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ATTI
DELL
ISTITUTO BOTANICO
DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA
REDATTI DÀ
GIOVANNI BRIOSI
Professore di Botanica dell'Unmvebsità e Direttore dell'Istituto Botanico
E DELLA Stazione di Botanica Crittogamica (Laboratorio Crittogamico).
II Sekie
Volume Otaindicesimo
Parte Prima
Coìi 13 tavole litografale
e un ri/ratto.
Seguito deWArchivio Triennale
del Laboratorio di Botanica Crittogamica.
Victoria regia — Orto Botanico dì Pavia.
MILANO
TtPO-LIT. REBESCHINI DI TURATI E C.
1918.
Il
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ATTI
DELL
ISTITUTO BOTANICO
DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA
REDATTI DA
GIOVANNI BRIOSI
Professore di Botanica dell'Università e Direttore dell'Istituto Botanico
E DELLA Stazione di Botanica Crittogamica (Laboratorio Crittogamico).
II Serie
Volume Quindicesimo
Partk Prima
Con 13 tavole lifof/rafate
e tiìi ritratto.
Seguito àeWArchioio Triennale
del Laboratorio di Botanica Crittogamica.
Victoria regia — Orto Botanico di Pavia.
MILANO
TIPO-LIT. REBESCHINI DI TURATI E C.
1918.
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ISTITUTO BOTANICO DELL.V K. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LAHOUATOUIO CRITTOGAMICO ri'AI.IANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI
CENNO
SOPRA
ABRAMO BARTOLOMEO MASSALONGO
{Con ritratto).
La simpatica figura di un grande naturalista, d'uu naturalista nato
coll'entusiasmo nell'animo per tutto quanto di bello offie natura, orna la
fronte di questa prima parte del quindicesimo volume degli Atti dell' Isti-
tuto Botanico di Pavia.
Ed è riramagiiie non solo di uno scienziato insigne, ma altresì di
un patriota vero, serio, ardente che tutte le sue forze, ed eran molte,
volse ad onorare l'Italia nel senso più elevato e puro '.
Ebbe vita breve che si spezzò nel momento culminante dell'atti-
vità produttiva, (juaudo maggiori e più eccelsi ne sarebbero stati i frutti.
Non pertanto diede tal somma di opere che la scienza deve ama-,
raraente rimpiangere che egli abbia chiusa la sua giornata avanti sera.
Mori appena raggiunto il trentaseiesimo anno d'età, sicché la sua
produzione scientifica è il frutto di dieci anni appena di lavoro o poco
' Quando mori iiell'aiUKJ IHGO a Verona dominava ancora Io straniero; ciò non
gli impedi (ed a farlo ci voleva coraggio) di scrivere nel suo testamento (citato
da Cornalia e da Pomello), di non aver odialo mai nessuna cosa al mondo all'in-
fuori dell'oppressore della sua patria; e, dopo aver dato precetti ai figli di con-
servarsi sempre puri d'ogni viltà, aggiunge che: se un giorno per bisoijno fossero
costretti a rendere la sua raccolta di f >.ssili {■px-eziosiasìmn), essa renisse prima d'ogni
altro offerta al He d'Italia e mai in nessun caso fosse posta ore l' .Austria imperasse.
Atti deiriat. Bot. deirUnivereilà di Pavia — Serie II — Voi. XV.
IV —
più, mentre è tale che basterebbe ad onorare una lunga e laboriosissima
vita di vegliardo.
Non è mio pensiero di tesserne qui la biografia, cosa già, fatta da
altri con amore e competenza particolari ' ; il presente breve cenno deve
unicamente offrire una modesta illustrazione del ritratto che riproduco
e che ebbi per gentilezza del suo figliolo, il professore Caro, egli pure
distintissimo cultore di Scienze Naturali. ^
Abramo Bartolomeo Massalongo nacque nell'anno 1824 a Tre»
gnago, ameno paesotio posto in Valle di Proguo o d'Illasi su quel di
Verona.
Si laureò per esigenze di famiglia dottore in legge a Padova, ma
ben presto abbandonò il diritto e le pandette che non gli andavano per
dedicarsi interamente allo studio delle Scienze Naturali al quale lo chia-
mava un irresistibile bisogno dell'anima.
Dotato di una volontà ferrea, di una attività fenomenale, di una
curiosità quasi ansiosa per lo studio e le ricerche scientifiche, non co-
' Di lui scrissero:
Roii. De-Visiant, Della vita scientifica del doti, lìartoloiiieo Ahniiiio Massa-
lonr/o; con ritratto; nell'Istituto Veneto, 17 febbraio 1801.
E. Coknalia, Sulla vita e sulle opere di Abramo Massalongo; Cenni; Atti
Società Ital. di Scienze Natur., Voi. II. Milano, 1860.
Kke.mpblhubek a. V., Das ivissenschaftliche I.eben des dr. A!ir(diain /lar-
tolomaeus Massalongo za Verona, gesrh/ldert r. li. De-Visiani zu l'adiia. E la
traduzione in tedesco della vita scritta dal De-Visiaui, alla quale il Kreniiielhuber
fa precedere vma breve introduzione (Vcrhandliingcn d. /.■. le. zoolog. Ilota n/f:clien
Gesellschaft in Wien, 1868).
Manganotti a., Elogio del prof. A. Massalongo; Accad. Agric. Arti e Com-
niei-cio di Verona, 1885.
Pomello A., Abramo Massalongo naturalista: — Verona, 1894.
AuN'OLu F., Un brere cenno su Nylander W. e su Massalongo: d'ambo i
quali pubblica anche i ritratti; Mlìnchen, 1899.
Sacc.\edo P. a., La Botanica in Italia; Venezia, 1895.
Saccaiìdo P. a., Della istoria e della Plora Veneta, ove dà alcuni cenni bio-
grafici del Massalongo.
Forti A., Appunti biografici. Verona, 1910.
Senoner a., Prof. Doti. A. B. Massalongo. Etne biografisehe Sìiizse, in
Oest. Bot. Zeitschr. Anno XI, N. 8, Wien,. 1861.
Di questi i più importanti sono quelli del De-Visiani e del Cornalia noncliè
quello del Manganotti.
2 Cai'o Massalongo ò autore di parecchie opere botaniche assai pregiate; at-
tualmente trovasi professore all'Università di Ferrara, ove vi occupa da anni la
Cattedra di Botanica con onore.
— V —
nosceva uè ostacoli, né sacrifici, né patimenti pur di arrivare a scoprire
le leggi clie regolano natura ed i misteri nei quali essa si avvolge '.
Giovanissimo ancora, nonostante fosse di natura gracile e di mal-
ferma salnte, si diede a percorrere a palmo a palmo in tutti i sensi,
di roccia in roccia, i suoi monti ed a frugarne le frequenti, profonde,
difficili e paurose caverne ove non ancora essere umano aveva posto
piede, per ricercarvi gli avanzi fossili dei primordi della vita nel mondo,
avanzi fossili ciie ci rivelano la storia della nostra terra quando in
essa l'uomo non era ancora apparso.
Nel 1850 vede la luce il primo frutto dei suoi studi: Schizzo geo-
gnostico della Valle dì Piogno o Torrente d'IUasi, con un saggio sopra la
Flora Primordiale del Monte Bolca, nel quale dà la descrizione geogno-
stica della sua Valle e dei fossili da lui rinvenuti sul Monte Bolca ed
altresì di un gran numero di piante raccoltevi.
Questa pubblicazione fu la prima di una lunga serie che segui di
poi rapidamente su svariati argomenti ed iniziò quelle sue numerosis-
sime ricerciie paleontologiche e lichenologiche che tante preziose sco-
perte dovevano fruttare alla scienza.
Sommano a parecchie decine le pubblicazioni del Massalongo e si
estendono a differenti e svariati rami di scienza. Fra esse eccellono in
modo particolare per numero ed importanza quelle rivolte allo studio
dei licheni e dei resti fossili degli organismi, che un tempo vissero sulla
' Narra A. Pomello (op. cit.) fra l'altro: che nella Spelonca della Carenxi
Spif/old in lìadia Calavena, ove nessuno mai aveva ardito di eiifrare, il giovane
Massalongo si fece calare da quattro robusti ss imi colligiani a messo di un gerla
sospeso da funi, nel quale egli impavido e sorridente stava in piedi con in mano
una lanterna accesa. La difficile discesa cominciò sema incidenti, ma ad un certo
punto le funi attortigliandosi fecero dapprima inclinare e poi rovesciare il gerlo:
i quattro nomini sentirono un cupo rumore e presaghi d'una sventura, tutti spa-
ventati, risolsero di ritentare la prova con maggior precauzione ed uno di loro fu
calato nel precipizio per vedere che cosa era seguito del Massalongo il quale for-
tunatamente, eccetto molta jmura, non si era fatto alcun mede, inquantochè il ro-
vesciamento del gerlo accadde a breve distanza dal fondo della Spelonca.
Pivi oltre: Un'altra volta il Massalongo era entrato in una caverna nella quale
si accedeva p)er un lungo ed aìigusto corridoio formato dalla natura e mentre egli
usciva un macigno staccatosi improvvisamente dalla volta, venne a chiudere l'uscita.
Volle fortuna che il macigno cade.'ise fra lui ed un cane che lo seguiva, altrimenti
invece di quella povera bestia, sarebbe rimasto se.j)]>ellito nella caverna il Massalongo.
— VI —
terra e delle relazioni che corrono fra essi e le forme di quelli che
tuttora continuano a vivervi.
Riporto più oltre l'elenco delle sue pubblicazioni che ritengo completo
perchè ad allestirlo mi venne in aiuto il figliolo suo (sopra nominato).
Un'occhiata ad esso più d'ogni altra cosa può dare un'idea della
straordinaria operosità, delle vaste cognizioni e del grande valore di
un tal uomo.
Prenderle in esame una per una mi condurrebbe troppo oltre, ed
eccederebbe lo scopo mio; del resto è lavoro già fatto da altri con tale
amore e cura, e così grande competenza che io nulla saprei aggiungere.
Chi ne abbia vaghezza legga il Cornalia (op. cit.) che del Massa-
longo scrisse con ammirazione piena di affetto, ed il De-Visiani (op. cit.)
che del Jlassalongo fu maestro, collaboratore ed amico; nonché il Man-
ganotti (op. cit.).
Non sarebbe cosa facile annoverare tutti i preziosi frutti che egli
raccolse dalle sue ricerche; nel solo opuscoletto Sui fossili vegetali piii
rari del terreno terziario veneto, dice il Cornalia, che il Massalonyo fé co-
noscere tali scoperte che la mente ne resta confusa.
Si contano a decine per esempio i generi nuovi e le nuove specie
dal Massalongo rinvenute e descritte, e la massima parte di queste nuove
forme egli stesso le disegnò in tavole stupende.
Investigò ed illustrò in modo splendido la Flora fossile dei ter-
reni terziari, specie del Veronese, del Vicentino e del bacino Sinigal-
liese, che dimostrò essere un estuario ove si mescolarono prodotti di
mare e di terra, ed ove scopri una straordinaria ricchezza di foi-me
fossili d'animali e vegetali, ora in gran parte scomparsi.
Del quale interessantissimo bacino lo studio geologico stratigrafico
venne fatto da un altro illustre italiano, dallo Scarabelli di Imola.
Allestì collezioni di fossili così ricche ed interessanti e di tale va-
lore scientifico che dai paesi più lontani convenivano a Verona paleon-
tologi e botanici italiani e stranieri per ammiraile e studiarle.
Non solo di licheni e di forme fossili ma altresì di piante vive, e
di molti altri argomenti egli si occupò, poiché il Massalongo era un
lavoratore di forza portentosa, di un intuito naturalistico classificatore
straordinario e distinguevasi (dice De-Visiani) per esattezza di metodo,
— VII —
accuratezza di desciizioui, felicità di ravvicinamenti e di confronti.
Aveva occhio indagatore a cui nulla sfuggiva e nelle sue ricerche mo-
stra tanta erudizione e tale profondità di vedute che, dice il Cornalia,
pongono il Massalongo fra i maestri della scienza più unico che caro.
Un suo necrologo arrivò ad affermare che la morte del Massalongo
era stata una sventura della patria perchè l'Italia perdeva in lui un
figlio che ai di Lei piedi aveva di già recato il tributo di molte corone
degne di sì gran madre.
E quest'uomo ebbe ricompense ben modeste e fece una ben povera
carriera, punto proporzionata ai suoi meriti altissimi. Da prima fu chia-
mato ad insegnare come semplice supplente le Scienze Naturali nel
Ginnasio di Padova, di poi in quello di Verona ; oltre non andò il cam-
mino scientifico suo.
Ciò per certo torna a disdoro di coloro che governavano allora e do-
minavano sulla patria nostra, i quali avrebbero dovuto ben altrimenti
rimunerare tanto merito, e di ben altri mezzi alimentare un tanto in-
gegno.
Ma il governo era straniero, onde si comprende come non fosse
proclive a favorire gli italiani operosi ed insigni.
Del resto talora la fatalità i migliori perseguita, poiché fatti simili
avvengono (non è inutile dirlo) anche al presente, nonostante che su noi
più non gravi dominazione forestiera.
Anche oggidì pur troppo avviene qualche volta che giovani valen-
tissimi che fanno onore alla patria e ne portano fuori il nome, non siano
punto apprezzati e si lascino invecchiare (se lo scoramento e l'eccessivo
ed angoscioso lavoro non li uccidono) fra stenti e manchevolezze ma-
teriali, e, quel che è peggio, fra dolori morali di ogni genere coll'av-
vilirli ed umiliarli tenendoli in posti inferiori, e posponendoli a persone
di minore valore.
Per fortuna ora questo avviene con meno frequenza di un tempo,
ma anche oggidì guai a chi ha la disgrazia d' incontrarsi in pigri o
noncuranti, oppure in mediocri od invidiosi, i quali se poco sanno e
sentono, molto presumono e temono, e sono tenacissimi nel sostenere
le loro idee ed i propri interessi.
— Vili —
E, cosa sconfortante, questi valorosi che la inala fortuna perseguita
non trovano spesso valido aiuto nemmeno in coloro cui incomberebbe
stretto dovere di sostenerli e difendere; il che ognuno dovrebbe, poiché
l'avversare chi alla scienza dà seiio impulso, od il non sostenerlo che
torna ad uno, vai quanto far sciupo delle migliori energie del paese; un
vero delitto di lesa patria.
E come, virtù viva spreziam, lodiamo estinta, così se poche furono
le ricompense che il Massaloiigo ebbe in vita, molti furono invece gli
onoii che, dopo morto, a lui furono tributati tanto in Italia che fuori.
La piazza maggiore del suo paese fu intitolata al suo nome.
Nel grandioso Museo di Storia Naturale di Londra una sala posta
accanto a quella di Agassiz gli fu dedicata e porta il nome di Abramo
Massalongo.
A Verona da lui fu nomata una delle Scuole elementari.
Un suo busto in marmo fu posto nella loggia degli uomini iliu.stri
in Piazza dei Signori a Verona.
Un altro busto venne collocato nelle sale dell'Accademia d'Agri-
coltura, Scienze, Arti e Commercio pure a Verona con questa epigrafe:
ABRAHAMO MASSALONGO. - Sacri et Civilis JuWs Doctori - Celerrimo
ingenio - Iiicitatì.ssimo pliy-siogrupliiae studio - Laboi'iosis operibus, Doctis In-
ventis - Ante annos Posteritatem Adsequuto - Paleontologiae et Lichenologiae
- In Italia Principi - Inter celebriora Eruditorum Enropae Collegia - Perbono-
rifice cooptato - Yeronae Suae et Italici nominis Cupidissimo - Accademia Agraria
- Virtutis Honorandae Causa — Au. MDCCCI.XI.
Nel Panteon degli uomini illustri del Cimitero Monumentale di Ve-
rona leggesi la lapide seguente:
ABRAMO MASSALONGO - Vissuto solo trentasei anni - Fra naturalisti In-
sigije - Dei fossili Veneti e Senegalliesi - Acutissimo illustratore - Dello studio
sistematico dei Licbeni - Instaiu'atore sapiente = Intelletto aperto ai bisogni -
Cuore sensibile ai dolori dell'età sua - Fremente amor di jiatria - Salutò la par-
tenza dei mille ma non ne potè salutare la vittoria.
Era membro di parecchie Accademie scientifiche, nostrane ed estere.
Nelle solennità pubbliche (mi scrisse il figlio), in quella del Corpus Do-
mini per esempio, che .sotto l'Austria era celebrata con grande pompa
— IX —
e coH'iiit'^rvento delle truppe e delle rappresentanze governative, il
Massalongo aveva il posto d'onore avanti a tutte le autorità pel sem-
plice fatto che era membro deW Accadetnia detta dei Quaranta scienziati
italiani.
I tempi sono ora mutati! Alla scienza più non si tributa tanta am-
mirazione, né per essa si ha tanto rispetto. Invero ])er 1' addietro lo
scienziato era ricompensato, parte in danaro, parte con alta stima e
considerazione; oggidì la ricompensa morale, tanto preziosa, è, fra noi
almeno, quasi nulla.
Al Massalongo fu dal doti. Martinati dedicata una nuova conchi-
glia, VAnomonta Massalongiana, e dal Koerber un nuovo genere di li-
cheni, il Massalongia, genere die tuttora si sostiene; l'Heckel da lui
denominò una nuova specie di pesce fossile, il Gerres Massalongi.
Giovanni Briosi.
Pavia, Istituto Botanico, marzo 1918.
XI
PUBBLICAZIONI
del Dott. ABRAMO BARTOLOMEO MASSALONGO
I. - PALEONTOLOGIA E GEOLOGL\.
1. — Memorie sulla rugiada. Atti Accademia d'Arti e Commercio di
Verona, 1847.
2. — Schizzo geognostico lìella Valle del Progiio o torrente d'Illasi,
con un saggio soprala Flora Primordiale del Monte lìolca;
Verona, 1850.
3. — Schizzo geognoslico sulla Valle del Pregno o torrente d'Illasi dal-
l'Adige al Tirolo; in Collettore dell'Adige, anno I ; Verona, 1850.
4. — Osteologia degli Orsi fossili del Veronese, con un saggio sopra
le principali caverne del distretto di Tregnago, in fol. con
4 tavole; in Natiirivissenscfi. Aòliand., IV Abtli.; Wien, 1850.
5. — Sopra le piante fossili dei terreni terziarii del Vicentino. Osser-
vazioni; Padova, 1851, con 13 tavole lit. Contiene anche uno
studio sulla flora antica del Dolca, con un proxpetto di tutte le piante
fossili fino allora conosciute esistenti nei terreni terziari di rarie parti
(l'Europa. Vi sono aniioverats 74 specie di piante fossili in 47 generi
e 29 famiglie.
6. — Sapindacearum fossilium Mouographia, con tab. VI; Verona, 1851,
7. — Conspectus Florae tertiariae orbis primaevi; Patavii, 1852.
8. — Nota sopra due frutti fossili del bacino lignitico di Leffe nel Ber-
gamasco; con tav., in Nuovi Annali Se. Nat. di Bologna, 1852.
9. — Synopsis palmarum fossilium; in Beilàge aus Lotos.Vràgà, 1852,
Ore (Icsci-ire 10 palme nuore oltre alle conosciute.
10. — De graraineis in statu fos.sili; brevis coramentatio, con tav.; in
Flora, n. 9, anno 1852.
11. — Breve rivista dei frutti fossili di Noce fino ad ora conosciuti e
de.scrizione di alcune nuove specie, con tav.; Verona, 1852;
in Ann. ò'cjcjjc. Nat. di Bologna, 1853.
— XII —
12. Pliiitae Fossiles novae in formationibus tertiariis Regni Veneti
nuper inventae; Verona, 1853.
13. — Sopra un nuovo genere di Pamlanee fossili della provincia Ve-
ronese; dissertazione, con 4 tav. ; Verona, 1853.
14. — Descrizione di alcune piante fossili terziarie dell'Italia meridio-
nale, con 2 tav.; in Nuovi Ann. Scien. Nat. di Bologna, Ser. Ili,
Tom. Vili; Bologna, 1853.
15. — Sopra una pianta fossile della provincia Bolognese; lettera al
cliiariss. geologo G. Scarabelli d'Imola, con tav.; in Ann-
Se. Nat.; Bologna, 1853.
16. — Synopsis plantarum florae tertiariae Novarensis (in collaborazione
di U. ile Viaiaiil:): in Flora, n. 8; Regensbuig, 1854.
17. — Monografia delle Dombeyacee fossili sino ad ora conosi;iute, con
tav.; Verona, 1854.
18. — Prodromus Florae fossilissenegalliensis, con4 tav.: in htit. Lornb.
Se. Leti, ed Arti, nuova ser., Tom. I; Milano, 1854.
19. — Enumerazione delle piante fossili mioceni fino ad ora conosciute
in Italia; Verona, 1855.
20. — Monografia delle Nereidi fossili del Monte Bolca, con 6 tav.;
Verona, 1855.
21. — Descrizione di alcune piante fossili terziarie dell'Italia meridio-
nale, con 2 tav.; in Ann. Se. Nat.; Bologna, 1855, Ser. Ili,
Tom. Vili.
22. — Zoopliycos novnm genus plantarum fossilium, con 3 tav.; Ve-
rona, 1855.
23. — Descrizione di alcuni Fuchi fossili del Monte Spilecco nella pro-
vincia Veronese, con 6 tav.; in Rivista periodica dei lavori
dell' Aec. Se. Lett. ed Arti di Padova, anno 1855-56.
24. — Studii paleontologici, con 7 tav.; in Programma del Ginnasio li-
ceale di Verona, 1856.
25. — Sulle ligniti della Valle dei Tessari, lettera diretta a Mot del-
l'/è/s; in Gazz. Uff. di Verona, anno II, n. 78; Verona-Mi-
lano, 1856.
26. — Studi sopra alcune torbe veronesi [i» collaborazione di .{. MaiKja-
notti, a. Leiioiti, e a. Tonini ì; Verona, 1856,
— XIII —
27. — Flora fossile dei terreni terziarii di Novale nel Vicentino, con
13 tav. : in Mein. Accad. Se. di Torino, 1856 lin collaborazione di
li. de Visiaìiij.
28. — Sulle pseudoligiiiti di f'ampiano nella provincia Veroiinse in
Notizie Se. LpU. ed Artistiche ieWlbis, ann. I: Verona, 1857.
29. — Reliquie della Flora cretacea della provincia Veronese: in No
tizie Se. Leti, ed Artistiche dell'/i/s, Verona, 1857.
30. — I ge.ssi della provincia Veronese; nuova scoperta di piante fossili
nella provincia Veronese; nuove cave di lignite della pro-
vincia Verone.se; in Notizie Se. Lett. ed Artistiche ieW'Iòis;
Verona. 1857.
31. — Sulla flora fossile di Sinigaglia, lettera al cliiar. Sig. G. Scara-
belli; Verona, 1857.
32. — Flora fossile del monte Colia nella provincia Veronese, con 8 tav.:
in Mem. It-t. Venet. Se. Lett ed Arti. Voi. VI; Venezia, 1857.
33. — Vorlàufige Nacliriclit iiber die neuren paleontologischen p]ntdeck-
ungen am Monte Bolca (durch giitige Mittheil des Herrn
Prof. F. Roemerj, anno 1858.
34. — Sulle piante fossili di Zovencedo e dei Vegroni. Lettera al pro-
fessore R. de Visiani; Verona, 1858.
35. — Palaeophyta rariora forinationis tertiariae Agri Veneti; in Atti
Istit. Venet. Se. Lett. ed Arti. Voi. Ili, Ser. Ili; Verona, 1858.
36. — Synopsis Florae Fossilis Senegalliensis; Veronae, 1858.
37. — Reliquie della Flora fossile del Monte Pastello nella provincia
Veronese, con 8 tav.: in Alti Istit. Venet. Se. Lett. ed Arti,
Disp. Ili, Tom. Ili, Serie III; Venezia, 1858.
38. — Monografìa del genere Silphidium, con 7 tav.: in Mem. Soc. Ital.
di Modena, Ser. II, Tom. I; Modena, 1858.
39. — Syllabus plantarum fossilium hncusque in fonnationibus tertiariis
Agri Veneti detectarum; Veronae, 1859.
40. — Studii sulla Flora fossile e Geologia stratigrafica del Sinigal-
liese, in Fol., con 45 tav. (iii collabomziuiic di G. Scarabelli'-.
Imola, 1859 La parte I Geologia stratigrafica è dello Scara-
belli ; la parte II Fiora fossile, die costituisce la massima
parte dell'opera, devesi al Massalongo. À" un'opera ,ii yrau kìin;
fra l'altro in es.ia </' descriiviio molli fnnyhi fossili inicroscopici.
— XIV —
41. Specimen pUotographicuni aniraaliuin quorundam, plantarumqiie
fossilium; in fol., con 40 tav. photogr.; Verona, 1859. n ''■xi"
i' scritto in italiano ed in latino. Vi sono rappresentate le immagini
di 2 specie di serpi, di 12 pesci e di 39 piante, ecc.
42. -- Miisaceanini palmai'umque fossilium montis Vegioiii provine. Ve-
ronensi.s, con 11 tab.: in Mem. Istit. Veiiet. Se. Leti, ed Arti.
Voi. IX; Venetiis, 1861.
II. - LICHENOLOGIA.
43. - Nota sulla Lecidea bolcana di C. Pollini: nel Collettore dell'Adige
Anno ], n. 5; Verona, 1851.
44. — Animadversio in Lecideam Bolcanam Cyrii Pollini: in Nuovi Ann.
Se. Nat.; Bologna, 1852. Riprodotto anche in Flora.
45. — Synopsis Lichenum Blastenisporovuni: in Flora, 1852.
46. — Sporodictyon novum liclienum genus, con tav.; in Flora; Regens-
bnrg, 1852. Kipiodotto senza tavola anche ìu Kiiori .Inn. Se. Nat.;
Bologna, 1862.
47. — Sui generi Dirina e i)/r/«o/;.s!s, osservazioni, con 4 tav.: in Mit-
theil. Bevicliten zool.-bot. Ver.; Wien, 1852.
48. — Ricerche sull'autonomia dei licheni crostosi e materiali della loro
naturale ordinazione; Verona, 1852. Con 400 fig., in 62 tav.
litogr. DjW autore stesso diseynafe, ove sono descritti (!'.) i/cncri di li-
cheni, dei (inali '22 nuovi, compreniìenti piti di 400 s/iec/e.
49. — Amplioritlium novtim lichenum genus, con tab. color. : in Atti Istit.
Venet. Se. Lett. ed Arti, T!om. Ili, Ser. II ; Venezia, 1853.
Jlipi-oilotto iiiiclio in Flora, 1852, n. '.Mi, ma senza tavola.
50. ~ Sulla Lecidea Hookeri di Sehaerer, con tav.; Verona, 1853.
51. — Osservazioni sopra i due ultimi fascicoli di licheni (Lich. helv.
exsicc, fase. XXV-XXVI), pubblicati dallo Sehaerer nel 1852,
con tav.: in Nuovi Ann. Se. Nat. di Bologna, 1853.
52. - Liciienes italici exsiccati, Voi. I-X; n. 1-360; Verona, 1855-56.
.V. /)'. - Questi ticlieni esistono in i/nasi tutti gli Istituti e Musei llo-
tanici del mondo e sono ormai rarissimi.
53. — Alcuni generi di licheni nuovamente limitati e descritti ; Ve-
rona, 1853.
54. — Memorie lichenografiche con un'appendice alle ricerche sull'au-
lonomia dei licheni crostosi, con 29 tav.; Verona, 1853.
— XV —
55. — Monografia dei Liclieni Blasteniospori, con 26 fig. : in Atti Istit.
Venet. Se. Leti, ed Arti, Tom. Ili, Ser. II; Venezia, 1853,
con 6 tavole o L'i! fii/iirc iln/l'aiifore sfesuo d/scyiinfe, ovedescr/ue in ó
generi più che (>0 fra specie e rarietà.
56. _ Geneacaena Lichenuni uoviter proposita et descripta; Veronae,
1854.
57_ _ Neageua Lichenum; Veronae, 1854.
58. — Svmmicta Lichenum uovorum vel minus cognitoium; Veronae,
1855.
59. — Frammenti lichenografici; Verona, 1855.
60. — Summa animadversionum quas fecit A. Massalongo: in duos post-
remos fasciculos Lichenum Helveticorura, Editos a L. E.
Schaerer (fase. 25 26); Veronae, 1855.
61. Schedulae criticae in Licheues exsiccatos Italiae; in fol.; Ve-
ronae, 1855-56.
62. — Licheni Italici exsiccati, Voi. I-X; Veionae, 1855-56. Vedi n. 52.
63. — Miscellanea lichenologica {estratto dal rotarne piibbl/culo in occasione
delle nozze Bizio-Pazienti i: Veroua-Milano, 1856.
64. — De Thammolia genere lichenum nondum xite definito; breye
commentario: in Flora, n. 15, anno 1856.
65. — Sertulum lichenologicum: in Lo/os, Jahrg. VI, Prag. 1856.
66. — De nonnullis CoUemaceis ex tribù Omphalariearum brevissima
commeutatio: in Flora, n. 14, anno 1856.
67. _ Genera Lichenum aliquot nova proponit et describit: in Flora,
n. 18-19, anno 1866.
68. — Descrizione di alcuni licheni nuovi, con 5 tav. col : in Atti Istit.
Venet. Se. Leti, ed Arti, Tom. II, ser. Ili; Venezia, 1856-57.
69. — Sulla Chrìjsothrix Nolitangere M.ont., con tav. color.: in Atti Istit.
Venet. Se Leti, ed Arti, Voi. V, ser. Ili; Venezia, 1860.
70. — Esame comparativo di alcuni generi di licheni: in Atti Istit.
Venet. Se Lett. ed Arti, Voi. V, ser. Ili; Venezia, 1860.
71. _ Oatagraphia nonnuUarum Graphidearum brasiliensium, con 4 tab.:
in Verhandl. zool. hot. Gesellsch.; Wien, Jahrg. 1860.
72. — Liclienes Capenses quos collegit in itinere 1857-58, Dott. Wawra,
con 8 tab. col.: in Mem. Istit. Venet. Se Lett. ed Arti, voi. X;
Venezia, 1861.
XVI —
73. — Sopra tre liclieni della Nuova Zelanda, osservazioni, con 3 tav.
col.; Mosquae, 1863.
IH. - VARIA.
74. — Sorgente del Mauder; Verona, 1849.
7.5. — Sopra un nuovo genere di rettili della provincia padovana, con
tav.; Verona, 18.53,
7G. — Corrispondenza dell' /6js: Sopra l'origine probabile degli esseri
organizzati attuali delle Isole Azorre, Madera e Canarie;
lettera del prof. 0. Heer di Zurigo al prof. A. De C^ndoUe
(traduzione di Reivaz, pseudonimo di A. Massalongo). Estratto
dalla Specola d' Italia, anno I, n. 27).
77. — Corrispondenza àéWlbis: lettera del prof. 0. Heer di Zurigo al
sig. C. Lyell (traduzione di Reivaz, pseud. di A. Massa-
longo. Gazzetta Unciale di Verona, anno II, n. 324).
78. — Risposta alla lettera del cliiariss. prof. T. Catullo diretta al pro-
fessore E. G. Bronn di Eidelberga: in Collettore dell' Adige ;
tip. Antonelli; Verona, 1853.
79. — Brevi commenti ad un fallo di frontispizio :'so/io il jisnìnìoiiimo di
F/s/ofiio Medoacenae) : Vicenza, 1854.
80. — Saggio di erpetologia popolare veronese: tip. G. Antonelli; Ve-
rona, 1854.
81 — De Cryptogamis nonnuUis novis Agri Veronensis, con tMV. : in
Flora, n. 16; Regensburg, 1855.
82. — Nemacola novum genus Byssacearum, con fig. : in i?'/om; ibidem,
1855.
83. — De vita et studiis Aloysii Menegazzi, Coramentarium ; Veronae,
1855.
84. - - Sopra l'esistenza dell'arsenico nelle acque minerali: in Istit- Se.
Lett. ed Arti, voi. II, ser. III. Relazione della Giunta per la
monografia delle acque minerali del Veneto {in coiiaborasione
di A. Pasienfi, P. PimneUo e G. Bigio); Venezia, 1857.
85. — Sopra l'arsenico nell'acqua ferruginosa di Civillina. Relazione
(in collaborazione di A. Pasienti, P. Pisanello e G. Bigio): in Atti
Istit. Venet. Se. Lett. ed Arti, voi. II, ser. Ili; Venezia, 1857.
— xvn —
8t^. — I miti ed i simboli delle piante presso i greci ed i romani (sotto
il pseudonimo di Reivaz dell'iA/s): in Gazzetta Ufficiale di
Ferowa, anno III; Verona-Milano, 1857.
87. — Catalogo dei rettili delle provincie Venete: in Atti Istit. Veneto,
voi. IV (ofi- iiiiiìocertc 'JS dirt'.r.se specie e molti', rm-ii'tii in piirir
iiKorc. roìi 19 i/eiiei-i): Venezia, 1859.
88. — Elenco dei molluschi terrestri e fluviali fino ad ora conoscinti
nelle provincie venete: in Atti Istit. Veneto.
89. -- Brevi notizie storico-statistiche sul Monte Bolca (sotto il pseu-
donimo di Reivaz dell' iè/s): in Gazzetta Ufficiale di Veroìia,
anno II, n. 97.
XIX
INDICE DEL PRESENTE VOLUME
Cenno sopra Al)i'amo Bartolomeo Massalongo, con ritratto (G. Briosi) Pag. ili
Prefazione » xxi
Sulla nutrizione e riproduzione nelle piante. Parte ni-vi, con tre ta-
vole (.x-xil) (L. Monteniartini) » 3
La Moria dei castagni (Mal dell'Inchiostro). Osservazioni critiche ad
una Nota dei signori Griffon e Maublanc (G. Briosi e R. Farneti | » 43
Aggiunte alla Flora Ticinese (G. PoUacoi) » 53
Sull'origine e sull'ufficio dell'ossalato di calcio nelle piante (.1. Politisi » 63
Sulla flora micologica della Gi-ecia (.1. Politisj » 73
Alcune malattie delle orchidee causate da bacteri, con una tavola lito-
grafata (xiii) (L. Pavarino) » HI
Intorno alla fiora del calcare e del serpentino, con una tavola (Xiv)
(L. Pavarino) » 89
Ricerche anatomo-fisiologiche sopra le vie acquifere delle piante (L.
Montemartini) » 109
Bacteriosi della Mattinola annua L. (jya^?er»n« Mattlùolac n. sp.), con
due tav. litogr. color, (xvi-xvii) (G. Briosi e L. Pavarino) . . > 135
Note micologiche e fitopatologiche. Ser. Ii: 1. Un nuovo genere di Ce-
ratostoniataceae ; 2. Due nuovi micromiceti parassiti della Sophora
japoìiica Linn., con 1 tav. litogr. (xv) (M. Turconi e L. Maffei) > 143
Sulla influenza del magnesio sopra la formazione della clorofilla, con
1 tav. (xix) (E. Mameli] » 151
Sull'avvizzimento delle piante di Capsicuiii fiiiìiiiain L. (L. Pavarino
e M. Turconi) « '207
Rassegna crittogamica dell' anno 1911, con notizie sulle malattie dei
meliloti, dei latiri, del tieuo greco, del trifoglio giallo, ecc., dovute
a parassiti vegetali (G. Briosi) '> 213
— XX
Rassegna crittogamica dell'anno 1912, con notizie sulle malattie delle
leguminose da seme dovute a parassiti vegetali (G. Briosi) . . Pag. -4J
iSuiranatomia dei Jeqnirity (seme deWAbriis precatorin.s L.) e dei semi
delie piante comunemente usate per sofisticarlo (R. Bariola) . . 275
Sulla bioreazione del tellurio e sulla sua applicazione pratica agli .studi
di fisiologia e di patologia vegetale (G. Pollacci) 281
SullVlftnfS precatorius L.. con 1 tav. litogr. color, (.vviii) (G. Pollacci) » 285
Studi citologici sulla Plasinodiopliora Bnissicae Wor. e rapporti siste-
matici coi parassiti della rabbia e del cimurro dei cani, con tre
tav. litogr. color, (xx-xxii) (G. Pollacci) » 291
Il « Mal dell'Inchiostro » nelle giovani pianticelle dei castagneti e dei
semenzai (G. Briosi e R. Farnetij 328
XSI —
PREFAZIONE
Di ijiiesto volume quindicesimo degli Atti del nostro Istituto, che
per varie ragioni viene alla luce dopo il sedicesimo, si pubblica ora
solo la Prima Parte, poiché le ricerche di alcuni lavori che entreranno
nella Seconda non diedero per anco risultati definitivi, tali da potersi
pubblicare.
Essa è illustrata con tredici tavole delle quali la prima è distinta
col numero X perchè le nove precedenti si riferiscono a ricerche di
lavori della Parte Seconda.
Oltre alle Rassegne crittogamiche delle malattie sviluppatesi in
Italia negli anni 1911 e 1912, il presente volume contiene come i pre-
cedenti solo Note e Memorie originali dovute al personale addetto al-
l'Istituto 0 ad ospiti cui il Laboratorio offerse mezzi e guida: rispecchia
quindi unicamente l'operosità dell'Istituto stesso.
Le singole Note e Memorie qui riunite furono, come sempre, rese
di pubblica ragione appena stampate, cioè nella data che ciascuna in
calce porta e si distribuirono sino d'allora i relativi estratti agli studiosi
ed alle effemeridi scientifiche d'ogni paese.
ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
SULLA
NUTRIZIONE E HlPRODUZrONE
NELLE PIANTE.
RICERCHE
del Dott. LUIGI MONTEMARTINI
LiluTo iloreiite di Hotauita alla Re^ia Uuivcrsil.ì di Pavia
PARTE TERZA
Influenza delle condizioni esterne sopra l'assorbimento e
l'assimilazione dei diversi alimenti minerali, in relazione
colla riproduzione.
Dopo avere accertato, come risulta dalle esperienze descritte nella
parte precedente, che nel determinare la formazione e lo sviluppo degli
organi di riproduzione o di vegetazione ha tanta importanza la qualità
delle sostanze minerali fornite alla pianta e specialmente la prevalenza
del fosforo o dell'azoto, viene naturale la domanda: può aver luogo in
natura un cambiamento nel prevalere dell'uno o dell'altro di questi due
0 di un terzo elemento, mentre la pianta è fissata per tutta la vita ad
un terreno nel quale la proporzione tra i due elementi rimane la stessa
(salvo le piccole modificazioni apportatevi dalla pianta medesima) dal
principio della vegetazione fino alla fioritura e fruttificazione?
Per rispondere ad una tale domanda, si tenga presente il potere
elettivo per il quale le piante non assorbono tutti i sali minerali solu-
bili che trovano nel terreno, né li assorbono nelle stesse proporzioni
nelle quali essi vi si trovano \ Tale potere elettivo mentre varia da
' Veggasi in proposito : W. Pfeffeh, Pflanzfìiphi/aiologie, ii Aufl., Bd. r,
§ 22; Leipzig. 1901.
Non solo le radici assorbono in proporzione diversa i diversi sali che sono
Atti dell'Ut. Bot. dell'Università di Pavia — Serie II. — Voi. XV. 1
— 2 —
specie a specie, può anche variare in una stessa pianta a seconda dei
diversi stadii di sviluppo e specialmente a seconda delle diverse con-
dizioni esterne di luce, temperatura, umidità, ecc. che influiscono su
tutti i fenomeni fisiologici delia pianta medesima: così che, pur ali-
mentandosi sempre di una soluzione salina più o meno uniforme quale
quella che impregna il terreno, la pianta durante il suo sviluppo può
assorbirne in prevalenza ora l'uno ora l'altro elemento, a seconda che
agiscono su di essa queste o quelle determinate condizioni esterne.
In questa terza parte del mio lavoro ho voluto appunto vedere con
maggior precisione quale influenza esercitano la luce e la temperatura
sopra l'assorbimento dell'azoto e del fosforo, e quale rapporto può avere
tale influenza colla formazione degli organi di riproduzione.
Metodo. — Per misurare la quantità di azoto o di fosforo assor-
biti in un tempo dato da una pianta o da un organo vegetale qualunque,
fornivo ai medesimi un determinato volume di una soluzione nutritizia
(o la prima o la seconda di quelle adoperate nelle esperienze precedenti,
escludendo, però, per non intralciare le reazioni, il ferro, il che, trat-
tandosi di esperienze di breve durata, non portava inconvenienti) nella
quale erano con ogni precisione dosati tanto l'azoto nitrico che l'ani-
dride fosforica. Indi, finita l'esperienza, misurata la soluzione rimasta,
vi determinavo ancora con ogni esattezza l'azoto nitrico e l'anidride
fosforica residui. Avevo così, per differenza, la quantità dell'uno e del-
l'altra che era stata assorbita, quantità che rapportavo poi o al peso
secco delle piante e degli organi studiati, oppure al volume della solu-
zione che era stato assorbito.
Per il dosaggio dell'anidride fosforica nelle soluzioni nutritizie in
principio e alla fine dell'esperienza, ho applicato il metodo volumetrico
con i sali di uranio in soluzione acetica. A 10 centimetri cubi della
soluzione da esaminare veniva aggiunto un centimetro cubo di soluzione
di acido acetico e acetato sodico; indi, scaldando il tutto a bagnomaria,
loro forniti, ma possono anche dissociare i joni clie entrano a comporre i sali
medesimi esercitando anche su di essi la loro azione elettiva ed assorbendo di
preferenza l'anione invece del catione. Il Paktanelli ed il Sell.\ (Assorbimento
elettivo di joni nelle radici; Rend. d. R. Accad. d. Lincei, Class. Se, A'ol. xviii,
1910), confermando con recenti ricerche molto esatte questa osservazione del Knop
e di altri, hanno anche visto che tale potere elettivo è in relazione coU'energia
respiratoria delle radici, che cioè quanto maggiore è la quantità di acido carbo-
nico da esse emesso, tanto più rapido è l'assorbimento dell'anione rispetto al
catione : è dunque probabile che la temperatura, la quale, come è noto, ha tanta
influenza sulla respirazione, modifichi anche questa proprietà delle radici.
— 3 —
si affgimigeva goccia a goccia la soluzione di nitrato di uranile e si
verificava il termine della reazione con una soluzione di ferrocianuro
di potassio su lastra di porcellana. Ogni centimetio cubo della soluzione
di nitrato di uranile adoperata corrispondeva a gr. 0,0071 di P, 0, :
rapportavo il risultato ottenuto su 10 centimetri cubi al volume totale
della soluzione nutritizia sottoposta ad analisi, ed aveva il peso totale
dell'anidride fosforica in essa contenuta.
Per il dosaggio dei nitrati mi ha servito il metodo Schulze-Tiemann
col quale, come è noto, si trasforma l'azoto nitrico, in presenza di cloruro
ferroso e di acido cloridrico, in ossido di azoto, dal volume del quale, a
0° e a 760 mm. di pressione, si calcola poi l'anidride nitrica originaria.
Per studiare l'azione di temperature diverse, nella maggior parte
delle mie esperienze ho messo le piantine o gli organi da confrontarsi
in tre serre diverse, nelle quali, pur essendo press' a poco eguali le
condizioni di esposizione e di illuminazione, pure per le differenti con-
dizioni di aerazione la temperatura durante il giorno presentava diffe-
renze di 10 ed anche di 15 centigradi. In una sola esperienza nella
quale mi importava eliminare ogni diversità di illuminazione, mi sono
valso della disposizione figurata nella tav. X, fig. 1. Le piante da stu-
diarsi erano poste sotto tre campane di vetro collocate una vicino all'altra
davanti ad una finestra del laboratorio rivolta a sud, in modo che ve-
nivano tutte a ricevere la stessa quantità di luce. Nel mezzo di due
campane (la 1 e la II nella figura sopra citata) era un refrigerante for-
mato da un alto vaso cilindrico nel quale si faceva circolare, mediante'
opportuni tubi di gomma (come si vede nella figura), l'acqua ghiacciata
la quale, scendendo da apposito serbatoio, passava prima nella cam-
pana I ove produceva un raffreddamento di 6-7 C, e giungeva in se-
guito alla campana II dove la sua azione refrigeiante era alquanto mi-
nore. Si avevano così tre temperature differenti sotto le tre campane.
Per le esperienze mi sono valso volta a volta o di piantine picco-
lissime (e ne adoperavo più di una per ogni esperienza) ottenute da
semi germinati in germinatoio, oppure di porzioni di apici vegetativi
lunghe 15-20 cm., tagliate da rami in piena vegetazione ed immerse
direttamente nella soluzione nutritizia. Con questa ultima disposizione
si elimina, è vero, il potere elettivo delle radici, però l'esperienza di-
mostra che i vari sali vengono assorbiti in proporzione diversa tra loro,
forse in relazione al differente consumo che ne fanno gli apici vege-
tativi adoperati '.
' Secondo .T. de Rri'z de L.wisox [Du ìiunìe de jiciii'-tralinn de ijitrl//ì(es se/i>
daììs la ji/aiì/e rirunte; Rev. gvn. d. Botaiiique, Piivis, 191ii. T. xxn) Tendo-
— 4 —
Occorre appena di dire che tanto le piantine nate da semi quanto
gli apici vegetativi erano scelti, per quanto era possibile, di aspetto e
sviluppo eguale, e gli apici da rami eguali ed egualmente esposti di
una stessa pianta, e ciò per evitare gli errori che potrebbero derivare
dalle differenze di bisogni che mostra un medesimo organo a seconda
dei diversi stadi di sviluppo nei quali si trova. '
Siccome dalle esperienze fatte nella seconda parte di questo lavoro,
risulta che è il fosforo che ha maggiore importanza nella presentazione
dei fenomeni di riproduzione, le mie ricerche riguardano, per la maggior
parte, l'assorbimento di tale elemento. Una sola esperienza si riferisce
anche all'assorbimento dell'azoto e venne fatta per vedere se l'azione
della temperatura è la stessa in confronto all'uno e all'altro degli eie-
menti qui considerati.
Azione comparata della temperatura sopra l'assorbimento
dell'azoto e del fosforo. — Ho fatto un'unica esperienza coU'appa-
recchio sopra descritto e figurato nella tavola X. Sotto ognuna delle
tre campane v'era un vaso di vetro in cui erano state messe in solu-
zione nutritizia nove piantine di Beta vulgaris e uno con quattro pian-
tine di Solannm nigrum. La capacità di tali vasi era di 400 ceni.: essi
erano stati coperti di carta per impedii e lo sviluppo delle alghe ed
derma delle radici avrebbe una funzione di elezione specialmente qiianf Hai irti , e
ciò pare confermato ancbe dalle esperienze di Don A Hoffmaxn (Ueòrr tìeii Kùifiuss
(les Kalkmanyels auf Keimlinge yow Phaseolus vulgaris /je( VerUtzuìig der Wurzel:
Oesterr. Bot. Zeitschr., Jahrg. xl, 1910) dalle quali risulta che la presenza o la
mancanza di radici non modifica i fenomeni prodotti da una soluzione incompleta,
ma solo li anticipa o li ritarda: il che vuol dire che la elezione quaìifafira può
aver luogo anche indipendentemente dalle radici, forse in relazione al consumo.
' Che i fenomeni chimici che si compiono nell'interno delle piante variino
a seconda dei diversi stadi di sviluppo, risulta in modo evidente anche dalle ri-
cerche del Palladin sulla respirazione {Bikhtng der verschiedeiien Atmungsen-
zyme in Abhangigkeit roii dem Enfìvicklungsstadiìim dei- Pflanzen ; 'B^t. d. deuts.
Bot. Ges., Bd. xxiv, 1006), e del Prixg.sheim H. sopra la resistenza dei diversi
stadii di svikippo di uno stesso fungo all'azione dei veleni (Die Variobilitat
niederer Orgaidsmen ; Berlin, 1910). Il Comre.s (Determinai ion des iiifcìisités li(-
mineuses optima pour les végétau.r aiix flivers stades du développemeiit ; Ann. d.
Se. Nat., Botanique, Ser. ix, T. xi, 1910) ha recentemente dimostrato che anche
l'oplimnm di luce favorevole ai diversi fenomeni della vita vegetale varia a se-
conda degli stadii di sviluppo.
Quanto ai sali minerali, B. Hansteen (L'eber das Ver/udfeii der Kii/fiir-
pflanzen zu den Bodenscdsen ; Pringsheim's Jahrb. f. v^-. Bot., Bd. xlvii, 1910)
ha dimostx-ato che il bisogno di determinati elementi (p. e. di calcio) varia nei
diversi stadii di sviluppo anche di una medesima cellula.
— 5 —
eliminare l'azione della luce sulle radici. La soluzione nutritizia ado-
perata era la stessa tanto per le Beta che per i Solanum ed era la
seconda di quelle adoperate per le esperienze della parte precedente.
L'esperienza durò dal 27 luglio u. s. al 18 agosto: durante i primi
sette giorni (e nei giorni successivi le coudizioni rimasero press'a poco
le stesse) le temperature osservate sotto le tre campane furono le
seguenti:
27 luglio,
28
29
30
31
1 agosto,
campana I
campai
Ila li
campana IH
ore 11
17»
C.
19°
c.
23» C.
„ 15
18°
»
19»
n
24» „
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18»
»
19°
11
24» „
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17»
M
18»
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19°
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18°
II
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11
25,5° „
„ 18
18°
M
21»
n
25» „
Alla fine dell'esperienza le piantine erano come si vedono fotogra-
fate nella tavola XI: le barbabietole avevano foglie più numerose e più
larghe sotto la campana II, mentre sotto la stessa campana i Solanum,
pur avendo fusti più robusti, erano più bassi e con foglie più piccole.
— 6 —
Seccate tutte le piante e pesate, misurata con esattezza la solu-
zione nutritizia rimasta in ogni vaso e determinati con ogni cura, se-
condo i metodi sopra descritti, l'anidride fosforica e l'azoto nitrico * in
essa contenuti, si ebbero i dati che sono esposti nella seguente tabella:
j' campana I
Bela..' „ Il
Peso
secco
totale
delle
piantine
Volume
della
solu-
zione
assorbita
Anidride
fosforica
assorbita
Anidride l
nitrica
assorbita
Per ogni cm.' | Per ogni
di soluzione assorbita: di peso
anidr. fosf. anidr. nitrica anidride
assorbita assorbita ' fosforica
grammo
secco:
anidride
nitrica
gr 0,049
cm.» 39
gr. 0,0002541
gr. 0,0028296
gr. 0,0000065
gr. 0,0000725
gr. 0,00518
gr 0,05774
» 0,189
, 100
, 0,0011203
„ 0,0038376
, 0,0000112
, 0,0000383 , 0,00592
„. 0,02030
' , HI
n 0,138
, 79
, 0,0010657
„ 0,0026314
, 0,0000134
, 0,0000339 1, , 0,00772
, 0,01913
/ campana I
Solaniiiii ' „ II
' , III
, 0,022
„ 38
, 0,0000087
, 0,0013731
, 0,0000002
, 0,0000361 , 0,00039
, 0,06241
, 0,029
. 49
„ 0,0019031
, 0,0021600
, 0,0000388
, 0,0000410 , 0,06562
, 0,07448
, 0,035
. 45l
, 0,0021718
„ 0,0024794
, 0,0000482
„ 0,0000550
[ , 0,06205
, 0,07084
Dall'esame di tali risultati si rileva facilmente quanto sieno diversi,
anche in senso assoluto, i bisogni delle due specie studiate: ^ mentre
p. e. sotto la campana II per ogni grammo di sostanza secca formata
la Beta ha assorbito gr. 0,00592 di anidride fosforica e gr. 0,02030 di
anidride nitrica, il Solannm assorbì rispettivamente gr. 0,06562 della
prima e gr. 0,07448 della seconda. Ossia la Beta adoperò quantità mi-
nore delle sostanze minerali in parola non .solo, ma utilizzò l'azoto in
proporzione 3,429 volte superiore del fosforo, mentre per il Solanum
tale proporzione fu di 1,135.
Si rileva pure come, nei limiti entro i quali si contenne l'espe-
rienza, le variazioni di temperatura hanno un'azione diversa sopra l'as-
sorbimento dell'azoto e sopra quello del fosforo, azione che è differente
anche per le due specie studiate.
Per la Beta il fosforo assorbito, tanto rapportato alla traspirazione
che alla formazione della sostanza secca, aumenta coH'auraentare della
temperatura, mentre l'azoto diminuisce prima rapidamente e poi lenta-
mente. Così che va facendosi sempre piii piccolo (da 11,146 sotto la
I campana; a 3,429 sotto la II, e a 2,516 sotto la III) il rapporto tra
' Le determinazioni di azoto mi vennero favorite dal dott. Monti del Labo-
ratorio chimico municipale : colgo l'occasione per rendergli le più vive grazie.
- Per altri dati snlle differenze tra i bisogni delle diverse specie rispetto ai
sali minerali, si vegga: Biei.eu K. nnd Aso K., l'cber lìie Aufnahme roti Stick-
atoff vììd riwsphorsaiire dtirch veruchiedene Kultiirpfianzeii (3 Corealicn iiiul 2
Cruci feren) in drei Vegetationupeiìodeii ; Bull, uf t. Coli, ot' Agric. Tokyo, Vo-
lume IV, 1901.
— 7 —
l'anidride nitrica e l'anidride fosforica che entrano a formare un grammo
di sostanza secca.
Per il Solaninn invece l'assorbimento dei due elementi varia nello
stesso senso e cioè aumenta coll'aumeutare della temperatura se lo si
considera in relazione alla traspirazione; mentre se lo si rapporta alla
formazione della sostanza secca, prima aumenta (passando dalla I alla
II campana), e poi diminuisce lentamente (passando dalla II al III cam-
pana, sotto la iiuale la temperatura era molto più elevata). Però, pur
variando nello stesso senso, l'assorbimento del fosforo e quello dell'azoto
non variano nelle stesse proporzioni, così che anche per il Solamim, come
per la Beta, cambia il rapporto tra l'anidride nitrica e l'anidride fosfo-
rica che entrano a formare un grammo di sostanza secca, ed è p. e.
1,135 sotto la II campana, e 1,141 sotto la III.
Volendo rappresentare con delle curve l'andamento dei due feno-
meni (come si è fatto nella tav. X, fig. 2, nella quale le linee tratteggiate
si riferiscono all'assorbimento dell'anidride nitrica e quelle intiere al-
l'assorbimento dell'anidride fosforica), avremo per la Beta due linee con-
vergenti prima rapidamente e poi lentamente, per il Solamim due linee
prima convergenti e poi lentamente divergenti pur essendo dirette am-
bedue 0 verso l'alto (quelle rapportate alla traspirazione) o prima verso
l'alto e poi verso il basso (quelle rapportate alla sostanza secca).
Azione delLa temperatura sopra l'assorbimento dell'anidride
fosforica. — Nei riguardi dell'anidride fosforica le esperienze furono
fatte, come si è già detto, più numerose e con materiale più vario, perchè
risultava già dalle ricerche esposte nella seconda parte che questo ele-
mento ha grande importanza nella presentazione degli organi di ri-
produzione.
Per avere temperature diverse mi sono valso di serre egualmente
esposte ma diversamente riscaldate ed aerate.
Studiai alghe, Mimulus Tilingi, Torenia Fournieri, Beta viilgaris, So-
larium nigriim, Acer pseudoplatanus, Vitis vinifera, Morus alba, Rosa ca-
nina, ora adoperando piantine ottenute da semi germinati in germina-
toio, ora apici di rami vegetativi.
Esperienza I. — In tre piccoli vasetti di vetro contenenti ognuno
60 cm.' di soluzione nutritizia di Molisch per alghe (acqua gr. 1000,
nitrato di potassio gr. 0,2, fosfato di potassio gr. 0,2, solfato di ma-
gnesio gr. 0,2, solfato di calcio gr. 0,2) furono messi tre ciuffi press'a
poco eguali di Spirogijra majusrula presa in piena vegetazione nei ruscelli
dei prati circostanti all'Orto Botanico. Poi un vasetto fu lasciato all'aperto.
- 8 —
esposto alla temperatura ambiente (che si abbassava sino a pochi gradi
sopra lo zero), uno fu messo in serra temperata a 120-15° C. , uno in
serra più calda a 1.5°-18° C.
L'esperienza durò dal pomeriggio del 21 aprile al pomeriggio del
22, ed alla fine di essa fu determinata l'anidride fosforica rimasta in
ogni vasetto ed il peso delle alghe adoperate.
Si ebbe così:
all'aperto in serra temper. in serra calda
peso secco dell'alga adoperata, gr. 0,150 gr. 0,108 gr. 0,103
anidride fosforica assorbita, „ 0,0000802 „ 0,0003707 „ 0,0004497
anidr. fosf. consumata da ogni
grammo di sostanza secca, „ 0,000534 „ 0,003432 „ 0,004366
Aumentando la temperatura, nei limiti entro i quali si contenne
l'esperienza, aumenta dunque anche l'assorbimento di fosforo da parte
di queste alghe.
Esperienza II. — Fu fatta con Spirogì/ra majuscula come la pre-
cedente, colla stessa soluzione nutritizia e cogli stessi vasetti posti uno
all'aperto ad una temperatura di 6°-10," C, uno in serra temperata a
13°-16° C, e uno in serretta calda di moltiplicazione a 21°-23° C. La
esperienza durò dal mattino del 10 maggio al pomeriggio dell' 11, coi
seguenti risultati:
all'aperto in serra temper. in serretta calda
peso secco dell'alga adoperata, gr. 0,091 gr. 0,100 gr. 0,090
anidride fosforica assorbita, ,. 0,0000575 „ 0,0001185 „ 0,0000887
anidr. fosf. consumata da ogni
grammo di sostanza secca, „ 0,000631 „ 0,001117 „ 0,000985
Si può dunque dire che l'assorbimento del fosforo aumenta aumen-
tando la temperatura fino a 15»-18° C, oltre tale limite però diminuisce.
È a notarsi che giudicando dallo sviluppo delle bolle gasose si
poteva vedere che in serra temperata, dove è stato maggiore l'assor-
bimento del fosforo, fu anche più attiva l'assimilazione clorofilliana. Ciò
viene in appoggio di coloro che asseriscono esservi una stretta rela-
zione tra la funzione clorofilliana e l'assimilazione delle sostanze minerali.
Esperienza III. — In tre matraccini della capacità di 100 cm.'
l'uno, pieni della soluzione II già sopra presentata e chiusi con tappo
forato, furono messe tré piantine di Beta vulgaris. Indi un matraccino
fu lasciato all'aperto in sito ombreggiato, ove durante l'esperienza la
temperatura è scesa fino a 2° C. senza mai passare i 10" C; uno fu
all'aperto in serra teinper.
in Berretta calda
yr. 0,030 gr. 0,040
gr. 0,044
„ 0,9 „ 4,5
„ 6,2
„ 0,0003727 „ 0,0003730
„ 0,0003730
„ 0,000419 „ 0,000082
„ 0,000060
„ 0,012423 „ 0,009325
„ 0,008477
messo in serra temperata al sole ad una temperatnra variabile tra i
12» e i 15" C, e il terzo in serretta calda di moltiplicazione a 20»-23° C.
L'esperienza durò dal 7 all' 11 aprile e finì con questi risultati:
peso secco delle piantine alla
fine dell'esperienza .... ;
acqua traspirata o assorbita
anidride fosforica assorbita .
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di acqua
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca
All'ombra e a bassa temperatura l'assorbimento del fosforo è dun-
que stato maggiore che a temperature più elevate e al sole.
Esperienza IV. — Fu fatta come la precedente con piantine di
Beta vulgaris messe nella stessa soluzione a cinque a cinque in tre ma-
tracci della capacità di circa 250 cm.' ognuno, posti uno all'aperto al-
l'ombra, l'altro in serra temperata e il terzo in serretta calda di mol-
tiplicazione. L'esperienza durò dal 25 aprile al 23 maggio, per 28 giorni
durante i quali si aggiunse parecchie volte acqua distillata nei tre ma-
tracci di mano in mano che per evaporazione e traspirazione veniva ad
abbassarsi troppo il livello della soluzione nutritizia. La temperatura
all'aperto fu variabilissima, passando da pochi gradi sopra lo zero in
aprile a 100-15" C. in maggio; in serra temperata variò fra i 15" e 18° C.
e in serretta calda fra i 22° e 24» C.
I risultati ottenuti furono i seguenti:
all'aperto in serra temper. in serra calda
peso secco delle piantine alla
fine dell'esperienza gr. 0,008 gr. 0,075 gr. 0,045
anidride fosforica assorbita . „ 0,0009526 „ 0,0001647 „ 0,0009526
anidr. fosf assorbita per ogni
grammo di sostanza secca, „ 0,119075 „ 0,002196 „ 0,021168
Rimane confermato che all'ombra e a bassa temperatura l'assor-
bimento del fosforo è maggiore che a temperatura più elevata.
I risultati di questa e della precedente esperienza sono in con-
traddizione con quelli della esperienza descritta alle precedenti pa-
gine 4 e seg., dalla quale si dedusse che l'assorbimento del fosforo nelle
piantine di Beta vuUjaris aumenta invece coll'anmentare della tempera-
tura : è però da osservarsi che sono diverse le temperature alle quali
— 10
si è operato in queste e in quella esperienza, onde è ad arguirsi clie
sia complesso l'andamento del fenomeno e che prima abbia a diminuire
col crescere della temperatura, fino ad un certo limite, per poi aumentare.
Esperienza V. — Una piantina di Acer fseudoplatanus fatta svilup-
pare da seme in soluzione nutritizia completa ed avente otto foglie a
completo sviluppo e la gemma apicale chiusa, fu messa in matraccio
della capacità di 600 cm.' contenente la solita soluzione e posta dal
22 al 30 maggio (con giornate calde e soleggiate) fuori all'aperto; poi,
dopo avere rinnovata la soluzione, fu messa dal 30 maggio all' 8 giugno
(con giornate umide, piovose e fredde) ancora all'aperto ma in luogo
riparato, ed infine, rinnovata ancora la soluzione, dall'S al 15 giugno
in serretta calda di moltiplicazione a 22°-24° C.
Ogni volta si misurava la quantità di soluzione che era stata tra-
spirata e si determinava l'anidride fosforica rimasta nel matraccio.
I risultati ottenuti furono i seguenti:
all'aperto all'aperto
nei giorni caldi nei piorni piovosi in serra calda
cm.'' 15
cm.'' 12
cm.' 15
acqua traspirata
anidride fosforica assorbita . gr. 0,0026149 gr. 0,0019890 gr. 0,0034186
anidr. fosf. assorbita per ogni
cm.' di acqua traspirata . ,, 0,0001743 „ 0,0001657 „ 0,0002279
Al sole, dunque, nei giorni caldi l'assorbimento del fosforo è maggiore
che nei giorni nebbiosi e freddi ; in serra calda è maggiore che all'aperto.
Esperienza VI. — In tre matraccini contenenti ognuno 105 era.'
della I delle soluzioni adoperate nella seconda parte di questo lavoro,
furono messe 9 piantine per matraccio di Solannm nigrum; poi un ma-
traccio fu tenuto all'aperto all'ombra, uno in serra temperata e uno in
serretta calda di moltiplicazione, a temperature A'ariabili tra 6° e 15" C.
all' aperto, tra 14" e 15» in serra temperata e tra 22" e 24" in serra calda.
L'esperienza durò dal 13 giugno al 6 luglio e durante essa fu ag-
giunta nei matracci acqua distillata per sopperire all'acqua perduta per
traspirazione.
I risultati finali furono i seguenti:
all'aperto
peso secco delle piantine alla
fine dell'esperienza gr. 0,285
anidride fosforica assorbita . „ 0,0011345
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca . „ 0,003980
in serra teniper. in serra calda
gr. 0,925
„ 0,0012004
gr. 0,210
„ 0,0009731
0,005335
0,004633
— 11 —
E cioè, come risulta aiiclie dall'esperienza descritta alla precedente
pagina 4, nelle piantine di Soìanum nigrum coli' aumentare della tem-
peratura l'assorbimento del fosforo, rapportato al peso della sostanza
secca che si forma, prima aumenta fino a un certo limite intorno ai
20° C, poi diminuisce.
Esperienza VII. — Fu fatta come la precedente con piantine di
Solanum nirjnim che però avevano già-raggiunto un certo sviluppo. Due
erano in un matraccino contenente 105 cm.^ della medesima soluzione
e posto all'aperto all'ombra, due in altro matraccino eguale e preparato
nello stesso modo posto in serra temperala, due in un terzo matraccino
posto in serretta calda di moltiplicazione. L'esperienza durò dal 10
al 16 luglio e durante essa la temperatura arrivò in serra temperata
a 23«-24° C, e in serretta calda fino a 34° C, mentre fuori all'ombra fu
inferiore ai 20° C.
Alla fine dell'esperienza, misurata l'acqua traspirata e determinata
l'anidride fosforica rimasta nei matracci, si ebbero i seguenti risultati
all'aperto in serra tomper. in serra calda
acqua traspirata cm.^ 30 cm.^ 9 cm.^ 19
anidride fosforica assorbita . gr. 0,0004113 gr. 0,0008374 gr. 0,0007591
anidr. Ibsf. assorbita per ogni
cm.^ di acqua traspirata . „ 0,0000137 „ 0,0000930 „ 0,0000399
Anche qui dunque l'assorbimento del fosforo, benché rapportato alla
traspirazione, è aumentato colla temperatura fino ad un certo limite e
poi è diminuito.
Esperienza Vili. — In due matracci contenenti ognuno 165 cm.^
della soluzione seconda, furono poste a vegetare tre piantine per matraccio
di Torenia Fourneri, indi uno fu lasciato fuori al sole ad una tempera-
tura di 21''-23° C, l'altro fu posto in serra calda alla temperatura di
30°-34'' C. L'esperienza durò 31 giorni, dal 23 giugno al 24 luglio e
durante essa si aggiunse nei due matracci acqua distillata di mano in
mano che si abbassava troppo il livello della soluzione.
Alla fine seccate le piantine e pesate, e determinata l'anidride fo-
sforica contenuta ancora nei matracci, si ebbero i risultati seguenti:
peso secco delle piantine alla fine del-
l'esperienza gr.
anidride fosforica assorbita „
„ „ per ogni gram-
mo di sostanza secca
all'aperto
e al sole
0,155
0,0027555
0,017777
in serra calda
gr. 0,084
„ 0,0013582
„ 0,016169
— 12 —
A temperatura molto elevata l'assorbimento del fosforo fu dunque
minore che alla temperatura normale di natura, e con ciò è forse in
relazione il fatto che le piantine sviluppate in serra calda erano un
po' albicate: la diminuita assimilazione del fosforo corrispondeva ad una
diminuita formazione di clorofilla.
Esperienza IX. — Quattro piantine di Mimulus Tilingi, cresciute
in soluzione nutritizia completa, furono poste a vegetare in un ma-
traccio contenente 270 cm.^ della soluzione seconda e lasciato dal 1 al
5 giugno in serra temperata ad una temperatura di 1.5o-18° C, dal 6
aire in Berretta calda di moltiplicazione a 22°-24'' C, dall'S al 12 al-
l'aperto, all'ombra a 12"-1.5<' C, dal 12 al 1.5 all'aperto con giornate
fredde e piovose, e dal 15 al 22 ancora in serra temperata. Al prin-
cipio di ogni periodo veniva rinnovata la soluzione e alla fine si mi-
surava la soluzione rimasta e si determinava l'anidride fosforica in essa
contenuta. Si teneva conto anche dell'aumento di peso presentato in ogni
periodo dalle piantine fresche.
Ecco i risultati dell'esperienza:
in serra terap.
(1-5 giugno)
aunientu del peso tre-
sco delle piantine . gr. 1,83
acqua traspirata ... » 23
aperto in aperto in in serra
in serra calda giorni caldi giorni fred. temperata
(6-8giugno) (8-12 giugno) (12-15 giug.) (15-22 giugno)
gr. 0,93
»26
gr. 1,73
»33
anidr. tbsf. assorbita » 0,0008221 » 0,0C014T5 » 0,0003246
gr. 1,31 gr. 4,44
» 30 » 115
» 0,0 » 0.0030586
per ogni grammo
di sostanza fresca » 0,000449 » 0,000158 •> 0,000187 . 0,0 . 0,000688
anidr. fosf. assorbita
per ogni om.' di
acqua traspirata . . 0,00003.57 » O.OOOOOSG ■> 0,0000098 » 0.0 > n,(Xl00265
Si vede dunque che in serra temperata, ad una temperatura di
1.5°-18"C., l'assorbimento del fosforo fu, tanto nel primo che nell'ul-
timo periodo, ottimo; a temperatura più elevata è diminuito, ed estate
pure minore, fino a ridursi a zero, a temperatura più bassa.
Esperienza X. — Fu fatta nello stesso modo della precedente con
piantine di Mimtiliis Tilingi tenute dal 16 al 22 aprile in una camera
del Laboratorio all'ombra e ad una temperatura di 10»- 12" C, dal 22
al 29 aprile in sena temperata a 15°-18°C., dal 29 aprile al 1 giugno
in serretta calda di moltiplicazione a 22''-24'' C, e dal 1 al 5 giugno
all'aperto ad una temperatura variabile tra 10» e 15" C.
13
Ecco i risultati deiresperienza :
in Laboral.
(16-22 apr.)
aumoiito del peso tresco
Jelle piantine gr. 0,15
acqua traspii-ata » tì
in serra lemper. in aorra calda all'aperto al caldo
(22-29 aprile) (29apr. 1 ?iug.) (1-5 giugno)
gr. 1,B8
» Ki
gr. 0,62
» 13
anidride fosforica asserì). » 0,0002982 » 0,0041490 » 0,00fl9742
0,80
21
0,0022378
per ogni grammo di so-
stanza fi-esca » 0,001088 » 0,003n0(! ;. 0,001873 » 0,002707
anidride fosforica assorb.
per ogni cm.' di acqua
traspirata 0.0000407 » 0.000259:', . 0,0000740 -> 0,1 '001005
Vennero dunque confermati i resultati della precedente esperienza.
Esperienza XI. — Fu fatta come le due esperienze precedenti con
piantine di Minmìus Tilingi tenute dal 27 giugno al 5 luglio in serra tem-
perata a 180-20» C, dal 5 all' 1 1 luglio in serra calda asciutta a 240-26" C,
daini al 16 in serra calda umida ad eguale temperatura, e dal 16 al
21 luglio all'aperto all'ombra a 15»- 18" C.
Si ebbero i seguenti risultati:
in serra calda
umida
(11-16 luglio)
all'aperto
(16-21 luglio)
in serra calda
in serra temper. asciutta
|27giug. Sluglio) (5-11 luglio)
aumento del peso fresco
delle piantine gr. 0,47 gr. 0,99 gr. 1,25 gr. 0,77
aequa tritspirata . . . . > 11 » 30 » 13 .< 42
anidride fosforica assorb. > 0,0007878 . 0,0008710 » 0,0004547 » 0,0008833
per ogni grammo di so-
stanza fresca
anidride fosforica assorb.
per ogni grammo di ac-
qua traspirata
0,001670
0,000880
0,0000716 » 0,0000290
0,000303
0,00(::0349
0,000210
0,0000210
In riguardo all'influenza della temperatura vennero dunque con-
fermati i risultati della precedente esperienza. Quanto all'influenza del-
l'umidità, essa ha favorito l'aumento del peso fresco, certo anche in
seguito alla maggiore turgescenza dei tessuti, senza aumentare però in
proporzione l'assorbimento dell'anidride fosforica, la quale, all'umido,
venne però assorbita in maggiore quantità relativamente all'acqua tra-
spirata; il che significa che non è la traspirazione quella che regola
l'assorbimento delle sostanze minerali.
Esperienza XII. — Fu fatta con una piantina di vite cresciuta in
soluzione nutritizia completa e tenuta dal 18 al 24 maggio all'aperto ed
— 14 —
esposta al sole ad una temperatura di 120-16° C, dal 24 maggio al 1
giugno in serra calda a 22" 24" C, e dal 1 all'S giugno all'aperto e
all'ombra; rinnovando al principio di ogni periodo la soluzione nutii-
tizia e misurando alla fine e determinando la soluzione e l'anidride
fosforica rimaste. I risultati furono i seguenti:
all'aperto e al sole in serra calda all*ap. e all'ombra
(18-24 maggio) (.24 mag. 1 giugno) (l-S giugno)
acqua traspirata cm.'' 4 cm.' 8 cm.' 6
anidride fosforica assorbita . gr. 0,0006248 gr. 0,0018978 gr. 0,0009045
anidr. fosf. assorbita per ogni
cm.^ di acqua traspirata . . „ 0,0001559 „ 0,0002372 „ 0,0001507
Per la vite dunque l'assorbimento del fosforo fu tanto maggiore
quanto piìi alta è stata la temperatura esterna che ha agito sulla pianta.
Esperienza XIII. — Fu fatta con apici di tralci di vite tagliati e
messi a quattro a quattro in due vasetti di vetro contenenti ognuno
70 cm.'' della solita soluzione e posti poi uno in serra temperata ad una
temperatura di 15"-18<'C., l'altro in serretta calda di moltiplicazione a
22"-24° C. L'esperienza durò dal mattino del 9 maggio al mattino dell' il
ed alla fine di essa, seccati e pesati gli apici vegetativi adoperati, e de-
terminata l'anidride fosforica contenuta nella soluzione rimasta, si ebbe:
in serra temp. in serra calila
peso secco degli apici adoperati nell'espe-
rienza gr. 1,85 gr. 1,30
anidride fosforica assorbita „ 0,0000274 „ 0,0002222
„ r, per ogni grammo
di sostanza secca „ 0,0000148 „ 0,0001709
Rimase dunque confermato che nella vite aumentando la tempera-
tura aumenta l'assorbimento del fosforo.
Esperienza XIV. — Fu fatta come la precedente con apici di tralci
di vite messi nello stesso modo a quattro a quattro in due vasetti di cui
uno fu lasciato all'aperto dal 16 al 18 maggio in giornate fredde e pio-
vose, l'altro in serra calda a 22°-24" C. I risultati furono i seguenti:
all'aperto e al freddo in serra calda
peso secco degli apici adoperati nell'espe-
rienza gr. 1,075 gr. 0,903
anidride fosforica assorbita „ 0,0 „ 0,0000426
I. „ „ per ogni grammo
di sostanza secca « 0,0 „ 0,0000471
Furono confermati i risultati dell'esperienza precedente.
— 15 —
Esperienza XV. — Fatta come la precedente con apici vegetativi
di vite messi a tre a tre in tre vasetti preparati nel solito modo e
posti uno in serra felci molto aerata e fresca, uno all'aperto ad una
temperatura di 15°-18°0., il terzo in serra calda a 22"-24<' C. Aliatine
dell'esperienza, durata dal 9 al 13 luglio, si ebbe:
in serra felci all'aperto in serra oalJa
peso secco degli apici adope-
rati nell'esperienza gì'- 1,41 gr. 1,41 gr. 1,33
anidride fosforica assorbita . „ 0,0001221 „ 0,0002267 „ 0,0002176
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca „ 0,0000865 „ 0,0001607 „ 0,0001636
Ancora vennero dunque confermati i risultati dalle precedenti espe-
rienze, i quali ebbero una nuova conferma anche nelle seguenti espe-
rienze XVI-XIX.
Esperienza XVI. — Fu fatta ancora con apici vegetativi di vite
posti a tre a tre iu tre vasetti colla solita soluzione e collocati uno in
serra-felci ben aerata e fresca, uno in serra temperata a 18»-22" C, uno
in serretta calda di moltiplicazione a 26°-30° C. L'esperienza durò dal
13 al 16 luglio e diede i seguenti risultati :
in serra-felci in serra temper. in serra calda
peso secco degli apici adope-
rati nell'esperienza .... gr. 0,93 gr. 0,81 gr. 0.91
anidride fosforica assorbita . „ 0,0004402 „ 0,0004508 „ 0,0006297
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca „ 0,000473 „ 0,0005.56 „ 0,000692
Esperienza. — XVII. — Preparata e condotta come la precedente,
dal 21 al 24 luglio con apici di tralci di vite tenuti gli uni in serra
temperata a 25»-27» C, gli altri in serra calda a 35''-37" C; coi se-
guenti risultati :
in serra temper. in serra calda
peso secco degli apici adoperati nell'espe-
rienza gì-. 0,825 gr. 0,810
anidride fosforica assorbita „ 0,0001767 „ 0,0003980
„ per ogni grammo
di sostanza secca „ 0,000218 „ 0,000491
Esperienza XVIII. — Preparata e condotta come la precedente
con apici vegetativi di vite tenuti dal 27 al 29 luglio gli uni al solito
in serra-felci a 25»-27" C, altri in serra temperata a 30''-32'' C, e altri
- 16 —
in serra calda a SS^-S?" C. Avendo adoperato matracci a collo stretto,
ne ciiiusi l'apertura con cotone e misurai anclie la traspirazione, con
questi risultati:
in serra-felci in serra teniper. in serra cai. la
peso secco degli apici adope-
rati nell'esperienza gr. 0,695 gr. 0,570 gr. 0,445
acqua traspirata ,-2,5 « 3,5 ^2
anidride fosforica assorbita , „ 0,0002833 „ 0,0002903 „ 0,0004629
auidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di acqua traspirata „ 0,000115 „ 0,000082 , 0,0002314
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca „ 0,000407 „ 0,000509 „ 0,001040
Esperienza XIX. — Fu fatta ancora con apici vegetativi di vite
dal 14 al 17 di agosto, in condizioni simili alla iirecedente e nello
stesso modo. Nelle ore in cui il sole era alto, la temperatura in serra
calda saliva fino a 40° C. I risultati furono ancora gli stessi, e cioè :
in serra-felci
in
serra temper.
in serra calila
r. 0,812
gr
1,023
gr. 0,728
2
Ti
3,5
,1 2
traccie
11
0,0000087
„ 0,0000809
traccie
0,0000024
„ 0,0000404
peso secco degli apici adope-
rati nell'esperienza
acqua traspirata
anidride fosforica assorbita .
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di acqua traspirata
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca „ traccie „ 0,0000085 ,, 0,0001111
Esperienza XX. — Fu fatta con rami tagliati di rosa, posti, dal
18 al 20 aprile, nella solita soluzione nutritizia e lasciati uno all'aperto
e all'ombra ad una temperatura oscillante tra 5" e 10° C, uno in serra
temperata a 15°-18°C., e uno in serra calda a 22°-24'' C. Si ebbero i
seguenti risultati :
all'aperto
peso secco dei rami adoperati
nell'esperienza gr. 1,235
anidride fosforica assorbita . „ 0,0
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca „ 0,0
in serra temper.
in serra calda
gr. 1,085 gr. 0,940
„ 0,0011644 „ 0,0005822
0,001073 , 0,000619
Per la rosa dunque l'azione della temperatura sopra l'assorbimento
del fosforo si esplicò in modo diverso che per la vite: aumentando la
— 17 —
teiupeiatiira, aumentò anche l'assorbimento, e ciò fino a un certo limite,
oltrepassato il quale un ulteriore aumento di temperatura provocò una
diminuzione della funzione in parola.
Ciò venne confermato anclie dalle seguenti esperienze XXI-XXV.
Esperienza XXI. — Altri rametti di rosa furono messi, nel solito
modo, dal 20 al 22 aprile ancora parte all'aperto, parte in serra tem-
perata e parte in serra calda in condizioni di temperatura quasi eguali
a quelle della precedente esperienza
Si ebbero i seguenti risultati:
alTiiperto in serra temper. in serra calda
peso secco dei rametti adope-
rati nell'esperienza .... gr. 3,295 gr. 3, .580 gr. 3,380
anidride fosforica assorbita . „ 0,0005502 „ 0,0015463 „ 0,0007324
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca ,. 0,000167 „ 0,000431 „ 0,000216
All'aperto, siccome la temperatura si era leggermente rialzata ri-
spetto a quella che si aveva avuto durante l'esperienza precedente, co-
minciò ad aver luogo assorbimento di fosforo.
Esperienza XXII. — Fu fatta essa pure con rametti di rosa posti,
dal 20 al 22 aprile, alcuni in serra temperata a 18''-20" C, altii in serra
acquario a 23"-24" C, e altri in sena calda a 25" 26° C.
I risultati furono :
in serra temper. in :>orra acquario in serra calda
peso secco dei rametti adope-
rati nell'esperienza .... gr. 4,525 gr. 5,24 gr. 4,98
anidride fosforica assorbita . , 0,0008747 ,. 0,0009925 „ 0,0007818
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca „ 0,000193 „ 0,000189 „ 0,000156
Esperienza XXIII. — Altri rametti di rosa furono messi, ancora
nello stesso modo, dal 2 al 5 maggio, alcuni all'aperto ad una tempe-
ratura di 14"-17" C, altri in serra temperata a 19"-2l" ('., altri in serra
calda a 23"-25° C. Si ebbero i seguenti risultati:
all'aperto in serra tentper. in serra oald.a
peso secco dei rami adoperati
nell'esperienza gr. 1,13 gr. 1,02 gr. 1,08
anidride fosforica assorbita . , 0,0005864 , 0,0003763 „ 0,0004118
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca ,, 0,000518 „ 0,000368 „ 0,000381
Atti deU'Isl. Hot. dell'Università di Pavia —Serei II. — Voi. XV 2
— 18 —
Esperienza XXIV. — Dal 27 al 29 luglio altri rametti di rosa
preparati nel solito modo furono posti alcuni in serra-felci a 25»-27'' C,
altii in serretta calda di moltiplicazione a 35''-37<' C. Avendo chiuso
bene i matracci con cotone, tenni conto anche della traspirazione, ed
ebbi i seguenti risultati:
in serra-felci in serra cnldn
peso secco dei rami adoperati nell' espe-
rienza gr. 1,325 gr. 1,280
acqua traspirata cm.' 5 cm.' 7
anidride fosforica assorbita „ 0,0005487 „ 0,0005019
„ ., per ogni cm.' di
acqua traspirata „ 0,0001097 „ 0,0000717
anidride fosforica assorbita per ogni grammo
di sostanza secca „ 0,000414 „ 0,000392
Esperienza XXV. - - Ripetuta la precedente esperienza dal 14 al
17 agosto, con temperature più elevate e coi risultati seguenti :
in serra-felci in serra temper. in serra calda
peso secco dei rametti adope-
rati nell'esperienza gr. 1,261 gr. 1,555 gr. 1,745
acqua traspirata cm.^ 4 cm.'' 10 cm.^ 8
anidride fosforica assorbita . „ 0,0000369 traode gr. 0,0
anidr. fosf. assorbita per ogni
c.m.-' di acqua traspirata . „ 0,0000092 traccie „ 0,0
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca „ 0,000029 traccie „ 0,0
Esperienza XXVI. — Venne fatta con porzioni apicali di lanii di
gelso in piena vegetazione posti, dal 2 al 5 maggio, alcuni all'aperto ad
una temperatura di 14°-17° C, altri in serra temperata a 19'>-21" C,
altri in serra calda a 23°-2.ó° C.
Si ebbero i risultati seguenti:
all'aperto in serra temper. in serra calda
peso secco dei rametti adope-
rati nell'esperienza gr. 1,260 gr. 1,125 gr. 1,170
anidride fosforica assorbita . „ 0,0006468 „ 0,00044f>9 „ 0,0004444
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca „ 0,000513 „ 0,0003?1 „ 0,000379
- 19 -
Esperienza XXVII. — Fatta come la precedente con apici vege-
tativi di gelso dal 9 all' 1 1 maggio con temperature, all'aperto, più basse,
ha dato i risultati seguenti:
all'aperto in serra temper. in serra calda
peso secco dei rametti adope-
rati nell'esperienza gr. 0,725 gr. 0,635 gr. 0,740
anidride fosforica assorbita . „ 0,0001547 „ 0,0001540 „ 0,0000738
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca „ 0,000213 „ 0,000242 „ 0,000099
Esperienza XXVIII. — Condotta come la precedente con rametti
di gelso, dal 16 al 18 maggio, in giornate fredde e piovose, ha dato i
segnenti risultati:
all'aperto in serra temper. in serra calda
peso secco dei rametti adope-
rati nell'esperienza gr. 0,935 gr. 1,185 gr. 1,135
anidride fosforica assorbita . „ 0,0000426 „ 0,0000823 traccie
anidr. fosf assorbita per ogni
grammo di sostanza secca „ 0,000045 „ 0,000069 traccie
EsPERiKNZA XXIX. — Fu fatta ancora con apici di rami di gelso,
dal 9 al 13 luglio, con una temperatura esterna di 15"-18° C, mentre
si aveva 13°- 15" in serra- felci e 22»-24° in sena calda.
I risultati furono i seguenti :
in sorra-folci all'aperto in serra calda
peso secco dei rametti adope-
rati nell'esperienza .... gr. 1,22 gr. 1,39 gr. 1,41
anidride fosforica assorbita . ,. 0,0001203 „ 0,0004004 „ 0,0002556
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca „ 0,000098 „ 0,000288 „ 0,000181
Esperienza XXX. — Condotta come la precedente, ancora con rami
di gelso e in condizioni simili di temperatura, dal 9 al 13 luglio, coi
risultati seguenti:
in serra-felci all'aperto in serra calda
peso secco dei rametti adope-
rati nell'esperienza .... gr. 2,19 gr. 2,56 gr. 2,79
anidride fosforica assorbita . „ 0,0005367 „ 0,0006219 „ 0,0013099
anidr. fosf. assorbita per ogni
gr. di sostanza secca • . . „ 0,000245 „ 0,000242 „ 0,000469
- 20 —
Esperienza XXXI. - Condotta come la precedente, dal 27 al 29
luglio, con rami di gelso esposti a 25''-27'' C. in serra-felci, a 30''-32°
in serra temperata, e a 35"-37" in serra calda, misurando anche l'Mcqna
traspirata e coi seguenti risultati :
in serra-felci
peso secco dei rametti adope-
rati nell'esperienza gr. 1,720
cm.' 8
in serra temper. in serra calda
gr. 1,805
cni.'' IO
gr. ],570
cm.' 9
ac<iiia traspirata
anidride fosforica assorbita . gr. 0,00033.51 gr. 0,0005254 gr. 0,0003450
anidr. fosf. assorbita per ogni
cm.-"* di acqua traspirata . ., 0,0000419 ,. 0,0000525 „ 0,0000383
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca „ 0,000194 „ 0,000291 ,, 0,000219
Esperienza XXXII. — Condotta come la precedente, dal 14 al 17
agosto, a temperature un po' più alte, ha dato i seguenti risultati:
in serra-felci
peso secco dei rametti adope-
lati nell'esperienza .... gr. 1,142
acqua traspirata
anidride fosforica assorbita .
anidr. fosf. assorbita per ogni
cm.^ di acqua traspirata .
anidr. fosf. assorbita per ogni
grammo di sostanza secca
trac ci e
traccie
traccie
in serra temper. in serra calda
gr. 1,168 gr. 1,055
cm.3 7 CUI.' 7
„ 0,00001824 gr. 0,0
„ 0,0000026 ,. 0,0
„ 0,000015 „ 0,0
In tutte queste esperienze (XXVI-XXXII) il gelsu si comportò
dunque come la rosa: l'aumento della temperatura lino ad un certo
limite portò un aumento nell'assorbimento dell'anidride fosforica, mentre
oltrepassando il limite si ebbe poi una diminuzione. Pel gelso però si
può dire che la temperatura optimum si è mostrata un po' più elevata
che per la rosa.
Azione della luce sopra l'assorbimeuto dell'anidride fosfo-
rica. — Queste esperienze furono condotte contemporaneamente a quelle
precedenti per lo studio dell'azione della temperatura, mettendo a fianco
di uno dei vasetti adoperati per quelle, altro vasetto con materiale eguale
preparato nello stesso modo, ma tenuto sotto campana scura.
— 21 —
Esperienza XXXIII [21-23 aprile, in sferra temperata, coli' espe-
rienza I). — Venne fatta con alghe ed ha dato il seguente risultato:
alla luce al buio
peso secco dell'alga adoperata gr. 0,108 gr. 0,087
anidride fosforica assorbita „ 0,0003707 „ 0,0
Esperienza XXXIV {20-23 aprile, in serra temperata, coirespe-
r lenza XXI). — Con rametti di rosa tenuti dal 20 al 22 aprile al buio
vicjno ai rametti di confronto che hanno servito per la XXI esperienza,
e poi dal 22 al 23 messi alla luce mentre questi furono coperti.
I risultati furono i seguenti:
rametti u rametti h
al buio alla luce alla luce al buio
peso secco dei rametti adoperati gr. :3,420 gr. 3,580
anidride fosforica ( -"^O-SS aprile gr.0,00004&4 gr. 0,0015463
a.-*sorbita / 2-2.-23 » > 0,0005623 0,0
per ogni gr. di so- ( '^'^ ^P"'^ '' 0,00(10123 -, 0,0004319
stanza secca / .22.-28 . 0,OC«31644 » 0,0
Esperienza XXXV {20-22 aprile, in una camera del Laboratorio). —
Fu fatta con rametti di rosa tenuti, nel solito modo, in una camera del
Laboratorio, vicini tra loro, alcuni esposti alla luce, altri sotto cam-
pana scura.
Si ebbero i seguenti risultati:
alla luce al buio
peso secco dei rametti adoperati nell'espe-
rienza gr. 3,910 gr. 4,55.5
anidride fosforica assorbita „ 0,0007703 „ 0,0003024
„ ., per ogni grammo
di sostanza secca „ 0,000197 .. 0,000066
Esperienza XXXVI {-J-ó maggio, in serra temperata, coll'esper. XXIll).
— Fu fatta ancora con rametti di rosa e diede i seguenti risultati:
alla luce al buio
peso secco dei rametti adoperati nell'espe-
rienza gr 1,02 gr. 1,00
anidride fosforica assorbita „ 0,0003763 „ 0,0001945
„ per ogni grammo
di sostanza secca „ 0,000368 „ 0,000194
— 22 —
Esperienza XXXVII (V-ó maggio, in serra tcmper., coWesper. XXVI).
— Fu fatta con rametti di gelso ed ha dato i seguenti risultati:
alla luce al buio
peso secco dei rametti adoperati nell' espe-
rienza gr. 1,125 gr. 1,030
anidride fosforica assorbita „ 0,0004409 „ 0,0000994
per ogni grammo
di sostanza secca ,, 0,000391 „ 0,000096
Esperienza XXXVIII (.9-ÌÌ maggio, serra femper., coU'esper. XXVII).
— Fu fatta ancora con rametti di gelso e coi seguenti risultati:
alla luce al buio
peso secco dei rametti adoperati nell'espe-
rienza gr. 0,635 gr. 0,560
anidride fosforica assorbita „ 0,0001540 traccie
Esperienza XXXIX (lG-18 maggio, in serra temperata, roW espe-
rienza XX Vili). — Fu fatta anch'essa con rametti di gelso e diede
i seguenti risultati:
alla luce al buio
peso secco dei rametti adoperati nell'espe-
rienza gr. 1,185 gr. 0,810
anidride fosforica assorbita „ 0,0000823 traccie
La luce esercita dunque un'azione favorevole all'assorbimento del-
l'anidride fosforica. Una tale constatazione richiama l'osservazione fatta
a proposito della II esperienza, circa le relazioni tra la funzione clo-
rofilliana e l'assimilazione delle sostanze minerali.
Relazione tra l'assorbimento dell' anidride fosforica e la
formazione degli organi di riproduzione. — Se si osserva l'azione
della temperatura sopra l'assorbimento del fosforo nella vite, nella rosa
e nel gelso, si rileva una notevole differenza: mentre, nei limiti in cui
si contennero le esperienze, per la vite le temperature piìi alte sono
quelle che meglio favoriscono il fenomeno, cosi che o non v'è una tem-
peratura optimum 0, se v'è, è assai vicina o superiore alle temperature
estive più alte; nella rosa, invece, e nel gelso anche nei limiti delle
esperienze vi è una temperatura optimum al disopra della quale l'assor-
bimento del fosforo anziché aumentare diminuisce. E pel gelso tale opti-
mum è un po' più elevato che per la rosa. Limitando infatti il confronto
ai risultati delle esperienze XIX, XXV e XXXII fatte contempora-
neamente e in identiche condizioni rispettivamente per la vite, per la
— 23 —
rosa e pel gelso, si vede che raiulameiito tlel fenomeno in rapporto agli
aumenti di temperatura si può rappresentare (come è stato fatto in fondo
alla tavola X) con tre linee che si comportano in modo affatto diverso
l'una dall'altra: una linea discendente per la rosa, una prima debolmente
ascendente e poi discendente pel gelso, e una tutta ascendente perla vite.
Per la rosa la temperatura optimum corrisponde a quella che si ha
in natura in principio di prinìavera; pel gelso è quella della tarda pri-
mavera, mentre per la vite sono più favorevoli le più alte temperature
estive. Orbene la rosa ed il gelso sono appunto indicate come piante
che potate in primavera danno gemme iìorifere e potate più tardi le
danno foglifere \ mentre per la vite è a ricordarsi che le gemme fio-
rifere si differenziano durante l'estate ^
Se ora si osserva l'azione della temperatura sopra l'assorbimento
del fosforo nel Mimulns TiVmgi (esperienze IX-XI), si vede distinta-
mente che vi è una temperatura optimum per tale funzione e che è tra
i 16° ed i 20° C. Orbene il Mmultis, come è noto, forma fiori soltanto
se è seminato e può vegetare in primavera (quando c'è appunto una
temperatura ambiente favorevole all'assorbimento del fosforo), mentre
in estale dà solo rami vegetativi l Ed in primavera è diverso il suo
modo di comportarsi a seconda dell'andamento della stagione e della
temperatura: avendo p. e. io seminato parecchie piantine a diversi in-
tervalli di tempo in terrine poste vicine tra loro in ambiente riparato
ma esposto a tutte le variazioni esterne di temperatura, ho visto che
le prime piantine che vennero a fiorire alla fine di maggio fecero fiori
al 7" ed all' 8° nodo, mentre quelle che fiorirono in giugno ad una tem-
peratura più elevata (le condizioni di umidità del terreno erano mante-
nute eguali ed uniformi) li fecero al i° e 5° nodo; e le piantine che
vennero dopo non ne fecero affatto.
Per il Solanum nigrum la temperatura più favorevole all'assorbi-
mento del fosforo si è mostrata tra 14" e 15° C. nella VI esperienza,
' Veggasi quanto si è detto a tale proposito nella prima parte di questo
lavoro, nella nota 3 di pag. 16.
- U. Mautelli, Epoca della formazione del grappolo nelle gemme della vite;
Nuovo Giornale Bot. Italiano, 1892 (veggasi anche alla nota 3 della pag. 9 nella
prima parte di questo lavoro). Notoriamente in molte piante legnose che fioriscono
a primavera, i fiori si formano prima, durante l'estate (si veda: Ct. Berthold,
Untersuchungen zur Physiologie der pflamlichen Organisation, ii Th. ; Leipzig,
1904), ed è probabile che anche per esse le più alte temperature estive sieno le
più favorevoli all'assorbimento del fosforo, come avviene per l'acero (Esperienza V).
' H. VoniTiXG, Unfersucliitngen zur experimenfellen Anatomie und Pathologie
dis Pflanzenkorpers ; Tiibingen, 1908.
— 24 —
e tra 23''-24° nella VII: nella esperienza descritta alla pag. 4, è ad una
temperatura di 19"-22" C. che si ebbe il maggior assorbimento di ani-
dride fosforica; in ogni modo tale assorbimento da parte di (jiiesta pianta
è sempre relativamente considerevole anche a temjierature diverse dal-
Vopdmum. Con ciò è forse in relazione il fatto che il Solanum nif/rum
fiorisce in qualunque stagione dell'anno ; però nelle piante di controllo
fatte vegetare negli stessi ambienti nei quali furono condotte le espe-
rienze, i lìori si formarono sempre prima dove maggiore era l'assorbi-
mento del fosforo '.
Per la Torenia Fournieri nell' esperienza Vili è risultato che al-
l'aperto e al sole, ad una temperatura di 21 "-23° C, l'assorbimento del
fosfoi'o fu un po' pili rilevante che in serra calda a 30"-34° C. Orbene
le piante di controlio lasciate crescere in terrine all'aperto produssero
fiori dopo il 6° nodo, quelle fatte sviluppare in identiche terrine e in
eguali condizioni di umidità del terreno, ma in serra calda, li produs-
sero dopo il 7° ^.
Anche per le alghe la temperatura alla quale maggiore è stato
l'assorbimento del fosforo fu press' a poco quella che si aveva fuori quando
in condizioni normali ebbero luogo i fenomeni di copulazione.
Si può dunque dire che vi è un certo parallelismo tra l'azione che
esercita la temperatura sopra l'assorbimento del fosforo e quella che la
stessa ha sopra la comparsa degli organi di riproduzione delle piante.
Quanto all'azione della luce, un tale parallelismo è più evidente
quando si pensi che alla sua azione favorevole all'assorbimento del fo-
sforo da parte delle alghe e delle fanerogame, quale risulta dalle mie
esperienze XXXIII-XXXIX, corrisponde l'azione favorevolissima e
quasi indispensabile alla riproduzione delle stesse algiie e delle fane-
rogame, quale venne dimostrata dal Klebs, '', dal Vochting' e da altri.
' Bi-sogna ijiii licorchire iiiiauto.si e detto nella seconda parte di questo lavoro
a proposito della esperienza III fatta col Solanum ìtigriim : a temperature troppo
alte questa pianta acquista un forte sviluppo vegetativo senza produrre fiori (ta-
vola VI a. destra). Ciò, indipendentemente dalla quantità assoluta di fosforo assor-
bito, può dipendere dalla sproporzione tra l'azoto e il fosforo, sproporzione che.
come si è visto alla precedente pag. 7, aumenta coli 'aumentare della tempei'atura.
* Anche nella I esperienza descritta nella seconda pai-te di questo lavoro, la
Torenia Fournieri lasciata esposta ai primi di luglio alla temperatura normale,
fiori prima che quella tenuta in serra a temperatura più elevata.
' G. Kleu.s, Ve)>er ilen Kinfìuss (leu Lichtes auf die Fortpfìaiisuny der Ge-
viiicìise ; Biol. Centralbl., 1893; e Die lìedingungen der Fortpflansung bei einigen
Algen und Pilzen; Jena, 1896.
* H. Vochting, Ueber de» Fiii/iuss des Lie/ifes nuf die GentaUintg uiid
Aiilage der Bliilhen: Pringshoim's Jalirb. f. w. Dot., Bd. xxv, 1S93.
— 25
Conclusioni della terza parte.
L'assorbimento dell'azoto e del fosforo da parte delle piante non
ha luogo sempre nelle stesse proporzioni ma in proporzioni variabili
a seconda delle condizioni esterne. La temperatura esercita infatti un'
azione diversa sopra l'assorbimento dell'uno e dell'altro dei detti ele-
menti, sì che col variare di quella variano le proporzioni di questi che
entrano a costituire uno stesso peso di sostanza secca.
Un tale comportarsi della funzione in parola e l'azione che eserci-
tano su di essa i cambiamenti di temperatura sono assai diversi da
specie a specie.
Quanto al fosforo, la quantità di esso che viene assorbita è rela-
tivamente indipendente dalla traspirazione.
Dipende invece molto dall'azione della luce e pare in relazione
coU'assimilazione clor<ifilliana.
Dipende pure dalla temperatura, si che vi è una temperatura opti-
mum, diversa da specie a specie, alla quale l'assorbimento del fosforo
è massimo, mentre diminuisce, più o meno rapidamente e regolarmente
a seconda delle specie, al disopra o al disotto della temperatura me-
desima.
Iti generale si può dire che le condizioni di temperatura e di luce
che sotto più favorevoli alì'assorbimrtito del fosforo, sono anche quelle tielle
quali si sviluppano gli organi di riproduzione delle piatite studiate. *
1 II Berthelot e molti altri osservatori (veggasi alle pagine 25 e 26 della
prima parte di questo lavoro) hanno già rilevato la relazione ohe passa tra l'as-
sorbimento del fosforo da parte delle piante e la formazione dei fiori, accertando
che la proporzione del fosforo nelle piante è appunto massima all'epoca della
fioritura. Però i due fenomeni non furono messi in relazione di causa ed eifetto,
né vennero riportati alle condizioni esterne di vegetazione.
— 26 —
PARTE QUARTA
Condizioni nelle quali si presentano, in natura,
gli organi di riproduzione delle piante.
Nella prima parte di questo lavoro, dopo avere ricliiamato l'opinione
del Tvlebs che anche le fanerogame possano essere coltivate in modo da
dare organi vegetativi o di riproduzione a seconda della volontà dello
sperimentatore, si è osservato, col Mobius, che però la fioritura richiede
nell'interno delle piante determinate condizioni provenienti da un pre-
cedente sviluppo vegetativo, concetto che è poi stato affermato più chia-
ramente dal Diels il quale, pur ammettendo che la maturità generativa
delle piante non è legata ad alcun determinato stadio di sviluppo vege-
tativo, riteneva necessaiio per la formazione dei fiori un minimo di la-
voro preparatorio [vegetativev Vorarbeif), raggiunto il quale si richiede
poi il concorso di speciali combinazioni di condizioni esterne.
Tutto ciò risulta anche dal fatto che gli alberi legnosi producono
fiori solamente quando hanno raggiunto una certa età ed un dato svi-
luppo vegetativo, età e sviluppo che variano però in limiti molto ampli
a seconda delle condizioni di clima, di terreno, di coltura ecc. ^
' Secondo il Goebel {Eiìihìtimg in dìc experimenMle Morphologic der
Pflanzen, Leipzig, 1908), la Picea exceha fiorisce p. e., in condizioni normali,
dopo 30-40 anni di vita, ma gli individui die vengono trapiantati fioriscono
prima, magari all'età di soli 4-10 anni e quando sono alti soltanto un metro
e mezzo.
E secondo quando mi ha comunicato il chiarissimo prof. Y. Peroua, VAhies
pectiììdfa fiorisce, nelle abetine di Vallombrosa, a 50-60 anni, mentre gli individui
isolati sono pivi precoci e fioriscono 15-20 anni prima. Non ho avuto occasione di
rilevare e confrontare il numero dei palchi degli alberi che fioriscono per la
prima volta nelle diverse località.
Sarebbe poi da distinguersi anche qui la potenzialità a ditìerenziare gli
organi di riproduzione da quella a portarli al loro completo sviluppo, perchè nelle
mie esperienze mi occorse parecchie volte di vedere foi-marsi i primi abbozzi di
gemme fiorifere che poi non avevano ulte.riore sviluppo per l'impotenza della
pianta madre a fornire loro il materiale necessario (come nei casi di colatimi per
sterilità del terreno). Mentre la prima differenziazione degli organi di riprodu-
zione non richiede quasi consumo di materiale di riserva e si può considei-are
come una semplice trasformazione di cellule somatiche in cellule generatrici, il
loro ulteriore sviluppo non può avvenire che a spesa di molte sostanze nutrienti
— 27 —
In questa parte del inii) lavoro espongo il risultato di alcune osser-
vazioni da me fatte sopra le condizioni di differenziazione vegetativa e
le condizioni di ambiente esterno che accompagnano in natura la for-
mazione dei fiori nelle piante.
Differeuziazioue vegetativa e formazione dei fiori. — In espe-
rienze in corso di pubblicazione fatte nel nostro Istituto Botanico dal D. G.
Pollacci e dalla D. E. Mameli per dimostrare l'utilizzazione dell'azoto
atmosferico da parte delle piante, semi di Polygonum fagopyrum fatti
germinare, in ambiente caldo \ in una soluzione nutritizia completa-
mente priva di qualsiasi sostanza azotata, diedero piantine gracili
(tavola XII, a sinistra) che portavano soltanto tre foglie, oltre i coti-
ledoni, e subito sopra un'infiorescenza abbastanza distinta.
Tale fatto, mentre conferma i risultati delle esperienze esposte
nella seconda parte di questo lavoro nelle quali pure la mancanza di
nutrimento azotato provocava la formazione dei fiori da parte di altre
piante, dimostra che le riserve immagazzinate nei semi del fagopiro
sono sufficienti da sé sole - alla formazione dei fiori senza che si ri-
chieda a tal'uopo alcun lavoro vegetativo, come del resto è già stato
visto in altri casi per diverse piante ^. E poiché in condizioni normali
di nutrizione e di temperatura il fagopiro non dà luogo a formazione
che solo possono dare le piante di una certa età e di un certo sviluppo : è pro-
babile che molte delle piante le quali per noi non danno organi di riproduzione
che a tarda età, formino cellule e gemme riproduttrici (che non si sviluppano e
non si rendono visibili), parecchi anni prima di portare in modo visibile a ma-
turazione i loro primi frutti.
* L'esperienza e stata fatta in serretta calda. Non ko se a temperatura più
bassa avrebbe dato eguale risultato.
'^ Bisogna distinguere, come si è detto nella nota della precedente pagina,
la nutrizione necessaria alla prima differenziazione delle cellule riproduttrici da
(|uella che è indispen.sabile all'ulteriore sviluppo delle medesime, allo svolgimento
del fiore e alla formazione e maturazione dei semi e frutti. A noi preme sola-
mente il primo fenomeno.
Nel caso speciale del fagopiro col eguale avevano sperimentato i dott. Pol-
lacci e Mameli, il primo abbozzo di infiorescenza era già visibile all'apice del
fusto quando tanto i cotiledoni che le tre foglie erano molto più piccoli di quello
che si vede nella fotografia della tavola XII; le foglie an^i erano ancora quasi
meristematiche, cosi che non è a pcnsar.si avessero già compiuto un lavoro cloro-
filliano proficuo.
' 11 DiELS (JiiiiviKÌfiiì-iih^ii miti Jlliileiireife im Pflaìizeiireìch, .Berlin, 1006,
pag. 10) cita il caso di una noce di coco che germinando ha dato una piantina
bi quale, prima ancora di esaurire le riserve del seme e mentre aveva solo tre
foglie primordiali, aveva già formato una piccola infiorescenza.
- 28 -
di fiori che molto più tardi, e cioè quando la pianta ha raggiunto un
certo sviluppo vegetativo, conviene dire che non si tratta in questi
casi di mancanza originaria di sostanza di riserva o di nutrimento or-
ganico interno, ma piuttosto di condizioni speciali chimiche e fisiche
necessarie per una peculiare trasformazione ed elaborazione delle me-
desime, la quale agendo poi sulle cellule del nieristema apicale ne pro-
voca la diiferenziazione in cellule riproduttrici o puramente somatiche '.
Si presenta però ora il problema se, poiché anche le piantine di
fagopiro senza nutrizione azotata prima di formare i fiori hanno formato
i cotiledoni e tre foglie (le quali probabilmente, come i cotiledoni,
ei'auo già differenziate nel giovane eml)rione dentro il seme), è proprio
necessario che prima che un nieristema apicale dia luogo a cellule ri-
produttrici preceda un certo numero di segmentazioni con formazione
di cellule somatiche e di organi vegetativi.
Il problema si può in parte risolvere coll'osservazione delle piante
nane le quali, benché le dimensioni generali dell'individuo all'epoca
della fioritura sieno molto inferiori del normale, pure hanno un numero
di nodi ed internodi quasi normale -. Lo stesso dicasi delle piante alpine
le quali hanno dimensioni molto inferiori a quelle del piano non tanto
per la riduzione del numero delle parti, quanto per 1' accorciamento
degli internodi. Anche per gli alberi fruttiferi la pratica insegna che
le gemme fiorifere si sviluppano sui rami vegetativi solamente come
gemme di un determinato ordine, ossia solamente dopo un certo numero
di divisioni e ramificazioni che si può anche artificialmente accelerare.
Nelle mie esperienze fatte con piante annuali provenienti da semi
piccolissimi nei quali l'embrione era poco o nulla differenziato, ho os-
servato che il numero dei nodi del fusto la cui formazione precede la
comparsa di gemme fiorali, non é fisso ma varia colle condizioni esterne
entro limiti però inferiori a quelli segnati dalle variazioni delle dimen-
sioni generali delle piante.
Seminando infatti tali piante in varie riprese in modo da avere
piantine giovani sviluppate in diveisi periodi dell'anno e quindi in con-
dizioni climatiche differenti tra loro, e distribuendo le piantine prove-
nienti da una sola seminagione in ambienti diversi e variamente esposti,
ho osservato, come già dissi in parte alla precedente pagina 23:
' Che i meristemi apicali si dififerenzino in modo diverso a seconda delle
condizioni esterne nelle quali si sviluppano le piante. Io si deduce anche dai casi
di dimorfismo di stagioni dei quali pure parla il Diels (/oc. cit., pag. 40).
- P. Gauchery, h'ocherches sur le nanisme nyi-tale; Ann. d. Se. Nat., Bo-
tauique, Ser. viii, T. 0, 1899.
29 —
Torenia Fournieri ^
Data della semina
Esposizione
Numero dei nodi
precedenti
le gemme fiorali
Altezza
della pianta
alla comparsa
delle prime gemme
fiorali
all'ombra
5-6, e nei ra-
25 iiinii;uin liUO . .
mi 2-ci
cm. 15-20
al sole
6-7, e nei rami B
» 15-20
in seiTa calda
7, e nei rami 3,
o nessun fiore
- 28-36 .
15 hii;lio IDM . .
(
all'ombra
J-5
■ 15-20
al sole
6-6
■ 25-30
in serra cabla
7-8
» 35-38
Mimulus Tiìingi
Data della semina
Esposizione
Numero dei nodi
precedenti
Altezza
della pianta
alla comparsa
le gemme fiorali
delle prime gemme
fiorali
all'ombra
5
cm. 18-20
2 aprile 1910 . . . '
al sole
4
. 10-12
/
iu serrii temperata . .
7-8
» 20-25
in serra calda
oo (non fiorisce)
—
1 giugno 1910 . . .
all'ombra
in serra temperata . .
4
4-5
: 15-20
» 20-25
' Anche nelle esperienze I e VITI descritte nella seconda parte di questo
lavoro, si sono ottenute dalla jTore^w'a i^o»n»'e«' gemme fiorali dopo la formazione
di un numero di nodi variabile da 4 ad 8, e ciò unicamente variando la compo-
sizione chimica della soluzione nutritizia offerta alla pianta.
La tavola XII rappresenta, nel mezzo, ima pianta di Torenia seminata in
maggio e cresciuta al sole, accanto ad una, a destra, sviluppatasi in luglio e
all'ombra.
— 30 —
Soìainim nigrnm '.
Data della semina
Esposizione
Numero dei nodi
precedenti
le gemme fiorali
Altezza
della pianta
alla comparsa
delle prime ^emmo
fiorali
2 aprile 1910 . . .
1 giugno 1910 . . .
2 agosto 191(: . . .
' all'aperto e all'ombrr, .
in serra temperata . .
in serra calda
' all'aperto e all'onilira .
in serra temperata . .
in serra calda
in serra temperata . .
in serra calda
6
7
10-12
10-11
10-11
11
10
11
cm. 20-22
» 25-BO
» 80-iO
» 20
. 20-25
» 28-80
» 20 •
» 28
Siccome le esperienze colla Torenia e col Mintilus furono fatte con
un numero relativamente grande di piante le quali tutte presentavano,
in ogni esposizione, eguale comportamento, si può dire che se non è
fìsso in ogni specie lo stadio di sviluppo vegetativo nel quale si pre-
sentano le gemme fiorali, questo stadio è peiò lo stesso per tutte le
piante che crescono in determinate condizioni " : dove le condizioni
esterne sono sfavorevoli alla differenziazione degli organi di ripoduzione,
ha luogo una più abbondante formazione di organi vegetativi e con
questo, senza che intervenga nessun cambiamento di condizioni, pare
che i meristemi apicali possano essere spinti alla formazione anche delle
gemme fiorali ^.
' Anche nelle esperienze descritte nella seconda parte di questo lavoro, il
Solanum nigrum ha dato gemme fiorali dopo un numero di foglie variabili a
seconda delle condizioni esterne di nutrizione.
* Anche per il Klbbs (Ueber die Nachkommen kihistUch veribiderter Blilten
ron Seviperrivum ; Sitzsber. d. Heidelberger Ak. d. Wiss., 1909) la fissità della
specie vuol dire soltanto che in determinate coudizioni esterne essa conserva la
stessa forma.
' Anche il Berthold (Ioc. cit., p. 141) ammette che la formazione successiva
dei diversi organi che si sviluppano da un meristema apicale si ripercuota in
cambiamenti interni intimi del meristema stesso : « Charakteristisch ist dass die
" Massen der Meristeme hoch obeu am Scheitel iiberaus geringe siud und dass
— 31 —
Condizioni esterne e formazione dei fiori. — Le condizioni
esterne nelle quali in natura si formano gii organi di riproduzione sono,
come è noto, per alcune piante relativamente fisse, per altre invece
molto variabili. Per le prime la differenziazione degli organi di ripro-
duzione avviene solamente in una data stagione dell'anno, nella quale
si verificano appunto le condizioni ad essa favorevoli; per le seconde
avviene in tutte le stagioni.
Un esempio delle prime ci è dato dagli alberi legnosi nei quali,
come è già stato detto *, le gemme fiorali si formano durante l'estate
ed all'unica stagione di loro formazione corrisponde, nei nostri climi,
un'unica stagione di fioritura'. Ma anche tra le piante inferiori ve ne
sono di quelle che richiedono condizioni esterne ben fisse per formare
i loro organi di riproduzione: da noi, p. es., per la copulazione delle
spirogire non basta che venga a mancare l'acqua, ma è necessario in-
tei'vengano anche determinate condizioni di temperatura e di luce che
si hanno solo in certi momenti dell'anno. È alla stessa causa che si
devono attribuire i fenomeni di successione periodica delle diverse
« hier eine grosse Zahl vou Differenzieruugeu aiif kleinem Eanm dicht zusummen-
€ gedrangt sind und in rascheni Tempo nacheinander auftreteu.
■ Die meristeinatisclieii Geirebetinisseii ciiidei-n wahrend der sukzexsii'e7i Aus-
« bildung der eimelner Diff'ereìizieruiigeii alliiuihlich i/ire Nafur. »
Si comprende pertanto come per i cambiamenti intimi sopravvenuti in se-
guito alla formazione di un certo numero di organi vegetativi, uno stesso meri-
stema possa reagire in modo diverso alle medesime condizioni esterne, dando
luogo a cellule di riproduzione mentre prima dava solamente cellule somatiche.
Potrebbe spiegarsi in tal modo la produzione periodica di cellule riprodut-
trici in certe alghe, come è stato visto dall' Ho yt nella Dictyota dichotoma (Pe-
ì'iodicify in the prodiicfioii of sexual cells of Dictyota dichotoma ; Bot. Gaz.,
Voi. .\i.iii, 1907).
' Veggasi la precedente nota 2 a pag. 23.
' Va qui ricordata ancora la differenza, già rilevata nella nota 3 della pa-
gina 9 della prima parte di questo lavoro e altrove, tra formazione prima delle
gemme fiorali o svolgimento successivo delle medesime, o fioritura. La formazione
periodica dei fiori vma volta all'anno nelle piante legnose dei nostri climi, cor-
risponde al succedersi periodico delle stagioni per cui mia volta all'anno vengono
a presentarsi e ripetersi le condizioni esterne che provocano la differenziazione
degli organi di riproduzione. La pei-iodicità può però anche fissarsi come si è
fissato l'accrescimento e lo svolgersi dei meristemi apicali (veggasi: L. Monte-
M.\RTiNi, Ricevche sopra l'accrescimento dei vegetati, in Atti Ist. Bot. di Pavia,
Serie il, Volume v, 189(1). Dove il clima è uniforme e favorevole alla forma-
zione delle gemme fiorifere, la differenziazione di queste ha luogo durante tutto
l'anno.
— 32 —
alglie in una medesima acqua '; né si può altrimenti spiegare che per
il sopraggiun^ere di deteiminate condizioni esterne il fatto - della con-
teraporaneiti'i dell'emissione delle oosfere da parte di tutti gii individui
di Sar(/ass>im che si trovano a vivere insieme in una medesima località
nelle stesse acque.
Una pianta che richiede condizioni di temperatura molto fisse per
la formazione delle gemme fiorali è il Mbmilits Tilingi. Come ha osser-
vato anche il Vochting ^ questa pianta, come si è già detto alla prece-
dente pagina 23, produce fiori solamente in primavera (come anche il
cavolo-rapa), mentre nelle altre stagioni dà soltanto organi vegetativi.
Orbene in questo caso l'azione della primavera è da attribuirsi spe-
cialmente alla temperatura, ed infatti nelle mie espeiienze le piante se-
minate in primavera ma tenute in serra calda non hanno mai dato
fiori.
Esempi tipici di piante che formano i loro organi di riproduzione
nelle condizioni più diverse li abbiamo nel Solannm nignan. Bellis pe-
rennis ed in molte altre piante clie si possono vedere in fiore in tutte
le stagioni dell'anno. In queste piante però alla varietà delle condizioni
esterne in cui si presentano gli organi in parola corrisponde anche,
come si è visto per il Solamim. una grande varietà nelle condizioni in-
terne sia per il diverso grado di differenziazione vegetativa che si può
riflettere nella differente natura dei meristemi, sia per il rapporto tra
gli idrati di carbonio e le sostanze minerali, o tra radici e parti aeree.
Cosi che si può dire che sono, è vero, condizioni esterne assai diverse
quelle nelle quali si presenta il fenomeno e die lo provocano, ma die
agiscono su piante intimamente pure diverse e che probabilmente vi
sono in natura tanti adattamenti quanti i casi, e ad ogni condizione
interna corrispondono condizioni esterne fisse e necessarie perchè il fe-
nomeno abbia luogo.
' Veggasi: Montemartini L., App/int/ <// ficohioìogia ; Nuova Notai-isia,
1901 ; e Fritsch E. E., Prohhms in fhe aquafic hiology, in Nen- PJii/tolor/i.^f.
1906, Voi. v.
* Tahara M., On the periodiceli Ubtruiion of the oospheres in Sargassum;
Bot. Mag., Tokyo, 1909, voi. x.xiii.
^ Untersuchiingen sur experìmentc/len Anatomie uml Patìioloyie dex Pflan-
senkorpers. Tiibiiigen, 1908.
33
Conclusioni della quarta parte.
La produzione degli organi di riproduzione nelle piante non ricliiede
una determinata differenziazione vegetativa, ma viene provocata da de-
terminate condizioni interne ed esterne che obbligano i meristemi a
differenziarsi in un senso piuttosto che nell'altro.
La differenziazione vegetativa ha però un'azione sopra la natura
dei meristemi e può renderli pixi o meno atti a reagiie agli agenti
esterni, cosi che ad ogni combinazione di condizioni esterne favorevole
alla comparsa degli organi in parola si può dire corrisponda una de-
terminata differenziazione vegetativa in seguito alla quale i meristemi
sono rimasti tali da essere spinti, in quelle condizioni, a dare cellule
riproduttrici anziché cellule somatiche.
Per certe piante, specialmente per i grossi alberi, le condizioni
esterne clie determinano la formazione degli organi di riproduzione sono
relativamente fisse (forse perchè sono anche relativamente stabili le
condizioni interne); per altre piante invece sono variabilissime: le prime
fioriscono regolarmente in una sola stagione, le seconde in tutte le sta-
gioni dell'anno.
Atti dfU'Isf. Bai. dell'Università di Pavia — Serie II — Voi". XV.
— 34
PARTE QUINTA
Conclusioni generali.
Nel riassunto bibliografico dato nella prima parte di questo lavoro '
abbiamo visto che gli agenti chimici e fisici più diversi possono influire
sulla vita delle piante, provocando in esse, in certe condizioni interne
ed esterne, la formazione degli organi di riproduzione.
' Per completare la parte bibliografica, vanno ricordate anche le seguenti
ultime pubblicazioni: Becquerel P., Variations du Zinnia elegans .lou.i Vactinìi
lìfifi trninnat/smes: Compt. rend. d. s. d. l'Ac. d. Paris, 1909, T. rxLix.
Bi..\utn<;hb.m L., Sur ime forine uoiivelle de Nigelle. (Nigella damascena Po-
lycepbala) obtenue après une niut/latioìi ; col precedente, 1910, T. CL. In questa e
nella pi'eoedente pxibblicazione si portano due contributi allo studio dell'influenza
di forti azioni traumatiche sopi-a la formazione dei fiori, di cui si parla alle pa-
gine 17 e 18 della prima parte.
COMBEsR., Déterminatìon deti ìitteiisités luiiiineuses opliiini jwur les vegétaux
aìix dlrer.s sfaden du di-veìoppemeìit : Ann. d. Se. Nat., Botanique, Ser. ix. T. xi,
1910. Determinando le intensità luminose più favorevoli alle piante nei loro di-
versi stadi di sviluppo. l'Autore constatò che vi è una intensità optimum diversa
per i singoli fenomeni : forniaziwie di organi vegetativi, formazione di fiori, ecc.
— Veggasi pure, dello stesso autore: T/échi/reiiìent oplìiiiuni poiir le déreloppe-
ment des régefaujr; Compt. rend. d. s. d. l'Ac. d. Paris, 1910, T. cu.
Dangbard P. a.. Elude aur le développement et la structtire des orgaiiismes
inférieurs: Le Botaniste, Paris 1910, Ser. xi. In questo lavoro il Dangeard insiste
sulle sue idee circa i rapporti tra mancanza di nutrizione e riproduzione e sulla
teoria dell'autofagia sessuale di cui si parla alla nota 1 delle pagine 3 e 4 della
prima parte: osserva che la fame prodotta per mancanza di nutrizione ha lo stesso
effetto, nel determinare la divisione delle cellule, che quella dovuta ad accresci—
naento in volume.
Evans A. W., Vegetative h'eproduct/ou in Aletzgcria : Annals of Botany, Lon-
don, 1910, Voi. x.xiv. Si accenna a speciali esigenze degli organi sessuali clie si
formano solo nell'ultimo stadio di sviluppo della pianta.
Klebs G., Ueher die Xackkomiiieii kiiiistlich rer/iuderter Bluten voii Seinper-
rii-um; Sitzsber. d. Heidelberger Ak. d. Wiss., Jahrg. 1909. In lui nuovo studio
sopi-a la possibilità di provocare nelle fanerogame la formazione dei fiori mediante
opportune modificazioni delle condizioni estorne , il Klebs ha fatto interessanti
esperienze sopra rosette di Senqìerrirum e dimostra quanta importanza abbia sulhx
loro fioritura la temperatura, in seguito ai diversi fenomeni chimici interni ohe
sono influenzati da essa. Secondo lui ha grande importanza, come pensavano anche
Loew, Benecke, ecc., il rapporto tra gli idrati di carbonio e le sostanze azotate
— 35
Nella seconda parte del lavoro abbiamo poi visto quauta influenza
abbia, sul eorso di questi fenomeni, la composizione chimica del nutri-
mento fornito alla pianta e specialmente il fosforo, il quale, se in pre-
valenza, provoca la formazione degli organi di riproduzione, mentre se
prevale l'azoto si formano più rigogliosi gli organi vegetativi. Abbiamo
anche visto che la nutrizione iniziale di una pianta imprime al suo pro-
toplasma proprietà speciali che variano la sua sensibilità avvenire di
fronte agli agenti esterni '.
solubili, cosi ohe quando le rosette quasi pronte a fiorire veugoiio messe al buio
ed a temperatura alta, la respirazione intensa consuma gli idrati di carbonio,
diminuisce di conseguenza il rapporto in parola e la fioritura non ha più luogo.
LuBiMENKO W., lìifluencc de la ììiinière sur te déreloppeinent dcs fruits et
des graines chez les végétaux supérieui-x; Eev. gén. d. Bot., Paris, ItUO, T. xxii.
Distingue, come si è fatto anclie in questo lavoro, la formazione prima degli organi
di riproduzione da quello che è il loro evolversi successivo, ed osserva che la prima
ha luogo in condizioni molto diverse da quelle che presiedono all'accrescimento
vegetativo, anzi in coudizioni che talora sono sfavorevoli a quest'ultimo.
PRixfiSiiEiM H., Die Vdi-iabilitdt niederer Organisinen ; Berlin, 1910. Accen-
nando alla formazione delle spore provocata negli organismi inferiori da condizioni
esterne sfavorevoli alla vegetazione (ricorda infatti che coltivando simili organismi
in condizioni ottime, se ne possono ottenere varietà asporigene), il Pringsheim la
considera quasi come un fenomeno di adattamento a tali condizioni sfavorevoli,
osservando che le specie le cui cellule vegetative hanno la resistenza necessaria
noli formano mai spore. Rileva anche, in certi micelii, l'influenza della nutri-
zione iniziale su tutta la vita successiva, come si è visto per le fanerogame nella
seconda parte di questo lavoro.
Rus.SBLL, Sur quelques cax de floraisoiì precoce da Potentina verna; Bull, de
la Soc. Bot. d. Fr., 1909, T. Lvi. Sono casi di apertura di gemme fuori stagione
simili a quelli ricordati nella nota 3 a pagina 9 e 10 della parte prima.
Sauton B., Tiìfiiic/ii-p (ìli fer .sur la formation den xpores de V Àsjìergiìhis
niger : Compt. rend. d. s. de l'Ac. d. Se. d. Paris, 1910, T. CLi.
Stevexs F. L. e Hall J. G., Variatìonx of fungi due io eitvironiunent ; The
Bot. Gaz. 1909. Voi. xi>Vlli. Come il precedente, è un nuovo contributo allo studio
dell' influenza della nutrizione sopra i diversi modi di riproduzione dei funghi
(reggasi la nota 1 delle pagine 3-4 della prima parte di questo lavoro).
Tahar.v M., Oh the periodical liberation of the oospheres in Sargassum; Bot.
Mag., Tokyo, 1909, Voi. xxili. Si rileva la contemporaneità della formazione delle
oosfere in tutti gli individui di SnrgauKum che si trovano in una stessa località.
' Alle notizie bibliografiche date nella nota 1 a pagine 7-8 della prima parte
di questo lavoro circa l'influenza della nutrizione sopra lo stato chimico-fisico
interno degli organismi, sono da aggiungersi le seguenti :
Chevalier J., Influence de la cidtiire sur la teneur en alcaloides de quelques
Solanées: Compt. rend. d. s. d. l'Ac. d. Se. d. Paris, 1910, T. cl. L'aggiunta di con-
cimi azotati aumenta la produzione in alcaloidi.
Co.MÈRE J., Da ròte des ulcalo'ides dans la iiutritiun des algues ; Bull. d.
— 36 —
Gli agenti fisici esterni (luce e temperatura) oltre che i)er l'energia
chimica che possono svolgere, agiscono anche perchè influendo sopra
l'assorbimento e l'assimilazione dei diversi elementi minerali, ne cau-
sano il prevalere dell'uno o dell'altro nell'interno delle piante. E nella
terza parte del lavoro abbiamo constatato che le condizioni di tempe-
ratura e di luce che sono piìi favorevoli all'assorbimento del fosforo, sono
anche quelle nelle quali si sviluppano gli organi di riproduzione.
Nella quarta parte, finalmente, abbiamo osservato che ad ogni com-
binazione di condizioni esterne che sia favorevole alla comparsa degli
organi di riproduzione, corrisponde anche una determinata differenzia-
zione vegetativa la quale deve aver contribuito ad indurre nei nieri-
stemi lo stalo per cui essi, reagendo alle condizioni medesime, hanno
dato cellule riproduttrici anziché cellule somatiche.
Si pensi ora a tutto il complesso di caratteri per i quali le cellule
riproduttrici, provenendo da quelle somatiche per un processo che viene
comunemente indicato col nome di riììgiovanimento, da esse se ne distin-
guono: maggiore ricchezza di fosforo e di potassio, contrazione di vo-
lume con eliminazione di acqua, aumento di volume del nucleo (con
spesso mutata struttura) in proporzione al protoplasma '.
Dall'esame di tali caratteri e dallo studio fatto più sopra dei diversi
fattori esterni che agiscono nel provocarne la comparsa, pare si tratti
di speciali aggruppamenti chimici la cui presenza modifica le proprietà
fisiche e fisico-chimiche di tutto il protoplasma e del nucleo. Sorge
ancora l'idea delle sostanze formatrici (composti fosfatici?), le quali però
non verrebbero elaborate nelle foglie per migrare verso i nieristemi, ma,
originatesi nelle stesse cellule meristematiche col concorso di altre
sostanze ad esse arrivate dai diversi organi dalla pianta, ne provo-
cherebbero quasi l'incistaniento, il ringiovanimento, la trasformazione
da cellule somatiche in cellule riproduttrici. Il fenomeno avverrebbe
1. Soc. Bot. d. Frauce, 1910, T. Lvii. L'introduzione graduale di alcaloidi a pic-
cole dosi modifica 1' organizzazione del plasma e lo rende adatto a ricevere dosi
maggiori.
Veggasi anche il lavoro del Pringsheim citato nella nota precedente.
• Sull'importanza dei rapporti tra protoplasma e nucleo, oltre quanto si è
detto nella nota 1 alia pag. 27 della prima parte di questo lavoro, veggasi :
Enriques P., Wachstum iiiid seine analytische Dai-stelliuìg : Bioì. Centralbl.,
Bd. XXIX, 1909.
Levi G., Di ci/cìi»i rapporfi fra struttura e fiaizioitc iiegti animali ; Atti d.
Congr. d. Se. di Padova, 1909.
Zach.\ria,s e., Die chemische Beschaffeuheit von Protoplasma uiid Zellkern:
Lotsy's Progressus rei botanicse, Bd. iii, 1909.
— 37 —
nelle combinazioni più diverse di condizioni interne od esterne, sempre
però condurrebbe a qnesti speciali aggruppamenti chimici relativamente
costanti ' che corrispondono allo stadio iniziale di ogni nuovo essere.
L'equazione chimica (per adottare ancora la frase del Berthelot già
adottata alla fine della prima e della seconda parte di questo lavoro)
che dal plasma vegetativo porterebbe alla formazione degli organi di
riproduzione, non sarebbe una sola. Uno solo, si può dire, sarebbe il
termine (i composti fosfatici che determinano lo speciale stato fisico-
chimico dei protoplasmi ringiovaniti) del secondo membro dell'equazione,
ma assai variabili sarebbero i termini del primo membro, tanto più che
è variabile anche il punto di partenza: la composizione, cioè, del pro-
toplasma delle cellule vegetative.
Ciò premesso, pare che la formazione degli organi di riproduzione
non si presenti come fenomeno necessario nella vita dell'individuo, la
quale se le condizioni esterne non variassero potrebbe continuare in
modo indefinito. Quando per l'azione concorrente di peculiari condizioni
esterne (luce, temperatura, nutrizione, umidità, siccità, ecc.) o interne
(nutrizione precedente, mutamenti dovuti alle precedenti differenzia-
zioni, azioni traumatiche, malattie, ecc.) i processi chimici normali della
vita vegetativa sono disturbati e si formano le speciali sostanze fosfa-
tiche cui si è .sopra accennato, cambiano d'un tratto, nelle cellule in
cui queste si presentano, le proprietà chimico-fisiche del protoplasma e,
quasi in seguito ad una crisi, le cellule somatiche si trasformano in
cellule l'iproduttrici.
In seguito queste si sviluppano ulteriormente prima a spese della
pianta sulla quale si sono formate e nella quale provocano le forma-
zioni fiorali che sono note, poi come organismo autonomo.
' È qui a richiamarsi la nota 1 a pagina 16 della prima parte e l'osserva-
zione ivi riferita del Gaiicbery che, pur essendo diversi i fattori che presiedono
alla comparsa dei fiori nelle piante nane, lo stato nel quale comincia e dal quale
dipende la differenziazione degli organi di riproduzione è lo stesso. Osservazione
analoga ha fatto anche il Petees (Vergleicheìide Viitersuchunycn iiber die Aus-
bildiiiig der sexnellen Ueprodiictionsorgane bei Convolmihis iiitd Cuscuta; Inaug.
Diss., Zurich, 1908) segnalando la somiglianza di struttura degli organi sessuali
nelle Cuscuta e nei Coiivolrulus. e rilevando che la diversità di modo di vita non
trae seco un cambiamento di struttura di tali organi.
Atli dell'Ut. Boi. dell' Uniieisitù di ravia - Serie II - Voi XV. 3*
— 38
PARTE SESTA
Applicazioni pratiche.
Anclie dal punto di vista delle applicazioni pratiche bisogna distin-
guere, come si è fatto nel corso del lavoro, quello che è differenziazione
prima degli organi di riproduzione, dal loro ulteriore evolversi fino alla
maturazione dei semi e dei frutti, fenomeni clie si compiono spesso in
tempi diversi e richiedono condizioni differenti ' : la prima richiede in-
fatti condizioni quasi opposte allo sviluppo vegetativo della pianta; in
seguito però, una volta differenziati, nel loro successivo evolversi gli
organi di riproduzione funzionano quasi come parassiti della pianta che
li ha prodotti -, assorbendo da essa ed immagazzinando una grande
quantità di sostanze di riserva la cui elaborazione e preparazione pre-
suppone invece un ricco sviluppo degli organi vegetativi. Non sarebbe
dunque praticamente utile favorire la prima differenziazione degli organi
di riproduzione con operazioni che tornassero a danno degli organi ve-
getativi, poiché di questi ha bisogno la pianta per l'ulteriore sviluppo
dei primi ; né sarebbe utile aiutare il massimo e continuo sviluppo degli
organi vegetativi per ottenere frutti abbondanti, perchè si arriverebbe
invece ad impedire la prima formazione di questi: occorre, come osserva
anche l'Arthur ^ mantenere un giusto equilibrio tia i due fenomeni.
Per le piante però che vengono coltivate solamente per i loro
organi vegetativi si capisce come sia importante evitare le condizioni
esterne di temperatura e di nutrimento che potrebbero provocare la for-
mazione degli organi di riproduzione.
Per le barbabietole, per esempio, per le quali, come è noto ^, i
• Veggasi quanto si è detto a tale proposito nella nota 3 a pagina 9 della
prima parte di questo lavoro e nella nota 2 a pag. 27 della quarta parte.
' Li considera come tali anche il Lubimenko (hìfliiPìice (le la lumière sur le
déreloj>pemenf dcs fntifs et desi r/ra/ìies chez les i:é(;i'taì{.r supérieiirs ; Rev. gén.
d. Botanique, Paris, 1910, T. .xxii).
' Arthi'r J. C, Tim oji/ios/iii/ factors of hicrease: Bull, of the hot. depart-
ment of Jamaica, 1901.
* Veggasi alla nota 1 della pag. 10 della prima ])a,rte di questo lavoro. Fe-
nomeni analoghi ha osservato anche l'AuEiiiioi,!) (Veher das Schies.ieìi des Ko/il-
rabis; Mitth. a. d. k. biol. Anst. f. Land. u. Forstvv. in Dahleni bei Steglitz, Berlin,
1906) nelle rape, uei .sedani, nei cavoli, ecc. e vennero da lui attrib\iiti a disturbi
nella nutrizione che possono derivare da varie cause.
— 39 —
freddi primaverili dopo la germinazione possono provocare una fioritura
precoce (nel 1° anno) con grave danno del raccolto, io ho provato que-
st'anno a seminare in serra temperata diverse piantine in vasi pieni
di sabbia ben lavata e concimata in alcuni con fosfato di calcio e un
po' di solfato di magnesio, in altri con nitrato di potassio e un po' di
solfato di magnesio. La semina venne fatta ai primi di marzo e verso
la fine del mese, quando le piantine erano già ben sviluppate (coi due
cotiledoni ben larghi e l'accenno di una prima foglia), alcuni vasi, tanto
di quelli concimati con fosfato che di quelli con nitrato, furono portati
fuori serra dove dal 26 marzo al 7 aprile si ebbero giornate fredde e
piovose, con temperature tra 1° e 10° C, mentre in serra la tempera-
tura si era sempre mantenuta tra 12° e ]8° C. In seguito, l'S aprile,
tutte le piantine, sia quelle esposte all'aperto che quelle tenute in serra
vennero trapiantate in piena terra in eguali condizioni di esposizione
e di concimazione.
In agosto potei vedere che delle piante che erano state tenute in
serra, tanto quelle concimate con fosfato che quelle che avevano rice-
vuto il nitrato, era andato in fioritui'a solo il 50 per 100 '; delle piante
invece che erano state esposte alle intemperie del marzo, fiorì l'SS
per 100 di quelle concimate con fosfato e solo il 75 per 100 delle con-
cimate con nitrato.
Se ne deduce che con una concimazione prevalentemente, anzi esclu-
sivamente (il ciie è possibile solo quando si semini in sabbia per poi
fare il trapianto) azotata, si possono eliminare i disturbi recati alla
pianta dai freddi primaverili.
Messo in relazione questo fatto coll'altro già rilevato nella terza
parte di questo lavoro (Esperienze ITI e IV), dell'azione favorevole delle
basse temperature sopra l'assorbimento del fosforo da parte delle bar-
babietole, mentre si può dare del fenomeno una spiegazione ben diversa
da quella data dal Brien -, viene naturale la domanda: sarà possibile,
con uno .studio razionale dell'azione delle intemperie sopra le varie fun-
' Anclie in aprile, dopo il trapiiintameiitn, si ebbero ancora giornate iredfle
e buri-ascose, onde può così spiegarsi una tanto alta percentuale di piante fiorite.
* Secondo me le basse temperature agirebbero, nel provocare la fioritura,
favorendo l'assorbimento del fosforo; non è escluso però clie a questo si aggiunga
anche l'azione nell' accumulo di zuccheri cui accenna il Brien. Infatti Wuimeh
e RoEMER (Die Bedeufiing der aii der lìiibaìipflame diirch ferachiedene Dihiffiini/
ìierroi-ffcriifeneiì dusseren Ersclieiiiiiiigeii fin- die Baurtciluny der Hiiben iiiid dir
Dihìf/ebediirftigkeit des Bodens; Mitth. d. b. Anst. Versucbsstat. Bernburg, 1907)
accennano ad azione dei fosforo e dell'azoto sopra il contenuto in zucchero. L'un
fenomeno può spiegare l'altro.
— 40 —
zioiii delle piante, venire ad una applicazione iiuie lazionale di concimi
diretta ad eliminare o a guariie i danni prodotti dal maltempo mede-
simo sopra la vegetazione?
Ecco un largo campo che si apre agli studi di fisiologia e patologia
pratica, ed io mi riservo di fare in proposito altre esperienze.
Suscettibili di maggiori applicazioni pratiche sono le osservazioni
fatte nella seconda parte del lavoro sopra l' influenza che la nutrizione
iniziale delle piante esercita su tutta la vita delle piante medesime.
Già nelle esperienze IX-XII (tav. VII e Villi esposte in detta
seconda parte, si è visto come sia possibile, con nutrizione iniziale a
base di fosfato di calcio, accelerare lo sviluppo delle giaminacee col-
tivate (frumento, avena e granoluico). Le esperienze vennero ripetute
quest'anno con eguale risultato: colla concimazione iniziale a base di
fosfato di calcio liuscii a far spighire in giugno frumento Rieti semi-
nato in marzo.
Però i tentativi di Mpidicaie all'agricoltura le concimazioni iniziali
di fosfato di calcio non hanno dato risultati sicuri: siccome il terreno
agrario contiene sempre una celta quantità di sostanze azotate, il fosfato
di calcio non provoca, quando si faccia l'esperienza con esso, i feno-
meni di avvelenamento che si è visto precedere lo sviluppo anormale
delle piante ', con colture in sabbia.
Le prove con nutrizioni iniziali diverse mi hanno dato invece mi-
gliori risultati con piante seminate in semenzai e trapiantate poi in
piena terra, poiché preparando il semenzaio con sabbia ben lavata è
possibile somministrare poi alle piantine un nutrimento di composizione
chimica ben fissa.
Feci esperienze con pomodori, cavolifiori, cavoli-verze e peperoni ^
ottenendo i seguenti risultati:
Pomodori. — Seminati ai primi di aprile in quattro vasi eguali
(tenuti in serra temperata) ripieni di sabbia ben lavata, concimata in
uno (N. 1) colla miscela di Wagner completa; in un altro (N. 2) con
nitrato di potassio e nitrato d'ammonio; in un terzo (N. 3) con fosfato
di calcio, e nell'ultinio (N. 4) con fosfato di potassio. Inaffiati sempre
con acqua di pioggia.
' Sintomi ili avvelonaineiito simili a quelli da me descritti furono osservati
nel frumento dal Niklewski (Ueber (leu Austi-itt roii Calci um-ìoid Magnesiinit-
stonen aus (hr Pflanzeìizelle ; Ber. d. deuts. bot. Ges., 1909, Bd. .\xvn) per nutri-
zione unilaterale con sali di calcio, e vennero da lui attribixiti al fatto che i sali
isolati sottraggono alle piante altri elementi che esse contengono.
' Avevo tentato di fare esperienze anche col tabacco, ma non ho jiotuto con-
tinuarle. Mi propongo rifarle nella prossima primavera.
— 41 —
Ai primi di maggio furono trapiantati in piena terra; le piantine
più alte erano quelle del N. 2 (cm. 10), poi quelle dell'I (cm. 8), poi
del 3 (cm. 5) e le piìi piccole e sofferenti erano del N, 4 (cm, 4).
In luglio le piantine provenienti dal N. 3 erano le più rigogliose
e furono le prime a dare fiori e frutti, anticipando di una settimana
sulle altre. Venivano dopo, tanto per rigoglio di vegetazione che per
tempo e abbondanza di fioritura, le piante del N. 4, poi quelle del 2 e
ultime quelle dell' 1.
Peperoni. — Seminati verso la metà di maggio in tre vasi eguali,
ripieni di sabbia ben lavata e concimata in uno (N. 1) con nitrato di
potassio e fosfato di calcio, in un altro (N. 2) con solo nitrato potassio
e nel terzo (N. 3) con solo fosfato di calcio.
Un mese dopo, quando le piantine furono trapiantate in piena terra,
le più rigogliose erano quelle del N. 2, poi venivano quelle dell'I. Nel
vaso N. 3 si avevano solo piantine molto soiì'erenti.
In agosto le piante avevano tutte uno sviluppo press'a poco eguale
né avevano presentato differenze sensibili nell'epoca e nell'abbondanza
della fioritura.
Cavoli-verze. — Seminati verso la metà di maggio, come i peperoni,
in tre vasi pieni di sabbia e concimati con nitiato di potassio e fosfato
di calcio (N. 1), 0 con solo nitrato di potassio (N. 2), o solo fosfato
di calcio (N. 3), furono trapiantati ai primi di giugno, in piena terra,
quando le piantine del N. 3 cominciavano a mostrarsi sofferenti.
Nel settembre esse erano lo più ligogliose.
Cavolfiori. — Seminati nello stesso tempo e trattati nello stesso
modo dei cavoli-veize, in settembre le piantine più rigogliose erano
quelle del N. 2, poi venivano quelle del N. 3 e poi del N. 1.
Si vede dunque che in queste piante da semenzaio per cui si usa
il trapianto, può riuscire di grande utilità una nutrizione iniziale in-
completa che imprima alle piante stesse proprietà speciali favorevoli al
loro ulteriore sviluppo.
Mi propongo di fare in proposito nuove e più estese esperienze.
Altro argomento di applicazioni pratiche può essere lo studio del-
l'azione del clima sopra l'assorbimento dei concimi chimici. Dalle espe-
rienze descritte nella terza parte del lavoro risulta che la temperatura
ha una grande influenza sopra l'assorbimento dei varii elementi m.ine-
rali da parte delle piante. Un dato concime chimico può dunque avere
in un clima un'efficacia diversa che in un altro, e le esperienze fatte
in una regione non sono applicabili a tutte le regioni anche con clima
diverso. Occorre sperimentare e osservare in ogni regione quali elementi
— 42 —
ed in quale stagione dell'anno (a quale temperatura) sono i meglio
assorbiti, e regolare di conseguenza la scelta delle piante da coltivarsi,
l'epoca delle concimazioni, il momento della semina, ecc.
Moltiplicare gli studi fatti sulle singole specie nelle diverse regioni,
indagare l' infinità di adattamenti naturali e completarli, deve essere
compito delle stazioni sperimentali.
Dall'Istituto Botanico di Pavia, 14 ottobre 1910
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE
Tavola X.
Fig. 1: apparecchio per la vegetazione delle piante a diverse temperature (espe-
rienza a pagina 4).
Fig. 2: linee rappresentanti l'assorbimento del fost'oro (linee intiere) e dell'azoto
(linee punteggiate) a diverse temperature (esperienze della parte in, pa-
gina 7 e 23).
Tavola XI.
Piantine di Beta viilgaria (in alto) e di Solanum, ììigriim (in basso) ottenute a
diversa temperatura nell'esperienza descritta a pagina 4.
Tavola XH.
.1 sinistra: piantina di Poli/f/oiiiiiii faffopi/rtiiiì fiorita subito dopo la germinazione
in soluzione nutritizia priva di sostanze azotate.
Ili mezzo e a destra: piante di Torenia Founiieri cresciute in condizioni diverse,
come è descritto alla pagina 29.
ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
LA MORIA DEI CASTAGNI
(Mal iìcW hìch iosfro).
NOTA
di GIOVANNI BRIOSI e RODOLFO FARNETI
Osservazioni n-ifirhe ad mia Nota dei Signori Griffon e Maublaiic
I signori Griffon e Maublanc pubblicano nei Comptes rendus de l'Aca-
démie des Sciences ' una nota dal titolo : Sur irne maìadie des perches de
Chàtaignier.
In essa gli Autori dichiarano che la malattia del castagni da noi
descritta in due iNTo^f pubblicate negli Atti dell' Istituto botanico dì Pavia",
è identica a quella che essi hanno osservato in Francia nelle poUonete
del Limousin.
I signori Griffon e Maublanc limitano i loro studi ai cedui e non
fanno menzione dei castagni d'alto fusto, i quali pure, come noi abbiamo
dimostrato, sono attaccati dalla stessa malattia che li uccide.
I signori Griffon e Maublanc constatano sui rami delle piante ma-
late quanto noi avevamo osservato, cioè la presenza di cancri caratte-
ristici, e nella corteccia di questi la costante presenza di un micelio che
fruttifica alla superficie della medesima, sotto le forme d'un Cori/nenm
' Paris, Dicembre 1910, pag. 1149-1151.
* Briosi e Farneti, l'iulla Moria dei castagni (Mal <hlr iiivhioxii-o] : prima
nota. Atti dell'Istituto Botanico dell'Università di Pavia, ser. u, voi. xiii. INli-
lano, 1907.
— — Intorno alla causa della Moria dei castaf/ni (ì^f al delV inchiosfro) ed ai
megzi Jjer combatterla. Seconda nota. Atti dell'Istituto Botanico dell' Tmiversità
di Pavia, ser. ii, voi. .\iv. Milano, 1909.
Atti deU'lst. Bot. ih-W Università ili Pavia — Serie II — Voi. XV. 4
- 44 —
e (li lina Melanco»is; forme che riconoscono identiche a quelle che noi
avevamo descritte e che essi stessi lianno potuto osservare sopra il ma-
teriale che, dietro loro richiesta, noi avevamo loro inviato.
Gli scienziati francesi, per verità, non si addentrano di molto nel-
r esame della malattia, e sorvolano sopra le molte cose illustrate nelle
nostre pubblicazioni, limitandosi ad affermare che il nostro Cori/neum
pernkiosum non è altro che il Coryneum Knnzei var. Castaneae Sacc. e
che la nostra Melanconis perniciosa è identica alla Melanconis modonia
del Tulasne.
Intorno a questa pubblicazione * noi abbiamo le seguenti osserva-
zioni da fare.
Piima di tutto i signori Griffon e Maublauc non hanno avvertito
una delle parti più importanti, l'essenziale forse, del nostro lavoro, la
quale consiste non tanto nell'avere indicato un nuovo parassita del ca-
stagno, quanto nell'avere dimostrato come questa malattia non si inizii
nelle estremità delle radici (ove sonvi le micorize) e da qui proceda
verso il tronco, ma invece segua la via inversa; ciò in opposizione a
quanto sino ad ora si era ritenuto.
Questo fatto, di capitale importanza, fa cadere tutte le teorie che
si sono fin qui escogitate tanto in Italia che fuori ; inoltre, indica quale
via si debba seguire nella cura profilattica e terapeutica del male.
Il modo di procedere della infezione è di tale importanza, specie
per le possibili cure, che la questione del parassitismo passa quasi in
seconda linea.
In quanto all' affermazione dei signori Griffon e Maublanc, che il
nostro Covyueum pernicio^niìi e la nostra Melanconis perniciosa altro non
siano che il Coryneum Ktimei vai-, Castaneae del Saccardo e la Melan-
conis modonia del Tulasne, noi, avanti tutto, osserviamo che nella nostra
prima pubblicazione, parlando del micete trovato nella corteccia cancre-
nosa, dicevamo: '"esso è un Coryneum molto affine, se non identico, al
Coryneum Knnzei var. Castaneae Sacc. „ ; e dopo avere parlato dei ca-
ratteri differenziali concludevamo: " Per tali ragioni, alle quali va ag-
giunto il fatto che il micete della Toscana si presenta come un vero
' I signori Gritìon e Maublanc sci-ivono ira l'altro : « Le Melanconis, d'après
« les botanistes italiens, serait réellemeiit la cause ile l'encre ; il s'attaquerait non
•: seulenient aux ranieaux sur les quels il produit les lésions caractéristiques que
« nous avons fait conuaitre, mais aìissi aux nicines sur les (jueìles il frucfi/iemil
■< rarement (\oc. cit., p. llóO) •. Ohe il parassita attacchi anche le radici e vi frut-
tifichi piitrù esser vero, ma noi non lo alibiamo detto, né lo abbiamo mai os-
servato.
— 45 —
parassita, riteniamo doversi esso tenere distinto da quello della Libert
almeno provvisoriamente „.
Quindi, a noi non erano sfuggite le afifiiiità dalie quali i signori Grif-
fon e Maublanc credono di poter dedurre l'identità delle due specie.
Inoltre, sino d'allora dimostravamo di non dare soverchia impor-
tanza alla designazione e distinzione sistematica del nostro micete, es-
sendo essa, a parer nostro, una cosa secondaria rispetto alla patogenesi
della malattia.
*
* *
Questo premesso veniamo alla questione fatta dai signori Griffon e
Maublanc sulla identità del nostro fungo con un'altra specie di già nota.
Ebbene, noi anche dopo la pubblicazione dei due patologi francesi
crediamo ancora che si debba tenere distinto, almeno provvisoriamente,
il Conjneum perniciosum dal Conjneum Kimzei var. Caftaneae Sacc. e la
Melanconis perniciosa dalla Melanconis modoitia Tul., sia per le ragioni
esposte nella nostra prima Nota, sia per quelle che qui sotto ci fac-
ciamo ad esporre.
Tulasne, dopo avere descritto la forma conidica della Melanconis
modonia e d'averne constatato le affinità coi generi Meìanconium Link.,
Stiìbospora Pers., Corijneum Nees, Steganosporiiim Corda, resta indeciso
a quale di questi generi riferirla ^
Saccardo, che ha iìssato con precisione i caratteri distintivi di questi
generi -, riferisce la forma conidica della Melanconis modonia Tul. al
' « Niiliis contra uou clave lif^uet (/ujus iiulolis et natarae siiit Mrliincoinn.
■: Sfilbosponie, C'or//iif(i et Stei/aìiosporiti com\)\m-ia ut Melancoiu'vin afritiii eicoti-
1 f/tonierafiimLinkio, supra citata, p. 116, in nota, >!tilboxpora angustata Per.soonii
-■ et pyofiixa Grevillio, Coryneuin dppi'essKin et piih-i natii ni Sclimidtio, aliicnie
« fungini permnlti, specie aut titillo analogi, quus omnes futuris mycologonnn
« indagationibus conimeudave liceat ; quidam t'ortassis non nisi nomine (|Uo salu-
« tantur, ah iis diffei-unt quos oftendinius et descripsimiis ; alii sane aut Mfhiii-
• ronen sinceras, nobis uondum obvias, aut ryrenomycetes genere diver.sos, et ì\ì^[
« indicant, quos in tungos inquirere, olim, speramus niycologiae studiosisplacebit ».
'r(:L.4iSNE, Sekcfa Fungorum carpologica, n, iiag. 143.
' P. A. Sa('c.\rd(), A'yWw/e in, pag. G97-(iStS: « Sectio in. Phaei>si)orae Sacc:
Conidia globosa, oblonga vel elongata, continua, fuliginea v. olivacea.
Melfi neon ìli ìli : Conidia iu apice basidiorum acrogeua, globosa vel oblonga.
Sectio V. Phragmosporae Sacc: Conidia oblonga v. breve cylindracea, 2 phi-
riseptata, t'uliginea v. byalina.
Sfilhosporci: Conidia oblonga, non rostrata, niox exsilieudo atro-inqui-
iiantia, acervuli jiigiter tecti.
— 46 —
genere Stilbospora Pers. denominandola Sfilbospora modonia Sacc. .%//. in,
\ì. 772; Fnck. t>ymb. ìn)jc. p. 189; Allescher, loc. cit. p. 636.
Ora perchè il Coryneum Kimzei var. Castaneae Sacc. fosse da rite-
nersi quale forma conidica della Melanronis modonia Tul., bisognerebbe
che esso fosse identico alla Stilbospora modonia Sacc.; ma è possibile
che un micologo quale è il Saccardo abbia fatto di una sola cosa due
specie diverse, riferendole per di più a due generi diiferenti '?
Il riferimento fatto dal Saccardo della forma conidica della Me-
lanconis modonia Tul., secondo le descrizioni del Tulasne e del Fuckel, è
d'altra parte perfettamente giustificato. Tulasne dice infatti: " Simul
" atque maturescunt, haec conidia in pulvereni fusco-atrum solvuntur, ma-
" tricemque, jove pluvioso, foedant",,; e Fuckel aggiunge: " acervulis nia-
" jusculis, subcorticis epidermide nidulantibus, denium erumpentibus ' „.
*
* *
Fra i funghi dell'erbario della signora Libert studiati da C. Rou-
raeguère con la collaborazione del nostro Spegazzini ', furono trovati
esemplari portanti il nome di Steganosporiiwi Castaneae Lib. (inedito_),
che il Roumeguère identificò e pubblicò sotto il nome di Coryneum Kumei
Corda (sin. Steganosporium Castaneae Lib.) nella Revtsio Beliquiae Li-
herlianae Pars i (Revue Mycologique 1880, p. 17), e nei Fungi selecti Gal-
lici essiccati, N. 634.
Cortjiieniiì : (JouitUa oblouga, non ro.stralii, non efthientia nee foedantia :
urervuli erumpentes.
8ectio VI. Dictyosporae Sacc. : Conidia oblonga, pii-ilbrmia vel rliorabea, pluri-
septato-muritbrmia, f lisca.
Stegdìiosporiìim : Conidia solitaria, h. o. non concatenata, olivacea v.
l'nliginea ».
' Ricoriliamo che i principali caratteri distintivi dei due generi Corgiìcum
e Stilbospora sjuo i seguenti :
Stilbospora: «Conidia niox e.xsiliendo atro-ini|iiinantia ; ncervnli
« jugiter tecti ».
Coryiieuin : «Conidia non etHnentia noe Ibedautia ; acervuli erum-
pente.s». Sacuaudo. Si///, hi. pag. Hdtì.
2 Tlla.sne, loc. cit., pag. lil.
' FrCKEr.. loc. cit., pag. 18!).
•* ].,e collezioni botaniche della signora Libert furono cedute, dopo la di lei
morte, al Giardino Botanico di Bru.Kelles, la direzione del quale saggiamente
riparti i duplicati fra i signori Cooke, De Thiiuien e C. Eoumeguère perchè ve-
nissero pulddicati nella Grevillea, nella Mi/coHwca imiversalis e nella lieviie my-
colog/i/tie.
— 47 —
Il Saccardo parimenti riferisce il fungo delle Eeliq. mj/r. lAb. iv,
11. 180 al Conjneum Knnzei Corda, distingiieiulolo unicamente come
varietà sotto il nome di Cori/neitm Kitmei var. Castaneae Sacc. (Sin. Ste-
ganosporium Castaneae Lib.).
Ora, i signoii G-rilfon e Maublauc asseriscono clie il Corineum Kunzei
var. Castaneae Sacc, ed implicitamente anche il Corineum Knnzei del
Roumeguère (Revisio reliquiae Libertianae e Fungi selecti Gallici exsiccati
N. G34), non hanno nnlla a vedere col Conjneum Knnzei Corda, con-
trariamente all'opinione di Saccardo, di Roumeguère, di Spegazzini e di
Oudemans, ed affermano che sono identici invece al nostro Coryìieum
perniciosum ed alla forma conidica della Melanconis modoiiia Tnl. I si-
gnori Griffon e Maublanc non ne dicono invero le ragioni, ma questa
loro affermazione era necessaria per identificare il nostro Coryneuni, che
ha indubbiamente per forma ascofora una Melanconis (della sezione
Hyalodichjmae^, col Corijneum Knnzei var. Castaneae Sacc, giacciiè il
Cori/neum Knnzei Corda ha invece per forma ascofora la Pseudovalsa
longipes Tul. (della sezione delle Phaeophragmiae).
Forse i signori Griffon e Manblanc sono stati indotti a fare tale
esplicita distinzione, snggestionati dall'esteriore apparente somiglianza
del nostro Corijneum perniciosum e della nostra Melanconis perniciosa
colla forma conidica ed ascofora della Melanconis modonia Tul. descritte
e figurate dal Tnlasne; tanto più che il Saccardo ' alla diagnosi della
Melan-onis modonia Tul., aggiunge: ^^ Status conidirus (Sfeganosporium
Castaneae Lib.) et spermogonicus adsunt. Cfr. Fuck, Symb. myc. p. 190 „.
Ma prima di tutto, domandiamo, lo Steganosporiuìn Castaneae Lib. è
un Corjneum? Gli esemplari dell'erbario della Libert distribuiti dal
Roumeguère e quelli delle Reliq. myc. Lib. iv, n. 180 descritti dal Sac-
cardo appartengono indubbiamente ad un Conjnemn.
Ma è possibile che la signora Libert, osservatrice attenta e scru-
polosa, abbia confuso il genere Coryneum del Nees (della sezione delle
Phragmosporae) col genere Steganosporium del Corda (della sezione delle
Dictyosporae) ?
Se ciò fosse, in tale errore sarebbe caduto anche Paolo Brunaud
che nelle sue Contributions à la fiore mycologique de l'Ouest (Bull, de la
Soc. Linn. de Normandie, 3 ser., vi, pag. 134-155; Caen, 1882) ne dà la
descrizione sotto il nome di Steganosporitim Castaneae Lib., indicandolo
pel primo come forma conidica della Melanconis modonia Tul.
Nello stesso errore sarebbe incorso pure il Saccardo che ne riporta
la diagnosi sotto il nome di Steganosporium Castaneae Lib. nel voi. x
' P. A. S.\CCAKI)0, Sijlloge Finujorum, i, \n\'j^. (iH-ì. Patavii. 188'2,
— 48 —
della Sylloge, pag. 508, aggiungendovi : " Est st. conidicus Meìnnconidis
modoniae. Cfr. Tul. Carp. ii, pag. 141 e. icon. „.
Nello stesso errore sarebbe altresì caduto l'AUescher che ne ri-
porta la descrizione aggiungendovi: " Conidienform zu Melanconis mo-
donia Tiil. Cfr. Tul. Carp. ii, p. 141 e. icone. Winter, Filze etc. ii, pa-
gina 778 „ '.
Noi non sappiamo se si tratta d'inesattezza o d'errore di riferi-
mento del fungo della signora Libert, o se invece sia avvenuta confu-
sione nel materiale d'erbario. Quest'ultima ipotesi non sarebbe impro-
babile, tanto più die il Roumeguère nella
% sua Bevisio Reliquiae Libertianae indica
](C)|i quale matrice del fungo in questione tanto
|C|)I il castagno che la quercia, e che nella co-
lUI pia del Roumeguère che noi possediamo
dei Fungi gcdlici exsiccati esso è dato ap-
punto al numero 634 sopra guest' ultima
matrice e non sul castagno.
Se la forma conidica della Melan-
conis modonia Tal. è un vero Steganospo-
riìim , la Melanconis perniciosa non può
avere con esso alcun rapporto, come non
può averne con il CorgneKìn Knmei var.
Castuneae Sacc. e con la Melanconis mo-
donia Tul.
E quand'anche si riuscisse a dimo-
strare che il Coi-ijncuni Kunzei var. Ca-
staneae Sacc. non ha alcun rapporto col
Cofi/iieiim Kunzei Corda, e che è invece
identico allo Steganosporiuni Casianeae Lib.,
anche in tale caso non sarebbe dimostrata
la sua identità col nostro Corgnenm perni-
ciosum e l'identità della Melanconis modonia Tul. con la nostra Me-
lanconis perniciosa.
Dicemmo già nella nostra prima pubblicazione per quali ragioni
ritenevamo doversi tener distinto il Conjneum perniciosum dal Corynenm
Kunzei var. Casianeae Sacc; ora aggiungiamo un altro carattere distin-
tivo importantissimo, riferentesi alla forma e alle dimensioni dei basidii.
Il Corynenm perniciosum Briosi e Farneti ha i basidii ramosi, relativa-
Fig. I.
Fig. 2.
' Andreas Ai,le8liier, Fumji ìiiiper/'cct/ (in Rabeiihorst's Kryptogamen-Flora,
Die Filze, vii Abtli., p. 713). Leipzig, 11*03,
— 49 —
niente grossi, ripetutamente settati e nodoso-aiticolati (fig. 1); mentre
il Cori/neiim Kunzci var. Castamae Sacc. avrebbe basidii semplici tìli-
foimi e relativamente esili, come vedesi rappresentato nella fig. 2 che
riproduciamo integralmente dall'Oudemans ^ (ingr. delle dne fig. 1 : 500).
Confrontando ora il L'ori/neuìn perniciosum con la forma conidica della
Melanronis modonia Tul., quale venne descritta e figurata dal Tulasne (e
che a parer nostro ricorda più nn Cori/iieum che uno Steganosporùim),
noi vi ossei viamo caratteri distintivi sui quali in modo speciale rite-
niamo dovere richiamare l'attenzione.
Per la forma e le dimensioni dei conidii, considerati nel rapporto
delle due dimensioni, osserviamo che quelli del Corìjneimi pernkiosum
sono, in complesso, evidentemente di forma meno allungata di quelli de-
scritti e figurati dal Tulasne, essendo questi ultimi proporzionalmente
più sottili; ma alle dimensioni non si può dare un valore assoluto per-
chè i limiti indicati dal Tulasne (20-60 10-13 /() sono così ampi che,
senza soverchiamente stiracchiare, vi potrebbero entrare non solo i co-
nidii del nostro Coryneum, ma anche quelli della maggior parte dei Co-
njneum corticoli che crescono sopra le cupulifere. Tali ad esempio il
Corijneum Kunzei Corda, il C. disciforme Kunze et Schum., il C. Nota-
risianuni Sacc, il C. oligosporum Corda, il C. pustulatnm Peck., il C. Si/-
dowianum AH., ecc., alcuni dei quali avrebbero altresì altri caratteri in
comune.
Del resto il carattere più importante per distinguere il Cori/iieìim
perniciosum dalla forma descritta e figurata dal Tulasne è anche in
questo caso fornito dalle dimensioni e dalla forma dei basidii.
Il Tulasne, infatti, nella descrizione del suo fungo dice dei conidii:
i)i sterigma breve, simplex et crassiiisruìnm solvnntur. Ora i basidii del
('onineum perniciosum sono invece relativamente lunghi (qualche volta
fino ad oltre 100 /t), sottili (-l-é ^\^ n) e ramificati, cosa di cui i signori
Griffon e Maublaiic possono accertarsi esaminando attentamente il nostro
materiale.
Riteniamo quindi che il Coryneum perniriosnm sia da tenersi di-
stinto dalla forma conidica figurata dal Tulasne anche per gli stessi
caratteri che questi ha messo in evidenza nella sua descrizione e nelle
sue figure.
' (,'. A. .J. A. OiiiEMANs, ('oiìtributioiis à In F/dit Mijrolorjirjiie di'S' J'ni/.i-
Jìcis, XIII ; pag. .58, tav. i.x, Hg. 89.
50
*
* *
Ora consideriamo i iiicnidi. Confroatandu la forma picnidica della
nostra Melanconis perniciosa {Fiisicocnim perniciosUm Briosi e F'arneti)
con la forma picnidica della Meloncoiiis modonia Tnl. desciitta dal
Fiickel \ troviamo che quest'ultima si presenta con: " spermatiis pcii-
" tlieciorum juvenilium oblongo-ovatis, continuis, iiyalinis, 8 [j. lon;?.. 4 /(
" crass., peritlieciorum adultorum (macrospermatia) cylindraceis, cur-
" vatis, continuis, iiyalinis, 10 /i long., 2 V^, /i ci-ass. ,. - mentre la forma
picnidica della Melanconis perniciosa descritta nella seconda nostra nota ^
presentasi con: "sporulis oblongo-fusoideis, intus granuloso-multiguttu-
" latis, 56-66 ■ 11-13 ft; basidiis acicularibus, dimidio brevioribns „ '.
Perchè i signori Griffon e Maublanc nell' identificare la Melanconis
perniciosa con la Melanconis modonia Tul. non hanno preso in conside-
razione anche la forma picnidica?
Le differenze sono tali che non hanno bisogno di essere m.esse in
evidenza e basterebbero da sole per non confondere la Melanconis per-
niciosa colla Melanconis modonia Tul.
*
* *
Passiamo ora alla forma ascofora. Se in questa le differenze nun
sono molte, nonpertanto esse pure ci sembrano sufficienti per distin-
guere le due specie.
Le spore della Melanconis perniciosa sono generalmente più grosse,
in rapporto alla lunghezza, di quanto lo siano (luelle della Melanconis
modonia Tul.; ma a parte questo, lo stesso Tulasne ci indica un carat-
tere importantissimo, che basterebbe da solo per non confondere le
due specie, poiché egli sjirive che le spore della Melanconis modonio
approssimandosi alla germinazione si dividono in 4 cellule''; cosa che
non avviene mai in quelle della Melanconis perniciosa'', le quali riman-
gono sempre bicellulari.
' FccKEr,, Symbijìae Mi/coloi//cae, pai;-. ISli; \Vir.sli;i,.lfii, lHi;'.i.
^ FucKEL, loc. cit., pag. 189.
■'' Buio.si e Farneti, Iiitonw alla causa della morìa dei ras/ai/iii, 1009.
* Questa foi'ma non di rado si trova riunita netto stesso stroma il^tta Miìaii-
conis perniciosa accanto atta forma periteciate.
^ • loceltis ut pluvimuni aequaliljus et septo transverso nonnunquani sin^ula-
< thu ilimidiatis, spora qunpropter quadritocularis facta ». Tl'I..\.sxe, toc. cit. p. 141.
^ Di ciò noi stessi atjtjiamo jiotuto accertarci confrontando le spore detta nostra
Melanconis con quette detta Melanconis modonia della Mijcotheca universalis dei
De Tlilimen.
— 51 —
Le differenze morfologiche che noi abbiamo sopra indicate sono itiìi
che sufficienti per far tenere separate le due specie, ma a legittimare
tale separazione si agginnge altresì un carattere biologico, e di primo or-
dine, quello cioè del parassitismo del nostro micete che manca nella Melan-
conia modonia Tal. Quand'anche si trattasse di un semplice parassitismo
facoltativo, questo fatto, a mente nostra, basterebbe per ritenere di-
stinta la Melanconis perniciosa come forma specializzata, comportandosi
essa, per rispetto all'ospite, quale un vero ctenofita, come verrà dimostrato
nel lavoro in extenso che quanto prima pubblicheremo.
In conclusione, per quanto riguarda l'identità o meno della nostra
specie con altra di già nota, noi continniamo a ritenere, anche dopo la
pubblicazione dei signori Griffon e Maublanc, che le nostre tre forme,
cioè: il Corìjneum perniciosnm, il Fusicoccnin pevniciosum e la Melanconis
perniciosa, si debbano tenere distinte dalia Melanconis modonia Tul. e
dalle sue forme couidica e picnidica '.
Pavia, dal Laboratorio Crittog'aniico, 30 dicembre laiO.
' Lo nostri- iniliblica/.iuui prese in esame dui signori (4riHbu e Maiililanr sono
delle not3 preliminari, alle quali deve far seguito il lavoro definitivo. La prima parte
di questo, ora in co:-.50 di stampa, è corredata di nove tavole di già stampate, nelle
cjuali sono tiguratj: le diverse torme del parassita ; le pustole iniziali, ed i cancri
che esso produce; il psroorso clie segue l'infezione dai rami al fusto, sino alla
radice; le alterazioni anatomo-patologiche dei tessuti attaccati, e sonvi riprodotte
lo fotografie delle piante nelle quali si veggono i risultati di già ottenuti con hi
cura da noi consigliata, ecc.
Di queste tavole abbiamo mandato una copia all' Accademia dei Lincei in-
sieme ad una notn manoscritta da pubblicare sullo stesso argomento, ed lui'altra
copia abbiamo spediti ai signori Grition e Maiiblauc onde essi possano formarsi
un'idea delle ricerche alle quali noi da tempo attendiamo.
ISTITUTO BOTANICO DKLLA E. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI
AGGIUNTE
ALLA FLORA TICINESE.
MEMORIA
del dottor GINO POLLACCI
Libero docente ed aiuto all'Istituto Botanico di Pavia.
La flora faneroganiica del Pavese è stata illustrata da numerosi
botanici, tantoché essa è annoverata fra le più studiate d'Italia; pur
tuttavia, consultando il ricco erbario della provincia di Pavia istituito
dal prof. Giovanni Briosi fino dal 1884 nell'Orto Botanico Pavese, ho
determinato un non piccolo numero ili fanerogame che ancora non erano
state dai botanici ascritte alla provincia; altre poi erano nuove perla
Lombardia ed alcune anche per l'Italia. Consigliato in ciò dal chiaris-
simo prof. Briosi e dal collega Farneti il quale molto ha contribuito ad
arricchire di specie il nostro erbario, ' ho iniziato lo studio di esso e
pubblico ora un elenco di piante nuove per la nostra provincia, arric-
chendo cosi la Flora Ticinese di circa .50 specie, alcune delle quali
assai interessanti anche per ulteriori studi fìtogeografici sulla regione.
' Oltre ai [irofessori Briosi e Farueti Liaimo arriccliito l'erbario della pro-
vincia, in sjiecial modo, i professori Fridiano Cavara, Pasquale Baooarini e Luigi
Bozzi durante il periodo di tempo nel quale essi furono assistenti presso que.sto
Istituto.
Atti dell' Is(. Boi. dell' Università di l'avia - Serie II. — Voi. XV.
— 54
ELENCO DELLE PUi'.BLICAZloNI CHE RIGUARDANO
LA FLORA TICINESE
1. Nocca D. et Baliìis I. B., Flont Ticiiieusis, san Kinniìi'nitid ji/iiiifnniiii qiuis
ili peref/riiiiifioìiibiis iniiHiplicibuH ■ ■ . collii/i'riiii/ . Ticini, Ioni, i, ISU! e
Tom. II, 1823.
2. — Clcii'is rem Ilci-ìxirkiiii . . . seii Kiichiriilioii ail csciir.sidiifs hofaiiica.s in
iit/ro Ticineiise. Ticini regii, 182o.
3. Bergamaschi G., Gita hotaiiini agli appellili ni Bofiìe.Iio i> Leniiiia, in Gionnile
di Fisica ecc. di Pavia, anno 1823.
4. — Sopra varie pianlo degli appennini, colli . oltrepadani e della campagna
pavese da aggiungersi alla Flora Ticinese. Giornale di Fi.sica, ecc. di Pavia,
anno 182J.
5. Rota L., Prospetto delle piante fiiiierugaìne finura ritrovate nella provinein di
Paria, in Giornale botanico italiano, voi. 2, Firenze, 1852.
B. Baisbieri P., Intorno ad una specie di « Vallisueria » testé osservata nel Pa-
vese. Pavia, 1858.
7. Bozzi L., Sopra alcune piante americane naturalizeate nei dintorni di Pavia,
in Atti Società Italiana di Scienze naturali di Milano, p. 281, anno 1888.
8. Arcangeli G., La Flora italiana, ii edizione. Toi-ino, 18!ll.
9. Cavaiia F., Nuova stazione della Solidago serotina Ait. in Malpighia, 1894.
10. — Di una Ciperaeea nuoiM per la Flora Europea (Cgperus arislatus Rottli.
var. Bockeleri Cav.), in Atti Istituto Botanico di Pavia, voi. v, pag. 27,
anno 1896.
11. Traverso G. B., Flora urhica Pavese in (.Tiornale Botanico italiano, voi. v,
pag. 57, anno 1898.
12. — Ij'Acalyplia virginica Linn. ni»ll:i Flora della provincia Pavese, in ]\Ial-
pighia, voi. XI, pag. 111.
13. — Flora iirbica Pavese, 2'' centuria, in Giornale Botanico Italiano, voi. vi,
pag. 241, anno 1899.
14. — Una stazione del « Lycopodiiun clavatuni > nella piaiiiini Pavese in Mal-
pighia, jiag. 367, XIV, 19()0.
15. Farnkti R., Aggiunte alla Flora Pavese e ricerche sulla sua origine, in Atti
Istituto Botanico di Pavia, voi, vi, 1900,
— 55 —
K). Briosi G. e Fakneti R., Di una vttrMà tardica di Pioppo (Populus ui-
gra L.) finora non arrertiin, in Atti Istit. Botati, di Pavia, voi. i.x, 11>04.
17. F.\i!Xi3Ti B,., Di una nuora, xpecie di ' GÌAYone « che da alcuni anni ha inraso
le risaie della Londurrdia e del Piemonte, in Atti Istituto Botauico di
Pavia, voi. IX, anno IWl.
18. Beguixot a. e Traveu.so G. B., llicerche intorno alle « Arboiicole » della
Flora italiana, in Nuovo Giornale Botanico italiano, voi. xiv, pag. 49.5,
anno 1905.
]!t. Pavesi V., Elenco di piante dell'Alio Appennino Parese in Atti della Società
italiana di scienze naturali. Milano, pag. 4tì, anno 1906.
•10. Pav.\1{IX<i L., Intorno (dia Flora del calcare e del Serpentino ned' Appennino
Hohhiese, i" contribuzione, in Atti Istitiito Botanico di Pavia, v. xii, liJOT.
■21. — Intorno alla Flora del calcare e del aerpentino nell'Appennino lìobhiese,
II" contribuzione, in Atti Istituto Botauico di Pavia, voi. xiv, lilQS.
22. Fioui A. e Paoi.etti G., Flora analilica d' lt<dia, voi. i-iv. Padova, 189.5-190)"!.
'2'A. PoLLACCi G., Su ìiHU graminacea nuova infestante del riso («Panicuni erectuui »
n. sp.i in Atti Istituto Botanico di Pavia, voi. xiii, anno 19n8.
— 56
Monocotyledones.
Gi'nmhitncfir,
1. Panicum erectiim Pnllacci in Atti htittdo Botanico Pavia. y()\. xm,
tav. V, 1908.
Raccolto in risaie presso la Caseina Canipomaggiore vicino a
Pavia, ottobre 1907.
Questa nuova specie di graminacea infestante del riso, certamente
importata fra noi per mezzo di riso da semina proveniente da
Shanghai, venne da me raccolta solo in due campi coltivati a
riso ed appartenenti allo stesso podere; seminata nell'orto bo-
tanico si è riprodotta benissimo ed lia dato costantemente delle
piante che hanno conservato i caratteri diagnostici da me dati
nel 1908.
2. Phleiim Boehmeri Wib. forma vivipara.
A Torre d'Isola raccolsero Farneti e Cavara.
Dicotyledones.
Salifnrede.
3. Salix purpurea L., Fiori e Paoletti, Fìnm aual. (ritalia. r, p. 257.
È pianta comune nella provincia, ma che non è compresa negli
elenchi degli autori precedenti.
4. Salix triandra L. concolor Koch , Fiori e Paoletti , App. Flora
aitai. d'Italia, pag. 56.
Lungo il Ticino raccolse R. Farneti in maggio.
5. Salix aurita L. J ciuerea L., Fiori e Paoletti, Flora aual. d' Italia,
voi. I, pag. 259.
A Torre d'Isola, presso Pavia, raccolse R. Farneti nel mese di
marzo.
Poli/ffoumetic.
6. Polygoiium aviculare Ij. c neglectum lless., Fiori e Paoletti, Flora
anal. d'Italia, voi. i, papf. 296.
Presso il monte Peuice raccolse G. llriosi in settembre.
— 57 —
7. Polygouum Ilydi'opiper L. .'• mite Schraiik., i^'ioii e Paoletti,
Flora (inai. (l'Italia, voi. i, jiag. 294.
Sulla riva sini.stra del Ticino, presso il Naviglio, raccolse F. Ca-
vara in luglio. E presso risaie Farneti, Cavara, ecc.
8. Cycloloma platyphyllum Moq., B'iori e Paoletti, Flora anal. d! Italia,
voi. I, pag. 313.
Nella sabbia lungo il Po in territorio Pavese raccolse L. Mozzi
in agosto. Farueti, Cavara raccolsero lungo il Po.
Oii'!fopli)/f/ti<r(f<'.
9. Sileiie viridiflora L., Fiori e Paoletti, Flora anal. d'Italia voi. i, pa-
gina 37(».
Sopra Sauguinetto raccolse Farneti nel mese di luglio 1888.
Viohueat'.
10. Viola canina L. ,i lactea (SM.), Fiori e Paoletti in Flora ami.
d' Italia, voi. I, pag. 402.
Presso Cava Carbonara raccolse Farneti nel mese di maggio 1887.
Crurifcrtw.
11. Cardamine amara L., Fiori e Paoletti, Flora anal. d'Ital., voi. i, pa-
gina 438.
Lungo il Naviglio raccolse lìozzi, presso S Cristina raccolse in
maggio Farneti (1890), presso S. Lanfranco, in febbraio Ca-
vara (1888).
12. Iberis semperflorens L., Fiori e Paoletti, Flora anal. d'Italia, vo-
lume I, pag. 473.
Raccolse Farneti, presso il varco fra il monte Cremala ed il monte
Dego, nel mese di giugno (1890).
13. Raphanus Raphanistriim L., Fiori e Paoletti, F/ora anal. d'Italia,
voi. I, pag. 450.
Presso il Ponte delle 12 arcate vicino a Pavia, in agosto (1884).
— 58 —
14. Anemone appennina L. Fiori e l'aoletti, F/ora ((imi. <r Italia, vul. i,
pag. 496 ed appendice, voi. iv, pag. 103.
In vai Torelli, riva sinistra della Trebbia, lacrulse Farneti nel
mese di giugno (1890).
Tale specie è data come piopria della l'egione media italiana; se-
condo il Fona sarebbe stata ti-ovata anche al monte Baldo. Ma
il Goiran ciede tiattarsi di un enoie e così crede puie il Fiori.
liositreae.
15. Rosa graveolens Gr. et (Tod. ,j erióphora (ìren. Arcangeli, Flora
d'Italia, 2." edizione, pag. 549.
Raccolse Farneti fra Negruzzo e Pei (Appennino bobbiese) nel
mese di luglio (IHSS).
16. Rubus saxatilis L., in Fiori e Paoletti, Flora anal. d' Italia, vn\ i,
pag. 578.
Al monte Lesima, al piano detto dei Moroni nei luoghi sas.sosi e
boscosi, raccolse Farneti nel mese di luglio (1888).
17. Poterinm Sangnisorba L. /-' polygamum (W. et K.K Fiori e Pao-
letti, Flora anal. d' Italia, voi. i, pag. 586.
Raccolse Bozzi a Casteggio, in febljraio (1888).
TveguiH iìiosfw.
18. Ononis Natrix L. [ì inaeqnalifolia (Ser. in DC, Bert.), Fiori e
Paoletti, Flora anal. d' Italia, voi. ii, pag. 28.
Tra Varzi e Godiasco raccolse Farneti nel mese di giugno (1890).
Per (}uanto a me consta questa si)ecie era stala fiuora solo indicata
per la (.'orsica e la Sardegna.
19. Antbyllis Vulneraria L. (i polyphylla, Ser. in DC. (Kit.), Fiori
e Paoletti, Flora anal. d' Italia, voi. ii, ])ag. 68.
A! monte Lesima, raccolse Farneti nel mese di luglio (1888).
20. Hippocrepis comosa L. p' glauca (Ten i, Fiori e Paoletti, Flora
anal. d' Italia, voi. ii, pag. 93.
Nella vallata della Staftora sopra Vai-zi, raccolse Farneti in lu-
glio (1888).
21. Onobrychis vicìaefolia Sco(). )^ supina (DC), Fiori e Paoletti,
Flora anal. d'Italia, voi. ii, jìag. 96.
Al monte Boglelio e al monte Lesima, raccolseFarneti, luglio (1888).
— 59
Octiot/n'fareae.
22. EpilolMiim alpinum L. ,i alsiiiaefoliuin (Vili.), Fiori e Paoletti,
Fiora aitai. d'Italia, voi. ii, pag. 133.
Ract;olse Favneti sotlo il monte Lesinia alia fontana Gaggina e
lungo ruscelli di essa nel mese di luglio (1888).
VinlHllifrfdr.
23. Peiicedaiium Ostruthiura (L.) Kocli. Fiori e Paoletti, Flora anal.
d' Italia, voi. Il, pag. 182.
Raccolse Farueti al monte Lesima nel mese di luglio (1888).
24. (iiaei'ophylliim hirsutiim L. >' elegaus (Gand), Fiori e Paoletti,
Flora anal. d'Italia, voi. ii, pag. 199.
Raccolse Farneti sul monte Lesima nel piano dei Moroni nel
mese di luglio (1888).
25. Physocaulis uodosu» (L. ) Koch, Fiori e Paoletti, Flora anal.
d' Italia, voi. ii, pag. 198.
Presso Cava raccolsero Luigi Bruguatelli e L. Bossi nel mese di
maggio (1911).
S<ij)ind<i<'eae.
26. Acei" Opaliis Mill., Fiori e Paoletti, Flora anal. d'Italia, voi. ir,
pag. 222.
Raccolse Farueti scendendo dal Penice per Varzi (1888).
Mdh'wcae.
27. Malva llicaeeiisis AH., Fiori e Paoletti, Flora anal. a' Italia, voi. ii,
pag. 267.
Raccolse Baccarini lungo argini del Po in territorio di Cava
Manara nel mese di luglio (1885).
28. Malva erispa L , Fioii e Paoletti, Flora anal. d'Italia, voi. iv. ap-
pendice, pag. 160.
Raccolse Rodolfo Repetti a Romagnese (Bobbio), 1911.
ficiithièioreuc.
29. Geutiana asclepiadea L, Fiori e Paoletti, Flura anal d'Italia,
vid. n, [lag. 351.
In boschi di faggio ed in pascoli degli appenniui, raccolse Far-
— 60 —
lieti nel mese di giugno (1890). Pianta connine negli Appen-
nini del Bobbiese. ma che non trovo indicata nelle pubbli
cazioni antecedenti.
Cinn'ol l'iiìdiwnc.
30. Cuscuta australis E. i;r. p' Cesatiaua (Bert.), Fiori e Paoletti,
Flora anul. iV Italia, voi. ii, pag. 391.
Nei dintorni di Pavia raccolta da R. Farneti.
SohuKirctie.
31. Solanum sodomaeum L., Fiori e Paoletti, Fìum anal. d' Itilia,
voi. Il, pag. 401 .
Nasce spontaneo nell'Oito Botanico di Pavia.
32. Liuaria commutata Bernh. in Reiclib. (1830), Fiori e Paoletti,
Flora anal. d'Italia, voi. ii, pag. 420.
Eaccolse nei campi di Mezzanino vicino al Po, Farneti nel mese
di agosto (1884).
33. Verouica peregrina L., Fiori e Paoletti, Flora anal. d'Italia, voi. ii,
pag. 441.
Raccolsero sulla riva destra del Ticino, presso Pavia sino dal
1884 nel mese di maggio, Lodi e Bozzi.
34. Veronica fruticulosa L. Fiori e Paoletti, Flora anal. d'Italia, vo-
lume n, pag. 438.
Raccolta nel mese di giugno al monte Penice (1888).
35. Odontites serotina (Lam.) Dum. p' verna (Bell.), Fiori e Paoletti,
Flora anal d'Italia, voi. ii, pag. 4.Ò6.
Raccolse Bozzi sulle rive del Po a Mezzanino nel mese di ot-
tobre (1883).
Oroftaiu-fux'(ie.
36. Orobauclìe crenata Forsck. Fiori e Paoletti, Flora anal. d'Italia,
voi. II, pag. 480.
A S. Colombano raccolse Farneti nel mese di maggio (1888) e
nel luglio sotto il monte Tartago nei boschi (1888).
- 61 -
Lahmtae.
37. Galeopsis Tetraliit L. y speciosa (Mill.) a. genuina, Fiori e Pao-
letti, Flora anal. d'Italia, voi. iii, pag. 31.
Nei dintorni di Pavia nel mese di settembre, raccolse Farneti
(1886) e presso l'argine del Ticino raccols? Cavara.
38. Stacliys recta L., y invia Ten , P'iori e Paoletti, Flora anal. dH Italia,
voi. in, pag. 46.
A Mairano sopra Casteggio nel mese di giugno raccolse Ca-
vara (1886).
39. Tliymus serpyllum L. y glabratus Hoff. et Link.
In provincia di Pavia raccolse Farneti.
Globiiìariaceae.
40. Glohularia nudicaulis L., Fiori e Paoletti, Flora anal. d' Italia,
voi. Ili, pag. 91.
Eaccolse E. Farneti sul monte Penice.
liuhidrcae.
41. Galium Mollugo L. p' erectum (Hnds.), Fiori e Paoletti, Flora
anal. d'Italia, voi. ni, pag. 110.
Eaccolse Farneti al monte Lesima nel mese di luglio (1888).
42. Aspernla cynancliica L. ì] long;iflora (W. et K.), Fiori e Paoletti.
Flora anal. d'Italia, voi. ni, pag. 122.
Al monte Lesima raccolse Farneti in luglio.
CaprifoHftceae.
43. Lonicera nigra L., Fiori e Paoletti, Flora anal. d' Italia, voi. ni, pa-
gina 129.
Questa specie è stata raccolta sotto il monte Lesima ed in valle
delle Tovaie (versante Trebbia) dal Farneti nel mese di
giugno.
Coìnpanu ìm-eac.
44. Phyteuma Micheli! Ali. r betonicaefolium (Vili.), Fiori e Pao-
letti, Flora anal. d' Italia, voi. in, pag. 169.
Questa specie venne trovata al monte Cesarino sopra Casteggio
nel giugno del 1886 da Cavara e Traverso Giacomo.
— 62 —
45. Seiiecio Jacobea L ,5 barharaefoliiis (Krock), Fioii e Paolelti
Flora anal. cVItalia, voi. ni, pag. 214.
Raccolse F. Cavara presso l'argine del Ticino in settembre.
46. Chrysanthemum Leucantheimim L. y maximum /Rain.). Fiori
e Paoletti, Flora anal. d'Italia, voi. in, pag. 210.
Raccolse Farneti nel luglio al monte Boglelio.
47. Pulicaria Sicilia (L.) Moris, Fiori e Paoletti, Flora anal. (F Italia,
voi. in, pag. 292.
Sulla riva del Po raccolse Cavara, presso Travacò Siccomario,
in settembi-e.
48. Buplithalmum salìoifoliiim L. ,^ graiidiflorum (L.), Fiori e Pao-
letti, Flora aìiaì. d' Italia, voi. ni, pag. 295.
Raccolsero Farneti al monte Boglelio e soiira Varzi in valle della
Staffora; Cavara e Giacomo Traver.so al monte Cesarino ((Ja-
steggio), in giugno.
49. Serratala tiuctoria L., Fiori e Paoletti, Flora anal. d' Italia, vo-
lume in. pag. 318.
Raccolse R. Faineti al monte Lesima nel mese di luglio (1888).
50. Cirsiiim eriophonim (L.) Scop. i^ ferox (DC), Fiori e Paoletti,
Flora anal. d'Italia, voi. in, pag. 367.
Raccolse Farneti ai monte Boglelio, nel mese di luglio.
51. Tragopogon prateusis L. y orieiitalis (L.), Fiori e Paoletti, Flora
anal. d'Italia, voi. in, pag. 408.
Raccolse Cavara a Casteggio in giugno (1888).
52. Tragopogoii crocifolius L., Fiori e Paoletti, Flora anni. d'Italia.
voi. Ili, pag. 409.
Raccolse Farneti al monte Lesima nel luglio (1888).
53. Tragopogon crocifolius L. )- Samaritaui (Heldr. et Sait. i. Fiori
e Paoletti, Flora anal. d'Italia, voi. in, pag. 409.
Fra Ottone e Fabbrica raccolse Farneti in giugno.
PaTia, ilalr Istituto Botanico, ^-"iugno 1911.
ISTITUTO BOTANICO DELLA K. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI
SULL'ORIGINE E SULL'UFFLCIO
DELL' OSS ALATO DI CALCIO NELLE PIANTE.
NOTA
del Dott. IOANNES POLITIS
nssistcnle onorario airislituto lìotaiiico della R. Università di Pavia
I numerosi studi clic (in qui sono stati fatti intorno ai cristalli di
ossalato di calcio non hanno (lotuto risolvere l'intricata questione li-
guardante la loro origine ed il loro significato biologico.
Arno Aè. ', in seguito a esperienze sul Craiaegus Oxi/acanlìia, ri-
tiene r ossalato di calcio un materiale di riserva. Questo, secondo
l'autore, si trasporta dalle foglie morenti nei rami e nella primavera
seguente, sciogliendosi, emigra nelle giovani foglie per servire come
alimento.
De-Vries ^ ammette che l'acido ossalico sia un prodotto secondario
degli albuminoidi, che si forma in tutte o quasi le cellule turgescenti
e quivi si combina con la calce, e sostiene che l'ossalato di calcio in
forma di soluzione nel succo cellulare emigra dal luogo ove si forma
nelle cellule ove noi lo troviamo cristallizzato.
De Vries basa questa sua ipotesi specialmente sul fatto che nelle
cellule cristallofore fiu'ora non si sono riscontiati né amido né zuc-
ciiero, sostanze dalle quali si possono formare acidi organici.
' Akxò Aè., Uéber die Physiologische lìcdcìitnng des in der Pfcinsen Vor-
koìiniipiiileii Oxaìsaiiren Kalks. Flora, 1869.
^ De Vrie.s, L'eber die Bedeuttnig der Kalki-ihlagennigeii in der Pffiiiizcii.
r.aichvivMi. .Talirbiidier, IM. x. Hcft 1 ii. •_>, ISHI.
Atli r/,//' /.-•/. Rol. dell' Ihiireisili't <lr t'arili - Serii' li. — Voi. XV. C
- 64
C. Acqua ' in oiiposizione alle, idee del De Vries, fin dal suo primo
lavoro sull'ossalato di calcio sostiene che questo sale è generalmente
insolubile nel succo cellulare e si accumula nelle stesse cellule nelle
quali fu formato.
A tale conclusione giunse l'Acciua basandosi sulla osservazione che
nella Pirrunia dioica l'eliniinazioiie dell' ossalato dal corpo della pianta
avviene, oltreché nel modo ordinario, anche per mezzo della cuffia ra-
dicale e sul fatto clie egli rilevò sperimentalmente, clie i ci'istalli di
ossalato di calcio, una volta formati nella cufìia, non vengono più ri-
disciolti.
Per quanto riguarda gli argomenti con i quali De Vries sostiene
la sua ipotesi sulla solubilità dell'ossalato di calcio, l'Acqua cerca di
dimostrare nella seconda parte del suo lavoro che essi si prestano a
diverse interpretazioni.
Ulteiiori ricerche condussero l'Acqua- alle seguenti conclusioni:
" L'acido ossalico ha origine in tutte le cellule turgide dei paren-
chimi corticali e midollari, dove combinasi con il potassio e si getta
negli spazi intercellulari, con i quali piobabilmente le cellule comuni-
cano direttamente.
" Circolando negli spazi, l'ossalato solubile può giungere in con-
tatto con le cellule cristallofore, ovvero può arrivare a queste per le
comunicazioni intercellulari indipendentemente da essi.
" Nel suo tiagitto non può combinarsi con i sali di calcio, che pro-
vengono dal terreno e si diffondono tra le molecole cellulosiche della
parete, perchè è protetto, nell' interno delle cellule, dall'ectoplasma,
negli spazi dai rivestimenti di questi.
" Una volta giunto nelle cellule cristallofore, l'ossalato potassico
.s' incontrerà con il calcio, poiché le proprietà speciali dell' ectoplasma
di queste cellule sono appnnto tali da lasciare entrare i sali di calcio.
•■ Le cellule cristallofore rappresentano adunque il luogo in cui si
origina l'ossalato di calcio, ma non (]uello in cui si forma l'acido ossalico „.
Una relazione tra ossalato di potassio e ossalato di calcio viene
ammessa dall'autore in seguito all'osservazione che \w\VOxalis e nella
Pircimia dioica le cellule cristallofore sono immerse in un tessuto molto
ricco di ossalato potassico ed inoltre che questo ossalato appare fino dai
primi periodi di sviluppo di un organo.
Per la ricerca degli ossalati solubili nei tessuti l'Acqua si servi di
una soluzione allungata di cloniro di calcio satura di acido picrico.
' (-'. .\f.ji_'A, ('uii/rihir.ioiir ulto sfii(l/{t dei niatalli lU ossaliitii ili calcio nelle
piante. Annuario del 1{. Istituto Botanico di ]?onia, anno lii, 1887-f-<'J.
' C. AcQTA, yunra cantrihusionv allo xtiidio dei cristalli di ossalalo dicale/o
nelle piiiiite. Malpig'liia, anno ili. voi. in, 1SS9.
^- 65 —
L'acido iiiciico seivirebbe a permettere la penetrazione del calcio
nelle cellule uccidendo lo strato ialino ectoplasmatico die impedisce il
passaggio, ed il cloruro di calcio, incontrando l'ossalato solubile delle
cellule, darebbe luogo ai precipitati di ossalato di calcio.
Questo nelle sezioni di picciuolo di Oxalis sottoposte all'azione del
reattivo accennato, si rivela negli spazi intercellulari che riempie ed
in minor quantità nelle cellule circostanti, aderendo anche alle pareti
cellulari.
Tale fatto die l'autore vide presentarsi costantemente è precisa-
mente quello che gli permise di ammettere l'esistenza dell'ossalato di
potassio nelle cellule turgescenti del parenchima e la sua emigrazione
da queste negli spazi intercellulari.
L'esistenza dei filamenti di comunicazione tra le cellule contenenti
acido ossalico e quelle cristalligere, filamenti per mezzo dei quali av-
verrebbe il passaggio dell'ossalato potassico, fu dall'autore dimostrata.
Le sue ricerche furono però di esito negativo riguardo a simili comu-
nicazioni tra il plasma delle cellule e quello degli spazi.
Finalmente l'Acqua fu condotto ad ammettere che nelle piante da
lui esaminate i rivestimenti intercellulari rappresentano molto proba-
bilmente membrane viventi, poiché osservò che essi esistono fin dai
primi stadi dello sviluppo della pianta, si accrescono unitamente agli
spazi e sono caratterizzati da speciali reazioni.
Lo stesso autore, più tardi, ' ha intrapreso nuove ricerche sull'ori-
gine dell'ossalato di calcio, sperimentando sul Mesemhri/aiithetnum aci-
naciforme Liun. e &\\\Y l'h-oìiymus japoiiiciis \Aìì\\.
Egli, facendo uso della soluzione accennata di cloruio di calcio in
acido picrico, ha potuto constatare che neWEvoni/mus mancano ossalati
solubili e che e.'^si esistono nelle foglie di MesembryanthemHin ove pre-
cipitano in masse sferiche sparse in tutte le cellule dei parenchimi, non
escluse talora anche le rafidiofore che trovansi in questa pianta sia nel
palizzata, sia nel parenchima acquifero sotto.staiite.
Ciò constatato, l'Acqua cercò di indagare la distribuzione dei sali
di calcio solubili, adoperando una soluzione di acido ossalico al 2 "/o
che li farebbe precipitare nel punto in cui si trovano.
Con tale soluzione egli ha potuto dimostrare che nelle foglie di
Mesembrijaidhemum i sali di calcio non precipitano mai nelle cellule
verdi (essi però abbondano nelle cellule sottostanti ove si depositano
' 0. Acijr.v, A/cinie ot^scrruzioì/i mi/ Iiukjii <li oriijiiio ilcJiuxftohiio cn.'cicu nelle
p/ifiifc. M:ili)if;lii;i. aiiiin in, \ol. ni. ISSll.
— fin —
sulle i)areti sdUo forma di masse rotoiulegf^iaiili) e che iiell' lù-uìnpiius
precipitati simili trovaiisi numerosi nella corteccia, ove occupano le
pareti delie cellule; nel midollo ove sono talora presenti nell'interno
delle cellule, ed inJìne nelle cellule cristallot'ore ove sono tanto abbon-
danti da trasfoi'mare talora la parete in un sol pezzo di ossalato di
calcio.
In seguito a tali osservazioni l'autore conclude che ueW'Enoìij/niKs
japonirus le pai'eti delle cellule cristallofore, specie nei tessuti verdi,
hanno la proprietà di aceumnlare i sali di calcio che si diffondono allo
stato di soluzione nel corpo della pianta; che la foimazione dell'ossa-
lato calcico in questa pianta avviene nelle stesse cellule ove si trova
depositato; e che infine anche le osservazioni compiute sul Mesem-
bnjaiìthemìim acinacifonne parlano in favore di questa ipotesi.
Di fronte a siffatti risultati l'Acqua insiste nella sua prima opi-
nione contro l'ipotesi della solubilità dell'ossalato di calcio nel succo
cellulare.
Schimper ' in opposizione a tale opinione, basandosi sul fatto da
lui osservato che nelle foglie, specialmente di Si/ìiiplion'rarpus, di Alttus
e di Crataegus, l'ossalato di calcio formatosi, in origine in forma di
macie nel mesofillo si ridiscioglie per emigrare in appositi elementi
delle nervature, ammette die questo sale presenta una grande mobilità,
simile a quella dei prodotti dell'assimila/.ione.
Il medesimo autore distingue, rispetto alle condizioni in cui si
forma, tre sorta di ossalato di calcio, che designa coi nomi di piimario,
secondario e terziario.
L'ossalato primario si forma nelle foglie in via di accrescimento,
non ha lapporti colla luce, con la clorofilla e con la traspirazione e si
presenta in forma di rafidi che una volta formati non subiscono piìi
alcuna modificazione.
L'ossalato secondario si forma nelle foglie dopo che esse hanno
raggiunto il completo sviluppo ed è in relazione colla luce, con la clo-
rofilla e con la tiaspirazione.
L'ossalato terziario, in fine, si accumula nelle foglie poco prima
della loro caduta.
Di queste tre specie di ossalato di calcio, quello secondario, di cui
specialmente si occupò l'autore, deriverebbe dalla scomposizione piin-
cipalmente del nitrato ed anche del solfato e de! fosfato di calcio, che
' A. l'\ W. Si'iinii'FjH, Ufbcr lùtlko.ndathilihi ikj' in dei/ /,<iubh/dfteni. Bot.
Zeit. 18-^s. 11, ,5-lu.
— 67 —
provengono dal terreno. Questi si (leeoni poliscono nei tessuti verdi ove
si accumulano per opera della (Idrofilia solto l'influenza della luce. In
seguito a tale scomposizione si ha precipitazione del calcio sotto forma
di ossalato e formazione di sostitiize organiche azotate.
Tale ipotesi spiega il fatto da lui osservato che nelle foglie con-
servate all'oscurità, in quelle clorotiche e nelle fascie incolore delle
variegate abbondano i nitrati, mentre il contrario accade nelle foglie
esposte alla luce solare e nelle parti verdi delle piante variegate.
Schiniper inoltre ha portato le sue indagini sulla questione del-
l'ufficio della calce nell'economia della pianta.
Egli, in seguito a culture di mais, piselli, ecc. in soluzioni ora com-
plete ed ora prive di alcuni elementi es.senziali (calce, azoto, potassa,
magnesia), giunse alla conclusione che la calce sarebbe necessaria per
permettere il trasporto degli idrati di carbonio o combinandosi con essi
in combinazioni capaci di attraversare le membrane, o rendendo queste
ultime permeabili.
Così si spiega il fatto da lui rilevato che nelle piante, coltivate in
soluzioni nutritizie prive di sali di calcio, l'amido non ha facoltcà di
emigrare in altii luoghi e si accumula nelle stesse cellule ove fu
formato.
Finalmente, secondo Schimper, la calce, dopo avere compiuto l'uf-
ficio accennato, viene rimessa in libeità e si combina con l'acido ossa-
lico per formare l'ossalato.
Alberto Alberti ' arriva alle conclusioni dello Schimper dopo avere
ripetuto le sue osservazioni.
Egli infatti ammette che delle tre specie di ossalato di calcio quello
secondario si formi nelle cellule verdi sotto l'azione della luce e di-
penda dalla traspirazione ; che i cristalli di ossalato di calcio si pos-
sano ridisciogliere compiendo un ufficio devoluto alla calce e non al-
l'acido. Quest'ufficio consisterebbe nel permettere la migrazione negli
idrati di carbonio dal tessuto assimilatore nei luoghi di riserva e nel
portare al tessuto assimilatore i nitrati, i fosfati e i solfati. La calce,
abbandonata dai rispettivi acidi, si combinerebbe con l'acido os-
salico, che rappresenterebbe un prodotto di avanzata metamorfosi re-
gressiva.
Mentre Aè, De Vries ed i due precedenti autori ammettono che
l'ossalato di calcio può disciogliersi ed emigrare dalle cellule in cui fu
formato colla stessa facilità colla quale emigrano gli idrati di carbonio,
' Alberto Ai.heuti, L'osacilafo di micio ludk l'oijlie. Boll, della Soc. Ittil.
ilei Microscopisti. Anno i, voi. i, fase. 1 e 2.
6*
— fi8 —
Weliemev ', dopo avei'e ripetuto le osservazioni dello Sc]iini|ier riguar-
danti l'emigrazione dell'ossalato di calcio, arriva a conclusioni opposte,
concludendo clie una tale emigrazione non ha fondamento.
Anche Monteverde - è dello stesso parere. Egli infatti, facendo
crescere una giovane piantina di pisello parte alla luce e parte al buio,
constatò che le parti illuminate erano ricche in ossalato di calcio, mentre
quelle rimaste all'oscuro non ne contenevano quasi : dal ciie dedusse
che non si verifica una emigrazione di questo sale dalle parti esposte
alla luce a quelle tenute all' oscuro.
Monteverde distingue come Schimper tre specie di ossalato di calcio.
Egli inoltre, studiando le condizioni nelle quali avviene la formazione
di questo sale, trova che esso si produce meno abbondantemente al-
l'oscuro che alla luce e meno alla luce debole che alla luce normale.
La quantità della calce contenuta nel substrato avrebbe anch'essa
un'influenza sulla formazione dell'ossalato di calcio, però solamente fino
ad un certo limite.
Kohl •'', Palladin ed altri autori ammettono che l'ossalato di calcio
sì formi durante la formazione degli albuminoidi dalle amidi col con-
corso degli idrati di carbonio.
Wehmer *, in seguito all'osservazione che la presenza di una base
attiva la formazione dell'acido ossalico, crede che la calce non venga
assorbita dalla pianta per neutializzare l'acido, ma probabilmente serva
per concorrere alle trasformazioni chimiche che avvengono nell'ambiente
cellulare. Parrebbe, secondo questo autore, più probabile che la forma-
zione dell'acido ossalico sia causata dalla presenza della calce piuttosto
che questa sia assorbita per neutralizzare l'acido.
Wehmer infine insiste ancora nella sua opinione che l'ossalato di
calcio, una volta formato, non si discioglie e resta depositato nelle
cellule in cui si è formato senza potere essere impiegato in alcuna
maniera.
Tale opinione non è condivisa dal Kraus ^ il quale, con Schimper
ed Aè, considera l'ossalato di calcio accumulato nella coitecela degli
alberi e degli arbusti come un materiale di liserva.
' e Wkuhmki!, Ijhs \'it/iii//i'ii iIl'x iij:iilsinnvii Kall.'vs in ilcii U/at/cni imi
Sumphoricarpiis, Aliiiiti uiid Vnttaegus. Bot. Zeit., Nr. S)-1U, 18isy.
' l\r(i\Tii;vEUUi5, Uelier die Abìagennui lon Calcinili inni ìfagiieniinii O.rii/af
in iter l'/iaiìxe. Botanische Contralblatt, .\Liu, p. 327.
^ Kolir,, Aiiatoiiiischc T'iitersiichiiiifi dcr h'ii/liS(ilr:i' inni Kieselsniire in ilei-
Fflanzen. Marhurg, 1881».
* WioiniF.i:, Zìir IVii/fiioloijic <ln- h'cil:ii/eii . Moiialssrlirift. tur Kakteen Kimde.
Berlin, 1S92.
'"' G. Klì.\rs, Ue.hcr dus Kalko.nihit ili'r Hniunrindeii. Bot. Cent. .\Li.\, p. IHl.
— 69
G. I\)'aus fu indotto a questa fouclusioue poiché osservò nel Ribes
san<jninei(m, nel Pirus Malus e nella lìoaa canina, die nella primavera,
(huante lo sviluppo dei germogli, nna parte dell'ossalato di calcio de-
])ositato nella corteccia si ridiscioglie ed emigra verso altre parti della
pianta.
Egli sostiene che quest'ossalato si scioglie lentamente negli acidi
ordinari che trovansi di solito nei vegetali e nei loro sali.
In appoggio a una tale ipotesi vengono anche le osservazioni del
Wahrlich. '
Questo autore osservò una corrosione dei cristalli nei cotiledoni dei
Lupini, quando essi vengono coltivati in terreno privo di calce, e con-
statò che i cristalli isolati della Tradescantia discolor e dei Bryoplujl-
Jnm caJicinitm si sciolgono quando queste piante vengono coltivate in
substrato come il precedente nientie i loro rafidi restano intatti. Come
solvente priiicii)ale dei distaili accennati servirebbe l'acido ossalico.
Anche Frank- ed altri autori osservarono il fenomeno della ridis-
soluzione dell'ossalato di calcio che riscontrai anch'io nei tubercoli del
rizoma di Bietta hìjocinthina Ait.
Buscalioni '' poi osservò che in molte specie vegetali in cui si for-
mano delle druse, queste, quando si trattano con un sale di rame, danno
luogo quasi sempre alla formazione di un precipitato cuprico che si
localizza nel cosidetto " nucleo organico „ delle druse, posto in evidenza
per la prima volta dal Sanio. '
Un altro fenomeno che mise in luce lo stesso Buscalioni è che
simili precipitati (che egli chiamò " liberi „ per distinguerli da quelli
inclusi nelle druse» si furmano costantemente nei parenchimi dove av-
viene la formazione delle druse.
Buscalioni dai molteplici tentativi che fece non ha potuto defi-
nire la natura dei precipitati accennati, però ha notato che un dato
sale di rame precipita sopra una sostanza organica e che, dalle rea-
zioni che presenta, risulta essere niucilaggine di natura callosica o forse
anche pectica.
' Waiiki.ii n, l'flicr I 'iilrni iii ( i.ralnl in ih'r /'ftiiiizeii . luaug. L)i.ssert., Mar-
biug 1892.
^ FuANK. l'eher <lic iiindoiiiixche Hedciilini;/ timi die Kidstehuny der rer/e-
tabiliscìieii Sr/ileiine. Piingsheim's Jahrb. f. Wissenschat'tl. Bot. v, p. ICl, 1866.
' Buscalioni, Studi sui cristalli di ossalato di cilicio. Malpigbia voi. i.\-.\,
189.5-96.
* Sanio, i'eber die iit der Ilinde dico!. Ilolsc/ewaehse rorkmnm. Kri/Htalliiii-
sclicìi Nieiler.ichtdffP, itiid dermi Aiiiit. Vcrbreitinii/. Monatsber. d. Kgl. Akad. d.
Wissen.schaft. Berlin 1857.
- 70 —
Da ciò Buscalioni coiiuliule che i cristalli di (jssalato di calcio si
originano in seno al plasma in quelle cellule ove trovansi accumuli
delle inucilaggiiii suddette.
Horodin ' ilistiiigue, rispetto al luogo in cui si forma, due sorta di
ossalato di calcio, che ciiiama ossalato localizzato e ossalato diffuso.
L'ossalato localizzato si deposita in cellule speciali, quello diffuso in-
vece si accumula in tutte le cellule di un tessuto.
Sopra yl6 specie che ha studiato Borodin, 300 contenevano ossa-
lato localizzato, 40 ossalato diff"uso e 548 erano prive di questo sale
almeno nelle foglie. Egli deduce quindi che l'ossalato diffuso è relati-
vamente raro. Esso si trova nell'epidermide, nel mesofìllo e sopratutto
nel tessuto a palizzata ; è frequente specialmente nelle Labiate e inoltre
nelle Gentiance e nelle Convolvìdacee.
Groom ^ ammette con Bohm e Schimper che la calce serve a neu-
tralizzare l'acido ossalico come velenoso per la pianta; senza calce il
fenomeno dell'assimilazione verrebbe rallentato per l'accumulo di ossa-
lato di potassio die nuoce all'aniilasi.
Amar '^ è di parere contrario a tale ipotesi. Egli, in seguito ad
esperienze ed osservazioni sopra un grande numero di piante conte-
nenti cristalli di ossalato di calcio, conchiude che la calce sotto forma
di nitrati, essendo necessaria alla costituzione ed al buon funziona-
mento fisiologico della pianta, viene assimilata fino ad una certa pro-
porzione che varia secondo la specie; al disotto di questa proporzione
essa si elimina sotto forma di cristalli di ossalato di calcio come un
prodotto inutile. Da ciò l'autore deduce che la formazione dell'ossalato
di calcio avrebbe per scolio l'eliminazione della calce superflua piuttosto
che la neutralizzazione dell'acido ossalico.
Da questi cenni storici si vede quale divergenza di opinioni regna
intorno all'origine e all'ufiScio biologico dell'ossalato di calcio che è cosi
ampiamente diffuso nel regno vegetale.
In un mio lavoro ' ho es[iosto le ragioni che mi hanno indotto ad
ammettere che la mucilaggiue dei tuberi di OrcJiis, anziché come la cel-
lulosa, si comporti come il glicogeno.
' Boi!()l)iN. Sur le dépòt d'O-ai/dl (ìc c(ilc/iiiii ihiiis It-s /'(iiillfs (Soc. tle.s NaI.ui-.
ile S:iii]t-Tél«nsbuui-g, ISnyV
^ Ghoom, Alili, of Itotdiiij X, isyu, u. 37, ]>. HI.
'' Ajiau, Hui- h ròli; de l'oxiilale ile. calcili in, daiis la iiutriliaii r/r.s- i rijflaii.r.
Ainiiiles des Sciences Nat., tome xi.x, 1904, pag. 195.
■* I. PoLrris, Sulla presenza del (jlicoijewi nelle fanerogame e mia relazioìie
eoli' OH .salato di calcio (Atti dell'lst. But. di Pavia, voi. xiv).
— 71 —
Ivi inoltre notavo clie questo idrato di carbonio si riscontra anclie
in altri generi aiipartenenti sia alle Orchidaree sia alle Bromeìiacee. ove
si forma costantemente nelle cellule in cui più taidi compare l'ossalato
di calcio in forma di rafiili.
Di fronte a questi fatti concludevo che esiste una relazione tra gli-
cogeno e ossalato di calcio.
Subito dopo, in un altro lavoro \ in seguito a nuove ricerche, met-
tevo in rilievo che nel Fìnlodendron oxycardmm Schott., e nel Pìiilo-
(lendron melunochri/sum Linden., si forma costantemente nelle cellule,
destinate a diventare cristallofore, una sostanza mucilagginosa che si com-
porta come l'amiloide. Ciò mi fece concludere che tra l'amiloide ed 1
cristalli di ossalato di calcio deve esistere un intimo rapporto.
Ora vediamo se tali conclusioni possono servire a portale un po' di
luce sulla questione riguardante il luogo di origine e l'ufficio biologico
dell'ossalato di calcio nelle piante da me studiate.
Da molto tempo Claude Bernard^ notò che nell'amnios dei muli-
nanti si trovano dei cristalli di ossalato di calcio e li considerò come
un prodotto di ossidazione del glicogeno.
A questa opinione si è assodato anche Errerà ' per spiegare la
formazione dell'ossalato di calcio nel Piolobolus e in molti altri funghi
dove esso si trova diffuso.
Come sopra si è detto, De Vries sostiene, in appoggio alla sua
ipotesi riguardante il luogo di origine dell'ossalato di calcio, che nelle
cellule ove esso si trova depositato, non sono stati mai riscontrati amido
e zucchero, i quali possono considerarsi come materiale di formazione
degli acidi organici.
Adesso però 'dopo che io ho rilevato che nelle cellule cristallofore
di diverse mouocotiledcni si formano speciali idrati di carbonio (glico-
geno, amiloide) e che esiste una relazione tra questi e la formazione
dell'ossalato di calcio, credo che venga a mancare il principale argo-
mento che De Vries porta in favore della sua ipotesi e che in oppo-
sizione ad essa si possa così concludere:
Vacido ossalico e Vossalato di calcio hanno origine nelle cellule in cui
questo sale si trova cristallizzato. L'acido ossalico proverrebbe dal glicogeno
0 dall' amiloide per ossidazione.
' I. Poi.nis, Sulla piv. se lisci ili Aiiiilo/ilc lallc cellule cristattofore del <■■ Pld-
todendroH oxycardium Schott. » e del « J'ìiilodeiidroii inelanochriisinii Linden. »
(Atti dell'Lst. Bot. di Pavia, voi. xiv). .
' Cl. Bernard, T^ecoiis sur les pìiénniiièiies de la vie coinmuns uH.r miimaux
et au.K végétaux, If^li^, t. i, p. 237-23S.
' L. Errerà, L'épiplasme des A.icoiiij/cète.s et le gli/eogéiie <fes- végétaux.
Eeciieil del'Iust. Bot. de Bruxelles, t. i, p. 25.
— 72 -
Ufficio biologico. - Seguendo lo sviliiiipo delle cellule latidiofoie
di varie monocotiledoni osservai ' che esse, mentre dapprima somigliano
alle cellule vicine, poi si dififerenziano e diventano formatrici di speciali
idrati di carbonio. Siccome questi ultimi si formano costantemente nelle
cellule cristallofore suddette, ammisi, come già dissi, che fra essi e
l'ossalato di calcio che subito dopo appare in queste cellule, debba esi-
stere una relazione e cioè ciie l'acido ossalico che serve alla formazione
dell'ossalato provenga dai detti idrati di carbonio. Questi si formereb-
bero dunque costantemente in determinati elementi per dare origine al-
l'acido ossalico. È necessario quindi ammettere clie quest'acido deve
compiere una determinata funzione che potrebbe essere per esempio
(jnella di eliminare la calce superflua come suppone Amar, o quella di
formare cristalli di ossalato di calcio aventi qualche speciale ufficio
biologico.
Ciò supposto credo che sia da escludersi l'ipotesi del Groom, del
Bohm e dello Schimper secondo la quale la formazione dell'ossalato di
calcio avrebbe per iscopo la neutralizzazione dell'acido ossalico come
sostanza tossica per la pianta.
I. PoLITIS. 1. C.
Istituto Botanico di l'avi.n, novembre lOH.
ISTITUTO BOTANICO DELLA H. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
SULLA
FLORA MICOLOGICA DELLA GRECIA,
PRIMA CONTRIBUZIONE
(lei Dott. IOANNES POLITIS
assistente onorario ftll'Istituto Botanico della R. Università di Pavia.
Dopo Teofiasto e Dioscoride, i quali descrissero un certo numero
di piante utili della Grecia, P. Belon, ' pel primo, nell'anno 1546 per-
corse Salonicco, Bisanzio ed alcnne altre parti della penisola Calcidica
e fece menzione di certe piante ignote fino a quell'epoca.
Tournefort ' poi nel 1700-1701, avendo intrapreso un viaggio in
Oriente, visitò diverse parti dell'Asia Minore, Creta e le isole Cicladi
e scopri non poche specie nuove. Dopo di lui Buxbaum, ^ Forskalil ■* e
Sestini '" erborizzarono in alcune parti della Grecia. Ma quegli che con-
tribuì grandemente alla conoscenza della flora greca fu Sibthorp. "
Quest'autore, in due viaggi da lui intrapresi, l'uno nel 1785 e l'altro
nel 1793-1795, percorse quasi tutta la Grecia raccogliendo abbondan-
tissimo materiale. Il suo lavoro intitolato Florae Graecae prodromus „
fu pubblicato dopo la sua morte da Smith e Lindley ed illustrato dal-
l'artista Bauer che lo aveva accompagnato nei suoi viaggi.
' Belon P., Les observations des pltisieurs sìnguìarités et choses móiiìorablcs
troll vées en Grece. Paris, 1553.
' Tournefort .J. P., Relation d'un roi/uyc aii Lecant. Amsterdam, 1718.
' Biixbaumii plantarum minìiR cognitariim Centuriae i-v. Petropoli, 1728.
"* Forskalii Flora Consttantinopolitaììa et insulorinn Tei/edos, Iiiiron, lìlw-
dox, eie. in Flora Aegyptktco-arabica, p. xvi-xxxvi. Haun. 1775.
^ Sestini, Viaggio da Costantinopoli a lia.s.sora, 1786, e Viaggio da Co.^lan-
tiìiopoli a Biikarest fatto ranno 1779. Roma, 1794.
" SiRTiioRP J. et Smith J. E., Florae graecae prodromus. Lonilhii, 180G-1813.
— SiBTiiORi' J., Flora graeca. Londini, lSOG-40.
Atti dell'Ist. Bot. dell' Universìlà di Pavia - Serie II — Voi. XV. ' 7
— 74
Dopo Sibtliorp, Sieber, ' Clarke, - Olivier, ^ Dumont d'Urville ' esa-
minarono, dal punto di vista floristico, diverse parti della terra ellenica
e pubblicarono in relativi lavori i risultati delle loro ricerche.
Le conoscenze intorno alla flora greca si ampliarono poi conside-
revolmente in seguito all'esplorazione botanica del Peloponneso e delle
Cicladi, intrapresa nel 1831 dalla spedizione scientifica del governo
francese diretta dal Bory de St. Vincent. ''
Poco dopo molti altri botanici si occuparono della flora greca ed
i loro contributi vennero compresi nella Flora orienialis del Boissier. ''
Tra questi sono degni di speciale memoria quelli di Orplianides e
di Heldreich.
Finalmente, in tempi recenti, la flora greca fu oggetto di studio
da parte di Halacsy, Baldacci, Doifler, ' Tountas, ** Maire e Petitmen-
giu, ^ e tutto ciò che è noto fin'ora intorno ad essa fu raccolto nel
Conspectus Florae Graecae di Halacsy e nel supplemento di essa recen-
temente pubblicato.
Mentre la flora fanerogamica greca ebbe, come si vede da questi
cenni storici, numerosi e valenti cultori, quella crittogamica è ancora
oggidì assai trascurata. ^^
' SiBBEii F. G., Beise nacli der Insel Creta. Leipzig unti Saraii, 1823.
' Clarlce^s Traveìs in various coiintries of Europe. Voi. 1-2. London, 1813-1810.
' Olivier G. A., Voyage dans l'empire oitoman. Paris, 1801-4.
* DujiONT d'Urville J., Eìiiinieratio plantdrum. quas in insu/is Arcìujx'ìtn//
fiiif ì/tforibus Ponti-Euxini, annis 1S19, et ISSO coUegit afqiie detexit. Paris, 182-2.
^ BoHY et CiiAUB.uiD, Noncelle flore du Peloponèse et des Cijclcides. Paris, 1848.
« Boissier E., Flora orientalis. Basileae, 1867-1888.
' Vedi per i lavori di questi ultimi autori : Halàcsy E., Conspectus Florae
Graecae, Leipzig 1001-1904, e ConxjJcctu.'f Florae Graecae Svpplementum. Leip-
zig, 1908.
' Toivia B., XXo>QÌg Tjjf Kv&viw (TsMyQaqiixov JlXtlov 1904-1905 yl^jjvKt).
" Maire R. et Petitmengin M., Elude des jjlantes vasculaires récoltées en
Grece - i et ii - (Bulletiu de la Société des Sciences de Nancy, fascicules a*" e 4''.
1904, 1908).
'" Sulle alghe della Grecia vennero puLblicati i seguenti lavori : Schmitz E.,
TJeber grilne Algen aus dein Golf von Athen (Sitzung.sb. d. Naturf. Gesellscli.).
Halle, 1878. — Miliaeachi.s S., Beitriige zur Kenntniss der Algenvegetation von
Griechenland : 1. Die Meeresalgen der Insel Sciatlws. Atlien, 1887. — Dei musclii
si occupò ultimamente Coppey : Cuntribution à l'elude des Muscinées de la Grece
- I et II - (Bulletin de la Société des Sciences de Nancy, fascicules S*" e 5'', 1907,
1909, ove si trova la letteratura riguardante la Briologia della Grecia. — I funghi
dell'Asia Minore vennero studiati recentemente dal Maire (Elude des Cluniipi-
gnons récoltés ^en Asie Mineure. — Bull. Soc. Se. Nancy, 3*^ serie, vii, 1-1906).
Inoltre nella Mycotfieca universalis del Thììmen e in diverse pubblicazioni sulla
llora fanerogamica greca, è citato un piccolo numero di fungili raccolti in Grecia.
— 75 -
Pure, le crittogame della Grecia non debbono essere, per lo stu-
dioso, meno interessanti delle fanerogame, sia per le condizioni clima-
ticlie e geograficlie di questa terra, sia per le sue vicissitudini geolo-
giche, sia infine per le sue piccole e numerose isole che presentano
caratteri floristici particolari.
Per consiglio del chiarissimo piof. Briosi ho iniziato lo studio dei
fanghi della Grecia valendomi di materiale raccolto in parte da me
nell'anno 1904 e in parte dai sig. Syrakis e Xanthopulos direttori delle
stazioni agiarie di Elide e di Patrasso, ai quali mi è grato rinnovare
qui i miei vivi ringraziamenti.
r.e specie dei funghi da me classificate ammontano finora a 42 ;
successive contribuzioni verranno, spero, ad aumentarne il numero.
ELENCO DELLE SPECIE
subdiv. TELEOMYCETAE.
Giassis BASIDIOMYCETAE.
Fani. Uredinaceae,
1. Melampsora Holioscoyiae (Pers.) Cast. — Sacc. Si/ìl. VII, p. 586.
Su foglie di Euphorbia pep/ns.
Presso Atene (leg. Politis, aprile 1905).
2. Coleosporium Seneclonis (Pers.) Lèv. — Sacc. SylL, VII. p. 751.
Su foglie di Senecio vulgaris.
A Gastouni (leg. Syrakis, maggio 1910).
3. Coleosporium Soiiclii (Pers.) Lèv. — Sacc. 1. e, p. 752.
Su foglie di Inula sp.
Presso Aedii>sos (leg. Politis, giugno 1905).
4. TJromyees Fabae (Pers.) De l'.y. — Sacc, 1. e, p. 531.
Su foglie di Vida Fala.
A Salamis (leg. Politis, maggio 1905), a Gastouni (leg. Syrakis,
maggio 1910).
5. Urorayces Geiiistae Tinctoriae (Per.s.) Fuek. — Sacc, 1. e, \\ 550.
Su foglie di Coìutea arùcrescens.
Presso Aedipsos (leg. Politis, giugno 1905).
76 —
6. Uromyces striatiis Scliiòt. Sacc, 1. e , p. 542.
Sopra Medicaio orbicidaris.
Nell'isola Sajaniis (leg-. Politis, maggio 1905).
7. Uromyces Terebinthi (DC.) Wiiit. — Sacc, 1. e, [). 552.
Sopra foglie di Pistacia Terebinthus.
Presso Aedipsos (leg. Politis, giugno 1905).
8. Uromyces Trifolii (Hedw.) Lèv. — Sacc, 1. e, p. 534.
Su foglie di Trifolium pratense.
Presso Aedip.sos (leg. Politis, giugno 1905).
9. Puccinia coronata Corda. — Sacc Syll., VII, p. 623.
Sopra Hordeum vulgare.
A Gastoiini (leg. Syrakis, aprile 1910) e a Patrasso (leg. Xantlio-
pulos, primavera 1910).
10. Puccinia Beuedicti Syd. — Sydow, Monog Ured I, p. 61.
Sopra foglie di Cniciis Benedirtus.
A Aedipsos (leg. Politis, giugno 1905).
11. Puccinia Ttaraxaci (Eebent.i Plowr. — Sydow, Mono;/. Ured., I,
pag. 164.
Sopra foglie di Taraxarum sp.
A Salamis (leg. Politis, maggio 1905).
12. Puccinia Cyperi Arth. — Saec. Sijll., XI, p. 199.
Su foglie di Cyperus sp.
Presso Aedipsos (leg. Politis, giugno 1905).
13. Puccinia Graminis Pers. — Sacc, 1. e, p. 622.
Su foglie di Hordeum vulgare.
A Salamis (leg. Politis, maggio 1905).
14. Puccinia Allii (DC.) End. — Sacc, 1. e, p. 555.
Sopra foglie di Allimn sativiitn.
A Patrasso (leg. Xanthopulos, priuiavera 1910) e Gastouni (leg.
Syrakis, aprile 1910).
15. Puccinia Malvacearum Munt. — Sacc, 1. e, p. 686.
Su foglie di Malva sihestris.
A Gastouni (leg. Syrakis. apiile 1910), a Patrasso (leg. Xantho-
pulos, primavera 1910), a Salamis (leg. Politis, maggio 1905).
16. Puccinia Asphodelii Duby. — Sacc , 1. e, p. 666.
Sopra Asphodelns niicrocarpus.
A Salamis (leg. Politis, maggio 1905).
77
Fani. Ustilaginaceae.
17. Ustilago Hordei Kell. et Swiiigle. — Sacc. >'////., IX, p. 283.
Sopra Hordeiiin vulgave.
A Salamis (Ifg. Politis, mi'.ggio 1905).
18. U.stiIago Tritici (Peis ) Jens. - Sacc, 1. e, p. 283.
Sopra Triticum vulgare.
A Gastouui (leg. Syrakis, aprile 1910).
Classis ASCOMYCETAE.
Fani. Perisporiaceae.
19. Sphaerotheea pauiiosa i Wallr.) Lèv. — Sacc. S'ill., I, p. 3.
Su foglie di Rosa sp.
A Patrasso (leg. Xanthopulos, primavera 1910).
20. Erysiphe eomimmis (Wallr.) Fr. — Sacc, 1. e, p. 18.
Su foglie di Ctirumis saticus e Cticiirbita Pepo.
A Aedipsos (leg. Politis, giugno 1905).
21. Erysiphe Gramiuis DC. — Sacc, 1. e, p. 19.
Su foglie di Poa sp.
Presso Aedipsos (leg. Polilis, giugno 1905).
22. Capnodiiim ISerii Rbli. — Sacc Si/ì/., I, p. 77.
Su foglie di Neriìim Oleander.
Presso Aedipsos (leg. Politis, giugno 1905).
23. Anteuiiaria ericophila Link. — Sacc. %//., I, p. 82.
Sul tronco di Erica arborea.
Presso Aedipsos (leg. Politis, giugno 1905).
24. Auteuiiaria elaeophila Moiit. - - Sacc, 1. e, p. 81.
Su foglie di Oìea europaea.
Presso Aedipsos (leg. Politis, giugno 1905).
Fani, Sphaeriaceae.
25. Pleospora Asphodeli Rab. — Sacc S////., II, p. 266
Sopra scapi secchi di Asphodelns microcarpiis.
Presso Aedipsos (leg. Politi.s, giugno 1905).
78
Fani Dothideaceae.
26. Phjilachora Bracliypodii Koiim. — Sacc. %//., IX, \k 1026.
8ii foglie (li Brachi/poiliniiì sp.
Presso Aedipsos (leg. Politi.'^, giugno 1905).
Fani. Hysteriaceae.
27. Hysterium pulicare Pers. — Sacc. Si/ll., II, \>. 743.
Su corteccia e rami di Qyerciis sp.
Presso Aedipsos (leg. Politis, giugno 1905).
Fani. Exoascaceae.
28. Exoasciis deformaiis (Berk.) Fuck. — Sacc. Ny///., Vili, p. 816.
Su foglie di A>ni/gda!iis communis.
A Salaniis (leg. Politis, maggio 1905).
Classis PlIYr031Y('ETAE.
Fani. Cystopodaceae.
29. Cystopiis caiididus (Pers.) Lev. — Sacc. Sijll., VII, p. 234..
Su foglie di Capsella Biirsa-pastoris.
A Gastouni (leg. Syrakis, maggio 1910).
30. Cystopiis Portulacae (DC.) Lev. — Sacc, 1. e, ]). 235.
Su foglie di Forinlaca oleraren.
Presso Aedipsos (leg. Politis, giugno 1905).
Fani. Peronosporaceae.
31. Phytoplitora iufestaiis (Mont.) De Bary. — Sacc. >'////., VII. p. 237.
Sopra piante di Solamun tìtòcrosnm.
A Gastouni (leg. Syrakis, aprile 1910).
32. Pei'onospora effusa (Grev.) Rabenli. — Sacc, 1. e, p. 256.
Su foglie di Chenopodium vuirale L.
A Faliron (leg. Politis, api'ile 1905).
33. Peronospora Alsiiiearnm Gasp — Sacc, 1. e, p. 246.
Su foglie di Stellaria media.
Presso Atene (leg. Politis, aprile 1905).
— 79 —
34. Perouospora Jlyosotidis De By. — Sacc. Si/ll., VII. p. 245.
Su foglie (li Lithospenniim arvense.
Presso Atene (leg. Politis, aprile 1905).
s.bdiv. DRUTEROMYCETAE.
Fam. Sphaerioidaceae.
35. Phjilosticta Amai-yllidis Bres. — Sacc. Si/ll., XIV, p. 863.
Su foglie (li AmarijlUs sp.
Al Pireo (leg. Politis, aprile 1905).
36. PliyUosticta piricola Sacc. et Speg. — Sacc. SijU.. III, p. 7.
Sopra foglie di Pirus comviunis.
A Aedipsos (leg. Politis, giugno lii05).
37 Phoma Audraclmes LéY- — Sacc. Sijll, III, p. 169.
Su foglie di Arbutus andrachne.
A Aedipsos (leg. Politis, giugno 1905).
38. Phoma Lentisei Pass. — Sacc. Si/ÌL, X, p. 149.
Su foglie di Pistacia Lentiscus.
A Aedipsos (leg. Politis, giugno 1905).
39. Macrophoma dalmatica (Thiira.) Beri, e Vogl. — Sacc. Si/lì.. X,
p. 203.
Su foglie di Olea europaca.
A Aedipsos (leg. Pulitis, giugno 190.5).
40 Diplodia Vineae Pass. — Sacc. Syll., X, p. 332.
Su sarmenti secchi di Vitis vinifera.
A Salamis (leg. Politis, maggio 1905).
Fam. Mucedinaceae.
41. Cercospora Myrti Ei-ikss. — Sacc. SijU. IV, p. 462.
Sopra foglie di Myrtus communis.
A Aedipsos (leg. Politis, giugno 1905).
42. Cercospora Smilacina Sacc. Sijìì. IV, p. 47.
Su foglie di Smilax aspera.
Pres.^o Aedipsos (leg. Politis, giugno 1905).
I.aboratorio Crittogamico ili Pavia, ottobre 1911.
ISTITUTO BOTANICO DKLLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO IT A 1,1 A NO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI
ALCUNE MALATTIE DELLE OIICHIDEE
CAUSATE DA BACTERL'
NOTA
del Doti G. L. PAVARIXO
assistente onorario all'Istituto lìotanico della li. Uiiivcrsilà di Pjiviii.
iCdu una iariìht.]
Neil' iniziare lo studio di alcune foglie ammalate di (orchidee, iio
potuto constatare clie — mentre sono note pareccliie malattie dovute a
micromiceti — non vennero studiate che in via d'eccezione quelle di na-
tura batterica, sebbene queste ultime vadano diffondendosi nelle sei-re
dei nostri Orti botanici e negli stabilimenti di floricoltura, dove trovano
condizioni favorevoli di sviluppo.
Giorgio Massee - descrisse " la malattia delle macchie nere „ at-
tribuendola dapprima alla Plasmodioplioru Oichidis, ma in seguito con-
statò non essere essa di natura parassitaiia.
Anche il Potter'' studiò una malattia che si manifestava con maccliie
vesciculiformi e che credette dovuta a batteri, ma le esperienze d' infe-
zione diedero lisultati negativi. Ad ogni modo questa malattia sarebbe
diversa da quella delle macchie descritta dal Massee.
Il Peglion ' ha isolato, da piante di OnricUum, un microrganismo
che egli chiamò Bacterium Oncidii e di esso afferma d'avere constatata
l'azione patogenica con la riproduzione artificiale della malattia.
' G. L. Pav ARINO. Vedasi : Malattie caudate da bactcri nelle Orchidee (Jl. Acc.
Lincei 1911. Roma).
- Massee Geoi!(ìe, The Spot Disease of Orchids (Ann. ofBot., voL ix,n. xxx,
sept. 1895. Cifc. Zeitschr. 1. Pflauzt'iikr., 1H96, S. 226).
' Potter M. C, Leaf-HX>ot of Udontaylossn ni Ui-oskinneri (Ceiitralbl. f. Bakt.
u. Pai-., Band 24, pag. ,554, 1909).
■• V. Pec.lion, Bacterioxi delle foglie di Oncidiiuii sp. (Centralbl. f. Bakt. u.
Par., Band 5, pag. 33, 1889).
Alt! M/'IsL Boi. clell'Vnirevfità di Pavia— Serie II.— Voi. XV. 8
— 82 —
Un altro microrganismo venne pure isolato da Hy S. Hori, ' il Ba-
cillus Cì/pripedii provvisto di flagelli e che misnra 1,5-2 di lunghezza
e 0,5-0,7 (li larghezza. Si colora debolmente col bleu di metilene e col
violetto di genziana, ma- resiste al Grani. Si sviluppa bene neìVagar ed
in geladtia, provocandone la fusione graduale lungo il canale d' innesto,
e con formazione di sedimento bianco grigiastro e bolle di gas nella
parte superiore del tubo. Nel brodo sviluppa una sottile pellicola e odore
fortemente putrido.
L'A. osserva che il microrganismo, da lui isolato, pure avendo co-
mune con quello di Peglion la bianchezza delle colonie e lo sviluppo
di gas, non può procedere alla identiiìcazione, non essendo il Ba<lcrhim
Oncidii descritto minutamente ed in modo caratteristico.
Le ricerche che riguardano la presente Nota, venneio da ine ini-
ziate sopra foglie di Cattleija Warneri e di C. Harrisoiiiae — cosparse
di macchie brune e di escrescenze rugginose — foglie inviate per studio
a questo Laboratorio crittogamico dall'avv. Boccardo di Roma, distin-
tissimo coltivatore di Orchidee.
Bacterium Cattleyae n. sp.
Non avendo riscontrato nei tessuti delle macchie delle foglie sud-
dette tracce di micelio e trovato invece numerosi microrganismi, ho fatto
delle seminagioni nei diversi mezzi nutritivi con pezzetti di foglie e di
pseudobulbi, lavandoli prima con acqua e sapone e poscia disinfettan-
doli con soluzione al millesimo di sublimato corrosivo, ed infine pas-
sandoli in acqua distillata sterile e successivamente in alcool ed etere.
Aspetto microscopico k colorabilità. — Il microrganismo si pre-
senta in forme diverse a seconda dell'età della coltura; dapprima as-
sume forme ovali, a diametri quasi eguali, ed allo stato adulto assume
la forma di corti bastoncini ad estremità arrotondate, della lunghezza
di 2-4/1 e dello spessore di 0,4-0,6 con tendenza a disporsi in cumoli
irregolari. Si riproduce per spore che si formano nel centio del bacterio
e che si mettono in libertà lasciando uno spazio incoloro (Vedi Ta-
vola, fig. 1).
Non resiste al Gram, ma si colora bene a freddo coi colori basici
di anilina e specialmente col violetto di genziana. Riguardo all'ossi-
geno il microrganismo è aerobio.
Colture in agar. — Nella coltura a striscio si forma una patina
' By S. Hori, A bacterial Leaf-Disease of ti-ujiicuì Orchids (Central. Bakt
Parasit. u. Infek. pag. 85. Bd. 31. 1911).
— 83 —
poco rilevata e poco lucida clie si estende sulla superficie libera, assu-
mendo con l'età l'aspetto di zigrino di color biancastro.
Per infìssione si sviluppa un fittone degradante, circondato da nu-
becole, che alla su|)erficie si estende formando una patina poco rilevata
di color biancastro.
Colture in gelatina. — Per vifìssione si forma un fittone degra-
dante a contorno seghettato. Col progredire della coltura, tutta la su-
perficie è ricoperta da patina, senza fusione della gelatina.
Coltura in brodo. — Si forma alla superficie una patina sottile
e resistente che si deposita al fondo con abbondante deposito fioccoso
e biancastro.
KiPRODDZIONE ARTIFICIALE DELLA MALATTIA. — Ho fattO delle prOVB
di infezione su piante sane di Cattlei/a Warneri e C. Harrisotiiae del-
l'Orto Botanico, sia bagnandone le parti col brodo di coltura pura, dopo
aver fatto delle incisioni con coltello sterilizzato, sia ricorrendo alle
inoculazioni sottoepidermiche nelle foglie e nei pseudobnlbi ed in ogni
caso ho ottenuto di riprodurre le macchie caratteiistiche di cui talune
sviluppandosi fortemente diedero alla malattia caratteri ancora maggiori
di quelli sviluppatisi per infezione naturale.
Anche nelle serre del nostro Orto Botanico dove vi è una ricca
collezione di Orchidee, ho trovato parecchie specie, cosparse di macchie
sulle foglie e sui pseudobulbi, che ho sottoposto a ricerche dalle quali
ho ottenuto i risultati seguenti.
Dopo essermi accertato della mancanza di micelio nel tessuto al-
terato delle macchie, ho allestito delle colture con pezzetti di tessuto
ammalato, disinfettandoli prima col metodo già indicato.
Barilhis PoUacii n. sp.
Dalle foglie di Odonfoylossum citrosmum ' ho isolato un microi'ga-
nismo che ho dedicato al prof. Gino Pollacci e che presenta i seguenti
caratteri.
Aspetto microscopico e colorabilità. — Bacilli grossi e tozzi con
le estremità arrotondate, di cui taluni sono diritti, altri leggermente in-
curvati, della lungliezza di 8-10//, e dello spessore di circa 1 /(, senza
speciale disposizione. Il microrganismo si moltiplica per spore e si co-
lora bene a freddo coi colori basici di anilina. Non resiste al Gram,
' Sulle foglie deWOiìoiitoylossiiii/ lio riiscontrato maccliie areolate di color
nero, di cui le più piccole erano visibili sulla pagina inferiore e soltanto per
trasparenza sulla pagina superiore e le più grandi, di forma irregolare più o meno
allungate e depresse, apparivano su ambo i lembi fogliari.
— 84 —
Si sviluppa assai bene in presenza di ossigeno e nei diversi terreni
nutritivi. (Vedi Tav., fig. 3).
Colture in agar. — Nella coi tuia a striscio si ha formazione abba-
stanza rapida di una patina rugosa, poco lucente, con riflessi verdicini,
diffondentesi su tutta la superiicie libera. Per infissione si ha sviluppo
scarso di un iìttone degradante e circondato da tenuissinie nubecole.
Colture in gelatina. — Il microrganismo si sviluppa assai più
rapidamente che nell'agar formando una coppa di fusione che progre-
disce tino a che la maggior parte della gelatina resta fusa.
Alla superficie si forma una tenue pellicola che si distacca produ-
cendo un deposito fioccoso che agitando si solleva intorbidando la ge-
latina fusa la quale assume dei riflessi verdognoli.
Coltura in brodo. — Si forma alla superficie una pellicola piut-
tosto spessa che si distacca formando un deposito fioccoso biancastro.
Agitando il liquido si intorbida ed assume un colore giallastro.
Riproduzione autificiale della malattia. — Ho potuto infettare
delle foglie sane soltanto col praticare delle inoculazioni sottoepider-
miche, ma le macchie rijiiodotte sono assai somiglianti a quelle forma-
tesi per infezione naturale.
Bactcrinm Krameriaiii n. sp.
Sulle foglie àeXYOncidium Kramericniiim la malattia si manifesta
con macchie areolate di color ruggine dapprima visibili soltanto per
trasparenza, poi aumentando di dimensione, assumono forma irregolare
e colore più scuro e si estendono ai pseudobulbi che diventano bru-
uastri e finiscono per raggrinzire e seccare.
Con pezzetti di foglie e di pseudobulbi ammalati ho isolato un
microrganismo che ha i seguenti caratteri.
Aspetto microscopico e colorabilità. — Il microrganismo si pre-
senta sotto forma di bastoncini corti, tozzi, ad estremità nettamente
tondeggianti della lunghezza di 2-3 /( e della grossezza di 0,6-0,8.
Si liproduce per spore e si presenta isolato od appaiato, ma senza
disposizione tipica costante. Si colora bene a freddo coi colori basici
di anilina e col violetto di genziana. Gram negativo (Vedi Tav., fig. 4).
Colture in agar. — Nella coltura a striscio si ha formazione di
patina discretamente rilevata, iiiegolaie, di aspetto granuloso e con
riflessi verdastri. Per infissione si sviluppa un piccolo fittone con accre-
scimento alquanto lento e patina grigiastra poco rilevata alla superficie.
Colture in gelatina. — Si sviluppa un fittone sottile, degradante
con formazione di coppa di fusione che si allarga rapidamente. Alla su-
- 85 —
peificie si forma una patina sottile ciie man mano si deposita formando
un precipitato fioccoso in fondo alla gelatina fusa che assume dei li-
flessi giallo-verdognoli.
Coltura in brodo. Si funiia una patina irregolare alla super-
ficie con formazione di un tenue deposito. Agitando, il liquido si intor-
bida assumendo dei riflessi giallo-verdastri.
RlPRODDZIONK ARTIFICIALE DELLA MALATTIA. — Anclie in QUeStO CaSO
ho potuto lipiodune la malattia con relative macchie brunastre, pra-
ticando inoculazioni sottoipodermiche nelle foglie sane.
Bacillus Farnctiaiiiis n. sp.
Da esemplali ammalati di Oncidium Ornitliorincum ' e di Cal(lei/a
crhpn - ho isolato, meiiiante colture, un microrganismo che presenta
gli stessi caratteri niorfulogici e culturali. La n. sp. dedicai al profes-
sore Rodolfo Farueti.
Aspetto microscopico e colorabilità. — Il mici'oi-ganismo è un ba-
cillo con estremità arrotondate e grandezza variabile che negli adulti
arriva a 15/i circa di lunghezza ed a 0,8 ad 1 di spessore. Parecchi
elementi si uniscono formando dei filamenti di notevole lunghezza, nei
quali però si possono sempre distinguere i costituenti. Il bacillo è in-
completamente resistente al Grani. (Vedi Tav., fig. .5).
Colture in agar. — Per striscio si ha sviluppo di una patina poco
rilevata a margine irregolare sinuoso e jìoco lucente con rillessi iride-
scenti che si estendono a quasi tutta la superficie libera.
Per infissione si sviluppa un fittone poco abbondante con forma-
zione alla superficie di una patina abbastanza spessa, lucente e grigiastra.
Colture ix gelatina. — Si sviluppa un fittone con relativa coppa
di fusione che si allarga rapidamente. Alla superficie si forma una pel-
licola che si distacca producendo un precipitato biancastio al limite di
fusione della gelatina, che assume in alto dei riflessi verdastii.
Coltura in brodo. — Alla superficie si svilup[)a una patina sottile
' Sulle t'<)i;lip AeW ( lìiciiUvììi le marcine irregolari e maggioilueiite diffuse sui
pseudobulbi, souo dapprima .superficiali e di colur ruggine per diventare in seguito
depresse, aride e brunastre.
' Le foglie della Cuttleija presentano dapprima piccole macchie a contorno
indefinito visibili soltanto per trasparenza, ma che denotano l'alterarsi del pa-
renchima interno carnoso. Dette macchie vanno poi aumentando di dimensione e
diventano visibili sulla faccia inferiore e superiore in forma di depressioni di color
bruno nerastro, estendendosi anche ai pseudohulhi, sui quali dette macchie si
presentano depresse. ;iride e raggiungenti talora <[ualche centimetro di lunghezza.
— 86 —
elle si distacca formando un deposito biancastro ciie agitandosi solleva
producendo un intorbidamento diffuso. Anche nel brodo la coltura assume
dei riflessi verdicci.
RiPRODOziONE ARTIFICIALE DELLA MALATTIA. — Praticando inocula-
zioni sottoepidermiche ho riprodotto la malattia con relative macchie
sui pseudobulbi e nelle foglie carnose della Cattìeya r.rispa.
Per VOncidium Oniithorincum ho dovuto ripetere le inoculazioni per
ottenere l'infezione e le macchie, le quali si svilupparono assai meglio
sui pseudobalbi che nel parenchima sottile delle foglie.
*
* *
Coi procedimenti sopia descritti sono riuscito ad isolare dai tes-
suti alterati i microrganismi delle diverse malattie che ho riprodotto
nelle corrispondenti Orchidee sane, ottenendo le stesse alterazioni
esterne ed anatomiche .sviluppatesi per infezione naturale.
Servendomi dei tessuti alterati, in seguito alle inoculazioni, ho ri-
petuto le .singole colture per constatare l'identità dei caratteri dei mi-
crorganismi corrispondenti a quelli già precedentemente descritti. Ed
ho quindi avuto la certezza che si tratta di microrganismi specifici i
quali non si possono confondere con quelli di Peglion e di S. Hori che
sono entrambi differenti, sia per i caratteri morfologici che culturali.
Batteriosi della . Vaiiilla Plauifolìa t> Andr.
{Bacterium Briosianinn n. sp.) ^
Questa orchidea, coltivata nelle serre dell'Orto Botanico di Pavia,
è fortemente attaccata da una malattia parassitaria che si propaga a
tutte le parti della pianta.
Detta malattia comincia con piccole macchie irregolari di color
piceo, senza alone e senza contorno. Queste macchie, dapprima rilevate
e limitate ad una delle pagine fogliari, invadono in seguito tutto il
mesofillo e diventano visibili anche nella pagina opposta.
Invecchiando, le macchie si allargano decolorandosi al centro, dove
avviene la disgregazione e perforazione del lembo fogliare.
La malattia, che attacca le foglie specialmente nella pagina infe-
' Ct. Ij. P.vvarinjo. Veda.si : liatteriosi dflla Wiullld riniiifulid Andr. (R. Acc.
Lincei 1911. Roma).
87 -
liore e nel picciuolo, si estende anche ai rami, sui quali si manifesta un
po' diversamente, con formazione cioè di macchie più irregolari, e gene-
ralmente allungate nel senso dell'asse. Alcune però conservano la forma
delle macchie fogliari e si decolorano parimente al centro con distru-
zione parziale del tessuto; altre invece si allungano più irregolarmente
nel senso dell'asse, formando lividure depresse e sfumate ai margini.
Il decorso della malattia è rapido; le foglie colpite nel picciuolo ingial-
liscono e si disseccano, e la necrosi, che si manifesta prima sugli in-
ternodi, progredisce avvolgendo l'intero ramo che annerisce e muore.
Caratteri anatomo- patologici. — Facendo una sezione della foglia in
corrispondenza della macchia, si osserva che le cellule confinanti col
tessuto eroso sono ipertrofiche, necrotizzate e vuote di protoplasma,
mentre le successive, verso il tessuto sano, presentano ancora traccie
di protoplasma alterato e qualche granulo di amido. Specialmente in
queste cellule si osservano numerosi microrganismi mobili.
Analogamente si osserva la necrotizzazione del parenchima corti-
cale del ramo, dove le cellule sono ipertrofiche, vuote, oppure con re-
sidui di protoplasma alterato.
Cosicché l'attività del microrgani.smo si riassume nella distruzione
del protoplasma e nella necrotizzazione, più o meno marcata, delle
pareti cellulari.
Per procedere all' isolamento dei microrganismi, ho cominciato a
lavare le foglie ed i rami prima con acqua e sapone, indi disinfettando
col metodo già indicato.
Con strumenti sterili ho tagliato pezzetti di foglia e di ramo, e
con essi ho fatto delle seminagioni in brodo, agar e gelatina.
Aspetto microscopico e colobabilità. — Il microrganismo si pre-
senta sotto forma di bastoncini assai piccoli, e cioè della lunghezza
di /( 1-2 e dello spessore di /( 0,.5-0,8, senza disposizione speciale.
Si colora bene con tutti i colori basici di anilina anche a freddo
e specialmente col violetto di genziana sciolto in acqua di anilina.
Grani negativo. (Vedi Tav., fig. 2).
Comportamento rispetto alla temperatura ed ai terreni nutritivi.
— Si sviluppa rapidamente a temperatura ambiente nei diversi mezzi
nutritivi, ma cresce meglio in presenza di ossigeno.
Striscio in agar. — Si forma una patina abbondante, succosa, lu-
cente, a bordi irregolari ed a riflessi verdognoli.
Infissione in AGAR. — SÌ Ila sviluppo rigoglioso e degradante su
tutta la superficie libera dell'agar, e formazione di patina rilevata e di
color biancastro.
Il fittone presenta nel centro uno sviluppo più intenso, ed alla
periferia una nubecola irregolare dentellata.
.._ 88 —
Infissione in gelatina. — In questo mezzo lo sviluppo è così ra-
pido (la formare una coppa di fusione già visibile in 24 ore e ciie pro-
gredisce fluidificando in due o tre giorni la maggior parte della gelatina.
In fondo alla zona di fusione si forma un abbondante deposito
biancastro che si solleva agitando il tubo, con intorbidamento del mate-
riale fuso.
Coltura in brodo. — Si ha sviluppo rigoglioso con formazione di
sottile pellicola superiìciale la quale si distacca producendo un lieve
intorbidamento.
Co! progredire dell'età della coltura, si forma un deposito fioccoso
biancastro nel fondo del tubo, mentre il liquido assume una bella colo-
razione verde.
Riproduzione artificiale della malattia. — Per dimostrare l'azione
patogenica del microrganismo, ho cercato di infettare le foglie ed i
rami sani, bagnando le parti con brodo di coltura pura e cercando di
facilitare l' infezione con ferite (adoperando un coltello sterilizzato) ;
ma soltanto in seguito ad inoculazioni sottoepidermiche sono riuscito
a riprodurre la malattia con le stesse alterazioni sviluppatesi per in-
fezione naturale.
Comunque, non vi ha dubbio trattarsi del microrganismo specifico
della malattia descritta, microrganismo che deve ritenersi come una
specie distinta e nuova e che io denomino Bacterhim Briosianum n. sp.
dedicandolo al chiarissimo prof. G. liriosi, dirett. dell' Ist. Bot. di Pavia.
Istituto Botanico di Pavia, novembre 1911.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA
Fig. N. 1. Ikictcrimii Cattìei/ae n. sp., isulat.o dalle foglie inalate di Caffleya ÌVar-
nitri e di C. Ilai-risoniae.
» » 2. ììacterUuìi lìriosidiniiii n. sp., da l'oglie e rami di Vaiiitìa Planifolia
Andr.
» » 3. BacìHus Pollaci/ n. sp., dalle foglie di Odonloi/lossiim c/froxininii.
» » 4. Uarteriiiiu Krameriainiin u. sp., dalle foglie dell'0/«7'«//»/H Knniier/nnìiìii _
» » 5. Ihicilliis fariìef/aini.i ii. sp., dalle foglie delVOìir/dinin (_)riiHhorincuì)i
e della Cattlcya crisp/i.
I disegni furono fatti dal dott. lacitio, con microscoiiio Koristkn, Oc. li! comp. Ob., 1"/15 imm. om.
ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
B
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI
INTORNO ALLA
FLORA DEL CALCARE E DEL SERPENTINO
del Dott. G. L. PAVARINO
AssiKtfiile onorario dell' Istituto Botanico di Pavia.
TERZA CONTRIBUZIONE
(con una tavola)
INTORNO ALLA FLORA DEL SERPENTINO.
L'escursione che riguarda la presente Nota venne fatta alio scopo
di estendere le ricerche sulla flora del serpentino, essendo quella del
calcare assai più nota per la maggiore estensione del substrato.
Quest'ultima zona serpentinosa esplorata si estende a sud di Bet-
tola fra la valle del Nure che scende verso nord e quella dell'Aveto
che scende verso sud ed il torrente Lecca (che scorre da sud-ovest a
nord-est prima di confluire col torrente Ceno) e riaflBora poi a nord-est
di S. Stefano d'Aveto, formando il massiccio del Monte Roncalio.
Mi furono compagni nella gita il dott. L. Maffei ed il dott. G. B.
Traverso che ringrazio anche per l'aiuto prestatomi in questa terza
contribuzione \ e mi è grato altresì ringraziare il chiariss. professore
Briosi, direttore dell'Istituto botanico di Pavia, il quale mise a mia
disposizione le collezioni e la biblioteca dell'Istituto. Ed ancora rendo
azioni di grazie ai professori T. Taramelli, A. Tommasi e Luigi Bru-
gnatelli per le indicazioni geologiche e mineralogiche fornitemi.
' G. L. Pav ARINO, Jntonio alla Flora del calcare e del xerjieiitino rieti' Appen-
nino Bobbiexe. Prima contribuzione. Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia.
Serie ii, voi. xii.
Idum, Inforno alla Flora del calcare e del xerpeiilino neW Appennino Bobbiese.
Seconda contribuzione. Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia. Serie ii, vo-
lume XIV.
Atti dell'Ist. Bot. dell' Università di Pavia — Serie li. — Voi. XV. 9
- 90 —
La gita cominciò il 3 agosto, nel quale giorno arrivammo a Bet-
tola e quindi a Ferriere, percorrendo la maggior parte della distanza
nel letto del torrente Nure. '
Il giorno 4 agosto partimmo da Ferriere alla volta del Monte Ra-
gola ed arrivammo al passo del Monte Zovallo, situato fra il monte
omonimo ed il precedente, che è la cima più alta (1700 m.) del grande
e caratteristico massiccio serpentinoso che si voleva esplorare.
Senonchè dovemmo rinunciare alla salita del monte causa un vio-
lento temporale il quale ci obbligò a discendere per la strada malage-
vole che, attraverso fitti ed estesi boschi di faggio, conduce a Cornolo.
.Salita al M. Ragola.
Il giorno 5 ripartimmo da Cornolo per ritornare al passo del M. Zo-
vallo e intraprendere la salita del M. Ragola.
Il cielo era sempre nuvoloso e la strada era resa difficile dal vento
che soffiava forte e dalla nebbia gelida e foltissima.
Tuttavia cominciammo la salita sulla pendice ripida del serpentino
dirupato e franoso e assai povero di vegetazione, arrivando fin presso
la vetta.
Il substrato di questa zona è ancora costituito da rocce eoceniche di
serpentino bastitico che è predominante negli appennini ^ e che riscon-
trammo sulla vetta del M. Pietra Corva e di Roccabruna. Infatti la roccia
serpentinosa del M. Ragola, secondo il prof. Clemente Montemartini, *
' Federico Sacco, Appenitiiio Si-'ftenfr. (R. Acc. Lincei, 18912, pag. 137. Roma).
« Sulla pai'te alta di Val Nure, sul lato sinistro, nella regione spartiacque fra il
Nure e l'Avete, troviamo un'amplissima e tipica zona jjarìsiana ; sul lato destro
vediamo ancora i calcari marnosi e gli schisti del Pari.siatio che .... passando
attraverso alla stretta, direi , ofiolitica di M. Nero e ^[. Ragola, discendono in
Val Nure, formando una zona di collegamento tra il parisiano di Val Ceno e
la massa di M. Ci-ociglia, M. Oarevolo.
- T. Tahamelli, Descrizione geologica della provincia di Pavia,. Milano,
1882, pag. 97. Quanto all'età delle formazioni ofiolitiche dell'Appennino, il pro-
fessore Sacco crede di doversi staccare da quelli che le ritengono come indubbia-
mente eoceniche, avendo constatato che le formazioni ofiolitiche si trovano costan-
temente nel cretaceo, dove si incontrano a diversi livelli, ma specialmente nu-
merose e potenti nel Ceìiomaniaìio, rare e piccole nel Senoniano superiore come
presso Torriglia, mai però nell' Eocene. (Appennino settentr. (Parte Centrale).
Op. cit., pag. 97).
' Clemente Montemartini, Sulla composizione cìiiinica e mineralogica delle
roccie serpenti none del Colle di Cassimoreno e del Monte liagola {Valle del Nure).
Rend. Acc. Lincei, voi. iv, fase. 7, 1888.
— 91 —
" è costituita (la una massa di colore verde chiaro, nella quale sono dis-
seminati dei noduli di una materia di un colore verde cupo che si pos-
sono distaccare nettamente e con facilità dalla massa fondamentale della
loccia. Questi noduli dall'osservazione mici'oscopica risultano formati
da agglomerazioni di bastile alterata. In alcuni rari punti del campione
si vedono ancora delle lamiue di òastite indecomposte, con riflessi me-
tallici ed a superfici flessuose. „
* *
Nella salita raccogliemmo le piante sotto elencate:
Anpknìum Adiantum-nigrum L. /S) Serpentini (Tauscli), Jtmiperus
coinmunis L., Calamagrostis anindinacea (L.) Roth, /S) montana (Host),
Liizula nivea (L.) DC, Festuca ovina L. a) t;/pica (b vulgaris Koch),
Festuca elntior L. a) pvatensis (Huds.), Avena versicolor Vili., Avena pra-
tensis L.. Braclvipodium pinnatìtm (L.) P. B., Diantìius Cari/ophi/llus L.
ì^i virgiueus (L.), Cerastium arvense L. §) suffruticosum (L.), Herniaria
glabra (L.), Silene vulgaris (Moencli) Garke, «) vescicaria (Schrad.), Bi-
scufella levigata L. a) l]/pica, Astrocarpus sesanioides DC. , Potentilla
verna L., Antìvjllis Vulneraria L. ò) rubra L., Genista sericia Wulf., Ge-
nista radiata Scop., Pimpinella saxifraga L., Biipleuriim ranunculoides L.
n) ti/picum, Euphorbia spinosa L , Vnccinitim Vitis-Idaea L., Arctostapluj-
Ics Uva- Ursi Spr., Vaccinium Mi/rtillus L., Armeria vulgaris W. a) elon-
gata (Hotfm ), Orobanche gracilis Sm., Tencrium montanum L., Ihymiis
■ Serptjllum L. z poli/trichus Kern. ap. Borb., Thymiis Serpilluni L. a) angtt-
stifolius (Pers.), Thìjmus Serpillum L. >;) lunuginosus (Mill.), Plantàgo
niaritima L. ^) serpentina (Will), Galium verum L. e) approximatum (Gr. et
Godr.), Asperula Cynanchica L., Scabiosa Columbaria L., Campamela ro-
tundifolia'h., Robertia taraxacoides ihois.) DC , Carduus defloratus L. i) car-
linaefolius (Lam.), Antennaria dioica (L.) Gaertn
Ritornati al passo, c'incamminammo verso S. Stefano d'Aveto, gi-
rando attorno al M. Nero ed al M. Bue ' e attraversando fittissimi
boschi di faggio, sempre avvolti nella nebbia che rendeva difficile l'o-
rientamento.
' Federico Sacco. Risalendo alle origini del Ceno noi troviamo gli aigil-
loschisti, più o meno alternati con strati arenacei e talora anche calcarei, cbe
inglobano le grandi masse otiolitiche del M. Penna, del M. Bue, del M. Nero e
del M. Ragola, cioè la zona argilloscbistosa Op. cit., pag. 8it.
9*
— 92 —
Arrivati al passo di M. Roncallo discendemmo a Roiicolungo e
quindi a S. Stefano d'Aveto. '
È questo un pittoresco paese situato in una bella conca contornata
a levante da una cresta serpentinosa che forma quasi un anfiteatro, da
cui si eleva a sinistra il M. Roncallo alto 1667 metri.
*
Da S. Stefano d'Aveto ci avviammo verso il M. Roncallo e sul sub-
strato, misto di calcare e serpentino, raccogliemmo le piante sotto
elencate:
Asplenium Trichomanes L., Aspi. Adiantumnigrum L. jS) Serpentini
(Tauscli.), Poli/podium Dri/opteris L , Brachi/podiiim piitnatum (L.) P. B.
b) caespilosum (R. et S.). Festuca oeiita, a) i//pica, b) vtilgaris Koch., Fest.
elatior L. a) pratensis (Huds.), Avena rersicolor Vili., Agrostis alba L.,Se-
sleria ccerulea Ard. y) argentea (Savi), Fagus silvatica L., Alnus viridis DC,
Daphe Cneornm L., Runiex Acetosella L., Saponaria oc>/moides L., Scie-
ranthus annmis L., Cerastium arvense L. (3) siiffruticosum (L.), Silene in-
flata Sm., Dianthus Cari/ophi/Hush , |S) virgineus (L.), Alsine laricifolia (L.)
Crantz., HeUeborus fatidus L., Helleb. viridis L., H)jpericum perforatum L.
a) tiipicum, Heliantliemum Chamaecistus a) vitìgare Gaeitn., Sa.rifraga ai-
zoon Jacq., Sedum rupestre L., Potentina verna L., Amelanchier vulgaris
Moencli., Genista sericea Wulf., Coronilla varia L., Astragalus Hi/po-
glottis L., Biife, /?) Gremlii (lìurnat), Antìii/llis Vulneraria L., d) rubra
(Gouan), TrifoUum pratense L., Genista radiata Scop., Ononis spinosa L.,
Vida Cracca L., Lotus corniculatns L., a) arvensis, b) ciliatus Koch, Lotus
corn. II. n) arvensis, e) hirsutus Koch., Trifoliinn repens L., Achillea Mil-
lefolium L.. Poli/gala vulgaris L , Calluna vulgaris Salisb., Erica carneah.,
Gentiana campestris L., Euphrasia salisbnrgensis Funrk., Veronica offici-
naiis L., Digitalis lutea L., Brunella vulgaris L., Teucrium Chamaedrys L.,
Thymus Serpyllum L. ìf) lanuginosus (Mill.), Stachi/s recto L., Brunella
vulgaris h. l^) laciniata (h.) (b. suhintegra Hausm.^, Salvia glutinosa h., Pian—
lago maritima L., §) serpentina (Vili), Plantago Cynops L., Galium ru-
brum L., o) glaberrimum Ces. P. et G., Galium verum, s) approximatum
(Gr. et Godr.), Galium v(rmim Scop., (e. [Halleri R. et .S.)). Asperula cy-
nanchicah., Campanula rotundif olia, ^) Sch e uchztri{Y\\\.), Eriger on ncer L.,
Helichrysum italicum G. Don., Hieracium Pilosella L., Robe.rtia taraxa
' Per la stratigrafia della Val d'Aveto si veda ancora l'Op. del Saeco,
giiie 79-60.
— 93 —
coides (Lois.) DC, Carlina vulgaris L., Carlina acaulis L. jij alpina Jacq.,
Leontodon hispidus L., Antennaria dioica Gaertn., Centaurea Jacea, ^) amara
(L.), Crepis leontodontoides Ali.,...
Salita al M. Roncallo.
Questo monte venne da noi esplorato sino alla vetta e vi racco-
gliemmo un discreto numero di piante, come risulta dall'elenco riportato
qui sotto.
Asphnium septentrionale (\i)]lofim., Nepkrodium Filix-max (L.) Ridi.,
Juniperus communis L., P/ileum Miritela Ali. «) typicmn. Festuca ovina L.
u) ti/pica, (b. vulgaris Kocli), Agrostis alba L., Brachypodium pinnatum
(L.)P. B. (è. coespitosum [R. et S.]), Luzula nivea DC, Rumex scutatus L.,
Dianthus Cari/ophijllns L. fi) virgineus (L), Cerastium arvense L. /?) suf-
f'ruticosum (L ). Scìeranthiis annuus (L.), Alsine laricifolia (L.) Crantz.,
Alsine verna Wlilnb., Herniaria glabra L., Saponaria ocgmoides L., Silene
nittans L., f) viriddla OttU., Silene saxifraga L., Hypericum Richeri Vili.,
Saxifraga androsacen L.. ^xe/. Aiznon .Tacq., Sedum dasgphgllnm L., N«w-
perrivìim tedorum L., .SVrf«w o/6«ot L., Pirus Aria Ehrli., Amelanchier vulga-
ris Moench., Cotoneasfer vulgaris Lindi., Fragaria vesca L., Agrimonia Fupa-
toria L., Potentina verna L., fiosa l'iVtosa L. /J) pomifera Herrm., Coronilla
Emerus L., Lo^^s cornicidatus L., Trifolinm ochroleitcum Hiids., Trifolittm
repens L. a) typiium , Genista sericea Wulf. , Antìiyllis Vulneraria L.,
Astragcdus Hypoglottis L., Genista radiata Scop., Laserpitium latifolium L.,
Bupleurum ranunculoides L., Cynanchunt Vincetoxicum (L.) Pers., Q/«o-
glossum officinale L., Orobanche gracilis Sra., Teucrium Chamaedri/s L.,
Galeopsis Ladanum L. . Ihymus Serpyllum L., rj) lanuginosus (Mill.),
Plantago maritimn L., Galium rubrum L. a) typicnm, Aspenda ciiian-
chica Ij., Scabiosa Colnmbaria L., Phyteuma Michela AH., Campanula
rotundifolia L., Carlina vulgaris L., Helichrysum italicum G. Don., Tm.s-
si/rt(/o Farfara L., Erigeron acer L., ^s<er alpinus, a) typicus, (e. A/r-
s«/«s [Host-l), Centaurea Iacea, ,i) amara (L ), b) Bellardi [Colla], Achillea
Millefolium L., Robertia taraxacoides (Lois.) DC, Solidago Virga-aurea L.,
Chrysanthemum Leucanthemum L., 0) pa//«>ìs Gay., Chrysanth. cerato-
phylloides Ali. Carduus defloratus L., 0 carlinaefolius (Lam.), Cirsium
acaule Scop.
Il giorno seguente discendemmo da S. Stefano d'Aveto a Cabanne,
percorrendo la valle fiancheggiata da bellissimi boschi di Alnus viridis
e Fagus silvatira. Da Cabanne proseguimmo ancora per Bertigaro pas-
sando per il colle dove è situata la cappella del Bozale e quindi per
la valle dello Sturla discendemmo a Chiavari.
— 94 —
Flora del serpentino di Pegli.
Quest'ultima raccolta di piante venne fatta in condizioni altimetriche
e climatologiclie diverse dalle precedenti, ma le roccie sono ancora co-
stituite da quel serpentino bastitico che è predominante negli Appen-
nini lombardi.
Siamo saliti da Pegli lungo il letto del torrente Varenna e, dopo aver
passato la ferrovia sopra Cantalupo, siamo arrivati ai cosi detti Scogli
neri, attraversando pinete miste ad Erica, Calluna, Genista, Cisttis, ecc.
Sui versanti orientale e settentrionale degli Scogli neri (450 m.
, circa) raccogliemmo la maggior parte delle piante seguenti :
Asplenimn Adiantum nigrum li. §) Serpentini (Tausch.), Asplenium Tri-
chomanes L , Pteris aquilina L , Juniperus 0 rycedrus L., Andropogoit hir-
tns L., Phleuni Michelii AH., Festuca ovina L., Dactylis glomerata L.,
MoHìiia cderulea Moench., Bromus erectus Huds., Schoenus nigricans L.,
Scilla bifolia L , Alliuni carinatum L., Smilax aspera L , Diantìnis Car-
thusianormn L. f Balbisii (Ser. inDC), Hypericum perforatum L. «) tgpicum,
Cistus salvifoUtis L., Helianthemum apennimim Jlill., Lepidium Iberis L.
(b. iberideum Rouy et Fouc), Iberis umbellata L., Craldegus monogyna
[Jacq.], Myrtus communis L., Ceratonia Siliqua L., Epilobiìini Dodonaei
Vili., Buplenrum Odontites L., Pimpinella saxifraga L.. Daucus Carota L.,
a) typicus (e. maritimus [Lam.\), Peueedannm Cervaria Cuss., Fistacia Te-
rebinthus L., Euphorbia spinosa L., Eiipliorbia dendroides L., Erica Car-
nea Li., Calluna vulgaris Salisb., Echium maritimum W., Solannm ni-
grum L., Erythraea Centaurium Pers., Cynanchnm Vincetoricum (L.) Pers.,
Odontites lutea Rclib., Linaria vidgaris Mill., Antirrhinum Orontium L ,
Teucrium montannm L. , Tencriurn Chamaedrys L. , Stacliys ofjicinaìis
Trevis., Stachys annua L., Plantago maritima L. ji) serpmtina (WilL),
Asperula cynanchica L, Galium rubrum L, (a g/aberrimum Ces. P.
et G.), Scabiosa Columbaria L. , Campanula Mediinn L. , Campantdu
glomerata L., Crepis aurea (L.) Echi», /S) Columnae (Froel.), Pirris hie-
racioides L. a) ti/pica [d. ruderalis \Schm. in W.\], Eupatorium cannabi-
num L., Helichrysum italicum Gr. Don., Centaurea paniculata L. a) macu-
lata (Lam)., Carlina acuuHs L., Sonchns arvensis L. y) maritimus (L.),
(è. litoralis [Rchò.]), Inula hirta L. «) oblongifolia G. Beck (a. uniflora
Spenner), Soìidago Virga-aurea L. a) vulgaris (Lam.) (6. monticala [Jord.]',
Serratula tinctoria L , jS) indivisa (Poii'.), {a. genuina = v. palustris Posp.)
Inula viscosa Ali., Aster acer L., Centaurea Jacea L. j8) amara (e. Welde-
niana [Bchb]).
Dagli scogli neri discendemmo all'Acquasanta e quindi a Yoltri.
— 95 —
ELENCO SISTEMATICO
DELLE PIANTE RACCOLTE SUL SERPENTINO.
Nome della specie
Fìlices.
1. Asplenium Adiantum nigrum L. fi) Serpen-
tini (Tausch.)
2. Aspi. Tricìiomane.s L
3. Aspi, septentrionale (L.) Hoflfni
4. Nephroditim Filix-mas Rich
5. Pteris aquilina L
Couiferae.
6. Junipertis comnmnis L
7. Junip., Oxycedrus L
Gramiiiaceae.
8. Calamagrostis arundinacea (L.) Kotli. (ì)
montana (Host.)
9. Festuca ovina L. a) tijpica b) vulgaiis Koch.
10. Fest. elatìor L. a) pratensis Hiids .
11. Avena versicolor Vili
12. Brachypodium pinnatum (L.) P. B. .
13. Phleitm Michelii Ali. «) typicum
1 4. Agrostis alba L
15. Andropogon Inrtus L
16. DactijUs glomerata L
17. Molinia caerulea Moencli
18. Bromus erectus Huds
Cyperaceae.
1 9. Schoenus nigricans L
Jiincaeeae.
20. Lttzula nivea (L.) DC
Monte
Ragola
*
Monte
Roncallo
+
+
+
+
+
+
+
4-
+
+
+
Scogli
neri
Pegli
+
+
+
+
+
+
+
96 —
Nome della specie
Lìliacecae.
21. SrUla bifolia L
22. Aììiutn carinatnm L
23. Smilar aspera L. . .*
Pol.vgonaceae.
24. Riimex scutatus L
Paronj'chiaceae.
25. Herniaria glabra L
Caryophyllaceae.
26. Dianthus Caryophi/lhis L. /S) virgineiis(h.]
27. Dianthus Carthusianoriim f) Baìbisii (Ser,
in DC.)
28. Cerastium arvensc L. ;?) suffruticostim (L.]
29. iSi/e»** vulgaris (Moench) Garke «) «;esc!-
car/a (Schrad.)
30. Schranthus annuus L
31. Alsine laricifolia (L.) Craiitz . . . .
32. Alsine verna Wlilnb
33. Saponaria ocymoides L
34. Silene nutans L. /) viridella Ottli .
35. Silene saxifraga L
Hypericaceae.
36. Hypericum Eicheri Vili
37. Hyp. perforatum L. «) typicnm . .
Cistaceae.
38. Cistus salvifoHus L
39. Helianthemwn apenninum Mill
Cruciferae.
40. Biscutella levigata L. a) typica . . . .
41. Astrocarpus sesamoides (L.) DC. .
Monte
Bagola
Monte
Roncallo
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Scogli
neri
Pegli
+
+
+
+
+
+
+
+
— 97
Nome della specie
Monte
Monte
Ragola
Roncallo
+
+
+
4-
+
+
-f
+
+
+
+
4-
+
+
*
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Scogli
neri
Pegli
•42. Lepidium Iberis L. b) iberideum Roiiy et
Fouc
43. Iberis itmbellata L
Saxifragaceae.
44. Saxifraga androsacea L
45. Suxif- Aizoon Jaeq
Crassulaceae.
46. Sedum dasi/phyUum L
47. Sedum album L
48. Semperviviim tectorum L
Rosaceae.
49. Potentina verna L
50. Piriis Aria Ehrli
51. Amelanchier vulgaris Moench
52. Cotoneaster vulgaris L. Lindi
53. Fragaria vesca L
54. Agrimonia Eupatoria L
55. Rosa villosa L. §) pomifera Herrm. . .
56. Crataegvs monogijna [Jacq.]
LegHiniuosae.
57. Anthgllis Vulneraria L. d) rubra . . .
58. Genista sericea Wulf
59. Gen. radiata Scop
60. Coronilla Emerus L
61. Lotus corniculatus L
62. Trifolinm ochroleucum Huds
63. Tri/, repens L. a) typicum
64. Astragalus Hijpoglottis L
65. Ceratonia Siliqua L
Myrtaceae.
66. Myrtus communis L
+
+
+
+
98 —
Nome della specie
Monte
Ragola
Monte
Roncallo
Scogli
neri
Pegli
Oeiiotlieraceae.
67. Epilobium Dodonaei Will
Umbelliferae.
68. Bupleurum odontites L
69. Pimpinella saxifraga L
70. Daucus Carota L. a) typiciis (e. mari-
timus [Laui.])
71. Peiicedanum Cervaria (L.) Cuss. . . .
72. Pimpinella Saxifraga L
73. Bupleurum ranunadoides L
74. Laserpitium latifolium L
Auacardiaceae.
75. Pistacia Terebinthus L
Euphorbiaceae.
76. Euphorbia spinosa L
77. Euph. dendroides L
Ericaceae.
78. Vaccinium Vitis-Idaea L
79. Vare. Myrtillns L
80. Arctostaphi/los Uva-Ursi Spr. . . . .
81. Erica Carnea L
82. Calhma vulgaris Salisb
Plumbaginaceae.
83. Armeria vulgaris W. «) elongata (Hoffm.)
Asclepiadaceae.
84. Cynanchum Vinceioxicum (L. ) Pers. .
Gentianaceae.
85. Erythraea Centauriiim Pers
+
+
-4-
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
— 99
Nome (Iella specie
Monte
Ragola
Monte
Roncallo
Bovraginaceae.
86. Echium maritiminn W
87. Ciinoglossnm officinale L
Solauaceae.
88. Solanum nignim L
Scropliulariaceae.
89. Odontites lutea Rciib
90. Lìiiaria vulgaris Mill
91. Antirrìiinnm Orontium L
Orobaiifhaceae.
92. Orobanche gracilis Sm
Labiatae.
93. Teucrium moìitanum L
94. Tener. Chamaednjs L
95. Thyniìis Serpi/llum L. z) ■polytrichus Kei'ii.
ap. Boib
96. ThyniKS Serp. L. (a. Communis Nob. «.
angtistifolius) (Pers.)
97. Tkì/miis Serp. L. tj) lamtginosus (Mill )
«) genìiiìiKS
98. Galeopsis Ladannm L
■99. Stachys officinalis Trevis
1 00. Stachì/s annua L
Plantaginaceae.
I U 1 . Plantago maritima I j. /S) serpentina (Will.)
Rubiaceae.
102. Gatium veruni f) approximatum (Gr. et
Godr.)
-f
+
+
+
+
+
+
+
+
Scogli
neri
Peprli
+
+
+
+
^-
4
+
— 100
Nome della specie
103. Galium ruh. L. a) typicum a) glaberri-
mnm Ces. P. et G
104. Aspcrula Cynanchica L
Dipsacaceae.
105. ^cabiosa Columharia L. .
Caiiipanulaceae.
106. Campanula rotundifolia L.
107. Phyteutna Michelii Ali. .
108. Campanula Medium L. .
109. Camp, glomerata L. . .
Coiiipositae.
110. Robertia tnraxacoides (Lois.) . . . .
111. Carduus defloratus L. /) carlinaefoUus
(Lara.)
112. Antennaria dioica (L.) Gaertn. . . .
113. Carlina vulgaris L
114. Uelichrysìtm italicum G. Don
115. Tussilago Farfara L
116. Erigeron acer L
117. Aster alpinus a) typicns e) hirsutus
|Host.]
118. Centaurea Jarea /?) amara (L.) />) Bei-
lardi [Colla]
119. Achillea MillefoUum L
120. Chrysanthemvm Leìicanthemum L. h) pai-
lens Gay
121. Chrysanthemum ceratophylloides Ali. . .
122. Cirsium acaule Scop
Monte
Monte
Ragola
Roncallo
+
+
+
+
+
+
+
^
^
+
+
+
+
*
+
+
+
À-
+
+
+
+
bcogli
neri
Peffli
+
+
+
'*
' C. Kraus, Bodcii und Klinui auf Kleiiisten Baum. L'Helìchrysiiiii are-
luiriuiii, ritenuto molto calcifugo, sopporterebbe al contrario il 15 "/„ di carbonato
di calce {Rev. scienti/'., u. 10, 1911).
101
Nome della specie
Monte
Ragola
123. Crepis aurea (L.) Rchb. fi) Columnae
(Froel.)
124. l'icris hieracioides L. a) typica (d. rude-
ralis I Scimi, in W.)
12.5. Eupatorium eannahinum L
126. Carlina acauìis L
127. Centaurea paniculata L. a) maculata
(Lam.)
128. Centaurea Jacea L. /S) amara (e Welde-
niana [Rclib J)
129. Sonchus arvensis L. y) maritimus (L.)
b) litoralis [Rchb.]
130. Inula hirta L. «) ohlongifolia G. Beck
[a. uniflora Spenner)
131. SoUdago Virga-aurea L
132. Solidugo Virga-aurea L. «) vulgaris (Lam.)
{h. monticala (.Toni.) = B. Ten. Syll.) .
133. Serratila tinctoria L. f) indivisa (Poir.)
(a. genuina = v. palustris Posp.) ' .
134. Inula viscosa AH
135. Aster acer L
Monte
Roncallo
Scogli
neri
Pegli
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
*
* *
Le masse ofioliticlie esplorate si presentano quasi sempre sotto
forma di grugni nerastri e rilievi montuosi a facies spiccatamente alpina,
con rappresentanza scarsa di famiglie di cui poche specie predominanti
ne caratterizzano la flora.
A formare il consorzio botanico vi concorrono talune felci, notevoli
per la loro frequenza, fra cui V Asplenium Adiantum-nigrum f?) Ser-
pentini (Tausch.) -.
' La specie Serrafula tinctoria L. tu raccolta da R. Farneti al M. Lesima,
formato da calcare marnoso. Vedasi : Gino Pollacci, Aggiunte alla Flora Tici-
nese (Atti Ist. Bot. di Pavia. Serie ii, Voi. xv).
*A. ScHl.MPER, Pflanzeii-geogr., pag. 104, 1898). Secondo l'A., la forma tipica
AeW Amplcniiim Aiìiantiim-nigrinn pare sia del tutto mancan tesiti serpentino. hWsple-
— 102 —
Fra le Car>/ophi/Jlacerie venne segnalata la Silene infìata Sm. var. ci-
Hata R. forni, angnstifolia, come esempio di adattamento della specie e
di speciale appetenza delle forme.
In alcune zone è specialmente importante YAlyssnm argenteum Vitra.,
per la sua diffusione; ed assai bene rappresentate in quasi tutte le zone
sono le Eriraceae, fra cui la Callima vulgaris, VErica carnea e qualche
altra. Fra le Rubìaceae si trovò che la specie Galium rubmin L. è rap-
presentata sul serpentino dalla var. glabenimum Ces. et G., mentre sul
calcare è diffusissima la var. iriligerum H. Braun.
Sono inoltre notevoli la Robertia laraxacoides (l-ois.) e V Helichrysnm
italicum 6. Don., che si comportano come piante caratteristiche per la
loro frequenza sulle roccie serpentinose.
Non può dirsi però che dette piante siano esclusive del !>erpen-
tino, ' come non è dimostrato che vi siano piante proprie delle roccie
magnesiache.
Sono piuttosto piante rupestri-silicicole, capaci di tollerare piccole
(juantità di calcare, contenute anche nelle roccie serpentinose '-.
nium aditi ferhiti 111, che sarebbe la forma intermedia fra VA. l'iride, e VA. Tri-
chomanes, diventa la forma serpentinosa soppiantiiudo qviasi del tutto il secondo.
Anche l' A. viride fu trovato solo eccezionalmente sul serpentino. — A. Bé-
GUINOT, Saggio sulla flora e sulla fitogeografia dei colli euganei (Mem. Soc.
Geog. Ital., voi. i, p. 26, Roma 1904). Secondo l'A. VAsplenium THchomaneii L.
è una pianta indifferente. Vedasi anche: Sadbbeck. Ueber die generationnu-eise
forhiesetzen Aussaateu iind Culturen der nerpentine- forme der Fern-Gatlung Asple-
nium (Berichte iiber d. Sitzung. d. Gesell. f. Botanik in Hamburg, iii Heft, 1887).
— Lino Vaccari, La flore de la .serpentine, du calcaire, efc. dan.s le.s Alpe» Graies
Orìentales, pag. 13, Aoste, 1903. — La serpentine ne semble pas nourrir un grand
nombre de formes spéciales. Je ne connais que les trois suivantes dont la pre-
mière est nouvelle pour la Vallèe d'Aoste et les deux autres sont nouvelles pour
la botanique. Ce sont la Saxifraga rariaii.<i Sieb. var. iiiferiiiedia Koeh, forma glabra
qui semble substituer dans la serpentine de Ponton la forme glandulosa Engler
(la vraie moschata Wulf.) qui est au contraire commune dans le reste de la Vallèe
d'Aoste ; la Saxifraga oppositifolia L. var. Murìthiana Tiss. f. pubesceiis miìii et
VHieracium Salasnorum Zahn et Bes.se (ined. in herb. meo) = prenantlioides x
silvaticum .
' G. Gola, Studi sui rapporti fra la distribuzione delle piante e la costitti-
zione flsico-chimica del suolo. Secondo l'A. vi lianno solo pochissime forme carat-
teristiche delle roccie serpentinose, quali VA.spleiiium adulterinum e VA. Adiaii-
tum nigrum, forme queste che hanno caratteristiche assai differenti da qvielle delle
piante presunte dolomitofile (Ann. di Bot., fase. 3, voi. ni. Roma).
' 0. MoNTEMARTiNi, Op. oit., pag. 37.3-376.
— 103 —
Infatti la Calluna, imiicata come pianta esclusivamente silicicola, fu
rinvenuta dal Negri '■ sulle colline terziarie di Torino, riccamente cal-
cari per quanto si tratti di terreni decalcificati, in seguito alla degra-
dazione meteorica. -
Inoltre detta pianta fu riscontrata su terreni calcari anche da altri
autori ^ e può svilupparsi assai bene tanto nelle stazioni umide che
nelle aride, nelle silicee come nelle umifere '.
Ed altre piante — ritenute calcifughe tipiche — vennero pure ri-
scontrate su sabbie e marne '" contenenti una notevole percentuale di
calce, sebbene in alcuni casi l'azione nociva della stessa venga in parte
neutralizzata dal ferro.
Comunque la Casianea, il Sarothaninus, V Ulex, V Erica, ecc., possono
tollerare fino a 2-3 centesimi di calce ''.
Ed ecco come si possono spiegare " les colotiies hété roto piqué s „ del
Gillot "' e quelle " hétérocreniques „ rilevate dal Magnin, "* nelle quali cre-
scono insieme piante d'appetenza chimica differente.
Per cui, secondo parecchi autori, '' ciò che importa stabilire è la
quantità di calce necessaria per la vita delle calcifiìe e quella suflSciente
' G. Neoui, La vegetazione della collina di Torino (R. Acc. delle Scienze
di Torino, Sferie ii, voi. lv). — Le stazioni di piante microterme della pianura
torinese (Atti- Congresso Naturalisti italiani, pag. 10. Milano, 1906).
' C. F. Pauon.\, Trattato di j/eologia. Milano 1903. La degradazione delle
roccie calcaree dà luogo alla formazione di argille ocracee (terreno argilloso) ri-
maste indisciolte durante la solubilizzazione del carbonato di calcio.
' M. Petitmencun, Sur l'adaptation aux sols calcaires des j)lantes silicicotcx
(Bull. d. Ac. Inter, de Géographie Bot. pag. 194-195, 1900).
■• Béguinot, Op. cit., pag. 96.
^ M. \V. Ru.s.SBTX, Observations sur de GokHs à balais adaptées à un sol cai-
rairc (Bull. d. Soc. Bot. de France, p. 96, 1908). Ed ancora: R. Maire, Aiiiiot. n
la flore de Lorraine de Godron (Feuille de jeunes nat. 3" sér. 1895).
* M. Chatin, Bull. d. Soc. Bot. de France, 1870. — C. Costejean, luflueim-
du terrain sur la cégétation (Ann. Se. Nat., T. 2, pag. B55-.56, 1875).
' F. X. Gillot, Influence de la composition minéralogique des roches sur la
régétation; colonies régétales hétérotopiques (Bull. Soc. bot. de Fr., T. .xli, 1894,
pag. XVI, sess. extraord. in Suisse, aoùt, 1904).
' A. Magnin, Infliience de la composition du sol sur la végétation (Bull. Soc.
émul. du Doubs, v, p. x, 1900). — L'edaphlsnie chimique (Bull. Soc. Bot. d. Fr.,
pag. 370, 1901). — Vedasi inoltre : M. .J-B. Gèze, Notes d'edaphisnie chimique
CBull. Soc. Bot. d. Fr. pag. 465, 1908). — Sam. Aubert, Sur une association
d'espèces calcicoles et calci fuges (Bull. Soc. Vaudoise des se. nat., voi. xxxix, 1903).
— C. Kr.\us trovò le radici della Calluna e del Vaccinium aggrovigliate con
quelle àeWAnciìione silvestiis, amico del calcare. Op. cit., Rev. scient. n. 10, 1911).
" D. X. Gillot et E. Chateat, L'appéteuce chhnique des plantes et leur
rédartitinu géogra]ihique. iBull. Soc. Bot. de Fr. pag. 218, 1906).
— 104 -
per respingere le calcifughe, potendo queste ultime adattarsi ai terreni
contenenti un po' di calcare. '
Viceversa non poche piante ritenute calcifile furono rinvenute su
suolo siliceo - e talune anche sul serpentino.
D'altra parte, secondo F. Camus, le espressioni usate comunemente
nel linguaggio botanico (roccie silicee, [irimitive, granitiche, ecc.) man-
cano di precisione; anzi, io aggiungo che sono assolutamente inesatte.
Infatti se noi esaminiamo nei moderni trattati di petrografia (per
es. nel Rosenbush, Eìemente der G esteinslelire) le roccie più comuni, com-
prese nelle silicee, troviamo che i graniti possono contenere 3-4 "/(, di
CaO; le sieniti 4-6"/o; le dioriti 7-8 \; i gabbri (eufotidi) 13-14 "/o;
e nelle comuni lave (lipariti, trachiti, audesiti, basalti) sono pure con-
tenute notevoli quantità di calce.
Anche nelle roccie schistoso-cristalline (per es., nei gneiss) tro-
viamo CaO conte'nuto costantemente in maggiore o minore quantità.
Persino nei micaschisti ne troviamo fino al 2-3 "/„. Soltanto vi è assenza
di calce in alcuni rari tipi di peridotiti (e cioè nelle duniti) le quali
sono costituite unicamente da olivina. '
Inoltre anche nel teireno agrario riesce diflScile stabilire una di-
visione netta fra terreni calcari o non, * sia perchè la proporzione
della calce può presentare notevoli differenze anche fra terle vicine, ■'
sia perchè in certi casi il calcare solubile può sfuggire all'analisi chi-
mica, per cui taluni autori'' ritengono neces.'^ario l'esame niicroscoi)ico
' fiussEL, Sur qiielques plantcs adajìtées à des fe.rres paiii-re.s en chaiix (Ass.
frano, p. l'avanc. des Se. 1907, pag. 373-276).
^ M. AiiDiN, Sur la végétation de la vallèe de la Mauvaise (Bull. Assoc. fr.
Bot., pag. 17-26, 1901). — Ohservation pfn/fnftfafiqiie sìir les planfp.t calcicoles clii
Beaiijohi/s {ibidem, pag. 250-261).
' Clauke, The data of Geoclìemistrg. — Meuril, A Treatise o» Tfocks, L'och-
Weatheriìig and noiì. Risulta dagli studi fatti sulla disgregazione delle roccie, che
il calcio, sotto forma specialmente di carbonato acido, è uno degli elementi più
facilmente asportabile e me.sso quindi a di.sposizione delle piante, ciò che venne
constatato anche nelle numerose analisi di acque correnti superficiali e profonde.
* SuHiMPEi! considera un terreno povero di calce, quando ne contiene meno
del 3"/,, — {Pflanzen Geog., p. 111). Anche Drude considera i terreni come cal-
cari a partire dal B "/q di calce.
'A. Bernard, Le calcaire, sa déterininatioìi et son rote ilans les terres arablen.
1892. Il calcare può variare moltissimo secondo i fattori edafici, la pendenza del
terreno, l'azione dell'acqua, la composizione delle rocce e veri.similmente anche
la natura del tappeto vegetale.
' X. Git.i.OT et CiiATBAU, op. cit., pag. 220. Quando la decalcificazione è
aiutata dall'/(«//t«.s, le soluzioni dei sali di calcio possono arrivare al 2.5U°/o.
senza essere rilevate dal calcimetro, per cui sembrano sprovvisti di calcare.
— 105 —
per integrare l'analisi e rintracciare i minerali essenziali delle rocce,
che si trovano nel terreno come prodotti di semplice disgregazione. '
Senonchè, non basta constatale la presenza del calcare, ma occorre
stabilirne la forma ed il grado di solubilità anche in rapporto cogli
altri sali presenti nella soluzione ambiente.
E molte ricerche furono fatte specialmente per mettere in rilievo
l'influenza dei vari rapporti fra calce e magnesia.
Questi sali, secondo Loew, - sono così strettamente collegati che
quando nel terreno vi è un eccesso di calce, viene reso più difficile
l'assorbimento della magnesia e viceversa. ^
Detto rapporto, ciiiamato dallo stesso autore " lime factor„, può
variare ed essere più o meno favorevole allo sviluppo delle piante. In-
fatti venne sperimentalmente determinato il rapporto più adatto alle
diverse coltivazioni di cavoli, fagiuoii, cipolle, ecc. *
L'azione quindi dei sali di calcio dipende dalle condizioni che ne
regolano la solubilità ■' e quindi il loro coefficiente isotonico, "^ per cui
' A. Delage et H. Lbgatu, Sur la coiisfHufion de la terre arahle (C. R. Ac.
So. t. cxxxix, 1904). — GiLLOT (op. cit. pag. xvi-xxxv).
* La teoria di O. Loew sulle funzioni tisiologiche del calcio e del magnesio
venne pubblicata la prima volta in « Flora» (1892) e poi nel Bulletin, n. 18, del:
U. S. Department of Agriculture, Division of vegetable Physiology and Patho-
logy. — Vedasi dello stesso autoi-e: On the Lhiie-factor for Differeiit Crop.i (Bull,
of the Coli, of Agric. Tokyo, iv, 381, 1902). Ed inoltre: 0. Loew und S. Houda,
Ueher den E/nfliiss wecfiselnder Menjjen rou Kalk luid Magnesia auf die Eiitwick-
luiig der KadelhaUine (Bull, of the Coli, of Agric. Tokyo, ii, 378, 1896) — K.
A.so, On the Infiuence of different Rations of Lime and Magnesia itpon the De-
relopment of Plants (Bull, of the College of Agric. Tokyo, iv, pag. 361, 1902). E
dello stesso autore : On the influence of a certain ratio befween Lime and Ma-
gneaia on the Growth of the Mulberrg-tree (Bull, of the Coli, of agric. Tokyo, v,
495, 1903). Ricerche analoghe vennero fatte anche dagli autori seguenti: L. Beu-
.N'ARDiNi e G. Corso, Influenza dei rari rapporti di calce e magnesia su lo sri-
luppo delle piante (Staz. sperim. agr., xli, pag. 191-208, 1908). — L. Bernahuini
e G. Siniscalchi, Intorno all' influenza dei vari rapporti fra calce e magnesia su lo
sviluppo delle jìiante (Staz. sperim. agr., xi>n, 369, 1908).
' G. Gola, op. cit., pag. 474.
* C. FuRUTA, To what Extent should a Soil be Limed? (Bull, of the Coli, of
Agric. Tokyo, iv, 371, 1902). — G. Daikuhara, On the influence of different rations
hetween lime and Mg on the development of Phaseolus (Bull, of the Coli, of Agric.
Tokyo, 1901). -- T. Katayama, On the Determination of the availahle Amounts of
Lime and Magnesia in the Soil (Bull, of the Coli, of Agric. Tokyo, vi, 103, 1904).
■^ Th. Schloesing, Sur la dissolution de carbonate lìu chauj/ par l'acide
carboìiique (C. R. Ac. Se. 1872).
' G. Gola, op. cit., pag. 474. Il maggior coefficiente isotonico del bicarbo-
nato pilli spiegare la maggior tossicità del calcare rispetto a quella del gesso sulle
— 106 —
possono diventare più o meno nocivi al sistema radicale, alterando la
funzionalità e la struttura' delle cellule assorbenti; fenomeno questo
che non deve confondersi con la funzione fisiologica, che è indipendente
dalla quantità e qualità dei sali.
Tanto è vero che le piante del calcare, in condizioni normali, non
assorbono dosi maggiori di calce di quelle che vivono sulle roccie si-
licee. Inoltre le piante, secondo Welimer ed Amar, possono difendersi
contro l'eccesso del sale, eliminandolo sotto forma di ossalato di calcio. -
E l'importanza delle soluzioni più o meno concentrate a contatto
del sistema assorbente fu riconosciuta anche dal Cavara ^ nelle Ricerche
crioscopiche.
Cosi ad es., le piante alofite possono regolare la pressione osmotica
a seconda della variazione della salsedine del substrato e tale mecca-
nismo possono conservare anche in stazioni differenti dalla normale.
Queste relazioni fra il sistema radicale delle piante e la concen-
trazione delle soluzioni del terreno furono riconfermate sperimentalmente
da parecchi autori, fra cui il Gola citato, con le ricerche sulle solu-
zioni del terreno e sulla germinazione delle piante in soluzioni con cre-
scente concentrazione.
*
* *
Anche lo scrivente ha fatto delle esperienze seminando il Saro-
thamnus scoparins (ritenuta calcifuga tipica) in sabbia accuratamente
lavata con acqua ed acido cloridrico e inaffiaudo le piantine con .so-
luzioni nutritive Knop, prive di sali di calcio, e con soluzioni aventi
dosi crescenti di Ca (N Oj)^
piante. Vedasi in proposito: yi. Eislek, // calcari- iiflU' vigne americane. Geologie
agricole, pag. 115-116, 1892). — Ed il Chauzit B. afferma che « on ne constate
la chlorose dans les terrains gypseux que lorsque ces terrains soiit en niènie tenips
calcaires ». Progrès Agric. pag. 466, 1892).
' M. Ch. Da.ssonville, Infuence (ics sels niinérau.r sur la /orme et la
s/rnc/iire dea régétait.e (Rev. gen. de Bot. 1898).
'' Dott. JoANNBS PoLiii.s, SiiUa presenza del glicogeno nelle fanerogame e sua
relazione coli' oxmlato di calcio. L'A. constatò che in alcune cellule cristallofore
si formano speciali idrati di carhonio dai quali deriverebbe l'acido ossalico, al
quale attribuisce una speciale funzione fisiologica, per quanto in opposizione alle
note ipotesi di Schimper, Bohm, Groom, Bnich Paul, ecc. (Atti Ist. Bot. di Pavia,
Ser. II, voi. XV).
' P. Cavaua, h'isiilfafi (li ima .serie di ricerche erioxr/tjiir/ic uni regftali i Rend.
Congr. bot. di Palermo, pag. (i2-(>3, 1902).
— 107 -
Nel r vaso, senza aggiunta di calce, ' le piante crebbero rigo-
gliose (vedi Tav. fig. 1); raggiunsero uno sviluppo quasi eguale anche
nel 2" vaso contenente 0,5 "/oci <li nitrato di calcio (vedi Tav. fig. 2);
nei 3° vaso, la concentrazione della soluzione airi7oo ^^^^ uwa' note-
vole influenza sullo sviluppo delle piante che arrivarono appena ad '/i
dell'altezza raggiunta da quelle del primo vaso (vedi Tav. fig. 3).
In un'altra serie di esperienze il Sarothamnus venne ancora colti-
vato in sabbia, bagnandola prima con acqua distillata e inaflSando in
seguito le piantine con le soluzioni prive di calce e con dosi crescenti
di Ca (N O3)-.
Le piante si sono sviluppate assai bene nei vasi senza calce e
con 0,5 e r 1 "/oo di Ca (N O3)- ; cominciarono ad intristire nel 3° vaso
bagnato con soluzioni contenenti il 2 "/oo '!■ nitrato; nel 4" vaso — ba-
gnato col 3 "Zoo - le piante si mostrarono sofferenti arrivando appena
alla metà dello sviluppo raggiunto nei primi 3 vasi; nel 5° vaso le
piante, inaflSate col 4 '/„[,, deperirono rapidamente e finirono per morire.
Dette esperienze, per quanto modeste, sono una riprova del fatto
che per le piante calcifiighe esiste un limite massimo di resistenza per
soluzioni contenenti quantità diverse di sali calcari.
E superfluo notare che il fenomeno in natura diventa incompara-
bilmente più complesso per la molteplicità e variabilità delle condizioni
fisiche, - topografiche ' e climatiche ' che possono modificare la concen-
trazione delle soluzioni, di cui fanno parte anche i sali di calcio.
Ad ogni modo la presenza del calcare può influire notevolmente
' Le sabbie lavate con acqua ed acido cloridrico contenevano ancora piccole
traccie di calcare. Vennero esaminati 50 gr. della sabbia del 1" vaso, trattandoli
prima con acido fluoridrico concentrato, per eliminare la silice, e poi trattandone
il residuo con acido cloridrico concentrato. Aggiungendovi quindi acetato so-
dico e ossalato d'ammonio, si ottenne un intorbidamento che rivelò la presenza
di ti-accie appena sensibili di calcare.
- Su granito inalterabile si trovano preponderanti il Sarothamnats scopariuK,
VAxplenium septent rionale, la Calhtna ecc ; su granito alterato si trovano
il Teiicrium C/iaiìuietìrjjs, V Aspeì-iila ci/ìiaìichica , Hippocrepitf coniosa ed altre
iudifierenti.
' La decalcificazione è tanto maggiore (juanto più rapida è la pendenza. Dove
la pendenza è nulla o nelle depressioni, dove affluiscono le acque fluviali, si tro-
vano Oìioìiis Nafri.v, Brunella rulgarin , Teucrium monfanum, Linrnn tenui fo-
lium, ecc.; dove la pendenza è rapida ed il calcimetro non indica più dell'I "/„
di calcare, compaiono le piante calcifughe (Vedi X. Gillot e Chateat, op. cit.,
pag. 223).
■* Nei distretti dove le pioggie sono prolungate si ha una vera dialisi del
terreno e la presenza in esso di soluzioni saline diluite, dove prima non esistevano
quasi che corpi colloidali o insolubili (GuL.\, op. cit., pag. i&d).
— 108 —
sulla dispersione naturale delle piante, ' come risulta dalle esperienze
e come si vede esaminando la flora nel suo complesso. Bisogna inoltre
tenere presente che, come non vi sono limiti precisi fra i terreni, per
rispetto alla loro natura chimica, cosi non vi sono fra piante calcifughe
e calcifile in modo assoluto.
* *
Venendo quindi alle zone da noi esplorate, le associazioni vegetali
che formano le rispettive flore non sono che l'espressione di quei fat-
tori a cui ho accennato nelle diverse contribuzioni del presente lavoro.
/ terreni ralcari marnosi, per la loro decomponibilità, rimangono in
certi periodi dell'anno in stato di secchezza, ma durante le pioggie - —
abbastanza frequenti — le piante vanno soggette a notevoli oscillazioni
di pressione osmotica da parte delle soluzioni saline che dapprima au-
mentano di concentrazione e poi si diluiscono col prolungarsi della pre-
cipitazione meteorica.
Abbiamo quindi, durante la secchezza del terreno e nella concen-
trazione dei liquidi, dei fattori favorevoli allo sviluppo di quei caratteri
di xerofilia riscontrati nelle piante del calcare, da noi esplorato.
Sulla zona serpentinosa, l'acqua piovana scorre rapidamente sulle
roccie ripide e denudate, lasciando il substrato in condizioni di perma-
nente aridità, e per la quasi mancanza di prodotti della disgregazione
non sono possibili, nemmeno temporaneamente, delle variazioni nella
concentrazione delle soluzioni. Data quindi la povertà dei detriti e del-
l'acqua circolante, si spiega come le piante abituate al serpentino ab-
biano acquistato caratteri più spiccati di nanismo e xerofilia e come si
mantengano — assai più delle altre — entro i confini segnati dalla
natura del substrato.
Istituto Botanico di Paviai gfennaio 1912.
' L. NicoTRA, Influenza del calcare sulla vegetazione. Malpighia, ix, 1898.
^ G. L. Pavarino, Contrib. prima, op. oit., pag. 24.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XIV
Fig. 1. — Coltura in sabbia del Sarnfìiaìiniiis sroparius con soluzione nutritiva
senza sali di calcio.
■_'. — Coltura in sabbia del Sttrothaiìnm.s scopurius con soluzione nutritiva
contenente gr. 0,6 per 1000 di nitrato di calcio.
» iì. — Coltura in sabbia del Sarofhamnus scoparius con soluzione nutritiva
contenente gr. 1 per 1000 di nitrato di calcio.
ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI
RICERCHE ANAT0M0-F18I0L061CHE
SOPRA
LE VIE ACQUIFERE DELLE PIANTE
PRIMO CONTRIBUTO
del Dott. LUIGI MONTEMARTINI.
Il problema deirasceiisione dell'acqua nei vasi legnosi è certamente
uno dei più studiati tra tutti i problemi della fisiologia delle piante,
mentre ne rimane sempre oscura la soluzione.
Escluse da tempo le ipotesi che si tratti di un semplice fenomeno
fisico di ascensione di liquidi in tubi capillari, o di elevamento nel vuoto,
od anche di sola pressione osmotica delle radici, furono messe avanti
le teorie cosidette vitali e si affermò senipie più l'opinione che il pro-
blema sia eminentemente fisiologico e che grande sia in esso l'impor-
tanza delle cellule vive del legno e dei loro rapporti coi vasi: si devono
ricordare in proposito, oltre le numerosissime osservazioni raccolte dallo
Strasburger nella sua classica opera sulle vie conduttrici delle piante, '
anche le osservazioni più recenti ^ sopra l'importanza della forza di aspi-
razione, talora assai superiore alla pressione atmosferica e che non può
' E. STRASBURfiBK, Uehcr dell Bau inid die Verrichttnìffen der Leitioii/sba/i-
neii ; Jena, 1891 e UeMer dcis Saftsteigoi ; Jena, 1893. Anche le osservazioni del
Fischer (Beifrage ziir Physiologie dei- Holzgewcichse: Pringsheim's Jahrb. f. w.
Bot., Bd. xsil) sopra la partecipazione dei vasi legnosi al trasporto delle sostanze
organiche immagazzinate nel parenchima circostante, testimoniano di una com-
plessità di rapporti di scambi tra vasi e cellule vive ad essi adiacenti.
^ Ricordo, fra tante, le osservazioni sulla cosi detta Stiugkraft contenute nel
recente lavoro di O. Rennek, Experimentelle Beifrage ziiv Kennfniss der Wasser-
bewegung; Flora, N. F., Bd. iii, 1911.
Atti (leirut. Bot. deirUniversifà di Pavia — Serie li — Voi. XV. 10
— 110 --
dipendere clie dal potere osmotico di cellule vive. La constatazione,
fatta pure dallo Strasburger, del passaggio dell'acqua anche attraverso
porzioni di legno clie sieno state completamente uccise, non basta, se-
condo me, dato il modo con cui devono essere condotte le esperienze,
a far cadere queste ipotesi vitali.
E certo in ogni modo che la spiegazione del fenomeno si deve cer-
care specialmente nella struttura del legno che è da ritenersi peculiar-
mente e strettamente adattato alla funzione che in esso si compie. Ep-
però anche la più piccola osservazione fatta in proposito può avere il
suo valore.
Un particolare della struttura del legno sul quale, per quanto mi
sappia, gli studiosi non portarono ancora la loro attenzione, è quello
delle variazioni numeriche, assolute e relative, dei vari suoi elementi,
contati complessivamente in un medesimo fascio o in un medesimo
asse, a diverse altezze e specialmente in vicinanza di ramificazioni,
sopra e sotto di esse.
È noto che le traccie fogliari o cotiledonari primarie cominciano
spesso in basso con una sola trachea e si ingrossano verso l'alto per
l'aggiunta di più trachee che aumentano la massa degli elementi con-
duttori. Anche le traccie fogliari isolate nei fusti delle Monocotiledoni
cominciano in basso, verso la periferia del fusto, sottili e con pochi e
piccoli vasi, mentre aumentano per numero e dimensioni di vasi di mano
in mano che, spostandosi verso il centro del fusto, si innalzano in esso
per rendersi poi alla foglia cui sono destinate.
Orbene quello che si verifica per le traccie fogliari isolate, ha luogo
anche nel complesso dello xilema dei singoli organi, nei quali si ha un
aumento dal basso in alto (talora in certa relazione, come si vedrà più
avanti, coli' intensità della corrente traspiratoria) del numero degli ele-
menti conduttori del legno e di conseguenza anche degli altri elementi,
specialmente viventi, che sono in relazione con quelli. Il fatto si rende
più evidente vicino alle ramificazioni nelle quali si vede che, mentre
nelle radici sopra la ramificazione si ha, nel ramo principale, un nu-
mero di elementi conduttori superiore alla somma degli elementi con-
tenuti nei rami secondari che ne derivano, sotto; nei fusti invece la
somma degli elementi contenuti nei rami sopra la ramificazione è sempre
maggiore di quelli che si trovano appena sotto, nell'asse unico da cui
i rami stessi sono derivati. '
' La stessa differenza si i-ileva per la superficie delle sezioni trasversali degli
assi, nei fusti giovani nei quali non è ancora cominciata la formazione del dura-
— Ili —
A conferma di ciò, meutie mi riservo di esporre in un lavoro più
completo tanto l'esame critico della lunga letteratura sull'argomento,
quanto i risultati dello studio, già iniziato, delle variazioni dei rapporti
e delle dimensioni dei diversi elementi del legno ad altezze differenti;
limitandomi per ora alle variazioni numeriche dei soli elementi condut-
tori, comunico qui i primi risultati delle mie osservazioni in proposito
meu ed il legno è tutto vivo, cosi che in una sezione trasversale la superfìcie di
sezione può ritenersi grossolanamente proporzionale al numero dei vasi.
Per esempio in un cespugl ietto di Uosa canina di 3 anni di età, alto dal suolo
circa 40 cm., il fusto si biforcava all'altezza di 10 cm. circa e appena sotto la bifor-
cazione aveva una superficie di sezione di uiuiq. 91, mentre sopra i due rami ne
avevano complessivamente una di mmq. 52 + 42 = 94. Anche i vasi, come si vedrà
più avanti, erano in numero maggiore nei due rami che nell'asse principale. Nella
radice invece, che si triforcava ad un centimetro sotto tei-ra, le superfici di se-
zione erano: nell'asse principale, sopra la triforcazione, mmq. 87, enei rami, sotto
la triforcazione, complessivamente mmq. 67 -f 13 -f 6 = 86.
In una piantina di Acer pseudoplatmms ài due anni, la radice a 15 cm. sotto
il suolo si triforcava e mentre prima della triforcazione aveva una superficie di
sezione di mmq. 133, sotto ne aveva complessivamente mmq. 73 + 24 + 4:= 101.
La stessa radice, più in alto, appena sotto al colletto, dava nello spazio di un
centimetro quattro rami secondari e due radici piccolissime e presentava le seguenti
superfici di sezione: sopra a tutte le ramificazioni, vicino al colletto, mmq. 369;
sotto, nei rami, complessivamente mmq. 46 + 41 + 34 + 21 + 5 + B + (la superficie
di sezione rimasta alla radice principale) 193=643. Nel fusto invece ho constatato,
a pochi centimetri di altezza, sotto ad una biforcazione, una superficie di sezione
di mmq. 219, mentre i due rami che ne derivavano ne avevano complessivamente
una di mmq. 175 + 108 = 283. In alto, a circa 40 centimetri dal suolo, uno dei
rami si scomponeva quasi ad una stessa altezza in quattro rami secondari ed ho
constatato che le superfici di sezione erano: sotto la ramificazione mmq. 45, e sopra,
complessivamente, mmq. 12 + 9 4- 19 + 15 = 55.
Le stesse cose constatai in altra piantina di Acero di tre anni di età, nella
quale le ramificazioni successive delle radici avevano le seguenti superfici di sezione :
a 7 cm. sotto il suolo, l'asse principale prima di biforcarsi, mmq. 58; dopo,
complessivamente mmq. 49 + 7 = 56 ;
a 5 cm. sotto il suolo, l'asse principale prima di triforcarsi, mmq. Ili ; dopo,
complessivamente mmq. .58 + 37 + 4 =: 99.
a 2 cm. sotto il suolo, l'asse principale prima di dare molti rami. mmq. 135;
dopo, complessivamente mmq. Ili + 5 + 3 + 6 + 2 + 1 = 128.
Il fusto invece appena sotto una biforcazione aveva una superficie dì sezione
di mmq. 32, mentre sopra, nei due rami complessivamente, aveva mmq.21 + 18=;39.
Gli stessi rapporti si osservano anche nelle ramificazioni dei fusti e delle
radici dei grossi alberi legnosi e mi riservo di pubblicare i dati di molte osser-
vazioni in proposito. Nelle piante legnose tenute a ceduo o capitozzate s'ingrossa
la parte superiore del fusto.
112
Piccioli fog:Iiari.
Nei piccioli fogliari, specialmente se lunghi, è facile constatare che
il numero dei vasi nelle sezioni trasversali aumenta dal basso in alto
anche se considerato solo ad una certa distanza tanto dalla base che
dal lembo, e cioè nella porzione nella quale il percoiso longitudinale
dei fasci è semplice e non presenta alcuna ramificazione né fusione.
Lo si vede dalla seguente tabella:
o a
Specie studiata
2— °
ti-o i
Numero dei vasi
verso la base
Num. dei vasi
verso la metà
Numero dei vasi
verso l'alto
9
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
Adianhim Capilìus- Ve-
neris
» »
» »
Arum cornntum . . . .
Calla aethtopica ■ . ■
Nuphar luteum
Nymphaeazamiharien-
sis
» »
Ficus carica
» »
Ranuncìihis nutrica f 11 s
» »
» »
Viola odorata
» »
Oxalis acetosella . . ■ .
» »
» »
Ricinus africanus . ■ ■
Vilis vinifera ....
Aralia Sieholdii . . .
25,0
24,5
21,0
26,0
58,0
32,0
24,0
27,0
26,0
10,8
10,5
37,0
39,0
37,0
13,0
19,0
5,5
6,5
4,5
46.5
43,6
50,0
51,0
6,0
13,7
37,0
a 2 cm. dalla base 83
» » » 85
» » » 68
93
alla base' in ogni fascio) 1-2
a 1 cm. dalla guaina 100
» » base 33
a mela circa 95
» - 93
» » 76
» » 109
a metà circa 41
a 1,5 cm.
»
a 1 cni.
a 0,5 cm.
»
a 5 cm.
»
a 1,5 CHI.
a 2 CHI.
12
6
530
» 475
guaina 320
352
390
base 150
152
46
38
» 50
549
433
232
214
278
340
3850
» 23
» 11
a metà circa 434
» » 385
» » 420
» .- 195
» » 174
lem. dalla l" foglietta 121
97
88
116
in alto (in ogni fascio) 3-4
a 1 cm. dal lombo 136
» » 51
26
16
601
569
494
395
470
245
2.H0
a 1,5 cui.
a 1 cm.
a 0,5 cm.
a 5cm.
a 1,5 cm.
a 2 cm.
68
43
55
834
786
350
220
394
592
4300
— 113
Si»
3 —
» (!)
T3
Specie studiata
ci
N X
a D.
Nnmero dei Tasi
verso la base
Num. dei vasi
verso la metà
Numero dei vasi
verso l'alto
27
Frar/aria vesca
cm.
22,0
a 1 cm. dalla guaina
627
a metà circa 664
a 1 cm. dal lembo 740
28
» »
21,0
» » »
575
■> " 576
» •• 750
29
Phaseolus vnlgaris \ pic-
30
ciolo princ.ì ....
» » »
14,0
13,0
» » »
» » »
176
192
> >' 188
» • » 217
» dalle fogliette 244
288
31
,.
15,0
»
160
» » 162
» » 239
32
» (picciolo
foglietta term.)
4,5
a 0.5 cm. dalla base
126
a 0,5 Gin. dal lembo 134
33
■ » » >.
5,0
» » »
107
» 130
34
» » »
3,5
■> » .>
102
112
35
Pdchjjrrhizus Thunber-
gìanits (picc. princ.) .
29,0
a 1 cm. dalla guaina
172
a metà ci rea 192
a 1 cm. dalle fogliette 268
36
»
27,0
» » ^>
160
» » 199
» » » 291
37
» » »
14,5
» » »
76
» » 82
» » » 181
38
» " (picciolo
(Iella foglietta terni.)
3,8
a 0,5 cin. dalla base
114
a 0,5 era. dal lembo 124
39
>' » >^
4,5
» » >.
105
130
40
»
3,5
» » »
66
87
41
Aphelandra cristata .
2,5
a 4 mm. » »
280
ametà circa 240
a 2 mm. >■ 250
Nei seguenti casi, nei quali entra probabilmente in giuoco la di-
versa distribuzione degli elementi del legno ed i loro rapporti (che già
cominciai a studiare) reciproci, il numero dei vasi diminuisce verso la
metà del picciuolo, ma poi aumenta ancora verso l'alto:
® i
42
Specie studiata
Lunati ezzB
del
picciolo
Numero dei vasi
Terso la base
Num. dei vasi
verso la metà
Numero dei vasi
verso l'alto
Ipomaea sp
cm.
21,0
a
1 cm. dalla base
170
a metà circa 160
a 1
cm. dal lembo 198
43
» »
19,0
» » >>
183
» » 180
»
» 222
44 ' Jotropha Manihot .
27,5
a
2 cm. » »
121
» » 107
»
214
45 Ricinus comunìa . . , .
22,0
» » »
372
» » 340
»
461
46 Ampelopsis sp
28,0
a
1 cm. •>
228
» » 199
»
296
47
Sterculia platanifolia
69,0
a
2 cm. »
932
» » 823
»
1525
48
» »
61,0
» >. >.
783
» » 703
»
1244
49 ; Tropaeolum iiiajiis . .
30,0
a
1 cm. >
117
» » 113
»
131
50 !
23,0
» » »
100
» » 78
»
72
51 ,
19,0
» » »
75
» » 54
»
62
52 , Carica Papai/a ....
30,0 a
3 cm. »
384
» » 329
»
» 431
53 i
Cucurlìita Pepo ....
50,0
a
2 cm. » »
305
» » 241
a 2
cm. » 325
— 114
In pochi casi lio trovalo invece una diminuzione del numero dei
vasi verso l'alto:
si
s a
il
54
55
56
57
58
59
60
Specie studiata
Liunffhezzn
del
picciolo
Numero dei vasi
Terso la base
Num. dei vasi
verso la metà
1
Numero dei vasi
verso ralto ii
i
Asplenium hulbiferum .
Dicksonia rubiginosa .
Paeonia Montati ...
Rheum officinale ....
» »
Apinm r/raveolens . .
cm.
28,0
55,0
■20,0
19,0
28,5
33,0
35,0
a 3 cm- dalla base 520
» » » 700
1
metà circa 480
» » 500
» » 1015
» « 770
.. » Gli
» » 967
» » 420
a 2ciii.8ottolefogl.480
440
a lem '• '■ 883
» » 598
dal lembo 637
874
» dalle fogliette 440
a lem. dalla guaina 6l>3
.. 1025
540
Fatte dunque alcune eccezioni, la cui spiegazione deve cercarsi,
come si è detto, nella struttura speciale dello xilema e forse anche nel
fatto che i picciuoli che le presentano oltre che organi principalmente
conduttori sono anche assimilatori e traspiratori, si può dire che // hk-
mero dei vasi legnosi è sempre maggiore nella farle alta che in basso. In
alcuni casi r aumento appare in relazione colf intensità della corrente tra-
spiratoria che deve attraversare i piccioli fogliari, quale si può desumere
dalla diversa esposizione delle foglie stesse alf ombra o al sole.
Lo si vede dalle seguenti tabelle nelle quali sono messi a confronto
piccioli di foglie colte da una stessa pianta e occupanti la stessa po-
sizione su rami sviluppati al sole o all'ombra:
Vitis vinifera.
FOGLIE ALL'OMBRA
FOftblE AL SOLE
Lunghezza
del
picciolo
Numero
dei vnsi
a 0,5 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 0,5 cm.
dal lembo
1
o
p.
fi.
O
Il
Cd
Lunehezza
del
picciolo
Numero
dei vasi
a 0,5 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 0,5 cm.
dal lombo
O
O
p<
1
O
X. o
11
61
cm.10,0
801
337
1,119
cm. 8,0
382
452
1,364
62
» 12,7
303
371
1,224
.- 7,2
401
529
1,318
63
» 8,2
381
389
1,175
» 9,4
410
534
1,302
64
» 10,4
346
394
1,138
1,134
» 9,3
443
575
1,297
1,245
65
» 10,2
372
430
1,155
>^ 8,6
488
570
1,168
66
» 9,5
373
382
1,024
» 10,4
489
592
1,210
67
» 9,8
357
414
1,104
» 6,4
516
545
1,056
— 115
Morus silba.
v 1
FOGLIE ALL'
OMBRi
FOGLIE AL SOLE
9— ' ®— ^
1 9 a.
Numero
dei vasi
a 0,5 cm.
dalla base
Numero
^dei vasi
a 0,5 cm.
dal lembo
o
t^
o
a.
a
a.
1 o
al
.§•31
1 '^
om. 5,2
Numero
dei vasi
bO,5 cm.
dalla bsse
Numero
dei vosi
a 0,5 om.
dal lembo
o
o
03
O
X. o
g- s
03
C8
cm.
2,7
369
587
1,428
434
710
1,635
69
»
5,0
403
531
1,317
» 4,3
538
731
1,310
70
»
4,1
469
576
1,228
1,300
=• 4,5
619
743
1,200
1,341
71
»
4,0
503
617
1,226
» 5,5
660
811
1,228
72
»
4,8
523
681
1,302
» 4,8
714
953
1,333
Morus alba.
si
2S
•a
FOGLIE ALL'
3MBRA
FOGLIE AL
SOLE
LunL-hez'za
del
picciolo
Numero
dei vasi
a0,5cm.
dalla basH
Numero
dei vasi
a 0,5 om
dal lembo
o
o
1
03
O
"E o
l'i
§• s
03
Lunghezza
del
picciolo
Numero
dei vasi
a 0,5 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 0,5 cm.
dal lembo
o
f-
o
p.
1
Rapporto
medio
73
cm. 4,6
398
619
1,555
cm. 5,1
537
748
1,371
74
» 4,3
431
588
1,364
=> 5,4
546
846
1,531
75
» 4,7
456
613
1,344
» 4,9
564
780
1,382
76
» 5,0
518
748
1.414
1,374
» 4,7
565
836
1,479
1,421
77
» 4,4
542
695
1,282
» 5,0
670
975
1,455
78
» 5,6
584
763
1,304
» 4,8
690
926
1,342
! 79
1
» 5,5
593
787
1,327
>> 4.4
753
1044
1,386
AceF psemloplatanus
(foglie di uno stesso ramo verticale, nel 3° e nel 5° paio dall'alto, due rivolte a
sud e due a nord).
li
13
FOGLIE RIVOLTE A NORD
FOGLIE RIVOLTE A SUD
Lunghezza
del
piociolci
Numero
dei vnsi
a 1 cm.
dallembo
o ■■
1
O
Z o
11
03
Lunghezza
del
picciolo
Numero
dei vasi
a 2 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 1 era.
dal lembo
o
o
o.
o.
OS
03
1,446
1,621
Rapporto
medio
80
81
cm. 7,3
>> 12,9
1104
1102
1571
1696
1,423
1,539
i,481
cm. 6,7
» 12,1
1108
1050
1603
1702
1,533
— 116 —
Maguolia grandiflora.
21
82
83
FOGLIE ALL'OMBRA
cm. 1,5
» 1,5
S»aS
^<-o ce "a
1282
940
a, a I g
g s. e j,
1539
1160
1,249
1,183
FOGLIE AL SOLE
g- °
cm. 2,0
» 2,1
1,S16
Cercis siliquastriiin
o — *
i-'5 2 «
13
1184
1345
^ m » S
1520
1695
(6
1,283
1,260
1,271
ga
a *
B a;
a»
FOGLIE ALL'OMBRA
2— o
6ira S
cm. 4,0
» 4,5
» 4,4
» 4,1
» 8,8
3 oj ^-
659
738
740
748
785
-CD""
675
788
740
780
744
1,02
0,995
1,000
1,042
0,947
1,001
FOGLIE AL SOLE
cm. 8,6
» 3,1
>■> 3,0
» 2,7
» 2,6
£ss«
3-r<c.S
^T3 d ed
776
790
837
877
928
o s £ a
g 1> = a,
S.-to —
•^
882
772
886
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942
ci
03
1,073
0,964
1,058
1,003
1,015
1,022
Hedera lielix.
21
il
Zi -3
■a
FOGLIE ALL'OMBRA
FOGLIE AL SOLE
Lunghezza
del
picciolo
Numero
dei vasi
a 0,5 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 0,5 cm.
dal lembo
2
O
Cu
1
o
o
p,
o.
a
03
a
3 Lunghezza
j. .del
^ picciolo
a tra -,
343
Numero
[^ dei vasi
S a 0,6 cm.
dal lembo
o
t:
o
Rapporto
medio
89
cm.
4,8
490
583
1,199
1,806
90
»
3,6
558
490
0,878
1,0
75
»
4,1
450
492
1,093
1,157
91
»
4,3
625
718
1,148
»
5,4
589
578
1,072
o a
s ®
^5 «
92
98
94
95
96
FOGLIE ALL'OMBRA
®_ O
cm. 1,0
» 1,0
1,1
1,1
1,0
£sSS
sSa-^
Zi-o « ss
525
565
578
636
730
5 — CI""
580
565
600
680
740
1,104
1,000
1,038
1,069
1,082
FOGLIE AL SOLE
1,058
cm. 1,0
» 0,9
» 1,1
» 1,0
» 0,9
§s§s
320
280
400
830
385
(D » e
««sa
a .2
Zi-O « «
320
356
510
395
415
a
a
03
1,000
1,271
1,275
1,196
1.077
1,163
- 117 —
Dalle quali tabelle risulta dunque ciie non solo il picciolo delie fo-
glie sviluppate al sole ha in generale un maggior numero di vasi le-
gnosi, ' ma presenta pure un incremento più sensibile di tale numero
procedendo dalla base verso il lembo.
Risulta pure che tale incremento è maggiore nelle foglie a lembo
sottile, largo e con forte traspirazione, come quelle di vite, di gelso e
di acero (nelle quali il rapporto sopra studiato varia rispettivamente
tra 1,100 e 1364, tra 1,200 e 1,630, e tra 1,400 e 1,620), che non nelle
foglie coriacee, piccole e a traspirazione debole.
Una più precisa corrispondenza tra l'incremento del numero dei
vasi dalla base verso l'alto e l'intensità della corrente traspiratoria che
attraversa un picciuolo fogliare, potrebbe forse rilevarsi tenendo conto
anche della differente grandezza dei lembi, oppure anche con opportune
esperienze di sviluppo. Ciò che mi propongo di fare.
Passaggio dal picciuolo al lembo delle foglie.
Nell'ultima porzione di picciolo che più si avvicina al lembo, dove
i fasci cominciano a ramificarsi per dare le nervature, il numero dei
vasi presenta in breve tratto un considerevole aumento. Per esempio
nelle foglie di vite di cui alla precedente pagina 114 e ai numeri 61-67,
esso in mezzo centimetro cresce: all'ombra, da 337 a 425, da 371 a 475,
da 389 a 447, da 394 a 434, da 430 a 546, da 382 a 468, da 414 a
474; e al sole, da 452 a 514, da 529 a 541, da 534 a 657, da 575 a
610, da 570 a 617, da 592 a 632, da 545 a 612. E nella Carica Pa-
paija di cui alla precedente pagina 113 al numero 52, in un tratto di
un centimetro sale da 431 fino a 626.
Passando poi nel lembo, alla base delle nervature, l'aumento è,
salvo rarissime eccezioni, molto più considerevole. Lo si vede dalla se-
guente tabella :
' Pare facciano eccezione le foglie di Illuderà e quelle di Fruiiiis liisifainvii,
ma il fatto è probabilmente dovuto a ciò che i rami da me studiati erano di età
differente.
— 118
II
B <c
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
Specie studiata
Adinntmn Capillus Ve-
neris
DicksoHìtt riiòiffùiosa .
Clenaiis vitalba . . . .
Paeonia Montati .
Rheum officinale .
Ficus altissima.
Viola odorata .
Jatropha Manihot .
Theohroma cacao. . .
Sterculia platanifolia
Anipelopsis sj). . .
Carica Papai/a . .
Apiwn (jraveolens
Aralia SiebolJii ■
Cucurbita Pepo. .
Numero dei vasi
nella
parte alta del picciolo
Numero dei vasi nelle singole nervature
alla base del lembo
a. lem. dalla prima I
foglietta 121 ' alla base della prima fogl. e nella rachide
sopra 81 + 45 '
» ■■ 97
88
116
a 2 cm. dalla
primafogl. 4-10
a 0,5 cm. dalle
foglietto 131
122
» » 883
» » 598
a 1 cm. dal
lembo
a 0,3 cm. dal
lembo
a 1 cm. dal
lembo
637
874
527
245
230
214
367
1244
296
431
a 1 l'Ili, dalle
foglietto 440
a 2 cm. dal
lembo 4300
» » 325
» 76 + 42
» 72 + 28
• 86 + 36
» » >. » » 435 + 135
nei 3 pedunc. secondari alla base 72 +
62 + 57
» » » 58 + 58 + 64
» » >> 435 + 354 + 365
347 + 814 + 307
nelle 5 nervature 262 + 201 + 188 +
135 + 127
» » 396 + 312 + 359 +
192 + 174
406 + 127 + 137
nelle 3 nervature
nelle 7 nervature 44 + 43 + 50 + 38 +
94 + 46 + 45
» 50 + 47 + 40 + 54 +
35 + 48 + 44
nelle 12 nerv.60 + 49 + 64 + 40 + 37 +
25 + 33 + 47 + 40 + 45 + 41 + 42
nelle 3 nervature 345 + 55 + 47
nelle9nerv. 262+186+137 + 98 +
59 + 194 + 153 + 99 + 61
nelle 5 nerv. 94 + 92 + 80 + 102 + 90
nelle llnerv. 18+30+79 + 103 +
131 + 182 + 136 + 78 ^ 68 + 88 + 19
nelle 3 fogliette
320+ 120+110
nelle 11 nervature complessivamente
nelle 3
Numero
totale
dei vasi
alla base
delle
nervature
126
118
100
122
570
191
170
1154
968
909
1433
670
360
818
523
447
1249
458
882
540
(iUOO
550
• Si noti che sopra , nella rachide fogliare, il numero dei vasi continua ad aumentare
anche senza che vi sieno ramificazioni, come nel picciolo; cosi in questa foglia, 2 cm. più in alto
troviamo 08 vasi, e nella foglia di cui al seguente numero 4 due centimetri più su la stessa
rachide invece di M6 vasi ne ha 115.
— 119
Riguardo alla relazione tra questo aumento numerico dei vasi nel
passaggio dal picciolo al lembo e l'intensità della corrente traspiratoria
quale si può desumere dalla diversa esposizione delle foglie all'ombra
0 al sole, ecco quanto ho potuto osservare:
Vitis vinifera.
» s
a o
3^
FOWLIE ALL'OMBRA
FOGLIE AL SOLE
!2 e.2 é°
a«'§'"-2
Num. dei
vasi com-
plessivo
alla base di
nervature
Rapporto
Rapporto
medio
és-ztt
694
717
754
675
724
Rapporto
Rapporto
medio
23
24
25
26
27
337
389
480 -
382
414
416
550
615
563
562
1,252
1,413
1,430
1,473
1,357
1,385
534
575
; 570
59-2
545
1,299
1,246
1,322
1,140
1,328
1,267
Morus alba.
o
3S-
FOGLIE ALL'OMBRA
FOGLIE AL SOLE
^ a-o°a
(!.>•&««
537
531
576
617
681
'•^ s S «et:
• s ~ S
748
911
. 834
929
965
Rapporto
1,393
1,715
1,447
1,501
1,417
Rapporto
medio
1,495
— _. • o
■= c o o E
710
731
743
811
952
a - ®
a|-sl£
3 P.73 O g
1130
1106
1089
1161
1269
Rapporto
Rapporto
medio
28
29
30
31
32
1,591
1,512
1,465
1,431
1,331
1,465
Morus alba.
£S
aS
3i.
Zio
FOGLIE ALL'OMBRA
FOGLIE
AL SOLE
Num. dei
vasi nel
S picciolo
eo a 0,5 om.
dal lembo
Num. com-
plessivo
^ dei vasi
OS nelle 5
nervature
Rapporto
Rapporto
medio
Num. dei
vasi nel
picciolo
a 0j5 cm.
dal lembo
"■S>£t
a^'S 2 £
3^.0 = g
957
Rapporto
Rapporto
medio
33
1,237
748
1,279
84
588
753
1,280
846
1173
1,386
35
613
899
1,466
780
1051
1,347
36
748
950
1,270
1,285
836
1163
1,391
1,324
37
695
950
1,366
975
1214
1,245
88
763
879
1,153
926
1308
1,412
39
787
964
1,224
1 1044
1317
1,213
120
Cercis silìquastruin.
a*
FOGLIE ALL'OMBRA
FOGLIE AL SOLE
Num. dei
vasi nel
picciolo
a 0,6 cm.
dal lembo
794
871
859
807
801
Rapporto
Rapporto
medio
Num. dei
vasi nel
picciolo
a 0,6 cm.
dal lembo
à p
1040
1104
1090
1098
Rapporto
Rapporto
medio
40
41
42
43
44
675
733
740
780
744
1,176
1,188
1,160
1,034
1,076
1,126
832
772
886
942
1,250
1,430
1,230
1,165
1,26«
Heilera heli.v.
SS
FOGLIE ALL'OMBRA
FOGLIE AL SOLE'
Num. dei
vasi nel
^ S S picciolo
00 o cu a 0,.5 cm.
dal lembo
"«:=!
= .2 5 2 ^
663
599
597
Rapporto
Rapporto
medio
Num. dei
vasi nel
picciolo
a 0,5 cm.
dal lembo
ào-s^£
512
579
844
Rapporto
Rapporto
medio
45
46
47
1,137
1,222
0,970
1,109
448
492
578
1,142
1,176
1,462
1,260
Pruiius lusitanica.
si
il
a*
■o
48
49
50
51
52
FOGLIE ALL'OMBRA
FOGLIE AL SOLE
Num. dei
vasi nel
picciolo
a 2 mm.
dal lembo
— "._ e ?
P.tn eneo ^
P a a „ 5
o— a-s >
595
620
625
705
780
Rapporto
Rapporto
medio
ìli-'S-a"
320
356
510
395
415
420
420
575
430
470
Rapporto
1,302
1,179
1,127
1,088
1,132
Rapporto
medio
580
565
600
680
790
1,026
1,097
1,041
1,036
0,987
1,037
1,165
Si vede duiuiue che anche raumeiito del numero dei vasi nel pas-
saggio dal picciolo al lembo è minore nelle foglie piccole, coriacee e
a debole traspirazione, e che in generale è maggiore nelle foglie al sole
che in quelle all'ombra. Le piccole differenze che .si osservano talvolta
in senso contrario si-poti'anno forse spiegare confrontando tra di loro
le dimensioni dei lembi.
— 121 —
Ramificazioni delle nervature fog^linri.
Ho considerato come nervature fogliari anche i picciuoli secondari
delle foglie composte.
L'aumento del numero dei vasi legnosi procedendo verso l'alto con-
tinua anche ad ogni ramificazione delle nervature nel lembo fogliare.
Cosi ho potuto osservare:
a) In una foglia di Adiantum Cupillus-Veneris all'origine della
seconda foglietta, l'asse principale aveva sotto 97 vasi e sopra 70 mentre
ne erano andati 37 nella foglietta, totale dopo la ramificazione 137. Tre
centimetri più in aito lo stesso asse arrivava, senza ramificarsi, a 78 vasi
e dava una terza foglietta con 33 vasi mentre gliene rimanevano 68,
totale dopo la ramificazione 101. Due centimetri più in su, senza ra-
mificarsi lo stesso asse arrivava a 77 vasi.
In altra foglia di Adiantum alla prima ramificazione si passava da
115 a 84 -h 44= 128. Tre centimetri più in su il numero dei vasi au-
mentava fino a 93 e presentandosi una seconda ramificazione si aveva
90 -f 33 = 123.
b) La foglia di Dicksonia rtibiglnosa di cui al N. 5 della prece-
dente pagina 118, ad una prima biforcazione dell'asse presentava:
sotto 435 vasi, e appena sopia 425 -j- 150 = 575.
e) In una foglia di Cycas revolnfa la (Uii rachide verso la metà
aveva 59 vasi, un centimetro più in alto ne conteneva ancora 55 pur
avendo dato due fogliette con 20 vasi ognuna.
d) In una foglia di Antìuirinm la nervatura mediana verso la metà
del lembo appena sotto all'inserzione di due nervature secondarie aveva
34 vasi, mentre appena sopra ne presentava complessivamente (tra la
nervatura principale e le due laterali) 30 4 5 -f- 5 = 40.
In altra foglia delia stessa pianta sotto le nervature laterali i vasi
erano 32, sopra complessivamente 22 -|- 5 + 6 = 33.
e) Un peduncolo secondaiio di foglietta di Pieonia Montan aveva
all'apice 338 vasi, poi rendendosi ai tre lobi fogliari ne presentava
complessivamente 167 -f- 139 + 133 = 439.
Altro peduncolo di foglietta simile presentava: prima della trifor-
cazione 384 vasi, e dopo 157 -|- 153 + 148 = 458.
Altro ne aveva 358 prima e 192 + 138 + IH = 441 dopo.
/) In una foglia di Ficus altissima la nervatura mediana a un
terzo circa dell'altezza del lembo aveva 402 vasi, poi mezzo centimetro
più in alto dava due nervature e presentava cosi complessivamente
310 ^^ 66 + 67 = 443 vasi. Nella stessa foglia, la medesima nervatura
122 —
mediana dava quattro centimetri più in alto una nuova nervatura e si
avevano : sotto la ramificazione 268 vasi e sopra, complessivamente,
228 -f- 68 = 296. Ancora più in alto, ad altra ramificazione: sotto 250 vasi,
e sopra 217 + 57 + 62 = 336. E ancora più su, ad altra biforcazione:
sotto 182, sopra 155 + 76 = 231. E poi ancora: sotto 116, sopra
102 + 38 = 140.
Ancora nella stessa foglia tre delle nervature secondarie che arii-
vando alla periferia si biforcano per dare i rami che decorrono paral-
leli all'orlo fogliare, avevano appena sotto la biforcazione 37, 32 e 28 vasi,
mentre i rami da esse originatisi ne avevano rispettivamente 32 + 28 = 60,
17 + 18 = 35 e 19 + 25 = 44.
g) Una foglia di limone quasi alla base della nervatura mediana
aveva 421 vasi, mentre poco più in su dava due nervature secondarie
e ne presentava complessivamente 407 -f 31 + 28 = 466.
La stessa nervatura mediana verso la metà del lembo conteneva
242 vasi e dava ancora due nervature laterali munite complessivamente
di 222 + 29 + 24 = 285 vasi. Più in alto i vasi della nervatura me-
diana aumentavano ancora fino a 232 e staccandosi una nervatura late-
rale diventavano 201 + 46 == 247.
Un'altra foglia di limone presentava alla base: nella nervatura prin-
cipale sotto le nervature laterali 437 vasi, e appena sopra complessi-
vamente 415 + 26 + 21 = 462. E verso la metà: sotto la ramificazione
339, e sopra 324 -I- 27 + 25 = 376.
Il) Una foglia di Theohroma Cacao a metà circa del lembo aveva
nella nervatura mediana 77 vasi, che poco più sopra, distribuendosi in
due nervature laterali, diventavano complessivamente 61 4 26 + 28= 1 15.
Un'altra foglia della stessa pianta aveva, vicino alla base del lembo,
nella nervatura mediana 177 vasi, e subito sopra, essendosi formate due
nervature, complessivamente 153 + 25 + 22 = 200: e più in alto, 73 vasi
nella nervatura mediana e 53 + 17 + 19 = 89 appena sopra per la for-
mazione di altre due nervature.
In un'altra foglia alla base si passava nello stesso modo da 340 a
293 + 45 + 68 =406 vasi; e alcuni centimetri più in alto da 312 * a
281 + 54 = 335; e mezzo centimetro dopo da 281 a 260 + 47 = 307;
e verso la metà del lembo da .236 a 182 + 64 = 246; poi, più in alto
ancora, da 147 a 117 + 37 = 154; e finalmente nella parte superiore
del lembo da 127 "a lOO + 47 = 147.
' Anche qui, come si è visto sopra nelle foglie di limone, di Ficus e di
Adianfiim, il numero dei vasi della nervatura mediana è aumentato dal basso verso
l'alto anche indipendentemente da ogni ramificazione.
— 123 —
/) In una foglia di .Incuba japonica a metà circa del lembo la
nervatura mediana aveva 70 vasi; mezzo centimetro sopra se ne stac-
cavano due nervature laterali ed i vasi diventavano complessivamente
62 + 14 + 17 = 92. Più in alto, a circa due terzi del lembo, si passava
nello stesso modo da 44 vasi a 35 + 1^ ^- 10= 57.
Peduncoli dei fiori e delle infiorescenze.
I peduncoli fiorali mostrano lo stesso fenomeno già rilevato nei
piccioli fogliari: presentano in sezione un numero di vasi che va quasi
sempre aumentando dal basso verso l'alto anche nella porzione un po'
distante tanto dall'apice che dalla base e nella quale non ha luogo al-
cuna ramificazione di fasci. Il fatto pare ancora in certa relazione col-
r intensità della corrente traspiratoria.
Ho raccolto nella tavola seguente i risultati di diverse mie osser-
vazioni.
ss
1:2
Specie studiata
i-g
5 ■=
Numero dei vasi
verso la base
Num. dei vasi
verso la metà
Numero dei vasi
verso l'alto
cm.
1
AUium neapoltffiiuoii .
36,0
a 1 CHI. dalla base
158
a 2/3 d'alt, 160
a 1 CHI. dai fiori
185
2
» »
36,0
» » »
88
» » 120
» »
227
3
» »
30,0
» » »
49
» » 77
» »
91
4
» Barhingtonii ' .
55,0
a 2 era. » »
285
ametà(!irea834
a 2 cm. »
350
5
» »
51,0
» » »
259
» » 273
» »
301
6
» »
50,0
» » »
260
» » 278
» »
294
7
» tartaricum ■ . .
77,0
» » »
182
» » 295
» »
315
8
» »
57,0
» » »
143
» » 171
» »
194
9
Tulipa gesneriaua ^ . .
36,0
a 1 cm. » »
603
» » 721
a 1 cm. »
750
10
» »
.33,0
» » »
591
» » 600
» »
628
' E a iiuunsi che ni un asse più veccliio, lungo 66 cm., che portava sola-
mente frutti già maturi e nel quale quindi la corrente traspiratoria doveva essere
molto debole mentre prevaleva la funzione meccanica, alla base, per il soprag-
giuugere di formazioni secondarie, si avevano 319 vasi, e 282 a metà e 292 in
alto.- Il maggiore aumento numerico dei vasi dal basso all'alto si ha nel momento
in cui è maggiore la traspii-azione.
' Furono esaminate diverse varietà: quelle di cui ai N." 18, 14 e 17 erano
della varietà pajypagaìh, a petali molto larghi, sfrangiati e producenti proba-
bilmente forte traspirazione. In esse è anche più marcata la differenza nel nu-
mero dei vasi tra l'apice e la base.
— 124 —
si
" -3
mero dei
vasi
Num. dei vasi;
Numero dei vasi
^1
Specie etudiatft
verso la baise
verso la metà
verso l'alto
om.
11
Tulipa yesneriana . ■ ■
33,0
a 1 cm. dalla base
544
ametàciroa572
a 1 CHI.
dal fiore
591
12
» »
38,0
» »
v>
431
» » 461
>^
»
476
13
» »
28.0
» »
»
624
» » 810
>•
»
883
14
» »
15,0
» »
»
575
» » 635
»
717
15
» »
35,0
»
595
» » 700
»
»
687
16
» »
25,0
»
744
» » 840
»
»
899
17
» »
20,0
»
692
» 790
>•
'•
933
18
Narcissus Junquila . .
28,0
» »
»
352
» » 407
»
»
436
19
» >*
31,0
» »
»
420
» » 550
X>
»
581
20
» »
33,0
» »
>y
362
» » 430
»
»
524
21
AmarylUs candida . .
23,0
» »
»
39
» » 50
»
»
54
22
» »
22,0
,>
>>
35
» >> 49
>•
■•
52
23
Triticum vulgare (dalla
spiga al nodo più alto)
61,0
a 2 cm. »
»
90
a 1/3 d'alt. 100
a 2 cm.
dalla spiga 122
24
» » » »
62,0
» »
»
104
» » 107
»
»
121
25
,.
49,0
» »
»
192
>. >- 196
»
»
201
26
Holcus lanatus
22,0
a 0,5 cai.
102
ametàcircall9
a 0,5 CUI.
■>
121
27
Festuca arenaria . . . .
10,5
a 1 cm.
36
» » 100
a 1 cm.
»
112
28
Clematis vitalba '^ . . .
2,4
a 0,5 cm. >'
"
54
a 0,5 cm.
dal fiore
94
29
» »
1,4
»
58
••
»
136
30
» »
2,4
* »■
>v
80
»
»
97
81
»
1,3
»
»
56
>>
»
74
32
» montana i fiori
piccoli)
1^,0
» »
»
58
ametàcirca 67
a 1 cm.
82
33
» » >^
12,0
» »
»
55
» » 60
»
»
76
34
» » »
17,0
» »
»
54
» >. 73
»
»
86
35
» » »
15,0
» »
»
47
» » 53
»
»
84
36
»
16,0
» >■
»
64
» .- 72
»
»
94
37
» latiuginoso [fiorì
grossi!
9,0
» »
»
181
» » 225
,.
»
265
38
»
13,0
»
»
164
» » 189
»
»
282
' Anche nelle Clematis, come si è visto nella nota precedente pei tulipani,
l'aumento numerico dei vasi dal basso verso l'alto, nei piccioli fiorali, appare più
manifesto nelle varietà a fiori larghi e con petali più numerosi. Anche qui, come
negli Allium e in altì-i casi, la sproporzione maggiore s'ha al momento in cui i
fiori sono aperti e la traspirazione è massima.
125
» s
as
Specie studiata
1-1
3 (O
^ a.
Numero dei vasi
verso la base
Num. dei vasi
verso la metà
Numero dei vasi
verso l'alto
cm.
39
Cìematis splendens ( fiori
Karghissimi)
18,0
a 1
cm. dalla
base
124
ametàcircal52
a 1 cm. dal fiore
265
40
» » » »
8,0
>>
»
»
190
» » 196
» »
238
41
» sp. (var. ornam.)
9,0
»
»
»
171
» '• 178
» »
228
42
»
6,0
»
»
»
141
» » 147
» »
171
43
» »
8,0
»
»
»
74
» » 78
» »
108
44
» » »
9,0
»
»
»
101
» »
184
45
» » »
9.0
»
»
»
104
a metà circa 132
» »
132
46
» » ' »
9,0
»
»
»
99
" ■ 103
»
123
47
» » »
8,0
»
»
>•
100
>■ .. 100
138
48
>^ >^ »
6.0
»
»
»
99
» » 99
» »
143
49
» ^> >»
18,0
»
»
»
124
» » 120
» »
150
50
» » »
9,2
'•
>*
»
97
» » 98
a 1 mm. dal fiore
374
51
» » »
9,5
»
»
»
103
105
» »
335
52
» y* »
16,5
»
»
»
149
» » 152
» »
251
53
» » »
19,0
»
»
163
» » 168
>^ »
291
54
» » »
9,5
W
»
»
91
» » 106
»
140
55
»
15,0
»
»
»
99
» » 102
» »
118
56
» •> »
9,3
»
»
»
70
» » 74
»
104
57
» (a fiori piccoli:
5 petali»
3,0
a 0,5
cm. »
»
63
a 2 mm. sotto il fiore 116
58
» » 4 »
3,0
»
»
»
64
» »
105
59
Nymphaea Zamiharien
sis
17,0
14.0
a 2
cm. »
»
20
a metà circa 28
» » 27
a 1 cm. dal fiore
» »
58
44
60
» »
»
»
20
61
Pelargonium zonale '
icon 18 fiorii
27,0
»
»
»
162
» »
402
62
» » iconT fiori
14,0
»
»
»
89
- » »
112
63
» » (con 11 fiori)
30,0
»
»
»
129
» »
210
64
» » (con 13 fiori'
28,0
»
»
»
101
» »
170
65
» » (con 7 fiori
22,0
»
»
»
106
» »
178
66
» » (conlOfiori
emoltibott. 1
19,0
a 0,5
cm. »
»
380
a metà circa 452
a 0,5 CHI. dai fiori
1160
' Anclic qui le varietà con molti fiori in ogni infiorescenza e con fiori doppi
sono quelle nelle quali l'aumento numerico dei vasi dal basso all'alto è più sen-
sibile.
Atti deirisl. BOI. lieti' Un ivfisità di Pavia — Serie II. — Voi. XV. 11
— 126
£1
Specie studiata
3 o
a <D a
5 "=
3 ®
J P.
Numero dei vasi
verso la base
1
Num. dei vasi
verso la metà
Numero dei vasi
verso l'alto
67
Pelarqonium zonale
(con 38 fiori)
om.
20,5
a 0,5 ein.
dalla base
391
a metà ci rea 408
a 0,5 cm. dai fiori
1850
68
» »
26,5
a 1 cm.
» »
244
» » 310
a 2 nini.
778
69
» »
17,0
»
» »
251
» » 367
..
828
70
» »
10,0
»
» »
191
» .. 261
>■* »
578
71
Papaver alpinum ' , . .
60,0
a 2 cm.
» »
265
a '/sii' alt. 287
a 2 cm. sotto il fiore 485
72
» »
49,0
»
» »
311
» » 362
» »
510
73
» »
41,0
*
» »
388
» » 337
» »
360
74
» »
60,0
»
» »
326
» » 346
» '■
427
75
» »
37,0
»
» »
331
» » 300
350
76
» duhium
27,0
a 1 cm.
» f
131
a^/ad'alt. 141
a 1 eni dn! fiore
146
77
» »
23,0
»
» »
143
» -> 140
»
171
78
» somtiifef'um *
20,0
»
» >'
454
>- » 500
»
555
79
» »
22,0
»
» »
358
» » 377
.
520
80
» »
17,0
»
» »
341
» »
367
81
Cirsium pìjrenaicum
10,2
»
» >>
400
a metà circa 450
a 3 Mini.
470
82
Selinum carvifolium .
15,3
»
» »
190
•• » 204
a 1 cm.
212
83
» »
30,5
»
» »
395
>• » 380
»
462
84
Plantago lanceolata ^ .
87,0
a 2 cm
» »
595
» » 600
a 2 cm. dai fiori
727
85
» »
91,0
»
» »
605
>■ » 603
»
658
86
Cy ciani en
15,0
a 1 cm
» »
100
-. » 200
a 1 cm. dal fiore
220
87
»
11,0
»
» »
88
» .- 160
>>
184
88
»
11,0
»■
» >■>
94
>■ » 152
>.
160
89
»
19,0
»
59
» » 200
» »
1
237
' Il peduncolo di iiu bottone ancora chiuso della stessa pianta aveva a'2cm.
dalla base 314 vasi; a Vs dell'altezza 371 e a 2 cm. dall'apice 271.
' In un bottone ancora chiuso ho contato alla base, a '/, ed all'apice del pe-
duncolo rispettivamente 466, 395 e 866 vasi ; e nel peduncolo di una capsula in
via di maturazione ne contai 886 alla base, 780 a */j e 881 iu alto. Queste osser-
vazioni insieme a quella esposta nella nota precedente provano che la sproporzione
massima tra il basso e l'alto si ha sempre quando il fiore è largo e forte, di con-
seguenza, è la traspirazione.
' Nelle infiorescenze più vecchie, nelle quali la traspirazione è minore, il
rapporto tra il numero dei vasi in alto e quello in basso diventa minore per la
formazione in basso di vasi secondari.
127 -
sa
Specie studiata
;hezza
iel
incoio
Numero dei vasi
Num, dei vasi
Numero dei vasi
■*^?
i -5
3 aj
verso la base
verso la metà
verso l'alto
-a
J a
cm.
'M
Arneria pirifolia ' . .
23,0
a 2 cm. dalla base
179
a metà circa 211
a 2 cm.
dal fiore
233
91
» »
22,0
» "• »
241
> » 215
»
»
186
92
Bellis perennis ....
12,0
;i 1 cm. ■> »
148
» » 202
a 1 cm.
»
205
93
» »
18,0
» » »
350
» » 383
»
»
410
94
«
16,0
» » »
178
» » 202
»
»
253
95
Ruhdeckinsuhtomentosa
24,0
» ^> »
327
» » 375
»
>y
472
96
» »
16,0
» » »
211
» » 258
»
»
331
97
>* »
18,0
» » »
249
» » 287
»
,>
424
98
Gaillardia pimiaiifida '^
26,0
» » »
198
» » 242
»
>.
256
99
Taraxacum sp
56,0
a 2 cm. » »
193
a Vs d'alt. 280
a 2 cm
»
310
100
» »
72,0
» » »
220
» » 273
»
»
334
1(11
Chnjsanthemum ....
16,0
a 1 cm. »
47
a metà circa 58
a 1 cm.
»
84
102
»
19,0
» » •>
40
» » 56
»
»
60
103
»
15,0
1
48
» » 67
»
»
79
104
»
16,0
» » »
71
» » 87
»
»
96
105
»
15,0
» » »
72
» » 84
»
»
119
106
Cucurbita Pepo (fiore
masch.)
24,0
» » »
105
» » 135
»
»
218
107
» » »
32,0
» » »
118
» » 157
»
»
298
Anche nei peduncoli dei fiori e delie infiorescenze vi sono però,
come in quelli delle foglie, delle eccezioni le quali dipendono probabil-
mente da strutture speciali che dovranno essere oggetto di studio.
Cosi, per esempio, ho notato che il numero dei vasi diminnisce verso
la metà del peduncolo per poi aumentare ancora verso la parte più alta
nei seguenti casi:
' Nelle infiorescenze non ancora completamente aperte, come quella al N. Ili
e parecchie altre da me esaminate, l' incremento numerico dei vasi che si vede nel
N. 90 procedendo dalla base del peduncolo verso l'alto non ha luogo. Anche qui
esso si presenta nello stadio di svihippo nel quale è maggiore la traspirazione.
* Nel peduncolo di un' infiorescenza ancor chiusa contai invece : 1P9 vasi alla
base, 196 a metà e 175 in alto; e in quello di un' infriite.sceuza: 222 alla base,
245 a metà e 253 in alto. In altre infiorescenze ancora chiuse trovai : in una 383,
'298 e 316 e nell'altra 344, 301, 260. Si può ripetere dunque anche per questi fiori
quanto venne già notato nelle pagine precedenti per i pelargonii, papaveri, ecc.:
l'aumento numerico dei vasi dal basso all'alto è maggiore nello stadio in cui più
grande è la superficie degli organi traspiratori.
128
si
ss
t3
Specie studiata
LunsThezza
del
peduncolo
Numero dei vasi
verso la base
Num. dei vasi
verso la metà
Numero dei vasi
verso l'alto
cm.
108
Tropaeolum majus . .
15,0
a 1
cm. dalla base
57
a metà circa 52
a 1 CHI. dal fiore
60
109
» »
9,5
»
» »
62
» » 55
»
65
110
Dahlia variabilis . . .
17,0
»
» »
284
» > 255
.>
431
111
» »
19,5
»
>f »
303
» ■> 296
»
525
112
» »
19,0
»
» »
305
» » 263
»
321
113
» »
19,0
»
» »
241
» « 170
» »
254
114
» »
26,0
»-
» »
278
» » 217
»
342
115
» »
16,0
»
»
272
» - 285
» »
417
116
» »
26,0
»
» »
297
» ■ 249
» »
528
117
» »
20,0
»
» »
188
» » 160
» »
305
118
» »
16,0
»
»
415
■> » 452
» »
635
Si ha invece ima diminuzione continua anche procedendo verso
l'alto nei casi seguenti:
©
s «
ss
24-3
Specie studiata
Lunghezza
1 del
peduncolo
Numero dei vasi
verso la base
Num. dei vasi
verso la metà
Numero dei vasi
verso l'alto
119
Ranunculus asiaticus .
15,0
a 2 cm. dalla base
395
a metà circa 395
a 2 cm. dal fiore
355
120
» »
14,0
» » »
464
» » 410
»
311
121
Viola trieoìor
13,0
a 1 cm. » »
160
» » 169
a 0,5 cm. »
165
122
» »
10,0
» » »
305
» » 261
» »
199
123
» »
14,0
» » »
201
» » 169
» »
151
124
» »
18,0
» » »
204
» » 219
» »
177
125
» »
13,0
» » »
222
» » 223
» »
166
126
» »
14,0
» » »
169
» » 166
» »
150
127
Primula elafior ....
17,0
a 0,5 era. »
407
a '/sil'alt. 359
a 3 mm. dai fiori
397
128
» »
21,0
» » »
503
» » 47 1
» "
510
129
» ohcontca
25,0
a 1 cm. » »
283
» » 263
a 1 cm.
210
130
» »
33,0
» » »
261
» » 270
> »
191
131
Gaillarda pinnatifida .
29,0
» » »
383
ametàcirca298
,.
316
132
» >>
27,0
» » »
344
» » 201
„
260
133
Arneria leucantha . . .
38,0
» » »
388
» » 360
a 2 cm.
336
134
» »
39,0
» » »
441
>' » 407
>,
371
— 129 —
Una più stretta relazione tra l'aumento numerico dei vasi verso
l'alto e l'intensità della corrente traspiratoria, oltre che dalle note fatte
alle pagine precedenti sul variare di tale aumento nei fiori aperti o nei
bottoni ancor chiusi, o nei frutti, risulta pure dalle esperienze seg;uenti
nelle quali misurai la traspirazione dei diversi fiori col metodo delle
pesate (immersione dell'estremità inferiore dei peduncoli in acqua co-
perta da uno strato di olio e determinazione della perdita complessiva
di peso subita in un dato intervallo di tempo dall'insieme del vaso e
del fiore):
Cleinatìs sp. (var. ornamentale).
Un fiore con 4 petali grandi ;
picciolo lungo cm. 7,5;
traspirò in 6 ore gr. 0,10 d'acqua
Un fiore con 5 petali grandi;
picciolo lungo cm. 7,5;
traspirò in 6 ore gr. 0,20
Un flore con 4 petali piccoli;
picciolo lungo cm. 9,0;
traspirò in 6 ore gr. 0,05
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dal fiore
Rapporto
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dal fiore
Rapporto
Numero
dei vasi
a 1 cni.
dalla base
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dal fiore
Rapporto
112
139
1,241
110
155
1,409
58
70
1,241
Cleniatis sp. (var. ornamentale).
Un fiore con 4 petali e picciolo lungo om. 10; |
traspirò in 7 ore gr. 0,22 d'aoqua
Un fiore con 5 petali e picciolo lungo cm. 10;
traspirò in 7 ore gr, 0,24
Num. dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Num. dei vasi
a 1 cm.
dal fiore
Rapporto
Num. dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Num. dei vasi
a 1 era.
dal fiore
Rapporto
122
137
1,223 j
10-4
136
1,307
Cleinatis 8p. (var. ornamentale).
Un fiore con 4 petali e peduncolo lungo cm. 8,5;
avvizzì in 2 ore
Un fiore con 5 petali e picciolo lungo cm. 7;
avvizzì prima del precedente
Num, dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Num. dei vasi
a 1 cm.
dal fiore
Rapporto
Num. dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Num. dei vasi
a 1 cm.
dal fiore
Rapporto
91
125
1,375
75
116
1,54S
130 —
Pelargoiiiuin zonale.
Un'infioresecnza
con pochi fiori semplici
e peduncolo lungo cm. 7;
traspirò in 5 ore gr. 0,07 d'acqua
tJn* infiorescenza
con parecchi fiori semplici
e peduncolo lunpo era. 21 ;
traspirò in 5 ore gr. 0,28
Una grossa infiorescenza
a fiorì doppi
e peduncolo lungo cm. U;
traspirò in 5 ore gr. 0,35
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dai fiori
Eapporto
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dai fiori
Rapporto
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dai fiori
Eapporto
107
227
1,940
179
467
2,609
210
639
.3,020
Pelargoniuin zonale.
Un'infiorescenza
con pochi fiori semplici e
peduncolo lungo cm. 13,5; in una
notte traspirò gr. 0,32 d'acqua
Un'infiorescenza
con parecchi fiori semplici
e peduncolo lungo cm. 15,5;
in una notte traspirò gr. 0,38
Una grossa infiorescenza
a fiori doppi
e con peduncolo lungo cm. 16,0 ;
in una notte traspirò gr. 0,52
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dai fiori
Rapporto
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dai fiori
Eapporto
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dai fiori
Rapporto
231
418
1,809
226
458
2,004
214
477
2,228
Pelargoniuni zonale.
Un'infiorescenza
con 30 fiori di cui pochi aperti
e peduncolo lungo cm. 11 ; in una
notte traspirò gr.0,22 d'acqua
Un^altra della stessa pianta
con 30 fiori di cui 25 aperti
e peduncolo lunpro era. 17,5;
in una notte traspirò gr. U15
Una con 35 fiori tutti aperti
e con peduncolo lungo cm. 16,5;
in una notte traspirò gr. 1,25
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dai fiori
Rapporto
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dai fiori
Rapporto
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Numero
dei vasi
a 1 cm.
dai fiori
Rapporto
172
372
•2,162
166
481
2,897
178
662
3,82(5
Pelargonium zonale.
Un'infiorescenza con pochi fiori aperti
e peduncolo lungo cm. 12,0;
in una notte traspirò gr. 0,72 d'acqua
Un'altra della stessa pianta
con 46 fiori aperti e peduncolo lungo cm. 15;
in una notte traspirò gr. 1,06
Num. dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Num. dei vasi
a 1 cm.
dai fiori
Eapporto
Num. dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Num. dei vasi
a 1 cm.
dai fiori
Eapporto
179
464
2,592
195
877
4,497
- 131 -
Dnlili.a.
Fiore semplice non completamente aperto,
e peduncolo lungo cm. 18;
in 24 ore traspirò gr. 1,35 di d'acqua
Altro fiore della stessa pianta
completamente aperto e peduncolo lungo cm.22;
in 24 ore traspirò gr. 2,55
Num. dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Num. dei vasi
a 1 cm.
dal fiore
Rapporto
Num. dei vasi
a 1 cm.
dalla base
Num. dei vasi
a 1 cm.
dal fiore
Rapporto
131
258
1,969
115
255
2.217
Piissa§^gio dal pedimcolo principale al peduncoli secondari
delle infiorescenze.
Anche nei peduncoli fiorali come in quelli delle foglie il numero
dei vasi cresce rapidamente nel tratto più alto e vicino al flore o al-
l'inserzione dei diversi peduncoli fiorali secondari.
Cosi per esempio nei Papaver di cui ai N.' 71 e 72 della prece-
dente pagina 126, in due centimetri si va rispettivamente da 485 a 612
e da 510 a 712; nel Selinum di cui al N. 82 in un solo centimetro si va
da 212 a 500, e nella Rubdeckia di cui al N. 95 pure in un centimetro
si va da 472 a 736.
Passando poi ai peduncoli secondari dell'infiorescenza o ai diversi
organi fiorali, l'aumento numerico dei vasi è molto più evidente, in re-
lazione al numero e allo sviluppo dei fiori.
Lo si vede dalla seguente tabella :
0}
£ S
— ts
3 ^
Specie studiata
Numero dei vasi
nella parte alta
del peduncolo principale
Numero complessivo
dei vasi alla base
dei peduncoli secondari
1
2
3
4
5
Allium neapolitamim . . .
» »
» tartaricum
Hyacinthus orientalis '
a 1 cm. dal fiore 185
» 227
91
>, 147
» 786
459
480
220
(a calcolo ì 2,700
(20 fiori) 2,136
' ÌJ da osservarsi che di solito il peduncolo del fiore terminale contiene un
ninnerò di vasi maggiore che non l'ultimo tratto dell'asse dell' infiorescenza sul
ijuale non è inserito nessun alti-o fiore: cosi in due infiorescenze da me esaminate,
l'ultimo tratto dell'asse principale aveva, in sezione, 188 vasi in una e 113 nel-
l'altra, mentre il peduncolo dell'ultimo fiore ne aveva rispettivamente 210 e 151.
132
e 1
Numero dei
vasi
Numero compi
essivo
Specie studiata
nella parte
alta
dei vasi alla
base
del peduncolo principale
dei peduncoli se
condari
6
Hyacintlms orienialis . . .
a 1 cm. dal fiore 344
(5 fiori)
533
7
» »
»
» 899
(19 fiori;
2,518
8
» »
>.
» 309
(3 fiori)
425
9
» »
" »
» 616
(5 fiori)
802
10
Narcissus Junquila ' . . . .
»
» 424
(5 fiori)
625
11
» »
»
» 524
(4 fiori)
560
12
» »
»
» 411
(3 fiori)
441
13
» »
» »
» 401
(2 fiorii
402
14
» »
» »
» 291
(3 fiori)
824
15
» »
» »
» 208
(un solo fiore
193
16
Pelargonium zonale ....
>> »
» 402
(18 fiori)
988
17
» »
» »
» 112
(5 fiorii
344
18
» »
» »
» 192
(11 fiori)
606
19
» »
»
» 170
il3 fiori)
6C8
20
>,
» 178
i4 fiori)
247
21
Selinum carvifoìium ....
■> 212
(a calcolo)
1,300
22
» »
» »
» 462
la calcolo)
3,100
23
Hudrangea hortensis ....
» »
» 1100
(285fioriacalc
) 17,000
24
8axifraf/a crasstfolia ■ ■ .
>> »
» 575
10 fiori)
950
25
» »
»
» 735
(15 fiori»
1242
26
» »
>.
» 912
(25 fiorii
2314
27
Primula elatior '
»
» 229
(5 fiori)
300
28
» »
» »
» 252
(5 fiori)
276
29
» »
>> »
» 130
(3 fiori)
139
30
» »
» »
» 397
(5 fiori)
441
31
» "
»
» 518
(7 fiori)
590
Dall'esame della tabella si può dedur
organi traspiratori più sviluppati è anche
merico dei vasi.
re che nei fiori i quali hanno
più accentuato l'aumento nu-
' E da notarsi che oltre clie dei va.si contenuti nei diversi peduncoli fiorali
deve tenersi conto anche di quelli diramati alla bi'attea che avvolge l'infiore-
scenza e che sono in media 80 per ogni infiorescenza; cosi anche nelle infiore.scenze
con solo uno o due fiori il numero totale dei vasi provenienti dal peduncolo è
sempre superiore a quello dei vasi esistenti nella parte superiore del peduncolo
stesso.
' Anche qui, come si è detto sopra per i Narcìsus. va tenuto conto dei vasi
che vanno ad innervare le brattee dell' infiorescenza e che sono in media da 20
a 25 per infiorescenza.
— 133 —
Fusti.
L'incremento numerico dei vasi procedendo dal basso all'alto, si
verifica nei fusti anche indipendentemente da ogni ramificazione degli or-
gani 0 dei fasci. Lo si vede per esempio nei fusti erbacei semplici delle
Graminacee o delle Ciperacee: il penultimo inteinodio (lungo 30 cm.)
di un culmo di Tritium viihjare aveva alla base 138 vasi, a metà 143
ed a un cm. dal nodo superiore 152; e quello (lungo 27 cm.) di un'altra
pianta ne aveva rispettivamente 193, 198, 218 ; e un fusto di Cyperus
textilis alto cm. 106 che aveva a 2 cm. dalia base 1029 vasi, a metà
altezza ne aveva 1267 e 1240 all'apice.
In un fusto fiorifero di Rammculus acris la cui porzione inferiore
non ramificala era alta era. 19, ho contato a mezzo centimetro dalla
base, in sezione trasversale, 170 vasi in 19 fasci, a metà circa 192 an-
cora in 19 fasci, e a mezzo centimetro dal primo ramo 252 sempre in
19 fasci. Ne sorgevano poi una biattea con 62 vasi e due rami uno
con 133 vasi e l'altro con 2.56, ossia un totale di 451 contro i 252 del-
l'asse principale. Uno dei rami, quello con 133 vasi, si conservava sem-
plice per 12 cm. in capo ai quali i vasi erano 169, poi dava tre pedun-
coli fiorali semplici, ciie avevano complessivamente alla loi o l)ase 322 vasi
e nella loro parte superiore, pure complessivamente, 366. L'altro ramo,
con 256 vasi, era lungo solo 2 cm. in capo ai quali i vasi erano 279,
poi dava una brattea con 67 vasi e due lami di terz' ordine alla cui
base si contavano 136 e 144 vasi, complessivamente dunque 347.
Li un internodio giovane di Clematis titnlba contai alla base 220 vasi,
in alto, a mezzo centimetro dal nodo, 323, e poi ne derivavano altro in-
ternodio con 82 vasi e due foglie una con 139 e l'altra con 135, ossia
complessivamente 355 vasi.
Li altro internodio della stessa pianta contai alla base 227 vasi,
in alto 283, e poi nelle due foglie e nell'internodio superiore, comples-
sivamente, 300.
Il fatto è visibile anche nelle piante legnose, e lo si può mettere
facilmente in evidenza nelle piante giovani nelle quali tutto il legno
è ancora vivo e funzionante.
In una piantina di Acer pseiidopìatanus di due anni di età, alta dal
suolo cm. 90. il fusto principale a 3 cm. dal suolo appena prima di ra-
mificarsi, aveva, in sezione trasversale 7300 vasi circa. Poi dava due
grossi rami che alla loro base avevano uno 6200 vasi e l'altro 5300,
ossia complessivamente, tra tutti e due, 11.500, contro i 7300 del fusto
principale. Uno dei due rami in alto dava, inseriti quasi ad una stessa
11*
— 134 —
altezza, 4 rami di terz' ordine e si aveva: nel ramo di second' ordine,
prima di ramificarsi, 3600 vasi circa; alla base dei (inattro rami, com-
plessivamente 5050 circa.
Ili un'altra piantina di acero, di tre anni di età e alta cm. 40 dal
suolo, il fusto si biforcava a 22 cm.: orbene sotto la biforcazione, contai
circa 5300 vasi, sopra, nei due rami, 3800 -f 4550 = 8350.
In un cespuglietto di Uosa canina alto circa 40 cm., il fusto si bi-
foicava a 10 cm. dal suolo dando un ramo roltiisto ed uno più piccolo:
nel fusto principale, sotto la biforcazione ho contato circa 7250 vasi, e
nei due rami, appena sopra, 6100 + 4350= 10.450.
Radici.
Poicliè ancbe nelle radici il numero dei vasi legnosi aumenta di
mano in mano ciie si procede dal basso verso l'alto, in corrispondenza
alle loro ramificazioni si verifica il fenomeno opposto a quello verifica-
tosi per le ramificazioni dei fusti, e cioè i rami contengono complessi-
vamente un numero minore di vasi che l'asse sul quale si inseriscono.
Cosi per esenijiio studiando il sistema radicale di una piantina di
acero di tre anni di età, ho i-ilevato in corrispondenza a diverse rami-
ficazioni il seguente numero di vasi :
<ii
° 1
£ SE
1
Sotto, nei singoli rami
C^implessi-
vflmente
Sopra,
nell'asse cheliriunisce
33 + 32 + 45 =
110
114
2
12 + 82 =
94
118
3
550 + 700 =
1250
1290
4
385 + 1270 =
1655
1800
5
(circa) 550 + 3250 =
3800
6500 (a ciilcolo)
6
(circa 1 6500 + 2280 + 400 =
9180
9650
7
1 circa) 9650 -f- 600 + 400 -t- 650 +
700 + 20 =
12200
12,800
8
380 + 400 + 920 =
1700
3,550
9
88u + 470 + 170 + 1900 + 1050 +
750 + 3,70U =
8920
9,400 »
Nella piantina di rosa di cui sopra si è studiato il fusto, la radice
principale appena sotto terra aveva, in sezione trasversale 12.000 vasi
(a calcolo), e le tre radici laterali da essa formate ne avevano :
5900 + 1500 + 1000 = 8.400 (a calcolo).
DaU'Istituto Botanico di Pavia, febbraio 1912.
ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
BACTERIOSl
DELLA
MATTHIOLA ANNUA L.
(BACTEBIUH 3IATTHIOLAE n. sp.)
NOTA
di G. BRIOSI e di L. PA VARINO K
(Con due tavole colorate).
Col nome di Violacciocca volgarmente si designano due differenti
specie di crucifere; il Cheiranthus Cheiri L., che è la comune violac-
ciocca, e la Matthiola annua L., comunemente detta Quarantina.
Di quest'ultima, alcune varietà hanno notevole importanza com-
merciale, perchè coltivate su vasta scala, specie in parecchie zone della
Liguria, dove coprono talvolta campi interi e forniscono abbondanti e
splendidi iìori invernali, oggetto di rilevante esportazione e cespite di
lucro non indilferente per quelle regioni.
Nella Matthiola Quarantina si è da alcuni anni manifestata una
grave malattia, la quale si diffonde con rapido decorso, ed arreca danni
tali che in talune località si dovette sospenderne la coltivazione.
I sintomi della malattia cominciano iid apparire sulle foglie, ove si
formano macchie di un verde pallido, a contorno indefinito, che dap-
prima si avvertono a mala pena e solo per trasparenza, grazie al con-
trasto tra il loro colore verde sbiadito ed il verde intenso del rima-
nente mesofillo della foglia, più ricco di clorofilla. In seguito compaiono
piccole macchie brune a contorno irregolare e più o meno puntiformi,
disseminate sul lembo fogliare.
' Velli anche: G. Biliosi ed L. Pav.\rino, Una iiialatfia haffer/cd della
Matthiola annua L. (R. Acc. Lincei, VuL xxi, 1912, Roma).
Ani ^ìeìl'Ul. Bnl. <ìpII' Uuivers!ln lìi Pavia - 'Ai-.vXf II — Vnl. XV. 12
— 136 —
Spesso le foglie, specie le giovani, vengono più o meno ileformate;
non raggiungono le dimensioni normali ed il niaigine loro si fa revoluto,
specie verso la pagina superiore.
Le infiorescenze si arrestano nello sviluppo e diventano racliiticlie,
onde i fiori perdono il loro valore commerciale.
Le ricerche vennero fatte su piante raccolte direttamente da noi,
in diverse riprese, su quel di Loano, ove da qualche anno la malattia
si è manifestata e fortemente diffusa.
Caratteri anatomo-patologici. — La malattia non è limitata alle
foglie, ma si estende a tutti gli organi della pianta: fiori, rami, fusto
e radici.
Sezionando i rami (jiooani (tav. xvii, fig. 1) si trova che l'infezione
invade da prima i vasi del legno che mostransi gialli od imbiuniti e
più 0 meno alterati.
Attorno ai vasi infetti, la pianta forma zone di tessuto sugheroso
(tav. XVII, fig. 1, su) che li avvolge e circonda, pei' impedire l'espan-
dersi del male in senso trasversale e limitarne la diffusione nei tessuti.
Più tardi il male può invadere tutto il legno, sino al midollo che, in
taluni casi, si presenta fortemente corroso (tav. xvii, fig. 1, mi).
Nel fusto, l'infezione si manifesta prima nel legno primario (ta-
vola XVII, fig. 2, Ip), dal quale si estende all'interno, verso il midollo,
ed all'esterno verso il legno secondario (tav. xvii, fig. 2, es), come facil-
mente rilevasi dall'ingiallire ed imbrunire delle pareti dei vasi e delle
fibre e dalle sostanze aggrumate gialle, brune o nerastre che riempiono
i lumi delle cellule dei tessuti malati.
Nelle radici (tav. xvii, fig. 5) l'infezione comincia generalmente nei
fasci legnosi del cilindro centrale, indi si propaga al legno secondario;
e gli elementi attaccati (vasi, fibre, ecc.) si colorano al solito in giallo od in
bruno, riempiendosi contemporaneamente di sostanze grumose nerastre.
Nelle /"opZie (tav. xvi, fig. 3) l'infezione si manifesta con le macchie
pallide sopra descritte che sono dovute alla disorganizzazione dei clo-
roplasti per opera di microrganismi che numerosi veggonsi nelle cellule.
Gol progredire della malattia, il plasma delle cellule si contrae e si
raggruma provocando il raggrinzamento delle pareti cellulari; quindi
il tessuto si ammortizza ed appaiono nel mesofillo le macchie brune e
depresse che già notammo sul lembo fogliare a malattia avanzata (ta-
vola XVI, fig. 5).
L'esame microscopico mostra nelle cellule dei tessuti malati nu-
merosi microrganismi mobili, isolati o riuniti in colonie, e non rivela
alcuna traccia di micelio.
Noi abbiamo coltivati detti microrganismi in diversi mezzi nutri-
tivi procedendo nel modo seguente.
— 137 —
Presi pezzetti di foglie, rami, fusto e radici malate, li abbiamo
accuratamente lavati con acqua e sapone, poscia li abbiamo disinfettati
con una soluzione al millesimo di sublimato corrosivo; indi li mettemmo
in acqua distillata sterile e da ultimo li passammo in alcool ed etere.
I pezzetti patologici cosi trattati furono messi nei tubi contenenti
i diversi terreni nutritivi da noi preparati, e da tutti gli organi infetti
cosi trattati e seminati nei differenti mezzi nutritivi, noi ottenemmo
sempre lo sviluppo di uno speciale microrganismo che presenta i se-
guenti caratteri morfologici e culturali.
Aspetto microscopico e colorabilità. — Questo microrganismo
(tav. XVI, fig. 4) ha la forma di piccoli bastoncini — lunghi 2-4 /(,
larghi 0,4 0,6 — ad estremità leggermente arrotondate. Esso si colora
bene con tutti i colori di anilina anche a freddo, ma specialmente col
violetto di genziana, e resiste completamente al Grani.
Nel liquido delle colture in brodo si osservano vivaci movimenti
vibratori e rotatori di microrganismi che appaiono sotto forma di ba-
stoncini 0 di sferucce a seconda della posizione in cui si presentano
all'osservatore.
Comportamento riguardo all'ossigeno. — In ambienti anaerobici il
microrganismo non si sviluppa affatto o solo con grande lentezza, il che
indica che è prevalentemente aerobio.
Comportamento riguardo alla temperatura ed ai terreni nutri-
tivi. — Si sviluppa bene a temperatura ambiente (1.5° C circa) e più
rapidamente in stufa nei diversi terreni nutritivi, ma specialmente in
ambiente neutro.
Colture in gelatina. — In 24 ore, a temperatura ambiente, si
forma per infissione (tav. xvi, fig. 2) una coppa di fluidificazione iniziale
che progredisce rapidamente in forma cilindrica (tav. xvii, fig. 3) sino
a che tutta la gelatina rimane fusa. Sulla superficie della coltura si
forma di poi una pellicola abbastanza spessa che si distacca con l'agi-
tazione, lasciando depositare in fondo alla zona di fusione un precipitato
mucilagginoso biancastro ed il liquido assume una bella colorazione
verde-chiara nella parte superiore della provetta.
Colture in agar. — Per striscio su agar glicerinato, dopo 48 ore di
stufa, si sviluppa una patina di color biancastro poco estesa, poco
rilevata e priva di lucentezza.
Per infissione lo sviluppo è ancora più scarso tanto che, dopo 48 ore
di stufa, si osserva un fittone appena visibile che ben presto si arresta
nel suo sviluppo.
In agar semplice la coltura si svilupiia assai meglio. Per striscio
(tav. XYi, fig. 6), in 24 ore, si forma una patina lucente, succosa, piut-
— 138 —
tosto rilevata, con margine lobato, di colore biancastro e con tendenza
ad occniKue tutta la snperticie libera del tubo.
Per infissione (tav. xvii, fig. 4) si ha un fittone cigliato che discende
sino in fondo alla provetta, mentre alla superficie si allarga in forma
di disco patinoso biancastro nel cui centro appare col tempo una macchia
tondeggiante gialla.
Piastra in agar. Grandezza naturale. -- Dopo 48 ore di stufa, le
colonie superficiali si presentano con forma rotonda e margine liscio.
Sono piuttosto rilevate, ma non trasparenti e di color bianchiccio. Le
colonie profonde possono essere tondeggianti, ma per lo più hanno forma
di cote.
A 50 diametri. Le colonie superficiali appaiono tondeggianti, rag-
giate, a contorno trasparente e di colore giallastro. Quelle profonde
possono essere tondeggianti, ma per lo più sono a cote, sempre più
piccole e di colore giallo più scuro.
Colture in brodo. — Nel brodo alcalino si ha scarsità di sviluppo
con leggero intorbidamento e formazione di un deposito poco abbon-
dante; nella parte suiieriore del tubo il liquido assume un color verde-
pallido.
Nel brodo semplice lo sviluppo è più rapido e rigoglioso; in 48 ore
di stufa tutta la coltura diventa omogeneamente torbida e lascia depo-
sitare un abbondante sedimento filante, bianco-sporco che col tempo
diventa giallognolo.
Alla supeificie e lungo le pareti della provetta si forma una pel-
licola che si distacca facilmente, mentre il liquido assume una colora-
zione verde-chiara.
CoLTORA IN LATTE. — A temperatura di 30", la coagulazione è to-
tale al terzo giorno con reazione al tornasole decisamente acida.
Coltura su patata. — A temperatura di stufa si sviluppa, in 48 ore,
una patina grigio-biancastra, succosa, assai rilevata con tendenza ad
espandersi. Invecchiando, le colture assumono un aspetto granuloso ed
un c(dor giallognolo tendente al bruno.
Attivit.V chimiche. — Dalle provette si sviluppano gas puzzolenti,
ma non acido solfidrico, ciò che si ebbe a verificale esponendo sulle
colture una cartolina all'acetato di piombo, previamente esposta ai vapori
di ammoniaca.
Riproduzione artificiale della malattia. — Per assicurarsi che
la malattia era dovuta veramente all'azione patogenica del microrga-
nismo da noi isolato, abbiamo infettato alcune piante rigogliose di Mat-
tinola spruzzandole con brodo molto diluito di coltura pura.
In capo a pochi giorni si ottenne la riproduzione del male sulle
— 139 —
parti aeree delle piante spruzzate con gli stessi caratteri esterni e le
stesse alterazioni anatomiche (nelle foglie e n^'ì rami giovani) die noi
abbiamo descritti nelle piante ammalatesi naturalmente.
L'infezione si è lapidamente diffusa sulle foglie (tav. xvi, fig. 3) e
sui rami estendendosi alle infiorescenze clie fece completamente sec-
care. Le piante hanno potuto gettare ancora qualche ramo fiorifero,
ma dal portamento stentato e con pochi fiori.
Fu tentata anche l'infezione per le radici, bagnando con solu-
zioni di colture pure il terreno di alcuni vasi nei quali eranvi piante
sane, ma non si ebbe in capo a due mesi nessun sintomo di depe-
rimento.
Per l'infezione delle radici forse bisognava procedere a qualche
preventiva lesione, ciò che noi non abbiamo fatto per mancanza di ma-
teriale adatto.
Si è potuto stabilire ciie la via più comune dell'infezione è quella
degli stomi (tav. xvi, fig. 7), ciò che si rende palese con la colorazione
giallognola die dagli stomi medesimi si propaga alle cellule circostanti,
nelle quali si osserva la solita disorganizzazione dei cloroplasti e del
protoplasma.
Cogli organi infettati artificialmente furono ripetute le colture nei
diversi mezzi nutritivi per l'identificazione dei caratteri morfologici e
colturali del microrganismo da noi precedentemente isolato e descritto.
Questo microrganismo deve ritenersi come una specie nuova e la
denominiamo Bacterium matthioìae n. sp.
Cuna della malattia.
Mezzi specifici e pratici di cura ancora non si conoscono. Si fe-
cero delle prove da un orticoltore con le solite irrorazioni a base di
solfato di rame (bordolese), ma i risultati ottenuti furono negativi.
Forse questi trattamenti potrebbero riuscire di qualche efficacia, appli-
candoli come cura preventiva, qualche tempo prima della fioritura, onde
andrebbero ripetuti.
Una buona pratica da seguirsi è quella di estirpare le piante non
appena presentano i sintomi della malattia da noi descritti.
Le piante estirpate non debbono però essere accumulate ed abban-
donate sul terreno lasciandole essiccare in modo da essere facilmente
trasportate a distanza dal vento o dagli animali, ma debbonsi portare
— 140 —
fuori dal campo e distruggere col fuoco. Cosi pure queste piante estir-
pate non debbono essere gettate nella concimaia, per evitare che l'in-
fezione venga riportata nei campi per mezzo dello stallatico.
Si deve modificai'e la rotazione in modo da non ripetere la coltura
delle violacciocche nei terreni dove l'anno precedente si è manifestata
la malattia. Ad impedire poi che il male sia tramandato da un anno
all'altro, tornerà assai utile la scelta accurata dei semi che debbono
provenire da piante sane e da campi rimasti immuni dall'infezione.
E siccome fu dimostrato che i germi delle malattie batteiiche spesso
possono continuare a vivere sui semi durante la stagione invernale,
così sarà utile anche nel caso presente la disinfezione della semente,
immeigendola per 15 minuti in una soluzione al millesimo di sublimato
coiTosivo, oppure per 20 minuti in una soluzione di formalina al '/e cento.
Questa pratica può essere integrata con la selezione, secondo il metodo
di Nilsson, nei campo stesso degli individui che si mostrano più le-
sistenti alla malattia. Finalmente si potrà forse rendere le piante più
resistenti al male, evitando l'abuso dei concimi oiganici e ricorrendo
all'uso dei concimi potassici, specialmente dei superfosfati.
— 141
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE
Tav. X\'I, Fig. N. 1. Rametto e toglie sane di Matthiola anmia L.
» » » » 2. lufissione in gelatina e coppa di fluidificazione.
> ■> » 3. Rametto e foglie ammalate di Matthiola annua L.
>> 4. Baoterium Matthiolae n. sp. (Koristka 0. 8 comp. imin.
omog. Vi6 '"*" (iperto).
» » » » 5. Foglia ammalata in sezione trasversale.
> » » » 6. Coltura a striscio su agar a becco di flauto.
» » » » 7. Epidermide di foglia con stomi infettata artificialmente.
• » •> > 8. Coltura su patata.
> XVII » >> 1. Sezione trasv. di ramo giovane infetto. — .•>•;/, tessuto su-
gheroso: ini, midollo.
» » » » 2. Sezione trasv. di fusto infetto. — Ip, legno primario; e.s,
legno secondario.
» » » » 3. Coltura in gelatina. Prima settimana di sviluppo con flui-
dificazione in forma cilindi-ica.
> » » » 4. Coltura per infissione in agar semplice.
» » » » 5. Sezione trasv. di radice infetta.
ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
da GIOVANNI BRIOSI
NOTE MICOLOGICHE E EITOPATOLOGICHE.
SERIE SECONDA
I. — Un luiOTO irenere di Ceratostwìiatareac.
s
II. — Due uuotì micromiceti paiMssiti delia. Sopliora J(H)oni<a Linn.
PER
MALUSI© TURCONI e LUIGI MAFFEI
A ,S S I s T E N T I.
[Coti una tai-ola litografata}.
I.
Un nuovo genere di Ceratostoraataceae.
La famiglia delle Ceratostomataceae ' comprende pochi generi (prima
inclusi in quella delle èphaeriacpae) caratterizzati dall'avere un peri-
tecio semplice, con ostiolo prolungantesi a formare una specie di rostro
{rosteUum) ben distinto e talvolta anche molto lungo. Si suddivide, in
base ai caratteri delle spore, in sei sezioni fra le quali quella delle
Phaeosporae {Sporidio, continua, fusca) comprende il solo genere Cerato-
stoma che ha dato il nome alla famiglia.
A questo genere si avvicina per vari caratteri il fungo che noi qui
descriviamo; esso peraltro presenta i politeci costantemente rivestiti
da numerose setole, erette, ispide, acuminate, raggiungenti per lo più
una lunghezza doppia del diametro del peritecio stesso.
Questo carattere da solo è sufficiente per costituire un nuovo ge-
nere che denominiamo Chaetoceratostoma dando al nuovo micromicete
il nome specifico di Chaetoceratostoma Jiispidum.
' Ceratostomataceae Wintbr in Rabh. Krypt. Flora, Bel. i, Abt. ir, pa-
gina 247 (1887); em. Sacc. Syìl. xiv, pag. 20 (1899), — Vedi anche Travekso,
Pyrenonycetae in Flora Hai. cryptog. Pai-s i: Fungi (fase, i, pag. 327, 190G).
Atti deìrist. Bot. rleirUniversità di Pavia — Serie II — Voi. XV. 13
— 144 —
Chaetoceratostoma n. gen. (Etym. chaete, seta et Ceratostoma).
Perithecìa tipìce selosa, siiperficialia, subcarbonacea, atra, rostello longo,
cylindraceo praedita. Asci elipsoidei vel oboooidei, subseasiles, aparaphysati,
octospori. Sporidia plenimque globoso-cuboidea, continua^ fusca.
Chaetoceratostoma hispiddm Turconi et Maffei. Peritheciis superficia-
libus sparsis vel subgregariis, gìobulosis, 200-250 ix diam., suhcarbonacei.i,
a/ris, setulis copiosis, rigidis 350-500 /i longis contimiis, apice obhise acimii-
natis, pallide fuscis vestitin atqiie in rostellum praelongum (1-1 '/^ mm.),
cylìndraceum, erectimi qiiandoque leiiiter inciirvum, apice plus minusve fim-
brialìtm produclis; coittextu perithecii parenchi/matico, rostri prosenchyma-
tico; ascis obovoideis, subsessilibus, mox evunidis, aparapìujsatis 35 45 «
16-20 |it, octosporis; sporidiis distichis, vel subdisticìiis, ciiboideis, angulis
obtusis, brimneis 8-10 /t diam.
Hab. In foliis emortiiis Castaneae vescae, inope Varazze (Li<;uiia).
Questo fungo fu raccolto qualche anno fa in Liguria presso Va-
razze sopra foglie secche di castagno.
Con una lente si scorgono assai bene sulla pagina inferiore della
foglia i periteci per lo più sparsi (tav. xv, fìg. 1), ed in qualche raro
punto più 0 meno avvicinati, neri, globosi, superficiali, rivestiti di nu-
merose setole hinglie fino a mezzo millimetro, brune, erette, ispide, sem-
plici, continue ed appuntite. Presentano l'ostiolo prolungato in modo da
formare un rostro relativamente molto lungo (1-1 '/a mm.), cilindrico,
eretto e qualche volta leggermente incurvato. Le ife costituenti la pa-
rete del peritecio sono tra loro intrecciate ed anastomizzate in modo
da dare l'aspetto di un parenchima, mentre nel rostro sono tra loro
parallele, allacciate e saldate cosi da formare una specie di tessuto pro-
senchimatico.
Nella parte apicale del rostro si separano in modo che l'apice ap-
pare irregolarmente frangiato (tav. xv, fig. 2).
Gli aschi sono obovati sessili o muniti di un peduncolo brevissimo,
privi di parafisi, contenenti 8 spore disposte in doj)pia fila (tav. xv,
fig. 3). La membrana dell'asce scompare presto, mentre le spore per-
mangono tra loro unite in gruppi. Le spore sono generalmente cubiche
cogli spigoli ottusi, continue, brune e misurano 8-12 /« di diametio
(Tav. XV, flg. 4).
— 145 —
II.
Due nuovi microniiceti parassiti della Sophova japoìiUu Limi.
Essi sono la causa di due diverse malattie della Sophora japonica
che noi denominammo vaiolatura delle foglie e seccume bianco dei rami,
in una breve nota preliminare pubblicata nei Rendiconti dell'Accademia
dei Lincei '.
Vaiolatura delle foglie. — Il micete parassita causa di questa
malattia produce sulle foglie macchie lotondeggianti o circolari, piccole
all'inizio, che presto si ingrandiscono raggiungendo sino un centimetro
di diametro ( tav. xv, fig. 5 e 6). Sulla pagina fogliare superiore tali
macchie presentano un'areola centrale di color nocciola scuro, circoscritta
da una larga zona di color più chiaro, talora quasi bianchiccia (tav. xv,
fig. 5). Nella pagina inferiore invece esse sono nerastre, colore dovuto
ai numerosissimi organi di fruttificazione del fungo i quali compaiono
assai presto ricoprendo tutta la macchia su cui sono spesso disposti
come fitte striature nere e più o meno concentriche (Tav. xv, fig. 6).
All'esame microscopico queste fruttificazioni risultano costituite da
ife conidiofore fuoruscenti generalmente dagli stomi, isolate o liunite a
due, tre insieme, di rado in numero maggiore. Sono erette, bruno oli-
vacee, con parecchi setti trasversali in corrispondenza dei quali si for-
mano restringimenti o strozzature in guisa che i conidiofori appaiono
nodulosi, articolati, talvolta quasi torulosi. Misurano 40-80/1 di lun-
ghezza per 8-12 /t di larghezza e portano all'apice i conidii.
Questi, a completo sviluppo, sono ovali od ovato-globosi, largamente
arrotondati o quasi appianati all'estremità cosi da assumere talora una
forma pressoché cubica, e presentano numerose segmentazioni in vari
sensi (tav. xv, fig. 7 e 8). Hanno lo stesso colore dei conidiofori o sono
un po' più scuri e misurano 30-40 /i di lunghezza e 20-30 ,a di lar-
ghezza. Per la formazione del conidio, l'ultimo articolo (cellula apicale)
del conidioforo si ingrossa a formare una specie di vescica ovale od
ovato-rotonda e si divide dapprima in due mediante un setto trasver-
sale, poi in quattro per la formazione di un altro setto incrociantesi
perpendicolarmente col primo. Il giovane conidio continua poi ad in-
grandirsi, mentre nell'interno si opeiano numerose segmentazioni e
finisce per acquistare la forma sopra descritta che ricorda un poco una
' lì'i'iiiìiciiiifi AcT.'idemia Lincei, voi. xxi, 2" som., pajf. 2I().
~ 146 —
colonia (li Sarchia. I conidii si staccano facilmente dalle ife coiiiiliofore
e cadendo sulle foglie sane vi germinano prodncendo le areole jìatolo-
giclie caratteristiche. In corrispondenza delle maccliie il tessuto fogliare
è invaso da un micelio settato, ialino e che assume il color bi uno solo
nei conidiofori.
Pei suoi caratteri morfologici questo micromicete va ascritto al ge-
nere Mwrospon'um, ed è ben distinto da tutte le altre specie del genere,
onde costituisce una nuova specie della quale ecco la diHgnosi.
Macrospouium Sophorae n. sp. — Maenl/s rolnndatis rei circularibus,
4-10 mm. diam , avellaneis vel avellaneopallidis, centro obscuriore; coni-
diopkoris li>/poph//llis, copiosissimis, (jregarii-< ne saepius hi Ihieis subcon-
centricis dis/iosifis, rerlis, shnpìicibus, pluriseptatls, ad sepia co»strktis, no-
dulosis, (juaitdoqne subtorulosis, solitariis aut bmis rat ms teniis e stoma-
tibiis egredientibus, 40-80 t^ 8 12 ,(i, olivaceo-brunneis ; conidiis acrogenis,
concoìoribus vel obscxrioribua, plnriseplatomuriformibus, ovatis, vel ovato-
gìobosis, subsarcinaeformibiis , non aut rariter medio constrirtis 30-40 «
20-30 fi, ìevibus.
Hab. In foliis vivis Sophorae japonicae in Horto Botanico Ticinensi.
Delle numerose specie di Macrosporium finora descritte, quella clie
più si avvicina al nostro Macrosporium Sophorae è il M. Sarcinaeforme
Cavr. parassita del Trifoglio, scoperto e descritto dal Cavara sino
dal 1890 K
Questa specie è però ben distinta dalla nosti'a, oltre che per la
forma ed il colore delle macciiie, anche per la forma e le dimensioni
dei conidiofori e dei conidii.
Sbccume bianco dei rami. — li parassita causa di questa altera-
zione provoca sui rami dapprima la comi)arsa di areole livide, ellittiche,
allungate secondo l'asse del lamo, più o meno depresse, in corrispon-
denza delle quali l'epidermide diviene presto giallognola, indi biancastra
e si solleva e screpola per opera di numerosi tumoretti erompenti, di
consistenza carnoso-ceracea, di color rosso-carnicino pallido, tondeg-
gianti, oppure di forma ellittica più o meno allungata od anche lineari.
Talvolta sono confluenti e formano delle strie longitudinali lunghe per-
sino qualche centimetro. Le areole si estendono talora sino a raggiun-
' Cavaua (t., Maoroaporiuni .idrcin.vforiii.' Civr. nuovo pnrassifa dei Tri-
/"w/// (La difesa dei parassiti, 1890, n. 4, 8 pp.) ; vedi aiiohc Biiiosi e Cavaiìa, /
faii;i!ìi pTr.rxsili (Ielle pinate oltivate od utiU ecc., fase, v, a. ll'i.
- 147
^ere mia lunghezza di 5 a 15 centimetri ed una larghezza di 10 mil-
limetri. Spesso finiscono per circondare il ramo del quale invadono por-
zioni più o meno estese, ed i rami infetti presentano allora dei tratti
imbiancati e cosparsi da numei'osi tumoretti rosei, intercalali da altri
immani e verdi. Tale colorazione si mantiene, benché [liù sbiadita, anche
dopo la morte e l'essiccamento del rami) (tav. xv, fig. 9).
Nei rami giovani l'areola d' infezione si estende rapidamente inva-
dendo ben presto tutto il ramo che diventa totalmente giallognolo,
indi biancastro e si dissecca.
In sezione, all'esame microscopÌGO, le verrucchette rosee si presen-
tano cosiituite (la tubercolt-tti stromalici di ife fittamente intrecciate,
alla superficie esterna dei quali si origina l'imenio formato di basidii
o conidiofori ramificati, con lamificazioni disposte per lo più in verti-
cilli (tav. XV, tìg. 16) portanti ai loro apici dei conidii fusiformi, appun-
titi ad ambo le estremità, curvi, ialini, presentanti generalmente tre
a cinque setti e qualche volta anche sei (tav. xv, fig. 17). Misurano
40-60 II di lunghezza su 4-6 /i di larghezza.
La forma ora descritta che pei suoi caratteri va riferita al genere
Fmarium ', rappresenta lo stadio conidico, estivo .del fungo e si com-
porta da vero parassita invadendo col proprio micelio tanto il tessuto
corticale quanto il legno intei-no. La forma perfetta ascofora invece si
sviluppò nel taido autunno e nell'inverno sui rami moiti, e giunse a
maturanza nella primavera successiva.
Sui rami secchi infatti durante l'inverno, numerosi sporodochi perdono
a poco a poco il loro color roseo assumendo una tinta bruna che va facen-
dosi sempre più cupa e finiscono per acquistare un color nero-cianotico.
Ciò perchè agli sporodochi della forma conidica {Fusarium). vanno
man mano sostituendosi gli acervuli strematici della forma ascofora per
successive modificazioni dello stroma stesso dello sporodochio. Tale
processo si può seguire assai bene sui rami morti sui quali è facile
trovare degli acervuli stromalici ascofori in diversi stadi di sviluppo
entro gli sporodochi della forma conidica.
A completo sviluppo gli acervuli strematici della ferma ascofora
risultano costituiti da un ipostroma bluastro, verso la periferia esterna
del quale si trovano i periteci più o meno emergenti dallo stroma stesso
(tav. XV, fig. 10).
' Questa t'urina di Fusarium diffei'isco dal Fasariiiin. Sophovac AllescJier ti-o-
vato sopra rami secclii di ^Scp/iora Jupoiiica presso Berlino nel 1897, oltre che per
vari caratteri degli sporodochi e dei basidi, anche per le spore ohe sono molto più
grandi e presentano un maggior numero di setti.
— 148 -
Questi sono ovati od ovato-globosi e misurano 200-250 /i di dia-
metro.
Presentano, in sezione, una parete relativamente grossa pseudo-
parenchimatica di un colore bleu piìi scuro di quello dell' ipostroma
(tav. XV, fig. 11).
Alla base della cavità del peritecio si differenzia il tessuto ime-
niale dal quale sorgono gli aschi cilindracei o leggermente clavati, con
breve pedicello, lunghi 80- 100 ;</, larghi 18-20 jtt, contenenti ciascuno otto
spore disposte in due serie entro l'asco (tav. xv, fig. 12 e 13). Le spore
sono ialine, obovate od ovali-ellittiche, arrotondate alle estremità, con
tre setti e misurano 16-20 = 6-8 /t (tav. xv, fig. 14).
In base ai cai'atteri morfologici testé enumerati noi ascriviamo
questo fungo al genere Gibberella fra le Hypocreaceae, e siccome si dif-
ferenzia dalle altre, ne facciamo una nuova specie che denominiamo
Gibberella Briosiana \
Gibberella Briosiana, n. sp. — Peritlieciis rarìter binis aut paucis,
pìerumque compia rihtis, botri/ose aggregatis atque in acervulos enimpentes,
verruciformes congestis, ovatis vel ovato- gìobosis, 200-250 fi diam.. parietis
contextìi celluioso parenchymatico, atro-ci/aneo, hypostromate pseudoparen-
ehymatico, coendascente; ascis cyl^idraceis vel cyliudraceo-subclavatis, breve
pedicellafis, 80-100 - 18-20 fi ocfosporis; sporis distichis, obovatis vel elip-
soideis, triseptatis, ad sepia haud vel leniter constrictis, 16-20 * 6-8 fi hya-
linis. — Adest status conidiophonts forinam Fusarii sistens: sporodorliiis
max erumpentibus, pulvinatis, rotnndntis vel elipticis aut sublinearibus,
quaiìdoque in lineas longitiidinales, 1-2 cm. longas con/luentibns, pallide
carneis ; conidiophoris verticillatim ramosis; ronidiis acrogenis, fusoideis,
curvatis, utrinque acutatis, plenimque 3-5 rarius 6 septatis 40-60 « 4-6 /(,
hyalinis.
Hab. In ramulis Sophorae japonicae in Horto Botanico Ticinensi.
Le ascospore germinano emettendo da una o da due cellule un
budellino micelico ialino, sottile che crescendo man mano si segmenta
e si ramifica. Prima di germinare le spore talora acquistano dimensioni
maggiori, mentre aumenta anche di uno o di due il numero dei setti in
corrispondenza dei quali il restringimento si fa più pronunciato (tav. xv,
fig. 15).
' Questa nuova specie di Gibberella fu da noi nuovamente trovata nella
scorsa primavera su rami secchi di Sophora in un giardino a Cervesina, nell'Ol-
trepò pavese. Negli esemplavi ivi raccolti gli aschi e le ascospore erano un poco
più lunghe di quelli raccolti a Pavia (confr. fig. 12-13, tav. xv).
— 149 —
Durante quest'estate siamo riusciti a ripiodune aititicialmente la
malattia coli' inoculazione delie spore del parassita e col semplice con-
tatto di parti sane a parti malate sopra piante sane di Sophom japoiiica
dell'Orto Botanico di Pavia. Dopo qualche mes^e l'infezione erasi cosi
estesa ciie una gran parte dei rami, specialmente i giovani, apparivano
totalmente bianchi e secchi.
Di rimedi per combattere direttamente queste malattie, per ora non
se ne conoscono, forse potrà bastare a liberarsene un'abbondante ed
accurata potatura, raccogliendo ed asportando le parti infette che vanno
bruciate e disinfettando le ferite con una soluzione di solfato di ferro.
Il materiale ed i preparati microscopici base di queste ricerche
sono depositati presso l' Istituto Botanico di Pavia.
Dal Laboratorio Crittogamico di Pavia, agosto 1912.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XV
Fig. 1. Frammento di lembo fogliare di Castaìiea vesca con periteci di Chaeioce-
nitostoiiìa hixpiiìum. visti con lente.
» 2. Peritecio di Chaetoceratostoma hisphhtm.
« 3. Asce con ascospore a forte ingrandimento.
» 4. Ascospore isolate a forte ingrandimento viste di fronte e di fianco.
» 5. Fogliole di Sophora japonica con macchie prodotte da JSIacroxporiurn
Sophorae viste dalla pagina superiore.
» 6. Fogliola con macchie vista dalla pagina inferiore.
» 7. Conidiofori con conidio a forte ingrandimento.
» 8. Conidio isolato a forte ingrandimento.
» 9. Pezzi di rami di Sophora japonica con areole d'infezione.
» 10. Acervuli stromatici di Gibberella Briosiana in sezione, visti a piccolo
ingrandimento.
» 11. Periteci di C'ibberella Br/oa/diìd in sezione visti a forte ingrandimento.
12 e 13. Aschi con ascopore a forte ingrandimento.
' 14. Ascopoi-e isolate, a forte ingrandimento.
> 15. Ascopore germinanti, a forte ingrandimento,
■ 16. Basidio con conidii in vari stadi della forma cnnidifera fumiriinn.
» 17. Conidii di Fusarium isolati.
ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI
SULLA INFLUENZA DEL MAGNESIO
SOPRA LA FORMAZIONE DELLA CLOROFILLA'.
RICERCHE SPEEIltEN-TALI
della Doti EVA MAMELI
assistente alTlstituto lìotiinico della R. Universìlà di Pavia.
INTRODUZIONE.
Dacché il Salm-Horstmar (80; 81) dimostrò che il magnesio è un
elemento indispensabile per le fanerogame, numerosi sperimentatori lo
seguirono nello studio dell'azione di questo elemento sulle varie fun-
zioni della vita vegetale, e cercarono di scoprire qual parte esso abbia
nel chimismo cellulare, nell'assorbimento e nelle emigrazioni delle sostanze
nutritizie. Tuttavia, date le nostre incomplete cognizioni sulle metamor-
fosi, sulle combinazioni, sulle scissioni che le complesse sostanze vegetali
subiscono entro la cellula vivente, le nostre conoscenze sulla funzione
fisiologica del magnesio nella vita vegetale sono ancora assai limitate.
Fin ora esso è rimasto insostituito; uè il calcio, né il bario, né lo stion-
zio, né lo zinco, né il berillio possono prenderne il posto ed assumerne le
funzioni, come dimostrarono, sia per le fanerogame che pei' le crittogame,
Knop (40), Molisch (64), Benecke (7; 8) e Loew (57). iPer ciò che ri-
guarda le piante superiori solo il Sestini credette di aver ottenuta una
parziale sostituzione del magnesio con il berillio in culture di Tritiacm
(su sabbia), nelle quali i fratti abbonirono stentatamente. Il Benecke
però, ripetendo la sostituzione in culture acquose, ebbe risultati opposti,
trovò cioè elle il berillio ha invece un'influenza nociva. Eguale conclu-
sione trassi anch'io da culture di Triticum, di Salpigìossis e di Mimulus.
Il fatto che il magnesio si trova in notevole quantità negli apici
vegetativi e in generale nelle parti giovani delle piante in attività di
sviluppo, nelle cellule del mesofillo delle foglie, nei tubi cribrosi, nei
' Vedi nota preliminare in: Atti della Soc. Jtal. 2>er il Prai//-. d. iScà'/izt' v,
793; 1911.
Atti dell'Ut. Boi. dell'Università di Pavia — Serie II — Voi. XV. U
— 152 -
granuli pollinici (82) ecc.; che si accumula dapprima nei tessuti cir-
costanti al frutto, durante la maturazione di questo, e poi nei semi
(specialmente in quelli oleosi) (50); che la sua percentuale nelle ceneri
delle foglie aumenta coll'inveccliiare di queste (20), ma die all'appros-
simarsi dell'epoca della caduta delle foglie diminuisce (18), prova che
questo elemento partecipa nel modo più attivo alla vita della pianta,
alla scomposizione e ricomposizione dei suoi elementi, e che la sua pre-
senza è strettamente legata alle funzioni fisiologiche pivi importanti.
Numerosi Autori sono concordi nell'affermare che il magnesio ha
l'importante funzione di compiere o di facilitare l'assimilazione e il
trasporto del fosforo, che sotto forma di fosfato di magnesio facilmente
dissociabile verrebbe assorbito dalle piante (47; 50; 57). Secondo il
Loew (48) v'è una stretta relazione fra magnesio e nucleoproteidi, e
d'altra parte, da varie considerazioni ed esperienze sull'ufBcio del calcio
nelle piante, egli ricava che i corpi organizzati (nucleo cellulare, corpi
clorofilliani) devono contenere sostanze calcio-proteiche, e più precisa-
mente che essi debbono essere dei composti di calcio-nucleina e di
calcio-plastina '.
Anche il Eeed (76) ammette che vi sia un rapporto tra magnesio
ed acido fosforico, ed osserva che una piccola quantità di magnesio può
compiere una gran quantità di lavoro, poiché iiuò servire ripetutamente
da somministratrice di acido fosforico alla cellula. Ciò spiegherebbe an-
che le osservazioni di diversi Autori che piante di Phaseolus (75), di
Zea Mays, ecc., crescano fino all'altezza di nn metro col solo magnesio
contenuto nei semi.
Inoltre con recenti esperienze fa trovato che, almeno in qualche
pianta {Ori/za sativa),V acido fosforico di riserva verrebbe immagazzi-
nato sotto forma di fitina, sale magnesiaco dell'etere esafosforico del-
l'inosite, dal quale il fosforo si separerebbe per emigrare nella pianta
sotto forma di fosfato di magnesio (12). Infatti, dnrante la geimina-
zione dei semi di riso all'oscuro, contemporaneamente e proporzional-
mente alla scomposizione della fitina, si constatò un aumento del ma-
gnesio solubile in acqua, magnesio che gli Autori dimostrano essere
dovuto alla formazione di fosfato di magnesio, avvenuta per mezzo di
un processo enzimatico, idrolizzante la fitina in inosite e fosfato di
magnesio. Durante la germinazione alla luce invece — fatto assai in-
teressante ~ la quantità di magnesio solubile in acqua aumenta nei
pi'imi periodi del processo germinativo, ma con l'apparire della cloro-
filla nella piantina incomincia a diminuire.
' TI Moliseli (64) obietta d'aver riscontrato nei fanghi e in certe alghe lo
sviluppo normale del nucleo e dei cloroplasti anche in assenza di calcio.
— 153 —
Queste osservazioni, messe in rapporto con le recenti ricerche di
Wiilstiitter sulla clorofilla, permettono agli Autori di concludere che:
mentre l'acido fosforico viene mobilizzato dagli organi di riserva agli
organi nei quali esso prende parte alla sintesi delle sostanze fosforate
plastiche, il magnesio viene utilizzato (alla luce) per la costruzione della
molecola della clorofilla.
Il Loew (50) ammette che esista una relazione tra la presenza del
magnesio e quella degli olì vegetali. Egli richiamò l'attenzione sul fatto
dimostrato dalle analisi ciie i semi contenenti olio, come quelli di lino
e di cotone, contengono maggior quantità di magnesio dei semi che
contTengono amido, come i cereali. E il Reed (76) notò in culture di
Vancheria prive di magnesio, che dopo 20 giorni le cellule erano in-
teramente prive di goccie oleose, mentre quelle delle soluzioni di con-
trollo ne abbondavano.
La presenza di quantità relativamente grandi di magnesio venne
trovata dall'Aso anche nelle spore di At^pergilìus Onjzae che, come tutte
le spore fungine, accumulano la maggior parte delle loro sostanze di
riserva sotto forma di olio.
Questa relazione si collegherebbe con ciò che venne già detto ri-
guardo alla necessità del magnesio per l'assimilazione del fosforo, tanto
che la formazione dei grassi è comunemente preceduta o accompagnata
da formazione di lecitina.
Il magnesio ha inoltre un ufficio in certe catalisi, per es. nell'in-
versione del saccarosio per opera delle diastasi. Il Tribot (91) ha con-
statato che ad elevata temperatura, in tempi eguali, una diastasi con-
tenente magnesio inverte una quantità di saccarosio maggiore di quella
invertita da una diastasi pura.
Il magnesio avrebbe dunque in questo caso l'ufficio di acceleratore.
Da qualche anno, per opera dei lavori di Wiilstiitter (98) sulla
composizione chimica della clorofilla, la necessità del magnesio nella
vita delle piante ha ricevuto una nuova giustificazione.
Per quanto la presenza del magnesio, e con esso anche quella del
calcio ^78), nelle ceneri della clorofilla, fosse stata constatata già da
tempo (25; 26; 27), nessuna intima relazione si supponeva esistesse
tra questo elemento e il pigmento verde delle piante. Fu Willstatter,
che, riprendendo lo studio chimico della clorofilla e rinnovando metodi
e procedimenti, giunse alla conclusione che essa non contiene né ferro
(affermazione che prima di lui fece il Gautier) (25; 26), né fosforo \
come per molto tempo si ritenne, ma che contiene costantemente ma-
' "VVillstatter trova talvolta nella clorofilla traccie di fosforo (da 0,0108 a
0,075%) che egli però attribuisce a impurità.
— 154 —
gnesio nella proporzione dell'1,67 °j„ sul peso della clorofilla grezza.
Essa lia la formula bruta: = Cgg Hja 0. N^ Mg e fu ottenuta cristalliz-
zata (98, VI).
Il magnesio non è presente come semplice ione, bensì è legato al
complesso della molecola organica, come dimostrano le ricerche tecni-
camente accui'ate e condotte con metodo critico dall'Autore. Questi, al
controllo spettroscopico fino a poco tempo fa quasi esclusivamente usato,
e che può esser causa di errori, allorché venga applicato a sostanze
non chimicamente pure, sostituì operazioni e procedimenti di indole
esclusivamente chimica, mediante i quali arrivò a deteiminare le co-
stanti delle sostanze puie. Inoltre Willstiitter trovò vantaggioso per
la purificazione l'uso di soluziimi colloidali acquose di clorofilla, che
trasportano nei solventi organici poca o punta clorofilla, mentre cedono
una gran parte delle impurezze. Con questo mezzo egli ottiene cloro-
filla più pura e dimostra che le piciiole quantità di fosforo, sulla pre-
senza delle quali fonda lo Stoklasa la sua teoria lecitinica, sono impu-
rità che, assieme a tante altre, si separano facilmente dalle sostanze
coloranti pei' trattMuiento con etere. Naturalmente non è escluso che
qualche piiUita contenga una sostanza verde fosforata, o ciie si formi
un prodotto di addizione della clorofilla con composti fosforati, ma la
costHnza della presenza del fosforo e la sua stretta connessione con la
presenza delia clorofilla, sono recisamente escluse da Willstàtter.
Per azione degli acidi organici il magnesio si separa facilmente
dal resto della molecola; non si separa al contrario per azione degli
alcali. Dal trattamento con acidi o con alcali si ottengono diversi de-
rivati : vengono detti filine quelli ottenuti con acidi e che non con-
tengouo quindi magnesio ; fil/ine quelli ottenuti con alcali e contenenti
magnesio.
Quale l'ufficio e l'importanza di questo elemento nell'assimilazione
clorofilliana? Willstiitter esprime l'ipotesi che " l'assimilazioue dell'acido
carbonico possa essere una reazione del metallo basico magnesio, il
quale dimostra, come è noto, una grande capacità di combinazione anche
nelle molecole organiche complesse ,,. E cita, come termine di para-
gone, le note sintesi del Griguard ^
Data l'importanza che queste sintesi (ottenute dal Griguard ap-
pena una diecina d'anni fa) hanno assunto sia nel campo della chimica
organica, che, per opera di Willstiitter, in quello della fitochiinica, credo
' V. Ctiuijnard, T/ièse de Docforaf. Ann. de Gli. et de Ph. xxiv, 433 ;
Lyon, 1901. — Los combiìiaisons ori/tnìo-ìiHigiii'a/eììììes mixtes et ìa siiiif/ièsc or-
ganique. Paris, 1904.
— 155 —
utile riassumere il meccanismo della loro azione con le sostanze orga-
niche più importanti.
I composti alo^enati organici, appartenenti sia alla serie grassa
che alla serie aromatica, trattati con magnesio, in opportune condizioni,
danno dei composti " organo-magnesiaci „ nei quali il magnesio si trova
fra il radicale organico e l'alogeno: R CI -}- Mg = R Mg CI.
Esempio :
C H3 C Hj
I + Mg = t
0 H, CI C Ha Mg CI
cloruro di etile cloruro di iiia^tieaio etile
Questi composti organo-magnesiaci godono di una importante pro-
prietà ; possono cioè combinarsi a molte sostanze che contengono un
doppio legame, sia tra carbonio e carbonio, sia tra carbonio e ossi-
geno, sia tra carbonio e azoto, per dare nuovi c(imi)0sti organo-magne-
siaci; questi a loro volta, reagendo con l'acqua, sostituiscono il magnesio
e l'alogeno con l'idiogeno, trasformando il primitivo gruppo funzionale
in un altro. Si ha cosi un metodo per ottenere le più svariate sintesi,
quale ad esempio quella degli alcooli secondari dalle aldeidi:
/.O /OMgCl
C H3 Mg CI -f R . C := R . C ^ C H,
' H H
cloruro di raetilraagnesio ftldenle
/OMgCl OH ,0H
R.C CH, +HOH = R.C CH^-fMg/
\H H ^ CI
alcool secondario
degli alcooli terziari dai chetoni:
R R OMgCl
C H3 Mg CI f /C = 0 = )C (
R'/ R'/ CH3
chetone
R ,OMgCl R ,0H ,0H
_ ^^/
R'
alci
dei chetoni dai nitrili :
C( + H 0 H = )C( + M?
R'/ CH3
alcool terziario
RV 'CH3 R'/ ^CHa 'CI
/•N Mg X
R Mg X + R, C E= N = R, Cv
nitrile ^
.N Mg X R /X
Ri C( + 2 H2 0 = )C0 + NH3 +Mg(
\r ^1^ ■OH
— 156 —
degli alcooli terziari dai cloruri degli acidi, e dagli ester :
0 Mg CI
2 C H3 Mg CI + K . CO . OR' = R . C,- C H3 + R' 0 Mg CI
ester ^0 Hg
/O Mg CI OH
R . C^C H3 + H2 0 = R . C C H,, + CI Mg 0 H
C H3 C H,
alcool terziario
Si vede dunque come, per azione dei composti organo-magnesiaci,
si possa, da sostanze di costituzione chimica semplice, ottenere delle
sintesi di sostanze più complesse.
Nel campo della fisiologia vegetale, la presenza del magnesio nella
molecola della clorofilla rende plausibile l'ipotesi clie sintesi analoghe
a quelle ora indicate possano avvenire entro la cellula. E da notare
che, oltre l'acqua, un altro fattore importante dell'assimilazione cloro-
filliana, come l'anidride carbonica, ha la proprietà di agire su detti
composti organo-magnesiaci, dando luogo a nuove sintesi, come, ad esem-
pio, quella degli acidi carbossilici:
yO 0
C^ +RMgCl=R.C
0 0 Mg CI
,;0 0 /OH
R.C;; +H20 = R.C -fMg(
OMgCl OH >C1
E naturale che fra le numerose sintesi ottenute con gli organo-ma-
gnesiaci, ve ne siano parecchie interessanti dal punto di vista della fi-
tochimica; ricorderò ad esempio come dall'aldeide formica e dal suo
polimero Grignard * e Tissier ^ giunsero alla sintesi degli alcooli pri-
mari; — dall'aldeide anisica e dalla vanilina, per azione dell'ioduro di
metilmagnesio e conseguente disidratazione degli alcooli formatisi, Béhal
e Tiffenau ^ giunsero alla sintesi dell'anetolo e dell'isoeugenolo.
Si ottennero cioè in tutti questi casi sostanze la cui diffusione e
la cui importanza nei vegetali sono ben note.
Come si vede, alle varie ipotesi che hanno per base le proprietà
fisiche della clorofilla, vanno sempre più sostituendosi quelle che si
fondano sulle sue proprietà chimiche, che pur tuttavia non esclude-
ranno totalmente le prime.
' y. Guitì.NAKD, Les combina/sons organo-magnésiennes mi.etvx et la nynthèse
organiijue (Les recents prog'rès de la Chimie, 1904, pag. 145l.
« C. R. 134, 107; 1902.
» C. R. 13-2, 561; 1901.
— 157 —
Se l'esclusione del fosforo dalla costituzione chimica della cloro-
filla e l'isolamento di certi gruppi cromofori sollevarono da principio
obiezioni '■ (15; 88; 89; 94) ed accesero [ìoleuiiclie, oggidì già ciiiuse
in favore di Willstàtter, la constatazione importante delia presenza del
magnesio nella molecola clorofilliana ha trovato il generale consenti-
mento (oltre i precedenti; 19; 24; 72; 86).
Convinta che gli studi sulla fisiologia della clorofilla avrebbero
avuto un notevole impulso dalle ricerche di Willstàtter, che schiudono
un nuovo orizzonte alle interpretazioni dei processi biochimici che av-
vengono nella cellula vegetale, pensai di ottenere anzitutto la conferma
sperimentale della constatazione fatta dal chimico tedesco, coltivando
piante sia in assenza di magnesio, sia con quantità varie di esso, e
misurando opportunamente l'intensità di colorazione della clorofilla for-
matasi.
Nella letteratura trovai scarsi ed incompleti accenni in proposito:
nessun lavoro che atti'ibuisse specificamente al magnesio un'influenza
sulla colorazione degli organi assimilatori.
STOKIA.
Tralascio di citare la lunga serie di lavori riguardanti il magnesio
nei suoi rapporti con altri elementi (necessari oppur no alla vita delle
piante), rapporti che, come era da prevedersi e come risultò sperimen-
talmente da recenti ricerche, vanno considerati con molta relatività,
dato il complicato concatenamento delle azioni chimico-fisiologiche che
avvengono nella cellula vivente.
Mi limito invece a ricordare ciò che piìx direttamente interessa il
quesito che mi sono proposta, ossia ciò che fu constatato finora sulle
influenze che il magnesio esercita sia sull'aspetto e sulle funzioni dei
vari orgai'ii cellulari, sia sulle funzioni fisiologiche delle piante supe-
riori, con speciale considerazione per quelli che notarono qualche, sia
pur lieve, influenza sui corpi cloroflUiani.
Il Raumer (75) fu uno dei primi che cercò di studiare l'ufficio com-
plesso del magnesio nella vita delle piante. Le sue culture di Phaseoìus
multi/lorus, esenti di magnesio, crebbero da principio rigogliose e in
' Stoklasa sostiene la piusmiza ut-Ila clorofilla, oltre che del fosforo e del
magnesio, anche del potassio: Beifn'k/e sur Ke>ì7ìtiiìss derpliiisiologischenFunktion
des Ealis ini Ffianzenorganismua (Zcitschr. F. landw. Versuchswesen, xi, 52), 1908.
— 158 —
modo regolare fino a più di 1 metro di luiig-liezza. Ma a questo punto
l'accrescimento in lunghezza si arrestò, gli internodi diventarono piìi
corti, ma piìi grossi, legnosi e robusti. Le foglie inferiori adulte erano
interamente bianche, e avevano solo una impercettibile sfumatura verde
lungo le nervature ; tuttavia esse erano carnose e robnste quanto le foglie
normali. Le foglie superiori erano invece più verdi delle inferiori, ma più
piccole di quelle normili. Lf^ntameute avveniva la completa sparizione
dell'amido dalle estremità superiori, che man mano disseccavano.
Basandosi su questi risultati il Raumer si domanda se veramente
esiste nn legame tra magnesio e clorofilla. E dopo aver notato che l'esi-
stenza di nn tal legame non è sorprendente dopo che il Hoppe-Seyler
aveva riscontrato costantemente il magnesio nella clorofilla, si sof-
ferma sulla considerazione che la minima quantità di magnesio che è
contenuta nella piccola quantità di clorofilla non spiega il gran bisogno
che di questo elemento ha la pianta.
E conclude con l'ammettere che il magnesio avrebbe la funzione
di far precipitare sotto forma di amido lo zucchero formatosi nei clo-
roplasti per il processo fotosintetico, e quella di farlo emigrare dalle
parti verdi. Il Raumer attribuirebbe cioè, al magnesio, se non in tutto
in parte, quell'azione che oggidì si attribuisce ad alcuni fermenti, e in
casi specialissimi al magnesio stesso che li accompagna sotto forma di
impurità, precedendo cosi di 25 anni, con le sue ipotesi, i risultati delie
ricerche di Tribot (vedi pag. 153).
È noto infatti che, per l'intervento dei fermenti diastasici conte-
nuti nelle cellule vegetali, l'amido può essere trasformato in prodotti
solubili il cui termine finale è rappresentato dal glucosio '.
Questo poi, sciolto nei liquidi cellulari, può essere trasportato in
circolo nei varii organi della pianta, e in periodi speciali della vita di
questa può emigrare in organi particolari dove troverà coudizioni pro-
pizie per riacquistare forma insolubile di amido.
Secondo il Raumer " in assenza di magnesio avviene subito la for-
mazione di amido di riserva, sia esso nuovamente formato o già da
lungo tempo precipitato, e con esso si accumula il pritìio magnesio. Ap-
pena questo è in eccesso si forma la clorofilla, alla cui costituzione esso
è evidentemente necessario. Se è piccolo l'eccesso, è anche debole la
formazione di clorofilla; in conclusione, all'arrestarsi dell'eccesso di ma-
gnesio si arresta anche rinverdimento e si ha infine la completa deco-
lorazione delle foglie. Quando finalmente il magnesio non è più sufli-
' Pl'Ei'i'EU W., P/ii/swloffk vegetala, i, 514.
— 159 -
cicute per il necessario trasporto, comincia la morte dell'intera parte
povera di magnesio „.
Queste osservazioni acquistano evidentemente una grande impor-
tanza dopo le ricerche di Willstittter, tanto più perchè fatte in un tempo
in cui erano ben incerte e scarse le conoscenze sulla natura e sul chi-
mismo dei prodotti della sintesi clorofilliana. E l'autore stesso, notando
che ricerche così limitate non sono scevre dal pericolo di unilateralità,
aggiunge: "Una spiegazione fisico-chimica di questo argomento è an-
cora completamente afiìdata al futuro. Finora le pure relazioni chimiche
degli idrati di carbonio nel senso stretto sono ancora cosi oscure che
non si può pensare per ora a seguire la loro formazione e trasposi-
zione nell'organismo stesso, e tanto meno la cooperazione delle parti
costituenti le ceneri „.
Il Bokorny (14) ha constatato nelle alghe che, se vengono colti-
vate senza magnesio, i nuclei diminuiscono in grossezza e così pure i
pirenoidi dei cloroleuciti; ma quest'ultima affermazione è, secondo l'Au-
tore, dubbia. In assenza di calcio invece l'appaiato clorofilliano subisce
una riduzione manifesta. Nelle Spirogyre cioè il nastro clorofilliano dimi-
nuisce di larghezza, lunghezza e spessore; esso non riempie più il ci-
toplasma come avviene allorché l'alga cresce in soluzione completa, ma
si restringe in strette strisele che lasciano tra loro larghi vani. La for-
mazione di amido non è sempre visibile.
L'Autore si)iega quest'impicciolimento del granulo clorofilliano am-
mettendo col Loew che i cloroplasti siano costituiti da un composto di
calcio e nucleina, ciò che spiegherebbe anche il raggrinzamento del
nucleo.
Ma poiché il raggrinzamento del nastro clorofilliano si ottiene an-
che in culture esenti da potassio è opportuno obiettare, come fa il Mo-
lisch (64, che questi sintomi possono essere dovuti anche a una nutri-
zione difettosa del plasma.
II Reed (76) in culture di Spirogyra esenti da magnesio osserva
dopo cinque settimane i nastri clorofilliani disorganizzati e formanti, una
massa più o meno compatta vicino al centro di ciascuna cellula. L'Au-
tore ascrive questi sintomi alla presenza del calcio, che nella soluzione
incompleta non è compensata dalla presenza del magnesio '.
' E" da notare che il Reed fa uso di acqua ripetutamente distillata in pre-
senza di bicromato potassico e acido solforico, e prende le piii scrupolose precau-
zioni per eliminare da essa i diversi elementi inorganici. Ciò spiega forse le sue
nuove osservazioni sulla disorganizzazione dei cloroplasti in assenza di Mg, fatto
che non fu notato dagli Autori che lo precedettero in esperienze del tutto simili.
- 160 —
In qualche caso il Reed osserva che i cloroplasti si erano piegati
in modo da rompersi al centro, ciò che dava luogo a due gruppi di
cloroplasti con uno strettissimo spazio tra essi. I pirenoidi erano visi-
bilissimi e quasi allo stato normale. Non osserva il raggrinzamento dei
nuclei osservato in condizioni simili dal Bokorny: al contrario i nuclei
presentavano una stabilità insolita, e un contorno uniforme.
Evidentemente le osservazioni dei due autori sono tutt'altro che
concordanti.
Di più il Reed conclude con l'ammettere che nelle sue culture i
sali di magnesio erano necessari per l'integrità e l'attività dei cloro-
plasti.
Loew e Houda (.55), facendo culture in sabbia di Cryptomeria japonica,
Thiija obtìisa e Pinus deiisifiora, osservano che le piante cresciute senza
magnesio e quelle senza calcio avevano i germogli mal sviluppati e le
sottili foglie gialliccie. È da notare però che piante siffatte avevano ri-
cevuto rispettivamente un eccesso di calcio e un eccesso di magnesio,
quindi le condizioni normali di nutrizione eiano in entrambe alterate.
Loew e May (58), durante alcune esperienze riguardanti l'influenza
di rapporti diversi di calcio e di magnesio su piante di tabacco, notano
per incidenza che l'azione di un eccesso di magnesio nel suolo pare dia
luogo alla cessazione dell'accrescimento della pianta, e all'ispessimento
e raggrinzamento delle foglie; contemporaneamente queste assumono un
colore verde-cupo e dimostrano una tendenza ad arrotolarsi.
Anche Kumahiri (44) in piante di Ordeiim coltivate con e senza
solfato di magnesio nota nelle prime dopo 5 mesi una colorazione verde
che manca nelle seconde e in quelle piante che ricevettero un eccesso
di magnesio.
Moller (65) osservò che le foglie aghiformi dei pini che crescono
in un terreno povero di magne.sio assumono nell'ottobre una colorazione
giallo-arancio lucente all'estremità, tendente al rosso verso il mezzo
della foglia.
Basta inaiBare gli alberi con una soluzione di solfato o di cloruro
di magnesio, per ristabilire nelle foglie la colorazione verde normale K
' lu questa, come in tutte le espei-ienze c.ousimili nelle quali il sale di ma-
gnesio venne aggiunto a un suljstrato di composizione chimica assai complessa,
e talvolta ignota, talvolta nota solo in parte, i risultati, qualunque essi siano,
non vanno già interpretati come eftetto dell'unica causa; l'aggiunta del sale ma-
gnesiaco. Molte altre cause concomitanti possono far si che l'assimilazione dell'ele-
mento aggiunto avvenga nei modi più vari o non avvenga afiatto.
— 161 —
Analogamente il Sorauer (35) nota che nei cereali la mancanza
del magnesio si rende evidente dal colore verde-chiaro delle foglie, che
diventano floscie, ma non appassiscono subito: hanno anzi una certa
longevità.
Varii autori constatarono che i sali di magnesio possono esercitare
un'azione nociva sugli organi clorofilliani, ma si tratta di esperienze
compiute 0 su alghe poste in soluzioni diluite di solo solfato di ma-
gnesio (0,1 7oo); ^ f'i so'o nitrato di magnesio (0,2 "/(„,) (48), oppure su
fanerogame fatte germinare e crescere in soluzioni contenenti sempre il
solo cloruro, o solfato, o nitrato di magnesio al 0,5 7oo (3; 69), o in-
fine di casi in cui vennero somministrate dosi troppo alte di questi sali.
Micheels e De Heen (G3) sperimentarono sulla germinazione dei
semi di frumento, l'azione di soluzioni colloidali di magnesio sia da sole
che in confronto a soluzioni colloidali di stagno. Constatarono che le
prime hanno un potere favorevole ben netto e più accentuato di quello
delle seconde, e che, tra varie mescolanze di percentuali diverse delle
due soluzioni, hanno azione favorevole più spiccata quelle miscele ove il
magnesio predomina.
Nelle ricerche dei varii sperimentatori le concimazioni con magnesio
ebbero risultato ora favorevole (6; 66; 17), ora sfavorevole (73; 58; 45)
sul raccolto o sull'accrescimento delle piante, differenze che devono at-
tribuirsi alla grande variabilità della quantità di magnesio contenuta
nei terreni.
È interessante l'osservazione del signor Cochet-Cochet, che spe-
rimentò l'azione del carbonato di magnesio sulle rose, e trovò che esse
ne ebbero prolungata la vegetazione nell'autunno e ritardata la caduta
delle foglie '.
Bernardini e Siniscalchi (11) trovano che " la pianta richiede mag-
giori quantità di magnesio che di calcio durante i primi periodi del suo
sviluppo, che non in seguito „ e che " questo fatto può trovare una plau-
sibile spiegazione se si considera che la pianta nel primo periodo del
suo sviluppo è capace di prender parte con tutte le sue parti epigee
alla fotosintesi „ nella quale, secondo le recenti ricerche, il magnesio
avrebbe una particolare funzione.
' DuUettino della li. Società Toscana di Orticoltura, xx.xvii, n. 4, 1912.
162
PARTE SPERIMENTALE.
Metodo. — I semi delle piante sottoposte ad esperienza venivano
messi a germinare su bambagia o su lana di vetro inumidita con acqua
ripetutamente distillata.
Le piantine venivano poi trasportate nei recipienti contenenti, o
le soluzioni nutritizie varie, o sabbia inaffiata con esse.
Le soluzioni per ciascuna serie di culture furono:
I. H, 0 gr. 1000; Ca (NO,,)., gr. 1 ; K NO3 gr. 0,2.5 ; KH PO. gr. 0,25;
(NHJaSO^gr. 0,2.5; Fé SOjgr. 0,02. Esente da magnesio.
IL Come la precedente, con aggiunta di gr. 0,05 di Mg SO4 *
in. „ „ „ « ^ di gr. 0,15 „
lY. , „ „ „ « ài gr. 0,25 „
V. „ „ „ „ „ di gr 0,35 „
Avevo cura clie le piante di una stessa serie ricevessero eguale
quantità di luce e si trovassero in condizioni eguali di umidità per tutta
la durata dell'esperienza.
Le specie di cui mi valsi furono: tra le Crittogame:
Profococcus viridis, Spirogi/ra niajnsenla, Vauclieria sp.; tia le Fa-
nerogame: Zea Maijs, Poli/gonum Fagopijrwn, Heliaitthiis annmis, Tor-
renia Fountieri, Datura !^tramonìuiì!.
Per ogni specie ripetei cinque 0 sei volte l'intera serie di culture
a fine di ottenere una maggior sicurezza nei risultati.
Nella maggior parte delle culture, allorché le piante avevano rag-
giunto un certo grado di sviluppo, era evidente un graduale aumento
nell'intensità di colorazione delle foglie, in rapporto alla quantità del
sale di magnesio somministrata. Ma poiché era necessaria una consta-
tazione precisa e documentabile di questa osservazione, scelsi, dopo
qualche tentativo, il metodo dell'estrazione dei pigmenti colorati per
mezzo dei solventi organici, e la misurazione della loro intensità di
colorazione per mezzo di un colorimetro. Usai a tale scopo il colorimetro
Dubosq.
' Fra i sali di magnesio scelsi il solfato come quello che, a detta di vari
avxtori, è più facilmente assimilabile dalle piante. (Vedi, tra gli altri, Mayer,
Lehrbuch der AgrikuHurchemie, 1901; Loew e A.so, On different Degrees of Avai-
labìt/fg of Plant Niitì-ieìifs: uì the Bull, ofthe Coli, of Agric. Tokyo, 11, 8:35-1905).
— 163 —
Il raccolto delle piante veniva fatto nel seguente modo:
Per le alghe: facevo passare la cultura attraverso un filtro, rac-
coglievo le alghe, e ne ottenevo con esattezza il peso fresco, poi le
trattavo con una quantità d'alcool a 95" proporzionale al peso ottenuto.
Riifuardi) alle fanerogame o[)eravo come segue: Allorché le foglie ave-
vano raggiunto il massimo sviluppo ne facevo accuratamente la rac-
colta, non senza prima aver pesato le piante intere e osservati i ca-
ratteri dello sviluppo. Le foglie di ciascuna pianta, pesate con bilancia
di precisione, venivano immerse in una quantità di alcool a 95" esat-
tamente proporzionale al loro peso, e conservate all'oscuro in bottiglie
ben chiuse per alcuni giorni, trascorsi i quali separavo per filtrazione
l'estratto clorofilliano, che era in ogni caso perfettamente limpido.
Dopo ciò :
1." Esaminavo al colorimetro le serie di soluzioni cosi ottenute,
allo scopo di misurare l'intensità della loro colorazione. Per ogni serie
assumevo come soluzione " tipo „ quella ottenuta da piante cresciute in
soluzione esente da magnesio;
2." Trattavo le serie di soluzioni così ottenute con un volume
eguale di etere di petrolio e un eccesso di acqua '. Ottenevo cosi, dopo
riposo di qualche ora, la distinzione delle due soluzioni: l'una verde,
eterea, l'altra gialla, alcoolica, che, separate per mezzo di un imbuto a
rubinetto, venivano esaminate al colorimetro. Per ottenere risultati più
che fosse possibile esatti, facevo per ogni soluzione tre osservazioni al
colorimetro, variando ogni v(dta lo spessore del liquido compreso tra il
fondo del cilindro immerso e il fondo del recipiente contenente la so-
luzione. La conceutrazione C.^ della soluzione in esame sta, com'è noto,
in lapporto inverso con l'altezza h^ del liquido entro il recipiente del
colorimetro, e in rapporto diretto con la concentrazione Cj della solu-
zione tipo e con l'altezza hi della stessa, secondo la formola:
^t — ^i ^ •
Siccliè i numeri esprimenti le altezze delle colonne di liquido, che è pos-
sibile leggere in millimetri, grazie al nonio di cui il colorimetro è fornito,
risultano decrescenti col crescere della concentrazione della soluzione.
' Questo metodo fu seguito da Willstàtter per separare la cloi-ofilla cristal-
lizzata dall'estratto alcoolico di alcune piante. Mentre dopo aggiunto l'etere di
petrolio alla soluzione alcoolica, quello si colora in giallo schietto e qviesta resta
colorata in verde, aggiungendo dell'acqua (8 ce. d'acqua su 10 ce. di soluzione
alcoolica) tutta la clorofilla va nello strato etereo superiore, e restano in quello
interiore carotina e specialmente xantofilla (Annalen d. Cìieiiiie, 311, 1, 1909).
— 164 —
Risultati delle esperienze. — Le piante che crebbero in solu-
zione nutritizia o in sabbia esente da magnesio raggiunsero, come era
da prevedersi, uno sviluppo limitato, proporzionale alla quantità di so-
stanze di riserva contenute nel seme, e diedero foglie, o completamente
eziolate, o debolmente verdi.
Le piante che crebbero invece in soluzioni contenenti quantità
varie di magnesio, oltre al raggiungere (entro certi limiti) uno sviluppo
proporzionale alla quantità di magnesio somministrata, dimostrarono,
come già dissi, nel maggior numero dei casi, un'evidente intensità di
colorazione in rapporto diretto con la maggior quantità di magnesio
presente nella soluzione o nella sabbia.
È notevole, tra le specie da me sperimentate, il caso del Poly-
gonum Fagopt/riim, che crebbe rigoglioso e diede fiori e frutti anche con
piccolissime quantità di magnesio, mentre l'aumento graduale di questo
elemento si rese costantemente evidente in tutte le serie di culture con
una aetta differenza nell'intensità di colorazione delle foglie.
Eiporterò in breve i principali risultati ottenuti:
Alghe.
Anche le alghe, per le quali usai naturalmente soluzioni nutritizie
più diluite, dimostrarono, sia all'osservazione diretta, sia con l'esame
delle soluzioni clorofilliane al colorimetro, una maggiore intensità di
colorazione in rapporto alla maggiore quantità di magnesio loro som-
ministrata.
Le culture senza magnesio apparivano dopo 5-6 giorni notevol-
mente scolorite e raggiungevano infine un ben piccolo sviluppo in con-
fronto alle altre culture della serie. Osservati al microscopio ' i cloro-
plasti apparivano contratti e in molte cellule disfatti.
Dopo 13 giorni si notava in essi anche una piii debole colorazione
della clorofilla. Aggiunta a una di queste culture una soluzione nutri-
tizia contenente magnesio, si notava uu leggero aumento di intensità
nella colorazione dei cloroplasti dopo 16 giorni, mentre morfologica-
mente il loro aspetto pareva immutato. Dopo 21 giorni il migliora-
mento era sensibilissimo ; le cellule avevano ripreso il loro aspetto nor-
male e si sviluppavano intensamente. Esaminate dopo un egnal periodo
di tempo le alghe rimaste senza magnesio, si osservavano in esse im-
mutate le coudizioni di colore e d'aspetto su riportate; condizioni che
* Queste osservazioni si riferi.scono a culture di Profococcus vìridis.
— 165 —
restavano tali per lungo tempo, senza che sopravvenisse la morte degli
individui.
Vaitcheria sp. — Da ciascuna cultura vennero prelevati gr. 0,05 di
alghe, che vennero trattati con ce. 6 di alcool a 95°. Dopo un giorno,
durante il quale le soluzioni vennero tenute all'oscuro, in recipienti ben
chiusi, venne fatto l'esame al colorimetro delle soluzioni filtrate:
27 aprile-7 agosto 1911.
Cultura I
senza Mg-
Cultura II
con tenente g r. 0,025 "l^
«li Ug SOj
Cultura III
contenente gr. 0,1 "!„,
di Msr SO,
Altezza delle co-
lonne di liquido
nel colorimetro
mni. 3
» 5
» 6
nim. 2
» 3
» 3
» 5
mm. 1,8
» 2,2
» 2,6
» 4,2
Media
» 4,5
» 3,4
» 2.7
Concentrazione del-
la soluzione
C, = l
(presa come tipo)
C, = C,|i = l,32
"a
C3 = C,J' = 1,66
Spirogi/ra mnjascula, 1° giugno-28 ottobre 1911. — La cultura senza
magnesio è di un verde pallidissimo ed ha raggiunto piccolo sviluppo.
Le altre sono di un verde intenso, gradatamente crescente dalla II alla V,
visibile anche ad occhio. Lo sviluppo raggiunto è indicato dalle pesate
che seguono:
I senza Mg gr. 0,28
II con gr. 0,0275 7^0 di Mg SO4 „ 1,30
III „ „ 0,075 "1,, „ „ 1,37
IV „ „ 0,125 «/o,, „ „ 1,34
* }> n 0,175 /qo „ „ 1,45
Secondo i rispf^ttivi pesi, esse furono trattate ciascuna con ce. 23,2;
24,4; 23,9; 25,8 di alcool a 95" a fine di ottenerne l'estratto cloro-
filliano.
— 166 —
L'esame al colorimetro delle soluzioni filtrate diede:
Cultura I
senza Mg
Cultura II
contenente
gr. 0,1.275 "lo
di Mg SO,
Cultura III
contenente
gr. 0,075 »/„
di Mg SO,
Cultura IV
contenente
gr. 0,125 »;„o
di Mg SO,
Cultura V
contenente
gr. n,i-5 "U
di Mg SO.
Altezza della co-
lonna di liquido
nel colorimetro
mm. 5
8
10
mm. 2,8
» 4
» 5,3
mm. 2
3
» 4
mm. 1,8
» 2,5
» 3
mm. 1,6
» 2,3
Media
» 7,66
» 4,08
3
» 2,43
» 2,20
Concentrazione
della soluzione
C, = l
(presa
come tipo)
= 1,90
Ih
= 2,55
C, = C.| =
= 3,15
c. = c.^; =
= 3,48
Protococrus viridìs, 15 luglio — 9 novembre. — Le alglie ottenute
dalle culture I-V pesarono rispettivamente gr. 0,04; 0,33; 0,267; 0,102;
0,59 e vennero rispettivamente trattate con ce. 41,25; 33,37; 12,75;
73,75 di alcool a 95'.
L'esame delle soluzioni al colorimetro diede:
Cultura I
senza Mg
Cultura II
contenente
gr. U,0275 "U
di Mg SO,
Cultura III
contenente
gr. 0,05 0]^
di Mg SO,
Cultura IV Cultura V
contenente contenente
gr. 0,U75 "l'oo gr. i ,125 "la,
di Mg SO. di Mg SO,
Altezza della co-
lonna di liquido
nel colorimetro
mtii. 3
5
» 10
mm. 1,5
» 2,7
» 4
mm. 1,3
» 2
» 3,5
mm. 0,6
» 1
» 2
mm. 0,9
• 1,5
» 2,8
Media
6
» 2,73
» 2,26
» 1,2
» 1,73
Concentrazione
dolla soluzione
C, = l
(presa
come tipo)
C. = C.| =
= 2,19
= 2,66
= 5
= 3,46
La curva che riproduce il comportamento di questa serie di cul-
ture è rappresentata nella fig. 1 a della tavola XIV.
— 167 —
Una seconda serie formata da tre culture della stessa specie diede
per ciascuna il peso di gr. 0,061; gì', 0,281; gr. 0,454. Esse vennero
trattate rispettivamente con ce. 5; 23 e 37,21 di alcool a 90°.
L'esame delle soluzioni al colorimetro diede:
Cultura I
senza Mg:
Cultura II
contenente gr. 0,075 "Zoo
di Mg SOj
Cultura III
contenente gr. 0,125 "Zoo
di Mg SO,
Altezza della co-
lonna (li liquido
nel colorimetro
mm. 3
» 5
» 9
mm. 0,4
» 0,9
» 1,6
mm. 0,9
» 1,6
» 2,8
Media
» 5,66
» 0,9G
» 1,76
Concentrazione del-
la soluzione
C,=l
(presa come tipo)
C, =C, '/-'=5,89
Cs = C, 1 = 3,21
Come si vede la concentrazione della clorofilla aumenta in rap-
porto diretto con la quantità del magnesio, fino a un certo limite, poi
diminuisce.
Fanerogame.
Zea Mays. — Le piante cresciute in soluzione nutritizia esente da
magnesio avevano foglie di un color verde assai pallido; quelle alle quali
erano stati somministrati gr. 0,05 e gr. 0,25 "/oo di solfato di magnesio
avevano foglie normalmente verdi; quelle infine clie erano cresciute in
soluzione nutritizia contenente gr. 0,35 " o„ di solfato di magnesio ave-
vano foglie intensamente colorate in verde.
Nelle seguenti tabelle sono riportati i dati bionietrici riferentisi
allo sviluppo delle diverse piante, e alle concentrazioni delle soluzioni
alcooliclie ed eteree dei loro pigmenti.
Alti dell'Ut. Boi. HelV Università di Pavia — Serie 11 — Voi. XV.
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Cultura IV
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di Mg SO4
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Cultura III
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Cultura II
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1 luglio 1911 - Serie III
Osservazioni sullo sviluppo.
Cultura I
senza Mg
Cult ura 11
contenente
g:r.O,25°/„odiMgSO.
Cultura ni
contenente
gr.CSsrooJiMgSO,
dopo 40 giorni
dopo 40 giorni
dopo 40 giorni
Altezza delle piante cm. . . .
57
90
92
Numero delle foglie
10
12
14
Lunghezza delle radici cni. .
31
33
31
Peso della parte aerea gr. . .
11
38,3
86,5
Osservazioni al colorinaetro.
Cultura I
Cultura II
Cultura III
Altezza della
B colonna
S di liquido nel
colorimetro
S
10,00
14,66
10,00
Concentrazione
della
soluzione
Altezza della
3 00 onna
a di liquido nel
colorimetro
.5
S
3,03
4,33
2,60
Concentrazione
della
soluzione
Altezza della
a colonna
a di liquido nel
colorìmetro
.5
1,93
5,20
1,83
Concentrazione
della
soluzione
Soluzione alcoolica
totale
5
10
15
C, = l
1.4
3,0
4,7
C, =3,30
0,9
1,9
3,0
03=6,18
Soluzione alcoolica,
dopo trattamento con
etere di petrolio e
acqua
Parte f/ialla
10
15
19
C,=l
2,7
4,6
5,7
C.=3,38
3,9
5.0
6,7
C3 = 2,81
Soluzione eterea
Parte verde
5
10
15
C,=l
1,0
2.6
4,2
Cj = 3,84
0,8
1,9
2,8
03 = 5,46
Torrenia Founiieri. — Dopo circa due mesi di vegetazione le
piante cresciute in soluzione esente da magnesio erano tutte pallide: la
colorazione verde permaneva solo lungo le nervature delle foglie.
Le piante cresciute con gr. 0,05 "^'/oo ^1' Mg SOj avevano foglie
in massima parte verdi: le più giovani solo erano pallide. Le piante
cresciute con gr. 0,15 e 0,25 "j^ di Mg SO^ avevano entrambe foglie
di un verde oscuro, senza un'apparente differenza nell'intensitcà della
colorazione.
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Heliaiithus annuus. — Dopo un mese di cultuia le piante cresciute
in soluzione nutritizia esente da magnesio avevano 14 foglie, di cui
4 secche, le altre debolmente colorate in verde.
Le piante alle quali era stato somministrato il 0,05 "/^q di Mg SO^
avevano anch'esse foglie non normalmente verdi, ma tuttavia più colo-
rate delle precedenti.
Le piante infine alle quali era stato somministrato rispettivamente
il 0,15; 0,25; 0,35 " oo di Mg SO^, avevano foglie distintamente verdi,
e con intensità crescente di colorazione.
21) Luglio 1911. — Serie I (in soluzione nutritizia).
Osservazioni sullo sviluppo.
Cultura I
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Cultura II
cont.gr. 0,05 °/oo
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Cultura III
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Cultura IV
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Polygonum Fagopyrum. — Dopo un mese di cultura le foglie delle
piante cresciute in soluzione esente da magnesio sono tutte pallide,
accartocciate nel senso della lungliezza.
Le piante cresciute nelle soluzioni contenenti rispettivamente
gr. 0,05; gr. 0,15; gr. 0,25 "/oo di Mg SO^ hanno foglie la cui inten-
sità di colorazione è, anche a primo aspetto, più rilevante in quelle
che hanno ricevuto maggior quantità di magnesio, minore nelle altre.
Atti dell'Ut. Boi. dell' Univei-silà di Pavia — Serie II — Voi. XV. 16
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Datura Stramonitm. — Le culture di questa specie vennero fatte
in soluzioni nutritizie contenenti rispettivamente gr. 0; 0,15; 0,25 "/oo
di Mg SO4.
Dopo circa due mesi le foglie della soluzione priva di magnesio
erano in numero di 13 e tutte di un verde pallido; quelle della solu-
zione contenente il 0,15 "/p,, di Mg SO^ erano 9, ben sviluppate, e verdi
oscure, ma con macchie gialle; quelle infine della soluzione contenente
il 25 "Zoo di Mg SO4 erano 10, ancora più sviluppate delle precedenti
e di un verde molto scuro. Le radici erano filiformi e poco ramificate
nella prima soluzione; grosse invece e munite di parecchie radici la-
terali robuste nelle altre due.
Le soluzioni alcooliche ed eterea dei pigmenti delle foglie presen-
tavano anch'esse ad occhio una netta gradazione crescente delle inten-
sità di colore.
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Soluzione alcoolica
Soluzione alcoolica (dopo
trattamento con etere
di petrolio e acqua)
Parte gialla
Soluzione eterea
Parte verde
— 192 —
Come si vede dai precedenti specchietti, riguardanti il comiiorta-
mento rispetto al magnesio di 8 specie vegetali, vi è sempre un diretto
rapporto tra la quantità del magnesio contenuta nella soluzione nutri-
tizia e la concentrazione della soluzione clorofilliana (eterea) ottenuta
dalle parti verdi della pianta. Vi è invece costantemente rapporto in-
verso tra la stessa quantità di magnesio e l'estratto alcoolico contenente
i pigmenti gialli.
Osservazioni di anatomia.
L'assenza del magnesio o la sua somministrazione sotto percentuali
diverse impartiscono alle piante un aspetto morfologico particolare e
ai loro organi speciali caratteristiche anatomiche (23).
Nelle specie da me coltivate notai ciie l'assenza del magnesio, oltre
alla piccolissima intensità di colorazione provocava talvolta nelle foglie
la comparsa di piccole zone albicate {Zea Mai/s, Poh/gonum Fagopynim),
tal altra di orlature paonazze dovute a presenza di antocianina (Zea
Mai/s, Torrmia Fournieri, Pohjgonum Fogopì/rnm), spesso un accartoccia-
mento del lembo nel senso della lunghezza, in modo da sottrarre com-
pletamente alla luce i bordi (meno colorati) e da presentare ad essa
solo la porzione della pagina superiore circostante alla nervatura me-
diana. Nella Zea Maijs inoltre le guaine fogliari si staccavano dal fusto
e le foglie si piegavano all'ingiù.
Questi caratteri non apparivano più o andavano gradatamente scom-
parendo nella serie di culture alle quali era stato somministrato il ma-
gnesio in dose crescente. Anche le radici presentavano, nelle soluzioni
esenti da magnesio, un aspetto particolare. Esse erano notevolmente
lunghe, esilissime talvolta, filiformi, pochissimo o quasi affatto ramificate,
mentre nelle soluzioni contenenti anche una piccolissima percentuale
di solfato di magnesio (il 0,05 "/„„) si osservavano numerose radichette a
loro volta ben ramificate, carattere che aumentava di intensità col cre-
scere della percentuale di magnesio.
Quanto all'anatomia interna notai nelle varie specie le seguenti
differenze :
Torreiiia Fournieri. — Nell'asse epicotiìe delle piante cresciute senza
magnesio il parenchina corticale è assai ridotto, e cosi pure il tessuto
legnoso chiuso; è invece ben sviluppato il midollo, che è cavo. Nelle
piante cresciute in soluzione contenente il 0,25 "/oo *'• solfato di ma-
gnesio, il parenchima corticale e il tessuto legnoso sono al contrario
— 193 —
ben sviluppati, mentre è poco sviluppato il tessuto midollare. Si nota
inoltre la presenza di cordoni liberiani isolati agli angoli del fusto
quadrangolare.
I fusti delle piante cresciute in soluzioni contenenti dal 0,05
al 0,1.5 "Zoo di solfato di magnesio hanno sviluppo intermedio tra quelli
delle forme ora descritte.
Helianthus annuus. — Nelle piante cresciute senza magnesio i fasci
vascolari, ben distinti, sono rappresentati da 3-4 serie di vasi. Il cambio
forma un anello continuo di 2-3 serie di cellule. Il midollo non è molto
sviluppato. Nelle piante cresciute in presenza di magnesio invece il
sistema vascolare è rappresentato da 10-22 serie di vasi; il cambio è
molto sviluppato e cosi pure il midollo.
Polygonum Fagopyrum. — Nelle piante cresciute in assenza di
magnesio il legno secondario forma un anello continuo di 3-4 serie di
cellule; i vasi primai'i invece, per quanto distinti, sono appena iniziati.
Il cambio forma un anello continuo; il midollo è cavo e poco svilup-
pato. E notevole la presenza di un'enorme quantità di grosse druse di
ossalato di calcio che occupano buon numero delle cellule del paren-
chima corticale e del midollo.
Nelle piante cresciute in presenza di magnesio sono molto svilup-
pati il legno secondario, il legno primario e il cambio, e si nota la
presenza di gruppi di cellule fibrose. Il midollo è anch'esso molto svi-
luppato. Nel parenchima corticale è assai minore il numero delle druse
di ossalato calcico, e dal midollo esse sono quasi scomparse.
Per ciò che riguarda la struttura della radice, osservata nella re-
gione basale, più differenziata, si nota in generale che : le radici delle
piante cresciute in soluzione esente da magnesio presentano un tessuto
corticale molto sviluppato, formato da cellule irregolari, tondeggianti.
L'endoderma è per lo più poco differenziato. Il tessuto vascolare pri-
mario è invece ben sviluppato, e appena iniziato quello secondario. Le
cellule midollari, in numero di 10-13, sono ben sviluppate. Le piante
cresciute in presenza di magnesio hanno invece nella radice un tes-
suto corticale poco sviluppato, formato da cellule appiattite nel senso
radiale, un endoderma ben distinto e un tessuto vascolare molto ben
sviluppato. I fasci primari si congiungono nel mezzo, ove sono pochis-
sime cellule midollari. I raggi midollari sono numerosi e ben differenziati.
Riguardo al contenuto cellulare è notevole la differenza tra la
quantità d'amido contenuto nelle guaine amilacee, nel parenchima cor-
ticale, ecc., delle piante private di magnesio, e quella delle piante che
ne ricevettero; le prime ne sono quasi prive; le seconde ne conten-
gono molto.
— 194 —
Ricerche microchimiche. — Il miglior metodo per il riconoscimento
microchimico del magnesio è quello che si basa sulla precipitazione del
fosfato ammonico-magnesiaco. Si usa come reattivo una soluzione o di
fosfato bisodico o di fosfato sodico-ammonico al 5 %, alla quale si ag-
giunge un poco di cloruro d'ammonio o di ammoniaca. I cristalli che si
formano nell'interno delle cellule appartengono al sistema rombico ed
hanno forme caratteristiche, talvolta ben definite, prismatiche, tal'altra
irregolari, non ben definite, ad X, o a stella (scheletri cristallini) (31).
Era interessante cercare se con questo reattivo fosse possibile
ottenere una maggior localizzazione del precii)itato magnesiaco in tessuti
corofilliani confinanti con tessuti privi di clorofilla.
Provai anzitutto la bontà del reattivo, usando sezioni di radici aeree
ài Orchidee, di fusti dell' .4m<o/oc/«/a 5/p//o, di apici vegati vi dell' S/orfca
canadensis, dalle quali ottenni sempre, dopo alcune ore, dei bellissimi e
numerosi cristalli di fosfato ammonico-magnesiaco.
Scelsi poi per lo scopo suddetto le seguenti piante a foglie varie-
gate: Pandanus javanicus, Ficus sp., Acer, Tradescantia, Anthurium cri-
stallinum, Pelargonimn zonale. Tanto dalle parti verdi che da quelle
bianche tagliai numerose sezioni che sottoposi, in recipienti separati,
all'azione del reattivo. Ma i cristalli di fosfato ammonico-magnesiaco
non si formarono mai in queste specie. Notai invece che nelle parti
albicate di foglie di Ficus, Anthurium, l'elargoìiium era localizzata, at-
torno ai fasci fibro-vascolari, una gran quantità di druse di ossalato di
calcio che formava talvolta una vera guaina attorno al fascio. Nelle parti
verdi invece esse erano assai meno numerose. Questo fatto contrasta
coi dati analitici di Aso ' e Church, 2 i qnali trovarono nelle parti bian-
che di piante albicate [Quercus rubra, Armido Douax) quantità minori
di calcio che non nelle parti verdi.
Esso però concorda con l'altra osservazione da me fatta dell'ac-
cumularsi di una gran quantità di ossalato di calcio nel fusti del Po-
lygonum Fagopyrum coltivato in assenza di magnesio, accumulo che non
si notava nelle piante alle quali il magnesio era stato somministrato.
L'assenza del magnesio provocherebbe cioè la precipitazione del-
l'eccesso del calcio sotto forma di ossalato.
' K. Aso, On the difftrmt forma r,f Urne in Plaiifs (Bull, of the Coli of
Agrio. Tokio, v, 239), 1902.
' H. Church, Chemische Untersuchuìiyen iiber den Alb/iusmus dei- Pflanzen
(Gentr. Agrik., xvi, 429), 1887.
— 195
CONCLUSIONI.
I risultati delle analisi di Willstiltter sui pigmenti clorofilliani delle
piante, secondo le quali il magnesio entra (assieme al carbonio, all'a-
zoto, all'idrogeno ed all'ossigeno) nell'intima composizione della mole-
cola della clorofilla, sono di tale importanza per la fisiologia vegetale
che mi invogliarono a ottenere di esse le necessarie conferme con metodi
puramente biologici (esperienze di fisiologia, osseivazioni chimiche e
microchimiche, ecc.).
Se il magnesio è veramente parte integrante della complessa strut-
tura clorofilliana, dalla presenza o meno di questo elemento nel sub-
strato su cui vive la pianta devono dipendere le funzioni piìi impor-
tanti della vita di questa, ciie si collegano con la maggiore o minore
quantità di clorofilla formatasi.
Questa prima parte delle mie ricerche ebbe appunto per scopo di
cercare il probabile rappoito esistente tra la quantità di magnesio som-
ministi'ata alla pianta e la quantità di clorofilla contenuta negli organi
assirailatori epigei.
Vari autori constatarono che sottraendo un dato elemento (fosforo,
ferro) alle piante superiori o inferiori si ottenevano piante eziolate, e
viceversa che l'aggiunta di sali contenenti questo elemento provocava
rinverdimento ' (29; 40). Questi risultati, perfettamente logici, poiché
gli elementi sottratti o aggiunti sono fra quelli indispensabili alla vita
delle piante, non dimostrano però in nessun caso una corrispondenza
biunivoca quantitativa.
Le mie esperienze invece iianno dimostrato che non solo v'è un
rapporto qualitativo, ma anche un rapporto quantitativo tra magnesio
e clorofilla, rapporto che può anche essere indipendente da tutte le
altre funzioni e trasformazioni (chimiche e d'accrescimento) della pianta.
In alcuni casi infatti una pianta (Polygonutn Fagopi/rum, pag. 184-189)
che compi tutto il suo ciclo di sviluppo sino alla fruttificazione con
una data percentuale di magnesio, relativamente piccola, compì in egual
tempo lo stesso ciclo con percentuali maggiori, dimostrando però una
colorazione piìi intensa delle sue foglie.
I principali risultati cui giunsi sono i seguenti:
* Le piante cresciute iu soluzioni esenti da calcio, invece, hanno foglie il cui
sviluppo e il cui conteniito in clorofilla non ditJeriscono da quelli delle piante
normali. Esse possono anche assimilare, ma alla fine muoiono (Detmbr, Dos
Tpflanzenphysioloy . Praktikum, Jena, 1895).
— 196 - .
1." Piante appartenenti a diverse specie (Protococctis viridis, Spi-
rogyra majuscula, Voucher ia sp., Zea Mays, Poli/gomim Fagopijrinn^ He-
lianthìis animus, Torrenia Foìirnieri), coltivate in soluzioni esenti da
magnesio, diedero foglie completamente o appena debolmente verdi.
2.° Le stesse specie, coltivate in soluzioni contenenti quantità varie
di magnesio, svilupparono foglie la cui intensità di colorazione cresceva
col crescere della quantità di magnesio che era stata loro somministrata.
Gli estratti eterei di queste foglie, confrontati col metodo colorime-
trico, dimostrarono che tra clorofilla e magnesio v'è un rapporto di-
retto costante.
3.» È pure costante un rapporto inverso tra magnesio e pigmenti
gialli. '
Ciò dimostrerebbe che il magnesio ha nella vita delle piante una
diretta influenza sulla formazione del pigmento clorofilliano, e verrebbe
in appoggio alla constatazione fatta da Willstatter della presenza di
questo elemento nella complessa molecola delle clorofille.
Il magnesio avrebbe dunque nei vegetali due funzioni, o, se si vuole,
due gruppi di funzioni.
Nell'uno l'elemento verrebbe direttamente utilizzato sotto forma
di sale magnesiaco dell'acido fosforico, dal quale le cellule trarrebbero
il fosforo necessario ; nell' altro esso agirebbe come catalizzante. Que-
st' ultima azione si esplicherebbe, sia accelerando alcuni processi dia-
stasici (inversione del saccarosio per azione dell'invertina mista a ma-
• In un recente lavoro Montéverdé e Liubimenko (Recherches sur ì<i for-
'/iHition de la chloropTìi/lle. Bull. Acati. Imp. de St. Pétersb., avril 1912) trattano
dei rapporti quantitativi che corrono tra clorofilla, xantofìUa e carotina, e trovano
die, sia nel caso di piante artiflcialmente eziolate, sia nel caso di piante cloro-
ticlie, vi è rapporto diretto fra la prima e le altre due. La carotina segue ben
da vicino le vax-iazioui della clorofilla, la xantofilla appare invece più indipen-
dente. Gli AA. ricavano dalle loro osservazioni l'ipotesi che entrambi questi pig-
menti siano prodotti complementari che si formano durante la formazione della
clorofilla. Ma la genesi della xantofilla viene spiegata anche col supporre che essa
sia « un prodotto della trasformazione delle sostanze idrocarbonate, avente un
gruppo cromogeno di atomi, e che per sintesi, con azoto e magnesio, formi la
clorofilla ».
Questa seconda ipotesi a me pare piii probabile della prima, sia per il com-
portamento biologico della xantotilla rispetto alla clorofilla (che risulta dalle espe-
rienze stesse degli AA.), sia perchè anche i risultati da me ottenuti concordano
con essa. Infatti la constatazione da me fatta ripetutamente che coU'aumentare
della quantità di magnesio aumenta la quantità di clorofilla e diminuisce quella
dei pigmenti gialli, può spiegarsi coU'ammettere ohe la clorofilla sia andata for-
mandosi a spese della xantofilla, combinatasi col magnesio somministrato in quan-
tità gradatamente crescenti.
— 197 —
guesio), sia provocando delle sintesi nel cloroplasto, durante il processo
dell' assimilazione clorofilliana.
Le ipotesi finora emesse circa l'azione della clorofilla nell'assi-
milazione del carbonio si possono compendiare nelle seguenti: 1.° La
clorofilla è un trasfurmatore d'energia; 2.° La clorofilla è un potente
agente di sintesi. E per ciò che riguarda questa seconda ipotesi v' è
chi ammette l'intervento di una speciale diastasi e v'è chi lo esclude,
attribuendo alle sole proprietà chimiche della clorofilla il potere ridut-
tore e trasformatole.
Conosciuta ora la composizione chimica della clorofilla si arriverà
a delucidare il suo modo d'azione? Quale ufficio avrà questo composto
organo-magnesiaco nell'assimilazione clorofilliana?
Quale esso sia precisamente non è ancora possibile dire, tuttavia
si può prevedere che è da questo lato che verrà con tutta probabilità
la luce sul problema del modo d'agire della clorofilla nell'assimilazione
del carbonio.
Senza escludere di proposito le ipotesi fisiche e quelle diastasiche '
è bene notare anzitutto che la presenza del magnesio nella molecola
clorofilliana (al posto del ferro e del fosforo) è più concordante con la
natura instabile delle sostanze che ne costituiscono il pigmento e il cui
celere metabolismo ha origine dalla sua quasi istantanea impressionabilità
alla luce. Infatti, mentre il ferro e il fosforo hanno rispettivamente per
peso atomico 56 e 31, il magnesio ha peso atomico 24, ed è noto che
gli elementi meno pesanti sono i più attivi, i più energici nel metabo-
lismo, perchè entrando nelle combinazioni sviluppano maggior calore.
Oltre a queste considerazioni, che Willstàtter ha avvalorate con
le sue analisi, anche le interessanti esperienze del Horstmann (36), che
ottenne la diretta riduzione dell'acido carbonico in formaldeide in pre-
senza di magnesio metallico, provano quale influenza possa avere questo
elemento nel metabolismo della cellula vegetale e nel processo dell'as-
similazione del carbonio.
Pavia, Istituto Botanico, ottobre 1912.
1 Lo stesso Willstàtter (nota xi) trovò nelle piante clorofilliane uno speciale
enzima da lui chiamato clorofillasi ciie, per trattamento delle foglie con alcool,
provoca un'alcoolisi della clorofilla.
— 198 —
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IL Zar Kenutniss der Zusammensetzung des Chlorophylls
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III. Ueber die Einwiikung von Sauren und Alkalien auf
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IV. Ueber die gelben Begleiter des Chlorophylls (Lieb. Ann.
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V. Ueber Rhodophyllin (Lieb. Ann. Chem., 358, 205), 1907.
VI. Ueber krystallisiertes Chlorophyll (Lieb. Ann. Chem., 358
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VII. Vergleichende Untersuchung des Chlorophylls ver-
schiedener Pflanzen (Lieb. Ann. Chem., 371, 1), 1909.
VIII. Ueber den Abbau von Chlorophyll durch Alkalien
(Lieb. Ann., 371, 33), 1909.
IX. Oxydation der Ciilorophyllderivate (Lieb. Ann. Chem.,
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X. Vergleichende Untersuchungen des Chlorophylls ver-
schiedener Pflaiizen (Lieb. Ann. Chem., 378, 1), 1910.
XI. Ueber Chlorophyllase (Lieb. Ann. Chem., 57S, 18), 1910.
XII. Ueber Phytol (Lieb. Ann. Chem., 378, 73), 1910.
1
- 204 — I
WiLLSTÀTTER R., XIII. Spaltuiigen uud Bildung von Chlorophyll
(Lieb. Ann. Chem., 380, 148), 1911. l
XIV. Vergleichende Untersuchnng des Chlorophylls ver-
schiedener Pflanzen (Lieb. Ann. Chem., 380, 154), 1911.
XV. Isolieiung des Chlorophyll.s (Lieb. Ann. Chem., 380,
177), 1911.
XVI. Ueber die er.sten Umwandlungen des Chlorophylls
(Lieb. Ann. Chem., 582, 129), 1911.
100. WoLFF E., Ueppige Vegetation in wasserigen Losungen der
Nàhrstoffe (Vers.-Stat., viii, 189), 1866.
101. — Bericht ùber die 1866 nnd 1867 ausgefiihrten Vegetations-
versuche iu wasserigen Losungen (Vers.-Stat , x, 349), 1868.
205
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA
Figvira 1 a — Grafica die indica le variazioni di concentrazione delle soluzioni
clorofilliane ottenute da una serie di culture di l'rotococcus vi-
ridis, alle quali vennero somministrate quantità crescenti di
magnesio (pag. 166),
h — C. s. Serie di culture di Spirogyra majuscula (pag. 166).
» 2 e — Grafica che indica l'aumento di concentrazione delle soluzioni eteree
(di clorofilla) ottenute da una serie di culture di Zea Mays
(pag. 171).
d — Grafica cte indica la diminuzione di concentrazione delle soluzioni
alcooliche (di xantofilla e carotina) ottenute e. s. (pag. 171).
» 3 e — Come la grafica e. Serie di culture di Helianthus aniiìdis (pag. 180).
/■ — Come la grafica d. Serie di culture di Uelianthus miìiuux (pag. i80).
» 4 e .5 gr e / — Come la grafica e. Serie di culture di Poh/goìtuìii Fago-
•pyrtun (pag. 185 e 189).
/i e / — Come la gi-afica d. Serie di cultm-e di Polygonun Fagopyruin
(pag. 185 e 189).
ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
SULL'AVVIZZIMENTO DELLE PIANTE
DI
CAPSICU3I ANNUUM L.
NOTA
di L. PAVARINO e M. TURCONI.
Sulla fine del luglio 1912 V Unione Agricola Bergamasca mandava al
Laboratorio Crittogamico di Pavia diverse piante di Capsicum annìtum L.
(Pe[ierone) affette da una malattia che aveva fortemente danneggiate
estese coltivazioni negli orti di Bergamo e Treviglio.
Dette piante presentavano delle alterazioni somiglianti a quelle
osservate nel 1907 dal prof. Luigi Monteraartini S il quale descrisse una
malattia simile sotto il nome di Avvizzimento o maìaftia dei peperoni che
egli attribuì allora al Fusariuni vaninfei-tum.
Più tardi anche il dott. Noelli descrisse sotto il nome di Marciume
del Capsicum annituìn ^ una malattia del peperone i cui caratteri nel
complesso corrispondono a quelli descritti dal Montemartini.
Le piante da noi studiate erano colpite dalla stessa malattia de-
scritta dai due citati Autori.
Oltre l'avvizzimento caratteristico delle foglie (ricadenti lungo i
rami ed il fusto) e le cicatrici di corrosione sulle radici, le piante pre-
sentavano sul fusto delle macchie irregolari brune, più o meno de-
presse, che si estendevano ai rami, ai picciuoli delle foglie ed ai pe-
duncoli dei frutti, sui quali formavano delle depressioni circolari, specie
di strozzature.
' il0NTE5i.\RTisi L., L' civvizzimento o la malattia elei peperoni {Capsicum
(lìiììKìim) a Voghera (Riv. Pat. Veg., 1907, ii, pag. 257).
- Noelli A., // marciume del Capsicum annuum L. (Riv. Pat. Veg. 1910,
IV, p. 177).
Atti deìl'Ist. Boi. dell' Vnireinità di Pavia — Serie II.— Voi. XV. 18
— 208 —
Caratteri anatomo patologici. L'infezione dalle radici saliva verso
il fusto dove si rendeva manifesta con rimbrunimeuto del tessuto cam-
biale e spesso anche del legno sottostante estendendosi talvolta late-
ralmente sino ad infettare l'intera zona legnosa.
L'infezione si propagava anche ai rami, come rivelava l'ingialli-
mento e l'imbrunimento delle pareti dei vasi, e nessun organo della
pianta ne rimaneva immune.
Nelle cellule dei tessuti ammalati si trovavano numerosi microrga-
nismi mobili, isolati o riuniti in colonie.
Anche noi, come il Montemartini, abbiano rinvenuto su alcune ra-
dici un Fusarium e traccie di micelio nei tessuti, ma ciò soltanto nelle
parti di radici già morte, mentre nelle parti aeree ancora vive non
si trovava alcuna traccia del fungo. Per stabilire quale fosse la causa
della malattia, abbiamo coltivato il Fusarium sia in camera umida, sia
in diversi mezzi nutritivi, servendoci all'uopo di pezzi di radice malata
preventivamente disinfettata. Cosi facendo abbiamo ottenuto colture ri-
gogliose del fungo delle quali ci siamo serviti per tentare di ripro-
durre artificialmente la malattia. Le esperienze le abbiamo fatte adope-
rando colture pure in brodo, opportunamente diluito, colle quali abbiamo
accuratamente spruzzate ed anche iniettate delle piante sane che ave-
vamo appositamente coltivate.
I risultati di dette esperienze furono negativi come quelle degli
Autori sopra citati. '
BACILLUS CAPSICI n. sp.
Abbiamo allora rivolto le nostre ricerche al microrganismo.
Prese alcune parti di piante malate (fusto, radici, rami, picciuoli
e peduncoli), dopo esserci assicurati che nei loro tessuti non vi era
traccia di micelio, le abbiamo da prima accuratamente lavate con acqua
e sapone, indi disinfettate con soluzione al millesimo di sublimato cor-
rosivo, passandole poscia in acqua distillata e bollita e da ultimo in
alcool ed etere.
I pezzetti patologici cosi trattati furono messi in provette conte-
nenti diversi terreni nuti'itivi da noi opportunamente preparati. Da
tutti questi organi malati, seminati nei differenti mezzi nutritivi, si
ebbe sempre lo sviluppo di uno speciale microrganismo che presenta i
seguenti caratteri morfologici e colturali.
' Il NoELLi (o. c.) ha trovato micelio di Fiimrium anche in piante sane
dopo averle tenute in camera umida, ma le inoculazioni da lui l'atte con tale
micelio e con spore non hanno riprodotto la malattia.
— 209 —
Aspetto microscopico e colorabilità. Il microrganismo è un grosso
bacillo ad estremità arrotondate dello spessore di 0,8 a 1 ,11 e della
lunghezza da 1,5 fino a S [i; esso ha tendenza a riunirsi in filamenti,
nei quali peraltro rimangono sempre distinguibili gii elementi che li
formano.
Si colora bene a freddo col violetto di genziana e resiste al Grani,
quando la decolorazione non sia troppo prolungata, e si riproduce per
endospore.
Comportamento rispetto all'ossigeno ed ai terreni nutritivi. Può
vivere anaerobicamente, cioè dove l'ossigeno è scarso, ma molto meglio
si sviluppa in contatto dell'aria, onde si deve ritenere come aerobio
facoltativo. Si sviluppa bene in quasi tutti i terreni nutritivi a tempe-
ratura ambiente, ma più lapidamente a temperatura di stufa.
Colture in agar semplice. Ih 24 ore , a temperatura di stufa ,
si forma una patina piuttosto rilevata con debole lucentezza e color
grigio-biancastro.
Per infissione si sviluppa un fittone degradante con espansioni la-
terali lungo il canale d' innesto e con formazione di patina rilevata e
lucente sulla superficie libera dell'agar nel tubo di assaggio.
Colture in gelatina. Per infissione si forma una coppa vnzia'e di
fusione in l'orma di imbuto a separazione, quindi la fluidificazione pro-
gredisce rapidamente in forma cilindrica finché tutta la gelatina non si
è liquefatta. In fondo al tubo resta un abbondante sedimento filamen-
toso di un grigio biancastro.
Piastra in gelatina. A grandezza naturale, dopo 24 ore le colonie
sono già visibili sotto forma di punticini grigio-bianchicci, poco rile-
vati ed a contorno regolare.
A 50 diametri le colonie superficiali appaiono tondeggianti, poco
rilevate, con margine liscio e di un color grigio giallastro. Le colonie
profonde sono ancora tondeggianti e dalle precedenti si distinguono
unicamente perchè più piccole.
Tutte le colonie crescono rapidamente di numero e di grandezza
e dopo 24 ore incominciano a fluidificare la gelatina che in 36 ore circa
diventa completamente liquida, grigia e torbida.
Coltura in latte. A temperatura di stufa, la coagulazione è totale
dopo 24 ore, con reazione decisamente acida al tornasole.
— 210 —
Coltura in patata. A temperatura di stufa si sviluppa in 48 ore
una patina grigio -giallastra, che invecchiando imbrunisce e forma una
rete assai rilevata a maglie irregolari.
Colture in brodo Loffler. Si ha scarsità di sviluppo con leggiero
intorbidamento e formazione di un deposito scarso che diventa iìlante
agitando il tubo. La coltura con l'età diviene verde-giallastra, ed alla
superficie del liquido e sulle pareti della provetta si forma una sottile
pellicola.
Esperienze sulla patogenesi. Adoperando colture del microrga-
nismo sopra descritto, abbiamo infettato artificialmente coll'aspersione
giovani piantine di peperone appositamente coltivate, e dopo pochi
giorni la malattia si è riprodotta con tutti i caratteri .specifici àeWar-
oizzimento, dovuto all'attacco di quasi tutti i picciuoli delle foglie.
L'infezione ebbe rapido decorso fino a completo disseccamento delle
piante.
*
* *
Nel settembre dello stesso anno (1912), il Direttore della Cattedra
ambulante d'agricoltura di Tortona mandò al nostro Laboratorio delle
piante di peperone pure colpite da aovizzimento le quali presentavano
tutte le alterazioni di già riscontrate e descritte nel materiale inviato
dall'Unione Agricola Bergamasca.
La malattia aveva anzi raggiunto uno stadio più avanzato poiché
tutte le parti della pianta erano fortemente attaccate, non esclusi i
frutti, dei quali alcuni erano atrofizzati ed altri più sviluppati mostra-
vano macchie brune di forma irregolare.
Inoltre, le caratteristiche strozzature si vedevano non solo sui
picciuoli e sui peduncoli, ma altresì sui giovani rami.
A questi caratteri esterni corrispondevano le alterazioni anatomo-
patologiche dei sottoposti tessuti più o meno ingialliti ed alterati.
Sulle piante provenienti da Tortona abbiamo ripetute le nostre
ricerche. In esse trovammo ancora traccie di micelio di Fusarium, ma
soltanto ed esclusivamente in alcune parti di radici morte, traccie che
mancavano invece in tutte le altre parti della pianta, mentre erano nu-
merosi i microrganismi nei tessuti attaccati.
Con pezzetti di questi tessuti malati abbiamo rifatto, seguendo il
processo di già descritto, nuove colture.
— 211 —
Da queste siamo riasciti ad isolare un microrganismo dotato di
caratteri identici a quelli del microrganismo trovato ed isolato nelle
piante inviateci dall'Unione Agricola Bergamasca.
CONCLUDENDO:
Il Fusarium vasinfecHnn da noi pure trovato, ma soltanto su por-
zioni di radici erose e morte, non può essere la causa della malattia
A^W avvizzimento dei peperoni.
Essa invece è dovuta ad nn microrganismo da noi isolato, che non
si può confondere col Bactemmi Solanarearum Smith., come ci si può
persuadere confrontando i caratteri morfologici e culturali dei detti due
microrganismi '.
Questo che noi abbiamo ora studiato e descritto lo indichiamo col
nome di Bacillus faiìsici nuova specie.
Dal Laboratorio Crittogamico, dicembre 1912.
' Pavarino L., Sulla batferiosi del pomodoro (Atti deiristituto Botanico
dell'Università di Pavia, Serie ii, voi. xii).
213
Rassegna crittogamica dell'anno 1911, con notizie sulle ma
lattie dei meliloti, dei latini, del fieno greco, del trifoglio
giallo, ecc., dovute a parassiti vegetali. — Relazione del
l)rot'. Giovanni Briosi, direttole della II. Stazione di botanica crit-
togamica (Laboratorio crittogamico in Pavia).
Se nel 1910 i numerosi parassiti vegetali arrecarono danni gra-
vissimi alle culture delle piante da frutto e da ortaggio ed ai cereali,
non meno rattristanti si presentarono quest'anno, in parecchie località,
le condizioni dei vigneti e di molti finiteti. E ciò perchè, malgrado le
cure preventive g'eneralmente eseguite e i trattamenti continuati lungo
la stagione estiva, l'avvicendarsi delle stagioni fu tale da offrire con-
dizioni assai favorevoli jier lo sviluppo di parecchie crittogame; tanto
che si verificò in quest'anno il diffondersi di molti parassiti, che co-
munemente appaiono solo qua e là sporadicamente, e non arrecano di
solito che lievissimi danni.
Le abbondanti pioggie, le nevicate copiose e la permanenza pro-
lungata della neve, con giornate fredde e piovose, furono le caratte-
ristiche climatiche dell'inverno 1910-1911, che si protrassero sino alla
metà di aprile, almeno in molte località dell'Italia superiore. Segni un
breve periodo di siccità, al quale succedettero le attese pioggie nel
maggio e nel giugno, accompagnate, purtroppo, in quest'ultimo mese,
in parecchi luoghi da grandinate.
Ciò facilitò naturalmente il rapido diffondersi di molte malattie,
specialmente della peronospora nella vite, della Flnjiopldhora infestans
nelle patate e nei pomidori; dell'oidio pure nella vite; delle ruggini
e del carbone nei cereali: micromiceti, la maggior parte dei quali tro-
varono migliorate le condizioni di sviluppo e di vita e facilitata cosi
la loro diffusione.
Il luglio e l'agosto caldi e secchi e il bel tempo, che si protrasse
quasi dovunque anche nel settembre, diedero una breve tregua al pro-
pagarsi delle epidemie, arrestando le condizioni favorevoli per lo svi-
luppo delle crittogame, yiecialmente negli ortaggi e nelle piante da
frutta.
Tuttavia, specialmente nella nostra plaga, il raccolto dell'uva fu
inferiore per quantità a quello dell'anno precedente, causa i forti e
diffusi attacchi di peronospora anche nei grappoli. Cosi pure la rac-
colta delle pere e delle mele fu inferiore, se non per quantità, per
Atti deirUt. Bot. cìeìfUnirersilà di Paria — Serie II — Voi. XV. 19
— 21.4 —
qualità a quella degli anni scorsi e sui mercati, infatti, apparvero, du-
rante tutto l'inverno, tali frutti, in grande qnantità. completamente
deturpati dalla ticcìiioìalura {Fusidadium pirinum e F. demìrilkum).
Tra le malattie, che più si accentuarono quest'anno, vanno notate:
sugli ulivi il pnnteniolo (Phleothribus oleae) e VAnlenuaria ehieophila; nei
frutteti la ticchiolatura del melo e del pero, o hrusone, dovuta al Ftixi-
cladinm e nella vite il sigaraio {Ehynchites hetuhli), clie ebbero in di-
verse località larga diffusione.
Danni rilevanti furono altresì causati dalle amjùiUule, che forte-
mente si diiTusero in alcuni hioghi della Liguria, distruggendo intere
coltivazioni di piante da fiore, specialmente di violette, che ivi si col-
tivano su grande scala, e costituiscono nn notevole articolo di com-
mercio. Le anguillaie arrecarono gravi danni anche agli ortaggi si)ecial-
mente dei dintorni di Veglierà.
Sul mal nero della vite fu pure in quest'anno richiamata ripetu-
tamente l'attenzione del nostro Laboratorio.
Pili intensamente, che nell'anno scorso, si sviluppò e si diffuse
altresì il mal della bolla del pesco {Exoascus deformans).
In compenso infierirono meno, generalmente, la tignnola e il ros-
sore nella vite, e l'avvizzimento dei germogli nel gelso, ecc.
Nuove malattie nell'erba medica e nelle violaciocche. — Dal
Mantovano ci pervennero dei campioni di erba medica presentanti 1
sintomi di una malattia di carattere particolare, clie non poteva ascri-
versi né alla Ehizoctonia violacea {mal vinato), né ad insetti. Dall'esame
delle diverse parti delle piante attaccate emerse die tali alterazioni
erano dovute ad nna infezione bacterica, che lia inizio, dopo la falcia-
tura, nei fusti mutilati, e da essi si propaga verso il basso, seguendo
di preferenza il midollo, fino alla radice.
Questa malattia arrecò ai medicai, in diverse località del Jlanto-
vano, danni ingenti, poicliè le piante infestate da questo bactevio muo-
iono in breve tempo e l'infezione si propaga facilmente. Per buona for-
tuna pare che essa non infetti anciie il trifoglio, tuttavia è bene met-
tere in guardia gli agricoltori anche contro questo nuovo malanno. Esso
è presentemente oggetto di ulteriori studi nel nostro Laboratorio.
Un'altra malattia, che prima d'ora non aveva richiamato l'atten-
zione degli studiosi, si è manifestata, in diverse località della Riviera
ligure di Ponente, sopra le violaciocclie (llattiole), delle quali si colti-
vano campi interi per la produzione di fiori invernali, e che hanno
quindi non piccola importanza per l'agricoltura di quella regione. La
causa ne è tuttora ignota, ma su di essa si stanno facendo studi nel
nostro Laboratorio, che promettono buone resultanze.
— 215 —
Mal dell' inchiostro. — Anche in questo, come negli scorsi anni,
la morìa dei castagni, o mal dell'inchiostro (dovuta al Corìjneinn jicrin-
ciosum Briosi e Farneti), non cessò di diffondersi, allargando sempre
più i suoi danni.
Dalle nuove osservazioni compiute durante alcune ispezioni ai ca-
stagneti di Barga e del Piemonte e dallo studio del materiale amma-
lato eseguito in Laboratorio, risultò clie varie cause concomitanti pos-
sono rendere più rapido il decorso del male ed aggravarne le disastrose
conseguenze. Tali cause sono presentemente oggetto di ulteriori studi
da parte nostra, dei quali a suo tempo si renderà conto.
In precedenti rassegne noi studiammo, in altrettanti capitoli spe-
ciali, la ruggine ed il carbone dei cereali; le malattie che affettano le
pomacee; quelle che affliggono il gelso, il pioppo e quelle proprie del
riso, della canapa e delle barbabietole. Nel 1908 incominciammo ad
occuparci delle malattie delle leguminose, studiando nella Bassegna
Crittogamica del 1908 quelle dell'erba medica, nella Eassegna del 1909
quelle dei trifogli e delle veccie e nella Eassegna del 1910 quelle dei
lupini, della lupinella, della sulla e dei pioppi \
Nella presente Bassegna riassumeremo le notizie che si hanno
sulle malattie che affliggono le altre leguminose foraggiere, cercando,
come al solito, di raccogliere dai Trattati e dalle pubblicazioni tutte,
italiane e straniere, quanto sino ad ora si conosce intorno ad esse. Le
leguminose che si impiegano per foraggio sono molte (fra spontanee e
coltivate) e vanno soggette a parecchie malattie, che spesso si mani-
festano con caratteri simili tra di loro, anche quando sono dovute a
funghi parassiti appartenenti a specie diverse.
Noi per ognuna daremo i caratteri macroscopici che le distinguono,
e, per diminuire le troppe e noiose ripetizioni, rimanderemo, per pa-
recchie di esse, a quanto fu già detto nelle Eassegne crittogamiche pre-
cedenti. Riguardo ai rimedi ben poco si conosce per ciascheduna in par-
ticolare, e poco in realtà si può fare, poiché trattandosi di piante che
vengono consumate come foraggio, non si possono imbrattare con so-
stanze estranee e più o meno nocive per gli animali che se ne deb-
bono cibare. In generale si può dire, almeno per la maggior parte, che
il rimedio migliore consiste nel falciare le aree infette, non appena
l'agricoltore le avverta e prima che il parassita pigli piede e si diffonda,
e nell'asportare dal campo e distruggere le piante infette falciate.
'Vedi TìoUettiiin l'//ii-/<i/i- lìd Ministeri) (ì'.\gi-ic(jlliir(i, liKÌiis/ria <■ Voiiiiiutcìo,
Serie C, fascicoli di l'eliljiaio e maggio (ii. '2 e 5) li»10, e agosto (ii. H) l'Jll.
— 216 —
Non va anche taciuto che per parecchie di esse il danno che ca-
gionano non è in generale di molto rilievo, poiché alcuni dei parassiti
che le producono di rado raggiungono larga diffusione.
V. ' Malattie «lei moliloti, dei latiri. del fieno greco, del tri-
foglio giallo, ecc. dovute a parassiti vegetali.
A) Meliloti (Melilotiis officinalis Lani , alba Desr., italica Lain.).
Queste piante sono attaccate da crittogame e da fanerogame.
1) Peronospora [Peronospom Trifoliorum De Bary). Determina
.sulle foglie delle areole scolorate in corrispondenza delle quali notasi
sulla pagina inferiore un'efflorescenza bianchiccia data dai conidiofori
(organi fruttiferi del fungo). Vedi anche cap. I, A, a, in lìasser/va crit-
togamica del 1908.
2) Mal bianco prodotto dAÌV Eri/siphe Pohjgoni DC. Le parti col-
pite da questo parassita si presentano ricoperte d'un rivestimento
bianco, farinoso, sul quale compaiono più tardi dei minutissimi corpic-
ciuoli neri (periteci). Vedi anche cap. I, A, ci, in Bassegna crittogamica
del 1908.
Macchie su foglie e steli producono anche altri micromiceti paras-
siti, quali:
3) Ascochyta caulirola Laub., che attacca gli steli, sui quali pro-
duce macchie bianche orlate di bruno, di varia grandezza, disseminate
più tardi di piccoli corpicciuoli neri, che sono i corpi fruttiferi del fungo.
4) Stagonospora carpathica Biinnl. Si sviluppa sulle foglie, pro-
ducendo macchie bianchiccie con margine bruno scuro, rotondeggianti
od irregolari.
5) Septoria Meliloti Sacc. Su ambo le pagine delle foglie foima
delle piccole macchie biancastre, quasi circolari, con oiio un poco
rialzato.
6) Cercospora Meliloti Oud. Determina sulle foglie macchie bian-
chiccie, secche, rotonde, ovali od oblunghe, della grandezza di 2 a 4 nini.,
sulle quali poi compaiono dei piccoli puntini oscuri.
7) Cuscuta. Vive talora parassita sulle parti aeree Vepitimo {Cu-
scuta Epithymnm L.), di cui si è già parlato nelle malattie dell'erba
medica, onde si rimanda al cap. I A, m, in lìassegna rrittogamica del 1908.
' Vedi: I. Mnl(i/ti(t dcll'erlin mollica in Rassegii.a 1908; IT. Miilfiltic ih'i tri-
fti'jlì 0 ITI. Malaiìie. dulie rccc/e in K;issegna l'.Kj;); T\'. Muluttic lìd lupini, drlln
liijjinella e della salla in Rassegna 1910.
— 217 —
8) Orobaiidie. Sulle radici vive talvolta VOroòanrlie gyarilis Sm.,
(Iella quale iiarlammo nelle malattie della lupinella (vedi Gap. IV, B, 9,
iu Rassegna crittogamica del 1910; e pei rimedi, cap. I, B, e, in lìassegna
del 1908).
B) Latiri {Lathgrus sativus L.; silcester L.; prateiisis L ;
pahister L-, ecc.).
I Lat/ìì/rus vanno .soggetti alle seguenti malattie d'origine vegetale:
1) Peronospora {Peronospora Viciae De By.). Della P. Viciae si è
già fatta menzione nelle malattie delle veccie, al cap. Ili, a, in Rassegna
crittogamica del 1909.
2) Carbone. È prodotto dalla T/iecaphora Latlujyi Kiìlin., una usti-
lagiuea che si sviluppa nei semi del Lutlnjrus pratensi^, nei quali forma
nna polvere nerastra, costituita da masse di spore, che erompono al-
l'esterno coll'apertura del baccello.
3) Ruggine. È causata dall' Uromgces Pisi (Pers.) De By., un
fungo parassita del gruppo delle uredinee, che compie il suo ciclo di
vita su due diverse piante e cioè sui latiri (ed i Pisum) nelle forme
uredo e teleutosporica e sull'erba cipressina {Euphorbia cuparissias) nella
forma ecidiosporica. È quindi un'uredinea eteroica come l'f^. striatus che
causa la ruggine dell'erba medica (vedi cap. I, A, h, in Rassegna crit-
togamica del ] 908).
4) Mal bianco. E prodotto dall'attacco AeWErysiphe Poli/goni DC,
di cui si è già detto nelle malattie dell'erba medica al cap. I, A, d, della
Rassegna crittogamica del 1908 ed in quelle dei trifogli al cap. II, A, in
Rassegna del 1909.
5) Avvizzimento. Nei latiri ed in altre leguminose l'avvizzimento
è causato da specie di funghi parassiti del genere Fusarinm (Vedi
cap. IV, A^ in Rassegna crittogamica del 1910).
Macciiie diverse sulle foglie dei LcUliyrus sono prodotte anche da
altri fungini parassiti, quali:
6) Plìi/Hosticta lathìjrina Sacc, che forma su ambo le pagine della
foglia macchie irregolari di color ocraceo-pallido, con maigine rossiccio.
Si sviluppa sul Lathyrus silvesier.
7) Placosphaeria Onohnjrhidis Sacc. Produce alterazioni simili a
quelle che determina sulla lupinella (vedi cap. IV, B, 5, in Rassegna
crittogamica del 1910).
8) Ascochgta Lathjri Trail. — Si sviluppa sul Lathyrns silcester,
sulle cui foglie provoca la formazione di macchie irregolari, che si esten-
dono a quasi tutto il lembo fogliare.
— 218 —
9) Ovularia deusta (Fnck) Sacc. Foima sulle foglie, tanto del La-
thyrus pratensis che del L. siìvcstcr, inaccliie linuio nere, ciie si esten-
dono fino a tutto il lembo fogliare e nelle quali notansi dei piccoli ciuf-
fettini puntiformi, rosei.
10) Isan'opsis canìcci Oud. Dà su aml)0 le pagine fogliari delle
macchie nere lanceolate, sulle ijuali appaiono i corpi fruttiferi del fungo,
in forma di piccolissimi cespuglietti puntiformi, dapprima bianchi, poi
di color rosso carne.
11) Fusoma Feurichii Syd. Questo micromicete parassita, recen-
temente trovato dal Sydow sul Laihyrus silvcster in Sassonia, sviluii-
pasi specialmente sugli steli e sui picciuoli fogliari e più raramente
sulle foglie. Uccide le parti delia pianta che attacca, le quali presen-
tausi cosparse di piccoli cespuglietti di color rosso carne, densamente
aggregati e fra di loro confluenti.
12) Orobanche. Sulle radici del LatlnjniH vive talvolta parassita
la Oi-ohanche grariUs Sm., come sui Meliloti.
C) Fieno greco ( Trigonella Foenum-graecum L.).
Nelle parti aeree viene attaccato à&WUromyccs Trigonelìae Pat., che
vi causa l'alterazione nota col nome di i-uggine (vedi cap. I, A, //, in
lìassegiia cn'ttogamira del 19U8) e da un altro micromicete, la Cerco^pova
Traversiann Sacc, che attacca le foglie, producendo, su ambo le pagine,
macchie bruniccie, arrotondate o semi-circolari, che possono raggiun-
gere sino un centimetro di diametro; nelle radici invece viene attac-
calo dalla T/iielaria basicola Zopf, che vi determina V imhrunimento delle
radici come fu descritto pei lupini al cap. IV, .1, 11 nella lìasseyna crit-
togamica del 1910.
D) GiNESTRiNA 0 TRIFOGLIO GIALLO {Lolus comiculatus L. ;
L. uliginosus Sch.).
Va soggetta alle seguenti malattie:
Ij Cliitiidiosi 0 Escrescenze delle foglie, causata i\»\VOipidiìim
Trifola Sclirot., Vrophlyctis Trifola Magnus. (Vedi Malatlic dei trifogli,
cap. II, A, in Basscgna criltogaiiìica del 1909).
2) Peronospora {Peronospora TrifoUoriim De By., come nei Meli-
loti. Vedi sopra, cap. V, ^, 1 ; ed anche cap. I, A, b, in Basscgna critto-
gamica del 1908).
3) Ruggine causata dall' [/rowvres striatiis Schrdt,, già descritto
nelle Malattie delTerba medica al cap. I, A, b, in Basscgna crittogamica
— 219 —
del 1908; e dAWUroìiii/ces Eiipìiorbiae condcuhiti E. lordi, due specie
molto simili fra loro, che foiiiiaiio le ecidiospore v\\\Y Kupliorbia Ciipu-
n'ssias, come l' Urom. Pisi.
4) Mal bianco {Enjsiplie Polijgoui DC). Vedi cap. I, A, d, in
Bassegna crittogamica del 1908.
5) Cancro o Mal dello sclerozio, prodotto dal fungo Mitrula scìe-
rofionoii Rostr. Le piante colpite muoiono nelle parti aeree, le quali si
ricoprono di chiazze brune, poi avvizziscono ed imputridiscono, di guisa
che non rimangono infine che resti di epidermide e di fasci lìbiova-
scolari. Sulle piante morte si formano poi qua e là dei corpicciuoli tu-
berosi, solidi, neri esternamente e bianchicci all'interno, che sono i
cosi detti sclerozi. (Vedi anche cap. I, A, g, in liassegna crittogamica
del 1908).
Macchie diverse sulle foglie possono esser prodotte inoltre da:
6) Pseitdopeziza Trifola Fuck. (Vedi Cap. II, A, g, in Passegna
crittogamica del 1909).
7) Ovularia sphaeroidea Sacc, che forma delle macchie brune, per
lo più angolose, con muffa bianchiccia sulla pagina inferiore.
8) Bamularia Schulzeri Baunil., che dà macchie dapprima ocracee,
infine rossiccie e di forma indeterminata.
La ginestrina inoltre può essere pre.sa dalla Cuscuta Epithymum L.
(come i Meliloti) che ne attacca le parti aeree; e dalla Orobanclie minai-
Sutt. (Vedi cap. II, B, b, in Passegim crittogamica del 1908), che vive
a spese delle radici.
E) Vulneraria o Trifoglio delle sabbie {AìdìnjUis vulneraria L.).
Oltre che al cancro o mal dello sclerozio {Sclerofiuia Trifoliorum)
Erikss. (vedi cap. I, A, g, in liassegna del 1908) questa leguminosa fo-
raggiera va soggetta anche alle seguenti malattie:
1) Ruggine. Si ha in seguito all'attacco deUTrowyefs Anthyllidis
Schriit., che, come altre specie di Uromgccs già menzionate, forma sulle
foglie delle macchioline rotondeggianti, polverose, da jìrima di color
bruno castano (uredosori), di poi bruno-nere (teleutosori). Vedi anche
cap. I, A, b, in Eassegna crittogamica del 1908.
Macchie nelle foglie sono causate da altri fungilli, quali:
2) Cercospora radiata Fuck., che forma delle chiazze secche,
brune. È molto probabilmente la forma imperfetta, conidica della Sphae-
rella Vulnerariae Fuck., che si riscontra piii tardi sulle foglie morte e
che sarebbe lo stadio perfetto, ascoforo del fungo.
— 220 —
3) Septoria AnthijìUdis Sacc. Determina chiazze secclie, biancastre,
che invadono poco a poco l'intera foglia e sulle quali compaiono infine
piccoli corpicciiioli puntiformi neri (organi fruttiferi).
F) Serradella {Ornithopus sativus L.).
Può essere attaccata dalla lì/iizoctonia violacea Tul., cau.sa del mal
vinato (vedi T, B, a, in lìassecjna crillogamica del 1908) e dalla Ovohaitclie
minor Sutt. (vedi cap. II, B, h, in lxassc(jiiu del 1909), ambedue parassiti
delle radici.
Va inoltre soggetta al così detto avvizzimento, causato da specie
parassite del genere Fusarinm, come i Latiri di cui sopra.
G) Capragginb {Galega officinalis L.).
Oltre die dall' (//-ow/yccs Genislae-linciariae (Pers.) Fkl., clie vi de-
termina la solita ruggine, questa leguminosa può essere attaccata anche
da altri micromiceti parassiti, che producono macchie diverse sulle
foglie, quali:
1) Ramularia Galegae Sacc, clie forma in ambo le pagine fogliari
macchie quasi circolari, bianchiccie, con margine bruno.
2) Cercospora Galegae Sacc, che dà macchie di forma oblunga,
biancastre, cinte di una zona oscura.
//) Astragali (Asiragalus gli/ci/phì/lltis L.; alpinns L., ecc.).
Vanno soggetti alle seguenti malattie :
1) Ruggine. È causata dnW Uromuces Astragali Sacc. e da qualche
altra specie dello stesso genere.
2) Mal bianco. Negli Astragali è prodotto dall'attacco della Krij-
sìplie Poli/goni DC. e della Alicrosphaera Astragali (DC.) Trev.
3) Peronospora {Peronospora Trifoliornm De By). Vedi sopra nei
Meliloti A, I.
4) Septoria Astragali Desm. Bornia sulla pagina superiore delle
foglie macchie irregolari, dapprima grigiastre, poi nericcie, cosparse di
piccoli puntini neri dati dagli organi fruttiferi del fungo.
221
1) Soia {Soja Hispida Moeucli).
Sulle foglie di questa leguminosa possono svilupparsi due micro-
miceti parassiti:
1) Pfii/Uosficta sojaecola Mass., elie provoca la formazione di
macchie rotondeggianti o irregolari, angolose, clie seguono le nervature
più robuste e sono da prima di color scuro uniforme, indi bianchiccie
verso il centro, cinte da una sottile zona quasi nera.
2) Septoria sojina Thiim., che forma macchie irregolari, gial-
liccie, limitate da un margine stretto, di color porpora scuro, nelle
quali appaiono disseminati sulla pagina fogliare superiore i corpi frut-
tiferi del fungo, a guisa di piccoli puntini neri.
L) Pisello dei campi (Pisum arceìise L.).
Di malattie crittogamiche, che possano danneggiare questa legu-
minosa, è nota solo la ruggine, causata dall' Vromìjecs rhi.
Probabilmente essa sarà soggetta allattacco anche di ali ri paras-
siti, che si riscontrano sul pisello comune.
M) Coronilla varia L. e C. Emerus L.
Sulla prima si sviluppa talora la Peronospora Trifoliontm De By.
(Vedi I, A, a,ìì\ Rassegna del 1908); sulla seconda sono stati riscon-
trati i seguenti altri micromiceti:
1) Sphaerella Ariadna Sacc.
Produce sulle foglie macchie indeterminate, aride, biancastre, cinte
da orlo rosso.
2) Ascochijta Emeri Sacc, che dà macchie spesso marginali, secche,
di color bianco sporco, cinto di rosso.
3) Septoria Eineri Sacc, che determina macchie di diversa forma,
bianchiccie, aride, con margine scuro.
Possiamo citare anche le seguenti leguminose foraggere, piìi o
meno importanti dal punto di vista agrario, sui parassiti delle quali
poco si conosce:
Genere Vigna, di cui alcune specie possono venire attaccate da
qualche uredinea {Uromi/ces appendiculafus [Fevs.] Lk.; Uredo Vignae
Bres., ecc.) che causa la così detta ruggine e dalla Cercospora Vignae,
che produce sulle foglie macchie piccole rotondeggianti od irregolari,
talora confluenti, bruno-rossiccie.
— 222r—
DoUchos melanopìithalmus DC, il quale imo essere attaccato dalia
Cercoifpora Dolic/ii Eli. et Ev. e dalla .S'e/j/or/a Melanoplitltnìmi Eli. et Ev.,
che iHoducono sulle foglie niaecliie rossiccie, oppure biaiiciiiccie con
margine rosso.
Dnrijcniwn herbaceum Vili , sulle cui foglie può svilupparsi la Krij-
siphe taurica Lèv., che vi determina un'alterazione simile a quella nota
col nome di nebbia o mal biaiico (vedi Gap. I, A, a, in Bassegna del
1908); la Phaca alpina Jacq. (cece di montagna) ; il Teiiagonolobus si-
liguosus Rotli. (loto dei prati); VErvum liirsutnm L.; la Genista r/crma-
nica; VOrobus venuis L.; YO. niger L., ecc., le quali vengono attaccate
da alcune specie di Uroiiiycef: ( U. Fabac [Peis.] De By.; V. Laburni [DC]
Fuck; U. Genistac, ecc.), che vi producono la solita ruggine (vedi cap. T,
A, b, in Eassegnn del 1908).
Infine sulla Vida Ervilia Wild, (moco o cicerehielbi), %\\\V ì'Iex eu-
ropaeus L. (ginestrone), sulla Psoralea bituminosa L., sulla Hippocrepis
ramosa L non sono stati finora notati parassiti vegetali.
ELENCO DEGLI ESAMI FATTI.
Malattie della vite.
Peuonospora {Plasilìopara viticola (Berk. et Ourt.) Beri, et De Toni],
sopra tralci e foglie inviate dalla Cattedra ambulante d'agri-
coltura di Ijangliirano, e dalla Cattedr.i ambulante d'agricol-
tura di Forlì; sopra grappoli, inviati dal sig. ing. Felice Ar-
dizzone di Ferrara, dal sig. prof. Evaristo Jelmoni, direttore
della Cattedra ambulante d'agricoltura di Bobbio, dal sig. dot-
tore R. Ferrari di Canneto Pavese, dal sig. prof. F. Gabrielli,
direttore della Cattedra ambulante d'agricoltura di Sarzana;
sopra foglie e grappoli nell'Orto botanico di Pavia e negli altri
orti della città e dintorni, come pure in molte località del-
l'itltrepò pavese Esami N. 1.50
Oidio (Oidiiim Tuclceri Berk.), soiira grappoli inviati dal sig. Calvi
di Groppello Caiioli, nell'Orto botanico ed in diversi giardini
di Pavia e dintorni (S. Giuseppe, S. Lanfranco, Torretta, Cas-
sinino, ecc.) i 40
Antracnosi maculata [Gloeosporìum ampelophagum [Pass.] Sacc),
sopra tralci e grappoli inviati in diverse riprese dal sig. Calvi
di Groppello Cairoli „ 6
•—^223' —
AuREOBAsiDiuM viTis Viala et r.oyer, sopra foglie inviale dal pro-
fessore F. Bonuccelli, direttore della Cattedra ambulante di
agricolt. di Lucca, e da Groppello Cairoli (sig. G. Calvi) Esami N. 8
Cercospora viticola. (Ces.) Sacc, sopra foglie di Clinton a Grop-
pello Cairoli ed in orti dei dintorni di Pavia . . . . . „ 12
Marciume delle radici {Dematophora uecatiix Hart.), sopì a radici
di vite inviate dalla Cattedra aiiibul. d'agricolt. di Saluzzo „ 2
FiTOPTOSi {Phìjloptus Vitis Land.), sopra foglie di vite inviate dalla
Cattedra ambulante d'agricoltura di Bobbio e da Chiavari, ed
in alcuni giardini di Pavia . . .... ...... . „ 20
Rossore {Telranichus telarius L.), su foglie di vite in alcuni giar-
• dini di Pavia e dintorni „ 15
Sigaraio {lìhijnchitcs betuìeli Fabr), in grande quantità sopra viti '
a Barga (Lucca) e nei dintorni di Bagni di Lucca . . . „ 15
Mal nero (Bctcillus vitivonis Bacc), sopra viti, inviate dalla Cattedra
ambulante d'agricoltura di Voghera; in vigneti di Chiavari
(prof. G.. Arieti); a Ri (Chiavari), in vigneti del sig. Camilla;
a S. Pietro in Canne, in vigneti della signora Clelia Salviui e
del signor Emanuele Raffo ,30
Antracnosi punteggiata, sopra tralci di vite inviati dal Comizio
agrario di Este (Padova) „ 2
Scottatura, colpo di sole, in grappoli d'uva e foglie di vite inviate
dal prof. F.- Francolini, direttore della Cattedra ambulante di
agricoltura di Spoleto; dal Consorzio antifillosserico di Gala-
tina (Ijecce); da Lucca (prof. Fortunato Bonuccelli); dalle Cat-
tedre ambulanti d'agric. di Udine e di Casalmaggiore, ecc. „ 20
Colatura, sopra grappoli inviati dalla Cattedra ambulante d'agri-
coltura di Porto Maurizio (prof. F. Zannoni) e da quella di
Casalmaggiore • • „ 4
Malattie diverse. Bacteri e miceli fungini in talee; e micelio
bianco sopra barbatelle inviate dal prof. Zago, direttore della
Cattedra ambulante d'agricoltura di Piacenza; tralci con le-
sioni prodotte da grandine inviati da Chiavari (prof. G. Arieti) „ 10
Malattie indeterminate. Alterazioni delle quali non si è potuto
determinare la causa si riscontrarono sopra tralci, germogli e
foglie di vite inviate dalle Cattedie ambulanti d'agricoltura di
Chiavari, di Bobbio e di Piacenza „ 12
Totale esami N. 346
224
Malattie (lei cereali.
Ruggine del frumento [Piiccìma Riibigovera (DC. ) AVint. ], soiira
piante di frumento inviate dalla Cattedra ambulante d'agri-
coltura d'Este Esami N. 2
PucciNiA GRAMiNis Pers., sopva frumento, a S. Giuseppe, Mirabello,
Villa Campeggi ed alcune altre località del circondario di
Pavia „ 20
Ruggine del granturco {Puccinia Maydis Carr.), sopra piante di
niays in molti campi del circondario di Pavia « 15
Carbone del granturco {Ustilago Maijdis (DC.) Cda.J, su piante di
Zea Mays in campi dei dintorni di Pavia e in diverse loca-
lità della provincia «30
Segale cornuta (Claviceps purpurea Tal.), sviluppatasi sopra Secale
cereale, coltivata nell'Orto botanico di Pavia ^ l
Mal del piede [Oplu'oboìus herpotrichus (Fr.) Sacc], sopra piante di
frumento inviate dal prof. U. Beltrami, direttore della Cattedra
ambulante d'agricoltura di Genova „ 8
Septoria graminis Desm., sopra foglie di frumento da Voghera (pro-
fessore V. Gobbetti), ed in campi nel circondario di Pavia „ 10
Tripe della segala {Tìirips secalina Lindi.), sopra spiclie di fru-
mento inviate dal Consorzio agrario di Cavarzere . . . „ 1
Anguillule {Ti/lenchiis Tritici Need), sopra piantine di frumento
inviate dal prof. Pasquini, direttore della Cattedra ambulante
d'agricoltura di Poppi „ 2
Malattie diverse. Cloranzia o frondescenza, dovuta a disturbi fisio-
logici, fu riscontrata sopra piante di frumento inviate dalla
Cattedra provinciale d'agricoltura di Bologna.
Frumentone con grani anneriti fu inviato dalla Cattedra am-
bulante d'agr. di Reggio Emilia. Spaccatura dei semi in pan-
nocchie di granoturco inviale dal Comizio agrario di P'irenze „ 12
Malattie indeterminate. Dalla Cattedra ambulante d'agricoltura
di Portogruaro furono inviate delle piante di frumento, nelle
quali riscontrammo un micelio, che non ci fu possibile deter-
minare a qual specie di fungo appartenesse.
Semi di frumento invasi da micelio sterile inviati dal pro-
fessore A. Branchini di Pavia « 10
Totale esami N. Ili
225 —
nial.attie degli alberi da frutta.
Cancro del pero. La Nectrin difiasima Tul. produsse cancri in
rami di diverse piante di pero nell'Orto botanico di Pavia ed
uccise anche le piante Esami N. 8
Clasterosporium cARPOPHiLDM (Lév.) Adii , sopra foglie e rametti
di pesco inviati dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Ra-
venna, da Porto Maurizio (prof. I. Zannoni), dalla R. Scuola di
pomologia di Firenze, da Groppello Cairoli (sig. Calvi) e nel-
l'Orto botanico ed in giardini privati di Pavia e circondario „ 2.5
lioLLA DEL PESCO [Exoascus (ìeformans (Berli.) Fuck.], attaccò forte-
mente piante di pesco in poderi del cav. Giovanni Marengo,
del cav. Niccolò Rocca ecc. di Loano; a Barga (Lucca); vi fu
pure abbondante invasione in orti e giardini di Pavia e di varie
località della provincia « 65
Boz^ZAccHiONi 0 LEBBRA DEL PRUNO (Exoascus Pruììi Fuk.), sopra su-
sine inviate dal prof. Malandrà, direttore della Cattedra am-
bulante d'agricoltura di Lendinara „ 1
TfCCHioLATURA DEL PERO {Venturia pirina Adii.), sopra peri da Grop-
pello Cairoli (sig. G. Calvi) ed in orti di Pavia e dintorni „ 20
TiccHinLATTRA DEL MELO (Veìituiia iìiaequalìs Adii.), sopra meli da
diversi orti della provincia di Pavia „ 15
Gloeosporium intermedium Sacc, sopra rami di limone inviati dal
Consorzio agrario di Genova e nell'Orto botanico di Pavia „ 10
Penicillicji digitatum (Fr.) Sacc, sopra frutti di limone da Genova
(Consorzio agrario) „ 2
Cycloconium oleaginuji Cast., sopra foglie di olivo da Genova (pro-
fessore U. Beltrami, direttore della Cattedra ambulante d'agri-
coltura) ,, 2
Cercospora cladosporioides Sacc, sopra foglie d'olivo (idem) . „ 2
Strojiatinlv Cydoniae Schell., sopia foglie e frutticini di cotogno,
inviati dal prof. Frizzati, direttore della Cattedra ambulante
d'agricoltura di Rimini ed in alcuni orti di Pavia . . . „ 12
Fdmaggine del fico {Capnodium Footii Berk.), sopra foglie di lieo,
inviate dalla Cattedra ambulante provinciale di Udine . . „ 2
Fcmaggine dell'olivo {Antcnnaria elaeophila Mont), sviluppatasi su
larga scala sopra alberi gigantesclii e secolari di olivo, in
boschi troppo fitti, nei dintorni di Taggia. Tale attacco sembra
pili intenso lungo la strada. Assai diffusa fu trovata anche in
Toscana ,25
— •226 —
Marciu.me nero delle frutta (Sderofìnid cinrrea Schroet.), sopra
mele inviate dal prof. Alberto Oliva, direttore della Cattedra
ambulante d'agricoltura di Borgotard (Parma) ; sopra susine
nell'Orto botanico di Pavia, ecc Esami N. 8
OiDiuM FARiNosDM Cke., sopra foglie di melo inviate dal.dott. Osvaldo '
Orsi da S. Michele (Trentino) „ 2
PfiYLLOSTicTA FtJscozoNATA Tliiìm , SU foglie di Lampone inviate dalla
Cattedra provinciale d'agricoltura di ?)Ologna ., 1
PoLYSTiGMA RUBRDM (Pers.) DC, SU foglie di Prunus da Cliiomonte
(Val di Susa) . ^ 3
PnyLLOSTicTA Mali Prill et Delacr., su foglie di pero da Sahizzo
(Cattedra ambulante d'agricoltura) e da Groppello Cairoli (si-
gnor Calvi) „ G
PiiYLLOsTicTA Persicae Sacc, sopra foglie di pesco da Groppello
Cairoli (sig. Calvi) , 4
Phyllosticta prunicola (Opiz.) Sacc, sopra foglie di Prunus (idem) „ 3
Phyllosticta PIRINA Sacc, sopra foglie di pero (idem) . . . . „ 3
Phyllactinia sdffulta (Reb.) Sacc, sopra foglie di Corijlus a rei-
lana (idem) „ 4
Nebbia del noce (Marsonia luglandis Sacc), su foglie di noco da
Cliiomonte (Val di Susa), da Mirabelle, Cassinino ed altre lo-
calità del circondario di Pavia ^20
Annerimento del noce {Pseudomonas JuglancUs Pierr.), sopra noci
tuttora col mallo, inviale da Mantova (avv. Tullio Portioli) „ 2
Fitoptosi del pero (Plii/topfus pili Land.), su foglie di pero da Cliio-
monte (Val di Susa), da Groppello Cairoli (sig. Calvi), nell'Orto
botanico ed in alcuni giardini privati di Pavia . . . . „ 20
Fleotripide 0 Pontercolo dell'olivo ( Phlocotribns Oleae Fab.), lia
fortemente attaccato gli olivi nei dintorni di Taggia ed in altre
località della provincia di Porto Maurizio, come pure a P.ois-
sano, sopra Loano (Genova) ,30
Mytilaspis citricola Pack., sopra foglie di arancio inviate dalla di-
rezione del giornale L'Italia agricola di Piacenza. . . . „ 1
Afide lanigero {Schizoneura lanigera Hans.), sopra tronchi e lami
di melo inviati dalla Cattedra ambulante d'agric di S. Vito
al Taglianiento, sopra meli fortemente attaccati a Zerbolù
(Pavia) ed in orti di Pavia e dintorni „ 20
Malattie diverse. Aranci, mandarini e limoni fortemente colpiti
da fumaggine e da cocciniglie nella Riviera di ponente (Sa-
vona, Loano, ecc.) „ 10
Rametti di mandorlo, trovati affetti da gommosi, furono in-
— 227 —
viati dal prof. Ilario' Zannoiii, direttore della Cattedra ambu-
lante d'agricoltura di Porto Maurizio Esami N. 2
Dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Ravenna si ebbero
delle foglie di pesco, la cui caduta fu attribuita all'azione del
freddo e della pioggia (cause fisiologiche) „ 6
Il prof. E. Voglino, direttore della Cattedra ambulante di
agricoltura di Alessandria, inviò grossi tumori trovati al pe-
dale di piante di peio (neoplasia d'indole parassitaria dovuta
a bacteri) „ 2
Il Comizio agrario di Firenze mandò dei frutti d'olivo, clie
furono trovati affetti da seccume „ 6
Totale esami N. 344
Malattie delle piante da foragjjio.
Mal bianco {Enjsiphe Polijgoni DC), sopra piante di sulla inviate
dal sig. Micliele Riccardi dall'Isola Gallinara (Albenga) Esami N. 3
Cercospora ARiJiiNENsis Cav., sopra foglie di sulla spedite da Ri-
mini (prof. P. Frizzati, direttore della Cattedra ambulante di
agricoltura) e da Spoleto (prof. F. Francolini, direttore della
Cattedra ambulante d'agricoltura) 10
Pseddopeziza Medicagikis (Lib.) Sacc, sopra Medicago safivn nel-
l'Orto botanico ed in diversi medicai del circondario di Pavia „ 1.5
AscocuYTA Medicaginis Bres., sopra erba medica da Chiomonte (Val
di Susa) „ 2
Gloeosporium cauuvorum Kirchner, sopra trifoglio inviato da Mi-
lano (Corriere del villaggio); da Alessandria (prof. E. Voglino,
direttore della Cattedra ambulante d'agricoltuia), ecc. . . „ 8
Anthostomella Sdllae Montemartini, sopra piante di sulla da Spo-
leto (prof. F. Francolini) , 4
VA.iOLATnRA del TRIFOGLIO [Pseudopeziza Trifola (Biy. Bern.) Fkl.J,
sopra piante di trifoglio da Alessandria (prof. E. Voglino) e in
diverse località delle Provincie di Pavia e Milano . . . ,, 16
Ruggine del trifoglio \Uromgces Trifola (Pers.) De By.), forma
ecidio ed uredospurica sopra trifoglio a Montìi Beccaria ed in
alcuni prati dei dintorni di Pavia „ 10
Ruggine dell'erba medica [Uromgces Striatus Scliriit.), sopra erba
medica in prati dei comuni di Mirabello, S. Genesio e qual-
che altra località del circondario di Pavia « 14
— 228 —
Mal vinato dell'erba medica {Rhizoctonia violacea Tul.), segnalata
a Reggio Emilia, donde richiese consigli la Cattedra ambu-
lante d'agricoltura, e in piante inviate da quella di Mantova,
come pure in alcuni medicai nell'Oltrepò pavese . Esami N. 15
Scabbia delle foglie [Phìjllacliora Trifola {Feis.) Fuck.], sopra tri-
foglio in prati a S. Giuseppe, Torretta, S. Lanfranco ed altre
località dei dintorni di Pavia „ 12
Pleosphaeruliha Briosiana Polhicci, sopra foglie di erba medica
inviate dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Mantova, e
dal prof. Vittorio Racali, direttore di quella di Siena • . ,. 6
Cuscuta, sopra trifoglio ad Albuzzano dove ha invaso parecchi prati,
e sopra erba medica in diversi medicai dell'Oltrepò pavese „ 10
Anguillule {Tijlenchus vaslatrix), in radici di erba medica inviate da
Mantova „ 5
Malattie diverse. Piante di erba medica con alterazioni causate
da bacteri, furono inviate dalla Cattedra ambulante d'agricol-
tura di Mantova „ 6
Malattie indeterminate. La Società Italiana Fonderie di Sampier-
darena inviò delle piante di erba medica, con alterazioni di
cui non si è potuto in nessun modo determinare la causa; come
pure non ci fu possibile determinare del micelio e dei bacteri,
che si riscontrarono in radici di trifoglio inviate dalla Cattedra
ambulante d'agricoltura di Siena „ 10
Totale e.sanii N. 147
Malattie delle piante da ortaggio.
Peronospora del pomodoro [Phytoplithova iìifeslans (Mont.) De By.],
su piante di pomidoro da Groppello Cairoli (sig. Calvi), ed in
diverse ortaglie del circondario di Pavia . . . Esami N. 14
Ruggine della barbabietola (f/ro?H?/ces Be/ae Tul.), in ortaglie del-
l'ammiraglio Angelo Biancheri di Loano „ 4
Ruggine delle fave [Urom//res Fuhae (Pers.) De B}'.], sopra piante
di fava a Montù Beccaria „ 2
Ruggine dei piselli {IJroìnijces Pisi De By.), sopra piante di pisello
a Groppello Cairoli (sig. Calvi) „ 2
Mal bianco {Erysiphe Pobigoni DC), su foglie di pisello (idem) „ 2
Mal dello sclerozio {SderoHum cep/vurum Berk.), sopra cipolle e
aglio da Voghera (prof. V. Gobbetti, direttore della Cattedra
ambulante d'agricoltura) „ 4
— 229 —
Peronospora. ScHLEiDENi Uiig., sopra piante di cipolle da Voghera
(idem) Esami N. 3
Macrosporium parasiticum Tiiiim , sopra piante di cipolle da Vo-
ghera (idem) „ 2
Mal vinato [Rhizoctonia violacea Tal.\ sopra radici di asparago da
Beigamo (Cattedra ambulante d'agricoltura) „ 4
FusARiOM Lycopersici Sacc, Cladosporidm fulvum Cke. e Alter-
narla sp., sopra fiori e giovani frutti di pomidoro, determinanti
seccume e colatura, a Stradella (prof. V. Gobbetti) . . . „ 10
Alternaria Solani Sor., sopra foglie di pomidoro, da Groppello
Cairoli (sig. Calvi) e sopra patate in orti di Pavia . . . „ 6
Antracxosi dei fagioli {CoUetotrichutn Liìidemuthiannìn Br. et Cavr.),
sopra frutti di fagioli in diversi orti dei dintorni di Pavia „ 15
Cercospora beticola Sacc, sopra bietole da Groppello Cairoli, ed
in orti dei dintorni di Pavia ,,1*'
Septoria Petroselini var. Ani Briosi et Cavara, sopra sedano da
Groppello Caiioli (sig. Calvi) „ 2
Phyllosticta phaseolina Sacc, su foglie di fagiolo (idem) . • „ ."5
Gloeosporium lagenarium (Pass.) Sacc. et Ronm., sopra poponi a
Groppello Cairoli e nell'Orto botanico di Pavia ....,, 10
CoLLETOTRicHnji OLIGOCHAETUM Cavr., sopra piante di poponi e coco-
meri nell'Orto botanico ed iu alcune cocomeraie dei dintorni
di Pavia „ 15
Sphaerella citrullina Grossenb., su piante di popone da Groppello
Cairoli, e sopra piante di cocomero nell'Orto bot. di Pavia „ 8
Pdccinia Asparagi DC, forte infezione in asparagaie a Groppello
Cairoli (sig. Calvi) „ 4
Zopfia RHizopHiLA Eabh., sopra radici d'asparago (idem) . . . „ (i
Alternaria Bras-sigae (Berk.) Sacc, sopra cavoli in orli di Pavia
e dintorni „ 10
Ernia dei cavoli {Plasmodiophora Brassicae Wor.), in radici di ca-
voli (idem) n 20
Avvizzimento DEI cooomeri {Fasariiim niveiim Es. Smith.), iu piantine
di cocomero da Zinasco (prof. A. Branchini) e in piantine di
melone da Groppello Cairoli (sig. G. Calvi). Questo Fusarimn
si è sviluppato fortemente anclie in diverse cocomeraie della
provincia di Pavia „ 20
lUcTERiosi in piantine di pomidoro inviate dalla Cattedra ambu-
lante d'agricoltura di Parma „ 4
Bacillu.s cEPivoRns Delacr., in cipolle inviate dal prof. V. Gob-
betti della Cattedra ambulante d'agiicoltura di Voghera . „ 2
Alt; rleirlsl. lìol. rlr/ITiiirerxilii di Parili — Serie lì.— Voi. XV. 20
— 230 —
Anguillule [Tylenchus vastatrix Kiiliii), soi)ra piante di fava da
Bologna (Cattedra ambulante d'agricoltura) . . . Esami N. 4
Ceutoriiyncus suLuii'oi.Lis Gyll., sopra cavoli da Cuneo (prof. C. Re-
niondino) ed in diversi oiti dei dintorni di Pavia (Torretta,
San Paolo, ecc.) „ 1"
Malattie diverse. Lesioni dovute ad in.setti, in fusti di peperoni
inviati da Milano (sig. G. Marchese) „ 1
Totale esami N. 197
Malattie delle piante oriiameiitali e da fiori.
Spumaria alba (Bull.) DC, so])ra rami di St/ringa vulgarìs, inviati
dal prof. Umberto Rosati, direttore della R. scuola pratica di
agricoltura di Todi (Perugia) Esami N. a
AscociiYTA Syuingau Bres., sopra foglie di Siiriiiga vulgaris da Zer-
bolò (Pavidi) „ 2
Phyllosticta Syrinoae AVest., sopra foglie di Sijringa nell'Orto bo-
tanico di Pavia „ 4
Ruggine delle rose [Pliragmidium subrortic/um ( Sclirank) Wint.),
su foglie di rosa da Cliiomonte (Val di Siisa) e nell'Orto bo-
tanico ed in giardini privati di Pavia «IO
RuGfiiNE DEL GAROFANO [ U/'Oììn/ces rarijophyllinus (Sclirank) Schroet.],
su piante di garofano, in coltivazioni forzate invernali, di pro-
prietà del sig. G. B. Cipollina, floiicultore di Taggia; e sopra
foglie di garofano inviate da Rimini (prof. P. Frizzati). . „ lU
AscHocHYTA DiANTHi (.\lb. et Scliw.) Berlc, su foglie di garofano da
Taarria '>
.^"o»d"* " -
Macrosportum sp. (idem) „ 1
Macrosporidm violae Pollacci, Ramularla lactea (Desm.) Sacc,
PiiYLLosTicTA VioLAE Desui., sopra piante di Viola semplice e
doppia di Panna e di Udine, in poderi del sig. Gio. Batta Mar-
tini, nei dintorni di Taggia e nell'Orto botanico di Pavia ,, 20
Mal bianco [Sphaerotheca pannosa (Wallr) Lèv.], sopra piante di rosa
a Taggia, in poderi del sig. G. B. Cipollina, e nell'Orto bota-
nico di Pavia ed in giardini privati della città e dintorni „ 15
BoTRYTS vulgaris Fr., sopra foglie di geranio da Riniini (prof. P.
Frizzati) e su piante di mughetto nell'Orto botanico di Pavia „ 8
Rtggine della peonia (Croìiarfium /laccidum Wint.), sopra foglie
di peonia nell'Orto botanico di Pavia „ 2
— 231 —
Cladosporium Paeoniae (idem) Esami N. 2
CvuNDROSPORiUM PoLLACcii Turcoiii, sopi'a foglie (li llex furcafa e
(li llex aquifoiinm (idem) „ 6
OiDiUM EvoNYMi JAPONioi (Arcaiig.) Sacc, su foglie di Evoìii/ìiihs ja-
poniciis nei dintoi ai di Pavia (S. Giuseppe, S. Lanfranco) e nel-
l'Orto botanico , 8
Septoria Evokymi Rabli, sopra foglie di Evoinmiis a S. Giuseppe e
nell'Orto botanico di Pavia „ 4
Puf^ciNiA Buxi DC, sopra foglie di Biixus sempervireìis da Ciiio-
monte (Val di Susa) ed a S. Giuseppe (Pavia) . . . . „ 3
Macrosporitjm Cheiranthi (Lib.) Fr., sopra violaciocche a Loano
(poderi dell'aniiiiiraglio Ijianclieri) e nell'Orto bot. di Pavia „ 10
Cercospora Resedaf. Fuck., sopra piante di Besedu odorata nel-
l'Orto botanico di Pavia ed in alcuni giardini della jcittà e
dintorni ' i, 1 1
E'umaggine {Capiiodium saìicimtm Mat.), sopra foglie di gardenia, in-
viate dal prof. Paolo Frizzati, direttore della cattedra ambu-
lante d'agricoltura di Rimini, e sopra foglie di Rosa inviate
dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Udine . . . . „ 6
Meliola Camelliae (Catt.) Sacc, sopra foglie di camelia nell'Orto
botanico di Pavia „ 2
Pestalozzia Gdepini Uesm.. sopra foglie di camelia (idem) . . „ 2
Sphaerelia Hederae (Desm.) Cke., su foglie di edera (idem) . „ 2
Phyllostictella Hellebori FI. Tass., sopra foglie di elleboro (id.) „ 4
PiiYLLOsTicTA Celosiae Tlium., SU foglie di ceiosia (idem) . . „ 1
Rajiularia porpurascens Wint., sopra foglie di vaniglione (idem) „ 2
Septoria Chrysanthemi Allescli., sopra foglie di crisantemi (id.) „ 4
Grillotalpa {Grillotalpa vuUjaris Limi.), ha fortemente danneggiato
un'aiuola di giacinti, rosicchiandone tutli i fiori, nell'Orto bo-
tanico di Pavia „ 1
Anguillule, in piante di garofano inviate da Genova (Cattedra
ambulante d'agricoltura), ed in bulbi di giacinti nell'Orto bo-
tanico di Pavia, dove fecero molto danno ,. 10
Heliothrips iiaemorrhoidalis Bouch., sopra foglie di fuchsia e di
felce, inviate dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Savona
(determinata dalla R. Stazione di Entomologia Agraria di
Firenze) „ 2
AspiDiOTUs Hederae Wall., sopra foglie di oleandro, inviate dalla
Cattedra ambulante d'agricoltura di Bobbio „ 2
Malattie diverse. Piante di garofano deperenti per l'attacco di
fungini sopracitati, col concorso di acari, che ne attaccavano
le radici; Cocciniglie sopra piante di evonimo a Barga (Lucca) „ 10
- 232 —
Malattfa indeterminata. Sopra foglie di Jlex, inviate dal dott. Z.
Bononi del R. Istituto Tecnico di Udine, riscontrammo del
micelio, che non ci fu possibile determinare a quale specie di
lungillo appartenga Esami N.
Totale esami N. 170
Malattie di piante industriali e forestali.
Mal del piede (Pìioma Befae Frank.), in piantine di bietole, inviate
dalla Cattedra ambul. d'agricoltura di Casalmaggiore Esami N. 2
Mal del falohetto [Armillafia mellea (Valli.) Fr.], sopra piante di
gelso a Villa Campeggi, Cassine Calderari, Giovenzano, Mira-
bello e in altre località della provincia di Pavia . . . . „ 16
Fersa del gelso (Scplogheiim Mori Briosi et Cavr.), sopra foglie di
gelso da Rimini (prof. P. Frizzati) ed in varie località delle
Provincie di Pavia e Milano „ 22
FcMAGGiNE {Capnodiiini salicinnm Mont.), in rametti di gelso inviati
dal prof. Pasqnini, direttore della Cattedra ambulante d'agri-
coltura di Poppi „ 2
GlBBERELLA MORICOLA (De Not.) SaCC. 6 FUSARIUM LATERITIDM NeeS.,
sopra rami di gelso da Alessandria (Cattedra ambulante di
agricoltura), e nei dintorni di Pavia (S. Giuseppe, Torretta,
Villa Campeggi, ecc.) „ 10
Marciume radicale {Roscìlinia nccatvix Hart.), in piantine di castagno
e quercie del R. Vivaio Forestale di Novara, inviate dal dot-
tore Ernesto Rossi „ 4
Macchie ocracee del dioppo canadese {Dothicliiza populea Sacc),
in rami di pioppo canadese, inviati dall'Agenzia della nobile
Casa Asarta di Fraforeano, e nei dintorni di Pavia . . . „ S
Guignardia RoLLANDi (Sacc. et Syd.) Trav., sopra foglie di Eucali/pfiis
globtilus a Loaiio, Villa Pollacci . . . .' ., 2 ■
Rhytisma acerinum Tul., sopra foglie di acero da Spoleto (prof. F.
Francolini) „ 2
Melampsora farinosa (Pers.) Schrot., su foglie di salice a S. Giu-
seppe, Mirabello. S. Genesio e altre diverse località del circon-
dario di Pavia „ 18
Melampsora popolina (.Tacq.) Lèv., sopra foglie di pioppo a Montù
Beccaria, Travacò Siccomario e nei boschi del Ticino presso
Pavia „ IO
— 233 —
Gloeosporium Popoli albae Desm., su foglie di l'oimlns aìba da
Domo, Groppello Cairoli. Travacò Sicconiaiio e nei diiitoini
di Pavia Esami N. 12
Septorta Populi Desm., sopra foglie Fopidus nigva a Giovenzano,
Vellezzo lielliui, Rognaiio, Tone del Mangano, ecc. . . „ 12
Marsokia Popoli (Lib.) Sacc, sopra foglie di pioppo a S. Giu-
seppe (Pavia) „ 2
Phoma Harknessii Sacc, sopra giovani piantine di pino provenienti
da vivai di Mortauo (Forlì), inviate dal E. Ispettore forestale
di Bologna • „ 4
FoMAGGiNE [Melioìa Abietis (Cke.) Sacci, sopra rametti di abete, in-
viati dal Comizio agrario di Firenze „ 2
Mal DiANi'O delle' QDERciE {Oiflium sp.). sopra rametti inviati da
Udine (prof. D. Feruglio, direttore del R. Laboratorio di chimica
agraria); da Milano (sig. A. Troja); da Mantova (Catt. ambu-
lante d'agricoltura); da Salsomaggiore; da Groppello Cairoli;
da Domo; da Mornigo Losanna, da Fumo (Corvino San Qui-
rico) ed in molte località delle Provincie di Pavia e Milano „ 45
Mal dell'inchiostro {Corijneum perniciosum Briosi et Farneti), sopra
rami di castagno inviati da Pisa (prof. E. Bargagli); da Cuneo
(R. Ispezione forestale); da Mondovi (Comizio agrario); nel ter-
ritorio di Barga (Lucca); a Castagna Banca presso Verzi
(Loano); a Cliiomonte (Falle di Susa). ecc „ 50
Secccme del cast.^no [Sphaerella maculiforinis (Pers.) Auersw.], sopra
foglie di castagno da Cliiomonte (Val di Susa) „ 2
Phyllactinia suffulta (Reb.) Sacc , sopra foglie di Crataer/us da
Salsomaggiore „ 2
Septorta cornicola Desm., sopra foglie di Conuts a Salsomaggiore
e nei boschi del Ticino presso Pavia „ 8
Puyllosticta popolea Sacc, soprafoglie di pioppo a Salsomaggiore „ 1
Leptothyriom acerinom (Kze.) Cda., su foglie di acero (idem) . „ 1
Eriophyes macrorrhyncos (idem) „ 1
Alternaria sp. e insetti, su foglie di robinia a Salsomaggiore e nei
dintorni di Pavia „ 8
Batteriosi o necrosi del gelso (Bacilliis Cuboiiianiis Macchiati),
sopra foglie e rametti di gelso inviati d-A Consorzio agrario
di Cremona „ 2
Lichene gelatinoso [Chri/soglnteìi Biasoldtiaìunn (Corda) Briosi et
Farneti], sopra salice, producendo alterazioni e morte ai ra-
metti, inviati dalla Società anonima " Il Truciolo „ di Car[ii
(Modena) „ 6
— 234 —
DiASPis {Diospis pentagona Targ.), sopra gelsi e salici a Zerbolò,
Groppello Cairoli ed altre località delia provincia di Pavia Es. N. 20
liEHcAsns Pini Hartig, sopra PIuhs MarHimu a Loano . . . ^ 2
K.ETINIA BOOLiANA, sopra gemme di pino inviate dal cav. nff. M.
d'Angelo di Aquila. Determinata dalla E. Stazione di entomo-
logia agraria di Firenze 1
Malattie diverse. Eami di pioppo del Canada, inviati dal profes-
sore Guglielmo Josa, direttore della Cattedra ambulante di
agricoltura di Campobasso, che risultarono essere affetti dalla
malattia " Caries du crt'ur des bois blancs ,, dei Francesi, do-
vuta a cause fisico-chimiche „ 2
Malattie indeterminate. In ramoscelli d'ulivo da Porto Maurizio
(Cattedra ambulante d'agricoltura); in foglie d'olivo da Spo-
leto (prof. F. Francolini); in foglie di frassino da Palermo
(prof. G. E. Mattei) ed in foglie di ippocastano da Sampier-
darena >,10
Totale esami N. 289
Malattie di piante diverse.
Peronospora Corydalis De By., sopra foglie di Cnnjdalis nell'Orto
botanico di Pavia, ove ha invaso ed ucciso migliaia di piante
Esami N. 6
Peronospora effusa (Grav.) Rbh., sopra foglie di Chenopodimn album
da Giovenzano (Vellezzo Bellini), ecc „ 6
Entyloma Ranuncoli (Bon.) Schrot., sopra piante di Banuìicidiis Fi-
caria a S. Giuseppe e nell'Orto botanico di Pavia . . . „ io
PucoiNiA Malvacearum, sopra- Altliea a Barga (Lucca) ed a Cliio-
moute (Val di Susa) e sopra malva nei dintorni di Pavia „ 15
Gymnosporangium CLAVArJAEFORME (Icq.) Rees., sopra rametti di bian-
cospino inviati da Genova dal sig. V. Mazza e su foglie di
Sorbiis Aria da Chiomonte (Val di Susa) „ 6
Gymnosporangium juniperinum (Linn.) Fr., sopra foglie di Sorbiis
Aucuparia, da Chiomonte „ 2
PucciNiA ViNCAE (DC.) Berlc., su foglie di pervinca, inviate dalla
Cattedra ambulante d'agricoltura di Foi-lì „ 2
Gymnosporangium Sabinae (Diks.) Wint., sopra Juniperus Oxycedrus,
inviate dal sig. Dumée da Hyères (Francia) „ 3
Plasmopara nivea (Ung.) Schrot., sopra foglie di Smi/nìiiim, inviate
dal sig. Dumée da Hj'ères (Francia) „ i
— 235 —
PocciNiA Smyrnii Biv., sopra Smi/niiiim (idem). . . . Esami N. 2
PucciKiA Umbilici Giiep., sopra UmbiUctis (idem) „ 1
PncciNiA Valerianae Cav., forma ecidiosporica sopra Ceulranthus
(idem) „ 2
TuBERCULiNA PERSiciNA (Ditm.) Sacc, sopra gii ecidi di Pitcdnia Va-
lerianae Cav. (idem) „ 2
Aecidium punctatum Pers., sopra Anemone roronaria (idem) . . „ 2
Leptosphaerfa galiicola Sacc, sopra stelo di Ccntrantlius (idem) „ 1
PucciNiA Menthae Pers., sopra foglie di Mcntha da Cliioiiioiite (Val
di Siisa) „ 3
Ukomyces Gerani! (DC.) Ottli., su foglie di Geranium nodosìim, in-
viate a diverse liprese da Chiomonte „ 10
Spuaerotiieca Humul: (DC.) Biirr., su foglie di Humiiliis lupiiliis,
inviate a diverse riprese da Chiomonte e nei dintorni di
Pavia „ 15
Septoria Convolvuli Desm., sopra foglie di Cahjslcgla scpiiim a
S. Giuseppe e Villa Campeggi (Pavia) „ 6
Ramularia Parietariae Pass., su foglie di Pan'etaria officinali^, nel-
l'Orto botanico e dintorni di Pavia „ 6
Ramularia Vincae Sacc, sopra foglie di Vinca major nell'Orto bo-
•tanico di Pavia , 2
Kamularia Adoxae (Rbli.) Karst., assai diffusa sull'Ylc/o.ra Moscha-
tellina (idem) „ 4
OvDLARiA OBLIQUA (Cke) Oiul., sopra foglie di ìiumex, raccolte a
Giovenzano, Rognano, Villarascn, Rinasco ed in diverse altre
località delle provincie di Pavia e Milano „ 18
OvuLARiA DECiPiENS Sacc, sopra foglie di Raticiihis acris da Vil-
larasca „ 2
DiASPis, sopra picciuoli di foglie di Anemone (riìoba e sopra Saxi-
fraga nell'Orto botanico e giardini di Pavia; sopra Syringa
eulgaris a Zerbolò „ 8
Malattie diverse. Alterazioni sopra rametti e foglie di tiglio, do-
vute a cause d'ambiente, da Rimini (prof. P. Frizzati) e su
foglie di Prunus Bregantiaca, dovute ad acari del genere Te-
tranirhus, da Chiomonte (Val di Susa), da Cesana (Monginevra)
e da IJrianc^oii (Francia) „ 10
Totale N. Ufi
-- 236 —
Iiirormazioni, ricerche varie e distribuxione di piante.
Analisi (li cioccolato comperato da venditori anil)ulaiiti : alcuni cam-
pioni contenevano amido di patata, cellule librose e sclereidi
di ('uinamom)ini cannella e CariopJu/llus aromaticus. Altri cam-
pioni erano costituiti quasi esclusivamente di amido di patata,
con poche cellule librose e sclerose di Cariuplnjllus aromaticus
e cannella Esami N. 2i»
Analisi di campioni di licopodio proveniente da diverse farmacie
della città. Furono trovati sofisticati con polline di conifere,
con amido di patata e farina di granoturco „ 15
Analisi di diversi campioni di polvere di zafferano comperato in
diverse drogherie. Furono trovati sofisticati con .sostanze mi-
nerali, con Cartliamus fìnctorius, con farina di semi di legumi-
nose e colorati con curcumina „ 16
Analisi di un campione di farina sospetta di contenere Agrosiemma
e loglio inviato dal prof. Puschi di Acqui „ 1
Determinazione, del Crataef/ns Pijracantha Medie, e i\t\V Asparagiis '
acutifolitis e informazioni sugli usi di tali piante pel sig. Gio-
vanni Marchese, direttore del giornale Corriere del Villaggio di
Milano „ 2
Determinazione di molte fanerogame raccolte all'Isola Gallinaria
(Albenga) di proprietà del sig. Riccardi: e di altre inviate
dalle Cattedre ambulanti d'agric. di Campobasso, Lucca, Ri-
mini, Mortara, dal Comizio agrario di Cuneo, dal prof. Kru-
gnatelli di Pavia, eec „ 240
Determinazione di piante fanerogame e crittogame vascolari raccolte
dal personale del Laboratorio in diverse escursioni, circa un
centinaio „ 100
Determinazione di semi di Vida saliva, Vida cassiibica, Vida hir-
sula, Vida monantha, inviati dall'Ufficio agrario di Cuneo . „ 4
Determinazione e informazioni, sopra i frutti di Eap'ianns saticns e
di una Anthemidea, inviati da Milano (G. Marchese) . . . „ 2
Determinazione di semi di Perilla Ocgmoides L. e di Gliccne hispida
Moench. ed informazioni sulle loro proprietà ed usi pel dottor
Walfrio Bonaretti di Pavia 2
Totale N. 402
— 237 —
Informazioni e dimostrazioni sulle stazioni di molte piante palustri ed
acquatiche fatte per il prof. Ugo Gliick (Heidelberg).
Informazioni -sulla scabbia o vaiolatura nera dei tiifogli, mandate al Di-
rettore della Cattedra ambulante d'agricoltura di Bobbio.
Didì-ibuzione di 1200 piante di Ae<jle Sepiaria (che dà siepi fortissime)
al sig. conte E. Bolognini di Monteleone (Pavia), al sig. ingegnere
llonacossa di Pavia, ed al dott. Giuseppe Marignoni di Schio.
tìomminislrazione di piantine di tiiè (Cameììia Theo) al .sig. dott. Giu-
seppe Bruno Marignoni di Schio, per tentarne la coltivazione.
Riassunto generale delle ricerche fatte uel 1911.
Malattie della vite Esami N. 346
„ dei cereali „ „ 111
„ degli alberi da frutta „ „ 344
„ delle piante da foraggio „ „ 147
„ delle piante da ortaggio „ „ 197
„ delle piante ornamentali e da fiori ... „ „ 170
„ di piante industriali e forestali ..... ,, „ 289
„ di piante diverse „ „ 145
Ricerche varie e determinazione di fanerogame . . ,, „ 402
Determinazione di funghi della Grecia „ „ 52
„ di specie nuove di Scliizomiceti e di
Eumiceti „ „ 15
Totale esami N. 2208
Ricerche scientiiiche.
L'operosità dell'Istituto nostro, oltre che all'esame del numeroso
materiale invialo da enti morali e da piivati, tu livolta nel decoiso
anno a ricerche scientifiche originali di crittogamia, fitopatologia, fisio-
logia, citologia, sistematica, ecc.
Lo scrivente e l'assistente prof. Rodolfo Farneti fecero ispezioni
e visite ai castagneti della Val di Siisa (Piemonte) e di diverse loca-
lità della Toscana, per scoprire e delimitare aree infette da Mal del-
l'inchiostro, nonché per insegnare il modo di riconoscere e combatteie
il male e per raccogliere materiale di studio; frutto del quale furono
una terza ed una quarta nota preliminare, già luibblicate, ove, fra l'altro,
— 238 —
si ila conto della ripioduzioiie artificiale della malattia. Su detto ma-
tei'iale le ricerclie continuano.
Lo scrivente, inoltre, fece ispezioni e visite in Liguria, tanto nella
Riviera di Levante (Chiavari, ecc.), quanto in quella di Ponente (Loano,
Taggia, Porto Maurizio, ecc.) per malattie delle viti, degli olivi, delie
piante da fiori, ecc. Varie altre visite si fecero altressi in diverse lo-
calità della provincia di Pavia e nel Bresciano, per malattie diverse
e per esperienze coll'ossicloruro di rame contro la peronospora.
I signori dott. Luigi Maffei e Malusio Turconi studiaiono alcune
specie nuove di micromiceti parassiti e saprofiti, che saranno descritte
ed illustrate in note micologiche o fitopatologiche di prossima pubbli-
cazione.
II dott. Gino Pollacci si occupò di ricerche sulla riasmodiophora
Brassicae Wor., rivolte a studiare se vi sono rapporti di affinità mor-
fologica e fisiologica fra questo mixoniicete ed il parassita, causa della
terriljile malattia della rabbia; inoltre pubblicò un contributo alla flora
pavese, arricchendola di 52 specie nuove per la provincia.
Lo stesso autore poi e la signorina dott. Eva Mameli resero noli,
in una estesa memoria, illustrata da tre tavole, i risultati definitivi dei
loro studi sull'assimilazione dell'azoto atmosferico libero nei vegetali.
La detta signorina dott. Eva alameli fece altresì studi sull'influenza del
magnesio nella formazione della clorofilla, i cui risultati saranno pub-
blicati in una prossima nota.
L'on. prof. Luigi Montemartini studiò l'azione eccitante del solfato
di manganese e del solfato di rame nelle piante e compì ricerche sul-
l'alimentazione iniziale e lo sviluppo successivo delle i>iante di tabacco,
l)ubblicandone i risultati in due diverse note.
11 prof. Luigi Pavarino studiò e descrisse, in diverse pubblicazioni,
alcune nuove specie di bacteri, causa di malattie delle Orchidee e della
Glicine; pubblicò, inoltre, un terzo contributo alla flora del calcare e
del serpentino dell'Appennino bobbiese.
11 dott. Joannes Politis, di Atene, pubblicò nn contributo alla flora
micologica della Grecia, primo frutto degli studi incominciati sino dal-
l'anno scorso, e terminò molte ricerche citologiche sopia corpi speciali
contenuti nelle cellule di molte piante, tanto monocotiledoni che dico-
tiledoni, pubblicandone gli importantissimi risultati in parecchie me-
morie, illustrate con tavole litografate nere ed a colori.
11 dott. Domenico Carbone studiò alcuni eumiceti provenienti dalle
carni insaccate sane (salame e salciccia), descrivendo ed illustrando in
una grossa memoria, corredata da tavole, anche alcune specie nuove
per la scienza.
239 —
Personale del Laboratorio ai 31 dicembre l'Jll.
Prof. Giovanili Briosi, direttore;
Prof. Rodolfo Farneti, 1" assistente;
Prof. Malusio Tiircoiii, 2" (issistenle;
Mario Palazzi, inserviente straordinario.
Prestarono l'opera loro i signori :
Dott. Gino Pollacci, aiuto all'Istituto l>otanico e libero docente dell'Uni-
versità di Pavia;
Dott. Siro Luigi Maffei, l" assistente all'Istituto botanico;
Pier Emilio Cattorini, 2° assistente all'Istituto botanico.
Frequentarono il Laboratorio per ragioni di studio i signori:
On. dott. Luigi Montemartini, professore di Patologia vegetale alla
R. Scuola superiore d'agricoltura di Milano e libero docente al-
l'Università di Pavia;
Dott. Luigi Pavaiino, professore alla R. Scuola normale di Pavia e as-
sistente onorario all'Istituto botanico;
Dott.-i Eva Mameli, assistente onoraria all'Istituto botanico;
Dott. loannes Politis, assistente onorario all'Istituto botanico;
Dott. Domenico Carbone, aiuto all'Istituto d'igiene di Pavia;
Dott. Giovanni Dalmasso, assistente della regia Scuola superiore di
agricoltura di Milano;
Signorina Rosa Bariola e signorina Anna da Fano di Corfù, laureande
in Scienze naturali.
Pul>bIi('azioiii del Direttore e degli Assistenti.
Giuv.vNSi l'Riusi, Eassegna rrittoijamicu dell'anno 1910, con notizie sulle
malattie dei lupini, della lupinella, della sulla e dei pioppi, causate
da parassiti vegetali, in Bollettino ufficiale del Ministero d'agric.
ind. e conim., anno X, serie C, fase. 8. Roma, 1911.
— Cenno sopra Bonarentura Corti, con ritratto, in Atti dell'Ist. bot. di
Pavia, ser. II, voi. IX, 1911.
— Atti deìl' Istituto botanico di l'acia, serie II, voi. IX, con sei tavole
litogr. ed 1 ritratto. Milano, 1911.
— 240 —
Giovanni Buioki e Rodoi.1''0 Faiìnf/ii, La Morkt dei caslarjni (Mal del-
riiieliiostro). Osservazioni e ciiticiie ad una Nota dei sijjiiori Grilfoii
e Maiibianc, in Alti dell'Istituto botanico di Pavia, serie II, vo-
lume XV.
— — Nuove osservazioni intorno alia Moria dei castac/ni (Mal dell'in-
chiostro) e sita produzione artificiale. Quarta nota preliminare. Ibidem,
voi. XIV.
Gino Pollacci, Acigiunte alla jlora llcinesc, in Atti dell'Istituto boi. di
Pavia, ser. II, voi. XIV.
— Il parassita della rabbia e la Plasmodiopliora Brassicae Wor. Ricerche
sui loro rapporti di affinità morfologica e fisiologica. Ibidem, vo-
lume XV.
— ed Eva Mamelt, SulV assimilazione diretta dell'azoto atmosferico libero
nel vegetali. Ibidem, voi. XIV.
Eva Mameli, Influenza del magnesio sulla formazione della rloro/dlc, in
Atti del Congresso delle Scienze, anno 1911.
Luigi Maffei, Eecetisioni varie, \\\ Rivista di patologia vegetale, an. IV.
Pavia, 1911.
Malusio TurvCONi, L'avvizzimento dei cocomeri, in Alba Agricola, anno IX,
n. 1911. Pavia, 1911.
Luigi Montemartini, Sopra l'azione eccitante del solfato di manganese e del
solfato di rame nelle piante, in Stazioni sperimentali agr. ital.,
voi. XLIV. Modena, 1911.
— L'alimentazione iniziale e lo sciliippo successivo del tabacco. Ibidem.
Modena, 1911.
Luigi Pavarino, Uh cancro della Glicine; Bacterium Montemartini, n. sp.,
con 1 tavola, in Rivista di patologia vegetale, anno V, n. 5. Pa-
via, 1911.
— Bacteriosi della Vanilla planifolia Adr. {Bacterium Briosianum, n. sp.),
in Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, voi. XX, ser. 5'',
Roma, 1911.
— Alcune malattie causate da bacteri nelle Orchidee, con 1 tav. lit., in
Atti dell'Istituto botanico di Pavia, ser. II, voi. XIV.
— Intorno alla jlora del calcare e del serpentino. Terza contribuzione,
con 1 tavola. Ibidem, voi. XV.
JoANNES PoLiTis, Sugli elajoplasti nelle Mono e Dicotiledoni, con .3 tav.,
in Atti dell'Istituto botanico di Pavia, ser. 11^ voi. XIV.
— Sopra speciali corpi cellulari che formano antocianine, con 3 tavole.
Ibidem, voi. XIV.
— Sopra uno speciale corpo cellulare trovato ìi) due Orichidee, con 1 tav.
Ibidem, voi. XIV.
— 241 —
JoANNES PoLTTis, Sulla preseii<;a del fflicof^rno nelle Fanerogame e sua re-
lazione coll'ossalato di calcio, con 1 tav. Ibidem, voi. XIV.
— Sulla presema di amiloide nelle cellule crislallofore del " Philodendron
melanochrysuni „ Liii. e del " PA. oxycardium „. Ibidem, voi. XIV.
— - Sìilf origine e suH'iif/ìcio dell'ossalato di calcio nelle piante. Ibidem,
voi. XV.
— Sulla flora micologica della Grecia. Ibidem, voi. XV.
— Una nuova malattia del Mughetto {Convallaria majalis) dovuta alla
" Botri/lis valgaris „ in Rivista di patologia vegetale, anno V. Pa-
via, 1911.
Domenico Carbone, Descrizione di alcuni eumiceti provenienti da carni in-
saccate sane, in Atti dell'Istituto bot. di Pavia, ser. II, voi. XIV.
Pavlji, Istituto Botanico, marzo 1912.
— 242 -
Rassegna crittogamica dell'anno 1912. con notiiiie sulle ma-
lattie delle leguminose da seme dovute a parassiti vege-
tali. — Relazione ilei professore Giovanni Briosi, direttore della
II. Stazione di Botanica crittogamica (Laboratorio crittogamico) in
Pavia.
L'annata 1912 non fa da noi molto favorevole airagricoltnra, non
tanto per le vicende climaticl:e verificatesi durante i mesi invernali,
che furono anzi eccezionalmente miti, quanto per l'irregolare anda-
mento della stagione dall'aprile in poi.
Li molte località dell'alta Italia si ebbero nevicate copiose in feb-
braio e bel tempo in marzo, sicché la primavera era già iniziata e le
vegetazioni erano in anticipo allorché sopravvennero le forti brinate
della seconda decade d'aprile. Il resto del mese fu piovoso e freddo.
I danni prodotti da tali vicende furono fortissimi ; se ne risentirono
maggiormente, specie nella vallata del Po, i gelsi, le viti, gli ortaggi
(i pomodori sopratutto) e le erbe da prato.
Nel maggio, se diminuì il freddo, non cessarono per questo le con-
dizioni favorevoli allo sviluppo delle malattie, anzi, l'alternarsi di gior-
• nate asciutte e calde, con giornate piovose, favori lo sviluppo di molte
epidemie crittogamiche, specialmente della 'peronospora e della critto-
gama nella vite (in generale efficacemente combattute dai viticoltori);
delle ruggini e del mal del piede nel grano.
Uo/iobolo 0 inai del piede si sviluppò nella decorsa primavera con
tale intensità che in diversi luoghi si dovette falciare il grano in erba
e rompere il terreno per metterlo ad altra coltura e poter cosi riparare
almeno in parte all'ingente danno. E dove l'infezione non fu a tal
punto disastrosa, causò tuttavia perdite rilevanti nel raccolto; perdite
che possonsi valutare dal 20 al 50 per cento, a seconda della intensità
dell' attacco. I frumenti seminati tardi furono meno danneggiati dal
parassita.
Uguali condizioni proseguirono nel giugno e nel luglio; per di più,
non mancarono qua e là temporali accompagnati da grandine.
L'allettamento del frumento si aggiunse agli altri malanni.
L'agosto e il settembre furono eccezionalmente secchi, e nell'ot-
tobre il freddo anticipato apportò altri danni, specialmente sgli olivi,
i quali, oltre ai guai prodotti dalla iiiosra olearia, dal punteruolo, ecc..
— 243 —
ebbero a soffrire qua e là per intensificazione della fiimagiiie {Aìiten-
naria elaeophiln) ed invasione di Ci/cloconiinn-
Il novembre e il dicembre furono freddi, ma asciutti.
Fra le epidemie crittogamiche più gravi e più diffuse clie si pre-
sentarono durante il 1912, vanno notate, oltre quelle suaccennate:
il marciume gric/io, prodotto dalla Botrijiis cinerea, paiassita che
va sempre più diffondendosi e va attaccando le piante più disparate.
Più colpiti in quest'anno furono i pomodori e le viti; '
Yantracnosi, prodotta dal Gloeosporìum ampelophagum ;
il carbone del frumento;
la ticchioìatura delle frutta, specialmente intensa nelle mele e
nelle pere, già notata nello scorso anno. I peri ebbero inoltre a soffrire
in alcuni luogiii per attacchi di ruggine, prodotta dal G ijmnosporanyium
Snhinae;
la peroiiospora dei pomodori, nei quali si diffuse anciie e arrecò
danni il Baclerium Briosii;
Vavvizzimento dei peperoni che si riteneva dovuto ad una specie
di Fumrium e clie, secondo recenti ricerche fatte nel nostro laboratorio,
è invece causato da un bacillo;
\i\ peroiiospora delle cucurbitacee {Plasniopara cuhensis) che invase
molte coltivazioni di poponi delle quali distrusse il raccolto quasi per
intero;
la Gnomonia ceneta sul platano, che deteinnnò in Lombardia e
nel Piemonte una forte invasione di quella malattia nota sotto il nome
di seccume del platano;
la Phijllostichi maculi forniis e il mcd dell'inchiostro nel castagno-,
il mal bianco delle querele, dovuto ad un Oidium, il cui ciclo bio-
logico non è ancora ben noto. Due studiosi francesi ^ affermano che
uno stadio .evolutivo è rappresentato da una specie di Microsphaera, la
Microsphaeraalphifoides: ma tali studi hanno ancora bisogno di conferma.
Infierirono meno nell'anno 1912: il rossore e il mal nero delia vite,
la ruggine e il carbone del granoturco, il mcd rinato dell'erba medica e
le epidemie delle viole e dei garofani che in Liguria avevano, nel 1911,
arrecato gravi danni.
'"Il permanganato potassico fu ila tempo indicato come efficace anticrittoga-
mieo, ma all'atto pratico non aveva dato linora buoni risultati. Recentemente il
Trucliot lo applicò in polvere (misto a gesso e ad allume) contro l'Oid'o e la
Botri/fis cinerea, ottenendo ottimi risultati (Pchi/cà.s agricole et riticote, 1!'12).
^ CtRIPFOX e Mai:iu...vn"('II, Les M/crtMpÌKiera des Cfiì-ncs (\u Bull. Soc. Mycol.
de France, toni. 2.S, pag. f'S, Paris 1912;.
— 244 —
K superfluo dire che sempre clie da privati e da enti venne inviato
al nostro Laboratorio materiale di studio riguardante le varie malattie
crittog^amielie, vennero ad essi fornite, oltre alle nutizie sulla natura
del parassita, anche quelle riguardanti le relative cure preventive, o
curative, atte a debellarlo (almeno sin dove erano possibili); notizie che
qui. per brevità, non riportiamo.
Ricerclie con preparati a base di ossicloriiro di rame eoutro la
pei'ouospora della vite e d'altre piante.
Contro la Peronospora della vite, dei pomodori, delle patate, ecc.
noi in quest'anno tentammo l'azione della " Pasta Ca/J'aro ,, elettrocu-
prifera (a base di ossicloruro di rame).
Le prove con detta Pasta furono da noi fatte in dieci diverse lo-
calità e cioè:
A Pavia (Orto Botanico), a Groppello Cairoli, a Stradella, a So-
riasco, a Cassino Po, a Verretto, a Voghera (Scuola Pratica d'Agricol-
tura), a Monteleone, a Brescia (Scuola pratica d'agricoltura) ed a
Celatica.
Nell'Orto Botanico furono fatti alle poche viti disponibili quattro
trattamenti con Pasta Caft'aro all'uno per cento negli stessi giorni in
cui veniva data la poltiglia bordolese (pure all'uno per cento) a viti
contigue per controllo. I risultati furono buoni, pari a quelli ottenuti
colla poltiglia bordolese.
A Groppello Cairoli, in una vigna del sig. Giuseppe Calvi furono
trattati due pezzi di filari a spalliera comprendenti circa una trentina
di viti di diverse varietà. Si fecero cinque trattamenti conteniporane;i-
mente a quelli fatti con poltiglia bordolese ai filari contigui e nelle
stesse dosi ( 1 per cento). Le viti trattate con Pasta Cafi'aro rimasero
protette come quelle trattate con poltiglia bordolese.
A Stradella gli esperimenti col nuovo rimedio si fecero in un vi-
gneto del sig. Giuseppe Mazza e si iniziarono sopra tre filari. A due
di questi però dopo quattro trattamenti con Pasta Caffaro il vignaiuolo
ne diede (per timore) due con poltiglia bordolese.
Ad un filare invece si diede sempre la Pasta Caft'aro negli stessi
giorni in cui veniva data la poltiglia, pure alla dose dell'ano per cento,
ed i trattamenti furono sei. Il risultato fu abbastanza buono, ma a giu-
dizio del proprietario un poco inferiore a quello della poltiglia.
— 245 —
A Soriasco venne provata la Pasta CafTaio in tre vigne diverse, di
proprietà del s\g. Cesare Faravelli, sopra un totale di circa mille viti
di differenti varietà, scegliendo i filari solitamente più soggetti all'at-
tacco della peronospora. Si fecero sei trattamenti, il primo e l'nltinio
alla dose dell'uno per cento, gli altri quattro all' 1,5 per cento come
colla bordolese e negli stessi giorni. I risultati furono pari a quelli
della poltiglia. Sulln foglie notavasi una differenza appena sensibile a
favore della bordolese, sui grappoli invece a favore della Pasta Caffaro.
.\ Cassino Po si diede ad un filate di dolcetto alla dose dell'uno
per cento. I trattamenti furono cinque come quelli fatti con poltiglia
bordolese agli altri filari. Il lisultato fu buono, ma va notato che in
questa località l'attacco della peronospora fu in quest'anno non molto
forte.
A Verretto si trattò una testata di filare (circa una dozzina di viti
barbera) a cui la Pasta Caftaro venne data tre volte all'I, .5 per cento
e la quarta (l'ultima) al 2 per cento. Agli altri filari invece si fecero
cinque trattamenti con poltiglia bordolese. Si ebbe ottimo risultato pari
a quello della poltiglia.
A Voghera le espoienze furono fatte nella R. Scuola Pratica di
Agricoltura " Gal lini „ diretta dal prof. Borghi. La prova colla Pasta
Caffaro venne effettuata sopra sette testate di filari con viti (circa 80)
di varietà diverse. I trattamenti furono cinque (all'uno per cento)
come quelli con poltiglia bordolese e fatti negli stessi giorni. Le viti
trattate con Pasta Caffaro si mantennero in buonissimo stato pari a
quello delle viti trattate colla bordolese.
A Montoleone, in un vigneto del sig. Conte Ercole Bolognini, la
Pasta Caffaro fu data a circa mille viti negli stessi giorni nei quali si
dava la poltiglia bordolese e colle stesse norme. Furono fatti cinque
trattamenti a vitigni di diverse varietà e si ebbe un esito splendido
pari 0 superiore a quello della poltiglia. Al 20 ottobre le viti man-
tenevano ancora sano quasi tutto il fogliame.
A r.rescia si fecero sperimenti nella R. Scuola Pratica d'Agricol-
tura, diretta dal Sandri.
fja Pasta Caffaro fu data come la poltiglia bordolese negli stessi
giorni e nello stesso numero di volte, all'I,.') percento, sopra 130 viti
circa. Si fecero cinque trattamenti e si ebbero risultanze buone, pari
a quelle della bordolese. È stato un anno di forte attacco di peronospora
per questa regione.
A Celatica presso Brescia si diede la Caffaro a circa .500 viti negli
stessi giorni e nello stesso numero di volte della poltiglia bordolese. I
trattamenti furono cinque. Si ebbero splendidi risultati, le viti si man-
Alti deU'Ul. Bot. JeìrUnireisilii ili Pavia Serie l\ - Vd XV. 21
— 246 —
tennero sempre belle quanto e più di quelle trattate colla bordolese,
quantunque l'attacco di peronospora anche a Celatica fosso in questo
anno molto foi-te.
Dalle esperienze summenzionate risulta die la Pasta Caflaro lia
dato dunque in generale risultati buoni, pari a quelli della poltiglia
bordolese.
Come a Stradella essa si sia mostrata un po' meno efficace della
bordolese non è chiaro, poiché in tutte le altre località difese e pre-
servò le viti quanto la poltiglia bordolese ed in alcuni luoghi anche in
modo migliore.
Aderisce bene, fa presa subito e pare permanga più della bordo-
lese dopo la pioggia
Essa presenta i seguenti vantaggi:
E di facile applicazione, non ingombra le pompe, onde jieiniette un
maggior lavoro; inoltre, la sua preparazione è semplice e sbrigativa e
non dà luogo agli errori in cui talvolta incappa il vignaiuolo nel pre-
parare la poltiglia boidolese.
Sarebbe bene peraltro che tale preparato lasciasse sulle viti traccie
più visibili, onde meglio controllare il lavoro degli operai e meglio
vedere ove e come il rimedio è stato dato: difetto relativamente pic-
colo e facile a correggere. Tornerebbe utile forse anche ridurla in
polvere secca e metterla in commercio in pacchetti del peso di uno,
di due 0 più chilogrammi; ciò ne renderebbe più facile il trasporto e
l'impiego, perchè una polvere si maneggia meglio di una pasta e per-
chè lisparmierebbe Fuso della bilancia, vantaggi questi non piccoli
nella pratica.
A Pavia, nell'Orto botanico, la Pasta Caffaro fu provata anche
contro la Phijtophthora infestans dei pomidori; ed a Celatica sulle patate;
in ambedue le località con buoni lisultati.
Esperienze con insetticidi.
Al nostro Laboratorio fu mandato per sperimentare un nuovo inset-
ticida, la " Piicinofenoleina „, del quale si vantava la grande efficacia
contro gli insetti in genere e contro la Sckizonenra la)ìi(/er(f delle po-
macee in modo particolaie.
Ecco gli esperimenti che con esso potemmo fare:
A Pavia sperimentammo questo prepaiato contro la Puh^inaria cn-
melicola che aveva fortemente attaccato mia siepe di evonimo {Evoìnjmns
Japonicus). Ad una parte delle piante esso fu dato in soluzione al 2 per
— 247 —
cento, e le limaneuti furono trattate con estratto di tabacco pure al
2 per cento. Ambedue gli insetticidi diedero buoni lisultati, tutte le
piante trattate furono liberate dai parassiti e la vegetazione loro ridi-
venne rigogliosa.
A Brescia, nella R. Scuola Pratica d'Agricoltura diretta dal com-
mendatore Sandri, la Ricinofenoleina fu sperimentata contro la Sdiizo-
iieura dei meli e contro la Diri$pi.'< dei gelsi (alberi e siepi) alla dose
del 10 per cento. I risultati furono buonissimi, gli alberi si liberarono
completamente dagli insetti. Avvertasi che il rimedio venne applicato
mediante accurate pennellatnre.
A Voghera la Ricinofenoleina si diede contro la ScMzoneura lani-
gera dei meli. Somministrata con pompe, al 2 per cento, alla chioma
degli alberetti, si ebbero resultati mediocri, mentre sui tronchi ove
venne data col pennello, alla dose del 10 per cento, i resultati furono
buoni.
Evidentemente il modo, la dose, ed il tempo dell'applicazione sembra
abbiano grande influenza; il liniedio dovrebbesi, a quanto pare, sommi-
nistrare quando gli alberi sono in riposo, ed a forte dose.
VI. ' Malattie delle legumino.se da seme
dovute a parassiti vegetali.
Nelle precedenti Rassegne Crittogamiche (1908-1911) ci siamo occu-
ltali ivi cinque diversi rapitoli delle malattie delle leguminose foraggere,
nella presente tratteremo delle malattie delle leguminose da seme, cer-
cando al solito di riunire e riassumere le notizie che intorno ad esse
si hanno e che trovansi sparse in vari trattati e periodici italiani e stra-
nieri.
A) Malattie del paoiolo (Pkaseoliis vuJgarish., Ph. multi ftorus Wild. ecc.)-
lì Racteriosi o grassume del fagiolo {Pseiidomonas Phaseoìi Smith).
— È assai contagiosa e, se favorita da speciali condizioni di calore e
di umidità, si diffonde rapidamente e causa gravi danni. Attacca i le-
• Vedi: I. Malattie dell' trìia medica in Kassegna 1008; li. Malattie dei tri-
foijlii >: III. Mahittie delle recete in Ras.segna 1909 ; IV. Midattie dei hipiiii, delta
liil>iiiella a della nulla in Ila.ssegna 1910; V. Malattie ,/-■/ iiicliloli, dei laliri. del
fieni/ I/reco ecc. in Rassegna 1911.
— 248 —
gami dei fagioli (meno frequentemente lo .stelo) prodnceiido macchie
nere che internandosi nel tessuto arrivano anche ai semi. Da queste
trasuda una specie di mucillaggine nella quale riscontra.<i il bacillo
parassita, pui-e abbondante nelle cellule dei tessuti malati.
Per difendersene si consiglia di bruciare le jiiante malate e di
cambiare temporaneamente la coltuia. Inoltre nella semina non si deve
far uso di semi provenienti da località infette.
Questa alterazione dei fagioli, già studiata da Smith e da altri negli
Stati Uniti d'America, è stata dal Delacroix riscontrata anche in Francia,
ove viene chiamata graisse dcs harkots. In Italia, a quanto sappiamo,
non è stata ancora segnalata.
2) Mal del piede o marciume delle piantine nei semenzai {Fy-
tliitun De Banjanum Hesse). Di questo parassita delle giovani piantine
si è già parlato trattando delle malattie dei trifogli (Gap. II, A, 2 in
Bassegna Crittogamica 1909).
3} Mal bianco {Ergsiplie Folygoni DC), vedi Gap. I, J, (/ in Uas-
segna Critlogamira 1908).
4) Peronospora dei fagioli { Phijtoplithora P/iaseoU Thaxter). Questa
peronosporacea fu per la prima volta riscontrata sui fagioli di Lima
(Phaseoliis ìtcnatus), nel Connecticut in America e studiata dal Thaxter.
Può attaccare foglie e steli, ma si sviluppa specialmente sui bac-
celli formando delle larghe chiazze bianche cotonose le quali estenden-
dosi invadono tutto il legume, che infine rimane coperto di un abbon-
dante e fitto tomento bianco dato dai conidiofori (organi fruttiferi) del
fungo.
I baccelli cosi attaccati si arrestano nello sviluppo, illividiscono e
divengono poi preda di altri fungilli (Cladosporitim, HJacrosporiutii, ecc.)
che li anneriscono e deturpano.
Contro questa malattia in America si usa con efiìcacia la poltiglia
bordolese.
5) Cancro o mal dello sclerozio (Sclerotiìiia Libertiaiia Fuck.).
Attacca molte piante e frequentemente anche i fagioli, le fave ed i
lupini (vedi anche Gap. IV, A, 4 in Bassegna Crittogamica 1910) specie
nelle annate umide. Gli steli colpiti si rivestono, a cominciare dal suolo,
di una muffa biancastra, cotonosa che fa ingiallire le foglie ed uccide
le piante.
Sui cauli morti e nel loro interno (canale midollare) si formano in
seguito dei corpicciuoli nerastri, duri, che sono i così detti sclerozi, rap-
presentanti uno stadio ibernante, quiescente del fungo, .'sclerozi che,
germinando poi al ritorno della stagione favorevob'. riiirodncono la
malattia.
- 249 —
Tornii utile quindi raccogliere e bruciare le jiiante morte o malate,
per distruggere il maggior numero possibile di tali sclerozi e porre
ostacolo così alla riproduzione ed alla diffusione del parassila.
E bene altresì evitare i terreni umidi e fare uso di semente sana,
non proveniente da località infette, giacché anche i baccelli ed i semi
vengono attaccati da tale Sclerotinia.
Nel caso in cui la malattia si sia diffusa nel campo sarà conve-
niente per qualche anno di non riseminare le piante che vanno sog-
gette all'attacco di tale paiassita (leguminose, crocifere, bietole, patate,
canapa, ecc.).
6) Ruggine del fagiolo. E causata dall' Urouiijces appcudiculalus
(Pers.) Lev., uredinea autoica, che si sviluppa cioè in tutte le sue forme
sopra un'unica specie di piante.
Riscontrasi frequentemente sui fagioli coltivali in località umide o
poco soleggiate e può produrre danni rilevanti [loicliè fa seccare le
piante.
Le foglie malate presentano chiazze gialliccie che poi imbruniscono
e disseccauo mentre su esse compaiono numerose piccole pustole polve-
rose, alcune di color bruniccio (uredosori) costituite dalle così dette
nredospore che servono alla diffusione del parassita durante il periodo
vegetativo della pianta ospite: altre bruno-nerastre (teleutosori) for-
mate dalle teleutospore, o spore ibernanti, assai resistenti agli agenti
esterni e che servono a mantenere in vita il fungo da un anno all'altro.
Per distruggere quindi le teleutospore ibernanti si devono sradicare le
piante dopo il raccolto e bruciarle. Secondo Whetzel le irrorazioni con
poltiglia bordolese fatte preventivamente, od anche alla prima com-
parsa della malattia, darebbero buoni risultati.
7) Antracnosi dei fagioli. Questa malattia è prodotta dal Colle-
lotrkhum Lindemnihiauitm (Sacc. et Jlagii.) Briosi et Cavara, che attacca
specialmente i frutti ancor verdi dei fagioli sui quali forma delle macchie
0 specie di pustole incavate (si da infettare talora anche i semi sotto-
stanti), rotonde od oblunghe, brune, con zona marginale rossastra e
rilevata a cercine. Dapprima sono sparse, poi confluiscono e formano
sovente grandi chiazze che deturpano il legume. Sulle macchie appa-
iono delle verruchette bianchiccie, che sono gli acervuli sporigeni
(corpi fruttiferi) del fungo.
Anche per questa malattia consigliasi di distruggere gli oigani col-
piti, di non seminare fagioli provenienti da legumi infetti, e di disin-
fettare quelli di incerta provenienza tenendoli per un'ora in soluzione
ammoniacale di carbonato di rame (Carbonato di rame gr. 100; ammo-
niaca l litroj acqua litri 18).
— 250 —
Inoltre, coltivare i fagioli in località soleggiate e in terreni ascintti
e non concimare soverchiamente con stallatico. Le irrorazioni preven-
tive con poltiglia bordolese (airi-2 per cento) hanno pure dato buoni
risultati.
8) Aìteniaria Brassicae f. Phaseoli P. Brun. Determina il sec-
cume e l'annerimento delle foglie del fagiolo nano. Le piante colpite
sono facilmente riconoscibili anche a distanza per il loro aspetto carat-
teristico.
La malattia si manifesta colla comparsa di macchie irregolari, sparse,
dapprima giallicce e più tardi di color ocraceo e confluenti; su esse si
forma come un rivestimento nero polverulento, dato dalle fruttificazioni
del parassita. Le foglie quindi si accartocciano e seccano.
Per difendersene si consigliano trattamenti preventivi con poltiglia
bordolese e distruzione delle foglie infette.
9) Isariopsis grheola Sacc. È un parassita comunissimo che pro-
duce uno speciale seccume delle foglie. Forma macchie grigiastre irre-
golari, angolose, per lo più limitate dalle nervature; sulla pagina infe-
riore le foglie mostrano piccoli cespuglietti bruni costituiti dagli organi
fruttiferi del fungo.
10) Imbrunimento delle radici (Thielavia èasiVoZa Zopf.). Di questa
malattia che attacca diverse leguminose causando l'annerimento e la
marcescenza delle radici e quindi la morte delle piante colpite si è già
parlato al Cap. IV, A, 11 nella lìasscyna Crittogamica del 1910.
11) Mal vinato {B/iizoctonia rioìacea Tul.). E già stato descritto
trattando delle malattie dell'erba medica (vedi Gap. 1, B, in Bassegna
Crittogamica del 1908).
Sopra steli, foglie e frutti possono inoltre svilupparsi i seguenti
micromiceti che vi determinano alterazioni diverse ma meno gravi :
12) Stagonospora Morierei Sacc. Produce macchie fogliari di forma
irregolare, brunicce, con margine alquanto rilevato, sulle quali compa-
iono più tardi piccoli puntini neri dati dai periteci (oigani fruttiferi)
del fungo.
13) SphaereHa pfiaseolina SSiCC. Forma sn ambo le pagine fogliari
macchie grandi 5-10 mm., di colore rossiccio pallido, zonate, cosparse
infine di minutissimi puntini neri (organi fruttiferi).
14) Pìn/lloslicta phaseoUna Sacc. Produce sulle foglie grandi
macchie giallo-ocracee, di forme indeterminate.
15) AscocJiyta Pliaseolontm Sacc. Dà chiazze giallo-ocracee in-
determinate simili a quelle della specie precedente.
16) Ascocìnjta Boltsìiauseri Sacc. Produce grandi macchie rotonde
0 poligonali angolose, più evidenti sulla pagina superiore che sul dorso
— 251 —
della foglia, ili uii color bruno che si fa più carico al margine e con
strie interne concentriche di tinta piìi scura.
17) Ascodiyta Pisi Lib. Forma maccliie rotondeggianti, gialle con
margine bruno.
18) Sfagoiwspora horleiisis Sacc. Si aiipiglia agli steli formandovi
chiazze scolorite, pallide, sulle quali compaiono piccoli puntini neri (or-
gani fruttiferi).
19) Septoria ìeguminum Desm. Attacca i baccelli producendovi
piccole chiazze secche, brunicce, sulle quali appaiono in seguito minu-
tissimi puntini neri.
20) Stagoìtopsis Phaseoìi Erikss. Produce macchie fogliari brune,
circolari, del diametro di 5-12 nini.
21) Ccrcospora olioascens Sace. Dà macchie brunastre cosparse,
nella pagina inferiore della foglia, di piccoli cespuglietti olivastri.
B) Malattie della fava ( Vida Faba L.)
1) Peronospora {Peronospora Viciae De Bary). È abbastanza fre-
quente sulla fava, sui piselli e sulle veccie (vedi Gap. Ili, a, in Ras-
segna Crittogamica 1909).
Le foglie colpite presentano macchie irregolari e giallastre, sulla
pagina inferiore delle quali notasi una muffa grigiastra data dai coni-
diofori (fruttiii{fazioni) del parassita.
A difendere le fave ed i piselli da seme dal parassita servono
ottimamente i trattamenti con poltiglia bordolese.
2) Cancro o mal dello sclerozio (Sderotinia Libertiana Fuk.). Vedi
sopra .1, 5.
3) Mal bianco {Erysipìie Poli/goni DO.). Vedi Gap. I, A, d in
Rassegna Crittogamica del 1908.
4) Ruggine della fava. Il parassita causa di questa malattia è
VUromifces Fabae Sclirot., specie antoica come quella della Ruggine del
fagiolo (Gap. VI, A, 6), la quale determina alterazioni simili nella fava.
Sugli steli e sulle foglie colpite notansi infatti numerose pustoline erom-
penti, polverose, color tabacco (uredosori), alle quali si consociano più
tardi pustole nerastre (teleutosori). Le piante infette anneriscono e dis-
seccano; se colpite prima della maturazione dei baccelli, questi non si
sviluppano bene, i semi non si formano o rimangono piccoli o deformati.
Per difendersi consigliasi di seminare le fave a filari abba.stanza
distanti ed in primavera dare una o due volte la poltiglia bordolese.
252
Le piante seccate per malattia non debbono essere utilizzate come
strame, né date in pasto al bestiame cui determinerebbero anche di-
sturbi gastrici con sintomi di avvelenamento. Si dovrà invece bruciarle
per distruggere i germi del parassita ed impedirne la riproduzione e
la diffusione.
5) Cercospora Fabae Fautr. e Ccrcospora zonata Wint. Ambedue
queste specie di parassiti si sviluppano sulle foglie della fava. La prima
vi determina macchie bruno-porporine e grigie al centro, zonate, spe.sso
confluenti; la seconda produce larghe macchie rosso-brune, più chiare
al centro, con zone concentriche, sulle quali si notano più tardi dei
piccoli cespitoli neri dati dalle fruttificazioni.
I trattamenti preventivi con poltiglia bordolese possono impedire
lo svihuipo di questi due paiassiti, e jìer porre ostacolo alla loro ri-
produzione ed alla loro ricomparsa nell' anno susseguente bisogna
bruciare le piante secche infette rimaste sul campo dopo la raccolta dei
frutti.
n) Pìnjllosticla Fabae West. Produce sulle foglie grandi macchie
rotondeggianti od oblunghe, brune con margine rosso, sulle quali ap-
paiono in seguito piccoli puntini neri (fruttificazioni del fungo).
7) AscocJnjta Pisi Lib. e Ascodiijta BoUsìiaueri Sacc. Vedi sopra
.1, 14 e 15.
8) Orobanca (Orohanrhc speciosa DC). Questa fanerogama paras-
sita che riscontrasi assai frequente sulle leguminose e specialmente
sulla fava, sul pisello, la lenticchia ed il lupino (vedi Gap. IV, A,
12 in Easser/ua Crittogamica 1910) riesce talora disastii)«a nei campi
di fava poiché indebolisce le piante in modo da rendere nullo il rac-
colto.
Essa ha un fusto alto fino a 70 cm., robusto, giallastro, glandoloso,
con squame brune, terminate in una siiica diiìori a corcdla lunga 2-,3 cm.,
biancastra o con venature violacee (per i rimedi vedi Oiobanche, Cap. I,
B, 2, in Rassegna Crittogamica 1908).
C) Mal.\ttie del pisello ( Pisìim safivìtin).
Alcuni dei parassiti che danneggiano il pisello e che attaccano
comunemente anche altre leguminose furono già studiati nei precedenti
capitoli; tali sono:
1) Pithium De Banjanum Hesse, che determina il marciume delle
piante nei semenzai (vedi Cap. II, A, b, in Rassegna Crittogamica 1909).
— 253 —
2) Pcroimpom Viciac (Berk.) De By. (Vedi Cai>. Ili, A, in Ras-
segna Crittogaiiiicii 1909).
3) Eri/sipìie Poli/goni DO. , causa del cosi dctlo Mal bianco
(Gap. I, A, d, in Rassegna 1908).
I piselli vengono spesso colpiti gravemente ila questo parassita;
trattandosi di piante da seme, si può combatterlo vantaggiosamente
mediante solforazioni con zolfo semplice o con una miscela a parti
eguali ili zolfo e calce spenta finamente polverizzata.
4) Thieìavia basicola Zopf., causa dell' imbrunimento delle radici
(vedi Gap. IV, A, 11 in Rassegna 1910).
5) Scìerotinia Lihertiana Fuck. che determina il cosi detto cancro
0 mal dello sclerozio (vedi supia, A, 5).
6) Sphaerella Morierei Sacc. (vedi sopra, A, 10).
7) Septoria Legiimimim Desm. (vedi sopra, A, 12).
8) Orobanche crenata Forsk.o Orobanche speciosa DC. (v. sopra, Z>, 8).
II pisello va soggetto altresì alle seguenti malattie:
9) Ruggine. È causata dall' (h-oni>jces Pisi (Pers.) De Bary. A
diftVrenza delle due specie parassite del fagiolo e della fava, ciie sono
uredinee autoiclie, questa invece è un'uiedinea eteroica, avendo bisogno
di due piante diverse per poter compiere l'intero suo ciclo di sviluppo.
Nelle forme spermogonica ed ecidiosporica si sviluppa comunemente sul-
V Eìipìiorbia cgparissiar. (erba cipressina) e talora su qualche altra specie
di Eìiphoròia; nelle foi'me uredo- e feìeutosporica invece attacca i Pismn,
i Lathyrus ed anche qualche specie di Vida.
Le due forme che attaccano l'erba cipressina, iniziando il ciclo di
sviluppo del parassita, producono nella pianta ospite strane deforma-
zioni così che le piante infette sono facilmente riconoscibili pel loro
aspetto anormale ed anche pel color giallo caratteristico che esse as-
sumono; esse più non fioriscono e formano fusti esili, semplici, con foglie
carnose, ellittiche, spesso contorte od a cucchiaio, cosparse di numero-
sissime fruttificazioni (spermogoni ed ecidi). Le ecidiospore, se arrivano
sulle foglie dei piselli, germinano producendovi la ruggine. Sulle foglie
e sui fusti compaiono allora dapprima numerose pustoline rotonde, di
color cannella o bruno ruggine e polverulente (uredosori), alle quali si
frammischiano più tardi (verso la fine del periodo vegetativo della
pianta) pustole di color nero, non più polverulente, che sono i teleuto-
sori. Questi sono dati dalle così dette teleidospore (spore ibernanti) che
mantengono in vita il parassita durante l'inverno e germinano poi alla
susseguente primavera, infettano l'eiba cipressina e ricominciano il
ciclo di sviluppo.
Giova quindi bruciare dopo il raccolto le piante di pisello infette
— 254 —
dalla ruggine eil altresì distiuggere l'erba cipressiiia che si riscontrasse
nelle vicinanze delle coltivazioni del pisello. K iiure vantaggioso l'uso
della poltiglia bordolese.
10) Avvizzimento o malattia di S. Giovanni (Fi(sarium vasin-
fectum var. Pisi).
Questa malattia del pisello è assai dilfusa in Olanda ove fu notata
e studiata da van Hall nel 1903.
Alcuni anni dopo venne riscontrata anche in diverse località della
Germania e studiata da Appel e Scliikorra. Le piante colpite durante
la fioritura, o subito dopo avvizziscono incominciando dall'estremità su-
periore, di poi a poco a poco seccano completamente.
Il parassita è localizzato alla base del fusto sul quale notansi (dal
colletto radicale sino all'altezza di circa un palmo dal terreno) delle
fini screpolature. Il nome di Malattia di S. Giovanni dato in Olanda
a questa alterazione è dovuto al fatto che, incominciando di solito il
male ad apparire sulla fine di maggio, il disseccamento delle piante ha
luogo verso la fine di giugno, cioè per S. Giovanni.
Per difendersi da questa malattia si consiglia di usare semi robusti
e sani, che germinino presto e bene e di distruggere subito le piante
che si mostrano malate. Bisogna altresì bruciare tutto quanto rimane
dopo il raccolto nei campi infetti, ed in questi non far seguire colture
di altre leguminose o di piante sulle quali il Fiisarium possa svilup-
parsi.
L'avvizzimento parassitario dovuto a specie di Fusariiim colpisce
anche altre leguminose (fava, lupino, ecc.).
11) Antracnosi del pisello. È causata dair^.sT0(7////« lisi Lib. e
si manifesta con alterazioni molto simili a quelle prodotte dall'antiac-
nosi del fagiolo. Colpisce tanto le foglie che i frutti del pisello come
di altre leguminose.
Sulle foglie produce macchie relativamente grandi, rotonde od ellit-
tiche, di color giallo bruno, spesso zonate con contorno più scuro. Sui
frutti le macchie sono più piccole, più sbiadite, spesso fra di loio con-
fluenti, alquanto incavate e con margine più scuro e rilevato. E assai
dannoso poiché fa seccare e cadere le foglie, deturpa i frutti e talora
le alterazioni si estendono agli stessi semi. Specialmente la varietà di
pisello detta Mangiatutto o Taccola può venire notevolmente deprez-
zata per causa di questo parassita.
Si può combattere efiìcacemente con poltiglia bordolese all'I, 5-2 ptr
cento facendo un trattamento alle piante ancora giovani (15-20 giorni
dopo la loro germinazione), poi, altri due ancora a distanza di una
quindicina di giorni l'uno dall'altro. Come cura profilattica si consiglia
— 255 —
poi di sradicare le piante malate e distruggere gli organi colpiti; inoltre
di usare semente sana non proveniente da campi infetti.
12) Cladosporium Pm Cug. et Mach. Determina una malattia nei
frutti del pisello sui quali produce delle chiazze nerastre a guisa di
pustole rilevate e lacere die ne deturpano l'aspetto e pongono ostacolo
allo sviluppo ed alla maturazione dei semi.
13) Phijìlosllcta Pisi West. Produce sulle foglie macchie rotonde
od oblunghe e sulla pagina inferiore si formano di poi piccoli punti
neri dovuti alle fruttiScazioni.
14) Sepioria Fisi West. Dà sulle foglie macchie bruno-chiare o
bianchiccie, grandi, irregolari, limitate dalle nervature.
15) Bì-achysporiiim Pisi Oud. Questo parassita, riscontrato in
Olanda, si appiglia alle giovani piantine di pisello producendovi mac-
chie nericcie.
D) Malattie della lenticchia [Lens esculenta Mueh.)
E DEL CECE {Ciccr ctrietìiuim L.).
La lenticchia può essere attaccata dall' Uredo lentis Lagli. e dal-
l'(7roMe/ce.s s/n'«^(s Schroet., urediuee che producono le .solite alterazioni
note sotto il nome di ruggine.
Inoltre, essa è anche attaccata dalla Peronospora Viciae (vedi Ca-
pitolo III, a, in Easser/na crittogamica 19(^9).
Sul cece possono svilupparsi i seguenti parassiti vegetali:
Ureclo Ciceris-arietini Grogn. od Uromices Ciceris-arietiiii (Grogn.)
Jaoz. et Boy., che producono sulle foglie la solita alterazione distinta
col nome di ruggine.
Ascochijta Pisi Lib., che causa la yaùbia del cece e del pisello
(vedi sopra, C, 11). Nel cece questo fungo oltre che alle foglie ed ai
frutti si appiglia frequentemente anche agli steli, causando il dissec-
camento parziale o totale della pianta, onde in questa forma la ma-
lattia riesce molto grave. (Pei rimedi, vedi sopra. C, 11).
256 —
ELENCO DEGLI ESAMI FATTI.
Maliittic della vite.
Peronospora \Plasmoiìarn ritirola (Berle, et Cnrt.) Beri, el DeTcìiii),
sopra foglie e gi'a|)i)oli inviati dalla Cattedra auibulaute di
agricoltura di Spoleto, dalla Cattedra ambulante d'agricoltura
di Riiiiini, da lirescia ecc. A Pavia e dintorni, e neir01tiei>ò
Pavese Esami N. 130
Oidio (Oidiiim Tucleri Berk.). Nell'Orto botanico ed in giardini di-
versi di Pavia e dintorni, a Groppello Cairoli ed in pareccliie
località dell'Oltrepò Pavese „ -15
BoTRYTi.s CINEREA Pers., SU tralci inviali in diverse liprcse dal Di-
rettore della Cattedra ambulante d'agricoltura di Kiiiiini (pro-
fessoie P. Frizzati) e sopra graiipoli in alcune località dt-1-
roitrepò Pavese n 1^
Marciume radicale (Dematophora iieralrix Hart.), sopia ladici di
vite inviate dalla Cattedra ambulante d'agricoltuia di Savona
e da Groppello Cairoli (sig. G. Calvi) , 6
Maugiuhe radicale {Armillaria melica Valli.), in ceppi di vite inviate
dal prof. F. Gabbrielli, direttore della Cattedra ambulante di
agiicolfnra di Sarzana „ 2
Antracnosi [Gheosporitim cinij^elopìtaffum (Pass.) Sacc], sopra tralci
inviati dalla Cattedra ambulante d'agiicoltnra di Savona, sopra
grappoli inviati dal prof. Giulio Catoni del Laboratorio di mi-
crografia e patologia vegetale di Trento, da Groppello Cai-
roli, ecc „ 10
RoT-BLANC {Coniothyi inm Diplodiella Sacc), sopra grappoli inviati
dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Bologna (pi'ofes-
sore Bertini) „ 2
AuREOBAsiDiUM ViTis Viala et Boyer var. all>:im Montemartini, sopra
foglie inviate dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Casti-
glione delle Stiviere e da Groppello Cairoli (sig. G. Calvi) „ 5
Cercospora VITICOLA (Ces.) Sacc, su foglie di viti americane da
Groppello Cairoli ed in orti dei dintorni di Pavia . . . „ 9
Alternaria Vitis Cavr., sopra foglie inviate dalla Federazione Ve-
ronese dei Consorzi di difesa della Viticoltura di Verona . „ 2
9
— 257 —
Fillossera, sopra viti inviate dalla signora Carlotta Franchi di
Pavia Esami N.
Anomala Vitis Fabr., sopra foglie inviate dalla (Cattedra ambnlante
d'agricoltura di Bologna e da quella di Lendinara . . . „ 4
Antispyla rivillei Staint. (larve), sopra foglie di vite (determina-
zione fattaci dalla R. Stazione di Entomologia Agraria di Fi-
renze) inviate dalla Cattedra amb. d'agricoltura di Spoleto „ 1
Cocciniglie (Targioiua vitis Sig ), sopra rami (determinazione fattaci
dalla R. Stazione di Entoinol. Agraria di Firenze) inviati dalla
Cattedra ambulante d'agricoltura di Spoleto (prof. F. Franco-
lini) , 1
FiTopTOsi, sopra foglie di vite nell'Orto botanico di Pavia ed in
diversi giardini della città e dintorni „ 10
Scottatura, colpo di sole, in grappoli inviati dal sig. G. Marchese,
direttore del Corriere del Villaijfjio di Milano „ 2
Rachitismo, in tralci inviati dal prof. Ilario Zannoni della Cattedra
ambulante d'agricoltura di Porto Maurizio „ 2
Malattie diverse, micelio ed essiccamento in seguito a lesioni
traumatiche in grappoli inviati dalla Cattedra ambulante di
agricoltura di Mantova; gallerie prodotte da insetti (apale)
causanti la morte di tralci inviati dal prof. V. Gobbetti della
Cattedra ambnlante d'agricoltura di Voghera; disturbi fisiolo-
gici causanti la morte di viti inviate dalla Direzione della Cat-
tedra provinciale agricola di Bologna e dalla Cattedra ambu-
lante di agricoltura di Voghera; alterazioni prodotte dal ful-
mine in tralci inviati dalla Cattedra ambulante d'agricoltura
di Casalmaggiore (Cremona) , 20
Malattie indeterminate, alterazioni delle quali non si è potuto pre-
cisare la causa in viti inviate dalla Cattedra ambulante d'agri-
coltura di Voghera; idem in altre inviate dal prof. Celeste
Malandrà direttore di quella di Lendinara; idem sopra foglie
inviate dal direttore del Comizio agrario di Este . . . „ 10
Totale esami N. 27.5
Malattie dei cereali.
Carbone del frumento [ Ustilago Tritici (Pars.) .Tens.], sopra fru-
mento airisolone della Costa presso Pavia e ad Albuzzano;
sopra frumento marzuolo americano inviato dal dott. Varisco
di Brescia, eco Esami N. 8
— 258 -
Ruggine del frumento (Pnccinia gramints t sp. Tritici), sopra fru-
mento (la Albiizzano e nei dintorni di Pavia . . Esami N. 12
Ruggine della secale (Pitc.nniagìaniinis f. sp. Secaìis), sopra secale
cereale in campi lungo il Ticino „ 6
Ruggine dell'avena {Purcima coronifern Kleb.), sopra avena in al-
cune località del circondario di Pavia „ 1"
Mal del piede [Ophiobolus herpotricìws (Fi'.) Sacc], sopra piante di
frumento a Cassino Po (Broni) in proprietà del sig. Montagna;
a Zinasco (prof. L. Brugnatelli); a Tortona inviato dalla Cat-
tedra ambulante d'agricoltura; a Milano dal sig. Giovanni
Marchese; a Casatisma; a Mezzana Corti; a Casteggio; a Mon-
tebello; a Verretto ; a Redavalle ed in molte altre località
dell'Oltrepò Pavese ; nei dintorni di Pavia; a Brescia, portatoci
dallo studente Villinpenta dalla tenuta del sig. Giovanelli; a
Parma inviato dalla Cattedra ambulante d'agricoltura: dalla
Cattedra ambulante d'agricoltura di Rimini, ecc ,,100
PiRicuLARiA Oryzae F.r. et Cav., sopra piante di riso da Zerbolò „ 2
Seftoria graminis Desm., sopra frumento in campi di Zerbolò e
nei dintorni di Pavia >. ^
Helmintiiosporium Oryzae, sopra piante di riso inviate dalla Cat-
tedra ambulante d'agricoltura di Pavia, di Mortara e da quella
di Mantova ,i 18
Cecidomyia destructor Sag., in piantine di frumento inviate dalla
Cattedra ambulante d'agricoltura di Mantova „ 2
ksG\ì\hWh-E.{Tylenchus Tritici Nadli.), in piantine di frumento inviate
dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Mantova e da quella
di Mortara » *
Malattie indeterminate. Da Lucca e da Teramo per mezzo delle
rispettive Cattedre ambulanti ci furono inviate delle spiclie e
dei semi di frumento in cui si notarono delle alterazioni che
non ci fu possibile precisare a quale causa fossero dovute „ 6
Totale esami N. 176
Malattie <le?li alberi da frutto.
TiccHiOLATURA DELLE FRUTTA [ Fiìsicìcicìiiim 2^iriiu/m (Lib.) Fuck.] e
[Fusicladiiim dendritiom (Wallr.) Furie], in gran quantità,
sopra mele e pere, del mercato di Pavia; in orti del sig. Ar-
chimede Binetti di Celatica (Brescia); sopra pere inviate dalla
— 259 —
Cattedra ambulante (ragricoltura di Castiglione delie Stiviere;
da Gioppello Cairoli (sig. Ct. Calvi), ecc Esami N. 64
Bolla del prsco [Exoascits deformans (Berle.) Fuck.], sopra foglie
di peschi fortemente attaccati alla E. Scuola Gallinidi Voghera:
pure una forte invasione sopra peschi a Celatica (Brescia) in
poderi del sig. A. Binetti; alla Scuola pratica di agricoltura di
Brescia ed in molti orti di Pavia e circondario . . . . „ 56
Ruggine del pero [Gi/mnosporaìigmiii Sabìnae (Dicks) Wint.], sopra
peri su largH scala in poderi del sig. A. Binétti di Celatica
(Brescia); sopra foglie inviate dalla Cattedra ambulante di
agriciiltura di Como; idem dal sig. G. Marchese direttore del
Corriere del Villaggio di Milano; idem da Civello (Como) per
mezzo del Corriere del Villaggio di Milano ; dalla Cattedra am-
bulante d'agricoltura di Spoleto, ecc „ 14
Ruggine del .susino (Puccima Pruni- spinosele Pers.), sopra foglie di
susino dalla Favorita (Monteleone) „ 2
Clasterosporum carpophilum (Lèv) Adii.), sopra foglie di Arme-
niaca all'Isolone della Costa presso Pavia; alla Favorita (Conte
Bolognini); in poderi del sig. A. Binetti di Celatica (Brescia);
sopra foglie di ciliegio inviate dalla Cattedra ambulante di
agricoli, di Piedimoute d'Alife (prof. D. Bellini); sopra peschi
dal Comizio agrario di Lendinara (prof. Malandrà); da Grop-
pello Cairoli ed in molti orti del circondario di Pavia . . „ 30
FoMEs ignarids (L.) Fr., sopra piante di pesco a Celatica (Brescia)
in podere del sig. A. Binetti „ 2
Marsonia Juglandis (Lib.) Sacc, sopra foglie di noce da Fobello
(Val Sesia) ; da Mirabello e da altre località del circondario
di Pavia „ 9
Ovularia necans Pass., sopra foglie di nespolo inviate dalla R. Scuola
pratica d'agricoltura di Brescia ed in orti alla Costa (Pavia) „ 8
Trichotecium roseum (Pes.) Link., sopra mele comperate snl mer-
cato di Pavia „ 2
Phyllosticta circumscissa Cok., sopra rametti di pesco inviati dalla
Cattedra ambulante d'agricoltura di Genova „ 2
Peronospora delle Cucdrbitacee [Pleismopeirei cubensis (Berk. et
Curt.) Humph.), sopra foglie di popone inviate dalla Cattedra
ambulante d'agricoltura di Spoleto. Si è diffusa con grave in-
tensità nelle melonaie della provincia di Pavia, distruggendo
quasi totalmente il raccolto „ 40
Fomaggine [Liniaciniei Citri (Br. et Pass.) Sacc], sopra foglie di li-
mone inviate dalla Direzione del Corriere del Villaggio Milano „ 2
— 260 -
Cercospoua cerasella Sacc, sopra foglie di ciliegio dalla Villa
Favorita (Monteleoiie) Esami N. 4
TiNGis pjRi Fabr., sopra foglie di pero (determinazione fattaci dalla
R. Stazione di Entomologia di Firenze) a noi inviate dal di-
rettore del Corriere del Villaggio Milano „ 1
Pseudomona s tumefaciens Erw. Smith., in radici di pesco da Lo-
nigo (Cattedra ambulante d'agricoltura) „ 2
Marciume delle frutta {Moni/in fructigena Pers.), sopra pere in-
viate dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di- Castiglione
delle Stiviere, da Voghera (R. Scuola d'agricoltura) e da Grop-
pello Cairoli, ecc „ 12
FiTOPTOSi del pero (P/u/lophis Piri Land.), lia fortemente attac-
cato piante di pero in poderi del sig. A. Binetti di Celatica
(Brescia); a Groppello Cairoli ed in giardini di Pavia . . „ 18
Melata, sopra foglie di cotogno inviate dal prof. F. Francolini
della Cattedra ambulante d'agricoltura di Spoleto . . . „ 1
LiTAsi. in pere comperate sul mercato di Pavia „ 4
Gloeosporium fructigenum Berk, sopia mele dal mercato di Pavia „ G
Cladosporium sp , pure sopra mele acquistate sul mercato di Pavia „ 2
Alternaria sp., sopra mele dalla Cattedra ambulante d'agricoltura
di S. Vito al Tagliamento „ l
Gommosi, provocata da Bhìjncliifefi, sopra rametti di ciliegio inviati
dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Castiglione delle
Stiviere r. 2
Malattie diverse. Dal prof. Remondino di Cuneo ci furono inviati
dei ramoscelli di pero che presentavano degli ingrossamenti
cancrenosi con necrosi midollare dovuti all'azione di insetti;
così pure ad insetti erano dovute alterazioni che presentavano
delle foglie di pero e di melo inviate dal prof. P. Frizzati di
Rimini e dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di S. Vito al
'ragliamento „ "'
Malattie indeterminate. Non ci fu possibile determinare a quale
causa fossero dovute le alterazioni che presentavano alcune
foglie di limone, di nespolo del Giappone e di Olea fragrans
inviate dalla Catt. ambul. d'agricoltura di Conegliano-Vittorio
in causa dello stato di deperimento nel quale arrivarono . „ 6
Cocciniglia rossa della Florida (Anpidiotus Ficus Comst. o C/irg-
somphalìis minor Beri.), sopra foglie di limone e di mandarino
inviate dal Comizio agrario di Genova „ 4
Totale esami N. .3U4
— 261
Malattie delle piaute da forag^gio.
Epichloe tiphyna (Pei's.) TiiL, sopra Poa trioialis in marcite di
Zerbolò e sopra graminacee nel lioscone Inngo il Ticino. Esami N. 7
Ruggine dell'erba medica ( Uroìiv/cea sln'atus Scliriit.), sopra erba
medica nell'Orto botanico di Pavia ed in medicai a Travaccò
Siccomario, Mezzanino, ecc « 16
Rhizoctonia violacea Tnl., sopra erba medica da Mantova (Cattedra
ambnl. d'agricolt.) ed in alcnni medicai dell'Oltrepò pavese „ 8
PsEUDOPEziZA Medicaginis (Lib.) Sacc, sopra piante di Medicaio nel-
l'Orto botanico ed in diversi medicai della provincia di Pavia „ 22
PsE0DOPEzizA Trifolii (Bìv. Beni.) Fnk]., sopra trifoglio inviato
dalla Direzione del Corriere del Villaggio di Milano ed in pa-
recchi trifogliai nel circondario di Pavia „ 18
PoLYTRiNciDM Trifolii Kzb., sopra trifoglio nei dintorni di Pavia „ 9
Ruggine del trifoglio [Vromìjces Trifolii (Pers.) De By.], sopra
trifoglio a Fobello (Val Mastallone), a S. Sofia (Pavia), ecc. „ 8
Peronospora Trifoliorum De i5y., sopra erba medica inviata dalla
Cattedra ambulante d'agricoltuia di Rimini e nell'Orto bota-
nico di Pavia „ 6
Cuscuta {Cuscuta epithymtim), in medicai nei comuni di Broni, Al-
barello Arnaboldi e Mezzanino „ 15
Malattie diverse. Il prof. Francolini della Cattedra ambulante di
agricoltura di Spoleto inviò delle piante di fieno greco (Trigo-
nella Foennm-graecutn L.) con alterazioni dovute a larve di
insetti ,1 2
Totale esami N. Ili
Malattie delle piante da ortaggio.
Ernia dei cavoli (PlasmodiopJiora Brassicae Wor.), in radici di cavoli
nelle ortaglie dei dintorni di Pavia Esami N. 20
Peronospora del pomodoro [Phytophthora infestans (Mont.) De-P>y],
sopra frutti di pomodoro inviati dalia Cattedra ambulante di
agricoltura di Itimini; da quella di Piacenza (prof. Zago); da
quella di Parma (prof. A. Bizzozzevo); da Fobello ed in molti
orti di Pavia e dintorni „ 45
Atti dell'Ut. Hot. dell' Vnìrersìli't di Piiviti — Serie II — Voi. XV. 22
— 262 —
I\[al dello sclerozio (Sclerotinia Libertianu Fuck.), in piante di
piselli inviate dal prof. P. Frizzati direttore della Cattedra
ambulante d'agricoltura di Rimini ; sopra piante di fava dalla
Cattedra provinciale d'agricoltura di Bologna . . Esami N. 6
Nebbia o mal bianco {En/siplie Poligoni DC), sopra piselli inviati
dal sig. Lorenzo Benedetti di Rocca di Mezzo (Aquila) . ,. 4
ZopFiA KizoPHiLA Rbli., ìu radici d'asparago da Groppello Cairoli
(sig. G. Calvi) „ 4
Antracnosi del pisello {Ascocliijta Pisi Lib.), sopra piselli inviati
dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Rimini e sopra cam-
pioni comperati sul mercato di Pavia « 26
Ruggine dell'asparago {Pnccinia Asparagi DO, sopra asparagi
inviati dal prof. D. Gibertini della Cattedra ambulante d'agri-
coltura di Forlì e da Groppello Cairoli „ 6
Mal vinato {Bhizortonia violacea Tul.), sopra radici di asparago
inviate dal prof. V. Gobbetti della Cattedra ambulante d'agri-
coltura di Voghera „ 3
Septoria Cdcurbitacearum Sacc, in orti di Pavia „ 2
BoTRYTis CINEREA Pers., sopra legumi di fagioli e di piselli acqui-
stati al mercato di Pavia „ 8
Epicoccum vulgare Cord., sopra legumi di fagioli dal mercato di
Pavia „ 4
Cladosporium herbarum (Pers.) Link., sopra legumi di fagioli dal
mercato di Pavia „ 5
Maorosporium communk Rabli., sopra legumi di fagioli dal mer-
cato di Pavia „ 4
Cladosporium Pisi Cug. et Macch., sopra piselli dal mercato di
Pavia ed in orti della città e dintorni „ 17
Cladosporium Lycopersici Plow., sopra frutti di pomodoro dal mer-
cato di Pavia „ 6
MoNiLiA cinerea Bon., sopra frutti di pomodoro inviati dalla Cat-
tedra ambulante d'agricoltura di Bologna ed in altri acquistati
sul mercato di Pavia „ 9
Alternaria Solani Sor., sopra frutti di pomodoro inviati dalla Cat-
tedra ambulante d'agricoltura di Riniini; da Groppello Cairoli
ed in molti orti di Pavia e dintorni „ 24
Septoria Lycopersici Speg., su foglie di pomodoro inviate dalla Cat-
tedra ambulante d'agricoltura di Riniini, da quella di Pia-
cenza e da quella di Parma „ 12
Fusariumerubescens App. et Ov., in frutti di pomodoro inviati dalla
Catt. amb. d'agric. di Rimini e nell'orto botanico di Pavia . „ 8
— 263 —
Septoria Petroselini var. Apii Br. et Cav., sopra foglie di sedano
inviate dal sig. L. Benedetti di Rocca di Mezzo (Aquila) ; da
Groppello Cairoli (sig. Calvi); nel nostro orto botanico ed in
orti di Pavia e dintorni Esami N. 20
Bacterium Briosii Pavar., sopra frutti di pomodoro inviati dalla
Cattedi'a ambulante d'agricoltura di Campobasso ; da quella di
Riraini; da quella di Parma; da quella di Piacenza; nell'orto
botanico ed in diversi orti del circondario di Pavia ed in di-
verse località della Riviera Ligure occidentale . . . . „ 35
F0SARI0M sp., sopra radici di peperone inviate dall'Unione agricola
bergamasca (Bergamo) e sopra radici di pomodoro dalla Cat-
tedra ambulante d'agricoltura di Rimini „ 6
Avvizzimento, dovuto a bacteri in piantine di peperone inviate a
diverse riprese da Bergamo (Unione Agricola Bergamasca) e
da Tortona (Cattedra ambulante d'agricoltura) „ 20
Trips cereauoji, sopra foglie e fratti di pisello inviati dal sig. L.
Benedetti di Rocca di Mezzo (Aquila) „ 4
Anguillule {Tilenchus rasiatrix Kuhn.), sopra piante di spinaci
inviate dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Voghera e
sopra cavoli a Pavia « 12
Ceuthorynchus sulcicollis, sopra piante di cavolo a Pavia . . „ 10
Malattie diverse. Brinosi prodotta da insetti indeterminati sopra
piantine di fagiolo dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di
Conegliano; ammaccature sopra frutti di pomodoro dalla Cat-
tedra ambulante d'agricoltura di Rimini ; radici di barbabie-
tole corrose da larve d'insetti dalla Cattedra ambulante d'agri-
coltura di Ravenna; sopra piante di pomodoro inviate dalla
Cattedra ambulante d' agricoltura di Parma si trovarono dei
bacteri e del micelio riferibile al genere Fusariiim; dalla Cat-
tedra ambulante d'agricoltura di Riraini furono inviate foglie di
pomodoro con alterazioni provocate da afidi » 18
Malattie indeterminate. La Cattedra ambulante d'agricoltura di
Rimini ci inviò delle piante di fagiolo con alterazioni di cui
non si è potuto determinare la causa „ 2
Scottatura o colpo di sole, sopra frutti di pomodoro inviati a
diverse riprese dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Pia-
cenza (prof. Zago) e dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di
Rimini « 18
Totale esarai N. 358
— 264 —
Malattie delle piante ornamentali e da fiori.
Graphiola Phoenicis (Mong.) Poit., su foglie di Phoenix dactylifera
(la Tripoli Esami N. 3
DiPLODTA Passerinfana Thiiiii., idem idem „ 2
Massariella Palmarum Maffei, idem idem „ 2
BoTRYTis vuLGARis Fi'., foi'te attacco in una [liantagione di Cal-
ceolaria che fu distrutta, nelle serre dell'orto botanico di Pavia;
in foglie di Dahlia inviate dalla Cattedra ambulante d'agri-
coltura di Genova; in foglie di pelargonio (Muffa dei pelargoni)
inviate dal prof. G. Panizzi della Cattedra ambulante d'agri-
coltura di Latisana (Udine), ecc „ 35
Phyllosticta Camelliae West., sopra foglie di camellia inviate dalla
Cattedra ambulante d'agricoltura di Sarzaua (Spezia) . . „ 3
PnyLLOSTicTA Magnoliae Sacc, sopra foglie di magnolia nell'orto
botanico di Pavia „ 6
Phyllosticta Begoniae P, Brun., sopra foglie di begonia nell'orto
botanico di Pavia „ 8
DiPLODiA AcAciAE Pcuz. et Sacc, sopra Acacia Baiìejana nella pro-
prietà Bosio a Pietra Ligure „ 2
Gloeosporiom AFFINE Sacc, sopra foglie di Hoya carnof:» a Zerbol»") „ 3
Phoma ]\[agncsii Bomm., sopra foglie di Phoenix inviate dalla Cat-
tedra ambulante d'agricoltura di Sarzana „ 2
Pestalozzia FUNEREA Desm., sopra rami di Araucaiia inviati dal.
prof. Marchese direttore del Corriere del Villaggio di Milano „ 2
Rdggine delle ROSE \ Phragmidlum suhcorlicium (Schrank) Wint.j,
sopra foglie di rosa inviate dalla Cattedra ambulante d'agricol-
tura di S. Vito al Tagliamento; nell'orto botanico ed in di-
versi giardini privati di Pavia „ 29
Ramolaria lactea (Desm.) Sacc. Grande infezione nelle piantagioni
di viole dell'orto botanico di Pavia ed in giardini della città
e dintorni „ 2U
Cocciniglie (Ceroplastes rusci), sopra foglie di fico inviate dal signor
G. Marchese direttore del Cor/w-erfe/ F27%.9io di Milano . . ,, 2
Anguillule, in radici di gardenia inviate dalla Cattedra ambulante
d'agricoltura di Genova ed in bulbi di giacinti nell'orto bota-
nico di Pavia che in gran parte furono uccisi „ 12
Grillotalpa (Grillotalpa ntlgaris Linn.), che distrusse molte piante
di fresia di una piantagione dell'orto botanico di Pavia . „ 10
— 265 —
Aphis mali Fabr., sopia foglie di melo inviate dalla Cattedra am-
bulante d'agricoltura di S. Vito al Taglianiento . Esami N. 2
Verme bianco {Meloloidha vulgai-ix), in radici corrose di Dahlia in-
viate dalla Cattedra ambulante di Genova „ 2
OiDiuM EvoNYMi-iAPONici (Arc.) Sacc, sopra Evonijmus japonicus
proveniente da Civitade Cammo per mezzo del Sig. G. Mar-
chese direttore del Corriere del Viìlaggio di Milano; nel nostro
orto botanico ed in vari giardini della città e dintorni. . „ 17
PuLviNARiA CAMELicOLA, sopra piante di Evoìiymus japonicus in giar-
dini di Pavia „ 5
Malattie divep.se. Ingiallimento di foglie di Magnolia dovute a
cause fisiologiche; alterazioni sopra foglie di Campanula pro-
dotte da insetti nell'orto botanico di Pavia „ 5
Malattie indeterminate. Il Consorzio agrario di Genova inviò delle
foglie di Geranio con alterazioni di cui non si potè determi-
nare la causa; la Cattedra ambulante d'agricoltura di Porto
Maurizio inviò piante di garofano con alterazioni prodotte da
funghi riferibili al genere Aìtemaria o Macrosporium di cui
perù non si è potuto determinare la specie per mancanza degli
organi di fruttificazione; così pure rimasero indeterminate le
cause che provocarono alterazioni sopra foglie di rosa e di
pelargonio inviate dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di
Campobasso ; sopra foglie di geranio inviate dalla Cattedra
ambulante d'agricoltura di Rimini non si riscontrò che del mi-
celio sterile ; idem sopra foglie di garofano inviate dalla Cat-
tedra ambulante d'agricoltura di Crema ■„ 12
Totale esami N. 184
Malattie di piante iiulustriali e forestali.
Mal bìaxco delle queucie {Oidium sp.), sopra querele a S. Leo-
nardo, Mezzanino, Albaredo Arnaboldi, Broni, Cassino Po, a
Brunate, a S. Maurizio (Cumo), nei dintorni di Pavia, dalla
Cattedra ambulante d'agricoltura di Forlì, ecc. . Esami N. 50
Mal del falgiietto [ArmilUtria mellea Wahl.ì, su gelsi in diverse
località del circondario di Pavia ,,12
CvcLocoNiuM OLEAGiNUM Cast., sopra foglie di olivo inviate dal Con-
sorzio agrario di Genova; dal brigadiere forestale di Boissaiio
(sig. E. Malco); dal prof. F. Francolini della Cattedra am-
bulante d'agricoltura di Spoleto, ecc „ 16
— 266 —
Antennauia elaeophila Moiit., sopra fuglie di Olivo inviate dal
Consorzio agrario di Genova; dalia Cattedra ambulante d'agri-
coltura di Spoleto; sopra rami inviati dalla Cattedra ambulante
d'agricoltura di Bergamo, ecc . Esami N. 15
Capnodium Tiliae Sacc, sopra rametti di Tiglio inviati dal profes-
sore Malandrà della Cattedra ambulante d'agricoltura di Len-
dinara „ 2
Gnomonia veneta Sacc. et Speg. {Glocospormm vahoidcum Sacc),
sopra rami di platano dal Comizio agrario di Pinerol»; idem
a Pavia dove si ebbe una forte invasione » 26
Cancuo del larice (Dasi/srhìjpha Wilìkommii Hart.), sopra rami di
larice dall'Isola liella (Lago Maggiore), sig. G. Pirotta . „ 5
Phyllostjcta MACULiFORMis Succ, sopra foglie di Castagno a liru-
nate (Como) ed in dintorni di Pavia ,12
Stagonospoka ulmifolia Sacc, sopra foglie di Ulmus a S. Maurizio
(Como) „ 2
TAPniuNA Ulmi (Fuck.) Job. {Éxoascus Ulml Fuck.), sopra foglie di
olmo dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Spoleto (pro-
fessore F. Francolini) „ 2
Melampsora FARINOSA (Peis.) Sclu'ot., sopra salici a Zerbolò e nei
dintorni di Pavia ,. S
Rhytisma acehinum (Pers.) Fr., sopra foglie di acero inviate dal
prof. C. Remondino dell'Ufiìeio agrario provinciale di Cuneo;
sopra altre da Lanzo d'Intelvi „ 6
Pat:ciNiA Buxi D. C, sopra foglie di Biixiis inviate dalla Cattedra
ambulante d'agricoltura di Lucca „ 2
Ruggine dei PIOPPI (^Melampsora popiilincihév.), sopra foglie di pioppo
dal prof. F. Francolini della Cattedra ambulante di Spoleto „ 2
Septoria Olivae Pass, et Tliiiin., sopra foglie di olivo dal profes-
sore Saracomenos di Corfìi (Grecia) „ 2
Phyllosticta sp., in foglie d'olivo da Coifù idem ,, 3
Gloeosporium Carpini Desm., sopra foglie di Carpinns da Fobello
(Val Sesia) „ 2
Fersa 0 seccume del gelso (Septof/loeum Mori Briosi et Cavara),
sopra foglie di Gelso inviate dalla Cattedra ambulante d'agri-
coltura di Piedimonte d'Alife, come pure in diverse località
della provincia di Pavia „ 25
Gaffa (Lebbra) {(iloeosporium oliiHinim d'Alm.), sopra frutti di
olivo iLal prof. E. Veglino di Alessandria „ 2
PEST.ALOZZIA FUNEREA Desui., sopra Arauctiria inviata dalla dire-
zione del Corriere del Villagjio di Milano „ 2
— 267 —
Mal dull'inchiostro (^Cori/neum pennciosum Briosi et Fanieti), in
castagni da Cuneo (prof. Eemondino); in multe località delle
Provincie di Lucca, di Pisa, di Genova, di Torino, ecc. Dalia
Francia .nei dipartimenti degli alti e bassi Pirenei, nel Limo-
sino, nella Montagna Nera, nelle Ardenne, ecc. . Esami N. 150
Lecanium Persicae Fabr., sopra rametti di gelso inviati dalla Cat-
tedra amb. d'agricoltura di Conegliano „ 1
Eryopiiyes Ilicis Cau., sopra foglie di Qiicrcits llex inviate dalla
Cattedra ambulante d'agricoltura di Spoleto „ 1
Dryomyia LicHTENSTEiNi F. Low., idem, idem „ 1
Eryophyes TiLiAE Pageust., sopra foglie di tiglio inviate dal Co-
mizio agrario di Pinerolo „ 1
PuNTERDOLO {Pìileotribus Olcae), sopra rami di olivo dalla Cattedra
ambulante d'agricoltura di Bergamo e da Boissano dal sig. E.
Malco, biigadiere forestale; idem negli oliveti di Taggia,
San Tiemo, ecc „ 20
Erin'osi {PìujUereus jHrjlandis), sopra foglie di noce inviate dalla
direzione del Corriere agricolo commerciale di Milano ■ • „ 1
Lytiiocolletis platani, lepidottero sopra foglie di platano inviate
dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Lucca . . . . „ 1
DiASPis (Diaspis penhigomi Targ.), sopra gelsi nei comuni di S. Leo-
nardo, Mezzanino, Albaredo Arnaboldi, Broni, Cassino Po, ed
a Brescia nella Scuola pratica d'agricoltura, ecc „ 40
Malattie diverse. Il sig. Bizzarri di Poggibonsi per mezzo del
Comizio agrario di Firenze inviò delle foglie di olivo con al-
terazioni dovute probabilmente a Brusca. Il direttore della
Cattedra ambulante d'agricoltura di Savona inviò un ceppo di
olivo affetto da carie; e sopra olive inviate dal sig. Bizzairi
abbiamo riscontrato dei bacteri che ne causarono il seccume „ L5
Malattie indeterminate. Il sig. Alessandro Pirotta dell'Isola Bella
(Lago Maggiore) ci inviò delle piante di Bhscìis morte in se-
guito a malattia di cui non si riusci a determinare la causa „ 2
Totale esami N. 429
Malattie di piante diverse.
Entyloma Ranun'cqli (Hon.) Scliriit., sopra foglie di Tianunridus Fi-
caria nell'orto botanico e nei dintorni di Pavia . Esami N. 12
PacciNiA Malvagearum Mont. , sopra Malva silvestris all'Isolone
della Costa presso Pavia; in orti, in giardini e nei dintorni
di Pavia ,, L5
— 268 —
Pdccinia Schmidtfana Diet. for. eridiosporka, sopra foglie di Leucojum
nel Boscone, Isolone della Costa presso Pavia . Esami N. 10
Urohycf.s Pisi De By. for. ecid., sopra piante di Euphorhia Ci/parissias
a Groppello Cairoli, Cava Carbonara, S. Pietro in Yerzolo, ecc. „ 14
Uromyoes Geranii Otti), et Wartin., sopra foglie di Genmium uodosum
da Fobello (Val Sesia) n 3
Uromyces Rumicis (Scluim.) Wint., sn foglie di Bumex, idem . „ 2
Uromyces Thapsi Bub., sopra foglie di Verhasmm Thaiì^m in dintorni
di Pavia r, 9
Phragmidium violaceom (Schultz) Wint., sopra foglie di Unbns nei
bosciii del Ticino presso Pavia „ 2
FusicL.^DiuM SouGi.-i Pass., sopra foglie di Sovfjhum lolepensc in pa-
recchie località della provincia di Pavia ,, 10
Melampsora Helioscopiae Cast., sopra Euphorbia alla Costa (Pavia) „ 3
FoMES iGNARiDs (L.) Fi'., sopra Salici a Trovamala, Torre Bianca,
S. Martino Siccomario, ecc '. „ 25
AscocHYTA obducens Fuck., sopra foglie di Spiraea Ulmaria a Fo-
bello in Val Mastallone „ 2
Malattie diverse. Il prof. P. Frizzati della Cattedra ambulante di
agricoltura di Riniini inviò delle piante di Ac/cratum che presen-
tavano alterazioni dovute ad ustioni prodotte da qualche so-
stanza caustica _ ,. 2
Totale esami N. 109
INFORMAZIONI E KICHRCHE VARIE.
Distribuzione di piante.
Analisi di polvere di senape {Sinapis niijra) ritenuta sofisticata e
clie fu trovata pura. Non era attiva forse percliè di già fer-
mentata Esami N.
Analisi di campione di materie polverose e semi impiegati come
insetticidi per combattere le tarle degli abiti, inviati dal si-
gnor Tosi di Busto Arsizio per mezzo del signor prof. Bru-
gnatelli. Sostanza riconosciuta composta di frammenti e brattee
dell'infiorescenza femminile e dei semi di HumiiUis lupiilìis e
di detriti di legno quassio (Picraeiin exrdsa) „
Analisi di pane sospetto ritenuto sofisticato e che invece non lo era,
dalla signora Maria Polto . • „
— 269 —
Analisi di feci sospette infette di Aw/ìilostoma duodenaìis per la Cli-
nica uftalmica. In esse si lisconti-arono solo peli vegetali . Es. N. 2
Esame di pepe sofisticato con altri grani che furono riconosciuti
per cariossidi di Coix lacrima, inviato dal prof. Tacconi di
Pavia „ 2
Esame di legno attaccato dal Mevulius lacrimans Schum., sopra assi
di pavimenti inviate dal signor dott. V.ittorio Pavesi di Pia-
cenza ,, 1
Determinazione di Biisciis Hypoglossum L. e informazioni sul suo
uso, inviato dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Cuneo „ 1
Determinazione di semi di Trigonella Foeiium-graecum L. per lo
studente sig. Giuseppe Tanzi di Saroniio „ 2
Determinazione di foglie e semi di piante inviate dal direttore della
Cattedra ambulante d'agricoltura di Saluzzo (prof Lessona);
idem da Cuneo (prof Remondino) „ 10
Determinazione di A^arum europaeum L. per il sig. dott. Aido Patta
di Pavia „ 1
Determinazione di Kopsia ramosa Dum. (Orohanche ramosa Lin.),
pianta parassita inviata dalla Cattedra ambulante d'agricoltura
di Genova „ 1
Determinazione ioìVOrobanche lìapum Tliuill. inviata dal sig. Gio-
vanni Marchese direttore del Corriere del Villaggio di Milano „ 1
Informazioni sulla moria dei castagni e sui modi di combatterla al
prof. Bonuccelli direttore della Cattedra ambulante d'agricol-
tura di Lucca; al Comizio agrario di Mondovi, ecc.
Informazioni sull'azione dell'estratto di tabacco contro le varie
specie d'insetti al dott. Luigi Niccoli Ispettore tecnico nelle
Manifatture dei tabacchi di Roma.
Informazioni sulla scottatura dei pomodori e suU' Alternaria Solani
al prof. Zago della Cattedra anib. d'agricoltura di Piacenza.
Informazioni sulla Unisca dell'olivo al sig. prof. Saracomenos, di-
rettore della Scuola d'agricoltura di Cortìi (Grecia).
Informazioni sui vari trattamenti da usarsi per il frumento onde
liberarlo dalle spore delle Ustilaginee al sig. dott. Giacomo
Calzolari direttore della Cattedra ambulante d'agricoltuia di
Bardolino (Verona).
Informazioni sulla Cocciniglia dell'olivo [l'hillipia oleae) che è causa
predisponente della furaaggine, al prof Bonuccelli direttore
della Cattedra ambulante d'agricoltura di Lucca.
Informazioni sul modo di combattere la Diaspis pentagona al si-
gnor dott. G. Zavaritt di Bergamo.
— 270 —
Deteniiinazione di Botrytis Bassiaiia Bals., sopra larve di Cncto-
campa inviate dal sig.prof. Marciiese Bargagli di Firenze. Es. N. 2
Deteriiiiiia/ione di piante fanerogame e crittogame vascolari (Drio-
fite e Pteridofite) raccolte dal personale del Laboratorio in
diverse escursioni. ...).. „ 160
Totale esami N. 192
Ilieci'clie scientifiche.
Oltre che all'esame del numeroso materiale inviato da enti morali
e da piivati, roperosità del Ijaboratorio crittogamico fu, come semine,
anche nell'anno testé decorso rivolta a ricerche scientifiche originali di
crittogamia, fìtopatologia, anatomia, fisiologia, ecc.
Lo scrivente esegui ispezioni nella Riviera Ligure di Ponente e
nella limitrofa regione della Cote d'A/ur in Francia per studiare la
diftusione delle cocciniglie in genere e della Diaspis pentagona in par-
ticolare; e per ricerche sopra diverse malattie crittogamiche: dell'olivo,
degli agrumi, delle rose, dei garofani, delle acacie, delle mammole, delle
violaciocclie, ecc., piante da fiore ivi coltivate su larga scala, che co-
stituiscono un importante articolo di commercio per quella regione.
Lioltre studiò insieme al prof. Pavarino una grave malattia della
violaciocca quarantina che compromette la larga coltivazione che di
tale pianta a fiori invernali si fa in diverse località della Liguria.
L'assistente Eodolfo Farneti compì diverse ispezioni nelle Pro-
vincie di Lucca e di Massa Carrara per ricerche intorno al marciume
radicale dell'olivo e per esperimenti in corso sulla moria del castagno
(Mal dell'inchiostro).
Il Farneti andò anche in Francia in missione ufiSciale unitamente
al prof. Luigi Montemartini (pure del nostro Laboratorio) e al profes-
sore Lissone di Cuneo, per esaminare la malattia dei castagni francesi
in rapporto specialmente alle sperienze in corso della ricostituzione dei
castagneti malati per mezzo dei castagni giapponesi ed americani.
I signori dott. Luigi Maffei e Malusio Turconi pubblicarono una
memoria nella quale sono studiate ed illustrate due nuove specie di
miciomiceti parassiti della SopJiora japonica ed un nuovo genere di
funghi della famiglia delle Cerafostoiìiataceae.
II dott. Gino Pollacci continuò l'opera Funyi Loiigohavcliuc cxskeati
(prima pubblicata dal prof. Cavara) portando a tei-mine un nuovo fa-
scicolo di 5U specie che vedrà presto la luce. Prosegui inoltre le sue
— 271 —
ricei'clie sulla Phisinodiophora Braasicae e sui rapporti di affinità mor-
fologica e fisiologica fra questo iiiixoniicete ed il parassita causa della
terribile malattia della rabbia. Continuò altri suoi studi sull'assimila-
zione del carbonio ed i risultati di tali ricerche saranno resi noti in
prossime pubblicazioni.
La signorina dott. Eva Mameli pubblicò in una estesa memoria
corredata da tavola i risultati di studi e ricerche sulla influenza del
magnesio nella formazione della clorofilla; inoltre institui ricerche sulla
parabiosi vegetale.
La signorina Rosa Bariohi studiò l'anatomia del Jequirity {Ahius
precatoriìis L.) e dei semi delle piante colle quali comunemente esso si
sofistica; ed il dott. Gino PoUacci ricercò le reazioni del suo principio
attivo (abrina) per potere riconoscere le sofisticazioni tanto del Jequi-
rity quanto dei preparati medicamentosi che con esso si allestiscono.
L'on. prof. Luigi Montemartini con ricerche anatomo-fisiologiche
iniziò lo studio delle vie acquifere delle piante sui risultati del qusle
ha di già pubblicato una prima nota.
I signoii prof. Luigi Pavarino e Malusio Turconi studiarono l'av-
vizzimento dei peperoni causato da una nuova specie di bacillo e pub-
blicarono le resultanze dei loro studi in una nota che trovasi in conso
di stampa.
II prof. Pavarino inoltie pubblicò due note intorno a studi fatti
sopra due malattie bactericlie, l'una deWAster chiiieiis/s e l'altra del
Dendrobium nobile.
Riassunto generale delle ricerche fatte ueirauiio 1912.
Malattie della vite Esami N. 275
„ dei cereali „ ,,17(3
„ degli alberi da frutto „ „ 304
„ delle piante da foraggio „ „ 111
n « „ 'la ortaggio , „ 358
„ „ „ ornamentali e da fiori .... „ „ 184
„ „ „ industriali e forestali .... „ „ 429
„ (li piante diverse „ „ 109
Ricerche varie e determinazioni di Fanerogame. Brio-
fite e Pteridotìte „ ,,19^
Determinazione di funghi per l'opera Fungi Longo-
bardiae exsiccafi „ „ 50
Totale esami N. 2188
— 272
Personale del Laboratorio ('rittof;aini('o al HI dieemhre ltU2.
Prof. Giovanni Briosi, direttore;
Prof. Rodolfo Farneti, 1" assiateìilc;
Mahisio Turcoiii, 2" assistente;
Palazzi Mario, inserviente straordinario.
Prestarono l'opera loro i .signori :
Dott. Gino Pollacci, aiuto all'Istituto botanico e libero docente dell'Uni-
versità di Pavia ;
Dott. Siro Luigi Malfei, 1" assistente all'Istituto botanico,
Dott. Eva Mameli, 2^^ assistente all'Istituto botanico.
Frequentarono il Laboratorio per ragioni di studio i signori :
On. Dott. Luigi Monteinartini, professore di Patologia vegetale alla
R. Scuola superiore d'agricoltura di Milano e libero ducente al-
l'Università di Pavia;
Dott. Luigi Pavarino, prof, di Scienze Naturali neila R. Scuola Nonnaie
di Pavia e assistente onorario dell'Istituto botanico di Pavia;
Dott. Rosa Bariola, laureata in Scienze naturali;
Dott. Anna Da Fano, « „ „
Pubblicazioni del Personale dell' Istituto durante l'anno 1912.
Giovanni Lriosi, Bassegna crittogamica dcH'annu 1011 con notizie sulle
malattie dei meliloti, dei latiri, del fieno greco, del trifoglio giallo, ecc.,
dooiife a parassiti regetali (in Bollettino Ufficiale del Ministero di
agricoltura, industria e commercio, anno XI, serie C, fase. A-tì,
Roma 1912).
Giovanni Briosi e Luigi Pavarino, Una malattia hatterica dcll<( " Mat-
tliiola annua L. „ (Bac'erium Matthiolae n. sp.). nota preliminare (in
Reiid. Accad. Lincei, voi. XXI, ser. 2, fase. 3. Roma 1912).
— — Bacteriosi della " Mattinola annua L. „ {Bactcrium Mattldolae n. sp.),
con due tavole colorate (in Atti Ist. Bot. Univ. di Pavia, serie II.
voi. XV, pag. 135-141).
Rodolfo Farneti, Intorno alla cleistogamia e alla lìossibililà della fecon-
dazione incrociata artificiale del riso, con una tavola (in Atti Ist.
Bot. Univ. di Pavia, serie II, voi. XII, pag. 3.51-362).
— 273 —
Rodolfo Parneti, Il mal del 'piede del frumento nel giornale 1' " Alba
Agricola,,. Pavia 1912.
— — La selezione del riso, nell' " Alba Agricola,,. Pavia 1912.
Malusio Turconi e Luigi Maffei, Due nuove malattie della " .Sophora
.Taponica Limi. „. Nota preliminare (in Rend. Accad. Lincei, vo-
lume XXI, serie II, fase. 4. Roma 1912).
— — Note micologiche e Jitopatologiche. Serie II. — 1 ." Un nuovo ge-
nere di " Ceratostoniataceae „. - 2.° Due nuovi mirromiceti parassiti
della " Sophora japonica Linn. „, con una tavola litografata (in
Atti Ist. Bot. di Pavia, serie II, voi. XV, pag. 143-149).
Gino Pollacci, Nw/f " Abrus precatorius L. „. Nota preliminare (in Rend.
Accad. Lincei, voi. XXI, 2' seni., pag. 420. Roma 1912).
— Nuove ricerche sull'assimilazione del carbonio (in Bull. Soc. Bot. Ital.,
1912, n. 9, pag. 208).
Eva M.\MKLT, Note di parabiosi vegetale (in Atti della Soc. per il Pro-
gresso delle Scienze, anno VI, settembre 1912).
■ - Sulla in/fuenza del magnesio sopra la formazione delia rlorofillo. con
una tavola (in Atti Ist. Bot. di Pavia, serie II, voi. XV, p. 1.51-205).
RcsA lÌARiOLA, Suir anatomia dell' Jequ/rifi/ {seme dell' "Abrus precato-
rius L. ,,) e dei semi delle piante comunemente usate per sofisticarlo.
Nota preliminare (in Rend. Accad. Lincei, voi. XXI, 2" seni., fasci-
colo 12. Roma 1912).
Luigi Montemartini, Ricerche anatomo-fisiologiclie sopra le vie acquifere
delle piante (in Atti Ist. Bot. di Pavia, ser. II, voi. XV, p. 109-134).
Luigi Pavarino, Batteriosi dell' " Aster chinensis L. „ {Bacillus Astera-
cearum n. sp.) (in Rend. Accad. Lincei, voi. XXT, 1° sem., fase. 8.
Roma 1912).
— Avvizzimento del " Dendrobium nobile Lindi. „ (in Rivista di Patol.
veget., anno V, n. IG e 17. Pavia 1912).
ISTITUTO BOTANICO DKLLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
11IRKTTI
da GIOVANNI BRIOSI
SULL'ANATOMIA DEL JEQUIRITY
(Seme àeìVAòi'tf.s precafoè'itfs L.)
E DEI SEMI DELLE PIANTE COMUNEMENTE USATE
PER SOFISTICARLO/
NOTA PRELIMINARE
della Dott. ROSA BARIOLA.
Il seme AeWAbrus precatorius L. (Jequirity) ebbe fin dai tempi più
antichi applicazioni varie; oggidì esso viene largamente usato in tera-
peutica, specialmente in oculistica, e recentissimamente venne applicato
dal prof. Roberto Rampoldi alla cura di alcune forme di cancro.
Come fece notare recentemente anche il dott. Gino Pollacci, ^ i
semi di Abrì(s precatorius, non ostante il loro aspetto singolare, si pos-
sono facilmente confondere con quelli di altre leguminose: quali i semi
di Rhijìichosia precatoria o phaseoloides D. C; di Adettanthera pavonina L.;
di Ormosia dasijcarpa .Tacks; tutti pure di un colore rosso vivace e tal-
volta provvisti anche della maccliia nera, benché in posizione diversa
da quella dei semi AeWAbrus.
L'anatomia del seme à&WAbnts non fu studiata sin' ora, in modo
esauriente, da nessun autore ; ^ né alcuno studiò la struttura dei semi
delle specie sopra citate, che gli assomigliano e che, involontariamente
0 per frode, si impiegano per sofisticare i preparati farmaceutici a base
di Abrus.
' Vedi nota preliminare: L'end. li. Accad. Lhicei, voi. xxi, Ser. .5,2'' Sem.,
p. 859.
^ G. Pollacci, SulPAbnis precatorius L. (^Acc. Lincei, .\xi, pag. i-2U, ]!tl2).
' L'unico che se ne sia occupato, ma in modo incompleto, è stato il Ticho-
mirow (W. TiCHOMiRow, Die paferiìosterholinen Abrus precettori ii s Ij. mit
eiiiigeii amlereìi Papilionaceen-saiiien rert/lic/wii, Moskau, 1884).
Atti (ìeirist. Hot. dfll' Università di ravia - Serie II - Voi. XV. 23
— 276 —
Inoltre, fin'ora non si sono messe in chiaro le differenze morfolo-
giche che possano permettere di distinguere all'aspetto i semi ddl'Ahrint
prer(ttorÌHs da quelli che loro somigliano.
Lo studio anatomico e micro-chimico di questi semi è quindi im-
portante non solo dal lato istologico, ma altresì da quello farniacogno-
stico, poiché le differenze di struttura insegneranno a distinguere in
modo sicuro i semi e le polveri à&WAhrus dai semi e dalle polveri che
comunemente servono per sofisticarli.
Nella presente Nota preliminare espongo alcuni dei pili importanti
risultati che su tale argomento fin'ora ho ottenuto.
Differenze morfologiche. — I semi iì%\VAbrus precatorins sono ovali o
rotondeggianti, di color rosso scarlatto vivace, muniti assai spesso, ma non
sempre, di una macchia nera nella regione dell'ilo; talvolta sono anche
rosei 0 biancastri con una macchia giallastra nella stessa posizione.
I semi della Bhynchosia phaseoloides, molto simili a quelli deWAljv/is,
sono un poco più piccoli, e la macchia nera è in essi molto piìi estesa
e in posizione diversa; essa ricopre la metà circa del seme, e trovasi
nella regione opposta alla chilariale. Quest'ultima, inoltre, è più estesa
longitudinalmente, ed è a labbra più sporgenti.
NeWOrmosia dasycarpa i semi sono molto più grossi, di un rosso
più 0 meno vivace e forniti di una larga macchia nera, quasi triango-
lare, che dalla regione chilariale, assottigliandosi, giunge fin quasi al-
l'estremità opposta del seme. La regione chilariale, assai infossata, .si
trova ad uno dei poli del seme.
I semi deWAdenanthera pavonina sono più grossi di quelli dell'^ir^s,
cuoriformi, biconvessi e a margine assai marcato. Hanno tegumento duro,
di un colore rosso meno vivace di quello deWAòrus; e la fossetta chi-
lariale, assai piccola, è posta al vertice più acuto del seme.
Differenze anatomiche. — Gli strati di cellule che compongono il
tegumento dei semi d^WAbrus precaiorius variano di numero a seconda
della regione del seme; cioè a seconda che si tratti della regione chi-
lariale 0 di punti distanti da essa.
Nelle porzioni di tegumento lontane od opposte alla regione chilariale,
il tegumento si compone di quattro strati.
II primo consta di cellule a palizzata (cellule malpighiane), allun-
gate a forma di bastoncino, avvicinate le une alle altre e disposte nor-
malmente alla superfìcie del seme. Questo strato occupa la metà circa
dello spessore del tegumento, e le sue cellule, nella parte basale, pre-
sentano uno 0 due rigonfiamenti laterali. 11 loro lume non è uniforme:
quasi lineare alla sommità della cellula, segue poi un decorso ondulato,
lincile nella parte basale si allarga seguendo i rigonfiamenti suddetti.
— 277 —
Tanto il plasma quanto la membrana cellulare contengono una sostanza
colorante rossa, solubile in acqua. In queste cellule si riscontrano a
volte taluni corpi che probabilmente sono avanzi nucleari.
La linea lucida decorre vicinissima alla membrana di livestimeiito.
11 secondo strato è costituito da cellule a colonna, di forma ca-
ratteristica, allungate e disposte normalmente alla superficie del seme,
formando come un colonnato ricco di spazi intercellulari, ripieni d'aria.
Superiormente esse sono allargate a guisa di capitello, e per mezzo di
numerosi pori-canali comunicano con le cellule mali)igliiane. Indi le cel-
lule, per un tratto, si assottigliano, diventando quasi cilindriche; i)ùi
si fanno gibbose, con rientranze e sporgenze a corte braccia che si
innestano a quelle delle cellule vicine. Il contenuto plasmatico è gra-
nuloso. La porzione inferiore di queste cellule, irregolarmente ingros-
sata, ripiegata e contorta, si anastomizza con lo strato sottostante.
Il terzo strato, " strato profondo „, è costituito da elementi paren-
chimatici, disposti tangenzialmente alla superfìcie del seme e ricchi di
sostanze tanniche.
Il quarto, finalmente, è uno strato endospermatico rudimentale, cìie
consta di tre o quattro serie di cellule irregolarmente poliedriche, un
po' allungate tangenzialmente, quasi quadrangolari.
Il limite estremo di questo strato è dato da una specie di mem-
brana, la " membrana limitans „ di Tichomirow, la quale con cloruro
di ferro dà la reazione delie sostanze tanniche.
Nella regione chilariale la struttura del tegumento si differenzia no-
tevolmente da quella suddetta, sia per il numero degli strati, che va
aumentando, sia per i nuovi elementi che vi si riscontrano. Al di sopra
dello strato di cellule malpighiane (notevolmente più corte) è un altro
strato formato anch'esso da cellule malpighiane, dette " di rinforzo »,
nelle quali non è visibile la linea lucida. Il limite superiore di queste
cellule è quasi sempre mascherato da avanzi del funicolo, che formano
talvolta un robusto strato. Al di sopra di questo si nota un terzo strato
di cellule malpighiane, più corte delle altre, delle quali il Tichomirow
non fa cenno.
Invece delle cellule a colonna, nella regione chilariale vi è mi
tessuto assai spesso, formato dapprima da cellule poliedriche compatte,
poi da cellule stellate a larghi meati intercellulari. Entro quest'ultimo
tessuto si trova la lamina chilariale, un organo caratteristico che non
è descritto dal Tichomirow. In sezione trasversale essa presenta la
forma di una bottiglia che si assottiglia nella fessura circoscritta dalle
valve chilariali; è formata da tracheidi a cellule irregolarmente rom-
boidali, allungate secondo l'asse maggiore della lamina stessa, con areo-
lature molto fitte ed orbiculari.
— 278 —
Questo tessuto è circondato da una guaina, formata da tre o quattro
serie di cellule pareuchimaticlie prive di contenuti), allungate nel senso
stesso dell'organo, e incurvantisi nei tessuti sottostanti.
La lamina cliilariale, trattata con cloruro di zinco iodato, dà la
reazione della lignina, mentre i tessuti pericliilariali assumono una co-
lorazione turchina. Seguono più internamente: lo strato profondo e lo
strato endosperniatico, più sviluppato che non nelle rimanenti porzioni
del tegumento.
Nei cotiledoni l'epidermide è costituita da un solo strato di piccole
cellule poligonali, quasi isodiametriclie. Il tessuto fondamentale consta
di cellule più grandi, rotondeggianti o poliedriche, un po' allungate, a
pareti ispessite ma a rientranze e strozzature così marcate da dare
l'aspetto di un ispessimento gibboso, attraversato da numerosi canaliculi.
In tali cellule mancano l'amido e l'aleurone. I cotiledoni sono percorsi
da numerosi fasci fibro-vasali.
I cotiledoni dei semi, che si possono scambiare con quelli deir.4èn<s
precatorius, presentano invece le seguenti caratteristiche:
h'hi/iichosia phaseoloides. D. C. — Il tessuto cotiledonare di questa
specie è formato da cellule irregolari, le cui pareti sono molto meno
(ma più regolarmente) ispessite, e il cui lume cellulare è assai più ampio
che non \\t\\ Abrus precatorius. Inoltre, è notevole in esse la presenza
di gran quantità di amido, che manca aifatto nei semi dell'^iras.
Onnosia dasìjcarpa, Jacks. — I cotiledoni di questa specie sono for-
mati da cellule irregolari, le cui pareti sono fortemente ispessite, onde
il lume cellulare è molto ridotto, con forma irregolarmente stellata. Gli
ispessimenti sono fortemente gibbosi e molto irregolari. L'aspetto, quindi,
di queste cellule, è ben diverso da quello delle cellule corrispondenti
deWAbriis precatorius.
Adenanthera pavonina L. — Le cellule del tessuto cotiledonare in
questa specie sono molto grandi, a sezione rotondeggiante o quadran-
golare, a pareti poco ma regolarmente ispessite. Il lume loro è relati-
vamente molto ampio e contiene grossi granuli d'aleurone con cristal-
loidi e numerosi cristalli di ossalato di calcio: caratteri questi suffi-
cienti a distinguere questi semi da quelli deWAòrus.
Caratteri diagnostici della polvere di '" Abrus precatoriun , L- — Nella
polvere dei semi di Abrus precatorius (privati dei tegumenti) si do-
vranno quindi trovare soltanto i seguenti elementi:
]." frammenti di tessuto epidermico cotiledonare formato da cel-
lule assai piccole, poliedriche, quasi isodiametriche;
2.° frammenti di tessuto interno, dato da cellule più o meno ro-
tondeggianti, con pareti a ispessimenti gibbosi percorsi da numerosi
canaliculi;
— 279 —
3." elementi fibro-vascolari;
5.° goccie d'olio, riconoscibili al color rosso che assumono con
la tintura d'Alcanna.
Questa polvere non dovrà invece contenere: cellule a pareti con
piccoli ispessimenti gibbosi, regolari, e granuli d'amido (Bhijnchosia pha-
scoloiJes); cellule a pareti fortemente e irregolarmente ispessite {Onnosìa
dasijcarpa) ; cellule a pareti poco ma assai regolarmente ispessite, né
granuli d'aleurone né cristalli d'ossalato di calcio {Adenanthera pavonina).
Per ciò che riguarda i caratteri chimici; se la polvere di Abrus è
pura, essa deve colorarsi:
con acido nitrico, ' in giallo canarino (colorazione stabile);
con tintura di iodio, in giallo, che presto scompare;
col cloroformio, in rosa-pallido permanente.
Per quanto concerne gli altri semi:
con acido nitrico, le polveri di Eìujvchosia phaseoloides, di Ormosia
dasy carpa e di Adenanthera pavonina non danno nessuna colorazione;
con tintura di iodio, la polvere di lìhijncìiosia pliasculoides si co-
lora in violetto, pei numerosi granuli d'amido che contiene;
quella di Ormosia das>/carpa si colora invece in rosso-aranciato,
colore che scompare dopo un po' di tempo ;
quella di Adenanthera pavonina, infine, in giallo-avana persistente.
Col cloroformio, le soluzioni acquose delle polveri di Ehynchosia pha-
seoìoides, di Ormosia dasijcarpa e di Adenanthera pavonina, non si colo-
rano, ma diventano leggermente opalescenti.
Istituto Botanico di Pavia, dicembre 1912.
G. POLLACCI, loc. Cit.
ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LAI50RAT0III0 CIUTTOG AMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI
SULLA BIOREAZIONE DEL TELLURIO
E
SULLA SUA APPLICAZIONE PRATICA
AGLI
STUDI DI FISIOLOGIA E DI PATOLOGIA VEGETALE.
NOTA PRELIMINARE
del Dott. GINO POLLACCI
libero docente di Botanica ed aiuto presso ristituto Botanico della H. Università di Pavia
{con tuia Jìf/icra).
Coni' è noto il Selnii ' fino dal 1875 trovò elle le muffe vegetanti sopra
sostanze organiche, in jìresenza di arsenico metHllico od ossido arse-
nioso, erano capaci di dar luogo allo sviluppo di composti gasosi arse-
nicali. Il Gosio ' nel 1891 caratterizzt) ed isolò diversi microrganismi
cajiaci di questa attività ed utilizzando culture pure trovò pei' ([uali
composti d'arsenico questa proprietà si presenta più spiccata, quali con-
dizioni la facilitano, quali l'ostacolano. 11 Maassen ^ nel 1902 seguendo
l'indirizzo sperimentale del Gosio potè mettere in rilievo che anche il
tellurio ed il selenio vengono digeriti dal PenicilHum brevicmile con svol-
gimento di un gas, che nel caso del tellurio può, nei riguardi organo-
lettici, confondersi con quello dell'arsenico.
Le esperienze dei numerosi Autori che si occuparono in seguito di
tale importante argomento, dimostrano che un campo nuovo, fecondo
di pratici risultati, si è aperto con la scoperta delle bioreazioui del-
l'arsenico, del tellurio e del selenio.
' Ski.mi, O.sserrasioiN ttu/lo svilKpjio il'/droyeiio iia.sccii/e lìallv iini//'<\ Bo-
logna, 1875.
* Gosio, Congresso d'igiene tenuto a Londra nel 1891.
^ Maassbn, Arb. Kais. Gesuiulheitmint, 1902, pag. 475.
Alti rìeirisf. Boi. dell' Università di Pavia — Serie II — Voi. XV. 24
— 282 —
Ora tali reazioni io ho voluto studiare anche in rapporto alla pa-
tologia vegetale, scegliendo quale reattivo i tellurili che sono più spe-
cifici dell'arsenico, meno decomponibili dei seleniti (indipendentemente
dalla vita di microoiganismi) e che danno una reazione nera molto più
facilmente visibile e quindi più apprezzabile che non la debole colora-
zione rossa data dai seleniti.
Le mie ricerche furono volte a studiare il comportamento del
plasma delle piante superiori in contatto con i telluriti, in confronto
col plasma dei microrganismi, specialmente di quelli parassiti delle
piante stesse.
Intanto, comunico il risultato ottenuto studiando l'azione del tei-
^ 283 —
lurito di sodio su radici di Bmnsica immuni da parassiti e su radici
delia stessa pianta affetta invece da Plasmodiopliora Brassicae Wor.
Mi riserbo in seguito di pubblicare i risultati delle ricerche in corso
sopra numerosi parassiti vegetali.
Se radici vive di cavolo invase da Plastncdiophora, ammalate cioè
della cosi detta Ernia del cavolo, vengono messe, dopo essere state lavate
accuratamente con acqua sterilizzata, entro soluzione acquosa di tellu-
rito di sodio all'I per 25000, alla temperatura ambiente, entro 40-50 ore
riducono il metalloide, provocando una coloi azione evidentissima ne-
rastra della soluzione acquosa.
Il tessuto ipertrofico ammalato si colora anch'esso e sviluppa un
gas con odore caratteristico simile a quello di certe fosfine e che può
confondersi con quello agliaceo dell'idrogeno arsenicale.
Invece radici vive e sane di cavolo immerse nello stesso soluto
ed ivi lasciate anche per tre o quattio giorni rimangono incolore ed
incoloro rimane il liquido; solo dopo cinque o sei gioiiii, incomincia a
manifestarsi in tale soluto una leggera reazione dovuta, credo, a mi-
croorganismi che si sviluppano nel mezzo umido in cui le radici sono
immerse ed imputridiscono.
La figura che accompagna questa nota riproduce una fotogiafia di
(lue provette, l'una («) contenente pezzi di radice di Brassica attaccata
da Plasmodiophora e l'altra (/S) pezzi di radice sana di Urassica dopo 48 ore
di immersione in soluto acquoso di tellurito ili sodio all'I per 25000.
La reazione, come si vede, è evidentissima e non hiscia dubbio.
Da tale risultato si deduce che dalle i)iante supeiiori, almeno nel
caso della Biassira. il tellurio non viene lidotto od almeno se lo è, lo
è molto lentamente ed in modo ben diverso da quello usato dal micete;
si deduce inoltre che la Plasmodiophora Brassicae Wor, ha il potere, non
solo di ridurre intensamente il tellurito di sodio, ma anche quello di
provocare una sintesi.
Non è ora il caso di discutere diffusamente le importanti i ieerche del
Gosio sul Penicillium brevicaule come rivelatore dell'arsenico, per la ca-
pacità che esso ha di fabbricare delle sostanze di odore agliaceo, cioè
delle dietilarsine, anche quando esso è in contatto solo con tracce di
arsenico; dirò solo che anche la Plasmodiopliora è capace di esplicare
con il tellurio un lavorio di sintesi analogo a quello che il Penicillium
opera con l'arsenico.
La Plasmodiophora cioè produce a contatto col tellurito di sodio
dei composti alcoolici ad odore fortemente agliaceo, dovuto alla forma-
zione di dietiltelhirine omologhe alle dietilarsine. Secondo il Gosio non
sono capaci di compiere questo processo sintetico, né gli Sckizomiceti, né
— 284 —
i Saccaromiceti; gli Ifomiceti invece si. La posizione sistematica delle
Plasmodiopkoracee non è ben piecisata per ora, certo è che è molto
vicina alle Acrasieae dei Mixomiceti ed lia proprietà rispetto al tellnrito
identiche a quelle degli Ifomiceti e diverse da quelle degli Schizomiceti e
dei Saccaromiceti.
In grazia della suddetta leazione pressoché nulla o per lo meno len-
tissima sopra i tessuti vivi della pianta superiore e manifesta invece
in quegli esseri inferiori che vivono su di esse quali parassiti, è lecito
sperare utili applicazioni specialmente nel campo della patologia vegetale.
È necessario estendere a grande luimeio di niiceti patogeni le ri-
cerche suddette, per [lotere generalizzare conclusioni clje possono molto
interessare oltre che la patologia anche la sistematica degli esseri
inferiori.
Ricerche esploiative in tale senso iniziate mi farebbero credere
che anche altri parassiti vegetali, oltre alla Plasmodiophora, iianno tale
proprietà, ma i risultati definitivi delle licerche saianno oggetto di altra
e più completa pubblicazione.
Istituto Botanico di Pavin, ;;fiiiiaio 1914.
ISTITUTO BOTANICO DELLA H. UNIVERSITÀ DI l'AVlA
E
LABOIÌA.TORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIKKTTI
da GIOVANNI KRIOSI.
SULL' " ABRUS PREC ATOMUS „ L.
RICERCHE
del Dott. GINO POLLACCI
libero docente di Botanica ed aiuto presso l'Istituto Botanico dell'Univi rsità di Pavia '.
{Con lina tavola litografata a colori, tav. XYIU).
Nella pratica medica era sentita la necessità di avere nna rea-
zione sicura dei medicamenti derivati AM' Abrus precalorius L , la quale
permettesse al medico, al farmacista od al chimico, di assicurarsi rapi-
damente e con facilità se questi semi ed i medicamenti da essi estratti
provenissero veramente dair^/^r»s precatorhts oppure da qualche altro
seme a questo simile \)tr caratteri morfologici.
Molti studi furono fatti sul^ylA?7^'; jjrecatorius dal punto di vista
clinico, chimico, farmacologico, fisiologico, botanico e tossicologico, in
ispecie dopo il 188L', epoca nella quale l'oculista De Wecker introdusse
tale droga nella terapia oculistica; nessun autore però ha fatto cono-
scere una reazione che avesse i requisiti suddetti.
Il trovare una tale reazione pratica è invece cosa assai utile per
la grande importanza che tali semi hanno acquistato nella teraiìia e
perchè le sofisticazioni di questa droga sono frequentissime e non facili
a scoprirsi; cosi è capitato a diversi clinici di imprendere le loro cure
con estratti di semi di Onnosia dasi/rarpa Jacks. credendo di usare
dei derivati di Abnis precaforius. Io stesso mi sono rivolto per avere
di tali semi per i miei studi, a medici, a stabilimenti botanici e farma-
ceutici ed a commercianti diversi, tanto in Italia che all'estero, ed ho
ricevuto da essi sotto il nome di Jeqnirifij dei semi di piante diverse.
' V.?di anche la Xota preli minare dal titolo: Siili' • Ahnis /irccalor/ds ■ L. in
li.'ii.liconti della R. Accademia dei Lincei, Voi. xxi, .serie 5'', 1" soniestre, fase. H.
Alti deU'Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Serie II. — Voi. XV. 25
— 286 ~
quali di Rhynchosia phaseoloides D. C, di Ormosia dasi/carpa Jacks. e di
Adenanthem pavonina L., semi, si noti, che non hanno le proprietà me-
dicamentose per le quali si impiega ì'Abrus preratorins L. Tale fatto
spiega i varii risultati talvolta contradditori ottenuti in terapia col-
V Abnis, e la sostituzione non deve meravigliare, poiché i semi delle piante
suddette presentano caratteri morfologici tali che sono talvolta poco
dissimili da quelli deir^i!»rMs precatorius, il quale si presenta sovente
con colore, volume e peso vari. La polvere dei semi poi non oiFre ca-
ratteri diagnostici differenziali praticamente e facilmente apprezzabili;
né si possedevano finora reazioni caratteristiche per i loro estratti ed i
loro infusi. E notisi che l'importanza di poter distinguere la vera droga
da quella sofisticata è in questi ultimi tempi anche accresciuta, poiché
non solo essa ha larga applicazione nell'oculistica, ma oggidì si impiega
nella cura di alcune forme di cancro, in seguito alle l'icerche del pro-
fessore Roberto Rampoldi.*
Ora queste mie ricerche hanno appunto per iscopo, anzitutto di fis-
sare bene le differenze morfologiche che esistono fra i semi deW'A/jrus
e quelli che più frequentemente si trovano in commercio col nome di
Jequirity , inoltre di trovare una reazione chimica caratteristica che
permetta di distinguerli gli uni dagli altri, specialmente quando si pre-
sentano sotto forma di polvere o entrano negli estratti, nelle pomate e
negli altri prodotti farmaceutici.
I caratteri morfologici del seme non hanno grande importanza pra-
tica perché sono molto incostanti; in ogni modo è bene tener presente
che i semi del vero Abnts precatorius che si trovano in commercio
hanno per lo più i seguenti caratteri:
II seme ovale è per lo più lungo 6-7 millimetri e largo 5 millimetri; il
suo tegumento seminale ha colore rosso vivo con una macchia nera in cur-
rispondenza dell'ilo (vedi tav. XVIII, fig. 5). Ma trovansi pure dei semi
di vero Abrus rossi e privi della macchia nera sul tegumento (come in
fig. 6, tav. XVIII), oppure semi aventi la macchia nera, ma che, invece
di essere colorati in losso vivo, lo sono talvolta in rosa pallido (vedi
fig. 7), tal'altra in rosso mattone (fig. 8), altri senza macchia nera e di
color iosa chiaro (fig. 9), altri senza macchia nera, e di colore bianco
giallastro (fig. 10), altri aventi il tegumento di color bianco giallastro
e macchia nera (fig. II). Altri infine, molto rari però, hanno dimensioni
doppie e triple delle sopradette (vedi fig. 12), altri di eguale grossezza
ma con macchia avente un disegno meno regolare (vedi fig. 13 e 14).
' Rampoldi Roberto, pai-ecchie note e memorie negli Aìinali di oftalmologia,
anni 1907-1908 ed in Gionidlc Halimw delle malattie ceneree e della pelle, vi, 1911.
— 287 —
Da questi dati si deve dedurre che né le dimensioni né il colore
dei semi servono ;i caratterizzare il Jequiritij, però è costante il fatto
che quando nel tegumento seminale (\.&\Y Abrux precatoriits è presente la
macciiia nera, questa è localizzata costantemente nella regione dell'ilo
(vedi figure 5. 7, 8, 11, 12, 13, 14). Ciò non succede mai neppure nei
semi di Rhijncho4a phaseoloides \j. che si avvicinano di più per dimen-
sioni e per colore a quelli del vero Abnis (vedi tìg. 15).
Trattando la [xdvere dei semi dei veri Jequiritij con diversi rea-
genti, ilo tiovato che neli'^èr«s precatorius vi sono diverse sostanze
facilmente solubili in aci]na fredda, delle quali una localizzata nel te-
gumento seminale, e che, in presenza di potassa caustica, dà una colo-
razione rosso bruna (vedi fig. 3) ed un'altra contenuta nei cotiledoni,
che con acido nitrico dà nna colorazione giallo canarino (vedi fig. 1).
Quest'ultima reazione, com'è noto, è comune alle albumine, ma essa
diventa una leazione diagnostica importante per V Abrtis, poiché sostanze
solubili in acqua fredda ed aventi tali proprietà non sono contenute nei
semi di Ormosia, Rliynchosia ed Adenanthera coi quali si confondono
facilmente in commercio i semi del Jequiritij. Anche i semi delle molte
altre leguminose da me esaminati, come altresì quelli del Eirino e del
Croton, ecc. che, com'è noto, contengono principii attivi molto vicini a
quelli deWAbriis precatoriiis, non danno tale reazione. La colorazione
gialla della soluzione ottenuta con polvere di cotiledoni é data, secondo
me, da sostanza albuminoide solubile, e difatti, oltre alla suildetta
reazione coH'acido nitrico, il soluto ha le seguenti proprietà:
Trattato con nitrato acido di mercurio dà un i)recipitato che, dopo
ebullizione, si riunisce in un coagulo rosso (reazione di Milioni. Cou
acido cloridrico e dopo l'influenza del calore, il soluto si colora in
bruno (reazione di Liebermann-Wurster).
Con acido acetico ed acido solforico concentrato il soluto si colora
in rosso-scuro (reazione di Adamkiewiecz). Il soluto limpido sottoposto
al calore, diventa albescente. Oltre poi a questa sostanza o gruppo di
sostanze solubili ciie devono consideiarsi come albuniinoidi, vi è un
altro corpo localizzato nel tegumento seminale, che con la potassa cau-
stica dà nna forte colorazione rosso-bruna.
Allo scopo di accertarmi se le reazioni suddette fossero dovute alla
presenza di Abrina, ho trattato (\q\V Abrina pura con acqua fredda
(17° C.) e nel filtrato ho messo poche goccie di acido nitrico: istanta-
neamente é comparsa una colorazione gialla identica a quella ottenuta
colla polvere di Jeqiiirifi/.
Trattato invece con potassa caustica, tale estratto non dà la colo-
razione rossa già detta.
— 288 —
Siccome secondo molti autori la ricina ha proprietà affini aWahritia.
Ilo pine trattato la ririnn pura con acqna ed il filtrato con aciilo nitiico,
ma nessuna colorazione è coiii[)arsa anche sottoponendolo all' azione
della potassa canstica.
Con tntta probabilità quindi, la sostanza che dà con acido nitrico
la colora/ione gialla caiatteristica per l'estiatto dei semi di Abrus, è
Yahrina. allatto diversa da quella contenuta nei tegumenti seminali e
che dà la colorazione l'ossa colla potassa. Colorazione questa che si
ottiene anche col lilirato acquoso della polvere dei tegumenti seminali
della U/ii/nrhosia phaseohidc? I). C.
In |iosséss(i di tali reazioni, a me è occorso di poter acceitarmi
che alcuni t'armaci usati dai medici come ottenuti con VAhnts preca-
toriits L. erano invece pre[)aiati con altri semi, che non contenevano i
principii attivi del Jequiritij e naturalmente non potevano dare i risul-
tati medicamentosi desiderati.
Una tale constatazione dimostra quindi la necessità di acceitarsi
sempre se questi medicamenti sono veramente prepaiati col JequirUi/,
il che si può facilmente provare colle reazioni sojira indicate, seguendo
il metodo che qui espongo.
Esame di rorvEui. - La polvere da esaminare si mette in pro-
vetta con acqua distillata e si sbatte per pochi secondi; poi si filtra
tale liquido fino a che il filtrato resta limpido, tale filtrato viene in
seguito trattato con acido nitrico. Se la polvere di semi in esame è di
vero AòrKs in-ecatorius L., il filtrato deve colorarsi in giallo-canaiino
(vedi fig. 1), colorazione persistente a lungo e che non scompare ma si
accentua col calore.
Se si tratta lo stesso filtiato con potassa caustica e si colora in
rosso-bruno (vedi fig. 3) segno è che la polvere in esame contiene
anche i tegumenti seminali polverizzati. La coloiazione rossa si può
ottenere insieme a quella gialla nello stesso tubo di assaggio: bisogna
in tal caso prima trattare il filtrato con acido nitrico e poi aggiungete
goccia a goccia la i)otassa ; se la polvere è di Jeqiiiriti/ e contiene
anche i tegumenti seminali, si differenziano nettamente due stiati del
liquido, l'inferioie giallo ed il superiore rosso-bruno (vedi fig. 2). Se si
forma la sola colorazione gialla e non la lossa, segno è che la polvere
è stata ottenuta coi soli cotiledoni (vedi fig. 1).
Lioltre la polvere dei semi di Abrus che venne trattata con acqua,
se viene asciugata e lasciata esposta all'ai'ia si colora dopo alquanto
tempo in nero-azzurro intensissimo (vedi fig. 4), al contrario delle pol-
veri dei semi di Rhynchosia, di Ormosia e di Adenanthera che non si
colorano.
\
— 289 —
Esame dei sumi. — Qualora nasca il (hibbio sulla specie del seme
0 flelJK porzione del seme in esame, si polverizzi e i)oi si proceda
come è indicato per le polveri.
Esame dei hedicamenti. Ricavati dai semi di Jerjuirifi/ vengono
messi in conimercio diversi farmaci; quelli iscritti nella Faimacopea
Ufficiale italiana sono i seguenti:
Estratto fluido dai semi di Abnis precatorius;
Dischetti di Jequiiitiiia per uso oftalmico;
Pomata di Jequiritiua.
Per il saggio dell'es^ra/Zo fiindo basta prenderne una piccola quan-
tità, filtiarlo e trattarlo con acido nitiico ; se è veramente ricavalo da
semi di Abnis, la coloiazione gialla caratteristica si ottiene anche se
si diluisce l'estratto con acqua; gli estiatti messi in commercio non
danno la leazione rossa colla potassa perchè vengono preparati con
semi sbucciati.
Per il saggio dei dischetti basta che uno o due dischetti vengano
tenuti iu acqua e dopo averli agitati si filtri quest'acqua e la si tratti
al solito coU'acido nitrico; se i dischetti sono preparati con Abrus pre-
catorius, l'acqua filtrata deve colorarsi in giallo coU'acido nitrico. Se
preparati con semi sbucciati, non si colorano in rosso colla potassa.
Per il saggio della pomata si sbatte ripetutamente e con diligenza
con acqua distillata; se è stata fatta con estratto fluido di veio Abrus
precatorius l'acijua filtrata si colora in giallo. Per questo saggio però è
necessario che l'acqua venga in contatto di molta pomata' e la reazione
non è ben chiara come per gli altri prodotti ottenuti à&W'Abrus.
CONCLUSIONI.
I semi con i quali più frequentemente si sofisticano o si confon-
dono nel commercio quelli dell' Abrus precatorius L. {Jequiritij), sono
quelli della lìlnjnchosia phaseoloides DO., della Ormosia .dasijcarpa .Tacks.
e ([aW Adenanthera pavonina L.
I semi dei veri Jequiritij variano fra loro per dimensioni, per peso e
per colore; quando però il seme ha coloiazione rossa e nera, come nel
caso più (•oniuiie, la macchia nera trovasi sempre localizzata nella re-
gione dell' ilo, al contrario dei seuii di Rhynchosia phaseoloides DC. nei
quali la macchia nera mai è in corrispondenza dell'ilo.
Nei semi A*i\V Abrus precatorius L. sono contenute due sostanze
facilmente solubili in acqua fredda (l?» C), sostanze die mancano negli
— 290 -
altri semi, delle quali una localizzata nel tegumento seminale, si colora
in rosso mattone in contatto delia potassa caustica, l'altia localizzata
nei cotiieiioni si colora in giallo canarino in contatto dell'acido nitrico.
La polvere del seme di Abrus bagnata ed esposta all'aria diventa
di color nero-azzurro intenso e ciò non avviene coi semi delle altre
piante.
Queste reazioni permettono di distinguere i semi tìeìVAbrus da
quelli delle altre piante colle quali si confondono o sofisticano e per-
mettono altresì di assicurarsi dell'autenticità ilei prodotti farmaceutici
con essi preparati, percliè tali reazioni si hanno anche con i piodotti
messi in commercio e cioè con Vinfiiso, con i dischetti e con le pomate.
Istituto Botanico della R. Univorsìtà di Pavia, gennaio 19U.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XVIII
Fig. 1. Reazione caratteristica del filtrato acquoso della polvere dei cotiledoni
di Abriif: prccaforiiix L. senza i tegumenti seminali.
» 2. Reazione caratteristica del filtrato accjuoso della polvere del seme di
Abrus precaforiìis L. con tegumenti.
» 3. Reazione caratteristica del filtrato ac(juoso della polvere dei tegumenti
seminali di Abrus precatorius L.
» 4. Reazione caratteristica della polvere dei semi di Abnis precatorius L.
trattata con acqua ed esposta all'aria.
» 5-14. Semi di Abrus prcaitorius L. di varie dimensioni e colore.
» 15. Semi di Ilìiìincìiosia pliaseoloides D. C. di varie dimensioni.
» 16-18. Semi di Onnosìa dasycaiita Jacks. senza macchia nera, con macchia
nera e con macchia di difierente diseguo.
» 19. Semi di Adenanthera jìavoiiiiKi L.
ISTITUTO BOTANICO DELLA K. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
<la GIOVANNI BRIOSI
STUDI CITOLOGICI
SULLA ''PLASMODIOPHORA BRASSICAE „ Wor.
E
RAPPORTI SISTEMATICI COI PARASSITI
DELLA RABBIA E DEL CIMURRO DEI CANI
per il Doti GINO POLLACCI
libero docente di Botanica ed aiuto presso l'Istituto Botanico della 1\. Università di Pavia
{con tre Ittvoh ìitogvaf'ttv colorafcti
Di Vestea nel 1894 ' richiamò l'attenzione degli studiosi sopra par-
ticolari elementi che egli aveva osservato nel nervo sciatico e nel mi-
dollo spinale di conigli resi sperimentalmente infetti di idrofobia me-
diante inoculazioni del virus rabico nel nervo sciatico. Egli seopeise
solo negli animali infetti e più abbondanti nel punto di inoculazione,
dei corpuscoli oviformi, di diametro vario, aventi un contenuto ricco di
granulazioni piuttosto grosse e spesso con un corpo centrale a guisa di
nucleo ed emise con riserva l'ipotesi ciie tali corpuscoli fossero dei
microorganismi causa della rabbia.
Il Grigoriew ^ tre anni dopo osseivò nella camera anteriore di ani-
mali inoculati neirocchio con virus fisso, delle formazioni aventi dimen
sioni di 2-4 /«, a contorno irregolaie, con una parte centrale differen-
ziata a guisa di nucleo ed atfermò trattarsi di protozoi (probabilmente
amebe) ai quali egli riferi la causa della malattia.
Nel 1903 Adelchi Negri ' dimostrò che nel sistema nervoso degli
animali affetti da idrofobia ed unicamente in esso, esistono costante-
' III Vesi'Ioa. Af/i (li'llii II. Ai'rdil.i'iiiiit iiif<l/C'/-c/i/i/in//fi> di yajiiil/. ISiM.
urinata xi.vii.
^ GuiG(jp,lEU-, Cciitnilhliitt /'. Ikictar. inni J'i(ni.sx. Abtii. i. B. ,\xii. IHUl .
^Negui A., Contribiild a/lo sfudio dell'eziologia della rabbia (R. Istituto Lom-
bardo di Scienze e Lettere, villano. Serie i[, voi. iVi. 190BÌ(\"eili la ll/hf/oi/rii/id yi-v
le opere snceessive).
Alti (ìcirjfl. Jiol. deirVnireysilà ili Paria - Serie 11 — Voi. XV. 2C
-- 292 —
mente, in determinate condizioni, dei corpi caratteristici da lui inter-
pretati quali organismi parassiti (e più precisamente come protozoi),
agenti specifici dell'infezione rabica.
Secondo il Negri i corpi osservati dal Gregoriew non hanno nessun
punto di contatto con quelli da lui scoiierti. Cosi pure egli scriveva essere
" inclinato a ritenere che nessuna analogia esista fra i corpuscoli oviformi
del Di Vestea ed il parassita ,, da lui riscontrato nelle cellule nervose.
I corpi del Di Vestea saiebbero immagini, espressione dello stato
patologico del tessuto.
II parassita del Negri, negli stadi conosciuti finora, risiede all'in-
terno delle cellule nervose ed è distribuito diversamente nelle differenti
regioni dell'asse cerebro-spinale, secondo la via di penetrazione del
virus nell'organismo e in certe specie è in rapporto col quadro clinico
della malattia. La sua presenza dopo un periodo conveniente di incu-
bazione è un fatto costante, tantoché detto parassita si riscontra in
tutti gli animali che, sia naturalmente, sia per via sperimentale, hanno
contratto r infezione rabica ed hanno presentato i sintomi della idrofobia.
Le dimensioni del parassita possono essere le più svariate ; vi sono
forme piccole, rotonde o leggermente ovali, il cui diametro varia da 1-1,5
fino a IR;»; forme ellittiche di 22-23 fi di lunghezza per 6-5 /i di lar-
ghezza e forme allungate di 27 ,<( in senso longitudinale per 5 /i di
di;imetro trasversale. Nel cane questi corpi sono più grossi che nel
coniglio e nei bovini raggiungono le maggiori dimensioni. Vi sono cel-
lule che contengono un solo parassita, altre che ne contengono parecchi.
Negli animali uccisi appena è avvenuta la prima manifestazione
della malattia, il parassita che ha invaso le cellule nervose ha dimensioni
estremamente piccole che iioi aumentano col procedere del male, ciò
che fa credere che allorquando il parassita, nel primo suo stadio, si
sviluppa al di fuori delle cellule nervose deve essere estremamente
piccolo e foise invisibile cogli attuali mezzi di osservazione.
Conformemente alle proprietà che possiede il sistema nervoso degli
animali idrofobi, di conservare inalterata (in dati limiti di tempo) la
virulenza, malgrado la putrefazione avanzata, e di mantenerla inalterata
nella glicerina, il microorganismo descritto dal Negri conserva anch'esso
la sua vitalità e le sue proprietà caratteristiche, malgrado la putrefa-
zione e l'immersione jirolungata in glicerina.
Qualunque siano la forma e le dimensioni del parassita, nel suo
interno si rileva la presenza di corpicciuoli piccoli rotondeggianti, rifran-
genti e di corpi più grandi, meno rifrangenti, rotondeggianti od ovali o di
forma irregolare, di aspetto granuloso.
Tali formazioni interne si rilevano con la massima chiarezza anche
— 293 -
con l'esame a fresco, iu soluzioni assai diluite di acido acetico, in acqua,
ovvero in soluzione fisiologica; il che fa escludere l'obbiezione che si
tratti di eventuali prodotti artificiali dovuti all'azione di liquidi fissatori
od ai metodi di colorazione adoperati.
Sulla forma e sul numero di questi uorpicciuoli interni nei varii
individui del parassita non esiste una legge costante. Talvolta infatti
in una stessa cellula nervosa si trovano parassiti contenenti, di solito
nel centro, talvolta verso la periferia, un corpicciuolo più grosso ed
all'intorno diversi piccoli corpicciuoli rotondeggianti, in numero vario
a seconda delle dimensioni del protozoo; vicino a questi se ne vedono
altri che invece di un solo grosso corpo centrale ne contengono due,
tre, quattro, meno grossi ed in posizione varia
Altri invece sono tutti ripieni solo di corpicciuoli piccoli, rotondeg-
gianti; alcuni i»arassiti infine hanno un contenuto costituito da nume-
rosissimi minuti corpicciuoli rifrangenti che riempiono fittamente tutto
il corpo del microorgiinismo, dando a questo un aspetto uniformemente
e finamente granuloso.
Il Negri colorando il parassita con il metodo del Mann, coll'ema-
tossilina ferrica e col metodo del Romanowsky potè concludere che : " il
nucleo dal parassita dapprima è unico; a mano a mano che crescono i
diametri del parassita, il nucleo cresce alla sua volta e si frammenta
iu animassi che si spargono uniformemente nel corpo del protozoo; uno
0 diversi di questi ammassi nucleari possono essere molto piìi grossi
ilegli altri. Procedendo lo sviluppo del parassita, la cromatina si riduce
totalmente in piccoli granuli di grandezza uniforme, disseminati unifoi-
memente nel protoplasma; il protoplasma si suddivide attorno a cia-
scuno di essi ed il microorganismo si trasforma così in un ammasso di
corpkciuoìi assai piccoli (spore) costihiiti da un (jranido di cromatina
circondato da una capsula od involucro bene individualizzato di sostanza
chiara, poco colorabile ed in apparenza omogenea. Le spore sono dap-
prima riunite in una massa unica, compatta; i loro rapporti reci-
proci si vanno facendo più lassi e sotto determinate condizioni possono
allontanarsi le une dalle altre ed assuigere alla dignità di un nuovo
essere '.
Dapprima i reperti del Negri trovarono qualche oppositore: tali
corpi venivano da alcuni interpretati come prodotti di degenerazione
cellulare, ma lavori di controllo e sopratutto lo studio successivo della
loro minuta organizzazione con metodi di grande finezza e precisione
Xici.itt, 1. e, pag-. 20.
— 294 —
hanno confermato i fatti e l'opinione del detto autore; così che oramai
si può affermare che i corpi suddetti, anciie a giudizio di valenti pa-
tologi e zoologi (Golgi, Grassi, Calkins, ecc.), debbono essere conside-
rati quali parassiti unicellulari.
Nel 1906 la dott. A. Wessels Williams ', dopo aver dimostrato an-
ch'essa la natura protozoica dei cosi detti corpi del Negri, dette a tale
nuovo parassita il nome di Neuronjrtes Hijdrophohiae. che a torto viene
attribuito al Calkins in tutte le pubblicazioni finora uscite sull'argomento.
Ed è con tale nome che il parassita della rabbia erroneamente si trova
ricordato nella letteratura patologica, comprese anche le memorie del
Negri.
Secondo A. W. Williams e M. M. Lowden, ^ il detto parassita
avrebbe dei punti di rassomiglianza piuttosto con i microsporidii che
con organismi appartenenti ad altri ordini.
Sulla costante presenza dei corpi del Negri, sulla loro distribu-
zione nelle diverse parti del sistema nervoso, sulla forma, la grandezza,
il modo di presentarsi, l'epoca di comparsa di tali corpi caratteristici,
sono stati pubblicati diversi lavori che riporto nell'elenco bibliografico,
ma che non cito qui perchè non interessano direttamente l'argomento
di questa pubblicazione.
Trovo invece interessante riportare le conclusioni di quanto è stato
fatto dai vari autori intorno alla scoperta della causa della malattia del
cimurro dei cani dopo i lavori del Carré, ' cioè dopo che fu dimostrato
che l'etiologia del cimurro non deve riferirsi a Schizomiceti.
Il Lentz nel 1907 ', in un lavoro in cui propone metodi speciali
per la colorazione rapida dei corpi del Negri, trovò che nel cervello
dei cani morti della forma nervosa del cimurro, si trovano dei corpi che
ricordano quelli del Negri, ma che se ne differenziano per la sede, per
il volume e per la mancanza di differenziazione interna.
In lavori successivi poi (vedi letteratura), non avendo trovato
queste formazioni che nei cani morti di cimurro, il Lentz ritiene che
' Williams e Lowden, The Jaiinud of iiifi'cfiotìs diseases, voi. iii, ii. 3,
may 190G.
' WiLLiA.MS e Lowden, 1. e.
^ Carré, Sur ìa maladie des jennes chieiis, Compt. Eeud. Aciid. Scieiic,
voi. CL, 1905, pag. 689.
* Lentz, I'jÌu Beitrag zur Fiirbiu/g der Negrisclien Korjierc/ieìi in Centvallilatt
f. Bakt. Orio.in., Bd. XMv, H. 4, 1907.
— 295 —
tali corpi siano specifici di questa malattia e propone per essi il nome
di corpuscoli del cimurro ora conusciiiti col nome di corpi del Lentz.
Nel 1908 Mazzei ' comunicò che in nove cani che avevano presen-
tato in vita fenomeni convulsivi e paralitici, "" esaminando numerosi pre-
parati potè osservare qualche rara volta entro le cellule e frequentemente
fuori di esse, formazioni o corpi che assumono una tinta rossa, ma che non
hanno alcuna rassomiglianza coi corpi della rabbia descritti dal Negri „.
Lo Standfiiss " pure nel 1908 trovò in cani aflfelti da cimurro questi
speciali corpuscoli descritti dal Lentz.
Nel 1911 il dott. G. Sinigaglia ' trovò nelle cellule della congiun-
tiva, in quelle dei bronchi, nelle cellule nervose di cani affetti da ci-
murro, delle formazioni endocellulari. Esse possiedono proprietà e strut-
tura costanti e si possono identiiìcare tra loro malgrado la diversità
grande che presentano nei diametri. Indipendentemente dalla loro forma
e dalle loro dimensioni tali corpi hanno nel loro interno delle fini for-
mazioni rotondeggianti od ovolari, quasi sempre di grandezza uniforme.
In corrispondenza di queste piccole formazioni interne, il Sinigaglia
ha potuto mettere in evidenza delle massoline che gli è stato possibile
differenziare con procedimenti di colorazione nucleare.
Il Sinigaglia, per diverse considerazioni, tiene distinto il suo re-
perto da quello del Lentz, ricollegandolo a quello della rabbia e concludendo
che osservando i corpi del cimurro da lui messi in evidenza ci si trova di
fronte ad un })rotozoo, del gruppo del Ne/iroryctes hydrophobiae, col quale
ha in comune i caratteri fondamentali pur possedendo note individuali ben
apprezzabili e manifeste.
Le differenze sarebbero le seguenti: nella rabbia i corpi del Negri
hanno di regola contorni rigidi, segnati da una linea netta a decorso
regolare ed hanno una rifrangenza che fa risultare e distinguere netta-
mente il microorganismo dal protoplasma che lo ravvolge, specie nei
preparati a fresco; nel cimurro invece il parassita, appena raggiunge
un medio sviluppo, ha un contorno che, sebbene netto, non è più se-
gnato da una linea regolare, ma ondulala, talora ad andamento molto
tortuoso ed il corpo ha una rifrangenza minore di quella del Ncuroryctes
hydrophobiae. Nel cimurro inoltre le formazioni interne sono in generale
di grandezza uniforme ed assai più piccole di quelle del parassita della
' Mazzei, Ricerca dei corpi di Negri hi, forme di cimurro simu/dii/i /ti n/hìiia
nei Clini. Rivista di Igiene e Sanità pubblica, 1908, pag. 528.
'^ Standpuss, Archiv fiir Tierheilkunde, Bd. xxxiv, H. 2.
^ Sinigaglia, Osservazioni sul cimurro. BviUett. Società Medico-Cliinirgica
di Pavia, "26 giugno 1911.
— 296 —
rabbia; nel ciinmio infine la grande maggioranza delle cellnle non
contiene forme visibili del microorganismo, le poche che le presentano
ne ospitano invece un grande numero.
In rapporto poi alle diversità biologiche dei due microorganismi la
differenza piìi notevole è che nel parassita della rabbia la sede di pre-
ferenza è il corno d'Ammone, mentre i coriri del Sinigaglia mai sono stati
trovati in tale parte.
Per questo nuovo parassita che sarebbe la causa del cimurro dei
cani, il Sinigaglia, pur non entrando nel merito della sua posizione siste-
matica, propone la deuoniiua/Jone di Negriu canis.
In quanto alla natura morfologica e fisiologica del parassita della
rabbia e di .quello del cimurro in rapporto al posto che loro spetta fra
i microorganismi, dai lavori pubblicati finora non risulta che alcuno se
ne sia occupato, tanto che diversi autori sono concordi nell'affermare che
il Neurorydes ed il Negria siano protozoi, ma non dicono di piti e la
posizione sistematica scientifica di questi parassiti non venne definita.
Infatti, benché il parassita della rabbia venga generalmente desi-
gnato col nome di Neuroryctes hydrophobiae, nessuno ha ancora stabilito
in quale ordine esso vada compreso e con quali specie esso abbia rap-
porti. Lo stesso dicasi per il Negria canis.
Studiando io da diversi anni lo sviluppo della Plasmodiophora
Brassicae Wor. nei suoi primi stadi di vita, fui colpito dalla rassomi-
glianza di alcune forme di essa coi così detti Corpi del Negri e con
quelli descritti dal Sinigaglia, onde credetti utile uno studio morfologico
e fisiologico di confronto fra questi parassiti. Tale è l'oggetto della
presente pubblicazione, incoraggiato in questo lavoro anche dal consiglio
autorevole di Adelchi Negri che negli ultimi anni di sua vita grande
interesse aveva preso a queste mie licerche ed aveva messo a mia di-
sposizione oltre che abbondante materiale di studio, tutti i suoi clas-
sici preparati microscopici riguardanti il parassita della rabbia. Alla
memoria del giovane e valente studioso vada ancora da queste pagine
l'espressione della mia gratitudine.
Per le Plasmodiophoraceae credo opportuno, come ho fatto per il
parassita della rabbia e del cimurro, di riportare brevissimamente quello
che è stato fatto fino ad oggi nel campo scientifico riguardo alla loro
posizione sistematica, ed alla loro biologia e citologia.
297 -
*
Le Pìasmodiophoraceae comprendono un piccolo numero di specie
il cui prototipo è la Plasmodiophora Brassicae Wor. scoperta da M. Wo-
ronin ' nel 1878 e da lui .studiata, descritta e figurata in numerose ta-
vole. Non avendo però l'autore trattato le sezioni con reattivi coloranti
appropriati, la fine struttura del plasmodio e parte della biologia del-
l'essere non fu da lui ben interpretata.
Nel 1887, Zopf^ pose la Plasmodiophora come tipo della famiglia
delle Plasmodio phoreae.
Schroter ' nel 1889 riunì alla Plasmodiophora Brassicae i seguenti
diversi parassiti che dopo le ricerche del Woronin erano stati descritti:
l'iasmodiophora Alni Moli., P. Elaeagni SrhiiJt., Tetramyxa parasitica
Goebel, Sorosphaera Veronicae Schrot., Phytomyxa Legimiinosartm Schrot.
e non tenendo conto del precedente lavoro dello Zopf fece una classe
che chiamò Phijtomijxineaa e che comprende, secondo lui, una sola fa-
miglia, quella delle Phytomijxaceae.
Beijerinck * e Mazé " dimostrarono che la Phytomyxa Legumino-
sartim ha caratteri analoghi a quelli degli Schizomiceti.
Nawaschin '' in un notevole lavoro sulla citologia della Plasmodio-
phora Brassicae, servendosi di buoni metodi di fissazione e di colora-
zione descrive i nuclei del parassita. Egli trova che le mixamebe che
si sono introdotte nel tessuto di Brassica sono ìiiiinucleate, ma diven-
gono plurinucleate per divisione nucleare non seguita da divisione cel-
lulare. Secondo l'autore le mixamebe plurinucleate si fondono in seguito
in un plasmodio che riempie tutta una cellula della pianta e divide i
suoi nuclei in seguito a mitosi di tipo normale, per trasformarsi final-
mente in altrettante spore che contengono nuclei.
' Woronin. t Plasmodiophom Bnixsicae " , Ueber dcr Koh/pflamen-Ihniic,
in Jahrbiiclier t'. wi.ss. Botan. Leipzig, 1878, Bel. 11.
■^ Zopp, ili Enzi/chlop. dei- Xatiinrisxensck., Breslau, 1887.
» ScHKOTER, Filze, iu CciiiN, Kri//)fi>!/aiiicìi Flora con Schlesien, i, pag. 135,
anno 1889.
* Bei.ibuinck, Die ììaìdcrii-n dei- PdpiìionaceevkniJlkn in Botani.s. Zeitsclir.,
.\Lvi, p. 758, 1888.
* M.izÉ, Les microbes des nodoxl/ès des Legumineusex in Ann. lust. Pasteur,
.\ii, p. 1, 1898.
« N.-vwASCHlN, Beohachfungen iiher den feineren Bau iind Umwandlungen
con « Plasmodiophora Brassicae Wor. » ini Lati fé ihres intrazeUularen Lehens in
Flora, Bd. 86, p. 404, anno 1899.
— 298 —
Sliibata nel 1902' dimostrò ahe \a. PlasmodiopJiora Alni AloeW. eia
/-". Elaeagni Sclirot. hanno dei caratteri molto differenti da (jindli della
Plasmodiophora Brassicae, la loro struttura avvicinandosi a quella degli
Scliizomiceti.
Prowazek ' nel 1905 intraprende lo studio citologico della Plnsmo-
diopliora Brassicae e ne descrive la divisione vegetativa. La siioiifica-
zione del parassita avviene, secondo quest'autore, per emissione di ero-
midi nel citoplasma. Questa emissione è seguita da trasformazioni nu-
cleari differenti secondo i nuclei. Negli uni avverrebbe una scomparsa
rapida del nucleolo con comparsa di granulazioni che si riuniscono in
8 cromosomi, negli altri al contrario intorno al nucleolo più persistente
si avrebbe una formazione di cordoni cromatici che vengono in seguito
respinti alla periferia del nucleo e si trasformano finalmente in 8 cro-
mosomi.
Si producono in seguito due divisioni mitotiche successive. I nuclei
che ne derivano si circondano ciascuno di una massa protoplasmatica.
Le cellule uninucleate cosi formate si unirebbero due a due entro una
stessa membrana per formare una spora. Dei due nuclei di questa spora,
l'uno subirebbe una divisione riduttrice, l'altro rimarrebbe immutato. Fi-
nalmente i nuclei si riunirebbero in un solo che alla germinazione pas-
serebbe nelle mixomonadi e riprenderebbe l'aspetto dei nuclei vegetativi.
Nel 1906' apparve una memoria del russo W. L Faworski che
tratta dello sviluppo e della citologia della Plasmodiophora Brassicae.
Egli usa per fissativo il liquido di Flemming, include in paraffina, colora
le sezioni con il metodo Pianese, poi le tratta con xilolo e le chiude in
balsamo.
Secondo l'autore il nucleo nella Plasmodiophora è composto di una
membrana e di un agglomeramento centrale di cromatina. Due cen-
trosomi si trovano ai punti opposti. L'agglomeramento centrale viene
interpretato dall'autore come un nucleolo e la divisione del nucleo come
una cariocinesi pressoché normale. La formazione delle spore è prece-
duta da uno stadio nel quale i nuclei sono tutti completamente masche-
rati da granulazioni facilmente colorabili.
' Shib.ìta, ('ijiiitdijisi-ltc S/ii(l/<_'ii iibifi- die cullili i-np/ìcii Mi/K'orrh/scii. Jahrb.
wiss. Bot., amio 1902, B. .xxxvii, pag. 643.
' PuowAZBK, Ueber den Errcger der Koìilhcniic, Plasiiioiliophont Brassicae,
inni die EiiischUise in den Carciuoììizelleu in Ai-b. a. à. k. Gesiindheitsamte
Berlin, x.xii, p. 396, anno 189.5.
' W. 1. Faworski, Nourelles recherchex sur le décelojìpeiiient et la cytologie
du Plasmodiophora Brassicae Wor. Meni. Société des Naturai istes de Kieff. T. xx.
1906.
— 299 —
La germinazione delle spore avviene, secondo l'autore, nel seguente
modo: le spore aumentano il proprio volume, le loro vacuole diventano
più grandi e le membrane più grosse, ma trasparenti: poi le spore
cambiano la loro forma e la membrana scompare; le spore cosi si tras-
formano in amebe con plasma denso, le vacuole scompaiono ed appa-
iono nel plasma delle gi:anulazioni.
Nel 1907 Pinoy ' studia brevemente la citologia della Plasmodio-
phora Brassicae e trova che tale microorganismo introduce nel tessuto
del suo ospite dei bacteri che producono poi la putrefazione della iper-
trofia prodotta dalla Plasmodiophora e facilitano la messa in libertà
delle spore.
In una nota preliminare nel 1908 R. Maire e A. Tison constata-
rono nella Sorosphaera Veronicae la presenza di mixamebe uninucleate
e la loro trasformazione in mixamebe plurinucleate, indi in masse di
spore per dissociazione e divisioni di energidi, ed infine riunione delle
cellule figlie. Gli stessi autori pubblicano nel 1909 un importante studio -
sulla citologia delle Plasniodiophoracee e la classe delle PJu/tomyxinae.
Essi, servendosi del metodo all'ematossilina ferrica ed eosina, poterono
constatare l'esattezza della descrizione e delle conclusioni del Nawaschiu
circa la Plasmodiophora ; al conh'urio le loro osservazioni contraddicono
queìle del Prowazek. Le conclusioni delle loro ricerche sono che il nome
della classe delle Phytomyxhiae deve essere sostituito da quello di Pla-
sinodiophoreae in virtù delle regole di i)riorità. Le Plasnìodiopìioraceae
devono essere considerate come un gruppo intieramente distinto, inter-
mediario fra gli Sporozoarii ed i Mixomiceti e discendente più o meno di-
rettamente dai flagellati. La Plasmodiophora AhiiWoeW. e la P. Elaeagni
Schrot. sono degli Schizomiceti e devono chiamarsi: Frankiella Alni
(Wor.) e F. Elaeagni (Schrot.). Il simbionte dei tubercoli radicali delle
leguminose che è uno schizomicete, deve essere classificato col nome
di Phytomixa Leijnminosarum (Frank.) Schrot. Il Tylogonus MiUarahis
e il Pseudocommis Vitis (Viola et Sauvageau) De Bray non sono esseri
organizzati, ma rappresentano solo dei prodotti di degenerazione cellulare.
La Sorosphaera Verotiicae è v&i&mentennn Plasmodiophoracea. Tanto
essa che la Plasmodiophora Brassicae presentano una fase schizogonica
ed una fase sporogonica. In questi due organismi la divisione nucleare
durante la fase schizogonica è una mitosi di idiocromatina combinata con
' PiNOV, Itole ilex baderies (ìaits le déreloppeniciit de certains Mi/.roiinjrofes.
Université de Paris, 1907.
* Maire R. e Ti.son' A., La cipoloyie des Plasiiiodiophoracées eJ la classe dex
PhyloiHìjxineae in Ami. Mycologici. Tom. vu, 1901).
— 300 —
una mitosi di trofocromatina; essa si spiega colla teoria del dualismo
del nucleo. La fase sporogonica comporta due mitosi successive, che pro-
babilmente sono rispettivamente eterotipiclie e omotipiclie; la formazione
delle spore si fa senza coniugazione di sorta.
Molliard ' nel 1909 trova una nuova Plasmodiophoracea sul Tri-
gloclin -palustre e la denomina Tetramyxa Trigloc/ìiiis Moli.
Nel 1911 Osborn - descrive una nuova Plasmodiophoracea, là Spon-
gospora snhterranea ( Wallr.) Joiinson, nella quale specie, mentre avviene
la divisione del nucleo, il protoplasma circonda ciascun nucleo, cosicché
vi è uno stadio nel quale il microorganismo è costituito da numerose
masse nninucleate di protoplasma : le giovani spore, che poi si circon-
dano di una parete. Le spore mature sono corpi sferici di circa 4 ,« di
diametro con una membrana, un nucleo ed una certa quantità di olio.
La membrana delle spore non dà la reazione della cellulosa con cloro-
joduro di zinco.
Le spore hanno una forte rassomiglianza con quelle della Pìasmo-
diophora; esse sono disordinatamente aggregate, dando luogo ad un
ammasso che varia dalla forma sferica all'ovoide, mentre il diametro
varia intorno ai 50 /j,. Nella Spongospora il plasmodio è così piccolo che
l'autore non ne può dare una precisa descrizione.
Nel 1911 in una breve nota preventiva^ io rendevo noti i primi
risultati dello studio comparativo che avevo intrapreso fra i corpi del
Negri e la Plasmodiophora e riporto oi'a nella presente memoria le con-
clusioni definitive di quelle ricerche ora estese anche al parassita del
cimurro.
*
Per la tecnica delle preparazioni, specialmente nello studio dei
rapporti di affinità sistematica fra i corpi del Negri e quelli del Sini-
gaglia colle Plasmodiophoraceae, ho cercato di .seguile più che mi è
stato possil»ile la tecnica usata dal Negri nei suoi studi sulla rabbia e
dal Sinigaglia in quelli del cimurro.
' MoLLi.\Ri>, Uiie nouvclle Pla-siiiodiophoriicrf ininixitc dii Triglocihi palustre
in Bull. Soc. bot.. Fraiioe, i, .56, li«l9.
' OsDOUN 1. fx. B., .1 prelimiiiar// note Oìi tlic life-history and rytology of
Spongospora subterraneu Wallroth, in Ann. of Botany, xxv, 97, p. 271. 1911.
» PoLLACCi Gino, Il Parassita della rabbia e la Plasmodiophora Brassicae. Wor.
Nota preliminare, in Eendiconti Accademia dei Lincei, voi. -x.x, serie 5'', 2" se-
mestre, fase. 4, 1911 ed in Atti Istituto Bot. di Pavia, voi. xiv, 1911.
— 301 -
Come liquido fissativo ho, per lo più, usato la miscela di Zeuker,
oppure una soluzione acquosa di sublimato corrosivo (8 gr. per 100 e. e.
di soluzione fisiologica); in particolari casi ho fatto uso di alcool asso-
luto 0 di alcool metilico.
Per le colorazioni ho usato il metodo all'ematossilina ferrica, quello
all'emoallume ed eosina, ma più che altro ho colorato le preparazioni
col metodo del Jlaiiii che è uno dei metodi che meglio si presta per la
ricerca dei corpi del Negri e del Sinigaglia. Ho anche eseguito dei pre-
parati a striscio col succo di radici di Brassica infette da Plasmodio-
pìiora, colorandoli col metodo di Romanosky modificato secondo Giemsa
ed anche con quello consigliato dal Laveran all'eosina e bleu di me-
tilene all'ossido di argento '.
Per l'osservazione del materiale fresco e non fissato di Plasmodio-
phora ho usato con esito buono quale liquido indifferente, la semplice
soluzione fisiologica. Serve pure bene per la conservazione dei prepa-
rati non colorati la glicerogeìatina; in questi casi però il materiale va
in precedenza trattato con un liquido fissativo. Per il metodo di colo-
razione degli strisci ho ottenuto buoni preparati solo usando come fis-
sativo l'alcool metilico — immersione del vetrino per 3 minuti, poi im-
mersione in liquido Giemsa (Griibler) per circa un'ora (circa 110 goccie
di Giemsa per 100 e. e. di acqua fortemente riscaldata; la miscela va
versata calda sullo striscio; il liquido caldo cambiato ogni 15 minuti
circa).
Il materiale che meglio si presta per lo studio citologico delle
PlasììiodiopJìoraceae è dato dalle ladici di Brassica infettate dalla Plasmo-
diophora Brassicae.
E volendo studiare gli stadi giovani di sviluppo di tale parassita,
che sono appunto quelli meno conosciuti citologicamente e che più si
avvicinano agli stadi di sviluppo dei parassiti della rabbia e del ci-
murro, bisogna scegliere specialmente le radici c-he stanno vicino a tu-
mori già sviluppati, ma che non presentano ancora palesi ipertrofie.
Per operare gli strisci mettevo da prima le radici infettate dalla
Plasmodiophora entro camera umida.
Dopo pochi giorni i tumori incominciavano a decomporsi e diven-
tavano molli ; si prestavano allora bene per ottenere gli strisci del
loro contenuto semi-liquido. Ma così operando si ha l'inconveniente
che i preparati risultano invasi da ogni sorta di microorganismi che
' L.WEUAX e Mesxil, Tri/pmionoìncx et Tri/paiiosomiases. Masson, Paris,
1ÌI04, pag. 10-11.
— 302 —
ostacolano e disturbano l'esame della Pìartmodiophora; migliori risul-
tati si hanno invece facendo sezioni sottili delle radici scelte per studio
e spappolandole sopra il vetrino porta-oggetti. La Pìasmodiophora re-
siste alla putrefazione e non altera 1 contorni del suo tallo sotto tale
azione, ma è invece molto facilmente alterabile, specie allo stadio di
plasmodio, per effetto dell'essiccamento; bisogna quindi avere l'avver-
tenza di procedere sollecitamente, dopo lo striscio, alla fissazione col-
l'alcool metilico, non lasciando coni [lietamente essiccare lo striscio. Come
pure gli stadi giovani del plasmodio tenuti immersi in acqua dopo poco
si disorganizzano e si scompongono in minutissime granulazioni , forse
per azione osmotica; tale fenomeno è facilmente constatabile anche
durante l'osservazione diretta al microscopio del succo di radici infette
trattato con acqua.
Nella glicerina invece la Pìasmodiophora non si altera anche se il
parassita non fu fissato in antecedenza. Si altera invece nella glicero-
gelatina di Griibler.
Per la colorazione col metodo Mann, che si presta benissimo anciie
per lo studio di questo parassita, ho messo le sezioni delle radici in-
fette fissate e poi incluse in paraffina, oppure libere, in acqua distil-
lata contenente una miscela di azzurro di metile ed eosina nelle se-
guenti proporzioni:
Azzurro di metile 1 "/^ 35 e. e.
Eosina 1 7o ^5 e. e.
Acqua distillata 100 e. e.
Le sezioni vengono tenute in tale reattivo per un tempo variante
da un'ora a 12 e fino 24 ore. Poi venivano lavate in acqua, di.sidratate
e differenziate in alcool assoluto, alcalinizzate con 8 goccie di soda satura
su 100 e. e. di alcool assoluto, lavate quindi con alcool assoluto puro,
poi con acqua distillata. Le sezioni venivano dopo passate in acqua
lievemente acidulata con acido acetico ed in questo esse non cedevano
più colore. Indi procedevo alla disidratazione e diafanizzazione. Tale
metodo, che per quanto io sappia non è mai stato per l'addietro intro-
dotto nella citologia vegetale, si presta benissimo per tali studi e potrà
rendere segnalati servigi.
Gli altri metodi di colorazione da me usati sono quelli comuni e di
essi mi sono servito senza apportar loro alcuna modificazione, quindi
trovo inutile il descriverli.
Facendo delle sezioni in un punto qualsiasi di un tumore radicale
di Brassica provocato dalla Pìasmodiophora, è facile il poter constatare
al microscopio che gran parte delle cellule del tessuto ammalato sono
- 303 -
ripiene di corpi a forma irregolare, dal diametro variabilissimo, clie ap-
paiono formati da ammassi di spore rotonde, costituite da una sottile
membrana con contenuto plasmatico granuloso ed un nucleo centrale.
La membrana di tali spore non pare di cellulosa perchè trattata con
clorojoduro di zinco non dà la reazione caratteristica.
Vista tale membrana anche a fortissimo ingrandimento (3000 diam.),
la membrana appare liscia, continua (vedi tav. XXII, fig. 4) e non in-
terrotta da screpolature come qualche autore avrebbe invece osservato;
probabilmente in questo caso trattavasi di membrane di spore vuote
oppure anormali.
Il nucleo è piccolo e spesso spostato contro la membrana della
spora, è unico ed il Prowazek erra quando descrive due nuclei nelle
spore. Il detto autore deve essere stato tratto in errore dal fatto che
la cromatina del nucleo si avvicina spesso alla membrana nucleare e
le granulazioni cromatiniche, come giustamente hanno osservato anche
Maire e Tison ', possono riunirsi in due corpi cromatinici fusiformi, ciò
che dà l'illusione di due nuclei, ma se si osservano con forte ingran-
dimento e previamente si colorano con opportuni metodi di colorazione
(serve bene quello dell'email ume ed cosina) si riesce a stabilire che la
spora è mononucleare (vedi tav. XXII, fìg. 2, 3, 4).
Cade così la teoria del Prowazek sulla formazione delle spore.
Il citoplasma della spora appare costituito da granulazioni, senza
vacuole (vedi tav. XXII, fig. 1, 2, 4) e benché io abbia colorati nume-
rosissimi preparati con diversi metodi mai ho potuto scoprire la strut-
tura reticolare che alcuni autori, come per esempio il Prowazek, figu-
rano nelle loro tavole. Le granulazioni si dimostrano evidenti quando
si usi un fortissimo ingrandimento, per esempio un obiettivo ad immer-
sione omogenea 1,5 ed un oculare compensatore n. 18 (vedi tav. XXII,
fig. 4). La falsa immagine del reticolo è data dai margini dei granuli,
ma fuocheggiando è facile accertarsi dell'esistenza di tali granulazioni
che non sono neppure tanto piccole.
Le dimensioni del diametro delle spore a completa maturità sono'
in media di /( 1,.5; ed il loro volume, salva rare eccezioni, è pressoché
costante.
Seguiamo ora queste spore nel loro ciclo di sviluppo, per la qual
cosa si presta meglio di ogni altro mezzo l'esame dei tumori di Bras-
slca tenuti in sviluppo in camera umida; l'osservazione in tali colture
non pure è sovente ostacolata dalla presenza di altri organismi, ma le
.Maii'.k u Tisox. lue. cit.
— 304 -
spore della Plasmodiophora sono così caratteiisliche ed abbondanti cbe
è ben difficile esser indotti in errore e d'altra parte si Iia il vantaggio
clie le condizioni di vita normale del parassita restano pressoché in-
variate. Non è difficile, esaminando numerose spore, di trovarne alcune
ridotte alla sola membrana (vedi tav. XXII, fig. 1); il citoplasma in
tal caso è già emigrato; esso si è trasformato in ameba cbe appena
escita dalla spora è piccola, ovoidale, priva spessissimo di ciglia (vedi
tav. XXII, fig. 5, 6). Con tutta piobabilità la presenza di ciglia è legata
al grado di umidità dell'ambiente nel quale si sviluppa il microorga-
nismo. Non posso però dalle mie ricerche concludere ciò con certezza.
Il contenuto di tale grumo di protoplasma è finamente granulare,
omogeneo, a contorni ben netti, con un solo nucleo, non due, come al-
cuni autori hanno disegnato. Solo in seguito tale protoplasma, che distin-
guerò col nome di ameba, aumenta di volume e diventa plurinucleato;
i nuclei si colorano facilmente col metodo del Mann, con quello all'emal-
lume ed eosina e con i coloranti nucleari più in uso.
Dalla forma ovoidale, ellittica allungata o variamente irregolare,
essa passa in seguito alla forma rotonda, indi aumenta di volume ed
il nucleo prende la posizione centrale (vedi tav. XXII, fig. 7-10).
Procedendo Vumeba nel suo sviluppo il nucleo centrale per lo più si
sposta ed appaiono nel plasma finamente granuloso, dei yramiìi diver-
samente rifrangenti in numero vario e che danno la colorazione ben
netta, caratteristica della cromatina (.vedi tav. XXII, fig. 1112-14).
Tali granuli di cromatina sono da prima molto più piccoli del gra-
nulo grosso centrale che ho chiamato nucleo, in seguito aumentano di
volume e vanno interpretati come tanti nuclei. Tutto ciò avviene sempre
rimanendo isolate le amebe \e une dalle altre e se per esigenze del vo-
lume della cellula entro la quale vivono si addossano l'una all'altra, il
loro plasma rimane conglobato e sempre distinto; non ha luogo cioè fu-
sione del loro plasma. Come si formino questi granuli crumatinici, benché
abbia fatto numerosissimi preparati, non sono riuscito con sicurezza a
stabilire; credo però che essi possano essersi formati per frammenta-
zione della massa croniatinica centrale preesistente. Alcuni pieparati
avvalorerebbero tale ipotesi. Cosi la figura 14, tav. XX riproduce una
ameba colorata col metodo del Romanosky (modific. Giemsa) ed in essa
l'immagine dei varii gruppi cromatinici e del grosso gruppo preesi-
stente frastagliato sono abbastanza dimostrativi; ma solo tre amebe
che si trovavano pressapoco in tale stadio sono riuscito a colorare
sopra centinaia di preparazioni fatte, quindi tale ipotesi va accolta con
riserva.
Certo si è che mai ho potuto osservare in questi primi stadi di
sviluppo della Pìasmocììophora degli stadi di cariocinesi.
— 305 -
Le masse di plasma che il Nawascliin ha figurato nel suo lavoro
sulla Plasmodiophora nella fig. 37 della tav. XXXIII (opera citata) e
che chiama Plasmakugeln credo rappresentino appunto lo stadio del pa-
rassita da me descritto sopra; il detto autore non avendo usato metodi
istologici fini ed adatti (né fissativi, né coloranti) non ha potuto giusta-
mente interpretare tali corpi tanto facilmente alterabili, specie se im-
mersi in semplice acqua.
Tale stadio non è descritto dagli altri autori ed ha invece grande
importanza, secondo me, sia per lo studio citologico della Plasmodio-
phora, sia per la sua biologia e la sua classificazione sistematica e per
il raffronto col ciclo di sviluppo del parassita della rabbia, che, giusta
gli studi fatti dal Negri, passa per stadi biologicamente simili.
Le figure 11-26 della tav. XX e 14-21, tav. XXI e 5-14, tav. XXII
che accompagnano il lavoro rappresentano appunto questi primi stadi
della vita della Plasmodiophora.
A questo stadio ne succede un altro nel quale i gruppi cromatinici
sparsi sotto forma di granulazioni, nel protoplasma si circondano di
una membrana e si trasformano in veri nuclei (vedi fig. 15, tav. XXII).
La forma di tali masse protoplasmaticlie plurinucleate è assai varia
ed il loro volume è diverso, indipendentemente anche dallo stadio di
sviluppo.
La forma dipende molto da quella della cellula ospite e dal nu-
mero delle amebe che vivono simultaneamente entro la stessa cellula.
Importante poi è il fatto che ho potuto stabilire con sicurezza e cioè
che tali masse protoplasmatiche, dagli altri autori chiamate mixamebe,
non si fondono mai fra loro, ma rimangono sempre indipendenti; un
plasmodio vero quindi, come si ha nei Mixomiceti, non esiste nella Plas-
modiopìiora. Tutto ciò naturalmente contradice molto di quanto è stato
scritto finora sulla citologia di questo parassita, ma i preparati che io
posseggo e conservo, provano in modo certo la mia asserzione e giu-
stificano quanto scrivo.
La massa plasmatica phirinucleata {ameba) può trovarsi isolata in
una cellula e viverti così e sporificare direttamente, ma per lo più sono
molte le amebe entro una stessa cellula ed allora, crescendo queste in
volume, vengono in contatto fra loro e si comprimono, spesso defor-
mandosi, ma mai fondendosi, tantoché osservando sezioni di materiale
ben fissato in Zenker, chiuso in paraffina e colorato col metodo del
Mann o dell'emallume ed eosina, facilmente si può constatare che la
massa del falso plasmodio non è che un insieme di corpi protoplasma-
tici plurinucleati, indipendenti l'uno dall'altro (vedi fig. 19-22, tav. XXII).
Naturalmente non colorando le sezioni o non usando forti mezzi
di ingrandimento, non si può precisare tale fatto.
— 306 —
Glie le diverse amebe restino indipendenti è anche provato dal
fatto che, pur formandosi nn ammasso che ha la falsa parvenza di un
plasmodio, pur tuttavia spessissimo varie parti del falso plasmodio non
sono evidentemente nello stesso stadio di sviluppo (vedi tav. XXII,
%. 19 e 21).
Devo notare anche che in vari casi ho trovato delle amebe le quali
forse perchè vissute entro larghe cellule o nel succo cellulare o fuori
della cellula, non protette dalla membrana cellulosica dell'ospite, ave-,
vano circondato il loro plasma di una ben netta membrana; si erano
cioè come incistate; il che però considero come caso anormale poiché
è rarissimo il poter riscontrare nei numerosi preparati tale forma.
Le amebe, una volta individualizzati i loro nnclei, sia quando si
trovano sole, sia quando stanno adese l'una all'altra numeiose entro
una stessa cellula, dividono e moltiplicano i loro nuclei probabilmente
sempre per cariocinesi ed ogni nucleo si circonda di un involucro ben
distinto di protoplasma con relativa membrana (vedi fig. 16, 17, tav. XXII).
Si forma cosi la spora. In un caso solo ho potuto constatare la molti-
plicazione di tali nuclei per scissione diretta (vedi fig. 23, tav. XXII).
Probabilmente trattavasi di caso anormale.
Le spore, appena sono individualizzate, anziché costituiie una massa
unica compatta, si allontanano man mano le une dalle altre (vedi fi-
gura 18, tav. XXII) ed ogni corpicciuolo diventa un nuovo essere.
Appunto perchè le amebe da cui derivano le spore isouo indipen-
denti fra loro, è ben difficile osservare anche entro una stessa cellula
tutte le spore nell'identico stadio di maturità.
E facile presumere che il parassita entra nell'interno dell'ospite,
quando è allo stadio primitivo di piccola ameba, cioè appena questa è
uscita dalla membrana della spora, favorito forse per la ricerca del-
l'ospite e per la penetrazione nel tessuto, dal flagello, in specie se la
spora ha germinato in mezzo umido; poi entrata nella cellula ospite
compie entro di essa il ciclo di sviluppo sopra descritto.
Se noi confrontiamo tale ciclo con quanto il Negri iia stabilito per
il parassita della rabbia, notiamo subito una grande affinità biologica e
morfologica che lo avvicina sistematicamente alla Pìasmodiophora.
La sporificazione, infatti, dei corpi del Negri, descritta dal detto
autore è identica a quella della Pìasmodiophora, come pure il nucleo
del parassita dapprima è unico, poi si frammenta in ammassi che si
spargono per il corpo del microorganismo. Il protoplasma si suddivide
attorno a ciascun granulo di cromatina ed il microorganismo si trasforma
— 307 —
in un ammasso di corpircittoK assai pìccoli (spore). * Le spore poi si
staccano le une dalle altre e po^soìio assurgere alla dignità di un nuovo
essere.
Non si potrebbe in succinto diversamente descrivere il ciclo di vita
della Plasmodiophora. Confrontiamo ora i caratteri morfologici.
La differenza che maggiormente contrasta è la grande diversità di
volume fra i due microorganismi, il che, come si sa, non ha importanza
sistematica. Del resto anche nel parassita della rabbia il volume cambia
grandemente secondo che esso sia parassita del coniglio, del cane o dei
bovini, mentre l'estrema piccolezza del parassita della rabbia giustifica
l'incertezza di alcuni particolari di confronto. Le spore di Plasmodio-
phora misurano in media /« 1,5, il plasma che ne esce è più piccolo,
le spore del parassita della rabbia risultano di circa ,« 0,5; il contenuto
che ne esce, certamente più piccolo, non è visibile coi nostri mezzi di
osservazione; ciò può anche spiegare come il virus rabico sia filtrabile.
Quando il parassita aumenta di volume, quando cioè sta per for-
mare le spore, od ha già sporificato, allora questo corpo diventa visi-
bile. Si capisce quindi che l'osservazione di tutti i particolari ben netti,
quale si può eseguire sui vari stadi di sviluppo della Plasmodiophora,
non è invece possibile nel caso dei corpi del Negri.
Studiata che sia accuratamente la biologia dei due esseri diversi
con tutti i mezzi possibili, a me pare che per studiale comparativamente
la loro morfologia, sia un errore l'osservare tanto la Plasmodiophora
quanto il Neurori/ctes con la stessa misura di ingrandimento; dobbiamo
invece sottoporre i preparati della Plasmodiophora ad un ingrandimento
che corrisponda quanto più è possibile al volume dei corpi del Negri, al-
trimenti,, data la grandezza della Plasmodiophora, vedremo ben netto nel
suo plasma ciò che con lo stesso ingrandimento non si può vedere nel
parassita della rabbia.
Usando l'obiettivo a secco Zei.ss D e l'oculare comp. 6 tubo 160 mm,
d'ap. per l'esame della Plasmodiophora vediamo che essa ha all' incirca
le stesse dimensioni del Neuroryctes visto coll'obbiettivo ad immers.
omog. 2 mm. ed oculare comp. n. 8, tubo 160 mm.
Osservando con tale ingrandimento a fresco e senza colorazioni
la Plasmodiophora, specialmente nei suoi stadi giovani, vediamo che essa
assomiglia in modo impressionante ai corpi del Negri e a quelli del
Sinigaglia. Nella tav. XX del presente lavoro ho appunto riportato le
immagini del parassita della rabbia visto a fresco come vennero dise-
' Negri, 1. e, pag. 19.
Àtli dell'Ut. Boi. (IflVUnirei-sità dì Pavia — Serie II - Voi. XV. 27
— 308 —
gnate dal Negri e da lui pubblicate nella Zeitsclir. f. Hyg. und Tvfect. di
Lipsia nel 1903, ed ho disegnato più fedelmente che ho potuto diverse
forme di Plasmodiop/ioro nei suoi stadi giovani, precedenti alla sporifi-
cazione. Un esame di queste figure giustifica quanto ho sopra affermato.
Non mancano neppure nel plasma della Pìasmor^iophora i corpic-
ciuoli piccoli, rotondeggianti, rifrangenti, che si scorgono nel Nevroryrtes.
Rarissimamente vi si trovano invece i corpi più grandi, meno rifran-
genti, rotondeggianti ed ovali o di forma irregolare, di aspetto granu-
loso descritti dal Negri per i suoi corpi.
Talvolta invece il detto plasma presenta solo numerosi, minuti
corpicciuoli rifrangenti che riempiono fittamente tutto il corpo del mi-
croorganismo ed è per la Plasmodiophora il caso più frequente. Per
questo particolare essa si avvicinerebbe più ai corpi del cimurro de-
scritti dal Sinigaglia, che non al Neuroryctes.
Sottoposto alla colorazione col metodo di Romanosky, sia con la
miscela del Gienisa, sia con la miscela di eosina e bleu di Borrel, la
massa fondamentale del plasma della Fìasmodiophora si presenta colo-
rata uniformemente in azzurro e su tale fondo appaiono dei granuli in
numero vario con colorazione violacea.
Analoghe colorazioni si vedono nei preparati del Negri (vedi fig. 1-6,
tav. XXI) ed in quelli del Sinigaglia che pure ho riportato (vedi fig. 12,
tav. XXI), anzi questi ultimi assomigliano di più, anche per il minor nu-
mero di granulazioni colorate contenute nel plasma.
L'aspetto finamente ed uniformemente granuloso che hanno i corpi
del Negri colorati col metodo del Mann, si ha egualmente per i coipi
della Plasmodiophora negli stadi giovani, osservati a debole ingi-andi-
mento (vedi tav. XXI, fig. 15 e 16).
Talvolta, quando ancora non vi è accenno alla sporificazione, si
notano i contorni del piccolo plasma ben netti e regolari, tanto che
esso si direbbe incistato, ma sono questi casi rari, per lo più non si
riesce a scoprire una membrana. Altre volte si trovano alcuni di questi
falsi plasmodi con contorni non del tutto rigidi e regolari, ma questo
fatto si riscontra anche nei corpi del Negri, in quegli stadi che prece-
dono la sporificazione; infatti egli scrive: ''altre volte non è compito
facile diagnosticare a fresco i parassiti a questo stadio perchè hanno per-
duta la rigidità dei contorni e sono divenuti corpi granulosi, incolori, a
margini delicati, che facilmente si sottraggono all'osservazione; essi però,
eccettuata l'intima struttura e la nettezza del contorno, si comportano in
modo affatto simile alle altre forme endorellulari caratteristiche, alle quali
sono collegate da tutta una serie di forme di passaggio. „ '
Negri, I. o., pag. 9.
-- 309 —
liìoltie nella Negria canis, accanto a forme a contorno rigido e rego-
lare come quelle disegnate dal Negri, se ne trovano altre il cui contorno
non è segnato da una linea regolare, ma ondulata, ad andamento molto
tortuoso, e ne risulta perciò un carattere di insieme più delicato e più
tenue di quello del parassita della rabbia. Anche per questo carattere
la Negria si avvicina più che il Nenroryctes alla Plasmodiophora.
In quanto alle spore della Plasmodiophora esse hanno, è vero, cro-
matina ben differenziata, mentre la sostanza nucleare delle spore dei pa-
rassiti della rabbia e del cimurro appare costituita da un solo blocchetto
amorfo, ma in complesso hanno gli stessi caratteri di quelle descritte
dal Negri per il parassita della rabbia e ciò è bene notare perchè
la struttura di tali spore, così semplici e caratteristiche, ha molta im-
portanza per la sistematica.
Infatti questi caratteri separano nettamente il parassita della rabbia
e quello del cimurro, che vanno considerati come appartenenti allo stesso
genere, dai gruppi delle Gregarinc, dei Corcidi, dei Mixosporidii, dei Mi-
crosporidii e dai gruppi che si collegano a questi e nei quali potreb-
bero essere confusi in alcuni stadi di sviluppo.
Se si fa il confronto fra le spore dei parassiti su citati e le spore dei
Microsporidii, si nota una grande differenza. Le spore del parassita della
rabbia sono sempre e costantemente mononucleate e senza filamento
polare anche dopo l'azione dei reagenti. Ammesso pure che, attesa la
piccolezza delle spore, non si possa scorgere il filamento, si dovrebbero
però scorgere la capsula polare e sopratutto i varii nuclei, ma poiché
ciò non è. tale specie non può essere asciitta ai Microsporidii. Lo stesso
aspetto generale delle spore dei Microsporidii è molto caratteristico e
nettamente differente da quello delle spore del parassita della rabbia.
Le spore dei Sarcosporodii sono arcuate, e considerando poi anche
il ciclo di sviluppo non mi sembra per il momento giustificabile un
ravvicinamento del parassita della rabbia a questo gruppo di esseri.
Le spore degli Haplosporidii, per lo più piriformi, hanno minori
caratteri differenziali, ed il ciclo di sviluppo in specie del genere Sche-
viakovella di M. CauUery e F. Mesuil ' ha molte affinità con quello dei
parassiti presi in esame, ma le spore anche qui sono munite di un
doppio involucro robustissimo oltre a possedere anche uno sporangio
con membrana che li differenzia non di poco, e non permette di classi-
ficarli in questo ordine di esseri.
' Caullery M. e Me.ssil P., Recherchex sin' leu Haplosporidics in ArcLives
Expérim. et Gi'm. Paris, iv serie, iv Tom., 1005-0<), pag. 150.
— 310 —
Il genere Pìasmodiophora invece non lia caratteii differenziali siste-
matici importanti tali che non permettano di comprendere il genere
Neuroryctes e Negria entro la stessa sua famiglia.
Confrontando il ciclo di sviluppo della Pìasmodiophora con quello
del parassita della labliia noi dobbiamo notare che se presso i Mixomi-
ceti lo stadio plasmodiale è secondario, essendo esso (come afferma la
totalità degli autori) il lisultato della fusione citoplasmatica di ele-
menti unicellulari e potendo essere nullo lo stadio seguente di aumento
del numero dei nuclei, presso la Pìasmodiophora invece nel suo pìasmodio
(cosi detto erroneamente), l'aumento del numero dei nuclei è continuo
e rilevante; e questo fatto biologico impoitaute si verifica pure nei corpi
del Negri ed in quelli del Sinigaglia.
Resta a discutersi ed a conoscersi lo stadio per il quale dalla spora
od elemento uninucleato, il parassita della rabbia passa a quello imme-
diatamente successivo che deve precedere lo stadio di elemento pluri-
nucleato e sopi-atutto ad escludere o ad ammettere che nel parassita
della rabbia vi sia plastogamia.
A. Wesseis Williams e M. Murray Lowden ' avrebbero trovato
delle forme di coniugazione nel parassita della rabbia e le fig. 33 e 45
della tavola che accompagna il loro lavoro riproducono infatti forme
asimmetriche che sembra siano forme di coniugazione; ma il Negri e la
numerosa schiera degli studiosi che da anni lavorano su questo argomento,
non hanno mai trovato alcuna forma clie faccia sospettare una fusione,
quindi probabilmente non vi sono stadi di coniugazione nel paiassita
della rabbia, o se ve ne sono essi si verificileranno negli stadi giova-
nissimi di sviluppo, durante i quali non si possono vedere cogli attuali
mezzi di ingrandimento.
La coniugazione non si può a priori escludere perchè, com'è noto,
non è possibile distinguere una spora isolata di detto parassita data la
sua estrema piccolezza e la natura del tessuto nel quale esso vive, e
quando noi vediamo il corpo isolato con il corpo cromatinico centrale
potrebbe darsi che la fusione fosse già avvenuta. Ma poiché, come ab-
biamo visto, nella Pìasmodiophora si può arrivare alla sporificazione
senza plastogamia, lo stesso potrà succedere anche nei coipi del Negri
e del Sinigaglia che hanno tanti punti di affinità con essa. Dalla spora
della Pìasmodiophora esce un corpo flagellato che poi diventa una
specie di ameba; corpo flagellato che non si è riusciti a scorgere nel
parassita della rabbia e in quello del cimurro; ma anche riguaido a ciò
' Wkssbls William.s e Murr.w, The Journal of iiifecfioiis diseases, voi. iii
n. 3, may 1906.
— 311 —
noto innanzi tutto ciie nella Plasmodiophnrn manca sovente lo stadio
flagellato che non è assolutamente costante; in secondo luogo, nel pa-
rassita della rabbia, se non è possibile scorgere la spora isolata, sarà
impossibile pure, per le sue dimensioni, vedere il protoplasma flagellato
isolato che ha origine da essa.
In (juanto alla posizione sistematica botanica della Plasmodiophora,
dopo quanto ho descritto, tale genere di esseri va considerato come un
termine intermedio fra le Acrasieae dei Mixomiceti inferiori ' e le Chy-
tridiaceae dei Ficomiceti. Con i piimi i caratteri diflferenziali si può dire
siano limitati alla mancanza costante del flagello, fatto questo che non
si può sempre asserire per la Plasmodiophora. Colle Chytridineae invece
noi troviamo in comune l'esistenza dell'elemento flagellato e l'esistenza dei
plasmi plnrinucleati dove l'accrescimento di volume del corpo aumenta
di pari passo coll'aumento del numero dei nuclei e con la presenza delle
spore numerose uniuucleate di struttura semplice. Si difi'erenziano in-
vece per la ramificazione dell'apparato vegetativo e per lo sporangio mu-
nito di forte membrana, che manca in via normale nella Plasmodiophora.
Il parassita della idrofobia fu distinto dalla Williams col nome di
Neuronjctes Hijdrophobiae e per le leggi della classificazione, la deno-
minazione di tale genere e specie va seguita dal nome dell'autrice Wil-
liams che l'ha creato e non da quello del Calkins, come erroneamente è
stato pubblicato in pressoché tutte le pubblicazioni che trattano della
malattia della hjssa. Non vi è dubbio poi, malgrado la biologia del pa-
rassita del cimurro sia stata meno illustrata di quella del parassita
della rabbia, che entrambi appartengono, se non alla stessa specie, allo
stesso genere.
Quindi per le stesse leggi di classificazione il nome dato al primo
dal Sinigaglia va conservato solo per la specie, ma quello del genere va
cambiato in Neurorijctes. Cosicché il nome del parassita del cimurro
deve essere distinto col nome di Neuronjctes canis (Sinigaglia). Sino-
nimo: Negria canis Sinigaglia.
Entrambe queste specie insieme alla Plasmodiophora, vanno com-
prese nella famiglia delle Plasmodiophoraceae e ciò fino a che non ven-
gano scoperti fatti che possano contiadire il ciclo evolutivo tanto dili-
gentemente descritto dal Negri.
* *
Concludendo, da queste ricerche sulla citologia e sulla biologia della
Plasmodiophora Brassicae Woroniu, risultano i seguenti nuovi fatti:
' Vedi la mouografiii delle .Icrasiaie di E. < )li ve iiul]l)li<"at:i iu Proced. Bo.ston
Soc. Nat. Hystory. Voi. xxx, 1903.
— 312 —
Le spore della Plastnodiophora Brasskae Wor. liaiino una iiieiubrana
elle, contrariamente a quanto hanno asserito diversi autoii, non dà la
reazione della cellulosa.
La membrana delle spore della P. Brasskae Wor. prima della ger-
minazione è continua e non ha fenditure, né canalicoli né alcuna solu-
zione di continuità.
Detta specie produce, non costantemente, dalle sue spore elementi
flagellati.
Gli elementi, flagellati o no, che sono esciti dalle spore si trasfor-
mano in amebe, le quali non si fondono fra di loro per la formazione di
un plasmodio; ossia nella Plastnodiophora Brassicae Wor. generalmente
non vi è plastogaìnla come nei Mixomiceti superiori.
L'ameba dapprima è mononucleata, poi dal corpo cromatinico cen-
trale si formano altri gruppetti croniatinici i quali si difl'erenziano in
seguito in veri nuclei; questi, moltiplicandosi nel modo già studiato e
descritto da altri autori, danno luogo a tante spore quanti sono i nuclei
derivati.
L'ameba può, in casi speciali, incistarsi, cioè circondare il proj)rio
plasma di una vera e robusta membrana.
In alcuni casi, forse anormali, i nuclei dei pseudoplasmodi prima
della formazione delle spore possono moltiplicarsi anche per diretta
scissione.
La Plasmodiophora Brassicae Wor., prototipo delle Plasmodiophoraceae,
si differenzia dalle Acrasieae unicamente per la presenza (non sempre
costante) del flagello nell'elemento protoplasmatico derivato dalla spora.
Ed essa si può considerare come termine intermedio tra i Mixomiceti
inferiori e le Chytridiaceae dei Ficomiceti.
Lo studio poi della citologia e della biologia dei paiHSsiti della
rabbia e del cimurro anche in rapporto al confronto con quello della
Plasmodiophora porta alle seguenti deduzioni :
La citologia e la biologia del parassita della rabbia hanno rapporti di
affinità tali con quelle della Plasmodiophora, da permettere di includere
questo parassita nella stessa famiglia di esseri nella quale va com-
presa la Plasmodiophora Brassicae Wor., cioè nelle Plasmodiophora-
ceae Zoi)f '.
' 11 nome 'trilli l;uai_i;lia delle Phì//iiiiii/.i(ici-(ir dato 'la ScHRÒTER a i|uesU
e.sseri deve scoiuparire, perchè, come giu.stameiiCe osservano Maire e Ti.sox, la
priorità spetta alla denominazione: Pla.smodiophonwcae di Zopf.
— 313 -^
Il parassita del cimurro appartiene non solo alia stessa famiglia,
ma anche allo stesso genere di quello della rabbia.
Il parassita dell'idrofobia va distinto col nome di Neuroryctes H;/-
dropltobiae Williams e non con quello di iV. Hydrophobiae Calkius.
Il parassita del cimurro va distinto col nome di Neuroryctes canis,
(Sinigaglia).
*
* *
Vivissimi ringraziamenti porgo al mio Direttore prof. Giovanni
Briosi per i consigli e i mezzi concessimi per condurre a termine le
presenti ricerclie ed esprimo pure la mia riconoscenza alla signora
dott. Lina Negri Luzzaui ed al dott. Giorgio Sinigaglia per il valido
aiuto datomi e per il materiale di studio favoritomi.
314 —
BIBLIOGRAFIA
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320
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XX
Le prime 10 figure sono state pubblicate dal Negri nella Zcitscìirif't fin- llygieiie
und Infecf/oiiskraiikheiten, Bd. 43, 1903. tav. v.
Rappi-esentano immagini del parassita della rabbia in materiale fresco del corno
d'Ammone di un cane morto dopo 15 giorni daccbè era stato inoculato con
virus rabico.
Ob. ap. Zeiss 1,5 mm. Homog. Imm. Ap. 1,30, oc. comp. lì, tubo 1. 100 nini.
lie figure dalla 11 alla 26 rappresentano diverse forme di stadi giovani di sviluppo
di Plasmodiophora Brassicae Wor. in radici ammalate di Brassica, preparati
con materiale fi.ssato in .soluzione acquosa fisiologica con sublimato corrosivo
al 7 per cento.
Oli. Zeiss D. (»•. conip. (i, tuliu 1. IdO nini. Disegni eseguiti con camera lucida
Aliìif-Apàtlìi/.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXI
Fig. 1. 2, 3, 4. 5, 6, S, 9, 10. Parassiti della rabbia in preparati per striscia-
mento della sostanza grigia del corno d'Aminone di vacche i rabbia spe-
rimentale). Colorazione del Ronianosky.
Obb. 2 nini, apocr. Zeiss, imniers. oniog., apert. 1,40. Oc. comp. IS.
Tubo 160 mm. Camera lucida Koritska mod. Apàthj'. Disegnati dal Negri
nella Memoria : Sulla morfologia e sul ciclo del Parassita della rabbia
in Rend. Reale Accademia dei Lincei, anno 1S109, serie 5", voi. vii, Classe
se. fls. ecc., tav. i e tav. ili.
!■ 7 e 11. Parassiti della rabbia nelle cellule nervose in sezioni di corteccia
cerebrale di vacca morta di rabbia s|)erìiiientale.
Colorazione con il metodo del Mann.
Obb. 2 mm. apocr. Zei.ss, immers. omog. apert. 1,40. oc. comp. 8,
tubo 160 mm.
» 12. Sezione di cervelletto di un cane affetto dalla forma nervosa del cimurro.
Colorazione del Mann.
Obb. 2 mm. apocr. Zeiss aper. 1,30. Tubo 160 nini. oc. comp. 8. Ca-
mera lucida Koristka. Disegnati dal Sinigaglia nella memoria: Osser-
vazioni sul ciiiuirni in Bull. Sue. Medica di Pavia. Anno 1911 (fig. 10
della tavola).
13. Cellule dell'epitelio ilei bronchi di cane morto di cimurro broncopolmonare.
Colorazione del Romauosky.
Obb. 2 mm. apocr. Zeiss, ap. 1,30. Tubo i6u mm. oc. comp. 18. Ca-
mei-a lucida Koristka. Diseguati da Sinigaglia: fig. 7 della tavola della
memoria sopra indicata.
— 321 -
Pig. 14-23. Diversi stadi di sviluppo di Plasmoiìio]ihoni nrassicrip Wor. Le fìg. l5
e 16 di pi-eparati colorati col metodo del Mann, le altre figure da pre-
parati colorati col metodo del Romanosky, modific. Giemsa.
Le fig. 14, 15, 16, 21, 22, 28 con ob. D. Zeiss, oc. comp. fi mm.
Tubo 160 mm.
Le fig. 18, 19 e 20 con ob. 9* Koristka, oc. comp. 6 mm. Tubo 160 mm.
La fig. 17 con obb. immers. omog. 2 mm. apocr. Koristka. Apert. 1.40
oc. comp. 6. Tubo 160 mm. Disegni esegniti con camera lucida Koristka
mod. Apàthy.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXII.
Fig. 1. Spore di PUismodiophora Brassicae Wor. non colorate.
Obb. imm. omog. 1,5 apocr. Koristka, ap. 1,30, oc. comp. 6. Tubo
160 mm.
• 2. Spore di PlaavìoiUophora liraxsicae Wor. colorate col metodo del Mann.
Obb. imm. omog. apocr. 1,5 Koristka, ap. 1,30, oc. comp. 6.
3. Spore di Plamiiodiophora Brassicae colorate con il metodo del Romanosky
niodif. Giemsa, ingrand, come fig. 1 e 2.
» 4. Spore di Plasmodiophora colorate col metodo dell'emallume ed eosina.
Obb. imm. omog. apocr. 1,5 Koristka, aper. 1,30, oc. comp., 18.
• 5. Stadi di sviluppo di Plasmodiophora colorati con emallume ed eosina.
Obb. imm. om. apocr. 1,5 Koristka, aper. 1.30, oc. comp. 6. Tubo 160 mm.
» 6. Stadi di sviluppo di Plasniodiop/iora colorati col metodo Romanosky mod.
Giemsa, ingraud. come per la fig. 5.
» 7, 8, 9, 10, 11, 12. Stadi colorati con il metodo del Romanosky mod. Giemsa,
ingrand, come per la fig. 5.
» 13. Stadi colorati con emallume ed eosina, ingraud. come in fig. 5.
» 14. Stadi colorati con il metodo di Romanosky, mod. Giemsa.
Obb. imm. omog. apocr. 2 ^mm. Koristka, aper. 1,40, oc. comp. 6.
Tubo 160 mm.
» 15. Stadi colorati con emallume ed eosina, iugr. come nella fig. 14.
■> 16. Nuclei di pseudoplasmodi colorati con il metodo del Mann.
Obb. imm. omog. apocr. 1,2 Koristka, aper. 1.30. oc. comp. 18 (in-
grand. 3000 diam.). Tubo 160 mm.
' 17. 18, 19, 20, 21, 22. Stadi colorati con emallume ed eosina.
Obb. imm. omog. apocr. 2 Koristka, aper. 1,40, oc. comp. 4. Tubo
160 mm.
23. Nuclei in moltiplicazione di pseudoplasmodi colorati con emallume ed
eosina.
Obb. imm. omog. apocr. 1,5 Koristka apert. 1,30, oc. comp. 6. Tubo
160 mm.
Tutti i disegni sono stati eseguiti con camera lucida Koristka mod. Apàthy.
Dall' Istituto Botanico di Pavia (Laboratorio Crittogamico), gennaio 1914.
ISTITUTO BOTANICO DKLLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI
IL "MAL DELL'INCHEOSTRO,,
NELLE
GIOVANI PIANTICELLE DEI CASTAGNETI
E DEI SEMENZAI.
NOTA
di GIOVANNI BRIOSI e di RODOLFO FARNETI. >
Allorquando, in un castagneto, il mille dell' inchiostro (moria)
piglia piede ed infierisce, si formano di frequente, in esso, delle chiazze
più 0 meno estese, ove gli alberi in gruppo muoiono producendo delle
radure, che veggonsi talora interamente spoglie di alberi, tal'altra dis-
seminate di tronchi secchi, residui delle piante morte ma non abbattute.
In questi spiazzi, se, per disseminazione naturale, nascono dei ca-
stagnoli, essi non rimangono a lungo in vita, come non riescono ad
attecchirvi le pianticelle che artificialmente ivi si ripiantino. A poco a
poco gli uni e le altre muoiono; ed in capo a due o tre anni, o, tutt'al
più, dopo cinque o sei, delle nuove pianticelle nessuna rimane viva.
' Note precedenti :
Buiosi G. e Farxkti K., Sulla morìa dei castufini (inule dell' iiicli/ostroj.
Prima nota (Atti Istituto Bofiiiiico di Pavia, voi. xiil, pag. 291-'2'J8, con 1 tav.
litogr.). Anno 1908;
Intorno alUi ciiiisii della morìa dei castagni yinale dell' imìuostro) ed
ai mezzi per eomhatterla (ibid., voi. xiv, pag. 47-51Ì:
La morìa del castagni (male dell' inchiostro'). Ussercazioni rritielie ad
una nota dei sigg. Griffon e Maidjlanr (ibid., voi. xv, pag. 43-51);
Nuore osservazioni inforno idla moria dei castagni (male dell' inchiostro)
e Sila riproduzioìie artificiale (ibid., voi. xiv, pag. 327-3;i4);
.1 proiìosito d'una Xota del dutt. Leonello l'etri sulla moria dei ca-
stagni unale dell' iìichiostroì (Rendic. Accad. Lincei, voi. xxii, ser. 5", 1» seni.,
far^o. r,);
• Ancora sulla mor'ia del castagno (male dell' inchiostro) in risposta al
sig. doti. L. Fetri (Rendic. Accad. Lincei, voi. xxii, ser. 5*, 2° sem., fase. 2").
Alti clcìl'Jsl. Bui. dell' Uni i-ersità di Pavia - Serie li — Voi. XV. 28
— 324 —
Quaiulu il lipiautameuto vieu fatto con alberelli adulti rivestiti
(li forte corteccia, se essi riescono ad attecchire (il che non sempre
avviene), resistono qualche anno di più, ma non tanto da poter rive-
stire la radura.
È per tale ragione che gli spiazzi formatisi nei castagneti attac-
cati dalla moriii più non si ripopolano e rivestono, come non si sosti-
tuiscono nella selva gli alberi che isolatamente il male qua e là uccide.
Che nel luogo stesso ove un albero spontaneamente muore non se
ne debba subito ripiantare un altro è cosa, ab antiquo, risaputa poiché
non vi attecchisce o presto muore. Ciò è dovuto alla presenza di rizo-
morfe 0 d'altri miceli fungini nemici che la pianta che muore abban-
dona nel terreno, miceli i quali dapprima vivono come saprofiti sulle
radici della pianta perita; di poi sopra le radici vive della pianta so-
stituitavi.
In egual modo peraltro non si può spiegare la morte delle giovani
piantine nelle radure prodotte dal male (ìell'iuchiostro, poiché sulle
radici delle piante che questo morbo uccide non si trovano di solito
né rizomorfe, né altri miceli patogeni. Altre spiegazioni quindi si sono
escogitate, diverse e varie fra loro ma tutte partenti dal concetto che
la causa del male va ricercata nel terreno.
Cosi, alcuni sostengono che le piante muoiono perchè il terreno
più non contiene in quantità sufficiente alcuni degli elementi minerali
clie sono loro indispensabili, o perché esso difetta deH7»(mMs neces-
sario alla vita delle piante stesse. Altri ritengono ciie trattasi del pa-
rassitismo di miceli che per speciali condizioni sviluppansi nel terreno
ed invadono le ultime barbicelle delle radici che uccidono (Ducomet).
Altri, partendo dal presupposto che le micorizze siano indispensabili
alla vita dei castagni, fanno risalire la causa della morìa ad un mi-
cromicete [Mijcelopliagus) che attaccherebbe e distruggerebbe i miceli
micorizzici e, di conseguenza, anche le micorizze (Mangin). Altri in-
vece, riconoscendo che i castagni possono vivere e prosperare anche
senza le micorizze, ritengono che gii stessi miceli che in condizioni
normali concorrono alla formazione di queste vivendo con le ladici in
consorzio mutualistico, quando invece nel suolo Vìiumus difetta, non
trovando nel terreno le sostanze organiche delle quali abbisognano, le
sottraggono alle radici stesse trasformandosi in veri parassiti di queste
ed uccidendo le piante (Delacroix). Infine, non manca chi attribuisce
la morte a misteriose e mal definite sostanze tossiche escrete ed ab-
bandonate nel terreno dalle piante malate che muoiono.
Le osservazioni ed i fatti che qui sotto esporremo serviranno a
portar nuova luce in questo intricato contrasto di ipotesi ed opinioni
— 325 —
ed a riconfermare ancora ima volta iiiiauto noi abbiamo dimostrato e
sostenuto nelle nostre precedenti note e memorie, cioè, die la causa
del male non risiede nel terreno e non sale dalle radici alle parti aeree
della pianta, ma, viceversa, da queste a quelle discende; e che è sem-
plicemente l'opera del parassitismo di un micete epigeo.
*
Nella scorsa primavera, in alcuni castagneti della valle del Sercliio
in pi'ovincia di Lucca, la morìa delle giovani pianticelle di castagno
era rilevante, onde la nostra attenzione fu livolta in modo speciale a ri-
ceicarne la causa. Eravamo ai primi di maggio e molte piante da poco
germinate avevano appena spiegate le prime fogliole. Apparentemente
la maggior parte di tali piante era vegeta e prosperosa, ma un attento
esame mostrava in parecchie, sul fusticino delle macchiuzze o delle
brevi strisele longitudinali livide con necrosi del tessuto la quale in-
teressava l'intero spessore della corteccia; ed il microscopio rivelava in
esse (in sezioni tangenziali) un micelio fungino, non ancoia sporificato.
Trattavasi di minuti cancri incipienti che erano sparsi sul fusti-
cino tanto nella parte soprastante ai cotiledoni, quanto nell'ipocotile,
benché quivi in minore quantità.
Estendendo l'esame alle pianticelle dell'anno precedente, nate cioè
nella primavera del 1913, trovammo pure dei piccoli cancri suUMpoco-
tile, alcuni dei quali formanti pustole costituite da stromi immaturi. In
pianticelle di tre anni, malate ma non morte, il fatto si ripeteva; cancri
trovavansi tanto verso la base dell' ipocotile quanto nella regione del
colletto. la uno di questi castagnoli di tre anni il cancro basale, anzi,
era già disceso, con larga striscia nerastra, nel fittone della radice,
mentre altri castagnoli trovammo di già morti in seguito a forte at-
tacco del male, avvenuto nella parte inferiore del fusto: infine, alcuni
castagnoli di cinque anni erano morti per attacco nella regione del
colletto.
In tutti questi cancri, trovavasi sempre un micelio, spesso con
stromi non peranco differenziati, e sporificati benché lascino intravedeie
forme di lùtxicocnim o di Cijtosporella.
*
Ai primi dello scorso luglio, dal vivaio forestale di Gozzano in
provincia di Novara ci furono mandate delle piantine di castagno ma-
late per ricercare la causa del deperimento loro. Recatici sul luogo, tro-
vammo che le pianticelle sofferenti, o morte, erano affette da cancii
simili a quelli dei castagnoli della valle del Sercliio, anzi in uno stadio
pii!i avanzato.
— 326 —
11 vivaio di Gozzano contava circa duecentomila pianticelle, tutte
nate nella primavera da castagne seminate nel precedente autunno. Di
questi castagnoli, circa diecimila erano di già morti, e gli altri vede-
vansi morenti o fortemente sofferenti.
Dall'inchiesta fatta sul luogo, emerse:
1. Che il vivaio di Gozzano si trovava a notevole distanza da
qualunque castagneto;
2. Che anclie negli anni scorsi si seminarono, nello stesso ter-
reno, delle castagne, e si ebbero castagnoli sani, senza mortalità;
3. Che il vivaio era fatto a regola d'arte e trovavasi in ottime
condizioni poiché il terreno era sciolto, profondo, provveduto di rego-
lari canali di scolo, con aiuole rialzate e senza ristagno o infiltrazione
di acqua. Inoltre, il terreno era fertilissimo e ricco di humufi, sicché le
piante in poco tempo avevano raggiunto un grande sviluppo, arrivando
e sorpassando nn metro d'altezza;
4. Che nel vivaio si coltivavano diverse altre essenze, ma solo
quella del castagno era malata.
Allora, non sapendo come orientarci, sospettammo che il male po-
tesse provenire dalle castagne che avevano servito per la semina. Ed
infatti, dalle informazioni da noi prese risultò che queste eransi avute
in parte da castagneti del comune di Armeno. Ci recammo ad Armeno,
ed una accurata ispezione assodò che, pur troppo, in questi castagneti
eranvi molti alberi attaccati dal male deirinehiostro, tanto nei rami,
([uanto nel tronco e nelle radici. Era quindi evidente che nel vivaio
la malattia ei'a stata portata per mezzo delle castagne che avevano
servito per la semina.
Nel vivaio di Gozzano, il male si manifestava con gli stessi ca-
ratteri di quelli dei castagneti della valle del Serchio (caratteri che
sono identici a quelli di tutti i castagni, qualunque sia la loro età, che
muoiono per male dell' inchiostro : in tutti si hanno i cancri carat-
teristici prodotti da micosi). Anche nei castagnoli di Gozzano il male
aveva preso non solo le parti aeree ma, talora, anche le radici. E le
foglie disseccavano contemporaneamente al fusto, o prima di esso, ri-
manendo secche attaccate alla pianta; precisamente come avviene nei
grossi alberi attaccati dal male dell' inchiostro quando muoiono della
cosidetta forma " apoplettica .,.
Nel vivaio scegliemmo, prendendole dalle diverse aiuole, oltre un
centinaio di piantine in tutti gradi di sofferenza, con tutte le loro radici
e la terra che vi aderiva e le portammo al Laboratorio per sottojiorle
ad esame più accurato e minuto.
— 327 —
Nelle centoventidue piantine esaminate, ne trovammo centodieiotto
che presentavano cancri più o meno sviluppati, o sul fusto, o nella re-
gione emersa dell' ipocotile.
Delle quattro che non avevano cancri nella parte aerea, una era
sana e le altre tre erano malate nella radice.
I cancri si manifestavano come depressioni o lividure della cor-
teccia, di varia forma, generalmente ellissoidali-allungati o lineari, cioè
sotto forma di strisele più o meno appariscenti nel fusto ancor verde;
spesso il cancro abbracciava l'intera circonferenza del fusticino, ed
allora vi produceva una specie di strozzatura anulare.
Frequentemente nei cancri eranvi delle pustole, a forma di ver-
rucchette dovute allo sviluppo di uno stroma fungino, subcorticale, non
ancora differenziato, né sporificato: in alcuni, per altro, si intravvedeva
di già una struttura irregolarmente valsoidea. Questi stremi esaminati
più tardi, sopra piantine morte raccolte nello stesso vivaio nel mese
di novembre, si trovarono in pai'te sporificati, come nel Lucchese, sotto
forma di Fusicoccum e Cijtosporella. Erano peraltro diversi dal Fusi-
cocciim da noi altrove descritto, e più vicini, se non identici, alle forme
spermogoniclie descritte dal Fuckel come appartenenti al ciclo evolu-
tivo della JMelanconis modonia Tnl., e simili altresì ad alcune forme
conidiche da noi ottenute in coltura artificiale, od osservate in alcuni
stadii di sviluppo della nostra Melanconis perniciosa.
Non intendiamo peraltro dedurre, da queste apparenze, che tali
forme spermogoniche siano identiche alle forme del parassita da noi
studiato e descritto nelle nostre precedenti note, poiché ce ne manca
ancora la conferma colturale e speiimentale.
*
* *
Studiamo ora attentamente l'origine ed il percorso delle infezioni.
Per lispetto all'origine, le infezioni si potevano distinguere, topo-
graficamente, in aeree (sul fusto) ed in radicali (sulla radice). Delle
prime, alcune erano Laicali o cotiledonnli, cioè alla base del fusto in
corrispondenza all' inserzione dei cotiledoni ; altre trovavansi nel-
r ipocotile.
Ora, dei centoventidue castagnoli presi in esame in Laboratorio,
uno, come si disse sopra, mostravasi perfettamente sano; centodieiotto
presentavano infezioni aeree; tre, infezioni radicali. Tra le prime, qua-
rantatre erano basali o cotiledonali; e le piantine con infezioni basali
0 cotiledonali, generalmente, avevano altiesi una o più infezioni (non
di rado le più gravi) nella parte superiore del fusto. Li molti casi
queste infezioni basali provenivano dal seme, ed erano state trasmesse
— 328 —
al fuslicino direttameute dal seme stesso per mezzo del i>icciuolo dei
cotiledoni.
L'esame delle tre piantine con infezioni radicali rivelò quanto
segue : in una, l'infezione si era iniziata a fior di terra, da dove era
scesa alla radice; e la pianta mostrava anche una seconda infezione
alla base del fusto, che non comunicava colla prima. Che l'infezione
della radice provenisse dal fusticino e vi si fosse propagata in dire-
zione discendente, lo dimostravano lo stato di necrosi dei tessuti e il
degradare della loro colorazione patologica che si estingueva a un teizo
della radice lasciando perfettamente sani i due terzi inferiori.
In un'altra delle dette pianticelle l'infezione si era iniziata a circa
sei centimetri di profondità dalla superficie del terreno; ed aveva pro-
ceduto parimenti con direzione discendente, degradando veiso l'estre-
mità della radice, che mantenevasi tuttora sana.
Nella terza, la radice era mozzata a due terzi della sua lunghezza,
probabilmente per opera di qualche larva d'insetto. Nella corrispon-
dente ferita non cicatrizzata si scorgeva un processo infettivo con per-
corso ascendente, che aveva lisalito la radice fino a raggiungere l'ipo-
cotile dove s' insinuava nel legno nel quale aveva prodotto delle stria-
ture brune. In corrispondenza di queste striature, l'esame microscopico
mostrava numerose colonie di bacteri, che non si osservavano nei casi
precedenti, sicché questo si può ritenere come un caso eccezionale di
marciume dovuto ad accidentale infezione bacterica della ferita, com-
pletamente estraneo quindi alla causa della mortalità delle piantine
del vivaio.
Per rispetto al decorso del male ed agli effetti da esso prodotti,
si rilevò che, dei centoventidue castagnoli sottoposti a studio, quaran-
taquattro avevano il fusto tuttora verde o solo in parte secco, ed in
settantaquattro il fusticino era completamente morto. Di queste ultime
settantaquattro piantine, in cinquantadue eia morta anche tutta la radice
la quale mostravasi piti o meno marcescente per tutta la sua lunghezza
(con intensità peraltro decrescente dall'alto al basso) ; in sette, una
porzione di radice ver.so l'estremità inferiore era ancora sana (da tre
a dieci centimetri) ; in cinque era sana l' intera metà inferiore della
radice, ed in dieci tutta la radice era sana sino al colletto.
Delle quarantaquattro piantine dal fusto ancor verde, ventitré ave-
vano la radice perfettamente sana (cosa naturale, perchè non avevano
cancri alla base del fusto o solo incipienti e leggieri); tre avevano
cancri nell'ipocotile e nel fusto i quali discendevano sino alla radice
ed in essa si prolungavano; anzi ne avevano uccisa di già la parte
superiore, ma sana era tuttora la parte inferiore.
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Tutte le lailici o le porzioni di radici ancora sane, jiortavauo
barbe e barbicelle pure sane.
Dieci castagnoli che avevano alla base del fusticino cancri abbrac-
cianli e discendenti nelle radici, queste erano interamente morte ed
alcune, anche marcescenti.
Questi diversi casi non erano, come si potrebbe sospettare, stadii
successivi della malattia; poiché le differenze loro derivavano eviden-
temente dal punto iniziale del processo infettivo e dalla giavità del-
l'infezione. Spesso a produrre la marcescenza della radice aveva altresì
contribuito grandemente la presenza di gallerie longitudinali scavate
da insetti nel fittone.
Anche nei castagnoli avveniva quanto si veiifica sui grossi ca-
stagni: cioè quando il cancro raggiunge la radice, in questa si espande
e discende con maggiore rapidità che non nel fusto, onde la morte
della radice non di rado precede quella della parte aerea della pianta
che muore \)0ì d'un tratto della forma cosi detta apoplettica.
Avvertiamo, ancora, che nel vivaio di Gozzano, oltre i castagnoli
che presentavano i caratteri del male dell' inchiostro, alcuni se ne
trovavano che, pure avendo senza cancri e più o meno vegeta e sana
tutta la parte aerea, avevano la radice mutilata, probabilmente per
opera delle larve di Mdolontha vxiìgaris o delle Grillotalpe; ed altresì,
altre che pi esentavano il fìttone della radice scavato longitudinalmente
da galleiie di larve d'insetti. Alcune di queste gallerie erano invase
da micelii fungini che ne avevano provocato la marcescenza. Nei casta-
gnoli a radice mutilata le ferite eransi cicatrizzate, e le piante vive-
vano tuttora.
I castagnoli con galleria longitudinale nel fìttone ladicale erano
quasi tutti morti, senza che nel fusto 1 cancri si fossero formati.
Notiamo, da ultimo, che, allorquando nei mesi di agosto e settembre
noi rivisitammo il vivaio, si trovò che nelle aiuole (circa cinquecento
metri quadrati), nelle quali si erano lasciate le piantine malate, quelle
di esse con cancri erano tutte morte senza che la malattia si fosse,
almeno ai)parentemente, propagata alle sane contigue : il che si può
spiegare col fatto che sopra queste piante malate il parassita non aveva
aucoia cominciato a sporificare, ciò che avvenne solo nel tardo autunno.
CONCLUSIONI.
Da quanto abbiamo sopra esposto emerge:
1) che non solo gli alberi adulti ma anche le piante giovanis-
sime ed altresì i semi germinanti possono essere attaccati dal male
— 330 —
dell' iiu'liiosti'o; e possonsi avere larghe infezioni di male dell' iii-
cliiosUu anche nei semenzai, ciò che finora non era stato avvertilo ;
2) che i sintomi ed i caratteri, coi quali muoiono i castagnoli,
sono identici a quelli che si manifestano negli alberi che per tale
morbo scompaiono dalle selve ;
3) che i semenzai ed i vivai vanno attentamente sorvegliati, e
le pianticelle loro non debbansi distribuire se non si è .siculi che siano
perfettamente sane, cioè anche senza macchie sospette e cancri i quali
spesilo, per essere minutissimi e poco appariscenti, facilmente sfuggono
all'osservazione superficiale;
4) che quello che avviene nei CHStrtgnoli e nei semenzai pure
conferma che il male deirinehiostro non si inizia nelle radici e non
segue un andamento centripeto; che esso è prodotto da una micosi od
infezione crittogamica che attacca da prima le parti aeree della pianta
(rami e fusti), poi scende alle radici; che talora l'attacco può aver
luogo anche direttamente nell'ipocotile stesso, ed altresì nella parte
superiore della radice del seme germinante;
5) che limale non si può attribuire ad esaurimento del terreno;
6) che non occorre l'opera di uno speciale micromicete, il AJi/ce-
lophagiis, che attacchi e distrugga le micorizze, come vuole Mangin;
7) che nemmeno il male è prodotto dai micelii micorizzici dive-
nuti parassiti per deficienza di humus nel terreno, come pensa Delacroix;
8) che nemmeno fa d'uopo di ricorrere all'esistenza di sostanze
misteriose e tossiche, prodotte ed abbandonate nel terreno dalle piante
che muoiono.
La quistione micologica che non è di capitale importanza per la
patogenesi, la profilassi e la cura del male, verrà interamente chia-
rita e risolta più tardi, quando le ricerche in proposito saranno com-
piute e tutti i lati del problema micologico studiati. Sino da oia pos-
siamo peraltro aft'ermare che, quando anche si riuscisse a dimostrare
che non un solo fungillo ma parecciii concorrono a produrre il com-
plesso delle alterazioni che vanno sotto il nome di moria o di male
deirinehiostro del castagno, ciò non infirmerebbe quanto noi abbiamo
ripetutamente affermato nelle nostre precedenti pubblicazioni, e che
anche le attuali ricerclie sull' infezione dei castagnoli e dei vivai ri-
confermano.
Pavia, Istituto Botanico, pciinaio IDló.
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L. Monteraartini - Mriz e nprod.
Atti lidi' Istituto Botanico di Pavia, Voi. XV.
Tavola XI.
L. MoNTEMARTisi. — Niitrisioiie e riprodusione.
MILANO - TURATI E 0.
Atti ch'ir Istituto Botanico di Pcivin, Voi. XV
Tavola XII.
L. MoNTEMARTiNi. — Nutrìsioìie e riprodusione.
MILANO - TURATI E 0.
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&L.Pavarmo--Bacteri delle Orchidee
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Atti dell'lst" Botanico Univ. di Pavia Voi. XV
Tav. XIV
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Flora del serpenlino
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I FUNGHI PARASSITI
DELLE PIANTE COLTIVATE OD UTILI
ESSICCATI, DELINEATI E DESCRITTI
per Giovanni BRIOSI e Fridiano CAVARA
■tìono finora usciti 17 fascicoli.
Per l'acquisto rivolgersi al prof. Gìo-v£»mi.-i.1 ]3x*ìosÌ9 Direttore
deW Istituto Botanico di Pavia.
ATTI DELL'ISTITUTO BOTANICO
DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA
REDATTI DA GIOVANNI BRIOSI
Volume 1° con 6 tavole litografate
Serie II.
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1918.— »
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1916.— »
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15» Parte I, con 13 tavole
I » 16» con 18 tavole litografate
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