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ATTI 


DELL 


ISTITUTO  BOTANICO 

DELL'UNIVERSITÀ   DI  PAVIA 

REDATTI   DÀ 

GIOVANNI  BRIOSI 

Professore  di  Botanica  dell'Unmvebsità  e  Direttore  dell'Istituto  Botanico 
E  DELLA  Stazione  di  Botanica  Crittogamica   (Laboratorio  Crittogamico). 

II  Sekie 
Volume   Otaindicesimo 

Parte  Prima 

Coìi  13  tavole  litografale 
e  un  ri/ratto. 

Seguito  deWArchivio   Triennale 
del  Laboratorio  di  Botanica  Crittogamica. 


Victoria  regia  —  Orto  Botanico  dì  Pavia. 

MILANO 

TtPO-LIT.   REBESCHINI   DI   TURATI   E    C. 
1918. 


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ATTI 


DELL 


ISTITUTO  BOTANICO 

DELL'UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 


REDATTI    DA 


GIOVANNI  BRIOSI 


Professore  di  Botanica  dell'Università  e  Direttore  dell'Istituto  Botanico 
E  DELLA  Stazione  di  Botanica  Crittogamica   (Laboratorio  Crittogamico). 

II  Serie 
Volume   Quindicesimo 

Partk  Prima 

Con  13  tavole  lifof/rafate 
e  tiìi  ritratto. 

Seguito  àeWArchioio   Triennale 
del  Laboratorio  di  Botanica  Crittogamica. 


Victoria  regia  —  Orto  Botanico  di  Pavia. 

MILANO 

TIPO-LIT.    REBESCHINI    DI    TURATI    E    C. 
1918. 


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ISTITUTO  BOTANICO  DELL.V  K.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LAHOUATOUIO  CRITTOGAMICO  ri'AI.IANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI 


CENNO 

SOPRA 

ABRAMO  BARTOLOMEO  MASSALONGO 

{Con  ritratto). 


La  simpatica  figura  di  un  grande  naturalista,  d'uu  naturalista  nato 
coll'entusiasmo  nell'animo  per  tutto  quanto  di  bello  offie  natura,  orna  la 
fronte  di  questa  prima  parte  del  quindicesimo  volume  degli  Atti  dell'  Isti- 
tuto Botanico  di  Pavia. 

Ed  è  riramagiiie  non  solo  di  uno  scienziato  insigne,  ma  altresì  di 
un  patriota  vero,  serio,  ardente  che  tutte  le  sue  forze,  ed  eran  molte, 
volse  ad  onorare  l'Italia  nel  senso  più  elevato  e  puro  '. 

Ebbe  vita  breve  che  si  spezzò  nel  momento  culminante  dell'atti- 
vità produttiva,  (juaudo  maggiori  e  più  eccelsi  ne  sarebbero  stati  i  frutti. 

Non  pertanto  diede  tal  somma  di  opere  che  la  scienza  deve  ama-, 
raraente  rimpiangere  che  egli  abbia  chiusa  la  sua  giornata  avanti  sera. 

Mori  appena  raggiunto  il  trentaseiesimo  anno  d'età,  sicché  la  sua 
produzione  scientifica  è  il  frutto  di  dieci  anni  appena  di  lavoro  o  poco 


'  Quando  mori  iiell'aiUKJ  IHGO  a  Verona  dominava  ancora  Io  straniero;  ciò  non 
gli  impedi  (ed  a  farlo  ci  voleva  coraggio)  di  scrivere  nel  suo  testamento  (citato 
da  Cornalia  e  da  Pomello),  di  non  aver  odialo  mai  nessuna  cosa  al  mondo  all'in- 
fuori  dell'oppressore  della  sua  patria;  e,  dopo  aver  dato  precetti  ai  figli  di  con- 
servarsi sempre  puri  d'ogni  viltà,  aggiunge  che:  se  un  giorno  per  bisoijno  fossero 
costretti  a  rendere  la  sua  raccolta  di  f  >.ssili  {■px-eziosiasìmn),  essa  renisse  prima  d'ogni 
altro  offerta  al  He  d'Italia  e  mai  in  nessun  caso  fosse  posta  ore  l' .Austria  imperasse. 

Atti  deiriat.  Bot.  deirUnivereilà  di  Pavia  —  Serie  II  —  Voi.  XV. 


IV   — 

più,  mentre  è  tale  che  basterebbe  ad  onorare  una  lunga  e  laboriosissima 
vita  di  vegliardo. 

Non  è  mio  pensiero  di  tesserne  qui  la  biografia,  cosa  già,  fatta  da 
altri  con  amore  e  competenza  particolari  '  ;  il  presente  breve  cenno  deve 
unicamente  offrire  una  modesta  illustrazione  del  ritratto  che  riproduco 
e  che  ebbi  per  gentilezza  del  suo  figliolo,  il  professore  Caro,  egli  pure 
distintissimo  cultore  di  Scienze  Naturali.  ^ 

Abramo  Bartolomeo  Massalongo  nacque  nell'anno  1824  a  Tre» 
gnago,  ameno  paesotio  posto  in  Valle  di  Proguo  o  d'Illasi  su  quel  di 
Verona. 

Si  laureò  per  esigenze  di  famiglia  dottore  in  legge  a  Padova,  ma 
ben  presto  abbandonò  il  diritto  e  le  pandette  che  non  gli  andavano  per 
dedicarsi  interamente  allo  studio  delle  Scienze  Naturali  al  quale  lo  chia- 
mava un  irresistibile  bisogno  dell'anima. 

Dotato  di  una  volontà  ferrea,  di  una  attività  fenomenale,  di  una 
curiosità  quasi  ansiosa  per  lo  studio  e  le  ricerche  scientifiche,  non  co- 


'  Di  lui  scrissero: 

Roii.  De-Visiant,  Della  vita  scientifica  del  doti,  lìartoloiiieo  Ahniiiio  Massa- 
lonr/o;  con  ritratto;  nell'Istituto  Veneto,  17  febbraio  1801. 

E.  Coknalia,  Sulla  vita  e  sulle  opere  di  Abramo  Massalongo;  Cenni;  Atti 
Società  Ital.  di  Scienze  Natur.,  Voi.  II.  Milano,  1860. 

Kke.mpblhubek  a.  V.,  Das  ivissenschaftliche  I.eben  des  dr.  A!ir(diain  /lar- 
tolomaeus  Massalongo  za  Verona,  gesrh/ldert  r.  li.  De-Visiani  zu  l'adiia.  E  la 
traduzione  in  tedesco  della  vita  scritta  dal  De-Visiaui,  alla  quale  il  Kreniiielhuber 
fa  precedere  vma  breve  introduzione  (Vcrhandliingcn  d.  /.■.  le.  zoolog.  Ilota n/f:clien 
Gesellschaft  in  Wien,  1868). 

Manganotti  a.,  Elogio  del  prof.  A.  Massalongo;  Accad.  Agric.  Arti  e  Com- 
niei-cio  di  Verona,  1885. 

Pomello  A.,  Abramo  Massalongo  naturalista:  —  Verona,  1894. 

AuN'OLu  F.,  Un  brere  cenno  su  Nylander  W.  e  su  Massalongo:  d'ambo  i 
quali  pubblica  anche  i  ritratti;  Mlìnchen,   1899. 

Sacc.\edo  P.  a.,  La  Botanica  in  Italia;  Venezia,  1895. 

Saccaiìdo  P.  a.,  Della  istoria  e  della  Plora  Veneta,  ove  dà  alcuni  cenni  bio- 
grafici del  Massalongo. 

Forti  A.,  Appunti  biografici.  Verona,  1910. 

Senoner  a.,  Prof.  Doti.  A.  B.  Massalongo.  Etne  biografisehe  Sìiizse,  in 
Oest.  Bot.  Zeitschr.  Anno  XI,  N.  8,  Wien,.  1861. 

Di  questi  i  più  importanti  sono  quelli  del  De-Visiani  e  del  Cornalia  noncliè 
quello  del  Manganotti. 

2  Cai'o  Massalongo  ò  autore  di  parecchie  opere  botaniche  assai  pregiate;  at- 
tualmente trovasi  professore  all'Università  di  Ferrara,  ove  vi  occupa  da  anni  la 
Cattedra  di  Botanica  con  onore. 


—   V   — 
nosceva  uè  ostacoli,  né  sacrifici,  né  patimenti  pur  di  arrivare  a  scoprire 
le  leggi  clie   regolano  natura  ed  i  misteri  nei  quali  essa  si  avvolge  '. 

Giovanissimo  ancora,  nonostante  fosse  di  natura  gracile  e  di  mal- 
ferma salnte,  si  diede  a  percorrere  a  palmo  a  palmo  in  tutti  i  sensi, 
di  roccia  in  roccia,  i  suoi  monti  ed  a  frugarne  le  frequenti,  profonde, 
difficili  e  paurose  caverne  ove  non  ancora  essere  umano  aveva  posto 
piede,  per  ricercarvi  gli  avanzi  fossili  dei  primordi  della  vita  nel  mondo, 
avanzi  fossili  ciie  ci  rivelano  la  storia  della  nostra  terra  quando  in 
essa  l'uomo  non  era  ancora  apparso. 

Nel  1850  vede  la  luce  il  primo  frutto  dei  suoi  studi:  Schizzo  geo- 
gnostico della  Valle  dì  Piogno  o  Torrente  d'IUasi,  con  un  saggio  sopra  la 
Flora  Primordiale  del  Monte  Bolca,  nel  quale  dà  la  descrizione  geogno- 
stica della  sua  Valle  e  dei  fossili  da  lui  rinvenuti  sul  Monte  Bolca  ed 
altresì  di  un  gran  numero  di  piante  raccoltevi. 

Questa  pubblicazione  fu  la  prima  di  una  lunga  serie  che  segui  di 
poi  rapidamente  su  svariati  argomenti  ed  iniziò  quelle  sue  numerosis- 
sime ricerciie  paleontologiche  e  lichenologiche  che  tante  preziose  sco- 
perte dovevano  fruttare  alla  scienza. 

Sommano  a  parecchie  decine  le  pubblicazioni  del  Massalongo  e  si 
estendono  a  differenti  e  svariati  rami  di  scienza.  Fra  esse  eccellono  in 
modo  particolare  per  numero  ed  importanza  quelle  rivolte  allo  studio 
dei  licheni  e  dei  resti  fossili  degli  organismi,  che  un  tempo  vissero  sulla 


'  Narra  A.  Pomello  (op.  cit.)  fra  l'altro:  che  nella  Spelonca  della  Carenxi 
Spif/old  in  lìadia  Calavena,  ove  nessuno  mai  aveva  ardito  di  eiifrare,  il  giovane 
Massalongo  si  fece  calare  da  quattro  robusti  ss  imi  colligiani  a  messo  di  un  gerla 
sospeso  da  funi,  nel  quale  egli  impavido  e  sorridente  stava  in  piedi  con  in  mano 
una  lanterna  accesa.  La  difficile  discesa  cominciò  sema  incidenti,  ma  ad  un  certo 
punto  le  funi  attortigliandosi  fecero  dapprima  inclinare  e  poi  rovesciare  il  gerlo: 
i  quattro  nomini  sentirono  un  cupo  rumore  e  presaghi  d'una  sventura,  tutti  spa- 
ventati, risolsero  di  ritentare  la  prova  con  maggior  precauzione  ed  uno  di  loro  fu 
calato  nel  precipizio  per  vedere  che  cosa  era  seguito  del  Massalongo  il  quale  for- 
tunatamente, eccetto  molta  jmura,  non  si  era  fatto  alcun  mede,  inquantochè  il  ro- 
vesciamento del  gerlo  accadde  a  breve  distanza  dal  fondo  della  Spelonca. 

Pivi  oltre:  Un'altra  volta  il  Massalongo  era  entrato  in  una  caverna  nella  quale 
si  accedeva  p)er  un  lungo  ed  aìigusto  corridoio  formato  dalla  natura  e  mentre  egli 
usciva  un  macigno  staccatosi  improvvisamente  dalla  volta,  venne  a  chiudere  l'uscita. 
Volle  fortuna  che  il  macigno  cade.'ise  fra  lui  ed  un  cane  che  lo  seguiva,  altrimenti 
invece  di  quella  povera  bestia,  sarebbe  rimasto  se.j)]>ellito  nella  caverna  il  Massalongo. 


—    VI   — 

terra  e  delle  relazioni  che  corrono   fra  essi  e   le    forme  di    quelli   che 
tuttora  continuano  a  vivervi. 

Riporto  più  oltre  l'elenco  delle  sue  pubblicazioni  che  ritengo  completo 
perchè  ad  allestirlo  mi  venne  in  aiuto  il  figliolo  suo  (sopra  nominato). 

Un'occhiata  ad  esso  più  d'ogni  altra  cosa  può  dare  un'idea  della 
straordinaria  operosità,  delle  vaste  cognizioni  e  del  grande  valore  di 
un  tal  uomo. 

Prenderle  in  esame  una  per  una  mi  condurrebbe  troppo  oltre,  ed 
eccederebbe  lo  scopo  mio;  del  resto  è  lavoro  già  fatto  da  altri  con  tale 
amore  e  cura,  e  così  grande  competenza  che  io  nulla  saprei  aggiungere. 

Chi  ne  abbia  vaghezza  legga  il  Cornalia  (op.  cit.)  che  del  Massa- 
longo  scrisse  con  ammirazione  piena  di  affetto,  ed  il  De-Visiani  (op.  cit.) 
che  del  Jlassalongo  fu  maestro,  collaboratore  ed  amico;  nonché  il  Man- 
ganotti  (op.  cit.). 

Non  sarebbe  cosa  facile  annoverare  tutti  i  preziosi  frutti  che  egli 
raccolse  dalle  sue  ricerche;  nel  solo  opuscoletto  Sui  fossili  vegetali  piii 
rari  del  terreno  terziario  veneto,  dice  il  Cornalia,  che  il  Massalonyo  fé  co- 
noscere tali  scoperte  che  la  mente  ne  resta  confusa. 

Si  contano  a  decine  per  esempio  i  generi  nuovi  e  le  nuove  specie 
dal  Massalongo  rinvenute  e  descritte,  e  la  massima  parte  di  queste  nuove 
forme  egli  stesso  le  disegnò  in  tavole  stupende. 

Investigò  ed  illustrò  in  modo  splendido  la  Flora  fossile  dei  ter- 
reni terziari,  specie  del  Veronese,  del  Vicentino  e  del  bacino  Sinigal- 
liese,  che  dimostrò  essere  un  estuario  ove  si  mescolarono  prodotti  di 
mare  e  di  terra,  ed  ove  scopri  una  straordinaria  ricchezza  di  foi-me 
fossili  d'animali  e  vegetali,  ora  in  gran  parte  scomparsi. 

Del  quale  interessantissimo  bacino  lo  studio  geologico  stratigrafico 
venne  fatto  da  un  altro  illustre  italiano,  dallo  Scarabelli  di  Imola. 

Allestì  collezioni  di  fossili  così  ricche  ed  interessanti  e  di  tale  va- 
lore scientifico  che  dai  paesi  più  lontani  convenivano  a  Verona  paleon- 
tologi e  botanici  italiani  e  stranieri  per  ammiraile  e  studiarle. 

Non  solo  di  licheni  e  di  forme  fossili  ma  altresì  di  piante  vive,  e 
di  molti  altri  argomenti  egli  si  occupò,  poiché  il  Massalongo  era  un 
lavoratore  di  forza  portentosa,  di  un  intuito  naturalistico  classificatore 
straordinario  e  distinguevasi  (dice  De-Visiani)  per  esattezza  di  metodo, 


—     VII    — 

accuratezza  di  desciizioui,  felicità  di  ravvicinamenti  e  di  confronti. 
Aveva  occhio  indagatore  a  cui  nulla  sfuggiva  e  nelle  sue  ricerche  mo- 
stra tanta  erudizione  e  tale  profondità  di  vedute  che,  dice  il  Cornalia, 
pongono  il  Massalongo  fra  i  maestri  della  scienza  più  unico  che  caro. 
Un  suo  necrologo  arrivò  ad  affermare  che  la  morte  del  Massalongo 
era  stata  una  sventura  della  patria  perchè  l'Italia  perdeva  in  lui  un 
figlio  che  ai  di  Lei  piedi  aveva  di  già  recato  il  tributo  di  molte  corone 
degne  di  sì  gran  madre. 

E  quest'uomo  ebbe  ricompense  ben  modeste  e  fece  una  ben  povera 
carriera,  punto  proporzionata  ai  suoi  meriti  altissimi.  Da  prima  fu  chia- 
mato ad  insegnare  come  semplice  supplente  le  Scienze  Naturali  nel 
Ginnasio  di  Padova,  di  poi  in  quello  di  Verona  ;  oltre  non  andò  il  cam- 
mino scientifico  suo. 

Ciò  per  certo  torna  a  disdoro  di  coloro  che  governavano  allora  e  do- 
minavano sulla  patria  nostra,  i  quali  avrebbero  dovuto  ben  altrimenti 
rimunerare  tanto  merito,  e  di  ben  altri  mezzi  alimentare  un  tanto  in- 
gegno. 

Ma  il  governo  era  straniero,  onde  si  comprende  come  non  fosse 
proclive  a  favorire  gli  italiani  operosi  ed  insigni. 

Del  resto  talora  la  fatalità  i  migliori  perseguita,  poiché  fatti  simili 
avvengono  (non  è  inutile  dirlo)  anche  al  presente,  nonostante  che  su  noi 
più  non  gravi  dominazione  forestiera. 

Anche  oggidì  pur  troppo  avviene  qualche  volta  che  giovani  valen- 
tissimi che  fanno  onore  alla  patria  e  ne  portano  fuori  il  nome,  non  siano 
punto  apprezzati  e  si  lascino  invecchiare  (se  lo  scoramento  e  l'eccessivo 
ed  angoscioso  lavoro  non  li  uccidono)  fra  stenti  e  manchevolezze  ma- 
teriali, e,  quel  che  è  peggio,  fra  dolori  morali  di  ogni  genere  coll'av- 
vilirli  ed  umiliarli  tenendoli  in  posti  inferiori,  e  posponendoli  a  persone 
di  minore  valore. 

Per  fortuna  ora  questo  avviene  con  meno  frequenza  di  un  tempo, 
ma  anche  oggidì  guai  a  chi  ha  la  disgrazia  d' incontrarsi  in  pigri  o 
noncuranti,  oppure  in  mediocri  od  invidiosi,  i  quali  se  poco  sanno  e 
sentono,  molto  presumono  e  temono,  e  sono  tenacissimi  nel  sostenere 
le  loro  idee  ed  i  propri  interessi. 


—   Vili    — 

E,  cosa  sconfortante,  questi  valorosi  che  la  inala  fortuna  perseguita 
non  trovano  spesso  valido  aiuto  nemmeno  in  coloro  cui  incomberebbe 
stretto  dovere  di  sostenerli  e  difendere;  il  che  ognuno  dovrebbe,  poiché 
l'avversare  chi  alla  scienza  dà  seiio  impulso,  od  il  non  sostenerlo  che 
torna  ad  uno,  vai  quanto  far  sciupo  delle  migliori  energie  del  paese;  un 
vero  delitto  di  lesa  patria. 

E  come,  virtù  viva  spreziam,  lodiamo  estinta,  così  se  poche  furono 
le  ricompense  che  il  Massaloiigo  ebbe  in  vita,  molti  furono  invece  gli 
onoii  che,  dopo  morto,  a  lui  furono  tributati  tanto  in  Italia  che  fuori. 

La  piazza  maggiore  del  suo  paese  fu  intitolata  al  suo  nome. 

Nel  grandioso  Museo  di  Storia  Naturale  di  Londra  una  sala  posta 
accanto  a  quella  di  Agassiz  gli  fu  dedicata  e  porta  il  nome  di  Abramo 
Massalongo. 

A  Verona  da  lui  fu  nomata  una  delle  Scuole  elementari. 

Un  suo  busto  in  marmo  fu  posto  nella  loggia  degli  uomini  iliu.stri 
in  Piazza  dei  Signori  a  Verona. 

Un  altro  busto  venne  collocato  nelle  sale  dell'Accademia  d'Agri- 
coltura, Scienze,  Arti  e  Commercio  pure  a  Verona  con  questa  epigrafe: 

ABRAHAMO  MASSALONGO.  -  Sacri  et  Civilis  JuWs  Doctori  -  Celerrimo 
ingenio  -  Iiicitatì.ssimo  pliy-siogrupliiae  studio  -  Laboi'iosis  operibus,  Doctis  In- 
ventis  -  Ante  annos   Posteritatem   Adsequuto  -  Paleontologiae  et  Lichenologiae 

-  In  Italia  Principi  -  Inter  celebriora  Eruditorum  Enropae   Collegia  -  Perbono- 
rifice  cooptato  -  Yeronae  Suae  et  Italici  nominis  Cupidissimo  -  Accademia  Agraria 

-  Virtutis  Honorandae  Causa  —  Au.  MDCCCI.XI. 

Nel  Panteon  degli  uomini  illustri  del  Cimitero  Monumentale  di  Ve- 
rona leggesi  la  lapide  seguente: 

ABRAMO  MASSALONGO  -  Vissuto  solo  trentasei  anni  -  Fra  naturalisti  In- 
sigije  -  Dei  fossili  Veneti  e  Senegalliesi  -  Acutissimo  illustratore  -  Dello  studio 
sistematico  dei  Licbeni  -  Instaiu'atore  sapiente  =  Intelletto  aperto  ai  bisogni  - 
Cuore  sensibile  ai  dolori  dell'età  sua  -  Fremente  amor  di  jiatria  -  Salutò  la  par- 
tenza dei  mille  ma  non  ne  potè  salutare  la  vittoria. 

Era  membro  di  parecchie  Accademie  scientifiche,  nostrane  ed  estere. 
Nelle  solennità  pubbliche  (mi  scrisse  il  figlio),  in  quella  del  Corpus  Do- 
mini per  esempio,  che  .sotto  l'Austria  era  celebrata  con  grande  pompa 


—    IX   — 

e  coH'iiit'^rvento  delle  truppe  e  delle  rappresentanze  governative,  il 
Massalongo  aveva  il  posto  d'onore  avanti  a  tutte  le  autorità  pel  sem- 
plice fatto  che  era  membro  deW Accadetnia  detta  dei  Quaranta  scienziati 
italiani. 

I  tempi  sono  ora  mutati!  Alla  scienza  più  non  si  tributa  tanta  am- 
mirazione, né  per  essa  si  ha  tanto  rispetto.  Invero  ])er  1'  addietro  lo 
scienziato  era  ricompensato,  parte  in  danaro,  parte  con  alta  stima  e 
considerazione;  oggidì  la  ricompensa  morale,  tanto  preziosa,  è,  fra  noi 
almeno,  quasi  nulla. 

Al  Massalongo  fu  dal  doti.  Martinati  dedicata  una  nuova  conchi- 
glia, VAnomonta  Massalongiana,  e  dal  Koerber  un  nuovo  genere  di  li- 
cheni, il  Massalongia,  genere  die  tuttora  si  sostiene;  l'Heckel  da  lui 
denominò  una  nuova  specie  di  pesce  fossile,  il  Gerres  Massalongi. 

Giovanni  Briosi. 

Pavia,  Istituto  Botanico,  marzo  1918. 


XI 


PUBBLICAZIONI 
del  Dott.  ABRAMO  BARTOLOMEO  MASSALONGO 


I.  -  PALEONTOLOGIA  E  GEOLOGL\. 

1.  —  Memorie  sulla   rugiada.    Atti   Accademia  d'Arti    e    Commercio   di 

Verona,  1847. 

2.  —  Schizzo  geognostico  lìella  Valle   del  Progiio  o  torrente   d'Illasi, 

con  un  saggio  soprala  Flora  Primordiale  del  Monte  lìolca; 
Verona,  1850. 

3.  —  Schizzo  geognoslico  sulla  Valle  del  Pregno  o  torrente  d'Illasi  dal- 

l'Adige al  Tirolo;  in  Collettore  dell'Adige,  anno  I  ;  Verona,  1850. 

4.  —  Osteologia  degli  Orsi  fossili  del  Veronese,  con  un  saggio  sopra 

le  principali  caverne  del  distretto  di  Tregnago,  in  fol.  con 
4  tavole;  in  Natiirivissenscfi.  Aòliand.,  IV  Abtli.;  Wien,  1850. 

5.  —  Sopra  le  piante  fossili  dei  terreni  terziarii  del  Vicentino.  Osser- 

vazioni; Padova,  1851,  con  13  tavole  lit.  Contiene  anche  uno 
studio  sulla  flora  antica  del  Dolca,  con  un  proxpetto  di  tutte  le  piante 
fossili  fino  allora  conosciute  esistenti  nei  terreni  terziari  di  rarie  parti 
(l'Europa.  Vi  sono  aniioverats  74  specie  di  piante  fossili  in  47  generi 
e  29  famiglie. 

6.  —  Sapindacearum  fossilium  Mouographia,  con  tab.  VI;  Verona,  1851, 

7.  —  Conspectus  Florae  tertiariae  orbis  primaevi;  Patavii,  1852. 

8.  —  Nota  sopra  due  frutti  fossili  del  bacino  lignitico  di  Leffe  nel  Ber- 

gamasco; con  tav.,  in  Nuovi  Annali  Se.  Nat.  di  Bologna,  1852. 

9.  —  Synopsis  palmarum  fossilium;  in  Beilàge  aus  Lotos.Vràgà,  1852, 

Ore  (Icsci-ire  10  palme  nuore  oltre  alle  conosciute. 

10.  —  De  graraineis  in  statu  fos.sili;  brevis  coramentatio,  con  tav.;  in 

Flora,  n.  9,  anno  1852. 

11.  —  Breve  rivista  dei  frutti  fossili  di  Noce  fino  ad  ora  conosciuti  e 

de.scrizione  di  alcune  nuove  specie,  con  tav.;  Verona,  1852; 
in  Ann.  ò'cjcjjc.  Nat.  di  Bologna,  1853. 


—   XII    — 

12.  Pliiitae  Fossiles  novae  in  formationibus  tertiariis  Regni  Veneti 

nuper  inventae;  Verona,   1853. 

13.  —  Sopra  un  nuovo  genere  di  Pamlanee  fossili  della  provincia  Ve- 

ronese; dissertazione,  con  4  tav.  ;  Verona,  1853. 

14.  —  Descrizione  di  alcune  piante  fossili  terziarie  dell'Italia  meridio- 

nale, con  2  tav.;  in  Nuovi  Ann.  Scien.  Nat.  di  Bologna,  Ser.  Ili, 
Tom.  Vili;  Bologna,  1853. 

15.  —  Sopra  una  pianta  fossile   della  provincia  Bolognese;  lettera  al 

cliiariss.  geologo  G.   Scarabelli    d'Imola,  con   tav.;  in  Ann- 
Se.  Nat.;  Bologna,   1853. 

16.  —  Synopsis  plantarum  florae  tertiariae  Novarensis  (in  collaborazione 

di  U.  ile  Viaiaiil:):  in  Flora,  n.  8;  Regensbuig,  1854. 

17.  —  Monografia  delle  Dombeyacee  fossili  sino  ad  ora  conosi;iute,  con 

tav.;  Verona,  1854. 

18.  —  Prodromus Florae  fossilissenegalliensis, con4  tav.:  in  htit.  Lornb. 

Se.  Leti,  ed  Arti,  nuova  ser.,  Tom.  I;  Milano,  1854. 

19.  —  Enumerazione  delle  piante  fossili  mioceni  fino  ad  ora  conosciute 

in  Italia;  Verona,  1855. 

20.  —  Monografia  delle  Nereidi  fossili   del   Monte   Bolca,   con   6   tav.; 

Verona,  1855. 

21.  —  Descrizione  di  alcune  piante  fossili  terziarie  dell'Italia  meridio- 

nale, con  2  tav.;  in  Ann.  Se.  Nat.;  Bologna,  1855,  Ser.  Ili, 
Tom.  Vili. 

22.  —  Zoopliycos  novnm  genus  plantarum    fossilium,  con  3   tav.;  Ve- 

rona, 1855. 

23.  —  Descrizione  di  alcuni  Fuchi  fossili  del  Monte  Spilecco  nella  pro- 

vincia Veronese,  con   6  tav.;  in  Rivista   periodica  dei   lavori 
dell' Aec.  Se.  Lett.  ed  Arti  di  Padova,  anno  1855-56. 

24.  —  Studii  paleontologici,  con  7  tav.;  in  Programma  del  Ginnasio  li- 

ceale di   Verona,  1856. 

25.  —  Sulle  ligniti  della  Valle  dei  Tessari,  lettera  diretta  a  Mot  del- 

l'/è/s;  in  Gazz.  Uff.  di   Verona,  anno  II,  n.  78;  Verona-Mi- 
lano, 1856. 

26.  —  Studi  sopra  alcune  torbe  veronesi  [i»  collaborazione  di  .{.  MaiKja- 

notti,  a.  Leiioiti,  e  a.  Tonini  ì;  Verona,  1856, 


—   XIII    — 

27.  —  Flora  fossile  dei  terreni  terziarii  di  Novale  nel  Vicentino,  con 

13  tav.  :  in  Mein.  Accad.  Se.  di  Torino,  1856  lin  collaborazione  di 
li.  de   Visiaìiij. 

28.  —  Sulle   pseudoligiiiti    di   f'ampiano  nella    provincia  Veroiinse     in 

Notizie  Se.  LpU.  ed  Artistiche  ieWlbis,  ann.  I:  Verona,  1857. 

29.  —  Reliquie  della  Flora  cretacea  della  provincia  Veronese:  in  No 

tizie  Se.  Leti,  ed  Artistiche  dell'/i/s,  Verona,   1857. 

30.  —  I  ge.ssi  della  provincia  Veronese;  nuova  scoperta  di  piante  fossili 

nella  provincia  Veronese;  nuove  cave  di  lignite  della  pro- 
vincia Verone.se;  in  Notizie  Se.  Lett.  ed  Artistiche  ieW'Iòis; 
Verona.   1857. 

31.  —  Sulla  flora  fossile  di  Sinigaglia,  lettera  al  cliiar.  Sig.  G.  Scara- 

belli;  Verona,  1857. 

32.  —  Flora  fossile  del  monte  Colia  nella  provincia  Veronese,  con  8  tav.: 

in  Mem.  It-t.  Venet.  Se.  Lett  ed  Arti.  Voi.  VI;  Venezia,  1857. 

33.  —  Vorlàufige  Nacliriclit  iiber  die  neuren  paleontologischen  p]ntdeck- 

ungen  am  Monte  Bolca  (durch  giitige  Mittheil  des  Herrn 
Prof.  F.  Roemerj,  anno  1858. 

34.  —  Sulle  piante  fossili  di  Zovencedo  e  dei  Vegroni.  Lettera  al  pro- 

fessore R.  de  Visiani;  Verona,  1858. 

35.  —  Palaeophyta  rariora  forinationis  tertiariae  Agri  Veneti;   in  Atti 

Istit.  Venet.  Se.  Lett.  ed  Arti.  Voi.  Ili,  Ser.  Ili;  Verona,  1858. 

36.  —  Synopsis  Florae  Fossilis  Senegalliensis;  Veronae,  1858. 

37.  —  Reliquie  della  Flora  fossile  del  Monte  Pastello   nella  provincia 

Veronese,  con  8  tav.:  in  Alti  Istit.  Venet.  Se.  Lett.  ed  Arti, 
Disp.  Ili,  Tom.  Ili,  Serie  III;  Venezia,  1858. 

38.  —  Monografìa  del  genere  Silphidium,  con  7  tav.:  in  Mem.  Soc.  Ital. 

di  Modena,  Ser.  II,  Tom.  I;  Modena,  1858. 

39.  —  Syllabus  plantarum  fossilium  hncusque  in  fonnationibus  tertiariis 

Agri  Veneti  detectarum;  Veronae,  1859. 

40.  —  Studii  sulla  Flora  fossile  e  Geologia  stratigrafica   del  Sinigal- 

liese,  in  Fol.,  con  45  tav.  (iii  collabomziuiic  di  G.  Scarabelli'-. 
Imola,  1859  La  parte  I  Geologia  stratigrafica  è  dello  Scara- 
belli  ;  la  parte  II  Fiora  fossile,  die  costituisce  la  massima 
parte  dell'opera,  devesi  al  Massalongo.  À"  un'opera  ,ii  yrau  kìin; 

fra  l'altro  in  es.ia   </'  descriiviio  molli  fnnyhi  fossili  inicroscopici. 


—    XIV    — 

41.  Specimen  pUotographicuni  aniraaliuin  quorundam,  plantarumqiie 

fossilium;  in  fol.,  con  40  tav.  photogr.;  Verona,  1859.  n  ''■xi" 

i'  scritto  in  italiano  ed  in  latino.    Vi  sono  rappresentate  le  immagini 
di  2  specie  di  serpi,  di  12  pesci  e  di  39  piante,  ecc. 

42.  --  Miisaceanini  palmai'umque  fossilium  montis  Vegioiii  provine.  Ve- 

ronensi.s,  con  11  tab.:  in    Mem.  Istit.   Veiiet.  Se.  Leti,  ed  Arti. 
Voi.  IX;  Venetiis,  1861. 

II.  -  LICHENOLOGIA. 

43.  -  Nota  sulla  Lecidea  bolcana  di  C.  Pollini:  nel  Collettore  dell'Adige 

Anno  ],  n.  5;  Verona,  1851. 

44.  —  Animadversio  in  Lecideam  Bolcanam  Cyrii  Pollini:  in  Nuovi  Ann. 

Se.  Nat.;  Bologna,  1852.  Riprodotto  anche  in  Flora. 

45.  —  Synopsis  Lichenum  Blastenisporovuni:  in  Flora,  1852. 

46.  —  Sporodictyon  novum  liclienum  genus,  con  tav.;  in  Flora;  Regens- 

bnrg,     1852.    Kipiodotto  senza  tavola  anche  ìu  Kiiori  .Inn.  Se.  Nat.; 
Bologna,  1862. 

47.  —  Sui  generi  Dirina  e  i)/r/«o/;.s!s,  osservazioni,  con  4  tav.:  in  Mit- 

theil.  Bevicliten  zool.-bot.    Ver.;  Wien,  1852. 

48.  —  Ricerche  sull'autonomia  dei  licheni  crostosi  e  materiali  della  loro 

naturale  ordinazione;  Verona,  1852.  Con  400  fig.,  in  62  tav. 

litogr.    DjW autore  stesso  diseynafe,  ove  sono  descritti  (!'.)  i/cncri  di  li- 
cheni, dei  (inali  '22  nuovi,  compreniìenti  piti  di  400  s/iec/e. 

49.  —  Amplioritlium  novtim  lichenum  genus,  con  tab.  color.  :  in  Atti  Istit. 

Venet.  Se.  Lett.   ed    Arti,  T!om.    Ili,   Ser.  II  ;  Venezia,    1853. 

Jlipi-oilotto  iiiiclio  in   Flora,   1852,  n.  '.Mi,  ma  senza  tavola. 

50.  ~  Sulla  Lecidea  Hookeri  di  Sehaerer,  con  tav.;  Verona,   1853. 

51.  —  Osservazioni  sopra  i  due  ultimi  fascicoli  di  licheni  (Lich.  helv. 

exsicc,  fase.  XXV-XXVI),  pubblicati  dallo  Sehaerer  nel  1852, 
con  tav.:  in   Nuovi  Ann.  Se.  Nat.  di  Bologna,  1853. 

52.  -  Liciienes  italici  exsiccati,  Voi.  I-X;  n.  1-360;  Verona,  1855-56. 

.V.   /)'.  -  Questi  ticlieni  esistono  in  i/nasi  tutti  gli  Istituti  e  Musei  llo- 
tanici  del  mondo  e  sono  ormai  rarissimi. 

53.  —  Alcuni  generi  di  licheni   nuovamente    limitati    e    descritti  ;  Ve- 

rona, 1853. 

54.  —  Memorie  lichenografiche  con  un'appendice  alle  ricerche  sull'au- 

lonomia  dei  licheni  crostosi,  con  29  tav.;  Verona,  1853. 


—   XV    — 

55.  —  Monografia  dei  Liclieni  Blasteniospori,  con  26  fig.  :  in  Atti  Istit. 

Venet.  Se.  Leti,  ed   Arti,  Tom.  Ili,  Ser.  II;  Venezia,    1853, 

con  6  tavole  o  L'i!  fii/iirc  iln/l'aiifore  sfesuo  d/scyiinfe,  ovedescr/ue  in  ó 
generi  più  che  (>0  fra  specie  e  rarietà. 

56.  _  Geneacaena   Lichenuni  uoviter  proposita  et  descripta;  Veronae, 

1854. 
57_  _  Neageua  Lichenum;  Veronae,  1854. 

58.  —  Svmmicta  Lichenum    uovorum  vel  minus  cognitoium;  Veronae, 

1855. 

59.  —  Frammenti  lichenografici;  Verona,  1855. 

60.  —  Summa  animadversionum  quas  fecit  A.  Massalongo:  in  duos  post- 

remos   fasciculos   Lichenum   Helveticorura,   Editos  a    L.  E. 
Schaerer  (fase.  25  26);  Veronae,  1855. 

61.  Schedulae   criticae  in  Licheues  exsiccatos  Italiae;  in  fol.;  Ve- 

ronae, 1855-56. 

62.  —  Licheni  Italici  exsiccati,  Voi.  I-X;  Veionae,  1855-56.  Vedi  n.  52. 

63.  —    Miscellanea   lichenologica  {estratto  dal  rotarne  piibbl/culo  in  occasione 

delle  nozze  Bizio-Pazienti  i:  Veroua-Milano,    1856. 

64.  —  De  Thammolia    genere  lichenum  nondum   xite    definito;   breye 

commentario:  in  Flora,  n.  15,  anno  1856. 

65.  —  Sertulum  lichenologicum:  in  Lo/os,  Jahrg.  VI,  Prag.  1856. 

66.  —  De  nonnullis  CoUemaceis   ex  tribù  Omphalariearum  brevissima 

commeutatio:  in  Flora,  n.  14,  anno  1856. 

67.  _  Genera  Lichenum  aliquot  nova  proponit  et  describit:  in  Flora, 

n.  18-19,  anno  1866. 

68.  —  Descrizione  di  alcuni  licheni  nuovi,  con  5  tav.  col  :  in  Atti  Istit. 

Venet.  Se.  Leti,  ed  Arti,  Tom.  II,  ser.  Ili;  Venezia,  1856-57. 

69.  —  Sulla  Chrìjsothrix  Nolitangere  M.ont.,  con  tav.  color.:  in  Atti  Istit. 

Venet.  Se  Leti,  ed  Arti,  Voi.  V,  ser.  Ili;  Venezia,  1860. 

70.  —  Esame  comparativo    di    alcuni    generi   di  licheni:  in  Atti  Istit. 

Venet.  Se  Lett.  ed  Arti,  Voi.  V,  ser.  Ili;  Venezia,  1860. 

71.  _  Oatagraphia  nonnuUarum  Graphidearum  brasiliensium,  con  4  tab.: 

in    Verhandl.  zool.  hot.  Gesellsch.;  Wien,  Jahrg.  1860. 

72.  —  Liclienes  Capenses  quos  collegit  in  itinere  1857-58,  Dott.  Wawra, 

con  8  tab.  col.:  in  Mem.  Istit.  Venet.  Se  Lett.  ed  Arti,  voi.  X; 
Venezia,  1861. 


XVI     — 


73.  —  Sopra  tre  liclieni  della  Nuova  Zelanda,  osservazioni,  con  3  tav. 
col.;  Mosquae,  1863. 


IH.  -  VARIA. 

74.  —  Sorgente  del  Mauder;  Verona,  1849. 

7.5.  —  Sopra  un  nuovo  genere  di  rettili  della  provincia  padovana,  con 
tav.;  Verona,  18.53, 

7G.  —  Corrispondenza  dell' /6js:  Sopra  l'origine  probabile  degli  esseri 
organizzati  attuali  delle  Isole  Azorre,  Madera  e  Canarie; 
lettera  del  prof.  0.  Heer  di  Zurigo  al  prof.  A.  De  C^ndoUe 
(traduzione  di  Reivaz,  pseudonimo  di  A.  Massalongo).  Estratto 
dalla  Specola  d' Italia,  anno  I,  n.  27). 

77.  —  Corrispondenza  àéWlbis:  lettera  del  prof.  0.  Heer  di  Zurigo  al 

sig.  C.  Lyell  (traduzione  di  Reivaz,  pseud.  di  A.  Massa- 
longo. Gazzetta   Unciale  di   Verona,  anno  II,  n.  324). 

78.  —  Risposta  alla  lettera  del  cliiariss.  prof.  T.  Catullo  diretta  al  pro- 

fessore E.  G.  Bronn  di  Eidelberga:  in  Collettore  dell' Adige  ; 
tip.  Antonelli;  Verona,  1853. 

79.  —  Brevi  commenti  ad  un  fallo  di  frontispizio  :'so/io  il  jisnìnìoiiimo  di 

F/s/ofiio  Medoacenae)  :  Vicenza,   1854. 

80.  —  Saggio  di  erpetologia  popolare  veronese:  tip.  G.  Antonelli;  Ve- 

rona, 1854. 

81  —  De  Cryptogamis  nonnuUis  novis  Agri  Veronensis,  con  tMV.  :  in 
Flora,  n.  16;  Regensburg,  1855. 

82.  —  Nemacola  novum  genus  Byssacearum,  con  fig.  :  in  i?'/om;  ibidem, 

1855. 

83.  —  De  vita  et  studiis  Aloysii  Menegazzi,  Coramentarium  ;  Veronae, 

1855. 

84.  -  -  Sopra  l'esistenza  dell'arsenico  nelle  acque  minerali:  in  Istit-  Se. 

Lett.  ed  Arti,  voi.  II,  ser.  III.  Relazione  della  Giunta  per  la 
monografia  delle  acque  minerali  del  Veneto  {in  coiiaborasione 
di  A.  Pasienfi,  P.  PimneUo  e  G.  Bigio);  Venezia,  1857. 

85.  —  Sopra  l'arsenico  nell'acqua  ferruginosa  di  Civillina.   Relazione 

(in  collaborazione  di  A.  Pasienti,  P.  Pisanello  e  G.  Bigio):  in  Atti 
Istit.  Venet.  Se.  Lett.  ed  Arti,  voi.  II,  ser.  Ili;  Venezia,  1857. 


—  xvn  — 

8t^.  —  I  miti  ed  i  simboli  delle  piante  presso  i  greci  ed  i  romani  (sotto 
il  pseudonimo  di  Reivaz  dell'iA/s):  in  Gazzetta  Ufficiale  di 
Ferowa,  anno  III;  Verona-Milano,  1857. 

87.  —  Catalogo  dei  rettili  delle  provincie  Venete:  in  Atti  Istit.  Veneto, 

voi.  IV  (ofi-    iiiiiìocertc    'JS   dirt'.r.se    specie   e    molti',    rm-ii'tii    in    piirir 

iiKorc.  roìi  19  i/eiiei-i):  Venezia,  1859. 

88.  —  Elenco  dei  molluschi   terrestri  e  fluviali  fino   ad  ora  conoscinti 

nelle  provincie  venete:  in  Atti  Istit.  Veneto. 

89.  --  Brevi  notizie  storico-statistiche  sul  Monte  Bolca  (sotto  il  pseu- 

donimo di  Reivaz  dell' iè/s):  in  Gazzetta   Ufficiale  di   Veroìia, 
anno  II,  n.  97. 


XIX 


INDICE  DEL  PRESENTE  VOLUME 


Cenno  sopra  Al)i'amo  Bartolomeo  Massalongo,    con   ritratto   (G.   Briosi)  Pag.  ili 

Prefazione »  xxi 

Sulla  nutrizione  e  riproduzione  nelle  piante.  Parte  ni-vi,  con  tre  ta- 
vole (.x-xil)  (L.   Monteniartini) »  3 

La  Moria  dei  castagni    (Mal   dell'Inchiostro).  Osservazioni   critiche    ad 

una  Nota  dei  signori  Griffon  e  Maublanc  (G.  Briosi  e  R.  Farneti  |       »  43 

Aggiunte  alla  Flora  Ticinese  (G.  PoUacoi) »         53 

Sull'origine  e  sull'ufficio  dell'ossalato  di  calcio  nelle  piante  (.1.  Politisi       »         63 

Sulla  flora  micologica  della  Gi-ecia  (.1.  Politisj »         73 

Alcune  malattie  delle  orchidee  causate  da  bacteri,  con  una  tavola  lito- 
grafata (xiii)  (L.  Pavarino) »         HI 

Intorno  alla  fiora    del  calcare   e  del    serpentino,    con    una  tavola   (Xiv) 

(L.  Pavarino) »         89 

Ricerche   anatomo-fisiologiche  sopra   le   vie  acquifere  delle    piante   (L. 

Montemartini) »       109 

Bacteriosi  della  Mattinola  annua  L.  (jya^?er»n«  Mattlùolac  n.  sp.),   con 

due  tav.  litogr.  color,  (xvi-xvii)  (G.  Briosi  e  L.  Pavarino)      .     .        >       135 

Note  micologiche  e  fitopatologiche.  Ser.  Ii:  1.  Un  nuovo  genere  di  Ce- 
ratostoniataceae  ;  2.  Due  nuovi  micromiceti  parassiti  della  Sophora 
japoìiica  Linn.,  con  1   tav.  litogr.  (xv)  (M.  Turconi  e  L.  Maffei)       >       143 

Sulla  influenza  del    magnesio  sopra  la   formazione   della  clorofilla,    con 

1  tav.  (xix)  (E.   Mameli] »       151 

Sull'avvizzimento  delle  piante  di    Capsicuiii  fiiiìiiiain   L.   (L.  Pavarino 

e  M.  Turconi) «       '207 

Rassegna  crittogamica  dell'  anno  1911,  con  notizie  sulle  malattie  dei 
meliloti,  dei  latiri,  del  tieuo  greco,  del  trifoglio  giallo,  ecc.,  dovute 
a  parassiti  vegetali  (G.  Briosi) '>       213 


—    XX 

Rassegna  crittogamica  dell'anno  1912,  con  notizie  sulle   malattie  delle 

leguminose  da  seme  dovute  a  parassiti  vegetali  (G.  Briosi)    .     .  Pag.    -4J 

iSuiranatomia  dei  Jeqnirity  (seme  deWAbriis  precatorin.s  L.)  e  dei  semi 

delie  piante  comunemente  usate  per  sofisticarlo  (R.  Bariola)  .     .  275 

Sulla  bioreazione  del  tellurio  e  sulla  sua  applicazione  pratica  agli  .studi 

di  fisiologia  e  di  patologia  vegetale  (G.  Pollacci) 281 

SullVlftnfS  precatorius  L..  con  1  tav.  litogr.  color,  (.vviii)  (G.  Pollacci)       »       285 

Studi  citologici  sulla  Plasinodiopliora  Bnissicae  Wor.  e  rapporti  siste- 
matici coi  parassiti  della  rabbia  e  del  cimurro  dei  cani,  con  tre 
tav.  litogr.  color,  (xx-xxii)  (G.  Pollacci) »       291 

Il   «  Mal  dell'Inchiostro  »  nelle  giovani  pianticelle  dei  castagneti  e  dei 

semenzai  (G.  Briosi  e  R.  Farnetij 328 


XSI   — 


PREFAZIONE 


Di  ijiiesto  volume  quindicesimo  degli  Atti  del  nostro  Istituto,  che 
per  varie  ragioni  viene  alla  luce  dopo  il  sedicesimo,  si  pubblica  ora 
solo  la  Prima  Parte,  poiché  le  ricerche  di  alcuni  lavori  che  entreranno 
nella  Seconda  non  diedero  per  anco  risultati  definitivi,  tali  da  potersi 
pubblicare. 

Essa  è  illustrata  con  tredici  tavole  delle  quali  la  prima  è  distinta 
col  numero  X  perchè  le  nove  precedenti  si  riferiscono  a  ricerche  di 
lavori  della  Parte  Seconda. 

Oltre  alle  Rassegne  crittogamiche  delle  malattie  sviluppatesi  in 
Italia  negli  anni  1911  e  1912,  il  presente  volume  contiene  come  i  pre- 
cedenti solo  Note  e  Memorie  originali  dovute  al  personale  addetto  al- 
l'Istituto 0  ad  ospiti  cui  il  Laboratorio  offerse  mezzi  e  guida:  rispecchia 
quindi  unicamente  l'operosità  dell'Istituto  stesso. 

Le  singole  Note  e  Memorie  qui  riunite  furono,  come  sempre,  rese 
di  pubblica  ragione  appena  stampate,  cioè  nella  data  che  ciascuna  in 
calce  porta  e  si  distribuirono  sino  d'allora  i  relativi  estratti  agli  studiosi 
ed  alle  effemeridi  scientifiche  d'ogni  paese. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


SULLA 

NUTRIZIONE  E  HlPRODUZrONE 

NELLE  PIANTE. 

RICERCHE 

del  Dott.  LUIGI  MONTEMARTINI 

LiluTo  iloreiite  di  Hotauita  alla  Re^ia  Uuivcrsil.ì  di   Pavia 


PARTE  TERZA 


Influenza  delle  condizioni  esterne  sopra  l'assorbimento  e 
l'assimilazione  dei  diversi  alimenti  minerali,  in  relazione 
colla  riproduzione. 

Dopo  avere  accertato,  come  risulta  dalle  esperienze  descritte  nella 
parte  precedente,  che  nel  determinare  la  formazione  e  lo  sviluppo  degli 
organi  di  riproduzione  o  di  vegetazione  ha  tanta  importanza  la  qualità 
delle  sostanze  minerali  fornite  alla  pianta  e  specialmente  la  prevalenza 
del  fosforo  o  dell'azoto,  viene  naturale  la  domanda:  può  aver  luogo  in 
natura  un  cambiamento  nel  prevalere  dell'uno  o  dell'altro  di  questi  due 
0  di  un  terzo  elemento,  mentre  la  pianta  è  fissata  per  tutta  la  vita  ad 
un  terreno  nel  quale  la  proporzione  tra  i  due  elementi  rimane  la  stessa 
(salvo  le  piccole  modificazioni  apportatevi  dalla  pianta  medesima)  dal 
principio  della  vegetazione  fino  alla  fioritura  e  fruttificazione? 

Per  rispondere  ad  una  tale  domanda,  si  tenga  presente  il  potere 
elettivo  per  il  quale  le  piante  non  assorbono  tutti  i  sali  minerali  solu- 
bili che  trovano  nel  terreno,  né  li  assorbono  nelle  stesse  proporzioni 
nelle  quali  essi  vi  si  trovano  \   Tale  potere  elettivo   mentre  varia  da 


'  Veggasi  in  proposito  :    W.    Pfeffeh,  Pflanzfìiphi/aiologie,    ii  Aufl.,  Bd.   r, 
§  22;  Leipzig.  1901. 

Non  solo  le  radici  assorbono  in  proporzione  diversa  i    diversi  sali  che  sono 
Atti  dell'Ut.  Bot.  dell'Università  di  Pavia  —  Serie  II.  —  Voi.  XV.  1 


—  2  — 

specie  a  specie,  può  anche  variare  in  una  stessa  pianta  a  seconda  dei 
diversi  stadii  di  sviluppo  e  specialmente  a  seconda  delle  diverse  con- 
dizioni esterne  di  luce,  temperatura,  umidità,  ecc.  che  influiscono  su 
tutti  i  fenomeni  fisiologici  delia  pianta  medesima:  così  che,  pur  ali- 
mentandosi sempre  di  una  soluzione  salina  più  o  meno  uniforme  quale 
quella  che  impregna  il  terreno,  la  pianta  durante  il  suo  sviluppo  può 
assorbirne  in  prevalenza  ora  l'uno  ora  l'altro  elemento,  a  seconda  che 
agiscono  su  di  essa  queste  o  quelle  determinate  condizioni  esterne. 

In  questa  terza  parte  del  mio  lavoro  ho  voluto  appunto  vedere  con 
maggior  precisione  quale  influenza  esercitano  la  luce  e  la  temperatura 
sopra  l'assorbimento  dell'azoto  e  del  fosforo,  e  quale  rapporto  può  avere 
tale  influenza  colla  formazione  degli  organi  di  riproduzione. 

Metodo.  —  Per  misurare  la  quantità  di  azoto  o  di  fosforo  assor- 
biti in  un  tempo  dato  da  una  pianta  o  da  un  organo  vegetale  qualunque, 
fornivo  ai  medesimi  un  determinato  volume  di  una  soluzione  nutritizia 
(o  la  prima  o  la  seconda  di  quelle  adoperate  nelle  esperienze  precedenti, 
escludendo,  però,  per  non  intralciare  le  reazioni,  il  ferro,  il  che,  trat- 
tandosi di  esperienze  di  breve  durata,  non  portava  inconvenienti)  nella 
quale  erano  con  ogni  precisione  dosati  tanto  l'azoto  nitrico  che  l'ani- 
dride fosforica.  Indi,  finita  l'esperienza,  misurata  la  soluzione  rimasta, 
vi  determinavo  ancora  con  ogni  esattezza  l'azoto  nitrico  e  l'anidride 
fosforica  residui.  Avevo  così,  per  differenza,  la  quantità  dell'uno  e  del- 
l'altra che  era  stata  assorbita,  quantità  che  rapportavo  poi  o  al  peso 
secco  delle  piante  e  degli  organi  studiati,  oppure  al  volume  della  solu- 
zione che  era  stato  assorbito. 

Per  il  dosaggio  dell'anidride  fosforica  nelle  soluzioni  nutritizie  in 
principio  e  alla  fine  dell'esperienza,  ho  applicato  il  metodo  volumetrico 
con  i  sali  di  uranio  in  soluzione  acetica.  A  10  centimetri  cubi  della 
soluzione  da  esaminare  veniva  aggiunto  un  centimetro  cubo  di  soluzione 
di  acido  acetico  e  acetato  sodico;  indi,  scaldando  il  tutto  a  bagnomaria, 


loro  forniti,  ma  possono  anche  dissociare  i  joni  clie  entrano  a  comporre  i  sali 
medesimi  esercitando  anche  su  di  essi  la  loro  azione  elettiva  ed  assorbendo  di 
preferenza  l'anione  invece  del  catione.  Il  Paktanelli  ed  il  Sell.\  (Assorbimento 
elettivo  di  joni  nelle  radici;  Rend.  d.  R.  Accad.  d.  Lincei,  Class.  Se,  A'ol.  xviii, 
1910),  confermando  con  recenti  ricerche  molto  esatte  questa  osservazione  del  Knop 
e  di  altri,  hanno  anche  visto  che  tale  potere  elettivo  è  in  relazione  coU'energia 
respiratoria  delle  radici,  che  cioè  quanto  maggiore  è  la  quantità  di  acido  carbo- 
nico da  esse  emesso,  tanto  più  rapido  è  l'assorbimento  dell'anione  rispetto  al 
catione  :  è  dunque  probabile  che  la  temperatura,  la  quale,  come  è  noto,  ha  tanta 
influenza  sulla  respirazione,  modifichi  anche  questa  proprietà  delle  radici. 


—  3  — 

si  affgimigeva  goccia  a  goccia  la  soluzione  di  nitrato  di  uranile  e  si 
verificava  il  termine  della  reazione  con  una  soluzione  di  ferrocianuro 
di  potassio  su  lastra  di  porcellana.  Ogni  centimetio  cubo  della  soluzione 
di  nitrato  di  uranile  adoperata  corrispondeva  a  gr.  0,0071  di  P,  0,  : 
rapportavo  il  risultato  ottenuto  su  10  centimetri  cubi  al  volume  totale 
della  soluzione  nutritizia  sottoposta  ad  analisi,  ed  aveva  il  peso  totale 
dell'anidride  fosforica  in  essa  contenuta. 

Per  il  dosaggio  dei  nitrati  mi  ha  servito  il  metodo  Schulze-Tiemann 
col  quale,  come  è  noto,  si  trasforma  l'azoto  nitrico,  in  presenza  di  cloruro 
ferroso  e  di  acido  cloridrico,  in  ossido  di  azoto,  dal  volume  del  quale,  a 
0°  e  a  760  mm.  di  pressione,  si  calcola  poi  l'anidride  nitrica  originaria. 

Per  studiare  l'azione  di  temperature  diverse,  nella  maggior  parte 
delle  mie  esperienze  ho  messo  le  piantine  o  gli  organi  da  confrontarsi 
in  tre  serre  diverse,  nelle  quali,  pur  essendo  press'  a  poco  eguali  le 
condizioni  di  esposizione  e  di  illuminazione,  pure  per  le  differenti  con- 
dizioni di  aerazione  la  temperatura  durante  il  giorno  presentava  diffe- 
renze di  10  ed  anche  di  15  centigradi.  In  una  sola  esperienza  nella 
quale  mi  importava  eliminare  ogni  diversità  di  illuminazione,  mi  sono 
valso  della  disposizione  figurata  nella  tav.  X,  fig.  1.  Le  piante  da  stu- 
diarsi erano  poste  sotto  tre  campane  di  vetro  collocate  una  vicino  all'altra 
davanti  ad  una  finestra  del  laboratorio  rivolta  a  sud,  in  modo  che  ve- 
nivano tutte  a  ricevere  la  stessa  quantità  di  luce.  Nel  mezzo  di  due 
campane  (la  1  e  la  II  nella  figura  sopra  citata)  era  un  refrigerante  for- 
mato da  un  alto  vaso  cilindrico  nel  quale  si  faceva  circolare,  mediante' 
opportuni  tubi  di  gomma  (come  si  vede  nella  figura),  l'acqua  ghiacciata 
la  quale,  scendendo  da  apposito  serbatoio,  passava  prima  nella  cam- 
pana I  ove  produceva  un  raffreddamento  di  6-7  C,  e  giungeva  in  se- 
guito alla  campana  II  dove  la  sua  azione  refrigeiante  era  alquanto  mi- 
nore. Si  avevano  così  tre  temperature  differenti  sotto  le  tre  campane. 

Per  le  esperienze  mi  sono  valso  volta  a  volta  o  di  piantine  picco- 
lissime (e  ne  adoperavo  più  di  una  per  ogni  esperienza)  ottenute  da 
semi  germinati  in  germinatoio,  oppure  di  porzioni  di  apici  vegetativi 
lunghe  15-20  cm.,  tagliate  da  rami  in  piena  vegetazione  ed  immerse 
direttamente  nella  soluzione  nutritizia.  Con  questa  ultima  disposizione 
si  elimina,  è  vero,  il  potere  elettivo  delle  radici,  però  l'esperienza  di- 
mostra che  i  vari  sali  vengono  assorbiti  in  proporzione  diversa  tra  loro, 
forse  in  relazione  al  differente  consumo  che  ne  fanno  gli  apici  vege- 
tativi adoperati  '. 


'  Secondo  .T.  de  Rri'z  de  L.wisox  [Du  ìiunìe  de  jiciii'-tralinn  de  ijitrl//ì(es  se/i> 
daììs   la   ji/aiì/e    rirunte;    Rev.  gvn.   d.  Botaiiique,    Piivis,   191ii.   T.  xxn)   Tendo- 


—   4  — 

Occorre  appena  di  dire  che  tanto  le  piantine  nate  da  semi  quanto 
gli  apici  vegetativi  erano  scelti,  per  quanto  era  possibile,  di  aspetto  e 
sviluppo  eguale,  e  gli  apici  da  rami  eguali  ed  egualmente  esposti  di 
una  stessa  pianta,  e  ciò  per  evitare  gli  errori  che  potrebbero  derivare 
dalle  differenze  di  bisogni  che  mostra  un  medesimo  organo  a  seconda 
dei  diversi  stadi  di  sviluppo  nei  quali  si  trova.  ' 

Siccome  dalle  esperienze  fatte  nella  seconda  parte  di  questo  lavoro, 
risulta  che  è  il  fosforo  che  ha  maggiore  importanza  nella  presentazione 
dei  fenomeni  di  riproduzione,  le  mie  ricerche  riguardano,  per  la  maggior 
parte,  l'assorbimento  di  tale  elemento.  Una  sola  esperienza  si  riferisce 
anche  all'assorbimento  dell'azoto  e  venne  fatta  per  vedere  se  l'azione 
della  temperatura  è  la  stessa  in  confronto  all'uno  e  all'altro  degli  eie- 
menti  qui  considerati. 

Azione  comparata  della  temperatura  sopra  l'assorbimento 
dell'azoto  e  del  fosforo.  —  Ho  fatto  un'unica  esperienza  coU'appa- 
recchio  sopra  descritto  e  figurato  nella  tavola  X.  Sotto  ognuna  delle 
tre  campane  v'era  un  vaso  di  vetro  in  cui  erano  state  messe  in  solu- 
zione nutritizia  nove  piantine  di  Beta  vulgaris  e  uno  con  quattro  pian- 
tine di  Solannm  nigrum.  La  capacità  di  tali  vasi  era  di  400  ceni.:  essi 
erano  stati  coperti    di  carta  per  impedii  e   lo  sviluppo  delle   alghe   ed 


derma  delle  radici  avrebbe  una  funzione  di  elezione  specialmente  qiianf  Hai  irti ,  e 
ciò  pare  confermato  ancbe  dalle  esperienze  di  Don  A  Hoffmaxn  (Ueòrr  tìeii  Kùifiuss 
(les  Kalkmanyels  auf  Keimlinge  yow  Phaseolus  vulgaris /je(  VerUtzuìig  der  Wurzel: 
Oesterr.  Bot.  Zeitschr.,  Jahrg.  xl,  1910)  dalle  quali  risulta  che  la  presenza  o  la 
mancanza  di  radici  non  modifica  i  fenomeni  prodotti  da  una  soluzione  incompleta, 
ma  solo  li  anticipa  o  li  ritarda:  il  che  vuol  dire  che  la  elezione  quaìifafira  può 
aver  luogo  anche  indipendentemente  dalle  radici,  forse  in  relazione  al  consumo. 

'  Che  i  fenomeni  chimici  che  si  compiono  nell'interno  delle  piante  variino 
a  seconda  dei  diversi  stadi  di  sviluppo,  risulta  in  modo  evidente  anche  dalle  ri- 
cerche del  Palladin  sulla  respirazione  {Bikhtng  der  verschiedeiien  Atmungsen- 
zyme  in  Abhangigkeit  roii  dem  Enfìvicklungsstadiìim  dei-  Pflanzen  ; 'B^t.  d.  deuts. 
Bot.  Ges.,  Bd.  xxiv,  1006),  e  del  Prixg.sheim  H.  sopra  la  resistenza  dei  diversi 
stadii  di  svikippo  di  uno  stesso  fungo  all'azione  dei  veleni  (Die  Variobilitat 
niederer  Orgaidsmen  ;  Berlin,  1910).  Il  Comre.s  (Determinai ion  des  iiifcìisités  li(- 
mineuses  optima  pour  les  végétau.r  aiix  flivers  stades  du  développemeiit ;  Ann.  d. 
Se.  Nat.,  Botanique,  Ser.  ix,  T.  xi,  1910)  ha  recentemente  dimostrato  che  anche 
l'oplimnm  di  luce  favorevole  ai  diversi  fenomeni  della  vita  vegetale  varia  a  se- 
conda degli  stadii  di  sviluppo. 

Quanto  ai  sali  minerali,  B.  Hansteen  (L'eber  das  Ver/udfeii  der  Kii/fiir- 
pflanzen  zu  den  Bodenscdsen  ;  Pringsheim's  Jahrb.  f.  v^-.  Bot.,  Bd.  xlvii,  1910) 
ha  dimostx-ato  che  il  bisogno  di  determinati  elementi  (p.  e.  di  calcio)  varia  nei 
diversi  stadii  di  sviluppo  anche  di  una  medesima  cellula. 


—   5  — 

eliminare  l'azione  della  luce  sulle  radici.  La  soluzione  nutritizia  ado- 
perata era  la  stessa  tanto  per  le  Beta  che  per  i  Solanum  ed  era  la 
seconda  di  quelle  adoperate  per  le  esperienze  della  parte  precedente. 
L'esperienza  durò  dal  27  luglio  u.  s.  al  18  agosto:  durante  i  primi 
sette  giorni  (e  nei  giorni  successivi  le  coudizioni  rimasero  press'a  poco 
le  stesse)  le  temperature  osservate  sotto  le  tre  campane  furono  le 
seguenti: 


27  luglio, 


28 


29 


30 


31 


1  agosto, 


campana  I 

campai 

Ila  li 

campana  IH 

ore  11 

17» 

C. 

19° 

c. 

23»      C. 

„    15 

18° 

» 

19» 

n 

24»      „ 

„    18 

18» 

» 

19° 

11 

24»      „ 

„       9 

17» 

M 

18» 

w 

21»      „ 

.     11 

16» 

n 

17,5^ 

11 

23,5°  „ 

„     15 

18» 

r 

19° 

n 

25°      „ 

„     18 

15» 

n 

18° 

n 

24»      , 

et 

18,5» 

» 

19° 

» 

22°      „ 

„     11 

17,5» 

n 

19° 

11 

23,5°  „ 

n       15 

17,5° 

n 

19° 

11 

24,5»  „ 

„     18 

17» 

» 

19° 

11 

24°     „ 

.,      9 

18» 

n 

19° 

n 

22°      „ 

„     11 

17° 

11 

18» 

)t 

23»      „ 

.     15 

17» 

11 

19° 

11 

24,5°  „ 

„     18 

17° 

11 

19° 

11 

24°      „ 

.       9 

18° 

11 

19» 

11 

22»      „ 

„     11 

17° 

11 

19» 

ì^ 

23°     „ 

,,     15 

17» 

11 

19» 

n 

24,5°  „ 

„     18 

17° 

11 

19» 

11 

24»      „ 

„       9 

18» 

« 

19» 

1* 

23,5»  „ 

.     11 

17,5° 

11 

18,5» 

n 

24°     „ 

„     15 

18» 

11 

20» 

n 

25,5»  „ 

„     18 

18° 

11 

20° 

II 

24»      „ 

„       9 

22» 

11 

22° 

« 

23°      „ 

„     11 

19° 

« 

20» 

» 

23,5»  „ 

„     15 

18° 

II 

21° 

11 

25,5°  „ 

„     18 

18° 

M 

21» 

n 

25»      „ 

Alla  fine  dell'esperienza  le  piantine  erano  come  si  vedono  fotogra- 
fate nella  tavola  XI:  le  barbabietole  avevano  foglie  più  numerose  e  più 
larghe  sotto  la  campana  II,  mentre  sotto  la  stessa  campana  i  Solanum, 
pur  avendo  fusti  più  robusti,  erano  più  bassi  e  con  foglie  più  piccole. 


—  6  — 

Seccate  tutte  le  piante  e  pesate,  misurata  con  esattezza  la  solu- 
zione nutritizia  rimasta  in  ogni  vaso  e  determinati  con  ogni  cura,  se- 
condo i  metodi  sopra  descritti,  l'anidride  fosforica  e  l'azoto  nitrico  *  in 
essa  contenuti,  si  ebbero  i  dati  che  sono  esposti  nella  seguente  tabella: 


j'  campana    I 

Bela..'      „      Il 

Peso 
secco 
totale 

delle 
piantine 

Volume 

della 
solu- 
zione 
assorbita 

Anidride 

fosforica 

assorbita 

Anidride     l 
nitrica 
assorbita 

Per  ogni  cm.'            |     Per  ogni 
di  soluzione  assorbita:             di  peso 

anidr.  fosf.    anidr.  nitrica    anidride 
assorbita         assorbita     '   fosforica 

grammo 
secco: 

anidride 
nitrica 

gr  0,049 

cm.»  39 

gr.  0,0002541 

gr.   0,0028296 

gr.  0,0000065 

gr.   0,0000725 

gr.  0,00518 

gr  0,05774 

»  0,189 

,    100 

,      0,0011203 

„      0,0038376 

,      0,0000112 

,      0,0000383    ,   0,00592 

„.  0,02030 

'       ,    HI 

n   0,138 

,      79 

,      0,0010657 

„      0,0026314 

,      0,0000134 

,      0,0000339 1,  ,  0,00772 

,   0,01913 

/  campana    I 

Solaniiiii  '      „      II 
'       ,    III 

,   0,022 

„      38 

,      0,0000087 

,      0,0013731 

,      0,0000002 

,      0,0000361     ,   0,00039 

,   0,06241 

,   0,029 

.      49 

„      0,0019031 

,      0,0021600 

,      0,0000388 

,      0,0000410     ,   0,06562 

,   0,07448 

,  0,035 

.      45l 

,      0,0021718 

„      0,0024794 

,      0,0000482 

„      0,0000550 

[  ,  0,06205 

,   0,07084 

Dall'esame  di  tali  risultati  si  rileva  facilmente  quanto  sieno  diversi, 
anche  in  senso  assoluto,  i  bisogni  delle  due  specie  studiate:  ^  mentre 
p.  e.  sotto  la  campana  II  per  ogni  grammo  di  sostanza  secca  formata 
la  Beta  ha  assorbito  gr.  0,00592  di  anidride  fosforica  e  gr.  0,02030  di 
anidride  nitrica,  il  Solannm  assorbì  rispettivamente  gr.  0,06562  della 
prima  e  gr.  0,07448  della  seconda.  Ossia  la  Beta  adoperò  quantità  mi- 
nore delle  sostanze  minerali  in  parola  non  .solo,  ma  utilizzò  l'azoto  in 
proporzione  3,429  volte  superiore  del  fosforo,  mentre  per  il  Solanum 
tale  proporzione  fu  di  1,135. 

Si  rileva  pure  come,  nei  limiti  entro  i  quali  si  contenne  l'espe- 
rienza, le  variazioni  di  temperatura  hanno  un'azione  diversa  sopra  l'as- 
sorbimento dell'azoto  e  sopra  quello  del  fosforo,  azione  che  è  differente 
anche  per  le  due  specie  studiate. 

Per  la  Beta  il  fosforo  assorbito,  tanto  rapportato  alla  traspirazione 
che  alla  formazione  della  sostanza  secca,  aumenta  coH'auraentare  della 
temperatura,  mentre  l'azoto  diminuisce  prima  rapidamente  e  poi  lenta- 
mente. Così  che  va  facendosi  sempre  piii  piccolo  (da  11,146  sotto  la 
I  campana;  a  3,429  sotto  la  II,  e  a  2,516  sotto  la  III)  il  rapporto  tra 


'  Le  determinazioni  di  azoto  mi  vennero  favorite  dal  dott.  Monti  del  Labo- 
ratorio chimico  municipale  :  colgo  l'occasione  per  rendergli  le  più  vive  grazie. 

-  Per  altri  dati  snlle  differenze  tra  i  bisogni  delle  diverse  specie  rispetto  ai 
sali  minerali,  si  vegga:  Biei.eu  K.  nnd  Aso  K.,  l'cber  lìie  Aufnahme  roti  Stick- 
atoff  vììd  riwsphorsaiire  dtirch  veruchiedene  Kultiirpfianzeii  (3  Corealicn  iiiul  2 
Cruci feren)  in  drei  Vegetationupeiìodeii  ;  Bull,  uf  t.  Coli,  ot' Agric.  Tokyo,  Vo- 
lume IV,  1901. 


—  7  — 

l'anidride  nitrica  e  l'anidride  fosforica  che  entrano  a  formare  un  grammo 
di  sostanza  secca. 

Per  il  Solaninn  invece  l'assorbimento  dei  due  elementi  varia  nello 
stesso  senso  e  cioè  aumenta  coll'aumeutare  della  temperatura  se  lo  si 
considera  in  relazione  alla  traspirazione;  mentre  se  lo  si  rapporta  alla 
formazione  della  sostanza  secca,  prima  aumenta  (passando  dalla  I  alla 
II  campana),  e  poi  diminuisce  lentamente  (passando  dalla  II  al  III  cam- 
pana, sotto  la  iiuale  la  temperatura  era  molto  più  elevata).  Però,  pur 
variando  nello  stesso  senso,  l'assorbimento  del  fosforo  e  quello  dell'azoto 
non  variano  nelle  stesse  proporzioni,  così  che  anche  per  il  Solamim,  come 
per  la  Beta,  cambia  il  rapporto  tra  l'anidride  nitrica  e  l'anidride  fosfo- 
rica che  entrano  a  formare  un  grammo  di  sostanza  secca,  ed  è  p.  e. 
1,135  sotto  la  II  campana,  e  1,141  sotto  la  III. 

Volendo  rappresentare  con  delle  curve  l'andamento  dei  due  feno- 
meni (come  si  è  fatto  nella  tav.  X,  fig.  2,  nella  quale  le  linee  tratteggiate 
si  riferiscono  all'assorbimento  dell'anidride  nitrica  e  quelle  intiere  al- 
l'assorbimento dell'anidride  fosforica),  avremo  per  la  Beta  due  linee  con- 
vergenti prima  rapidamente  e  poi  lentamente,  per  il  Solamim  due  linee 
prima  convergenti  e  poi  lentamente  divergenti  pur  essendo  dirette  am- 
bedue 0  verso  l'alto  (quelle  rapportate  alla  traspirazione)  o  prima  verso 
l'alto  e  poi  verso  il  basso  (quelle  rapportate  alla  sostanza  secca). 

Azione  delLa  temperatura  sopra  l'assorbimento  dell'anidride 
fosforica.  —  Nei  riguardi  dell'anidride  fosforica  le  esperienze  furono 
fatte,  come  si  è  già  detto,  più  numerose  e  con  materiale  più  vario,  perchè 
risultava  già  dalle  ricerche  esposte  nella  seconda  parte  che  questo  ele- 
mento ha  grande  importanza  nella  presentazione  degli  organi  di  ri- 
produzione. 

Per  avere  temperature  diverse  mi  sono  valso  di  serre  egualmente 
esposte  ma  diversamente  riscaldate  ed  aerate. 

Studiai  alghe,  Mimulus  Tilingi,  Torenia  Fournieri,  Beta  viilgaris,  So- 
larium nigriim,  Acer  pseudoplatanus,  Vitis  vinifera,  Morus  alba,  Rosa  ca- 
nina, ora  adoperando  piantine  ottenute  da  semi  germinati  in  germina- 
toio,  ora  apici  di  rami  vegetativi. 

Esperienza  I.  —  In  tre  piccoli  vasetti  di  vetro  contenenti  ognuno 
60  cm.'  di  soluzione  nutritizia  di  Molisch  per  alghe  (acqua  gr.  1000, 
nitrato  di  potassio  gr.  0,2,  fosfato  di  potassio  gr.  0,2,  solfato  di  ma- 
gnesio gr.  0,2,  solfato  di  calcio  gr.  0,2)  furono  messi  tre  ciuffi  press'a 
poco  eguali  di  Spirogijra  majusrula  presa  in  piena  vegetazione  nei  ruscelli 
dei  prati  circostanti  all'Orto  Botanico.  Poi  un  vasetto  fu  lasciato  all'aperto. 


-    8  — 

esposto  alla  temperatura  ambiente  (che  si  abbassava  sino  a  pochi  gradi 
sopra  lo  zero),  uno  fu  messo  in  serra  temperata  a  120-15°  C. ,  uno  in 
serra  più  calda  a  1.5°-18°  C. 

L'esperienza  durò  dal  pomeriggio  del  21  aprile  al  pomeriggio  del 
22,  ed  alla  fine  di  essa  fu  determinata  l'anidride  fosforica  rimasta  in 
ogni  vasetto  ed  il  peso  delle  alghe  adoperate. 

Si  ebbe  così: 

all'aperto  in  serra  temper.        in  serra  calda 

peso  secco  dell'alga  adoperata,  gr.  0,150  gr.  0,108  gr.  0,103 
anidride  fosforica  assorbita,      „  0,0000802     „  0,0003707     „  0,0004497 
anidr.  fosf.  consumata  da  ogni 

grammo  di  sostanza  secca,   „   0,000534       „  0,003432       „  0,004366 

Aumentando  la  temperatura,  nei  limiti  entro  i  quali  si  contenne 
l'esperienza,  aumenta  dunque  anche  l'assorbimento  di  fosforo  da  parte 
di  queste  alghe. 

Esperienza  II.  —  Fu  fatta  con  Spirogì/ra  majuscula  come  la  pre- 
cedente, colla  stessa  soluzione  nutritizia  e  cogli  stessi  vasetti  posti  uno 
all'aperto  ad  una  temperatura  di  6°-10,"  C,  uno  in  serra  temperata  a 
13°-16°  C,  e  uno  in  serretta  calda  di  moltiplicazione  a  21°-23°  C.  La 
esperienza  durò  dal  mattino  del  10  maggio  al  pomeriggio  dell' 11,  coi 
seguenti  risultati: 

all'aperto  in  serra  temper.       in  serretta  calda 

peso  secco  dell'alga  adoperata,  gr.  0,091  gr.  0,100  gr.  0,090 

anidride  fosforica  assorbita,  ,.  0,0000575  „  0,0001185  „  0,0000887 
anidr.  fosf.  consumata  da  ogni 

grammo  di   sostanza  secca,  „    0,000631      „  0,001117       „  0,000985 

Si  può  dunque  dire  che  l'assorbimento  del  fosforo  aumenta  aumen- 
tando la  temperatura  fino  a  15»-18°  C,  oltre  tale  limite  però  diminuisce. 

È  a  notarsi  che  giudicando  dallo  sviluppo  delle  bolle  gasose  si 
poteva  vedere  che  in  serra  temperata,  dove  è  stato  maggiore  l'assor- 
bimento del  fosforo,  fu  anche  più  attiva  l'assimilazione  clorofilliana.  Ciò 
viene  in  appoggio  di  coloro  che  asseriscono  esservi  una  stretta  rela- 
zione tra  la  funzione  clorofilliana  e  l'assimilazione  delle  sostanze  minerali. 

Esperienza  III.  —  In  tre  matraccini  della  capacità  di  100  cm.' 
l'uno,  pieni  della  soluzione  II  già  sopra  presentata  e  chiusi  con  tappo 
forato,  furono  messe  tré  piantine  di  Beta  vulgaris.  Indi  un  matraccino 
fu  lasciato  all'aperto  in  sito  ombreggiato,  ove  durante  l'esperienza  la 
temperatura  è  scesa  fino  a  2°  C.  senza  mai  passare  i  10"  C;  uno  fu 


all'aperto             in  serra  teinper. 

in  Berretta  calda 

yr.  0,030          gr.  0,040 

gr.  0,044 

„    0,9                „  4,5 

„  6,2 

„    0,0003727    „   0,0003730 

„  0,0003730 

„    0,000419      „  0,000082 

„  0,000060 

„    0,012423      „   0,009325 

„  0,008477 

messo  in  serra  temperata   al   sole  ad  una   temperatnra   variabile  tra  i 
12»  e  i  15"  C,  e  il  terzo  in  serretta  calda  di  moltiplicazione  a  20»-23°  C. 
L'esperienza  durò  dal  7  all' 11  aprile  e  finì  con  questi  risultati: 

peso  secco  delle  piantine  alla 

fine  dell'esperienza     ....  ; 
acqua  traspirata  o  assorbita 
anidride  fosforica  assorbita  . 
anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

grammo  di  acqua 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

grammo  di  sostanza  secca 

All'ombra  e  a  bassa  temperatura  l'assorbimento  del  fosforo  è  dun- 
que stato  maggiore  che  a  temperature  più  elevate  e  al  sole. 

Esperienza  IV.  —  Fu  fatta  come  la  precedente  con  piantine  di 
Beta  vulgaris  messe  nella  stessa  soluzione  a  cinque  a  cinque  in  tre  ma- 
tracci della  capacità  di  circa  250  cm.'  ognuno,  posti  uno  all'aperto  al- 
l'ombra, l'altro  in  serra  temperata  e  il  terzo  in  serretta  calda  di  mol- 
tiplicazione. L'esperienza  durò  dal  25  aprile  al  23  maggio,  per  28  giorni 
durante  i  quali  si  aggiunse  parecchie  volte  acqua  distillata  nei  tre  ma- 
tracci di  mano  in  mano  che  per  evaporazione  e  traspirazione  veniva  ad 
abbassarsi  troppo  il  livello  della  soluzione  nutritizia.  La  temperatura 
all'aperto  fu  variabilissima,  passando  da  pochi  gradi  sopra  lo  zero  in 
aprile  a  100-15"  C.  in  maggio;  in  serra  temperata  variò  fra  i  15"  e  18°  C. 
e  in  serretta  calda  fra  i  22°  e  24»  C. 

I  risultati  ottenuti  furono  i  seguenti: 

all'aperto  in  serra  temper.       in  serra  calda 

peso  secco  delle  piantine  alla 

fine  dell'esperienza gr.  0,008  gr.  0,075  gr.  0,045 

anidride  fosforica  assorbita  .    „    0,0009526    „    0,0001647    „    0,0009526 
anidr.  fosf  assorbita  per  ogni 

grammo  di  sostanza  secca,    „  0,119075      „    0,002196      „    0,021168 

Rimane  confermato  che  all'ombra  e  a  bassa  temperatura  l'assor- 
bimento del  fosforo  è  maggiore  che  a  temperatura  più  elevata. 

I  risultati  di  questa  e  della  precedente  esperienza  sono  in  con- 
traddizione con  quelli  della  esperienza  descritta  alle  precedenti  pa- 
gine 4  e  seg.,  dalla  quale  si  dedusse  che  l'assorbimento  del  fosforo  nelle 
piantine  di  Beta  vuUjaris  aumenta  invece  coll'anmentare  della  tempera- 
tura :  è  però  da  osservarsi  che  sono   diverse  le  temperature  alle   quali 


—   10 


si  è  operato  in  queste  e  in  quella  esperienza,  onde  è  ad  arguirsi  clie 
sia  complesso  l'andamento  del  fenomeno  e  che  prima  abbia  a  diminuire 
col  crescere  della  temperatura,  fino  ad  un  certo  limite,  per  poi  aumentare. 

Esperienza  V.  —  Una  piantina  di  Acer  fseudoplatanus  fatta  svilup- 
pare da  seme  in  soluzione  nutritizia  completa  ed  avente  otto  foglie  a 
completo  sviluppo  e  la  gemma  apicale  chiusa,  fu  messa  in  matraccio 
della  capacità  di  600  cm.'  contenente  la  solita  soluzione  e  posta  dal 
22  al  30  maggio  (con  giornate  calde  e  soleggiate)  fuori  all'aperto;  poi, 
dopo  avere  rinnovata  la  soluzione,  fu  messa  dal  30  maggio  all' 8  giugno 
(con  giornate  umide,  piovose  e  fredde)  ancora  all'aperto  ma  in  luogo 
riparato,  ed  infine,  rinnovata  ancora  la  soluzione,  dall'S  al  15  giugno 
in  serretta  calda  di  moltiplicazione  a  22°-24°  C. 

Ogni  volta  si  misurava  la  quantità  di  soluzione  che  era  stata  tra- 
spirata e  si  determinava  l'anidride  fosforica  rimasta  nel  matraccio. 

I  risultati  ottenuti  furono  i  seguenti: 

all'aperto  all'aperto 

nei  giorni  caldi       nei  piorni  piovosi       in  serra  calda 


cm.''  15 


cm.''  12 


cm.'  15 


acqua  traspirata 

anidride  fosforica  assorbita  .  gr.  0,0026149  gr.  0,0019890  gr.  0,0034186 
anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

cm.'  di  acqua  traspirata    .    ,,    0,0001743    „  0,0001657    „  0,0002279 

Al  sole,  dunque,  nei  giorni  caldi  l'assorbimento  del  fosforo  è  maggiore 
che  nei  giorni  nebbiosi  e  freddi  ;  in  serra  calda  è  maggiore  che  all'aperto. 

Esperienza  VI.  —  In  tre  matraccini  contenenti  ognuno  105  era.' 
della  I  delle  soluzioni  adoperate  nella  seconda  parte  di  questo  lavoro, 
furono  messe  9  piantine  per  matraccio  di  Solannm  nigrum;  poi  un  ma- 
traccio fu  tenuto  all'aperto  all'ombra,  uno  in  serra  temperata  e  uno  in 
serretta  calda  di  moltiplicazione,  a  temperature  A'ariabili  tra  6°  e  15"  C. 
all'  aperto,  tra  14"  e  15»  in  serra  temperata  e  tra  22"  e  24"  in  serra  calda. 

L'esperienza  durò  dal  13  giugno  al  6  luglio  e  durante  essa  fu  ag- 
giunta nei  matracci  acqua  distillata  per  sopperire  all'acqua  perduta  per 
traspirazione. 

I  risultati  finali  furono  i  seguenti: 

all'aperto 

peso  secco  delle  piantine  alla 

fine  dell'esperienza gr.  0,285 

anidride  fosforica  assorbita  .    „  0,0011345 
anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

grammo  di  sostanza  secca  .    „  0,003980 


in  serra  teniper.        in  serra  calda 


gr.  0,925 
„  0,0012004 


gr.  0,210 
„  0,0009731 


0,005335 


0,004633 


—  11  — 

E  cioè,  come  risulta  aiiclie  dall'esperienza  descritta  alla  precedente 
pagina  4,  nelle  piantine  di  Soìanum  nigrum  coli' aumentare  della  tem- 
peratura l'assorbimento  del  fosforo,  rapportato  al  peso  della  sostanza 
secca  che  si  forma,  prima  aumenta  fino  a  un  certo  limite  intorno  ai 
20°  C,  poi  diminuisce. 

Esperienza  VII.  —  Fu  fatta  come  la  precedente  con  piantine  di 
Solanum  nirjnim  che  però  avevano  già-raggiunto  un  certo  sviluppo.  Due 
erano  in  un  matraccino  contenente  105  cm.^  della  medesima  soluzione 
e  posto  all'aperto  all'ombra,  due  in  altro  matraccino  eguale  e  preparato 
nello  stesso  modo  posto  in  serra  temperala,  due  in  un  terzo  matraccino 
posto  in  serretta  calda  di  moltiplicazione.  L'esperienza  durò  dal  10 
al  16  luglio  e  durante  essa  la  temperatura  arrivò  in  serra  temperata 
a  23«-24°  C,  e  in  serretta  calda  fino  a  34°  C,  mentre  fuori  all'ombra  fu 
inferiore  ai  20°  C. 

Alla  fine  dell'esperienza,  misurata  l'acqua  traspirata  e  determinata 
l'anidride  fosforica  rimasta  nei  matracci,  si  ebbero  i  seguenti  risultati 

all'aperto  in  serra  tomper.         in  serra  calda 

acqua  traspirata cm.^  30  cm.^  9  cm.^  19 

anidride  fosforica  assorbita  .  gr.  0,0004113  gr.  0,0008374  gr.  0,0007591 
anidr.  Ibsf.  assorbita  per  ogni 

cm.^  di  acqua  traspirata    .    „  0,0000137     „  0,0000930     „  0,0000399 

Anche  qui  dunque  l'assorbimento  del  fosforo,  benché  rapportato  alla 
traspirazione,  è  aumentato  colla  temperatura  fino  ad  un  certo  limite  e 
poi  è  diminuito. 


Esperienza  Vili.  —  In  due  matracci  contenenti  ognuno  165  cm.^ 
della  soluzione  seconda,  furono  poste  a  vegetare  tre  piantine  per  matraccio 
di  Torenia  Fourneri,  indi  uno  fu  lasciato  fuori  al  sole  ad  una  tempera- 
tura di  21''-23°  C,  l'altro  fu  posto  in  serra  calda  alla  temperatura  di 
30°-34'' C.  L'esperienza  durò  31  giorni,  dal  23  giugno  al  24  luglio  e 
durante  essa  si  aggiunse  nei  due  matracci  acqua  distillata  di  mano  in 
mano  che  si  abbassava  troppo  il  livello  della  soluzione. 

Alla  fine  seccate  le  piantine  e  pesate,  e  determinata  l'anidride  fo- 
sforica contenuta  ancora  nei  matracci,  si  ebbero  i  risultati  seguenti: 


peso  secco  delle  piantine  alla  fine  del- 
l'esperienza   gr. 

anidride  fosforica  assorbita „ 

„                „      per  ogni  gram- 
mo di  sostanza  secca 


all'aperto 
e  al  sole 


0,155 
0,0027555 

0,017777 


in  serra  calda 

gr.  0,084 
„  0,0013582 

„  0,016169 


—  12  — 

A  temperatura  molto  elevata  l'assorbimento  del  fosforo  fu  dunque 
minore  che  alla  temperatura  normale  di  natura,  e  con  ciò  è  forse  in 
relazione  il  fatto  che  le  piantine  sviluppate  in  serra  calda  erano  un 
po' albicate:  la  diminuita  assimilazione  del  fosforo  corrispondeva  ad  una 
diminuita  formazione  di  clorofilla. 

Esperienza  IX.  —  Quattro  piantine  di  Mimulus  Tilingi,  cresciute 
in  soluzione  nutritizia  completa,  furono  poste  a  vegetare  in  un  ma- 
traccio contenente  270  cm.^  della  soluzione  seconda  e  lasciato  dal  1  al 
5  giugno  in  serra  temperata  ad  una  temperatura  di  1.5o-18°  C,  dal  6 
aire  in  Berretta  calda  di  moltiplicazione  a  22°-24'' C,  dall'S  al  12  al- 
l'aperto, all'ombra  a  12"-1.5<'  C,  dal  12  al  1.5  all'aperto  con  giornate 
fredde  e  piovose,  e  dal  15  al  22  ancora  in  serra  temperata.  Al  prin- 
cipio di  ogni  periodo  veniva  rinnovata  la  soluzione  e  alla  fine  si  mi- 
surava la  soluzione  rimasta  e  si  determinava  l'anidride  fosforica  in  essa 
contenuta.  Si  teneva  conto  anche  dell'aumento  di  peso  presentato  in  ogni 
periodo  dalle  piantine  fresche. 

Ecco  i  risultati  dell'esperienza: 


in  serra  terap. 
(1-5  giugno) 
aunientu  del  peso  tre- 
sco delle  piantine  .  gr.  1,83 
acqua  traspirata  ...    »  23 


aperto  in        aperto  in  in  serra 

in  serra  calda      giorni  caldi    giorni  fred.      temperata 
(6-8giugno)        (8-12  giugno)   (12-15  giug.)    (15-22  giugno) 


gr.  0,93 
»26 


gr.  1,73 
»33 


anidr.   tbsf.  assorbita    »    0,0008221  »    0,0C014T5  »    0,0003246 


gr.  1,31    gr.  4,44 
»  30  »  115 

»    0,0       »    0.0030586 


per    ogni   grammo 

di  sostanza  fresca    »    0,000449     »    0,000158    •>    0,000187      .    0,0       .     0,000688 
anidr.  fosf.  assorbita 
per   ogni    om.'    di 
acqua  traspirata   .    .    0,00003.57  »    O.OOOOOSG  ■>    0,0000098    »    0.0        >     n,(Xl00265 

Si  vede  dunque  che  in  serra  temperata,  ad  una  temperatura  di 
1.5°-18"C.,  l'assorbimento  del  fosforo  fu,  tanto  nel  primo  che  nell'ul- 
timo periodo,  ottimo;  a  temperatura  più  elevata  è  diminuito,  ed  estate 
pure  minore,  fino  a  ridursi  a  zero,  a  temperatura  più  bassa. 


Esperienza  X.  —  Fu  fatta  nello  stesso  modo  della  precedente  con 
piantine  di  Mimtiliis  Tilingi  tenute  dal  16  al  22  aprile  in  una  camera 
del  Laboratorio  all'ombra  e  ad  una  temperatura  di  10»- 12"  C,  dal  22 
al  29  aprile  in  sena  temperata  a  15°-18°C.,  dal  29  aprile  al  1  giugno 
in  serretta  calda  di  moltiplicazione  a  22''-24''  C,  e  dal  1  al  5  giugno 
all'aperto  ad  una  temperatura  variabile  tra  10»  e  15"  C. 


13 


Ecco  i  risultati  deiresperienza  : 


in  Laboral. 
(16-22  apr.) 
aumoiito   del  peso   tresco 

Jelle  piantine gr.  0,15 

acqua  traspii-ata »    tì 


in  serra  lemper.     in  aorra  calda    all'aperto  al  caldo 
(22-29  aprile)      (29apr.  1  ?iug.)       (1-5  giugno) 


gr.     1,B8 
»    Ki 


gr.    0,62 
»    13 


anidride  fosforica  asserì).     »    0,0002982    »      0,0041490    »      0,00fl9742 


0,80 
21 
0,0022378 


per  ogni  grammo  di  so- 
stanza fi-esca »    0,001088       »      0,003n0(!      ;.      0,001873     »       0,002707 

anidride  fosforica  assorb. 
per  ogni  cm.'  di  acqua 
traspirata 0.0000407     »      0.000259:',     .     0,0000740    ->       0,1 '001005 

Vennero  dunque  confermati  i  resultati  della  precedente  esperienza. 

Esperienza  XI.  —  Fu  fatta  come  le  due  esperienze  precedenti  con 
piantine  di  Minmìus  Tilingi  tenute  dal  27  giugno  al  5  luglio  in  serra  tem- 
perata a  180-20»  C,  dal  5  all'  1 1  luglio  in  serra  calda  asciutta  a  240-26"  C, 
daini  al  16  in  serra  calda  umida  ad  eguale  temperatura,  e  dal  16  al 
21  luglio  all'aperto  all'ombra  a  15»- 18"  C. 

Si  ebbero  i  seguenti  risultati: 


in  serra  calda 

umida 
(11-16  luglio) 


all'aperto 

(16-21  luglio) 


in  serra  calda 

in  serra  temper.  asciutta 

|27giug.  Sluglio)  (5-11  luglio) 

aumento  del  peso  fresco 

delle  piantine gr.  0,47  gr.    0,99            gr.    1,25            gr.    0,77 

aequa  tritspirata     .   .   .   .     >  11  »    30                    »    13                     .<    42 

anidride  fosforica  assorb.     >    0,0007878  .      0,0008710    »      0,0004547     »     0,0008833 


per  ogni  grammo  di  so- 
stanza fresca 

anidride  fosforica  assorb. 
per  ogni  grammo  di  ac- 
qua traspirata  


0,001670 


0,000880 


0,0000716    »     0,0000290 


0,000303 


0,00(::0349 


0,000210 


0,0000210 


In  riguardo  all'influenza  della  temperatura  vennero  dunque  con- 
fermati i  risultati  della  precedente  esperienza.  Quanto  all'influenza  del- 
l'umidità, essa  ha  favorito  l'aumento  del  peso  fresco,  certo  anche  in 
seguito  alla  maggiore  turgescenza  dei  tessuti,  senza  aumentare  però  in 
proporzione  l'assorbimento  dell'anidride  fosforica,  la  quale,  all'umido, 
venne  però  assorbita  in  maggiore  quantità  relativamente  all'acqua  tra- 
spirata; il  che  significa  che  non  è  la  traspirazione  quella  che  regola 
l'assorbimento  delle  sostanze  minerali. 


Esperienza  XII.  —  Fu  fatta  con  una  piantina  di  vite  cresciuta  in 
soluzione  nutritizia  completa  e  tenuta  dal  18  al  24  maggio  all'aperto  ed 


—  14  — 

esposta  al  sole  ad  una  temperatura  di  120-16°  C,  dal  24  maggio  al  1 
giugno  in  serra  calda  a  22"  24"  C,  e  dal  1  all'S  giugno  all'aperto  e 
all'ombra;  rinnovando  al  principio  di  ogni  periodo  la  soluzione  nutii- 
tizia  e  misurando  alla  fine  e  determinando  la  soluzione  e  l'anidride 
fosforica  rimaste.  I  risultati  furono  i  seguenti: 

all'aperto  e  al  sole  in  serra  calda        all*ap.  e  all'ombra 

(18-24  maggio)         (.24  mag.  1  giugno)         (l-S  giugno) 

acqua  traspirata cm.''  4  cm.'  8              cm.'  6 

anidride  fosforica  assorbita  .  gr.  0,0006248  gr.  0,0018978  gr.  0,0009045 
anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

cm.^  di  acqua  traspirata  .  .    „   0,0001559  „    0,0002372    „   0,0001507 

Per  la  vite  dunque  l'assorbimento  del  fosforo  fu  tanto  maggiore 
quanto  piìi  alta  è  stata  la  temperatura  esterna  che  ha  agito  sulla  pianta. 

Esperienza  XIII.  —  Fu  fatta  con  apici  di  tralci  di  vite  tagliati  e 
messi  a  quattro  a  quattro  in  due  vasetti  di  vetro  contenenti  ognuno 
70  cm.''  della  solita  soluzione  e  posti  poi  uno  in  serra  temperata  ad  una 
temperatura  di  15"-18<'C.,  l'altro  in  serretta  calda  di  moltiplicazione  a 
22"-24°  C.  L'esperienza  durò  dal  mattino  del  9  maggio  al  mattino  dell' il 
ed  alla  fine  di  essa,  seccati  e  pesati  gli  apici  vegetativi  adoperati,  e  de- 
terminata l'anidride  fosforica  contenuta  nella  soluzione  rimasta,  si  ebbe: 

in  serra  temp.  in  serra  calila 

peso  secco  degli  apici  adoperati  nell'espe- 
rienza  gr.  1,85  gr.  1,30 

anidride  fosforica  assorbita „     0,0000274    „     0,0002222 

„               r,     per  ogni  grammo 
di  sostanza  secca „     0,0000148    „     0,0001709 

Rimase  dunque  confermato  che  nella  vite  aumentando  la  tempera- 
tura aumenta  l'assorbimento  del  fosforo. 

Esperienza  XIV.  —  Fu  fatta  come  la  precedente  con  apici  di  tralci 
di  vite  messi  nello  stesso  modo  a  quattro  a  quattro  in  due  vasetti  di  cui 
uno  fu  lasciato  all'aperto  dal  16  al  18  maggio  in  giornate  fredde  e  pio- 
vose, l'altro  in  serra  calda  a  22°-24"  C.  I  risultati  furono  i  seguenti: 

all'aperto  e  al  freddo        in  serra  calda 

peso  secco  degli  apici  adoperati  nell'espe- 
rienza            gr.  1,075         gr.  0,903 

anidride  fosforica  assorbita „    0,0  „    0,0000426 

I.             „               „     per  ogni  grammo 
di  sostanza  secca «    0,0  „    0,0000471 

Furono  confermati  i  risultati  dell'esperienza  precedente. 


—   15   — 

Esperienza  XV.  —  Fatta  come  la  precedente  con  apici  vegetativi 
di  vite  messi  a  tre  a  tre  in  tre  vasetti  preparati  nel  solito  modo  e 
posti  uno  in  serra  felci  molto  aerata  e  fresca,  uno  all'aperto  ad  una 
temperatura  di  15°-18°0.,  il  terzo  in  serra  calda  a  22"-24<' C.  Aliatine 
dell'esperienza,  durata  dal  9  al  13  luglio,  si  ebbe: 

in  serra  felci  all'aperto  in  serra  oalJa 

peso  secco  degli  apici  adope- 
rati nell'esperienza gì'- 1,41  gr.  1,41  gr.  1,33 

anidride  fosforica  assorbita  .    „    0,0001221    „  0,0002267    „    0,0002176 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

grammo  di   sostanza  secca    „    0,0000865    „  0,0001607    „    0,0001636 

Ancora  vennero  dunque  confermati  i  risultati  dalle  precedenti  espe- 
rienze, i  quali  ebbero  una  nuova  conferma  anche  nelle  seguenti  espe- 
rienze XVI-XIX. 

Esperienza  XVI.  —  Fu  fatta  ancora  con  apici  vegetativi  di  vite 
posti  a  tre  a  tre  iu  tre  vasetti  colla  solita  soluzione  e  collocati  uno  in 
serra-felci  ben  aerata  e  fresca,  uno  in  serra  temperata  a  18»-22"  C,  uno 
in  serretta  calda  di  moltiplicazione  a  26°-30°  C.  L'esperienza  durò  dal 
13  al  16  luglio  e  diede  i  seguenti  risultati  : 

in  serra-felci  in  serra  temper.        in  serra  calda 

peso  secco  degli  apici  adope- 
rati nell'esperienza    ....  gr.  0,93  gr.  0,81  gr.  0.91 

anidride  fosforica  assorbita  .    „   0,0004402    „    0,0004508    „    0,0006297 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

grammo  di   sostanza  secca    „  0,000473      „    0,0005.56      „    0,000692 

Esperienza.  —  XVII.  —  Preparata  e  condotta  come  la  precedente, 
dal  21  al  24  luglio  con  apici  di  tralci  di  vite  tenuti  gli  uni  in  serra 
temperata  a  25»-27»  C,  gli  altri  in  serra  calda  a  35''-37"  C;  coi  se- 
guenti risultati  : 

in  serra  temper.        in  serra  calda 

peso  secco  degli  apici  adoperati  nell'espe- 
rienza     gì-.  0,825  gr.  0,810 

anidride  fosforica  assorbita „    0,0001767    „    0,0003980 

„      per  ogni  grammo 
di  sostanza  secca „    0,000218      „    0,000491 

Esperienza  XVIII.  —  Preparata  e  condotta  come  la  precedente 
con  apici  vegetativi  di  vite  tenuti  dal  27  al  29  luglio  gli  uni  al  solito 
in  serra-felci  a  25»-27"  C,  altri  in  serra  temperata  a  30''-32''  C,  e  altri 


-    16  — 

in  serra  calda  a  SS^-S?"  C.  Avendo  adoperato  matracci  a  collo  stretto, 
ne  ciiiusi  l'apertura  con  cotone  e  misurai  anclie  la  traspirazione,  con 
questi  risultati: 

in  serra-felci  in  serra  teniper.        in  serra  cai. la 

peso  secco  degli  apici  adope- 
rati nell'esperienza gr.  0,695  gr.  0,570  gr.  0,445 

acqua  traspirata ,-2,5  «   3,5  ^2 

anidride  fosforica  assorbita  ,    „    0,0002833     „    0,0002903    „    0,0004629 

auidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 
grammo  di  acqua  traspirata    „    0,000115      „    0,000082      ,    0,0002314 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

grammo   di   sostanza  secca    „  0,000407      „    0,000509      „    0,001040 

Esperienza  XIX.  —  Fu  fatta  ancora  con  apici  vegetativi  di  vite 
dal  14  al  17  di  agosto,  in  condizioni  simili  alla  iirecedente  e  nello 
stesso  modo.  Nelle  ore  in  cui  il  sole  era  alto,  la  temperatura  in  serra 
calda  saliva  fino  a  40°  C.  I  risultati  furono  ancora  gli  stessi,  e  cioè  : 


in  serra-felci 

in 

serra  temper. 

in  serra  calila 

r.  0,812 

gr 

1,023 

gr.  0,728 

2 

Ti 

3,5 

,1    2 

traccie 

11 

0,0000087 

„    0,0000809 

traccie 

0,0000024 

„    0,0000404 

peso  secco  degli  apici  adope- 
rati nell'esperienza 

acqua  traspirata 

anidride  fosforica  assorbita  . 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 
grammo  di  acqua  traspirata 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 
grammo  di  sostanza  secca    „    traccie         „  0,0000085    ,,   0,0001111 


Esperienza  XX.  —  Fu  fatta  con  rami  tagliati  di  rosa,  posti,  dal 
18  al  20  aprile,  nella  solita  soluzione  nutritizia  e  lasciati  uno  all'aperto 
e  all'ombra  ad  una  temperatura  oscillante  tra  5"  e  10°  C,  uno  in  serra 
temperata  a  15°-18°C.,  e  uno  in  serra  calda  a  22°-24''  C.  Si  ebbero  i 
seguenti  risultati  : 

all'aperto 

peso  secco  dei  rami  adoperati 

nell'esperienza gr.  1,235 

anidride  fosforica  assorbita  .    „    0,0 
anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

grammo  di  sostanza  secca    „    0,0 


in  serra  temper. 


in  serra  calda 


gr.  1,085  gr.  0,940 

„    0,0011644    „    0,0005822 


0,001073      ,    0,000619 


Per  la  rosa  dunque  l'azione  della  temperatura  sopra  l'assorbimento 
del  fosforo  si  esplicò  in  modo  diverso  che  per  la  vite:  aumentando  la 


—  17  — 

teiupeiatiira,  aumentò  anche  l'assorbimento,  e  ciò  fino  a  un  certo  limite, 
oltrepassato  il  quale  un  ulteriore  aumento  di  temperatura  provocò  una 
diminuzione  della  funzione  in  parola. 

Ciò  venne  confermato  anclie  dalle  seguenti  esperienze  XXI-XXV. 

Esperienza  XXI.  —  Altri  rametti  di  rosa  furono  messi,  nel  solito 
modo,  dal  20  al  22  aprile  ancora  parte  all'aperto,  parte  in  serra  tem- 
perata e  parte  in  serra  calda  in  condizioni  di  temperatura  quasi  eguali 
a  quelle  della  precedente  esperienza 

Si  ebbero  i  seguenti  risultati: 

alTiiperto  in  serra  temper.        in  serra  calda 

peso  secco  dei  rametti  adope- 
rati nell'esperienza    ....  gr.  3,295  gr.  3, .580  gr.  3,380 

anidride  fosforica  assorbita   .  „    0,0005502    „  0,0015463    „    0,0007324 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

grammo  di  sostanza  secca  ,.    0,000167      „  0,000431      „    0,000216 

All'aperto,  siccome  la  temperatura  si  era  leggermente  rialzata  ri- 
spetto a  quella  che  si  aveva  avuto  durante  l'esperienza  precedente,  co- 
minciò ad  aver  luogo  assorbimento  di  fosforo. 

Esperienza  XXII.  —  Fu  fatta  essa  pure  con  rametti  di  rosa  posti, 
dal  20  al  22  aprile,  alcuni  in  serra  temperata  a  18''-20"  C,  altii  in  serra 
acquario  a  23"-24"  C,  e  altri  in  sena  calda  a  25"  26°  C. 

I  risultati  furono  : 

in  serra  temper.      in  :>orra  acquario        in  serra  calda 

peso  secco  dei  rametti  adope- 
rati nell'esperienza    ....  gr.  4,525  gr.  5,24  gr.  4,98 

anidride  fosforica  assorbita  .    ,    0,0008747    ,.    0,0009925    „    0,0007818 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

grammo    di  sostanza  secca    „    0,000193      „    0,000189     „    0,000156 

Esperienza  XXIII.  —  Altri  rametti  di  rosa  furono  messi,  ancora 
nello  stesso  modo,  dal  2  al  5  maggio,  alcuni  all'aperto  ad  una  tempe- 
ratura di  14"-17"  C,  altri  in  serra  temperata  a  19"-2l"  ('.,  altri  in  serra 
calda  a  23"-25°  C.  Si  ebbero  i  seguenti  risultati: 

all'aperto  in  serra  tentper.        in  serra  oald.a 

peso  secco  dei  rami  adoperati 

nell'esperienza gr.  1,13  gr.  1,02  gr.  1,08 

anidride  fosforica  assorbita  .    ,    0,0005864    ,    0,0003763    „    0,0004118 
anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

grammo  di  sostanza   secca    ,,    0,000518      „   0,000368      „    0,000381 

Atti  deU'Isl.  Hot.  dell'Università  di  Pavia  —Serei  II.  —  Voi.  XV  2 


—   18  — 

Esperienza  XXIV.  —  Dal  27  al  29  luglio  altri  rametti  di  rosa 
preparati  nel  solito  modo  furono  posti  alcuni  in  serra-felci  a  25»-27''  C, 
altii  in  serretta  calda  di  moltiplicazione  a  35''-37<'  C.  Avendo  chiuso 
bene  i  matracci  con  cotone,  tenni  conto  anche  della  traspirazione,  ed 
ebbi  i  seguenti  risultati: 

in  serra-felci  in  serra  cnldn 

peso  secco   dei   rami  adoperati  nell'  espe- 
rienza   gr.  1,325  gr.  1,280 

acqua  traspirata cm.'  5  cm.'  7 

anidride  fosforica  assorbita „    0,0005487    „    0,0005019 

„              .,        per  ogni  cm.'  di 
acqua  traspirata „    0,0001097    „    0,0000717 

anidride  fosforica  assorbita  per  ogni  grammo 

di  sostanza  secca „    0,000414      „    0,000392 

Esperienza  XXV.  -  -  Ripetuta  la  precedente  esperienza  dal  14  al 
17  agosto,  con  temperature  più  elevate  e  coi  risultati  seguenti  : 

in  serra-felci  in  serra  temper.         in  serra  calda 

peso  secco  dei  rametti  adope- 
rati nell'esperienza gr.  1,261  gr.  1,555  gr.  1,745 

acqua  traspirata cm.^  4  cm.''  10  cm.^  8 

anidride  fosforica  assorbita    .    „    0,0000369        traode  gr.  0,0 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

c.m.-'  di  acqua  traspirata    .    „    0,0000092         traccie  „    0,0 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 
grammo  di  sostanza  secca    „    0,000029  traccie  „   0,0 

Esperienza  XXVI.  —  Venne  fatta  con  porzioni  apicali  di  lanii  di 
gelso  in  piena  vegetazione  posti,  dal  2  al  5  maggio,  alcuni  all'aperto  ad 
una  temperatura  di  14°-17°  C,  altri  in  serra  temperata  a  19'>-21"  C, 
altri  in  serra  calda  a  23°-2.ó°  C. 

Si  ebbero  i  risultati  seguenti: 

all'aperto  in  serra  temper.        in  serra  calda 

peso  secco  dei  rametti  adope- 
rati nell'esperienza gr.  1,260  gr.  1,125  gr.  1,170 

anidride  fosforica  assorbita  .    „    0,0006468    „  0,00044f>9    „    0,0004444 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

grammo  di  sostanza  secca    „    0,000513      „    0,0003?1      „    0,000379 


-   19  - 

Esperienza  XXVII.  —  Fatta  come  la  precedente  con  apici  vege- 
tativi di  gelso  dal  9  all'  1 1  maggio  con  temperature,  all'aperto,  più  basse, 
ha  dato  i  risultati  seguenti: 

all'aperto  in  serra  temper.       in  serra  calda 

peso  secco  dei  rametti  adope- 
rati nell'esperienza gr.  0,725  gr.  0,635  gr.  0,740 

anidride  fosforica  assorbita  .    „    0,0001547    „    0,0001540    „    0,0000738 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

grammo  di  sostanza  secca    „    0,000213      „    0,000242      „    0,000099 

Esperienza  XXVIII.  —  Condotta  come  la  precedente  con  rametti 
di  gelso,  dal  16  al  18  maggio,  in  giornate  fredde  e  piovose,  ha  dato  i 
segnenti  risultati: 

all'aperto  in  serra  temper.       in  serra  calda 

peso  secco  dei  rametti  adope- 
rati nell'esperienza gr.  0,935  gr.  1,185  gr.  1,135 

anidride  fosforica  assorbita  .    „    0,0000426    „    0,0000823       traccie 

anidr.  fosf  assorbita  per  ogni 

grammo  di  sostanza   secca    „    0,000045      „    0,000069         traccie 

EsPERiKNZA  XXIX.  —  Fu  fatta  ancora  con  apici  di  rami  di  gelso, 
dal  9  al  13  luglio,  con  una  temperatura  esterna  di  15"-18°  C,  mentre 
si  aveva  13°- 15"  in  serra- felci  e  22»-24°  in  sena  calda. 

I  risultati  furono  i  seguenti  : 

in  sorra-folci  all'aperto  in  serra  calda 

peso  secco  dei  rametti  adope- 
rati nell'esperienza    ....  gr.  1,22  gr.  1,39  gr.  1,41 

anidride  fosforica  assorbita  .    ,.    0,0001203    „    0,0004004    „    0,0002556 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 
grammo  di  sostanza  secca    „    0,000098      „    0,000288      „    0,000181 

Esperienza  XXX.  —  Condotta  come  la  precedente,  ancora  con  rami 
di  gelso  e  in  condizioni  simili  di  temperatura,  dal  9  al  13  luglio,  coi 
risultati  seguenti: 

in  serra-felci  all'aperto  in  serra  calda 

peso  secco  dei  rametti  adope- 
rati nell'esperienza    ....  gr.  2,19  gr.  2,56  gr.  2,79 

anidride  fosforica  assorbita  .    „    0,0005367    „    0,0006219    „  0,0013099 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

gr.  di  sostanza  secca  •  .  .    „    0,000245      „    0,000242      „  0,000469 


-   20  — 

Esperienza  XXXI.  -  Condotta  come  la  precedente,  dal  27  al  29 
luglio,  con  rami  di  gelso  esposti  a  25''-27''  C.  in  serra-felci,  a  30''-32° 
in  serra  temperata,  e  a  35"-37"  in  serra  calda,  misurando  anche  l'Mcqna 
traspirata  e  coi  seguenti  risultati  : 


in  serra-felci 


peso  secco  dei  rametti  adope- 
rati nell'esperienza gr.  1,720 

cm.'  8 


in  serra  temper.       in  serra  calda 


gr.  1,805 
cni.''  IO 


gr.  ],570 
cm.'  9 


ac<iiia  traspirata 

anidride  fosforica  assorbita  .  gr.  0,00033.51  gr.  0,0005254  gr.  0,0003450 
anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

cm.-"*  di  acqua  traspirata    .    .,    0,0000419    ,.    0,0000525    „    0,0000383 
anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 

grammo  di  sostanza   secca    „    0,000194      „   0,000291      ,,    0,000219 

Esperienza  XXXII.   —  Condotta  come  la  precedente,  dal  14  al  17 
agosto,  a  temperature  un  po'  più  alte,  ha  dato  i  seguenti  risultati: 


in  serra-felci 

peso  secco  dei  rametti  adope- 

lati  nell'esperienza    ....  gr.  1,142 

acqua  traspirata 

anidride  fosforica  assorbita  . 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 
cm.^  di  acqua  traspirata    . 

anidr.  fosf.  assorbita  per  ogni 
grammo  di  sostanza  secca 


trac  ci  e 


traccie 


traccie 


in  serra  temper.  in  serra  calda 

gr.  1,168  gr.  1,055 

cm.3  7  CUI.'  7 

„  0,00001824  gr.  0,0 

„  0,0000026  ,.    0,0 

„  0,000015  „    0,0 


In  tutte  queste  esperienze  (XXVI-XXXII)  il  gelsu  si  comportò 
dunque  come  la  rosa:  l'aumento  della  temperatura  lino  ad  un  certo 
limite  portò  un  aumento  nell'assorbimento  dell'anidride  fosforica,  mentre 
oltrepassando  il  limite  si  ebbe  poi  una  diminuzione.  Pel  gelso  però  si 
può  dire  che  la  temperatura  optimum  si  è  mostrata  un  po'  più  elevata 
che  per  la  rosa. 

Azione  della  luce  sopra  l'assorbimeuto  dell'anidride  fosfo- 
rica. —  Queste  esperienze  furono  condotte  contemporaneamente  a  quelle 
precedenti  per  lo  studio  dell'azione  della  temperatura,  mettendo  a  fianco 
di  uno  dei  vasetti  adoperati  per  quelle,  altro  vasetto  con  materiale  eguale 
preparato  nello  stesso  modo,  ma  tenuto  sotto  campana  scura. 


—   21   — 

Esperienza  XXXIII  [21-23  aprile,  in  sferra  temperata,  coli' espe- 
rienza I).  —  Venne  fatta  con  alghe  ed  ha  dato  il  seguente  risultato: 

alla  luce  al  buio 

peso  secco  dell'alga  adoperata gr.  0,108  gr.  0,087 

anidride  fosforica  assorbita „   0,0003707    „   0,0 

Esperienza  XXXIV  {20-23  aprile,  in  serra  temperata,  coirespe- 
r lenza  XXI).  —  Con  rametti  di  rosa  tenuti  dal  20  al  22  aprile  al  buio 
vicjno  ai  rametti  di  confronto  che  hanno  servito  per  la  XXI  esperienza, 
e  poi  dal  22  al  23  messi  alla  luce  mentre  questi  furono  coperti. 

I  risultati  furono  i  seguenti: 

rametti  u  rametti  h 

al  buio  alla  luce       alla  luce  al  buio 

peso  secco  dei  rametti  adoperati  gr.  :3,420  gr.  3,580 

anidride    fosforica  ( -"^O-SS  aprile  gr.0,00004&4  gr. 0,0015463 

a.-*sorbita  /  2-2.-23       »  >  0,0005623  0,0 

per  ogni  gr.  di  so-  (  '^'^  ^P"'^      ''  0,00(10123  -,  0,0004319 

stanza  secca         /  .22.-28      .  0,OC«31644       »  0,0 

Esperienza  XXXV  {20-22  aprile,  in  una  camera  del  Laboratorio).  — 
Fu  fatta  con  rametti  di  rosa  tenuti,  nel  solito  modo,  in  una  camera  del 
Laboratorio,  vicini  tra  loro,  alcuni  esposti  alla  luce,  altri  sotto  cam- 
pana scura. 

Si  ebbero  i  seguenti  risultati: 

alla  luce  al  buio 

peso  secco  dei  rametti  adoperati  nell'espe- 
rienza    gr.  3,910  gr.  4,55.5 

anidride  fosforica  assorbita „   0,0007703    „    0,0003024 

„              .,         per  ogni  grammo 
di  sostanza  secca „   0,000197      ..    0,000066 

Esperienza  XXXVI  {-J-ó  maggio,  in  serra  temperata,  coll'esper.  XXIll). 
—  Fu  fatta  ancora  con  rametti  di  rosa  e  diede  i  seguenti  risultati: 

alla  luce  al  buio 

peso  secco  dei  rametti  adoperati  nell'espe- 
rienza    gr  1,02  gr.  1,00 

anidride  fosforica  assorbita „    0,0003763    „    0,0001945 

„       per  ogni  grammo 
di  sostanza  secca „    0,000368      „    0,000194 


—  22  — 

Esperienza  XXXVII  (V-ó  maggio,  in  serra  tcmper.,  coWesper.  XXVI). 

—  Fu  fatta  con  rametti  di  gelso  ed  ha  dato  i  seguenti  risultati: 

alla  luce  al  buio 

peso  secco  dei  rametti  adoperati  nell'  espe- 
rienza    gr.  1,125  gr.  1,030 

anidride  fosforica  assorbita „    0,0004409    „  0,0000994 

per  ogni  grammo 
di  sostanza  secca ,,    0,000391      „  0,000096 

Esperienza  XXXVIII  (.9-ÌÌ  maggio,  serra  femper.,  coU'esper. XXVII). 

—  Fu  fatta  ancora  con  rametti  di  gelso  e  coi  seguenti  risultati: 

alla  luce  al  buio 

peso  secco  dei  rametti  adoperati  nell'espe- 
rienza    gr.  0,635  gr.  0,560 

anidride  fosforica  assorbita „    0,0001540  traccie 

Esperienza  XXXIX  (lG-18  maggio,  in  serra  temperata,  roW espe- 
rienza XX Vili).  —  Fu  fatta  anch'essa  con  rametti  di  gelso  e  diede 
i  seguenti  risultati: 

alla  luce  al  buio 

peso  secco  dei  rametti  adoperati  nell'espe- 
rienza    gr.  1,185  gr.  0,810 

anidride  fosforica  assorbita „    0,0000823  traccie 

La  luce  esercita  dunque  un'azione  favorevole  all'assorbimento  del- 
l'anidride fosforica.  Una  tale  constatazione  richiama  l'osservazione  fatta 
a  proposito  della  II  esperienza,  circa  le  relazioni  tra  la  funzione  clo- 
rofilliana e  l'assimilazione  delle  sostanze  minerali. 

Relazione  tra  l'assorbimento  dell'  anidride  fosforica  e  la 
formazione  degli  organi  di  riproduzione.  —  Se  si  osserva  l'azione 
della  temperatura  sopra  l'assorbimento  del  fosforo  nella  vite,  nella  rosa 
e  nel  gelso,  si  rileva  una  notevole  differenza:  mentre,  nei  limiti  in  cui 
si  contennero  le  esperienze,  per  la  vite  le  temperature  piìi  alte  sono 
quelle  che  meglio  favoriscono  il  fenomeno,  cosi  che  o  non  v'è  una  tem- 
peratura optimum  0,  se  v'è,  è  assai  vicina  o  superiore  alle  temperature 
estive  più  alte;  nella  rosa,  invece,  e  nel  gelso  anche  nei  limiti  delle 
esperienze  vi  è  una  temperatura  optimum  al  disopra  della  quale  l'assor- 
bimento del  fosforo  anziché  aumentare  diminuisce.  E  pel  gelso  tale  opti- 
mum è  un  po'  più  elevato  che  per  la  rosa.  Limitando  infatti  il  confronto 
ai  risultati  delle  esperienze  XIX,  XXV  e  XXXII  fatte  contempora- 
neamente e  in  identiche  condizioni  rispettivamente  per  la  vite,  per  la 


—  23   — 

rosa  e  pel  gelso,  si  vede  che  raiulameiito  tlel  fenomeno  in  rapporto  agli 
aumenti  di  temperatura  si  può  rappresentare  (come  è  stato  fatto  in  fondo 
alla  tavola  X)  con  tre  linee  che  si  comportano  in  modo  affatto  diverso 
l'una  dall'altra:  una  linea  discendente  per  la  rosa,  una  prima  debolmente 
ascendente  e  poi  discendente  pel  gelso,  e  una  tutta  ascendente  perla  vite. 

Per  la  rosa  la  temperatura  optimum  corrisponde  a  quella  che  si  ha 
in  natura  in  principio  di  prinìavera;  pel  gelso  è  quella  della  tarda  pri- 
mavera, mentre  per  la  vite  sono  più  favorevoli  le  più  alte  temperature 
estive.  Orbene  la  rosa  ed  il  gelso  sono  appunto  indicate  come  piante 
che  potate  in  primavera  danno  gemme  iìorifere  e  potate  più  tardi  le 
danno  foglifere  \  mentre  per  la  vite  è  a  ricordarsi  che  le  gemme  fio- 
rifere si  differenziano  durante  l'estate  ^ 

Se  ora  si  osserva  l'azione  della  temperatura  sopra  l'assorbimento 
del  fosforo  nel  Mimulns  TiVmgi  (esperienze  IX-XI),  si  vede  distinta- 
mente che  vi  è  una  temperatura  optimum  per  tale  funzione  e  che  è  tra 
i  16°  ed  i  20°  C.  Orbene  il  Mmultis,  come  è  noto,  forma  fiori  soltanto 
se  è  seminato  e  può  vegetare  in  primavera  (quando  c'è  appunto  una 
temperatura  ambiente  favorevole  all'assorbimento  del  fosforo),  mentre 
in  estale  dà  solo  rami  vegetativi  l  Ed  in  primavera  è  diverso  il  suo 
modo  di  comportarsi  a  seconda  dell'andamento  della  stagione  e  della 
temperatura:  avendo  p.  e.  io  seminato  parecchie  piantine  a  diversi  in- 
tervalli di  tempo  in  terrine  poste  vicine  tra  loro  in  ambiente  riparato 
ma  esposto  a  tutte  le  variazioni  esterne  di  temperatura,  ho  visto  che 
le  prime  piantine  che  vennero  a  fiorire  alla  fine  di  maggio  fecero  fiori 
al  7"  ed  all'  8°  nodo,  mentre  quelle  che  fiorirono  in  giugno  ad  una  tem- 
peratura più  elevata  (le  condizioni  di  umidità  del  terreno  erano  mante- 
nute eguali  ed  uniformi)  li  fecero  al  i°  e  5°  nodo;  e  le  piantine  che 
vennero  dopo  non  ne  fecero  affatto. 

Per  il  Solanum  nigrum  la  temperatura  più  favorevole  all'assorbi- 
mento del  fosforo  si  è  mostrata  tra  14"  e  15°  C.  nella  VI  esperienza, 


'  Veggasi  quanto  si  è  detto  a  tale  proposito  nella  prima  parte  di  questo 
lavoro,  nella  nota  3  di  pag.  16. 

-  U.  Mautelli,  Epoca  della  formazione  del  grappolo  nelle  gemme  della  vite; 
Nuovo  Giornale  Bot.  Italiano,  1892  (veggasi  anche  alla  nota  3  della  pag.  9  nella 
prima  parte  di  questo  lavoro).  Notoriamente  in  molte  piante  legnose  che  fioriscono 
a  primavera,  i  fiori  si  formano  prima,  durante  l'estate  (si  veda:  Ct.  Berthold, 
Untersuchungen  zur  Physiologie  der  pflamlichen  Organisation,  ii  Th.  ;  Leipzig, 
1904),  ed  è  probabile  che  anche  per  esse  le  più  alte  temperature  estive  sieno  le 
più  favorevoli  all'assorbimento  del  fosforo,  come  avviene  per  l'acero  (Esperienza  V). 

'  H.  VoniTiXG,  Unfersucliitngen  zur  experimenfellen  Anatomie  und  Pathologie 
dis  Pflanzenkorpers  ;  Tiibingen,  1908. 


—   24  — 

e  tra  23''-24°  nella  VII:  nella  esperienza  descritta  alla  pag.  4,  è  ad  una 
temperatura  di  19"-22"  C.  che  si  ebbe  il  maggior  assorbimento  di  ani- 
dride fosforica;  in  ogni  modo  tale  assorbimento  da  parte  di  (jiiesta  pianta 
è  sempre  relativamente  considerevole  anche  a  temjierature  diverse  dal- 
Vopdmum.  Con  ciò  è  forse  in  relazione  il  fatto  che  il  Solanum  nif/rum 
fiorisce  in  qualunque  stagione  dell'anno  ;  però  nelle  piante  di  controllo 
fatte  vegetare  negli  stessi  ambienti  nei  quali  furono  condotte  le  espe- 
rienze, i  lìori  si  formarono  sempre  prima  dove  maggiore  era  l'assorbi- 
mento del  fosforo  '. 

Per  la  Torenia  Fournieri  nell'  esperienza  Vili  è  risultato  che  al- 
l'aperto e  al  sole,  ad  una  temperatura  di  21  "-23°  C,  l'assorbimento  del 
fosfoi'o  fu  un  po'  pili  rilevante  che  in  serra  calda  a  30"-34°  C.  Orbene 
le  piante  di  controlio  lasciate  crescere  in  terrine  all'aperto  produssero 
fiori  dopo  il  6°  nodo,  quelle  fatte  sviluppare  in  identiche  terrine  e  in 
eguali  condizioni  di  umidità  del  terreno,  ma  in  serra  calda,  li  produs- 
sero dopo  il  7°  ^. 

Anche  per  le  alghe  la  temperatura  alla  quale  maggiore  è  stato 
l'assorbimento  del  fosforo  fu  press'  a  poco  quella  che  si  aveva  fuori  quando 
in  condizioni  normali  ebbero  luogo  i  fenomeni  di  copulazione. 

Si  può  dunque  dire  che  vi  è  un  certo  parallelismo  tra  l'azione  che 
esercita  la  temperatura  sopra  l'assorbimento  del  fosforo  e  quella  che  la 
stessa  ha  sopra  la  comparsa  degli  organi  di  riproduzione  delle  piante. 

Quanto  all'azione  della  luce,  un  tale  parallelismo  è  più  evidente 
quando  si  pensi  che  alla  sua  azione  favorevole  all'assorbimento  del  fo- 
sforo da  parte  delle  alghe  e  delle  fanerogame,  quale  risulta  dalle  mie 
esperienze  XXXIII-XXXIX,  corrisponde  l'azione  favorevolissima  e 
quasi  indispensabile  alla  riproduzione  delle  stesse  algiie  e  delle  fane- 
rogame, quale  venne  dimostrata  dal  Klebs,  '',  dal  Vochting'  e  da  altri. 


'  Bi-sogna  ijiii  licorchire  iiiiauto.si  e  detto  nella  seconda  parte  di  questo  lavoro 
a  proposito  della  esperienza  III  fatta  col  Solanum  ìtigriim  :  a  temperature  troppo 
alte  questa  pianta  acquista  un  forte  sviluppo  vegetativo  senza  produrre  fiori  (ta- 
vola VI  a.  destra).  Ciò,  indipendentemente  dalla  quantità  assoluta  di  fosforo  assor- 
bito, può  dipendere  dalla  sproporzione  tra  l'azoto  e  il  fosforo,  sproporzione  che. 
come  si  è  visto  alla  precedente  pag.  7,  aumenta  coli 'aumentare  della  tempei'atura. 

*  Anche  nella  I  esperienza  descritta  nella  seconda  pai-te  di  questo  lavoro,  la 
Torenia  Fournieri  lasciata  esposta  ai  primi  di  luglio  alla  temperatura  normale, 
fiori  prima  che  quella  tenuta  in  serra  a  temperatura  più  elevata. 

'  G.  Kleu.s,  Ve)>er  ilen  Kinfìuss  (leu  Lichtes  auf  die  Fortpfìaiisuny  der  Ge- 
viiicìise ;  Biol.  Centralbl.,  1893;  e  Die  lìedingungen  der  Fortpflansung  bei  einigen 
Algen  und  Pilzen;  Jena,  1896. 

*  H.  Vochting,  Ueber  de»  Fiii/iuss  des  Lie/ifes  nuf  die  GentaUintg  uiid 
Aiilage  der  Bliilhen:  Pringshoim's  Jalirb.  f.  w.  Dot.,  Bd.  xxv,   1S93. 


—   25 


Conclusioni  della  terza  parte. 


L'assorbimento  dell'azoto  e  del  fosforo  da  parte  delle  piante  non 
ha  luogo  sempre  nelle  stesse  proporzioni  ma  in  proporzioni  variabili 
a  seconda  delle  condizioni  esterne.  La  temperatura  esercita  infatti  un' 
azione  diversa  sopra  l'assorbimento  dell'uno  e  dell'altro  dei  detti  ele- 
menti, sì  che  col  variare  di  quella  variano  le  proporzioni  di  questi  che 
entrano  a  costituire  uno  stesso  peso  di  sostanza  secca. 

Un  tale  comportarsi  della  funzione  in  parola  e  l'azione  che  eserci- 
tano su  di  essa  i  cambiamenti  di  temperatura  sono  assai  diversi  da 
specie  a  specie. 

Quanto  al  fosforo,  la  quantità  di  esso  che  viene  assorbita  è  rela- 
tivamente indipendente  dalla  traspirazione. 

Dipende  invece  molto  dall'azione  della  luce  e  pare  in  relazione 
coU'assimilazione  clor<ifilliana. 

Dipende  pure  dalla  temperatura,  si  che  vi  è  una  temperatura  opti- 
mum, diversa  da  specie  a  specie,  alla  quale  l'assorbimento  del  fosforo 
è  massimo,  mentre  diminuisce,  più  o  meno  rapidamente  e  regolarmente 
a  seconda  delle  specie,  al  disopra  o  al  disotto  della  temperatura  me- 
desima. 

Iti  generale  si  può  dire  che  le  condizioni  di  temperatura  e  di  luce 
che  sotto  più  favorevoli  alì'assorbimrtito  del  fosforo,  sono  anche  quelle  tielle 
quali  si  sviluppano  gli  organi  di  riproduzione  delle  piatite  studiate.  * 


1  II  Berthelot  e  molti  altri  osservatori  (veggasi  alle  pagine  25  e  26  della 
prima  parte  di  questo  lavoro)  hanno  già  rilevato  la  relazione  ohe  passa  tra  l'as- 
sorbimento del  fosforo  da  parte  delle  piante  e  la  formazione  dei  fiori,  accertando 
che  la  proporzione  del  fosforo  nelle  piante  è  appunto  massima  all'epoca  della 
fioritura.  Però  i  due  fenomeni  non  furono  messi  in  relazione  di  causa  ed  eifetto, 
né  vennero  riportati  alle  condizioni  esterne  di  vegetazione. 


—  26  — 


PARTE  QUARTA 


Condizioni  nelle  quali  si  presentano,  in  natura, 
gli  organi  di  riproduzione  delle  piante. 

Nella  prima  parte  di  questo  lavoro,  dopo  avere  ricliiamato  l'opinione 
del  Tvlebs  che  anche  le  fanerogame  possano  essere  coltivate  in  modo  da 
dare  organi  vegetativi  o  di  riproduzione  a  seconda  della  volontà  dello 
sperimentatore,  si  è  osservato,  col  Mobius,  che  però  la  fioritura  richiede 
nell'interno  delle  piante  determinate  condizioni  provenienti  da  un  pre- 
cedente sviluppo  vegetativo,  concetto  che  è  poi  stato  affermato  più  chia- 
ramente dal  Diels  il  quale,  pur  ammettendo  che  la  maturità  generativa 
delle  piante  non  è  legata  ad  alcun  determinato  stadio  di  sviluppo  vege- 
tativo, riteneva  necessaiio  per  la  formazione  dei  fiori  un  minimo  di  la- 
voro preparatorio  [vegetativev  Vorarbeif),  raggiunto  il  quale  si  richiede 
poi  il  concorso  di  speciali  combinazioni  di  condizioni  esterne. 

Tutto  ciò  risulta  anche  dal  fatto  che  gli  alberi  legnosi  producono 
fiori  solamente  quando  hanno  raggiunto  una  certa  età  ed  un  dato  svi- 
luppo vegetativo,  età  e  sviluppo  che  variano  però  in  limiti  molto  ampli 
a  seconda  delle  condizioni  di  clima,  di  terreno,  di  coltura  ecc.  ^ 


'  Secondo  il  Goebel  {Eiìihìtimg  in  dìc  experimenMle  Morphologic  der 
Pflanzen,  Leipzig,  1908),  la  Picea  exceha  fiorisce  p.  e.,  in  condizioni  normali, 
dopo  30-40  anni  di  vita,  ma  gli  individui  die  vengono  trapiantati  fioriscono 
prima,  magari  all'età  di  soli  4-10  anni  e  quando  sono  alti  soltanto  un  metro 
e  mezzo. 

E  secondo  quando  mi  ha  comunicato  il  chiarissimo  prof.  Y.  Peroua,  VAhies 
pectiììdfa  fiorisce,  nelle  abetine  di  Vallombrosa,  a  50-60  anni,  mentre  gli  individui 
isolati  sono  pivi  precoci  e  fioriscono  15-20  anni  prima.  Non  ho  avuto  occasione  di 
rilevare  e  confrontare  il  numero  dei  palchi  degli  alberi  che  fioriscono  per  la 
prima  volta  nelle  diverse  località. 

Sarebbe  poi  da  distinguersi  anche  qui  la  potenzialità  a  ditìerenziare  gli 
organi  di  riproduzione  da  quella  a  portarli  al  loro  completo  sviluppo,  perchè  nelle 
mie  esperienze  mi  occorse  parecchie  volte  di  vedere  foi-marsi  i  primi  abbozzi  di 
gemme  fiorifere  che  poi  non  avevano  ulte.riore  sviluppo  per  l'impotenza  della 
pianta  madre  a  fornire  loro  il  materiale  necessario  (come  nei  casi  di  colatimi  per 
sterilità  del  terreno).  Mentre  la  prima  differenziazione  degli  organi  di  riprodu- 
zione non  richiede  quasi  consumo  di  materiale  di  riserva  e  si  può  considei-are 
come  una  semplice  trasformazione  di  cellule  somatiche  in  cellule  generatrici,  il 
loro  ulteriore  sviluppo  non  può  avvenire  che  a  spesa  di  molte  sostanze  nutrienti 


—   27   — 

In  questa  parte  del  inii)  lavoro  espongo  il  risultato  di  alcune  osser- 
vazioni da  me  fatte  sopra  le  condizioni  di  differenziazione  vegetativa  e 
le  condizioni  di  ambiente  esterno  che  accompagnano  in  natura  la  for- 
mazione dei  fiori  nelle  piante. 

Differeuziazioue  vegetativa  e  formazione  dei  fiori.  —  In  espe- 
rienze in  corso  di  pubblicazione  fatte  nel  nostro  Istituto  Botanico  dal  D.  G. 
Pollacci  e  dalla  D.  E.  Mameli  per  dimostrare  l'utilizzazione  dell'azoto 
atmosferico  da  parte  delle  piante,  semi  di  Polygonum  fagopyrum  fatti 
germinare,  in  ambiente  caldo  \  in  una  soluzione  nutritizia  completa- 
mente priva  di  qualsiasi  sostanza  azotata,  diedero  piantine  gracili 
(tavola  XII,  a  sinistra)  che  portavano  soltanto  tre  foglie,  oltre  i  coti- 
ledoni, e  subito  sopra  un'infiorescenza  abbastanza  distinta. 

Tale  fatto,  mentre  conferma  i  risultati  delle  esperienze  esposte 
nella  seconda  parte  di  questo  lavoro  nelle  quali  pure  la  mancanza  di 
nutrimento  azotato  provocava  la  formazione  dei  fiori  da  parte  di  altre 
piante,  dimostra  che  le  riserve  immagazzinate  nei  semi  del  fagopiro 
sono  sufficienti  da  sé  sole  -  alla  formazione  dei  fiori  senza  che  si  ri- 
chieda a  tal'uopo  alcun  lavoro  vegetativo,  come  del  resto  è  già  stato 
visto  in  altri  casi  per  diverse  piante  ^.  E  poiché  in  condizioni  normali 
di  nutrizione  e  di  temperatura   il  fagopiro   non  dà  luogo  a  formazione 


che  solo  possono  dare  le  piante  di  una  certa  età  e  di  un  certo  sviluppo  :  è  pro- 
babile che  molte  delle  piante  le  quali  per  noi  non  danno  organi  di  riproduzione 
che  a  tarda  età,  formino  cellule  e  gemme  riproduttrici  (che  non  si  sviluppano  e 
non  si  rendono  visibili),  parecchi  anni  prima  di  portare  in  modo  visibile  a  ma- 
turazione i  loro  primi  frutti. 

*  L'esperienza  e  stata  fatta  in  serretta  calda.  Non  ko  se  a  temperatura  più 
bassa  avrebbe  dato  eguale  risultato. 

'^  Bisogna  distinguere,  come  si  è  detto  nella  nota  della  precedente  pagina, 
la  nutrizione  necessaria  alla  prima  differenziazione  delle  cellule  riproduttrici  da 
(|uella  che  è  indispen.sabile  all'ulteriore  sviluppo  delle  medesime,  allo  svolgimento 
del  fiore  e  alla  formazione  e  maturazione  dei  semi  e  frutti.  A  noi  preme  sola- 
mente il  primo  fenomeno. 

Nel  caso  speciale  del  fagopiro  col  eguale  avevano  sperimentato  i  dott.  Pol- 
lacci e  Mameli,  il  primo  abbozzo  di  infiorescenza  era  già  visibile  all'apice  del 
fusto  quando  tanto  i  cotiledoni  che  le  tre  foglie  erano  molto  più  piccoli  di  quello 
che  si  vede  nella  fotografia  della  tavola  XII;  le  foglie  an^i  erano  ancora  quasi 
meristematiche,  cosi  che  non  è  a  pcnsar.si  avessero  già  compiuto  un  lavoro  cloro- 
filliano proficuo. 

'  11  DiELS  (JiiiiviKÌfiiì-iih^ii  miti  Jlliileiireife  im  Pflaìizeiireìch,  .Berlin,  1006, 
pag.  10)  cita  il  caso  di  una  noce  di  coco  che  germinando  ha  dato  una  piantina 
bi  quale,  prima  ancora  di  esaurire  le  riserve  del  seme  e  mentre  aveva  solo  tre 
foglie  primordiali,  aveva  già  formato  una  piccola  infiorescenza. 


-   28     - 

di  fiori  che  molto  più  tardi,  e  cioè  quando  la  pianta  ha  raggiunto  un 
certo  sviluppo  vegetativo,  conviene  dire  che  non  si  tratta  in  questi 
casi  di  mancanza  originaria  di  sostanza  di  riserva  o  di  nutrimento  or- 
ganico interno,  ma  piuttosto  di  condizioni  speciali  chimiche  e  fisiche 
necessarie  per  una  peculiare  trasformazione  ed  elaborazione  delle  me- 
desime, la  quale  agendo  poi  sulle  cellule  del  nieristema  apicale  ne  pro- 
voca la  diiferenziazione  in  cellule  riproduttrici  o  puramente  somatiche  '. 

Si  presenta  però  ora  il  problema  se,  poiché  anche  le  piantine  di 
fagopiro  senza  nutrizione  azotata  prima  di  formare  i  fiori  hanno  formato 
i  cotiledoni  e  tre  foglie  (le  quali  probabilmente,  come  i  cotiledoni, 
ei'auo  già  differenziate  nel  giovane  eml)rione  dentro  il  seme),  è  proprio 
necessario  che  prima  che  un  nieristema  apicale  dia  luogo  a  cellule  ri- 
produttrici preceda  un  certo  numero  di  segmentazioni  con  formazione 
di  cellule  somatiche  e  di  organi  vegetativi. 

Il  problema  si  può  in  parte  risolvere  coll'osservazione  delle  piante 
nane  le  quali,  benché  le  dimensioni  generali  dell'individuo  all'epoca 
della  fioritura  sieno  molto  inferiori  del  normale,  pure  hanno  un  numero 
di  nodi  ed  internodi  quasi  normale  -.  Lo  stesso  dicasi  delle  piante  alpine 
le  quali  hanno  dimensioni  molto  inferiori  a  quelle  del  piano  non  tanto 
per  la  riduzione  del  numero  delle  parti,  quanto  per  1'  accorciamento 
degli  internodi.  Anche  per  gli  alberi  fruttiferi  la  pratica  insegna  che 
le  gemme  fiorifere  si  sviluppano  sui  rami  vegetativi  solamente  come 
gemme  di  un  determinato  ordine,  ossia  solamente  dopo  un  certo  numero 
di  divisioni  e  ramificazioni  che  si  può  anche  artificialmente  accelerare. 

Nelle  mie  esperienze  fatte  con  piante  annuali  provenienti  da  semi 
piccolissimi  nei  quali  l'embrione  era  poco  o  nulla  differenziato,  ho  os- 
servato che  il  numero  dei  nodi  del  fusto  la  cui  formazione  precede  la 
comparsa  di  gemme  fiorali,  non  é  fisso  ma  varia  colle  condizioni  esterne 
entro  limiti  però  inferiori  a  quelli  segnati  dalle  variazioni  delle  dimen- 
sioni generali  delle  piante. 

Seminando  infatti  tali  piante  in  varie  riprese  in  modo  da  avere 
piantine  giovani  sviluppate  in  diveisi  periodi  dell'anno  e  quindi  in  con- 
dizioni climatiche  differenti  tra  loro,  e  distribuendo  le  piantine  prove- 
nienti da  una  sola  seminagione  in  ambienti  diversi  e  variamente  esposti, 
ho  osservato,  come  già  dissi  in  parte  alla  precedente  pagina  23: 


'  Che  i  meristemi  apicali  si  dififerenzino  in  modo  diverso  a  seconda  delle 
condizioni  esterne  nelle  quali  si  sviluppano  le  piante.  Io  si  deduce  anche  dai  casi 
di  dimorfismo  di  stagioni  dei  quali  pure  parla  il  Diels  (/oc.  cit.,  pag.  40). 

-  P.  Gauchery,  h'ocherches  sur  le  nanisme  nyi-tale;  Ann.  d.  Se.  Nat.,  Bo- 
tauique,  Ser.  viii,  T.  0,  1899. 


29  — 


Torenia   Fournieri  ^ 


Data  della  semina 

Esposizione 

Numero  dei  nodi 

precedenti 
le  gemme  fiorali 

Altezza 

della  pianta 

alla  comparsa 

delle  prime  gemme 

fiorali 

all'ombra 

5-6,  e  nei  ra- 

25 iiinii;uin    liUO    .    . 

mi  2-ci 

cm.   15-20 

al  sole    

6-7,  e  nei  rami  B 

»      15-20 

in  seiTa  calda 

7,  e  nei  rami  3, 

o  nessun  fiore 

-     28-36  . 

15  hii;lio  IDM      .    . 

( 

all'ombra 

J-5 

■      15-20 

al  sole    

6-6 

■     25-30 

in  serra  cabla  

7-8 

»     35-38 

Mimulus   Tiìingi 


Data  della  semina 

Esposizione 

Numero  dei  nodi 
precedenti 

Altezza 
della    pianta 
alla  comparsa 

le  gemme  fiorali 

delle  prime  gemme 
fiorali 

all'ombra 

5 

cm.  18-20 

2  aprile  1910    .    .    .  ' 

al  sole    

4 

.      10-12 

/ 

iu  serrii  temperata    .    . 

7-8 

»     20-25 

in  serra  calda  

oo  (non  fiorisce) 

— 

1  giugno  1910  .    .    . 

all'ombra 

in  serra  temperata    .    . 

4 
4-5 

:      15-20 
»     20-25 

'  Anche  nelle  esperienze  I  e  VITI  descritte  nella  seconda  parte  di  questo 
lavoro,  si  sono  ottenute  dalla  jTore^w'a  i^o»n»'e«' gemme  fiorali  dopo  la  formazione 
di  un  numero  di  nodi  variabile  da  4  ad  8,  e  ciò  unicamente  variando  la  compo- 
sizione chimica  della  soluzione  nutritizia  offerta  alla  pianta. 

La  tavola  XII  rappresenta,  nel  mezzo,  ima  pianta  di  Torenia  seminata  in 
maggio  e  cresciuta  al  sole,  accanto  ad  una,  a  destra,  sviluppatasi  in  luglio  e 
all'ombra. 


—  30  — 


Soìainim  nigrnm  '. 


Data  della  semina 

Esposizione 

Numero  dei  nodi 

precedenti 
le  gemme  fiorali 

Altezza 

della  pianta 

alla  comparsa 

delle  prime  ^emmo 

fiorali 

2  aprile  1910    .    .    . 

1  giugno  1910  .    .    . 

2  agosto  191(:  .    .    . 

'  all'aperto  e  all'ombrr,  . 

in  serra  temperata    .    . 

in  serra  calda  

'  all'aperto  e  all'onilira  . 

in  serra  temperata     .    . 

in  serra  calda  

in  serra  temperata     .    . 

in  serra  calda  

6 

7 
10-12 
10-11 
10-11 
11 
10 
11 

cm.  20-22 
»     25-BO 
»     80-iO 
»     20 
.     20-25 
»     28-80 
»     20  • 
»     28 

Siccome  le  esperienze  colla  Torenia  e  col  Mintilus  furono  fatte  con 
un  numero  relativamente  grande  di  piante  le  quali  tutte  presentavano, 
in  ogni  esposizione,  eguale  comportamento,  si  può  dire  che  se  non  è 
fìsso  in  ogni  specie  lo  stadio  di  sviluppo  vegetativo  nel  quale  si  pre- 
sentano le  gemme  fiorali,  questo  stadio  è  peiò  lo  stesso  per  tutte  le 
piante  che  crescono  in  determinate  condizioni  "  :  dove  le  condizioni 
esterne  sono  sfavorevoli  alla  differenziazione  degli  organi  di  ripoduzione, 
ha  luogo  una  più  abbondante  formazione  di  organi  vegetativi  e  con 
questo,  senza  che  intervenga  nessun  cambiamento  di  condizioni,  pare 
che  i  meristemi  apicali  possano  essere  spinti  alla  formazione  anche  delle 
gemme  fiorali  ^. 


'  Anche  nelle  esperienze  descritte  nella  seconda  parte  di  questo  lavoro,  il 
Solanum  nigrum  ha  dato  gemme  fiorali  dopo  un  numero  di  foglie  variabili  a 
seconda  delle  condizioni  esterne  di  nutrizione. 

*  Anche  per  il  Klbbs  (Ueber  die  Nachkommen  kihistUch  veribiderter  Blilten 
ron  Seviperrivum  ;  Sitzsber.  d.  Heidelberger  Ak.  d.  Wiss.,  1909)  la  fissità  della 
specie  vuol  dire  soltanto  che  in  determinate  coudizioni  esterne  essa  conserva  la 
stessa  forma. 

'  Anche  il  Berthold  (Ioc.  cit.,  p.  141)  ammette  che  la  formazione  successiva 
dei  diversi  organi  che  si  sviluppano  da  un  meristema  apicale  si  ripercuota  in 
cambiamenti  interni  intimi  del  meristema  stesso  :  «  Charakteristisch  ist  dass  die 
"  Massen  der  Meristeme  hoch  obeu  am   Scheitel   iiberaus  geringe    siud  und   dass 


—   31    — 

Condizioni  esterne  e  formazione  dei  fiori.  —  Le  condizioni 
esterne  nelle  quali  in  natura  si  formano  gii  organi  di  riproduzione  sono, 
come  è  noto,  per  alcune  piante  relativamente  fisse,  per  altre  invece 
molto  variabili.  Per  le  prime  la  differenziazione  degli  organi  di  ripro- 
duzione avviene  solamente  in  una  data  stagione  dell'anno,  nella  quale 
si  verificano  appunto  le  condizioni  ad  essa  favorevoli;  per  le  seconde 
avviene  in  tutte  le  stagioni. 

Un  esempio  delle  prime  ci  è  dato  dagli  alberi  legnosi  nei  quali, 
come  è  già  stato  detto  *,  le  gemme  fiorali  si  formano  durante  l'estate 
ed  all'unica  stagione  di  loro  formazione  corrisponde,  nei  nostri  climi, 
un'unica  stagione  di  fioritura'.  Ma  anche  tra  le  piante  inferiori  ve  ne 
sono  di  quelle  che  richiedono  condizioni  esterne  ben  fisse  per  formare 
i  loro  organi  di  riproduzione:  da  noi,  p.  es.,  per  la  copulazione  delle 
spirogire  non  basta  che  venga  a  mancare  l'acqua,  ma  è  necessario  in- 
tei'vengano  anche  determinate  condizioni  di  temperatura  e  di  luce  che 
si  hanno  solo  in  certi  momenti  dell'anno.  È  alla  stessa  causa  che  si 
devono  attribuire  i  fenomeni   di  successione    periodica    delle    diverse 


«  hier  eine  grosse  Zahl  vou  Differenzieruugeu  aiif  kleinem  Eanm  dicht  zusummen- 
€  gedrangt  sind  und  in  rascheni  Tempo  nacheinander  auftreteu. 

■  Die  meristeinatisclieii  Geirebetinisseii  ciiidei-n  wahrend  der  sukzexsii'e7i  Aus- 
«  bildung  der  eimelner  Diff'ereìizieruiigeii  alliiuihlich  i/ire  Nafur.  » 

Si  comprende  pertanto  come  per  i  cambiamenti  intimi  sopravvenuti  in  se- 
guito alla  formazione  di  un  certo  numero  di  organi  vegetativi,  uno  stesso  meri- 
stema  possa  reagire  in  modo  diverso  alle  medesime  condizioni  esterne,  dando 
luogo  a  cellule  di  riproduzione  mentre  prima   dava  solamente   cellule  somatiche. 

Potrebbe  spiegarsi  in  tal  modo  la  produzione  periodica  di  cellule  riprodut- 
trici in  certe  alghe,  come  è  stato  visto  dall' Ho yt  nella  Dictyota  dichotoma  (Pe- 
ì'iodicify  in  the  prodiicfioii  of  sexual  cells  of  Dictyota  dichotoma  ;  Bot.  Gaz., 
Voi.  .\i.iii,  1907). 

'  Veggasi  la  precedente  nota  2  a  pag.  23. 

'  Va  qui  ricordata  ancora  la  differenza,  già  rilevata  nella  nota  3  della  pa- 
gina 9  della  prima  parte  di  questo  lavoro  e  altrove,  tra  formazione  prima  delle 
gemme  fiorali  o  svolgimento  successivo  delle  medesime,  o  fioritura.  La  formazione 
periodica  dei  fiori  vma  volta  all'anno  nelle  piante  legnose  dei  nostri  climi,  cor- 
risponde al  succedersi  periodico  delle  stagioni  per  cui  mia  volta  all'anno  vengono 
a  presentarsi  e  ripetersi  le  condizioni  esterne  che  provocano  la  differenziazione 
degli  organi  di  riproduzione.  La  pei-iodicità  può  però  anche  fissarsi  come  si  è 
fissato  l'accrescimento  e  lo  svolgersi  dei  meristemi  apicali  (veggasi:  L.  Monte- 
M.\RTiNi,  Ricevche  sopra  l'accrescimento  dei  vegetati,  in  Atti  Ist.  Bot.  di  Pavia, 
Serie  il,  Volume  v,  189(1).  Dove  il  clima  è  uniforme  e  favorevole  alla  forma- 
zione delle  gemme  fiorifere,  la  differenziazione  di  queste  ha  luogo  durante  tutto 
l'anno. 


—  32  — 

alglie  in  una  medesima  acqua  ';  né  si  può  altrimenti  spiegare  che  per 
il  sopraggiun^ere  di  deteiminate  condizioni  esterne  il  fatto  -  della  con- 
teraporaneiti'i  dell'emissione  delle  oosfere  da  parte  di  tutti  gii  individui 
di  Sar(/ass>im  che  si  trovano  a  vivere  insieme  in  una  medesima  località 
nelle  stesse  acque. 

Una  pianta  che  richiede  condizioni  di  temperatura  molto  fisse  per 
la  formazione  delle  gemme  fiorali  è  il  Mbmilits  Tilingi.  Come  ha  osser- 
vato anche  il  Vochting  ^  questa  pianta,  come  si  è  già  detto  alla  prece- 
dente pagina  23,  produce  fiori  solamente  in  primavera  (come  anche  il 
cavolo-rapa),  mentre  nelle  altre  stagioni  dà  soltanto  organi  vegetativi. 
Orbene  in  questo  caso  l'azione  della  primavera  è  da  attribuirsi  spe- 
cialmente alla  temperatura,  ed  infatti  nelle  mie  espeiienze  le  piante  se- 
minate in  primavera  ma  tenute  in  serra  calda  non  hanno  mai  dato 
fiori. 

Esempi  tipici  di  piante  che  formano  i  loro  organi  di  riproduzione 
nelle  condizioni  più  diverse  li  abbiamo  nel  Solannm  nignan.  Bellis  pe- 
rennis  ed  in  molte  altre  piante  clie  si  possono  vedere  in  fiore  in  tutte 
le  stagioni  dell'anno.  In  queste  piante  però  alla  varietà  delle  condizioni 
esterne  in  cui  si  presentano  gli  organi  in  parola  corrisponde  anche, 
come  si  è  visto  per  il  Solamim.  una  grande  varietà  nelle  condizioni  in- 
terne sia  per  il  diverso  grado  di  differenziazione  vegetativa  che  si  può 
riflettere  nella  differente  natura  dei  meristemi,  sia  per  il  rapporto  tra 
gli  idrati  di  carbonio  e  le  sostanze  minerali,  o  tra  radici  e  parti  aeree. 
Cosi  che  si  può  dire  che  sono,  è  vero,  condizioni  esterne  assai  diverse 
quelle  nelle  quali  si  presenta  il  fenomeno  e  die  lo  provocano,  ma  die 
agiscono  su  piante  intimamente  pure  diverse  e  che  probabilmente  vi 
sono  in  natura  tanti  adattamenti  quanti  i  casi,  e  ad  ogni  condizione 
interna  corrispondono  condizioni  esterne  fisse  e  necessarie  perchè  il  fe- 
nomeno abbia  luogo. 


'  Veggasi:  Montemartini  L.,  App/int/  <//  ficohioìogia ;  Nuova  Notai-isia, 
1901  ;  e  Fritsch  E.  E.,  Prohhms  in  fhe  aquafic  hiology,  in  Nen-  PJii/tolor/i.^f. 
1906,  Voi.  v. 

*  Tahara  M.,  On  the  periodiceli  Ubtruiion  of  the  oospheres  in  Sargassum; 
Bot.  Mag.,  Tokyo,  1909,  voi.  x.xiii. 

^  Untersuchiingen  sur  experìmentc/len  Anatomie  uml  Patìioloyie  dex  Pflan- 
senkorpers.  Tiibiiigen,  1908. 


33 


Conclusioni  della  quarta  parte. 

La  produzione  degli  organi  di  riproduzione  nelle  piante  non  ricliiede 
una  determinata  differenziazione  vegetativa,  ma  viene  provocata  da  de- 
terminate condizioni  interne  ed  esterne  che  obbligano  i  meristemi  a 
differenziarsi  in  un  senso  piuttosto  che  nell'altro. 

La  differenziazione  vegetativa  ha  però  un'azione  sopra  la  natura 
dei  meristemi  e  può  renderli  pixi  o  meno  atti  a  reagiie  agli  agenti 
esterni,  cosi  che  ad  ogni  combinazione  di  condizioni  esterne  favorevole 
alla  comparsa  degli  organi  in  parola  si  può  dire  corrisponda  una  de- 
terminata differenziazione  vegetativa  in  seguito  alla  quale  i  meristemi 
sono  rimasti  tali  da  essere  spinti,  in  quelle  condizioni,  a  dare  cellule 
riproduttrici  anziché  cellule  somatiche. 

Per  certe  piante,  specialmente  per  i  grossi  alberi,  le  condizioni 
esterne  clie  determinano  la  formazione  degli  organi  di  riproduzione  sono 
relativamente  fisse  (forse  perchè  sono  anche  relativamente  stabili  le 
condizioni  interne);  per  altre  piante  invece  sono  variabilissime:  le  prime 
fioriscono  regolarmente  in  una  sola  stagione,  le  seconde  in  tutte  le  sta- 
gioni dell'anno. 


Atti  dfU'Isf.  Bai.  dell'Università  di  Pavia  —  Serie  II  —  Voi".  XV. 


—  34 


PARTE  QUINTA 


Conclusioni  generali. 

Nel  riassunto  bibliografico  dato  nella  prima  parte  di  questo  lavoro  ' 
abbiamo  visto  che  gli  agenti  chimici  e  fisici  più  diversi  possono  influire 
sulla  vita  delle  piante,  provocando  in  esse,  in  certe  condizioni  interne 
ed  esterne,  la  formazione  degli  organi  di  riproduzione. 


'  Per  completare  la  parte  bibliografica,  vanno  ricordate  anche  le  seguenti 
ultime  pubblicazioni:  Becquerel  P.,  Variations  du  Zinnia  elegans  .lou.i  Vactinìi 
lìfifi  trninnat/smes:  Compt.  rend.  d.  s.  d.  l'Ac.  d.  Paris,  1909,  T.  rxLix. 

Bi..\utn<;hb.m  L.,  Sur  ime  forine  uoiivelle  de  Nigelle.  (Nigella  damascena  Po- 
lycepbala)  obtenue  après  une  niut/latioìi ;  col  precedente,  1910,  T.  CL.  In  questa  e 
nella  pi'eoedente  pxibblicazione  si  portano  due  contributi  allo  studio  dell'influenza 
di  forti  azioni  traumatiche  sopi-a  la  formazione  dei  fiori,  di  cui  si  parla  alle  pa- 
gine 17  e  18  della  prima  parte. 

COMBEsR.,  Déterminatìon  deti  ìitteiisités  luiiiineuses  opliiini  jwur  les  vegétaux 
aìix  dlrer.s  sfaden  du  di-veìoppemeìit :  Ann.  d.  Se.  Nat.,  Botanique,  Ser.  ix.  T.  xi, 
1910.  Determinando  le  intensità  luminose  più  favorevoli  alle  piante  nei  loro  di- 
versi stadi  di  sviluppo.  l'Autore  constatò  che  vi  è  una  intensità  optimum  diversa 
per  i  singoli  fenomeni  :  forniaziwie  di  organi  vegetativi,  formazione  di  fiori,  ecc. 
—  Veggasi  pure,  dello  stesso  autore:  T/échi/reiiìent  oplìiiiuni  poiir  le  déreloppe- 
ment  des  régefaujr;  Compt.  rend.  d.  s.  d.  l'Ac.  d.  Paris,  1910,  T.  cu. 

Dangbard  P.  a..  Elude  aur  le  développement  et  la  structtire  des  orgaiiismes 
inférieurs:  Le  Botaniste,  Paris  1910,  Ser.  xi.  In  questo  lavoro  il  Dangeard  insiste 
sulle  sue  idee  circa  i  rapporti  tra  mancanza  di  nutrizione  e  riproduzione  e  sulla 
teoria  dell'autofagia  sessuale  di  cui  si  parla  alla  nota  1  delle  pagine  3  e  4  della 
prima  parte:  osserva  che  la  fame  prodotta  per  mancanza  di  nutrizione  ha  lo  stesso 
effetto,  nel  determinare  la  divisione  delle  cellule,  che  quella  dovuta  ad  accresci— 
naento  in  volume. 

Evans  A.  W.,  Vegetative  h'eproduct/ou  in  Aletzgcria  :  Annals  of  Botany,  Lon- 
don, 1910,  Voi.  x.xiv.  Si  accenna  a  speciali  esigenze  degli  organi  sessuali  clie  si 
formano  solo  nell'ultimo  stadio  di  sviluppo  della  pianta. 

Klebs  G.,  Ueher  die  Xackkomiiieii  kiiiistlich  rer/iuderter  Bluten  voii  Seinper- 
rii-um;  Sitzsber.  d.  Heidelberger  Ak.  d.  Wiss.,  Jahrg.  1909.  In  lui  nuovo  studio 
sopi-a  la  possibilità  di  provocare  nelle  fanerogame  la  formazione  dei  fiori  mediante 
opportune  modificazioni  delle  condizioni  estorne  ,  il  Klebs  ha  fatto  interessanti 
esperienze  sopra  rosette  di  Senqìerrirum  e  dimostra  quanta  importanza  abbia  sulhx 
loro  fioritura  la  temperatura,  in  seguito  ai  diversi  fenomeni  chimici  interni  ohe 
sono  influenzati  da  essa.  Secondo  lui  ha  grande  importanza,  come  pensavano  anche 
Loew,  Benecke,  ecc.,   il  rapporto  tra  gli  idrati  di   carbonio  e  le  sostanze  azotate 


—  35 

Nella  seconda  parte  del  lavoro  abbiamo  poi  visto  quauta  influenza 
abbia,  sul  eorso  di  questi  fenomeni,  la  composizione  chimica  del  nutri- 
mento fornito  alla  pianta  e  specialmente  il  fosforo,  il  quale,  se  in  pre- 
valenza, provoca  la  formazione  degli  organi  di  riproduzione,  mentre  se 
prevale  l'azoto  si  formano  più  rigogliosi  gli  organi  vegetativi.  Abbiamo 
anche  visto  che  la  nutrizione  iniziale  di  una  pianta  imprime  al  suo  pro- 
toplasma proprietà  speciali  che  variano  la  sua  sensibilità  avvenire  di 
fronte  agli  agenti  esterni  '. 


solubili,  cosi  ohe  quando  le  rosette  quasi  pronte  a  fiorire  veugoiio  messe  al  buio 
ed  a  temperatura  alta,  la  respirazione  intensa  consuma  gli  idrati  di  carbonio, 
diminuisce  di  conseguenza  il  rapporto  in  parola  e  la  fioritura  non  ha  più  luogo. 

LuBiMENKO  W.,  lìifluencc  de  la  ììiinière  sur  te  déreloppeinent  dcs  fruits  et 
des  graines  chez  les  végétaux  supérieui-x;  Eev.  gén.  d.  Bot.,  Paris,  ItUO,  T.  xxii. 
Distingue,  come  si  è  fatto  anclie  in  questo  lavoro,  la  formazione  prima  degli  organi 
di  riproduzione  da  quello  che  è  il  loro  evolversi  successivo,  ed  osserva  che  la  prima 
ha  luogo  in  condizioni  molto  diverse  da  quelle  che  presiedono  all'accrescimento 
vegetativo,  anzi  in  coudizioni  che  talora  sono  sfavorevoli  a  quest'ultimo. 

PRixfiSiiEiM  H.,  Die  Vdi-iabilitdt  niederer  Organisinen  ;  Berlin,  1910.  Accen- 
nando alla  formazione  delle  spore  provocata  negli  organismi  inferiori  da  condizioni 
esterne  sfavorevoli  alla  vegetazione  (ricorda  infatti  che  coltivando  simili  organismi 
in  condizioni  ottime,  se  ne  possono  ottenere  varietà  asporigene),  il  Pringsheim  la 
considera  quasi  come  un  fenomeno  di  adattamento  a  tali  condizioni  sfavorevoli, 
osservando  che  le  specie  le  cui  cellule  vegetative  hanno  la  resistenza  necessaria 
noli  formano  mai  spore.  Rileva  anche,  in  certi  micelii,  l'influenza  della  nutri- 
zione iniziale  su  tutta  la  vita  successiva,  come  si  è  visto  per  le  fanerogame  nella 
seconda  parte  di  questo  lavoro. 

Rus.SBLL,  Sur  quelques  cax  de  floraisoiì  precoce  da  Potentina  verna;  Bull,  de 
la  Soc.  Bot.  d.  Fr.,  1909,  T.  Lvi.  Sono  casi  di  apertura  di  gemme  fuori  stagione 
simili  a  quelli  ricordati  nella  nota  3  a  pagina  9  e  10  della  parte  prima. 

Sauton  B.,  Tiìfiiic/ii-p  (ìli  fer  .sur  la  formation  den  xpores  de  V Àsjìergiìhis 
niger  :  Compt.  rend.  d.  s.  de   l'Ac.  d.  Se.  d.  Paris,  1910,  T.  CLi. 

Stevexs  F.  L.  e  Hall  J.  G.,  Variatìonx  of  fungi  due  io  eitvironiunent  ;  The 
Bot.  Gaz.  1909.  Voi.  xi>Vlli.  Come  il  precedente,  è  un  nuovo  contributo  allo  studio 
dell' influenza  della  nutrizione  sopra  i  diversi  modi  di  riproduzione  dei  funghi 
(reggasi  la  nota  1  delle  pagine  3-4  della  prima  parte  di  questo  lavoro). 

Tahar.v  M.,  Oh  the  periodical  liberation  of  the  oospheres  in  Sargassum;  Bot. 
Mag.,  Tokyo,  1909,  Voi.  xxili.  Si  rileva  la  contemporaneità  della  formazione  delle 
oosfere  in  tutti  gli  individui  di  SnrgauKum  che  si  trovano  in  una  stessa  località. 

'  Alle  notizie  bibliografiche  date  nella  nota  1  a  pagine  7-8  della  prima  parte 
di  questo  lavoro  circa  l'influenza  della  nutrizione  sopra  lo  stato  chimico-fisico 
interno  degli  organismi,  sono  da  aggiungersi  le  seguenti  : 

Chevalier  J.,  Influence  de  la  cidtiire  sur  la  teneur  en  alcaloides  de  quelques 
Solanées:  Compt.  rend.  d.  s.  d.  l'Ac.  d.  Se.  d.  Paris,  1910,  T.  cl.  L'aggiunta  di  con- 
cimi azotati  aumenta  la  produzione  in  alcaloidi. 

Co.MÈRE    J.,   Da    ròte  des  ulcalo'ides  dans  la   iiutritiun   des  algues ;  Bull.  d. 


—   36   — 

Gli  agenti  fisici  esterni  (luce  e  temperatura)  oltre  che  i)er  l'energia 
chimica  che  possono  svolgere,  agiscono  anche  perchè  influendo  sopra 
l'assorbimento  e  l'assimilazione  dei  diversi  elementi  minerali,  ne  cau- 
sano il  prevalere  dell'uno  o  dell'altro  nell'interno  delle  piante.  E  nella 
terza  parte  del  lavoro  abbiamo  constatato  che  le  condizioni  di  tempe- 
ratura e  di  luce  che  sono  piìi  favorevoli  all'assorbimento  del  fosforo,  sono 
anche  quelle  nelle  quali  si  sviluppano  gli  organi  di  riproduzione. 

Nella  quarta  parte,  finalmente,  abbiamo  osservato  che  ad  ogni  com- 
binazione di  condizioni  esterne  che  sia  favorevole  alla  comparsa  degli 
organi  di  riproduzione,  corrisponde  anche  una  determinata  differenzia- 
zione vegetativa  la  quale  deve  aver  contribuito  ad  indurre  nei  nieri- 
stemi  lo  stalo  per  cui  essi,  reagendo  alle  condizioni  medesime,  hanno 
dato  cellule  riproduttrici  anziché  cellule  somatiche. 

Si  pensi  ora  a  tutto  il  complesso  di  caratteri  per  i  quali  le  cellule 
riproduttrici,  provenendo  da  quelle  somatiche  per  un  processo  che  viene 
comunemente  indicato  col  nome  di  riììgiovanimento,  da  esse  se  ne  distin- 
guono: maggiore  ricchezza  di  fosforo  e  di  potassio,  contrazione  di  vo- 
lume con  eliminazione  di  acqua,  aumento  di  volume  del  nucleo  (con 
spesso  mutata  struttura)  in  proporzione  al  protoplasma  '. 

Dall'esame  di  tali  caratteri  e  dallo  studio  fatto  più  sopra  dei  diversi 
fattori  esterni  che  agiscono  nel  provocarne  la  comparsa,  pare  si  tratti 
di  speciali  aggruppamenti  chimici  la  cui  presenza  modifica  le  proprietà 
fisiche  e  fisico-chimiche  di  tutto  il  protoplasma  e  del  nucleo.  Sorge 
ancora  l'idea  delle  sostanze  formatrici  (composti  fosfatici?),  le  quali  però 
non  verrebbero  elaborate  nelle  foglie  per  migrare  verso  i  nieristemi,  ma, 
originatesi  nelle  stesse  cellule  meristematiche  col  concorso  di  altre 
sostanze  ad  esse  arrivate  dai  diversi  organi  dalla  pianta,  ne  provo- 
cherebbero quasi  l'incistaniento,  il  ringiovanimento,  la  trasformazione 
da  cellule  somatiche  in   cellule   riproduttrici.    Il  fenomeno   avverrebbe 


1.  Soc.  Bot.  d.  Frauce,  1910,  T.  Lvii.  L'introduzione  graduale  di  alcaloidi  a  pic- 
cole dosi  modifica  1'  organizzazione  del  plasma  e  lo  rende  adatto  a  ricevere  dosi 
maggiori. 

Veggasi  anche  il  lavoro  del  Pringsheim  citato  nella  nota  precedente. 

•  Sull'importanza  dei  rapporti  tra  protoplasma  e  nucleo,  oltre  quanto  si  è 
detto  nella  nota  1  alia  pag.  27  della  prima  parte  di  questo  lavoro,  veggasi  : 

Enriques  P.,  Wachstum  iiiid  seine  analytische  Dai-stelliuìg  :  Bioì.  Centralbl., 
Bd.  XXIX,  1909. 

Levi  G.,  Di  ci/cìi»i  rapporfi  fra  struttura  e  fiaizioitc  iiegti  animali  ;  Atti  d. 
Congr.  d.  Se.  di  Padova,  1909. 

Zach.\ria,s  e.,  Die  chemische  Beschaffeuheit  von  Protoplasma  uiid  Zellkern: 
Lotsy's  Progressus  rei  botanicse,  Bd.  iii,  1909. 


—   37  — 

nelle  combinazioni  più  diverse  di  condizioni  interne  od  esterne,  sempre 
però  condurrebbe  a  qnesti  speciali  aggruppamenti  chimici  relativamente 
costanti  '  che  corrispondono  allo  stadio  iniziale  di   ogni  nuovo  essere. 

L'equazione  chimica  (per  adottare  ancora  la  frase  del  Berthelot  già 
adottata  alla  fine  della  prima  e  della  seconda  parte  di  questo  lavoro) 
che  dal  plasma  vegetativo  porterebbe  alla  formazione  degli  organi  di 
riproduzione,  non  sarebbe  una  sola.  Uno  solo,  si  può  dire,  sarebbe  il 
termine  (i  composti  fosfatici  che  determinano  lo  speciale  stato  fisico- 
chimico dei  protoplasmi  ringiovaniti)  del  secondo  membro  dell'equazione, 
ma  assai  variabili  sarebbero  i  termini  del  primo  membro,  tanto  più  che 
è  variabile  anche  il  punto  di  partenza:  la  composizione,  cioè,  del  pro- 
toplasma delle  cellule  vegetative. 

Ciò  premesso,  pare  che  la  formazione  degli  organi  di  riproduzione 
non  si  presenti  come  fenomeno  necessario  nella  vita  dell'individuo,  la 
quale  se  le  condizioni  esterne  non  variassero  potrebbe  continuare  in 
modo  indefinito.  Quando  per  l'azione  concorrente  di  peculiari  condizioni 
esterne  (luce,  temperatura,  nutrizione,  umidità,  siccità,  ecc.)  o  interne 
(nutrizione  precedente,  mutamenti  dovuti  alle  precedenti  differenzia- 
zioni, azioni  traumatiche,  malattie,  ecc.)  i  processi  chimici  normali  della 
vita  vegetativa  sono  disturbati  e  si  formano  le  speciali  sostanze  fosfa- 
tiche cui  si  è  .sopra  accennato,  cambiano  d'un  tratto,  nelle  cellule  in 
cui  queste  si  presentano,  le  proprietà  chimico-fisiche  del  protoplasma  e, 
quasi  in  seguito  ad  una  crisi,  le  cellule  somatiche  si  trasformano  in 
cellule  l'iproduttrici. 

In  seguito  queste  si  sviluppano  ulteriormente  prima  a  spese  della 
pianta  sulla  quale  si  sono  formate  e  nella  quale  provocano  le  forma- 
zioni fiorali  che  sono  note,  poi  come  organismo  autonomo. 


'  È  qui  a  richiamarsi  la  nota  1  a  pagina  16  della  prima  parte  e  l'osserva- 
zione ivi  riferita  del  Gaiicbery  che,  pur  essendo  diversi  i  fattori  che  presiedono 
alla  comparsa  dei  fiori  nelle  piante  nane,  lo  stato  nel  quale  comincia  e  dal  quale 
dipende  la  differenziazione  degli  organi  di  riproduzione  è  lo  stesso.  Osservazione 
analoga  ha  fatto  anche  il  Petees  (Vergleicheìide  Viitersuchunycn  iiber  die  Aus- 
bildiiiig  der  sexnellen  Ueprodiictionsorgane  bei  Convolmihis  iiitd  Cuscuta;  Inaug. 
Diss.,  Zurich,  1908)  segnalando  la  somiglianza  di  struttura  degli  organi  sessuali 
nelle  Cuscuta  e  nei  Coiivolrulus.  e  rilevando  che  la  diversità  di  modo  di  vita  non 
trae  seco  un  cambiamento  di  struttura  di  tali  organi. 


Atli  dell'Ut.  Boi.  dell' Uniieisitù  di  ravia  -  Serie  II  -  Voi    XV.  3* 


—   38 


PARTE  SESTA 


Applicazioni  pratiche. 

Anclie  dal  punto  di  vista  delle  applicazioni  pratiche  bisogna  distin- 
guere, come  si  è  fatto  nel  corso  del  lavoro,  quello  che  è  differenziazione 
prima  degli  organi  di  riproduzione,  dal  loro  ulteriore  evolversi  fino  alla 
maturazione  dei  semi  e  dei  frutti,  fenomeni  clie  si  compiono  spesso  in 
tempi  diversi  e  richiedono  condizioni  differenti  '  :  la  prima  richiede  in- 
fatti condizioni  quasi  opposte  allo  sviluppo  vegetativo  della  pianta;  in 
seguito  però,  una  volta  differenziati,  nel  loro  successivo  evolversi  gli 
organi  di  riproduzione  funzionano  quasi  come  parassiti  della  pianta  che 
li  ha  prodotti  -,  assorbendo  da  essa  ed  immagazzinando  una  grande 
quantità  di  sostanze  di  riserva  la  cui  elaborazione  e  preparazione  pre- 
suppone invece  un  ricco  sviluppo  degli  organi  vegetativi.  Non  sarebbe 
dunque  praticamente  utile  favorire  la  prima  differenziazione  degli  organi 
di  riproduzione  con  operazioni  che  tornassero  a  danno  degli  organi  ve- 
getativi, poiché  di  questi  ha  bisogno  la  pianta  per  l'ulteriore  sviluppo 
dei  primi  ;  né  sarebbe  utile  aiutare  il  massimo  e  continuo  sviluppo  degli 
organi  vegetativi  per  ottenere  frutti  abbondanti,  perchè  si  arriverebbe 
invece  ad  impedire  la  prima  formazione  di  questi:  occorre,  come  osserva 
anche  l'Arthur  ^  mantenere  un  giusto  equilibrio  tia  i  due  fenomeni. 

Per  le  piante  però  che  vengono  coltivate  solamente  per  i  loro 
organi  vegetativi  si  capisce  come  sia  importante  evitare  le  condizioni 
esterne  di  temperatura  e  di  nutrimento  che  potrebbero  provocare  la  for- 
mazione degli  organi  di  riproduzione. 

Per  le  barbabietole,  per    esempio,   per   le   quali,  come  è  noto  ^,  i 


•  Veggasi  quanto  si  è  detto  a  tale  proposito  nella  nota  3  a  pagina  9  della 
prima  parte  di  questo  lavoro  e  nella  nota  2  a  pag.  27  della  quarta  parte. 

'  Li  considera  come  tali  anche  il  Lubimenko  (hìfliiPìice  (le  la  lumière  sur  le 
déreloj>pemenf  dcs  fntifs  et  desi  r/ra/ìies  chez  les  i:é(;i'taì{.r  supérieiirs ;  Rev.  gén. 
d.  Botanique,  Paris,  1910,  T.  .xxii). 

'  Arthi'r  J.  C,  Tim  oji/ios/iii/  factors  of  hicrease:  Bull,  of  the  hot.  depart- 
ment  of  Jamaica,   1901. 

*  Veggasi  alla  nota  1  della  pag.  10  della  prima  ])a,rte  di  questo  lavoro.  Fe- 
nomeni analoghi  ha  osservato  anche  l'AuEiiiioi,!)  (Veher  das  Schies.ieìi  des  Ko/il- 
rabis;  Mitth.  a.  d.  k.  biol.  Anst.  f.  Land.  u.  Forstvv.  in  Dahleni  bei  Steglitz,  Berlin, 
1906)  nelle  rape,  uei  .sedani,  nei  cavoli,  ecc.  e  vennero  da  lui  attrib\iiti  a  disturbi 
nella  nutrizione  che  possono  derivare  da  varie  cause. 


—  39  — 

freddi  primaverili  dopo  la  germinazione  possono  provocare  una  fioritura 
precoce  (nel  1°  anno)  con  grave  danno  del  raccolto,  io  ho  provato  que- 
st'anno a  seminare  in  serra  temperata  diverse  piantine  in  vasi  pieni 
di  sabbia  ben  lavata  e  concimata  in  alcuni  con  fosfato  di  calcio  e  un 
po'  di  solfato  di  magnesio,  in  altri  con  nitrato  di  potassio  e  un  po'  di 
solfato  di  magnesio.  La  semina  venne  fatta  ai  primi  di  marzo  e  verso 
la  fine  del  mese,  quando  le  piantine  erano  già  ben  sviluppate  (coi  due 
cotiledoni  ben  larghi  e  l'accenno  di  una  prima  foglia),  alcuni  vasi,  tanto 
di  quelli  concimati  con  fosfato  che  di  quelli  con  nitrato,  furono  portati 
fuori  serra  dove  dal  26  marzo  al  7  aprile  si  ebbero  giornate  fredde  e 
piovose,  con  temperature  tra  1°  e  10°  C,  mentre  in  serra  la  tempera- 
tura si  era  sempre  mantenuta  tra  12°  e  ]8°  C.  In  seguito,  l'S  aprile, 
tutte  le  piantine,  sia  quelle  esposte  all'aperto  che  quelle  tenute  in  serra 
vennero  trapiantate  in  piena  terra  in  eguali  condizioni  di  esposizione 
e  di  concimazione. 

In  agosto  potei  vedere  che  delle  piante  che  erano  state  tenute  in 
serra,  tanto  quelle  concimate  con  fosfato  che  quelle  che  avevano  rice- 
vuto il  nitrato,  era  andato  in  fioritui'a  solo  il  50  per  100  ';  delle  piante 
invece  che  erano  state  esposte  alle  intemperie  del  marzo,  fiorì  l'SS 
per  100  di  quelle  concimate  con  fosfato  e  solo  il  75  per  100  delle  con- 
cimate con  nitrato. 

Se  ne  deduce  che  con  una  concimazione  prevalentemente,  anzi  esclu- 
sivamente (il  ciie  è  possibile  solo  quando  si  semini  in  sabbia  per  poi 
fare  il  trapianto)  azotata,  si  possono  eliminare  i  disturbi  recati  alla 
pianta  dai  freddi  primaverili. 

Messo  in  relazione  questo  fatto  coll'altro  già  rilevato  nella  terza 
parte  di  questo  lavoro  (Esperienze  ITI  e  IV),  dell'azione  favorevole  delle 
basse  temperature  sopra  l'assorbimento  del  fosforo  da  parte  delle  bar- 
babietole, mentre  si  può  dare  del  fenomeno  una  spiegazione  ben  diversa 
da  quella  data  dal  Brien  -,  viene  naturale  la  domanda:  sarà  possibile, 
con  uno  .studio  razionale  dell'azione  delle  intemperie  sopra  le  varie  fun- 


'  Anclie  in  aprile,  dopo  il  trapiiintameiitn,  si  ebbero  ancora  giornate  iredfle 
e  buri-ascose,  onde  può  così  spiegarsi  una  tanto  alta  percentuale  di  piante  fiorite. 

*  Secondo  me  le  basse  temperature  agirebbero,  nel  provocare  la  fioritura, 
favorendo  l'assorbimento  del  fosforo;  non  è  escluso  però  clie  a  questo  si  aggiunga 
anche  l'azione  nell'  accumulo  di  zuccheri  cui  accenna  il  Brien.  Infatti  Wuimeh 
e  RoEMER  (Die  Bedeufiing  der  aii  der  lìiibaìipflame  diirch  ferachiedene  Dihiffiini/ 
ìierroi-ffcriifeneiì  dusseren  Ersclieiiiiiiigeii  fin-  die  Baurtciluny  der  Hiiben  iiiid  dir 
Dihìf/ebediirftigkeit  des  Bodens;  Mitth.  d.  b.  Anst.  Versucbsstat.  Bernburg,  1907) 
accennano  ad  azione  dei  fosforo  e  dell'azoto  sopra  il  contenuto  in  zucchero.  L'un 
fenomeno  può  spiegare  l'altro. 


—  40  — 

zioiii  delle  piante,  venire  ad  una  applicazione  iiuie  lazionale  di  concimi 
diretta  ad  eliminare  o  a  guariie  i  danni  prodotti  dal  maltempo  mede- 
simo sopra  la  vegetazione? 

Ecco  un  largo  campo  che  si  apre  agli  studi  di  fisiologia  e  patologia 
pratica,  ed  io  mi  riservo  di  fare  in  proposito  altre  esperienze. 

Suscettibili  di  maggiori  applicazioni  pratiche  sono  le  osservazioni 
fatte  nella  seconda  parte  del  lavoro  sopra  l' influenza  che  la  nutrizione 
iniziale  delle  piante  esercita  su  tutta  la  vita  delle  piante  medesime. 

Già  nelle  esperienze  IX-XII  (tav.  VII  e  Villi  esposte  in  detta 
seconda  parte,  si  è  visto  come  sia  possibile,  con  nutrizione  iniziale  a 
base  di  fosfato  di  calcio,  accelerare  lo  sviluppo  delle  giaminacee  col- 
tivate (frumento,  avena  e  granoluico).  Le  esperienze  vennero  ripetute 
quest'anno  con  eguale  risultato:  colla  concimazione  iniziale  a  base  di 
fosfato  di  calcio  liuscii  a  far  spighire  in  giugno  frumento  Rieti  semi- 
nato in  marzo. 

Però  i  tentativi  di  Mpidicaie  all'agricoltura  le  concimazioni  iniziali 
di  fosfato  di  calcio  non  hanno  dato  risultati  sicuri:  siccome  il  terreno 
agrario  contiene  sempre  una  celta  quantità  di  sostanze  azotate,  il  fosfato 
di  calcio  non  provoca,  quando  si  faccia  l'esperienza  con  esso,  i  feno- 
meni di  avvelenamento  che  si  è  visto  precedere  lo  sviluppo  anormale 
delle  piante  ',  con  colture  in  sabbia. 

Le  prove  con  nutrizioni  iniziali  diverse  mi  hanno  dato  invece  mi- 
gliori risultati  con  piante  seminate  in  semenzai  e  trapiantate  poi  in 
piena  terra,  poiché  preparando  il  semenzaio  con  sabbia  ben  lavata  è 
possibile  somministrare  poi  alle  piantine  un  nutrimento  di  composizione 
chimica  ben  fissa. 

Feci  esperienze  con  pomodori,  cavolifiori,  cavoli-verze  e  peperoni  ^ 
ottenendo  i  seguenti  risultati: 

Pomodori.  —  Seminati  ai  primi  di  aprile  in  quattro  vasi  eguali 
(tenuti  in  serra  temperata)  ripieni  di  sabbia  ben  lavata,  concimata  in 
uno  (N.  1)  colla  miscela  di  Wagner  completa;  in  un  altro  (N.  2)  con 
nitrato  di  potassio  e  nitrato  d'ammonio;  in  un  terzo  (N.  3)  con  fosfato 
di  calcio,  e  nell'ultinio  (N.  4)  con  fosfato  di  potassio.  Inaffiati  sempre 
con  acqua  di  pioggia. 


'  Sintomi  ili  avvelonaineiito  simili  a  quelli  da  me  descritti  furono  osservati 
nel  frumento  dal  Niklewski  (Ueber  (leu  Austi-itt  roii  Calci um-ìoid  Magnesiinit- 
stonen  aus  (hr  Pflanzeìizelle ;  Ber.  d.  deuts.  bot.  Ges.,  1909,  Bd.  .\xvn)  per  nutri- 
zione unilaterale  con  sali  di  calcio,  e  vennero  da  lui  attribixiti  al  fatto  che  i  sali 
isolati  sottraggono  alle  piante  altri  elementi  che  esse  contengono. 

'  Avevo  tentato  di  fare  esperienze  anche  col  tabacco,  ma  non  ho  jiotuto  con- 
tinuarle. Mi  propongo  rifarle  nella  prossima  primavera. 


—  41  — 

Ai  primi  di  maggio  furono  trapiantati  in  piena  terra;  le  piantine 
più  alte  erano  quelle  del  N.  2  (cm.  10),  poi  quelle  dell'I  (cm.  8),  poi 
del  3  (cm.  5)  e  le  piìi  piccole  e  sofferenti  erano  del  N,  4  (cm,  4). 

In  luglio  le  piantine  provenienti  dal  N.  3  erano  le  più  rigogliose 
e  furono  le  prime  a  dare  fiori  e  frutti,  anticipando  di  una  settimana 
sulle  altre.  Venivano  dopo,  tanto  per  rigoglio  di  vegetazione  che  per 
tempo  e  abbondanza  di  fioritura,  le  piante  del  N.  4,  poi  quelle  del  2  e 
ultime  quelle  dell'  1. 

Peperoni.  —  Seminati  verso  la  metà  di  maggio  in  tre  vasi  eguali, 
ripieni  di  sabbia  ben  lavata  e  concimata  in  uno  (N.  1)  con  nitrato  di 
potassio  e  fosfato  di  calcio,  in  un  altro  (N.  2)  con  solo  nitrato  potassio 
e  nel  terzo  (N.  3)  con  solo  fosfato  di  calcio. 

Un  mese  dopo,  quando  le  piantine  furono  trapiantate  in  piena  terra, 
le  più  rigogliose  erano  quelle  del  N.  2,  poi  venivano  quelle  dell'I.  Nel 
vaso  N.  3  si  avevano  solo  piantine  molto  soiì'erenti. 

In  agosto  le  piante  avevano  tutte  uno  sviluppo  press'a  poco  eguale 
né  avevano  presentato  differenze  sensibili  nell'epoca  e  nell'abbondanza 
della  fioritura. 

Cavoli-verze.  —  Seminati  verso  la  metà  di  maggio,  come  i  peperoni, 
in  tre  vasi  pieni  di  sabbia  e  concimati  con  nitiato  di  potassio  e  fosfato 
di  calcio  (N.  1),  0  con  solo  nitrato  di  potassio  (N.  2),  o  solo  fosfato 
di  calcio  (N.  3),  furono  trapiantati  ai  primi  di  giugno,  in  piena  terra, 
quando  le  piantine  del  N.  3  cominciavano  a  mostrarsi  sofferenti. 

Nel  settembre  esse  erano  lo  più  ligogliose. 

Cavolfiori.  —  Seminati  nello  stesso  tempo  e  trattati  nello  stesso 
modo  dei  cavoli-veize,  in  settembre  le  piantine  più  rigogliose  erano 
quelle  del  N.  2,  poi  venivano  quelle  del  N.  3  e  poi  del  N.  1. 

Si  vede  dunque  che  in  queste  piante  da  semenzaio  per  cui  si  usa 
il  trapianto,  può  riuscire  di  grande  utilità  una  nutrizione  iniziale  in- 
completa che  imprima  alle  piante  stesse  proprietà  speciali  favorevoli  al 
loro  ulteriore  sviluppo. 

Mi  propongo  di  fare  in  proposito  nuove  e  più  estese  esperienze. 

Altro  argomento  di  applicazioni  pratiche  può  essere  lo  studio  del- 
l'azione del  clima  sopra  l'assorbimento  dei  concimi  chimici.  Dalle  espe- 
rienze descritte  nella  terza  parte  del  lavoro  risulta  che  la  temperatura 
ha  una  grande  influenza  sopra  l'assorbimento  dei  varii  elementi  m.ine- 
rali  da  parte  delle  piante.  Un  dato  concime  chimico  può  dunque  avere 
in  un  clima  un'efficacia  diversa  che  in  un  altro,  e  le  esperienze  fatte 
in  una  regione  non  sono  applicabili  a  tutte  le  regioni  anche  con  clima 
diverso.  Occorre  sperimentare  e  osservare  in  ogni  regione  quali  elementi 


—  42  — 

ed  in  quale  stagione  dell'anno  (a  quale  temperatura)  sono  i  meglio 
assorbiti,  e  regolare  di  conseguenza  la  scelta  delle  piante  da  coltivarsi, 
l'epoca  delle  concimazioni,  il  momento  della  semina,  ecc. 

Moltiplicare  gli  studi  fatti  sulle  singole  specie  nelle  diverse  regioni, 
indagare  l' infinità  di  adattamenti  naturali  e  completarli,  deve  essere 
compito  delle  stazioni  sperimentali. 

Dall'Istituto  Botanico  di  Pavia,  14  ottobre  1910 


SPIEGAZIONE  DELLE  TAVOLE 


Tavola  X. 


Fig.  1:  apparecchio  per  la  vegetazione  delle  piante  a  diverse  temperature  (espe- 
rienza a  pagina  4). 

Fig.  2:  linee  rappresentanti  l'assorbimento  del  fost'oro  (linee  intiere)  e  dell'azoto 
(linee  punteggiate)  a  diverse  temperature  (esperienze  della  parte  in,  pa- 
gina 7  e  23). 

Tavola  XI. 

Piantine  di  Beta  viilgaria  (in  alto)  e  di  Solanum,  ììigriim  (in  basso)  ottenute  a 
diversa  temperatura  nell'esperienza  descritta  a  pagina  4. 

Tavola  XH. 

.1  sinistra:  piantina  di  Poli/f/oiiiiiii  faffopi/rtiiiì  fiorita  subito  dopo  la  germinazione 
in  soluzione  nutritizia  priva  di  sostanze  azotate. 

Ili  mezzo  e  a  destra:  piante  di  Torenia  Founiieri  cresciute  in  condizioni  diverse, 
come  è  descritto  alla  pagina  29. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


LA  MORIA  DEI  CASTAGNI 

(Mal  iìcW hìch  iosfro). 

NOTA 

di  GIOVANNI  BRIOSI  e  RODOLFO  FARNETI 


Osservazioni  n-ifirhe  ad  mia  Nota  dei  Signori  Griffon  e  Maublaiic 


I  signori  Griffon  e  Maublanc  pubblicano  nei  Comptes  rendus  de  l'Aca- 
démie  des  Sciences  '  una  nota  dal  titolo  :  Sur  irne  maìadie  des  perches  de 
Chàtaignier. 

In  essa  gli  Autori  dichiarano  che  la  malattia  del  castagni  da  noi 
descritta  in  due  iNTo^f  pubblicate  negli  Atti  dell' Istituto  botanico  dì  Pavia", 
è  identica  a  quella  che  essi  hanno  osservato  in  Francia  nelle  poUonete 
del  Limousin. 

I  signori  Griffon  e  Maublanc  limitano  i  loro  studi  ai  cedui  e  non 
fanno  menzione  dei  castagni  d'alto  fusto,  i  quali  pure,  come  noi  abbiamo 
dimostrato,  sono  attaccati  dalla  stessa  malattia  che  li  uccide. 

I  signori  Griffon  e  Maublanc  constatano  sui  rami  delle  piante  ma- 
late quanto  noi  avevamo  osservato,  cioè  la  presenza  di  cancri  caratte- 
ristici, e  nella  corteccia  di  questi  la  costante  presenza  di  un  micelio  che 
fruttifica  alla  superficie  della  medesima,  sotto  le  forme  d'un  Cori/nenm 


'  Paris,  Dicembre  1910,  pag.  1149-1151. 

*  Briosi  e  Farneti,  l'iulla  Moria  dei  castagni  (Mal  <hlr iiivhioxii-o] :  prima 
nota.  Atti  dell'Istituto  Botanico  dell'Università  di  Pavia,  ser.  u,  voi.  xiii.  INli- 
lano,  1907. 

—  —  Intorno  alla  causa  della  Moria  dei  castaf/ni  (ì^f al  delV  inchiosfro)  ed  ai 
megzi  Jjer  combatterla.  Seconda  nota.  Atti  dell'Istituto  Botanico  dell' Tmiversità 
di  Pavia,  ser.  ii,  voi.  .\iv.  Milano,   1909. 

Atti  deU'lst.  Bot.  ih-W  Università  ili  Pavia  —  Serie  II  —  Voi.  XV.  4 


-   44  — 

e  (li  lina  Melanco»is;  forme  che  riconoscono  identiche  a  quelle  che  noi 
avevamo  descritte  e  che  essi  stessi  lianno  potuto  osservare  sopra  il  ma- 
teriale che,  dietro  loro  richiesta,  noi  avevamo  loro  inviato. 

Gli  scienziati  francesi,  per  verità,  non  si  addentrano  di  molto  nel- 
r  esame  della  malattia,  e  sorvolano  sopra  le  molte  cose  illustrate  nelle 
nostre  pubblicazioni,  limitandosi  ad  affermare  che  il  nostro  Cori/neum 
pernkiosum  non  è  altro  che  il  Coryneum  Knnzei  var.  Castaneae  Sacc.  e 
che  la  nostra  Melanconis  perniciosa  è  identica  alla  Melanconis  modonia 
del  Tulasne. 

Intorno  a  questa  pubblicazione  *  noi  abbiamo  le  seguenti  osserva- 
zioni da  fare. 

Piima  di  tutto  i  signori  Griffon  e  Maublauc  non  hanno  avvertito 
una  delle  parti  più  importanti,  l'essenziale  forse,  del  nostro  lavoro,  la 
quale  consiste  non  tanto  nell'avere  indicato  un  nuovo  parassita  del  ca- 
stagno, quanto  nell'avere  dimostrato  come  questa  malattia  non  si  inizii 
nelle  estremità  delle  radici  (ove  sonvi  le  micorize)  e  da  qui  proceda 
verso  il  tronco,  ma  invece  segua  la  via  inversa;  ciò  in  opposizione  a 
quanto  sino  ad  ora  si  era  ritenuto. 

Questo  fatto,  di  capitale  importanza,  fa  cadere  tutte  le  teorie  che 
si  sono  fin  qui  escogitate  tanto  in  Italia  che  fuori  ;  inoltre,  indica  quale 
via  si  debba  seguire  nella  cura  profilattica  e  terapeutica  del  male. 

Il  modo  di  procedere  della  infezione  è  di  tale  importanza,  specie 
per  le  possibili  cure,  che  la  questione  del  parassitismo  passa  quasi  in 
seconda  linea. 

In  quanto  all'  affermazione  dei  signori  Griffon  e  Maublanc,  che  il 
nostro  Covyueum  pernicio^niìi  e  la  nostra  Melanconis  perniciosa  altro  non 
siano  che  il  Coryneum  Ktimei  vai-,  Castaneae  del  Saccardo  e  la  Melan- 
conis modonia  del  Tulasne,  noi,  avanti  tutto,  osserviamo  che  nella  nostra 
prima  pubblicazione,  parlando  del  micete  trovato  nella  corteccia  cancre- 
nosa, dicevamo:  '"esso  è  un  Coryneum  molto  affine,  se  non  identico,  al 
Coryneum  Knnzei  var.  Castaneae  Sacc.  „  ;  e  dopo  avere  parlato  dei  ca- 
ratteri differenziali  concludevamo:  "  Per  tali  ragioni,  alle  quali  va  ag- 
giunto il  fatto  che  il  micete  della  Toscana  si  presenta   come  un  vero 


'  I  signori  Gritìon  e  Maublanc  sci-ivono  ira  l'altro  :  «  Le  Melanconis,  d'après 
«  les  botanistes  italiens,  serait  réellemeiit  la  cause  ile  l'encre  ;  il  s'attaquerait  non 
•:  seulenient  aux  ranieaux  sur  les  quels  il  produit  les  lésions  caractéristiques  que 
«  nous  avons  fait  conuaitre,  mais  aìissi  aux  nicines  sur  les  (jueìles  il  frucfi/iemil 
■<  rarement  (\oc.  cit.,  p.  llóO)  •.  Ohe  il  parassita  attacchi  anche  le  radici  e  vi  frut- 
tifichi piitrù  esser  vero,  ma  noi  non  lo  alibiamo  detto,  né  lo  abbiamo  mai  os- 
servato. 


—  45  — 

parassita,  riteniamo  doversi  esso  tenere  distinto  da  quello  della  Libert 
almeno  provvisoriamente  „. 

Quindi,  a  noi  non  erano  sfuggite  le  afifiiiità  dalie  quali  i  signori  Grif- 
fon e  Maublanc  credono  di  poter  dedurre  l'identità  delle  due  specie. 

Inoltre,  sino  d'allora  dimostravamo  di  non  dare  soverchia  impor- 
tanza alla  designazione  e  distinzione  sistematica  del  nostro  micete,  es- 
sendo essa,  a  parer  nostro,  una  cosa  secondaria  rispetto  alla  patogenesi 
della  malattia. 

* 
*  * 

Questo  premesso  veniamo  alla  questione  fatta  dai  signori  Griffon  e 
Maublanc  sulla  identità  del  nostro  fungo  con  un'altra  specie  di  già  nota. 

Ebbene,  noi  anche  dopo  la  pubblicazione  dei  due  patologi  francesi 
crediamo  ancora  che  si  debba  tenere  distinto,  almeno  provvisoriamente, 
il  Conjneum  perniciosum  dal  Conjneum  Kimzei  var.  Caftaneae  Sacc.  e  la 
Melanconis  perniciosa  dalla  Melanconis  modoitia  Tul.,  sia  per  le  ragioni 
esposte  nella  nostra  prima  Nota,  sia  per  quelle  che  qui  sotto  ci  fac- 
ciamo ad  esporre. 

Tulasne,  dopo  avere  descritto  la  forma  conidica  della  Melanconis 
modonia  e  d'averne  constatato  le  affinità  coi  generi  Meìanconium  Link., 
Stiìbospora  Pers.,  Corijneum  Nees,  Steganosporiiim  Corda,  resta  indeciso 
a  quale  di  questi  generi  riferirla  ^ 

Saccardo,  che  ha  iìssato  con  precisione  i  caratteri  distintivi  di  questi 
generi  -,  riferisce   la  forma  conidica   della   Melanconis  modonia   Tul.  al 


'  «  Niiliis  contra  uou  clave  lif^uet  (/ujus  iiulolis  et  natarae  siiit  Mrliincoinn. 
■:  Sfilbosponie,  C'or//iif(i  et  Stei/aìiosporiti  com\)\m-ia  ut  Melancoiu'vin  afritiii  eicoti- 
1  f/tonierafiimLinkio,  supra  citata,  p.  116,  in  nota,  >!tilboxpora  angustata  Per.soonii 
-■  et  pyofiixa  Grevillio,  Coryneuin  dppi'essKin  et  piih-i  natii  ni  Sclimidtio,  aliicnie 
«  fungini  permnlti,  specie  aut  titillo  analogi,  quus  omnes  futuris  mycologonnn 
«  indagationibus  conimeudave  liceat  ;  quidam  t'ortassis  non  nisi  nomine  (|Uo  salu- 
«  tantur,  ah  iis  diffei-unt  quos  oftendinius  et  descripsimiis  ;  alii  sane  aut  Mfhiii- 
•  ronen  sinceras,  nobis  uondum  obvias,  aut  ryrenomycetes  genere  diver.sos,  et  ì\ì^[ 
«  indicant,  quos  in  tungos  inquirere,  olim,  speramus  niycologiae  studiosisplacebit  ». 
'r(:L.4iSNE,  Sekcfa  Fungorum  carpologica,  n,  iiag.  143. 

'  P.  A.  Sa('c.\rd(),  A'yWw/e  in,  pag.  G97-(iStS:  «  Sectio  in.  Phaei>si)orae  Sacc: 
Conidia  globosa,  oblonga  vel  elongata,  continua,  fuliginea  v.  olivacea. 
Melfi  neon  ìli  ìli  :  Conidia  iu  apice  basidiorum  acrogeua,  globosa  vel  oblonga. 
Sectio  V.  Phragmosporae  Sacc:  Conidia  oblonga  v.  breve  cylindracea,  2  phi- 
riseptata,  t'uliginea  v.  byalina. 
Sfilhosporci:   Conidia   oblonga,    non  rostrata,    niox    exsilieudo   atro-inqui- 
iiantia,  acervuli  jiigiter  tecti. 


—  46  — 

genere  Stilbospora  Pers.  denominandola  Sfilbospora  modonia  Sacc.  .%//.  in, 
\ì.  772;  Fnck.  t>ymb.  ìn)jc.  p.   189;  Allescher,  loc.  cit.  p.  636. 

Ora  perchè  il  Coryneum  Kimzei  var.  Castaneae  Sacc.  fosse  da  rite- 
nersi quale  forma  conidica  della  Melanronis  modonia  Tul.,  bisognerebbe 
che  esso  fosse  identico  alla  Stilbospora  modonia  Sacc.;  ma  è  possibile 
che  un  micologo  quale  è  il  Saccardo  abbia  fatto  di  una  sola  cosa  due 
specie  diverse,  riferendole  per  di  più  a  due  generi  diiferenti  '? 

Il  riferimento  fatto  dal  Saccardo  della  forma  conidica  della  Me- 
lanconis  modonia  Tul.,  secondo  le  descrizioni  del  Tulasne  e  del  Fuckel,  è 
d'altra  parte  perfettamente  giustificato.  Tulasne  dice  infatti:  "  Simul 
"  atque  maturescunt,  haec  conidia  in  pulvereni  fusco-atrum  solvuntur,  ma- 
"  tricemque,  jove  pluvioso,  foedant",,;  e  Fuckel  aggiunge:  "  acervulis  nia- 
"  jusculis,  subcorticis  epidermide  nidulantibus,  denium  erumpentibus  '  „. 

* 
*  * 

Fra  i  funghi  dell'erbario  della  signora  Libert  studiati  da  C.  Rou- 
raeguère  con  la  collaborazione  del  nostro  Spegazzini  ',  furono  trovati 
esemplari  portanti  il  nome  di  Steganosporiiwi  Castaneae  Lib.  (inedito_), 
che  il  Roumeguère  identificò  e  pubblicò  sotto  il  nome  di  Coryneum  Kumei 
Corda  (sin.  Steganosporium  Castaneae  Lib.)  nella  Revtsio  Beliquiae  Li- 
herlianae  Pars  i  (Revue  Mycologique  1880,  p.  17),  e  nei  Fungi  selecti  Gal- 
lici essiccati,  N.  634. 


Cortjiieniiì  :  (JouitUa  oblouga,  non  ro.stralii,   non  efthientia    nee  foedantia  : 
urervuli  erumpentes. 
8ectio  VI.  Dictyosporae  Sacc.  :  Conidia  oblonga,  pii-ilbrmia  vel  rliorabea,  pluri- 
septato-muritbrmia,  f lisca. 
Stegdìiosporiìim  :   Conidia  solitaria,    h.    o.   non    concatenata,    olivacea   v. 
l'nliginea  ». 
'   Ricoriliamo  che  i  principali  caratteri   distintivi  dei  due   generi    Corgiìcum 
e  Stilbospora  sjuo  i  seguenti  : 

Stilbospora:   «Conidia niox  e.xsiliendo   atro-ini|iiinantia  ;  ncervnli 

«  jugiter  tecti  ». 

Coryiieuin  :  «Conidia non  etHnentia  noe  Ibedautia  ;  acervuli  erum- 

pente.s».   Sacuaudo.   Si///,    hi.   pag.   Hdtì. 
2  Tlla.sne,  loc.  cit.,  pag.  lil. 
'  FrCKEr..  loc.  cit.,  pag.  18!). 

•*  ].,e  collezioni  botaniche  della  signora  Libert  furono  cedute,  dopo  la  di  lei 
morte,  al  Giardino  Botanico  di  Bru.Kelles,  la  direzione  del  quale  saggiamente 
riparti  i  duplicati  fra  i  signori  Cooke,  De  Thiiuien  e  C.  Eoumeguère  perchè  ve- 
nissero pulddicati  nella  Grevillea,  nella  Mi/coHwca  imiversalis  e  nella  lieviie  my- 
colog/i/tie. 


—  47  — 

Il  Saccardo  parimenti  riferisce  il  fungo  delle  Eeliq.  mj/r.  lAb.  iv, 
11.  180  al  Conjneum  Knnzei  Corda,  distingiieiulolo  unicamente  come 
varietà  sotto  il  nome  di  Cori/neitm  Kitmei  var.  Castaneae  Sacc.  (Sin.  Ste- 
ganosporium  Castaneae  Lib.). 

Ora,  i  signoii  G-rilfon  e  Maublauc  asseriscono  clie  il  Corineum  Kunzei 
var.  Castaneae  Sacc,  ed  implicitamente  anche  il  Corineum  Knnzei  del 
Roumeguère  (Revisio  reliquiae  Libertianae  e  Fungi  selecti  Gallici  exsiccati 
N.  G34),  non  hanno  nnlla  a  vedere  col  Conjneum  Knnzei  Corda,  con- 
trariamente all'opinione  di  Saccardo,  di  Roumeguère,  di  Spegazzini  e  di 
Oudemans,  ed  affermano  che  sono  identici  invece  al  nostro  Coryìieum 
perniciosum  ed  alla  forma  conidica  della  Melanconis  modoiiia  Tnl.  I  si- 
gnori Griffon  e  Maublanc  non  ne  dicono  invero  le  ragioni,  ma  questa 
loro  affermazione  era  necessaria  per  identificare  il  nostro  Coryneuni,  che 
ha  indubbiamente  per  forma  ascofora  una  Melanconis  (della  sezione 
Hyalodichjmae^,  col  Corijneum  Knnzei  var.  Castaneae  Sacc,  giacciiè  il 
Cori/neum  Knnzei  Corda  ha  invece  per  forma  ascofora  la  Pseudovalsa 
longipes  Tul.  (della  sezione  delle  Phaeophragmiae). 

Forse  i  signori  Griffon  e  Manblanc  sono  stati  indotti  a  fare  tale 
esplicita  distinzione,  snggestionati  dall'esteriore  apparente  somiglianza 
del  nostro  Corijneum  perniciosum  e  della  nostra  Melanconis  perniciosa 
colla  forma  conidica  ed  ascofora  della  Melanconis  modonia  Tul.  descritte 
e  figurate  dal  Tnlasne;  tanto  più  che  il  Saccardo  '  alla  diagnosi  della 
Melan-onis  modonia  Tul.,  aggiunge:  ^^  Status  conidirus  (Sfeganosporium 
Castaneae  Lib.)  et  spermogonicus  adsunt.  Cfr.  Fuck,  Symb.  myc.  p.  190  „. 

Ma  prima  di  tutto,  domandiamo,  lo  Steganosporiuìn  Castaneae  Lib.  è 
un  Corjneum?  Gli  esemplari  dell'erbario  della  Libert  distribuiti  dal 
Roumeguère  e  quelli  delle  Reliq.  myc.  Lib.  iv,  n.  180  descritti  dal  Sac- 
cardo appartengono  indubbiamente  ad  un    Conjnemn. 

Ma  è  possibile  che  la  signora  Libert,  osservatrice  attenta  e  scru- 
polosa, abbia  confuso  il  genere  Coryneum  del  Nees  (della  sezione  delle 
Phragmosporae)  col  genere  Steganosporium  del  Corda  (della  sezione  delle 
Dictyosporae)  ? 

Se  ciò  fosse,  in  tale  errore  sarebbe  caduto  anche  Paolo  Brunaud 
che  nelle  sue  Contributions  à  la  fiore  mycologique  de  l'Ouest  (Bull,  de  la 
Soc.  Linn.  de  Normandie,  3  ser.,  vi,  pag.  134-155;  Caen,  1882)  ne  dà  la 
descrizione  sotto  il  nome  di  Steganosporitim  Castaneae  Lib.,  indicandolo 
pel  primo  come  forma  conidica  della  Melanconis  modonia  Tul. 

Nello  stesso  errore  sarebbe  incorso  pure  il  Saccardo  che  ne  riporta 
la  diagnosi  sotto  il   nome  di    Steganosporium    Castaneae  Lib.  nel  voi.  x 


'  P.  A.  S.\CCAKI)0,  Sijlloge  Finujorum,  i,  \n\'j^.  (iH-ì.  Patavii.  188'2, 


—  48  — 

della  Sylloge,  pag.  508,  aggiungendovi  :   "  Est  st.  conidicus  Meìnnconidis 
modoniae.  Cfr.  Tul.  Carp.  ii,  pag.  141  e.  icon.  „. 

Nello  stesso  errore  sarebbe  altresì  caduto  l'AUescher  che  ne  ri- 
porta la  descrizione  aggiungendovi:  "  Conidienform  zu  Melanconis  mo- 
donia  Tiil.  Cfr.  Tul.  Carp.  ii,  p.  141  e.  icone.  Winter,  Filze  etc.  ii,  pa- 
gina 778  „  '. 

Noi  non  sappiamo  se  si  tratta  d'inesattezza  o  d'errore  di  riferi- 
mento del  fungo  della  signora  Libert,  o  se  invece  sia  avvenuta  confu- 
sione nel  materiale  d'erbario.  Quest'ultima  ipotesi  non  sarebbe  impro- 
babile, tanto  più  die  il  Roumeguère  nella 
%  sua  Bevisio  Reliquiae  Libertianae  indica 
](C)|i  quale  matrice  del  fungo  in  questione  tanto 
|C|)I  il  castagno  che  la  quercia,  e  che  nella  co- 
lUI  pia  del  Roumeguère  che  noi  possediamo 
dei  Fungi  gcdlici  exsiccati  esso  è  dato  ap- 
punto al  numero  634  sopra  guest'  ultima 
matrice  e  non  sul  castagno. 

Se  la  forma  conidica  della  Melan- 
conis modonia  Tal.  è  un  vero  Steganospo- 
riìim ,  la  Melanconis  perniciosa  non  può 
avere  con  esso  alcun  rapporto,  come  non 
può  averne  con  il  CorgneKìn  Knmei  var. 
Castuneae  Sacc.  e  con  la  Melanconis  mo- 
donia Tul. 

E  quand'anche  si  riuscisse  a  dimo- 
strare che  il  Coi-ijncuni  Kunzei  var.  Ca- 
staneae  Sacc.  non  ha  alcun  rapporto  col 
Cofi/iieiim  Kunzei  Corda,  e  che  è  invece 
identico  allo  Steganosporiuni  Casianeae  Lib., 
anche  in  tale  caso  non  sarebbe  dimostrata 
la  sua  identità  col  nostro  Corgnenm  perni- 
ciosum  e  l'identità  della  Melanconis  modonia  Tul.  con  la  nostra  Me- 
lanconis perniciosa. 

Dicemmo  già  nella  nostra  prima  pubblicazione  per  quali  ragioni 
ritenevamo  doversi  tener  distinto  il  Conjneum  perniciosum  dal  Corynenm 
Kunzei  var.  Casianeae  Sacc;  ora  aggiungiamo  un  altro  carattere  distin- 
tivo importantissimo,  riferentesi  alla  forma  e  alle  dimensioni  dei  basidii. 
Il   Corynenm  perniciosum  Briosi  e  Farneti  ha  i  basidii  ramosi,  relativa- 


Fig.  I. 


Fig.  2. 


'  Andreas  Ai,le8liier,  Fumji  ìiiiper/'cct/  (in  Rabeiihorst's  Kryptogamen-Flora, 
Die  Filze,  vii  Abtli.,  p.  713).  Leipzig,  11*03, 


—  49  — 

niente  grossi,  ripetutamente  settati  e  nodoso-aiticolati  (fig.  1);  mentre 
il  Cori/neiim  Kunzci  var.  Castamae  Sacc.  avrebbe  basidii  semplici  tìli- 
foimi  e  relativamente  esili,  come  vedesi  rappresentato  nella  fig.  2  che 
riproduciamo  integralmente  dall'Oudemans  ^  (ingr.  delle  dne  fig.  1  :  500). 

Confrontando  ora  il  L'ori/neuìn  perniciosum  con  la  forma  conidica  della 
Melanronis  modonia  Tul.,  quale  venne  descritta  e  figurata  dal  Tulasne  (e 
che  a  parer  nostro  ricorda  più  nn  Cori/iieum  che  uno  Steganosporùim), 
noi  vi  ossei viamo  caratteri  distintivi  sui  quali  in  modo  speciale  rite- 
niamo dovere  richiamare  l'attenzione. 

Per  la  forma  e  le  dimensioni  dei  conidii,  considerati  nel  rapporto 
delle  due  dimensioni,  osserviamo  che  quelli  del  Corìjneimi  pernkiosum 
sono,  in  complesso,  evidentemente  di  forma  meno  allungata  di  quelli  de- 
scritti e  figurati  dal  Tulasne,  essendo  questi  ultimi  proporzionalmente 
più  sottili;  ma  alle  dimensioni  non  si  può  dare  un  valore  assoluto  per- 
chè i  limiti  indicati  dal  Tulasne  (20-60  10-13 /()  sono  così  ampi  che, 
senza  soverchiamente  stiracchiare,  vi  potrebbero  entrare  non  solo  i  co- 
nidii del  nostro  Coryneum,  ma  anche  quelli  della  maggior  parte  dei  Co- 
njneum  corticoli  che  crescono  sopra  le  cupulifere.  Tali  ad  esempio  il 
Corijneum  Kunzei  Corda,  il  C.  disciforme  Kunze  et  Schum.,  il  C.  Nota- 
risianuni  Sacc,  il  C.  oligosporum  Corda,  il  C.  pustulatnm  Peck.,  il  C.  Si/- 
dowianum  AH.,  ecc.,  alcuni  dei  quali  avrebbero  altresì  altri  caratteri  in 
comune. 

Del  resto  il  carattere  più  importante  per  distinguere  il  Cori/iieìim 
perniciosum  dalla  forma  descritta  e  figurata  dal  Tulasne  è  anche  in 
questo  caso  fornito  dalle  dimensioni  e  dalla  forma  dei  basidii. 

Il  Tulasne,  infatti,  nella  descrizione  del  suo  fungo  dice  dei  conidii: 
i)i  sterigma  breve,  simplex  et  crassiiisruìnm  solvnntur.  Ora  i  basidii  del 
('onineum  perniciosum  sono  invece  relativamente  lunghi  (qualche  volta 
fino  ad  oltre  100  /t),  sottili  (-l-é  ^\^  n)  e  ramificati,  cosa  di  cui  i  signori 
Griffon  e  Maublaiic  possono  accertarsi  esaminando  attentamente  il  nostro 
materiale. 

Riteniamo  quindi  che  il  Coryneum  perniriosnm  sia  da  tenersi  di- 
stinto dalla  forma  conidica  figurata  dal  Tulasne  anche  per  gli  stessi 
caratteri  che  questi  ha  messo  in  evidenza  nella  sua  descrizione  e  nelle 
sue  figure. 


'  (,'.  A.  .J.  A.  OiiiEMANs,  ('oiìtributioiis    à    In  F/dit    Mijrolorjirjiie    di'S' J'ni/.i- 
Jìcis,  XIII  ;  pag.  .58,  tav.  i.x,  Hg.  89. 


50 


* 
*  * 


Ora  consideriamo  i  iiicnidi.  Confroatandu  la  forma  picnidica  della 
nostra  Melanconis  perniciosa  {Fiisicocnim  perniciosUm  Briosi  e  F'arneti) 
con  la  forma  picnidica  della  Meloncoiiis  modonia  Tnl.  desciitta  dal 
Fiickel  \  troviamo  che  quest'ultima  si  presenta  con:  "  spermatiis  pcii- 
"  tlieciorum  juvenilium  oblongo-ovatis,  continuis,  iiyalinis,  8  [j.  lon;?..  4 /( 
"  crass.,  peritlieciorum  adultorum  (macrospermatia)  cylindraceis,  cur- 
"  vatis,  continuis,  iiyalinis,  10  /i  long.,  2  V^,  /i  ci-ass.  ,.  -  mentre  la  forma 
picnidica  della  Melanconis  perniciosa  descritta  nella  seconda  nostra  nota  ^ 
presentasi  con:  "sporulis  oblongo-fusoideis,  intus  granuloso-multiguttu- 
"  latis,  56-66    ■    11-13  ft;  basidiis  acicularibus,  dimidio  brevioribns  „  '. 

Perchè  i  signori  Griffon  e  Maublanc  nell' identificare  la  Melanconis 
perniciosa  con  la  Melanconis  modonia  Tul.  non  hanno  preso  in  conside- 
razione anche  la  forma  picnidica? 

Le  differenze  sono  tali  che  non  hanno  bisogno  di  essere  m.esse  in 
evidenza  e  basterebbero  da  sole  per  non  confondere  la  Melanconis  per- 
niciosa colla  Melanconis  modonia  Tul. 


* 
*  * 


Passiamo  ora  alla  forma  ascofora.  Se  in  questa  le  differenze  nun 
sono  molte,  nonpertanto  esse  pure  ci  sembrano  sufficienti  per  distin- 
guere le  due  specie. 

Le  spore  della  Melanconis  perniciosa  sono  generalmente  più  grosse, 
in  rapporto  alla  lunghezza,  di  quanto  lo  siano  (luelle  della  Melanconis 
modonia  Tul.;  ma  a  parte  questo,  lo  stesso  Tulasne  ci  indica  un  carat- 
tere importantissimo,  che  basterebbe  da  solo  per  non  confondere  le 
due  specie,  poiché  egli  sjirive  che  le  spore  della  Melanconis  modonio 
approssimandosi  alla  germinazione  si  dividono  in  4  cellule'';  cosa  che 
non  avviene  mai  in  quelle  della  Melanconis  perniciosa'',  le  quali  riman- 
gono sempre  bicellulari. 


'  FccKEr,,  Symbijìae  Mi/coloi//cae,  pai;-.  ISli;   \Vir.sli;i,.lfii,  lHi;'.i. 

^   FucKEL,  loc.  cit.,  pag.  189. 

■''  Buio.si  e  Farneti,  Iiitonw  alla  causa  della  morìa  dei  ras/ai/iii,  1009. 

*  Questa  foi'ma  non  di  rado  si  trova  riunita  netto  stesso  stroma  il^tta  Miìaii- 
conis  perniciosa  accanto  atta  forma  periteciate. 

^  •  loceltis  ut  pluvimuni  aequaliljus  et  septo  transverso  nonnunquani  sin^ula- 
<  thu  ilimidiatis,  spora  qunpropter  quadritocularis  facta  ».  Tl'I..\.sxe,  toc.  cit.  p.   141. 

^  Di  ciò  noi  stessi  atjtjiamo  jiotuto  accertarci  confrontando  le  spore  detta  nostra 
Melanconis  con  quette  detta  Melanconis  modonia  della  Mijcotheca  universalis  dei 
De  Tlilimen. 


—   51   — 

Le  differenze  morfologiche  che  noi  abbiamo  sopra  indicate  sono  itiìi 
che  sufficienti  per  far  tenere  separate  le  due  specie,  ma  a  legittimare 
tale  separazione  si  agginnge  altresì  un  carattere  biologico,  e  di  primo  or- 
dine, quello  cioè  del  parassitismo  del  nostro  micete  che  manca  nella  Melan- 
conia modonia  Tal.  Quand'anche  si  trattasse  di  un  semplice  parassitismo 
facoltativo,  questo  fatto,  a  mente  nostra,  basterebbe  per  ritenere  di- 
stinta la  Melanconis  perniciosa  come  forma  specializzata,  comportandosi 
essa,  per  rispetto  all'ospite,  quale  un  vero  ctenofita,  come  verrà  dimostrato 
nel  lavoro  in  extenso  che  quanto  prima  pubblicheremo. 

In  conclusione,  per  quanto  riguarda  l'identità  o  meno  della  nostra 
specie  con  altra  di  già  nota,  noi  continniamo  a  ritenere,  anche  dopo  la 
pubblicazione  dei  signori  Griffon  e  Maublanc,  che  le  nostre  tre  forme, 
cioè:  il  Corìjneum  perniciosnm,  il  Fusicoccnin  pevniciosum  e  la  Melanconis 
perniciosa,  si  debbano  tenere  distinte  dalia  Melanconis  modonia  Tul.  e 
dalle  sue  forme  couidica  e  picnidica  '. 

Pavia,  dal  Laboratorio  Crittog'aniico,  30  dicembre  laiO. 


'  Lo  nostri-  iniliblica/.iuui  prese  in  esame  dui  signori  (4riHbu  e  Maiililanr  sono 
delle  not3  preliminari,  alle  quali  deve  far  seguito  il  lavoro  definitivo.  La  prima  parte 
di  questo,  ora  in  co:-.50  di  stampa,  è  corredata  di  nove  tavole  di  già  stampate,  nelle 
cjuali  sono  tiguratj:  le  diverse  torme  del  parassita  ;  le  pustole  iniziali,  ed  i  cancri 
che  esso  produce;  il  psroorso  clie  segue  l'infezione  dai  rami  al  fusto,  sino  alla 
radice;  le  alterazioni  anatomo-patologiche  dei  tessuti  attaccati,  e  sonvi  riprodotte 
lo  fotografie  delle  piante  nelle  quali  si  veggono  i  risultati  di  già  ottenuti  con  hi 
cura  da  noi  consigliata,  ecc. 

Di  queste  tavole  abbiamo  mandato  una  copia  all'  Accademia  dei  Lincei  in- 
sieme ad  una  notn  manoscritta  da  pubblicare  sullo  stesso  argomento,  ed  lui'altra 
copia  abbiamo  spediti  ai  signori  Grition  e  Maiiblauc  onde  essi  possano  formarsi 
un'idea  delle  ricerche  alle  quali  noi  da  tempo  attendiamo. 


ISTITUTO  BOTANICO  DKLLA  E.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI 


AGGIUNTE 

ALLA  FLORA  TICINESE. 

MEMORIA 

del  dottor  GINO  POLLACCI 

Libero  docente  ed  aiuto  all'Istituto  Botanico  di  Pavia. 


La  flora  faneroganiica  del  Pavese  è  stata  illustrata  da  numerosi 
botanici,  tantoché  essa  è  annoverata  fra  le  più  studiate  d'Italia;  pur 
tuttavia,  consultando  il  ricco  erbario  della  provincia  di  Pavia  istituito 
dal  prof.  Giovanni  Briosi  fino  dal  1884  nell'Orto  Botanico  Pavese,  ho 
determinato  un  non  piccolo  numero  ili  fanerogame  che  ancora  non  erano 
state  dai  botanici  ascritte  alla  provincia;  altre  poi  erano  nuove  perla 
Lombardia  ed  alcune  anche  per  l'Italia.  Consigliato  in  ciò  dal  chiaris- 
simo prof.  Briosi  e  dal  collega  Farneti  il  quale  molto  ha  contribuito  ad 
arricchire  di  specie  il  nostro  erbario,  '  ho  iniziato  lo  studio  di  esso  e 
pubblico  ora  un  elenco  di  piante  nuove  per  la  nostra  provincia,  arric- 
chendo cosi  la  Flora  Ticinese  di  circa  .50  specie,  alcune  delle  quali 
assai  interessanti  anche  per  ulteriori  studi  fìtogeografici  sulla  regione. 


'  Oltre  ai  [irofessori  Briosi  e  Farueti  Liaimo  arriccliito  l'erbario  della  pro- 
vincia, in  sjiecial  modo,  i  professori  Fridiano  Cavara,  Pasquale  Baooarini  e  Luigi 
Bozzi  durante  il  periodo  di  tempo  nel  quale  essi  furono  assistenti  presso  que.sto 
Istituto. 


Atti  dell' Is(.  Boi.  dell' Università  di  l'avia   -  Serie  II.  —  Voi.  XV. 


—  54 


ELENCO  DELLE  PUi'.BLICAZloNI  CHE  RIGUARDANO 
LA  FLORA   TICINESE 


1.  Nocca  D.  et  Baliìis  I.  B.,  Flont  Ticiiieusis,  san  Kinniìi'nitid  ji/iiiifnniiii  qiuis 

ili  peref/riiiiifioìiibiis   iniiHiplicibuH  ■  ■  .   collii/i'riiii/ .   Ticini,   Ioni,    i,  ISU!  e 
Tom.  II,   1823. 

2.  —    Clcii'is    rem  Ilci-ìxirkiiii   .   .   .  seii  Kiichiriilioii    ail    csciir.sidiifs   hofaiiica.s    in 

iit/ro  Ticineiise.  Ticini  regii,  182o. 

3.  Bergamaschi  G.,  Gita  hotaiiini  agli  appellili  ni  Bofiìe.Iio  i>  Leniiiia,  in  Gionnile 

di  Fisica  ecc.  di  Pavia,  anno  1823. 

4.  —  Sopra  varie  pianlo   degli  appennini,    colli .  oltrepadani   e    della  campagna 

pavese  da  aggiungersi  alla  Flora  Ticinese.  Giornale  di  Fi.sica,  ecc.  di  Pavia, 
anno  182J. 

5.  Rota  L.,   Prospetto  delle  piante  fiiiierugaìne  finura  ritrovate  nella  provinein  di 

Paria,   in  Giornale  botanico  italiano,  voi.  2,  Firenze,  1852. 

B.  Baisbieri  P.,  Intorno  ad  una  specie  di  «  Vallisueria  »    testé  osservata  nel  Pa- 
vese. Pavia,  1858. 

7.  Bozzi  L.,  Sopra  alcune  piante  americane  naturalizeate  nei  dintorni  di  Pavia, 

in  Atti  Società  Italiana  di  Scienze  naturali  di  Milano,  p.  281,  anno  1888. 

8.  Arcangeli  G.,  La  Flora  italiana,  ii  edizione.  Toi-ino,   18!ll. 

9.  Cavaiia  F.,  Nuova  stazione  della  Solidago  serotina  Ait.  in  Malpighia,  1894. 

10.  —  Di  una  Ciperaeea  nuoiM  per  la  Flora   Europea  (Cgperus  arislatus  Rottli. 

var.  Bockeleri  Cav.),  in  Atti  Istituto  Botanico  di  Pavia,  voi.  v,  pag.  27, 
anno  1896. 

11.  Traverso  G.  B.,  Flora  urhica  Pavese  in    (.Tiornale    Botanico  italiano,  voi.   v, 

pag.  57,  anno  1898. 

12.  —   Ij'Acalyplia    virginica    Linn.  ni»ll:i    Flora    della  provincia  Pavese,    in   ]\Ial- 

pighia,   voi.  XI,   pag.  111. 

13.  —  Flora  iirbica   Pavese,  2''  centuria,   in    Giornale   Botanico   Italiano,  voi.    vi, 

pag.  241,  anno  1899. 

14.  —    Una  stazione  del  «  Lycopodiiun  clavatuni  >   nella   piaiiiini    Pavese    in  Mal- 

pighia, jiag.  367,  XIV,  19()0. 

15.  Farnkti  R.,  Aggiunte  alla  Flora  Pavese  e  ricerche  sulla  sua  origine,  in  Atti 

Istituto  Botanico  di  Pavia,   voi,  vi,  1900, 


—  55  — 

K).  Briosi   G.   e  Fakneti    R.,  Di    una   vttrMà    tardica    di  Pioppo  (Populus    ui- 
gra  L.)  finora  non  arrertiin,  in  Atti  Istit.  Botati,  di  Pavia,  voi.  i.x,  11>04. 

17.  F.\i!Xi3Ti  B,.,  Di  una  nuora,  xpecie  di  '  GÌAYone  «  che  da  alcuni  anni  ha  inraso 

le   risaie  della   Londurrdia  e    del  Piemonte,   in  Atti   Istituto   Botauico  di 
Pavia,  voi.   IX,  anno  IWl. 

18.  Beguixot  a.  e  Traveu.so   G.    B.,   llicerche   intorno  alle    «  Arboiicole  »   della 

Flora  italiana,   in  Nuovo  Giornale  Botanico  italiano,    voi.  xiv,  pag.  49.5, 
anno  1905. 

]!t.   Pavesi  V.,  Elenco  di  piante  dell'Alio  Appennino  Parese  in  Atti  della  Società 
italiana  di  scienze  naturali.  Milano,  pag.  4tì,  anno  1906. 

•10.  Pav.\1{IX<i  L.,   Intorno  (dia   Flora  del  calcare  e  del  Serpentino  ned' Appennino 
Hohhiese,   i"  contribuzione,  in  Atti  Istitiito  Botanico  di  Pavia,  v.  xii,   liJOT. 

■21.  —   Intorno  alla  Flora  del  calcare  e  del  aerpentino  nell'Appennino    lìobhiese, 
II"  contribuzione,   in  Atti  Istituto  Botauico  di  Pavia,  voi.  xiv,   lilQS. 

22.  Fioui  A.  e  Paoi.etti  G.,  Flora  analilica  d' lt<dia,  voi.  i-iv.  Padova,  189.5-190)"!. 

'2'A.  PoLLACCi  G.,  Su  ìiHU graminacea  nuova  infestante  del  riso  («Panicuni  erectuui  » 
n.  sp.i  in  Atti  Istituto  Botanico  di  Pavia,  voi.  xiii,  anno  19n8. 


—  56 

Monocotyledones. 

Gi'nmhitncfir, 

1.  Panicum  erectiim  Pnllacci  in  Atti  htittdo  Botanico  Pavia.  y()\.  xm, 

tav.  V,  1908. 
Raccolto  in  risaie  presso  la  Caseina  Canipomaggiore  vicino  a 
Pavia,  ottobre  1907. 
Questa  nuova  specie  di  graminacea  infestante  del  riso,  certamente 
importata  fra  noi  per  mezzo  di  riso  da  semina  proveniente  da 
Shanghai,  venne  da  me  raccolta  solo  in  due  campi  coltivati  a 
riso  ed  appartenenti  allo  stesso  podere;  seminata  nell'orto  bo- 
tanico si  è  riprodotta  benissimo  ed  lia  dato  costantemente  delle 
piante  che  hanno  conservato  i  caratteri  diagnostici  da  me  dati 
nel  1908. 

2.  Phleiim  Boehmeri  Wib.  forma  vivipara. 

A  Torre  d'Isola  raccolsero  Farneti  e  Cavara. 

Dicotyledones. 

Salifnrede. 

3.  Salix  purpurea  L.,  Fiori  e  Paoletti,  Fìnm  aual.  (ritalia.  r,  p.  257. 

È  pianta  comune  nella  provincia,  ma  che  non  è  compresa  negli 
elenchi  degli  autori  precedenti. 

4.  Salix  triandra  L.  concolor  Koch  ,  Fiori  e    Paoletti ,  App.  Flora 

aitai.  d'Italia,  pag.  56. 
Lungo  il  Ticino  raccolse  R.  Farneti  in  maggio. 

5.  Salix  aurita  L.  J  ciuerea  L.,  Fiori  e  Paoletti,  Flora  aual.  d' Italia, 

voi.  I,  pag.  259. 
A  Torre  d'Isola,  presso  Pavia,  raccolse  R.  Farneti  nel  mese  di 
marzo. 

Poli/ffoumetic. 

6.  Polygoiium  aviculare  Ij.  c  neglectum  lless.,  Fiori  e  Paoletti,  Flora 

anal.  d'Italia,  voi.  i,  papf.  296. 
Presso  il  monte  Peuice  raccolse  G.  llriosi  in  settembre. 


—   57   — 

7.  Polygouum  Ilydi'opiper   L.  .'•  mite  Schraiik.,  i^'ioii  e  Paoletti, 

Flora  (inai.  (l'Italia,  voi.  i,  jiag.  294. 
Sulla  riva  sini.stra  del  Ticino,  presso  il  Naviglio,  raccolse  F.  Ca- 
vara  in  luglio.  E  presso  risaie  Farneti,  Cavara,  ecc. 

8.  Cycloloma  platyphyllum  Moq.,  B'iori  e  Paoletti,  Flora  anal.  d! Italia, 

voi.  I,  pag.  313. 
Nella  sabbia  lungo   il  Po  in  territorio  Pavese  raccolse  L.  Mozzi 
in  agosto.  Farueti,  Cavara  raccolsero  lungo  il  Po. 

Oii'!fopli)/f/ti<r(f<'. 

9.  Sileiie  viridiflora  L.,  Fiori  e  Paoletti,  Flora  anal.  d'Italia  voi.  i,  pa- 

gina 37(». 
Sopra  Sauguinetto  raccolse  Farneti  nel  mese  di  luglio  1888. 

Viohueat'. 

10.  Viola  canina  L.  ,i  lactea  (SM.),  Fiori  e  Paoletti  in    Flora  ami. 

d' Italia,  voi.  I,  pag.  402. 
Presso  Cava  Carbonara  raccolse  Farneti  nel  mese  di  maggio  1887. 

Crurifcrtw. 

11.  Cardamine  amara  L.,  Fiori  e  Paoletti,  Flora  anal.  d'Ital.,  voi.  i,  pa- 

gina 438. 
Lungo  il  Naviglio   raccolse  lìozzi,  presso  S  Cristina  raccolse  in 
maggio  Farneti  (1890),  presso  S.  Lanfranco,  in  febbraio  Ca- 
vara (1888). 

12.  Iberis  semperflorens  L.,  Fiori  e  Paoletti,  Flora  anal.  d'Italia,  vo- 

lume I,  pag.  473. 
Raccolse  Farneti,  presso  il  varco  fra  il  monte  Cremala  ed  il  monte 
Dego,  nel  mese  di  giugno  (1890). 

13.  Raphanus  Raphanistriim  L.,  Fiori  e  Paoletti,  F/ora  anal.  d'Italia, 

voi.  I,  pag.  450. 
Presso  il  Ponte  delle  12  arcate  vicino  a  Pavia,  in  agosto  (1884). 


—  58  — 

14.  Anemone  appennina  L.  Fiori  e  l'aoletti,  F/ora  ((imi.  <r  Italia,  vul.  i, 

pag.  496  ed  appendice,  voi.  iv,  pag.  103. 
In  vai  Torelli,  riva  sinistra  della    Trebbia,  lacrulse  Farneti  nel 

mese  di  giugno  (1890). 
Tale  specie  è  data  come  piopria  della  l'egione  media  italiana;  se- 
condo il  Fona  sarebbe  stata  ti-ovata  anche  al  monte  Baldo.  Ma 
il  Goiran  ciede  tiattarsi  di  un  enoie  e  così  crede  puie  il  Fiori. 

liositreae. 

15.  Rosa  graveolens  Gr.  et  (Tod.  ,j  erióphora  (ìren.  Arcangeli,  Flora 

d'Italia,  2."  edizione,  pag.  549. 
Raccolse  Farneti    fra  Negruzzo  e  Pei  (Appennino  bobbiese)  nel 
mese  di  luglio  (IHSS). 

16.  Rubus  saxatilis  L.,  in    Fiori  e  Paoletti,  Flora  anal.  d' Italia,  vn\   i, 

pag.  578. 
Al  monte  Lesima,  al  piano  detto  dei  Moroni  nei  luoghi  sas.sosi  e 
boscosi,  raccolse  Farneti  nel  mese  di  luglio  (1888). 

17.  Poterinm  Sangnisorba  L.  /-'  polygamum  (W.  et  K.K  Fiori  e  Pao- 

letti, Flora  anal.  d' Italia,  voi.  i,  pag.  586. 
Raccolse  Bozzi  a  Casteggio,  in  febljraio  (1888). 

TveguiH  iìiosfw. 

18.  Ononis  Natrix  L.  [ì  inaeqnalifolia  (Ser.  in  DC,  Bert.),  Fiori  e 

Paoletti,  Flora  anal.  d' Italia,  voi.  ii,  pag.  28. 
Tra  Varzi  e  Godiasco  raccolse  Farneti  nel  mese  di  giugno  (1890). 
Per  (}uanto  a  me  consta  questa  si)ecie  era  stala  fiuora  solo  indicata 
per  la  (.'orsica  e  la  Sardegna. 

19.  Antbyllis  Vulneraria  L.  (i  polyphylla,  Ser.  in  DC.  (Kit.),  Fiori 

e  Paoletti,  Flora  anal.  d' Italia,  voi.  ii,  ])ag.  68. 
A!  monte  Lesima,  raccolse  Farneti  nel  mese  di  luglio  (1888). 

20.  Hippocrepis  comosa  L.  p'  glauca  (Ten  i,  Fiori  e  Paoletti,  Flora 

anal.  d' Italia,  voi.  ii,  pag.  93. 
Nella  vallata  della  Staftora  sopra  Vai-zi,  raccolse  Farneti  in  lu- 
glio (1888). 

21.  Onobrychis  vicìaefolia  Sco().  )^  supina  (DC),  Fiori   e  Paoletti, 

Flora  anal.  d'Italia,  voi.  ii,  jìag.  96. 
Al  monte  Boglelio  e  al  monte  Lesima,  raccolseFarneti,  luglio  (1888). 


—   59 

Octiot/n'fareae. 

22.  EpilolMiim  alpinum  L.  ,i  alsiiiaefoliuin  (Vili.),  Fiori  e  Paoletti, 

Fiora  aitai.  d'Italia,  voi.  ii,  pag.   133. 
Ract;olse  Favneti  sotlo  il  monte  Lesinia  alia  fontana  Gaggina  e 
lungo  ruscelli  di  essa  nel  mese  di  luglio  (1888). 

VinlHllifrfdr. 

23.  Peiicedaiium  Ostruthiura  (L.)  Kocli.  Fiori  e  Paoletti,  Flora  anal. 

d' Italia,  voi.  Il,  pag.  182. 
Raccolse  Farueti  al  monte  Lesima  nel  mese  di  luglio  (1888). 

24.  (iiaei'ophylliim  hirsutiim  L.  >' elegaus  (Gand),  Fiori  e  Paoletti, 

Flora  anal.  d'Italia,  voi.  ii,  pag.  199. 
Raccolse  Farneti  sul    monte    Lesima  nel  piano  dei    Moroni  nel 
mese  di  luglio  (1888). 

25.  Physocaulis  uodosu»    (L.  )  Koch,    Fiori  e   Paoletti,  Flora  anal. 

d' Italia,  voi.  ii,  pag.  198. 
Presso  Cava  raccolsero  Luigi  Bruguatelli  e  L.  Bossi  nel  mese  di 
maggio  (1911). 

S<ij)ind<i<'eae. 

26.  Acei"    Opaliis   Mill.,  Fiori  e  Paoletti,    Flora  anal.  d'Italia,  voi.  ir, 

pag.  222. 
Raccolse  Farueti  scendendo  dal  Penice  per  Varzi  (1888). 

Mdh'wcae. 

27.  Malva  llicaeeiisis  AH.,  Fiori  e  Paoletti,  Flora  anal.  a' Italia,  voi.  ii, 

pag.  267. 
Raccolse  Baccarini  lungo  argini  del    Po    in  territorio   di    Cava 
Manara  nel  mese  di  luglio  (1885). 

28.  Malva  erispa  L  ,  Fioii  e  Paoletti,  Flora  anal.  d'Italia,  voi.  iv.  ap- 

pendice, pag.  160. 
Raccolse  Rodolfo  Repetti  a  Romagnese  (Bobbio),  1911. 

ficiithièioreuc. 

29.  Geutiana  asclepiadea  L,  Fiori  e   Paoletti,   Flura  anal    d'Italia, 

vid.  n,  [lag.  351. 
In  boschi  di   faggio  ed  in  pascoli  degli  appenniui,  raccolse  Far- 


—    60  — 

lieti  nel  mese  di  giugno  (1890).  Pianta  connine  negli  Appen- 
nini del  Bobbiese.  ma  che  non  trovo  indicata  nelle  pubbli 
cazioni  antecedenti. 

Cinn'ol  l'iiìdiwnc. 

30.  Cuscuta  australis  E.  i;r.  p'  Cesatiaua   (Bert.),   Fiori   e  Paoletti, 

Flora  anul.  iV Italia,  voi.  ii,  pag.  391. 
Nei  dintorni  di  Pavia  raccolta  da  R.  Farneti. 

SohuKirctie. 

31.  Solanum  sodomaeum  L.,  Fiori  e  Paoletti,   Fìum  anal.  d' Itilia, 

voi.  Il,  pag.  401 . 
Nasce  spontaneo  nell'Oito  Botanico  di  Pavia. 

32.  Liuaria  commutata  Bernh.    in  Reiclib.  (1830),  Fiori   e  Paoletti, 

Flora  anal.  d'Italia,  voi.  ii,  pag.  420. 
Eaccolse  nei  campi  di  Mezzanino  vicino  al  Po,  Farneti  nel  mese 
di  agosto  (1884). 

33.  Verouica  peregrina  L.,  Fiori  e  Paoletti,  Flora  anal.  d'Italia,  voi.  ii, 

pag.  441. 
Raccolsero  sulla   riva   destra  del  Ticino,  presso  Pavia    sino  dal 
1884  nel  mese  di  maggio,  Lodi  e  Bozzi. 

34.  Veronica  fruticulosa  L.  Fiori  e  Paoletti,  Flora  anal.  d'Italia,  vo- 

lume n,  pag.  438. 
Raccolta  nel  mese  di  giugno  al  monte  Penice  (1888). 

35.  Odontites  serotina  (Lam.)  Dum.  p' verna  (Bell.),  Fiori  e  Paoletti, 

Flora  anal  d'Italia,  voi.  ii,  pag.  4.Ò6. 
Raccolse  Bozzi  sulle  rive  del  Po  a  Mezzanino   nel  mese  di   ot- 
tobre (1883). 

Oroftaiu-fux'(ie. 

36.  Orobauclìe  crenata  Forsck.  Fiori  e  Paoletti,  Flora  anal.  d'Italia, 

voi.  II,  pag.  480. 
A  S.  Colombano  raccolse  Farneti    nel  mese  di  maggio  (1888)  e 
nel  luglio  sotto  il  monte  Tartago  nei  boschi  (1888). 


-   61    - 

Lahmtae. 

37.  Galeopsis  Tetraliit  L.  y  speciosa  (Mill.)  a.  genuina,  Fiori  e  Pao- 

letti,  Flora  anal.  d'Italia,  voi.  iii,  pag.  31. 
Nei  dintorni  di  Pavia  nel   mese  di  settembre,   raccolse  Farneti 
(1886)  e  presso  l'argine  del  Ticino  raccols?  Cavara. 

38.  Stacliys  recta  L.,  y  invia  Ten  ,  P'iori  e  Paoletti,  Flora  anal.  dH Italia, 

voi.  in,  pag.  46. 
A   Mairano   sopra   Casteggio    nel   mese  di   giugno  raccolse  Ca- 
vara (1886). 

39.  Tliymus  serpyllum  L.  y  glabratus  Hoff.  et  Link. 

In  provincia  di  Pavia  raccolse  Farneti. 

Globiiìariaceae. 

40.  Glohularia  nudicaulis  L.,  Fiori   e    Paoletti,  Flora  anal.   d' Italia, 

voi.  Ili,  pag.  91. 
Eaccolse  E.  Farneti  sul  monte  Penice. 

liuhidrcae. 

41.  Galium  Mollugo  L.  p'  erectum  (Hnds.),  Fiori  e  Paoletti,  Flora 

anal.  d'Italia,  voi.  ni,  pag.  110. 
Eaccolse  Farneti  al  monte  Lesima  nel  mese  di  luglio  (1888). 

42.  Aspernla  cynancliica  L.  ì]  long;iflora  (W.  et  K.),  Fiori  e  Paoletti. 

Flora  anal.  d'Italia,  voi.  ni,  pag.  122. 
Al  monte  Lesima  raccolse  Farneti  in  luglio. 

CaprifoHftceae. 

43.  Lonicera  nigra  L.,  Fiori  e  Paoletti,  Flora  anal.  d' Italia,  voi.  ni,  pa- 

gina 129. 
Questa  specie  è  stata  raccolta  sotto  il  monte  Lesima  ed  in  valle 
delle  Tovaie   (versante    Trebbia)   dal   Farneti    nel   mese  di 
giugno. 

Coìnpanu  ìm-eac. 

44.  Phyteuma  Micheli!  Ali.  r  betonicaefolium  (Vili.),  Fiori  e  Pao- 

letti,  Flora  anal.  d' Italia,  voi.  in,  pag.  169. 
Questa  specie  venne  trovata  al  monte   Cesarino  sopra  Casteggio 
nel  giugno  del   1886  da  Cavara  e  Traverso  Giacomo. 


—   62    — 

45.  Seiiecio  Jacobea  L  ,5  barharaefoliiis  (Krock),  Fioii  e  Paolelti 

Flora  anal.  cVItalia,  voi.  ni,  pag.  214. 
Raccolse  F.  Cavara  presso  l'argine  del  Ticino  in  settembre. 

46.  Chrysanthemum  Leucantheimim  L.  y  maximum  /Rain.).  Fiori 

e  Paoletti,  Flora  anal.  d'Italia,  voi.  in,  pag.  210. 
Raccolse  Farneti  nel  luglio  al  monte  Boglelio. 

47.  Pulicaria  Sicilia  (L.)  Moris,  Fiori  e  Paoletti,  Flora  anal.  (F Italia, 

voi.  in,  pag.  292. 
Sulla  riva  del   Po  raccolse   Cavara,  presso  Travacò   Siccomario, 
in  settembi-e. 

48.  Buplithalmum  salìoifoliiim  L.  ,^  graiidiflorum  (L.),  Fiori  e  Pao- 

letti, Flora  aìiaì.  d' Italia,  voi.  ni,  pag.  295. 
Raccolsero  Farneti  al  monte  Boglelio  e  soiira  Varzi  in  valle  della 
Staffora;  Cavara  e  Giacomo  Traver.so  al  monte  Cesarino  ((Ja- 
steggio),  in  giugno. 

49.  Serratala  tiuctoria  L.,  Fiori  e  Paoletti,  Flora  anal.  d' Italia,  vo- 

lume in.  pag.  318. 
Raccolse  R.  Faineti  al  monte  Lesima  nel  mese  di  luglio  (1888). 

50.  Cirsiiim  eriophonim  (L.)  Scop.  i^  ferox  (DC),  Fiori  e  Paoletti, 

Flora  anal.  d'Italia,  voi.  in,  pag.  367. 
Raccolse  Farneti  ai   monte  Boglelio,  nel  mese  di  luglio. 

51.  Tragopogon  prateusis  L.  y  orieiitalis  (L.),  Fiori  e  Paoletti,  Flora 

anal.  d'Italia,  voi.  in,  pag.  408. 
Raccolse  Cavara  a  Casteggio  in  giugno  (1888). 

52.  Tragopogoii  crocifolius  L.,  Fiori  e  Paoletti,  Flora  anni.  d'Italia. 

voi.  Ili,  pag.  409. 
Raccolse  Farneti  al  monte  Lesima  nel  luglio  (1888). 

53.  Tragopogon  crocifolius  L.  )- Samaritaui  (Heldr.  et  Sait. i.  Fiori 

e  Paoletti,  Flora  anal.  d'Italia,  voi.  in,  pag.  409. 
Fra  Ottone  e  Fabbrica  raccolse  Farneti  in  giugno. 

PaTia,  ilalr  Istituto  Botanico,  ^-"iugno  1911. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  K.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI 


SULL'ORIGINE  E  SULL'UFFLCIO 
DELL' OSS ALATO  DI  CALCIO  NELLE  PIANTE. 

NOTA 

del  Dott.  IOANNES  POLITIS 

nssistcnle  onorario  airislituto  lìotaiiico  della  R.  Università  di  Pavia 


I  numerosi  studi  clic  (in  qui  sono  stati  fatti  intorno  ai  cristalli  di 
ossalato  di  calcio  non  hanno  (lotuto  risolvere  l'intricata  questione  li- 
guardante  la  loro  origine  ed  il  loro  significato  biologico. 

Arno  Aè. ',  in  seguito  a  esperienze  sul  Craiaegus  Oxi/acanlìia,  ri- 
tiene r ossalato  di  calcio  un  materiale  di  riserva.  Questo,  secondo 
l'autore,  si  trasporta  dalle  foglie  morenti  nei  rami  e  nella  primavera 
seguente,  sciogliendosi,  emigra  nelle  giovani  foglie  per  servire  come 
alimento. 

De-Vries  ^  ammette  che  l'acido  ossalico  sia  un  prodotto  secondario 
degli  albuminoidi,  che  si  forma  in  tutte  o  quasi  le  cellule  turgescenti 
e  quivi  si  combina  con  la  calce,  e  sostiene  che  l'ossalato  di  calcio  in 
forma  di  soluzione  nel  succo  cellulare  emigra  dal  luogo  ove  si  forma 
nelle  cellule  ove  noi  lo  troviamo  cristallizzato. 

De  Vries  basa  questa  sua  ipotesi  specialmente  sul  fatto  che  nelle 
cellule  cristallofore  fiu'ora  non  si  sono  riscontiati  né  amido  né  zuc- 
ciiero,  sostanze  dalle  quali  si  possono  formare  acidi  organici. 


'  Akxò  Aè.,  Uéber  die  Physiologische  lìcdcìitnng  des  in  der  Pfcinsen  Vor- 
koìiniipiiileii  Oxaìsaiiren  Kalks.  Flora,  1869. 

^  De  Vrie.s,  L'eber  die  Bedeuttnig  der  Kalki-ihlagennigeii  in  der  Pffiiiizcii. 
r.aichvivMi.  .Talirbiidier,   IM.  x.  Hcft  1  ii.  •_>,  ISHI. 

Atli  r/,//' /.-•/.    Rol.  dell' Ihiireisili't  <lr  t'arili     -   Serii'   li.  —   Voi.  XV.  C 


-   64 

C.  Acqua  '  in  oiiposizione  alle,  idee  del  De  Vries,  fin  dal  suo  primo 
lavoro  sull'ossalato  di  calcio  sostiene  che  questo  sale  è  generalmente 
insolubile  nel  succo  cellulare  e  si  accumula  nelle  stesse  cellule  nelle 
quali  fu  formato. 

A  tale  conclusione  giunse  l'Acciua  basandosi  sulla  osservazione  che 
nella  Pirrunia  dioica  l'eliniinazioiie  dell' ossalato  dal  corpo  della  pianta 
avviene,  oltreché  nel  modo  ordinario,  anche  per  mezzo  della  cuffia  ra- 
dicale e  sul  fatto  clie  egli  rilevò  sperimentalmente,  clie  i  ci'istalli  di 
ossalato  di  calcio,  una  volta  formati  nella  cufìia,  non  vengono  più  ri- 
disciolti. 

Per  quanto  riguarda  gli  argomenti  con  i  quali  De  Vries  sostiene 
la  sua  ipotesi  sulla  solubilità  dell'ossalato  di  calcio,  l'Acqua  cerca  di 
dimostrare  nella  seconda  parte  del  suo  lavoro  che  essi  si  prestano  a 
diverse  interpretazioni. 

Ulteiiori  ricerche  condussero  l'Acqua-  alle  seguenti  conclusioni: 

"  L'acido  ossalico  ha  origine  in  tutte  le  cellule  turgide  dei  paren- 
chimi corticali  e  midollari,  dove  combinasi  con  il  potassio  e  si  getta 
negli  spazi  intercellulari,  con  i  quali  piobabilmente  le  cellule  comuni- 
cano direttamente. 

"  Circolando  negli  spazi,  l'ossalato  solubile  può  giungere  in  con- 
tatto con  le  cellule  cristallofore,  ovvero  può  arrivare  a  queste  per  le 
comunicazioni  intercellulari  indipendentemente  da  essi. 

"  Nel  suo  tiagitto  non  può  combinarsi  con  i  sali  di  calcio,  che  pro- 
vengono dal  terreno  e  si  diffondono  tra  le  molecole  cellulosiche  della 
parete,  perchè  è  protetto,  nell'  interno  delle  cellule,  dall'ectoplasma, 
negli  spazi  dai  rivestimenti  di  questi. 

"  Una  volta  giunto  nelle  cellule  cristallofore,  l'ossalato  potassico 
.s' incontrerà  con  il  calcio,  poiché  le  proprietà  speciali  dell'  ectoplasma 
di  queste  cellule  sono  appnnto  tali  da  lasciare  entrare  i  sali  di  calcio. 

•■  Le  cellule  cristallofore  rappresentano  adunque  il  luogo  in  cui  si 
origina  l'ossalato  di  calcio,  ma  non  (]uello  in  cui  si  forma  l'acido  ossalico  „. 

Una  relazione  tra  ossalato  di  potassio  e  ossalato  di  calcio  viene 
ammessa  dall'autore  in  seguito  all'osservazione  che  \w\VOxalis  e  nella 
Pircimia  dioica  le  cellule  cristallofore  sono  immerse  in  un  tessuto  molto 
ricco  di  ossalato  potassico  ed  inoltre  che  questo  ossalato  appare  fino  dai 
primi  periodi  di  sviluppo  di  un  organo. 

Per  la  ricerca  degli  ossalati  solubili  nei  tessuti  l'Acqua  si  servi  di 
una  soluzione  allungata  di  cloniro  di  calcio  satura  di  acido  picrico. 


'  (-'.  .\f.ji_'A,  ('uii/rihir.ioiir  ulto  sfii(l/{t  dei  niatalli  lU  ossaliitii  ili  calcio  nelle 
piante.  Annuario  del  1{.  Istituto  Botanico  di  ]?onia,  anno  lii,   1887-f-<'J. 

'  C.  AcQTA,  yunra  cantrihusionv  allo  xtiidio  dei  cristalli  di  ossalalo  dicale/o 
nelle  piiiiite.  Malpig'liia,  anno   ili.   voi.   in,  1SS9. 


^-   65   — 

L'acido  iiiciico  seivirebbe  a  permettere  la  penetrazione  del  calcio 
nelle  cellule  uccidendo  lo  strato  ialino  ectoplasmatico  die  impedisce  il 
passaggio,  ed  il  cloruro  di  calcio,  incontrando  l'ossalato  solubile  delle 
cellule,  darebbe  luogo  ai  precipitati  di  ossalato  di  calcio. 

Questo  nelle  sezioni  di  picciuolo  di  Oxalis  sottoposte  all'azione  del 
reattivo  accennato,  si  rivela  negli  spazi  intercellulari  che  riempie  ed 
in  minor  quantità  nelle  cellule  circostanti,  aderendo  anche  alle  pareti 
cellulari. 

Tale  fatto  die  l'autore  vide  presentarsi  costantemente  è  precisa- 
mente quello  che  gli  permise  di  ammettere  l'esistenza  dell'ossalato  di 
potassio  nelle  cellule  turgescenti  del  parenchima  e  la  sua  emigrazione 
da  queste  negli  spazi  intercellulari. 

L'esistenza  dei  filamenti  di  comunicazione  tra  le  cellule  contenenti 
acido  ossalico  e  quelle  cristalligere,  filamenti  per  mezzo  dei  quali  av- 
verrebbe il  passaggio  dell'ossalato  potassico,  fu  dall'autore  dimostrata. 
Le  sue  ricerche  furono  però  di  esito  negativo  riguardo  a  simili  comu- 
nicazioni tra  il  plasma  delle  cellule  e  quello  degli  spazi. 

Finalmente  l'Acqua  fu  condotto  ad  ammettere  che  nelle  piante  da 
lui  esaminate  i  rivestimenti  intercellulari  rappresentano  molto  proba- 
bilmente membrane  viventi,  poiché  osservò  che  essi  esistono  fin  dai 
primi  stadi  dello  sviluppo  della  pianta,  si  accrescono  unitamente  agli 
spazi  e  sono  caratterizzati   da  speciali  reazioni. 

Lo  stesso  autore,  più  tardi,  '  ha  intrapreso  nuove  ricerche  sull'ori- 
gine dell'ossalato  di  calcio,  sperimentando  sul  Mesemhri/aiithetnum  aci- 
naciforme  Liun.  e  &\\\Y l'h-oìiymus  japoiiiciis  \Aìì\\. 

Egli,  facendo  uso  della  soluzione  accennata  di  cloruio  di  calcio  in 
acido  picrico,  ha  potuto  constatare  che  neWEvoni/mus  mancano  ossalati 
solubili  e  che  e.'^si  esistono  nelle  foglie  di  MesembryanthemHin  ove  pre- 
cipitano in  masse  sferiche  sparse  in  tutte  le  cellule  dei  parenchimi,  non 
escluse  talora  anche  le  rafidiofore  che  trovansi  in  questa  pianta  sia  nel 
palizzata,  sia  nel  parenchima  acquifero  sotto.staiite. 

Ciò  constatato,  l'Acqua  cercò  di  indagare  la  distribuzione  dei  sali 
di  calcio  solubili,  adoperando  una  soluzione  di  acido  ossalico  al  2  "/o 
che  li  farebbe  precipitare  nel  punto  in  cui  si  trovano. 

Con  tale  soluzione  egli  ha  potuto  dimostrare  che  nelle  foglie  di 
Mesembrijaidhemum  i  sali  di  calcio  non  precipitano  mai  nelle  cellule 
verdi  (essi  però  abbondano  nelle  cellule   sottostanti  ove   si  depositano 


'  0.  Acijr.v,  A/cinie  ot^scrruzioì/i  mi/  Iiukjii  <li  oriijiiio  ilcJiuxftohiio  cn.'cicu  nelle 
p/ifiifc.  M:ili)if;lii;i.   aiiiin   in,  \ol.    ni.    ISSll. 


—   fin    — 

sulle  i)areti  sdUo  forma  di  masse  rotoiulegf^iaiili)  e  che  iiell'  lù-uìnpiius 
precipitati  simili  trovaiisi  numerosi  nella  corteccia,  ove  occupano  le 
pareti  delie  cellule;  nel  midollo  ove  sono  talora  presenti  nell'interno 
delle  cellule,  ed  inJìne  nelle  cellule  cristallot'ore  ove  sono  tanto  abbon- 
danti da  trasfoi'mare  talora  la  parete  in  un  sol  pezzo  di  ossalato  di 
calcio. 

In  seguito  a  tali  osservazioni  l'autore  conclude  che  ueW'Enoìij/niKs 
japonirus  le  pai'eti  delle  cellule  cristallofore,  specie  nei  tessuti  verdi, 
hanno  la  proprietà  di  aceumnlare  i  sali  di  calcio  che  si  diffondono  allo 
stato  di  soluzione  nel  corpo  della  pianta;  che  la  foimazione  dell'ossa- 
lato  calcico  in  questa  pianta  avviene  nelle  stesse  cellule  ove  si  trova 
depositato;  e  che  infine  anche  le  osservazioni  compiute  sul  Mesem- 
bnjaiìthemìim  acinacifonne  parlano  in  favore  di  questa  ipotesi. 

Di  fronte  a  siffatti  risultati  l'Acqua  insiste  nella  sua  prima  opi- 
nione contro  l'ipotesi  della  solubilità  dell'ossalato  di  calcio  nel  succo 
cellulare. 

Schimper  '  in  opposizione  a  tale  opinione,  basandosi  sul  fatto  da 
lui  osservato  che  nelle  foglie,  specialmente  di  Si/ìiiplion'rarpus,  di  Alttus 
e  di  Crataegus,  l'ossalato  di  calcio  formatosi,  in  origine  in  forma  di 
macie  nel  mesofillo  si  ridiscioglie  per  emigrare  in  appositi  elementi 
delle  nervature,  ammette  die  questo  sale  presenta  una  grande  mobilità, 
simile  a  quella  dei  prodotti  dell'assimila/.ione. 

Il  medesimo  autore  distingue,  rispetto  alle  condizioni  in  cui  si 
forma,  tre  sorta  di  ossalato  di  calcio,  che  designa  coi  nomi  di  piimario, 
secondario  e  terziario. 

L'ossalato  primario  si  forma  nelle  foglie  in  via  di  accrescimento, 
non  ha  lapporti  colla  luce,  con  la  clorofilla  e  con  la  traspirazione  e  si 
presenta  in  forma  di  rafidi  che  una  volta  formati  non  subiscono  piìi 
alcuna  modificazione. 

L'ossalato  secondario  si  forma  nelle  foglie  dopo  che  esse  hanno 
raggiunto  il  completo  sviluppo  ed  è  in  relazione  colla  luce,  con  la  clo- 
rofilla e  con  la  tiaspirazione. 

L'ossalato  terziario,  in  fine,  si  accumula  nelle  foglie  poco  prima 
della  loro  caduta. 

Di  queste  tre  specie  di  ossalato  di  calcio,  quello  secondario,  di  cui 
specialmente  si  occupò  l'autore,  deriverebbe  dalla  scomposizione  piin- 
cipalmente  del  nitrato  ed  anche  del  solfato  e  de!  fosfato  di  calcio,  che 


'  A.  l'\    W.   Si'iinii'FjH,    Ufbcr  lùtlko.ndathilihi ikj'  in   dei/   /,<iubh/dfteni.   Bot. 
Zeit.  18-^s.  11,  ,5-lu. 


—   67  — 

provengono  dal  terreno.  Questi  si  (leeoni poliscono  nei  tessuti  verdi  ove 
si  accumulano  per  opera  della  (Idrofilia  solto  l'influenza  della  luce.  In 
seguito  a  tale  scomposizione  si  ha  precipitazione  del  calcio  sotto  forma 
di  ossalato  e  formazione  di  sostitiize  organiche  azotate. 

Tale  ipotesi  spiega  il  fatto  da  lui  osservato  che  nelle  foglie  con- 
servate all'oscurità,  in  quelle  clorotiche  e  nelle  fascie  incolore  delle 
variegate  abbondano  i  nitrati,  mentre  il  contrario  accade  nelle  foglie 
esposte  alla  luce  solare  e  nelle  parti  verdi  delle  piante  variegate. 

Schiniper  inoltre  ha  portato  le  sue  indagini  sulla  questione  del- 
l'ufficio della  calce  nell'economia  della  pianta. 

Egli,  in  seguito  a  culture  di  mais,  piselli,  ecc.  in  soluzioni  ora  com- 
plete ed  ora  prive  di  alcuni  elementi  es.senziali  (calce,  azoto,  potassa, 
magnesia),  giunse  alla  conclusione  che  la  calce  sarebbe  necessaria  per 
permettere  il  trasporto  degli  idrati  di  carbonio  o  combinandosi  con  essi 
in  combinazioni  capaci  di  attraversare  le  membrane,  o  rendendo  queste 
ultime  permeabili. 

Così  si  spiega  il  fatto  da  lui  rilevato  che  nelle  piante,  coltivate  in 
soluzioni  nutritizie  prive  di  sali  di  calcio,  l'amido  non  ha  facoltcà  di 
emigrare  in  altii  luoghi  e  si  accumula  nelle  stesse  cellule  ove  fu 
formato. 

Finalmente,  secondo  Schimper,  la  calce,  dopo  avere  compiuto  l'uf- 
ficio accennato,  viene  rimessa  in  libeità  e  si  combina  con  l'acido  ossa- 
lico per  formare  l'ossalato. 

Alberto  Alberti  '  arriva  alle  conclusioni  dello  Schimper  dopo  avere 
ripetuto  le  sue  osservazioni. 

Egli  infatti  ammette  che  delle  tre  specie  di  ossalato  di  calcio  quello 
secondario  si  formi  nelle  cellule  verdi  sotto  l'azione  della  luce  e  di- 
penda dalla  traspirazione  ;  che  i  cristalli  di  ossalato  di  calcio  si  pos- 
sano ridisciogliere  compiendo  un  ufficio  devoluto  alla  calce  e  non  al- 
l'acido. Quest'ufficio  consisterebbe  nel  permettere  la  migrazione  negli 
idrati  di  carbonio  dal  tessuto  assimilatore  nei  luoghi  di  riserva  e  nel 
portare  al  tessuto  assimilatore  i  nitrati,  i  fosfati  e  i  solfati.  La  calce, 
abbandonata  dai  rispettivi  acidi,  si  combinerebbe  con  l'acido  os- 
salico, che  rappresenterebbe  un  prodotto  di  avanzata  metamorfosi  re- 
gressiva. 

Mentre  Aè,  De  Vries  ed  i  due  precedenti  autori  ammettono  che 
l'ossalato  di  calcio  può  disciogliersi  ed  emigrare  dalle  cellule  in  cui  fu 
formato  colla  stessa  facilità  colla  quale  emigrano  gli  idrati  di  carbonio, 


'  Alberto  Ai.heuti,  L'osacilafo  di  micio   ludk  l'oijlie.  Boll,  della  Soc.  Ittil. 
ilei  Microscopisti.  Anno  i,  voi.  i,  fase.  1  e  2. 

6* 


—  fi8  — 

Weliemev  ',  dopo  avei'e  ripetuto  le  osservazioni  dello  Sc]iini|ier  riguar- 
danti l'emigrazione  dell'ossalato  di  calcio,  arriva  a  conclusioni  opposte, 
concludendo  clie  una  tale  emigrazione  non  ha  fondamento. 

Anche  Monteverde  -  è  dello  stesso  parere.  Egli  infatti,  facendo 
crescere  una  giovane  piantina  di  pisello  parte  alla  luce  e  parte  al  buio, 
constatò  che  le  parti  illuminate  erano  ricche  in  ossalato  di  calcio,  mentre 
quelle  rimaste  all'oscuro  non  ne  contenevano  quasi  :  dal  ciie  dedusse 
che  non  si  verifica  una  emigrazione  di  questo  sale  dalle  parti  esposte 
alla  luce  a  quelle  tenute  all'  oscuro. 

Monteverde  distingue  come  Schimper  tre  specie  di  ossalato  di  calcio. 
Egli  inoltre,  studiando  le  condizioni  nelle  quali  avviene  la  formazione 
di  questo  sale,  trova  che  esso  si  produce  meno  abbondantemente  al- 
l'oscuro che  alla  luce  e  meno  alla  luce  debole  che  alla  luce  normale. 

La  quantità  della  calce  contenuta  nel  substrato  avrebbe  anch'essa 
un'influenza  sulla  formazione  dell'ossalato  di  calcio,  però  solamente  fino 
ad  un  certo  limite. 

Kohl  •'',  Palladin  ed  altri  autori  ammettono  che  l'ossalato  di  calcio 
sì  formi  durante  la  formazione  degli  albuminoidi  dalle  amidi  col  con- 
corso degli  idrati  di  carbonio. 

Wehmer  *,  in  seguito  all'osservazione  che  la  presenza  di  una  base 
attiva  la  formazione  dell'acido  ossalico,  crede  che  la  calce  non  venga 
assorbita  dalla  pianta  per  neutializzare  l'acido,  ma  probabilmente  serva 
per  concorrere  alle  trasformazioni  chimiche  che  avvengono  nell'ambiente 
cellulare.  Parrebbe,  secondo  questo  autore,  più  probabile  che  la  forma- 
zione dell'acido  ossalico  sia  causata  dalla  presenza  della  calce  piuttosto 
che  questa  sia  assorbita  per  neutralizzare  l'acido. 

Wehmer  infine  insiste  ancora  nella  sua  opinione  che  l'ossalato  di 
calcio,  una  volta  formato,  non  si  discioglie  e  resta  depositato  nelle 
cellule  in  cui  si  è  formato  senza  potere  essere  impiegato  in  alcuna 
maniera. 

Tale  opinione  non  è  condivisa  dal  Kraus  ^  il  quale,  con  Schimper 
ed  Aè,  considera  l'ossalato  di  calcio  accumulato  nella  coitecela  degli 
alberi  e  degli  arbusti  come  un  materiale  di  liserva. 


'  e  Wkuhmki!,  Ijhs  \'it/iii//i'ii  iIl'x  iij:iilsinnvii  Kall.'vs  in  ilcii  U/at/cni  imi 
Sumphoricarpiis,  Aliiiiti  uiid  Vnttaegus.  Bot.  Zeit.,  Nr.  S)-1U,  18isy. 

'  l\r(i\Tii;vEUUi5,  Uelier  die  Abìagennui  lon  Calcinili  inni  ìfagiieniinii  O.rii/af 
in  iter  l'/iaiìxe.  Botanische  Contralblatt,  .\Liu,  p.  327. 

^  Kolir,,  Aiiatoiiiischc  T'iitersiichiiiifi  dcr  h'ii/liS(ilr:i'  inni  Kieselsniire  in  ilei- 
Fflanzen.  Marhurg,  1881». 

*  WioiniF.i:,  Zìir  IVii/fiioloijic  <ln-  h'cil:ii/eii .  Moiialssrlirift.  tur  Kakteen  Kimde. 
Berlin,  1S92. 

'"'  G.  Klì.\rs,   Ue.hcr  dus  Kalko.nihit  ili'r  Hniunrindeii.   Bot.  Cent.  .\Li.\,  p.  IHl. 


—  69 

G.  I\)'aus  fu  indotto  a  questa  fouclusioue  poiché  osservò  nel  Ribes 
san<jninei(m,  nel  Pirus  Malus  e  nella  lìoaa  canina,  die  nella  primavera, 
(huante  lo  sviluppo  dei  germogli,  nna  parte  dell'ossalato  di  calcio  de- 
])ositato  nella  corteccia  si  ridiscioglie  ed  emigra  verso  altre  parti  della 
pianta. 

Egli  sostiene  che  quest'ossalato  si  scioglie  lentamente  negli  acidi 
ordinari  che  trovansi  di  solito  nei  vegetali  e  nei  loro  sali. 

In  appoggio  a  una  tale  ipotesi  vengono  anche  le  osservazioni  del 
Wahrlich.  ' 

Questo  autore  osservò  una  corrosione  dei  cristalli  nei  cotiledoni  dei 
Lupini,  quando  essi  vengono  coltivati  in  terreno  privo  di  calce,  e  con- 
statò che  i  cristalli  isolati  della  Tradescantia  discolor  e  dei  Bryoplujl- 
Jnm  caJicinitm  si  sciolgono  quando  queste  piante  vengono  coltivate  in 
substrato  come  il  precedente  nientie  i  loro  rafidi  restano  intatti.  Come 
solvente  priiicii)ale  dei  distaili  accennati  servirebbe  l'acido  ossalico. 

Anche  Frank-  ed  altri  autori  osservarono  il  fenomeno  della  ridis- 
soluzione dell'ossalato  di  calcio  che  riscontrai  anch'io  nei  tubercoli  del 
rizoma  di  Bietta  hìjocinthina  Ait. 

Buscalioni  ''  poi  osservò  che  in  molte  specie  vegetali  in  cui  si  for- 
mano delle  druse,  queste,  quando  si  trattano  con  un  sale  di  rame,  danno 
luogo  quasi  sempre  alla  formazione  di  un  precipitato  cuprico  che  si 
localizza  nel  cosidetto  "  nucleo  organico  „  delle  druse,  posto  in  evidenza 
per  la  prima  volta  dal  Sanio.  ' 

Un  altro  fenomeno  che  mise  in  luce  lo  stesso  Buscalioni  è  che 
simili  precipitati  (che  egli  chiamò  "  liberi  „  per  distinguerli  da  quelli 
inclusi  nelle  druse»  si  furmano  costantemente  nei  parenchimi  dove  av- 
viene la  formazione  delle  druse. 

Buscalioni  dai  molteplici  tentativi  che  fece  non  ha  potuto  defi- 
nire la  natura  dei  precipitati  accennati,  però  ha  notato  che  un  dato 
sale  di  rame  precipita  sopra  una  sostanza  organica  e  che,  dalle  rea- 
zioni che  presenta,  risulta  essere  niucilaggine  di  natura  callosica  o  forse 
anche  pectica. 


'  Waiiki.ii  n,  l'flicr  I 'iilrni iii  ( i.ralnl  in  ih'r  /'ftiiiizeii .  luaug.  L)i.ssert.,  Mar- 
biug  1892. 

^  FuANK.  l'eher  <lic  iiindoiiiixche  Hedciilini;/  timi  die  Kidstehuny  der  rer/e- 
tabiliscìieii  Sr/ileiine.  Piingsheim's   Jahrb.   f.  Wissenschat'tl.  Bot.   v,  p.  ICl,   1866. 

'  Buscalioni,  Studi  sui  cristalli  di  ossalato  di  cilicio.  Malpigbia  voi.  i.\-.\, 
189.5-96. 

*  Sanio,  i'eber  die  iit  der  Ilinde  dico!.  Ilolsc/ewaehse  rorkmnm.  Kri/Htalliiii- 
sclicìi  Nieiler.ichtdffP,  itiid  dermi  Aiiiit.  Vcrbreitinii/.  Monatsber.  d.  Kgl.  Akad.  d. 
Wissen.schaft.  Berlin  1857. 


-    70   — 

Da  ciò  Buscalioni  coiiuliule  che  i  cristalli  di  (jssalato  di  calcio  si 
originano  in  seno  al  plasma  in  quelle  cellule  ove  trovansi  accumuli 
delle  inucilaggiiii  suddette. 

Horodin  '  ilistiiigue,  rispetto  al  luogo  in  cui  si  forma,  due  sorta  di 
ossalato  di  calcio,  che  ciiiama  ossalato  localizzato  e  ossalato  diffuso. 
L'ossalato  localizzato  si  deposita  in  cellule  speciali,  quello  diffuso  in- 
vece si  accumula  in  tutte  le  cellule  di  un  tessuto. 

Sopra  yl6  specie  che  ha  studiato  Borodin,  300  contenevano  ossa- 
lato  localizzato,  40  ossalato  diff"uso  e  548  erano  prive  di  questo  sale 
almeno  nelle  foglie.  Egli  deduce  quindi  che  l'ossalato  diffuso  è  relati- 
vamente raro.  Esso  si  trova  nell'epidermide,  nel  mesofìllo  e  sopratutto 
nel  tessuto  a  palizzata  ;  è  frequente  specialmente  nelle  Labiate  e  inoltre 
nelle  Gentiance  e  nelle    Convolvìdacee. 

Groom  ^  ammette  con  Bohm  e  Schimper  che  la  calce  serve  a  neu- 
tralizzare l'acido  ossalico  come  velenoso  per  la  pianta;  senza  calce  il 
fenomeno  dell'assimilazione  verrebbe  rallentato  per  l'accumulo  di  ossa- 
lato  di  potassio  die  nuoce  all'aniilasi. 

Amar '^  è  di  parere  contrario  a  tale  ipotesi.  Egli,  in  seguito  ad 
esperienze  ed  osservazioni  sopra  un  grande  numero  di  piante  conte- 
nenti cristalli  di  ossalato  di  calcio,  conchiude  che  la  calce  sotto  forma 
di  nitrati,  essendo  necessaria  alla  costituzione  ed  al  buon  funziona- 
mento fisiologico  della  pianta,  viene  assimilata  fino  ad  una  certa  pro- 
porzione che  varia  secondo  la  specie;  al  disotto  di  questa  proporzione 
essa  si  elimina  sotto  forma  di  cristalli  di  ossalato  di  calcio  come  un 
prodotto  inutile.  Da  ciò  l'autore  deduce  che  la  formazione  dell'ossalato 
di  calcio  avrebbe  per  scolio  l'eliminazione  della  calce  superflua  piuttosto 
che  la  neutralizzazione  dell'acido  ossalico. 

Da  questi  cenni  storici  si  vede  quale  divergenza  di  opinioni  regna 
intorno  all'origine  e  all'ufiScio  biologico  dell'ossalato  di  calcio  che  è  cosi 
ampiamente  diffuso  nel  regno  vegetale. 

In  un  mio  lavoro  '  ho  es[iosto  le  ragioni  che  mi  hanno  indotto  ad 
ammettere  che  la  mucilaggiue  dei  tuberi  di  OrcJiis,  anziché  come  la  cel- 
lulosa, si  comporti  come  il  glicogeno. 


'  Boi!()l)iN.  Sur  le  dépòt  d'O-ai/dl  (ìc  c(ilc/iiiii  ihiiis  It-s  /'(iiillfs  (Soc.  tle.s  NaI.ui-. 
ile  S:iii]t-Tél«nsbuui-g,   ISnyV 

^  Ghoom,  Alili,  of  Itotdiiij  X,   isyu,  u.  37,  ]>.  HI. 

''  Ajiau,  Hui-  h  ròli;  de  l'oxiilale  ile.  calcili  in,  daiis  la  iiutriliaii  r/r.s-  i  rijflaii.r. 
Ainiiiles  des  Sciences  Nat.,  tome  xi.x,   1904,  pag.  195. 

■*  I.  PoLrris,  Sulla  presenza  del  (jlicoijewi  nelle  fanerogame  e  mia  relazioìie 
eoli' OH  .salato  di  calcio  (Atti  dell'lst.  But.  di  Pavia,  voi.  xiv). 


—    71   — 

Ivi  inoltre  notavo  clie  questo  idrato  di  carbonio  si  riscontra  anclie 
in  altri  generi  aiipartenenti  sia  alle  Orchidaree  sia  alle  Bromeìiacee.  ove 
si  forma  costantemente  nelle  cellule  in  cui  più  taidi  compare  l'ossalato 
di  calcio  in  forma  di  rafiili. 

Di  fronte  a  questi  fatti  concludevo  che  esiste  una  relazione  tra  gli- 
cogeno e  ossalato  di  calcio. 

Subito  dopo,  in  un  altro  lavoro  \  in  seguito  a  nuove  ricerche,  met- 
tevo in  rilievo  che  nel  Fìnlodendron  oxycardmm  Schott.,  e  nel  Pìiilo- 
(lendron  melunochri/sum  Linden.,  si  forma  costantemente  nelle  cellule, 
destinate  a  diventare  cristallofore,  una  sostanza  mucilagginosa  che  si  com- 
porta come  l'amiloide.  Ciò  mi  fece  concludere  che  tra  l'amiloide  ed  1 
cristalli  di  ossalato  di  calcio  deve  esistere  un  intimo  rapporto. 

Ora  vediamo  se  tali  conclusioni  possono  servire  a  portale  un  po' di 
luce  sulla  questione  riguardante  il  luogo  di  origine  e  l'ufficio  biologico 
dell'ossalato  di  calcio  nelle  piante  da  me  studiate. 

Da  molto  tempo  Claude  Bernard^  notò  che  nell'amnios  dei  muli- 
nanti si  trovano  dei  cristalli  di  ossalato  di  calcio  e  li  considerò  come 
un  prodotto  di  ossidazione  del  glicogeno. 

A  questa  opinione  si  è  assodato  anche  Errerà  '  per  spiegare  la 
formazione  dell'ossalato  di  calcio  nel  Piolobolus  e  in  molti  altri  funghi 
dove  esso  si  trova  diffuso. 

Come  sopra  si  è  detto,  De  Vries  sostiene,  in  appoggio  alla  sua 
ipotesi  riguardante  il  luogo  di  origine  dell'ossalato  di  calcio,  che  nelle 
cellule  ove  esso  si  trova  depositato,  non  sono  stati  mai  riscontrati  amido 
e  zucchero,  i  quali  possono  considerarsi  come  materiale  di  formazione 
degli  acidi  organici. 

Adesso  però 'dopo  che  io  ho  rilevato  che  nelle  cellule  cristallofore 
di  diverse  mouocotiledcni  si  formano  speciali  idrati  di  carbonio  (glico- 
geno, amiloide)  e  che  esiste  una  relazione  tra  questi  e  la  formazione 
dell'ossalato  di  calcio,  credo  che  venga  a  mancare  il  principale  argo- 
mento che  De  Vries  porta  in  favore  della  sua  ipotesi  e  che  in  oppo- 
sizione ad  essa  si  possa  così  concludere: 

Vacido  ossalico  e  Vossalato  di  calcio  hanno  origine  nelle  cellule  in  cui 
questo  sale  si  trova  cristallizzato.  L'acido  ossalico  proverrebbe  dal  glicogeno 
0  dall'  amiloide  per  ossidazione. 


'  I.  Poi.nis,  Sulla  piv. se  lisci  ili  Aiiiilo/ilc  lallc  cellule  cristattofore  del  <■■  Pld- 
todendroH  oxycardium  Schott.  »  e  del  «  J'ìiilodeiidroii  inelanochriisinii  Linden.  » 
(Atti   dell'Lst.  Bot.  di  Pavia,  voi.  xiv).      . 

'  Cl.  Bernard,  T^ecoiis  sur  les  pìiénniiièiies  de  la  vie  coinmuns  uH.r  miimaux 
et  au.K  végétaux,  If^li^,  t.  i,  p.  237-23S. 

'  L.  Errerà,  L'épiplasme  des  A.icoiiij/cète.s  et  le  gli/eogéiie  <fes-  végétaux. 
Eeciieil  del'Iust.  Bot.  de  Bruxelles,  t.  i,  p.  25. 


—   72    - 

Ufficio  biologico.  -  Seguendo  lo  sviliiiipo  delle  cellule  latidiofoie 
di  varie  monocotiledoni  osservai  '  che  esse,  mentre  dapprima  somigliano 
alle  cellule  vicine,  poi  si  dififerenziano  e  diventano  formatrici  di  speciali 
idrati  di  carbonio.  Siccome  questi  ultimi  si  formano  costantemente  nelle 
cellule  cristallofore  suddette,  ammisi,  come  già  dissi,  che  fra  essi  e 
l'ossalato  di  calcio  che  subito  dopo  appare  in  queste  cellule,  debba  esi- 
stere una  relazione  e  cioè  ciie  l'acido  ossalico  che  serve  alla  formazione 
dell'ossalato  provenga  dai  detti  idrati  di  carbonio.  Questi  si  formereb- 
bero dunque  costantemente  in  determinati  elementi  per  dare  origine  al- 
l'acido ossalico.  È  necessario  quindi  ammettere  clie  quest'acido  deve 
compiere  una  determinata  funzione  che  potrebbe  essere  per  esempio 
(jnella  di  eliminare  la  calce  superflua  come  suppone  Amar,  o  quella  di 
formare  cristalli  di  ossalato  di  calcio  aventi  qualche  speciale  ufficio 
biologico. 

Ciò  supposto  credo  che  sia  da  escludersi  l'ipotesi  del  Groom,  del 
Bohm  e  dello  Schimper  secondo  la  quale  la  formazione  dell'ossalato  di 
calcio  avrebbe  per  iscopo  la  neutralizzazione  dell'acido  ossalico  come 
sostanza  tossica  per  la  pianta. 


I.    PoLITIS.    1.    C. 
Istituto  Botanico  di  l'avi.n,  novembre  lOH. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  H.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


SULLA 

FLORA  MICOLOGICA  DELLA  GRECIA, 


PRIMA    CONTRIBUZIONE 

(lei  Dott.  IOANNES  POLITIS 

assistente  onorario  ftll'Istituto  Botanico  della  R.  Università  di  Pavia. 

Dopo  Teofiasto  e  Dioscoride,  i  quali  descrissero  un  certo  numero 
di  piante  utili  della  Grecia,  P.  Belon,  '  pel  primo,  nell'anno  1546  per- 
corse Salonicco,  Bisanzio  ed  alcnne  altre  parti  della  penisola  Calcidica 
e  fece  menzione  di  certe  piante  ignote  fino  a  quell'epoca. 

Tournefort  '  poi  nel  1700-1701,  avendo  intrapreso  un  viaggio  in 
Oriente,  visitò  diverse  parti  dell'Asia  Minore,  Creta  e  le  isole  Cicladi 
e  scopri  non  poche  specie  nuove.  Dopo  di  lui  Buxbaum,  ^  Forskalil  ■*  e 
Sestini  '"  erborizzarono  in  alcune  parti  della  Grecia.  Ma  quegli  che  con- 
tribuì grandemente  alla  conoscenza  della  flora  greca  fu  Sibthorp.  " 
Quest'autore,  in  due  viaggi  da  lui  intrapresi,  l'uno  nel  1785  e  l'altro 
nel  1793-1795,  percorse  quasi  tutta  la  Grecia  raccogliendo  abbondan- 
tissimo materiale.  Il  suo  lavoro  intitolato  Florae  Graecae  prodromus  „ 
fu  pubblicato  dopo  la  sua  morte  da  Smith  e  Lindley  ed  illustrato  dal- 
l'artista Bauer  che  lo  aveva  accompagnato  nei  suoi  viaggi. 


'  Belon  P.,  Les  observations  des  pltisieurs  sìnguìarités  et  choses  móiiìorablcs 
troll vées  en  Grece.  Paris,  1553. 

'  Tournefort  .J.  P.,  Relation  d'un  roi/uyc  aii  Lecant.  Amsterdam,  1718. 

'  Biixbaumii  plantarum  minìiR  cognitariim  Centuriae  i-v.  Petropoli,  1728. 

"*  Forskalii  Flora  Consttantinopolitaììa  et  insulorinn  Tei/edos,  Iiiiron,  lìlw- 
dox,  eie.  in  Flora  Aegyptktco-arabica,  p.  xvi-xxxvi.  Haun.  1775. 

^  Sestini,  Viaggio  da  Costantinopoli  a  lia.s.sora,  1786,  e  Viaggio  da  Co.^lan- 
tiìiopoli  a  Biikarest  fatto  ranno  1779.  Roma,  1794. 

"  SiRTiioRP  J.  et  Smith  J.  E.,  Florae  graecae  prodromus.  Lonilhii,  180G-1813. 
—  SiBTiiORi'  J.,  Flora  graeca.  Londini,   lSOG-40. 

Atti  dell'Ist.  Bot.  dell' Universìlà  di  Pavia  -  Serie  II  —  Voi.  XV.  '      7 


—    74 

Dopo  Sibtliorp,  Sieber,  '  Clarke,  -  Olivier,  ^  Dumont  d'Urville  '  esa- 
minarono, dal  punto  di  vista  floristico,  diverse  parti  della  terra  ellenica 
e  pubblicarono  in  relativi  lavori  i  risultati  delle  loro  ricerche. 

Le  conoscenze  intorno  alla  flora  greca  si  ampliarono  poi  conside- 
revolmente in  seguito  all'esplorazione  botanica  del  Peloponneso  e  delle 
Cicladi,  intrapresa  nel  1831  dalla  spedizione  scientifica  del  governo 
francese  diretta  dal  Bory  de  St.  Vincent.  '' 

Poco  dopo  molti  altri  botanici  si  occuparono  della  flora  greca  ed 
i  loro  contributi  vennero  compresi  nella  Flora  orienialis  del  Boissier.  '' 

Tra  questi  sono  degni  di  speciale  memoria  quelli  di  Orplianides  e 
di  Heldreich. 

Finalmente,  in  tempi  recenti,  la  flora  greca  fu  oggetto  di  studio 
da  parte  di  Halacsy,  Baldacci,  Doifler,  '  Tountas,  **  Maire  e  Petitmen- 
giu,  ^  e  tutto  ciò  che  è  noto  fin'ora  intorno  ad  essa  fu  raccolto  nel 
Conspectus  Florae  Graecae  di  Halacsy  e  nel  supplemento  di  essa  recen- 
temente pubblicato. 

Mentre  la  flora  fanerogamica  greca  ebbe,  come  si  vede  da  questi 
cenni  storici,  numerosi  e  valenti  cultori,  quella  crittogamica  è  ancora 
oggidì  assai  trascurata.  ^^ 


'  SiBBEii  F.  G.,  Beise  nacli  der  Insel  Creta.  Leipzig  unti  Saraii,  1823. 

'  Clarlce^s  Traveìs  in  various  coiintries  of  Europe.  Voi.  1-2.  London,  1813-1810. 

'  Olivier  G.  A.,   Voyage  dans  l'empire  oitoman.  Paris,  1801-4. 

*  DujiONT  d'Urville  J.,  Eìiiinieratio  plantdrum.  quas  in  insu/is  Arcìujx'ìtn// 
fiiif  ì/tforibus  Ponti-Euxini,  annis  1S19,  et  ISSO  coUegit  afqiie  detexit.  Paris,  182-2. 

^  BoHY  et  CiiAUB.uiD,  Noncelle  flore  du  Peloponèse  et  des  Cijclcides.  Paris,  1848. 

«  Boissier  E.,  Flora  orientalis.  Basileae,  1867-1888. 

'  Vedi  per  i  lavori  di  questi  ultimi  autori  :  Halàcsy  E.,  Conspectus  Florae 
Graecae,  Leipzig  1001-1904,  e  ConxjJcctu.'f  Florae  Graecae  Svpplementum.  Leip- 
zig, 1908. 

'  Toivia  B.,  XXo>QÌg  Tjjf   Kv&viw  (TsMyQaqiixov  JlXtlov  1904-1905  yl^jjvKt). 

"  Maire  R.  et  Petitmengin  M.,  Elude  des  jjlantes  vasculaires  récoltées  en 
Grece  -  i  et  ii  -  (Bulletiu  de  la  Société  des  Sciences  de  Nancy,  fascicules  a*"  e  4''. 
1904,  1908). 

'"  Sulle  alghe  della  Grecia  vennero  puLblicati  i  seguenti  lavori  :  Schmitz  E., 
TJeber  grilne  Algen  aus  dein  Golf  von  Athen  (Sitzung.sb.  d.  Naturf.  Gesellscli.). 
Halle,  1878.  —  Miliaeachi.s  S.,  Beitriige  zur  Kenntniss  der  Algenvegetation  von 
Griechenland :  1.  Die  Meeresalgen  der  Insel  Sciatlws.  Atlien,  1887.  —  Dei  musclii 
si  occupò  ultimamente  Coppey  :  Cuntribution  à  l'elude  des  Muscinées  de  la  Grece 
-  I  et  II  -  (Bulletin  de  la  Société  des  Sciences  de  Nancy,  fascicules  S*"  e  5'',  1907, 
1909,  ove  si  trova  la  letteratura  riguardante  la  Briologia  della  Grecia.  —  I  funghi 
dell'Asia  Minore  vennero  studiati  recentemente  dal  Maire  (Elude  des  Cluniipi- 
gnons  récoltés  ^en  Asie  Mineure.  —  Bull.  Soc.  Se.  Nancy,  3*^  serie,  vii,  1-1906). 
Inoltre  nella  Mycotfieca  universalis  del  Thììmen  e  in  diverse  pubblicazioni  sulla 
llora  fanerogamica  greca,  è  citato  un  piccolo  numero  di  fungili  raccolti  in  Grecia. 


—   75    - 

Pure,  le  crittogame  della  Grecia  non  debbono  essere,  per  lo  stu- 
dioso, meno  interessanti  delle  fanerogame,  sia  per  le  condizioni  clima- 
ticlie  e  geograficlie  di  questa  terra,  sia  per  le  sue  vicissitudini  geolo- 
giche, sia  infine  per  le  sue  piccole  e  numerose  isole  che  presentano 
caratteri  floristici  particolari. 

Per  consiglio  del  chiarissimo  piof.  Briosi  ho  iniziato  lo  studio  dei 
fanghi  della  Grecia  valendomi  di  materiale  raccolto  in  parte  da  me 
nell'anno  1904  e  in  parte  dai  sig.  Syrakis  e  Xanthopulos  direttori  delle 
stazioni  agiarie  di  Elide  e  di  Patrasso,  ai  quali  mi  è  grato  rinnovare 
qui  i  miei  vivi  ringraziamenti. 

r.e  specie  dei  funghi  da  me  classificate  ammontano  finora  a  42  ; 
successive  contribuzioni  verranno,  spero,  ad  aumentarne  il  numero. 


ELENCO  DELLE  SPECIE 


subdiv.  TELEOMYCETAE. 

Giassis  BASIDIOMYCETAE. 

Fani.  Uredinaceae, 

1.  Melampsora  Holioscoyiae  (Pers.)  Cast.  —  Sacc.  Si/ìl.  VII,  p.  586. 

Su  foglie  di  Euphorbia  pep/ns. 

Presso  Atene  (leg.  Politis,  aprile  1905). 

2.  Coleosporium  Seneclonis  (Pers.)  Lèv.  —  Sacc.  SylL,  VII.  p.  751. 

Su  foglie  di  Senecio  vulgaris. 

A  Gastouni  (leg.  Syrakis,  maggio  1910). 

3.  Coleosporium  Soiiclii  (Pers.)  Lèv.  —  Sacc.  1.  e,  p.  752. 

Su  foglie  di   Inula  sp. 

Presso  Aedii>sos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 

4.  TJromyees  Fabae  (Pers.)  De  l'.y.  —  Sacc,  1.  e,  p.  531. 

Su  foglie  di    Vida  Fala. 

A  Salamis  (leg.  Politis,  maggio  1905),  a  Gastouni  (leg.  Syrakis, 
maggio  1910). 

5.  Urorayces  Geiiistae  Tinctoriae  (Per.s.)  Fuek.  —  Sacc,  1.  e,  \\  550. 

Su  foglie  di   Coìutea  arùcrescens. 

Presso  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 


76   — 

6.  Uromyces  striatiis  Scliiòt.       Sacc,  1.  e ,  p.  542. 

Sopra   Medicaio  orbicidaris. 

Nell'isola  Sajaniis  (leg-.  Politis,  maggio   1905). 

7.  Uromyces  Terebinthi  (DC.)  Wiiit.  —  Sacc,  1.  e,  [).  552. 

Sopra  foglie  di  Pistacia  Terebinthus. 
Presso  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 

8.  Uromyces  Trifolii  (Hedw.)  Lèv.  —  Sacc,  1.  e,  p.  534. 

Su  foglie  di   Trifolium  pratense. 

Presso  Aedip.sos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 

9.  Puccinia  coronata  Corda.  —  Sacc  Syll.,  VII,  p.  623. 

Sopra  Hordeum  vulgare. 

A  Gastoiini  (leg.  Syrakis,  aprile  1910)  e  a  Patrasso  (leg.  Xantlio- 
pulos,  primavera  1910). 

10.  Puccinia  Beuedicti  Syd.  —  Sydow,  Monog    Ured  I,  p.  61. 

Sopra  foglie  di  Cniciis  Benedirtus. 

A  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 

11.  Puccinia  Ttaraxaci  (Eebent.i  Plowr.  —  Sydow,  Mono;/.    Ured.,  I, 

pag.  164. 
Sopra  foglie  di   Taraxarum  sp. 
A  Salamis  (leg.  Politis,  maggio  1905). 

12.  Puccinia  Cyperi  Arth.  —  Saec.  Sijll.,  XI,  p.  199. 

Su  foglie  di  Cyperus  sp. 

Presso  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 

13.  Puccinia  Graminis  Pers.  —  Sacc,  1.  e,  p.  622. 

Su  foglie  di  Hordeum  vulgare. 

A  Salamis  (leg.  Politis,  maggio  1905). 

14.  Puccinia  Allii  (DC.)  End.  —  Sacc,  1.  e,  p.  555. 

Sopra  foglie  di  Allimn  sativiitn. 

A  Patrasso  (leg.  Xanthopulos,  priuiavera   1910)  e  Gastouni   (leg. 
Syrakis,  aprile  1910). 

15.  Puccinia  Malvacearum  Munt.  —  Sacc,  1.  e,  p.  686. 

Su  foglie  di  Malva  sihestris. 

A  Gastouni  (leg.  Syrakis.  apiile  1910),  a  Patrasso  (leg.  Xantho- 
pulos, primavera  1910),  a  Salamis  (leg.  Politis,  maggio  1905). 

16.  Puccinia  Asphodelii  Duby.  —  Sacc  ,  1.  e,  p.  666. 

Sopra  Asphodelns  niicrocarpus. 

A  Salamis  (leg.  Politis,  maggio  1905). 


77 


Fani.  Ustilaginaceae. 

17.  Ustilago  Hordei  Kell.  et  Swiiigle.  —  Sacc.  >'////.,  IX,  p.  283. 

Sopra  Hordeiiin  vulgave. 

A  Salamis  (Ifg.  Politis,  mi'.ggio  1905). 

18.  U.stiIago  Tritici  (Peis  )  Jens.  -   Sacc,  1.  e,  p.  283. 

Sopra   Triticum  vulgare. 

A  Gastouui  (leg.  Syrakis,  aprile   1910). 


Classis  ASCOMYCETAE. 

Fani.  Perisporiaceae. 

19.  Sphaerotheea  pauiiosa  i  Wallr.)  Lèv.  —  Sacc.  S'ill.,  I,  p.  3. 

Su  foglie  di  Rosa  sp. 

A  Patrasso  (leg.  Xanthopulos,  primavera  1910). 

20.  Erysiphe  eomimmis  (Wallr.)  Fr.  —  Sacc,  1.  e,  p.  18. 

Su  foglie  di  Ctirumis  saticus  e  Cticiirbita  Pepo. 
A  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 

21.  Erysiphe  Gramiuis  DC.  —  Sacc,  1.  e,  p.  19. 

Su  foglie  di  Poa  sp. 

Presso  Aedipsos   (leg.  Polilis,  giugno  1905). 

22.  Capnodiiim  ISerii  Rbli.  —  Sacc  Si/ì/.,  I,  p.  77. 

Su  foglie  di   Neriìim  Oleander. 

Presso  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 

23.  Anteuiiaria  ericophila  Link.  —  Sacc.  %//.,  I,  p.  82. 

Sul  tronco  di  Erica  arborea. 

Presso  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 

24.  Auteuiiaria  elaeophila  Moiit.  -  -  Sacc,  1.  e,  p.  81. 

Su  foglie  di   Oìea  europaea. 

Presso  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 

Fani,  Sphaeriaceae. 

25.  Pleospora  Asphodeli  Rab.  —  Sacc  S////.,  II,  p.  266 

Sopra  scapi  secchi  di  Asphodelns  microcarpiis. 
Presso  Aedipsos  (leg.  Politi.s,  giugno  1905). 


78 


Fani    Dothideaceae. 

26.  Phjilachora  Bracliypodii  Koiim.  —  Sacc.  %//.,  IX,  \k  1026. 

8ii  foglie  (li  Brachi/poiliniiì  sp. 

Presso  Aedipsos  (leg.  Politi.'^,  giugno  1905). 

Fani.  Hysteriaceae. 

27.  Hysterium  pulicare  Pers.  —  Sacc.  Si/ll.,  II,  \>.  743. 

Su  corteccia  e  rami  di  Qyerciis  sp. 

Presso  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno   1905). 

Fani.  Exoascaceae. 

28.  Exoasciis  deformaiis  (Berk.)  Fuck.  —  Sacc.  Ny///.,  Vili,  p.  816. 

Su  foglie  di  A>ni/gda!iis  communis. 
A  Salaniis  (leg.  Politis,  maggio  1905). 

Classis  PlIYr031Y('ETAE. 

Fani.  Cystopodaceae. 

29.  Cystopiis  caiididus  (Pers.)  Lev.  —  Sacc.  Sijll.,  VII,  p.  234.. 

Su  foglie  di  Capsella  Biirsa-pastoris. 
A  Gastouni  (leg.  Syrakis,  maggio  1910). 

30.  Cystopiis  Portulacae  (DC.)  Lev.  —  Sacc,  1.  e,  ]).  235. 

Su  foglie  di   Forinlaca  oleraren. 

Presso  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 

Fani.  Peronosporaceae. 

31.  Phytoplitora  iufestaiis  (Mont.)  De  Bary.  —  Sacc.  >'////.,  VII.  p.  237. 

Sopra  piante  di  Solamun  tìtòcrosnm. 
A  Gastouni  (leg.  Syrakis,  aprile  1910). 

32.  Pei'onospora  effusa  (Grev.)  Rabenli.  —  Sacc,  1.  e,  p.  256. 

Su  foglie  di  Chenopodium  vuirale  L. 
A  Faliron  (leg.  Politis,  api'ile   1905). 

33.  Peronospora  Alsiiiearnm  Gasp  —  Sacc,  1.  e,  p.  246. 

Su  foglie  di  Stellaria  media. 

Presso  Atene  (leg.  Politis,  aprile  1905). 


—   79  — 

34.  Perouospora  Jlyosotidis  De  By.  —  Sacc.  Si/ll.,  VII.  p.  245. 

Su  foglie  (li  Lithospenniim  arvense. 
Presso  Atene  (leg.  Politis,  aprile  1905). 

s.bdiv.  DRUTEROMYCETAE. 

Fam.  Sphaerioidaceae. 

35.  Phjilosticta  Amai-yllidis  Bres.  —  Sacc.  Si/ll.,  XIV,  p.  863. 

Su  foglie  (li  AmarijlUs  sp. 

Al  Pireo  (leg.  Politis,  aprile  1905). 

36.  PliyUosticta  piricola  Sacc.  et  Speg.  —  Sacc.  SijU..  III,  p.  7. 

Sopra  foglie  di  Pirus  comviunis. 

A  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno  lii05). 

37    Phoma  Audraclmes  LéY-  —  Sacc.  Sijll,  III,  p.  169. 
Su  foglie  di  Arbutus  andrachne. 
A  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 

38.  Phoma  Lentisei  Pass.  —  Sacc.  Si/ÌL,  X,  p.  149. 

Su  foglie  di  Pistacia  Lentiscus. 

A  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 

39.  Macrophoma  dalmatica  (Thiira.)  Beri,  e  Vogl.  —  Sacc.  Si/lì..  X, 

p.  203. 
Su  foglie  di  Olea  europaca. 
A  Aedipsos  (leg.  Pulitis,  giugno  190.5). 

40   Diplodia  Vineae  Pass.  —  Sacc.  Syll.,  X,  p.  332. 
Su  sarmenti  secchi  di    Vitis  vinifera. 
A  Salamis  (leg.  Politis,  maggio  1905). 

Fam.  Mucedinaceae. 

41.  Cercospora  Myrti  Ei-ikss.  —  Sacc.  SijU.  IV,  p.  462. 

Sopra  foglie  di  Myrtus  communis. 

A  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 

42.  Cercospora  Smilacina  Sacc.  Sijìì.  IV,  p.  47. 

Su  foglie  di  Smilax  aspera. 

Pres.^o  Aedipsos  (leg.  Politis,  giugno  1905). 

I.aboratorio  Crittogamico  ili  Pavia,  ottobre  1911. 


ISTITUTO  BOTANICO  DKLLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  IT  A  1,1  A  NO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI 


ALCUNE  MALATTIE  DELLE  OIICHIDEE 
CAUSATE  DA  BACTERL' 

NOTA 

del  Doti  G.  L.  PAVARIXO 

assistente  onorario  all'Istituto  lìotanico  della  li.  Uiiivcrsilà  di  Pjiviii. 
iCdu   una  iariìht.] 

Neil' iniziare  lo  studio  di  alcune  foglie  ammalate  di  (orchidee,  iio 
potuto  constatare  clie  —  mentre  sono  note  pareccliie  malattie  dovute  a 
micromiceti  —  non  vennero  studiate  che  in  via  d'eccezione  quelle  di  na- 
tura batterica,  sebbene  queste  ultime  vadano  diffondendosi  nelle  sei-re 
dei  nostri  Orti  botanici  e  negli  stabilimenti  di  floricoltura,  dove  trovano 
condizioni  favorevoli  di  sviluppo. 

Giorgio  Massee  -  descrisse  "  la  malattia  delle  macchie  nere  „  at- 
tribuendola dapprima  alla  Plasmodioplioru  Oichidis,  ma  in  seguito  con- 
statò non  essere  essa  di  natura  parassitaiia. 

Anche  il  Potter''  studiò  una  malattia  che  si  manifestava  con  maccliie 
vesciculiformi  e  che  credette  dovuta  a  batteri,  ma  le  esperienze  d' infe- 
zione diedero  lisultati  negativi.  Ad  ogni  modo  questa  malattia  sarebbe 
diversa  da  quella  delle  macchie  descritta  dal  Massee. 

Il  Peglion  '  ha  isolato,  da  piante  di  OnricUum,  un  microrganismo 
che  egli  chiamò  Bacterium  Oncidii  e  di  esso  afferma  d'avere  constatata 
l'azione  patogenica  con  la  riproduzione  artificiale  della  malattia. 

'  G.  L.  Pav ARINO.  Vedasi  :  Malattie  caudate  da  bactcri  nelle  Orchidee  (Jl.  Acc. 
Lincei  1911.  Roma). 

-  Massee  Geoi!(ìe,  The  Spot  Disease  of  Orchids  (Ann.  ofBot.,  voL  ix,n.  xxx, 
sept.  1895.  Cifc.  Zeitschr.  1.  Pflauzt'iikr.,  1H96,  S.  226). 

'  Potter  M.  C,  Leaf-HX>ot  of  Udontaylossn ni  Ui-oskinneri  (Ceiitralbl.  f.  Bakt. 
u.  Pai-.,  Band  24,  pag.  ,554,  1909). 

■•  V.  Pec.lion,  Bacterioxi  delle  foglie  di  Oncidiiuii  sp.  (Centralbl.  f.  Bakt.  u. 
Par.,  Band  5,  pag.  33,  1889). 

Alt!  M/'IsL  Boi.  clell'Vnirevfità  di  Pavia—  Serie  II.—  Voi.  XV.  8 


—    82   — 

Un  altro  microrganismo  venne  pure  isolato  da  Hy  S.  Hori,  '  il  Ba- 
cillus  Cì/pripedii  provvisto  di  flagelli  e  che  misnra  1,5-2  di  lunghezza 
e  0,5-0,7  (li  larghezza.  Si  colora  debolmente  col  bleu  di  metilene  e  col 
violetto  di  genziana,  ma- resiste  al  Grani.  Si  sviluppa  bene  neìVagar  ed 
in  geladtia,  provocandone  la  fusione  graduale  lungo  il  canale  d' innesto, 
e  con  formazione  di  sedimento  bianco  grigiastro  e  bolle  di  gas  nella 
parte  superiore  del  tubo.  Nel  brodo  sviluppa  una  sottile  pellicola  e  odore 
fortemente  putrido. 

L'A.  osserva  che  il  microrganismo,  da  lui  isolato,  pure  avendo  co- 
mune con  quello  di  Peglion  la  bianchezza  delle  colonie  e  lo  sviluppo 
di  gas,  non  può  procedere  alla  identiiìcazione,  non  essendo  il  Ba<lcrhim 
Oncidii  descritto  minutamente  ed  in  modo  caratteristico. 

Le  ricerche  che  riguardano  la  presente  Nota,  venneio  da  ine  ini- 
ziate sopra  foglie  di  Cattleija  Warneri  e  di  C.  Harrisoiiiae  —  cosparse 
di  macchie  brune  e  di  escrescenze  rugginose  —  foglie  inviate  per  studio 
a  questo  Laboratorio  crittogamico  dall'avv.  Boccardo  di  Roma,  distin- 
tissimo coltivatore  di  Orchidee. 

Bacterium   Cattleyae  n.  sp. 

Non  avendo  riscontrato  nei  tessuti  delle  macchie  delle  foglie  sud- 
dette tracce  di  micelio  e  trovato  invece  numerosi  microrganismi,  ho  fatto 
delle  seminagioni  nei  diversi  mezzi  nutritivi  con  pezzetti  di  foglie  e  di 
pseudobulbi,  lavandoli  prima  con  acqua  e  sapone  e  poscia  disinfettan- 
doli con  soluzione  al  millesimo  di  sublimato  corrosivo,  ed  infine  pas- 
sandoli in  acqua  distillata  sterile  e  successivamente  in  alcool  ed  etere. 

Aspetto  microscopico  k  colorabilità.  —  Il  microrganismo  si  pre- 
senta in  forme  diverse  a  seconda  dell'età  della  coltura;  dapprima  as- 
sume forme  ovali,  a  diametri  quasi  eguali,  ed  allo  stato  adulto  assume 
la  forma  di  corti  bastoncini  ad  estremità  arrotondate,  della  lunghezza 
di  2-4/1  e  dello  spessore  di  0,4-0,6  con  tendenza  a  disporsi  in  cumoli 
irregolari.  Si  riproduce  per  spore  che  si  formano  nel  centio  del  bacterio 
e  che  si  mettono  in  libertà  lasciando  uno  spazio  incoloro  (Vedi  Ta- 
vola, fig.  1). 

Non  resiste  al  Gram,  ma  si  colora  bene  a  freddo  coi  colori  basici 
di  anilina  e  specialmente  col  violetto  di  genziana.  Riguardo  all'ossi- 
geno il  microrganismo  è  aerobio. 

Colture  in  agar.  —  Nella  coltura  a  striscio  si  forma   una  patina 


'  By  S.  Hori,  A  bacterial  Leaf-Disease  of  ti-ujiicuì  Orchids  (Central.    Bakt 
Parasit.  u.  Infek.  pag.  85.  Bd.  31.  1911). 


—   83    — 

poco  rilevata  e  poco  lucida  clie  si  estende  sulla  superficie  libera,  assu- 
mendo con  l'età  l'aspetto  di  zigrino  di  color  biancastro. 

Per  infìssione  si  sviluppa  un  fittone  degradante,  circondato  da  nu- 
becole, che  alla  su|)erficie  si  estende  formando  una  patina  poco  rilevata 
di  color  biancastro. 

Colture  in  gelatina.  —  Per  vifìssione  si  forma  un  fittone  degra- 
dante a  contorno  seghettato.  Col  progredire  della  coltura,  tutta  la  su- 
perficie è  ricoperta  da  patina,  senza  fusione  della  gelatina. 

Coltura  in  brodo.  —  Si  forma  alla  superficie  una  patina  sottile 
e  resistente  che  si  deposita  al  fondo  con  abbondante  deposito  fioccoso 
e  biancastro. 

KiPRODDZIONE    ARTIFICIALE    DELLA    MALATTIA.    —    Ho    fattO    delle    prOVB 

di  infezione  su  piante  sane  di  Cattlei/a  Warneri  e  C.  Harrisotiiae  del- 
l'Orto Botanico,  sia  bagnandone  le  parti  col  brodo  di  coltura  pura,  dopo 
aver  fatto  delle  incisioni  con  coltello  sterilizzato,  sia  ricorrendo  alle 
inoculazioni  sottoepidermiche  nelle  foglie  e  nei  pseudobnlbi  ed  in  ogni 
caso  ho  ottenuto  di  riprodurre  le  macchie  caratteiistiche  di  cui  talune 
sviluppandosi  fortemente  diedero  alla  malattia  caratteri  ancora  maggiori 
di  quelli  sviluppatisi  per  infezione  naturale. 

Anche  nelle  serre  del  nostro  Orto  Botanico  dove  vi  è  una  ricca 
collezione  di  Orchidee,  ho  trovato  parecchie  specie,  cosparse  di  macchie 
sulle  foglie  e  sui  pseudobulbi,  che  ho  sottoposto  a  ricerche  dalle  quali 
ho  ottenuto  i  risultati  seguenti. 

Dopo  essermi  accertato  della  mancanza  di  micelio  nel  tessuto  al- 
terato delle  macchie,  ho  allestito  delle  colture  con  pezzetti  di  tessuto 
ammalato,  disinfettandoli  prima  col  metodo  già  indicato. 

Barilhis  PoUacii  n.  sp. 

Dalle  foglie  di  Odonfoylossum  citrosmum  '  ho  isolato  un  microi'ga- 
nismo  che  ho  dedicato  al  prof.  Gino  Pollacci  e  che  presenta  i  seguenti 
caratteri. 

Aspetto  microscopico  e  colorabilità.  —  Bacilli  grossi  e  tozzi  con 
le  estremità  arrotondate,  di  cui  taluni  sono  diritti,  altri  leggermente  in- 
curvati, della  lungliezza  di  8-10//,  e  dello  spessore  di  circa  1  /(,  senza 
speciale  disposizione.  Il  microrganismo  si  moltiplica  per  spore  e  si  co- 
lora bene  a  freddo   coi   colori   basici  di  anilina.  Non  resiste  al   Gram, 


'  Sulle  foglie  deWOiìoiitoylossiiii/  lio  riiscontrato  maccliie  areolate  di  color 
nero,  di  cui  le  più  piccole  erano  visibili  sulla  pagina  inferiore  e  soltanto  per 
trasparenza  sulla  pagina  superiore  e  le  più  grandi,  di  forma  irregolare  più  o  meno 
allungate  e  depresse,  apparivano  su  ambo  i  lembi  fogliari. 


—  84  — 

Si  sviluppa  assai  bene  in  presenza  di  ossigeno  e  nei  diversi  terreni 
nutritivi.  (Vedi  Tav.,  fig.  3). 

Colture  in  agar.  —  Nella  coi  tuia  a  striscio  si  ha  formazione  abba- 
stanza rapida  di  una  patina  rugosa,  poco  lucente,  con  riflessi  verdicini, 
diffondentesi  su  tutta  la  superiicie  libera.  Per  infissione  si  ha  sviluppo 
scarso   di   un  iìttone   degradante  e  circondato  da  tenuissinie  nubecole. 

Colture  in  gelatina.  —  Il  microrganismo  si  sviluppa  assai  più 
rapidamente  che  nell'agar  formando  una  coppa  di  fusione  che  progre- 
disce tino  a  che  la  maggior  parte  della  gelatina  resta  fusa. 

Alla  superficie  si  forma  una  tenue  pellicola  che  si  distacca  produ- 
cendo un  deposito  fioccoso  che  agitando  si  solleva  intorbidando  la  ge- 
latina fusa  la  quale  assume  dei  riflessi  verdognoli. 

Coltura  in  brodo.  —  Si  forma  alla  superficie  una  pellicola  piut- 
tosto spessa  che  si  distacca  formando  un  deposito  fioccoso  biancastro. 
Agitando  il  liquido  si  intorbida   ed  assume  un  colore  giallastro. 

Riproduzione  autificiale  della  malattia.  —  Ho  potuto  infettare 
delle  foglie  sane  soltanto  col  praticare  delle  inoculazioni  sottoepider- 
miche, ma  le  macchie  rijiiodotte  sono  assai  somiglianti  a  quelle  forma- 
tesi per  infezione  naturale. 

Bactcrinm  Krameriaiii  n.   sp. 

Sulle  foglie  àeXYOncidium  Kramericniiim  la  malattia  si  manifesta 
con  macchie  areolate  di  color  ruggine  dapprima  visibili  soltanto  per 
trasparenza,  poi  aumentando  di  dimensione,  assumono  forma  irregolare 
e  colore  più  scuro  e  si  estendono  ai  pseudobulbi  che  diventano  bru- 
uastri  e  finiscono  per  raggrinzire  e  seccare. 

Con  pezzetti  di  foglie  e  di  pseudobulbi  ammalati  ho  isolato  un 
microrganismo  che  ha  i  seguenti  caratteri. 

Aspetto  microscopico  e  colorabilità.  —  Il  microrganismo  si  pre- 
senta sotto  forma  di  bastoncini  corti,  tozzi,  ad  estremità  nettamente 
tondeggianti  della  lunghezza  di  2-3  /(  e  della  grossezza  di  0,6-0,8. 

Si  liproduce  per  spore  e  si  presenta  isolato  od  appaiato,  ma  senza 
disposizione  tipica  costante.  Si  colora  bene  a  freddo  coi  colori  basici 
di  anilina  e  col  violetto  di  genziana.  Gram  negativo  (Vedi  Tav.,  fig.  4). 

Colture  in  agar.  —  Nella  coltura  a  striscio  si  ha  formazione  di 
patina  discretamente  rilevata,  iiiegolaie,  di  aspetto  granuloso  e  con 
riflessi  verdastri.  Per  infissione  si  sviluppa  un  piccolo  fittone  con  accre- 
scimento alquanto  lento  e  patina  grigiastra  poco  rilevata  alla  superficie. 

Colture  in  gelatina.  —  Si  sviluppa  un  fittone  sottile,  degradante 
con  formazione  di  coppa  di  fusione  che  si  allarga  rapidamente.  Alla  su- 


-    85   — 

peificie  si  forma  una  patina  sottile  ciie  man  mano  si  deposita  formando 
un  precipitato  fioccoso  in  fondo  alla  gelatina  fusa  che  assume  dei  li- 
flessi  giallo-verdognoli. 

Coltura  in  brodo.  Si  funiia  una  patina  irregolare  alla  super- 
ficie con  formazione  di  un  tenue  deposito.  Agitando,  il  liquido  si  intor- 
bida assumendo  dei  riflessi  giallo-verdastri. 

RlPRODDZIONK    ARTIFICIALE    DELLA    MALATTIA.    —    Anclie    in  QUeStO  CaSO 

ho  potuto  lipiodune  la  malattia  con  relative  macchie  brunastre,  pra- 
ticando inoculazioni  sottoipodermiche  nelle  foglie  sane. 

Bacillus  Farnctiaiiiis  n.  sp. 

Da  esemplali  ammalati  di  Oncidium  Ornitliorincum  '  e  di  Cal(lei/a 
crhpn  -  ho  isolato,  meiiiante  colture,  un  microrganismo  che  presenta 
gli  stessi  caratteri  niorfulogici  e  culturali.  La  n.  sp.  dedicai  al  profes- 
sore Rodolfo  Farueti. 

Aspetto  microscopico  e  colorabilità.  —  Il  mici'oi-ganismo  è  un  ba- 
cillo con  estremità  arrotondate  e  grandezza  variabile  che  negli  adulti 
arriva  a  15/i  circa  di  lunghezza  ed  a  0,8  ad  1  di  spessore.  Parecchi 
elementi  si  uniscono  formando  dei  filamenti  di  notevole  lunghezza,  nei 
quali  però  si  possono  sempre  distinguere  i  costituenti.  Il  bacillo  è  in- 
completamente resistente  al  Grani.  (Vedi  Tav.,  fig.  .5). 

Colture  in  agar.  —  Per  striscio  si  ha  sviluppo  di  una  patina  poco 
rilevata  a  margine  irregolare  sinuoso  e  jìoco  lucente  con  rillessi  iride- 
scenti che  si  estendono  a  quasi  tutta  la  superficie  libera. 

Per  infissione  si  sviluppa  un  fittone  poco  abbondante  con  forma- 
zione alla  superficie  di  una  patina  abbastanza  spessa,  lucente  e  grigiastra. 

Colture  ix  gelatina.  —  Si  sviluppa  un  fittone  con  relativa  coppa 
di  fusione  che  si  allarga  rapidamente.  Alla  superficie  si  forma  una  pel- 
licola che  si  distacca  producendo  un  precipitato  biancastio  al  limite  di 
fusione  della  gelatina,  che  assume  in  alto  dei  riflessi  verdastii. 

Coltura  in  brodo.  —  Alla  superficie  si  svilup[)a  una  patina  sottile 


'  Sulle  t'<)i;lip  AeW ( lìiciiUvììi  le  marcine  irregolari  e  maggioilueiite  diffuse  sui 
pseudobulbi,  souo  dapprima  .superficiali  e  di  colur  ruggine  per  diventare  in  seguito 
depresse,  aride  e  brunastre. 

'  Le  foglie  della  Cuttleija  presentano  dapprima  piccole  macchie  a  contorno 
indefinito  visibili  soltanto  per  trasparenza,  ma  che  denotano  l'alterarsi  del  pa- 
renchima interno  carnoso.  Dette  macchie  vanno  poi  aumentando  di  dimensione  e 
diventano  visibili  sulla  faccia  inferiore  e  superiore  in  forma  di  depressioni  di  color 
bruno  nerastro,  estendendosi  anche  ai  pseudohulhi,  sui  quali  dette  macchie  si 
presentano  depresse.  ;iride  e  raggiungenti  talora  <[ualche  centimetro  di  lunghezza. 


—  86  — 

elle  si  distacca  formando  un  deposito  biancastro  ciie  agitandosi  solleva 
producendo  un  intorbidamento  diffuso.  Anche  nel  brodo  la  coltura  assume 
dei  riflessi  verdicci. 

RiPRODOziONE  ARTIFICIALE  DELLA  MALATTIA.  —  Praticando  inocula- 
zioni sottoepidermiche  ho  riprodotto  la  malattia  con  relative  macchie 
sui  pseudobulbi  e  nelle  foglie  carnose  della  Cattìeya  r.rispa. 

Per  VOncidium  Oniithorincum  ho  dovuto  ripetere  le  inoculazioni  per 
ottenere  l'infezione  e  le  macchie,  le  quali  si  svilupparono  assai  meglio 
sui  pseudobalbi  che  nel  parenchima  sottile  delle  foglie. 

* 
*  * 

Coi  procedimenti  sopia  descritti  sono  riuscito  ad  isolare  dai  tes- 
suti alterati  i  microrganismi  delle  diverse  malattie  che  ho  riprodotto 
nelle  corrispondenti  Orchidee  sane,  ottenendo  le  stesse  alterazioni 
esterne  ed  anatomiche  .sviluppatesi  per  infezione  naturale. 

Servendomi  dei  tessuti  alterati,  in  seguito  alle  inoculazioni,  ho  ri- 
petuto le  .singole  colture  per  constatare  l'identità  dei  caratteri  dei  mi- 
crorganismi corrispondenti  a  quelli  già  precedentemente  descritti.  Ed 
ho  quindi  avuto  la  certezza  che  si  tratta  di  microrganismi  specifici  i 
quali  non  si  possono  confondere  con  quelli  di  Peglion  e  di  S.  Hori  che 
sono  entrambi  differenti,  sia  per  i  caratteri  morfologici  che  culturali. 


Batteriosi  della  .  Vaiiilla  Plauifolìa  t>  Andr. 
{Bacterium  Briosianinn  n.  sp.)  ^ 

Questa  orchidea,  coltivata  nelle  serre  dell'Orto  Botanico  di  Pavia, 
è  fortemente  attaccata  da  una  malattia  parassitaria  che  si  propaga  a 
tutte  le  parti  della  pianta. 

Detta  malattia  comincia  con  piccole  macchie  irregolari  di  color 
piceo,  senza  alone  e  senza  contorno.  Queste  macchie,  dapprima  rilevate 
e  limitate  ad  una  delle  pagine  fogliari,  invadono  in  seguito  tutto  il 
mesofillo  e  diventano  visibili  anche  nella  pagina  opposta. 

Invecchiando,  le  macchie  si  allargano  decolorandosi  al  centro,  dove 
avviene  la  disgregazione  e  perforazione  del  lembo  fogliare. 

La  malattia,  che  attacca  le  foglie  specialmente  nella  pagina  infe- 

'  Ct.  Ij.  P.vvarinjo.  Veda.si  :  liatteriosi  dflla  Wiullld  riniiifulid  Andr.  (R.  Acc. 
Lincei  1911.  Roma). 


87   - 

liore  e  nel  picciuolo,  si  estende  anche  ai  rami,  sui  quali  si  manifesta  un 
po'  diversamente,  con  formazione  cioè  di  macchie  più  irregolari,  e  gene- 
ralmente allungate  nel  senso  dell'asse.  Alcune  però  conservano  la  forma 
delle  macchie  fogliari  e  si  decolorano  parimente  al  centro  con  distru- 
zione parziale  del  tessuto;  altre  invece  si  allungano  più  irregolarmente 
nel  senso  dell'asse,  formando  lividure  depresse  e  sfumate  ai  margini. 
Il  decorso  della  malattia  è  rapido;  le  foglie  colpite  nel  picciuolo  ingial- 
liscono e  si  disseccano,  e  la  necrosi,  che  si  manifesta  prima  sugli  in- 
ternodi,  progredisce  avvolgendo  l'intero  ramo  che  annerisce  e  muore. 

Caratteri  anatomo- patologici.  —  Facendo  una  sezione  della  foglia  in 
corrispondenza  della  macchia,  si  osserva  che  le  cellule  confinanti  col 
tessuto  eroso  sono  ipertrofiche,  necrotizzate  e  vuote  di  protoplasma, 
mentre  le  successive,  verso  il  tessuto  sano,  presentano  ancora  traccie 
di  protoplasma  alterato  e  qualche  granulo  di  amido.  Specialmente  in 
queste  cellule  si  osservano  numerosi  microrganismi  mobili. 

Analogamente  si  osserva  la  necrotizzazione  del  parenchima  corti- 
cale del  ramo,  dove  le  cellule  sono  ipertrofiche,  vuote,  oppure  con  re- 
sidui di  protoplasma  alterato. 

Cosicché  l'attività  del  microrgani.smo  si  riassume  nella  distruzione 
del  protoplasma  e  nella  necrotizzazione,  più  o  meno  marcata,  delle 
pareti  cellulari. 

Per  procedere  all'  isolamento  dei  microrganismi,  ho  cominciato  a 
lavare  le  foglie  ed  i  rami  prima  con  acqua  e  sapone,  indi  disinfettando 
col  metodo  già  indicato. 

Con  strumenti  sterili  ho  tagliato  pezzetti  di  foglia  e  di  ramo,  e 
con  essi  ho  fatto  delle  seminagioni  in  brodo,  agar  e  gelatina. 

Aspetto  microscopico  e  colobabilità.  —  Il  microrganismo  si  pre- 
senta sotto  forma  di  bastoncini  assai  piccoli,  e  cioè  della  lunghezza 
di  /(  1-2  e  dello  spessore  di  /(  0,.5-0,8,  senza  disposizione  speciale. 

Si  colora  bene  con  tutti  i  colori  basici  di  anilina  anche  a  freddo 
e  specialmente  col  violetto  di  genziana  sciolto  in  acqua  di  anilina. 

Grani  negativo.  (Vedi  Tav.,  fig.  2). 

Comportamento  rispetto  alla  temperatura  ed  ai  terreni  nutritivi. 
—  Si  sviluppa  rapidamente  a  temperatura  ambiente  nei  diversi  mezzi 
nutritivi,  ma  cresce  meglio  in  presenza  di  ossigeno. 

Striscio  in  agar.  —  Si  forma  una  patina  abbondante,  succosa,  lu- 
cente, a  bordi  irregolari  ed  a  riflessi  verdognoli. 

Infissione  in  AGAR.  —  SÌ  Ila  sviluppo  rigoglioso  e  degradante  su 
tutta  la  superficie  libera  dell'agar,  e  formazione  di  patina  rilevata  e  di 
color  biancastro. 

Il  fittone  presenta  nel  centro  uno  sviluppo  più  intenso,  ed  alla 
periferia  una  nubecola  irregolare  dentellata. 


.._    88  — 

Infissione  in  gelatina.  —  In  questo  mezzo  lo  sviluppo  è  così  ra- 
pido (la  formare  una  coppa  di  fusione  già  visibile  in  24  ore  e  ciie  pro- 
gredisce fluidificando  in  due  o  tre  giorni  la  maggior  parte  della  gelatina. 

In  fondo  alla  zona  di  fusione  si  forma  un  abbondante  deposito 
biancastro  che  si  solleva  agitando  il  tubo,  con  intorbidamento  del  mate- 
riale fuso. 

Coltura  in  brodo.  —  Si  ha  sviluppo  rigoglioso  con  formazione  di 
sottile  pellicola  superiìciale  la  quale  si  distacca  producendo  un  lieve 
intorbidamento. 

Co!  progredire  dell'età  della  coltura,  si  forma  un  deposito  fioccoso 
biancastro  nel  fondo  del  tubo,  mentre  il  liquido  assume  una  bella  colo- 
razione verde. 

Riproduzione  artificiale  della  malattia.  —  Per  dimostrare  l'azione 
patogenica  del  microrganismo,  ho  cercato  di  infettare  le  foglie  ed  i 
rami  sani,  bagnando  le  parti  con  brodo  di  coltura  pura  e  cercando  di 
facilitare  l' infezione  con  ferite  (adoperando  un  coltello  sterilizzato)  ; 
ma  soltanto  in  seguito  ad  inoculazioni  sottoepidermiche  sono  riuscito 
a  riprodurre  la  malattia  con  le  stesse  alterazioni  sviluppatesi  per  in- 
fezione naturale. 

Comunque,  non  vi  ha  dubbio  trattarsi  del  microrganismo  specifico 
della  malattia  descritta,  microrganismo  che  deve  ritenersi  come  una 
specie  distinta  e  nuova  e  che  io  denomino  Bacterhim  Briosianum  n.  sp. 
dedicandolo  al  chiarissimo  prof.  G.  liriosi,  dirett.  dell' Ist.  Bot.  di  Pavia. 

Istituto  Botanico  di  Pavia,  novembre  1911. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA 


Fig.  N.   1.   Ikictcrimii   Cattìei/ae  n.  sp.,  isulat.o  dalle  foglie  inalate  di  Caffleya  ÌVar- 

nitri  e  di   C.  Ilai-risoniae. 
»     »     2.   ììacterUuìi  lìriosidiniiii  n.  sp.,  da  l'oglie   e  rami  di   Vaiiitìa   Planifolia 

Andr. 
»     »     3.  BacìHus  Pollaci/  n.  sp.,  dalle  foglie  di  Odonloi/lossiim  c/froxininii. 
»     »     4.  Uarteriiiiu  Krameriainiin  u.  sp.,  dalle  foglie  dell'0/«7'«//»/H  Knniier/nnìiìii _ 
»     »     5.   Ihicilliis  fariìef/aini.i  ii.  sp.,  dalle  foglie  delVOìir/dinin   (_)riiHhorincuì)i 

e  della  Cattlcya  crisp/i. 

I  disegni  furono  fatti  dal  dott.  lacitio,  con  microscoiiio  Koristkn,  Oc.  li!  comp.  Ob.,  1"/15  imm.  om. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

B 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI 


INTORNO  ALLA 

FLORA  DEL  CALCARE  E  DEL  SERPENTINO 

del  Dott.  G.  L.  PAVARINO 

AssiKtfiile  onorario  dell'  Istituto  Botanico  di  Pavia. 


TERZA    CONTRIBUZIONE 
(con  una  tavola) 

INTORNO  ALLA  FLORA  DEL  SERPENTINO. 

L'escursione  che  riguarda  la  presente  Nota  venne  fatta  alio  scopo 
di  estendere  le  ricerche  sulla  flora  del  serpentino,  essendo  quella  del 
calcare  assai  più  nota  per  la  maggiore  estensione  del  substrato. 

Quest'ultima  zona  serpentinosa  esplorata  si  estende  a  sud  di  Bet- 
tola fra  la  valle  del  Nure  che  scende  verso  nord  e  quella  dell'Aveto 
che  scende  verso  sud  ed  il  torrente  Lecca  (che  scorre  da  sud-ovest  a 
nord-est  prima  di  confluire  col  torrente  Ceno)  e  riaflBora  poi  a  nord-est 
di  S.  Stefano  d'Aveto,  formando  il  massiccio  del  Monte  Roncalio. 

Mi  furono  compagni  nella  gita  il  dott.  L.  Maffei  ed  il  dott.  G.  B. 
Traverso  che  ringrazio  anche  per  l'aiuto  prestatomi  in  questa  terza 
contribuzione  \  e  mi  è  grato  altresì  ringraziare  il  chiariss.  professore 
Briosi,  direttore  dell'Istituto  botanico  di  Pavia,  il  quale  mise  a  mia 
disposizione  le  collezioni  e  la  biblioteca  dell'Istituto.  Ed  ancora  rendo 
azioni  di  grazie  ai  professori  T.  Taramelli,  A.  Tommasi  e  Luigi  Bru- 
gnatelli  per  le  indicazioni  geologiche  e  mineralogiche  fornitemi. 


'  G.  L.  Pav ARINO,  Jntonio  alla  Flora  del  calcare  e  del  xerjieiitino  rieti' Appen- 
nino Bobbiexe.  Prima  contribuzione.  Atti  dell'Ist.  Bot.  dell'Università  di  Pavia. 
Serie  ii,  voi.  xii. 

Idum,  Inforno  alla  Flora  del  calcare  e  del  xerpeiilino  neW Appennino  Bobbiese. 
Seconda  contribuzione.  Atti  dell'Ist.  Bot.  dell'Università  di  Pavia.  Serie  ii,  vo- 
lume  XIV. 

Atti  dell'Ist.  Bot.  dell'  Università  di  Pavia  —  Serie  li.  —  Voi.  XV.  9 


-    90   — 

La  gita  cominciò  il  3  agosto,  nel  quale  giorno  arrivammo  a  Bet- 
tola e  quindi  a  Ferriere,  percorrendo  la  maggior  parte  della  distanza 
nel  letto  del  torrente  Nure.  ' 

Il  giorno  4  agosto  partimmo  da  Ferriere  alla  volta  del  Monte  Ra- 
gola  ed  arrivammo  al  passo  del  Monte  Zovallo,  situato  fra  il  monte 
omonimo  ed  il  precedente,  che  è  la  cima  più  alta  (1700  m.)  del  grande 
e  caratteristico  massiccio  serpentinoso  che  si  voleva  esplorare. 

Senonchè  dovemmo  rinunciare  alla  salita  del  monte  causa  un  vio- 
lento temporale  il  quale  ci  obbligò  a  discendere  per  la  strada  malage- 
vole che,  attraverso  fitti  ed  estesi  boschi  di  faggio,  conduce  a  Cornolo. 

.Salita  al  M.  Ragola. 

Il  giorno  5  ripartimmo  da  Cornolo  per  ritornare  al  passo  del  M.  Zo- 
vallo e  intraprendere  la  salita  del  M.  Ragola. 

Il  cielo  era  sempre  nuvoloso  e  la  strada  era  resa  difficile  dal  vento 
che  soffiava  forte  e  dalla  nebbia  gelida  e  foltissima. 

Tuttavia  cominciammo  la  salita  sulla  pendice  ripida  del  serpentino 
dirupato  e  franoso  e  assai  povero  di  vegetazione,  arrivando  fin  presso 
la  vetta. 

Il  substrato  di  questa  zona  è  ancora  costituito  da  rocce  eoceniche  di 
serpentino  bastitico  che  è  predominante  negli  appennini  ^  e  che  riscon- 
trammo sulla  vetta  del  M.  Pietra  Corva  e  di  Roccabruna.  Infatti  la  roccia 
serpentinosa  del  M.  Ragola,  secondo  il  prof.  Clemente  Montemartini,  * 


'  Federico  Sacco,  Appenitiiio  Si-'ftenfr.  (R.  Acc.  Lincei,  18912,  pag.  137.  Roma). 
«  Sulla  pai'te  alta  di  Val  Nure,  sul  lato  sinistro,  nella  regione  spartiacque  fra  il 
Nure  e  l'Avete,  troviamo  un'amplissima  e  tipica  zona  jjarìsiana  ;  sul  lato  destro 
vediamo  ancora  i  calcari  marnosi  e  gli  schisti  del  Pari.siatio  che  ....  passando 
attraverso  alla  stretta,  direi ,  ofiolitica  di  M.  Nero  e  ^[.  Ragola,  discendono  in 
Val  Nure,  formando  una  zona  di  collegamento  tra  il  parisiano  di  Val  Ceno  e 
la  massa  di  M.  Ci-ociglia,  M.  Oarevolo. 

-  T.  Tahamelli,  Descrizione  geologica  della  provincia  di  Pavia,.  Milano, 
1882,  pag.  97.  Quanto  all'età  delle  formazioni  ofiolitiche  dell'Appennino,  il  pro- 
fessore Sacco  crede  di  doversi  staccare  da  quelli  che  le  ritengono  come  indubbia- 
mente eoceniche,  avendo  constatato  che  le  formazioni  ofiolitiche  si  trovano  costan- 
temente nel  cretaceo,  dove  si  incontrano  a  diversi  livelli,  ma  specialmente  nu- 
merose e  potenti  nel  Ceìiomaniaìio,  rare  e  piccole  nel  Senoniano  superiore  come 
presso  Torriglia,  mai  però  nell'  Eocene.  (Appennino  settentr.  (Parte  Centrale). 
Op.  cit.,  pag.  97). 

'  Clemente  Montemartini,  Sulla  composizione  cìiiinica  e  mineralogica  delle 
roccie  serpenti  none  del  Colle  di  Cassimoreno  e  del  Monte  liagola  {Valle  del  Nure). 
Rend.  Acc.  Lincei,  voi.  iv,  fase.  7,  1888. 


—   91   — 

"  è  costituita  (la  una  massa  di  colore  verde  chiaro,  nella  quale  sono  dis- 
seminati dei  noduli  di  una  materia  di  un  colore  verde  cupo  che  si  pos- 
sono distaccare  nettamente  e  con  facilità  dalla  massa  fondamentale  della 
loccia.  Questi  noduli  dall'osservazione  mici'oscopica  risultano  formati 
da  agglomerazioni  di  bastile  alterata.  In  alcuni  rari  punti  del  campione 
si  vedono  ancora  delle  lamiue  di  òastite  indecomposte,  con  riflessi  me- 
tallici ed  a  superfici  flessuose.  „ 

*  * 
Nella  salita  raccogliemmo  le  piante  sotto  elencate: 

Anpknìum  Adiantum-nigrum  L.  /S)  Serpentini  (Tauscli),  Jtmiperus 
coinmunis  L.,  Calamagrostis  anindinacea  (L.)  Roth,  /S)  montana  (Host), 
Liizula  nivea  (L.)  DC,  Festuca  ovina  L.  a)  t;/pica  (b  vulgaris  Koch), 
Festuca  elntior  L.  a)  pvatensis  (Huds.),  Avena  versicolor  Vili.,  Avena  pra- 
tensis  L..  Braclvipodium  pinnatìtm  (L.)  P.  B.,  Diantìius  Cari/ophi/llus  L. 
ì^i  virgiueus  (L.),  Cerastium  arvense  L.  §)  suffruticosum  (L.),  Herniaria 
glabra  (L.),  Silene  vulgaris  (Moencli)  Garke,  «)  vescicaria  (Schrad.),  Bi- 
scufella  levigata  L.  a)  l]/pica,  Astrocarpus  sesanioides  DC. ,  Potentilla 
verna  L.,  Antìvjllis  Vulneraria  L.  ò)  rubra  L.,  Genista  sericia  Wulf.,  Ge- 
nista radiata  Scop.,  Pimpinella  saxifraga  L.,  Biipleuriim  ranunculoides  L. 
n)  ti/picum,  Euphorbia  spinosa  L  ,  Vnccinitim  Vitis-Idaea  L.,  Arctostapluj- 
Ics  Uva-  Ursi  Spr.,  Vaccinium  Mi/rtillus  L.,  Armeria  vulgaris  W.  a)  elon- 
gata  (Hotfm  ),  Orobanche  gracilis  Sm.,  Tencrium  montanum  L.,  Ihymiis 
■  Serptjllum  L.  z  poli/trichus  Kern.  ap.  Borb.,  Thymiis  Serpilluni  L.  a)  angtt- 
stifolius  (Pers.),  Thìjmus  Serpillum  L.  >;)  lunuginosus  (Mill.),  Plantàgo 
niaritima  L.  ^)  serpentina  (Will),  Galium  verum  L.  e)  approximatum  (Gr.  et 
Godr.),  Asperula  Cynanchica  L.,  Scabiosa  Columbaria  L.,  Campamela  ro- 
tundifolia'h.,  Robertia  taraxacoides  ihois.)  DC  ,  Carduus  defloratus  L.  i)  car- 
linaefolius  (Lam.),  Antennaria  dioica  (L.)  Gaertn 

Ritornati  al  passo,  c'incamminammo  verso  S.  Stefano  d'Aveto,  gi- 
rando attorno  al  M.  Nero  ed  al  M.  Bue  '  e  attraversando  fittissimi 
boschi  di  faggio,  sempre  avvolti  nella  nebbia  che  rendeva  difficile  l'o- 
rientamento. 


'  Federico  Sacco.  Risalendo  alle  origini  del  Ceno  noi  troviamo  gli  aigil- 
loschisti,  più  o  meno  alternati  con  strati  arenacei  e  talora  anche  calcarei,  cbe 
inglobano  le  grandi  masse  otiolitiche  del  M.    Penna,  del  M.  Bue,   del  M.  Nero  e 

del  M.  Ragola,  cioè  la  zona  argilloscbistosa Op.  cit.,  pag.  8it. 

9* 


—  92   — 

Arrivati  al  passo  di  M.  Roncallo  discendemmo  a  Roiicolungo  e 
quindi  a  S.  Stefano  d'Aveto.  ' 

È  questo  un  pittoresco  paese  situato  in  una  bella  conca  contornata 
a  levante  da  una  cresta  serpentinosa  che  forma  quasi  un  anfiteatro,  da 
cui  si  eleva  a  sinistra  il  M.  Roncallo  alto  1667  metri. 

* 

Da  S.  Stefano  d'Aveto  ci  avviammo  verso  il  M.  Roncallo  e  sul  sub- 
strato, misto  di  calcare  e  serpentino,  raccogliemmo  le  piante  sotto 
elencate: 

Asplenium  Trichomanes  L.,  Aspi.  Adiantumnigrum  L.  jS)  Serpentini 
(Tauscli.),  Poli/podium  Dri/opteris  L  ,  Brachi/podiiim  piitnatum  (L.)  P.  B. 
b)  caespilosum  (R.  et  S.).  Festuca  oeiita,  a)  i//pica,  b)  vtilgaris  Koch.,  Fest. 
elatior  L.  a)  pratensis  (Huds.),  Avena  rersicolor  Vili.,  Agrostis  alba  L.,Se- 
sleria  ccerulea  Ard.  y)  argentea  (Savi),  Fagus  silvatica  L.,  Alnus  viridis  DC, 
Daphe  Cneornm  L.,  Runiex  Acetosella  L.,  Saponaria  oc>/moides  L.,  Scie- 
ranthus  annmis  L.,  Cerastium  arvense  L.  (3)  siiffruticosum  (L.),  Silene  in- 
flata  Sm.,  Dianthus  Cari/ophi/Hush  ,  |S)  virgineus  (L.),  Alsine  laricifolia  (L.) 
Crantz.,  HeUeborus  fatidus  L.,  Helleb.  viridis  L.,  H)jpericum  perforatum  L. 
a)  tiipicum,  Heliantliemum  Chamaecistus  a)  vitìgare  Gaeitn.,  Sa.rifraga  ai- 
zoon  Jacq.,  Sedum  rupestre  L.,  Potentina  verna  L.,  Amelanchier  vulgaris 
Moencli.,  Genista  sericea  Wulf.,  Coronilla  varia  L.,  Astragalus  Hi/po- 
glottis  L.,  Biife,  /?)  Gremlii  (lìurnat),  Antìii/llis  Vulneraria  L.,  d)  rubra 
(Gouan),  TrifoUum  pratense  L.,  Genista  radiata  Scop.,  Ononis  spinosa  L., 
Vida  Cracca  L.,  Lotus  corniculatns  L.,  a)  arvensis,  b)  ciliatus  Koch,  Lotus 
corn.  II.  n)  arvensis,  e)  hirsutus  Koch.,  Trifoliinn  repens  L.,  Achillea  Mil- 
lefolium  L..  Poli/gala  vulgaris  L  ,  Calluna  vulgaris  Salisb.,  Erica  carneah., 
Gentiana  campestris  L.,  Euphrasia  salisbnrgensis  Funrk.,  Veronica  offici- 
naiis  L.,  Digitalis  lutea  L.,  Brunella  vulgaris  L.,  Teucrium  Chamaedrys  L., 
Thymus  Serpyllum  L.  ìf)  lanuginosus  (Mill.),  Stachi/s  recto  L.,  Brunella 
vulgaris  h.  l^)  laciniata  (h.)  (b.  suhintegra  Hausm.^,  Salvia  glutinosa  h.,  Pian— 
lago  maritima  L.,  §)  serpentina  (Vili),  Plantago  Cynops  L.,  Galium  ru- 
brum  L.,  o)  glaberrimum  Ces.  P.  et  G.,  Galium  verum,  s)  approximatum 
(Gr.  et  Godr.),  Galium  v(rmim  Scop.,  (e.  [Halleri  R.  et  .S.)).  Asperula  cy- 
nanchicah.,  Campanula  rotundif olia,  ^)  Sch  e  uchztri{Y\\\.),  Eriger  on  ncer  L., 
Helichrysum  italicum  G.  Don.,    Hieracium   Pilosella  L.,   Robe.rtia   taraxa 


'  Per  la  stratigrafia   della   Val  d'Aveto   si  veda  ancora  l'Op.  del  Saeco, 
giiie  79-60. 


—  93  — 

coides  (Lois.)  DC,  Carlina  vulgaris  L.,  Carlina  acaulis  L.  jij  alpina  Jacq., 
Leontodon  hispidus  L.,  Antennaria  dioica  Gaertn.,  Centaurea  Jacea,  ^)  amara 
(L.),  Crepis  leontodontoides  Ali.,... 

Salita  al  M.  Roncallo. 

Questo  monte  venne  da  noi  esplorato  sino  alla  vetta  e  vi  racco- 
gliemmo un  discreto  numero  di  piante,  come  risulta  dall'elenco  riportato 
qui  sotto. 

Asphnium  septentrionale  (\i)]lofim.,  Nepkrodium  Filix-max  (L.)  Ridi., 
Juniperus  communis  L.,  P/ileum  Miritela  Ali.  «)  typicmn.  Festuca  ovina  L. 
u)  ti/pica,  (b.  vulgaris  Kocli),  Agrostis  alba  L.,  Brachypodium  pinnatum 
(L.)P.  B.  (è.  coespitosum  [R.  et  S.]),  Luzula  nivea  DC,  Rumex  scutatus  L., 
Dianthus  Cari/ophijllns  L.  fi)  virgineus  (L),  Cerastium  arvense  L.  /?)  suf- 
f'ruticosum  (L  ).  Scìeranthiis  annuus  (L.),  Alsine  laricifolia  (L.)  Crantz., 
Alsine  verna  Wlilnb.,  Herniaria  glabra  L.,  Saponaria  ocgmoides  L.,  Silene 
nittans  L.,  f)  viriddla  OttU.,  Silene  saxifraga  L.,  Hypericum  Richeri  Vili., 
Saxifraga  androsacen  L..  ^xe/.  Aiznon  .Tacq.,  Sedum  dasgphgllnm  L.,  N«w- 
perrivìim  tedorum  L.,  .SVrf«w  o/6«ot  L.,  Pirus  Aria  Ehrli.,  Amelanchier  vulga- 
ris Moench.,  Cotoneasfer  vulgaris  Lindi.,  Fragaria  vesca  L.,  Agrimonia  Fupa- 
toria  L.,  Potentina  verna  L.,  fiosa  l'iVtosa  L.  /J)  pomifera  Herrm.,  Coronilla 
Emerus  L.,  Lo^^s  cornicidatus  L.,  Trifolinm  ochroleitcum  Hiids.,  Trifolittm 
repens  L.  a)  typiium ,  Genista  sericea  Wulf. ,  Antìiyllis  Vulneraria  L., 
Astragcdus  Hypoglottis  L.,  Genista  radiata  Scop.,  Laserpitium  latifolium  L., 
Bupleurum  ranunculoides  L.,  Cynanchunt  Vincetoxicum  (L.)  Pers.,  Q/«o- 
glossum  officinale  L.,  Orobanche  gracilis  Sra.,  Teucrium  Chamaedri/s  L., 
Galeopsis  Ladanum  L. .  Ihymus  Serpyllum  L.,  rj)  lanuginosus  (Mill.), 
Plantago  maritimn  L.,  Galium  rubrum  L.  a)  typicnm,  Aspenda  ciiian- 
chica  Ij.,  Scabiosa  Colnmbaria  L.,  Phyteuma  Michela  AH.,  Campanula 
rotundifolia  L.,  Carlina  vulgaris  L.,  Helichrysum  italicum  G.  Don.,  Tm.s- 
si/rt(/o  Farfara  L.,  Erigeron  acer  L.,  ^s<er  alpinus,  a)  typicus,  (e.  A/r- 
s«/«s  [Host-l),  Centaurea  Iacea,  ,i)  amara  (L  ),  b)  Bellardi  [Colla],  Achillea 
Millefolium  L.,  Robertia  taraxacoides  (Lois.)  DC,  Solidago  Virga-aurea  L., 
Chrysanthemum  Leucanthemum  L.,  0)  pa//«>ìs  Gay.,  Chrysanth.  cerato- 
phylloides  Ali.  Carduus  defloratus  L.,  0  carlinaefolius  (Lam.),  Cirsium 
acaule  Scop. 

Il  giorno  seguente  discendemmo  da  S.  Stefano  d'Aveto  a  Cabanne, 
percorrendo  la  valle  fiancheggiata  da  bellissimi  boschi  di  Alnus  viridis 
e  Fagus  silvatira.  Da  Cabanne  proseguimmo  ancora  per  Bertigaro  pas- 
sando per  il  colle  dove  è  situata  la  cappella  del  Bozale  e  quindi  per 
la  valle  dello  Sturla  discendemmo  a  Chiavari. 


—  94  — 

Flora  del  serpentino  di  Pegli. 

Quest'ultima  raccolta  di  piante  venne  fatta  in  condizioni  altimetriche 
e  climatologiclie  diverse  dalle  precedenti,  ma  le  roccie  sono  ancora  co- 
stituite da  quel  serpentino  bastitico  che  è  predominante  negli  Appen- 
nini lombardi. 

Siamo  saliti  da  Pegli  lungo  il  letto  del  torrente  Varenna  e,  dopo  aver 
passato  la  ferrovia  sopra  Cantalupo,  siamo  arrivati  ai  cosi  detti  Scogli 
neri,  attraversando  pinete  miste   ad  Erica,  Calluna,  Genista,  Cisttis,  ecc. 

Sui  versanti  orientale  e  settentrionale  degli  Scogli  neri  (450  m. 
,  circa)  raccogliemmo  la  maggior  parte  delle  piante  seguenti  : 

Asplenimn  Adiantum  nigrum  li.  §)  Serpentini  (Tausch.),  Asplenium  Tri- 
chomanes  L  ,  Pteris  aquilina  L  ,  Juniperus  0  rycedrus  L.,  Andropogoit  hir- 
tns  L.,  Phleuni  Michelii  AH.,  Festuca  ovina  L.,  Dactylis  glomerata  L., 
MoHìiia  cderulea  Moench.,  Bromus  erectus  Huds.,  Schoenus  nigricans  L., 
Scilla  bifolia  L  ,  Alliuni  carinatum  L.,  Smilax  aspera  L  ,  Diantìnis  Car- 
thusianormn  L.  f  Balbisii  (Ser.  inDC),  Hypericum  perforatum  L.  «)  tgpicum, 
Cistus  salvifoUtis  L.,  Helianthemum  apennimim  Jlill.,  Lepidium  Iberis  L. 
(b.  iberideum  Rouy  et  Fouc),  Iberis  umbellata  L.,  Craldegus  monogyna 
[Jacq.],  Myrtus  communis  L.,  Ceratonia  Siliqua  L.,  Epilobiìini  Dodonaei 
Vili.,  Buplenrum  Odontites  L.,  Pimpinella  saxifraga  L..  Daucus  Carota  L., 
a)  typicus  (e.  maritimus  [Lam.\),  Peueedannm  Cervaria  Cuss.,  Fistacia  Te- 
rebinthus  L.,  Euphorbia  spinosa  L.,  Eiipliorbia  dendroides  L.,  Erica  Car- 
nea Li.,  Calluna  vulgaris  Salisb.,  Echium  maritimum  W.,  Solannm  ni- 
grum L.,  Erythraea  Centaurium  Pers.,  Cynanchnm  Vincetoricum  (L.)  Pers., 
Odontites  lutea  Rclib.,  Linaria  vidgaris  Mill.,  Antirrhinum  Orontium  L  , 
Teucrium  montannm  L.  ,  Tencriurn  Chamaedrys  L. ,  Stacliys  ofjicinaìis 
Trevis.,  Stachys  annua  L.,  Plantago  maritima  L.  ji)  serpmtina  (WilL), 
Asperula  cynanchica  L,  Galium  rubrum  L,  (a  g/aberrimum  Ces.  P. 
et  G.),  Scabiosa  Columbaria  L. ,  Campanula  Mediinn  L. ,  Campantdu 
glomerata  L.,  Crepis  aurea  (L.)  Echi»,  /S)  Columnae  (Froel.),  Pirris  hie- 
racioides  L.  a)  ti/pica  [d.  ruderalis  \Schm.  in  W.\],  Eupatorium  cannabi- 
num  L.,  Helichrysum  italicum  Gr.  Don.,  Centaurea  paniculata  L.  a)  macu- 
lata (Lam).,  Carlina  acuuHs  L.,  Sonchns  arvensis  L.  y)  maritimus  (L.), 
(è.  litoralis  [Rchò.]),  Inula  hirta  L.  «)  oblongifolia  G.  Beck  (a.  uniflora 
Spenner),  Soìidago  Virga-aurea  L.  a)  vulgaris  (Lam.)  (6.  monticala  [Jord.]', 
Serratula  tinctoria  L ,  jS)  indivisa  (Poii'.),  {a.  genuina  =  v.  palustris  Posp.) 
Inula  viscosa  Ali.,  Aster  acer  L.,  Centaurea  Jacea  L.  j8)  amara  (e.  Welde- 
niana  [Bchb]). 

Dagli  scogli  neri  discendemmo  all'Acquasanta  e  quindi  a  Yoltri. 


—  95  — 


ELENCO  SISTEMATICO 

DELLE   PIANTE    RACCOLTE   SUL    SERPENTINO. 


Nome  della  specie 


Fìlices. 

1.  Asplenium  Adiantum  nigrum  L.  fi)  Serpen- 

tini (Tausch.) 

2.  Aspi.  Tricìiomane.s  L 

3.  Aspi,  septentrionale  (L.)  Hoflfni 

4.  Nephroditim  Filix-mas  Rich 

5.  Pteris  aquilina  L 

Couiferae. 

6.  Junipertis  comnmnis  L 

7.  Junip.,  Oxycedrus  L 

Gramiiiaceae. 

8.  Calamagrostis  arundinacea   (L.)   Kotli.  (ì) 

montana  (Host.) 

9.  Festuca  ovina  L.  a)  tijpica  b)  vulgaiis Koch. 

10.  Fest.  elatìor  L.  a)  pratensis  Hiids . 

11.  Avena  versicolor  Vili 

12.  Brachypodium  pinnatum  (L.)  P.  B.    . 

13.  Phleitm  Michelii  Ali.  «)  typicum 

1 4.  Agrostis  alba  L 

15.  Andropogon  Inrtus  L 

16.  DactijUs  glomerata  L 

17.  Molinia  caerulea  Moencli 

18.  Bromus  erectus  Huds 

Cyperaceae. 

1 9.  Schoenus  nigricans  L 

Jiincaeeae. 

20.  Lttzula  nivea  (L.)  DC 


Monte 
Ragola 


* 


Monte 
Roncallo 


+ 
+ 

+ 


+ 

+ 


+ 


+ 


4- 


+ 

+ 
+ 


Scogli 
neri 
Pegli 


+ 


+ 


+ 


+ 
+ 
+ 


+ 


96  — 


Nome  della  specie 


Lìliacecae. 

21.  SrUla  bifolia  L 

22.  Aììiutn  carinatnm  L 

23.  Smilar  aspera  L.     .     .* 

Pol.vgonaceae. 

24.  Riimex  scutatus  L 

Paronj'chiaceae. 

25.  Herniaria  glabra  L 

Caryophyllaceae. 

26.  Dianthus  Caryophi/lhis  L. /S)  virgineiis(h.] 

27.  Dianthus  Carthusianoriim  f)  Baìbisii  (Ser, 

in  DC.) 

28.  Cerastium  arvensc  L.  ;?)  suffruticostim  (L.] 

29.  iSi/e»**  vulgaris  (Moench)  Garke  «)  «;esc!- 

car/a  (Schrad.) 

30.  Schranthus  annuus  L 

31.  Alsine  laricifolia  (L.)  Craiitz     .     .     .     . 

32.  Alsine  verna  Wlilnb 

33.  Saponaria  ocymoides  L 

34.  Silene  nutans  L.  /)  viridella  Ottli  . 

35.  Silene  saxifraga  L 

Hypericaceae. 

36.  Hypericum  Eicheri  Vili 

37.  Hyp.  perforatum  L.  «)  typicnm      .     . 

Cistaceae. 

38.  Cistus  salvifoHus  L 

39.  Helianthemwn  apenninum  Mill 

Cruciferae. 

40.  Biscutella  levigata  L.  a)  typica  .     .     .     . 

41.  Astrocarpus  sesamoides  (L.)  DC.     . 


Monte 
Bagola 


Monte 
Roncallo 


+ 


+ 
+ 


+ 


+ 


+ 
+ 
+ 
+ 
+ 


+ 


Scogli 
neri 
Pegli 


+ 


+ 
+ 
+ 


+ 


+ 


+ 
+ 


—  97 


Nome  della  specie 


Monte 

Monte 

Ragola 

Roncallo 

+ 

+ 

+ 

4- 

+ 

+ 

-f 

+ 

+ 

+ 

+ 

4- 

+ 

+ 

* 

+ 

+ 

+ 

+ 

+ 

+ 

+ 

+ 

+ 

+ 

Scogli 

neri 

Pegli 


•42.  Lepidium  Iberis  L.  b)  iberideum  Roiiy  et 
Fouc 

43.  Iberis  itmbellata  L 

Saxifragaceae. 

44.  Saxifraga  androsacea  L 

45.  Suxif-  Aizoon  Jaeq 

Crassulaceae. 

46.  Sedum  dasi/phyUum  L 

47.  Sedum  album  L 

48.  Semperviviim  tectorum  L 

Rosaceae. 

49.  Potentina  verna  L 

50.  Piriis  Aria  Ehrli 

51.  Amelanchier  vulgaris  Moench 

52.  Cotoneaster  vulgaris  L.  Lindi 

53.  Fragaria  vesca  L 

54.  Agrimonia  Eupatoria  L 

55.  Rosa  villosa  L.  §)  pomifera  Herrm.    .     . 

56.  Crataegvs  monogijna  [Jacq.] 

LegHiniuosae. 

57.  Anthgllis   Vulneraria  L.  d)  rubra    .     .     . 

58.  Genista  sericea  Wulf 

59.  Gen.  radiata  Scop 

60.  Coronilla  Emerus   L 

61.  Lotus  corniculatus  L 

62.  Trifolinm  ochroleucum  Huds 

63.  Tri/,  repens  L.  a)  typicum 

64.  Astragalus  Hijpoglottis  L 

65.  Ceratonia  Siliqua  L 

Myrtaceae. 

66.  Myrtus  communis  L 


+ 


+ 


+ 


+ 


98  — 


Nome  della  specie 


Monte 
Ragola 


Monte 
Roncallo 


Scogli 
neri 
Pegli 


Oeiiotlieraceae. 

67.  Epilobium  Dodonaei  Will 

Umbelliferae. 

68.  Bupleurum  odontites  L 

69.  Pimpinella  saxifraga  L 

70.  Daucus    Carota   L.    a)  typiciis   (e.    mari- 

timus  [Laui.]) 

71.  Peiicedanum  Cervaria  (L.)  Cuss.      .     .     . 

72.  Pimpinella  Saxifraga  L 

73.  Bupleurum  ranunadoides  L 

74.  Laserpitium  latifolium  L 

Auacardiaceae. 

75.  Pistacia  Terebinthus  L 

Euphorbiaceae. 

76.  Euphorbia  spinosa  L 

77.  Euph.  dendroides  L 

Ericaceae. 

78.  Vaccinium  Vitis-Idaea  L 

79.  Vare.  Myrtillns  L 

80.  Arctostaphi/los    Uva-Ursi  Spr.     .     .     .     . 

81.  Erica  Carnea  L 

82.  Calhma  vulgaris  Salisb 

Plumbaginaceae. 

83.  Armeria  vulgaris  W.  «)  elongata  (Hoffm.) 

Asclepiadaceae. 

84.  Cynanchum   Vinceioxicum  (L.  )  Pers.    . 

Gentianaceae. 

85.  Erythraea  Centauriiim  Pers 


+ 
+ 


-4- 


+ 


+ 
+ 


+ 


+ 


+ 
+ 


+ 


+ 


+ 


—   99 


Nome  (Iella  specie 


Monte 
Ragola 


Monte 
Roncallo 


Bovraginaceae. 

86.  Echium  maritiminn  W 

87.  Ciinoglossnm  officinale  L 

Solauaceae. 

88.  Solanum  nignim  L 

Scropliulariaceae. 

89.  Odontites  lutea  Rciib 

90.  Lìiiaria  vulgaris  Mill 

91.  Antirrìiinnm  Orontium  L 

Orobaiifhaceae. 

92.  Orobanche  gracilis  Sm 

Labiatae. 

93.  Teucrium  moìitanum  L 

94.  Tener.    Chamaednjs  L 

95.  Thyniìis  Serpi/llum  L.  z)  ■polytrichus Kei'ii. 

ap.  Boib 

96.  ThyniKS  Serp.  L.  (a.  Communis  Nob.  «. 
angtistifolius)  (Pers.) 

97.  Tkì/miis  Serp.  L.  tj)  lamtginosus  (Mill  ) 
«)  genìiiìiKS 

98.  Galeopsis  Ladannm  L 

■99.  Stachys  officinalis  Trevis 

1 00.  Stachì/s  annua  L 

Plantaginaceae. 

I U 1 .  Plantago  maritima  I j.  /S)  serpentina  (Will.) 

Rubiaceae. 

102.  Gatium  veruni  f)  approximatum   (Gr.  et 
Godr.) 


-f 

+ 

+ 
+ 


+ 


+ 


+ 


+ 


+ 


Scogli 
neri 
Peprli 


+ 


+ 

+ 


+ 

^- 


4 
+ 


—  100 


Nome  della  specie 


103.  Galium  ruh.    L.  a)   typicum  a)  glaberri- 
mnm  Ces.  P.  et  G 

104.  Aspcrula  Cynanchica  L 


Dipsacaceae. 

105.  ^cabiosa  Columharia  L.  . 

Caiiipanulaceae. 

106.  Campanula  rotundifolia  L. 

107.  Phyteutna  Michelii  Ali.   . 

108.  Campanula  Medium  L.    . 

109.  Camp,  glomerata  L.    .     . 


Coiiipositae. 

110.  Robertia  tnraxacoides  (Lois.)    .     .     .     . 

111.  Carduus    defloratus   L.    /)   carlinaefoUus 
(Lara.) 

112.  Antennaria  dioica  (L.)  Gaertn.     .     .     . 

113.  Carlina  vulgaris  L 

114.  Uelichrysìtm  italicum  G.  Don 

115.  Tussilago  Farfara  L 

116.  Erigeron  acer  L 

117.  Aster    alpinus    a)    typicns    e)    hirsutus 

|Host.] 

118.  Centaurea  Jarea  /?)  amara  (L.)   />)  Bei- 
lardi  [Colla] 

119.  Achillea  MillefoUum  L 

120.  Chrysanthemvm  Leìicanthemum  L.  h)  pai- 
lens  Gay 

121.  Chrysanthemum  ceratophylloides  Ali.  .     . 

122.  Cirsium  acaule  Scop 


Monte 

Monte 

Ragola 

Roncallo 

+ 

+ 

+ 

+ 

+ 

+ 

+ 

^ 

^ 

+ 

+ 

+ 

+ 

* 

+ 

+ 

+ 

À- 

+ 

+ 

+ 

+ 

bcogli 
neri 
Peffli 


+ 


+ 


+ 


'* 


'  C.  Kraus,  Bodcii  und  Klinui  auf  Kleiiisten  Baum.  L'Helìchrysiiiii  are- 
luiriuiii,  ritenuto  molto  calcifugo,  sopporterebbe  al  contrario  il  15  "/„  di  carbonato 
di  calce  {Rev.  scienti/'.,  u.  10,  1911). 


101 


Nome  della  specie 


Monte 
Ragola 


123.  Crepis    aurea  (L.)    Rchb.    fi)    Columnae 
(Froel.) 

124.  l'icris  hieracioides  L.  a)  typica  (d.  rude- 
ralis  I  Scimi,  in  W.) 

12.5.    Eupatorium  eannahinum  L 

126.  Carlina  acauìis  L 

127.  Centaurea   paniculata    L.    a)    maculata 
(Lam.) 

128.  Centaurea  Jacea  L.  /S)  amara  (e    Welde- 
niana  [Rclib  J) 

129.  Sonchus  arvensis    L.    y)   maritimus  (L.) 

b)  litoralis  [Rchb.] 

130.  Inula  hirta  L.  «)   ohlongifolia  G.   Beck 
[a.  uniflora  Spenner) 

131.  SoUdago    Virga-aurea  L 

132.  Solidugo  Virga-aurea  L.  «)  vulgaris  (Lam.) 

{h.  monticala  (.Toni.)  =  B.  Ten.  Syll.) . 

133.  Serratila  tinctoria  L.  f)  indivisa  (Poir.) 

(a.  genuina  =  v.  palustris  Posp.)  '    . 

134.  Inula  viscosa  AH 

135.  Aster  acer  L 


Monte 
Roncallo 


Scogli 

neri 

Pegli 


+ 
+ 
+ 
+ 
+ 
+ 
+ 


+ 
+ 

+ 


* 
*  * 


Le  masse  ofioliticlie  esplorate  si  presentano  quasi  sempre  sotto 
forma  di  grugni  nerastri  e  rilievi  montuosi  a  facies  spiccatamente  alpina, 
con  rappresentanza  scarsa  di  famiglie  di  cui  poche  specie  predominanti 
ne  caratterizzano  la  flora. 

A  formare  il  consorzio  botanico  vi  concorrono  talune  felci,  notevoli 
per  la  loro  frequenza,  fra  cui  V Asplenium  Adiantum-nigrum  f?)  Ser- 
pentini (Tausch.)  -. 


'  La  specie  Serrafula  tinctoria  L.  tu  raccolta  da  R.  Farneti  al  M.  Lesima, 
formato  da  calcare  marnoso.  Vedasi  :  Gino  Pollacci,  Aggiunte  alla  Flora  Tici- 
nese (Atti  Ist.  Bot.  di  Pavia.  Serie  ii,  Voi.  xv). 

*A.  ScHl.MPER,  Pflanzeii-geogr.,  pag.  104,  1898).  Secondo  l'A.,  la  forma  tipica 
AeW Amplcniiim  Aiìiantiim-nigrinn  pare  sia  del  tutto  mancan tesiti  serpentino.  hWsple- 


—    102  — 

Fra  le  Car>/ophi/Jlacerie  venne  segnalata  la  Silene  infìata  Sm.  var.  ci- 
Hata  R.  forni,  angnstifolia,  come  esempio  di  adattamento  della  specie  e 
di  speciale  appetenza  delle  forme. 

In  alcune  zone  è  specialmente  importante  YAlyssnm  argenteum  Vitra., 
per  la  sua  diffusione;  ed  assai  bene  rappresentate  in  quasi  tutte  le  zone 
sono  le  Eriraceae,  fra  cui  la  Callima  vulgaris,  VErica  carnea  e  qualche 
altra.  Fra  le  Rubìaceae  si  trovò  che  la  specie  Galium  rubmin  L.  è  rap- 
presentata sul  serpentino  dalla  var.  glabenimum  Ces.  et  G.,  mentre  sul 
calcare  è  diffusissima  la  var.  iriligerum  H.  Braun. 

Sono  inoltre  notevoli  la  Robertia  laraxacoides  (l-ois.)  e  V  Helichrysnm 
italicum  6.  Don.,  che  si  comportano  come  piante  caratteristiche  per  la 
loro  frequenza  sulle  roccie  serpentinose. 


Non  può  dirsi  però  che  dette  piante  siano  esclusive  del  !>erpen- 
tino,  '  come  non  è  dimostrato  che  vi  siano  piante  proprie  delle  roccie 
magnesiache. 

Sono  piuttosto  piante  rupestri-silicicole,  capaci  di  tollerare  piccole 
(juantità  di  calcare,  contenute  anche  nelle  roccie  serpentinose  '-. 


nium  aditi ferhiti 111,  che  sarebbe  la  forma  intermedia  fra  VA.  l'iride,  e  VA.  Tri- 
chomanes,  diventa  la  forma  serpentinosa  soppiantiiudo  qviasi  del  tutto  il  secondo. 
Anche  l' A.  viride  fu  trovato  solo  eccezionalmente  sul  serpentino.  —  A.  Bé- 
GUINOT,  Saggio  sulla  flora  e  sulla  fitogeografia  dei  colli  euganei  (Mem.  Soc. 
Geog.  Ital.,  voi.  i,  p.  26,  Roma  1904).  Secondo  l'A.  VAsplenium  THchomaneii  L. 
è  una  pianta  indifferente.  Vedasi  anche:  Sadbbeck.  Ueber  die  generationnu-eise 
forhiesetzen  Aussaateu  iind  Culturen  der  nerpentine- forme  der  Fern-Gatlung  Asple- 
nium  (Berichte  iiber  d.  Sitzung.  d.  Gesell.  f.  Botanik  in  Hamburg,  iii  Heft,  1887). 
—  Lino  Vaccari,  La  flore  de  la  .serpentine,  du  calcaire,  efc.  dan.s  le.s  Alpe»  Graies 
Orìentales,  pag.  13,  Aoste,  1903.  —  La  serpentine  ne  semble  pas  nourrir  un  grand 
nombre  de  formes  spéciales.  Je  ne  connais  que  les  trois  suivantes  dont  la  pre- 
mière est  nouvelle  pour  la  Vallèe  d'Aoste  et  les  deux  autres  sont  nouvelles  pour 
la  botanique.  Ce  sont  la  Saxifraga  rariaii.<i  Sieb.  var.  iiiferiiiedia  Koeh,  forma  glabra 
qui  semble  substituer  dans  la  serpentine  de  Ponton  la  forme  glandulosa  Engler 
(la  vraie  moschata  Wulf.)  qui  est  au  contraire  commune  dans  le  reste  de  la  Vallèe 
d'Aoste  ;  la  Saxifraga  oppositifolia  L.  var.  Murìthiana  Tiss.  f.  pubesceiis  miìii  et 
VHieracium  Salasnorum  Zahn  et  Bes.se  (ined.  in  herb.  meo)  =  prenantlioides  x 
silvaticum . 

'  G.  Gola,  Studi  sui  rapporti  fra  la  distribuzione  delle  piante  e  la  costitti- 
zione  flsico-chimica  del  suolo.  Secondo  l'A.  vi  lianno  solo  pochissime  forme  carat- 
teristiche delle  roccie  serpentinose,  quali  VA.spleiiium  adulterinum  e  VA.  Adiaii- 
tum  nigrum,  forme  queste  che  hanno  caratteristiche  assai  differenti  da  qvielle  delle 
piante  presunte  dolomitofile  (Ann.  di  Bot.,  fase.  3,  voi.  ni.  Roma). 

'  0.  MoNTEMARTiNi,  Op.  oit.,  pag.  37.3-376. 


—   103   — 

Infatti  la  Calluna,  imiicata  come  pianta  esclusivamente  silicicola,  fu 
rinvenuta  dal  Negri  '■  sulle  colline  terziarie  di  Torino,  riccamente  cal- 
cari per  quanto  si  tratti  di  terreni  decalcificati,  in  seguito  alla  degra- 
dazione meteorica.  - 

Inoltre  detta  pianta  fu  riscontrata  su  terreni  calcari  anche  da  altri 
autori  ^  e  può  svilupparsi  assai  bene  tanto  nelle  stazioni  umide  che 
nelle  aride,  nelle  silicee  come  nelle  umifere  '. 

Ed  altre  piante  —  ritenute  calcifughe  tipiche  —  vennero  pure  ri- 
scontrate su  sabbie  e  marne  '"  contenenti  una  notevole  percentuale  di 
calce,  sebbene  in  alcuni  casi  l'azione  nociva  della  stessa  venga  in  parte 
neutralizzata  dal  ferro. 

Comunque  la  Casianea,  il  Sarothaninus,  V  Ulex,  V Erica,  ecc.,  possono 
tollerare  fino  a  2-3  centesimi  di  calce  ''. 

Ed  ecco  come  si  possono  spiegare  "  les  colotiies  hété  roto  piqué  s  „  del 
Gillot  "'  e  quelle  "  hétérocreniques  „  rilevate  dal  Magnin,  "*  nelle  quali  cre- 
scono insieme  piante  d'appetenza  chimica  differente. 

Per  cui,  secondo  parecchi  autori,  ''  ciò  che  importa  stabilire  è  la 
quantità  di  calce  necessaria  per  la  vita  delle  calcifiìe  e  quella  suflSciente 


'  G.  Neoui,  La  vegetazione  della  collina  di  Torino  (R.  Acc.  delle  Scienze 
di  Torino,  Sferie  ii,  voi.  lv).  —  Le  stazioni  di  piante  microterme  della  pianura 
torinese  (Atti-  Congresso  Naturalisti  italiani,  pag.  10.  Milano,  1906). 

'  C.  F.  Pauon.\,  Trattato  di  j/eologia.  Milano  1903.  La  degradazione  delle 
roccie  calcaree  dà  luogo  alla  formazione  di  argille  ocracee  (terreno  argilloso)  ri- 
maste indisciolte  durante  la  solubilizzazione  del  carbonato  di  calcio. 

'  M.  Petitmencun,  Sur  l'adaptation  aux  sols  calcaires  des  j)lantes  silicicotcx 
(Bull.  d.  Ac.  Inter,  de  Géographie  Bot.  pag.  194-195,  1900). 

■•  Béguinot,  Op.  cit.,  pag.  96. 

^  M.  \V.  Ru.s.SBTX,  Observations  sur  de  GokHs  à  balais  adaptées  à  un  sol  cai- 
rairc  (Bull.  d.  Soc.  Bot.  de  France,  p.  96,  1908).  Ed  ancora:  R.  Maire,  Aiiiiot.  n 
la  flore  de  Lorraine  de  Godron  (Feuille  de  jeunes  nat.  3"  sér.  1895). 

*  M.  Chatin,  Bull.  d.  Soc.  Bot.  de  France,  1870.  —  C.  Costejean,  luflueim- 
du  terrain  sur  la  cégétation  (Ann.  Se.  Nat.,  T.  2,  pag.  B55-.56,  1875). 

'  F.  X.  Gillot,  Influence  de  la  composition  minéralogique  des  roches  sur  la 
régétation;  colonies  régétales  hétérotopiques  (Bull.  Soc.  bot.  de  Fr.,  T.  .xli,  1894, 
pag.   XVI,  sess.  extraord.  in  Suisse,  aoùt,  1904). 

'  A.  Magnin,  Infliience  de  la  composition  du  sol  sur  la  végétation  (Bull.  Soc. 
émul.  du  Doubs,  v,  p.  x,  1900).  —  L'edaphlsnie  chimique  (Bull.  Soc.  Bot.  d.  Fr., 
pag.  370,  1901).  —  Vedasi  inoltre  :  M.  .J-B.  Gèze,  Notes  d'edaphisnie  chimique 
CBull.  Soc.  Bot.  d.  Fr.  pag.  465,  1908).  —  Sam.  Aubert,  Sur  une  association 
d'espèces  calcicoles  et  calci  fuges  (Bull.  Soc.  Vaudoise  des  se.  nat.,  voi.  xxxix,  1903). 
—  C.  Kr.\us  trovò  le  radici  della  Calluna  e  del  Vaccinium  aggrovigliate  con 
quelle  àeWAnciìione  silvestiis,  amico  del  calcare.  Op.  cit.,  Rev.  scient.  n.  10,  1911). 

"  D.  X.  Gillot  et  E.  Chateat,  L'appéteuce  chhnique  des  plantes  et  leur 
rédartitinu  géogra]ihique.  iBull.  Soc.  Bot.  de  Fr.  pag.  218,   1906). 


—   104  - 

per  respingere  le  calcifughe,  potendo  queste  ultime  adattarsi  ai  terreni 
contenenti  un  po'  di  calcare.  ' 

Viceversa  non  poche  piante  ritenute  calcifile  furono  rinvenute  su 
suolo  siliceo  -  e  talune  anche  sul  serpentino. 

D'altra  parte,  secondo  F.  Camus,  le  espressioni  usate  comunemente 
nel  linguaggio  botanico  (roccie  silicee,  [irimitive,  granitiche,  ecc.)  man- 
cano di  precisione;  anzi,  io  aggiungo  che  sono  assolutamente  inesatte. 

Infatti  se  noi  esaminiamo  nei  moderni  trattati  di  petrografia  (per 
es.  nel  Rosenbush,  Eìemente  der  G esteinslelire)  le  roccie  più  comuni,  com- 
prese nelle  silicee,  troviamo  che  i  graniti  possono  contenere  3-4  "/(,  di 
CaO;  le  sieniti  4-6"/o;  le  dioriti  7-8  \;  i  gabbri  (eufotidi)  13-14  "/o; 
e  nelle  comuni  lave  (lipariti,  trachiti,  audesiti,  basalti)  sono  pure  con- 
tenute notevoli  quantità  di  calce. 

Anche  nelle  roccie  schistoso-cristalline  (per  es.,  nei  gneiss)  tro- 
viamo CaO  conte'nuto  costantemente  in  maggiore  o  minore  quantità. 
Persino  nei  micaschisti  ne  troviamo  fino  al  2-3  "/„.  Soltanto  vi  è  assenza 
di  calce  in  alcuni  rari  tipi  di  peridotiti  (e  cioè  nelle  duniti)  le  quali 
sono  costituite  unicamente  da  olivina.    ' 

Inoltre  anche  nel  teireno  agrario  riesce  diflScile  stabilire  una  di- 
visione netta  fra  terreni  calcari  o  non,  *  sia  perchè  la  proporzione 
della  calce  può  presentare  notevoli  differenze  anche  fra  terle  vicine,  ■' 
sia  perchè  in  certi  casi  il  calcare  solubile  può  sfuggire  all'analisi  chi- 
mica, per  cui   taluni  autori''  ritengono  neces.'^ario  l'esame  niicroscoi)ico 


'  fiussEL,  Sur  qiielques  plantcs  adajìtées  à  des  fe.rres  paiii-re.s  en  chaiix  (Ass. 
frano,   p.  l'avanc.  des  Se.   1907,  pag.  373-276). 

^  M.  AiiDiN,  Sur  la  végétation  de  la  vallèe  de  la  Mauvaise  (Bull.  Assoc.  fr. 
Bot.,  pag.  17-26,  1901).  —  Ohservation  pfn/fnftfafiqiie  sìir  les  planfp.t  calcicoles  clii 
Beaiijohi/s  {ibidem,  pag.  250-261). 

'  Clauke,  The  data  of  Geoclìemistrg.  —  Meuril,  A  Treatise  o»  Tfocks,  L'och- 
Weatheriìig  and  noiì.  Risulta  dagli  studi  fatti  sulla  disgregazione  delle  roccie,  che 
il  calcio,  sotto  forma  specialmente  di  carbonato  acido,  è  uno  degli  elementi  più 
facilmente  asportabile  e  me.sso  quindi  a  di.sposizione  delle  piante,  ciò  che  venne 
constatato  anche  nelle  numerose  analisi  di  acque  correnti  superficiali  e  profonde. 

*  SuHiMPEi!  considera  un  terreno  povero  di  calce,  quando  ne  contiene  meno 
del  3"/,,  —  {Pflanzen  Geog.,  p.  111).  Anche  Drude  considera  i  terreni  come  cal- 
cari a  partire  dal  B  "/q  di  calce. 

'A.  Bernard,  Le  calcaire,  sa  déterininatioìi  et  son  rote  ilans  les  terres  arablen. 
1892.  Il  calcare  può  variare  moltissimo  secondo  i  fattori  edafici,  la  pendenza  del 
terreno,  l'azione  dell'acqua,  la  composizione  delle  rocce  e  veri.similmente  anche 
la  natura  del  tappeto  vegetale. 

'  X.  Git.i.OT  et  CiiATBAU,  op.  cit.,  pag.  220.  Quando  la  decalcificazione  è 
aiutata  dall'/(«//t«.s,  le  soluzioni  dei  sali  di  calcio  possono  arrivare  al  2.5U°/o. 
senza  essere  rilevate  dal  calcimetro,  per  cui  sembrano  sprovvisti  di  calcare. 


—   105  — 

per  integrare  l'analisi  e  rintracciare  i  minerali  essenziali  delle  rocce, 
che  si   trovano    nel   terreno  come  prodotti  di  semplice  disgregazione.  ' 

Senonchè,  non  basta  constatale  la  presenza  del  calcare,  ma  occorre 
stabilirne  la  forma  ed  il  grado  di  solubilità  anche  in  rapporto  cogli 
altri  sali  presenti  nella  soluzione  ambiente. 

E  molte  ricerche  furono  fatte  specialmente  per  mettere  in  rilievo 
l'influenza  dei  vari  rapporti  fra  calce  e  magnesia. 

Questi  sali,  secondo  Loew,  -  sono  così  strettamente  collegati  che 
quando  nel  terreno  vi  è  un  eccesso  di  calce,  viene  reso  più  difficile 
l'assorbimento  della  magnesia  e  viceversa.  ^ 

Detto  rapporto,  ciiiamato  dallo  stesso  autore  "  lime  factor„,  può 
variare  ed  essere  più  o  meno  favorevole  allo  sviluppo  delle  piante.  In- 
fatti venne  sperimentalmente  determinato  il  rapporto  più  adatto  alle 
diverse  coltivazioni  di  cavoli,  fagiuoii,  cipolle,  ecc.  * 

L'azione  quindi  dei  sali  di  calcio  dipende  dalle  condizioni  che  ne 
regolano  la  solubilità  ■'  e  quindi   il  loro  coefficiente   isotonico,  "^  per  cui 


'  A.  Delage  et  H.  Lbgatu,  Sur  la  coiisfHufion  de  la  terre  arahle  (C.  R.  Ac. 
So.  t.  cxxxix,  1904).  —  GiLLOT  (op.  cit.  pag.  xvi-xxxv). 

*  La  teoria  di  O.  Loew  sulle  funzioni  tisiologiche  del  calcio  e  del  magnesio 
venne  pubblicata  la  prima  volta  in  «  Flora»  (1892)  e  poi  nel  Bulletin,  n.  18,  del: 
U.  S.  Department  of  Agriculture,  Division  of  vegetable  Physiology  and  Patho- 
logy.  —  Vedasi  dello  stesso  autoi-e:  On  the  Lhiie-factor  for  Differeiit  Crop.i  (Bull, 
of  the  Coli,  of  Agric.  Tokyo,  iv,  381,  1902).  Ed  inoltre:  0.  Loew  und  S.  Houda, 
Ueher  den  E/nfliiss  wecfiselnder  Menjjen  rou  Kalk  luid  Magnesia  auf  die  Eiitwick- 
luiig  der  KadelhaUine  (Bull,  of  the  Coli,  of  Agric.  Tokyo,  ii,  378,  1896)  —  K. 
A.so,  On  the  Infiuence  of  different  Rations  of  Lime  and  Magnesia  itpon  the  De- 
relopment  of  Plants  (Bull,  of  the  College  of  Agric.  Tokyo,  iv,  pag.  361,  1902).  E 
dello  stesso  autore  :  On  the  influence  of  a  certain  ratio  befween  Lime  and  Ma- 
gneaia  on  the  Growth  of  the  Mulberrg-tree  (Bull,  of  the  Coli,  of  agric.  Tokyo,  v, 
495,  1903).  Ricerche  analoghe  vennero  fatte  anche  dagli  autori  seguenti:  L.  Beu- 
.N'ARDiNi  e  G.  Corso,  Influenza  dei  rari  rapporti  di  calce  e  magnesia  su  lo  sri- 
luppo  delle  piante  (Staz.  sperim.  agr.,  xli,  pag.  191-208,  1908).  —  L.  Bernahuini 
e  G.  Siniscalchi,  Intorno  all'  influenza  dei  vari  rapporti  fra  calce  e  magnesia  su  lo 
sviluppo  delle  jìiante  (Staz.  sperim.  agr.,  xi>n,  369,  1908). 

'  G.  Gola,  op.  cit.,  pag.  474. 

*  C.  FuRUTA,  To  what  Extent  should  a  Soil  be  Limed?  (Bull,  of  the  Coli,  of 
Agric.  Tokyo,  iv,  371,  1902).  —  G.  Daikuhara,  On  the  influence  of  different  rations 
hetween  lime  and  Mg  on  the  development  of  Phaseolus  (Bull,  of  the  Coli,  of  Agric. 
Tokyo,  1901).  --  T.  Katayama,  On  the  Determination  of  the  availahle  Amounts  of 
Lime  and  Magnesia  in  the  Soil  (Bull,  of  the   Coli,  of  Agric.  Tokyo,  vi,  103,  1904). 

■^  Th.  Schloesing,  Sur  la  dissolution  de  carbonate  lìu  chauj/  par  l'acide 
carboìiique  (C.  R.  Ac.  Se.  1872). 

'  G.  Gola,  op.  cit.,  pag.  474.  Il  maggior  coefficiente  isotonico  del  bicarbo- 
nato pilli  spiegare  la  maggior  tossicità  del  calcare  rispetto  a  quella  del  gesso  sulle 


—  106  — 

possono  diventare  più  o  meno  nocivi  al  sistema  radicale,  alterando  la 
funzionalità  e  la  struttura'  delle  cellule  assorbenti;  fenomeno  questo 
che  non  deve  confondersi  con  la  funzione  fisiologica,  che  è  indipendente 
dalla  quantità  e  qualità  dei  sali. 

Tanto  è  vero  che  le  piante  del  calcare,  in  condizioni  normali,  non 
assorbono  dosi  maggiori  di  calce  di  quelle  che  vivono  sulle  roccie  si- 
licee. Inoltre  le  piante,  secondo  Welimer  ed  Amar,  possono  difendersi 
contro  l'eccesso  del  sale,  eliminandolo  sotto  forma  di  ossalato  di  calcio.  - 

E  l'importanza  delle  soluzioni  più  o  meno  concentrate  a  contatto 
del  sistema  assorbente  fu  riconosciuta  anche  dal  Cavara  ^  nelle  Ricerche 
crioscopiche. 

Cosi  ad  es.,  le  piante  alofite  possono  regolare  la  pressione  osmotica 
a  seconda  della  variazione  della  salsedine  del  substrato  e  tale  mecca- 
nismo  possono  conservare  anche   in  stazioni   differenti   dalla   normale. 

Queste  relazioni  fra  il  sistema  radicale  delle  piante  e  la  concen- 
trazione delle  soluzioni  del  terreno  furono  riconfermate  sperimentalmente 
da  parecchi  autori,  fra  cui  il  Gola  citato,  con  le  ricerche  sulle  solu- 
zioni del  terreno  e  sulla  germinazione  delle  piante  in  soluzioni  con  cre- 
scente concentrazione. 


* 
*  * 


Anche  lo  scrivente  ha  fatto  delle  esperienze  seminando  il  Saro- 
thamnus  scoparins  (ritenuta  calcifuga  tipica)  in  sabbia  accuratamente 
lavata  con  acqua  ed  acido  cloridrico  e  inaffiaudo  le  piantine  con  .so- 
luzioni nutritive  Knop,  prive  di  sali  di  calcio,  e  con  soluzioni  aventi 
dosi  crescenti  di  Ca  (N  Oj)^ 


piante.  Vedasi  in  proposito:  yi.  Eislek,  //  calcari-  iiflU'  vigne  americane.  Geologie 
agricole,  pag.  115-116,  1892).  —  Ed  il  Chauzit  B.  afferma  che  «  on  ne  constate 
la  chlorose  dans  les  terrains  gypseux  que  lorsque  ces  terrains  soiit  en  niènie  tenips 
calcaires  ».  Progrès  Agric.  pag.  466,  1892). 

'  M.  Ch.  Da.ssonville,  Infuence  (ics  sels  niinérau.r  sur  la  /orme  et  la 
s/rnc/iire  dea  régétait.e  (Rev.  gen.  de  Bot.  1898). 

''  Dott.  JoANNBS  PoLiii.s,  SiiUa  presenza  del  glicogeno  nelle  fanerogame  e  sua 
relazione  coli' oxmlato  di  calcio.  L'A.  constatò  che  in  alcune  cellule  cristallofore 
si  formano  speciali  idrati  di  carhonio  dai  quali  deriverebbe  l'acido  ossalico,  al 
quale  attribuisce  una  speciale  funzione  fisiologica,  per  quanto  in  opposizione  alle 
note  ipotesi  di  Schimper,  Bohm,  Groom,  Bnich  Paul,  ecc.  (Atti  Ist.  Bot.  di  Pavia, 
Ser.  II,  voi.  XV). 

'  P.  Cavaua,  h'isiilfafi  (li  ima  .serie  di  ricerche  erioxr/tjiir/ic  uni  regftali  i  Rend. 
Congr.  bot.  di  Palermo,  pag.  (i2-(>3,  1902). 


—   107  - 

Nel  r  vaso,  senza  aggiunta  di  calce,  '  le  piante  crebbero  rigo- 
gliose (vedi  Tav.  fig.  1);  raggiunsero  uno  sviluppo  quasi  eguale  anche 
nel  2"  vaso  contenente  0,5  "/oci  <li  nitrato  di  calcio  (vedi  Tav.  fig.  2); 
nei  3°  vaso,  la  concentrazione  della  soluzione  airi7oo  ^^^^  uwa'  note- 
vole influenza  sullo  sviluppo  delle  piante  che  arrivarono  appena  ad  '/i 
dell'altezza  raggiunta  da  quelle  del  primo  vaso  (vedi  Tav.  fig.  3). 

In  un'altra  serie  di  esperienze  il  Sarothamnus  venne  ancora  colti- 
vato in  sabbia,  bagnandola  prima  con  acqua  distillata  e  inaflSando  in 
seguito  le  piantine  con  le  soluzioni  prive  di  calce  e  con  dosi  crescenti 
di  Ca  (N  O3)-. 

Le  piante  si  sono  sviluppate  assai  bene  nei  vasi  senza  calce  e 
con  0,5  e  r  1  "/oo  di  Ca  (N  O3)-  ;  cominciarono  ad  intristire  nel  3°  vaso 
bagnato  con  soluzioni  contenenti  il  2  "/oo  '!■  nitrato;  nel  4"  vaso  —  ba- 
gnato col  3  "Zoo  -  le  piante  si  mostrarono  sofferenti  arrivando  appena 
alla  metà  dello  sviluppo  raggiunto  nei  primi  3  vasi;  nel  5°  vaso  le 
piante,  inaflSate  col  4  '/„[,,  deperirono  rapidamente  e  finirono  per  morire. 

Dette  esperienze,  per  quanto  modeste,  sono  una  riprova  del  fatto 
che  per  le  piante  calcifiighe  esiste  un  limite  massimo  di  resistenza  per 
soluzioni  contenenti  quantità  diverse  di  sali  calcari. 

E  superfluo  notare  che  il  fenomeno  in  natura  diventa  incompara- 
bilmente più  complesso  per  la  molteplicità  e  variabilità  delle  condizioni 
fisiche,  -  topografiche  '  e  climatiche  '  che  possono  modificare  la  concen- 
trazione delle  soluzioni,  di  cui  fanno  parte  anche  i  sali  di  calcio. 

Ad  ogni  modo   la   presenza   del   calcare   può  influire  notevolmente 


'  Le  sabbie  lavate  con  acqua  ed  acido  cloridrico  contenevano  ancora  piccole 
traccie  di  calcare.  Vennero  esaminati  50  gr.  della  sabbia  del  1"  vaso,  trattandoli 
prima  con  acido  fluoridrico  concentrato,  per  eliminare  la  silice,  e  poi  trattandone 
il  residuo  con  acido  cloridrico  concentrato.  Aggiungendovi  quindi  acetato  so- 
dico e  ossalato  d'ammonio,  si  ottenne  un  intorbidamento  che  rivelò  la  presenza 
di  ti-accie  appena  sensibili  di  calcare. 

-  Su  granito  inalterabile  si  trovano  preponderanti  il  Sarothamnats  scopariuK, 

VAxplenium  septent rionale,  la  Calhtna  ecc ;  su  granito  alterato  si  trovano 

il  Teiicrium  C/iaiìuietìrjjs,  V  Aspeì-iila  ci/ìiaìichica ,  Hippocrepitf  coniosa  ed  altre 
iudifierenti. 

'  La  decalcificazione  è  tanto  maggiore  (juanto  più  rapida  è  la  pendenza.  Dove 
la  pendenza  è  nulla  o  nelle  depressioni,  dove  affluiscono  le  acque  fluviali,  si  tro- 
vano Oìioìiis  Nafri.v,  Brunella  rulgarin ,  Teucrium  monfanum,  Linrnn  tenui fo- 
lium,  ecc.;  dove  la  pendenza  è  rapida  ed  il  calcimetro  non  indica  più  dell'I  "/„ 
di  calcare,  compaiono  le  piante  calcifughe  (Vedi  X.  Gillot  e  Chateat,  op.  cit., 
pag.  223). 

■*  Nei  distretti  dove  le  pioggie  sono  prolungate  si  ha  una  vera  dialisi  del 
terreno  e  la  presenza  in  esso  di  soluzioni  saline  diluite,  dove  prima  non  esistevano 
quasi  che  corpi  colloidali  o  insolubili  (GuL.\,  op.  cit.,  pag.  i&d). 


—   108  — 

sulla  dispersione  naturale  delle  piante,  '  come  risulta  dalle  esperienze 
e  come  si  vede  esaminando  la  flora  nel  suo  complesso.  Bisogna  inoltre 
tenere  presente  che,  come  non  vi  sono  limiti  precisi  fra  i  terreni,  per 
rispetto  alla  loro  natura  chimica,  cosi  non  vi  sono  fra  piante  calcifughe 
e  calcifile  in  modo  assoluto. 

*  * 

Venendo  quindi  alle  zone  da  noi  esplorate,  le  associazioni  vegetali 
che  formano  le  rispettive  flore  non  sono  che  l'espressione  di  quei  fat- 
tori a  cui  ho  accennato  nelle  diverse  contribuzioni  del  presente  lavoro. 

/  terreni  ralcari  marnosi,  per  la  loro  decomponibilità,  rimangono  in 
certi  periodi  dell'anno  in  stato  di  secchezza,  ma  durante  le  pioggie  -  — 
abbastanza  frequenti  —  le  piante  vanno  soggette  a  notevoli  oscillazioni 
di  pressione  osmotica  da  parte  delle  soluzioni  saline  che  dapprima  au- 
mentano di  concentrazione  e  poi  si  diluiscono  col  prolungarsi  della  pre- 
cipitazione meteorica. 

Abbiamo  quindi,  durante  la  secchezza  del  terreno  e  nella  concen- 
trazione dei  liquidi,  dei  fattori  favorevoli  allo  sviluppo  di  quei  caratteri 
di  xerofilia  riscontrati  nelle  piante  del  calcare,  da  noi  esplorato. 

Sulla  zona  serpentinosa,  l'acqua  piovana  scorre  rapidamente  sulle 
roccie  ripide  e  denudate,  lasciando  il  substrato  in  condizioni  di  perma- 
nente aridità,  e  per  la  quasi  mancanza  di  prodotti  della  disgregazione 
non  sono  possibili,  nemmeno  temporaneamente,  delle  variazioni  nella 
concentrazione  delle  soluzioni.  Data  quindi  la  povertà  dei  detriti  e  del- 
l'acqua circolante,  si  spiega  come  le  piante  abituate  al  serpentino  ab- 
biano acquistato  caratteri  più  spiccati  di  nanismo  e  xerofilia  e  come  si 
mantengano  —  assai  più  delle  altre  —  entro  i  confini  segnati  dalla 
natura  del  substrato. 

Istituto  Botanico  di  Paviai  gfennaio  1912. 


'  L.  NicoTRA,  Influenza  del  calcare  sulla  vegetazione.  Malpighia,  ix,  1898. 
^  G.  L.  Pavarino,   Contrib.  prima,  op.  oit.,  pag.  24. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  XIV 

Fig.   1.   —  Coltura  in  sabbia  del  Sarnfìiaìiniiis  sroparius   con   soluzione   nutritiva 
senza  sali  di  calcio. 
■_'.   —  Coltura  in   sabbia  del  Sttrothaiìnm.s  scopurius  con    soluzione  nutritiva 
contenente  gr.  0,6  per  1000  di  nitrato  di  calcio. 
»     iì.   —  Coltura  in  sabbia  del  Sarofhamnus  scoparius   con  soluzione  nutritiva 
contenente  gr.  1  per  1000  di  nitrato  di  calcio. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI 


RICERCHE  ANAT0M0-F18I0L061CHE 

SOPRA 

LE  VIE  ACQUIFERE  DELLE  PIANTE 

PRIMO    CONTRIBUTO 

del  Dott.  LUIGI  MONTEMARTINI. 


Il  problema  deirasceiisione  dell'acqua  nei  vasi  legnosi  è  certamente 
uno  dei  più  studiati  tra  tutti  i  problemi  della  fisiologia  delle  piante, 
mentre  ne  rimane  sempre  oscura  la  soluzione. 

Escluse  da  tempo  le  ipotesi  che  si  tratti  di  un  semplice  fenomeno 
fisico  di  ascensione  di  liquidi  in  tubi  capillari,  o  di  elevamento  nel  vuoto, 
od  anche  di  sola  pressione  osmotica  delle  radici,  furono  messe  avanti 
le  teorie  cosidette  vitali  e  si  affermò  senipie  più  l'opinione  che  il  pro- 
blema sia  eminentemente  fisiologico  e  che  grande  sia  in  esso  l'impor- 
tanza delle  cellule  vive  del  legno  e  dei  loro  rapporti  coi  vasi:  si  devono 
ricordare  in  proposito,  oltre  le  numerosissime  osservazioni  raccolte  dallo 
Strasburger  nella  sua  classica  opera  sulle  vie  conduttrici  delle  piante,  ' 
anche  le  osservazioni  più  recenti  ^  sopra  l'importanza  della  forza  di  aspi- 
razione, talora  assai  superiore  alla  pressione  atmosferica  e  che  non  può 


'  E.  STRASBURfiBK,  Uehcr  dell  Bau  inid  die  Verrichttnìffen  der  Leitioii/sba/i- 
neii  ;  Jena,  1891  e  UeMer  dcis  Saftsteigoi  ;  Jena,  1893.  Anche  le  osservazioni  del 
Fischer  (Beifrage  ziir  Physiologie  dei-  Holzgewcichse:  Pringsheim's  Jahrb.  f.  w. 
Bot.,  Bd.  xsil)  sopra  la  partecipazione  dei  vasi  legnosi  al  trasporto  delle  sostanze 
organiche  immagazzinate  nel  parenchima  circostante,  testimoniano  di  una  com- 
plessità di  rapporti  di  scambi  tra  vasi  e  cellule  vive  ad  essi  adiacenti. 

^  Ricordo,  fra  tante,  le  osservazioni  sulla  cosi  detta  Stiugkraft  contenute  nel 
recente  lavoro  di  O.  Rennek,  Experimentelle  Beifrage  ziiv  Kennfniss  der  Wasser- 
bewegung;  Flora,  N.  F.,  Bd.  iii,  1911. 

Atti  (leirut.  Bot.  deirUniversifà  di  Pavia  —  Serie  li  —  Voi.  XV.  10 


—    110    -- 

dipendere  clie  dal  potere  osmotico  di  cellule  vive.  La  constatazione, 
fatta  pure  dallo  Strasburger,  del  passaggio  dell'acqua  anche  attraverso 
porzioni  di  legno  clie  sieno  state  completamente  uccise,  non  basta,  se- 
condo me,  dato  il  modo  con  cui  devono  essere  condotte  le  esperienze, 
a  far  cadere  queste  ipotesi  vitali. 

E  certo  in  ogni  modo  che  la  spiegazione  del  fenomeno  si  deve  cer- 
care specialmente  nella  struttura  del  legno  che  è  da  ritenersi  peculiar- 
mente e  strettamente  adattato  alla  funzione  che  in  esso  si  compie.  Ep- 
però  anche  la  più  piccola  osservazione  fatta  in  proposito  può  avere  il 
suo  valore. 

Un  particolare  della  struttura  del  legno  sul  quale,  per  quanto  mi 
sappia,  gli  studiosi  non  portarono  ancora  la  loro  attenzione,  è  quello 
delle  variazioni  numeriche,  assolute  e  relative,  dei  vari  suoi  elementi, 
contati  complessivamente  in  un  medesimo  fascio  o  in  un  medesimo 
asse,  a  diverse  altezze  e  specialmente  in  vicinanza  di  ramificazioni, 
sopra  e  sotto  di  esse. 

È  noto  che  le  traccie  fogliari  o  cotiledonari  primarie  cominciano 
spesso  in  basso  con  una  sola  trachea  e  si  ingrossano  verso  l'alto  per 
l'aggiunta  di  più  trachee  che  aumentano  la  massa  degli  elementi  con- 
duttori. Anche  le  traccie  fogliari  isolate  nei  fusti  delle  Monocotiledoni 
cominciano  in  basso,  verso  la  periferia  del  fusto,  sottili  e  con  pochi  e 
piccoli  vasi,  mentre  aumentano  per  numero  e  dimensioni  di  vasi  di  mano 
in  mano  che,  spostandosi  verso  il  centro  del  fusto,  si  innalzano  in  esso 
per  rendersi  poi  alla  foglia  cui  sono  destinate. 

Orbene  quello  che  si  verifica  per  le  traccie  fogliari  isolate,  ha  luogo 
anche  nel  complesso  dello  xilema  dei  singoli  organi,  nei  quali  si  ha  un 
aumento  dal  basso  in  alto  (talora  in  certa  relazione,  come  si  vedrà  più 
avanti,  coli' intensità  della  corrente  traspiratoria)  del  numero  degli  ele- 
menti conduttori  del  legno  e  di  conseguenza  anche  degli  altri  elementi, 
specialmente  viventi,  che  sono  in  relazione  con  quelli.  Il  fatto  si  rende 
più  evidente  vicino  alle  ramificazioni  nelle  quali  si  vede  che,  mentre 
nelle  radici  sopra  la  ramificazione  si  ha,  nel  ramo  principale,  un  nu- 
mero di  elementi  conduttori  superiore  alla  somma  degli  elementi  con- 
tenuti nei  rami  secondari  che  ne  derivano,  sotto;  nei  fusti  invece  la 
somma  degli  elementi  contenuti  nei  rami  sopra  la  ramificazione  è  sempre 
maggiore  di  quelli  che  si  trovano  appena  sotto,  nell'asse  unico  da  cui 
i  rami  stessi  sono  derivati.  ' 


'  La  stessa  differenza  si  i-ileva  per  la  superficie  delle  sezioni  trasversali  degli 
assi,  nei  fusti  giovani  nei  quali  non  è  ancora  cominciata  la  formazione  del  dura- 


—  Ili  — 

A  conferma  di  ciò,  meutie  mi  riservo  di  esporre  in  un  lavoro  più 
completo  tanto  l'esame  critico  della  lunga  letteratura  sull'argomento, 
quanto  i  risultati  dello  studio,  già  iniziato,  delle  variazioni  dei  rapporti 
e  delle  dimensioni  dei  diversi  elementi  del  legno  ad  altezze  differenti; 
limitandomi  per  ora  alle  variazioni  numeriche  dei  soli  elementi  condut- 
tori, comunico  qui  i  primi  risultati  delle  mie  osservazioni  in  proposito 


meu  ed  il  legno  è  tutto  vivo,  cosi  che  in  una  sezione  trasversale  la  superfìcie  di 
sezione  può  ritenersi  grossolanamente  proporzionale  al  numero  dei  vasi. 

Per  esempio  in  un  cespugl ietto  di  Uosa  canina  di  3  anni  di  età,  alto  dal  suolo 
circa  40  cm.,  il  fusto  si  biforcava  all'altezza  di  10  cm.  circa  e  appena  sotto  la  bifor- 
cazione aveva  una  superficie  di  sezione  di  uiuiq.  91,  mentre  sopra  i  due  rami  ne 
avevano  complessivamente  una  di  mmq.  52  +  42  =  94.  Anche  i  vasi,  come  si  vedrà 
più  avanti,  erano  in  numero  maggiore  nei  due  rami  che  nell'asse  principale.  Nella 
radice  invece,  che  si  triforcava  ad  un  centimetro  sotto  tei-ra,  le  superfici  di  se- 
zione erano:  nell'asse  principale,  sopra  la  triforcazione,  mmq.  87,  enei  rami,  sotto 
la  triforcazione,  complessivamente  mmq.  67 -f  13 -f  6  =  86. 

In  una  piantina  di  Acer  pseudoplatmms  ài  due  anni,  la  radice  a  15  cm.  sotto 
il  suolo  si  triforcava  e  mentre  prima  della  triforcazione  aveva  una  superficie  di 
sezione  di  mmq.  133,  sotto  ne  aveva  complessivamente  mmq.  73  + 24  + 4:=  101. 
La  stessa  radice,  più  in  alto,  appena  sotto  al  colletto,  dava  nello  spazio  di  un 
centimetro  quattro  rami  secondari  e  due  radici  piccolissime  e  presentava  le  seguenti 
superfici  di  sezione:  sopra  a  tutte  le  ramificazioni,  vicino  al  colletto,  mmq.  369; 
sotto,  nei  rami,  complessivamente  mmq.  46  +  41  +  34  +  21  +  5  +  B  +  (la  superficie 
di  sezione  rimasta  alla  radice  principale)  193=643.  Nel  fusto  invece  ho  constatato, 
a  pochi  centimetri  di  altezza,  sotto  ad  una  biforcazione,  una  superficie  di  sezione 
di  mmq.  219,  mentre  i  due  rami  che  ne  derivavano  ne  avevano  complessivamente 
una  di  mmq.  175  +  108  =  283.  In  alto,  a  circa  40  centimetri  dal  suolo,  uno  dei 
rami  si  scomponeva  quasi  ad  una  stessa  altezza  in  quattro  rami  secondari  ed  ho 
constatato  che  le  superfici  di  sezione  erano:  sotto  la  ramificazione  mmq.  45,  e  sopra, 
complessivamente,  mmq.  12  +  9  4-  19  +  15  =  55. 

Le  stesse  cose  constatai  in  altra  piantina  di  Acero  di  tre  anni  di  età,  nella 
quale  le  ramificazioni  successive  delle  radici  avevano  le  seguenti  superfici  di  sezione  : 

a  7  cm.  sotto  il  suolo,  l'asse  principale  prima  di  biforcarsi,  mmq.  58;  dopo, 
complessivamente  mmq.  49  +  7  =  56  ; 

a  5  cm.  sotto  il  suolo,  l'asse  principale  prima  di  triforcarsi,  mmq.  Ili  ;  dopo, 
complessivamente  mmq.  .58  +  37  +  4  =:  99. 

a  2  cm.  sotto  il  suolo,  l'asse  principale  prima  di  dare  molti  rami.  mmq.  135; 
dopo,  complessivamente  mmq.   Ili  +  5  +  3  +  6  +  2  +  1  =  128. 

Il  fusto  invece  appena  sotto  una  biforcazione  aveva  una  superficie  dì  sezione 
di  mmq.  32,  mentre  sopra,  nei  due  rami  complessivamente,  aveva  mmq.21  + 18=;39. 

Gli  stessi  rapporti  si  osservano  anche  nelle  ramificazioni  dei  fusti  e  delle 
radici  dei  grossi  alberi  legnosi  e  mi  riservo  di  pubblicare  i  dati  di  molte  osser- 
vazioni in  proposito.  Nelle  piante  legnose  tenute  a  ceduo  o  capitozzate  s'ingrossa 
la  parte  superiore  del  fusto. 


112 


Piccioli  fog:Iiari. 

Nei  piccioli  fogliari,  specialmente  se  lunghi,  è  facile  constatare  che 
il  numero  dei  vasi  nelle  sezioni  trasversali  aumenta  dal  basso  in  alto 
anche  se  considerato  solo  ad  una  certa  distanza  tanto  dalla  base  che 
dal  lembo,  e  cioè  nella  porzione  nella  quale  il  percoiso  longitudinale 
dei  fasci  è  semplice  e  non  presenta  alcuna  ramificazione  né  fusione. 

Lo  si  vede  dalla  seguente  tabella: 


o  a 


Specie  studiata 


2—  ° 
ti-o  i 


Numero  dei  vasi 
verso  la  base 


Num.  dei  vasi 
verso  la  metà 


Numero  dei  vasi 
verso  l'alto 


9 

3 
4 
5 
6 

7 
8 

9 
10 
11 
12 
13 
14 
15 
16 
17 
18 
19 
20 
21 
22 
23 
24 
25 
26 


Adianhim  Capilìus-  Ve- 
neris 

»  » 

»  » 

Arum  cornntum  .  .  .  . 

Calla  aethtopica  ■  .  ■ 

Nuphar  luteum 

Nymphaeazamiharien- 
sis 

»  » 

Ficus  carica 

»  » 

Ranuncìihis  nutrica f  11  s 

»  » 

»  » 

Viola  odorata 

»  » 

Oxalis  acetosella .  .  ■  . 

»  » 

»  » 

Ricinus  africanus .  ■  ■ 


Vilis  vinifera    .... 
Aralia  Sieholdii  .  .  . 


25,0 
24,5 
21,0 
26,0 
58,0 
32,0 
24,0 

27,0 

26,0 

10,8 

10,5 

37,0 

39,0 

37,0 

13,0 

19,0 

5,5 

6,5 

4,5 

46.5 

43,6 

50,0 

51,0 

6,0 

13,7 

37,0 


a     2  cm.  dalla  base      83 

»  »        »  85 

»  »        »  68 

93 

alla  base'  in  ogni  fascio)  1-2 

a      1  cm.  dalla  guaina  100 

»  »     base        33 


a  mela  circa  95 
»  -  93 
»  »  76 
»      »    109 


a  metà  circa   41 


a  1,5  cm. 

» 

a      1  cni. 


a  0,5  cm. 

» 
a     5  cm. 

» 

a  1,5  CHI. 

a     2  CHI. 


12 

6 

530 

»         475 

guaina  320 

352 

390 

base      150 

152 

46 

38 

»  50 

549 

433 

232 

214 

278 

340 

3850 


»     23 
»      11 


a  metà  circa  434 
»  »  385 
»  »  420 
»  .-  195 
»       »    174 


lem.  dalla  l"  foglietta  121 

97 

88 

116 

in  alto  (in ogni  fascio)  3-4 

a      1  cm.  dal  lombo    136 

»  »  51 


26 

16 

601 

569 

494 
395 
470 
245 
2.H0 


a  1,5  cui. 
a      1  cm. 


a  0,5  cm. 


a     5cm. 


a  1,5  cm. 


a     2  cm. 


68 

43 

55 

834 

786 

350 

220 

394 

592 

4300 


—   113 


Si» 

3  — 
»   (!) 

T3 

Specie  studiata 

ci 

N        X 

a     D. 

Nnmero  dei  Tasi 
verso  la  base 

Num.  dei  vasi 
verso  la  metà 

Numero  dei  vasi 
verso  l'alto 

27 

Frar/aria  vesca 

cm. 

22,0 

a     1  cm.  dalla  guaina 

627 

a  metà  circa  664 

a      1  cm.  dal  lembo  740 

28 

»              » 

21,0 

»        »          » 

575 

■>       "    576 

»                   ••            750 

29 

Phaseolus  vnlgaris  \  pic- 

30 

ciolo  princ.ì    .... 

»             »              » 

14,0 
13,0 

»        »          » 

»        »          » 

176 
192 

>       >'    188 
»  •    »   217 

»    dalle  fogliette  244 

288 

31 

,. 

15,0 

» 

160 

»      »    162 

»          »         239 

32 

»   (picciolo 
foglietta  term.) 

4,5 

a  0.5  cm.  dalla  base 

126 

a  0,5  Gin.  dal  lembo    134 

33 

■    »           »           >. 

5,0 

»           »          » 

107 

»           130 

34 

»           »           » 

3,5 

■>           »          .> 

102 

112 

35 

Pdchjjrrhizus  Thunber- 

gìanits  (picc.  princ.) . 

29,0 

a      1  cm.  dalla  guaina 

172 

a  metà  ci  rea  192 

a  1  cm.  dalle  fogliette  268 

36 

» 

27,0 

»        »          ^> 

160 

»      »    199 

»          »          »         291 

37 

»            »            » 

14,5 

»        »          » 

76 

»      »     82 

»          »          »         181 

38 

»           "  (picciolo 
(Iella  foglietta  terni.) 

3,8 

a  0,5  cin.  dalla  base 

114 

a  0,5  era.  dal  lembo    124 

39 

>'            »            >^ 

4,5 

»           »          >. 

105 

130 

40 

» 

3,5 

»           »          » 

66 

87 

41 

Aphelandra  cristata   . 

2,5 

a      4  mm.  »          » 

280 

ametà  circa  240 

a      2  mm.          >■            250 

Nei  seguenti  casi,  nei  quali  entra  probabilmente  in  giuoco  la  di- 
versa distribuzione  degli  elementi  del  legno  ed  i  loro  rapporti  (che  già 
cominciai  a  studiare)  reciproci,  il  numero  dei  vasi  diminuisce  verso  la 
metà  del  picciuolo,  ma  poi  aumenta  ancora  verso  l'alto: 


®  i 
42 

Specie  studiata 

Lunati  ezzB 

del 

picciolo 

Numero  dei  vasi 
Terso  la  base 

Num.  dei  vasi 
verso  la  metà 

Numero  dei  vasi 
verso  l'alto 

Ipomaea  sp 

cm. 
21,0 

a 

1  cm.  dalla  base 

170 

a  metà  circa  160 

a      1 

cm.  dal  lembo     198 

43 

»        » 

19,0 

»            »          >> 

183 

»       »    180 

» 

»           222 

44  '  Jotropha  Manihot . 

27,5 

a 

2  cm.    »           » 

121 

»       »    107 

» 

214 

45    Ricinus  comunìa  .  .  ,  . 

22,0 

»             »           » 

372 

»      »   340 

» 

461 

46    Ampelopsis  sp 

28,0 

a 

1  cm.     •> 

228 

»      »    199 

» 

296 

47 

Sterculia  platanifolia 

69,0 

a 

2  cm.    » 

932 

»      »   823 

» 

1525 

48 

»                    » 

61,0 

»             >.           >. 

783 

»      »   703 

» 

1244 

49  ;  Tropaeolum  iiiajiis    .  . 

30,0 

a 

1  cm.     > 

117 

»      »    113 

» 

131 

50  ! 

23,0 

»            »          » 

100 

»      »      78 

» 

72 

51  , 

19,0 

»            »          » 

75 

»      »     54 

» 

62 

52  ,  Carica  Papai/a     .... 

30,0   a 

3  cm.    » 

384 

»      »   329 

» 

»           431 

53  i 

Cucurlìita  Pepo    .... 

50,0 

a 

2  cm.    »          » 

305 

»       »    241 

a     2 

cm.          »           325 

—   114 


In  pochi  casi  lio  trovalo  invece  una  diminuzione  del  numero  dei 
vasi  verso  l'alto: 


si 

s  a 
il 

54 
55 
56 
57 
58 
59 
60 

Specie  studiata 

Liunffhezzn 

del 
picciolo 

Numero  dei  vasi 
Terso  la  base 

Num.  dei  vasi 
verso  la  metà 

1 

Numero  dei  vasi 

verso  ralto                  ii 

i 

Asplenium  hulbiferum . 
Dicksonia  rubiginosa . 
Paeonia  Montati     ... 

Rheum  officinale .... 

»             » 
Apinm  r/raveolens     .  . 

cm. 

28,0 
55,0 
■20,0 
19,0 
28,5 
33,0 
35,0 

a     3  cm-  dalla  base      520 

»            »          »        700 

1 
metà  circa  480 
»     »     500 
»    »    1015 
»    «     770 
..     »     Gli 
»    »     967 
»    »     420 

a     2ciii.8ottolefogl.480 

440 

a     lem    '•          '■       883 

»          »       598 

dal  lembo    637 

874 

»    dalle  fogliette  440 

a     lem.  dalla  guaina   6l>3 

..       1025 

540 

Fatte  dunque  alcune  eccezioni,  la  cui  spiegazione  deve  cercarsi, 
come  si  è  detto,  nella  struttura  speciale  dello  xilema  e  forse  anche  nel 
fatto  che  i  picciuoli  che  le  presentano  oltre  che  organi  principalmente 
conduttori  sono  anche  assimilatori  e  traspiratori,  si  può  dire  che  //  hk- 
mero  dei  vasi  legnosi  è  sempre  maggiore  nella  farle  alta  che  in  basso.  In 
alcuni  casi  r aumento  appare  in  relazione  colf  intensità  della  corrente  tra- 
spiratoria  che  deve  attraversare  i  piccioli  fogliari,  quale  si  può  desumere 
dalla  diversa  esposizione  delle  foglie  stesse  alf ombra  o  al  sole. 

Lo  si  vede  dalle  seguenti  tabelle  nelle  quali  sono  messi  a  confronto 
piccioli  di  foglie  colte  da  una  stessa  pianta  e  occupanti  la  stessa  po- 
sizione su  rami  sviluppati  al  sole  o  all'ombra: 

Vitis  vinifera. 


FOGLIE   ALL'OMBRA 

FOftblE  AL  SOLE 

Lunghezza 

del 

picciolo 

Numero 

dei  vnsi 

a  0,5  cm. 

dalla  base 

Numero 

dei  vasi 

a  0,5  cm. 

dal  lembo 

1 

o 
p. 
fi. 

O 

Il 

Cd 

Lunehezza 

del 

picciolo 

Numero 

dei  vasi 

a  0,5  cm. 

dalla  base 

Numero 

dei  vasi 

a  0,5  cm. 

dal  lombo 

O 
O 

p< 

1 

O 

X.    o 

11 

61 

cm.10,0 

801 

337 

1,119 

cm.   8,0 

382 

452 

1,364 

62 

»   12,7 

303 

371 

1,224 

.-     7,2 

401 

529 

1,318 

63 

»    8,2 

381 

389 

1,175 

»     9,4 

410 

534 

1,302 

64 

»  10,4 

346 

394 

1,138 

1,134 

»    9,3 

443 

575 

1,297 

1,245 

65 

»  10,2 

372 

430 

1,155 

>^    8,6 

488 

570 

1,168 

66 

»    9,5 

373 

382 

1,024 

»  10,4 

489 

592 

1,210 

67 

»    9,8 

357 

414 

1,104 

»    6,4 

516 

545 

1,056 

—    115 


Morus  silba. 


v  1 

FOGLIE  ALL' 

OMBRi 

FOGLIE    AL   SOLE 

9—  '      ®—  ^ 

1     9     a. 

Numero 

dei  vasi 

a  0,5  cm. 

dalla  base 

Numero 
^dei  vasi 

a  0,5  cm. 
dal  lembo 

o 

t^ 
o 

a. 
a 
a. 

1    o 

al 

.§•31 
1     '^ 

om.  5,2 

Numero 

dei  vasi 

bO,5  cm. 

dalla  bsse 

Numero 
dei  vosi 
a  0,5  om. 
dal  lembo 

o 

o 

03 

O 

X.    o 

g-  s 

03 

C8 

cm. 

2,7 

369 

587 

1,428 

434 

710 

1,635 

69 

» 

5,0 

403 

531 

1,317 

»    4,3 

538 

731 

1,310 

70 

» 

4,1 

469 

576 

1,228 

1,300 

=•    4,5 

619 

743 

1,200 

1,341 

71 

» 

4,0 

503 

617 

1,226 

»    5,5 

660 

811 

1,228 

72 

» 

4,8 

523 

681 

1,302 

»    4,8 

714 

953 

1,333 

Morus  alba. 


si 

2S 
•a 

FOGLIE   ALL' 

3MBRA 

FOGLIE    AL 

SOLE 

LunL-hez'za 

del 

picciolo 

Numero 

dei  vasi 

a0,5cm. 

dalla  basH 

Numero 

dei  vasi 

a  0,5  om 

dal  lembo 

o 
o 

1 

03 

O 

"E    o 

l'i 

§•  s 

03 

Lunghezza 

del 

picciolo 

Numero 

dei  vasi 

a  0,5  cm. 

dalla  base 

Numero 

dei  vasi 

a  0,5  cm. 

dal  lembo 

o 
f- 
o 
p. 

1 

Rapporto 
medio 

73 

cm.   4,6 

398 

619 

1,555 

cm.   5,1 

537 

748 

1,371 

74 

»    4,3 

431 

588 

1,364 

=>     5,4 

546 

846 

1,531 

75 

»    4,7 

456 

613 

1,344 

»     4,9 

564 

780 

1,382 

76 

»     5,0 

518 

748 

1.414 

1,374 

»    4,7 

565 

836 

1,479 

1,421 

77 

»    4,4 

542 

695 

1,282 

»    5,0 

670 

975 

1,455 

78 

»    5,6 

584 

763 

1,304 

»    4,8 

690 

926 

1,342 

!   79 

1 

»    5,5 

593 

787 

1,327 

>>    4.4 

753 

1044 

1,386 

AceF  psemloplatanus 

(foglie  di  uno  stesso  ramo  verticale,  nel  3°  e  nel  5°  paio  dall'alto,  due  rivolte  a 
sud  e  due  a  nord). 


li 

13 

FOGLIE  RIVOLTE   A   NORD 

FOGLIE  RIVOLTE    A   SUD 

Lunghezza 

del 

piociolci 

Numero 
dei  vnsi 
a  1  cm. 
dallembo 

o  ■■ 

1 

O 

Z    o 

11 

03 

Lunghezza 

del 

picciolo 

Numero 

dei  vasi 

a  2  cm. 

dalla  base 

Numero 

dei  vasi 

a  1  era. 

dal  lembo 

o 

o 
o. 
o. 

OS 

03 

1,446 
1,621 

Rapporto 
medio 

80 
81 

cm.   7,3 
>>  12,9 

1104 
1102 

1571 
1696 

1,423 
1,539 

i,481 

cm.    6,7 
»   12,1 

1108 

1050 

1603 
1702 

1,533 

—   116  — 
Maguolia  grandiflora. 


21 


82 
83 


FOGLIE   ALL'OMBRA 


cm.    1,5 
»    1,5 


S»aS 

^<-o  ce  "a 


1282 
940 


a,  a  I  g 
g  s.  e  j, 


1539 
1160 


1,249 
1,183 


FOGLIE  AL  SOLE 


g-  ° 


cm.  2,0 
»     2,1 


1,S16 
Cercis  siliquastriiin 


o  —     * 

i-'5  2  « 

13 


1184 
1345 


^   m   »   S 


1520 
1695 


(6 


1,283 

1,260 


1,271 


ga 

a  * 
B  a; 

a» 


FOGLIE   ALL'OMBRA 


2—  o 
6ira  S 


cm.  4,0 

»  4,5 

»  4,4 

»  4,1 

»  8,8 


3  oj       ^- 


659 

738 
740 

748 
785 


-CD"" 


675 
788 

740 
780 
744 


1,02 

0,995 

1,000 

1,042 

0,947 


1,001 


FOGLIE  AL  SOLE 


cm.  8,6 

»  3,1 

>■>  3,0 

»  2,7 

»  2,6 


£ss« 

3-r<c.S 

^T3  d  ed 


776 
790 
837 
877 
928 


o  s  £  a 

g  1>  =  a, 
S.-to  — 

•^ 


882 

772 
886 
880 
942 


ci 
03 


1,073 
0,964 
1,058 
1,003 
1,015 


1,022 


Hedera  lielix. 


21 

il 

Zi -3 
■a 

FOGLIE   ALL'OMBRA 

FOGLIE   AL   SOLE 

Lunghezza 

del 

picciolo 

Numero 

dei  vasi 

a  0,5  cm. 

dalla  base 

Numero 
dei  vasi 

a  0,5  cm. 

dal  lembo 

2 

O 
Cu 

1 

o 

o 
p, 
o. 
a 
03 

a 

3       Lunghezza 

j.           .del 
^         picciolo 

a     tra  -, 

343 

Numero 
[^         dei  vasi 
S        a  0,6  cm. 
dal  lembo 

o 

t: 

o 

Rapporto 
medio 

89 

cm. 

4,8 

490 

583 

1,199 

1,806 

90 

» 

3,6 

558 

490 

0,878 

1,0 

75 

» 

4,1 

450 

492 

1,093 

1,157 

91 

» 

4,3 

625 

718 

1,148 

» 

5,4 

589 

578 

1,072 

o  a 
s  ® 

^5  « 


92 
98 
94 
95 
96 


FOGLIE   ALL'OMBRA 


®_    O 


cm.    1,0 
»     1,0 


1,1 
1,1 
1,0 


£sSS 
sSa-^ 

Zi-o  «  ss 


525 

565 
578 
636 
730 


5 —  CI"" 


580 
565 
600 
680 
740 


1,104 
1,000 
1,038 
1,069 
1,082 


FOGLIE   AL   SOLE 


1,058 


cm.  1,0 

»  0,9 

»  1,1 

»  1,0 

»  0,9 


§s§s 


320 
280 
400 
830 
385 


(D  »  e 


««sa 
a      .2 

Zi-O  «  « 


320 
356 
510 
395 
415 


a 
a 
03 


1,000 
1,271 
1,275 
1,196 

1.077 


1,163 


-    117   — 

Dalle  quali  tabelle  risulta  dunque  ciie  non  solo  il  picciolo  delie  fo- 
glie sviluppate  al  sole  ha  in  generale  un  maggior  numero  di  vasi  le- 
gnosi, '  ma  presenta  pure  un  incremento  più  sensibile  di  tale  numero 
procedendo  dalla  base  verso  il  lembo. 

Risulta  pure  che  tale  incremento  è  maggiore  nelle  foglie  a  lembo 
sottile,  largo  e  con  forte  traspirazione,  come  quelle  di  vite,  di  gelso  e 
di  acero  (nelle  quali  il  rapporto  sopra  studiato  varia  rispettivamente 
tra  1,100  e  1364,  tra  1,200  e  1,630,  e  tra  1,400  e  1,620),  che  non  nelle 
foglie  coriacee,  piccole  e  a  traspirazione  debole. 

Una  più  precisa  corrispondenza  tra  l'incremento  del  numero  dei 
vasi  dalla  base  verso  l'alto  e  l'intensità  della  corrente  traspiratoria  che 
attraversa  un  picciuolo  fogliare,  potrebbe  forse  rilevarsi  tenendo  conto 
anche  della  differente  grandezza  dei  lembi,  oppure  anche  con  opportune 
esperienze  di  sviluppo.  Ciò  che  mi  propongo  di  fare. 

Passaggio  dal  picciuolo  al  lembo  delle  foglie. 

Nell'ultima  porzione  di  picciolo  che  più  si  avvicina  al  lembo,  dove 
i  fasci  cominciano  a  ramificarsi  per  dare  le  nervature,  il  numero  dei 
vasi  presenta  in  breve  tratto  un  considerevole  aumento.  Per  esempio 
nelle  foglie  di  vite  di  cui  alla  precedente  pagina  114  e  ai  numeri  61-67, 
esso  in  mezzo  centimetro  cresce:  all'ombra,  da  337  a  425,  da  371  a  475, 
da  389  a  447,  da  394  a  434,  da  430  a  546,  da  382  a  468,  da  414  a 
474;  e  al  sole,  da  452  a  514,  da  529  a  541,  da  534  a  657,  da  575  a 
610,  da  570  a  617,  da  592  a  632,  da  545  a  612.  E  nella  Carica  Pa- 
paija  di  cui  alla  precedente  pagina  113  al  numero  52,  in  un  tratto  di 
un  centimetro  sale  da  431  fino  a  626. 

Passando  poi  nel  lembo,  alla  base  delle  nervature,  l'aumento  è, 
salvo  rarissime  eccezioni,  molto  più  considerevole.  Lo  si  vede  dalla  se- 
guente tabella  : 


'  Pare  facciano  eccezione  le  foglie  di  Illuderà  e  quelle  di  Fruiiiis  liisifainvii, 
ma  il  fatto  è  probabilmente  dovuto  a  ciò  che  i  rami  da  me  studiati  erano  di  età 
differente. 


—   118 


II 

B  <c 


9 
10 

11 
12 
13 

14 
15 

16 

17 

18 
19 

20 

21 

22 


Specie  studiata 


Adinntmn   Capillus  Ve- 
neris 


DicksoHìtt  riiòiffùiosa  . 
Clenaiis  vitalba  .  .  .  . 


Paeonia  Montati  . 
Rheum  officinale . 


Ficus  altissima. 
Viola  odorata    . 


Jatropha  Manihot . 


Theohroma  cacao.  .  . 
Sterculia  platanifolia 


Anipelopsis  sj).  .  . 
Carica  Papai/a  .  . 

Apiwn  (jraveolens 

Aralia  SiebolJii  ■ 

Cucurbita  Pepo.  . 


Numero  dei  vasi 

nella 

parte  alta  del  picciolo 


Numero  dei  vasi  nelle  singole  nervature 
alla  base  del  lembo 


a.  lem. dalla  prima  I 
foglietta         121  '  alla  base  della  prima  fogl.  e  nella  rachide 

sopra  81  +  45  ' 


»        ■■  97 

88 

116 

a  2  cm.  dalla 
primafogl.      4-10 

a  0,5  cm.  dalle 
foglietto         131 

122 

»        »         883 
»        »         598 


a  1  cm.   dal 
lembo 


a  0,3  cm.  dal 
lembo 

a  1  cm.  dal 
lembo 


637 

874 

527 

245 

230 

214 

367 
1244 

296 
431 


a  1  l'Ili,  dalle 
foglietto  440 

a  2  cm.  dal 
lembo  4300 

»        »         325 


»       76  +  42 

»       72  +  28 
•       86  +  36 

»         »  >.        »        »  435  + 135 

nei  3  pedunc.  secondari  alla  base  72  + 

62  +  57 

»  »        »      58  +  58  +  64 

»  »  >>         435  +  354  +  365 

347  +  814  +  307 

nelle  5  nervature    262  +  201  +  188  + 

135  +  127 

»  »  396  +  312  +  359  + 

192  +  174 

406  +  127  +  137 


nelle  3  nervature 


nelle  7  nervature  44  +  43  +  50  +  38  + 
94  +  46  +  45 

»       50  +  47  +  40  +  54  + 
35  +  48  +  44 

nelle  12  nerv.60  +  49  +  64  +  40  +  37  + 
25  +  33  +  47  +  40  +  45  +  41  +  42 

nelle  3  nervature  345  +  55  +  47 

nelle9nerv.    262+186+137  +  98  + 
59  +  194  +  153  +  99  +  61 

nelle  5  nerv.  94  +  92  +  80  +  102  +  90 

nelle  llnerv.        18+30+79  +  103  + 
131  +  182  +  136  +  78  ^  68  +  88  +  19 


nelle  3  fogliette 


320+  120+110 


nelle  11   nervature  complessivamente 
nelle    3 


Numero 

totale 

dei  vasi 

alla  base 

delle 
nervature 


126 
118 
100 
122 

570 

191 

170 

1154 

968 

909 

1433 

670 

360 
818 

523 

447 

1249 

458 

882 

540 

(iUOO 
550 


•  Si  noti  che  sopra ,  nella  rachide  fogliare,  il  numero  dei  vasi  continua  ad  aumentare 
anche  senza  che  vi  sieno  ramificazioni,  come  nel  picciolo;  cosi  in  questa  foglia,  2  cm.  più  in  alto 
troviamo  08  vasi,  e  nella  foglia  di  cui  al  seguente  numero  4  due  centimetri  più  su  la  stessa 
rachide  invece  di  M6  vasi  ne  ha  115. 


—   119 


Riguardo  alla  relazione  tra  questo  aumento  numerico  dei  vasi  nel 
passaggio  dal  picciolo  al  lembo  e  l'intensità  della  corrente  traspiratoria 
quale  si  può  desumere  dalla  diversa  esposizione  delle  foglie  all'ombra 
0  al  sole,  ecco  quanto  ho  potuto  osservare: 


Vitis  vinifera. 


»  s 

a  o 

3^ 

FOWLIE  ALL'OMBRA 

FOGLIE  AL  SOLE 

!2  e.2  é° 

a«'§'"-2 

Num.  dei 
vasi  com- 
plessivo 
alla  base  di 
nervature 

Rapporto 

Rapporto 
medio 

és-ztt 

694 
717 
754 
675 
724 

Rapporto 

Rapporto 
medio 

23 
24 
25 

26 

27 

337 
389 
480   - 
382 
414 

416 
550 
615 
563 
562 

1,252 

1,413 
1,430 
1,473 
1,357 

1,385 

534 
575 
;      570 
59-2 
545 

1,299 
1,246 
1,322 
1,140 
1,328 

1,267 

Morus  alba. 


o 

3S- 

FOGLIE   ALL'OMBRA 

FOGLIE   AL  SOLE 

^  a-o°a 

(!.>•&«« 

537 
531 
576 
617 
681 

'•^  s  S  «et: 
•  s    ~  S 

748 
911 
.  834 
929 
965 

Rapporto 

1,393 
1,715 
1,447 
1,501 
1,417 

Rapporto 
medio 

1,495 

—  _.       •  o 
■=  c  o  o  E 

710 
731 
743 
811 
952 

a      -      ® 

a|-sl£ 

3  P.73  O  g 

1130 
1106 
1089 
1161 
1269 

Rapporto 

Rapporto 
medio 

28 
29 
30 
31 
32 

1,591 
1,512 
1,465 
1,431 
1,331 

1,465 

Morus  alba. 


£S 

aS 

3i. 
Zio 

FOGLIE   ALL'OMBRA 

FOGLIE 

AL   SOLE 

Num.  dei 

vasi  nel 

S         picciolo 

eo        a  0,5  om. 

dal  lembo 

Num.  com- 
plessivo 
^         dei  vasi 
OS          nelle  5 

nervature 

Rapporto 

Rapporto 
medio 

Num.  dei 
vasi  nel 
picciolo 

a  0j5  cm. 

dal  lembo 

"■S>£t 

a^'S  2  £ 

3^.0  =  g 

957 

Rapporto 

Rapporto 
medio 

33 

1,237 

748 

1,279 

84 

588 

753 

1,280 

846 

1173 

1,386 

35 

613 

899 

1,466 

780 

1051 

1,347 

36 

748 

950 

1,270 

1,285 

836 

1163 

1,391 

1,324 

37 

695 

950 

1,366 

975 

1214 

1,245 

88 

763 

879 

1,153 

926 

1308 

1,412 

39 

787 

964 

1,224 

1    1044 

1317 

1,213 

120 


Cercis  silìquastruin. 


a* 

FOGLIE   ALL'OMBRA 

FOGLIE  AL   SOLE 

Num.  dei 
vasi  nel 
picciolo 

a  0,6  cm. 

dal  lembo 

794 
871 
859 
807 
801 

Rapporto 

Rapporto 

medio 

Num.  dei 
vasi  nel 
picciolo 

a  0,6  cm. 

dal  lembo 

à p 

1040 
1104 

1090 

1098 

Rapporto 

Rapporto 
medio 

40 
41 
42 
43 
44 

675 

733 
740 
780 
744 

1,176 

1,188 
1,160 
1,034 
1,076 

1,126 

832 

772 
886 

942 

1,250 
1,430 
1,230 

1,165 

1,26« 

Heilera  heli.v. 


SS 

FOGLIE   ALL'OMBRA 

FOGLIE  AL   SOLE' 

Num.  dei 

vasi  nel 

^    S    S         picciolo 

00    o    cu         a  0,.5  cm. 

dal  lembo 

"«:=! 

=  .2  5  2  ^ 

663 
599 
597 

Rapporto 

Rapporto 
medio 

Num.  dei 
vasi  nel 
picciolo 

a  0,5  cm. 

dal  lembo 

ào-s^£ 

512 
579 

844 

Rapporto 

Rapporto 
medio 

45 
46 
47 

1,137 
1,222 

0,970 

1,109 

448 

492 

578 

1,142 
1,176 
1,462 

1,260 

Pruiius  lusitanica. 


si 

il 
a* 

■o 

48 
49 
50 
51 
52 

FOGLIE  ALL'OMBRA 

FOGLIE  AL  SOLE 

Num.  dei 
vasi  nel 
picciolo 
a  2  mm. 
dal  lembo 

— "._  e      ? 

P.tn  eneo  ^ 

P  a  a  „  5 
o—  a-s  > 

595 

620 
625 
705 

780 

Rapporto 

Rapporto 
medio 

ìli-'S-a" 

320 
356 
510 
395 
415 

420 
420 
575 
430 
470 

Rapporto 

1,302 
1,179 
1,127 

1,088 
1,132 

Rapporto 
medio 

580 
565 
600 
680 
790 

1,026 
1,097 
1,041 
1,036 
0,987 

1,037 

1,165 

Si  vede  duiuiue  che  anche  raumeiito  del  numero  dei  vasi  nel  pas- 
saggio dal  picciolo  al  lembo  è  minore  nelle  foglie  piccole,  coriacee  e 
a  debole  traspirazione,  e  che  in  generale  è  maggiore  nelle  foglie  al  sole 
che  in  quelle  all'ombra.  Le  piccole  differenze  che  .si  osservano  talvolta 
in  senso  contrario  si-poti'anno  forse  spiegare  confrontando  tra  di  loro 
le  dimensioni  dei  lembi. 


—   121  — 

Ramificazioni  delle  nervature  fog^linri. 

Ho  considerato  come  nervature  fogliari  anche  i  picciuoli  secondari 
delle  foglie  composte. 

L'aumento  del  numero  dei  vasi  legnosi  procedendo  verso  l'alto  con- 
tinua anche  ad  ogni  ramificazione  delle  nervature  nel  lembo  fogliare. 

Cosi  ho  potuto  osservare: 

a)  In  una  foglia  di  Adiantum  Cupillus-Veneris  all'origine  della 
seconda  foglietta,  l'asse  principale  aveva  sotto  97  vasi  e  sopra  70  mentre 
ne  erano  andati  37  nella  foglietta,  totale  dopo  la  ramificazione  137.  Tre 
centimetri  più  in  aito  lo  stesso  asse  arrivava,  senza  ramificarsi,  a  78  vasi 
e  dava  una  terza  foglietta  con  33  vasi  mentre  gliene  rimanevano  68, 
totale  dopo  la  ramificazione  101.  Due  centimetri  più  in  su,  senza  ra- 
mificarsi lo  stesso  asse  arrivava  a  77  vasi. 

In  altra  foglia  di  Adiantum  alla  prima  ramificazione  si  passava  da 
115  a  84  -h  44=  128.  Tre  centimetri  più  in  su  il  numero  dei  vasi  au- 
mentava fino  a  93  e  presentandosi  una  seconda  ramificazione  si  aveva 
90  -f  33  =  123. 

b)  La  foglia  di  Dicksonia  rtibiglnosa  di  cui  al  N.  5  della  prece- 
dente pagina  118,  ad  una  prima  biforcazione  dell'asse  presentava: 
sotto  435  vasi,  e  appena  sopia  425  -j-  150  =  575. 

e)  In  una  foglia  di  Cycas  revolnfa  la  (Uii  rachide  verso  la  metà 
aveva  59  vasi,  un  centimetro  più  in  alto  ne  conteneva  ancora  55  pur 
avendo  dato  due  fogliette  con  20  vasi  ognuna. 

d)  In  una  foglia  di  Antìuirinm  la  nervatura  mediana  verso  la  metà 
del  lembo  appena  sotto  all'inserzione  di  due  nervature  secondarie  aveva 
34  vasi,  mentre  appena  sopra  ne  presentava  complessivamente  (tra  la 
nervatura  principale  e  le  due  laterali)  30  4  5  -f-  5  =  40. 

In  altra  foglia  delia  stessa  pianta  sotto  le  nervature  laterali  i  vasi 
erano  32,  sopra  complessivamente  22  -|-  5  +  6  =  33. 

e)  Un  peduncolo  secondaiio  di  foglietta  di  Pieonia  Montan  aveva 
all'apice  338  vasi,  poi  rendendosi  ai  tre  lobi  fogliari  ne  presentava 
complessivamente  167  -f-  139  +  133  =  439. 

Altro  peduncolo  di  foglietta  simile  presentava:  prima  della  trifor- 
cazione 384  vasi,  e  dopo  157  -|-  153  +  148  =  458. 

Altro  ne  aveva  358  prima  e  192  +  138  +  IH  =  441  dopo. 

/)  In  una  foglia  di  Ficus  altissima   la   nervatura  mediana  a  un 

terzo  circa  dell'altezza  del  lembo  aveva  402  vasi,  poi  mezzo  centimetro 

più  in  alto    dava   due    nervature   e   presentava    cosi  complessivamente 

310  ^^  66  +  67  =  443  vasi.  Nella  stessa  foglia,  la  medesima  nervatura 


122   — 

mediana  dava  quattro  centimetri  più  in  alto  una  nuova  nervatura  e  si 
avevano  :  sotto  la  ramificazione  268  vasi  e  sopra,  complessivamente, 
228  -f-  68  =  296.  Ancora  più  in  alto,  ad  altra  ramificazione:  sotto  250  vasi, 
e  sopra  217  +  57  +  62  =  336.  E  ancora  più  su,  ad  altra  biforcazione: 
sotto  182,  sopra  155  +  76  =  231.  E  poi  ancora:  sotto  116,  sopra 
102  +  38  =  140. 

Ancora  nella  stessa  foglia  tre  delle  nervature  secondarie  che  arii- 
vando  alla  periferia  si  biforcano  per  dare  i  rami  che  decorrono  paral- 
leli all'orlo  fogliare,  avevano  appena  sotto  la  biforcazione  37,  32  e  28  vasi, 
mentre  i  rami  da  esse  originatisi  ne  avevano  rispettivamente  32  +  28  =  60, 
17  +  18  =  35  e  19  +  25  =  44. 

g)  Una  foglia  di  limone  quasi  alla  base  della  nervatura  mediana 
aveva  421  vasi,  mentre  poco  più  in  su  dava  due  nervature  secondarie 
e  ne  presentava  complessivamente  407  -f  31  +  28  =  466. 

La  stessa  nervatura  mediana  verso  la  metà  del  lembo  conteneva 
242  vasi  e  dava  ancora  due  nervature  laterali  munite  complessivamente 
di  222  +  29  +  24  =  285  vasi.  Più  in  alto  i  vasi  della  nervatura  me- 
diana aumentavano  ancora  fino  a  232  e  staccandosi  una  nervatura  late- 
rale diventavano  201  +  46  ==  247. 

Un'altra  foglia  di  limone  presentava  alla  base:  nella  nervatura  prin- 
cipale sotto  le  nervature  laterali  437  vasi,  e  appena  sopra  complessi- 
vamente 415  +  26  +  21  =  462.  E  verso  la  metà:  sotto  la  ramificazione 
339,  e  sopra  324  -I-  27  +  25  =  376. 

Il)  Una  foglia  di  Theohroma  Cacao  a  metà  circa  del  lembo  aveva 
nella  nervatura  mediana  77  vasi,  che  poco  più  sopra,  distribuendosi  in 
due  nervature  laterali,  diventavano  complessivamente  61  4  26  +  28=  1 15. 

Un'altra  foglia  della  stessa  pianta  aveva,  vicino  alla  base  del  lembo, 
nella  nervatura  mediana  177  vasi,  e  subito  sopra,  essendosi  formate  due 
nervature,  complessivamente  153  +  25  +  22  =  200:  e  più  in  alto,  73  vasi 
nella  nervatura  mediana  e  53  +  17  +  19  =  89  appena  sopra  per  la  for- 
mazione di  altre  due  nervature. 

In  un'altra  foglia  alla  base  si  passava  nello  stesso  modo  da  340  a 
293  +  45  +  68  =406  vasi;  e  alcuni  centimetri  più  in  alto  da  312  *  a 
281  +  54  =  335;  e  mezzo  centimetro  dopo  da  281  a  260  +  47  =  307; 
e  verso  la  metà  del  lembo  da  .236  a  182  +  64  =  246;  poi,  più  in  alto 
ancora,  da  147  a  117  +  37  =  154;  e  finalmente  nella  parte  superiore 
del  lembo  da  127  "a  lOO  +  47  =  147. 


'  Anche  qui,  come  si  è  visto  sopra  nelle  foglie  di  limone,  di  Ficus  e  di 
Adianfiim,  il  numero  dei  vasi  della  nervatura  mediana  è  aumentato  dal  basso  verso 
l'alto  anche  indipendentemente  da  ogni  ramificazione. 


—   123  — 

/)  In  una  foglia  di  .Incuba  japonica  a  metà  circa  del  lembo  la 
nervatura  mediana  aveva  70  vasi;  mezzo  centimetro  sopra  se  ne  stac- 
cavano due  nervature  laterali  ed  i  vasi  diventavano  complessivamente 
62  +  14  +  17  =  92.  Più  in  alto,  a  circa  due  terzi  del  lembo,  si  passava 
nello  stesso  modo  da  44  vasi  a  35  +  1^  ^-  10=  57. 

Peduncoli  dei  fiori  e  delle  infiorescenze. 

I  peduncoli  fiorali  mostrano  lo  stesso  fenomeno  già  rilevato  nei 
piccioli  fogliari:  presentano  in  sezione  un  numero  di  vasi  che  va  quasi 
sempre  aumentando  dal  basso  verso  l'alto  anche  nella  porzione  un  po' 
distante  tanto  dall'apice  che  dalla  base  e  nella  quale  non  ha  luogo  al- 
cuna ramificazione  di  fasci.  Il  fatto  pare  ancora  in  certa  relazione  col- 
r intensità  della  corrente  traspiratoria. 

Ho  raccolto  nella  tavola  seguente  i  risultati  di  diverse  mie  osser- 
vazioni. 


ss 

1:2 

Specie  studiata 

i-g 

5    ■= 

Numero  dei  vasi 
verso  la  base 

Num.  dei  vasi 
verso  la  metà 

Numero  dei  vasi 
verso  l'alto 

cm. 

1 

AUium  neapoltffiiuoii  . 

36,0 

a      1  CHI.  dalla  base 

158 

a  2/3  d'alt,  160 

a      1  CHI.    dai  fiori 

185 

2 

»                   » 

36,0 

»              »        » 

88 

»      »    120 

»                  » 

227 

3 

»                   » 

30,0 

»              »        » 

49 

»      »     77 

»                  » 

91 

4 

»    Barhingtonii  '  . 

55,0 

a     2  era.     »        » 

285 

ametà(!irea834 

a     2  cm.         » 

350 

5 

»               » 

51,0 

»             »        » 

259 

»      »   273 

»                 » 

301 

6 

»                » 

50,0 

»             »        » 

260 

»      »   278 

»                 » 

294 

7 

»    tartaricum   ■  .  . 

77,0 

»             »        » 

182 

»      »    295 

»                 » 

315 

8 

»             » 

57,0 

»             »        » 

143 

»      »    171 

»                 » 

194 

9 

Tulipa  gesneriaua  ^ .  . 

36,0 

a      1  cm.      »        » 

603 

»      »    721 

a     1  cm.         » 

750 

10 

»               » 

.33,0 

»             »        » 

591 

»      »    600 

»                 » 

628 

'  E  a  iiuunsi  che  ni  un  asse  più  veccliio,  lungo  66  cm.,  che  portava  sola- 
mente frutti  già  maturi  e  nel  quale  quindi  la  corrente  traspiratoria  doveva  essere 
molto  debole  mentre  prevaleva  la  funzione  meccanica,  alla  base,  per  il  soprag- 
giuugere  di  formazioni  secondarie,  si  avevano  319  vasi,  e  282  a  metà  e  292  in 
alto.-  Il  maggiore  aumento  numerico  dei  vasi  dal  basso  all'alto  si  ha  nel  momento 
in  cui  è  maggiore  la  traspii-azione. 

'  Furono  esaminate  diverse  varietà:  quelle  di  cui  ai  N."  18,  14  e  17  erano 
della  varietà  pajypagaìh,  a  petali  molto  larghi,  sfrangiati  e  producenti  proba- 
bilmente forte  traspirazione.  In  esse  è  anche  più  marcata  la  differenza  nel  nu- 
mero dei  vasi   tra  l'apice  e  la  base. 


—   124  — 


si 

"     -3 

mero  dei 

vasi 

Num.  dei  vasi; 

Numero  dei  vasi 

^1 

Specie  etudiatft 

verso  la  baise 

verso  la  metà 

verso  l'alto 

om. 

11 

Tulipa  yesneriana .  ■  ■ 

33,0 

a      1  cm.  dalla  base 

544 

ametàciroa572 

a     1  CHI. 

dal  fiore 

591 

12 

»               » 

38,0 

»             » 

v> 

431 

»      »   461 

>^ 

» 

476 

13 

»               » 

28.0 

»              » 

» 

624 

»      »   810 

>• 

» 

883 

14 

»               » 

15,0 

»              » 

» 

575 

»      »   635 

» 

717 

15 

»               » 

35,0 

» 

595 

»      »   700 

» 

» 

687 

16 

»               » 

25,0 

» 

744 

»      »   840 

» 

» 

899 

17 

»               » 

20,0 

» 

692 

»    790 

>• 

'• 

933 

18 

Narcissus  Junquila  .  . 

28,0 

»              » 

» 

352 

»      »    407 

» 

» 

436 

19 

»                   >* 

31,0 

»             » 

» 

420 

»      »    550 

X> 

» 

581 

20 

»                   » 

33,0 

»              » 

>y 

362 

»      »   430 

» 

» 

524 

21 

AmarylUs  candida  .  . 

23,0 

»              » 

» 

39 

»      »     50 

» 

» 

54 

22 

»                  » 

22,0 

,> 

>> 

35 

»      >>     49 

>• 

■• 

52 

23 

Triticum  vulgare  (dalla 
spiga  al  nodo  più  alto) 

61,0 

a     2  cm.      » 

» 

90 

a  1/3  d'alt.  100 

a     2  cm. 

dalla  spiga  122 

24 

»        »        »        » 

62,0 

»              » 

» 

104 

»      »    107 

» 

» 

121 

25 

,. 

49,0 

»              » 

» 

192 

>.      >-    196 

» 

» 

201 

26 

Holcus  lanatus 

22,0 

a  0,5  cai. 

102 

ametàcircall9 

a  0,5  CUI. 

■> 

121 

27 

Festuca  arenaria  .  .  .  . 

10,5 

a      1  cm. 

36 

»       »    100 

a      1  cm. 

» 

112 

28 

Clematis  vitalba '^  .  .  . 

2,4 

a  0,5  cm.      >' 

" 

54 

a  0,5  cm. 

dal  fiore 

94 

29 

»              » 

1,4 

» 

58 

•• 

» 

136 

30 

»              » 

2,4 

*              »■ 

>v 

80 

» 

» 

97 

81 

» 

1,3 

» 

» 

56 

>> 

» 

74 

32 

»        montana  i fiori 
piccoli) 

1^,0 

»              » 

» 

58 

ametàcirca   67 

a      1  cm. 

82 

33 

»            »            >^ 

12,0 

»              » 

» 

55 

»       »      60 

» 

» 

76 

34 

»            »            » 

17,0 

»              » 

» 

54 

»       >.      73 

» 

» 

86 

35 

»            »            » 

15,0 

»              » 

» 

47 

»      »     53 

» 

» 

84 

36 

» 

16,0 

»              >■ 

» 

64 

»       .-      72 

» 

» 

94 

37 

»    latiuginoso  [fiorì 
grossi! 

9,0 

»              » 

» 

181 

»      »   225 

,. 

» 

265 

38 

» 

13,0 

» 

» 

164 

»      »    189 

» 

» 

282 

'  Anche  nelle  Clematis,  come  si  è  visto  nella  nota  precedente  pei  tulipani, 
l'aumento  numerico  dei  vasi  dal  basso  verso  l'alto,  nei  piccioli  fiorali,  appare  più 
manifesto  nelle  varietà  a  fiori  larghi  e  con  petali  più  numerosi.  Anche  qui,  come 
negli  Allium  e  in  altì-i  casi,  la  sproporzione  maggiore  s'ha  al  momento  in  cui  i 
fiori  sono  aperti  e  la  traspirazione  è  massima. 


125 


»  s 

as 

Specie  studiata 

1-1 
3        (O 

^     a. 

Numero  dei  vasi 
verso  la  base 

Num.  dei  vasi 
verso  la  metà 

Numero  dei  vasi 
verso  l'alto 

cm. 

39 

Cìematis  splendens  (  fiori 
Karghissimi) 

18,0 

a      1 

cm.  dalla 

base 

124 

ametàcircal52 

a     1  cm.  dal  fiore 

265 

40 

»        »        »        » 

8,0 

>> 

» 

» 

190 

»      »    196 

»                 » 

238 

41 

»    sp.  (var.  ornam.) 

9,0 

» 

» 

» 

171 

»      '•    178 

»                 » 

228 

42 

» 

6,0 

» 

» 

» 

141 

»       »    147 

»                 » 

171 

43 

»                       » 

8,0 

» 

» 

» 

74 

»      »     78 

»                 » 

108 

44 

»                       »                       » 

9,0 

» 

» 

» 

101 

»                 » 

184 

45 

»                       »                       » 

9.0 

» 

» 

» 

104 

a  metà  circa  132 

»                 » 

132 

46 

»                       »       '               » 

9,0 

» 

» 

» 

99 

"        ■    103 

» 

123 

47 

»                       »                       » 

8,0 

» 

» 

>• 

100 

>■       ..    100 

138 

48 

>^                       >^                       » 

6.0 

» 

» 

» 

99 

»      »      99 

»                 » 

143 

49 

»                       ^>                       >» 

18,0 

» 

» 

» 

124 

»      »    120 

»                 » 

150 

50 

»                       »                       » 

9,2 

'• 

>* 

» 

97 

»      »     98 

a    1  mm.  dal  fiore 

374 

51 

»                       »                       » 

9,5 

» 

» 

» 

103 

105 

»                 » 

335 

52 

»                y*                » 

16,5 

» 

» 

» 

149 

»      »    152 

»                 » 

251 

53 

»                »                » 

19,0 

» 

» 

163 

»      »    168 

>^                 » 

291 

54 

»                »                » 

9,5 

W 

» 

» 

91 

»      »    106 

» 

140 

55 

» 

15,0 

» 

» 

» 

99 

»      »    102 

»                 » 

118 

56 

»         •>        » 

9,3 

» 

» 

» 

70 

»      »      74 

» 

104 

57 

»      (a  fiori  piccoli: 
5  petali» 

3,0 

a  0,5 

cm.      » 

» 

63 

a     2  mm.  sotto  il  fiore  116 

58 

»            »    4       » 

3,0 

» 

» 

» 

64 

»                  » 

105 

59 

Nymphaea  Zamiharien 
sis 

17,0 
14.0 

a     2 

cm.      » 

» 

20 

a  metà  circa   28 
»       »      27 

a      1  cm.  dal  fiore 

»                 » 

58 
44 

60 

»               » 

» 

» 

20 

61 

Pelargonium    zonale  ' 
icon  18  fiorii 

27,0 

» 

» 

» 

162 

»                 » 

402 

62 

»         »     iconT  fiori 

14,0 

» 

» 

» 

89 

-    »                 » 

112 

63 

»        »   (con  11  fiori) 

30,0 

» 

» 

» 

129 

»                 » 

210 

64 

»         »   (con  13 fiori' 

28,0 

» 

» 

» 

101 

»                 » 

170 

65 

»        »    (con  7  fiori 

22,0 

» 

» 

» 

106 

»                 » 

178 

66 

»        »    (conlOfiori 
emoltibott.  1 

19,0 

a  0,5 

cm.      » 

» 

380 

a  metà  circa 452 

a  0,5  CHI.  dai  fiori 

1160 

'  Anclic  qui  le  varietà  con  molti  fiori  in  ogni  infiorescenza  e  con  fiori  doppi 
sono  quelle  nelle  quali  l'aumento  numerico  dei  vasi  dal  basso  all'alto  è  più  sen- 
sibile. 

Atti  deirisl.  BOI.  lieti' Un  ivfisità  di  Pavia  —  Serie  II.  —  Voi.  XV.  11 


—  126 


£1 

Specie  studiata 

3      o 

a  <D  a 

5    "= 

3       ® 
J       P. 

Numero  dei  vasi 
verso  la  base 

1 

Num.  dei  vasi 
verso  la  metà 

Numero  dei  vasi 
verso  l'alto 

67 

Pelarqonium       zonale 
(con  38  fiori) 

om. 

20,5 

a  0,5  ein. 

dalla  base 

391 

a  metà  ci  rea  408 

a  0,5  cm.  dai  fiori 

1850 

68 

»                » 

26,5 

a      1  cm. 

»         » 

244 

»      »   310 

a     2  nini. 

778 

69 

»                » 

17,0 

» 

»         » 

251 

»      »   367 

.. 

828 

70 

»                » 

10,0 

» 

»         » 

191 

»      ..   261 

>■*                                  » 

578 

71 

Papaver  alpinum  '  ,  .  . 

60,0 

a     2  cm. 

»         » 

265 

a '/sii' alt.  287 

a  2  cm.  sotto  il  fiore  485 

72 

»               » 

49,0 

» 

»         » 

311 

»      »    362 

»                 » 

510 

73 

»               » 

41,0 

* 

»        » 

388 

»      »   337 

»                 » 

360 

74 

»               » 

60,0 

» 

»        » 

326 

»      »   346 

»                 '■ 

427 

75 

»               » 

37,0 

» 

»        » 

331 

»      »    300 

350 

76 

»        duhium 

27,0 

a     1  cm. 

»         f 

131 

a^/ad'alt.  141 

a      1   eni    dn!  fiore 

146 

77 

»              » 

23,0 

» 

»        » 

143 

»      ->    140 

» 

171 

78 

»        somtiifef'um  * 

20,0 

» 

»         >' 

454 

>-      »   500 

» 

555 

79 

»                   » 

22,0 

» 

»        » 

358 

»      »    377 

. 

520 

80 

»                   » 

17,0 

» 

»         » 

341 

»         » 

367 

81 

Cirsium  pìjrenaicum 

10,2 

» 

»         >> 

400 

a  metà  circa  450 

a     3  Mini. 

470 

82 

Selinum  carvifolium   . 

15,3 

» 

»         » 

190 

••       »    204 

a      1  cm. 

212 

83 

»                   » 

30,5 

» 

»         » 

395 

>•       »    380 

» 

462 

84 

Plantago  lanceolata  ^  . 

87,0 

a     2  cm 

»         » 

595 

»       »    600 

a     2  cm.  dai  fiori 

727 

85 

»                   » 

91,0 

» 

»         » 

605 

>■      »    603 

» 

658 

86 

Cy  ciani  en 

15,0 

a     1  cm 

»        » 

100 

-.       »    200 

a     1  cm.  dal  fiore 

220 

87 

» 

11,0 

» 

»         » 

88 

»       .-    160 

>> 

184 

88 

» 

11,0 

»■ 

»         >■> 

94 

>■       »    152 

>. 

160 

89 

» 

19,0 

» 

59 

»       »    200 

»                 » 

1 

237 

'  Il  peduncolo  di  iiu  bottone  ancora  chiuso  della  stessa  pianta  aveva  a'2cm. 
dalla  base  314  vasi;  a  Vs  dell'altezza  371  e  a  2  cm.  dall'apice  271. 

'  In  un  bottone  ancora  chiuso  ho  contato  alla  base,  a  '/,  ed  all'apice  del  pe- 
duncolo rispettivamente  466,  395  e  866  vasi  ;  e  nel  peduncolo  di  una  capsula  in 
via  di  maturazione  ne  contai  886  alla  base,  780  a  */j  e  881  iu  alto.  Queste  osser- 
vazioni insieme  a  quella  esposta  nella  nota  precedente  provano  che  la  sproporzione 
massima  tra  il  basso  e  l'alto  si  ha  sempre  quando  il  fiore  è  largo  e  forte,  di  con- 
seguenza, è  la  traspirazione. 

'  Nelle  infiorescenze  più  vecchie,  nelle  quali  la  traspirazione  è  minore,  il 
rapporto  tra  il  numero  dei  vasi  in  alto  e  quello  in  basso  diventa  minore  per  la 
formazione  in  basso  di  vasi  secondari. 


127   - 


sa 

Specie  studiata 

;hezza 

iel 

incoio 

Numero  dei  vasi 

Num,  dei  vasi 

Numero  dei  vasi 

■*^? 

i    -5 

3        aj 

verso  la  base 

verso  la  metà 

verso  l'alto 

-a 

J      a 

cm. 

'M 

Arneria  pirifolia  '    .  . 

23,0 

a     2  cm.  dalla  base 

179 

a  metà  circa  211 

a      2  cm. 

dal  fiore 

233 

91 

»                » 

22,0 

»              "•        » 

241 

>       »    215 

» 

» 

186 

92 

Bellis  perennis    .... 

12,0 

;i      1  cm.       ■>         » 

148 

»       »    202 

a     1  cm. 

» 

205 

93 

»            » 

18,0 

»               »         » 

350 

»      »    383 

» 

» 

410 

94 

« 

16,0 

»               »         » 

178 

»      »   202 

» 

» 

253 

95 

Ruhdeckinsuhtomentosa 

24,0 

»               ^>         » 

327 

»      »   375 

» 

>y 

472 

96 

»                     » 

16,0 

»               »         » 

211 

»      »   258 

» 

» 

331 

97 

>*                     » 

18,0 

»               »         » 

249 

»      »    287 

» 

,> 

424 

98 

Gaillardia  pimiaiifida  '^ 

26,0 

»               »         » 

198 

»      »   242 

» 

>. 

256 

99 

Taraxacum  sp 

56,0 

a     2  cm.      »        » 

193 

a  Vs  d'alt.  280 

a     2  cm 

» 

310 

100 

»                » 

72,0 

»              »        » 

220 

»       »    273 

» 

» 

334 

1(11 

Chnjsanthemum  .... 

16,0 

a      1  cm.      » 

47 

a  metà  circa  58 

a      1  cm. 

» 

84 

102 

» 

19,0 

»              »         •> 

40 

»      »     56 

» 

» 

60 

103 

» 

15,0 

1 

48 

»      »     67 

» 

» 

79 

104 

» 

16,0 

»              »        » 

71 

»      »     87 

» 

» 

96 

105 

» 

15,0 

»              »        » 

72 

»      »     84 

» 

» 

119 

106 

Cucurbita   Pepo  (fiore 

masch.) 

24,0 

»              »        » 

105 

»      »    135 

» 

» 

218 

107 

»                »        » 

32,0 

»              »        » 

118 

»      »    157 

» 

» 

298 

Anche  nei  peduncoli  dei  fiori  e  delie  infiorescenze  vi  sono  però, 
come  in  quelli  delle  foglie,  delle  eccezioni  le  quali  dipendono  probabil- 
mente da  strutture  speciali  che  dovranno  essere  oggetto  di  studio. 

Cosi,  per  esempio,  ho  notato  che  il  numero  dei  vasi  diminnisce  verso 
la  metà  del  peduncolo  per  poi  aumentare  ancora  verso  la  parte  più  alta 
nei  seguenti  casi: 


'  Nelle  infiorescenze  non  ancora  completamente  aperte,  come  quella  al  N.  Ili 
e  parecchie  altre  da  me  esaminate,  l' incremento  numerico  dei  vasi  che  si  vede  nel 
N.  90  procedendo  dalla  base  del  peduncolo  verso  l'alto  non  ha  luogo.  Anche  qui 
esso  si  presenta  nello  stadio  di  svihippo  nel  quale   è  maggiore   la    traspirazione. 

*  Nel  peduncolo  di  un'  infiorescenza  ancor  chiusa  contai  invece  :  1P9  vasi  alla 
base,  196  a  metà  e  175  in  alto;  e  in  quello  di  un' infriite.sceuza:  222  alla  base, 
245  a  metà  e  253  in  alto.  In  altre  infiorescenze  ancora  chiuse  trovai  :  in  una  383, 
'298  e  316  e  nell'altra  344,  301,  260.  Si  può  ripetere  dunque  anche  per  questi  fiori 
quanto  venne  già  notato  nelle  pagine  precedenti  per  i  pelargonii,  papaveri,  ecc.: 
l'aumento  numerico  dei  vasi  dal  basso  all'alto  è  maggiore  nello  stadio  in  cui  più 
grande  è  la  superficie  degli  organi  traspiratori. 


128 


si 

ss 

t3 

Specie  studiata 

LunsThezza 

del 
peduncolo 

Numero  dei  vasi 
verso  la  base 

Num.  dei  vasi 
verso  la  metà 

Numero  dei  vasi 
verso  l'alto 

cm. 

108 

Tropaeolum  majus    .  . 

15,0 

a     1 

cm.  dalla  base 

57 

a  metà  circa  52 

a      1  CHI.  dal  fiore 

60 

109 

»                   » 

9,5 

» 

»         » 

62 

»      »     55 

» 

65 

110 

Dahlia  variabilis  .  .  . 

17,0 

» 

»         » 

284 

»       >    255 

.> 

431 

111 

»              » 

19,5 

» 

>f        » 

303 

»      ■>   296 

» 

525 

112 

»              » 

19,0 

» 

»         » 

305 

»      »   263 

» 

321 

113 

»             » 

19,0 

» 

»         » 

241 

»      «    170 

»                                  » 

254 

114 

»             » 

26,0 

»- 

»         » 

278 

»      »    217 

» 

342 

115 

»              » 

16,0 

» 

» 

272 

»      -   285 

»                                  » 

417 

116 

»             » 

26,0 

» 

»    » 

297 

»       ■    249 

»                                  » 

528 

117 

»             » 

20,0 

» 

»    » 

188 

»      »    160 

»                                  » 

305 

118 

»             » 

16,0 

» 

» 

415 

■>       »    452 

»                                 » 

635 

Si  ha  invece  ima  diminuzione  continua   anche  procedendo  verso 
l'alto  nei  casi  seguenti: 


© 

s  « 
ss 

24-3 

Specie  studiata 

Lunghezza 
1            del 
peduncolo 

Numero  dei  vasi 
verso  la  base 

Num.  dei  vasi 
verso  la  metà 

Numero  dei  vasi 
verso  l'alto 

119 

Ranunculus  asiaticus . 

15,0 

a     2  cm.  dalla  base 

395 

a  metà  circa  395 

a     2  cm.  dal  fiore 

355 

120 

»                      » 

14,0 

»             »        » 

464 

»      »   410 

» 

311 

121 

Viola  trieoìor 

13,0 

a      1  cm.      »        » 

160 

»      »    169 

a  0,5  cm.         » 

165 

122 

»          » 

10,0 

»              »        » 

305 

»      »   261 

»                 » 

199 

123 

»          » 

14,0 

»              »        » 

201 

»      »    169 

»                 » 

151 

124 

»          » 

18,0 

»              »        » 

204 

»      »   219 

»                 » 

177 

125 

»          » 

13,0 

»              »        » 

222 

»      »   223 

»                 » 

166 

126 

»          » 

14,0 

»              »        » 

169 

»      »    166 

»                 » 

150 

127 

Primula  elafior  .... 

17,0 

a  0,5  era.      » 

407 

a  '/sil'alt.  359 

a     3  mm.  dai  fiori 

397 

128 

»              » 

21,0 

»              »        » 

503 

»       »    47 1 

»                 " 

510 

129 

»    ohcontca 

25,0 

a     1  cm.     »        » 

283 

»      »   263 

a     1  cm. 

210 

130 

»          » 

33,0 

»             »        » 

261 

»      »   270 

>                 » 

191 

131 

Gaillarda  pinnatifida . 

29,0 

»             »        » 

383 

ametàcirca298 

,. 

316 

132 

»                  >> 

27,0 

»             »        » 

344 

»       »    201 

„ 

260 

133 

Arneria  leucantha  .  .  . 

38,0 

»             »        » 

388 

»      »   360 

a     2  cm. 

336 

134 

»                  » 

39,0 

»             »        » 

441 

>'      »    407 

>, 

371 

—  129  — 

Una  più  stretta  relazione  tra  l'aumento  numerico  dei  vasi  verso 
l'alto  e  l'intensità  della  corrente  traspiratoria,  oltre  che  dalle  note  fatte 
alle  pagine  precedenti  sul  variare  di  tale  aumento  nei  fiori  aperti  o  nei 
bottoni  ancor  chiusi,  o  nei  frutti,  risulta  pure  dalle  esperienze  seg;uenti 
nelle  quali  misurai  la  traspirazione  dei  diversi  fiori  col  metodo  delle 
pesate  (immersione  dell'estremità  inferiore  dei  peduncoli  in  acqua  co- 
perta da  uno  strato  di  olio  e  determinazione  della  perdita  complessiva 
di  peso  subita  in  un  dato  intervallo  di  tempo  dall'insieme  del  vaso  e 
del  fiore): 

Cleinatìs  sp.  (var.  ornamentale). 


Un  fiore  con  4  petali  grandi  ; 

picciolo  lungo  cm.  7,5; 

traspirò  in  6  ore  gr.  0,10  d'acqua 

Un  fiore  con  5  petali  grandi; 

picciolo  lungo  cm.  7,5; 

traspirò  in  6  ore  gr.  0,20 

Un  flore  con  4  petali  piccoli; 

picciolo  lungo  cm.  9,0; 

traspirò  in  6  ore  gr.  0,05 

Numero 

dei   vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Numero 

dei  vasi 

a  1  cm. 

dal  fiore 

Rapporto 

Numero 

dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Numero 
dei  vasi 
a  1  cm. 
dal  fiore 

Rapporto 

Numero 

dei    vasi 

a  1  cni. 

dalla  base 

Numero 
dei  vasi 
a  1  cm. 

dal  fiore 

Rapporto 

112 

139 

1,241 

110 

155 

1,409 

58 

70 

1,241 

Cleniatis  sp.  (var.  ornamentale). 


Un  fiore  con  4  petali  e  picciolo  lungo  om.  10;   | 
traspirò  in  7  ore  gr.  0,22  d'aoqua 

Un  fiore  con  5  petali  e  picciolo  lungo  cm.  10; 
traspirò  in  7  ore  gr,  0,24 

Num.  dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Num.  dei  vasi 
a  1  cm. 
dal  fiore 

Rapporto 

Num.  dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Num.  dei  vasi 
a  1  era. 
dal  fiore 

Rapporto 

122 

137 

1,223        j 

10-4 

136 

1,307 

Cleinatis  8p.  (var.  ornamentale). 


Un  fiore  con  4  petali  e  peduncolo  lungo  cm.  8,5; 
avvizzì  in  2  ore 

Un  fiore  con  5  petali  e  picciolo  lungo  cm.  7; 
avvizzì  prima  del  precedente 

Num,  dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Num.  dei  vasi 
a  1  cm. 
dal  fiore 

Rapporto 

Num.  dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Num.  dei  vasi 
a  1  cm. 
dal  fiore 

Rapporto 

91 

125 

1,375 

75 

116 

1,54S 

130  — 


Pelargoiiiuin  zonale. 


Un'infioresecnza 

con  pochi  fiori  semplici 

e  peduncolo  lungo  cm.  7; 

traspirò  in  5  ore  gr.  0,07  d'acqua 

tJn*  infiorescenza 
con  parecchi  fiori  semplici 
e  peduncolo  lunpo  era.  21  ; 
traspirò  in  5  ore  gr.  0,28 

Una  grossa  infiorescenza 

a  fiorì  doppi 
e  peduncolo  lungo  cm.  U; 
traspirò  in  5  ore  gr.  0,35 

Numero 

dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Numero 
dei  vasi 
a  1  cm. 
dai  fiori 

Eapporto 

Numero 

dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Numero 
dei  vasi 
a  1  cm. 
dai  fiori 

Rapporto 

Numero 

dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Numero 
dei  vasi 
a  1  cm. 
dai  fiori 

Eapporto 

107 

227 

1,940 

179 

467 

2,609 

210 

639 

.3,020 

Pelargoniuin  zonale. 


Un'infiorescenza 

con  pochi  fiori  semplici  e 

peduncolo  lungo  cm.  13,5;  in  una 

notte  traspirò  gr.  0,32  d'acqua 

Un'infiorescenza 

con  parecchi  fiori  semplici 

e  peduncolo  lungo  cm.  15,5; 

in  una  notte  traspirò  gr.  0,38 

Una  grossa  infiorescenza 

a  fiori  doppi 

e  con  peduncolo  lungo  cm.  16,0  ; 

in  una  notte  traspirò  gr.  0,52 

Numero 

dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Numero 
dei  vasi 
a  1  cm. 
dai  fiori 

Rapporto 

Numero 

dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Numero 
dei  vasi 
a  1  cm. 
dai  fiori 

Eapporto 

Numero 

dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Numero 
dei  vasi 
a  1  cm. 
dai  fiori 

Rapporto 

231 

418 

1,809 

226 

458 

2,004 

214 

477 

2,228 

Pelargoniuni  zonale. 


Un'infiorescenza 

con  30  fiori  di  cui  pochi  aperti 

e  peduncolo  lungo  cm.  11  ;  in  una 

notte  traspirò  gr.0,22  d'acqua 

Un^altra  della  stessa  pianta 
con  30  fiori  di  cui  25  aperti 
e  peduncolo  lunpro  era.  17,5; 
in  una  notte  traspirò  gr.  U15 

Una  con  35  fiori  tutti  aperti 
e  con  peduncolo  lungo  cm.  16,5; 
in  una  notte  traspirò  gr.  1,25 

Numero 

dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Numero 
dei  vasi 
a  1  cm. 
dai  fiori 

Rapporto 

Numero 
dei  vasi 
a  1  cm. 

dalla  base 

Numero 
dei  vasi 
a  1  cm. 
dai  fiori 

Rapporto 

Numero 

dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Numero 
dei  vasi 
a  1  cm. 
dai  fiori 

Rapporto 

172 

372 

•2,162 

166 

481 

2,897 

178 

662 

3,82(5 

Pelargonium  zonale. 


Un'infiorescenza  con  pochi  fiori  aperti 

e  peduncolo  lungo  cm.  12,0; 
in  una  notte  traspirò  gr.  0,72  d'acqua 

Un'altra  della  stessa  pianta 

con  46  fiori  aperti  e  peduncolo  lungo  cm.  15; 

in  una  notte  traspirò  gr.  1,06 

Num.  dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Num.  dei  vasi 
a  1  cm. 
dai  fiori 

Eapporto 

Num.  dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Num.  dei  vasi 
a  1  cm. 
dai  fiori 

Eapporto 

179 

464 

2,592 

195 

877 

4,497 

-  131  - 
Dnlili.a. 


Fiore  semplice  non  completamente  aperto, 

e  peduncolo  lungo  cm.  18; 

in  24  ore  traspirò  gr.  1,35  di  d'acqua 

Altro  fiore  della  stessa  pianta 

completamente  aperto  e  peduncolo  lungo  cm.22; 

in  24  ore  traspirò  gr.  2,55 

Num.  dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Num.  dei  vasi 
a  1  cm. 
dal  fiore 

Rapporto 

Num.  dei  vasi 

a  1  cm. 

dalla  base 

Num.  dei  vasi 
a  1  cm. 

dal  fiore 

Rapporto 

131 

258 

1,969 

115 

255 

2.217 

Piissa§^gio  dal  pedimcolo  principale  al  peduncoli  secondari 
delle  infiorescenze. 

Anche  nei  peduncoli  fiorali  come  in  quelli  delle  foglie  il  numero 
dei  vasi  cresce  rapidamente  nel  tratto  più  alto  e  vicino  al  flore  o  al- 
l'inserzione dei  diversi  peduncoli  fiorali  secondari. 

Cosi  per  esempio  nei  Papaver  di  cui  ai  N.'  71  e  72  della  prece- 
dente pagina  126,  in  due  centimetri  si  va  rispettivamente  da  485  a  612 
e  da  510  a  712;  nel  Selinum  di  cui  al  N.  82  in  un  solo  centimetro  si  va 
da  212  a  500,  e  nella  Rubdeckia  di  cui  al  N.  95  pure  in  un  centimetro 
si  va  da  472  a  736. 

Passando  poi  ai  peduncoli  secondari  dell'infiorescenza  o  ai  diversi 
organi  fiorali,  l'aumento  numerico  dei  vasi  è  molto  più  evidente,  in  re- 
lazione al  numero  e  allo  sviluppo  dei  fiori. 

Lo  si  vede  dalla  seguente  tabella  : 


0} 

£    S 

—      ts 

3     ^ 

Specie  studiata 

Numero  dei  vasi 

nella  parte  alta 

del  peduncolo  principale 

Numero  complessivo 

dei  vasi  alla  base 

dei  peduncoli  secondari 

1 
2 

3 
4 
5 

Allium  neapolitamim   .  .  . 

»               » 

»       tartaricum 

Hyacinthus  orientalis  ' 

a  1  cm.  dal  fiore  185 

»     227 

91 

>,     147 

»      786 

459 

480 

220 

(a  calcolo  ì           2,700 

(20  fiori)              2,136 

'  ÌJ  da  osservarsi  che  di  solito  il  peduncolo  del  fiore  terminale  contiene  un 
ninnerò  di  vasi  maggiore  che  non  l'ultimo  tratto  dell'asse  dell' infiorescenza  sul 
ijuale  non  è  inserito  nessun  alti-o  fiore:  cosi  in  due  infiorescenze  da  me  esaminate, 
l'ultimo  tratto  dell'asse  principale  aveva,  in  sezione,  188  vasi  in  una  e  113  nel- 
l'altra, mentre  il  peduncolo  dell'ultimo  fiore  ne  aveva  rispettivamente  210  e  151. 


132 


e  1 

Numero  dei 

vasi 

Numero  compi 

essivo 

Specie  studiata 

nella  parte 

alta 

dei  vasi  alla 

base 

del  peduncolo  principale 

dei  peduncoli  se 

condari 

6 

Hyacintlms  orienialis  .  .  . 

a  1  cm.  dal  fiore  344 

(5  fiori) 

533 

7 

»                  » 

» 

»       899 

(19  fiori; 

2,518 

8 

»                  » 

>. 

»     309 

(3  fiori) 

425 

9 

»                  » 

"                 » 

»     616 

(5  fiori) 

802 

10 

Narcissus  Junquila  ' .  .  .  . 

» 

»     424 

(5  fiori) 

625 

11 

»                  » 

» 

»     524 

(4  fiori) 

560 

12 

»                  » 

» 

»     411 

(3  fiori) 

441 

13 

»                 » 

»                » 

»     401 

(2  fiorii 

402 

14 

»                 » 

»                » 

»     291 

(3  fiori) 

824 

15 

»                  » 

»                » 

»     208 

(un  solo  fiore 

193 

16 

Pelargonium  zonale   .... 

>>                » 

»     402 

(18  fiori) 

988 

17 

»                  » 

»                » 

»      112 

(5  fiorii 

344 

18 

»                 » 

»                » 

»     192 

(11  fiori) 

606 

19 

»                  » 

» 

»      170 

il3  fiori) 

6C8 

20 

>, 

»      178 

i4  fiori) 

247 

21 

Selinum  carvifoìium  .... 

■>      212 

(a  calcolo) 

1,300 

22 

»                 » 

»                » 

»      462 

la  calcolo) 

3,100 

23 

Hudrangea  hortensis .... 

»                » 

»    1100 

(285fioriacalc 

)  17,000 

24 

8axifraf/a  crasstfolia   ■  ■  . 

>>                » 

»     575 

10  fiori) 

950 

25 

»                    » 

» 

»      735 

(15  fiori» 

1242 

26 

»                    » 

>. 

»     912 

(25  fiorii 

2314 

27 

Primula  elatior  ' 

» 

»      229 

(5  fiori) 

300 

28 

»              » 

»        » 

»     252 

(5  fiori) 

276 

29 

»              » 

>>        » 

»     130 

(3  fiori) 

139 

30 

»              » 

»        » 

»     397 

(5  fiori) 

441 

31 

»              " 

» 

»     518 

(7  fiori) 

590 

Dall'esame  della  tabella  si  può  dedur 
organi  traspiratori  più  sviluppati  è  anche 
merico  dei  vasi. 


re  che  nei  fiori  i  quali  hanno 
più  accentuato  l'aumento  nu- 


'  E  da  notarsi  che  oltre  clie  dei  va.si  contenuti  nei  diversi  peduncoli  fiorali 
deve  tenersi  conto  anche  di  quelli  diramati  alla  bi'attea  che  avvolge  l'infiore- 
scenza e  che  sono  in  media  80  per  ogni  infiorescenza;  cosi  anche  nelle  infiore.scenze 
con  solo  uno  o  due  fiori  il  numero  totale  dei  vasi  provenienti  dal  peduncolo  è 
sempre  superiore  a  quello  dei  vasi  esistenti  nella  parte  superiore  del  peduncolo 
stesso. 

'  Anche  qui,  come  si  è  detto  sopra  per  i  Narcìsus.  va  tenuto  conto  dei  vasi 
che  vanno  ad  innervare  le  brattee  dell'  infiorescenza  e  che  sono  in  media  da  20 
a  25  per  infiorescenza. 


—   133   — 

Fusti. 

L'incremento  numerico  dei  vasi  procedendo  dal  basso  all'alto,  si 
verifica  nei  fusti  anche  indipendentemente  da  ogni  ramificazione  degli  or- 
gani 0  dei  fasci.  Lo  si  vede  per  esempio  nei  fusti  erbacei  semplici  delle 
Graminacee  o  delle  Ciperacee:  il  penultimo  inteinodio  (lungo  30  cm.) 
di  un  culmo  di  Tritium  viihjare  aveva  alla  base  138  vasi,  a  metà  143 
ed  a  un  cm.  dal  nodo  superiore  152;  e  quello  (lungo  27  cm.)  di  un'altra 
pianta  ne  aveva  rispettivamente  193,  198,  218  ;  e  un  fusto  di  Cyperus 
textilis  alto  cm.  106  che  aveva  a  2  cm.  dalia  base  1029  vasi,  a  metà 
altezza  ne  aveva  1267  e  1240  all'apice. 

In  un  fusto  fiorifero  di  Rammculus  acris  la  cui  porzione  inferiore 
non  ramificala  era  alta  era.  19,  ho  contato  a  mezzo  centimetro  dalla 
base,  in  sezione  trasversale,  170  vasi  in  19  fasci,  a  metà  circa  192  an- 
cora in  19  fasci,  e  a  mezzo  centimetro  dal  primo  ramo  252  sempre  in 
19  fasci.  Ne  sorgevano  poi  una  biattea  con  62  vasi  e  due  rami  uno 
con  133  vasi  e  l'altro  con  2.56,  ossia  un  totale  di  451  contro  i  252  del- 
l'asse principale.  Uno  dei  rami,  quello  con  133  vasi,  si  conservava  sem- 
plice per  12  cm.  in  capo  ai  quali  i  vasi  erano  169,  poi  dava  tre  pedun- 
coli fiorali  semplici,  ciie  avevano  complessivamente  alla  loi  o  l)ase  322  vasi 
e  nella  loro  parte  superiore,  pure  complessivamente,  366.  L'altro  ramo, 
con  256  vasi,  era  lungo  solo  2  cm.  in  capo  ai  quali  i  vasi  erano  279, 
poi  dava  una  brattea  con  67  vasi  e  due  lami  di  terz'  ordine  alla  cui 
base  si  contavano  136  e  144  vasi,  complessivamente  dunque  347. 

Li  un  internodio  giovane  di  Clematis  titnlba  contai  alla  base  220  vasi, 
in  alto,  a  mezzo  centimetro  dal  nodo,  323,  e  poi  ne  derivavano  altro  in- 
ternodio con  82  vasi  e  due  foglie  una  con  139  e  l'altra  con  135,  ossia 
complessivamente  355  vasi. 

Li  altro  internodio  della  stessa  pianta  contai  alla  base  227  vasi, 
in  alto  283,  e  poi  nelle  due  foglie  e  nell'internodio  superiore,  comples- 
sivamente, 300. 

Il  fatto  è  visibile  anche  nelle  piante  legnose,  e  lo  si  può  mettere 
facilmente  in  evidenza  nelle  piante  giovani  nelle  quali  tutto  il  legno 
è  ancora  vivo  e  funzionante. 

In  una  piantina  di  Acer  pseiidopìatanus  di  due  anni  di  età,  alta  dal 
suolo  cm.  90.  il  fusto  principale  a  3  cm.  dal  suolo  appena  prima  di  ra- 
mificarsi, aveva,  in  sezione  trasversale  7300  vasi  circa.  Poi  dava  due 
grossi  rami  che  alla  loro  base  avevano  uno  6200  vasi  e  l'altro  5300, 
ossia  complessivamente,  tra  tutti  e  due,  11.500,  contro  i  7300  del  fusto 
principale.  Uno  dei  due  rami  in  alto  dava,  inseriti  quasi  ad  una  stessa 

11* 


—  134  — 

altezza,  4  rami  di  terz' ordine  e  si  aveva:  nel  ramo  di  second' ordine, 
prima  di  ramificarsi,  3600  vasi  circa;  alla  base  dei  (inattro  rami,  com- 
plessivamente 5050  circa. 

Ili  un'altra  piantina  di  acero,  di  tre  anni  di  età  e  alta  cm.  40  dal 
suolo,  il  fusto  si  biforcava  a  22  cm.:  orbene  sotto  la  biforcazione,  contai 
circa  5300  vasi,  sopra,  nei  due  rami,  3800  -f  4550  =  8350. 

In  un  cespuglietto  di  Uosa  canina  alto  circa  40  cm.,  il  fusto  si  bi- 
foicava  a  10  cm.  dal  suolo  dando  un  ramo  roltiisto  ed  uno  più  piccolo: 
nel  fusto  principale,  sotto  la  biforcazione  ho  contato  circa  7250  vasi,  e 
nei  due  rami,  appena  sopra,  6100  +  4350=  10.450. 


Radici. 

Poicliè  ancbe  nelle  radici  il  numero  dei  vasi  legnosi  aumenta  di 
mano  in  mano  ciie  si  procede  dal  basso  verso  l'alto,  in  corrispondenza 
alle  loro  ramificazioni  si  verifica  il  fenomeno  opposto  a  quello  verifica- 
tosi per  le  ramificazioni  dei  fusti,  e  cioè  i  rami  contengono  complessi- 
vamente un  numero  minore  di  vasi  che  l'asse  sul  quale  si  inseriscono. 

Cosi  per  esenijiio  studiando  il  sistema  radicale  di  una  piantina  di 
acero  di  tre  anni  di  età,  ho  i-ilevato  in  corrispondenza  a  diverse  rami- 
ficazioni il  seguente  numero  di  vasi  : 


<ii 

°  1 

£    SE 
1 

Sotto,  nei  singoli  rami 

C^implessi- 
vflmente 

Sopra, 
nell'asse  cheliriunisce 

33  +  32  +  45  = 

110 

114 

2 

12  +  82  = 

94 

118 

3 

550  +  700  = 

1250 

1290 

4 

385  +  1270  = 

1655 

1800 

5 

(circa)  550  +  3250  = 

3800 

6500  (a  ciilcolo) 

6 

(circa  1  6500  +  2280  +  400  = 

9180 

9650 

7 

1  circa)  9650  -f-  600  +  400  -t-  650  + 

700  +  20  = 

12200 

12,800 

8 

380  +  400  +  920  = 

1700 

3,550 

9 

88u  +  470  +  170  +  1900  +  1050  + 

750  +  3,70U  = 

8920 

9,400           » 

Nella  piantina  di  rosa  di  cui  sopra  si  è  studiato  il  fusto,  la  radice 
principale  appena  sotto  terra  aveva,  in  sezione  trasversale  12.000  vasi 
(a  calcolo),  e  le  tre  radici  laterali  da  essa  formate  ne  avevano  : 
5900  +  1500  +  1000  =  8.400  (a  calcolo). 


DaU'Istituto  Botanico  di  Pavia,  febbraio  1912. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


BACTERIOSl 

DELLA 

MATTHIOLA  ANNUA  L. 

(BACTEBIUH  3IATTHIOLAE  n.  sp.) 

NOTA 

di  G.  BRIOSI  e  di  L.  PA VARINO  K 

(Con  due  tavole  colorate). 

Col  nome  di  Violacciocca  volgarmente  si  designano  due  differenti 
specie  di  crucifere;  il  Cheiranthus  Cheiri  L.,  che  è  la  comune  violac- 
ciocca, e  la  Matthiola  annua  L.,  comunemente  detta  Quarantina. 

Di  quest'ultima,  alcune  varietà  hanno  notevole  importanza  com- 
merciale, perchè  coltivate  su  vasta  scala,  specie  in  parecchie  zone  della 
Liguria,  dove  coprono  talvolta  campi  interi  e  forniscono  abbondanti  e 
splendidi  iìori  invernali,  oggetto  di  rilevante  esportazione  e  cespite  di 
lucro  non  indilferente  per  quelle  regioni. 

Nella  Matthiola  Quarantina  si  è  da  alcuni  anni  manifestata  una 
grave  malattia,  la  quale  si  diffonde  con  rapido  decorso,  ed  arreca  danni 
tali  che  in  talune  località  si  dovette  sospenderne  la  coltivazione. 

I  sintomi  della  malattia  cominciano  iid  apparire  sulle  foglie,  ove  si 
formano  macchie  di  un  verde  pallido,  a  contorno  indefinito,  che  dap- 
prima si  avvertono  a  mala  pena  e  solo  per  trasparenza,  grazie  al  con- 
trasto tra  il  loro  colore  verde  sbiadito  ed  il  verde  intenso  del  rima- 
nente mesofillo  della  foglia,  più  ricco  di  clorofilla.  In  seguito  compaiono 
piccole  macchie  brune  a  contorno  irregolare  e  più  o  meno  puntiformi, 
disseminate  sul  lembo  fogliare. 


'  Velli   anche:    G.    Biliosi   ed   L.    Pav.\rino,    Una    iiialatfia    haffer/cd  della 
Matthiola  annua  L.  (R.  Acc.  Lincei,  VuL   xxi,   1912,  Roma). 

Ani  ^ìeìl'Ul.  Bnl.  <ìpII' Uuivers!ln  lìi  Pavia   -  'Ai-.vXf  II  —  Vnl.  XV.  12 


—   136  — 

Spesso  le  foglie,  specie  le  giovani,  vengono  più  o  meno  ileformate; 
non  raggiungono  le  dimensioni  normali  ed  il  niaigine  loro  si  fa  revoluto, 
specie  verso  la  pagina  superiore. 

Le  infiorescenze  si  arrestano  nello  sviluppo  e  diventano  racliiticlie, 
onde  i  fiori  perdono  il  loro  valore  commerciale. 

Le  ricerche  vennero  fatte  su  piante  raccolte  direttamente  da  noi, 
in  diverse  riprese,  su  quel  di  Loano,  ove  da  qualche  anno  la  malattia 
si  è  manifestata  e  fortemente  diffusa. 

Caratteri  anatomo-patologici.  —  La  malattia  non  è  limitata  alle 
foglie,  ma  si  estende  a  tutti  gli  organi  della  pianta:  fiori,  rami,  fusto 
e  radici. 

Sezionando  i  rami  (jiooani  (tav.  xvii,  fig.  1)  si  trova  che  l'infezione 
invade  da  prima  i  vasi  del  legno  che  mostransi  gialli  od  imbiuniti  e 
più  0  meno  alterati. 

Attorno  ai  vasi  infetti,  la  pianta  forma  zone  di  tessuto  sugheroso 
(tav.  XVII,  fig.  1,  su)  che  li  avvolge  e  circonda,  pei'  impedire  l'espan- 
dersi del  male  in  senso  trasversale  e  limitarne  la  diffusione  nei  tessuti. 
Più  tardi  il  male  può  invadere  tutto  il  legno,  sino  al  midollo  che,  in 
taluni  casi,  si  presenta  fortemente  corroso  (tav.  xvii,  fig.  1,  mi). 

Nel  fusto,  l'infezione  si  manifesta  prima  nel  legno  primario  (ta- 
vola XVII,  fig.  2,  Ip),  dal  quale  si  estende  all'interno,  verso  il  midollo, 
ed  all'esterno  verso  il  legno  secondario  (tav.  xvii,  fig.  2,  es),  come  facil- 
mente rilevasi  dall'ingiallire  ed  imbrunire  delle  pareti  dei  vasi  e  delle 
fibre  e  dalle  sostanze  aggrumate  gialle,  brune  o  nerastre  che  riempiono 
i  lumi  delle  cellule  dei  tessuti  malati. 

Nelle  radici  (tav.  xvii,  fig.  5)  l'infezione  comincia  generalmente  nei 
fasci  legnosi  del  cilindro  centrale,  indi  si  propaga  al  legno  secondario; 
e  gli  elementi  attaccati  (vasi,  fibre,  ecc.)  si  colorano  al  solito  in  giallo  od  in 
bruno,  riempiendosi  contemporaneamente  di  sostanze  grumose  nerastre. 

Nelle /"opZie  (tav.  xvi,  fig.  3)  l'infezione  si  manifesta  con  le  macchie 
pallide  sopra  descritte  che  sono  dovute  alla  disorganizzazione  dei  clo- 
roplasti per  opera  di  microrganismi  che  numerosi  veggonsi  nelle  cellule. 
Gol  progredire  della  malattia,  il  plasma  delle  cellule  si  contrae  e  si 
raggruma  provocando  il  raggrinzamento  delle  pareti  cellulari;  quindi 
il  tessuto  si  ammortizza  ed  appaiono  nel  mesofillo  le  macchie  brune  e 
depresse  che  già  notammo  sul  lembo  fogliare  a  malattia  avanzata  (ta- 
vola XVI,  fig.  5). 

L'esame  microscopico  mostra  nelle  cellule  dei  tessuti  malati  nu- 
merosi microrganismi  mobili,  isolati  o  riuniti  in  colonie,  e  non  rivela 
alcuna  traccia  di  micelio. 

Noi  abbiamo  coltivati  detti  microrganismi  in  diversi  mezzi  nutri- 
tivi procedendo  nel  modo  seguente. 


—   137   — 

Presi  pezzetti  di  foglie,  rami,  fusto  e  radici  malate,  li  abbiamo 
accuratamente  lavati  con  acqua  e  sapone,  poscia  li  abbiamo  disinfettati 
con  una  soluzione  al  millesimo  di  sublimato  corrosivo;  indi  li  mettemmo 
in  acqua  distillata  sterile  e  da  ultimo  li  passammo  in  alcool  ed  etere. 

I  pezzetti  patologici  cosi  trattati  furono  messi  nei  tubi  contenenti 
i  diversi  terreni  nutritivi  da  noi  preparati,  e  da  tutti  gli  organi  infetti 
cosi  trattati  e  seminati  nei  differenti  mezzi  nutritivi,  noi  ottenemmo 
sempre  lo  sviluppo  di  uno  speciale  microrganismo  che  presenta  i  se- 
guenti caratteri  morfologici  e  culturali. 

Aspetto  microscopico  e  colorabilità.  —  Questo  microrganismo 
(tav.  XVI,  fig.  4)  ha  la  forma  di  piccoli  bastoncini  —  lunghi  2-4  /(, 
larghi  0,4  0,6  —  ad  estremità  leggermente  arrotondate.  Esso  si  colora 
bene  con  tutti  i  colori  di  anilina  anche  a  freddo,  ma  specialmente  col 
violetto  di  genziana,  e  resiste  completamente  al  Grani. 

Nel  liquido  delle  colture  in  brodo  si  osservano  vivaci  movimenti 
vibratori  e  rotatori  di  microrganismi  che  appaiono  sotto  forma  di  ba- 
stoncini 0  di  sferucce  a  seconda  della  posizione  in  cui  si  presentano 
all'osservatore. 

Comportamento  riguardo  all'ossigeno.  —  In  ambienti  anaerobici  il 
microrganismo  non  si  sviluppa  affatto  o  solo  con  grande  lentezza,  il  che 
indica  che  è  prevalentemente  aerobio. 

Comportamento  riguardo  alla  temperatura  ed  ai  terreni  nutri- 
tivi. —  Si  sviluppa  bene  a  temperatura  ambiente  (1.5°  C  circa)  e  più 
rapidamente  in  stufa  nei  diversi  terreni  nutritivi,  ma  specialmente  in 
ambiente  neutro. 

Colture  in  gelatina.  —  In  24  ore,  a  temperatura  ambiente,  si 
forma  per  infissione  (tav.  xvi,  fig.  2)  una  coppa  di  fluidificazione  iniziale 
che  progredisce  rapidamente  in  forma  cilindrica  (tav.  xvii,  fig.  3)  sino 
a  che  tutta  la  gelatina  rimane  fusa.  Sulla  superficie  della  coltura  si 
forma  di  poi  una  pellicola  abbastanza  spessa  che  si  distacca  con  l'agi- 
tazione, lasciando  depositare  in  fondo  alla  zona  di  fusione  un  precipitato 
mucilagginoso  biancastro  ed  il  liquido  assume  una  bella  colorazione 
verde-chiara  nella  parte  superiore  della  provetta. 

Colture  in  agar.  —  Per  striscio  su  agar  glicerinato,  dopo  48  ore  di 
stufa,  si  sviluppa  una  patina  di  color  biancastro  poco  estesa,  poco 
rilevata  e  priva  di  lucentezza. 

Per  infissione  lo  sviluppo  è  ancora  più  scarso  tanto  che,  dopo  48  ore 
di  stufa,  si  osserva  un  fittone  appena  visibile  che  ben  presto  si  arresta 
nel  suo  sviluppo. 

In  agar  semplice  la  coltura  si  svilupiia  assai  meglio.  Per  striscio 
(tav.  XYi,  fig.  6),  in  24  ore,  si  forma  una  patina  lucente,  succosa,  piut- 


—    138  — 

tosto  rilevata,  con  margine  lobato,  di  colore  biancastro  e  con  tendenza 
ad  occniKue  tutta  la  snperticie  libera  del  tubo. 

Per  infissione  (tav.  xvii,  fig.  4)  si  ha  un  fittone  cigliato  che  discende 
sino  in  fondo  alla  provetta,  mentre  alla  superficie  si  allarga  in  forma 
di  disco  patinoso  biancastro  nel  cui  centro  appare  col  tempo  una  macchia 
tondeggiante  gialla. 

Piastra  in  agar.  Grandezza  naturale.  --  Dopo  48  ore  di  stufa,  le 
colonie  superficiali  si  presentano  con  forma  rotonda  e  margine  liscio. 
Sono  piuttosto  rilevate,  ma  non  trasparenti  e  di  color  bianchiccio.  Le 
colonie  profonde  possono  essere  tondeggianti,  ma  per  lo  più  hanno  forma 
di  cote. 

A  50  diametri.  Le  colonie  superficiali  appaiono  tondeggianti,  rag- 
giate, a  contorno  trasparente  e  di  colore  giallastro.  Quelle  profonde 
possono  essere  tondeggianti,  ma  per  lo  più  sono  a  cote,  sempre  più 
piccole  e  di  colore  giallo  più  scuro. 

Colture  in  brodo.  —  Nel  brodo  alcalino  si  ha  scarsità  di  sviluppo 
con  leggero  intorbidamento  e  formazione  di  un  deposito  poco  abbon- 
dante; nella  parte  suiieriore  del  tubo  il  liquido  assume  un  color  verde- 
pallido. 

Nel  brodo  semplice  lo  sviluppo  è  più  rapido  e  rigoglioso;  in  48  ore 
di  stufa  tutta  la  coltura  diventa  omogeneamente  torbida  e  lascia  depo- 
sitare un  abbondante  sedimento  filante,  bianco-sporco  che  col  tempo 
diventa  giallognolo. 

Alla  supeificie  e  lungo  le  pareti  della  provetta  si  forma  una  pel- 
licola che  si  distacca  facilmente,  mentre  il  liquido  assume  una  colora- 
zione verde-chiara. 

CoLTORA  IN  LATTE.  —  A  temperatura  di  30",  la  coagulazione  è  to- 
tale al  terzo  giorno  con  reazione  al  tornasole  decisamente  acida. 

Coltura  su  patata.  —  A  temperatura  di  stufa  si  sviluppa,  in  48  ore, 
una  patina  grigio-biancastra,  succosa,  assai  rilevata  con  tendenza  ad 
espandersi.  Invecchiando,  le  colture  assumono  un  aspetto  granuloso  ed 
un  c(dor  giallognolo  tendente  al  bruno. 

Attivit.V  chimiche.  —  Dalle  provette  si  sviluppano  gas  puzzolenti, 
ma  non  acido  solfidrico,  ciò  che  si  ebbe  a  verificale  esponendo  sulle 
colture  una  cartolina  all'acetato  di  piombo,  previamente  esposta  ai  vapori 
di  ammoniaca. 

Riproduzione  artificiale  della  malattia.  —  Per  assicurarsi  che 
la  malattia  era  dovuta  veramente  all'azione  patogenica  del  microrga- 
nismo da  noi  isolato,  abbiamo  infettato  alcune  piante  rigogliose  di  Mat- 
tinola spruzzandole  con  brodo  molto  diluito  di  coltura  pura. 

In  capo  a  pochi   giorni   si  ottenne  la  riproduzione  del  male  sulle 


—  139  — 

parti  aeree  delle  piante  spruzzate  con  gli  stessi  caratteri  esterni  e  le 
stesse  alterazioni  anatomiche  (nelle  foglie  e  n^'ì  rami  giovani)  die  noi 
abbiamo  descritti  nelle  piante  ammalatesi  naturalmente. 

L'infezione  si  è  lapidamente  diffusa  sulle  foglie  (tav.  xvi,  fig.  3)  e 
sui  rami  estendendosi  alle  infiorescenze  clie  fece  completamente  sec- 
care. Le  piante  hanno  potuto  gettare  ancora  qualche  ramo  fiorifero, 
ma  dal  portamento  stentato  e  con  pochi  fiori. 

Fu  tentata  anche  l'infezione  per  le  radici,  bagnando  con  solu- 
zioni di  colture  pure  il  terreno  di  alcuni  vasi  nei  quali  eranvi  piante 
sane,  ma  non  si  ebbe  in  capo  a  due  mesi  nessun  sintomo  di  depe- 
rimento. 

Per  l'infezione  delle  radici  forse  bisognava  procedere  a  qualche 
preventiva  lesione,  ciò  che  noi  non  abbiamo  fatto  per  mancanza  di  ma- 
teriale adatto. 

Si  è  potuto  stabilire  ciie  la  via  più  comune  dell'infezione  è  quella 
degli  stomi  (tav.  xvi,  fig.  7),  ciò  che  si  rende  palese  con  la  colorazione 
giallognola  die  dagli  stomi  medesimi  si  propaga  alle  cellule  circostanti, 
nelle  quali  si  osserva  la  solita  disorganizzazione  dei  cloroplasti  e  del 
protoplasma. 

Cogli  organi  infettati  artificialmente  furono  ripetute  le  colture  nei 
diversi  mezzi  nutritivi  per  l'identificazione  dei  caratteri  morfologici  e 
colturali  del  microrganismo  da  noi  precedentemente  isolato  e  descritto. 

Questo  microrganismo  deve  ritenersi  come  una  specie  nuova  e  la 
denominiamo  Bacterium  matthioìae  n.  sp. 


Cuna  della  malattia. 

Mezzi  specifici  e  pratici  di  cura  ancora  non  si  conoscono.  Si  fe- 
cero delle  prove  da  un  orticoltore  con  le  solite  irrorazioni  a  base  di 
solfato  di  rame  (bordolese),  ma  i  risultati  ottenuti  furono  negativi. 
Forse  questi  trattamenti  potrebbero  riuscire  di  qualche  efficacia,  appli- 
candoli come  cura  preventiva,  qualche  tempo  prima  della  fioritura,  onde 
andrebbero  ripetuti. 

Una  buona  pratica  da  seguirsi  è  quella  di  estirpare  le  piante  non 
appena  presentano  i  sintomi  della  malattia  da  noi  descritti. 

Le  piante  estirpate  non  debbono  però  essere  accumulate  ed  abban- 
donate sul  terreno  lasciandole  essiccare  in  modo  da  essere  facilmente 
trasportate  a  distanza  dal  vento  o  dagli  animali,  ma  debbonsi  portare 


—  140  — 

fuori  dal  campo  e  distruggere  col  fuoco.  Cosi  pure  queste  piante  estir- 
pate non  debbono  essere  gettate  nella  concimaia,  per  evitare  che  l'in- 
fezione venga  riportata  nei  campi  per  mezzo  dello  stallatico. 

Si  deve  modificai'e  la  rotazione  in  modo  da  non  ripetere  la  coltura 
delle  violacciocche  nei  terreni  dove  l'anno  precedente  si  è  manifestata 
la  malattia.  Ad  impedire  poi  che  il  male  sia  tramandato  da  un  anno 
all'altro,  tornerà  assai  utile  la  scelta  accurata  dei  semi  che  debbono 
provenire  da  piante  sane  e  da  campi  rimasti  immuni  dall'infezione. 
E  siccome  fu  dimostrato  che  i  germi  delle  malattie  batteiiche  spesso 
possono  continuare  a  vivere  sui  semi  durante  la  stagione  invernale, 
così  sarà  utile  anche  nel  caso  presente  la  disinfezione  della  semente, 
immeigendola  per  15  minuti  in  una  soluzione  al  millesimo  di  sublimato 
coiTosivo,  oppure  per  20  minuti  in  una  soluzione  di  formalina  al  '/e  cento. 
Questa  pratica  può  essere  integrata  con  la  selezione,  secondo  il  metodo 
di  Nilsson,  nei  campo  stesso  degli  individui  che  si  mostrano  più  le- 
sistenti  alla  malattia.  Finalmente  si  potrà  forse  rendere  le  piante  più 
resistenti  al  male,  evitando  l'abuso  dei  concimi  oiganici  e  ricorrendo 
all'uso  dei  concimi  potassici,  specialmente  dei  superfosfati. 


—  141 


SPIEGAZIONE  DELLE  TAVOLE 


Tav.  X\'I,  Fig.  N.  1.  Rametto  e  toglie  sane  di  Matthiola  anmia  L. 
»  »         »        »    2.  lufissione  in  gelatina  e  coppa  di  fluidificazione. 

>  ■>  »    3.  Rametto  e  foglie  ammalate  di  Matthiola  annua  L. 

>>    4.  Baoterium  Matthiolae   n.  sp.  (Koristka  0.   8  comp.    imin. 
omog.  Vi6  '"*"  (iperto). 
»  »         »        »    5.  Foglia  ammalata  in  sezione  trasversale. 

>  »         »        »    6.  Coltura  a  striscio  su  agar  a  becco  di  flauto. 

»  »         »         »    7.  Epidermide  di  foglia  con  stomi  infettata  artificialmente. 

•  »  •>         >    8.  Coltura  su  patata. 

>  XVII     »        >>    1.  Sezione  trasv.  di  ramo  giovane   infetto.  —  .•>•;/,  tessuto  su- 

gheroso: ini,  midollo. 

»  »         »        »    2.  Sezione  trasv.   di  fusto   infetto.  —  Ip,  legno  primario;  e.s, 

legno  secondario. 

»  »         »        »    3.  Coltura  in  gelatina.  Prima  settimana  di  sviluppo  con  flui- 

dificazione in  forma  cilindi-ica. 

>  »         »        »    4.  Coltura  per  infissione  in  agar  semplice. 
»  »         »        »    5.  Sezione  trasv.  di  radice  infetta. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 


da  GIOVANNI  BRIOSI 

NOTE  MICOLOGICHE  E  EITOPATOLOGICHE. 

SERIE  SECONDA 


I.  —   Un  luiOTO  irenere  di  Ceratostwìiatareac. 


s 


II.  —  Due  uuotì  micromiceti  paiMssiti  delia.  Sopliora J(H)oni<a  Linn. 

PER 

MALUSI©  TURCONI  e  LUIGI  MAFFEI 

A  ,S  S  I  s  T  E  N  T  I. 
[Coti  una  tai-ola  litografata}. 

I. 

Un  nuovo  genere  di  Ceratostoraataceae. 

La  famiglia  delle  Ceratostomataceae  '  comprende  pochi  generi  (prima 
inclusi  in  quella  delle  èphaeriacpae)  caratterizzati  dall'avere  un  peri- 
tecio  semplice,  con  ostiolo  prolungantesi  a  formare  una  specie  di  rostro 
{rosteUum)  ben  distinto  e  talvolta  anche  molto  lungo.  Si  suddivide,  in 
base  ai  caratteri  delle  spore,  in  sei  sezioni  fra  le  quali  quella  delle 
Phaeosporae  {Sporidio,  continua,  fusca)  comprende  il  solo  genere  Cerato- 
stoma  che  ha  dato  il  nome  alla  famiglia. 

A  questo  genere  si  avvicina  per  vari  caratteri  il  fungo  che  noi  qui 
descriviamo;  esso  peraltro  presenta  i  politeci  costantemente  rivestiti 
da  numerose  setole,  erette,  ispide,  acuminate,  raggiungenti  per  lo  più 
una  lunghezza  doppia  del  diametro  del  peritecio  stesso. 

Questo  carattere  da  solo  è  sufficiente  per  costituire  un  nuovo  ge- 
nere che  denominiamo  Chaetoceratostoma  dando  al  nuovo  micromicete 
il  nome  specifico  di  Chaetoceratostoma  Jiispidum. 


'  Ceratostomataceae  Wintbr  in  Rabh.  Krypt.  Flora,  Bel.  i,  Abt.  ir,  pa- 
gina 247  (1887);  em.  Sacc.  Syìl.  xiv,  pag.  20  (1899),  —  Vedi  anche  Travekso, 
Pyrenonycetae  in  Flora  Hai.  cryptog.  Pai-s  i:  Fungi  (fase,  i,  pag.  327,  190G). 

Atti  deìrist.  Bot.  rleirUniversità  di  Pavia  —  Serie  II  —  Voi.  XV.  13 


—   144  — 
Chaetoceratostoma  n.  gen.  (Etym.  chaete,  seta  et  Ceratostoma). 

Perithecìa  tipìce  selosa,  siiperficialia,  subcarbonacea,  atra,  rostello  longo, 
cylindraceo  praedita.  Asci  elipsoidei  vel  oboooidei,  subseasiles,  aparaphysati, 
octospori.  Sporidia  plenimque  globoso-cuboidea,  continua^  fusca. 

Chaetoceratostoma  hispiddm  Turconi  et  Maffei.  Peritheciis  superficia- 
libus  sparsis  vel  subgregariis,  gìobulosis,  200-250  ix  diam.,  suhcarbonacei.i, 
a/ris,  setulis  copiosis,  rigidis  350-500  /i  longis  contimiis,  apice  obhise  acimii- 
natis,  pallide  fuscis  vestitin  atqiie  in  rostellum  praelongum  (1-1  '/^  mm.), 
cylìndraceum,  erectimi  qiiandoque  leiiiter  inciirvum,  apice  plus  minusve  fim- 
brialìtm  produclis;  coittextu  perithecii  parenchi/matico,  rostri  prosenchyma- 
tico;  ascis  obovoideis,  subsessilibus,  mox  evunidis,  aparapìujsatis  35  45  « 
16-20  |it,  octosporis;  sporidiis  distichis,  vel  subdisticìiis,  ciiboideis,  angulis 
obtusis,  brimneis  8-10  /t  diam. 

Hab.  In   foliis  emortiiis  Castaneae  vescae,  inope  Varazze  (Li<;uiia). 

Questo  fungo  fu  raccolto  qualche  anno  fa  in  Liguria  presso  Va- 
razze sopra  foglie  secche  di  castagno. 

Con  una  lente  si  scorgono  assai  bene  sulla  pagina  inferiore  della 
foglia  i  periteci  per  lo  più  sparsi  (tav.  xv,  fìg.  1),  ed  in  qualche  raro 
punto  più  0  meno  avvicinati,  neri,  globosi,  superficiali,  rivestiti  di  nu- 
merose setole  hinglie  fino  a  mezzo  millimetro,  brune,  erette,  ispide,  sem- 
plici, continue  ed  appuntite.  Presentano  l'ostiolo  prolungato  in  modo  da 
formare  un  rostro  relativamente  molto  lungo  (1-1 '/a  mm.),  cilindrico, 
eretto  e  qualche  volta  leggermente  incurvato.  Le  ife  costituenti  la  pa- 
rete del  peritecio  sono  tra  loro  intrecciate  ed  anastomizzate  in  modo 
da  dare  l'aspetto  di  un  parenchima,  mentre  nel  rostro  sono  tra  loro 
parallele,  allacciate  e  saldate  cosi  da  formare  una  specie  di  tessuto  pro- 
senchimatico. 

Nella  parte  apicale  del  rostro  si  separano  in  modo  che  l'apice  ap- 
pare irregolarmente  frangiato  (tav.  xv,  fig.  2). 

Gli  aschi  sono  obovati  sessili  o  muniti  di  un  peduncolo  brevissimo, 
privi  di  parafisi,  contenenti  8  spore  disposte  in  doj)pia  fila  (tav.  xv, 
fig.  3).  La  membrana  dell'asce  scompare  presto,  mentre  le  spore  per- 
mangono tra  loro  unite  in  gruppi.  Le  spore  sono  generalmente  cubiche 
cogli  spigoli  ottusi,  continue,  brune  e  misurano  8-12 /«  di  diametio 
(Tav.  XV,  flg.  4). 


—  145  — 

II. 

Due  nuovi  microniiceti  parassiti  della  Sophova  japoìiUu  Limi. 

Essi  sono  la  causa  di  due  diverse  malattie  della  Sophora  japonica 
che  noi  denominammo  vaiolatura  delle  foglie  e  seccume  bianco  dei  rami, 
in  una  breve  nota  preliminare  pubblicata  nei  Rendiconti  dell'Accademia 
dei  Lincei  '. 

Vaiolatura  delle  foglie.  —  Il  micete  parassita  causa  di  questa 
malattia  produce  sulle  foglie  macchie  lotondeggianti  o  circolari,  piccole 
all'inizio,  che  presto  si  ingrandiscono  raggiungendo  sino  un  centimetro 
di  diametro  (  tav.  xv,  fig.  5  e  6).  Sulla  pagina  fogliare  superiore  tali 
macchie  presentano  un'areola  centrale  di  color  nocciola  scuro,  circoscritta 
da  una  larga  zona  di  color  più  chiaro,  talora  quasi  bianchiccia  (tav.  xv, 
fig.  5).  Nella  pagina  inferiore  invece  esse  sono  nerastre,  colore  dovuto 
ai  numerosissimi  organi  di  fruttificazione  del  fungo  i  quali  compaiono 
assai  presto  ricoprendo  tutta  la  macchia  su  cui  sono  spesso  disposti 
come  fitte  striature  nere  e  più  o  meno  concentriche  (Tav.  xv,  fig.  6). 

All'esame  microscopico  queste  fruttificazioni  risultano  costituite  da 
ife  conidiofore  fuoruscenti  generalmente  dagli  stomi,  isolate  o  liunite  a 
due,  tre  insieme,  di  rado  in  numero  maggiore.  Sono  erette,  bruno  oli- 
vacee,  con  parecchi  setti  trasversali  in  corrispondenza  dei  quali  si  for- 
mano restringimenti  o  strozzature  in  guisa  che  i  conidiofori  appaiono 
nodulosi,  articolati,  talvolta  quasi  torulosi.  Misurano  40-80/1  di  lun- 
ghezza per  8-12 /t  di  larghezza  e  portano  all'apice  i  conidii. 

Questi,  a  completo  sviluppo,  sono  ovali  od  ovato-globosi,  largamente 
arrotondati  o  quasi  appianati  all'estremità  cosi  da  assumere  talora  una 
forma  pressoché  cubica,  e  presentano  numerose  segmentazioni  in  vari 
sensi  (tav.  xv,  fig.  7  e  8).  Hanno  lo  stesso  colore  dei  conidiofori  o  sono 
un  po'  più  scuri  e  misurano  30-40  /i  di  lunghezza  e  20-30  ,a  di  lar- 
ghezza. Per  la  formazione  del  conidio,  l'ultimo  articolo  (cellula  apicale) 
del  conidioforo  si  ingrossa  a  formare  una  specie  di  vescica  ovale  od 
ovato-rotonda  e  si  divide  dapprima  in  due  mediante  un  setto  trasver- 
sale, poi  in  quattro  per  la  formazione  di  un  altro  setto  incrociantesi 
perpendicolarmente  col  primo.  Il  giovane  conidio  continua  poi  ad  in- 
grandirsi, mentre  nell'interno  si  opeiano  numerose  segmentazioni  e 
finisce  per  acquistare  la  forma  sopra  descritta  che  ricorda  un  poco  una 


'  lì'i'iiiìiciiiifi  AcT.'idemia  Lincei,  voi.  xxi,  2"  som.,   pajf.  2I(). 


~  146  — 

colonia  (li  Sarchia.  I  conidii  si  staccano  facilmente  dalle  ife  coiiiiliofore 
e  cadendo  sulle  foglie  sane  vi  germinano  prodncendo  le  areole  jìatolo- 
giclie  caratteristiche.  In  corrispondenza  delle  maccliie  il  tessuto  fogliare 
è  invaso  da  un  micelio  settato,  ialino  e  che  assume  il  color  bi  uno  solo 
nei  conidiofori. 

Pei  suoi  caratteri  morfologici  questo  micromicete  va  ascritto  al  ge- 
nere Mwrospon'um,  ed  è  ben  distinto  da  tutte  le  altre  specie  del  genere, 
onde  costituisce  una  nuova  specie  della  quale  ecco  la  diHgnosi. 

Macrospouium  Sophorae  n.  sp.  —  Maenl/s  rolnndatis  rei  circularibus, 
4-10  mm.  diam  ,  avellaneis  vel  avellaneopallidis,  centro  obscuriore;  coni- 
diopkoris  li>/poph//llis,  copiosissimis,  (jregarii-<  ne  saepius  hi  Ihieis  subcon- 
centricis  dis/iosifis,  rerlis,  shnpìicibus,  pluriseptatls,  ad  sepia  co»strktis,  no- 
dulosis,  (juaitdoqne  subtorulosis,  solitariis  aut  bmis  rat  ms  teniis  e  stoma- 
tibiis  egredientibus,  40-80  t^  8  12  ,(i,  olivaceo-brunneis ;  conidiis  acrogenis, 
concoìoribus  vel  obscxrioribua,  plnriseplatomuriformibus,  ovatis,  vel  ovato- 
gìobosis,  subsarcinaeformibiis ,  non  aut  rariter  medio  constrirtis  30-40  « 
20-30  fi,  ìevibus. 

Hab.  In  foliis  vivis  Sophorae  japonicae  in  Horto  Botanico  Ticinensi. 

Delle  numerose  specie  di  Macrosporium  finora  descritte,  quella  clie 
più  si  avvicina  al  nostro  Macrosporium  Sophorae  è  il  M.  Sarcinaeforme 
Cavr.  parassita  del  Trifoglio,  scoperto  e  descritto  dal  Cavara  sino 
dal  1890  K 

Questa  specie  è  però  ben  distinta  dalla  nosti'a,  oltre  che  per  la 
forma  ed  il  colore  delle  macciiie,  anche  per  la  forma  e  le  dimensioni 
dei  conidiofori  e  dei  conidii. 

Sbccume  bianco  dei  rami.  —  li  parassita  causa  di  questa  altera- 
zione provoca  sui  rami  dapprima  la  comi)arsa  di  areole  livide,  ellittiche, 
allungate  secondo  l'asse  del  lamo,  più  o  meno  depresse,  in  corrispon- 
denza delle  quali  l'epidermide  diviene  presto  giallognola,  indi  biancastra 
e  si  solleva  e  screpola  per  opera  di  numerosi  tumoretti  erompenti,  di 
consistenza  carnoso-ceracea,  di  color  rosso-carnicino  pallido,  tondeg- 
gianti, oppure  di  forma  ellittica  più  o  meno  allungata  od  anche  lineari. 
Talvolta  sono  confluenti  e  formano  delle  strie  longitudinali  lunghe  per- 
sino qualche  centimetro.  Le  areole  si  estendono  talora  sino  a  raggiun- 


'  Cavaua  (t.,  Maoroaporiuni  .idrcin.vforiii.'  Civr.  nuovo  pnrassifa  dei  Tri- 
/"w/// (La  difesa  dei  parassiti,  1890,  n.  4,  8  pp.)  ;  vedi  aiiohc  Biiiosi  e  Cavaiìa,  / 
faii;i!ìi  pTr.rxsili  (Ielle  pinate  oltivate  od  utiU  ecc.,  fase,  v,  a.  ll'i. 


-  147 

^ere  mia  lunghezza  di  5  a  15  centimetri  ed  una  larghezza  di  10  mil- 
limetri. Spesso  finiscono  per  circondare  il  ramo  del  quale  invadono  por- 
zioni più  o  meno  estese,  ed  i  rami  infetti  presentano  allora  dei  tratti 
imbiancati  e  cosparsi  da  numei'osi  tumoretti  rosei,  intercalali  da  altri 
immani  e  verdi.  Tale  colorazione  si  mantiene,  benché  [liù  sbiadita,  anche 
dopo  la  morte  e  l'essiccamento  del  rami)  (tav.  xv,  fig.  9). 

Nei  rami  giovani  l'areola  d' infezione  si  estende  rapidamente  inva- 
dendo ben  presto  tutto  il  ramo  che  diventa  totalmente  giallognolo, 
indi  biancastro  e  si  dissecca. 

In  sezione,  all'esame  microscopÌGO,  le  verrucchette  rosee  si  presen- 
tano cosiituite  (la  tubercolt-tti  stromalici  di  ife  fittamente  intrecciate, 
alla  superficie  esterna  dei  quali  si  origina  l'imenio  formato  di  basidii 
o  conidiofori  ramificati,  con  lamificazioni  disposte  per  lo  più  in  verti- 
cilli (tav.  XV,  tìg.  16)  portanti  ai  loro  apici  dei  conidii  fusiformi,  appun- 
titi ad  ambo  le  estremità,  curvi,  ialini,  presentanti  generalmente  tre 
a  cinque  setti  e  qualche  volta  anche  sei  (tav.  xv,  fig.  17).  Misurano 
40-60  II  di  lunghezza  su  4-6  /i  di  larghezza. 

La  forma  ora  descritta  che  pei  suoi  caratteri  va  riferita  al  genere 
Fmarium  ',  rappresenta  lo  stadio  conidico,  estivo  .del  fungo  e  si  com- 
porta da  vero  parassita  invadendo  col  proprio  micelio  tanto  il  tessuto 
corticale  quanto  il  legno  intei-no.  La  forma  perfetta  ascofora  invece  si 
sviluppò  nel  taido  autunno  e  nell'inverno  sui  rami  moiti,  e  giunse  a 
maturanza  nella  primavera  successiva. 

Sui  rami  secchi  infatti  durante  l'inverno,  numerosi  sporodochi  perdono 
a  poco  a  poco  il  loro  color  roseo  assumendo  una  tinta  bruna  che  va  facen- 
dosi sempre  più  cupa  e  finiscono  per  acquistare  un  color  nero-cianotico. 
Ciò  perchè  agli  sporodochi  della  forma  conidica  {Fusarium).  vanno 
man  mano  sostituendosi  gli  acervuli  strematici  della  forma  ascofora  per 
successive  modificazioni  dello  stroma  stesso  dello  sporodochio.  Tale 
processo  si  può  seguire  assai  bene  sui  rami  morti  sui  quali  è  facile 
trovare  degli  acervuli  stromalici  ascofori  in  diversi  stadi  di  sviluppo 
entro  gli  sporodochi  della  forma  conidica. 

A  completo  sviluppo  gli  acervuli  strematici  della  ferma  ascofora 
risultano  costituiti  da  un  ipostroma  bluastro,  verso  la  periferia  esterna 
del  quale  si  trovano  i  periteci  più  o  meno  emergenti  dallo  stroma  stesso 
(tav.  XV,  fig.  10). 


'  Questa  t'urina  di  Fusarium  diffei'isco  dal  Fasariiiin.  Sophovac  AllescJier  ti-o- 
vato  sopra  rami  secclii  di  ^Scp/iora  Jupoiiica  presso  Berlino  nel  1897,  oltre  che  per 
vari  caratteri  degli  sporodochi  e  dei  basidi,  anche  per  le  spore  ohe  sono  molto  più 
grandi  e  presentano  un  maggior  numero  di  setti. 


—  148  - 

Questi  sono  ovati  od  ovato-globosi  e  misurano  200-250  /i  di  dia- 
metro. 

Presentano,  in  sezione,  una  parete  relativamente  grossa  pseudo- 
parenchimatica  di  un  colore  bleu  piìi  scuro  di  quello  dell'  ipostroma 
(tav.  XV,  fig.  11). 

Alla  base  della  cavità  del  peritecio  si  differenzia  il  tessuto  ime- 
niale  dal  quale  sorgono  gli  aschi  cilindracei  o  leggermente  clavati,  con 
breve  pedicello,  lunghi  80- 100  ;</,  larghi  18-20  jtt,  contenenti  ciascuno  otto 
spore  disposte  in  due  serie  entro  l'asco  (tav.  xv,  fig.  12  e  13).  Le  spore 
sono  ialine,  obovate  od  ovali-ellittiche,  arrotondate  alle  estremità,  con 
tre  setti  e  misurano  16-20  =  6-8 /t  (tav.  xv,  fig.  14). 

In  base  ai  cai'atteri  morfologici  testé  enumerati  noi  ascriviamo 
questo  fungo  al  genere  Gibberella  fra  le  Hypocreaceae,  e  siccome  si  dif- 
ferenzia dalle  altre,  ne  facciamo  una  nuova  specie  che  denominiamo 
Gibberella  Briosiana  \ 

Gibberella  Briosiana,  n.  sp.  —  Peritlieciis  rarìter  binis  aut  paucis, 
pìerumque  compia rihtis,  botri/ose  aggregatis  atque  in  acervulos  enimpentes, 
verruciformes  congestis,  ovatis  vel  ovato- gìobosis,  200-250  fi  diam..  parietis 
contextìi  celluioso  parenchymatico,  atro-ci/aneo,  hypostromate  pseudoparen- 
ehymatico,  coendascente;  ascis  cyl^idraceis  vel  cyliudraceo-subclavatis,  breve 
pedicellafis,  80-100  -  18-20  fi  ocfosporis;  sporis  distichis,  obovatis  vel  elip- 
soideis,  triseptatis,  ad  sepia  haud  vel  leniter  constrictis,  16-20  *  6-8  fi  hya- 
linis.  —  Adest  status  conidiophonts  forinam  Fusarii  sistens:  sporodorliiis 
max  erumpentibus,  pulvinatis,  rotnndntis  vel  elipticis  aut  sublinearibus, 
quaiìdoque  in  lineas  longitiidinales,  1-2  cm.  longas  con/luentibns,  pallide 
carneis  ;  conidiophoris  verticillatim  ramosis;  ronidiis  acrogenis,  fusoideis, 
curvatis,  utrinque  acutatis,  plenimque  3-5  rarius  6  septatis  40-60  «  4-6  /(, 
hyalinis. 

Hab.  In  ramulis  Sophorae  japonicae  in  Horto  Botanico  Ticinensi. 

Le  ascospore  germinano  emettendo  da  una  o  da  due  cellule  un 
budellino  micelico  ialino,  sottile  che  crescendo  man  mano  si  segmenta 
e  si  ramifica.  Prima  di  germinare  le  spore  talora  acquistano  dimensioni 
maggiori,  mentre  aumenta  anche  di  uno  o  di  due  il  numero  dei  setti  in 
corrispondenza  dei  quali  il  restringimento  si  fa  più  pronunciato  (tav.  xv, 
fig.  15). 


'  Questa  nuova  specie  di  Gibberella  fu  da  noi  nuovamente  trovata  nella 
scorsa  primavera  su  rami  secchi  di  Sophora  in  un  giardino  a  Cervesina,  nell'Ol- 
trepò pavese.  Negli  esemplavi  ivi  raccolti  gli  aschi  e  le  ascospore  erano  un  poco 
più  lunghe  di  quelli  raccolti  a  Pavia  (confr.  fig.  12-13,  tav.  xv). 


—    149  — 

Durante  quest'estate  siamo  riusciti  a  ripiodune  aititicialmente  la 
malattia  coli' inoculazione  delie  spore  del  parassita  e  col  semplice  con- 
tatto di  parti  sane  a  parti  malate  sopra  piante  sane  di  Sophom  japoiiica 
dell'Orto  Botanico  di  Pavia.  Dopo  qualche  mes^e  l'infezione  erasi  cosi 
estesa  ciie  una  gran  parte  dei  rami,  specialmente  i  giovani,  apparivano 
totalmente  bianchi  e  secchi. 

Di  rimedi  per  combattere  direttamente  queste  malattie,  per  ora  non 
se  ne  conoscono,  forse  potrà  bastare  a  liberarsene  un'abbondante  ed 
accurata  potatura,  raccogliendo  ed  asportando  le  parti  infette  che  vanno 
bruciate  e    disinfettando  le  ferite  con  una  soluzione  di  solfato  di  ferro. 

Il  materiale  ed  i  preparati  microscopici  base  di  queste  ricerche 
sono  depositati  presso  l' Istituto  Botanico  di  Pavia. 

Dal  Laboratorio  Crittogamico  di  Pavia,  agosto  1912. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  XV 


Fig.     1.  Frammento  di  lembo  fogliare  di  Castaìiea  vesca  con  periteci  di  Chaeioce- 

nitostoiiìa  hixpiiìum.  visti  con  lente. 
»       2.  Peritecio  di   Chaetoceratostoma  hisphhtm. 
«       3.  Asce  con  ascospore  a  forte  ingrandimento. 

»       4.  Ascospore  isolate  a  forte  ingrandimento  viste  di  fronte  e  di  fianco. 
»       5.    Fogliole    di   Sophora  japonica  con   macchie    prodotte   da  JSIacroxporiurn 

Sophorae  viste  dalla  pagina  superiore. 
»       6.  Fogliola  con  macchie  vista  dalla  pagina  inferiore. 
»       7.  Conidiofori  con  conidio  a  forte  ingrandimento. 
»       8.  Conidio  isolato  a  forte  ingrandimento. 

»       9.  Pezzi  di  rami  di  Sophora  japonica  con  areole  d'infezione. 
»     10.  Acervuli   stromatici  di   Gibberella  Briosiana   in   sezione,  visti   a  piccolo 

ingrandimento. 
»     11.  Periteci  di  C'ibberella  Br/oa/diìd  in  sezione  visti  a  forte   ingrandimento. 

12  e  13.  Aschi  con  ascopore  a  forte  ingrandimento. 
'     14.  Ascopoi-e  isolate,  a  forte  ingrandimento. 
>     15.  Ascopore  germinanti,  a  forte  ingrandimento, 

■     16.  Basidio  con  conidii  in  vari  stadi  della  forma  cnnidifera  fumiriinn. 
»     17.  Conidii  di  Fusarium  isolati. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI 


SULLA  INFLUENZA  DEL  MAGNESIO 
SOPRA  LA  FORMAZIONE  DELLA  CLOROFILLA'. 

RICERCHE     SPEEIltEN-TALI 

della  Doti  EVA  MAMELI 

assistente  alTlstituto  lìotiinico  della  R.  Universìlà  di  Pavia. 

INTRODUZIONE. 

Dacché  il  Salm-Horstmar  (80;  81)  dimostrò  che  il  magnesio  è  un 
elemento  indispensabile  per  le  fanerogame,  numerosi  sperimentatori  lo 
seguirono  nello  studio  dell'azione  di  questo  elemento  sulle  varie  fun- 
zioni della  vita  vegetale,  e  cercarono  di  scoprire  qual  parte  esso  abbia 
nel  chimismo  cellulare,  nell'assorbimento  e  nelle  emigrazioni  delle  sostanze 
nutritizie.  Tuttavia,  date  le  nostre  incomplete  cognizioni  sulle  metamor- 
fosi, sulle  combinazioni,  sulle  scissioni  che  le  complesse  sostanze  vegetali 
subiscono  entro  la  cellula  vivente,  le  nostre  conoscenze  sulla  funzione 
fisiologica  del  magnesio  nella  vita  vegetale  sono  ancora  assai  limitate. 

Fin  ora  esso  è  rimasto  insostituito;  uè  il  calcio,  né  il  bario,  né  lo  stion- 
zio,  né  lo  zinco,  né  il  berillio  possono  prenderne  il  posto  ed  assumerne  le 
funzioni,  come  dimostrarono,  sia  per  le  fanerogame  che  pei'  le  crittogame, 
Knop  (40),  Molisch  (64),  Benecke  (7;  8)  e  Loew  (57).  iPer  ciò  che  ri- 
guarda le  piante  superiori  solo  il  Sestini  credette  di  aver  ottenuta  una 
parziale  sostituzione  del  magnesio  con  il  berillio  in  culture  di  Tritiacm 
(su  sabbia),  nelle  quali  i  fratti  abbonirono  stentatamente.  Il  Benecke 
però,  ripetendo  la  sostituzione  in  culture  acquose,  ebbe  risultati  opposti, 
trovò  cioè  elle  il  berillio  ha  invece  un'influenza  nociva.  Eguale  conclu- 
sione trassi  anch'io  da  culture  di  Triticum,  di  Salpigìossis  e  di  Mimulus. 

Il  fatto  che  il  magnesio  si  trova  in  notevole  quantità  negli  apici 
vegetativi  e  in  generale  nelle  parti  giovani  delle  piante  in  attività  di 
sviluppo,  nelle  cellule  del  mesofillo   delle  foglie,  nei  tubi  cribrosi,  nei 


'  Vedi  nota  preliminare  in:  Atti  della  Soc.  Jtal.  2>er  il  Prai//-.  d.  iScà'/izt'  v, 
793;  1911. 

Atti  dell'Ut.  Boi.  dell'Università  di  Pavia  —  Serie  II  —  Voi.  XV.  U 


—  152     - 

granuli  pollinici  (82)  ecc.;  che  si  accumula  dapprima  nei  tessuti  cir- 
costanti al  frutto,  durante  la  maturazione  di  questo,  e  poi  nei  semi 
(specialmente  in  quelli  oleosi)  (50);  che  la  sua  percentuale  nelle  ceneri 
delle  foglie  aumenta  coll'inveccliiare  di  queste  (20),  ma  die  all'appros- 
simarsi dell'epoca  della  caduta  delle  foglie  diminuisce  (18),  prova  che 
questo  elemento  partecipa  nel  modo  più  attivo  alla  vita  della  pianta, 
alla  scomposizione  e  ricomposizione  dei  suoi  elementi,  e  che  la  sua  pre- 
senza è  strettamente  legata  alle  funzioni  fisiologiche  pivi  importanti. 

Numerosi  Autori  sono  concordi  nell'affermare  che  il  magnesio  ha 
l'importante  funzione  di  compiere  o  di  facilitare  l'assimilazione  e  il 
trasporto  del  fosforo,  che  sotto  forma  di  fosfato  di  magnesio  facilmente 
dissociabile  verrebbe  assorbito  dalle  piante  (47;  50;  57).  Secondo  il 
Loew  (48)  v'è  una  stretta  relazione  fra  magnesio  e  nucleoproteidi,  e 
d'altra  parte,  da  varie  considerazioni  ed  esperienze  sull'ufBcio  del  calcio 
nelle  piante,  egli  ricava  che  i  corpi  organizzati  (nucleo  cellulare,  corpi 
clorofilliani)  devono  contenere  sostanze  calcio-proteiche,  e  più  precisa- 
mente che  essi  debbono  essere  dei  composti  di  calcio-nucleina  e  di 
calcio-plastina  '. 

Anche  il  Eeed  (76)  ammette  che  vi  sia  un  rapporto  tra  magnesio 
ed  acido  fosforico,  ed  osserva  che  una  piccola  quantità  di  magnesio  può 
compiere  una  gran  quantità  di  lavoro,  poiché  iiuò  servire  ripetutamente 
da  somministratrice  di  acido  fosforico  alla  cellula.  Ciò  spiegherebbe  an- 
che le  osservazioni  di  diversi  Autori  che  piante  di  Phaseolus  (75),  di 
Zea  Mays,  ecc.,  crescano  fino  all'altezza  di  nn  metro  col  solo  magnesio 
contenuto  nei  semi. 

Inoltre  con  recenti  esperienze  fa  trovato  che,  almeno  in  qualche 
pianta  {Ori/za  sativa),V acido  fosforico  di  riserva  verrebbe  immagazzi- 
nato sotto  forma  di  fitina,  sale  magnesiaco  dell'etere  esafosforico  del- 
l'inosite,  dal  quale  il  fosforo  si  separerebbe  per  emigrare  nella  pianta 
sotto  forma  di  fosfato  di  magnesio  (12).  Infatti,  dnrante  la  geimina- 
zione  dei  semi  di  riso  all'oscuro,  contemporaneamente  e  proporzional- 
mente alla  scomposizione  della  fitina,  si  constatò  un  aumento  del  ma- 
gnesio solubile  in  acqua,  magnesio  che  gli  Autori  dimostrano  essere 
dovuto  alla  formazione  di  fosfato  di  magnesio,  avvenuta  per  mezzo  di 
un  processo  enzimatico,  idrolizzante  la  fitina  in  inosite  e  fosfato  di 
magnesio.  Durante  la  germinazione  alla  luce  invece  —  fatto  assai  in- 
teressante ~  la  quantità  di  magnesio  solubile  in  acqua  aumenta  nei 
pi'imi  periodi  del  processo  germinativo,  ma  con  l'apparire  della  cloro- 
filla nella  piantina  incomincia  a  diminuire. 


'  TI  Moliseli  (64)  obietta  d'aver  riscontrato  nei  fanghi  e  in   certe  alghe    lo 
sviluppo  normale  del  nucleo  e  dei  cloroplasti  anche  in  assenza  di  calcio. 


—  153  — 

Queste  osservazioni,  messe  in  rapporto  con  le  recenti  ricerche  di 
Wiilstiitter  sulla  clorofilla,  permettono  agli  Autori  di  concludere  che: 
mentre  l'acido  fosforico  viene  mobilizzato  dagli  organi  di  riserva  agli 
organi  nei  quali  esso  prende  parte  alla  sintesi  delle  sostanze  fosforate 
plastiche,  il  magnesio  viene  utilizzato  (alla  luce)  per  la  costruzione  della 
molecola  della  clorofilla. 

Il  Loew  (50)  ammette  che  esista  una  relazione  tra  la  presenza  del 
magnesio  e  quella  degli  olì  vegetali.  Egli  richiamò  l'attenzione  sul  fatto 
dimostrato  dalle  analisi  ciie  i  semi  contenenti  olio,  come  quelli  di  lino 
e  di  cotone,  contengono  maggior  quantità  di  magnesio  dei  semi  che 
contTengono  amido,  come  i  cereali.  E  il  Reed  (76)  notò  in  culture  di 
Vancheria  prive  di  magnesio,  che  dopo  20  giorni  le  cellule  erano  in- 
teramente prive  di  goccie  oleose,  mentre  quelle  delle  soluzioni  di  con- 
trollo ne  abbondavano. 

La  presenza  di  quantità  relativamente  grandi  di  magnesio  venne 
trovata  dall'Aso  anche  nelle  spore  di  At^pergilìus  Onjzae  che,  come  tutte 
le  spore  fungine,  accumulano  la  maggior  parte  delle  loro  sostanze  di 
riserva  sotto  forma  di  olio. 

Questa  relazione  si  collegherebbe  con  ciò  che  venne  già  detto  ri- 
guardo alla  necessità  del  magnesio  per  l'assimilazione  del  fosforo,  tanto 
che  la  formazione  dei  grassi  è  comunemente  preceduta  o  accompagnata 
da  formazione  di  lecitina. 

Il  magnesio  ha  inoltre  un  ufficio  in  certe  catalisi,  per  es.  nell'in- 
versione del  saccarosio  per  opera  delle  diastasi.  Il  Tribot  (91)  ha  con- 
statato che  ad  elevata  temperatura,  in  tempi  eguali,  una  diastasi  con- 
tenente magnesio  inverte  una  quantità  di  saccarosio  maggiore  di  quella 
invertita  da  una  diastasi  pura. 

Il  magnesio  avrebbe  dunque  in  questo  caso  l'ufficio  di  acceleratore. 

Da  qualche  anno,  per  opera  dei  lavori  di  Wiilstiitter  (98)  sulla 
composizione  chimica  della  clorofilla,  la  necessità  del  magnesio  nella 
vita  delle  piante  ha  ricevuto  una  nuova  giustificazione. 

Per  quanto  la  presenza  del  magnesio,  e  con  esso  anche  quella  del 
calcio  ^78),  nelle  ceneri  della  clorofilla,  fosse  stata  constatata  già  da 
tempo  (25;  26;  27),  nessuna  intima  relazione  si  supponeva  esistesse 
tra  questo  elemento  e  il  pigmento  verde  delle  piante.  Fu  Willstatter, 
che,  riprendendo  lo  studio  chimico  della  clorofilla  e  rinnovando  metodi 
e  procedimenti,  giunse  alla  conclusione  che  essa  non  contiene  né  ferro 
(affermazione  che  prima  di  lui  fece  il  Gautier)  (25;  26),  né  fosforo  \ 
come  per  molto  tempo  si  ritenne,  ma  che  contiene  costantemente  ma- 


'  "VVillstatter  trova    talvolta  nella   clorofilla  traccie    di   fosforo  (da  0,0108  a 
0,075%)  che  egli  però  attribuisce  a  impurità. 


—   154  — 

gnesio  nella  proporzione  dell'1,67  °j„  sul  peso  della  clorofilla  grezza. 
Essa  lia  la  formula  bruta:  =  Cgg  Hja  0.  N^  Mg  e  fu  ottenuta  cristalliz- 
zata (98,  VI). 

Il  magnesio  non  è  presente  come  semplice  ione,  bensì  è  legato  al 
complesso  della  molecola  organica,  come  dimostrano  le  ricerche  tecni- 
camente accui'ate  e  condotte  con  metodo  critico  dall'Autore.  Questi,  al 
controllo  spettroscopico  fino  a  poco  tempo  fa  quasi  esclusivamente  usato, 
e  che  può  esser  causa  di  errori,  allorché  venga  applicato  a  sostanze 
non  chimicamente  pure,  sostituì  operazioni  e  procedimenti  di  indole 
esclusivamente  chimica,  mediante  i  quali  arrivò  a  deteiminare  le  co- 
stanti delle  sostanze  puie.  Inoltre  Willstiitter  trovò  vantaggioso  per 
la  purificazione  l'uso  di  soluziimi  colloidali  acquose  di  clorofilla,  che 
trasportano  nei  solventi  organici  poca  o  punta  clorofilla,  mentre  cedono 
una  gran  parte  delle  impurezze.  Con  questo  mezzo  egli  ottiene  cloro- 
filla più  pura  e  dimostra  che  le  piciiole  quantità  di  fosforo,  sulla  pre- 
senza delle  quali  fonda  lo  Stoklasa  la  sua  teoria  lecitinica,  sono  impu- 
rità che,  assieme  a  tante  altre,  si  separano  facilmente  dalle  sostanze 
coloranti  pei'  trattMuiento  con  etere.  Naturalmente  non  è  escluso  che 
qualche  piiUita  contenga  una  sostanza  verde  fosforata,  o  ciie  si  formi 
un  prodotto  di  addizione  della  clorofilla  con  composti  fosforati,  ma  la 
costHnza  della  presenza  del  fosforo  e  la  sua  stretta  connessione  con  la 
presenza  delia  clorofilla,  sono  recisamente  escluse  da  Willstàtter. 

Per  azione  degli  acidi  organici  il  magnesio  si  separa  facilmente 
dal  resto  della  molecola;  non  si  separa  al  contrario  per  azione  degli 
alcali.  Dal  trattamento  con  acidi  o  con  alcali  si  ottengono  diversi  de- 
rivati :  vengono  detti  filine  quelli  ottenuti  con  acidi  e  che  non  con- 
tengouo  quindi  magnesio  ;  fil/ine  quelli  ottenuti  con  alcali  e  contenenti 
magnesio. 

Quale  l'ufficio  e  l'importanza  di  questo  elemento  nell'assimilazione 
clorofilliana?  Willstiitter  esprime  l'ipotesi  che  "  l'assimilazioue  dell'acido 
carbonico  possa  essere  una  reazione  del  metallo  basico  magnesio,  il 
quale  dimostra,  come  è  noto,  una  grande  capacità  di  combinazione  anche 
nelle  molecole  organiche  complesse  ,,.  E  cita,  come  termine  di  para- 
gone, le  note  sintesi  del  Griguard  ^ 

Data  l'importanza  che  queste  sintesi  (ottenute  dal  Griguard  ap- 
pena una  diecina  d'anni  fa)  hanno  assunto  sia  nel  campo  della  chimica 
organica,  che,  per  opera  di  Willstiitter,  in  quello  della  fitochiinica,  credo 


'  V.  Ctiuijnard,  T/ièse  de  Docforaf.  Ann.  de  Gli.  et  de  Ph.  xxiv,  433  ; 
Lyon,  1901.  —  Los  combiìiaisons  ori/tnìo-ìiHigiii'a/eììììes  mixtes  et  ìa  siiiif/ièsc  or- 
ganique.  Paris,  1904. 


—  155  — 

utile  riassumere  il  meccanismo  della  loro  azione  con  le  sostanze  orga- 
niche più  importanti. 

I  composti    alo^enati  organici,   appartenenti  sia  alla  serie  grassa 
che  alla  serie  aromatica,  trattati  con  magnesio,  in  opportune  condizioni, 
danno  dei  composti  "  organo-magnesiaci  „  nei  quali  il  magnesio  si  trova 
fra  il  radicale  organico  e  l'alogeno:  R  CI  -}-  Mg  =  R  Mg  CI. 
Esempio  : 

C  H3  C  Hj 

I  +  Mg  =  t 

0  H,  CI  C  Ha  Mg  CI 

cloruro  di  etile  cloruro  di  iiia^tieaio  etile 

Questi  composti  organo-magnesiaci  godono  di  una  importante  pro- 
prietà ;  possono  cioè  combinarsi  a  molte  sostanze  che  contengono  un 
doppio  legame,  sia  tra  carbonio  e  carbonio,  sia  tra  carbonio  e  ossi- 
geno, sia  tra  carbonio  e  azoto,  per  dare  nuovi  c(imi)0sti  organo-magne- 
siaci; questi  a  loro  volta,  reagendo  con  l'acqua,  sostituiscono  il  magnesio 
e  l'alogeno  con  l'idiogeno,  trasformando  il  primitivo  gruppo  funzionale 
in  un  altro.  Si  ha  cosi  un  metodo  per  ottenere  le  più  svariate  sintesi, 
quale  ad  esempio  quella  degli  alcooli  secondari  dalle  aldeidi: 

/.O  /OMgCl 

C  H3  Mg  CI  -f  R  .  C         :=  R  .  C  ^  C  H, 
'  H  H 

cloruro  di  raetilraagnesio        ftldenle 

/OMgCl  OH  ,0H 

R.C     CH,        +HOH  =  R.C  CH^-fMg/ 
\H  H  ^  CI 

alcool  secondario 

degli  alcooli  terziari   dai   chetoni: 

R  R         OMgCl 

C  H3  Mg  CI  f       /C  =  0    =      )C  ( 

R'/  R'/       CH3 

chetone 

R      ,OMgCl  R        ,0H  ,0H 


_      ^^/ 

R' 

alci 

dei  chetoni  dai  nitrili  : 


C(  +  H  0  H  =      )C(  +  M? 

R'/      CH3 

alcool  terziario 


RV    'CH3  R'/   ^CHa  'CI 


/•N  Mg  X 
R  Mg  X  +  R,  C  E=  N    =    R,  Cv 

nitrile  ^ 

.N  Mg  X  R  /X 

Ri  C(  +  2  H2  0  =      )C0  +  NH3  +Mg( 

\r  ^1^  ■OH 


—  156  — 
degli  alcooli  terziari  dai  cloruri  degli  acidi,  e  dagli  ester  : 

0  Mg  CI 
2  C  H3  Mg  CI  +  K  .  CO  .  OR' =  R  .  C,- C  H3  +  R' 0  Mg  CI 

ester  ^0  Hg 

/O  Mg  CI  OH 

R  .  C^C  H3  +  H2  0  =  R  .  C    C  H,,  +  CI  Mg  0  H 
C  H3  C  H, 

alcool  terziario 

Si  vede  dunque  come,  per  azione  dei  composti  organo-magnesiaci, 
si  possa,  da  sostanze  di  costituzione  chimica  semplice,  ottenere  delle 
sintesi  di  sostanze  più  complesse. 

Nel  campo  della  fisiologia  vegetale,  la  presenza  del  magnesio  nella 
molecola  della  clorofilla  rende  plausibile  l'ipotesi  clie  sintesi  analoghe 
a  quelle  ora  indicate  possano  avvenire  entro  la  cellula.  E  da  notare 
che,  oltre  l'acqua,  un  altro  fattore  importante  dell'assimilazione  cloro- 
filliana, come  l'anidride  carbonica,  ha  la  proprietà  di  agire  su  detti 
composti  organo-magnesiaci,  dando  luogo  a  nuove  sintesi,  come,  ad  esem- 
pio, quella  degli  acidi  carbossilici: 

yO  0 

C^     +RMgCl=R.C 

0  0  Mg  CI 

,;0  0  /OH 

R.C;;  +H20  =  R.C  -fMg( 

OMgCl  OH  >C1 

E  naturale  che  fra  le  numerose  sintesi  ottenute  con  gli  organo-ma- 
gnesiaci, ve  ne  siano  parecchie  interessanti  dal  punto  di  vista  della  fi- 
tochimica;  ricorderò  ad  esempio  come  dall'aldeide  formica  e  dal  suo 
polimero  Grignard  *  e  Tissier  ^  giunsero  alla  sintesi  degli  alcooli  pri- 
mari; —  dall'aldeide  anisica  e  dalla  vanilina,  per  azione  dell'ioduro  di 
metilmagnesio  e  conseguente  disidratazione  degli  alcooli  formatisi,  Béhal 
e  Tiffenau  ^  giunsero  alla  sintesi  dell'anetolo  e  dell'isoeugenolo. 

Si  ottennero  cioè  in  tutti  questi  casi  sostanze  la  cui  diffusione  e 
la  cui  importanza  nei  vegetali  sono  ben  note. 

Come  si  vede,  alle  varie  ipotesi  che  hanno  per  base  le  proprietà 
fisiche  della  clorofilla,  vanno  sempre  più  sostituendosi  quelle  che  si 
fondano  sulle  sue  proprietà  chimiche,  che  pur  tuttavia  non  esclude- 
ranno totalmente  le  prime. 


'  y.  Guitì.NAKD,  Les  combina/sons  organo-magnésiennes  mi.etvx  et  la  nynthèse 
organiijue  (Les  recents  prog'rès  de  la  Chimie,  1904,  pag.  145l. 
«  C.  R.  134,  107;  1902. 
»  C.  R.  13-2,  561;  1901. 


—   157   — 

Se  l'esclusione  del  fosforo  dalla  costituzione  chimica  della  cloro- 
filla e  l'isolamento  di  certi  gruppi  cromofori  sollevarono  da  principio 
obiezioni  '■  (15;  88;  89;  94)  ed  accesero  [ìoleuiiclie,  oggidì  già  ciiiuse 
in  favore  di  Willstàtter,  la  constatazione  importante  delia  presenza  del 
magnesio  nella  molecola  clorofilliana  ha  trovato  il  generale  consenti- 
mento (oltre  i  precedenti;   19;  24;  72;  86). 

Convinta  che  gli  studi  sulla  fisiologia  della  clorofilla  avrebbero 
avuto  un  notevole  impulso  dalle  ricerche  di  Willstàtter,  che  schiudono 
un  nuovo  orizzonte  alle  interpretazioni  dei  processi  biochimici  che  av- 
vengono nella  cellula  vegetale,  pensai  di  ottenere  anzitutto  la  conferma 
sperimentale  della  constatazione  fatta  dal  chimico  tedesco,  coltivando 
piante  sia  in  assenza  di  magnesio,  sia  con  quantità  varie  di  esso,  e 
misurando  opportunamente  l'intensità  di  colorazione  della  clorofilla  for- 
matasi. 

Nella  letteratura  trovai  scarsi  ed  incompleti  accenni  in  proposito: 
nessun  lavoro  che  atti'ibuisse  specificamente  al  magnesio  un'influenza 
sulla  colorazione  degli  organi  assimilatori. 


STOKIA. 


Tralascio  di  citare  la  lunga  serie  di  lavori  riguardanti  il  magnesio 
nei  suoi  rapporti  con  altri  elementi  (necessari  oppur  no  alla  vita  delle 
piante),  rapporti  che,  come  era  da  prevedersi  e  come  risultò  sperimen- 
talmente da  recenti  ricerche,  vanno  considerati  con  molta  relatività, 
dato  il  complicato  concatenamento  delle  azioni  chimico-fisiologiche  che 
avvengono  nella  cellula  vivente. 

Mi  limito  invece  a  ricordare  ciò  che  piìx  direttamente  interessa  il 
quesito  che  mi  sono  proposta,  ossia  ciò  che  fu  constatato  finora  sulle 
influenze  che  il  magnesio  esercita  sia  sull'aspetto  e  sulle  funzioni  dei 
vari  orgai'ii  cellulari,  sia  sulle  funzioni  fisiologiche  delle  piante  supe- 
riori, con  speciale  considerazione  per  quelli  che  notarono  qualche,  sia 
pur  lieve,  influenza  sui  corpi  cloroflUiani. 

Il  Raumer  (75)  fu  uno  dei  primi  che  cercò  di  studiare  l'ufficio  com- 
plesso del  magnesio  nella  vita  delle  piante.  Le  sue  culture  di  Phaseoìus 
multi/lorus,  esenti  di   magnesio,  crebbero    da    principio   rigogliose  e  in 


'  Stoklasa  sostiene  la  piusmiza  ut-Ila  clorofilla,  oltre  che  del  fosforo  e  del 
magnesio,  anche  del  potassio:  Beifn'k/e  sur  Ke>ì7ìtiiìss  derpliiisiologischenFunktion 
des  Ealis  ini  Ffianzenorganismua  (Zcitschr.  F.  landw.  Versuchswesen,  xi,  52),  1908. 


—   158  — 

modo  regolare  fino  a  più  di  1  metro  di  luiig-liezza.  Ma  a  questo  punto 
l'accrescimento  in  lunghezza  si  arrestò,  gli  internodi  diventarono  piìi 
corti,  ma  piìi  grossi,  legnosi  e  robusti.  Le  foglie  inferiori  adulte  erano 
interamente  bianche,  e  avevano  solo  una  impercettibile  sfumatura  verde 
lungo  le  nervature  ;  tuttavia  esse  erano  carnose  e  robnste  quanto  le  foglie 
normali.  Le  foglie  superiori  erano  invece  più  verdi  delle  inferiori,  ma  più 
piccole  di  quelle  normili.  Lf^ntameute  avveniva  la  completa  sparizione 
dell'amido    dalle   estremità  superiori,    che    man    mano  disseccavano. 

Basandosi  su  questi  risultati  il  Raumer  si  domanda  se  veramente 
esiste  nn  legame  tra  magnesio  e  clorofilla.  E  dopo  aver  notato  che  l'esi- 
stenza di  nn  tal  legame  non  è  sorprendente  dopo  che  il  Hoppe-Seyler 
aveva  riscontrato  costantemente  il  magnesio  nella  clorofilla,  si  sof- 
ferma sulla  considerazione  che  la  minima  quantità  di  magnesio  che  è 
contenuta  nella  piccola  quantità  di  clorofilla  non  spiega  il  gran  bisogno 
che  di  questo  elemento  ha  la  pianta. 

E  conclude  con  l'ammettere  che  il  magnesio  avrebbe  la  funzione 
di  far  precipitare  sotto  forma  di  amido  lo  zucchero  formatosi  nei  clo- 
roplasti per  il  processo  fotosintetico,  e  quella  di  farlo  emigrare  dalle 
parti  verdi.  Il  Raumer  attribuirebbe  cioè,  al  magnesio,  se  non  in  tutto 
in  parte,  quell'azione  che  oggidì  si  attribuisce  ad  alcuni  fermenti,  e  in 
casi  specialissimi  al  magnesio  stesso  che  li  accompagna  sotto  forma  di 
impurità,  precedendo  cosi  di  25  anni,  con  le  sue  ipotesi,  i  risultati  delie 
ricerche  di  Tribot  (vedi  pag.  153). 

È  noto  infatti  che,  per  l'intervento  dei  fermenti  diastasici  conte- 
nuti nelle  cellule  vegetali,  l'amido  può  essere  trasformato  in  prodotti 
solubili  il  cui  termine  finale  è  rappresentato  dal  glucosio  '. 

Questo  poi,  sciolto  nei  liquidi  cellulari,  può  essere  trasportato  in 
circolo  nei  varii  organi  della  pianta,  e  in  periodi  speciali  della  vita  di 
questa  può  emigrare  in  organi  particolari  dove  troverà  coudizioni  pro- 
pizie per  riacquistare  forma  insolubile  di  amido. 

Secondo  il  Raumer  "  in  assenza  di  magnesio  avviene  subito  la  for- 
mazione di  amido  di  riserva,  sia  esso  nuovamente  formato  o  già  da 
lungo  tempo  precipitato,  e  con  esso  si  accumula  il  pritìio  magnesio.  Ap- 
pena questo  è  in  eccesso  si  forma  la  clorofilla,  alla  cui  costituzione  esso 
è  evidentemente  necessario.  Se  è  piccolo  l'eccesso,  è  anche  debole  la 
formazione  di  clorofilla;  in  conclusione,  all'arrestarsi  dell'eccesso  di  ma- 
gnesio si  arresta  anche  rinverdimento  e  si  ha  infine  la  completa  deco- 
lorazione delle  foglie.  Quando  finalmente  il  magnesio  non  è  più  sufli- 


'  Pl'Ei'i'EU  W.,  P/ii/swloffk  vegetala,  i,  514. 


—  159   - 

cicute  per  il  necessario  trasporto,  comincia  la  morte  dell'intera  parte 
povera  di  magnesio  „. 

Queste  osservazioni  acquistano  evidentemente  una  grande  impor- 
tanza dopo  le  ricerche  di  Willstittter,  tanto  più  perchè  fatte  in  un  tempo 
in  cui  erano  ben  incerte  e  scarse  le  conoscenze  sulla  natura  e  sul  chi- 
mismo dei  prodotti  della  sintesi  clorofilliana.  E  l'autore  stesso,  notando 
che  ricerche  così  limitate  non  sono  scevre  dal  pericolo  di  unilateralità, 
aggiunge:  "Una  spiegazione  fisico-chimica  di  questo  argomento  è  an- 
cora completamente  afiìdata  al  futuro.  Finora  le  pure  relazioni  chimiche 
degli  idrati  di  carbonio  nel  senso  stretto  sono  ancora  cosi  oscure  che 
non  si  può  pensare  per  ora  a  seguire  la  loro  formazione  e  trasposi- 
zione nell'organismo  stesso,  e  tanto  meno  la  cooperazione  delle  parti 
costituenti  le  ceneri  „. 

Il  Bokorny  (14)  ha  constatato  nelle  alghe  che,  se  vengono  colti- 
vate senza  magnesio,  i  nuclei  diminuiscono  in  grossezza  e  così  pure  i 
pirenoidi  dei  cloroleuciti;  ma  quest'ultima  affermazione  è,  secondo  l'Au- 
tore, dubbia.  In  assenza  di  calcio  invece  l'appaiato  clorofilliano  subisce 
una  riduzione  manifesta.  Nelle  Spirogyre  cioè  il  nastro  clorofilliano  dimi- 
nuisce di  larghezza,  lunghezza  e  spessore;  esso  non  riempie  più  il  ci- 
toplasma come  avviene  allorché  l'alga  cresce  in  soluzione  completa,  ma 
si  restringe  in  strette  strisele  che  lasciano  tra  loro  larghi  vani.  La  for- 
mazione di  amido  non  è  sempre  visibile. 

L'Autore  si)iega  quest'impicciolimento  del  granulo  clorofilliano  am- 
mettendo col  Loew  che  i  cloroplasti  siano  costituiti  da  un  composto  di 
calcio  e  nucleina,  ciò  che  spiegherebbe  anche  il  raggrinzamento  del 
nucleo. 

Ma  poiché  il  raggrinzamento  del  nastro  clorofilliano  si  ottiene  an- 
che in  culture  esenti  da  potassio  è  opportuno  obiettare,  come  fa  il  Mo- 
lisch  (64,  che  questi  sintomi  possono  essere  dovuti  anche  a  una  nutri- 
zione difettosa  del  plasma. 

II  Reed  (76)  in  culture  di  Spirogyra  esenti  da  magnesio  osserva 
dopo  cinque  settimane  i  nastri  clorofilliani  disorganizzati  e  formanti,  una 
massa  più  o  meno  compatta  vicino  al  centro  di  ciascuna  cellula.  L'Au- 
tore ascrive  questi  sintomi  alla  presenza  del  calcio,  che  nella  soluzione 
incompleta  non  è  compensata  dalla  presenza  del  magnesio  '. 


'  E"  da  notare  che  il  Reed  fa  uso  di  acqua  ripetutamente  distillata  in  pre- 
senza di  bicromato  potassico  e  acido  solforico,  e  prende  le  piii  scrupolose  precau- 
zioni per  eliminare  da  essa  i  diversi  elementi  inorganici.  Ciò  spiega  forse  le  sue 
nuove  osservazioni  sulla  disorganizzazione  dei  cloroplasti  in  assenza  di  Mg,  fatto 
che  non  fu  notato  dagli  Autori  che  lo  precedettero  in  esperienze  del  tutto  simili. 


-    160  — 

In  qualche  caso  il  Reed  osserva  che  i  cloroplasti  si  erano  piegati 
in  modo  da  rompersi  al  centro,  ciò  che  dava  luogo  a  due  gruppi  di 
cloroplasti  con  uno  strettissimo  spazio  tra  essi.  I  pirenoidi  erano  visi- 
bilissimi e  quasi  allo  stato  normale.  Non  osserva  il  raggrinzamento  dei 
nuclei  osservato  in  condizioni  simili  dal  Bokorny:  al  contrario  i  nuclei 
presentavano  una  stabilità  insolita,  e  un  contorno  uniforme. 

Evidentemente  le  osservazioni  dei  due  autori  sono  tutt'altro  che 
concordanti. 

Di  più  il  Reed  conclude  con  l'ammettere  che  nelle  sue  culture  i 
sali  di  magnesio  erano  necessari  per  l'integrità  e  l'attività  dei  cloro- 
plasti. 

Loew  e  Houda  (.55),  facendo  culture  in  sabbia  di  Cryptomeria  japonica, 
Thiija  obtìisa  e  Pinus  deiisifiora,  osservano  che  le  piante  cresciute  senza 
magnesio  e  quelle  senza  calcio  avevano  i  germogli  mal  sviluppati  e  le 
sottili  foglie  gialliccie.  È  da  notare  però  che  piante  siffatte  avevano  ri- 
cevuto rispettivamente  un  eccesso  di  calcio  e  un  eccesso  di  magnesio, 
quindi  le  condizioni  normali  di  nutrizione  eiano  in  entrambe  alterate. 

Loew  e  May  (58),  durante  alcune  esperienze  riguardanti  l'influenza 
di  rapporti  diversi  di  calcio  e  di  magnesio  su  piante  di  tabacco,  notano 
per  incidenza  che  l'azione  di  un  eccesso  di  magnesio  nel  suolo  pare  dia 
luogo  alla  cessazione  dell'accrescimento  della  pianta,  e  all'ispessimento 
e  raggrinzamento  delle  foglie;  contemporaneamente  queste  assumono  un 
colore  verde-cupo  e  dimostrano  una  tendenza  ad  arrotolarsi. 

Anche  Kumahiri  (44)  in  piante  di  Ordeiim  coltivate  con  e  senza 
solfato  di  magnesio  nota  nelle  prime  dopo  5  mesi  una  colorazione  verde 
che  manca  nelle  seconde  e  in  quelle  piante  che  ricevettero  un  eccesso 
di  magnesio. 

Moller  (65)  osservò  che  le  foglie  aghiformi  dei  pini  che  crescono 
in  un  terreno  povero  di  magne.sio  assumono  nell'ottobre  una  colorazione 
giallo-arancio  lucente  all'estremità,  tendente  al  rosso  verso  il  mezzo 
della  foglia. 

Basta  inaiBare  gli  alberi  con  una  soluzione  di  solfato  o  di  cloruro 
di  magnesio,  per  ristabilire  nelle  foglie  la  colorazione  verde  normale  K 


'  lu  questa,  come  in  tutte  le  espei-ienze  c.ousimili  nelle  quali  il  sale  di  ma- 
gnesio venne  aggiunto  a  un  suljstrato  di  composizione  chimica  assai  complessa, 
e  talvolta  ignota,  talvolta  nota  solo  in  parte,  i  risultati,  qualunque  essi  siano, 
non  vanno  già  interpretati  come  eftetto  dell'unica  causa;  l'aggiunta  del  sale  ma- 
gnesiaco. Molte  altre  cause  concomitanti  possono  far  si  che  l'assimilazione  dell'ele- 
mento aggiunto  avvenga  nei  modi  più  vari  o  non  avvenga  afiatto. 


—    161   — 

Analogamente  il  Sorauer  (35)  nota  che  nei  cereali  la  mancanza 
del  magnesio  si  rende  evidente  dal  colore  verde-chiaro  delle  foglie,  che 
diventano  floscie,  ma  non  appassiscono  subito:  hanno  anzi  una  certa 
longevità. 

Varii  autori  constatarono  che  i  sali  di  magnesio  possono  esercitare 
un'azione  nociva  sugli  organi  clorofilliani,  ma  si  tratta  di  esperienze 
compiute  0  su  alghe  poste  in  soluzioni  diluite  di  solo  solfato  di  ma- 
gnesio (0,1  7oo);  ^  f'i  so'o  nitrato  di  magnesio  (0,2  "/(„,)  (48),  oppure  su 
fanerogame  fatte  germinare  e  crescere  in  soluzioni  contenenti  sempre  il 
solo  cloruro,  o  solfato,  o  nitrato  di  magnesio  al  0,5  7oo  (3;  69),  o  in- 
fine di   casi  in  cui  vennero  somministrate  dosi  troppo  alte  di  questi  sali. 

Micheels  e  De  Heen  (G3)  sperimentarono  sulla  germinazione  dei 
semi  di  frumento,  l'azione  di  soluzioni  colloidali  di  magnesio  sia  da  sole 
che  in  confronto  a  soluzioni  colloidali  di  stagno.  Constatarono  che  le 
prime  hanno  un  potere  favorevole  ben  netto  e  più  accentuato  di  quello 
delle  seconde,  e  che,  tra  varie  mescolanze  di  percentuali  diverse  delle 
due  soluzioni,  hanno  azione  favorevole  più  spiccata  quelle  miscele  ove  il 
magnesio  predomina. 

Nelle  ricerche  dei  varii  sperimentatori  le  concimazioni  con  magnesio 
ebbero  risultato  ora  favorevole  (6;  66;  17),  ora  sfavorevole  (73;  58;  45) 
sul  raccolto  o  sull'accrescimento  delle  piante,  differenze  che  devono  at- 
tribuirsi alla  grande  variabilità  della  quantità  di  magnesio  contenuta 
nei  terreni. 

È  interessante  l'osservazione  del  signor  Cochet-Cochet,  che  spe- 
rimentò l'azione  del  carbonato  di  magnesio  sulle  rose,  e  trovò  che  esse 
ne  ebbero  prolungata  la  vegetazione  nell'autunno  e  ritardata  la  caduta 
delle  foglie  '. 

Bernardini  e  Siniscalchi  (11)  trovano  che  "  la  pianta  richiede  mag- 
giori quantità  di  magnesio  che  di  calcio  durante  i  primi  periodi  del  suo 
sviluppo,  che  non  in  seguito  „  e  che  "  questo  fatto  può  trovare  una  plau- 
sibile spiegazione  se  si  considera  che  la  pianta  nel  primo  periodo  del 
suo  sviluppo  è  capace  di  prender  parte  con  tutte  le  sue  parti  epigee 
alla  fotosintesi  „  nella  quale,  secondo  le  recenti  ricerche,  il  magnesio 
avrebbe  una  particolare  funzione. 


'  DuUettino  della  li.  Società  Toscana  di  Orticoltura,  xx.xvii,  n.  4,   1912. 


162 


PARTE  SPERIMENTALE. 

Metodo.  —  I  semi  delle  piante  sottoposte  ad  esperienza  venivano 
messi  a  germinare  su  bambagia  o  su  lana  di  vetro  inumidita  con  acqua 
ripetutamente  distillata. 

Le  piantine  venivano  poi  trasportate  nei  recipienti  contenenti,  o 
le  soluzioni  nutritizie  varie,  o  sabbia  inaffiata  con  esse. 

Le  soluzioni  per  ciascuna  serie  di  culture  furono: 

I.    H,  0  gr.  1000;  Ca  (NO,,).,  gr.  1  ;  K  NO3  gr.  0,2.5  ;  KH  PO.  gr.  0,25; 
(NHJaSO^gr.  0,2.5;  Fé  SOjgr.  0,02.  Esente  da  magnesio. 

IL     Come  la  precedente,  con  aggiunta  di  gr.  0,05  di  Mg  SO4  * 
in.  „      „  „  «  ^         di  gr.  0,15    „ 

lY.  ,     „  „  „  «         ài  gr.  0,25    „ 

V.  „     „  „  „  „         di  gr  0,35    „ 

Avevo  cura  clie  le  piante  di  una  stessa  serie  ricevessero  eguale 
quantità  di  luce  e  si  trovassero  in  condizioni  eguali  di  umidità  per  tutta 
la  durata  dell'esperienza. 

Le  specie  di  cui  mi  valsi  furono:  tra  le  Crittogame: 

Profococcus  viridis,  Spirogi/ra  niajnsenla,  Vauclieria  sp.;  tia  le  Fa- 
nerogame: Zea  Maijs,  Poli/gonum  Fagopijrwn,  Heliaitthiis  annmis,  Tor- 
renia  Fountieri,  Datura  !^tramonìuiì!. 

Per  ogni  specie  ripetei  cinque  0  sei  volte  l'intera  serie  di  culture 
a  fine  di  ottenere  una  maggior  sicurezza  nei  risultati. 

Nella  maggior  parte  delle  culture,  allorché  le  piante  avevano  rag- 
giunto un  certo  grado  di  sviluppo,  era  evidente  un  graduale  aumento 
nell'intensità  di  colorazione  delle  foglie,  in  rapporto  alla  quantità  del 
sale  di  magnesio  somministrata.  Ma  poiché  era  necessaria  una  consta- 
tazione precisa  e  documentabile  di  questa  osservazione,  scelsi,  dopo 
qualche  tentativo,  il  metodo  dell'estrazione  dei  pigmenti  colorati  per 
mezzo  dei  solventi  organici,  e  la  misurazione  della  loro  intensità  di 
colorazione  per  mezzo  di  un  colorimetro.  Usai  a  tale  scopo  il  colorimetro 
Dubosq. 


'  Fra  i  sali  di  magnesio  scelsi  il  solfato  come  quello  che,  a  detta  di  vari 
avxtori,  è  più  facilmente  assimilabile  dalle  piante.  (Vedi,  tra  gli  altri,  Mayer, 
Lehrbuch  der  AgrikuHurchemie,  1901;  Loew  e  A.so,  On  different  Degrees  of  Avai- 
labìt/fg  of  Plant  Niitì-ieìifs:  uì  the  Bull,  ofthe  Coli,  of  Agric.  Tokyo,  11,  8:35-1905). 


—  163  — 

Il  raccolto  delle  piante  veniva  fatto  nel  seguente  modo: 
Per  le  alghe:  facevo  passare  la  cultura  attraverso  un  filtro,  rac- 
coglievo le  alghe,  e  ne  ottenevo  con  esattezza  il  peso  fresco,  poi  le 
trattavo  con  una  quantità  d'alcool  a  95"  proporzionale  al  peso  ottenuto. 
Riifuardi)  alle  fanerogame  o[)eravo  come  segue:  Allorché  le  foglie  ave- 
vano raggiunto  il  massimo  sviluppo  ne  facevo  accuratamente  la  rac- 
colta, non  senza  prima  aver  pesato  le  piante  intere  e  osservati  i  ca- 
ratteri dello  sviluppo.  Le  foglie  di  ciascuna  pianta,  pesate  con  bilancia 
di  precisione,  venivano  immerse  in  una  quantità  di  alcool  a  95"  esat- 
tamente proporzionale  al  loro  peso,  e  conservate  all'oscuro  in  bottiglie 
ben  chiuse  per  alcuni  giorni,  trascorsi  i  quali  separavo  per  filtrazione 
l'estratto  clorofilliano,  che  era  in  ogni  caso  perfettamente  limpido. 
Dopo  ciò  : 

1."  Esaminavo  al  colorimetro  le  serie  di  soluzioni  cosi  ottenute, 
allo  scopo  di  misurare  l'intensità  della  loro  colorazione.  Per  ogni  serie 
assumevo  come  soluzione  "  tipo  „  quella  ottenuta  da  piante  cresciute  in 
soluzione  esente  da  magnesio; 

2."  Trattavo  le  serie  di  soluzioni  così  ottenute  con  un  volume 
eguale  di  etere  di  petrolio  e  un  eccesso  di  acqua  '.  Ottenevo  cosi,  dopo 
riposo  di  qualche  ora,  la  distinzione  delle  due  soluzioni:  l'una  verde, 
eterea,  l'altra  gialla,  alcoolica,  che,  separate  per  mezzo  di  un  imbuto  a 
rubinetto,  venivano  esaminate  al  colorimetro.  Per  ottenere  risultati  più 
che  fosse  possibile  esatti,  facevo  per  ogni  soluzione  tre  osservazioni  al 
colorimetro,  variando  ogni  v(dta  lo  spessore  del  liquido  compreso  tra  il 
fondo  del  cilindro  immerso  e  il  fondo  del  recipiente  contenente  la  so- 
luzione. La  conceutrazione  C.^  della  soluzione  in  esame  sta,  com'è  noto, 
in  lapporto  inverso  con  l'altezza  h^  del  liquido  entro  il  recipiente  del 
colorimetro,  e  in  rapporto  diretto  con  la  concentrazione  Cj  della  solu- 
zione tipo  e  con  l'altezza  hi  della  stessa,  secondo  la  formola: 

^t  —  ^i  ^    • 

Siccliè  i  numeri  esprimenti  le  altezze  delle  colonne  di  liquido,  che  è  pos- 
sibile leggere  in  millimetri,  grazie  al  nonio  di  cui  il  colorimetro  è  fornito, 
risultano  decrescenti  col  crescere  della   concentrazione  della  soluzione. 


'  Questo  metodo  fu  seguito  da  Willstàtter  per  separare  la  cloi-ofilla  cristal- 
lizzata dall'estratto  alcoolico  di  alcune  piante.  Mentre  dopo  aggiunto  l'etere  di 
petrolio  alla  soluzione  alcoolica,  quello  si  colora  in  giallo  schietto  e  qviesta  resta 
colorata  in  verde,  aggiungendo  dell'acqua  (8  ce.  d'acqua  su  10  ce.  di  soluzione 
alcoolica)  tutta  la  clorofilla  va  nello  strato  etereo  superiore,  e  restano  in  quello 
interiore  carotina  e  specialmente  xantofilla  (Annalen  d.  Cìieiiiie,  311,  1,  1909). 


—  164  — 

Risultati  delle  esperienze.  —  Le  piante  che  crebbero  in  solu- 
zione nutritizia  o  in  sabbia  esente  da  magnesio  raggiunsero,  come  era 
da  prevedersi,  uno  sviluppo  limitato,  proporzionale  alla  quantità  di  so- 
stanze di  riserva  contenute  nel  seme,  e  diedero  foglie,  o  completamente 
eziolate,  o  debolmente  verdi. 

Le  piante  che  crebbero  invece  in  soluzioni  contenenti  quantità 
varie  di  magnesio,  oltre  al  raggiungere  (entro  certi  limiti)  uno  sviluppo 
proporzionale  alla  quantità  di  magnesio  somministrata,  dimostrarono, 
come  già  dissi,  nel  maggior  numero  dei  casi,  un'evidente  intensità  di 
colorazione  in  rapporto  diretto  con  la  maggior  quantità  di  magnesio 
presente  nella  soluzione  o  nella  sabbia. 

È  notevole,  tra  le  specie  da  me  sperimentate,  il  caso  del  Poly- 
gonum  Fagopt/riim,  che  crebbe  rigoglioso  e  diede  fiori  e  frutti  anche  con 
piccolissime  quantità  di  magnesio,  mentre  l'aumento  graduale  di  questo 
elemento  si  rese  costantemente  evidente  in  tutte  le  serie  di  culture  con 
una  aetta  differenza  nell'intensità  di  colorazione  delle  foglie. 

Eiporterò  in  breve  i  principali  risultati  ottenuti: 

Alghe. 

Anche  le  alghe,  per  le  quali  usai  naturalmente  soluzioni  nutritizie 
più  diluite,  dimostrarono,  sia  all'osservazione  diretta,  sia  con  l'esame 
delle  soluzioni  clorofilliane  al  colorimetro,  una  maggiore  intensità  di 
colorazione  in  rapporto  alla  maggiore  quantità  di  magnesio  loro  som- 
ministrata. 

Le  culture  senza  magnesio  apparivano  dopo  5-6  giorni  notevol- 
mente scolorite  e  raggiungevano  infine  un  ben  piccolo  sviluppo  in  con- 
fronto alle  altre  culture  della  serie.  Osservati  al  microscopio  '  i  cloro- 
plasti apparivano  contratti  e  in  molte  cellule  disfatti. 

Dopo  13  giorni  si  notava  in  essi  anche  una  piii  debole  colorazione 
della  clorofilla.  Aggiunta  a  una  di  queste  culture  una  soluzione  nutri- 
tizia contenente  magnesio,  si  notava  uu  leggero  aumento  di  intensità 
nella  colorazione  dei  cloroplasti  dopo  16  giorni,  mentre  morfologica- 
mente il  loro  aspetto  pareva  immutato.  Dopo  21  giorni  il  migliora- 
mento era  sensibilissimo  ;  le  cellule  avevano  ripreso  il  loro  aspetto  nor- 
male e  si  sviluppavano  intensamente.  Esaminate  dopo  un  egnal  periodo 
di  tempo  le  alghe  rimaste  senza  magnesio,  si  osservavano  in  esse  im- 
mutate le  coudizioni  di  colore  e  d'aspetto  su  riportate;    condizioni  che 


*  Queste  osservazioni  si  riferi.scono  a  culture  di  Profococcus  vìridis. 


—  165  — 

restavano  tali  per  lungo  tempo,  senza  che  sopravvenisse  la  morte  degli 
individui. 

Vaitcheria  sp.  —  Da  ciascuna  cultura  vennero  prelevati  gr.  0,05  di 
alghe,  che  vennero  trattati  con  ce.  6  di  alcool  a  95°.  Dopo  un  giorno, 
durante  il  quale  le  soluzioni  vennero  tenute  all'oscuro,  in  recipienti  ben 
chiusi,  venne  fatto  l'esame  al  colorimetro  delle  soluzioni  filtrate: 

27  aprile-7  agosto  1911. 


Cultura  I 
senza  Mg- 

Cultura  II 

con  tenente  g  r.  0,025  "l^ 
«li  Ug  SOj 

Cultura  III 

contenente  gr.  0,1  "!„, 

di  Msr  SO, 

Altezza    delle    co- 
lonne    di    liquido 
nel  colorimetro 

mni.  3 

»     5 
»     6 

nim.  2 

»     3 
»     3 
»     5 

mm.  1,8 
»      2,2 
»      2,6 
»       4,2 

Media 

»   4,5 

»  3,4 

»       2.7 

Concentrazione  del- 
la soluzione 

C,  =  l 

(presa  come  tipo) 

C,  =  C,|i  =  l,32 

"a 

C3  =  C,J'  =  1,66 

Spirogi/ra  mnjascula,  1°  giugno-28  ottobre  1911.  —  La  cultura  senza 
magnesio  è  di  un  verde  pallidissimo  ed  ha  raggiunto  piccolo  sviluppo. 
Le  altre  sono  di  un  verde  intenso,  gradatamente  crescente  dalla  II  alla  V, 
visibile  anche  ad  occhio.  Lo  sviluppo  raggiunto  è  indicato  dalle  pesate 
che  seguono: 

I  senza  Mg  gr.  0,28 

II  con  gr.  0,0275  7^0  di  Mg  SO4  „  1,30 

III  „       „     0,075  "1,,  „  „  1,37 

IV  „       „      0,125  «/o,,          „  „  1,34 
*  }>       n     0,175  /qo          „  „  1,45 


Secondo  i  rispf^ttivi  pesi,  esse  furono  trattate  ciascuna  con  ce.  23,2; 
24,4;  23,9;  25,8  di  alcool  a  95"  a  fine  di  ottenerne  l'estratto  cloro- 
filliano. 


—  166   — 
L'esame  al  colorimetro  delle  soluzioni  filtrate  diede: 


Cultura  I 

senza  Mg 

Cultura  II 

contenente 

gr.  0,1.275  "lo 

di  Mg  SO, 

Cultura  III 
contenente 
gr.  0,075  »/„ 
di  Mg  SO, 

Cultura  IV 
contenente 

gr.  0,125  »;„o 
di  Mg  SO, 

Cultura  V 
contenente 

gr.  n,i-5  "U 
di  Mg  SO. 

Altezza  della  co- 
lonna di  liquido 
nel  colorimetro 

mm.      5 

8 
10 

mm.  2,8 
»      4 
»      5,3 

mm.     2 

3 

»         4 

mm.  1,8 
»      2,5 
»      3 

mm.  1,6 
»      2,3 

Media 

»    7,66 

»      4,08 

3 

»      2,43 

»      2,20 

Concentrazione 
della  soluzione 

C,  =  l 

(presa 
come  tipo) 

=  1,90 

Ih 
=  2,55 

C,  =  C.|  = 
=  3,15 

c.  =  c.^;  = 

=  3,48 

Protococrus  viridìs,  15  luglio  —  9  novembre.  —  Le  alglie  ottenute 
dalle  culture  I-V  pesarono  rispettivamente  gr.  0,04;  0,33;  0,267;  0,102; 
0,59  e  vennero  rispettivamente  trattate  con  ce.  41,25;  33,37;  12,75; 
73,75  di  alcool  a  95'. 

L'esame  delle  soluzioni  al  colorimetro  diede: 


Cultura  I 
senza  Mg 

Cultura  II 

contenente 

gr.  U,0275  "U 

di  Mg  SO, 

Cultura  III 
contenente 
gr.  0,05  0]^ 
di  Mg  SO, 

Cultura  IV              Cultura  V 
contenente              contenente 
gr.  0,U75  "l'oo            gr.  i  ,125  "la, 
di  Mg  SO.               di  Mg  SO, 

Altezza  della  co- 
lonna di  liquido 
nel  colorimetro 

mtii.      3 

5 

»        10 

mm.  1,5 

»      2,7 
»      4 

mm.  1,3 
»       2 
»      3,5 

mm.  0,6 
»      1 
»      2 

mm.  0,9 
•       1,5 
»      2,8 

Media 

6 

»      2,73 

»      2,26 

»      1,2 

»      1,73 

Concentrazione 
dolla  soluzione 

C,  =  l 

(presa 
come  tipo) 

C.  =  C.|  = 
=  2,19 

=  2,66 

=  5 

=  3,46 

La  curva  che  riproduce  il  comportamento  di   questa  serie  di  cul- 
ture è  rappresentata  nella  fig.  1  a  della  tavola  XIV. 


—    167  — 

Una  seconda  serie  formata  da  tre  culture  della  stessa  specie  diede 
per  ciascuna  il  peso  di  gr.  0,061;  gì',  0,281;  gr.  0,454.  Esse  vennero 
trattate  rispettivamente  con  ce.  5;  23  e  37,21  di  alcool  a  90°. 

L'esame  delle  soluzioni  al  colorimetro  diede: 


Cultura  I 
senza  Mg: 

Cultura  II 

contenente  gr.  0,075  "Zoo 

di  Mg  SOj 

Cultura  III 

contenente  gr.  0,125  "Zoo 

di  Mg  SO, 

Altezza    della    co- 
lonna   (li    liquido 
nel  colorimetro 

mm.  3 
»      5 
»      9 

mm.  0,4 
»     0,9 
»      1,6 

mm.  0,9 
»    1,6 

»    2,8 

Media 

»  5,66 

»    0,9G 

»    1,76 

Concentrazione  del- 
la soluzione 

C,=l 

(presa  come  tipo) 

C,  =C, '/-'=5,89 

Cs  =  C,  1  =  3,21 

Come  si  vede  la  concentrazione  della  clorofilla  aumenta  in  rap- 
porto diretto  con  la  quantità  del  magnesio,  fino  a  un  certo  limite,  poi 
diminuisce. 


Fanerogame. 

Zea  Mays.  —  Le  piante  cresciute  in  soluzione  nutritizia  esente  da 
magnesio  avevano  foglie  di  un  color  verde  assai  pallido;  quelle  alle  quali 
erano  stati  somministrati  gr.  0,05  e  gr.  0,25  "/oo  di  solfato  di  magnesio 
avevano  foglie  normalmente  verdi;  quelle  infine  clie  erano  cresciute  in 
soluzione  nutritizia  contenente  gr.  0,35  "  o„  di  solfato  di  magnesio  ave- 
vano  foglie  intensamente  colorate  in  verde. 

Nelle  seguenti  tabelle  sono  riportati  i  dati  bionietrici  riferentisi 
allo  sviluppo  delle  diverse  piante,  e  alle  concentrazioni  delle  soluzioni 
alcooliclie  ed  eteree  dei  loro  pigmenti. 


Alti  dell'Ut.  Boi.  HelV Università  di  Pavia  —  Serie  11  —  Voi.  XV. 


15 


—    168 


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giorni 

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16 
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Cultura  IV 

contenente  gr.  0.25 

di  Mg  SO4 

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26 
giorni 

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16 
giorni 

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Cultura  III 

contenente  gr.  0,015 

di  Mg  SO, 

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16 
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Cultura  II 

contenente  gr.  0,05 

di  Mg  SO, 

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senza  Mg 

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LuDgh.  delle  radici  eni. 

Peso  della  parte  aerea  gr. 

—   169  — 


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—   172  — 
1  luglio  1911  -  Serie  III 

Osservazioni    sullo  sviluppo. 


Cultura   I 
senza  Mg 

Cult  ura  11 

contenente 
g:r.O,25°/„odiMgSO. 

Cultura   ni 

contenente 
gr.CSsrooJiMgSO, 

dopo  40  giorni 

dopo  40  giorni 

dopo  40  giorni 

Altezza  delle  piante  cm.  .  .  . 

57 

90 

92 

Numero  delle  foglie 

10 

12 

14 

Lunghezza  delle  radici  cni.   . 

31 

33 

31 

Peso  della  parte  aerea  gr. .  . 

11 

38,3 

86,5 

Osservazioni    al    colorinaetro. 


Cultura  I 

Cultura  II 

Cultura  III 

Altezza  della 
B         colonna 
S  di  liquido  nel 

colorimetro 

S 
10,00 

14,66 
10,00 

Concentrazione 

della 

soluzione 

Altezza  della 
3        00  onna 
a   di  liquido  nel 
colorimetro 

.5 
S 

3,03 
4,33 
2,60 

Concentrazione 

della 

soluzione 

Altezza  della 
a         colonna 
a   di  liquido  nel 
colorìmetro 

.5 

1,93 
5,20 
1,83 

Concentrazione 

della 

soluzione 

Soluzione      alcoolica 
totale 

5 

10 
15 

C,  =  l 

1.4 
3,0 

4,7 

C,  =3,30 

0,9 
1,9 
3,0 

03=6,18 

Soluzione     alcoolica, 
dopo  trattamento  con 
etere    di    petrolio   e 
acqua 

Parte  f/ialla 

10 
15 
19 

C,=l 

2,7 
4,6 
5,7 

C.=3,38 

3,9 
5.0 
6,7 

C3  =  2,81 

Soluzione  eterea 
Parte  verde 

5 

10 
15 

C,=l 

1,0 
2.6 
4,2 

Cj  =  3,84 

0,8 
1,9 

2,8 

03  =  5,46 

Torrenia  Founiieri.  —  Dopo  circa  due  mesi  di  vegetazione  le 
piante  cresciute  in  soluzione  esente  da  magnesio  erano  tutte  pallide:  la 
colorazione  verde  permaneva  solo  lungo  le  nervature  delle  foglie. 

Le  piante  cresciute  con  gr.  0,05  "^'/oo  ^1'  Mg  SOj  avevano  foglie 
in  massima  parte  verdi:  le  più  giovani  solo  erano  pallide.  Le  piante 
cresciute  con  gr.  0,15  e  0,25  "j^  di  Mg  SO^  avevano  entrambe  foglie 
di  un  verde  oscuro,  senza  un'apparente  differenza  nell'intensitcà  della 
colorazione. 


173 


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—  175  — 


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Soluzione  alcoolioa  to- 
tale 

Soluzione  alcoolioa  (do- 
po   trattamento  ^  con 
etere    di    petrolio    e 
acqua) 

Parte  gialla 

Soluzione  eterea 
Parte  verde 

—   177   — 

Heliaiithus  annuus.  —  Dopo  un  mese  di  cultuia  le  piante  cresciute 
in  soluzione  nutritizia  esente  da  magnesio  avevano  14  foglie,  di  cui 
4  secche,  le  altre  debolmente  colorate  in  verde. 

Le  piante  alle  quali  era  stato  somministrato  il  0,05  "/^q  di  Mg  SO^ 
avevano  anch'esse  foglie  non  normalmente  verdi,  ma  tuttavia  più  colo- 
rate delle  precedenti. 

Le  piante  infine  alle  quali  era  stato  somministrato  rispettivamente 
il  0,15;  0,25;  0,35  "  oo  di  Mg  SO^,  avevano  foglie  distintamente  verdi, 
e  con  intensità  crescente  di  colorazione. 


21)  Luglio  1911.  —  Serie  I  (in  soluzione  nutritizia). 

Osservazioni  sullo  sviluppo. 


Cultura  I 
senza  Mg 

Cultura  II 

cont.gr.  0,05  °/oo 

di  Mg  SO4 

Cultura  III 

cont.gr.  0,15  X 

di  Mg  SO4 

Cultura  IV 

cont,  gr.0,25»/„ 

di  Mg  SO. 

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giorni 

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giorni 

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giorni 

dopo 

31 
giorni 

Altezzadelle  piante  cm. 

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32 

— 

47 

— 

45 

— 

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Numero  delle  foglie  . 

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15 

6 

15 

9 

17 

6 

14 

Lungh.  delle  radici  cin. 

— 

19 

— 

25 

— 

21 

— 

26 

Peso    della    parte    ae- 
rea gr.        

— 

10 

— 

29,5 

— 

44,6 

— 

38 

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—  183  — 

Polygonum  Fagopyrum.  —  Dopo  un  mese  di  cultura  le  foglie  delle 
piante  cresciute  in  soluzione  esente  da  magnesio  sono  tutte  pallide, 
accartocciate  nel  senso  della  lungliezza. 

Le  piante  cresciute  nelle  soluzioni  contenenti  rispettivamente 
gr.  0,05;  gr.  0,15;  gr.  0,25  "/oo  di  Mg  SO^  hanno  foglie  la  cui  inten- 
sità di  colorazione  è,  anche  a  primo  aspetto,  più  rilevante  in  quelle 
che  hanno  ricevuto  maggior  quantità  di  magnesio,  minore  nelle  altre. 


Atti  dell'Ut.  Boi.  dell' Univei-silà  di  Pavia  —  Serie  II  —  Voi.  XV.  16 


184  — 


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Datura  Stramonitm.  —  Le  culture  di  questa  specie  vennero  fatte 
in  soluzioni  nutritizie  contenenti   rispettivamente  gr.  0;  0,15;  0,25  "/oo 

di  Mg  SO4. 

Dopo  circa  due  mesi  le  foglie  della  soluzione  priva  di  magnesio 
erano  in  numero  di  13  e  tutte  di  un  verde  pallido;  quelle  della  solu- 
zione contenente  il  0,15  "/p,,  di  Mg  SO^  erano  9,  ben  sviluppate,  e  verdi 
oscure,  ma  con  macchie  gialle;  quelle  infine  della  soluzione  contenente 
il  25  "Zoo  di  Mg  SO4  erano  10,  ancora  più  sviluppate  delle  precedenti 
e  di  un  verde  molto  scuro.  Le  radici  erano  filiformi  e  poco  ramificate 
nella  prima  soluzione;  grosse  invece  e  munite  di  parecchie  radici  la- 
terali robuste  nelle  altre  due. 

Le  soluzioni  alcooliche  ed  eterea  dei  pigmenti  delle  foglie  presen- 
tavano anch'esse  ad  occhio  una  netta  gradazione  crescente  delle  inten- 
sità di  colore. 


—  191 


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Parte  gialla 

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Parte  verde 

—  192  — 

Come  si  vede  dai  precedenti  specchietti,  riguardanti  il  comiiorta- 
mento  rispetto  al  magnesio  di  8  specie  vegetali,  vi  è  sempre  un  diretto 
rapporto  tra  la  quantità  del  magnesio  contenuta  nella  soluzione  nutri- 
tizia e  la  concentrazione  della  soluzione  clorofilliana  (eterea)  ottenuta 
dalle  parti  verdi  della  pianta.  Vi  è  invece  costantemente  rapporto  in- 
verso tra  la  stessa  quantità  di  magnesio  e  l'estratto  alcoolico  contenente 
i  pigmenti  gialli. 


Osservazioni  di  anatomia. 

L'assenza  del  magnesio  o  la  sua  somministrazione  sotto  percentuali 
diverse  impartiscono  alle  piante  un  aspetto  morfologico  particolare  e 
ai  loro  organi  speciali  caratteristiche  anatomiche  (23). 

Nelle  specie  da  me  coltivate  notai  ciie  l'assenza  del  magnesio,  oltre 
alla  piccolissima  intensità  di  colorazione  provocava  talvolta  nelle  foglie 
la  comparsa  di  piccole  zone  albicate  {Zea  Mai/s,  Poh/gonum  Fagopynim), 
tal  altra  di  orlature  paonazze  dovute  a  presenza  di  antocianina  (Zea 
Mai/s,  Torrmia  Fournieri,  Pohjgonum  Fogopì/rnm),  spesso  un  accartoccia- 
mento del  lembo  nel  senso  della  lunghezza,  in  modo  da  sottrarre  com- 
pletamente alla  luce  i  bordi  (meno  colorati)  e  da  presentare  ad  essa 
solo  la  porzione  della  pagina  superiore  circostante  alla  nervatura  me- 
diana. Nella  Zea  Maijs  inoltre  le  guaine  fogliari  si  staccavano  dal  fusto 
e  le  foglie  si  piegavano  all'ingiù. 

Questi  caratteri  non  apparivano  più  o  andavano  gradatamente  scom- 
parendo nella  serie  di  culture  alle  quali  era  stato  somministrato  il  ma- 
gnesio in  dose  crescente.  Anche  le  radici  presentavano,  nelle  soluzioni 
esenti  da  magnesio,  un  aspetto  particolare.  Esse  erano  notevolmente 
lunghe,  esilissime  talvolta,  filiformi,  pochissimo  o  quasi  affatto  ramificate, 
mentre  nelle  soluzioni  contenenti  anche  una  piccolissima  percentuale 
di  solfato  di  magnesio  (il  0,05  "/„„)  si  osservavano  numerose  radichette  a 
loro  volta  ben  ramificate,  carattere  che  aumentava  di  intensità  col  cre- 
scere della  percentuale  di  magnesio. 

Quanto  all'anatomia  interna  notai  nelle  varie  specie  le  seguenti 
differenze  : 

Torreiiia  Fournieri.  —  Nell'asse  epicotiìe  delle  piante  cresciute  senza 
magnesio  il  parenchina  corticale  è  assai  ridotto,  e  cosi  pure  il  tessuto 
legnoso  chiuso;  è  invece  ben  sviluppato  il  midollo,  che  è  cavo.  Nelle 
piante  cresciute  in  soluzione  contenente  il  0,25  "/oo  *'•  solfato  di  ma- 
gnesio, il  parenchima  corticale  e  il    tessuto  legnoso  sono  al  contrario 


—  193  — 

ben  sviluppati,  mentre  è  poco  sviluppato  il  tessuto  midollare.  Si  nota 
inoltre  la  presenza  di  cordoni  liberiani  isolati  agli  angoli  del  fusto 
quadrangolare. 

I  fusti  delle  piante  cresciute  in  soluzioni  contenenti  dal  0,05 
al  0,1.5  "Zoo  di  solfato  di  magnesio  hanno  sviluppo  intermedio  tra  quelli 
delle  forme  ora  descritte. 

Helianthus  annuus.  —  Nelle  piante  cresciute  senza  magnesio  i  fasci 
vascolari,  ben  distinti,  sono  rappresentati  da  3-4  serie  di  vasi.  Il  cambio 
forma  un  anello  continuo  di  2-3  serie  di  cellule.  Il  midollo  non  è  molto 
sviluppato.  Nelle  piante  cresciute  in  presenza  di  magnesio  invece  il 
sistema  vascolare  è  rappresentato  da  10-22  serie  di  vasi;  il  cambio  è 
molto  sviluppato  e  cosi  pure  il  midollo. 

Polygonum  Fagopyrum.  —  Nelle  piante  cresciute  in  assenza  di 
magnesio  il  legno  secondario  forma  un  anello  continuo  di  3-4  serie  di 
cellule;  i  vasi  primai'i  invece,  per  quanto  distinti,  sono  appena  iniziati. 
Il  cambio  forma  un  anello  continuo;  il  midollo  è  cavo  e  poco  svilup- 
pato. E  notevole  la  presenza  di  un'enorme  quantità  di  grosse  druse  di 
ossalato  di  calcio  che  occupano  buon  numero  delle  cellule  del  paren- 
chima corticale  e  del  midollo. 

Nelle  piante  cresciute  in  presenza  di  magnesio  sono  molto  svilup- 
pati il  legno  secondario,  il  legno  primario  e  il  cambio,  e  si  nota  la 
presenza  di  gruppi  di  cellule  fibrose.  Il  midollo  è  anch'esso  molto  svi- 
luppato. Nel  parenchima  corticale  è  assai  minore  il  numero  delle  druse 
di  ossalato  calcico,  e  dal  midollo  esse  sono  quasi  scomparse. 

Per  ciò  che  riguarda  la  struttura  della  radice,  osservata  nella  re- 
gione basale,  più  differenziata,  si  nota  in  generale  che  :  le  radici  delle 
piante  cresciute  in  soluzione  esente  da  magnesio  presentano  un  tessuto 
corticale  molto  sviluppato,  formato  da  cellule  irregolari,  tondeggianti. 
L'endoderma  è  per  lo  più  poco  differenziato.  Il  tessuto  vascolare  pri- 
mario è  invece  ben  sviluppato,  e  appena  iniziato  quello  secondario.  Le 
cellule  midollari,  in  numero  di  10-13,  sono  ben  sviluppate.  Le  piante 
cresciute  in  presenza  di  magnesio  hanno  invece  nella  radice  un  tes- 
suto corticale  poco  sviluppato,  formato  da  cellule  appiattite  nel  senso 
radiale,  un  endoderma  ben  distinto  e  un  tessuto  vascolare  molto  ben 
sviluppato.  I  fasci  primari  si  congiungono  nel  mezzo,  ove  sono  pochis- 
sime cellule  midollari.  I  raggi  midollari  sono  numerosi  e  ben  differenziati. 

Riguardo  al  contenuto  cellulare  è  notevole  la  differenza  tra  la 
quantità  d'amido  contenuto  nelle  guaine  amilacee,  nel  parenchima  cor- 
ticale, ecc.,  delle  piante  private  di  magnesio,  e  quella  delle  piante  che 
ne  ricevettero;  le  prime  ne  sono  quasi  prive;  le  seconde  ne  conten- 
gono molto. 


—   194  — 

Ricerche  microchimiche.  —  Il  miglior  metodo  per  il  riconoscimento 
microchimico  del  magnesio  è  quello  che  si  basa  sulla  precipitazione  del 
fosfato  ammonico-magnesiaco.  Si  usa  come  reattivo  una  soluzione  o  di 
fosfato  bisodico  o  di  fosfato  sodico-ammonico  al  5  %,  alla  quale  si  ag- 
giunge un  poco  di  cloruro  d'ammonio  o  di  ammoniaca.  I  cristalli  che  si 
formano  nell'interno  delle  cellule  appartengono  al  sistema  rombico  ed 
hanno  forme  caratteristiche,  talvolta  ben  definite,  prismatiche,  tal'altra 
irregolari,  non  ben  definite,  ad  X,  o  a  stella  (scheletri  cristallini)  (31). 

Era  interessante  cercare  se  con  questo  reattivo  fosse  possibile 
ottenere  una  maggior  localizzazione  del  precii)itato  magnesiaco  in  tessuti 
corofilliani  confinanti  con  tessuti  privi  di  clorofilla. 

Provai  anzitutto  la  bontà  del  reattivo,  usando  sezioni  di  radici  aeree 
ài  Orchidee,  di  fusti  dell' .4m<o/oc/«/a  5/p//o,  di  apici  vegati vi  dell' S/orfca 
canadensis,  dalle  quali  ottenni  sempre,  dopo  alcune  ore,  dei  bellissimi  e 
numerosi  cristalli  di  fosfato  ammonico-magnesiaco. 

Scelsi  poi  per  lo  scopo  suddetto  le  seguenti  piante  a  foglie  varie- 
gate: Pandanus  javanicus,  Ficus  sp.,  Acer,  Tradescantia,  Anthurium  cri- 
stallinum,  Pelargonimn  zonale.  Tanto  dalle  parti  verdi  che  da  quelle 
bianche  tagliai  numerose  sezioni  che  sottoposi,  in  recipienti  separati, 
all'azione  del  reattivo.  Ma  i  cristalli  di  fosfato  ammonico-magnesiaco 
non  si  formarono  mai  in  queste  specie.  Notai  invece  che  nelle  parti 
albicate  di  foglie  di  Ficus,  Anthurium,  l'elargoìiium  era  localizzata,  at- 
torno ai  fasci  fibro-vascolari,  una  gran  quantità  di  druse  di  ossalato  di 
calcio  che  formava  talvolta  una  vera  guaina  attorno  al  fascio.  Nelle  parti 
verdi  invece  esse  erano  assai  meno  numerose.  Questo  fatto  contrasta 
coi  dati  analitici  di  Aso  '  e  Church,  2  i  qnali  trovarono  nelle  parti  bian- 
che di  piante  albicate  [Quercus  rubra,  Armido  Douax)  quantità  minori 
di  calcio  che  non  nelle  parti  verdi. 

Esso  però  concorda  con  l'altra  osservazione  da  me  fatta  dell'ac- 
cumularsi di  una  gran  quantità  di  ossalato  di  calcio  nel  fusti  del  Po- 
lygonum  Fagopyrum  coltivato  in  assenza  di  magnesio,  accumulo  che  non 
si  notava  nelle  piante  alle  quali  il  magnesio  era  stato  somministrato. 

L'assenza  del  magnesio  provocherebbe  cioè  la  precipitazione  del- 
l'eccesso del  calcio  sotto  forma  di  ossalato. 


'  K.  Aso,   On  the  difftrmt  forma  r,f  Urne  in   Plaiifs  (Bull,   of  the   Coli     of 
Agrio.  Tokio,  v,  239),  1902. 

'  H.  Church,   Chemische   Untersuchuìiyen  iiber  den  Alb/iusmus  dei-  Pflanzen 
(Gentr.  Agrik.,  xvi,  429),   1887. 


—  195 


CONCLUSIONI. 

I  risultati  delle  analisi  di  Willstiltter  sui  pigmenti  clorofilliani  delle 
piante,  secondo  le  quali  il  magnesio  entra  (assieme  al  carbonio,  all'a- 
zoto, all'idrogeno  ed  all'ossigeno)  nell'intima  composizione  della  mole- 
cola della  clorofilla,  sono  di  tale  importanza  per  la  fisiologia  vegetale 
che  mi  invogliarono  a  ottenere  di  esse  le  necessarie  conferme  con  metodi 
puramente  biologici  (esperienze  di  fisiologia,  osseivazioni  chimiche  e 
microchimiche,  ecc.). 

Se  il  magnesio  è  veramente  parte  integrante  della  complessa  strut- 
tura clorofilliana,  dalla  presenza  o  meno  di  questo  elemento  nel  sub- 
strato su  cui  vive  la  pianta  devono  dipendere  le  funzioni  piìi  impor- 
tanti della  vita  di  questa,  ciie  si  collegano  con  la  maggiore  o  minore 
quantità  di  clorofilla  formatasi. 

Questa  prima  parte  delle  mie  ricerche  ebbe  appunto  per  scopo  di 
cercare  il  probabile  rappoito  esistente  tra  la  quantità  di  magnesio  som- 
ministi'ata  alla  pianta  e  la  quantità  di  clorofilla  contenuta  negli  organi 
assirailatori  epigei. 

Vari  autori  constatarono  che  sottraendo  un  dato  elemento  (fosforo, 
ferro)  alle  piante  superiori  o  inferiori  si  ottenevano  piante  eziolate,  e 
viceversa  che  l'aggiunta  di  sali  contenenti  questo  elemento  provocava 
rinverdimento  '  (29;  40).  Questi  risultati,  perfettamente  logici,  poiché 
gli  elementi  sottratti  o  aggiunti  sono  fra  quelli  indispensabili  alla  vita 
delle  piante,  non  dimostrano  però  in  nessun  caso  una  corrispondenza 
biunivoca  quantitativa. 

Le  mie  esperienze  invece  iianno  dimostrato  che  non  solo  v'è  un 
rapporto  qualitativo,  ma  anche  un  rapporto  quantitativo  tra  magnesio 
e  clorofilla,  rapporto  che  può  anche  essere  indipendente  da  tutte  le 
altre  funzioni  e  trasformazioni  (chimiche  e  d'accrescimento)  della  pianta. 
In  alcuni  casi  infatti  una  pianta  (Polygonutn  Fagopi/rum,  pag.  184-189) 
che  compi  tutto  il  suo  ciclo  di  sviluppo  sino  alla  fruttificazione  con 
una  data  percentuale  di  magnesio,  relativamente  piccola,  compì  in  egual 
tempo  lo  stesso  ciclo  con  percentuali  maggiori,  dimostrando  però  una 
colorazione  piìi  intensa  delle  sue  foglie. 

I  principali  risultati  cui  giunsi  sono  i  seguenti: 


*  Le  piante  cresciute  iu  soluzioni  esenti  da  calcio,  invece,  hanno  foglie  il  cui 
sviluppo  e  il  cui  conteniito  in  clorofilla  non  ditJeriscono  da  quelli  delle  piante 
normali.  Esse  possono  anche  assimilare,  ma  alla  fine  muoiono  (Detmbr,  Dos 
Tpflanzenphysioloy .  Praktikum,  Jena,  1895). 


—   196  -  . 

1."  Piante  appartenenti  a  diverse  specie  (Protococctis  viridis,  Spi- 
rogyra  majuscula,  Voucher ia  sp.,  Zea  Mays,  Poli/gomim  Fagopijrinn^  He- 
lianthìis  animus,  Torrenia  Foìirnieri),  coltivate  in  soluzioni  esenti  da 
magnesio,  diedero  foglie  completamente  o  appena  debolmente  verdi. 

2.°  Le  stesse  specie,  coltivate  in  soluzioni  contenenti  quantità  varie 
di  magnesio,  svilupparono  foglie  la  cui  intensità  di  colorazione  cresceva 
col  crescere  della  quantità  di  magnesio  che  era  stata  loro  somministrata. 
Gli  estratti  eterei  di  queste  foglie,  confrontati  col  metodo  colorime- 
trico,  dimostrarono  che  tra  clorofilla  e  magnesio  v'è  un  rapporto  di- 
retto costante. 

3.»  È  pure  costante  un  rapporto  inverso  tra  magnesio  e  pigmenti 
gialli.  ' 

Ciò  dimostrerebbe  che  il  magnesio  ha  nella  vita  delle  piante  una 
diretta  influenza  sulla  formazione  del  pigmento  clorofilliano,  e  verrebbe 
in  appoggio  alla  constatazione  fatta  da  Willstatter  della  presenza  di 
questo  elemento  nella  complessa  molecola  delle  clorofille. 

Il  magnesio  avrebbe  dunque  nei  vegetali  due  funzioni,  o,  se  si  vuole, 
due  gruppi  di  funzioni. 

Nell'uno  l'elemento  verrebbe  direttamente  utilizzato  sotto  forma 
di  sale  magnesiaco  dell'acido  fosforico,  dal  quale  le  cellule  trarrebbero 
il  fosforo  necessario  ;  nell'  altro  esso  agirebbe  come  catalizzante.  Que- 
st'  ultima  azione  si  esplicherebbe,  sia  accelerando  alcuni  processi  dia- 
stasici  (inversione  del  saccarosio  per  azione  dell'invertina  mista  a  ma- 


•  In  un  recente  lavoro  Montéverdé  e  Liubimenko  (Recherches  sur  ì<i  for- 
'/iHition  de  la  chloropTìi/lle.  Bull.  Acati.  Imp.  de  St.  Pétersb.,  avril  1912)  trattano 
dei  rapporti  quantitativi  che  corrono  tra  clorofilla,  xantofìUa  e  carotina,  e  trovano 
die,  sia  nel  caso  di  piante  artiflcialmente  eziolate,  sia  nel  caso  di  piante  cloro- 
ticlie,  vi  è  rapporto  diretto  fra  la  prima  e  le  altre  due.  La  carotina  segue  ben 
da  vicino  le  vax-iazioui  della  clorofilla,  la  xantofilla  appare  invece  più  indipen- 
dente. Gli  AA.  ricavano  dalle  loro  osservazioni  l'ipotesi  che  entrambi  questi  pig- 
menti siano  prodotti  complementari  che  si  formano  durante  la  formazione  della 
clorofilla.  Ma  la  genesi  della  xantofilla  viene  spiegata  anche  col  supporre  che  essa 
sia  «  un  prodotto  della  trasformazione  delle  sostanze  idrocarbonate,  avente  un 
gruppo  cromogeno  di  atomi,  e  che  per  sintesi,  con  azoto  e  magnesio,  formi  la 
clorofilla  ». 

Questa  seconda  ipotesi  a  me  pare  piii  probabile  della  prima,  sia  per  il  com- 
portamento biologico  della  xantotilla  rispetto  alla  clorofilla  (che  risulta  dalle  espe- 
rienze stesse  degli  AA.),  sia  perchè  anche  i  risultati  da  me  ottenuti  concordano 
con  essa.  Infatti  la  constatazione  da  me  fatta  ripetutamente  che  coU'aumentare 
della  quantità  di  magnesio  aumenta  la  quantità  di  clorofilla  e  diminuisce  quella 
dei  pigmenti  gialli,  può  spiegarsi  coU'ammettere  ohe  la  clorofilla  sia  andata  for- 
mandosi a  spese  della  xantofilla,  combinatasi  col  magnesio  somministrato  in  quan- 
tità gradatamente  crescenti. 


—  197  — 

guesio),  sia  provocando  delle  sintesi  nel  cloroplasto,  durante  il  processo 
dell'  assimilazione  clorofilliana. 

Le  ipotesi  finora  emesse  circa  l'azione  della  clorofilla  nell'assi- 
milazione del  carbonio  si  possono  compendiare  nelle  seguenti:  1.°  La 
clorofilla  è  un  trasfurmatore  d'energia;  2.°  La  clorofilla  è  un  potente 
agente  di  sintesi.  E  per  ciò  che  riguarda  questa  seconda  ipotesi  v'  è 
chi  ammette  l'intervento  di  una  speciale  diastasi  e  v'è  chi  lo  esclude, 
attribuendo  alle  sole  proprietà  chimiche  della  clorofilla  il  potere  ridut- 
tore e  trasformatole. 

Conosciuta  ora  la  composizione  chimica  della  clorofilla  si  arriverà 
a  delucidare  il  suo  modo  d'azione?  Quale  ufficio  avrà  questo  composto 
organo-magnesiaco  nell'assimilazione  clorofilliana? 

Quale  esso  sia  precisamente  non  è  ancora  possibile  dire,  tuttavia 
si  può  prevedere  che  è  da  questo  lato  che  verrà  con  tutta  probabilità 
la  luce  sul  problema  del  modo  d'agire  della  clorofilla  nell'assimilazione 
del  carbonio. 

Senza  escludere  di  proposito  le  ipotesi  fisiche  e  quelle  diastasiche  ' 
è  bene  notare  anzitutto  che  la  presenza  del  magnesio  nella  molecola 
clorofilliana  (al  posto  del  ferro  e  del  fosforo)  è  più  concordante  con  la 
natura  instabile  delle  sostanze  che  ne  costituiscono  il  pigmento  e  il  cui 
celere  metabolismo  ha  origine  dalla  sua  quasi  istantanea  impressionabilità 
alla  luce.  Infatti,  mentre  il  ferro  e  il  fosforo  hanno  rispettivamente  per 
peso  atomico  56  e  31,  il  magnesio  ha  peso  atomico  24,  ed  è  noto  che 
gli  elementi  meno  pesanti  sono  i  più  attivi,  i  più  energici  nel  metabo- 
lismo, perchè  entrando  nelle  combinazioni  sviluppano  maggior  calore. 

Oltre  a  queste  considerazioni,  che  Willstàtter  ha  avvalorate  con 
le  sue  analisi,  anche  le  interessanti  esperienze  del  Horstmann  (36),  che 
ottenne  la  diretta  riduzione  dell'acido  carbonico  in  formaldeide  in  pre- 
senza di  magnesio  metallico,  provano  quale  influenza  possa  avere  questo 
elemento  nel  metabolismo  della  cellula  vegetale  e  nel  processo  dell'as- 
similazione del  carbonio. 

Pavia,  Istituto  Botanico,  ottobre  1912. 


1  Lo  stesso  Willstàtter  (nota  xi)  trovò  nelle  piante  clorofilliane  uno  speciale 
enzima  da  lui  chiamato  clorofillasi  ciie,  per  trattamento  delle  foglie  con  alcool, 
provoca  un'alcoolisi  della  clorofilla. 


—   198   — 


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—  201   — 

53.  LoKw  0.,    Die  chemische  Energie  der  lebeuden  Zelleu,  SluiLgaii, 

1906. 

54.  —  Ist  es  berechtigt,    bei  Bodenaualysen,  die  Magnesiabestimmung 

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55.  —  e  S.  Hduda.,     Ueber  deu  Einfluss  wecliselnder  Mengen  von  Kalk 

und  Magnesia  auf  die  Entwicklung  dei-  Waldbaurae  (Imper.  Uuiv. 
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56.  —  e  K.  Aso,     On   difierent  degrees.  of  availability   of   plant   nu- 

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57.  —  On  physiologically  balanced   solution^   (e.    s.,  vii,  n.°   3),  1907. 

58.  —  e  May,     The  relation  of  calcium  and  magnesiuni  to  plant  growth 

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59.  Malarski    H.   e  Marchlewski   L.,      The    detennination   of  chloro- 

pliyll  in  plants  (Biochem.  Zeitschr.,  24,  319),  1910. 

60.  Marchal  e.,     Influence  des  sels  minéiaux  nutritifs  sur  la  production 

des  nodosités  ehez  les  Pois  (C.  E,.,  133,  1032),  1901. 

61.  Meyer  D.,     Untersuchungen  iiber  die  Wirkung  verschiedener  Kalk- 

nnd  Magnesiaverbindungen  (Landw.  .Jahrb.,  30,  619),  1901. 

62.  —  Kalk-  und  Magnesiaversuche  -fLandw.  Jahrb.,  xxix,  254),  1910. 

63.  MicHEELs  e   De   Heen,     Action   stimulante    exercée   sur   la  germi- 

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und  Jagdwesen,  1904,  p.  745). 

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67.  NiKLEwsKi,     Ueber  den  Austritt  von  calcium-  und  Magnesium-ionen 

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69.  —  On  nutrient  and  balanced    solutions    (University    of   California 

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70.  Palladin  W.,     Recherches  sur  la  formation  de  la  chlorophylle  dans 

les  plantes  (Rev.  gén.  de  Botan.,  ix,  385),  1897. 

71.  —  Einfluss  der  Konzentration  der  Lòsungen  auf  die  Chlorophyllbil- 

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72.  —   Pflanzenphvsiologie,  Berlin   1911. 


—   202  — 

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80.  Salm-Horstmar,    Recherches  sur  la  nutrition  de  l'aveine,  particu- 

lièrement  en  ce  qui  concerne  les  matières  inorganiques  qui  sont 
nécessaiies  à  cette  nutrition  (Annales  de  Cliimie  et  Phys.,  32, 
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81.  —  Ver.suclie    nnd    Resultate    iiber    die   Ernalirung    der   Pflanzen, 

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82.  ScHiMPER  A.,     Zur  Frage  der  Assimilation  der  Mineralsalze  durch 

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des  Kalis  im  Pflanzenorganisnius  (Zeitschr.  f.  landw.  Versuchs- 
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88.  —  e  Jdst.  J.,     Ist  der  Phosphor  an  dem  Aufbau  des  Chlorophylls 

beteiligt?  (Ber.  d.  D.  Bot.  Ges.,  xxi,  a),   1908. 

89.  —  Brdlik  V.  e  Ernest  A.,     Zur  Frage  des  Phospliorgehaltes  des 

Chlorophylls  (Ber.  d.  D.  Bot.  Ges.,  xxvii,  1),  1909. 

90.  Takeuchi  T.,     On  the  absorption  of  varying  amounts  of  lime  and 

magnesia  by  pjants  (Bull,  of  the  Coli,  of  agric,  vii),  1908. 

91.  Tribot  J.,     Sur    l'influence  accélératrice    de    la    magnèsie  dans  la 

transformation  du  saccharose  (C.  R,  147,  706),  1908. 

92.  —     Sur  le  ròle  de  la  magnèsie  dans  la  transformation  du  saccha- 

rose à  différentes  températures  (C.  R.,  148,  788),  1909. 


—  203  — 

93.  True  R.  H.  e   Gies  W.  J.,     Oh  tlie  physiological    action  of  some 

of  tlie  heavy  metals  in  mixed  solutions  (Bull.  Torr.  Bot.  Club,  xxx, 
390),  1903. 

94.  TswETT  M.,     Zur  Chemie  des  Chlorophylls  (Biochem.  Zeitschr.,  v, 

6),  1907. 

95.  —  Ist  der  Phosphor  an  dem  Aufbau  der  Chloropbylline  beteiligt? 

(Ber.  d.  D.  Bot.  Ges.,  xxvi,  a.),  1908. 

96.  Ulbfucht  R.,     Topfversuche  liber   die  Wiikung  der  Kalkerde  und 

Magnesia  in  gebrannten  Kalken  und  Mergeln,  etc.  (Jahresber. 
Agrik.  Chem.,  xx,  255),  1898;  (Landw.  Versuchsstat.,  lii,  383  e 
Lvn,   103),   1899  e  1902. 

97.  Ville  G-.,     Recherclie.s  sur  les  relations  qui  existent  entre  la  cou- 

leur  des  plantes  et  la  richesse  des  terres  en  agents  de  fertilité 
(C.  R.,  cix,  397),  1889. 

98.  VoELCKER  .J.  A.,     The  Influence  of  Magnesia  on  Clover  and  Beans 

(The  .Tournal  of  the  Royal  Agr.  Soc.  of  England,  v,  lxx,  348), 
1910. 

99.  WiLLSTÀTTER  R. ,     Ueber  die  Bindung  des  Eisens   ìm  Blutfarbstoff 

(D.  chem.  Ges.,  42.  3985),  1909. 

—  Untersuchung  tìber  Chlorophyll. 

I.  Ueber  eine  Methode  der  Trennung  und  Bestimmung  von 

Chloroplivllderivaten  (Lieb.  Ann.  Chem.,  350,  1),  1906. 
IL  Zar  Kenutniss  der  Zusammensetzung    des   Chlorophylls 

(Lieb.  Ann.  Chem.,  350,  48),  1906. 

III.  Ueber   die   Einwiikung  von    Sauren    und  Alkalien  auf 
Chlorophyll  (Lieb.  Ann.  Chem.,  354,  205),  1907. 

IV.  Ueber  die  gelben  Begleiter  des  Chlorophylls  (Lieb.  Ann. 
Chem.,  355,  ì),  1907. 

V.  Ueber  Rhodophyllin  (Lieb.   Ann.  Chem.,  358,  205),  1907. 

VI.  Ueber  krystallisiertes  Chlorophyll  (Lieb.  Ann.  Chem.,  358 
267),  1907. 

VII.  Vergleichende    Untersuchung    des    Chlorophylls   ver- 
schiedener  Pflanzen  (Lieb.  Ann.  Chem.,  371,  1),  1909. 

VIII.  Ueber    den    Abbau   von    Chlorophyll    durch    Alkalien 
(Lieb.  Ann.,  371,  33),  1909. 

IX.  Oxydation  der  Ciilorophyllderivate   (Lieb.   Ann.  Chem., 
373,  227),  1910. 

X.  Vergleichende    Untersuchungen    des    Chlorophylls    ver- 
schiedener  Pflaiizen  (Lieb.  Ann.  Chem.,  378,  1),   1910. 

XI.  Ueber  Chlorophyllase  (Lieb.  Ann.  Chem., 57S,  18),  1910. 

XII.  Ueber  Phytol  (Lieb.  Ann.  Chem.,  378,  73),  1910. 


1 

-    204  —  I 

WiLLSTÀTTER  R.,  XIII.  Spaltuiigen   uud   Bildung  von  Chlorophyll 

(Lieb.  Ann.  Chem.,  380,  148),  1911.  l 

XIV.  Vergleichende   Untersuchnng    des    Chlorophylls    ver- 
schiedener  Pflanzen  (Lieb.  Ann.  Chem.,  380,  154),  1911. 

XV.  Isolieiung    des    Chlorophyll.s   (Lieb.   Ann.  Chem.,  380, 
177),  1911. 

XVI.  Ueber   die    er.sten    Umwandlungen    des    Chlorophylls 
(Lieb.  Ann.  Chem.,  582,  129),  1911. 

100.  WoLFF   E.,     Ueppige    Vegetation    in    wasserigen    Losungen    der 

Nàhrstoffe  (Vers.-Stat.,  viii,  189),  1866. 

101.  —  Bericht   ùber    die    1866    nnd    1867  ausgefiihrten    Vegetations- 

versuche  iu  wasserigen  Losungen   (Vers.-Stat ,  x,  349),  1868. 


205 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA 


Figvira  1  a  —  Grafica  die  indica  le  variazioni  di  concentrazione  delle  soluzioni 
clorofilliane  ottenute  da  una  serie  di  culture  di  l'rotococcus  vi- 
ridis,  alle  quali  vennero  somministrate  quantità  crescenti  di 
magnesio  (pag.  166), 

h  —  C.  s.  Serie  di  culture  di  Spirogyra  majuscula  (pag.  166). 

»  2  e  —  Grafica  che  indica  l'aumento  di  concentrazione  delle  soluzioni  eteree 
(di  clorofilla)  ottenute  da  una  serie  di  culture  di  Zea  Mays 
(pag.  171). 

d  —  Grafica  cte  indica  la  diminuzione  di  concentrazione  delle  soluzioni 
alcooliche  (di  xantofilla  e  carotina)  ottenute  e.  s.  (pag.  171). 

»       3  e  —  Come  la  grafica  e.  Serie  di  culture  di  Helianthus  aniiìdis  (pag.  180). 

/■  —  Come  la  grafica  d.  Serie  di  culture  di  Uelianthus  miìiuux  (pag.  i80). 

»  4  e  .5  gr  e  /  —  Come  la  grafica  e.  Serie  di  culture  di  Poh/goìtuìii  Fago- 
•pyrtun  (pag.  185  e  189). 

/i  e  /  —  Come  la  gi-afica  d.  Serie  di  cultm-e  di  Polygonun  Fagopyruin 
(pag.  185  e  189). 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI. 


SULL'AVVIZZIMENTO  DELLE  PIANTE 

DI 

CAPSICU3I  ANNUUM  L. 


NOTA 

di  L.   PAVARINO  e  M.   TURCONI. 

Sulla  fine  del  luglio  1912  V  Unione  Agricola  Bergamasca  mandava  al 
Laboratorio  Crittogamico  di  Pavia  diverse  piante  di  Capsicum  annìtum  L. 
(Pe[ierone)  affette  da  una  malattia  che  aveva  fortemente  danneggiate 
estese  coltivazioni  negli  orti  di  Bergamo  e  Treviglio. 

Dette  piante  presentavano  delle  alterazioni  somiglianti  a  quelle 
osservate  nel  1907  dal  prof.  Luigi  Monteraartini  S  il  quale  descrisse  una 
malattia  simile  sotto  il  nome  di  Avvizzimento  o  maìaftia  dei  peperoni  che 
egli  attribuì  allora  al  Fusariuni  vaninfei-tum. 

Più  tardi  anche  il  dott.  Noelli  descrisse  sotto  il  nome  di  Marciume 
del  Capsicum  annituìn  ^  una  malattia  del  peperone  i  cui  caratteri  nel 
complesso  corrispondono  a  quelli  descritti  dal  Montemartini. 

Le  piante  da  noi  studiate  erano  colpite  dalla  stessa  malattia  de- 
scritta dai  due  citati  Autori. 

Oltre  l'avvizzimento  caratteristico  delle  foglie  (ricadenti  lungo  i 
rami  ed  il  fusto)  e  le  cicatrici  di  corrosione  sulle  radici,  le  piante  pre- 
sentavano sul  fusto  delle  macchie  irregolari  brune,  più  o  meno  de- 
presse, che  si  estendevano  ai  rami,  ai  picciuoli  delle  foglie  ed  ai  pe- 
duncoli dei  frutti,  sui  quali  formavano  delle  depressioni  circolari,  specie 
di  strozzature. 

'  il0NTE5i.\RTisi  L.,  L' civvizzimento  o  la  malattia  elei  peperoni  {Capsicum 
(lìiììKìim)  a  Voghera  (Riv.  Pat.  Veg.,  1907,  ii,  pag.  257). 

-  Noelli  A.,  //  marciume  del  Capsicum  annuum  L.  (Riv.  Pat.  Veg.  1910, 
IV,  p.  177). 

Atti  deìl'Ist.  Boi.  dell' Vnireinità  di  Pavia   —  Serie  II.—  Voi.  XV.  18 


—  208   — 

Caratteri  anatomo  patologici.  L'infezione  dalle  radici  saliva  verso 
il  fusto  dove  si  rendeva  manifesta  con  rimbrunimeuto  del  tessuto  cam- 
biale e  spesso  anche  del  legno  sottostante  estendendosi  talvolta  late- 
ralmente sino  ad  infettare  l'intera  zona  legnosa. 

L'infezione  si  propagava  anche  ai  rami,  come  rivelava  l'ingialli- 
mento e  l'imbrunimento  delle  pareti  dei  vasi,  e  nessun  organo  della 
pianta  ne  rimaneva  immune. 

Nelle  cellule  dei  tessuti  ammalati  si  trovavano  numerosi  microrga- 
nismi mobili,  isolati  o  riuniti  in  colonie. 

Anche  noi,  come  il  Montemartini,  abbiano  rinvenuto  su  alcune  ra- 
dici un  Fusarium  e  traccie  di  micelio  nei  tessuti,  ma  ciò  soltanto  nelle 
parti  di  radici  già  morte,  mentre  nelle  parti  aeree  ancora  vive  non 
si  trovava  alcuna  traccia  del  fungo.  Per  stabilire  quale  fosse  la  causa 
della  malattia,  abbiamo  coltivato  il  Fusarium  sia  in  camera  umida,  sia 
in  diversi  mezzi  nutritivi,  servendoci  all'uopo  di  pezzi  di  radice  malata 
preventivamente  disinfettata.  Cosi  facendo  abbiamo  ottenuto  colture  ri- 
gogliose del  fungo  delle  quali  ci  siamo  serviti  per  tentare  di  ripro- 
durre artificialmente  la  malattia.  Le  esperienze  le  abbiamo  fatte  adope- 
rando colture  pure  in  brodo,  opportunamente  diluito,  colle  quali  abbiamo 
accuratamente  spruzzate  ed  anche  iniettate  delle  piante  sane  che  ave- 
vamo appositamente  coltivate. 

I  risultati  di  dette  esperienze  furono  negativi  come  quelle  degli 
Autori  sopra  citati.  ' 

BACILLUS  CAPSICI  n.  sp. 

Abbiamo  allora  rivolto  le  nostre  ricerche  al  microrganismo. 

Prese  alcune  parti  di  piante  malate  (fusto,  radici,  rami,  picciuoli 
e  peduncoli),  dopo  esserci  assicurati  che  nei  loro  tessuti  non  vi  era 
traccia  di  micelio,  le  abbiamo  da  prima  accuratamente  lavate  con  acqua 
e  sapone,  indi  disinfettate  con  soluzione  al  millesimo  di  sublimato  cor- 
rosivo, passandole  poscia  in  acqua  distillata  e  bollita  e  da  ultimo  in 
alcool  ed  etere. 

I  pezzetti  patologici  cosi  trattati  furono  messi  in  provette  conte- 
nenti diversi  terreni  nuti'itivi  da  noi  opportunamente  preparati.  Da 
tutti  questi  organi  malati,  seminati  nei  differenti  mezzi  nutritivi,  si 
ebbe  sempre  lo  sviluppo  di  uno  speciale  microrganismo  che  presenta  i 
seguenti  caratteri  morfologici  e  colturali. 


'  Il  NoELLi  (o.  c.)  ha  trovato  micelio  di  Fiimrium  anche  in  piante  sane 
dopo  averle  tenute  in  camera  umida,  ma  le  inoculazioni  da  lui  l'atte  con  tale 
micelio  e  con  spore  non  hanno  riprodotto  la  malattia. 


—   209  — 

Aspetto  microscopico  e  colorabilità.  Il  microrganismo  è  un  grosso 
bacillo  ad  estremità  arrotondate  dello  spessore  di  0,8  a  1  ,11  e  della 
lunghezza  da  1,5  fino  a  S  [i;  esso  ha  tendenza  a  riunirsi  in  filamenti, 
nei  quali  peraltro  rimangono  sempre  distinguibili  gii  elementi  che  li 
formano. 

Si  colora  bene  a  freddo  col  violetto  di  genziana  e  resiste  al  Grani, 
quando  la  decolorazione  non  sia  troppo  prolungata,  e  si  riproduce  per 
endospore. 

Comportamento  rispetto  all'ossigeno  ed  ai  terreni  nutritivi.  Può 
vivere  anaerobicamente,  cioè  dove  l'ossigeno  è  scarso,  ma  molto  meglio 
si  sviluppa  in  contatto  dell'aria,  onde  si  deve  ritenere  come  aerobio 
facoltativo.  Si  sviluppa  bene  in  quasi  tutti  i  terreni  nutritivi  a  tempe- 
ratura ambiente,  ma  più  lapidamente  a  temperatura  di  stufa. 

Colture  in  agar  semplice.  Ih  24  ore ,  a  temperatura  di  stufa , 
si  forma  una  patina  piuttosto  rilevata  con  debole  lucentezza  e  color 
grigio-biancastro. 

Per  infissione  si  sviluppa  un  fittone  degradante  con  espansioni  la- 
terali lungo  il  canale  d' innesto  e  con  formazione  di  patina  rilevata  e 
lucente  sulla  superficie  libera  dell'agar  nel  tubo  di  assaggio. 

Colture  in  gelatina.  Per  infissione  si  forma  una  coppa  vnzia'e  di 
fusione  in  l'orma  di  imbuto  a  separazione,  quindi  la  fluidificazione  pro- 
gredisce rapidamente  in  forma  cilindrica  finché  tutta  la  gelatina  non  si 
è  liquefatta.  In  fondo  al  tubo  resta  un  abbondante  sedimento  filamen- 
toso di  un  grigio  biancastro. 

Piastra  in  gelatina.  A  grandezza  naturale,  dopo  24  ore  le  colonie 
sono  già  visibili  sotto  forma  di  punticini  grigio-bianchicci,  poco  rile- 
vati ed  a  contorno  regolare. 

A  50  diametri  le  colonie  superficiali  appaiono  tondeggianti,  poco 
rilevate,  con  margine  liscio  e  di  un  color  grigio  giallastro.  Le  colonie 
profonde  sono  ancora  tondeggianti  e  dalle  precedenti  si  distinguono 
unicamente  perchè  più  piccole. 

Tutte  le  colonie  crescono  rapidamente  di  numero  e  di  grandezza 
e  dopo  24  ore  incominciano  a  fluidificare  la  gelatina  che  in  36  ore  circa 
diventa  completamente  liquida,  grigia  e  torbida. 

Coltura  in  latte.  A  temperatura  di  stufa,  la  coagulazione  è  totale 
dopo  24  ore,  con  reazione  decisamente  acida  al  tornasole. 


—  210  — 

Coltura  in  patata.  A  temperatura  di  stufa  si  sviluppa  in  48  ore 
una  patina  grigio -giallastra,  che  invecchiando  imbrunisce  e  forma  una 
rete  assai  rilevata  a  maglie  irregolari. 

Colture  in  brodo  Loffler.  Si  ha  scarsità  di  sviluppo  con  leggiero 
intorbidamento  e  formazione  di  un  deposito  scarso  che  diventa  iìlante 
agitando  il  tubo.  La  coltura  con  l'età  diviene  verde-giallastra,  ed  alla 
superficie  del  liquido  e  sulle  pareti  della  provetta  si  forma  una  sottile 
pellicola. 

Esperienze  sulla  patogenesi.  Adoperando  colture  del  microrga- 
nismo sopra  descritto,  abbiamo  infettato  artificialmente  coll'aspersione 
giovani  piantine  di  peperone  appositamente  coltivate,  e  dopo  pochi 
giorni  la  malattia  si  è  riprodotta  con  tutti  i  caratteri  .specifici  àeWar- 
oizzimento,  dovuto  all'attacco  di  quasi  tutti  i  picciuoli  delle  foglie. 

L'infezione  ebbe  rapido  decorso  fino  a  completo  disseccamento  delle 
piante. 

* 
*  * 


Nel  settembre  dello  stesso  anno  (1912),  il  Direttore  della  Cattedra 
ambulante  d'agricoltura  di  Tortona  mandò  al  nostro  Laboratorio  delle 
piante  di  peperone  pure  colpite  da  aovizzimento  le  quali  presentavano 
tutte  le  alterazioni  di  già  riscontrate  e  descritte  nel  materiale  inviato 
dall'Unione  Agricola  Bergamasca. 

La  malattia  aveva  anzi  raggiunto  uno  stadio  più  avanzato  poiché 
tutte  le  parti  della  pianta  erano  fortemente  attaccate,  non  esclusi  i 
frutti,  dei  quali  alcuni  erano  atrofizzati  ed  altri  più  sviluppati  mostra- 
vano macchie  brune  di  forma  irregolare. 

Inoltre,  le  caratteristiche  strozzature  si  vedevano  non  solo  sui 
picciuoli  e  sui  peduncoli,  ma  altresì  sui  giovani  rami. 

A  questi  caratteri  esterni  corrispondevano  le  alterazioni  anatomo- 
patologiche  dei  sottoposti  tessuti  più  o  meno  ingialliti  ed  alterati. 

Sulle  piante  provenienti  da  Tortona  abbiamo  ripetute  le  nostre 
ricerche.  In  esse  trovammo  ancora  traccie  di  micelio  di  Fusarium,  ma 
soltanto  ed  esclusivamente  in  alcune  parti  di  radici  morte,  traccie  che 
mancavano  invece  in  tutte  le  altre  parti  della  pianta,  mentre  erano  nu- 
merosi i  microrganismi  nei  tessuti  attaccati. 

Con  pezzetti  di  questi  tessuti  malati  abbiamo  rifatto,  seguendo  il 
processo  di  già  descritto,  nuove  colture. 


—  211   — 

Da  queste  siamo  riasciti  ad  isolare  un  microrganismo  dotato  di 
caratteri  identici  a  quelli  del  microrganismo  trovato  ed  isolato  nelle 
piante  inviateci  dall'Unione  Agricola  Bergamasca. 


CONCLUDENDO: 

Il  Fusarium  vasinfecHnn  da  noi  pure  trovato,  ma  soltanto  su  por- 
zioni di  radici  erose  e  morte,  non  può  essere  la  causa  della  malattia 
A^W avvizzimento  dei  peperoni. 

Essa  invece  è  dovuta  ad  nn  microrganismo  da  noi  isolato,  che  non 
si  può  confondere  col  Bactemmi  Solanarearum  Smith.,  come  ci  si  può 
persuadere  confrontando  i  caratteri  morfologici  e  culturali  dei  detti  due 
microrganismi  '. 

Questo  che  noi  abbiamo  ora  studiato  e  descritto  lo  indichiamo  col 
nome  di  Bacillus  faiìsici  nuova  specie. 

Dal  Laboratorio  Crittogamico,  dicembre  1912. 


'  Pavarino  L.,  Sulla  batferiosi  del  pomodoro  (Atti    deiristituto    Botanico 
dell'Università  di  Pavia,  Serie  ii,  voi.  xii). 


213 


Rassegna  crittogamica  dell'anno  1911,  con  notizie  sulle  ma 
lattie  dei  meliloti,  dei  latini,  del  fieno  greco,  del  trifoglio 
giallo,  ecc.,  dovute  a  parassiti  vegetali.  —  Relazione  del 
l)rot'.  Giovanni  Briosi,  direttole  della  II.  Stazione  di  botanica  crit- 
togamica (Laboratorio  crittogamico  in  Pavia). 

Se  nel  1910  i  numerosi  parassiti  vegetali  arrecarono  danni  gra- 
vissimi alle  culture  delle  piante  da  frutto  e  da  ortaggio  ed  ai  cereali, 
non  meno  rattristanti  si  presentarono  quest'anno,  in  parecchie  località, 
le  condizioni  dei  vigneti  e  di  molti  finiteti.  E  ciò  perchè,  malgrado  le 
cure  preventive  g'eneralmente  eseguite  e  i  trattamenti  continuati  lungo 
la  stagione  estiva,  l'avvicendarsi  delle  stagioni  fu  tale  da  offrire  con- 
dizioni assai  favorevoli  jier  lo  sviluppo  di  parecchie  crittogame;  tanto 
che  si  verificò  in  quest'anno  il  diffondersi  di  molti  parassiti,  che  co- 
munemente appaiono  solo  qua  e  là  sporadicamente,  e  non  arrecano  di 
solito  che  lievissimi  danni. 

Le  abbondanti  pioggie,  le  nevicate  copiose  e  la  permanenza  pro- 
lungata della  neve,  con  giornate  fredde  e  piovose,  furono  le  caratte- 
ristiche climatiche  dell'inverno  1910-1911,  che  si  protrassero  sino  alla 
metà  di  aprile,  almeno  in  molte  località  dell'Italia  superiore.  Segni  un 
breve  periodo  di  siccità,  al  quale  succedettero  le  attese  pioggie  nel 
maggio  e  nel  giugno,  accompagnate,  purtroppo,  in  quest'ultimo  mese, 
in  parecchi  luoghi  da  grandinate. 

Ciò  facilitò  naturalmente  il  rapido  diffondersi  di  molte  malattie, 
specialmente  della  peronospora  nella  vite,  della  Flnjiopldhora  infestans 
nelle  patate  e  nei  pomidori;  dell'oidio  pure  nella  vite;  delle  ruggini 
e  del  carbone  nei  cereali:  micromiceti,  la  maggior  parte  dei  quali  tro- 
varono migliorate  le  condizioni  di  sviluppo  e  di  vita  e  facilitata  cosi 
la  loro  diffusione. 

Il  luglio  e  l'agosto  caldi  e  secchi  e  il  bel  tempo,  che  si  protrasse 
quasi  dovunque  anche  nel  settembre,  diedero  una  breve  tregua  al  pro- 
pagarsi delle  epidemie,  arrestando  le  condizioni  favorevoli  per  lo  svi- 
luppo delle  crittogame,  yiecialmente  negli  ortaggi  e  nelle  piante  da 
frutta. 

Tuttavia,  specialmente  nella  nostra  plaga,  il  raccolto  dell'uva  fu 
inferiore  per  quantità  a  quello  dell'anno  precedente,  causa  i  forti  e 
diffusi  attacchi  di  peronospora  anche  nei  grappoli.  Cosi  pure  la  rac- 
colta delle  pere  e  delle   mele   fu    inferiore,   se   non    per  quantità,   per 

Atti  deirUt.  Bot.  cìeìfUnirersilà  di  Paria  —  Serie  II  —  Voi.  XV.  19 


—  21.4  — 
qualità  a  quella  degli  anni  scorsi  e  sui  mercati,  infatti,  apparvero,  du- 
rante tutto    l'inverno,   tali   frutti,  in    grande   qnantità.   completamente 
deturpati  dalla  ticcìiioìalura  {Fusidadium  pirinum  e  F.  demìrilkum). 

Tra  le  malattie,  che  più  si  accentuarono  quest'anno,  vanno  notate: 
sugli  ulivi  il  pnnteniolo  (Phleothribus  oleae)  e  VAnlenuaria  ehieophila;  nei 
frutteti  la  ticchiolatura  del  melo  e  del  pero,  o  hrusone,  dovuta  al  Ftixi- 
cladinm  e  nella  vite  il  sigaraio  {Ehynchites  hetuhli),  clie  ebbero  in  di- 
verse località  larga  diffusione. 

Danni  rilevanti  furono  altresì  causati  dalle  amjùiUule,  che  forte- 
mente si  diiTusero  in  alcuni  hioghi  della  Liguria,  distruggendo  intere 
coltivazioni  di  piante  da  fiore,  specialmente  di  violette,  che  ivi  si  col- 
tivano su  grande  scala,  e  costituiscono  nn  notevole  articolo  di  com- 
mercio. Le  anguillaie  arrecarono  gravi  danni  anche  agli  ortaggi  si)ecial- 
mente  dei  dintorni  di  Veglierà. 

Sul  mal  nero  della  vite  fu  pure  in  quest'anno  richiamata  ripetu- 
tamente l'attenzione  del  nostro  Laboratorio. 

Pili  intensamente,  che  nell'anno  scorso,  si  sviluppò  e  si  diffuse 
altresì  il  mal  della  bolla  del  pesco  {Exoascus  deformans). 

In  compenso  infierirono  meno,  generalmente,  la  tignnola  e  il  ros- 
sore nella  vite,  e  l'avvizzimento  dei  germogli  nel  gelso,  ecc. 

Nuove  malattie  nell'erba  medica  e  nelle  violaciocche.  —  Dal 
Mantovano  ci  pervennero  dei  campioni  di  erba  medica  presentanti  1 
sintomi  di  una  malattia  di  carattere  particolare,  clie  non  poteva  ascri- 
versi né  alla  Ehizoctonia  violacea  {mal  vinato),  né  ad  insetti.  Dall'esame 
delle  diverse  parti  delle  piante  attaccate  emerse  die  tali  alterazioni 
erano  dovute  ad  nna  infezione  bacterica,  che  lia  inizio,  dopo  la  falcia- 
tura, nei  fusti  mutilati,  e  da  essi  si  propaga  verso  il  basso,  seguendo 
di  preferenza  il  midollo,  fino  alla  radice. 

Questa  malattia  arrecò  ai  medicai,  in  diverse  località  del  Jlanto- 
vano,  danni  ingenti,  poicliè  le  piante  infestate  da  questo  bactevio  muo- 
iono in  breve  tempo  e  l'infezione  si  propaga  facilmente.  Per  buona  for- 
tuna pare  che  essa  non  infetti  anciie  il  trifoglio,  tuttavia  è  bene  met- 
tere in  guardia  gli  agricoltori  anche  contro  questo  nuovo  malanno.  Esso 
è  presentemente  oggetto  di  ulteriori  studi  nel  nostro  Laboratorio. 

Un'altra  malattia,  che  prima  d'ora  non  aveva  richiamato  l'atten- 
zione degli  studiosi,  si  è  manifestata,  in  diverse  località  della  Riviera 
ligure  di  Ponente,  sopra  le  violaciocclie  (llattiole),  delle  quali  si  colti- 
vano campi  interi  per  la  produzione  di  fiori  invernali,  e  che  hanno 
quindi  non  piccola  importanza  per  l'agricoltura  di  quella  regione.  La 
causa  ne  è  tuttora  ignota,  ma  su  di  essa  si  stanno  facendo  studi  nel 
nostro  Laboratorio,  che  promettono  buone  resultanze. 


—  215  — 

Mal  dell'  inchiostro.  —  Anche  in  questo,  come  negli  scorsi  anni, 
la  morìa  dei  castagni,  o  mal  dell'inchiostro  (dovuta  al  Corìjneinn  jicrin- 
ciosum  Briosi  e  Farneti),  non  cessò  di  diffondersi,  allargando  sempre 
più  i  suoi  danni. 

Dalle  nuove  osservazioni  compiute  durante  alcune  ispezioni  ai  ca- 
stagneti di  Barga  e  del  Piemonte  e  dallo  studio  del  materiale  amma- 
lato eseguito  in  Laboratorio,  risultò  clie  varie  cause  concomitanti  pos- 
sono rendere  più  rapido  il  decorso  del  male  ed  aggravarne  le  disastrose 
conseguenze.  Tali  cause  sono  presentemente  oggetto  di  ulteriori  studi 
da  parte  nostra,  dei  quali  a  suo  tempo  si  renderà  conto. 

In  precedenti  rassegne  noi  studiammo,  in  altrettanti  capitoli  spe- 
ciali, la  ruggine  ed  il  carbone  dei  cereali;  le  malattie  che  affettano  le 
pomacee;  quelle  che  affliggono  il  gelso,  il  pioppo  e  quelle  proprie  del 
riso,  della  canapa  e  delle  barbabietole.  Nel  1908  incominciammo  ad 
occuparci  delle  malattie  delle  leguminose,  studiando  nella  Bassegna 
Crittogamica  del  1908  quelle  dell'erba  medica,  nella  Eassegna  del  1909 
quelle  dei  trifogli  e  delle  veccie  e  nella  Eassegna  del  1910  quelle  dei 
lupini,  della  lupinella,  della  sulla  e  dei  pioppi  \ 

Nella  presente  Bassegna  riassumeremo  le  notizie  che  si  hanno 
sulle  malattie  che  affliggono  le  altre  leguminose  foraggiere,  cercando, 
come  al  solito,  di  raccogliere  dai  Trattati  e  dalle  pubblicazioni  tutte, 
italiane  e  straniere,  quanto  sino  ad  ora  si  conosce  intorno  ad  esse.  Le 
leguminose  che  si  impiegano  per  foraggio  sono  molte  (fra  spontanee  e 
coltivate)  e  vanno  soggette  a  parecchie  malattie,  che  spesso  si  mani- 
festano con  caratteri  simili  tra  di  loro,  anche  quando  sono  dovute  a 
funghi  parassiti  appartenenti  a  specie  diverse. 

Noi  per  ognuna  daremo  i  caratteri  macroscopici  che  le  distinguono, 
e,  per  diminuire  le  troppe  e  noiose  ripetizioni,  rimanderemo,  per  pa- 
recchie di  esse,  a  quanto  fu  già  detto  nelle  Eassegne  crittogamiche  pre- 
cedenti. Riguardo  ai  rimedi  ben  poco  si  conosce  per  ciascheduna  in  par- 
ticolare, e  poco  in  realtà  si  può  fare,  poiché  trattandosi  di  piante  che 
vengono  consumate  come  foraggio,  non  si  possono  imbrattare  con  so- 
stanze estranee  e  più  o  meno  nocive  per  gli  animali  che  se  ne  deb- 
bono cibare.  In  generale  si  può  dire,  almeno  per  la  maggior  parte,  che 
il  rimedio  migliore  consiste  nel  falciare  le  aree  infette,  non  appena 
l'agricoltore  le  avverta  e  prima  che  il  parassita  pigli  piede  e  si  diffonda, 
e  nell'asportare  dal  campo  e  distruggere  le  piante  infette  falciate. 


'Vedi  TìoUettiiin  l'//ii-/<i/i- lìd  Ministeri)  (ì'.\gi-ic(jlliir(i,  liKÌiis/ria  <■  Voiiiiiutcìo, 
Serie  C,   fascicoli  di   l'eliljiaio  e  maggio  (ii.  '2  e  5)  li»10,  e  agosto  (ii.  H)  l'Jll. 


—  216  — 


Non  va  anche  taciuto  che  per  parecchie  di  esse  il  danno  che  ca- 
gionano non  è  in  generale  di  molto  rilievo,  poiché  alcuni  dei  parassiti 
che  le  producono  di  rado  raggiungono  larga  diffusione. 


V.  '        Malattie  «lei  moliloti,  dei  latiri.  del  fieno  greco,  del  tri- 
foglio giallo,  ecc.  dovute  a  parassiti  vegetali. 

A)  Meliloti  (Melilotiis  officinalis  Lani  ,  alba  Desr.,  italica  Lain.). 

Queste  piante  sono  attaccate  da  crittogame  e  da  fanerogame. 

1)  Peronospora  [Peronospom  Trifoliorum  De  Bary).  Determina 
.sulle  foglie  delle  areole  scolorate  in  corrispondenza  delle  quali  notasi 
sulla  pagina  inferiore  un'efflorescenza  bianchiccia  data  dai  conidiofori 
(organi  fruttiferi  del  fungo).  Vedi  anche  cap.  I,  A,  a,  in  lìasser/va  crit- 
togamica del  1908. 

2)  Mal  bianco  prodotto  dAÌV Eri/siphe  Pohjgoni  DC.  Le  parti  col- 
pite da  questo  parassita  si  presentano  ricoperte  d'un  rivestimento 
bianco,  farinoso,  sul  quale  compaiono  più  tardi  dei  minutissimi  corpic- 
ciuoli  neri  (periteci).  Vedi  anche  cap.  I,  A,  ci,  in  Bassegna  crittogamica 
del  1908. 

Macchie  su  foglie  e  steli  producono  anche  altri  micromiceti  paras- 
siti, quali: 

3)  Ascochyta  caulirola  Laub.,  che  attacca  gli  steli,  sui  quali  pro- 
duce macchie  bianche  orlate  di  bruno,  di  varia  grandezza,  disseminate 
più  tardi  di  piccoli  corpicciuoli  neri,  che  sono  i  corpi  fruttiferi  del  fungo. 

4)  Stagonospora  carpathica  Biinnl.  Si  sviluppa  sulle  foglie,  pro- 
ducendo macchie  bianchiccie  con  margine  bruno  scuro,  rotondeggianti 
od  irregolari. 

5)  Septoria  Meliloti  Sacc.  Su  ambo  le  pagine  delle  foglie  foima 
delle  piccole  macchie  biancastre,  quasi  circolari,  con  oiio  un  poco 
rialzato. 

6)  Cercospora  Meliloti  Oud.  Determina  sulle  foglie  macchie  bian- 
chiccie, secche,  rotonde,  ovali  od  oblunghe,  della  grandezza  di  2  a  4  nini., 
sulle  quali  poi  compaiono  dei  piccoli  puntini  oscuri. 

7)  Cuscuta.  Vive  talora  parassita  sulle  parti  aeree  Vepitimo  {Cu- 
scuta Epithymnm  L.),  di  cui  si  è  già  parlato  nelle  malattie  dell'erba 
medica,  onde  si  rimanda  al  cap.  I  A,  m,  in  lìassegna  rrittogamica  del  1908. 


'  Vedi:  I.  Mnl(i/ti(t  dcll'erlin  mollica  in  Rassegii.a  1908;  IT.  Miilfiltic  ih'i  tri- 
fti'jlì  0  ITI.  Malaiìie.  dulie  rccc/e  in  K;issegna  l'.Kj;);  T\'.  Muluttic  lìd  lupini,  drlln 
liijjinella  e  della  salla  in  Rassegna  1910. 


—  217  — 

8)  Orobaiidie.  Sulle  radici  vive  talvolta  VOroòanrlie  gyarilis  Sm., 
(Iella  quale  iiarlammo  nelle  malattie  della  lupinella  (vedi  Gap.  IV,  B,  9, 
iu  Rassegna  crittogamica  del  1910;  e  pei  rimedi,  cap.  I,  B,  e,  in  lìassegna 
del  1908). 

B)  Latiri  {Lathgrus  sativus  L.;  silcester  L.;  prateiisis  L  ; 
pahister  L-,  ecc.). 

I  Lat/ìì/rus  vanno  .soggetti  alle  seguenti  malattie  d'origine  vegetale: 

1)  Peronospora  {Peronospora  Viciae  De  By.).  Della  P.  Viciae  si  è 
già  fatta  menzione  nelle  malattie  delle  veccie,  al  cap.  Ili,  a,  in  Rassegna 
crittogamica  del  1909. 

2)  Carbone.  È  prodotto  dalla  T/iecaphora  Latlujyi  Kiìlin.,  una  usti- 
lagiuea  che  si  sviluppa  nei  semi  del  Lutlnjrus  pratensi^,  nei  quali  forma 
nna  polvere  nerastra,  costituita  da  masse  di  spore,  che  erompono  al- 
l'esterno coll'apertura  del  baccello. 

3)  Ruggine.  È  causata  dall'  Uromgces  Pisi  (Pers.)  De  By.,  un 
fungo  parassita  del  gruppo  delle  uredinee,  che  compie  il  suo  ciclo  di 
vita  su  due  diverse  piante  e  cioè  sui  latiri  (ed  i  Pisum)  nelle  forme 
uredo  e  teleutosporica  e  sull'erba  cipressina  {Euphorbia  cuparissias)  nella 
forma  ecidiosporica.  È  quindi  un'uredinea  eteroica  come  l'f^.  striatus  che 
causa  la  ruggine  dell'erba  medica  (vedi  cap.  I,  A,  h,  in  Rassegna  crit- 
togamica del  ]  908). 

4)  Mal  bianco.  E  prodotto  dall'attacco  AeWErysiphe  Poli/goni  DC, 
di  cui  si  è  già  detto  nelle  malattie  dell'erba  medica  al  cap.  I,  A,  d,  della 
Rassegna  crittogamica  del  1908  ed  in  quelle  dei  trifogli  al  cap.  II,  A,  in 
Rassegna  del  1909. 

5)  Avvizzimento.  Nei  latiri  ed  in  altre  leguminose  l'avvizzimento 
è  causato  da  specie  di  funghi  parassiti  del  genere  Fusarinm  (Vedi 
cap.  IV,  A^  in  Rassegna  crittogamica  del  1910). 

Macciiie  diverse  sulle  foglie  dei  LcUliyrus  sono  prodotte  anche  da 
altri  fungini  parassiti,  quali: 

6)  Plìi/Hosticta  lathìjrina  Sacc,  che  forma  su  ambo  le  pagine  della 
foglia  macchie  irregolari  di  color  ocraceo-pallido,  con  maigine  rossiccio. 
Si  sviluppa  sul  Lathyrus  silvesier. 

7)  Placosphaeria  Onohnjrhidis  Sacc.  Produce  alterazioni  simili  a 
quelle  che  determina  sulla  lupinella  (vedi  cap.  IV,  B,  5,  in  Rassegna 
crittogamica  del  1910). 

8)  Ascochgta  Lathjri  Trail.  —  Si  sviluppa  sul  Lathyrns  silcester, 
sulle  cui  foglie  provoca  la  formazione  di  macchie  irregolari,  che  si  esten- 
dono a  quasi  tutto  il  lembo  fogliare. 


—  218  — 

9)  Ovularia  deusta  (Fnck)  Sacc.  Foima  sulle  foglie,  tanto  del  La- 
thyrus  pratensis  che  del  L.  siìvcstcr,  inaccliie  linuio  nere,  ciie  si  esten- 
dono fino  a  tutto  il  lembo  fogliare  e  nelle  quali  notansi  dei  piccoli  ciuf- 
fettini  puntiformi,  rosei. 

10)  Isan'opsis  canìcci  Oud.  Dà  su  aml)0  le  pagine  fogliari  delle 
macchie  nere  lanceolate,  sulle  ijuali  appaiono  i  corpi  fruttiferi  del  fungo, 
in  forma  di  piccolissimi  cespuglietti  puntiformi,  dapprima  bianchi,  poi 
di  color  rosso  carne. 

11)  Fusoma  Feurichii  Syd.  Questo  micromicete  parassita,  recen- 
temente trovato  dal  Sydow  sul  Laihyrus  silvcster  in  Sassonia,  sviluii- 
pasi  specialmente  sugli  steli  e  sui  picciuoli  fogliari  e  più  raramente 
sulle  foglie.  Uccide  le  parti  delia  pianta  che  attacca,  le  quali  presen- 
tausi  cosparse  di  piccoli  cespuglietti  di  color  rosso  carne,  densamente 
aggregati    e  fra  di  loro  confluenti. 

12)  Orobanche.  Sulle  radici  del  LatlnjniH  vive  talvolta  parassita 
la  Oi-ohanche  grariUs  Sm.,  come  sui  Meliloti. 

C)  Fieno  greco  (  Trigonella  Foenum-graecum  L.). 

Nelle  parti  aeree  viene  attaccato  à&WUromyccs  Trigonelìae  Pat.,  che 
vi  causa  l'alterazione  nota  col  nome  di  i-uggine  (vedi  cap.  I,  A,  //,  in 
lìassegiia  cn'ttogamira  del  19U8)  e  da  un  altro  micromicete,  la  Cerco^pova 
Traversiann  Sacc,  che  attacca  le  foglie,  producendo,  su  ambo  le  pagine, 
macchie  bruniccie,  arrotondate  o  semi-circolari,  che  possono  raggiun- 
gere sino  un  centimetro  di  diametro;  nelle  radici  invece  viene  attac- 
calo dalla  T/iielaria  basicola  Zopf,  che  vi  determina  V imhrunimento  delle 
radici  come  fu  descritto  pei  lupini  al  cap.  IV,  .1,  11  nella  lìasseyna  crit- 
togamica del  1910. 

D)  GiNESTRiNA  0  TRIFOGLIO  GIALLO  {Lolus  comiculatus  L.  ; 
L.  uliginosus  Sch.). 

Va  soggetta  alle  seguenti  malattie: 

Ij  Cliitiidiosi  0  Escrescenze  delle  foglie,  causata  i\»\VOipidiìim 
Trifola  Sclirot.,  Vrophlyctis  Trifola  Magnus.  (Vedi  Malatlic  dei  trifogli, 
cap.  II,  A,  in  Basscgna  criltogaiiìica  del  1909). 

2)  Peronospora  {Peronospora  TrifoUoriim  De  By.,  come  nei  Meli- 
loti.  Vedi  sopra,  cap.  V,  ^,  1  ;  ed  anche  cap.  I,  A,  b,  in  Basscgna  critto- 
gamica del  1908). 

3)  Ruggine  causata  dall' [/rowvres  striatiis  Schrdt,,  già  descritto 
nelle  Malattie   delTerba  medica  al  cap.  I,  A,  b,  in  Basscgna  crittogamica 


—   219  — 

del  1908;  e  dAWUroìiii/ces  Eiipìiorbiae  condcuhiti  E.  lordi,  due  specie 
molto  simili  fra  loro,  che  foiiiiaiio  le  ecidiospore  v\\\Y Kupliorbia  Ciipu- 
n'ssias,  come  l' Urom.  Pisi. 

4)  Mal  bianco  {Enjsiplie  Polijgoui  DC).  Vedi  cap.  I,  A,  d,  in 
Bassegna  crittogamica  del  1908. 

5)  Cancro  o  Mal  dello  sclerozio,  prodotto  dal  fungo  Mitrula  scìe- 
rofionoii  Rostr.  Le  piante  colpite  muoiono  nelle  parti  aeree,  le  quali  si 
ricoprono  di  chiazze  brune,  poi  avvizziscono  ed  imputridiscono,  di  guisa 
che  non  rimangono  infine  che  resti  di  epidermide  e  di  fasci  lìbiova- 
scolari.  Sulle  piante  morte  si  formano  poi  qua  e  là  dei  corpicciuoli  tu- 
berosi, solidi,  neri  esternamente  e  bianchicci  all'interno,  che  sono  i 
cosi  detti  sclerozi.  (Vedi  anche  cap.  I,  A,  g,  in  liassegna  crittogamica 
del  1908). 

Macchie  diverse  sulle  foglie  possono  esser  prodotte  inoltre  da: 

6)  Pseitdopeziza  Trifola  Fuck.  (Vedi  Cap.  II,  A,  g,  in  Passegna 
crittogamica  del  1909). 

7)  Ovularia  sphaeroidea  Sacc,  che  forma  delle  macchie  brune,  per 
lo  più  angolose,  con  muffa  bianchiccia  sulla  pagina  inferiore. 

8)  Bamularia  Schulzeri  Baunil.,  che  dà  macchie  dapprima  ocracee, 
infine  rossiccie  e  di  forma  indeterminata. 

La  ginestrina  inoltre  può  essere  pre.sa  dalla  Cuscuta  Epithymum  L. 
(come  i  Meliloti)  che  ne  attacca  le  parti  aeree;  e  dalla  Orobanclie  minai- 
Sutt.  (Vedi  cap.  II,  B,  b,  in  Passegim  crittogamica  del  1908),  che  vive 
a  spese  delle  radici. 


E)  Vulneraria  o  Trifoglio  delle  sabbie  {AìdìnjUis  vulneraria  L.). 

Oltre  che  al  cancro  o  mal  dello  sclerozio  {Sclerofiuia  Trifoliorum) 
Erikss.  (vedi  cap.  I,  A,  g,  in  liassegna  del  1908)  questa  leguminosa  fo- 
raggiera  va  soggetta  anche  alle  seguenti  malattie: 

1)  Ruggine.  Si  ha  in  seguito  all'attacco  deUTrowyefs  Anthyllidis 
Schriit.,  che,  come  altre  specie  di  Uromgccs  già  menzionate,  forma  sulle 
foglie  delle  macchioline  rotondeggianti,  polverose,  da  jìrima  di  color 
bruno  castano  (uredosori),  di  poi  bruno-nere  (teleutosori).  Vedi  anche 
cap.  I,  A,  b,  in  Eassegna  crittogamica  del  1908. 

Macchie  nelle  foglie  sono  causate  da  altri  fungilli,  quali: 

2)  Cercospora  radiata  Fuck.,  che  forma  delle  chiazze  secche, 
brune.  È  molto  probabilmente  la  forma  imperfetta,  conidica  della  Sphae- 
rella  Vulnerariae  Fuck.,  che  si  riscontra  piii  tardi  sulle  foglie  morte  e 
che  sarebbe  lo  stadio  perfetto,  ascoforo  del  fungo. 


—  220  — 

3)  Septoria  AnthijìUdis  Sacc.  Determina  chiazze  secclie,  biancastre, 
che  invadono  poco  a  poco  l'intera  foglia  e  sulle  quali  compaiono  infine 
piccoli  corpicciiioli  puntiformi  neri  (organi  fruttiferi). 

F)  Serradella  {Ornithopus  sativus  L.). 

Può  essere  attaccata  dalla  lì/iizoctonia  violacea  Tul.,  cau.sa  del  mal 
vinato  (vedi  T,  B,  a,  in  lìassecjna  crillogamica  del  1908)  e  dalla  Ovohaitclie 
minor  Sutt.  (vedi  cap.  II,  B,  h,  in  lxassc(jiiu  del  1909),  ambedue  parassiti 
delle  radici. 

Va  inoltre  soggetta  al  così  detto  avvizzimento,  causato  da  specie 
parassite  del  genere  Fusarinm,  come  i  Latiri  di  cui  sopra. 

G)  Capragginb  {Galega  officinalis  L.). 

Oltre  die  dall' (//-ow/yccs  Genislae-linciariae  (Pers.)  Fkl.,  clie  vi  de- 
termina la  solita  ruggine,  questa  leguminosa  può  essere  attaccata  anche 
da  altri  micromiceti  parassiti,  che  producono  macchie  diverse  sulle 
foglie,  quali: 

1)  Ramularia  Galegae  Sacc,  clie  forma  in  ambo  le  pagine  fogliari 
macchie  quasi  circolari,  bianchiccie,  con  margine  bruno. 

2)  Cercospora  Galegae  Sacc,  che  dà  macchie  di  forma  oblunga, 
biancastre,  cinte  di  una  zona  oscura. 

//)  Astragali  (Asiragalus  gli/ci/phì/lltis  L.;  alpinns  L.,  ecc.). 

Vanno  soggetti  alle  seguenti  malattie  : 

1)  Ruggine.  È  causata  dnW  Uromuces  Astragali  Sacc.  e  da  qualche 
altra  specie  dello  stesso  genere. 

2)  Mal  bianco.  Negli  Astragali  è  prodotto  dall'attacco  della  Krij- 
sìplie  Poli/goni  DC.  e  della  Alicrosphaera  Astragali  (DC.)  Trev. 

3)  Peronospora  {Peronospora  Trifoliornm  De  By).  Vedi  sopra  nei 
Meliloti  A,  I. 

4)  Septoria  Astragali  Desm.  Bornia  sulla  pagina  superiore  delle 
foglie  macchie  irregolari,  dapprima  grigiastre,  poi  nericcie,  cosparse  di 
piccoli  puntini  neri  dati  dagli  organi  fruttiferi  del  fungo. 


221 


1)  Soia  {Soja  Hispida  Moeucli). 

Sulle  foglie  di  questa  leguminosa  possono  svilupparsi  due  micro- 
miceti  parassiti: 

1)  Pfii/Uosficta  sojaecola  Mass.,  elie  provoca  la  formazione  di 
macchie  rotondeggianti  o  irregolari,  angolose,  clie  seguono  le  nervature 
più  robuste  e  sono  da  prima  di  color  scuro  uniforme,  indi  bianchiccie 
verso  il  centro,  cinte  da  una  sottile  zona  quasi  nera. 

2)  Septoria  sojina  Thiim.,  che  forma  macchie  irregolari,  gial- 
liccie, limitate  da  un  margine  stretto,  di  color  porpora  scuro,  nelle 
quali  appaiono  disseminati  sulla  pagina  fogliare  superiore  i  corpi  frut- 
tiferi del  fungo,  a  guisa  di  piccoli  puntini  neri. 

L)  Pisello  dei  campi  (Pisum  arceìise  L.). 

Di  malattie  crittogamiche,  che  possano  danneggiare  questa  legu- 
minosa, è  nota  solo  la  ruggine,  causata  dall'  Vromìjecs  rhi. 

Probabilmente  essa  sarà  soggetta  allattacco  anche  di  ali  ri  paras- 
siti, che  si  riscontrano  sul  pisello  comune. 

M)  Coronilla  varia  L.  e  C.  Emerus  L. 

Sulla  prima  si  sviluppa  talora  la  Peronospora  Trifoliontm  De  By. 
(Vedi  I,  A,  a,ìì\  Rassegna  del  1908);  sulla  seconda  sono  stati  riscon- 
trati i  seguenti  altri  micromiceti: 

1)  Sphaerella  Ariadna  Sacc. 

Produce  sulle  foglie  macchie  indeterminate,  aride,  biancastre,  cinte 
da  orlo  rosso. 

2)  Ascochijta  Emeri  Sacc,  che  dà  macchie  spesso  marginali,  secche, 
di  color  bianco  sporco,  cinto  di  rosso. 

3)  Septoria  Eineri  Sacc,  che  determina  macchie  di  diversa  forma, 
bianchiccie,  aride,  con  margine  scuro. 

Possiamo  citare  anche  le  seguenti  leguminose  foraggere,  piìi  o 
meno  importanti  dal  punto  di  vista  agrario,  sui  parassiti  delle  quali 
poco  si  conosce: 

Genere  Vigna,  di  cui  alcune  specie  possono  venire  attaccate  da 
qualche  uredinea  {Uromi/ces  appendiculafus  [Fevs.]  Lk.;  Uredo  Vignae 
Bres.,  ecc.)  che  causa  la  così  detta  ruggine  e  dalla  Cercospora  Vignae, 
che  produce  sulle  foglie  macchie  piccole  rotondeggianti  od  irregolari, 
talora  confluenti,  bruno-rossiccie. 


—  222r— 

DoUchos  melanopìithalmus  DC,  il  quale  imo  essere  attaccato  dalia 
Cercoifpora  Dolic/ii  Eli.  et  Ev.  e  dalla  .S'e/j/or/a  Melanoplitltnìmi  Eli.  et  Ev., 
che  iHoducono  sulle  foglie  niaecliie  rossiccie,  oppure  biaiiciiiccie  con 
margine  rosso. 

Dnrijcniwn  herbaceum  Vili  ,  sulle  cui  foglie  può  svilupparsi  la  Krij- 
siphe  taurica  Lèv.,  che  vi  determina  un'alterazione  simile  a  quella  nota 
col  nome  di  nebbia  o  mal  biaiico  (vedi  Gap.  I,  A,  a,  in  Bassegna  del 
1908);  la  Phaca  alpina  Jacq.  (cece  di  montagna)  ;  il  Teiiagonolobus  si- 
liguosus  Rotli.  (loto  dei  prati);  VErvum  liirsutnm  L.;  la  Genista  r/crma- 
nica;  VOrobus  venuis  L.;  YO.  niger  L.,  ecc.,  le  quali  vengono  attaccate 
da  alcune  specie  di  Uroiiiycef:  (  U.  Fabac  [Peis.]  De  By.;  V.  Laburni  [DC] 
Fuck;  U.  Genistac,  ecc.),  che  vi  producono  la  solita  ruggine  (vedi  cap.  T, 
A,  b,  in  Eassegnn  del   1908). 

Infine  sulla  Vida  Ervilia  Wild,  (moco  o  cicerehielbi),  %\\\V  ì'Iex  eu- 
ropaeus  L.  (ginestrone),  sulla  Psoralea  bituminosa  L.,  sulla  Hippocrepis 
ramosa  L  non  sono  stati  finora  notati  parassiti  vegetali. 


ELENCO   DEGLI   ESAMI   FATTI. 
Malattie  della  vite. 

Peuonospora  {Plasilìopara  viticola  (Berk.  et  Ourt.)  Beri,  et  De  Toni], 
sopra  tralci  e  foglie  inviate  dalla  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura di  Ijangliirano,  e  dalla  Cattedr.i  ambulante  d'agricol- 
tura di  Forlì;  sopra  grappoli,  inviati  dal  sig.  ing.  Felice  Ar- 
dizzone  di  Ferrara,  dal  sig.  prof.  Evaristo  Jelmoni,  direttore 
della  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Bobbio,  dal  sig.  dot- 
tore R.  Ferrari  di  Canneto  Pavese,  dal  sig.  prof.  F.  Gabrielli, 
direttore  della  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Sarzana; 
sopra  foglie  e  grappoli  nell'Orto  botanico  di  Pavia  e  negli  altri 
orti  della  città  e  dintorni,  come  pure  in  molte  località  del- 
l'itltrepò  pavese Esami  N.  1.50 

Oidio  (Oidiiim  Tuclceri  Berk.),  soiira  grappoli  inviati  dal  sig.  Calvi 
di  Groppello  Caiioli,  nell'Orto  botanico  ed  in  diversi  giardini 
di  Pavia  e  dintorni  (S.  Giuseppe,  S.  Lanfranco,  Torretta,  Cas- 
sinino,  ecc.) i     40 

Antracnosi  maculata  [Gloeosporìum  ampelophagum  [Pass.]  Sacc), 
sopra  tralci  e  grappoli  inviati  in  diverse  riprese  dal  sig.  Calvi 
di  Groppello  Cairoli „       6 


•—^223'  — 

AuREOBAsiDiuM  viTis  Viala  et  r.oyer,  sopra  foglie  inviale  dal  pro- 
fessore F.  Bonuccelli,  direttore  della  Cattedra  ambulante  di 
agricolt.  di  Lucca,  e  da  Groppello  Cairoli  (sig.  G.  Calvi)  Esami  N.      8 

Cercospora  viticola.  (Ces.)  Sacc,  sopra  foglie  di  Clinton  a  Grop- 
pello Cairoli  ed  in  orti  dei  dintorni  di  Pavia   .     .     .     .     .    „     12 

Marciume  delle  radici  {Dematophora    uecatiix  Hart.),  sopì  a   radici 

di  vite  inviate  dalla  Cattedra  aiiibul.  d'agricolt.  di  Saluzzo    „       2 

FiTOPTOSi  {Phìjloptus  Vitis  Land.),  sopra  foglie  di  vite  inviate  dalla 
Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Bobbio  e  da  Chiavari,  ed 
in  alcuni  giardini  di  Pavia      .     .     ....     ......     .    „     20 

Rossore  {Telranichus  telarius  L.),  su  foglie  di  vite  in  alcuni   giar- 
•     dini  di  Pavia  e  dintorni „     15 

Sigaraio  {lìhijnchitcs  betuìeli  Fabr),  in   grande  quantità  sopra  viti        ' 
a  Barga  (Lucca)  e  nei  dintorni  di  Bagni  di  Lucca  .     .     .    „     15 

Mal  nero  (Bctcillus  vitivonis  Bacc),  sopra  viti,  inviate  dalla  Cattedra 
ambulante  d'agricoltura  di  Voghera;  in  vigneti  di  Chiavari 
(prof.  G.. Arieti);  a  Ri  (Chiavari),  in  vigneti  del  sig.  Camilla; 
a  S.  Pietro  in  Canne,  in  vigneti  della  signora  Clelia  Salviui  e 
del  signor  Emanuele  Raffo ,30 

Antracnosi  punteggiata,   sopra  tralci   di   vite   inviati  dal  Comizio 

agrario  di  Este  (Padova) „       2 

Scottatura,  colpo  di  sole,  in  grappoli  d'uva  e  foglie  di  vite  inviate 
dal  prof.  F.- Francolini,  direttore  della  Cattedra  ambulante  di 
agricoltura  di  Spoleto;  dal  Consorzio  antifillosserico  di  Gala- 
tina  (Ijecce);  da  Lucca  (prof.  Fortunato  Bonuccelli);  dalle  Cat- 
tedre ambulanti  d'agric.  di  Udine  e  di  Casalmaggiore,  ecc.    „     20 

Colatura,  sopra  grappoli  inviati  dalla  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura di  Porto  Maurizio  (prof.  F.  Zannoni)  e  da  quella  di 
Casalmaggiore •     •    „       4 

Malattie  diverse.  Bacteri  e  miceli  fungini  in  talee;  e  micelio 
bianco  sopra  barbatelle  inviate  dal  prof.  Zago,  direttore  della 
Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Piacenza;  tralci  con  le- 
sioni prodotte  da  grandine  inviati  da  Chiavari  (prof.  G.  Arieti)   „     10 

Malattie  indeterminate.  Alterazioni  delle  quali  non  si  è  potuto 
determinare  la  causa  si  riscontrarono  sopra  tralci,  germogli  e 
foglie  di  vite  inviate  dalle  Cattedie  ambulanti  d'agricoltura  di 
Chiavari,  di  Bobbio  e  di  Piacenza „     12 

Totale  esami  N.  346 


224 


Malattie  (lei  cereali. 

Ruggine  del  frumento  [Piiccìma  Riibigovera  (DC.  )  AVint.  ],  soiira 
piante  di  frumento  inviate  dalla  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura d'Este Esami  N.       2 

PucciNiA  GRAMiNis  Pers.,  sopva  frumento,  a  S.  Giuseppe,  Mirabello, 
Villa  Campeggi  ed  alcune  altre  località  del  circondario  di 
Pavia „     20 

Ruggine  del    granturco  {Puccinia  Maydis  Carr.),  sopra  piante  di 

niays  in  molti  campi  del  circondario  di  Pavia «     15 

Carbone  del  granturco  {Ustilago  Maijdis  (DC.)  Cda.J,  su  piante  di 
Zea  Mays  in  campi  dei  dintorni  di  Pavia  e  in  diverse  loca- 
lità della  provincia «30 

Segale  cornuta  (Claviceps  purpurea  Tal.),  sviluppatasi  sopra  Secale 

cereale,  coltivata  nell'Orto  botanico  di  Pavia ^       l 

Mal  del  piede  [Oplu'oboìus  herpotrichus  (Fr.)  Sacc],  sopra  piante  di 
frumento  inviate  dal  prof.  U.  Beltrami,  direttore  della  Cattedra 
ambulante  d'agricoltura  di  Genova „       8 

Septoria  graminis  Desm.,  sopra  foglie  di  frumento  da  Voghera  (pro- 
fessore V.  Gobbetti),  ed  in  campi  nel  circondario  di  Pavia    „     10 

Tripe  della  segala  {Tìirips  secalina  Lindi.),  sopra  spiclie  di  fru- 
mento inviate  dal  Consorzio  agrario  di  Cavarzere     .     .     .    „       1 

Anguillule  {Ti/lenchiis  Tritici  Need),  sopra  piantine  di  frumento 
inviate  dal  prof.  Pasquini,  direttore  della  Cattedra  ambulante 
d'agricoltura  di  Poppi „       2 

Malattie  diverse.  Cloranzia  o  frondescenza,  dovuta  a  disturbi  fisio- 
logici, fu  riscontrata  sopra  piante  di  frumento  inviate  dalla 
Cattedra  provinciale  d'agricoltura  di  Bologna. 

Frumentone  con  grani  anneriti  fu  inviato  dalla  Cattedra  am- 
bulante d'agr.  di  Reggio  Emilia.  Spaccatura  dei  semi  in  pan- 
nocchie di  granoturco  inviale  dal  Comizio  agrario  di  P'irenze    „     12 

Malattie  indeterminate.  Dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura 
di  Portogruaro  furono  inviate  delle  piante  di  frumento,  nelle 
quali  riscontrammo  un  micelio,  che  non  ci  fu  possibile  deter- 
minare a  qual  specie  di  fungo  appartenesse. 

Semi  di  frumento  invasi  da  micelio  sterile  inviati  dal  pro- 
fessore A.  Branchini  di  Pavia «     10 

Totale  esami  N.  Ili 


225  — 


nial.attie  degli  alberi  da  frutta. 

Cancro  del  pero.  La  Nectrin  difiasima  Tul.  produsse  cancri  in 
rami  di  diverse  piante  di  pero  nell'Orto  botanico  di  Pavia  ed 
uccise  anche  le  piante Esami  N.       8 

Clasterosporium  cARPOPHiLDM  (Lév.)  Adii  ,  sopra  foglie  e  rametti 
di  pesco  inviati  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Ra- 
venna, da  Porto  Maurizio  (prof.  I.  Zannoni),  dalla  R.  Scuola  di 
pomologia  di  Firenze,  da  Groppello  Cairoli  (sig.  Calvi)  e  nel- 
l'Orto botanico  ed  in  giardini  privati  di  Pavia  e  circondario    „     2.5 

lioLLA  DEL  PESCO  [Exoascus  (ìeformans  (Berli.)  Fuck.],  attaccò  forte- 
mente piante  di  pesco  in  poderi  del  cav.  Giovanni  Marengo, 
del  cav.  Niccolò  Rocca  ecc.  di  Loano;  a  Barga  (Lucca);  vi  fu 
pure  abbondante  invasione  in  orti  e  giardini  di  Pavia  e  di  varie 
località  della  provincia «     65 

Boz^ZAccHiONi  0  LEBBRA  DEL  PRUNO  (Exoascus  Pruììi  Fuk.),  sopra  su- 
sine inviate  dal  prof.  Malandrà,  direttore  della  Cattedra  am- 
bulante d'agricoltura  di  Lendinara „       1 

TfCCHioLATURA  DEL  PERO  {Venturia  pirina  Adii.),  sopra  peri  da  Grop- 
pello Cairoli  (sig.  G.  Calvi)  ed  in  orti  di  Pavia  e  dintorni     „     20 

TiccHinLATTRA  DEL  MELO  (Veìituiia  iìiaequalìs  Adii.),  sopra  meli  da 

diversi  orti  della  provincia  di  Pavia „     15 

Gloeosporium  intermedium  Sacc,  sopra  rami  di  limone  inviati  dal 

Consorzio  agrario  di  Genova  e  nell'Orto  botanico  di  Pavia    „     10 

Penicillicji  digitatum  (Fr.)  Sacc,  sopra  frutti  di  limone  da  Genova 

(Consorzio  agrario) „       2 

Cycloconium  oleaginuji  Cast.,  sopra  foglie  di  olivo  da  Genova  (pro- 
fessore U.  Beltrami,  direttore  della  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura)      ,,       2 

Cercospora  cladosporioides  Sacc,  sopra  foglie  d'olivo  (idem)     .    „       2 

Strojiatinlv  Cydoniae  Schell.,  sopia  foglie  e  frutticini  di  cotogno, 
inviati  dal  prof.  Frizzati,  direttore  della  Cattedra  ambulante 
d'agricoltura  di  Rimini  ed  in  alcuni  orti  di  Pavia    .     .     .    „     12 

Fdmaggine  del  fico  {Capnodium  Footii  Berk.),  sopra  foglie  di  lieo, 

inviate  dalla  Cattedra  ambulante  provinciale  di  Udine  .     .    „       2 

Fcmaggine  dell'olivo  {Antcnnaria  elaeophila  Mont),  sviluppatasi  su 
larga  scala  sopra  alberi  gigantesclii  e  secolari  di  olivo,  in 
boschi  troppo  fitti,  nei  dintorni  di  Taggia.  Tale  attacco  sembra 
pili  intenso  lungo  la  strada.  Assai  diffusa  fu  trovata  anche  in 
Toscana ,25 


—  •226  — 

Marciu.me  nero  delle  frutta  (Sderofìnid  cinrrea  Schroet.),  sopra 
mele  inviate  dal  prof.  Alberto  Oliva,  direttore  della  Cattedra 
ambulante  d'agricoltura  di  Borgotard  (Parma)  ;  sopra  susine 
nell'Orto  botanico  di  Pavia,  ecc Esami  N.       8 

OiDiuM  FARiNosDM  Cke.,  sopra  foglie  di  melo  inviate  dal.dott.  Osvaldo        ' 
Orsi  da  S.  Michele  (Trentino) „       2 

PfiYLLOSTicTA  FtJscozoNATA  Tliiìm  ,  SU  foglie  di  Lampone  inviate  dalla 

Cattedra  provinciale  d'agricoltura  di  ?)Ologna .,       1 

PoLYSTiGMA  RUBRDM  (Pers.)  DC,  SU  foglie  di  Prunus  da  Cliiomonte 

(Val  di  Susa)     . ^       3 

PnyLLOSTicTA  Mali  Prill  et  Delacr.,  su  foglie  di  pero  da  Sahizzo 
(Cattedra  ambulante  d'agricoltura)  e  da  Groppello  Cairoli  (si- 
gnor  Calvi) „       G 

PiiYLLOsTicTA  Persicae  Sacc,  sopra    foglie  di  pesco  da   Groppello 

Cairoli  (sig.  Calvi) ,       4 

Phyllosticta  prunicola  (Opiz.)  Sacc,  sopra  foglie  di  Prunus  (idem)  „       3 

Phyllosticta  PIRINA  Sacc,  sopra  foglie  di  pero  (idem)  .     .     .     .    „       3 

Phyllactinia  sdffulta  (Reb.)  Sacc,  sopra  foglie  di  Corijlus  a  rei- 
lana  (idem) „       4 

Nebbia  del  noce  (Marsonia  luglandis  Sacc),  su  foglie  di  noco  da 
Cliiomonte  (Val  di  Susa),  da  Mirabelle,  Cassinino  ed  altre  lo- 
calità del  circondario  di  Pavia ^20 

Annerimento  del  noce  {Pseudomonas  JuglancUs  Pierr.),  sopra   noci 

tuttora  col  mallo,  inviale  da  Mantova  (avv.  Tullio  Portioli)    „       2 

Fitoptosi  del  pero  (Plii/topfus  pili  Land.),  su  foglie  di  pero  da  Cliio- 
monte (Val  di  Susa),  da  Groppello  Cairoli  (sig.  Calvi),  nell'Orto 
botanico  ed  in  alcuni  giardini  privati  di  Pavia      .     .     .     .    „     20 

Fleotripide  0  Pontercolo  dell'olivo  (  Phlocotribns  Oleae  Fab.),  lia 
fortemente  attaccato  gli  olivi  nei  dintorni  di  Taggia  ed  in  altre 
località  della  provincia  di  Porto  Maurizio,  come  pure  a  P.ois- 
sano,  sopra  Loano  (Genova) ,30 

Mytilaspis  citricola  Pack.,  sopra  foglie  di  arancio  inviate  dalla  di- 
rezione del  giornale  L'Italia  agricola  di  Piacenza.     .     .     .    „       1 

Afide  lanigero  {Schizoneura  lanigera  Hans.),  sopra  tronchi  e  lami 
di  melo  inviati  dalla  Cattedra  ambulante  d'agric  di  S.  Vito 
al  Taglianiento,  sopra  meli  fortemente  attaccati  a  Zerbolù 
(Pavia)  ed  in  orti  di  Pavia  e  dintorni „     20 

Malattie  diverse.  Aranci,  mandarini  e  limoni  fortemente  colpiti 
da  fumaggine  e  da  cocciniglie  nella  Riviera  di  ponente  (Sa- 
vona, Loano,  ecc.) „     10 

Rametti  di  mandorlo,  trovati  affetti  da  gommosi,  furono  in- 


—  227  — 

viati  dal  prof.  Ilario' Zannoiii,  direttore  della  Cattedra  ambu- 
lante d'agricoltura  di  Porto  Maurizio Esami  N.       2 

Dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Ravenna  si  ebbero 
delle  foglie  di  pesco,  la  cui  caduta  fu  attribuita  all'azione  del 
freddo  e  della  pioggia  (cause  fisiologiche) „       6 

Il  prof.  E.  Voglino,  direttore  della  Cattedra  ambulante  di 
agricoltura  di  Alessandria,  inviò  grossi  tumori  trovati  al  pe- 
dale di  piante  di  peio  (neoplasia  d'indole  parassitaria  dovuta 
a  bacteri) „       2 

Il  Comizio  agrario  di  Firenze  mandò  dei  frutti  d'olivo,  clie 
furono  trovati  affetti  da  seccume „       6 

Totale  esami  N.  344 


Malattie  delle  piante  da  foragjjio. 

Mal  bianco  {Enjsiphe  Polijgoni  DC),  sopra  piante  di  sulla  inviate 
dal  sig.  Micliele  Riccardi  dall'Isola  Gallinara  (Albenga)  Esami  N.      3 

Cercospora  ARiJiiNENsis  Cav.,  sopra  foglie  di  sulla  spedite  da  Ri- 
mini (prof.  P.  Frizzati,  direttore  della  Cattedra  ambulante  di 
agricoltura)  e  da  Spoleto  (prof.  F.  Francolini,  direttore  della 
Cattedra  ambulante  d'agricoltura) 10 

Pseddopeziza  Medicagikis  (Lib.)  Sacc,  sopra  Medicago  safivn  nel- 
l'Orto botanico  ed  in  diversi  medicai  del  circondario  di  Pavia    „     1.5 

AscocuYTA  Medicaginis  Bres.,  sopra  erba  medica  da  Chiomonte  (Val 

di  Susa) „       2 

Gloeosporium  cauuvorum  Kirchner,  sopra  trifoglio  inviato  da  Mi- 
lano (Corriere  del  villaggio);  da  Alessandria  (prof.  E.  Voglino, 
direttore  della  Cattedra  ambulante  d'agricoltuia),  ecc.  .     .    „       8 

Anthostomella  Sdllae  Montemartini,  sopra  piante  di  sulla  da  Spo- 
leto (prof.  F.  Francolini) ,       4 

VA.iOLATnRA  del  TRIFOGLIO  [Pseudopeziza  Trifola  (Biy.  Bern.)  Fkl.J, 
sopra  piante  di  trifoglio  da  Alessandria  (prof.  E.  Voglino)  e  in 
diverse  località  delle  Provincie  di  Pavia  e  Milano     .     .     .    ,,     16 

Ruggine  del  trifoglio  \Uromgces  Trifola  (Pers.)  De  By.),  forma 
ecidio  ed  uredospurica  sopra  trifoglio  a  Montìi  Beccaria  ed  in 
alcuni  prati  dei  dintorni  di  Pavia „     10 

Ruggine  dell'erba  medica  [Uromgces  Striatus  Scliriit.),  sopra  erba 
medica  in  prati  dei  comuni  di  Mirabello,  S.  Genesio  e  qual- 
che altra  località  del  circondario  di  Pavia «     14 


—  228  — 

Mal  vinato  dell'erba  medica  {Rhizoctonia  violacea  Tul.),  segnalata 
a  Reggio  Emilia,  donde  richiese  consigli  la  Cattedra  ambu- 
lante d'agricoltura,  e  in  piante  inviate  da  quella  di  Mantova, 
come  pure  in  alcuni  medicai  nell'Oltrepò  pavese    .     Esami  N.     15 

Scabbia  delle  foglie  [Phìjllacliora  Trifola  {Feis.)  Fuck.],  sopra  tri- 
foglio in  prati  a  S.  Giuseppe,  Torretta,  S.  Lanfranco  ed  altre 
località  dei  dintorni  di  Pavia „     12 

Pleosphaeruliha  Briosiana  Polhicci,  sopra  foglie  di  erba  medica 
inviate  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Mantova,  e 
dal  prof.  Vittorio  Racali,  direttore  di  quella  di  Siena      •     .    ,.       6 

Cuscuta,  sopra  trifoglio  ad  Albuzzano  dove  ha  invaso  parecchi  prati, 

e  sopra  erba  medica  in  diversi  medicai  dell'Oltrepò  pavese   „     10 

Anguillule  {Tijlenchus  vaslatrix),  in  radici  di  erba  medica  inviate  da 

Mantova „       5 

Malattie  diverse.  Piante  di  erba  medica  con  alterazioni  causate 
da  bacteri,  furono  inviate  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricol- 
tura di  Mantova „       6 

Malattie  indeterminate.  La  Società  Italiana  Fonderie  di  Sampier- 
darena  inviò  delle  piante  di  erba  medica,  con  alterazioni  di 
cui  non  si  è  potuto  in  nessun  modo  determinare  la  causa;  come 
pure  non  ci  fu  possibile  determinare  del  micelio  e  dei  bacteri, 
che  si  riscontrarono  in  radici  di  trifoglio  inviate  dalla  Cattedra 
ambulante  d'agricoltura  di  Siena „     10 

Totale  e.sanii  N.  147 


Malattie  delle  piante  da  ortaggio. 

Peronospora  del  pomodoro  [Phytoplithova  iìifeslans  (Mont.)  De  By.], 
su  piante  di  pomidoro  da  Groppello  Cairoli  (sig.  Calvi),  ed  in 
diverse  ortaglie  del  circondario  di  Pavia      .     .     .     Esami  N.     14 

Ruggine  della  barbabietola  (f/ro?H?/ces  Be/ae  Tul.),  in  ortaglie  del- 
l'ammiraglio Angelo  Biancheri  di  Loano „       4 

Ruggine  delle  fave  [Urom//res  Fuhae  (Pers.)  De  B}'.],  sopra  piante 
di  fava  a  Montù  Beccaria „       2 

Ruggine  dei  piselli  {IJroìnijces  Pisi  De  By.),  sopra  piante  di  pisello 

a  Groppello  Cairoli  (sig.  Calvi) „       2 

Mal  bianco  {Erysiphe  Pobigoni  DC),  su  foglie  di  pisello  (idem)    „       2 

Mal  dello  sclerozio  {SderoHum  cep/vurum  Berk.),  sopra  cipolle  e 
aglio  da  Voghera  (prof.  V.  Gobbetti,  direttore  della  Cattedra 
ambulante  d'agricoltura) „       4 


—   229  — 

Peronospora.  ScHLEiDENi  Uiig.,  sopra  piante  di  cipolle  da  Voghera 

(idem) Esami  N.       3 

Macrosporium  parasiticum  Tiiiim  ,  sopra  piante  di  cipolle  da  Vo- 
ghera (idem) „       2 

Mal  vinato  [Rhizoctonia  violacea  Tal.\  sopra  radici  di  asparago  da 

Beigamo  (Cattedra  ambulante  d'agricoltura) „       4 

FusARiOM  Lycopersici  Sacc,  Cladosporidm  fulvum  Cke.  e  Alter- 
narla sp.,  sopra  fiori  e  giovani  frutti  di  pomidoro,  determinanti 
seccume  e  colatura,  a  Stradella  (prof.  V.  Gobbetti)     .     .     .    „     10 

Alternaria  Solani  Sor.,   sopra    foglie   di  pomidoro,  da  Groppello 

Cairoli  (sig.  Calvi)  e  sopra  patate  in  orti  di  Pavia    .     .     .    „       6 

Antracxosi  dei  fagioli  {CoUetotrichutn  Liìidemuthiannìn  Br.  et  Cavr.), 

sopra  frutti  di  fagioli  in  diversi  orti  dei  dintorni  di  Pavia    „     15 

Cercospora  beticola  Sacc,  sopra  bietole  da  Groppello  Cairoli,  ed 
in  orti  dei  dintorni  di  Pavia ,,1*' 

Septoria  Petroselini  var.  Ani  Briosi  et  Cavara,  sopra  sedano  da 
Groppello  Caiioli  (sig.  Calvi) „       2 

Phyllosticta  phaseolina  Sacc,  su  foglie  di  fagiolo  (idem)    .     •    „       ."5 

Gloeosporium  lagenarium   (Pass.)  Sacc.  et  Ronm.,  sopra  poponi  a 

Groppello  Cairoli  e  nell'Orto  botanico  di  Pavia     ....,,     10 

CoLLETOTRicHnji  OLIGOCHAETUM  Cavr.,  sopra  piante  di  poponi  e  coco- 
meri nell'Orto  botanico  ed  iu  alcune  cocomeraie  dei  dintorni 
di  Pavia „     15 

Sphaerella  citrullina  Grossenb.,  su  piante  di  popone  da  Groppello 
Cairoli,  e  sopra  piante  di  cocomero  nell'Orto  bot.  di  Pavia    „       8 

Pdccinia  Asparagi  DC,  forte  infezione   in  asparagaie  a  Groppello 

Cairoli  (sig.  Calvi) „       4 

Zopfia  RHizopHiLA  Eabh.,  sopra  radici  d'asparago  (idem)  .     .     .    „       (i 

Alternaria  Bras-sigae  (Berk.)  Sacc,  sopra  cavoli  in  orli  di   Pavia 

e  dintorni „      10 

Ernia  dei  cavoli  {Plasmodiophora  Brassicae  Wor.),  in  radici  di  ca- 
voli (idem) n     20 

Avvizzimento  DEI  cooomeri  {Fasariiim  niveiim  Es.  Smith.),  iu  piantine 
di  cocomero  da  Zinasco  (prof.  A.  Branchini)  e  in  piantine  di 
melone  da  Groppello  Cairoli  (sig.  G.  Calvi).  Questo  Fusarimn 
si  è  sviluppato  fortemente  anclie  in  diverse  cocomeraie  della 
provincia  di  Pavia „     20 

lUcTERiosi  in  piantine  di  pomidoro  inviate  dalla  Cattedra  ambu- 
lante d'agricoltura  di  Parma „       4 

Bacillu.s  cEPivoRns  Delacr.,  in  cipolle  inviate  dal  prof.  V.  Gob- 
betti della  Cattedra  ambulante  d'agiicoltura  di  Voghera    .    „       2 

Alt;  rleirlsl.  lìol.  rlr/ITiiirerxilii  di  Parili   —  Serie  lì.—   Voi.  XV.  20 


—  230   — 

Anguillule  [Tylenchus  vastatrix   Kiiliii),   soi)ra  piante   di   fava  da 

Bologna  (Cattedra  ambulante  d'agricoltura)  .     .     .     Esami  N.       4 

Ceutoriiyncus  suLuii'oi.Lis  Gyll.,  sopra  cavoli  da  Cuneo  (prof.  C.  Re- 
niondino)  ed  in  diversi  oiti  dei  dintorni  di  Pavia  (Torretta, 
San  Paolo,  ecc.) „     1" 

Malattie  diverse.  Lesioni  dovute  ad  in.setti,  in  fusti  di  peperoni 
inviati  da  Milano  (sig.  G.  Marchese) „       1 


Totale  esami  N.  197 


Malattie  delle  piante  oriiameiitali  e  da  fiori. 

Spumaria  alba  (Bull.)  DC,  so])ra  rami  di  St/ringa  vulgarìs,  inviati 
dal  prof.  Umberto  Rosati,  direttore  della  R.  scuola  pratica  di 
agricoltura  di  Todi  (Perugia) Esami  N.       a 

AscociiYTA  Syuingau  Bres.,  sopra  foglie  di  Siiriiiga  vulgaris  da  Zer- 

bolò  (Pavidi) „       2 

Phyllosticta  Syrinoae  AVest.,  sopra  foglie  di  Sijringa  nell'Orto  bo- 
tanico di  Pavia „       4 

Ruggine  delle  rose  [Pliragmidium  subrortic/um  (  Sclirank)  Wint.), 
su  foglie  di  rosa  da  Cliiomonte  (Val  di  Siisa)  e  nell'Orto  bo- 
tanico ed  in  giardini  privati  di  Pavia «IO 

RuGfiiNE  DEL  GAROFANO  [  U/'Oììn/ces  rarijophyllinus  (Sclirank)  Schroet.], 
su  piante  di  garofano,  in  coltivazioni  forzate  invernali,  di  pro- 
prietà del  sig.  G.  B.  Cipollina,  floiicultore  di  Taggia;  e  sopra 
foglie  di  garofano  inviate  da  Rimini  (prof.  P.  Frizzati).     .    „     lU 

AscHocHYTA  DiANTHi  (.\lb.  et  Scliw.)  Berlc,  su  foglie  di  garofano  da 

Taarria  '> 

.^"o»d"* "  - 

Macrosportum  sp.  (idem) „       1 

Macrosporidm  violae  Pollacci,  Ramularla  lactea  (Desm.)  Sacc, 
PiiYLLosTicTA  VioLAE  Desui.,  sopra  piante  di  Viola  semplice  e 
doppia  di  Panna  e  di  Udine,  in  poderi  del  sig.  Gio.  Batta  Mar- 
tini, nei  dintorni  di  Taggia  e  nell'Orto  botanico  di  Pavia    ,,     20 

Mal  bianco  [Sphaerotheca  pannosa  (Wallr)  Lèv.],  sopra  piante  di  rosa 
a  Taggia,  in  poderi  del  sig.  G.  B.  Cipollina,  e  nell'Orto  bota- 
nico di  Pavia  ed   in  giardini  privati  della  città  e  dintorni    „     15 

BoTRYTS  vulgaris  Fr.,  sopra  foglie  di  geranio  da  Riniini  (prof.  P. 

Frizzati)  e  su  piante  di  mughetto  nell'Orto  botanico  di  Pavia    „       8 

Rtggine  della  peonia  (Croìiarfium  /laccidum  Wint.),  sopra  foglie 
di  peonia  nell'Orto  botanico  di  Pavia „       2 


—  231  — 

Cladosporium  Paeoniae  (idem) Esami  N.       2 

CvuNDROSPORiUM  PoLLACcii  Turcoiii,  sopi'a  foglie   (li  llex  furcafa  e 

(li  llex  aquifoiinm  (idem) „       6 

OiDiUM  EvoNYMi  JAPONioi  (Arcaiig.)  Sacc,  su  foglie  di  Evoìii/ìiihs  ja- 
poniciis  nei  dintoi  ai  di  Pavia  (S.  Giuseppe,  S.  Lanfranco)  e  nel- 
l'Orto botanico ,       8 

Septoria  Evokymi  Rabli,  sopra  foglie  di  Evoinmiis  a  S.  Giuseppe  e 

nell'Orto  botanico  di  Pavia „       4 

Puf^ciNiA  Buxi  DC,  sopra  foglie   di   Biixus  sempervireìis  da   Ciiio- 

monte  (Val  di  Susa)  ed  a  S.  Giuseppe  (Pavia)      .     .     .     .    „       3 
Macrosporitjm  Cheiranthi  (Lib.)   Fr.,   sopra  violaciocche  a  Loano 

(poderi  dell'aniiiiiraglio  Ijianclieri)  e  nell'Orto  bot.  di  Pavia    „     10 
Cercospora  Resedaf.   Fuck.,  sopra    piante    di   Besedu   odorata  nel- 
l'Orto botanico  di   Pavia  ed    in    alcuni  giardini    della  jcittà   e 

dintorni   ' i,     1 1 

E'umaggine  {Capiiodium  saìicimtm  Mat.),  sopra  foglie  di  gardenia,  in- 
viate dal  prof.  Paolo  Frizzati,  direttore  della  cattedra  ambu- 
lante d'agricoltura  di  Rimini,   e   sopra  foglie  di  Rosa  inviate 
dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Udine    .     .     .     .    „       6 
Meliola  Camelliae  (Catt.)  Sacc,  sopra  foglie  di  camelia  nell'Orto 

botanico  di  Pavia „       2 

Pestalozzia  Gdepini  Uesm..  sopra  foglie  di  camelia  (idem)  .  .  „  2 
Sphaerelia  Hederae  (Desm.)  Cke.,  su  foglie  di  edera  (idem)  .  „  2 
Phyllostictella  Hellebori  FI.  Tass.,  sopra  foglie  di  elleboro  (id.)  „  4 
PiiYLLOsTicTA  Celosiae  Tlium.,  SU  foglie  di  ceiosia  (idem)  .  .  „  1 
Rajiularia  porpurascens  Wint.,  sopra  foglie  di  vaniglione  (idem)  „  2 
Septoria  Chrysanthemi  Allescli.,  sopra  foglie  di  crisantemi  (id.)  „  4 
Grillotalpa  {Grillotalpa  vuUjaris  Limi.),  ha  fortemente  danneggiato 
un'aiuola  di  giacinti,  rosicchiandone  tutli  i  fiori,  nell'Orto  bo- 
tanico di  Pavia „       1 

Anguillule,  in  piante  di  garofano  inviate  da  Genova  (Cattedra 
ambulante  d'agricoltura),  ed  in  bulbi  di  giacinti  nell'Orto  bo- 
tanico di  Pavia,  dove  fecero  molto  danno ,.     10 

Heliothrips  iiaemorrhoidalis  Bouch.,  sopra  foglie  di  fuchsia  e  di 
felce,  inviate  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Savona 
(determinata   dalla    R.  Stazione    di   Entomologia  Agraria    di 

Firenze) „       2 

AspiDiOTUs  Hederae  Wall.,  sopra  foglie  di  oleandro,   inviate  dalla 

Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Bobbio „       2 

Malattie  diverse.  Piante  di  garofano  deperenti  per  l'attacco  di 
fungini  sopracitati,  col  concorso  di  acari,  che  ne  attaccavano 
le  radici;  Cocciniglie  sopra  piante  di  evonimo  a  Barga  (Lucca)    „     10 


-     232   — 

Malattfa  indeterminata.  Sopra  foglie  di  Jlex,  inviate  dal  dott.  Z. 
Bononi  del  R.  Istituto  Tecnico  di  Udine,  riscontrammo  del 
micelio,  che  non  ci  fu  possibile  determinare  a  quale  specie  di 
lungillo  appartenga Esami  N. 


Totale  esami  N.  170 


Malattie  di  piante  industriali  e  forestali. 

Mal  del  piede  (Pìioma  Befae  Frank.),  in  piantine  di  bietole,  inviate 

dalla  Cattedra  ambul.  d'agricoltura  di  Casalmaggiore  Esami  N.       2 

Mal  del  falohetto  [Armillafia  mellea  (Valli.)  Fr.],  sopra  piante  di 
gelso  a  Villa  Campeggi,  Cassine  Calderari,  Giovenzano,  Mira- 
bello  e  in  altre  località  della  provincia  di  Pavia  .     .     .     .    „     16 

Fersa  del  gelso  (Scplogheiim  Mori  Briosi  et  Cavr.),  sopra  foglie  di 
gelso  da  Rimini  (prof.  P.  Frizzati)  ed  in  varie  località  delle 
Provincie  di  Pavia  e  Milano „     22 

FcMAGGiNE  {Capnodiiini  salicinnm  Mont.),  in  rametti  di  gelso  inviati 
dal  prof.  Pasqnini,  direttore  della  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura di  Poppi „       2 

GlBBERELLA    MORICOLA    (De    Not.)    SaCC.  6    FUSARIUM  LATERITIDM  NeeS., 

sopra  rami  di  gelso  da  Alessandria  (Cattedra  ambulante  di 
agricoltura),  e  nei  dintorni  di  Pavia  (S.  Giuseppe,  Torretta, 
Villa  Campeggi,  ecc.) „     10 

Marciume  radicale  {Roscìlinia  nccatvix  Hart.),  in  piantine  di  castagno 
e  quercie  del  R.  Vivaio  Forestale  di  Novara,  inviate  dal  dot- 
tore Ernesto  Rossi „       4 

Macchie  ocracee  del  dioppo  canadese  {Dothicliiza  populea  Sacc), 
in  rami  di  pioppo  canadese,  inviati  dall'Agenzia  della  nobile 
Casa  Asarta  di  Fraforeano,  e  nei  dintorni  di  Pavia  .     .     .    „       S 

Guignardia  RoLLANDi  (Sacc.  et  Syd.)  Trav.,  sopra  foglie  di  Eucali/pfiis 

globtilus  a  Loaiio,  Villa  Pollacci  .     .     .     .' .,       2  ■ 

Rhytisma  acerinum  Tul.,  sopra  foglie  di  acero  da  Spoleto  (prof.  F. 

Francolini) „       2 

Melampsora  farinosa  (Pers.)  Schrot.,  su  foglie  di  salice  a  S.  Giu- 
seppe, Mirabello.  S.  Genesio  e  altre  diverse  località  del  circon- 
dario di  Pavia „     18 

Melampsora  popolina  (.Tacq.)  Lèv.,  sopra  foglie  di  pioppo  a  Montù 
Beccaria,  Travacò  Siccomario  e  nei  boschi  del  Ticino  presso 
Pavia „      IO 


—  233  — 

Gloeosporium  Popoli  albae  Desm.,  su  foglie  di  l'oimlns  aìba  da 
Domo,  Groppello  Cairoli.  Travacò  Sicconiaiio  e  nei  diiitoini 
di  Pavia Esami  N.     12 

Septorta  Populi  Desm.,  sopra   foglie    Fopidus  nigva  a  Giovenzano, 

Vellezzo  lielliui,  Rognaiio,  Tone  del  Mangano,  ecc.       .     .    „     12 

Marsokia  Popoli  (Lib.)  Sacc,  sopra  foglie  di  pioppo  a  S.  Giu- 
seppe (Pavia) „       2 

Phoma  Harknessii  Sacc,  sopra  giovani  piantine  di  pino  provenienti 
da  vivai  di  Mortauo  (Forlì),  inviate  dal  E.  Ispettore  forestale 
di  Bologna •    „       4 

FoMAGGiNE  [Melioìa  Abietis  (Cke.)  Sacci,  sopra  rametti  di  abete,  in- 
viati dal  Comizio  agrario  di  Firenze „       2 

Mal  DiANi'O  delle' QDERciE  {Oiflium  sp.).  sopra  rametti  inviati  da 
Udine  (prof.  D.  Feruglio,  direttore  del  R.  Laboratorio  di  chimica 
agraria);  da  Milano  (sig.  A.  Troja);  da  Mantova  (Catt.  ambu- 
lante d'agricoltura);  da  Salsomaggiore;  da  Groppello  Cairoli; 
da  Domo;  da  Mornigo  Losanna,  da  Fumo  (Corvino  San  Qui- 
rico)  ed  in  molte  località  delle  Provincie  di  Pavia  e  Milano    „     45 

Mal  dell'inchiostro  {Corijneum  perniciosum  Briosi  et  Farneti),  sopra 
rami  di  castagno  inviati  da  Pisa  (prof.  E.  Bargagli);  da  Cuneo 
(R.  Ispezione  forestale);  da  Mondovi  (Comizio  agrario);  nel  ter- 
ritorio di  Barga  (Lucca);  a  Castagna  Banca  presso  Verzi 
(Loano);  a  Cliiomonte  (Falle  di  Susa).  ecc „     50 

Secccme  del  cast.^no  [Sphaerella  maculiforinis  (Pers.)  Auersw.],  sopra 

foglie  di  castagno  da  Cliiomonte  (Val  di  Susa) „       2 

Phyllactinia  suffulta  (Reb.)  Sacc  ,  sopra   foglie  di   Crataer/us  da 

Salsomaggiore „       2 

Septorta  cornicola  Desm.,  sopra  foglie  di   Conuts  a  Salsomaggiore 

e  nei  boschi  del  Ticino  presso  Pavia „       8 

Puyllosticta  popolea  Sacc,  soprafoglie  di  pioppo  a  Salsomaggiore  „       1 

Leptothyriom  acerinom  (Kze.)  Cda.,  su  foglie  di  acero  (idem)    .    „       1 

Eriophyes  macrorrhyncos  (idem) „       1 

Alternaria  sp.  e  insetti,  su  foglie  di  robinia  a  Salsomaggiore  e  nei 

dintorni  di  Pavia „       8 

Batteriosi  o  necrosi  del  gelso  (Bacilliis  Cuboiiianiis  Macchiati), 
sopra  foglie  e  rametti  di  gelso  inviati  d-A  Consorzio  agrario 
di  Cremona „       2 

Lichene  gelatinoso  [Chri/soglnteìi  Biasoldtiaìunn  (Corda)  Briosi  et 
Farneti],  sopra  salice,  producendo  alterazioni  e  morte  ai  ra- 
metti, inviati  dalla  Società  anonima  "  Il  Truciolo  „  di  Car[ii 
(Modena) „       6 


—  234   — 

DiASPis  {Diospis  pentagona  Targ.),  sopra  gelsi  e   salici  a  Zerbolò, 

Groppello  Cairoli  ed  altre  località  delia  provincia  di  Pavia  Es.  N.     20 

liEHcAsns  Pini  Hartig,  sopra  PIuhs  MarHimu  a  Loano      .     .     .    ^       2 

K.ETINIA  BOOLiANA,  sopra  gemme  di  pino  inviate  dal  cav.  nff.  M. 
d'Angelo  di  Aquila.  Determinata  dalla  E.  Stazione  di  entomo- 
logia agraria  di  Firenze 1 

Malattie  diverse.  Eami  di  pioppo  del  Canada,  inviati  dal  profes- 
sore Guglielmo  Josa,  direttore  della  Cattedra  ambulante  di 
agricoltura  di  Campobasso,  che  risultarono  essere  affetti  dalla 
malattia  "  Caries  du  crt'ur  des  bois  blancs  ,,  dei  Francesi,  do- 
vuta a  cause  fisico-chimiche „       2 

Malattie  indeterminate.  In  ramoscelli  d'ulivo  da  Porto  Maurizio 
(Cattedra  ambulante  d'agricoltura);  in  foglie  d'olivo  da  Spo- 
leto (prof.  F.  Francolini);  in  foglie  di  frassino  da  Palermo 
(prof.  G.  E.  Mattei)  ed  in  foglie  di  ippocastano  da  Sampier- 
darena >,10 


Totale  esami  N.  289 


Malattie  di  piante  diverse. 

Peronospora  Corydalis  De  By.,  sopra  foglie  di  Cnnjdalis  nell'Orto 
botanico  di  Pavia,  ove  ha  invaso  ed  ucciso  migliaia  di  piante 

Esami  N.       6 

Peronospora  effusa  (Grav.)  Rbh.,  sopra  foglie  di  Chenopodimn  album 

da  Giovenzano  (Vellezzo  Bellini),  ecc „       6 

Entyloma  Ranuncoli  (Bon.)  Schrot.,  sopra  piante  di  Banuìicidiis  Fi- 
caria  a  S.  Giuseppe  e  nell'Orto  botanico  di  Pavia     .    .     .    „     io 

PucoiNiA  Malvacearum,  sopra-  Altliea  a  Barga  (Lucca)  ed  a  Cliio- 

moute  (Val  di  Susa)  e  sopra  malva  nei   dintorni   di  Pavia    „     15 

Gymnosporangium  CLAVArJAEFORME  (Icq.)  Rees.,  sopra  rametti  di  bian- 
cospino inviati  da  Genova  dal  sig.  V.  Mazza  e  su  foglie  di 
Sorbiis  Aria  da  Chiomonte  (Val  di  Susa) „       6 

Gymnosporangium  juniperinum  (Linn.)  Fr.,  sopra  foglie  di    Sorbiis 

Aucuparia,  da  Chiomonte „       2 

PucciNiA  ViNCAE  (DC.)  Berlc.,  su  foglie   di  pervinca,  inviate  dalla 

Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Foi-lì „       2 

Gymnosporangium  Sabinae  (Diks.)  Wint.,  sopra  Juniperus  Oxycedrus, 
inviate  dal  sig.  Dumée  da  Hyères  (Francia) „       3 

Plasmopara  nivea  (Ung.)  Schrot.,  sopra  foglie  di  Smi/nìiiim,  inviate 
dal  sig.  Dumée  da  Hj'ères  (Francia) „       i 


—  235  — 

PocciNiA  Smyrnii  Biv.,  sopra  Smi/niiiim  (idem).     .     .     .     Esami  N.       2 

PucciKiA  Umbilici  Giiep.,  sopra  UmbiUctis  (idem) „       1 

PncciNiA  Valerianae  Cav.,  forma   ecidiosporica   sopra   Ceulranthus 

(idem) „       2 

TuBERCULiNA  PERSiciNA  (Ditm.)  Sacc,  sopra  gii  ecidi  di  Pitcdnia  Va- 
lerianae Cav.  (idem) „       2 

Aecidium  punctatum  Pers.,  sopra  Anemone  roronaria  (idem)   .     .    „       2 

Leptosphaerfa  galiicola  Sacc,  sopra  stelo  di  Ccntrantlius  (idem)    „        1 

PucciNiA  Menthae  Pers.,  sopra  foglie  di  Mcntha  da  Cliioiiioiite  (Val 

di  Siisa) „       3 

Ukomyces  Gerani!  (DC.)  Ottli.,  su  foglie  di  Geranium  nodosìim,  in- 
viate a  diverse  liprese  da  Chiomonte „     10 

Spuaerotiieca  Humul:  (DC.)  Biirr.,  su  foglie  di  Humiiliis  lupiiliis, 
inviate  a  diverse  riprese  da  Chiomonte  e  nei  dintorni  di 
Pavia „     15 

Septoria  Convolvuli    Desm.,  sopra  foglie  di    Cahjslcgla    scpiiim    a 

S.  Giuseppe  e  Villa  Campeggi  (Pavia) „       6 

Ramularia  Parietariae  Pass.,  su  foglie  di  Pan'etaria  officinali^,  nel- 
l'Orto botanico  e  dintorni  di  Pavia „       6 

Ramularia  Vincae  Sacc,  sopra  foglie  di  Vinca  major  nell'Orto  bo- 
•tanico  di  Pavia ,       2 

Kamularia  Adoxae  (Rbli.)  Karst.,  assai   diffusa  sull'Ylc/o.ra  Moscha- 

tellina  (idem) „       4 

OvDLARiA  OBLIQUA  (Cke)  Oiul.,  sopra  foglie  di  ìiumex,  raccolte  a 
Giovenzano,  Rognano,  Villarascn,  Rinasco  ed  in  diverse  altre 
località  delle  provincie  di  Pavia  e  Milano „     18 

OvuLARiA   DECiPiENS  Sacc,  sopra  foglie   di  Raticiihis  acris  da  Vil- 

larasca „       2 

DiASPis,  sopra  picciuoli  di  foglie  di  Anemone  (riìoba  e  sopra  Saxi- 
fraga  nell'Orto  botanico  e  giardini  di  Pavia;  sopra  Syringa 
eulgaris  a  Zerbolò „       8 

Malattie  diverse.  Alterazioni  sopra  rametti  e  foglie  di  tiglio,  do- 
vute a  cause  d'ambiente,  da  Rimini  (prof.  P.  Frizzati)  e  su 
foglie  di  Prunus  Bregantiaca,  dovute  ad  acari  del  genere  Te- 
tranirhus,  da  Chiomonte  (Val  di  Susa),  da  Cesana  (Monginevra) 
e  da  IJrianc^oii  (Francia) „     10 

Totale  N.  Ufi 


--   236   — 


Iiirormazioni,  ricerche  varie  e  distribuxione  di  piante. 

Analisi  (li  cioccolato  comperato  da  venditori  anil)ulaiiti  :  alcuni  cam- 
pioni contenevano  amido  di  patata,  cellule  librose  e  sclereidi 
di  ('uinamom)ini  cannella  e  CariopJu/llus  aromaticus.  Altri  cam- 
pioni erano  costituiti  quasi  esclusivamente  di  amido  di  patata, 
con  poche  cellule  librose  e  sclerose  di  Cariuplnjllus  aromaticus 
e  cannella Esami  N.     2i» 

Analisi  di  campioni  di  licopodio  proveniente  da  diverse  farmacie 
della  città.  Furono  trovati  sofisticati  con  polline  di  conifere, 
con  amido  di  patata  e  farina  di  granoturco „     15 

Analisi  di  diversi  campioni  di  polvere  di  zafferano  comperato  in 
diverse  drogherie.  Furono  trovati  sofisticati  con  .sostanze  mi- 
nerali, con  Cartliamus  fìnctorius,  con  farina  di  semi  di  legumi- 
nose e  colorati  con  curcumina „     16 

Analisi  di  un  campione  di  farina  sospetta  di  contenere  Agrosiemma 

e  loglio  inviato  dal  prof.  Puschi  di  Acqui „       1 

Determinazione,  del   Crataef/ns  Pijracantha   Medie,   e    i\t\V Asparagiis  ' 
acutifolitis  e  informazioni  sugli  usi  di  tali  piante  pel  sig.  Gio- 
vanni Marchese,  direttore  del  giornale  Corriere  del  Villaggio  di 
Milano „       2 

Determinazione  di  molte  fanerogame  raccolte  all'Isola  Gallinaria 
(Albenga)  di  proprietà  del  sig.  Riccardi:  e  di  altre  inviate 
dalle  Cattedre  ambulanti  d'agric.  di  Campobasso,  Lucca,  Ri- 
mini, Mortara,  dal  Comizio  agrario  di  Cuneo,  dal  prof.  Kru- 
gnatelli  di  Pavia,  eec „  240 

Determinazione  di  piante  fanerogame  e  crittogame  vascolari  raccolte 
dal  personale  del  Laboratorio  in  diverse  escursioni,  circa  un 
centinaio „  100 

Determinazione  di    semi   di    Vida  saliva,    Vida  cassiibica,   Vida  hir- 

sula,    Vida  monantha,  inviati  dall'Ufficio  agrario  di  Cuneo  .    „       4 

Determinazione  e  informazioni,  sopra  i  frutti  di  Eap'ianns  saticns  e 

di  una  Anthemidea,  inviati  da  Milano  (G.  Marchese)  .     .     .    „       2 

Determinazione  di  semi  di  Perilla  Ocgmoides  L.  e  di  Gliccne  hispida 
Moench.  ed  informazioni  sulle  loro  proprietà  ed  usi  pel  dottor 
Walfrio  Bonaretti  di  Pavia 2 


Totale  N.  402 


—    237    — 

Informazioni  e  dimostrazioni  sulle  stazioni  di  molte  piante  palustri  ed 
acquatiche  fatte  per  il  prof.  Ugo  Gliick  (Heidelberg). 

Informazioni  -sulla  scabbia  o  vaiolatura  nera  dei  tiifogli,  mandate  al  Di- 
rettore della  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Bobbio. 

Didì-ibuzione  di  1200  piante  di  Ae<jle  Sepiaria  (che  dà  siepi  fortissime) 
al  sig.  conte  E.  Bolognini  di  Monteleone  (Pavia),  al  sig.  ingegnere 
llonacossa  di  Pavia,  ed  al  dott.  Giuseppe  Marignoni  di  Schio. 

tìomminislrazione  di  piantine  di  tiiè  (Cameììia  Theo)  al  .sig.  dott.  Giu- 
seppe Bruno  Marignoni  di  Schio,  per  tentarne  la  coltivazione. 


Riassunto  generale  delle  ricerche  fatte  uel  1911. 

Malattie  della  vite Esami  N.  346 

„         dei  cereali „  „  111 

„         degli  alberi  da  frutta „  „  344 

„         delle  piante  da  foraggio „  „  147 

„         delle  piante  da  ortaggio „  „  197 

„         delle  piante  ornamentali  e  da  fiori       ...  „  „  170 

„         di  piante  industriali  e  forestali   .....  ,,  „  289 

„         di  piante  diverse „  „  145 

Ricerche  varie  e  determinazione  di  fanerogame      .     .  ,,  „  402 

Determinazione  di  funghi  della  Grecia „  „  52 

„  di  specie  nuove   di   Scliizomiceti   e    di 

Eumiceti „  „  15 

Totale  esami  N.  2208 


Ricerche  scientiiiche. 

L'operosità  dell'Istituto  nostro,  oltre  che  all'esame  del  numeroso 
materiale  invialo  da  enti  morali  e  da  piivati,  tu  livolta  nel  decoiso 
anno  a  ricerche  scientifiche  originali  di  crittogamia,  fitopatologia,  fisio- 
logia, citologia,  sistematica,  ecc. 

Lo  scrivente  e  l'assistente  prof.  Rodolfo  Farneti  fecero  ispezioni 
e  visite  ai  castagneti  della  Val  di  Siisa  (Piemonte)  e  di  diverse  loca- 
lità della  Toscana,  per  scoprire  e  delimitare  aree  infette  da  Mal  del- 
l'inchiostro, nonché  per  insegnare  il  modo  di  riconoscere  e  combatteie 
il  male  e  per  raccogliere  materiale  di  studio;  frutto  del  quale  furono 
una  terza  ed  una  quarta  nota  preliminare,  già  luibblicate,  ove,  fra  l'altro, 


—  238   — 

si  ila  conto  della  ripioduzioiie   artificiale  della  malattia.  Su  detto  ma- 
tei'iale  le  ricerclie  continuano. 

Lo  scrivente,  inoltre,  fece  ispezioni  e  visite  in  Liguria,  tanto  nella 
Riviera  di  Levante  (Chiavari,  ecc.),  quanto  in  quella  di  Ponente  (Loano, 
Taggia,  Porto  Maurizio,  ecc.)  per  malattie  delle  viti,  degli  olivi,  delie 
piante  da  fiori,  ecc.  Varie  altre  visite  si  fecero  altressi  in  diverse  lo- 
calità della  provincia  di  Pavia  e  nel  Bresciano,  per  malattie  diverse 
e  per  esperienze  coll'ossicloruro  di  rame  contro  la  peronospora. 

I  signori  dott.  Luigi  Maffei  e  Malusio  Turconi  studiaiono  alcune 
specie  nuove  di  micromiceti  parassiti  e  saprofiti,  che  saranno  descritte 
ed  illustrate  in  note  micologiche  o  fitopatologiche  di  prossima  pubbli- 
cazione. 

II  dott.  Gino  Pollacci  si  occupò  di  ricerche  sulla  riasmodiophora 
Brassicae  Wor.,  rivolte  a  studiare  se  vi  sono  rapporti  di  affinità  mor- 
fologica e  fisiologica  fra  questo  mixoniicete  ed  il  parassita,  causa  della 
terriljile  malattia  della  rabbia;  inoltre  pubblicò  un  contributo  alla  flora 
pavese,  arricchendola  di  52  specie  nuove  per  la  provincia. 

Lo  stesso  autore  poi  e  la  signorina  dott.  Eva  Mameli  resero  noli, 
in  una  estesa  memoria,  illustrata  da  tre  tavole,  i  risultati  definitivi  dei 
loro  studi  sull'assimilazione  dell'azoto  atmosferico  libero  nei  vegetali. 
La  detta  signorina  dott.  Eva  alameli  fece  altresì  studi  sull'influenza  del 
magnesio  nella  formazione  della  clorofilla,  i  cui  risultati  saranno  pub- 
blicati in  una  prossima  nota. 

L'on.  prof.  Luigi  Montemartini  studiò  l'azione  eccitante  del  solfato 
di  manganese  e  del  solfato  di  rame  nelle  piante  e  compì  ricerche  sul- 
l'alimentazione iniziale  e  lo  sviluppo  successivo  delle  i>iante  di  tabacco, 
l)ubblicandone  i  risultati  in  due  diverse  note. 

11  prof.  Luigi  Pavarino  studiò  e  descrisse,  in  diverse  pubblicazioni, 
alcune  nuove  specie  di  bacteri,  causa  di  malattie  delle  Orchidee  e  della 
Glicine;  pubblicò,  inoltre,  un  terzo  contributo  alla  flora  del  calcare  e 
del  serpentino  dell'Appennino  bobbiese. 

11  dott.  Joannes  Politis,  di  Atene,  pubblicò  nn  contributo  alla  flora 
micologica  della  Grecia,  primo  frutto  degli  studi  incominciati  sino  dal- 
l'anno scorso,  e  terminò  molte  ricerche  citologiche  sopia  corpi  speciali 
contenuti  nelle  cellule  di  molte  piante,  tanto  monocotiledoni  che  dico- 
tiledoni, pubblicandone  gli  importantissimi  risultati  in  parecchie  me- 
morie, illustrate  con  tavole  litografate  nere  ed  a  colori. 

11  dott.  Domenico  Carbone  studiò  alcuni  eumiceti  provenienti  dalle 
carni  insaccate  sane  (salame  e  salciccia),  descrivendo  ed  illustrando  in 
una  grossa  memoria,  corredata  da  tavole,  anche  alcune  specie  nuove 
per  la  scienza. 


239  — 


Personale  del  Laboratorio  ai  31  dicembre  l'Jll. 

Prof.  Giovanili  Briosi,  direttore; 
Prof.  Rodolfo  Farneti,  1"  assistente; 
Prof.  Malusio  Tiircoiii,  2"  (issistenle; 
Mario  Palazzi,  inserviente  straordinario. 

Prestarono  l'opera  loro  i  signori  : 

Dott.  Gino  Pollacci,  aiuto  all'Istituto  l>otanico  e  libero  docente  dell'Uni- 
versità di  Pavia; 
Dott.  Siro  Luigi  Maffei,  l"  assistente  all'Istituto  botanico; 
Pier  Emilio  Cattorini,  2°  assistente  all'Istituto  botanico. 

Frequentarono  il  Laboratorio  per  ragioni  di  studio  i  signori: 

On.  dott.  Luigi  Montemartini,  professore  di  Patologia  vegetale  alla 
R.  Scuola  superiore  d'agricoltura  di  Milano  e  libero  docente  al- 
l'Università di  Pavia; 

Dott.  Luigi  Pavaiino,  professore  alla  R.  Scuola  normale  di  Pavia  e  as- 
sistente onorario  all'Istituto  botanico; 

Dott.-i  Eva  Mameli,  assistente  onoraria  all'Istituto  botanico; 

Dott.  loannes  Politis,  assistente  onorario  all'Istituto  botanico; 

Dott.  Domenico  Carbone,  aiuto  all'Istituto  d'igiene  di  Pavia; 

Dott.  Giovanni  Dalmasso,  assistente  della  regia  Scuola  superiore  di 
agricoltura  di  Milano; 

Signorina  Rosa  Bariola  e  signorina  Anna  da  Fano  di  Corfù,  laureande 
in  Scienze  naturali. 


Pul>bIi('azioiii  del  Direttore  e  degli  Assistenti. 

Giuv.vNSi  l'Riusi,  Eassegna  rrittoijamicu  dell'anno  1910,  con  notizie  sulle 
malattie  dei  lupini,  della  lupinella,  della  sulla  e  dei  pioppi,  causate 
da  parassiti  vegetali,  in  Bollettino  ufficiale  del  Ministero  d'agric. 
ind.  e  conim.,  anno  X,  serie  C,  fase.  8.  Roma,  1911. 

—  Cenno  sopra  Bonarentura  Corti,  con  ritratto,  in  Atti  dell'Ist.  bot.  di 

Pavia,  ser.  II,  voi.  IX,  1911. 

—  Atti  deìl' Istituto  botanico  di  l'acia,  serie  II,  voi.  IX,  con  sei  tavole 

litogr.  ed  1  ritratto.  Milano,  1911. 


—  240  — 

Giovanni  Buioki  e  Rodoi.1''0  Faiìnf/ii,  La  Morkt  dei  caslarjni  (Mal  del- 
riiieliiostro).  Osservazioni  e  ciiticiie  ad  una  Nota  dei  sijjiiori  Grilfoii 
e  Maiibianc,  in  Alti  dell'Istituto  botanico  di  Pavia,  serie  II,  vo- 
lume XV. 

—  —  Nuove  osservazioni  intorno   alia  Moria  dei  castac/ni  (Mal    dell'in- 

chiostro) e  sita  produzione  artificiale.  Quarta  nota  preliminare.  Ibidem, 
voi.  XIV. 
Gino  Pollacci,   Acigiunte  alla  jlora  llcinesc,  in  Atti  dell'Istituto  boi.   di 
Pavia,  ser.  II,  voi.  XIV. 

—  Il  parassita  della  rabbia  e  la  Plasmodiopliora  Brassicae  Wor.  Ricerche 

sui  loro  rapporti   di  affinità  morfologica  e   fisiologica.  Ibidem,  vo- 
lume XV. 

—  ed  Eva  Mamelt,  SulV assimilazione  diretta  dell'azoto   atmosferico  libero 

nel  vegetali.  Ibidem,  voi.  XIV. 
Eva  Mameli,   Influenza  del  magnesio  sulla  formazione  della  rloro/dlc,   in 

Atti  del  Congresso  delle  Scienze,  anno   1911. 
Luigi  Maffei,  Eecetisioni  varie,  \\\  Rivista  di  patologia  vegetale,  an.  IV. 

Pavia,  1911. 
Malusio  TurvCONi,  L'avvizzimento  dei  cocomeri,  in  Alba  Agricola,  anno  IX, 

n.  1911.  Pavia,  1911. 
Luigi  Montemartini,  Sopra  l'azione  eccitante  del  solfato  di  manganese  e  del 

solfato    di    rame    nelle  piante,    in   Stazioni   sperimentali    agr.    ital., 

voi.  XLIV.  Modena,  1911. 

—  L'alimentazione  iniziale  e  lo  sciliippo   successivo  del  tabacco.  Ibidem. 

Modena,  1911. 
Luigi  Pavarino,   Uh  cancro  della  Glicine;  Bacterium  Montemartini,  n.  sp., 
con  1  tavola,  in   Rivista  di   patologia  vegetale,  anno  V,   n.  5.  Pa- 
via, 1911. 

—  Bacteriosi  della    Vanilla  planifolia  Adr.  {Bacterium  Briosianum,  n.  sp.), 

in    Rendiconti    della  R.  Accademia  dei  Lincei,  voi.  XX,   ser.    5'', 
Roma,  1911. 

—  Alcune  malattie  causate    da  bacteri   nelle  Orchidee,  con  1  tav.  lit.,  in 

Atti  dell'Istituto  botanico  di  Pavia,  ser.  II,  voi.  XIV. 

—  Intorno  alla  jlora  del  calcare  e   del  serpentino.   Terza  contribuzione, 

con  1  tavola.  Ibidem,  voi.  XV. 
JoANNES  PoLiTis,  Sugli  elajoplasti  nelle  Mono  e  Dicotiledoni,   con  .3  tav., 
in  Atti  dell'Istituto  botanico  di  Pavia,  ser.  11^  voi.  XIV. 

—  Sopra  speciali  corpi  cellulari  che  formano  antocianine,   con   3    tavole. 

Ibidem,  voi.  XIV. 

—  Sopra  uno  speciale  corpo  cellulare  trovato  ìi)  due  Orichidee,  con  1  tav. 

Ibidem,  voi.  XIV. 


—  241  — 

JoANNES  PoLTTis,  Sulla  preseii<;a  del  fflicof^rno  nelle  Fanerogame  e  sua  re- 
lazione coll'ossalato  di  calcio,  con  1  tav.  Ibidem,  voi.  XIV. 

—  Sulla  presema  di  amiloide  nelle  cellule  crislallofore  del  "  Philodendron 

melanochrysuni  „  Liii.  e    del  "  PA.  oxycardium  „.  Ibidem,  voi.  XIV. 

—  -  Sìilf  origine   e  suH'iif/ìcio   dell'ossalato    di  calcio   nelle  piante.   Ibidem, 

voi.  XV. 

—  Sulla  flora  micologica  della  Grecia.  Ibidem,  voi.  XV. 

—  Una   nuova    malattia   del  Mughetto   {Convallaria  majalis)   dovuta   alla 

"  Botri/lis  valgaris  „  in  Rivista  di  patologia  vegetale,  anno  V.  Pa- 
via, 1911. 
Domenico  Carbone,  Descrizione  di  alcuni  eumiceti  provenienti  da  carni  in- 
saccate sane,  in  Atti   dell'Istituto  bot.  di  Pavia,  ser.  II,  voi.  XIV. 

Pavlji,  Istituto  Botanico,  marzo  1912. 


—  242  - 


Rassegna  crittogamica  dell'anno  1912.  con  notiiiie  sulle  ma- 
lattie delle  leguminose  da  seme  dovute  a  parassiti  vege- 
tali. —  Relazione  ilei  professore  Giovanni  Briosi,  direttore  della 
II.  Stazione  di  Botanica  crittogamica  (Laboratorio  crittogamico)  in 
Pavia. 

L'annata  1912  non  fa  da  noi  molto  favorevole  airagricoltnra,  non 
tanto  per  le  vicende  climaticl:e  verificatesi  durante  i  mesi  invernali, 
che  furono  anzi  eccezionalmente  miti,  quanto  per  l'irregolare  anda- 
mento della  stagione  dall'aprile  in  poi. 

Li  molte  località  dell'alta  Italia  si  ebbero  nevicate  copiose  in  feb- 
braio e  bel  tempo  in  marzo,  sicché  la  primavera  era  già  iniziata  e  le 
vegetazioni  erano  in  anticipo  allorché  sopravvennero  le  forti  brinate 
della  seconda  decade  d'aprile.  Il  resto  del  mese  fu  piovoso  e  freddo. 
I  danni  prodotti  da  tali  vicende  furono  fortissimi  ;  se  ne  risentirono 
maggiormente,  specie  nella  vallata  del  Po,  i  gelsi,  le  viti,  gli  ortaggi 
(i  pomodori  sopratutto)  e  le  erbe  da  prato. 

Nel  maggio,  se  diminuì  il  freddo,  non  cessarono  per  questo  le  con- 
dizioni favorevoli  allo  sviluppo  delle  malattie,  anzi,  l'alternarsi  di  gior- 
•  nate  asciutte  e  calde,  con  giornate  piovose,  favori  lo  sviluppo  di  molte 
epidemie  crittogamiche,  specialmente  della  'peronospora  e  della  critto- 
gama nella  vite  (in  generale  efficacemente  combattute  dai  viticoltori); 
delle  ruggini  e  del  mal  del  piede  nel  grano. 

Uo/iobolo  0  inai  del  piede  si  sviluppò  nella  decorsa  primavera  con 
tale  intensità  che  in  diversi  luoghi  si  dovette  falciare  il  grano  in  erba 
e  rompere  il  terreno  per  metterlo  ad  altra  coltura  e  poter  cosi  riparare 
almeno  in  parte  all'ingente  danno.  E  dove  l'infezione  non  fu  a  tal 
punto  disastrosa,  causò  tuttavia  perdite  rilevanti  nel  raccolto;  perdite 
che  possonsi  valutare  dal  20  al  50  per  cento,  a  seconda  della  intensità 
dell'  attacco.  I  frumenti  seminati  tardi  furono  meno  danneggiati  dal 
parassita. 

Uguali  condizioni  proseguirono  nel  giugno  e  nel  luglio;  per  di  più, 
non  mancarono  qua  e  là  temporali  accompagnati  da  grandine. 

L'allettamento  del  frumento  si  aggiunse  agli  altri  malanni. 

L'agosto  e  il  settembre  furono  eccezionalmente  secchi,  e  nell'ot- 
tobre il  freddo  anticipato  apportò  altri  danni,  specialmente  sgli  olivi, 
i  quali,  oltre  ai   guai  prodotti  dalla   iiiosra  olearia,  dal  punteruolo,  ecc.. 


—  243  — 

ebbero  a  soffrire  qua  e  là  per  intensificazione  della   fiimagiiie  {Aìiten- 
naria  elaeophiln)  ed  invasione  di   Ci/cloconiinn- 

Il  novembre  e  il  dicembre  furono  freddi,  ma  asciutti. 
Fra  le  epidemie  crittogamiche  più  gravi  e  più  diffuse  clie  si  pre- 
sentarono durante  il  1912,  vanno  notate,  oltre  quelle  suaccennate: 

il  marciume  gric/io,  prodotto  dalla  Botrijiis  cinerea,  paiassita  che 
va  sempre  più  diffondendosi  e  va  attaccando  le  piante  più  disparate. 
Più  colpiti  in  quest'anno  furono  i  pomodori  e  le  viti;  ' 

Yantracnosi,  prodotta  dal  Gloeosporìum  ampelophagum ; 

il  carbone  del  frumento; 

la  ticchioìatura  delle  frutta,  specialmente  intensa  nelle  mele  e 
nelle  pere,  già  notata  nello  scorso  anno.  I  peri  ebbero  inoltre  a  soffrire 
in  alcuni  luogiii  per  attacchi  di  ruggine,  prodotta  dal  G ijmnosporanyium 
Snhinae; 

la  peroiiospora  dei  pomodori,  nei  quali  si  diffuse  anciie  e  arrecò 
danni  il  Baclerium  Briosii; 

Vavvizzimento  dei  peperoni  che  si  riteneva  dovuto  ad  una  specie 
di  Fumrium  e  clie,  secondo  recenti  ricerche  fatte  nel  nostro  laboratorio, 
è  invece  causato  da  un  bacillo; 

\i\  peroiiospora  delle  cucurbitacee  {Plasniopara  cuhensis)  che  invase 
molte  coltivazioni  di  poponi  delle  quali  distrusse  il  raccolto  quasi  per 
intero; 

la  Gnomonia  ceneta  sul  platano,  che  deteinnnò  in  Lombardia  e 
nel  Piemonte  una  forte  invasione  di  quella  malattia  nota  sotto  il  nome 
di  seccume  del  platano; 

la  Phijllostichi  maculi forniis  e  il  mcd  dell'inchiostro   nel  castagno-, 

il  mal  bianco  delle  querele,  dovuto  ad  un  Oidium,  il  cui  ciclo  bio- 
logico non  è  ancora  ben  noto.  Due  studiosi  francesi  ^  affermano  che 
uno  stadio  .evolutivo  è  rappresentato  da  una  specie  di  Microsphaera,  la 
Microsphaeraalphifoides:  ma  tali  studi  hanno  ancora  bisogno  di  conferma. 
Infierirono  meno  nell'anno  1912:  il  rossore  e  il  mal  nero  delia  vite, 
la  ruggine  e  il  carbone  del  granoturco,  il  mcd  rinato  dell'erba  medica  e 
le  epidemie  delle  viole  e  dei  garofani  che  in  Liguria  avevano,  nel  1911, 
arrecato  gravi  danni. 


'"Il  permanganato  potassico  fu  ila  tempo  indicato  come  efficace  anticrittoga- 
mieo,  ma  all'atto  pratico  non  aveva  dato  linora  buoni  risultati.  Recentemente  il 
Trucliot  lo  applicò  in  polvere  (misto  a  gesso  e  ad  allume)  contro  l'Oid'o  e  la 
Botri/fis  cinerea,  ottenendo  ottimi  risultati  (Pchi/cà.s  agricole  et  riticote,  1!'12). 

^  CtRIPFOX  e  Mai:iu...vn"('II,  Les  M/crtMpÌKiera  des  Cfiì-ncs  (\u  Bull.  Soc.  Mycol. 
de  France,  toni.  2.S,  pag.  f'S,  Paris  1912;. 


—  244  — 

K  superfluo  dire  che  sempre  clie  da  privati  e  da  enti  venne  inviato 
al  nostro  Laboratorio  materiale  di  studio  riguardante  le  varie  malattie 
crittog^amielie,  vennero  ad  essi  fornite,  oltre  alle  nutizie  sulla  natura 
del  parassita,  anche  quelle  riguardanti  le  relative  cure  preventive,  o 
curative,  atte  a  debellarlo  (almeno  sin  dove  erano  possibili);  notizie  che 
qui.  per  brevità,  non  riportiamo. 


Ricerclie  con  preparati  a  base  di  ossicloriiro  di  rame  eoutro  la 
pei'ouospora  della  vite  e  d'altre  piante. 

Contro  la  Peronospora  della  vite,  dei  pomodori,  delle  patate,  ecc. 
noi  in  quest'anno  tentammo  l'azione  della  "  Pasta  Ca/J'aro  ,,  elettrocu- 
prifera (a  base  di  ossicloruro  di  rame). 

Le  prove  con  detta  Pasta  furono  da  noi  fatte  in  dieci  diverse  lo- 
calità e  cioè: 

A  Pavia  (Orto  Botanico),  a  Groppello  Cairoli,  a  Stradella,  a  So- 
riasco,  a  Cassino  Po,  a  Verretto,  a  Voghera  (Scuola  Pratica  d'Agricol- 
tura), a  Monteleone,  a  Brescia  (Scuola  pratica  d'agricoltura)  ed  a 
Celatica. 

Nell'Orto  Botanico  furono  fatti  alle  poche  viti  disponibili  quattro 
trattamenti  con  Pasta  Caft'aro  all'uno  per  cento  negli  stessi  giorni  in 
cui  veniva  data  la  poltiglia  bordolese  (pure  all'uno  per  cento)  a  viti 
contigue  per  controllo.  I  risultati  furono  buoni,  pari  a  quelli  ottenuti 
colla  poltiglia  bordolese. 

A  Groppello  Cairoli,  in  una  vigna  del  sig.  Giuseppe  Calvi  furono 
trattati  due  pezzi  di  filari  a  spalliera  comprendenti  circa  una  trentina 
di  viti  di  diverse  varietà.  Si  fecero  cinque  trattamenti  conteniporane;i- 
mente  a  quelli  fatti  con  poltiglia  bordolese  ai  filari  contigui  e  nelle 
stesse  dosi  (  1  per  cento).  Le  viti  trattate  con  Pasta  Cafi'aro  rimasero 
protette  come  quelle  trattate  con  poltiglia  bordolese. 

A  Stradella  gli  esperimenti  col  nuovo  rimedio  si  fecero  in  un  vi- 
gneto del  sig.  Giuseppe  Mazza  e  si  iniziarono  sopra  tre  filari.  A  due 
di  questi  però  dopo  quattro  trattamenti  con  Pasta  Caffaro  il  vignaiuolo 
ne  diede  (per  timore)  due  con  poltiglia  bordolese. 

Ad  un  filare  invece  si  diede  sempre  la  Pasta  Caft'aro  negli  stessi 
giorni  in  cui  veniva  data  la  poltiglia,  pure  alla  dose  dell'ano  per  cento, 
ed  i  trattamenti  furono  sei.  Il  risultato  fu  abbastanza  buono,  ma  a  giu- 
dizio del  proprietario  un  poco  inferiore  a  quello  della  poltiglia. 


—  245  — 

A  Soriasco  venne  provata  la  Pasta  CafTaio  in  tre  vigne  diverse,  di 
proprietà  del  s\g.  Cesare  Faravelli,  sopra  un  totale  di  circa  mille  viti 
di  differenti  varietà,  scegliendo  i  filari  solitamente  più  soggetti  all'at- 
tacco della  peronospora.  Si  fecero  sei  trattamenti,  il  primo  e  l'nltinio 
alla  dose  dell'uno  per  cento,  gli  altri  quattro  all'  1,5  per  cento  come 
colla  bordolese  e  negli  stessi  giorni.  I  risultati  furono  pari  a  quelli 
della  poltiglia.  Sulln  foglie  notavasi  una  differenza  appena  sensibile  a 
favore  della  bordolese,  sui  grappoli  invece  a  favore  della  Pasta  Caffaro. 

.\  Cassino  Po  si  diede  ad  un  filate  di  dolcetto  alla  dose  dell'uno 
per  cento.  I  trattamenti  furono  cinque  come  quelli  fatti  con  poltiglia 
bordolese  agli  altri  filari.  Il  lisultato  fu  buono,  ma  va  notato  che  in 
questa  località  l'attacco  della  peronospora  fu  in  quest'anno  non  molto 
forte. 

A  Verretto  si  trattò  una  testata  di  filare  (circa  una  dozzina  di  viti 
barbera)  a  cui  la  Pasta  Caftaro  venne  data  tre  volte  all'I, .5  per  cento 
e  la  quarta  (l'ultima)  al  2  per  cento.  Agli  altri  filari  invece  si  fecero 
cinque  trattamenti  con  poltiglia  bordolese.  Si  ebbe  ottimo  risultato  pari 
a  quello  della  poltiglia. 

A  Voghera  le  espoienze  furono  fatte  nella  R.  Scuola  Pratica  di 
Agricoltura  "  Gal  lini  „  diretta  dal  prof.  Borghi.  La  prova  colla  Pasta 
Caffaro  venne  effettuata  sopra  sette  testate  di  filari  con  viti  (circa  80) 
di  varietà  diverse.  I  trattamenti  furono  cinque  (all'uno  per  cento) 
come  quelli  con  poltiglia  bordolese  e  fatti  negli  stessi  giorni.  Le  viti 
trattate  con  Pasta  Caffaro  si  mantennero  in  buonissimo  stato  pari  a 
quello  delle  viti  trattate  colla  bordolese. 

A  Montoleone,  in  un  vigneto  del  sig.  Conte  Ercole  Bolognini,  la 
Pasta  Caffaro  fu  data  a  circa  mille  viti  negli  stessi  giorni  nei  quali  si 
dava  la  poltiglia  bordolese  e  colle  stesse  norme.  Furono  fatti  cinque 
trattamenti  a  vitigni  di  diverse  varietà  e  si  ebbe  un  esito  splendido 
pari  0  superiore  a  quello  della  poltiglia.  Al  20  ottobre  le  viti  man- 
tenevano  ancora   sano   quasi    tutto    il  fogliame. 

A  r.rescia  si  fecero  sperimenti  nella  R.  Scuola  Pratica  d'Agricol- 
tura, diretta  dal  Sandri. 

fja  Pasta  Caffaro  fu  data  come  la  poltiglia  bordolese  negli  stessi 
giorni  e  nello  stesso  numero  di  volte,  all'I,.')  percento,  sopra  130  viti 
circa.  Si  fecero  cinque  trattamenti  e  si  ebbero  risultanze  buone,  pari 
a  quelle  della  bordolese.  È  stato  un  anno  di  forte  attacco  di  peronospora 
per  questa  regione. 

A  Celatica  presso  Brescia  si  diede  la  Caffaro  a  circa  .500  viti  negli 
stessi  giorni  e  nello  stesso  numero  di  volte  della  poltiglia  bordolese.  I 
trattamenti  furono  cinque.  Si  ebbero  splendidi  risultati,  le  viti  si  man- 

Alti  deU'Ul.  Bot.  JeìrUnireisilii  ili  Pavia        Serie  l\   -  Vd    XV.  21 


—  246  — 

tennero  sempre  belle  quanto  e  più  di  quelle  trattate  colla  bordolese, 
quantunque  l'attacco  di  peronospora  anche  a  Celatica  fosso  in  questo 
anno  molto  foi-te. 

Dalle  esperienze  summenzionate  risulta  die  la  Pasta  Caflaro  lia 
dato  dunque  in  generale  risultati  buoni,  pari  a  quelli  della  poltiglia 
bordolese. 

Come  a  Stradella  essa  si  sia  mostrata  un  po'  meno  efficace  della 
bordolese  non  è  chiaro,  poiché  in  tutte  le  altre  località  difese  e  pre- 
servò le  viti  quanto  la  poltiglia  bordolese  ed  in  alcuni  luoghi  anche  in 
modo  migliore. 

Aderisce  bene,  fa  presa  subito  e  pare  permanga  più  della  bordo- 
lese dopo  la  pioggia 

Essa  presenta  i  seguenti  vantaggi: 

E  di  facile  applicazione,  non  ingombra  le  pompe,  onde  jieiniette  un 
maggior  lavoro;  inoltre,  la  sua  preparazione  è  semplice  e  sbrigativa  e 
non  dà  luogo  agli  errori  in  cui  talvolta  incappa  il  vignaiuolo  nel  pre- 
parare la  poltiglia  boidolese. 

Sarebbe  bene  peraltro  che  tale  preparato  lasciasse  sulle  viti  traccie 
più  visibili,  onde  meglio  controllare  il  lavoro  degli  operai  e  meglio 
vedere  ove  e  come  il  rimedio  è  stato  dato:  difetto  relativamente  pic- 
colo e  facile  a  correggere.  Tornerebbe  utile  forse  anche  ridurla  in 
polvere  secca  e  metterla  in  commercio  in  pacchetti  del  peso  di  uno, 
di  due  0  più  chilogrammi;  ciò  ne  renderebbe  più  facile  il  trasporto  e 
l'impiego,  perchè  una  polvere  si  maneggia  meglio  di  una  pasta  e  per- 
chè lisparmierebbe  Fuso  della  bilancia,  vantaggi  questi  non  piccoli 
nella  pratica. 

A  Pavia,  nell'Orto  botanico,  la  Pasta  Caffaro  fu  provata  anche 
contro  la  Phijtophthora  infestans  dei  pomidori;  ed  a  Celatica  sulle  patate; 
in  ambedue  le  località  con  buoni  lisultati. 


Esperienze  con  insetticidi. 

Al  nostro  Laboratorio  fu  mandato  per  sperimentare  un  nuovo  inset- 
ticida, la  "  Piicinofenoleina  „,  del  quale  si  vantava  la  grande  efficacia 
contro  gli  insetti  in  genere  e  contro  la  Sckizonenra  la)ìi(/er(f  delle  po- 
macee  in  modo  particolaie. 

Ecco  gli  esperimenti  che  con  esso  potemmo  fare: 
A  Pavia  sperimentammo  questo  prepaiato  contro  la  Puh^inaria  cn- 
melicola  che  aveva  fortemente  attaccato  mia  siepe  di  evonimo  {Evoìnjmns 
Japonicus).  Ad  una  parte  delle  piante  esso  fu  dato  in  soluzione  al  2  per 


—  247  — 

cento,  e  le  limaneuti  furono  trattate  con  estratto  di  tabacco  pure  al 
2  per  cento.  Ambedue  gli  insetticidi  diedero  buoni  lisultati,  tutte  le 
piante  trattate  furono  liberate  dai  parassiti  e  la  vegetazione  loro  ridi- 
venne rigogliosa. 

A  Brescia,  nella  R.  Scuola  Pratica  d'Agricoltura  diretta  dal  com- 
mendatore Sandri,  la  Ricinofenoleina  fu  sperimentata  contro  la  Sdiizo- 
iieura  dei  meli  e  contro  la  Diri$pi.'<  dei  gelsi  (alberi  e  siepi)  alla  dose 
del  10  per  cento.  I  risultati  furono  buonissimi,  gli  alberi  si  liberarono 
completamente  dagli  insetti.  Avvertasi  che  il  rimedio  venne  applicato 
mediante  accurate  pennellatnre. 

A  Voghera  la  Ricinofenoleina  si  diede  contro  la  ScMzoneura  lani- 
gera dei  meli.  Somministrata  con  pompe,  al  2  per  cento,  alla  chioma 
degli  alberetti,  si  ebbero  resultati  mediocri,  mentre  sui  tronchi  ove 
venne  data  col  pennello,  alla  dose  del  10  per  cento,  i  resultati  furono 
buoni. 

Evidentemente  il  modo,  la  dose,  ed  il  tempo  dell'applicazione  sembra 
abbiano  grande  influenza;  il  liniedio  dovrebbesi,  a  quanto  pare,  sommi- 
nistrare quando  gli  alberi  sono  in  riposo,  ed  a  forte  dose. 


VI.  '  Malattie  delle  legumino.se  da  seme 
dovute  a  parassiti  vegetali. 

Nelle  precedenti  Rassegne  Crittogamiche  (1908-1911)  ci  siamo  occu- 
ltali ivi  cinque  diversi  rapitoli  delle  malattie  delle  leguminose  foraggere, 
nella  presente  tratteremo  delle  malattie  delle  leguminose  da  seme,  cer- 
cando al  solito  di  riunire  e  riassumere  le  notizie  che  intorno  ad  esse 
si  hanno  e  che  trovansi  sparse  in  vari  trattati  e  periodici  italiani  e  stra- 
nieri. 

A)  Malattie  del  paoiolo  (Pkaseoliis  vuJgarish.,  Ph. multi ftorus  Wild. ecc.)- 

lì  Racteriosi  o  grassume  del  fagiolo  {Pseiidomonas  Phaseoìi  Smith). 
—  È  assai  contagiosa  e,  se  favorita  da  speciali  condizioni  di  calore  e 
di  umidità,  si  diffonde  rapidamente  e  causa  gravi  danni.  Attacca  i  le- 


•  Vedi:  I.  Malattie  dell' trìia  medica  in  Kassegna  1008;  li.  Malattie  dei  tri- 
foijlii  >:  III.  Mahittie  delle  recete  in  Ras.segna  1909  ;  IV.  Midattie  dei  hipiiii,  delta 
liil>iiiella  a  della  nulla  in  Ila.ssegna  1910;  V.  Malattie  ,/-■/  iiicliloli,  dei  laliri.  del 
fieni/  I/reco  ecc.   in  Rassegna  1911. 


—   248    — 

gami  dei  fagioli  (meno  frequentemente  lo  .stelo)  prodnceiido  macchie 
nere  che  internandosi  nel  tessuto  arrivano  anche  ai  semi.  Da  queste 
trasuda  una  specie  di  mucillaggine  nella  quale  riscontra.<i  il  bacillo 
parassita,  pui-e  abbondante  nelle  cellule  dei  tessuti  malati. 

Per  difendersene  si  consiglia  di  bruciare  le  jiiante  malate  e  di 
cambiare  temporaneamente  la  coltuia.  Inoltre  nella  semina  non  si  deve 
far  uso  di  semi  provenienti  da  località  infette. 

Questa  alterazione  dei  fagioli,  già  studiata  da  Smith  e  da  altri  negli 
Stati  Uniti  d'America,  è  stata  dal  Delacroix  riscontrata  anche  in  Francia, 
ove  viene  chiamata  graisse  dcs  harkots.  In  Italia,  a  quanto  sappiamo, 
non  è  stata  ancora  segnalata. 

2)  Mal  del  piede  o  marciume  delle  piantine  nei  semenzai  {Fy- 
tliitun  De  Banjanum  Hesse).  Di  questo  parassita  delle  giovani  piantine 
si  è  già  parlato  trattando  delle  malattie  dei  trifogli  (Gap.  II,  A,  2  in 
Bassegna   Crittogamica  1909). 

3}  Mal  bianco  {Ergsiplie  Folygoni  DC),  vedi  Gap.  I,  J,  (/  in  Uas- 
segna   Critlogamira  1908). 

4)  Peronospora  dei  fagioli  { Phijtoplithora  P/iaseoU  Thaxter).  Questa 
peronosporacea  fu  per  la  prima  volta  riscontrata  sui  fagioli  di  Lima 
(Phaseoliis  ìtcnatus),  nel  Connecticut  in  America  e  studiata  dal  Thaxter. 

Può  attaccare  foglie  e  steli,  ma  si  sviluppa  specialmente  sui  bac- 
celli formando  delle  larghe  chiazze  bianche  cotonose  le  quali  estenden- 
dosi invadono  tutto  il  legume,  che  infine  rimane  coperto  di  un  abbon- 
dante e  fitto  tomento  bianco  dato  dai  conidiofori  (organi  fruttiferi)  del 
fungo. 

I  baccelli  cosi  attaccati  si  arrestano  nello  sviluppo,  illividiscono  e 
divengono  poi  preda  di  altri  fungilli  (Cladosporitim,  HJacrosporiutii,  ecc.) 
che  li  anneriscono  e  deturpano. 

Contro  questa  malattia  in  America  si  usa  con  efiìcacia  la  poltiglia 
bordolese. 

5)  Cancro  o  mal  dello  sclerozio  (Sclerotiìiia  Libertiaiia  Fuck.). 
Attacca  molte  piante  e  frequentemente  anche  i  fagioli,  le  fave  ed  i 
lupini  (vedi  anche  Gap.  IV,  A,  4  in  Bassegna  Crittogamica  1910)  specie 
nelle  annate  umide.  Gli  steli  colpiti  si  rivestono,  a  cominciare  dal  suolo, 
di  una  muffa  biancastra,  cotonosa  che  fa  ingiallire  le  foglie  ed  uccide 
le  piante. 

Sui  cauli  morti  e  nel  loro  interno  (canale  midollare)  si  formano  in 
seguito  dei  corpicciuoli  nerastri,  duri,  che  sono  i  così  detti  sclerozi,  rap- 
presentanti uno  stadio  ibernante,  quiescente  del  fungo,  .'sclerozi  che, 
germinando  poi  al  ritorno  della  stagione  favorevob'.  riiirodncono  la 
malattia. 


-    249  — 

Tornii  utile  quindi  raccogliere  e  bruciare  le  jiiante  morte  o  malate, 
per  distruggere  il  maggior  numero  possibile  di  tali  sclerozi  e  porre 
ostacolo  così  alla  riproduzione  ed  alla  diffusione  del  parassila. 

E  bene  altresì  evitare  i  terreni  umidi  e  fare  uso  di  semente  sana, 
non  proveniente  da  località  infette,  giacché  anche  i  baccelli  ed  i  semi 
vengono  attaccati  da  tale  Sclerotinia. 

Nel  caso  in  cui  la  malattia  si  sia  diffusa  nel  campo  sarà  conve- 
niente per  qualche  anno  di  non  riseminare  le  piante  che  vanno  sog- 
gette all'attacco  di  tale  paiassita  (leguminose,  crocifere,  bietole,  patate, 
canapa,  ecc.). 

6)  Ruggine  del  fagiolo.  E  causata  dall'  Urouiijces  appcudiculalus 
(Pers.)  Lev.,  uredinea  autoica,  che  si  sviluppa  cioè  in  tutte  le  sue  forme 
sopra  un'unica  specie  di  piante. 

Riscontrasi  frequentemente  sui  fagioli  coltivali  in  località  umide  o 
poco  soleggiate  e  può  produrre  danni  rilevanti  [loicliè  fa  seccare  le 
piante. 

Le  foglie  malate  presentano  chiazze  gialliccie  che  poi  imbruniscono 
e  disseccauo  mentre  su  esse  compaiono  numerose  piccole  pustole  polve- 
rose, alcune  di  color  bruniccio  (uredosori)  costituite  dalle  così  dette 
nredospore  che  servono  alla  diffusione  del  parassita  durante  il  periodo 
vegetativo  della  pianta  ospite:  altre  bruno-nerastre  (teleutosori)  for- 
mate dalle  teleutospore,  o  spore  ibernanti,  assai  resistenti  agli  agenti 
esterni  e  che  servono  a  mantenere  in  vita  il  fungo  da  un  anno  all'altro. 
Per  distruggere  quindi  le  teleutospore  ibernanti  si  devono  sradicare  le 
piante  dopo  il  raccolto  e  bruciarle.  Secondo  Whetzel  le  irrorazioni  con 
poltiglia  bordolese  fatte  preventivamente,  od  anche  alla  prima  com- 
parsa della  malattia,  darebbero  buoni  risultati. 

7)  Antracnosi  dei  fagioli.  Questa  malattia  è  prodotta  dal  Colle- 
lotrkhum  Lindemnihiauitm  (Sacc.  et  Jlagii.)  Briosi  et  Cavara,  che  attacca 
specialmente  i  frutti  ancor  verdi  dei  fagioli  sui  quali  forma  delle  macchie 
0  specie  di  pustole  incavate  (si  da  infettare  talora  anche  i  semi  sotto- 
stanti), rotonde  od  oblunghe,  brune,  con  zona  marginale  rossastra  e 
rilevata  a  cercine.  Dapprima  sono  sparse,  poi  confluiscono  e  formano 
sovente  grandi  chiazze  che  deturpano  il  legume.  Sulle  macchie  appa- 
iono delle  verruchette  bianchiccie,  che  sono  gli  acervuli  sporigeni 
(corpi  fruttiferi)  del  fungo. 

Anche  per  questa  malattia  consigliasi  di  distruggere  gli  oigani  col- 
piti, di  non  seminare  fagioli  provenienti  da  legumi  infetti,  e  di  disin- 
fettare quelli  di  incerta  provenienza  tenendoli  per  un'ora  in  soluzione 
ammoniacale  di  carbonato  di  rame  (Carbonato  di  rame  gr.  100;  ammo- 
niaca l  litroj  acqua  litri  18). 


—  250  — 

Inoltre,  coltivare  i  fagioli  in  località  soleggiate  e  in  terreni  ascintti 
e  non  concimare  soverchiamente  con  stallatico.  Le  irrorazioni  preven- 
tive con  poltiglia  bordolese  (airi-2  per  cento)  hanno  pure  dato  buoni 
risultati. 

8)  Aìteniaria  Brassicae  f.  Phaseoli  P.  Brun.  Determina  il  sec- 
cume e  l'annerimento  delle  foglie  del  fagiolo  nano.  Le  piante  colpite 
sono  facilmente  riconoscibili  anche  a  distanza  per  il  loro  aspetto  carat- 
teristico. 

La  malattia  si  manifesta  colla  comparsa  di  macchie  irregolari,  sparse, 
dapprima  giallicce  e  più  tardi  di  color  ocraceo  e  confluenti;  su  esse  si 
forma  come  un  rivestimento  nero  polverulento,  dato  dalle  fruttificazioni 
del  parassita.  Le  foglie  quindi  si  accartocciano  e  seccano. 

Per  difendersene  si  consigliano  trattamenti  preventivi  con  poltiglia 
bordolese  e  distruzione  delle  foglie  infette. 

9)  Isariopsis  grheola  Sacc.  È  un  parassita  comunissimo  che  pro- 
duce uno  speciale  seccume  delle  foglie.  Forma  macchie  grigiastre  irre- 
golari, angolose,  per  lo  più  limitate  dalle  nervature;  sulla  pagina  infe- 
riore le  foglie  mostrano  piccoli  cespuglietti  bruni  costituiti  dagli  organi 
fruttiferi  del  fungo. 

10)  Imbrunimento  delle  radici  (Thielavia  èasiVoZa  Zopf.).  Di  questa 
malattia  che  attacca  diverse  leguminose  causando  l'annerimento  e  la 
marcescenza  delle  radici  e  quindi  la  morte  delle  piante  colpite  si  è  già 
parlato  al  Cap.  IV,   A,  11  nella  lìasscyna  Crittogamica  del  1910. 

11)  Mal  vinato  {B/iizoctonia  rioìacea  Tul.).  E  già  stato  descritto 
trattando  delle  malattie  dell'erba  medica  (vedi  Gap.  1,  B,  in  Bassegna 
Crittogamica  del  1908). 

Sopra  steli,  foglie  e  frutti  possono  inoltre  svilupparsi  i  seguenti 
micromiceti  che  vi  determinano  alterazioni  diverse  ma  meno  gravi  : 

12)  Stagonospora  Morierei  Sacc.  Produce  macchie  fogliari  di  forma 
irregolare,  brunicce,  con  margine  alquanto  rilevato,  sulle  quali  compa- 
iono più  tardi  piccoli  puntini  neri  dati  dai  periteci  (oigani  fruttiferi) 
del  fungo. 

13)  SphaereHa  pfiaseolina  SSiCC.  Forma  sn  ambo  le  pagine  fogliari 
macchie  grandi  5-10  mm.,  di  colore  rossiccio  pallido,  zonate,  cosparse 
infine  di  minutissimi  puntini  neri  (organi  fruttiferi). 

14)  Pìn/lloslicta  phaseoUna  Sacc.  Produce  sulle  foglie  grandi 
macchie  giallo-ocracee,  di  forme  indeterminate. 

15)  AscocJiyta  Pliaseolontm  Sacc.  Dà  chiazze  giallo-ocracee  in- 
determinate simili  a  quelle  della  specie  precedente. 

16)  Ascocìnjta  Boltsìiauseri  Sacc.  Produce  grandi  macchie  rotonde 
0  poligonali  angolose,  più  evidenti  sulla  pagina  superiore  che  sul  dorso 


—  251   — 

della  foglia,  ili  uii  color  bruno  che   si   fa  più  carico  al  margine  e  con 
strie  interne  concentriche  di  tinta  piìi  scura. 

17)  Ascodiyta  Pisi  Lib.  Forma  maccliie  rotondeggianti,  gialle  con 
margine  bruno. 

18)  Sfagoiwspora  horleiisis  Sacc.  Si  aiipiglia  agli  steli  formandovi 
chiazze  scolorite,  pallide,  sulle  quali  compaiono  piccoli  puntini  neri  (or- 
gani fruttiferi). 

19)  Septoria  ìeguminum  Desm.  Attacca  i  baccelli  producendovi 
piccole  chiazze  secche,  brunicce,  sulle  quali  appaiono  in  seguito  minu- 
tissimi puntini  neri. 

20)  Stagoìtopsis  Phaseoìi  Erikss.  Produce  macchie  fogliari  brune, 
circolari,  del  diametro  di  5-12  nini. 

21)  Ccrcospora  olioascens  Sace.  Dà  macchie  brunastre  cosparse, 
nella  pagina  inferiore  della  foglia,  di  piccoli  cespuglietti  olivastri. 


B)  Malattie  della  fava  (  Vida  Faba  L.) 

1)  Peronospora  {Peronospora  Viciae  De  Bary).  È  abbastanza  fre- 
quente sulla  fava,  sui  piselli  e  sulle  veccie  (vedi  Gap.  Ili,  a,  in  Ras- 
segna  Crittogamica  1909). 

Le  foglie  colpite  presentano  macchie  irregolari  e  giallastre,  sulla 
pagina  inferiore  delle  quali  notasi  una  muffa  grigiastra  data  dai  coni- 
diofori  (fruttiii{fazioni)  del  parassita. 

A  difendere  le  fave  ed  i  piselli  da  seme  dal  parassita  servono 
ottimamente  i  trattamenti  con  poltiglia  bordolese. 

2)  Cancro  o  mal  dello  sclerozio  (Sderotinia  Libertiana  Fuk.).  Vedi 
sopra  .1,  5. 

3)  Mal  bianco  {Erysipìie  Poli/goni  DO.).  Vedi  Gap.  I,  A,  d  in 
Rassegna  Crittogamica  del  1908. 

4)  Ruggine  della  fava.  Il  parassita  causa  di  questa  malattia  è 
VUromifces  Fabae  Sclirot.,  specie  antoica  come  quella  della  Ruggine  del 
fagiolo  (Gap.  VI,  A,  6),  la  quale  determina  alterazioni  simili  nella  fava. 
Sugli  steli  e  sulle  foglie  colpite  notansi  infatti  numerose  pustoline  erom- 
penti, polverose,  color  tabacco  (uredosori),  alle  quali  si  consociano  più 
tardi  pustole  nerastre  (teleutosori).  Le  piante  infette  anneriscono  e  dis- 
seccano; se  colpite  prima  della  maturazione  dei  baccelli,  questi  non  si 
sviluppano  bene,  i  semi  non  si  formano  o  rimangono  piccoli  o  deformati. 

Per  difendersi  consigliasi  di  seminare  le  fave  a  filari  abba.stanza 
distanti  ed  in  primavera  dare  una  o   due  volte  la  poltiglia  bordolese. 


252  

Le  piante  seccate  per  malattia  non  debbono  essere  utilizzate  come 
strame,  né  date  in  pasto  al  bestiame  cui  determinerebbero  anche  di- 
sturbi gastrici  con  sintomi  di  avvelenamento.  Si  dovrà  invece  bruciarle 
per  distruggere  i  germi  del  parassita  ed  impedirne  la  riproduzione  e 
la  diffusione. 

5)  Cercospora  Fabae  Fautr.  e  Ccrcospora  zonata  Wint.  Ambedue 
queste  specie  di  parassiti  si  sviluppano  sulle  foglie  della  fava.  La  prima 
vi  determina  macchie  bruno-porporine  e  grigie  al  centro,  zonate,  spe.sso 
confluenti;  la  seconda  produce  larghe  macchie  rosso-brune,  più  chiare 
al  centro,  con  zone  concentriche,  sulle  quali  si  notano  più  tardi  dei 
piccoli  cespitoli  neri  dati  dalle  fruttificazioni. 

I  trattamenti  preventivi  con  poltiglia  bordolese  possono  impedire 
lo  svihuipo  di  questi  due  paiassiti,  e  jìer  porre  ostacolo  alla  loro  ri- 
produzione ed  alla  loro  ricomparsa  nell'  anno  susseguente  bisogna 
bruciare  le  piante  secche  infette  rimaste  sul  campo  dopo  la  raccolta  dei 
frutti. 

n)  Pìnjllosticla  Fabae  West.  Produce  sulle  foglie  grandi  macchie 
rotondeggianti  od  oblunghe,  brune  con  margine  rosso,  sulle  quali  ap- 
paiono in  seguito  piccoli  puntini  neri  (fruttificazioni  del  fungo). 

7)  AscocJnjta  Pisi  Lib.  e  Ascodiijta  BoUsìiaueri  Sacc.  Vedi  sopra 
.1,  14  e  15. 

8)  Orobanca  (Orohanrhc  speciosa  DC).  Questa  fanerogama  paras- 
sita che  riscontrasi  assai  frequente  sulle  leguminose  e  specialmente 
sulla  fava,  sul  pisello,  la  lenticchia  ed  il  lupino  (vedi  Gap.  IV,  A, 
12  in  Easser/ua  Crittogamica  1910)  riesce  talora  disastii)«a  nei  campi 
di  fava  poiché  indebolisce  le  piante  in  modo  da  rendere  nullo  il  rac- 
colto. 

Essa  ha  un  fusto  alto  fino  a  70  cm.,  robusto,  giallastro,  glandoloso, 
con  squame  brune,  terminate  in  una  siiica  diiìori  a  corcdla  lunga  2-,3  cm., 
biancastra  o  con  venature  violacee  (per  i  rimedi  vedi  Oiobanche,  Cap.  I, 
B,  2,  in   Rassegna  Crittogamica  1908). 


C)  Mal.\ttie  del  pisello  ( Pisìim  safivìtin). 

Alcuni  dei  parassiti  che  danneggiano  il  pisello  e  che  attaccano 
comunemente  anche  altre  leguminose  furono  già  studiati  nei  precedenti 
capitoli;  tali  sono: 

1)  Pithium  De  Banjanum  Hesse,  che  determina  il  marciume  delle 
piante  nei  semenzai  (vedi  Cap.  II,  A,  b,  in  Rassegna  Crittogamica  1909). 


—  253  — 

2)  Pcroimpom  Viciac  (Berk.)  De  By.  (Vedi  Cai>.  Ili,  A,  in  Ras- 
segna Crittogaiiiicii  1909). 

3)  Eri/sipìie  Poli/goni  DO. ,  causa  del  cosi  dctlo  Mal  bianco 
(Gap.  I,  A,  d,  in  Rassegna  1908). 

I  piselli  vengono  spesso  colpiti  gravemente  ila  questo  parassita; 
trattandosi  di  piante  da  seme,  si  può  combatterlo  vantaggiosamente 
mediante  solforazioni  con  zolfo  semplice  o  con  una  miscela  a  parti 
eguali  ili  zolfo  e  calce  spenta  finamente  polverizzata. 

4)  Thieìavia  basicola  Zopf.,  causa  dell' imbrunimento  delle  radici 
(vedi  Gap.  IV,  A,  11  in  Rassegna  1910). 

5)  Scìerotinia  Lihertiana  Fuck.  che  determina  il  cosi  detto  cancro 
0  mal  dello  sclerozio  (vedi  supia,  A,  5). 

6)  Sphaerella  Morierei  Sacc.  (vedi  sopra,  A,  10). 

7)  Septoria  Legiimimim  Desm.  (vedi  sopra,  A,  12). 

8)  Orobanche  crenata  Forsk.o  Orobanche  speciosa  DC.  (v.  sopra,  Z>,  8). 

II  pisello  va  soggetto  altresì  alle  seguenti  malattie: 

9)  Ruggine.  È  causata  dall'  (h-oni>jces  Pisi  (Pers.)  De  Bary.  A 
diftVrenza  delle  due  specie  parassite  del  fagiolo  e  della  fava,  ciie  sono 
uredinee  autoiclie,  questa  invece  è  un'uiedinea  eteroica,  avendo  bisogno 
di  due  piante  diverse  per  poter  compiere  l'intero  suo  ciclo  di  sviluppo. 
Nelle  forme  spermogonica  ed  ecidiosporica  si  sviluppa  comunemente  sul- 
V Eìipìiorbia  cgparissiar.  (erba  cipressina)  e  talora  su  qualche  altra  specie 
di  Eìiphoròia;  nelle  foi'me  uredo-  e  feìeutosporica  invece  attacca  i  Pismn, 
i  Lathyrus  ed  anche  qualche  specie  di   Vida. 

Le  due  forme  che  attaccano  l'erba  cipressina,  iniziando  il  ciclo  di 
sviluppo  del  parassita,  producono  nella  pianta  ospite  strane  deforma- 
zioni così  che  le  piante  infette  sono  facilmente  riconoscibili  pel  loro 
aspetto  anormale  ed  anche  pel  color  giallo  caratteristico  che  esse  as- 
sumono; esse  più  non  fioriscono  e  formano  fusti  esili,  semplici,  con  foglie 
carnose,  ellittiche,  spesso  contorte  od  a  cucchiaio,  cosparse  di  numero- 
sissime fruttificazioni  (spermogoni  ed  ecidi).  Le  ecidiospore,  se  arrivano 
sulle  foglie  dei  piselli,  germinano  producendovi  la  ruggine.  Sulle  foglie 
e  sui  fusti  compaiono  allora  dapprima  numerose  pustoline  rotonde,  di 
color  cannella  o  bruno  ruggine  e  polverulente  (uredosori),  alle  quali  si 
frammischiano  più  tardi  (verso  la  fine  del  periodo  vegetativo  della 
pianta)  pustole  di  color  nero,  non  più  polverulente,  che  sono  i  teleuto- 
sori.  Questi  sono  dati  dalle  così  dette  teleidospore  (spore  ibernanti)  che 
mantengono  in  vita  il  parassita  durante  l'inverno  e  germinano  poi  alla 
susseguente  primavera,  infettano  l'eiba  cipressina  e  ricominciano  il 
ciclo  di  sviluppo. 

Giova  quindi  bruciare  dopo  il  raccolto  le  piante  di  pisello  infette 


—  254  — 

dalla  ruggine  eil  altresì  distiuggere  l'erba  cipressiiia  che  si  riscontrasse 
nelle  vicinanze  delle  coltivazioni  del  pisello.  K  iiure  vantaggioso  l'uso 
della  poltiglia  bordolese. 

10)  Avvizzimento   o   malattia   di    S.  Giovanni   (Fi(sarium  vasin- 
fectum  var.  Pisi). 

Questa  malattia  del  pisello  è  assai  dilfusa  in  Olanda  ove  fu  notata 
e  studiata  da  van  Hall  nel  1903. 

Alcuni  anni  dopo  venne  riscontrata  anche  in  diverse  località  della 
Germania  e  studiata  da  Appel  e  Scliikorra.  Le  piante  colpite  durante 
la  fioritura,  o  subito  dopo  avvizziscono  incominciando  dall'estremità  su- 
periore, di  poi  a  poco  a  poco  seccano  completamente. 

Il  parassita  è  localizzato  alla  base  del  fusto  sul  quale  notansi  (dal 
colletto  radicale  sino  all'altezza  di  circa  un  palmo  dal  terreno)  delle 
fini  screpolature.  Il  nome  di  Malattia  di  S.  Giovanni  dato  in  Olanda 
a  questa  alterazione  è  dovuto  al  fatto  che,  incominciando  di  solito  il 
male  ad  apparire  sulla  fine  di  maggio,  il  disseccamento  delle  piante  ha 
luogo  verso  la  fine  di  giugno,  cioè  per  S.  Giovanni. 

Per  difendersi  da  questa  malattia  si  consiglia  di  usare  semi  robusti 
e  sani,  che  germinino  presto  e  bene  e  di  distruggere  subito  le  piante 
che  si  mostrano  malate.  Bisogna  altresì  bruciare  tutto  quanto  rimane 
dopo  il  raccolto  nei  campi  infetti,  ed  in  questi  non  far  seguire  colture 
di  altre  leguminose  o  di  piante  sulle  quali  il  Fiisarium  possa  svilup- 
parsi. 

L'avvizzimento  parassitario  dovuto  a  specie  di  Fusariiim  colpisce 
anche  altre  leguminose  (fava,  lupino,  ecc.). 

11)  Antracnosi  del  pisello.  È  causata  dair^.sT0(7////«  lisi  Lib.  e 
si  manifesta  con  alterazioni  molto  simili  a  quelle  prodotte  dall'antiac- 
nosi  del  fagiolo.  Colpisce  tanto  le  foglie  che  i  frutti  del  pisello  come 
di  altre  leguminose. 

Sulle  foglie  produce  macchie  relativamente  grandi,  rotonde  od  ellit- 
tiche, di  color  giallo  bruno,  spesso  zonate  con  contorno  più  scuro.  Sui 
frutti  le  macchie  sono  più  piccole,  più  sbiadite,  spesso  fra  di  loio  con- 
fluenti, alquanto  incavate  e  con  margine  più  scuro  e  rilevato.  E  assai 
dannoso  poiché  fa  seccare  e  cadere  le  foglie,  deturpa  i  frutti  e  talora 
le  alterazioni  si  estendono  agli  stessi  semi.  Specialmente  la  varietà  di 
pisello  detta  Mangiatutto  o  Taccola  può  venire  notevolmente  deprez- 
zata per  causa  di  questo  parassita. 

Si  può  combattere  efiìcacemente  con  poltiglia  bordolese  all'I, 5-2  ptr 
cento  facendo  un  trattamento  alle  piante  ancora  giovani  (15-20  giorni 
dopo  la  loro  germinazione),  poi,  altri  due  ancora  a  distanza  di  una 
quindicina  di  giorni  l'uno  dall'altro.  Come  cura  profilattica  si  consiglia 


—  255  — 

poi  di  sradicare  le  piante  malate  e  distruggere  gli  organi  colpiti;  inoltre 
di  usare  semente  sana  non  proveniente  da  campi  infetti. 

12)  Cladosporium  Pm  Cug.  et  Mach.  Determina  una  malattia  nei 
frutti  del  pisello  sui  quali  produce  delle  chiazze  nerastre  a  guisa  di 
pustole  rilevate  e  lacere  die  ne  deturpano  l'aspetto  e  pongono  ostacolo 
allo  sviluppo  ed  alla  maturazione  dei  semi. 

13)  Phijìlosllcta  Pisi  West.  Produce  sulle  foglie  macchie  rotonde 
od  oblunghe  e  sulla  pagina  inferiore  si  formano  di  poi  piccoli  punti 
neri  dovuti  alle  fruttiScazioni. 

14)  Sepioria  Fisi  West.  Dà  sulle  foglie  macchie  bruno-chiare  o 
bianchiccie,  grandi,  irregolari,  limitate  dalle  nervature. 

15)  Bì-achysporiiim  Pisi  Oud.  Questo  parassita,  riscontrato  in 
Olanda,  si  appiglia  alle  giovani  piantine  di  pisello  producendovi  mac- 
chie nericcie. 


D)  Malattie  della  lenticchia  [Lens  esculenta  Mueh.) 
E  DEL  CECE  {Ciccr  ctrietìiuim  L.). 

La  lenticchia  può  essere  attaccata  dall'  Uredo  lentis  Lagli.  e  dal- 
l'(7roMe/ce.s  s/n'«^(s  Schroet.,  urediuee  che  producono  le  .solite  alterazioni 
note  sotto  il  nome  di  ruggine. 

Inoltre,  essa  è  anche  attaccata  dalla  Peronospora  Viciae  (vedi  Ca- 
pitolo III,  a,  in  Easser/na  crittogamica  19(^9). 

Sul  cece  possono  svilupparsi  i  seguenti  parassiti  vegetali: 

Ureclo  Ciceris-arietini  Grogn.  od  Uromices  Ciceris-arietiiii  (Grogn.) 
Jaoz.  et  Boy.,  che  producono  sulle  foglie  la  solita  alterazione  distinta 
col  nome  di  ruggine. 

Ascochijta  Pisi  Lib.,  che  causa  la  yaùbia  del  cece  e  del  pisello 
(vedi  sopra,  C,  11).  Nel  cece  questo  fungo  oltre  che  alle  foglie  ed  ai 
frutti  si  appiglia  frequentemente  anche  agli  steli,  causando  il  dissec- 
camento parziale  o  totale  della  pianta,  onde  in  questa  forma  la  ma- 
lattia riesce  molto  grave.  (Pei  rimedi,  vedi  sopra.  C,  11). 


256   — 


ELENCO  DEGLI  ESAMI  FATTI. 

Maliittic  della  vite. 

Peronospora  \Plasmoiìarn  ritirola  (Berle,  et  Cnrt.)  Beri,  el  DeTcìiii), 
sopra  foglie  e  gi'a|)i)oli  inviati  dalla  Cattedra  auibulaute  di 
agricoltura  di  Spoleto,  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura 
di  Riiiiini,  da  lirescia  ecc.  A  Pavia  e  dintorni,  e  neir01tiei>ò 
Pavese Esami  N.   130 

Oidio  (Oidiiim  Tucleri  Berk.).  Nell'Orto  botanico  ed  in  giardini  di- 
versi di  Pavia  e  dintorni,  a  Groppello  Cairoli  ed  in  pareccliie 
località  dell'Oltrepò  Pavese „     -15 

BoTRYTi.s  CINEREA  Pers.,  SU  tralci  inviali  in  diverse  liprcse  dal  Di- 
rettore della  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Kiiiiini  (pro- 
fessoie  P.  Frizzati)  e  sopra  graiipoli  in  alcune  località  dt-1- 
roitrepò  Pavese n     1^ 

Marciume  radicale  (Dematophora  iieralrix  Hart.),  sopia  ladici  di 
vite  inviate  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltuia  di  Savona 
e  da  Groppello  Cairoli  (sig.  G.  Calvi) ,       6 

Maugiuhe  radicale  {Armillaria  melica  Valli.),  in  ceppi  di  vite  inviate 
dal  prof.  F.  Gabbrielli,  direttore  della  Cattedra  ambulante  di 
agiicolfnra  di  Sarzana „       2 

Antracnosi  [Gheosporitim  cinij^elopìtaffum  (Pass.)  Sacc],  sopra  tralci 
inviati  dalla  Cattedra  ambulante  d'agiicoltnra  di  Savona,  sopra 
grappoli  inviati  dal  prof.  Giulio  Catoni  del  Laboratorio  di  mi- 
crografia e  patologia  vegetale  di  Trento,  da  Groppello  Cai- 
roli, ecc „     10 

RoT-BLANC  {Coniothyi inm  Diplodiella  Sacc),  sopra  grappoli  inviati 
dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Bologna  (pi'ofes- 
sore  Bertini) „       2 

AuREOBAsiDiUM  ViTis  Viala  et  Boyer  var.  all>:im  Montemartini,  sopra 
foglie  inviate  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Casti- 
glione delle  Stiviere  e  da  Groppello  Cairoli  (sig.  G.  Calvi)    „       5 

Cercospora  VITICOLA  (Ces.)  Sacc,    su   foglie   di   viti  americane  da 

Groppello  Cairoli  ed  in  orti  dei  dintorni  di  Pavia     .     .     .    „       9 

Alternaria  Vitis  Cavr.,  sopra  foglie  inviate  dalla  Federazione  Ve- 
ronese dei  Consorzi  di  difesa  della  Viticoltura  di  Verona  .    „       2 


9 


—   257   — 

Fillossera,  sopra  viti  inviate  dalla  signora  Carlotta  Franchi  di 
Pavia Esami  N. 

Anomala  Vitis  Fabr.,  sopra  foglie  inviate  dalla  (Cattedra  ambnlante 

d'agricoltura  di  Bologna  e  da  quella  di  Lendinara    .     .     .    „       4 

Antispyla  rivillei  Staint.  (larve),  sopra  foglie  di  vite  (determina- 
zione fattaci  dalla  R.  Stazione  di  Entomologia  Agraria  di  Fi- 
renze) inviate  dalla  Cattedra  amb.  d'agricoltura  di  Spoleto    „       1 

Cocciniglie  (Targioiua  vitis  Sig  ),  sopra  rami  (determinazione  fattaci 
dalla  R.  Stazione  di  Entoinol.  Agraria  di  Firenze)  inviati  dalla 
Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Spoleto  (prof.  F.  Franco- 
lini)      ,       1 

FiTopTOsi,  sopra  foglie   di  vite   nell'Orto    botanico  di  Pavia  ed  in 

diversi  giardini  della  città  e  dintorni „     10 

Scottatura,  colpo  di  sole,  in  grappoli  inviati  dal  sig.  G.  Marchese, 

direttore  del  Corriere  del   Villaijfjio  di  Milano „       2 

Rachitismo,  in  tralci  inviati  dal  prof.  Ilario  Zannoni  della  Cattedra 

ambulante  d'agricoltura  di  Porto  Maurizio „       2 

Malattie  diverse,  micelio  ed  essiccamento  in  seguito  a  lesioni 
traumatiche  in  grappoli  inviati  dalla  Cattedra  ambulante  di 
agricoltura  di  Mantova;  gallerie  prodotte  da  insetti  (apale) 
causanti  la  morte  di  tralci  inviati  dal  prof.  V.  Gobbetti  della 
Cattedra  ambnlante  d'agricoltura  di  Voghera;  disturbi  fisiolo- 
gici causanti  la  morte  di  viti  inviate  dalla  Direzione  della  Cat- 
tedra provinciale  agricola  di  Bologna  e  dalla  Cattedra  ambu- 
lante di  agricoltura  di  Voghera;  alterazioni  prodotte  dal  ful- 
mine in  tralci  inviati  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura 
di  Casalmaggiore  (Cremona) ,      20 

Malattie  indeterminate,  alterazioni  delle  quali  non  si  è  potuto  pre- 
cisare la  causa  in  viti  inviate  dalla  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura di  Voghera;  idem  in  altre  inviate  dal  prof.  Celeste 
Malandrà  direttore  di  quella  di  Lendinara;  idem  sopra  foglie 
inviate  dal  direttore  del  Comizio  agrario  di  Este      .     .     .    „     10 

Totale  esami  N.  27.5 
Malattie  dei  cereali. 

Carbone  del  frumento  [  Ustilago  Tritici  (Pars.)  .Tens.],  sopra  fru- 
mento airisolone  della  Costa  presso  Pavia  e  ad  Albuzzano; 
sopra  frumento  marzuolo  americano  inviato  dal  dott.  Varisco 
di  Brescia,  eco Esami  N.      8 


—  258  - 

Ruggine  del  frumento  (Pnccinia  gramints  t  sp.  Tritici),  sopra  fru- 
mento (la  Albiizzano  e  nei  dintorni  di  Pavia     .     .     Esami  N.     12 
Ruggine  della  secale  (Pitc.nniagìaniinis  f.  sp.  Secaìis),  sopra  secale 

cereale  in  campi  lungo  il  Ticino „       6 

Ruggine  dell'avena  {Purcima  coronifern  Kleb.),  sopra  avena  in  al- 
cune località  del  circondario  di  Pavia „     1" 

Mal  del  piede  [Ophiobolus  herpotricìws  (Fi'.)  Sacc],  sopra  piante  di 
frumento  a  Cassino  Po  (Broni)  in  proprietà  del  sig.  Montagna; 
a  Zinasco  (prof.  L.  Brugnatelli);  a  Tortona  inviato  dalla  Cat- 
tedra ambulante  d'agricoltura;  a  Milano  dal  sig.  Giovanni 
Marchese;  a  Casatisma;  a  Mezzana  Corti;  a  Casteggio;  a  Mon- 
tebello;  a  Verretto  ;  a  Redavalle  ed  in  molte  altre  località 
dell'Oltrepò  Pavese  ;  nei  dintorni  di  Pavia;  a  Brescia,  portatoci 
dallo  studente  Villinpenta  dalla  tenuta  del  sig.  Giovanelli;  a 
Parma  inviato   dalla  Cattedra  ambulante    d'agricoltura:  dalla 

Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Rimini,  ecc ,,100 

PiRicuLARiA  Oryzae  F.r.  et  Cav.,  sopra  piante  di  riso  da  Zerbolò    „       2 
Seftoria  graminis  Desm.,  sopra  frumento  in  campi  di  Zerbolò  e 

nei  dintorni  di  Pavia >.       ^ 

Helmintiiosporium  Oryzae,  sopra  piante  di  riso  inviate  dalla  Cat- 
tedra ambulante  d'agricoltura  di  Pavia,  di  Mortara  e  da  quella 

di  Mantova ,i     18 

Cecidomyia  destructor  Sag.,  in  piantine  di  frumento  inviate  dalla 

Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Mantova „       2 

ksG\ì\hWh-E.{Tylenchus  Tritici  Nadli.),  in  piantine  di  frumento  inviate 
dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Mantova  e  da  quella 

di  Mortara »       * 

Malattie  indeterminate.  Da  Lucca  e  da  Teramo  per  mezzo  delle 
rispettive  Cattedre  ambulanti  ci  furono  inviate  delle  spiclie  e 
dei  semi  di  frumento  in  cui  si  notarono  delle  alterazioni  che 
non  ci  fu  possibile  precisare  a  quale  causa  fossero  dovute    „       6 

Totale  esami  N.  176 


Malattie  <le?li  alberi  da  frutto. 

TiccHiOLATURA  DELLE  FRUTTA  [  Fiìsicìcicìiiim  2^iriiu/m  (Lib.)  Fuck.]  e 
[Fusicladiiim  dendritiom  (Wallr.)  Furie],  in  gran  quantità, 
sopra  mele  e  pere,  del  mercato  di  Pavia;  in  orti  del  sig.  Ar- 
chimede Binetti  di  Celatica  (Brescia);  sopra  pere  inviate  dalla 


—  259  — 

Cattedra  ambulante  (ragricoltura  di  Castiglione  delie  Stiviere; 

da  Gioppello  Cairoli  (sig.  Ct.  Calvi),  ecc Esami  N.     64 

Bolla  del  prsco  [Exoascits  deformans  (Berle.)  Fuck.],  sopra  foglie 
di  peschi  fortemente  attaccati  alla  E.  Scuola  Gallinidi  Voghera: 
pure  una  forte  invasione  sopra  peschi  a  Celatica  (Brescia)  in 
poderi  del  sig.  A.  Binetti;  alla  Scuola  pratica  di  agricoltura  di 
Brescia  ed  in  molti  orti  di  Pavia  e  circondario     .     .     .     .    „     56 

Ruggine  del  pero  [Gi/mnosporaìigmiii  Sabìnae  (Dicks)  Wint.],  sopra 
peri  su  largH  scala  in  poderi  del  sig.  A.  Binétti  di  Celatica 
(Brescia);  sopra  foglie  inviate  dalla  Cattedra  ambulante  di 
agriciiltura  di  Como;  idem  dal  sig.  G.  Marchese  direttore  del 
Corriere  del  Villaggio  di  Milano;  idem  da  Civello  (Como)  per 
mezzo  del  Corriere  del  Villaggio  di  Milano  ;  dalla  Cattedra  am- 
bulante d'agricoltura  di  Spoleto,  ecc „     14 

Ruggine  del  .susino  (Puccima  Pruni- spinosele  Pers.),  sopra  foglie  di 

susino  dalla  Favorita  (Monteleone) „       2 

Clasterosporum  carpophilum  (Lèv)  Adii.),  sopra  foglie  di  Arme- 
niaca  all'Isolone  della  Costa  presso  Pavia;  alla  Favorita  (Conte 
Bolognini);  in  poderi  del  sig.  A.  Binetti  di  Celatica  (Brescia); 
sopra  foglie  di  ciliegio  inviate  dalla  Cattedra  ambulante  di 
agricoli,  di  Piedimoute  d'Alife  (prof.  D.  Bellini);  sopra  peschi 
dal  Comizio  agrario  di  Lendinara  (prof.  Malandrà);  da  Grop- 
pello  Cairoli  ed  in  molti  orti  del  circondario  di  Pavia  .     .    „     30 

FoMEs  ignarids  (L.)  Fr.,  sopra  piante  di  pesco  a  Celatica  (Brescia) 

in  podere  del  sig.  A.  Binetti „       2 

Marsonia  Juglandis  (Lib.)  Sacc,  sopra  foglie  di  noce  da  Fobello 
(Val  Sesia)  ;  da  Mirabello  e  da  altre  località  del  circondario 
di  Pavia „       9 

Ovularia  necans  Pass.,  sopra  foglie  di  nespolo  inviate  dalla  R.  Scuola 

pratica  d'agricoltura  di  Brescia  ed  in  orti  alla  Costa  (Pavia)    „       8 

Trichotecium  roseum  (Pes.)  Link.,  sopra  mele  comperate  snl  mer- 
cato di  Pavia „       2 

Phyllosticta  circumscissa  Cok.,  sopra  rametti  di  pesco  inviati  dalla 

Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Genova „       2 

Peronospora  delle  Cucdrbitacee  [Pleismopeirei  cubensis  (Berk.  et 
Curt.)  Humph.),  sopra  foglie  di  popone  inviate  dalla  Cattedra 
ambulante  d'agricoltura  di  Spoleto.  Si  è  diffusa  con  grave  in- 
tensità nelle  melonaie  della  provincia  di  Pavia,  distruggendo 
quasi  totalmente  il  raccolto „     40 

Fomaggine  [Liniaciniei  Citri  (Br.  et  Pass.)  Sacc],  sopra  foglie  di  li- 
mone inviate  dalla  Direzione  del  Corriere  del  Villaggio  Milano    „       2 


—  260  - 

Cercospoua  cerasella   Sacc,  sopra    foglie    di  ciliegio   dalla  Villa 

Favorita  (Monteleoiie) Esami  N.       4 

TiNGis  pjRi  Fabr.,  sopra  foglie  di  pero  (determinazione  fattaci  dalla 
R.  Stazione  di  Entomologia  di  Firenze)  a  noi  inviate  dal  di- 
rettore del   Corriere  del   Villaggio  Milano       „        1 

Pseudomona s  tumefaciens  Erw.  Smith.,  in  radici  di  pesco  da  Lo- 

nigo  (Cattedra  ambulante  d'agricoltura) „       2 

Marciume  delle  frutta  {Moni/in  fructigena  Pers.),  sopra  pere  in- 
viate dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di-  Castiglione 
delle  Stiviere,  da  Voghera  (R.  Scuola  d'agricoltura)  e  da  Grop- 

pello  Cairoli,  ecc „     12 

FiTOPTOSi  del  pero  (P/u/lophis  Piri  Land.),  lia  fortemente   attac- 
cato piante   di  pero   in  poderi   del  sig.  A.  Binetti  di  Celatica 
(Brescia);  a  Groppello  Cairoli  ed  in  giardini  di  Pavia  .     .    „     18 
Melata,   sopra   foglie    di    cotogno  inviate  dal   prof.  F.   Francolini 

della  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Spoleto      .     .     .    „       1 

LiTAsi.  in  pere  comperate  sul  mercato  di  Pavia „       4 

Gloeosporium  fructigenum  Berk,  sopia  mele  dal  mercato  di  Pavia  „  G 
Cladosporium  sp  ,  pure  sopra  mele  acquistate  sul  mercato  di  Pavia  „  2 
Alternaria  sp.,  sopra  mele  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura 

di  S.  Vito  al  Tagliamento „       l 

Gommosi,  provocata  da  Bhìjncliifefi,  sopra  rametti  di  ciliegio  inviati 
dalla    Cattedra    ambulante    d'agricoltura  di  Castiglione   delle 

Stiviere r.       2 

Malattie  diverse.  Dal  prof.  Remondino  di  Cuneo  ci  furono  inviati 
dei  ramoscelli  di  pero  che  presentavano  degli  ingrossamenti 
cancrenosi  con  necrosi  midollare  dovuti  all'azione  di  insetti; 
così  pure  ad  insetti  erano  dovute  alterazioni  che  presentavano 
delle  foglie  di  pero  e  di  melo  inviate  dal  prof.  P.  Frizzati  di 
Rimini  e  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  S.  Vito  al 

'ragliamento „     "' 

Malattie  indeterminate.  Non  ci  fu  possibile  determinare  a  quale 
causa  fossero  dovute  le  alterazioni  che  presentavano  alcune 
foglie  di  limone,  di  nespolo  del  Giappone  e  di  Olea  fragrans 
inviate  dalla  Catt.  ambul.  d'agricoltura  di  Conegliano-Vittorio 
in  causa  dello  stato  di  deperimento  nel  quale  arrivarono  .  „  6 
Cocciniglia  rossa  della  Florida  (Anpidiotus  Ficus  Comst.  o  C/irg- 
somphalìis  minor  Beri.),  sopra  foglie  di  limone  e  di  mandarino 
inviate  dal  Comizio  agrario  di  Genova „       4 

Totale  esami  N.  .3U4 


—   261 


Malattie  delle  piaute  da  forag^gio. 

Epichloe  tiphyna  (Pei's.)  TiiL,  sopra  Poa  trioialis  in  marcite  di 
Zerbolò  e  sopra  graminacee  nel  lioscone  Inngo  il  Ticino.  Esami  N.       7 

Ruggine  dell'erba  medica  (  Uroìiv/cea  sln'atus  Scliriit.),  sopra  erba 
medica  nell'Orto  botanico  di  Pavia  ed  in  medicai  a  Travaccò 
Siccomario,  Mezzanino,  ecc «     16 

Rhizoctonia  violacea  Tnl.,  sopra  erba  medica  da  Mantova  (Cattedra 

ambnl.  d'agricolt.)  ed  in  alcnni  medicai  dell'Oltrepò  pavese    „       8 

PsEUDOPEziZA  Medicaginis  (Lib.)  Sacc,  sopra  piante  di  Medicaio  nel- 
l'Orto botanico  ed  in  diversi  medicai  della  provincia  di  Pavia    „     22 

PsE0DOPEzizA  Trifolii  (Bìv.  Beni.)  Fnk].,  sopra  trifoglio  inviato 
dalla  Direzione  del  Corriere  del  Villaggio  di  Milano  ed  in  pa- 
recchi trifogliai  nel  circondario  di  Pavia „     18 

PoLYTRiNciDM  Trifolii  Kzb.,  sopra  trifoglio  nei  dintorni  di  Pavia    „       9 

Ruggine  del   trifoglio    [Vromìjces    Trifolii  (Pers.)  De   By.],   sopra 

trifoglio  a  Fobello  (Val  Mastallone),  a  S.  Sofia  (Pavia),  ecc.    „       8 

Peronospora  Trifoliorum  De  i5y.,  sopra  erba  medica  inviata  dalla 
Cattedra  ambulante  d'agricoltuia  di  Rimini  e  nell'Orto  bota- 
nico di  Pavia „       6 

Cuscuta  {Cuscuta  epithymtim),  in  medicai  nei  comuni  di  Broni,  Al- 
barello Arnaboldi  e  Mezzanino „     15 

Malattie  diverse.  Il  prof.  Francolini  della  Cattedra  ambulante  di 
agricoltura  di  Spoleto  inviò  delle  piante  di  fieno  greco  (Trigo- 
nella Foennm-graecutn  L.)  con  alterazioni  dovute  a  larve  di 
insetti ,1       2 

Totale  esami  N.  Ili 


Malattie  delle  piante  da  ortaggio. 

Ernia  dei  cavoli  (PlasmodiopJiora  Brassicae  Wor.),  in  radici  di  cavoli 

nelle  ortaglie  dei  dintorni  di  Pavia Esami  N.     20 

Peronospora  del  pomodoro  [Phytophthora  infestans  (Mont.)  De-P>y], 
sopra  frutti  di  pomodoro  inviati  dalia  Cattedra  ambulante  di 
agricoltura  di  Itimini;  da  quella  di  Piacenza  (prof.  Zago);  da 
quella  di  Parma  (prof.  A.  Bizzozzevo);  da  Fobello  ed  in  molti 
orti  di  Pavia  e  dintorni „     45 

Atti  dell'Ut.  Hot.  dell' Vnìrersìli't  di  Piiviti  —  Serie  II  —  Voi.  XV.  22 


—  262  — 

I\[al  dello  sclerozio  (Sclerotinia  Libertianu  Fuck.),  in  piante  di 
piselli  inviate  dal  prof.  P.  Frizzati  direttore  della  Cattedra 
ambulante  d'agricoltura  di  Rimini  ;  sopra  piante  di  fava  dalla 
Cattedra  provinciale  d'agricoltura  di  Bologna     .     .     Esami  N.      6 

Nebbia  o  mal  bianco  {En/siplie  Poligoni  DC),  sopra  piselli  inviati 

dal  sig.  Lorenzo  Benedetti  di  Rocca  di  Mezzo  (Aquila)     .    ,.       4 

ZopFiA  KizoPHiLA  Rbli.,  ìu   radici   d'asparago  da  Groppello   Cairoli 

(sig.  G.  Calvi) „       4 

Antracnosi  del  pisello  {Ascocliijta  Pisi  Lib.),  sopra  piselli  inviati 
dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Rimini  e  sopra  cam- 
pioni comperati  sul  mercato  di  Pavia «     26 

Ruggine  dell'asparago  {Pnccinia  Asparagi  DO,  sopra  asparagi 
inviati  dal  prof.  D.  Gibertini  della  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura di  Forlì  e  da  Groppello  Cairoli „       6 

Mal  vinato  {Bhizortonia  violacea  Tul.),  sopra  radici  di  asparago 
inviate  dal  prof.  V.  Gobbetti  della  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura di  Voghera „       3 

Septoria  Cdcurbitacearum  Sacc,  in  orti  di  Pavia „       2 

BoTRYTis  CINEREA  Pers.,  sopra  legumi  di  fagioli  e  di  piselli  acqui- 
stati al  mercato  di  Pavia „       8 

Epicoccum  vulgare  Cord.,  sopra  legumi  di   fagioli   dal  mercato   di 

Pavia „       4 

Cladosporium  herbarum  (Pers.)  Link.,  sopra  legumi  di  fagioli  dal 
mercato  di  Pavia „       5 

Maorosporium  communk  Rabli.,  sopra  legumi  di  fagioli  dal  mer- 
cato di  Pavia „       4 

Cladosporium  Pisi  Cug.  et    Macch.,   sopra   piselli    dal    mercato   di 

Pavia  ed  in  orti  della  città  e  dintorni „     17 

Cladosporium  Lycopersici  Plow.,  sopra  frutti  di  pomodoro  dal  mer- 
cato di  Pavia „       6 

MoNiLiA  cinerea  Bon.,  sopra  frutti  di  pomodoro  inviati  dalla  Cat- 
tedra ambulante  d'agricoltura  di  Bologna  ed  in  altri  acquistati 
sul  mercato  di  Pavia „       9 

Alternaria  Solani  Sor.,  sopra  frutti  di  pomodoro  inviati  dalla  Cat- 
tedra ambulante  d'agricoltura  di  Riniini;  da  Groppello  Cairoli 
ed  in  molti  orti  di  Pavia  e  dintorni „     24 

Septoria  Lycopersici  Speg.,  su  foglie  di  pomodoro  inviate  dalla  Cat- 
tedra ambulante  d'agricoltura  di  Riniini,  da  quella  di  Pia- 
cenza e  da  quella  di  Parma „     12 

Fusariumerubescens  App.  et  Ov.,  in  frutti  di  pomodoro  inviati  dalla 

Catt.  amb.  d'agric.  di  Rimini  e  nell'orto  botanico  di  Pavia  .    „       8 


—  263  — 

Septoria  Petroselini  var.  Apii  Br.  et  Cav.,  sopra  foglie  di  sedano 
inviate  dal  sig.  L.  Benedetti  di  Rocca  di  Mezzo  (Aquila)  ;  da 
Groppello  Cairoli  (sig.  Calvi);  nel  nostro  orto  botanico  ed  in 
orti  di  Pavia  e  dintorni Esami  N.     20 

Bacterium  Briosii  Pavar.,  sopra  frutti  di  pomodoro  inviati  dalla 
Cattedi'a  ambulante  d'agricoltura  di  Campobasso  ;  da  quella  di 
Riraini;  da  quella  di  Parma;  da  quella  di  Piacenza;  nell'orto 
botanico  ed  in  diversi  orti  del  circondario  di  Pavia  ed  in  di- 
verse località  della  Riviera  Ligure  occidentale      .     .     .     .    „     35 

F0SARI0M  sp.,  sopra  radici  di  peperone  inviate  dall'Unione  agricola 
bergamasca  (Bergamo)  e  sopra  radici  di  pomodoro  dalla  Cat- 
tedra ambulante  d'agricoltura  di  Rimini „       6 

Avvizzimento,  dovuto  a  bacteri  in  piantine  di  peperone  inviate  a 
diverse  riprese  da  Bergamo  (Unione  Agricola  Bergamasca)  e 
da  Tortona  (Cattedra  ambulante  d'agricoltura) „     20 

Trips  cereauoji,  sopra  foglie  e  fratti  di  pisello  inviati  dal  sig.  L. 

Benedetti  di  Rocca  di  Mezzo  (Aquila) „      4 

Anguillule  {Tilenchus  rasiatrix  Kuhn.),  sopra  piante  di  spinaci 
inviate  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Voghera  e 
sopra  cavoli  a  Pavia «     12 

Ceuthorynchus  sulcicollis,  sopra  piante  di  cavolo  a  Pavia  .     .    „     10 

Malattie  diverse.  Brinosi  prodotta  da  insetti  indeterminati  sopra 
piantine  di  fagiolo  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di 
Conegliano;  ammaccature  sopra  frutti  di  pomodoro  dalla  Cat- 
tedra ambulante  d'agricoltura  di  Rimini  ;  radici  di  barbabie- 
tole corrose  da  larve  d'insetti  dalla  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura di  Ravenna;  sopra  piante  di  pomodoro  inviate  dalla 
Cattedra  ambulante  d' agricoltura  di  Parma  si  trovarono  dei 
bacteri  e  del  micelio  riferibile  al  genere  Fusariiim;  dalla  Cat- 
tedra ambulante  d'agricoltura  di  Riraini  furono  inviate  foglie  di 
pomodoro  con  alterazioni  provocate  da  afidi »     18 

Malattie  indeterminate.  La  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di 
Rimini  ci  inviò  delle  piante  di  fagiolo  con  alterazioni  di  cui 
non  si  è  potuto  determinare  la  causa „       2 

Scottatura  o  colpo  di  sole,  sopra  frutti  di  pomodoro  inviati  a 
diverse  riprese  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Pia- 
cenza (prof.  Zago)  e  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di 
Rimini «     18 

Totale  esarai  N.  358 


—   264  — 


Malattie  delle  piante  ornamentali  e  da  fiori. 

Graphiola  Phoenicis  (Mong.)  Poit.,  su  foglie  di  Phoenix  dactylifera 

(la  Tripoli Esami  N.       3 

DiPLODTA  Passerinfana  Thiiiii.,  idem  idem „       2 

Massariella  Palmarum  Maffei,  idem  idem „       2 

BoTRYTis  vuLGARis  Fi'.,  foi'te  attacco  in  una  [liantagione  di  Cal- 
ceolaria che  fu  distrutta,  nelle  serre  dell'orto  botanico  di  Pavia; 
in  foglie  di  Dahlia  inviate  dalla  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura di  Genova;  in  foglie  di  pelargonio  (Muffa  dei  pelargoni) 
inviate  dal  prof.  G.  Panizzi  della  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura di  Latisana  (Udine),  ecc „     35 

Phyllosticta  Camelliae  West.,  sopra  foglie  di  camellia  inviate  dalla 

Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Sarzaua  (Spezia)    .     .    „       3 

PnyLLOSTicTA  Magnoliae  Sacc,   sopra    foglie  di  magnolia  nell'orto 

botanico  di  Pavia „       6 

Phyllosticta  Begoniae  P,  Brun.,  sopra  foglie  di  begonia  nell'orto 

botanico  di  Pavia „       8 

DiPLODiA  AcAciAE  Pcuz.  et  Sacc,  sopra  Acacia  Baiìejana  nella  pro- 
prietà Bosio  a  Pietra  Ligure „       2 

Gloeosporiom  AFFINE  Sacc,  sopra  foglie  di  Hoya  carnof:»  a  Zerbol»")    „       3 

Phoma  ]\[agncsii  Bomm.,  sopra  foglie  di  Phoenix  inviate  dalla  Cat- 
tedra ambulante  d'agricoltura  di  Sarzana „       2 

Pestalozzia  FUNEREA  Desm.,  sopra  rami  di   Araucaiia  inviati  dal. 

prof.  Marchese  direttore  del  Corriere  del  Villaggio  di  Milano    „       2 

Rdggine  delle  ROSE  \ Phragmidlum  suhcorlicium  (Schrank)  Wint.j, 
sopra  foglie  di  rosa  inviate  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricol- 
tura di  S.  Vito  al  Tagliamento;  nell'orto  botanico  ed  in  di- 
versi giardini  privati  di  Pavia „     29 

Ramolaria  lactea  (Desm.)  Sacc.  Grande  infezione  nelle  piantagioni 
di  viole  dell'orto  botanico  di  Pavia  ed  in  giardini  della  città 
e  dintorni „     2U 

Cocciniglie  (Ceroplastes  rusci),  sopra  foglie  di  fico  inviate  dal  signor 

G.  Marchese  direttore  del  Cor/w-erfe/ F27%.9io  di  Milano  .     .    ,,       2 

Anguillule,  in  radici  di  gardenia  inviate  dalla  Cattedra  ambulante 
d'agricoltura  di  Genova  ed  in  bulbi  di  giacinti  nell'orto  bota- 
nico di  Pavia  che  in  gran  parte  furono  uccisi „     12 

Grillotalpa  (Grillotalpa  ntlgaris  Linn.),  che  distrusse  molte  piante 

di  fresia  di  una  piantagione  dell'orto  botanico  di  Pavia     .    „     10 


—  265   — 

Aphis  mali  Fabr.,  sopia  foglie  di  melo  inviate  dalla  Cattedra  am- 
bulante d'agricoltura  di  S.  Vito  al  Taglianiento    .     Esami  N.       2 

Verme  bianco  {Meloloidha  vulgai-ix),  in  radici  corrose  di  Dahlia  in- 
viate dalla  Cattedra  ambulante  di  Genova „       2 

OiDiuM  EvoNYMi-iAPONici  (Arc.)  Sacc,  sopra  Evonijmus  japonicus 
proveniente  da  Civitade  Cammo  per  mezzo  del  Sig.  G.  Mar- 
chese direttore  del  Corriere  del  Viìlaggio  di  Milano;  nel  nostro 
orto  botanico  ed  in  vari  giardini  della  città  e  dintorni.     .    „     17 

PuLviNARiA  CAMELicOLA,  sopra  piante  di  Evoìiymus  japonicus  in  giar- 
dini di  Pavia „       5 

Malattie  divep.se.  Ingiallimento  di  foglie  di  Magnolia  dovute  a 
cause  fisiologiche;  alterazioni  sopra  foglie  di  Campanula  pro- 
dotte da  insetti  nell'orto  botanico  di  Pavia „       5 

Malattie  indeterminate.  Il  Consorzio  agrario  di  Genova  inviò  delle 
foglie  di  Geranio  con  alterazioni  di  cui  non  si  potè  determi- 
nare la  causa;  la  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Porto 
Maurizio  inviò  piante  di  garofano  con  alterazioni  prodotte  da 
funghi  riferibili  al  genere  Aìtemaria  o  Macrosporium  di  cui 
perù  non  si  è  potuto  determinare  la  specie  per  mancanza  degli 
organi  di  fruttificazione;  così  pure  rimasero  indeterminate  le 
cause  che  provocarono  alterazioni  sopra  foglie  di  rosa  e  di 
pelargonio  inviate  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di 
Campobasso  ;  sopra  foglie  di  geranio  inviate  dalla  Cattedra 
ambulante  d'agricoltura  di  Rimini  non  si  riscontrò  che  del  mi- 
celio sterile  ;  idem  sopra  foglie  di  garofano  inviate  dalla  Cat- 
tedra ambulante  d'agricoltura  di  Crema ■„     12 


Totale  esami  N.  184 


Malattie  di  piante  iiulustriali  e  forestali. 

Mal  bìaxco  delle  queucie  {Oidium  sp.),  sopra  querele  a  S.  Leo- 
nardo, Mezzanino,  Albaredo  Arnaboldi,  Broni,  Cassino  Po,  a 
Brunate,  a  S.  Maurizio  (Cumo),  nei  dintorni  di  Pavia,  dalla 
Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Forlì,  ecc.      .     Esami  N.     50 

Mal  del  falgiietto  [ArmilUtria  mellea  Wahl.ì,    su  gelsi  in  diverse 

località  del  circondario  di  Pavia ,,12 

CvcLocoNiuM  OLEAGiNUM  Cast.,  sopra  foglie  di  olivo  inviate  dal  Con- 
sorzio agrario  di  Genova;  dal  brigadiere  forestale  di  Boissaiio 
(sig.  E.  Malco);  dal  prof.  F.  Francolini  della  Cattedra  am- 
bulante d'agricoltura  di  Spoleto,  ecc „    16 


—   266  — 

Antennauia  elaeophila  Moiit.,  sopra  fuglie  di  Olivo  inviate  dal 
Consorzio  agrario  di  Genova;  dalia  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura di  Spoleto;  sopra  rami  inviati  dalla  Cattedra  ambulante 
d'agricoltura  di  Bergamo,  ecc .     Esami  N.     15 

Capnodium  Tiliae  Sacc,  sopra  rametti  di  Tiglio  inviati  dal  profes- 
sore Malandrà  della  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Len- 
dinara „       2 

Gnomonia  veneta  Sacc.  et  Speg.  {Glocospormm  vahoidcum  Sacc), 
sopra  rami  di  platano  dal  Comizio  agrario  di  Pinerol»;  idem 
a  Pavia  dove  si  ebbe  una  forte  invasione »     26 

Cancuo  del  larice  (Dasi/srhìjpha   Wilìkommii  Hart.),  sopra  rami  di 

larice  dall'Isola  liella  (Lago  Maggiore),  sig.  G.  Pirotta     .    „       5 

Phyllostjcta  MACULiFORMis  Succ,  sopra  foglie  di  Castagno  a  liru- 

nate  (Como)  ed  in  dintorni  di  Pavia ,12 

Stagonospoka  ulmifolia  Sacc,  sopra  foglie  di  Ulmus  a  S.  Maurizio 

(Como) „       2 

TAPniuNA  Ulmi  (Fuck.)  Job.  {Éxoascus  Ulml  Fuck.),  sopra  foglie  di 
olmo  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Spoleto  (pro- 
fessore F.  Francolini) „       2 

Melampsora  FARINOSA  (Peis.)  Sclu'ot.,  sopra  salici  a  Zerbolò  e  nei 

dintorni  di  Pavia ,.       S 

Rhytisma  acehinum  (Pers.)  Fr.,  sopra  foglie  di  acero  inviate  dal 
prof.  C.  Remondino  dell'Ufiìeio  agrario  provinciale  di  Cuneo; 
sopra  altre  da  Lanzo  d'Intelvi „       6 

Pat:ciNiA  Buxi  D.  C,  sopra  foglie  di  Biixiis  inviate  dalla  Cattedra 

ambulante  d'agricoltura  di  Lucca „       2 

Ruggine  dei  PIOPPI  (^Melampsora  popiilincihév.),  sopra  foglie  di  pioppo 

dal  prof.  F.  Francolini  della  Cattedra  ambulante  di  Spoleto    „       2 

Septoria  Olivae  Pass,  et  Tliiiin.,  sopra  foglie  di  olivo  dal  profes- 
sore Saracomenos  di  Corfìi  (Grecia) „       2 

Phyllosticta  sp.,  in  foglie  d'olivo  da  Coifù  idem ,,       3 

Gloeosporium  Carpini  Desm.,  sopra  foglie  di  Carpinns  da  Fobello 

(Val  Sesia) „       2 

Fersa  0  seccume  del  gelso  (Septof/loeum  Mori  Briosi  et  Cavara), 
sopra  foglie  di  Gelso  inviate  dalla  Cattedra  ambulante  d'agri- 
coltura di  Piedimonte  d'Alife,  come  pure  in  diverse  località 
della  provincia  di  Pavia „     25 

Gaffa   (Lebbra)   {(iloeosporium    oliiHinim    d'Alm.),    sopra  frutti   di 

olivo  iLal  prof.  E.  Veglino  di  Alessandria „       2 

PEST.ALOZZIA  FUNEREA  Desui.,  sopra  Arauctiria  inviata  dalla  dire- 
zione del  Corriere  del   Villagjio  di  Milano „       2 


—  267   — 

Mal  dull'inchiostro  (^Cori/neum  pennciosum  Briosi  et  Fanieti),  in 
castagni  da  Cuneo  (prof.  Eemondino);  in  multe  località  delle 
Provincie  di  Lucca,  di  Pisa,  di  Genova,  di  Torino,  ecc.  Dalia 
Francia  .nei  dipartimenti  degli  alti  e  bassi  Pirenei,  nel  Limo- 
sino, nella  Montagna  Nera,  nelle  Ardenne,  ecc.    .     Esami  N.  150 

Lecanium  Persicae  Fabr.,  sopra  rametti  di  gelso  inviati  dalla  Cat- 
tedra amb.  d'agricoltura  di  Conegliano „       1 

Eryopiiyes  Ilicis  Cau.,  sopra  foglie  di  Qiicrcits  llex  inviate  dalla 
Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Spoleto „       1 

Dryomyia  LicHTENSTEiNi  F.  Low.,  idem,  idem „       1 

Eryophyes  TiLiAE  Pageust.,  sopra  foglie  di  tiglio  inviate  dal  Co- 
mizio agrario  di  Pinerolo „       1 

PuNTERDOLO  {Pìileotribus  Olcae),  sopra  rami  di  olivo  dalla  Cattedra 
ambulante  d'agricoltura  di  Bergamo  e  da  Boissano  dal  sig.  E. 
Malco,  biigadiere  forestale;  idem  negli  oliveti  di  Taggia, 
San  Tiemo,  ecc „     20 

Erin'osi  {PìujUereus  jHrjlandis),  sopra   foglie    di  noce  inviate  dalla 

direzione  del  Corriere  agricolo  commerciale  di  Milano       ■     •    „       1 

Lytiiocolletis  platani,  lepidottero  sopra  foglie  di  platano  inviate 

dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Lucca   .     .     .     .    „       1 

DiASPis  (Diaspis  penhigomi  Targ.),  sopra  gelsi  nei  comuni  di  S.  Leo- 
nardo, Mezzanino,  Albaredo  Arnaboldi,  Broni,  Cassino  Po,  ed 
a  Brescia  nella  Scuola  pratica  d'agricoltura,  ecc „     40 

Malattie  diverse.  Il  sig.  Bizzarri  di  Poggibonsi  per  mezzo  del 
Comizio  agrario  di  Firenze  inviò  delle  foglie  di  olivo  con  al- 
terazioni dovute  probabilmente  a  Brusca.  Il  direttore  della 
Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Savona  inviò  un  ceppo  di 
olivo  affetto  da  carie;  e  sopra  olive  inviate  dal  sig.  Bizzairi 
abbiamo  riscontrato  dei  bacteri  che  ne  causarono  il  seccume    „     L5 

Malattie  indeterminate.  Il  sig.  Alessandro  Pirotta  dell'Isola  Bella 
(Lago  Maggiore)  ci  inviò  delle  piante  di  Bhscìis  morte  in  se- 
guito a  malattia  di  cui  non  si  riusci  a  determinare  la  causa    „       2 

Totale  esami  N.  429 


Malattie  di  piante  diverse. 

Entyloma  Ranun'cqli  (Hon.)  Scliriit.,  sopra  foglie  di  Tianunridus  Fi- 

caria  nell'orto  botanico  e  nei  dintorni  di  Pavia     .     Esami  N.     12 

PacciNiA  Malvagearum  Mont. ,  sopra  Malva  silvestris  all'Isolone 
della  Costa  presso  Pavia;  in  orti,  in  giardini  e  nei  dintorni 
di  Pavia ,,     L5 


—  268  — 

Pdccinia  Schmidtfana  Diet.  for.  eridiosporka,  sopra  foglie  di  Leucojum 

nel  Boscone,  Isolone  della  Costa  presso  Pavia      .     Esami  N.     10 

Urohycf.s  Pisi  De  By.  for.  ecid.,  sopra  piante  di  Euphorhia  Ci/parissias 

a  Groppello  Cairoli,  Cava  Carbonara,  S.  Pietro  in  Yerzolo,  ecc.   „     14 

Uromyoes  Geranii  Otti),  et  Wartin.,  sopra  foglie  di  Genmium  uodosum 

da  Fobello  (Val  Sesia) n       3 

Uromyces  Rumicis  (Scluim.)  Wint.,  sn  foglie  di  Bumex,  idem     .    „       2 

Uromyces  Thapsi  Bub.,  sopra  foglie  di  Verhasmm  Thaiì^m  in  dintorni 
di  Pavia r,      9 

Phragmidium  violaceom  (Schultz)  Wint.,  sopra  foglie  di  Unbns  nei 

bosciii  del  Ticino  presso  Pavia „       2 

FusicL.^DiuM  SouGi.-i  Pass.,  sopra  foglie  di  Sovfjhum  lolepensc  in  pa- 
recchie località  della  provincia  di  Pavia ,,     10 

Melampsora  Helioscopiae  Cast.,  sopra  Euphorbia  alla  Costa  (Pavia)    „       3 

FoMES  iGNARiDs  (L.)  Fi'.,  sopra  Salici  a  Trovamala,  Torre  Bianca, 

S.  Martino  Siccomario,  ecc '.    „     25 

AscocHYTA  obducens  Fuck.,  sopra  foglie  di  Spiraea  Ulmaria  a  Fo- 
bello in  Val  Mastallone „       2 

Malattie  diverse.  Il  prof.  P.  Frizzati  della  Cattedra  ambulante  di 
agricoltura  di  Riniini  inviò  delle  piante  di  Ac/cratum  che  presen- 
tavano alterazioni  dovute  ad  ustioni  prodotte  da  qualche  so- 
stanza caustica _ ,.       2 

Totale  esami  N.  109 


INFORMAZIONI  E  KICHRCHE  VARIE. 
Distribuzione  di  piante. 

Analisi  di  polvere  di  senape  {Sinapis  niijra)  ritenuta  sofisticata  e 
clie  fu  trovata  pura.  Non  era  attiva  forse  percliè  di  già  fer- 
mentata     Esami  N. 

Analisi  di  campione  di  materie  polverose  e  semi  impiegati  come 
insetticidi  per  combattere  le  tarle  degli  abiti,  inviati  dal  si- 
gnor Tosi  di  Busto  Arsizio  per  mezzo  del  signor  prof.  Bru- 
gnatelli.  Sostanza  riconosciuta  composta  di  frammenti  e  brattee 
dell'infiorescenza  femminile  e  dei  semi  di  HumiiUis  lupiilìis  e 
di  detriti  di  legno  quassio  (Picraeiin  exrdsa) „ 

Analisi  di  pane  sospetto  ritenuto  sofisticato  e  che  invece  non  lo  era, 
dalla  signora  Maria  Polto  .    • „ 


—  269  — 

Analisi  di  feci  sospette  infette  di  Aw/ìilostoma  duodenaìis  per  la  Cli- 
nica uftalmica.  In  esse  si  lisconti-arono  solo  peli  vegetali .   Es.  N.       2 

Esame  di  pepe  sofisticato  con  altri  grani  che  furono  riconosciuti 
per  cariossidi  di  Coix  lacrima,  inviato  dal  prof.  Tacconi  di 
Pavia „       2 

Esame  di  legno  attaccato  dal  Mevulius  lacrimans  Schum.,  sopra  assi 
di  pavimenti  inviate  dal  signor  dott.  V.ittorio  Pavesi  di  Pia- 
cenza     ,,       1 

Determinazione  di  Biisciis  Hypoglossum  L.  e  informazioni  sul  suo 
uso,  inviato  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Cuneo    „       1 

Determinazione    di    semi   di    Trigonella   Foeiium-graecum   L.  per   lo 

studente  sig.  Giuseppe  Tanzi  di  Saroniio „       2 

Determinazione  di  foglie  e  semi  di  piante  inviate  dal  direttore  della 
Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Saluzzo  (prof  Lessona); 
idem  da  Cuneo  (prof  Remondino) „     10 

Determinazione  di  A^arum  europaeum  L.  per  il  sig.  dott.  Aido  Patta 
di  Pavia „       1 

Determinazione  di  Kopsia  ramosa  Dum.  (Orohanche  ramosa  Lin.), 
pianta  parassita  inviata  dalla  Cattedra  ambulante  d'agricoltura 
di  Genova „       1 

Determinazione  ioìVOrobanche  lìapum  Tliuill.  inviata  dal  sig.  Gio- 
vanni Marchese  direttore  del  Corriere  del  Villaggio  di  Milano    „       1 

Informazioni  sulla  moria  dei  castagni  e  sui  modi  di  combatterla  al 
prof.  Bonuccelli  direttore  della  Cattedra  ambulante  d'agricol- 
tura di  Lucca;  al  Comizio  agrario  di  Mondovi,  ecc. 

Informazioni  sull'azione  dell'estratto  di  tabacco  contro  le  varie 
specie  d'insetti  al  dott.  Luigi  Niccoli  Ispettore  tecnico  nelle 
Manifatture  dei  tabacchi  di  Roma. 

Informazioni  sulla  scottatura  dei  pomodori  e  suU'  Alternaria  Solani 
al  prof.  Zago  della  Cattedra  anib.  d'agricoltura  di  Piacenza. 

Informazioni  sulla  Unisca  dell'olivo  al  sig.  prof.  Saracomenos,  di- 
rettore della  Scuola  d'agricoltura  di  Cortìi  (Grecia). 

Informazioni  sui  vari  trattamenti  da  usarsi  per  il  frumento  onde 
liberarlo  dalle  spore  delle  Ustilaginee  al  sig.  dott.  Giacomo 
Calzolari  direttore  della  Cattedra  ambulante  d'agricoltuia  di 
Bardolino  (Verona). 

Informazioni  sulla  Cocciniglia  dell'olivo  [l'hillipia  oleae)  che  è  causa 
predisponente  della  furaaggine,  al  prof  Bonuccelli  direttore 
della  Cattedra  ambulante  d'agricoltura  di  Lucca. 

Informazioni  sul  modo  di  combattere  la  Diaspis  pentagona  al  si- 
gnor dott.  G.  Zavaritt  di  Bergamo. 


—  270  — 

Deteniiinazione  di   Botrytis  Bassiaiia   Bals.,  sopra   larve  di  Cncto- 

campa  inviate  dal  sig.prof.  Marciiese  Bargagli  di  Firenze.  Es.  N.       2 

Deteriiiiiia/ione  di  piante  fanerogame  e  crittogame  vascolari  (Drio- 
fite  e  Pteridofite)  raccolte  dal  personale  del  Laboratorio  in 
diverse  escursioni.     ...).. „   160 

Totale  esami  N.  192 


Ilieci'clie  scientifiche. 

Oltre  che  all'esame  del  numeroso  materiale  inviato  da  enti  morali 
e  da  piivati,  roperosità  del  Ijaboratorio  crittogamico  fu,  come  semine, 
anche  nell'anno  testé  decorso  rivolta  a  ricerche  scientifiche  originali  di 
crittogamia,  fìtopatologia,  anatomia,  fisiologia,  ecc. 

Lo  scrivente  esegui  ispezioni  nella  Riviera  Ligure  di  Ponente  e 
nella  limitrofa  regione  della  Cote  d'A/ur  in  Francia  per  studiare  la 
diftusione  delle  cocciniglie  in  genere  e  della  Diaspis  pentagona  in  par- 
ticolare; e  per  ricerche  sopra  diverse  malattie  crittogamiche:  dell'olivo, 
degli  agrumi,  delle  rose,  dei  garofani,  delle  acacie,  delle  mammole,  delle 
violaciocclie,  ecc.,  piante  da  fiore  ivi  coltivate  su  larga  scala,  che  co- 
stituiscono un  importante  articolo  di  commercio  per  quella  regione. 

Lioltre  studiò  insieme  al  prof.  Pavarino  una  grave  malattia  della 
violaciocca  quarantina  che  compromette  la  larga  coltivazione  che  di 
tale  pianta  a  fiori  invernali  si  fa  in  diverse  località  della  Liguria. 

L'assistente  Eodolfo  Farneti  compì  diverse  ispezioni  nelle  Pro- 
vincie di  Lucca  e  di  Massa  Carrara  per  ricerche  intorno  al  marciume 
radicale  dell'olivo  e  per  esperimenti  in  corso  sulla  moria  del  castagno 
(Mal  dell'inchiostro). 

Il  Farneti  andò  anche  in  Francia  in  missione  ufiSciale  unitamente 
al  prof.  Luigi  Montemartini  (pure  del  nostro  Laboratorio)  e  al  profes- 
sore Lissone  di  Cuneo,  per  esaminare  la  malattia  dei  castagni  francesi 
in  rapporto  specialmente  alle  sperienze  in  corso  della  ricostituzione  dei 
castagneti  malati  per  mezzo  dei  castagni  giapponesi  ed  americani. 

I  signori  dott.  Luigi  Maffei  e  Malusio  Turconi  pubblicarono  una 
memoria  nella  quale  sono  studiate  ed  illustrate  due  nuove  specie  di 
miciomiceti  parassiti  della  SopJiora  japonica  ed  un  nuovo  genere  di 
funghi  della  famiglia  delle   Cerafostoiìiataceae. 

II  dott.  Gino  Pollacci  continuò  l'opera  Funyi  Loiigohavcliuc  cxskeati 
(prima  pubblicata  dal  prof.  Cavara)  portando  a  tei-mine  un  nuovo  fa- 
scicolo di  5U  specie  che  vedrà  presto  la  luce.  Prosegui   inoltre  le  sue 


—  271  — 

ricei'clie  sulla  Phisinodiophora  Braasicae  e  sui  rapporti  di  affinità  mor- 
fologica e  fisiologica  fra  questo  iiiixoniicete  ed  il  parassita  causa  della 
terribile  malattia  della  rabbia.  Continuò  altri  suoi  studi  sull'assimila- 
zione del  carbonio  ed  i  risultati  di  tali  ricerche  saranno  resi  noti  in 
prossime  pubblicazioni. 

La  signorina  dott.  Eva  Mameli  pubblicò  in  una  estesa  memoria 
corredata  da  tavola  i  risultati  di  studi  e  ricerche  sulla  influenza  del 
magnesio  nella  formazione  della  clorofilla;  inoltre  institui  ricerche  sulla 
parabiosi  vegetale. 

La  signorina  Rosa  Bariohi  studiò  l'anatomia  del  Jequirity  {Ahius 
precatoriìis  L.)  e  dei  semi  delle  piante  colle  quali  comunemente  esso  si 
sofistica;  ed  il  dott.  Gino  PoUacci  ricercò  le  reazioni  del  suo  principio 
attivo  (abrina)  per  potere  riconoscere  le  sofisticazioni  tanto  del  Jequi- 
rity quanto  dei  preparati  medicamentosi  che  con  esso  si  allestiscono. 

L'on.  prof.  Luigi  Montemartini  con  ricerche  anatomo-fisiologiche 
iniziò  lo  studio  delle  vie  acquifere  delle  piante  sui  risultati  del  qusle 
ha  di  già  pubblicato  una  prima  nota. 

I  signoii  prof.  Luigi  Pavarino  e  Malusio  Turconi  studiarono  l'av- 
vizzimento dei  peperoni  causato  da  una  nuova  specie  di  bacillo  e  pub- 
blicarono le  resultanze  dei  loro  studi  in  una  nota  che  trovasi  in  conso 
di  stampa. 

II  prof.  Pavarino  inoltie  pubblicò  due  note  intorno  a  studi  fatti 
sopra  due  malattie  bactericlie,  l'una  deWAster  chiiieiis/s  e  l'altra  del 
Dendrobium  nobile. 


Riassunto  generale  delle  ricerche  fatte  ueirauiio  1912. 

Malattie  della  vite Esami  N.     275 

„         dei  cereali „  ,,17(3 

„         degli  alberi  da  frutto „  „      304 

„         delle  piante  da  foraggio „  „      111 

n           «            „        'la  ortaggio ,  „      358 

„           „           „        ornamentali  e  da  fiori ....  „  „      184 

„           „           „        industriali  e  forestali  ....  „  „      429 

„         (li  piante  diverse „  „      109 

Ricerche  varie  e  determinazioni  di  Fanerogame.  Brio- 

fite  e  Pteridotìte „  ,,19^ 

Determinazione    di   funghi    per  l'opera  Fungi  Longo- 

bardiae  exsiccafi „  „        50 

Totale  esami  N.  2188 


—  272 


Personale  del  Laboratorio  ('rittof;aini('o  al  HI   dieemhre  ltU2. 

Prof.  Giovanni  Briosi,  direttore; 
Prof.  Rodolfo  Farneti,  1"  assiateìilc; 
Mahisio  Turcoiii,  2"  assistente; 
Palazzi  Mario,  inserviente  straordinario. 

Prestarono  l'opera  loro  i  .signori  : 

Dott.  Gino  Pollacci,  aiuto  all'Istituto  botanico  e  libero  docente  dell'Uni- 
versità di  Pavia  ; 
Dott.  Siro  Luigi  Malfei,  1"  assistente  all'Istituto  botanico, 
Dott.  Eva  Mameli,  2^^  assistente  all'Istituto  botanico. 

Frequentarono  il  Laboratorio   per  ragioni  di  studio  i  signori  : 

On.  Dott.  Luigi  Monteinartini,  professore  di  Patologia  vegetale  alla 
R.  Scuola  superiore  d'agricoltura  di  Milano  e  libero  ducente  al- 
l'Università di  Pavia; 

Dott.  Luigi  Pavarino,  prof,  di  Scienze  Naturali  neila  R.  Scuola  Nonnaie 
di  Pavia  e  assistente  onorario  dell'Istituto  botanico  di  Pavia; 

Dott.  Rosa  Bariola,  laureata  in  Scienze  naturali; 

Dott.  Anna  Da  Fano,       «  „  „ 


Pubblicazioni  del  Personale  dell' Istituto  durante  l'anno  1912. 

Giovanni  Lriosi,  Bassegna  crittogamica  dcH'annu  1011  con  notizie  sulle 
malattie  dei  meliloti,  dei  latiri,  del  fieno  greco,  del  trifoglio  giallo,  ecc., 
dooiife  a  parassiti  regetali  (in  Bollettino  Ufficiale  del  Ministero  di 
agricoltura,  industria  e  commercio,  anno  XI,  serie  C,  fase.  A-tì, 
Roma  1912). 

Giovanni  Briosi  e  Luigi  Pavarino,  Una  malattia  hatterica  dcll<(  "  Mat- 
tliiola  annua  L.  „  (Bac'erium  Matthiolae  n.  sp.).  nota  preliminare  (in 
Reiid.  Accad.  Lincei,  voi.  XXI,  ser.  2,  fase.  3.  Roma  1912). 

—  —  Bacteriosi  della  "  Mattinola  annua  L.  „  {Bactcrium  Mattldolae  n.  sp.), 
con  due  tavole  colorate  (in  Atti  Ist.  Bot.  Univ.  di  Pavia,  serie  II. 
voi.  XV,  pag.  135-141). 

Rodolfo  Farneti,  Intorno  alla  cleistogamia  e  alla  lìossibililà  della  fecon- 
dazione incrociata  artificiale  del  riso,  con  una  tavola  (in  Atti  Ist. 
Bot.  Univ.  di  Pavia,  serie  II,  voi.  XII,  pag.  3.51-362). 


—  273   — 

Rodolfo  Parneti,  Il  mal  del  'piede  del  frumento  nel  giornale  1'  "  Alba 
Agricola,,.  Pavia  1912. 

—  —  La  selezione  del  riso,  nell' "  Alba  Agricola,,.  Pavia  1912. 
Malusio  Turconi   e   Luigi  Maffei,  Due  nuove   malattie  della    "  .Sophora 

.Taponica  Limi.  „.   Nota    preliminare  (in  Rend.  Accad.  Lincei,  vo- 
lume XXI,  serie  II,  fase.  4.  Roma  1912). 

—  —  Note  micologiche  e  Jitopatologiche.   Serie  II.   —   1 ."    Un   nuovo  ge- 

nere di  "  Ceratostoniataceae  „.  -    2.°  Due  nuovi  mirromiceti  parassiti 
della   "  Sophora  japonica  Linn.  „,    con    una   tavola  litografata  (in 
Atti  Ist.  Bot.  di  Pavia,  serie  II,  voi.  XV,  pag.  143-149). 
Gino  Pollacci,  Nw/f  "  Abrus  precatorius  L.  „.  Nota  preliminare  (in  Rend. 
Accad.  Lincei,  voi.  XXI,  2'  seni.,  pag.  420.  Roma  1912). 

—  Nuove  ricerche  sull'assimilazione  del  carbonio  (in  Bull.  Soc.  Bot.  Ital., 

1912,  n.  9,  pag.  208). 

Eva  M.\MKLT,  Note  di  parabiosi  vegetale  (in  Atti  della  Soc.  per  il  Pro- 
gresso delle  Scienze,  anno  VI,  settembre  1912). 

■  -  Sulla  in/fuenza  del  magnesio  sopra  la  formazione  delia  rlorofillo.  con 
una  tavola  (in  Atti  Ist.  Bot.  di  Pavia,  serie  II,  voi.  XV,  p.  1.51-205). 

RcsA  lÌARiOLA,  Suir  anatomia  dell'  Jequ/rifi/  {seme  dell'  "Abrus  precato- 
rius L.  ,,)  e  dei  semi  delle  piante  comunemente  usate  per  sofisticarlo. 
Nota  preliminare  (in  Rend.  Accad.  Lincei,  voi.  XXI,  2"  seni.,  fasci- 
colo 12.  Roma  1912). 

Luigi  Montemartini,  Ricerche  anatomo-fisiologiclie  sopra  le  vie  acquifere 
delle  piante  (in  Atti  Ist.  Bot.  di  Pavia,  ser.  II,  voi.  XV,  p.  109-134). 

Luigi  Pavarino,  Batteriosi  dell'  "  Aster  chinensis  L.  „  {Bacillus  Astera- 
cearum  n.  sp.)  (in  Rend.  Accad.  Lincei,  voi.  XXT,  1°  sem.,  fase.  8. 
Roma  1912). 

—  Avvizzimento  del  "  Dendrobium  nobile  Lindi.  „  (in  Rivista  di  Patol. 

veget.,  anno  V,  n.  IG  e  17.  Pavia  1912). 


ISTITUTO  BOTANICO  DKLLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

11IRKTTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI 


SULL'ANATOMIA  DEL  JEQUIRITY 

(Seme  àeìVAòi'tf.s  precafoè'itfs  L.) 

E  DEI  SEMI  DELLE  PIANTE  COMUNEMENTE  USATE 

PER  SOFISTICARLO/ 

NOTA    PRELIMINARE 

della  Dott.  ROSA  BARIOLA. 

Il  seme  AeWAbrus  precatorius  L.  (Jequirity)  ebbe  fin  dai  tempi  più 
antichi  applicazioni  varie;  oggidì  esso  viene  largamente  usato  in  tera- 
peutica, specialmente  in  oculistica,  e  recentissimamente  venne  applicato 
dal  prof.  Roberto  Rampoldi  alla  cura  di  alcune  forme  di  cancro. 

Come  fece  notare  recentemente  anche  il  dott.  Gino  Pollacci,  ^  i 
semi  di  Abrì(s  precatorius,  non  ostante  il  loro  aspetto  singolare,  si  pos- 
sono facilmente  confondere  con  quelli  di  altre  leguminose:  quali  i  semi 
di  Rhijìichosia  precatoria  o  phaseoloides  D.  C;  di  Adettanthera  pavonina  L.; 
di  Ormosia  dasijcarpa  .Tacks;  tutti  pure  di  un  colore  rosso  vivace  e  tal- 
volta provvisti  anche  della  maccliia  nera,  benché  in  posizione  diversa 
da  quella  dei  semi  AeWAbrus. 

L'anatomia  del  seme  à&WAbnts  non  fu  studiata  sin' ora,  in  modo 
esauriente,  da  nessun  autore  ;  ^  né  alcuno  studiò  la  struttura  dei  semi 
delle  specie  sopra  citate,  che  gli  assomigliano  e  che,  involontariamente 
0  per  frode,  si  impiegano  per  sofisticare  i  preparati  farmaceutici  a  base 
di  Abrus. 


'  Vedi  nota  preliminare:  L'end.  li.  Accad.  Lhicei,  voi.  xxi,  Ser.  .5,2''  Sem., 
p.  859. 

^  G.  Pollacci,  SulPAbnis  precatorius  L.  (^Acc.  Lincei,  .\xi,  pag.  i-2U,  ]!tl2). 

'  L'unico  che  se  ne  sia  occupato,  ma  in  modo  incompleto,  è  stato  il  Ticho- 
mirow  (W.  TiCHOMiRow,  Die  paferiìosterholinen  Abrus  precettori ii s  Ij.  mit 
eiiiigeii  amlereìi  Papilionaceen-saiiien  rert/lic/wii,  Moskau,  1884). 

Atti  (ìeirist.  Hot.  dfll' Università  di  ravia  -  Serie  II  -  Voi.  XV.  23 


—  276  — 

Inoltre,  fin'ora  non  si  sono  messe  in  chiaro  le  differenze  morfolo- 
giche che  possano  permettere  di  distinguere  all'aspetto  i  semi  ddl'Ahrint 
prer(ttorÌHs  da  quelli  che  loro  somigliano. 

Lo  studio  anatomico  e  micro-chimico  di  questi  semi  è  quindi  im- 
portante non  solo  dal  lato  istologico,  ma  altresì  da  quello  farniacogno- 
stico,  poiché  le  differenze  di  struttura  insegneranno  a  distinguere  in 
modo  sicuro  i  semi  e  le  polveri  à&WAhrus  dai  semi  e  dalle  polveri  che 
comunemente  servono  per  sofisticarli. 

Nella  presente  Nota  preliminare  espongo  alcuni  dei  pili  importanti 
risultati  che  su  tale  argomento  fin'ora  ho  ottenuto. 

Differenze  morfologiche.  —  I  semi  iì%\VAbrus  precatorins  sono  ovali  o 
rotondeggianti,  di  color  rosso  scarlatto  vivace,  muniti  assai  spesso,  ma  non 
sempre,  di  una  macchia  nera  nella  regione  dell'ilo;  talvolta  sono  anche 
rosei  0  biancastri  con  una  macchia  giallastra  nella  stessa  posizione. 

I  semi  della  Bhynchosia  phaseoloides,  molto  simili  a  quelli  deWAljv/is, 
sono  un  poco  più  piccoli,  e  la  macchia  nera  è  in  essi  molto  piìi  estesa 
e  in  posizione  diversa;  essa  ricopre  la  metà  circa  del  seme,  e  trovasi 
nella  regione  opposta  alla  chilariale.  Quest'ultima,  inoltre,  è  più  estesa 
longitudinalmente,  ed  è  a  labbra  più  sporgenti. 

NeWOrmosia  dasycarpa  i  semi  sono  molto  più  grossi,  di  un  rosso 
più  0  meno  vivace  e  forniti  di  una  larga  macchia  nera,  quasi  triango- 
lare, che  dalla  regione  chilariale,  assottigliandosi,  giunge  fin  quasi  al- 
l'estremità opposta  del  seme.  La  regione  chilariale,  assai  infossata,  .si 
trova  ad  uno  dei  poli  del  seme. 

I  semi  deWAdenanthera  pavonina  sono  più  grossi  di  quelli  dell'^ir^s, 
cuoriformi,  biconvessi  e  a  margine  assai  marcato.  Hanno  tegumento  duro, 
di  un  colore  rosso  meno  vivace  di  quello  deWAòrus;  e  la  fossetta  chi- 
lariale, assai  piccola,  è  posta  al  vertice  più  acuto  del  seme. 

Differenze  anatomiche.  —  Gli  strati  di  cellule  che  compongono  il 
tegumento  dei  semi  d^WAbrus  precaiorius  variano  di  numero  a  seconda 
della  regione  del  seme;  cioè  a  seconda  che  si  tratti  della  regione  chi- 
lariale 0  di  punti  distanti  da  essa. 

Nelle  porzioni  di  tegumento  lontane  od  opposte  alla  regione  chilariale, 
il  tegumento  si  compone  di  quattro  strati. 

II  primo  consta  di  cellule  a  palizzata  (cellule  malpighiane),  allun- 
gate a  forma  di  bastoncino,  avvicinate  le  une  alle  altre  e  disposte  nor- 
malmente alla  superfìcie  del  seme.  Questo  strato  occupa  la  metà  circa 
dello  spessore  del  tegumento,  e  le  sue  cellule,  nella  parte  basale,  pre- 
sentano uno  0  due  rigonfiamenti  laterali.  11  loro  lume  non  è  uniforme: 
quasi  lineare  alla  sommità  della  cellula,  segue  poi  un  decorso  ondulato, 
lincile  nella  parte  basale  si  allarga  seguendo  i   rigonfiamenti  suddetti. 


—   277  — 

Tanto  il  plasma  quanto  la  membrana  cellulare  contengono  una  sostanza 
colorante  rossa,  solubile  in  acqua.  In  queste  cellule  si  riscontrano  a 
volte  taluni  corpi  che  probabilmente  sono  avanzi  nucleari. 

La  linea  lucida  decorre  vicinissima  alla  membrana  di  livestimeiito. 

11  secondo  strato  è  costituito  da  cellule  a  colonna,  di  forma  ca- 
ratteristica, allungate  e  disposte  normalmente  alla  superficie  del  seme, 
formando  come  un  colonnato  ricco  di  spazi  intercellulari,  ripieni  d'aria. 
Superiormente  esse  sono  allargate  a  guisa  di  capitello,  e  per  mezzo  di 
numerosi  pori-canali  comunicano  con  le  cellule  mali)igliiane.  Indi  le  cel- 
lule, per  un  tratto,  si  assottigliano,  diventando  quasi  cilindriche;  i)ùi 
si  fanno  gibbose,  con  rientranze  e  sporgenze  a  corte  braccia  che  si 
innestano  a  quelle  delle  cellule  vicine.  Il  contenuto  plasmatico  è  gra- 
nuloso. La  porzione  inferiore  di  queste  cellule,  irregolarmente  ingros- 
sata, ripiegata  e  contorta,  si  anastomizza  con  lo  strato  sottostante. 

Il  terzo  strato,  "  strato  profondo  „,  è  costituito  da  elementi  paren- 
chimatici,  disposti  tangenzialmente  alla  superfìcie  del  seme  e  ricchi  di 
sostanze  tanniche. 

Il  quarto,  finalmente,  è  uno  strato  endospermatico  rudimentale,  cìie 
consta  di  tre  o  quattro  serie  di  cellule  irregolarmente  poliedriche,  un 
po'  allungate  tangenzialmente,  quasi  quadrangolari. 

Il  limite  estremo  di  questo  strato  è  dato  da  una  specie  di  mem- 
brana, la  "  membrana  limitans  „  di  Tichomirow,  la  quale  con  cloruro 
di  ferro  dà  la  reazione  delie  sostanze  tanniche. 

Nella  regione  chilariale  la  struttura  del  tegumento  si  differenzia  no- 
tevolmente da  quella  suddetta,  sia  per  il  numero  degli  strati,  che  va 
aumentando,  sia  per  i  nuovi  elementi  che  vi  si  riscontrano.  Al  di  sopra 
dello  strato  di  cellule  malpighiane  (notevolmente  più  corte)  è  un  altro 
strato  formato  anch'esso  da  cellule  malpighiane,  dette  "  di  rinforzo  », 
nelle  quali  non  è  visibile  la  linea  lucida.  Il  limite  superiore  di  queste 
cellule  è  quasi  sempre  mascherato  da  avanzi  del  funicolo,  che  formano 
talvolta  un  robusto  strato.  Al  di  sopra  di  questo  si  nota  un  terzo  strato 
di  cellule  malpighiane,  più  corte  delle  altre,  delle  quali  il  Tichomirow 
non  fa  cenno. 

Invece  delle  cellule  a  colonna,  nella  regione  chilariale  vi  è  mi 
tessuto  assai  spesso,  formato  dapprima  da  cellule  poliedriche  compatte, 
poi  da  cellule  stellate  a  larghi  meati  intercellulari.  Entro  quest'ultimo 
tessuto  si  trova  la  lamina  chilariale,  un  organo  caratteristico  che  non 
è  descritto  dal  Tichomirow.  In  sezione  trasversale  essa  presenta  la 
forma  di  una  bottiglia  che  si  assottiglia  nella  fessura  circoscritta  dalle 
valve  chilariali;  è  formata  da  tracheidi  a  cellule  irregolarmente  rom- 
boidali, allungate  secondo  l'asse  maggiore  della  lamina  stessa,  con  areo- 
lature  molto  fitte  ed  orbiculari. 


—  278   — 

Questo  tessuto  è  circondato  da  una  guaina,  formata  da  tre  o  quattro 
serie  di  cellule  pareuchimaticlie  prive  di  contenuti),  allungate  nel  senso 
stesso  dell'organo,  e  incurvantisi  nei  tessuti  sottostanti. 

La  lamina  cliilariale,  trattata  con  cloruro  di  zinco  iodato,  dà  la 
reazione  della  lignina,  mentre  i  tessuti  pericliilariali  assumono  una  co- 
lorazione turchina.  Seguono  più  internamente:  lo  strato  profondo  e  lo 
strato  endosperniatico,  più  sviluppato  che  non  nelle  rimanenti  porzioni 
del  tegumento. 

Nei  cotiledoni  l'epidermide  è  costituita  da  un  solo  strato  di  piccole 
cellule  poligonali,  quasi  isodiametriclie.  Il  tessuto  fondamentale  consta 
di  cellule  più  grandi,  rotondeggianti  o  poliedriche,  un  po'  allungate,  a 
pareti  ispessite  ma  a  rientranze  e  strozzature  così  marcate  da  dare 
l'aspetto  di  un  ispessimento  gibboso,  attraversato  da  numerosi  canaliculi. 
In  tali  cellule  mancano  l'amido  e  l'aleurone.  I  cotiledoni  sono  percorsi 
da  numerosi  fasci  fibro-vasali. 

I  cotiledoni  dei  semi,  che  si  possono  scambiare  con  quelli  deir.4èn<s 
precatorius,  presentano  invece  le  seguenti  caratteristiche: 

h'hi/iichosia  phaseoloides.  D.  C.  —  Il  tessuto  cotiledonare  di  questa 
specie  è  formato  da  cellule  irregolari,  le  cui  pareti  sono  molto  meno 
(ma  più  regolarmente)  ispessite,  e  il  cui  lume  cellulare  è  assai  più  ampio 
che  non  \\t\\ Abrus  precatorius.  Inoltre,  è  notevole  in  esse  la  presenza 
di  gran  quantità  di  amido,  che  manca  aifatto  nei  semi  dell'^iras. 

Onnosia  dasìjcarpa,  Jacks.  —  I  cotiledoni  di  questa  specie  sono  for- 
mati da  cellule  irregolari,  le  cui  pareti  sono  fortemente  ispessite,  onde 
il  lume  cellulare  è  molto  ridotto,  con  forma  irregolarmente  stellata.  Gli 
ispessimenti  sono  fortemente  gibbosi  e  molto  irregolari.  L'aspetto,  quindi, 
di  queste  cellule,  è  ben  diverso  da  quello  delle  cellule  corrispondenti 
deWAbriis  precatorius. 

Adenanthera  pavonina  L.  —  Le  cellule  del  tessuto  cotiledonare  in 
questa  specie  sono  molto  grandi,  a  sezione  rotondeggiante  o  quadran- 
golare, a  pareti  poco  ma  regolarmente  ispessite.  Il  lume  loro  è  relati- 
vamente molto  ampio  e  contiene  grossi  granuli  d'aleurone  con  cristal- 
loidi e  numerosi  cristalli  di  ossalato  di  calcio:  caratteri  questi  suffi- 
cienti a  distinguere  questi  semi  da  quelli  deWAòrus. 

Caratteri  diagnostici  della  polvere  di  '"  Abrus  precatoriun  ,  L-  —  Nella 
polvere  dei  semi  di  Abrus  precatorius  (privati  dei  tegumenti)  si  do- 
vranno quindi  trovare  soltanto  i  seguenti  elementi: 

]."  frammenti  di  tessuto  epidermico  cotiledonare  formato  da  cel- 
lule assai  piccole,  poliedriche,  quasi  isodiametriche; 

2.°  frammenti  di  tessuto  interno,  dato  da  cellule  più  o  meno  ro- 
tondeggianti, con  pareti  a  ispessimenti  gibbosi  percorsi  da  numerosi 
canaliculi; 


—  279  — 

3."  elementi  fibro-vascolari; 

5.°  goccie  d'olio,  riconoscibili  al  color    rosso  che  assumono  con 
la  tintura  d'Alcanna. 

Questa  polvere  non  dovrà  invece  contenere:  cellule  a  pareti  con 
piccoli  ispessimenti  gibbosi,  regolari,  e  granuli  d'amido  (Bhijnchosia  pha- 
scoloiJes);  cellule  a  pareti  fortemente  e  irregolarmente  ispessite  {Onnosìa 
dasijcarpa)  ;  cellule  a  pareti  poco  ma  assai  regolarmente  ispessite,  né 
granuli  d'aleurone  né  cristalli  d'ossalato  di  calcio  {Adenanthera  pavonina). 
Per  ciò  che  riguarda  i  caratteri  chimici;  se  la  polvere  di  Abrus  è 
pura,  essa  deve  colorarsi: 

con  acido  nitrico,  '  in  giallo  canarino  (colorazione  stabile); 

con  tintura  di  iodio,  in  giallo,  che  presto  scompare; 

col  cloroformio,  in  rosa-pallido  permanente. 
Per  quanto  concerne  gli  altri  semi: 

con  acido  nitrico,  le  polveri  di  Eìujvchosia  phaseoloides,  di  Ormosia 
dasy carpa  e  di  Adenanthera  pavonina  non  danno  nessuna  colorazione; 

con  tintura  di  iodio,  la  polvere  di  lìhijncìiosia  pliasculoides  si  co- 
lora in  violetto,  pei  numerosi  granuli  d'amido  che  contiene; 

quella  di  Ormosia  das>/carpa  si  colora  invece  in  rosso-aranciato, 
colore  che  scompare  dopo  un  po'  di  tempo  ; 

quella  di  Adenanthera  pavonina,  infine,  in  giallo-avana  persistente. 
Col  cloroformio,  le  soluzioni  acquose  delle  polveri  di  Ehynchosia  pha- 
seoìoides,  di  Ormosia  dasijcarpa  e  di  Adenanthera  pavonina,  non  si  colo- 
rano, ma  diventano  leggermente  opalescenti. 

Istituto  Botanico  di  Pavia,  dicembre  1912. 


G.    POLLACCI,    loc.    Cit. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LAI50RAT0III0  CIUTTOG AMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI 


SULLA   BIOREAZIONE    DEL  TELLURIO 

E 

SULLA  SUA  APPLICAZIONE  PRATICA 

AGLI 

STUDI  DI  FISIOLOGIA  E  DI  PATOLOGIA  VEGETALE. 

NOTA    PRELIMINARE 

del  Dott.  GINO   POLLACCI 

libero  docente  di  Botanica  ed  aiuto  presso  ristituto  Botanico  della  H.  Università  di  Pavia 

{con   tuia  Jìf/icra). 

Coni'  è  noto  il  Selnii  '  fino  dal  1875  trovò  elle  le  muffe  vegetanti  sopra 
sostanze  organiche,  in  jìresenza  di  arsenico  metHllico  od  ossido  arse- 
nioso,  erano  capaci  di  dar  luogo  allo  sviluppo  di  composti  gasosi  arse- 
nicali. Il  Gosio  '  nel  1891  caratterizzt)  ed  isolò  diversi  microrganismi 
cajiaci  di  questa  attività  ed  utilizzando  culture  pure  trovò  pei'  ([uali 
composti  d'arsenico  questa  proprietà  si  presenta  più  spiccata,  quali  con- 
dizioni la  facilitano,  quali  l'ostacolano.  11  Maassen  ^  nel  1902  seguendo 
l'indirizzo  sperimentale  del  Gosio  potè  mettere  in  rilievo  che  anche  il 
tellurio  ed  il  selenio  vengono  digeriti  dal  PenicilHum  brevicmile  con  svol- 
gimento di  un  gas,  che  nel  caso  del  tellurio  può,  nei  riguardi  organo- 
lettici, confondersi  con  quello  dell'arsenico. 

Le  esperienze  dei  numerosi  Autori  che  si  occuparono  in  seguito  di 
tale  importante  argomento,  dimostrano  che  un  campo  nuovo,  fecondo 
di  pratici  risultati,  si  è  aperto  con  la  scoperta  delle  bioreazioui  del- 
l'arsenico, del  tellurio  e  del  selenio. 


'  Ski.mi,    O.sserrasioiN   ttu/lo   svilKpjio    il'/droyeiio    iia.sccii/e   lìallv    iini//'<\   Bo- 
logna,  1875. 

*  Gosio,  Congresso  d'igiene  tenuto  a  Londra  nel  1891. 
^  Maassbn,  Arb.  Kais.  Gesuiulheitmint,  1902,  pag.  475. 

Alti  rìeirisf.  Boi.  dell' Università  di  Pavia  —  Serie  II  —  Voi.  XV.  24 


—  282   — 

Ora  tali  reazioni  io  ho  voluto  studiare  anche  in  rapporto  alla  pa- 
tologia vegetale,  scegliendo  quale  reattivo  i  tellurili  che  sono  più  spe- 
cifici dell'arsenico,  meno  decomponibili  dei  seleniti  (indipendentemente 
dalla  vita  di  microoiganismi)  e  che  danno  una  reazione  nera  molto  più 
facilmente  visibile  e  quindi  più  apprezzabile  che  non  la  debole  colora- 
zione rossa  data  dai  seleniti. 


Le  mie  ricerche  furono  volte  a  studiare  il  comportamento  del 
plasma  delle  piante  superiori  in  contatto  con  i  telluriti,  in  confronto 
col  plasma  dei  microrganismi,  specialmente  di  quelli  parassiti  delle 
piante  stesse. 

Intanto,  comunico  il  risultato  ottenuto  studiando    l'azione  del  tei- 


^  283  — 

lurito  di  sodio  su  radici  di  Bmnsica  immuni  da  parassiti  e  su  radici 
delia  stessa  pianta  affetta  invece  da  Plasmodiopliora  Brassicae  Wor. 
Mi  riserbo  in  seguito  di  pubblicare  i  risultati  delle  ricerche  in  corso 
sopra  numerosi  parassiti  vegetali. 

Se  radici  vive  di  cavolo  invase  da  Plastncdiophora,  ammalate  cioè 
della  cosi  detta  Ernia  del  cavolo,  vengono  messe,  dopo  essere  state  lavate 
accuratamente  con  acqua  sterilizzata,  entro  soluzione  acquosa  di  tellu- 
rito  di  sodio  all'I  per  25000,  alla  temperatura  ambiente,  entro  40-50  ore 
riducono  il  metalloide,  provocando  una  coloi azione  evidentissima  ne- 
rastra della  soluzione  acquosa. 

Il  tessuto  ipertrofico  ammalato  si  colora  anch'esso  e  sviluppa  un 
gas  con  odore  caratteristico  simile  a  quello  di  certe  fosfine  e  che  può 
confondersi  con  quello  agliaceo  dell'idrogeno  arsenicale. 

Invece  radici  vive  e  sane  di  cavolo  immerse  nello  stesso  soluto 
ed  ivi  lasciate  anche  per  tre  o  quattio  giorni  rimangono  incolore  ed 
incoloro  rimane  il  liquido;  solo  dopo  cinque  o  sei  gioiiii,  incomincia  a 
manifestarsi  in  tale  soluto  una  leggera  reazione  dovuta,  credo,  a  mi- 
croorganismi che  si  sviluppano  nel  mezzo  umido  in  cui  le  radici  sono 
immerse  ed  imputridiscono. 

La  figura  che  accompagna  questa  nota  riproduce  una  fotogiafia  di 
(lue  provette,  l'una  («)  contenente  pezzi  di  radice  di  Brassica  attaccata 
da  Plasmodiophora  e  l'altra  (/S)  pezzi  di  radice  sana  di  Urassica  dopo  48  ore 
di  immersione  in  soluto  acquoso  di  tellurito  ili  sodio  all'I  per  25000. 
La  reazione,  come  si  vede,  è  evidentissima  e  non  hiscia  dubbio. 

Da  tale  risultato  si  deduce  che  dalle  i)iante  supeiiori,  almeno  nel 
caso  della  Biassira.  il  tellurio  non  viene  lidotto  od  almeno  se  lo  è,  lo 
è  molto  lentamente  ed  in  modo  ben  diverso  da  quello  usato  dal  micete; 
si  deduce  inoltre  che  la  Plasmodiophora  Brassicae  Wor,  ha  il  potere,  non 
solo  di  ridurre  intensamente  il  tellurito  di  sodio,  ma  anche  quello  di 
provocare  una  sintesi. 

Non  è  ora  il  caso  di  discutere  diffusamente  le  importanti  i  ieerche  del 
Gosio  sul  Penicillium  brevicaule  come  rivelatore  dell'arsenico,  per  la  ca- 
pacità che  esso  ha  di  fabbricare  delle  sostanze  di  odore  agliaceo,  cioè 
delle  dietilarsine,  anche  quando  esso  è  in  contatto  solo  con  tracce  di 
arsenico;  dirò  solo  che  anche  la  Plasmodiopliora  è  capace  di  esplicare 
con  il  tellurio  un  lavorio  di  sintesi  analogo  a  quello  che  il  Penicillium 
opera  con  l'arsenico. 

La  Plasmodiophora  cioè  produce  a  contatto  col  tellurito  di  sodio 
dei  composti  alcoolici  ad  odore  fortemente  agliaceo,  dovuto  alla  forma- 
zione di  dietiltelhirine  omologhe  alle  dietilarsine.  Secondo  il  Gosio  non 
sono  capaci  di  compiere  questo  processo  sintetico,  né  gli  Sckizomiceti,  né 


—  284  — 

i  Saccaromiceti;  gli  Ifomiceti  invece  si.  La  posizione  sistematica  delle 
Plasmodiopkoracee  non  è  ben  piecisata  per  ora,  certo  è  che  è  molto 
vicina  alle  Acrasieae  dei  Mixomiceti  ed  lia  proprietà  rispetto  al  tellnrito 
identiche  a  quelle  degli  Ifomiceti  e  diverse  da  quelle  degli  Schizomiceti  e 
dei  Saccaromiceti. 

In  grazia  della  suddetta  leazione  pressoché  nulla  o  per  lo  meno  len- 
tissima sopra  i  tessuti  vivi  della  pianta  superiore  e  manifesta  invece 
in  quegli  esseri  inferiori  che  vivono  su  di  esse  quali  parassiti,  è  lecito 
sperare  utili  applicazioni  specialmente  nel  campo  della  patologia  vegetale. 

È  necessario  estendere  a  grande  luimeio  di  niiceti  patogeni  le  ri- 
cerche suddette,  per  [lotere  generalizzare  conclusioni  clje  possono  molto 
interessare  oltre  che  la  patologia  anche  la  sistematica  degli  esseri 
inferiori. 

Ricerche  esploiative  in  tale  senso  iniziate  mi  farebbero  credere 
che  anche  altri  parassiti  vegetali,  oltre  alla  Plasmodiophora,  iianno  tale 
proprietà,  ma  i  risultati  definitivi  delle  licerche  saianno  oggetto  di  altra 
e  più  completa  pubblicazione. 

Istituto  Botanico  di  Pavin,  ;;fiiiiaio  1914. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  H.  UNIVERSITÀ  DI  l'AVlA 

E 

LABOIÌA.TORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIKKTTI 

da  GIOVANNI  KRIOSI. 


SULL'  " ABRUS  PREC ATOMUS  „  L. 

RICERCHE 

del  Dott.  GINO  POLLACCI 

libero  docente  di  Botanica  ed  aiuto  presso  l'Istituto  Botanico  dell'Univi  rsità  di  Pavia  '. 
{Con  lina  tavola  litografata  a  colori,  tav.  XYIU). 


Nella  pratica  medica  era  sentita  la  necessità  di  avere  nna  rea- 
zione sicura  dei  medicamenti  derivati  AM' Abrus  precalorius  L  ,  la  quale 
permettesse  al  medico,  al  farmacista  od  al  chimico,  di  assicurarsi  rapi- 
damente e  con  facilità  se  questi  semi  ed  i  medicamenti  da  essi  estratti 
provenissero  veramente  dair^/^r»s  precatorhts  oppure  da  qualche  altro 
seme  a  questo  simile  \)tr  caratteri  morfologici. 

Molti  studi  furono  fatti  sul^ylA?7^';  jjrecatorius  dal  punto  di  vista 
clinico,  chimico,  farmacologico,  fisiologico,  botanico  e  tossicologico,  in 
ispecie  dopo  il  188L',  epoca  nella  quale  l'oculista  De  Wecker  introdusse 
tale  droga  nella  terapia  oculistica;  nessun  autore  però  ha  fatto  cono- 
scere una  reazione  che  avesse  i  requisiti  suddetti. 

Il  trovare  una  tale  reazione  pratica  è  invece  cosa  assai  utile  per 
la  grande  importanza  che  tali  semi  hanno  acquistato  nella  teraiìia  e 
perchè  le  sofisticazioni  di  questa  droga  sono  frequentissime  e  non  facili 
a  scoprirsi;  cosi  è  capitato  a  diversi  clinici  di  imprendere  le  loro  cure 
con  estratti  di  semi  di  Onnosia  dasi/rarpa  Jacks.  credendo  di  usare 
dei  derivati  di  Abnis  precaforius.  Io  stesso  mi  sono  rivolto  per  avere 
di  tali  semi  per  i  miei  studi,  a  medici,  a  stabilimenti  botanici  e  farma- 
ceutici ed  a  commercianti  diversi,  tanto  in  Italia  che  all'estero,  ed  ho 
ricevuto  da  essi  sotto  il  nome  di  Jeqnirifij  dei  semi  di   piante  diverse. 


'   V.?di  anche  la  Xota  preli minare  dal  titolo:  Siili'  •  Ahnis  /irccalor/ds  ■  L.   in 
li.'ii.liconti  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  Voi.  xxi,  .serie  5'',  1"  soniestre,   fase.  H. 

Alti  deU'Ist.  Bot.  dell'Università  di  Pavia  —  Serie  II.  —  Voi.  XV.  25 


—  286   ~ 

quali  di  Rhynchosia  phaseoloides  D.  C,  di  Ormosia  dasi/carpa  Jacks.  e  di 
Adenanthem  pavonina  L.,  semi,  si  noti,  che  non  hanno  le  proprietà  me- 
dicamentose per  le  quali  si  impiega  ì'Abrus  preratorins  L.  Tale  fatto 
spiega  i  varii  risultati  talvolta  contradditori  ottenuti  in  terapia  col- 
V Abnis,  e  la  sostituzione  non  deve  meravigliare,  poiché  i  semi  delle  piante 
suddette  presentano  caratteri  morfologici  tali  che  sono  talvolta  poco 
dissimili  da  quelli  deir^i!»rMs  precatorius,  il  quale  si  presenta  sovente 
con  colore,  volume  e  peso  vari.  La  polvere  dei  semi  poi  non  oiFre  ca- 
ratteri diagnostici  differenziali  praticamente  e  facilmente  apprezzabili; 
né  si  possedevano  finora  reazioni  caratteristiche  per  i  loro  estratti  ed  i 
loro  infusi.  E  notisi  che  l'importanza  di  poter  distinguere  la  vera  droga 
da  quella  sofisticata  è  in  questi  ultimi  tempi  anche  accresciuta,  poiché 
non  solo  essa  ha  larga  applicazione  nell'oculistica,  ma  oggidì  si  impiega 
nella  cura  di  alcune  forme  di  cancro,  in  seguito  alle  l'icerche  del  pro- 
fessore Roberto  Rampoldi.* 

Ora  queste  mie  ricerche  hanno  appunto  per  iscopo,  anzitutto  di  fis- 
sare bene  le  differenze  morfologiche  che  esistono  fra  i  semi  deW'A/jrus 
e  quelli  che  più  frequentemente  si  trovano  in  commercio  col  nome  di 
Jequirity ,  inoltre  di  trovare  una  reazione  chimica  caratteristica  che 
permetta  di  distinguerli  gli  uni  dagli  altri,  specialmente  quando  si  pre- 
sentano sotto  forma  di  polvere  o  entrano  negli  estratti,  nelle  pomate  e 
negli  altri  prodotti  farmaceutici. 

I  caratteri  morfologici  del  seme  non  hanno  grande  importanza  pra- 
tica perché  sono  molto  incostanti;  in  ogni  modo  è  bene  tener  presente 
che  i  semi  del  vero  Abnts  precatorius  che  si  trovano  in  commercio 
hanno  per  lo  più  i  seguenti  caratteri: 

II  seme  ovale  è  per  lo  più  lungo  6-7  millimetri  e  largo  5  millimetri;  il 
suo  tegumento  seminale  ha  colore  rosso  vivo  con  una  macchia  nera  in  cur- 
rispondenza  dell'ilo  (vedi  tav.  XVIII,  fig.  5).  Ma  trovansi  pure  dei  semi 
di  vero  Abrus  rossi  e  privi  della  macchia  nera  sul  tegumento  (come  in 
fig.  6,  tav.  XVIII),  oppure  semi  aventi  la  macchia  nera,  ma  che,  invece 
di  essere  colorati  in  losso  vivo,  lo  sono  talvolta  in  rosa  pallido  (vedi 
fig.  7),  tal'altra  in  rosso  mattone  (fig.  8),  altri  senza  macchia  nera  e  di 
color  iosa  chiaro  (fig.  9),  altri  senza  macchia  nera,  e  di  colore  bianco 
giallastro  (fig.  10),  altri  aventi  il  tegumento  di  color  bianco  giallastro 
e  macchia  nera  (fig.  II).  Altri  infine,  molto  rari  però,  hanno  dimensioni 
doppie  e  triple  delle  sopradette  (vedi  fig.  12),  altri  di  eguale  grossezza 
ma  con  macchia  avente  un  disegno  meno  regolare  (vedi  fig.  13  e  14). 


'  Rampoldi  Roberto,  pai-ecchie  note  e  memorie  negli  Aìinali  di  oftalmologia, 
anni  1907-1908  ed  in  Gionidlc  Halimw  delle  malattie  ceneree  e  della  pelle,  vi,  1911. 


—   287   — 

Da  questi  dati  si  deve  dedurre  che  né  le  dimensioni  né  il  colore 
dei  semi  servono  ;i  caratterizzare  il  Jequiritij,  però  è  costante  il  fatto 
che  quando  nel  tegumento  seminale  (\.&\Y Abrux  precatoriits  è  presente  la 
macciiia  nera,  questa  è  localizzata  costantemente  nella  regione  dell'ilo 
(vedi  figure  5.  7,  8,  11,  12,  13,  14).  Ciò  non  succede  mai  neppure  nei 
semi  di  Rhijncho4a  phaseoloides  \j.  che  si  avvicinano  di  più  per  dimen- 
sioni e  per  colore  a  quelli  del  vero  Abnis  (vedi  tìg.  15). 

Trattando  la  [xdvere  dei  semi  dei  veri  Jequiritij  con  diversi  rea- 
genti, ilo  tiovato  che  neli'^èr«s  precatorius  vi  sono  diverse  sostanze 
facilmente  solubili  in  aci]na  fredda,  delle  quali  una  localizzata  nel  te- 
gumento seminale,  e  che,  in  presenza  di  potassa  caustica,  dà  una  colo- 
razione rosso  bruna  (vedi  fig.  3)  ed  un'altra  contenuta  nei  cotiledoni, 
che  con  acido  nitrico  dà  nna  colorazione  giallo  canarino  (vedi  fig.  1). 
Quest'ultima  reazione,  com'è  noto,  è  comune  alle  albumine,  ma  essa 
diventa  una  leazione  diagnostica  importante  per  V Abrtis,  poiché  sostanze 
solubili  in  acqua  fredda  ed  aventi  tali  proprietà  non  sono  contenute  nei 
semi  di  Ormosia,  Rliynchosia  ed  Adenanthera  coi  quali  si  confondono 
facilmente  in  commercio  i  semi  del  Jequiritij.  Anche  i  semi  delle  molte 
altre  leguminose  da  me  esaminati,  come  altresì  quelli  del  Eirino  e  del 
Croton,  ecc.  che,  com'è  noto,  contengono  principii  attivi  molto  vicini  a 
quelli  deWAbriis  precatoriiis,  non  danno  tale  reazione.  La  colorazione 
gialla  della  soluzione  ottenuta  con  polvere  di  cotiledoni  é  data,  secondo 
me,  da  sostanza  albuminoide  solubile,  e  difatti,  oltre  alla  suildetta 
reazione  coH'acido  nitrico,  il  soluto  ha  le  seguenti  proprietà: 

Trattato  con  nitrato  acido  di  mercurio  dà  un  i)recipitato  che,  dopo 
ebullizione,  si  riunisce  in  un  coagulo  rosso  (reazione  di  Milioni.  Cou 
acido  cloridrico  e  dopo  l'influenza  del  calore,  il  soluto  si  colora  in 
bruno  (reazione  di  Liebermann-Wurster). 

Con  acido  acetico  ed  acido  solforico  concentrato  il  soluto  si  colora 
in  rosso-scuro  (reazione  di  Adamkiewiecz).  Il  soluto  limpido  sottoposto 
al  calore,  diventa  albescente.  Oltre  poi  a  questa  sostanza  o  gruppo  di 
sostanze  solubili  ciie  devono  consideiarsi  come  albuniinoidi,  vi  è  un 
altro  corpo  localizzato  nel  tegumento  seminale,  che  con  la  potassa  cau- 
stica dà  nna  forte  colorazione  rosso-bruna. 

Allo  scopo  di  accertarmi  se  le  reazioni  suddette  fossero  dovute  alla 
presenza  di  Abrina,  ho  trattato  (\q\V Abrina  pura  con  acqua  fredda 
(17°  C.)  e  nel  filtrato  ho  messo  poche  goccie  di  acido  nitrico:  istanta- 
neamente é  comparsa  una  colorazione  gialla  identica  a  quella  ottenuta 
colla  polvere  di  Jeqiiirifi/. 

Trattato  invece  con  potassa  caustica,  tale  estratto  non  dà  la  colo- 
razione rossa  già  detta. 


—   288  — 

Siccome  secondo  molti  autori  la  ricina  ha  proprietà  affini  aWahritia. 
Ilo  pine  trattato  la  ririnn  pura  con  acqna  ed  il  filtrato  con  aciilo  nitiico, 
ma  nessuna  colorazione  è  coiii[)arsa  anche  sottoponendolo  all'  azione 
della  potassa  canstica. 

Con  tntta  probabilità  quindi,  la  sostanza  che  dà  con  acido  nitrico 
la  colora/ione  gialla  caiatteristica  per  l'estiatto  dei  semi  di  Abrus,  è 
Yahrina.  allatto  diversa  da  quella  contenuta  nei  tegumenti  seminali  e 
che  dà  la  colorazione  l'ossa  colla  potassa.  Colorazione  questa  che  si 
ottiene  anche  col  lilirato  acquoso  della  polvere  dei  tegumenti  seminali 
della  U/ii/nrhosia  phaseohidc?  I).  C. 

In  |iosséss(i  di  tali  reazioni,  a  me  è  occorso  di  poter  acceitarmi 
che  alcuni  t'armaci  usati  dai  medici  come  ottenuti  con  VAhnts  preca- 
toriits  L.  erano  invece  pre[)aiati  con  altri  semi,  che  non  contenevano  i 
principii  attivi  del  Jequiritij  e  naturalmente  non  potevano  dare  i  risul- 
tati medicamentosi  desiderati. 

Una  tale  constatazione  dimostra  quindi  la  necessità  di  acceitarsi 
sempre  se  questi  medicamenti  sono  veramente  prepaiati  col  JequirUi/, 
il  che  si  può  facilmente  provare  colle  reazioni  sojira  indicate,  seguendo 
il  metodo  che  qui  espongo. 

Esame  di  rorvEui.  -  La  polvere  da  esaminare  si  mette  in  pro- 
vetta con  acqua  distillata  e  si  sbatte  per  pochi  secondi;  poi  si  filtra 
tale  liquido  fino  a  che  il  filtrato  resta  limpido,  tale  filtrato  viene  in 
seguito  trattato  con  acido  nitrico.  Se  la  polvere  di  semi  in  esame  è  di 
vero  AòrKs  in-ecatorius  L.,  il  filtrato  deve  colorarsi  in  giallo-canaiino 
(vedi  fig.  1),  colorazione  persistente  a  lungo  e  che  non  scompare  ma  si 
accentua  col  calore. 

Se  si  tratta  lo  stesso  filtiato  con  potassa  caustica  e  si  colora  in 
rosso-bruno  (vedi  fig.  3)  segno  è  che  la  polvere  in  esame  contiene 
anche  i  tegumenti  seminali  polverizzati.  La  coloiazione  rossa  si  può 
ottenere  insieme  a  quella  gialla  nello  stesso  tubo  di  assaggio:  bisogna 
in  tal  caso  prima  trattare  il  filtrato  con  acido  nitrico  e  poi  aggiungete 
goccia  a  goccia  la  i)otassa  ;  se  la  polvere  è  di  Jeqiiiriti/  e  contiene 
anche  i  tegumenti  seminali,  si  differenziano  nettamente  due  stiati  del 
liquido,  l'inferioie  giallo  ed  il  superiore  rosso-bruno  (vedi  fig.  2).  Se  si 
forma  la  sola  colorazione  gialla  e  non  la  lossa,  segno  è  che  la  polvere 
è  stata  ottenuta  coi  soli  cotiledoni  (vedi  fig.  1). 

Lioltre  la  polvere  dei  semi  di  Abrus  che  venne  trattata  con  acqua, 
se  viene  asciugata  e  lasciata  esposta  all'ai'ia  si  colora  dopo  alquanto 
tempo  in  nero-azzurro  intensissimo  (vedi  fig.  4),  al  contrario  delle  pol- 
veri dei  semi  di  Rhynchosia,  di  Ormosia  e  di  Adenanthera  che  non  si 
colorano. 


\ 


—  289   — 

Esame  dei  sumi.  —  Qualora  nasca  il  (hibbio  sulla  specie  del  seme 
0  flelJK  porzione  del  seme  in  esame,  si  polverizzi  e  i)oi  si  proceda 
come  è  indicato  per  le  polveri. 

Esame  dei  hedicamenti.  Ricavati  dai  semi  di  Jerjuirifi/  vengono 
messi  in  conimercio  diversi  farmaci;  quelli  iscritti  nella  Faimacopea 
Ufficiale  italiana  sono  i  seguenti: 

Estratto  fluido  dai  semi  di  Abnis  precatorius; 

Dischetti  di  Jequiiitiiia  per  uso  oftalmico; 

Pomata  di  Jequiritiua. 

Per  il  saggio  dell'es^ra/Zo  fiindo  basta  prenderne  una  piccola  quan- 
tità, filtiarlo  e  trattarlo  con  acido  nitiico  ;  se  è  veramente  ricavalo  da 
semi  di  Abnis,  la  coloiazione  gialla  caratteristica  si  ottiene  anche  se 
si  diluisce  l'estratto  con  acqua;  gli  estiatti  messi  in  commercio  non 
danno  la  leazione  rossa  colla  potassa  perchè  vengono  preparati  con 
semi  sbucciati. 

Per  il  saggio  dei  dischetti  basta  che  uno  o  due  dischetti  vengano 
tenuti  iu  acqua  e  dopo  averli  agitati  si  filtri  quest'acqua  e  la  si  tratti 
al  solito  coU'acido  nitrico;  se  i  dischetti  sono  preparati  con  Abrus  pre- 
catorius, l'acqua  filtrata  deve  colorarsi  in  giallo  coU'acido  nitrico.  Se 
preparati  con  semi  sbucciati,  non  si  colorano  in  rosso  colla  potassa. 

Per  il  saggio  della  pomata  si  sbatte  ripetutamente  e  con  diligenza 
con  acqua  distillata;  se  è  stata  fatta  con  estratto  fluido  di  veio  Abrus 
precatorius  l'acijua  filtrata  si  colora  in  giallo.  Per  questo  saggio  però  è 
necessario  che  l'acqua  venga  in  contatto  di  molta  pomata' e  la  reazione 
non  è  ben  chiara  come  per  gli  altri  prodotti  ottenuti  à&W'Abrus. 


CONCLUSIONI. 

I  semi  con  i  quali  più  frequentemente  si  sofisticano  o  si  confon- 
dono nel  commercio  quelli  dell'  Abrus  precatorius  L.  {Jequiritij),  sono 
quelli  della  lìlnjnchosia  phaseoloides  DO.,  della  Ormosia  .dasijcarpa  .Tacks. 
e  ([aW Adenanthera  pavonina  L. 

I  semi  dei  veri  Jequiritij  variano  fra  loro  per  dimensioni,  per  peso  e 
per  colore;  quando  però  il  seme  ha  coloiazione  rossa  e  nera,  come  nel 
caso  più  (•oniuiie,  la  macchia  nera  trovasi  sempre  localizzata  nella  re- 
gione dell' ilo,  al  contrario  dei  seuii  di  Rhynchosia  phaseoloides  DC.  nei 
quali  la  macchia  nera  mai  è  in  corrispondenza  dell'ilo. 

Nei  semi  A*i\V  Abrus  precatorius  L.  sono  contenute  due  sostanze 
facilmente  solubili  in  acqua  fredda  (l?»  C),  sostanze  die  mancano  negli 


—   290   - 

altri  semi,  delle  quali  una  localizzata  nel  tegumento  seminale,  si  colora 
in  rosso  mattone  in  contatto  delia  potassa  caustica,  l'altia  localizzata 
nei   cotiieiioni  si  colora  in  giallo  canarino  in  contatto  dell'acido  nitrico. 

La  polvere  del  seme  di  Abrus  bagnata  ed  esposta  all'aria  diventa 
di  color  nero-azzurro  intenso  e  ciò  non  avviene  coi  semi  delle  altre 
piante. 

Queste  reazioni  permettono  di  distinguere  i  semi  tìeìVAbrus  da 
quelli  delle  altre  piante  colle  quali  si  confondono  o  sofisticano  e  per- 
mettono altresì  di  assicurarsi  dell'autenticità  ilei  prodotti  farmaceutici 
con  essi  preparati,  percliè  tali  reazioni  si  hanno  anche  con  i  piodotti 
messi  in  commercio  e  cioè  con  Vinfiiso,  con  i  dischetti  e  con  le  pomate. 

Istituto  Botanico  della  R.  Univorsìtà  di  Pavia,  gennaio  19U. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  XVIII 


Fig.     1.  Reazione  caratteristica  del  filtrato    acquoso   della  polvere   dei   cotiledoni 
di  Abriif:  prccaforiiix  L.  senza  i  tegumenti  seminali. 

»      2.  Reazione    caratteristica  del   filtrato    accjuoso  della  polvere   del   seme   di 
Abrus  precaforiìis  L.  con  tegumenti. 

»       3.  Reazione  caratteristica  del  filtrato  ac(juoso   della  polvere  dei  tegumenti 
seminali  di  Abrus  precatorius  L. 

»       4.  Reazione  caratteristica  della  polvere  dei  semi   di  Abnis  precatorius   L. 
trattata  con  acqua  ed  esposta  all'aria. 

»       5-14.  Semi  di  Abrus  prcaitorius  L.  di  varie  dimensioni  e  colore. 

»     15.  Semi  di  Ilìiìincìiosia  pliaseoloides  D.  C.  di  varie  dimensioni. 

»     16-18.   Semi  di   Onnosìa  dasycaiita  Jacks.   senza  macchia  nera,  con  macchia 
nera  e  con  macchia  di  difierente  diseguo. 

»     19.  Semi  di  Adenanthera  jìavoiiiiKi  L. 


ISTITUTO  BOTANICO  DELLA  K.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

E 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

<la  GIOVANNI  BRIOSI 


STUDI  CITOLOGICI 
SULLA  ''PLASMODIOPHORA  BRASSICAE  „  Wor. 

E 

RAPPORTI  SISTEMATICI  COI  PARASSITI 
DELLA   RABBIA    E    DEL   CIMURRO    DEI    CANI 

per  il  Doti  GINO  POLLACCI 

libero  docente  di  Botanica  ed  aiuto  presso  l'Istituto  Botanico  della  1\.  Università  di  Pavia 
{con  tre  Ittvoh  ìitogvaf'ttv  colorafcti 

Di  Vestea  nel  1894  '  richiamò  l'attenzione  degli  studiosi  sopra  par- 
ticolari elementi  che  egli  aveva  osservato  nel  nervo  sciatico  e  nel  mi- 
dollo spinale  di  conigli  resi  sperimentalmente  infetti  di  idrofobia  me- 
diante inoculazioni  del  virus  rabico  nel  nervo  sciatico.  Egli  seopeise 
solo  negli  animali  infetti  e  più  abbondanti  nel  punto  di  inoculazione, 
dei  corpuscoli  oviformi,  di  diametro  vario,  aventi  un  contenuto  ricco  di 
granulazioni  piuttosto  grosse  e  spesso  con  un  corpo  centrale  a  guisa  di 
nucleo  ed  emise  con  riserva  l'ipotesi  ciie  tali  corpuscoli  fossero  dei 
microorganismi  causa  della  rabbia. 

Il  Grigoriew  ^  tre  anni  dopo  osseivò  nella  camera  anteriore  di  ani- 
mali inoculati  neirocchio  con  virus  fisso,  delle  formazioni  aventi  dimen 
sioni  di  2-4  /«,  a  contorno  irregolaie,   con  una   parte  centrale  differen- 
ziata a  guisa  di  nucleo  ed  atfermò  trattarsi  di  protozoi  (probabilmente 
amebe)  ai  quali  egli  riferi  la  causa  della  malattia. 

Nel  1903  Adelchi  Negri  '  dimostrò  che  nel  sistema  nervoso  degli 
animali  affetti  da  idrofobia  ed  unicamente  in  esso,  esistono  costante- 


'  III  Vesi'Ioa.  Af/i  (li'llii  II.  Ai'rdil.i'iiiiit  iiif<l/C'/-c/i/i/in//fi>  di  yajiiil/.  ISiM. 
urinata  xi.vii. 

^  GuiG(jp,lEU-,   Cciitnilhliitt  /'.  Ikictar.   inni  J'i(ni.sx.  Abtii.   i.  B.  ,\xii.   IHUl . 

^Negui  A.,  Contribiild  a/lo  sfudio  dell'eziologia  della  rabbia  (R.  Istituto  Lom- 
bardo di  Scienze  e  Lettere,  villano.  Serie  i[,  voi.  iVi.  190BÌ(\"eili  la  ll/hf/oi/rii/id  yi-v 
le  opere  snceessive). 

Alti  (ìcirjfl.  Jiol.  deirVnireysilà  ili  Paria  -  Serie  11  —  Voi.  XV.  2C 


--   292  — 

mente,  in  determinate  condizioni,  dei  corpi  caratteristici  da  lui  inter- 
pretati quali  organismi  parassiti  (e  più  precisamente  come  protozoi), 
agenti  specifici  dell'infezione  rabica. 

Secondo  il  Negri  i  corpi  osservati  dal  Gregoriew  non  hanno  nessun 
punto  di  contatto  con  quelli  da  lui  scoiierti.  Cosi  pure  egli  scriveva  essere 
"  inclinato  a  ritenere  che  nessuna  analogia  esista  fra  i  corpuscoli  oviformi 
del  Di  Vestea  ed  il  parassita  ,,  da  lui  riscontrato  nelle   cellule   nervose. 

I  corpi  del  Di  Vestea  saiebbero  immagini,  espressione  dello  stato 
patologico  del  tessuto. 

II  parassita  del  Negri,  negli  stadi  conosciuti  finora,  risiede  all'in- 
terno delle  cellule  nervose  ed  è  distribuito  diversamente  nelle  differenti 
regioni  dell'asse  cerebro-spinale,  secondo  la  via  di  penetrazione  del 
virus  nell'organismo  e  in  certe  specie  è  in  rapporto  col  quadro  clinico 
della  malattia.  La  sua  presenza  dopo  un  periodo  conveniente  di  incu- 
bazione è  un  fatto  costante,  tantoché  detto  parassita  si  riscontra  in 
tutti  gli  animali  che,  sia  naturalmente,  sia  per  via  sperimentale,  hanno 
contratto  r  infezione  rabica  ed  hanno  presentato  i  sintomi  della  idrofobia. 

Le  dimensioni  del  parassita  possono  essere  le  più  svariate  ;  vi  sono 
forme  piccole,  rotonde  o  leggermente  ovali,  il  cui  diametro  varia  da  1-1,5 
fino  a  IR;»;  forme  ellittiche  di  22-23  fi  di  lunghezza  per  6-5 /i  di  lar- 
ghezza e  forme  allungate  di  27  ,<(  in  senso  longitudinale  per  5 /i  di 
di;imetro  trasversale.  Nel  cane  questi  corpi  sono  più  grossi  che  nel 
coniglio  e  nei  bovini  raggiungono  le  maggiori  dimensioni.  Vi  sono  cel- 
lule che  contengono  un  solo  parassita,  altre  che  ne  contengono  parecchi. 

Negli  animali  uccisi  appena  è  avvenuta  la  prima  manifestazione 
della  malattia,  il  parassita  che  ha  invaso  le  cellule  nervose  ha  dimensioni 
estremamente  piccole  che  iioi  aumentano  col  procedere  del  male,  ciò 
che  fa  credere  che  allorquando  il  parassita,  nel  primo  suo  stadio,  si 
sviluppa  al  di  fuori  delle  cellule  nervose  deve  essere  estremamente 
piccolo  e  foise  invisibile  cogli  attuali  mezzi  di  osservazione. 

Conformemente  alle  proprietà  che  possiede  il  sistema  nervoso  degli 
animali  idrofobi,  di  conservare  inalterata  (in  dati  limiti  di  tempo)  la 
virulenza,  malgrado  la  putrefazione  avanzata,  e  di  mantenerla  inalterata 
nella  glicerina,  il  microorganismo  descritto  dal  Negri  conserva  anch'esso 
la  sua  vitalità  e  le  sue  proprietà  caratteristiche,  malgrado  la  putrefa- 
zione e  l'immersione  jirolungata  in  glicerina. 

Qualunque  siano  la  forma  e  le  dimensioni  del  parassita,  nel  suo 
interno  si  rileva  la  presenza  di  corpicciuoli  piccoli  rotondeggianti,  rifran- 
genti e  di  corpi  più  grandi,  meno  rifrangenti,  rotondeggianti  od  ovali  o  di 
forma  irregolare,  di  aspetto  granuloso. 

Tali  formazioni  interne  si  rilevano  con  la  massima  chiarezza  anche 


—  293  - 

con  l'esame  a  fresco,  iu  soluzioni  assai  diluite  di  acido  acetico,  in  acqua, 
ovvero  in  soluzione  fisiologica;  il  che  fa  escludere  l'obbiezione  che  si 
tratti  di  eventuali  prodotti  artificiali  dovuti  all'azione  di  liquidi  fissatori 
od  ai  metodi  di  colorazione  adoperati. 

Sulla  forma  e  sul  numero  di  questi  uorpicciuoli  interni  nei  varii 
individui  del  parassita  non  esiste  una  legge  costante.  Talvolta  infatti 
in  una  stessa  cellula  nervosa  si  trovano  parassiti  contenenti,  di  solito 
nel  centro,  talvolta  verso  la  periferia,  un  corpicciuolo  più  grosso  ed 
all'intorno  diversi  piccoli  corpicciuoli  rotondeggianti,  in  numero  vario 
a  seconda  delle  dimensioni  del  protozoo;  vicino  a  questi  se  ne  vedono 
altri  che  invece  di  un  solo  grosso  corpo  centrale  ne  contengono  due, 
tre,  quattro,  meno  grossi  ed  in  posizione  varia 

Altri  invece  sono  tutti  ripieni  solo  di  corpicciuoli  piccoli,  rotondeg- 
gianti; alcuni  i»arassiti  infine  hanno  un  contenuto  costituito  da  nume- 
rosissimi minuti  corpicciuoli  rifrangenti  che  riempiono  fittamente  tutto 
il  corpo  del  microorgiinismo,  dando  a  questo  un  aspetto  uniformemente 
e  finamente  granuloso. 

Il  Negri  colorando  il  parassita  con  il  metodo  del  Mann,  coll'ema- 
tossilina  ferrica  e  col  metodo  del  Romanowsky  potè  concludere  che  :  "  il 
nucleo  dal  parassita  dapprima  è  unico;  a  mano  a  mano  che  crescono  i 
diametri  del  parassita,  il  nucleo  cresce  alla  sua  volta  e  si  frammenta 
iu  animassi  che  si  spargono  uniformemente  nel  corpo  del  protozoo;  uno 
0  diversi  di  questi  ammassi  nucleari  possono  essere  molto  piìi  grossi 
ilegli  altri.  Procedendo  lo  sviluppo  del  parassita,  la  cromatina  si  riduce 
totalmente  in  piccoli  granuli  di  grandezza  uniforme,  disseminati  unifoi- 
memente  nel  protoplasma;  il  protoplasma  si  suddivide  attorno  a  cia- 
scuno di  essi  ed  il  microorganismo  si  trasforma  così  in  un  ammasso  di 
corpkciuoìi  assai  piccoli  (spore)  costihiiti  da  un  (jranido  di  cromatina 
circondato  da  una  capsula  od  involucro  bene  individualizzato  di  sostanza 
chiara,  poco  colorabile  ed  in  apparenza  omogenea.  Le  spore  sono  dap- 
prima riunite  in  una  massa  unica,  compatta;  i  loro  rapporti  reci- 
proci si  vanno  facendo  più  lassi  e  sotto  determinate  condizioni  possono 
allontanarsi  le  une  dalle  altre  ed  assuigere  alla  dignità  di  un  nuovo 
essere  '. 

Dapprima  i  reperti  del  Negri  trovarono  qualche  oppositore:  tali 
corpi  venivano  da  alcuni  interpretati  come  prodotti  di  degenerazione 
cellulare,  ma  lavori  di  controllo  e  sopratutto  lo  studio  successivo  della 
loro  minuta  organizzazione  con   metodi  di   grande  finezza  e  precisione 


Xici.itt,   1.  e,  pag-.  20. 


—  294  — 

hanno  confermato  i  fatti  e  l'opinione  del  detto  autore;  così  che  oramai 
si  può  affermare  che  i  corpi  suddetti,  anciie  a  giudizio  di  valenti  pa- 
tologi e  zoologi  (Golgi,  Grassi,  Calkins,  ecc.),  debbono  essere  conside- 
rati quali  parassiti  unicellulari. 

Nel  1906  la  dott.  A.  Wessels  Williams  ',  dopo  aver  dimostrato  an- 
ch'essa la  natura  protozoica  dei  cosi  detti  corpi  del  Negri,  dette  a  tale 
nuovo  parassita  il  nome  di  Neuronjrtes  Hijdrophohiae.  che  a  torto  viene 
attribuito  al  Calkins  in  tutte  le  pubblicazioni  finora  uscite  sull'argomento. 
Ed  è  con  tale  nome  che  il  parassita  della  rabbia  erroneamente  si  trova 
ricordato  nella  letteratura  patologica,  comprese  anche  le  memorie  del 
Negri. 

Secondo  A.  W.  Williams  e  M.  M.  Lowden,  ^  il  detto  parassita 
avrebbe  dei  punti  di  rassomiglianza  piuttosto  con  i  microsporidii  che 
con  organismi  appartenenti  ad  altri  ordini. 

Sulla  costante  presenza  dei  corpi  del  Negri,  sulla  loro  distribu- 
zione nelle  diverse  parti  del  sistema  nervoso,  sulla  forma,  la  grandezza, 
il  modo  di  presentarsi,  l'epoca  di  comparsa  di  tali  corpi  caratteristici, 
sono  stati  pubblicati  diversi  lavori  che  riporto  nell'elenco  bibliografico, 
ma  che  non  cito  qui  perchè  non  interessano  direttamente  l'argomento 
di  questa  pubblicazione. 

Trovo  invece  interessante  riportare  le  conclusioni  di  quanto  è  stato 
fatto  dai  vari  autori  intorno  alla  scoperta  della  causa  della  malattia  del 
cimurro  dei  cani  dopo  i  lavori  del  Carré,  '  cioè  dopo  che  fu  dimostrato 
che  l'etiologia  del  cimurro  non  deve  riferirsi  a  Schizomiceti. 


Il  Lentz  nel  1907  ',  in  un  lavoro  in  cui  propone  metodi  speciali 
per  la  colorazione  rapida  dei  corpi  del  Negri,  trovò  che  nel  cervello 
dei  cani  morti  della  forma  nervosa  del  cimurro,  si  trovano  dei  corpi  che 
ricordano  quelli  del  Negri,  ma  che  se  ne  differenziano  per  la  sede,  per 
il  volume  e  per  la  mancanza  di  differenziazione  interna. 

In  lavori  successivi  poi  (vedi  letteratura),  non  avendo  trovato 
queste  formazioni  che  nei  cani  morti  di  cimurro,  il  Lentz  ritiene  che 


'  Williams  e  Lowden,  The  Jaiinud  of  iiifi'cfiotìs  diseases,  voi.  iii,  ii.  3, 
may  190G. 

'  WiLLiA.MS  e  Lowden,  1.  e. 

^  Carré,  Sur  ìa  maladie  des  jennes  chieiis,  Compt.  Eeud.  Aciid.  Scieiic, 
voi.  CL,  1905,  pag.  689. 

*  Lentz,  I'jÌu  Beitrag  zur  Fiirbiu/g  der  Negrisclien  Korjierc/ieìi  in  Centvallilatt 
f.  Bakt.  Orio.in.,  Bd.  XMv,  H.  4,   1907. 


—  295  — 

tali  corpi  siano  specifici  di  questa  malattia  e  propone  per  essi  il  nome 
di  corpuscoli  del  cimurro  ora  conusciiiti  col  nome  di  corpi  del  Lentz. 

Nel  1908  Mazzei  '  comunicò  che  in  nove  cani  che  avevano  presen- 
tato in  vita  fenomeni  convulsivi  e  paralitici,  ""  esaminando  numerosi  pre- 
parati potè  osservare  qualche  rara  volta  entro  le  cellule  e  frequentemente 
fuori  di  esse,  formazioni  o  corpi  che  assumono  una  tinta  rossa,  ma  che  non 
hanno  alcuna  rassomiglianza  coi  corpi  della  rabbia  descritti  dal  Negri  „. 

Lo  Standfiiss  "  pure  nel  1908  trovò  in  cani  aflfelti  da  cimurro  questi 
speciali  corpuscoli  descritti  dal  Lentz. 

Nel  1911  il  dott.  G.  Sinigaglia  '  trovò  nelle  cellule  della  congiun- 
tiva, in  quelle  dei  bronchi,  nelle  cellule  nervose  di  cani  affetti  da  ci- 
murro, delle  formazioni  endocellulari.  Esse  possiedono  proprietà  e  strut- 
tura costanti  e  si  possono  identiiìcare  tra  loro  malgrado  la  diversità 
grande  che  presentano  nei  diametri.  Indipendentemente  dalla  loro  forma 
e  dalle  loro  dimensioni  tali  corpi  hanno  nel  loro  interno  delle  fini  for- 
mazioni rotondeggianti  od  ovolari,  quasi  sempre  di  grandezza  uniforme. 

In  corrispondenza  di  queste  piccole  formazioni  interne,  il  Sinigaglia 
ha  potuto  mettere  in  evidenza  delle  massoline  che  gli  è  stato  possibile 
differenziare  con  procedimenti  di  colorazione  nucleare. 

Il  Sinigaglia,  per  diverse  considerazioni,  tiene  distinto  il  suo  re- 
perto da  quello  del  Lentz,  ricollegandolo  a  quello  della  rabbia  e  concludendo 
che  osservando  i  corpi  del  cimurro  da  lui  messi  in  evidenza  ci  si  trova  di 
fronte  ad  un  })rotozoo,  del  gruppo  del  Ne/iroryctes  hydrophobiae,  col  quale 
ha  in  comune  i  caratteri  fondamentali  pur  possedendo  note  individuali  ben 
apprezzabili  e  manifeste. 

Le  differenze  sarebbero  le  seguenti:  nella  rabbia  i  corpi  del  Negri 
hanno  di  regola  contorni  rigidi,  segnati  da  una  linea  netta  a  decorso 
regolare  ed  hanno  una  rifrangenza  che  fa  risultare  e  distinguere  netta- 
mente il  microorganismo  dal  protoplasma  che  lo  ravvolge,  specie  nei 
preparati  a  fresco;  nel  cimurro  invece  il  parassita,  appena  raggiunge 
un  medio  sviluppo,  ha  un  contorno  che,  sebbene  netto,  non  è  più  se- 
gnato da  una  linea  regolare,  ma  ondulala,  talora  ad  andamento  molto 
tortuoso  ed  il  corpo  ha  una  rifrangenza  minore  di  quella  del  Ncuroryctes 
hydrophobiae.  Nel  cimurro  inoltre  le  formazioni  interne  sono  in  generale 
di  grandezza  uniforme  ed  assai  più  piccole  di  quelle  del  parassita  della 


'  Mazzei,  Ricerca  dei  corpi  di  Negri  hi,  forme  di  cimurro  simu/dii/i  /ti  n/hìiia 
nei  Clini.  Rivista  di  Igiene  e  Sanità  pubblica,  1908,  pag.  528. 

'^  Standpuss,  Archiv  fiir  Tierheilkunde,  Bd.  xxxiv,  H.  2. 

^  Sinigaglia,  Osservazioni  sul  cimurro.  BviUett.  Società  Medico-Cliinirgica 
di  Pavia,  "26  giugno  1911. 


—   296   — 

rabbia;  nel  ciinmio  infine  la  grande  maggioranza  delle  cellnle  non 
contiene  forme  visibili  del  microorganismo,  le  poche  che  le  presentano 
ne  ospitano  invece   un  grande  numero. 

In  rapporto  poi  alle  diversità  biologiche  dei  due  microorganismi  la 
differenza  piìi  notevole  è  che  nel  parassita  della  rabbia  la  sede  di  pre- 
ferenza è  il  corno  d'Ammone,  mentre  i  coriri  del  Sinigaglia  mai  sono  stati 
trovati  in  tale  parte. 

Per  questo  nuovo  parassita  che  sarebbe  la  causa  del  cimurro  dei 
cani,  il  Sinigaglia,  pur  non  entrando  nel  merito  della  sua  posizione  siste- 
matica, propone  la  deuoniiua/Jone  di   Negriu  canis. 


In  quanto  alla  natura  morfologica  e  fisiologica  del  parassita  della 
rabbia  e  di  .quello  del  cimurro  in  rapporto  al  posto  che  loro  spetta  fra 
i  microorganismi,  dai  lavori  pubblicati  finora  non  risulta  che  alcuno  se 
ne  sia  occupato,  tanto  che  diversi  autori  sono  concordi  nell'affermare  che 
il  Neurorydes  ed  il  Negria  siano  protozoi,  ma  non  dicono  di  piti  e  la 
posizione  sistematica  scientifica  di  questi  parassiti  non  venne  definita. 

Infatti,  benché  il  parassita  della  rabbia  venga  generalmente  desi- 
gnato col  nome  di  Neuroryctes  hydrophobiae,  nessuno  ha  ancora  stabilito 
in  quale  ordine  esso  vada  compreso  e  con  quali  specie  esso  abbia  rap- 
porti. Lo  stesso  dicasi  per  il  Negria  canis. 

Studiando  io  da  diversi  anni  lo  sviluppo  della  Plasmodiophora 
Brassicae  Wor.  nei  suoi  primi  stadi  di  vita,  fui  colpito  dalla  rassomi- 
glianza di  alcune  forme  di  essa  coi  così  detti  Corpi  del  Negri  e  con 
quelli  descritti  dal  Sinigaglia,  onde  credetti  utile  uno  studio  morfologico 
e  fisiologico  di  confronto  fra  questi  parassiti.  Tale  è  l'oggetto  della 
presente  pubblicazione,  incoraggiato  in  questo  lavoro  anche  dal  consiglio 
autorevole  di  Adelchi  Negri  che  negli  ultimi  anni  di  sua  vita  grande 
interesse  aveva  preso  a  queste  mie  licerche  ed  aveva  messo  a  mia  di- 
sposizione oltre  che  abbondante  materiale  di  studio,  tutti  i  suoi  clas- 
sici preparati  microscopici  riguardanti  il  parassita  della  rabbia.  Alla 
memoria  del  giovane  e  valente  studioso  vada  ancora  da  queste  pagine 
l'espressione  della  mia  gratitudine. 

Per  le  Plasmodiophoraceae  credo  opportuno,  come  ho  fatto  per  il 
parassita  della  rabbia  e  del  cimurro,  di  riportare  brevissimamente  quello 
che  è  stato  fatto  fino  ad  oggi  nel  campo  scientifico  riguardo  alla  loro 
posizione  sistematica,  ed  alla  loro  biologia  e  citologia. 


297     - 


* 


Le  Pìasmodiophoraceae  comprendono  un  piccolo  numero  di  specie 
il  cui  prototipo  è  la  Plasmodiophora  Brassicae  Wor.  scoperta  da  M.  Wo- 
ronin  '  nel  1878  e  da  lui  .studiata,  descritta  e  figurata  in  numerose  ta- 
vole. Non  avendo  però  l'autore  trattato  le  sezioni  con  reattivi  coloranti 
appropriati,  la  fine  struttura  del  plasmodio  e  parte  della  biologia  del- 
l'essere non  fu  da  lui  ben  interpretata. 

Nel  1887,  Zopf^  pose  la  Plasmodiophora  come  tipo  della  famiglia 
delle  Plasmodio phoreae. 

Schroter  '  nel  1889  riunì  alla  Plasmodiophora  Brassicae  i  seguenti 
diversi  parassiti  che  dopo  le  ricerche  del  Woronin  erano  stati  descritti: 
l'iasmodiophora  Alni  Moli.,  P.  Elaeagni  SrhiiJt.,  Tetramyxa  parasitica 
Goebel,  Sorosphaera  Veronicae  Schrot.,  Phytomyxa  Legimiinosartm  Schrot. 
e  non  tenendo  conto  del  precedente  lavoro  dello  Zopf  fece  una  classe 
che  chiamò  Phijtomijxineaa  e  che  comprende,  secondo  lui,  una  sola  fa- 
miglia, quella  delle  Phytomijxaceae. 

Beijerinck  *  e  Mazé  "  dimostrarono  che  la  Phytomyxa  Legumino- 
sartim  ha  caratteri  analoghi  a  quelli  degli  Schizomiceti. 

Nawaschin  ''  in  un  notevole  lavoro  sulla  citologia  della  Plasmodio- 
phora Brassicae,  servendosi  di  buoni  metodi  di  fissazione  e  di  colora- 
zione descrive  i  nuclei  del  parassita.  Egli  trova  che  le  mixamebe  che 
si  sono  introdotte  nel  tessuto  di  Brassica  sono  ìiiiinucleate,  ma  diven- 
gono plurinucleate  per  divisione  nucleare  non  seguita  da  divisione  cel- 
lulare. Secondo  l'autore  le  mixamebe  plurinucleate  si  fondono  in  seguito 
in  un  plasmodio  che  riempie  tutta  una  cellula  della  pianta  e  divide  i 
suoi  nuclei  in  seguito  a  mitosi  di  tipo  normale,  per  trasformarsi  final- 
mente in  altrettante  spore  che  contengono  nuclei. 


'  Woronin.  t  Plasmodiophom  Bnixsicae  " ,  Ueber  dcr  Koh/pflamen-Ihniic, 
in  Jahrbiiclier  t'.  wi.ss.  Botan.  Leipzig,   1878,  Bel.  11. 

■^  Zopp,  ili  Enzi/chlop.  dei-  Xatiinrisxensck.,  Breslau,  1887. 

»  ScHKOTER,  Filze,  iu  CciiiN,  Kri//)fi>!/aiiicìi  Flora  con  Schlesien,  i,  pag.  135, 
anno  1889. 

*  Bei.ibuinck,  Die  ììaìdcrii-n  dei-  PdpiìionaceevkniJlkn  in  Botani.s.  Zeitsclir., 

.\Lvi,  p.  758,  1888. 

*  M.izÉ,  Les  microbes  des  nodoxl/ès  des  Legumineusex  in  Ann.  lust.  Pasteur, 
.\ii,  p.  1,  1898. 

«  N.-vwASCHlN,  Beohachfungen  iiher  den  feineren  Bau  iind  Umwandlungen 
con  «  Plasmodiophora  Brassicae  Wor.  »  ini  Lati  fé  ihres  intrazeUularen  Lehens  in 
Flora,  Bd.  86,  p.  404,  anno  1899. 


—  298   — 

Sliibata  nel  1902'  dimostrò  ahe  \a.  PlasmodiopJiora  Alni  AloeW.  eia 
/-".  Elaeagni  Sclirot.  hanno  dei  caratteri  molto  differenti  da  (jindli  della 
Plasmodiophora  Brassicae,  la  loro  struttura  avvicinandosi  a  quella  degli 
Scliizomiceti. 

Prowazek  '  nel  1905  intraprende  lo  studio  citologico  della  Plnsmo- 
diopliora  Brassicae  e  ne  descrive  la  divisione  vegetativa.  La  siioiifica- 
zione  del  parassita  avviene,  secondo  quest'autore,  per  emissione  di  ero- 
midi  nel  citoplasma.  Questa  emissione  è  seguita  da  trasformazioni  nu- 
cleari differenti  secondo  i  nuclei.  Negli  uni  avverrebbe  una  scomparsa 
rapida  del  nucleolo  con  comparsa  di  granulazioni  che  si  riuniscono  in 
8  cromosomi,  negli  altri  al  contrario  intorno  al  nucleolo  più  persistente 
si  avrebbe  una  formazione  di  cordoni  cromatici  che  vengono  in  seguito 
respinti  alla  periferia  del  nucleo  e  si  trasformano  finalmente  in  8  cro- 
mosomi. 

Si  producono  in  seguito  due  divisioni  mitotiche  successive.  I  nuclei 
che  ne  derivano  si  circondano  ciascuno  di  una  massa  protoplasmatica. 
Le  cellule  uninucleate  cosi  formate  si  unirebbero  due  a  due  entro  una 
stessa  membrana  per  formare  una  spora.  Dei  due  nuclei  di  questa  spora, 
l'uno  subirebbe  una  divisione  riduttrice,  l'altro  rimarrebbe  immutato.  Fi- 
nalmente i  nuclei  si  riunirebbero  in  un  solo  che  alla  germinazione  pas- 
serebbe nelle  mixomonadi  e  riprenderebbe  l'aspetto  dei  nuclei  vegetativi. 

Nel  1906'  apparve  una  memoria  del  russo  W.  L  Faworski  che 
tratta  dello  sviluppo  e  della  citologia  della  Plasmodiophora  Brassicae. 
Egli  usa  per  fissativo  il  liquido  di  Flemming,  include  in  paraffina,  colora 
le  sezioni  con  il  metodo  Pianese,  poi  le  tratta  con  xilolo  e  le  chiude  in 
balsamo. 

Secondo  l'autore  il  nucleo  nella  Plasmodiophora  è  composto  di  una 
membrana  e  di  un  agglomeramento  centrale  di  cromatina.  Due  cen- 
trosomi si  trovano  ai  punti  opposti.  L'agglomeramento  centrale  viene 
interpretato  dall'autore  come  un  nucleolo  e  la  divisione  del  nucleo  come 
una  cariocinesi  pressoché  normale.  La  formazione  delle  spore  è  prece- 
duta da  uno  stadio  nel  quale  i  nuclei  sono  tutti  completamente  masche- 
rati da  granulazioni  facilmente  colorabili. 


'  Shib.ìta,  ('ijiiitdijisi-ltc  S/ii(l/<_'ii  iibifi-  die  cullili i-np/ìcii  Mi/K'orrh/scii.  Jahrb. 
wiss.  Bot.,  amio  1902,  B.  .xxxvii,  pag.  643. 

'  PuowAZBK,  Ueber  den  Errcger  der  Koìilhcniic,  Plasiiioiliophont  Brassicae, 
inni  die  EiiischUise  in  den  Carciuoììizelleu  in  Ai-b.  a.  à.  k.  Gesiindheitsamte 
Berlin,  x.xii,  p.  396,  anno  189.5. 

'  W.  1.  Faworski,  Nourelles  recherchex  sur  le  décelojìpeiiient  et  la  cytologie 
du  Plasmodiophora  Brassicae  Wor.  Meni.  Société  des  Naturai istes  de  Kieff.  T.  xx. 
1906. 


—  299   — 

La  germinazione  delle  spore  avviene,  secondo  l'autore,  nel  seguente 
modo:  le  spore  aumentano  il  proprio  volume,  le  loro  vacuole  diventano 
più  grandi  e  le  membrane  più  grosse,  ma  trasparenti:  poi  le  spore 
cambiano  la  loro  forma  e  la  membrana  scompare;  le  spore  cosi  si  tras- 
formano in  amebe  con  plasma  denso,  le  vacuole  scompaiono  ed  appa- 
iono nel  plasma  delle  gi:anulazioni. 

Nel  1907  Pinoy  '  studia  brevemente  la  citologia  della  Plasmodio- 
phora  Brassicae  e  trova  che  tale  microorganismo  introduce  nel  tessuto 
del  suo  ospite  dei  bacteri  che  producono  poi  la  putrefazione  della  iper- 
trofia prodotta  dalla  Plasmodiophora  e  facilitano  la  messa  in  libertà 
delle  spore. 

In  una  nota  preliminare  nel  1908  R.  Maire  e  A.  Tison  constata- 
rono nella  Sorosphaera  Veronicae  la  presenza  di  mixamebe  uninucleate 
e  la  loro  trasformazione  in  mixamebe  plurinucleate,  indi  in  masse  di 
spore  per  dissociazione  e  divisioni  di  energidi,  ed  infine  riunione  delle 
cellule  figlie.  Gli  stessi  autori  pubblicano  nel  1909  un  importante  studio  - 
sulla  citologia  delle  Plasniodiophoracee  e  la  classe  delle  PJu/tomyxinae. 
Essi,  servendosi  del  metodo  all'ematossilina  ferrica  ed  eosina,  poterono 
constatare  l'esattezza  della  descrizione  e  delle  conclusioni  del  Nawaschiu 
circa  la  Plasmodiophora  ;  al  conh'urio  le  loro  osservazioni  contraddicono 
queìle  del  Prowazek.  Le  conclusioni  delle  loro  ricerche  sono  che  il  nome 
della  classe  delle  Phytomyxhiae  deve  essere  sostituito  da  quello  di  Pla- 
sinodiophoreae  in  virtù  delle  regole  di  i)riorità.  Le  Plasnìodiopìioraceae 
devono  essere  considerate  come  un  gruppo  intieramente  distinto,  inter- 
mediario fra  gli  Sporozoarii  ed  i  Mixomiceti  e  discendente  più  o  meno  di- 
rettamente dai  flagellati.  La  Plasmodiophora  AhiiWoeW.  e  la  P.  Elaeagni 
Schrot.  sono  degli  Schizomiceti  e  devono  chiamarsi:  Frankiella  Alni 
(Wor.)  e  F.  Elaeagni  (Schrot.).  Il  simbionte  dei  tubercoli  radicali  delle 
leguminose  che  è  uno  schizomicete,  deve  essere  classificato  col  nome 
di  Phytomixa  Leijnminosarum  (Frank.)  Schrot.  Il  Tylogonus  MiUarahis 
e  il  Pseudocommis  Vitis  (Viola  et  Sauvageau)  De  Bray  non  sono  esseri 
organizzati,  ma  rappresentano  solo  dei  prodotti  di  degenerazione  cellulare. 

La  Sorosphaera  Verotiicae è  v&i&mentennn  Plasmodiophoracea.  Tanto 
essa  che  la  Plasmodiophora  Brassicae  presentano  una  fase  schizogonica 
ed  una  fase  sporogonica.  In  questi  due  organismi  la  divisione  nucleare 
durante  la  fase  schizogonica  è  una  mitosi  di  idiocromatina  combinata  con 


'  PiNOV,  Itole  ilex  baderies  (ìaits  le  déreloppeniciit  de  certains  Mi/.roiinjrofes. 
Université  de  Paris,   1907. 

*  Maire  R.  e  Ti.son'  A.,  La  cipoloyie  des  Plasiiiodiophoracées  eJ  la  classe  dex 
PhyloiHìjxineae  in  Ami.  Mycologici.  Tom.  vu,  1901). 


—  300  — 

una  mitosi  di  trofocromatina;  essa  si  spiega  colla  teoria  del  dualismo 
del  nucleo.  La  fase  sporogonica  comporta  due  mitosi  successive,  che  pro- 
babilmente sono  rispettivamente  eterotipiclie  e  omotipiclie;  la  formazione 
delle  spore  si  fa  senza  coniugazione  di  sorta. 

Molliard  '  nel  1909  trova  una  nuova  Plasmodiophoracea  sul  Tri- 
gloclin  -palustre  e  la  denomina   Tetramyxa   Trigloc/ìiiis  Moli. 

Nel  1911  Osborn  -  descrive  una  nuova  Plasmodiophoracea,  là  Spon- 
gospora  snhterranea  (  Wallr.)  Joiinson,  nella  quale  specie,  mentre  avviene 
la  divisione  del  nucleo,  il  protoplasma  circonda  ciascun  nucleo,  cosicché 
vi  è  uno  stadio  nel  quale  il  microorganismo  è  costituito  da  numerose 
masse  nninucleate  di  protoplasma  :  le  giovani  spore,  che  poi  si  circon- 
dano di  una  parete.  Le  spore  mature  sono  corpi  sferici  di  circa  4  ,«  di 
diametro  con  una  membrana,  un  nucleo  ed  una  certa  quantità  di  olio. 
La  membrana  delle  spore  non  dà  la  reazione  della  cellulosa  con  cloro- 
joduro  di  zinco. 

Le  spore  hanno  una  forte  rassomiglianza  con  quelle  della  Pìasmo- 
diophora;  esse  sono  disordinatamente  aggregate,  dando  luogo  ad  un 
ammasso  che  varia  dalla  forma  sferica  all'ovoide,  mentre  il  diametro 
varia  intorno  ai  50  /j,.  Nella  Spongospora  il  plasmodio  è  così  piccolo  che 
l'autore  non  ne  può  dare  una  precisa  descrizione. 

Nel  1911  in  una  breve  nota  preventiva^  io  rendevo  noti  i  primi 
risultati  dello  studio  comparativo  che  avevo  intrapreso  fra  i  corpi  del 
Negri  e  la  Plasmodiophora  e  riporto  oi'a  nella  presente  memoria  le  con- 
clusioni definitive  di  quelle  ricerche  ora  estese  anche  al  parassita  del 
cimurro. 

* 

Per  la  tecnica  delle  preparazioni,  specialmente  nello  studio  dei 
rapporti  di  affinità  sistematica  fra  i  corpi  del  Negri  e  quelli  del  Sini- 
gaglia  colle  Plasmodiophoraceae,  ho  cercato  di  .seguile  più  che  mi  è 
stato  possil»ile  la  tecnica  usata  dal  Negri  nei  suoi  studi  sulla  rabbia  e 
dal  Sinigaglia  in  quelli  del  cimurro. 


'  MoLLi.\Ri>,  Uiie  nouvclle  Pla-siiiodiophoriicrf  ininixitc  dii  Triglocihi  palustre 
in  Bull.  Soc.  bot..  Fraiioe,  i,  .56,  li«l9. 

'  OsDOUN  1.  fx.  B.,  .1  prelimiiiar//  note  Oìi  tlic  life-history  and  rytology  of 
Spongospora  subterraneu  Wallroth,  in  Ann.  of  Botany,  xxv,  97,  p.  271.  1911. 

»  PoLLACCi  Gino,  Il  Parassita  della  rabbia  e  la  Plasmodiophora  Brassicae.  Wor. 
Nota  preliminare,  in  Eendiconti  Accademia  dei  Lincei,  voi.  -x.x,  serie  5'',  2"  se- 
mestre, fase.  4,  1911  ed  in  Atti  Istituto  Bot.  di  Pavia,  voi.   xiv,  1911. 


—  301     - 

Come  liquido  fissativo  ho,  per  lo  più,  usato  la  miscela  di  Zeuker, 
oppure  una  soluzione  acquosa  di  sublimato  corrosivo  (8  gr.  per  100  e.  e. 
di  soluzione  fisiologica);  in  particolari  casi  ho  fatto  uso  di  alcool  asso- 
luto 0  di  alcool  metilico. 

Per  le  colorazioni  ho  usato  il  metodo  all'ematossilina  ferrica,  quello 
all'emoallume  ed  eosina,  ma  più  che  altro  ho  colorato  le  preparazioni 
col  metodo  del  Jlaiiii  che  è  uno  dei  metodi  che  meglio  si  presta  per  la 
ricerca  dei  corpi  del  Negri  e  del  Sinigaglia.  Ho  anche  eseguito  dei  pre- 
parati a  striscio  col  succo  di  radici  di  Brassica  infette  da  Plasmodio- 
pìiora,  colorandoli  col  metodo  di  Romanosky  modificato  secondo  Giemsa 
ed  anche  con  quello  consigliato  dal  Laveran  all'eosina  e  bleu  di  me- 
tilene all'ossido  di  argento  '. 

Per  l'osservazione  del  materiale  fresco  e  non  fissato  di  Plasmodio- 
phora  ho  usato  con  esito  buono  quale  liquido  indifferente,  la  semplice 
soluzione  fisiologica.  Serve  pure  bene  per  la  conservazione  dei  prepa- 
rati non  colorati  la  glicerogeìatina;  in  questi  casi  però  il  materiale  va 
in  precedenza  trattato  con  un  liquido  fissativo.  Per  il  metodo  di  colo- 
razione degli  strisci  ho  ottenuto  buoni  preparati  solo  usando  come  fis- 
sativo l'alcool  metilico  —  immersione  del  vetrino  per  3  minuti,  poi  im- 
mersione in  liquido  Giemsa  (Griibler)  per  circa  un'ora  (circa  110  goccie 
di  Giemsa  per  100  e.  e.  di  acqua  fortemente  riscaldata;  la  miscela  va 
versata  calda  sullo  striscio;  il  liquido  caldo  cambiato  ogni  15  minuti 
circa). 

Il  materiale  che  meglio  si  presta  per  lo  studio  citologico  delle 
PlasììiodiopJìoraceae  è  dato  dalle  ladici  di  Brassica  infettate  dalla  Plasmo- 
diophora  Brassicae. 

E  volendo  studiare  gli  stadi  giovani  di  sviluppo  di  tale  parassita, 
che  sono  appunto  quelli  meno  conosciuti  citologicamente  e  che  più  si 
avvicinano  agli  stadi  di  sviluppo  dei  parassiti  della  rabbia  e  del  ci- 
murro, bisogna  scegliere  specialmente  le  radici  c-he  stanno  vicino  a  tu- 
mori già  sviluppati,  ma  che  non  presentano  ancora  palesi  ipertrofie. 

Per  operare  gli  strisci  mettevo  da  prima  le  radici  infettate  dalla 
Plasmodiophora  entro  camera  umida. 

Dopo  pochi  giorni  i  tumori  incominciavano  a  decomporsi  e  diven- 
tavano molli  ;  si  prestavano  allora  bene  per  ottenere  gli  strisci  del 
loro  contenuto  semi-liquido.  Ma  così  operando  si  ha  l'inconveniente 
che  i  preparati  risultano  invasi  da  ogni  sorta  di  microorganismi  che 


'  L.WEUAX   e    Mesxil,    Tri/pmionoìncx  et   Tri/paiiosomiases.   Masson,    Paris, 
1ÌI04,  pag.  10-11. 


—  302  — 

ostacolano  e  disturbano  l'esame  della  Pìartmodiophora;  migliori  risul- 
tati si  hanno  invece  facendo  sezioni  sottili  delle  radici  scelte  per  studio 
e  spappolandole  sopra  il  vetrino  porta-oggetti.  La  Pìasmodiophora  re- 
siste alla  putrefazione  e  non  altera  1  contorni  del  suo  tallo  sotto  tale 
azione,  ma  è  invece  molto  facilmente  alterabile,  specie  allo  stadio  di 
plasmodio,  per  effetto  dell'essiccamento;  bisogna  quindi  avere  l'avver- 
tenza di  procedere  sollecitamente,  dopo  lo  striscio,  alla  fissazione  col- 
l'alcool  metilico,  non  lasciando  coni  [lietamente  essiccare  lo  striscio.  Come 
pure  gli  stadi  giovani  del  plasmodio  tenuti  immersi  in  acqua  dopo  poco 
si  disorganizzano  e  si  scompongono  in  minutissime  granulazioni ,  forse 
per  azione  osmotica;  tale  fenomeno  è  facilmente  constatabile  anche 
durante  l'osservazione  diretta  al  microscopio  del  succo  di  radici  infette 
trattato  con  acqua. 

Nella  glicerina  invece  la  Pìasmodiophora  non  si  altera  anche  se  il 
parassita  non  fu  fissato  in  antecedenza.  Si  altera  invece  nella  glicero- 
gelatina  di  Griibler. 

Per  la  colorazione  col  metodo  Mann,  che  si  presta  benissimo  anciie 
per  lo  studio  di  questo  parassita,  ho  messo  le  sezioni  delle  radici  in- 
fette fissate  e  poi  incluse  in  paraffina,  oppure  libere,  in  acqua  distil- 
lata contenente  una  miscela  di  azzurro  di  metile  ed  eosina  nelle  se- 
guenti proporzioni: 

Azzurro  di  metile  1  "/^  35  e.  e. 
Eosina  1  7o  ^5  e.  e. 

Acqua  distillata      100  e.  e. 

Le  sezioni  vengono  tenute  in  tale  reattivo  per  un  tempo  variante 
da  un'ora  a  12  e  fino  24  ore.  Poi  venivano  lavate  in  acqua,  di.sidratate 
e  differenziate  in  alcool  assoluto,  alcalinizzate  con  8  goccie  di  soda  satura 
su  100  e.  e.  di  alcool  assoluto,  lavate  quindi  con  alcool  assoluto  puro, 
poi  con  acqua  distillata.  Le  sezioni  venivano  dopo  passate  in  acqua 
lievemente  acidulata  con  acido  acetico  ed  in  questo  esse  non  cedevano 
più  colore.  Indi  procedevo  alla  disidratazione  e  diafanizzazione.  Tale 
metodo,  che  per  quanto  io  sappia  non  è  mai  stato  per  l'addietro  intro- 
dotto nella  citologia  vegetale,  si  presta  benissimo  per  tali  studi  e  potrà 
rendere  segnalati  servigi. 

Gli  altri  metodi  di  colorazione  da  me  usati  sono  quelli  comuni  e  di 
essi  mi  sono  servito  senza  apportar  loro  alcuna  modificazione,  quindi 
trovo  inutile  il  descriverli. 

Facendo  delle  sezioni  in  un  punto  qualsiasi  di  un  tumore  radicale 
di  Brassica  provocato  dalla  Pìasmodiophora,  è  facile  il  poter  constatare 
al  microscopio  che  gran  parte  delle  cellule  del  tessuto  ammalato  sono 


-  303  - 

ripiene  di  corpi  a  forma  irregolare,  dal  diametro  variabilissimo,  clie  ap- 
paiono formati  da  ammassi  di  spore  rotonde,  costituite  da  una  sottile 
membrana  con  contenuto  plasmatico  granuloso  ed  un  nucleo  centrale. 
La  membrana  di  tali  spore  non  pare  di  cellulosa  perchè  trattata  con 
clorojoduro  di  zinco  non  dà  la  reazione  caratteristica. 

Vista  tale  membrana  anche  a  fortissimo  ingrandimento  (3000  diam.), 
la  membrana  appare  liscia,  continua  (vedi  tav.  XXII,  fig.  4)  e  non  in- 
terrotta da  screpolature  come  qualche  autore  avrebbe  invece  osservato; 
probabilmente  in  questo  caso  trattavasi  di  membrane  di  spore  vuote 
oppure  anormali. 

Il  nucleo  è  piccolo  e  spesso  spostato  contro  la  membrana  della 
spora,  è  unico  ed  il  Prowazek  erra  quando  descrive  due  nuclei  nelle 
spore.  Il  detto  autore  deve  essere  stato  tratto  in  errore  dal  fatto  che 
la  cromatina  del  nucleo  si  avvicina  spesso  alla  membrana  nucleare  e 
le  granulazioni  cromatiniche,  come  giustamente  hanno  osservato  anche 
Maire  e  Tison  ',  possono  riunirsi  in  due  corpi  cromatinici  fusiformi,  ciò 
che  dà  l'illusione  di  due  nuclei,  ma  se  si  osservano  con  forte  ingran- 
dimento e  previamente  si  colorano  con  opportuni  metodi  di  colorazione 
(serve  bene  quello  dell'email ume  ed  cosina)  si  riesce  a  stabilire  che  la 
spora  è  mononucleare  (vedi  tav.  XXII,  fìg.  2,  3,  4). 

Cade  così  la  teoria  del  Prowazek  sulla  formazione  delle  spore. 

Il  citoplasma  della  spora  appare  costituito  da  granulazioni,  senza 
vacuole  (vedi  tav.  XXII,  fig.  1,  2,  4)  e  benché  io  abbia  colorati  nume- 
rosissimi preparati  con  diversi  metodi  mai  ho  potuto  scoprire  la  strut- 
tura reticolare  che  alcuni  autori,  come  per  esempio  il  Prowazek,  figu- 
rano nelle  loro  tavole.  Le  granulazioni  si  dimostrano  evidenti  quando 
si  usi  un  fortissimo  ingrandimento,  per  esempio  un  obiettivo  ad  immer- 
sione omogenea  1,5  ed  un  oculare  compensatore  n.  18  (vedi  tav.  XXII, 
fig.  4).  La  falsa  immagine  del  reticolo  è  data  dai  margini  dei  granuli, 
ma  fuocheggiando  è  facile  accertarsi  dell'esistenza  di  tali  granulazioni 
che  non  sono  neppure  tanto  piccole. 

Le  dimensioni  del  diametro  delle  spore  a  completa  maturità  sono' 
in  media  di  /(  1,.5;  ed  il  loro  volume,  salva  rare  eccezioni,  è  pressoché 
costante. 

Seguiamo  ora  queste  spore  nel  loro  ciclo  di  sviluppo,  per  la  qual 
cosa  si  presta  meglio  di  ogni  altro  mezzo  l'esame  dei  tumori  di  Bras- 
slca  tenuti  in  sviluppo  in  camera  umida;  l'osservazione  in  tali  colture 
non  pure  è  sovente  ostacolata  dalla  presenza  di  altri  organismi,  ma  le 


.Maii'.k  u  Tisox.   lue.  cit. 


—   304  - 

spore  della  Plasmodiophora  sono  così  caratteiisliche  ed  abbondanti  cbe 
è  ben  difficile  esser  indotti  in  errore  e  d'altra  parte  si  Iia  il  vantaggio 
clie  le  condizioni  di  vita  normale  del  parassita  restano  pressoché  in- 
variate. Non  è  difficile,  esaminando  numerose  spore,  di  trovarne  alcune 
ridotte  alla  sola  membrana  (vedi  tav.  XXII,  fig.  1);  il  citoplasma  in 
tal  caso  è  già  emigrato;  esso  si  è  trasformato  in  ameba  cbe  appena 
escita  dalla  spora  è  piccola,  ovoidale,  priva  spessissimo  di  ciglia  (vedi 
tav.  XXII,  fig.  5,  6).  Con  tutta  piobabilità  la  presenza  di  ciglia  è  legata 
al  grado  di  umidità  dell'ambiente  nel  quale  si  sviluppa  il  microorga- 
nismo. Non  posso  però  dalle  mie  ricerche  concludere  ciò  con  certezza. 

Il  contenuto  di  tale  grumo  di  protoplasma  è  finamente  granulare, 
omogeneo,  a  contorni  ben  netti,  con  un  solo  nucleo,  non  due,  come  al- 
cuni autori  hanno  disegnato.  Solo  in  seguito  tale  protoplasma,  che  distin- 
guerò col  nome  di  ameba,  aumenta  di  volume  e  diventa  plurinucleato; 
i  nuclei  si  colorano  facilmente  col  metodo  del  Mann,  con  quello  all'emal- 
lume  ed  eosina  e  con  i  coloranti  nucleari  più  in  uso. 

Dalla  forma  ovoidale,  ellittica  allungata  o  variamente  irregolare, 
essa  passa  in  seguito  alla  forma  rotonda,  indi  aumenta  di  volume  ed 
il  nucleo  prende  la  posizione  centrale  (vedi  tav.  XXII,  fig.  7-10). 

Procedendo  Vumeba  nel  suo  sviluppo  il  nucleo  centrale  per  lo  più  si 
sposta  ed  appaiono  nel  plasma  finamente  granuloso,  dei  yramiìi  diver- 
samente rifrangenti  in  numero  vario  e  che  danno  la  colorazione  ben 
netta,  caratteristica  della  cromatina  (.vedi  tav.  XXII,  fig.  1112-14). 

Tali  granuli  di  cromatina  sono  da  prima  molto  più  piccoli  del  gra- 
nulo grosso  centrale  che  ho  chiamato  nucleo,  in  seguito  aumentano  di 
volume  e  vanno  interpretati  come  tanti  nuclei.  Tutto  ciò  avviene  sempre 
rimanendo  isolate  le  amebe  \e  une  dalle  altre  e  se  per  esigenze  del  vo- 
lume della  cellula  entro  la  quale  vivono  si  addossano  l'una  all'altra,  il 
loro  plasma  rimane  conglobato  e  sempre  distinto;  non  ha  luogo  cioè  fu- 
sione del  loro  plasma.  Come  si  formino  questi  granuli  crumatinici,  benché 
abbia  fatto  numerosissimi  preparati,  non  sono  riuscito  con  sicurezza  a 
stabilire;  credo  però  che  essi  possano  essersi  formati  per  frammenta- 
zione della  massa  croniatinica  centrale  preesistente.  Alcuni  pieparati 
avvalorerebbero  tale  ipotesi.  Cosi  la  figura  14,  tav.  XX  riproduce  una 
ameba  colorata  col  metodo  del  Romanosky  (modific.  Giemsa)  ed  in  essa 
l'immagine  dei  varii  gruppi  cromatinici  e  del  grosso  gruppo  preesi- 
stente frastagliato  sono  abbastanza  dimostrativi;  ma  solo  tre  amebe 
che  si  trovavano  pressapoco  in  tale  stadio  sono  riuscito  a  colorare 
sopra  centinaia  di  preparazioni  fatte,  quindi  tale  ipotesi  va  accolta  con 
riserva. 

Certo  si  è  che  mai  ho  potuto  osservare  in  questi  primi  stadi  di 
sviluppo  della  Pìasmocììophora  degli  stadi  di  cariocinesi. 


—  305  - 

Le  masse  di  plasma  che  il  Nawascliin  ha  figurato  nel  suo  lavoro 
sulla  Plasmodiophora  nella  fig.  37  della  tav.  XXXIII  (opera  citata)  e 
che  chiama  Plasmakugeln  credo  rappresentino  appunto  lo  stadio  del  pa- 
rassita da  me  descritto  sopra;  il  detto  autore  non  avendo  usato  metodi 
istologici  fini  ed  adatti  (né  fissativi,  né  coloranti)  non  ha  potuto  giusta- 
mente interpretare  tali  corpi  tanto  facilmente  alterabili,  specie  se  im- 
mersi in  semplice  acqua. 

Tale  stadio  non  è  descritto  dagli  altri  autori  ed  ha  invece  grande 
importanza,  secondo  me,  sia  per  lo  studio  citologico  della  Plasmodio- 
phora, sia  per  la  sua  biologia  e  la  sua  classificazione  sistematica  e  per 
il  raffronto  col  ciclo  di  sviluppo  del  parassita  della  rabbia,  che,  giusta 
gli  studi  fatti  dal  Negri,  passa  per  stadi  biologicamente  simili. 

Le  figure  11-26  della  tav.  XX  e  14-21,  tav.  XXI  e  5-14,  tav.  XXII 
che  accompagnano  il  lavoro  rappresentano  appunto  questi  primi  stadi 
della  vita  della  Plasmodiophora. 

A  questo  stadio  ne  succede  un  altro  nel  quale  i  gruppi  cromatinici 
sparsi  sotto  forma  di  granulazioni,  nel  protoplasma  si  circondano  di 
una  membrana  e  si  trasformano  in  veri  nuclei  (vedi  fig.  15,  tav.  XXII). 

La  forma  di  tali  masse  protoplasmaticlie  plurinucleate  è  assai  varia 
ed  il  loro  volume  è  diverso,  indipendentemente  anche  dallo  stadio  di 
sviluppo. 

La  forma  dipende  molto  da  quella  della  cellula  ospite  e  dal  nu- 
mero delle  amebe  che  vivono  simultaneamente  entro  la  stessa  cellula. 
Importante  poi  è  il  fatto  che  ho  potuto  stabilire  con  sicurezza  e  cioè 
che  tali  masse  protoplasmatiche,  dagli  altri  autori  chiamate  mixamebe, 
non  si  fondono  mai  fra  loro,  ma  rimangono  sempre  indipendenti;  un 
plasmodio  vero  quindi,  come  si  ha  nei  Mixomiceti,  non  esiste  nella  Plas- 
modiopìiora.  Tutto  ciò  naturalmente  contradice  molto  di  quanto  è  stato 
scritto  finora  sulla  citologia  di  questo  parassita,  ma  i  preparati  che  io 
posseggo  e  conservo,  provano  in  modo  certo  la  mia  asserzione  e  giu- 
stificano quanto  scrivo. 

La  massa  plasmatica  phirinucleata  {ameba)  può  trovarsi  isolata  in 
una  cellula  e  viverti  così  e  sporificare  direttamente,  ma  per  lo  più  sono 
molte  le  amebe  entro  una  stessa  cellula  ed  allora,  crescendo  queste  in 
volume,  vengono  in  contatto  fra  loro  e  si  comprimono,  spesso  defor- 
mandosi, ma  mai  fondendosi,  tantoché  osservando  sezioni  di  materiale 
ben  fissato  in  Zenker,  chiuso  in  paraffina  e  colorato  col  metodo  del 
Mann  o  dell'emallume  ed  eosina,  facilmente  si  può  constatare  che  la 
massa  del  falso  plasmodio  non  è  che  un  insieme  di  corpi  protoplasma- 
tici plurinucleati,  indipendenti  l'uno  dall'altro  (vedi  fig.  19-22,  tav.  XXII). 

Naturalmente  non  colorando  le  sezioni  o  non  usando  forti  mezzi 
di  ingrandimento,  non  si  può  precisare  tale  fatto. 


—  306  — 

Glie  le  diverse  amebe  restino  indipendenti  è  anche  provato  dal 
fatto  che,  pur  formandosi  nn  ammasso  che  ha  la  falsa  parvenza  di  un 
plasmodio,  pur  tuttavia  spessissimo  varie  parti  del  falso  plasmodio  non 
sono  evidentemente  nello  stesso  stadio  di  sviluppo  (vedi  tav.  XXII, 
%.  19  e  21). 

Devo  notare  anche  che  in  vari  casi  ho  trovato  delle  amebe  le  quali 
forse  perchè  vissute  entro  larghe  cellule  o  nel  succo  cellulare  o  fuori 
della  cellula,  non  protette  dalla  membrana  cellulosica  dell'ospite,  ave-, 
vano  circondato  il  loro  plasma  di  una  ben  netta  membrana;  si  erano 
cioè  come  incistate;  il  che  però  considero  come  caso  anormale  poiché 
è  rarissimo  il  poter  riscontrare  nei  numerosi  preparati  tale  forma. 

Le  amebe,  una  volta  individualizzati  i  loro  nnclei,  sia  quando  si 
trovano  sole,  sia  quando  stanno  adese  l'una  all'altra  numeiose  entro 
una  stessa  cellula,  dividono  e  moltiplicano  i  loro  nuclei  probabilmente 
sempre  per  cariocinesi  ed  ogni  nucleo  si  circonda  di  un  involucro  ben 
distinto  di  protoplasma  con  relativa  membrana  (vedi  fig.  16,  17,  tav.  XXII). 
Si  forma  cosi  la  spora.  In  un  caso  solo  ho  potuto  constatare  la  molti- 
plicazione di  tali  nuclei  per  scissione  diretta  (vedi  fig.  23,  tav.  XXII). 
Probabilmente  trattavasi  di  caso  anormale. 

Le  spore,  appena  sono  individualizzate,  anziché  costituiie  una  massa 
unica  compatta,  si  allontanano  man  mano  le  une  dalle  altre  (vedi  fi- 
gura 18,  tav.  XXII)  ed  ogni  corpicciuolo  diventa  un  nuovo  essere. 

Appunto  perchè  le  amebe  da  cui  derivano  le  spore  isouo  indipen- 
denti fra  loro,  è  ben  difficile  osservare  anche  entro  una  stessa  cellula 
tutte  le  spore  nell'identico  stadio  di  maturità. 

E  facile  presumere  che  il  parassita  entra  nell'interno  dell'ospite, 
quando  è  allo  stadio  primitivo  di  piccola  ameba,  cioè  appena  questa  è 
uscita  dalla  membrana  della  spora,  favorito  forse  per  la  ricerca  del- 
l'ospite e  per  la  penetrazione  nel  tessuto,  dal  flagello,  in  specie  se  la 
spora  ha  germinato  in  mezzo  umido;  poi  entrata  nella  cellula  ospite 
compie  entro  di  essa  il  ciclo  di  sviluppo  sopra  descritto. 


Se  noi  confrontiamo  tale  ciclo  con  quanto  il  Negri  iia  stabilito  per 
il  parassita  della  rabbia,  notiamo  subito  una  grande  affinità  biologica  e 
morfologica  che  lo  avvicina  sistematicamente  alla  Pìasmodiophora. 

La  sporificazione,  infatti,  dei  corpi  del  Negri,  descritta  dal  detto 
autore  è  identica  a  quella  della  Pìasmodiophora,  come  pure  il  nucleo 
del  parassita  dapprima  è  unico,  poi  si  frammenta  in  ammassi  che  si 
spargono  per  il  corpo  del  microorganismo.  Il  protoplasma  si  suddivide 
attorno  a  ciascun  granulo  di  cromatina  ed  il  microorganismo  si  trasforma 


—  307  — 

in  un  ammasso  di  corpircittoK  assai  pìccoli  (spore).  *  Le  spore  poi  si 
staccano  le  une  dalle  altre  e  po^soìio  assurgere  alla  dignità  di  un  nuovo 
essere. 

Non  si  potrebbe  in  succinto  diversamente  descrivere  il  ciclo  di  vita 
della  Plasmodiophora.  Confrontiamo  ora  i  caratteri  morfologici. 

La  differenza  che  maggiormente  contrasta  è  la  grande  diversità  di 
volume  fra  i  due  microorganismi,  il  che,  come  si  sa,  non  ha  importanza 
sistematica.  Del  resto  anche  nel  parassita  della  rabbia  il  volume  cambia 
grandemente  secondo  che  esso  sia  parassita  del  coniglio,  del  cane  o  dei 
bovini,  mentre  l'estrema  piccolezza  del  parassita  della  rabbia  giustifica 
l'incertezza  di  alcuni  particolari  di  confronto.  Le  spore  di  Plasmodio- 
phora misurano  in  media  /«  1,5,  il  plasma  che  ne  esce  è  più  piccolo, 
le  spore  del  parassita  della  rabbia  risultano  di  circa  ,«  0,5;  il  contenuto 
che  ne  esce,  certamente  più  piccolo,  non  è  visibile  coi  nostri  mezzi  di 
osservazione;  ciò  può  anche  spiegare  come  il  virus  rabico  sia  filtrabile. 

Quando  il  parassita  aumenta  di  volume,  quando  cioè  sta  per  for- 
mare le  spore,  od  ha  già  sporificato,  allora  questo  corpo  diventa  visi- 
bile. Si  capisce  quindi  che  l'osservazione  di  tutti  i  particolari  ben  netti, 
quale  si  può  eseguire  sui  vari  stadi  di  sviluppo  della  Plasmodiophora, 
non  è  invece  possibile  nel  caso  dei  corpi  del  Negri. 

Studiata  che  sia  accuratamente  la  biologia  dei  due  esseri  diversi 
con  tutti  i  mezzi  possibili,  a  me  pare  che  per  studiale  comparativamente 
la  loro  morfologia,  sia  un  errore  l'osservare  tanto  la  Plasmodiophora 
quanto  il  Neurori/ctes  con  la  stessa  misura  di  ingrandimento;  dobbiamo 
invece  sottoporre  i  preparati  della  Plasmodiophora  ad  un  ingrandimento 
che  corrisponda  quanto  più  è  possibile  al  volume  dei  corpi  del  Negri,  al- 
trimenti,, data  la  grandezza  della  Plasmodiophora,  vedremo  ben  netto  nel 
suo  plasma  ciò  che  con  lo  stesso  ingrandimento  non  si  può  vedere  nel 
parassita  della  rabbia. 

Usando  l'obiettivo  a  secco  Zei.ss  D  e  l'oculare  comp.  6  tubo  160  mm, 
d'ap.  per  l'esame  della  Plasmodiophora  vediamo  che  essa  ha  all' incirca 
le  stesse  dimensioni  del  Neuroryctes  visto  coll'obbiettivo  ad  immers. 
omog.  2  mm.  ed  oculare  comp.  n.  8,  tubo  160  mm. 

Osservando  con  tale  ingrandimento  a  fresco  e  senza  colorazioni 
la  Plasmodiophora,  specialmente  nei  suoi  stadi  giovani,  vediamo  che  essa 
assomiglia  in  modo  impressionante  ai  corpi  del  Negri  e  a  quelli  del 
Sinigaglia.  Nella  tav.  XX  del  presente  lavoro  ho  appunto  riportato  le 
immagini  del  parassita  della  rabbia  visto  a  fresco  come  vennero  dise- 


'  Negri,  1.  e,  pag.  19. 

Àtli  dell'Ut.  Boi.  (IflVUnirei-sità  dì  Pavia  —  Serie  II  -  Voi.  XV.  27 


—  308  — 

gnate  dal  Negri  e  da  lui  pubblicate  nella  Zeitsclir.  f.  Hyg.  und  Tvfect.  di 
Lipsia  nel  1903,  ed  ho  disegnato  più  fedelmente  che  ho  potuto  diverse 
forme  di  Plasmodiop/ioro  nei  suoi  stadi  giovani,  precedenti  alla  sporifi- 
cazione. Un  esame  di  queste  figure  giustifica  quanto  ho  sopra  affermato. 

Non  mancano  neppure  nel  plasma  della  Pìasmor^iophora  i  corpic- 
ciuoli  piccoli,  rotondeggianti,  rifrangenti,  che  si  scorgono  nel  Nevroryrtes. 
Rarissimamente  vi  si  trovano  invece  i  corpi  più  grandi,  meno  rifran- 
genti, rotondeggianti  ed  ovali  o  di  forma  irregolare,  di  aspetto  granu- 
loso descritti  dal  Negri  per  i  suoi  corpi. 

Talvolta  invece  il  detto  plasma  presenta  solo  numerosi,  minuti 
corpicciuoli  rifrangenti  che  riempiono  fittamente  tutto  il  corpo  del  mi- 
croorganismo ed  è  per  la  Plasmodiophora  il  caso  più  frequente.  Per 
questo  particolare  essa  si  avvicinerebbe  più  ai  corpi  del  cimurro  de- 
scritti dal  Sinigaglia,  che  non  al  Neuroryctes. 

Sottoposto  alla  colorazione  col  metodo  di  Romanosky,  sia  con  la 
miscela  del  Gienisa,  sia  con  la  miscela  di  eosina  e  bleu  di  Borrel,  la 
massa  fondamentale  del  plasma  della  Fìasmodiophora  si  presenta  colo- 
rata uniformemente  in  azzurro  e  su  tale  fondo  appaiono  dei  granuli  in 
numero  vario  con  colorazione  violacea. 

Analoghe  colorazioni  si  vedono  nei  preparati  del  Negri  (vedi  fig.  1-6, 
tav.  XXI)  ed  in  quelli  del  Sinigaglia  che  pure  ho  riportato  (vedi  fig.  12, 
tav.  XXI),  anzi  questi  ultimi  assomigliano  di  più,  anche  per  il  minor  nu- 
mero di  granulazioni  colorate  contenute  nel  plasma. 

L'aspetto  finamente  ed  uniformemente  granuloso  che  hanno  i  corpi 
del  Negri  colorati  col  metodo  del  Mann,  si  ha  egualmente  per  i  coipi 
della  Plasmodiophora  negli  stadi  giovani,  osservati  a  debole  ingi-andi- 
mento  (vedi  tav.  XXI,  fig.  15  e  16). 

Talvolta,  quando  ancora  non  vi  è  accenno  alla  sporificazione,  si 
notano  i  contorni  del  piccolo  plasma  ben  netti  e  regolari,  tanto  che 
esso  si  direbbe  incistato,  ma  sono  questi  casi  rari,  per  lo  più  non  si 
riesce  a  scoprire  una  membrana.  Altre  volte  si  trovano  alcuni  di  questi 
falsi  plasmodi  con  contorni  non  del  tutto  rigidi  e  regolari,  ma  questo 
fatto  si  riscontra  anche  nei  corpi  del  Negri,  in  quegli  stadi  che  prece- 
dono la  sporificazione;  infatti  egli  scrive:  ''altre  volte  non  è  compito 
facile  diagnosticare  a  fresco  i  parassiti  a  questo  stadio  perchè  hanno  per- 
duta la  rigidità  dei  contorni  e  sono  divenuti  corpi  granulosi,  incolori,  a 
margini  delicati,  che  facilmente  si  sottraggono  all'osservazione;  essi  però, 
eccettuata  l'intima  struttura  e  la  nettezza  del  contorno,  si  comportano  in 
modo  affatto  simile  alle  altre  forme  endorellulari  caratteristiche,  alle  quali 
sono  collegate  da  tutta  una  serie  di  forme  di  passaggio.  „  ' 


Negri,  I.  o.,  pag.  9. 


--  309  — 

liìoltie  nella  Negria  canis,  accanto  a  forme  a  contorno  rigido  e  rego- 
lare come  quelle  disegnate  dal  Negri,  se  ne  trovano  altre  il  cui  contorno 
non  è  segnato  da  una  linea  regolare,  ma  ondulata,  ad  andamento  molto 
tortuoso,  e  ne  risulta  perciò  un  carattere  di  insieme  più  delicato  e  più 
tenue  di  quello  del  parassita  della  rabbia.  Anche  per  questo  carattere 
la  Negria  si  avvicina  più  che  il  Nenroryctes  alla  Plasmodiophora. 

In  quanto  alle  spore  della  Plasmodiophora  esse  hanno,  è  vero,  cro- 
matina ben  differenziata,  mentre  la  sostanza  nucleare  delle  spore  dei  pa- 
rassiti della  rabbia  e  del  cimurro  appare  costituita  da  un  solo  blocchetto 
amorfo,  ma  in  complesso  hanno  gli  stessi  caratteri  di  quelle  descritte 
dal  Negri  per  il  parassita  della  rabbia  e  ciò  è  bene  notare  perchè 
la  struttura  di  tali  spore,  così  semplici  e  caratteristiche,  ha  molta  im- 
portanza per  la  sistematica. 

Infatti  questi  caratteri  separano  nettamente  il  parassita  della  rabbia 
e  quello  del  cimurro,  che  vanno  considerati  come  appartenenti  allo  stesso 
genere,  dai  gruppi  delle  Gregarinc,  dei  Corcidi,  dei  Mixosporidii,  dei  Mi- 
crosporidii  e  dai  gruppi  che  si  collegano  a  questi  e  nei  quali  potreb- 
bero essere  confusi  in  alcuni  stadi  di  sviluppo. 

Se  si  fa  il  confronto  fra  le  spore  dei  parassiti  su  citati  e  le  spore  dei 
Microsporidii,  si  nota  una  grande  differenza.  Le  spore  del  parassita  della 
rabbia  sono  sempre  e  costantemente  mononucleate  e  senza  filamento 
polare  anche  dopo  l'azione  dei  reagenti.  Ammesso  pure  che,  attesa  la 
piccolezza  delle  spore,  non  si  possa  scorgere  il  filamento,  si  dovrebbero 
però  scorgere  la  capsula  polare  e  sopratutto  i  varii  nuclei,  ma  poiché 
ciò  non  è.  tale  specie  non  può  essere  asciitta  ai  Microsporidii.  Lo  stesso 
aspetto  generale  delle  spore  dei  Microsporidii  è  molto  caratteristico  e 
nettamente  differente  da  quello  delle  spore  del  parassita  della  rabbia. 

Le  spore  dei  Sarcosporodii  sono  arcuate,  e  considerando  poi  anche 
il  ciclo  di  sviluppo  non  mi  sembra  per  il  momento  giustificabile  un 
ravvicinamento  del  parassita  della  rabbia  a  questo  gruppo  di  esseri. 

Le  spore  degli  Haplosporidii,  per  lo  più  piriformi,  hanno  minori 
caratteri  differenziali,  ed  il  ciclo  di  sviluppo  in  specie  del  genere  Sche- 
viakovella  di  M.  CauUery  e  F.  Mesuil  '  ha  molte  affinità  con  quello  dei 
parassiti  presi  in  esame,  ma  le  spore  anche  qui  sono  munite  di  un 
doppio  involucro  robustissimo  oltre  a  possedere  anche  uno  sporangio 
con  membrana  che  li  differenzia  non  di  poco,  e  non  permette  di  classi- 
ficarli in  questo  ordine  di  esseri. 


'  Caullery  M.  e  Me.ssil  P.,  Recherchex  sin' leu  Haplosporidics  in  ArcLives 
Expérim.  et  Gi'm.  Paris,  iv  serie,  iv  Tom.,  1005-0<),  pag.  150. 


—   310  — 

Il  genere  Pìasmodiophora  invece  non  lia  caratteii  differenziali  siste- 
matici importanti  tali  che  non  permettano  di  comprendere  il  genere 
Neuroryctes  e  Negria  entro  la  stessa  sua  famiglia. 

Confrontando  il  ciclo  di  sviluppo  della  Pìasmodiophora  con  quello 
del  parassita  della  labliia  noi  dobbiamo  notare  che  se  presso  i  Mixomi- 
ceti  lo  stadio  plasmodiale  è  secondario,  essendo  esso  (come  afferma  la 
totalità  degli  autori)  il  lisultato  della  fusione  citoplasmatica  di  ele- 
menti unicellulari  e  potendo  essere  nullo  lo  stadio  seguente  di  aumento 
del  numero  dei  nuclei,  presso  la  Pìasmodiophora  invece  nel  suo  pìasmodio 
(cosi  detto  erroneamente),  l'aumento  del  numero  dei  nuclei  è  continuo 
e  rilevante;  e  questo  fatto  biologico  impoitaute  si  verifica  pure  nei  corpi 
del  Negri  ed  in  quelli  del  Sinigaglia. 

Resta  a  discutersi  ed  a  conoscersi  lo  stadio  per  il  quale  dalla  spora 
od  elemento  uninucleato,  il  parassita  della  rabbia  passa  a  quello  imme- 
diatamente successivo  che  deve  precedere  lo  stadio  di  elemento  pluri- 
nucleato  e  sopi-atutto  ad  escludere  o  ad  ammettere  che  nel  parassita 
della  rabbia  vi  sia  plastogamia. 

A.  Wesseis  Williams  e  M.  Murray  Lowden  '  avrebbero  trovato 
delle  forme  di  coniugazione  nel  parassita  della  rabbia  e  le  fig.  33  e  45 
della  tavola  che  accompagna  il  loro  lavoro  riproducono  infatti  forme 
asimmetriche  che  sembra  siano  forme  di  coniugazione;  ma  il  Negri  e  la 
numerosa  schiera  degli  studiosi  che  da  anni  lavorano  su  questo  argomento, 
non  hanno  mai  trovato  alcuna  forma  clie  faccia  sospettare  una  fusione, 
quindi  probabilmente  non  vi  sono  stadi  di  coniugazione  nel  paiassita 
della  rabbia,  o  se  ve  ne  sono  essi  si  verificileranno  negli  stadi  giova- 
nissimi di  sviluppo,  durante  i  quali  non  si  possono  vedere  cogli  attuali 
mezzi  di  ingrandimento. 

La  coniugazione  non  si  può  a  priori  escludere  perchè,  com'è  noto, 
non  è  possibile  distinguere  una  spora  isolata  di  detto  parassita  data  la 
sua  estrema  piccolezza  e  la  natura  del  tessuto  nel  quale  esso  vive,  e 
quando  noi  vediamo  il  corpo  isolato  con  il  corpo  cromatinico  centrale 
potrebbe  darsi  che  la  fusione  fosse  già  avvenuta.  Ma  poiché,  come  ab- 
biamo visto,  nella  Pìasmodiophora  si  può  arrivare  alla  sporificazione 
senza  plastogamia,  lo  stesso  potrà  succedere  anche  nei  coipi  del  Negri 
e  del  Sinigaglia  che  hanno  tanti  punti  di  affinità  con  essa.  Dalla  spora 
della  Pìasmodiophora  esce  un  corpo  flagellato  che  poi  diventa  una 
specie  di  ameba;  corpo  flagellato  che  non  si  è  riusciti  a  scorgere  nel 
parassita  della  rabbia  e  in  quello  del  cimurro;  ma  anche  riguaido  a  ciò 


'  Wkssbls  William.s  e  Murr.w,  The  Journal  of  iiifecfioiis  diseases,  voi.  iii 
n.  3,  may  1906. 


—  311    — 

noto  innanzi  tutto  ciie  nella  Plasmodiophnrn  manca  sovente  lo  stadio 
flagellato  che  non  è  assolutamente  costante;  in  secondo  luogo,  nel  pa- 
rassita della  rabbia,  se  non  è  possibile  scorgere  la  spora  isolata,  sarà 
impossibile  pure,  per  le  sue  dimensioni,  vedere  il  protoplasma  flagellato 
isolato  che  ha  origine  da  essa. 

In  (juanto  alla  posizione  sistematica  botanica  della  Plasmodiophora, 
dopo  quanto  ho  descritto,  tale  genere  di  esseri  va  considerato  come  un 
termine  intermedio  fra  le  Acrasieae  dei  Mixomiceti  inferiori  '  e  le  Chy- 
tridiaceae  dei  Ficomiceti.  Con  i  piimi  i  caratteri  diflferenziali  si  può  dire 
siano  limitati  alla  mancanza  costante  del  flagello,  fatto  questo  che  non 
si  può  sempre  asserire  per  la  Plasmodiophora.  Colle  Chytridineae  invece 
noi  troviamo  in  comune  l'esistenza  dell'elemento  flagellato  e  l'esistenza  dei 
plasmi  plnrinucleati  dove  l'accrescimento  di  volume  del  corpo  aumenta 
di  pari  passo  coll'aumento  del  numero  dei  nuclei  e  con  la  presenza  delle 
spore  numerose  uniuucleate  di  struttura  semplice.  Si  difi'erenziano  in- 
vece per  la  ramificazione  dell'apparato  vegetativo  e  per  lo  sporangio  mu- 
nito di  forte  membrana,  che  manca  in  via  normale  nella  Plasmodiophora. 

Il  parassita  della  idrofobia  fu  distinto  dalla  Williams  col  nome  di 
Neuronjctes  Hijdrophobiae  e  per  le  leggi  della  classificazione,  la  deno- 
minazione di  tale  genere  e  specie  va  seguita  dal  nome  dell'autrice  Wil- 
liams che  l'ha  creato  e  non  da  quello  del  Calkins,  come  erroneamente  è 
stato  pubblicato  in  pressoché  tutte  le  pubblicazioni  che  trattano  della 
malattia  della  hjssa.  Non  vi  è  dubbio  poi,  malgrado  la  biologia  del  pa- 
rassita del  cimurro  sia  stata  meno  illustrata  di  quella  del  parassita 
della  rabbia,  che  entrambi  appartengono,  se  non  alla  stessa  specie,  allo 
stesso  genere. 

Quindi  per  le  stesse  leggi  di  classificazione  il  nome  dato  al  primo 
dal  Sinigaglia  va  conservato  solo  per  la  specie,  ma  quello  del  genere  va 
cambiato  in  Neurorijctes.  Cosicché  il  nome  del  parassita  del  cimurro 
deve  essere  distinto  col  nome  di  Neuronjctes  canis  (Sinigaglia).  Sino- 
nimo: Negria  canis  Sinigaglia. 

Entrambe  queste  specie  insieme  alla  Plasmodiophora,  vanno  com- 
prese nella  famiglia  delle  Plasmodiophoraceae  e  ciò  fino  a  che  non  ven- 
gano scoperti  fatti  che  possano  contiadire  il  ciclo  evolutivo  tanto  dili- 
gentemente descritto  dal  Negri. 


*  * 


Concludendo,  da  queste  ricerche  sulla  citologia  e  sulla  biologia  della 
Plasmodiophora  Brassicae  Woroniu,  risultano  i  seguenti  nuovi  fatti: 


'  Vedi  la  mouografiii  delle  .Icrasiaie  di  E.  <  )li  ve  iiul]l)li<"at:i  iu  Proced.  Bo.ston 
Soc.  Nat.  Hystory.  Voi.  xxx,  1903. 


—  312   — 

Le  spore  della  Plastnodiophora  Brasskae  Wor.  liaiino  una  iiieiubrana 
elle,  contrariamente  a  quanto  hanno  asserito  diversi  autoii,  non  dà  la 
reazione  della  cellulosa. 

La  membrana  delle  spore  della  P.  Brasskae  Wor.  prima  della  ger- 
minazione è  continua  e  non  ha  fenditure,  né  canalicoli  né  alcuna  solu- 
zione di  continuità. 

Detta  specie  produce,  non  costantemente,  dalle  sue  spore  elementi 
flagellati. 

Gli  elementi,  flagellati  o  no,  che  sono  esciti  dalle  spore  si  trasfor- 
mano in  amebe,  le  quali  non  si  fondono  fra  di  loro  per  la  formazione  di 
un  plasmodio;  ossia  nella  Plastnodiophora  Brassicae  Wor.  generalmente 
non  vi  è  plastogaìnla  come  nei  Mixomiceti  superiori. 

L'ameba  dapprima  è  mononucleata,  poi  dal  corpo  cromatinico  cen- 
trale si  formano  altri  gruppetti  croniatinici  i  quali  si  difl'erenziano  in 
seguito  in  veri  nuclei;  questi,  moltiplicandosi  nel  modo  già  studiato  e 
descritto  da  altri  autori,  danno  luogo  a  tante  spore  quanti  sono  i  nuclei 
derivati. 

L'ameba  può,  in  casi  speciali,  incistarsi,  cioè  circondare  il  proj)rio 
plasma  di  una  vera  e  robusta  membrana. 

In  alcuni  casi,  forse  anormali,  i  nuclei  dei  pseudoplasmodi  prima 
della  formazione  delle  spore  possono  moltiplicarsi  anche  per  diretta 
scissione. 

La  Plasmodiophora  Brassicae  Wor.,  prototipo  delle  Plasmodiophoraceae, 
si  differenzia  dalle  Acrasieae  unicamente  per  la  presenza  (non  sempre 
costante)  del  flagello  nell'elemento  protoplasmatico  derivato  dalla  spora. 
Ed  essa  si  può  considerare  come  termine  intermedio  tra  i  Mixomiceti 
inferiori  e  le   Chytridiaceae  dei   Ficomiceti. 

Lo  studio  poi  della  citologia  e  della  biologia  dei  paiHSsiti  della 
rabbia  e  del  cimurro  anche  in  rapporto  al  confronto  con  quello  della 
Plasmodiophora  porta  alle  seguenti  deduzioni  : 

La  citologia  e  la  biologia  del  parassita  della  rabbia  hanno  rapporti  di 
affinità  tali  con  quelle  della  Plasmodiophora,  da  permettere  di  includere 
questo  parassita  nella  stessa  famiglia  di  esseri  nella  quale  va  com- 
presa la  Plasmodiophora  Brassicae  Wor.,  cioè  nelle  Plasmodiophora- 
ceae Zoi)f  '. 


'  11  nome  'trilli  l;uai_i;lia  delle  Phì//iiiiii/.i(ici-(ir  dato  'la  ScHRÒTER  a  i|uesU 
e.sseri  deve  scoiuparire,  perchè,  come  giu.stameiiCe  osservano  Maire  e  Ti.sox,  la 
priorità  spetta  alla  denominazione:  Pla.smodiophonwcae  di  Zopf. 


—  313   -^ 

Il  parassita  del  cimurro  appartiene  non  solo  alia  stessa  famiglia, 
ma  anche  allo  stesso  genere  di  quello  della  rabbia. 

Il  parassita  dell'idrofobia  va  distinto  col  nome  di  Neuroryctes  H;/- 
dropltobiae  Williams  e  non  con  quello  di  iV.  Hydrophobiae  Calkius. 

Il  parassita  del  cimurro  va  distinto  col  nome  di  Neuroryctes  canis, 
(Sinigaglia). 

* 
*  * 

Vivissimi  ringraziamenti  porgo  al  mio  Direttore  prof.  Giovanni 
Briosi  per  i  consigli  e  i  mezzi  concessimi  per  condurre  a  termine  le 
presenti  ricerclie  ed  esprimo  pure  la  mia  riconoscenza  alla  signora 
dott.  Lina  Negri  Luzzaui  ed  al  dott.  Giorgio  Sinigaglia  per  il  valido 
aiuto  datomi  e  per  il  materiale  di  studio  favoritomi. 


314  — 


BIBLIOGRAFIA 


Xota.  —  Tale  elenco- riguarda  solo  le  publjlicazioni  sulle  Pìasmodloplìoraceae  ed 
i  Mixomiceti  in  generale;  per  la  letteratura  riguardante  il  parassita  della 
rabbia  e  quello  del  cimurro  dei  cani  rimando  alle  pubblicazioni  seguenti  dove 
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in  Compt.  Rend.  Acad.  d.  Se.  Paris,  Tom.  CXLIX. 

—  —  Leger  et   Hesse,     Sur    un    nouvel    endophyte   parasite    d'un 

Coléoptère  in  Compt.  Reud.  Acad.  Se  Paris,  T.  CXLIX. 

1910.  —  Jolles,     Dinoflagellatenstudien  in  Archiv  f.  Protist.,  Band  19. 
—      —  Marchand,     Le   Plasmodiophora   Brassicae    Wor,  parasite    du 

Melou,  du  Celeri  et  de  l'Orseille  épinard  in  Compt.  Rend.  Acad. 
Se.  Paris,  T.  CL,  p.  1348. 

—  —    Blomfield  and  Schwartz,     Observations  on   the  Tumours  on 

Veronica  Chamaedrijs  caused  by  Sorosphaera  Veronicae   in  Ann.  of 
Bot..  XXIV. 


3l9  — 

1910.  —  Maire  et  Tison,  Sur  quelques  Plasmodiophoiacées  in  Compt. 
Eend.  Acacl.  Scienc.  Paris,  T.  CL,  i».  1768. 

—  —  HoRNE,     On  the  Spongy  Bodies,  Spheres  aud  Globular  Bodies 

present  in  the  cells  of  Bracken  (Pteris)  aud  Potato  in  Centralblait 
f.  Bakt.  Parasit.  uud  Infek.  Bd.  98. 

—  —  Pavillard,  Etat  actuel  de  la  Protistologie  vegetale  in  Pro- 
gressus  Rei  Bot.,  Voi.  Ili,  pag.  474. 

1911.  —  Magnds,  Bemerkiuigen  zu  E.  I.  Schwartz:  Parassitic  Root 
Disease  of  the  Juncaceae  in  Hedwigia  Bd.  50,  pag.  249. 

—  —  DoFLEiN,     Lehrbucli  der  Protozoenkunde.  Dritte  Au.flage.  Jena. 

—  —  Jahn,     Myxomiceteustudien   in  Bericht.   der  Deut.  Bot.  Ges. 

Voi.  19,  pag.  97;  20, pag.  107;  22,  pag.  84;  23-24-25-26,  1901-1911. 

—  —  Ne.mec,  tJeber  eine  Chytridiazee  der  Zuckerrlibe  in  Bericht. 
d.  Deut.  Bot.  Ges.,  Bd.  XXIX,  p.  48. 

—  —  Nemec,  Zur  Keuntnis  der  niederen  Pilze  in  Bull.  int.  de 
l'Acad.  des  Selene,  de  Bolième,  1911. 

—  —  O-SBORN,     A  preliminary  note  on  the  life-history  and  cytology 

of  Spoììffospora  suòferraiiea  Wallroth  in  Ann.  of  Botan.,  XXV,  97, 
pag.  271. 

—  —  Schwartz,  The  Life-history  aud  Cytology  of  Sorospkaera  Gra- 
minis  in  Ann.  of  Bot.,  voi.  XXV,  pag.  791. 

—  —  Maire  et  Tison,     Sur  quelques  Plasmodiophoracées  non  hyper- 

tropiiiantes  in  Conipt.  Rend.  Ac.  Se.  Paris,  OLII,  p.  206. 

—  —  Horne,  Preliminary  note  on  Spongospìiora  Solatìi  Brunch.  in 
Ann.  of  Bot.,  XXV,  97,  pag.  272. 

1912.  —  Winge,  Cytological  Studies  in  the  Plasmodiophoraceae  in 
Archiv  f.  Bot.  Svenka  Vetenskapsakademien.  Stockholni,  Bd.  12, 
num.  9. 

—  —  Griffon  et  Maublanc,     Notes  de  Pathologie  vegetale  et  ani- 

male in  Bull,  de  la  Soc.  Myc.  de  France,  26,  pag.  469. 

—  —  Pavillard,  A  propos  de  la  phylogénie  des  Plasmodiophoracées 
in  Ann.  Mycol.,  X,  pag.  218. 

—  -  KusANO,  On  the  life  History  and  Cytology  of  a  new  Olpidium 
with  special  Reference  to  the  Copulation  of  neotile  Isogametes 
in  Journ.  Coli.  Agric.  Tokyo,  v.  4,  pag.  141. 


320 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  XX 


Le  prime  10  figure  sono  state  pubblicate  dal  Negri  nella  Zcitscìirif't  fin-  llygieiie 

und  Infecf/oiiskraiikheiten,  Bd.  43,  1903.  tav.  v. 
Rappi-esentano  immagini  del  parassita  della  rabbia  in   materiale  fresco   del  corno 

d'Ammone  di  un  cane  morto  dopo   15   giorni   daccbè   era    stato  inoculato   con 

virus  rabico. 
Ob.  ap.  Zeiss  1,5  mm.  Homog.  Imm.  Ap.  1,30,  oc.  comp.  lì,   tubo  1.  100  nini. 
lie  figure  dalla  11  alla  26  rappresentano  diverse  forme  di  stadi  giovani  di  sviluppo 

di  Plasmodiophora  Brassicae  Wor.  in  radici  ammalate  di  Brassica,  preparati 

con  materiale  fi.ssato  in  .soluzione  acquosa  fisiologica  con  sublimato  corrosivo 

al   7  per  cento. 
Oli.  Zeiss  D.  (»•.  conip.    (i,  tuliu    1.   IdO  nini.    Disegni    eseguiti   con    camera   lucida 

Aliìif-Apàtlìi/. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  XXI 


Fig.  1.  2,  3,  4.  5,  6,  S,  9,  10.  Parassiti  della  rabbia  in  preparati  per  striscia- 
mento della  sostanza  grigia  del  corno  d'Aminone  di  vacche  i  rabbia  spe- 
rimentale). Colorazione  del  Ronianosky. 

Obb.  2  nini,  apocr.  Zeiss,  imniers.  oniog.,  apert.  1,40.  Oc.  comp.  IS. 
Tubo  160  mm.  Camera  lucida  Koritska  mod.  Apàthj'.  Disegnati  dal  Negri 
nella  Memoria  :  Sulla  morfologia  e  sul  ciclo  del  Parassita  della  rabbia 
in  Rend.  Reale  Accademia  dei  Lincei,  anno  1S109,  serie  5",  voi.  vii,  Classe 
se.  fls.  ecc.,  tav.  i  e  tav.  ili. 
!■  7  e  11.  Parassiti  della  rabbia  nelle  cellule  nervose  in  sezioni  di  corteccia 
cerebrale  di   vacca  morta  di  rabbia  s|)erìiiientale. 

Colorazione  con  il  metodo  del  Mann. 

Obb.  2  mm.    apocr.    Zei.ss,    immers.    omog.  apert.    1,40.   oc.  comp.  8, 
tubo  160  mm. 
»     12.  Sezione  di  cervelletto  di  un  cane  affetto  dalla  forma  nervosa  del  cimurro. 

Colorazione  del  Mann. 

Obb.  2  mm.  apocr.  Zeiss  aper.   1,30.  Tubo  160  nini.  oc.  comp.  8.  Ca- 
mera lucida  Koristka.    Disegnati  dal   Sinigaglia  nella  memoria:    Osser- 
vazioni sul  ciiiuirni  in  Bull.   Sue.  Medica  di  Pavia.  Anno  1911  (fig.  10 
della  tavola). 
13.   Cellule  dell'epitelio  ilei  bronchi  di  cane  morto  di  cimurro  broncopolmonare. 

Colorazione  del  Romauosky. 

Obb.  2  mm.  apocr.  Zeiss,  ap.  1,30.  Tubo  i6u  mm.  oc.  comp.  18.  Ca- 
mei-a  lucida  Koristka.  Diseguati  da  Sinigaglia:  fig.  7  della  tavola  della 
memoria  sopra  indicata. 


—  321  - 

Pig.  14-23.  Diversi  stadi  di  sviluppo  di  Plasmoiìio]ihoni  nrassicrip  Wor.  Le  fìg.  l5 
e  16  di  pi-eparati  colorati  col  metodo  del  Mann,  le  altre  figure  da  pre- 
parati colorati  col  metodo  del  Romanosky,  modific.  Giemsa. 

Le  fig.  14,  15,  16,  21,  22,  28  con  ob.  D.  Zeiss,  oc.  comp.  fi  mm. 
Tubo  160  mm. 

Le  fig.  18,  19  e  20  con  ob.  9*  Koristka,  oc.  comp.  6  mm.  Tubo  160  mm. 

La  fig.  17  con  obb.  immers.  omog.  2  mm.  apocr.  Koristka.  Apert.  1.40 
oc.  comp.  6.  Tubo  160  mm.  Disegni  esegniti  con  camera  lucida  Koristka 
mod.  Apàthy. 

SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  XXII. 


Fig.     1.   Spore  di  PUismodiophora  Brassicae  Wor.  non  colorate. 

Obb.  imm.  omog.  1,5  apocr.  Koristka,   ap.   1,30,  oc.  comp.  6.    Tubo 
160  mm. 

•  2.  Spore  di  PlaavìoiUophora  liraxsicae  Wor.  colorate  col  metodo  del  Mann. 

Obb.   imm.  omog.  apocr.  1,5  Koristka,  ap.   1,30,  oc.  comp.  6. 
3.  Spore  di  Plamiiodiophora  Brassicae  colorate  con  il  metodo  del  Romanosky 
niodif.  Giemsa,  ingrand,  come  fig.  1  e  2. 
»       4.  Spore  di  Plasmodiophora  colorate  col  metodo  dell'emallume  ed  eosina. 
Obb.  imm.  omog.  apocr.  1,5  Koristka,  aper.  1,30,  oc.  comp., 18. 

•  5.  Stadi  di  sviluppo  di  Plasmodiophora  colorati  con  emallume  ed  eosina. 

Obb.  imm.  om.  apocr.  1,5  Koristka,  aper.  1.30, oc.  comp.  6.  Tubo  160  mm. 
»       6.  Stadi  di  sviluppo  di  Plasniodiop/iora  colorati  col  metodo  Romanosky  mod. 

Giemsa,  ingraud.  come  per  la  fig.  5. 
»       7,  8,  9,  10,  11,  12.  Stadi  colorati  con  il  metodo  del  Romanosky  mod.  Giemsa, 

ingrand,  come  per  la  fig.  5. 
»     13.  Stadi  colorati  con  emallume  ed  eosina,  ingraud.  come  in  fig.   5. 
»     14.  Stadi  colorati  con  il  metodo  di  Romanosky,  mod.  Giemsa. 

Obb.  imm.    omog.    apocr.  2  ^mm.    Koristka,    aper.    1,40,  oc.  comp.  6. 
Tubo  160  mm. 
»     15.  Stadi  colorati  con  emallume  ed  eosina,  iugr.  come  nella  fig.  14. 
■>     16.  Nuclei  di  pseudoplasmodi  colorati  con  il  metodo  del  Mann. 

Obb.  imm.  omog.    apocr.   1,2  Koristka,    aper.   1.30.    oc.   comp.   18  (in- 
grand. 3000  diam.).  Tubo  160  mm. 
'     17.  18,  19,  20,  21,  22.  Stadi    colorati  con  emallume  ed  eosina. 

Obb.  imm.  omog.  apocr.  2    Koristka,    aper.  1,40,   oc.  comp.    4.  Tubo 
160  mm. 
23.   Nuclei  in  moltiplicazione  di    pseudoplasmodi    colorati   con  emallume    ed 
eosina. 

Obb.  imm.  omog.  apocr.   1,5  Koristka  apert.  1,30,  oc.  comp.  6.  Tubo 
160  mm. 

Tutti  i  disegni  sono  stati  eseguiti  con  camera  lucida  Koristka  mod.  Apàthy. 

Dall'  Istituto  Botanico  di  Pavia  (Laboratorio  Crittogamico),  gennaio  1914. 


ISTITUTO  BOTANICO  DKLLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 

LABORATORIO  CRITTOGAMICO  ITALIANO 

DIRETTI 

da  GIOVANNI  BRIOSI 


IL  "MAL  DELL'INCHEOSTRO,, 

NELLE 

GIOVANI  PIANTICELLE  DEI  CASTAGNETI 
E  DEI  SEMENZAI. 

NOTA 

di  GIOVANNI  BRIOSI  e  di  RODOLFO  FARNETI.  > 

Allorquando,  in  un  castagneto,  il  mille  dell' inchiostro  (moria) 
piglia  piede  ed  infierisce,  si  formano  di  frequente,  in  esso,  delle  chiazze 
più  0  meno  estese,  ove  gli  alberi  in  gruppo  muoiono  producendo  delle 
radure,  che  veggonsi  talora  interamente  spoglie  di  alberi,  tal'altra  dis- 
seminate di  tronchi  secchi,  residui  delle  piante  morte  ma  non  abbattute. 

In  questi  spiazzi,  se,  per  disseminazione  naturale,  nascono  dei  ca- 
stagnoli, essi  non  rimangono  a  lungo  in  vita,  come  non  riescono  ad 
attecchirvi  le  pianticelle  che  artificialmente  ivi  si  ripiantino.  A  poco  a 
poco  gli  uni  e  le  altre  muoiono;  ed  in  capo  a  due  o  tre  anni,  o,  tutt'al 
più,  dopo  cinque  o  sei,  delle  nuove  pianticelle  nessuna  rimane  viva. 


'  Note  precedenti  : 

Buiosi  G.  e  Farxkti  K.,  Sulla  morìa  dei  castufini  (inule  dell' iiicli/ostroj. 
Prima  nota  (Atti  Istituto  Bofiiiiico  di  Pavia,  voi.  xiil,  pag.  291-'2'J8,  con  1  tav. 
litogr.).  Anno  1908; 

Intorno  alUi  ciiiisii  della    morìa  dei  castagni   yinale   dell' imìuostro)   ed 

ai  mezzi  per  eomhatterla  (ibid.,  voi.  xiv,  pag.  47-51Ì: 

La  morìa  del  castagni  (male   dell' inchiostro').   Ussercazioni  rritielie  ad 

una  nota  dei  sigg.   Griffon  e  Maidjlanr  (ibid.,  voi.  xv,  pag.  43-51); 

Nuore  osservazioni  inforno  idla  moria  dei  castagni  (male  dell'  inchiostro) 

e  Sila  riproduzioìie  artificiale  (ibid.,  voi.  xiv,  pag.  327-3;i4); 

.1  proiìosito  d'una  Xota  del  dutt.  Leonello  l'etri  sulla  moria  dei  ca- 
stagni unale  dell' iìichiostroì  (Rendic.  Accad.  Lincei,  voi.  xxii,  ser.  5",  1»  seni., 
far^o.  r,); 

•  Ancora  sulla  mor'ia  del  castagno   (male  dell'  inchiostro)   in  risposta  al 

sig.  doti.  L.  Fetri  (Rendic.  Accad.  Lincei,  voi.  xxii,  ser.  5*,  2°  sem.,  fase.  2"). 

Alti  clcìl'Jsl.  Bui.  dell' Uni i-ersità  di  Pavia  -  Serie  li  —  Voi.  XV.  28 


—   324   — 

Quaiulu  il  lipiautameuto  vieu  fatto  con  alberelli  adulti  rivestiti 
(li  forte  corteccia,  se  essi  riescono  ad  attecchire  (il  che  non  sempre 
avviene),  resistono  qualche  anno  di  più,  ma  non  tanto  da  poter  rive- 
stire la  radura. 

È  per  tale  ragione  che  gli  spiazzi  formatisi  nei  castagneti  attac- 
cati dalla  moriii  più  non  si  ripopolano  e  rivestono,  come  non  si  sosti- 
tuiscono nella  selva  gli  alberi  che  isolatamente  il  male  qua  e  là  uccide. 

Che  nel  luogo  stesso  ove  un  albero  spontaneamente  muore  non  se 
ne  debba  subito  ripiantare  un  altro  è  cosa,  ab  antiquo,  risaputa  poiché 
non  vi  attecchisce  o  presto  muore.  Ciò  è  dovuto  alla  presenza  di  rizo- 
morfe 0  d'altri  miceli  fungini  nemici  che  la  pianta  che  muore  abban- 
dona nel  terreno,  miceli  i  quali  dapprima  vivono  come  saprofiti  sulle 
radici  della  pianta  perita;  di  poi  sopra  le  radici  vive  della  pianta  so- 
stituitavi. 

In  egual  modo  peraltro  non  si  può  spiegare  la  morte  delle  giovani 
piantine  nelle  radure  prodotte  dal  male  (ìell'iuchiostro,  poiché  sulle 
radici  delle  piante  che  questo  morbo  uccide  non  si  trovano  di  solito 
né  rizomorfe,  né  altri  miceli  patogeni.  Altre  spiegazioni  quindi  si  sono 
escogitate,  diverse  e  varie  fra  loro  ma  tutte  partenti  dal  concetto  che 
la  causa  del  male  va  ricercata  nel  terreno. 

Cosi,  alcuni  sostengono  che  le  piante  muoiono  perchè  il  terreno 
più  non  contiene  in  quantità  sufficiente  alcuni  degli  elementi  minerali 
clie  sono  loro  indispensabili,  o  perché  esso  difetta  deH7»(mMs  neces- 
sario alla  vita  delle  piante  stesse.  Altri  ritengono  ciie  trattasi  del  pa- 
rassitismo di  miceli  che  per  speciali  condizioni  sviluppansi  nel  terreno 
ed  invadono  le  ultime  barbicelle  delle  radici  che  uccidono  (Ducomet). 
Altri,  partendo  dal  presupposto  che  le  micorizze  siano  indispensabili 
alla  vita  dei  castagni,  fanno  risalire  la  causa  della  morìa  ad  un  mi- 
cromicete  [Mijcelopliagus)  che  attaccherebbe  e  distruggerebbe  i  miceli 
micorizzici  e,  di  conseguenza,  anche  le  micorizze  (Mangin).  Altri  in- 
vece, riconoscendo  che  i  castagni  possono  vivere  e  prosperare  anche 
senza  le  micorizze,  ritengono  che  gii  stessi  miceli  che  in  condizioni 
normali  concorrono  alla  formazione  di  queste  vivendo  con  le  ladici  in 
consorzio  mutualistico,  quando  invece  nel  suolo  Vìiumus  difetta,  non 
trovando  nel  terreno  le  sostanze  organiche  delle  quali  abbisognano,  le 
sottraggono  alle  radici  stesse  trasformandosi  in  veri  parassiti  di  queste 
ed  uccidendo  le  piante  (Delacroix).  Infine,  non  manca  chi  attribuisce 
la  morte  a  misteriose  e  mal  definite  sostanze  tossiche  escrete  ed  ab- 
bandonate nel  terreno  dalle  piante  malate  che  muoiono. 

Le  osservazioni  ed  i  fatti  che  qui  sotto  esporremo  serviranno  a 
portar  nuova  luce  in  questo  intricato  contrasto   di  ipotesi  ed  opinioni 


—  325  — 

ed  a  riconfermare  ancora  ima  volta  iiiiauto  noi  abbiamo  dimostrato  e 
sostenuto  nelle  nostre  precedenti  note  e  memorie,  cioè,  die  la  causa 
del  male  non  risiede  nel  terreno  e  non  sale  dalle  radici  alle  parti  aeree 
della  pianta,  ma,  viceversa,  da  queste  a  quelle  discende;  e  che  è  sem- 
plicemente l'opera  del  parassitismo  di  un  micete  epigeo. 

* 

Nella  scorsa  primavera,  in  alcuni  castagneti  della  valle  del  Sercliio 
in  pi'ovincia  di  Lucca,  la  morìa  delle  giovani  pianticelle  di  castagno 
era  rilevante,  onde  la  nostra  attenzione  fu  livolta  in  modo  speciale  a  ri- 
ceicarne  la  causa.  Eravamo  ai  primi  di  maggio  e  molte  piante  da  poco 
germinate  avevano  appena  spiegate  le  prime  fogliole.  Apparentemente 
la  maggior  parte  di  tali  piante  era  vegeta  e  prosperosa,  ma  un  attento 
esame  mostrava  in  parecchie,  sul  fusticino  delle  macchiuzze  o  delle 
brevi  strisele  longitudinali  livide  con  necrosi  del  tessuto  la  quale  in- 
teressava l'intero  spessore  della  corteccia;  ed  il  microscopio  rivelava  in 
esse  (in  sezioni   tangenziali)  un  micelio  fungino,  non   ancoia  sporificato. 

Trattavasi  di  minuti  cancri  incipienti  che  erano  sparsi  sul  fusti- 
cino tanto  nella  parte  soprastante  ai  cotiledoni,  quanto  nell'ipocotile, 
benché  quivi  in  minore  quantità. 

Estendendo  l'esame  alle  pianticelle  dell'anno  precedente,  nate  cioè 
nella  primavera  del  1913,  trovammo  pure  dei  piccoli  cancri  suUMpoco- 
tile,  alcuni  dei  quali  formanti  pustole  costituite  da  stromi  immaturi.  In 
pianticelle  di  tre  anni,  malate  ma  non  morte,  il  fatto  si  ripeteva;  cancri 
trovavansi  tanto  verso  la  base  dell' ipocotile  quanto  nella  regione  del 
colletto.  la  uno  di  questi  castagnoli  di  tre  anni  il  cancro  basale,  anzi, 
era  già  disceso,  con  larga  striscia  nerastra,  nel  fittone  della  radice, 
mentre  altri  castagnoli  trovammo  di  già  morti  in  seguito  a  forte  at- 
tacco del  male,  avvenuto  nella  parte  inferiore  del  fusto:  infine,  alcuni 
castagnoli  di  cinque  anni  erano  morti  per  attacco  nella  regione  del 
colletto. 

In  tutti  questi  cancri,  trovavasi  sempre  un  micelio,  spesso  con 
stromi  non  peranco  differenziati,  e  sporificati  benché  lascino  intravedeie 
forme  di  lùtxicocnim  o  di  Cijtosporella. 

* 

Ai  primi  dello  scorso  luglio,  dal  vivaio  forestale  di  Gozzano  in 
provincia  di  Novara  ci  furono  mandate  delle  piantine  di  castagno  ma- 
late per  ricercare  la  causa  del  deperimento  loro.  Recatici  sul  luogo,  tro- 
vammo che  le  pianticelle  sofferenti,  o  morte,  erano  affette  da  cancii 
simili  a  quelli  dei  castagnoli  della  valle  del  Sercliio,  anzi  in  uno  stadio 
pii!i  avanzato. 


—  326  — 

11  vivaio  di  Gozzano  contava  circa  duecentomila  pianticelle,  tutte 
nate  nella  primavera  da  castagne  seminate  nel  precedente  autunno.  Di 
questi  castagnoli,  circa  diecimila  erano  di  già  morti,  e  gli  altri  vede- 
vansi  morenti  o  fortemente  sofferenti. 

Dall'inchiesta  fatta  sul  luogo,  emerse: 

1.  Che  il  vivaio  di  Gozzano  si  trovava  a  notevole  distanza  da 
qualunque  castagneto; 

2.  Che  anclie  negli  anni  scorsi  si  seminarono,  nello  stesso  ter- 
reno, delle  castagne,  e  si  ebbero  castagnoli  sani,  senza  mortalità; 

3.  Che  il  vivaio  era  fatto  a  regola  d'arte  e  trovavasi  in  ottime 
condizioni  poiché  il  terreno  era  sciolto,  profondo,  provveduto  di  rego- 
lari canali  di  scolo,  con  aiuole  rialzate  e  senza  ristagno  o  infiltrazione 
di  acqua.  Inoltre,  il  terreno  era  fertilissimo  e  ricco  di  humufi,  sicché  le 
piante  in  poco  tempo  avevano  raggiunto  un  grande  sviluppo,  arrivando 
e  sorpassando  nn  metro  d'altezza; 

4.  Che  nel  vivaio  si  coltivavano  diverse  altre  essenze,  ma  solo 
quella  del  castagno  era  malata. 

Allora,  non  sapendo  come  orientarci,  sospettammo  che  il  male  po- 
tesse provenire  dalle  castagne  che  avevano  servito  per  la  semina.  Ed 
infatti,  dalle  informazioni  da  noi  prese  risultò  che  queste  eransi  avute 
in  parte  da  castagneti  del  comune  di  Armeno.  Ci  recammo  ad  Armeno, 
ed  una  accurata  ispezione  assodò  che,  pur  troppo,  in  questi  castagneti 
eranvi  molti  alberi  attaccati  dal  male  deirinehiostro,  tanto  nei  rami, 
([uanto  nel  tronco  e  nelle  radici.  Era  quindi  evidente  che  nel  vivaio 
la  malattia  ei'a  stata  portata  per  mezzo  delle  castagne  che  avevano 
servito  per  la  semina. 

Nel  vivaio  di  Gozzano,  il  male  si  manifestava  con  gli  stessi  ca- 
ratteri di  quelli  dei  castagneti  della  valle  del  Serchio  (caratteri  che 
sono  identici  a  quelli  di  tutti  i  castagni,  qualunque  sia  la  loro  età,  che 
muoiono  per  male  dell' inchiostro  :  in  tutti  si  hanno  i  cancri  carat- 
teristici prodotti  da  micosi).  Anche  nei  castagnoli  di  Gozzano  il  male 
aveva  preso  non  solo  le  parti  aeree  ma,  talora,  anche  le  radici.  E  le 
foglie  disseccavano  contemporaneamente  al  fusto,  o  prima  di  esso,  ri- 
manendo secche  attaccate  alla  pianta;  precisamente  come  avviene  nei 
grossi  alberi  attaccati  dal  male  dell' inchiostro  quando  muoiono  della 
cosidetta  forma  "  apoplettica  .,. 

Nel  vivaio  scegliemmo,  prendendole  dalle  diverse  aiuole,  oltre  un 
centinaio  di  piantine  in  tutti  gradi  di  sofferenza,  con  tutte  le  loro  radici 
e  la  terra  che  vi  aderiva  e  le  portammo  al  Laboratorio  per  sottojiorle 
ad  esame  più  accurato  e  minuto. 


—  327  — 

Nelle  centoventidue  piantine  esaminate,  ne  trovammo  centodieiotto 
che  presentavano  cancri  più  o  meno  sviluppati,  o  sul  fusto,  o  nella  re- 
gione emersa  dell'  ipocotile. 

Delle  quattro  che  non  avevano  cancri  nella  parte  aerea,  una  era 
sana  e  le  altre  tre  erano  malate  nella  radice. 

I  cancri  si  manifestavano  come  depressioni  o  lividure  della  cor- 
teccia, di  varia  forma,  generalmente  ellissoidali-allungati  o  lineari,  cioè 
sotto  forma  di  strisele  più  o  meno  appariscenti  nel  fusto  ancor  verde; 
spesso  il  cancro  abbracciava  l'intera  circonferenza  del  fusticino,  ed 
allora  vi  produceva  una  specie  di  strozzatura  anulare. 

Frequentemente  nei  cancri  eranvi  delle  pustole,  a  forma  di  ver- 
rucchette  dovute  allo  sviluppo  di  uno  stroma  fungino,  subcorticale,  non 
ancora  differenziato,  né  sporificato:  in  alcuni,  per  altro,  si  intravvedeva 
di  già  una  struttura  irregolarmente  valsoidea.  Questi  stremi  esaminati 
più  tardi,  sopra  piantine  morte  raccolte  nello  stesso  vivaio  nel  mese 
di  novembre,  si  trovarono  in  pai'te  sporificati,  come  nel  Lucchese,  sotto 
forma  di  Fusicoccum  e  Cijtosporella.  Erano  peraltro  diversi  dal  Fusi- 
cocciim  da  noi  altrove  descritto,  e  più  vicini,  se  non  identici,  alle  forme 
spermogoniclie  descritte  dal  Fuckel  come  appartenenti  al  ciclo  evolu- 
tivo della  JMelanconis  modonia  Tnl.,  e  simili  altresì  ad  alcune  forme 
conidiche  da  noi  ottenute  in  coltura  artificiale,  od  osservate  in  alcuni 
stadii  di  sviluppo  della  nostra  Melanconis  perniciosa. 

Non  intendiamo  peraltro  dedurre,  da  queste  apparenze,  che  tali 
forme  spermogoniche  siano  identiche  alle  forme  del  parassita  da  noi 
studiato  e  descritto  nelle  nostre  precedenti  note,  poiché  ce  ne  manca 
ancora  la  conferma  colturale  e  speiimentale. 

* 
*  * 

Studiamo  ora  attentamente  l'origine  ed  il  percorso  delle  infezioni. 

Per  lispetto  all'origine,  le  infezioni  si  potevano  distinguere,  topo- 
graficamente, in  aeree  (sul  fusto)  ed  in  radicali  (sulla  radice).  Delle 
prime,  alcune  erano  Laicali  o  cotiledonnli,  cioè  alla  base  del  fusto  in 
corrispondenza  all'  inserzione  dei  cotiledoni  ;  altre  trovavansi  nel- 
r  ipocotile. 

Ora,  dei  centoventidue  castagnoli  presi  in  esame  in  Laboratorio, 
uno,  come  si  disse  sopra,  mostravasi  perfettamente  sano;  centodieiotto 
presentavano  infezioni  aeree;  tre,  infezioni  radicali.  Tra  le  prime,  qua- 
rantatre erano  basali  o  cotiledonali;  e  le  piantine  con  infezioni  basali 
0  cotiledonali,  generalmente,  avevano  altiesi  una  o  più  infezioni  (non 
di  rado  le  più  gravi)  nella  parte  superiore  del  fusto.  Li  molti  casi 
queste  infezioni  basali  provenivano  dal  seme,  ed  erano  state  trasmesse 


—  328  — 

al  fuslicino  direttameute  dal  seme  stesso  per  mezzo  del  i>icciuolo  dei 
cotiledoni. 

L'esame  delle  tre  piantine  con  infezioni  radicali  rivelò  quanto 
segue  :  in  una,  l'infezione  si  era  iniziata  a  fior  di  terra,  da  dove  era 
scesa  alla  radice;  e  la  pianta  mostrava  anche  una  seconda  infezione 
alla  base  del  fusto,  che  non  comunicava  colla  prima.  Che  l'infezione 
della  radice  provenisse  dal  fusticino  e  vi  si  fosse  propagata  in  dire- 
zione discendente,  lo  dimostravano  lo  stato  di  necrosi  dei  tessuti  e  il 
degradare  della  loro  colorazione  patologica  che  si  estingueva  a  un  teizo 
della  radice  lasciando  perfettamente  sani  i  due  terzi  inferiori. 

In  un'altra  delle  dette  pianticelle  l'infezione  si  era  iniziata  a  circa 
sei  centimetri  di  profondità  dalla  superficie  del  terreno;  ed  aveva  pro- 
ceduto parimenti  con  direzione  discendente,  degradando  veiso  l'estre- 
mità della  radice,  che  mantenevasi  tuttora  sana. 

Nella  terza,  la  radice  era  mozzata  a  due  terzi  della  sua  lunghezza, 
probabilmente  per  opera  di  qualche  larva  d'insetto.  Nella  corrispon- 
dente ferita  non  cicatrizzata  si  scorgeva  un  processo  infettivo  con  per- 
corso ascendente,  che  aveva  lisalito  la  radice  fino  a  raggiungere  l'ipo- 
cotile  dove  s' insinuava  nel  legno  nel  quale  aveva  prodotto  delle  stria- 
ture  brune.  In  corrispondenza  di  queste  striature,  l'esame  microscopico 
mostrava  numerose  colonie  di  bacteri,  che  non  si  osservavano  nei  casi 
precedenti,  sicché  questo  si  può  ritenere  come  un  caso  eccezionale  di 
marciume  dovuto  ad  accidentale  infezione  bacterica  della  ferita,  com- 
pletamente estraneo  quindi  alla  causa  della  mortalità  delle  piantine 
del  vivaio. 

Per  rispetto  al  decorso  del  male  ed  agli  effetti  da  esso  prodotti, 
si  rilevò  che,  dei  centoventidue  castagnoli  sottoposti  a  studio,  quaran- 
taquattro avevano  il  fusto  tuttora  verde  o  solo  in  parte  secco,  ed  in 
settantaquattro  il  fusticino  era  completamente  morto.  Di  queste  ultime 
settantaquattro  piantine,  in  cinquantadue  eia  morta  anche  tutta  la  radice 
la  quale  mostravasi  piti  o  meno  marcescente  per  tutta  la  sua  lunghezza 
(con  intensità  peraltro  decrescente  dall'alto  al  basso)  ;  in  sette,  una 
porzione  di  radice  ver.so  l'estremità  inferiore  era  ancora  sana  (da  tre 
a  dieci  centimetri)  ;  in  cinque  era  sana  l' intera  metà  inferiore  della 
radice,  ed  in  dieci  tutta  la  radice  era  sana  sino  al  colletto. 

Delle  quarantaquattro  piantine  dal  fusto  ancor  verde,  ventitré  ave- 
vano la  radice  perfettamente  sana  (cosa  naturale,  perchè  non  avevano 
cancri  alla  base  del  fusto  o  solo  incipienti  e  leggieri);  tre  avevano 
cancri  nell'ipocotile  e  nel  fusto  i  quali  discendevano  sino  alla  radice 
ed  in  essa  si  prolungavano;  anzi  ne  avevano  uccisa  di  già  la  parte 
superiore,  ma  sana  era  tuttora  la  parte  inferiore. 


—  329   — 

Tutte  le  lailici  o  le  porzioni  di  radici  ancora  sane,  jiortavauo 
barbe  e  barbicelle  pure  sane. 

Dieci  castagnoli  che  avevano  alla  base  del  fusticino  cancri  abbrac- 
cianli  e  discendenti  nelle  radici,  queste  erano  interamente  morte  ed 
alcune,  anche  marcescenti. 

Questi  diversi  casi  non  erano,  come  si  potrebbe  sospettare,  stadii 
successivi  della  malattia;  poiché  le  differenze  loro  derivavano  eviden- 
temente dal  punto  iniziale  del  processo  infettivo  e  dalla  giavità  del- 
l'infezione. Spesso  a  produrre  la  marcescenza  della  radice  aveva  altresì 
contribuito  grandemente  la  presenza  di  gallerie  longitudinali  scavate 
da  insetti  nel  fittone. 

Anche  nei  castagnoli  avveniva  quanto  si  veiifica  sui  grossi  ca- 
stagni: cioè  quando  il  cancro  raggiunge  la  radice,  in  questa  si  espande 
e  discende  con  maggiore  rapidità  che  non  nel  fusto,  onde  la  morte 
della  radice  non  di  rado  precede  quella  della  parte  aerea  della  pianta 
che  muore  \)0ì  d'un  tratto  della  forma  cosi  detta  apoplettica. 

Avvertiamo,  ancora,  che  nel  vivaio  di  Gozzano,  oltre  i  castagnoli 
che  presentavano  i  caratteri  del  male  dell'  inchiostro,  alcuni  se  ne 
trovavano  che,  pure  avendo  senza  cancri  e  più  o  meno  vegeta  e  sana 
tutta  la  parte  aerea,  avevano  la  radice  mutilata,  probabilmente  per 
opera  delle  larve  di  Mdolontha  vxiìgaris  o  delle  Grillotalpe;  ed  altresì, 
altre  che  pi  esentavano  il  fìttone  della  radice  scavato  longitudinalmente 
da  galleiie  di  larve  d'insetti.  Alcune  di  queste  gallerie  erano  invase 
da  micelii  fungini  che  ne  avevano  provocato  la  marcescenza.  Nei  casta- 
gnoli a  radice  mutilata  le  ferite  eransi  cicatrizzate,  e  le  piante  vive- 
vano tuttora. 

I  castagnoli  con  galleria  longitudinale  nel  fìttone  ladicale  erano 
quasi  tutti  morti,  senza  che  nel  fusto  1  cancri  si  fossero  formati. 

Notiamo,  da  ultimo,  che,  allorquando  nei  mesi  di  agosto  e  settembre 
noi  rivisitammo  il  vivaio,  si  trovò  che  nelle  aiuole  (circa  cinquecento 
metri  quadrati),  nelle  quali  si  erano  lasciate  le  piantine  malate,  quelle 
di  esse  con  cancri  erano  tutte  morte  senza  che  la  malattia  si  fosse, 
almeno  ai)parentemente,  propagata  alle  sane  contigue  :  il  che  si  può 
spiegare  col  fatto  che  sopra  queste  piante  malate  il  parassita  non  aveva 
aucoia  cominciato  a  sporificare,  ciò  che  avvenne  solo  nel  tardo  autunno. 

CONCLUSIONI. 

Da  quanto  abbiamo  sopra  esposto  emerge: 

1)  che  non  solo  gli  alberi  adulti  ma  anche  le  piante  giovanis- 
sime ed  altresì  i  semi    germinanti  possono   essere  attaccati  dal  male 


—  330  — 

dell'  iiu'liiosti'o;    e   possonsi  avere  larghe  infezioni    di    male  dell'  iii- 
cliiosUu  anche  nei  semenzai,  ciò  che  finora  non  era  stato  avvertilo  ; 

2)  che  i  sintomi  ed  i  caratteri,  coi  quali  muoiono  i  castagnoli, 
sono  identici  a  quelli  che  si  manifestano  negli  alberi  che  per  tale 
morbo  scompaiono  dalle  selve  ; 

3)  che  i  semenzai  ed  i  vivai  vanno  attentamente  sorvegliati,  e 
le  pianticelle  loro  non  debbansi  distribuire  se  non  si  è  .siculi  che  siano 
perfettamente  sane,  cioè  anche  senza  macchie  sospette  e  cancri  i  quali 
spesilo,  per  essere  minutissimi  e  poco  appariscenti,  facilmente  sfuggono 
all'osservazione  superficiale; 

4)  che  quello  che  avviene  nei  CHStrtgnoli  e  nei  semenzai  pure 
conferma  che  il  male  deirinehiostro  non  si  inizia  nelle  radici  e  non 
segue  un  andamento  centripeto;  che  esso  è  prodotto  da  una  micosi  od 
infezione  crittogamica  che  attacca  da  prima  le  parti  aeree  della  pianta 
(rami  e  fusti),  poi  scende  alle  radici;  che  talora  l'attacco  può  aver 
luogo  anche  direttamente  nell'ipocotile  stesso,  ed  altresì  nella  parte 
superiore  della  radice  del  seme  germinante; 

5)  che  limale  non  si  può  attribuire  ad  esaurimento  del  terreno; 

6)  che  non  occorre  l'opera  di  uno  speciale  micromicete,  il  AJi/ce- 
lophagiis,  che  attacchi  e  distrugga  le  micorizze,  come  vuole  Mangin; 

7)  che  nemmeno  il  male  è  prodotto  dai  micelii  micorizzici  dive- 
nuti parassiti  per  deficienza  di  humus  nel  terreno,  come  pensa  Delacroix; 

8)  che  nemmeno  fa  d'uopo  di  ricorrere  all'esistenza  di  sostanze 
misteriose  e  tossiche,  prodotte  ed  abbandonate  nel  terreno  dalle  piante 
che  muoiono. 

La  quistione  micologica  che  non  è  di  capitale  importanza  per  la 
patogenesi,  la  profilassi  e  la  cura  del  male,  verrà  interamente  chia- 
rita e  risolta  più  tardi,  quando  le  ricerche  in  proposito  saranno  com- 
piute e  tutti  i  lati  del  problema  micologico  studiati.  Sino  da  oia  pos- 
siamo peraltro  aft'ermare  che,  quando  anche  si  riuscisse  a  dimostrare 
che  non  un  solo  fungillo  ma  parecciii  concorrono  a  produrre  il  com- 
plesso delle  alterazioni  che  vanno  sotto  il  nome  di  moria  o  di  male 
deirinehiostro  del  castagno,  ciò  non  infirmerebbe  quanto  noi  abbiamo 
ripetutamente  affermato  nelle  nostre  precedenti  pubblicazioni,  e  che 
anche  le  attuali  ricerclie  sull'  infezione  dei  castagnoli  e  dei  vivai  ri- 
confermano. 

Pavia,  Istituto  Botanico,  pciinaio  IDló. 


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L'Autore  del. 


Lit  Tacdàardi  e  Ferrari  Pavia 


L.  Monteraartini  -  Mriz  e  nprod. 


Atti  lidi' Istituto  Botanico  di  Pavia,  Voi.  XV. 


Tavola  XI. 


L.  MoNTEMARTisi.  —  Niitrisioiie  e  riprodusione. 


MILANO   -   TURATI   E   0. 


Atti  ch'ir  Istituto  Botanico  di  Pcivin,  Voi.  XV 


Tavola  XII. 


L.  MoNTEMARTiNi.  —  Nutrìsioìie  e  riprodusione. 


MILANO   -  TURATI   E  0. 


Avvi  tleirisV."  h)uVanic()  \i\\\:  di  V\-i\-iii  \ol.XV. 


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&L.Pavarmo--Bacteri  delle  Orchidee 


Lì!:  Tdcchinardi  e  Ferrari  Pavi 


Atti  dell'lst"  Botanico  Univ.  di  Pavia  Voi.  XV 


Tav.  XIV 


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G.L.Pavarino 


Flora  del  serpenlino 


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Atti  dell' IsKBol-tìni co  Univ.  eli  Vuvin  \ol.XV 


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I  FUNGHI  PARASSITI 

DELLE  PIANTE  COLTIVATE   OD  UTILI 

ESSICCATI,  DELINEATI  E  DESCRITTI 
per  Giovanni   BRIOSI  e  Fridiano  CAVARA 

■tìono  finora  usciti  17  fascicoli. 
Per  l'acquisto  rivolgersi  al    prof.  Gìo-v£»mi.-i.1  ]3x*ìosÌ9   Direttore 

deW  Istituto  Botanico  di  Pavia. 


ATTI    DELL'ISTITUTO   BOTANICO 

DELL'UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 
REDATTI   DA   GIOVANNI    BRIOSI 


Volume  1°  con    6  tavole  litografate 


Serie  II. 


2»  » 

29 

3»  » 

26 

40  .. 

32 

50  „ 

15 

6»  » 

12 

70  „ 

20 

8»  .. 

16 

9»  » 

6 

10»  » 

28 

Ilo  „ 

22 

12»  » 

14 

13»  » 

13 

14»  » 

20 

ed  un  ri 


.  .  1888. —  L 

20  - 

tratto  1892.  --   » 

40  - 

1894.-  >- 

40  - 

1897.  -  » 

45  - 

1898.  —  >^ 

35  - 

1900.  —  » 

35  - 

1902.-  >> 

40  - 

1904.—  » 

40  - 

1911.-  » 

30  - 

1907.—  » 

40  - 

1908.  -  » 

40  - 

1915.  —  » 

40  - 

1914.-  » 

40 

1914.—  » 

40  - 

1918.—  » 

40 

1916.—  » 

40  - 

15»  Parte  I,  con  13  tavole 
I         »       16»  con  18  tavole  litografate 
Panno  seguito  &\V Archivio  Triennale  del  Laboratorio  Crittogamico  di  Pavia. 
Per  l'acquisto  rivolgersi  alla  Direzione  dell'Istituto  Botanico  di  Pavia. 

ARCHIVIO  DEL  LABORATORIO  CRITTOGAMICO 

DI   PAVIA 
CON    MOLTE   TAVOLE 


Contiene  numerose  note   e   memorie  originali  di   patologia  vegetale   e  di 
crittogamia: 

Volume  I L.  30  —  Volume  IV L.  25  - 

Volume  II  e  III „    30  —     j     Volume  V 10  — 


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