen'irens  L.,  Palazzago,  aprile  1906! 

277.  PiiCfiiiia  graininis  Pers.  Disp.  Meth.  Fting.  p.  39,  t.  3,  f.  3  (1797). 

—  Sacc.  Sijll.  VII,  p.  622.  —  Brios.  e  Cav.  "  I  Fung.  Parass...,, 
n"  33  e  u"  59.  —  Syd.   Monogr.  Ured.  I.  p.  692. 

Stadio  ecidiosporico  sul  Berberis  vnlgaris  L.  ;  a  Clusone  (A. 
Guarinoiii).  —  Brios.  Bassegn.  Crittog.  I  Sem.  1900  in  Affi  Isfif. 
Bot.  di  Pavia.  Voi.  VII.  p.  303. 

278.  Piiecinia  coronata  Cda.  Icon.  Fuvg.  I.  p.  6,  t.  II,  f.  96  (1837). 

Sacc.  Sgll.  VII.  p.  623.  —  Brios.  e  Cav.   "  I  Fung.   Parass. .  .  „ 
n»  128.   —  Syd.   Monogr.   Fred.  I.  p.  699. 

Stadio  ecidio-sporico  su  Pìiamnus  sp.  a  Clusune  (A.  (Tuarinoni). 

—  Brios.  Bassegn.   Critfog.  Il  Sem.  1900  in    Aff.    Tsfit.  Bofan.  di 
Paria.  Voi.  VII.   p.   315. 

279.  Puceiuia  Maginisiaiia  Kilm.  in  Hedw.  1876.  pag-.  179.  —Sacc. 

Sgll.  VII.  p.  031.  —  Syd.   Monogr.  Ured.  I.  785. 

Su  foglie  di  Pìiragmifes  eommunis  Trin.;  Cisano,  agosto  1906! 

280.  Piiccinia  3Iay«lis  Béreng.    in    Affi   VI  Biun.  scienz.  ifal.  Milano, 

1844.  p.  475.  —  Brios.  e  Cav.   "  /  Fung.  Parass.  .  .  „   n°  7.  — 
Sacc.  SgH.  VII.  p.  659.   -    Syd.  Monogr.   Ured.  I.  p.  830. 
Su  foglie  di  Zea  Mays  L.;  Cisano,  agosto  1906! 

281.  Puccinia  Pimpiuellae  (Strauss)    Link.   Sp.  II.  p.  77.  —   Sacc. 

Sgll.  VII.  p.  616.  —  Syd.   Monogr.  Ured.  I.  p.  408. 

Su  foglie  di  Pimpinella  magna  L.  ;  Valcava,  settembre  1906! 

282.  Gymiiosporangium   t'iavariaeforme  (.Tacq.)  Rees.  in   Winter. 

Die  Filze  I.  p.  233.  -  Sacc.  SglL  VII.  p.  737.  —  Brios.  e  Cav. 
"  /  Fung.  Parass.  ..  „   n°  161. 

Su  foglie  di  Sorbus  sp.  a  elusone  (A.  Guarinoni).  —  Brios. 
Bassegn.  Criffog.  1  Sem.  1900  in  Aft.  Istit.  Bofan.  di  Pavia.  Vo- 
lume VII.  p.  298.  —  Su  foglie  di  Sorbus  Aria  (L.)  Eiirh.  ;  Val- 
cava,  settembre  1906! 

283.  Gymnosporangium  juniperinuin  (L.)  Fi'    Syst.  Mgc  III.  pag. 

506.   —   Sacc.  Syll.  VII.  p.   738.  —   Brios.  e  Cav.  ^  l  Fung.  Pa- 
rass. . .  „  n'  62,  162,  163. 

Su  foglie  di  Prvmts  domestica  L.  a  San  Giovan  Bianco  (Briosi) 
ed  a  elusone  (A.  Guarinoni).  —  Brios.  Bassegn.  Crittog.   Luglio- 


—  289  — 

Agosto  189G   e  I  Sem.   1900  in  Alt.   htlt.   Bnf.  di  Pavia.  Voi.  V. 
!>.   182  e  Voi.  VII.  p.  298. 
2S4.  Gyinuosporaugium  Sabiuae  (Dicks.)  Wint.  Die  Filze,  pag.  232. 
—  Sacc.  Si/ll.  VII.  p.  739.  Brios.  e  Cav.    "  /  Fmig.  Parass.  . .  „ 
ir  131. 

Stadio  speimogonico  su  foglie  di  Pints  communis  L. ;  Cisano, 
agosto  1906  ! 

Sect.  Phr,.4gmosporae  Sacc.  et  De-Toni. 

285.  Pliragmidiuin  fusiforme  Scliroet.  Bramì,  u.  Postpilz.  Schlca.  pa- 
gina 24.  —  Sacc.  .%;/.  VII.  p.  747. 

Su  foglie  di  Posa  alpina  L.  ;  Valcava,  settembre  1906! 
286    Coleosporium  Campaniilae  (Pers.)  Lèv.  in  Ann.  Scienc.  Natio: 
1847.  —  Bi-ios.  e  Cav.   "i   Fiing/i.  Para.'ss.  . .  „  n"  103.  —  Sacc. 
Syll.  VII.   p.   7.53. 

Su  foglie  ili  Campanula  sp.;  Cisano,  agosto  1906 

287.  Coleosporium  Scucili  (Pers.)  Lèv.  in  Ann.  Srienc.  Nat.  HI--'  Ser.. 

t.  Vn,  p.  373.  —  Sacc.  Si/!l.  VII.  pars.  II.  p.  752.  —  Brios.  e 
Cav.   "  J  Ftaif/.  Parass.  .  .  „   n"  212. 

Su  foglie  di   Tussilago  farfara  L.;  Palazzago,  ottobre  1904! 

288.  Coleosporium  Seuecionis  (Pers.)  Fr.  Sum.  Veget.  Scand.  p.  512. 

var.  miuus  B.  et  C.  Nortli  Amerio.  Fimg.  n°  376.  —  Sacc  Sijll. 
VII.  p.  752.  —  Brios.  e  Cav.   "  I  Fung.  Parass.  . .  „  n°  320. 

Su  foglie  di  Abies  sp.  a  elusone  (A.  Guarinoni).  —  Brios.  Bas- 
segn.  Crittog.  I  Sem.  1900  in  Att.  Istit.  Bof.  di  Pavia.  Voi.  VII. 
pag.  303. 

GYMNOCARPAE. 
Fam.  Agaricaceae  Fr. 

Sect.  Leucosporae  Fr. 

289.  Scliizoplij'llum  eommiiue  Fr.  Sijst.  Mgc.  I.  pag.  333.  —  Sacc. 

Sglì.  V.  p.  655. 

Su  tronco  di  Ulmus  campestris  L.;  Cisano,  agosto  1906! 

290.  Leuzites  variegata  Fr.  Epicr.  p.  406.  —  Sacc.  Syll.  V.  p.  638. 

forni,  typica. 

Su  tronco  di  Ligustrum  japonicum  Halli.;  Palazzago,  agosto 
1906! 

291.  Leuzites  vai'iegata  Fr.  forma  ad  L.  fìaccidam  transiens. 

Su  tronco  di   Ulmus  campestris  L.;  Cisano,  agosto  1906! 


—  290  — 

OssERV.  Lenz/'fes  hetitlina,  flaccida  et   variegata  tantum  formac  unius 
speciei.  (G.  Bi'esadola  in  litt.). 

SeCt.    OCHROSPORAE   Gill. 

292.  Plioliota  Aegerita  Biigant.  Neap.  t.  32-33,  f.  1-4.  —  Cooke.  II/. 

f.  453.  —  Sacc.   .%//.  V.  p.   743. 

Su  tronco  di   Populus  n/i/ra  L.;  Cisano,  agosto  1906! 

Fani.  Polyporaceae  Fr. 

293.  Polyporus  hispidus  (Bull.)  Fr.  Si/st.  M'jc.  I.  pag.  362.  —  Sacc 

Sijll.  VI.  p.  129.  —  Beri.  Fttng.  Morie,  fase.  Ili,  w"  10,  tab.  V 
Su  tronco  di  Morus  alba  L.  ;  Palazzago,  agosto  1906! 

294.  Fomes  lueidus  (Leys)  Fr.  N.  S.,  p.  61.   —  S.  M.  L,  p.  353.  — 

Boletiis  hicidus  Leys  in  "  Pollini  Flora  Veronensis  „:  "  Aestate  et 
autunino  milii  saepe  occnrrit  ad  Quercuum  caudices  in  collibus 
Tridentinis,  Veronensibus,  Vicentinis  et  Bergomensibus.  „  III. 
pag.  614. 

295.  Trametes  hispida  Bagl.   in  Erb.   Critt.  Ital.  —  Roumeg.  Fung. 

Gali.  E.TS.  n»  1809.  —  Fr.  Hijm.  Eitr.  p.  583.  —  Sacc.  Syll.  VI. 
-    pag.  246. 

Su  tronco  di  Salix  alba  L.;  Cisano,  agosto  1906! 

Fam.  Clavariaeoae  Corda. 

296.  Clavaria  allùda  Scliaeff.   le.   Fung.  t.  CLXX.  —  Clavaria  cristata 

Fi',  pr.  parte.  —  Sacc.  Sijll.  [Clavaria  cristata  Peis.)  VI.  p.  695. 
Su  terriccio  di  castagno;  Cisauo,  agosto  1906! 

G  A  S  T  E  II  O  M  V  CUT  A  IJ   W  i  li  d 
Fani.  Lyeoperdacoac  Eliieiib. 

297.  Scleroderma  vulgare  Hoineni.  Fior.  Dan.  t.  1969,  f.  2.  —  Sacc. 

S;/ll.   VII.  pag.   134.  —  C.  G.  Lloyd.  Lgcopenl.  of  Anslral.    New. 
Zel.  etc. ..  p.   13. 
Su  terriccio  di  castagno;  Cisano,  agosto  1906! 


APPENDICE 


Le  seguenti  specie  già  comprese  nella  mia  Prima  Contribuzione  trovansi 
pure  annoverate  nella  Rassegna  Crittogamica  del  Laboratorio  Crit- 
togamico di  Pavia. 

L  Oìdiiiiii  er.\siphoi(les  Fr.  —  Cfr.  /'  Contnòuz.  u»  62. 

Su  foglie  di  Cucurbita  sp.  e  di  Humalus  Lupulus  L.  ;  a  Villa 
d'Adda  (C.  Massa).  —  Brios.  Rassegn.  Crittog.  Luglio  1SS9  in  Alt. 
Islit.  Bot.  di  Pavia.  Voi.  IL  p.  XIX. 

II.  Oastcrosporium  Amygtlaleanim  (Pass.)  Sacc.  —  Cfr.  P  Contri- 

buzione, n"  70. 

Su  foglie  e  giovani  frutti  di  Prunus  Cerasus  L.  e  su  fdglie  di 
Armcniaca  vulgaris  L.  a  Gruniello  del  Monte  (Tamaro)  R.  Scuoi. 
Prat.  d'Agric.  —  Brios.  Rassegn.  Crittog.  Aprile-Maggio  1892  in 
Att.  Istii.  Bot.  di  Paria.  Voi.  III.  p.  XI. 

III.  Cei'cospora  cerasella  Sacc.  —  Cfr.  7"  Contribuz.  n°  7L 

Su  foglie  di  Prunus  cerasus  L.,  a  Fuipiano  e  dintorni  (Briosi). 
—  Brios.  lùìsscgn.  Crittog.  Luglio-Agosto  1896  in  Att.  Istit.  Bot. 
di  Pania.  Vid.   V.  pag.   182. 

IV.  Marsonia  Jiiglandìs  (Lib.)  Sacc.  —  Cfr.  /'  Contribuz.  w"  82. 

Su  foglie  di  Juglans  regia  L.  a  Zogno,  San  Pellegrino,  Fui- 
piano, San  Giovan  Bianco  (Briosi).  —  Brios.  Rassegn.  Crittog. 
Luglio-Agosto  1896  in  Att.   Istit.  Bot.  di  Pavia.  Voi.  V.  pag.  182. 

V.  Septogloeum  Mori  (Lèv.)  Brios.  e  Cav.  —  Cfi'.  i"  Contribuz.  [Phho- 

spora  Mori  (Lèv.)  Sacc]  n°  57. 

Su  foglie  di  Morus  alba  L.  in  Val  Brembana  (Briosi).  —  Brios. 
Rassega.  Crittog.  Luglio-Agosto  1896  in  Att.  Istit.  Botan.  di  Pavia. 
Voi.  V.  pag.   186. 

VI.  Vermiciilaria  trichella  Fr.  —  Cfr.  P  Contribuz.  n"  95. 

Su  foglie  di  Mederà  Heli.v  L.,  a  Villa  d'Adda  (C.  Massa).  — 
Brios.  Rassegn.  Crittog.  Luglio  1889  in  Att.  Istit.  Bot.  di  Pavia 
Voi.  IL  pag.  XIX. 

VII.  Septoria  Cytisi  Desm.  —  Cfr.   /"   Contribuz.  n"  54. 

Su  foglie  di  Cytisus  Lalnirnum  L.,  a  Villa  d'Adda  (C.  Massa) 
ed  a  San  Pellegrino  (Briosi).  —  Brios.  Rassegn.  Crittog.  Luglio 
1889  e  Luglio-Agosto  1896  in  Alt.  Istit.  Botan.  di  Pavia.  Voi.  II, 
p.  XVII  e  Voi.  V.  p.  186. 


_   292   

Vili.  Septoria  Cereidis  Fr.  —  Cfr.  1"  Co>itr/bnz.  n"  55. 

Su  foglie  (li  Cerc/'s  Silùjuasfrum  L.,  a  Villa  d'Adda  (C.  Massa). 
Brios.  E(issef/ì/.  Criffog.  Agosto  ISSO  in  Aft.  Istit.  Bot.  di  Pavia. 
Voi.  II.  11.  XXI. 

IX.  Septoria  pirieola  Desm.  —  Cfr.  I"  Contribuz.  u»  5G. 

Su  foglie  di  Pirus  commnnis  L.,  a  Villa  d'Adda  (C.  Massai  ed 
a  Rauzaiiico  Val  Cavallina  (Fratelli  Suardi).  —  Brios.  Bassegn. 
Crittog.  Luglio- Agosto  ISSO  in  Atf.  Islit.  Bot.  di  Pavia.  Voi.  II. 
p.  XVIII  e  p.  XXI. 

X.  Septoria  cornicola  Desm.  —  Cfr.  /"  Contribuz.  n»  114. 

Su  foglie  di  Cornus  sanguinea  L.,  a  San  Pellegrino  (Briosi).  — 
Brios.  Rassegn.  Crittog.  Luglio  Agosto  1S96  in  Att.  Istit.  Bolau. 
di  Pavia.  Voi.  V.  p.   18(5. 

XI.  Psendopeziza   Trifolii   (Biv.   Bern.)   Fuck.    —  Cfr.   i"  Contribuz. 

n°  119. 

Su  foglie  di  Trifolium  pratense  L  ,  a  Villa  d'Adda  (C.  Massa). 
—  Brios.  Rassegn.  Crittog.  Luglio  ISSO  iu  Att.  Istit.  Botan.  di 
Pavia.  Voi.  II.  p.  XVI  r. 
XI [.  Phyllaetinia  suff'ulta  (R,eb.)  Sacc.  —  Cfr.  P  Contribuz.  n°  120. 
Su  foglie  di  Amclanchier  vulgaris  Mncli.,  a  Clusone  (A.  Gua- 
rinoni).  —  Brios.  Rassega.  Crittog.  I  Sem.  1001  in  Atf.  Istit.  Bo- 
tan. di  Pavia.  Voi.  VII    p.   339. 

XIII.  Unciiiula  Aoeris  (DC.)  Sacc.  —  Cfr.  1"  Contribuz.  n»  121. 

Su  foglie  di  Acer  sp.  a  Ciusone  (A.  CTUarinoni).  —  Brios.  Ras- 
segna Crittog.  I  Sem.  1900  in  Att.  Istit.  Botan.  di  Pavia.  Voi.  VII, 
pag.  303. 

XIV.  Gibberella  moricola  (De  Not.)   Sacc.  —  Cfr.  /"   Contribuzione, 

u»  13(3. 

Su  rami  di  Morus  alba  L.,  a  Villa  d'Adda  (C.  Massa)  —  Brios. 
Rassegn.  Crittog.  Luglio  ISSO  in  Att.  Istit^  Bot.  di  Pavia.  Voi.  II. 
pag.  XIX. 

XV.  Phragmidium  Rubi  (Pers.)  Wint.    -  Cfr.  /"  Contribuz.  n°  152. 

Forma  uredosporica  su  Rulus  fruticosus  L.  a  Villa  d'Adda 
(C.  Massa).  Brios.  Rassegn.  Critt.  Luglio  ISSO  in  Att.  Ltit.  Bot. 
di  Pavia,  Voi.  II.   p.  XVriI. 

XVI.  Phragmidium  subeortieium  (Sehrank).  Wint.  —  Cfr.  P  Conlrib. 

n"  154. 

Su  giovani  rami  di  Rosa  s[).  a  Gruniello  del  Monte,  (Tamaro) 
R.  iScuol.  prat.  d'Agric.  Brios.  Rassegn.  Crittog.  II  Seni.  1S09  in 
Att.    Istit.  Botan.  di  Pavia.  Voi.  VI.  p.   LVII. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  H.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

r-iABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

niRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


SULLA  SCOPERTA 

DELI,' 

ALDEIDE    FORMICA 

NELLE  PL\NTK 


NOTA* 

r>i;i. 

Dott.   filNO    POLLACCI. 

Nel  1881,  il  Ecinkc  '  fa  il  primo  che  intraprese  ricerche  teiulenti 
a  dimostrare  la  presenza  della  formaldeide  nelle  piante.  Poi  continuò 
i  suoi  studi  sullo  stesso  argomento  in  collaborazione  con  Krafzschmar- 
e  con   Curtius^  ed  ultimamente  con  BrauìuniìlìerK 

Questi  Autori  distillando  il  succo  di  parti  verdi  di  vegetali  stati 
esposti  alla  luce  solare,  indi  neutralizzato  il  distillato  con  carbonato  di 
sodio,  ottennero  un  liquido  che  riduceva  energicamente  il  liquore  di  Feh- 
ling  e  la  soluzione  ammoniacale  di  nitrato  d'argento.  Adoprando  il 
succo  di  foglia  di  17i!/.s-,  Reinke  trovò  che  tutta  la  sostanza  ossidabile 
esiste  nelle  prime  goccie  che  si  distillano;  sostanza  ciie  è  eccessiva- 
mente volatile  e  che  non  ha  potuto  isolare.  Trattando  invece  nello 
stesso  moilo  foglia  di  salice  e  di  pioppo,  ottenne  al  contrario  una  so- 
stanza oleosa  uniformemente  ripartita  nelle  diverse  porzioni  del  distil- 


*  La  presente  nota  di  poco  abbreviata,  è  st;ita  puro   stampata    nei    lùndi- 
conti  deli' Accademia  dei  TAncei.  Gennaio  1907. 

'  Berich.  d.  Delti.  Boi.  Gesel.  Band:  XIV,  p.  2144,   I88L 

GiJtlinyen  Boi.  Inst.  Hoft-  11,  p.  185,  1881. 

Berich.  d.  Deut.  Boi.  Ge.sel.  Band.  XV,  p.  107,  1882. 
2  Goltinffe?!  Bot.  Inst   Heft.  Ili,  p.  59,  1883. 

Kratschmar.  Botcm.  Zeit.  n»  40,  1882. 
'  Berich.  d.  Deut.  Bot.  Gesel.  Band.  XVII,  lleft   I,  1899. 
'  Berich.  d-  Deitt.  Bot.  Gesel.  Band.  XV,  p.  20!,  1882. 

Alti  dell'Ut.  Boi.  (ìdrUiiit'er.ii/ù  di  Pavin  —  Serie  II    -  Voi.  X.  23 


—  294  — 

lato  che  riduce  a  freddo  una  soluzione  di  nitrato  d'argento.  Questa 
sostanza  liducente  la  trovò  in  tutte  le  piante  a  clorofilla,  cioè  in  vari 
gruppi  di  alghe,  muschi,  felci,  conifere  e  diverse  gimnosperme;  i  fun- 
ghi e  le  piante  eziolate  non  contengono,  secondo  Reinke  alcuna  sostanza 
volatile  capace  di  ridurre  la  soluzione  di  nitrato  d'argento.  Notò  inol- 
tre ciie  sitfatta  proprietà  riduttrice  non  può  essere  attribuita  né  alla 
presenza  dell'acido  formico,  perchè  il  succo  era  neutralizzato  con  il 
carbonato  di  sodio,  né  alla  formazione  di  prodotti  di  decomposizione 
delle  materie  albuminoidi  perché  i  detti  succhi,  trattati  previamente 
con  acetato  di  piombo,  contengono  ancora  la  sostanza  o.'^sidabile. 

II  Beinle  ritiene  che  questo  corpo  volatile  e  riducente  sia  un  al- 
deide e  suppone  anzi  che  si  tratti  dell'aldeide  formica  o  di  un  sim 
prodotto  di  polimerizzazione,  senza  però  dimostrarlo. 

Curtius  sottopone  il  distillato  ottenuto,  come  è  detto  sopra,  all'a- 
zione di  fenilidrazina  ed  alcool,  ottenendo  un  precipitato  bianco  gial- 
lastro; tratta  questo  anche  con  derivati  dell'acido  idrazidico  ed  ottiene 
vari  prodotti  di  condensazione,  dei  quali  studia  anche  alcune  proprietà; 
però  queste  ricerche  dovettero  essere  interrotte,  come  l'autore  afferma, 
per  varie  cause  '  onde  si  limita  con  Feinke  a  concludere  che  col  mezzo 
di  studi  ulteriori  si  potrà  in  avvenire  forse  stabilire  come  questa  so- 
stanza liduttiice  che  trovasi  diffusa  nelle  foglie,  possa  essere  un  "  «/- 
deidc  del  nucleo  benzolo  non  completamente  idrato  „. 

Mori-,  nel  1882,  raccolte  le  prime  porzioni  del  liiiuido  che  ottieue 
[ler  distillazione  di  varie  foglie,  le  tratta  con  nitrato  d'argento  come 
ha  fatto  Feinke  ed  anche  con  solfito  di  rosanilina;  anzi  di  questo  sol- 
fito si  serve  altresì  come  reattivo  microchimico  e  deduce  dalle  sue  espe- 
rienze che  nelle  cellule  a  clorofilla  esiste  piccola  quantità  di  una  al- 
deide. 

Tanto  i  lavori  di  Reinke  e  dei  suoi  collaboratori,  quanto  quelli  di 
Mori  vennero  confutati  dai  signori  Loew  e  Bokorn>/  ^  e  ciò  in  diverse 
pubblicazioni.  Questi  autori  immergendo  cellule  vive  clorofillifere  in  so- 
luzioni alcaline  ed  allungate  di  nitrato  d'argento  (1  :  100000)  ed  esa- 
minandole al  microscopio,  notarono  sempre  clie  si  aveva  riduzione  del 
sale  d'argento  dovuta,  secondo  loro,  all'azione  vitale  delle  cellule.  Ed 
invero,  se  esse  venivano  uccise  col  .sottoporle  ad  una  temperatura  di 
50  gradi  od  all'azione  di  etere  o  p«r  una  immei sione  in  una  soluzione 


'  nerich.  d.  Deiit.  Boi.  Gesel.  Band.  XV,  p.  201. 
-  Nnovo  giorn    hoian.  italiano.  Voi.  XIV,  1882. 

Proc.  verbali  Soc.  Toscana  Se.  nat.  1882. 
•■>  Berich.  d    Deui.  Bot.  Gesel.  Band.  XIV,  1881. 

Berich.  d.  Deiit.  Bot.  Gesel  Band.  XV,  1882. 


—  295   — 

all' uni)  per  cento  di  acido  solforico  od  anclie  di  solfato  di  rame,  e 
cosi  trattate  si  tenevano  per  qualche  tempo  in  uno  di  questi  liquidi, 
soluzioni,  esse  resistevano  perfettamente  alla  soluzione  del  sale  d'ar- 
gento, sul  quale  non  esercitavano  alcuna  azione  riducente. 

Tali  esperienze  fuiono  collo  stesso  risultato  ripetute  sopra  molte 
e  diverse  piante.  Inoltre  l'esistenza  della  sostanza  riduttrice.  secondo 
le  loro  esperienze,  non  dipenderebbe  dalla  presenza  della  clorofilla;  così 
delle  cellule  di  Poli/porus  driadeus  per  esempio,  si  annei-iscono  col 
detto  reattivo  rapidamente  quanto  le  cellule  di  piante  a  clorofilla. 

Loew  e  Bokorny^  notano  [loi  come  il  solfito  di  rosanilina  adope- 
rato dal  Mori,  come  reattivo  microchimico  non  può  servire,  troppo  fa- 
cilmente evaporando  l'anidride  solforo.sa  del  reattivo  e  ripristinando 
cosi  il  colore  del  sale. 

A  queste  obbiezioni  rispose  il  Mori  -  facendo  osservare  che  le 
prove  da  lui  istituite  per  constatare  la  presenza  di  minime  tracce  di 
aldeidi  nelle  cellule  a  clorofilla,  erano  state  di  varia  natura  e  che  tutte 
avevano  dato  conclusioni  concordanti  e  che  la  semplice  volatilizzazione 
dell'acido  solforoso  che  in  eccesso  trovasi  nel  reattivo  di  Schiff'  non 
basta  a  ripristinare  la  colorazione. 

La  questione  era  a  questo  punto  quando  io  nel  1899  pubblicai  una 
nota  preliminare''  in  cui  annunciavo  di  aver  fatto  ricerche  dalle  quali 
si  poteva  concludere  con  sicurezza  che  nelle  piante  verdi  esiste  aldeide 
formica.  Nel  lavoro  completo  '  intorno  allo  stesso  argomento,  comparso 
alla  fine  dello  stesso  anno,  riportavo  dettagliatamente  le  varie  espe- 
rienze fatte  ed  i  risultati  ottenuti. 

Usufruendo  delle  numerose  pubblicazioni  che  già  in  quegli  anni 
si  facevano  dai  chimici  sull'aldeide  formica,  in  grazia  della  grande 
importanza  che  acquistava  ogni  giorno  più  detta  sostanza  nel  campo 
della  pratica  industriale,  nell'  igiene  e  nella  bromatologia,  studiai  pres- 
soché tutti  i  reattivi  caratteristici  ed  i  piti  sensibili  per  il  formolo  che 
allora  venivano  proposti.  E  con  essi,  feci  quello  che  non  avevano  fatto 
gli  altri,  tentai  cioè  di  trovare  la  detta  sostanza  sia  nei  distillati,  sia 
direttamente  nelle  foglie. 


'  Botali.  Zeitinw,  n»  48,  1882. 
Fftuyer's  Archiv  s.  ges.  rinjaiol.  Band.  26,  p.  50. 

^  Nuovo  uioì-n.  hotan.  italiatio.  Voi.  XV.  I,s83. 

■'  PoLLAcci  Gino-  Intorno  alla  presenza  dell'  aldeide  formica  nei  vegetali. 
Nota  Preliminare  in  "Atti  Istituto  bot.  di  Pavia,.  Voi.  VI,  1899  ed  in  "Rendi- 
conti Istituto  Lombardo  scienze  e  lettere  „.  Milano,  1899. 

*  POLLACCI  Gino.  Intorno  alT  assimilazione  clorufilliana  (con  figure  nel  te- 
sto). Memoria  I,  in  'Atti  Istituto  botan.  di  Pavia.,  Voi.  VI,  1899. 


-    296    — 

Tia  ricerca  diretta  nelle  foglie  non  mi  permise  di  concludere  che 
in  esse  esistesse  veramente  aldeide  formica,  ottenni  però  le  reazioni 
generali  delle  aldeidi  e  solo  quando  le  piante  in  esame  erano  state 
alla  luce  e  vegetavano  in  ambiente  con  CO'.  Questi  risultati  dimostra- 
vano quindi  già  che  la  presenza  di  questa  aldeide  o  di  queste  aldeidi 
era  legata  agli  stessi  coefficienti  necessari  per  ottenere  la  fotosintesi 
clorofilliana. 

Ma  risultati  ben  più  sicuri  potei  però  avere  operando  sopra  il  di- 
stillato: infatti  distillando  parti  verdi  di  piante  vegetanti  in  condizioni 
normali  ed  esposte  alla  luce  solare  si  ottengono  liquidi  che  anche  neu- 
tralizzati con  carbonato  di  sodio,  oltre  ridurre  il  j-eattivo  di  AVsj.7(?r  e 
le  soluzioni  di  nitrato  d'argento  ammoniacale  (come  aveva  visto  lìehike), 
fatti  evaporare  lentamente  lasciano  un  residuo  il  quale,  scaldato,  vola- 
tilizza e  si  colora  in  rosso  pavonazzo  con  acido  solforico  e  codeina  op- 
[)\\ve  morfina  od  eroina. 

Tale  reattivo  era  stato  proposto  da  Vonf/criclifen  '  per  l'analisi  della 
morfina  e  codeina  ed  io  l'utilizzai  invece  per  l'aldeide  formica,  essendo 
una  reazione  assolutamente  caratteristica  per  tale  sostanza  e  di  grande 
sensibilità  e  lo  è  specialmente  con  un  polimero  solido  della  foimal- 
deide,  il  triossimetilene,  agendo  meglio  il  reattivo  se  l'acido  .solforico 
è  concentrato.  Ora  è  noto  che  l'aldeide  formica  polimerizza  assai  fa- 
cilmente, infatti  basta  porre  alcune  goccio  di  formalina  del  commercio 
(che  non  è  altro  che  un  soluto  contenente  circa  il  40  "/o  di  aldeide) 
entro  vetro  da  orologio,  perchè  colla  semplice  evaporazione  a  tempe- 
ratura ordinaria,  l'aldeide  formica  in  parte  volatilizzi  ed  in  parte  si 
trasformi  in  una  massa  bianca  cristallina  solubile  in  acqua  ed  alcool, 
e  che  riscaldata  si  trasforma  in  aldeide  formica  e  che  non  è  altro, 
coni'  è  noto,  che  un  suo  polimero  a  cui  è  stato  dato  il  nome  di  paia- 
formaldeide  o  triossimetilene. 

Da  un  lavoro  di  Ddepine'^  pare  che  questo  prodotto  cosi  ottenuto 
per  lenta  evaporazione  sia  costituito  da  un  idrato  corrispondente  alla 
formola  6  C  H^  0,  H-  0. 

Ora  raccogliendo  in  grande  quantità  distillato  di  foglie  (natural- 
mente bisogna  agire  sopra  molti  chilogrammi  di  lembi  fogliari)  e  la- 
sciandolo evaporare  all'aria  libera  o  meglio  sopra  acido  solforico  len- 
tamente ed  a  temperatura  ordinaria,  esso  lascia  un  residuo  tenuissimo 
bianchiccio  che  trattato  con  acido  solforico  puro  e  codeina  dà  una  co- 
lorazione pavonazzo-violacea  la  quale  non  ha  piìi  luogo  qualora  non   si 


'  Berich.  d.  Deal.  Cheiii.  Gf^cl    Berlin,  Hanil.  28,  p.  (55. 
-  Bull.  Societ.  Chiiniq.  de   Paris.  3,  p.   li. 


—  297   — 

aggiunga  la  codrina  all'acido  solforico;  e  ciò  toglie  il  dubbio  che  que- 
sta colorazione  possa  dipendere  dall'azione  del  solo  acido. 

La  reazione  non  si  ottiene  sia  riscaldando  il  detto  residuo,  come 
[line  prolungando  soverchiamente  l'evapoi-azione  e  questo  avviene  per- 
chè il  polimero  dell'aldeide  formica,  ottenuto  in  dette  condizioni,  va 
più  0  meno  sollecitamente  disperdendosi. 

Distillando  dell'acqua  in  cui  sia  stato  messo  una  piccola  (luantità 
di  aldeide  formica,  si  iia  un  distillato  che  fatto  evaporare  dà  anch'esso 
un  residuo  bianchiccio  che  si  comporta  in  modo  eguale  a  quello  da  me 
ottenuto  sempie  costantemente  dal  succo  delle  piante  studiate.  Qiuste 
ricerche  furono  ripetute  sopra  molte  specie  con  risultati  favorevoli. 

Feci  pure  esperienze  con  funghi;  a  tale  scopo  distillai  una  forte 
quantità  di  succo  di  Boletus  ednlis,  ma  non  ottenni  la  suddetta  reazione. 

Trovai  inoltre  che  i  distillati  delle  piante  verdi  danno  precipitato 
bianco  lattiginoso  con  il  soluto  acquoso  di  anilina  (reazione  del  Trillat). 
Con  bisolftto  di  rosauiliua  danno  luogo  a  cidorazione  losso  pavunazzo- 
viola  (reazione  Sclu'/f),  colorazione  che  permane  e  scompare  solo  col- 
r  aggiunta  di  potassa. 

Con  benzofenolo  diluito  ed  acido  solforico  a  94"/,,  danno  colora 
zione  ro^^so-creiiiisi  (reazione  di  Henner). 

Con  cloridrato  di  fenilidrazina  al  4  "/o  essi  danno  un  precipitato 
biancastro  che  si  scioglie  in  alcool  assoluto  a  caldo  e  lasciata  evapo- 
lare  title  soluzione  spontaneamente,  si  ha  la  formazinne  di  abboniianti 
ciistallini  microscopici  identici  a  (jnelli  che  si  otterrebbero  se  si  ope- 
rasse sopra  soluti  acquosi  di  aldeide  formica  (reazione  di    ]'i/aìi). 

Con  metilfenilidrazina  danno  luogo  ad  un  precipitato  bianco  latti- 
ginoso che  diventa  col  tempo  verdastro. 

Con  un  sale  di  fenilidrazinn,  con  nitioprussiato  di  .Midio  e  con  al- 
cali, usato  in  eccesso,  danno  talora  colorazione  azzurra  che  passa  al 
rosso  (reazione  di  liimhii). 

E  dopo  tali  risultati  mi  parve  lecito  concludere  che  nelle  piante 
esiste  aldeide  formica. 

Poco  dopo  Czapek^  pubblica  una  recensione  di  questa  mia  memoria 
nella  quale  conclude-:  con  ciò  sono  ripetute  essenziabncnte  le  ricerche  di 
Eeinke  .  .  .  (l).  Poi  notava  come  le  reazioni  da  me  usate  sono:  generali 
delle  aldeidi,  cioè  si  hanno    con   una  gran   parte  di  tutte  {?)  le  aldeidi^; 


'  Botati.  Zeitumi,  min.  lOoo.  p.  153. 

2  '  Dainit  werden   im   wesentliclien    din    Versuche    Reinkc's  wiederlioll   iiud 
deren  Resultate  bestàtigt  „  1.  e,  p.  153. 

"  "  ...sind  allgemeine  Aldehijdreactionen  d.  h    sie  faìleii  »iil  eincm  (jrossen  ■ 
Tiieil  alter  Aldehiide  positiv  aits,,  1.  e,  p.  153. 


—   298    — 

inoltre  clie:  il  voler  deiJiirre  V ideiitilà  di  due  sfosfuiize  dallo  stesso  coni- 
poiiiirsi  qualitativo  rispetto  ad  uii  dato  reageìile  è  come  noto  (?,i  uu'i  cosa 
fallace  non  solo  in  questo  caso  ^ 

A  questa  recensione  critica  dello  Czapek  risposi  subito  -  facendogli 
osservare  come  Reinke  pur  essendo  l'autore  che  i>rinia  delle  mie  ricer- 
che si  è  maggiormente  occuiiato  dello  stesso  argomento,  egli  però  non 
lia  f^tto  osservazioni  dirette  sopra  piante  vive  e  si  è  limitato  a  trat- 
tare il  distillato  del  succo  di  foglie  triturate  e  pestate  (previamente 
neutralizzato)  unicamente  con  soluto  di  nitrato  d'argento,  constatando 
la  i)reseuza  di  una  sostanza  riducente  niaueante,  secondo  l'autore,  nelle 
piante  eziolate;  sostanza  che  poteva  anche  non  essere  un  aldeide,  e 
dif.ttti  Beinke  insieme  a  Curtius  concludevano  soltanto  v\\t:  probabil- 
mente  le  future  ricerche  dimostreranno  come  la  sostanza  riducente  fluida 
delle  foglie  verdi,  potrà  essere  considerala  come  un  alcool  aldeide  del  nu- 
cleo benzolo  non  completamente  idrato^.  Ricerche  e  conclusiimi  quindi  che 
a  me  sembta  variano  molto  dalle  mie! 

In  questo  caso  ha  fatto  molto  di  più  Mori  il  ([uale  per  lo  meno 
ha  avuto  costantemente  una  reazione  che  non  è  caratteristica  per  la 
formalileide,  ma  lo  è  per  le  aldeidi  in  generale. 

In  quanto  alla  natura  delle  reazioni  da  me  ottenute,  scrissi  che 
fra  i  numerosi  reattivi  analitici  che  adoi)erai  ve  ne  sono  iliversi  gene- 
rali a  tutte  le  aldeidi  ed  altii  comuni  per  molte  (come  del  testo  io 
stesso  ho  fatto  nel  lavoro  suddetto  ri]ietutamente  osservare),  ma  ve  ne 
soiKj  poi  altri,  pure  da  me  descritti  ed  adoperati,  che  sono  speciali  per 
la  sola  aldeide  formicn. 

Che  io  abbia  sperimentato  anche  i  reattivi  generali  era  ben  natu- 
rale perchè  per  determinare  la  specie  è  logico  prima  determinare  il 
genere;  così  se  la  sostanza  ricercata  è  aldeide  foimica  essa  deve  dare 
le  reazioni  delle  aldeidi  ;  ma  [ler  esempio  fra  gli  altri,  il  reattivo  for- 
mato di  fenilidrazina,  nitroprussiato  di  sodio  ed  alcali,  l'altro  di  Vitali 
e  quello  dell'acido  solforico  e  codeina  usati  jìuri,   nelle   condizioni    da 


'  "  .  .  .  aus  eiuciii  iilinl iclirìi  (/Udlifu/irHU  Virìudteii  ztreier  Sulis/auccii  ijcgfn 
eiiì  bestiwìiites  Reullens  liiciitilùlxsclilusse  ziehen  zu  wolleu,  ist  iahtiiiniii/l/cli  iiicht 
niir  in  diesein  falle  cine  iitisatiche  Saclie.  ,  1.  e,  p.   153. 

■  PoLLACci  Gino.  A  proposito  di  una  recensione  dil  signor  Czapek  del  mio 
lavoro;  Inlorno  all'  assimilazione  clorofilliana.  Meuioria  1"  "Atti  Istit  Rotan.  di 
Pavia  ,.  Voi.  VII,  1900. 

'  '  . . .  '  dnss  loeilere  Untersucluingen  zcigen  irerden,  dass  die  reducirende, 
fliicìilige  Suhstanz  der  griincn  BUilter  vielleicht  als  ein  Aldelìì/dalkool  desnicht 
vollstatidig  hydrirten  Benzolkerns  aafijefasst  trerdeu  lami  ,  in  licrich.  il.  Dtut. 
Botan.  Gesel.  Biiiul.  XV,  p.  210. 


—   299   — 

me  (lesciitte,  sono  liteiiiiti  di  tutti  i  specialisti  come  caratteristici  per 
il  solo  formolo,  cosa  della  liliale  io  stesso  ho  potuto  con  parecchie  espe- 
rienze acceitarmi. 

lu  quanto  pili  all'ultiiiia  deduzione  di  Czapek  (vedi  retro),  se  fosse 
vera  varrebbe  quanto  asserire  che  l'analisi  chimica  non  ha  alcun 
valore. 

Queste  ragioni  da  me  pubblicate  in  risposta  alla  recensione  dello 
Czapek  (foi-se  da  Ini  stampata  senza  aver  bene  interpretata  la  mia 
memoria),  pare  abbiano  peisuaso  assai  presto,  almeno  in  parte,  anche 
lo  stesso  autore,  poiché  in  un  Sainmrlreferat  pubblicato  subito  dopo 
da  lui  nel  Bericìd  d.  Deiif.  Botan.  Geseìlsc/ì.  del  1902  si  limita  a  dire  a 
proposito  delle  mie  riceix'lie  che  hanno  bisogno  di  conferma,  e  nella 
sua  opera:  Biochemie  der  Pflcimen  riporta  le  mie  conclusioni  senza  op- 
poire  alcuna  aigomentazione  in  conti  alio. 

Nei  priiicipali  trattati  di  Fisiologia  vegetale  comparsi  negli  anni 
successivi  vengono  citate  le  mie  espeiienze  senza  alcuna  discussione. 

E  cosi  si  viene  al  novembre  del  1904,  epoca  in  cui  venne  presen- 
tata all'Accadt^mia  dei  Lincei  una  nota  dei  signori  Plancher  e  Uavemia 
intitolata:  Stìnli  snltassimiìazione  del  carhoìdo.  I"  Sulla  prestintu  forma- 
zione dell'aldeide  formica. 

Le  coucltisioni  a  cui  venivano  i  detti  autori  erano  completamente 
ojiposte  alle  mie  e  siccome  erano  anche  ripetute  da  essi  delle  mie 
esperienze  ottenendo  leazioni  diverse  da  quelle  che  io  avevo  aniinnciato, 
era  mia  intenzione  di  subito  rispondere  e  fare  qualche  giusta  obbie- 
zione a  quanto  affermavano  i  due  chimici  citati,  ma  non  l'ho  fatto  su- 
bito perchè  ho  voluto  seguire  il  suggerimento  datomi  dal  professor  Fiori 
in  una  sna  nota  [Bull.  Soc.  Boi.,  1902,  pag.  160)  dove  appunto  egli  mi 
ricordava  il  proverbio:  nemo  jndex  in  causa  propria  e  consigliava  di 
lasciar  agli  altri  ed  alle  esperienze  future  di  dai'e  ragione  dei  fatti, 
e  dato  il  grande  interesse  delle  ricerche  non  potevano  certo  tardare 
molto  a  compaiire  dei  lavoii  che  confermassero  le  conclusioni  del 
Plancher  e  lìnrenna  o  le  mie.  E  siccome  tutti  quelli  coinpaisi  dal  1904 
ad  oggi,  per  quanto  io  sappia,  sono  precisamente  favorevoli  alle  mie 
ricerche,  mi  iiermetto  solo  ora  di  risi)ondere  alla  nota  dei  predetti  au- 
tori specialmente  servendomi  dei  fatti  sperimentali  trovati  dagli  altri 
osservatori. 

Le  obbiezioni  si  riassumono  brevemente  nelle  seguenti: 

1°)  Nei  rami  illuminati  avviene  V  assimilazione,  quindi  sviluppano 
ossigeno  che  colora  il  reattivo  di  Schiff;  nel  ramo  tenuto  all'oscuro  ed  in 
quello  tenuto  in  assenza  di  GO' l' assimilazione  è  soppressa,  non  si  sviluppa 
ossigeno,  quindi  il  reattivo  di  ^chiff  rimane  inalterato. 


—    300   — 

i2°)  //(  ìiessìiìio  (h'i  distillati  riscoidrarono  il  comportamcnio  delle 
soluzioni  diluite  di  aldeide  formica.  Infatti  la  p-bromofeiiilidvazinn  in  con- 
tatto dei  distillati  dava  una  alhescenza  o  precipitato,  ina  questo  era  soln- 
lìilc  in  arido  cloridrico.  Coi  reattivi  di  Rimini  non  ottennero  mai  da  nes- 
suno dei  distdiati  il  minimo  accenno  alle  colorazioni  car<(tteristichc  dei 
reattivi. 

3")  IJaìdeide  formica  non  si  può  riunire  nel  distillato  delle  piante 
perchè  anche  se  presente,  sareòlu'  trattenuta  dalle  sostaìize  contenute  nel  ve- 
getale sotto  forma  di  composti  non  scindibili  dall'acqua  bollente. 

4")  Col  reattivo  di  Rimini  non  ebbero  alcuna  colorazione  sul  succo 
spremuto  ancora  torbido,  né  sul  filtrato  e  così  pure  sulla  poltiglia  posta  in 
strato  sottile  su.  piastrina  di  porcellana. 

Alla  lìiiiiia  obbiezione  rispondo  che  l'ossigeno  non  colora  il  reMttivo 
ili  Scluff  se  è  preparato  bene,  anclie  dopo  l'azione  di  diverse  ore,  mentre  i 
te.ssiiti  si  colorano  >ubiti);  mm  è  ancoi'a  dimostrato  che  le  piante  emet- 
tano ozono,  ma  se  fosse  l'ossigeno  o  l'ozono  che  provocano  la  colora- 
zione rossa,  dovrebbe  il  gas  che  esce  dal  tessuto  cellnlare  colorare  an- 
che il  lii|UÌdo  nel  quale  gorgoglia,  mentre  esso  invece  rimane  incoloro. 
E  (juale  ossigeno  ozonizzato  (!)  della  assimilnzione  noi  abbiamo  poi  nel 
distillato  delle  foglie?  Perchè  solo  in  tale  caso  si  coloia  il  liquido  col 
reattivo  di  Scfiif.  mentre  quando  tiene  immerso  dei  lembi  fogliari  il  li- 
(jiiido  non  si  colora  affatto. 

(hedo  quindi  fermamente  che  tale  asserzione  sia  senza  fondamento. 
Io  quanto  poi  alle  successive  obbiezioni  io  mi  limito  a  far  notai'e  che 
essi  parlano  solo  di  ti-e  reattivi  e  Ira  i  menu  imi)ortanti;  mentre  tac- 
ciono di  lutti  gli  altii  da  me  usati,  e  fra  i  tre  da  loro  citati,  vi  sono 
proprio  (jnelli  che,  come  avevo  sciitto.  mi  avevano  fatto  meno  buona 
prova.  Premesso  ciò,  a  queste  obbiezioni  di  fatto,  io  lascio  rispondere 
gli  autori  che  sono  venuti  dopo  ed  i  cui  lisnltali  ijui  brevemente  ri- 
porto. 

Euler  '  (|U.isi  contemporaneamente  al  l'iaucher  e  Ravenna,  in  una. 
.sua  comunicazione  intitolata:  Zur  kenntniss  Assiinilationsvìjrgange,  dopo 
;n'ere  riassunto  brevemente  la  mia  memoria  scrive:  "..  per  le  ricerche 
sopradette  che  io  ho  fatto  con  foglie  di  Solaivum  tuberosum  (iu  poca  acqua 
macinate)  potei  confermare  i  risultati  del  siynor  Pollacci,  inquantochè  nella 
prima  parte  del  distillato  con  una  soluzione  acquosa  di  anilina  ottenni  sen- 
sibile precipitato,  minore  nella  seconda  parte,  ed  eguale  nella  terza.  Oltre 
a  ciò  eco  .  .  „  ■ 


'  Bcrich.  (/.  Deid.   Chein.  Genel.   Berlin,   11)114,  p.  ?A\:\. 


—  301  — 

Francis  L.  Usher  e  J.  H.  Priestleij  '  in  uiia  ineinoria  presentata 
l'anno  scorso  dal  Prof.  Morris  M.  W.  Tracers  alla  lìoijal  Societi/  di 
Londra  ed  intitolata  A  studi/  of  flie  MecJianism  of  Carbon  Assiiivilution 
in  Green  Plants,  senza  dimostrare  di  conoscei-e  il  mio  lavoro,  fi-a  le  al- 
tre cose  interessanti  accertano  la  presenza  della  formaldeide  n;-lle 
piante,  adoprando  oltre  che  il  reattivo  di  Schiff  anche  qnello  di  Trillut 
(da  me  pure  usato)  e  tenendo  immerse  per  12  ore  nel  reattivo  (acqua 
dì  anilina)  delle  piantine  di  Elodea,  poterono  osservare  al  microscopio 
che  i  cluroidasti  erano  i  centri  di  giumi  cristallini  ben  definii i  iden- 
tici a  quelli  di  melilanilind  che  si  preparano  appunto  con  acqua  di  ani- 
lina e  formolo.  Erano  solubili  negli  acidi  minerali  diluiti  ed  anche  in 
alcool  caldo  dal  quale  cristallizzavano  nella  cellula  per  raffreddamento. 

Oltre  a  ciò  essi  sottomisero  alla  distillazione  a  vapore,  forti  quan- 
tità di  Uloa  ed  Enteromorpha;  il  distillato  fu  diviso  in  due  parti,  alla  piìi 
grande  di  queste  fu  aggiunto  un  poco  d'acqua  d'anilina  e  dette  preci- 
pitato bianco,  l'altia  }ioizione  del  distillato  fu  evaporato  con  ammo- 
niaca a  bagno-maria  ed  il  residuo  lipreso  con  acqua  e  tiattato  con  acqua 
di  bromo.  Ed  ottennero  il  caratteristico  derivato  tetiabromato  della 
esametilentetramina  dato  dalla  formaldeide.  E  queste  reazioni  caiatte- 
ristiche  per  tale  sostanza  non  si  limitarono  a  trovarle  in  poche  piante, 
ma  estesero  le  loro  osservazioni  a  gran  numero  di  specie  sempre  con 
risultati  concordanti. 

Pure  nello  stesso  anno  il  Dott.  Grafe  Viktor  dell'Istituto  di  Fisio- 
logia vegetale  di  Vienna  pubblica  ntWOcsferreic/iischot  hotanischen  Zcit- 
schr/ft  -,  una  nota  nella  quale  annuncia  che  egli  ha  trovato  un  altio 
nuovo  reattivo  della  formaldeide  il  quale  è  assolutamente  specifico  e 
sensibile  e  che  consiste  in  un  soluto  al  1  "/o  di  difenilamina  in  acido 
solforico  concentrato  che  in  contatto  di  formolo  dà  colorazione  verde 
anche  quando  questa  sostanza  è  in  tenuissima  quantità.  La  reazione  è 
anche  di  valore  per  la  microchimica  e  1'  autore  conclude  che  con  tale 
reattivo:   ^sempre  trova  la  formaldeide  nelle  foglie  assimilanti  „. 

Vsher  e  Priestley  in  altro  lavoro  ^  tornano  a  trattare  fi  meccanismo 
dell'assimilazione  del  carbonio  nelle  piante  verdi  ed  espongono  una 
serie  interessantissima  di  fatti  e  di  geniali  ricerche,  e  sempre  in  tutte 
le  loro  osservazioni  anche  in  questo  caso  trovano  costantemente  l'al- 
deide formica  nelle  piante. 

Da  ultimo  Grafe  V.  e  L.  Bitter  v.   Portheim  in  un   lavoro   preseu- 


'  Proc.  Royal  Society.  London,  1906.  Voi.  77,  p.  3(J9. 

^  1906,  n°  8:  Ueher  ein  neiien  spezifisches  Formaldehi/dreagens. 

"  Proc.  Royal  Society.  London.  Voi.  78,  1900. 


—  302   — 

tato  airAccailemia  delle  scienze  di  Vienna  '  nel  ijiiale  i  detti  autori 
studiano  la  funzione  del  calcio  nel  processo  sintetico  dei  vegetali,  ri- 
cercano a  tale  scopo  la  formaldeide  in  piante  di  l'haseolns  vulgaris  col- 
tivate in  mezzo  più  o  meno  ricco  di  calcio  e  diversamente  illuminate, 
ed  essi  non  riscontrarono  presenza  di  aldeide  formica  nelle  piante  al- 
l'oscuro; tali  colture  non  davano  reazione  neppure  coi  reattivi  gene- 
rali per  le  aldeidi;  ma  le  colture  invece  alla  luce  colorarono  il  reat- 
tivo di  Scliiff  indipendentemente  dalla  presenza  di  calcio  nel  mezzo 
nutritivo. 

Mentre  il  reattivo  di  Lebhhi  si  è  dimostrato  a  loro  poco  sensibile,  la 
difenilamina  ed  acido  solforico  (nuovo  reattivo  di  (Ira/e)  ha  dato  invece 
buonissimi  risultati  dimostrandogli  che  l'aldeide  formica  era  forse  in 
quantità  differente,  ma  esisteva:  "  costantemente  in  tutte  le  pkiìite  illnmi- 
naif,  cresciute  in  soluzione  nutritiva  „  contenente  il  calcio  come  in  quelle 
iu  cui  questo  elemento  mancava. 

Questi  sono  gli  ultimi  risultati  ottenuti  a  pioposito  della  questione 
suddetta  ed  in  conclusione,  essendo  oramai  accertato  dalle  diverse  e 
svariate  ricerche  di  differenti  autori,  che  l'aldeide  formica  esiste  nelle 
piante,  credo  cosa  giusta  il  ricordare  che  la  sua  presenza  nei  tessuti 
vegetali  fu  da  me,  e  non  da  altri,  dimostrata  per  la  prima  volta  fino 
dal  luglio  del  1899. 

Istituto  Botanico  doli' Uiiivorsilà  di   Pavia. 
Febbraio  lUOT. 


'  Sitzunrjsher.  Kaiser   Aliati.  Wissensdi.  Wicn,  Cd.  CXV.  Juli,  l'.lUfi. 


PARTE  SECONDA. 

RASSEGNE  E  RELAZIONF. 


Atti  iJell'Tat.  Bot.  deUTnivcrsitù  di  Pavia  —  Serio  It   -  Yol.  X.  24 


305    — 


Rassegna  crittogamica  pel  primo  semestre  1904  —  Relazione 

a  S.  E.  il  niiuistro  d'AgTicoltura,  Industria  e  Commercio  del  professore 
Giovanni  Briosi,  direttore  del  Laboratorio  crittogamico  di  Pavia. 

3Ialattie  dellji  Alte. 

Come  si  rileva  dagli  elenciii  che  seguono,  Yanfracnosi  della  vite  ha 
preso  quest'anno  uno  sviluppo  piuttosto  infiuietante,  in  gran  parte  do- 
vuto alla  trascuratezza  dei  proprietari,  i  quali,  non  avendo  negli  ultimi 
anni  sotferto  danni  gravi  per  tale  malanno,  non  si  curano  di  impedirne 
la  ditfusione. 

Noi  consigliammo  il  rimedio  proposto  da  Skaivitiski  che,  come  è 
noto,  consiste  nel  potare  abbondantemente  e  poi  pennellare  i  tralci 
delle  viti,  che  l'anno  prima  erano  infetti,  con  una  soluzione  fatta  con 
100  litri  d'acqua  calda,  kg.  50  di  solfato  di  ferro  ed  un  litro  di  acido 
solforico  a  53  gradi  Baumè'. 

Speriamo  che  l'aumentare  del  male  abbia  persuaso  i  viticultori  della 
necessità  di  combattere  seriamente  tale  parassita. 

La  fillossera  pur  troppo  procede  e  si  estende;  anche  nella  nostra 
regione,  finora  pressoché  immune,  vanno  crescendo  i  focolai  dell'infe- 
zione. Nel  paese  di  Miradolo  furono  da  me  trovate  delle  viti  americane 
della  varietà  Clinton  le  cui  foglie  erano  alla  lettera  ricoperte  di  galle 
fillosseriche;  lo  studio  di  questi  zoocecidi  fu  affidato  agli  assistenti 
dottori  Pollacci  e  Farneti,  e  dalle  loro  osservazioni  risultò  che  tratta- 
vasi  di  una  nuova  forma  di  galla,  finora  non  avvertita. 

È  anche  emerso  che  le  foglie  sulle  quali  si  formano  tali  galle  co- 
stituiscono forse  il  mezzo  più  facile  di  diffusione  della  fillossera,  onde 
è  necessario  raccoglierle  con  molta  cura  ed  abbruciarle,  prima  che  il 
vento  od  altro  mezzo  le  trasporti  nei  vigneti  sani.  E  maggiori  parti- 
colari trovansi  nella  nota  pubblicata  dai  due  valenti  assistenti  col  titolo: 
Di  un  nuovo  mezzo  di  diffusione  della  fillossera  per  opera  di  larve  iber- 
nanti rincfiiitse  in  galle  di  speciale  conformazione. 

La  peronospora  invece  non  ha  potuto  in  quest'anno,  fino  ad  ora 
almeno,  arrecare  gravi  danni  e  per  la  solerzia  colla  quale  i  nostri  viti- 
cultori  ripeterono  le  irrorazioni  coi  sali  di  rame  ed  anche  per  la  sta- 
gione contraria  al  parassita. 


'  Per  maggiori  particolari  vedi  Eassegna  crittogamica  pel  Ministero  di  Agri- 
coltura, industria  e  commercio  del  1°  semestre  1903. 


—   306   — 

Elenco  riassuntivo 
degli  esami  fatti  delle  malattie  della  vite. 

Peroxospoka  I  Pìasmopara  viticola  (Beik.  et  Curt.)  Berlese  et  De  Toni', 
sopra  foglie  e  grappoli  inviatici  dal  direttore  della  Cattedra 
d'agricoltura  di  Siracusa,  dalla  Favorita  (Sant'Angelo  Lodigiano) 
dal  conte  Bolognini  Sforza,  da  Rimini  (Cattedra  d'agricoltura), 
da  Borgotaro  (dott.  Paitìno  Mussi),  da  Miradolo,  Casteggio, 
Gropi>ello  Cairoli,  ecc.  ecc.  Esami N.     30 

Antraikosi  {Gloeosiìoriuin  (nnpelophafjtim  (Sacc.)|,  sopra  campioni 
mandatici  dalla  Direzione  della  Cattedra  ambulante  d'agricol- 
tura di  Ijucca,  da  quella  di  Rimini,  dal  prof.  Marchese  di  Mi- 
lano, da  Casatisma  (Conti  Brandnlini  D'Adda),  dall'Associazione 
agraria  di  Udine,  ecc.,  ecc ,,4.5 

FiTOPTOSi  \rinjfoptiis  Vitis  Land  !,  sojìia  foglie  inviateci  da  Ri- 
mini (prof.  Frizzati),  da  Mondovi  (Comizio  agrario),  Casatisma 
(Contessa  Brandolini),  Miradolo,  Groppello.  ecc.,  ecc.     ...     30 

Oidio  [Oidinm  'Tiickeri  Berk.  |  —  (Questo  pai'assita  ha  fatto  danni 
forti  in  vigneti  di  Reggio  Emilia  (  i)rof.  Samoggia).  qualche 
campione  anche  ci  fu  spedito  da  Tortona,  Loaiio,  Casteggio, 
Pavia,  ecc.,  ecc „     2.5 

Clorosi.  Foglie  con  clorosi  ci  furono  mandate  dal  prof.  Samoggia, 

direttore  della  Cattedra  d'agricoltura  di  Reggio  Emilia,  ecc.     „       5 

Feus.^..  Sopra  foglie  mandate  da  Reggio  Emilia  (prof.  Samoggia)  ecc.  ,,       3 

Malattie  indeterminate.  Foglie  di  vite  con  macchie  che  le  alte- 
ravano, delle  quali  non  si  è  potuto  determinare  la  causa,  ci 
lierveiiiiero  da  Milano  (prof.  ]\Iarchese),  da  Piacenza  (Cattedra 
ambulante  d'agricoltura*,  da  Cliieti  (Cattedra  di  agricoltura)  „     10 

Totale  esarai     .     .     N.  148 


3Ijilattie  dei  cereali. 

Fra  le  malattie  dei  cereali  la  ])iù  terribile  perchè  la  più  diffusa  e 
grave  è,  non  v'ha  dubbio,  quella  nota  col  nome  di  lìiif/giue,  i  danni 
della  quale  nella  sola  Europa  si  contano  a  diecine  di  milioni  di  lire 
ad  ogni  anno. 

La  sua  persistenza  e  diffusione  indicano  come  non  sia  cosa  facile 
avere  di  essa  ragione  e,  se  non  di  liberarsene,  almeno,  di  mantenerla 
in  stretti  confìiii.  Molti  furono  gli  studi  fatti  intorno  ad  essa  e  si  ere- 


—  307  — 

(leva  di  essere  riusciti  a  scoprire  per  intero  la  complicata  biologia  dei 
parassiti  che  la  producono,  quando  ricerche  recenti  e  geniali  dovute  in 
particolar  modo  al  professor  Eriksson  di  Stoccolma,  cultore  distintis- 
simo di  patologia  vegetale,  lianno  dimostrato  come  fossero  insufficienti, 
ed  in  parte  lo  siano  tuttora,  le  nostre  cognizioni  intorno  ad  essa. 

Questi  studi  trovansi  sparsi  in  pubblicazioni  straniere  diverse  ed 
io  a  soddisfare  le  frequenti  liehieste  rivolte  al  mio  laboratorio  e  per 
comodo  degli  studiosi  credo  utile  darne  qui  un  breve  riassunto. 

RiiGisiNic  DEI  c?:REALr.  —  Questa  malattia  è  causata  da  funghi  mi- 
ci-osco[)ici  (micromiceti)  parassiti  appartenenti  all'ordine  delie  Uredineae, 
gen.   Pucclnia. 

Le  piante  di  grano  che  ne  sono  attaccate  si  possono  facilmente 
riconoscere  anche  a  distanza. 

Sotto  l'epideiTiiide  delle  foglie,  delle  guaine  e  dei  fusti  ancor  verdi 
incominciano  a  formarsi  dei  piccoli  ammassi  costituiti  dalle  spore  (germi) 
del  fungo  che  i-ompor.o  poscia  l'epidermide  e  f(jrmano  dei  piccoli  turno- 
retti  0  sori  di  un  color  gÌHllo-iuggiue,  rotondeggianti  o,  più  spesso, 
lineari,  polverulenti,  di  frequente  limitati  da  un  margine  giallo,  che 
danno  alla  pianta  malata  un  aspetto  caratteristico  e  facile  a  ricono- 
scere. Ognuno  di  tuli  tumoretti  contiene  milioni  di  spore,  le  cosidette 
uredospore  o  spoi'e  d'estate,  le  quali  tras[)ortate  dal  vento  sulle  piante 
sane  le  infettano  e  così  si  diffonde  rapidamente  la  malattia. 

Più  tardi,  quando  la  pianta  del  grano  ingiallisce  perchè  s'avvicina 
al  termine  della  vegetazione,  i  sori  gialli  uredosporiferi  trasformansi 
in  pustole  nere,  pure  più  o  meno  lineari,  non  più  polverose,  ma  forte- 
mente aderenti  ai  tessuti.  Tali  pustole  contengono  altre  spore,  le  cosi 
dette  teleiitospore  o  spore  ibernanti,  che  hanno  conformazione  e  struttura 
diversa  dalle  uredospore  e  tale  da  poter  resistere  agli  agenti  esterni 
dell'inverno;  cosi  mantengono  in  vita  il  fungo  durante  la  stagione 
avversa. 

Alla  ventura  primavera  le  telciitospore  germinano  pi'oducendo  germi 
speciali,  i  così  detti  sporidi;  questi  non  possono  infettare  direttamente 
le  piante  di  grano,  ma  attaccano  altre  piante  (Beròeris,  Anchiisn,  ecc.) 
sulle  quali  formano  i  così  detti  ecidi  colle  ecidiospore  e  queste  possono 
infettare  i  cereali,  sui  quali  liproducono  la  prima  forma  di  spore  sopra- 
descritta, le  ìiredospoi-e.  Questo,  in  breve,  il  ciclo  di  vita  dei  funghi  che 
sono  causa  della  l!ii<j<jine. 

Ora  quali  e  quante  sono  le  specie  di  Piicciìiin  che  producono  la 
ruggine  dei  cereali?  Fino  a  pochi  anni  fa  si  riteneva  che  fossero  tre: 
la  Piiccinin  graminis  Pers.  ;  la  Piicciiiia  Riihifio-vera  (DO.)  Wint.  e  la 
Fiicciiìi't  roroìuila  Corda. 


—   308   — 

Adesso  invece  per  le  ricerche  fatte  specialmente  da  Eriksson  ed 
Henning  è  dimostrato  che  alla  vecchia  Fnccinia  graìiiinis  Pers.  va  ri- 
ferita come  forma  autonoma  la  Puccinia  P/ilei-pi-ateìisis  Erik,  et  Henn., 
così  che  essa  risulta  costituita  da  due  specie:  la  Pticc/nia  gramìnk  Pers. 
tipica,  e  la  Puccinia  Phlei-pratensis  Erik,  et  Henn. 

Alla  antica  Puccinia  Rubigo-vcra  (DO.)  Wint.  dagli  stessi  autori  fu- 
rono dappi'ima  riferite  le  tre  specie  :  Puccinia  siuiplcu'  (Korn.)  Erik,  et 
Henn.,  Puccinia  gìumaruni  (Schniidt)  Erik,  et  Henn.,  Puccinia  dispersa 
Erik,  et  Henn. 

In  quest'ultima  vennero  poscia  da  Eriksson  ed  Henning  distinte 
diverse  forme  speciali,  forme  che  l' Eriksson  più  tardi,  nel  1899,  in 
seguito  a  studi  ed  esperienze  da  lui  fatte,  elevò  al  grado  di  specie 
autonome,  mentre  altre  specie  nuove  pure  distingueva. 

E  cosi  ciie  ora  alla  vecchia  specie  Puccinia  Euliiijn-vcra  si  rianno- 
dano 8  specie  distinte  e  cioè: 

1"  Puccinia  dispersa  Erik.  (1894)  p.  p.  (ex  I-'uccinia  dispersa  f.  sp. 
Secalis  Erik,  et  Henn.).  —  Attacca  solo  la  Secale  cereale  e  S.  luon- 
tanum;  forma  gli  eciili  sopra  YAnchusa  of/ìcinalis  ed  A.  arvensis. 

2°  Puccinia  friticina  Erik,  (ex  P.  dispersa  f.  sp.  Tritici  Erik,  et 
Henn.).  —  Attacca  il  frumento  (solo  in  casi  molto  rari  può  attaccare 
debolmente  la  Secale);  ecidi  sconosciuti. 

3"  Puccinia  hromina  Erik,  (ex  P.  dispersa  f.  sp.  Bromi  Erik.), 
sopra  diverse  specie  di  Bromus  (iniò  talvolta  attaccai'e  anche  la  Se- 
cale); ecidi  sconosciuti  secondo  Erik.  (F.  Muller  invece  pare  abbia 
trovato  che  la  Puccinia  del  Bromus  forma  gli  ecidi  sul  Symphi/lum  of- 
ficinale e  la  Pulmonaria,  onde  dà  ad  essa  il  nome  di  Puccinia  Symphyti- 
Bromorum). 

4"  Puccinia  Agropgrina  Erik,  (ex  P.  dispersa  f.  sp.  Agropgrina 
Erik.),  sopra  il  Trilicum  repens  (può  talora  attaccare  anche  la  Secale); 
ecidi  sconosciuti. 

h°  Puccinia  llolcina  Ei'ik.,  sopra  Ilolcns  lanalus  ;  ecidi  sco- 
nosciuti. 

6°  Puccinia  Triscti  Erik.,  soi»ra  'Trisetum  flar.rscens;  ecidi  sco- 
nosciuti. 

7"  Puccinia  glumurum  (Schmidt)  Erik,  et  Henn.,  sopra  frumento, 
secale,  ecc.;  poiché  presenta,  come  vedremo,  delle  forme  speciali  bio- 
logiche; ecidi  sconosciuti. 

8°  Puccinia  simplex  (Korn.)  Erik,  et  Henn.,  sopra  diverse  specie 
di  Orzo. 

La  vecchia  Puccinia  coronala  Corda  (che,  come  è  noto,  forma  gli 
ecidi  sui  Bliamnus)  fu  scissa  da  Klebhan  in  2  specie: 


—  309  — 

1°  Pitccinia  coronata  Corda  tipica;  sopra  Holcus,  Agrostis  ed  altre 
graminacee;  forma  gli  ecidi  sul  Rhamniis  Frangala  L. 

2°  Fuccinia  coroni/era  Kleb.,  sopra  l'avena,  la  festuca,  ecc.,  forma 
gli  ecidi  sul  Rhamnus  cathartica  L. 

Inoltre,  nelle  4  specie:  F.  graminis,  F.  gliimanim,  F.  coronala  e 
P.  coroni/era  vennero,  specialmente  dall'Eriksson,  scojìerti  dei  tipi  spe- 
ciali di  adattamento  a  diversi  cereali  e  graminacee,  tipi  che  fra  loro 
non  si  distinguono  per  la  forma  che  è  identica,  bensì  pel  modo  di 
vivere,  cioè  per  la  loro  biologia,  onde  furono  chiamate  forme  o  specie 
biologiche. 

Negli  specchietti  seguenti  sono  date  le  forme  biologiche  delle  sud- 
dette specie. 

Forme  speciali  biologiche. 

PucciNiA  GRAMINIS  forma  aecidiosporica  sopra  il  Berberis  : 

Fuccinia  graminis  i.  sp.  Secalis   Erik,    et  Henn.,   attacca  la   Secale 

cereale,  l'Orzo  {Hordemn  valgare,  Hard,  juhatuni). 
Fuccinia  graminis  f.  sp.   Tritici  Erik,  et  Henir,  attacca  fortemente 

il  frumento,  molto  più  debolmente   e  di  rado  l'orzo,  la  secale  e 

l'avena. 
Fuccinia  graminis  f.  sp.  Avenae  Erik,  et  Henn.,  attacca  solo  l'avena 

(in  rarissimi  casi  il  Milium). 
Fuccinia  graminis  f.  sp.  Airae  Erik,  et  Henn.,  attacca  VAira  catti- 

pestris. 
Fuccinia  graminis   f.    sp.    Agrostidis   Erik,    et   Henn.,    attacca  1'^- 

grostis. 
Fuccinia  graminis  f.  sp.  Poae  Erik,  et  Henn.  attacca  le  Foae. 

Fuccinia  glujiarum,  Erik,  et  Henn.,  ecidi  sconosciuti. 

Fuccinia  glumarum  f.  sp.  Tritici 'E^xik.,  attacca  solo  il  frumento  (Tri- 
iicum  vulgùre). 

Fuccinia  glumarum  f.  sp.  Bordei  Erik.,  attacca  solo  l'orzo  (Hordeum 
vulgare). 

Fuccinia  glumarum  f.  sp.  Secalis  Erik.,  attacca  la  Secale  cereale  (di 
rado  e  debolmente  può  svilupparsi  anche  sopra  il  Triticum 
vulgare). 

Fuccinia  glumarum  f.  sp.  Elgmi  Erik.,  sopra  VElymus  arenarius  (può 
infettare  talvolta  anche  il  Triticum  e  VHordeum  ma  non  la  Se- 
cale cereale). 

Fuccinia  glumarum  f.  sp.  Agropyri  Erik.,  sopra  V Agropgrum  repens. 


—   310  — 

PocciNiA  CORONATA  Coi'da,  eci(U  sul   h7tainiiìii<  Frcnujìila  L.  : 

Pucciiiia  coronata  f.  sp.    CalamcKjroslidii   Erik.,   svilai)pasi  sopra  la 

Calamagrostis  lanceolata. 
Pihxinia  coronata    f.   sp.    Phalaridis  Kleb.,    sopra   la   Pìialark  antit- 

dinacea.     ■ 
Puccinia   coronata  f.    sp.    Hoki  Kleb.,  sopra   Vllotcìis  moUis   eil   H. 

lanat)i!<. 
Puccìuia  coronata  f.   sp.  Ai/i-osthlìs  Erik.,  sopra  Agrostis  vnlgan's. 
Pìirc/nia  coronata  f.  sp.  Agropi/ri  Erik.,  sojira  Agropgnim  rcpens. 

Puccinia  coronifera   Ivleb.,  ecidi  sul  Bìianniu.'^  catharticus  L.  : 

Puccinia  coronifera  f.  s[).  Avciiac  Erik.,  attacca  l'avena  (Avena  sa- 
tira). 

Puccinia  coronifera  f.  sp.  Loìii  Erik.,  sviluppasi  sofira  il  I.oliiiin. 
perenne. 

Puccinia  coroni/era  i.  sp.  Fi:<tncac  Erik.,  snpra  la  Fcd'icd  clatior. 

Puccinia  coronifera  f.  sp.  Holci  Erik.,  sopra  VHo'cus  lanatus  e  YIL 
molli.f. 

Puccinia  coronifera  f.  sp.  Alopecari  Erik.,  sopra  V Alopecìcriis  pra- 
tensis. 

Pnecinia  coronifera  f.  si).  GUjceriac  Erik.,  sopra  la  Glyceria  aquatica. 

Riassumendo,  nello  siìeccliietto  che  segue  trovausi  raggruppate 
tutte  le  specie  e  le  forme  biologiche,  ed  indicati  i  raiiporti  clie  cor- 
rono fra  di  loro. 


—   311   — 
Specchio  riasstintivo. 


Specie  vecchie 


Specie  nuove  autotioitio 


I  PncciNTA   GnAMiNis   {Aecidìum 

T    T.       •    •  .    .        .      \      B e rhi' ridili). 

I.  l'HCciiiiii  itraiiiinis  (A<-  ' 

cidiiiiii-  licrhciidis).         \ 

f  Puccini  A  Phlei-pratknsis  (sen- 
za ecidio). 


PucciNiA  nispEnsA  (Af'cidium 
Aììcltiis(ie). 

PucciNiA  TiiiTiciNA  (scnza  eci- 
I       dui). 

1  Puccini.^,   beojiixa  (senza   eci- 
I      dio). 

II.  Piifciiiiii    Utilìigo- vera     Puccinia  agroi'yrina  (senza  e- 
(Aecìi/iiiìH  Aspcrifoìii).  ,      oidio). 

PocciNiA  Hor.ciNA  (senza  ecidio) 

PccciNiA  TiiiSETi  (senza  ecidio) 

Puccinia  glumahum  (senza  e- 
cidio). 


Puccinia  simplex  (senza  ecidio) 


Formo  speciali 
biologiche 


III.  Piipciiiia  coronala  i.Ir- 
i-tdiiiiii  lili(iiiini). 


Puccinia  coronata  (Ai-cidinm 
Fi  aiKjidai'). 


Puccinia  coponifera  (Arcidium 
Cali/artici). 


Seraìis,  Tritici,  A  ri'- 
noe,  Aira/>,Agro- 
stidis  e  Foae. 

(Nessuna) 


(N'essunn) 

(Id.) 

(Id.) 

.  (Id.) 

(Id.) 

(Id.) 

Tritici,  Hordci,  Sr- 
caìis,  Elìjiìii,  A- 
(jropuri. 

(Nessuna) 


Cuìaniarirnstidis. 
Filala rid in,  llolci, 
Af/rostiilis,  A(/ro- 
pyri. 

Arenai',  LoJii,  Fr- 
ntiicac,  Holci,  A  lo- 
pcvuri,  Glyceriae. 


Come  si  è  già  detto,  le  varie  forme  specializzate  di  una  stessa 
specie  di  Fuccinia  differirebbero  soltanto  pel  loro  modo  di  vivere  e 
non  per  la  forma  od  aspetto,  onde  la  denominazione  di  specie  biologiche. 

La  specializzazione  si  estende  anche  agli  ecidi,  di  modo  cUe  gli 
ecidi  di  una  data  forma  specinle  non  hanno  il  potere  di  infettare  altre 
graminacee  all'infuori  di  quelle  che  le  sono  ospiti  propri  specifici. 

Per  quanto  poi  riguarda  la  costanza  delle  proprietà  biologiche  va 
notato,  che  ])iìi  una  forma  speciale  vive  a  lungo  e  si  mantiene  sopra 
mi  dato  ospite,  più  si  adatta  a  vivere  su  di  esso,  e  perde  la  facoltà 
di  attaccare  gli  altri  ospiti. 


—   312   - 

Tra  le  diverse  specie  biologiciie  delia  P.  gramiuis  possiamo  citare 
come  esempio  di  forma  speciale  non  ancora  ben  definita  la  f.  sp.  Tritici. 

Questa  infatti  attacca  fortemente  il  frumento,  ma  secondo  Eriksson, 
Kleblian  ed  altri  può  vivere  anche  sull'orzo,  sulla  segale  e  sull'avena 
che  peraltro  attacca  debolmente.  Essa  quindi  rappresenta  o  una  specie 
biologica  che  non  ha  ancora  perduto  la  facoltà  di  attaccare  altre  specie 
ospiti,  ovvero  essa  è  la  specie  originaria  dalla  quale  per  successiva 
specializzazione  ed  adattamento  sono  derivate  le  altre. 

La  distinzione  delle  diverse  forme  biologiche  ha  grande  importanza 
per  scoprire  come  avvengono  e  procedano  le  infezioni  della  Bugginc, 
perchè  i  diversi  cereali  soltanto  in  pochi  casi  possono  infettarsi  fra  di 
loro,  e  perchè  ciascuno  di  essi  può  ricevere  l'infezione  solo  da  un  nu- 
mero ben  ristretto  di  altre  specie. 

Del  resto,  secondo  Eriksson,  queste  specie  ospiti,  per  cosi  dire,  sem- 
plicemente facoltative,  pur  essendo  capaci  di  alimentare  e  far  sviluppare 
certe  date  forme  speciali  parassitarie  non  hanno  che  limitata  impor- 
tanza quali  agenti  infettivi. 

Come  la  Ilugyine  si  maiitieue  in  vita 
durante  il  periodo  di  riposo  della  vegetazione  delle  piante  ospiti? 

Il  frumento,  la  secale,  l'orzo,  l'avena  e  gli  altri  cereali  sui  quali 
ia  ruggine  si  svilu()pa  sono  piante  coltivate,  che  si  seminano,  si  svi- 
luppano, fruttificano  e  muoiono  ad  ogni  anno,  onde  per  alcuni  mesi 
non  si  hanno  nei  campi.  Durante  questo  periodo  di  tempo,  nel  quale 
la  vegetazione  manca,  ove  e  come  vive  il  parassita  che  le  irntgginisce? 

La  risoluzione  di  un  tale  problema  non  è  cosi  semplice,  come  un 
tempo  si  era  creduto.  Sino  a  non  molti  anni  or  sono,  si  ritenne  che  il 
fenomeno  dell'eteroecia  delle  Puccinie  spiegasse  tutto  facilmente,  ma  ora 
le  cose  si  sono  complicate  ed  osservazioni  e  ricerche  nuove  hanno  di- 
mostrato che  essa  da  sola  non  è  suflSciente  a  dar  ragione  di  quanto 
avviene  in  natura. 

Ciò  emerge  chiaro  dalle  considerazioni  e  dai  fatti  seguenti. 

Dagli  specchietti  sopra  esposti  si  rileva  che  delle  varie  specie  di 
Puccinia,  che  producono  la  ruggine  delle  graminacee,  solo  quattro  sono 
cteroiche,  cioè  solo  quattro  compiono  il  loro  ciclo  di  sviluppo  sopra  due 
differenti  piante  ospiti  (una  graminacea  e  un'altra  pianta  di  diversa 
famiglia),  esse  sono  la  P.  graminis,  P.  dispersa,  P.  coronifcra  e  P.  co- 
ronata. 

Inoltre,  è  stato  trovato  che  di  queste  quattro  specie  unicamente 
la  P,  3*  e  •4''  presentano  teleutosporc  iòernatiti,  cioè  spore  che  maturano 


—   313   — 

completamente  ed  hanno  facoltà  di  germinare  solo  nella  piiniavera 
successiva  all'estate  nel  quale  si  sono  formate;  mentre  nella  2^  (P.  di- 
spersa) le  teleutospore  sono  atte  a  germinare  e  germinano  nell'autunno 
dello  stesso  anno. 

Va  pure  notato,  per  le  specie  a  teleutospore  ibenianti,  che  la  rug- 
gine da  esse  prodotta  appare  frequente  ed  abbondante  tanto  nei  paesi 
ove  si  trovano  copiose  le  piante  ospiti  delle  loro  forme  ecidiche  (Ber- 
beris  e  Rliamnns)  quanto  in  quelle  ove  queste  piante  mancano. 

Di  più,  si  è  pure  trovato  che  le  diverse  specie  di  ruggine  possono 
mantenersi  in  vita  e  propagarsi  da  un  anno  all'altro  anche  per  mezzo 
delle  nredospore  o  spore  estive,  jìoichè  di  queste  può  continuare  la  pro- 
duzione altresì  nelUautunno  e  nell'inverno  tanto  sopra  graminacee  spon- 
tanee perennanti,  quanto  nei  seminati  autunnali  dei  cereali  stessi.  E 
questo  avviene  in  modo  non  dubbio  nelle  regioni  ove  l'inverno  non  è 
troppo  rigido. 

La  mancanza  quindi  o  la  diffusione  della  seconda  pianta  ospite, 
Berberis,  Bhammis,  Aiichusa  sulla  quale  si  formano  gli  ecidi  e  le  ecidio- 
spore  non  ha  uu"importanza  assoluta  per  ispiegare  la  piìi  o  meno  re- 
golare ricomparsa  della  ruggine  ed  il  grado  della  sua  diffusione  in 
una  data  regione 

L'Eriksson,  inoltre,  basandosi  tanto  sopra  osservazioni  di  quello 
che  avviene  nei  campi  all'aiierto,  quanto  sopra  esperienze  di  Labora- 
torio ha,  in  questi  ultimi  anni,  creduto  d'aver  scoperto  che  i  parassiti 
della  ruggine  hanno  altresì  un'altra  insospettata  via  di  conservazione 
e  di  propagazione;  la  quale  sarebbe  la  più  importante.  Anzi  Eriksson 
non  concede  nemmeno  molta  importanza  alla  propagazione  della  ruggine 
per  mezzo  delle  ecidio,  ed  nredospore,  poiché  secondo  lui  queste  possono 
infettare  solo  a  piccole  distanze. 

Secondo  questa  teoria  chiamata  dall'  Eriksson  del  micoplasma  o 
della  simbiosi  micoplasmatica,  il  germe  della  ruggine  si  troverebbe  an- 
nidato entro  le  cellule  stesse  del  seme,  immedesimato  col  plasma 
dell'ospite  e  formerebbe  con  esso  una  specie  di  simbiosi  che  l'Erikssou 
ciiiamò  appunto  simbiosi  micoplasmatica. 

Da  tale  germe,  collo  svilupparsi  della  pianta,  si  differenziano  ad 
un  dato  momento  dei  corpuscoli  speciali  o  corpuscoli  miceliari  che  l'Eri- 
kssou, a  quanto  afferma,  sarebbe  riuscito  di  mettere  in  evidenza.  Tali 
corpuscoli,  ai  quali  in  un  ulteriore  lavoro  egli  diede  il  nome  di  austori, 
segnerebbero  l'inizio  della  fase  vegetativa  dei  fungiti  della  Uugrjine. 

La  differenziazione  o  separazione  del  micoplasma  dal  plasma  proprio 
delle  cellule  della  pianta  ospite,  come  altre^ì  la  formazione  dei  corpu- 
scoli miceliari  avverrebbe  rapidamente,  e  questi  ultimi  perforerebbero 
subito  le  pareti  delle  cellule  e  si  svilupperebbero  in  fili  micelici. 


—  314  — 

Q.uesta  nuova  e  curiosa  teoiia  lia  suscitato  non  pociii  ilulibi  e  tut- 
tora ha  forti  oppositori  quali  ^farsliall  Vani,  Klebliau.  ecc.,  le  cui  ri- 
cerche non  hanno  confermato  i  risultati  di  quelle  deirErikssou. 

Anche  sulla  poca  importanza  delle  e-idiospore  ed  nredospore  il  Kle- 
lihan  non  è  completamente  del  parere  dell'Eriksson.  Egli  ammette  collo 
scienziato  svedese  che  in  alcuni  casi  sia  vera  la  poca  importanza  degli 
ecidi,  ad  es.  quello  del  Beròeris,  quali  agenti  di  propagazione  della 
Burjfjine,  ma  nella  maggior  parte  dei  casi  afferma  che  essa  è  evidente, 
e  che  si  può  facilmente  dimostrare  il  grave  e  dannoso  influsso  di  tali 
piante  ei-idiofore. 

L'imiiortanza  infettiva  delle  lurJo.^porc  per  certo  è  fortissima,  ben 
maggiore  di  quella  delle  ci'i/ìiaspore  poii'liè  le  prime,  a  differenza  delle 
seconde  che  non  hanno  facoltà  di  liproduzione  autonoma,  si  moltipllcano 
con  straordinaria  raiiidità  e  possono  rapidamente  infettare  inteii  campi 
coll'aiuto  del  vento,  degli  insetti,  ecc. 

Danni  prodotti  dalla  RniS:a;ino 
e  condizioni  favorevoli  al  sno  sviluppo. 

I  funghi  della  Uiigijine  vivono  dei  succili  nutritizi  della  pianta  che 
li  ospita  della  quale  altresì  alterano  ed  atrotìzzano  gli  organi,  ond^  i 
semi  non  si  nutrono  a  sufficienza  od  abortiscono  ed  il  racc(dco  resta 
decimato,  e  talvolta  ridotto  a  metà,  ad  un  teizo  e  (ìersino  viene  inte- 
l'amente  a  mancare.  I  danni  che  la  Ixufiijine  produce  ogni  anno  si  cal- 
colano a  diecine  di  milioni  di  lire,  come  si  è  detto. 

E  non  solo  il  grano  ma  anche  la  paglia  ne  resta  deteriorati!,  pei'chè 
essa  non  raggiunge  il  suo  normale  sviluppo  e,  più  ancora,  perchè  quale 
cibo  produce  disturbo  ngli  animali,  mentre  non  si  può  consigliare  nem- 
meno di  impiegarla  come  lettiera  causa  le  numerosissime  spore  ibernanti 
elio  essa  contiene  le  quali  resistono  tanto  all'azione  dei  succhi  gastrici 
digestivi  quanto  a  quella  dei  prodotti  della  fermentazione  degli  escre- 
menti. Passerebbero  quindi  vive  nel  letame  e  con  questo  ritornerelibero 
nei  campi  trasformandosi  in  altrettanti  germi  di  lumve  infezioni  jiel 
nuovo  anno,  infettando  da  prima  le  jiiante  ecidiofore  (Heròcr/s,  UIiaminiA) 
indi  quelle  dei  cereali. 

Le  condizioni  che  favoriscono  lo  svihipiio  della,  Ii'iii/r/iin'  sono,  come 
per  la  massima  parte  dei  funghi,  temperatura  relativamente  alta,  e  forte 
grado  di  umidità,  onde  le  giornate  nebbiose  della  primavera  sono  favo- 
revolissime alle  infezioni.  Il  terreno  per  sé  stesso  non  ha  influenza  ma 
jinò  favorire  indirettamente  lo  svilupiio  dei  parassiti  col  mantenere 
umida  l'atmosfera  che  circonda  la  pianta.   Il  drenaggio   quindi    e    tutto 


—   r,15   — 

quanto  favorisce  lo  scolo  sollecito  delie  acque  contribuisce  ad  impedire 
lo  sviluppo  del  male  od  aluieno  a  diminuirne  l'intensità. 

Se  l'umidità  quindi  ha  tanta  influenza  sullo  sviluppo  delia  malattia 
bisognerà,  aliorciiè  si  voglia  introdurre  nuove  varietà  di  sementi,  aver 
sempre  presente  tanto  le  condizioni  di  clima  quanto  la  natura  del  ter- 
reno del  paese  proprio  e  di  quello  dal  quale  la  semente  proviene. 

Una  varietà  perfettamente  resistente  alla  Ruggine  in  un  clima 
asciutto  può,  trasportata  in  una  regione  od  in  una  plaga  umida,  esserne 
più  0  meno  fortemente  attaccata.  Per  converso,  una  varietà  che  resiste 
in  un  clima  umido  si  potrà  con  sicurezza  introduila  in  un  clima  asciutto: 
onde  la  regola  che  una  vaiietà  resiste  tanto  meno  alla  Uiiggine  quanto 
liiù   asciutto  è  il  clima  della  regione  dalla  quale  iiroviene. 

3Iezzi  di  difesa. 

Quando  si  scopi i  che  i  jìarassiti  causa  della  lìiiggiiie  dei  cereali 
avevano  bisogno  di  due  specie  diverse  di  piante  per  compiere  il  loro 
ciclo  di  sviluppo  e  che  una  di  queste  era  di  [lianta  s[)()iitanea.  piìi  o 
meno  inutile,  si  pensò  subito  di  poter  riuscire  a  difendere  i  cereali 
colla  distruzione  degli  individui  di  queste  seconde  specie,  cosi  si  con- 
sigliò di  estirpai  e  tutte  le  [ìiante  ecidiofore  (  Berherig,  Elmmniis  e  Bora- 
gineae)  che  crescevano  in  vicinanza  dei  campi  seminati  a  grano;  anzi 
in  Francia  ed  in  altri  Stati  dell'Europa  boreale  la  distruzione  del  Ber- 
èeris  (Crespino)  venne  imposta  per  legge. 

Molti  fatti  per  altro  dimostrarono  ciie  la  distruzione  o  la  mancnnza 
delle  piante  ecidiofore  non  bastava  ad  impedire  lo  sviluppo  della  L'ug- 
gine\  allora  si  moltiplicarono  le  osservazioni  e  si  scopri  che  tali  paras- 
siti si  potevano  mantenere  in  vita  e  si  propagavano  anche  per  mezzo 
delle  spore  estive  (uredospore)  viventi  sopra  graminacee  perennanti, 
come  più  sopra  è  stato  detto.  Adesso  abbiamo  in  iiiù  la  nuova  teoria 
del  micoplamia  dell'Eriksson  per  la  quale  il  germe  del  parassita  pas- 
serebbe e  si  anniderebbe  direttamente  entro  il  seme  dei  cereali.  Se 
questa  fosse  vera  tutti  i  mezzi  di  difesa  finora  escogitati,  cioè  distru- 
zione delle  piante  e  idiofore,  abbrucciamento  delle  stoii[)ie  infette,  disin- 
fezione delle  sementi,  ecc.,  tornerebbero  se  non  inutili,  affatto  insuffi- 
cienti. Il  germe  del  male  sarebbe  immedesimato  col  protoplasma  del 
seme  stesso  dell'ospite,  non  si  può  quindi  sperare  di  potere  trovare  un 
mezzo  che  distrugga  quello  e  non  uccida  anche  questo. 

È  da  augurarsi  che  la  teoria  del  patologo  svedese,  per  verità  molto 
arrischiata,  non  trovi  fondamento  nei  fatti,  altrimenti  la  lotta  contro 
la  Eiiggine  sarebbe  pressoché  impossibile. 


—   316   — 

Ed  Eriksson  infatti  non  crede  alla  possibilità  della  lotta  diretta  e 
suggerisce  invece  i  seguenti  mezzi  indiretti  di  difesa. 

Eriksson  vorrebbe  che  in  tutti  i  paesi,  ove  la  Euffgine  travaglia 
più  0  meno  intensamente  i  cereali,  si  instituisse  una  speciale  Stazione 
sperimentale  destinata  allo  studio  delle  questioni  che  si  inferiscono  alla 
lìitggine  stessa. 

Questa  istituzione  dovrebbe  non  solo  occuparsi  delle  indagini  scien- 
tifiche di  Laboratorio  ma  altresì  imprendere  ed  organizzare  delle  prove 
all'aperto  eolle  varietà  dei  cereali  coltivate  o  che  si  potrebbero  colti- 
vare nella  regione,  a  fine  di  conoscere  la  resistenza  che  tali  varietà 
offrono  alle  diverse  forme  di  Ruggine  che  sogliono  svilupparsi  nel  paese. 

Una  volta  acquistate,  in  base  a  esperienze  di  tal  fatta,  continuate 
almeno  per  cinque  anni  di  seguito,  nozioni  esatte  sulle  qualità  che  pre- 
sentano le  diverse  varietà  di  cereali  e  le  diverse  forme  di  Ruggine  che 
si  trovano  nella  regione,  si  dovrebbe  abbandonare  la  coltivazione  di 
quelle  varietà  che  si  sono  rivelate  più  facili  agli  attacchi  dell'una  o 
dell'altra  delle  forme  più  dannose  della  Fuggine.  E  fra  le  varietà  dinin- 
stratesi  più  resistenti  si  dovrebbe  poi  scegliere  le  migliori,  cioè  quelle 
che  meglio  sopportano  i  rigori  dell'inverno,  che  più  presto  arrivano  a 
maturare  il  frutto,  che  danno  migliore  e  maggior  prodotto,  ecc. 

Tale  Sfazione  sperimentale  dovrebbe  pure  studiare  con  opportune 
licerche,  continuate  per  diversi  anni,  l'influenza  del  terreno,  dell'espo- 
sizione, della  giacitura,  degli  ingrassi  diversi,  dell'andamento  della  sta- 
gione, ecc.  sullo  sviluppo  dei  diversi  parassiti  della  Fuggine  ed  altresì 
sull'influenza  che  possono  essi  esercitare  nello  sviluppo  della  Fuggine 
del  raccolto  successivo. 

Infine,  dal  compito  della  Sfazione  non  sarebbe  escluso  quello  dì 
cercare  di  ottenere  varietà  o  razze  nuove  dotate  di  migliore  qualità 
sotto  ogni  riguardo,  e  ciò  per  mezzo  di  colture  razionali  perfezionate 
e  di  incroci  fra  le  varietà  che  le  esperienze  dimostrano  migliori. 

A  questi  desiderata  dell'Eriksson,  che  possono  valere  anche  per 
parecchie  altre  malattie  vegetali  (qualche  cosa  di  simile  consigliammo 
noi  un  tempo  pel  Brusone  del  riso)  ognuno  può  sottoscrivere  indiiien- 
dentemente  dalla  sua  teoria  del  miroplasma. 

E  detto  tutto  questo,  ed  in  attesa  di  più  sicure  ricerche  sul  mico- 
plasnui,  bisogna  aggiungere  che  non  devesi  punto  abbandonare  la  distru- 
zione delle  piante  ecidiofore  che  trovansi  nelle  vicinanze  dei  campi 
coltivati  a  cereali,  perchè  esse  sono,  non  vi  ha  dubbio,  agenti  di  con- 
servazione e  di  diffusione  delle  diverse  specie  di  Puccinia  eteroiche. 


—  317  — 

Elenco  riassuntivo 
degli  esami  fatti  delle  altre  malattie  dei  cereali. 

Septoria  Gramindm  Desili.,  sopra  piantine  di  frumento,  dal  direttore 
del  giornale  il  Corriere  del  Villaggio  di  Milano  (prof.  Marchese) 
da  Barbianello  (Cazzani).  Esami N.       5 

Mal  del  piede  [Ophiobolus  graminis  Sacc.J,  sopra  numerose  pian- 
tine mandateci  da  Forlì  (prof.  Gibertini),  da  Pinerolo  (Comizio 
agrario),  da  Este  (sig.  L.  Valsecchi),  ecc „     15 

Trips  segalina,  sopra  piante  di  grano  inviateci  da  Forlì  (prof.  Gi- 
bertini)     ,j       ,5 

Agryolimax  agrestis,  sopra  foglie  di  frumento  inviateci  dalla  Cat- 
tedra ambulante  di  agricoltura  di  Piedimonte  d'Alife  (Caserta)  „       3 

Giallume.  Foglie  ingiallite  di  frumento  senza  causa  palese  ci  furono 

mandate  dal  signor  Michele  Troiano  da  Sant'Angelo  all'Eseo  „       2 

Bartsia  viscosa  L.  Dalla  direzione  della  Cattedra  d'agricoltura  del 

Molise  (Campobasso) „       2 

Alopecurus  gkniculatus  L.  Pianta   infestante  del  riso  inviata   per 

esame  dal   prof.  Marchese  [Corriere  del   Villaggio  di  Milano)    „       2 

Totale  esami     .     .     N.     34 

3Ialattie  di  piante  industriali. 

DiA.spis  PENTAGONA.  La  Diuspis  peiUagona  si  diffonde  sui  nostri  gelsi 
con  una  rapidità  straordinaria,  la  lotta  contro  di  essa  si  fa  sempre  più 
difficile  e  riescirà  presto  impossibile  se  i  nostri  agricoltori  non  vi  por- 
ranno la  maggiore  attenzione  ed  ognuno  non  farà  il  suo  dovere. 

Come  è  noto  questo  insetto  attacca  non  solo  il  gelso  ma  anche  un 
gi'an  numero  di  altre  piante  fra  le  quali  i  salici;  ora  nella  nostra  pro- 
vincia abbiamo  di  essi  numerosi  e  foltissimi  boschi  lungo  le  rive  del 
Po  e  del  Ticino  e  se  la  Diaspis  riesce  ad  invaderli,  ogni  sforzo  per 
arrestare  il  nefasto  parassita  rimarrà  inefficace. 

Un  nemico  della  Diaspis. 

Fra  i  molti  proprietari  che  ricorsero  al  nostro  Istituto  nello  scorso 
semestre  per  consiglio  contro  tale  cocciniglia,  il  signor  Varasi  di  Pavia 
ci  portò  un  ramo  di  fico  raccolto  nei  dintorni  della  città  ricoperto  alla 
lettera  da  Diaspis  pentagona.  Nell'esaminare  tale  ramo  scorgemmo  fra 
mezzo  ai  follicoli  mascliili  dell'infesto  parassita  delle  larve  esapode, 
rugose,  ellittiche,  oblunghe,  di   colore   fuligginoso,  irte  di  setole   bian- 


—    318   — 

chiccie,  che  non  gli  appartenevano  onde  ne  venne  il  sospetto  che  esse 
ivi  non  si  trovassero  solo  ])ev  diiiorto.  infatti  incaricati  i  dottori  Poi- 
lacci  e  Farneti  di  veliere  se  e  (inali  rai>porti  vi  fossero  fra  qneste  dne 
specie  di  insetti  che  cosi  intimamente  insieme  convivevano,  trovarono 
clie  dette  larve  divoravano  la  Diaspis  pen/(i;/oiia  scavando  solclii  e  lunghe 
gallerie  nel  folto  strato  di  fcdiicoli  della  Diaspis  che  copriva  il  ramo. 
Dopo  una  quindicina  di  giorni  le  larve  [n'odussero  l'insetto  perfetto,  un 
coleottero,  il  C/ii/ocorus  reidpustitldtns,  di  già  dai  ])rofessori  Beriese  e 
Franceschiui  annoverato  fra  i  nemici  della  D/aspis. 

Un  paio  di  tali  Chiloconis,  un  n)aseliio  ed  una  femmina,  furono 
messi  sopra  un  ramo  di  Bronssoneliu  pap:i rifera  dell'Orto  botanico,  una 
pianta  attaccata  dalla  Diiispis  per  modo  d'averne  i-anii  e  tronco  imbian- 
cati. In  poco  più  di  un  mese  i  Cliilocorux  su  tale  Broiissoìtetia  si  mol- 
tiplicarono ])er  modo  clie  le  ioio  larve  si  contavano  a  centinaia  sui 
rami  e  l'intera  pianta  era  iu  buona  parte  liberata  dalla  Diaspis  che  i 
C/aiororiis  si  erano  divorata. 

I  miei  assistenti  dottori  Pollacci  e  Fai'neti  si  diedero  allora  a  ri- 
cerche sopra  i  g>^lsi  attaccati  dalla  Dicn^pif:  dei  diutoi'ui  delia  città  e 
ti'ovarono  su  molti  di  essi  il  C/ri/oconis  tanto  allo  stato  adulto  che  di 
laiva  iiiJento  alla  sua  caccia.  Altiettanto  si  rinvenne  a  Groppello  Cai- 
roli  da  dove  il  signor  Calvi  Ginsepiie,  ossei  vatore  attento  di  cose 
agrarie,  ne  mandò,  dietro  nostre  sollecitazioni,  campioni  colla  Diaspis 
e  col  suo  nemico. 

E  noto  che  diversi  paesi,  quali  la  California,  il  Capo  di  Buona- 
Speranza,  il  Portogallo  e  la  Nuova  Zelanda,  coli' introduzione  di  una 
coccinella  australiana,  il  Noriiis  fardin/i/i.^,  hanno  ottenuto  risultati 
ottimi  nel  distruggere  dannosissime  cocciniglie  degli  agrumi  che  ne 
decimavano  il  raccolto.  Ora  perchè  anche  il  Cliiìocovn<  protetto  dai 
suoi  nemici,  allevato  artificialmente,  propagato  e  diffuso  non  potrebbe 
fornire  un  aiuto  economico  e  potente  contro  il  flagello  dei  nostri  gelsi? 

Elenco  riassuntivo 
delle  malattie  delle  piante  industriali  e  forestali. 

Cercospora  Herrerana  Farn.,  su  foglie  di  caffè  dal  Messico  (Com- 

mission  de  Parassitologia  agricola).  Esami N.     15 

Phloeocomis  violacea  (Ces.)  Sacc.  et  Sj'd.,  sopi-a  radici  di  gelso  inviati 

dalla  Direzione  della  Cattedra  ambulante  di  agi-ic.  di  Sondrio  „       .5 

Septoria  Querceti  Tliiim.,  sopi-a  foglie  di  quercia  inviati  dal  pro- 
fessor Gibertini,  direttore  della  Cattedra  di  agricoltura  di  Forlì  „       3 

CoNioTHYRiuM  Oleae  Pollacci,  sopra  foglie  di  olivo  spedite  da  Spo- 
leto dal  R.  Oleificio  sperimentale 5 


—  319  — 

Stictis    Paxizzei    De  Not.,  sopra  foglie    di   ulivo   dalla   Direzione 

dell'Oleificio  sperimentale  di  Spoleto N.     50 

Avvizzimento  del  gelso  (Fnsariuni  lateritium  Nees).  Numerosi  rami 
con  tale  malattia  ci  fiiiono  mandati  dalla  Dilezione  della  Cat- 
tedra d'Agricoltura  di  Sondrio,  dalla  Porretta  (Pistoia),  da 
Casteggio,  Corteolona,  ecc.,  ecc „     'JO 

Melampsora  aecidioides  (DO.)  Scliroet.,  su  foglie  di  Pioppo  inviateci 

dalla  Cooperativa  di  Mondovi „       5 

Mal  del  falchetto  (Armillaria  mellea  Wahl.),  su  radici  di  gelso 
dalla  Direzione  della  Cattedra  ambulante  di  agricoltura  di 
Como,  da  Varese,  dal  signor  Carlo  Mozzani,  ecc.,  ecc.  .     .     „     10 

Malattie  incerte,  sopra  frutti  di  olivo  inviatici  da  Spoleto  dal 
R.  Oleificio  sperimentale,  e  sopra  fiori  di  olivo  inviatici  dal 
prof.  Pinolini  (Macei-ata) „       8 

Uromyces  Valerianae  (Sclium.)    Fuck.,    sopra   foglie    di   Valeriana 

officinalis  da  Meaux  (Francia)  dal  micologo  P.  Dumée  .     .     „       3 

PucciNiA  PiiRAGMiTis  (Scluim.)    Koru.   (forma    ecidiosporica),   sopra 

foglie  di  Biiinex  da  Groppello  Cairoli  (dott.  G.  Pollaccij  .     „       2 

Totale  esami     .     .     N.  166 

Elenco  riassuntivo 
delle  malattie  delle  piante  da  frutto 

Sphaerotheca  pannosa  (Wallr.)  Lèv.  [Stato  conidico  Oidium  leu- 
coconium].  Sopra  foglie  e  rami  giovani  di  pesco,  dal  signor  Calvi 
di  Groppello  Cairoli  e  da  Mondovi  (Comizio  agrario).  Esami  N.     10 

Cercospora  ciRcmiscissA  Sacc,  sopra  foglie  e  fusti  di  mandoilo  in- 
viati dal  professore  Ainao,  direttore  della  Cattedra  ambulante 
di  Siracusa n       ^ 

Diaspis  pentagona  Targ.,  sopra    rami    di    pesco,  da  Pavia   (miigg. 

Rachele);  Loano  (Pollacci),  ecc «     12 

Afide  lanigero  [Schizoneum  lanigera  Hans.],  sopra  rami  di  melo, 
da  Sondrio  (Cattedra  d'agricoltura),  da  Monteleone  (conte  Bo- 
lognini Sforza),  da  Pavia,  ecc «     20 

CiciNNOBOLUS  Cesatii  De  Bary,  sopra  foglie    di    melo,  da   Mondovi 

(Comizio  agrario) »       ^ 

TiGNUOLA  DEL  MELO  {Hìjponomeuta  malinella  Zell.j,  sopra  fronde 
di  melo  inviateci  dall'Istituto  d'igiene  di  Pavia;  gravissimi 
danni  essa  ha  pure  fatto  nella  provincia  di  Parma,  Reggio 
Emilia,  Modena  e  Bologna  (Farneti) „      !■'' 

Alti  ilell'Ist    Boi.  dell' Uincersitù  di  Faiia  —  Serie  U  —  Voi    X.  2o 


—  320   — 

Lyda  clypeata  Klg..  Larve  di  questo  imenottero  furono  riscon- 
trate sopra  ramoscelli  di  melo  mandatici  da  Jlarcignago  .   N.       3 

Bolla  del  pesco  [E.voascus  defonnans  (Berk.)  Fnek.l,  sopra  foglie 
di  pesco  inviateci  dal  signor  Gregori  di  San  Nazzaro  d'Oiioiiia 
(Piacenza)  e  sopra  foglie  di  ciliegio  fortemente  danneggiate 
da  Monteleone  (conte  Bolognini  Sforza),  da  Pavia,  ecc.     .     „     15 

TiccHiOLATURA  DEL  PERO  [Fìisiclacìium  piriHuni  (Lib.)  Fuck.  I,  sopra 
frutti  e  foglie  di  pero  da  Monteleone  (conte  Bolognini),  dal 
prof.  Gibertini   da  Forlì „     10 

Marciume  delle  kadici  \Dematophora  necatrix  E.  Hart.],  su  radici 
di  PninKs  cui  ha  cagionato  la  morte  in  giardini  di  Pavia 
(signor  jlitafFei),  ecc „       5 

]\[ale  dell'inchiostro,  su  piante  di  castagno,  inviateci  dal  Comizio 

agrario  di  Genova „       5 

Ceucospora  cerasella  Sacc,  sopra  foglie  e  frutti  di  ciliegio  man- 
date in  esame  dal  signor  Gregori  da  San  Nazzaro  d'Ongina 
(Piacenza) „       5 

Lecanium  Oleae  Bern.,  sopi-a  l'ami  di  fico,  mandati  dal  i)i-of.  ìfar- 

cliese  direttore  del  Corriere  del    Villaggio,  Milano ,       3 

Alteunauia  Figi  Farn.,  sopra  fruiti  di  fico  da  San  Nazzaro  d'Ou- 

giua  (Piacenza) „       5 

FiTOPTOsi  del  pero  {l'Iiìjtoplus  Piri),  sopra  foglie  di  pei'o,  da  Mi- 

radolo,  Pavia,  ecc „       3 

Malattie  incerte.  Radici  di  pero  danneggiate  da  cause  incerte 
furono  spedite  dal  Comizio  agrario  di  Cuneo,  così  pure  dei 
frutti  di  pero  inviatici  dal  prof.  Gibertini  da  Forlì  e  dal  Co- 
mizio agrario  di  Casale  Jlonferrato,  ecc «     10 

Totale  esami     .     .     N.  127 

Elenco  riassuntivo  (l<'lle  malattie  di  piante  da  orto. 

Sclerotinia  Libertiana  Fuck.,  soin-a  piantine   di   fave   inviate  dal 

prof.  Pinolini  da  Bfacerata.  Esami N.       3 

Peronospora    ViciAE   (Berk.)  De   Baiy,    sopra    piante    di    pisello   a 

Miradolo  (ing.  Zambelli)  ed  altri „       6 

Cercospora  zonata  Wint.,  sopra  foglie  di  fave  a  Miradolo  (inge- 
gner Zambelli) „       3 

Ascochyta  Pisi  Lib.,  sopra  foglie  di  pisello,  da  Udine  (Associa- 
zione agraria  Friulana) „       3 

Totale  esami     .     .     N.     15 


—   321   — 

Elenco  riassuntivo 
delle  malattie  di  piante  da  foraggio. 

OiDiDM  jiosiLioiDEs  Liuk.,  sopi'a  Bromus  mollis,  ila  ileaux  (Francia) 

inviatoci  dal  micologo  P.  Diimée.  Esami N.       3 

Epichloe  typhina  (Pers.)  TiiL,  sopra  Poa  coltivata  nei  dintorni  di 

Pavia »       3 

Pleosphaerulixa  Briosiaxa  PoUacci,  sopra  Erba  medica  in  diversi 

luoghi  dell'Oltrepò  Pavese „       7 

Malattia  indeterminata,  sopra  erbe  da  prato  inviate  dal  signor  Pal- 

varini  Paolo  da  Porto  "Mantovano  (Mantova) ,,       3 

Totale  esami     .     .     N.     16 

Elenco  riassuntivo 
delle  malattie  delle  piante  ornamentali. 

Phyllosticta  limbalis  Pers.,  sopra  foglie  di  Buxus  mandate  da 
Spoleto  dal  prof.  A.  Bedini.  preside  di  quell'Istituto  tecnico. 
Esami N.       3 

PncciNiA  Violae  (Scluini.)  DC,  sopi-a  foglie  di  viole  in  giardini  ed 

orti  della  città „       8 

Marsonia  Rosae  (Bon.)  Bri.  et  Cav.,  sopra  bocci  di  rosa  mandati 

da  San  Zenone  dal  signor  Danioni  e  da  Loano  (Avv.  Jlarengo)  „       8 

Sphaerotheca  pannosa  (Wallr.)  Lèv.,  sopra  foglie  di  rosa  mandate 
dal  signor  Toi-go  da  Pedavena  (Belluno)  a  mezzo  del  Corriere 
del  Villaggio  e  sopra  foglie  di  Eoonijmus  da  Como,  da  Pia- 
cenza (Italia  agricola)  e  da  Novara  (prof.  Patrioli)  .     .     .     „     15 

Phracmididm  subcorticium  (Sclirank.)  Winter.,  sopra  foglie  di  rosa, 

dal  dutt.  Gobbetti  di  Pavia „       3 

Chiokaspis  Evonymi,  sopra  foglie  di  Evongmiis  japonicus  da  Cuneo 

(Cattedra  d'agricoltura) „       2 

Malattie  indeterminate.  Foglie  di  Pelargonium  zonale  (Geranio) 
affette  da  malattia  indeterminata,  ci  pervennero  da  Castiglione 
delle  Stiviere,  così  pure  piante  di  Crgptomeria  inviateci  dal 
direttore  della  Cattedra  ambulante  di  Brescia „       -ó 

Afidi,  sopra  foglie  di  rosa  inviate  da  Marcignago „       1 

Diaspis  pentagona  Targ.  Questa  dannosissima  cocciniglia  ha  attac- 
cato una  quantità  di  piante  ornamentali  deirOrto  Botanico, 
come  p.  es.  Evonymus,  Pueraria,  StercitUa,  Broìissonctia,  Sijringa, 
BhmnuHS,  Mampevmum,  ecc.  ecc ,  e  molte  altre  in  campagna   „     10 


—   322   — 

Aecidìuji    Clematidis    DC,    sopra    foi^lie    di    Clematis   inviate    per 

esame  dal  Consorzio  agrario  di  Mondovi N.       3 

Stigmatea  Robertian'i  Fr.,   sopra    foglie    di    Geranimn  lioìiertianitm 

da  Meaux  (Francia)  dal  micologo  Dumée „       3 

Totale  esami     .     .     N.     61 

Malattie  di  piante  diverse. 

Arthrixium  spuropiileum  Ivuiize,  sopra  foglie  di  una  ciperacea  nelle 

pallidi  presso  Bissone  Pavese  (Marchese  Cufica  delle  Cascine). 

Esami N.       4 

PucciNiA  Umbilici  Guep.,  sopi'a  foglie  di  VmhUicnf;  da  Meanx  (Francia) 

dal  Micologo  V.  Dumée ,       3 

Uredo    Agkimoniae    ]^C.,    soiira    foglie   di   Afjriiiimiid   Eupaioria   da 

Meaux  (Francia)  dal  dott.  P.  Dumée „       4 

Totale  esami     .     .     N.     11 

INFORMAZIONI  E  RICERCHE  VARIE. 

Infiirniazioni  sulla  cultura  dell'/Zf.''  Aqnifoìiinn  e  del  Lanros  CerasKs 
e  sul  Maìiijo  { Maiigifcra  iìid/'-a)  ricliieste  dal  jnof.  Jlarchese  di 
Milano. 

Determinazione  di  fanerogame  mandateci  da  Novara  (Istituto  tecnico), 
da  Como  (signor  Pedroni  e  Torrani)  e  da  Pavia  (Cattedra  ambu- 
lante d'agricoltura). 

Determinazione  di  larve  d'insetto  inviateci  dalla  Cattedra  ambulante 
di  agricoltui'a  di  Brescia. 

Determinazione  di  semi  di  piante  trovate  nell'intestino  dell'uomo,  in- 
viali dall'Istituto  di  iijiene  di  Pavia. 


Frequentarono  nel  semestre  il  nostro  Laboratorio: 

1"  Il  signor  [irofessoie  Hikotaro  Nomura  di  Tokio  (Giappone). 

2°  Il  signor  professore  dott.  Luigi  Montemartini,  docente  di  bo- 
tanica all'Università  e  deputato  al  Parlamento. 

3''  Il  signor  professore  dott.  Gino  PoUacci,  docente  di  botanica 
all'Università  e  conservatore  all'Istituto  botanico. 

4"  Il  signor  dott.  Luigi  Pavarino,  professore  alle  scuole  normali 
di  Pavia. 

5"  Il  signor  dottor  Emilio  Cazzani,  assistente  all'Istituto  botanico. 


—   323   — 

6'^  II  signor  dottor  G.  B.  Traverso,  assistente   all'Istituto  bota- 
nico di  Padova. 

7°   Il   signor   Eugenio   Andreae,  dottore   in  scienze,  da   Basilea 
(Svizzera). 

8"  Il  signor  dottor  Vittorio  Pavesi,  assistente  all'Istituto  d'igiene. 
9"^  Il  signor  Luigi  Maffei,  laureando  in  scienze  naturali. 
10"  II  signor  Rota -Rossi  Guido,  laureando  in  scienze  naturali. 
11°  Il  signor  Bianchi  Giovanni,  studente- in  scienze  naturali. 


Rassegna  crittogamica  per  il  secondo  semestre  dell'anno 
1904  —  Relazione  a  S.  E.  il  niinistio  d'Agricoltura,  Industria  e 
Commercio  del  professore  Giov.^nni  Briosi,  direttore  del  Labora- 
torio crittogamico  in  Pavia. 

Anche  durante  questo  secondo  semestre,  come  risulta  dagli  elenchi 
riassuntivi  degli  esami  più  sotto  riportati,  le  ricerche  chieste  al  labo- 
ratorio crittogamico  sono  state  numerose.  Trattasi  per  la  massima  parte 
di  malattie  note,  parecchie  per  altro  rare,  ed  alcune  nuove. 

Cosi  un  nuovo  parassita  fu  scoperto  sopra  il  nespolo,  e  venne  di- 
stinto col  nome  di  Pi/ìlosfida  mcspUicola  n.  sp..  dal  dott.  Guido  Rota- 
Rossi  del  nostro  Laboratorio;  dallo  stesso  naturalista  venne  trovato  e 
descritto  anche  un  nuovo  parassita  del  salice,  al  quale  fu  dato  il  nome 
di  Coniothyriam  salickohim  n.  sp.  Questi  parassiti  formeranno,  insieme 
ad  altri,  oggetto  di  una  nota  che  si  pubblicherà  quanto  prima  negli 
Alti  del  nostro  Istituto. 

Altra  nuova  malattia  fu  trovata  sopra  rametti  di  Chaquin'ìla  {Adol- 
pìiia  infesta)  speditici  per  studio  dal  prof  Alfonso  Herrera,  presidente 
della  Comision  de  Purasitologia  del  Messico.  Lo  studio  affidato  al  si- 
gnor Turconi  Malusio,  assistente  straordinario  del  Laboratorio  critto- 
gamico, rivelò  che  essa  era  dovuta  ad  una  nuova  specie  di  fungo  ap- 
partenente al  genere  PhiiUachora,  alla  quale  il  Turconi  dette  il  nome  di 
Ph  Mexicana.  Lo  stesso  autore  descrisse  due  nuovi  parassiti  da  lui 
scoperti  sopra  piante  di  Camphora  glandulifera  Lindi,  e  di  l'hilodendron 
liipinnatifìdiiin  Schott;  ad  essi  fu  dato  rispettivamente  il  nome  di  Asco- 
chyta   Camphorae  e  di   Phiinostiria   Pìiilodindri. 

Anche  queste  nuove  specie  di  iniceti  saranno  illustrati  in  una  breve 
nota,  che  pure  fra  poco  vedrà  la  luce  negli  Atli  del  nostro  Istituto. 


—    324  — 

alala ttle  della  vite. 

Come  nel  primo  semestre  dell'anno,  anche  in  qnesto  secondo,  le 
malattie  che  maggiormente  danneggiarono  i  vigneti  furono  la  perono- 
spora  e  la  fillossera;  quest'ultima  sempre  più  estende  la  sua  zona  de- 
vastatrice; e  la  peronospora,  specialmente  quella  sui  grappoli,  (necjrone) 
in  causa  forse  d'avere  scarseggiato  coi  trattamenti  cuprici,  lia  recato 
in  alcune  regioni  danni  gravissimi. 

Una  malattia  finora  poco  frequente  e  che  in  quest'anno  è  com- 
parsa in  modo  da  aliai  mare  specialmente  nella  provincia  di  Messina, 
è  il  Jìul-lihtn-  0  Bof-ì/n'(h  o  Mar  iitme  /u'itiiro;  questo  male  si  manifesta 
raramente  sulle  foglie  e  sui  rami,  frequente  è  invece  sui  peduncoli  e 
sull'asse  principale  dell'infiorescenza.  Nei  punti  d'attitcco  determina  da 
prima  delle  macchie  giallo-brune,  che  vanno  poi  estendendosi  poco  a 
])0C0  su  tutta  la  porzione  del  gi-appolo  inferiore  al  i)unto  dell'infezione  ; 
indi  tanto  sui  racemi  quanto  sugli  acini  si  presentano  delle  pustole 
minute,  molli,  biancastre,  che  divengouo  in  seguito  nere  e  rugose.  Tali 
pustole  contengono  gli  organi  riproduttori  del  fungo, .che  è  il  Conio- 
t/n/r/'/nn  Diplodiella  (.Speg.)  Sacc.  Questo  parassita  die  attacca  diverse 
(inalila  di  vitigni.  Barbera,  Freisa,  Pinot,  Tinturier,  Dolcetto,  Treb- 
biano, ecc.,  non  ha  finora  molto  preoccupato  i  viticultori  italiani,  pe- 
i-altro  sarà  bene  combatterlo  energicamente  perchè  non  abbia  a  i)ren- 
dere  larga  diffusione. 

Il  professore  De  Istwanfii  di  Budapest,  che  su  tale  malattia  ha 
fatto  un  vasto  e  profondo  studio,  consiglia  di  raccogliere  e  bruciare 
subito  i  grapi)oli,  che  primi  mostransi  affet-ti  da  Coniotìtyrlnm  e  di  irro- 
rare gli  altri  con  poltiglia  bordolese  molto  folle,  o  meglio,  di  fiitfarli 
addirittura  in  essa;  iioichè  è  bene  l'icordare  ai  viticultori  che  anche  in 
ipiesto  caso  il  rimedio  non  è  curativo,  ma  preventivo.  Il  rimedio  non 
si  deve  però  aiqdicare  durante  la  fioritura,  ma  aspettare  che  gli  acini 
dell'uva  abbiano  raggiunto  almeno  due  millimetri  di  diametro. 

Elenco  riassuntivo 
degli  esami  fatti  delle  malattie  della  vite.  ' 

Peron'Ospora  [l'iasìììoparri  viticola  (Berk.  et  Curt.)  Berlese  e  De 
Toni],  sopra  foglie  e  grappoli  inviatici  dal  signor  Rufino  Mussi 
da   Borgotaro,   dal    prof.   Bononii   da   Udine,  dall'ing.  Zolli   di 


'  Non   si   indicano   per    brevità   o   per   evitare  continue  ripetizioni  i  rimedi 
suggeriti. 


—   325   — 

Fontanafredda  (Pordenone),  dal  inof.  Marcliese,  direttore  del 
Corriere  del  Villaggio,  dalla  Associazione  agiaria  Friiilana-Udi- 
nese,  dalla  Cattedra  ambulante  di  agricoltura  di  Pavia,  da 
Casteggio,  Broni,  Stradella,  ecc.  Esami N.     50 

ANTRACNost  [Gloeosporium  ampelopliagum  (Pass.)  Sacc.J,  sopra  cam- 
pioni mandatici  da  Eomito  (Casteggio),  Groppello  Cairoli,  ecc.  „     20 

Rot-Blanc  [Coniothi/riiim  Diplodieìla  (Speg.)  Sacc],  sopra  numerosi 
campioni  di  uva  inviatici  dal  prof.  Buggeri,  direttore  del  Vi- 
vaio di  vili  americane  di  Messina  e  altri  da  Pietra  Ligure,  ecc.    „     20 

i^LTERNARiA  {Altcmaria  Vit/s  Cav.],  sopra  foglie  di  viti  dal  pro- 
fessore L.  Pavaiino  da  Pavia  e  dal  prof.  Samoggia  di  Reggio 
Emilia „     10 

Phyllosticta  Vitis  (Fuck.)  Sacc,  sopra  foglie  di  viti  spediteci  dal 

signor  G.  Tomasoni  da  Buttrio „       5 

Fersa,  sopra  foglie  di  viti  mandate  dalia  Direzione  della  Cattedra 

ambulante  di  Piedimonte  d'Alife,  da  Casteggio,  da  Loano,  ecc.  „     lo 

Fillossera  {P/i>/llo cera  vastatric  Piancii.],  sopra  foglie  di  viti  ame- 
ricane {Cliiitnn)  da  Miradolo  e  da  Mombello  (prof.  G.  Marcliese)  „     40 

Malattie  indeterminate.  Foglie  di  viti,  grappoli  e  tralci  con  mac- 
chie che  le  alteravano,  ma  nelle  quali  non  si  rinvennero  pa- 
rassiti, ci  pervennero  da  Udine,  da  Lucca,  da  Como,  ecc.  Le 
cause  delle  alterazioni  non  si  poterono  determinare      .     .     „     20 


Totale  esami     .     .     N.  180 

Malattie  dei  cereali. 

Grazie  alle  cure  profilattiche,  alla  selezione  delle  sementi  ed  alla 
stagione  contraria,  si  è  avuto  questo  anno  una  forte  diminuzione  di 
BiiQfjine  nel  grano,  pochi  infatti  sono  stati  i  campioni  dei  cereali  infetti 
da  Pnccinie  inviati  in  questo  anno  al  nostro  Istituto. 

Molti  invece  sono  stati  gli  esarai  eseguiti  su  piante  di  riso  attac- 
cate da  unisone,  che  in  alcune  località  ha  prodotto  danni  gravi. 

Un  importante  studio  sopra  le  malattie  del  riso  ha  iniziato  l'assi- 
stente del  nostro  laboratorio  signor  Farueti  Rodolfo.  Dalle  sue  ricerche 
risulterebbe  che  varie  specie  di  brusone  descritte  dagli  autori  sono 
dovute  ad  una  sola  ed  unica  causa,  cioè  all'azione  di  una  crittogama 
parassita  che  si  presenta  sotto  forme  diverse  a  seconda  delle  condi- 
zioni nelle  quali  essa  si  sviluppa. 

Egli  ha  riiirodotio  queste  infezioni  artificialmente  sopra  piante  sane 
e  ne  ha  seguito  il  processo  patogeno  a  cominciare  dalla  germinazione 


—   326  — 

de)  seme.  Con  esperienze  di  Laboratorio  lia  inoltre  dimostrato  clie  tale 
parassita,  sotto  qiialnnque  forma  si  presemi,  viene  ucciso  dal  solfato 
di  rame. 

In  quest'anno  si  intraprenderanno  in  campagna  delle  esperienze  su 
larga  scala,  allo  scopo  di  com[)rovare  i  risultati  ottenuti  in  Laboratorio. 

EloiifO  l'iassmitivo 
degli  esami  fatti  delle  malattie  dei  cereali. 

Brdsone.  Piante  di  riso  brusunate  ci  furono  siiedite  per  esame  da 
numerosi  proprietari,  fra  i  quali  l'ing.  F.  Anelli  di  Pavia,  il 
signor  ing.  Giovanardi,  agente  della  casa  Cutica  delle  Cascine 
di  Bissone  Pavese,  dalla  Cattedra  ambulante  di  Pavia,  da  No- 
vara, ecc.  Esami N.     .50 

Helmikthosporium  tuiìcicum  Pass.,  sopra  foglie  di  granoturco  rac- 
colte nei  campi  nei  dintorni  di  Pavia  (prof.  Pavarino)  e  presso 
Casteggio  (dott.  Poi  lacci) ,....„     10 

PucciNiA  GR.\Mixis  Pers.,  sopra  semi  di  frumento  inviati  da   Loano 

Ligure  (dott.  G.  Pollacci)  e  da  Casteggio „     10 

Totale  esami     ,     .     N.     70 

Elenco  riassuntivo 
degli  esami  fatti  delle  malattie  delle  piante  da  frutto. 

TiccHiOLATUR.\  DEL  Pero  [Fìisic/i((/i'i Dì  pìriniiiìi  (Lib.)  Fuck  ],  sopra 
foglie  di  pero  mandate  in  esame  dal  direttore  del  giornale 
Il  Coltivatore,  altre  da  Casal  Monferrato,  da  Loano  (Pollacci), 
da  Pavia,  ecc.  Esami N.     1.3 

Phillosticta  Persicae  Sacc,  sopra  foglie  di  pesco  (prof.  Pavarino) 

Pavia „       4 

Marsonia  .Juglandis  (Lib.)  Sacc,  sopra  foglie  di  noce  da  Introbbio 

(Val  Sassina)  ove  è  molto  diffu.sa „       8 

Aphis  Amygdali  Fonsc,  soiu'a  estremità  di  rami  di  pesco  a  Pavia, 
dove  lia  prodotto  molti  danni  nei  frutteti  dei  dintorni  della 
città ,.      10 

Aphis  Ribis  L.  sopra  foglie  di  lìihe^  dal  prof.  Pavarino  da  Pavia,     „       3 

Fomago  vagans  Pers.,  sopra  foglie  di  Hihcs  mandate  dal  prof.  Pa- 
varino di  Pavia „       5 

PiiYLLOSTiCTA  Mespilicola  u.  sp.,  sopra  foglie  di  Mespilus  (jenna- 
ìiica  L.  raccolte  a  Palazzago  in  provincia  di  Bergamo.  E  un 
nuovo  parassita  del  NesjKjlo  trovato  e  descritto  dal  dott.  Eota- 
Kossi,  addetto  al  nostro  Laboiatorio „     10 

Totale  esami     .     .     N.     .53 


—  327    — 

Elenco  riassimtivo 
degli  esami  delle  malattie  delle  piante  da  orto. 

Mal  bianco  del  Lupino  [Eri/siphe  Marta  (Lev.)],  su  foglie  di  lupino 
mandate  dalla  Cattedra  ambulante  d' agricoltura  di  Parma. 
Esami N.       4 

Ernia  dei  cavoli  [Plasmodiopliora  Drassicae  Wor.],  dalla  Cascina 
Corso  (Pavia)  e  dintorni  della  città  dove  produce  spesso  danni 
forti „     10 

Alternaria  Solani  Sor.,  su  foglie  di  pomodoro   mandate   in  esame 

dal  Consorzio  agrario  di  Genova „       5 

Uromyces  Lupini  Sacc,  sopra  foglie  di  Lupino  mandate  dalla  Cat- 
tedra d'agricoltura  di  Parma „       4 

Macrosporium  commune  Rbli.,  sopra  foglie    di   Sulla   spedite  dalla 

Cattedra  d'agricoltura  di  Parma,  ecc „       5 

Tetranychus  telarius  L.,  sopra   foglie   di    Phaseoliis,    di  DoUr.hos, 

spedite  dalla  Cattedra  di  agricoltura  di  Guastalla     ...»       6 

Alternaria  Brassicae  f.  nigrescens  Pegl.,  sopra  foglie  di  coco- 
mero spediteci  dal  prof.  Pinolini  da  Macerata ,       3 

]\L\LE  dell'occhio  dei  cavoli.  Piantine  di  cavoli  danneggiati  da  ri- 
stagno d'acqua  nell'apice  vegetativo  ci  furono  inviati  dal  pro- 
fessor Munerati  da  Rovigo „       3 

Phillosticta  sp.,  sopra  foglie  di  melanzana  spediteci  dal  Consor- 
zio agrario  di  Genova „       5 

Totale  Esami     .     .     N.     45 


Elenco  riassuntivo 
degli  esami  delle  malattie  delle  piante  da  foraggio. 

Ertsiphe   Martii   Lèv.,    sopra    piantine   di  trifoglio    da   Introldiio 

Tartavalle  (Valsassina).  Esami N.       7 

Pseudopeziza  Trifolii  (Biv.-Ber.)  Fuck.,  sopra  trifoglio  pervenu- 
toci da  Introbbio  (Como) „       3 

Cuscuta.  Diversi  prati  di  Erba  medica  e  trifoglio  furono  molto 
danneggiati  da  questo  parassita  specialmente  nell'oltre  Po  Pa- 
vese, Campo  Spinoso,  Stradella,  Casteggio,  ecc „     27 

Totale  esami     .     .     N.     37 


—  328   — 

Elenco  riassuntivo 
degli  esami  delle  malattie  delle  piante  ornamentali. 

Uromyces  Caryophillinus  (Sclirk.)  Scliroeter,  sopra  piante  di  garo- 
fano mandateci  in  esame  dal  prof.  Marchese,  direttore  del 
Corriere  del   Villaggio  di  Jlilano.  Esami N.       5 

SpuAEROTHEci  PANNOSA  (Wallr.)  Lév.,  sopra  foglie  di  rosa  in  giar- 
dini di  Pavia „       4 

PnRAGMiDiDM  sDBcoRTiciuM  (Scrank.)  Winter.,  sopra  foglie   di    rosa 

in  giardini  di  Pavia „       5 

Macrosporiuji    Violar    Pollacci,    sopra  foglie   di  viola  in   giardini 

di  Pavia „       6 

AspiDioTU.s.  EvoNYMi  Com.,  sopra  piantagioni  di  evonimo  in  giar- 
dini della  città „       7 

Cercospora  Resedae  Fiick.,  soi)ra  piantine    di    Bcseda   odorata   da 

Loano  Lignre  (dott.  Pollacci) „       5 

Totale  esami     .     .  N.     32 

Elenco  riassuntivo 
degli  esami  delle  malattie  delle  piante  industi-iali  e  forestali. 

Heterodkra  radicicola  Milli.,  sopra  barbabietole  mandate  in  esa- 
me dalla  Direzione  della  Colonia  Agric.  Bresciana.  Esami    N,       2 

Cercospora  microsora  Sacc,  sopre  foglie  di  tiglio  in  diversi  liiogiii 

della  Valsassina „       8 

Fusaridm  argillacedm  (Fr.)  Sacc,  sopra  barbabietole  mandate  dalla 

Direzione  della  Colonia  Agricola  Bresciana      .•...„       2 

Septogleum  Mori  (Lév.)  Brs.  et  Cavr.,  sopra  gelsi  in  Pavia  (pro- 
fessor Pa  vari  no),  dalla  Valsassina,  ecc ,,18 

Mal  dello  Sclerozio  [Sclerofiirin  Libertiaiia  Fack.],  sn  barbabietole 

da  Brescia  (Colonia  Agricola  Bresciana) „       2 

Macrosporidm  nigricans  Atk.  e  PHyLLOsTicTA  .s/).,  sopra  foglie  di 
cotone  provenienti  da  una  prova  culturale  fatta  nel  Novarese 
dal  dott.  Giovanni  lacometti  della  Cattedra  ambulante  di  agri- 
coltura di  Torino „       3 

Cleomis  pusctiventris  Garin.,  sopra  barbabietole  spedite  dalla  Co- 
lonia Agricola  Bresciana „       3 

Malattie  indeterminate.  Rami  di  olivo  danneggiati  da  insetti  fu- 
rono inviati  dal  prof.  Pinolini,  direttore  della  Cattedra  ambu- 
lante d'agricoltura  di   Macerata.  Radici   di    barbabietole    pure 


•    —   329   — 

(lannegsiate  da  insetti  furono  mandate  dalla  Cattedra  ambu- 
lante d'agricoltura  di  Siena,  ecc N.       9 

DiASPis  TENTAGONA  Targ.,  sopra  rami  di  gelsi  inviatici  in  esame 
da  Groppello  Cairoli  (avv.  Albertario),  Bissone  Pavese  (inge- 
gner Giovanardi),  Villa  Flavia  (Pavia)  (Fratelli  Strada),  In- 
verno (sig.  E.  Benelli),  Belgioioso,  Cava  Carbonara,  ecc.  Nel 
nostro  giardino  botanico  essa  ha  attaccato  le  seguenti  piante: 
Aristolochia  Sipho,  Piieraria  Thumliergiana,  SterctiUa  platanìfoUa, 
Menispermum  canadense,  Rlms  T;/phiiia,  Brousionetia  papi/rifera, 
Si/ringa  culyaris,  Ainijgdahis  Persica,  Evoni/mus  euivpacn.i,  E.  ja- 
ponicHS,  Ipomoea  grandiflora,  Ilovenia  didcis,  Jasminum  officinale, 
Rhamnus  Erythroxylum,   Carolinea  insignis    ......     60 

CoNiOTHYRiDM  Salicicolum  u.  sp.,  sopra  foglie  di  Sfdix  alba  L.  rac- 
colte a  Palazzago  in  provincia  di  Bergamo.  Nuova  specie  stu- 
diata dal  dott.  Rota-Rossi  G »     10 

AscocHYTA  Camphor.^e  il.  sji.,  sopi'a  foglie  di  Camphora  glandulifera 
Lindi.,  raccolte  nell'Orto  l)Otanico  di  Pavia.  Questa  nuova 
specie  fu  studiata  dal  signor  M.  Turconi „     10 

Totale  esami     .     .  N.  127 

Elenco  riassuntivo 
degli  esami  delle  lUiilattie  di  piante  diverse. 

Septoria  SAroNARiAE  (DC.)  Savi  et  Becc,  sopra  foglie  di  Saponaria 

inviate  da  Introbbio  (Como).  Esami N.       4 

CoLEOspoiuuM  Senecioxis  (Pers.)  Fries,  sopra  foglie  di  una  com- 
posita mandata  da  Loano  Ligure  (dott.  G.  Pollacci)     .     .     „       5 

Phyllosticta   Philodendri   Turconi,    sopra   foglie   di    Philodendron 

bipinnatifidiim  Schott.  Orto  bot.  Pavia „     12 

Phyllachora  mexicana  Turconi,  sopra  rametti  di  Cliaquirilla  [Adol- 
phia  infesta)  inviati  dal  prof.  Ilerrera  della  Comision  de  Para- 
sitologia  del  Messico.  Nuova  specie  studiata   dal   Turconi   del 

nostro  Laboratorio »     12 

Totale  esami     .     .  N.     33 

INFORMAZIONI  E  RICERCHE  VARIE. 

Analisi  di  fieni  e  determinazione    delle   piante  relative    per   conto 

dell'Ufficio  veterinario  municipale  di  Pavia.  Esami    .     .     .  N.     10 

Determinazione  di  fanerogame  mandateci  da  Novara  (Istituto  te- 
cnico), dalla  Cattedra  ambulante  di  agricoltura  di  Fermo  (Ascoli 


—   330  — 

Piceno),  dalla  Cattedra  d'agricoltura  di  Piedimoiite  d'Alife,  dal 
signor  iiig.  Urbano  Pavesi  di  Pavia,  dal  prof.  Marcliese  di 
Milano,  ecc N.     40 

Informazioni  inviate  al  prof.  Marchese,  direttore  del  Corriere  del 
Villarjgio,  intorno  all'influenza  del  solfuro  di  carbonio  sulla  ger- 
minabilità  dei  semi  di  fruiuento,  e  sulla  disinfezione  del  grano 
da  semina. 

Determinazione   di   colonie  di  Mi/codrrma  Aceti  in  campioni  di  vino, 

inviateci  dalla  Cooperativa  agraria  di  Mondovi     .     .     .     .     „       5 

Totale  esami     .     .  N.     55 

Frequentarono  nel  semestre  il  nostro  Laboratoiio  : 

1°  Il  signor  professore  Hikotaro  Nomura  di  Tokio  (Giappone). 
2"  Il  signor  professore  Costantino  Gorini  della  Scuola  superiore 
d'agricoltura  di  Milano. 

3°  11  signor  professore  Luigi  Montemaitini,  docente  di  botanica 
all'Università  e  deputato  al  Parlamento  Nazionale. 

4°  Il  signoi    protVssore   Gino   Ptillacci,  docente   di   botanica  alla 
Università  e  conservatore  presso  l'Istituto  botanico. 

.5"  Il  signor  professore  Luigi  Pavarino,  professore  di  scienze  na- 
turali alle  Scuole  normali  ed  assistente  volontario  all'Istituto  botanico. 
6"   11    signor   dottore    Emilio    Cazzani,    2°   assistente   all'Istituto 
botanico. 

7°  Il  signor  dottore   C-iiovanni  Battista   Traverso,  assistente   al- 
l'I.stituto  botanico  di  Padova. 

8"  Il  signor  Guido  Eota-Piossi,  laureando  in  scienze  naturali. 
9"  Il  signor  Luigi  Matfei,  laureando  in  scienze  naturali. 
10"  Il  signor  Giovanni  Bianchi,  laureando  in  scienze  naturali. 
11"  La  signorina  Angela  Gozo,  studente  in  scienze  naturali. 
12"  Il  signor  Rusconi  Arnaldo,  dottore  in  chimica. 
13°  Il  signor  Salvoni  Maurilio,  dottore  in  chimica. 
14°  Il    signor    ilarignoni    Ginsepiie    Bruno,    studente    in    scienze 
naturali. 


331 


Sull'operosità  della  R.  Stazione  di  botanica  crittogamica  di 
Pavia  durante  l'anno  1904  —  Relazinne  .1  S.  E.  il  minisfro 
d'Agricoltura,  Iiulustiia  e  Commercio,  del  direttore  professore  Gio- 
vanni Briosi. 

Durante  l'anno  scorso  l'operosità  del  Laboratorio  crittogamico  oltre 
all'esame  ed  allo  studio  del  numeroso  materiale  (esami  n.  1537)  inviato 
da  privati  ed  enti  morali,  fu  dedicata  alle  ricerche  che  qui  sotto  rias- 
sumo brevemente. 

Gli  assistenti  PolJacci  e  Farneti,  dietro  mio  incaiico,  studiarono 
sopra  foglie  di  viti  americane  della  varietà  Clinton,  dallo  scrivente  i-ac- 
colte  a  Miradolo  (provincia  di  Pavia),  una  nuova  forma  di  galla  fìllos- 
serica  e  dalle  loro  ricerche  risultò  che  queste  galle  costituiscono  forse 
il  mezzo  più  facile  di  diffusione  della  fillossera,  onde  è  necessario  rac- 
coglierle con  molta  cura  ed  abbruciarle  jirima  che  il  vento  od  altro 
mezzo  diffonda  il  male  nei  vigneti  sani.  Tali  osservazioni  formarono 
oggetto  di  una  nota  illustrata  da  una  tavola  litogi'afìca  cìie  è  inserita 
nel  volume  X  degli  Atti  di  questo  Istituto. 

Lo  scrivente,  per  fare  opera  grata  e  utile  agli  studiosi  delle  cose 
agrarie,  ha  liassunto,  nella  prima  rassegna  semestrale  del  decorso  anno 
le  nuove  ed  importantissime  scoperte  intorno  alle  malattie  note  col  nume 
di  ruggini  dei  cercali,  indicando  le  pratiche  ed  i  mezzi  atti  a  combat- 
tere tali  malanni.  Gli  assistenti  PoUacci  e  Farneti  studiarono  i  rap- 
porti esistenti  fra  la  Diaspis  [/entagona  ed  il  C/iilocoriis  reniptistulat/is  che 
va  diffondendosi  nelle  nostre  campagne.  Esso  si  è  mostrato  fortunata- 
mente un  nemico  di  non  poca  eilftcacia  contro  la  Diaspis  che  distrugge 
su  larga  scala;  se  tale  C/iilocorns  venisse  protetto  dai  suoi  nemici  e 
propagato  con  cura,  potrebbe  divenire  uu  aiuto  potente  ed  economico 
contro  tale  flagello  del  gelso. 

Il  dottor  Rota  Eossi  del  nostro  Istituto  si  occupò  fra  l'altro  di  due 
malattie:  l'una  del  Nespolo,  l'altra  del  Salice,  trovando  che  erano  cau- 
sate da  due  specie  di  fungili  non  ancora  stati  studiati,  ai  quali  dette 
rispettivamente  il  nome  di  Pliyllosticta  mespilicola  n.  sp.  e  Coniothjrium 
salicicolum  u.  sp.  Tali  due  nuovi  parassiti  di  piante  utili  vennero  de- 
scritti in  una  breve  Nota  pubblicata  negli  Atii  di  questo  Istituto  bo- 
tanico. 

Altre  tre  specie  nuove  di  miceti  furono  determinati  ed  illustrati 
dal  signor  Turconi  del  nostro  laboratorio  al  quale  altresì  affidai  lo  stu- 
dio di  una  malattia  (ìqW Adolpliia  infesta  (Chaquirilla)  speditaci  per  esame 


—   332   — 

dal  Messico,  malattia  dovuta  ad  una  nuova  Fìn/ZIacìiora  a  cui  dette  il 
nome  di  Mexicana.  Sopra  piante  di  Laurus  Camphora  e  di  l'Iiiloden- 
droiì  egli  trovò  ancora  due  nuovi  parassiti  V Ascoch>jta  Camphorae  n.  s]). 
e    la    Phi/llostida  Pìiilodcitdri  n.  sp. 

Anche  queste  specie  nuove  saranno  descritte  e  pubblicate  in  una 
breve  Nota  ciie  fra  poco  vedrà  la  luce  negli  stessi  Affi  del  nostro 
Istituto. 

A  tutti  è  nota  la  gravità  dei  danni  arrecati  dalla  malattia  del  l'iso 
nota  col  nome  di  òrnsoiie,  la  quale  da  tempo  è  oggetto  di  studio  nel 
nostro  laboratorio. 

Nel  decorso  anno  l'assistente  Farneti  iniziò  nuovi  studi  sulle  ma- 
lattie del  riso,  studi  che  in  questo  anno  proseguono  su  larga  scala  e 
die  porteranno,  spero,  nuova  luce  su  questo  intricato  argomento. 

Per  incarico  di  codesto  eccelso  Ministero,  lo  scrivente  si  è  recato 
ad  ispezionare  alcuni  agrumeti  della  Calaljria  e  della  Sicilia  nei  quali 
una  grave  malattia  si  era  manifestata,  la  così  detta  Rur/f/iue  bianca,  che, 
rendendo  i  frutti  non  commerciabili,  preoccupa  assai  gli  agrumicultori 
dell'  Italia  Meridionale. 

Una  prima  memoria  illustrata  da  molte  tavole  su  tale  malattia  ville 
di  già  la  luce,  ad  altre  ricerclie  si  sta  ora  attendendo,  le  quali  proba- 
bilmente condurranno  ad  una  seconda  pubblicazione,  a  complemento 
della  prima. 

Trovandomi  in  Sicilia  ne  ho  approfittato  per  visitare  alcuni  dei 
vivai  governativi  di  vili  americane  che  forniscono  talee  e  barbatelle 
per  la  ricostituzione  delle  vigne  meridionali  distrutte  dalla  fillossera; 
vivai  nei  quali  si  è  da  qualche  tempo  sviluppato  il  lioncet.  Il  Roncet  o 
Court  none  è  malattia  non  meno  grave  di  quella  degli  agrumi  e  desta 
fortissima  apprensione  in  tutti  i  viticiiltori  siciliani.  I  risultati  di  que- 
sta ispezione  trovansi  conseguati  in  una  relazione  al  Ministero  pubbli- 
cata nel  Bollettino  ufficiale  del  Ministero  (anno  IV,  voi.  II,  pag.  515). 

Oggetto  di  ricerche  e  di  studio  nel  nostro  laboratorio  è  altresì  la 
malattia  del  castagno,  conosciuta  col  nome  di  Mal  dell'  inchiostro,  sulla 
quale  pure  speriamo  di  poter  presto  pubblicare  risultati  non  privi  di 
importanza. 

Il  prof.  Hikotaro  Nomura  di  Tokio,  inviato  dal  Governo  imperiale  del 
Giappone  al  nostro  laboratorio  per  perfezionarsi  nella  patologia  vege- 
tale, sta  studiando  i  rapporti  esistenti  fra  alcune  malattie  microbiche 
del  filugello  e  quelle  delie  foglie  del  gelso.  Nell'anno  scorso,  in  apposita 
memoria,  illustrava  due  nuovi  micromiceti  parassiti  del  gelso,  ed  in  que- 
sto pubblicava  un'altra  nota  intitolata:  Sopra  i  germi  patogeni  nella  fla- 
cidezza  del  baco  da  seta. 


—    333   — 

La  malattia  dei  gelsi  conosciuta  col  nome  di  Avvizzimento  diede 
argomento  ad  una  seconda  pubblicazione  preliminare,  ove  si  dimostra- 
rono i  rapporti  esistenti  fra  due  micromiceti  ritenuti  sin  qui  fra  loro 
indipendenti  ed  innocui,  da  noi  dimostrati  invece  essere  la  causa  di 
questa  antica  malattia.  Presto  vedrà  la  luce  il  lavoro  definitivo  illustrato 
da  molte  tavole  dimostrative. 

Il  nostro  Istituto  si  è  occupato  altresì  dello  studio  di  argomenti 
d'indole  generale  ed  i  resultati  ottenuti  furono  accolti  con  lusinghiero 
giudizio  anche  dal  mondo  scientifico  stiauiero. 

Il  dottor  Pollacci  ha  pubblicato  nel  decorso  anno  una  nuova  Nota 
riguardante  un  suo  metodo  di  ricerca  microchimica  del  fosforo  nei  tes- 
suti vegetali;  in  uu' altra  memoria  ha  studiato  l'influenza  della  luce  so- 
pra l'emissione  di  alcuni  gas  delle,  piante,  ed  in  una  recente  Nota  ha 
pubblicato  importanti  resultati  sopra  l'influenza  dell'elettricità  sulla 
formazione  dei  primi  composti  organici  derivati  dalla  sintesi  cloro- 
filliana. 

Il  dottor  Montemartini  ha  studiato  lo  scambio  dei  gas,  la  traspi- 
razione e  l'assorbimento  dei  sali  minerali  in  foglie  di  piante  attaccate 
da  parassiti  animali  o  vegetali  in  l'apporto  a  quelli  delle  foglie  sane, 
arricchendo  non  poco  le  nostre  cognizioni,  fino  ad  ora  molto  scarse,  sulle 
varie  funzioni  vitali  nelle  piante  ammalate  in  genere,  ed  in  quelle  at- 
taccate da  parassiti  in  ispecie. 

Il  prof.  dott.  Pavarino,  assistente  volontario  del  nostro  Istituto  ha 
intrapreso  ricerche  intorno  alle  variazioni  che  subiscono  le  sostanze  mi- 
nerali nelle  foglie  che  sj  ammalano  di  peronospora. 

Come  si  rileva  dall'elenco  delle  pubblicazioni  più  sotto  riportato, 
oltre  a  questi  argomenti,  d'altri  ancora  si  è  occupato  il  nostro  Istituto, 
frutto  dei  quali  studi  sono  l^otc  e  Memorie,  che  saranno  raccolte  nei 
volumi  IX  e  X  degli  Atti  dell'Istituto  in  corso  di  stampa. 

Nel  nuovo  anno  ci  proponiamo  di  ultimare  innanzi  tutto  le  ricerche 
in  corso  contro  varie  malattie  di  piante  coltivate,  in  ispecial  modo  con- 
tro le  malattie  del  riso,  il  Mal  dell'  inchiostro  dei  castagni,!' Avvizzimento 
dei  germogli  del  gelso,  la  Ruggine  bianca  degli  agrumi,  ecc.  Inoltre  spe- 
riamo di  poter  dar  termine  ad  alcuni  studi  di  anatomia,  di  fisiopatolo- 
gia e  fisiologia  generale;  di  iniziarne  altri  sulla  funzione  delle  sostanze 
grasse  nelle  piante,  sulT  influenza  dell'elettricità  sulla  vegetazione,  spe- 
cie sull'assimilazione  del  carbonio,  e  di  proseguire  le  ricerche  sulla  flora 
crittogamica  e  fauerogamica  delle  regioni  Ligure  e  Lombarda. 


—  334  — 

Riassunto  generale  delle  ricerche  fatte  nell'anno  1904. 

Malattie  della  vite Esami  N.  428 

Id.        dei  cereali Id.  „  104 

Id.        di  piante  da  frutto Li.  „  192 

Id.        di  ortaggi Id.  „  60 

Id.        di  piante  da  foraggio Id.  „  43 

Id.               id.       ornamentali Id.  „  93 

Id.               id.       industriali  o  forestali Id.  „  293 

Id.               id.       diverse Id.  „  44 

Nuove  specie  di  pai'assiti  vegetali Id.  „  10 

Riceiclie  ed  informazioni  varie Id.  „  40 

Determinazione  di  fanerogame Id.  „  80 

Id.               di  niiceti  della  Lombardia Id.  „  100 

Id.  di  funghi  parassiti  per  l'opei'a:   Briosi 

e  C.WARA.  1  funghi  parassiti  delle  piante  coltivate  od 

utili LI.  „  50 

Totale     .     .     .  Esami  N.  1537 

Personale  del  laboratorio  al  31  dicembre  1901. 

Professor  Giovanni  Briosi,  direttore. 
Farneti  Rodolfo,  assistente. 
Turooni  Malusio,  assistente  aiiyiiinto. 
Palazzi  Mario,   inserviente  straordinario. 

Prestarono  l'opera  loro: 

il  signor  dott.  Gino  Pollacci,  conservatore  dell'orto  botanico   e  11- 

bei'o  docente  all'Università; 
il  signor  dott.  Emilio  Cazzani,  2"  assistente  all'orto  botanico. 

Frequentarono  il  laboratorio  crittogamico  durante  l'anno  1904: 

il  signor  professore  H.  Nomura,  dell'Imperiale  stazione  sperimen- 
tale di  Tokio  (Giappone)^ 

il  signor  professor  C.  Gorini  della  Scuola  superiore  d'agricoltura 
di  Milano; 

il  signor  professor  L.  Montemartini,  libero  docente  all'Università, 
deputato  al  Parlamento  nazionale; 

il  signor  dott.  Eugenio  Andreae,  dottore  in  scienze,  di  Basilea 
(Svizzera); 


—  335  — 
il  signor   professor  Luigi   Pavaiino,    assistente    volontario    presso 

l'Istituto  botanico  ed  insegnante  alla  Scuola  normale; 
il  signor  dott.  Vittorio  Pavesi,  assistente  all'Istituto  d'igiene; 
il  signor  dott.  G.  B.  Traverso,   assistente   all'Istituto  botanico  di 

Padova  ; 
il  signor  dott.  M.  Salvoni,  laureando  in  scienze  naturali; 
il       „  „     G.  Rota-Rossi,     id.  id.  id. 

il  signor  L.  Maffei,  id.  id.  id. 

il  signor  G.  Bianchi,  id.  id.  id. 

la  signorina  A.  Gozo,  studente  in  scienze  naturali; 
il  signor  dott.  Rusconi,     id.  id.  id. 

il  signor  Marignoni,  id.  id.  id. 

Pubblicazioui  del  personale  dell'Istituto 
durante  l'anno  1904. 

G.  Briosi.  Rassegna  crittogamica  delle  principali  malattie  delle  piante 
sviluppatesi  in  Italia  nel  P  semestre  1904.  Btdlcitino  di  notizie 
agrarie.  Roma,  1904. 

—  Idem     idem     nel    'J"    semestre    1904.    Bnlletlino   di    notizie    agrarie. 

Roma,  1904. 

— •  Sull'avvizzimento  dei  germogli  del  gelso,  suoi  rapporti  col  Fusa- 
riunì  lateritium  Nees,  e  colla  GibhereUa  moricola  (De  Net.)  Sacc. 
Seconda  nota  jaeventiva.  In  Atti  dell'  Istituto  botanico  di  Paria, 
voi.  X,   1904  (in  collaborazione  con  R.  Farneti). 

Gino  Pollacci.  Intorno  al  miglior  metodo  di  ricerca  microcliimica  del 
fosforo  nei  tessuti  vegetali,  in  voi.  X  degli  Atti  dell'Istituto  bo- 
tanico di  Pavia,  1904. 

• —  Azione  della  luce  solare  sulla  emissione  di  idrogeno  dalle  piante, 
in  voi.  X,  degli  Atti  delt Istituto  botanico  di  Pavia,  1904. 

—  Nuovo  apparecchio  per  l'analisi  dei  gas  emessi  dalle  piante,  in  vo- 

lume IX,  degli  Atti  dell' Istituto  botanico  di  Pavia,  1904. 

—  Di  un  nuovo  mezzo  di  diffusione  della  fillossera  per  opera  di  larve 

ibernanti  rinchiuse  in  galle  di  speciale  conformazione  (in  colla- 
borazione con  R.  Farneti),  in  voi.  X,  degli  Atti  dell'Istituto  bo- 
tanico di  Pavia,  1904. 
Rodolfo  Farneti.  Intorno  ad  alcune  malattie  della  vite  non  ancora  de- 
scritte ed  avvertite  in  Italia,  in  voi.  X,  Atti  dell'Istituto  botanico 
di  Paria,  1904. 

—  Il  marciume  dei  boccinoli  e  dei  fiori  delle   piante   causato  da  una 

Atti  dell'Ut.  Boi.  dell'  Università  di  Pavia  —  Serie  II  —  Voi.  X.  26 


—  336   — 

,     forma  patog-eiia  della  Botrytis  vulgaris  (Peis.j  Fr.,  in  volume  X, 
Atti  dell' Tstitiito  botanico  di  Pana,  1904. 
Rodolfo  Farneti.    SuU' avvizziniento  dei  germogli  del  gelso.   Seconda 
nota  preventiva  (ìq  collaborazione   con   G.   Briosi),   voi.  X,  Atti 
deir Istituto  iwtaiiìco  di  Pavia,  1904. 

—  Di  un  nuovo  mezzo  di  diifiisione  della  fillossera  per  opera  di  larve 

ibernanti  rinchiuse  in  galle  di  speciale  conformazione  (in  colla- 
borazione con  Gino  Pollacci),  voi.  X,  Atti  dell'Istituto  botanico  dì 
Pavia,  1904.  '  ■ 

—  Intorno  al  Bnisone  del  riso.  Nota  preliminare,  in  voi.  X,  Atti  del- 

l'Istituto  hotanico  di  Paria,   1904. 

Emilio  C.vzzani.  Osservazioni  criticlie  sopra  alcune  ricerche  microchi- 
miche dell'esculine,  in  voi.  X,  Atti  dell'Istituto  l>otauico  di  Paria, 
1904. 

M.iLusio  TuRCONi.  Un  nuovo  fungo  parassita  della  Cliaquirillu,  in  Atti  del- 
l'Istituto botanico  di  Pavia,  voi.   X,   1904. 

HiKOTARO  NojiuRA.  Sopra  i  germi  patogeni  nella  flaccidezza  del  baco  da 
seta,  in  archivio  di  Farmacologia.  Roma,   1904. 

L.  Bdscalioni  e  G.  B.  Traverso.  L'evoluzione  morfologica  del  fiore  in 
rapporta  colla  evoluzione  cromatica  del  perianzio,  in  Atti  dell' I- 
sf liuto  botanico  di  Paria,  voi.  X,   1904. 

Luigi  Montemartini.  Sull'origine  degli  ascidii  anormali  nelle  foglie  di 
Sa.rifraya  crassi/olia  L.,  in  voi.  X,  Atti  dell'  Istituto  botanico  di 
Paria,  1904. 

—  Note  di  fisiopatologia  vegetale,  in  Atti  dell'Istituto  botanico  di  l'a- 

ria, voi.  IX,  1904. 

—  Sulla  relazione  tra  lo  sviluppo  della  lamina  fogliare  e  quello  dello 

xilema  delle  ti'accie  e  nervature  corrispondenti,  in  Atti  deiristit. 
botanico  di  Pavia,  voi.  X,  1904. 

—  Guido  Rota-Rossi.  Alcune  considerazioni  sulTontogenia  delle    cor- 

mofite vascolari,  in  Atti  dell'  Istituto  botanico  di  Paria,  voi.  X, 
1904. 


337   — 


Rassegna  crittogamica  per  il  primo  semestre  1905  —  Eela- 
zione  a  S.  E.  il  ministro  d'Agricoltura,  Industria  e  Commercio  del 
prof.  Giovanni  Briosi,  direttore  del  Laboratorio  Crittogamico  di  Pavia. 

La  malattia  della  vite  che  in  questo  semestre  si  è  mostrata  più 
diffusa  e  dannosa  è  stata  la  Peronosporn  dei  grappoli,  volgarmente  nota 
col  nome  di  Ncgrone.  Non  solo  furono  numerosissimi  i  campioni  inviati 
per  esame,  ma  il  personale  del  Laboratorio,  nelle  sue  ispezioni,  lia 
trovato  che  in  diverse  vigne  quasi  la  metà  del  raccolto  era  distrutta. 

Le  canse  di  tale  straordinaria  invasione  della  peronospora  nei 
grappoli  vanno  ricercate  innanzi  tutto  nella  stagione  umida  e  calda  ad 
un  tempo  della  primavera  scorsa,  poi  nelle  pioggie  frequenti,  le  quali 
lavavano  via  il  rimedio  non  appena  somministrato.  Alcuni  viticoltori, 
invero,  sono  riusciti  a  difendere  interamente  le  viti,  ma  con  fortissima 
spesa,  avendo  dovuto  ripetere  i  trattamenti  cuprici  persino  7  od  8  volte. 

La  malattia  della  vite  nota  col  nome  di  Mal  Nero  si  è  mostrata 
anch'essa  in  forte  misura  e  non  poche  sono  le  vigne  della  nostra  re- 
gione danneggiate. 

Pur  troppo,  sulla  eziologia  di  tale  malanno  poco  ancora  si  conosce 
di  sicuro. 

Un  altro  nemico  della  vite,  VApate,  ha  destato,  nella  primavera 
scorsa,  molta  apprensione.  UApate  della  vite  (Sìiio.rj/lonmuricatHmF-àhv.) 
è  un  insetto  noto  da  oltre  un  secolo;  esso  vive,  fortunatamente,  per  lo 
più  sui  sarmenti  recisi  e  secchi;  solo  raramente  attacca  i  tralci  vivi, 
onde  fu  più  l'allarme  che  il  danno  realmente  arrecato.  In  ogni  modo, 
noi  consigliammo  sempre  di  tagliare,  sin  dal  primo  apparire,  i  rami 
attaccati  e  bruciarli,  affine  di  limitare  la  diffusione^  di  tale  coleottero. 

Per  i  cereali  è  cosa  confortante  il  constatare  come,  nella  nostra 
regione  almeno,  essi  in  quest'anno  siano  rimasti  pressoché  immuni  dalla 
ruggine;  fatto  dovuto  da  una  parte  allo  estendersi  sempre  più  delle 
cure  profilattiche,  dall'altra  a  razionale  selezione  delle  sementi. 

In  molti  luoghi  si  è  con  qualche  intensità  manifestato  il  cosi  detto 
Carbone  nel  frumento,  che,  come  si  sa,  è  dovuto  aWUdilago  segetum 
Dittm.  Noi  raccomandammo  per  l'avvenire  di  non  dimenticare  di  im- 
mergere la  semente  per  12  ore  in  una  soluzione  d'acqua  e  d'acido  sol- 
forico (500  gr.  di  acido  per  100  litri  d'acqua),  poi  rilavare  bene  con 
acqua  pura  il  seme  perchè  non  perda  la  facoltà  germinativa;  inoltre,  di 
non  portare  nei  campi  la  lettiera  proveniente  da  campi  infetti  ed  anche 
il  colaticcio  delle  stalle  ove  di  tale  paglia  siasi  fatto  uso. 


—   338   — 

In  alcune  parti  della  iiosti'a  regione  si  è  avuto  altresì  qualche 
campo  (li  frumento  fortemente  danneggiato  dalla  Sepforia  graiìiinìim  Desm., 
ma  furono  casi  isolati. 

Fra  le  malattie  dannose  alle  piante  industriali  va  ricordata  la 
Diaspis  lìcnlagoìta  Targ.,  la  quale,  come  è  noto,  attacca  molte  piante  e 
fortemente  i  gelsi.  Il  suo  ditfondersi  in  questi  ultimi  anni  fu  da  noi 
rapidissimo,  e  multi  agricoltori  della  imsti'a  regione  ne  erano  e  ne  sono 
grandemente  preoccupati. 

Un  nemico  potente,  per  alti'o,  ha  anche  fra  noi  trovato  la  Diaspis 
nel  Chilochorns  renipiistnliihis,  il  quale,  come  ho  avvertito  nella  Eassegna 
del  1°  semestre  dell'anno  scorso,  pui'e  largamente  si  diffonde 

Ho  espresso  la  s[)eranza  che  tale  coleottero  dovesse  riuscire  utilissimo 
nella  hjtta  contro  la  Diaspis  e  difatti  la  previsione  non  sembra  errata, 
poiché  oggi,  a  detta  di  molti  agricoltori,  la  Diaspis  pare  siasi  in  diversi 
luoghi  arrestata,  per  la  caccia  incessante  che  le  dà  il  Cliilochorus;  fatto 
da  noi  pure  accertato  nelle  nostre  ispezioni  sulle  piante  che  teniamo  in 
osservazione  in  diverse  parti  della  provincia.  Bisogneiebbe  studiarne 
bene  la  biologia  e  cercare  di  moltiplicarlo  e  diffonderlo. 

Elenco  riassuntivo 
(legali  osami  fatti  delle  malattie  della  vite. 

Peronospora  [Plasmopara  viticola  (Berle,  et  Curt.)  Berlese  et  De 
Toni]  sopra  foglie  e  gi-ap[ioli  inviatici  dal  signor  conte  Ercole 
Bolognini  da  Monteleone  (Sant'Angelo);  dal  Direttore  della 
Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Urliino';  dal  prof.  Dante 
Gibertini,  direttoi'e  della  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di 
Forlì;  dal  prof.  Moretti,  direttore  del  Consorzio  antitillosserico 
di  Brescia;  dal  prof.  P.  Frizzati,  direttore  della  Cattedra  am- 
bulante d'agricoltura  di  Rimini;  dal  signor  E.  Gerardo  di  Vo- 
ghera; dal  Comizio  agrario  di  Savona;  dal  signor  Mazza  di 
Stradella;  dal  prof.  L.  Brugnatelli  da  Zinasco;  poi  da  C'asteggio, 
Broni,  Stradella,  Groppello,  ecc  ,  ecc.  Esami N.  100 

Antr-ììcnosi  [GIoeosporimH  ampeìopliagum  (Pass.)  Sacc],  sopra  cam- 
pioni mandatici  dalla  Direzione  della  Cattedra  ambulante  d'a- 
gricoltura di  Piedimoute  d'Alife,  e  da  Loauo,  da  Miradolo,  da 
Groppello  Cairoli,  ecc.,  ecc «     20 

Mal  Nero.  Rami  e  radici  attaccate  da  questo  morbo  ci  furono  spe- 
diti dalla  Direzione  della  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di 
Guastalla,  dal  signor  conte  Ercole  Bolognini  e  G.  Borromeo 
dalle  colline  di  S.  Colombano,  dal  prof.  Soresi,  direttore  della 
Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Lodi,  da  Casteggio,  ecc.  „     25 


—  339   — 

TiGNuoLA    [CoclujUs    cimbiguella    Hlibii.],    in   grappoli   mandati    dal 

prof.  D.  Gibei'tini  della  Cattedra  di  Forlì N.       3 

Apate  dklla  vite  [>^ìnoxìjlo>i  niuricatum  Fab.],  sopra  tralci  in- 
viati dal  signor  Ernesto  vSalvini  da  Canneto  Pavese,  dal  conte 
E.  Bolognini  dalla  Favorita  (Sant'Angelo),  da  Broni,  Casteggio, 
Stradella,  eec ,  eco «     20 

Secchereccio.  Rami  e  foglie  di  vite  danneggiati  da  cause  che  ri- 
masero ignote  ci  furono  inviati  dalla  Direzione  della  Cattedra 
ambulante  di  Lucca,  e  da  quella  di  Lecce ,,10 

Totale  esami     .     .     N.  178 

Elenco  riassuntivo 
degli  esami  fatti  di  malattie  del  cereali. 

Carbone  (t/sWr/f/o  Sp.),  erasi  fortemente  diffuso  in  alcuni  campi  dei 
territori  di  Torrebianca,  della  Favorita,  della  Bellaria,  di  Ge- 
renzago,  Inverno,  Copiano,  Trovamala,  Casatisma,  ecc.  Esami  N.     30 

Pcntatcra  del  frumento,  causata  da  forma  parassitaria  del  Cla- 
dosporium  lierbaruìii  (Pers.)  Link,  in  cariossidi  di  frumento  in- 
viatici dal  prof.  A.  Patrioli  della  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura di  Novara „        3 

Septoria  gramindji  Desm.,  sopra  piantine  mandateci  dalla  Direzione 
della  Cooperativa  agraria  di  Mondovi,  dal  signor  Livraga  di 
Campomaggiore,  ed  in  campi  presso  Pavia ,,10 


Totale  esami     .     .     N.     43 

Elenco  riassuntivo 
degli  esami  fatti  delle  malattie  delle  i)iante  da  frutto. 

Trichoseptoria  Alpei  Cav.,  sopra  ])iante  di  limone  inviate  dal 
prof.  Frizzati,  direttore  della  Cattedra  ambulante  d'agricoltura 
di  Riinini.  Esami N.       2 

Septoria   piricola   Desm.,  sopra   foglie  di   pero  inviate  da  Casale 

Monferrato  dal  prof,  ilarescalclii „       4 

MoNiLiA  cinerea  Bou..  sopi'a  ciliegie  inviate  da  Casale  dal  pro- 
fessore Marescalchi „       1 

MoNiLiA  FRCCTiGENA  Pers.,  sopra  frutti  di  pero  inviatici  dalla  Cat- 
tedra ambulante  d'agricoltura  di  Piedimonte  d'Alife     .     .     .     „       3 

Fdsicladidm  dentriticum  (Wallr.)  Fckl.,  sopra  frutti  di  melo  inviatici 

dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Piedimonte  d'Alife    ,,       3 


—  340  — 

Maesonia  Joglasdis  Sacc,  sopra  rami  di  noce  mandati  pure  dalla 

Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Piedimoute  d'Alife      .  N.       2 

Cladosporium  carpophyluji  Tliiiin.,  sopra  frutti  di  iiesco  mandatici 
dal  prof.  Frizzati,  direttore  della  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura di  Rimini „       3 

Gommosi.  Rami  e  foglie  di  limoni  inviati  da  Brescia  dal  profes- 
sore Bianchi,  direttore  di  quella  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura. Tale  malattia  ha  fortemente  attaccato  un  bellissimo 
limoneto  dei  signori  Feltrinelli  a  Gargnano  (lago  di  Garda). 
Rami  di  pesco  dal  Consorzio  agrario  di  Genova;  rami  di  peio, 
albicocco,  melo,  cotogno,  dal  conte  Ercole  Bolognini,  dalla  Fa- 
vorita (Sant'Angebi) ,,      16 

Aphis  Cerasi  Fb.,  sopra  foglie  di  Pnituis  Ccrasiis  L.,  mandati  in 
esame  dal  signor  maggiore  Racliele  di  Pavia,  e  dal  signor 
Paolo  Beolchini  pure  di  Pavia ,,       5 

Aphis  Ribis  L.,  sopra  foglie  di  L'iòes  riibruiii  L.,  da  Scaldasole  (Lo- 

mellina) „       2 

ScHizoNEURA  LANIGERA  Hausm.,  sopra  rami    di   melo    inviatici   dal- 

l'ing.  Umberto  Giovanardi  da  Bissone  Pavese,  da  Pavia,  ecc.     „     10 

Epitpjmerus  piri  Nal ,  sopra  germogli  di  l'/rus  coìiiiiiuiiis  L.,  invia- 
tici dalla  Direzione  della  Scuola  pratica  d'agricoltuia  di  Cesena.  „       3 

Adesmia  cARPiDtcA.  Bizzarrie  in  fratti  di  cedro  mandati  dal  signor 
prof.  Ernesto  Bassi,  direttore  della  Cattedra  d'agricoltura  di 
San  Vito  al  Tagliamento „        1 

^Malattie  indeterminate,  sopra  frutti  di  Castanca  vesca  Gaertn,  man- 
dati dal  signor  dott.  E.  Cazzani  da  Guastalla,  sopra  rami  di 
mandorlo  dal  prof.  Frizzati  da  Rimini,  sopra  rami  di  albicocco 
inviati  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Rovigo,  sopra 
rami  di  pero  mandati  dal  Consorzio  agrario  di  Genova,  ecc.     „     18 

Totale  esami     .     .     N.     73 

Elenco  riassuntivo 
degli  esami  delle  malattie  dì  piante  da  orto. 

Peronospora  Viciae  (Rerk.)  De  Bary.  sopra  piantine  di  piselli  in- 
viate dal  prof.  Pinoliui,  direttore  della  Cattedra  d'agricoltura 
di  Macerata.  Esami N.       3 

CoLLETOTRicHDM  LiNDEMUTHiANUM  (Sacc.  et  Maguus)   Briosi  et  Ca- 

vara,  su  foglie  di  Phaseolus  mdgaris  L.,  in  orti  di  Pavia  .     „       6 

Ramularia  Tolasnei  Sacc,  sopra  foglie   di   fragole    mandateci  dal 


—  341   — 

prof.  Marchese,  direttore  del  Corriere  del   Villagcjio  di  Milano, 

e  da  Pavia N.       3 

BoTRYTis  vuLGARis  Fr.,  sopra  frutti  di  fragole  inviatici  dal  profes- 
sore Marchese  di  Mihiuo »       2 

Malattie  indeterjiikate,  sopra  piantine  di  cocomero  inviate  dalla 
Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Piedimonte  d'Alife  e  sopra 
piantine  di  pomidoro  mandate  dalla  Cattedra  d'agricoltura  di 

Macerata  ecc ?>     10 

Totale  esami .     .     .  N.     24 

Elenco  ri.issuutivo 
degli  esami  delle  malattie  di  piante  da  foraggio. 

Peronospora  Trifoliorum  De  By.,  sopra  erba  medica  mandata  per 
esame  dalla  Direzione  del  Consorzio  agrario  cooperativo  di 
Mantova,  e  da  Inverno,  Monteleone,  ecc.  Esarai  ....  N.     15 

Elenco  rlassnntivo 
degli  esami  delle  malattie  di  piante  ornamentali. 

Septoria  Oleandrina    Sacc,    sopra   foglie    di   Nerinm  Oleander  L., 

dalla  Favorita  (Pavia),  da  Trieste,  Riva  di  Trento,  ecc.  Esami  N.       8 

Cercospora  Resedae  Fuck.,  sopra  foglie  di  Reseda  nell'  Orto  bota- 
nico di  Pavia «       1 

Phoma   Elaeagni  Sacc,    su    foglie   languenti   di  Eìaeagnm    reftexa 

E.  Morr.  et  Decne,  in  piante  dei  giardini  pubblici  di  Milano   „       3 

Phyllosticta  Magnoliae   Sacc,   su   foglie    di  Magnolia  grandiflora 

L.,  dal  signor  Maffei  di  Pavia „       3 

Phyllosticta  tinea  Sacc,  sopra  foglie  di  Viburnum  Tinus  L.,  nel- 
l'Orto botanico  di  Pavia „       2 

Gloeosporidm    tikeum   Sacc,   sopra  foglie  di    Viburnum   Tinus    L., 

Orto  botanico  di  Pavia „       2 

Hendersonia  Tini  Eli.    et  Langl.,  su  foglie   di  Viburnum    Tinus  L.. 

Orto  botanico  di  Pavia „       2 

Pyllosticta  Nerii  West.,  su  foglie  di  Neriiim  Oleander  L.,  dal 
signor  Maffei  di  Pavia,  dal  conte  Bolognini  della  Favorita,  da 
Stradella,  ecc v,     ^^ 

Gloeosporidji  nobile  Sacc,  su  foglie  di  Laurus  nobilis  L.,   da  Riva 

di  Trento  e  dal  Varrone  (Trentino) ,       5 

Totale  esami  ...  N.     41 


60 


—    342   — 

Elenco  riassuntivo 
degli  esami  delle  malattie  delle  piante  industriali  e  forestali. 

DiASPis  PEXTAGOXA  Tnvg.,  sopiva  piante  eli  gelso  a  San  Genesio, 
Ponte  Carata,  Campo  Morto,  Gerenzago,  Copiano,  Monteleone, 
Inverno,  Belgioioso,  Santa  Cristina,  Pontalbera,  Cava  Carbo- 
nara, CasatismM,  Albarello  Arnaboldi,  ecc.  Esami.     .     .     .  N. 

Avvizzimento  dei  germogli  del  gelso  [Fiisariuin  lateritium  Nees.]. 
Numerosi  rami  con  tale  malattia  ci  furono  mandati  dalla  Di- 
rezione della  Cattedra  ambulante  di  agricoltura  di  Rimini,  dal 
signor  Vacchelli  di  Cremona,  e  poi  da  Casteggio,  Casatisma, 
Campo  Spinoso,  Torrebianca,  Copiano,  Pontalbera,  Monteleone, 
Albaredo  Arnaboldi,  ecc „     40 

Mal  del  Falchetto  [Armillaria  mcìlea  Walil.],  sopra  radici  di  gelso 
mandate  dal  i)rof.  Frizzati,  direttore  della  Cattedra  d'agricol- 
tura di  Eimiiii '       1 

Septogloeum  Mori  (Lèv.)  Briosi  et  Cavara,   sopra  foglie   di   gelso, 

ad  Inverno,  alla  villa  Favorita,  a  Copiano,  Casteggio,  ecc.     „     10 

Erinosi  del  Tiglio  (Phìjtopfìis  Tiliae),  sopra  foglie  di  tiglio  man- 
date dai  fratelli  Ferrarlo,  iloricultori  di  Milano    .     .     .     .     „       2 

Lecanium  Persicae  Fai).,  sopra  rametti  di  gelso  mandati  dalla  Di- 
rezione della  R.  Scuola  d'agricoltura  in  Cesena    .     .     .     .     „       1 

Malattie  incerte,  sopra  piantine  di  canapa  inviateci  dalla  Cattedra 

d'agricoltura  di  Piedinionte  d'Alife „       *> 

Totale  esami .     .     .  N.  120 

Elenco  riassuntivo 
degli  esami  delle  malattie  di  piante  diverse. 

Uromyces  Dactylidis  Ottli.,  sopra  piantine  di  Ranuncìiliis  Ficaria  L., 

nel  giardino  botanico  di  Pavia.  Esami N.       1 

Entyloma  Ranunculi  (Bon.)   Scliiot.,   sopra  lìaininciiliis  Ficaria  L., 

nell'Orto  botanico  di  Pavia „       ' 

Totale  esami.     .     .  N.       2 


INFORMAZIONI  E  RICERCHE  VARIE. 

Analisi  microscopiche  di  polvere  di  rabarbaro  richieste  dal  signor  Na- 
gari,  chimico  farmacista  di  Vigevano,  e  di  polvere  di  catte  dal 
gabinetto  di  chimica  farmaceutica  di  Pavia. 


—   343   — 

Determinazione  di  faneiogame  maiulateci  da  Milano  {Corriere  del  Vil- 
laggio), da  Spezia  (signor  I.  Magni),  da  Piedimonte  d'Alife  (Cat- 
tedia  ambulante  d'agricoltura),  da  Novara  (Cattedra  d'agricoltura), 
da  Pavia  (signor  dott.  Rusconi),  da  San  Colombano  (signor  ing.  Cat- 
taneo), ecc. 


Frequentarono  nel  semestre  il  nostro  Laboratorio  : 

1."  il  signor  prof.  Hikotaro  Noniura  della  Stazione  imperiale  di 
sericoltura  di  Tokio  (Giappone); 

2."  il  signor  prof.  dott.  Costantino  Gorini  della  Scuola  di  agri- 
coltura di  Milano; 

3.»  il  dott.  Luigi  Montemartini,  deputato  al  Parlamento  e  docente 
di  botanica  all'Università  di  Pavia; 

4."  il  signor  dott.  Gino  PoUacci,  conservatore  dell'Istituto  bota- 
nico e  libero  docente  di  botanica  all'Università  di  Pavia  ; 

5."  il  signor  dott.  L.  Pavarino,  professore  alla  Scuola  normale  di 
Pavia  ed  assistente  volontario  dell'Istituto  botanico; 

6.°  il  signor  dott.  E.  Cazzani,  ora  professore  alla  Scuola  agraria 
di  Guastalla; 

7.°  il  signor  dott.  G.  B.  Traverso,  assistente  all'Istituto  botanico 
di  Padova; 

8.°  il  signor  dott.  Carbone,  studente  in  chimica; 

9.°  il  signor  dott.  Rota-Kossi,  assistente  all'Istituto  botanico; 
10.°  il  signor  dott.  Salvoni,  laureando  in  Scienze  naturali; 
11.°  il  signor  L.  Maffei,  id.  id. 

12."  il  signor  G.  Bianchi,  id.  id. 


—   344 


Rassegna  crittogamica  del  secondo  semestre  1905  —  Rela- 
zione a  S.  E.  il  ministro  d'Agricoltura,  Indu^^tria  e  Commercio  del 
professore  Giovanni  Briosi,  direttore  del  Laboratorio  crittogamico 
di  Pavia. 

Come  nel  1°  semestre,  anche  ili  questo  secondo  periodo  dell'anno 
la  Peroììospora  è  stata  la  malattia  crittogamica  della  vite  che  maggior- 
mente ha  prodotto  danni  nella  nostra  zona  viticola  ed  in  altre,  nono- 
stante che  i  viticultori  abbiano  ripetati  varie  volte  i  trattamenti  cuprici, 
che  non  poterono  sempre  essere  suificienteraente  efficaci  a  causa  delle 
frequenti  pioggie. 

Tu'aìitracnosì  deWiì,  vite,  come  si  rileva  dagli  elenchi  che  seguono, 
lia  invece  preso  uno  sviluppo  meno  inquietante  dell'anno  scorso  \  forse 
In  grazia  delle  cure  dei  proprietari,  i  quali,  dopo  l'esempio  dell'annata 
precedente,  e  molti  per  nostro  consiglio,  usarono  il  rimedio  proposto 
da  Skawinski  che,  come  è  noto,  consiste  nel  potare  abbondantemente 
e  poi  pennellare  i  tralci  delle  viti,  che  l'anno  prima  erano  infette,  con 
una  soluzione  fatta  con  100  litri  d'acqua  calda,  kg.  50  di  solfato  di 
ferro  ed  un  litro  di  acido  solforico  a  53"  Baumé. 

La  fillossera  nelle  colline  di  San  Colombano  ha  cominciato  a  di- 
struggere alcuni  vigneti  ed  ha  trovato  i  proprietari  generalmente  im- 
preparati alla  lotta,  benché  questa  Stazione  sino  dal  1902  -,  dopo  avere 
scoperto  vari  focolari  di  infezione,  abbia  avvertito  ripetutamente  i  vi- 
ticultori di  quella  regione  del  pericolo  che  li  minacciava. 

Per  i  cereali,  mentre  è  confortante  il  constatare  che,  grazie  alle 
cure  profilattiche  ed  alla  razionale  selezione  delle  sementi,  la  massima 
parte  di  essi  sono  rimasti  pressoché  immuni,  pur  tuttavia  rimane  sempre 
da  risolvere  il  grave  problema  del  ònisone  del  i/so\  malanno  che  ha 
prodotto  anche  in  quest'anno  danni  in  alcune  plaghe  risicole  della 
nostra  regione. 

La  Diasp/s  pentagona  Tar.,  invece,  continua  in  molti  luoghi  a  di- 
minuire, tantoché  parecchi  agricoltori  si  sono  rinfrancati  ed  hanno  ri- 
presa qualche  fiducia  che  tale  dannosissimo  insetto,  fra  non  molto,  non 
abbia  più  a  preoccupare.  Non  va  peraltro  taciuto  che  se  generalmente 


'  Per  il  ))i-inio  semestre  vedi  Bolldiino  uffeiah-  drl  Mi/iis/i ro  <!' Anricolturd, 
lìiduatria  e  ('oiiuii.,  anno  IV,  voi.  V,  pag.  455. 

■  Vedi  Rassegna  crittoijamiea  del  1°  semestre  U)04,  nel  BoìIrtU'/io,  anno  III, 
voi.  IV,  pag.  281. 


—  345  — 

liei  vecchi  focolai  sembra  diminuire,  in  alcune  località,  ove  prima  non 
si  aveva,  ora  è  comparsa,  sicché  non  si  deve  abbandonare  la  lotta  contro 
di  essa. 

La  malattia  da  noi  designata  fino  dal  1892  col  nome  di  avvizzimento 
dei  germogli  del  gelso  [Fusarium  lateritiiim  Nees.)  ^  continua  a  danneg- 
giare fortemente  la  coltura  di  questa  pianta,  minacciandone  talvolta 
anche  la  vita;  perchè  i  gelsi,  ripetutamente  colpiti,  intristiscono  e  qualche 
volta  muoiono.  Sopra  tale  male  si  stanno  ultimando  delle  ricerche  in 
corso,  riguardanti  tanto  il  ciclo  di  sviluppo  del  parassita,  quanto  i  ri- 
medi atti  a  combatterlo,  ed  i  risultati  speriamo  abbiano  a  facilitare  la 
lotta  contro  di  esso. 

Per  facilitare  il  riconoscimento  e  lo  studio  delle  malattie  del  gelso, 
die  è  tanta  parte  dell'agricoltura  del  nostro  paese,  e  per  assecondare 
anche  il  desiderio  espresso  da  alcuni  agricoltori,  riassumo  in  questa 
rassegna  i  caratteri  delle  principali  malattie  del  gelso  ed  i  rimedi  che 
si  conoscono  per  combatterle. 

Mnlnttie  del  gelso. 

Fersa  del  gelso  {seccume,  ruggine,  macchie  delle  foglie,  scottature,  ecc.). 
Tale  malattia,  che  si  manifesta  in  primavera  sulle  giovani  foglie  con 
macchie  ocracee,  a  margine  piìi  scuro,  di  forma  vaiia,  orbicolari,  oblnn- 
glie,  poligonali,  è  dovuta  ad  un  micromicete  parassita  dell'ordine  dei 
Melanconici,  il  Septoyloeum  Mori  (Lèv.)  Briosi  et  Cavara,  del  quale  sono 
.sinonimi:  Sepforia  Mori  Lèv.,  Phleospora  Mori  (Lèv.)  Sacc,  Cheilaria  Mori 
Desm.,  Fiìsisporiiim  Mori  Mont. 

Ben  presto  nelle  macchie  sopradescritte  e  su  ambo  le  pagine  fo- 
gliari, 0  con  maggior  frequenza  sulla  superiore,  appaiono  gli  acervoli 
fruttiferi  del  parassita.  Questo  vegeta  e  si  riproduce  durante  tutto  il 
periodo  della  vegetazione  fogliare,  l'umidità  favorisce  singolarmente  la 
produzione  e  l'estensione  della  malattia,  che  è  più  intensa  durante  le 
annate  piovose,  più  comune  nei  luoghi  bassi  ed  umidi.  Il  propagarsi 
dell'infezione  è  spesso  allatto  irregolare;  presso  alberi  fortemente  at- 
taccati, se  ne  notano  talora  altri  immuni,  inoltre  sono  attaccati  tanto 
i  gelsi  deboli  e  già  sofferenti  per  altre  cause,  quanto  quelli  affatto  sani 
«  vigorosi. 

Il  modo,  secondo  cui  il  parassita  si  trasmette  da  un  anno  all'altro, 
non  è  ancora  ben  accertato.  La  forma  ibernante  non  è  cioè  conosciuta 


'  Vedi  Easse'jna  cyittoijdinica  del  1°  semestre  1902,  nel  Bolìi-ftino,  anno   T, 
Tol.  Ili,  pag.  1513'. 


—   346   — 

con  certezza,  ancorché  si  ammetta  come  prohabile  che  essa  sia  la 
Sphaerella  Mori  FucIì:.,  una  sferiacea  che  si  forma  nell'inverno  sulle 
foglie  del  gelso  cadute. 

I  danni  prodotti  sono  talvolta  di  poca  entità  e  si  riducono  alla 
perdita  di  una  piccola  quantità  di  foglie,  ma  tal'altra  l'infezione  è  cosi 
intensa  che  i  danni  sono  più  che  sensibili,  perchè  gran  parte  delle 
foglie  sono  attaccate;  alloia  il  prodotto  va  quasi  interamente  perduto, 
anche  la  [danta  tutta  ne  soffre,  avendone  fortemente  disturbate  le  fun- 
zioni vitali. 

La  raccolta  completa  e  la  distruzione  delle  foglie  ammalate  non 
sarebbe  forse  un  mezzo  efficace  per  arrestare  la  propagazione  del  pa- 
rassita, poiché  si  tratta  di  una  forma  conidica,  le  cui  spore  numero- 
sissime si  staccano  e  si  disseminano  facilmente,  tanto  è  vero  che  la 
sfogliazione,  che  si  opera  per  avere  la  foglia  pei  bachi,  non  sembra 
nemmeno  limitare  il  male,  clie  riappare  immediatamente  sulla  nuova 
vegetazione. 

I  sali  cuprici  spiegano  un'azione  energica  contro  l'attività  vitale 
dei  conidi  del  Septoglocnm,  ma  la  foglia  del  gelso  trattata  con  composti 
cupiici  riesce  micidiale  ai  bachi  da  seta  che  se  ne  cibano. 

Perciò  sono  solo  possibili  e  consigliabili  le  irrorazioni  con  poltiglia 
bordolese  alle  foglie  di  seconda  vegetazione,  durante  l'estate  e  l'au- 
tunno, sempre  nel  concetto  che,  limitando  quanto  piìi  é  possibile  l'in- 
fezione autunnale,  si  riesca  a  limitare  (ciò  che  peraltro  non  è  provato) 
l'infezione  della  successiva  iirimavera.  Sopra  tale  argomento  del  resto 
noi  toi-neremo  in  una  prossima  pubblicazione. 

Baiiteriosi.  è  una  malattia  dei  getti  e  delle  foglie  causata  dal 
Bacteriiim   Mori  Boyer  et  Lambert. 

Nelle  foglie  essa  si  manifesta  dapprima  con  piccole  macchie  irre- 
golari, che  si  differenziano  da  quelle  della  fersa  anzitutto  ])er  man- 
canza di  quell'orlatura  rosso-brunastra  caratteristica  di  quest'ultima. 
In  seguito  le  macchie  perforansi  per  il  disseccamento  e  quindi  il  di- 
stacco dei  tessuti  attaccati. 

I  getti  ammalati  appaiono  ricoperti  di  piccole  ulceri  di  color  bruno, 
ulcerazijiie  che  più  tardi  penetra  e  corrode  tutti  i  tessuti,  e  che  può 
produrre  l'arresto  di  sviluppo,  l'incurvatura  o  l'avvizzimento  completo 
dei  getti  stessi.  Nessun  mezzo  cuj'ativo  é  noto;  come  difesa  preventiva 
consigliasi  di  asportare  ed  abbruciare,  al  tempo  della  potatura  prima- 
verile, la  massima  parte  dei  germogli  colpiti. 

AvvizziMEMi)  DEI  GERMOGLI.  E  uua  malattia,  che  si  manifesta  nei 
giovani  germogli,  non  appena  hanno  raggiunto  pociii  centimetri  di  lun- 
ghezza e  che  li  uccide,  onde  l'albero    assume   un    aspetto   iusolilo,  con 


—   347    — 

alcuni  rami  rivestiti  regolarmente  fli  fronde,  ed  altii  con  solo  pochi 
getti  irregolarmente  distribuiti.  Esaminando  un  ramo  attaccato,  esso 
sembra  a  prima  vista  sano  e  ben  sviluppato,  ma  un  esame  pili  attento 
rileva  attorno  alle  gemme  delle  arcule  più  o  meno  lunghe  ed  ellittiche, 
ove  la  corteccia  è  depressa  e  necrotizzata,  e  di  un  color  bruno,  vio- 
laceo, livido.  ' 

Queste  areole,  che  hanno  sempre  per  centro  una  gemma,  si  allun- 
gano nel  senso  della  lunghezza  del  ramo,  cosi  da  interessare  ed  inva- 
dere due  0  pili  internodi;  talvolta  invece  rimangono  coite  e  si  all;-i- 
gano  maggiormente  nel  senso  trasversale,  riuscendo  a  girare  tutto  il 
ramo;  nel  primo  caso  soffre,  ma  seguita  a  vivere,  nel  secondo  l'intera 
parte  soprastante  all'areola  muore. 

Sulla  superficie  di  tali  areole,  prima  o  poi,  fanno  capolino  ed  erom- 
pono gli  acervoletti  di  color  mattone  del  Fusarium  lateritiiim  Nees,  che 
come  abbiamo  dimostrato  ^  è  uno  stadio  di  sviUippo  del  pirenoniicete 
GibbereUa  tnoricola  (De  Not.)  Sacc. 

Di  tale  malattia  ancora  oggetto  di  studio  da  parte  nostra,  riman- 
diamo a  lavoro  compiuto  l'indicazione  dei  possibili  rimedi. 

LiNGU.'i  DEL  GELSO.  E  data  da  un  fungo  parassita,  il  Polyporus 
liispidiis  Bull.,  il  quale  alligna  pure  sopra  altre  piante,  come  la  queicia. 
il  faggio,  il  frassino,  il  noce,  il  melo.  ecc. 

Sul  gelso  sono  in  generale  le  piaghe  prodotte  dai  tagli  e  dalle 
])otature  che  gli  servono  d'ingresso,  ed  ancora  quelle  fessure  longitu- 
dinali più  0  meno  estese,  che  si  osservano  sul  tronco  e  che  fungono 
(la  canali  di  scolo  di  vari  succhi  della  pianta  stessa,  i  quali  disseccando 
imbruniscono  all'aria  e  costituiscono  nn  mezzo  assai  favorevole  alla  ger- 
minazione delle  spore. 

È  la  parte  centrale  dei  rami  o  del  tronco  che  è  attaccata  dal  fungo. 
Sotto  l'iiiflnenza  del  micelio  parassita,  essa  piende  dapprima  una  colo- 
razione bruna,  poi  tutti  gli  elementi  legnosi  sono  corrosi,  ed  il  legno 
diviene  molle,  leggiero,  spugnoso.  L'alterazione  si  propaga  guadagnando 
gli  strati  più  esterni  ed  invadendo  a  poco  a  poco  il  legno  più  giovane, 
che  si  trova  sempre  separato  dalla  parte  centrale,  assai  più  alterata, 
da  una  zona  sottile  di  un  bruno  carico. 

I  corpi  fruttiferi  del  Pohjponis  hispidus  appaiono  l'autunno  nei 
plinti  dove  l'alterazione  ha  raggiunta  la  scorza  e  possono  raggiungere 


'  Briosi  e  Farneti:  Inforno  aìl'arrizzimeiìfo  dei  ficrmogli  dei  'lelsi.  —  Nola 
preliminare,  in  Atti  dell'Istituto  Botanico  di  Paria,  \o].  VII,  1901  e  voi.  X,  1904. 

^  G.  Briosi  e  Fakneti:  Sulì'arrizziniento  dei  r/ermo'/Ii  del  gelso.  Suoi  rap- 
porti eoi  Fusarium  laterilium  Nees  e  colla  GibbereUa  moricolu  (De  Not.)  Sacc.  — 
jÌL'Conda  nota  preliminare,  in  Aiti  Ist.  Bui.,  Serie  II,  voi.  X. 


—   348  — 

ur.a  lunghezza  di  15  ceiitimetii  e  più.  Sono  sessili,  più  o  meno  arro- 
tondati, in  forma  di  unghia  di  cavallo  o  di  mensola,  colla  faccia  supe- 
riore molto  convessa,  ispida  e  di  un  color  rosso  ferruginoso. 

Giovani,  sono  molli,  spugnosi,  a  superficie  gialla  o  marrone  chiaro, 
hanno  carne  fibrosa,  umida,  giallo-pallida  e  di  sapore  acido.  Sulla  faccia 
inferiore  sta  lo  strato  imenoforo,  coi  tubi  a  pori  giallo-chiari. 

Invecchiando  il  cappello  si  dissecca,  divien  fragile  e  prende  un 
color  bruno  uniforme. 

Questo  cappello  morto  e  disseccato  può  persistere  più  di  un  anno 
sull'albero. 

E  nell'autunno,  quando  il  fungo  è  maturo,  che  l'infezione  suolsi 
propagare.  Le  spore  mature  trasportate  dal  vento  o  per  altro  mezzo, 
cadendo  sopra  una  piaga  umida  vi  germinano  i-a[)iilamente  ed  il  loro 
micelio  si  interna  sino  al  legno  più  vecchio;  da  quel  momento  la  ma- 
lattia vi  si  stabilisce.  Il  ramo  cosi  attaccato  dopo  qualche  tempo  dis- 
secca e  più  tardi  cariasi  totalmente. 

Quando  l'infezione  ha  luogo  nel  tronco,  l'albero  quasi  sempre  pe- 
risce, emettendo  talvolta  al  piede  qualche  magro  getto  di  vegetazione 
effimera. 

Contro  tale  parassita  la  prima  cura  ad  aversi  è  quella  di  impedire, 
per  quanto  sia  possibile,  che  l'infezione  avvenga  e  ciò  col  ricopiire  le 
ferite  e  le  screpolature  con  buon  mastice.  Potrebbe  tornare  utile,  quando 
il  male  è  limitato  ai  rami,  l'amputazione  loro  eseguita  molto  al  disotto 
della  parte  malata;  ma  ijuando  il  male  ha  preso  il  tronco,  un'operazione 
simile  liescirà  praticamente  diflicile  od  inefficace.  Quest'operazione  va 
praticata  appena  si  hanno  i  primi  indizi  esterni  della  malattia,  e  ap- 
pena terminata  si  disinfetti  la  ferita  con  una  soluzione  di  solfato  di 
ferro  al  50  per  cento,  acidulato  all'  1  per  cento  con  acido  solforico, 
quindi  la  si  spalmi  con  catrame. 

Altri  funghi  parassiti  possono  produrre  sopra  il  gelso  lesioni  e 
disordini  as.sai  simili  a  quelli  dovuti  al  P.  hispidiis;  tali  p.  es.  la  Fi- 
sfiiìina  epatica  ed  il  Poìi/ponis  squainoi^KS,  ed  altri  ancora;  quali  lo 
Stereum  hirsiitum,  lo  ScìtizophìjUuni  corniiiiiiie,  V llirneola  Auricida-Judae, 
il  Poli/porus  ohiiqiius,  la  Nectria  cinuabarina  e  più  particolarmente  la 
forma  conidica  di  quest'ultima,  cioè  la  Tuberailaria  vuìgaris.  Questi 
peraltro  sono  meno  diffusi  e  l'azione  loro  è  più  localizzata. 

Marciume  delle  radici  (Mal  del  fakhetio,  ecc.).  Fra  noi  è  la  più  dan- 
nosa delle  malattie  del  gelso.  Può  essere  prodotta  da  diverse  specie 
di  funghi,  e  più  frequentemente  dalle  tre  seguenti,  cioè:  un  imenomi- 
cete,  V Armillarin  melica,  e  due  sferiacee,  che  hanno  fra  di  loro  [ìunti 
di  rassomiglianza,  la  BoselUnia  ai/idla  e  la  Deiiiatliophoi-a  necatrix. 


—   349   — 

Il  diverso  comportamento  ili  queste  varie  specie  di  parassiti  nel 
deperimento  dei  freisi,  dal  punto  di  vista  pratico  otìVe  delle  differenze 
così  lievi,  che  sovr'esse  non  ci  dilungheremo. 

Gli  effetti  del  male  sono  piuttosto  diversi  a  seconda  del  modo  con 
cui  si  avvera  l'infezione.  Se  essa  attacca  le  radici  che  sono  lontane 
dal  colletto,  come  avviene  allorché  l'infezione  si  propaga  da  una  pianta 
all'altra  per  mezzo  di  quelle  forme  speciali  vegetative  a  cordoncino, 
che  hanno  ricevuto  il  nome  generico  di  rizomorfe,  allora  le  foglie  prima 
ingialliscono,  poi  cadono,  e  ne  sussegue  un  disseccamento  progressivo 
dei  singoli  rami. 

Se  invece  l'infezione  ha  suo  principio  al  colletto  della  pianta,  come 
quando  il  male  procede  dalla  diretta  germinazione  di  spore,  allora  il 
deperimento  dell'albero  avviene  repentinamente,  e  ad  un  tratto  dissecca 
quasi  come  colto  da  apoplessia. 

La  formazione  dei  corpi  fruttiferi  accade  allorché  il  micelio  si  é 
grandemente  sviluppato,  e  precede  di  poco  o  succede  alla  morte  delle 
piante  ospiti.  Essi,  nel  caso  A%\V Annillaria  meUi'a,  sono  i  così  detti 
chiodini  0  famigliole,  ben  noti  perché  commestibili.  Tali  organi  di  frut- 
tificazione, i  quali  crescono  a  fior  di  terra  in  fìtti  cespuglietti,  hanno 
forma  appunto  di  chiodini,  quando  sono  giovani,  mentre  più  tardi  pre- 
sentano un  pileo  (cappello)  convesso  e  pianeggiante,  carnoso,  non  molto 
grosso,  per  lo  più  a  superfìcie  squamosa,  di  colore  variabile  dal  giallo 
di  miele  al  giallo  marrone.  Le  lamelle  sono  bianchiccie  o  leggermente 
rosee,  decorrenti  lungo  il  gambo  e  non  molto  fìtte.  Il  gambo  è  pieno, 
spugnoso-fìbroso,  cilindraceo  ed  ingrossato  alla  base,  con  anello  bian- 
chiccio verso  l'alto.  Allorquando  mancano  le  fruttificazioni,  anche  l'esame 
delle  radici  basta,  quasi  sempre,  per  poter  giudicare  se  si  tratta  di 
marciume;  e  spesso  con  un  esame  più  accurato,  specie  col  sussidio  del 
microscopio,  si  può  riuscire  a  determinare  a  quale  specie  più  partico- 
larmente di  parassita  il  marciume  stesso  sia  dovuto. 

Le  radici  mostransi  profondamente  alterate,  così  che  le  piante  si 
possono  facilmente  svellere,  ed  i  frammenti  delle  radici  sono  neri,  spu- 
gnosi, esalanti  un  forte  odore  di  funghi  freschi.  Al  posto  della  corteccia 
radicale  si  ha  un  involucro  bruno  a  superfìcie  bernoccoluta,  che  rac- 
chiude i  tessuti  altevatissimi,  completamente  invasi  da  strisele  bian- 
castre di  micelio.  L'eccesso  di  umidità  nel  terreno,  e  specialmente  la 
sua  impermeabilità  che,  oltre  a  rendere  difficile  il  deflusso  dell'acqua, 
ostacola  in  esso  la  circolazione  dell'aria,  favoriscono  le  alterazioni  delle 
radici  e  tutte  le  loro  infezioni. 

Un  trattamento  curativo  per  il  marciume  radicale  disgraziatamente 
non  si  conosce.  Allorché  il   micelio  é  penetrato  nei  tessuti,  non  vi  sono 


—  350  — 

adenti  che  possano  distruggerlo  senza  distruggere  nel  contempo  i  tes- 
suti stessi.  Per  conseguenza  l'albero  è  condannato,  ed  è  preferibile, 
allo  scopo  d'impedire  che  il  parassita  si  espanda,  estirparlo  immedia- 
tamente, raccogliendone  con  ogni  cura  le  radici  ed  i  frammenti,  e  questi 
con  le  parti  inferiori  del  tronco  sarebbe  opportuno  abbracciare  in  luogo, 
nella  fossa  stessa  d'estirpazione.  Consigliata  è  quindi  pure  la  disinfe- 
zione del  teireno  infetto  mediante  iniezioni  di  solfuro  di  carbonio  nella 
proporzione  di  gr.  .50  a  lOO  per  ogni  m.  q. 

Per  maggior  cautela,  si  potrà  inoltre  provvedere  all'isolamento  della 
lìorzione  di  terreno  infetta,  scavandovi  tutt'attorno  un  fosso  profondo  e 
largo,  in  cui  si  sparga  della  calce  viva. 

Data  l'inesorabilità  della  malattia,  si  comprende  quanta  importanza 
va  data  alle  cui-e  preventive,  le  quali,  in  questo  caso,  si  risolvono  in 
cure  culturali.  E  necessario,  insomma,  porre  i  gelsi  nelle  condizioni 
più  favorevoli  alla  loro  vegetazione,  e  più  sfavorevoli  a  quella  dei 
loro  nemici. 

Così,  poiché  l'umidità  favorisce  (piesti  ultimi,  so  nel  sottosuolo 
rac(]ua  ristagna,  è  necessaiio  il  drenaggio;  cosi  il  gelso  non  si  deve 
coltivare  in  terreni  acquitrinosi  e  dove  l'acqua  tioppo  a  lungo  ristagna 
])er  periodiche  inondazioni,  o  per  mancanza  di  scolo  sollecito  delle 
acque.  E  da  bandiisi  la  sfrondatura  autunnale;  si  regoli  la  nascita  dei 
bachi  per  modo  che  non  si  debba  incominciare  la  sfogliatura  primave- 
rile, se  non  quando  le  foglie  abbiano  raggiunto  un  certo  sviluppo,  né 
si  sfoglino  le  piante  troppo  giovani. 

A  favorire  e  mantenere  nei  gelsi,  come  del  resto  in  tutte  le  piante, 
le  necessarie  condizioni  di  robustezza  e  resistenza,  non  va  dimenticato 
che  concorre  in  sommo  grado  una  buona  concimazione. 

Rachitismo  [Ishikubyo).  'LiIshilMbyo,  o  Sì/ikui/obi/o,  è  una  specie 
di  rachitismo  del  gelso,  comune  e  dannosissimo  al  Giappone,  fortuna- 
tamente finora  da  noi  sconosciuto.  Le  piante  affette  da  questa  malattia, 
come  api)are  dai  cami)ioni  da  noi  direttamente  avuti  dal  Giappone,  for- 
mano rami  gracilissimi,  quasi  filiformi,  qualclie  volta  lunghi  appena  un 
decimetro,  e  muniti  di  foglie  che  spesso  non  sorpassano  i  2  centimetri 
(li  diametro.  Le  piante  poi,  dopo  qualche  tempo  di  questa  anormale  e 
stentata  vegetazione,  muoiono  per  esaurimento. 

Tale  malattia  sembra  una  conseguenza  del  metodo  speciale  di  col- 
tura in  uso  al  Giappone,  dove  i  gelsi  non  si  coltivano  a  capitozza  bassa 
od  alta  od  a  siepe,  come  da  noi;  ma  a  folto  ceduo,  senza  colture  ar- 
boree od  erbacee  intercalate,  e  dove  vengono  tagliati  ogni  anno,  ripe- 
tutamente, rasente  il  suolo,  quando  si  raccoglie  la  foglia,  per  costi-ingere 
le  piante  a  cacciare  subito  nuovi  virgulti  o  falle,  e  non  si   dà   loro   il 


—   351   — 

tempo  eil  il  mezzo  di  elaborare  ed  accmmilare  in  copia  i  materiali  in- 
dispensabili al  loro  ulteriore  sviluppo. 

Ulsìiikuòìjo  è  stato  oggetto  nel  Giappone  di  accurati  ed  interes- 
santissimi studi  da  parte  di  Sasaki,  Omori,  Honda,  Ichikawa,  Nomnra, 
Miyoshi,  Fiijii,  e  più  recentemente  di  Susuki,  attualmente  professore 
di  cliimica  agraria  all'Università  di  Tokio  '. 

Le  ricerclie  dei  sopracitati  autori  escludono  die  si  tratti  di  ma- 
lattia parassitaria;  generalmente  si  è  d'accordo  nel  ritenerla  causata  da 
disturbi  funzionali. 

ScLEROTiNiA.  Prillieux  e  Delacroix  nel  1896  studiarono  una  malattia 
dei  rami  del  gelso,  manifestatasi  a  Mistopha-Baclia  nel  1894,  dove, 
secondo  il  signor  Kitabiai  d'Aiirianopoli,  vi  produceva  danni  rilevanti. 
La  malattia  si  manifesta  in  primavera,  specialmente  nelle  annate  umide. 

Il  focolaio  d'infezione  si  trova  sempre  nelle  gemme  ascellari  delle 
foglie.  Tutte  le  foglie,  che  si  ti'ovnno  al  disojìra  della  gemma  attaccata 
fino  all'estremità  del  ramo,  incominciano  ad  ingiallire,  ed  in  un  paio 
di  giorni  muoiono  e  si  disorganizzano;  mentre  al  disotto  del  punto  at- 
taccato il  ramo  l'esta  perfettamente  sano.  La  corteccia  del  tratto  morto 
è  rajìidamente  ed  interamente  distrutta  fino  al  legno,  il  quale  si  mostra 
necrotizzato  con  residui  fibmsi  nerastri  della  corteccia.  Questa  malattia 
è  dovuta  alla  Sclerofinia  Liòerfiaìia.  ben  noto  parassita  dei  topinambours, 
delle  carote,  dei  faginoli,  delle  fave,  ecc.,  ecc.,  la  cui  forma  conidica 
[Botriftis)  si  osserva  spesso  intorno  ai  picciuoli  delle  foglie  di  gelso,  e 
vicino  agli  sclerozi  (neri)  tra  le  fibre  della  corteccia  disorganizzata. 

Questa  malattia  è  molto  dannosa  non  solo  nella  Turchia  Asiatica, 
ma  anche  al  Giappone,  specialmente  nelle  annate  umide.  Al  Giappone, 
dove  fu  osservata  fino  dal  1894,  viene  chiamata  Kmvaedagare  (malattia 
dell'umido),  infierisce  specialmente  nelle  provincie  di  Alci  e  Ghifù,  e 
predilige  una  varietà  di  gelso  chiamata  Iscimamtà.  Nell'Estremo  Oriente 
è  stata  studiata  in  modo  speciale  dal  prof.  Shirai,  il  quale  ha  seguito 
lo  sviluppo  del  parassita  ed  ha  ottenuto  anche  la  forma  ascofora. 

Fino  ad  ora  la  Sclerofinia  del  gelso  non  era  stata  notata  in  Europa, 
ma  l'anno  scorso  noi  avemmo  occasione  di  osservarla  abbastanza  fre- 
quente sopra  gelsi  dei  dintorni  di  Pavia  e  di  Cremona;  essa  verrà 
illustrata  in  una  breve  nota  di  prossima  pubblicazione.  Contro  questa 
malattia  si  consiglia  il  taglio  e  la  distruzione  dei  rami  attaccati,  per 
togliere  questi  focolai  d'infezione  tanto  pel  gelso,  come  per  altre  piante. 


'  U.  SusDKi:  Chemischeimd phijsiolooische  Stuilic'H  iiber  dit;  Schniiiìpfkrdnk- 
liiit  flfis  MdìiJhccrhiiuines,  cine  in  Jupan  sehr  weit  rerhret'fefe  Kranklicit.  —  In 
Zeitschvìft  fiir  Pflamenkrankheiien,  1902. 

Alti  ìiell'lst.  Boi.  clell'Ciiirersità  d!  Pavia  —  Serie  II  —  Voi.  X.  27 


—  352  — 
ELENCO  RIASSUNTIVO  DEGLI  ESAMI  FATTI. 

Malattie  della  vite.  ' 

Peronospora  [Plasmopora  viticola  (Berk.  et  Cart.)  Berlese  et  De 
Toni],  sopra  foglie  e  grappoli;  materiale  inviatoci  da  Stradella, 
Casteggio,  Montubeccaria,  San  Colombano,  da  Tresana  (Car- 
rara), da  Maccagno  (Lago  Maggiore),  Miradolo,  ecc.  Esami     .  N.     .50 

Crittogama  comune  [Oidium  Tiickeri  Berck.],  da  Casteggio,  Pa- 
via, ecc „     10 

Fillossera  [Phyloxera  vasta/rie  PlanchonJ,  sopra  radici  di  viti,  da 

Miradolo,  San  Colombano,  ecc ,>     25 

Antracnosi  [Glocosporium  nmpcìopliagum  (Pass.)  Sacc],  sopra  cam- 
pioni inviatici  da  Loano  (prof.  Pollacci),  da  Pavia,  ecc.     .     „     10 

Sdberosi,  sopra  uva  mandata  in  esame  dal  dott.  Boisini  della  Scuola 

superiore  agraria  della  R.  Università  di  Pisa „       3 

Marciume  bianco  [Coniotìtijrinm  Diplodiella  (Speg.)  Sacc],  dalla  Di- 
rezione della  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Acqui    .     „       5 

Macrosporium  vitis  Sorok.,  sopra  foglie  di  vite  mandateci  dalla  Di- 
rezione della  Scuola  d' agricoltura  pratica  di  Grumello  del 
Monte „       5 


Totale  esami.     .     .  N.  108 


3Ialattie  dei  cereali. 

Brusone  del  riso,  sopra  riiso  inviato  da  Robbio,  Cava  Carbonara, 

Groppello,  Pavia.  Esami N.     50 

Septoria  graminum  Desm.  sopra  piante  di  segala,  da  Pavia,  Grop- 
pello Cairoli „     10 

U.STILAG0  Maydis  (DC.)  Cda.,  sopra  granoturco,  da  Casteggio  (Poi- 
lacci),  ecc „       5 

Totale  esami  ...  N.     65 


'  Per  evitare  inutili  e  troppo  frequenti  ripetizioni,  non  si  riportano  sempre 
su  questi  elenchi  di  malattie  i  eonsi^b',  le  indicazioni  ed  i  riniodi  clie  vennero 
suggeriti  di  volta  in  volta  a  olii  ne  mandò  il  materiale  per  studio. 


353  — 


Malattie  degli  alberi  da  frutto. 

Cocciniglia  [Diaspis  pentagona  Targ.],  sopra  pesclii,  da  Loano  (signor 
Pollacci).  Esami N.       5 

CoTONELLO  [Schizoneura  lanigera  Hans.],  sopra  meli,  Pavia  (orti  della 

città),  Loano,   Casteggio „     10 

Lebbra  del  Pesco  [E^coascus  dcformans  (Berk.)  Fuck.],  sopra  peschi 

da  San  Giuseppe  (Pavia),  da  Miradolo,  Orto  botanico  .     .     „      10 

Erinosi  del  Pero  [Phj/toptus  Pgri.  Nal.],  sopra  foglie  di  jiero,  in- 
viate da  Maccagno  (Lago  Maggiore)*  da  Scaldasole  (Lomellina)  „     10 

Eczema  empetiginoso    [Stiginlna  Briosiaiia   Farn.],    sopra  albicocche 

inviate  dalla  Direzione  del   Corriere  del   Villaggio,  Milano  .     „        2 

TiocHiOLATURA  [Fitsicladlum  dendriticum  (Wall.)  Fuck  ]  sopra  foglie 
di  sorbo,  inviate  per  esame  dal  prof.  Marchese,  direttore  del 
Corriere  del  Villaggio,  e  sopra  foglie  di  melo  da  Maccagno 
(Lago  Maggiore) „       4 

Phyllosticta   pirina   Sacc. ,   sopra   foglie   di   pero,   mandateci   dal 

signor  Marignoni  da  Crema,  da  Vallate  (Cremona)    .     .     .     „     10 

Phyllosticta  prunicola  (Opiz.)  Sacc,  sopi'a   foglie   di  Prunus,  da 

Mortara  (signor  Maffei) „       3 

Phyllosticta  Persicae  Sacc,  sopra  foglie  di  pesco,  dal  f:ignor  Maffei 

da  Mortala „       2 

Phyllosticta  circumscissa  Ck.,  sopra  foglie  di  albicocco,  da  Vallate 

(Cremona)  e  paesi  vicini „       5 

Clasterosporiuji  Amygdalearum  (Pass.)  Sacc,  sopra  foglie  di  pesco 

mandateci  da  Vallate  (Cremona)  e  paesi  vicini     .     .     .     .     „       5 

Phyllosticta  maculiformis  Sacc,  sopra  foglie  di  castagno,  inviateci 
dal  sotto-ispettore  forestale  del  distretto  di  Piacenza  e  dal 
prof.  Pollacci  da  Casteggio „     10 

Septoria  castanaecola  Desmaz,,  associata  colla  specie  precedente, 

sopra  foglie  di  castagno  da  Piacenza  (Ispettorato  forestale)     „       2 

Phyllosticta  Nubecula  Pass.,  sopra  foglie  di  castagno  da  Piacenza 

(Ispettorato  forestale) „       2 

PacciNiA  Pruni- SP1N0SAE  Pas.s.,  sopra  foglie  di  Prunus,  mandate  da 

Maccagno  (Lago  Maggiore) „       2 

PucciNiA  Cerasi  (Béreng.)  Cast.,  sopra  foglie  di  Cerasus,  in  diverse 

spedizioni  da  Maccagno „       5 

Septoria  piricola  Desmaz.,  sopra  foglie  di  pero,  dal  signor  Mari- 
gnoni di  Crema „       1 


—  354  — 

Marsonia  Fragapjae  Sacc,  sopra   foglie  di    fragole,  da    Maccaguo, 

diverse  spedizioni N.     lU 

Ramularia  Tulasnei  Sacc,  sopra  foglie  di  fragole  da  Maccaguo.  „       5 
Septoria  castanaecola  Desm.,  sopra  foglie  di  castagno,  da  Maccaguo. 
Marciume  di  radici  dovuto  probabilmente  aWAnnilìar/a  mellea  Walil. 
Ci  furono  inviate  in  esame  tali  radici  di  iiero  dairUfficio  i)ro- 

vinciale  d'agricoltura  di  Bologna „       3 

Mytilaspis  citricola  Pack.,  sopra  frutti  di  limone „        5 

Hypoborus  Ficus  Ericli.,  in   rami   di   fico,  mandati  dal   R.   Vivaio 

di  viti  americane  di  Palermo „        3 

Saturnia  PYRi  Schiff.[  Pai'OH/«  il%o/' L.],  sopra  germogli  di  susino.   „       2 
Malattie  incerte.  Alterazioni  sopra  rami  di  Diospijros  Kaki  L.  do- 
vute probabilmente  ad  insetti „       5 

Totale  esami     .     .     N.  121 

Malattie  di  piante  da  orto. 

Phyllosticta  Brassicae  (Curr.)    West.,  sopra    foglie   di    cavolfiore, 

inviate  dal  prof.  A.  Patrioli  (Novara).  Esami N.       3 

Cercospora  reticola  Sacc,  sopra  foglie  di  bietole,  diverse  spedi- 
zioni da  Maccaguo  (Lago  Maggiore) „        5 

Colletotuichum   LiNDKMUTHrANUM   (Sacc.   et    Magnus)   Br.  et   Cav., 

sopra  legumi  di  fagiolo,  dal  signor  Maftei  di  Pavia .     .     .     „       1 

Septoiìia  Petroselini  Desniaz.  var.  Apii  Br.  et  Cav.,  sopra  foglie 
di  Apiiim  (iraveolens  L..  da  Bissone  Pavese  (Pollacci),  da  Al- 
benga  (Cattedra  ambulante  d'agricoltura) „     15 

Anguillule,  sopi'a  radici  di  peperoni,  mandate   dal   dott.  Gobbetti 

della  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Voghei-a   .     .     .     „       2 

Bacteri  in  bulbi  di  cipolle,  inviate  da  Piedimonte  d'Alife  da  riuella 

Cattedra  ambulante  d'agi-icoltura „       2 

Phyllosticta  fragauicola  Desm.  et  Rob.,  su  foglie  di  fragola,  in 

diverse  spedizioni  da  Maccagno „       2 

Totale  esami .     .     .  N.     30 

Malattie  delle  piante  da  fora^iìio. 

PsEUDOPEzizA  Medicagìnis  (Lib.)  Sacc,  sopra  piante  di  erba  medica 

a  Campospinoso,  Portalbera.  Esami N.     10 

Uromy'ces  striatus  Schroet.,  sopra  foglie  di  erba  medica,  da  Bis- 
sone Pavese  (Pollacci) „       2 


—  355  — 

Epicoccuji  sp.,  sopra  piantine   di   trifoglio  incarnato,  mandate   dal 
direttore  delia  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di   San   Vito 

al  Taglianiento N.       4 

Angoillule,  sopra  radici  di  trifoglio,  da  Caselle  Badia  (Pollacci).   „       5 
Malattia  indeterminata,  sopra   radici   di   trifoglio,  mandato   dalla 

Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  San  Vito  al  Taglianiento.   „       3 


Totale  esami  .     .     .  N.     22 

Malattie  di  piante  ornamentali. 

Phyllosticta  Tiliae  Sacc.  et  Speg.,  sopra  foglie  di  Tilia,  mandate 

in  esame  dal  comm.  Gerolamo  Quirici  di  Pavia.  Esami     .  N.       1 

Phyllosticta  nobilis  Tliiim.,  sopra  foglie  di  Launis  iiobilis  L.,  da 

Vallate  (Cremona) „       1 

Phyllosticta  Calycanthi  Sacc.  et  Speg.,  sopra  foglie  di  Calycanthus 

pmecox  L.,  da  Vallate  (Cremona) „       2 

OiDiuM  EvoNYMi-JAPONici  Sacc.  et  Are,  sopra  rametti  di  Evonìjmus 
japonicus  L.,  mandati  dalla  Cattedra  ambulante  di  Oleggio  (No- 
vara), da  Pavia  (giardini  della  città),  ecc »     10 

Gloeospokium  nobile  Sacc,  sopra  foglie   di   Launis   nobilis  L.,  da 

Maccagno,  da  Luino  (Lago  Maggiore) „       5 

Kamularia  lactea  (Desm.)  Sacc,  su  foglie  di  viola,   da  Maccagno 

(Lago  Maggiore) «       2 

Phyllosticta  cruenta  (Fr.)   Kx.,  sopra   foglie   di    Convallaria,   da 

Maccagno „       2 

PucciNiA  Malvacearum  lilont.,  sopra  foglie  di  malva,  da  Pavia  (dot- 
tore Carbone) n       2 

Malattie  incerte.  Foglie  di  piante  di  Acer  Pseudo-platiinus  L.  dan- 
neggiate forse   da  mancata  aerazione  del  terreno,  inviateci  da 

Milano  dai  fratelli  Ferrarlo  orticultori „       3 

Foglie  di  Liriodemlron  tul/pifera   L.  con    alterazioni    dovute 

probabilmente  ad  insetti ,       3 

Foglie  di  Acer  Negundo  L.  pure  danneggiate  probabilmente 
da  insetti n       3 

Hylotojia  Rosae  Deg.  Larve  di  questo  imenottero  parassita  della 
rosa  ci  furono  mandate  in  esame  dalla  Scuola  d'agraria  ed 
estimo  del  K.  Istituto  tecnico  di  Novara „       5 


Totale  esami  ...  N.     36 


—  356   — 

Malattie  di  piante  iiuliif^triali  e  forestali. 

Phleospora  maculans  (Be.reiig. )  Allescli.,  sopra  foglie  di  gelso,  in 

diverse  spedizioni  da  Maccagiio.  Esami N.       6 

Septoria  Cannabis  (Lascli.)Sacc.,  sopra  foglie  di  canapa  da  Maccagno  „       2 

Phyllosticta  saucicola  Thiim.,  sopra  foglie  di  salice  in  giardini  di 

Pavia  (Maffei) „       5 

Uncinula  Aceris  (DC.)  Sacc,  sopra  foglie  di  acero  da  Lnino  (Lago 

Maggiore) „       3 

Septogloecm  mori  (fjév.)  Briosi  et  Cav.,  sopra  foglie   di   gelso   da 

Vailate  (Cremona)  e  paesi  vicini ^       3 

Cladosporicm  herbarcm  (Pers.)  Link,  sopra  foglie  di  carpino  invia- 
teci per  esame  dalla  Direzione  della  Cooperativa  agraria  di 
Mondovì „       3 

Insetti.  Germogli  e  foglie  di  olivo  attaccate  da  Tlirips  e  Phloeothrifs 

mandateci  dal  prof.  A.  Fiori  da  Modena „       2 

Avvizzimento  del  gelso.  In  germogli  di  gelso  mandatici  dalla  Cat- 
tedra ambulante  di  agricoltura  di  8an  Vito  al  'ragliamento,  da 
Casteggio,  Santa  Cristina,  Bissone,  Belgioioso »     50 

EoGNA  dell'olivo,  sopra  rami  d'olivo  dalla  Cattedra  ambulante   di 

agiicoltura  di  Pisa ^       3 

Phyllactinia  sdffulta  (Reb.)  Sacc,  sopra  foglie  di  Alans  glutinosa 

Gaertn.,  da  Bissone  Pavese  (Pollacci) ,,       3 

OiDiUM  Aceris  Rabli.,  sopra  foglie  di  Acer  Pseiido- piata nus  L.,  nel- 
l'Orto botanico  di  Pavia „       2 

EoROTiDM  herbariordm  (Wigg.)  Liulv-,  sopra  foglie  di  Agave  mexicana 
L.,  mandate  per  esame  dal  prof.  Ferrera  direttore  della  Comi- 
sion  de  Parnsifologin  agricola  del  Messico ^^        5 

Gloeosporidm  Populi-albae  Desm.,   su  foglie  di  Popuìus   in  boschi 

del  Ticino „       3 

Uromyces  Genistae  (Pers.)  Fuck.,  sopra  Cgfisiis  da  Maccagno.      „       3 

Totale  esami  .     .     .  N.     93 

INFORMAZIONI  E  RICERCHE  VARIE. 

Determinazione  di  fanerogame  ed  imenomiceti  inviatici  dalla  Cat- 
tedra ambulante  d'agricoltura  di  Cuneo,  da  quella  di  Piedimonte 
d'Alife,  da  quella  di  Como,  di  Novara,  ecc.  Esami    .     .     .  N.     70 

Esami  di  polvere  di  Cacao  Talmone,  riscontrata  pura      .     .     .     „       2 

Totale  esami  .     .     .  N.     72 


357 


Operosità  della  Stazione  di  botanica  crittogannica  di  Pavia 
nell'anno  1905  —  Relazione  a  S.  E.  il  ministro  d'Agricoltura, 
Industria  e  Commercio  in  data  15  giugno  1906,  del  direttore  prof. 
Giovanni  Briosi. 

Dalle  rassegne  semestrali  inviate  a  codesto  eccelso  Ministero  e 
dall'elenco  che  segue,  risulta  che  dal  personale  del  Laboratorio  furono, 
durante  l'anno  1905,  scoperti  e  per  la  prima  volta  descritti  diversi  mi- 
ceti,  alcuni  dei  quali  sono  parassiti,  causa  di  nuove  malattie  di  piante 
coltivate. 

Fra  questi  ricordo  il  Colletotrichum  Briosii  e  la  Cytosporella  Cin- 
namomi sopra  le  foglie  della  cannella  (Cimuimoinum  Zeijlanicum  Nees) 
parassiti  rinvenuti  e  studiati  dall'assistente  signor  Turconi,  sopra  piante 
coltivate  nel  nostro  giardino  botanico. 

Il  signor  Rodolfo  Farneti  continuò  in  detto  anno  le  ricerche  da 
tempo  iniziate  sulla  malattia  del  riso,  nota  col  nome  di  Bnisone  ed  i 
risultati  da  lui  ottenuti  ci  accertano  fin  d'ora  che  le  sue  esperienze 
porteranno  nuova  luce  sulla  causa  di  questo  gravissimo  male. 

Il  professor  Hikotaro  Nomura  dcdl'Imperiale  stazione  di  sericoltura 
di  Tokio,  inviato  dal  Governo  del  Giappone  a  perfezionarsi  presso  il 
nostro  Laboratorio,  ha  fatto  interessanti  studi  sull'eziologia  della  ma- 
lattia del  baco  da  seta  detta  flaccidezza.  Dalle  sue  ricerche  è  risultato 
che  quest'ultima  è  una  malattia  affatto  distinta  dalla  macilenza  e  che 
essa  è  dovuta  al  Bacillus  alvei,  germe  patogeno  non  solo  del  baco  da 
seta  ma  anche  di  diversi  altri  insetti,  tra  i  quali  le  api,  in  cui  provoca 
la  malattia  ben  nota  agli  apicultori  col  nome  di  peste. 

Il  dottor  Luigi  Montemartini  del  nostro  Istituto  fondò  nel  passato 
anno  un  giornale,  che  si  occupa  esclusivamente  delle  malattie  delle 
piante,  intitolato:  Rivista  di  Patologia  vegetale,  nel  quale  collaborano  di- 
stinti scienziati  italiani  e  stranieri. 

Lo  scrivente,  dietro  richiesta  fatta  a  questo  Istituto  da  agricoltori 
sul  come  ditendersi  dalle  malattie  che  attaccano  il  gelso,  pianta  che 
è  tanta  parte  della  ricchezza  del  nostro  paese,  ha  riassunto  brevemente, 
in  una  delle  Rassegne  Crittogamiche  dell'annata,  i  caratteri  delle  ma- 
lattie di  tale  pianta,  indicando  per  ognuna  i  rimedi  noti  o  quelli  che 
si  possono  tentare. 

Inoltre,  colla  collaborazione  del  chiarissimo  professor  Cavara  Fri- 
diano  (allievo  di  questo  Laboratorio)  ora  direttore  dell'Istituto  botanico 
dell'Università  di  Napoli,  lo  scrivente  ha  pubblicato    il  fascicolo   XVI 


—  358  — 

dell'opera:  Briosi  e  Cavaea:  «  I  fungiti  parassiti  dille  piante  coltivate  ori 
utili  »,  (love  ti'ovausi  studiate  25  malattie  parassitaiie  di  piante,  onde 
il  numero  di  esse  finora  iu  detta  opera  illustrate  sale  a  400. 

Ad  importanti  problemi  di  anatomia,  fisiologia  e  sistematica,  oltre 
che  agli  studi  di  patologia,  è  stata  anche  rivolta  l'attività  dell'Istituto 
che  ho  l'onore  di  dirigere,  come  risulta  dall'elenco  più  sotto  riportato 
delle  pubblicazioni  dell'annata  decorsa. 

Fra  esse  noto  le  ricerche  del  dottor  L.  Montemartini  sulla  forma- 
zione delle  sostanze  albumiuoidi  nelle  piante,  nelle  quali  ha  tVa  altro 
dimostrato  che  la  formazione  delle  dette  sostanze  ha  luogo  tanto  di 
giorno  che  di  notte,  ma  durante  il  giorno,  cioè  sotto  l'azione  della  luce 
solare,  in  molto  maggior  copia. 

Il  professor  Pavariuo,  assistente  volontario  del  nostro  Istituto,  iu 
base  a  ricerche  eseguite  nell'anno,  ha  pubblicato  pregievoli  osservazioni 
intorno  all'influenza  esercitata  dalla  Peronospora  della  vite  sulla  respi- 
razione e  sull'assorbimento  delle  sostanze  minerali  nelle  foglie. 

Il  dottor  Gino  Pollacci,  che  sta  studiando  l'influenza  dell'elettri- 
cità sopra  l'assimilazione  clorofilliana,  ha  reso  conto  dei  primi  risultati 
delle  sue  ricerche  in  una  nota  in-eliminiti-c,  alla  quale  presto  farà  se- 
guito il  lavoro  completo. 

Quest'Istituto  si  propone  in  quest'anno  di  condurre  a  termine  le 
ricerche  in  corso  contro  varie  malattie  di  piante  coltivate:  VArvizzi- 
meiìto  dei  (jermoyli  del  gelso,  il  Brusone  del  riso,  il  Mal  drll' iiic/riostro 
del  castagno,  ecc. 

Inoltre,  spm-a  di  ultimare  diversi  studi  di  anatomia,  di  microchi- 
mica e  di  fisiologia  vegetale:  cioè:  sulla  anatomia  del  fioi'e  dell' E uca- 
Igptus  globulus,  sul  passaggio  dalla  radice  al  fusto,  sull'esperidina,  come 
pure  intende  proseguire  le  ricerche  sulla  flora  crittogamica  e  fanero- 
gamica  della  Lombardia  e  della  Liguria. 


A  più  (ii  1.300  sale  il  numero  delle  ricerche  ed  osservazioni  ese- 
guite anche  in  questo  anno  dal  Laboratorio  crittogamico,  e  ad  esso, 
come  sempre,  hanno  ricorso  per  consiglio  ed  esame  non  solo  enti  morali 
ed  agricoltori  italiani,  ma  anche  stranieri,  il  che  dimostra  come  Topera 
sua  sia  apprezzata  non  solo  in  Italia,  ma,  anche  fuori. 


—  359  — 

Riassunto  generale  delle  ricerche  fatte  nell'anuo  1905. 

Malattie  della  vite Esami  N.  286 

Id.       dei  cereali „  »  108 

Id.       di  piante  da  foraggio „  ,,  37 

Id.       di  ortaggi »  „  54 

Td.       di  piante  da  frutto „  ,,194 

Id.             id.        ornamentali „  „  77 

Id.             id.        industriali  o  forestali „  „  213 

Id.             id.        diverse „  „  2 

Nuove  specie  di  parassiti  vegetali „  „  6 

Ricerche  ed  informazioni  varie  e  determinazione  di  fa- 
nerogame    „  „  122 

Determinazione  di  miceti  della  Lombardia       ....  „  „  200 

Determinazione  di  funghi  per  l'opera: 

Briosi  e  Cavara:   /  funghi  parassiti  delle  -piante  coltivate 

od  utili „  „  25 

Totale     .     .     .  Esami  N.  1324 

Personale  del  laboratorio  crittogamico. 

Prof.  Giovanni  Briosi,  direttore. 
Prof.  Farneti  Rodolfo,  assistente. 
Turconi  Malusio,  assistente  straordinario. 
Mario  Palazzi,  inserviente  straordinario. 

Prestarono  l'opera  loro: 

il  signor  dott.  Giuo  Pollacci,  conservatore  dell'orto  botanico; 
il  signor  dott.  Guido  Rota-Rossi,  assistente  dell'orto  botanico. 

Frequentarono,  per  ragioni  di   studio,   durante    l'anno    1905,    il    nostro 
laboratorio  : 

il  signor  prof.  Hikotaro  Nomura,  della  Stazione  imperiale  di  seri- 
coltura di  Tokio; 

il  signor  prof.  dott.  Costantino   G  orini,   della   Scuola  d'agricoltura 

di  Milano; 
il  signor  dott.  Luigi  Montemartini,  docente  di    botanica    all'Uni- 
versità e  deputato  al  Parlamento; 

il  signor  dott.  G.  B.  Traverso,  assistente  all'Istituto    botanico    di 
Padova  e  docente  di  botanica  presso  quell'Università; 


—   360   — 

il  signor  (lott.  L.  Pavarino,  i)rofessore  alla  Scuola  normale  di  Pavia 

ed  assistente  onorario  dell'Istituto  Botanico; 
il  signor  dott.  E.  Cazzani,  ora  professore   alla    Scuola    agraria   di 

Guastalla; 
il  signor  dott.  G.  Carbone,  dottore  in  medicina; 
il  signor  M.  Salvoni,  dottore  in  scienze  natui'ali; 
il  signor  L.  Maffei,  id.  id.  ; 

il  signor  G.  Bianchì,  id.  id.; 

il  siguor  G.  B.  Marignoni,  laureando  in  scienze  naturali. 


Pubblicazioni  del  persoiiale  dell'Istituto 
durante  l'anno  1905. 

G.  Briosi.   I  fungivi  parassiti  delle  piante  coltivate  od  utili  (in  collabora- 
zione col  professore  F.  Cavara),  fase.  XVI,  Pavia. 

—  Bossegna  crittogamica  delle  lìriiici'.ali  malattie  delle  piante   sviluppa- 

toci in  Italia  nel  primo  semestre  1905,  in  Bollettino  Ufficiale  del  Mi- 
nistero d'Agricoltura,  Industria  e    Commercio,  Roma   1905. 

—  /(/.  id.  nel  secondo  semestre  1905,  in  Bollettino  Ufficiale,  Roma  1906. 
Gino  Pollacci.  Influenza  dell'elettricità  sull'assimilazione  clorofilliana.  Nola 

preliminare,  in  Atti  Istituto  Botanico  di  Pavia,  voi.  XI,   1905. 

—  Ntiovo  metodo  per  la  conservazione  di  organi  vegetali,  in  Atti  Istituto 

Botanico  di  Pavia,  voi.  XI,   1905. 

—  L'Isola  Gallinaria  e  la  sua  flora,  in   Atti  Istituto  Botanico  di  Pavia, 

volume  Xr,  1905. 

—  Monografia  delle  Enjsipfiaceae  italiane,  con    tavola,    in    Atti   Istituto 

Botanico  di  Pavia,  voi.  IX,   1905. 

—  Diversi  articoli  di  Botanica,  agraria. 

Rodolfo  Farneti.  Erpete  furfuracea  delle  pere:  Macrosporium   Sydowia- 
ìium  n.  sp.,  in  Annales  Mycologici,  Berlino,  1905. 

—  Intorno  alla  comparsa  della  "  Diaspis  p)entngona  „    Targ.  in    Italia  e 

alla  sua    origine,  in    Atti  dell'  Istituto    Botanico   dell'Università    di 
Pavia,  volume  XI,  1905. 

—  Risposta  alla  nota  del   pi-of.    G.   Leonardi    "  Sulla    pretesa   antica 

presenza  in  Italia  della  Diaspis  pentagona  Targ.,  Pavia,  1905  „. 

—  Diversi  articoli  in  giornali  agrari. 

Guido  Rota-Rossi.   Prima  contribuzione  alla  Micologia  della  Provincia  di 
Bergamo,  in  Atti  dell'Istituto  Botanico  di  Pavia,  voi.  IX,  1905. 

—  Due  nuove  specie  di  micromiccti  parassiti,  in    Atti    I><tituto   Botanico 

di  Pavia,  voi.  IX,   1905. 


—  3tìl   — 

Maldsio  Tdrconi.   Nuovi  micromiceti  parassiti,  in  Atti  Istituto  Botanico  di 

Pavia,  voi.  XI,  1905. 
LoiGi  Pavaeixo.   Influenza   della    "  Plusmopara  viticola  „    suW assorbimento 

delle  sostanze  minerali  nelle   foglie,    ili    Atti    Istituto    Botanico    di 

Pavia,  voi.  XI,  1905. 

—  La  respirazione  patologica  nelle  foglie  di  vite  attaccate  dalla   perono- 

spora,  in  Atti  Istituto  Botanico  di  Pavia,  voi.  XI,  1905. 

—  Articoli  diversi  su  giornali  agrari. 

HiKOTARO  NoMURA.  Ulteriori  ricerche  sperimentali  sulla  eziologia  della  ma- 
lattia del  baco  da  seta  detta  flaccidezza,  in  Atti  Istituto  Botanico 
di  Pavia,  voi.  IX,  1905. 

BcscALiONi  e  Pdrgotti.  Sulla  diffusione  e  dissociazione  degli  Ioni,  con 
moltissime  tavole,  in  Atti  Istituto  Botanico  di  Pavia,  voi.  XI,  1905. 

Luigi  Montemartini.  Primi  studi  sulla  formazione  delle  sostanze  albumi- 
noidi  nelle  piante,  in  Atti  Istituto  Botanico  di  Pavia,  voi.  X. 

—  Una  malattia  delle  tuberose  dovuta  alla  "  Botrijtis  vulgaris  „    Fi'.,  in 

Atti  Istituto  Batanico  di  Pavia,  voi.  XI. 

—  Studi  di  anatomia  comparata  della  "  Patisca  cannabina  „  L.  Roma  1905. 

—  Rivista  di  Patologia  vegetale,  anno  1°,  fase.   1-12. 

—  CoiUributo  alla  biologia  fogliare  del  ''  Buxus  seinpervirens  „  L.,  in  Atti 

Istit.  Bot.  di  Pavia,  voi.  X. 
M.   Salvoni.  Sul  significato  fisiologico  della  trasformazione  autunnale  degli 

idrati  di  carbonio  in   grassi,    in    Atti    Istituto   Botanico    di  Pavia, 

voi.  XI,  1905. 
Luigi  Maffei.  Sopra  una  nuova  specie  di  Ascomicete,  in  Atti  deWIstituto 

Botanico  di  Pavia,  voi.  XI,  1905. 


Ani  deiri.s^?hotaiiico  Univ.  di  J^tìvia.Vol.  X 


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lit.Taccimardi  iTmari.Pivià.  Briosi  e  Farneìi.-Ruggme  biancói  dei  limcr.; . 


Atti  dell' Isrholanico  Univ.  di  Puvid.Vol.  X. 


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Atti  doirist:BoVanic-o  Univ.  di  Paviri.Vol.X. 


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Gli  Autori  del. 


litTaccliiiiariii  iFerrari.Fivia. 


Briosi  e  Farneìi.-Ruggine  bianca  dei  limoni. 


Atti  deirist:  Botanico  Univ.  di  ravici.Vol.X. 


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Gli  Autori  del. 


lil.Tac  din  ardi  iFerrariJivia. 


Bnosi  e  Farneìi.- Ruggine  bianca  dei  limoni. 


Atti  deirist:  Botanico  Univ.  di  Favici.Vol.X 


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Gli  Autori  del. 


lil.TaccImiardi  iTerpari.PiYÌa. 


Briosi  e  Farneìi- Ruggine  bianca  dei  limoni. 


Atli  dell  Ist?  Botanico  Univ.  di  Pavia.Vol.X. 


Tav.VI. 


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Gli  Autori  del. 


lil.Tacciinariii  iFerrari.Pavia. 


Briosi  e  Farneli.-Ruggine  bianca  dei  limoni. 


Atti  doli  l.st.'  holanic-o  biiiv.  di  ravict.Xol.A 


Tav.  VII 


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Briosi  e  Farneii-Ruggine  bianca  dei  Imponi. 


Ani  deirist'!  bijlaiiù-o  Univ.  di  l'.iNia.Vol.  X 


Tnv.  Vili. 


Gli  Autori  dei. 


iit.Taccìiiiiardi  iferparii avia.  Briosi  e  Farneh.-Foj 


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Tav.XI. 


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Gli  Autori  del. 


lil-Tacdinaidi  iFerrariJa 


avia. 


Briosi  e  Farneìi.-Ruggme  bianca  dei  limoni. 


Atti  dell' Ist:  Bofanico  Univ.  di  Pcivi.'t.Vol.  X 


TavXII 


L'Autore  del 


lil.Taccliiiiardi  ilerranJavià. 


L  Montemartiiu  -Traccie  foalian. 


Atti  deirist!  Botanico  Univ.  di  Pcivi.i.Vol.X 


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Atti  cleirisi:  Botanico  Univ.  tli  Pc.vic..Vol.X 


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Buscalioni  eTraverso -Evoluzione  de!  fiore 


Atti  deirist!  Botanico  Univ.  di  !\ivit».Vol.  X 


Tav.XV 


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Buscdliona  e  Traverso -Evoluzione  del  fiore 


Atti  deirist:  Botanico  Univ.  di  Pavici.Vol.X 


Tav.XVI 


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Buscalioni  eTraverso -Evoluzione  del  fiore" 


Atti  deirist:  Bol:aiuco  Univ.  di  Favia.Vol.X 

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Btrscalioni  eTraverso -Evoluzione  del  Pier'? 


Atti  deirist!  Rotanico  Iniv.  eli  I  avict.VoI.X 

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Gli  Autori  del. 


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Buscalioni  eTraverso -Evoluzione  del  fiore 


Ani  deirisir  t)ol"aiiic'()  Univ.  di  Pavin.Vol.X 

1. 


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Gli  Autori  del.  Ial;.Tacc]iinartiÌ8LFerrari.Pa.YÌa.  Buscaliom  eTraverso -Evoluzione  del  fiore 


Atti  delirisi  ?  Botanico  Univ.  di  ravicì.Vol.X 


Tav.XX 


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Gli  Autori  del. 


litJàccìiiiiirdi  «iFerrari.hvia. 


kiscdiiom  eTraverso -Evoluzione  de^  fióre 


Alti  il(>ll  Isl?  Bolciiiico  Univ.  di  l^oviri.Vol.X 


Tav.XXI 


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Gen   Feb.  Mar.  Apr.  Haq.  Giucj  Lug.  Ag.  Seti,  Ott.  Nov.  Die. 


Gli  Autori  del. 


lit.Tacdiinardi  4.Terrari.?avia. 


Gsn   Fek  Mar.  Apr.  MagGlug.  Lug.  Ag.  Seti  Ott.  Nov  Die. 

Buscalioni  eTraverso  -EvoKizione  del  fiore 


Ani  c!(iri.sr:P)olanico  Univ.  di  P.ivi.i.Vol.X 


Tav.XXII 


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51i  Autori  del.  litlacctoudi  irerranJivia. 


11. 


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Gen  Fet.  Mar.  Apr  Mag  Giug  Lug.  Ag.  Sei*.  Ort.  Nov  Die. 


Gen.  Feb.  Mar.  Apr.  Mag  Giug.  Lug.  Ag.  SeH  Olt.  Nov.  Di< 
Busca  lioni  e  Traverso -Evoluzione  del  fiore 


Arti  deirisl.'  hotanico  Univ.  tli  P<i\'i<i.Vól.\ 


Tav.XXIIl. 


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Gli  Autori  del. 


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lit.Taccliiiiardi  Jerrarì.Pavià. 


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Buscaliona  eTraverso -Evoluzione  del  fiore 


Ani  deirist!  Botanico  Univ.  di  Pavifi.Vol.X 


TavXXIX' 


Gian.  Fa't.Mdr.  Apr.  Mag.Giug.Lug.  Ag.  Seil.  Oli.  Nov.  Di 
6. 


Gen.  Fet.Jlar.  Apr.  Hag.Siug.Lug.  Ag.  SaH.  Ou.  Nov,  E 
3 


feb,  Mar.  Apr  Mag.Giug.  Lug.  Ag.  Set(.  Ott.  Nov,  Die. 


Gen.  Fel.  Mar.  Apr.  Mag.  3iug  Lug.  Ag.  Sett.  Ott.  Ncv  D 

5 


n.  Feb.  Mar.  Apr.  Mag.Giuglug.  Ag  Satt.  Ott.  Nov.  D: 


Geti.  Fek.Mar.  Apr.  Mag.Gmg.Lug.  Ag.  Sett.  Ott.  Noi?.  Die 

Gli  Autori  del.  Iil:.Ticcliiiiardià?erpaii.?ivia. 


Gsn  Feb.  Mar.  Apr.  Maa.ffiugLug.  Ag.  Sett.  Ott.  Kov.  Dio. 
Buscalioni  eTraverso -Evoluzione  del  fiore 


Atti  dell' l.st!bot"anico  Univ.  di  PcivinA'ol.X. 


Tav.XX^' 


Colori  dclléi  serie  xaatica  incorporati  adun  plastidio 
Stadio  dell  evoluzione  xantica 


Coloi-e  primordiale 
verde  cì«i  F illoiTii 
fi  orali 


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Gli  Autori  del. 


AutocianJne  dissoci/ite   bicu  e  violette 


Anhociaiiiiie  non  dissociate  i Aju\n.t .  ix):y->e  ) 
S  tacilo  dell  evoluzione   cianica. 


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Coloj- bianco 
Stadio  dell  hivolu7ione  cromatica  e  fioraie 


Foglie  verdi 


ve.    g.     1:1-      r        VI       bl.    br 


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5. 


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Iit.TacclmiaP(ii àferrari.Pró.  Buscahon;  e  iraverso -Evoluzione  dei  iiore 


Atti  dell' IstrBoVauico  Univ.  di  1  avin.Vol.X 


Tav.XXVJ 


Gli  Autori  del. 


lit.Taccliiiiaidi  iTerrariiìvia. 


Fili  e 


Atti  deiristr  holatiico  Univ  di  l*civK».Vol.X 


Tav.XXVll 


Modalità  del    ciclo  ontocicneMco  delle 
CORMOFITE    VASCOLARI 


I' Modali  té-  i  Isosporismo) 


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Considerai,  sull'oatogenid  delle  CorinoF- 


oriTioh  vasc. 


Ani  dell  Isl!  holanico  lliiiv.  di  l\ivi<i.\ol.  X 


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ATTI  DELL'ISTITUTO  BOTAMCO  DLLL' UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

Redutli  da  Giovanni  Bitiosi. 

Serie  II.  Volume  I. 

Seguito  dell'  Archivio   Trienncdc  ecc. 

I.  Rapporti,  rassegne  e  lettere  di  maggiore  importanza  (Briosi).     .     Pag.  i-i,xxvi 

II.  Esperienze  per  combattere  la  Peronospora  della  vite,  eseguile   nel- 

l'anno 188.5.   Relazione  a  S.  E.  il   Sig.  Ministro   di  Agricoltura, 

Industria  e  Commercio  (Briosi) „  1 

ni.         Iiitorn(]  ad  una  nialatria  dei  grappoli  dell'uva  (Baccaiinij  .     .     .     .     „         181 

IV.  Esperienze  per  combattere  la  Perouospora  della  vite,    eseguite  nel- 

l'anno  188H  (Seconda  serie)     Relazione  a  S.  E.  il  Sig.  Ministro 

di  Agricultuia,  Indiisttia  e  Commercio  (Briosi) „         189 

V.  Sulla  vera  causa  della  malattia  dei  grappoli  dell'uva,  ecc.  (Cavara*.     „         247 

VI.  Espeiienze  jier  combattere  la  Peroniispoia  della  vite,   eseguite  nel- 

l'anno  1887  (Terza  serie).  Relazione  a  S.  E.  il  Sig.  Ministro  di 
Agricoltura,  Industria  e  Commercio  (Briosi) „         251 

VII.  Rassegna  delle  priuciiiali  malattie  sviluppatesi  snlle  piante  culturali 

nell'auno  1887  delle  ijuali  si  èoccuiiato  il  Laborat.  Crittog.  (Briosi).  „  289 
Vili.      Intorno  al  disseccamento  dei  grap|)oli  della  vite,  l-'eyoiiosixiia  viticola, 

Coniotltyrinm  lHidodielìa  e  nuovi  anipelomiceti  italici  (Oavara).  „  293 

IX.  Muscbi  della  provincia  di  Pavia    Sei^onda  centuria  (Farneti)  .     .     .  „  325 

X.  Sul  fungo  clie  è  causa  del  Bitter-Rat  degli  americani  (Cavara)  .     .  „  3.Ò9 

XI.  Intorno  alle  sostanze  min.  nelle  foglie  delle  piante  sempreverdi  (Briosi).  „  363 

XII.  Appunti  di   patologia    vegetale.   Alcuni   fungili   parassiti    di    piante 

coltivate  iCavara) „         425 

XIII.  Espeiienze  jier  combattere  la  Perouospora  della  vite,  eseguite  nel- 

l'anno 1888   (Quarta  serie).   Relazione   a   S.  E    il    Sig.  Ministio 

di  Agricoltura.  Industria  e  Commeicio  (Briosi) „         487 

Serie  lì.  Voltime  II. 

I.  Cenno  sopra  Santo  Garovaglio  (Briosi) .  Pag.      iii 

II  Rapporti,  rassegne  e  lettele  di  maggiore  importanza  (Briosi).     .  „   ix-.xcu 

III  Contributo   allo    studio    dell'anatomia   comparata   delle    C.aunabinee 

(Briosi  e  Tognini) „  1 

IV.  Su  la  composizione  cliiiiiica  e  la  struttura  anatomica  del  frutto  del 

Pomodoro,  Liicojìcrsicttm  cscnìentum  Mill.  (Briosi  e  Gigli).     .     .  „  5 

V.  Per  dilendrrsi  dalla  Perouospora  della  vite  (Briosi) „  29 

\'I.         Ancora  sul  come  difendersi  dalla  Perono.-pura  (Briosii „  37 

VII.       Alcune  erborizzazioni  nella  valle  di  (iressmiey  (Briosi) „  ■!! 

Vili.      Intorno  alla  anatomia  delle  foglie    AnWEucalyiitiis  (jlohìdns   Labil., 

con  23  tavole  litiigr    (Briosi) „  ."17 

IX.  Sopra  il  percoiso  dei  fasci  libro-legnosi  primari  negli  organi  vegetativi 

i\&\  ÌMw  {Linuin  iisitatÌ!isiiimm\,.);  con  3  tav-  litogr.  (Tognini).  „  153 

X.  Musclii  della  prov.  di  Pavia.  Terza  centuria;  con  1  tav.  litogr.  (Farneti).  „  175 

XI.  Ciiiitribuzione  alla  Micoliigia  Lombarda:  con  L'  tav.  litogr    (Cavara).  „  207 

Serie  II.  Voltinie  IMI. 

r.            Cenno  sopra  Guglielmo  Gasparrini.  (Briosi) Pag.       ni 

II.  Rapporti,  rassegne  e  lettere  di  maggiore  importanza  (Briosi).     .     .  „  vii-xi.iv 

III.  Ricercbe  di  morfologia  ed  anatomia  sul  fiore  femminile  e  sul  frutto 

del  Castagno  (Castanea  ve.ica  Gaertn.)  (Tognini).          .     .     .     .  „              1 

IV.  Una  malattia  dei   liiuoni  (Trichose/itona   Aljiei  Cav.)  (Cavara)  .     .  „           37 

V.  Contribuzione  alla  micologia  toscana  (Tognini) „           45 

VI.  Muscbi  della  provincia  di  Pavia.  Quarta  centuria;  con   1   tav.  litogr. 

(Farneti) „           63 

VII.  SuU'iiirtueuza  di  atmosfere  ricche  di  biossido  di   caibonio    sopra    lo 

sviluppo  e  l'I  struttura  delle  foglie  (Montemartini) „           83 

Vili.      Intorno  alla  anatomia  della  canapa  (('annohis    satira  L.)  (Briosi  e 

Tognini)  —  Parte  prima.  Organi  sessuali  —  con   19  tav.  litogr.  „           91 

IX.  lutoriio  alla  morfologia  e  biologia  di  una  nuova  specie  di  "  Hi/nie- 

nngnufer,,  (Cavara) „         211 

X.  E|iaticologia  insubrica  (Farneti) ,         231 

XI.  Ulteriore  contribuzione  alla  micologia  lombarda  (Cavara)   .     .     .     .  „         313 

Serie  II.  Voluiiie  IV. 

I.  Cenno  sopra  Antonio  Scopidi  (Briosi) Pag.         i 

II,  Rassegne  Crittogainicbe  (Briosi) ,  v 

III        Relazione  sulle  esperienze  con  acetato  di  rame  contro  la  Peronospora 

(Briosi) „       XXIV 


IV.  Relazione  sulle  esperienze  pei  conjbatteie  il  Brusone  ilei  liso  (Ori/za 

saliva  L.)  (Briosi.  Alpe  Meuozzi) Pag.   xliv 

V.  Contribuzione   allo   sludio  ilella  organogenia   comparata    degli  stomi 

-    con  3  tav.  litografate  (Tognini) „  1 

VI.  Contributo  alla  ficologia  iiisubrica  (Moutemartiuii    ....,..„  43 

VII.  Contributo    alla    mortologia   ed    allo   sviluppo    degli   iilioblasti    delle 

Camelliee   -     con  2  tav.  litografate  (Cavala) „  61 

VIII.  Intorno   alla    anatomia    e   fisiologia     del   tessuto    assimilatole    delle 

piante  —  con  una  tav.  litografata  (Montemaitini) „  89 

IX.  Briologia  insubrica,  l.'contrib.  Musclii  della  prov.  di  Brescia  (Fariieti).     „         1!>9 

X.  La  iufezionr  peronosporica   nell'anno   189.5.  —   Relazione    a    S   V..  il 

Ministro  di  .\gricciltura,  Industria  e  Commercio  (Briosi).       .     .     „         14.5 

XI.  E.sperienze  per   combattere  la  Penjnospura  della   vite  coli' acetato  di 

rame  eseguite    nel    189.5.  —    Relazicjne    a    S.  E.  il  Ministro  di 
Agricoltura.  Industria  e  Commercio  (Briosi) „  149 

XII.  Intorno  alla    anatomia  della   canapa  (Cannabis   satira  L)  —  Parte 

seconda,  —  Organi  vegetativi  —  con  "-li  tav.  lit.  (Briosi  e  Tognini).     „         15.5 

Serie  li.  Volume  V. 

I.  Cenno  su  Carlo  Vittadiiii  (Briosi) Pag.       in 

II.  Rassegne  e  rapporti  (Briosi  i „  ix-xxvi 

III          Seconda  contriliu/.ioiie  alla  .Micologia  Toscana;  con  1  tav.  lit.  (Togiiini).  „              1 

IV.  Di  una  Ciperacea    lUKJVa  per   la   Fbjia  europea  [('i/perus  arislatus 

Rottb    var.    /:  e  eie  eie  ri  Cav.);  cnii   1  tav.  litografata  (Cavarai  .     .  „           23 

V.  Contribuzione  alla  Micologia  ligustica;  con   i   tav.  litogr.  (Pollacci).  „           29 

VI.  Ricercbe  di  Bri(dogia  paleontologica  nelle  torbe  del  sottosuolo  Pavese 

appartenenti  al  periodo  glaciale;  con   I   tav    litogr.  iFarneti).    .  ,           47 

VII.  Contributo    allo    studio    dell'  anatomia   del    frutto  e  del  seme  delle 

Opunzie;  con   1   tav.  litogr.  (Montemaitini)' „           fi9 

Vili.      Un  nuovo  micromicete  della  vite  {Aiireohasicìiinu  vitis  Viala  et  Boj'cr 

var    alìiiim);  con   1   tav.  litogr.  (.Moiitemartini) „           69 

IX.  Ricercbe  in  orno  all'accrescimento  delle  piante  (Moiitemartini)    .     .  „           75 

X.  Esperienze  per  combattere  la  l'eroiiosiiora  della  rito  coll'acetato  di 

rame  eseguite  nell'anno   18'iii  (Briosi) ,  145 

XI.  Rassegna  Criltcigam.  pei  mesi  d'Aiirile,  Maggio  e  Giugno  189<)  (Briosi).  „          159 

XII.  Rassegna  Crittogamica  jiei  mesi  di  Luglio  a  Novembre  1896  (Briosi).  „         175 

XIII.  Appunti    di    Patologia  vegetale.  (Fungili  nuovi,  parassiti  di   piante 

coltivate);  con    I    tav.   litogr.  (Pollacci) „         191 

XIV.  Intorno  ad  alcune  strutture  nucleaii;  con  2  tavole  litogr.  (Cavara).  „         199 

XV.  Cloroficee  di  Valtellina.    Secondo  coutiibuto  alla  Reologia  insubrica 

(Moiitemartini) „         249 

XVI.  Studi  sul  Tlie.   Ricercbe  intorno  allo  svilupiio  del  frutto  della  Thea 

cliinensis     Sims    coltivata  nel    R.  (irto  Botanico    di   Pavia;  con 

6  tavole  litogr    (Cavara)     . .     .     .  „         2*^5 

XVII.  Rassegna  Crittogamica  pei  mesi  d'.'Vprile,  Maggio  e  Giugno  1897  (Briosi).  „         327 

XVIII.  Rassegna  Ciittoganiica  pei  mesi  di  Luglio  a  Novi-mbre  lf^97  (Briosi).  „         311 

Serie  II.  Voliiiiie  VI. 

T.  Cenno  biografico  sopra  Giuseppe  Gibelli  (Briosi) Pag.       in 

II.  Rassegna  Crittogamica  per  l'anno   I8'IH  i Briosi) ,  ix 

III.  Relazione  generale  sull'operosità  della  R.  Stazione  di  Botanica  Crit- 

togamica di  Pavia  duiaiite  l'anno   Ih'^'-'  (Briosi) ,,      xxxiv 

IV.  Rassegna  Crittogamica  i^er  l'anno   1899  (Briosi) „    xxxvii 

V.  Relazione   geneiale  al  llinistero    di  Agricoltura,  Industria   e   Com- 

mercio sull'operosità  della  R.  Stazione  di  Botanica  Ciittogamica 

di   Pavia  durante  l'anno   189''  (Brio.si) „        i.viii 

VI.  Contriliuzione  allo  studio   del    iiassaggio  dalla   radice  al  fusto;  con 

2  tavole  litografate  (Moiitemartini) „  1 

VII.  Intorno  ai  metodi  <li  ricerca  microchimica  del  fosforo  nei  tessuti  ve- 

getali; con   I    tavola  cidorata  (Pollacci) •     •     ,.  '5 

Vili.      Seconda    contribuzione  allo    studio    del  passaggio    dalla    radice    al 

fusto  ;  con  4  tavole  litografate  (Montemartini) ,  23 

IX.  Intorno  alla  presenza  dell'aldeide  formica   nei   vegetali  (Pollacci)    .     „  45 

X.  Ricerche  sopra  la  struttura  delle  Melanconiee  e  i  loro  rapporti  cogli 

Ifomiceti  e  colle  Sferossidee;  con  2  tav.  lit.  (Montemartini).     .     ■     „  49 

XI.  Nuovi  materiali  per  la  micologia  lombarda  (Farneti) ,  95 

XII        Sull'embriogenià  ili  alcune   Solnnacee;    con  3  tavole  litografate  (da 

apiiunti  lasciati  dal  Dott.  F.  Togniiii) ,  109 

Xtll.  Aggiunte  alla  flora  pavese  e  ricercbe  sulla  sua  origine  (Farneti)  .  ,,  123 
XIV.      Il  biossido    di    zolfo    come    mezzo    conservatore  di   organi    vegetali 

(Pollacci) „         165 

Sci/tte  elenco  in  terza  paffitia  i'opertiita^ 


Serie  II.  Volume  VII. 

I.  Cenno  biografico  di  Giuseppe  Moretti  (Briosi) Pag.  m 

II.  Prefazione ,        T 

III.  Intorno  all'assimilazione   clorofilliana.   Memoria  con    6    figure  (PoUacci).    .     .      „        1 

IV.  Intorno    ad   una    nuova    malattia  delle  albicocche  —  Eczema    empetiginoso 

causato  dalla  Stigmina  Briosiana  n.  sp.,  con  1  tav.  litog.  (Farneti).    .     .       „      23 

V.  Intorno  alla  malattia  della  vite  nel  Caucaso  (Phi/salospora  n'vroniiiii  n.  sp.), 

con  1  tav.  litog.  (Mont emartini  e  Farneti) „      33 

VI.  Sopra  una  nuova  malattia    dell'erba   medica  (Pleosphaerulina  Briosiana  Poi- 

lacci),  con  1  tavola  litografata  (Pollacci) „       49 

VII.  Intorno  all'influenza   della   luce    sullo    sviluppo    degli    stomi   nei    cotiledoni 

(Ci.  B.  Traverso) „       55 

VIII.  Intorno    al    Boletus  Briosianus    Farn.  Nuova    ed   interessante    specie    d' Ime- 

nomicete  con  cripte  acquifere  e  clamidospore,  con  3  tav.  lit.  (Farneti)     .       ,,       65 

IX.  L'applicazione  delle  pellicole  di  collodio    allo    studio  di  alcuni  processi  fisio- 

logici nelle  piante  ed  in  particolar  modo  alla  traspirazione,  con  1  tavola 
litografata  (Buscalioni  e  Pollacci) „       82 

X.  Intorno  all'emissione  di    idrogeno  libero  e  di  idrogeno  carbonato  dalle  parti 

verdi  delle  piante.  Nota  preliminare  (Pollacci) ,,      97 

XI.  A  proposito  di  una  recensione  del  Sig    Czapek  del  mio  lavoro:  "Intorno  al- 

l'assimilazione clorofilliana,,  (Pollacci) 101 

XII.  Micologia  della  Lomellina.  Primo  contributo  (Magnaghi) „     105 

XIII.  Intorno  all'avvizzimento    dei   germogli  dei    gelsi.  Nota   preliminare  (Briosi  e 

Farneti) ,,123 

XIV.  Ulteriori  ricerche  sull'applicazione    delle    pellicole    di   collodio  allo  studio  di 

alcuni  processi  fisiologici  delle  piante  ed  in  particolar  modo  della  traspi- 
razione vegetale,  con  "2  tav.  litografate  (Buscalioni  e  Pollacci) ,,     127 

XV.  Del  miglior  modo  di  ordinare  le  cattedre   ambulanti  d'agricoltura  (Briosi)  .       ,,     171 

XVI.  Intorno  alla  malattia  designata    col   nome    di    Boncet    sviluppatasi  in  Sicilia 

sulle  viti  americane  (Briosi) ,,     181 

XVII.  Ricerche  di  botanica  applicata  —  Sulle  modificazioni  provocate  dai  processi 

di  mercerizzazione  nei  filati  di  cotone,  con  2  tav  litog.  (Buscalioni).    .     .       „     195 

XVIII.  Contributo    allo    studio    dell'anatomia   comparata  delle  Aristolochiaceae,  con 

5  tavole  (Montemartini) „     229 

XIX.  Intorno  allo  sviluppo  ed  al  polimorfismo  di  un  nuovo  micromicete  parassita, 

con  i  tavole  (Farneti) ,,  251 

XX.  Rassegna  crittogamica  per  l'anno  19(30  (marzo-luglio)  (Briosi) „  295 

XXI.  Rassegna  crittogamica  per  l'anno  1900  (agosto-dicembre)  (Briosi) „  305 

XXII.  Relazione  generale    suU'  operosità  della  R.  Stazione  di  botanica   crittogamica 

di  Pavia  durante  l'anno  1900  (Briosi) ,,    317 

XXIII.  La  Stazione  di  botanica  crittogamica   in    Italia.  Rapporto  a  S.  E.  il  Ministro 

d'Agricoltura,  Industria  e  Commercio  per  l'Esposizione  di  Parigi  (Briosi)  ,,  321 

XXIV.  Rassegna  crittogamica  per  l'anno  1901   (marzo-giugno).  (Briosi) „  330 

XXV.  Rassegna  crittogamica  per  l'anno  1901  (luglio-dicembre).  (Briosi) „  342 

XXVI.  Relazione  generale  sull'operosità  della  R.  Stazione    di    botanica  crittogamica 

durante  il  biennio  1900  e  1901  (Briosi) 352 

Serie  II.  Volume  VIII. 

I.  Cenno  biografico  di  Agostino  Bassi  (G   Briosi) Pag.   in 

II.  Prefazione XI 

III.  Intorno  all'assimilazione  clorofilliana  —  Ulteriori  ricerche  di  Fisiologia  vege- 

tale —  Memoria  II  —  con  3  tavole  (Gino  Pollacci) „        1 

IV.  Intorno    all'influenza    dell'umidità    sulla    formazione    e   sullo    sviluppo   degli 

stomi  nei  cotiledoni  (Giuditta  Mariani) „       6 

V.  Nuova  uredinea  parassita  delle  orchidee  (Uredo  aurantiaca  n.  sp.)  con  1  ta- 

vola (Luigi  Montemartini) ,      99 

VI.  Intorno  ad  un  nuovo  tipo  di  licheni  a  tallo  conìdifero,  che  vivono  sulla  vite, 

finora  ritenuti  per  funghi,  con  2  tavole  (G.  Briosi  e  R.  Farneti).     ...       „     103 

VII.  Contribuzione  allo  studio  della  micologia  ligustica  (Angelo  Magnaghi).    •    .      „    121 
Vili.     Le  antocianine  e  il  loro  significato   biologico  nelle  piante,  con  9  tav.   (Lnigi 

Buscalioni  e  Gino  Pollaceli „  135 

IX.  Le  volatiche  e  l'atrofia  dei  frutti  del  fico,  con  1  tavola  (Rodolfo  Farneti)     .  „  513 

X.  Rassegna  crittogamica  per  il  primo  semestre  dell'anno  1902  (G.   Briosi).   .     .  „  521 

XI.  Rassegna  crittogamica  per  il  secondo  semestre  dell'anno  1902  (G.  Briosi).     .  „  532 

XII.  Relazione    generale    e  riassuntiva    sull'operosità    della   Stazione    di   botanica 

crittogamica  di  Pavia  nell'  anno  1902  (G.  Briosi) „     543 


I  FUNGHI  PARASSITI 

DELLE  PIANTE  COLTIVATE  OD  UTILI 

ESSICCATI,  DELINEATI  E  DESCRITTI 
per  Giovanni  BRIOSI  e  Fridiano  CAVARA 


Sono  di  già  usciti  16  fascicoli  ed  un  altro  è  d'imminente  pubblicazione. 

Il  prezzo  per  le   poche   copie  complete  ancora  disponibili  è   di  L.   IO   per 
fascicolo. 

Per  l'acquisto  rivolgersi  al   prof.  Gio-v^Mixii   IBriosl,  Direttore 
deW  Istituto  Botanico  di  Paria. 


ATTI   DELL'ISTITUTO   BOTANICO 

DELL'UNIVERSITÀ  OrPAVIA 
IlEDATTI    DA    GIOVANNI    BRIOSI 


j     Volume  1»  con    0  tavole  litografate 188S.  —  Lire  20 

„  2»    ,     29       „  ,  ed  un  ritratto  1892.  —     ,      40 

\  ,  ?>"    ,     2(5       „  ,  ,         1894.-     ,      40 

Serie  II.    ,  „  5»    ,     1.Ó      „  ,  „         18i)8.-    „     35 


6"    ,1-'       .- 

T"    „     20       „ 
8"    ,10       , 


1900.  —  ,  3.5 
1902  —  ,  40 
1904.—    ,      40 


Sono  la  continuazione  doir.-lrr//('/(Vj   Trienìiale  diì  La/ioriilorio  CriUofjaimco 
<ii  Pavia.  _    ^, 

Per  l'acquisto  rivolgersi  alla  Dire/ione  dell'Istituto  Botanico  ofPavia. 


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AKCHIVIO  DEL  LABORATORIO  CRITTOGAMICO 

DI   PAVIA 
CON    IVIOLTE   TA.A'OLE 

Contione  molte  note  e  niomoric  specialmente  di  patologia  veiretaje  e  di  crit- 
togamia di  Garovaglio,  Gi belli,  A.  Cattaneo,  Pirotta,  Griffini,  ecc. 

Volume  I L.  30     1     Volume  IV L.  30 

Volume  II  e  III     .    .    .    .    „    30     ;     Volume  V ,10 


New   York   Botanica)   Garden   Library 


3  5185   00258   9214 


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