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Full text of "Atti della Accademia gioenia di scienze naturali in Catania"

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HARVARD     UNIVERSITY. 


LIBRARY 

OF  THK 

MUSEUM  OF  COMPARATIVE  ZOÒLOGY. 


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ATTI 


DELLA 


ACCADEMIA  GIOENIA 

DI    SCIENZE    NATURALI 


IIV     CATATVIA 


ANNO    LXVII 


1890-91 


SEI^IE      <^TJ^^I^T^^ 


VOLUME    III. 


CATANIA 

COI    TIPI    C.    GALÀTOLA 

1891, 


ATTI 


DELLA 


ACCADEMIA  (IIOENIA 

DI    SCIENZE    NATURALI 


IIN     CATTISI  A 


ANNO    LXVII 


1 890-91 


SERIE      GlTJ  J^:EÌT  .A. 


VOLUME    III. 


CATANIA 

COI    TIPI    C.    GALÀTOLA 

1891. 


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CARICHE    ACCADEMICHE 

PER  L'ANNO  1891 -!»2. 


UFFICIO   DI   PRESIDENZA 

ZURRIA  Corani.  Prof.  Givs^pF'E  —  Presidente 
TOMASELLI  Comm.  Prof.  Salvatore  —  Vice  Presidente 
BARTOLI  Prof.  Adolfo  —  Segretario  Generale 

GRASSI  Prof.  D.r  Giambattista  —  Segretario  della  Sezione   di   Scienze 

naturali 
MOLLAME  Cav.  Prof.  Vincenzo  —  Segretario  della  Sezione    di    Scienze 

fisico-matematiche 


CONSIGLIO  D'  AMMINISTRAZIONE 

SCIUTO  -  PATTI  Cav.  Prof.  Carmelo 
BERRETTA  Cav.  Uff.  Prof.  Paolo 

ARDINI  Prof  D.r  Giuseppe 

ORSINI  FARAONE  Prof.  D.r  Angelo 

OAFICI  Rev.  P.  Giovanni  —  Cassiere. 


SOCII  EFFETTIVI 


1.  TORNABENE  cav.  prof.  Francesco 

2.  ZURRIA  comm.  prof.  Giuseppe 
■ò.  OAFICI  p.  Giovanni 

4.  NICOLOSI  TIRRIZZI  cav.  prof.  Salvatore 
ó.  BERRETTA  cav.  uft'.  prof.  Paolo 

6.  SCIUTO-PATTI  cav.  prof.  Carmelo 

7.  ARDINI  prof.  Giuseppe 

8.  TOMASELLI  comm.  prof.  Salvatore 

9.  CLEMENTI  cav.  uff.  prof.  Gesualdo 

10.  ORSINI  FARAONE  prof.  Angelo 

11.  RONSISVALLE  cav.  prof.  Mario 

12.  BASILE  prof.  Gioachino 

13.  CAPPARELLI  prof.  Andrea 

14.  MOLLAME  prof.  Vincenzo 

15.  ARADAS  prof.  Salvatore 

IG.  SANGIULIANO  Marchese  Antonino 

17.  GRASSI  prof.  Giambattista 

18.  AMATO  prof.  Domenico 

19.  BARTOLI  prof.  Adolfo 

20.  UGHETTI  prof.  Giabattista 

21.  FERRARI  prof.  Primo 

22.  FICHERA  cav.  prof.  Filadelfo 

23.  CHIZZONI  prof.  Francesco 

24.  FELETTI  prof.  Raimondo 

25.  PENNACCHIETTI  prof.  Giovanni 

26.  PETRONE  prof.  Angelo 

27 

■2^ 

29 

;50 


Sugi' integrali  coiiiimi  a  più  sistemi   di  equazioni 
(litì'ereuziali   ordinarie. 


Nota  del  prof.  G.  PENNACCHIETTI 

letta  all'Accademia  Gioenia  nell'adunanza  del  d)  28  dicembre  1890. 


Nella  nota  ') ,  che  ho  avuto  teste  1'  onore  di  presentare  all'Ac- 
cadomia  ,  ho  adoperato  ,  per  la  determinazione  degl'integrali  pri- 
mi comuni  a  più  sistemi  di  m  equazioni  differenziali  ordinarie  di 
second'  ordine,  contenenti  altrettante  funzioni  incognite  di  una  va- 
riabile indipendente,  un  metodo,  che  si  può  estendere  non  solo  alla 
determinazione  degl'integrali  d'ordine  n  —  1,  comuni  a  più  sistemi 
di  m  equazioni  differenziali  ordinarie  di  //^"'"'  ordine  tra  un  egual 
numero  di  funzioni  incognite  di  una  stessa  variabile,  ma  ancora, 
più  generalmente,  alla  determinazione  degl'  integrali  comuni  a  più 
sistemi  di  m  equazioni  differenziali  ordinarie  di  prim'  ordine  con  m 
funzioni  incognite. 

Siano  infatti  : 

^  -  r.  (1) 

dt  ~  ^'  '  ^  ' 

(  s  =  1  ,  2,  .  .  .  m  ) 

t  =  '■  <^> 

due  distinti  sistemi,  composti,  ciascuno,  di  m  equazioni  differenziali 
ordinarie  di    prim' ordine  ,    essendo  le   1'^,,    Z,   funzioni    dì  t  ,    y^, 

Se 

F{f ,  Vr,  y,,...  Vm)  =  a, 

1)  Sugi'  integrali    delle    equazioni   della    dinamica    —    Atti    dell'  Accademia    Gioenia   di 
.  Scienze  Naturali  in  Catania.  Voi.  Il,  Serie  4"  1890. 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Serie  4'  1 


2  Sugi'  integrali  cornimi  a  jiiti  sistemi  di  equazioni  ecc. 

essendo  a  una  costante  arbitraria,  è  un  integrale  comune  ai  due 
sistemi,  si  dovrà  avere  identicamente^  qualunque  siano  i  valori  di 
t,  Hi  ,   ih,-  iJm  ■ 

ÒF        ÒF  ^.        ÒF  ^,  ÒF   -, 

àt  òy,  òy,  dy,n 

(3) 

a;-'      hF  ^       ÒF  ^  HF   ^       ^    \ 

àt  ài/,  òy,  dy,„ 

Ora  i  due  sistemi  (1).  {"2)  non  possono  essere  distinti,  senza 
che  due  almeno,  p.  es.  Fj,  Zi,  delle  quantità  corrispondenti  Y,,  Z., 
siano  differenti  I'  una  dall'  altra.  Perciò  si  può  porre: 

'''-     Y,    -     Z.    '  ^^' 

(;•  =  !,  2...  m  —  \) 


Si  avrà 


Ir    J  r+1  n'r  i  i  .  W/ 


Ir    Zp^i    fir^i  ,  (b) 


o  anche  : 

7      Zp  .  1     J  ,  i  ri  1    Z, 

Il  sistema  (3)  può  allora  trasformarsi  nel  seguente  : 
ÒF         ÒF  ,  ÒF  , 

òt  ài/,  d//, 

ÒF         ÒF  ,  ÒF   , 

in  gcncj'ale  il  sistema  (S),  (9)  non  può  ammettere  un  dato 
numero  h  di  soluzioni,  se  i  coefficienti  delle  derivate  parziali  non 
soddisfino  ad  equazioni    differenziali    parziali,    che    si  determinano 


ÒF 

àym 

=  0, 

(8) 

^                "/»  — 

,  =0. 

(9) 

Sugi'  inteyraìì  comuni  a  pia  .■ii.stemi  di  equazioni  ecc.  3 

mediante  le  note  condizioni  d'  integrabilità,  fornite  dalla  teoria  delle 
equazioni  differenziali  parziali  simultanee  di  prim'  ordine.  Se  nel 
sistema  (8),  (9),  e  contemporaneamente  nelle  (5),  in  luogo  delle 
quantità  k,.,  /,. ,  si  sostituiscono  funzioni  delle  variabili  indipendenti 
f,  ;/,,  I/.2,  ■■■  i/,„ ,  tali  clie  il  sistema  (8),  (9)  ammetta  //  soluzioni,  queste 
soluzioni  converranno  agl'infiniti  sistemi  (1),  i  cui  secondi  membri, 
considerati  come  funzioni  delle  variabili  indipendenti  /,  //, ,  //,,...  ij,,,, 
soddisfino  alle  condizioni  (5),  o,  ciò  che  è  lo  stesso,  converranno  a 
tutti  i  sistemi  {"2),  i  cui  secondi  membri  soddisfino  alle  condizioni  (6). 

Supponiamo,  p.  es.,  che  i  due  sistemi  (1),  (2)  ammettano  m —  1 
integrali  comuni,  e  consideriamo  dapprima  in  particolare  i  due  casi, 
sebbene  estremamente  semplici,  in  cui  gli  m—i  integrali  non  con- 
tengano una  delle  variabifi  y^,  ovvero  t. 

Nel  primo  caso  si  ha  : 

ày,  %, 

cioè  tutti  i  possibili  sistemi,  che  hanno  m—  1  integrali  comuni,  non 
contenenti  ij^,  sono  compresi  nel  sistema: 


dyr+i 


-^  =  ■*!(''  ^1  '  y^,-—yni) , 

=  Yr+i  {t,  y,,  y,,...  ym),        {r  =  ì,  2,...  ni  —  1) 


dt 

differendo  un  sistema  dall'altro    soltanto   per   la    prima   equazione. 
In  particolare,  se  m^='ìn ,  e  si  pone: 

yn+i  =  Pi,  (  «■  =  1 ,  2 , ...  «  ) ,  (10) 

il  sistema  (1)  non  può  ammettere  il    sistema   dei  2« —  1   integrafi, 
non  contenenti  esplicitamente  y^,  in  comune  col  sistema  canonico: 


(2  =  1,   2,...   il)  (11) 


dyt 
dt 

OH 
~   àpi 

dpi 
dt 

OH 

4  Sugi'  integrali  comuni  a  più  sistemi  di  equazioni  ecc. 

dove  H  non  contenga  esplicitamente  i/^,  a  meno  che  il  sistema  (1) 
st  esso  non  abbia  la  forma  : 


-^  =  i,  {.t,  yi,  y,,.--  Vm) , 


dt 


dy,^i  ÒH 


dt  òyi^i 

(i  =1,  2,    ...  71  -  l) 
dpi+i  ÒH 


dt  òyi+i 

del  quale  le  ultime  %i — 2  equazioni  formano  un  sistema  canonico. 
Nel  secondo  caso  si  ha  : 


if  =  o,        z,  =  o,        *A  =  o, 


e  quindi  la  condizione  necessaria  e  sufficiente  ,  afflnchè  i  sistemi 
(1),  (2)  abbiano  in  comune  m—ì  integrali,  non  contenenti  esplici- 
tamente t,  è  che  si  abbia: 

Z.4i  =  Ir  {y,,  y,, ...  ym  )  Z,,  (  r  =  1 ,  2 , ...  w  -  l  )        (12) 

Y,     =    ->.{t,y„y„...y„,)Z,,  (s  =  l,2,...m) 

essendo  Z^  e  ''■  funzioni  qualunque  di  i,  y^  ,  1/.,,...  ij,,,.  Gli  m  —  1 
integrali  saranno  le  m  —  1  soluzioni  dell"  equazione  (9),  e  conver- 
ranno a  tutti  quei  sistemi  (2),  nei  quali  le  .Z'^ soddisfino  alle  m—i 
condizioni  (12). 

Se   uè  Z,,  né,    per  conseguenza,   Z, ,    Z,,...Z„,,   contengono 
esplicitamente  /,  la  condizione  necessaria  e  sufficiente,  affinchè  i  si- 


Si((j/'  iiifi'j/ni/i  coiiiiui/  (I  pia  aisteiiiì  di  e(jtiazi(i)>ì  ecc. 


sterni  (1),  ("i)  abbiano  «^— 1  integrali  comuni,  non  contenenti  espli- 
citamente t,  è  che  il  sistema  (1)  abbia  la  forma  : 

df 

essendo    >■    una  funzione  qualunque  di  f,  i/^ ,  y., , ...  //„, . 

In  particolare,  se  m=%i,  e  si  fa  la  posizione  (10),  il  sistema 
.    (1)  non  può  ammettere  i  !2«— 1  integrali,  non  contenenti  esplicita- 
mente f,  in  comune  col  sistema    canonico  (11),  nel    quale  H  non 
contenga  esplicitamente  t,  a  meno  che  il  sistema  (1)  stesso  non  ab- 
bia la  forma  : 

dyi    _  .     OH 
dt    ~  '~ò^' 

dp,    _        .    OH 
dt  '  òìji 

essendo   >■  una  funzione  qualunque  di  t,ij^,   i/,,...ì/„,  p,,  p.^,...i}„. 
Passando  al  caso  generale,  poniamo: 

^^  ^.y.  òy.,  òy,„ 

„  ,  „.  ÒF         ÒF  ,  ÒF  ÒF 

Le  equazioni  (8),  (9)  non  possono  ammettere  soluzioni  comuni, 
senza  che  si  abbia  ancora: 

SF  \,  .  i      ÒF  i  t  ÒF  i  i 

j^)A{l;)-B{l,)[  +  ^)A{l-,)~B{l,)  ;  +...+  _J^,A-„,_0-i?a«.-i)J=O.      113) 

Se  si  richiede  che  il  sistema  (8),  (9)  ammetta  m—1  soluzioni, 
l'equazione  (13)  dev'  essere  soddisfatta  identicamente,  ovvero  deve 
essere  combinazione  algebrica  delle  equazioni  (8),  (9).  Ma  la  (13) 
non  può  essere  una  conseguenza   algebrica  delle   equazioni  (8)  (9), 


l'augi'  integrali  comuni  a  piìt  sistemi  eli  equazioni  ecc. 


perchè  da  queste  due  equazioni  non  si  possono    eliminare  le  deri- 

.             ■  ,.      ÒF       òr 
vate   parziali    ,  — 

soddisfatta.  Si  ha  così 


vate   parziali    _- _ ,  __  •    Perciò  la  (13)  dev'essere  identicamente 

òt  d//, 


A{k,)-  B(l,)  =  0, 
A{1-,)-  Bih)  =  0, 

A  (  A-„,-.  )  -  B  (  Z,„_,  ì  =  0  , 


ossia  : 


àt  ò(/,  0^3  òy,„  d(/,  òy,  dy,n 

Se  per  mezzo  delle  (4),  (7)  si  eliminano  le  /.•,  /  dalle  (14) ,  si 
avranno  vi — 1  equazioni,  che  contengono  le  derivate  parziaU  di  pri- 
m'ordine  delle  Y^,  Z^,  e  che  esprimono  le  condizioni  necessarie  e 
sufficienti,  a  cui  devono  soddisfare  le  Y^ ,  Z, ,  affinchè  i  due  sistemi 
(1),  (2)  ammettano  ni  —  1  integrali  comuni.  Se  sono  date  le  Y, ,  Z^ , 
in  modo,  che  quest"  ultime  equazioni  differenziali  siano  identicamente 
soddisfatte,  e  se  le  espressioni  corrispondenti  delle  A,.,  /,. ,  si  sostitui- 
scono nelle  (5),  (8),  (9),  il  sistema  (8),  (9)  ammetterà  m — 1  solu- 
zioni, che  saranno  tn — 1  integrali  comuni  non  solo  ai  due  sistemi 
dati  (1),  (2)  ,  ma  ancora  a  tutti  gli  altri  sistemi  (1).  i  cui  secondi 
membri  soddisfino  alle  condizioni  (5).  Se  il  sistema  (2)  è  dato,  ed 
è  canonico,  risulteranno  determinate  le  condizioni,  a  cui  deve  sod- 
disfare un  altro  sistema  qualsiasi  (1),  affinchè  questo  abbia  in  co- 
mune ni — 1  integrafi  col  sistema  canonico  dato. 


I  problemi  cliimici  dell' epoca  presente 
del  prof.  V.  MEYER 

ed 

Il  nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  Chimica 
del  prof.  D.  AMATO. 


Raffronti    e    ragguagli 

(li 


D.    AMATO 


Memoria  letta  all'Accademia  Gioenia  nell'adunanza  del  d)  30  Novenhre  1890. 


Tre  anni  or  sono,  nell"  ottobre  del  1887,  lessi  in  una  seduta 
straordinaria  di  questa  Accademia  un  mio  lavoro  col  titolo:  Studii 
sperimentali  e  considerazioni  teoriche  sopra  un  nuovo  indirizzo  da  darsi 
alla  chimica.  E  siccome  in  questo  lavoro  emettevo  concetti  nuovi 
e  tali  da  farmi  temere,  come  sempre  avviene  in  simili  casi,  d'  in- 
contrare opposizione  nelle  vecchie  teorie,  io  esordivo  col  dire  che 
pulAlicavo  con  animo  perplesso  le  mie  vedute  e  i  miei  risultati. 

Epperò  poco  tempo  dopo  da  questa  mia  lettura,  io  ebbi  il 
piacere  che  una  voce  autorevole,  quella  del  professore  Iacopo  Mo- 
leschott,  si  levasse  in  sostegno  delle  mie  idee.  Questo  dotto  infatti 
nel  suo  discorso  letto  nella  ricorrenza  della  solenne  apertura  del- 
l' Università  di  Roma,  si  pronunziava,  nel  concetto  generale,  iden- 
ticamente a  me.  Cosicché  io  sentii  il  bisogno  di  far  precedere  a  quel 
mio  lavoro ,  a  guisa  di  proemio,  il  seguente  brano  :  "  1  concetti 
"  che  vado  a  svolgere  in  questo  lavoro  e  che  comunicai  a  questa 
*  Accademia  il  17  ottobre  ultimo — le  idee  cioè  concernenti  l'unità 
"  della  scienza  ;  1*  intimo  legame  di  tutte  le  scienze  fra  di  loro  ;  la 
"  necessità  di  scoprire  altre  forme  di  energia  :  il  non  essere  tutte, 
"  queste  forme  ,  quelle  che  oggi  possediamo  ;  la  possibilità  della 
"  formazione    della    cellula  ;    la  necessità  di  partire  ,   per  conseguir 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Serie  4'  2 


Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica 


"  ciò,  dalla  sintesi  delle  sostanze  organiche  naturali  e  specialmente 
"  dalle  sostanze  albuminoidi  ;  il  giovarsi,  la  biologia  e  la  zoologia  , 
"  della  paleontologia;  la  grande  importanza  dello  studio  dei  pri- 
'■  missimi  esseri  viventi,  dei  Protisti  ;  ed  il  considerare  il  carbonio 
"  quale  elemento  eminentemente  biologico  e  causa  prima  della  vi- 
"  ta  —  queste  idee  dico  sono  state  pronunziate  nel  novembre  ulti- 
"  mo  dal  prof.  Moleschott,  ed  io  sono  lieto  di  avere  prevenuto  in 
"  questo  il  sommo  fisiologo  di  Roma.    „ 

Ma  il  prof.  Moleschott  ,  benché  fornito  di  grande  vastità  di 
cognizioni,  non  è  un  chimico  e  mi  si  poteva  allora  obiettare,  che, 
per  il  trionfo  delle  mie  idee,  la  voce  di  un  chimico  sarebbe  stata 
ancora  piìi  autorevole.  Questa  voce  non  si  fece  a  lungo  aspettare. 
Due  anni  dopo  dalla  mia  pubblicazione,  il  professore  Vittorio  Meyer 
dell'  Università  di  Heidelberga  ,  uno  dei  più  sonmii  chimici  della 
Germania,  il  successore  di  Roberto  Runsen,  nel  Congresso  dei  Me- 
dici e  Naturalisti  tedeschi,  tenuto  nel  settembre  dell'  anno  passato 
in  Heidelberga  ,  pronunziava  un  discorso  col  titolo  di  Probi emi 
c/limici  dell'epoca  presente,  che  è  bene  dirlo  ,  fu  accolto  da  unanimi 
applausi  da  centinaia  di  naturalisti  fra  i  quali  i  pili  eminenti  chi- 
mici d'  Europa.  Ora  tra  i  concetti  svolti  nel  suo  discorso  da 
quest'  ultimo  e  quelli  pubblicati  nel  mio  lavoro  vi  è  tale  unità  di 
propositi  e  tale  coincidenza  di  fatti,  che  se  non  fosse  che  io  li  abbia 
pubblicati  due  anni  prima ,  e  se  non  conoscessi  che  i  tedeschi  dif- 
ficilmente leggono  i  lavori  italiani  di  chimica,  direi  che  V  uno  ha 
copiato  r  altro.  E  questa  coincidenza  è  tanto  più  significante,  quando 
si  pensa  che  trattiamo  temi  opposti  :  infatti  mentre  il  professore 
Meyer  fa  l'elogio  della  scienza,  io  tratto  il  tema  di  un  nuovo  in- 
dirizzo da  dare  alla  medesima.  Ma  la  verità,  o  Signori,  è  sempre 
la  stessa  da  qualunque  lato  essa  si  guarda. 

Io  quindi  oggi  mi  propongo  di  comunicare  a  questa  Accade- 
mia alcuni  ragguagli  tra  i  concetti  svolti  nel  nominato  mio  lavoro 
e  queUi  svolti  dal  professore  Meyer  nel  prefato  suo  discorso,  e  ciò 
allo  scopo  di  far  rilevare  la  perfetta  coincidenza  tra  le  mie  idee  e 
quefie  di  quest'  ultimo.   E  sono  lieto  di   comunicare  ciò  alla  nostra 


Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica 


Accademia,  non  solo  per  la  coincidenza  dei  miei  trovati  con  quelli 
di  uno  dei  più  vak'uti  cliimici  della  Germania,  ma  ancora  perchè 
mi  assicurano  che  nel  mio  lavoro  non  mi  sono  allontanato  dal  vero 
e  mi  persuadono  a  perseverare  sempre  più  in  queste  mie  ricerche, 
colla  speranza  che  mi  si  vorrà  compatire  se  mi  allontano  dalle 
opinioni  di  persone,  le  quali  hanno  reso  alla  scienza  sjrandissimi 
servizi,  che  io  sono  il  primo  ad  apprezzare  altamente. 

A  chi  poi  nel  leggere  quel  mio  lavoro,  qualche  giudizio  avesse 
potuto  sembrare  un  po'  aspro,  mi  permetto  osservare  che  il  pro- 
fessore Meyer  non  è  stato  meno  aspro  di  me.  Ed  infatti,  cosa  si 
dovrebbe  dire  di  quesf  ultimo  quando  parla  di  stato  d'  infanzia 
della  nostra  scienza?  quando  afferma  che  il  chimico  per  la  sua 
scienza  ha  fatto  quasi  nulla  in  confronto  di  quanto  ha  fatto  per 
essa  la  scoperta  di  Newton?  qujindo  parla  di  erro/-/ /"«^a/t  commessi 
dal  chimico  a  causa  di  avere  studiato  da  un  solo  punto  di  vista  la 
sua  scienza?  e  di  tante  altre  di  simiU  cose  di  cui  qui  taccio  per 
non  ripetermi  nel  seguito  della  presente  lettura?  Certo  non  si  dirà 
del  Meyer  eh'  egU  col  dir  ciò  abbia  avuto  l' idea  d' infliggere  un 
biasimo  ai  suoi  contemporanei. 

Premesse  queste  considerazioni  entro  subito  in  argomento. 

Lo  scopo  della  presente  lettura,  come  ho  detto,  è  quello  di 
fare  rilevare  la  perfetta  coincidenza  delle  mie  idee  con  quelle  del 
professore  Meyer.  E  nel  far  ciò  io  mi  servirò  da  una  parte  del  ci- 
tato mio  lavoro  "  sul  nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica  „  (1), 
che  coadiuverò  con  quello  del  '"  carbonio  quale  base  del  mondo 
organico  „  (2), e  dall'altra  parte  del  prelodato  discorso  dell"  illustre 
professore  di  chimica  dell'Università  di  Heidelberga  (3). 

Onde  comincio  col  dire: 


(1)  Atti  dell'Accademia  Gioenia  di  Scienze  Naturali  di  Catania,  Serie  3*,  voi.  XX,  p.   153 
anno  1888. 

(2)  Catania  tipografia  dei  Fratelli  Galati— 1885. 

(3)  Tagehlatt  der  versammhmg  deutscher  Naturfurscher  und  Artze  in  Heidelberg,  p.  126, 
anno  1890. 


10  Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica 


I. 


Il  professore  Meyer  a  p.  126  del  Tageblatt  citato  nella  nota 
precedente,  alle  cui  pagine  da  qui  innanzi  io  mi  riferirò,  dice  quanto 
segue  :  "  Dovendo  il  chimico  parlare  dei  progressi  che  ha  fatto  la 
"  sua  scienza  è  costretto  a  confessare  che,  a  differenza  dell'  astro- 
"  nomo,  del  fisico  e  del  matematico,  tratta  con  animo  perplesso  un 
"  tale  tema.   „ 

Io,  molto  più  mite  nei  miei  apprezzamenti  dell'illustre  autore, 

nelle  pagine   15   e   16  del  mio    opuscolo    sul    Carbonio    quale  base 

del  mondo    organico,  ed  alle    pagine  28    e    29  del  mio  lavoro  sul 

nuovo  indirizzo  da  dare  alla  chimica,  mi  esprimo    così:   "  La  chi- 

"  mica  in  genere  e  la  chimica    organica    in    specie    hanno    certa- 

"  mente  sintetizzato  molti  corpi    naturali;    ma    a    me  sembra  che 

"   hanno  progredito  lentamente  nel  campo  delle  teorie.     La  fisica,  la 

"   termo-chimica,  la  matematica,  V  astronomia,    etc    hanno    arricchito 

"  la  scienza  d' importanti  novità  teoriche.  Ma  la  chimica  in  genere 

"   e  la  chimica  organica  in  specie  non  fanno  che  ripetere  cose  ana- 

"  loghe  alle  già  fatte.   „ 

Come  vedete,  l' autore  dice  :  che  il  chimico  tratta  con  animo 
perplesso  il  tema  dei  progressi  che  ha  fatto  la  sua  scienza,  ma 
che  così  non  avviene  per  lo  astronomo,  il  fisico  ed  il  matematico. 
Io  dico:  che  la  chimica  ha  progredito  lentamente  nel  campo  delle 
teorie,  ma  che  così  non  hanno  fatto  la  fisica,  la  termo-chimica,  la 
matematica  e  l' astronomia. 


IL 


Nella  medesima  pagina  126  il  professore  Meyer  dice:  "  Il  più 
"  grande  fra  i  naturalisti  tedeschi  dei  nostri  giorni,  fece  suo  il 
"  giudizio  di  Kant  sulla  chimica,  il  quale  disse  che  questa,  dicasi 
"  pure  una  scienza,  non  è  tale  nel  suo  più  alto  significato  della 
"  parola.  Non  bisogna  considerare  un  tale  apprezzamento  come  un 


Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica  11 


"  biasmo,  ma  come  un  esatto  riconoscimento  delle  condizioni  at- 
"  tuali  della  nuova  chimicn.  „  Ed  a  pagina  127  soggiunge;  "  La 
"  chimica  dei  tempi  d'  ogyi  è  quella  che  era  l'astronomia  ai  tempi 
"   di  Keplero  e  di  Copernico.   „ 

È  chiaro  che  l'autore  con  ciò  vuol  significare  che  la  nostra 
scienza,  in  quanto  a  progresso  scientifico  nel  vero  senso  della  pa- 
rola ,  ne  ha  fatto  ben  poco.  Ora  io  a  pagina  18  del  mio  lavoro 
sul  nuovo  indirizzo,  etc.  (1),  dico:  "  La  chimica  attuale  è  guidata 
"  nelle  sue  investigazioni  da  un  principio  mal  formulato  e  solo  in 
"  parte  esatto  ;  e  che  per  conseguenza  (2)  si  assiste  tuttodì  allo 
"  spettacolo  di  vedere  il  chimico  vagare  da  incertezza  in  incertezza 
"  ed  a  spesso  fallire  nei  suoi  tentativi.  „  Ed  a  pagina  16  del  mio 
opuscolo  sul  Carbonio  quale  base  etc.  dico,  che  la  chimica  nel  campo 
teorico  ha  progredito  lentamente  e  che  la  chimica  organica  in  specie 
si  trova  in  ristagno  di  29  anni.  Ed  infine  alle  pagine  27  e  29  del 
mio  lavoro  ,  ripetendo  il  medesimo  concetto,  prosieguo  a  dire  che 
1'  attuale  chimica,  in  quanto  a  teoria  pura  e  semplice,  non  ha  fatto 
quei  progressi  che  hanno  fatto  le  sue  consorelle. 


m. 


Il  professore  Meyer  prosiegue  a  dire  a  pagina  127  e  ripete 
quasi  lo  stesso  a  pagina  134  (v.  Capitolo  XX  del  presente  rag- 
guaglio )  :  "  Se  ogni  studio  della  natura  si  prefigge  lo  scopo  di 
"  esporre  i  suoi  trovati  scientifici  in  forma  matematica,  una  scienza 
"  come  la  nostra  la  quale  è  tanto  lontana  da  questa  meta  da  essere 
"  ancora  in  cerca  della  via  che  deve  tenere  per  raggiungerla,  deve 
"  considerarsi  ancora  nello  stato  à' infanzia.  Ma  verrà  il  tempo  in 
"  cui  la  chimica  subirà  questo  grande  cambiamento.   „ 


(1)  Quando  parlo  di  mio  lavoro,  da  qui  innanzi  intenderò  riferirmi  a  quello  del  nuooo 
indirizzo  da  dare  alla  chimica. 

(2)  Qui  mi  occorre  dichiarare  che  io,  durante  la  mia  esposizione,  per  maggiore  chiarezza, 
qualche  volta  sono  obbligato  a  suntare  e  qualche  volta  a  ripetermi  ;  ma  che  sarò  fedele  al 
concetto. 


12  Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica 

Io  pure,  a  pagina  i26  del  nominato  mio  lavoro,  faccio  rilevare 
il  bisogno  del  trattamento  matematico  della  nostra  scienza,  e  dico 
così  :  "  Questo  ignoto  (ignoto  che  spiego  prima)  non  si  raggiungerà 
"  se  non  si  farà  maggiore  attenzione  ai  niovimenti  delle  ultime  par- 
*  ticelle  della  materia,  se  non  si  tiene  insomma  in  maggior  conto 
"  lo  studio  della  termo-chimica.  Non  è  bene  dimenticare  che  i  fe- 
"  nomeni  chimici,  essendo  effetti  di  movimento,  devono  per  forza 
'■  sottostare  alle  leggi  generaU  della  meccanica.  „  E  per  fare  rile- 
vare ,  come  dice  1'  autore  ,  che  verrà  il  tempo  in  cui  la  chimica 
subirà  questo  grande  cambiamento,  dico  a  p.  16  del  mio  opuscolo 
sul  Carbonio:  "  Io  però  non  dispero  per  l'avvenire  di  questa  inte- 
"  ressante  branca  di  scienza,  e  questa  speranza  la  fondo  nei  giovani 
"  chimici  e  nella  gioventù  nascente;  essi,  ne  ho  fiducia,  sapranno 
"  colmare  la  lacuna  che  noi  forse  lasceremo.  „ 


IV. 


Nella  medesima  pagina  127  il  professore  Meyer  dice:'"  In 
ogni  scienza  oltre  alla  ragione  deve  assistere  un'  altra  potenza  : 
la  fantasia.  Epperò  la  sua  influenza  sopra  una  disciplina  è  tanto 
più  grande  quanto  questa  è  più  lontana  dallo  stato  di  scienza. 
E  così  avviene  che  nella  chimica  odierna  la  fantasia  e  la  intui- 
zione hanno  una  parte  più  grande  che  nelle  altre  scienze.  Queste 
idee  non  arriva  ad  intenderle  per  nulla  colui  che  conosce  la  chi- 
mica solamente  dalla  tradizione  dei  fatti  completamente  chiai'iti, 
o  colui  che  fa  consistere  il  vero  spirito  della  indagine  chi- 
mica nel  misurare  i  processi  fisici  che  accompagnano  i  trovati 
chimici.  In  questa  circostanza  lo  intelletto  si  apre  solo  a  colui 
che  si  slancia  nel  mare  dell'  incognito,  come  quello  che  oggi 
giace  sparso  innanzi  a  noi  nella  chimica  organica,  etc.  —  Infatti 
i  più  sorprendenti  successi  sperimentali  in  chimica  organica  si 
sono  ottenuti  per  mezzo  d' intuizioni,  che  potranno  essere  spiegate , 
allorquando  i  progressi  della  chimica  avvierauno  questa  scienza 
alle  discipline  fisico-matematiche.   , 


Xuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica  13 


Io  alle  pagine  5-fi  del  noniiiiato  mio  opuscolo  sul  Carbonio 
dico  :  ■■  lo  non  sono  di  ({Ui'Ui  che  amano  far  poniiia  di  teorie,  ma 
"  d"  altra  parte  non  giudico  ben  fatto  lo  eccedere  nel  semo  oppofito. 
"  Non  bastano  i  fatti  :  ci  vuole  V  /iiiiiia</iii(izio>ìe  che  intuisce,  etc. 
"  E  credete  voi  che  vi  sia  opera  d*  ingegno  scompagnato  dal  lavorio 
"  segreto^  ed  alle  volte  inconsapevole  della  immaginazione?  Non 
"  ve  ne  ha  neanche  nelle  matematiche,  nelle  quali  non  solo  la  geo- 
"  metria  descrittiva,  che  chiamano  la  poesia  di  esse,  ma  c|ualsiasi 
"  indagine  richiede  che  il  calcolo  sia  guidato  da  leggi  ed  anche 
"  da  lampi  d'  ingegno,  la  cui  verità  non  è  dimostrata  a  bella  pri- 
"  ma.  Essi  servono  a  rischiarare  la  via  della  ricerca:  se  resistono 
"  sono  lampi  di  buona  luce  che  scortano  il  viandante  alla  meta, 
"   se  la  sostanza  è  cattiva  la  fiamma  si  estingue.   „ 

Come  vedete,  io  dico:  Non  bastano  i  fatti,  ci  vuole  Y  inunayi- 
nazione  die  intuisce:  ed  il  Meyer  dice  :  nella  chimica  la  fantasia  e 
la  intuizione  hanno  una  gran  parte.  Io  dico  :  e  credete  che  vi  sia 
opera  d'ingegno  scompagnata  dal  lavorio  segreto  della  immagina- 
zione? ed  il  Meyer:  in  ogni  scienza  oltre  alla  ragione  deve  assistere 
la  fantasia.  Io  dico  :  la  cui  verità  (la  verità  delle  intuizioni)  non 
può  essere  dimostrata  a  bella  prima  ;  ed  il  Meyer  :  che  saranno 
spiegate  (le  intuizioni  s'  intende)  allorquando  la  scienza  sarà  av- 
viata, etc. 


Il  professore  Meyer  nella  stessa  p.   127    parla  così  :   "  La  ra- 
"  gione  di  questo    singolare    metodo    d'  investigazione    chimica   (il 
"  metodo  intuitivo)  non    si   può    esprimere    in  parole.  Basta  dire, 
"   che  senza  questo  metodo  le  più    brillanti    scoperte   nella  sintesi 
organica  non  si  sarebbero  potute  fare  :  E  a  modo  di  esempio  dice  : 
Kekule  intuì,  in  opposizione  a  tutti  i  dati  che  si  leggevano  nella 
letteratura  chimica,  che  non  poteva  esistere  un  isomero  del  mo- 
nocloro benzol,  etc.  Per  intuir   questo    bisognava    possedere    un 
istinto  chimico  pronunziato.  E  come  altro  esempio  soggiunge:  Esi- 


14  Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica 

"  stendo  r  ossido  di  etileno,  non  vi  era  ragione  logica  di  non  am- 
"  mettere  l' esistenza  dell'  ossido  di  fenileno  ;  e  pure  vi  fu  chi  ciò 
"  l'intuì,  e  r  esperimento  gli  diede  ragione.  Ma  per  intuir  questo  lo 
"  scienziato  ha  dovuto  essere  guidato  da  un  sentimento  chimico  tutto 
"  proprio;  imperocché  nello  stato  attuale  della  scienza  non  ci  si 
"   arriva  in  forza  di  un  ragionamento.   „ 

A  questo  capitolo,  dove  si  parla  di  metodo  iìituitivo,  d'  istinto 
chimico,  di  sentimento  chimico,  risponde  il  concetto  generale  di  tutti 
e  due  i  miei  opuscoli,  quello  sul  Carbonio  e  quello  sul  nuovo  indi- 
rizzo, ed  in  particolar  modo  regge  quello  eh'  è  stato  da  me  detto 
or  ora  al  capitolo  IV.  (v.  p.    1 3). 


VI. 


Tra  le  p.  127  e  128  il  prefato  professore  Meyer  dice:  "  Prima 
"  che  la  chimica  possa  essere  maneggiata  con  processi  fisico-mate- 
"  mutici,  deve  rispondere  alle  seguenti  domande  :  Che  cosa  è  l' af- 
"  finità  chimica?  (1)  che  cosa  è  una  valenza? — Per  risolvere  questo 
"  quesito  è  necessario  che  la  chimica  si  metta  in  un  laborioso  la- 
"  voro.  E  poi  a  p.  130,  parlando  della  rotazione  o  no  degli  atomi 
"  del  carbonio  uniti,  stereochimicamente  parlando,  con  una  sola 
"  delle  loro  valenze,  soggiunge:  Per  svolgere  questo  concetto  siamo 
"  obbligati  a  parlare  nuovamente  della  natura  delle  valenze,  intor- 
*   no  alla  quale  è  necessario  confessare  die  lottiamo  coli'  incertezza.  „ 

È  chiaro  che  l' autore  voglia  con  ciò  significare  che  intorno 
alla  natura  delle  valenze  noi  non  abbiamo  nulla  di  positivo.  Or 
bene  io  a  p.  9  del  nominato  mio  opuscolo  sul  Carbonio,  onde  fare 
rilevare  la  poca  importanza  da  attribuire  alla  quistione  delle  valen- 


(1)  La  parola  affinità  i  chimici  l'adoperano  spesso  come  sinonimo  di  valenza  e  spesso 
come  esprimente  la  preferenza  che  spiegano  alcuni  corpi  a  combinarsi  con  un  corpo  piuttosto 
che  con  un  altro.  Fu  Wenzel  che  pubblicando  le  sue  esperienze  sui  rapporti  degli  elementi 
che  si  combinano  fra  di  loro  pubblicò  a  Dresda  nell'anno  1777  una  memoria  intitolata  Teoria 
delle  affinità  dei  corpi. 


Nuoiw  indirizzo  da  darsi  alla  eli/mica  If' 


■i' 


zr,  dico:  "  Questa  iutfi|)iTtazioiR'  (pialo  tli  (ludla  del  Kckulc.  riferibile 

"  Mila   rai/iinic  di  essere  dei  corpi  orL>auici,  che  come  sapi^te   benis- 

"  Simo  è  fondata   sulle    valenze    chimiclie  ).   questa    interpretazione 

"  dico,   non   risponde  alle  esigenze  moderne  delle  altre  scienze  spe- 

"  rinientali:  perchè  si  conoscono  elementi  pure  tefraralodl  ed  anche 

"  abbondanti  in  natma  .  i  (luali  non  godono  la  facoltà  di  formai 

"  luno-he  catene,  e  perchè  ancora  la  qiiaììfivalenza  degli  atomi  non 

"  è  una  proprietà    assoluta  ,    ma  bensì  una  proprietà  relativa  ,    la 

"  quale  in  uno  stesso  elemento  può  variare  a  secondo  le  condizioni 

"  in   cui   ([uesto   viene  messo.  „ 


VII. 


A  p.  130  il  nominato  professore,  parlando  del  sistema  perio- 
dico di  Mendeìejef,  dice  :  "'  Ma  ancora  numerosi  problemi  lascia  in- 
"  decisi  il  nuovo  metodo  sistematico  degli  elementi:  arr/itutto  ci 
"  manca  la  conoscenza  esatta  della  causa  della  intima  correlazione 
"  degli  elementi  espressa  dal  sistema  stesso.  „  Ed  a  p.  131  aggiunge: 
"  Nessuno  può  realmente  dire  se  gli  elementi  previsti  dal  sistema 
""  saranno  realmente  scoperti.  Abbiamo  così  pochi  indizii  sino  ad 
"   ora,  che  tutto  facciamo  dipendere  dal  caso.  „ 

Io  a  p.  11  del  nominato  mio  hmoro  dico:  *  Secondo  me  il 
"  sistema  periodico  di  Mendeìejef  k  una  resiiizione,  ed  esso  o  presto 
*■  0  tardi  sarà  abbandonato  o  profondamente  modificafo:  una  vera 
"  classificazione  deve  basare  su  tutte  le  proprietà  degli  elementi. 
'•  In  tiuesto  sono  perfettamente  di  accordo  col  professore  Piccini— 
''  (V.  traduzione  del  Richter  fatta  da  questo  professore,  Appendice 
"   a  p.  406).   „ 

Vili. 

A  proposito  delle  basi  su  cui  è  poggiata  la  legge  di  Rault  e 
per  conseguenza  dei  lavori  di  van  't  Hoff,  Arrhenius,  Ostwald,  Planck, 
de  Vries,  l'autore  a  p.   132  si  esprime   così:   "   ....In  questo  modo 

Atti  Acc    Vol.  Ili,  Serie  4'  '^ 


16  Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica 

"  vediamo  la  chimica  fìsica  in  potente  sviluppo.  Per  essa  fioriscono 
"  degF  istituti  speciali  ed  un  particolare  giornale,  le  cui  pagine 
"  sono  aperte  tanto  allo  esperimento  quanto  alle  considerazioni  teo- 
"  riche.  Tutte  le  questioni  del  tempo  e  di  contesa  subiscono  là 
"   una  discussione  profonda.   , 

Ciò  mostra  che  il  professore  Meyer  approva  ed  incoraggia  la 
pubbUcazione  dei  lavori  teorici  ed  intuitivi.  Ora  io  nel  mio  lavoro 
dico  a  p.   -2:   "   Quanto  mi  pregio  di    presentare    a  questa  Accade- 

"  mia  fece  oggetto  di  una  mia   prelezione,    etc e    siccome  in 

"  questo  emetto  concetti  nuovi,  così  bramo  che  siano  pulil^licati 
"  nei  nostri  Atti,  acciocché  possano  ottenere  una  maggiore  divui- 
"  gazione  nel  mondo  scientifico  e  sottoporsi  alla  discussione  dei 
"  dotti.  ,  E  neir  altro  mio  opuscolo  sul  Carbonio,  alle  p.  5  e  6 
dico:  "  Non  sono  di  quelli  che  amano  far  pompa  di  teorie,  ma 
"  d"  altra  parte  non  giudico  ben  fatto  lo  eccedere  nel  senso  opposto. 
"  Il  professore  Cannizzaro  che  vanta  in  Pirla  cotesta  riserbatezza 
"  si  duole  dell'  eccesso  opposto,  in  cui  frequentemente  cadeva  que- 
"  sto  sommo  scienziato.  ,  E  concludo  dicendo:  "  Moderiamo  adun- 
"  que  la  tendenza  alle  intuizioni  astratte,  ma  non  tarpiamo  le  ali 
"  allo  ingegno:  questa  misura  potrà  riuscire  benefica  se  moderata, 
"  potrà  diventare  esiziale  se  esagerata.  E  sopratutto  non  attendia- 
"  mo  che  certe  idee  ci  vengano  da  oltremonti  e  da  oltremari  per 
"  accoglierle  con  plauso  generale.   „ 

A  questo  proposito  mi  sia  permesso  osservare,  che,  se  al  pro- 
fessore Paterno,  su  questo  terreno,  si  fosse  lasciata  libera  azione, 
a  quesf  ora  il  vanto  della  scoperta  della  chimica  nello  spazio  an- 
drebbe ad  onore  di  un  chimico  italiano  piuttosto  che  a  quello,  de- 
gnissimo, di  un  chimico  olandese  ;  e  la  scienza  non  avrebbe  sofferto 
il  ritardo  di  18  anni,  cioè,  dal  1869,  epoca  in  cui  il  professore  Pa- 
terno annunziò  la  prima  idea,  al  1887  epoca  in  cui  fu  diffinitiva- 
mente  adottata  questa  teoria.  (E  già  io  avevo  presentito,  nel  mio 
opuscolo  sul  Carbonio,  il  bisogno  in  scienza  di  una  nuova  teoria — 
(  V.  p.   16  di  questo  lavoro.) 


Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica  17 


IX. 


Nella  stessa  pagina  13!2  l'autore  dice:  "  E  pure  le  grandi 
"  speranze  che  ci  avevano  fatto  concepire  le  investigazioni  delle 
"  questioni  termo-chimiche  non  sono  state  adempiute  fin'  ora  che 
'■  solamente  in  parte;  e  però  anche  qui  dei  mezzi  di  misura  più 
"   adatti,  e  che  attendiamo  in  avvenire,  fanno  sperare  la  desiderata 

"   chiarezza.  „ 

Io  nel  mio  lavoro  sul  nuovo  indirizzo  etc.  a  p.  26  dico:" Que- 

"  sto  ignoto  non  si  scoprirà  che  facendo  maggiore  attenzione 
"  ai  lìiorimenti  delle  ultime  particelle  della  materia,  tenendo  in  mag- 
"  gior  conto,  e  nei  suo  vero  senso,  che  non  credo  sia  V  attuale,  lo 
"   studio  della  termo-chimica.   „ 

Come  vedete,  V  autore  dice  :  le  grandi  speranze  che  ci  avevano 
fatto  concepire  gli  studii  termo-chimici  non  sono  state  adempiute 
che  in  parte;  io  dico:  questo  ignoto  non  si  scoprirà  che  facendo 
maqgiore  attenzione  ai  movimenti  delle  ultime  particelle  della  ma- 
teria (agli  studii  termo-chimici).  L'  autore  domanda  in  termo-chi- 
mica dei  mezzi  di  misura  più  adatti;  io  dico  che  lo  studio  della 
termo-chimica  va  tenuto  in  maggior  conto,  ma  nel  suo  vero  senso, 
che  non  credo  sia  1"  attuale. 


L'autore  a  p.  132  critica  coloro  che  studiano  o  dal  lato  esclu- 
sivamente chimico  o  dal  lato  esclusivamente  fisico  la  nostra  scienza. 
Egli  si  esprime  così:  "  I  cultori  della  chimica  generale  invece  di 
"  considerare  tutto  sempre  dal  punto  di  vista  esclusivamente  chi- 
"  mico,  che  sappino  promuovere  applicazioni  fisiche  ben  pensate. 
"  Però  quei  tali  che  cercano  di  fare  progredire  la  scienza  appli- 
"  cando  metodi  fisici  senza  tener  conto  delle  relazioni  chimiche 
*  non  sono  stati  salvati  da  errori  fatali.   „ 

Io  pure  insisto  sul  danno  che  ne  viene  alla  scienza  se  si  stu- 


18  Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica 


dia  soltanto  da  un  solo  punto  di  vista  e  senza  1'  aiuto  delle  altre 
scienze.  Infatti  a  p.  'M)  del  mio  lavoro  dico:  "  Credo  di  avere  ali- 
"  bastanza  dimostrato  che  mancandosi  delle  conoscenze  delle  altre 
*  scienze  si  cade  nell'inconveniente  di  guardare  da  un  solo  profilo 
"  la  propria;  la  qual  cosa,  spingendola  in  uno  indirizzo  falso,  le 
"  è  causa  di  regresso.  .,  Ed  a  p.  :29  dico  a  guisa  di  esempio  :  "  Go- 
"  lui  che  scoprì  la  elettricità  dinamica  fu  un  professore  di  anato- 
"  mia  piuttosto  che  un  professore  di  fisica;  anzi  da  un  fisico, 
"  questa  scoperta,  venne  osteggiata,  da  Volta  (V.  la  nota),  il  quale 
"  fisico  anzitutto,  non  considerando  che  ìe  roiidizioiii  fìsiche  del  fe- 
"   nomeno,  rigettò  la  teoria  della  elettricità  animale.   , 

Parlando  poi  in  termini  generali  dico  a  p.  3  :  "  È  mia  opi- 
"  nione  che  per  conseguire  un  vero  progresso  in  una  scienza  oc- 
"  corrono  le  conoscenze  di  tutte  le  altre....  Un  passo  fatto  da  una 
"  di  esse  senza  il  concorso  delle  altre  è  un  passo  falso,  è  un  de- 
"  viare  piuttosto  che  un  progredire.  ,,  Ed  a  p.  :28  faccio  risaltare 
anche  io  il  concetto  del  danno  che  ne  verrebbe  alle  scienze  se  si 
abusasse  nelle  reciproche  loro  applicazioni;  qui  infatti  dico:  "  Non 
"  è  bene  fraintendere  il  significato  della  parola;  altro  è  special iz- 
"  zarsi  in  una  scienza  altro  è  isolarsi,  rendersi  cioè  sprovvisti  delle 
"  conoscenze  a  questa  necessarie.  In  quest'  ultimo  caso  si  cadrebbe 
"  in  una  autonomia  pericolosa,  imperocché  Y  autonomia  tanto  nelle 
"  scienze  pofitico-sociah,  quanto  nelle  scienze  di  fatto  è  indizio 
"  di  regresso.  Ora  in  questo  difetto  in  questa  specie  d'  isolamento 
"   aristocratico   è  caduta  la  chimica.    - 


XI. 


In  seguito  a  quanto  ha  precedentemente  detto,  1"  autore  nella 
medesima  p.  13:2,  criticando  quei  chimici,  che  hanno  la  tendenza 
ad  estimare  di  troppo  la  portata  delle  proprie  scoperte,  dice:  "...  Go- 
"  me  per  lo  inverso  sarebbe  da  deplorare  se  l'interesse  dei  cliimici 
''  per  la  chinnca  fisica  diventasse  minore ,  imperocché  alcuni  rap- 
"   presentanti  della  medesima  hanno  la  tendenza  ad  estimare  di  troppo 


Nuovo  indirizzo  (in  dnrni  nlUt  chimica  19 


■'    la   [«irtatii   dclU'   Uiro   scoperte.   Colin   clic  nuota    in    mezzo  alle  oialc, 
"    qiialrhi'   roìfa    noti   piiìi   ijiiardarc  xiiìlc   ciinc  ili  esse.    „ 

10  a  i[uesto  proposito,  parlando  dcH'  abbandono  in  cui  fu  te- 
nuta la  teoria  di  Dumas  e  delia  lotta  clic  (piesti  dovette  sostenere 
con  Berzelius  ed  i  suoi  seguaci,  quasi  tutti  i  cbimici  di  allora,  meno 
i  giovani  Gerhardt  e  Laurent,  dico  in  una  nota  a  p.  5  del  mio 
lavoro:  "  Ciò  non  deve  fare  meraviglia,  poiché  in  simili  innovazioni 
"  questo  può  accadere  anche  ad  uomini  eminentemente  dotti.  „  (E 
proprio  il  caso  di  dire  come  dice  il  Meyer:  che  cotesti  rappresen- 
tanti della  nostra  scienza  allora  parlavano  così ,  perchè  stimavano 
ili  troppo  la  portata  delle  loro  scoperte.  Ed  infatti  tutti  conosciamo 
che  Berzelius  combatteva  la  teoria  delle  sostituzioni  perchè  questa 
avrebbe  demolita  la  sua  teoria  elettro-chimica  ,  sulla  quale  questo 
sommo  scienziato  aveva  fede  illimitata). 

Nella  medesima  p.  5  soggiungo  poi:  "  Il  principio  di  C'.arnot 
"  che  diede  le  basi  ad  una  importantissima  scienza,  la  tenno-dina- 
"  mica,  a  causa  appunto  di  non  essere  stato  capito  dai  naturaUsti 
"  di  allora  rimase  in  non  cale  per  molti  anni,  e  ci  vollero  e  Me- 
"  yer  (Roberto)  e  Joule  per  farlo  redivivere.  ,,  E  qui  si  può  dire 
pure  con  1"  autore  :  a  causa  di  trovarsi  gli  scienziati  di  allora,  tanto 
ingolfati  nelle  onde  da  non  vedere  sulle  cim.e  di  esse. 

XII. 

11  professore  Meyer  dice  sempre  a  p.  132:  "  Dopo  i  sorpren- 
"  denti  successi  sintetici,  un  quesito  chimico  mostrasi  malaugura- 
"   tamente  pii:i  inaccessibile  alla    sintesi  (egli  intende    parlare  della 

"  sintesi   deh'  albumina).  Ma  dietro  i  lavori  di possiamo 

"  (juardare  in  faccia  pieni  di  speranza,  al  grande  problema  della 
"  delucidazione,  per  la  sintesi  dei  corpi  albuminoidi.  Questi  successi 
"  però  non  sono  atti  a  farci  inorgoglire;  essi  ci  fan  piuttosto  co- 
"  noscere  gli  stretti  limiti  in  cui  è  confinata  la  sintesi  chimica  !   „ 

Con  questo  1'  autore  vuol  significare  : 

1.   La  grande  importanza  eh'  egli  attribuisce  alla  sintesi  dei 
corpi  albuminoidi; 


20  Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica 

•ì.  Il  convincimento  che  ha  delhi  ristrettezza  delle  nostre  co- 
noscenze sulla  struttura  chimica  dell'  albumina  ; 

3.  La  persuasione  che  ha,  che  i  nostri  metodi  di  sintesi  in 
genere  si  aggirano  in  limiti  molto  ristretti. 

Ed  io  analogamente  dico  nel  mio  lavoro: 

1.  A  p.  5:  '■  I  corpi  albuminoidi,  che  sono  il  solo  e  il  vero 
"  sostegno  di  tutti  i  fenomeni  vitali,  non  appartengono  essi  al  domi- 
"  nio  della  chimica  ?  nel  smtetizzare  adunque  questi  corpi  consiste 
"   l'avvenire  della  cliimica  organica.  „  Ed  a  p.   13  soggiungo:   "  Ho 

detto  che  1'  avvenire  della  chimica  organica  dipende  in  gran  parte 
'■  dalla  sintesi  delle  sostanze  albuminoidi,  non  solo  perchè  esse  sono 
*■  i  termini  di  passaggio  tra  i  corpi  organici  e  i  corpi  organizzati, 
"  ma  ancora  perchè  è  sommamente  necessario  scoprire  le  cause 
"  fondamentali,  le  le(j(ji  che  governano  queste  formazioni  ;   „ 

2.  Dico  a  p.   25  :   "   Noi  non    abbiamo  prodotto  la  sintesi  di 
*  nessuna  delle  sostanze    glucosiche  e  zuccherine,    etc.  etc.  e  del- 
l' albumina  in  specie  non  ne  sappiamo  più  di  quanto  ne  dissero 

"  Gerhardt  e  Liebig.  „  (A  questo  punto  erano  le  nostre  conoscenze 
quando  io  pubblicai  il  mio  lavoro,  imperocché  allora  non  si  posse- 
devano i  lavori  di  P.  Schiitzenberger.  Per  altro,  1'  autore  col  dire 
che  i  nostri  studii  sulla  sintesi  dell"  albumina  sono  appena  tali  da 
permetterci  di  guardare  in  faccia  il  problema  della  delucidazione  per 
la  sintesi  dei  corpi  albuminoidi.  e  non  quello  della  sintesi  stessa, 
a  me  sembra  che  egli  esprima  il  medesimo  mio  concetto,  cioè  che 
su  questi  corpi  le  nostre  conoscenze  sono  assai  limitate.) 

3.  A  p.  24  onde  far  rilevare  gli  stretti  liiiiifi  dei  nostri  metodi 
di  sintesi   in    genere,   dico  :    *"    Faccio    dipendere    1'  avvenire   della 

chimica  organica  dalla  ricerca  dei  metodi  di  sintesi;  perchè  attri- 
buisco grande  importanza  alla    sintesi    delle    sostanze  organiche 

"  naturali  e  punto  o  poco  a  quella  delle  artificiali,  dei  quali  se  ne 
possono  produrre  innumerevoli,  senza  conseguire  altro  scopo  che 

"  l'affermazione  delle  attuali  teorie;  il  che,  secondo  me,  non  è  un 

"  progresso.  „ 

Queste  medesime  idee  io  le  esprimo  pure  nel  mio  opuscolo  sul 


Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica  21 


('(irhu)ìio  (V.  p.    15).  Qui  intatti    dico    così:   "  L'ho  già  detto  a  pa- 

"  gina   10,  bisogna    raggiungere  la  sintesi    dei    corpi    organici    che 

"  hanno    stretta  relazione  coi  corpi   organizzati.    La   chimica  orga- 

"  nica  ha  bensì  studiato  la  costituzione  chimica  di  alcMiii  corpi  or- 

"  ganici  naturali,  sintetizzatone   altri   pochi    pure   naturaU  e  molfis- 

"  siiiil  artificiali,  e  col  far  ciò   ha   riaffermato  i  principi    teorici  ri- 

"  velatici  dalla  falange  degl'  illustri  chimici  dietro  nominati;  ma  in 

"  generale,  a  me  sembra,  che  ha  progredito  lentamente  nel  campo 

"  delle  teorie.    , 

XIIL 

Nello  stesso  periodo  l' autore  dice  :  "  Dopo  che  Emilio  Fischer 
"  e  Kiliani  hanno  portato  più  luce  nelle  varie  specie  di  zuccheri, 
"  etc.  etc.  possiamo  guardare  in  faccia,  pieni  di  speranza  il  grande 
"  problema  della  delucidazione  per  la  sintesi  dei  corpi  albuntinoidi.    , 

Da  questo  periodo  si  rileva  chiaro  che  1'  autore,  per  la  sintesi 
dei  corpi  albuminoidi,  attribuisce  molta  importanza  allo  studio  degU 
zuccheri. 

Ora  io  in  una  nota  a  p.  26  del  mio  lavoro  dico  queste  pre- 
cise parole  :  "  Ho  più  volte  parlato  della  sintesi  del  glucosio,  per- 
"  che  la  credo  di  capitale  importanza  per  la  sintesi  delle  sostanze 
"  albuminoidi.  Ed  infatti,  s'è  vero  che  i  principii  azotati  dei  vege- 
"  tali  e  degli  animali  —  gli  albuminoidi  e  le  sostanze  gelatinose  — 
"  sono,  come  certe  reazioni  fanno  supporre  ,  dei  derivati  ammo- 
"  niacali  dei  glucosi,  e  s'  è  vero  che  le  materie  amilacee  sono, 
"  come  lo  mostra  il  loro  modo  di  scindersi,  dei  glucosi  condensati, 
"  allora  bisogna  ammettere  che  i  glucosi,  siano  i  fattori  primi  di 
"  tutte  le  sostanze  organizzate,  e  c^uindi  il  vero  primo  elemento 
"  della  vita.  „ 

XIV. 

Siamo  ancora  nella  p.   132,  e  l'autore  dice:  "  Sarebbe  impos- 
"   sibile  produrre  nel  laboratorio  daW  acido    carbonico  e  dall'  acqua. 


•>2  Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica 


■■  zucchero  ed  umido  coiar  la  natura  In  fa  un  milione  di  volte  nelle 
"   parti  verdi  delle  piante'':' 

Questo  che  dice  1"  autore  a  proposito  dell"  amido  e  dello  zuc- 
chero, io  lo  dico,  a  p.  14  del  nominato  mio  lavoro,  a  proposito 
dei  cor])i  aliìimiinoidi;  e  siccome,  come  or  ora  ho  detto,  faccio  di- 
pendere 1"  avvenire  sintetico  di  ({uesti  corpi  da  ({uello  del  glucosio 
e  delle  sostanze  amilacee,  così  il  seiiuente  periodo  si  può  anche 
riferire  allo  zucchero  e  ali" amido.  Ecco  come  mi  esprimo:  "  Il  chi- 
"  mico  non  è  ancora  arrivato  a  prf)dm-re  questi  corpi  nel  suo  la- 
"  horatorio  ,  ma  la  aatiira  ti  prodacc  fatto  d)  e  facilissimamente 
'■  neir  organismo  vegetale,  e.  cosa  degna  di  nota,  partendo  da  com- 
"  posti  semplicissimi,  ilaW  acqua  ,  dnW  aiaiuoaiaca  e  d-àlV  anidride 
"  carbonica.  Allorquando  il  chimico  li  avrà  formati  nel  suo  labora- 
"  torio,  allora  egU,  consegnando  il  materiale  nelle  mani  del  morfo- 
"  fogo  o  dell'istologo,  in  uno  ai  dati  scientifici  che  gli  valgono  per 
"  sintetizza  l'I  i,  potrà  dir  loro  :  Ecco,  formate  .  costruite  .  organiz- 
"   zate.   „ 

Come  vedete,  il  Meyer  dice  :  la  natura  lo  fa  un  milione  di  volte 
nelle  parti  verdi  delle  piante  ;  io  dico  :  la  natura  li  produce  tutto 
dì  e  facilissimamente  nell'organismo  vegetale.  Il  Meyer  dice:  sarebbe 
impossibile  produrre  nel  laboratorio,  etc  'ì  io  dico  :  quando  il  chimico 
li  avrà  pi-odotti  nel  suo  laboratorio,  alloia,  etc. 

XV. 

L"  autoie  iirosegue  nella  medesima  [)agina:  "  //  metodo  d'  in- 
*■  vestiyazionc  della  chiniieu  onjanira,  malgrado  lo  splendore  dei  suoi 
"  successi,  si  trova  ancora  oggi  davanti  ad  una  confessione  venjo- 
"  r/wo^flf.  :  solamente  una  miniinu  frazione  delle  materie  esistenti  gli 
"   è  del  tutto  accessibile.   „ 

Io  a  p.  15  del  mio  lavoro  dico:  ""  Di  fronte  a  questo  quadro 
"  sconfortante  è  mestieri  convenire  che  le  attuali  teorie  e  gli  attuali 
"  metodi  di  sperimentare  ,  specialmente  in  chimica  or(/anica  ,  sono 
"  davvero  insufficienti.  „  (Il  Meyer  dice:  il  metodo  d'investigazione 
in  chimica  organica  si  trova  di  fronte  ad  una  confessione  vergognosa). 


Xuovo  indirizzo  da  darxi  alia  cìiimica  2/5 


Ed  a  11.  "25  aggiungo:  "  Sin  dai  primi  momenti  che  mi  sono 
"  messo  a  lavorare  in  chimica  organica  mi  sono  accorto  deha  in- 
"  siiffcioìza  dei  nietodì  e  delle  teorie  usati.  „  E  conchiudo  a  ]).  i27: 
"  Allora  giudicai  inutile  insistere  in  un  tale  indirizzo  e  mi  diedi  a 
'  fare  cose  che  avessero  un  carattere  di  vera  novità.  Altri  tentativi 
"  (prosegui  a  p.  28)  avrei  desiderato  di  fare  seguendo  nuovi  me- 
"  iodi  di  sperimentazione  ,  ma  non  l' ho  potuto  in  un  laboratorio 
'  come  il  nostro,  che  non  appresta  quei  mezzi  che  hanno  la  mag- 
"   gior  parte  degli  altri  laboratori.   „ 

Infine  faccio  osservare  al  benevole  lettore,  che  col  consigliare 
a  p.  15  di  non  adoperare  in  chimica  organica  le  troppo  elevate 
temperature  e  le  poco  ordinate  azioni  fisiche  e  chimiche  ;  col  lamen- 
tare a  p.  56  che  il  chimico  spesso  coli' idea  di  sintetizzare  un  cor- 
po si  mette  nefie  condizioni  in  cui  questo  si  disfà;  e  col  consiglia- 
re di  fare  uso  di  tutte  le  forze  e  contemporaneamente  ,  piuttosto 
che  adoperarle  ad  una  ad  una,  etc.  io  anche  in  queste  pagine  espri- 
mo il  concetto  del  Meyer,  cioè  che  /  metodi  d' investigazione  in  chi- 
mica  organica   sono   insufficienti. 

XVI. 

L'autore  prosegue  a  dire,  sempre  nella  p.  132:  "  Il  piti  im- 
"  portante  progresso  per  la  chimica  organica  non  sta  nelle  singole 
"  scoperte,  e  molto  meno  negl'  innumerevoli  successi  sintetici  degli 
*   ultimi  tempi  {sintesi  di  corpi  organici  artificiali)  (1).    „ 

Io  nelle  pagine  24  e  25  del  mio  lavoro  mi  esprimo  così  :  "  Fac- 
"  ciò  dipendere  1'  avvenire  della  chimica  organica  dalla  ricerca  dei 
"  metodi  di  sintesi,  perchè  attribuisco  grande  importanza  alla  sin- 
"  tesi  delle  sostanze  organiche  naturali,  e  ininto  o  poco  alla  pro- 
"  duzione  di  quelle  artificiali  delle  quali  se  ne  possono  ottenere  m- 
"   numerevoli  senza  conseguire    altro  scopo  che  1'  affermazione    delle 


(  1  )  Fficcio  ossen'.xre  che  qui  1'  autore  intende  pirlure  delle  sintesi  dei  corpi  org.inici  ar- 
tificiali, pronunziandosi  già,  in  altre  parti  del  suo.  discorso  per  la  grande  importanza  delle  sintesi 
dei  corpi  organici  naturali. 

Atti  Ago.  Vol.  Ili,  Serie  4'  4 


24  Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica 

"  vecchie  teorie,  il  che  secondo  me  non  è  un  progresso.  Imperoc- 
"  che  qui  non  è  questione  di  pi'odurre  una  sintesi  qualunque,  ma 
"  di  scoprire  quelle  leggi,  quei  metodi,  quegli  artifizii,  quell'  ignoto 
"  insomma  che  adopera  la  natura  per  prodarre  tali  corpi.   „ 


xvu. 


"  Quel  che  ci  mancano,  prosegue  a  dire  1'  autore  in  seguito 
"  a  quanto  ha  detto  precedentemente,  sono  nuovi  metodi  per  il  ri- 
"  conoscimento  della  individualità  delle  sostanze.  Le  materie  nere 
"  della  terra,  gi'  innumerevoli  prodotti  informi  e  resinosi  del  corpo 
"  delle  piante  e  degli  animali ,  lo  splendore  affascinante  delle  ma- 
"  ferie  coloranti  dei  fiori,  di  cui  la  natura  chimica  ancora  oggi  si 
"  deride  delle  nostre  conoscenze,  forniranno  un  nuovo  campo  ine- 
"  sauribile  al  lavoro  del  chimico  ,  quando  un  giorno  saranno  tro- 
"  vati  i  metodi  per  cominciare  il  loro  studio.   „ 

Io  a  p.  19  del  mio  lavoro  dico  :  "  Il  chimico  piuttosto  che  te- 
"  nersi  in  questa  via  poco  razionale  dovrebbe  darsi  alla  ricerca  dei 
"  metodi  che  mette  in  opera  la  natura  e  procurare  d'  imitarla.  Im- 
"  perocché  ,  aggiungo  a  p.  30  ,  come  noi  non  conosciamo  tutti  i 
"  modi  di  manifestazione  della  forza  così  (e  conseguentemente)  non 
"  conosciamo  tutti  i  modi  di  manifestazione  della  materia.  Questo 
"  è  r  avviamento  in  cui,  a  mio  modo  di  vedere,  si  dovrebbe  met- 
"  fere  una  nuova  scuola  di  chimica  :  Ricerca  di  altre  forze  ,  di 
"  altre  leggi  e  di  metodi  nuovi  di  sperimentare.  „  (L'  autore  dice  : 
quel  che  ci  mancano  sono  nuovi  metodi). 

Dico  i)oi  a  p.  25  :   "...  .  Dopo  la  prima  sintesi   (dell'  urea) 
si  sono  prodotti  è  vero  moltissimi  corpi  organici  naturali  ;  ma  la 
più  gran  parte,  i  più  importanti,  e  spesso  di  non  troppo  compli- 
cata struttura  ,  sono  ancora  In  a  resistere  agli  sforzi    faticosi  del 
"   chimico.  Noi    non  abbiamo    prodotto  la   sintesi  di  nessuno    delle 
"  sostanze  glucosiche  e  zuccherine,  feculenti  o  amilacee,  albuminoidi 


Xiioro  indirizzo  da  darsi  alla  chimica  25 


"  o  libriunirt'iii.  etc.  (1).  „  (Meyer  dice:  Le  materie  nere  della  terra, 
gì"  imiuiiicrevoli  corpi  resinosi,  le  materie  coloranti  dei  fiori,  si  de- 
riiìoiio  ancora  oggi  delle  nostre  conoscenze).   „ 


XVIII. 


Dice  il  professore  Meyer  nella  stessa  pagina  132  :  "  Sia  nella 
"  cìtìiiì/cd  iinjaìtìca  che  nella  clnniica  mìneraìe  noi  urtiamo  passo  a 
"  passo  su  questioni  alla  cui  soluzione  mancano  attualmente  ancora 
"   i  mezzi.    ., 

Io  a  p.  18  del  mio  lavoro  dico  :  "  Secondo  me  1'  attuale  chi- 
"  mica  è  guidata  nelle  sue  investigazioni  da  un  principio  mal  for- 
"  Ululato  e  solo  in  parte  esatto  (spiego  poi  questo  periodo).  Gon- 
"  seguenza  di  questo  fatto  è  che  il  chimico  si  trova,  inconsapevol- 
"  mente,  in  uno  avviamento  opposto  al  vero  indirizzo  della  scienza. 
"  Ecco  perchè  si  assiste  tuttodì  allo  spettacolo  di  vedere  il  clii- 
'■  mico  vagare  da  incertezza  in  incertezza  e  spesso  a  fallire  nei  suoi 
"  tentativi  o  solo  indovinare  in  cose  analoghe  o  identiche  alle  già 
"  fatte.   „ 

Ora  io  domando:  perchè  il  chimico  vaga  da  incertezza  in  incer- 
tezza e  spesso  fallisce  nei  suoi  tentativi?  Appunto  perchè  gli  man- 
cano i  mezzi  a  risolvere  le  quistioni  contro  cui  urta  passo  a  passo. 


XIX. 


L"  autore  prosegue  poi  a  p.    133  :     "E  così  anche    nella    chi- 
mica minerale  non  solamente  debbansi  trovare  nuovi  fatti,  ma  an- 


(1)  Qui  proseguo  a  dire:  «  e  uou  conosciamo  nemmeno  lontanamente  la  cagione  del  po- 
"  tere  rotatorio  dei  corpi,  quella  del  carbonio  asimmetrico  non  essendo  ancor.i  dimostrata  per 
.1  tutti  i  casi,  e  non  reggendo  affatto  per  le  sostanze  minerali.  »  —  Questo  che  io  scrissi  al- 
lora, lo  scrissi  prima  dell'ultima  edizione  della  chimica  nello  spazio  di  vau  't  ]ioii  (Dix  années 
dans  l'histoire  (Vane  theorie)  ,  e  quantunque  in  seguito  si  sono  sintetizzati  corpi  dotati  di  po- 
tere rotatorio  ,  pure  il  mio  concetto  regge  ancora  oggi.  Di  questo  parere  sono  anche  coloro 
che,  come  me,  apprezzano  1'  ipotesi  vantoffiana. 


26  Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica 

"   Cora  nuovi  metodi  d' indagine,   se  si  vuole    che    da    questo  ramo 
"   della  nostra  scienza  irrompa  una  era  di  nuove  scoperte.    „ 

Io,  dopo  di  avere  ripetuto  in  i)arecclii  punti  del  citato  mio  la- 
voro, che  abbisognano  in  scienza  nuovi  metodi  d'investigazione,  dico 
alle  pagine  28  e  29  queste  precise  parole  :  "  In  questo  difetto  è 
"  caduta  la  chimica..  Le  altre  scienze  hanno  saputo  usufruire  degli 
"  avanzamenti  fatti  dalle  proprie  consorelle  e  perciò  hanno  progre- 
"  dito.  Ma  la  chimica  in  genere  e  la  chimica  organica  in  specie,  non 
"  fanno  che  ripetere  cose  analoghe  alle  già  fatte.  „  Il  che  a  me 
sembra  esprima  il  medesimo  concetto  dell'  autore,  cioè  che  le  due 
chimiche  hanno  bisogno,  per  fare  cose  nuove,  di  metodi  nuovi. 


XX. 


L' illustre  autore  conclude  a  p.  134  con  queste  parole  :  "  Di 
"  questo  noi  dobbiamo  restare  persuasi,  che  la  natura  non  sarà  da 
"  noi  capita  prima  di  avere  il  mezzo  di  spiegare  le  sue  manifesta- 
"   zioni  mercè  movimenti  semplici  seguibili  matematicamente.  Verrà  il 

"  tempo  in  cui  la  chimica  subirà  questo  grande   cambiamento  

"  E  allora  di  nuovo  riunita  alla  seria  sua  sorella  ,  la  fisica  ,  dalla 
'  quale  ai  nostri  giorni  si  era  allontanata,  la  chimica  seguirà  con 
"  passo  sicuro  il  suo  sentiero.   „ 

A  questo  capitolo  non  ho  da  rispondere  che  quello  che  dico  a 
p.  26  del  nominato  mio  lavoro,  e  che  ho  riportato  al  capitolo  III, 
p.  11-12  del  presente  ragguaglio  (ve  lo  ripeto).  Dico  adunque  qui:  Io 
pure ,  a  p.  26  del  nominato  mio  lavoro,  faccio  rilevare  il  bisogno 
del  trattamento  matematico  della  nostra  scienza,  e  mi  esprimo  così  : 
"  Questo  ignoto  (ignoto  che  spiego  prima)  non  si  scoprirà  se  non 
"  si  fa  maggiore  attenzione  ai  movimenti  delle  ultime  particelle  della 
"  materia,  se  non  si  tiene  insomma  in  maggior  conto  lo  studio 
"  della  termo-chimica.  Non  è  bene  dimenticare  che  i  fenomeni  chi- 
"  mici,  essendo  essi  effetti  di  movimento;  devono  per  forza  sottosta- 
"   re   alle  leggi  generali  della  meccanica.   „ 


Nuoro  indi  rizzo  da  darsi  alla  chimica  27 


Ed  a  p.  IT)  dd  mio  opuscolo  sul  Cai-hoii/o  esprimo  pure  la 
speranza,  clu'  verrà  il  teuipo  in  cui  la  chimica  subirà  il  suo  gran- 
de camhiameuto  ,  e  dico  così  :  "  Io  però  non  dispero  per  1"  avve- 
'•  nire  di  questa  interessante  branca  di  scienza,  e  questa  speranza 
"  la  fondo  nei  giovani  chimici  e  nella  gioventìi  nascente  ;  essi,  ne 
"  ho  fiducia  ,  sapranno  colmare  la  lacuna  che  noi  forse  lasce- 
"   remo.   „ 

XXI. 

Infine  a  giustificare  la  espressione  di  cui  parlo  a  p.  "-21  ed  a 
p.  ^9  del  citato  mio  lavoro,  e  che  forse  potrebbe  sembrare  aspris- 
sima  ,  cioè  "  che  la  chimica  in  genere  e  la  chmiica  organica  in 
"  specie  si  trovano,  in  cjuanto  a  teoria  pura  e  semplice,  in  risfagno 
"  di  29  anni,  „  io  domando  se  il  Meyer  coli'  asserire  che  la  nuova 
chimica  non  può  considerarsi  una  vera  scienza  nel  suo  più  alto  si- 
gnificato della  parola  :  coli'  affermare  che  il  chimico  per  la  sua 
scienza  ha  fatto  qtiasi  niente  in  confronto  di  quanto  ha  fatto  per 
essa  la  scoperta  di  Newton;  col  dichiarare  la  chimica  di  oggi  essere 
quello  che  era  1'  astronomia  ai  tempi  di  Keplero  e  di  Copernico;  col 
dire  che  la  termo-chimica  non  ha  dato  i  frutti  che  aveva  fatto  spe- 
rare, e  che  questo  ramo  di  scienza  ha  bisogno  di  metodi  d'inve- 
stigazione più  adatti;  col  parlare  di  errori  fatali  commessi  dal  chi- 
mico a  causa  di  avere  studiato  la  sua  scienza  dal  punto  di  vista 
esclusivamente  cliimico  o  esclusivamente  fisico:  col  dire  che  il  chimico 
intorno  ai  metodi  d' investigazione  in  chimica  organica,  si  trova  di 
fronte  ad  una  confessione  vergognosa;  coli'  asserire  che  la  natura  chi- 
mica di  moltissime  sostanze  organiche  si  deride  delle  nostre  cono- 
scenze; col  ricordare  ripetute  volte  che  ci  mancano  nuovi  metodi 
d' investigazione  ;  ed  infine  col  dire  che  i  nostri  studii  sufi'  albumi- 
na sono  appena  taU  da  permetterci  di  guardare  in  faccia  il  proble- 
ma della  delucidazione  per  la  sintesi  di  essa  e  non  quello  della  sin- 
tesi medesima;  io  domando  se  col  dire  tutto  ciò  il  professore  Meyer 
non    vogUa    significare    che  la  nostra    scienza  si  trovi  in  ristagno, 


23  Nuovo  indirizzo  da  darsi  alla  chimica 


«empie  sotto  il  punto  di  vista  teorico,  per  ben  altro  che  di  29  anni  ! 

"  Yi  fu  un  momento,  esclama  l' insigne  autore,  quando,  dietro 

''  le  scoperte  di  Helmoltz,  Roberto  Meyer,  Joule,  Clausius,  van  't  Hoif, 

"   i  progressi  della  investigazione  si  limitavano  solo  alla  fìsica,  e  si 

*  facevano  non  poche  applicazioni  modeste  alle  discipline  affini  — 
"  vi  fu  un  momento  in  cui  si  credette  venuta  Y  epoca  nella  quale 

*  i  processi  chimici  si  potessero  seguire  in  modo  analago  a  quelli 
"  del  suono,  della  luce  e  del  calore.  „  E  più  in  là  soggiunge  :  "  E 
"  pure  le  granch  speranze  che  ci  avevano  fatto  concepire  le  inve- 
"  stigazioni  delle  questioni  tenno-cììi miche,  non  sono  state  adempiute 
"  sin'  ora  che  solamente  in  parte.  „ 

E  qui  finisco  il  mio  ragguagfio ,  nel  quale  credo  di  avere  di- 
mostrato la  perfetta  coincidenza  tra  le  mie  idee  e  quelle  del  pro- 
fessore Meyer.  Non  so  se  sono  stato  abbastanza  felice  nello  espri- 
mermi, ma  mi  conforta  il  pensiero  che  trattandosi  di  fatti,  la  loro 
natura  stessa  supplisca  alla  oscurità  del  mio  linguaggio. 

Prima  di  chiudere  mi  preme  dichiarare  che  vi  sono  pure  delle 
disparità  tra  me  ed  il  professore  Meyer,  e  che  queste  sono  due  e 
di  due  specie  ben  differenti  1"  una  dall'  altra. 

La  prima  dipende  dalla  natura  stessa  del  titolo  delle  nostre 
publjlicazioni:  Il  professore  Meyer  trattando  il  tema  dei  problemi 
chimici  deh' epoca  presente,  rileva  gl'inconvenienti  che  s'incontrano 
in  scienza  senza  suggerire  i  rimedii.  Io  invece  trattando  il  tema  di 
un  nuovo  indirizzo  da  dare  alla  chimica,  agli  inconvenienti  rilevati 
faccio  susseguire  i  rimedi  da  contrapporvi  (V.  tutto  il  mio  lavoro  e 
specialmente  ciò  che  dico  dalla  p.   18  alla  p.  24). 

L"  altra  dipende  da  opinioni  personali  :  Il  professore  Meyer  non 
crede  essere  ancora  arrivato  il  momento  per  il  chimico  di  entrare 
nel  campo  biologico  e  morfologico.  Io  invece  non  giudico  assoluta- 
mente inopportuno  il  momento,  ma  credo  sia  piuttosto  questione  di 
saper  scegliere  la  via  da  tenere;  la  quale  secondo  me,  non  è  quella 
che  tiene  oggi  il  chimico,  poiché  con  gh  attuali  metodi,  (io  sono  di 
accordo  col  Meyer),  il  chimico  non  riuscirà  mai  nel  suo  intento  :  è 


Xuovo  indirizzo  da  dar^ì  (dìo  chimica  29 

questione  quindi  di  taiubiart'  indirizzo  (V.  il  mio  opuscolo  sul  car- 
bonio e  lo  stesso  mio  hiroro  sul  nuovo  indirizzo).  E  di  questa  opi- 
nione è  pure  il  professore  Ferdinando  Colui  ,  il  quale  lo  disse  al- 
l' assemblea  berlinese  degl'  Imhujatori  della  iiafiira.  Per  altro  il  Meyer 
stesso  non  è  che  dice  che  non  spetta  al  chimico  di  entrare  in  questo 
terreno  ;  anzi  il  solo  ricordarlo  mostra  precisamente,  eh'  egli  pensi 
esser  questo  appunto  un  campo  inq)ortante  della  chimica,  in  cui 
presto  0  tardi  la  nostra  scienza  dovrà  entrare.  In  guisa  che  anche 
qui  mi  trovo  perfettamente  di  accordo  coli'  illustre  professore  di 
cliimica  dell"  Università  di  Heidelberga. 

Io  sono  particolarmente  lieto,  che  queste  idee,  nuove  per  la 
scienza  ,  le  quali  furono  pronunziate  un  anno  addietro  in  uno  dei 
centri  scientifici  più  importanti  della  Germania,  siano  state,  emesse  due 
anni  prima  nella  Università  di  Catania,  e  pubblicate  negli  Atti  della 
nostra  Accademia. 

Catania  li  30  Novembre  1890 


Sopra  un  gruppo  di  Configurazioni  regolari 

contenute 

neirEsai>ramnio  di  Pascal. 


Nota  del  Prof.  VITTORIO  MARTINETTI. 


Partendo  da  sei  punti  arbitrarii  di  una  conica  si  può  gene- 
rare una  figura,  V  Esagrammo  di  Pascal,  la  quale,  come  fu  messo 
in  evidenza  da  molti  geometri,  è  del  più  grande  interesse  (*),  spe- 
cialmente per  le  numerose  ed  importanti  configurazioni ,  alle  quali 

essa  dà  luogo. 

L' oggetto  di  questa  nota  è  lo  studio  delle  principali  proprietà 
di  una  configurazione  la  quale  si  può  formare  coi  vertici  e  con  certi 
punti  diagonali,  lati  e  rette  di  Pascal  di  un  esagono  inscritto  in  una 

conica. 

1.  Indichiamo  con  1,  2,  3,  4,  5,  6  sei  punti  distinti  presi  ar- 
bitrariamente sopra  una  conica. 

Questi  punti  si  possono  dividere  in  quindici  modi  diversi  in 
tre  coppie;  consideriamone  uno,  ad  es.  : 

1,    2;   3,    4;    5,    6. 

Dei  sessanta  esagoni  semplici  di  Pascal,  i  quali  si  possono  for- 
mare con  quei  sei  punti,  quattro  hanno  per  coppie  di  vertici  opposti 
le  tre  coppie  considerate,   e  sono  : 

13  5  2  4  6, 

13  6  2  4  5, 

14  5  2  3  6, 
14  6  2  3  5. 


(")  Nella  memoria  del  Sig.  Veronese  u  Nuovi  teoremi  sull'Hesagraimiium  iiiisticum,»  (Mera, 
della  R.  Acc.  dei  Lincei  Serie  3^  Voi  I.  1877)  sono  raccolte,  insieme  a  molte  nuove,  le  prin- 
cipali proprietà  precedentemente  trovate  sull'Esagrammo  di  Pascal,  proprietà  poi  dimostrate  in 
modo  elegantissimo  anche  dal  Sig.  Cremona  nella  memoria  -  Teoremi  stereometrici  dai  quali 
si  deducono  le  proprietà  dell'  Esagrannuo  di  Pascal  "  (Meni,  della  R.  Acc.  dei  Lincei  Scie  3^ 
Voi.  I.  1877).  Ci  serviremo  in  seguito  delle  denominaiiioiii  usate  iu  queste  memorie  e  di  al- 
cune delle  proprietà  ivi  dimostrate. 

Atti  Acc    Vol.  HI,  Serie  4'  5 


32  Sopra  un  yruppo  di  Configurazioni  regolari 

Due  qualunque  di  questi  esagoni  hanno  una  coppia  sola  di 
lati  opposti  in  comune,  ed  ogni  coppia  di  lati  opposti  in  uno  di 
essi  appartiene  sempre  ad  uno  solo  degli  altri  :  sicché  le  quattro 
rette  di  Pascal  di  quegli  esagoni  si  incontrano  due  a  due  in  sei 
punti  P  (  secondo  la  notazione  del  Sig.  Veronese  )  i  quali  sono 
perciò  i  vertici  del  quadrilatero  completo  formato  dalle  rette  di 
Pascal  considerate. 

I  vertici  opposti  di  questo  quadrilatero  indichiamoli  con 

7,  8;    9  10;     11,  12, 
ponendo  ; 

1  3  ■  2  4  =  11,     15-26=    9,    3  5  ■  4  6  =-  7, 

1  4  -  2  3  =  12,     1  6  •  2  5  =  10,    3  6-45^8. 

Le  rette  di  Pascal  dei  detti  quattro  esagoni  sono  perciò  ordi- 
natamente : 

(7  10  IIV  ,     i8  9  111,  .     (8  10  12Ì,  ,     (7  9  12Ì,  . 

I  dodici  punti  1,  ^,  ...,  H  sono  situati  tre  a  tre  sopra  sedici 
rette  (le  quattro  rette  di  Pascal  e  certi  dodici  lati  dell'esagono  com- 
pleto 123456)  le  quali  passano  quattro  a  quattro  per  quei 
dodici  punti.  Tali  punti  e  rette  formano  adunque  una  configurazione 
(12.,   I63)  (*). 

Un  cenno  sull'  esistenza  di  questa  Cf.  si  trova  nella  citata  me- 
moria del  Sig.  Veronese  (n'  5,  6)  dove  si  considerano  gli  elementi 
comuni  a  due  delle  sei  figure  t. 

NeirEsagrammo  di  Pascal  sono  contenute  quindici  di  tali  Cf.  (**). 

Presane  una  qualunque  le  altre  si  distribuiscono,  rispetto  ad 
essa,  in  due  gruppi,  uno  di  sei  Cf.  aventi  una  coppia  di  punti  fonda- 
mentali coniugati  in  comune  con  quella,  l'altro  delle  otto  rimanenti  non 
aventi  coppie  di  pmiti  fondamentali  coniugati  in  comune  colla  data. 


(■)  Secondo  la  comoda  notazione  introdotta  dal  Sig.  J.  de  Vries  «  Dber  gewisse  ebene 
Conligurationen  .■  ^Aeta  Math.  12:  1.  1888). 

(■■)  Queste  quindici  Cf.  si  possono  far  corrispondere  una  ad  uua  ai  quindici  piani  di 
Plticker  della  figura  considerata  dal  Sig.  Cremona  («  Teoremi  stereometrici  ecc.»  1.  e.  n°  18). 


contenute  neW  Esagrammo  di  Pascal 


33 


Due  qualunque  dei  punti  fondamentali  1,  2,  3,  4,  5,  6  sono 
coniugati  in  tre  diverse  Cf.,  le  quali  hanno  due  a  due  un  solo  punto 
Pin  comune.  Reciprocamente  un  punto  P  qualunque  dell' Esagranimo 
appartiene  a  due  sole  Cf.  le  quali  hanno  allora  una  coppia  di  punti 
fondamentali  coniugati  in  comune.  Quindi  i  45  punti  P  si  distri- 
buiscono in  terne  di  punti,  ogni  terna  essendo  individuata  da  uno 
de'  suoi  elementi,  e  relativa  ad  una  coppia  di  punti   fondamentali. 

Si  vede  tosto,  che  queste  terne,  in  numero  di  quindici,  sono 
costituite  dai  punti  diagonali  dei  quadrangoli  formati  da  quattro 
punti  fondamentali,  precisamente  da  quelli  distinti  dalla  coppia  di 
punti  coniugati  comune  alle  tre  Cf.  che  danno  origine  alla  terna. 

2.  Consideriamo  una  di  queste  Cf.  e  manteniamo  per  essa  la 
notazione  sopra  stabilita. 

Un  punto  qualunque  della  Cf.  è  congiunto  con  otto  altri,  quin- 
di estraneo  a  tre  punti  della  Cf.  i  quali  sono  fra  loro  estranei,  come 
appare  dalla  seguente  tabella  in  cui  sono  indicati  i  sedici  allinea- 
menti dei  punti  della  Cf.  : 


i)... 


1  3  11 

2  3 

12 

7  3 

5 

8  3   6 

1  4  12 

2  4 

11 

7  4 

6 

8  4   5 

1  5   9 

2  5 

10 

7  9 

12 

8  9  11 

1  6  10 

2  6 

9 

7  10 

11 

8  10  12 

La  Cf.  che  ci  proponiamo  di  studiare  rientra  adunque  nel 
gruppo  di  Cf.  (  12^,  I63  )  trovato  dal  Sig.  De  Vries,  soddisfacente 
alla  condizione,  che  i  punti  estranei  ad  un  punto  siano  estranei 
fra  loro  ,  ed  è  precisamente  una  Cf.  del  tipo  B  (*)  come  immedia- 
tamente si  riconosce. 


(*)  Il  Sig.  De  Vries  il.  e.)  trova,  che  due  soltanto  sono  i  tipi  di  Cf.  (  124  I63)  sod- 
disfacenti alla  detta  condizione  ,  quello  che  ci  proponiamo  di  studiare ,  e  la  Cf.  dei  dodici 
punti  costituenti  tre  quaderne  ed  i  punti  aventi  i  medesimi  tre  tangenziali  in  linea  retta.  Lo 
studio  di  quest'  ultima  interessante  Cf.  (considerata  già  da  Hesse,  Cayley,  Pìiicker  Salmon  e 
specialmente  dal  Sig.  Cremona  ■■  Introduzione  ad  una  teoria  geometrica  delle  curve  pinne  >> 
Mem.  dell'  Acc.  di  Bologna  1*  serie  voi.  XII  Art.  24)  forma  l'oggetto  principnle  dello  scritto 
del  Sig.  De  Vries  ;  ma  "però  vi  si  trovano  anche  accennate  alcune  delle  proprietà  della  Cf.  B, 
come  a  suo  luogo  diremo. 


34  Sopra  un  gruppo  di  Configurazioni  regolari 

I  dodici  punti  della  Cf  si  dividono  in  tre  quaderne  di  punti 
estranei  e  queste  sono  : 

1,  2,    7,    8; 

3,  4,    9,  10; 

5,  6,  11,  12; 

ogni  quaderna  essendo  costituita  da  una  coppia  di  vertici  opposti 
degli  esagoni  considerati  e  da  una  coppia  di  vertici  opposti  del 
quadrilatero  formato  dalle  loro  quattro  rette  di  Pascal. 

3.  Tutte  le  sostituzioni  dei  numeri  1,  2.  ...,  12  le  quali  la- 
sciano inalterato  il  complesso  delle  terne  di  numeri  della  tabella  «), 
indicanti  gli  allineamenti  dei  punti  della  Cf.,  formano  un  gruppo,  il 
quale  si  dice  relativo  alla  Cf.  (*)  :  Se  questo  gruppo  è  transitivo  (**) 
la  Cf.  si  dice  regolare  (***),  perchè  essa  si  comporta  egualmente 
rispetto  a  tutti  i  suoi  punti. 

La   nostra  Cf.  è  regolare. 

Infatti  si  vede  immediatamente  che  le  due  sostituzioni  : 

Si  =  (1  11  8  6  2  12  7  5)  (3  9)  (4  10), 
S2  =  (l  3  5)  (2  4  6)  (7  9  11)  (8  10  12) 

appartengono  al  gruppo  della  nostra  Cf..  sicché  vi  appartengono 
anche,  in  particolare,  le  sostituzioni  : 

s.,",  s/,  Si',  .-(,%  s/',  s,',  Sj-  s,,  (s,-  s,  y,  (s,-  s,  y, 

le  quah,  considerate  insieme  ad  .>^,  ed  .s, ,  hanno  la  proprietà  di  cam- 
biare l'elemento  1  in  uno  qualunque  degli  altri  undici  ;  dunque  il 
gruppo  della  Cf.  è  transitivo. 

Per  la  simmetria  speciale  di  questa  nostra  Cf.  è  facile  trovare 
tutte  le  sostituzioni  del  suo  gruppo,  le  quali  si  ottengono,  come  è 

(*)  Martinetti  «  Sulle  Cf.  piane  ^3   "  (   Aiiiiiili  di  Matematica    Serie  2"    toni.    XV,  n."  2). 

(**)  Seguiremo  in  questo  capitolo  le  usuali  denominazioni  di  gruppo,  transitivitU,  ecc. 
della  teoria  delle  Sostituzioni.  Vedi  p.  es.  Netto  «  Teoria  delle  sostituzioni  ■■  versione  italiana 
dei  Prof.  Battagliììi  (  Torino  - 1885.  ) 

(***)  A.  Schonflies.  »    Ueber  die    regelmassigen    Couflgurationen    ns  "    (  Math.    Ann.  B 
XXXI.  S.  44) 


contenute  neW  Esagrammo  di  Pascal  35 

noto  (*),  moltiplicando  p.  es.  le  undici  sostituzioni  sopra  considerate 
insieme  alla  sostituzione  identica,  per  tutte  quelle  sostituzioni  del 
gruppo,  che  lasciano  inalterato  l'elemento  1 .  Queste  ultime  formano 
un  sottogruppo  di  sedici  sostituzioni  (  che  si  possono  scrivere  fa- 
cilmente), il  quale,  nel  nostro  caso,  è  anche  il  gruppo  minimo  (**) 
contenente  le  tre  sostituzioni  : 

0-,  =  (3  5  4  6)    (9  12  10  11)    (7  8), 

a,  =  (3  9  410)    (5  12  6  11), 

ff,  =  (3  5)    (4  6)    (9  11)    (10  12), 


Cloe 


1    ='^4',    ^,    ^3,    °i,    '^,=^''t      (  =  «"b' =  «ce),    ^6  =  0/,    <^,  =  V, 


Il  gruppo  della  Cf.   è  composto  di    12.    16  =  192  sostituzioni. 

4.  Considerando  anche  soltanto  le  due  sostituzioni  s^ ,  .%  del 
gruppo  si  riconosce ,  che  le  quaderne  di  punti  estranei  della  Cf. 
si  possono  scambiare  una  nell'  altra,  ossia,  che  la  Cf,  si  comporta 
egualmente  non  solo  rispetto  ai  suoi  punti,  ma  anche  rispetto  alle 
tre  quaderne  ,  che  la  compongono  (  come  del  resto  è  naturale  , 
essendo  ogni  quaderna  di  punti  estranei  individuata  da  un  suo 
elemento,  ed  essendo  transitivo  il  gruppo  della  Cf.  ). 

Si  vede  ancora  ,  dall'  esame  del  gruppo  trovato  ,  che  in  una 
quaderna  i  punti  si  dividono  in  due  coppie  di  punti  coniugati,  poiché 
le  sostituzioni,  che  non  alterano  una  quaderna,  0  lasciano  inalterate 
le  coppie  o  scambiano  queste  una  nell'  altra. 

Le  due  coppie  di  ciascuna  quaderna  sono  formate  una  da  due 
vertici  opposti  degli  esagoni  fondamentaU  ,  1'  altra  da  due  vertici 
opposti  del  quadrilatero  delle  rette  di  Pascal. 

Il  fatto  della  regolarità  della  Cf.  ci  averte  intanto,  che  la  Cf. 


(*)  Netto,  1.  e.  Capitolo  IV,  n»  62. 
(**)  Netto,  1.  e.  Capitolo  II,  n.  37. 


3G  Sopra  un  gruppo  di  Configurazioni  regolari 

stessa  può  essere  considerata  in  varie  guise  come  nascente  da  sei 
punti  di  una  conica  (nel  modo  esposto  al  n."  1),  e  la  considerazione 
del  gruppo  trovato  condurrebbe  senza  difficoltà  ad  assegnare  i  gruppi 
di  tre  coppie  di  punti  ,  i  quali  possono  considerarsi  come  fonda- 
mentali per  la  sua  generazione  : 

Ma  noi  possiamo  anche  dedurli  direttamente. 

5.  La  Cf.  considerata  è  inscritta  in  una  curva  di  3."  ordine  (*). 

Infatti,  i  nove  punti  della  Cf.  situati  sulle  tre  rette. 

(1  3  11),,    (2  5  10),,    (7  9  12), 

stanno  anche  sulle  tre  rette 

(1  5  9), ,    (2  3  12),  ,    (7  10  11), , 

quindi  sono  la  base  di  un  fascio  di  cubiche.  Per  la  stessa  ragione 
i  punti   1,  3,  4,  5,  7,  8,  9,   11,   12  situati  sulle  rette 

(1  3  11).  ,    (4  5  8),  ,     (7  9  12). , 

(1  4  12), ,     (3  5  7), ,     (8  9  11), , 

sono  la  base  di  un  altro  fascio  di  cubiche. 
Esiste  perciò  tanto  la  cubica 

(1  2  3  4  5  7  9  10  11  12), 

quanto  la 

(1234578    9  11  12),. 

Ma    queste    due    cubiche  non  sono   distinte ,    perchè  dei  loro 
nove  punti  comuni 

1,  2,  3,  4,  5,  7,  9,  11,  12 

le  due  terne  1,  3,  11;  7,  9,  12  sono  in  linea  retta,  mentre  non 
sono  in  linea  retta  i  tre  punti  rimanenti  2,  4,  5.  Ciò  dimostra  l'e- 
sistenza della  cubica 

(1  2  3  4  5  7  8  9  10  11  12),, 


(*)  De   ì'rùs  1.  e.  n.°  4. 


contenute  nelV  Esagrammo  di  Pascal  ^37 


la  quale  alla  sua  volta  deve  passare  per  6,  poiché  essa  appartiene 
al  fascio  individuato  dalle  due  cubiche  spezzate  : 

(1  b    9),  •  (3  6  8ì,  •  (7  10  in, , 

(1  6  10),  •  (3  ó  7),  •  (8    9  11),- 

Le  coppie  di  punti  7,  8  ;  9,  10  ;  11,  12  essendo  di  vertici 
opposti  di  un  quadrilatero  completo  inscritto  in  una  cubica  ,  sono 
coppie  di  punti  coniiir/afi  (  aventi  cioè  il  medesimo  tangenziale)  in 
un  medesimo  sistema  (*)  :  e  poiché  la  coppia  11,  12  si  proietta 
sulla  cubica  dai  punti  3  ed  1  rispettivamente  nelle  coppie  1,  2;  3,  4  e 
la  coppia  9;  10  si  proietta  da  1  sulla  cubica  nei  punti  5,  6  così  (**) 
anche  le  coppie  1,  2  ;  3,  4  ;  5,  6  sono  di  punti  coniugati  nello 
stesso  sistema  nel  quale  lo  sono   7   ed  8,  9  e   10,   1 1   e   12. 

I  sei  tangenziali  di  ciascuna  coppia  di  punti  coniugati  ,  che 
noi  indicheremo  ordinatamente  con 

(l).   (!)■  {!)•  il)-  (?o)'   (ì^)' 

sono  manifestamente  vertici  di  un  quadrilatero  completo  ,  e  sono 
opposti,  quindi  coniugati  sulla  cubica,  i  tangenziah  di  due  coppie 
appartenenti  alla  medesima  quaderna  della  Cf.  ,  perciò  i  punti  di 
una  quaderna  della  Cf.  hanno  il  medesimo  secondo  tangenziale,  ed 
i  tre  secondi  tangenziali  dei  punti  delle  tre  quaderne  stanno  sopra 
una  medesima  retta  ,  la  quale  risulta  la  seconda  retta  satellite  di 
ogni  retta  della  Cf.  (***) ,  poiché  ciascuna  di  queste  contiene  un 
punto  di  ognuna  delle  tre  quaderne. 

6.  I  quattro  punti  della  cubica  3,  4,  5,  6  hanno  per  punto 
opposto  (****)  il  punto  (g)^  perchè  le  due  rette  (3  5)^  (4  6).  pas- 
sano per  7  ;  Segue  adunque  che  il  punto  (  g  |  è  situato  sulla  retta 
(1,  2),,    essendo  i  punti  1,  2,  3,  4,  5,  6    sopra    una    conica,    hi 

(*)  Cremona    Introduzione...  I.  e.  Art.  24. 

(**)  Maclaurin  «  De  linearum  geometricaruju  proprietatibus  •<  trad.  di  De-Jouquières  » 
Mélanges  de  geometrie  pure  "  Paris  1856  pag.  242.  Vedi  anche  Cremona,  •  Introduzione...  » 
1.  e.  n.o   134. 

(***)  De-Vries  1.  e.  n."  4. 

(****;   Cremona  «  Introduzione...  .'  I.  e.  n.  65. 


38  Sopra  mi  gruppo  di  Configurazioni  regolari 

modo  analogo  si  dimostra  ,  che  le  rette  (3  Af)^,  (5  6  ),  passano 
rispettivamente  per  \{q\      \-^ 

Allora,  poiché  l'ulteriore  intersezione  della  cubica  colla  con- 
giungente due  punti  coniugati  in  un  certo  sistema  ha  per  coniu- 
gato in  questo  stesso  sistema  il  tangenziale  comune  ai  due  punti 
coniugati  (*),  così  ne  viene,  che  le  tre  coppie  2  (  8  )•  (  4  10 
(  6  )  1'^  I  ^^^^'^  ^^  punti  coniugati  nello  stesso  sistema  nel  quale  1 
è  coniugato  a  '1. 

7.  Data  una  Gf.  (  12^,  I63)  del  nostro  tipo,  è  ad  essa  relativa 
una  retta,  la  seconda  retta  satellite  delle  rette  della  Gf. 

Prendiamo  ad  arbitrio  una  retta  segante  una  data  cubica  C, 
nei  tre  punti  «,  /3,  7.  e  vediamo  quante  di  quelle  Gf.  siano  ad  essa 
relative. 

Prendiamo  due  punti  2  )  (  8  )  ^^^^''^  ^'3  aventi  a  per  tangen- 
ziale (  questo  si  può  fare  in  sei  modi  diversi  ) ,  e  perciò  coniugati 
sulla  cubica  in  un  sistema  [  ^  ] ,  da  essi  individuato. 

Prendiamo  due  altri  punti  [A  (  {g  aventi  ;3  per  tangenziale 
e  coniugati  in  [ T  ]  (il  che  si  può  fare  in  due  modi  diversi )  e  po- 
niamo : 

(g)-(i)(L>-(^)(?o)- 

Sono  questi  punti  {'q\  L  2  )  ^^^ll^'^  cubica  e  coniugati  in  [S], 
ed  insieme    ai  punti   [\]    n  )    (  g  )   |  j  q  1   costituiscono    i  vertici    di 

un  quadrilatero  completo  inscritto  in  C.^.  Di  tali  quadrilateri  ne 
possiamo  formare  dodici  ,  quattro  per  ogni  sistema  di  punti  coniu- 
gati sulla  cubica. 

Prendiamo  ora  tre  coppie  di  punti  sopra  C3  coniugati  in  [S] 
ed  aventi  rispettivamente  per  tangenziali  2)  (4  [&]  ^^^  ^^^^  ^^ 
può  fare  in  2  ■    2-    2  =  8  modi  differenti)  e  siano   1,   2;  3,  4;  5,  6. 


(♦)  Cremona  «  Introduzione...   ■>  1.  e.  n.  133. 


contenute  neW Esagra ìììdio  di  Pascal  39 

La  retta  (1  3),  sephi  la  cubica  in  11,  e  la  (1  4).  in  12;  11  e  li2 
saranno  coniugati  in  |^]  ed  avranno  per  tangenziale  CK^mune  L.J 

Inoltre,  perchè  la  (3  1  l)i  passa  per  1,  dovrà  la  (3  H)i  passare 
per  2;  e  così  la  (4   IDi  passerà  per  2,  poiché  la  (4  1 2);  passa  per   1. 

Le  rette  (1  5),  (1  ())i  seghino  T,,  nei  punti  9  e  10:  Questi 
pure  saranno  coniugati  in  [S],  avranno  Lgj  per  tangenziale  e 
saranno  situati  ordinatamente  sulle  rette  (2  6  )i ,  (2  5)i. 

Le  rette  (9  1 1  )i  (10  11  )i  seghino  ordinatamente  la  C^  an- 
cora nei  punti  8  e  7  ,  coniugati  in  [S],  aventi  (g  per  tangenziale 
e  situati  ancora  rispettivamente  sulle  rette   (  10   12  )i.  (9  12),. 

Le  rette  (3  1  ^^  (4  7  ),  segano  ulteriormente  la  cubica  negli 
stessi  punti  nei  cjuali  cjuesta  è  segata  dalle  rette  (4  8  ), .  (3  8  ), . 
e  questi  punti  sono  coniugati  in  [S]  ed  hanno  g)  per  tangenziale. 
Per  la  notissima  proprietà ,  che  il  tangenziale  di  due  punti  coniu- 
gati è  coniugato  (  nello  stesso  sistema  ì  all'  ulteriore  intersezione 
della  cubica  colla  cougiungente  i  due  punti  coniugati,  noi  avremo, 
che  la  retta  (11  12  )i  passa  per  (g)  ,  ed  allora,  perchè  nelle  tre 
terne  di  punti  allineati  della  C^ 

1  ,  5  ,  9  ;  11  ,  12  ,  (  ^  )  ;  .3  ,  7  ,  ar 

si  hanno  anche  gli  allineamenti  (1  3  11),  (7  9  12),,  si  ricava, 
che  i  punti  5  ,  {^)  ,  x  devono  essere  in  linea  retta  ,  però  j^  è  il 
punto  5;  Sicché  la  (  4  7  ),  passa  per  6. 

I  punti  1 ,  2 ,  —  12  ora  costruiti  appartengono  manifesta- 
mente ad  una  Gf.  (12,,  I63  )  del  nostro  tipo  (basta  confrontare 
gii  allineamenti  ora  trovati  con  quelli  indicati  nella  tabella  a  del 
n«  2)  perciò:  Le  Cf.  (12,  I63  ).del  nostro  tipo  aventi  una  data 
retta  come  seconda  retta  satellite  delle  sue  rette  (*)  sono  in  nu- 
mero di  6  •    2   •  8  =  96- 


(*)  Tutte  le  rette  aventi  una  fiata  retta  per  seconda  satellite  sono  16  •  16  ,  ed  i  punti 
della  cubica  situati  sopra  queste  rette  souo  in  tutto  4-12.  Tali  punti  e  rette  formano  una 
et.  (48,6,  2063  )  inscritta  nella  cubica,  contenente  le  96  Cf  (  124  ,  I63  )  della  nostra  specie 
e  relative  alla  data  retta,  inoltre  16  Cf  (  I2i  ,  I63  )  del  tipo  A  (del  Sig.  De  Vries  1.  e.  )  e 
12  Cf.  (  24s  ,  643  )  formate  da  sei  quaderne  di  punti  aventi  per  tangenziale  comune  i  sei 
vertici  di  un  quadrilatero  completo  inscritto  nella  cubica  e  formato  da  rette  aventi  la  data 
per  (1")  satellite  (  Cf.  considerate  dal  Sig.  de  Vries  1.   e.  u"  4  ) 

Atti  Acc.  Vol.  IH,  Seeib  4»  g 


40  Sopra  tin  gruppo  di  Configurazioni  regolari 


Le  nostre  Cf.  sono  individuate  da  tre  coppie  di  punti  coniugati 
sulla  cubica-  (  in  uno  stesso  sistema  )  situati  sopra  una  conica  : 
Ma  si  deduce  facilmente,  dal  ragionamento  fatto  sopra,  che  condi- 
zione necessaria  e  sufficiente  percliè  tre  di  tali  coppie  di  punti 
coniugati  siano  sopra  una  conica  è  che  i  tre  tangenziali  delle  coppie 
di  punti  siano  coniugati  (nel  detto  sistema)  di  tre  punti  in  linea  retta. 

Questa  osservazione  mostra,  che  quattro  sono  i  gruppi  di  tre 
coppie  di  punti  coniugati  della  Cf.  situati  sopra  una  conica,  cioè  : 


1 , 

2   ; 

3  , 

4  ; 

j>  , 

6  , 

1 , 

2   ; 

9, 

10  ; 

n  , 

12  , 

3  , 

4  ; 

7, 

8  ; 

11  , 

12  , 

5  , 

6  ; 

7  , 

8  : 

9, 

10, 

come  ritroveremo  anche  per  altra  via. 

8.  Una  retta  della  Cf.  essendo  congiunta  a  nove  altre,  è  estra- 
nea a  sei  rette  della  Cf.  Prese  due  rette  estranee  si  hanno  sem- 
pre sei  rette  contemporaneamente  congiunte  ad  esse ,  perchè  ogni 
retta  contiene  un  punto  di  ciascuna  quaderna  ,  epperò  ogni  suo 
punto  (si  intende  appartenente  alla  Cf.)  è  congiunto  con  due  punti 
di  ogni  retta  ad  essa  estranea.  Vi  sono  adunque  sempre  due  ret- 
te estranee  a  due  rette  fra  loro  estranee. 

hi  due  modi  diversi  si  possono  distribuire  in  due  gruppi  di  tre, 
le  sei  rette  congiunte  a  due  rette  fra  loro  estranee  in  guisa  ch'esse 
contengano  tutti  i  sei  punti  delle  due  rette  estranee  ,  e  ciascuna 
terna  di  queste  rette  (estranee)  sega  allora  la  cubica  in  tre  punti 
della  Cf.  alUneati  sopra  una  retta  della  Cf.  Perciò  da  ogni  coppia 
di  rette  estranee  nascono  due  figure  (.^  )  (*),  ossia  due  Cf.  (9, ,  63  )  i 
cui  punti  formano  la  base  di  un  fascio  di  cubiche,  neUe  quali  ve  ne 
sono  due  spezzate  in  tre  rette  (queste  rette  sono  quelle  della  Cf.)  (**). 

-1  *»       />       t) 

Le  fig.  (A)  esistenti  nella  Cf.  data  sono  ^  ^  =  16  :  Ma 
come  si  vedrà  queste  Cf.  (9,,  GJ  sono  speciaU,  poiché  tra  i  nove 


(*)  Martinetti.  «  Sopra  alcune  Cf.  piane  «  (Annali  di  Mat.  Serie  II.  Tom.  XIV,  u.»  5). 

(**)  É  facile  vedere,  che  di  Cf  (92,  63)  non  ve  ne  possono  essere  che  di  due  tipi  icome 
accenna  anche  il  Sig.  De-Vries,  1.  e.  n."  3)  le  fig.  (A)  e  le  Cf.  che  hanno  per  punti  i  vertici 
di  due  triangoli  arhitrarii  riferiti  fra  loro  e  le  intersezioni  dei  lati  corrispondenti,  e  per  rette 
i  sei  lati  dei  due  triangoli. 


contenute  neW  Esagrammo  di  Pascal  41 


punti  ,  che  le  componp:ono  esiste  un  settimo  allineamento  di  tre 
punti  ,  ossia  nel  fascio  di  cuiiiche  avente  per  base  i  punti  di  una 
di  queste  Cf.  esiste  ancora  una  cubica  composta  di  una  retta  e 
di  una   conica. 

9.  Le  sostituzioni  .s,  ,  .?.,  e  loro  prodotti  (n.°  3)  sono  sufficienti 
a  mostrare  come  la  coppia  di  punti  1 ,  3  possa  essere  sostituita 
da  un'  altra  coppia  qualuncjue  di  punti  coniugati  della  Cf.  ;  talché 
gli  elementi  della  Cf.  si  comportano  rispetto  ad  1  e  2  come  rispetto 
a  qualsivoglia  altra  coppia  di  punti  coniugati.  Esaminando  (col  sus- 
sidio della  tabella  ^  del  n."  2),  come  la  Cf.  si  comporti  rispetto 
ad   1   e  2,  si  conclude. 

1."  Se  da  due  punti  coniugati  di  una  quaderna  si  proiettano 
sulla  cubica  i  medesimi  due  punti  coniugati  di  una  seconda  qua- 
derna ,  si  ottengono  i  medesimi  due  punti  coniugati  della  terza 
quaderna. 

2.°  Se  da  due  punti  coniugati  di  una  quaderna  si  proiettano 
sulla  cubica  gli  stessi  due  punti  non  coniugati  di  un'  altra  quaderna, 
si  hanno  due  coppie  di  punti  non  coniugati  e  distinti  della  terza 
quaderna. 

3.°  Se  da  un  punto  di  una  data  quaderna  si  proietta  sulla 
cubica  una  coppia  di  punti  della  Cf.  allineati  con  un  altro  punto 
della  stessa  quaderna  ,  ma  non  ad  esso  coniugato  ,  si  ottiene  una 
coppia  di  punti  della  Cf.  allineati  al  punto  (  della  quaderna  data  ) 
coniugato  a  quest'  ultimo. 

Consideriamo  una  retta  arbitraria  della  Cf.  e  siano  a,  b,  e  \ 
tre  punti  (appartenenti  adunque  a  quaderne  diverse)  situati  sopra 
di  essa,  e  diciamo  a',  h' ,  e  i  loro  coniugati,  ed  Oi,  a\;  è,,  b\\ 
Ci,  c\  le  altre  tre  coppie  di  punti  coniugati,  che  insieme  a  quelle  co- 
stituiscono le  tre  quaderne. 

Le  (a,  è)i  (rtj  e),  sono  rette  della  Cf. ,  le  ciuali  contengono 
ancora  due  punti.  Sulla  (r/j  è),  non  vi  può  essere  il  punto  e  e  nep- 
pure e  (per  l'osserv.  l''),  perciò  diciamo  c^  il  punto  situato  su  di 
essa:  e  per  la  medesima  ragione  diciamo  h^  il  terzo  punto  situato 
sulla  (rtic)i  ■    I  punti  Ti  e  è,  saranno  (per  l'osserv.  3*^)  allineati  con  «'. 


42  Sopra  un  gruppo  di  Configurazioni  regolari 

Le  rette  («',  b), ,  {(t\  c)^  conteiTanuo  allora  rispettivaiueute  i 
punti  c\  e  h\  pure  allineati  con  a:  E  si  avrà  inoltre  (per  l'osserv. 
l'')  che  a,  bi ,  c\;  a,  b\  ,  c^  sono  terne  di  punti  allineati. 

Per  questo  vediamo  che  i  nove  punti  a  ,  b,  e.  r/, .  h, .  i\  ,  «,, 
b\,  c\  appartengono  ad  una  fig.  (^)  nella  quale  oltre  ai  sei  alU- 
neamenti:  «i  b  e,;  a,  b^  e;  a\  b  c\;  a\  b\  e;  a  b^  c\:  a  b\  Cj  esi- 
ste anche  l'allineamento  a ,  b,  e  e  solo  quello. 

Partendo  dalla  retta  {a  b  c)^  abbiamo  adunque  costruita  una 
fig.  (A)  formata  da  punti  e  rette  della  Cf.  nella  quale  esiste  un 
setthno  allineamento  (a,  b,  e),  di  punti  fondamentali,  e  poiché 
questo  allineamento  si  comporta  diversamente  dagli  altri  sei  della 
fig.  {^)  ne  viene,  che  le  fig.  (A)  nascenti  in  (juesto  modo  sono  le 
16  trovate  al  n.   8. 

Considerando  ancora  la  figura  precedente  riconosciamo  che 
devono  aver  luogo  anche  i  tre  aUineamenti  dei  punti:  a,  b' ,  e': 
n' ,  b,  e;  n' ,  b' ,  e,  per  la  qual  cosa  a,  b,  e,  a',  b' .  r  sono  ver- 
tici di  un  quadrilatero  completo  formato  da  rette  della  Cf.  Di  tali 
quadrilateri  se  ne  hanno  quattro,  e  le  quattro  fig.  1-^)  relative  ai 
lati  di  uno  qualunque  di  essi  posseggono  tutte  sei  punti  in  comune, 
i  quali  sono  situati  necessariamente  sopra  una  conica. 

Dunque  i  dodici  punti  della  Cf.  si  possono  distribuire  in  quattro 
modi  diversi  in  due  gruppi  di  sei,  quelU  di  un  gruppo  essendo  so- 
pra una  conica,  quelli  dell'altro  vertici  di  un  quadrilatero  completo. 

La  nostra  Cf.  può  dunque  essere  generata  in  ([uattro  modi 
diversi  nei  modo  che  si  è  detto  al  n.    1. 

I  gruppi  di  punti  sopra  una  conica  e  quelli  vertici  di  un  qua- 
drilatero completo  sono  i  seguenti: 


Sopra  una   conica 

Vertici  di  un  quadrilatero 

1,  2;  3,    4;    5,     6 

7,  8;  9,  10;  11,  12 

1,  2;  9,  10;  11,  12 

3,  4;  5,    6;     7,    8 

3,  4;  7,    8;  11,  12 

1,  2;  5,     6;    9,  10 

5,  G;  7,  .8;    9,  10 

1,  2;  3,    4;  11,  12 

contenute  iteli'  Esacjrdiiniin  tU  l'aneal  4.'i 


Due  (inaliuHiuc  dclK'  i-oniclic  liaiiiio  due  punti  coniiiLi^ali  in 
conuuic,  l'dsì  pure  (lue  ([uaUni(]U('  dri  (|ua(lrilatei-i  liaiiiio  in  coiuu- 
lu'   una   c(>[ipia   di   vertici   opposti. 

Un  quadrilatero  ha  sempre  due  coppie  di  veitici  opposti  so- 
pra le  tre  coniche  ad  esso  non  relative. 

1  ({uattro    quadrilateri    contengono    conq)lessivamente    tutte  le 

rette  della  Cf. 

Risulta  subito  ancora,  che  le  rette  della  Gf.  passanti  per  due 
punti   coniugati  si  possono  ordinare  in  modo  da  formare  due  gruppi 

proiettivi. 

10.  Il  Sig.  De-Vries  (1.  e.)  trovò  che  in  ì^ì  modi  diversi  si 
possono  prendere  otto  punti  della  Cf.  in  guisa  che  essi  diano  un 
ottagono  di  Steiner  (  cioè  i  lati  suoi  passino  alternativamente  per 
due  punti  — /^/-///rZ/w// —  della  cubica)  e  per  essi  i  punti  principali 
sono  le  possibili  coppie  di  punti  non  coniugati  di  una  quaderna 
(aventi  adunque  il  medisimo  secondo  tangenziale  ma  non  il  primo, 
come  necessariamente  devono  essere  tutti  i  punti  principali  degli 
ottagoni  di  Steiner  (*)  ). 

Le  coppie  di  ottagoni  relative  a  due  coppie  di  punti  [ìriucipali 
formanti  una  quaderna  contengono  come  lati  tutte  le  rette  della  Ct. 

Oltre  a  questi  ottagoni  di  Steiner,  rilativi  a  due  punti  princi- 
pali, si  possono  formare  con  punti  e  rette  della  Gf.  degli  ottagoni 
di  Steiner  relativi  a  quattro  punti  piincipali,  tali  cioè  che  i  lati  loro 
passino  ordinatamente  per  quattro  punti  della  cubica  nella  quale  è 
inscritta  la  Gf. 

Infatti  ordinando  i  punti  di  due  quaderne  qualunque  della  Gf. 
prendendo  alternativamente  un  punto  dell'una  ed  un  punto  dell'al- 
tra, i  punti  della  stessa  quaderna  essendo  poi  scelti  alternativa- 
mente nelle  due  coppie,  che  la  compongono ,  si  formano  degli 
ottagoni  semplici,  in  numero  di  ^4,  aventi  per  vertici  opposti  punti 


(•)  Per  la  teoria  dei  poligoni  di  Steiner  inscritti  in  nna  cubica  si  può  vedere  p.  es  : 
H.  Schroeter.  ■■   Tlieorie  der  ebenen  Kurven  drifter  Orduiiiiy  »  Leipzig-   1880  §  31. 
Ovvero  la  nota  di  Steiner  nel  Giornale  di  Creile  Voi.  32°  pag.  182-184,  e  le  memorie  di 
K.  Kiipper  —  "  Ùber  die  Steinerschen  Polygone  anf  einer  Knrve  3  Ordn...ecc.    »  (Math.  Ann- 
B.  24.°)  P.  H.  Schoute  «  Die  Steinerschen  Polygone  »  (Giornale  di  Creile— Voi.  95»  pag.  105 
e  seg.  )   ecc. 


44 


Sopra  un  gruppo  di  Configurazioni  regolari 


coniugali,  i  quali,  per  le  proprietà  notate  al  n.  9,  (o  direttamente 
come  risulta  dalla  tabella  «))  sono  tutti  ottagoni  di  Steiner  relativi 
;i  due  od  ai  quattro  punti  della  terza  quaderna. 

Di  questi  !24  ottagoni  di  Steiner  i    12  seguenti  sono  relativi  a 
due  punti  principali  : 

I.  Gruppo. 


Ottagon 

i  (li  Steiner 

1     3 

7   10 

2    4    8    9, 

1     4 

7    9 

2    3    8  10, 

1    5 

7  12 

2    6    8  11, 

1     6 

7  11 

2    5    8  12, 

1    9 

7    3 

2  10    8    4, 

1  10 

7    4 

2    9    8    3, 

1  11 

7    5 

2  12    8    6, 

1  12 

7    6 

2  11     8    5, 

3    5 

9  12 

4    6  10  11 , 

3    6 

9  11 

4    5  10  12, 

3  11 

9    5 

4  12  10    6, 

3  12 

9    6 

4  11  10    5  , 

Iti 

principali 

11 

5; 

12, 

6; 

9 

3; 

10, 

4; 

5, 

12; 

6 

11; 

3, 

10; 

4, 

9  ; 

7, 

1  ; 

8, 

2  • 

1, 

8; 

2, 

7, 

ed  i   12  seguenti  sono  invece  relativi  a  quattro  punti  principali  : 

II.  Gruppo. 


1  11 
1  12 
3  5 
3  6 
3  11 
3  12 


Ottagoni  di  Steiner 

3     7     9    2  4    8  10  , 

2  3 

2  6 

2  5 

2  10 

2  9 

2  12 

2  11 


7  10 
7  11 
7  12 
7  4 
7  3 
7  6 
7  5 
9  11 
9  12 
9  6 
9    5 


8  9, 
8  12, 
8  11  , 
8  3, 
8  4, 
8  5, 
8    6, 


4  6  10  12  , 
4  5  10  11  , 
4  12  10  5  , 
4  11  10    6  , 


punti  principali. 

11, 

5, 

12, 

6 

12, 

6, 

11, 

5 

9, 

3, 

10, 

4 

10, 

4, 

9, 

3 

5, 

12, 

6, 

11 

6, 

11, 

5, 

12 

3, 

10, 

4, 

9 

4, 

9, 

3, 

10 

7, 

1, 

8, 

2 

8, 

2, 

7, 

1 

1. 

8, 

2, 

7 

2, 

7, 

1, 

8 

Scambiando    in  uno    qualunque    degli    ottagoni  di  un    gruppo 
due  soli  vertici  opposti  si  ottiene  un  ottagono  dell'altro  gruppo. 


contenute  neW  Esagnrmmo  di  l'oscal  4.') 


Anche  per  gli  ottagoni  del  II  gruppo  ha  luogo  la  proprietà  , 
che  si  possono  accoppiare  due  a  due  in  guisa  che  essi  contengano 
le  rette  della  Cf.  Ma  si  ha  inoltre  per  questi  ottagoni  la  proprietà, 
che  le  rette  di  uno  qualunque  di  essi,  i  vertici  e  relativi  punti  prin- 
cipali costituiscono  una  Gf.  (  H»  83)  (non  regolare).  Perciò  la  no- 
stra Cf.  (Ii2,  ,  I63)  si  può  in  sei  modi  considerare  come  l'insieme 
di  due  certe  Cf.  (12j  ,  83)  aventi  gh  stessi  punti  ma  rette  distinte. 

Le  12  Cf.  (ISj  ,  83)  nascenti  dai  12  ottagoni  del  II  gruppo  so- 
no tutte  distinte. 

I  punti  di  due  quaderne  si  possono  però  ordinare  ancora  in  varii 
modi,  così  da  formare  ottagoni  semplici ,  aventi  per  lati  rette  della 
Cf.  ,  hasta  prendere  alternativamente  un  punto  in  ciascuna  quader- 
na, senza  prendere  alternativamente  nelle  coppie  i  punti  delle  singole 
quaderne  ;  Ma  è  facile  vedere  come  non  nascano  cosi  dei  poligoni 
di  Steiner  propriamente  detti. 

11.  I  24  ottagoni  sopra  considerati  non  sono  i  soli  poligoni  di 
Steiner,  che  si  possono  formare  con  punti  e  rette  della  Cf. 

Ogni  quadrangolo  semplice  avente  per  vertici  opposti  due  cop- 
pie di  punti  coniugati  non  appartenenti  alla  stessa  quaderna,  è  un 
quadrangolo  di  Steiner  relativo  a  due  punti  coniugati  dell'  altra 
quaderna. 

Esagoni,  e  decagoni  di  Steiner  relativi  a  due  punti  principali, 
non  ve  ne  possono  essere  nella  Cf. ,  perchè  tali  punti  principali  de- 
vono soddisfare  a  condizioni  diverse  da  quelle  di  possedere  il  me- 
desimo primo  o  secondo  tangenziale  (*) ,  le  sole  condizioni  cui  pos- 
sono soddisfare  due  punti  presi  comunque  nella  nostra  Cf.  (è  evi- 
dente che  i  punti  principali  dei  poligoni,  in  parola  dovrebbero  ap- 
partenere alla  Cf.). 

Ma  però  ogni  esagono  semplice  avente  per  vertici  opposti  tre 
coppie  di  punti  coniugati  sopra  una  conica  (e  sono  16  in  tutto)  è 
un  poligono  di  Steiner  relativo  a  tre  punti  principali  (situati  sulla 
retta  di  Pascal  di  quell'  esagono),  né  questi  soli  sono  gli  esagoni  di 


(*)  K.  Kiipper — 1.  e. 


46  Sopra  un  gruppo  di  Configurazioni  regolari 


Steiner  relativi  a  tre  punti  i)rincipali,  peroccliè  uno  di  questi  esa- 
goni semplici,  insieme  ai  tre  punti  principali  ed  ai  suoi  lati  costi- 
tuisce sempre  una  fig.  (a),  e  reciprocamente  presa  una  fig.  (a) 
quale  si  voglia  ,  e  tre  punti  di  essa  non  situati  due  a  due  sopra 
rette  della  figura,  gli  altri  sei  punti  possono  essere  presi  in  modo 
da  formare  un  esagono  di  Steiner  relativo  a  quella  terna.  Ogni 
tig.  (^)  della  Cf.  dà  adunque  sei  esagoni  di  Steiner,  de'  quali  uno 
solo  è  anche  di  Pascal.  Gli  esagoni  di  Steiner  relativi  a  tre  punti 
principali  sono  adunque  6.  16=96,  poiché  da  fig.  {^)  diverse,  ed 
anche  dalla  stessa  figura,  nascono  sempre  esagoni  diversi. 

Oltre  a  questi  non  vi  sono  nella  Gf.  altri    poligoni  di  Steiner. 

12.  Le  rette  estranee  ad  una  qualunque  delle  rette  della  Gf. 
sono  sei  e  contengono  insieme  nove  punti  della  Gf. ,  i  quali,  con 
quelle  rette,  costituiscono  una  Gf.  (9^  ,  63  )  diversa  da  una  tig.  (A) , 
quindi  una  Gf.  (92  ,  63)  della  sola  specie  possibile  altre  alle  tig.  (a)  (*) 

In  queste  Gf.  (9^  63  )  non  esiste  alcuna  terna  di  rette  estranee 
fra  loro,  per  la  qual  cosa  non  si  possono  distribuire  le  rette  della 
data  Gf.  in  quaderne  contenenti  tutti  i  12  punti  (**)  cioè  non  esi- 
stono quadrilateri  principali. 

Si  è  già  notato  invece  come  i  punti  della  Gf.  si  possano  in  tre 
modi  diversi  distribuire  in  quaderne  di  punti  (estranei)  pei  quali 
passano  complessivamente  tutte  le  16  rette  della  figura,  cioè  esi- 
stono tre  quadrangoli  principali. 

Avendosi  perù  nella  Gf.  delle  iìg.  (a),  vi  sono  necessariamente 
dei  trilateri  principali  (tei-ne  di  rette  estranee  contenenti  nove  punti 
della  Gf.)  — Ogni  fig.  (A)  dà  luogo  a  due  diversi  trilateri  principali, 
però  questi  sono  32,  riconoscendosi  facilmente,  che  ogni  trilatero 
principale  deve  appartenere  ad  un'  unica  fìg.  (  A  ). 

13.  Se  in  una  Gf.  della  nostra  specie  si  congiungono  fra  loro 
i  punti  estranei,  si  ottengono  rette  non  appartenenti  alla  Cf.  le  quali 
si  distribuiscono  in  due  gruppi  secondo  che  esse  congiungono  o  no 
due  punti  coniugati. 


(*)  Vedi  nota  al  n.  8. 
(**)  De-Vries,  1.  e. 


contenute  neW  Esagmmmo  di  Pascal  47 


Come  si  è  già  veduto  (a.*  6  e  9)  le  rette  congiungenti  due 
punti  coniugati,  in  nunieio  di  sei ,  segano  la  cubica  ulteriormente 
in  punti  distinti  i  quali  sono  i  tangenziali  dei  punti  della  Cf. 

Le  altre  rette,  in  numero  di  1:2,  congiungenti  punti  estranei  si 
distribuiscono  a  coppie  ;  una  delle  rette  contiene  due  punti  non  co- 
niugati, quella  formante  con  essa  una  coppia  contiene  i  punti  co- 
niugati a  quelli,  per  la  qual  cosa  le  due  rette  di  una  coppia  si  se- 
gano sulla  cubica,  nella  quale  è  inscritta  la  Cf. 

Dunque  le  ulteriori  intersezioni  della  cubica  colle  rette  con- 
giungenti i  punti  estranei  della  Cf.  sono  complessivamente  dodici 
punti. 

Chiamiamo  ordinatamente  : 

7',  8',  9',  10',  ir,  12', 

i  tangenziali  dei  punti 

1,  7,  3,  9,  5,  11 

(quindi  anche  tangenziali  dei  punti  2,  8,  4,  10,  6,  12  ed  interse- 
zioni della  cubica  ordinatamente  colle  rette  (7  8X ,  (1  2)i ,  (9  10)^ 
(3  4),,  (11    12),,  (5  6).  )  e  poniamo: 

(1  7).  •  (2    8)i  =  r , 

(1  8)i  •  (2    7).  =  2' , 

(3  9),  •  (4  10)i  =  3' , 

(3  10),  •  (4    9),  =  4' . 

(5  11),  •  (6  12),  =  5' , 

(5  12),  •  (6  11),  =  6' . 

Segue  subito  che  le  coppie  1',  2';  3',  4';  5',  6';  7',  8';  9',  lU'; 
ir,  12'  sono  di  punti  coniugati  sulla  cubica  nel  medesimo  sistema 
[S]  nel  quale   1   è  coniugato  a  2. 

Oltre  agli  allineamenti  delle  terne  di  punti  7'  9'  12',  7'  10' 
ir,  8'  9'  ir,  8'  10'  12',  che  sappiamo  (n"  5)  debbono  aver  luogo 
fra  i  punti  7',  8',  9',   10',   11',   12',  se  ne  hanno  altri  ancora. 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sbeie  4*  7 


48  Sopra  un  grztppo  di  Configurazioni  regolari 


Infatti  considerando  le  due  terne  1,  3,  11;  7,  9,  1:2  di  punti 
in  linea  retta,  ed  unendo  1  con  7,  3  con  9,  ed  11  con  1:2  otte- 
niamo tre  rette,  le  quali  segano  ulteriormente  la  cubica  in  tre  punti 
in  linea  retta;  questi  punti  sono   1',  3',   11'. 

Allo  stesso  modo  considerando  le  coppie  di  terne  di  punti 
allineati  : 

,1    3  11    ,1    3  11    ^1    3  11    .1    3  11    ^1    3  11    ^  1    3  11 

'71012''?    3    5''?    4    e'  '  8    9  11'  '  8  10  12'  '  8    3    b' 

il    3  11    ,1    3  11    ^1    3  11    ,1    3  11    .1    3  11 

(  8    4    s'^l    9    n'alio    6''2    9    6''2  10    5' 

si  dimostrano  ordinatamente  gli   allineamenti  delle  terne  di  jjunti  : 

l'4'12',     l'9'5',     l'IO'B',    2'  3'  12',     2'  4   11' ,    2' 9'  6' ,     2'  10'  5' , 
7'  3'  ó'  ,     7'  4'  6',    8'  3'  6',    8'  4'  5'. 

Confrontando  i  sedici  allineamenti  trovati  fra  i  punti  1',  :2',  ...  13' 
con  quelli  indicati  nella  tabella  a  del  n"  2  si  conclude  senz'  altro  : 
Le  ulteriori  intersezioni  delle  congiungenti  i  punti  estranei 
di  una  Cf.  {  13^  16,,  ),  del  nostro  tipo,  colla  cubica,  nella  quale  la 
Cf.  è  inscritta,  sono  in  tutto  dodici  punti  appartenenti  ad  un'altra 
Cf.  (  12,  16^  )  del  medesimo  tipo.  „ 

Si  osservi  che  dalle  sei  rette  che  congiungono  i  punti  di  una 
quaderna  della  data  Cf.  nascono  quattro  punti  formanti  una  qua- 
derna della  seconda,   e  che  le  due  Cf.  non  hanno  elementi  comuni. 

Si  noti  ancora  come  data  la  prima  Cf.  la  seconda  si  possa 
costruire  (linearmente)  in  modo  semplicissimo. 

14.  "  Ciascuna  delle  nostre  Cf.  (  1:2^  16  ^  )  può  essere  dedotta, 
nel  modo  detto  sopra,  da   16  altre  Cf.  della  stessa  specie.  „ 

Infatti  :  Consideriamo  una  delle  nostre  Cf.  ed  i  suoi  punti  e 
rette  siano  indicati  come  si  è  detto  al  n°  1.  Assumiamo  uno  dei 
quadrilateri  formati  da  rette  e  punti  della  Cf.  (  ciò  potrà  farsi  in 
quattro  modi  diversi  )  ad  es.  quello  di  vertici  opposti  : 

7,  8;  9,  10;  11,  12 


contenute  neW  Esagnannio  di  Pascal  49 


Consideriamo  diu'  punii  della  cubica  ('3  ,  nella  quale  è  in- 
scritta la  Cl".^  aventi  per  tangenziale  7  e  coniugati  nel  sistema  [S] 
nel  quale  1  è  coniugato  a  2,  e  siano  1',  "2'  (ciò  potrà  farsi  in  due 
modi  diversi.)  Come  è  noto  la  retta  (!'   "2'),    passa  per  8. 

Diciamo  7',  8'  le  ulteriori  intersezioni  di  C,  colle  rette  (1  1'),, 
(1  -2')^;  questi  punti  sono  coniugati  in  [S]  ed  hanno  per  tangen- 
ziale il  punto  8,  perchè  1  ha  per  tangenziale  l'ulteriore  intersezione 
di   (\  colla  (7   8),  (n°  6);  la  (7'   8'),  passerà  per  7. 

Le  rette  (1'  8'),,  {2'  7'),  debbono  segarsi  in  2,  sicché  se  in 
luogo  di  1  si  fosse  considerato  il  punto  2  si  sarebbero  attenuti 
colla  precedente  costruzione  i  medesimi  punti  7'  ,  8'  . 

Consideriamo  due  punti  3',  4'  coniugati  in  [S]  ed  aventi  '.» 
per  tangenziale  (  due  sono  le  scelte  possibili  )  e  proiettiamo  questi 
punti  sulla  C.j  dal  punto  3  (ovvero  4)  ed  avremo  due  punti  9',  10' 
(  ovvero  10\  9'  )  i  quali  sono  coniugati  in  [S],  hanno  10  per  tan- 
genziale e  sono  allineati  con  9. 

I  punti  5',  6',  ir,  12'  ulteriori  intersezioni  della  C\  ordina- 
tamente colle  rette 

(  r  9'  X  ,  (  1'  10'  ),  ,  (  V  3'  ),,(!■  4'  ), 
(  e  quindi  anche  colle  rette 

(  2'  10'  ),  ,  (  2'  9'  ),  ,  (  2'  4'  ).  ,  (  2'  3'  ).  ) 

godono  rispetto  ad  11  ,  12  ,  5  ,  6  delle  stesse  proprietà  che  la 
quaderna  1'  ,  2'  ,  7'  ,  8'  gode  rispetto  ai  punti  7,8,1,2 
(ovvero  la  quaderna  3'  ,  4'  ,  9'  ,  10'  rispetto  ai  punti  9  ,  10  ,  3  , 
4  ).  hi  vero  5'  e  6'  sono  coniugati  in  [S]  ed  hanno  11  per  tan- 
genziale :  Così  pure  11  ,  12'  sono  coniugati  in  [S]  ed  hanno  12 
per  tangenziale  ; 

Le  rette  (5'  11'),  (6'  12'),  si  segano  nel  punto  5  e  le  (5'  12'), , 
(6'  ir)j  nel  punto  6,  perchè  le  tre  rette 

(1-  9').  ,  (1'  3-  11).  ,  (3  5  7), 

costituiscono  una  cubica  spezzata,  che  insieme  alla  C^  individua  un 
fascio  fra  i  cui  punti    base  vi    sono    ancora   gli  aUineamenti    delle 


50  Sopra  tru  grujìpo  di  Con  fi  (ju  razioni  regolari 

due  terne  di  punti  1',  1',  7;  3,  3',  9'  quindi  anche  i  tre  punti  5, 
5',   ir   sono  in  linea  retta:   Analogamente  per  gli  altri  casi. 

I  dodici  punti  1',  i' ,...,  12' così  assegnati  appartengono  ad  una 
Cf.  del  nostro  tipo,  perchè  oltre  agli  allineamenti  già  stabiliti,  cioè  : 

1'  8'  11',        2'  3'  12',        r  4'  12',        2'  4'  11', 
r  5'    9',        2'  5'  10',        1'  6'  10',        2'  6'    9', 

si  hanno  anche  gli  altri 

7'    3'    5' ,        8'    3'    6' ,        7'    4'    6'  ,        8'    4'    5' , 
7'    9'  12',        8-    9'  11',        7  10'  11',        8'  10'  12'; 

Infatti  le  due  cubiche  spezzate 

(5'  6  12'),  •     (1  1'  7')i  •     (3'  4'  10), 
(1    6  10),  •    il' 4'  12'),  •    (5'  7'      ). 

individuano  un  fascio  al  quale  deve  appartenere  la  Cj  e  che  avrà 
quindi  per  nono  punto  base  3',  necessariamente  situato  sulla  retta 
(5'   7')i.  In  modo  analogo  si  dimostrano  gli  altri  sette  allineamenti. 

Questa  Cf.  {\%  I63)  dà  manifestamente,  colla  costruzione  in- 
dicata al  n»   li2,  la  Cf.  dalla  quale  siamo  partiti. 

Dal  fatto  ragionamento  risulta  ,  che  ogni  Cf.  del  nostro  tipo 
può  essere  ottenuta,  nel  modo  che  si  disse,  da  4.  2.  2  =  16  altre 
Cf.  dello  stesso  tipo. 

Queste  16  Cf.  si  distinguono  in  quattro  gruppi  di  quattro,  ogni 
gruppo  essendo  relativo  ad  un  quadrilatero  della  data  Cf.  Le  quat- 
tro Cf.  relative,  ad  un  medesimo  quadrilatero,  sono  costituite  da  rette 
aventi  tutte  la  medesima  seconda  satellite,  e  le  quattro  seconde  sa- 
telliti delle  rette  delle  Cf.  dei  quattro  gruppi  formano  un  quadrila- 
tero completo  inscritto  nella  cubica^  sicché  tutte  le  rette  delle  se- 
dici Cf.  ,  le  quali  generano  (come  al  n°  12)  una  data  Cf.  del  nostro 
tipo  ,  hanno  una  medesima  terza  satellite  e  questa  è  la  retta  alla 
quale  è  relativa  (n»  5)  la  Cf.  data. 

Messina  25  Dicembre  1890. 


Sull'azione  disinfettante  dei  Saponi  al  Sublimato 


Nota  di  E.  DI  MATTEI 

Ietta   velia   seduta   del   d)    28   Dicembre    1890. 


I  risultati  ottenuti  da  me  in  una  serie  di  ricerche  sui  saponi 
comuni  ad  uso  di  lavanderia  mi  facevano  estendere  lo  studio  sur 
un'altra  qualità  di  saponi  detti  al  subìimaio,  e  che  vanno  nella  pra- 
tica e  neir  uso  comune  fra  le  tante  specie  di  saponi  antisettici  e 
medicinali. 

Questi  saponi  al  sublimato  da  me  studiati  sono  esteri  e  na- 
zionaU  ;  appartenenti  i  primi  a  fabbriche  di  Vienna  e  di  Parigi ,  i 
secondi  a  fabbriche  di  Milano  e  di  Pioma.  Gli  uni  e  gli  altri  van- 
no in  commercio  col  titolo  della  quantità  di  subUmato  contenuto  e 
sono  quelli  ali"  1  al  i2  al  5  "/«  :  altri  poi  non  portano  alcun  titolo  ; 
altri  infine  di  titolo  superiore  che  chffìcilmente  si  trovano  in  com- 
mercio, al  10  al  15  al  20  "/o  ci  sono  stati  appositamente  fabbricati 
e  forniti  per  questo  lavoro  dalla  rinomata  fabbrica  Torti  di  Roma. 

In  questo  studio  io  non  mi  sono  occupato  di  indagare  il  pro- 
cesso di  fal)bricazione  di  questi  saponi  e  li  ho  adoperati  come  ven- 
gono venduti  in  commercio  e  con  quel  titolo  di  quantità  di  subli- 
mato che  portano  dalla  Marca  di  fabbrica. 

Questi  saponi  sono  a  pezzi,  della  forma  e  grandezza  di  una 
saponetta  comune,  ed  hanno  un  colorito  ora  bianco-grigiastro,  ora 
plumbeo,  ora  terreo:  essi  non  si  lasciano  tagliare  bene  dal  coltello, 
poiché  facilmente  si  sgretolano  in  piccoU  pezzi  :  sono  discretamente 
pesanti,  si  sciolgono  facilmente  nell'acqua  e  danno  pochissima  spuma. 

I  saponi  adunque  da  me  studiati  contengono  una  quantità 
varia  di  sublimato  dall'  1  al  20  %  :  e  con  essi ,  analogamente  a 
quanto  avevo  praticato  per  i  saponi  comuni,  ho  intrapreso  le  mie  ri- 
cerche, sia  sciogliendo  dei  pezzi  pesati  di  saponi  in  acqua  steriliz- 
zata (10  :  100)  e  in  esse  diluzioni  .saponate  innestando  delle  colture 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Serie  4'  8 


52  SuW  azione  disinfettante  dei  ISaponi  al   Siiblimato 

di  niicroi'ganismi  patogeni^  sia  seminando  questi  direttamente  sulla 
superficie  di  essi  saponi. 

In  quest'  ultimo  caso  dopo  un  tempo  determinato  si  ripigliava 
con  ago  di  platino  sterilizzato  la  cultura  dal  punto  ove  si  era  se- 
minata e  si  innestava  in  terreni  nutritivi  dei  quali ,  nei  casi  dubbi 
mi  servivo  per  le  colture  piatte  rispettive.  È  naturale  che  in  questi 
casi  si  aveva  1'  accortezza  di  seminare  sulla  superficie  dei  saponi 
soltanto  microrganismi,  senza  trasportare  con  essi  dei  frammenti  di 
sostanza  nutritiva  ;  la  quale  depositata  anch'  essa  sulla  superficie 
del  sapone  ne  avrebbe  potuto  far  variare  i  resultati  per  la  ragione 
facile  a  comprendersi  che  i  microrganismi,  oltre  al  non  poter  subire 
il  diretto  contratto  con  il  sapone,  avrebbero  potuto  per  via  del  ma- 
teriale nutritivo  così  trasportato  o  vivere  per  un  tempo  più  lungo 
0  scampare  alla  morte  addirittura  :  come  anche  è  inutile  dire  che 
ripigliando  dalla  superficie  dei  saponi  la  cultura  seminata  si  aveva 
cura  di  non  trasportare  con  essa  delle  tracce  di  sapone.  Credo 
utile  a  questo  punto  accennare  come  questi  saponi  siano  un  pò 
avidi  di  acqua  ;  epperò  a  riprese  si  lasciava  cadere  sul  punto  se- 
minato qualche  goccia  di  acqua  distillata  sterilizzata  per  mante- 
nervi un  discreto   grado  di  umidità. 

Nel  primo  caso  poi  delle  diluzioni  dei  saponi ,  la  cultura,  da 
terreni  nutritivi  distesi  in  superficie  a  becco  di  flauto  veniva^  come 
anche  pel  caso  precedente,  raccolta  leggermente  con  una  spatola 
di  platino  e  sciolta  in  acqua  distillata  sterilizzata  in  modo  da  fare 
come  un'  emulsione  torbida  lattiginosa.  Di  essa  con  una  pipetta 
sterilizzata  se  ne  aspirava  una  discreta  quantità  che  veniva  versata 
a  gocce ,  aumentandone  sempre  il  numero ,  in  diversi  tubi  conte- 
nenti le  diluzioni  saponate,  preparate  come  detto  precedentemente. 
Dopo  un  periodo  di  tempo  determinato  ,  avendo  già  preventiva- 
mente curato  che  le  gocce  fossero  venute  a  contatto  diretto  con  la 
diluzione,  si  aspirava  mediante  una  pipetta  sterilizzata  una  quan- 
tità stabilita  (da  una  a  due  gocce)  di  essa  diluzione  saponata  ben 
agitata  e  si  versava  in  tubi  di  brodo  ,  e  contemporaneamente  in 
tubi  di  gelatina  che  servivano  per  farne  colture  piatte;  si  facevano 


SttW  azioììe  d'mnfettante  dei  Saponi  al  Stihlimato 


inoltre  degli  innesti  con  essa  diluzione  in  tuln  di  gelatina  agarizzata 
elle  si  mettevano  nella  iuculiatnce  per  avere  uno  sviluppo  più  ra- 
jiido  dei   microrganisnii. 

I  microrganismi  da  me  studiati  sono  parecchi:  il  vibrio  del 
colera  asiatico,  il  bacillo  del  tifo,  quello  del  carbonchio,  lo  stafilo- 
cocco piogeneo  aureo,  e  lo  streptococco  piogeno. 

II  bacillo  del  carbonchio  si  studiava  prima  che  fosse  sporifi- 
cato e  come  bacillo  sporificato.  Nel  primo  caso  si  versava  una  goc- 
cia di  sangue  del  cuore  di  animale  carbonchioso  sulla  superficie  del 
sapone  :  nelf  altro  caso  si  pigliava  il  materiale  carbonchioso  da  pa- 
tata 0  da  una  cultura  d"  agar  (col  metodo  di  Buchner)  o  da  altro 
mezzo  nutritivo,  dopo  esserci  in  ogni  caso  assicurati  mediante  esa- 
me microscopico  che  i  bacilli  erano  sporificati. 

Volendo  compendiare  in  breve  tutte  le  varie  osservazioni  fatte 
allo  scopo  di  non  dilungarci  e  cpalche  volta  ripeterci  nella  loro 
singola  enumerazione  io  le  riassumo  in  una  tabefia. 

E  per  maggior  brevità  mi  permetto  di  aggruppare  i  saponi  stu- 
diati in  tre  categorie  secondo  il  titolo  di  sublimato  contenuto  :  nella 
prima  comprendo  c{uelli  aU'  1-2  °/o,  nella  seconda  c|uelli  al  7  e 
10  p.  %  ,  nella  terza  ciuelli  al  15-20  %.  In  ragione  di  questo  ti- 
tolo, e  in  Jjase  ai  risultati  ottenuti  chiamerò  i  primi  saponi  deboli , 
ì   secondi  saponi  medi,  gli  ultimi  saponi  forti. 

Rappresento  con  P  il  risultato  positivo  dell'  innesto^  con  p  lo 
sviluppo  lento  e  poco  rigoglioso  di  esso,  con  N  il  risultato  negativo. 

Microrganismi  seminati  direttamente  sulla  superficie  dei 


V.  del  colera 
B.  iel  Ilio 
B.  del  cartioDcliio 
B.  del  carb.  sporig, 
Stai.  mi.  aureo 


Saponi  deboli 
1-2  «lo 

Saponi  medi 
7-10  -^/o 

Saponi  forti 
15-20  «lo 

ed  innestati  nei  terreni  nutritivi  dopo 

5' 10' 15' 30' 60' 2»  6"  12"  24" 

5' 10' lo' 30' 60' 2"^  6M2'^  24'^ 

5'1015'30'60  2"6"12i'24" 

PPPNNNNNN 

PpNNNNNNN 

pNNNNNNNN 

»      »        »        P        P     »       »       »          » 

»   P  P    P    »    »   »    »     » 

P     P      P        »         »        »        »        »        » 

»      »        »         »          »      P     P      »          » 

»    »    »     »    P  P  p    »     » 

»       »       P       P      P      P        »        »        » 

»»»         »          »»»PP 

»  »  »  »  »  >,  p  p  p 

»       »        »        »         »      P       P       »       » 

»      »         »         »         »       »       »         »         » 

»    »    »     »    »    »  »    N   N 

»   »    »    »    p  N  N    »    '> 

54       .  Stili'  azione  disinfettante  dei  Saponi  al  Sublimato 

È  da  notare  che  oltre  gì'  innesti  a  periodo  determinato  facevo 
anche  dei  preparati  microscopici  allo  scopo  di  vedere  se  la  presenza 
dei  microrganismi  coincidesse  con  il  loro  sviluppo  nei  mezzi  nutritivi, 
e  la  scomparsa  con  la  impossibilità  di  potersi  ulteriormente  svilup- 
pare. I  risultati  di  queste  osservazioni  microscopiche  furono  d'  ac- 
cordo con  i  risultati  degli  innesti  per  i  bacilli  del  colera  e  del  tifo; 
mentre  che  per  i  bacilli  del  carbonchio  e  }ier  lo  stafilococco  pio- 
geneo  aureo  noi  potevamo  ancora  microscopicamente  notare  la  loro 
presenza,  quando  nello  stesso  periodo  di  tempo  non  erano  stati  più 
capaci  di  sviluppo  nei  mezzi  nutritivi.  Si  presentavano  infatti  i  bacilli 
del  carbonchio  spezzettati,  con  protoplasma  rarefatto,  non  molto  co- 
lorabiU  e  molti  anche  granulosi  e  ridotti  a  detrito. 

Volendo  in  questo  periodo  vedere  se  ad  onta  della  loro  inca- 
pacità di  sviluppo  questi  microrganismi  conservassero  la  loro  azione 
patogena,  feci  delle  inoculazioni  sottocutanee  negh  animali  con  il 
sottile  detrito  della  superficie  di  sapone  seminato  e  diluito  con 
acqua.  I  risultati  ottenuti  da  questi  esperimenti  sugli  animali  fu- 
rono tutti  negativi  :  i  bacilli  del  carbonchio  e  rispettivamente  lo 
stafilococco  piogeno  aureo  dovevano  quindi  essere  stati  distrutti  , 
0  in  ogni  caso  aver  perduto  il  loro  potere  patogeno. 

Aggiungo  però  che  la  loro  presenza  non  persisteva  molto 
tempo  sulla  superficie  di  sapone  ,  e  che  dopo  qualche  tempo  da 
che  si  erano  mostrati  incapaci  di  svilupparsi  essi  sparivano  poi 
del  tutto. 

Volendo  in  ultimo  vedere  se  i  predetti  microrganismi,  tolti  dopo 
vario  tempo  dalla  superficie  di  saponi  seminati,  benché  capaci  di 
sviluppo  nei  terreni  nutrivi  avessero  poi  mantenuto  integro  il  loro 
potere  patogeno,  lio  fatto  negli  animali  delle  inoculazioni  con  il 
materiale  di  cultura  proveniente  dagli  innesti  diretti  del  detrito  sa- 
ponaceo seminato,  e  rispettivamente  inoculazioni  col  detrito  sapo- 
naceo raccolto  subito  dalla  superficie  di  sapone. 

I  risultati  sono  stati  i  seguenti.  Le  inoculazioni  negli  animali 
con  culture  in  cui  lo  sviluppo  era  discreto,  cioè  a  dire  quelle  cul- 
ture  provenienti  da  innesti  di  microrganismi ,  che    erano  stati  per 


Sull'azione  disinfettante  dei  Saponi  al   Sublimato  55 


un  tempo  rohUivameiitc  breve  a  eonlalto  della  superfìcie  di  sa- 
pone, furono  positive,  sebbene  in  ogni  caso  la  morte  negli  animali 
(se  inoculati  per  carbonchio)  sia  avvenuta  dopo  un  tempo  più  lun- 
go dell'ordinario  (5-8  giorni);  e  la  suppurazione  in  altri  (se  inocu- 
lati con  staf.  piog.  aureo)  sia  stata  più  limitata  e  più  tardiva. 

Le  inoculazioni  invece  fatte  con  culture  a  sviluppo  stentato, 
piccolo,  e  tardo,  corrispondenti  a  quelle  dei  microrganismi  a  con- 
tatto del  sapone  per  un  tempo  più  lungo  furono  negative;  gli  ani- 
mali potevano  mostrarsi  a  volte  annnalati  per  qualche  giorno  ma 
più  tardi  riuscivano  a  scamparla. 

Quasi  analoghi  ai  precedenti  però  sono  stati  i  risultati  quando 
le  inoculazioni  negli  animali,  invece  di  farsi  con  gli  innesti  dei  mi- 
crorganismi presi  dai  terreni  nutritivi,  si  facevano  inoculando  diret- 
tamente sotto  cute  i  microrganismi  raschiati  dalla  superficie  del  sa- 
pone seminato.  Ma  c^ui  pel  carbonchio  distinguiamo  subito  due  fatti, 
a  secondo  che  1"  innesto  si  faceva  o  raschiando  la  superficie  di  sa- 
pone, ed  inoculando  direttamente  questo  detrito  saponaceo  sotto  la 
cute,  o  diluendo  cfuesto  detrito  in  acqua  ed  inoculandolo  dopo  che 
esso  s'  era  in  questa  disciolto.  Si  ottenne  più  volte  il  fatto  che  a 
parità  di  durata  di  tempo  ,  relativo  alla  seminazione  dei  microrga- 
nismi nel  sapone,  mentre  nel  primo  caso  l'animale,  specialmente  se 
robusto,  inoculato  resisteva ,  nel  secondo  caso  poteva  soccombere. 
Ciò  da  noi  veniva  facilmente  spiegato  ammettendo  nel  primo  caso 
il  fatto  che  i  bacilli  pur  stando  sotto  la  cute,  rimanendo  inglobati 
entro  il  detrito  saponaceo,  non  avessero  potuto  estrinsecare  tutta 
la  loro  azione  ;  mentre  che  nel  secondo  caso  essendo  liberi  pote- 
vano più  facilmente  venire  in  contatto  più  diretto  dei  tessuti  ove 
manifestare  tutta  la  loro    attività. 

Per  queste  esperienze  abbiamo  potuto  vedere  che  non  per 
tutta  quella  durata  di  tempo,  nella  quale  i  microrganismi  portati  in 
terreni  nutritivi  si  mostrano  capaci  di  sviluppo,  possono  essi  ezian- 
dio mantenere  sempre  integro  il  loro  potere  patogeno.  Analogamente 
a  una  serie  di  esperienze  sui  saponi  comuni,  anche  qui  ci  è  stato 
dato  poter  osservare  che,  qualche  tempo  prima    di  perdere    la  ca- 


56  Siili'  azione  di.sinfettaiife  dei  Saponi  al  Sublimato 

pacità  di  svilupparsi  nei  terreni  nutritivi,  perrlono  già  o  attenuano 
di  molto  il  loro  potere  patogeno. 

Dalle  mie  esperienze  risulta  che  i  bacilli  del  carbonchio  presi 
dopo  due  ore  dalla  seminagione  dalla  superficie  dei  saponi  for- 
ti (15-20  %)  inoculati  negli  animali  non  si  sono  mostrati  più  ca- 
paci di  ucciderli.  Gli  animali  si  mostravano  per  uno  o  due  giorni 
non  più  vispi  e  non  mangiare  come  prima  per  rimettersi  comple- 
tamente al  3"  o  al  4"  giorno. 

Analogamente  avveniva  per  le  esperienze  fatte  con  lo  stafilo- 
cocco piogeno  aureo,  il  quale  dopo  30-60'  di  durata  nei  saponi  forti 
(20  p.  %)  esso  perdeva  la  proprietà  di  determinare  delle  suppura- 
zioni sotto    la  cute  degli  animali    nei    quali  s' inoculava. 

Questi  fatti  di  attenuazione  però  non  erano  ugualmente  con- 
fortati dalle  esperienze  sui  saponi  deboli  ;  invece  erano  eziandio  di- 
scretamente rilevabili  nelle  esperienze  fatte  coi  saponi  niedii,  sebbene 
essi  a  lor  volta  non  fossero  paragonabili  ai  risultati  coi  saponi  forti. 

Le  esperienze  fatte  con  le  diluzioni  concentrate  delle  diverse 
qualità  dei  saponi  hanno  quasi  convalidato  i  risultati  ottenuti,  se- 
minando i  microrganismi  sulle  superficie  dei  saponi.  Anzi  questa 
analogia  di  risultati  era  più  evidente  quando  le  colture  da  terreni 
solidi  si  diluivano  in  acqua  sterilizzata  e  se  ne  versavano  delle 
gocce  (da  2-10)  nelle  diluzioni  concentrate  saponacee. 

Però  è  da  notare  che  quanto  più  aumentava  la  quantità  delle 
gocce  di  cultura  diluita  in  acqua  (da  2  a  10)  tanto  più  lunga  era 
la  loro  presenza  e  la  loro  resistenza  nelle  diluzioni  saponate.  Come 
anche  è  da  notare  che  analogamente  a  quanto  si  osservò  per  le 
diluzioni  dei  saponi  comuni  la  durata  e  la  resistenza  dei  microrga- 
nismi nelle  diluzioni  saponate  era  molto  jiiù  rilevante  quando  la  cultura 
dei  germi  era  in  brodo;  poiché  in  questo  caso  assieme  alle  gocce  si 
trasportava  un  nutrimento  opportuno  alla  loro  più  lunga  conserva- 
zione. Ed  in  fine  è  da  porre  anche  in  rilievo  il  fatto  che  quanto 
meno  concentrata  era  la  diluzione  saponacea  tanto  meno  attiva  si 
mostrava  la  sua  azione  sui  microrganismi.  Così  che  nelle  diluzioni 


SuW  azione  disinfettante  dei  Saponi  al   Sublimato  57 

saponate  deboli  non  eoiiceiitrate  e  paragonabili  a  qnelle  cbe  ordi- 
nariamente si  fanno  nell'uso  comune  per  la  pulizia  della  cute 
e  delle  mani  ecc.  in  (jucsti  casi,  qualunque  fosse  il  IìIdIo  dei  sali 
mercuriali  da  essi  saponi  contenuto,  essi  si  mostravano  di  nessuna 
efficacia  o  quasi  e  in  nulla  superiore  a  quella  dei  saponi  comuni. 
Possiamo  quindi  venire  a  formulare  qualche  conclusione  generale 
che  riassuma  per  sommi  capi  i  risultati  ottenuti. 

I  saponi  al  sublimato  ali"  1-^2  "jo  che  sono  quelli  che  più 
comunemente  si  trovano  in  commercio  ,  e  le  loro  diluzioni  si  mo- 
strano quasi  inattivi  e  sono  in  nulla  o  assai  poco  superiori  ai  sa- 
poni comuni  adoperati  in  commercio  ;  infatti  i  bacilli  del  colera, 
quelli  del  tifo,  quelli  del  carbonchio  e  lo  stafilococco  piogeno  aureo 
si  comportano  sia  per  la  loro  capacità  di  sviluppo  sia  per  il  loro  po- 
tere patogeno  quasi  analogamente  come  per  i  saponi  comuni.  Nulla 
d'  importante  quindi  è  da  sperarsi  nell'uso  comune  della  loro  efticacia. 

I  saponi  al  subhmato  al  7-10  %  si  mostrano  più  attivi  dei 
saponi  sopradetti;  imperciocché  i  microrganismi  del  colera  e  del  tifo 
muojono  piuttosto  presto,  e  quelli  del  carbonchio  e  lo  stafilococco 
piogeno  aureo  perdono  anche  presto  la  loro  capacità  a  svilupparsi 
nei  terreni  nutritivi  e  prima  ancora  di  essa  attenuano  e  a  volte 
perdono  il  loro  potere  patogeno. 

Finalmente  i  saponi  forti  cioè  quelli  al  15-^0  %  agiscono 
ancor  più  attivamente  tanto  sui  bacilli  del  colera  e  del  tifo  ,  che 
vengono  distrutti  in  alcuni  minuti,  quanto  sui  bacilli  del  carbonchio 
e  sullo  stafilococco,  i  quali  pur  vivendo  su  di  essi  una  vita  relativa- 
mente breve  e  non  del  tutto  florida,  perdono  ancora  assai  per  tem- 
po il  loro  potere  patogeno. 

Sarebbe  quindi  da  questi  saponi,  a  un  titolo  di  sublimato  così 
elevato,  e  che  si  spacciano  difficilmente  in  commercio,  forse  per 
difficoltà  inerenti  alla  loro  preparazione,  che  può  aversi  un'efficacia 
discreta. 

Cerchiamo  adesso  di  indagare,  sebbene  non  sia  compito  di- 
retto di  queste  ricerche,  quale  sia  il  composto  mercuriale  che  viene 


58  SuW  azione  disinfettante  dei  Saponi  al   Sublimato 

a  formarsi  nella  preparazione  di  detti  saponi  e  che  agisce  come 
abbiamo  veduto  in  modo  ])iuttosto  attivo  sui  microrganismi.  E  ne 
vale  la  pena  tanto  più  che  questi  saponi  così  preparati,  specialmente 
quelli  forti  (15-20  %),  possono  essere  come  si  è  accennato  di  qual- 
che   utilità. 

Io  in  un  primo  lavoro  ho  accennato  che  1'  azione  disinfet- 
tante dei  saponi  comuni  e  la  loro  azione  di  attenuare  la  virulenza  dei 
microrganismi  doveva  attriluiirsi  ai  grassi  principalmente  (Manfredi) 
0  agli  alcali  o  ad  ambedue  i  fattori  che  vanno  a  far  parte  della 
composizione  dei  saponi . 

Qui  adesso  aggiungiamo  che  1'  azione  disinfettante  ed  attenuante 
dei  saponi  al  sublimato,  specialmente  dei  saponi  forti  studiati,  è  assai 
più  energica  perchè  sono  cresciuti  i  fattori  che  agiscono  sui  micror- 
ganismi; poiché  oltre  ai  grassi,  oltre  agli  alcali,  resta  ancora  un 
composto  energico  a  base  mercuriale,  che  viene  a  formarsi  nella 
mescolanza  e  che  è  appunto  quello  che  avvalora  e  rinforza  l'azione 
disinfettante  predetta. 

Secondo  Guido  Pellizzari  questo  composto  mercuriale  è  in  gene- 
rale una  sostanza  insolubile,  poiché  quando  al  sapone  si  mescola  un 
sale  metallico  (nel  caso  nostro  sale  mercuriale)  allora  per  doppia 
decomposizione  si  viene  a  formare  1'  oleato  lo  stearato  e  il  palmi- 
tato  del  sale  mercuriale  che  sono  poco  o  punto  solubili  nell'  acqua  : 
e  quindi  questi  saponi  non  conservano  altro  dei  saponi  al  suhVnnuto 
corrosivo  che  il  nome  sull'  etichetta  ;  poiché  1'  alcalinità  del  sapone 
deve  a  priori  far  ritenere  che  il  cloruro  mercurico  deve  essersi  modi- 
fica to. 

Facendo  di  questi  saponi  una  soluzione  acquosa  non  si  ha 
mai,  come  anche  osserva  Pellizzari,  un  liquido  limpido.  Filtrando 
questo  ed  analizzando  da  un  lato  la  parte  insolubile  sul  filtro  e 
dal!"  altro  la  parte  solubile  nel  liquido  filtrato,  si  trova  che  la  pri- 
ma é  formata  principalmente  da  sale  mercurico  e  la  seconda  for- 
mata anche  da  piccola  quantità  del  predetto  sale  che  un  poco  si 
è  sciolto. 

È  egli  vero  che    le  acque    ove  sono  stati  immersi   alcuni  sali 


iSull'  azione  dmnfetfante  dei  /Saponi  al   Sublimato  59 

mercuiiali  insolubili  o  pocliissiino  solubili  (bijoduro  di  mercurio  , 
joduro  mercuroso,  solfuro  nero,  solfuro  rosso,  calomelano  etc.)  non 
hanno  alcun  potere  antisettico  o  abbastanza  limitato  come  abbiamo 
dimostrato  in  altro  lavoro;  e  che  quindi  per  analogia  è  da  pensare 
che  lo  stesso  debba  avvenire  con  le  piccole  quantità  di  sale  mer- 
curiale formatosi  nel  sapone  e  sciolto  nell'  acqua  ;  ma  pur  d'  altro 
lato  non  può  revocarsi  in  dubbio  che  questi  sali  mercuriali  insolubili 
o  poco  solubili,  se  messi  nei  terreni  nutritivi,  son  capaci  ad  impe- 
dire lo  sviluppo  ed  anche  a  uccidere  i  germi  patogeni  mano  mano 
che  la  quantità  dei  saU  introdotti  viene  ad  aumentarsi;  come  infine 
non  può  disconoscersi  che  questi  sali  mercuriali  benché  insolubili 
hanno  una  grandissima  potenza  microbicida  ,  secondo  quanto  si  è 
altrove  dimostrato  ,  quando  vengono  adoperati  allo  stato  polve- 
rulento, o  ridotti  per  mezzo  di  acqua  a  poltiglia. 

Ora  dunque  se  anche  per  i  sali  mercuriali  insolubili  noi  si  deve 
ammettere  un'azione  disinfettante  più  o  meno  energica  a  secondo 
lo  stato  e  la  quantità  adoperata,  ci  sembra  che  quest'  azione  debba 
estendersi  a  ciuegU  altri  sali  clie  vanno  a  formarsi  nel  sapone  , 
quando  in  questo  si  è  aggiunto  un  sale  mercuriale  anche  solu- 
bile come  il  sublimato,  il  ciuale  va  nella  preparazione  a  decomporsi 
e  a  combinarsi,  formando  dei  composti  mercuriali  insolubiU.  Ed  è  così 
soltanto  che  possono  venire  giustificati  i  risultati  ottenuti  nelle  mie 
esperienze. 

Un'obbiezione  relativa  all'applicazione  di  detti  saponi  nella  pra- 
tica io  trovo  naturale,  ciuella  cioè  che  la  saponata  che  viene  a  for- 
marsi con  essi,  nell'uso  comune  di  lavatura  delle  mani  e  della 
pelle,  sia  da  un  lato  forse  una  diluzione  saponata  un  po'  debole  , 
e  dall'  altro  tanto  breve  il  suo  contatto  con  la  cute,  da  non  lasciare 
per  ambo  le  ragioni  col  suo  impiego  una  completa  sicurezza  suUa 
sua  efficacia.  Ed  è  quindi  certo  che  per  un'  antisepsi  scrupolosa  o 
per  una  sicura  disinfezione  non  ricorreremmo  davvero  al  sapone 
al  sublimato  ,  e  che  d'  accordo  con  Pellizzari  preferiremmo  ado- 
perare separatamente  il  sapone  comune  prima  e  la  soluzione  al 
sublimato  dopo.  Ma  non  è  anche  men  vero  che  i  saponi  forti,  seb- 


tìO  HulV  azione  disinfettante  dei  Saponi  al  Sublimato 

bene  non  siano  destinati  ad  alcun  vero  successo  ,  o  a  sostituire 
menomamente  le  conmni  soluzioni  di  sublimato,  pure  se  potessero 
aversi  facilmente  in  commercio  ,  a  buon  prezzo  e  senza  inganno 
di  titolo,  ben  frequente,  essi  potrebbero  rendere  dei  servizi  utili, 
anche  nelle  famiglie  (in  casi  di  colera  o  di  tifo)  ]ier  la  disinfezione 
d' urgenza  di  effetti  di  biancheria;  potendosi  questi  .  in  specie  se 
piccoli,  facilmente  disinfettare,  o  con  la  stroflnazione  diretta  di  tali 
saponi  su  essi,  o  con  la  loro  immersione  in  diluzioni  concentrate 
di  questi  saponi. 


Sul  calore  specifico  fino  ad  alta  temperatura  delle  lave  dell'Etna 

e  di  altri  vulcani 


Nota  del  Prof.  ADOLFO  BARTOLI. 


La  cognizione  del  calore  specifico  delle  lave  ha  certamente 
qualche  importanza  per  molti  problemi  della  fisica  terrestre,  ma  fi- 
no ad  oggi  non  si  hanno  che  pochissimi  dati  per  la  temperatura 
ordinaria,  mentre  se  ne  cercano  invano  per  temperature  elevate  (1). 

Ho  cercato  di  colmare  questa  lacuna  misurando  il  calore  spe- 
cifico fra  la  temperatura  ordinaria  e  quella  di  +  800°,  per  un  gran 
numero  di  lave  dell'  Etna,  di  Vulcano,  del  Kilauea,  etc.  ,  nonché 
di  altre  roccie  di  origine  vulcanica.  I  campioni  mi  furono  per  la 
maggior  parte  favoriti  dal  compianto  Prof.  Silvestri  ("2). 

La  roccia  veniva  adoperata  in  piccoli  dadi  di  sei  millimetri  di 
lato.  Il  calore  specifico  medio  fra  la  temperatura  ordinaria  e  quelle 
di  +  100°  fu  determinato  col  metodo  del  calorimetro  ad  acqua,  im- 
piegandovi quella  stessa  stufa  che  mi  servì  già  per  la  misura  del 
calore  specifico  defia  Mellite  (3). 

Diverse  difficoltà  s'incontrano  per  le  temperature  elevate. 

Queste  difficoltà  tengono  principalmente  : 

ì.  A  mantenere  costante  per  un  certo  tempo    una    elevata 
temperatura  ed  a  valutarla  esattamente. 


(1)  I  (lati  si  riferiscono  piuttosto  al  calore  specifico  medio  fra  0°  e  100"  di  molte  specie 
minerali.  Compara  A.  Neumann,  Lehr  imd  Handbucli  der  Teniiocliemie,  Bruuiischweig,  1882, 
pag.  2.55-265,  dove  son  riportate  le  determinazioni  di  Regnault,  Neumann ,  Dulong  e  Petit 
H.  Kopp,  Person,  Pape.  Recentemente  il  Sig.  I.  loly  ha  pure  detenninato  il  calore  specifico 
di  oltre  50  minerali  (fra  la  temperatura  ordinaria  e  quella  di  100°)  Proc.  of  the  royal  society 
Voi.  XLI,  N.  248,  pag.  250  (Novembre  1886). 

(2)  Molte  di  queste  lave  furono  analizzate  dal  compianto  Prof.  Silvestri,  ed  i  risultati 
furono  da  lui  pubblicati  negli  atti  dell'Accademia  Qioenia  di  Catania;  3*   Serie  (passim). 

(3)  Barioli  e  Stracciati;  Nuovo  Cimento,  3»  serie,  T.  XVI  pag.  1,  Pisa  1884;  e  Gazzetta 
Chimica,  T.  XIV,  Palermo  1884. 

Atti  Acc.  Vol.  HI,  Sekib  4'  ^ 


62  Sul  calore  specifico  fino  ad  alfa  temperatura 


2.  Ad  evitare  l'errore  prodotto  dalla  vaporizzazione  dell"  ac- 
qua^   quando  vi  s'immerge  un  corpo  molto  caldo. 

Per  riscaldare  il  corpo  io  ho  impiegato  un  buon  fornello  Fer- 
ro! a  muffola  orizzontale.  Questa  venne  internamente  rivestita  da 
una  corazza  di  ferro  spessa  quasi  un  centimetro,  per  rendere  uni- 
forme la  temperatura  delle  pareti:  essa  era  tenuta  chiusa  da  un 
grosso  tappo  di  terra  refrattaria,  munito  di  due  fori;  pei  quali  pas- 
savano con  leggiero  attrito  le  bacchette  di  due  cucchiaje  di  ferro 
foggiate  a  guisa  di  scatola  parallelepipeda.  aperta  alla  faccia  op- 
posta a  quella  dove  era  inserita  la  bacchetta. 

Neil'  una  di  queste  cassette  erano  dei  grossi  pezzi  di  platino 
(del  peso  complessivo  di  182  grammi)  e  nell'altra  i  pezzi  della  roccia, 
in  tal  massa  da  equivalere  calorificamente  al  platino. 

Regolando  convenientemente  l'apertura  del  gaz,  riusciva  dopo 
qualche  ora  ,  a  mantenere  entro  la  muffola  una  temperatura  sta- 
zionaria ,  cosa  di  cui  potevo  accertarmi,  per  mezzo  di  una  conve- 
niente termopila  di  cui  una  saldatura  penetrava  nello  interno  della 
nuiffola. 

Allora,  con  una  manovra  rapidissima  (la  quale  richiedeva  tre 
secondi  circa)  veniva  aperta  la  muffola,  estratte  le  due  cucchiaje. 
e  rovesciatone  il  contenuto  entro  due  calorimetri  ad  acqua,  uguali, 
molto  vicini  al  fornello  e  perfettamente  riparati  dallo  irraggiamento 
di   questo. 

Ad  evitare  la  vaporizzazione  dell'  acqua  in  contatto  con  corpi 
caldissimi ,  ciaschedun  calorimetro  portava  una  camera  formata  da 
due  cilindri  di  rame  ,  penetranti  1'  uno  dentro  1'  altro,  a  guisa  di 
rubinetto  :  ciascheduno  dei  due  cilindri  era  munito  di  fori  per  la 
metà  della  sua  superficie  ;  col  girare  convenientemente  il  cilindro 
interno  ,  i  fori  di  questo  potevano  combinare  con  quelli  del  ci- 
lindro esterno  ;  si  poteva  cioè  mantenere  chiuso  l' ingresso  all'  ac- 
qua del  calorimetro,  oppure  farla  penetrare  nell'interno  della  camera: 
inoltre  questa  poteva  chiudersi  perfettamente  in  alto  col  mezzo  di 
un  coperchio. 

Al    principio    della    esperienza  la  camera  era  affatto    priva  di 


delle  Im^e  dell'Etna  e  di  altri  ndcani  63 

acqua  ed  aperta  in  alto.  Appena  vi  era  caduto  il  corpo  caldo,  la  si 
chiudeva  eruieticamente,  per  evitare  perdite  di  calore  per  correnti 
di  aria:  dopo  un  minuto  si  girava  il  cilindro  interno  in  modo  che 
l'acqua  penetrando  nella  camera,  venisse  in  contatto  col  corpo,  già 
raffreddato. 

Il  platino  che  veniva  a  cadere  nell'altro  calorimetro,  mi  dava, 
col  metodo  Pouillet-Violle  (1)  la  temperatura   iniziale   della   roccia. 

I  termometri  furono  quelli  stessi  che  mi  servirono  per  la  mi- 
sura del  calore  specifico  dell'  acqua.  (2)  Come  riprova  che  il 
metodo  è  sufficientemente  esatto  (almeno  pel  caso  di  roccie  le  cui 
proprietà  fisiche  variano  sensibilmente  da  pezzo  a  pezzo  di  uno  stesso 
campione  )  ho  rideterminato  il  calore  specifico  del  quarzo  ad  alte 
temperature  ,  ed  ho  ottenuto  resultati  quasi  identici  a  quelli  del 
Sig.  Pionchon.  (3)  Così  pure  il  ferro  ha  dato  numeri  ben  d'accordo 
con  quelli  del  Pionchon  e  del  Naccaii  (4). 

Aggiungo  senz'altro  la  tavola  seguente,  la  quale  contiene  tutti 
i  dati  necessari  pel  calcolo  del  calore  specifico  medio  fra  la  tem- 
peratura ordinaria  e  quella  T,  per  le  diverse  lave  studiate,  avver- 
tendo però  ,  che  la  temperatura  iniziale  t  del  calorimetro  fu  letta 
quando  essa  era  stabile  da  venti  minuti,  e  che  per  la  temperatura 
finale  fu  fatta  la  correzione  del  raffreddamento  secondo  Regnault  (5). 

I  valori  di  C  sono  dati  con  tre  cifre  significative,  quantunque, 
dopo  un  accurato  esame  ,  io  non  possa  rispondere  che  della  esat- 
tezza delle  prime  due. 

Insieme  ho  aggiunto  il  peso  specifico  medio  della  lava,  misu- 
rato sul  campione  stesso  che  mi  ha  servito  per  la  determinazione 
del  calore  specifico. 

Ecco  il  significato  delle  lettere  che  entrano  nella  tavola  se- 
guente : 


(1)  Violle,  Comptes  Reudus,  T.  85,  pag.  543,  Auno  1877. 

(2)  Bartoli  e  Stracciati.  Nuovo  Cimento,  Pisa  1885;  Rend.  della  R.  Accademia  dei  Lincei, 
Roma  1885  :  e  Ballettino  dell'Accademia  Gioenia  di  Catania,  Maggio  1889,  Fascicolo  VII. 

(3)  Pionchon,  Comptes  Rendus,  T.  106,  pag.  1344-1347,   Anno  1888. 

(4)  Naccari,  Atti  della  R.  Accademia  delle  scienze  di  Torino  Voi.  XXII,  Decembre  1887. 

(5)  Naccari,  Vedi  per  esempio  Mannaie  di  Fisica,  pag    277. 


64 


Sul  calore  specifico  fino  ad  alfa  temperatura 


P  peso  dell'  acqua  del  calorimetro,  più  1'  equivalente  in  acqua 
del  vaso  caloriuietrico,  dell'  agitatore  e  del  termometro; 

P  peso  della  lava  ; 

T  temperatura  iniziale  della  lava  ; 

t  temperatura  iniziale  del  calorimetro  ; 

0  temperatura  del  calorimetro  dopo  2'  dalla  caduta  del  corpo 
caldo  ; 

0'  temperatura  del  calorimetro  dopo  6'  ; 

(  '  calore  specifico  medio  della  lava  fra  T  e  o  ; 

S  peso  specifico  della  lava,  alla  temperatura  ordinaria. 


Denominazione 

P 

I" 

T 

r 

0 

9' 

V 
medio 

fra 
Te  e 

S 

Lava  compatta  dell'Etna 
dell'  eruzione  del  1669 

613 
816 

816 

613 
816 

613 

816 

613 
816 

613 
816 
816 

613 

613 
816 
816 

613 
816 
816 

613 
816 
816 

613 

613 
816 
816 

613 

816 
816 

m 

30 
30 

100 
30 

35 
30 

100 
30 

59 
30 
30 

97,5 

47,5 

30 

20 

100 

30 

:50 

81 

m 

29 

40 

60 
30 
30 

70 
30 
30 

99,82 
506,5 

786,5 

99,80 
449,5 

21,70 
22,20 

24,85 

18,73 
22,43 

21,79 
23,50 

18,70 
22,97 

23,20 
26,80 
32,27 

23,16 
26,68 
32,a5 

0,201 
0,263 
0,270 

2,90 

Lava  compatta  dell'Etna 
dell'eruzione  del  1879 

21,19 

26,80 

21,10 
26,76 

0,195 
0,282 

2,78 

Lava  scoriacea  dell'Etna 
dell'eruzione  del  1879 

99,82 
570,1 

99,79 
464,3 

22,64 
28,64 

22,62 

28,50 

21,30 
27,34 

22,90 
30,32 
30,70 

0,195 
0,261 

2,57 

Lava  compatta  dell'Etna 
dell'eruzione  del  1886 

21,37 
27,44 

22,93 
30,45 

30,88 

20,65 

0,210 
0,280 

2,87 

Lava  basaltica 

della  grotta  delle  Palombe 

(suir  Etna) 

99,81 
576,9 
776,3 

21,45 
25,31 

23,85 

0,201 
0,258 
0,259 

2,81 

Lava  subvitrea 
dell'isola  di  Vulcano 

99,82 

18,20 

20,55 

0,198 

— 

Lava  pomice  di  Vulcano 

(presa  dall'  interno 

di  una  bomba) 

9ì),81 
389,1 
408,4 

99,82 
561,7 
659,8 

18,58 
25,28 
23,47 

18,35 
24,30 
24,65 

19,81 
28,80 
26,06 

19,77 

28,73 
26,01 

0,202 
0,267 
0,278 

2,20 

Liparite  di  Vulcano 

20,85 
29,38 
130,55 

20,75 
29,22 
30,44 

20,58 
28,92 
31,10 

19,66 

0,197 
0,262 
0,257 

2,47 

Conglomerato  liparitico 
di  Vulcano 

99,81 
574,3 
823,1 

18,51 
23,91 
24,31 

20,58 
29,07 
31,28 

0,198 
0,260 
0,250 

2,55 

Lava  pomice  di  Lipari 

99,80 

18,65 

19,70 

0,202 

— 

Lava  dell'isola  Linosa 

99,81 
553,5 
790,2 

21,53 
25,50 
24,10 

23,03 
30,41 
31,13 

23,00 
30,24 
30,95 

0,201 
0,258 
0,254 

— 

Lava  trachitica 

del    Monte   Calvario 

a  Biancavilla 

99,87 
328,3 
642,4 

21,85 
23,(» 

24,85 

23,57 
25,62 
30,65 

23,51 
25,57 
30,47 

0,199 
0,233 
0,261 

2,68 

delle  luce  dell'Etna  e  di  alfri  nilai/u 


65 


Denominazione 

/' 

P' 

T 

r 

0 

0' 

0 
medio 

fra 
T  e  0 

3 

Lava  del  Kilauea 

1  vulcano  delle  isole 

Sandwich)  (1) 

613 

816 
816 

613 

816 

613 
816 

613 
816 
816 

613 
816 
816 

613 

816 

613 
816 

613 

613 
816 
816 

613 

613 

816 

613 
816 
816 

70 
30 
30 

80 
30 

79 
30 

70 
30 
30 

70 
30 
30 

88 
30 

107 
30 

70 

70 
30 
30    ■ 

49,6 

50 
30 

40 
20 
20 

99,74 
493,4 
696,2 

23,10 
25,02 

22,87 

24,77 
29,33 
29,20 

24,70 
29,22 
29^08 

0,197 
0,255 
0,260 

2,88 

Lava  di  Militello 

99,79 
754,4 

19,00 
23,28 

21,10 
29,97 

21,04 
29,82 

0,206 
0,253 

2,71 

Ciclopi  te  con  basalto 

99,86 
225,3 

20,17 
24,95 

21,82 
26,95 

21,78 
26,90 

0,165 
0,277 

2,86 

Lava  del  Monte 

Dolce 

i,suir  Etnaì 

99,87 
374,6 

687,8 

22,01 
25,62 
27,95 

23,74 

28,52 
34,20 

23,68 
28,36 
33,68 

23,li9 
28,47 
34,00 

0,201 
0,229 
0,263 

0,201 
0,253 
0,268 

2,78 

Lava   della   valle 
di  S.  (Giacomo 

99,87 
381,4 
742,0 

21,95 
25,10 
26,77 

23,62 

28,28 
33,50 

— 

Breccia    vulcanica 
del  capo  Pachino 

99,81 

741,9 

19,17 
25,54 

21,56 
32,34 

21,50 
32,14 

0,215 
0,263 

2,81 

Lava  del  capo 
Pachino 

99,82 
724,0 

99,87 

19,30 
24,57 

22,20 
31,40 

22,08 
31,22 

0,217 
0,270 

2,68 

Lava  preistorica 

del  Monte  Umberto 

e  Margherita  (sull'Etna) 

22,02 

23,73 

23,68 

0,199 

2,66 

Lava  con  grossi  cristalli 

di  orneblenda 
(a  Pizzilloì  sulla  costiera 

99,87 
524,1 

750,5 

22,01 

24,87 
27,35 

23,77 
29,21 
34,04 

23,71 

29,12 
33,85 

0,205 
0,240 
0,256 

0,191 

2,79 

Enceladite  dell'Etna 

tipo  pomiceo  dell'eruzione 

del  26  Maggio  1886 

99,83 

21,47 

22,65 

22,63 

1,98 

Enceladite  dell'Etna 

(tipo    compatto,    della 

eruzione  26  Maggio  1886) 

99,83 

728,7 

21,50 
24,72 

22,75 
31,50 

22,73 
31,33 

0,201 
0,267 

— 

Tifeite  (dell'  Eruzione 
del  26  Maggio  1886) 

99,87 
241,0 
738,5 

21,87 
23,05 
25,65 

22,85 
24,18 
30,43 

22,82 
24,17 
30,30 

0,197 
0,213 
0,278 

2,44 

Orneblenda 

delle 

antiche  lave  dell'Etna 

613 
816 

613 

816 

613 

816 

613 
816 
816 

69,6 
30 

50 
30 

70 

100 

30 

30 

99,79 
535,8 

21,25 
25,62 

22,94 
30,75 

22,90 
30,60 

0,195 
0,279 

3,12 

Feldispato, 
labradorite  dell'  Etna 

99,93 
528,1 

20,41 
25,10 

20,43 
25,30 

18,65 
24,50 
27,25 

21,80 
30,34 

22,28 
31,70 

21,19 
29,30 
34,90 

21,80 
30,20 

0,218 
0,289 

— 

Pirosseuo  augite 
dell'Etna 

99,93 
686,3 

22,24 

31,50 

0,210 
0,269 

3,31 

Ossidiana  di  Lipari 

99,88 
512,8 
796,6 

21,05 
29,17 
34,63 

0,202 
0,272 
0,276 

2,36 

(1)  È  lo  stesso  campioue  che  fu  già  studiato  ilal  compianto  Prof.  Silvestri- 
cademia  Gioenia.  3"  Serie,  T.  XX,  pag.  189  (Anno  1888). 


-Atti  dell'AC- 


(■(t;  Sul  calore  .specifico  fino  ad  alfa  femitcratura 

Da  questa  tavola  risulta  chiaramente  che  il  calore  specifico 
delle  lave  cresce  dapprima  rapidamente  colla  temperatura,  e  che  a 
temperature  molto  elevate  tende  ad  un  certo  limite  determinato; 
resultato  analogo  a  quello  ottenuto  dal  Sig.  /Vo^^rAf^»  pel  quarzo.    (1) 

Dal  Gtibinetto  di  Fisica  della  li.    Università  di  Catania,  Gennajo    1H91. 


(1)  Pionchori ,  Comptes  Rendus  paa;'.   1344-1347,  Aimo    1888,   e  BeibliittPi- zn  lìn^  Anniilon 
rter  Physik,  Bd.  XII.  S.  769. 


Sugl'integrali  primi 

di  secondo  grado  rispetto  alle  derivate  delle  coordinate 

nei  problemi  della  meccanica 


Nota  del  prof.  GIOVANNI  PENNACCHIETTI 

letta   all'  Accademia   Gioenia    neW  adunanza   del   d)    28   dicembre    1890. 


Supponiamo  ridotte  le  equazioni  del  moto  d'  un  sistema  di 
punti  materiali,  libero  od  a  legami  qualsiansi,  invariabili  o  no  col 
tempo,  alla  forma  : 

d'x. 


df 


=  A',  (s  =  l,  2,. ..71) 


dove  le  x^  sono  n  quantità  indipendenti,  che  determinano  la  confi- 
gurazione del  sistema,  e  che  chiameremo  coordinate  generali  del  si- 
stema stesso.  Similmente  con  Thompson  denomineremo  componenti 
generali  delle  forze  le  quantità  Xs ,  le  quali  dipendono  non  solo 
dalle  componenti,  secondo  tre  assi  ortogonali,  delle  forze,  che  sol- 
lecitano i  singoli  punti  del  sistema,  ma  anche  dai  legami  di  questo. 
Supporremo  che  le  componenti,  secondo  gli  assi,  siano  funzioni 
delle  coordinate  dei  punti  del  sistema,  delle  derivate  di  queste  coor- 
dinate rispetto  al  tempo,  e  possano  pure  essere  funzioni  esplicite 
del  tempo  ;  ma  supporremo  contemporaneamente  che,  come  può 
avvenire,  le  quantità  Xg  siano  funzioni  delle  variabili  x^,  x^,  ...  x^ 
e  inoltre  funzioni  esplicite  del  tempo,  senza  però  che  dipendano 
dalle  derivate  x\,  x\,...  x„  delle  coordinate  generali  rispetto  al 
tempo.  Ciò  posto,  determino  la  forma  precisa  che,  in  quest'  ipotesi, 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sbeie  4"  10 


68  Sugi'  integrali  primi  di  secondo  grado 

deve  avere  un'  equazione  di  primo  o  secondo  grado  rispetto  alle 
derivate  delle  coordinate  generali,  affinchè  essa  sia  integrale  d'  un 
problema.  Osservo  che  queste  equazioni  possono  essere  integrali 
d'  un  problema,  eziandio  quando  le  X,  siano  funzioni,  oltreché 
delle  .Ti,  x^,...  x„  ,  anche  delle  derivate  x\,  x\,  ...  .r'„,  e  conten- 
gano pure  esplicitamente  il  tempo.  Ritrovo  per  integrali  di  secondo 
grado,  che  possono  essere  distinti  dall'integrale  delle  forze  vive,  qual- 
che proprietà,  che  ha  analogia  con  le  note  proprietà  di  quest'  ul- 
timo integrale,  e  riduco  1'  equazioni  del  moto  alla  forma  canonica 
di  Hamilton  in  casi,  in  cui  può  anche  non  esistere  una  funzione 
delle  forze. 


I. 


Cerchiamo  le  condizioni  che  sono  necessarie  e  sufficienti,  af- 
finchè, nell'ipotesi  che  le  X,  siano  funzioni  delle  sole  coordinate 
generali,  oltreché  funzioni  esphcite  del  tempo^  il  sistema  delle  equa- 
zioni del  moto  : 

^  =  a;         (s  =  1,  2,  ...  n)  (1) 

ammetta  un  integrale  primo  della  forma  : 

.t(«ii  ^,' '  +  ■•.+  a„n .Tu'' -t- 2«,j  ir\  x',-\-2a,^ x\ x\  +  ... 4-2a„_i,„ x'n-i  a-'n 

+  2c, a?',  + .. .  +2c„ x'n )  =  F{t ,x,,x,,...Xn)-h a  ,  (2) 


dove  si  ha  : 


dxs 
dt 


X  s ,  }     (Irs    —    ^sr    } 


e  in  cui  le  quantità  a,.^,  e,  sono  funzioni  di  jj  ,  x^ ,  ...  x„ ,  e  pos- 
sono contenere  pure  il  tempo  esplicitamente,  mentre  a  è  una  co- 
stante  arbitraria. 


rispetto  alle  derit-afe  delle  coordinate  nei  problemi  della  meccanica        69 

Derivando  la  (i2)  totalmente  rispetto  a  /,  e  sostituendo  quindi 
alle  ^  le  A', ,  si  ottiene  : 

^J    dXr  -^J  ^    CXs  CXr  ^  -^— J  ^  dXh  dXr  CXs  ^ 

r  fs  fs/i 

r  rs 

r  II  r 

Siccome  in  quest'equazione  le  quantità  x\,  x'.2,  ...  .r'„  figurano 
soltanto  esplicitamente,  V  equazione  (2)  non  può  essere  integrale 
del  sistema  (1) ,  a    meno    che    l' ultima    equazione    scritta    non  si 


=  0,  (3) 

=  0,  (4) 

(5) 


dove  gi'  indici  /•,  s,  h  sono  tre  numeri  qualunque  della  serie  1,  2,...  n, 
e  possono  anche  essere  eguali  tutti  e  tre    o  due   soltanto  di  essi, 

sicché  le  (3)  sono  in  numero  di  "  ("+^)_  (»-h2)  ^  j^  ^j^^    j^-i    numero 

6 
1-   n  (?^+l) 

~^~  - 

§  II. 

Dalle  (I,  3)  si  deduce  facilmente  che  le  quantità  «,.,  sono,    ri- 
spetto alle  x^,  polinomi  razionali  interi  di  secondo  grado. 


scinda  nelle  seguenti  : 

dars 
dx/, 

das/,         Sa/,r 

dXr        '        SXs 

dCr 

,        dCs          ,       dttrs 

dxs 

'        dXr         '          dt 

2 

2F 

70  Sugi'  integrali  primi  di  secondo  grado 

Infatti  supponiamo  clie  le  cinque  lettere  r,  s,  li,  i,  J  rappre- 
sentino numeri  qualunque  della  serie  1,  2,  ...  ti,  in  modo  che  let- 
tere differenti  possono  anche  rappresentare  lo  stesso  numero. 

Derivando  le  (I,  3)  ,  se  ne  traggono  1'  equazioni  : 

d'ars  .  3'«./,  ,  d'a„r         ^    Q^  ^^.^.^^ 


dxh  dxi  dxj  d.JCr  Sxc  dxj  Sx^  dx,  dXj 


d'ars  ^  d'a..,  ^  S^a,r  ^   ^^  ^^^.^ 


dXi  dxk  dxj  dxr  dXh  dXj  dx^^  3x,,  dx. 


^"'''■"  +    ^-^ +    ^     ^^-'-  =    0,  irU) 


dXi  $Xs  dxj  dXr  dXs  dXj  Sx/i  dXs  dXj 

d'ash  ,  d'u/ù  ,  d\hs 


dXi  dXr  dxj  dxs  9ic,.  dxj  3x/,  3x,.  dXj 

3'ars  ,  d'asj  d\i,r 


dXjSX/,dXi  dXrSXhdXi  dxs3xi,3x, 


0 ,  (uhi) 


0 ,  {rsj) 


d'ttr,,  d'a,.j  d'-ajr  _  ,   ,.. 

+        5.„     ^™    3-..  +         ^^     ì.    ^^         —      ^>  ^'"J> 


dXj  dXs  dXi  SXr  dXs  dXi  5x/,  3.r.,.  dx 

d^a^,,  .  3'a/i 


dXj  dXr  dXi  dXg  dXr  dXi  dXh  Sxrdx 

d^ari  d^ttij  d^ajr 


=    0,  {shj} 


dXjdXsdx/,  dxrdxsdx/,  dXiSXsdxh 


0 ,  {rij) 


3'as,        ^       a;a^  ^       3^.        ^  0^  ^^y 


dxj  dxr  dx/,  dxs  dxr  3x/,  3xi  3xr  3x. 

9'fl/„-  3'ai_j  3%h 


Sxj  3xr  dxs  3x/,  3xr3xs  3xi  3xr  3xs 


=   0.  ihij) 


Per  semplicità  abbiamo  contrassegnato  queste  dieci    equazioni 
cogl'  indici,  che  ha  la  lettera  a  in  ciascuna  d'  esse. 


rispetto  alle  derivate  delle  coordììiate  nei  problemi  della  meccanica        71 

Sommando  e  dividendo  per  3,  si  ottiene  : 
^"a,.,!  d'ari,  d'a^.,,  d^ttri  d'a^i 


dxh  3jcì  S.Fj  3jp,^  dxj  3xj  dxr  Sxi  Sxj  $Xs  dxn  3xj  dx,.  dxi,  dxj 

S'am  9'«,.;  ,         S'agì  ,         9''a;,j  3'ay  ^ 


SXrdXgSxj  SxsSx^SXi  dXrSXiidXi  dXr3Xs3Xi  Sx,.dXs3Xh 

Sommando    1'  equazioni    (rsJi) ,  (rsi) ,  (rlii) ,    (s/ii)  e    dividendo 
per  2,  si  Ila  : 

9''rt,-s  ,  3'arh  ,  9'«s;i  9'flri  9'as( 


dxii  dXi  Sxj  dxs  dxi  dXj  dxr  dxt  dxj  dxg  3xn  Sa?;  3xr  3xn  3xj 

3^  ahi 


dxr  3xs  3.rj 


=   0. 


Sottraendo  quest'  equazione  dalla  precedente,  membro  a  mem- 
bro, risulta: 

9'a,.j  ^  fZ'rt,^-  ^  3'auj  ,  S'atj  _ 


3xs  3xu  3x,  3xr  3x.h  3xi  dxr  3xs  Sxj  3x,.  3xs  dxu 

Sommando  1'  equazioni  {rsj) ,  {rhj) ,  {shj) ,  si  ha  : 

9'fl,-»-         _^         9'fl,-;.  ^         9'«,.,t  9'fljr  9'a;y 


9x;i  9j?ì  9a;j  9iCs  9£r,  3ri  3xr  3xi  3xj  dxg  3xn  3xi  3xr  3xs  3x, 


dXrSXi  3Xu 


=  0. 


Da  questa  sottraendo  {jsh)  ,  membro  a  membro  ,    e  dividendo 
per  2,  si  trae  : 

d'asj  3'ajr  ,  3'auj  „ 

-t-     .^ ^ Ti +      ;; -z r =     U  . 


3xr  3xh  3xi  3xs  dxii  3xi  3x,.  3xs  dxi 

Sottraendo  questa  dall'  antipenultima,  si  ottiene  : 

^^^^ =   0 

dXr  3xs  dxn  ' 


Sugi'  integrali  primi  di  necondo  grado 


da  cui  risulta  che  le  quantità  Uij  sono  polinomi  razionali    interi  di 
secondo  grado  rispetto  a  x^,  x^,  ...  x„. 

Il  caso,  in  cui  n  è  uguale  ad  n,  essendo  n'  <  5,  si  può  con- 
siderare come  contenuto  nel  caso  generale,  in  cui  sia  n  =  in ,  es- 
sendo m  non  minore  di  5.  Basta  per  questo  immaginare  che  gl'in- 
dici delle  quantità  x^  ,  </,,,  possano  prendere  anche  i  valori  mag- 
giori di  n'  e  non  maggiori  di  m,  purché  le  nuove  quantità  Urs,  che 
così  s'  introducono,  si  suppongano  identicamente  nulle  ,  e  le  anti- 
che quantità  «„  si  considerino  indipendenti  dalle  nuove  variabili 
.'/■^,  i  cui  indici  siano  maggiori  di  «'  e  non  maggiori  di  m.  È  evi- 
dente che,  se  nella  relazione  (  I  ,  8  )  a  qualcuno  degi'  indici  si  at- 
tribuisce un  valore  maggiore  di  w',  e  non  maggiore  di  m,  ogni  ter- 
mine della  stessa  relazione  sarà  identicamente  nullo.  Perciò  fra 
tutte  le  quantità  r/„ ,  in  cui  r,  s  siano  due  numeri  eguali  o  disu- 
guali della  serie  1,  3,  ...  m  ,  sussisteranno  le  relazioni  (I,  3),  e 
quindi  anclie  tutte  le  relazioni  del  presente  paragrafo  ,  sicché  si 
conclude  che,  anche  se  w  <  5  ,  le  quantità  «„  sono  polinomi  ra- 
zionali interi   di  secondo  grado  rispetto  a  x^,  x, ,  ...  x„. 


III. 


Dalle  (I,  3,  4)  si  deduce  facilmente  che  anche  le  quantità  e,. 
sono  ,  rispetto  alle  ./„ ,  polinomi  razionali  interi  di  secondo  grado. 
Infatti  derivando  le  (I,  3,  4),  si  ha  : 

d'Cr  S'Cs  d'ars  p, 


dxs  dx''  dxi         dx,.  dxh  dx,  df  dx/,  dx 


dXh  d.Vs  dxì  dxr  dxs  9.r,  dt  d.Vs  dXi 

dxii,  dXr  dXi  dxs  dxr  d,r,i  dt  dXr  dxc 

e  cirs  d  a^ìi.  d  a/ir 


0, 


0, 


dt  dxii  Sx(  dt  dXr  dXi  dt  dXs  dxt 


=  0. 


rispetto  alle  derivate  delle  coordinate  nei  problemi  della  ìueccanica        73 


Sommando  le  prime  tre,  quindi  dall'  equazione  risultante    sot- 
traendo la  (juarta,  e  poi  dividendo  per  '■2,  si  ottiene  : 

d'Cr  9"'C'.v  3'Cft  „ 


3.rs  da-,,  djT,  S-Vr  da-,,  S.t,-  dxr  dx .  da-i 

Analogamente  : 


dXs  d-i'i  dxn  Sxr  3xi  dxii  dx,.  dXg  dx 


II 


+         ^''" +         ^'"' =   0 

dxu  dXi  dXs  SXi  3xr  dxs  dx,-  dxi,  3Xs  ' 


C'Xu 

3^Cs  S'Cn  .  d'd 


3a';i  dxi  dx,.  3xs  dx,-  dx,.  dxs  dxi,  dx,. 


0. 


Sommando  le  ultime  quattro  equazioni,    membro    a  membro  , 
dividendo  per  3  e  dal  risultato  sottraendo  1'  ultima,  si  ha  : 


dxs  dxii  dXi 


dove  ciascuno  degl'  indici  r  ,  s ,  li,  i   può  prendere  uno  qualunque 
dei  valori   1,  !2,  ...   n. 


§  IV. 


Da  ciò  che  precede,  risulta  che  le  quantità  «„  ,  e,,  sono  poli- 
nomi razionali  interi  di  secondo  grado  rispetto  a  x^ ,  .r.^ ,  ...  .p,,  ,  e 
che  i  coefficienti  di  siffatti  polinomi  sono  funzioni  esplicite  del  tem- 
po. Determiniamo  ora  le  relazioni  che  esistono  fra  questi  coeffi- 
cienti. 

Se  poniamo  : 

ars  =  «r*"  -f,'  +  ...  -V  ari,""  ■'•//'  +  ^«™"  X,  x^  +  ...  +  2a,.s"-''"  a;„_i  x„ 
-+-  2a„'  X,  +   ...  +  2a,./'  x,,  -+-  2 Ars  ,  (l) 

Cr   =   Cr"    X,'    +    ...    +   Cr'"'X„'    +    2tV  "    X,X,     +    ...     +    2c..  «-'■"    Xn-i  X„ 

-^  2v'  a',  -1-  ...  +  2>,.''  x„  +  26',.  ,  (2) 


74 


Sugi'  integrali  primi  di  secondo  grado 


avremo  : 


doch 


—  •> 


=  2 


dXr 

da, a- 
dxs 

de,- 

dCs 
dXr 


=    9 


rt,..,"'  X,  +  «,.,."-■  .r, 


ars""    a-n     +    «r 


a^ii'''  X,  +   Osi,'''  X.,  -+-  ...  -+-  a  sì,''"  Xn  +  a^,/' 
aiu-'"'  X,   4-  aiir^''  X,  +  ...  +  a,,/'^  Xn  -t    an/ 

^r        X^     — p     Cf'      Xf    "T"    •»•    ~i~     €r         Xn     "H     '^/> 


Cs'-'   X,    +   c,.''"  .r,  +  ...  +    c's'-"  ar„    H-   7,-'- 


df 


X,  X.  +  2 


dOrs^ 

df 


«'/Tj       a^j 


+  ...  +  2      ^^     .r,  +  J      ^^^     X,  +    ...    +  2     ^^ 


Sostituendo  quest'espressioni  nelle  (I,  3,  4),  queste  devono 
risultare  identicamente  soddisfatte.  Perciò,  uguagliando  a  zero,  nel- 
r  equazioni  che  ne  risultano,  i  coefficienti  dei  termini  di  primo  e 
secondo  grado  rispetto  alle  .r,  e  la  somma  dei  termini  indipen- 
denti da  queste  quantità,  si  hanno  le  seguenti  relazioni  fra  i  coef- 
ficienti dei  polinomi  r/,,, .  e,.  : 


ars"'  -H  ««//■'  +  a„r"  =  0, 


01,-.s-  ' 


a,-;,''  +  a,,/  =  0, 


dars'J 


=  0, 


dt 

Cr''     +    C.s''' 

7r'  +  r," 


dars' 
dt 

€lA.rs 

dt 


=  0 


=  0 


(3) 

(4) 

(5) 
(6) 
(7) 


rispetto  alle  derivate  delle  coordinate  nei  problemi  della  meccanica        75 


Si  soddisfa  quindi  nel  modo  più  generale  all'equazioiii  (I;  3,4), 
assumendo  por  le  a,,,  r,  l'espressioni  (1),  (ii) ,  i  cui  coefficienti 
soddisfino  a  qucsf  ultime  equazioni. 


§  V. 


Tra  le  forme  particolari  d'integrali,  contenuti  nell'  equazione 
generale  (I,  3),  consideriamo  prima  separatamente  il  caso,  in  cui 
quest'equazione  si  riduca  al  primo  grado  rispetto  a  .r/,  .r'.,,  ...  .r,/. 
Allora  i  coefficienti  dei  polinomi  a,,  sono  identicamente  nulli,  cioè 
si  ha  in  tal  caso: 


Il  i       .  Il 


a„ 


a;'    =  Ar,  =  0,  (1) 


e  i  coefficienti  dei  polinomi  e,,   dovranno  soddisfare  all'  equazioni  : 

<^+c-:'  =  o,  (2) 

%  -+■  >:  =  0.  (3) 

Insieme  all'  equazioni  (2)  sussisteranno  evidentemente  1'  equa- 
zioni : 

le  quaU,  osservando  che  in  generale  è  4'  =  e,',  sommate  colla  (1), 
danno  : 

e'   -h  e,   +  e-    =  0 , 

e  perciò  in  virtù  della  (2) 

cp-  =  0.  (4) 

Dunque:  Nei  moto  d'un  sistema  materiale  di  punti,  se  le  com- 
ponenti generali  delle  forze  siano  funzioni  delle  coordinate  generali  del 
sistema  e  funzioni  esplicite  del  tempo,   ma  non  siano  funzioni  delle  de- 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Serie  4"  H 


76  Sugi'  integrai i  primi  di  secondo  grado 

rivate  delle  coordinate  generali ,  un  iidegraìe  di  primo  grado  rispetto 
alle  derivate  delle  coordinate  generali  è  altres)  di  primo  grado  rispetto 
alle  coordinate  generali. 

Essendo  le  quantità  a^,^  identicamente  nulle,  l'equazioni  (I,  6), 
nel  presente  caso,  divengono: 

—-  =  -X—  .  (s  =  1,  2,  ...  n)  (5) 

Queste  non  possono  essere  identicamente  soddisfatte,  a  meno 
che  non  si  abbia: 

d'Cr  d'Cs 


2t3j-s  3f3xr  ' 
ossia,  per  (IV,  2),  (4): 

dt  dt 

Tenendo  conto  di  (3),  si  ha  perciò  : 


3t-''  («) 


cioè  le  quantità  9-^.  sono  costanti.  La  (3)  stessa,  sussistendo  per  /■=«, 
otfre: 


7'-  =  0. 


Le  (5),  per  (IV,  2),  (4),  (6),  divengono  : 


dF  ^  ^dC, 


dXg  dt 

onde  integrando  : 

dC\  dCn 


.'  =  2['i^,,  +  ...  +  '-^.,  +  ,«)],  m 


riiipetfo  alle  derivate  delle  coordinate  nei  problemi  della  meccanica        77 


essendo  <j{f)  una  funzione  arbitraria  di  f.  Avendo  dunque  riguardo 
allo  relazioni  (I),  (3),  (4),  (6),  (7).  che  si  hanno  nel  presente  caso, 
e  alla  (IV,  "2),  e  ponendo: 


a 

la  (I,  2)  diviene: 

dC 

Hy^^iXrX's  —     x'rXs)  +   S   CrX'r    =    ^-^^Xr     +   g(.()    +    '^i  .  (8) 

Quest'equazione,  nella  quale  le  quantità  T-^'  sono  costanti,  le  CV, 
g{f)  sono  funzioni  qualunque  di  f,  e  «i  è  costante  arbitraria,  costi- 
tuisce un  integrale  primo  del  problema,  ogni  qual  volta  le  componenti 
generali  delle  forze  soddisfino  all'equazione  di  condizione: 

s  >;  (  xr  a;  -  xs  X,.  )  +  s  a.  a;. = s  '^  «.,  +  |'  .  (9) 

L'  equazione  (8)  rappresenta  l' integrale  primo  più  generale  di 
primo  grado  rispetto  alle  derivate  delle  coordinate  generali,  che 
possa .  convenire  a  un  problema  del  moto  d'  un  sistema,  nell'ipotesi 
che  le  componenti  generali  delle  forze  siano  funzioni  delle  coordi- 
nate generali  del  sistema,  e  possano  contenere  il  tempo  anche  espli- 
citamente. 

§  VI. 

Se  le  componenti  generali  delle  forze,  invece  di  essere  funzio- 
ni delle  sole  coordinate  generali,  sono  altresì  funzioni  delle  derivate 
di  queste  coordinate  rispetto  al  tempo,  può  avvenire  che  la  (V,  9) 
sia  nondimeno  identicamente  soddisfatta,  qualunque  siano  i  valori 
Xi,x^,  ...Xn,x^'^  ....x„',t.  Quando  ciò  avvenga,  l'equazione  (V,  8) 
è  evidentemente  un  integrale  del  problema. 

Nell'equazioni  (I,   1)  si  ha: 


A' 


2    ^r..   Mr 


Sugi'  integrali  primi  di  secondo  grado 


Qui  le  quantità  b^,  B^,,  sono  determinate,  appena  che  si  cono- 
scano i  vincoli  del  sistema,  e  non  dipendono  dalle  componenti,  se- 
condo gli  assi,  delle  forze^  che  sollecitano  i  punti  del  sistema,  men- 
tre le  c|uantità  Mr  contengono  linearmente  ciueste  stesse  componenti. 
Le  quantità  B^^,  sono  funzioni  di  x^,  x.^,  ...  Xn,t,  e  le  èj  sono  fun- 
zioni intere  di  secondo  grado  rispetto  alle  cjuantità  xi ,  xi ,  ...  x  „  con 
coefficienti  funzioni  di  ,r, ,  r^ ,  ...  .r„,  ^.  Se  i  legami  del  sistema  sono 
indipendenti  dal  tempo,  le  B,.^  ,  b^ ,  com'  è  noto  ,  non  contengono 
esplicitamente  il  tempo,  e  inoltre  b^  è  omogenea  rispetto  alle  c[uan- 

LI Ld  «*'i*     '*^2j     *■*  II' 

Risulta  da  ciò  che  ogni  relazione  lineare  rispetto  alle  compo- 
nenti generali  delle  forze,  p.  es.  la  condizione  (V,  9),  si  può  tra- 
sformare in  un'equazione  lineare  rispetto  alle  quantità  M^,  M^,  ...  M^, 
o,  se  si  vuole,  rispetto  alle  componenti,  secondo  gli  assi,  delle  forze 
applicate  ai  singoli  punti  del  sistema. 


§    VII. 

Ritornando  agl'integrali  di  secondo  grado,  contenuti  nell'equa- 
zione generale  (I,  2) ,  aggiungiamo  all'  ipotesi  del  §  I  quest'  altra 
ipotesi,  che  cioè  essi  non  contengano  esplicitamente  il  tempo.  Con- 
sideriamo cioè  il  caso  particolare  che  il  tempo  non  figuri  esplici- 
tamente né  nei  coefficienti  dei  polinomi  «„ ,  c^  (IV,  1,  2),  né  nella 
funzione  F.  Saranno  allora  costanti  non  solo  le  quantità  «"« ,  se- 
condo (IV,  5),  ma  altresì  le  quantità  ari,  ^rs ,  c'r,  '^'r,  Cr.  Se,  in 
quest'ipotesi,  l'equazione  (1)  è  un  integrale  del  problema,  si  deduce 
dalle  (I,  3-6)  che  esso  è  la  somma  dei  seguenti  due  integrafi  dello 
stesso  problema,  1'  uno  di  secondo,  l' altro  di  primo  grado  rispetto 
afie  coordinate  generafi  del  sistema  : 

Y  (rt,i.T,"-|-flj,  .-r,"+  ...  +2a,.,x\  JL-\  -+-  ...  +  2a„.,,nX'n.iX'n) 

=  F  {x,,.r,,  ...  .T„)  +  /3,  (1) 

C,X\    -+■    (•,.<■■,    +...    -+-    CnXn      =   ->.  (2) 


rispetto  alle  cìerivafe  delle  coordinate  ììcì  prohìemi  della  meccanica        79 

Qui  /Se?    sono  costanti  tali  che  si  al)l)ia  : 

/3  +  >  =  «. 

Tenendo  ferme  le  stesse  ipotesi ,  1'  equazione  (I,  !2)  è  dunque  un 
integrale  del  problema  ,  sol  quando  sieno  soddisfatte  a  un  tempo 
tanto  le  condizioni,  che  sono  necessarie  e  sufficienti,  afthichè  la  (1) 
sia  integrale  di  quel  problema,  quanto  quelle  necessarie  e  sufficienti 
affinchè  la  (^D  sia  integrale  dello  stesso  problema. 

Per  quanto  abbiamo  veduto  nel  paragrafo  precedente,  1"  ec^ua- 
zione  (i^)  non  può  essere  integrale  primo  del  problema  ,  a  meno 
che  non  abbia  la  forma  seguente  : 

^.yliXrX's    —    X'r   .Ts)    +    ZOr  .1'' r     =   7,  (3) 

essendo  %,  Cr  costanti  qualunque.  La  (3)  si  deduce  dalla  (V,  8), 
supponendo  costanti  le  quantità  (',.,  //.  La  condizione  necessaria  e 
sufficiente  ,  affinchè  la  (3)  sia  un  integrale  primo  del  problema,  è 
che  fra  le  componenti  generali  delle  forze  sussista  la  relazione  li- 
neare omogenea  : 

Le  condizioni ,  perchè  V  equazione  (1)  sia  integrale  d'un  pro- 
blema, sono  che  i  coefficienti  dei  polinomi  a,., ,    di  secondo    grado 

rispetto  aUe  x, ,  soddisfino  alle  "     '"^  g     — -  condizioni   (IV,    3  ) , 

alle     ^(^+^Hw+2)   (,Qj^(j|2Ìoni  (IV,  4),  e  che    inoltre  le   componenti 

generali  delle  forze  sieno  tali,  che  1'  espressione  : 

(a,,  X,  -f  a„  X,  +  ...  H-  a,„  A'„)  da\  -f  ...  -f  («,a  A',  +  ...  -h  rt„„  X„)dxn    (5) 

sia  il  differenziale  esatto  defia  funzione  F  {x^ ,  x^ , ...  ./•„). 

Siccome  il  numero  totale  dei  coefficienti  (  supposti  tutti  diffe- 

Vi   (  ti     I     1    I 

renti  da  zero  e  indipendenti)  degli  — ^ — polinomi  completi  o„  ,  di 


80  Stigl'  integrali  primi  di  secondo  grado 

seeoiulo  gnido  l'ispettu  alle  ti  vuiuujili  .r, ,  e ^y x  —^ ;  cosi, 

detto  -A^  il  numero  delle  costanti  indipendenti ,  che  figurano  nel- 
l'integrale (1),  quando  F  sia  una  funzione  data  ,  e  non  si  compu- 
tino fra  queste  costanti  né  quelle  .  che  possono  essere  contenute 
in  /',  né  la  costante  arbitraria  /?,    si  ha  : 

^,  ^  njn-biyin-i.  2)  _  n' {n-hl){n-h2)  _  w(w+l)  (w+2)  _  n  jìi+lf  {n-\-2) 
~  4:  6  6  ~  12  ■ 

Osserveremo  infine  che ,  nella  stessa  ipotesi  riguardo  ai  coef- 
ficienti dell'equazione  (1),  e  ammettendo  inoltre  però  che  le  com- 
ponenti generaU  A'^,  delle  forze  possano  essere  funzioni  anche  delle 
r'i ,  .t'j  ,  ...  a-'n,  ^,  la  iDredetta  equazione  è  un  integrale  del  problema 
più  generalmente,  ogni  qual  volta  le  quantità  A'^.,  considerate  come 
funzioni  delle  variabili  indipendenti  ;ri ,  ...  J^„  ,  .r', ,...  ;r'„ ,  t,  soddi- 
sfino identicamente  alU  unica  equazione  : 

(«,,  A',  -f- ...  -4-  ili,,  Xn)  .r  ,  ■+-  ...  -t-  (a„i  X,  +...-+-  fl„„  A'„)  a?'„ 
3F    ,  $F    , 

Nelle  stesse  ipotesi  precedenti  riguardo  ai  polinomi  «„ ,  e 
senza  supporre  che  il  problema  ammetta  l'integrale  (1),  e  se  inoltre 
le  quantità  x^ ,  x^,...x,i,  x\,...x'„,  in  virtù  dell'equazioni  integrafi,  si 
considerano  come  funzioni  dell'unica  variabile  indipendente  f,  si  ha  : 

dU=  (rt,,  A',  -I-  ...  +  rt,„  A'n)  +  ...  +  (a„i  A'i  -i-  ...  +  a,,,,  A'„)  da-„; 
onde,  indicando  con   U„    il  valore  di   f/ per  f=f„'- 

.4  ,  , 

U—  Uo=  I     ,  (rti,  A,  +...-+- rti„  A„) dxi  ■+  ...  -I-  {ani  A,  -4-  ...  -i--  n„„X„)  dx^y 

§.  vili. 

Nel  caso  generale,  dati  i  pofinomi  a,,.  ,  e,.,  tra  i  cui  coefficienti 
(l'rs,  a'U  A^^,  Cr,  yt,  supposti  funzioni  del  tempo,  sussistano  le  rela- 


rispetto  alle  derivate  delle  coordinate  nei  problemi  della  meccanica        HI 

zioiii  (IV.  3-7),  k'  //  componenti  generali  A',,  delle  forze  dovranno 
soddisfare  alle  h  +  1  equazioni  lineari  (I  ,  5 ,  6  ) ,  afflnchè  il  pro- 
blema ammetta  f  integrale  (I,  ±).  Affinchè  queste  «+1  eciuazioni 
coesistano  ,  deve  essere  nullo  il  determinante  d'  oi'dine  /;  +  1  for- 
mato coi  coefficienti  delle  quantità  A'i ,  A'^ ,  ...  A'„  e  coi  secondi 
membri  delle  stesse  equazioni,  cioè  si  deve  avere: 


dF       .V, 
?.r,        dt  ' 

",,, 

«,., 

...  am 

3F      de. 

dxn      dt  ' 

ani) 

"«2: 

..  aiin 

dF 

e,, 

C2, 

..    Cn 

Quest'  equazione  contiene  le  derivate  parziali'  della  funzione  F  delle 
n-\-i  variabili  indipendenti  x^,  x.^,...  .r„,  f,  è  lineare,  e,  se  i  coef- 
ficienti delle  derivate  parziali  non  sono  tutti  identicamente  nulli, 
serve  alla  determinazione  della  funzione  F.  Determinata  F,  la  con- 
dizione per  le  forze  è  che  1'  espressione  : 

(rt,,  A',-t-...^-rt,„  A'„)rf.i",+...  +{ani  A',-f  ...+  «„„. Y„W.T«  +(c,  X,-\-...-\-Ch  Xn)df 

sia  il  differenziale  esatto  di  F,  considerata  come  funzione  delle 
n+\  variabili  indipendenti  x^,  x^,...  x,„  t. 


§  IX. 

Non  sarà  inutile  aggiungere  qui  la  seguente  osservazione.  Se 
il  sistema  si  compone  di  /  punti  materiali  m^,  m^,...»)/,  ed  è  n^3/, 
le  equazioni  (I,  1  )  e  le  conclusioni ,  a  cui  siamo  giunti  nei  para- 
grafi precedenti,  possono  ricevere,  nel  caso  d"un  sistema  vincolato, 
anche  un'  altra  interpretazione.  Dapprima  si  può  supporre  che  in 
questo  caso,  come  nell'ipotesi  d'un  sistema  libero,  x^,  x^,  ...  a-„,  sieno 
le  3/  coordinate  degli  i  punti  rispetto  a  tre  assi  ortogonali  fissi  nello 


82  Sugi'  integrali  primi  di  secondo  grado 

spazio.  Di  poi  immaginiamo  per  ciascun  punto  ni,,  la  forza  attiva  P,, 
clie  lo  sollecita,  la  forza  passiva  (9  ,  che  rappresenta  1'  azione  del 
sistema  sul  inmto  ///,,,  e  la  risultante  Q,,  di  queste  due  forze,  cioè 
la  forza  effettiva,  la  quale,  agendo  sola  sul  punto,  supposto  questo 
liberato  da  ogni  legame,  basterebbe  a  comunicargli  il  moto  che  ha 
realmente.  Posto  ciò,  noi  possiamo  supporre  che  Xj ,  X2,  ....  A'„ 
sieno  le  31  componenti  delle  i  forze  Q,,,  secondo  gli  assi,  ciascuna 
divisa  per  la  massa  del  punto  ,  a  cui  la  forza  stessa  è  applicata. 

Ora  è  evidente  che  quanto  abbiamo  dimostrato  sugi"  integrali 
primi  di  primo  e  secondo  grado  rispetto  alle  x'^,  continua  a  sussi- 
stere anche,  quando  alle  quantità  .«., ,  X,  si  attribuisca  quest'ultimo 
significato. 

§   X. 

Si  consideri  il  moto  d'  un  sistema  libero  di  punti.  Sieno  A', 
Y,  Z,  L,  M,  N  le  somme  della  proiezioni  delle  forze  sui  tre  assi 
e  le  somme  dei  momenti  delle  forze  stesse  rispetto  agli  assi;  e  sia 
in  la  massa  di  uno  qualunque  dei  punti.  Come  caso  particolare  di 
(VII,  3,  4) ,  si  avrà  che  ,  quando  tra  le  sei  quantità  X^  Y,  Z,  L, 
M,  iV  sussista  una  relazione  lineare  omogenea  a  coefficienti  co- 
stanti qualunque  : 

a  A'  +  bY  -+-  cZ  +  pL  -+-  qM  +  ;-A"  =  0, 

il  problema  ammette  1'  integrale  : 

«2  «i-»'  -^  ^'2l1  '».'/'  +  t;S  mz  -l-yjS  (yz'—y'z)  +gS  (^./■'— 2'.c)  -^  rZ  {xy'—xy)—^, 

che,  per  opportuna  scelta  delle  costanti,  fornisce  gì'  integrali  pi-imi 
delle  aree  e  del  moto  del  centro  di  gravità,  e  sul  quale  il  Gerruti 
richiamò  l'attenzione   dei  geometri  e  diede  importanti  teoremi. 
Un  esempio  semplicissimo  d'integrali  di  secondo  grado  è  : 

—  (a„  x' ■'  +  a,,  y'  '  +  a,,  z"'  +  2a„  .v  y  +  ta,,,  y'  z  -f-  2a,,  z'x  ) 
=  gia„x-ha,,y  +  a,  ,z)  +  fi, 


rispetto  alle  derivate  delle  coordinate  ìiei  problemi  della  meccanica        83 


dove  intendiamo  che  le  quantità  a  ,,  ricevano  valori  dati  qualunque, 
e  che  conviene  al  sistema  dell'  equazioni  difl'erenziali  : 

à'-c  d\ij  d'z 

-dF^^^\lF=^'   -dF^^  ^^^ 

del  m,»to  libero  d"  un  grave  nel  vuoto. 

Il  problema  del  moto  libero  di  un  punto  ammette  1"  integrale  : 

y  m'  )  {X  1/'  —  .r  yf  +{yz'  —y'z)-  +  {zx  —z'xy\=F{x,ij,z)  +  e',    (2) 

(dove  il  primo  membro  è  la  metà  del  quadrato  del  momento  della 
quantità  di  moto  ,  rispetto  ali"  origine  d'  un  sistema  di  assi  ortogo- 
nali .r,  //,  z)  ogni  qualvolta  siano  soddisfatte  le  seguenti  condizioni  : 

dF     ,^       dF     .^       dF 

essendo  : 

Z,   =  zM  —  yN, 

M,  —  xN  —  zL  , 
N,  =  yL  —  xM, 

ed  essendo  L,  AI,  N  ì  moment i  della  forza  data  rispetto  agli  assi. 
Se  L^  M,  N  si  considerano  come  le  componenti  d'una  forza  fittizia  G, 
avente  lo  stesso  punto  d' applicazione  della  forza  data ,  saranno 
L, ,  3/, ,  Ni ,  presi  con  segno  opposto  ,  i  momenti  di  G  rispetto 
agli  assi  coordinati.   Conseguenza  delle  equazioni  (3)  è  : 

dF  dF         i^    _  Q 

dx  dy  dz  ' 

da  cui  si  deduce  che  la  funzione  F  è  omogenea  di  grado  zero. 
Data  quindi  una  funzione  F,  omogenea  di  grado  zero,  qualunque, 
le  condizioni,  a  cui  devono  soddisfare  le  forze,  affinchè  il  problema 
ammetta  l' integrale  precedente,  sono  espresse  da  due  qualunque 
delle  (3). 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Serie  4'  12 


84  Sugi'  integrali  primi  di  secondo  grado 

Se  poi  si  esclude  la  condizione  che  la  forza  attiva,  che  solle- 
cita il  mobile  ,  sia  funzione  delle  sole  coordinate  x,  ij,  z,  ma  si 
ammette  che  tal  forza  possa  anche  essere  funzione  di  x  ,  ij  ,  z  ,  t, 
Y  equazione  (2)  sarà  integrale  del  problema,  tutte  le  volte  che  L, 
M,  N,  considerate  come  funzioni  delle  variabili  indipendenti  x^  y, 
z,  x ,  y,  z  ,  t,  soddisfino  all'unica  equazione: 

Z,  .t'  +  .1/,  ;/  +  .V,  z'^F  {x,  ij,  z), 

e  F  potrà  ora  rappresentare  una  funzione  qualunque  delle  tre  va- 
riabili indipendenti  x,  y,  z,  anche  cioè  non  omogenea  di  grado  zero. 
Eziandio  poi  quando  il  problema  non  ammetta  l' integrale  (2), 
si  ha,  secondo  1'  osservazione  generale  fatta  in  fine  del  §  VII  : 

d  2  m^  \{xy'  —  x'  y/  -h  (y  z' —  i/  zf  -t-  (z  x'  —  z'xy[  =  L,dx  -+-  .1/,  dy  -+-  iV,  dz, 


onde 


1       i  ) 

"2  m'  )  r^  y'  —  a;'  y)'  -h  fy  z'  —  y'  zY  +  {z  x'  —  z'  x)'  { 


L  ->"'  ^  (x^  11'  —  x'  »/  ì^  -t-  (il  7\  —  il'  ?  V  -I-  ly.  X  —  ?: .  xy  > 


m'  ]  {xo  yo  —  oc'„yJ '  +  («/,  z'o  —  y\  z^)''  +  (Zo  *'»  —  z'o  a-»)    ^ 


—  I      (L,  d  X  ■+-  M,  d  y  +  iV,  d  z). 

U  integrale  del  secondo  membro  di  quest'  equazione  esprime  il  la- 
voro della  forza  fittizia  G,  che  ha  per  componenti  L, ,  M^ ,  N^ . 

Più  generalmente  il  problema  del  moto  libero  d"un  punto  ma- 
teriale ammette  1'  integrale  : 

—  {a„x"  4- a,,y'  -h  a,, z"'  -+■  2a,,x'y'  +  2a,,  y'z  +  2«3,  z'x)  =  F{x,  y,z)  +  lò, 

quando  1'  espressione  differenziale  : 
(rtii  A' 4-  a,2  Y  -+-  aa  Z) dx  +  («21  A'+  «22 }'-+-  Un Z)  dy  +  («31  A'  +  a^i  Y+  a-^ Z)dz   (4) 


rispetto  alle  derivate  delle  mordinate  nei  problemi  della  meccanica        85 


sia  il  differenziale  esatto  della  funzione  F,  e  inoltre  i  polinomi  a  ,.^ 
abbiano  la  forma  seguente: 

flu  =  a.y''  +  a,z'     -I-  h.yz  +  tv/     4-  d^z  +  e,  ,  \ 

rt^  =  rtjz'  -h  a,.-r'    +  h,zx  -+-  c^z     +  d,a-  -h  e,,  ,        (5) 

«33  =  a.o-'  +  a,y'    +  ?>3-^7/  +  <^.^'    +  ^..i/  -*"  '-'s  >  ^ 

2fl,,  =  632'  —  '2a,xi/—  b,yz  —  6,ir2  —  ca-  —  d,i/  +  f,y  +  g, , 


2fl.,,  =  b,x'  —  2a,yz  —  b,z.r  —  h,yx  -  c,ij  —  d,z   +  f,z  +  .9,  ,  ,        (6) 
2a3i  =  h,y'  —  2a,zx  -  b.xy  —  b,zy  —  c,z  —  d,,v  -+-  f^x  -h  g,  ,  ' 

dove  le  tre  costanti  f,,  f,,  f,  sono  soggette  alla  condizione: 

Tra  le  forme  d'integrali,  compresi  nella  equazione  (I,  2)  e  re- 
lativi al  problema  del  moto  libero  del  sistema  di  i  punti  materiali, 
notiamo  l'integrale  : 

U—F{X,,     2/1,     Zi,    X2,  ...Zn)   +   0,  (7) 

dove  : 


U 


=  2  "^  {aax'\+a2-2y'\  +  a^z"r  +  2aiiX'ry'r-\-2a23y'rZ'r+2a3iZ'rx'r) , 


essendo  «„;  «22;  «12;  -  i  polinomi  precedenti,  nei  quali  ad  x,  y,  z  si 
sostituiscano  %,. ,  y,. ,  z,. . 

Quest'  integrale  conviene  al  problema,  quando  1'  espressione  : 

"V  ^  iai,A'+ai2r-l-ai3Z)c?a-  +  (a2iA'-t-  a.iY+atìZ)dy -^{a-iiX-\-a-i{^-^a^Z)dz 

sia  il  differenziale  esatto  della  funzione  F. 

§  XI. 

Supponiamo  che  i  polinomi  a^^  ,   soddisfacenti   alle    condizioni 
(I,  3),  non  contengano  esplicitamente  il  tempo. 


86  Sugi'  integrali  primi  di  secondo  grado 


Poniamo  per  brevità: 

Yi  =  au  X.  -h  rt,o  A',  -I-  ...  -+-  a,n  X„. 

Una  combinazione  delle  equazioni  (I,   1)  del  moto  sarà: 

dU=  Y,  dx,  +  Fj  dx,  +  ...  +   Y,,   dx,,.  (1) 

Perciò,  senza  supporre  che  il  problema  ammetta  l'integrale 
(VII,  1),  e  considerando  le  x^yX^,  in  virtù  dell'equazioni  integrali, 
come  funzioni  dell'  unica  variabile  indipendente  t,  si  ha,  indicando 
con   ?7„   il  valore  di    U  corrispondente  a  t  =  U\ 

U~  f/o=   f\    (F,  dx,  +  Y,  dx,  +  ...  -f    r„  dxn).  (2) 

Supponiamo  che  le  X^,  e  per  conseguenza  anche  le  y,,  siano  fun- 
zioni delle  sole  variabili  Xi,x.i,  ...  x^-  Noi  possiamo  ora  immaginare 
che  le  n  quantità  x^  siano  le  n  coordinate  di  uno  spazio  S  ad  n 
dimensioni_,  e  faremo  uso  delle  definizioni  e  dei  teoremi  dati  dal 
prof.  Betti  nella  sua  memoria  :  Sopra  gli  spazi  di  un  numero  qua- 
lunque (li  dimensioni  (1).  Ciò  premesso,  noi  considereremo  soltanto 
quella  parte  lì  dello  spazio  S  ,  nella  quale  tutte  le  X_,  e  le  loro 
derivate  prime  ,  e  per  conseguenza  tutte  le  Y^  e  le  loro  derivate 
prime^  si  conservino  finite  e  continue,  e  che  si  ottiene,  escludendo 
neUa  maniera  nota,  con  opportuni  spazi  a  2,  3,  ...  n  —  1  dimen- 
sioni,  gU  spazi  a  1,  3, ...  w  dimensioni,  nei  quaU  le  A',,  o  le  loro 
derivate  prime  non  sieno  finite  e  continue.  Abbia  lo  spazio  B  la 
sua  connessione  di  prima  specie  dell'ordine  /;  +  1.  Siano  s, ,  s^ , ...  s^, 
le  sezioni  trasverse  di  w  —  1  dimensioni  ,  semplicemente  connes- 
se ,  che  rendono  semplice  la  connessione  di  prima  specie.  Siano 
L, ,  L2 , ...  L,.  linee  chiuse,  in  numero  di^,  che  incontrano  rispettiva- 


(1)  Annali  ili  matematica   diretti    da  F.   Brioschi  e  L.    Cremona,  Serie   II,   T.    Ili,  pag. 
140-  158. 


rispetto  alle  derirate  delle  coordinafe  nei  problemi  della  meccanica        87 


mente  le  sezioni  .s\ ,  s^ , ...  .--7,.  Supponiauio  clic  in  tutto  lo  spazio  R 
le  funzioni    1'  soddisfacciano   alle  ' — ^ —  condizioni  : 

-^  -  -^  =  0. 

Siano  A, ,  A\ ,  A,  A'  configurazioni  del  sistema  tali,  che  le  coor- 
dinate delle  prime  due  e  delle  ultime  due  soddisfino  rispettiva- 
mente afie  ecpazioni  : 

F  {X,  ,    X^  ,    ...    Xn)   =  «0)  ^^) 

F  ix_,  X,,  ...  Xn)  =  a  ,  (4) 

essendo  a„ ,  a  costanti  date.  Supponiamo  pure  che  le  x^ ,  x',   soddi- 
sfino identicamente  all'  equazioni  : 

U=b,,        U  =b 

rispettivamente  per  le  prime  due  e  per  le  ultime  due  configurazio- 
ni. Indichiamo  poi  con  IT,,  TT  ciò  che  diventa  V,  quando  invece 
defie  X,, ,  x's  vi  si  sostituiscano  i  valori,  che  prendono  queste  quan- 
tità nelle  configurazioni  A\,  A'.  Supponiamo  che  negU  spazi  (3).  (4) 
ad  iH—ì  dimensioni  si  possano  condurre  due  linee  J»  ^'0',  ^  -4',  che 
passino  ,  runa  pei  due  punti  A„,  A',,  l'altra  pei  due  pmiti  J,  A' 
defio  spazio  B^  e  che  sieno  tali,  che  lungo  ciascun  punto  di  esse,  tutte 
le  Xs  e  le  loro  derivate  prime  siano  finite  e  continue.  Le  equa- 
zioni integrali  del  moto  del  sistema  da  una  configurazione  B  a 
un'  altra  configurazione  qualunque  C  fanno  conoscere  le  n  coordi- 
nate generali  x^  in  funzione  di  t,  e  così  determinano  una  linea  BC 
nello  spazio  B.  Ciò  posto,  si  ha  : 

J^^^^Y.dx.  4-  j\^.^Y.dx.   +  j\,^,;JY.dx.  +    J^.^^^-^Yrdx. 

-h     2  ^'-.1    T        YrdXr    =    0  , 

dove  £^  prende  i  valori  0,  1,-1,  secondochè  la  sezione  .s^  non  è 
incontrata,  ovvero  è  incontrata  progredendo  in  una  0  in  altra  direzione 


88  Sugi'  integrali  primi  di  .secondo  grado 

della  linea  A^  A  A'  A\  A^ .  Ma    evidentemente   il  secondo  e  il  quar- 
to degl'  integrali  del  primo  membro  sono  identicamente  nulli ,  mentre 
il  terzo  è  uguale  e  di  segno  contrario  all'integrale  /   ,,    ,  ^Yrd.r,.. 
Perciò  : 

Onde  : 

U'    -     U:    =U    ~      IT,     +    y.-V  f  YrdXr. 

Da  ciò  si  deduce  che  l'aumento  di  V,  nel  passaggio  del  si- 
stema dall'una  all'altra  di  due  configurazioni,  le  cui  coordinate  sod- 
disfino rispettivamente  alla  (3)  e  alla  (4),  è  costante  ,  se  la  con- 
nessione di  prima  specie  dello  spazio  i?  è  semplice;  ma  non  è,  in 
generale,  costante,  se  questa  connessione  non  è  semplice,  potendo, 
in  quest'ultimo  caso,  tale  aumento,  da  due  cammini  a  due  altri, 
differire  di  multipli  di  [)  quantità  costanti. 

§  XII. 

Se  C/  e  la  forza  viva  T  si  esprimono  per  mezzo  delle  stesse 
coordinate  generali  x^ ,  x^ , ...  x,,  e  delle  loro  derivate  x\  ,  x\  ,  ...  a;'„ 
rispetto  al  tempo,  si  vede  che,  mentre  i  coefficienti  dei  quadrati  e 
dei  prodotti  di  x\  ,  x\ ,  ...  x'„,  due  a  due,  sono  in  U  polinomi  di 
secondo  grado  rispetto  a  a-,,  a;^,...  x„,  in  T  i  coefficienti  potranno 
essere  di  forme  svariatissime,  a  seconda  dei  legami  del  sistema  e 
dello  scelto  sistema  di  coordinate  generali,  sicché  le  due  espressioni 
saranno,  in  generale,  distintissime  l'una  dall'altra,  com'è  mostrato 
anche  dagli  esempi  del  paragrafo  precedente;  e  inoltre  l'espressione 
di  U  sarà  molto  particolare  rispetto  all'  espressione ,  che  può  ge- 
neralmente assumere  T.  Gli  stessi  esempi  dati  mostrano  tuttavia 
che  in  alcuni  casi  l'espressione  di  U  può  essere  più  generale  deU'e- 
spressione  di  2\  Ciò  avviene,  p.  es.,  nel  problema  del  moto  di  un 
sistema  di  punti  liberi    nello  spazio  ,  quando   ?7  e  T  si   esprimono 


rispeito  alle  derivate  delle  coordhwte  né  problemi  della  meccanica        89 


per  mezzo  delle  eooidiuate  cartesiane  ortniionali  dei  punti  mobili  e 
per  mezzo  delle  derivate  delle  stesse  coordinate  rispetto  al  tempo. 
In  particolare  nel  problema  del  moto  d"  un  solo  ]iunto  materiale  , 
immaginando  die  x,  ij,  z  siano  le  coordinate  cartesiane  ortogonali 
del  mobile,  e  supponendo  che  i  polinomi  (X,  5)  si  riducano  ai  loro 
termini  costanti,  e  che  questi  sieno  eguali  alla  massa  del  mobile: 
supponendo  inoltre  che  i  tre  polinomi  (X  ,  6)  sieno  identicamente 
nulli,  r  equazione  : 

U  -  F  =  H 

diventerà  identica  all'  equazione  : 

T  -  F  =  i3. 
L' equazione  : 

T  —  F{x^,  a-j,  ...  ir,,)  =  fi , 

ha  però,  com'  è  noto,  eziandio  quando  non  sia  un  caso  particolare 
dell'  equazione  : 

U ~  F  {.Vi,  .Vi,  ...  .r„)  =  /6, 

pure  quest'  altra  ben  nota  e  importantissima  proprietà,  che  cioè,  se 
essa  è  integrale  primo  del  moto  d'  un  sistema  dato,  o  libero  o  a 
vincoli  indipendenti  dal  tempo,  e  sotto  l' azione  di  forze,  le  cui  com- 
ponenti secondo  i  tre  assi  siano  date  funzioni  delle  sole  variabUi 
X,,  x.,,...x„,  0  anche  di  x\,  x\,...x'„,  t,  conviene  pure  se,  con- 
servando le  stesse  espressioni  per  le  forze,  si  aggiunga  al  sistema 
quel  numero  di  vincoli  indipendenti  dal  tempo  ,  che  è  compatibile 
col  grado  di  libertà  del  sistema  stesso. 

§  xni. 

Supponiamo  d'  ora  innanzi  che  i  polinomi  ars  si  riducano  a  co- 
stanti date. 


90  Sugi'  integrali  primi  di  secondo  grado 


Siano  : 

d'xs 


=  Xs  (.s-  =  l,  2,  ...  n)  (1) 


dt' 
le  equazioni  del  moto^  e  supponiamo  che  si  abbia: 

asi  A,  +  a,.2  A,  +  ...  +  a.,,,  A„  = ;r ,  Ui 

essendo  F  una  funzione  data  di  x^,  x.2,  ...x„,  t.  Supponiamo  inoltre 
che  il  determinante  simmetrico  D  d' ordine  n  ,  formato   coi    coeffi- 
cienti delle  quantità  A'^i ,  X^ ,  ...  A'„  nei  primi  membri  delle  n  equa- 
zioni (2),  non  sia  nullo. 
Pongo  : 

r=  -  (au  x\  +  ...  -h  2ai2  x\  x\  -f  ...  -f  2f,  x\  -|-  ...  -f  2c„  .r'„)      (3) 

dV 

^rr=Ps-  (4) 

Poiché  D  non  è  nullo,  le  espressioni  delle  ./■',  in  funzione  delle  p^, 
sono  le  derivate  di  una  stessa  funzione  m  definita  dalla  relazione  : 

u=^  —  V+x\p,-\-  x\p,  +  ...  +  x'„2}n  +  c,  (5) 

essendo  e  una  costante  arbitraria ,  e  intendendo  che  il  secondo 
membro  di  quest'  ultima  eguaglianza  sia  espresso  per  mezzo  delle 
^.,   mediante  le  (4).  Si  ha  perciò  : 

Xs  =  1^—  (6) 


Pongo  : 


Z7=-^(«U  X'\  +  ...  -\-2ai2X\x,'  -h  ...  +2an-i,n-ìc'n-iX'n) 


U,  =  c,.r',  4-  e,  .r',  +  ...  +  Cnx'„  , 


rispetto  alle  derivate  delle  coordinate  nei  problemi  della  meccanica        91 


sicché  : 

T'  =  U  +  U,. 

La  (5)  diviene  perciò  : 

ossia,  per  il  teorema  di  Eulero  sulle  funzioni  omogenee  : 

u  =  —U-  U,+2U+  U,  +  c, 

cioè  : 

M  =  [/  +  e  , 

dove   U  si  deve  intendere    espresso  in  funzione   delle  ^;,.    mediante 
le  n  relazioni  (4),  che  legano  le  x\    alle  p, . 
Le  (6)  divengono  perciò  : 

dxs  dU 

dt  dps 

Dalle  (4),  in  virtù  delle  (1),  (2),  si  trae  : 

dps   ^   dF 
dt  dxi 

Ponendo  : 

U  -  F  =  H, 

e  osservando  che  JJ  è  funzione  delle  sole  variabili  indipendenti  p^ , 
mentre  F  è  funzione  delle  sole  variabili  indipendenti  x^ ,  si  ha  il 
seguente  sistema  di  equazioni  canoniche  : 


dx. 

dt 

dH 

Sps 

dps  _ 

dH 

(7) 

dt  dXs 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Serie  4*  13 


92  Sugi'  integrali  primi  di  secondo  grado 

Così  ogni  qual  volta  l'espressione: 

(«Il  X,  +  ...  +  a,nXn)  rfa-,  +  ...  +  (a,u  X,  +  ...  +  a„„.Y„)  dx„ 

sia  il  differenziale  esatto  di  una  funzione  F  delle  variabili  indipen- 
denti f,  .Ti ,  iPj ,  ...  Xa,  V  equazioni  del  moto  si  possono  ridurre  in 
infiniti  modi  alla  forma  canonica,  potendosi  attribuire  alle  costanti 
Ci,  Ci,  ...  c„  valori  particolari  qualunque. 

Se  F  non  contiene  il  tempo  esplicitamente  ,    il  problema    am- 
mette, come  si  è  veduto  al  §  VII,  l' integrale  : 

U—F  =  lì    ossia    H=fì. 

D'  altronde  si  sa  che  il  sistema  canonico  (7)  ,  in  cui  H  sia  una 
funzione  data  qualunque,  ammette  o  no  V  integrale  H  =  costante, 
secondochè  H  non  contiene  o  contiene  esplicitamente  il  tempo. 

§  XIV. 

Si  formi  r  equazione  differenziale  parziale  di  prim'  ordine  : 

dS       „/,  dS      dS  dS\         -  ... 

dove  il  secondo  termine  del  primo  membro  è  ciò  che  diviene  la 
funzione  H,  quando,  invece  di  j), ,  p., ,  ...  ^j„,  vi  sì  sostituiscano  rispet- 

tivamente   r—  ,  ;:^  ,  ...  r—  .    Sia  .S'  una  soluzione  completa  di  que- 

dx,      dx,  cx,i 

st'  equazione,  contenente  cioè,  oltre  una  costante  additiva  arbitraria, 
altre  n  costanti  «„  a,„  ...  a„ .  I  ^2n  integrali  delle  equazioni  del  moto 
saranno  : 

dS  5S         „ 

essendo  /3,,  A,,  •••  /3„  nuove  costanti  arbitrarie. 


rispetto  alle  derivate  delle  coordinate  nei  prohlemi  della  meccanica        93 


Se  F  non  contiene  esplicitamente  il  tempo,  lo  stesso  è  di  //, 
ed  allora  ponendo  : 

S  =:   —   ht   +    S,  , 

dove  //  è  una  costante  arbitraria,  e  ò',  è  una  funzione  ù\i\,  x^,  ...  a;,,  , 
non  contenente  esplicitamente  il  tempo,  la  integrazione  del  sistema 
canonico  dipende  dalla  determinazione  di  una  soluzione  completa 
*9,    dell"  equazione  : 


/  dò,         dò,  dò,  V  , 


cioè  di  una  soluzione  contenente,  oltre  una  costante  additiva  arbi- 
traria, altre  n — 1  costanti  arbitrarie  «,,  «„  ...  a„_i.  Gl'integrali  del 
sistema   canonico  sono  in  questo  caso  : 

36',   _  i^  —  fl  i^  —  fl    _i_  /  s  —  ì,  2,  ...  n 

d^  -^^"  dx,.  -  '  '■'         dh    -  ^"  +  ^  ,,.  =  1^  2,  ...  n  -  1 

essendo  /3„  /?„  ...  /3„  costanti  arbitrarie. 

Risolvendo  il  sistema  di  queste  "In  equazioni  rispetto  alle  co- 
stanti, si  può  agi'  integrali  dare  la  forma  seguente  : 

«s    =   fs    [X,  ,   X,  ,    ...    Xn,    p,  ,  P,  ,    ...  Vn)  ,  S   =    1,    2,    ...    n 

H,    =   <p,,   {X,  ,    X,  ,    ...    Xn,   P,  ,  P,  ,    ...  Pn  )  ,  r    =    1,    2,    ...    W    --    1 

/3„  +t=<Pn{X,  ,   X.^  ,    ...    Xn,  p,  ,   Pi  ,    ...  Pn  )  , 

contenendo  così  ciascun  integrale  una  sola  costante  arbitraria.  Con- 
tinuando a  supporre  che  F  non  contenga  esplicitamente  il  tempo, 
si  verificano  immediatamente  le  seguenti  due  proposizioni  : 

lo  Se  ^  =  C  è  un  integrale,  contenente  una  sola  costante 
arbitraria  C  e  non  contenente  esplicitamente  il  tempo,  e  distinto 
inoltre  dall'integrale    U—F^fi  ,  si  avrà: 

(->,   U—F)=0. 


94  Sugi'  integrali  primi  di  secondo  grado 

Qui  si  è  fatto  uso  della  notazione  di  Poisson  : 

(,f,    Vj    -    ^    [^^,^     2^^  g^^      2_^^     }    ' 

essendo  >?,  4^  funzioni  delle  variabili  .r, ,  .rj^  ...  x„,  p^ ,  p^,  ...  p,,. 

2°  Se  5  =  ^  4-  C  è  un  integrale,  contenente  esplicitamente    il 
tempo  e  contenente  la  sola  costante  arbitraria  C ,  si  ha  : 

(5,   U-F)  =  \. 

Dalle  note  proprietà  dei  sistemi  di  Hamilton  risulta,  se  F  non 
contiene  esplicitamente  t,  che,  dato  un  integrale  qualunque  T-i  =  C, , 
non  contenente  esplicitamente  il  tempo  e  distinto  dall'  integrale 
H  —  F  =  0,  il  sistema  dei  2n  integrali  del  problema  si  può  imma- 
ginare composto  : 

1°  Di  2w— 2  integraU  : 

>,  =  Cr,  (/•  =  1,  2,  ...  2» -2) 

1  quali  contengono  le  sole  2w — 2  costanti  arbitrarie  C\,  Q, ...  C'„„_2, 
e  non  contengono  e.splicitamente  il  tempo,  e  siano  tali  che  per  cia- 
scuno di  essi  si  abbia  : 

(7-,,  '>r)  =  0  ; 

2°  D'  un  integrale  : 

7-2/t— 1    ^=  (-'■in—i  ) 

pure  indipendente  dal  tempo,  il  quale  contenga  la  sola  costante 
arbitraria  Cj^., ,  e  sia  tale  che  si  abbia  : 

(7i;  72«-i)  =  1; 

3"  D'  un  integrale  : 

9-2/i    =   t    -\-    Con  , 


Hspeffo  alle  derivate  delle  coordinate  nei  problemi  della  meccanica        95 


il  quale  contenga  la  sola  costante  arbitraria  ('.,„,  non  contenga  il 
tempo  esplicitamente,  se  non  aggiunto  a  questa  costante,  e  sia 
inoltre  tale  che  si  abbia  : 

(">,,  72" ■>  =  0- 

§  XV. 

Prendiamo  la  variazione    dell'  integrale    /      Vdt,  essendo  V  de- 
Unita  dalla  (XIII^  3).  Ponendo  per  brevità  : 

,,  _  d'xs 
"^  '-  ~dF  ' 

si  avrà  : 

si  Vdt  =  Mrtii.r',  +  rti2.r'2  +  ...  +«1,,  .r',,  +  e,)  Sx,  +  ....    \^ 
—    f     \{anx,"  +  aio.-z-;'  +  ... +ft,„.T„")  3a-,  +  ....]  dt. 

Perciò,  se  si  pone  : 

S^F=  («ii  A',  4-  ...  +  rti„  A'„)  Òjc,  -h  ...  +  {ani  X,  +  ...  +  a„n  A„)  Sx,,, 
si  ha  : 

f    (SV+S,F)=[(anx\-\-...+au.x'„-hc,)Sx,-h...'^'^^ 

'■0 

4-  /''  r  )au{X,-x,")^a,2{X,-x.n+-  [  òx, +  ...'{  dt. 

Ma  la  quantità,  che  è  sotto  il  segno  integrale  è  nulla  in  virtù  del- 
le equazioni  del  moto  ;  onde  : 

I     {SV+S,F)=2},dx,+2hSx,+...+i}nSxn—2},''5x,''—p./dx,''-...~pu''d.Tn". 


96  tiugl'  integrali  primi  di  secondo  grado 

Se  supponiamo  che  si  abbiano  le  (XIII,  2) ,  è  : 

Ò,F  =  SF, 
e  la  (1)  diviene  : 

5  il  {V+  F)  --=  p,òx,  +  ...  -+  p„S.r„  -p^°  Sx,"  -  ...  —pn"  Sx,,".       (1) 

Se  le  posizioni,    iniziale    e  finale,  del  sistema  ,    corrispondenti 
ai  valori  i^, ,  t  del  tempo,  sono  date  fisse,  quest'equazione  diverrà  : 


òfl  (F+Fj  dt  =  0. 

^     ta 


Se  F  non  contiene  esplicitamente  il  tempo,  il  problema  ammette 
(cfr.  §  VII)  l'integrale: 


onde 


e  SI  avrà: 


Pongasi 


U  -  F  ^  l'i- 
SU  =  SF, 

f*  òUdf  =  0. 
§  XVI. 

S  =  fi  iU+F)  dt.  (1) 


Ora  per  conoscere  il  significato  del  secondo  membro  di  que- 
st'equazione, si  deve  immaginare  dapprima  U  +  F,  indi  il  secondo 
membro  della  stessa  equazione  ,  espressi  mediante  t  e  le  2n  co- 
stanti arbitrarie,  che  figurano  negl'integrali  dell'equazione  del  moto. 
Possiamo  supporre  tali  costanti  essere  x\,  xl,  ...  .r)', ,  x\,  ...  x'I^, 
o,  in  virtù  delle  (XIII,  6),  possiamo  fare  che   dette  costanti  siano 

X^,    ...    Xnj    \K  }     •••    Pn  • 


rispetto  alle  derivate  delle  coordinate  nei  problemi  della  meccanica        97 

Ma  le  ■in  equazioni  integrali    del  molo    permettono    evidentemente 
di  esprimere  le  medesime  costanti  per  mezzo  di  .x, ,  ...  ic,.,  J:'1,...Xn. 
Dmique  S  può  esprimersi  per  mezzo  di  t,  .r, ,  ...  z;,,  x[ ,  ...  x„. 
Onde  : 

SS  =  ^Sx,+...-i-^„  Sx,"  +  ... 
da\  dx, 

Confrontando  questa  con  (  XV,    1  ),   se  ne  deduce  : 


dS  dS 


Il  problema  del  moto  è  dunque  ridotto  alla  determinazione  di  S  in 
funzione  di  t,  x, ,  ...  x,„  x'I,  ...  .r",.  Ora  si  ha  da  (1): 

SS       j^       „ 
¥=^+^- 

Ma  d'altra  parte  : 

dS        dS        ^s^   dS 


dt  dt  ^J  dXs 


2 


Perciò 


dt 


da  cui 


-2af-'  =  ^-^- 


et 


cioè  S  soddisfa  all'equazione  differenziale  {XIV,    1). 

Catania  25  dicembre  1890. 


Sopra  sistemi  di  equazioni 
aventi  analogia  con  quelli  di  Hamilton 


Nota  del  prof.  G.  PENNACCHIETTI 

letta  air  Accademia  Gioenia  nell'  adunanza  del  dì  25  gennaio  1891. 


Sia  dato  il    sistema  di  "In  equazioni    differenziali    ordinarie  di 
prim'  ordine  della  forma  : 


dt    ~  dps  ' 

^_  _  _3Z 

dt  dqs 


1,  2,  ...  n] 


In  quest'equazioni  ^  è  la  variabile  indipendente,  q^,  qi,...q„,  pi , 
p., , ...  pn  sono  funzioni  incognite  della  variabile  indipendente,  Z  è 
una  funzione  data  qualunque  di  q^,  ^j,...  g»,  pi,  p^  ...  pn,  la  quale 
supponiamo  non  contenere  esplicitamente  la  variabile  indipendente, 
e  /  è  una  funzione  qualunque  ,  che  non  è  identicamente  nulla  ,  e 
che  può  contenere,  oltre  le  stesse  quantità  g, ,  q^,  ...  q,^,  p^,  p^, ...  p„, 
anche  la  variabile  indipendente.  Il  sistema  è  canonico,  se  l  è  uguale 
a+  1,  ovvero  —  1,  i  quali  due  casi  rientrano  manifestamente  l'u- 
no neir  altro  ,  cambiando  il  segno  di  Z.  I  2«  —  1  integrali ,  che 
non  contengono  esplicitamente  t,  convengono  inalterati  al  sistema 
precedente ,  qualunque  sia  la  funzione  l  delle  variabiH  t,  q^ ,  ps ,  e 
sono  perciò  comuni  al  sistema  canonico  : 

dqs  dZ  dpa  dZ 

dt        dps    '  dt  dqs 

Nella  presente  nota  si  vedrà,  come  possano  modificarsi  le  dimo- 
strazioni di  teoremi  fondamentali  sui  sistemi  canonici,  per  stabilire 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Serie  4"  14 


100  Sopra  sistemi  di  equazioni 

direttamente  le  principali  proprietà  dei  sistemi  più  generali  prece- 
denti. 

§  I. 
La  soluzione  generale  del  sistema  proposto  : 

dt  ~dps   '  '  dt   ~       dq..  ^  ' 

consiste  nel  sistema  di  i2w  equazioni  fra  le  2«+  1  quantità  5, ,  q.^,  ... 
In,  Pi  )  i>2  j  •••  Pn>  t  e  '2n  costanti  arbitrarie  a, ,  «2 ,  ...  «„_, ,  li,  è, ,  b.^ ,  ... 
b„_i,  bn.  Se,  come  già  si  è  supposto  di  Z  ,  nemmeno  /  contiene 
esplicitamente  t ,  il  sistema  delle  equazioni  integrali  si  può  porre 
sotto  una  forma  tale,  che  una  delle  costanti,  p.  es.  b„,  figuri  in 
tutte  le  equazioni  combinata  con  la  variabile  indipendente  t  per  via 
di  addizione.  In  tal  caso,  risolvendo  il  sistema  dell'  equazioni  inte- 
grali rispetto  alle  costanti  arbitrarie  ,  possiamo  anche  immaginare 
che  il  sistema  delle  2w  equazioni  integrali  consista  in  3//  —  1  equa- 
zioni, che  non  contengano  esplicitamente  t,  e  in  ciascuna  delle  quali 
figuri  una  distinta  costante  arbitraria,  oltre  un'  equazione,  che  con- 
tenga esplicitamente  t  aggiunto  ad  una  costante  arbitraria. 

La  condizione  necessaria  e  sufficiente,  affinchè  l' equazione  : 

F  {qi ,  q-i ,  ...  qn,  ]h  ,  p2 ,  •••  Pn,  t)  =  a,  {2) 

il  cui  primo  membro  è  ima  funzione  data  qualunque  di  t,  q^ ,  q., ,  ... 
(/„,  Pi,  ...  pnì  e  dove  «  è  una  costante  arbitraria,  sia  un  integrale 
del  sistema  (1),  è  che  si  abbia  identicamente,  in  virtù  del  sistema 
stesso  : 

^  =  0 
dt        ^' 

cioè: 


dF        ^  (  è!^  ^        3i^  dps  V 
dt   '^  .Zj  \  dqs    dt    "*"  dps     dt   ì 


aventi  analogia  con  quelli  di  Hamilton  101 


Sostituendo    dunque   per  -ji  ,  -jf  '  loro  valori    tratti    dalle  (1)  ,  la 
condizione  predetta  è  che  si  abbia  ideiìticamente  : 

■  .  dF        x:i  /   $F  SZ        dF  dZ 


.or  '\^   {    " ^     ""'  "^    ""     I   n 

'  dt  Zmi\  dqs  dps  Sps  dqs    ' 

Questa  condizione,  ponendo  con  Poisson: 

^'^'  ^>  -  Zj\  dqs   dps         dps    dqs    I  ' 

è  espressa  dalla  equazione  : 

l^Z  +  ^F,  Z)=0.  (3) 

et 

È  facile  ora  vedere  che  l'eciuazione: 

Z  =  h, 

essendo  //  una  costante  arbitraria,  è  un  integrale  del   sistema   (1). 
Infatti  siccome  Z,  per  ipotesi,  non  contiene  esplicitamente  t,   si  ha: 

dt 

inoltre  è 

{Z,Z)  =  0, 

sicché,  sostituendo  Z  invece  di  F  nella  (3),  questa  diviene    identi- 
camente soddisfatta. 

§  II. 

Supponiamo  che  l'equazione  (I,  2)  sia  anche  integrale   del  si- 
stema : 

dqs  _    dZ_        7  ^  _  _  ^  ni 

^'  dt  ~  dps  '       '  dt    -         dqs  '  ^  ' 


102  Sopra  sistemi  di  equazioni 

e  che  Z  rappresenti  la  stessa  funzione  nei  due  sistemi  (1.  1),  (1), 
mentre  l^  sia  una  funzione  qualunque  di  t,  q^ ,  q^,  ...  q„,  /a  ,  pi ,  ■■■  p„ 
distinta  da  /.  Si  dovrà  avere  identicamente  : 

l-+iF,Z)  =  0. 

Da  questa  e  dalla  (I,  3)^  sottraendo^  si  ha: 

3F 

Ora  il  primo  fattore  del  primo  membro  di  quest'equazione  per  ipo- 
tesi è  essenzialmente  differente  da  zero;  perciò  si  deve  avere: 

dF 

4=°-  '^> 

{F,Z)  =  0.  (3) 

La  (2)  significa  che  una  condizione  necessaria,  affinchè  1'  equazio- 
ne (I,  2)  sia  integrale  comune  ai  due  sistemi  (I,  1),  (1),  è  che  f 
non  entri  esplicitamente  in  F.  Dunque:  L'  integrale,  che  contiene,  espli- 
citamente la  variabile  indipendente,  non  può  essere  comune  ai  due  si- 
stemi (I,  1),  (1).  La  (3)  esprime  che  gl'integrali  comuni  sono  in  nu- 
mero di  2w— 1,  e  che  essi  sono  le  "In — 1  soluzioni  dell'equazione 
differenziale  parziale  di  prim'  ordine  (3).  Siccome  poi,  quando  Tequa- 
zione  : 

F  {q,,  q,  ...  qn,  }h,  P, ,  •■•  _/)„)=« 

è  una  soluzione  comune  ai  due  sistemi  (I,  1),  (1),  la  condizione 
(I,  3),  a  causa  delle  (2)  e  (3),  è  identicamente  soddisfatta,  qualun- 
que sia  /,  così  si  conclude  che,  data  Z,  i  ^u — 1  integrali,  che  non 
contendono  esplicitamente  t,  e  che  convengono  al  sistema  (I,  1)  per  una 
particolare  forma  data  di  1  ,  convengono  allo  stesso  sistema  per  qual- 
sivoglia altra  forma  data  della  funzione  1. 


aventi  anakxjia  co»  (incili  di  Hamilton  lO.'ì 

Prendendo  /^l,  si  conelude  che  /  2« —  1  inte(jrali  del  .sl.slc- 
ma  (l,  1),  )ioii  contenenti  espUcitamente  la  variabile  indipendente^  sono 
comuni  anche  al  sistema  di  Hamilton  : 

dq,  _    SZ^  ^  dp^  _  _  ^  .  .^N 

Ciò  posto,  si  formi  V  equazione  differenziale  parziale  di  prim'  or- 
dine : 

dove  II  denota  una  costante  arbitraria,  e  dove  il  primo  membro  è 
ciò  che  diventa  Z,  quando  invece  di  p,,p2,  ■■•  Pn  vi  si  sostituiscano 

- —  )  - —  '  •••  ^r —  •  Di  quest'  equazione  differenziale  sia  V  una  solu- 
Sq,      dq,  Sqn 

zione  completa,  contenente  cioè,  oltre  la  costante  additiva,  altre  »— 1 
costanti  rt, ,  a, ,  ...  a,,., ,  e  siano  ò, ,  h, ,  ...  b„_,  nuove  costanti  arbitrarie. 
I  2w — 1  integrali,  non  contenenti  esplicitamente  f,  del  sistema  ca- 
nonico (4)  sono,  coni"  è  noto  : 


dV 


(/•  =  1,  2,  ...  w  -  1  )  (6) 

(s  --=  1,  2,  ...  n)  (7) 


i  cui  primi  membri  sono  le  derivate  parziali  della  soluzione  com- 
pleta V ,  considerata  come  funzione  delle  quantità  indipendenti 
qiyQi,  ...  qn,  a,,a^,  ...  a„.i,  h.  Si  ha  perciò  il  teorema  seguente  :  Sia 
data  r  equaziotie  differenziale  parziale  di  prim'  ordine  (b).  Supponiamo 
che  si  conosca  una  soluzione  completa  V  di  questa  equazione,  e  siano 
«1 ,  «2 ,  ...  a„.i  le  costanti  arbitrarie  ,  che  ,  oltre  la  costante  additiva , 
essa  contiene.  Le  equazioni  (6)  ,  (7)  saranno  i  "in  —  1  integrali,  non 
contenenti  esplicitamente  i,  e  contenenti  complessivamente  i2w — 1  costanti 
arbitrarie  a, ,  a^ ,  ...  «.„_„  h,  b,  ,  b, ,  ...  i»,,,  del  .sistema  delle  %i  equazioni 


104  Sopra  sistemi  di  equazioni 

(liff'erenziali  ordinarie  di  prim'  ordine  (I.  1)  ,  e  converranno  a  questo 
sistema  ìndipevdentemevte  dall'  espressione ,  die  si  assume  per  la  fun- 
zione 1  delle  qìiatdità  q,,  q., ,  ...  q„,  p^ ,  p,  ...  p^,  t.  L'integrale 
^  {'h  1  q-ìj  ■■•  'In,  p  i,  Pi,  ■•■  p,^=^li  del  sistema  (I,  1)  è  conseguenza  de- 
gl'  integrali  (7). 

L' integrale  contenente  esplicitamente  t,  e  che  si  riferisce  a 
una  forma  particolare  data  di  /,  si  determinerà  nella  seguente  ma- 
niera. Si  comincerà  ad  esprimere  per  mezzo  dei  "In — 1  integrali,  non 
contenenti  esplicitamente  t,  tutte  le  p  e  le  q,  eccetto  una  di  esse, 
p.  es.  la  g,  ovvero  la  p^ ,  in  funzione  delle  altre  e  delle  2« —  1  co- 
stanti «, ,  Uo,  ...  a,i_i,  /i,  h^,  b.;, ,  ...  b„_^.  Poi  se  ne  sostituiranno  i  va- 
lori nell'  equazione  : 

dt  dpi 


ovvero  nelF  equazione 


l 


dj),    _         dZ 
dt  dqi 


Per  completare  quindi  la  soluzione  del  problema  non  resterà  che 
d"  integrare  un'  equazione  differenziale  ordinaria  di  prim'  ordine  a 
due  variabili  q, ,  t,  ovvero  pj ,  f;  anzi ,  se  l  non  contiene  esplicita- 
mente t^  basterà  eseguire  una  quadratura.  Con  ciò  s'introduce  evi- 
dentemente una  nuova  costante  arbitraria  b,„  la  quale,  insieme  alle 
2// — 1  costanti  arbitrarie  a,  ^  a^,  ...  a„.t,  h,  bi,\,  ...  b„_^,  contenute 
negl' integrali  (6),  (7),  formali  numero  i2rt  di  costanti,  che  devono 
figurare  nella  soluzione  generale  del  problema.  Nel  caso  particola- 
re di  /=  1,  ossia  del  sistema  canonico  (4),  non  occorre  nennne- 
no  una  quadratura,  giacché  si  sa  che  l'integrale,  che  non  contie- 
ne esplicitamente  t,  è  : 

-^  =  t  +  b,.,  (8) 

essendo  /;„  una  costante  arbitraria  distinta  dalle  2« — 1  costanti 
fli ,  a.;^ ,  ...  a  ,i_i  j  lì,  Oi ,  o^j...  o„_i . 


aventi  analogia  con  quelli  di  Hamilton 


105 


§   HI. 

Del  teorema  esposto  nel  precedente  paragrafo  si  può  offrire 
anche  la  seguente  dimostrazione,  simile  alla  nota  dimostrazione  del 
teorema  analogo  di  Jacobi. 

Se  nella  (II,  5)  si  immagina  sostituita  la  soluzione  completa  V, 
questa  equazione  sarà  soddisfatta  identicamente,  qualmique  siano  i 
valori  di  q, ,  q, ,  ...  ?,„  «, ,  a,,...  «„_..  Si  può  quindi  derivare  l'e- 
quazione (II,  5)  rispetto  alle  «,,  e  osservando  che  queste  entrano 
soltanto  nelle  p^ ,  si  otterrà  : 


dZ  dps  _ 


dps   da,- 


=  0, 


(r  =  l,  2,...n-\) 


ossia  per  le  (II,  7) 


dZ    d'  V 


Bps  3q.^3a,- 


=  0. 


(1) 


Derivando  completamente  le  (II,  6) ,  si  ha  : 


d'V    dq,   _ 


=  0. 


^J  da,-dqs    dt 

s 

Per  confrontare  i  due  sistemi  (1),  {^2),  consideriamo  la  matrice: 


(2) 


d'V 


d'V 


d-'V 


da,dq, 

da,dq,     ' 

3a,dqn 

d'V 

3'F 

d'V 

da,dq, 

da.dq,     ' 

da^dqn 

d'V 

d'V 

d'V 

dttn-idq,  '  dan-idq2    '  '"  dttn-idqn 

composta  di  n—\  linee  orizzontali  e  di  w  verticali.  Osserviamo  che 


106  Sopra  sistemi  di  equazioni 

gli  ti  determiuauti  d"  ordine  n ,  compresi  in  essa,  non  possono  es- 
sere tutti  identicamente  nulli.  E  invero,  se  ciò  avvenisse,  da  una 
nota  proprietà  dei  determinanti  funzionali  si  ricaverebbe  che  V  do- 
vrebbe soddisfare  a  relazioni  della  forma  : 


/        dv    dv_    ar   ^v_     dv  \  _ 
/        dv    dv    ar    dv     _dv_\  _ 

A  l'i,  ,  <?=,  -  Qn,    3^_  ,  3^^  ,  g^^  ,  ...  3^^_^  ,  dqnì   ~      ' 
I  ^   aF   3F     dV        dV  \  _ 

f.\q,,q., ...  qn,  ^^^  ,  ^^^  ,   g^^  , ...  g^^_^  ,  a^J  -  " - 


I        ar  ar  aF   ^r^  _aT^\  _ 

/•«l*/,,   <?,,...  9„,   g^^   ,   g^^   ,   g^^   ,  .-.   g^^_^  ,   g^^^_j   -  U 


nei  cui  membri  non  figurano  le  cosianti  a,,  a^,  ...  a„_i ,  li  :  la  qua! 
cosa  non  può  essere,  perchè   V  è  soluzione  completa  di  (II,  5). 

Perciò,  denotando  con  /  una  quantità  indeterminata,  che  può 
supporsi  funzione  qualunque  di  g, ,  q, ,  ...  q,„  p^,  p,,...  p,„  f,  ma 
non  identicamente  nulla,  i  due  sistemi  (l),  (2)  offrono: 

Z%=|^,  (3) 

dt         dpg 

cioè  si  ottiene  cosi  la  prima  serie  dell'  equazioni  (I^   1). 
Derivando  le  (II,  7)  si  ha  : 

dt  ^  dq.'  dqs    dt   ' 

ossia,  in  virtù  delle  (II,  7)  stesse  : 

dp„    _  'V  Sp£  dq^ 
'di  -4^  2qs    dt  ' 


aventi  analogia  con  quelli  di  Hamilton  107 


e  quindi  per  le  (3)  : 

dt         ^  dq^   dp^,- 


Derivando  la  (II,  5)  rapporto  a  q,,    la  quale  entra  in  Z  dap- 
a.    esplicitamente  e 
sia  nelle  j}^,  si  ottiene: 


9  V 
prima    esplicitamente  e  inoltre    anche  implicitamente    nelle  -^ —  os- 


az   _   ^dZ_dp^ 


Confrontando  quest'  equazione  con  la  precedente,  si  ha  : 

d2h  _  _  3Z 

dt   ~       dqs  ' 

cioè  si  ottiene  la  seconda  serie  dell"  equazioni    (I,   1)  ;    il    che   di- 
mostra il  teorema  enunciato. 

Supponiamo  ora  che  sia  /  =  1,  cioè  che  il  sistema  (I,  1)  sia 
canonico,  e  si  tratti  del  sistema  (II,  4).  La  dimostrazione  fatta  in 
questo  paragrafo  continua  a  sussistere  intieramente,  e  ci  offre  gU 
stessi  2w— 1  integrali,  che  non  contengono  esplicitamente  t,  e  che 
sussisterebbero  per  qualsivoglia  espressione  di  /.  Ma  allora  si  può 
verificare  inoltre  che  l' integrale  che  contiene  esplicitamente  t,  è 
la  (II,  8).  E  infatti  in  questo  caso  ai  sistemi  (1),  (2),  composti  cia- 
scuno di  «— 1  equazioni,  si  aggiungono  rispettivamente  le  equa- 
zioiìi  : 


2dZ 


s 


dZ_    d'V    _ 


2d'V   dqs   _ 
dhdq,    dt    ~  ^^'^ 

Atti  Acc    Vol.  Ili,  Serie  4»  15 


108 


Sopra  sistemi  di  equazioni 


Allora  si  osserverà  che  il  determinante  funzionale  cF  ordine  >ì 

a'  V       3'  V  d'  V 


da,dq^        da,dq.^ 
d'  V  d'  V 


da^dq,        da.^dq. 


da,dqn 

3'V 
da.^qn 


a-  T"       d'  V          d'  V 
j )  ••• 

da,i-idq,     dttn-^dq,  dan-idqn 

3'  V           d'V                3'V 
j   )  ••■   

3h3q,         3h3q,  dh3qn 


non  può  essere  identicamente  nullo,  perchè  altrimenti  la  soluzione 
completa  V  sarebbe  anche  soluzione  d'  un'  altra  equazione  della 
forma  : 

„/  dV      3V  dV  \       ^ 


priva  delle  costanti  «, ,  a^,...  «„_i ,  h  :  il  che  è  impossibile.  Con- 
frontando quindi  i  due  sistemi  (1),  (T)  :  (2),  (2')  si  troverà  la  (3) 
stessa,  dove  però  si  ponga  /  =  1  :  ciò  che  dimostra  che  la  (II,  8) 
è  integrale  del  sistema  canonico  dato. 

§    IV. 

Dal  §  II  risulta  immediatamente  che  possiamo  applicare  anche 
ai  sistemi  (I,  1)  una  nota  proposizione  di  Liou ville  relativa  ai  si- 
stemi di  Hamilton,  formulando  il  seguente  teorema  :  Dato  il  sistema 
di  equazioni  differenziali  ordinarie  del  prim'  ordine 


,dqs   _  dZ 


dt 


Sps 


dp., 
dt 


dZ 


(1) 


(2) 


nel  quale  Z  non  contenda  esplicitamente  t,  se  oltre  l'integrale 

Z  (9i  ,  qi,  ...  q,,,  Pi  ,  Pi,  ...  pn)  =  l>,  (3) 


aventi  analogia  con  quelli  di  Hatnilton  10i( 


essendo  li   kìui  eostante  arhìtraria,  si  conoscono  altri  il— 1    Infiyrd/i  : 

fr     =   «r/  ('•    =    1,    2,  •••    «—1)  (4) 

se  di  più  I  primi  membri  delle  equazioni  (4)  sono  funzioni  delle  q.  p, 
non  contenenti  esplicitamente  la  variabile  indipendente  i,  e  soddisfacenti 
alle  condizioni  : 

(y,.9,.)  =  0,  (Z,  ?;,)  =  0  (5) 

per  i  calori  1,  'ì,  ...  «—1  di  r,  r'  ;  e  se  infine  l'equazioni  (3),  (4)  si 
risolvono  rispetto  alle  ^,  e  si  sostituiscono  i  valori  di  queste  nell'espres- 
sione : 

S  ps  dqs ,  (6) 

quest'  espressione  sarà  il  differenziale  esatto  di  una  funzione  V  delle 
q,  e  i  rimanenti  n— 1  integrali  del  sistema  (1),  (2),  non  contenenti 
esplicitamente  t,  saranno  : 

^      ^     br,  (»■    =    1,    2,     ...    «-1)  (7) 

dar 

essendo  b, ,  b^ ,  ...  b„_i  nuove  costanti  arbitrarie;  e  finalmente  la  fun- 
zione V  soddisferà  all'  equazione  differenziale  parziale  : 

Z  [q.,q.,  -9^-   3^'  3g7'-   3^1  -'*'  ^^^ 

dV        dV 

che  si  ottiene  dall' integrale  {3)  del  sistema  (1),  (2),  sostituendo  -^  ,  ^  ,••• 

dV 

5 —  rispettivamente  a  Pi ,  Pz ,  ...  p»  • 

"in 

Di  questa  proposizione  si  può  dare  la  dimostrazione  seguente, 

simile  alla  dimostrazione  del  teorema  analogo  di  Liouville. 

Le   condizioni   (5)   equivalgono   alle  condizioni   d'  integrabilità 

dell'  espressione    differenziale  (6) ,    la  quale  perciò  sarà  il  differen- 


110  Sojn-a  sistemi  di  equazioni 

ziale  esatto  di  una  funzione  V  delle  variabili  indipendenti  q^ ,  q, ,  ...  q„  : 
onde  : 

^r=Ps-  (9) 


Ora  si  ha  : 


gSF  _^  ,aF 


df  3a,.        ^  -^  'di  -  ^  "S^    df 
ossia  per  (1)  e   (8)  : 

^IZ  —  i  V  ^Ps    3Z 

dt  dttr         l    ^J  da,-    dps 


(10) 


Se  adesso  supponiamo  che  i  valori  delle  p^  ricavati  dalle  (3),  (4) 
in  funzione  delle  q,  delle  a  e  di  h,  si  sostituiscano  nell'espressione  (3). 
quest'  equazione  diventerà  un'  identità  ,  qualunque  siano  i  valori 
delle  q,  delle  a  e  di  Ii^  e  si  avrà  : 


dZ     dp: 

s 

Perciò  la  (10)  diviene 


•^J  Sps  da,- 


onde  i  rimanenti  >i — 1  integrali  del  sistema  (1),  (2),  non  contenenti 
esplicitamente  f,  sono  dati  dalle  equazioni  (7). 

Da  (3)  e  (9)  poi  si  deduce  immediatamente  che  V  soddisfa 
all'  equazione  differenziale  (8). 

Se  1=1  si  ha,  oltre  le  (10)  e  (11): 

_d  ar^  _  yr\dp^  dz_ 

dt  dh    ~  2jdh    dps  ' 

s 

2dZ_dp^  _ 
dp,dh~' 


arciifi  analogia  con  quelli  di  Hamiltoìì  111 


onde  : 

d  dV 


Dunque  : 


df    dh        ^" 


dV      ^       ^ 


essendo  h„  una  nuova  costante  arbitraria,  è  in  tal  caso  l'integrale, 
che  contiene  esplicitamente  il  tempo. 

Catania,  20  gennaio  1H91. 


Sugli  esperimenti  fatti 
con  linfa  di  Koch  nella  Clinica  Medica  di  Catania 

Nota  del  Prof.  S.  TOMASELLI. 


Si  gii  ori 


Mi  limiterò  in  questa  nota  a  riferire  i  risultati  sull'azione  cu- 
rativa e  sul  valore  diagnostico  della  linfa  Koch.  Gli  Egregi  Assistenti 
della  Clinica  Dott.  Rapisarda  ed  Aradas  si  incaricheranno  di  ri- 
ferire in  altro  lavoro  tutte  le  modificazioni  che  avvengono  e  si  suc- 
cedono neir  organismo  di  seguito  all'  infezione  della  tubercolina  ; 
tenendo  conto  tuttavia  di  quegli  infermi  che  tuff  ora  trovansi  in 
corso  di  cura  e  ciò  per  avere  maggior  agio  a  poter  giudicare  del 
potere  terapeutico  della  tubercolina. 

Sebbene  sono  di  parere  che  4  a  8  mesi  non  siano  sufficienti 
a  poter  giudicare  del  valore  terapeutico  di  un  rimedio  contro  la 
tubercolosi,  la  quale,  oltre  di  avere  un  corso  abbastanza  lungo,  po- 
trà avere  periodi  di  sosta  e  non  di  rado  la  completa  guarigione 
con  quei  rimedi  e  mezzi  igienici  di  che  la  medicina  dispone,  ciò 
non  pertanto  ritengo  che  dopo  4  mesi  è  possibile  ricavare  una 
conclusione  pressoché  positiva,  tenendo  presente  le  fasi  del  processo 
tubercoloso.  Ciò  è  possibile  ad  osservarsi  con  esattezza  e  precisione, 
come  del  resto  è  stato  da  noi  praticato,  una  volta  che  la  cura  è 
affidata  alla  sola  linfa;  eccetto  di  quelle  misure  igieniche  necessa- 
rie di  unita  ad  una  buona  alimentazione  sostanziale. 

Si  cominciarono  gli  esperimenti  con  la  linfa,  che  ci  fu  spedita 
direttamente  dal  Ministero  dello  Interno,  e  con  altra  quantità  suffi- 
ciente avuta  per  solerte  cura  del  chiarissimo  Sig.  Direttore  dello 
Ospedale  V.  E. 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Serie  4*  16 


114  Sugli  esperimenti  fatti  colla  linfa  di  Koch 

Sicuro  della  provenienza  mi  proposi  provare  in  larga  scala 
gli  effetti  nella  Clinica  medica  generale  da  me  diretta,  ed  eseguire 
una  serie  di  esperimenti  in  diversi  ammalati  scelti  a  tal'uopo,  stu- 
diando con  rigorose  ricerche  e  con  diligente  osservazione  i  risultati 
di  siffatta  nuova  medicazione  tanto  nella  tubercolosi  del  pulmone, 
quanto  in  qualche  altro  processo  affine  della  pelle  e  in  altri  stati 
patologici  diversi. 

Le  prime  iniezioni  per  tale  cura  furono  da  me  incominciate  il 
21  Gennaro  ultimo  scorso,  e^  fino  a  tutto  Aprile  gl'infermi  sotto- 
posti a  siffatta  prova  sono  stati  in  numero  di  18 ,  e  nei  quali  fin 
allora  si  sono  complessivamente  praticate  circa  140   iniezioni. 

Gli  ammalati  a  tal'uopo  scelti  possonsi  classificare  come  siegue  ; 
dieci  sono  stati  affetti  da  tubercolosi  pulmonare,  uno  associato  a 
tubercolosi  laringea,  due  (donne)  affette  da  lupus  ;  altri  cinque  con 
malattie  diverse  onde  comprovare  anche  l'azione  della  linfa  in  al- 
tre condizioni  estranee  al  processo  turbercolare,  cioè  ;  uno  con  ca- 
tarro bronchiale  cronico  ed  enfisema  pulmonare,  un  secondo  con- 
valescente d'  un  accesso  pleurale  apertosi  per  la  via  dei  bronchi, 
un  terzo  con  itterizia  per  semplice  angiocolite  catarrale  ,  un  altro 
con  una  pulmonite  cronica  rimasta  allo  stadio  d'epatizzamento  alla 
base  del  pulmone  sinistro,  ed  altro  infine  completamente  guarito  da 
reumatismo  articolare. 

Confermata  anzitutto  la  diagnosi  della  malattia,  la  cura  si  è 
incominciata  sempre  colla  iniezione  d'un  mezzo  milligrammo,  arri- 
vando gradatamente,  nelle  successive,  in  alcuni  fino  a  12  milligram- 
mi e  in  una  delle  ammalate  di  lupus  fino  a  tre  centigrammi  e  mez- 
zo, e  senza  aver  dovuto  mai  sperimentai'e  effetti  tossici  nocivi,  do- 
vuti all'  azione  speciale  del  rimedio  iniettato. 

Negli  ammalati  tubercolosi,  se  la  malattia  non  è  stata  agevole 
aversi  in  un  periodo  rigorosamente  incipiente,  pretesa  difficile  del 
resto  se  non  impossibile  conseguirsi  in  un  ospedale,  ho  potuto  ac- 
certarmi essere  stata  essa  però  in  tale  stadio  da  offrirsi  il  processo 
appena  circoscritto  all'apice  d'un  pulmone  e  senza  notevole  inte- 
resse nello  stato  generale  dell'  infermo. 


nella  Clinica  Medica  di  Catania  115 


L"  età  in  tutti  è  .stata  compresa  fra  il  diciottesimo  al  trentesi- 
mo anno  ;  eccetto  un  solo ,  in  cui  1'  età  oltrepassando  il  cinquate- 
simo  anno,  e  presentando  il  morbo  segni  non  dubbi  d'  una  fase 
inoltrata,  lo  esperimento  fu  interretto  dopo  la  3"  iniezione. 

Accertata  coli'  esame  clinico  la  natura  della  malattia  in  tutti 
gl'infermi  di  tubercolosi  incipiente,  la  prova  batteriologica,  colla  ri- 
cerca dei  bacilli  specifici  del  morbo,  è  stata  anch'  essa  in  tutti  net- 
tamente confermata,  tenendo  conto  sempre  di  tutti  i  caratteri  mor- 
fologici e  quantitativi  anche  di  essi  per  gii  ulteriori  esami  compa- 
rativi relativi  agli  effetti  della  cura. 

Stabilite  rigorosamente  le  condizioni  morbose  locali  e  generali 
nei  diversi  pazienti  si  è  incominciata  la  cura  proporzionando  sem- 
pre per  gradi  la  quantità  della  linfa  a  seconda  la  elevatezza  della 
febbre,  la  resistenza  dell'  individuo  o  la  suscettibiUtà  dello  stesso 
alle  possibili  evenienze  reattive  del  farmaco  iniettato.  Le  iniezioni 
si  sono  praticate  con  due  giorni  o  tre  di  riposo,  constatando  sem- 
pre le  modificazioni  locali  e  generali  (registrate  fedelmente  in  ap- 
posito foglio)  regolarmente  prima  e  dopo  di  ogni  injezione,  ponendo 
sempre  cura  a  praticare  le  successive,  ristabilitosi  il  relativo  benes- 
sere dell'  infermo  dopo  la  completa  scomparsa  di  qualche  feno- 
meno riferibile  alla  precedente  quantità  di  linfa. 

Fino  al  30  Aprile  il  massimo  numero  delle  iniezioni  praticate 
in  alcuni  è  stato  fino  a  trenta  ed  il  minimo  fino  a  dieci. 

La  intensità  della  reazione  febbrile  e  dei  fenomeni  biologici  lo- 
cali e  subbiettivi  non  è  stata  però  in  tutti  ne  costante  né  uniforme; 
in  alcuni  per  es.  è  stata  varia  la  intensità  della  cefalgia,  in  altri, 
mancando  questa,  è  stato  anche  vario  il  senso  di  addoloramento 
generale  o  agli  arti,  da  alcuni  altri  finalmente  di  unita  ad  un  sudore 
più  0  meno  profuso  si  è  accusato  un  senso  diverso  di  spossamento 
generale.  La  tosse,  quando  più  e  quando  meno,  ha  subita  anch'essa 
qualche  leggera  modificazione  ;  però  1'  esame  attento  dei  fatti  fisici 
locali  non  ha  mai  addimostrato  modificazioni  rigorosamente  apprezza- 
bili, mostrandosi  quasi  sempre  invariati  tanto  i  fatti  acustici  e  flessi- 
metrici  ,  quanto  quelli  relativi  alle  modificazioni    quantitative  e  quali- 


116  Sugli  esperimenti  fatti  colla  linfa  di  Koch 


tative   degli  sptdl  scamìaijliati  quotidiaiuiìiiente  col  peso  e  con  le  osser- 
vazioni al  microscopio. 

Il  numero  dei  bacilli  se  qualche  volta  si  è  mostrato  in  difetto, 
in  prosieguo  essendosi  constatato  il  contrario,  si  è  potuto   ritenere 
essersi  da  ascrivere  più  che  ad  altro  ad  accidentali  ragioni  inerenti 
a  qualche  punto  degli  stessi  espettorati,  hi  qualunque  caso  la  for- 
ma dei  bacini,  è  certo,  non  aver  subito  affatto  modificazioni  di  sorta. 
Il  massimo  grado  della  febbre  è  stata  osservata  nelle  due  af- 
fette di  lupus,  dove  la  temperatura  ha  raggiunto  40°  a  40"  5.  Con 
siffatta  elevazione  termica,  di  unita  ai  fenomeni  accennati  ,    ha  co- 
stantemente corrisposto  anche  un  proporzionato  aumento  nel  numero 
delle  pulsazioni  e  degh  atti  respiratori  per  ogni  minuto  primo.  Nei 
tubercolosi   però  il  risveglio    della  febbre  non  è  stato  mai  così  ac- 
centuato; in  alcuni  anche  con  dosi  un  po'  spinte  la  reazione  invece 
è  stata  ad  osservarsi  assai  mite  e  leggera;  così  per  es.  in  un  gio- 
vane tubercoloso  coricato  al  N."  40  della    Sala  Curro  con  8    milli- 
grammi di  linfa  la  reazione  febbrile  non  ha  oltrepassato  quasi  mai 
i  38°  5  ,  mentre  in  altro  con  una  pulmonite  cronica  alla  base  del 
pulmone  sinistro,  (come  sopra  ho  ricordato)  e  dove  fin  dal  princi- 
pio in  moltissime  ricerche  non  ci  è  stato  dato  rilevare   mai  la  pre- 
senza di  alcun    bacillo  della  tubercolosi,  pure  con  due  milligrammi 
di    linfa    le  reazioni   febbrili    sono   state  costantemente    elevate   da 
raggiungere  il  40°  grado. 

Del  resto  mantenuti  gli  ammalati  in  condizioni  igieniche  eccel- 
lenti ed  ottimamente  alimentati,  si  è  in  tutti  potuto  accertare  un 
certo  aumento  nel  peso  del  corpo  e  perciò  nella  nutrizione,  asso- 
ciato quasi  sempre  ad  un  relativo  benessere  generale  neUe  forze  e 
neUo  stato  funzionale  dei  diversi  apparecchi  come  al  solito. 

In  due  degl'  individui  tubercolosi ,  essendosi  la  malattia  mani- 
festata con  ripetute  emottisi,  ed  in  cui  qualcuna  anche  appena  am- 
messi air  Ospidale,  pure  ,  trascorso  un  certo  tempo,  dopo  accerta- 
tasi la  natura  specifica  del  morbo,  sottomessi  all'  azione  della  Imfa, 
e  parendoci  temere  il  risveglio  di  qualche  abbondante  emottisi,  (se- 
condo è  stato  da  qualcuno  anche  avvertito)  né  la  tosse  però,  né  i 


nella  Clinica  Medica  di  Catania  117 

fatti  fisici  locali  hanno  subito  modificazioni  di  sorta,  né  la  stessa 
emottisi  si  è  giammai  e  sotto  cjualunque  aspetto  anco  accennata 
con  quella  iperemia  che  dicesi  svilupparsi  di  più  in  quel  tessuto 
colpito  da  tubercolosi. 

Dove  a  dire  il  vero  1"  azione  della  linfa  si  è  mostrata  addirit- 
tura efficace  e  pronta  (almeno  temporaneamente)  si  è  stata  in  due 
donzelle  (sorelle)  colpite  ugualmente  da  luims  alla  faccia  da  detur- 
pare, in  una  principalmente,  quasi  per  esteso  le  fattezze  delle  guan- 
ce ,  delle  labbra  e  delle  pinne  nasali  coverte  già  da  spesse  croste 
e  gementi  di  continuo  pus  in  abbondanza,  hicominciando  in  questa 
con  due  milligrammi,  dopo  24  iniezioni_,  si  è  raggiunta  la  dose  di 
tre  centigrammi  e  mezzo  ;  e  mentre  dapprincipio  le  reazioni  locali 
e  generaU  si  ebbero  costantemente  assai  pronunziate  ,  apportando 
perfino  la  completa  caduta  delle  croste  fin  dalla  5^*  iniezione;  con- 
tinuando ed  elevando  sempre  più  la  quantità  del  farmaco  ,  la  rea- 
zione ad  un  certo  punto  si  è  arrestata,  non  avvertendo  più  1'  am- 
malata effetto  alcuno  (anco  subbiettivo)  da  siffatte  iniezioni. 

Del  resto  la  superficie  ammalata  arrivò  a  presentarsi  già  in 
uno  stato  assai  soddisfacente  di  cicatrizzazione.  Nell'altra  sorellina 
(di  età  minore)  il  rimarginamento  delle  piaghe  in  diversi  punti  anche 
della  faccia  mostròssi  già  completo  dopo  circa  16  iniezioni  e  con 
un  massimo  di  15  milhgrammi  di  linfa. 

Divenuta  del  resto  nell'  una  e  nell'  altra  refrattaria  qualuncjue 
reazione  del  rimedio  ,  ho  fatto  sospendere  la  cura  per  circa  18 
giorni;  dopo  tale  periodo  di  riposo  si  è  dovuto  constatare  però  la 
ricomparsa  in  qualche  punto  della  faccia  di  piccole  bottoni  facili 
ad  ulcerarsi ,  i  quaU  del  resto  si  sono  modificati  nuovamente  col 
ripetersi  di  successive  iniezioni,  in  seguito  alle  quah  anche  le  rea- 
zioni tanto  locali  che  generaU  mostraronsi  anch'  esse  di  minore 
intensità,  è  vero,  ma  discretamente  sensibili. 

A  confermare  gfi  effetti  di  questa  linfa  anche  in  altri  amma- 
lati né  luposi  né  tubercolosi,  e  convincermi  di  quale  importanza  se- 
miologica  avrebbe  potuto  fino  ad  un  certo  punto  essa  ritenersi,  ol- 
tre gli  ammalati  già  accennati,  ho  fatto  praticare  qualche  iniezione 


118  Sugli  esperimenti  fatti  colla  linfa  di  Koch 


alalie  in  individui  convalescenti  o  ristabiliti  da  altre  comuni  malattie  : 
or  bene,  pur  essendo  stati  essi  apiretici  da  parecchio  tempo,  dopo 
la  iniezione  di  un  mezzo  milligrammo  di  linfa,  si  è  potuto,  trascorse 
4  a  6  ore,  constatare  un  sensibile  aumento  della  temperatura  fino 
a  38°  8,  (in  uno)  e  39°  2,  (in  altro)  con  corrispettivo  aumento  an- 
che nella  frequenza  del  polso  e  degU  atti  respiratorj,  e  coll'accom- 
pagnamento  anche  di  molti  di  quei  fatti  subbiettivi  relativi  all'azio- 
ne della  linfa  ,  come  in  quelli  tubercolosi.  Siffatti  individui  invero, 
clii  più  chi  meno,  dopo  la  sperimentata  iniezione  incominciarono  a 
lagnarsi  del  solito  spossamento  generale  e  d'un  dolore  più  o  meno 
molesto  alle  articolazioni  e  ai  muscoli  degli  arti  tanto  superiori  che 
inferiori,  accusavano  discreta  cefalgia,  emettevano  anche  un  sudore 
abbondante,  e  che  tutto  cessava  poscia  col  dileguarsi  di  quella  tem- 
poranea ipertermia. 

È  stato  anche  per  me  d"un  certo  significato  l'esperimento  fatto 
eseguire  sopra  due  ammalati  estranei  addirittura  anch'essi  ad  ogni 
processo  tubercolare  ,  uno  affetto  cioè  da  un  semplice  angiocolite 
catarrale,  e  l'altro  da  enfisema  pulmonare;  tutti  e  due  apirettici  com- 
pletamente e  nei  quali  infatti  la  temperatura  non  aveva  mai  oltre- 
passato i  36°  8  e  37"  i2,  nelle  ore  di  sera.  Or  bene  per  conferma- 
re in  questi  le  modificazioni  possibiU  apportate  della  linfa  di  Koch 
sopra  una  soluzione  di  continuo  di  natura  non  tubercolosa,  ho  pre- 
scritta, nell'uno  o  nell'altro,  l'applicazione  di  due  larghi  vescicanti 
in  uno  sulla  regione  ipocondrica  destra  e  nell'  altro  sulla  regione 
sopramammaria  di  sinistra. 

Al  secondo  giorno  (  prima  ancora  di  qualunque  iniezione  )  il 
fondo  defia  piaga  nell'uno  e  nell'altro  caso  presentavasi  d'un  colo- 
rito quasi  roseo  con  piccoli  solcamenti  in  certi  punti  d'un  rosso 
più  intenso  e  umettato  tutto  d'un  essudato  sieroso  scai'so. 

Stabiliti  in  tal  modo  i  caratteri ,  si  passa  lo  stesso  momento 
alla  iniezione  d'un  mezzo  milligrammo  di  linfa  per  ciascuno;  e  men- 
tre fin  da  cinque  ore  dopo  si  potè  constatare  già  l'aumento  solito 
della  temperatura  (38°  5  neW itterico;  38°  8  neìVenfisematico)  coU'ac- 
compagnamento  di  parte  di  quei  fenomeni  subbiettivi  già  descritti, 


nella  Clinica  Medica  di  Catania  110 

potè  confermarsi,  dopo  già  sette  ore  dalla  praticata  iniezione  ,  1'  a- 
spetto  del  vescicante  in  tutti  e  due  essersi  anch'  esso  significante- 
mente modificato. 

Infatti  il  colorito  si  è  presentato  d'un  fondo  più  spiccatamente 
rosso  e  fortemente  congestionato,  dando  luogo  anche  ad  una  abbon- 
dantissima secrezione  muco-purulenta. 

Dal  riassunto  di  tutte  siffatte  osservazioni  (da  dettagliarsi  del 
resto  in  altra  apposita  relazione)  (1)  emergono,  secondo  me,  spon- 
tanee le  seguenti  conclusioni  : 

1.0  Che  il  valore  semioloyko  di  questa  linfa  non  puossi  accet- 
tare come  assoluto  e  per  tutti  i  casi  decisivo,  non  essendo  la  sua 
azione  sempre  costante  nel  designare  in  mancanza  d'altri  criteri  la 
specialità  del  processo  tubercolare.  Restando  a  tal'uopo  sempre  supe- 
riori i  mezzi  più  inconcussi  fornitici  dalla  Clinica  e  dafia  Batterio- 
logia. 

2.0  Che  gli  effetti  curativi  di  essa  non  si  hanno  poi  quella  ef- 
ficacia già  a  priori  tanto  decantata  ;  non  avendo  apportate  mai 
quelle  modificazioni  locali  capaci  a  determinare  la  scomparsa  asso- 
luta del  processo  in  qualuncjue  stadio  esso  si  trovi.  E  che  d'  altro 
canto  il  concorso  dei  mezzi  igienici,  di  cui  vengono  circondati  si- 
mili infermi,  può  molto  valere,  anche  da  sola,  a  determinare  quei 
periodi  di  sosta  e  quel  temporaneo  miglioramento  della  malattia  fi- 
no al  momento  in  qualche  caso  osservati. 

3.0  Che  intorno  al  lupus  quantunque  non  sia  a  negarsi  spesso 
una  pronta  efficacia  sul  processo  d'  esulcerazione  ;  anche  fin  dalle 
prime  iniezioni^  non  è  però  ancora  a  ritenersi  decisivo  il  vero  va- 
lore terapeutico  di  essa  per  la  completa  e  deffinitiva  guarigione  del 
morbo. 


(1)  Redatta  dagli  assistenti  della  Clinica. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 
pel  Doti  GIOVANNI  DI -STEFANO. 

paleoutologu    dell'  rfficlo    geologico    italiauo. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano. 

Questo  lavoro  è  diretto  allo  studio  stratigrafico  e  paleontologico 
minuto  di  una  massa  molto  potente  di  calcari  del  Lias  medio,  per  ri- 
cercare se  principalmente  con  la  guida  dei  brachiopodi  sia  possibile 
distinguere  in  essi  vari  livelli,  che  possano  servire  poi  da  termine 
di  paragone  per  l'ordinamento  dei  calcari  con  crinoidi  e  brachio- 
podi meglio  studiati  del  bacino  mediterraneo.  Simile  tentativo  non 
si  è  fatto  sinora  per  le  difficoltà  che  si  oppongono  alla  esatta  divi- 
sione delle  faune  nei  calcari  con  crinoidi;  ma  giacché  nel  Lias  me- 
dio del  M.  San  Giuliano  esiste  una  linea  di  divisione  stratigrafica,  e 
lo  studio  dei  brachiopodi,  se  ancora  non  può  condurre  a  fondare 
vere  zone  nel  significato  che  loro  è  dato  modernamente  (1),  può 
permettere  tuttavia  di  stabilire  dei  livelfi,  ho  voluto  esporre  qui  il 
risultato  delle  mie  ricerche  che,  se  non  altro,  possono  servire  a  far 
conoscere  un  importante  deposito  liassico. 

Il  M.  San  Giufiano,  cioè  l'antico  Erice,  è  l'estrema  diramazione 
del  gruppo  di  monti  mesozoici  della  parte  settentrionale  di  Sicilia, 
e  s'innalza  di  751  m.  sul  livello  del  mare  che  ne  lambe  parte  defia 
base.  Esso  è  molto  noto  nell'isola  per  le  memorie  del  celebrato 
tempio  di  Venere  ericina,  per  gl'importanti  avanzi  di  costruzioni 
pelasgiche  e  per  le  antiche  cave  di  marmi,  ora  esaurite.  La  sua 
struttura  è  messa  a  nudo  dalla  frattura  che  lo  sezionò  nel  lato  S.  E. 
e  rese  visibile  una  bella  e  regolare  successione  di  strati  fortemente 
inclinati     a  S.  0.  e  diretti  da  N.  0.  a  S.  E.  Essi  sono    riccamente 


(l;  Neumayr,  Ueber  unvermittelt  auftretende  Cephalopodentypen  in  Jura  Mittel-Euroiia's, 
1878  CJahrb.  d.  k.  k.  geol.  R.-A.) 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Serie  4°  17 


122  R  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 

fossiliferi  e  fra  i  più  importanti  della  Sicilia  ;  nondimeno  ,  dopo  la 
brevissima  descrizione  geognostica  che  ne  fece  F.  Hoffmann  (1) , 
solo  in  tempi  molto  recenti  sono  stati  oggetto  di  studio  esteso.  Nel 
1884  io  pubblicai  la  illustrazione  dei  brachiopodi  di  quel  Dogger 
inferiore  (2)  e  più  tardi,  cioè  nel  1886,  il  prof.  Gemmellaro  (3) 
diede  la  descrizione  geologica  del  monte  e  l' esame  di  tutta  1"  ab- 
bondante fauna  del  Dogger  inferiore.  Nello  stesso  anno  il  march. 
A.  De-Gregorio  (4)  descrisse  alcuni  dei  fossili  dell'Erica,  dei  quali 
ripubblicò  le  tavole  in  un  secondo  lavoro  (5),  e  l' ing.  L.  Baldacci 
stampò  dei  cenni  sulla  costituzione  del  monte  nella  sua  nota  bel- 
l'opera sulla  geologia  della  SiciUa  (6).  Ora  io  credo  bene  di  ri- 
tornare sullo  studio  del  M.  San  Giuliano  per  esaminare  i  calcari 
del  Lias  medio,  che  sono  importanti  per  la  più  estesa  conoscenza 
paleontologica  e  stratigrafica  di  questo  piano.  Pertanto  noto  che  la 
serie  dei  piani  e  dei  livelli  costitutivi  del  monte  (tralasciando  di 
riportare  i  calcari  elveziani  con  Heterostegina,  grandi  Peden  e  Clijpea- 
ster,  perchè  sono  nella  pianura  e  non  fanno  parte  del  monte)  è  la  se- 
guente : 

8.  Calcari  dell'Eocene  compatti,  talora  brecciformi,  grigi ,  con 
abbondanti  piccole  nummuliti. 

7.  Calcari  finamente  cristallini,  grigi  o  biancastri  del  Titonico 
con  Terehratula  diphya  Cat. ,  Lytoceras  quadrisulcatum  d'  Orb.  sp. , 
Phylloceras  'ptychoicimi  Quenst.  sp.  ecc. 

6.  Calcari  cristallini,  grigio-chiari,  qua  e  là  macchiati  di  verda- 
stro, della  zona  con  Aspidoceras  aclmntkìcmn  Opp.  sp. 


(1)  Hoffmann,  Geoffiiostische  Beohachtungen  ecc.;  Berlin,  1839,  pag.  454. 

(2)  Di-Stefano,  Ueher  die  Brachiopoden  des  Unteroolithes  ron  M.  San  Giuliano  bei  Tra- 
pani {SicHien);   Wieii,  1884  (Jahrb.  d.  k.  k.  geol.  R.  A.,  34  Bd.) 

(3)  Gemmellaho,  Sili  Doijger  inferiore  del  M.  San  Giuliano  (Erice);  Palermo  1886  (Boll. 
della  Soc.  di  Se.  Nat.  ed  Econ.  di  Palermo;  seduta  del  29  gennaio  1886;. 

(4)  De-Greoowo  ,  Nota  intorno  a  taluni  fossili  di  M.  Erice  di  Sicilia  del  piano  Alpi- 
niano  De  Greg.  ;  Torino  ,  1886  (Estratto  dagli  Atti  della  R.  Acc.  di  Se.  di  Torino  ,  S.  II, 
T.  XXXVII.) 

(5)  De-Gbeookio,  Iconografia  della  fauna  del T  orizzonte  Alpiniano;  Palermo,  1886. 

(6)  Baldacci,  Descrizione  geologica  dell'  isola  di  Sicilia  ;  Roma,  1886.  (Mem.  descrittive 
della  carta  geol.  dell'  Italia) 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  123 


5.  Calcari  cristallini  con  grana  molto  fina,  bianchi,  tendenti  al 
verdastro,  assai  spesso  macchiati  di  carneo,  con  Peltoceras  transver- 
sariuìii  Quenst.   sp.  ecc. 

4.  Calcari  compatti,  grigio-chiari,  con  liste  e  nodoli  di  selce, 
sterili  di  fossili,  rappresentanti  con  molta  probabilità  la  zona  con 
Stephanoceras  macrocephalum  Schloth.  sp. 

3.  Calcari  compatti  grigio-oscuri,  con  nodoli  di  selce,  riposanti 
in  concordanza  su  quelli  del  Dogger  inferiore.  Contengono  la  fauna 
degli  strati  di  Klaus,  con  Posuìonoimja  alpina  Gras  ,  Bliynchonella 
Alla  Opp.,  Rh.  defluxa  Opp.,   Terebratula  pteroconcha  Gemm.   ecc. 

2.  Calcari  neri  o  nerastri ,  con  grossolane  ooliti  ferruginose, 
riposanti  con  leggiera  discordanza  sul  Lias  medio.  Offrono  una  fauna 
ricchissima  del  Dogger  inferiore,  con  Harpoceras  opalinum  Rein.  sp. 
Ludwigia  Miirchisonae  Sow.  sp.,   Terebratula  spheroidalis  Sow.  ecc. 

1.  Calcari  grigi  e  bianchi,  compatti  o  cristallini ,  con  o  senza 
crinoidi,  ricchi  di  brachiopodi  e  lamellibranchi  del  Lias  medio. 

Gli'  strati  del  Lias  medio  formano  la  base  dirupata  del  monte, 
e,  comparendo  come  roccia  fondamentale,  non  fanno  scorgere 
gli  strati  sui  quali  riposano.  La  loro  potenza  apparente  è  di 
circa  250  m.,  come  si  vede  nel  lato  S.  E.  del  monte,  sulla  destra  di 
chi  sale  le  primi  rampe  della  strada  rotabile  di  San  Giuliano.  Essi 
cominciano  molto  sotto  il  balzo  dei  Cappuccini  per  mezzo  di  spessi 
strati  di  calcare  tenace,  cristallino ,  grigio,  sparso  di  macchie  gial- 
lastre e  di  venature  bianche  spatiche,  zeppo  di  crinoidi  indetermi- 
nabili e  di  brachiopodi ,  ma  scarso  di  pelecipodi.  Le  sue  specie 
più  frequenti  sono  :  Sp.  rostrata  Schloth.  sp.,  Sp).  Hartmanni  De- 
slongc.  non  Zieten,  Sp.  gibba  Seg.,  Rh.  Briseis  Gemm.  ecc. 

Questi  strati,  il  cui  spessore  si  avvicina  ai  100  m. ,  passano 
superiormente  ad  altri  di  calcare  grigio-chiaro,  compatto  oppure  sub- 
cristallino, poverissimo  o  assai  spesso  scevro  di  crinoidi,  con  molte 
Lima,  col  Peden  heterotus  Gemm.  et  Di-Blasi,  con  alcune  Scurriopsis  e 
con  esemplari  del  Nautilus  affinis  Gemm.  e  del  N.  demonensis  Gemm. 
Tale  calcare  ha  lo  spessore  di  circa  50  m.  e  alla  parte   superiore 


124  n  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Ericé)  presso  Trapani 

passa  alla  sua  volta  a  strati  di  calcari  cristallini  bianchissimi,  con 
sfumature  carnicine  qua  e  là,  formati  interamente  dall'  accumulo 
di  articoli  di  crinoidi  e  di  conchiglie  di  brachiopodi  e  di  pelecipodi. 
Essi  raggiungono  la  potenza  di  circa  100  m.  Fra  i  loro  brachiopodi 
sono  notevoli  per  abbondanza  o  per  importanza  la  Bh.  curviceps 
Quenst.  sp.,  la  Rh.  Eleuteria  Di-Stef.,  la  Ter.  punctata  Sow.,  la  Ter. 
Rotzoana  Schaur.,  la  Wald.  Verneuili  Deslongc,  var.,  la  Waìd.  qua- 
drifida Lmk.  var.  lyliboea  Di-Stef.  ecc.  Fra  i  pelecipodi  predominano 
le  Lima  del  sottogenere  Plaijtostoma  ,  quasi  tutte  nuove  ,  il  Federi 
heterotus  Gemm.  et  Di-Blasi,  il  P.  textorim  ScUoth.  sp.  e  varie  specie 
indescritte. 

Come  si  vede  ,  si  presentano  dunque  nel  Lias  medio  del  M. 
San  GiuUano  due  livelli  di  calcari  con  crinoidi  e  brachiopodi,  se- 
condo fu  già  notato  dal  prof.  Gemmellaro,  i  quali,  per  la  spessa  zo- 
na di  calcare  compatto  che  li  separa  e  pel  loro  colore  differente,  so- 
no sul  terreno  ben  distinti  a  prima  vista  e  sembrano  anzi  appar- 
tenere a  due  piani  geologici.  Per  questo  è  necessario  di  studiare 
minutamente  e  separatamente  la  loro  fauna. 

Nel  livello  più  basso,  costituito  di  calcare  grigio  con  crinoidi, 
si  raccolgono  le  seguenti  specie  : 

Spiriferina  rostrata  Schloth.  sp. 

„  sicula  Gemm. 

„  Hartmanni  Deslongc.  non  Zieten 

„  Darwini  Gemm. 

„  Statira  Gemm. 

„  anyulata  Opp. 

„  Z'Kjnoi  Di-Stef. 

(jibha  Seg. 

„  Munsteri  Davids. 

RhynchotieUa  curviceps  Quenst.  sp. 

„  tetraedra  Sow.  sp. 

„  serrata  Sow.  e  var.  Kilianl  Di-Stef. 

„  Scherina  Gemm. 

„  Glycinna  Gemm.,  var. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  125 

RliyìieìtuneUa  palitiata   Opp. 
„  Dalmasi  Dum. 

„  Caroli  Gemili.   {=Hli.  ('artieri  Opp.) 

„  Alberti  Opp. 

„  Briseis  Gemm.  e  var.  Iphimediu    Di-Stef. 

,,  ptinoides  Di-Stef. 

Wdhllifiiiiia  securiformis  Gemm.  ,  var.  pomatoides  Di-Stef. 
„  cfr.  siihìiìtiiiisinalis  Davids. 

„•  Eie  aldi  Opp. 

„  Rotlipletz  Di-Stef.  {^Z.  liìignafa,  var.  major  Haas 

non  Bòck  =  Wald.  Haasi  Rotlipl.  non  Buck- 
mann) 
Lima  {Plagiostoma)  nov.  sp.  aff.  L.  semilunaris  Ziet. 
Peden  {Chlamys)  textorius  Schloth.   sp. 

„  „  heterotus  Gemm.  et  Di-Blasi 

„  „  anomioides  Gemm.  et  Di-Blasi 

„     {Pseudatnussium)  Stoliczkai  Gemm. 
,  „  Bellampensis'  Gemm.  et   Di-Blasi 

Avicula  {Oxijtoma)  sinemuriensis  d'Orb. 
Naidilus  sp. 

Harpoceras  Ahjovianum  Opp.  sp. 
„  Kurrianum   Opp.   sp. 

Nel  livello  più  elevato^  cioè  nei  calcari  bianchi  con  crinoidi  si 
trovano  queste  specie  : 

Spiriferina  rostrata    Scliloth.  sp. 
Handeìi  Di-Stef. 
„  siculu  Gemm. 

„  Hartmanni  Deslongc.  non  Zieten 

„  Darwini  Gemm. 

„  Geyeri  Di-Stef. 

„  Zifjnoi  Di-Stef. 

,  yibba  Seg. 

,  Milnsteri  Davids.  sp.  e  var.  recondita  Seg. 


126  II  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 

BhyìicìioneUa  ciirviceps  Quens^t.  sp. 
„  tetraedra  Sow.  sp. 

„  serrata  Sow.  e  var.  KiUani  Di-St^f. 

„  Dalmati  Duni. 

„  Eleuteria  Di-Stef. 

„  Zuymayeri  Gemili. 

Terehratula  punctata  Sow. 

„  sphenoidalis  Mgh.  apud  Gemm. 

„  Botzoana  Schaur.  e  var.  pJicata 

Waldheiìiiia  secìirìfor>nìs  Gemm.  ,  vav.  poìnato/des  Di-Stef. 
„  Catìiarinae  Gemm. 

„  Darwini  Deslongc. 

„  cfr.  subnumisnialis  Davids. 

„  quadrifida  Lmk.  sp. ,  var.  ìijiihoea  Di-Stef. 

„  Verneuili  Deslongc. ,  var. 

Kinyena  Capellinii  Di-Stef. 
„         losephinia  Gemm. 
Placunopsis  sp.  nov. 
Lima   Haueri  Stol. 
„      {Flayiostoiiia)  sp.  nov.  aff.  L.  semilunaris  Ziet. 
„  „  sp.  nov.  aff.  L.  Edio  d'  Orb. 

„  „  sp.  nov.  aff.  L.  Choffati  Di-Stef. 

„  „  sp.  nov.  aff.  L.  Eucharis  d'  Orb. 

„     {Radula)  sp.  nov.  aff.  L.  pectinoides  Sow. 

Peden  {Chlamys)  textorius  Schlotli. 

„  „  heterotus  Gemm.  et  Di-Blasi 

sp. 
„  „  sp.  nov.  aff.  P.  Boìlel  Stol. 

„     {Pseudamussium)  Stoliczkai  Gemm. 
»  »  sp. 

IlehlU  d'  Orb. 
Avicula  (Oxytoma)  sinemuriensis  d'  Orb. 
Mytilus  sp. 
Pleurotomaria  sp. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  127 

Dall'  esame  di  questi  elenchi  di  fossili  si  trae  che  le  faune 
dei  due  livelli  appartengono  al  Lias  medio.  I  due  cefalopodi  deter- 
minati (  Harp.  AÌ(/ovianuin  Opp.  sp.  ,  Harp.  Kurrianum.  Opp.  sp.  ) 
sono  sufficienti  a  porre  in  tale  piano  il  livello  inferiore;  però  essi 
non  hanno  valore  per  una  determinazione  di  zona,  essendo  i  cefa- 
lopodi dei  nostri  calcari  con  crinoidi  e  brachiopodi  del  tutto  ina- 
datti, almeno  per  ora,  a  fare  stabilire  tali  divisioni.  Il  resto  delle 
specie  del  livello  inferiore  confermano  questo  riferimento  di  età. 
Su  32  specie  che  rimangono ,  una  era  ritenuta  speciale  del  Lias 
inferiore  di  Taormina  {Sp.  segregata  Di-Stef.),  3  si  raccolgono  nel 
Lias  inferiore  della  provincia  di  Palermo  {Sp.  Darwini  Gemm.,  P. 
anomioides  Gemm.  et  Di-Blasi,  P.  heferotus  Gemm.  et  Di-Blasi);  delle 
quali  la  Sp.  Darwini  passa  anche  nel  Lias  medio  della  provincia  di 
Palermo  e  di  Messina,  e  una  {Eh.  Caroli  Gemm.  =  Bli.  Cartieri 
Opp.)  è  comune  al  Lias  inferiore  di  Hierlatz  e  della  provincia  di 
Palermo.  Gli  altri  fossili  o  sono  speciali  del  Lias  medio  {Sp.  Statira 
Gemm.,  Sp.  gibba  Seg.,  Rh.  serrata  Sow.,  sp.,  Eh.  Glijcinna  Gemm., 
Eh.  Dalmasi  Duni.,  Wald.  securiformis  Gemm.) ,  oppure  si  presen- 
tano nel  Lias  inferiore  e  nel  medio  ,  e  qualcuna  nel  superiore. 
Però  se  fra  queste  si  tolgono  la  Sp.  angidata  Opp.,  la  Eh.  Alberti 
Opp.,  la  Eh.  palmata  Opp.,  la  Wald  Ewaldi  Opp.  e  il  P.  textorius 
Schloth.  sp.,  a  dir  vero  assai  più  sviluppate  nel  Lias  inferiore  ^  la 
massima  parte  sono  di  quelle  che  offrono  il  più  grande  sviluppo 
nel  medio  {Sp.  rostrata  Schloth.  sp.,  Sp.  sicula  Gemm.,  Sp.  Hart- 
manni  Deslongc.  non  Zieten,  Sp.  Milnsteri  Davids.,  Rh.  curviceps 
Quenst.  sp.,  Eh.  Briseis'  Gemm.,  Eh.  tetraedra  Sow.  sp.,  P.  Sto- 
liczkai  Gemm.,  Av.  sinemuriensis  d'Orb.).  La  Wald.  Eothpletzi  Di-Stef. 
=^  Wald.  linguata,  var.  major  Haas  non  Bòck  =  Wald.  Haasi  Ro- 
thpl.  non  Buck.  si  presenta  pure  a  San  Cassiano  in  calcari  riferibili 
alla  parte  inferiore  del  Lias  medio. 

È  da  escludere  dunque  che  1  calcari  a  crinoidi  grigi  del  livello 
inferiore  descritto  possano  riferirsi  al  Lias  inferiore  :  essi  vanno 
posti  nel  Lias  medio,  come  gU  altri  di  Sicilia  detti  con  T.  Aspasia, 


128  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  [Erice)  presso  Trapani 

che  col  loro  tipo  promiscuo  di  specie  del  Lias  inferiore  e  del 
medio  ripetono  in  questo  la  facies  di  Hierlatz. 

Cosi  esattamente  si  può  anche  eliminare  il  dubbio  che  il  li- 
vello più  alto  possa  rappresentare  il  Lias  superiore.  Delle  sue  43 
specie  una  sola  sinora  pareva  propria  del  Lias  inferiore  di  Hier- 
latz (L.  Haueri  Stol.);  2  provengono  dalla  parte  elevata  del  Lias 
inferiore  di  Taormina  {Sp.  segregata  Di-Stef.,  Sp.  Handeli  Di-Stef.); 
3  dal  calcare  cristallino  del  Lias  inferiore  della  provincia  di  Pa- 
lermo [Sp.  Darwini  Gemm.  ;  Eh.  Zugmayeri  Gemm.  ,  P.  heterotus 
Gemm.  et  Di-Blasi)  ;  2  sogliono  essere  più  proprie  delle  parti  ele- 
vate del  Lias  medio  e  passano  anche  nel  superiore  (T.  Rotzoaììa 
Schaur.,  Wald.  Darwini  Deslongc.)  ;  9  sono  ritenute  finora  speciali 
del  Lias  medio  {Sp.  gihha  Seg.^  Rh.  serrata  Sow.  sp.,  Eh.  Dalmasi 
Dum.,  T.  sphenoidalis.  Mgh.  apud  Gemm.,  Wald.  Verneuili  Deslongc, 
var.,  Wald.  securifortiiis  Gemm.  )  Wald.  Catharinae  Gemm.,  Wald. 
quadrifida  Lmk.,  Kingena  Josephinia  Gemm.)  ,  e  il  resto  delle  spe- 
cie già  note,  pur  trovandosi  nel  Lias  inferiore  e  nel  medio  e  ta- 
luna anche  nel  superiore,  sono  nondimeno  di  quelle  che  raggiun- 
gono il  massimo  sviluppo  nel  medio  (Sp.  rostrata  Schloth.  sp.,  8p. 
sicula  Gemm. ,  Sp.  Hartmanni  Deslongc. ,  Sp.  Miinsterl  Davids.,  Eh. 
curviceps  Quenst.,  Eh.  Briseis  Gemm.,  E //.  tetraedro  Sow.  sp.,  Ter. 
imnctata  Sow.,  sp.  Wald.  cfr.  snbnumismalis  Davids. ,  A.  sinemurien- 
sis  d'Orb.),  se  però  se  ne  eccettuano  il  Pect.  teoctoriiis  Schloth.  sp. 
e  il  P.  Helilii  d'  Orb.  più  sviluppati  nel  Lias  inferiore.  Dodici  spe- 
cie infine  sono  nuove  e  una  non  permette  T  esatto  apprezzamento 
de'  suoi  caratteri. 

Da  quanto  abbiamo  esposto  si  trae  dunque  che  il  livello  supe- 
riore di  calcari  con  crinoidi  e  brachiopodi  del  M.  San  Giuliano  rap- 
presenta certamente  anch'esso  il  Lias  medio. 

Intanto  è  da  notare  che  tra  le  faune  dei  due  liveUi  di  calcari 
con  crinoidi  si  rilevano  alcune  differenze  importanti.  Prima  di  tutto 
si  osserva  che  in  quello  elevato,  cioè  nei  calcari  bianchi,  si  presen- 
tano alcune  specie  di  molto  significato  che  mancano  nel  Uvello  in- 
feriore,   come    sono  la  Ter.    Eotzoana    Schaur.  ,    che    si    raccoglie 


//  Lias  modio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  129 


nelle  porzioni  elevate  del  Lias  medio  e  specialmente  nel  superiore, 
la  ÌVa/d.  quadrifida  Lmk.  sp. ,  var.  e  la  IVa/d.  Darwini  Deslongc, 
più  solite  degli  strati  alti  del  Lias  medio  ,  e  delle  quali  1'  ultima 
passa  anche  in  quelli  con  Leptaenu  del  Lias  superiore  (1).  Inoltre 
mancano  nel  livello  superiore  alcuni  tipi  del  Lias  inferiore  di  Hier- 
latz  che  invece  si  raccolgono  frequentemente  in  quello  inferiore, 
come  sono  la  Sp.  angidata  Opp.,  la  Bh.  palmata  Opp.,  la  Rh.  Al- 
berti Opp.  e  la  Wald.  Envaldi  Opp.,  e  dippiù  si  nota  in  esso  una 
maggior  quantità  centesimale  di  specie  comuni  col  Lias  inferiore  in 
generale.  Per  questi  suoi  caratteri,  che  indicano  più  strette  relazioni 
con  le  parti  elevate  del  Lias  medio  e  col  superiore  ,  il  livello  più 
alto  di  calcari  con  crinoidi  del  M.  San  Giuliano  mostra  rispetto  a 
quello  più  basso  un  carattere  di  maggiore  gioventù,  il  che  corri- 
sponde alla  sua  posizione  stratigrafica  elevata. 

I  contrassegni  distintivi  dei  due  livelli  si  mostrano  più  spic- 
cati se  si  considera  che  ci  sono  delle  specie  e  delle  varietà  nuove 
caratteristiche  per  ognuno  di  essi.  Infatti  la  Eh.  ptinoides  Di-Stef.  è 
speciale  degli  strati  inferiori,  mentre  la  Sp.  Geijeri  Di-Stef.,  la  Rh. 
Eleuteria  Di-Stef.,' la  Kinyena  Capellini  Di-Stef.,  e  le  varietà  riferite  alla 
Vald.  Verneuili  Deslongc.  e  alla  Wald.  quadrifida  Lmk.  sp.  sono 
proprie  di  quelli  superiori. 

Pertanto  non  deve  esagerarsi  il  valore  di  tali  differenze,  che 
è  naturale  si  trovino  in  un  deposito  molto  potente  e  formatosi  per- 
ciò in  uno  spazio  di  tempo  relativamente  lungo  ;  nondimeno  esse 
mostrano  che  i  calcari  con  crinoidi  non  occupano  nel  Lias  medio 
un  livello  determinato,  ma  che  possono  ripetersi  a  varie  altezze  e 
con  certe  differenze  di  faune^  al  quale  fatto,  già  conosciuto  per  ra- 
gioni paleontologiche,  mancava  sinora  la  prova  stratigrafica  che  for- 
nisce lo  studio  del  M.  San  Giuliano. 


(1)  Choffat,  Étude  stratigraphique  et  paliontologique  des  térrains  jurassiques  du  Portu- 
gal,  1.  Lisbonne,  1880. 

Atti  Acc.  Vol.  ITI,  Serie  4'  18 


130  H  Lias  medio  del  M.  San  Gitdiano  (Erice)  presso  Trapani 


II. 

Sul  possibile  ordinamento  dei  calcari  con  crinoidi  e  brachiopodi 
del  Lias  medio  mediterraneo. 

§  1.  La  determinazione  dei  due  livelli  di  calcari  con  crinoidi 
e  brachiopodi  del  monte  San  Giuliano  stratigraficamente  sovrapposti, 
può  facoltare,  per  mezzo  del  loro  paragone,  a  tentare  la  divisione 
in  una  porzione  inferiore  e  in  una  superiore  di  altii  calcari  fossili- 
feri del  Lias  medio  mediterraneo  (sebbene  non  sia  facile  stabilire 
dei  retti  ciiterj  distintivi),  e  tale  che  possa  servire  da  riprova  ai 
minuti  riferimenti  di  età  fatti  sinora  solo  paleontologicamente  e  in 
modo  vago  e  generale.  Per  procedere  a  questo,  fermiamoci  prima 
sul  paragone  dei  due  livelli  descritti  del  M.  San  Giuliano  con  i  cal- 
cari a  crinoidi  e  brachiopodi  di  altre  regioni  della  Sicilia. 

Le  faune  siciliane  del  Lias  medio  meglio  conosciute  sono  quelle 
della  provincia  di  Palermo,  di  Galati  di  Tortorici  (  Messina  )  e  del 
piccolo  promontorio  di  Castelluccio  presso  Taormina  (Messina).  Le 
prime  furono  già  illustrate  compiutamente  dal  prof.  G.  Gemmellaro  (i), 
e  all'  elenco  dei  fossili  riportato  da  lui ,  composto  di  specie  prin- 
cipalmente raccolte  sulla  Montagnola  di  S.  Elia  (Palermo),  di  Ghiusa- 
Sclafani  e  della  contrada  Sant'Anna  presso  Giuliana  nella  provin- 
cia di  Palermo  ,  non  ci  è  da  aggiungere  altro  che  la  Sj).  Darwini 
Gemm.  {  =  8p.  cfr.  a  ululata  Gemm.  non  Opp.  )  di  Sant'Anna.  Le 
faune  delle  tre  località  cennate  della  provincia  di  Palermo  (i2)  hanno 


(1)  Gemmbllako,  Sopra  i  fossili  della  zona  con  T.  Aspasia  Mgh.  della  provincia  di  Pa- 
lermo e  di  Trapani;  Palermo,  1874.  (Sopra  alcune  faune  giuresi  e  liasiche  della  Sicilia, 
1872-82). 

(2)  I  fossili  che  si  raccolfrono  nei  tre  luoghi  notati  sono  i  seguenti.  Nel  calcare  grigio, 
talvolta  macchiato  di  rosso,  con  crinoidi  della  Montagnola  di  S.  Elia  si  raccolgono  :  Koninkella 
gihbosula  Genun.  sp.  ;  Sp.  rostrata  Schloth.  sp.,  Rh.  pusilla  Gemm,  Rh.  Briseis  Gemm.,  Rh. 
Ziiteli  Gemm.,  Rh.  serrata  Sow.  sp.,  Rh.  Scherina  Gemm.,  Rh.  fvrcillata  Theod.  sp.,  T.  riidis 
Gemm.,  T.  TaramellH  Gemm.,  T.  Piccinina  Zht. ,  T.Aspasia,  Mgh.,  Wald.  Ewaldi  Opi).,  Wald. 
Catharinae  Gemm.,  Wald.  costuluta  Gemm.,  Wald.  cfr.  numismalis  Link,  sp  ,  Anomia  numi- 
smalis  Quenst. 

In  quello  bianco,  talvolta  tendente  al  carneo,  con  crinoidi,  di  Sant'Anna  di  Giuliana:  Sp. 
Staiira    Gemm. ,  Sp.  rostrata  Schloth.  sp  ,  Sp.,  sicula  Gemm  ,  Sp.  Darivini  (iennu.,  Sp.  Mìln- 


Il  Liaji  medio  del  M.  San  Giuliano  [Erice)  presso  Trapani  131 

gli  stessi  caratteri  generali  e  sono  sì  strettamenente  legate  che  nella 
ricerca  della  porzione  antica  o  recente  del  Lias  medio  alla  quale 
spettano  ,  possono  studiarsi  riunite.  L' insieme  delle  loro  specie  è 
notato  dal  prof.  Gemmellaro  nel  quadro  che  ciiiude  il  suo  lavoro; 
io  pertanto  le  ho  enumerate  qui  sotto  divise  secondo  il  luogo  d'onde 
provengono. 

Le  faune  di  Galati  e  del  promontorio  di  Gastelluccio  sono  state 
studiate  in  parte  dal  prof.  Gemmellaro,  che  descrisse  i  cefalopodi 
di  Galati  (1),  e  dal  prof.  Seguenza  (3);  però  una  critica  minuta 
degli  elenchi  puhblicati  e  l'abbondante  quantità  di  fossili  di  quei 
luoghi  raccolti  ora  nel  Museo  geologico  dell'  Università  di  Palermo, 
fanno  necessario  che  io  enumeri  di  nuovo  tali  faune. 

I  calcari  rossi  o  grigi^   cristallini  o  subcristallini  del  Lias  medio 


sten'  Davvids.  sp.,  Bh.  Hetjnesi  Genim.  non  Opp.,  Eh.  tiiquetra  Gemm.,  Eh.  Kraussi  Gerani., 
Eh.  iurersa  Opp.,  Eh.  retusifrons  Opp.,  Eh.  Orsiiiii  Gemm.,  Eh.  Eriseis  Gemili.,  Eh.  poli/pli/- 
chu  Opp.,  Eh.  serrata  Suw.  sp..  Eh.  .Scherma  Gemm.,  Eh.  flabellum  Mgli.  ,  Eh.  Mariottii 
Zitt  ,  Eh.  furciìlata  Tìieod.  sp.,  T.  sphenoidaHs  Mgh.  apiul  Gemm.,  T.  Aspasia  Mgh  ,  Wald. 
Cathariìiao  Gemm.,  Waìd.  securiformis  Gemm.,  Wald.  stapia  Opp.,  Wald.  Eiigelhardti  Opp., 
Wald.  Eu-aldi  Opp.,  Placi<>W2)sis  Zitteli  Gemm.,  Pect.  Holkzkai  Gemm.,  Peci.  Ponzii  Gemm., 
Pect.  Agathis  Gemm.,  Lima  Deslongchampsi  RAuei;L.  ìiasina  Gemm.,  Eunema  alpina  Stol.  sp., 
Tr.  Cupido  d'Orb.,  Tr.  quadrimonilis  Gemm.,  Ch.  sinistrorsa  Gerani.,  Ehac.  mimatetise  d'Orb. 
.sp.,  Earp.   algoriaiimn  Opp.  sp.,  Ar.  efr.  tardecrescense  v.  Hauer  sp. 

In  quello  bianco,  talora  tendente  al  carneo,  con  crinoidi,  dì  Chiusa  Sciatimi:  Koniiik.  gih- 
bisula  Gemm.,  Sp.  rostrata  Schloth.  sp.,  Sp.  sicula  Gerani.,  Eh.  Orsinii  Gemm.,  Eh.  Briseis 
Gemm.,  Eh.  Glycinna  Gerani.,  Eh.  Scherina  Gemm.,  Eh.flahellfm  Mgh.,  T.  sphenoidaHs  Mgh 
apud.  Gemm.,  T.  Aspasia  Mgh.,  Wald.  securiformis  Gemm.,  Wald.  costulata  Gemm.,  Wald. 
Engelhardti  Opp.,  Wald.  st.ipia  Opp.,  Wald.  Eivaldi  Opp.,  Kingena  Josephinia  Gerani.,  Placu- 
nopsis  Zitteli  Geniin.,  Pect.  Agathis  Gemm.,  L.  Deslongchampsi  Sto\.,  Av.  sinemitriensis  d'Orb. 
Av.  sexcostata  Roeni.  ,  Arca  aviculina  Schafht.  ,  Pleur.  Scacchii  Gemm. ,  Pleur.  ch:  princeps, 
Koch.  et  Dnnk.  sp.,  Pleur.  trochotomopsis  Gemin.,  Crypt.  heliciformis  Deslongc,  Crypt.  cxpansa 
Sow.  sp.,  Dischoh.  o/-6(s  Reuss,  sp.,  Discoh.  excavata  Eeuss  sp.,  Emi.  alpina  Stol.  sp  ,  Tr.  Cu- 
pido d'  Orb.,  Tr.  Scherinus  Gemm.,  Tr.  quadrimonilis  Gemm.,  Ch.  sinistrorsa  Gerani.  ,  Phi/ll. 
Meneghinii  Gemm.,  Earp.  algovianum  Opp.  sp.,  Harp.  Scherinum  Gerani.,  Lyt.  Czizcki  v.  Hau- 
er, Ar.  cfr.  tardecrescens  v.  Hauer. 

(1)  Gemmellaro,  Sui  fossili  degli  strati  a  T.  Aspasia  della  contrada  Eoccherosse  presso 
Galati;  Dispensa  1»;  Palermo,  1884. 

(2)  Sequenza,  /  minerali  della  provincia  di  Messina,  1885  (pagine  staccate  da  un'opera 
che  non  fu  pubblicata)— /««orwo  al  sistema  giurassico  nel  territorio  di  Taormina,  1885.  ,Natur, 
sieil.  a.  TV)~Le  Spiriferina  dei  varii  piani  del  Lias  messinese  1886.  (Boll,  della  Soo.  geol. 
ital.  ;  voi.   IV  ) 


132  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

delle  Rocche  rosse  sul  M.  Ucina  presso  Galati  di  Tortorici  giacciono 
tra  il  Lias  inferiore  (1)  e  un  calcare  nerastro,  che,  pe'  suoi  caratteri 
litologici  e  pel  suo  posto  stratigrafico  immediatamente  sottostante  agli 
strati  con  la  fauna  di  Klaus,  sembra  corrispondere  al  Dogger  infe- 
riore del  M.  San  Giuliano  (Trapani).  In  questi  calcari  del  Lias  medio 
si  raccoglie  una  fauna  abbondantissima  e  mista  di  cefalopodi,  bra- 
chiopodi,  gasteropodi  e  lameUibranchi,  che  attendono  ancora  la  loro 
compiuta  illustrazione:  io  ne  cito  qui  le  molte  specie  note  e  quelle 
nuove  che  si  presentano  anche  al  M.  San  Giuliano.  La  lista  che  è 
utile  di  conoscere  è  la  seguente  : 

Spiriferina  rostrata  Schloth.  sp. 

»         pi/riformis  Seg.  (  =  ?  Sp.  terebratulokles  Seg.) 

„         gryphoidea  Uhlig.  {=Sp.  ovata  Seg.) 

„  brevirostris  Opp.  {=Sp.  plano-conoexa  Seg.) 

„  alpina  Opp.  {^8p.   compressa  Seg.   ecc.) 

„  sicula  Gemm.  {^Sp.  undulata  Seg.) 

„         Hartmanni  Deslongc.  non  Ziet.  {=Sp.   capulifor- 

mis  Seg.) 
„  gibha  Seg. 

a  Darwini  Gemm. 

„         angulata  Opp.  i=Sp.  Carmelinae  Seg.  e  var.  pyra- 

mirJata  Seg.) 
„  Miinsterl  Davids.  sp. 

Ehynconella  Scherhia  Gemm. 
„  serrata  Sow.  sp. 

„  Glycinna  Gemm.  var. 

„         Briseis  Gemm. 
„  ftabeìlum   Mgh. 

„  Orsinii  Gemm. 

„         pusilla  Gemm. 
„  triquetra  Gemm. 

Sordellii  Par. 


(1)  Baldacci,  Descrizione  geologica  dell'isola  di  Sicilia  ecc.,  pag.  141. 


//  Litis  medio  del  M.  San  Giuliano  {Ericé)  pres.so  Trapani  Wò 


E/n/ììcoìieìfa   riitiosa   V.   Buch. 
IHtljIptijcha   Opp. 

„  Alberti  Opp. 

„  ptiiioiiles  Di-Stef. 

„  Reynesi  Gemm.  non  Opp. 

„  pdhìuda   Opp. 

„  Daloiasi  Dum. 

Terebnitiila  sphenoidalis  Mgh.  apud  Gemm. 

„  Aspasia   Mgh. 

.,  conìicohuìa  Can. 

Vnldlieiìiiia  securifoniiis  Gemm.,  var.  pomatoides  Di-Stef. 

„  stapia   Opp. 

„  Ewaldi  Opp. 

„  Furlana  Zitt.,  var.  elomjata  Mgh. 

Peden  (Chlamijs)  subreticulatus  Stol. 

„       {Pseudamussium)  Stoliczkai  Gemm. 
Avicula  {Oxytoma)  sinemuriensis  d'  Orb. 
Pleurotomaria  Stiessi  Hoern. 

„  cfr.  foveolata  Deslongc. 

„  intermedia  Miinst. 

„  anglica  Sow.   sp. 

„  princeps  Koch  et  Dunk.  sp. 

Trochotoma  cfr.  striatum  Hoern, 
Eunema  alpina  Stol.  sp.,  var. 
Lewisiella  conica  d'  Orb.  sp. 
Trochus  (Eutrochus)  Cupido  d'  Orb. 

„        (Gibbìila)  cfr.  Avernus  Stol. 
Chemnitzia  (Rhabdoconcha)  cfr.   hierlatzensis  Stol. 
Discohelix  Beassi  Hoern.  sp. 

„  orbis  Reuss 

„  cfr.  reticulata  Stol. 

Nautilus  affinis  Gemm. 

„        demonensis  Gemm. 
Phylloceras  Pa  rischi  Stur. 


134  11  Lias  medio  del  M.  San  Ghdìanu  {Ericé)  preciso  Trapani 

Pìnjlìvceras  Aluntunim  Gemm. 
„  Meneyliinu  Gemm. 

Rhacophyllites  lihertum   Gemm. 
Aegoceras  {Liparoceras)  Bechei  Sow.   sp. 

„  (Deroceras)  suhmuticmn  Opp.   sp. 

Tropidoceras  masseanum  Opp.  sp.,  var.  mediterranea  Gemm. 

„  Flandrini  Dum.   sp. 

„  Zancleanum  Gemm. 

Coeloceras  pettos  Quenst.  sp. 
Belemnites  paxiUosiis  Schloth. 

Il  calcare  grigio  con  crinoidi,  che  al  piccolo  promontorio  di 
Castelluccio  presso  Taormina  riposa  sul  Lias  inferiore,  fornisce  una 
bella  fauna,  della  quale  le  specie  note  e  quelle  nuove,  che  si  rac- 
colgono pure  al  M.  San  Giuliano,  sono  queste: 

Spiriferina  rostrata  Schloth.  sp. 

„  sicida  Gemm.  (  =  Sp.  imdulata  Seg.) 

„  Statira  Gemm. 

„  angidata  Opp.  (  =  Sp.  Carmelinae  Seg.  ) 

n         gryphoidea  Uhi.  (  =  Sp.  ovata  Seg.  ) 
„  alpina  Opp.  (  =  Sp.  compressa  Seg.  ecc.  ) 

„  Davidsoni  Deslongc.  =  («S^/'-  producta  Seg.) 

„  segregata  Di  -  Stef. 

„  Darwini  Gemm. 

„         gibha  Seg. 
Rhynchonella  Glgcinna  Gemm. 
„  serrata  Sow.  sp. 

„  Orsini  Gemm. 

„  fiabelhnn  Mgli. 

„  Dalmasi  Dum. 

Briseis  Gemm.  e  var.    Iphimedia    Di  -  Stef. 
„  ptinoides  Di  -  Stef.    . 

pohjptycha   Opp. 
Terehratula  sphenoidalis  Mgh.   apud  Gemm. 


Il  Lian  medio  del  M.  »Sfl«  Giuìiano  (Erice)  presso  Trapani  135 

Terehrdtiild  pìutctata  Sow. 

,  Aspasia  Mgh. 

„  Beijricìn  Opp. 

Vaìdlieimiu   cfr.  numismaìis  Link.   sp. 

„  nmtabilis  Opp. 

„  stapìa   Opp. 

„  Engelhardt/   Opp. 

„  securiformis  Gemm.,  var.  pomatoides  Di  -  Stef. 

Eothpìetzi  Di  -  Stef. 
Peefeiì  [Cìamijs)  heterotus  Gemm. 

„       {Pseudamussium)  Stoliezk(//   Geiiim. 
Avicula  {Oxytoma)  sinemimensis  d'Orb. 
Lima  {Plagiostoma)  sp.  nov.  aff.  L.  semilunaris  Ziet. 
Discohelix  Reussi  Hoern.  sp. 

„         orhis  Reuss  sp. 
Trocus  {Eutì'ochus)  lateiimbilicattis  d'  Orb. 
Plìì/Iìoceras  Patiscili  Stur  sp. 

„  Alontinum  Gemm. 

Rliacophyllites  libertum  Gemm.  sp. 
Tropidoceras  Zancleanum  Gemm.  sp. 
Harpoceras  Algoviamim  Opp.  sp. 

„  Kurrianum  Opp.  sp. 

„  scherinum  Gemm. 

I  cefalopodi  delle  varie  faune  notate  sopra  provano  con  sicurezza 
che  esse  appartengono  al  Lias  medio  ;  però  tali  fossili,  pel  loro  ri- 
stretto numero  e  pel  modo  del  loro  aggruppamento,  non  rendono  pos- 
sibile una  determinazione  di  zona  nel  senso  che  le  si  dà  moderna- 
mente, n  Coeloceras pettos  Quenst.  sp.,  il  Tropidoceras  masseanum  d'Orb. 
sp.  ,  r  Aegoceras  suhmuticttrn  Opp.  sp.  sono  più  propri  delle  porzioni 
basse  del  Lias  medio,  sebbene  non  manchi  chi  indica  le  due  ulti- 
me specie  in  istrati  attribuiti  al  Lias  superiore  (1),  ma  che  potreb- 


(1)  Meneghini,  Monographie  des  fossiles  du  calcaire  rotige  ammonitique  (Lias  supérieur  ) 
de  Lombardie  et  de  V  Apennin  centrale;  Milan,  1867-81.  (Paleontologie  lombarde  ecc.) 


136  II  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 

bero  appartenere  forse  alla  parte  elevata  del  Lias  medio.  U Aegoceras 
{Liparoceras)  Bechei  Sow.  sp.  e  Y Harpoceras  Flandriui  Dum.  sp.  so- 
gliono presentarsi  nelle  zone  medie  del  Lias  medio  ;  nondimeno  il 
primo  è  indicato  dal  Meneghini  [Amm.  {Aegoceras)  striatus  apud  Me- 
negliini]  nell'  opera  qui  avanti  citata  come  trovato  nei  calcari  di  Bi- 
cicola  (Lombardia) ,  da  lui  riferiti  al  Lias  superiore  ,  ma  che  pure 
possono  essere  delle  porzioni  alte  del  medio.  U Harpoceras  Kurrianum 
Opj).  sp.,  r  Tlarp.  Alyovianum  Opp.  sp.  e  il  RhacophijìHtes  nimatense 
d"  Orb.  sp.  si  raccolgono  solitamente  nella  parte  superiore  del  Lias 
medio.  L'  ultima  specie  ora  citata  è  indicata  anche  nel  Lias  supe- 
riore dell'Appennino  (Cagli)  dallo  Zittel  (1),  e  il  Meneghini  la  men- 
ziona insieme  con  1'  Harp.  Algovianum  Opp.  sp.  in  istrati  del  così 
detto  rosso  ammonitico  lombardo  da  lui  ritenuti  come  rappresen- 
tanti del  Lias  superiore  ,  ma  che,  come  si  è  detto  potrebbero,  Al- 
meno  in  parte,  non  esser  tali.  È  da  notare  tuttavia  che  1"  Harp.  al- 
govianum  Opp.  sp.  fu  notato  anche  nel  Lias  superiore  di  Taormina 
dal  prof.  Seguenza  ;  ma  ivi  non  c'è  di  certo  (2).  Il  PhyUoceras  Part- 
scJìi  Stur.  sp.  e  il  RhacophylUtes  libertum  Gemm.  passano  dal  Lias 
inferiore  sino  al  superiore,  e  il  Belemnites  paxìllosus  Schloth.  si  rac- 

V    V 

coglie  in  tutti  i  liveUi  del  Lias  medio.  Il  Lytoceras  Czizeki  v.  Hauer 
sp.  non  è  a  Hierlatz,  secondo  scrive  il  Geyer  (3),  perchè  gU  esem- 
plari di  quella  regione  così  determinati  da  v.  Hauer  appartengono 
a  un'  altra  specie  ;  però  esso  è  indicato  nel  Lias  medio  dell'  Apen- 
nino  centrale  (Canavari)  e  in  calcari  dell'Itaha  settentrionale  (v.  Hauer, 
Meneghini)  finora  posti  nel  Lias  superiore,  ma  pei  quali  bisogna  far 

,  V    V  . 

le  riserbe  che  ho  cennato  avanti.  Per  queste  ragioni  il  L.  Czizeki 
è  lungi  dal  poter  fare  determinare  con  la  sua  presenza  una  zona 
geologica.  Infine  I'  Arietites  cfr.  tardecrescens  v.  Hauer,  che  si  racco- 


(1)  Zittel,  Geologische  Beohachtungen  aus  den  Central-Apenninen  ;  Mtincheii,  1869  (Geo- 
guostisch-palaoutologische  Beitriige  ecc.) 

(2)  SoHOPEN  ,  Sul    Toarsiano  ,  Dogger  e  Maini  dei  dintorni  di  Taormina,  Il  ;  Palermo, 
1886. 

(3)  Geyeb,  Ueber    die    liasischen    Bracbiopodeu  des  Hierlatz  bei    Hallstatt;  Wien,     1886 
(Abbandl.  d.  k.  k.  geol.  R.  A.  ,  XH  Bd.) 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  137 

glie  sulla    Montagnola  di  S.  Elia  presso  Palermo  ,    è  di  determina- 
zione troppo  dubbia,  perchè  possa  qui  venir  considerato. 

Se  si  tien  conto  di  questi  cefalopodi,  sia  nel  loro  insieme,  al 
che  si  è  facoltati  dalle  intime  relazioni  che  legano  il  Lias  medio 
della  provincia  di  Palermo  a  quello  di  Galati  e  di  Castelluccio,  sia 
divisi  secondo  i  luoghi  che  li  forniscono,  non  si  possono  trarre  dun- 
que sicuri  elementi  per  la  determinazione  della  zona  alla  quale  ap- 
partengono i  calcari  con  crinoidi  esaminati. 

È  necessario  perciò  di  dai-e  nello  studio  di  questi  strati  una 
maggiore  importanza  ai  gasteropodi,  ai  pelecipodi  e  soprattutto,  pel 
loro  forte  predominio,  ai  brachiopodi. 

Pertanto  i  calcari  del  Lias  medio  della  provincia  di  Palermo 
(montagnola  di  S.  Elia  ,  Chiusa-Sclafani,  Sant'  Anna)  sopra  un  in- 
sieme di  63  specie  ne  hanno  23  comuni  col  noto  deposito  di  Hier- 
latz,  che,  secondo  l' opinione  dell'Oppel  (1),  ora  confermata  dal  Ge- 
yer  (2),  rappresenta  una  porzione  elevata  del  Lias  inferiore;  2  con 
quello  di  Sospirolo;  3  col  Lias  inferiore  della  Selva  Baconica;  5  con 
la  parte  assai  elevata  del  Lias  inferiore  di  Taormina  e  5  col  cal- 
care cristallino  del  Lias  inferiore  della  provincia  di  Palermo.  Quelli 
dei  dintorni  di  Galati  (Rocche  rosse  sul  M.  Ucina)  sopra  127  spe- 
cie (3)  ne  hanno  34  comuni  col  Lias  inferiore,  delle  quali  24  con 
quello  di  Hierlatz,  4  col  calcare  cristallino  del  Lias  inferiore  della 
provincia  di  Palermo,  4  col  deposito  di  Sospirolo,  6  col  Lias  infe- 
riore della  Selva  Baconica  e  5  col  Lias  inferiore  di  Taormina.  Quelli 
del  piccolo  promontorio  di  Castelluccio  presso  Taormina  sopra  51 
specie  ne  hanno  23  comuni  col  Lias  inferiore,  delle  quali  14  sono 
a  Hierlatz,  3  a  Sospirolo  ,  4  nel  Lias  inferiore  di  Taormina  ,  6  in 


(1)  Oppel,   Ueber  das  Alter  des  Hierlazschichten ,  1862  (N.  Jahrb    f.  Min.  ecc  ,  pag.  59.) 

(2)  Geyee,  Op.  cit.  ,  pag.  272. 

(3)  Alle  specie  di  Galati  enumerate  avanti  se  ne  bisognano  aggiungere,  oltre  ai  31  cefalo- 
podi nuovi  descritti  dal  prof.  Gemmellaro,  molte  altre  nuove  ancora  non  pubblicate,  che  si  con 
servano  nel  Museo  geologico  dell'  Università  di  Palermo,  cioè  1  Sperifen'na,  2  Terehratiila,  1 
Waldheimia ,  i  Rhynchonella ,  3  Lima,  1  Carpenteria,  1  Eunema,  2  Chiysostoma,  8  Trochus,  3 
Neritopsis,  3  Discohelix,  1  Eulima  ?,  2  Chemnitzia,  1  Cerithium  ?.  Cosi  il  numero  delle  spe- 
cie del  Lias  medio  di  Galati  sale  a  127. 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Serie  4»  20 


138  II  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Ericé)  presso  Trapani 

quello  della  Selva  Baconica  e  2  nel  calcare  cristallino  del  Lias  in- 
feriore della  provincia  di  Palermo.  (1) 

La  massima  parte  delle  specie  delle  tre  famie  ora  notate  sono 
o  speciali  di  esse  o  di  strati  del  Lias  medio  delle  Alpi,  dell'  Ap- 
pennino e  della  Spagna,  mentre  solo  un  ristretto  numero  (  che  in 
parte  si  presentano  anche  nell'  Appennino  e  nelle  Alpi  )  sono  di 
quelle  che  hanno  un  grande  sviluppo  o  il  proprio  giacimento  nel 
Lias  medio  estralpino  OSp.  rostrata  Schloth  sp. ,  Sp.  Milnsteri  Da- 
vids.  sp.,  Sp.  Davidsoni  Deslongc,  Eh.  serrata  Sow  sp.,  Rh.  tetrae- 
dra  Sow.  sp.,  Bit.  r'nnosa  v.  Buch  sp..  Eh.  furcillata  Theod  sp., 
T.  punctata  Sow.).  Taluna  di  queste  passa  anche  nel  Lias  superio- 
re. La  Eh.  Dalmusi  Dum.,  menzionata  ora  per  la  prima  volta  nel 
Lias  medio  italiano,  proviene  da  quello  del  bacino  del  Rodano  ed 
è  stata  trovata  recentemente  nella  Spagna  (2);  la  Ter.  Aspasia  Mgh. 
è  citata  anche  negli  strati  con  Hamm.  fallax  di  S.  Vigilio  (3). 

Ora  le  faune  del  Lias  medio  eseminate  qui  sopra  hanno,  come 
si  vede,  esigui  rapporti  con  le  parti  elevate  di  esso  e  col  Lias  supe- 
riore; invece  mostrano  grandi  relazioni  con  l' inferiore  e  specialmente 
con  quello  di  Hierlatz;  sicché  gli  strati  della  provincia  di  Palermo, 
cioè  quelli  della  montagnola  di  S.  Elia,  di  Chiusa-Sclafani  e  di  S. 
Anna;  quelli  delle  Rocche  rosse  di  Galati  e  del  promontorio  di  Ca- 
stelluccio  presso  Taormina  possono  collocarsi  nella  parte  inferiore 
del  Lias  medio. 

Tale  determinazione  di  età  è  confermata  dal  paragone  di  questi 
strati  con  i  due  livelli  di  calcari  con  crinoidi  del  Lias  medio  del 
M.  San  Giuliano.  Infatti  la  fauna  del  livello  inferiore  corrisponde 
a  quelle  della  provincia  di  Palermo^  di  Galati  e  di  Castelluccio  , 
con  le  quaU  ha  26  specie  comuni  sopra  34  e  le  stesse  intime  ana- 


(1)  Se  al  catalogo  (lei  fossili  del  Lias  medio  di  Castelluccio  si  aggiinigono  altre  poche  specie 
sinora  indescritte  (1  Spiri  ferina,  3  lihynchonelìa ,  3  Waldheimia  e  2  Harpoceras)  si  avrà  che 
quella  fauna  è  rappresentata  da  61  specie. 

(2)  KiHAN,  Éftides  paléontologiques  sur  les  térrains  sécondaires  et  tertiaires  de  V  Anda- 
lousie;  Paris   1889,  (Mission  d'  Andalousie;  Mein.  de  l'Acc.  des  Sciences  ecc.,  T.  XXX). 

(3)  Vacek,  Ueber  die  Fauna  der  Oolithe  voti  Cup.  S.  Vigilio,  1880.  CAbhandl.  d.  k.  k.  geol- 
R.  A.,  Bd.  XII.) 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  139 

lotìie  col  Lias  inferiore  di  llierlalz;  mentre  quella  del  superiore,  pur 
legata  strettamente  con  esse  per  l'identità  del  piano  geologico,  ne 
differisce  per  le  sue  relazioni  molto  minori  col  Lias  inferiore  e 
maggiori  con  le  parti  elevate  del  medio  e  col  superiore. 

Possiamo  ora  stabilire  i  rapporti  delle  faune  siciliane  con  quelle 
di  altri  luoghi  del  bacino  mediterraneo  che  possono  servire  al  pa- 
ragone per  la  loro  facies  a  brachiopodi  e  per  la  sufficiente  illustra- 
zione ricevuta.  I  brachiopodi  del  Lias  medio  delle  Alpi  Valdesi  e 
contrade  circostanti  illustrati  dal  dott.  Haas  (1)  non  possono  for- 
nire per  ora  sicuri  elementi  per  la  determinazione  del  loro  livello 
geologico  ,  perchè  non  sempre  si  hanno  esatte  notizie  sugli  strati 
che  li  contengono,  e  perchè  evidentemente  accompagnati  da  altri  fos- 
sili che  sarebbe  necessario  conoscere  molto  estesamente.  Quelle  fau- 
ne, poste  in  una  regione  che  serve  da  limite  tra  il  bacino  mediter- 
raneo e  quello  dell'Europa  centrale,  hanno  un  carattere  promiscuo 
di  specie  dei  due  bacini ,  e  perciò  sarebbe  importantissimo  poterle 
comprendere  nel  paragone  che  facciamo  ;  ma,  attendendo  che  oltre  i 
brachiopodi  ne  siano  illustrati  del  tutto  gli  altri  fossili ,  è  meglio 
non  dare  giudizj  deffmitivi  sulla  minuta  determinazione  della  loro 
età. 

La  fauna  del  Lias  medio  spagnuolo  ,  largamente  studiata  dal 
Kilian  (2),  è  citata  negli  elenchi  promiscuamente  a  quella  del  Lias 
inferiore,  sicché  il  suo  studio,  per  ora,  non  può  servire  al  nostro 
scopo. 

I  depositi  del  Lias  medio  portoghese  permettono  in  buona 
parte,  pei  cefalopodi  che  contengono,  la  loro  divisione  in  zone  cor- 
rispondenti a  quelle  del  Lias  dell'  Europa  centrale  (3).  Essi,  posti 
come  sono  ai  limiti  dei  due  bacini,  non  contengono  brachiopodi  di 
ecclusivo  tipo  mediterraneo,  e  non  sono  adatti  pel  paragone  con  i 
calcari  del  Lias  medio  a  facies  di  Hierlatz. 


(1)  Haas,  Étude    monographique    et  critique  des  brachiopodes  rhétiens  et  jurassiques  des 
Alpes  vaudoises  ecc  ,  II,  1887  (Mèm.  de  la  Soc.  pai.  suisse,  T.  XIV.) 

(2)  Kilian,  Op.  cit. 

(3)  Chopfat,  Op.  cit. 


140  11  Lias  medio  del  M.  Han  Giuliano  (Erice)  pres.io  Trapani 

Le  poche  specie  che  si  conoscono  del  Lias  medio  dell'Unters- 
berg  (Salisburgo),  citate  del  Giimbel  (1)  e  dal  Frauscher  (:2) ,  ac- 
cennano a  una  porzione  elevata  di  quel  piano  ;  però  pel  loro  ri- 
stretto numero  non  permettono  delle  conchiusioni  sicure. 

Per  tutte  queste  ragioni  ci  limiteremo  a  stabilii-e  dei  paragoni 
con  gli  strati  del  Lias  medio  dei  dintorni  di  San  Cassiano  (Tirolo 
meridionale),  dell'  Appennino  centrale,  di  Gozzano  (Prealpi  piemon- 
tesi) e  di  Saltrio  e  Arzo  (Prealpi  lombarde). 

Sulla  fauna  del  Lias  medio  nel  Tirolo  meridionale  hanno  scritto 
il  prof.  M.  Neumayr  (3),  il  dott.  E.  Mojsisovics  (4)  e  il  prof.  H.  Haas  (5), 
in  modo  che  ora  se  n'  ha  una  sufficiente  cognizione;  nondimeno  le 
conchiusioni  che  trarremo  dal  suo  studio  è  possibile  che  non  ab- 
biano un  valore  deffinitivo,  perchè  non  è  escluso  che  le  specie, 
raccolte  presso  San  Cassiano  e  nei  distretti  circostanti  provengano 
da  vari  livelli  liassici  (il  qual  dubbio  non  è  neanco  rimosso  dal 
recente  lavoro  del  prof.  Haas  (6)  su  quelle  contrade)  ,  e  perchè 
la  controversia  che  si  è  elevata  tra  il  prof.  C.  F.  Parona  (7)  e 
e  il  prof.  Haas  (8)  sull'  età  degli  strati  con  brachiopodi  di  Val-Te- 
sino,  tocca  anche  qualche  specie  compresa  dal  secondo  nella  fau- 
na liassica  di  San  Cassiano.  Se  pertanto  si  ehmina  da  questa 
fauna  la  Mh.   belemnitica  Quenst.  sp.    perchè    di    dubbia  determina- 


(1)  GiJMBEL,  Geognostische  Beschreihuny  des  bayerischen  Alpengehìrges  und  seines  Vorlan- 
des;  Gotha,  1861,  pag.  495. 

(2)  Frauscher,  die  Branchiopoden  des  Untersbergs  bei  Salzburg  ;  Wieu,  1883  (Jiilirb.  il. 
k.  k.  geol.  R.  -  A.,  33  Brt.) 

(3)  Neomayr,  die  Zone  der  T.  Aspasia  in  den  Sudalpen;  Wien  18t>7  (Verliaudi.  d.  k.  k. 
geol.  R.  -  A. ,  N.  n.) 

(4)  Mojsi.sovics,  die  Dolomit-liiffe  vnn  Siidtyrol  und   Venetien  ecc.;  Wien,  1879,  pag.  285. 

(5)  Haas,  Beitrdge  zur  Kenntniss  der  liasichen  Brachiopodenfauna  von  Siidtyrol  und  Ve- 
netien ;  Kiel,  1884. 

(^)  Haas,  Ueher  die  Lagerungsverhultnisse  der  Jurafonnation  im  Gebirye  von  Fanis  in 
Siidtyrol  (Verhaiidl.  d.  K.  K.  geol.  R.  -  A  N.   17;  1887.) 

(7)  Parona  Sull'età  degli  strati  a  brachiopodi  della  Croce  di  Segan  in  Val  Tesino,  1885 
(Proc.  verb.  della  Soc.  tose,  di  Se.  Nat.,  1  febb.) 

(8)  Haas,  Ueber  die  Brachiopodenfauna  ».  Siidtyrol  und  Venetien,  1884  (N.  Jahrb.  f. 
Miu.  ecc.,  briefliche  Mittbeil.,  1  Bd.  Ì88ó  )—Bemerkungen  bezuglich  der  Brachiopodenfauna  von 
Castel- Tesino,  1886    Veihandl.  d.  K.  K.  geol.  R.-A.) 


Il  Lhis  medio  del  M.  ,San  (italiano  (Ei-ice)  presso  Tm/xmi  141 

zione  e  diftirilinciitt-  sep;iral)ile  dalla  B/i.  Jiri.'ieis  Gemni.  [h'/i.  var/a- 
bilis  Scliloth.):  la  B/i.  Zitteli,  perchè  nessuno  degli  esemplari  rap- 
presentati nelle  "  Beitràye  z.  Keitidn.  d.  Ii(if<  lìrach.  —  F.  in  Si'altijrol 
ecc.  ,,  corrisponde  agl'individui  originali  della  specie  del  prof.  Geni- 
mellaro;  la  Wuld.  Hertzi  Haas,  perchè  identica  con  la  Waìiì.  cfr. 
Cadomensis  di  Castel  Tesino  pubhlicata  dal  prof.  Parona  (1)  e 
sicuramente  trovata  in  istrati  con  Harp.  opaUniim  alla  Malga  Ta- 
sula  (2)  (Tirolo)  ;  la  Rh.  Suetii  Haas  trovata  pure  nella  stessa  lo- 
calità, e  che  insieme  a  quella  ora  citata  non  lascia  perciò  sicuri 
della  sua  provenienza  nella  fauna  liassica  di  San  Cassiano;  si  riunisce 
alla  Eli.  pUcatissiiìia  Quest.  sp.  la  Rh.  htmyurica  Bock;  la  Wald.  oxy- 
(jonia  Haas  non  Uhi.  alla  Wald.  securiformis  Gemm.  e  la  Wald.  ìin- 
guata,  var.  major  Haas  non  Bòck  alla  Wald.  Rothpletzi  Di-Stef.  (  Wald. 
Haas  RothpL),  che  si  presenta  nel  livello  basso  del  Lias  medio  del 
M.  San  Giuliano,  si  avrà  pel  deposito  di  San  Cassiano  un  insieme 
di  30  specie.  Di  queste  1:2  sono  comuni  col  Lias  inferiore  in  generale, 
e  fra  di  esse  8  si  raccolgono  a  Hierlatz,  5  a  Sospirolo  e  5  nel  Lias 
inferiore  della  Selva  Baconica:  per  questo  i  rapporti  di  tale  fauna 
col  Lias  inferiore  non  sono  maggiori  di  quelli  delle  faune  basse 
del  Lias  medio  siciliano,  e  non  c'è  quindi  nessuna  sufficiente  ragione 
per  non  collocarla  in  quest'ultimo  piano.  Essa  va  aggregata  ai  così 
detti  calcari  con  T.  Aspasia  di  Sicilia,  con  i  quali  ha  16  specie 
comuni,  però  con  la  porzione  antica  di  essi,  della  quale  possiede 
11  specie  {Sp.  rostrata  Schloth  sp.,  Sp.  hrevirostris  Opp.,  Rh.  retu- 
sifrons  Opp.,  Rh.  Briseis  Gemm.,  Rh.  fìabelliim  Mgh.,  Rh.  cfr.  Rey- 
nesi  Gemm.,  T  Aspa,na  Mgh.,  T.  riidis  Gemm.,  T.  Taramelli  Gemm., 
Wald.  securiformis  Gemm.,  Wald.  Rothpletzi  Di  -  Stef.)  e  della  quale 
ha  gh  stessi  intimi  rapporti  col  Lias  inferiore  e  le  insufficienti  rela- 
zioni con  le  parti  elevate  del  Lias  medio  e  col  superiore.  Se,  per 
conferma,  si  paragona  la  fauna  di  San  Cassiano  con  quella  del  Lias 


(3)  Parona  e  Canavari,  /  bracìiiopodi  oolitici  eli  alcune  località  delVltalia  settentrionnle; 
Pisa,  1882  (Atti  della  Soc.  tose,  di  Scin    Nat.,  voi.  V.) 

(l)  FiNKELSTEiN,  Ueher  ein  Vorkommen  (ter  Opalinus  —  (  und  Murchisonae  ?  \ — Zone  im- 
westlkhen  Siid-Tirol,  1889  (Zeitsr.  d.  deutsch.  geol    Gesellschaft  Bd.  XLI.) 


142  II  Lias  medio  del  M.  San  GitiUano  (Erice)  presso  Trapani 

medio  del  M.  San  Giuliano,  si  vede  che  le  sue  maggiori  analogie 
sono  con  la  più  bassa,  che,  come  essa,  è  molto  vicina  al  Lias  infe- 
riore ,  mentre  si  discosta  da  quella  del  livello  superiore ,  con  la 
quale  ha  solo  2  specie  conmni. 

La  fauna  a  brachiopodi  del  Lias  medio  dell'  Appennino  cen- 
trale è  stata  ampiamente  illustrata  dallo  Zitte!  (1),  dal  Ganavari  (2) 
e  dal  Parona  (3).  Dai  loro  scritti  si  trae  che  i  fossiU,  prevalente- 
mente raccolti  nella  parte  superiore  di  quei  calcari  (Ganavari) , 
provengono  da  varj  luoghi  spesso  molto  lontani  fra  di  loro  [Gampo 
delle  Monnece  presso  Gagliole;  Gampi  dell'  Acqua  presso  Ficano  ; 
Precicche,  M.  della  Rossa,  M.  Rocchetta  nel  gruppo  del  Suavicino; 
M.  Gualdo  presso  Gamerino;  Gagli;  tra  Gagli  e  Gantiano  ;  Marco- 
nessa  presso  Cingoli  ;  M.  Gatria^  Passo-del-prete  presso  il  Gatria; 
Foci  di  Gantiano  tra  M.  Petrano  e  M.  Tenetra;  M.  Pietralata  (Fur- 
io),  MonticelH,  Subasio,  M.  Soratte^  Papigno  presso  Terni,  Grotta 
del  miele  e  Val  Mirandola  presso  Gesi  ecc.].  Dippiù  si  vede  che  le 
specie  non  sempre  sono  state  raccolte  in  posto  dai  valenti  studiosi 
che  le  hanno  illustrate,  ma  non  di  raro  da  corrispondenti  ;  sicché  è 
possibile  che  involontariamente  si  siano  confusi  fossih  di  varj 
liveUi    Massici    ben  determinati. 

L'  esistenza  di  varj  livelli  di  calcari  a  brachiopodi  nel  Lias 
medio  dell'  Appennino  centrale  è  certo  probabile  ,  molto  più  che 
quel  piano  vi  raggiunge  una  potenza  superiore  ai  cento  metri  (Ga- 
navari), e  sarebbe  quindi  utilissimo  fare  ricerche  estese  e  minute 
nelle  singole  località.  Tuttavia,  compilando  sui  lavori  degl'illustra- 
tori di  quelle  faune  delle  liste  di  specie  divise  secondo  i  luoghi 
studiati,  potremo  tentare  delle  conchiusioni. 


(1)    ZiTTBL,    Op.    Cit. 

(21  Canavaki,  La  montagna  dei  Suavicino  ecc.  1880.  (Bull,  del  R.  Coni.  geol.  d'Italia. — 
/  brachiopodi  dei/li  strati  a  T.  Aspasia  Mgh.  nell'Appennino  centrale,  1880  (Atti  dell'Acc.  dei 
Lincei,  voi.  Vili)—  Alcuni  nuovi  brachiopodi  degli  strati  a  T.  Aspasia  Mgh.  nelV Appennino 
centrale.  1881  (Atti  della  Soc.  tose,  di  Se.  Nat.,  voi.  V.)—  Contribuzione  III  alla  conoscenza 
dei  brachiopodi  degli  strati  a  T.  Aspasia  Mgh.  tielV Appennino  centrale,  1883  (Atti  della  Soc. 
tose,  di  Se.  Nat.,  voi.  VI). 

(3)  Parona,  Contributo  allo  studio  della  fauna  liassica  dell'  Appennino  centrale,  1883 
fin  Verri,  Studi  geologici  sulle  conche  di  Terni  e  di  ifiXi  (presso  gli  Atti  dell'Acc.  dei  Lincei)]. 


Il  Lias  medio  del  M.  San.  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  143 

Per  venire  a  queste  non  terremo  conto  dei  cefalopodi,  perchè 
essi,  contrariauieute  a  quanto  accade  in  generale,  non  lianno  molto 
peso  nei  nostri  calcari  con  crinoidi  del  Lias  medio  per  stabilire  mi- 
nute determinazioni  di  età,  e  la  loro  presenza  o  mancanza  non  altera, 
come  è  stato  detto,  le  conseguenze  che  possono  trarsi  dall'  esame 
degli  altri  resti  fossili.  Inoltre  è  da  notare  che  sulla  provenienza 
di  questi  cefalopodi  dell'  Appennino  si  rimane  dubbiosi  ,  perchè, 
sebbene  dalle  indicazioni  dello  Zittel  (Op.  cit.)  e  del  Canavari  {La 
montagna  del  Suavic'mo  ecc.)  sembra  che  essi  per  lo  più  siano  stati 
raccolti  insieme  ai  brachiopodi,  tuttavia  poi  il  prof.  Canavari  esprime 
l'opinione  che,  in  parte  almeno,  appartengano  ipoteticamente  a  un 
livello  inferiore  a  quello  della  fauna  di  brachiopodi  (1  hrachiopodi 
degli  strati  a  T.  Aspasia  ecc.,  pag.  6),  e  il  prof.  Parona  invece  scrive 
(Contributo  allo  studio  della  fauna  liassica  ecc.,  pag.  93)  che  i  cal- 
cari del  Lias  medio  con  facies  di  cefalopodi  nell'  Appennino  cen- 
trale (almeno  pei  luoghi  studiati  da  lui  e  dal  Verri)  si  stendono 
sopra  quelli  con  facies  di  brachiopodi.  Per  queste  ragioni  fondere- 
mo le  nostre  conchiusioni  sui  brachiopodi  e  sui  rari  crinoidi  de- 
terminati, tralasciando  qualche  altro  fossile  specificamente  indeter- 
minato o  di  poca  importanza. 

Se  dopo  un  breve  esame  delle  specie  dell'Italia  centrale  citate 
sinora  (1),  compiliamo  gli  elenchi  delle  specie  dei  varj  luoghi  fossi- 


(I)  Alla  fauna  del  Lias  medio  dell'Appennino  centrale,  come  fu  riportata  dal  prof  Zittel 
e  dal  prof.  Canavari  ne'  suoi  tre  primi  lavori,  bisogna  fare  quelle  aggiunzioni  e  rettificazioni 
indicate  dallo  stesso  Canavari  nella  sua  "  Contribuzione  III  alla  conoscenza  dei  brachiopodi 
ecc.  »,  e  dal  prof.  Parona  nel  «  Contributo  allo  studio  della  fauna  liassica  ecc.  ■>,  fra  le  quali 
è  importante  la  radiazione  della  Sj).  Meneghininiana  Can.  e  della  Sp.  Tonti  Can.  di  prove- 
nienza e  di  età  mal  sicure.  Dippiù  è  necessario  togliere  dal  numero  delle  specie  di  quella  fauna 
la  .Sp.  cantanianensis  Mgh. ,  che  è  identica  con  la  Sp.  rostrata  Schloth.  sp.,  perchè  il  carattere 
dei  tubercoli,  indicato  come  speciale  della  superficie  della  Sp.  cantanianensis,  si  riscontra  anche 
su  esemplari  della  specie  dello  Schlotheim  ;  la  Sp.  nudata  Can.,  perchè  sembra  identica  alla 
Sp.  alpina  Opp.;  la  Rh.  variabilis  Scloth.,  perchè  gl'individui  cosi  determinati  appartengono  a 
due  specie  differenti  dalla  Rh  variabilis  {=Rh.  Briseis  Qemm.),  e  \a.  Rh.  deltoidea  Can.,  che 
sembra  identica  alla  Rh.  Zisa  Opp.  degli  strati  di  Klaus,  essendo  la  minor  conves.sità  dell'in- 
dividuo dell'  Appennino  rispetto  a  quella  delle  figure  di  Oppel  ( Uéber  das  Vorkommen  von 
jurassiìchen-Posidonomyen  -  Gesteinen  in  den  Alpen.  pag.  210,  tav.  6  fig.  7)  dentro  i  limiti  di 


144  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 

liferi  studiati  in  quella  regione,  ci  accorgeremo  che  non  tutti  offrono 
tale  numero  o  qualità  di  fossili  da  permettere  che  si  traggano  con- 
cliiusioni  sicure  dal  loro  studio;  però  la  massima  parte  delle  faune 
offrono  degli  elementi  che,  convenientemente  interpetrati ,  possono 
condurre  a  risultati  accettabih.  Quelle  dei  Campi  dell'acqua  presso 
Ficano  e  del  M.  della  Rocchetta  nel  Suavicino,  della  Marconessa  presso 
Cingoh,  delle  Foci  di  Cantiano  tra  M.  Petrano  e  M.  Tenetra,  del  M. 
Pietralata  (Furio),  di  Monticelli  presso  Roma,  di  Papigno  presso 
Terni  e  della  Grotta  del  miele  presso  Cesi,  che  pel  numero  dei  loro 
fossiU  possono  studiarsi  con  utile,  sono  intimamente  legate  dalla 
comunanza  dalla  massima  parte  delle  loro  specie.  I  loro  brachio- 
podi  sono  quasi  tutti  speciaU  dell'  Appennino  e  in  piccola  parte 
conmni  ai  così  detti  calcari  con  T.  Aspasia  della  Sicilia  e  delle 
Alpi.  Sopra  un  insieme  di  69  specie  queste  località  ne  hanno  8 
sicuramente  determinate  comuni  col  Lias  inferiore,    delle    quali  ce 


variabilità  di  questa  specie,  secondo  traggo  dall'esame  di  molti  esemplari  della  Kh.  Zisa  Opp  ., 
raccolti  nei  calcari  con  P.  alpina  (Klausschichten)  di  Sicilia.  Inoltre  è  da  fare  lo  stesso  per  la  Rh. 
Mariottii  Csii\.  non  Zittel  del  M  Suavicino  e  della  Marconessa  presso  Cingoli,  perchè  essa  non 
appartiene  alla  specie  dello  Zittel;  invece  1'  esemplare  della  tav.  IV,  fig.  2  (Eh.  Mariottii). 
del  lavoro  del  prof.  Canavari.  «  /  brachiopodi  degli  strati  a  T.  Aspasia  ecc.  >•  pare  assai  vicina 
alla  Rh.  polymorpha  Opp.  degli  strati  di  Klaus  ed  è,  pei  caratteri  della  fronte,  certamente 
differente  dalla  Rh.  Mariottii  Zitt  ;  quello  della  tav.  IV,  fig.  3  [della  stessa  opera  potrebbe 
forse  considerarsi  come  giovane  della  Rh.  variabilis  Mgh.  non  Schloth.  var.  laevis  Mgli  ,  che 
ha  però  il  tipo  delle  Rhynchonella  lisce  del  Dogger.  C'è  ancora  da  notare  che  la  T.  fiiihrioides 
CaD.  non  Deslongc.  del  M.  Pietralata  (Furio),  rappresentata  nella  tav.  11,  fig.  l  iei  Brachiopodi 
degli  strati  a  T.  Aspasia  Mgh.  ecc.  non  potrebbe  separarsi  dalla  T.  Renier  iCàt.,  mentre  quella 
della  fig.  a  è  la  T.  Rotzoana  Schaur.;  che  la  T.  hypotycha  Can.  (Contribuzione  III  ecc.,  pag.  17, 
tav.  X,  fig.  1)  pare  non  differisca  dalla  T.fimbrioides  Deslongc;  che  la  T.  sp.  ind.  cfr.  T.  sphe- 
noidulis  Mgh.  della  Rocchetta  (Suavicino)  riportata  dal  prof.  Canavari  nella  Contribuzione  III 
ecc.  è  da  riunire  con  grande  probabilità  alla  T.  sphenoidalis  Mgh.  apud  Genim.,  e  che  la  T 
sphenoidalis  Mgh.  apud  Canavari  (/  brachiopodi  degli  strati  a  T.  Aspasia  ecc  pag.  14,  tav. 
11,  fig.  5,  6.)  sembra  fondata  su  individui  giovani  della  T.  punctata  Sow.,  come  moltissimi  se 
ne  osservano  in  Sicilia  e  sulle  Alpi.  Alla  T.  punctata  possono  aggregarsi  con  certezza  gl'indi- 
vidui che  il  Cmavari  cita  con  dubbio. 

Questo  breve  esame,  reso  necessario  dal  bisogno  di  fare  un  computo  esatto  della  fauna  di 
brachiopodi  del  Lias  medio  appenninico ,  cosi  estesamente  e  splendidamente  illustrata  special- 
mente dal  prof.  Canavari,  fa  valutare  in  tutto  le  specie  che  si  raccolgono  sui  monti  della  Roc- 
chetta nel  Suavicino,  alle  Precicche,  alla  Marconessa  (Cingoli),  alle  Foci  di  Cantiano,  al  M.  Pie- 
tralata (Furio),  a  Monticelli,  a  Papigno,  alla  Grotta  del  Miele  a  70,  salvo  errore. 


//  L/ai<  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  145 

ne  sono  a  Hierlatz  7,  a  Sospirolo  2,  nel  Lias  inferiore  della  Selva 
Baconica  3  e  in  quello  di  Taormina  2;  sicché  siamo  lontani  dal 
trovarvi  quelle  strette  analogie  col  Lias  inferiore  che  distinguono  la 
massima  parte  delle  faune  a  brachiopodi  del  Lias  medio  di  Sicilia. 
Invece  in  talune  di  esse  (Marconessa  presso  Cingoli,  M.  Pietralata 
nel  Furio)  si  raccolgono  la  T.  Benieri  Cat.  e  la  T.  Rotzoana  Schaur; 
che  per  le  relazioni  che  indicano  col  Lias  superiore  e  con  la  par- 
te elevata  del  Lias  medio,  le  fanno  porre  in  una  porzione  recente 
di  questo  piano.  A  tali  condizioni  bisogna  aggiungere  quelle  date  dal 
loro  posto  stratigrafico  elevato  nella  massa  degli  strati  del  Lias  me- 
dio appenninico  (Canavari)  e  dalle  relazioni  di  alcune  loro  specie 
con  altre  del  Dogger,  come  sono  la  BliijncìwneUa  sp.  =  i?/?.  varia- 
bilis  Mgh.  non  Schloth.  var.  laevis  Mgh.,  che  richiama  la  Eh.  coar- 
data  Opp.;  la  Bìi.  dolahriformis  Mgh.,  che  ricorda  la  Eh.  orthoptycha 
Opp.;  la  Rh.  Meneghina  Ziti.,  che  ha  relazione  con  la  Bh.  hrentoniaca 
Opp.  ecc. 

Questa  determinazione  di  età,  da  tempo  messa  bene  in  chiaro 
dal  prof.  Canavari,  è  confermata  dal  paragone  delle  faune  menzio- 
nate con  quelle  dei  due  livelli  di  calcari  con  crinoidi  del  M.  San 
Giuliano,  hifatti  quello  che  per  la  presenza  della  T.  Botzoana 
Schaur.,  per  le  relazioni  con  la  porzione  elevata  del  Lias  medio  e 
gli  esigui  rapporti  col  Lias  inferiore  corrisponde  con  esse  è  preci- 
samente il  livello  superiore,  nonostante  che  abbia  comuni  con  que- 
ste faune  solo  poche  specie  {Sp.  rostrata  Schloth.  sp.,  T.  pundata 
Sow.,  T.  sphenoidaìis  Mgh.  apud  Gemm.,  T.  Botzoana  Schaur.).  Tali 
caratteri  delle  faune  appenniche  citate  non  si  riscontrano  invece  nelle 
altre  siciliane,  che  pur  tuttavia  hanno  con  esse  molte  specie  comuni 
{Sp.  rostrata  Schloth.  sp.,  Bh.flabellum  Mgh.  Bh.,  Sordellii  Par.,  Bh.Ma- 
riottii  Zitt,  T.  Aspasia  Mgh.,  T.  cornicoìana  Gan.,  T.  sphenoidaìis  Mgh. 
apud  Gemm.,  T.  TaranielUi  Gemm.  T.  Piccini niiZxii.,  Wald.  mutahiìis. 
Opp.,    Wald.  furlana  Zitt.,  var.  elongata  Mgh.,  P.  Stoliczkai   Gemm.) 

La  fauna  del  M.  Soratte  (Roma),  per  quanto  poco  conosciuta, 
sembra  di  occupare  nel  Lias  medio  un  posto  bassso,  malgrado  le 
sue    relazioni    con  quelle    dell'Appennino    esaminate    sopra.    Delle 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sbeie  4'  20 


146  11   Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 


sue  5  specie  [  Sp.  rostrata  Schloth.  sp.,  Sp.  alpina  0\y\).  (  =  t^p. 
nudata  Gan.),  Rh.  pediniformis,  Rh.  Rusconii  Can.,  Wahl.  ntntahilis 
Opp.  ]  tre  sono  comuni  col  Lias  inferiore  ,  mentre  nessuna  e  di 
quelle  che  indicano  valevoli  relazioni  con  la  parte  elevata  del 
Lias  medio  o  col  superiore.  Per  queste  ragioni  la  fauna  del  M. 
Soratte  deve  porsi  nella  porzione  inferiore  del  Lias  medio,  fin- 
ché una  estesa  raccolta  di  fossili  non  modifichi  eventualmente  que- 
ste conclusioni. 

Il  Lias  medio  di  C4ozzano  nelle  Prealpi  piemontesi  è  stato  il- 
lustrato da  un  importante  lavoro  paleontologico  del  prof.  C.  F.  Paro- 
na  (1).  Tenendo  conto  delle  aggiunzioni  e  delle  rettificazioni  pubbli- 
cate più  tardi  dallo  stesso  autore  (%)  e  da  poche  altre  che  è  pos- 
sibile fare  (3),  si  ha  per  la  fauna  di  quel  luogo  un  insieme  di  43 
specie,  non  computando  un  Lepitodus,  un  Pentacrinua  e  un  Cidaris 
indeterminati,  hi  essa  le  specie  comuni  col  Lias  inferiore  possono 
valutarsi  a  li2,  delle  quali  solo  7  sono  comuni  col  deposito  di  Hierlatz, 
2  col  calcare  di  Sospirolo,  2  con  quello  della  Selva  Baconica  e  2  con 
quello  cristallini  della  provincia  di  Palermo  ;  però  la  presenza  della 
Gryphaea  arcuata  Lmk.,  le  manchevoli  relazioni  con  le  porzioni  ele- 
vate del  Lias  medio  e  col  superiore,  nonché  i  suoi  intimi  rapporti 
con  le  faune  antiche  del  Lias  medio  di  Sicilia,  con  le  quali  ha  co- 
muni 16  specie  {Sp.  rostrata  Schloth.  sp.,  Sp.  sicula  Gemm.,  Sp. 
anytdata  Opp.,  Sp.  MUnsteri  Davids. ,  Rh.  tetraedra    Sow.  sp  ,    Rh. 


I IJ  Parona  ,  //  calcare  liassico  di  Gozzano  e  i  suoi  fossi/i,  Roma,  1880  (Atti  dell'Acc. 
dei  Lincei,  voi.  Vili). 

(2)  Paroma,  Contrihuto  allo  studio  della  fauna  liassica  dell' Appennino  centi  ale,  yrni^.  94. — 
Valsesia  e  lago  d'Orla;  Milano,  1886  (Alti  della  Soc.  ital    di  Se.   Nat,  voi.  XXIX)  pag-  102. 

(3)  La  Rh.  Calderina  Par.  mi  pare  che  non  possa  separarsi  dalla  Rh.  Briseis  Gemm.  (  Rh. 
variahilis  Schloth.),  né  la  Rh.  discoidalis  Par.  daHa  Rh.  serrata  Snw.;  la  Rh.  Zitteli  di  Gozza- 
no, figurata  dal  prof.  Parona,  non  corrisponde  agi'  individui  originali  della  Rh.  Zitteli  Gemm., 
che  ho  potuto  studiare  nel  Museo  geologico  della  Università  di  Palermo  ;  ma  potrebbe  esser 
riguardata  come  una  varietà  nmlticostata  della  Rh.  Briseis,  simile  a  quelle  che  il  sig.  Geyer 
figura  nella  tav.  V  della  sua  opera  più  volte  citata.  La  T.  cfr.  Andleri  Opp.  è  da  riferire  a 
una  nuova   Waldheimia  ;  la   Wald.  cfr    Ewaldi  riportata  dal   Parona   sembra    identica    con  la 

Wald.  sp.  ind.  cfr.  Ewaldi  di  Arzo  (Pafona  ,  Jhrachiopodi  liassici  di  Saltrio    ecc.  ;  pag.  259, 
tav.  V    fìg.   15),  che  per  la  gonfiezza  è  differente  dalla    Wald.  Ewaldi  Opp . 


//  Lia.s  medio  del  M.  San  GhiUano  [Erice)  jìresso  Trapavi  147 


Bn's-eis  Gemm.,  E/i.  Sorde/lil  Par.,  h'/i.  .serrata  Sow.  sp.,  L'/t.  pabel- 
hoì)  Mgh.,  T.  ptmctata  Sow.,  T.  splienoidaìis  Mgh.  apud  Gemm.,  T. 
TaramelUi  Gemm.,  T.  Aspasia  Mgh.,  Waìd.  Ewaìdi  Opp. ,  W.  cfr. 
subuumismalis  Davids.,  P.  Stolizckai  Gemm.),  forzano  a  porla  in  una 
porzione  bassa  del  Lias  medio,  come  di  già  ha  ben  dimostrato  il  prof. 
Parona.  Le  relazioni  del  Lias  medio  di  Gozzano  sono  del  resto  pic- 
cole con  quelle  elevate  dell'Appennino  (8  specie  comuni)  e  col  li- 
vello superiore  di  calcari  con  crinoidi  del  M.  San  Giuliano  (7  specie 
comuni.) 

•Per  quanto  riguarda  il  Lias  medio  di  Saltrio  e  Arzo  nelle  Preal- 
pi lombarde,  tanto  bene  studiato  dal  prof.  Parona  (1),  notiamo  pri- 
ma di  tutto  che  sebbene  può  riguardarsi  come  tipica  pel  massimo 
numero  di  specie  la  fauna  di  Arzo,  non  è  necessario  di  esaminare 
a  parte  quella  di  Saltrio  ,  perchè  così  intimamente  legata  con  la 
prima  da  non  potersene  staccare. 

Se  consideriamo  come  appartenente  alla  Waìd.  Eivaldi  Opp. 
la  Waldheimia  f.  n.  che  il  Parona  figura  nella  tav.  V,  flg.  16,  17 
del  lavoro  citato  sotto,  e  come  una  varietà  della  Eh.  Brisei  Gemm. 
la  Bh.  cfr.  Ziti  eli  Gemm.  di  Arzo,  perchè  vicinissima  a  questa  e  dif- 
ferente dalla  Eh.  Zitteli  Gemm.  di  Sicilia,  avremo  nella  fauna  stu- 
diata un  insieme  di  28  specie,  delle  quali  solo  9  sono  comuni  col 
Lias  inferiore  ,  e  che  si  presentano  5  in  quello  di  Hierlatez  ,  1  in 
quello  ad  Arietiti  dell'  Italia  centrale,  2  in  quello  del  Bacino  del  Ro- 
dano e  1  in  quello  dell'  Europa  centrale.  Siccome  fra  queste  spe- 
cie poche  sono  quelle  che  hanno  il  massimo  sviluppo  nel  Lias 
inferiore  ,  possono  riguardarsi  come  molto  esigui  i  rapporti  della 
fauna  di  Saltrio  e  Arzo  col  Lias  inferiore  ;  sicché  si  sarebbe 
condotti  a  porla  in  una  porzione  elevata  del  Lias  medio.  Tuttavia 
è  da  considerare  che  essa  non  ha  forti  relazioni  col  livello  supe- 
riore di  calcari  con  crinoidi  del  M.  San  Giuliano,  né  con  le  faune 
elevate  dell'  Appenino  centrale,  né,  quel  che  è  più,  con  altri  strati 


(1)  Pakona,  I  brachiopodi  liassici  di  Saltrio  e  Arzo  nelle  Prealpi  lombarde;  1884.  (Meni, 
del  R.  Istituto  lombardo.) 


148  11  Lias  medio  del  M.  ^an  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 


superiori  del  Lias  medio  in  generale  e  col  superiore;  ma  che  inve- 
ce ha  molti  rapporti  con  quella  di  Gozzano  (10  specie  comuni)  e 
perciò  con  quelle  basse  siciliane.  Per  queste  ragioni  deve  ritenersi 
che  la  fauna  di  Saltrio  e  Arzo  occupa  la  parte  media  del  Lias 
medio. 

Infine  è  da  notare ,  il  che  abbiamo  anche  accennato  avanti , 
che  taluni  dei  livelli  di  calcari  con  crinoidi  dell'  Italia  superiore,  spe- 
cialmenti  quelli  di  Arzo,  Besazio  e  della  Bicicola  di  Suello  (Lombar- 
dia), contenenti  la  T.  Aspasia  Mgh.,  la  T.  Renleri  Gat.,  la  T.  Rotzoana 
Schaur.  e  la  T.  erbaensis  Suess,  sono  probabilmente  gli  equivalenti 
dei  livelli  elevati  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Trapani)  e 
dell'Appennino  centrale,  e  ciò  pei  caratteri  della  loro  fauna  e  per 
la  posizione  stratigrafica  di  alcuni  che  sono  immediatamente  infe- 
riori al  Lias  superiore ,  come  quelli  di  Besazio  (Spreafico  (1)  e 
della  Bicicola  (3).  Del  resto  il  prof.  G.  MenegMni  (3)  aveva  fatto 
notare  le  intime  relazioni  del  giacimento  della  Bicicola  col  Lias 
medio  e  la  mancanza  in  esso  dei  tipi  più  frequenti  e  caratteristici 
del  Lias  superiore.  La  fauna  di  questa  località  ha  invero  l'impronta 
del  Lias  medio,  molto  più  che  la  massima  parte  delle  sue  specie 
ritenute  comuni  col  Lias  superiore  sono  tali  col  calcai-e  detto  Me- 
cloìo,  almeno  per  parte  del  quale  il  Reynès  (4)  e  lo  Zittel  (5)  hanno 
espresso  l'uno  la  certezza  e  l'altro  il  dubbio  che  si  tratti  di  Lias 
superiore. 

*  * 

§2.-1  sincronismi    indicati  nel    paragrafo    precedente    non 
sono  punto  assoluti,  né  l'aggruppamento  delle   varie    faune  in  una 
parte  inferiore  e  in  una  superiore  del  Lias  medio  può  essere  pre- 
ci) Tabamelli,  Il  Cantori  Ticino  meridionale  ed  i  paesi  finìtimi,  Berua,  1880. 

(2)  Pakoha,  Note  paleontologiche  sul  Lias  inferiore  delle  Alpi  lombarde,  1889  iReudieouti 
del  R.  Ist.  lomb.,  S.  11,  voi.  XXI). 

(3)  Meneghini,  Paragone  paleontologico  dei  vari  lembi  del  Lias  superiore  in  Lombardia 
(Atti  dell'Acc.  dei  Lincei,  II,  S.  II,  1875)  pag.  G3Ì .  —  Monographie  du  tulcaire  roiige  ammo- 
nitique  ecc.,  pag.  222. 

(4)  Reynf.s,  Essai  de  geologie  et  de  paleontologie  aveyronnaises;  Paris,  1868. 

(5)  Zittel,  Op.  cit. 


//  L/n.s  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  14!t 


cisato  da  una  linea  netta  di  divisione.  I  nostri  calcari  con  crinoidi 
e  brachiopodi  esaminati  sono  dei  depositi  per  lo  più  Icnticolari  , 
formati  sotto  determinate  condizioni  locali ,  intercalati  ad  altezze 
varie  o  eguali  nella  massa  dei  calcari  piìi  o  meno  compatti  o  sub- 
cristallini del  Lias  medio,  perchè  rappresentano  dei  momenti  con- 
temporanei 0  successivi  di  formazione.  Può  infatti  eseguirsi  negli 
strati  che  abbiamo  esaminato  uno  smembramento  piìi  minuto ,  se 
si  tien  conto  contemporaneamente  della  proporzione  centesimale  di 
fossili  del  Lias  inferiore  nelle  loro  faune  e  della  presenza  o  assenza 
di  specie  che  indicano  valevoli  relazioni  con  le  parti  elevate  del 
Lias  medio  e  col  superiore.  S'intende  che  al  primo  di  questi  cri- 
teri non  può  darsi  un  valore  ristretto  e  assoluto  ,  perchè  la  pro- 
porzione di  specie  del  Lias  inferiore  può  variare  fra  larghi  limiti , 
determinati  dallo  estendersi  delle  investigazioni  paleontologiche,  dal 
modo  di  comprendere  le  specie  e  dalle  condizioni  locali  sotto  le 
quali  si  formarono  i  depositi;  tuttavia,  siccome  le  faune  sulle  quali 
abbiamo  discorso  hanno  ricevuto  una  sufficiente  illustrazione,  fap- 
plicazione  del  criterio  della  proporzione  centesimale  di  specie  del 
Lias  inferiore  assai  largamente  inteso,  ma  sempre  tale  da  servire 
a  distinguere  UvelU  e  non  piani,  può  essere  utile. 

Pertanto,  se  per  conferma  delle  idee  esposte  in  questo  lavoro, 
si  vuol  fare  il  tentativo  di  una  suddivisione  piti  precisa  dei  vari 
livelli  eh  calcari  con  crinoidi  del  Lias  medio  mediterraneo  ;  si  do- 
vranno riguardare  come  più  antichi  gU  strati  inferiori  del  M.  San 
Giuhano,  quelli  di  Chiusa-Sclafani,  di  Sant'Anna  di  Giuliana  e  della 
Montagnola  di  S.  Elia  (Palermo),  di  Castelluccio  (Taormina)  e  dei 
dintorni  di  San  Cassiano  (Tirolo),  nei  quah  la  proporzione  centesi- 
male di  specie  comuni  col  Lias  inferiore  va  dal  37  al  50  per  cento 
(essendo  pei  primi  50  "  o ,  pei  secondi  43  %,  pei  terzi  37  "  o , 
pei  quarti  47  °/o ,  per  la  quinta  43  %,  per  la  sesta  38  o/o ,)  e  non 
si  notano  specie  che  possano  farti  collocare  in  una  porzione  ele- 
vata del  Lias  medio.  La  fauna  delle  Rocche  rosse  di  Galati  di 
Tortorici  (Messina)  è  intimamente  legata  con  quest'  ultime  ,  delle 
quaU  possiede  28  specie,  ed  è  abbondante  di  tipi  di  Hieriatz;  non- 


150  II  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

dimeno  essa  ha  un  così  grande  numero  di  specie  proprie  ,  e  una 
proporzione  centesimale  di  fossili  del  Lias  inferiore  (30  «  o)  così 
piccola  rispetto  a  quella  delle  altre  citate  sopra,  che  potrà  consi- 
derarsi come  leggermente  più  giovane. 

Accanto  a  quello  di  Galati  potrà  collocarsi  il  Lias  medio  del 
M.  Soratte  (Roma),  nel  qual  piano  a  dir  vero,  è  assai  forte  la  propor- 
zione centesimale  delle  specie  comuni  col  Lias  inferiore  (60  °/o)  ; 
però  la  certezza  che  la  fauna  di  quegli  strati  è  assai  incompleta- 
mente nota  e  gì'  intimi  rapporti  che  essa  ha  con  le  faune  elevate 
del  Lias  medio  dell'Appennino  centrale,  mentre  da  un  canto  danno 
carattere  di  provvisorietà  alle  conchiusioni  che  se  ne  possono  trar- 
re, fanno  sospettare  più  strette  relazioni  con  le  porzioni  alte  del 
Lias  medio,  e  permettono,  per  ora,  di  porla  in  un  livello  più  ele- 
vato di  quelle  della  provincia  di  Palermo,  di   S.  Cassiano  ecc. 

La  fauna  di  Gozzano  (Piemonte)  è  ,  come  fu  detto  ,  stretta- 
mente legata  a  quelle  basse  siciliane  ,  e  manca  di  specie  che  pos- 
sono farla  porre  nella  parte  superiore  del  Lias  medio;  però  le  sue 
relazioni  col  Lias  inferiore  non  sono  forti  (il  28  %  di  specie  co- 
muni) ,  nonostante  la  presenza  della  Gryphaea  arcuata  citata  dal 
Parona;  sicché  potrà  riguardarsi  come  più  elevata  delle  faune  esa- 
minate poco  avanti.  In  un  posto  leggermente  più  alto  ,  ossia  nella 
parte  media  del  Lias  medio,  potrà  mettersi  la  fauna  a  brachiopodi 
di  Saltrio  e  Arzo  (Lombardia),  per  le  ragioni  esposte  a  pag.  27  (1). 

Fra  i  calcari  della  parte  superiore  del  Lias  medio,  quelli  del 
livello  alto  del  M.  San  Giuliano  potranno  riguardarsi  come  i  più 
antichi ,  perchè  le  loro  relazioni  col  Lias  inferiore  sono  (discreta- 
mente forti  (37  °  0  di  specie  comuni).  Quelli  dell'  Appennino  cen- 
trale sono  certo  un  po'  più  elevati,  ma  non  tutti  nello  stesso  gra- 
do. Infatti  le  piccole  faune  della  Marconessa  presso  Cingoli  e  del 
M.  Pietralata  (Furio)  sono  distinte  dal  resto  per  la  presenza  di  due 
importanti  specie  {T.  Rotzoana  Schaur.,   T.  Benierl  Cat.),  che  molto 


(1)  Non  è  improbabile  che  occupi  lo  stesso  posto  quella  zona  di  calcari  compatti  che  al 
M.  San  Giuliano  separa  i  due  livelli  di  calcari  con  crinoidi,  e  che  per  la  sua  povertà  di  fos- 
sili non  fa  emettere  giudizj  sicuri  per  la  determinazione  del  livello. 


//  Lids  medio  ilei  M.  San  Giuliaìw  (Erice)  prei<so  Trapani  lól 

le  avvicinano  al  Lias  supi'iiort.'.  Le  altre  ,  in  generale  più  abbon- 
danti di  fossili  ,  cioè  quelle  dei  Campi  dell'  acqua  presso  Ficano 
(Suavicino)  ,  dei  monti  della,  Rocchetta  (Suavicino)  ,  delle  Foci  di 
Cantiano,  di  Papigno  (Terni),  della  Grotta  del  Miele  (Cesi),  di  Mon- 
ticelli nei  monti  Cornicolani,  che  sono  le  meglio  studiabili,  tengono 
un  posto  intermedio  tra  le  prime  due  (MarConessa  e  M.  Petralata) 
e  quella  del  livello  elevato  del  M.  San  Giuliano,  perchè,  non  solo 
mancano  delle  due  specie  menzionate  ora ,  ma  ne  mostrano  qualcu- 
na, come  la  Sp.  uhiusa  Opp.  (Monticelli),  una  Spiriferiva  molto  af- 
fme  alla  Sp.  Pichlerl  Neum.  (Foci  di  Cantiano),  la  Sp.  alpina  Opp.  = 
Sp.  undata  Can.  (Papigno,  Grotta  del  Miele,  Monticelli)  e  la  Wald. 
mutahilis  Opp.  (Foci  di  Cantiano,  Monti  della  Rocchetta),  che  danno 
loro  un  carattere  di  antichità  maggiore  di  quello  delle  faune  del 
M.  Pietralata  e  della  Marconessa,  ma  sempre  minore  di  quello  del 
livello  superiore  del  M.  San  Giuliano,  che  ha  piti  specie  del  Lias 
inferiore,  hitanto  bisogna  riconoscere  che  le  ricerche  più  estese 
e  particolari  nelle  singole  località  fossilifere  del  Lias  medio  dell'  Ap- 
pennino centrale  sono  necessarie  per  assodar  meglio  questo  modo 
di  vedere. 

Accanto  agli  strati  più  alti  del  Lias  medio  appenninico  potran- 
no porsi  i  calcari  con  crinoidi  e  T.  Aspasia,  T.  erbaensis,  T.  Reuieri, 
T.  Rotzoana  ecc.  di  Arzo,  Besazio  e  della  Bicicola  di  Snello  (Lom- 
bardia), ma  con  un  segno  dubitativo,  finché  uno  studio  più  esteso 
delle  loro  faune  non  avrà  del  tutto  assodato  la  loro  spettanza  alla 
porzione  più  alta  del  Lias  superiore. 

I  risultati  di  questo  tentativo  di  ordinamento  dei  calcari  con 
crinoidi  e  brachiopodi  meglio  conosciuti  del  Lias  medio  mediterraneo 
potranno  osservarsi  sinteticamente  nel  quadro  che  segue  : 


152  II  Lias  medio  del  M.  San  G'mliano  (Erice)  presso  Trapani 

CALCARI  DEL  LIAS  MEDIO 

ao     M.  Pietralata  (Furio);  Marconessa — (Cale,  con  T.  Ben/eri   ecc. 
di  Arzo,  Besazio,  Bicicola  di  Suello)? 

Campi  dell'Acqua;  M.  della  Rocchetta;  Foci  di  Cantiauo;  Papi- 
gno;  Grotta  dfel  Miele;  Monticelli, 
ò^     M.  San  Giuliano,  liv.  sup.. 

Saltrio  e  Arzo. 
^     Gozzano. 

cS  \  Rocche  rosse  di  Calati  ;  (M.  Soratte)  ì 

oz,  /  M.  San  Giuliano,  liv.  inf.  ;  Chiusa-Sclafani;  Sant'  Anna  di  Giu- 
^  liana;  M.  di  S.  Elia;  Castelluccio;  S.  Cassiano. 


PARTE    PALEONTOLOGICA 


BRACHIOPODA 

Gen.  Spiriferina  d'  Orbigny 

Spiriferina  alpina  Opp. 

\86i.  Spiriferina  alpina  Oppel,    Ueber  die  Brachiopoden    des    unte- 
rei! Lias  (Zeitschr.   d.  deutsch.     geol.    Ge- 

sellschf.,  XIII  Ed.)  pag.  541,  tav.  XI,  fig.  5. 
1879.  „  „       Neumayr ,  Zur    Kenntniss    der    Fauna    des 

untersten  Lias  in  den  Nordalpen  (Abhandl. 

d.  k.  k.  geol.    R.    A.,    VII   Bd.)   pag.    9, 

tav.    1,  fig.  4. 
1883.  „  „       Canavari,  Contribuzione  III  alla  conoscenza 

dei  jjrachiopodi  degli  strati   a    T.   Aspasia 

Mgh.  neir  Appennino  centrale  (Atti    della 

Soc.  tose,   di  Se.  Nat.  ,  voi.  VI  )  pag.  78, 

tav.  IX,  fig.  3. 
1883.  „         undata    Canavari,  Ibid.,  pag.  80,  tav.  IX,  fig.  4. 

1885.  „         alpina    Haas,  Étude  monographique  et  critique  des 

brachiopodes  rhétiens  et  jurassiques  des 
Alpes  vaudoises,  (Mém.  de  la  Soc.  paleont. 
suisse,  XI)  pag.  27,  tav.  II,  fìg.  8,   10. 

1886.  „     compressa  Seguenza,  Le  Spiriferina  dei  varii  piani  del 

Lias  messinese  (Boll,  della  Soc.  geol.  ital. 

voi.  IV)  pag.  457,  tav.  XX,  fig.  6. 
1886.  „   tauromenensis  Seguenza^  Ibid.,  pag.  458,  tav.  XX,  fig.  7. 

1886.  „  alpina  Rothpletz,  Geologisch-palaeontologische  Mo- 

nographie  der  Vilser  Alpen  ecc.  (Palaeon- 

tograpliica,   33  Bd.)  pag.    158. 
1889.  „  „       Geyer ,  Ueber  die  liasischen  Brachiopoden- 

fauna  des  Hierlatz  bei  Hallstatt  (Abhandl. 

d.  k.  k.  geol.  R.  A.  ,  XV  Bd.  )   pag.    71, 

tav.  Vili,  fig.  4-8. 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Seeie  4'  21 


154  II  Lias  medio  del  M.  San  (fiuliano  (Erice)  presso    Trapani 


La  Sp.  alpina  Opp.  ò  rappresentata  da  pochi  esemplari  nei 
calcari  grigi  della  parte  inferiore  del  Lias  medio  del  M.  San  Giu- 
liano. Essi  corrispondono  alle  forme  un  po'  slargate  di  questa  spe- 
cie e  con  apice  molto  curvato.  La  loro  area  è  un  po'  concava  e 
larga  più  della  metà  della  lunghezza  della  conchiglia  ;  il  contorno 
della  conchiglia  è  tagliente.  Benché  questi  individui  mostrino  molti 
rapporti  con  la  Sp.  rostrata  Schloth.  sp.,  nondimeno  se  ne  distin- 
guono bene  per  la  grandezza  dell'  area  ,  per  1'  assenza  del  lobo  e 
del  seno  alla  fronte,  nonché  per  la  minore  convessità  della  valva 
imperforata. 

La  Sp.  compressa  Seg.  e  quella  indicata  col  nome  di  Sp.  Can- 
tanianensis  Can.^  var.  tanromenensis  Seg.  del  Lias  medio  messinese 
vanno  aggregate  alla  Sp.  alpina  Opp.,  perchè  non  ne  differiscono 
in  nulla,  come  del  resto  mi  son  convinto  con  l'esame  degli  esem- 
plari di  Galati  e  di  Taormina  (Messina). 

Il  dott.  Rothpletz  (  Op.  cit.  )  espresse  di  già  il  dubbio  che  la 
Sp.  nudata  Can.  possa  rappresentare  la  Sp.  alpina  Opp.  L'  esem- 
plare originale  figurato  dal  dott.  Canavari  si  trova  nelle  collezioni 
dell'Ufficio  geologico  italiano,  dove  ho  potuto  esaminarlo  e  persua- 
dermi infatti  che  esso  non  si  può  dividere  dalla  specie  dell'Oppel. 

La  Sp.  alpina  Opp.  si  presenta  nel  Lias  inferiore  delle  Alpi  e 
della  Selva  Baconica;  nel  Lias  medio  dell'  Appennino  centrale  (  M. 
Soratte)  e  della  Sicilia  (M.  Ucina  presso  Galati,  Gastelluccio  presso 
Taormina  e  M.  San  Giuliano). 

Spiriferina  rostrata  Schloth.  sp. 

1822.  Terehratulites  rostratus  Schlotheim,  Nachtrage  zur  Petrefacten- 

kunde,  pag.  95,  tav.  XIV,  fìg.   4. 

1830.    Delthyris  rostrata    Zieten,  Die  Versteinerungen  Wiirtembergs, 

pag.  51,  tav.   38,  fig.   3. 

1840.  „  rostratus  v.  Buch,  Classiflcation  et  déscription  des 

Delthyris  (Mem.  de  la  Soc.  géol.  de  Fran- 
ce  ,   1  S.,  t.  IV)  tav.  X,  fig.  24. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erive)  preioio  Trapani  155 

1851.    Spirifer  rostratus    Davidson,  A    inonograpli    of    lirith.     ool. 

and.  liass.  Brachiopoda  (Palaeont.  Society 

of  London  )     pag.   '20  ,  tav.  '2  ,    iìg.     1  -  2 

(escluse  fig.   7-9). 
1851.  „  „  Cliapuis  et  Dewalque,  Térrains  secondaires 

du   Louxembourg,  pag.   TU,  tav.  XXXV, 

fig.  6. 

1853.  „  „  Oppel  ,    Dei-    mittlere    Lias     Schvi^abens , 

pag.   73,  tav.  IV,  flg.   7. 

1854.  „  „  Suess,  Ueber  die   Brachiopoden  der  Kos- 

sener  Schichten,  pag.    19,  tav.   '2,  fig.  8. 
1858.  „  „  Quenstedt,    Der  Jura,  pag.    181  ,  tav.   22, 

fig.   2ò. 

1862.  Spirifer  ina  rostrata  Deslongchanips,  Études   critiques  sur  des 

brachiopodes  nouveaux  ou  peu  connus , 
pag.   10,  tav.  2,  flg.  7-9. 

1863.  „  „  Ooster,  Synopsis  des  brachiopodes  fossiles 

des  Alpessuisses,pag.  39,  tav.  13,  flg.  13-20. 

1867.  „  „  Dumortier,  Dépòts  jurassiques    du  bassin 

du  Bliòne  ;  Lias  inférieur,  pag.  227,  ta- 
v.  XLIX,  flg.   17. 

1871.    Spirifer    rostratvs  Quenstedt,  Die  Brachiopoden  Deutschlands 

pag.  527,  tav.   54,  flg.  96-107. 

i87 4^.  Spiriferina  rostrata  Gemmellaro  ,    Sopra    i    fossili  della  zona 

con  T.  Aspasia  della  provincia  di  Paler- 
mo e  di  Trapani  (Sopra  alcune  faune  giu- 
resi  e  liasiche  della  Sicilia  )  pag.  58  , 
tav.  X,  flg.  4. 

1876.  „  ;,  Davidson,  Supplement  to  the  brit.  jurass. 

and  triass.  brachiopoda  (Paleont.  Society 
of  London)  pag.  95,  tav.  9,  fig.  6. 

1880.  „  „  Parona  ,  Il  calcare  liassico  di  Gozzano  e 

i  suoi  fossili  (Atti  della  R.  Acc.  dei  Lin- 
cei, a.   GGLXXVII)  pag.  8,  tav.  I,  flg.  1-2. 


156  II  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

i88 i.  Spiriferina  cantanianensis  Canavari,  Alcuni  nuovi  brachiopochi 

degli  strati  con  T.  Aspasia  Mgh.  nell'Ap- 
pennino centrale  (Atti  della  Soc.  tose,  di 
Se.  Nat.,  voi.  V)  pag.  %  tav.  IX,  fig.  1-4. 

1882.  ,  rostrata    Haas    und  Petri,  Brachiopoden  der  Juraf. 

V.  Elsass  -  Lothringen  (  Abhandl.  z.  geol. 
Spezialkarte  v.  El.-Loth.,  1 1  Bd.)  pag.  298, 
tav.  XVI,  fig.  4,  6,  8. 

1884.  „  „  Canavari,  Contribuzione  III  alla  conoscen- 

za degli  strati  a  Ter.  Aspasia  Mgh.  nel- 
l'Appennino centrale  (Atti  della  Soc.  tose, 
di  Se.  Nat.,  voi.  VI)  pag.  8,  tav.  IX,  fig.  1-2. 

1884.  „  ,  Parona ,    I  brachiopodi  liassici  di  Saltrio 

e  Arzo  nelle  Prealpi  lombarde  (  Mem. 
dell'Istituto  lombardo  ecc.)  pag.  9,  tav.  1, 
fig.    1-2. 

1885.  Spirifer.   rostratus    Quenstedt  ,    Handbuch    der    Petrefakten- 

kunde,  3  ed.,  pag.   734,  tav.  57,  fig.  5-7. 
1885.         „  rostratiforinis  Seguenza,   Le  Spiriferina  dei  vari  piani 

del  Lias  messinese    (Boll,  della    Soc. 

geol.  ital.,  voi.  IV)  pag.  303,  tav.  XIX, 

fig.  %   'la,  "2b. 
1885.         „  macromorpha  Seguenza  ,  Ibid.  ,  pag.  395,  tav.  XIX, 

fig.   3,   3r/,   3/>. 
1885.         „  coìHjlobata    Seguenza,  Ibid. ,  pag.  400  ,  tav.  XIX, 

fig.  6,  6f/,  6è. 
1885.         „  rethica       Seguenza,  Ibid.,  pag.  401,  tav.  XIX  , 

fig.   7,   la  Ib. 
1885.         „         palaeomorpha  Seguenza^  Ibid.  ,  pag.  402,  tav.  XIX  , 

fig.   8,  8a,  8ò,   8c. 
1885.         „  tauromenitana  Seguenza,  Ibid.,  pag.  404,  tav.  XIX  , 

fig.  9,  9a,  U. 
1885.         „  siihquadrata  Seguenza,  Ibid.,  pag.  461  ,  tav.  XXI, 

fig.    1,   la,   \b. 


n  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  157 


1886.     Spirifer.  jiurr/rostris     Segiu'nza.  Ibid.,  pag.   460  .    tav.  XIX, 

fig.   8,  8^/,   Sb. 

1886.  „  onieoiììorpha   Seguenza,  Ibid.,   pag.   307  ,  tav.  XIX, 

fìg.  4,  4a,  4i. 

1886.  „  iii/('roiiì<irp/i(i  Seguenza,  Ibid.,  pag.  399  ,    tav.  XIX, 

tìg.  5,  òa  56. 

1886.  ,  rostrata       Di  Stefano,,  sul  Lias  inferiore  di  Taor- 

mina e  de'  suoi  dintorni,  (  C4iorn.  d. 
Soc.  di  Se.  Nat.  ed  Econ.  di  Palermo, 
voi.  XVIII),  pag.   78,  tav.    1-8. 

1886.  ,  „  Rothpletz,  Geologisch-palaentologische 

Monographie  der  Vilser  Alpen  (  Pa- 
laeontographica,  Bd.   33)  pag.    159. 

1887.  ,  „  Haas  ,    Elude    monographique    et  cri- 

tique  des  brachiopodes  rhétiens  et  juras- 
siques  des  Alpes  vaudoises,  II  (Meni. 
de  la  Soc.  pai.  suisse)  pag.  73,  tav.  VII, 
fìg.  27. 
1889.         „  „  Geyer,    Ueber  die  liasischen  Brachio- 

poden  des  Hierlatz  bei  Hallstatt  (Ab- 
handl.  d.  k.  k.  geol.  R.  A.,  XV  Bd.) 
pag.   73,  tav.  Vili,  fìg.   3. 

La  Sj).  rostrata  Schloth.  sp.  è  rappresentata  nelle  due  parti  del 
Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  da  molti  grandi  e  piccoli  esemplari. 
Essi  sono  perfettamente  determinabili  e  non  offrono  contrassegni 
particolari,  perchè  io  li  debba  figurare  e  descrivere.  Parecchi  esem- 
plari rammentano  molto  la  Sp.  Insignis  Seg.  (1)  ,  della  quale  pos- 
siedono r  apice  molto  curvo,  ma  non  la  valva  imperforata  così  poco 
convessa.  Del  resto  nel  Lias  medio  di  Taormina  (Messina)  io  ho  tro- 
vato esemplari  di  Spiriferina  vicinissimi  alla  Sp.  msiynis  Seg.  e  nondi- 
meno riferibili  sempre  alla  Sp.  rostrata  Schloth.  sp.,  in  modo  che  è  da 


(1)  Sequenza,  Le  Spiriferina    dei    varii  piani  del  Lias  messinese,  pag.    448,  tav.  XIX, 
?.  4. 


158  11  Lia.s  medio  del  M.  San  Giulimw  (Erice)  pi-esso  Trapani 

ritenere  la  figura  della  Sp.  insignis  come  non  corrispondente  con 
esattezza  ai  \.\\A  che  se  ne  raccolgono  nella  località  indicata  dal  prof. 
Seguenza  come  più  ricca  di  esemplari,  cioè  al  promontorio  di  Ca- 
stelluccio  (Taormina),  dove  si  presentano  anche  la  Sp.  alpina  Opp. 
e  la  Sp.  gnjpìioiiìea  Uhi.  sicuramente  determinabili. 

Come  io  dimostrai  già  nel  1886,  quasi  tutte  le  Spiriferina  del 
Lisa  inferiore  di  Taormina  descritte  come  nuove  dal  compianto  prof. 
Seguenza  debbono  riferirsi  alla  Sp.  rostrata  Schloth.  sp.  hifatti  van- 
no aggregate  a  questa  la  Sp.  rostratiformis  Seg. ,  la  Sp.  ìiiacromorpha 
Seg. ,  la  *S^.  conglobata  Seg.,  la  Sp.  rethica,  la  Sp.  palaeomorpha  Seg. , 
la  Sp.  subquadrafa  Seg.  ,  la  Sp.  oiiieoìiiorpha  Seg.,  la  Sp.  niicroiiior- 
pha  Seg. ,  la  Sp.  parvirostris  Seg.  e  la  Sp.  tauromenitana  Seg.  .  Que- 
st'ultima, a  dir  vero,  è  una  forma  di  passaggio  alla  Sp.  alpina  Opp. . 

Anche  la  Sp.  Cantati ianensis  Can.  del  Lias  medio  dell'Appennino 
centrale  non  si  può  dividere  dalla  Sp.  rostrata  Schloth.  sp. ,  come 
di  già  notò  il  Rothpletz,  perchè  il  carattere  dei  tubercoli  della  su- 
perfìcie, indicato  come  differenziale  dal  Canavari,  si  riscontra  spesso 
sulla  Sp.  rostrata  tipica.  Essa  però  si  avvicina,  per  varj  caratteri 
della  forma,  alle  varietà  allungate  della  Sp.  alpina  Opp. 

Per  quanto  riguarda  la  riunione  alla  Sp.  rostrata  delle  due  spe- 
cie Sp.  Handeli  Di-Stef.  e  Sp.  Haasi  Di-Stef.  ,  proposta  dal  dott. 
Rothpletz,  rimando  il  lettore  a  quanto  io  scrivo  qui  appresso  (pag. 
38  e  pag.  42). 

La  Sp.  rostrata  è  una  specie  del  Lias  inferiore ,  del  medio  e 
del  superiore  :  esso  si  presenta  in  tanti  luoghi  e  così  noti  del  ba- 
cino mediterraneo  e  di  quello  dell'  Europa  media  che  non  mette  il 
conto  di  farne  V  enumerazione. 

Spiriferina  Handeli  Di-Stef. 

1886.  Spiriferina  Handeli  Di-Stefano,  Sul  Lias  inferiore  di  Taormina 

e  de'  suoi  dintorni,  (Giorn.  d.  Soc.  di  Se.  Nat. 
ed  Ec.  di  Palermo,  voi.  XVIIL  )  pag.  83, 
tav.  1.  fig.  12.  14  (esclu.se  fig.  12,  13,  15-17). 


Il  Li(Ui  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  159 

Nel  calcare  bianco  con  crinoidi  della  porzione  superiore  del  Lias 
medio  del  M.  San  Giuliano  si  raccol^^ono  varj  esemplari  di  questa 
Spiriferina,  ma  generalmente  in  valve  isolate.  Essi  sono  più  depressi 
e  assai  più  slargati  degl'  individui  estremi  di  Taormina  che  di  già 
figurai  e  mostrano  la  linea  cardinale  quasi  retta. 

Io  feci  la  separazione  di  questa  specie  dalla  Sp.  rosfratd  Schlotb. 
sp.  ;  nonostante  conoscessi  bene  la  grande  variabilità  di  forma  della 
specie  dello  Scblotheim,  percbè  mi  parve  che  si  estendessero  trop- 
po i  limiti  di  questa  nostra  concezione  subbiettiva  che  chiamiamo 
gruppo  specifico,  comprendendo  nella  Sp.  rostrafn  i  molti  individui 
di  Spiriferina  di  Taormina  che  in  tutti  gli  stadj  di  accrescimento 
sono  depressi,  col  contorno  tagliente  e  assai  slargati  trasversalmente, 
sui  quali  lo  stesso  prof.  Seguenza  aveva  fondato  la  Sp.  papiìio  e  la 
Sp.  latissiìna  (Le  Spiriferina  dei  varii  piani  del  Lias  mess-inese,  p.  430 
e  pag.  4^22).  Ora  lo  studio  degli  esemplari  di  Trapani  mi  mostra 
che  la  separazione  dalla  Sp.  rostrata  delle  forme  affini,  ma  appiattite, 
slargatissime  e  a  linea  cardinale  assai  lunga  e  quasi  retta  non  è  del 
tutto  ingiustificata.  Io  del  resto  non  mantengo  nessuna  eccessiva 
preferenza  per  la  mia  specie;  però  debbo  riconoscere  che  il  dare  ai 
gruppi  estremi  di  forme  della  Sp.  rostrata,  cioè  a  quelle  ristrette  , 
gonfie  e  molto  allungate  da  un  canto,  e  a  quelle  depresse  e  slarga- 
tissime dall'  altro  dei  nomi  distinti,  non  è  privo  di  utilità  metodica. 
È  giusto  notare  però  che  solo  gli  esemplari  li,  14  della  tav.  1  del 
mio  lavoro  sul  Lias  inferiore  di  Taormina  io  prendo  a  tipo  della 
Sp.  Handeli,  perchè  gli  altri  che  io  vi  avevo  aggiunto,  sono  a  dir 
vero  da  riunire  senz'  altro  alla  specie  dello  Scblotheim. 

Spiriferina  sicula  Gemm. 
(Tav.  1,  fij.  1-3) 

1874.  Spiriferina  sicula  Gemmellaro,  Sopra  i  fossili  della  zona  con 

T.  Aspasia  della  provincia  di  Palermo   e  di 
Trapani  (Sopra  alcune  faune  giuresi  e  liasi-  • 
che  della  Sicilia)  pag.  55,  tav.  X,  fig.  5. 


160  U  Lias  viedio  del  M.  iSan  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 


1886.  Spiriferina  sicula  Seguenza,  Le    Spiriferiua    dei    varii    piani 

del  Lias  messinese  (Boll,  della 
Società  geol.  ital. ,  voi.  IV  ) 
pag.  475. 

1886.  ,      loiduìata     Seguenza,  Ibid.,  pag.  466,  tav.  XXI,  fìg.  2, 

!2a,  2i,  2c. 

1886.         „     Haasi       Di-StefanO;  Sul  Lias    inferiore   di    Taormina 

e  de'  suoi  dintorni  ,  Giorn.  d. 
Soc.  di  Se.  Nat.  ed  Ec.  di  Pa- 
lermo. XVIII)  pag.  39,  tav.  1, 
fig.  9,   10. 

1890.  „      Torholensis  Tauscli,    Zur   Kenntniss    der    Fauna    der 

"  Grauen  iv'alke  „  der  Siid-Al- 
pen  (Abhandl.  d.  K.  K.  R.  A., 
XV  Bd.  )  pag.  10  ,  tav.  IX  , 
fig.  8-10. 

n  grande  numero  di  esemplari  della  Sp.  slcida  Gemm.  che 
ora  si  sono  raccolti  nel  Museo  geologico  dell'  Università  di  Paler- 
mo, fa  conoscere  estesamente  i  caratteri  della  specie  e  rende  possi- 
bile r  esatta  compilazione  della  sua  sinonimia. 

Nella  Sp.  sicula  sono  caratteristici  il  forte  lobo,  che,  estenden- 
dosi fm  suir  umbone  della  valva  imperforata  ,  rende  questa  più  o 
meno  gonfiata  sulla  sua  linea  mediana  e  spesso  subcarenata  ;  il  seno 
della  valva  perforata  sporgente  in  un  lembo  linguiforme  assai  lungo  ; 
1'  area  molto  stretta  ,  ben  limitata  e  concava  ;  la  fessura  deltidiale 
molto  larga  ;  1'  apice  molto  robusto  e  tuttavia  assai  appuntito  all'  e- 
stremità,  di  media  altezza  e  molto  curvato  ;  la  commessura  più  o 
meno  fortemente  arcuata  sui  fianchi. 

La  forma  della  conchigfia  è  un  po'  variabile  ;  essa  si  mostra 
nella  massima  parte  dei  casi  trasversalmente  slargata;  ma  è  anche 
talvolta  più  lunga  che  larga.  Non  di  raro  è  asinmietrica,  per  causa 
defio  spostamento  laterale  del  lobo  e  del  seno. 

La  superficie  delle  due  valve  è  liscia  o  fornita  di  costicine  lon- 


Il  TJas  medio  del  M.  San  Giuliano  [Ericé)  presso  Trapani  161 

gitudiuali  anoloiidite  e  leggerissime,  ma  ben  visibili  sulla  regione  fron- 
tale. Spesso  si  notano  sulla  conchiglia  le  cicatrici  di  numerose  spine. 

GÌ'  individui  raccolti  con  abbondanza  negli  strati  inferiori  e  su- 
periori del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  raggiungono  spesso  grandi 
dimensioni,  sono  trasversalmente  slargati  e  spesso  forniti  di  costicine. 

La  Sp.  Sicilia  è  certamente  molto  vicina  alla  Sp.  uhi  usa  Opp.  (1)  ; 
però  ne  differisce  per  la  sua  area  assai  meno  larga  e  meno  con- 
cava ,  pel  più  forte  e  più  esteso  lobo  della  valva  imperforata ,  pel 
lunghissimo  lembo  linguiforme  della  valva  perforata  ,  per  la  linea 
cardinale  arcuata  e  non  diritta,  nonché  per  la  forma  meno  dilatata 
e  più  globoso-ovale  e  per  le  grandi  dimensioni  che  raggiunge.  Le 
stesse  differenze  debbono  notarsi  rispetto  alla  Sp.  acuta  Stur  di  Hier- 
latz  (2),  la  quale  è  con  molta  probabilità  identica  alla  Sp.  obtusa  Opp., 
perchè  la  differenza  dovuta  all'  angolosità  del  lembo  del  seno  nella 
Sp.  acuta  giustificherebbe  forse  meglio  la  creazione  di  una  varietà, 
anziché  d' una  specie. 

L'  esemplare  della  Sp.  obtusa  Opp. ,  figurato  dal  sig.  Geyer  nella 
tav.  IX,  fìg.  1  del  suo  recente  lavoro  sulla  fauna  a  brachiopodi  di 
Hierlatz,  é  assai  più  vicino  alla  Sp.  sicula  che  alla  vera  Sp.  obtusa; 
ma  sarebbe  prematuro  per  ora  di  stabilire  la  esistenza  della  specie 
del  prof.  Gemmellaro  a  Hierlatz  sulla  figura  di  un  solo  esemplare. 

La  Sp.  tmdulata  Seg.  del  Lias  medio  messinese  é  certamente 
la  Sp.  sicula  Gemm.  ,  con  la  quale  conviene  per  tutti  i  caratteri.  Il 
paragone  degli  esemplari  di  Galati ,  (dei  quali  uno  é  qui  figurato 
nella  Tav.  1,  fig.  l,  per  la  migliore  conoscenza  della  specie)  con 
gli  esemplari  grandi  e  piccoli  della  Sp.  sicula  di  varj  luoghi  di  Si- 
cilia mi  ha  convinto  della  identità  delle  due  specie. 

Invece  non  posso  affermare  la  corrispondenza  con  la  Sp.  sicula 
degli  individui  di  Reichebachquelle  (Pfroten)  e  di  Bòsen  Tritt  che 
il  dott.  Rothpletz  vi  riferì  (3)  e  che  forse  si  potrebbero    compren- 


(1)  Oppel,   C'eber  die  Brachiopoden  des  unteren  Lias,  pag.  542,  tav.  XI,  fig.  8. 

(2)  Geyer,   Ueher  die  liasischen  Brachiopoden  des  Hiarlat:^  ecc.  ,  pag.  77,  Tav.  IX,  fig.  6. 
(3J  Rothpletz,  Geologisch-palaeo'itologische    Monographie  der   Vilser    Ai  peti  ,  tav.  XIII, 

fig.  7,  8. 

Atti  Acc.  Vol.  III,  Serie  4»  22 


162  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

dere  nelle  varietà  slargate  e  a  lunga  linea  cardinale  della  Sp.  rostrata 
Schloth.  sp.,  già  da  me  distinte  col  nome  di  Sp.  Handell.  Essi  non 
possiedono  della  Sp.  sicula  ne  l' aspetto  ovato-globoso,  né  il  forte 
lobo  della  valva  imperforata  ,  né  il  lungo  lembo  linguiforme  del 
seno  di  quella  perforata.  L'  andamento  della  commessura  laterale 
è  anche  differente,  perchè  non  mostra  la  forte  arenazione  che  di- 
stingue la  specie  del  prof.  Gemmellaro. 

Nel  mio  lavoro  sul  Lias  inferiore  di  Taormina  distinsi  col  nome 
di  Sp.  Haasi  delle  grosse  Spiriferina  un  po'  logore ,  che  misi  in 
istretta  relazione  con  la  Sp.  sicula  Gemm.,  della  quale  erano  cono- 
sciute allora  solo  le  forme  piccole.  Lo  studio  dei  grandi  esemplari 
di  questa  specie  mi  ha  convinto  ora  che  la  Sp.  Haasi  deve  riunirsi 
alla  Sp.  sicula  e  non  alla  Sp.  rostrata  Schloth.  sp. ,  come  crede  il 
dott.  Rothpletz  (1).  hifatti  la  Sp.  Haasi,  come  anche  la  Sp.  sicula,  si 
dislingue  dalla  affine  6)>.  rostrata  Schloth.  sp.  pel  fortissimo  lobo 
della  valva  imperforata  esteso  fin  sopra  l'umbone,  pel  lungo  lembo 
linguiforme  del  seno  della  valva  perforata,  nonché  per  la  costante 
pili  forte  arenazione  delle  commessure  sui  fianchi  della  con- 
chiglia. 

La  Sp.  sicula  è  certamente  assai  vicina  alla  Sp.  rostrata  Schloth. 
sp.  ;  ma,  pe'  suoi  caratteri ,  tiene  un  posto  intermedio  tra  questa 
specie  e  la  Sp.  obtusa  Opp. ,  secondo  è  stato  notato,  del  resto,  da 
varj  autori. 

Il  doti.  L.  Tausch  ha  descritto  una  Sp.  Torbolensis  (i)  del  cal- 
care grigio  dei  dintorni  di  Roveredo,  riconoscendone  bene  le  intime 
analogie  con  la  Sp.  sicula  Gemm.,  dalla  quale  l'ha  divisa  solo  perchè 
sulle  figure  di  questa  specie  pubblicate  dal  prof.  Gemmellaro  non  si 
scorgono  coste.  La  Sp.  sicula  è  però  spesso  costata  nel  modo  che  si 
osserva  sulla  Sp.  Torbolensis  e  corrisponde  del  lutto^  specialmente 
per  le  sue  forme  allungate  (Sp.  undulata  Seg.),  a  questa  specie  de- 
scritta dal  mio  amico  doti.   Tausch. 


(1)  Rothpletz,  Op.  cit. ,  pag.  172. 

(2)  Taosoh,  Op.  cit. 


n  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  163 

La  Sp.  Sicilia  abbonda  nella  parte  inferiore  e  superiore  del  Lias 
medio  del  M.  San  Giuliano. 

Alcuni  esemplari  bivalvi  offrono  le  seguenti  dimensioni  : 

I.  II.  III.  IV. 

Lunghezza       23mm.  31mm.  35mm.  38mm. 

Larghezza        24.  26.  30.  32. 

Spessore  22.  23.  26.  27. 

Spiriferina  Darwini  Gemm. 
(Tav.  1,  p,j.  4J 

1874.  Spiriferina  cfr.  angulata  Gemmellaro,  Sopra  i  fossili  della  zona 

con  T.  Aspasia  della  provincia  di 
Palermo  e  di  Trapani  (Sopra  alcune 
faune  giuresi  e  liasiche  della  Sicilia) 
pag.  56,  tav.  X,  fìg.  6,  7. 

1878.    Spiriferina    Darwini     Gemmellaro  ,    Sui    fossili    del   calcare 

cristallino  delle  montagne  del  Casale 
e  di  Bellampo  nella  provincia 'di  Pa- 
lermo (Sopra  alcune  faune  giuresi  e 
liasiche  della  Sicilia)  pag.  409,  tav. 
XXI,  fig.  22-26. 

La  Sp.  Dancini  Gemm.  è  rappresentata  da  pochi  esemplali 
nella  parte  inferiore  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano.  Essi  of- 
frono i  seguenti  caratteri  : 

Concliiglia  un  po'  più  larga  che  lunga  e  in  qualche  caso  asim- 
metrica ;  valva  perforata  di  forma  piramidale,  elevata,  fornita  di  un 
seno  largo  e  leggiero,  talora  appena  visibile,  che  si  estende  dall'  a- 
pice  alla  fronte  ;  valva  imperforata  poco  convessa  ,  nondimeno  un 
po'  gibbosa  sulla  sua  linea  mediana  per  effetto  di  un  labo  largo  e 
leggiero,  non  limitato  nettamente  dalle  parti  laterali  della  conchiglia. 
L'  apice  è  acuto  e  leggermente  curvato.  L' area  è  molto  larga,  alta, 
piana,  nettamente  limitata  ai  lati  e  coperta  di  forti  strie  trasversali. 
La  linea  cardinale  è  diritta  e  lunga  quasi  quanto  l' intiera  larghez- 


164  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

za  della  conchiglia.  La  linea  commessurale  è  diritta  sui  lati  e  si- 
nuata alla  fronte. 

La  superficie  della  conchiglia  è  coperta  di  fini  tubercoli  irre- 
golarmente disposti,  e  di  forti  strie  di  accrescimento.  Sopra  alcuni 
esemplari  mancanti  dei  primi  strati  della  conchiglia  si  manifestano 
le  impressioni  vascolari  sotto  forma  di  strie  o  di  fine  cestelle  irre- 
golari e  longitudinali,  che  danno  alle  valve  un  elegante  ornamento. 

Suir  apice  della  valva  perforata  si  scorge  il  setto,  che  giunge 
quasi  sul  mezzo  della  valva  perforata,  e  le  due  lamine  rostrali,  leg- 
germente arcuate  verso  il  setto. 

Il  prof.  Gemmellaro  discorse  di  già  a  lungo  sui  rapporti  della 
Sp.  Darwini  con  varie  altre  specie.  Io  mi  limito  solo  a  notare  che 
essa  è  assai  vicina  alla  Sp.  angulata  Opp. ,  ma  che  se  ne  differisce 
pel  seno  molto  leggiero  e  mai  angoloso  al  fondo,  per  la  mancanza 
delle  forti  compressioni  laterali  che  rendono  quadrangolare  la  valva 
perforata  della  specie  di  Oppel,  per  1"  apice  più  curvato  e  non  di- 
retto indietro,  nonché  per  la  mancanza  sui  lati  della  sua  linea  com- 
messurale di  forti  arenazioni.  Essa  è  anche  in  istretta  relazione  con 
la  Sp.  obtiisa  Opp.  ;  ma  ne  è  distinta  soprattutto  per  la  forma  più 
piramidata  della  valva  perforata,  per  la  grandezza  dell"  area,  per  la 
forma  più  depressa  e  pel  carattere  del  seno  esteso  fin  sull'  apice 
della  valva  perforata. 

La  Sp.  Darwini  è  una  specie  del  calcare  cristallino  del  Lias 
inferiore  della  provincia  di  Palermo,  per  la  prima  volta  trovata  ora 
nel  Lias  medio. 

Spiriferina  Hartmanni  Deslongchamps  (nonZieten.) 

1862.  Spiriferina  Hartmanni  Deslongchamps  ,  Ètudes   critiques    sur 

des  brachiopodes  nouveaux  ou  peu  con- 
nus,  pag.  13,  tav.    11,  fig.    10,   11. 

1851.  ,  rostrata     Davidson,  A  Monograph  of  British  oo- 

litic  and  liasic  Brachiopoda  (Palaeont. 
Society  of  London)  pag.  2!2,  tav.  11, 
fig.   10,   12. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  165 

1867.  SpiriferÌHa  Hartmanni  Dumortier,  Études  paléontologiques  sur 

les    dépòts   jurassiques  du    bassin    du 

Rhòne;  Lias  iuferieur  ;  pag.   :2"i8,  tav. 

XLIX,  flg.    15,    16. 
1876.  „  Hartmanni  Davidson  ,  Supplement  to   the    British 

jurassic  and  triassic  Brachiopoda  (Pa- 

laeont.  Society   of   London)    pag.  95  , 

tav.  XI,  flg.  7. 
1884.  ,  Hartmanni  Parona,  I  brachiopodi  Massici  di  Saltrio 

e    Arzo  nelle  Prealpi  lombarde  (  Meni. 

deiristituto  lombardo)  pag.    10,  tav.  I, 

flg.   3. 
1886.  „        capidiformis  Seguenza,  Le  Spiriferina  dei  varii  piani 

del  Lias  messinese  (Boll,  della  Soc.  geol. 

ital.  ,  voi.  IV)  pag.  470,  tav.  XXI,  fig. 

4,  4rt,  U,  4p. 
1886.  „         Hartmanni  Rotlipletz,  Geologisch-palaeontologische 

Monographie  der  Vilser  Alpen  (Palaeon- 

tographica,  XXXIII  Bd.)  pag.   160. 

Si  debbono  riferire  a  questa  specie  gli  abbondanti  esemplari  di 
una  grande  Spiriferina  che  si  raccoglie  quasi  sempre  a  valve  stac- 
cate nella  parte  inferiore  e  nella  superiore  del  Lias  medio  del  M. 
San  Giuliano.  La  valva  perforata  ha  un  aspetto  ben  distinto  per  la 
sua  forma  grande,  alta,  conoidale  ;  per  1'  area  molto  alta_,  larga,  pia- 
na o  leggermente  concava  ,  ben  limitata  sui  lati  ;  pel  seno  largo  , 
leggiero  e  talvolta  appena  visibile  o  scancellato  ;  per  1'  apice  spesso, 
appuntito  e  poco  o  discretamente  curvato  ,  nonché  per  la  fessura 
deltidiale  alta  e  larga.  La  valva  imperforata  mostra  un  lobo  molto 
leggiero,  non  ben  limitato  e  largo.  La  superficie  della  conchiglia  è 
solo  coperta  di  strie  di  accrescimento  molto  forti,  e  per  lo  più  di- 
stinte in  forma  di  risalti ,  e  di  una  granulazione  fitta  e  distinta  , 
lasciata  dalle  numerose  spine  che  ornavano  le  valve. 

Tutti  questi  caratteri  corrispondono  sì  bene  a  quelli  della  Sp. 


166  II  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 


Hartmanni  figurata  dal  Deslongchamps,  che  è  impossibile  distaccar- 
nela.  Alla  stessa  specie  va  aggregata  la  Sp.  copuli formis  Seg.  del 
Lias  medio  messinese,  perchè  non  ne  differisce  in   nulla. 

La  .S'^^.  Hartmamn  rappresentata  dal  Deslongchamps  è  differente 
dalla  Sp.  Hartìmtmii  Zieten  {Die  Versteinerungen  Wurtemhenjs,  tav.  38, 
fig.  1 .).  Questa  non  ha  tali  contrassegni  perchè  si  possa  tener  divisa 
dalla  Sp.  rostrata  Scliloth.  sp.,  mentre  quella  pei  caratteri  interni, 
per  la  sua  area  moUo  alta  e  larga  e  nettamente  limitata,  nonché 
per  r  apice  più  spesso,  più  elevato  e  meno  curvato  se  ne  distacca 
bene.  In  queste  condizioni  si  può  mantenere,  in  via  eccezionale,  il 
nome  di  Sp.  Hartmanni  solo  per  la  specie  del  Deslongchamps,  riu- 
nendo gli  esemplari  dello  Zieten  alla  Sp.  rostrata  Schloth.  sp. 

Le  forme  tipiche  della  Sp.  Hartmanni  Deslongc.  non  Zieten  so- 
no date  dalle  figure  del  Deslongchamps  ,  del  Dumortier  e  del  Se- 
guenza  (Sp.  capuUformis) ;  però  gii  esemplari  inglesi  rappresentati 
dal  Davidson  e  l' individuo  delle  Prealpi  lombarde  dato  dal  Parona, 
gli  uni  soprattutto  per  1'  elevatezza  dell'  apice  e  F  altro  per  la  lar- 
ghezza dell'  area,  non  mi  pare  se  ne  possano  dividere.  È  da  notare 
anche  che  un  esemplare  di  Spiriferina  di  Hierlatz,  riferito  dal  Ge- 
yer  (1)  alla  -Sp.  obtusa  Opp.  ,  è  estremamente  vicino  alla  Sp.  Hart- 
manni Deslongc.  non  Zieten,  per  ragione  del  suo  alto  apice  e  dei 
caratteri  dell'  area. 

La  Sp.  Hartmanni  è  una  delle  varie  specie  intermedie  tra  la 
Sp.  rostrata  Schloth.  sp.  e  la  Sp.  obtusa  Opp.  Da  quest'ultima  si 
differisce  per  la  sua  area  molto  alta  e  larga,  per  la  forma  più  glo- 
bulare e  meno  dilatata  trasversalmente,  per  la  hnea  cardinale  non 
diritta  e  per  le  sue  grandi  dimensioni.  Rimane  però  sempre  molto 
vicina  alle  due  specie  ,  senza  che  si  possa  identificare  con  alcuna 
di  esse. 

Non  sono  da  disconoscere  gU  stretti  rapporti  della  specie  in 
esame  con  la  Sp.  Darwini  Gemm. ,  dalla  quale  si  distingue  solo  per 
la  sua  area  meno  acutamente  limitata,  più  alta  ma  assai  meno  lar- 


(1)  Geyek,  Op.  cit.  ,  pag.  75,  tav.  IX,  fig.  3. 


Il  Lkts  medio  del  M.  !San  (jiitltano  (Erice)  presso  Trapani  l(i7 

ga  alla  base,  per  1'  aspetto  non  piramidale  della  valva  perforata,  per 
la  t'orina  più  globulare  e  non  dilatata  ti-asversalmente,  e  per  le  sue 
grandi  dimensioni.  Inoltre  è  da  rilevare  che  l' estremità  dell'  apice 
nelle  forme  tipiche  della  Sp.  ILiiimiuini  è  piìi  acuto  ,  pii^i  protratto 
e  più  curvato. 

Le  dimensioni  di  alcune  valve  perforate  sono  le  seguenti  : 

I.  IL  III. 

Lunghezza         46mm.         44mm.         4!2mm. 
Larghezza  46mm.         45mm.         41mm. 

Spìriferina  Statira  Gemm. 
(Tao.  I,  fig.  5-) 

1874.  Spiri ff ri lìa  Statira  Gemmellaro,  Sui  fossili  del  calcare  cristal- 
lino della  zona  con  T.  Aspasia  della  pro- 
vincia di  Palermo  e  di  Trapani  (Sopra  al- 
cune faune  giuresi  e  liasiche  della  Sicilia) 
pag.  54,  tav.  X,  fig.   3. 

Questa  specie  è  rappresentata  nella  parte  inferiore  del  Lias  me- 
dio del  M.  San  Giuliano  da  rari  e  piccoli  esemplari  corrispondenti 
agi'  individui  illustrati  dal  prof.  Gemmellaro.  Si  raccoglie  invece  qual- 
che individuo  relativamente  grande  nel  Lias  medio  del  piccolo  pro- 
montorio di  Castelluccio  presso  Taormina  (Messina),  d'onde  provie- 
ne r  esemplare  che  io  ,  per  la  più  estesa  conoscenza  deUa  specie  , 
ho  fatto  figurare  in  questo  lavoro. 

La  Sp.  Statira  Gemm.  ha  le  più  grandi  analogie  con  la  Sp.  an- 
(julata  Opp. ,  alla  quale  vorrebbe  unirla  il  dott.  Rothpletz  (1);  tut- 
tavia mi  pare  che  se  ne  debba  mantenere  distinta.  Infatti  la  Sp.  Sta- 
tira negl'individui  giovani  e  negli  adulti  non  ha  mai  un  seno  sulla 
valva  perforata,  sibbene  un  lembo  linguiforme  piano,  largo  e  spor- 
gente, in  opposizione  ai  caratteri  della  Sp.  anrjulata,  che  mostra  un 
seno  molto  profondo  e  angoloso.    Inoltre  mancano  nella  specie  del 


(Ij  Rothpletz,  Op.  cit.  ,  pag.  160. 


I(j8  II  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

prof.  Gemmellaro  le  forti  compressioni  laterali  della  valva  perforata 
che  danno  a  quella  della  Sp.  anguìaia  il  noto  aspetto  piramidato,  e 
dippii^i  si  rileva  che  nella  Sp.  Stativa  il  piano  dell'area  è  molto  piìi 
inclinato  rispetto  alla  linea  cardinale  che  non  sia  nella  Sp.  ungulata. 
Queste  differenze  sono  sufficienti  a  tener  separate  le  due  specie,  se 
dobbiamo  servirci  di  certi  criterj  che  pur  sono  necessaij  per  ag- 
gruppare gì'  individui  in  specie. 

La  Sp.  Sfatira  si  è  raccolta  finora  nel  Lias  medio  del  M.  San 
Giuliano  e  in  quello  della  contrada  Sant'  Anna  presso  il  comune  di 
Giuliana  (Palermo). 

L"  esemplare  figurato  ha  le  seguenti  dimensioni  : 

Lunghezza  18mm. 

Larghezza  22. 

Spessore  16. 

Spiriferina  angulata  Opp. 

1861.  Spiriferina  angulata  Oppel,  Ueber  die  Brachiopoden  des  untern 

Lias  (Zeitschr.  d.  deutsch.  geol. 
Gesellschf.)  pag.  541,  tav.  XI,  fig. 
la,  b. 

1878.  „  „  Gemmellaro,  Sui  fossiU  del  calcare 

cristallino  delle  Montagne  del  Ca- 
sale e  di  Bellampo  nella  provincia 
di  Palermo  (Sopra  alcune  faune 
giuresi  e  liasiche  della  Sicilia)  pag. 
412,  tav.  XXXI,  fig,  41-46. 

1879.  „  cfr.  angulata     Uhlig,  Ueber  die  Uasische  Brachio- 

podenfauna  von  Sospirolo  bei  Bel- 
luno (Sitzb.  d.  Akad.    d.  Wissen- 
schf.,  LXXX  Bd.)  tav.  I,  fig.  4. 
1886.  „  angulata     Seguenza^  Le  Spiriferina  dei  varii 

piani  del  Lias  messinese  (Boll,  della 
Soc.  geol.  itaUana,  voL  IV)  p.  472. 


//  Lian  ìiiedio  del  M.  !>aìì  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  1G9 


tSSG.     SpiriferiiKi     CanHclinac      Si'guenza  ,  Ibid.  ,   pag.    478,    Uiv. 

XXI,  fìg.   5,  5rt,  5/;. 

ISS6.  „  „       var.    /ji/ramidata  Seguenza ,  Ibid.  ,  pag. 

478,  tav.  XXI,  fig.  6,  6r/. 

1886.  „  uiKjuìata     Pvothpletz,   Geologisch-palaeontolo- 

gische  Monographie  dev  Vilser  AI- 
pen  (  Palaeontographica  ,  XXXIII 
Bd.)  pag.  160. 

1889.  „  anynlafa     Geyer  ,  Ueber  die  liasischen  Bra- 

cliiopoden  des  Hieiiatz  bei  Hallstatt 
(Abbandl.  d.  k.  k.  geol.  R.  A.,  XV 
Bd.,ì  pag.   74,  tav.  IX,  fig.   l-ì± 

Questa  specie  è  rappresentata  da  pochi  esemplari  nella  parte 
inferiore  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano,  ma  esattamente  deter- 
minabili, perchè  oft'ronoa  prima  vista  1'  aspetto  caratteristico  della 
specie  di  Oppel.  Essi  non  presentano  contrassegni  particolari  e  per- 
ciò io  non  credo  necessario  di  figurarli. 

La  Sj).  Carmelinae  Seg.,  del  Lias  medio  messinese  è  senza  dub- 
bio Sp.  ungulata  Opp.  Lo  stesso  è  da  dire  della  Sp.  Carmelinae  Seg., 
var.  pijramidata  Seg.  ,  la  eguale,  come  ho  visto  su  molti  esemplari 
del  Lias  medio  delle  Rocche  rosse  di  Galati  (Messina)  corrisponde 
per  la  forma  alla  Sp.  angulata  tipica,  e,  per  le  leggiere  costelle  che 
la  ornano,  alla  var.  costata  Geyer. 

Dei  rapporti  della  Sp.  angulata  con  la  Sp.  Stativa  Gemm.  e  con 
la  Sp.  Geyeri  Di-Stef.,  è  discorso  negli  articoli  che  riguardano  que- 
ste due  specie. 

La  -S'^.  angulata  si  presenta  in  Sicilia  nel  Lias  inferiore  di  Bei- 
lampo  presso  Palermo  e  nel  medio  del  M.  San  Giuhano ,  del  pro- 
montorio di  Castelluccio  presso  Taormina  (Messina)  e  delle  Rocche 
rosse  di  Galati  (Messina).  Altrove  si  raccoglie  nel  Lias  inferiore  di 
Hierlatz,  di  Sospirolo  e  della  Selva  Baconica;  nel  medio  di  Gozza- 
no e  dell'  Appennino  centrale. 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sebie  4'  23 


170  11  Lias  medio  del  il/.  San  Giuliano  {Erice)  presso   Trapani 


Spiriferina  Geyeri,  Di-Stef. 
(Tar.   I,  fg.  6.) 

Conchiglia  globulare  e  più  lunga  che  larga.  Valva  imperforata 
molto  gonfia,  piti  grande  del  doppio  dell"  altra  ,  fornita  di  un  lobo 
molto  elevato  e  nettamente  distinto.  Valva  perforata  conica,  bassa, 
munita  di  un  seno  largo  e  discretamente  profondo,  ma  non  angoloso, 
che  comincia  debolissimo  sull"  ajjice  e  si  fa  più  forte  alla  fronte, 
dove  sporge  in  un  lembo  stretto  e  lungo.  Apice  acuto  e  diritto:  area 
alta,  piana,  larga  quanto  tutta  la  linea  cardinale,  acutamente  limi- 
tata e  obliciua  rispetto  alla  linea  cardinale,  che  è  diritta  e  lunga,  ma 
meno  dell"  intiera  larghezza  della  conchiglia. 

La  fessura  deltidiale  è  stretta  e  molto  alta.  Il  setto,  che  si  os- 
serva suir  apice  della  valva  perforata,  giunge  ciuasi  sul  centro  della 
conchiglia  ;  le  lamine  rostrali  sono  lunghe  e  subparallele  al  setto  o 
pochissimo  divergenti. 

La  superficie  della  conchiglia  si  mostra  ornata  di  costelle  ir- 
radianti dagli  apici,  larghe,  ma  leggiere  e  bassissime.  Finora  ho  tro- 
vato il  lobo  sempre  libero  di  coste  ,  ma  non  così  il  seno ,  che  le 
mostra  nell"  esemplare  figurato. 

La  Unea  commessurale  è  fortemente  ed  acutamente  arcuata  ai 
lati  e  sinuata  alla  fronte  per  effetto  del  lungo  lembo  della  valva 
perforata. 

Di  questa  specie  posseggo  solo  due  esemplari  intieri  e  due 
valve  staccate  ,  nondimeno  la  sua  forma  globulare  è  così  distinta , 
che  io  non  ho  potuto  recisamente  identificarla  con  la  Sj).  amjulata 
Opp. ,  che  le  è  estremamente  vicina.  Infatti  la  sua  valva  perforata 
non  ha  punto  l'aspetto  caratteristico  di  piramide  quadrangolare,  come 
Io  ha  quella  deUa-S'/).  ungulata,  nella  quale  è  dovuto  alle  forti  compres- 
sioni laterali,  né  il  suo  seno  è  acutamente  limitato  ai  lati  e  angoloso 
nel  fondo.  Inoltre  tale  valva  è  anche  bassa  e  più  piccola  della  metà 
di  quella  perforata,  che  si  mostra  invece  assai  gonfia  e  ventricosa. 
Quesl"  ultimo    carattere  della  Sp.  Geijeri  mi  pare  molto    importante 


H  Lias  medio  del  M.  San  Ghdìano  [Er/ce)  jìresuo  Trapani  171 

come  differenziale,  perchè  nella  Sp.  angnhtta  il  rapporto  della  gran- 
dezza delle  due  valve  è  differente  ,  cioè  la  valva  perforata  è  molto 
elevata  e  sempre  più  grande ,  e  V  imperforata  più  piccola  e  de- 
pressa. Per  queste  differenze  e  perchè  il  piano  dell'  area  è  obliquo 
rispetto  alla  linea  cardinale,  come  nella  Sp.  Statira  Gemm.  e  nella 
Sp.  Zi(/noi  Di-Stef. ,  io  ho  creduto  di  separare  come  specie  distinta 
la  descritta  Spi  riferina ,  che  altri  può  forse  considerare  solo  come 
una  varietà  della  Sp.  angulnta. 

La  Sp.  Geyeri  si  distingue  dalla  vicina  Sp.  rupestris  Deslongc.  (1) 
per  la  grande  gonfiezza  della  valva  imperforata,  per  la  bassezza  di 
quella  perforata,  per  la  minore  larghezza  del  lobo,  che  è  però  più 
elevato,  per  la  forte  arenazione  della  commessura  laterale  e  per  le 
coste  assai  più  leggiere. 

Per  quanto  riguarda  le  relazioni  con  le  Sp.  Statira  Gemm.  e 
Sp.  Ziijìtoi  Di  Stef.,  che  per  l'obbliquità  dell'area  rispetto  alla  linea 
cardinale  appartengono  allo  stesso  gruppo  della  Sp.  Gei/eri,  questa 
si  distingue  dalla  prima,  oltre  che  pei  caratteri  notati  a  proposito 
della  Sp.  amjidata  ,  per  la  presenza  del  seno,  e  dalla  seconda  per 
la  presenza  del  forte  lobo  e  delle  arcuazioni  della  commessura  late- 
rale, nonché  per  l'altezza  maggiore  della  valva  perforata. 

Questa  specie  si  trova  solo  nella    parte  superiore  del    Lias  in 

esame  e  offre  queste  misure  : 

I  II 

Lunghezza         i24mm.         21mm. 
Larghezza  23.  19. 

Spessore  22.  20. 

Spiriferina  Zignoi  Di  Stef. 

(Tav.  I,  fìy.  7). 

Conchigha  liscia,  molto  inequivalve,  più  larga  che  lunga.  Valva 
perforata  bassissima,  conica,  fornita  sulla  fronte  di  un  seno  largo  e 


(1)  Deslongchamps,  Ètudes  critiques  sur  des  brachiopodes  nouveaux  ou  peu  connus,  1862, 
pag.  4,  tav.  I,  flg.  3-7. 


172  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Enee)  presso  Trapani 

leggerissimo,  che  si  manifesta  rapidamente  e  talora  s' inflette  verso 
r  altra  valva.  Su  certi  individui  la  depressione  del  seno  è  quasi  in- 
visibile. Valva  imperforata  assai  più  grande  della  perforata,  gonfia, 
con  r  umbone  robusto,  sporgente  e  fortemente  curvato  sulla  linea 
cardinale,  e  munita  di  un  lobo  largo,  assai  leggiero,  non  ben  distinto 
dalle  parti  laterali  della  conchiglia,  ma  che  tuttavia  la  rende  larga- 
mente e  leggermente  gibbosa  sulla  linea  mediana. 

Apice  basso,  appuntito,  diritto,  quasi  centrale  ;  area  assai  stret- 
ta, più  o  meno  ben  limitata,  ma  non  da  angoli  acuti,  piana,  molto 
obbliqua  rispetto  alla  linea  cardinale  ,  ornata  di  forti  strie  trasver- 
sali di  accrescimento  e  di  fine  strie  longitudinali.  Fessura  deltidiale 
alta  e  larga;  linea  cardinale  compresa  nell'area,  diritta  e  corta:  setto 
e  lamine  rostrali  corti. 

La  commessura  delle  valve  corre  in  un  piano  perpendicolare 
air  asse  dell'  apice  della  conchiglia  ,  ed  è  diritta  sui  lati  e  inflessa 
più  o  meno  leggermente  alla  fronte.  La  superficie  della  conchiglia 
è  coperta  di  una  punteggiatura  fitta  e  fina  ,  e  di  strie  di  accresci- 
mento forti  e  assai  rilevate  verso  la  regione  frontale. 

Questa  specie  ha  il  tipo  della  Sj).  Sylvia  Gemm.  del  Lias  infe- 
riore (1),  dalla  quale  origina  e  con  la  quale  ha  la  più  stretta  ana- 
logia; però  se  ne  distingue  per  l'apice  sempre  molto  basso  e  cen- 
trale ,  e  per  la  forma  diversa  della  sua  valva  imperforata,  che  è 
gonfia,  assai  più  grande  di  quella  perforata  ,  non  slargata  trasver- 
salmente ,  gibbosa  sulla  sua  linea  mediana  e  provvista  di  un  um- 
bone forte  e  ricurvo. 

La  Sp.  depressa  Seg.,  (2)  del  Lias  medio  messinese,  che  il  Ro- 
Ihpletz  (3)  vorrebbe  unire  alla  Sp.  capuliforviis  Seg.,  ha  certo  assai 
stretti  rapporti  con  la  Sp.  Zigiio/ ,  però  la  specie  del  Seguenza  è 
identica    con  la  Sp.  Si/lria  Gemm.,  della  quale  possiede  tutti  i   ca- 


(1)  Gemmellaro,  Sui  fossifi  del  calcare  cristalliiìo  delle  iiiontdffiic    del  Casale    e  di  Bei- 
lampo,  pag:.  410,  tav.  XXXI,  fi^.  27-33. 

(2)  Sequenza  ,  Le  Spiriferina  dei  varii  piani    del  Lias  messinese  ,  pag.  468,    tav    XXI  , 
fig.  3,  3a. 

(3)  RoTHPLETZ.  Op.  <it.  ,  pas'.   172. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  G'mliano  [Erice)  presso  Trapani  1 73 

ratteri  dell'  apice,  dell'  area,  della  fessura  deltidiale  e  della  forma, 
come  potei  convincermi  col  diretto  paragone  degli  esemplari  del 
Lias  medio  di  Castelluccio  presso  Taormina  e  con  quelli  originali 
della  specie  del  prof.  Gemmellaro.  Del  resto  nel  Lias  medio  del 
messinese  la  Sp.  Sijhia  Gemm.  e  la  Sp.  Zignoi  Di  -  Stef.  si  presen- 
tano associate. 

La  Sp.  Statira  Gemm.  del  Lias  medio  di  Sicilia  è  anche  vicina, 
alla  6'p.  Zignoi  ;  però  la  eccentricità  e  1'  altezza  dell'  apice  della  pri- 
ma, la  maggiore  grandezza  della  sua  area,  il  molto  minore  svilup- 
po della  sua  valva  imperforata,  le  forti  sinuosità  della  commessura 
laterale  e  il  carattere  del  lembo  linguiforme  che  nella  Sp.  Statira 
è  molto  lungo,  e,  cadendo  molto  rapidamente,  dà  alla  conchiglia  una 
forma  troncata  dietro,  non  ne  permettono  la  riunione. 

Questa  specie  è  rappresentata  da  un  discreto  numero  di  esem- 
plari nella  parte  superiore  e  nell'  inferiore  del  Lias  medio  del  M. 
San  Giuliano,  ma  per  lo  più  in  valve  isolate.  Anche  nel  Lias  me- 
dio del  piccolo  promontorio  di  Castelluccio  presso  Taormina  (Mes- 
sina) si  raccolgono  molte  valve  imperforate. 

L'  esemplare  figurato  ha  le  seguenti  dimensioni  : 

Lunghezza         1 6mm. 
Larghezza  'ì-1. 

Spessore  14. 

Spiriferina  segregata  Di-Stef. 
(Tav.   1,  fig.  8-12). 

1886.  Spiriferina  segregata  Di-Stefano  ,  Sul  Lias  inferiore  di  Taor- 
mina e  de'  suoi  dintorni,  pag.  87,  tav.  ì, 
fig.    18. 

Conchiglia  nella  massima  parte  dei  casi  slargata  trasversalmente, 
talvolta  tanto  larga  che  lunga,  molto  raramente  più  lunga  che  lar- 
ga,   spesso  asimmetrica.  La    sua  valva    impei-forata  ,  discretamente 


174  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

convessa,  è  fornita  di  un  lobo  mediano  più  o  meno  forte,  ohe  co- 
mincia sul!"  umbone.  La  valva  perforata  è  alta  ,  conica  ,  fornita  di 
un  seno  profondo  e  largo,  che  nasce  distinto  suH'  apice  e  alla  fronte 
sporge  in  un  lembo  più  o  meno  lungo.  L"  apice  è  compresso  sui  lati, 
appuntito,  più  o  meno  curvato,  spesso  strangolato,  rostrato  e  con- 
torto per  deformazione. 

L'  area  è  molto  alta  e  larga,  più  o  meno  leggermente  concava 
nei  grandi  esemplari  e  piana  nei  piccoli,  nettamente  hmitata  e  striata 
longitudinalmente  e  trasversalmente.  La  fessura  deltidiale  è  alta  e 
larga;  la  linea  cardinale  diritta,  lunga  quanto  l'intiera  larghezza 
della  conchiglia  e  compresa  tutta  neh'  area. 

La  riunione  delle  valve  si  fa  con  angolo  ottuso  ;  la  loro  com- 
messura, mentre  negli  esemplari  molto  giovani  è  dentata  sui  lati  e 
sinuata  alla  fronte,  negli  esemplari  adulti,  che  sogliono  avere  il  lem- 
bo del  seno  assai  lungo,    è  lateralmente  arcuata. 

La  supercie  di  ogni  valva  è  ornata  di  14-18  coste  forti  ed  an- 
golose, in  varj  casi  biforcate  o  triforcate  a  varie  altezze,  delle  quali 
3  si  presentano  sul  lobo,  1-4  nel  seno  e  5-9  sulle  parti  laterali  della 
conchiglia.  Due  delle  coste  del  lobo  sogliono  quasi  sempre  riunirsi 
prima  di  giungere  sulF  umbone;  le  due  coste  del  seno  più  esterne 
sogliono  riunirsi  sulla  regione  apiciale  con  le  due  che  limitano  i  lati 
di  detto  seno. 

La  conchiglia  è  coperta  di  numerosi  piccoli  tubercoli  disposti 
in  molte  serie  longitudinali  e  sopra  sottili  linee  rilevate  (Tav.  I, 
flg.  10).  Essi  si  presentano  sulle  coste  e  sugh  spazj  che  le  sepa- 
rano. Le  strie  di  accrescimento  sono  forti  e  rendono  talora  le  co- 
ste subnodulose. 

Suir  apice  della  valva  perforata  si  osservano  le  due  lamine  ro- 
strali subparallele  e  il  setto,  che  giunge  fin  quasi  sul  centro  della 
concliiglia. 

Questa  specie  si  raccoglie  abbondantemente  nella  parte  inferio- 
re e  nella  superiore  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano.  Le  va- 
riazioni che  presenta  si  restringono  alla  maggiore  o  minore  cur- 
vatura dell'apice,  che  rende  1'  area  talvolta  un  po'  concava,  e  alla 


Il  L/ax  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  pre^sso  Trapani  175 

maggiore  o  minore  altezza  di  esso.  Il  lobo  e  il  seno  si  spostano 
spesso  verso  mi  lato  o  l'altro. 

Nel  1886  descrissi  questa  specie  sopra  pochi  giovani  esemplari 
dei  dintorni  di  Taormina,  e  la  diagnosi  ne  era  perciò  manchevole. 
L'  esame  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano ,  della  provincia  di 
Messina  e  di  Girgenti  me  ne  ha  ora  fatto  conoscere  un  gran  nu- 
mero di  individui,  permettendomi  di  poterne  meglio  e  più  estesa- 
mente  studiare  i  caratteri. 

Espressi  di  già  il  dubbio  nel  mio  lavoro  sul  "  Lias  inferiore 
di  Taormina  ecc.  „  che  questa  specie  potesse  essere  riunita  alla 
Sj).  prodiida,  Seg.  (1)  del  Lias  medio  di  Galati  e  di  Castelluccio  (Mes- 
sina) ;  però  ora  il  paragone  degl'individui  messinesi  con  due  esem- 
plari della  Sp.  Davidsoni  Deslongc,  (2)  degli  strati  con  Leptaena  del 
Lias  superiore  di  May  (Francia) ,  ottenuti  in  comunicazione  dal  De- 
slongchamps,  poco  avanti  la  sua  morte,  e  per  mezzo  degli  amiche- 
voli uffici  del  march.  A.  De-Gregorio,  mi  ha  convinto  che  la  Sp.  pro- 
duda  Seg.,  è  identica  con  quest'ultima  specie.  Nello  stesso  tempo  tale 
esame  mi  ha  mostrato  le  intime  analogie  della  Sp.  segregata  Di-Stef. 
con  la  8p.  Davidsoni  Deslongc.  ,  sicché  ho  esitato  a  separarle.  A  dir 
vero  la  Sp.  segregata  sembra  a  prima  vista  più  una  varietà  della 
Sp.  Davidsoni  Deslongc,  che  una  specie  distinta  ;  pei'ò  essa  non 
mostra  mai  quella  enorme  sproporzione  nella  grandezza  delle  val- 
ve che  è  caratteristica  nella  specie  francese  ;  invece  la  sua  valva 
perforata  è  sempre  più  bassa,  meno  massiccia  ,  assai  più  ristretta 
sulla  regione  apiciale  e  fornita  di  un  apice  più  piccolo  e  per  lo  più 
quasi  strangolato,  pel  che  1"  area  è  sempre  più  bassa,  assai  più  larga 
alla  base  e  rapidamente  ristretta  sopra.  Questi  caratteri  costanti 
dell'  apice  e  dell'  area  danno  alla  Sp.  segregata  un  aspetto  differente  ; 


(1)  Sequenza,  Le  Spirifenna  dei  mrii  piatii  del  Lias  messinese,  pag.  485,  tiiv.  XXI,  fig. 
8,  8a,  Uh,  Se. 

(2)  Deslongchamps,  Hotice  presentée  a  V  histitut  des  provinces  sur  mi  genre  nouceau  de 
brachiopodes,  1855  (Annuaire  de  l'Institut  des  proviuoes  ;  Caeu),  pag.  13,  fitf.  20  dell'  unica 
tavola.  —  Mémoire  sur  la  couche  ti  Leptaena  du  Lias,  ecc.,  1859  (Bull,  de  la  Soc.  limi,  de 
Normaiidie)  pag.  40,  tav.  Ili,  fig.  1-3. 


176  11  Luis  medio  del  M.  San  (Giuliano  {Ericé)  presso  Trapavi 

ma  inolti'e  bisogna  notare  che,  mentre  nella  .S^j.  Davidsoni  Deslongc. 
le  spine  della  superficie  si  trovano  solo  sulle  creste  delle  coste  , 
nella  Sp.  segregata  coprono  tutta  la  larghezza  delle  coste  e  gli  spazj 
che  le  separano.  Per  queste  ragioni  io  ho  creduto  poterla  tener  se- 
parata dalla  Sp.  Davidsoni  Deslongc  ,  pur  riguardandola  come  una 
specie  molto  affine. 

La  Sp.  Gillieroni  Haas  (1),  a  giudicarne  dalla  figura,  parrebbe 
un  esemplare  della  Sp.  segregata,  Di-Stef.  ,  che  infatti  è  spesso  a- 
simmetrica,  sia  per  espostamento  verso  un  lato  o  l'altro  dell'apice, 
che  del  seno  e  del  lobo. 

Parecchie  altre  Spirlferiiia  liassiche  e  retiche  sono  vicine  alla 
Sp.  segregata,  come  la  Sp.  Tessoni  Davids.  (2),  la  Sp.  Deslongchain- 
psi  Davids.  (3),  la  Sp.  Foreli  Haas.  (4),  la  Sp.  expanso-plicata  Par.  (5), 
e  la  Sp.  Collenoti  Deslongc.  (6).  Questa  ultima  specie,  che  proviene 
dall'  Infralias  francese,  è  vicinissima  alla  Sp.  segregata ,  che  ne  dif- 
ferisce solo  per  le  sue  coste  non  arrotondite  sopra,  più  forti  e  as- 
sai angolose,  per  l'apice  e  la  fessura  deltidiale  più  stretti,  pel  lungo 
lembo  linguiforme  del  seno  e  per  la  commessura  laterale  chiaramente 
arcuata.  Le  forme  giovani  della  Sp.  segregata  sono  più  vicine  alla 
Sp.  Collenoti  Deslongc.  che  le  adulte,  e  mi  pare  che  ne  attestino  la 
derivazione. 

Per  quanto  riguarda  le  altre  specie  citate,  rilevo  che  la  Sp. 
segregata  si  ditferisce  dalla  Sp.  Tessoni  Davids.,  per  la  forma  più 
slargata,  per  le  coste  più  larghe,  di  numero  molto  minore  e  più  ra- 
ramente biforcate,  nonché  pel  carattere  della  sua  valva  imperforata 


(1)  Haas,  Étudemonogr.  et  crii,  dcs  hrachiopodes  rhétiens  et  jurassiques  des  Alpes  vaiidoises 
ecc;  1887,  p;ig    G7,  tav.  VII,  tig.  2H  e  29. 

(2)  Davidson,  Annals  and  Mug.  of  Nat.  History,  1852,  voi.  IX,  tav.  XV,  fig.   1,  2. 

(3)  Davidson  ,  Hiipplemenl  to  the  Brit.  jur.  and  trias$.  Brachwpoda  ,  pag.   101,  tav.  XI, 

fig.  12. 

(4)  Haas,  Étude  monoyr.  et  crit.  des  hrachiopodes  rhét.  et  jurassiques  des  Alpes  vaudoises, 
ecc.  1,  pag.  28,  tav.  II,  fig.  16. 

(5)  Parona,  /  biuchiopodi  liassici  di  Saltrio  e  Arzo  ecc.,    pag.  238,  tav.  I,  fig.  7-9. 

(6)  Deslonocuami'S  ,  Etiides    critiques  sur  des  hrachiopodes    tiouveaux    ou    peti  cotinus  , 
1862-86,  pag.  233,  tav.  XXV,  fig.  1-3. 


Il  Litìs  ìiu'dio  del  M.  San  Giuliano  [Erke)  presso  Trapani  177 

assai  meno  convessa  ;  dalla  Sp.  DealoìKjclii'inpsi  Davids.  per  le  co- 
ste angolose  sopra  e  assai  meno  numerose,  per  1'  area  più  elevata 
e  per  la  valva  imperforata  più  depressa;  dalla  Sp.  Foreli  Haas  per 
l'apice  curvato  e  per  le  coste  molto  forti  ed  angolose  sopra,  e  in- 
fine dalla  più  lontana  Sp.  expanso-plicata  Par.  per  la  ferula  meno 
dilatata,  per  l'area  meno  larga  alla  base,  per  la  fessura  deltidiale 
più  stretta  e  per  le  coste  più  forti  e  angolose  sopra. 

Fra  le  spiriferine  costati-smuosae  del  Trias  la  Sp.  gregaria  Suess 
non  Peters,  come  il  Wohrmann  (1)  e  il  Bittner  (2)  ce  la  figurano, 
ha  molti  rapporti  con  la  Sj).  segregata  ,  tanto  che  può  esserne  ri- 
guardata come  la  progenitrice. 

La  Sp.  segregata  si  raccoglie  con  abbondanza  nel  Lias  medio 
di  Castelluccio  (Taormina)  in  quello  dei  due  livelli  del  M.  San  Giu- 
liano, a  Taja-di-sopra  (Galtabellotta)  e  raramente  nel  Lias  inferiore 
di  Taormina. 

Le  dimensioni  dei  migliori  esemplari  completi  sono  le  seguenti: 

L  IL  in.  IV. 

Lunghezza         20mm.  13mm.  i!2mm.  llmm. 

Larghezza  21.  13.  13.  12. 

Spessore  12.  11.  10.  10. 

Spiriferina  gibba  Seg. 
(Tav.   1,  fìg.   13-16;  Tav.   11,  fg.   1) 

1885.  Spiriferina  gibba  Seguenza,  Le  Spiriferina  dei  varii  piani  del 

Lias  messinese  (Boll,  della   Soc.  geol.  ital., 

voi.  IV)  pag.  481,  tav.  XXI,  fìg.  7,  la,  Ib  le. 

Conchiglia  quasi  equivalve,  spesso  asimmetrica,  più  larga  che 


(1)  WòHBMANN,  Die  Fauna  d.  sogenannten  Cardita-und  KaiUer-bchichhen  ecc.,  1889  (Jar- 
buch  d.  K.  K.  geol.  E.  A.  ,  pag-.  197,  tav.  V,  fig.  24-27.) 

(2)  Bittner,  Brachiopoden  der  alpinen  Trias;  Wieii,  1890  (Abhadl.  d.  K.  K.  geol.  R.  A. 
XrV.  Bd.)  pag.   140  e  14.5,  tav.  XXVm,  fig.   14-19. 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sebie  4»  24 


178  11  LUIS  medio  del  M.  San  Giuliano  (Enee)  prcKSO  Trapani 


lunga  o  tanto  larga  che  lunga,  molto  convessa  e  per  lo  più  quasi 
globulare.  La  valva  imperforata  è  più  convessa  dell'  altra,  slargata 
trasversalmente  e  fornita  di  un  lobo  mediano  discretamente  forte 
e  largo,  che  la  rende  un  po'   gibbosa  sulla  sua  hnea  mediana. 

Quella  perforata  è  alta,  ordinariamente  robusta  e  più  o  meno 
tozza,  piramidale ,  munita  di  un  seno  molto  profondo  e  largo ,  su- 
bangoloso al  fondo,  che  comincia  sull'apice  e  alla  fronte  sporge  in 
un  seno  più  o  meno  lungo.  Tale  seno  è  frequentemente  spostato 
verso  un  lato  o  1'  altro  della  conchiglia. 

L' apice  è  discretamente  curvo  o  poco ,  non  di  raro  quasi 
diritto;  esso  è  robusto,  ma  con  estremità  appuntita.  L' area  è  mol- 
to alta,  larga,  piana,  limitata  da  due  spigoli  assai  ottusi  ,  coperta 
di  forti  strie  trasversali  di  accrescimento  e  di  sottili  linee  longi- 
tudinali. La  fessura  deltidiale  è  molto  alta  e  larga.  La  linea  cardi- 
nale è  diritta  ed  occupa  i  2/3  dell'intiera  larghezza  della  conchiglia; 
essa  passa  alla  commessura  laterale,  arcuandosi  leggermente  alle 
estremità. 

La  superfìcie  della  conchiglia  è  liscia  o  più  spesso  ornata 
di  8-12  coste  larghe  e  arrotondile,  che  svaniscono  prima  di  giun- 
gere ali"  apice.  Esse  lasciano  libero  il  lobo  e  il  seno. 

Le  strie  di  accrescimento  sono  molti  forti  ed  imbricate.  La  con- 
chiglia quando  è  ben  conservata,  si  mostra  coperta  di  tubercoli  titti 
e  fini;  se  mancano  i  primi  strati  di  essa ,  allora  fa  osservare  una 
fina  punteggiatura. 

Suir  apice  della  valva  perforata  si  notano  le  lamine  rostrali  e 
il  setto,  che  sono  molto    lunghi. 

La  riunione  delle  valve  si  fa  con  angolo  ottuso;  la  loro  com- 
messura è  spesso  chiaramente  dentata  sui  lati  e  sulla  fronte  ,  un 
po'  arcuata  sui  fianchi  presso  la  linea  frontale  e  sinuata  alla  fronte. 

Questa  specie  è  estremamente  variabile  rispetto  ai  rapporti 
della  lunghezza  e  della  larghezza,  alla  maggiore  o  minore  altezza  e 
robustezza  della  valva  perforata,  alla  curvatura  dell'  apice,  che  da 
diritto  diventa  discretamente  curvato  ,  alla  estensione  dell'  area  e 
alla  presenza  0  mancanza  delle   coste. 


n  Lias  medio  del  M.  Smi  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  179 

Gli  esemplari  lisci  sogliono  avere  la  valva  perforata  alta  ,  più 
ristretta  sui  lati  e  l' apice  curvato.   Essi  sono  abbondantissimi. 

Le  figure  di  questa  specie  date  dal  Seguenza  non  ne  rappre- 
sentano con  esattezza  i  caratteri ,  segnatamente  per  quanto  ri- 
guarda la  valva  imperforata.  Le  due  valva  isolate  e  1'  esemplare 
bivalve  da  me  figurati  servono  a  dare  una  esatta  conoscenza  della 
specie  ,  sebbene  manchi  la  figura  di  uno  degl'individui  lisci  ,  che 
per  causa  delle  poche  tavole  concessemi ,  non  potei  far  disegnare. 

La  Sp.  yihha  Seg:  è  in  relazione  con  la  Sp.  semipìicata  Gemm., 
con  la  Sp.  Ha  neri  Suess  e  con  la  Sp.  nipesfris  Deslongc.  ecc. 
I  più  intimi  rapporti  li  ha  con  la  Sj).  sciHÌplicata  Gemm.  (1);  però 
questa  ha  sempre  una  forma  più  svelta  e  più  piramidale,  dovuta 
all'  apice  più  ristretto  e  diritto,  e,  soprattutto,  mostra  l' area  acu- 
tamente limitata  e  la  valva  imperforata  così  depressa  da  sembrare 
operculare,  mentre  cpella  defia  Sp.  yibba  è  molto  gonfia,  anche  nei 
piccoli  individui.  Dippiù  il  seno  della  Sp.  semipìicata  è  assai  stretto. 

Anche  intimi  sono  i  rapporti  della  Sp.  gihba  con  la  Sp.  Haueri 
Suess  (2)  ;  però  la  specie  del  prof.  Seguenza  se  ne  distingue  per 
la  forma  meno  dilatata  e  più  globulosa,  per  la  robustezza  dell'  api- 
ce, per  le  coste  di  numero  minore,  ma  più  forti  e  più  larghe.  Gli 
individui  lisci  defia  Sp.  gibba  se  ne  separano  anche  bene  per  il  loro 
aspetto  globulare  e  non  alato  ,  per  la  gonfiezza  defia  valva  imper- 
forata e  per  la  robustezza  defi'  apice.  È  da  notare  anche  che  l'area 
deUa  Sp.  gibba  è  sempre  afia  base  assai  meno  larga  di  quella  defia 
Sp.   Haueri. 

La  Sp.  rupestris  Deslongc.  differisce  dalla  Sp.  gibba  ,  perchè 
assai  inequivalve  ,  in  opposizione  ai  caratteri  della  specie  sicifiana 
quasi  equivalve  ,  e  perchè  ha  la  valva  perforata  più  bassa  e  più 
tozza,  quefia  imperforata  gonfia  ,  le  coste  non  estese  fino  all'apice 
e  il  lobo  più  stretto. 

Certi   esemplari    lisci  richiamano   molto  la  Sp.  Hartmanni   De- 


(1)  Gemmellabo,  Sui  fossili  del  calcare  cristallino  delle  Montagne  del  Casale  e  di  Bellampo 
nella  provincia  di  Palermo,  pag.  413,  fig.  47-49. 

(2)  Suess,   Veher  die  Brachiopodcn  d.  Kossener  Hchichten ,  1854,  pag.  24,  tav.  II,    fig.  6. 


180  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 


slongc.  (non  Zieten)  (1),  dalla  quale  si  separano  per  la  forte  gon- 
fiezza e  per  V  area  non  limitata  acutamente  ;  gli  altri  costati  ram- 
mentano la  Sp.  plnguis  Ziet.  sp.  (non  Sowerby)  (i2),  che  è  più  de- 
pressa ed  ha  l'area  molto  più  piccola. 

Come  si  vede  la  Sp.  (jihha  Seg.  è  vicina  a  molte  specie,  senza 
che  sia  possibile  d' identificarla  con  nessuna,  e  perciò  è  giustificato 
il  tenerla  separata  con  nome  distinto,  come  fece  il  prof.  Seguenza. 

Accanto  agU  esemplari  della  Sp.  f/ihba  descritti  si  notano  pa- 
recchie valve  isolate  (tav.  1.,  fig.  14,  1.5)  che  nei  caratteri  generali 
mostrano  con  essa  la  più  intima  analogia,  tanto  da  non  potersene 
separare  nettamente.  I  caratteri  del  seno  e  deUe  coste  corrispondono 
del  tutto  a  quelli  della  Sp.  gihba ,  e  la  forma,  benché  più  svelta 
per  la  elevatezza  e  l'acutezza  dell*  apice ,  è  legata  da  innumerevofi 
passaggi  a  quella  degl'individui  massicci  della  specie  del  prof.  Seguen- 
za. Nondimeno  a  questo  aspetto  più  elegante  va  unito  un  carattere 
differenziale  importante,  dato  dagli  acuti  spigoli  che  limitano  l'area,  i 
quaU  non  si  mostrano  nella  Sp.  ijihba.  Questo  contrassegno  avvicina 
molto  tali  valve  alla  Sp.  semiplicata  Gemm.  e  alla  Sp.  aiKjidaia  Opp.; 
però  la  estrema  grandezza  del  seno  non  permette  identificarla  con 
la  prima,  e  la  mancanza  di  compressioni  laterali  non  danno  a  que- 
ste valve  il  tipo  caratteristico  della  seconda.  Tuttavia  le  analogie 
con  quest'  ultima  sono  così  intime  .  che  io  riguardo  tali  valve  co- 
me costituenti  una  varietà  intermedia  tra  la  Sp.  (jihha  Seg.  e  la 
Sp.  anyulata  Opp. 

La  Sp.  jihha  è  multo  ulìbondante  nelle  due  porzioni  del  Lias 
medio  del  M.  San  Giuliano,  in  quello  di  Castelluccio  (Taormina)  e 
di  Taja-di-sopra  presso  Caltabellotta  (Girgenti). 

L'  esemplare  bivalve  figurato  ha  le  seguenti  dimensioni  : 

Lunghezza     !27mm. 
Larghezza      27. 
Spessore         23. 


(3)  Deslongchamps,  Étmìes  critiques  sur  des  lirachiopodes  nouveaur  (tu  peu  connus,  pag. 
13,  tav.  II,  tìg.   10,  11. 

(4)  Zieten,  Die   Versfeineruiif/e»    Wi'irtemherffs,  pag.  51,  tav.  XXXVIII,  fig.  5. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Ericé)  presso  Trapani  181 

Le  misuro  di  alcune  valve  perforate  sono  le  seguenti  : 

i.        n.        III.       IV.       V.        VI.       VII. 

Lungli.  29mm.    18mm.    lomm.   17mm.    I8mm.    I9nini.   22mm. 
Largii.    ^7.  ^3.  iJO.  ^27.  21.  28.  17. 

Quelle  di  alcune  valve  imperforate  : 

I.  II.  111.         IV.         V. 

Lungh.   28mm.   17mm.    19mm.   12mra.    16mm. 
Largh.    26.  27.  28.  18.  24. 

Spirifirina  Munsteri  Davids. 

1830.  Spirifer  ndopUcatiis  Zieten  (non  Sowerby),   Die  Versteinerun- 

gen  Wiìrtembergs,  pag.  51,  tav.  XXXVIII, 
fig.  6a,  e. 

1847.       „  „  Davidson  ,  London    Geological    Journal  , 

N.  Ili,  pag.   113,  tav.  XVIII,  fig.   11-14. 

1851.  ,  Miinsteri      Davidson,  A  Monograph  of  british  oolitic 

and  liassic  Brachiopoda  (Palaeont.  Society 
of  London)  pag.   26 ,  tav.  Ili .  fig.  4-6. 

1852.  „  „  Davidson,  Annals  and    Magazine  of.  Nat. 

hisL  ,  S.  2,  voi.  IX,  pag.  15  ,  tav.  XV  , 
fig.  8-9. 

1853        „         odupìicatus    Oppel,  Der  mittere  Lias  Schwabens,  pag. 

72,  tav.  IV,  fig.   3. 

1858.        „  betacalcis      Quenstedt,  Der  Jura,  pag.    146,  tav.    18, 

fig.    16. 

1858.        „  Walcotti       Quenstedt,  Ibid.,  pag.  99,  tav.  12,  fig.    16. 

1874.  Spiriferina  Miinsteri  Gemmellaro  ,    Sopra  i  fossili    della    zona 

con  T.  Aspasia  della  provincia  di  Paler- 
mo e  di  Trapani  (  Sopra  alcune  faune 
giuresi  e  liasiche  della  Sicilia)  pag.  57  , 
tav.  X,  fig.   8,  9. 


182  11  Lina  medio  del  M.  San  Ghdiano  (Erice)  presso  Trapani 

1876.  Spiriferina  Miinsteri  Davidson  ,  Supplement  to  the  british  ju- 

rassic  and  triassic  Brachiopoda  (Palaeont. 
Society  of  London)  pag.    101. 

1886.        „  „  Rothpletz  ,    Geologisch- palaeontologische 

Monographie  der  Vilser  Alpen  (Palaeon- 
tographica,  33  Bd.ì,  pag.    163. 

Questa  specie  è  molto  abbondante  negli  strati  bassi  ed  elevati 
del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  ,  ove  è  rappresentato  da  pic- 
coli esemplari ,  corrispondenti  in  tutto  a  quelli  di  S.  Anna  presso 
Giuliana  (Palermo)  illustrati  dal  prof.   Gemmellaro. 

I  molti  individui  studiati  sono  più  larghi  che  lunghi,  talora  tan- 
to larghi  che  lunghi  o  pili  lunghi  che  larghi  ,  ornati  di  12-14  co- 
ste angolose  e  larghe.  La  valva  imperforata,  non  molto  convessa  , 
porta  un  lobo  mediano  largo,  elevato  e  subangoloso  sopra,  al  quale 
CQi'risponde  sulla  valva  perforata  un  seno  profondo  e  angoloso  al 
fondo  ,  che  parte  dall'  apice.  Questo  è  elevato  ,  appuntito  e  poco 
curvo.  L'  area  è  larga,  piana  e  nettamente  limitata;  la  fessura  del- 
tidiale  è  alta  e  stretta;  la  linea  cardinale  diritta  e  lunga  quanto  la 
larghezza  della  conchiglia.  SulF  apice  di  alcuni  esemplari  si  nota  un 
setto  corto  e  due  lamine  rostrali,  le  cui  estremità  inferiori  conver- 
gono verso  il  setto. 

La  superficie  delle  valve  è  coperta  di  tubercoli  minuti  e  lar- 
gamente spaziati  fra  di  loro. 

Gli  esemplari  siciUani ,  sempre  piccoli ,  hanno  le  coste  meno 
larghe  di  quelle  degli  esemplala  figurati  dal  Davidson,  nondimeno 
essi  non  possono  separarsene. 

Var.  recondita  Seg. 

1885.  Spiriferina  recondita  Seguenza,  Le  Spiriferina  dei  varii   piani 

del  Lias  messinese  (Boll,  della  Soc.  geol. 
ital.,  voi.  IV)  pag.  438  ,  tav.  XIX,  fig. 
10,    10(/,    10/),    lOc. 


//  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Enee)  presso  Trapani  183 


188fi.  Spiriferìiia   recondita  Di-Stefano,  Il  Lias  inferiore  di  Taormina 

e  de'  suoi    dintorni  ,  pag.  46  ,  tav.   1  , 
fig.   19-25. 

L'esame  recente  di  un  gran  numero  di  esemplari  della  Sp. 
recondita  Seg.,  e  della  Sp.  Milnsteri  Davids.,  mi  tacerlo  che  la  spe- 
cie del  prof.  Seguenza  deve  riunirsi  a  quest'  ultima;  però  la  Sp.  re- 
condita raggiunge  dimensioni  molto  maggiori  di  quelle  della  Sp. 
Miinsteri  Davids.  ,  è  per  lo  più  molto  slargata  trasversalmente  , 
mostra  spesso  un  maggior  numero  di  coste  (12-20),  ed  è  coperta 
di  tubercoli  minuti  e  fittissimi.  Questo  carattere  dei  fitti  tubercoli, 
in  opposizione  a  quello  della  Sp.  Milnsteri  Davids.,  che  li  ha  più 
grossi  e  largamente  spaziati  fra  di  loro,  può  permettere  di  riguar- 
dare la  Sp.  recondita  Seg.,  come  una  varietà  della  specie  del  David- 
son, intermedia  tra  questa  e  la  Sp.  oxi/gonia  Deslongc  (1).  La  Sp. 
Milnsteri  Davids.,  var.  recondita  Seg.,  è  infatti  assai  vicina  alla  Sp. 
oxygonia  Deslongc,  dalla  quale  differisce  solo  per  l' area  molto  più 
stretta,  per  l' apice  più  appuntito  e  ristretto  sui  lati  e  per  le  coste 
meno  larghe  e  meno  elevate. 

Come  è  stato  notato  più  volte,  la  Sp.  Milnsteri  Davids.,  ha 
strette  analogie  con  la  Sp.  Walcotti  Sow.,  sicché  se  ne  è  proposta 
la  riunione,  contro  la  quale  si  è  pronunziato  il  Davidson.  Gh  esem- 
plari della  Sp.  Milnsteri  Davids.,  e  della  var.  recondita  Seg.  del  M. 
San  Giuliano  ,  di  Gastelluccio  (Taormina)  e  di  Sant'  Anna  presso 
(Palermo),  paragonati  con  parecchi  belli  individui  della  Sp.  Walcotti 
Sow.,  provenienti  dal  Gloucester  (Inghilterra)  e  conservati  nelle  col- 
lezioni del  Museo  geologico  dell'  Università  di  Palermo  ,  se  ne  dif- 
feriscono pertanto  per  le  minori  proporzioni,    per  le  coste  più  nu- 


(1).  L'esemplare  della  Sp.  reconrìUa  Seg.,  figurato  dal  prof.  Haas  (Éturle  manogr.  et  crii, 
des  brachiopodes  ecc.  tav.  II,  fig.  26-29)  uou  fa  decidere  per  causa  del  suo  cattivissimo  stato 
di  conservazione  se  spetti  veramente  alla  Sp.  Munsteri  Davids.,  var.  recondita  Seg.,  alla  tipica 
Sp.  Milnsteri  o  a  tutt'altra  specie. 

(2)  Deslonchamps  Mèmoire  sur  la  conche  a  Leptaena  du  Uas  ecc.,  18.59  (Bui.  de  la  Soc. 
linn.  de  Normandie,  III)  tav.  IV,  fig.  4-10. 


184  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 

merose  e  più  strette,  per  1"  apice  più  alto,  spinto    indietro  e  quasi 
diritto  e  per  1'  area  più  alta  e  piana. 

La  Sp.  Milnsterl  Davids.  si  raccoglie  in  Inghilterra  nel  Lias 
medio  e  nel  superiore  (Davidson)-;  in  Francia,  in  Germania  e  nelle 
Prealpi  italiane  nel  Lias  medio;  in  Portogallo  nella  parte  superiore 
di  quel  Lias  inferiore  (Choffat). 


Gen.  RHYNCHONELLA  Fischer  v.  Waldheim. 

Rhynchonella  curviceps  Queust.  sp. 

(Tav.   li,  fiy.  '2.) 


1852.  Terebratula  tetraedra  [ì  Quenstedt,  Handbuch  der  Petrefacten- 

kunde,  pag.   138,   tav.   17,  fig.   13-15. 

1858.  „  curviceps      Quenstedt,  Der  Jura,  pag.  138,  tav.  17, 

fig.   13-15. 

1867.  „  tetraedra      Quenstedt,  Handbuch  der  Petrefacten- 

kunde,  pag.  541,  tav.  46,  fig.  90. 

1871.  „  curviceps      Quenstedt,  Petrefactenkunde  Deutsch- 

lands;  Brachiopoden,  pag.  57,  tav.  37, 
fig.   118-127. 

1871  „  amaUhei  curviceps  Q\ìi%n&i%à.i  ,  Ibid. ,    pag.  66,    tav.   37, 

fig.    160. 

1882.  Bìiijnchonella  curviceps.  Haas  und  Petri,  Die  Brachiopoden  der 

J.  -  Formation  von  Elsass-Lothringen 
(Abhandl.  z.  geol.  spez.  Karte  von 
Els.-Loth.,  II)  pag.  188,  tav.  I,  fig.  24, 
28,   30;  tav.  UI,  fig.  32-36,   38-42. 

1885.  Terebratula  tetraedra  H  Quenstedt ,  Handbuch  der  Petrefac- 
tenkunde, pag.  691,  tav.    53,  fig.  46. 


Il  IJan  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presao  Trapani  185 

1886.  Ehìjìirhoìiella  curvieeps  Di-Stefano,  Sul  Lias  inferiore  di  Taor- 
mina e  de"  suoi  dintorni,  (Giorn.  di  Se. 
Nat.  ed  Econ.  di  Palermo,  voi.  XVIII.) 
pag.    102,  tav.  II,  fig.   25-29. 

Gli  esemplari  di  questa  specie  raccolti  nel  Lias  medio  del  M. 
San  Giuliano  sono  piccoli  o  di  discrete  dimensioni ,  più  larghi  che 
lunghi,  tanto  larglii  che  lunghi  e  in  varj  casi  piti  lunghi  che  larghi, 
sempre  assai  globulosi  per  causa  del  forte  rigonfiamento  della  valva 
imperforata  e  pel  rapido  inflettersi  delle  coste  verso  la  regione  fron- 
tale. La  loro  fronte  è  perciò  altissima  rispetto  alle  proporzioni  della 
conchiglia.  Il  seno  della  valva  perforata  e  il  lobo  dell'  imperforata 
sono  larghi,  ma  molto  leggieri  e  talvolta  appena  accennati;  però  il 
seno  si  prolunga  alla  fronte  in  un  lungo  lembo. 

L'  apice  è  appuntito  ,  molto  curvato ,  più  o  meno  compresso 
sulla  valva  imperforata  e  con  angoli  laterali  distinti ,  ma  non  mol- 
to acuti,  come  invece  sono  spesso  negl'individui  tedeschi  di  questa 
specie.  La  superficie  della  conchiglia  è  fibrosa  ed  ornata  di  18-25  co- 
ste angolose,  delle  quali  5-8  si  presentano  sul  lobo,  che  non  sempre 
è  ben  distinto  dalle  parti  laterali  della  conchiglia. 

GÌ'  individui  studiati  corrispondono  benissimo  con  quelli  tipici 
della  Bh.  ciirviceps  Quenst.  sp.,  che  mi  furono  già  mandati  per  pa- 
ragone dal  prof.  Haas,  e  con  quelli  del  Lias  di  Taormina. 

La  i?/^  curvieeps  è  stata  spesso  confusa  con  la  Bh.  tetraedra 
Sow.  per  causa  dei  dispareri  sul  modo  di  comprendere  questa  specie 
inglese,  e  perchè,  a  dir  vero,  le  è  vicinissima.  I  molti  esemplari  del 
M.  San  Giuliano  mostrano  infatti  che  le  due  specie  passano  1'  una 
all'  altra  per  forme  intermedie  ;  nondimeno  gì'  individui  ben  carat- 
terizzati delle  Eh.  curvieeps  diiferiscono  dalla  ^/^  tetraedra  perle  co- 
stanti minori  proporzioni,  per  loro  aspetto  non  alato  lateralmente  , 
ma  meno  slargato  per  causa  della  compressione  sui  fianchi  della 
conchiglia,  più  globulare  e  ventricoso  per  1'  altezza  della  fronte  ca- 
gionata dal  forte  e  rapido  curvarsi  delle  coste  e  non  dal  l|)bo,  che 
insieme  al  seno  è  sempre  debole  e  per  lo  più  non  ben  definito. 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sebie  4»  25 


186  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso   Trapani 

Questa  specie  è  rara  nella  parte  inferiore  del  Lias  medio  in 
esame  e  abbondante  nella  superiore.  In  Sicilia  si  raccoglie  anche 
nel  Lias  inferiore  di  Taormina.  Essa  si  presenta  nel  Lias  inferiore 
dell'Est  della  Francia  (1)  e  nel  Lias  medio  dell' Alsazia-Lorena,  in 
quello  della  Germania  e,  a  quanto  pare  ,  in  quello  dell'Inghilterra. 

Alcuni  degli  esemplari  studiati  hanno  le  seguenti  dimensioni  : 

Lunghezza  21mm.      17mm.     ;21mm.      18mm.      16mm.      iOmm. 
Larghezza   24.  19.  18.  17.  15.  9. 

Spessore      19.  16.  17.  17.  15,  9. 

Rhynchonella  tetraedra  Sow.  sp. 
(Tav.   II,  fig.  3). 

18l!2.   Terehratnìa  tetraedra   Sowerby ,  Minerai  Conchology  of  Great 

Britain,  pag.   191,  tav.  83,  fig.  5. 

1828.  ,  „  Young  and  Bird,    Geological  Survey  of 

the  Yorkshire  Coast,  tav.  Vili,  flg.    15. 

1851.  Rhynchoneìla     tetraedra     Davidson,  A.  Monograph    of  british 

oolite  and  liassic  Brachiopoda  (Pa- 
laeont.  Society  of  London)  pag.  93 
tav.  XVIII,  flg.  5-9  (esclusa  fig.   10). 

1871.  Terebratula  tetraedra         Quenstedt.     Petrefactenkunde    Deut- 

schlands;  die  Brachiopoden,  pag.  59, 
fig.    126  (Hilminster). 

1876.  Rhynchoneìla  tetraedra      Tate  and  Blaeke,  The  Jorkshire  Lias, 

pag.  420,  tav.  XV,  fig.  20. 

1878.  „  „  Davidson,  Supplement  to  the  brit.  ju- 

rassic  and  triassic  Brachiopoda  (Pa- 
laeont.  Society  of  London)  p.  198, 
fig.  6-12  (esclusa  fig.  5). 


(1)  Terqubm  et  Piette,  Le  Lias  inférietir  de  l'Est  de  la  France;  Paris,  1845  (Mém.  de 
la  Soc.  géol.  (le  France,  2  S.  T.  Vili,  pag.  116  ) 


//  Lìtis  medio  del  M.  San  G-iuUano  {Erice)  presso  Trapani  187 

1884.  B/n/nr/i<))ii'l/(i    fffnifdni     (0  Parona ,  I  brachiopodi  liassici  di 

Saltrio  e  Arzo  nelle  Prealpi  lombarde 
(Mem.  dell'Istituto  loml)ardo)  p.  17, 
tav.  II,  fìg.  5. 

Conchiglia  più  larga  che  lunga,  o  tanto  larga  che  lunga,  spes- 
sa, subpentagonale,  con  l'apice  basso,  acuto,  molto  curvato  e  fornito 
di  angoli  laterali  acuti.  Forame  piccolo,  formato  sotto  dal  deltidio, 
che  è  largo.  Valva  imperforata  molto  più  convessa  dell'altra,  munita 
sulla  regione  frontale  di  un  lobo  molto  elevato,  diviso  dalle  parti  la- 
terali della  conchiglia  da  spazj  distinti,  però  non  molto  larghi.  Valva 
perforata  depressa,  provvista  di  un  seno  largo  e  profondo,  che  co- 
mincia debolissimo  sulla  metà  superiore  della  conchiglia  e  si  fa  forte 
alla  fronte,  prolungandosi  e  inflettendosi  verso  la  valva  imperforata. 

La  superficie  della  conchiglia  è  ornata  di  26-30  coste  forti  e 
angolose  ,  delle  quali  6-10  si  presentano  sul  lobo  e  8-12  su  ogni 
lato  di  essa. 

L'unione  delle  valve  si  fa  con  angolo  ottuso  ,  e  la  loro  linea 
commessurale ,  leggermente  arcuata  sui  fianchi,  diviene  fortemente 
sinuosa  alla  fronte  :  essa  è  inoltre  assai  dentata  sui  lati  e  sulla 
fronte. 

Gli  esemplari  simili  a  quello  figurato,  paragonati  con  i  molti  e 
belli  individui  della  B/i.  tetraedra  Sow.  sp.  provenienti  dal  Lias 
del  Gloucestershire  (Inghilterra)  e  conservati  nel  Museo  geologico 
dell'  Università  di  Palermo  ,  (individui  corrispondenti  a  quelU  rap- 
presentati dal  Davidson  nella  tav.  XVIII,  fi-g.  5-9  della  sua  A  Mono- 
yraph  of  hrit.  ooìitic  ecc.),  vi  somigliano  in  modo  che  mi  pare  im- 
possibile di  separameli.  Certamente  la  loro  valva  imperforata  mo- 
stra una  convessità  leggermente  minore  di  quella  che  si  osserva 
sugli  esemplari  inglesi  ,  né  il  loro  apice  è  sempre  compresso  sul- 
r  umbone  della  valva  imperforata  ;  ma  io  ho  notato  che  simili  va- 
riazioni si  osservano  anche  su  molte  forme  inglesi,  che  nondimeno 
non  possono  separarsi  dalle  forme  tipiche. 

Accanto  agli  esemplari  del  M.  S.  Giuliano  descritti  se  ne    no- 


188  11  lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

tano  non  pochi  altri  che  per  le  coste  più  fine  ,  ma  soprattutto  pel 
lobo  frontale  basso  e  la  minore  convessità  ,  rammentano  a  prima 
vista  queir  individuo  del  Lias  medio  di  Laurac  (bacino  del  Ro- 
dano) riferito  dal  Dumortier  (1)  alla  Rh.  tetraedra  Sow.  sp.,  e  che 
ne  sembra  piuttosto  una  varietà;  e  altri  molto  convessi,  ma  col  lobo 
meno  distinto  ,  i  c|uali  fanno  passaggio  alla  Eh.  ciirviceps.  Quenst. 
La  Rh.  tetraedra  e  la  Rli.  curviceps  sono  infatti  due  specie  assai  vi- 
cine e  intimamente  legate;  però  gli  esemplari  della  vera  Rh.  curviceps 
di  Sicilia  (M.  San  Giuliano  e  Taormina)  si  distinguono  dalla  Rh.  te- 
traedra non  solo  perchè  costantemente  di  dimensioni  minori^  ma,  gio- 
va ripeterlo,  per  la  forma  assai  più  globulare,  dovuta  alla  maggiore 
convessità  della  valva  imperforata,  pel  seno  ristretto  e  leggerissimo, 
pel  lobo  indistinto  o  mancante,  e  per  la  grande  altezza  della  fronte, 
causata  non  dal  lobo,  come  avviene  nella  Rh.  tetraedra,  ma  dal  più 
forte  e  rapido  curvarsi  delle  coste  verso  la  fronte.  Noto  anche  che 
la  Rh.  curviceps,  non  è  alata  lateralmente,  o  per  lo  meno  non  così 
come  lo  è  la  Rh.  tetraedra,  e  che  suole  essere  più  allungata. 

L'esemplare  del  Lias  medio  di  Arzo ,  figurato  dal  dott.  Parona 
nel  lavoro  citato  sopra ,  somiglia  molto  alla  Rh.  curviceps;  nondime- 
no per  la  minore  convessità  e  pel  lobo  distinto  non  si  può  recisa- 
mente associare  a  questa  specie.  Però  è  da  notare  che  neanco  cor- 
risponde bene ,  per  la  sua  forma  molto  allungata  ,  agli  esemplari 
tipici  della   Rh.  tetraedra  Sow.  sp. 

La  Rh.  cfr.  tetraedra  Sow.  sp.,  che  il  Parona  figura  nella  tav.  Ili, 
fig.  3,  del  lavoro  "  //  calcare  Uassico  di  Gozzano  ecc.  „ ,  è  certamente 
assai  vicina  alla  Rh.  tetraedra,  come  ce  la  rappresenta  il  Davidson; 
però  non  può,  pel  suo  debole  lobo,  associarsi  alle  grosse  forme  ti- 
piche. Essa  rammenta  quella  Rhynchonella  del  Bacino  del  Rodano  ri- 
ferita dal  Dumortier  alla  Rh.  tetraedra,  della  quale  si  jjarlò  più  su, 
e  insieme  alla  quale  potrebbe  costituire  una  varietà  e  forse  una 
specie  distinta. 


(l)  Dumortier,    Ètudes  paléontologiqiies  sur  ìes  il^pdts  jurassiqiies  dit  bassin  du  Rhòne; 
Lias  moyen;  pag.  330,  tav.  XLII,  fig.   11,   12. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  iìiuliano  [Erice)  presso  Trapani  189 

Come  è  noto,  e'  è  stata  siiiora  confusione  nel  nìodo  d' inten- 
dere la  Rh.  tetraedra  Sow.  sp.  .  percliè  il  Soverby  la  indicò  nel 
FuUer' s  Eartli  di  Aynolie  e  nell'Oolite  di  Banbury  (Oxfordsliire) , 
il  Morris  (1)  nell"  Oolite  e  nel  Chelloviano,  il  v.  Bucb  (2)  nel  Lias 
e  nel  Dogger  ecc.  Però  ben  notò  il  Davidson  (A  Monograph  ecc.  , 
pag.  15)  che  nessun  esemplare  del  Dogger  riferito  alla  Eh.  tetrae- 
dra da  lui  esaminato,  corrisponde  al  tipo  del  Sowerby,  da  lui  stu- 
diato direttamente.  Per  tal  ragione  egli  finì  col  dare  la  denomina- 
zione del  Sowerby  solo  agli  esemplari  Massici  e  col  chiamare  Rh. 
subdecorata  quella  specie  dell'  Oolite  inferiore  di  Cheltenham  ,  che 
egli  nel  1851  aveva  associato  con  dubbj  alla  Rh.  tetraedra.  Or  è 
certo  che  le  due  figure  del  Sowerby  corrispondono  bene  ai  grandi 
esemplari  del  Lias  inglese,  e  che  il  vero  tipo  del  Sowerby  non  è 
stato  mai  trovato  nel  Dogger  e  nel  Maini;  per  questo  possiamo  rite- 
nere la  Rh.  tetraedra  Sow.  sp.  come  una  specie  liassica,  staccando 
da  essa  quelle  piccole  forme  indicate  talora  collo  stesso  nome  dal 
V.  Buch  e  dal  Quenstedt  e  che  invece  appartengono  all'  affine  Rh. 
curviceps  Quenst.  sp. 

I  piccoli  esemplari  figurati  dal  Davidson  col  nome  di  Rh.  te- 
traedra var.  Northamptonensis  (Supplement  ecc.,  tav.  XXIX,  fig.  I-i"!) 
sembrano  varietà  della  Rh.  tetraedra  che  passano  alla  Rh.  curviceps. 
La  var.  Dumbletonensis  Davids.  (Supplement  ecc.  pag.  199,  tav.  XXIX, 
fig.  5,)  mi  pare  che  abbia  i  caratteri  di  una  specie  differente  dagli 
esemplari  grandi  e  gonfi  che  costituiscono  la  Rh.  tetraedra  tipica. 
Essa  è  molto  vicina  alla  Rh.  Rosenbuschi  Haas  dell'  Asalzia-Lorena. 

La  Rh.  tetraedra  Sow.  sp.  si  raccogfie  negli  strati  inferiori  e 
superiore  del  Lias  medio  del  M.  S.  Giuliano.  Essa  si  presenta  inol- 
tre nel  Lias  medio  delle  Alpi  di  Vils  e  in  quello  delle  Prealpi  ita- 
liane (Gozzano)  ;  nel  Lias  inferiore  portoghese ,  e  nell'  inferiore  e 
medio  della  Francia  e  dell'  Inghilterra,  nonché  in  quello  superiore 
inglese   (Davidson). 


(1)  MoREis,  A  Caialoque  of  British  Fossils  ecc.,  1854. 

(2)  V.  Buch,  Essai  d'une  dassification  et  (Vune  déscription  des  Téribratules,  1838  (Mem. 
de  la  Soc.  geol.  de  France,  voi.   Ili,)  pag.  140. 


190  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 


L"  esemplare  figurato   lia  le  seguenti  diuieiisioui  : 


I. 


IL 


III. 


Lunglaezza         23mm.  23mm.  23mm. 

Largliezza  ;28.  2iJ.  25. 

Spessore  18.  18.  17. 


Rhynchonella   serrata  Sow.  sp. 


(  Tav.    Il,  fiy.  4,   5.  ) 

1825.   Terehratuìa     .verrai»  Sowerby ,   Minerai   Gonchology   of    Great 

Britain,  voi.  V,  pag.  168.  tav.  503,  tig.   2. 

1851.  Rhynchonella  serrata  Davidson,  A  Monograph  of   british  ooli- 

tic  and  liassic  Brachiopoda  (Palaeont. 
Society  of  London)  pag.  85,  tav.  XV, 
fig.   1,  2. 

1874  „  „       Gemmellaro,  Sopra  i  fossili    della    zona 

con  T.  Aspasia  della  provincia  di  Paler- 
mo e  di  Trapani  (Sopra  alcune  faune 
giuresi  e  liassiche  della  Sicilia)  pag.  80, 
tav.  XI,  tìg.  24. 

1880  „       discoidalis  Parona,  Il  calcare  liassico  di  Gozzano  e 

i  suoi  fossili  (R.  Acc.  dei  Lincei,  a. 
CCLXXVII)  pag.  23,  tav.  III,  flg.  5. 


Questa  specie  è  rappresentata  nel  Lias  medio  del  M.  San 
Giuliano  da  due  serie  di  forme,  una  costituita  da  esemplari  piccoli 
o  di  discreti  dimensioni,  con  12-16  coste  un  po'  strette  e  con  il 
lobo  e  il  seno  pochissimo  distinti  (tav.  II.  tìg.  4) ,  corrispondenti 
all'esemplare  del  Lias  medio  della  Montagnola  di  S.  Elia  (Palermo) 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Drice)  presso  Trapani  191 


ligurato  dal  prof.  Gemmellaro,  e  perciò  alla  varietà  allungata  della 
specie  inglese,  e  l'altra  da  individui  più  grandi  (tav.  II.  fig.  5).  più 
allungati,  forniti  di  un  lobo  e  di  un  seno  ben  distinti  e  largamente 
separati  dalle  parti  laterali  della  conchiglia,  nonché  di  coste  molto 
larghe,  tettiformi  e  di  numero  minore  (9-12).  Se  si  vuole  dare  molto 
valore  al  numero  minore  di  coste  e  segnatamente  al  carattere  del 
lobo  e  del  seno  ben  distinti ,  questa  seconda  serie  di  esemplari 
potrà  indicarsi  col  nome  di  var.  KUiani.  Riesce  impossibile  di  poter 
separare  questa  varietà  dalla  Rh.  serrata  Sow.  sp.,  perchè  è  legata 
intimamente  con  essa  da  forme  intermedie,  che  passano  alla  varietà 
allungata  della  specie  inglese  pel  moltiplicarsi  del  numero  delle 
coste  e  per  l' indebolirsi  del  lobo  della  valva  imperforata  e  del  seno 
di  quella  perforata. 

La  var.  KUiani  serve  a  rilegare  alla  Bìi.  serrata  la  Rh.  Sche- 
rma Gemm.  e  la  Rh.  quinquepUcata  Ziet.  sp.  (1)  La  prima  di  queste 
due  specie  ,  ben  distinta  dagli  esemplari  tipici  dalla  Rh.  serrata  e 
dalla  varietà  ora  descritta,  passa  nondimeno  all'  una  e  all'altra  per 
rindebohrsi  del  lobo  e  del  seno  ,  per  le  coste  che  divengono  più 
strette  e  di  numero  maggiore  e  per  la  perdita  delle  forti  ali  laterali. 
Solo  le  depressioni  sui  fianchi  sogliono  mantenersi  sempre  un  po'  più 
forti.  La  var.  KUiani  però  non  potrebbe  aggregarsi  alla  Rh.  Sellerina, 
perchè  ne  è  distinta  dalle  depressioni  laterali  più  corte,  più  strette 
e  più  leggiere  ,  dalla  forma  assai  più  stretta  e  dalla  maggiore  lar- 
ghezza del  suo  angolo  apiciale.  La  Rh.  quinquepUcata  Ziet.  ha  ve- 
ramente strette  analogie  con  la  var.  KUiani.  Il  Quenstedt  infatti  ri- 
petutamente notò  (2)  gì'  intimi  rapporti  della  specie  di  Zieten  con 
le  forme  allargate  della  Rh.  serrata  e  la  possibilità  della  loro  riu- 
nione ;  nondimeno  la  Rh.  quinquepUcata  ha  la  fronte  troppo  spor- 
gente e  il  seno  e  il  lobo  troppo  forti  e  definiti  per  potersi  riunire 
alla  Rh.  serrata  o  alla  descritta  varietà.  Questa  però  può  riguardarsi 


(1)  Zieten,  Die  Versteinemngen   Wurtembergs,  pag.  55,  tav.  XLI,  fig.  2. 

(2)  Quenstedt,  der  Jura,  pag.  178  —  Petrefactenhunde   Deutschlaiids;  die  Brachiopoden, 
pag.  67 — Handbìich  der  Petrefaktenkunde,  1885,  pag.   691. 


192  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 

anche  come  formante  il  passaggio  dalla  specie  dello  Zieten  a  quella 
del  Sowerby. 

La  B/i.  discoidalis  Parona  del  Lias  medio  di  Gozzano  è  estre- 
mamente vicina  alle  varietà  allargate  della  Bh.  serrata  e  mi  pare 
che  non  possa  separarsene.  11  carattere  della  fronte  attenuata  che 
si  nota  neir  esemplare  gozzanese  potrebbe  servire  per  fondare  una 
varietà,  ma  non  una  specie  distinta. 

La  li  II.  serrata  con  coste  relativamente  strette  e  lobo  indistinto 
si  raccoglie  con  discreta  frequenza  negli  strati  inferiori  del  Lias  medio 
del  M.  San  Giuliano;  la  sua  varietà  a  lobo  distinto  in  quelli  alti  e 
bassi. 

Questa  specie  si  trova  inoltre  in  Sicilia  nel  Lias  medio  della 
Montagnola  di  S.  Elia  presso  Palermo ,  in  quello  di  Sani'  Anna  di 
Giuliana  (Palermo),  e  del  promontorio  di  Castelluccio.  Si  presenta  poi 
nel  Lias  medio  inglese ,  in  quello  dell'  Appennino  centrale,  di  Goz- 
zano (Piemonte)  ,  delle  Alpi  di  Vils,  di  Salinas  nell'  Andalusia 
(  Spagna  )  ecc.  Choffat  la  indica  con  dubbio  negli  strati  portoghesi 
di  passaggio  al  Lias  superiore.' 

Alcuni  esemplari  della  Bh.  serrata  tipica  hanno  le  seguenti 
dimensioni  : 

L  IL  in.  IV.  V.  VI. 


Lunghezza 

27mm. 

25mm. 

20nun. 

21mm. 

21mm. 

20mm 

Larghezza 

24. 

23. 

19. 

19. 

20. 

19. 

Spessore 

18. 

18. 

16. 

15. 

19. 

19. 

Gl'individui  della  varietà  a  grosse  coste  e  lobo  distinto  offrono 
le  misure  seguenti  : 

I.  II.  111.  IV.  V. 


Lunghezza  29mm. 

28nun. 

27mm. 

26mm. 

24mm 

Larghezza    25. 

26. 

25. 

23. 

23. 

Spessore      20. 

20. 

19. 

19. 

16. 

Il  Lias  medio  del  M.  *Saw  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  193 


Rhynchonella  Scherma  Gemm. 

1874.  Hhi/tìchoìieìlu  Scherina  Gemmellaro,  Sopra  i  fossili  della  zona 

con  Ter.  Aspasia  della  provincia  di  Pa- 
lermo e  di  Trapani  (Sopra  alcune  faune 
giuresi  e  liasiche  della  Sicilia),  pag.  8 1 , 
tav.  X,  fig.  24. 
1880.  „  „         Parona;  Il  calcare  liassico  di  Gozzano 

e  i  suoi  fossili  (R.  Acc.  dei  Lincei,  a. 

CCLXXVII)  pag.  19,  tav.  II,  fig.  9-11. 

1884.  „  „         Parona,  I  briachiopodi  Massici  di  Saltrio 

e  Arzo  nelle  Prealpi    lombarde   (Meni. 

del  R.  Istituto  lomb.)  pag.  243. 

Nel  calcare  grigio  della  parte  inferiore  del  Lias  medio  del  M. 

San  Giuliano  ho  raccolto  varj  esemplari  di  una  grande  Rhynchonella, 

che  per  le  forti,  concave  ed  estese  depressioni  laterali,  per  l' apice 

appuntito  e  ricurvo  sulla  valva  imperforata,  per  le  forti  coste  (8-12) 

e  per  l' aspetto    chiaramente  trilobato  ,    corrispondono  in  tutto  alla 

Bh.  Scherina  Gemm.,  della  quale  ho  studiati  gli  esemplari  originali. 

La  Rh.  Scherina    Gemm.  passa  alla  Rh.  serrata    Sow.  sp.  per 

mezzo  di  varie  forme  intermedie,  che  per  1'  aspetto  e  per  le  coste 

più  numerose  e  più  strette  si  avvicinano  molto  alla  specie  del  So- 

werby. 

L' individuo  della  Rh.  Scherina  figurato  dal  dott.  Parona  nel 
suo  bel  lavoro  "  //  calcare  liassico  di  Gozzano  „  segna  il  passaggio 
di  questa  specie  alla  varietà  della  Rh.  serrata  da  me  chiamata  var. 
Kiliani. 

La  Rh.  Scherina  Gemm.  si  presenta  nel  Lias  medio  di  Sicilia 
a  Sant'Anna  presso  Giuliana  (Palermo),  a  Chiusa-Scafani  (Palermo) 
a  Galati  presso  Messina,  al  promontorio  di  Castelluccio  (Taormina); 
nel  continente  italiano  nel  Lias  medio  di  Gozzano  (Piemonte)  e  di 
Arzo  (Lombardia). 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sbbib  4'  26 


194  II  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 


Rhynchonella  Glycinna   Gemm.,  var. 

(Tav.   II ,  fg.   Ga  ,  h,  e,   d.) 

1874.  EInjnchonella  Glycinna     Geminellaro,  Sopra  i  fossili  della  zona 

con  Ter.  Aspasia  Mgh.  della  provincia 
di  Palermo  e  di  Trapani  (Sopra  alcune 
faune  giuresi  e  liassiche  della  Sicilia) 
pag.  82,  tav.  X,  fig.  25. 
Negli  strati  inferiori  del  Lias  medio  di  M.  S.    Giuliano    e    nel 
calcare  rosso  con   crinoidi  del  Lias  medio  di  Galati  si  raccoglie  una 
Bhynchonella   appartenente  certo  alla  Bh.   Glycinna  Gemm.,  ma  che 
ne  differisce  nondimeno  per  alcuni  importanti  contrassegni.  I  carat- 
teri degli  esemplari  osservati  sono  i  seguenti  : 

Conchiglia  fortemente  triangolare  ed  acuta  sopra,  più  lunga 
che  larga  o  tanto  larga  che  lunga,  depressa,  munita  sui  lati  di  due 
depressioni  lunghe  ,  assai  forti  ,  piane  o  leggermente  concave.  La 
valva  imperforata,  tanto  convessa  quanto  1'  altra,  porta  un  lobo 
mediano  elevato  e  molto  largo  ,  distintamente  separato  dalle  parti 
laterali  della  conchiglia,  al  quale  corrisponde  sulla  valva  perforata 
un  seno  largo  e  profondo,  che  comincia  leggierissimo  sulla  metà 
della  lunghezza  della  conchiglia  o  un  po'  sopra. 

L'  apice  è  molto  basso,  piccolo,  appuntito  e  discretamente  cur- 
vato ;  esso  nondimeno  tocca  quasi  1'  umbone  della  valva  imperfo- 
rata, il  quale  è  piuttosto  elevato  e  nasconde  in  gran  parte  il  del- 
tidio,  che  è  piccolo  e  basso.  La  linea  cardinale  è  fortemente  arcuata. 
L'  unione  delle  valve  si  fa  con  angolo  molto  ottuso,  e  sui  la- 
ti nello  stesso  piano.  La  linea  commessurale,  salvo  due  leggiere  ar- 
enazioni ai  lati  della  hnea  cardinale,  scende  diritta  alla  fronte,  do- 
ve diventa  largamente  sinuosa  e  dentata. 

La  superfìcie  della  conchiglia  è  ornata  di  5-8  coste  angolose 
ed  assai  larghe,  delle  quali  se  ne  contano  2-4  sul  lobo  e  1-2  so- 
pra ogni  lato.  È  da  notare  che  talune  coste  sono  più  deboli  delle 
altre  e  che  qualcuna  svanisce  prima  di  giungere  alla  fronte. 


//  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  195 

Questi  caratteri  legano  strettamente  gli  esemplari  in  esame  alla 
B/i.  Gli/ci ììiia  Gemm.  ;  però  per  le  differenze  dovute  alla  forma  molto 
acuminata  sopra  e  perciò  allo  strettissimo  angolo  apiciale,  alle  de- 
pressioni laterali  più  forti  ed  estese  e  alla  minore  convessità  della 
conchiglia  ne  costituiscono  una  varietà. 

La  Bìì.  Glijclnna  Gemm.  tipica,  cioè  a  valve  gonfie  e  con  for- 
ma assai  meno  acuta  sopra,  si  raccoglie  in  Sicilia  nel  Lias  medio 
di  Galati  (Messina)  e  di  Chiusa-Sclafani  (Palermo)  ;  la  varietà  descrit- 
ta a  Galati  e  al  M.  San  Giuliano. 

L'  esemi^lare  figurato,  che  proviene  da  Galati,  offre  le  seguenti 
dimensioni  : 

Lunghezza         '24mm. 

Larghezza  23. 

Spessore  13. 

Rynchonella  palmata  Opp. 
(Tav.  li,  fig.  7a,  b,  e.) 

1861.  Rhynchoneìla  Greppini  Oppel,  var.  palmata  Oppel,  Ueber    die 

Brachiopoden  des  untern  Lias 
(Zeitschrf.  d.  deutsch.  geol.  Ge- 
sellschf. ,  XIII  Bd.)  pag.  545, 
tav.  XIII,  fig.   2f/.  b,  e. 

1879.  „  palmata  Uhlig,    Ueber   die   liasische  Brachiopo- 

denfauna  von  Sospirolo  bei  Bel- 
luno (Sitzb.  d.  Akad.  d.  Wissen- 
schft.)  pag.  40,   tav.  V,  fig.  4. 

1884.  „  Greppini,  Oppel,    var.  palmata  Haas  (p.  p.),  Bei- 

trage  zur  Kenntniss  der  liasi- 
schen  Brachiopodenfauna  von 
Sudtyrol  und  Veneti en,  pag.  13, 
(tav.  I,  fig.  2)?,  tav.  II,  fig.  8, 
(esclusa  tav.  II,  fig.  3). 


196  11  Lias  medio  del  31.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

1889.  Bliynchonella  palmata  Geyer,  Ueber  die  liasischen  brachiopo- 

den  des    Hierlatz    bei    Hallstalt 
(Abhandl.   d.  k.  k.   geol.   R.  A. 
Bd.  XV)  pag.  50,  fig.   11-14. 
Conchiglia  triangolare,  depressa,  subequivalve,  escavata  ai  lati, 
rialzata  agli  angoli  della  fronte.  Valve  egualmente  e  poco  convesse , 
senza  lobo  ne  seno,  riunite  nello  stesso  piano  sui  lati  e  sulla  fronte. 
L' apice  è  basso,  discretameute  largo,  appuntito  all'  estremità,  assai 
curvo,  compresso  sulla  valva  imperforata  e  fornito  di  due  angoli  late- 
rali ben  distinti  e  lunghi.  La  linea  cardinale  è  molto  arcuata.  La  fronte 
è  ingrossata ,  rapidamente  troncata  e  leggermente    arcuata  ,  con  la 
convessità  diretta  fuori.  La  linea  commessurale   sui  lati  siegue  lie- 
vemente  r  arenazione  degli  angoli   apiciali   o  è  quasi  diritta  ;  essa 
taglia  il  mezzo  delle  lunghe  e  concave  depressioni  laterali,  e  divie- 
ne fortemente  dentata  alla  fronte. 

La  superficie  della  conchiglia  è  ornata  di  7-8  coste  grossolane, 
che  partono  leggerissime  dagli  apici  e  alla  fronte  s'ingrossano  ra- 
pidamente e  divengono  un  po'  angolose.  In  qualche  caso  esse  si 
biforcano  sulle    regioni   apiciali. 

Gli  esemplari  studiati  sono  veramente  tipici  ;  io  ho  potuto  as- 
sicurarmene col  diretto  paragone  di  parecchi  belli  esemplari  della 
Rh.  palmata  Opp.  tipica  provenienti  da  Hierlatz  e  conservati  nel  mu- 
seo geologico  dall'  Università  di  Palermo.  Essi  sono  in  istretta  re- 
lazione con  la  Rh.  Greppini  Opp.  ;  ma  se  ne  distinguono  per  1'  aspet- 
to più  fortemente  triangolare  ,  per  la  forma  più  larga ,  per  le  più 
estese  depressioni  laterali  e  pel  carattere  della  commessura,  che  ta- 
glia l'appiattimento  laterale  non  obliquamente  ed  è  per  lo  più  lieve- 
mente arcuata  secondo  1'  andamento  degh  angoli  apiciali  ,  nonché 
per  la  mancanza  di  seno  e  di  lobo  frontale. 

Il  Geyer  pone  la  Rh.  Desori  Haas  nella  Rh.  palmata  Opp.,  pel  ca- 
rattere della  commessura;  a  me  pare  invece  che  la  specie  del  dott. 
Haas  sia  molto  più  vicina  alla  Rh.  Dahnasi  Dum. ,  sì  per  1'  aspetto 
generale,  che  per  l' intensità  dell'  arenazione  della  commessura  late- 
rale.   Questa  è  lievemente    arcuata  oppure  quasi  diritta    nella    Rh. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  197 

palmata  Opp.  ,  secondo  si  nota  sugli  esefìiplari  di  Hierlatz  del  Mu- 
seo di  Palermo,  su  quelli  figurati  dall'  Oppel  e  dal  Geyer  e  sugli 
individui  siciliani  ,  e  taglia  spesso ,  sebbene  non  sempre ,  il  mezzo 
dell'  appiattimento  laterale;  invece  nella  Bh.  Desori  Haas  essa  è  assai 
pili  fortemente  arcuata  e  regolarmente  fino  alle  estremità  della  linea 
frontale  ed  è  vicinissima  ai  lunghi  angoli  apiciali ,  in  modo  che  1'  ap- 
piattimento laterale  è  formato  per  la  massima  parte  dalla  valva  im- 
perforata, mentre  è  da  notare  che  nella  Rh.  palmata  Opp.  la  valva 
perforata  prende  nella  formazione  dell'  appiattimento  laterale  parte 
maggiore. 

Gli  esemplari  detti  Eh.  Greppini  Opp. ,  var.  palmata  Opp.  dal 
dott.  Haas  nel  suo  lavoro  sui  brachiopodi  liassici  del  Tirolo  e  del 
Veneto,  non  possono  tutti  riferirsi  alla  Rh.  palmata  Opp.:  l'indi- 
viduo della  tav.  11,  fig.  8,  pel  carattere  delle  coste  e  della  forma, 
mi  pare  che  possa  aggregarvisi,  mentre  quello  della  tav.  11,  fig.  B, 
è  un  esemplare  della  Rìi.  Greppini  Opp.;  quello  della  tav.  I,  fig.  2 
non  permette  un  giudizio  sicuro  pel  suo  cattivissimo  stato  di  con- 
servazione. 

La  Rh.  cu  nei f orni  is  Can.  (1)  del  Lias  medio  dell'Appennino 
centrale  (Rocchetta)  è,  per  1'  aspetto,  molto  vicina  alla  Rh.  palmata; 
essa  però  se  ne  differisce  bene  per  la  forte  arenazione  della  com- 
messura laterale  verso  la  valva  perforata.  La  Rh.  Capellinii  Par.  (2) 
del  Lias  medio  di  Papigno  (Appennino  centrale)  ha,  per  la  sua  for- 
ma molto  triangolare,  strette  relazioni  con  la  Rh.  palmata,  il  cui  apice, 
contrariamente  a  quanto  scrive  il  Geyer,  non  mi  pare  molto  diffe- 
rente da  quello  della  specie  del  Parona.  Però  il  leggiero  indizio  di 
seno  frontale  sulla  valva  imperforata  e  i  corti  appiattimenti  laterali 
avvicinano  la  Rh.  Capellinii  Par.  alla  Rh.  Greppini  Opp. ,  della  quale 
potrebbe  considerarsi  come  una  varietà  che  segna  il  passaggio  agli 
individui  multicostati  della  Rh.   palmata.  Sulle  relazioni  con  la  Rh. 


(1)  Canavaei,  Contribuzione  III  alia  conoscetiza  dei  brachiopodi  degli  strati    a    T.  Aspa- 
sia ecc. ,  pag.  12,  tav.  XII,  fig.  2. 

(2)  Parona,  Contributo  allo  studio  della  fauna  liassica  delV  Appennino  Centrale,  pag.  105 
tav.  IV.  fig.  5,  6. 


198  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso   Trapani 

dolabriformis  Mgh.  è  discorso  appresso.  La  Bh.  palmata  è  anche  in 
rapporti  con  la  Eh.  orthoptycha  Opp.  (3)  degli  strati  di  Klaus,  con 
la  Uh.  rectecostata  Uhi.  (4)  e,  per  mezzo  degli  esemplari  a  molte 
coste  ,  con  la  Bh.  trigona  Quenst.  (5)  del  Calloviano  di  Windsch- 
garsten  e  del  Dogger  delle  Alpi  di  Vils  (Rothpletz) ,  nonché  con  la 
Bh.  Nicolisl  Par.  (6)  del  Mahn. 

La  Bh.  palmata  si  raccoglie  in  Sicilia  al  M.  San  Giuliano  e  a 
Galati  (Rocche  rosse);  fuoi'i,  a  Hierlatz,  a  Sospirolo^  nel  Lias  infe- 
riore della  Selva  Baconica  e  nel  medio  dei  dintorni  di  San  Cassiano 
(Tirolo). 

L'esemplare  figurato  in  questo  lavoro  proviene  dal  Lias  medio 
di  Galati  (contrada  Rocche  rosse  sul  M.  Ucina);  1'  ho  fatto  rappre- 
sentare perchè,  essendo  dei  meglio  conservati  ,  può  servire  hene 
a  mostrare  i  caratteri  che  offre  in  Sicilia  questa  specie.  Esso  ha 
le  seguenti  dimensioni  : 

Lunghezza         1 7mm. 

Larghezza  20. 

Spessore  10. 

Rhynchonella  Dalmasi  Dum. 
(Tav.  Il,  fig.  8-12) 

1869.  Bhynchonella  Dalmasi  Dumortier,  Études  paléontologiques  sur 

les  dépóts  jurassiques  du  hassin  du 
Rhòne  ;  Lias  moyen,  pag.  33,  tav.  XLII, 
fìg.   3,  4,  5. 


(3)  Oppel,   Ueher  das  Torkommen  tìon  jurassischen  Posidonomyen-Gesteinen  in  den  Alpen 
pag.  213,  tav.  VII,  fig.  5-7. 

(4)  Uhlig,   Ueher  die  Fauna  des  rothen  Kellowaykalkes  der  penninischen  Klippe  Barbier- 
zówka  bei  Neumarlt  in   West-Galizien  (Jarl).  d.  K.  K.  geol.  R.  à.  1881)  pag.  421. 

(5)  QoENSTEDT,  Petrefakteìikunde  Deutschlands  ;  Brochiopoden,  tav.  40,  fig.  70-71. 

(6)  NicoLia  e  Pakona,  Note  stratigrafiche  e  paleontologiche  sul  Giura  superiore  della  pro- 
vincia di  Verona,  1885,  pag.  56,  tav.  IV,  fig.  2  (Buli.  d.  Soc.  geol.  ital.  voi.  IV). 


n  Lia^  medio  del  M.  !San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  199 

1889.  EhijncliDuclld  Dalnntsi  Kilian,  Études  pcaléontologiques  sur  les 

térrains  sécondaires  et  tertiaires  de  l'An- 
dalousie  (Mission  d'Andalousie.  Mémoi- 
res  de  1"  Acad.  des  Sciences,  t.  XXX) 
pag.   61^2,  tav.  XXIV,  fig.  6»,   (/. 

Conchiglia  fortemente  triangolare,  talvolta  asimmetrica  per  leg- 
giero ineguale  sviluppo  delle  sue  parti  laterali,  molto  spessa,  assai 
compressa  su  tutta  la  lunghezza  dei  fianchi,  ingrossata  alla  fronte. 
La  valva  imperforata  è  molto  gonlìa,  ma  appiattita  sui  lati  e  sopra. 
Essa  porta  sulla  regione  frontale  un  seno  largo  e  molto  leggiero  , 
non  di  raro  scancellato,  al  quale  corrisponde  sulla  valva  perforata, 
che  è  assai  depressa,  un  altro  seno  molto  dehole ,  ma  più  largo  e 
più  lungo.  L'  apice  è  piccolo,  molto  curvato  sulla  piccola  valva,  con 
angoli  laterali  acuti  e  lunghi  sin  quasi  al  principio  degli  angoli 
frontali.  Il  forame  è  piccolissimo  e  formato  sotto  dai  due  pezzi  del 
deltidio,  che  è  più  piccolo  e  basso.  La  linea  cardinale  è  molto  ar- 
cuata e  concava  sui  lati.  Le  lunghe  depressioni  laterali  sono  piane 
o  assai  leggermente  concave  ;  esse  sono  formate  per  la  massima 
parte  a  spese  della  valva  imperforata. 

La  conchiglia  è  ornata  sulla  regione  frontale  di  5-9  coste  forti 
e  leggermente  angolose  sopra,  delle  quali  2-5  sogliono  trovarsi  sul 
seno  della  valva  imperforata,  3-6  su  quello  della  perforata,  1-2  sulle 
parti  laterali  delle  valve.  Le  coste  si  mostrano  in  generale  sulla 
fronte,  però  hanno  una  estensione  ineguale,  e  si  spingono  sopra  al- 
cuni esemplari  fm  oltre  il  mezzo  della  conchiglia  e  in  qualche  caso, 
in  modo  debolissimo  ,  fino  sul  terzo  anteriore  di  essa ,  senza  per- 
venire mai  alle  estremità  degli  apici. 

La  linea  commessurale  sui  lati  è  largamente  e  fortemente  ar- 
cuata secondo  l' andamento  degli  angoli  apiciali,  ai  quali  è  vicinis- 
sima, in  modo  da  dividere  gli  appiattimenti  laterali  della  conchiglia 
in  due  parti  molto  ineguali.  La  commessura  frontale  è  largamente 
e  più  0  meno  leggermente  sinuata  (con  1'  apertura  della  sinuosità 
rivolta  alla  valva  imperforata)  e  fortemente  dentata. 

Questa  specie  è  rappresentata  da  un  grande  numero  di  esem- 


200  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

plari  nel  calcare  grigio  della  parte  inferiore  del  Lias  medio  di  M. 
San  Giuliano,  mentre  è  un  po'  rara  in  quello  bianco  della  parte  su- 
periore. L"  abbondante  materiale  che  ho  avuto  a  mia  disposizione 
mi  ha  permesso  di  fissare  bene  i  caratteri  della  specie.  Essa  con- 
serva sempre  il  suo  aspetto  fortemente  triangolare  ed  è  nella  mag- 
gior parte  dei  casi  più  larga  che  lunga  ;  però  diventa  talora  tanto 
larga  che  lunga  o  un  po'  più  lunga  che  larga.  Lo  sptjssore  della 
valva  imperforata  è  molto  variabile.  Ci  sono  due  esemplari  nel  Mu- 
seo geologico  dell'  Università  di  Palermo  gonfi  e  con  pochissime  co- 
ste (non  più  di  cinque),  delle  quali  una  sola  si  nota  nel  seno  della 
valva  imperforata  ,  che  potrebbero  forse  costituire  una  buona  va- 
rietà. 

Gli  esemplari  studiati  rappresentano  certo  la  B/i.  Dalmasi  Dum., 
e  corrispondono  benissimo  agli  esemplari  spagnuoli  di  questa  specie, 
illustrati  dal  Kilian,  i  quaU  mostrano  tutti  la  valva  imperforata  de- 
pressa sopra. 

La  Rh.  Dalmasi  appartiene  al  gruppo  della  Bh.  retusifroiis  Opp., 
con  la  quale  è  in  rapporti  assai  stretti  ;  però  il  paragone  degli  esem- 
plari di  M.  San  Giuliano,  di  Castelluccio  presso  Taormina  e  di  Ga- 
lati  (Messina)  con  molti  belli  individui  della  B/i.  retusifrons  Opp., 
provenienti  da  Hierlatz  e  conservati  nelle  collezioni  del  Museo  geo- 
logico dell'  Università  di  Palermo ,  e  con  altri  del  Lias  medio  sici- 
liano (Bisacquino  e  Galati),  mi  ha  convinto  che  le  due  serie  d'indi- 
vidiii  si  debbono  tenere  separate  specificamente.  La  Bh.  Dalmasi  si 
distingue  infatti  dalla  Bh.  retusifrons  per  la  sua  forma  sempre  più 
fortemente  triangolare  e  meno  dilatata,  per  le  depressioni  laterali 
assai  forti  e  molto  lunghe,  pel  carattere  della  valva  imperforata  più 
appianata  sopra  e  per  quello  della  perforata ,  che  è  molto  più  de- 
pressa che  non  sia  nella  specie  di  Oppel.  hioltre  è  da  notare  che 
la  Bh.  Dalmasi  raggiunge  spesso  dimensioni  molto  maggiori. 

La  Bh.  Desori  Haas  del  M.  Lavarella  presso  S.  Gassiano  mi 
pare  che  abbia  la  più  intima  analogia  con  la  Bh.  Dalmasi:  la  sua 
forma  ,  1'  andamento  della  linea  commessurale  sui  lati ,  il  modo  di 
formazione  delle  depressioni  laterali  a  spese  della  valva  imperforata 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Enee)  presso  Trapani  201 

e  il  carattere  delle  coste  corrispondono  infatti  perfettamente  ai  ca- 
ratteri della  specie  del  Dumortier.  Mostrai  avanti  come  essa  si  di- 
scosti dalla  Bìi.  palmata  Opp.  ,  con  la  quale  il  Geyer  vorrebbe  ag- 
gregarla. Per  queste  ragioni  io  credo  che  la  B/i.  Desori  dovrebbe 
riunirsi  alla  Bh.  Dui  masi,  molto  più  che  sulla  figura  le  data  dal  dott. 
Haas  nel  suo  lavoro  sui  brachiopodi  liassici  del  Tirolo  meridionale  e 
del  Veneto  si  nota  un  leggiero  seno  frontale,  nonostante  che  1'  autore 
nella  descrizione  ne  neghi  1'  esistenza.  Però  metto  con  qualche  dub- 
bio la  B//.  Desori  nella  sinonimia  della  B/i.  Dalmasi  per  causa  della 
più  forte  convessità  della  valva  imperforata  che  mostra  la  figura 
ingrandita  dell'  esemplare  ,  e  perchè  il  dott.  Haas  scrive  che  le  coste 
cominciano  proprio  sulla  ragione  apiciale,  il  che  però  non  si  vede 
sulla  figura  ,  che  invece  sembra  corrispondere  all'  esemplare  della 
BJi.  Dalmasi   da  me  rappresentato  nella  tav.    11,  fig.  8. 

La  Bìi.  dolahriformis  Mgh.  (1)  è  una  di  quelle  forme  vicinis- 
sime alla  Bh.  palmata  Opp.  ,  che  pel  carattere  della  valva  perfo- 
rata più  depressa  e  per  la  più  forte  arenazione  della  linea  com- 
messurale  sui  lati  se  ne  discosta  un  po',  per  mettersi  in  rapporto 
con  la  Bh.  Dalmasi.  Essa  nondimeno  per  l'assenza  di  seno  fronta- 
le e  per  le  coste  estese  fino  agli  apici  non  può  riunirsi  a  questa, 
ed  è  da  riguardare  come  un  termine  intermedio  tra  le  due  specie. 

La  Bh.  Colombi  Ren.  è  una  specie  vicina  alla  Bh.  Dalmasi,  ma 
differente,  come  è  dimostrato  nel  paragrafo  della  Bh.  Caroli  Gemm.. 

La  Bh.  Dalmasi  si  presenta  in  Sicilia,  oltre  che  nel  Lias  medio 
del  M.  San  Giuliano  ,  in  quello  delle  Rocche  rosse  di  Galati  (Mes- 
sina) e  del  promontorio  di  Castelluccio.  Essa  si  raccoglie  anche  nel 
Lias  medio  del  bacino  del  Rodano  e  dell'  Andalusia  (Salinas). 

Le  dimensioni  di  alcuni  esemplari   studiati   sono   le    seguenti: 
L  IL  in.        IV.        V.  VI.        VII.       vili. 

Lungh.   16mm.   13mm.   14mm.   12mm.  13mm.  14mm.  12mm.  12mm. 
Largh.     18.  L5.  14.  14.        13.         14.         12.  13. 

Spess.       10.         8.  9.  8.  8.  11.         8.  7. 

(1)  Canavari  ,   /  brachiopodi  degli  strati  <i   Ter.    Aspasia  Mgh.    nelV  Appennino    centrale 
pag    29,  tav.  IV,  fig-.  8. 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sebie  4*  27 


202  //  Lias  medio  del  M.  San  Giuliaìio  (Erice)  presso  Trapani 


Rhynchonella  Caroli  Gemm. 

1878.  Rhìjnchoneìla  Caroli  Gemmellaro^  Sui  fossili  dei  calcare  cri- 
stallino delle  Montagne  del  Casale  e  di 
Bellampo  (Sopra  alcune  faune  giuresi  e 
liasiche  di  Sicilia)  pag.  4:23,  tav.  XXXI, 
fig.  79-87. 

1889  Rkìjnchonella  ('artieri  Geyer ,  Ueber  die  liasischen  Brachiopo- 

den  des  Hierlatz  bei  Hallstatt  (Alhandl. 
d.  k.  k.  geol  R.  A.,  XV.  Ed.)  pag.  03, 
tav.  VII,  fig.   13-14;  (fig.   15)? 

Di  questa  specie  si  raccolgono  nella  parte  inferiore  del  Lias 
medio  del  M.  San  Giuliano  rari  esemplari ,  ma  ben  corrispondenti 
agl'individui  del  Lias  inferiore  di  Bellampo  illustrati  dal  prof.  Gem- 
mellaro.  I  caratteri  di  questa  specie  sono  si  ben  descritti  dal  prof. 
Gemmellaro  e  dal  sig.  Geyer,  che  non  vi  è  necessità   di   ripeterli. 

II  sig.  Geyer  crede  che  per  la  specie  in  esame  si  debba  adot- 
tare il  nome  di  Rh.  Cartieri  Opp.  ,  perchè  già  usato  per  essa  sin 
dal  1861  (1).  Or  è  da  notare  che  -Oppel  non  figurò  la  Rh.  Cartieri, 
e  che  solo  ne  parlò  brevissimamente  in  una  nota,  pel  che,  seguen- 
do le  rette  norme  che  ci  guidano  nella  nomenclatura  delle  specie, 
non  si  è  obbligati  di  accettare  il  nome  di  Oppel. 

Dei  rapporti  di  questa  specie  con  la  R/i.  retusifrons  Opp.,  con 
la  Rh.  Colombi  Ren.  (2)  e  con  la  Rh.  Lorioli  Haas  (3)  discorse 
di  già  bene  il  Geyer. 

Noto  qui  che  la  forma  molto  triangolare,  le  forti  e  lunghe  com- 
pressioni sui  fianchi^  le  coste  ottuse  e  le  regioni  apiciali  lisce  di- 
stinguono bene  la  Rh.  Dalmasl  Dum.  dalla  vicina  Rh.  Caroli  Gemm. 


(1)  Oppel,    Ùber  die  Brachiopoden  àes  unteren  Lias,  pag.  .545.  (in  nota) 

(2)  Benevier,  Notices  géologiques  et  paleontologiques  sur  ìes  Aìpes  vaudoises,  1866,  (Bull, 
(le  la  Soc.  vaud.  de  Se.  Nat.)  pag.  84,  tav.  3,  fig.  6-7— Haas,  Étiide  won.  et  crit.  (ìes.  bradi, 
rhet.  et.  Jurass  des  Alp^s  vaudaises,  1,  pag.  22,  tav.  1.  fig.  17-19. 

(3)  Haas,  Op.  cit.;  Il,  pag.  83,  tav.  VI,  fig.  12. 


Il  Lhts  medio  del  M.  San  Giuliano  {E r ice)  presso  Trapani  203 

La  Bit.  Caroli ,  oltre  che  nel  Lias  inferiore  di  Bello-lampo 
presso  Palermo,  si  raccoglie  in  quello  di  Hierlatz,  nell'Alpe  di  Vils 
e  a  Bakony. 

Rhynchonella  Eleuteria  Di-Stef. 
(Tav.    HI,  fg.  2-S). 

Descrivo  questa  specie  sopra  parecchie  centinaia  di  esemplari 
del  calcare  bianco  con  crinoidi  della  parte  superiore  del  Lias  me- 
dio di  M.  San  Giuliano.  Essa  presenta  i  seguenti  caratteri  : 

ConchigUa  molto  spesso  asimmetrica,  di  forma  trigona -sub- 
pentagonale ,  acuminata  sopra ,  in  generale  non  molto  convessa  o 
depressa,  talora  un  po'  gonfia,  fornita  di  un  apice  alto  e  sporgente, 
quasi  diritto  o  pochissimo  curvato  ,  con  angoli  laterali  acutissimi , 
imitanti  una  falsa  area  depressa  sui  lati.  La  valva  perforata  è  mol- 
to depressa  e  munita  di  un  seno  frontale  largo,  generalmente  leg- 
giero, ma  talora  discretamente  profondo  ;  quella  imperforata,  molto 
più  convessa  e  grande  dell'altra,  porta  un  lobo  frontale  lai'go  e  più 
0  meno  forte ,  separato  da  spazj  un  po'  larghi  dalle  parti  laterali 
della  conchiglia.  Lobo  e  seno  sono  spesso  spostati  verso  un  lato  o 
l'altro  della  conchiglia,  pel  che  questa  diviene  leggermente  asimme- 
trica. La  linea  cardinale  è  assai  arcuata.  Il  forame  piccolo  e  for- 
mato  sotto  dal  deltidio,  che  è  piccolo  e  un  po'  alto. 

La  superficie  delle  valve  è  ornata  di  12-18  coste  forti  ed  an- 
golose sopra,  le  quali  sulla  regione  frontale  sono  sempre  sempHci , 
ma  su  quella  apiciale  o  anche  un  po'  sotto  sono  divise  spesso  da 
un  solco  in  due  costicine  minori.  Questa  suddivisione  è  molto  irre- 
golare e  non  così  frequente  come  nella  Bh.  fiircillata  Theod.  e  nella 
Bh.  rimosa  v.  Buda  ,  perchè  un  buon  numero  di  coste  rimangono 
semplici  dagli  apici  alla  fronte  e  talvolta  quasi  tutte.  Sul  lobo  si 
contano  4-6  coste  ;  su  ogni  lato  delle  valve  4-6. 

La  commessura  è  fortememte  dentata  sui  lati  e   sulla  fronte  , 


204  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapatii 

dove  è  più  o  meno  sinuata;  essa  è  leggerissimamente  arcuata  sui 
lati  della  linea  cardinale.  Le  strie  di  accrescimento  sono  forti. 

Questa  specie ,  che  gremisce  il  calcare  bianco  della  parte  su- 
periore del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  ,  è  rappresentata  da 
esemplari  in  tutti  gli  stadj  di  accrescimento,  in  modo  che  fa  osser- 
vare bene  le  sue  variazioni.  I  piccoli  esemplari  sono  appiattiti  e 
mostrano  sempre  1'  inizio  della  suddivisione  delle  coste.  Tale 
suddivisione,  quando  mancano  i  primi  strati  della  conchiglia,  non  è 
bene  osservabile  sugli  esemplari  grandi  e  piccoli,  sicché  le  regioni 
apiciali  di  essi  sembrano  lisce  a  occhio  nudo;  solo  un'  attenta 
osservazione  con  la  lente  finisce  col  farne  osservare  le  tracce.  La 
convessità  della  valva  imperforata  è  variabile  ;  infatti  si  passa  da 
esemplari  appiattiti  ad  altri  discretamente  convessi  o  quasi  gonfi.  Il 
numero  delle  coste  è  anche  variabile  ,  poiché  si  osservano  piccoli 
individui  con  18  coste  e  dei  grandi  con  11. 

Ho  lungamente  esitato  se  dovessi  separare  questa  Bhijnchonella 
del  M.  San  Giuliano  dalla  Bh.  rimata  Opp.  (1),  con  la  quale  ha  la 
più  intima  analogia.  Pur  troppo  noi  non  abbiamo  che  una  descrizione 
incompleta  di  questa  specie  e  le  figure  di  un  solo  esemplare,  in  modo 
che  non  possiamo  valutare  compiutamente  i  caratteri  della  specie  e  la 
sua  estensione;  anzi  il  Geyer,  che  pure  ha  potuto  fare  uno  studio  nuo- 
vo e  così  largo  della  fauna  di  Hierlatz  non  solo  non  descrive  la  Rh. 
rimata  Opp.,  ma  fa  credere  che  questa  possa  essere  una  varietà  della 
Rh.   Greppini  Opp.  (2),  il  che  è  possibile  ,  perchè  la  sola    riunione 


(1)  QpPEL,   Ueber  die  Brachiopoden  des  unteren  Lias,  pag.  542,  tav    XII,  fig.  2. 

(2)  Il  sig.  Geyer  nel  suo  lavoro  "  Ueber  die  Hastschen  Brachiopoden  des  Hierlatz  ecc.  »  scri- 
ve in  una  nota  a  pag.  38:  «  Die  Erschetnung,  dass  einzelne  Rippen  sich  gegen  die  Stime  zu  ve- 
reinige»,  triti  rioch  bei  mehreren  andern  Arten  auf  tind  zwar  ìn'iufger  a!s  bei  li.  rariabilis.  Man 
k-onnte  solche  Formen  der  Aiiffussitng  ytur^s  bei  der  im  Museum  der  geologischen  B.  A  dur- 
chgefiihrten  Griippirung  des  Materials  fo/gend,  allenfalls  als  Varietaten  gelten  lassen.  Darnach 
muss  OppeVs  li.  rimata  (Ueber  die  Brachiopoden  des  unteren  Lias  ecc. pag.  542  Taf.  XII Fig.  2) 
als  Spezies  eingezngen  werden,  dieseìbe  durfte  einer  Rh.  Greppini  var.  rimata  entsprechen 
Dass  die  Rippenvereinegung  Iceine  specifiche  Eingenschaft  begriinde,  iriirde  ùbrigens  voti  Vhlig 
{Brachiopoden  von  Sospiralo  pag.  il)  und  von  Haas  (Liasiche  Brachiopoden  voti  Siidtyrol  und 

Venetien  pag.  3)  angenonitnen . 


Il  Lias  medio  del  M.  iSaìi  Giuliano  {Erice)  presm  Trapani  205 


delle  coste  non  è  un  buon  carattere  distintivo.  Per  questi  dubbj 
sui  diritti  della  Rh.  rimata  Opp.  a  essere  considerata  come  specie 
distinta,  e  perchè  la  Rìiynchonella  siciliana,  che  è  il  brachiopode  piìi 
abbondante  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  e  caratteristico 
della  parte  superiore,  se  ne  distingue  per  la  forma  meno  dilatata 
per  la  valva  perforata  \)\i\  depressa,  per  l' apice  piìi  sporgente  , 
quasi  diritto  e  fornito  di  acutissimi  angoli  laterali  ,  per  il  numero 
molto  maggiore  di  coste  sui  lati  e  per  la  unione  di  esse  più  rara 
e  più  irregolare,  io  le  do  un  nome  distinto. 

La  Rh.  Eleuteria  Di-Stef.  ha  assai  stretti  rapporti  con  la  Rh. 
rimosa  v.  Buch  sp.,  alla  quale  si  avvicinano  dippiù  gli  esemplari 
quasi  gonfi;  però  il  carattere  dell'apice  elevato,  sporgente,  quasi 
del  tutto  diritto  e  mai  curvato  e  compresso  sulla  valva  imperforata, 
il  che  non  dà  alla  conchiglia  l'aspetto  globulare  della  Rh.  rimom  , 
e,  se  si  vuole,  il  carattere  della  riunione  delle  coste  ,  che  avviene 
assai  meno  frequentemente,  in  modo  più  irregolare  e  per  lo  più  sulle 
regioni  apiciali  o  appena  più  sotto,  non  ne  permettono  l' indenti- 
fìcazione. 

È  possibile  che  si  voglia  riguardare  la  Rh.  Eleuteria  come 
fondata  sopra  esemplari  giovani  della  Rh.  furciUata  Theod.  (1),  e 
con  i  quali  è  in  intima  analogia;  però  in  generale  la  RhijitchoneUa 
siciliana  in  esame  è  più  depressa,  fornita  di  coste  che  alla  regione 
frontale  sono  sempre  più  strette,  che  si  riuniscono  molto  più  rara- 
mente e  in  generale  mai  così  presso  alla  fronte  e  che  non  di  ra- 
ro si  mostrano  tutte  o  quasi  tutte  semplici.  Tuttavia  il  carattere  dif- 
ferenziale di  maggiore  importanza  mi  pare  quello  che  per  lo  più 
suole  averne  meno,  cioè  quello  delle  costanti  minori  dimensioni  della 
Rh.  E/euteria,  che  senza  eccezione  si  riscontra  sopra  molte  centinaja 
di  esemplari  in    tutti  gli  stadj  di  sviluppo. 

Taluni  esemplari  con  le  coste  semplici  o  raramente  riunite  ram- 
mentano anche  la  Rh.  plicatissima   Quenst.    sp.    (2);    ma    questa  è 


(1)  V.  BncH,  Essai  d^  une  classification  et  d'une  description  des  Terebrafules  (Meni,  de 
la  Soc.  géol  de  Fraiice,  voi.  Ili,  1838)  png.  143,  tav.  XIV,  fig.   13. 

(2)  QuENSTEDT,  Handbuch  der  Petrefaktenkunde;  18.52,  pag.  451,  tav.  XXXVI,  fig.  3. 


206  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  iErice)  presso  2'rapani 

sempre  più  e  regolarmente  convessa  sulle  due  valve,  ha  1'  apice 
più  curvato  e  le  coste  assai  spesso  più  fine.  Certamente  ci  sono 
individui  giovani  della  Eh.  pì/catissima  Quenst.  sp.  depressi;  ma  la 
loro  valva  perforata  mai  si  mostra  così  depressa  come  è  sempre 
nella  Eh.   Eìeuteria. 

Il  Quenstedt  descrive  una  Eh.  a inmonitica  della  parte  inferiore 
del  Lias  inferiore  del  Wui'temberg  (1)  e  che  sembra  avere,  per  l'a- 
spettO;  molta  relazione  con  la  Eli.  Eleuteria,  però  le  figure  del  Quen- 
stedt mi  sembrano  insufficienti  per  poter  dare  un  giudizio  sicuro  ; 
del  resto  la  specie  tedesca  sembra  più  depressa,  ha  il  lobo  frontale 
molto  basso  e  le  coste  sempre  semplici,  il  che  avviene  di  raro  nella 
Eh.  Eleuteria,  e  il  deltidio  discreto.  Quest'ultimo  carattere,  che  suol 
provenire  dall'età,  non  si  riscontra  mai  nella  EhynchoneUa  siciliana 
su  individui  di  quelle  dimensioni  o  molto  più  piccoli. 

Questa  specie  si  trova  straordinariamente  abbondante  solo  nella 
parte  superiore  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano.  Le  dimensioni 
di  alcuni  esemplari  sono  le  seguenti: 

L  IL  III.         IV.         V.  VI.        VII.       Vili. 

Lungh.  17mm.  15mm.  14mm.  15mm.  14mm.  13mm.  13mm.  lOmm. 
Largh.     17.  14.         13.  15.  14.         14.         12.         9. 

Spess.      10.  9.  9.  8.  11.         11.         10.        4. 

Rhynchonella  ptinoides  Di-Stef. 
{Tav.   II,  fcj.   13,  tav.   HI.  fi;j,   I.) 

Conchiglia  generalmente  più  lunga  che  larga,  talora  un  po'  più 
larga  che  lunga  oppure  tanto  larga  che  lunga ,  sub-pentagonale , 
fortemente  compressa  sui  fianchi.  Valva  imperforata  molto  convessa, 
gibbosa  suU'umbone,  fornita  di  un  lobo  molto  largo  ed  elevato,  di- 
viso dalle  parti  laterali  della  conchiglia  da  spazj  poco  profondi,  ma 
larghissimi.  Valva  perforata  molto  più  piccola  dell'altra  e  depressa, 


(1)  Quenstedt,  Petrfaktetikunde  l'eutschlaìulss;  die  Brachiopodeii,  pag.  39,  tav.  37,  fig.  2-6. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  207 

munitii  di  un  sena  larghissimo  e  assai  profondo,  che  si  manifesta 
rapidamente  al  di  sotto  dell'  apice  e  si  prolunga  e  s'  inflette  alla 
fronte  in  un  lembo  linguiforme  largo  e  lungo. 

L'apice  è  piccolo,  basso_,  molto  curvato^  compresso  sulla  valva 
imperforata,  con  i  margini  laterali  arrotonditi  e  corti.  Il  forame  è 
piccolo  e  formato  sotto  dai  due  pezzi  del  deltidio,  che  è  piccolo  e 
basso;  la  linea  cardinale  è  fortemente  arcuata. 

L'  unione  delle  valve  si  fa  con  angolo  ottuso,  e  sui  lati  della 
linea  cardinale  nello  stesso  piano,  per  effetto  dei  due  forti  appiat- 
timenti che  vi  sono.  La  commessura  frontale  è  fortemente  sinuata 
alla  fronte  e  dentata  ;  quella  laterale  è  sigmoidea  nel  campo  degh 
appiattimenti,  perchè  ivi  .mostra  due  inflessioni,  in  senso  opposto, 
una  breve  verso  la  valva  imperforata,  ora  forte,  ora  leggiera,  e 
un'altra  più  larga,  ma  meno  forte,  verso  quella  perforata. 

La  superficie  della  conchiglia  è  fibrosa  e  ornata  sopra  ogni 
valva  di  4-5  coste  larghe ,  alte  e  angolose  sopra  ,  che  divengono 
leggerissime  sugli  apici  e  talvolta  quasi  invisibiU.  Di  esse  se  ne 
contano  2-3  sul  lobo,  1-2  sul  seno  e  1  sopra  ogni  lato  delle  valve. 
Le  strie  di  accrescimento  sono  assai  forti  verso  la  fronte. 

Questa  specie,  che  pei  caratteri  della  sua  forma  potrebbe  ag- 
grupparsi con  la  Rh.  acuta  Sow.  sp.  del  Lias,  la  Rh.  rimjensi  Hér. 
la  Rìì.  cijnoephala  la  v.  Buch  sp.  del  Dogger,  la  Rh.  Loxiae  Fisch. 
del  Malm.  ecc.,  ha  strettissime  relazioni  con  la  Rh.  lubrica  Uhi.  (1) 
del  Lias  inferiore  di  Sospirolo  ;  però  non  mi  pare  che  le  si  possa 
identificare,  perchè  la  Rh.  lubrica  ha  l'apice  più  prominente,  fornito 
di  acuti  angoli  laterali  e  pochissimo  curvato,  non  è  fortemente  gib- 
bosa suir  umbone  della  valva  imperforata ,  ha  un  lobo  basso  ed  è 
meno  compressa  sui  lati. 

La  Rh.  Delmensis  Haas  e  la  Rh.  Steinmanni  Haas  (2)  (due  spe- 


(1)  Uhlig,   Ueher  die  liasische  Brachiopodenfauiia  voti  Sospirolo  bei  Belluno,  ya,g.B9,ts,\. 
V,  flg.  5-7. 

(2)  Haas  und  Petki  ,  Die  Brachiopoden  d.  J-F.  v.  Elsass  Loth.  ,  pag.   191,  tav.  IV  ,  fig. 
1-9.— pag.  197,  tav.  IV,  fig.  15. 


208  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 


eie  che  con  ragione  il  Deslongchamps  (1)  vorrebbe  riunire  in  una) 
mostrano  anche  intima  relazione  con  la  Bh.  ptiiioides;  la  quale  ne 
differisce  per  le  più  forti  compressioni  sui  lati  della  conchiglia,  per 
la  forma  meno  dilatata ,  pei  lobi  laterali  meno  distinti ,  più  corti , 
separati  più  in  alto  ,  per  la  mancanza  di  acuti  angoli  apiciali ,  pel 
piccolo  forame  e  per  le  chiare  arenazioni  della  commessura  sui  lati 
della  linea  cardinale.  Nondimeno  i  rapporti  della  li/i.  ptinoides  con 
la  Rk.  Delmensis  rimangono  così  stretti,  che  potrebbe  dirsi  di  esser 
la  prima  una  modificazione  mediterranea  delle  varietà  paucicostate 
della  seconda. 

Questa  specie  è  rara  nella  parte  inferiore  del  Lias  medio  del 
M.  San  Giuliano  e  in  quello  di  Castelluccio  presso  Taormina  e  delle 
Rocche  rosse  di  Galati  (Messina).  Gli  esemplari  figurati  provengono 
da  quest'ultima  località  e  sono  i  meglio  conservati. 

Le  misure  di  alcuni  esemplari  sono  le  seguenti  : 

L  IL  IIL  IV. 

Lunghezza  24mm.  19mm.  19mm.  15mm. 

Larghezza    18.  17.  18.  15. 

Spessore       14.  12.  IL  13. 

Rhynchonella  Briseis  Gemm. 
(Tav.  in,  fi(/.  9-13) 

1838.  Rhynchonella  variabiUs      v.  Buch,  Essai  d'une  classification  e 

d'  une  déscription  des  Térébratules 
(Meni,  de  la  Soc.  geol.  de  France  , 
voi.  Ili)  pag.   141,  tav.  XIV,  fig.    10. 

1851.  „  „  Davidson,  A  Monograph   of    british 

oolitic  and  liassic  Brachiopoda  (Pa- 
laeont.  Society  of  London  ecc.)  p.  78, 
tav.  XV,  fìg.  8-10  (escluse  fig.  1-6 
della  tav.  XVI). 

(1)  Deslongchamps,  Études  critiques  sur  des  hrachiopodet  nouvenux  ou  peu  connus  pag. 
316,  tav.   16,  %.  9. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 


209 


1858.   Terebrafìila  variah/lis        Quenstedt,  der  Jura,  pag.   151,  tav. 

17,  fig,   27-Ì29;  tav.   22,  fig.    10. 

1858.  ,  bidens  Quenstedt  non  Phill.,  Ibid.,  pag.  179, 

tav.  22,  fig.   7. 

1864.  Eliijìichonella  variabilis      Dumortiei" ,  Etudes   paléontologiques 

sur  les  dép.  jurass.  du  bass.  du  Rhòne; 
Infralias,  p.  165,  tav.  XXV,  fig.  5-10. 

1867.  „  „  Dumortier,  Ibid.;  Lias  inférieur,  pag. 

230,  tav.  XLIX,  flg.  230. 

1869.  Rhijnclionella  variabilis      Dumortier,  Ibid.  ;  Lias  moyen,  p.  150 

tav.  XXII,  flg.    13,    14. 

1871.  Terebratula  triplicata         Quenstedt,  Petrefaktenkunde  Deuts- 

chlands;  die  Brachiopoden ,  pag.  71, 
tav.  37,  flg.  176;  tav.  38,  fig.  10-12 
(escluse  il  i*esto). 

1871.        „  triplicata  fronto         Quenstedt,  Ibid.,  pag.   71,  tav.   37, 

fig.   177-182. 

1871.        ,   triplicata  squamplix  Quenstedt,  Ibid.,  pag.  73,  tav.  38, 

flg.   2,  (7)  ì  ;  (escluse  fig.   3-6,  8,  9). 

1874.  Rhytìchonella  Briseis  Gemmellaro,  Sopra  i  fossili  della  zo- 
na con  T.  Aspasia  nella  provincia  di 
Palermo  e  di  Trapani  (Sopra  alcune 
faune  giuresi  e  liasiche  della  Sicilia  ) 
pag.   77,  tav.  XI.  fig.    19-22. 

1880.  „  Calderinii      Parona,  Il  calcare  Massico  di  Gozza- 

no e  i  suoi  fossili  (Atti  della  R.  Acc. 
dei  Lincei,  a.  CCLXXVII)  pag.  21, 
tav.  Ili,  fig.  2. 

1882.  „  triplicata        Haas  und  Petri,  die  Brachiopoden  der 

Juraformation  von  Elsass-Lothringen 
(  Abhandl.  z.  geol.  spez.  Karte  v. 
Els.— Lothr. ,  11  Bd.)  p.  184,  tav.  1, 
fig.  23,  26-28,  30,  31,  (escluse  fig.  22, 
24);  tav.  Ili,  fig.  37. 


Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sbbie  4* 


28 


210 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 


1884.  Rhynchonella  Briseis         Haas,  Beitrage  zur  Kenntniss  der  lia- 

sischen  Brachiopodenfauna  v.  Sild- 
Tyrol  und  Venetien,  pag.  1,  tav.  I, 
fig.  4,   7. 

1884.  ,  Zitteli  Haas,  Ibid. ,  pag.   6,  tav.  II,  fig.   7. 

1884.  „  Briseis  Parona,  I  brachiopodi  liassici  di  Sai- 

trio  e  Arzo  nelle  Prealpi  Lombarde 
(Mem.  del  R.  Istituto  Lomb.)  pag.  244, 
tav.   II,  fig.    10-20;  tav.  Ili,  fig.  1,  2. 

1886.  „  variabilis        Rothpletz  ,  Geologisch-palaeontologi- 

sche  Monographie  der  Vilser  Alpen 
(Palaeontographica  ,  XXXIII  Bd.)  , 
pag.   143. 

1887.  ,  Delmensis       Haas,  Étude  monographique  et  cri- 

tique   des  brachiopodes   rhétiens    et 
jurassiques  des  Alpes  vaudoises ,  II 
(Mém.  de  la  Soc.  pai.  Suisse,  v.  XIV) 
pag.   79,  tav.  V,  fig.  20,  21,  (19)? 
1887  ,  Briseis  Haas,  Ibid.,  pag.  77,  tav.  V,  fig.   16, 

18;  tav.  VI,  fig.    1-11. 
1889.  „  variabilis        Geyer,  Ueber  die  liasischen  Brachio- 

poden  des  Hierlatz  bei  Hallstatt  (Ab- 
handl.    der  k.  k.  geol.    B.   A.  ,  XV. 
Bd.)  pag.   36,  tav.  IV,   fig.    16,  22; 
tav.  V,  fig.   1-13. 
1889.  Rhijnchonella   Alberti         Geyer  (?)  (non  Oppel),  Ibid.  pag.  45, 

tav.  V,  fig.    14-17. 
1889.  „  Alberti  var.?  lobata  Geyer  (?),  Ibid.,  pag.  45, 

tav.  V,  fig.  18. 
Conchiglia  in  generale  più  larga  che  lunga,  talvolta  tanto  larga 
che  lunga  o  più  lunga  che  larga,  subpentagonale  o  subtriangolare, 
compressa  sui  lati,  poco  convessa,  in  molti  casi  asimmetrica  per  ine- 
guale sviluppo  delle  parti  laterali  della  conchiglia  o  per  ispostamento 
del  lobo  e  del  seno.  Valva  perforata  depressa,  fornita  di  un  seno 


Il  Liatt  medio  del  M.  San  Giuliano  (Enee)  presso  Tra/pani  211 

largo  e  profondo  nella  massima  parte  degl'  individui  ,  ma  in  parec- 
chi casi  leggiero ,  che  incomincia  debolissimo  sotto  la  regione 
apiciale  e  si  fa  rapidamente  profondo  alla  fronte.  Valva  imperfora- 
ta in  generale  poco  convessa,  spesso  depressa,  e  sempre  assai  me- 
no di  quella  perforata,  formata  di  un  lobo  largo,  ora  alto,  ora  un 
po'  basso,  separato  dalle  parti  laterali  della  conchiglia  da  spazj 
larghi  e  a  superficie  obbliqua. 

Apice  basso  ,  piccolo  ,  appuntito  ,  compresso  sui  lati  e  come 
strangolato,  poco  curvato,  anzi  quasi  spinto  indietro,  con  i  margini 
laterali  arrotonditi.  Forame  piccolo  ,  formato  sotto  dai  due  pezzi 
del  deltidio,  che  è  piccolo  e  basso.  Linea  cardinale  arcuata.  Fron- 
te per  lo  pilli  sporgente ,  ma  talvolta  fortemente  troncata  e  sopra 
alcuni  esemplari  appianata  e  ingrossata. 

Superficie  delle  valve  ornata  sopra  ognuna  di  8-12  coste  for- 
ti e  angolose,  delle  quali  se  ne  contano  2-5  sul  lobo,  1-3  sul  seno 
e  2-4  sui  lati   della  conchiglia. 

Sopra  qualche  individuo  piccolo  o  di  medio  accrescimento  le 
coste  svaniscono  prima  di  giungere  all'  apice,  hi  pochi  esemplari 
avviene  di  trovare  delle  rare  coste  biforcate  sulla  regione  apiciale 
o  un  po'  più  sotto  ed  eccezionalmente  triforcate. 

La  riunione  defie  valve  si  fa  con  angolo  ottuso  ,  e  sui  lati 
della  linea  cardinale  degli  esemplari  grandi  o  di  medie  dimensioni 
suUo  stesso  piano  ,  per  effetto  degfi  appiattimenti  larghi  e  più  o 
meno  forti  che  vi  sono.  La  linea  cardinale  tende  ad  arcuarsi  mol- 
to leggermente  verso  la  valva  imperforata.  La  fronte  e  gli  angoli 
di  essa  sono  fortemente  dentati. 

La  convessità  della  conchiglia  è  irregolare  nelle  forme  grandi 
0  di  medio  accrescimento  fornite  di  lobo  alto,  perchè  allora  rag- 
giunge il  massimo  sviluppo  verso  la  fronte  ;  in  quelle  a  lobo  bas- 
so è  più  regolare.  La  Eh.  Briseis  sicifiana  è  in  generale  poco  con- 
vessa o  depressa  sotto  1'  apice  ;  solo  varj  individui  del  Lias  medio 
defie  Rocche  rosse  di  Galati  (Messina)  sono  più  convessi  di  quefii 
defia  provincia  di  Palermo  e  di  -Trapani. 

La  presente  descrizione  è  fondata  solo  sugfi  esemplari  di    Si- 


212  11  Lias  medio  del  M.  Sari  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 

cilia,  fra  i  quali^  specialmente  al  M.  S.  Giuliano  e  a  Galati,  ce  ne 
sono  molti  che  raggiungono  grandi  dimensioni.  La  specie  è  assai 
variabile  per  quanto  riguarda  il  numero  delle  coste  e  i  caratteri 
del  lobo  e  del  seno,  che  sono  molto  forti  oppure  leggieri.  I  gran- 
di e  i  piccoli  esemplari  sono  associati  e  così  intimamente  legati 
che  riesce  impossibile  di  separarli. 

Il  prof.  H.  Haas  pel  primo  e  più  tardi  il  sig.  G.  Geyer  hanno 
dimostrato  che  la  B/i.  Briseis  Gemm.  è  identica  con  quel  gruppo 
di  Bhynchonella  Massiche  indicate  comunemente  coi  nomi,  di  Rh.  va- 
riahilis  Schloth.  sp.  e  Rh.  triplicata  Quenst.  (p.  p.).  Il  prof.  G.  Gem- 
mellaro  aveva  di  già  notato  sin  dal  1874  gl'intimi  rapporti  della  sua 
Rh.  Briseis  con  gU  esemplari  Massici  solitamente  denominati  dagli 
autori:  Rh.  variabilis.  Orlo  studio  di  tutti  gl'individui  illustrati  dal 
Quenstedt,  dal  Davidson,  dal  prof.  Haas  e  dal  Geyer  non  può  più 
far  dubitare  della  necessità  di  riunire  la  Rh.  Briseis  con  essi  e  con 
parte  della  Rh.  triplicata  Quenst.  sp.  non  PhilL.  Al  gruppo  così  costi- 
tuito il  Sig.  Geyer  ha  aggiunto  anche  la  Rh.  belemnitica  Quenst.  sp. 
del  Lias  inferiore  e,  a  dir  vero,  con  molte  buone  ragioni,  fornitegli 
dal  paragone  degli  esemplari  di  Hierlatz  con  vari  scelti  individui 
della  Rh.  belemnitica  Quenst.  sp.  della  Svevia.  Ad  Hierlatz  si  pre- 
sentano infatti  esemplari  depressi  e  a  lunghe  coste,  corrispondenti 
alla  Rh.  belemnitica,  i  quali  non  si  possono  dividere  dalle  altre  Rhijn- 
choneUa  dello  stesso  giacimento  comprese  dal  Geyer  nel  nome  di 
Rh.  variabilis  Schloth..  Tuttavia  il  prof.  Haas,  come  rilevo  da  sue 
comunicazioni  letterali,  persiste  a  credere  che  sia  impossibile  il  riu- 
nire gì'  individui  estralpini  della  Rh.  belemnitica  con  la  Rh.  Briseis 
Gemm.  ,  {Rh.  variabilis  Schloth.),  perchè  il  loro  esame  mostra  for- 
ti differenze.  Io  non  credo  che  possa  darsi  oramai  un  valore  dif- 
ferenziale al  fatto  che  la  Rh.  Briseis  Gemm.  {Rh.  variabilis  Schloth.) 
e  la  Rh.  belemnitica  Quenst.  sp.  si  trovano  neh'  Europa  media  in 
due  orizzzonti  separati ,  né  nel  nostro  caso  farsi  imporre  dal  dub- 
bio che  nel  Lias  di  Hierlatz  si  potranno  forse  distinguere  un  gior- 
no due  piani,  cioè  il  Lias  inferiore  e  il  medio.  Sento  invece  la  ne- 
cessità che  sia  fatto  un  minuto  paragone  delle  due  specie  per  pò- 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  213 

ter  risolvere  la  questione^  perchè  l'esame  delle  figure  della  Bh.  he- 
Icmnifica  nei  lavori  del  Quenstedt  del  prof.  Haas  fa  credere  che  sia 
necessario  di  riunirle.  La  figura  fondamentale  della  BM.  bel  e  in  nif  ira  (l) 
non  differisce  essenzialmente  dalle  varietà  depresse  e  a  coste 
ottuse  della  B/i.  Briseis  (Bh.  rariabUis)  che  si  l'accolgono  nel  ba- 
cino mediterraneo,  e  quelle  dell'opera  del  Quenstedt  "'  Die  Bra- 
chiopoden  „  (i2)  pel  carattere  delle  coste  acute,  del  seno,  del  lobo  e 
della  forma  generale  corrispondono  in  modo  alla  siciliana  Bh.  Bri- 
seis che  io  non  saprei  trovare  un  importante  carattere  differenziale. 
Il  contrassegno  distintivo  tra  la  Bh.  belemnitica  e  la  Bit.  Briseis, 
trovato  negli  acuti  angoli  apiciali  della  prima,  non  può  invocarsi , 
perchè  incostante  e  verificabile  anche  su  esemplari  della  Massica 
Bh.  variabilis  Schloth.  sp.  e  della  Bli.  triplicata  Quenst.  sp.  (p.  p.). 
Lo  stesso  prof.  Haas  ha  di  già  dimostrato  che  non  si  può  dare 
importanza  generale  al  carattere  degli  angoli  apiciali  come  contras- 
segno differenziale.  (Beitrdge  z.  Kenntn.  d.  lias.  Brachiopodenf.  v. 
Siidtyrol  und    Venetien,  pag.   4.). 

La  stessa  corrispondenza  con  le  forme  poco  convesse  della 
Bh.  Briseis  di  Sicilia  mostrano  le  figure  della  Bli.  belemnitica  pub- 
blicate dal  prof.  Haas  (3).  Tuttavia  io  sento  di  non  poter  dare  un 
giudizio  sicuro,  avendo  sinora  potuto  osservare  solo  due  esemplari 
dell'Europa  media  determinati  come  Bh.  belemnitica  Quenst.  sp.;  ma 
spero  che  allo  studio  fattone  dal  Geyer  si  aggiunga  anche  quello 
di  altri,  che  con  un  copioso  materiale  possa  o  provare  la  necessità 
dell'  associazione  delle  due  specie  in  discorso  o  fissare  più  netta- 
mente ed  estesamente  i  caratteri  della  Bh.  belemnitica  Quenst.  sp. 

La  Bh.  Calderina  Par.  del  Lias  medio  di  Gozzano  corrisponde 
così  agli  esemplari  della  Bh.  Briseis  {Bh.  variabilis)  di  Hierlatz  e  del 
Lias  medio  di  Galati  (Messina)  che  non  può  tenersene  separata.  La 


(1)  Qdenstendt,  Der  lura.  1858. 

(2)  Qdenstendt,  Petrefaltenkuniìe  Deufschìands,  1871. 

(3)  Haas  und  Petri,  Die  Brachtopoden  der  Juraformation  V.  Elsass-Lothn'ngeii,png.  164, 
tav.  1,  fig.  4-6.  9-10,  14.  -Haas,  Étude  monograpìuque  et  critique  des  brachiopodes  rhétims 
et  jurassiques  des  Alpes  vaudoises,  pag.  29,  tav.  Ili,  flg.  20,  31,  44,  55,  57. 


214  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  pi-esso  Trapani 

Rh.  Delmensis  Haas  è  fondata  sopra  grandi  esemplari  della  Rh.  Briseis. 
Nel  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  e  di  Galati  i  grandi  e  i  piccoli 
esemplari  della  Rh.  Briseis  sono  sempre  associati  e  legati  così  in- 
timamente pei  loro  caratteri,  che  è  arbitrario  il  voler  ritenere  che 
il  tipo  della  Rh.  Briseis  sia  piccolo.  Per  questo  non  e'  è  nessuna 
ragione  di  staccare  dalla  Rh.  Briseis  lombarda,  figurata  dal  prof.  Pa- 
rona  ,  i  grandi  esemplari  per  collocarli  nella  Rh.  Delmensis  ,  come 
fa  il  prof.  Haas  {Elude  nionogr.  et  crii,  des  brach.  rhét.  ecc.  ,  II , 
pag.   79). 

Il  Geyer  riguarda  (1)  la  Rh.  Alberti  Opp.  come  un  membro 
estremo  del  gruppo  della  Rh.  Briseis,  e  la  tiene  separata  per  i  ca- 
ratteri forniti  dalla  forte  scoltura ,  dalla  forte  convessità  dell'  um- 
bone  della  valva  imperforata  e  dall'  apice  riverso  indietro.  Or 
è  da  notare  che  i  grandi  esemplari  siciliani  della  Rh.  Briseis 
differiscono  tanto  poco  dagl'  individui  della  Rh.  Alberti  figurati 
dal  Geyer,  che  rigorosamente  riesce  difficile  di  separarli  ;  tuttavia 
tali  individui  di  Sicilia  corrispondono  talmente  agli  esemplari  piccoli 
e  di  medio  accrescimento  della  Rh.  Briseis  che  è  impossibile  stac- 
cameli per  collocarli  nefia  Rh.  Alberti  Opp.  che,  secondo  ce  la  fi- 
gura Oppel,  pel  suo  aspetto  fortemente  triangolare  e  ristretto  sopra 
ditferisce  bene  dalla  specie  in  esame.  I  caratteri  distintivi  della  Rh. 
Alberti  indicati  dal  Geyer  nella  forte  scoltura  e  nell'  apice  riverso 
indietro  si  riscontrano  negfi  esemplari  siciliani  della  Rh.  Briseis  e 
sono  insufficienti  quindi  a  dividere  da  questa  le  RhynchoneUa  rife- 
rite dal  Sig.  Geyer  aUa  Rh.  Alberti  Opp..  Rimarrebbe  solo  come  con- 
trassegno distintivo  tra  gU  esemplari  figurati  dal  Geyer  e  la  siciUana 
Rh.  Briseis  la  gibbosità  dell'umbone  della  valva  impeforata  dei  pri- 
mi; ma  se  si  vuol  conservare  al  gruppo  della  Rh.  Briseis  (Rh.  varia- 
bilis)  l'estensione  che  i  signori  Haas  e  Geyer  gli  hanno  dato,  allora 
la  Rh.  Alberti  figurata  dal  Geyer  non  può  esserne  divisa,  perchè 
in  quel  gruppo  sono  state  di  già  comprese  forme  molto  convesse 
sotto  r  apice. 


(1)  Geyer,  Op.  cit.  pag-.  43,  tiiv.  V,  fig.  1417. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Ericé)  presso  Trapani  215 


Ho  dato  iiJ  gruppo  in  esame  il  nome  di  E/i.  Briseis  Gemm.  , 
perchè  nelle  presenti  condizioni  non  è  accettabile  un';dtra  denomi- 
nazione. La  controversia  che  si  è  elevata  tra  il  prof.  Haas,  il  dott. 
Rothpletz  e  il  sig.  Geyer  riguardo  al  nome  da  usare  per  tal  grup- 
po persuade  sempre  più  che  è  necessario  di  attenersi  con  rigore 
alle  norme  che  solitamente  reggono  la  nomenclatura  delle  specie 
e  la  compilazione  della  loro  sinonimia.  Per  esse  non  è  possibile  di 
ritenere  il  nome  di  B/i.  variabilis  Schloth.  sp.,  perchè,  come  è  noto, 
non  si  sa  precisamente  quale  specie  abbia  inteso  indicare  con  questa 
denominazione  lo  Schlotheim.  Egli  fondò  (1)  la  Eh.  variabiìis  sopra 
esemplari  del  Lias,  dello  Zechstein  e  del  Devoniano,  e  la  descrizione 
e  la  figura  che  ne  diede  sono  così  indeterminate,  che  possono  adat- 
tarsi a  varie  Rhynchonella  Massiche  non  solo,  ma  anche,  come  recen- 
temente notò  bene  il  prof.  Haas  (2),  alla  Camaropìioria  Schlotheimi 
King,  in  modo  che  non  si  ha  il  diritto  di  ritenere  il  nome  Rh.  va- 
riabilis per  le  forme  del  Lias ,  dato  che  queste  si  avvicinino  alla 
figura  dello  Schlotheim.  Se  lo  Zieten  e  il  Davidson  fecero  così,  lo 
fecero  arbitrariamente  :  del  resto  la  figura  della  Rh.  variabilis  in 
Zieten  (Die  Versteinerimgen  Wiirtembergs  ecc.)  sembra  assai  piìi  vi- 
cina alla  Rh.  rimosa  v.  Buch  che  al  gruppo  della  Rh.  variabiìis, 
come  è  intesa  dal  dott.  Haas  e  dal  Geyer,  e  si  sa  dal  catalogo  della 
collezione  di  Schlotheim,  pubblicato  in  Gota  nel  1832^  che  gli  esem- 
plari del  Lias  di  Amberg  corrispondenti  alla  Rh.  variabilis  come  fu 
figurata  dal  v.  Buch,  e  perciò  alla  Rh.  Briseis  Gemm.  e  alla  Rh.  tripli- 
cata Quenst.  non  Phill.  (p.  p.)  portavano  in  essa  il  nome  di  Tere- 
bratulites  bidentales  (vedi  Suess  ,  Ueber  die  Brachiopoden  d.  Koss. 
Schichten.,  pag.  28).  Il  voler  ritenere  dunque  il  nome  dello  Schlo- 
theim perchè  antico  e  già  ripetutamente  usato,  quand'anche  inesat- 
tamente, nasce  solo  da  ragioni  sentimentali,  che  non  bastano. 

Rigettata  così  la  denominazione  dello  Schlotheim,   bisogna  ac- 


(1)  ScKhOTHMn,  Beitrage  zar  Naturgeschichte  der  Versteinerimgen,  1813  (Leouhard.  minerai. 
Taschenbuch,  VII  Bd.)  pag.  1,  fig.  4. 

(2)  Haas,  Kritische  Beitrage  z.  Kenntn.  d.  jurass.  Brachiopodenfauna  der  Schtceiz  ecc   , 
I.  (Abhaudl.  d.  schweiz.  pai  Gesellschf.,  voi,  XVI,  1889),  pag.  3. 


216  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 

cettare  fra  i  rimanenti  sinonimi  quello  più  antico,  quando  però  non 
vi  siano  ragioni  che  vi  si  oppongano.  Pertanto  i  nomi  di  Rh.  tripli- 
cata Phill.  e  di  Rh.  bidens  Phill.  (1)  non  possono  usarsi,  perchè  non 
è  punto  provata  la  loro  identità  con  gli  esemplari  del  gruppo  che 
abbiamo  studiato.  Il  Phillips  non  dà  descrizione  di  queste  specie  e  le 
figure  che  ne  pubblicò  possono,  per  la  loro  vaghezza,  adattarsi  a  molte 
Rhynchonella  del  Lias;  infatti  il  Quenstedt,  che  pur  ne  aveva  applicato 
il  nome  a  forme  del  gruppo  della  Rh.  Bì-iseis  (Rh.  variabilis),  finisce 
nel  1885  (2)  col  credere  che  le  figure  22  e  24  della  tav.  13  del- 
l'opera di  Phillips  citata  qua  sotto  possano  rappresentare  delle  va- 
rietà della  Rh.  furcillata  Theod.  sp..  Non  si  può  dunque  asserire 
che  la  Rh.  triplicata  Phill.  e  la  Rh.  triplicata  Quenst.  siano  identi- 
che; piuttosto  è  da  accettare  l'opinione  di  Tate  (3)  e  di  Davidson  (4) 
i  quali  sugli  esemplari  inglesi  stabiUrono  che  la  Rh.  triplicata  Phill.  e 
la  Rh.  bidens  Phill.  rappresentano  la  Rh.  lineata  Young  et  Bird  (5). 

Se  si  potesse  provare  del  tutto  1'  identità  della  Rh.  belemnitica 
Quenst.  sp.  e  della  piccola  Rh.  obtusifrons  Suess  (6)  con  le  forme 
del  gruppo  in  esame ,  sarebbe  allora  da  accettare  quest'  ultimo 
nome  come  più  antico;  ma  per  quanto  riguarda  la  prima  ho  di  già 
esposto  quali  dubbj  per  ora  impediscano  la  sua  riunione  alla  Rh. 
Briseis  (Rh.  variabilis)  ,  e  per  la  seconda ,  vicinissima  a  questa  e 
alla  Rh.  belemnitica  Quenst.  sp.  ,  anzi,  a  quanto  pare,  identica  con 
questa,  non  credo  possa  darsi  un  giudizio  deffinitivo  sulle  figure  di 
un  piccolo  esemplare.  Per  queste  ragione  siamo  costretti  ad  unifor- 
marci all'  opinione  ripetutamente  espressa  dal  prof.  Haas,  e  dare  al 
gruppo  in  esame  il  nome   di  Rh.  Briseis  Gemm.  (1874). 

Or  bisogna   riconoscere  che  il   gruppo    della  Rh.    Briseis,  così 


(1)  Phillips,  Illustrations  of  the  Geology  of  Yorkshire;  pag.  57,  tav.  XLII,  fig.  6. 
(2j  Quenstedt,  Handbuch  der  Petrefaktenkunde,  1885,  pag.  690. 

(3)  Tate  and  Blacke,   The  Yorkshire  Lias,  1876,  pag.  421. 

(4)  Davidson,  Supplement  to  the  hritish.  jurass.   and  triass.  Brach.,  1878,  pag.  209. 

(5)  Young  and  Bikd,  Geological  Surrey  of  the  Yorkshire  Coast,  1828,  pag.  232,  tav.  Vili, 
fig.   10. 

(6)  Suess,   Ueher  die  Brachiopoden  der  KSssener  Schichten,  1854,  pag.  27  tav.  IV,  fig.  12. 


Il  Lias  medio  de!  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  217 

come  è  stato  composto  dal  prof.  Haas  e  dal  sig.  Geyer ,  è  troppo 
esteso  e  non  omogeneo,  perchè  comprende  individui  assai  differenti 
per  la  convessità  della  conchiglia,  per  la  curvatura  e  forma  dell'a- 
pice, pel  numero  e  pei  caratteri  delle  coste ,  e  pel  rapporto  delle 
dimensioni,  cioè  per  tutti  i  caratteri  essenziali.  Per  questo  è  utile 
di  eliminarne  certe  forme. 

Così  mi  pare  che  la  Bh.  triplicata  sqiiamplix  Quenst. ,  inchiu- 
sa dal  sig.  Geyer  nella  sinonimia  della  Bh.  Briseis  {Bh.  variabilis), 
ne  differisca  troppo  per  la  finezza  delle  coste  e  la  loro  abbondan- 
te e  regolare  divisione.  Inoltre  si  estenderebbe  troiipo  il  gruppo 
mantenendovi  gli  esemplari  della  tav.  I,  fig.  22,  29  {Bh.  triplicata), 
della  tav.  I,  fig.  24  e  30  e  della  tav.  Ili,  fig.  32,  34  e  36  (Forme 
intermedie  tra  la  Bh.  triplicata  e  la  Bh.  curviceps)  dell'  opera  di 
Haas  e  Petri  "  Die  Brachiopoden  d.  J.-F.  von  Els.-Lothr.  „.  I  pri- 
mi, cioè  quelli  della  tav.  I,  fig.  22  e  29,  nonostante  che  siano  vi- 
cinissimi agli  altri  individui  della  Bh.  triplicata  figurati  da  Haas  , 
hanno  nondimeno  1'  apice  troppo  curvato  o  la  forma  troppo  gonfia 
per  potersi  recisamente  associare  con  la  Bh.  Briseis  di  Sicilia,  e 
le  seconde  (tav.  I,  fig.  24  e  tav.  II,  fig.  32,  34,  36),  che  lo  stesso 
dott.  Haas  considera  come  forme  intermedie  tra  la  Bh.  triplicata  e 
la  Bh.  curviceps,  ma  che  il  sig.  Geyer  comprende  recisamente  nella 
sua  Bh.  variabilis,  differiscono  troppo  dalla  Bh.  Briseis  del  bacino 
mediterraneo  pel  numero  delle  coste  o  per  la  forte  curvatura  del- 
l'apice e  per  la  gonfiezza  della  conchiglia  sotto  questo,  in  modo 
che  è  utile  staccamele. 

L'esemplare  della  Bh.  triplicata  del  Lias  di  Keilberg,  rappre- 
sentato dal  Quenstedt  nella  tav.  38,  fig.  16  dei  "  Brachiopoden  „ 
non  può  comprendersi  nella  Bh.  Briseis,  per  la  forma  troppo  slar- 
gata, pel  lobo  appianato  sopra  e  ornato  di  molte  coste. 

Le  varietà  gonfie,  multicostate  e  dilatate  della  Bh.  Briseis 
(Bh.  variabilis)  figurate  dal  Geyer,  come  è  specialmente  quella  della 
tav.  V,  fig.  2  del  lavoro  sui  brachiopodi  di  Hierlatz,  associate  agli 
esemplari  siciliani  della  Bh.  Briseis  formano  forse  un  gruppo  trop- 
po esteso;  sicché,  considerando  che  i   loro    rapporti   con    gfi    altri 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Skbib  4»  29 


218  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso   Trapani 

individui  di  Hierlatz  appartenenti  al  sovraddetto  gruppo  sono  intimi, 
sarebbe  bene  indicarle  come  varietà,  ma  distinte  da  un  nome.  Esse 
sembrano  intermedie  tra  la  Rh.  Briseis  e  la  Rh.  Zltteli  Gemm. 

Se  pur  si  fanno  nel  gruppo  della  Rh.  Briseis  queste  elimina- 
zioni, tuttavia  la  specie  rimane  assai  larga,  perchè  comprende  in- 
dividui depressi  sotto  l'apice,  come  sono  quasi  tutti  i  tipi  siciliani, 
e  altri  molto  convessi  oppure  gonfi,  come  sono  gli  esemplari  già 
distinti  dagli  autori  con  i  nomi  di  Rh.  triplicata  Quenst.  sp.  e  di  Rh. 
variabilis  Schio th.  sp..  Per  questo  non  sarebbe  inutile  di  distinguere 
nel  gruppo  chiaramente  ed  espressamente  delle  varietà  applanatae 
e  delle  altre   inflatae. 

La  Rh.  Briseis  Gemm.  ha  qualche  relazione  con  la  Rh.  Zitte! i 
Gemm.  del  Lias  medio  di  Sicilia  ;  però  una  riunione  dei  due  tipi  è 
impossibile.  L'  esemplare  della  Rh.  Zitteli  figurato  dal  Prof.  Gem- 
mellaro  (1)  non  è  sufficiente  a  far  conoscere  bene  i  caratteri  della 
specie,  che  è  stata  da  varj  autori  del  tutto  disconosciuta.  Essa  si  di- 
stingue dalla  Rh.  Briseis  per  la  forma  assai  più  triangolare ,  più 
acuta  avanti  e  così  depressa  come  mai  accade  di  osservare  né  sulla 
Rh.  Briseis,  né  sulla  Rh.  belemnitica  ;  per  le  depressioni  laterali  più 
forti  e  più  estese  ;  pel  lobo  larghissimo ,  bassissimo ,  poco  distinto 
dalle  parti  laterali  della  conchiglia,  fortemente  appianato  sopra  e 
quadrangolare  di  aspetto  ;  per  le  coste  molto  più  fine  e  assai  ab- 
bondanti sul  lobo,  che  ne  mostra  ordinariamente  8,  9  e  per  ecce- 
zione 6,  7.  hioltre  é  da  notare  che  la  curvatura  della  conchiglia 
sul  lobo  si  abbassa  rapidamente  alla  linea  frontale,  come  avviene 
nella  Rh.  Fraasi  Opp.  (2).  Tutte  le  Rhynchonella  riferite  alla  Rh.  Zit- 
teli da  Haas  e  da  Parona  in  varj  lavori  non  corrispondono  punto 
al  tipo  siciliano,  del  quale  ho  potuto  studiare  una  grande  quantità 
d' individui  nel  Museo  geologico  dell'  Università  di  Palermo. 

Il  gruppo  della  Rh.  Briseis  Gemm.  trova  le  sue  dirette  rela- 
zioni nel  Trias    superiore    nella    Rh.    concordiae   Bittn.   e  in  un'  al- 


(1)  Gemmbllaro  ,  Sopra  i  fossili  della  zona  a   T.  Aspasia  Mgh.  ecc.  ,    1874  ,  pag.    78  , 
tav.  XI ,  fig.  23. 

(2)  QppEL,  Ueber  die  Brachiopoden  des  untern  Lias,  pag.  .543,  tav.  XII,  fig.  3. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Enee)  presso  Trapani  219 

tra  forma  descritta  dal  Bittner  col  nome  di  Bhynchoneìla  ex  aff. 
Bh.   cariahilìs  Schloth.  (1) 

La  Rh.  Brlseis  è  molto  abbondante  nel  Lias  medio  di  Sicilia, 
ove  è  rappresentata  da  piccoli  e  grandi  esemplari  (M.  San  Giuliano 
liv.  inf.  ;  Rocche  rosse  di  Galati  e  promontorio  di  Castelluccio  nella 
prov.  di  Messina;  Chiusa-Sclafani  e  Montagnola  di  Elia  nella  prov. 
di  Palermo).  Si  raccoglie  anche  nel  Lias  medio  di  Arzo  e  Saltrio, 
in  quello  dei  dintorni  di  S.  Cassiano^  di  Gozzano  e  della  Svizzera; 
nel  Lias  medio  e  inferiore  di  vari  luoghi  della  Germania  nel  medio 
dell'  Inghilterra ,  nonché  nell'  inferiore  di  Saltrio  (Lombardia)  e  di 
Hierlatz. 

Le  dimensioni  di  alcuni  esemplari  del  M.  San  Giuliano  sono 
le  seguenti  : 

L         IL       III.      IV.       V.       VI.      VII.     VII.     IX       X. 

Lun^'h   SS™""  22°™'  20™™  19™™  J3™™  ]^§mm  jymm  J^gmm  |  gmm  j[2™™ 

Largh.    25       Tà       23       23       22       16       17        16       15       13 
Spess.     15       14       13       12       13       12       10         9       16         7 

Var.  Iphimedia. 

(Tav.   ni,  fy.  14-17) 

Insieme  con  gli  esemplari  della  Rh.  Briseis  descritti,  se  ne  rac- 
colgono molti  altri  nel  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano,  che,  non- 
ostante gì'  intimi  rapporti  con  essa,  mostrano  dei  caratteri  pei  quali 
credo  di  fondare  una  varietà,  che  altri  potrebbe  separar  come  spe- 
cie. Tali  esemplari  non  possono  esser  considerati  come  individui 
anormali  della  Rh.  Briseis,  perchè  si  presentano  in  grande  quan- 
tità e  con  costanza  di  caratteri  non  solo  al  M.  San  Giuliano ,  ma 
anche  nel  Lias  medio  del  piccolo  promontorio  di  Castelluccio  presso 
Taormina.  Essi  mostrano  la  fronte   sempre   ingrossata  ,  troncata  e 


(1)  BiTTKER,  Brachiopoden  der  alpinen  Trias,  pag.   264,  tav.  XXVII ,    fig.  1-17. 

(2)  Bittner,  Ibid.  pag.  264,  tav.  XXVII,  fig.  :.'6. 


220  II  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  [Erice)  presso  Trapani 


appianata,  e  sono  ornati  di  10-18  coste  strette,  acute,  non  di  raro 
biforcate  o  ti'iforcate  sulla  regione  apiciale  o  un  po'  più  giù.  In  ra- 
rissimi individui  si  osserva  sulla  metà  inferiore  della  conchiglia  il 
carattere  della  BhynchoneUa  rimose  ,  cioè  la  riunione  di  due  coste 
in  una.  Il  lobo  della  valva  imperforata  è  forte,  largo,  separato  da 
spazj  discretamente  larghi  e  sempre  piano  sopra,  fornito  di  coste 
pochissimo  divergenti ,  che  spesso  giungono  fino  al  numero  di 
sette  e  non  sono  mai  meno  di  quattro.  La  valva  imperforata  è  poco 
convessa  in  generale,  ma  talora  discretamente  e  in  certi  casi  molto, 
però  essa  è  sempre  appianata  dal  primo  terzo  della  conchiglia  sino 
alla  fronte  ;  la  valva  perforata  è  quasi  sempre  meno  convessa ,  e 
raramente  in  modo  eguale.  Le  coste  del  seno  in  quest'  ultima  s' in- 
curvano rapidamente  verso  la  fronte  come  nella  Bh.  curviceps  Quenst. 
sp.  La  riunione  delle  valve  avviene  sullo  stesso  piano. 

Il  carattere  della  fronte  troncata  si  riscontra  in  varj  esempla- 
ri estramediterranei  della  Bh.  Briseis  e  in  taluni  mediterranei  ;  pe- 
rò r  insieme  costante  dei  caratteri  formato  dalla  fronte  troncata  e 
ingrossata,  dalle  coste  molto  fine,  numerose,  poco  divergenti  sul 
lobo  e  dal  lobo  piano  sopra  e  perciò  di  forma  quadrangolare,  dan- 
no un  tipo  speciale  agli  esemplari  in  esame  e  differente  in  modo 
dalla  Bh.  Briseis  Gemm.  ,  che  permette  di  fondare  una  buona  va- 
rietà. Non  ho  separato  del  tutto  come  specie,  le  forme  descritte  per- 
chè le  loro  analogie  con  gì'  individui  dela  Bh.  Briseis  a  fronte  ap- 
piattita sono  intime  e  perchè  il  carattere  della  finezza  delle  coste 
è  variabile,  in  modo  che  la  varietà  descritta  passa  per  gradi  inter- 
medj  alla  vera  Bh.  Briseis  con  forti  coste.  L'associazione  di  esemplari 
come  quelli  della  tav.  Ili,  fig.  Da,  i,  e  e  della  tav.  Ili,  fig.  15a  , 
h,  e  può  sembrare  a  prima  vista  poco  naturale  ;  ma  i  passaggi  fra 
di  loro  sono  così  intimi  e  abbondanti  nel  ricco  materiale  studiato, 
che  io  non  mi  sento  del  tutto  facoltato  a  separarli  nettamente  co- 
me specie  differenti. 

Gli  esemplari  di  questa  varietà  non  depressi  mostrano  i  rap- 
porti che  la  Bh.  Briseis  ha  con  la  Bh.  tetraedra  Sow.  Sp.  .  Essi 
però  ne  sono  ben  distinti  per  le  costanti  minori  dimensioni,  per  le 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  221 

coste  più  fine  ed  acute,  per  lo  più  in  numero  minore  e  sempre  poco 
divergenti  sul  lobo,  per  la  fronte  appianata,  pel  lobo  ({uadrangolare 
e  per  la  mancanza  di  acuti  angoli  apiciali.  Ci  è  qualche  raro  esem- 
plare della  Bìi.  Briseis,  molto  convesso  e  con  numerose  coste,  che 
anche  si  avvicina  dippiù  alla  Rh.  tetraedra  Sow.  sp. 

Le  analogie  della  var.  Iphimedia  sono  molto  più  intime  con  la 
Rh.  Rosenbuschi  Haas  (1)  ,  che  appartiene  al  gruppo  della  Rh.  te- 
traedra Sow.  sp.  ;  nondimeno  le  minori  proporzioni  della  varietà 
siciliana,  il  suo  lobo  appianato  sopra  e  perciò  quadrangolare  di 
aspetto,  le  sue  coste  più  fine,  la  forma  meno  slargata  e  talora  al- 
lungata, la  fronte  appianata  e  la  commessura  laterale  diritta  la 
mantengono  distinta. 

La  var.  Iphimedia  con  le  sue  forme  poco  depresse  rammenta  anche 
la  Rh.  curviceps  Quenst.  sp.,  però  il  carattere  della  fronte  appianata 
e  del  lobo  forte,  ben  distinto  e  appianato  sopra,  la  differiscono  bene. 

Infine  non  sono  da  disconoscere  i  molti  rapporti  di  questa  va- 
rietà con  la  Rh.  ZittelU  Gemm.  ;  tuttavia  ho  potuto  persuadermi 
che  è  impossibile  la  loro  riunione,  perchè  la  Rh.  Zitelli  è  sempre 
più  depressa^  fornita  in  generale  sul  lobo  di  un  maggior  numero 
di  coste  e  ornata  di  un  lobo  bassissimo  e  non  ben  separato  dalle 
parti  laterali  della  conchiglia.  Inoltre  il  suo  apice  è  molto  coartato 
e  la  fronte  si  abbassa  così  rapidamente  da  ricordare  la  Rh. 
Fraasi  Opp. 

Questa  varietà  è  abbondante  nella  parte  inferiore  del  Lias  me- 
dio del  M.  S.  Giuliano  e  rara  nella  superiore.  Nel  Lias  medio  di 
Castelluccio  presso  Taormina  se  ne  raccoglie  un  discreto  numero  di 
esemplari. 

Le  dimensioni  di  alcuni  individui  del  M.  S.  Giuliano  sono  le 
seguenti  : 

Lunghezza     20"™     19"""     18™™     17™"i      16™™     14™™     14™™ 
Larghezza      22  22  19  18  18  14  13 

Spessore        13         13         12         11  10  9  7 


(1)  Haas    und    Petri  ,  Die  Brachiopoden  der  J.-F.  v.  Els.-Lothr. ,   pag.  195,  tav.    IV  , 
fig.  10,  14. 


222  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  [Erice)  presso  Trapani 


Rhynchonella  Alberti  Opp. 

1861.  Bìn/nc/ionella  Alberti  Oppel,  Ue)3er  die  Brachiopodeu  des  un- 

tern  Lias  (Zeitschr.  d.  deutsch.  geol.  Ge- 
sellschf.  ,  XIII  Bd.  )  pag.  546,  tav.  XIII, 
fig.  4rt,  b,  e. 
1879.  „  „        Uhlig,   Ueber   die  liasischeu  Brachiopo- 

denfauna  von  Sospiralo  bei  Belluno  (Sitzb. 
d.  Akd.  der  Wissenschf.)  pag.  32  ,  tav. 
IV,  fig.   1-2. 
Nella  parte  inferiore  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  si  rac- 
colgono pochi  grossi  esemplari  di  una  Ehi/nconella ,  che    corrispon- 
dono bene  alle  figure  della  Uh.  Alberti  pubbKcate  da  Oppel,  ma  non  a 
quelle  date  dal  Geyer  (Ueber  die  liasischen  Brachiopoden  des  Hierlatz 
bei  Hallstatt,  tav.  IV,  fig.   14-17).  Essi  mostrano  i  seguenti  caratteri  : 
Conchiglia  più  larga  che  lunga  o  tanto  larga  che  lunga,  ristretta 
sopra.  Apice  piccolo,  poco  curvato,  anzi  leggermente  riverso  indie- 
tro ;  forame  assai  piccolo,  formato  sotto  dal  deltidio,  che  è  piccolo 
e  basso.  Valva    perforata  poco  convessa ,  fornita  di  un  seno  largo 
e  profondo,  che  comincia  debole  sotto  la  regione  apiciale,  e  sul  quale 
alla  fronte  si    elevano  a    forma  d'  ah  i  lati  della   conchiglia.  Valva 
imperforata  assai  più  convessa,  specialmente  sotto  l'apice,  munita  di 
un  lobo  largo  ed  elevato,  largamente  e  rapidamente  separato  dalle 
parti  laterali  della  conchiglia. 

La  superficie  delle  valve  è  ornata  di  9-10  coste  molto  forti  ed 
angolose  sopra  ,  delle  quaU  2-3  sono  sul  lobo  e  3-4  sopra  i  lati 
delle  valve.  La  commessura  è  diritta  sui  lati,  sinuata  e  fortemente 
dentata  alla  fronte. 

Ho  già  detto  a  proposito  della  precedente  specie  che  la  Rh. 
Alberti  figurata  dal  Geyer  è  probabilmente  la  Rh.  Briseis  Gemm.  ; 
aggiungo  qui  che  la  Rh.  Alberti,  var.?  lobata  Geyer  è  certamente 
da  riunire  alla  specie  del  prof.  Gemmellaro. 

La  Rh.  Alberti  si  raccoglie  nel  Lias  inferiore  di   Hierlatz  ,    di 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  223 

Sospirolo  e  della  Selva  Baconica,  nonché  nel  Lias  medio  dell'  Ap- 
pennino centrale. 

L' esemplare  del  Lias  medio  del  Bacino  del  Rodano  figurato  dal 
Dumortier  (1)  non  può,  pel  suo  aspetto,  riunirsi  alla  Rh.  Alberti  Opp. 

Rhynchonella  Zugmayeri  Gemm. 
(Tav.   Ili,  fig.   18;  fai:  IV,  fìg.   1,  2.) 

1878.  Rhynchonella  Zugmayeri     Gemmellaro,  Sui  fossili  del  calcate 

cristallino  delle  Montagne  del  Casale 
e  di  Bellampo  nella  provincia  di  Pa- 
lermo (Sopra  alcune  faune  giuresl  e 
liasiche  della  Sicilia)  pag.  420,  tav. 
XXI,  fig.  50-60. 
Conchiglia  generalmente  asimmetrica,  divisa  sulla  regione  fron- 
tale in  due  parti,  delle  quali  una  è  abbassata    e   1'  altra    alta  ;    di- 
scretamente convessa  ,  nella  maggior  parte  dei  casi  piii  lunga  che 
larga  ,  talora  tanto  larga  che  lunga  o  un  po'  più  larga  che  lunga. 
Valva   imperforata  più  convessa   dell'  altra  raramente  in  egual  mi- 
sura, con  la  massima  convessità  sul  terzo  anteriore   della    conchi- 
glia, fornita  di  un  lobo  leggiero  ,  spesso  bassissimo    o  scancellato, 
ora  ben  distinto  dalle  parti  laterali  della  conchiglia,  ora  no.  In  va- 
rj  casi  il  lobo  è  ben  diviso  solo  da  un  lato,  per  effetto  dello  stac- 
carsi delle  due  porzioni  della   conchiglia    inegualmente    alte.    Sulla 
valva  perforata  ci  suole  essere  un  seno  debole,  che  comincia   leg- 
gerissimo al  di  sotto  della  regione  apiciale  o  anche  più  in  basso  , 
ed  è  ora  ben  apparente  sulla  fronte,  ora  quasi  scancellato. 

L'  apice  è  poco  curvato  ,  piccolo,  appuntito  e  fornito  sui  lati 
di  angoli  acuti.  Il  forame  è  piccolo  e  formato  sotto  dai  pezzi  del 
deltidio,  che  è  alto.  La  linea  cardinale  è  molto   arcuata. 


(1)  DcMORTiEB  ,    Études  pai.  sto-  le  bass.  du  Rhòne;  Lias  mot/en  ,  pag.  332  ,   tav.  XLII 
fig.  14,  15. 


224  11  Lìas  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 


La  superficie  di  ogni  valva  è  ornata  di  16-20  coste  forti,  an- 
golose sopra,  che  sulle  regioni  apiciali  o  più  sotto  si  dividono  spes- 
so in  fascetti  di  due  e  non  di  raro  di  tre  coste.  Sul  lobo  si  con- 
tano 4-6  coste,  sui  lati  delle  valve  5-7. 

La  linea  commessurale  è  dentata  sui  lati  e  sulla  fronte,  dove 
è  anche  largamente,  ma  piìi  o  meno  leggermente  sinuata. 

La  conchiglia  è  variabile  di  forma  per  la  frequente  asimme- 
ti-ia,  dovuta  al  dividersi  sulla  regione  frontale  in  due  parti  d' ine- 
guale altezza  e  alla  mancanza  o  presenza  del  lobo  e  del  seuo^  che 
quando  si  presentano,  sono  sempre  spostati  verso  un  lato  o  1'  altro 
delle  valve,  producendo  talora  1'  arenazione  laterale,  delle  coste. 

Questa  specie,  che  pel  suo  aspetto  dev'  essere  considerata  co- 
me la  forma  più  antica  del  gruppo  della  Rh.  incostans  Sow.  ,  ha 
certo  molti  rapporti  con  la  Rh.  fissicostata  Suess  (1),  ma  nondimeno 
non  vi  si  può  associare,  come  pare  che  vorrebbe  fare  il  Geyer  (2), 
giudicando  solo  dalle  figure  pubblicate  dal  prof.  Gemmellaro.  La 
Rh.  Zugmayeri  non  può  neanco  essere  compresa  nel  gruppo  della  spe- 
cie del  Suess;  essa  ne  è  ben  distinta  pel  numero  minore  di  coste, 
che  sono  assai  meno  suddivise  e  mai  così  fine  ed  acute  sulla  re- 
gione apiciale  come  sono  caratteristiche  in  quella  ,  per  la  sua  for- 
ma in  generale  più  ovale  ed  allungata,  per  la  mancanza  di  campi 
concavi  sui  lati  della  linea  cardinale  e  per  la  spiccata  asimmetria 
di  forma  della  linea  frontale ,  caratteri  che  la  collocano  in  altro 
gruppo.  Anche  1'  apice  più  piccolo,  più  basso  e  senza  falsa  area  ben 
apparente  dà  un  buon  contrassegno  distintivo. 

Il  fatto  che  la  Rh.  Zugmyeri  ha  le  coste  spesso  biforcate  non 
dà  ragioni  sufficienti  per  riunirla  alla  Rh.  fissicostata,  perchè  è  noto 
come  questo  carattere  sia  frequente  sopra  Rynchonella  differentis- 
sime;  del  resto  si  notano  tra  ìa  Rh.  fissicostata  eia  Rh.  Zugmayeri 
differenze  maggiori  che  non  tra  la  prima  e  la  Rh.  ìatifrons  Stur  (3), 
che  pure  ne  è  stata  divisa  dal  Geyer. 


(  1)  Sdess,  Die  Brahiopoden  der  Kossener-^^chichien,  18.54,  pag.  30,  tav.   IV,  fig.   1-4. 

(,?)  Geyer,  Op.  cit.,  pag.  57. 

(3)  Geyer,  Op.  cit.,  pag.  64,  tav.  VI.  fig.  25-31. 


n  Lim  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 


225 


Ci  sono  esemplari  giovani  clie  si  avvicinano  alla  Bh.  p/icutis- 
sima  Quenst.  sp.,  dalla  quale  differiscono  solo  per  l'asimmetria  de- 
rivante dalla  divisione  della  fronte  in  due  parti  d'ineguale  altezza  e 
per  le  coste  più  grosse,  meno  acute  e  piìi  avvicinate  fra  di  loro. 

Questa  specie  si  raccoglie  nel  calcare  cristallino  del  Lias  infe- 
riore di  Sicilia  (sulla  montagna  di  Bellampo  presso  Palermo)  e  ab- 
bondantemente nella  parte  superiore  del  Lias  medio  del  M.  San  Giu- 
liano. Essa  presenta  le    seguenti  misure. 


I. 


II. 


III. 


IV. 


V. 


VI.       VII.      vili. 


Lunghezza    22""™     21"""     21™™     20"""     19™"*     IQ™"*     17™™     jgmm 
Larghezza    23         21  17         18         17  16         15         12 

Spessore       14         14         10         11  10         10         10  7 


Gen.  Terebratula  (Llhwyd)  Klein. 
Terebratula  punctata  Sow. 


1818.   Terebratula  punctata 


1851. 


1851. 


1851. 


1853. 


subpundata 


Edwardsi 


siibjmnctata 


Atti  Acc.  Vol.  IU,  Sekik  4" 


Sowerby^    Minerai   Conchology  of 

Great-Britain,  voi.  I,  pag.  46,  tav. 

XV,  fìg.  4. 

Davidson,    A   Monograph    of   bri- 

tish  oolitic  and  liassic  Brachiopoda 

(Palaeont.  Society  of  London)  pag. 

45,  tav.  IV,  fig.   1,  6. 

Davidson,  Ibid. ,  pag.  46,  tav.  VI, 

fìg.   7-10,   12,    16. 

Davidson,  Ibid. ,  pag.  30,  tav.  VI, 

fig.   11-15. 

Chapuis  et  Dewalque ,   Déscription 

des  foss.    des  terr.   second.  de  la 

province  du  Luxembourg,  p.  239, 

tav.  XXXVI,  fìg.   1. 

30 


226 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 


1855.   Terehratula  Davidsoni 


1858. 


1858. 


1861. 


1861. 
1863-85 


1863-85 


1863-85 


1863. 


1867. 


1867. 


1867. 


1871. 


punctata 


ovatissirna 


sinemuriensis 


Andleri 
punctata 


suhpimctata 


Edtvardsi 


punctata 


suhpimctata 


basilica 


sinemuriensis 


"punctata 


Haime,  Notice  sur  la  geologie  de 
l'ile  de   Majorque  (Bull,  de  la  Soc. 
geol.  de  France,  2  S.,  voi.  XII),  pag. 
745,  tav.  XV,  fìg.  6a,  6f/;  (6c,  6è)? 
Quenstedt,  Der  Jura,  pag.    75    e 
144,  tav.   18,  fig.  5. 
Quenstedt,  Ibid.  ,  pag,  75,  tav.  9, 
fig.   1-2;  tav.   12,  fig.   13. 
Oppel,  Ueber  die  Brachiopoden  des 
unteren  Lias  (  Zeitschrf.  d.    deut- 
sch.  geol.  Gesellschf.,)  XIII  Bd. 
Oppel,  Ibid. ,  p.  536,  tav.  X.  fig.  4. 
Deslonchamps,  Paleontologie  fran- 
gaise;  Bracliiopodes,  pag.  160,  tav. 
12,  fìg.  1-3;  tav.  40,  fìg.   1-9;  tav. 
41,  fìg.   1,  2. 

Deslongchamps  ,  Ibid.,  pag.  165, 
tav.  39,  fìg.  1-7;  tav.  43,  fig.  4. 
Deslongchamps,  Ibid. ,  pag.  167  , 
tav.  41,  fig.  3-7;  tav.  42  fig.  1,  10. 
Ooster,  Synopsis  des  brachiopodes 
des  Alpes  suisses,  pag.  8,  tav.  1, 
fig.   13-16. 

Dumortier  ,  Études  paléontologi- 
ques  sur  les  dèpóts  jurassiques 
du  bassin  du  Rhòne  ;  Lias  infe- 
rieur,  pag.  80,  tav.  XIII,  fig.  7,8. 
Dumortier  ,  Ibid. ,  pag.  78  ,  tav. 
XIV ,  fig.    1  ,  2. 

Dumortier,  Ibid.  ,  pag.  226  ,  tav. 
XLIX,  fig.  4. 

Quenstedt,  Petrefaktenkunde  Deut- 
schlands;  die  Brachiopoden,  p.  322 
tav.  46,  fig.  25,  27,  28,  (26.?) 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 


227 


1871.   Terebratula  ovatissima 


1872. 


cfr.  pundatu 


1876. 


punctata 


1875. 


perforata 


1880. 


punctata 


1884. 


punctata 


1886. 


punctata 


Quenstedt,  Ibid.,  pag.  328,  tav.  46, 
fig.  54,  55  (esclusa  fig.  56). 
Tietze,  Geologische  u.  palaeonto- 
logische  Mittheilungen  aus  d.  siidl. 
Theil  des  Banater  Gebirgstokes 
(Jahrb.  d.  k.  k.  geol.  R.  A. ,  XXII, 
Bd.)  pag.  125,  tav.  VII,  fig.  3. 
Davidson,  Supplement  to  the  bri- 
tish  jurass.  and  triass.  Brachiopo- 
da  (Palaeont.  Society  of  London) 
pag.  130,  tav.  XVI,  fig.  3-5,  9-10 
(var.  Havesfieldensis) ;  fig.  6,  7,  8, 
11,  12;  fig.  14-18  (var.  Radsto- 
ckiensis). 

Neuniayr,  Zur  Kenntniss  der  Fau- 
na des  untersten  Lias  in  den  Nor- 
dalpen  (Abandl.  d.  k.  k.  geol.  R. 
A.,  VIIBd.),  pag.  11,  tav.  I,  fig.  7 
(esclusa  fig.  8). 

Haas  u.  Petri ,  Die  Brachiopoden 
der  Juraformation  v.  Elsass-Loth- 
ringen  (Abhand.  z.  geol.  spec.  Karte 
v.  Els.— Loth.,  II  Bd.)  pag.  247, 
tav.  VIII,  fig.  1-4,  7-11. 
Parona ,  I  brachiopodi  liassici  di 
Saltrio  e  Arzo  nelle  Prealpi  lom- 
barde (Mem.  del  R.  Istituto  lomb.) 
pag.  23,  tav.  Ili,  fig.  16-25;  tav.  IV, 
fig.  1-14,  16-19  (esclusa  fig.  15). 
Haas,  Ètude  monographique  et  cri- 
tique  des  brachiopodes  rhétiens  et 
jurassiques  des  Alpes  vaudoises,  1 
(Mem.  de  la  Soc.  pai.  suisse,  voi. 
XI)  pag.  47. 


228  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Ericé)  presso  Trapani 


1886.   Terebratula  pundata  Di-Stefano^  Sul    Lias    inferiore  di 

Taormina  e  de' suoi  dintorni,  p.  82 
tav.  Ili,  fig.  21-30. 

1886.  „  Ceres  Di-Stefano,  Ibid.,  pag.  79,  tav.  Ili, 

fig.   16-19. 

1886.  „  Danae  Di-Stefano,  Ibid. ,  pag.  77,  tav.  Ili, 

fig.   14-15. 

1886.  „  pundata  Rothpletz  ,    Geologisch-palaeonto- 

logische  Monograpliie  der  Vilser 
Alpen  (Palaeontographica,  XXXIII 
Bd.)  pag.  109. 

1887.  „  pundata  Haas,  Étude  monographique  et  cri- 

tique  des  brachiopodes  rhétiens  et 
jurassiques  des  Alpes  vaudoises 
(Meni,  de  la  Soc.  pai.  suisse)  pag. 
110. 

1889.  „  pundata  Geyer,  Ueber  die   liasischen  Bra- 

chiopoden  des  Hierlatz  bei  Hall- 
statt  (Abhadl.  d.  k.  k.  geol.  R.  A. , 
XV  Bd.)  pag.   1,  tav.  I,  fig.   1-16. 

1890.  ,  pundata  Tausch,  Zur  Kenntniss  der  Fauna 

der    Grauen    Kalke  der   Siidalpen 
(Abhandl.  d.  k.  k.  geol.  R.  A. ,  XV 
Bd.)  pag.  3,  tav.  1 1 1  fig.  2-6. 
La  T.  pundata  Sow.  è  assai  abbondante  nella  parte  superiore 
del  Lias  medio  del  M.  San  Giufiano^  dove  offre  la  solita  grande  va- 
riabilità di  aspetto.  La  massima    parte  degl'  individui  sono    coperti 
di  finissime  strie  longitudinali  e  sono  più  o  meno  troncati  alla  fron- 
te ,    sulla    quale    raramente   hanno  un  seno    come    nella    T.  punc- 
tata ,    var.    Andleri    Opp.  ;    molti   altri    sono  largamente    e    legger- 
mente arrotonditi  al  contorno,  presentando  la  forma  della  T.  pundata 
tipica,  e  non  pochi  sono  stretti  e  molto  allungati,  come  la  T.  punc- 
tata  var.  ovatissima    Quenst.  Il  loro  apice  è  discretamente  curvato, 
ma  non  sempre  cosi  basso  da  nascondere  il  deltidio;  però  ha  sem- 


Il  Llas  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trofìani  220 

pre  gli  angoli  laterali  distinti  e  talora  acuti.  Il  forame  è  discreta- 
mente grande.  La  convessità  della  conchiglia  è  variabilissima,  giac- 
ché si  hanno  forme  depresse  e  altre  molto  convesse ,  senza  che 
nessuna  però  lo  sia  tanto  quanto  la  var.  subpimctata  Davids.  Su  molti 
esemplari  F  angola  apiciale  è  largo  ,  su  altri  tanto  stretto  che  la 
conchiglia  si  mostra  acuta  sopra. 

L' appiattimento  sotto  l'apice  ora  è  ben  visibile  o  assai  forte , 
ora  manca  del  tutto,  sicché  si  ha  la  conferma  dell'opinione  che  il 
carattere  della  depressione  suU'  umbone  della  valva  imperforata  non 
ha  importanza. 

La  linea  commessurale  si  mantiene  in  generale  sullo  stesso 
piano  ;  solo  alla  fronte  è  qualche  volta  Hevemente  arcuata  verso  la 
valva  perforata. 

Lo  studio  esteso  di  questa  specie,  mentre  ha  provato  la  gran- 
dissima variabilità  della  sua  forma,  ha  dimostrato  chiaramente  che 
non  è  possibile  dividere  da  essa  come  specie  distinte  la  T.  sub- 
pimctata Davids.  ,  la  T.  sinemuriensis  Opp. ,  la  T.  Andleri  Opp. ,  la 
T.  ovatissima  Quenst.,  la  T.  Davidsoni  Haime  (almeno  in  parte)  e 
la  T.  Edtvardsi  Opp.  ecc.  ;  tuttavia  si  è  dovuto  riconoscere  che  al- 
cune di  esse  sono  atte  a  costituire  buone  varietà,  come  la  T.  An- 
dleri Opp.,  la  T.  ovatissima  Quenst.  e,  a  me  pare^  anche  la  T.  sub- 
pundaia  Davids,  grande,  gonfia  e  allungata.  La  T.  basìlica  Opp.  è 
certamente  legata  in  modo  intimo  con  la  T.  punctata  Sow.  ,  var. 
Andleri  Opp.;  però  per  le  sue  grandi  dimensioni,  per  la  forma  molto 
pentagonale,  per  la  forte  convessità  e  la  grande  larghezza  costitui- 
sce una  di  quelle  forme  estreme  ,  che  sarebbe  meglio  tener  del 
tutto  separate  dalla  T.  punctata. 

Credo  probabile  che  la  T.  Bittneri  Geyer  (Op.  cit ,  pag.  1 1 , 
tav.  1,  fig.  36;  tav.  11,  fig.  1.)  sia  fondata  sopra  una  varietà  del- 
la T.  punctata,  perchè  questa  specie  presenta  nel  Lias  di  Sicilia 
l'apice  così  lungo  come  è  in  quella  (vedi  Di-Stefano,  Sul  Lias 
inferiore  di  Taormina  ecc.  ,  tav.  Ili  ,  fig.  30  e  26  ).  Forme  identi- 
che a  quelle  figurate  dal  Geyer  col  nome  di  T.  Bittneri  se  ne  osser- 
vano  non  poche  nel  Lias  di  Taormina,  e   io   non   ho   saputo   mai 


230  11  Lian  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  2'rapani 

dividerle  dalla  T.  punctata.  Alcune  di  esse  presentano  anche  V  ap- 
piattamento  sotto  1'  apice. 

Tuttavia  bisogna  notare  che  la  mia  opinione  è  fondata  sull'os- 
servazione delle  sole  figure  ,  mentre  sarebbe  necessario  avere  in 
mano  gli  esemplari  originali  per  emettere  un  giudizio   sicuro. 

Nel  mio  lavoro  ''  Sul  Lius  inferiore  di  Taormina  ecc.  „  ,  pur 
conoscendo  bene  per  diretta  osservazione  la  grande  vai'iabilità  della 
T.  pitnctata,  separai  da  questa  alcune  forme  perchè  offrivano  certi 
caratteri  differenziali;  ora  però  Io  studio  più  esteso  della  specie  del 
Sov^rerby  mi  ha  convinto  che  le  mie  T.  Danae  e  T.  Ceres  debbono 
senz'  altro  riunirsi  con  essa.  Anche  la  T.  Enna  Di-Stef.  è  da  com- 
prendere nel  gruppo  della  T.  pundata  ,  se  si  vuol  dare  a  questo 
l'estensione  che  gii  è  stata  data  nei  recenti  lavori  tedeschi  ;  pei'ò 
è  da  ponderar  bene  se  convenga  associare  alla  T.  pundata  ,  (il 
cui  tipo  è  dal  Sowerby  disegnato  con  sufficiente  chiarezza)  quelle 
forme  biplicate  come  p.  es.  la  T.  Enna  e  gli  esemplari  figurati 
dal  Deslongchamps  (Paleont.  frane;  terr.  juras,  tav.  XII,  fig.  3) 
e  dal  Tausch  (Zur  Kenntn.  il.  "  Grauen  Kalke  „  ,  tav.  II,  fig.  d) , 
che  mostrano  tutte  anche  una  più  o  meno  chiara  arcuazione  della 
commessura  laterale.  Questi  caratteri ,  rispetto  alle  forme  tipiche 
della  T.  pundata ,  sono  importanti  contrassegni  differenziali,  e  per- 
ciò sarebbe  utile  di  dare  ad  essi  l'importanza  che  meritano,  se  non 
si  vuole  smarrire  ogni  criterio  distintivo. 

Per  quanto  riguarda  le  T.  Proserpina  Di-Stef.  ,  T.  Timaei  Di- 
Stef.  e  T.  Bahlaccii  Di-Stef.,  che  il  Geyer  (1)  riguarda  al  massimo 
come  varietà  della  T.  pundata,  osservo  quanto  segue  :  La  T.  Pro- 
serpina è  certamente  assai  vicina  alla  T.  pundata  Sow.  var.  subpunc- 
tata  Deslongc.  ,  però  la  forma  molto  gonfia  della  specie  di  Taor- 
mina, r  aspetto  gibboso  delle  sue  due  valve,  le  forti  compressioni 
laterali,  l'elevatissima  regione  apiciale,  lo  stretto  angolo  apiciale  e 
la  presenza  di  un  lobo  alla  fronte  mi  pare  che  non  permettano 
r  identificazione  di  questa  specie  né  col  tipo,  né  con  le  varietà  della 


(1)  Gbyer,  Op.  cit.  ,  pag.  6. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  pres.so  Trapani  2;51 

T.  punctata,  se  non  si  vogliono  estendere  infinitamente  i  limiti  di 
questa.  La  T.  Timaei  ha  un  distintissimo  aspetto  piriforme  e  una 
forte  gonfiezza,  e  sembra  del  tutto  arbitrario  di  volerla  compren- 
dere nel  gruppo  della  T.  punctata,  che  né  sugli  esemplari  del  baci- 
no anglo-parigino,  ne  su  quelli  mediterranei  mostra  quei  caratteri 
cosi  spiccati.  La  T.  Baldaccil  è  con  ogni  probabilità  la  T.  juva- 
vica  Geyer  (1);  essa  ha  l'apice  appuntito  all'  estremità  e  angoloso 
sui  lati ,  nonché  le  tracce  di  un  setto  ,  i  quali  caratteri  non  sono 
a  dir  vero  ben  visibili  nel  disegno  che  io  ne  pubblicai.  Io  rimasi 
in  dubbio,  quando  la  descrissi,  sulla  sua  riferenza  generica,  appunto 
perchè  non  ero  sicuro  dell'  esistenza  di  un  vero  setto  sulla  valva 
imperforata,  che  altrimenti  l'avrei  determinata  come  Waldheimia:  a 
ogni  modo  essa  differisce  dalla  T.  punctata  quanto  la  T.  jmavica , 
con  la  quale  si  dovrebbe  associare. 

Il  dott.  A.  Bittner  (2)  ha  descritto  recentemente  una  T.  prea- 
punctata  del  Lias  inferiore  (Dachsteinkalk) ,  la  quale  é  così  vicina 
alla  T.  punctata,  che  difficilmente  potrà  separarsi,  se  non  saranno 
chiarite  delle  difTerenze  neh'  apparecchio  interno. 

L'apparecchio  brachiale  della  T.  punctata  é  stato  ben  figurato 
dal  Deslongchamps  (3),  che  ha  mostrato  che  esso  per  certi  rapporti 
rammenta  quello  dei  sottogeneri  Macandrevia  e  Dictyothyris,  e  che 
potrebbe  servire  per  fondare  un  nuovo  sottogenere.  Il  dott.  Roth- 
pletz  (4)  ammette  che  la  T.  punctata  abbia  un  setto  e  differisce  lo 
apparecchio  interno  di  questa  specie  da  quello  dei  Dieìasma  solo 
per  r  assenza  di  lamine  rostrali  sulla  valva  perforata.  Il  dott.  Geyer 
ha  fatto  rilevare  recentemente  che  sulla  valva  imperforata  della  T. 
punctata  non  si  osserva  un  vero  setto  ,  sibbene  una  sottile  stria 
suddivisa    all'  estremità  in  altre  due  ,  e  che    certamente  è  prodotta 


(1)  Geyer,  Ihid.,  pag.  6,  tav.  I,  fig.  17-23. 

(2)  Bittner,  Brachiopoden  der  alpinen  Trias,    (Abhandl.  d.  k.  k.  geo.    R.-A.    XIV  Bd. 
1890)  pag.  257,  tav.  XXVIII,  fig    2-5. 

(31  Deslongchamps  ,  Paleontologie  fran{  ;  Brachiopodes  ,  tav.  40  e  tav.   109 — Études  sur 
des  hrachiopodes  nouveaux  ou  peii  connus,  pag.  308,  tav.   X,  fig.   12. 
(4)  RoTHPLETz  ,  Op.  cit. ,  pag.  1 10. 


232  11  Lias  medio  del  M.  !San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

dalle  impressioni  muscolari.  Tale  stria  si  osserva  infatti  sugli  esem- 
plari siciliani,  accompagnata  per  lo  più  da  altre  divergenti ,  e  non 
ha  punto  l'aspetto  di  setto:  tutte  sembrano  prodotte  dalle  impres- 
sioni muscolari  e  dai  vasi  venosi. 

La  T.  punctata  è  assai  abbondante  in  Sicilia  nella  parte  eleva- 
tissima del  Lias  inferiore  di  Taormina,  nella  parte  superiore  del 
Lias  medio  del  M.  San  Giuliano ,  in  quello  della  contrada  Taja-di-so- 
pra  presso  Caltabellotta  (  Girgenti  )  e  in  quello  del  piccolo  pro- 
montorio di  Castelluccio  (Taormina).  Altrove  si  raccoglie  nel  Lias 
inferiore  di  Hierlatz,  delle  Alpi  bavaresi,  delle  Alpi  austriache  (Brei- 
tenberg),  del  Portogallo  (Strati  a  Gryphaea  obliqua)  e  di  Saltrio  in 
Lombardia.  Nel  Lias  medio  è  estesamente  sparsa  in  highilterra,  in 
Francia  ,  in  Germania,  nelle  Alpi  valdesi ,  nelle  Prealpi  lombarde  , 
nelle  Alpi  di  Vils,  nel  Portogallo  e  nella  Spagna.  Pare  che  passi  an- 
che nel  Lias  superiore,  e  il  Rothpletz  crede  di  averne  trovata  una 
varietà  nel  Dogger  {Rothpletz,    Op.  cit. ,  pag.   110,  tav.  IV,  fig.  7.>. 

Terebratula  sphenoidalis  Mgh.  apud  Gemmellaro. 

1874.     Terebratula  sphenoidalis     Gemmellaro,  Sopra  i    fossili    della 

zona  con  Ter.  Aspasia  della  provin- 
cia di  Palermo  e  di  Trapani  (So- 
pra alcune  faune  giuresi  e  liasi- 
che  della  SiciUa),  pag.  62,  tav.  X, 
fig.   16-19. 

Questa  specie  è  rappresentata  da  pochissimi  esemplari  nella 
parte  superiore  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  ;  essi  sono 
però  ben  determinabili. 

Il  prof.  Gemmellaro  nel  1874  mandò  per  esame  al  prof.  Me- 
neghini alcuni  individui  di  questa  specie,  e  ne  ebbe  risposta  che 
altri  esemplari  se  ne  trovavano  nelle  collezioni  del  Museo  geologi- 
co dell'Università  di  Pisa  sotto  il  nome  ancora  inedito  di  T.  sphe- 
noidalis Mgh.^Per  questo  il  prof.  Gemmellaro  adottò  la  denomina- 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  233 

zìone  del  Meneghini.  Or  la  pubblicazione  dei  tipi  dell'  Appennino 
centrale  conservati  nell'  Università  pisana  (Ganavari,  I  hrachiopodi 
th'ffli  sfrati  a  T.  Aspasia  Mgh.  neW  Appennino  centrale,  1880,  pag.  14. 
tav.  II,  fìg.  5,  6)  ha  dimostrato  che  la  T.  sphenoiclaìis  illustrata  dal 
prof.  Gemmellaro  è  differente  dagl'  individui  dell'Appenino  ai  quali 
il  prof.  Meneghini  aveva  di  già  apposto  lo  stesso  nome  e  che  aveva 
giudicati  identici  a  quelli  siciliani.  Le  figure  date  dal  Ganavari  nel 
lavoro  citato  sopra  mi  pare  che  mostrino  chiaramente  che  la  T. 
■sphenoidaìis  di  Monticelli  presso  Roma  sia  da  riunire  alla  T.  [mn- 
dafa  Sow.  ,  dalla  quale  difficilmente  si  potrebbe  separare  ;  invece 
quella  siciliana  ne  differisce  bene  per  la  presenza  delle  pieghe 
frontali.  È  necessario  perciò  di  ritenere  il  nome  di  T.  sphenoidaìis 
Mgh.  apud  Gemm.  per  gli  esemplari  illustrati  dal  prof.  Gemmellaro, 
perchè  furono  i  primi  ad  esser  pubblicati  con  tal  nome  (1874)  , 
e  di  porre  gì'  individui  figurati  dal  prof.  Ganavari  (/  brackiopodi 
degli  strati  a  T.  Aspasia  ecc.)  nella  sinonimia  della  T.  punctata  Sow. 

Gontrariamente  all'  opinione  del  dott.  Geyer  (1)  e  del  dott.  Tau- 
sch  (2),  io  credo  che  la  T.  sphenoidaìis  Mgh.  apud  Gemm.  debba 
tenersi  separata  dalla  T.  punctata  Sow.,  perchè  mostra  sempre  ne- 
gl'  individui  adulti  delle  forti  pieghe  frontali  dirette  in  senso  inverso 
a  quello  delle  pieghe  di  quest'  ultima.  Infatti  mentre  nella  T.  sphe- 
noidaìis esse  hanno  le  convessità  dirette  verso  la  valva  perforata, 
sulla  cui  regione  frontale  si  rilevano,  nella  T.  punctata  le  mostrano 
dirette  verso  quella  imperforata.  Tale  differenza  mi  pare  che  sia 
sufficiente  per  tener  divisi  gli  esemplari  adulti  delle  due  specie.  È 
da  riconoscere  però  che  esse  sono  vicinissime  e  che  spesso  riesce 
difficile  o  impossibile  di  separare  i  giovani  individui  della  T.  punc- 
tata da  quelli  della  T.  sphenoidaìis  Mgh.  apud  Gemm. 

La  T.  sp.  ind.  cfr.  T.  sphenoidaìis  Mgh.  pubblicata  dal  prof. 
Ganavari  (3)    mostra  le  tracce  di    una   biplicazione  simile  a  quella 


(1)  Geyer,  Op.  cit.  ,  pag.   1. 

(2)  TAnscH,  Op.  cit. ,  pag.  9. 

(3)  Canavari,  Contribuzione  HI  alla  conoscenza  dei  bvachiopodi  degli  strati  a  T.  Aspasia 
nell'Appennino  centrale,  pag.  19,  tav.  X,  fig.  2. 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Seuib  4*  31 


234  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 


della  T.  sphenoidalis  Mgh.  apud  Gemm.  ,  e  perciò  mi  pare    che   si 
porisu  riunire  con  questa. 

La  specie  in  esame  si  raccoglie,  rappresentata  da  un  discreto 
numero  di  esemplari  ,  nel  Lias  medio  delle  Pvocclie  rosse  presso 
Galati  (Messina),  del  piccolo  promontorio  di  Castelluccio  (Taormina), 
della  montagna  della  Ficuzza  (Palermo),  di  Sant'  Anna  presso  Giu- 
liana (Palermo)  e  di  Chiusa-Sclafani   (Palermo). 

Terebratula  Rotzoana  Schaur. 

1865.  Terebratula  Rotzoana    Scliauroth,  Verzeichniss  der  Versteine- 

rungen  im  herzogl.  Naturaliencabinet  in 
Coburg,  pag.   125,  tav.  II,  fig.  6. 

1866.  „  n  Benecke,  Ueber  Trias  und  Jura  in  den 

Sudalpen  (  Geognostisch  -  palaeontologi- 
sche  Beitrage,  I.  Bd.)  pag.  167,  tav.  Ili, 
fig.  6. 
1869.  „  „  Zittel,  Beobachtungen  aus  den  Central- 

Apenninen  (  Geognostisch  -palaeontolo- 
gische  Beitrage,  IL  Bd.)  pag.  137,  tav. 
15,  fig.  4. 

1879.  „  „  Meneghini,  Monographie  des  fossiles  du 

calcaire  rouge  ammonitique  de  Lom- 
bardie et  de  TApennin  centrale,  1867-81 
(Paleontologie  lombarde),  pag.    170. 

1880.  „         fìmbrioides    Canavari  (p.    p.),    I  brachiopodi    degli 

strati  a  T.  Aspasia  nell'  Appennino  cen- 
trale (R.  Acc.  dei  Lincei,  a.  CGLXXVII) 
pag.   13,  tav.  II,  fig.  2  (esclusa  fig.   1.) 

1880.  „         Rotzoana     Canavari,  Ibid,  pag.  16,  tav.  Il,  fig.  3,  4. 

1890.  „  „  Tausch,  Zur  Kenntniss  der  Fauna  der 

"  Grauen  Kalke  ,  der  Siid-Alpen  (Ab- 
handl.  d.  k.  k.  geol.  R.  A.,  XV  Bd.  ) 
pag.  5,  tav.  II,  fig.  7,  8,   10. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  23ó 

Nella  parte  superiore  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  si 
raccolgono  pochi  e  piccoli  esemplari  di  una  Terehratida  liscia,  i  quali 
corrispondono  cosi  bene  con  le  figure  della  Ter.  Rotzoann  Schaur., 
pubblicate  dallo  Schaurotli,  dal  Benecke  e  dal  Tausch,  da  non  la- 
sciare alcun  dubbio  sul  loro  riferimento  specifico.  La  loro  massima 
larghezza  è  al  di  sopra  della  fronte  ;  1'  apice  è  forte  ,  molto  cur- 
vato ,  elevato ,  fornito  di  margini  laterali  arrotonditi ,  ma  visibili  e 
lunghi.  Le  valve  sono  molto  convesse,  e  quella  perforata  si  mostra 
più  curvata  dell'altra.  Il  deltidio  è  largo;  la  linea  cardinale  arcuata. 
La  loro  commessura  rimane  sempre  sullo  stesso  piano.  Le  strie 
di  accrescimento  sono  molto  forti  verso  la  fronte. 

Var.  plicata ,  Tausch. 
(TaiK  IV,  Pj.  3-5) 

Accanto  agi'  individui  lisci  della  Terebratula  Botzoana  se  ne 
notano  parecchi  altri,  che  corrispondono  con  essa  in  tutti  i  carat- 
teri essenziali ,  e  solo  ne  sono  distinti  dalla  presenza  di  10-14 
coste  irregolari,  superficiali,  arrotondite,  in  qualche  raro  caso  dicoto- 
me, che  svaniscono  generalmente  prima  di  giungere  sulle  regioni 
apiciali,  che  però  talora  pervengono  a  toccare.  Essi  confrontano  as- 
sai bene  con  le  varietà  costate  della  T.  Botzoana  figurate  dal  dott. 
L.  Tausch  nel  suo  lavoro  "  Zur  Kemdniss  der  Fauna  der  Gratten 
Kall-e  ecc.  „.  delle  quali  sono  certo  giovani  esemplari,  ed  io  non 
saprei  trovar  valevoli  caratteri  per  dividerii.  Tali  individui  segnano 
i  passaggi  della  T.  Botzoana  liscia  alla  T.  Bmierì  Cat.  (1)  ,  come 
fu  ben  notato  dal  Tausch,  e  si  differiscono  dalla  specie  del  Catullo 
solo  per  la  finezza  delle  coste.  Se  a  questo  carattere  non  vorrà 
darsi  molta  importanza,  allora  bisognerà  riguardare  la  T.  Botzoana 
liscia  come  una  varietà  della  T.  Ben/eri,  tanto  intimi  sono  i  rap- 
porti   tra  le  forme  lisce  della  T.  Botzoana  e  le  varietà    costate    fi- 


(1)  Catullo,  Saggio  di  zoologia  fossile  ecc.    1827,  pag    167,  tav.  X,  fig.  i,  /. 


236  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 

gurate  dal  dott.  Tausch  e  da  me.  Del  resto  le  forme  liscie  della 
T.  Rotzoana  corrispondono  nell'  aspetto  generale  e  nell'  apparec- 
chio brachiale  con  la  T.  Eenieri. 

Certamente  gli  esemplari  del  M.  San  Giuliano  sono  vicinissimi  alla 
T.  mediterranea  Can.  (1)  e  in  ispecie  ai  piccoli  individui  rappresentati 
dal  Tausch  {Op.  cit.,  pag.  8,  tav.  Ili,  fig.  4,  5);  però  non  mostra- 
no il  seno  frontale  che  è  caratteristico  in  quella,  ed  io  perciò  non 
saprei  aggregarveli  (2).  Il  contorno  frontale  degl'  individui  in  esame 
è  talora  asimmetrico  e  ondulato,  non  solo  per  le  leggiere  dentature 
delle  coste  ,  ma  per  l' ineguale  sviluppo  di  queste  ,  delle  quali  ta- 
lune, e  sono  le  più  estese,  s'imprimono  fortemente  (tav.  IV,  fig. 
3(?,  Atb.)  ;  però  mai  si  produce  un  seno  frontale.  L'  esemplare  della 
tav.  IV,  fig.  36,  che  fa  osservare  erroneamente  come  un  rudimento 
di  seno  ,  è  inesattamente  disegnato,  perchè  esso  ha  la  fronte  solo 
ondulosa  per  effetto  delle  coste  un  po'  irregolari. 

Altre  specie  molto  vicine  agli  esemplari  del  M.  San  Giuliano 
sono  la  T.  Eustachiana  Can.  (3)  del  Lias  inferiore  dell'  Appennino 
centrale  (Ganavari)  e  la  T.  fimbrioides  Deslongc.  (4).  La  T.  Eusta- 
chiana se  ne  differisce  per  la  conformazione  dell'apice,  che  somiglia 
a  quello  delle  Waldheimia,  per  la  presenza  di  un  seno  frontale  e  per 
la  forte  gibbosità  della  valva  imperforata.  Questa  specie  è  però  estre- 
mamente vicina  alla  T.  mediterranea  Can.,  e  solo  il  diretto  paragone 
di  esemplari  completi  delle  due  specie,  potrebbe  meglio  e  deffinitiva- 
mente  farne  rilevare  le  relazioni  o  i  rapporti.  L'una  e  l'altra  sono 
poi  in  relazioni  strette  con  la  T.  fimbrioides  Deslongc,  che  ne  dif- 
ferisce solo  perchè  meno  globulare. 


(1)  Canavabi,  Alcuni  nuovi  brachiopodi  degli  strofi  a  T  Aspasia  nell'Appennino  centrai*, 
pae.  6,  tav  IX,  fig.  10  (T.  ^fimbrioides)  --  Contribuzione  111  ttllu  conoscenza  dei  brachiopodi 
degli  strati  a   T.  Aspasia  nelV Appennino  centrale,  pag.  85  (  J'.  mediterranea). 

(2;  Nella  parte  superiore  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  ho  raccolto  un  solo  grosso 
esemplare  di  una  Terebratula  costata  e  con  feno  frontale,  la  quale  sembra  identica  con  la 
T.  mediterranea  Can.;  però  pel  suo  cattivissimo  stato  di  conservazione  non  può  qui  venire 
esaminata. 

(3)  Camavari,  Sui  fossili  del  Lias  inferiore  nelV Appennino  centrale,  1879  (Atti  della  Soc. 
tose,  di  Se    Nat.  voi.  IV)  pag.  1«,  tav.   XI,  fig.  9. 

(4)  Deslongchamps,  Meni,  de  la  Soc.  Limi,  de  yormundie  ,  10  voi.,  1855;  pag.  303,  tav 
XVII,  fig.  2-9  —  Paleontologie  franf.;  terr.  jurass.;  Bradi iopodes,  pag.   171,  tav.  44,  fig.   1-3. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trajiani  237 

La  T.  fiiiibrioides  Deslongc.  ha  intimi  rapporti  con  questi  esem- 
plari di  Trapani  da  me  ritenuti  come  varietà  della  T.  Botzoana  ; 
ma  questi  ne  differiscono  per  l'apice  più  fortemente  curvato,  per  la 
sua  forma  piìi  gonfia ,  anzi  globulare,  per  la  costante  mancanza 
di  seno  frontale  e  per  le  coste  più  deboli.  Anche  la  T.  Fotterìei 
Bockh(l)è  vicina  alla  varietà  descritta;  però  il  forte  sviluppo  e  la 
forte  curvatura  dell'apice  della  T.  Botzoana  var.  pllcata,  nonché  la 
maggiore  convessità  di  questa  ne  stabiliscono  bene  le  differenze. 

La  T.  taiiroiiieuifaiia  Di-Stef.  (2)  si  distingue  dalla  descritta 
varietà  essenzialmente  pel  lungo  lembo  e  pel  seno  della  valva  per- 
forata, pel  lobo  di  quella  imperforata  e  per  le  arcuazioni  della  com- 
messura ai  lati  della  linea  frontale. 

La  T.  Botzoana  Schaur.  var.  pìicata  del  M.  San  Giuliano  ha, 
per  quanto  riguarda  almeno  i  caratteri  della  forma,  intima  relazione 
con  la  T.  pacheia  Uhi.  (3)  del  Lias  inferiore  di  Sospirolo,  dalla 
quale  si  distingue  per  la  sua  minore  convessità  ,  per  la  valva  im- 
perforata leggermente  depressa  sopra  ,  per  le  coste  più  leggiere, 
di  numero  minore  e  meno  estese. 

La  T.  pacheia  Uhi.,  la  T.  Enstachiana  Can.,  la  T.  ìiiedìterranea 
Can.,  la  T.  tauromenitana  Di-Stef.  ,  la  T.  finibrioides  Deslongc.  ,  la 
T.  hìjplioptycha  Can.  (4) ,  la  T.  Botzoatia  Schaur.  ,  var.  pìicata  ,  la 
T.  Benieri  Cat.  e  la  lontana  T.  fimbria  Sow.  formano  un  gruppo 
di  specie  vicine  per  1'  aspetto  ,  che  hanno  un  rappresentante  nel 
Trias  con  la  T.  suborbicularis  Miinst.  non  d'  Arch.  e  si  rilegano  cosi 
con  le  Hemiptychina  del  Paleozoico  (5).  La  T.  Botzoana  Schaur.  , 
var.  plicata  del  M.  San  Giuliano  rilega  ,  per  la  forma,  la  T.  Bot- 
zoana e  la  T.  Benieri  alla  T.  mediterranea  Can.  e  perciò  alla  T.  fim- 


(1)  BocKH,  Die  geoì.    Verhaltn.  des  sildl.   Tìieiles  des  Bakony,  11;  pag.  140,  tav,  III,  tig.  3. 

(2)  Di-Stefano,  Sul  Lias  inferiore  di  Taormina  e  de'  suoi  dintorni  ,  pag.  75  ,  tav.    IV, 
fig.  2-4. 

(3)  Uhlio  ,   Ueber  die  liasische  Brachiopodenfanna  von    Sospirolo  bei    Belluno    pag,   20  . 
tav.  Il,  fig.  1,  2. 

(4)  Canavari,   Contribuzione  III  alla  conoscenza  dei  brachiopodi  degli  strati  a  T.  Aspasia 
ecc.  pag.  84  (17),  tav.  X,  fig.   1». 

(5)  Waaoeh,  Salt-Bangfossils;  Productus  Limestone  fossils  {Brachiopoda),  1882  (Mem.  of 
the  Geological  Surwey  of.  India)  pag.  335,  pag.  361. 


238  11  Lias  medio  del  M.  San  Giulìaììo  (Erice)  presso  Trapani 


briuides  Deslongc.  Questa  specie  e  la  T.  mediterranea  Can.,  la  T.  hy- 
poptijcìia  Cari.,  la  T.  Eustachiana  Can.  e  la  T.  iauromenHana  Di-Stef. 
sono  estremamente  vicine  ,  e  spesso  divise  da  differenze  leggiere. 
La  T.  hijpupiijcha  Can.  del  resto  io  la  ritengo  senza  dubbi  iden- 
tica con  la  T.  fìmbrioides,  cosi  come  il  Deslongchamps  la  intende. 
Sui  rapporti  della  T.  mediterranea  con  la  T.  Eustachiana  ho  discorso 
un  po'  più  su. 

Perchè    si    possa   costituire    perù    un  gruppo    naturale  con  le 
specie  nominate  bisognerebbe  conoscere  bene  1'  apparecchio  interno 
di  tutte,    poiché  esso  assimila    spesso   forme  che  parrebbero  diffe- 
renti   e  ne  allontana  altre  molto  somiglianti  fra    di    loro.    L'appa- 
recchio della  T.  Botzoana  e  della  T.  Benieri  invece    può    dirsi  di- 
scretamente conosciuto  con  i  lavori  dello  Schauroth  e  del  Tausch. 
La  T.  Botzoana  mostra  sulla  valva  imperforata  una  leggiera  e  lunga 
lamina,  molto  leggiera  per  potersi  dir  vero  setto,  e  due  altre  parallele 
più  sottili    che  r  accompagnano;  mentre  sull'apice  della  valva    per- 
forata fa  scorgere  due  forti  lamine.  L'apparecchio  brachiale  è  corto  e 
semplice,  come  quello  della  Terebratuìa.  Nella  T.  Benieri  si  riscon- 
trano, come  notano  Schauroth  (Op.  cit.,  pag.   125)  e  Tausch    (Op. 
cit.,  pag.  6)  i  medesimi  caratteri.  Non  è  possibile  dunque  porre  in 
due  generi  differenti,  come  fece  il  Waagen  (1),  la  T.Botzvana  e  la 
T.  Benieri.    Esse  pei  caratteri  interni  descritti    non    possono  asso- 
ciarsi ai  CoenofJit/ris,  né  alle  Waldheimia,  secondo  dubitò  lo  Zittel  (2): 
i    caratteri   del  loro  apparecchio  non  permettono   di  dividerle  dalle 
Terebrattda.  Il  Waagen  prima  e  il  Deslongchamps  poi  (3)  compresero 
la  T.  Benieri    Cat.  (=  T.  fìmbriaeforinis    Schaur.)    fra    le   Hemypti- 
rhinu;   ma  a  questa    divisione  può  darsi  al  massimo    il    valore    di 
una  sezione,  anziché  di  un  genere,  come  del  resto  fanno  lo  stesso 
Deslongchamps  e  l'Oehlert  (4). 

La  T.  Botzoana    liscia    e  costata  si  raccoglie    solo    nel   calca- 
re bianco  con   crinoidi  della  parte    superiore    del    Lias    medio    del 


(1)  Waagen,  Op.  cit.  pag.  362. 

(2)  Zittel,  Handbiich  chr  l'ulneontoìogie,  1,  1876-80,  pag.   lOÌ. 

(3)  Deslongchamps,  Études  critiijues  sur  des  brachiopodes  ìiouiaaiix  ou  peu  coiiiius,  pag.  Ibi. 

(4)  Obhlkrt  in  Fischer,  Manuel  de  conchyliologie,  ecc  ,  1877. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  239 

M.  San  Giuliano,  generalmente  con  poca  frequenza.  Questa  specie 
si  presenta  altrove,  come  la  T.  Benieri,  nelle  parti  elevate  del  Lias 
medio  dell'  Appennino  centrale,  e  più  comunemente  nel  Lias  supe- 
riore dell'  Appennino  centrale,  delle  Alpi  lombarde,  del  Tirolo  me- 
ridionale e  delle  Alpi  veneziane.  Taluni  livelli  delle  Alpi  che  la 
contengono  e  sono  riferiti  al  Lias  superiore,  potrebbero  invece  rap- 
presentare le  parti  elevate  del  Lias  medio. 

Le  dimensioni  di  alcuni  esemplari  plicati  del  M.  San  Giuliano 
sono  le  seguenti  : 

Lunghezza 16"™  IS""""         15"™         8""" 

Larghezza 13  13  12  7 

Spessore 11  11  10  5 

Gen.  Waldheimia  (King  non  Brulle)  Davidson. 

Come  è  noto,  dopo  che  HaU  ha  proposto  {Index  of  the  names 
tcìììch  have  been  applied  to  the  subdivisions  of  the  class,  brachiopoda; 
Washington,  1877)  di  abbandonare  nella  classificazione  dei  brachio- 
podi  il  nome  Waldheimia  King  (1849),  perchè  usato  nel  1846  da 
Brulle  per  un  genere  americano  d"  imenotteri,  è  stato  indicato  per 
tal  gruppo  di  brachiopodi  quello  di  Magellania,  Bayle  (1880).  A  ri- 
gore dovrebbe  accettarsi  questa  sostituzione  di  nome;  però  è  ora- 
mai assai  difficile  di  poter  rimuovere  dalla  Paleontologia  il  nome 
Waldheimia,  e  dall'  altro  canto  nel  doppio  uso  della  denominazione 
non  è  possibile  la  confusione  dei  due  gruppi,  trattandosi  di  brachio- 
podi fossili  e  d'un  imenottero  vivente  d'America.  Per  questo  si 
può,  ma  in  via  eccezionale,  seguire  l'opinione  del  Deslongchamps  (1) 
e  del  Rothpletz  (2),  che  propongono  di  mantenere  ancora  il  nome 
Waldheimia  pei  brachiopodi. 

Da  varj  autori  è  stato  mostrato  che  la  divisione  fra  Tere- 
bratulidae   e    Waldheimidae    non  è  netta ,   e   che  perciò    è    difficile 


(1)  Deslongchamps,     Ètudes  critiques  sur  des    brachiopodes   nouveaux  ou  peu  connus  ; 
1862-84. 

(2)  Rothpletz,  Op.  cit. 


240  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  [Erice)  presso   Trapani 

il  poter  ritenere  tutti  i  gruppi  sottogenerici  fatti  in  queste  famiglie 
dal  Douvillè  (1)  e  dal  Deslongcamps.  Sta  il  fatto  che  in  talune 
Terebrutìda  {T.  elongata  Schloth.  ,  T.  hastata  Sow.,  T.  sacciihis 
Mart.  ,  T.  gregaria  Suess.  ecc.  )  si  notano  delle  lamine  rostrali, 
e  che  il  setto  si  presenta  talora  nella  T.  vitrea  Born.,  si  osserva 
in  varie  Biplicatae  e  anche  sparisce  per  assorbimento  in  certi  stadi 
di  età  nella  ^Nald.  cranium  Miill.  (Frile).  Dippiù  1'  apice  delle 
Waldheimia  giurassiche  ,  appuntito  e  acutamente  angoloso  ai  lati, 
si  riscontra  in  vere  Terebrafnhi  (T.  juvavica  Geyerì  ,  e  invece  il 
setto  e  il  lungo  apparecchio  brachiale  delle  \Naldheimia  si  rile- 
vano su  brachiopodi  con  apice  di  Terebrat/da  {T.  Gerda  Opp.,  fde 
Geyer).  La  lunghezza  dell'apparecchio  brachiale  non  potrebbe  per- 
ciò invocarsi  neanco  come  importante  carattere  differenziale  tra  le 
Terehrahda  e  le  Waldheimia  ,  tanto  più  che  esso  si  presenta  pure 
lungo  in  varie  altre  Terebratula  (  Dielasma,  Dicfdi/ot/n/rifì),  oltre  a 
quella  citata  avanti.  Però  se  nessuno  dei  contrassegni  delle  Wa!- 
dheimia,  separatamente  preso,  ha  costanza  geneiica,  l'insieme  di  essi 
(lungo  apparecchio  brachiale,  setto,  lamine  rostrali  ecc.)  permette  di 
distinguere  un  importante  gruppo  di  brachiopodi,  la  divisione  del 
quale  sarebbe  un  errore  di  abbandonare.  Che  i  generi  non  siano 
assai  nettamente  divisi ,  come  non  lo  sono  le  famiglie  ecc. ,  è  un 
fatto  certo  in  natura;  tuttavia  noi  dobbiamo  sforzarci  di  scoprire 
i  rapporti  fra  gli  esseri  e  di  aggrupparh  sempre  secondo  questi  , 
pur  conoscendo  che  tutti  i  gruppi  necessariamente  si  confondono 
nei    termini    estremi. 

Per  quanto  riguarda  i  varj  sottogeneri  delle  Wcddheimia  riesce 
al  certo  diffìcile  il  poterli  mantenere,  perchè  la  loro  distinzione  ri- 
posa quasi  sempre  sopra  differenze  di  forma  che  passano  lenta- 
mente le  une  alle  altre;  nondimeno,  quando  essi  hanno  una  suffi- 
ciente importanza,  è  bene  mantenerli  almeno  come  sezioni,  perchè 
servono  a  bene  ordinare  il  materiale  paleontologico  e  a  far  rilevare 


(1)  DonviLLÈ,  Note  sur   quelques  genres  de  brachiopode.'ì,  1879  (Bull,  de  la  Soc.  géol.  de 
France,  Tar.  VII,  S.  III.). 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  jwesso  Trapam  241 

a  prima  vista  le  relazioni  e  le  differenze  dei  resti  organici  clie  stu- 
diamo. Per  questo  lio  conservato  in  modo  subordinato  talune  di- 
visioni, sebbene  possano  sembrare  artificiali  (  come  sono  del  resto 
la  massima  parte  delle  nostre  categorie  di  ogni  ordine  ),  e  nono- 
stante che  si  resti  talora  in  dubbio  sul  collocamento  sottogeneiico 
di  talune  forme. 

SEZ.     ZEILLERIA. 

Waldheimia  securiformis  Gemm.,  var.   pomatoides  Di-Stef. 
(Tav.   IV,  fig.   6,   7.) 

1874.    Waldheiiniu  secitrifonnis  Gemmellaro,  Sopra  i  fossili  della  zona 

con  T.  Aspasia  della  provincia  di  Pa- 
lermo e  di  Trapani  (  Sopra  alcune 
faune  giuresi  e  liasiche  della  Sicilia) 
pag.  66,  tav.  X,   fig.    10,   11. 

1884.  „  oxijfjonia         Haas,  Beitrage  zur  Kenntniss  der  lia- 

sischen  Bracliiopodenfauna  von  Siid- 
Tyrol  und  Venetien,  pag.  24,  tav.  IV, 
fig.  6. 

Negli  strati  bassi  ed  elevati  del  Lias  medio  del  M.  San  Giu- 
liano si  raccolgono  abbondanti  esemplari  di  una  Waldheimia  in  intima 
relazione  con  la  Wald.  securiformis  Gemm.,  ma  dalla  quale  si  di- 
scosta per  talune  diiferenze  costanti,  che  permettono  di  poter  forma- 
re una  varietà,  che  io  chiamo  "  pomatoides.  „  Essi  hanno  della  specie 
del  prof.  Gemmellaro  i  caratteri  generali  e  la  robustezza  dell'apice; 
sono  però  più  allungati,  piìi  fortemente  triangolari  e  hanno  i  campi 
laterali  (  che  si  mostrano  lunghi  fino  ,  agli  angoU  frontali  )  larghi , 
forti  e  leggermente  concavi  o  piani  ,  formati  quasi  intieramente 
a  spese  della  valva  perforata.  La  loro  commessura  laterale  è  ar- 
cuata verso  la  imperforata  e  così  vicina  agli  angoli  laterali  di  que- 
sta che  quasi  vi  si  confonde.    La  fronte   porta    generalmente    una 

Atti  .\cc.  Vol.  Ili,  Skrik  4"  32 


242  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 


depressione  per  ogni  valva.  Queste  depressioni  sono  larghe ,  ma 
leggiere,  nondimeno  fanno  spesso  arcuare  in  dentro  il  margine 
frontale,  sicché  la  conchiglia  sembra  allora  bilobata,  senza  che  si 
produca  un  vero  seno.  La  più  forte  depressione  è  sempre  sulla 
valva  perforata  ,  così  che,  mentre  non  di  raro  sparisce  del  tutto 
quella  della  valva  imperforata,  1'  altra  permane  con  vario  g)-ado  di 
intensità.  Sono  rari  gl'individui  privi  di  depressioni  frontali.  L'orlo 
della  fronte  è  talora  retto  ,  tal'  altra  lievissimamente  arcuato  in 
fuori,  ma  per  lo  più  è  come  coartato  nel  mezzo. 

L'apice  è,  come  fu  detto,  robustissimo,  appuntito  all'  estremità 
molto  curvato,  spesso  compresso  sull'umbone  della  valva  perforata, 
e  sempre  carenato  sui  lati.  È  da  notare  che  gli  esemplari  figurati 
possono  riguardarsi  come  forme  estreme  riguardo  alla  spessezza 
dell'apice,  il  quale  è  solitamente  assai  più  grosso  che  essi  non  mo- 
strino. Il  forame  è  piccolissimo  ;  il  setto  e  le  lamine  rostrali  sono 
ben  visibili. 

Gli  esemplari  descritti  rammentano  a  prima  vista  per  la  forma 
la  Wald.  Hierlatzica  Opp.  (1);  però  l'apice  più  robusto,  la  commes- 
sura arcuata  e  vicinissima  agli  angoli  della  valva  perforata,  e  per- 
ciò il  carattere  del  campo  laterale  formato  quasi  interamente  dalla 
valva  perforata,  non  ne  permettono  punto  l' identificazione.  Molto 
meno  essi  potrebbero  unirsi  alla  Waìd.  Purifichi  Opp.  (2)  ,  che  ha 
l'apice  assai  più  ristretto,  le  aree  laterali  più  deboli  e  meno  estese, 
la  commessura  laterale  diritta  e  la  fronte  più  attenuata.  Certamente 
la  Wald.  oxj/f/onia  Uhi.  (3)  del  Lias  inferiore  di  Sospirolo  è  vicinis- 
sima agl'individui  in  esame  del  M.  San  Giuliano  ,  perchè  presenta 
gli  stessi  caratteri  della  commessura  laterale;  però  la  molto  minore 
robustezza  dell'  apice  nella  specie  di  Sospirolo  m'  impedisce  di 
aggregarvi  come  varietà  gli  esemplari   di  Trapani. 


(1)  OppEL,    Uehff  die  Brachinpoden  des  uiitireii  Lias,  p.ig.  5y9 — Geyer,  Op.  cit.,  png.  26, 
fig.  27-29. 

(2)  Oppel,  Op.  cit.,  pag.  538,  tav.  X,  fig.  6a,  b,  e. 

(3)  Uhlio,   Veber  die  liasische  Brachiopoden fauna    fon  Sospirolo  ecc.,  pag.  23,    tav.   Il, 
fig.  4,  5. 


//  Lian  medio  del  M.  >S'«h  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  'JA'.> 

Siccome  ai  caratteri  della  linea  frontale  è  da  dare  poco  valore 
nelle  specie  ora  citate,  io  credo  che  nel  gruppo  di  specie  e  varietà, 
le  quali  hanno  \n'V  forma  fondamentale  la  IVaìd.  Partschi  Opp.,  si  deb- 
bano distinguere  due  serie  di  forme,  l'una  formata  dalla  Wuld.  Patiscili 
Opp.,  dalla  IVdhI.  Hierìatzica  Opp.,  che  sarebbe  forse  meglio  riguar- 
dare come  una  varietà  della  prima,  e  dalla  WuJd.  oxygonia  Uhi.,  le  quali 
hanno  la  regione  apiciale  molto  appuntita,  ristretta,  non  robusta  e 
r  apice  a  pareti  piuttosto  attenuate;  e  l'altra  dalla  ''  aìd.  seciirifor- 
mis  Gemm.  e  dalle  descritte  forme  del  M.  San  Giuliano  ,  che  mo- 
strano tutte  l'apice  meno  appuntito,  molto  robusto  e  a  pareti  spessite. 
In  queste  due  serie  si  possono  poi  distinguere  specie  o  varietà  a 
commessura  laterale  diritta  e  tagliante  nel  mezzo  o  quasi  gli  appiat- 
timenti laterali  {IVald.  Purtscìii,  Wald.  Hierìatzica  nella  prima  serie  e 
Wald.  secnriformis  nella  seconda)  e  specie  o  varietà  con  la  commessura 
laterale  arcuata  e  molto  vicina  agli  angoli  della  valva  imperforata 
e  perciò  con  l'appiattimento  laterale  composto  per  la  massima  parte 
a  spese  della  valva  perforata  (  Wald.  oxijyonia  nella  prima  serie  e  la 
WahUieimia  del  M.  San  Giuliano  qui  descritta  nella  seconda).  Que- 
sf  ultima  è  però  troppo  intimamente  legata  con  la  Wald.  securi- 
formis,  che  mostra  talvolta  la  commessura  laterale  leggermente  ar- 
cuata verso  la  valva  imperforata,  secondo  si  osserva  sugli  esemplari 
del  Museo  geologico  dell'Università  di  Palermo  per  potersi  recisamen- 
te dividere  come  specie,  e  perciò  io  la  considero  come  una  varietà 
distinta  pel  carattere  della  commessura  laterale  vicinissima  agli 
angoli  della  valva  imperforata. 

Questa  varietà  si  presenta  abbondante  e  con  costanza  di  ca- 
ratteri non  solo  nelle  due  porzioni  del  Lias  medio  del  M.  San  Giu- 
liano, ma  anche  in  quello  di  Galati  e  di   Castelluccio  (Messina). 

Noto  infine  che  la  WahUieimia  riferita  alla  Wald.  oxi/goiiia  Uhi. 
dal  prof.  Haas  nel  suo  lavoro  sulla  fauna  Massica  del  Tirolo  meri- 
dionale e  del  Veneto,  è  invece  certamente  una  forma  tipica  della 
Wald.  secm-iformis  Gemm.,  alla  quale  corrisponde  per  la  forma  ge- 
nerale, per  la  commessura  laterale  discosta  dagli  angoli  della  valva 
imperforata  e  per  1'  aspetto  dell'  apice. 


244  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 

Le  dimensioni  della  descritta  varietà  sono  le  seguenti  : 

I.  II.  III.         IV.  V.         VI.         VII. 

Lunghezza  25min.  23mm.  !23mni.  23mm.  21mm.  22mm.  19niiii. 

Larghezza    26.  24.  23.  20.  21.  22.  21. 

Spessore      17.         16.  14.  14.  18.  13.  12. 

Waldheimia  Catharinae  Gemm. 

1874.    Wa  hi /lei  mia  Catharinae  Gemmellaro,  Sopra  i  fossili  della  zona 

con  T.  Aspasia  della  provincia  di  Pa- 
lermo e  di  Trapani  (Sopra  alcune  faune 
giuresi  e  liasiche  della  Sicilia)  pag.  65, 
tav.  X,  fig.    12-13. 
1879.  „       efr.  Catharinae  Uhlig,  Ueber  die  liasische  Brachiopo- 

denfauna  v.  Sospirolo  bei  Belluno  (Sitzb. 
d.  Akad.  der  Wissenschf.,  LXXX  Bd.) 
pag.   26,  tav.  II,  fig.  9-11. 
Di  questa  specie  ho  trovato    un    solo    esemplare    negli    strati 
superiori  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano.  Esso  è  ben  conser- 
vato e  corrisponde  tanto  bene  all'individuo  rappresentato  dal  prof. 
Gemmellaro  nella  tav.  X,  fig.    12  dell'  opera  citata  sopra,  che  non 
fa  bisogno  di  figurarlo  e  descriverlo. 

La  Wald.  Catharinae  Gemm.  si  raccoglie  pure  nel  Lias  medio 
della  Montagnola  di  S.  Elia  presso  Palermo  e  della  contrada  San- 
t' Anna  presso  Giuliana  (Palermo)  ,  nonché  nel  Lias  inferiore  di 
Sospirolo. 

Waldheimia  quadrifida  Lmk.  sp.,  var.  lilyboea  Di-Stef. 

(Tav.   IV,  fig.   9-11.) 

1819.  Terehratida  quadrifida  Lamarck,  Animaux  sans  vertèbres,  voi. 

VI,  pag.  253,    n.   36. 

1837.  „  „  V.  Buch,   Essai    d'une    classification    et 

déscription  des  terebratules  (  Mem.  de 
la  Soc.  geol.  de  France ,  voi.  Ili  ) 
pag.    190,  tav.  XVII,  fig.  3. 


Il  IJas  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  prexso  Trapani  245 

1850.  „  ,  Davidson,  Notes  on  an  examinaiion  of 

Lamark's  fossils  Terebratulae  (Ann.  and. 
mag.  of.  nat.  hist.)  pag.  9,  tav.  XIV  , 
fig.   35. 

1851.  ,  ,  Davidson,  A  Monograph   of  british  oo- 

litic  and  liassic  brachiopoda   (Palaeont. 
Society  of  London  ecc.)   pag.    28,  tav. 
Ili,  fig.   8-10. 
1863.   Terebratuhi  {IVcdd/n'ìiìiia)  q/iaiìri/ìda  Deslongchamps  ,  Paleonto- 
logie franqaise;  terr.  jurass.; 
Brachiopodes  ,     pag.    89 , 
tav.    14,  fig.  6-7;  tav.    15, 
fig.    1-5,   tav.    16,  fig.    1-8 
1871.   Terebratula  quadrifida  Quensiedt ,    Petrefaktenkunde    Deutsch- 

lands;  die  Brachiopoden,  pag.  309,  tav. 
45,  tìg.   125. 
1878.   Waìdheimia  quadrifida  Davidson  ,  Supplement    to    the    british 

jurassic  and   tiiassic  brachiopoda. 
1885.  Terehrafulu  quadrifida  Quenstedt  ,   Handbucli  dei'  Petrefakten- 
kunde, pag.   711,  tav.  55,  fig.    11. 

Nella  parte  superiore  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  si 
raccolgono  abbondanti  esemplari  di  una  Waìdiieimia  in  intima  ana- 
logia con  la  Wald.  quadrifida  Lmk.  sp.  e  con  la  Wald.  cornuta  Sow. 
sp.  e  che  offrono  parecchie  difficoltà  di  sicura  determinazione  spe- 
cifica. Essi  hanno  i  seguenti  caratteri: 

Conchiglia  subpentagonale,  più  lunga  che  larga  ,  talora  tanto 
larga  che  lunga,  rarissimamente  appena  più  larga  che  lunga,  ornata 
al  contorno  di  quattro  lobi,  due  laterali  e  due  frontali,  molto  leg- 
gieri, separati  da  leggiere  depressioni,  che  si  corrispondono  sulle 
due  valve.  Questi  lobi  tendono  a  scancellarsi  ,  segnatamente  alla 
fronte^  in  modo  che  talvolta  sono  o  appena  visibili  tutti  quattro  o 
del  tutto  scancellati,  nel  qual  caso  la  conchiglia  è  molto  pentago- 
nale, e  tal'  altra  rimangono  leggieri  sui  lati  e  spariscono  alla  fron- 
te, che  si  mostra  troncata. 


246  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

L'  apice  è  molto  prominente,  con  angolo  stretto,  appuntito  al- 
l' estremità,  molto  curvato,  a  pareti  attenuate,  fornito  di  angoli  la- 
terali acuti  e  lunghi  e  di  un  forame  piccolo  e  arrotondito.  Il  dei- 
lidio   è  piuttosto  allo  e  largo;  la  linea  cardinale  è  arcuata. 

Le  due  valve  sono  poco  ed  egualmente  convesse  in  generale; 
talvolta  quella  perforata  è  leggermente  più  arcuata  dell'imperforata. 
Esse  si  riuniscono  con  un  angolo  molto  ottuso  e  non  di  raro  sullo 
stesso  piano,  essendo  il  contorno  della  conchiglia  in  varj  casi  in- 
grossato. La  commessura  è,  sulla  fronte  e  sugli  angoli  di  essa, 
spezzata  in  leggieri  zig-zag  per  effetto  delle  depressioni  che  danno 
origine  ai  lobi. 

Le  strie  di  accrescimento  sono  forti  e.  presso  la  fronte  .  rile- 
vate in  forma  di  risalti. 

Il  setto  sulla  valva  imperforata  e  le  lamine  rostrali  sulla  per- 
forata sono  chiaramente  visibili  per  trasparenza.  Le  impressioni 
vascolari  si  rilevano  talora  come  strie  irregolari  e  ramificate;  quelle 
dei  muscoli  sono  ovali  ed  allungate. 

Le  variazioni  di  questa  Waìdhe'nDÌa  stanno  nella  maggiore  o 
minore  chiarezza  dei  lobi  e  nella  sparizione  di  quelli  frontali,  men- 
tre quelli  dei  lati  sogliono  rimanere  o  ben  distinti  o  accennati. 

Se  si  guardano  gli  esemplari  tipici  della  descritta  varietà,  che 
sono  quelli  predominanti  nel  Lias  medio  del  M.  S.  Giuliano  (tav. 
IV,  fig.  8,  10,  11),  si  nota  che  per  la  loro  forma  allungata  sono 
più  vicini  alla  Waìd.  coìiiuta  Sow.  sp.  che  alla  Wahl.  quadrifida 
Luik.  sp.;  nondimeno  essi  sono  depressi,  con  i  lobi  frontali  leggeris- 
simi e  spessissimo  scancellati,  in  modo  che  non  possono  riferirsi 
alla  citata  specie  del  Sowerby,  sempre  gonfia,  con  i  lobi  frontali  ben 
distinti  e  coi  laterali  scancellati  nella  massima  parte  dei  casi.  La 
forma  depressa  della  conchiglia  li  avvicina  molto  dall'  altro  canto 
alla  Wdld.  quadrifida,  dalla  quale  però  si  distinguono  per  la  forma 
allungata,  per  lo  meno  chiara  divisione  dei  lolii  o  per  la  loro  man- 
canza, per  la  presenza  di  un  alto  deltidio,  di  un  apice  più  elevato 
e  con  angolo  apiciale  stretto.  Tuttavia  è  da  notare  che  fra 
gli  esemplari  studiati  se  ne  osserva  uno  (tav.   IV,   fig.  9),  anche  de- 


//  Lina  medio  del  M.  San  GiHlhino  {Erice)  presso  Trapani  247 

presso,  estremamente  vicino  alle  forme  poco  allargate  della  Wnìd. 
quadrifida  e  così  intimamente  legato,  pe'  suoi  caratteri  e  per  mol- 
tissimi individui  intermedj,  alle  altre  forme  molto  allungate  del  M. 
San  Giuliano,  che  è  impossibile  separamelo.  Per  questo  io  ritengo 
che  r  insieme  di  tutti  questi  individui  ci  rappresenti  la  Wald.  qua- 
drifida nel  Mediterraneo  con  tali  modificazioni  da  permettere  la 
fondazione  di  una  varietà  Iiìijba>a,  che  per  altri  può  essere  anche 
una  specie  distinta.  Gli  esemplari  tipici  di  tale  varietà  ci  rappre- 
sentano stabilmente  nel  bacino  mediterraneo  quelle  forme  che  fuori 
sono  riguardate  come  di  passaggio  dalla  Wald.  quadrifida  alla  Wald. 
cornuta.  Lo  studio  di  altri  individui  di  varie  regioni  mediterranee 
potrà  precisar  meglio  se  si  debba  fondare  una  specie  nuova  con 
le  forme  descritte. 

Dei  rapporti  di  questi  esemplari  con  la  Wald.  Verneuili  De- 
slongc.  è  discorso  a  proposito  di  questa  specie. 

La  Waldheimia  quadrifida  tipica  è  comune  nelle  parti  elevate 
del  Lias  medio  della  Francia  e  dell'highilterra.  Il  Quenstedt  la  in- 
dica nel  Lias  5  di  Hinterweiler  in  Germania. 

L'individuo  figurato  nefia  tav.  IV^  fig.  9  ha  le  seguenti  dimen- 
sioni : 

Lunghezza  l27mm. 
Larghezza    28. 
Spessore       15. 

Il  resto  degli  esemplari  allungati  offrono  le  seguenti  misure  : 

I.  II.  III. 

Lunghezza  27mm.   27mm.   26mm.   27mm.  25mm.   2.5mm.   23mm. 
Larghezza    26.  25.  24.  23.  22.  23.  21. 

Spessore      14.  15.  15.  13.  12.  12.  13. 

Waldheimia  Darwini  Deslongc. 
(Tav.   IV.  fig.   12-14) 

1 863-85.  Terebratula  (  Waldheimia)  Dancini  Deslongchamps,  Paleon- 
tologie francaise;  terr.ju- 
rass.;  Brachiopodes,  pag. 
128,  tav.  30,  fig.    1-10. 


248  lì  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 

1878.       Waldheimia  Danriui  Davidson  ,    Supplement  to  the  british 

jurassic  and  triassic  brachiopoda  (Pa- 
laeont.  Society  of  London)  pag.  163, 
tav.  XXIV,  flg.  9-11. 

Conchiglia  piccola,  pii^i  lunga  che  larga,  depressa,  assai  spesso 
asimmetrica  per  ineguale  sviluppo  dei  lati,  con  la  fronte  per  lo  più 
ristretta,  un  po'  arrotondita  o  leggermente  troncata  e  talora  fian- 
cheggiata da  due  lievissime  depressioni  laterali.  Le  valve  sono  per 
lo  più  egualmente  convesse  ,  nondimeno  sono  molti  gli  esemplari 
nei  quali  la  valva  perforata  è  più  convessa  dell'altra.  L'apice  è  ele- 
vato, sporgente,  largo,  molto  curvato,  fortemente  carenato  sui  lati; 
il  forame  è  di  discreta  grandezza  e  formato  sotto  dai  due  pezzi  del 
deUidio,  che  è  alto  e  largo.  La  linea  cardinale  è  arcuata. 

Le  valve  si  uniscono  con  angolo  ottuso ,  anzi  spesso  sullo 
stesso  piano  ;  in  modo  che  il  contorno  della  conchiglia  si  mostra 
ingrossato.  La  linea  commessurale  rimane  generalmente  sullo  stesso 
piano  per  tutto  il  contorno  o  si  arcua  leggerissimamente  sui  lati, 
con  la  lieve  concavità  rivolta  alla  valva  imperforata. 

Sopra  un  solo  esemplare  le  depressioni  sui  lati  della  fronte 
producono  due  strette  e  lievissime  arenazioni,  poste  in  altro  piano 
di  quello  della  linea  frontale. 

Le  strie  di  accrescimento  sono  fortissime  e  per  lo  più  rilevate 
in  forma  di  risalti  irregolari.  Sulla  valva  imperforata  si  nota  per 
trasparenza  il  setto  e  sull'apice  della  perforata  le  due  lamine  rostrali. 

Gli  esemplari  descritti  corrispondono  perfettamente  con  la 
Wald.  Danriììi  Deslongc.  ,  della  quale  ho  potuto  anche  esaminare 
nel  Museo  geologico  dell'Università  di  Palermo  varj  esemplari  pro- 
venienti da  Subles  (Calvados).  Una  divisione  da  questi  è  impossibile. 
Come  è  noto,  il  Deslongchamps  considerò  questa  specie  come 
poco  bene  definita,  pe'  suoi  intimi  rapporti  con  la  WahL  sabnuìnl- 
smalis  Dav.  (1).  Infatti  riesce  difficile  di  poterla  nettamente  separare 


(1)  Davidson.  A  Monograph  of  british  oolitic  and  licissic  hrachiopodu  ,  pag.  36,  taV.  V, 
fis.  10. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  249 

• 

da  questa  specie;  tuttavia  se  si  considera  che  essa  in  Francia  ,  in 
Inghilterra  e  nel  bacino  mediterraneo  si  presenta  sempre  piccola, 
meno  convessa  in  generale  e  talora  con  la  valva  imperforata  ap- 
piattita; che  è  coperta  di  strie  di  accrescimento  fortissime  e  rile- 
vate, il  che  è  in  opposizione  col  carattere  della  Wald.  subnumismalis 
e  indica  nello  stesso  tempo  che  non  si  tratta  di  giovani  esemplari, 
si  potrà  con  buone  ragioni  tenerla  distinta. 

Non  sono  da  disconoscere  neanco  le  strette  relazioni  che  la 
n'iiìd.  Daru'ini  ha  con  la  Wald.  sart/iaceìisis  d'Orb.  sp.  (t)  del  Lias 
medio ,  alla  quale  passa.  Un  esemplare  del  Lias  del  M.  San  Giù- 
hano  con  leggiere,  ma  visibili  depressioni  latero-frontali,  si  avvicina 
singolarmente  alla  specie  del  d'Orbigny;  però  in  generale  gU  esem- 
plari della  Waìd.  Darwin/  sono  sempre  molto  più  piccoli ,  più  de- 
pressi sulla  valva  imperforata,  meno  allungati  alla  fronte,  dove  non 
hanno  né  lobo,  né  escavazioni,  hanno  l'apice  meno  largo  e  le  strie 
di  accrescimento  fortissime.  È  da  notare  inoltre  che  sulla  Wald. 
Darrvini,  almeno  sugli  esemplari  siciliani  e  stranieri  da  me  esami- 
nati, non  si  osservano  sottili  linee  radiali.  Ciò  non  ostante  la  Wald. 
subnumismalis ,  la  Wald.  Sartacensis  e  la  Wald.  Darvini  rimangono 
sempre  tre  specie  vicinissime  e  passanti  l'una  all'altra. 

La  Wald.  Darwini  ha  anche  relazioni  genetiche  con  la  Wald. 
perforata  Piette  sp.  (2),  del  Lias  inferiore,  la  quale  raggiunge  mag- 
giori dimensioni  e  ha  l'apice  assai  più  stretto  e  come  strangolato, 
e  con  la    Wald.  elliptica  Zugm.   (3)  del  Retico. 

Questa  specie  è  più  propria  delle  porzioni  elevate  del  Lias 
medio:  nel  Calvados  (Francia)  si  presenta  infatti  nelle  zone  alte  di 
questo  piano.  Si  raccoghe  inoltre    nel    Lias  medio   del   Bacino    del 


(1)  DOiiBiGKY,  Proclrome  de  Paleontologie  stratigraphique  ecc.,  1850,  voi.  I,  pag.  258, 
n.  270— Deslongchamps,  Paleontologìe  franfaise;  terr.jurass.;  Brachiopodes,  1863-65,  pag.  130, 
tav.  31,  fig.  1-8. 

(2)  PiETTE,  Note  sur  le  grès  d'Aigìemoiit  et  de  Rimogne  (Bull,  de  la  Soc.  géol.  da  France 
2  S.,  t.  Xin,  185S),  pag.  188,  tav.  X,  fig.  1. 

(3)  ZuoMAYBB,  Untersuchungen  iieber  rhcitische  Brachiopoden  (Beitràge  z.  Pai.  Gesterreich 
Ungariis.  1  Bd  ,  1882)  pag.   17,  tav.  II,  fig.  6-8,  10. 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sbkib  4*  33 


250 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 


Rodano    (Dumortier)  e  in  quello  di  Clandown   Quanies  (Radstock) 

secondo  il  Davidson.   Ghoffat  la  indica  in  Portogallo  negli  strati  di 

passaggio  al  Lias  superiore  e  negli  strati  con  Leptaena    di  questo. 

Le  dimensioni  di  alcuni  degli  esemplari  studiati  sono  le  seguenti: 

L  IL  IIL         IV.  V.  VI. 

Lunghezza  21mm.   19mm.   19mm.   18mm.   15mm.   15mm. 
Larghezza    18.         15.  15.  15.  13.         9. 

Spessore       11.         7.  7.  8.  7.  6. 


Waldheimia  cfr.  subnumismalis  Davids. 

1851.  Terebratiilanumismalis,  \ai\  subnmnismalis  Davidson .    A    Mono- 

graf  of  british  oolitic 
and  liassic  brachio- 
poda  (  Paleont.  So- 
ciety of  London)  pag. 
36,  tav.  V,  fig.   10. 

1863.  Terebratula  (Waldheimia)  subnumismalis  Deslongchamps ,  Pa- 
leontologie franqaise; 
térr.  jurrass.;  Brachio- 
podes,  pag.  124,  tav. 
XVII.  XVIII,  XIX. 
Davidson,  Supplement 
to  the  british  triassic 
and  jurassic  brachio- 
poda  (Palaeont.  So- 
ciety of  London)  pag. 
162,  tav.  XXI,  fig. 
1-7. 

Parona,  I  brachiopodi 
liassici  dì  Salirlo  e 
Arzo  nelle  Prealpi 
lombarde  (Meni,  del 
R.  Ist.  Lomb.)  pag. 
257,  tav.  V,  fig.  8-14. 


1876.    Waldheimia  subnumismalis 


1884.    Waldheimia  {Zeilleria)  subnumismalis 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  201 

18S9.    Waìdlieiniia  cfr.  siihiiiiiH/siiialis  Geyer,  Ueber    die    liasischen 

Brachiopoden  des  Hierlatz  bei 
Hallstatt  (  Abhandl.  d.  k.  k. 
geol.  R.  A.,  XV  Bd.)  pag.  28, 
tav.  Ili,  fig.   31-32. 

Nel  calcare  bianco  con  crinoidi  della  parte  superiore  del  Lias 
medio  del  M.  San  Giuliano  si  raccolgono  parecchi  esemplari  di  una 
Waìdheimia  liscia  che  offre  strettissimi  rapporti  con  la  Wald.  subnu- 
mismaìis  Davids. 

Essi  sono  suborbicolari  o  subovah  ,  molto  convessi  e  legger- 
mente arrotonditi  al  contorno.  L'apice  è  discretamente  alto,  largo, 
molto  curvato  e  fortemente  carenato  sui  lati.  Il  deltidio  è  largo  e 
la  linea  cardinale  arcuata.  Le  valve  si  uniscono  con  angolo  ottuso 
in  alcuni  esemplari  e  acuto  in  altri.  La  commessura  è  diritta  sui 
fianchi  e  alla  fronte  leggerissimamente  arcuata  verso  la  valva  im- 
perforata. La  punteggiatura  della  conchiglia  e  le  strie  di  accresci- 
mento sono  fine.  Il  corto  setto  e  le  due  lamine  rostrali  sono  ben 
visibili. 

I  piccoli  individui  corrispondono  per  la  forma  a  quelli  giovani 
figurati  dal  Deslongchamps,  e  i  grandi  alle  figure  1,  2  della  tav.  28 
della  Paleontologie  frangaise ;  se  non  che  è  da  notare  che  la  loro 
convessità  è  assai  spesso  irregolare  ,  perchè  si  presentano  gonfi 
sotto  r  apice  e  attenuati  alla  fronte.  Per  questo  li  ho  determinati 
con  qualche  leggiero  dubbio. 

Essi  si  distinguono  dalla  Wald.  numismalis  Lmk.  sp.  (1)  per 
la  forma  meno  dilatata,  molto  più  convessa  e  per  l'apice  più  for- 
temente sviluppato  ,  più  alto  ,  più  curvato  e  non  cosi  assottigliato 
air  estremità. 

II  Geyer  (Op.  cit.,  pag.  29)  vorrebbe  riunire  alcune  Waìdheimia 
lisce  del  Lias  inferiore  di  Taormina  illustrate  da  me,  e  che  più 
sotto  enumero,  alla  Wald.  submimismalis.  Così  procedendo,  potreb- 
bero riunirsi  a   questa   specie    la   massima  parte  delle   Waìdheimia 


(1)  Lamarck,  Histoire  naturelle  des  animaux  sans  vertèbres;  1819,  voi.  VI,  pag.  249,  n.  17. 


252  IL  Lìas  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

del  Lias  lisce  ed  ovali ,  ma  non  so  con  quanta  utilità  per  la 
scienza.  Certamente  quelle  specie  descritte  da  me  appartengono  al 
gruppo  della  Wald.  ntiniisnialis  e  della  Wdhì.  suhnumismaìis  ;  ma 
raffermare  la  loro  identità  con  una  di  queste  due  specie ,  delie 
quali  sinora  non  si  è  trovata  nel  bacino  mediterraneo  nessuna 
forma  adulta  veramente  tipica,  sarebbe  ingiustificato. 

La  Zeilleria  Galathea  Di-Stef.  è  bensì  identica  con  la  Zeilleria 
Cortesei  Di-Stef. ,  ma  tutte  due  differiscono  dalla  Wald.  subnumisma- 
Us  per  la  forma  assai  allungata,  per  1'  apice  più  stretto  e  l'angolo 
apiciale  più  acuto,  nonché  per  la  mancanza  di  qualunque  inflessio- 
ne sulla  linea  frontale.  Quest'  ultimo  carattere  è  ben  vero  che 
manca  sugli  esemplari  assai  giovani  della  Wald.  numismaUs ,  che 
del  resto  sono  sempre  dilatati  ,  ma  è  costante  in  quelli  di  medio 
accrescimento  e  negli  adulti.  Inoltre  la  Zeilleria  Galathea  (=Zeil- 
leria  Cortesei)  ha  un  setto  lunghissimo  e  relativamente  alle  sue  pro- 
porzioni è  sempre  assai  più  gonfia  ,  sicché  non  si  può  essere 
convinti  della  sua  identità  con  la  specie  del  Davidson. 

La  Zeilleria  Mazzetta  Di-Stef.  non  ha  alcuna  analogia  con 
la  Wald.  subnumismalis ,  dalla  quale  differisce  per  la  sua  forma 
molto  più  stretta  ed  allungata  ,  per  1'  angolo  apiciale  acuto  ,  per 
l'apice  più  stretto  e  per  la  linea  commessurale  diritta  sui  lati  e 
sulla  fronte.  Essa  ha  invece  maggiori  analogie  con  le  forme 
della  T.  pundata  Sow.  ad  angoli  apiciali  ben  distinti,  e  dalle  quali 
la  mantengo  distinta  pel  solo  fatto  della  presenza  di  un  chiaro  e 
vero  setto  sulla  valva  imperforata.  La  Zeilleria  sp.  ind.  aff.  Z.  nu- 
mismalis  da  me  figurata  insieme  alle  altre  citate  nel  lavoro  "  Sul 
Lias  inferiore  di  Taormina  e  de''  suoi  dintorni  „  è,  per  la  sua  forma 
e  per  l'apice  assai  basso  e  appuntito,  più  vicina  alla  Wald.  numi- 
smalis  che  alla  Wald.  subnuutistiudis. 

La  Zeilleria  Carapezzae  Di-Stef.  del  Lias  inferiore  di  Taormina 
è  certamente  vicina  alla  Wald.  subnumismalis;  però  il  suo  contorno 
incompleto  per  ispezzamento  non  permette  punto  di  poter  dare  un 
giudizio  sicuro.  Questa  specie  fu  da  me  descritta,  malgrado  il  suo 
cattivo    stato    di    conservazione,   perchè    i    bisogni    del    fatto    che 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani  2ó.'5 

io  dovevo  dimostrare  rispetto  agli  strati  di  Taormina,  allora  ritenuti 
contemporanei  a  quelli  di  Kossen,  mi  costringevano  a  dover  tener 
conto  di  tutti  i  fossili  che  vi  si  rinvengono.  A  ogni  modo  sinora  non 
è  punto  affermabile  la  identità  della  ZeiUeria  Carapezzae  con  la 
Wakl.  siibnuDilsmalis,  che  ha  un  apice  assai  piìi  largo  e  sviluppato. 
Il  voler  giudicare,  come  fa  il  Geyer,  solo  sulle  figure ,  non  sempre 
può  condurre  a  giudizj  esatti. 

La  Wald.  snbnumismaìi.s  si  raccoglie  nel  Lias  inferiore  di  Bosen 
Tritt  nelle  Alpi  di  Vils  (Rothpletz)  e  forse  anco  in  quello  di  Hier- 
latz  (Geyer).  Nel  Lias  medio  si  presenta  in  Inghilterra,  in  Francia 
(Normandia,  Sarthe,  Bacino  del  Rodano),  nelle  Prealpi  Lombarde  e 
a  Gozzano  nelle  Prealpi  piemontesi. 


Waldheimia  sp.  ind.  uff.  Wald.  subnumismalis  Davids. 

(Tao.  IV,  fuj.  15,  16.) 

Conchiglia  poco  convessa  o  depressa,  subpentagonale,  più  lun- 
ga che  larga,  troncata  alla  fronte.  Valva  imperforata  poco  conves- 
sa negli  individui  adulti,  depressa  in  quelli  di  medio  accrescimento 
e  nei  giovani.  Valva  perforata  in  generale  più  convessa  dell'altra, 
ma  talora  egualmente.  Tutte  due  valve  sogliono  mostrare  delle  leg- 
gerissime depressioni  frontali,  che  però  mancano  su  alcuni  esem- 
plari. Talora  se  ne  osservano  le  tracce  solo  su  quella  imperforata. 
L'apice  è  largo,  un  po'  ottuso  ,  molto  curvato  e  fornito  di  angoli 
laterali  acuti  e  lunghi. 

Il  forame  è  piccolo  e  formato  sotto  dai  due  pezzi  del  deltidio, 
che  è  basso  e  piuttosto  largo. 

Le  valve  si  uniscono  con  angolo  ottuso,  e  la  loro  commessu- 
ra rimane  sullo  stesso  piano  per  tutto  il  contorno  della  conchiglia. 
La  linea  cardinale  è  leggermente  arcuata.  Il  setto  sulla  valva  im- 
perforata e  le  lamine  rostrali  su  quella  perforata  sono  ben  visibili 
per  trasparenza  o  per  visione   diretta. 


2Ó4  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erìce)  presso  Trapani 

La  superficie  della  conchiglia  è  coperta  di  una  fina  punteggia- 
tura. Le  strie  di  accrescimento  sono  forti  e  presso  la  fronte  rile- 
vate in  forma  di  risalto. 

Di  questa  Wuhìheimia  ho  studiato  solo  cinque  esemplari,  pro- 
venienti dalla  parte  inferiore  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano. 
Essa  è  molto  vicina  alla  Wald.  vndabilis  Opp.  (1),  alla  Wahì.  xiib- 
monismalis  Davids  e  ad  altre  che  son  citate  qui  sotto.  Dalle  forme 
tipiche  della  prima  si  differisce  perchè  meno  convessa  ,  più  allun- 
gata e  fornita  di  un  apice  pii^i  curvato  e  più  largo;  però  si  avvicina 
dippiù  alle  varietà  allungate  di  questa  specie,  segnatamente  a  quella 
figurata  dal  Geyer  nella  tav.  Ili  ,  fig.  5  dell'  opera  citata.  Questa 
forma  data  dal  Geyer  ,  se  non  è  molto  convessa  (e  questo  non  si 
rileva  né  dalla  figura,  né  dalla  descrizione)  potrebbe  unirsi  con 
essa.  La  specie  in  esame  è  molto  vicina  anche  alla  Wald.  suhiumi- 
smalis,  dalla  quale  solo  si  distingue  per  la  forma  chiaramente  sub- 
pentagonale, per  la  molto  minore  convessità  e  per  la  diritta  linea 
frontale. 

Le  forme  della  Wald.  indentata  Sow.  sp.  (2)  con  depressioni 
frontali  leggiere  rammentano  anche  la  Waldheimia  in  esame  ,  però 
esse  se  ne  distinguono  soprattutto  per  la  grande  gonfiezza.  La  Wald. 
stapia  Opp.  (3)  e  la  Wald.  Emjelhardtl  Opp.  hanno  pure  relazioni 
con  questa  Waldheimia;  ma  se  ne  differiscono  bene,  la  prima  per  le 
sue  piccole  dimensioni,  la  molto  maggiore  convessità,  la  forma  più 
stretta  ,  più  allungata  e  non  chiaramente  subpentagonale,  e  la  se- 
conda ,  oltre  che  per  le  minori  dimensioni,  per  la  sua  gonfiezza. 
Anche  la  Wald.  siibdigona  Opp.  (4)  ,  che  però  il  Davidson  (5)  dice 
identica  con  la  Wald.  Waterhonsi  Davids.  del  Lias  medio  inglese,  si 
avvicina  molto  alla  nostra  forma;  però  essa  è  più  piccola,  più  gon- 
fia e  non  subpentagonale. 


(1)  OrPEL,   Ueher  die  Brachiopoden  des  unteren   Lias,  puff.  .n38,  tav.   X,  fi^.  7. —  Geteb, 
Veher  die  liasichen  Brachiopoden  des  Hierlatz  bei  Halhtatt,  ptig.   18,  tav.  Il,  fig.  31;  tav.  Ili, 

fig    1-7. 

(2)  SowEBBY,  Minerai  Conchology  of  Great  Britain,   1825,  voi.  V,  pag.  65  ,  tav.  445. 

(3)  Oppel,   Veher  die  Brachiopoden  ffe<  unterei}  Lias,   pag.   539,  tav.  XI,  fig    2. 

(4)  Oppel,  Der  mittler  Lias  Schwabens,  (Stuttgart),   1853,   pag.  71,  tav.  IV,  fig.  2. 

(5)  Davidson,  Supplement  to  the  british  juraasic  and  triassic  Brachiopoda,  pag.   174. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presm  Trapani 


255 


Come  si  vede,  questa  Waldheimia  è  in  istretta  relazione  con 
molte  specie,  senza  clie  si  possa  identificare  con  nessuna:  sarebbe 
perciò  utile  dare  un  nuovo  nome  specifico;  però  il  ristretto  nume- 
ro di  esemplari  che  ho  potuto  studiare  e  ciuindi  la  poco  estesa  co- 
noscenza de'  suoi  caratteri  m'inducono  a  non  farlo.  Essa  pertanto 
va  posta,  pel  suo  aspetto  e  pel  carattere  del  largo  apice,  nel  grup- 
po della    Wald.  subnumismalis  Davids. 

Le  dimensioni  di  questa  forma  degli  strati  inferiori  del  Lias 
medio  del  M.  San  Giuliano  sono  le  seguenti  : 


L 

IL 

III. 

IV. 

V. 

Lunghezza 

26mm 

25'"™ 

24""™ 

22™™ 

20""" 

Larghezza 

21 

20 

22 

20 

18 

Spessore 

13 

12 

13 

18 

9 

SEZ.    PLESIOTHYRIS. 


Waldheimia  Vern  euili  Deslongch.,  rar. 


(Tav.  IV,  fig.  17-18) 


1863. 


Terebratula    Verneuili 


1864-85.   Terebratula  (Waldheimia)    Verneuili 


Deslongchamps,  Étu- 
des  critiques  sur  des 
brachiopodes  n  o  u- 
veaux  ou  peu  connus, 
tav.  XV,  fig.  2,  3. 
Deslongchamps  ,  Pa- 
leontologie frangaise  ; 
terr.  jurass.;  Brachio- 
podes ;  p.  179,  tav. 
48,  fig.   2,   3. 

Conchiglia  piia  lunga  che  larga  ,  subpentagonale ,  non  di  raro 
asimmetrica  per  ineguale  sviluppo  dei  lati  della  conchiglia  ,  più  o 
meno    depressa    nelle  forme    giovani  e  di  medio    accrescimento    e 


2.ìC>  Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

in  talune  adulte,  discretamente  convessa  o  quasi  gonfia  in  altre  ben 
accresciute.  Valva  imperforata  per  lo  più  leggermente  meno  con- 
vessa dell'  imperforata,  non  di  raro  egualmente  ,  ornata  di  tre  de- 
pressioni, una  frontale  ,  di  profondità  assai  variabile  ,  e  due  late- 
rali molto  larghe,  ora  forti,  ora  leggiere,  in  modo  che  la  conchiglia 
mostra  su  tale  valva  due  pieghe  frontali  e  due  lobi  laterali^  che  sono 
o  discretamente  distinti  o  deboli.  Valva  perforata  molto  curvata , 
fornita  di  un  leggiero  rigonfiamento  frontale  ,  corrispondente  alla 
depressione  dell'  altra  valva  ,  fiancheggiato  spesso  da  due  leggieri 
solchi.  Essa  mostra  sui  lati  due  lobi  ottusi  e  poco  distinti.  Apice 
largo,  elevato  e  prominente  in  generale,  molto  curvato,  fortemente 
carenalo  sui  lati,  appuntito  e  troncato  da  un  piccolo  forame.  Del- 
tidio  largo  e  basso  ;  linea  cardinale  largamente  arcuata. 

La  linea  commessurale  è  inflessa  a  zig-zag  sulla  fronte  ,  per 
effetto  delle  tre  depressioni  della  valva  imperforata. 

La  conchiglia  è  coperta  di  una  punteggiatura  finissima  e  fitta, 
e  di  strie  di  accrescimento  forti  e,  presso  la  fronte,  rilevate  spesso 
in  forma  di  risalti. 

Sufi'apice  della  valva  perforata  si  scorgono,  per  trasparenza  o 
per  diretta  visione  nelle  fratture,  due  lamine  rostrali  ;  sulla  valva 
imperforata  si  osserva  un  chiaro  e  lungo  setto,  nonché  le  impres- 
sioni muscolari  lunghe,  strette  ed  ovali,  e  quelle  vascolari  ramifica- 
te, ma  non  esattamente  descrivibili. 

Questa  specie  è  molto  variabile  :  essa  va  dalle  forme  depres- 
se a  quelle  quasi  gonfie  ;  da  quelle  a  pieghe  frontaU  forti  ad  al- 
tre che  le  hanno  cortissime  e  appena  accennate.  I  solchi  che  fian- 
cheggiano il  leggiero  rigonfiamento  frontale  della  valva  perforata 
spesso  mancano  ;  i  lobi  della  concliiglia  si  determinano  talora  sulla 
metà  della  sua  lunghezza  e  tal'altra;  segnatamente  nelle  forme  gio- 
vani e  depresse,  assai  vicino  alla  linea  frontale.  L'  irregolarità  del 
loro  sviluppo  rende  la  conchiglia  non  di  raro  asimmetrica. 

Gli  esemplari  descritti  mostrano  due  lamine  rostrali  ,  un  lun- 
go setto,  un  apice  appuntito,  carenato  sui  lati  e  un  piccolo  forame, 
per  il  che  debbono    riguardarsi  come    delle     Wuldheimia    biplicate. 


Il  Lias  ìiìedio  del  3f.  aS(?«   Giuliano  (Erice)  pre/i-so  Tnipani  257 

Certamente  la  Wald.  Venieuiìi  ha,  pe'  suoi  caratteri  generici,  stretti 
rapporti  con  la  Ter.  (Voenoiìnjris)  vul(j(iris  Schloth.  del  Trias;  non- 
dimeno quesf  ultima  pel  suo  tipo  paleozoico  e  per  taluni  caratteri 
interni  (1),  nonché  pel  largo  suo  forame,  non  potrebhe  aggregarsi 
alle  Waìdheimia  giurassiche,  mentre  la  Wald.  VenieniU  per  l'insieme 
dei  contrassegni  notati  non  può  separarsi  dal  genere  JValdheimia,  per 
metterla,  come  fa  il  Bofhpletz  (Geologisch-palaeoìitoìogische  Monographie 
dcr  Vil.ser  Aìpen,  pag.  76  e  pag.  106),  nelle  Terebratida.  Ognuno  dei 
caratteri  generici  delle  Waldlieimia  può  bene  non  essere  costante;  ma 
la  compiuta  riunione  di  essi  in  una  specie  come  la  Wald.  Verneuiìi, 
costringe  a  porre  questa  in  tale  gruppo;  né  la  forma  hiplicata  può 
esser  tenuta  come  buon  argomento  per  separarla,  perchè,  come  è 
noto  ,  spesso  le  forme  esterne  di  certi  gruppi  si  riproducono  in 
altri  più  0  meno  differenti.  Per  indicare  le  Waldheimia  biplicate 
basterebbe  solo  il  nome  Plesiothìjris  {1),  che  del  resto  é  da  accet- 
tare solo  come  indicante  una  sezione.  I  Plesiothyris  però  non  pos- 
sono riguardarsi,  secondo  recentemente  fece  con  dubbio  il  Deslong- 
champs  (3)  ,  come  appartenenti  alle  AntipUjchina  ,  Zittel  ,  perché 
queste  appena  potrebbero  costituire  alla  loro  volta  una  sezione  delle 
Waldheimia,  né  alle  Macandreicia,  alle  quali  lo  Zittel  dubbiosamente 
le  riunisce  (4),  e  che  sono  distinte  dall'essenza  del  setto  e  da  vari 
altri  particolari  dell'  apparecchio  interno  e  dalla  mancanza  di  del- 
tidio. 

Gl'individui  in  esame  sono,  pei  caratteri  generici  e  specifici,  in- 
timamente legati  alla  Wald.  Verneuili,  Deslongc.  e  in  modo  che  io 
non  saprei  recisamente  separarli.  È  ben  vero  che  essi  si  mostrano 
tutti,  meno  larghi,  più  allungati,  più  ovali  e  non  di  raro  più  con- 


(1)  KoscHiNSKY  ,  Beitrcige  ziir   Kenntniss  von   T.  vulgaris  Schloth.    Zeitischr.   il.    deutsch. 
geol.  Gesellscaft,   1878,  XXX  Bd.)  pag.  375. 

(2)  DonviLLÈ,  Notes  critiques  sur  quelques  genres  de  hrachioporìes  ecc.  ,   1879     (Bull,    de 
la  Soc.  geol.  de  France,  3  S.  t.  VII)  pag.   275. 

(3)  Deslongchamps,  Etudes  critiques  sur  des  brachìopodes  tiouveaux  ou  peu  coiinus,  1884, 
pag.  186. 

(4)  Zittel,  Handbuch  der  Palaeontologie,   1  ,  1883,  pag.  703. 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sekik  4*  34 


258  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 

vessi  sulla  valva  imperforata,  la  quale  non  sempre  è  depressa  ;  ma 
queste  differenze  possono  giustificare  al  massimo  la  fondazione  di 
una  varietà,  anziché  di  una  specie  ben  distinta,  avuto  riguardo  al- 
la variabilità  di  simili  conchiglie. 

Sono  anche  molto  strette  le  relazioni  di  questi  esemplari  con 
quella  forma  della  Ter.  Jauberfi  Deslongc.  figurata  nella  tav.  46, 
lig.  4«,  b,  e,  (l  della  "  Paleontologie  frangaise;  terr.  Jurass.;  Brachio- 
podes  „  alla  quale  singolarmente  si  avvicinano  taluni  individui  del 
M.  S.  Giuliano  discretamente  convessi  e  con  apice  un  po'  piti  basso 
del  solito  (tav.  IV,  fig.  18  del  presente  lavoro).  Io  avrei  aggregato 
tale  forma  della  Ter.  Jauherti  alla  Waldheiniia  del  M.  S.  Giuliano  in 
esame,  se  gl'individui  piccoli  e  di  medio  accrescimento  di  questa,  per 
la  loro  forma  ovaleallungata  e  depressa,  non  differissero  del  tutto  dai 
coetani  della  T.  Jauherti  figurati  dal  Deslongchamps,  e  se  si  potesse 
esser  sicuri  che  la  T.  Jauberti  sia  invece  una  Waldheimia.  Pur  trop- 
po la  determinazione  generica  di  questa  specie  non  è  sicura  sinora, 
perchè,  se  essa  mostra  acuti  angoli  apiciali,  ha  però  dubbie  traccie  di 
un  setto  (Deslongchamps),  e  non  fa  rilevare  lamine  rostrali.  Tutta- 
via i  rapporti  dell'esemplare  della  T.  Jauberti  già  citato  e  dell'altro 
della  tav.  48,  fig.  1  dell'opera  menzionata  del  Deslongchamps  sono 
sì  stretti  con  la  Wald.  Verneuili  e  perciò  con  la  Waldheimia  siciliana 
qui  descritta,  che  io  non  ritengo  improbabile  possa  essere  dimostrato 
dall'ulteriore  studio  dei  caratteri  generici  e  specifici  la  necessità  di 
staccarli  dalle  rimanenti  forme  della  T.  Jauberti  per  associarli  agli 
individui  del  Monte  S.  Giuliano   e  alla    Wald.    Verneuili. 

Debbo  notare  che  un'associazione  di  questa  Waldheiiììia  di  Tra- 
pani con  la  Wald.  quadrifida  Link,  sp.^  var.  lilyba'a  Di-Stef.  o  con  la 
Wald.  cornuta.  Sow.  sp.  è  impossibile,  perchè  queste  mostrano  sulla 
fronte  due  depressioni  corrispondenti ,  cioè  una  su  ogni  valva  ;  e 
appartengono  quindi  a  un  altro  gruppo  {Zeilleria)  ,  mentre  quella 
in  esame  nel  presente  scritto  ha  invece  per  corrispondente  alla 
depressione  frontale  della  valva  imperforata  un  leggiero  rigonfia- 
mento e  presenta  i  caratteri  delle  Terebratule  biplicate. 

La    Wald.   Verneuili  Deslongc.  si  presenta  nel  Lias  medio  della 


//  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Ericé)  presso  Trapani  209 

Spagna  e  negli  strati  con  Peci,  acidicosfdfns   di  Tlioniar    in    Porto- 
gallo (Choffat),  i  quali  comprendono  certo  varj  livelli  liassici. 

La  varietà  descritta  si  raccoglie  solo  nella  parte  superiore  del 
Lias  medio  del  M.  San  Giuliano,  con  molta  abbondanza.  Essa  ha 
le  seguenti  dimensioni  : 


L 

IL 

in. 

IV. 

V. 

VI. 

VII. 

Lunghezza 

35mm 

35mm 

33mm 

33mm 

3  filini      30""" 

Cyj  min 

25'n™ 

Larghezza 

28 

27 

27 

25 

23         25 

23 

22 

Spessore 

18 

18 

18 

15 

15          16 

13 

12 

SEZ.    AULACOTHYRIS. 

Waldheimia  Ewaldi  Opp. 

1861.  Terebratida  {WahUìeiìiiia)  Eìvaldi  Oppeì,  Ueber   die  Brachiopo- 

den  des  unteren  Lias  (Zeitschr 
d.  deutsclì.  geol.  Gesellschf. 
XIII.  Bd.)  pag.  539,  tav.  XI, 

fig.  I. 

1874.    Wall!  liei  mia  Ewaldi  Gemmellaro  ,  Sopra    i  fossili 

della  zona  con  T.  Aspasia 
nella  provincia  di  Palermo  e 
di  Trapani  (Sopra  alcune  fau- 
ne giuresi  e  liasiche  della  Si- 
cilia) pag.  69,  tav.  X,  fig.  7-8. 

1886.  „  frontensis  Rothpletz  ,    Geologisch-palae- 

ontologische  Monographie  der 
Vilser  Alpen  (Palaeontogra- 
pica  ,  XXXIII  Bd.)  pag.  126, 
tav.  XIII,  fig.   16,   17. 

1889.  „  Eu-aldi  Geyer,  Ueber  die    Uasischen 

Brachiopoden  des  Hierlatz  bei 
Hallstatt  (Abhandl .  d.  k.  k. 
geol.  R.  A.  ,  XV.  Bd.)  pag. 
31,  tav.  IV,  fig.  3-7. 


260  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani 

Di  questa  specie  ho  raccolto  solo  due  esemplari  nella  parte 
inferiore  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano.  Essi  sono  legger- 
mente slargati  e  corrispondono  alle  varietà  accorciate.  Il  loro  para- 
gone con  parecchi  esemplari  della  Wald.  Ewaldi  Opp.,  provenienti 
da  Hierlatz  e  conservati  nel  Museo  geologico  dell'Università  di  Pa- 
lermo, mi  ha  convinto  della  loro  esatta  determinazione. 

Come  fu  già  notato  dal  Geyer  la  ìì'ald.  Ewaldi  è  estremamente 
vicina  alla  Wald.  Waterhoitse  Davids  (1),  e  forse  le  si  potrebbe  riu- 
nire ,  tenuto  conto  che  la  presenza  del  lobo  della  valva  perforata 
nella  Wald.  Waterhouse  è  un  carattere  variabile  (vedi  Wald.  Wate- 
rhouse  in  Deslongchamps,  Pai.  frane;  terr.  jurass.,  brac/i.;  tav.  XXI, 
fg.   1-6). 

La  Wald.  Haijseana  Bunker  tipica  (2)  e  la  Wald.  Sospirolensis 
Uhi.  (3)  sono  specie  molto  vicine  alla  Wald.  Ewaldi,  ma  che  tut- 
tavia si  possono  tener  separate.  La  prima  se  ne  differisce  perchè 
troppo  slargata  e  fornita  di  lobo  nella  valva  perforata  e  di  un 
lungo  lembo  in  quella  imperforata;  la  seconda  se  ne  allontana  molto 
dippiìi,  perchè  assai  piìi  allungata  e  ristretta  sopra,  e  fornita  di  due 
depressioni  frontali  corrispondenti. 

La  Wald.  frontensis  Rothpl.  (4)  del  Lias  inferiore  di  Bòsen  Triti 
corrisponde  alle  varietà  poco  gonfie  della  Wald.  Ewaldi  e  non  può 
separarsene.  La  Wald.  civica  Can.  (5)  del  Lias  medio  dell'Appennino 
centrale  è  probabilmente  la  Wald.  Ewaldi;  però  l'esemplare  figurato 
dal  prof.  Canavari  è  troppo  mal  conservato  e  non  fa  dare  quindi 
un  giudizio  sicuro. 


(1)  Davidson,  A  Monograph  of  hritUh  oolttic  and  jurassic  brachiopoda,  pag.  31,  tav.  V, 
fig.  12,  13. 

(2)  DrNKER ,   Ueber  eiitif/e  neue    Versteinerungen    iius    verschiedenen   Gehirgsformationen 
(Palaeontographica,  1  Bd.)  pag.  129,  tav.  XVIII,  tìg.  5. 

(3)  TJhlig,  Uèber  die  liasische  Braihiopodenfauna  von  Sospiroìo  bei  Belhnto,  pag.  28,  tav. 
Ili,  fig    1-6. 

(4)  RoTHPLETz,  Op.  cit.,  pag.   127,  tav.  XIII,  tìg.  16,  17. 

(6)  Canavari,  Contribuzione  III  alla  conoscenza  dei  bruchiopudi  degli  strati  a    T.  Aspasia 
nell'Appennino  centrale,  pag.   88,  tav.   X,  fig.  II. 


//  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Enee)  presso  Trapani  261 

Gli  esemplari  indicati  dal  prof.  Parona  coi  nomi  di  IVaìd.  cfr. 
Eiraldi  Opp.  (7/  calcare  liassico  di  (razzano  ecc.  pag.  1(1,  tav.  IT, 
fi(j.  3)  e  di  n'ald.  sp.  ind.  cfr.  EiraJdi  Opp.  (i  hrachiopodi  ìiassici 
di  Salir  io  ecc.,  pacj.  259,  tav.  V,  fì(j.  !'>)  sembrano  identici;  però 
la  loro  grande  gonfiezza  rispetto  alla  ÌVald.  Eiraldi  Opp.  mi  pare 
che  ne  giustifichi  la  separazione  in  una  specie  distinta ,  sebbene 
molto  affine.  La  Waldheimia  f.  n.  che  il  Parona  figura  nella  lav.  V, 
fìg.  16,  17  del  citato  lavoro  sui  hrachiopodi  Saltrio  e  Arzo  ,  può 
riunirsi  invece  alla  W(dd.  Eiraldi  Opp.  ,  perchè  non  ne  differisce 
essenzialmente. 

La  IViild.  Eiraldi  si  raccoglie  in  Sicilia  ,  oltre  che  al  M.  San 
Giuliano,  nel  Lias  medio  della  Montagnola  di  S.  Elia  (Palermo)  e 
delle  Rocche  rosse  di  Galati  (Messina).  Altrove  si  presenta  nel 
Lias  inferiore  di  Hierlatz  ,  nel  medio  di  Arzo  (Prealpi  lombarde)  , 
nell'  inferiore  delle  Alpi  di  Vils. 


SEZ.    ANTIPTYCHINA. 

Waldheimia  Rothpletzi  Di-Stef. 
(Tav.   IV,  fìg.  20-23.) 

1884.   Waldheimia  (Aidacothijris)  l inguaia ,    var    major    Haas  ,    (non 

Bockh)  Beitriige  zur  Kenntniss  der 
liasischen  Brachiopodenfauna  von 
Siidtyrol  und  Venetien ,  pag.  25  , 
tav.  IV,  fig.  5. 

1886  „  Haasi  Rothpletz  ,  Geologisch-palaeonto- 

logische   Monographie    der    Vilser 
Alpen    ecc.     (  Palaeontographica  , 
XXXII  Bd.)  pag.   129. 
Bella  specie  depressa  ,  slargata  trasversalmente,   oppure  tanto 

larga  che  lunga  o  più  lunga  che  larga.  Valva  imperforata    depres- 


262  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso  T'rapani 


sa.  con  la  massima  convessità  sulla  regione  mnbonale,  d'onde  scen- 
de alla  fronte  deprimendosi  rapidamente.  Essa  porta  un  seno  fron- 
tale leggiero  e  largo,  che  comincia  rapidamente  sulla  metà  inferiore 
della  conchiglia  e  alla  fronte  è  un  po'  sporgente  dal  contorno  e 
riflesso  indietro.  Dentro  questo  seno  si  scorge  generalmente  una 
piega  mediana  e  frontale,  larga,  ma  molto  leggiera  ,  fiancheggiata 
da  due  solclii  assai  Hevi.  Questa  piega  ,  mentre  spesso  è  indicata 
da  una  ben  chiara  ondulazione  della  commessura  ,  diventa  talora 
appena  visibile  e  tal'  altra  sparisce  del  tutto.  La  valva  perforata  è 
in  generale  più  convessa,  specialmente  lungo  la  sua  linea  mediana; 
in  certi  casi  lo  è  egualmente  quanto  l' imperforata,  ornata  sempre  di 
un  rigonfiamento  frontale  a  forma  di  lobo ,  largo  e  molto  leggiero, 
sul  cui  dorso  si  scorgono  le  tracce  di  mi  seno  largo  e  leggerissi- 
mo, che  suol  giungere  fino  al  principio  della  regione  apiciale.  Tal 
seno  corrisponde  alla  piega  dell'  altra  valva  ,  ed  è  perciò  ora  visi- 
bile, ora  scancellato.  Il  lobo  suole  essere  fiancheggiato  da  due  lie- 
vissime e  strette  depressioni. 

L' apice  è  basso  ,  largo  ,  appuntito  all'  estremità  ,  molto  cur- 
vato, fornito  di  angoli  laterali  acutissimi,  e  troncato  da  un  forame 
molto  piccolo.  Il  deltidio  è  largo  e  basso  :  la  linea  cardinale  lunga 
e  leggermente  arcuata. 

11  contorno  della  conchiglia  è  per  lo  più  tagliente.  La  com- 
messura laterale,  quando  il  seno  è  sporgente,  si  arcua  leggermente 
presso  la  fronte,  con  la  convessità  dell'  arenazione  rivolta  verso  la 
valva  imperforata  ;  quella  frontale  è  più  o  meno  flessuosa  per  ef- 
fetto delle  pieghe  e  dei  solchi. 

Suir  apice  della  valva  perforata  sono  visibiU  le  due  lamine  ro- 
strali; su  quella  imperforata  un  lungo  setto  e  le  impressioni  musco- 
lari strette,  ovali  ed  allungate. 

La  superficie  della  conchiglia  è  coperta  di  una  fina  punteggia- 
tura e  di  abbondanti  linee  ,  sottili  e  rilevate,  raggianti  dagli    apici. 

Gli  esemplari  descritti  mostrano  i  caratteri  delle  Antiptychina, 
secondo  le  intende  lo  Zittel.  Di  questo  gruppo  può  farsi  una  se- 
zione delle   Wal(Ui>'ii)iia.  ma  non  un  genere   nettamente   diviso,  per- 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  pretiso  Trajyani  263 

che  ha  di  esse  i  caratteri  generici  essenziali.  Grindivi(Uii  del  M. 
San  Giuliano  hanno  talora  la  piega  mediana  del  seno  cosi  scan- 
cellata, che  riesce  difficile  di  poterle  separare  dagli  Aiiìacof/ii/ris. 

La  Waldlieimia  in  esame  corrisponde  del  tutto  a  quella  del 
M.  Lavarella  presso  S.  Cassiano  figurata  dal  prof.  Haas  nella  tav. 
IV,  fig.  5  del  suo  lavoro  "  Beitrdcje  z.  Kcìiidn.  der  ìias.  Brachio- 
podenfauna  con  iSiidfi/ru!  ecc.  „  col  nome  di  Wald.  (Aidacothijris)  lin- 
guata  Bòckli,  var.  minor  Buckh.  Esse  però  si  distinguono  dalla  specie 
del  Bockh  (1)  per  la  forma  meno  dilatata,  pel  seno  più  sporgente, 
per  la  forma  piìi  convessa,  nonché  pei  differenti  caratteri  orna- 
mentali della  fronte.  Il  dott.  Rothpletz  (3)  separando  la  citata  Wal- 
dheiniia  di  S.  Cassiano  da  quella  ungherese,  le  diede  il  nuovo  no- 
me di  Wald.  Haasl  PiothpL;  ma  questa  denominazione  bisogna  mu- 
tarsi, perchè  esisteva  di  già  una  Wald.  Hausi  Buckmann  (3)  :  per 
questo  io  la  ho  indicata  nel  presente  lavoro  come  Wald.  Bothpletzi 
Di-Stef. 

La  Wald.  Haijseana  Deslongc.  (non  Bunker)  (4)  pare  differente 
da  quella  del  Bunker  (5);  essa. ha  però  molti  rapporti  conia  Wald. 
Bothpletzi  e  se  ne  differisce  per  la  sua  gonfiezza  ,  per  la  fronte 
coartata  in  generale,  per  la  mancanza  di  piega  e  di  solchi  nel  seno 
frontale,  nonché  di  tracce  di  seno  sul  lobo  della  valva  perforata. 
Essa  è  inoltre  sempre  più  piccola.  Gli  esemplari  riferiti  dal  Quen- 
stedt  (6)  alla  Wald.  Huijseana  non  corrispondono  neanco  al  tipo 
del  Bunker,  e  sono  invece  intimamente  legati  con  la  Wcild.  Bothplet- 
zi, alla  quale  si  potrebbero  riunire,  almeno  gl'individui  della  tav.  45, 
fig.  139,  141,  142,  dell'opera  del  Quenstedt  citata  sotto,  se  le  indi- 
cazioni che  dà  il  Quenstedt  sui  caratteri  dell'apice,  del  forame  e  del 


(1)  BtiCKH,  Die  geologìschen    Verhaltnisse  des  siidl.    TìieiUs  des  Bakoiit/,   11,  pag.   151. 
(2}  Rothpletz,  Op.  cit.  pag.  129. 

(3)  Davidson  ,  Appendix  io  the  SupplemetUs  to  the  british  fossil  Brachiopoda  (  Palaeoiit. 
Society  of  Lonaou,  1882-84)  pag.  265,  tav.  XIX,  fig    11,   12. 

(4)  Deslongchamps,  Paleontologie  frangaise;  terr.  jurnss.;  Brachiopodes,  pag.  113,  tav.  24, 
fig.  1-5. 

(5)  Bunker,  Op.  cit.  pag.  129,  tav.  XVIII,  fig.  5  (1847), 

(6)  QcBNSTEDT,  Petrefoktenkunde  Deutschlands;  die  Brachiopodsn,  pag.  315,   fig.   139-142. 


264  11  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 


deltidio  non  rendessero  oscura  l'appartenenza  generica  di  tali  forme. 

La  Wald.  Meneyh'nìii  Par.  (1)  del  Lias  medio  di  Gozzano 
(Piemonte)  è  anche  vicinissima  alla  Wnìd.  Bothpleizt ,  tanto  che  si 
sarehl)e  tentati  di  unirle  ;  però  la  specie  del  Parona  è  meno  slar- 
gala, più  gonfia  e  mostra  i  caratteri  del  gruppo  (Antiptychina,  Zittel 
o  Coarctatae,  Rothpletz)  fortemente  impressi,  il  che  non  è  il  caso 
nella  Waldli.  Hotphletzì,  che  fa  osservare  solo  l'inizio  dei  caratteri 
della  sua  sezione. 

Non  e'  è  bisogno  di  fermarsi  sulle  differenze  della  specie  de- 
scritta con  la  Waìd.  apennica  Zitt.   e  con  la  Wald.  furlana  Zitt.  (2). 

Nel  Dogger  inferiore  ci  sono  specie  prossime  alla  Wald.  Rofh- 
pletzi,  come  la  Wald.  Haasi  Buckmann  (Wald.  ant/iistipectus  Roihpl. 
p.  p.),  la  Wald.  awjtistipectus  Rothpl.,  secondo  la  recente  restrizione 
fattane  dal  suo  autore  (3),  e  la  Wald.  supinìfrons  Rothpl.  (4).  Il 
gruppo  delle  Anfiptychina  si  può  eseguire  fino  nel  Maini  ,  ove  si 
presenta  la  specie  più  giovane  conosciuta  sinora  (Wald.  subcanalis 
Mùnst.  non  Suess). 

La  Wald.  Rothpletzi  è  abbondante  nella  parte  inferiore  del  Lias 
medio  del  M.  San  Giuliano.  Le  dimensioni  di  alcuni  esemplari  so- 
no le  seguenti: 

L  IL  III.  IV.  V. 


Lunghezza 

2  \   nini 

2  \  nim 

20.inm 

J  y   nim 

16.°"" 

Larghezza 

22. 

21. 

2L 

20. 

18. 

Spessore 

10. 

10. 

9. 

7. 

6. 

(1)  Parona,  //  calcare  h'asaicn  iìi\  Gozzano  e  i  suoi  /'ossiVi,  pag.  10,  tav.  l,fis.  5. — I  hra- 
chioijodi  (ìf(jli  strati  a    T.  Aspasia  eoe    pag.  20,  tav.  TI,  flg-.  12. 

(2)  Zittel,  Geologische  Beohachtungen  aus  den   Ceutral-Apenni»,  pag.  127,  tav.  14,  fig.  9 
W.  apenninica)  pag.   128,  tav.   14,  tig.  8  {W.  furlana). 

(3)  Rothpletz,   Xachtriìgliches  zu  der  geologi sch-paìaenntohgischen  Monographie  der   Vil- 
ser  Alpeii  (X.  Jahrlmcli  ecc.  Bil.  II,  1889). 

(4)  Rothpletz  ,    Geologisch-palaeontologische    Monographie    der    Vilser   Alpen,  pag.   130, 
tav.  Vili,  tìg.  37,  39-40;  tav.  IX,  fig.   18,  22,  23,  30. 


Il  Lias  medio  del  M.  ISan  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  265 


Gen.  KiNGENA    Davidson 

Kingena    Capellinii  Di-Stef. 

(T„v.  IV,  fcj.  24-26) 

Conchiglia  piccola  ,  depressa  ,  slargata  trasversalmente.  Valva 
imperforata  appiattita,  talora  leggermente  convessa  sulla  regione  um- 
bonale,  fornita  alla  fronte  di  una  depressione  a  forma  di  seno  leg- 
giero, in  varj  casi  scancellata  e  non  di  raro  spostata  verso  un  lato 
o  r  altro  della  conchiglia.  Valva  perforata  molto  piìi  convessa  del- 
l' altra,  un  po'  gibbosa  sulla  sua  linea  mediana.  Apice  piuttosto  spor- 
gente, fortemente  curvato,  provvisto  di  una  piccola  falsa  area,  tron- 
cato da  un  largo  forame  arrotondito,  formato  sotto  in  parte  dai  due 
pezzetti  di  un  deltidio  rudimentare,  i  quali  rimangono  disgiunti,  in 
modo  che  tal  forame  giunge  fino  alla  linea  cardinale. 

Questa  è  lunga  rapporto  alle  proporzioni  della  concliiglia  e 
lievemente  arcuata  alle  estremità. 

La  superficie  della  conchiglia  è  ornata  di  fitti  tubercoli,  rego- 
lari e  distinti. 

Quando  mancano  i  primi  strati  della  conchiglia  si  manifestano 
sul  modello  le  strie  numerose,  fine  e  spesso  biforcate,  che  sogliono 
ornare  la  superficie  interna  delle  valve  delle  Kingena.  Le  due  valve 
poi'tano  forti  strie  di  accrescimento  ,  che  sulla  regione  frontale  pi- 
gfiano  la  forma  di  leggieri  risalti.  Sull'  apice  della  valva  perforata 
si  notano  due  corte  lamine  rostrali  e  un  corto  setto  mediano. 

Questa  specie  è  vicina  alla  King.  Desìongchampsi  Davids.  (1)  e 
alla  Kì)ig.  Josephinia  Gemm.;  però  se  ne  distingue  per  la  sua  forma 
trasversalmente  slargata  e  per  la  linea  cardinale  più  lunga  e  appe- 
na arcuata  all'estremità.  Essa  ha  inoltre  l'apice  assai  più  curvo  e 


(1)  Davidson,  Examin.  of  Lamarcks  Species  ecc.  (Ann.  and  Mag.   of  Nat.  History,  1850; 
2  S.  Tol.  V)  pag.  450,  tav.  XV,  fig.  6. 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sekib  4*  35 


266  11  Lias  medio  del  M.  San  Ghiliano  (Erice)  presso  Trapani 

più  stretto  di  quello  della  King.  Deslomjchampsi  e  una  distribuzione 
di  tubercoli  più  regolari. 

Alcuni  dei  caratteri  di  questa  conchiglia  differiscono  da  quelli 
delle  Kingena  note  sinora,  perchè  le  sue  valve  non  sono  egualmente 
convesse  ,  la  linea  cardinale  è  ben  lunga  e  la  forma  della  conchi- 
glia è  slargata  trasversalmente.  Nondimeno  essa  non  può  riferirsi  che 
alle  Kingena  :  ì  caratteristici  tubercoli  della  superfìcie  ,  la  presenza 
del  setto  e  il  carattere  dell'  apice  lungo,  assai  curvato  e  non  forte- 
mente troncato  la  differiscono  dalle  Megerlia. 

Questa  specie  è  assai  abbondante  negli  strati  elevati  del  Lias 
medio  del  M.  San  Giuliano.  Le  sue  dimensioni  sono  le  seguenti  : 

L  IL  m.  IV. 


Lunghezza 

10.™"" 

Q  mm 

9_mm 

10 

Larghezza 

IL 

10. 

10. 

10 

Spessore 

4. 

3. 

4. 

Kingena  Josephinia  Geinm. 

1874.  Kingena  Josephinia  Gemmellaro,  Sopra  i  fossili  della  zona  con 

T.  Aspasia  della  provincia  di  Palermo  e 
di  Trapani  (Sopra  alcune  faune  giuresi  e 
liasiche  della  Sicilia  )  pag.  72  ,  tav.  XI , 

fig.  n. 

Nella  parte  superiore  del  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  si 
raccolgono  molti  esemplari  di  una  Kingena  distinta  dalla  King.  Ca- 
pellina Di-Stef.  che  le  è  associata,  ma  corrispondente  invece  agi'  in- 
dividui tipici  della  King.  Josephinia  Gemm.  conservati  nel  Museo 
geologico  dell'Università  di  Palermo.  Essi  raggiungono  però  maggiori 
dimensioni  e  hanno  l' apice  più  sviluppato.  Sulla  regione  frontale 
della  valva  imperforata  si  scorge  un  lieve  accenno  di  seno,  man- 
cante negli  esemplari  figurati  dal  prof.  Gemmellaro  ,  i  quali  sono 
piccoli. 


11  Lias  medio  del  M,  San  Giuliano  {Erice)  presso  Trapani  'HM 

Questa  specie  si    raccoglie  in  Sicilia  anche  nel  Lias  medio  di 
Chiusa-Sclafani  (Palermo). 

Le  dimensioni  di  alcuni  esemplari  sono  le  seguenti  : 

I.  IL  m. 

Lunghezza         9.°""  ^.^^  9,'""' 

Larghezza  8.  7.  9. 

Spessore  4.  3.  4. 


SPIEGAZIONE  DELLE  TAVOLE 


(1) 


TAVOLA  I. 

Fig.  Irt,  h,  e,  d.  Spiriferina  sicìUa    Gemm.   (Rocche  rosse  di  Galati). 

»  2a,  b.-,  3.  «               »                       (M.  San  Giuliano,  parte  inf.). 

»  4a,  h.  »        Darwini    Gemili.   (M.  San  Giuliano,  parte  sup.). 

•  ba,  b.  »        Statira     Gemra.   (Castelluccio  presso  Taormina). 

»  6fl,  b,  e.  »        Get/eri      Di-Stef.  (M.  San  Giuliano,  parte  sup.). 

»  la,  h,  e.  »        Z/gnoi      Di-Stef.  (M.  San  Giuliano,  parte  inf.). 

»  8«,  b.;  9.  »        seg ree/afa  Di-Stef.  (M.  San  Giuliano,  parte  inf.). 

»  10.  »                  »                  (ingrandimento    delle    coste    — 

M.  San  Giuliano  parte  sup.). 

»  11.  »                   »                   (M.  San  Giuliano,  parte  inf.). 

»  12a,  b,  e.  »                                      (M.  San  Giuliano,  parte  sup.). 

»  13.  »        gibbo  »     Seg.        (Castelluccio  presso  Taormina). 

»  14,  If)  varietà  (2)  intermedia  tra  \&  sp.  gibba  Seg.  e  la  Sp. 

anguUifa  Opp.  (Castelluccio  presso  Taormina). 

»  16.  »        gibba        Seg.        (M.  San  Giuliano,  parte  sup.). 


TAVOLA  II. 


Fig.  Irt,  b.        Spirlferhia  gibba            Seg.         (M.  San  Giuliano,  parte  sup.). 

»  2rt,  b,  e.  Hhynclionella  carciceps  Quenst.  sp.  (M.  San  Giuliano,  jjarte  inf.). 

»  3a,  ò,  e,               »          tetraedra  Sow.  sp.  (M.  San  Giuliano^  parte  sup.), 

»  4a,  6.                    »          serrata      Sow.  sp.  (M.  San  Giuliano,  parte  inf.). 

»  ba,  b,  e,  d.          »             »             var.  Kiliani  Di-Stef.        (Idem). 

»  6a,  b,  e,  d.          »          Glycinna   Gemm.,  var.  (Rocche  rosse  di  Galati). 

»  la,  b,  e.               »          palmata    Opp.  (Rocche  rosse  di  Galati). 

»  8rt,  b,  e.               »          Dalmasi   Dumortier  (M.  S.  Giuliano,  parte  inf.). 

»  9a,  b,  e.               »               »                             (M.  San  Giuliano,  parte  sup.). 

»  \Oa,b,c,d.;  \\a,b;\2a,b,c,d.  »                              (M.  San  Giuliano,  parte  inf.). 

»  13fl,  b.                  »         ptinoides   Di-Stef.       (Rocche  rosse  di  Galati). 


(1)  Le  specie  figurate  in  queste  tavole  si  trovano  nelle  collezioni  del  Museo  geologico  del- 
l'Università di  Palermo. 

(2)  La  profondità  del  seno  nella  fig.  14  è,  per  errore  del  disegno,  un  po'  esagerata. 


Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  {Erice)  presso   Trapani 


TAVOLA  III. 

Fig.  la,  b,  e,  d.  Rhynchonella  pfinoides  Di-Stef.  (Rocche  rosse  di  Galati). 

»  2a,  b,  e,  d.          »  Eleiiteria  Di-Stef.  (.M.  8.  Giuliano,  parte  sup). 

»  3;  4a,  b,  e.          »  »                                       (Idem) 

»  ha,  b,  e.  d.          ^  »                                       (Idem) 

»  6a,  b;  la,  b;  8.     »  »                                       (Idem) 

»  9a,b,c,d;lOa,b;l\a,b.  Briseis    Gemra.  (M.  vSaii  Giuliano,  parte  inf.). 

»  12.                        »  »                       (Rocche  Rosse  di  Galati). 

»  13rt    b.                 »  »                       (M.  San  Giuliano,  parte  inf.). 

»  Ha,  h,  e,  d.        r,  »         var.  Iphimedia  Di-Stef.  (M.  San  Giu- 
liano, parte  inf.). 

»  15,  16rt,  b,  e.      »  »                          »                     (Idem) 

»  \la,(K  \Sa,b,c.   »  .                            »                     (Idem) 

»  18a,  b,  e.             »  Zugmai/eri  Gemm.  (M.  S.  Giuliano,  parte  sup.). 

TAVOLA  IV. 

Fig-.  1«,  b.  e.  d;  2rt,  b.     I?Ji_i/nchoneUa  Zugmayeri  Gemm.  (M.  San  Giuliano , 

parte  sup.). 
»     .3rt,  b.  e;  4rt.  b;  ó.   Terebrafiilit  l'ofzoana  Schaur.  ,  var.  plicata,  Tausch 

(M.  S.  Giuliano,  parte  sup.). 
»     6rt,  b;  la,  b.    Waldheimia  secar/ fori» is  Gemm.,  var.  pomatoides  Di-Stef. 

(M.  San  Giuliano,  parte  inf.). 
»     8;  9«,  b,   e;  10,    11    »  quadrifida   Lmk.    sp.  ,    var.    lilìjboea  Di-Stef. 

(M.  San  Giuliano,  parte  sup.). 
»     12«,  b;  13,   14  »  i^rty)t7'«i  Deslong-c.  (M.  S.  Giuliano  parte  sup.), 

»     15rt,  fi;   16a  fi.  »        sp.  ind.  aff.    Il',    siibnumismalis   Davids.    (  M. 

vSan  Giuliano,  parte  inf.). 
»     lla,b,c;li^a,b;Wa,b.y>  Verneuili  Desìongc.  var.  (M.  S.  Giuliano,  par- 

te sup.). 
»    20a,b,  e;  21«,  b; 22  23.  »        lìotliphtzi  Di-Stef.  (M.  San  Giuliano,  parte  inf.) 
»    24tt.  b,  e;  25rt,  b,     Kingena  Capellina  Di-Stef.      (M.   San  Giuliano,  par- 
te sup.). 


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Lir.  G.Huber. 


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Ut  GlFubef  Peli"' 


T,w  W 


r.  Tiiiubiiscio.  (h: 


LilClliihiT 


Sulle  curve  funicolari 

IlfOTA     I* 

del  prof.  G.  PENNACCHIETTI. 


Stal)ilite  sotto  diverse  forme  le  equazioni  differenziali  dell'  e- 
quilibrio  d'un  filo  flessibile  e  inestensibile,  dimostro  sulle  curve 
funicolari  alcuni  teoremi ,  che  hanno  analogia  con  note  proprietà 
relative  al  moto  d"  un  punto. 


§  I- 


Sieno  ./•,  //.  z  le  coordinate ,  rispetto  a  un  sistema  di  tre  assi 
ortogonali,  dell'  estremità  variabile  dell'arco  s  d'  un  filo  flessibile  e 
nestensibile.  Sieno  T ,  n  ,  v  ,  n-  la  tensione  e  le  sue  componenti, 
nel  punto  di  coordinate  x  ,  y  ,  z  :  e  denotiamo  con  A' ,  Y,  Z  le 
componenti  della  forza  riferita  all'  unità  di  lunghezza  del  filo  stes- 
so. Le  equazioni  dell'  equilibrio  saranno  : 


—  A' 


=  -   r,  (1) 


=  —  Z. 


dx 

u 

dti 

ds 

T   ' 

ds 

dy 
ds 

V 

T   ' 

dv 

ds 

dz 
ds 

w 

r  ' 

dw 
ds 

Questo  sistema,  essendo 


T  —  y  to'  ->r  V-  4-   "/'  , 

ha  la  forma  normale. 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sebib  4"  36 


272  Sulle  curve   funicolari 


Per  trasformare  facilmente  il  sistema  (1)  dalle  coordinate  or- 
togonali X ,  y ,  z  di  \m  sistema  qualmique  di  coordinate  cm-vilinee, 
poniamo  : 

ds 


r  ds 


Al  sistema  (1)  si  può  allora  sostituire  il  seguente: 

Se  il  filo  è  obbligato  a  rimanere  sopra  una  superficie,  la  cui  equa- 
zione sia  : 

f{x,y,z)  =  0,  (3) 

alle  equazioni  (:2)  dovranno  essere  sostituite  le  seguenti  : 

ds,'  dx 

'^'^   =  -  YT  +  >.  ^  ,      :  (4) 


rf«,"  dy  ' 

ds,'  dz 


nelle  quali  >.   è  una  quantità  da  eliminarsi. 

Prendiamo  ora  un  sistema  qualunque  di  coordinate  curvilinee 
nello  spazio  o  sopra  la  superficie.  Poniamo  : 

'^"i"  -  »  (5ì 


ossia  : 


r^=P.,  m 


sicché  potremo  esprimere  T"^  mediante  una  funzione    razionale  in- 


Sulle  curve  funicolarì  273 


tera  omogenea    di    secondo    grado   rispetto  alle  p,,  con  coefficienti 
funzioni  delle  q,, .  Poniamo  inoltre  per  brevità  : 

T'  =  1  7-  ,  (7) 


come  pure 


9(7  V  dq„  dq,, 


Le  equazioni  dell'  equilibrio  saranno,  oltre  le  (5),  le  seguenti  : 

A  ^  ._  IZ:  =  _  TP,. 

ds^    Spi,  dq,-  ''  ' 

ossia  saranno,  oltre  le  (6),  le  seguenti: 

ds     \       dpn'  dq,: 

§    II. 

Il  metodo  che  tiene  il  Del  Grosso  (*)  per  far  dipendere  la  in- 
tegrazione delle  equazioni  del  filo  dalla  integrazione  d'  un  sistema 
canonico  ,  è  il  seguente.  Si  osservi  anzitutto  che  ,  quando  esiste 
una  funzione  potenziale  U  non  contenente  esplicitamente  l'arco  s , 
il  problema  ammette  1'  integrale: 

T  +  U=l-,  (1) 

essendo  /.•  una  costante  arbitraria,  e  che  si  ha  perciò  : 


(*)  Nota  sull'equazioni  differenziali,  che  si  presentano  nei  problemi  di  Meccanica  ,  Gior- 
nale di  Matematiche  pubblicato  per  cura  del  prof.  G.  Battaglini,  voi.  IV,  1866. 


274  Sulle  curve  funicolari 


essendo  : 


Si  ponga  quindi 


V=j{U-  kf 


dx  ,         di/ 


r,  =  ^  (a;"  +  .v'^  +  2") ,         H,  =  T,  -  V. 

Sarà  r,  una  funzione  omogenea  di  secondo  grado  rispetto  alle 
quantità  -—-  (che  denoteremo  brevemente  con  q'„)  con  coefficienti 
funzioni  note  delle  variabili  q,,.  Si  ponga  inoltre  : 

dT, 

■■  Pi.-   , 


dq 


e  si  esprimano  quindi  T,,  H,  per  mezzo  delle  variabili  q,„  p^. 
r,  si  trasformerà  in  una  funzione  omogenea  di  secondo  grado  ri- 
spetto alle  p,.  con  coefficienti  funzioni  di  q,. .  Se  nei  sistemi  (§  I  , 
2,4)  si  sostituiscono  invece  di  —  XT , —  YT ,  ^  ZT  le  espres- 
sioni date  dalle  (2) ,  evidentemente  questi  sistemi  potranno  ri- 
dursi alla  forma  : 

ds,  Sp,,  '         da,  Sq,, 

Ricordando  poi  che  ,  per  le  posizioni  fatte  ,  la  funzione  caratteri- 
stica //i  contiene  necessariamente  la  costante  k  dell'  integrale  (1) 
del  problema,  e  supposto  che  si  sappia  trovare  una  soluzione  com- 
pleta dell'  equazione  differenziale  parziale  corrispondente  al  siste- 
ma (3) ,  sarà  facile  dedurre  da  questo  sistema  le  equazioni  inte- 
grafi del  problema  dell'  equilibrio  contenenti  ,  oltre  la  costante  k, 
solamente  altre  tre  o  cinque  costanti  arbitrarie  distinte,  secondochè 
è  0  no  data  la  condizione  che  il  filo  sia  obbligato  a  rimanere  so- 
pra una  superficie  assegnata. 


Sulle  curve  funicolari  275 


Nel  seguente  paragrafo  vedremo  come  sìa  possibile  sostituire 
ai  sistemi  (§  I,  6,  8)  delle  equazioni  dell'equilibrio  un  sistema  ca- 
nonico equivalente,  senza  cambiamento  della  variabile  indipendente 
s,  e  nel  quale  la  funzione  caratteristica  sìa  7'+  U,  e  non  contenga 
quindi  la  costante  k-.  Il  metodo,  che  esporremo,  è  anzi  applicabile 
altresì  quando  si  supponga  che  il  problema  non  ammetta  1"  inte- 
grale (1),  purché  esista  una  funzione  potenziale  contenente  esplici- 
tamente r  arco. 

§  HI. 

Per  ridurre  il  sistema  (§  I,  6,  8)  alla  forma  canonica  di  Ha- 
milton ,  si  sostituiscano  alle  variabili  p,,  nuove  variabili  r,.  definite 
dalle  relazioni  : 

T  ^  =  rn  .  (1) 

Si  ha  per  la  posizione  (§  I,  7)  : 

onde  : 

ilT  —  S   r^dp,,   -+■  i]  p/rdr^  —    N    -^ —  dq,r  —  ^  -z —  dp,.  , 
ossia  : 

237" 

Esprimiamo   T ,  T'    per  mezzo    delle  q„ ,  r,. .    Racchiudendo    entro 
parentesi  le  derivate  parziali  prese  in  quest'  ipotesi,  si  ha  : 


27G  Sulle  curve   funicolari 


Confrontando  le  due  espressioni  di  dT'  e  avendo  presente  la 
(§  I,  7),  si  ha: 


\3r,-ì  T  '        \Sq>.-ì  dqn- 


In  virtù  di  queste  equazioni  e  della  (1)  il  sistema  (§  I,  G,  S)  di- 
viene : 

dq,  dT                 dr,  _          dT 

—       — li.-, 


ds  dr,.-   '  ds  dqii 

dove  s' intende  che  T  sia  espresso  mediante  le  q,, ,  p,, .  Se  U  è  la 
funzione  potenziale  ,  non  contenente  esplicitamente  le  p.  e  perciò 
nemmeno  le  /•,, ,  e,  se  si  pone  : 

r  +  U  =^  H  , 
il  sistema  precedente  assume  la  forma  canonica  : 

dq,    _    dll  eh;,    _  dll 


ds  5r/;    '  ds  dqn 


(2) 


Se  il  filo  è  libero ,  prendendo  x,  y,  z  per  variabili  q, ,  q, .  q,, ,  1'  e- 
quazione  differenziale  parziale  corrispondente  al  sistema  canonico 
(i)  è: 


\    r,'  +  r,'  +  r.;  ■+-  U  =  k  ,  (3) 

essendo  : 

_    dS_  _  ^  __    dS 

'■'  ~   dx   '        '''  ~    dy   '        '''  ~    dz 

Se    il    filo    è    obbligato    a    rimanere  sopra    la  superficie  (§  1 ,  3) , 


Sulle  curve  funicolari  277 


r  equazione  differenziale  parziale  corrispondente   al   sistema    cano- 
nico è  : 


(4) 


dove  : 


y   ECr  -  F' +  U-k, 


_   3S  _   dS 


§   IV. 

Supponiamo  che  il  filo  sia  obbligato  a  rimanere  sopra  la  su- 
perficie (§  I,  3),  e  che  il  quadrato  dell'  elemento  lineare  della  su- 
perficie abbia  la  forma  : 

ds'  =  Edq;'  +  2Fdq,dq,  4-  Gdq/  . 

Dalle  (§  I,  6)  si  avrà  : 

^  =  V  J^P'  +  2Fp,p,  +  Gp,'  .  (1) 

L'equazioni  (§  I,  8)  sviluppate  divengono  : 


{EG  -  F')  r  -^  =  (-  GP,  +  FP.,)  7'  +  T,  ,     , 

US  '  i 

[EG  -  F')T^  =  {      FP,  -  EP,)  T+z,,     ^ 


& 


dove 


>  2       ?(/,  3q.,      2       2?,  /  -^^   '  ^  ' 


278  Sulle  curve  funicolari 


Il  „dE     j^dF^i  „dE\    ,^l  ,.SE     „3r?i 


àq,        2        2q,        2        dq,l 


Le  equazioni  (2),  insieme  colle  equazioni  : 


ds  T    '  ds  2 


1      J 


i^) 


dono  le  equazioni  dell'equilibrio  nella  forma  (§  1,  6,  8),  e  costitui- 
scono un  sistema  normale. 

§   V. 

Sia: 

f{^,  y,  2,  u,  V,  w)  =  h, 

essendo  fi  una  costante  arbitraria  ,  un  integrale  ,  non  contenente 
esplicitamente  l'arco,  delle  equazioni  (§  I.  1).  Si  dovrà  avere  iden- 
ticamente : 

dx  CI/  dZ  ali  dr  dir 

Di  qui  si  conclude  quanto  segue  :  Sieno  —  XV  ,  —  YV  .  —  ZV  , 
(love  V  =  4  /  {-r-j  -+-  [-j-j  -+-  l-rp)  ^  le  componenti  della  forza  solle- 
citante, rife)-ita  all'unità  di  massa,  nel  moto  d'un  punto  libero.  Sieno 
X,  Y,  Z  le  coinpoìienti  della  forza,  neW equilibrio  d'  un  filo  flessibile  e 
inestensibile  ,   in   modo    che    queste  quantità  X,  Y,   Z  abbiano   nel  pri- 

,,  ...  dx      dy       dz 

mo  problema,  rispetto  a  x,  y,  z,  -r-,  -r- ,  -rr,  t  la  stessa  espressio- 
ne analitica  che,    nel  secondo  prablenia,  hanno  rispetto  a   .\.  y,  z,  u,  v. 


Sulle  curve  funicolari  279 


\v.  s.  or  integrali .  non  contenenti  esplicitamente  il  tempo  ,  del  primo 
problema,  e  ijl'  integrali,  non  contenenti  esplicitamente  l'arco,  del  secon- 
do problema,  si  trasformano  gli  uni  negli  altri  ,  scambiando  fra  loro 
le  componenti  della  velocità  e  le  componenti  della  tensione.  In  partico- 
lare :  Se  X,  Y,  Z  non  contengono  esplicitamente  la  variabile  indipen- 
dente, e  se  inoltre  non  si  fa  alcuna  determinazione  sulle  costanti  arbi- 
trarie die  appariscono  negli  integrali  non  contenenti  esplicitamente  la 
variabile  indipendente,  le  equazioni  della  traiettoria,  nel  primo  ])'>'ohle- 
ma,  saranno  anc/ie  le  equazioni  della  curva   d'equilibrio,    nel  secondo. 

Se  per  un  dato   valore  di  x,  i  valori  dati  di  y,  z,   THr»  717»  "tt  >     fi^l 

primo  problema,  sono   rispettivamente  eguali ,  ai  valori  dati  di  y  ,  z  , 
u,  V,  w,  nel  secondo  problema,  la  traiettoria  e  la  curva  funicolare  sa- 
ranno  un'  identica  curva. 
Similmente  sia  : 

un  integrale,  non  contenente  esplicitamente  1'  arco  ,  del  sistema  di 
equazioni  (§  IV,  "2,  5).   Si  dovrà  avere  identicamente  : 

ILn    ^11  „        df{-CrP^  +  FP,)T  +  T,         di  {FP,-  EP,)T+z, 

dq.  '  '        dq,  ^'       dp,  EG  -  F'  "^  dp,  EG  -  F'  ~^- 

Se  ne  deduce  facilmente  quanto  segue.  Sieno  : 

-P,V,       -P,V, 
dove  : 


y^,/M^U2FY-b^o^M' 


V^i-)' 


le  componenti,  secondo  le  linee  coordinate,  della  forza  sollecitante  nel  mo- 
to d'  un  punto  obbligato  a  rimanere  sopra  una  superficie.  Sieno  Pi ,  P.^ 
le  componenti  della  forza  nelV  equilibrio  d'  un  filo  flessibile  e  inestensi- 
bile sopra  la  stessa  superficie,   in  modo  che  queste  quantità  P,  ,  Pj  ab- 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Seeus  4»  37 


280  Stille  curve   funicolari 

biano,  nel  primo  problema,  rispetto  a  q,^  qj  ,  ~tj~,  ~df~  '  ^  ''''  *''^**''* 
espressione  analitica  che  hanno,  nel  secondo,  rispetto  a  (\^ ,  q., ,  Pi ,  p,, ,  s. 
GV  integrali,  non  contenenti  esplicitamente  il  tempo,  del  primo  problema, 
e  gVinteifrali,  non  contenenti  esplicitamente  l'arco,  del  secondo  problema, 
si  trasformano,  gli  uni  negli  altri ,  scambiando  —rr-  ,  -3—  rispettiva- 
mente con  Pi ,  p, .  In  particolare,  se  P, ,  Pj  non  contengono  esplicita- 
mente la  variabile  indipendente,  e  si  lasciano  completamente  arbitrarie 
le  costanti  che  devono  figurare  negV  integrali  cìie  non  contengono  espli- 
citamente la  variabile  indipendente ,  l'  equazione  della  traiettoria  nel 
primo  problema  è  anche  Vequazione  della  curva  funicolare  nel  secondo. 


VI. 


Determiniamo  in  qual  caso,  nell'ipotesi  che    X,   Y,    Z    sieno 
funzioni  di  x,  y,  z  soltanto,  1'  equazione  : 

Au  +  Bv  -i-  Cw  -i-  IJ  =  h  ,  {l) 

ove  A,  B,  e,  D  sono  funzioni  di  x,  g,  z,  sia  integrale  delle  equa- 
zioni (§  I,  1).  Affinchè  la  (1)  sia  integrale  di  queste  equazioni,  si 
dovrà  avere  identicamente  : 


IdA  dA  dA     \  idB  2B  dB     \  iW  SO  dC     \ 

^dx  dy  dz      '  \dx  Sy  Sz      I  \2x  Sy  Sz       1 

dD  dD  dD 


^M-4-  —  «+—  w  -{AX-^BY+  CZ)  V  ti'  +  i'  -+-  tv'  —  0.     (2) 

È  facile  vedere  che  dev'  essere  : 

AX  +  «}'  +  CZ  =  0  ,  (3) 

e  che  quindi  1'  equazione  precedente  si  scinde  in  ({uelle  stesse  equa- 


Sulle  curie   funicoluri  281 


zioni  che  devono  essere   verificate ,    affinchè   le  equazioni   differen- 
ziah  : 


d'x  d'y  __  d^ 

IF  ~     '     1F  ~     '     Ir 


del  moto  d'  un  punto  libero  ammettano  un  integrale  della    forma  : 

,    dx  ,^  dy  ,.  dz  .,         -. 

dt  dt  dt 

Perciò  è  : 

A^l  +  ry  —  qz  ,         B  =^  m  +  j)z  —  rx  ,         C  =  n  +  qx  —  py  , 

essendo  /,  m,  ti,  p,  q,  r  costanti  arbitrarie. 

L'  equazione  (1)  dovrà  quindi  ridursi  alla  forma  : 

lu  -+-  nw  +  nw  -f-  p  [zc  —  yw)  +  q  (xio  —  zu)  +  >•  iyti  —  xv)  ^h  ,  (4) 

ossia  : 

^„  r  ,  dx  di/  dz  1     dt/  dz\  /     dz  dx\ 

-^'■{'^  ~  ''  w)]-'-  (5) 

Quest'equazione  è  il  più  generale  integrale  della  forma  (1),  nel- 
r  ipotesi  che  le  forze  sieno  funzioni  delle  sole  coordinate;  però  esso 
conviene  al  problema,  anche  se  le  forze  dipendono  da  if ,  v,  tv,  s, 
purché  A',  Y,  Z,  considerate  come  funzioni  di  x,  y,  z,  u,  v,  io,  s, 
soddisfino  identicamente,  per  valori  arbitrari  di  queste  quantità, 
all'  equazione  : 

{l  -h  ry  —  qz)  X  -h  {m  -hpz  —  fx)  Y  +  {n  +  qx  —py)Z  =  0.  (6) 


282  Sulle  curve   funicolari 


Si  ha  così  questo  teorema  :  (*ì  Neil'  equilibrio  cV  un  fio  fìes.si- 
bile  e  inestensibile,  se  le  linee  d'  azione  della  forza  appartenyono  ad 
un  complesso  lineare,  il  momento  della  tensione  rispetto  al  complesso  è 
costante  in  tutti  i  p)nnti  del  filo. 

Potevamo  dedurre  questa  proposizione  immediatamente  dal 
teorema  analogo  del  Cerruti,  fondandoci  sull'  osservazione  che  ab- 
biamo fatta  nel  paragrafo  precedente. 

Volendo  far  uso  della  forma  canonica  (§  III,  ^2) ,  (**)  si  pren- 
dano x,  ij,  z  per  variabili  q,,  q,,  q^.  L'equazione  (1)  diviene  allora: 

Ar,  +  Br,  +  CV,  +  D  =  h.  (7) 

Si  ponga: 

dK    dH        3 A'    S//( 


(A,  H)-  2j\d^  dr,         dr,   dqj  ' 


^dq.-    dr/,;  dri-    dq,; 

dove: 

q,  =  X,       q,  —  ij  ,       q,  =  z- 

La  condizione  necessaria  e  sufficiente,  affinchè  1' equazione  (Ti 
sia  integrale  d'  un  problema,   è  che  si  abbia  identicamente  : 

(A-,  //)  =0. 

Sviluppando  quest'  equazione,  si  trova  che  essa  si  scinde  nel- 
le stesse  equazioni  in  cui  si  scinde  la  (2). 
Poniamo  per  brevità  : 

dx  dy         ,  dz 

-17  =  ''^      -d7  =  '^      'di  =  '' 

T  =  Aa  -h  Bb  +  Ce  . 


(*)  Ot'r.  Cebruti,  Intorno  ad  wici  generalizzazione  di  alcuni  teoremi  ili  meccanica,  Cullec- 
tanea  matliematica  in  meni.  D.  Chelini,  1881. 

(**)  Cfr.  E.  Padova,  Sugli  integrali  comuni  a  pii<  problemi  di  Dinamica,  Atti  del  R.  Ist. 
ven.  Voi.  I,  serie  VI,  1883. 


SuUe  curve   funicolari  283 


Si  avrà  da  (ni  : 

h 


T  = 

T 


Quindi  le  equazioni  dell'  equilibrio  offrono  : 

x  =  -h4-±,    r  =  _/,Ì_A,    z  =  -a4--       (8) 

ds     T  ds    r  ds    r 

Se  i  secondi  membri  delle  (8)  si  sostituiscono  nella  (3)  invece 
di  X,  Y,  Z,  si  trova  un'identità,  sicché,  se  sono  dati  il  complesso 
e  la  curva^  si  possono  determinare  A',  Y,  Z  in  funzione  dell'arco. 
Dunque  :  Una  curva  qualunque  può  essere  configurazione  cf  equilibrio 
iV  un  filo  del  quale  ciascun  punto  sia  sollecitato  da  una  forza,  la  cui 
linea  d'azione  rarii    in   un  complesso  lineaì'e  assegnato  ad  arbitrio. 

Catania  20  novembre  1891. 


Contributo  sull'azione  della  tubercolina  nei  tisici 

(culi  2  autopsìe) 

pel  Dottor  ANGELO  PETRONE 

Professore  ordinario  di  Anatomia  patologica  a  Catania. 


Quando  si  può  prendere  la  parola  in  argomenti  simili  e  con- 
tribuire anche  in  piccola  parte  alla  loro  illustrazione .  si  è  sempre 
adempiuto  un  dovere  ;  e  la  questione  della  tubercolina  include  il 
sollievo  dell'umanità  sofferente. 

Oggi,  che  non  è  più  lecito  discutere  sull'  origine  batterica  dei 
morbi  infettivi,  dopo  che  \\\\  immensa  mole  di  studi  positivi  1"  ha 
stabilito  in  modo  perentorio ,  è  giustificata  la  febbrile  attività  di 
trovare  i  mezzi  per  evitare  l'invasione  di  questi  invisibili  ospiti , 
toglierne  le  condizioni  favorevoli  di  attecchimento,  facendo  calcolo 
del  loro  modo  di  vivere,  e  finalmente  distruggerli  una  volta  che 
hanno  invaso  1'  organismo  eludendo   tutte  le  norme  dell'  igiene. 

L'essere  preservati  dai  batteri  patogeni  è  certamente  il  primo 
desiderato,  perchè  si  evita  il  morbo  non  solo  come  presenza  e 
moltiplicazione  di  questi  esseri  vivi,  ma  anche  come  prodotti  dele- 
teri del  loro  ricambio  materiale,  da  cui  più  spesso  vengono  i  danni 
maggiori   ed  irreparabili. 

Disgraziatamente  non  si  conosce  ancora  tutta  la  biologia  di 
questi  parassiti,  i  quah  d'altronde  per  la  loro  piccolezza  insidiano 
nel  modo  più  occulto  il  nostro  organismo,  e  da  ciò  la  terribile  fre- 
quenza dei  morbi  infettivi  con  tutto  il  progresso;  sebbene,  quando 
ci  si  mette  in  guardia  con  le  dovute  norme,  oggi  facilmente  si  ar- 
restano o  si  limitano  spaventevoli  epidemie  ed  endemie,  come  co- 
lera, febbre  gialla,  peste,  tifo,  ecc.  ,  facendo  attenzione  al  veicolo 
principale  e  più  comune  che  è  1'  acqua,  o  isolando  le  località  col- 
pite e  via  dicendo. 

Atti  Acc    Vol.  IH,  Serie  4"  38 


'286  Contributo  sull'azione  della  tubercolina  nei  tisici 

Ad  infezione  già  avvenuta  corre  1'  obbligo  di  distruggere  la 
causa  morbigena,  cioè  il  batterio  specifico  :  e  se  per  alcune  infe- 
zioni ciò  si  era  ottenuto  casualmente  ed  in  modo  puramente  em- 
pirico, come  nella  malaria  e  nella  sifilide,  oggi  dietro  le  nuove  con- 
quiste della  scienza  si  cerca  di  risolvere  il  grande  problema  cura- 
tivo delle  infezioni  sia  con  mezzi  direttamente  microbicidi,  sia  coi 
prodotti  di  ricambio  degli  stessi  batteri,  che  poco  per  volta  modi- 
ficherebbero gli  umo]-i  dell'  organismo  infettato  da  rendersi  final- 
mente refrattarii  ali"  attecchimento  del  microparassita  :  su  quest'  ul- 
timo principio  si  fonda  la  teoria  dei  vaccini,  almeno  la  più  importante, 
senza  entrare  (che  non  è  il  nostro  conqjito  attuale),  sul  modo  di  pre- 
pararli, se  cioè  devono  attraversare  un  altro  animale  refrattario,  ecc. 

E  per  ottenere  il  primo  risultato  si  impiegano  i  mezzi  già 
sanzionati  nel  laboratorio  con  effetti  portentosi  :  quindi  la  medica- 
tura Lister  per  la  chirurgia;  l' acido  fenico,  il  sublimato,  ecc.  nella 
pustola  maligna;  il  sublimato  corrosivo  nel  colera  ,  e  poi  il  calo- 
melano nel  tifo,  anzi  ])erfiuo  la  difterite,  anche  nei  casi  disperati , 
si  dice  arrestata  dalle  frizioni  mercuriali  secondo  i  dettati  di  Rauch- 
fuss ,  confermati  ultimamente  da  Smakovski.  Sventuratamente  si 
tratta  di  morbi  gravi  e  sovente  arrivati  ad  un  punto,  die  il  rime- 
dio riesce  frustraneo  per  la  dose  avanzata  del  veleno  microbico,  e 
da  ciò  r  ignoranza  mette  i  suoi  argomenti  pel  discredito.  Com- 
prendo, che  forse  non  si  avrà  tutta  la  specificità  di  azione  che  del 
mercurio  si  ha  nel  laboratorio  e  clinicamente  nella  sifilide;  ma  sono 
convinto^  che  il  rimedio  tante  volte  riesce  inutile  ed  anche  nocivo 
per  lo  stadio  in  cui  si  trova  il  morbo,  come  tante  volte  succede 
nella  stessa  sifilide. 

Per  ottenere  il  secondo  risultato,  cioè  i  vaccini,  che  possono 
essere  mezzi  preventivi  e  curativi,  ferve  oggi  nel  mondo  scientifico 
il  lavoro  sperimentale,  dopo  che  la  fortuna  arrise  a  h'uner  ,  dopo 
che  il  genio  di  Pasteur  mise  il  vaccino  pel  carbonchio  ,  per  la 
rabbia  ecc.  ;  e  dopo  che  Koch  comunicò  la  sua  scoverta  della  tu- 
bercolina :  quindi  lavori  speciali  sul  difterismo,  sul  tetano  ,  ed  an- 
che sulla  pulmonite  crupale. 


Coìifrihufo  sull'azione  della  hihercolina  nei  tisici  287 

Ma  le  scoYorte  sono  sempre  le  più  coinbnttute  ,  perchè  spo- 
stano la  comodità  dei  retrivi.  E  pel  nostro  argomento  le  2  più 
importanti  scoverte  di  Koch  ,  cioè  cjuella  sulla  causa  della  tuber- 
colosi (;24  Marzo  188'2),  e  1'  altra  sulla  materia  curativa  di  questo 
morbo  (14  Novembre  1890)  sono  state  oggetto  di  vive  opposizioni: 
ed  oggi  che  nessuno  più  discute  il  valore  della  scoverta  etiologica 
della  tubercolosi,  vi  è  ancora  grande  discordia  sul  valore  del  ri- 
medio trovato  da  Koch  contro  la  tubercolosi. 

In  tanta  disparità  di  risultati  e  di  opinioni  ,  che  finalmente 
porterà  i  suoi  benefici  effetti,  noi  vediamo  sempre  risaltare  la  fi- 
gura di  Roberto  Koch  ,  il  quale  con  perizia  somma  e  coscienza 
profonda,  che  ognuno  riconosce  in  questo  celebre  scienziato ,  ha 
condotto  a  tei^mine  anche  questi  suoi  studi.  La  sua  scoverta 
sulla  causa  della  tubercolosi  prima  fu  anche  molto  oppugnata,  ma 
oggi  non  vi  sono  che  pochi  ciechi  per  non  veder  tanta  luce.  Vo- 
gliamo dire,  che  un  ricercatore  come  Koch,  il  quale  dopo  un  lungo 
lavoro  pubbhca  la  sua  nota  del  14  Novembre,  ha  tutto  il  dritto 
alla  nostra  fede  :  la  sua  ultima  scoverta  deve  avere  perciò  un  in- 
concusso valore.  Portata  la  questione  sull'  uomo  per  necessità 
dovevano  venire  le  contradizioni,  quando  si  riflette  alla  varietà  degli 
ammalati,  alla  differente  fase  del  morbo  ed  al  grande  numero  dei 
medici  sperimentatori.  Senza  dubbio  la  sana  ed  illuminata  Clinica 
deve  illustrare  ,  modificare  e  meglio  concretare  1'  applicazione  di 
questo  grande  trovato  :  ma  non  crediamo  giusto ,  che  verso  un 
apostolato  così  fervido  si  sia  anche  da  persone  autorevoli  messo 
a  priori  il  dubbio,  anzi  qualcuno  si  è  opposto  all'  applicazione  del 
rimedio,  mentre  soltanto  la  scuola  dei  fatti  vale  ai  giorni  di  oggi, 
perchè  l' idea  non  li  partorisce,  ma  ne  dipende;  e  quindi  bisognava 
se  non  altro  aspettare  prima  i  risultati  clinici. 

Esaminiamo  ora  brevemente  la  storia  dei  fatti.  Koch  pub- 
blica anche  prima  del  tempo  da  lui  voluto  la  sua  scoverta  della 
tubercolina,  cioè,  di  un  estratto  giicerinoso  del  materiale  di  cultura 
in  cui  vissero  i  bacilH  della  tubercolosi.  I  risultati  delle  sue'  espe- 
rienze, che  egU  pubbHca    anche    nei    suoi  particolari ,  gli  danno  il 


288  Contributo  sull'azione  della  tubercolitia  nei  tisici 

dritto  a  concliiudere  ,  che  la  tubercolina  dà  alle  cavie  l' immunità 
per  la  tubercolosi  ed  arresta  il  decorso  della  malattia  nelle  cavie 
che  già  ne  sono  colpite.  Quindi  egli  esprime  la  speranza  ,  che  la 
tubercolosi  dell"  uomo  e  particolarmente  quella  dei  polmoni  deve 
essere  guaribile  :  e  bisogna  por  mente  a  quesf  ultima  conclusione, 
che  risalta  di  tanta  modestia  per  quanto  grande  è  la  scoverta  :  egli 
non  dice  che  la  tisi  tubercolare  debba  guarire  in  tutti  i  suoi  sta- 
dii,  ma  che  la  tubercolosi  deve  poter  guarire. 

Già  la  notizia  di  questi  studi,  trasparendo  dalla  conferenza  di 
Koch  sulla  batteriologia  fatta  al  Congresso  internazionale  di  medi- 
cina a  Berlino,  toccando  l'interesse  di  tanti  sofferenti,  vicino  ad  un 
nome  tanto  mallevadore  dei  suoi  trovati,  aveva  commosso  il  mondo 
intero,  anche  prima  della  nota  del  14  Novembre.  Come  era  na- 
turale ognuno,  potendolo,  si  mise  alla  prova  principalmente  per  la 
insistenza  dei  poveri  ammalati,  e  tutti  ricordano  episodii  raccapric- 
cianti di  sofferenti  quasi  moribondi ,  che  si  facevano  trasportare 
dalla  locomotiva  a  Berlino.  Si  cominciò  col  disordine,  si  continuò 
coU"  esagerazione  e  si  è  Anito  col  discredito.  Ma  il  metodo  non 
sempre  fu  praticato  con  tutte  le  norme,  non  si  fu  severi  nelle  dosi 
da  applicarsi  all'  uomo,  né  sempre  si  fece  giusto  calcolo  del  tempo 
di  continuazione  della  cura,  degli  stadii  diversi  della  tubercolosi  , 
della  natura  e  topograha  varia  degli  organi  affetti,  della  resistenza 
speciale  dei  singoli  malati  ;  e  quindi  i  risultati  ed  opinioni  contrarie 
anche  di  scienziati  eminenti.  A  me  però  ha  fatto  impressione  , 
che  finora  non  hanno  dato  un  giudizio  esplicito  gli  uomini  più  com- 
petenti, come  Pasteur,  Lister:  solo  Virchow  ha  esposto  varii  re- 
perti anatomici,  segnalando  fatti  funesti  probabilmente  dipendenti 
dall'  iniezione  di  tubercolina ,  e  richiamando  1'  attenzione  perchè  si 
fosse  cauti  nella  sua  amministrazione.  Ho  nominato  soltanto  Vir- 
chow_,  come  il  maestro  più  autorevole  e  veccliio  in  Anatomia  pato- 
logica: autopsie  simili  sono  state  fatte  datanti  altri,  ed  in  generale 
la  conclusione  è  stata  poco  favorevole  alla  iniezione  della  linfa. 
Ma  si  comprende  facilmente,  che  non  si  poteva  conchiudere  in  modo 
diverso  trattandosi  di  individui  morti,  non  guariti,  e  poi  influenzati 


Contributo  xuU'azione  della  tubercolina  nei  tisici  289 

dal  parere  di  Virchow:  forse  anche  le  modificazioni  in  meglio  erano 
sopraffatte  dai  profondi  guasti  ,  che  più  o  meno  si  sono  incolpati 
alla  tubercolina. 

Ora  io  vi  esporrò  il  risultato  di  ^1  autopsie  di  tisici  trattati 
con  la  tubercolina  ,  aftinché  potessi  col  giusto  apprezzamento  dei 
fatti  contribuire  al  grave  argomento. 

1.'  AUTOPSIA. 

L"  individuo  con  tubercolosi  pulmonale  al  3°  stadio  ,  cioè  di- 
struttivo, era  stato  accolto  e  trattato  nella  Clinica  medica  (  Toma- 
selli)  con  3  iniezioni  di  tubercolina.  la  prima  di  '  2  milligrammo,  la 
seconda  di  uno  e  la  terza  di  uno  e  mezzo,  cjuindi  in  tutto  3  mil- 
ligrammi. Il  giorno  dopo  1"  ultima  iniezione  ,  non  essendo  mai  mi- 
gliorato anzi  il  male  si  aggravava  semprepiù,  F  ammalato  volle  usci- 
re dall'  ospedale  e  morì  nella  propria  casa  15  giorni  dopo  1'  ultima 
iniezione.  L'  autopsia  per  la  mia  insistenza  e  per  la  solerzia  del 
nostro  assistente  Dottor  Condorelli  fu  praticata  di  sera  al  Campo- 
santo. I  pezzi  portati  al  nostro  Istituto  mi  hanno  fatto  giudicare 
"  Tisi  tubercolare  con  grosse  caverne  in  tutti  due  gli  apici,  preva- 
lentemente nel  destro  —  Estesa  disseminazione  tubercolare  nel  resto 
dei  polmoni  sotto  le  apparenze  differenti  di  granulazioni  e  nodi 
tubercolari  a  stadii  diversi  —  Pulmonite  crupale  floscia  e  corrispon- 
dente pleurite  secca  al  lobo  inferiore  destro  —  Tubercolosi  miliare 
acuta  nei  soli  reni  :  (  questa  lesione  si  è  esclusa  nel  fegato  anche 
con  1'  esame  microscopico  )  —  Le  glandule  linfatiche  peribronchiali 
di  destra  sono  tumefatte  notevolmente  per  infiltramento  midollare 
recente. 

2.»  AUTOPSIA. 

L' individuo  era  accolto  nella  Clinica  medica  propedeutica  (Fe- 
letti),  e  decesso  nella  stessa  dopo   19  iniezioni   di  tubercolina,    la 


290  Contributo  sull'azione  della  tubercolina  nei  tisici 


prima  di  '  4  di  milligrammo  e  poi  aumentando  gradatamente  da  ar- 
rivare alla  dotìe  massima  di  i  centigrammi,  impiegando  una  quan- 
tità complessiva  di  milligrammi  165^4.  Le  iniezioni  furono  so- 
spese pel  peggioramento  delle  condizioni  generali  e  locali  ,  peggio- 
ramento che  progressivamente  aumentò  sino  alla  morte,  avvenuta  42 
giorni  dopo  l'ultima  iniezione  praticata.  Il  cadavere  venne  al  nostro 
Istituto  con  la  diagnosi  clinica  "  Tubercolosi  pulmonare  e  laringea.   , 

L'  autopsia  è  stata  fatta  pubblicamente  nella  nostra  scuola 
il  14  Maggio,  ed  abbiamo  trovato.  "  Tisi  tubercolare  dei  polmoni 
con  caverne  vecchie  agii  apici  ,  circondate  da  esteso  induramento 
ardesiaco  in  cui  risalta  un  colorito  roseo  non  ordinario.  Dissemi- 
nazione confluente  nel  resto  dei  polmoni  con  esteso  rammollamento 
caseoso,  avvenuto  di  recente  anche  nei  focolai  più  piccoli  :  perfo- 
razione di  3  di  questi  nel  sacco  pleurico  sinistro  e  pio-pneumo-to- 
race— Laringite  tubercolare  in  via  di  guarigione.  —  Nessuna  altera- 
zione rilevante  negli  altri  organi  ,  meno  un  certo  grado  di  rigon- 
fiamento torbido.  „  A  proposito  delle  condizioni  anatomiche  del  la- 
ringe, omettiamo  i  particolari,  che  già  si  trovano  descritti  nel  re- 
perto anatomico  :  in  succinto  però  facciamo  risaltare,  per  conferma 
della  natura  del  processo,  il  fatto  clinico  della  tubercolosi  della 
laringe  e  dei  polmoni ,  le  estese  alterazioni  anatomiche  precedenti 
che  abbiamo  potuto  indurre  dai  postumi  di  riparazione  in  parte 
alla  fase  cicatriziale,  mentre  nei  punti  ancora  ulcerati,  sebbene  messi 
quasi  hvello  della  mucosa  vicina,  vi  è  ancora  un  intonaco  caseoso  ; 
ed  infine  anche  la  località  prediletta  per  la  tubercolosi  ,  cioè  ,  la 
faccia  inferiore  ed  i  margini  lateraU  dell'  epiglottide  e  la  parete  an- 
teriore del  laringe. 

L'  esame  microscopico  relativo  all'  esistenza  dei  bacilli  tuber- 
colosi r  ho  fatto  a  preferenza  nel  2."  caso,  perchè  in  questo  soltanto 
si  può  far  calcolo  di  un'azione  vera  e  prolungata  della  tubercolina  ; 
anzi  il  notevole  tempo  trascorso  dall'  ultima  iniezione  mette  ,  secondo 
me,  la  condizione  favorevole  per  la  possibile  lenta  modificazione 
del  bacillo  ,  mentre  nascono  dei  dubbii  nei  casi  in  cui  manca  il 
tempo  utile  per  simili   risultati. 


Coììtributo  stdl'azione  della  fubercolina  nei  fidivi  291 

n  sangue  non  ha  mostrato  traccia  di  bacilli  tuhci-cnlari  :  l'esame 
poi  principalmente  delle  granulazioni  più  recenti  ,  raramente  ha  pre- 
sentato il  bacillo  specifico,  il  quale  mi  è  sembrato:  1."  essere  un 
poco  meno  colorato  che  nelle  condizioni  ordinarie  :  ■2."  più  esile  , 
sebbene  i  più  corti  e  quelli  incurvati  mostrano  la  spessezza  ordi- 
naria :  3."  talora  trasformato  in  una  serie  di  grossi  granuli  del  proto- 
plasma, disposti  a  rosario,  debolmente  ma  evidentemente  colorati  nel 
modo  specifico.  Si  osserva  poi  una  quantità  di  granuli  liberi  nel  tessu- 
to, purché  si  trovi  in  uno  stato  infiammatorio,  perfino  nelle  pareti 
alveolari  ed  anche  in  quello  essudato  gelatiniforme  omogeneo  che 
talora  tapezza  le  pareti  stesse.  Queste  apparenze,  colorate  perfet- 
tamente nel  modo  specifico  del  bacillo  della  tubercolosi,  sono  simili 
soltanto  un  poco  più  grosse  dei  granuli  disposti  a  catena  di  3,  4 
a  5  nell'interno  delle  membrane  bacillari  :  somigliano  a  cocchi  iso- 
lati, talora  riuniti  a  due,  tal"  altra  aggruppati  in  mmiero  maggiore: 
alcuni  mostrano  la  prevalenza  di  uno  dei  diametri,  e  quindi  appa- 
riscono come  corti  bacilli.  (Di  questi  fatti  troveranno  la  dimostra- 
zione nei  preparati  esposti.)  Io  pel  momento  non  mi  fido  giudicare 
di  shnili  apparenze  ;  credo  che  sieno  modificazioni  importanti  del 
batterio  specifico,  e  con  molta  probabilità  hanno  dipeso  dalla  tuber- 
cohna  :  se  queste  apparenze  di  cocchi  sieno  spore  tubercolari,  simili 
a  quelle  che  io  stesso  descrissi  pel  primo  nell'essudato  della  lepto- 
meningite  tubercolare  nel  1884,  ovvero  le  spore  bacillari  di  Schron 
diventate  libere;  e  se  le  apparenze  di  bacilli  costituiti  da  una  catena 
di  torule  sieno  1"  espressione  del  bacillo  tubercolare  sporifero  anche 
da  me  descritto  perfino  con  ligure  nel  succennato  lavoro  ,  ovvero 
il  bacillo  tubercolare  giovine  secondo  Schron,  ovvero  un'apparenza 
artificiale  ,  come  quella  indotta  principalmente  dal  lodo,  secondo  C. 
Fraenckel  ed  altri,  abbisognano  ancora  studii  seveii  per  decidere; 
ed  io  mi  riservo  di  studiare  più  ampiamente  questo  argomento,  su 
tutti  i  pezzi  conservati  di  questa  autopsia  e  tratterò  con  lo  stesso 
metodo  quanti  altri  casi  mi  sarà  possibile  di  studiare  di  tubercolo- 
tici non  trattati  con  la  fubercolina;  e  devo  dichiarare  che  in  questi 
studii  mi  son  servito  a  preferenza  dell'acido  acetico  glaciale  in  so- 


292  Contribnto  sull'azione  della  fnbercolina  nei  tìsici 

stanza  come  decolorante  invece  di  altri  acidi  :  modifica  che  notai 
nel  mio  lavoro  del  1884,  e  che  mi  ha  corrisposto  sempre  e  megho 
degli  altri.  Pel  momento  però  devo  dire  ,  che  quell'  apparenza  di 
cocchi  più  che  ad  un  fatto  regressivo  di  frazionamento,  di  involu- 
zione secondo  Fraentzel  ed  altri,  riporterei  ad  un'  evoluzione  progres- 
siva, sporigena,  tanto  le  apparenze  sono  precise,  la  colorazione  per- 
fetta ed  il  graduato  passaggio  in  corti  bacilli  :  e  che  la  disposizione 
speciale  a  rosai-io  del  protoplasma  del  bacillo  in  questo  caso  non 
si  può  incolpare  al  lodo  ,  quindi  non  è  un  prodotto  artificiale  : 
sarebbe  di  un  estremo  interesse  poter  confermare  Y  opinione  mia 
e  di  Schron  in  proposito,  che  cioè  sieno  bacilli  nel  loro  pieno  vigore 
prolifico,  perchè  allora  la  tubercolina  sarebbe  condannata.  Su  questa 
quistione  fina  ,  intima  devo  sospendere  il  giudizio  il  quale  dovrà 
essere  confermato,  modificato  o  corretto  da  studi  ulteriori.  Pel  mo- 
mento continuerò  le  considerazioni  sulf  argomento  in  parola,  indi- 
pendentemente dai  dubbii  suesposti. 

Dalla  prima  autopsia  possiamo  dedurre  poco  o  niente  sugli 
effetti  della  tubercolina  :  è  troppo  tenue  la  quantità  iniettata,  per 
incolpare  la  linfa  di  effetti  dannosi,  come  la  pulmonite  floscia,  e  di . 
non  aver  arrestato  1'  ulteriore  progresso  del  morbo,  massime  nelle 
sue  manifestazioni  lontane,  metastatiche ,  come  la  tubercolosi  miliare 
acuta  dei  reni.  E  se  la  tubercolina  in  primo  tempo  non  distrugge 
il  bacillo  e  la  sua  virulenza  ,  tanto  da  poter  indurre  l'allargamento 
e  moltiplicazione  di  focolai  circoscritti  preesistenti,  per  avere  il  ram- 
mollamento  reso  più  facile  la  disseminazione  e  le  metastasi,  non  si 
può  dire  ciò  con  asseveranza  nel  caso  in  parola  per  le  ragioni  sue- 
sposte :  e  poi  manifestazioni  simili  si  hanno  non  infrequentemente 
anche  senza  l'uso  della  tubercolina.  Relativamente  alla  pneumonite, 
a  noi  non  ha  imposto  l'apparenza  speciale  floscia,  la  quale,  come  è 
risaputo,  si  ha  in  generale  negli  individui  deboli  e  nei  vecchi  a  pre- 
ferenza :  il  marasmo  indotto  dalla  tisi  tubercolare  giustifica  la  scar- 
sezza dell'  essudato  ,  mentre  la  mancanza  del  bacillo  tubercolare  , 
r  estensione  lobare  e  la  pleurite  secca  corrispondente  al  lobo  in- 
fiammato ,    confermano  la  natura  della  pulmonite  crupale  :    non  vi 


Contributo  sull'azione  della  fubercolina  nei  fisici  293 

abbiamo  trovato  il  diplocorco  di  Fracnckel  o  a.Itri  equivalenti;  ma 
si  sa  ,  clie  specialmente  dopo  un  certo  tempo  lo  pneumococco  non 
si  trova  più:  e  dall'  esame  microscopico  risulta  che  il  processo  da- 
tava da  un  tempo  maggiore  dell"  ordinario  ^  e  che  la  risoluzione 
cominciava  in  modo  lento,  sebbene  incompleto.  L'intiltramento  acuto 
delle  glandule  linfatiche  peribronchiali  a  destra  è  in  rapporto  solo 
con  la  flogosi  crupale  ,  avendosi  il  riscontro  in  casi  simili  e  man- 
cando il   bacillo  tubercolare. 

Dalla  seconda  autopsia  abbiamo  potuto  trarre  ammaestramenti 
più  positivi  per  la  questione  in  parola.  Mentre  nel  1."  caso  le 
iniezioni  di  tubercolina  furono  così  scarse  da  non  essere  sufficienti 
a  produrre  cambiamenti  positivi  ,  straordinarii  nei  noduli  recenti  , 
nel  3.0  sono  state  praticate  molte  iniezioni ,  per  un  tempo  lungo 
e  la  somma  della  tubercolina  iniettata  è  stata  considerevole  ,  e 
quindi  dobbiamo  credere  sufficiente  per  gfi  etfetti  speciali.  L"  ipe- 
remia delle  località  affette  da  induramento  ardesiaco  ,  oltre  quefia 
del  resto  dei  polmoni,  certamente  è  un  fatto  straordinario  ;  come 
pure  è  straordinario  il  fatto  ,  che  in  polmoni  affetti  da  tisi  tuber- 
colare di  data  antica  ed  a  decorso  lento,  sopraggiunge  un  rammol- 
lamento  generale  delle  masse  caseose ,  anche  nei  nidi  tubercolari 
più  recenti,  sino  a  cagionare ,  essendo  mancato  il  tempo  utile  per 
la  pleurite  adesiva  ,  la  perforazione  del  polmone  nella  pleura  ;  è 
vero,  che  alterazioni  simili  troviamo  nei  polmoni  presi  da  tisi  flo- 
rida, galoppante,  ma  allora  il  processo  quasi  mai  ha  una  data  an- 
tica e  lunga.  L'  altro  fatto  straordinario  è  il  miglioramento  esteso, 
in  varii  punti  con  guarigione  cicatriziale  del  processo  tubercolare 
del  laringe,  in  modo  che  l'apparenza  ordinaria  devastante  deh"  ul- 
cerazione tubercolare  ,  e  che  nel  caso  presente  ha  dovuto  essere 
profonda  a  giudicare  dalla  riparazione  cicatriziale,  non  più  appare: 
un  simile  risultato  non  eravamo  abituati  ad  ottenere  con  l'impiego 
di  tutti  i  mezzi  curativi  finora  conosciuti.  Questi  fatti  straordinarii 
hoi  mettiamo  sul  conto  defi'  azione  della  tubercofina  iniettata. 

Io  sono  defia  opinione  della  maggioranza,  la  quale  oggi  ritiene 
che    r  azione  dalla  tubercolina    non  sia  necrotizzante    pei    prodotti 

Atti  Acc    Vul.  Ili,  Sebie  4"  3i) 


294  Contributo  sull'azione  della  tuhercoUna  nei  tisici 


tubercolari  :  "e  davvero  sarel^be  inutile  la  poca  e  problematica  necrosi 
cagionata  dalla  linfa,  quando  già  V  infiammazione  specifica  per  conto 
proprio  vi  è  destinata,  tanto  da  aversi  più  o  meno  prestamente  la 
necrosi  coseosa,  costituente  la  seconda  fase,  che  è  la  degenerativa 
regressiva  nel  tubercolo.  E  poi  il  fatto  di  tubercoli  miliari  e  sub- 
miliari ,  già  confermato  in  tanti  reperti  di  individui  trattati  con  la 
tubercolina  va  contro  l'opinione  necrotizzante  della  linfa:  anzi  con- 
ferma, per  r  eruzione  recentissima,  che  la  linfa  non  ha  azione  di- 
retta contro  il  bacillo ,  almeno  nei  primi  tempi  della  sua  azione  ; 
chi  sa  che  invece  non  metta  le  condizioni  favorevoli  per  la  sua 
rapida  prolificazione. 

Seguiamo  invece  1'  opinione,  almeno  sino  ad  oggi,  che  accorda 
alla  linfa  un'azione  locale  speciale  sulle  parti  specificamente  infiam- 
mate, per  cui  sarebbe  alterato  il  campo  vasale  della  località,  dimi- 
nuita la  resistenza  delle  pareti  vasali,  in  modo  da  succedere  dila- 
tazione e  maggiore  riempimento  in  sangue  ,  e  quindi  trasudazione 
notevole  di  siero.  Ciò  è  evidente  ocularmente  nelle  affezioni  tu- 
bercolari esterne  e  coi  segni  plessici  ed  acustici  nelle  interne  ap- 
partenenti all'  apparecchio  respiratorio.  E  tutto  questo  è  stato  con- 
fermato dalle  osservazioni  necroscopiche,  in  cui  ordinariamente  si 
è  trovata  iperemia  delle  loc'alità  affette  di  tubercolosi  dietro  1"  a- 
zione  della  tubercolina,  e  nella  nostra  seconda  osservazione  colpisce 
r  aspetto  roseo  che  risalta  sulle  parti  affette  da  induramento  arde- 
siaco  ,  e  la  notevole  iperemia  del  resto  dei  polmoni  là  ove  sono 
granulazioni  e  nidi  tubercolari  di  data  recente  ,  e  crediamo  che 
questo  stato  iperemico  è  minore  ancora  di  quello  che  ha  dovuto 
essere  nel  tempo  delle  iniezioni  e  nei  primi  giorni  consecutivi. 
L'  esame  microscopico  ha  confermato  la  iperemia  del  parenchima 
pulmonale  circostante  alle  formazioni  tubercolari  recenti,  ed  ipere- 
mia anche  nelle  parti  già  obsolescenti  per  induramento  ardesiaco, 
ove  è  straordinario  il  fatto  che  parte  del  parenchima  pulmonale 
già  collabito  mostra  dilatazione  degli  alveoh  per  riempimento  di  siero 
e  le  pareti  alveolari  mostrano  dilatazione  dei  capillari  ed  infiltra- 
mento leucocitico  recente  senza  accenno  a  trasformazioni  regressive. 


Contributo  ntdl'azione  della  tubetrolina  nei  tinici  295 

È  questa  azione  alterante  della  tubercolina.  quasi  come  fanno 
le  sostanze  aeri  (Liebreicli)  ,  indotta  sulle  pareti  vasali  più  predi- 
sposte, già  alterate,  cioè  sui  vasi  che  circondano  i  focolai  tubercolari, 
che  deve  essere  la  base  dei  cambiamenti  importanti  che  si  fanno 
nella  località.  Da  una  parte  F  invasione  di  siero,  che,  grazie  ai  la- 
vori di  Buchner  e  di  Stern  ,  si  ritiene  che  agisca  poco  per  volta 
come  microbicida,  sebbene  ciò  dovrà  essere  confermato  pel  bacillo 
della  tubercolosi;  dall'  altra,  ed  è  un  fatto  innegabile,  i  focolai  con 
necrosi  caseosa  dietro  questa  invasione  sierosa  si  rammolliscono 
rapidamente  ,  mettendosi  la  condizione  favorevole  per  lo  sfacelo  : 
dair  altra  infine  i  tessuti  piìi  vecchi,  anche  sclerosati,  sono  infestati 
ed  animati  da  elementi  attivi ,  indifferenti,  per  cui  la  possibilità  ai 
processi  hmitanti,  riparatori. 

L' invasione  sierosa  dei  prodotti  flogistici  tubercolari  ,  già  ca- 
duti in  necrosi  caseosa,  e  consecutivo  rammollamento  rapido  per 
opera  della  tubercolina  illustra  la  questione  di  genesi  del  rammol- 
limento delle  masse  caseose  nella  tubercolosi  :  per  conto  mio  da 
varii  anni  ho  espressa  l'opinione  che  non  era  cpella  specie  di 
cozione  che  si  ammetteva,  né  il  lento  riassorbimento  dell'  acqua  per 
cui  la  parte  degenerata  si  precipitava  ecc.  ,  invece  ho  dato  peso 
all'  invasione  di  siero  dalle  parti  hmitrofe  ,  le  quali  iperemizzano 
ed  infiammano  sino  alla  suppurazione  intorno  a  quella  parte  mor- 
ta, che  figura  da  corpo  estraneo  ;  e  quella  parte  morta  in  via  di 
sgregamento  granulare  per  l'indole  del  processo  è  invasa  passiva- 
mente dal  siero  e  perciò  rammollita:  e  se  ciò  non  succede  nella 
necrosi  caseosa  della  gomma  ,  io  dicevo  ,  ciò  dipendere  dall'impe- 
dita invasione  di  siero  per  la  sclerosi  circostante,  che  lentamente 
si  fa  intorno  ai  prodotti  necrotici  delle  gomme  a  differenza  che  nei 
prodotti  tubercolari  :  come  anche  è  risaputo  ,  che  gomme  le  quali 
rapidamente  assolvono  il  loro  decorso  ,  e  sono  le  piìi  esposte  ai 
maltrattamenti  traumatici,  come  le  periostali  esterne  ,  appunto  per 
la  mancanza  di  sclerosi  circostante  capace  d'  impedire  l' invasione 
sierosa  rammolliscono  anche  esse  e  perfino  suppurano.  Ed  infine 
vi  sono  infiammazioni  tubercolari  in  cui ,    sia  per   la  località  poco 


296  Confribxfo  nulVazione  della  tuhercolina  nei  tisici 

esposta  ai  traumi,  sia  per  condizioni  favorevoli  di  lentezza  del  pro- 
cesso ,  masse  anche  grosse  sono  incapsulate  ,  non  rammolliscono  , 
anzi  calcificano,  e  ciò  succede  perfino  nell'organo  meno  favorevol- 
mente disposto,  nel  polmone,  sotto  la  forma  dei  tubercoli  obsoleti. 
Ripeto  perciò  ,  che  1'  azione  locale  della  tubercolina  illustra  anche, 
secondo  il  mio  modo  di  vedere,  la  questione  generale  di  genesi 
del  rammoUamento  delle  masse  caseose  per  l'invasione  di  siero. 

Crediamo  quindi  lecito  poter  conchiudere  da  tutti  i  fatti  os- 
servati, che  l' azione  locale  della  tubercolina  ,  se  non  riesce  cu- 
rativa specificamente  contro  il  bacillo  della  tubercolosi  specialmente 
quando  il  nodulo  specifico  è  recente  e  non  ancora  caseificato  ^  ne 
dissolve  rapidamente  il  terreno  di  cultura  quando-  già  è  cominciata 
la  caseificazione,  per  cui  il  bacillo  può  essere  coinvolto  in  quella 
distruzione;  e  ciò  che  più  importa  mette  le  condizioni  favorevoli 
per  r  efiminazione  dei  focolai  specifici:  inoltre  se  vi  è  molta  nor- 
ma nella  propinazione  del  rimedio  si  potrà  con  quella  longanimità 
richiesta  daUa  gravezza  del  male  arrivar  a  sequestrare  semprepiù 
focolai  che  non  si  possono  emettere  al  mondo  esterno  ,  mediante 
la  formazione  di  tessuti  riparatori ,  che  col  loro  consolidamento 
chiudono  poco  per  volta  le  vie  alla  disseminazione  ed  alla  meta- 
stasi. Non  si  può  negare  che  per  norme  non  ancora  assodate  la 
tubercoMna  tante  volte  agisce  rapidamente,  rammoUisce  focolai  tu- 
bercolari, i  quali,  sia  perchè  non  si  trovano  su  superficie  libere 
e  perciò  capaci  di  essere  eliminati  all'esterno,  sia  perchè  non  an- 
cora si  è  formata  la  barriera  locale  di  connettivo  fibroso,  infettano 
l)iù  rapidamente  la  vicinanza  ed  il  resto  defi' organismo  ,  oltre  i 
guasti  locafi  meccanici,  come  nel  laringe,  di  continuità  ,  come  nel- 
r  intestino,  ecc.,  che  si  possono  indurre. 

Suir  azione  locale  del  siero  trasudato,  dietro  1'  applicazione 
della  tubercolina,  si  sono  voluti  giustificare  gli  altri  metodi  recen- 
tissimi per  la  cuia  della  tubercolosi  ;  si  opina  che  sia  1*  azione  mi- 
crobicida  del  siero  del  sangue,  o  aggiunto  al  tisico  da  animali  re- 
frattarii,  capra,  cane,  (Richet,  Lepine),  ovvero  arrivato  dallo  stesso 
malato   per  iperemie  locali  indotte  nelle  parti  affette  da  rimcdii,  co- 


Confribiiio  ttull'azione  della  tuheirolimi  nei  tisici  297 

me  il  cantaridato  di  potassa  (Liebreicli.  llcàl,  quest'  ultimo  che  ne 
reclama  la  pi'iorità  di  quasi  i20  anni),  e  forse  anche  col  ioduro  di 
potassio  (Sticker)  mediante  il  riattivamento  del  ricambio  materiale,  che 
ha  dato  risultati  incoraggianti  a  questi  Autori.  Noi  non  possiamo 
approfondirci  su  ciò  per  non  divagar  molto,  ed  essendo  ancora  le 
conclusioni  sub  indice  :  solo  facciamo  rilevare  l'esperienza  negativa 
di  Foà,  anche  rafforzando  ,  secondo  Richet  ,  la  supposta  proprietà 
vaccinante  del  siero  di  sangue  dell'  animale  refrattario,  pollo,  verso 
la  cavia  anhnale  assolutamente  recettivo. 

Per  ciò  che  riguarda  Y  azione  generale  della  tubercolina,  seb- 
bene fosse  un  argomento  che  in  gran  parte  si  sottrae  agli  studii 
anatomo-patologici ,  facciamo  rilevare  le  profonde  modificazioni  del 
ricambio  materiale  ,  da  cui  la  febbre  ,  e  forse  alterazioni  più  spe- 
ciali su  certi  organi,  massime  del  sistema  nervoso  ,  dell'  apparec- 
chio urinario,  ecc.  ed  in  ciò  si  è  quasi  generalmente  di  accordo  : 
ma  non  si  può  ancora  dire  ,  se  poco  per  volta  avviene  tale  una 
modihcazione  del  ricambio  stesso  da  indurre  1"  immunità  per  1'  ul- 
teriore attecchimento  del  bacillo  tubercolare;  come  è  sicuro  il  con- 
trario ,  che  cioè  almeno  per  un  tempo  notevole  il  bacillo  che  era 
annidato  non  è  distrutto. 

Non  possiamo  quindi  negare  ,  che  finora  le  grandi  speranze 
concepite  per  i  risultati  ottenuti  sugli  animali  non  sono  state  con- 
fermate suir  uomo  :  anzi  hanno  sorpreso  i  risultati  sperimentali  per- 
fettamente contrarli  a  quelli  di  Koch  ,  ottenuti  nelle  stesse  condi- 
zioni e  sugli  stessi  animali,  come  quelli  di  Dubief  capo  del  labo- 
ratorio di  batteriologia  di  Dujardin-Beaumetz,  ed  i  recentissimi  di 
Baumgarten  per  cui  i  conigli  e  le  cavie  ,  infettati  di  tubercolosi  , 
con  tutte  le  iniezioni  di  tubercolina  fanno  svolgere  fatalmente  il 
processo  sino  alla  morte  ,  e  che  le  inoculazioni  preventive  sono 
inefficaci  contro  il  terribile  bacillo.  A  questo  proposito  dobbiamo 
far  rilevare  che  tanti  altri  ,  tra  i  quali  nominiamo  Klebs  e  poi 
SchoU  assistente  di  Hueppe  nell'Istituto  igienico  di  Praga  hanno 
confermato  i  risultati  di  Koch  ;  e  quindi  con  probabilità  i  lisultati 


298  Contributo  sull'azione  della  tubercolina  nei  tisici 

opposti  (lei   lìiiiiii  hanno  dipeso  soltanto    dal    non    aver    adoperato 
tutte  le  norme  e  cautele  dettate  da  Koch. 

A  questa  discordia  surta  anche  nel  campo  sperimentale  ,  ag- 
giungendo i  risultati  clinici  contrari  abbastanza  numerosi  ,  perfino 
contro  il  valore  diagnostico  (Leyden  ecc.),  e  principalmente  contro 
il  valore  curativo,  che  anche  nei  casi  più  fortunati  e  promettenti 
ha  fatto  notare  la  recidiva  fmanco  negli  affetti  da  lupus  e  tuber- 
colosi della  ossa  ,  (e  ciò  da  persone  competenti  nella  materia  ed 
aumiiratori  di  Koch  (Bergmann  ecc.),  segue  ai  più  fiduciosi  il  dub- 
bio ,  mentre  dimostra  che  un  lato  debole  sta  nella  tubercolina  ,  il 
quale  deve  essere  corretto  :  non  è  ammissibile  ,  che  in  una  que- 
stione in  cui  tutti  sperano  e  con  la  più  buona  volontà  si  fosse 
tanto  esagerato  nei  risultati  sfavorevoli.  Dall'  altra  parte  della  bi- 
lancia pesano  anche  i  risultati  favorevoli  ,  e  perciò  noi  fidenti  nel 
valore  della  scoverta  aspetteremo,  augurandoci  da  una  parte  che 
le  affermazioni  di  Koch  sieno  confermate  da  tutti  ,  e  che  si  arrivi 
con  nuovi  studii  di  laboratorio  e  principalmente  di  clinica  a  scer- 
nere e  separare  possibilmente  i  i2  efTetti  opposti  :  e  ciò  ci  farebbe 
sperare  1'  ultimo  lavoro  del  Klebs,  il  quale  ha  cercato  di  separare 
nella  linfa  di  Koch  col  cloroformio  una  sostanza  di  effetto  tossico, 
dall'  altra  di  effetto  salutare,  vaccinante,  che  resta  libera  nell"  alcool: 
ed  ha  dimostrato  con  una  nuova  serie  di  sperimenti  ,  che  la  tu- 
bercolina così  depurata  produce  negli  animali  tubercolosi  gli  stessi 
benefìci  effetti  della  linfa  originaria  ,  e  nell'  uomo  sano  nessun  ef- 
fetto molesto  o  morboso  :  Klebs  arrivò  a  queste  conclusioni ,  par- 
tendo dal  fatto  che  la  tubercolina  propinata  agli  animali  non  dà 
mai  certi  inconvenienti  che  si  manifestano  nell'uomo  ,  e  quindi  si 
mise  alla  risoluzione  del  quesito  ,  se  per  avventura  nella  linfa  di 
Koch  tra  le  varie  sostanze  ne  esistesse  una  capace  di  [irovocare 
suir  uomo  ,  e  non  sugli  animali  ,  quelle  conseguenze  nocive  ,  che 
mettono  in  preoccupazione  il  pratico  nella  sua  amministrazione. 

È  quindi  necessario  ed  è  stato  il  voto  della  maggioranza,  mol- 
tiplicare gli  studii  con  un  esame  rigoroso  e  conq^lesso  degli  effetti 
della  tubercolina,  possibilmente  depurata  secondo    Klebs  ,  sul    san- 


Contributo  sull'aziom  delìn  tuhercoUna  nei  tisici  299 

gue,  urina,  .sudori  ,  saliva  e  secrezioni  in  genere  ,  circolazione,  in- 
nervazione e  poi  nutrizione  generale,  tanto  rimpetto  all'  organismo 
sano,  come  all'  ammalato  ,  per  poter  dare  conclusioni  più  positive 
fondate  sul  valore  fisiologico  e  terapeutico  della  linfa  ,  notando  le 
differenze  di  effetti  tra  gli  animali  e  l' uomo  ,  e  possibilmente  tro- 
varne le  ragioni. 

Che  tante  volte  si  sperimenti  con  una  linfa  che  non  sia  la 
vera  ,  ed  in  cjuesti  casi  probabilmente  mal  preparata  ,  è  possibile, 
ma  noi  riteniamo  ciò  molto  improbabile  :  chi  volete  ,  che  volesse 
trar  guadagno  da  un'operazione  difficile,  lunga,  costosa  massime 
per  località,  apparecchi  ecc.  quando  in  generale  ognuno  se  ne  prov- 
vede dal  laboratorio  di  Koch  sia  direttamente  ,  sia  per  mezzo  del 
Governo  ?  Si  potrebbe  anche  mettere  in  discussione,  se  la  linfa  di 
Koch  in  tutte  le  fabbricazioni  e  manipolazioni  successive  non  abbia 
subito  delle  modificazioni  intime  ,  relative  a  stadii  diversi  di  vita 
del  bacillo,  le  quali  avessero  potuto  avere  influenza  sulla  diversità 
di  natura  di  rimedio  e  quindi  dei  risultati  perfino  sperimentali  :  ma 
anche  a  ciò  crediamo  poco,  quando  ci  è  arra  1'  esattezza  e  la  mi- 
nuziosità a  cui  si  informano  i  lavori  che  si  fanno  nell'  Istituto  di 
Igiene  di  Berlino. 

Il  fatto  è  che  la  quistione  dei  vaccini  non  si  può  generalizzare 
per  tutte  le  infezioni:  ve  ne  sono  alcune  che  danno  questa  modifica- 
zione degli  umori  in  modo  che  gi'  individui  una  volta  sofferta  quel- 
r  infezione  per  un  tempo  piìi  o  meno  lungo  diventano  refrattarii 
allo  stesso  morbo,  vuol  dire  ne  restano  vaccinati  (esantemi  acuti  , 
tifo  ,  sifilide  ecc.)  Altre  infezioni  invece  o  non  inducono  questa 
modificazione  vaccinante,  ovvero  essa  dura  tanto  poco  tempo  ,  per 
cui  gU  ammalati  facilmente  ricadono  (malaria,  blenorragia,  ecc.). — 
Altre  infezioni,  che  meglio  dovrebbero  dare  l'effetto  utile  della  vac- 
cinazione ,  perchè  la  causa  morbosa  si  mette  e  sviluppa  in  modo 
relativamente  lento  ,  mostrano  invece  lo  sviluppo  progressivo  ed 
inesorabile  dell'agente  patogeno  e  dei  suoi  effetti  morbosi,  ed  in  ciò 
è  tipico  il  bacillo  della  tubercolosi;  ed  infatti  l' esperienza  e'  insegna 
che  r  infezione  tubercolare  o  non  è  capace  di  vaccinare  l' individuo 


300  Confr/bìdo  aìill'azione  della  tubercolina  nei  fisici 


affetto,  ovvero  i  suoi  prodotti  sono  talmente  complessi,  ohe  la  so- 
stanza vaccinante  deve  essere  neutralizzata  e  paralizzata  nei  suoi 
effetti  salutari  da  sostanze  nocive. 

In  attesa  perciò,  che  la  grave  ciuestione  s' illustri,  io  devo  ri- 
petere anche  ora  ciò,  die  dissi  fin  dal  principio  della  scoverta 
nella  mia  scuola  ;  che  ,  cioè ,  è  necessario  dilucidare  certi  dubhii 
suir  azione  benefica  dell'  estratto  di  culture  tubercolari,  almeno  così 
si  sarà  meno  restii  a  sperimentare  questa  specie  di  vaccino  anche 
suir  uomo. 

I  nostri  dubbi!,  poi  condivisi  da  altri,  sono  i  seguenti: 

1°  Perchè  i  focolai  tubercolari  non  sono  essi  stessi  la  fonte 
della  tubercolina  nell'organismo  malato? 

'2°  Perchè  i  figli  di  tubercolotici  ,  quasi  inesorabilmente  fini- 
scono col  diventare  anch'essi  tisici,  mentre  avrebbero  dovuto  es- 
sere vaccinati  nell'  utero  materno  (quando  la  madre  è  tubercolo- 
tica), come  succede  nel  vainolo  e  forse  in  altri  morbi  infettivi  :  ov- 
vero vaccinati  fin  dal  primo  momento  per  vaccinazione  già  avve- 
nuta degli  elementi  generatori  negli  organismi  dei  genitori  malati  ? 

La  prole  non  è  altro,  che  1'  effetto  utile  o  meglio  il  prodotto 
della  unione  intima  della  cellula  spermatica  coli'  ovarica,  e  più  pro- 
priamente dei  loro  nuclei,  e  con  maggior  precisione  ,  come  ha  di- 
mostrato Fol,  di  quella  danza  e  fusione  intima  consecutiva  dei  cor- 
puscoli polari  di  von  Beneden  sia  del  nucleo  spermatico  che  del- 
l'ovarico,  a  cui  segue  la  commistione  e  fusione  dei  filamenti  croma- 
tici dei  !2  nuclei,  in  modo  che  in  ciascun  elemento  dell'  organismo  fi- 
glio vi  è  la  contribuzione  anatomica  eguale  dei  2  elementi  generatori 
•del  padre  e  della  madre.  Così  si  spiega  in  un  modo  chiaro  1'  e- 
redità,  che  1'  è  una  continuazione  perfetta  delle  qualità  dei  geni- 
tori. Ora  che  cosa  si  può  trasmettere  dai  genitori  tubercolotici 
alla  prole  ì  Non  il  bacillo,  a  meno  che  non  vi  fosse  tubercolosi  con 
ulcerazione  dei  genitali:  allora  il  bacillo  accompagna  gli  elementi 
generatori,  ed  il  primo  sviluppo  embrionale  sarebbe  precocemente 
arrestato  e  1'  effetto  utile  del  concepimento  nullo  ;  ciò  è  indubitalo 
per  altre  infezioni,  come  la  sifilide.   Se    invece  manca    la    tubérco- 


Vontrìhìifo  stili' azione  lìclln  fiihercothia  »ei  fisici  301 

losi  dei  geniliili  non  si  può  tiasmettere  con  gli  elementi  generatori 
che  r  estratto,  già  riassorbito,  dei  tessuti  tul)ercolizzati  ,  e  perfino 
filtrato  attraverso  la  placenta  :  allora  quei  tigli  dovrebbero  essere 
immuni  ed  addirittura  refrattari  in  tutta  la  loro  vita  alla  tuberco- 
losi: a  meno  che  non  vi  sia  lesione  placentare  ,  la  quale  soltanto 
potrebbe  far  pervenire  nel  prodotto  del  concepimento  i  batterli,  ed 
allora  si  avrebbe  la  tubercolosi  non  ereditaria,  ma  congenita,  come 
si  ha  col  vaiuolo,  e  si  nasce  ammalati  di  simili  infezioni.  Che  se 
r  infezione  congenita  manca,  i  figli  dei  tisici  non  dovrebbero  mai 
diventare  tubercolotici  :  invece  disgraziatamente  succede  il  contrario, 
e  ciò  conlradice  l' azione  salutare  vaccinante  della  tubercolina. 
Potrebbe  essere  che  la  tubercolosi  si  trasmette  ereditariamente  per 
germi  che  noi  ancora  ignoriamo  nella  loro  esistenza  ,  forse  spore , 
o  altri  stadii  speciali  del  microbio  non  ancora  ben  stabiliti,  e  Baum- 
garten  conferma  questa  opinione  da  ciò  che  si  osserva  per  la  si- 
filide ereditaria  tardiva  :  ma  per  ora  ogni  affermazione  sarebbe  gra- 
tuita ,  ed  è  necessaria  la  conferma  di  studii  ulteriori  :  comunque 
sia  non  possiamo  pel  momento  confortare  colla  statistica  desolante 
della  tisi  ereditaria  il  trovato  della  tubercolina. 

Si  potrebbe  dire,  che  1"  estratto  dei  focolai  tubercolari  nell'uo- 
mo  riesce  inefficace,  anzi  dannoso  sia  per  1'  individuo  stesso  ,  che 
per  i  figli,  perchè  all'  estratto  dei  prodotti  tubercolari  si  addiziona- 
no quelli  piogeni  e  di  putrefazione  ,  che  ordinariamente  non  man- 
cano nei  focolai  tubercolari  del  pulmone  già  ulcerati  ;  e  veramente 
io  aveva  creduto  in  primo  tempo  che  i  prodotti  specifici  del  ba- 
cillo tubercolare  fossero  se  non  distrutti  almeno  neuti"alizzati  nella 
loro  azione  salutare  dai  prodotti  del  ricambio  di  altri  batterii  :  ed 
ho  detto  ciò  fin  dal  principio  di  quest'  anno  nella  scuola,  ricordan- 
do che  la  tisi  tubercolare  dei  polmoni  è  un  morbo  complesso,  an- 
che come  lato  etiologico,  restando  sempre  la  causa  primigenia  ed 
essenziale  nel  bacillo  tubercolare.  E  quindi  dissi  ,  che  si  doveva 
sperare  forse  nella  selezione  della  linfa,  cioè  nel  suo  depuramento 
e  separazione  dei  prodotti  tubercolari  dagli  altri  quando  la  linfa 
avesse  dovuto  servire  per  iniezioni,  mentre  nello  stesso  organismo 

Atti  Acc    Vol.  IH,  Serie  4*  40 


3(j2  Contribiifo  sull'azione  della  tubercolina  nel  tkici 


gli  effetti  propri  salutari  della  tubercolina  avrebbei'o  potuto  risal- 
tare e  prendere  il  sopravvento,  sopprimendo  gli  effetti  dei  prodotti 
piogeni,  come  ad  esempio  col  guaiacolo,  sperimentato  eccellente  an- 
tipiogeno da  Martori  nell'Istituto  di  Bizzozero. 

Ma  non  si  può  essere  a  lungo  lusingati  da  questa  speranza  , 
riflettendo  che  nella  tubercolosi  sperimentale  sugli  animali ,  in  cui 
si  forma  prima  un  focolaio  tubercolare  puro  .  non  si  possono  in- 
vocare prodotti  di  altri  batteri  tino  a  che  non  è  venuta  l'ulcera- 
zione del  nodo  :  e  se  resta  il  sospetto,  che  soltanto  dopo  ciò  ,  at- 
tecchendo ivi  altri  batterli  dovesse  derivarne  l' inutilità  della  vera 
tubercolina,  sarebbe  molto  utile  con  tutti  i  mezzi  opportuni  farne 
il  confronto  coli'  impedire  qualunque  altro  arrivo  di  germi  batterici 
sulla  località  del  nodo  tubercolare  da  inoculazione.  Allora  sarebbe 
giusto  il  giudizio  ,  che  nella  tubercolosi  miliare  acuta  dell'  uomo 
se  non  si  morisse  per  la  grande  dose  di  pura  tubercolina  riassor- 
bita dalle  innumerevoli  granulazioni  grigie,  1'  individuo  affetto  do- 
vrebbe guarire  nel  modo  piti  radicale  dalla  infezione  tubercolare  ; 
e  si  dovrebbe  avere  la  guarigione  completa  del  veccliio  focolaio  tu- 
bercolare più  0  meno  nascosto  ,  che  col  suo  rammollamento  ca- 
seoso e  distruzione  delle  barriere  circostanti  ha  immesso  nel  tor- 
rente circolatorio  quei  piccoli  ammassi  caseosi  infettanti.  Se  ciò 
fosse  vero,  e  se  con  ulteriori  studii  si  arrivasse  a  limitare  l'azione 
della  soverchia  quantità  di  tubercolina,  la  tubercolosi  miliare  acuta 
con  la  quale  sempre  si  muore,  diventerebbe  una  crisi  salutare,  con 
la  quale  si  assicurerebbe  nel  modo  più  perentorio  1"  immunità  da 
ulteriori  infezioni  tubercolari. 

Crediamo  perciò  aperto  il  campo  ad  una  quantità  di  ricerche 
che  io  stesso  avrei  in  parte  intrapreso  ,  se  una  serie  di  sventure 
non  avesse  finora  paralizzata  la  mia  volontà.  Solo  col  dichiarare 
tante  altre  incognite  si  potrà  meglio  apprezzare  e  mettere  nei  giu- 
sti termini  rinipetto  all'  uomo  questa  scoverta  del  celebre  profes- 
sore di  Berlino,  al  quale  invito  la  nostra  Accademia  di  mandare 
un  voto  di  plauso,  anche  per  questo  suo  ultimo  trovato.  E  con- 
cludo, che  nella   [icggiore  ipotesi ,  se    la  scoverta    ultima   di     Koch 


Contributo  sull'azione  della  tubercolina  nei  finici  303 

non  si  potrà  applicare  ali"  uomo  sofferente  ,  specialmente  se  sarà 
confermato  il  sospetto  suesposto,  ciot'  diAV  nzioiic  delld  tubercolina 
favorevole  <tììa  molti plicazione  spor/foniw  del  lincillo,  resterà  sem- 
pre una  sei'ic  di  fatti  e  di  metodi  ,  che  metteranno  gli  studiosi 
sulla  via  di  ricercare  argomenti  importanti,  e  se  non  altro  la  feb- 
bre di  tutto  il  mondo  per  trovare  un   rimedio  contro  la  tubercolosi. 


La    tubercolina    Koch    nella   Lebbra 
del  Dott.  P.  FERRARI. 


Memoria 
htta  air  Accademia  Gioenia  di  Catania  nella  seduta  del  24  Maggio   1891. 


Quando  il  prof.  Koch  presentò  la  sua  linfa  come  rimedio  spe- 
cifico contro  la  tisi  tubercolare,  la  scoperta  fu  salutata  dal  mondo 
intiero  con  il  maggior  plauso  per  il  suo  scopritore ,  con  la  più 
lieta  speranza  per  1'  umanità. 

Ma  una  gravissima  malattia  pure  esisteva,  molto  analoga  alla 
tubercolosi,  voglio  dire  la  lebbra,  per  cui  il  nuovo  rimedio  anco  con- 
tro di  questa  venne  adoperato  da  Goldschmitt ,  Arning  ,  Doutrele- 
pont,  Martins,  Hallopeau,  Josph,  Neumann,  Bardeleben,  Babès,  Kalin- 
dero,  Macs,  Kaposi,  Watson-Gheyne,  Danielssen,  de  Amicis,  e  final- 
mente da  me,  di  cui  eccomi  a  narrare  le  osservazioni. 

r  Caso  —  P.  G.  d'Augusta  {Siracma)  ,  d'anni  !26  ,  celibe, 
operaio.  Ha  il  padre  vivo  ,  e  sano  ;  la  madre  invece  gli  è  morta 
per  lebbra.  Da  14  anni  datano  le  prime  manifestazioni  del  male. 
Entra  in  clinica  il  27  gennaio   1890. 

Sfato  attuale — Costituzione  linfatica;  apparecchio  scheletrico  re- 
golare: nutrizione  deficiente;  alto  della  persona.  Esistono  ad  am- 
bedue i  sopracigli,  disposti  in  serie  lineare,  dei  tubercoli  di  varia 
grandezza,  cioè  da  quella  di  un  granello  ad  una  nocciuola.  Sono  di 
un  colorito  rosso-scuro.  Altri  tubercoli  della  stessa  grandezza  stan- 
no in  modo  sparso  agli  zigomi  ed  al  mento,  non  che  uno  si  vede 
al  lato  esterno  del  cerchio  pericorneale  dell'  occhio  destro,  mentre 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Serie  4»  41 


306  La  tnbercolma  Koch  nella  Lebbra 

molte  macchie  unite  a  numerosi  tubercoli  disseminati  si  trovano 
agli  arti  tanto  superiori,  che  inferiori  dove  alcuni  hanno  sede  nel- 
r  ipoderma.  Il  padiglione  di  ambedue  gli  orecchi  è  notevolmente 
ingrossato  per  infiltrato  cellulare  {edema  duro),  e  la  regione  dorsale 
d'  ambo  le  mani  apparisce  così  intensamente  pigmentata  da  simu- 
lare il  cuoio  dell'  elefante.  Sensibilità  elettro-muscolare  diminui- 
ta ;  però  si  mostra  normale  se  si  ha  l' avvertenza  di  lavar  pri- 
ma la  parte  con  acqua  alcoohzzata.  Mancava  la  sensibilità  del  tat- 
to, del  dolore,  della  pressione,  e  della  temperatura.  L'occhio  destro 
non  percepisce  la  notte  ,  né  il  giorno  :  il  globo  oculare  nel  suo 
emisfero  anteriore  sembra  alquanto  deformato  per  "la  presenza  di 
un  tessuto  giallo-rossastro^  accumulato  specialmente  sulla  regione 
ciliare,  quadrante  inferiore  esterno,  e  che  si  estende  sulla  cornea 
per  4  mill.  circa,  con  bordo  arrotondato,  e  rilevato  per  più  di  un 
mill.;  liscio,  e  aderente.  Dall'esame  fatto  sembra  dunque  che  il  no- 
dulo lebbroso  abbia  determinato  un  irido-ciclite  cronica  ,  la  quale 
ancora  non  si  è  dileguata.  Con  l'esame  laringoscopico  poi  si  nota; 
l'ugola  distrutta  alla  sua  punta;  epiglottide  sana;  aritnoidi  ingros- 
sate ;  infiltrato  lebbroso  nel  terzo  posteriore  della  corda  vocale  de- 
stra. L'alito  è  fetidissimo.   Temperatura  del  corpo    37°. 

L'esame  microscopico  di  un  tubercolo  rivelò  numerosi  bacilli; 
nel  sangue  nessuno  (1).  Quello  emometrico,  ed  emoglobinurico  non 
dette  alcun  che  degno  di  speciale  attenzione  ;  nelle  orine  reazione 
acida.  Onde  non  stare  a  ripetere  che  ogni  volta  ed  in  ogni  infermo 
vennero  praticati  questi  esami  lo  dirò  ora  per  sempre,  che  queste 
ricerche  sono  state  praticate  in  tutti  con  lo  stesso  risultato.  Aggiun- 
gerò ancora ,  che  l' esame  batterioscopico  del  sangue  fu  sempre 
negativo,  anco  durante  la  reazione  generale. 

Diagnosi — Lebbra  maculo-tubercolare  con  anestesia. 

Cura  con  la  tuber colina  —  Il  primo  febbraio  inietto  nella  regione 
infrascapulare    1  mill.  di  questo    rimedio,   ed    ottengo    dopo  4  ore 


(1)  I  metodi  (:lie  iu  queste  ricerche  batterioscopiche  ho  adoperato  furono  quelli  di  Bauin- 
garteii,  e  di  Gram. 


La  fìibercolhia  Koch  nella  Ldìhra  307 


reazione  generale,  e  dopo  :24  anco  tiiu'lla  locale  nei  tubercoli  dei 
sopracigli ,  ed  in  quelli  dei;li  avambracci  in  vicinanza  delle  regioni 
radio-cerpiclie,  lato  della  estensione.  La  reazione  generale  durò  29 
giorni,  segnando  il  tracciato  delle  curve  termometriche  un  massimo 
di  40  ,  ed  un  minimo  di  36.  5.  C4OSÌ  dal  lato  della  reazione  lo- 
cale osservai:  1''  che  i  tubercoli  s'erano  l'atti  rossi,  tumidi,  e  dal- 
la loro  superficie  si  faceva  una  impercettibile  essudazione  che  sul 
principio  sembrava  raccolta  sotto  lo  stato  corneo,  ma  che  poi  finì, 
col  dar  luogo  ad  una  sottile  squammo-crosta  grigia,  superficialissima 
e  sottile,  lamellare;  'i°  che  si  facevano  novelle  eruzioni  tubercolari; 
3°  che  i  tubercoli  nei  quali  si  era  manifestata  la  reazione,  scompa- 
rivano senza  lasciar  cicatrice,  0  appena  una  macula  che  andò  in 
seguito  dileguandosi. 

Dopo  questa  reazione  di  29  giorni,  a  seguito  dell'iniezione  di 
1  mill.  di  linfa  Koch,  cessò  ogni  fenomeno  reattivo,  rimanendo  lo 
infermo  diminuito  in  peso  di  4  Kih,  con  la  temperatura  del  corpo 
che  non  giungeva  a  37°  ed  in  uno  stato  di  grandissima  prostrazione. 
Un  vitto  ricostituente,  e  del  vino  di  marsala  fecero  ritornare  nello 
infermo  la  nutrizione  e  la  forza,  tantoché  egli  stesso,  incoraggiato 
dal  vantaggio  ottenuto  con  la  prima  iniezione,  volle  li  ripetessi  la 
cura  Koch,  ciò  ch'io  feci  con  un  1  mill.  di  linfa.  Anco  questa  volta 
di  lì  a  poche  ore  dall'iniezione  comparvero  la  reazione  generale  e 
locale  che  fu  seguita  da  scomparsa,  e  riapparizione  dì  nuovi  tuber- 
coli. La  reazione  generale  però  questa  volta  non  superò  i  38,  5 
per  14  giorni;  poi  vi  fu  apiressia  per  11  giorni,  dopo  dei  quali 
tornò  la  febbre,  che  durò  altri  7  giorni  segnando  un  massimo  di 
38,  9,  ed  un  minimo  di  37,  2. 

In  questo  secondo  accesso  febbrile  ridestossi  la  reazione  locale 
in  qualche  tubercolo  non  distrutto  completamente  dalla  prima  rea- 
zione. Anzi  debbo  qui  pur  notare,  come  abbia  visto  ritornare  la 
reazione  locale,  dopo  che  questa  e  quella  generale  erano  cessate 
da   10  giorni. 

L' infermo  intanto  si  mostrò  ancor  più  della  prima  volta  ab- 
battuto, e  denutrito  talmente,  che  pareva  addirittura  un   cadavere, 


308  La  tiihercolina  Koch    nella  Lebbra 


che  dico  il  vero    non  ebbi  il  coraggio  di    avventurarlo    alla    conti- 
nuazione di  una  simil  cura. 

Riguardo  al  decorso  debbo  notare,  che  dopo  la  1=»  iniezione 
(8-10  giorni)  T  infermo  provò  per  3-4  ore  di  seguito  nausea,  e  ten- 
denza al  vomito ,  disturbo  che  si  dileguò  dietro  1'  uso  di  qualche 
goccia  d' etere  solforico,  e  di  qualche  pezzetto  di  ghiaccio.  Così  eb- 
be a  lamentarsi  nello  stesso  tempo  di  dolori  intensi,  e  profondi 
delle  ossa  delle  gambe,  e  delle  braccia,  che  gli  durarono  per  ben 
quattro  giorni. 

Chiudendosi  il  30  giugno  la  clinica  ,  pel  cessar  degli  studi 
dell'anno  accademico  1890-91  ,  l'infermo  venne  licenziato  quasi 
completamente  guarito.  Dico  quasi,  perchè  non  erano  scomparsi 
completamente  alcuni  piccoli  tubercoh,  che  sono  stati  di  poi  cau- 
terizzati col  termo-cunterio  al  nostro  ambulatorio.  Ora  però  si  può 
dire  completamente  guarito,  perchè  ha  ripreso  la  sua  nuti-izione,  la 
sua  forza^  ed  il  suo  buon  umore,  non  che  ha  migliorato  nella  sen- 
sibilità con  la  cura  elettrica.  Le  macule  pure  vanno  scolorandosi. 
Non  posso  a  meno  di  notare  intanto  questo  fatto;  che  mentre  il 
nostro  infermo  aveva  un  atteggiamento  come  di  persona  sofferente  e 
profondamente  afflitta  ,  ora  si  presenta  invece  con  1'  aitanza  e  la 
floridezza  di  un  giovinotto  a  i26  anni ,  come  egli  è,  dichiarandosi 
lieto  di  tornare  a  lavorare. 

!2o  Caso — D.  S.  di  Pachino  {Siracusa)  d'anni  33,  ammogliato 
con  prole,  e  di  professione  carrettiere.  I  genitori,  e  gli  avi  suoi  non 
soffriron  di  lebbra  ,  salvo  una  sorella,  ed  i  di  lei  figU.  La  sua  ma- 
lattia data  da  sei  anni.  Entra  in  clinica  il   10  marzo    189  L 

Stato  attuale — È  di  costituzione  sanguigno-venosa,  di  forme  at- 
letiche. Presenta  ai  due  sopracigli  una  corona  di  tubercoli  grossi 
quanto  una  ciliegia,  alla  cui  superfìcie  si  veggono  delle  piccole  pun- 
teggiature nere,  che  non  sono  altro  che  lo  sbocco  dei  follicoli  pi- 
lo-sebacei. Altri  tubercoli  sono  al  mento,  agli  zigomi,  non  che  in 
modo  sparso  al  petto,  all'  addome,  ed  agli  arti  superiori ,  ed  infe- 
riori. Hanno  un  colorito  rosso-scuro.  Di  più  esiste  al  lato  esterno 
del  cerchio  pericorneale  dell'  occhio  sinistro  un  piccolo  tubercolo  si- 


La  fuhei'colind  h'orh  nella  Lebbra  309 


inile  por  forma,  e  colore  ad  una  IVavola.  In  nessuna  località  affetta 
vi  ha  comi)leta  anestesia,  soltanto  si  nota  una  leggiera  diminuzione 
nel  senso  tattile,  e  doloritico  invece  notevolmente  trovasi  diminuita 
la  forza  muscolare.  Temperatura  del  corpo  37". 

Diagnosi — Lebbra  tubercolare. 

Cura  con  la  fuberculina — Si  praticano  sette  iniezioni  del  rime- 
dio, incominciando  da  mezzo  milL,  e  aumentando  progressivamente, 
di  mezzo  mill.  per  ogni  iniezione  ;  cosicché  in  sette  iniezioni  ne 
inoculai  17  iiiill.  Però  solo  la  prima  volta  si  ebbe  una  reazione  ge- 
nerale di  38,   7   che  durò  4  ore;  mai  invece  si  notò    quella  locale. 

Vedendo  frattanto  inefficace  questa  cura,  ricorsi  allora  all'  inie- 
zioni ipodermiche  di  acetato  di  tiniol  e  di  mercurio,  che  con  tanto 
vantaggio  uso  nella  sifilide.  Ma  neanche  da  questo  rimedio  vedendo 
il  malato  risultarne  giovamento  alcuno,  lasciò  la  clinica  il  19  aprile 
per  ritornarvi  il  18  maggio  susseguente.  Il  19  gli  pratico  una 
iniezione  del  rimedio  alla  dose  di  1  mill.  al  che  dopo  cinque  ore 
tien  dietro  una  reazione  generale,  che  s'inizia  con  la  temperatura 
di  38,  :2,  e  che  di  lì  a  due  ore  ridiscende  a  37.  Inietto  subito  il 
giorno  dopo  altro  mill.  di  tubercolina  ma  questa  volta  non  ne  se- 
gue alcuna  reazione  generale,  e  locale,  ed  invece  sorgono  i  seguenti 
fenomeni:  dolor  di  denti  e  loro  vacillamento,  scosse  muscolari  clo- 
niche  di  tutto  il  corpo,  che  si  ripetono  tre  volte  nelle  ventiquattro 
ore,  per  la  poco  durata  di  un  secondo^  o  più.  Frattanto  il  dolore 
di  denti  si  dilegua,  non  però  il  loro  vacillamento,  che  dura  diversi 
giorni.  Così  non  compariscono  più  le  scosse  muscolari.  Sospesa  la 
cura  Koch  sottopongo  l'infermo  all'uso  interno  dell'ittiolo,  e  del  vino 
al  creosoto,  ed  all'  escisione  dei  tubercoli.  Nel  momento  l'infermo  si 
trova  migliorato  più  che  altro  moralmente,  per  trovarsi  libero  dai 
tubercoli  della  faccia,  che  lo  deturpavano;  nel  resto  delle  manife- 
stazioni maculo-tubercolari    e  nell'anestesia  nessun  cambiamento. 

3°  Caso — C.  G.  di  Solarino  {Siracusa)  d'anni  20,  celibe,  conta- 
dino, entra  in  clinica  il  20  aprile   1891. 

Stato  attuale— Allo  della  persona,  di  regolare  sviluppo  schele- 
trico e  muscolare,  ed  in  buona   nutrizione.  È  di  costituzione  linfa- 


310  La  fubercolina  Koch  nella  Lebbra 

tica,  gli  mancano  i  peli  ai  sopracigli,  ed  offre  un'infiltrazione  le- 
prosa diffusa  alla  fronte,  sopracigii,  guancie,  ed  orecchi.  Superfi- 
ciali ectasie  vascolari  serpeggiano  nelle  regioni  zigomatiche.  Senza 
anestesia.  Temperatura  del  corpo  37". 

Dia(jnosi — Lebbra  a  infiltrazione  diffusa. 

Cura  con  la  tnbercol ina  — Dopo  tre  iniezioni  di  questo  rimedio, 
alla  dose  di  un  mill.  a  due  e  mezzo,  in  tutto  quattro  mill.  e  mez- 
zo, r  infermo  non  vedendo  seguirne  alcuna  reazione  generale,  o  lo 
cale,  spontaneamente  lasciò  la  clinica  il  29  aprile. 

4°  Caso— 0.  S.  di  Solarino  {Siracum),  d'anni  31  ammogliato, 
ma  senza  tigli.  Non  riconosce  causa  ereditaria,  ma  ha  un  fratello 
lebbroso ,  che  più  tardi  entra  parimente  in  clinica.  È  ammesso  in 
clinica  li  8  aprile    1891. 

Stato  attuale— Ea  costituzione  linfatica,  basso  di  statura;  del 
resto  assai  ben  nutrito.  Presenta  uno  stato  di  edema  duro  per  in- 
filtrazione cellulare  diffusa  dei  sopracigli,  che  mostransi  alopecici. 
Questo  stato  apparisce  egualmente  in  ambedue  gli  orecchi.  Inoltre 
esistono  tre  piccoli  tubercoli  ai  sopracigU,  ed  uno  alla  guancia  de- 
stra. Leggiera  anestesia  nei  punti  ammalati.  Temperatura  del  cor- 
po 37°. 

Diagnosi — Lebbra  tubercolai'e  con  anestesia. 

Cura  con  la  tuhercolina  —  Fu  fatta  una  iniezione  di  un  mill. , 
a  cui  dopo  due  ore  tenne  dietro  la  reazione  generale  che  durò 
16  giorni,  e  gradatamente  poi  ogni  giorno  aumentando,  al  settimo 
giorno  segnò  la  sera  40,  5.  Poi  gradatamente  discedendo  raggiunse 
la  mattina  del  16°  giorno  la  temperatura  normale.  Sotto  questa  rea- 
zione si  verificò  ancora  una  reazione  locale  nei  tubercoli,  che  in 
breve  scomparvero,  e  quello  che  è  da  notarsi  sopratutto,  che  pure 
l'edema  duro  andò  diminuendo,  diminuzione  che  l'infermo  notò  be- 
nissimo vedendo  muoversi  liberamente  i  suoi  orecchini,  che  prima 
stavano  come  infossati  nel  lobulo  degli  orecchi.  Feci  una  2^  inie- 
zione di  1  mill.  e  mezzo,  che  venne  seguita  da  una  sola  reazione 
di  39,  6.  L'infermo  uscì  daU' Istituto  il  12  maggio  contento  del  mi- 
glioramento ottenuto. 


La  tubefcoUna  Koch  nella  Lebbra  311 

5"  Caso— M.  G.  d'anni  38,  maritata  con  prole.  È  proietta,  e 
quindi  impossil)ilità  nella  ricerca  di  cause  gentilizie.  Entra  in  clinica 
il   19  aprile    1891   e  narra,  che  la  di    lei  malattia  data  da  4  anni. 

Sfato  affilale — Macchie  e  tubercoli  spai-si  tanto  agli  arti  supe- 
riori che  inferiori,  ed  alla  faccia.  In  tutti  i  punti  ove  sono  queste 
manifestazioni  esiste  anestesia.  Curioso  che  la  manifestazione  è 
pruriginosa.  È  mestruata  regolarmente. 

Diagnosi — Lebbra  tubercolare  con  anestesia. 

Cura  con  la  taberro/ina — Ab))iamo  praticato  6  iniezioni,  da  1  a 
3  min.  Ciascuna  volta  si  è  avuta  reazione  generale,  una  volta  si- 
no a  39,  9,  ma  mai  ha  durato  più  di  :24  ore.  Non  notai  in  alcun 
punto  il  più  piccolo  segno  di  reazione  locale.  Dopo  le  prime  due 
iniezioni  l'inferma  ebbe  nella  notte  abbondantissimo  sudore. 

6"  Caso. — M.  G.  di  Solarino,  d'anni  ^6,  nubile,  entra  in  Clinica  il 
18  aprile.  Ha  padre  e  madre  sana.  Ha  delle  sorelle  sane,  una  sola 
è  morta  per  lebbra.  Fu  mestruata  a  14  anni,  ma  fu  sempre  dismenor- 
roica.  A  13  anni  soffrì  di  scarlatina  a  cui  seguì  anasarca:  poi  delle 
febbri  intermittenti.  Da  12  anni  sono  comparsi  in  lei  i  primi  fe- 
nomeni della  lebbra. 

Sfafo  attuale  —  È  alta  di  statura,  e  di  bello  e  proporzionato 
sviluppo  organico.  Le  sono  caduti  i  sopracigli,  ed  offre  un'intume- 
scenza duro-elastica  delle  guance  con  arborizzazioni  telangettasiche 
sulla  superficie  della  pelle.  Simile  intumescenza  esiste  al  padigUone 
di  ambedue  gli  orecchi.  Ha  tubercoli  disseminati  agii  arti  inferiori, 
e  superiori.  Agli  inferiori  vi  sono  quattro  tuiiercoli  ulcerati  per  la 
estensione  di  due  lire.  Anestesia  sulle  manifestazioni. 

Cura  con  la  fubercolina — Vennero  praticate  7  iniezioni  di  linfa, 
fino  a  4  mill.  ma  non  si  ottenne  ogni  volta  che  una  reazione  ge- 
nerale di  poche  ore,  e  che  non  superò  i  38,  2.  Ebbe  profuso  su- 
dore nella  notte  (1),  dopo  le  prime  iniezioni.  Sottoposta  all'uso  in- 
terno dell'olio  di  chaulmoogros,  e  del  vino  creosotato,  e  localmente 


(1)  Il  profuso  sudore  notato  in  questa  inferma,  e  in  quella  dell'osservazione  precedente 
è  stato  pure  osservato  dal  dott.  Ryan  di  Colchester. 


312  La  hihercolina  KocTi  nella  Lebbra 

a  quello  dell'iodofornie  con  calomelano,  l' inferma  guarì  delle  ulceri 
alle  gambe,  ma  niun  altro  miglioramento  si  ebbe  a  notare.  Il  30  giu- 
gno usci  dalla  clinica. 

7°.  Caso — O.  G.  d'anni  20.  celibe,  contadino,  entrò  in  Clinica  il 
17  aprile. 

Stato  attuale — Nessuna  pertinenza  ereditaria  ,  secondo  narra  lo 
infermo,  però  ha  un  fratello  lebbroso.  Il  male  gli  incominciò  con 
delle  macchie  rosso-vive  a  tutta  la  faccia  al  suo  19°  anno  di  età; 
poi  dopo  un  anno  gli  comparvero  dei  tubercoli,  i  quali  a  poco  a 
poco  ingrandirono  ,  e  confluendo ,  lo  deformarono  orribilmente.  Di 
qui  il  processo  leproso  si  estese  a  tutto  il  resto  del  corpo,  ed  agli 
arti  ,  ove  i  tubercoli  si  ulcerarono ,  riparandone  poi  alcuni  che  la- 
sciarono delle  cicatrici  acromiche,  sotto  forma  di  strie  atrofiche. 
Anestesia  nel  punto  delle  manifestazioni. 

Diaynosi  —   Lebbra  tubercolare. 

Cura  con  la  tuhercolina  —  Fu  fatta  un'iniezione  di  1  mill.  e  si 
ebbe  forte  e  lunga  reazione  generale  e  locale.  La  prima  durò  22 
giorni.  La  seconda  si  estese  alla  maggior  parte  delle  manifestazio- 
ni leproidi  del  corpo  ,  le  quali  modificaronsi  con  un  processo  di 
atrofia,  o  di  cicatrizzazione  dei  tubercoli  ulcerati.  Allora  dopo  que- 
sto primo  splendido  risultato,  con  più  lieta  speranza  tornai  a  ripe- 
tere r  iniezione,  aumentando  la  dose  del  rimedio  ,  ma  non  mi  è 
stato  dato  ottener  più  in  4  iniezioni  successive  alcuna  reazione 
locale,  0  generale.  Non  mi  si  osservi,  che  il  rimedio  potesse  aver  per- 
duto delle  sue  proprietà,  perchè  le  due  iniezioni  ultime  glie  1"  ho 
fatte  con  linfa  pervenutami  allora  allora  dal  Ministero.  Soffrì  di 
dolori  nelle  ossa  che  durarono  due  giorni  facendosi  sentire  special- 
mente la  notte.  Il  30  giugno  lasciò  la  clinica  notevolmente  miglio- 
rato. 

8"  Caso  —  B.  G.  di  Messina,  d'anni  26,  ammogliato  da  pochi 
mesi,  ed  al  momento  senza  figli.  Da  due  anni  datano  i  primi  segni 
del  male,  e  soltanto  in  famiglia  ha  avuto  un  fratello  affetto  da  leb- 
bra.   È  preso  in  cura  da  me  privatamente. 

Stato  attuale — Di  costituzione  linfatico-venosa,  assai  ben  nutrito, 


La  tubercoUna  Koch  nella  Lebbra  313 

di  stiutlura  regolare.  Presenta  numerosissimi  tubercoli  di  varia  gran- 
dezza alla  fronte,  ai  sopracigli,  al  mento,  alle  guancie  ed  agli  arti, 
In  quest'ultime  regioni  alcuni  si  sono  risoluti  lasciando  delle  ma- 
cule pigmentate  ,  che  vanno  decolorandosi  dal  centro  verso  la  pe- 
riferia. Esiste  un  tuliercolo  tanto  a  destra  che  a  sinistra  in  vici- 
nanza deir  epididimo.  Non  esiste  in  alcun  i)unto  delle  manifesta- 
zioni anestesia.   Temperatura  del  corpo  normale. 

Diagnosi  —    Lebbra  tubercolare. 

Cura  con  la  tubercolina  —  Iniettai  un  mill.  di  questo  rimedio , 
e  dopo  10  ore  si  ebbe  una  reazione  generale  fino  a  39,  che  durò 
circa  12  ore.  Ripetei  l'iniezione  con  due  mill.  due  giorni  dopo,  ma 
non  si  ebbe  che  una  più  breve,  e  debolissima  reazione  generale, 
fatto  che  si  verificò  pure  nelle  successive  iniezioni ,  che  furono  in 
numero  di  7.  Quello  che  tuttavia  è  degno  di  nota  è  questo  ,  che 
tanto  dopo  la  prima ,  che  la  seconda  iniezione  l' infermo  avvertì 
nel  punto  dell"  iniezione,  (regione  infrascapulare) ,  un  dolore  con 
senso  di  formicolio  per  tutte  le  spalle ,  che  a  dir  suo  si  dirigeva 
in  doppio  senso ,  cioè  dalla  puntura  alla  periferia ,  e  viceversa. 
Frattanto  non  vedendo  egh  alcun  utile  resultato  dalle  iniezioni  volle 
sospenderle ,  ed  allora  gli  incominciai  la  cura  seguente ,  per  la 
quale  migliorò  notevolmente;  1°  cauterizzazione  col  termo-cauterio  dei 
tubercoli  più  grossi,  praticata  in  diverse  volte  nei  vari  punti;  2°  com- 
pressione dei  tubercoli  più  piccoli,  e  delle  infiltrazioni  con  le  fasce 
elastiche;  3"  finalmente  amministrazione  per  uso  interno  del  decotto 
di  Pollini  ,  secondo  i  formulari ,  con  oho  di  chaulmoogros ,  e  vino 
creosotato. 

Questo  è  quello  che  io  ho  ottenuto  dai  suddetti  esperimenti  ; 
intanto  cosa  osservarono  gli  altri  ? 

Martins  costatò  in  un  caso  di  lebbra  tubercolare  soltanto  una 
reazione  generale.  Arning  in  un  lebbroso  sospetto  di  tubercolosi , 
mentre  non  vide  reazione  alcuna,  in  altri  due  la  reazione  l'osservò 
dopo  che  gli  erano  stati  iniettati  da  6-10  mill.  di  tubercolina.  Josph 
costatò  in  un  caso  una  reazione  locale  ben  manifesta^  ed  Hal- 
lopeau  una  reazione  generale  e  locale  accompagnata  da  intensi  do- 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sebie  4"  42 


314  La  tubercolina  Koch  nella  Lebbra 

lori  nei  noduli,  che  durarono  per  alquanti  giorni.  Anco  il  Neumann 
osservò  una  reazione  locale  con  dolore  nei  nodi  lebbrosi,  e  Bardele- 
ben  r  ebbe  a  costatare  soltanto  in  un  caso  in  cui  la  reazione  ge- 
nerale comparve  dopo  1'  iniezione  di  1  cent.  Questo  autore  notò 
pure  una  piccola  tumefazione  nei  punti  ammalati,  che  il  giorno  do- 
po si  mostrarono  come  infossati,  cosa  ch'io  pure  osservai  nell'infer- 
mo dell'  ottava  osservazione  ,  nel  quale  s'  erano  come  depressi  al 
centro,  e  quello  che  è  singolare,  che  passandoci  sopra  con  la  ma- 
no non  si  aveva  più  la  sensazione  di  rilievo  alcuno.  Bardeleben 
poi  aggiunge  ancora ,  che  in  altri  casi  con  1 5  mill.  ed  anche  1 3 
cent,  mai  vide  una  reazione  generale  ,  solamente  le  manifestazioni 
locali  si  cuoprivano  di  squamme  bianche,  e  secche. 

Babès ,  e  Kalindero  curarono  2  casi  di  lebbra  nervosa ,  e  5 
di  lebbra  tubercolare  ,  ed  in  tutti  ottennero  reazione  generale  ,  ed 
in  quest'  ultimi  anco  quella  locale.  La  febbre  in  questi  casi  di  re- 
gola incominciò  dopo  24  ore,  raramente  dopo  12.  La  reazione  lo- 
cale invece  dopo  più  giorni  di  cura.  Videro  la  lebbra  laringea  mi- 
gliorare dopo  una  reazione  locale  ,  e  credono  dalla  differenza  di 
azione  del  rimedio  Koch  di  potere  stabilire  la  diagnosi  differenziale 
tra  la  lebbra,   e  la  tubercolosi. 

Doutrelepont  in  un  caso  ebbe  a  verificare  a  seguito  della  cura 
Koch  la  comparsa  di  eritemi  diffusi,  ed  uno  stato  iperemico  dei  tu- 
bercoli ,  ed  in  un  secondo  dei  nuovi  focolari  lebbrosi  che  ritiene 
non  una  conseguenza  del  nuovo  rimedio.  In  quest'ultimo  caso  si 
rinvennero  nello  sputo^  e  nel  sangue  numerosi  bacilli  della  lebbra. 
Tuttavia  vi  mancò  una  vera  azione   curativa. 

La  lelibra  delle  mucose  non  ha  offerto  alcuna  reazione.  Solo 
in  casi  di  lebbra  nervosa  con  un'azione  generale  si  vide  comparire 
una  reazione  locale,  hi  6  casi  uno  di  questi  mostrò  una  reazione 
generale  progressiva  con  febbre  serotina,  per  cui  qualcuno  ha  pen- 
sato doversi  ciò  attribuire  forse  alla  generale  malattia   della   pelle. 

Il  dott.  C.  Danielssen  ha  egualmente  sperimentato  la  tubercoli- 
na nella  lebbra  ,  ed  ecco  a  quali  conclusioni    l' egregio    speciahsta 


La  ttthercolina  Koch  nelìa  Lebbra       •  ?>\ó 

viene  in  una  sua  memoria   pubblicata    recentemente  a  Bergen    nel 
Medicinsk  Revue: 

"  1".  Che  la  tubercolina  nei  lebbrosi  dà  reazioni  generali  e 
locali  :  quelle  generali  si  manifestano  ordin albamente  4-G  ore  dopo 
riniezione  :  alcune  volte  1:2  ore,  e  di  rado  dopo  2-3  giorni.  Le  rea- 
zioni locali  appariscono  più  tardi. 

"  2".  Che  queste  reazioni  apportano  conseguenze  sfavorevo- 
lissime sulla  malattia,  aggravandone  anzi  il  male  più  che  mai,  seb- 
bene generalmente  abbiano  la  più  grande  uguaglianza  con  le  rea- 
zioni delle  preparazioni  iodiche  nei  lebbrosi. 

"  3".  Che  la  linfa  non  uccide  i  bacilli  della  lebbra,  ma  sembra 
invece  gli  dia  alimento  (un  mezzo  favorevole  alla  loro  vita)  vita,  e 
modo  di  riproduzione  favorendone  pure  la  loro  circolazione  nel 
sangue,  e  pel  corpo,  per  cui  è  preferibile  di  lasciare  la  malattia  a 
se  stessa. 

"  4".  Che  dopo  essere  stato  iniettato  un  individuo  parecchie 
volte  con  la  linfa  può  divenire  in  certo  modo  immune_,  ma  in  nes- 
sun modo  arresta  il  male,  né  distrugge  i  bacilli. 

Finalmente  V  illustre  dermatologo  di  Bergen  scrive .  che  "  I 
bacilli  della  lebbra  si  trovano  con  molta  facilità  sotto  la  reazione 
destata  da  questo  medicamento  fallace  ,  e  continuano  in  seguito  il 
loro  lavoro  distruggitore,  d'onde  ne  segue  un  peggioramento  sempre 
più  grande  della  malattia.  ,,   (1) 

Al  Kinys  College  Hoftpital  fu  costatato  in  un  caso  di  lebbra  ane- 
stetica dopo  la  :2*  iniezione  ;  febbre,  dolore  agli  arti,  eruzione  ros- 
so-scura, simmetria,  squammosa  con  all'alluce  sinistro  una  vescica 
grande,  ed  al  2°  dito  ed  al  mignolo  una  tumefazione,  ed  anestesia 
di  tutto  il  piede.  Kaposi  pure  ricorda  un  fatto  di  notevole  reazione 
locale  e  generale  in  un  caso  di  lebbra  anestetica.  Così  Watson- 
Cheyne  ebbe  a  notare  in  un  simile  caso  di  lebbra   reazione   gene- 


(1)  Danielssen  —  Tuberkulinen  (Kochs  lymfe)    anvendt  paa  spedalske  i  Luiigegaardsho- 
spitalet  (Medicinsk  Reviie  "  s  jnnihefte  1891). 


olG  La  fiihercolina  Koch  nella  Lebhra 

rale,  dolori  ed  un'eruzione  ungueale  ;  ed  il  Goldschrnidt  in  5  casi 
sui  quali  ebbe  a  provare  la  linfa,  ottenne  : 

1".   Che  le  dosi  al  di  sotto  di   1   mill.  erano  senza  azione; 

2°.  Di  1  uiill.  in  3  casi  ebbe  dopo  piìi  di  24  ore  reazione  ge- 
nerale, ed  in  due  reazione  locale  ; 

3".  Che  dosi  maggiori,  ma  al  disotto  di  1  cent,  eccetto  un  ca- 
so, dettero  febbre,  ed  in  una  reazione  locale  ; 

4".  Che  la  febbre  delle  mucose  non  ha  reagito; 

5".  Che  nella  lebbra  dei  nervi  vi  fu  reazione  generale,  e  leg- 
giera locale; 

6°.  Che  un  caso  mostrò  una  reazione  speciale  ,  progressiva  , 
accompagnata  da  febbre  serotina  ,  forse  in  seguito  alla  universale 
malattia  cutanea. 

Cosicché  per  il  suesposto  sembrami  indubbiamente  ne  venga 
la  conclusione  che  la  tubercolina  non  dispiega  affatto  per  sé  una 
diretta  azione  utile  nella  lelibra.  Come  nella  tubercolosi  così  nella 
lebbra  agisce  nella  sua  forma  torpida  e  ciò  ritengo  sia  da  ripetersi 
piuttosto  che  da  un'azione  specifica  del  rimedio,  dalla  poco  resistenza 
dei  tessuti  ammalati  di  fronte  all'anormale  attività  del  ricambio  ma- 
teriale dalla  tubercolina  suscitato.  Questo  modo  di  considerare  la 
cosa  parmi  venga  a  confortare  eziandio  l'opinione  che  io  tengo  sul- 
l'analogia di  processo  fra  la  tubercolosi,  e  la  lebbra,  al  che  può  ag- 
giungersi anco  il  fatto  che,  ne  avvalora  poi  piti  che  sempre  il  con- 
cetto nostro,  dell'estrinsecazione  di  nuovi  tubercoli  durante  il  pa- 
rossismo febbrile,  ed  il  trovare  fragmentati  i  bacilli ,  come  ebbero 
a  verificarle  I  il  mio  1"  assistente  D.r  R.  De  Luca  ,  ed  il  prof.  Di 
Mattei ,  che  insieme  fecero  queste  ricerche  sopra  i  detti  infermi 
della  mia  clinica,  e  la  di  cui  loro   istoria  ho  innanzi  narrato. 

Dal  R.   Cstituto  Dormosifiliip;Uico  di  Catania,  il   1"  Mafjgio  1891. 


COKTRIBrZlOSE  ALLA  VULCANOLOGIA  DELLE  ISOLE  EOLIE 


Fine  del  periodo  eruttivo  di  Vulcano  e  stato  attuale  del  cratere. 
Nota  del  Prof.  S.  CONSIGLIO  PONTE 

letta  all'  Accademia  Gioenia  neW  adunanza  del  d)  21  Giugno  1891. 


I. 

L'illustre  vulcanologo  Leopoldo  Pilla  comunicò  a  questa  Acca- 
demia nella  tornata  del  10  settembre  1835  una  nota  dal  titolo 
Paralello  fra  i  tre  Vulcani  ardenti  d' Italia  „  Vesuvio  ,  Stromboli , 
Etna^  collocando  Vulcano  fra  i  semi-spenti  o  fra  le  solfatare,  con- 
trariamente a  come  pensavano  il  Dolomieu  e  lo  Spallanzani,  che 
vi  scorgevano  un  vulcano  in  riposo  piuttosto  d' intermettenza  che 
d'estinzione.  Nessun  altro  studio  venne  comunicato  sulle  Eolie  fino 
al  1888  ,  in  cui  Vulcano  ,  quasi  a  volere  smentire  il  Pilla,  ci  ha 
dato  la  imponente  eruzione,  che  richiama  tuttora  l' attenzione  dei 
geologi  e  principalmente  dei  vulcanologi,  sia  italiani    che   stranieri. 

Il  compianto  mio  maestro  Prof.  0.  Silvestri,  di  cui  serberò 
viva  memoria  per  ossequio  e  gratitudine  ,  fece  ,  su  Vulcano  ,  tre 
importanti  comunicazioni:  una  nella  tornata  del  23  dicembre  1888 
tracciando  1'  andamento  dell'  eruzione  fino  a  tale  epoca:  un'  altra 
nella  tornata  del  23  giugno  1889  ,  con  la  quale  comunicava  oral- 
mente, e  a  tratti  generah ,  il  seguito  della  storia  della  eruzione 
medesima,  i  fenomeni  studiati  sul  posto  nel  febbraio  1889  e  le 
ricerche  e  i  lavori  eseguiti,  ai  quali  partecipai  collaborandovi:  una 
terza  in  fine  nella  tornata  del  22  dicembre  dello  stesso  anno , 
occupandosi  dell'  Etna,  della  Sicilia  e  delle  isole  adiacenti. 

Da  queste  comunicazioni  si  rileva  che  la  recente  eruzione  di 
Vulcano  è  stata  delle  più  formidabili  e  che  non  trova  riscontro  tra 
le  storiche  se  non  in  quella  assegnata  al  1771  e  alla  quale  si 
attribuisce  la  corrente  di  ossidiana,  che  tuttora  si  osserva  freschis- 
sima suir  esterno  versante  NNW  del  monte  vulcanico.  E  malgrado 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Serie  4"  43 


318       Fine  del  periodo  eruttivo  di  Vulcano  e  stato  attuale  del  cratere 

che  la  recente  eruzione  non  avesse  dato  corso  di  lava  fluente , 
pure  c'è  dovizia  di  fatti,  i  quali  testimoniano  la  manipolazione  di 
un  magma  lavico,  nel  focolare  vulcanico ,  lanciato  a  strappi  piìi  o 
meno  voluminosi  dalle  continue  e  molteplici  esplosioni ,  da  segnarsi 
a  centinaia  in  un  sol  giorno  e  per  la  durata  di  circa  venti  mesi 
con  alternativa  di  depressione  e  di  recrudescenza  principalmente  , 
nella  quale  si  ebbero  violentissimi  parossismi. 

Negli  ultimi  mesi  di  questo  periodo  la  intermittenza  delle 
esplosioni  si  fa  sempre  più  lunga  ,  vi  predominano  le  deboli  eru- 
zioni e  i  prodotti  sono  prevalentemente  ammassi  di  vapori  con 
sabbia  e  poche  pietre,  che  cadendo  entro  lo  stesso  cratere  tendono 
a  colmarlo,  hifatti  nel  settembre  1889,  quando  Vulcano  fu  visitato 
dall'Associazione  geologica  di  Londra,  che  organizzò  una  escursione 
scientifica  per  le  regioni  vulcaniche  italiane  ,  quale  centenario  del 
viaggio  alle  Due  SiciUe  di  Lazzaro  Spallanzani,  lo  stato  del  cratere 
era  immensamente  trasformato  e  assai  modificato  in  confronto  a 
quello  che  presentava  nel  febbraio  dello  stesso  anno,  quand'io  ebbi 
la  favorevole  occasione  di  visitarlo  per  la  prima  volta. 

Nel  settembre  il  cratere  si  presentava  per  la  maggior  parte  col- 
mato di  materiali  frammentari,  e  dalla  parte  di  N.  si  sprofondava 
poco  più  di  una  ventina  di  metri,  (1)  mentre  nel  febbraio,  quand'era 
in  pienissima  attività ,  da  fare  piti  di  300  esplosioni  al  giorno ,  lo 
vidi  con  una  profondità  non  inferiore  ai  150  metri  a  pai'tire  dal 
lato  di  N.  ch'è  la  paiie  più  bassa  dell'arco  del  cratere  medesimo. 

Nel  gennaio  1890  l'attività  continua  come  nei  mesi  precedenti 
e  le  eruzioni  sono  miste,  alternandosi  le  deboli  con  le  forti  ad  inter- 
valli ordinariamente  di  circa  mezz'ora  o  più,  e  predominandovi  vapore 
acqueo  e  sabbia.  Negli  ultimi  di  gennaio  il  cratere  è  quasi  sempre 
pieno  di  vapori  bianchi,  sicché  in  generale  è  venuta  meno  la  forza 
di  propulsione  e  quindi  mancano  le  pietre  e  la  sabbia  mentre  il 
vapore  in  gran  quantità  si  accumula  all'interno  del  cratere  medesimo. 

Lo    stesso    slato    manifesta  nella     1=*    decade  di    febbraio  e  in 


(1)  G.  Platania — Stromboli  e  Vulcano  nel  settembre  1889. 


Fiìie  del  periodo  eruttivo  di  Vulcano  e  sfato  attuale  del  cratere        319 

corrispondenza  pigliano  maggiore  attività  i  fumaioli  esterni.  Nella  2* 
decade  le  eruzioni  ripigliano  vigoria,  che  si  continua  nella  3^  e  il 
cratere  dà  eruzioni  anche  miste.  Nel  marzo  si  risveglia  sempre  più 
l'attività  del  vulcano  e  le  eruzioni  si  fanno  forti  e  fortissime,  per 
quanto  la  sera  del  giorno  15  alle  ore  9,15  il  cratere  fa  un'eruzione 
spaventevole  con  gran  fuoco,  rombi  e  rumori  fortissimi  e  prolungati. 

Il  lapillo,  che  presento  e  che  faceva  parte  del  materiale  fram- 
mentario fatto  saltare  in  aria,  raggiunge  1'  abitato  dell'  isola  di  Lipari 
attraversando  un  tratto  di  sette  chilometri  circa.  La  popolazione  fu 
allarmatissima  per  la  pioggia  di  quel  lapillo,  credendolo  foriero  di  un 
nuovo  periodo  eruttivo.  Questa  esplosione  fu  preceduta  da  una 
leggiera  scossa  di  terremoto  accompagnata  da  forti  rombi  e  tutto 
inteso  a  Lipari  verso  le    10  di  mattina  nella  stessa  giornata. 

Le  eruzioni  forti  continuano  Ano  al  giorno  18  inclusivo  ,  indi 
cominciano  a  indebolirsi  e  col  giorno  28  cessano  ;  ma  i  fumaioli 
esterni  riprendono  grande  attività  e  costituiscono  la  sola  manife- 
stazione^ che  testimonia  l'ultimo  avanzo  di  un  periodo  eruttivo  già 
quasi  esaurito. 

Dall'aprile  in  poi  non  si  osserva  che  emissione  di  ammassi  di 
sabbia  ,  senza  pietre  ,  e  così  di  seguito  fino  a  quando  il  cratere 
entra  nella  fase  di  sofaltara  per  avviarsi  probabilmente  a  quella  di 
estinzione. 

Ora  la  diminuzione  di  attività  eruttiva,  che  preparò  la  potente 
esplosione  del  marzo  ,  se  fu  realmente  un  accenno  di  cessazione 
della  lunghissima  attività  del  cratere  di  Vulcano,  fu  nello  stesso 
tempo  una  condizione  che  doveva  favorire  all'interno  lo  accumulo 
di  tanto  vapore  e  con  tale  tensione  da  dover  produrre  uno  di 
quei  potenti  parossismi  vulcanici,  che,  come  ultimo  conato,  prece- 
dono la  fase  di  estinzione.  Infatti  i  materiali  frammentari  lanciati 
dalle  decrescenti  propulsioni ,  doveano  ritornare  entro  il  cratere  e 
doveano  ammassarsi  in  modo  da  tendere  -a  colmarlo  e  quindi  ad 
impedire  l'ulteriore  sviluppo  di  quegli  ammassi  di  vapori,  che  sa- 
rebbero scappati  liberi  e  successivamente,  se  la  gola  si  fosse  con- 
servata sgombra,  come  nel  periodo  di  piena  attività  vulcanica. 


320        Fine  del  periodo  eruttivo  di  Vukano  e  stato  attuale  del  cratere 

I  vapori  ammassati  e  imprigionati  dovevano  raggiungere  tale 
tensione  da  vincere  Y  ostacolo  sovraincorabente  e  mandare  in  aria 
tutto  quel  materiale  accumulato  ,  sfogando  quest'  ultimo  avanzo  di 
energia  interna.  In  quell'ultima  potente  esplosione  del  marzo  quindi 
si  ebbe  una  di  queste  manifestazioni,  e  dallo  stato  del  cratere  pri- 
ma e  dopo  di  quella  esplosione,  e  dalla  natura  del  lapillo  lanciato 
fino  a  Lipari,  si  potrà  approssimativamente  valutare,  come  rileverò 
in  seguito  ,  la  grande  massa  di  materiale  frammentario  cacciato  in 
aria  e  la  forza  potente,  con  la  quale  agì  il  vapore  accumulato. 

Fin  dal  settembre  1889  si  era  già  osservato  che,  quantunque 
non  mancassero  le  forti  e  anche  fortissime  eruzioni  e  con  materiaU 
solidi  più  o  meno  abbondanti ,  pure  da  qualche  tempo  la  maggior 
parte  dei  prodotti  eruttivi  cadeva  entro  il  cratere  stesso,  il  quale 
erasi  in  gran  parte  colmato  ,  da  presentare  a  N.  ove  1'  orlo  è  più 
basso ,  la  profondità  di  una  ventina  di  metri  circa.  Così  il  fondo 
era  talmente  rialzato  da  far  perdere  l'imponenza  al  cratere,  il  quale 
rappresentava  solo  un'  ampia  depressione  subcircolare  con  quella 
bassa  profondità  e  un  maggior  diametro  all'  orlo  di  poco  più  di  i200 
metri.  In  tale  condizione  permetteva  di  potersi  attraversare  senza 
destare  quel  raccapriccio  che  destava  quando  motravasi,  e  come  lo 
vidi  nel  febbraio  1889,  quale  immensa  bolgia  con  più  di  150  metri 
di  profondità  dalla  parte  dell'orlo  più  basso.  Allora  vomitava  incal- 
zanti e  colossali  nembi  di  vapori ,  fitti,  neri,  squarciati  da  fulmini 
e  accompagnati  da  massi  infuocati  ,  che  si  vedevano  uscire  dalla 
ignivoma  gola,  assistendo  dall'  orlo,  e  lanciati  a  più  di  700  metri 
di  altezza,  mentre  che  gli  ammassi  roteanti  di  vapori  misti  a  cenere 
si  elevavano  fino  a  10  chilometri  e  mezzo  sotto  la  spinta  di  propul- 
sione per  la  tensione  enorme  del  vapore  compresso  entro  il  focolare 
vulcanico  (1). 

Fino  a  quando  la  gola  fu  aperta  e  permise  il  facile  passaggio, 
le  eruzioni  si  succedevano    con   un    certo   ritmo    più  o  meno    fre- 


(1)  Questa  osservazione  si  deve  a  misure  angolari  prese  dal  prof.  A.  Ricco  dall'Osserva- 
torio Astronomico  di  Palermo,  sulla  colonna  ascendente,  distintamente  visibile  anche  a  grande 
distanza,  e  nella  esplosione  eh'  ebbe  luogo  alle  ore  4   30'  p.  m.  il  6  Gennaio  1889. 


Fine  del  periodo  eruttivo  di   Vulcano  e  stato  attuale  del  cratere       321 

quelite  ;  ma  quando  le  condizioni  interne  determinarono  un  certo 
grado  di  depressione  nell'  attività  eruttiva  e  i  materiali  ricadevano 
entro  il  cratere  medesimo  ,  fu  occlusa  la  via  e  1'  ostacolo  opposto 
dalla  massa,  principalmente  di  lapillo,  che  colmava  quella  voragine, 
obbligò  il  vapore  ad  accumularsi  nel  focolare  vulcanico  e  raggiunto 
il  momento  critico  vinse  quella  enorme  resistenza  e  produsse  la 
spaventevole  eruzione  del  marzo.  In  essa  si  mise  allo  scoperto  un'al- 
tra bolgia,  che,  vuotata  di  quella  grande  massa  di  bombe,  rottami 
e  lapillo  ,  raddoppiò  il  fondo  del  cratere  lasciando  in  contempo  i 
segni  che  testimoniano  fin  dove  si  era  colmata  la  fossa. 

Il  nuovo  stato  del  cratere  favori  la  successiva  calma,  giacché 
non  essendo  piili  il  vapore  ostacolato  nel  libero  sviluppo,  il  vulcano 
entrò  in  quella  fase  di  solfatara,  in  cui  è  tuttora  e,  non  essendovi 
proezioni  solide,  la  gola  del  cratere  si  è  mantenuta  sempre  sgom- 
bra e  lungi  dalla  minaccia  di  altra  esplosione  per  accumulo  di  va- 
pore ostacolato  nella  sua  libera  emissione. 

Si  può  quindi  affermare  che  il  periodo  eruttivo  di  Vulcano  , 
durato  più  di  ventidue  mesi ,  ebbe  fine  col  maggio-giugno  1890  , 
entrando  il  cratere  in  una  nuova  fase,  in  cui  tuttora  continua,  co- 
me ho  potuto  constatare  per  una  recente  escursione  fattavi  e  della 
quale  passo  a  dare  un  cenno. 

n. 

Nello  scorcio  del  marzo  1891  mi  recai  all'Isola  di  Vulcano  per 
completare  uno  studio  speciale  sulle  bombe  di  nuova  formazione  e 
venute  fuori  durante  l'ultima  eruzione   1888-90.  (1) 

Ebbi  l'agio  di  potere  osservare  e  studiare  lo  stato  attuale  del 
cratere,  paragonandolo  a  quello  che  presentava  nel  febbraio  1889, 
quando  trovavasi  in  pienissima  attività.  In  complesso  può  dirsi  che 


(1)  Mi  propongo  di  comunicare  una  nota  sul  riguardo,  dopo  la  prossima  pubblicazione 
della  Relazione  generale  snll' eruzione  di  Vulcano,  fatta  al  E.  Governo  dall'apposita  Commis- 
sione, a  cui  presi  parte  come  assistente.  La  nota  sarà  una  specie  di  appendice  alla  Relazione 
medesima. 


322        Fine  del  periodo  eruttivo  di   Vulcano  e  sfato  attuale  del  cratere 


la  differenza  tra  lo  stato  di  allora  e  l'attuale  si  è  quella  precisamente, 
che  potrà  rilevarsi  tra  lo  stato  di  un  vulcano  in  piena  fase  pliniana  e 
quello  in  fase  solfatariana. 

Osservato  il  cratere  a  distanza  o  dalla  base,  lascia  solamente 
vedere  le  attive  fumaiole  che  soffiano  a  getto  continuo  sull'orlo  del 
recinto  esterno  e  nell'arco  compreso  tra  N.  e  NW  e  principalmente 
verso  N.  Attorno  alle  fumaiole  e  per  tutto  il  cennato  arco  la  cresta 
è  tappezzata  di  sublimazioni  gialle  e  giallo-bianchicce.  In  modo  in- 
certo poi  si  osservano  dallo  esterno  le  emanazioni  che  s' inalzano 
dalla  cavità  centrale  del  cratere  ,  cioè  dalla  gola  eruttiva  ,  che  dà 
luogo  a  tali  manifestazioni  gassose.  Da  una  fotografìa  presa  dal 
porto  di  ponente  il  giorno  26  marzo  alle  5  p.  m.,  si  rileva  lo  stato 
esterno  del  cratere  medesimo. 

Sui  versanti  esterni  del  monte  non  si  manifestano  più  quelle 
emanazioni  di  vapori,  che  si  sviluppavano  nel  febbraio  1889  durante 
la  piena  attività  del  cratere.  Per  esse  ,  certo  risultanti  da  vapori 
acquei ,  la  superficie  esterna  del  cono  era  tappezzata  di  grandi 
macchie  nere  per  sabbia  inumidita,  anzi  bagnata,  dai  vapori  me- 
desimi. Si  sprigionavano  principalmente  sul  versante  W  e  proprio 
in  direzione  verso  ove  all'  interno  del  cratere  attivo  corrispondeva 
il  promontorio  detto  di  Mastro  Rosario.  Quelle  emanazioni  poi  chia- 
ramente accennavano  che  la  massa  costituente  il  cono  dovea  essere 
in  qualche  parte  attraversata  da  fratture  radiali;  che  sotto  la  ten- 
sione dei  vapori  interni,  doveano  dare  a  questi  passaggio  per  ma- 
nifestarsi all'esterno. 

La  serie  degli  attuali  fumaiuoli  esterni  non  la  cedono  per  at- 
tività a  quelli  ch'erano  attivi  durante  il  periodo  eruttivo  del  cratere; 
solamente  ora  danno  luogo  alla  produzione  di  quelle  macchie  gialle 
e  giallo-bianchicce,  che  si  estendono  attorno  alle  bocche  di  emis- 
sione (come  rilevasi  dalla  fotografia)  e  che  allora  non  si  sarebbero 
potute  distinguere,  anche  formandosi,  per  la  soprapposizione  con- 
tinua del  materiale  frammentario  proveniente  dalle  continue  esplo- 
sioni. 

Se  si  toglie  lo  spesso  strato  di  lapillo  e  sabbia  disseminato  di 


Fhie  del  periodo  eruttivo  di   Vulcano  e  stato  attuale  del  cratere         323 

massi  e  bombe  che  raggiungono  dimensioni  colossali  e  che  avvertono 
con  la  loro  freschezza  di  esservi  stata  recente  eruzione  ,  il  monte 
vulcanico  all'  esterno  non  accenna  ad  alcun  cambiamento  dello  stato, 
in  cui  trovavasi  prima  che  fosse  scoppiata  1'  eruzione  medesima. 

Alla  base  del  monte  e  precisamente  nella  spiaggia  del  porto 
di  levante,  proprio  dietro  il  faraglione  piccolo  o  cava  dell'allume, 
osservai  la  solita  acqua  calda,  che  bagna  quella  specie  di  ghiaia,  che 
si  distende  verso  la  riva.  Praticato  un  piccolo  cavo  a  circa  due  metri 
da  questa,  vi  si  accumulò  dell'  acqua  calda,  quasi  fumante,  che  al 
termometro  segnava  +  79  C.  con  leggerissima  reazione  acida  inerte 
alle  carte  di  sale  di  piombo.  A  lunghi  intervalli  scappava  dal  fondo 
qualche  piccolissima  bolla  gassosa,  che  suppongo  essere  di  acido 
carbonico,  e  a  cui  devesi  la  leggerissima  reazione  acida.  Tentai  di 
raccogliere  quel  gas  per  saggiarlo  anche  sul  posto,  ma  non  mi  fu 
possibile,  giacché  dopo  più  di  mezz'  ora  non  potei  raccoglierne  che 
meno  di  un  mezzo  contimetro  cubico. 

Un  saggio  indicativo  fatto  in  gabinetto  su  quell'  acqua  mi  ha 
dato  i  seguenti  risultati  :  Cloruri  abbondantissimi.  Solfati  molto  ab- 
bondanti. Calce  abbondante.  Magnesia  quantità  sensibile.  Fosfati 
tracce  trascurabili.  Allumina   abbondante. 

Credo  che  la  composizione  chimica  di  queir  acqua  e  la  tem- 
peratura dipendano  da  tre  condizioni  principali  ;  cioè,  vicinanza  al 
mare  e  quindi  abbondanza  di  cloruri  e  presenza  di  magnesia,  e 
r  acqua  difatti  è  salatissima  al  gusto  e  amara  :  comunicazione  più 
0  meno  diretta  col  focolare  del  cratere  per  mezzo  di  fratture  sotter- 
ranee, quindi  1'  alta  temperatura  e  in  parte  1'  abbondanza  dei  solfati 
e  della  calce,  per  la  produzione,  come  vedremo  in  seguito^  e  i  de- 
positi di  gesso;  finalmente  il  passaggio  dei  vapori  interni  attraverso 
la  massa  costituente  il  faraglione  piccolo  o  grotta  dell'  allume,  certo 
fratturata,  quindi  abbondanza  dell"  allumina  medesima.  Difatti  è  in 
questo  faraglione  che  si  sviluppa  la  spiaggia  e  alla  parte  di  levante 
era  praticato  un  cavo  che  metteva  allo  scoperto  l' ammasso  dell'  al- 
lume, di  cui   risulta.  Vi  si  entrava   carponi   anzi  quasi   strisciando 


324        Fine  del  periodo  eruttivo  di   Vulcano  e  stato  attuale  del  cratere 

sul  ventre,  ma  ora  non  trovasi  i)iù  in  seguito  ad  una  frana,  forse 
per  r  urto  delle  onde. 

Il  26  marzo  feci  una  prima  e  il  27  una  seconda  ascensione  sul 
cratere.  L'inclinazione  che  presenta  all'esterno  sui  versanti  più  acces- 
sibili oscilla  tra  30°  e  35°;  la  superficie  è  mobilissima  essendo  comple- 
tamente rivestita  di  lapillo,  sabbia  e  cenere,  ultimi  prodotti  di  eruzione 
quando  il  cratere  cominciava  a  perdere  la  sua  attività.  Feci  l'ascen- 
sione a  ponente  della  corrente  di  ossidiana  e  serpeggiando  per  gua- 
dagnare l'altezza  colla  minor  fatica  possibile.  Tuttora  non  esiste  alcun 
viottolo  battuto  e  si  è  obbligati  muoversi  sopra  suolo  mobilissimo,  ove 
si  affonda  facilmente,  e  allo  spesso  si  retrocede  di  qualche  passo , 
perchè  tuttora  quel  tritume  è  del  tutto  sciolto  non  avendo  avuto  il 
tempo  necessario  di  essere  cementato  e  così  rendere  meno  faticosa 
la  salita.  Del  resto  in  circa  tre  quarti  d'ora  raggiunsi  la  cre.sta  ove 
trovasi  le  regioni  dei  fumaiuoli  esterni,  che  si  osservano  nella  foto- 
grafìa. A  questo  punto  il  mio  aneroide  segnava  una  elevazione  di 
circa  250  metri  sulla  base,  questo  è  1'  arco  meno  elevato  di  tutta  la 
cresta  di  un  primo  recinto  e  che  guarda  sensibilmente  tramontana. 

I  fumaiuoli  esterni  di  quest'arco  originano  depositi  di  sublima- 
zioni formando  le  estese  macchie  gialle  e  giallo-bianchicce  ,  delle 
quali  presento  alcuni  campioni.  Essi  risultano  costituiti  da  lapillo  , 
sabbia,  cenere  alterati  dalle  emanazioni  acide  ,  cementati  da  for- 
mazione di  gesso  e  rivestiti  di  zolfo  cristallizzato. 

Varcata  la  cresta  esterna  si  entra  in  un  ampio  recinto  con 
circa  cinque  metri  di  depressione  e  limitato  all'  interno  da  un"  altra 
cresta,  più  alta  che  dista  dalla  prima  circa  una  cinquantina  di  metri 
e  la  quale  costituisce  1'  orlo  dell'  attuale  cavo  crateriforme,  e  questo 
sul  luogo  è  chiamato  la  Fossa  di  Vulcano.  Quell'  ampio  recinto  è 
quasi  concentrico  alla  bocca  del  cratere  ;  ha  la  massima  ampiezza 
dalla  parte  di  ponente  e  si  restringe  successivamente  verso  levante 
e  mezzogiorno,  in  modo  che  raggiunto  1'  arco  SE-S-SW  si  fonde 
neir  unica  cresta,  che  limita  la  bocca  del  cratere  da  questa    parte. 

II  recinto  è  completamente  e  fittamente  disseminato  di  tutto  lo 
svariato  materiale  emesso  da  Vulcano  ;   principalmente  negli  ultimi 


Fine  del  periodo  eruttivo  di  Vulcano  e  stato  attuale  del  cratere         325 


periodi  di  attività  decrescente.  In  mezzo  a  tanto  pietrame  e  mate- 
riale frammentario  di  tutte  le  dimensioni  e  di  tutte  le  varietà,  si 
rinvengono  delle  bombe  colossali,  sia  pomicee  che  compatte  e  di 
grande  peso.  Presento  la  fotografia  di  una  delle  bombe  massicce 
che  trovasi  al  lato  di  ponente  e  presa  sul  posto  il  giorno  27  marzo. 
Accanto  ad  essa  osservasi  la  guida,  che  mi  accompagnava  e  dalle 
dimensioni  dell'una  e  dell' altra  potrà  rilevarsi  l'imponente  mole  di 
quella  bomba  e  lo  sforzo  potente  necessario  per  cacciarla  dal  foco- 
lare vulcanico  attraverso  la  gola  e  lanciarla,  chi  sa  a  quale  altezza, 
prima  di  raggiungere  il  posto  in  cui  trovasi. 

n  giovane  che  mi  faceva  da  guida  è  dell'  altezza  di  circa  metri 
1,70  e  di  compostezza  proporzionata. 

Percorso  quel  recinto,  per  lo  studio  del  materiale  ivi  dissemi- 
nato, mi  feci  ad  osservare,  dall'  alto,  l' interno  della  gran  fossa , 
costituita  da  un  ampio  cavo  imbutiforme  ed  ellittico  con  asse  mag- 
giore ,  alla  parte  superiore  ,  considerato  ad  occhio  ,  di  circa  200 
metri  in  direzione  di  NNW-SSE  e  con  asse  minore  di  130  a  140 
metri  circa.  La  superficie  del  pendio  interno  è  tuff  altro  che  rego- 
lare e  presenta  varii  gradini,  quasiché  il  cavo  crateriforme  risultasse 
da  diverse  bolge,  che  del  resto  trovano  la  spiegazione  nelle  vicende 
di  periodi  alternanti  di  attività  e  di  sosta  del  vulcano  medesimo. 
L' inclinazione  interna  sensibilmente  può  considerarsi  di  30  a  35 
gradi,  quindi  accessibilissimo  il  fondo,  fino  però  ad  un  certo  punto; 
ivi  bisogna  assolutamente  arrestarsi.  Fatta  la  discesa  di  poco  pili 
di  una  trentina  di  metri  si  è  varcata  la  prima  bolgia  e  si  è  sopra 
un  gradino  di  tre  o  quattro  metri  di  piano  per  potere  entrare  poi 
nella  seconda  bolgia.  Anch'  essa  ha  poco  più  di  una  trentina  di  m. 
di  profondità,  però  neUa  metà  abbracciata  sensibilmente  dalla  se- 
miellisse W  a  circa  15  metri  o  poco  più  di  profondità  e'  è  un 
gradino  con  3  a  4  metri  di  piano  pel  quale  si  scende  lungo  il  resto 
della  bolgia,  mentre  la  semiefiisse  E  ha  unico  pendìo,  sempre  benin- 
teso accessibile  come  il  resto  della  fossa,  principalmente  pel  mate- 
riale sparso  su  tutta  la  superficie  interna. 

Raggiunta  la  base  di  questa  bolgia ,  cioè  a  circa   una   settan- 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sebie  i"  44 


326       Fine  del  periodo  eruttivo  di  Vulcano  e  stato  attìiale  del  cratere 

tina  di  metri  di  profondità ,  si  è  sopra  un  piano  più  esteso ,  rela- 
tivamente a  quello  delle  indicate  bolge  e  in  esso  apresi  eccentrica- 
mente la  bocca  dell'ultima  bolgia,  che  comunica  con  la  gola  del 
vulcano,  e  della  profondità  di  circa  una  trentina  di  metri ,  ma  con 
pendio  che  raggiunge  e  forse  supera  i  sessanta  gradi  e  a  parete 
regolarissima.  Dimodoché  per  questo  solo  sarebbe  anche  assoluta- 
mente inaccessibile,  se  altre  condizioni  non  concorressero  ad  impe- 
dirlo. Il  fondo  di  quest'  ultimo  cavo  rappresenta  il  vero  fondo  del 
cratere,  eh'  è  un  piano  quasi  circolare  del  diametro  di  circa  una 
decina  di  metri.  Sensibilmente  corrisponde  ad  uno  dei  due  fuochi 
dell'  ellisse  ,  che  forma  la  fossa  di  Vulcano  e  che  si  avvicina  alla 
parte  di  N  e  precisamente  verso  il  punto  ove  si  manifestarono  le 
spaccature  del  1873^  quando  incominciarono  le  prime  manifestazio- 
ni, che  con  un  crescendo  interrotto  da  periodi  di  apparente  diminu- 
zione, ci  hanno  condotto  a  quest'  ultima  imponente  e  lunga  eruzione 
del  1888-90.  Le  spaccature  del  1873  poi  sono  in  direzione  del  grup- 
po dei  fumaiuoli  esterni,  che  nella  fotografia  si  osservano  di  mag- 
giore attività. 

Ora  io  credo  fondatamente  che  la  origine  di  queste  bolge  si 
debba  al  modo  di  come  è  proceduto  l'ultimo  periodo,  quando  il  cra- 
tere entrava  nella  fase  solfatariana,  in  cui  tuttora  continua.  In  es- 
se quindi  abbiamo  i  documenti  di  succesione  dell'  altalena  negli  ul- 
timi conati  di  attività  esplodente. 

Quando  nel  settembre  1889^  Vulcano  fu  visitato  dalla  Società 
inglese,  la  profondità  del  cratere  a  N  fu  trovata  poco  piìi  di  una 
ventina  di  metri;  vuol  dire  che  la  fossa  era  limitata  a  quella  par- 
te dell'attuale,  che  ho  chiamato  la  prima  bolgia  e  il  resto  era  com- 
pletamente colmato  ,  e  la  fossa  come  una  semplice  ampia  depres- 
sione poco  profonda  si  attraversava  passandosi  dall'  una  all'  al- 
tra parte  dell'  orlo  del  cratere.  Il  materiale  frammentario  grosso  e 
minuto  ,  che  colmava  il  resto  era  il  prodotto  dell'attività  interna  , 
che  abbassata  ,  volgeva  e  rivolgeva  il  materiale  che  avrebbe  dovu- 
to lanciare  fuori  ,  se  vi  fossero  state  forti  esplosioni ,  e  che  per 
deficienza  di  energia  accumulava  entro  la  fossa  medesima.  Ho  tro- 


Fine  del  perìodo  eruttivo  di  Vulcano  e  stato  attuale  del  cratere        327 


vato  la  conferma  di  quel  rimaneggiamento  di  materiale  nel  cratere, 
in  parecchi  frammenti  di  materiale  spezzato,  che  si  presentano  arroton- 
dati piuttostochè  a  spigoli  vivi  di  frattura.  Li  rinvenni  poi  quasi  im- 
pegolati all'esterno  di  una  colossale  bomba  ,  emessa  probabilmente 
in  quella  potente  esplosione  e  che  trasportò  seco  passando  attra- 
verso il  materiale  frammentario  accumulato  entro  la  fossa. 

Gontirmò  quello  stato  fino  al  15  marzo  quando  avvenne  alle 
9,  15  di  sera  la  potente  esplosione,  che  lanciò  in  aria  tutto  il  ma- 
teriale, che  riempiva  l'attuale  seconda  bolgia  e  che  spinse  attorno  al 
cratere  per  oltre  a  7  chilometri  di  raggio,  almeno  verso  N,  per  cui 
a  Lipari  fu  raccolto  il  lapillo ,  che  ho  presentato.  Calcolata  appros- 
simativamente la  capacità  di  questa  bolgia  e  quindi  il  volume  e  il 
peso  del  materiale  frammentario  accumulatovisi^  si  ha,  almeno,  un 
volume  di  circa  75000  me.  e  un  peso  maggiore  a  100000  tonnel- 
late. Si  desuma  ora  lo  sforzo  necessario  per  lanciare  quel  materiale 
a  tanta  altezza,  dalla  quale  parte  di  esso  si  spinse  con  traettoria 
parabolica  e  venne  a  cadere  alla  distanza  di  oltre  7  chilometri. 

Orbene,  l'attuale  interna  attività  del  cratere  è  manifestata  da 
fumaioli  sparsi  quasi  su  tutta  la  superfìcie  interna  della  fossa,  con 
intensità  crescente  discendendosi  entro  il  cratere  medesimo.  Già  ap- 
pena si  è  su  r  orlo,  ove  si  abbraccia  coli'  occhio  l' interno  di  tutta  la 
fossa,  si  avverte  molto  sensibile  1'  odore  caratteristico  e  abbastanza 
intenso  dell'idrogeno  solforato,  che  proviene  principalmente  dalle 
attivissime  emanazioni  della  gola  del  cratere. 

Scendendosi  per  la  prima  bolgia  e  anche  per  la  seconda  ,  le 
pareti  sono  del  tutto  ricoperte  di  sublimazioni  bianche  ,  accidentate 
da  macchie  gialle,  principalmente  attorno  e  al  disotto  delle  grossis- 
sime  bombe  compatte,  che  sono  disseminate  all'  interno,  e  sotto  alle 
quaU  scappano  attivissimi  fumaiuofi  esalanti  vapori  acidi,  con  pre- 
dominanza, di  acido  solforoso. 

Le  sublimazioni  bianche ,  che  presento  ,  risultano  da  masse 
cristalline  aciculari  e  acidissime;  sono  gruppi  di  cristalli  aciculari 
di  gesso,  limpidi  e  trasparenti,  a  reazione  acida,  per  l'acido  solfo- 
roso ,  di  cui  sono  compenetrati  ;    contenendo  inoltre  tracce  trascu- 


328       Fine  del  periodo  eruttivo  di  Vulcano  e  sfato  attuale  del  cratere 


rabili  di  cloruri,  piccola  quantità   di  magnesia  e  sensibile  quantità 
di  allumina. 

Credo  di  qualche  importanza  richiamare  1'  attenzione  su  1'  abi- 
to cristallino  di  esse  ,  dovendone  possibilmente  indagare  le  speciali 
condizioni  determinanti.  È  un  abito  che  molto  si  approssima  a  quel- 
lo della  sericolite  o  gesso  fibroso  sericeo  ;  ma  in  questo  i  cristalli 
non  sono  sensibilmente  aciculari  come  quei    delle    sublimazioni    in 

parola. 

Per  quanto  io  mi  sappia  non  trovo  uno  studio  esteso  e  fatto 
di  proposito  sulle  diverse  condizioni  determinanti  i  diversi  aspetti 
cristallini  assunti  dal  gesso  ;  solo  è  detto  che  il  gesso  contenente 
molto  (  beaucoup  )  acido  cloridrico  produce  cristallini  più  delicati  e 
poco  sviluppati  (1). 

Ho  fatto  una  lunga  serie  di  esperienze  sopra  varie  qualità  di 
gesso  cristallizzato  e  di  diversa  provenienza  e  credo  di  aver  potuto 
constatare  dei  fatti ,  che  ci  portano  a  spiegare  fino  ad  un  certo 
punto  r  abito  cristallino  delle  sublimazioni  gessose  di  Vulcano. 

Il  gesso,  sia  proveniente  da  masse  concrezionari,  sia  da  sele- 
nite, sia  da  sericolite  o  da  altre  varietà  più  o  meno  cristalline,  sciolto 
neir  acqua  dà  al  microscopio  cristalli  quasi  costantemente  tabulari 
o  a  ferro  di  lancia  o  al  più  bacillari— La  stessa  soluzione  delle  di- 
verse varietà  di  gesso,  acidificata  anche  con  sole  tracce  di  acido  clori- 
drico (non  fa  bisogno  che  sia  molto),  acido  solforoso,  acido  nitrico, 
idrogeno  solforato,  acido  borico,  mi  ha  dato  i  seguenti  varii  risultati. 

Con  acido  cloridrico,  cristalli  in  predominanza  aghiformi  isolati, 
lunghi,  sottili  e  anche  bi-acuminati  se  rari,  e  intersecantisi  a  due  , 
a  tre,  a  quattro  in  tutte  le  direzioni,  a  forma  d' alberetti  o  dendri- 
tiformi,  a  ramificazioni  sottilissime  ,  o  a  doppii  ventagli  riuniti  per 
gU  apici  e  finalmente  ad  ammassi  raggiati  o  a  fìtta  rete. 

Con  acido  solforoso,  predominanza  di  cristalli  aghiformi  anche 


(1)  e.  Klemeiit  et  A.  Renard.  Rèactions  microchimiques  à  cristaux  et  leur  applications  en 
analyse  qualitative. 


Fine  del  periodo  eruttivo  di  Vulcano  e  stato  attuale  del  cratere       329 

iiitersecantisi  e  formando  gruppi,  ma  sempre  con  abito  sensibilrnente 
aciculare. 

Con  acido  nitrico,  quasi  tutti  bastoncini  o  isolati  o  a  fascio. 

Con  idrogeno  solforato,  bacillari  se  piccoli  e  isolati,  e  a  piano 
ferro  di  lancia  se  grandi  o  a  gruppi  ;  e  proprio  con  quell'  abito,  che 
predomina  nella  selenite  delle  zolfare. 

Chi  sa  che  in  queste  essa  non  si  sia  formata  sotto  l' influenza 
di  emanazioni  d' idrogeno  solforato. 

Con  acido  borico,  predominanza  pacchetti  a  ventaglio  semphce 
o  doppio ,  sfrangiati  divergendo;  acuminati  ma  corti  e  formati  da  al- 
tri pili  piccoH. 

Risulta  quindi  che  l' abito  aciculare  predomina  formandosi  i 
cristalli  sotto  r  influenza  dell'  acido  cloridrico  o  dell'  acido  solforoso. 

Ora  osservando  attentamente  questi  cristalli ,  anche  isolati ,  si 
può  constatare  che  risultano  da  fasci  paralleli  ,  alle  volte  con  apici 
divergenti,  di  sottihssimi  prismi  monoclini,  non  diversi  da  quelli  che, 
essendo  isolati  e  bene  sviluppati,  si  presentano  bacillari. — Però  sic- 
come sotto  l'influenza  di  quegli  acidi  si  sono  formati  sottilissimi  e 
lunghi  non  si  rende  sensibile  la  coppia  pinacoide  basale  e  le  estremi- 
tà sembrano  appuntate. — E  se  se  ne  costituiscono  dei  fasci  paralleli 
risultanti  da  sottilissimi  prismi  a  lunghezza  sempre  piti  dicrescente, 
si  otterranno  dei  cristalli  sensibilmente  a  forma  di  aghi  biacumina- 
ti,  non  potendosi,  per  la  estrema  loro  sottigliezza,  osservare  le  gradi- 
nate che  devono  esistere  verso  le  estremità  del  fascio  medesimo. — 
Questa  spiegazione  è  suffragata  dal  potersi  osservare  in  alcuni  di 
questi  cristalli  i  loro  componenti  che  divergono  e  si  allontanano  per 
le  loro  estremità  e  che  costituendosi  a  fasci  sensibili  originano  i 
ventagli  sempUci  o  doppii,  oppure  le  masse  raggiate. — Non  credo  di 
potere  rassomigliare  quei  cristalli  acuminati ,  in  apparenza ,  ai  mi- 
crohti  o  cristalloidi  detti  trichiti ,  non  avendo  questi  alcuna  azione 
sulla  luce  polalizzata  e  quindi  ritenuti  come  principio  o  aborto  di 
cristallizzazione. 

Ma  se  quelle  osservazioni  ci  spiegano  l' origine  dei  cristalli 
aciculari  delle  sublimazioni  gessose  di   Vulcano,    non    ci    spiegano 


330        Fine  del  periodo  eruttivo  di   Vulcano  e  stato  attuale  del  cratere 

perchè    1'  influenza  di  quegli  acidi  origini  i  cristalli  di  gesso    tanto 
sottili  e  allungati. 

Trovate  quelle  condizioni,  spiego  facilmente  1'  abito,  che  presen- 
tano quelle  sublimazioni  di  gesso  ;  cioè  dovere  la  forma  aciculare 
all'influenza  dell'acido  solforoso  che  l'accompagna,  anzi  forse  che 
r  origina.  —  La  nitidezza  e  la  trasparenza  poi  dei  gruppi  di  cristalli 
devesi  al  processo  lento  di  formazione,  per  cui  il  gesso  non  si  con- 
creziona. — Anche  nella  regione  bassa  della  Forgia  Vecchia  ho  rac- 
colto del  gesso  in  parte  cristallizzato  in  parte  terroso  ,  ed  è  una 
vecchia  formazione  che  dovette  originarsi  con  qualche  rapidità  e  non 
favorita  da  vapori  troppo  acidi.— Lo  stesso  posso  dire  per  altro  gesso 
trovato  tra  le  spaccature  del  tufo,  che  forma  l' interno  di  uno  dei 
tre  vecchi  crateri  di  Vulcanello. 

Or  non  è  improbabile  che  queste  calde  e  acide  emanazioni  ser- 
peggiando per  interne  fratture  possano  comunicare  ,  come  dissi,  la 
temperatura  e  in  parte  l' al^bondanza  dei  solfati  e  della  calce  ,  che 
si  trovano  nell'  acqua  calda  della  spiaggia. 

Continuando  la  discesa  verso  il  fondo  del  cratere  si  rileva  sem- 
pre piti  crescente  l' attività  dei  fumaiuoh  e  le  sublimazioni  cambiano 
abito,  lasciando  la  predominanza  cristaUina  e  originandosi  piuttosto 
concrezioni  di  gesso,  costituenti  una  trama  che  viene  riempita  da 
depositi  di  zolfo  sensibilmente  amorfo  e  di  solfuri  di  arsenico. — Le 
sublimazioni  che  presento  si  mostrano  gialle  e  giallo-rossicce,  a  se- 
condo eh'  è  il  solo  zolfo  che  riempie  la  trama  di  gesso  o  vi  ab- 
bondano i  solfuri  di  arsenico. — Si  osserva  inoltre  che  la  loro  for- 
mazione ha  avuto  luogo  rapidamente  e  sotto  l' influenza  di  attivis- 
sime emanazioni,  per  quanto  tutta  la  massa  è  cosparsa  di  tanti  car- 
naletti ,  che  rappresentano  la  via  per  dove  sono  scappati  i  getti  di 
vapori  carichi  di  quefle  sostanze  che  formano  le  concrezioni. 

Raggiunto  il  piano  ,  ove  incomincia  1"  ultima  bolgia  ,  ossia  la 
vera  gola  attiva  del  cratere,  osservai  che  la  superficie  interna  è  ab- 
bastanza levigata  ;  rivestita  completamente  da  sublimazioni  gialle  e 
giallo-rossicce  e  gremita  d'attivissimi  fumaioU,  che  con  incessanti 
emanazioni  riempiono  quasi  costantemente    quest'ultimo  cavo.— Se 


Fine  del  periodo  eruttivo  di  Vulcano  e  stato  attuale  del  cratere  331 

qualche  corrente  d'  aria  esterna  sgombra  per  poco  la  gola  ,  si  os- 
servano le  pareti  del  tutto  fumanti.  —  Le  emanazioni  poi  d'idro- 
geno solforato  sono  tanto  intense,  che  non  vi  si  può  restare  a  lun>- 
go  senza  accusare  il  disturbo ,  molesto  e  anche  nocivo  ,  provocato 
da  quel  gas. 

Dall'  orlo  a  spigolo  vivo  del  cavo  si  può  osservare  ,  in  certi 
momenti,  il  vero  fondo  del  cratere  attuale,  alia  profondità  di  circa 
una  trentina  di  metri. — Fui  sorpreso  per  l'aspetto  ch'esso  mi  pre- 
sentò.— Piuttostochè  mostrarsi  con  accumulo  disordinato  di  materia- 
le frammentario  più  o  meno  grosso  in  mezzo  a  spaccature  e  a  fu- 
maiuoli attivissimi,  coni'  ebbi  ad  osservare,  sebbene  a  maggiore  di- 
stanza, nei  brevissimi  periodi  di  calma  nel  febbraio  1889,  constatai 
che  il  fondo  risultava  da  un  piano ,  quasi  circolare  ,  sensibilmente 
orizzontale  e  relativamente  levigato,  con  alquante  sporgenze,  come 
grosse  pietre  rotondeggianti  di  colore  giallo  vivo  e  giallo-rossiccio 
sopra  un  fondo  bruniccio,  e  come  se  fossero  in  esso  conficcate. 

Profittando  di  opportuni  intervalli,  per  accurata  osservazione, 
constatai,  sia  ad  occhio  nudo  e  principalmente  servendomi  del  bi- 
nocolo, esservi  sul  fondo  una  crosta  che  uguagliava  la  superficie  di 
esso  e  certamente  prodotta  dalle  attive  emanazioni.  —  Questo  fatto 
però  non  mi  spiegava  come  una  semplice  crosta  deposta  sopra  un 
cumulo  di  materiale  frammentario  avrebbe  potuto  rendere  sensibil- 
mente orizzontale  il  piano  del  fondo  del  cratere. — Mi  sorse  il  dub- 
bio che  si  trattasse  di  crosta  formatasi  sopra  un  elemento  livella- 
tore e  quindi  il  sospetto  di  qualche  deposito  liquido  in  fondo  al 
cratere  medesimo  ;  sola  condizione  che  avrebbe  potuto  spiegare  quan- 
to si  osservava. — Facendovi  lanciare  dalla  mia  guida  alcune  pietre, 
mentr'  io  guardava  col  binocolo  ,  constatai  infatti  che  trattavasi  di 
un  piccolo  lago  a  piano  sensibilmente  circolare  del  diametro  appa- 
rente di  un  otto  metri  circa  e  rivestito  in  fatto  da  una  crosta.  — ■ 
Rotta  questa  sotto  l'urto  delle  pietre  lanciatevi,  mettevasi  allo  sco- 
perto dell'  acqua  bruniccia,  ove  terminato  il  movimento  delle  onde 
lic|uide  prodotte  dal  tonfo  dei  sassi,  la  crosta  tornava  a  chiudersi 
e  la  superficie  tornava  levigata. 


332      Fiìie  del  periodo  eruttivo  di  Vulcano  e  stato  attuale  del  cratere 

Da  quanto  potei  osservare  ripetutamente,  risulta  che  in  fondo  al 
cratere  trovasi  un  deposito  d'  acqua,  certamente  calda,  coperta  da 
una  crosta  di  zolfo  o  altro,  depostovi  dalle  continue  e  attive  ema- 
nazioni del  fondo,  e  quelle  sporgenze  gialle  o  giallo-rossicce  dis- 
seminate in  esso  erano  il  materiale  più  grosso  sporgente  e  rivestito 
di  depositi  d'  incrostazione  depostivi  dai  fumaiuoli  attivi. 

Sarebbe  riuscito  impossibile  potere  attingere  direttamente  di 
quell'acqua  e  altro  materiale,  ma  se  mi  fossi  potuto  trattenere  più 
a  lungo  in  quella  visita  ,  avrei  superato  probabilmente  le  difficoltà 
servendomi  di  mezzi  indiretti. 

Non  potendo  altro  ,  tentai  però  di  fissare  alla  meglio  lo  stato 
di  c|uella  gola  fumante  servendomi  della  fotografia.  Non  possedevo 
una  machinetta  a  mano,  tanto  comoda  in  simili  casi,  e  mi  fu  di  gra- 
ve disagio  salire  il  monte  e  discendere  nel  cratere  con  una  macclùna 
grande,  con  la  quale  non  potei  rilevare  il  fondo  non  essendo  stato 
possibile  inclinarla  di  troppo,  per  quanto  mi  sia  avvicinato  proprio 
all'  orlo  di  quell'  ultima  bolgia.  Inoltre  non  potevo  trattenermi  a 
lungo  entro  il  cratere  e  principalmente  alla  bocca  della  gola  fumante 
per  le  continue  emanazioni  d'idrogeno  solforato,  le  quali  avrebbero 
attaccato  profondamente  il  sale  di  argento  della  lastra  sensibile.  Piglia- 
te le  possibili  precauzioni  per  evitare  questo  certissimo  e  gravis- 
simo inconveniente,  mi  accontentai  di  riprodurre  il  versante  interno 
dal  cavo  centrale  e  che  guarda  ponente  e  l'orlo  da  questo  stesso  lato, 
ove  si  osservano  tuttora  delle  grosse  bombe. 

Or  volendo  dare  una  spiegazione  dell'origine  del  laghetto  esisten- 
te in  fondo  al  cratere  ,  non  credo  improbabile  trovai'la  nello  stato 
di  emanazione,  in  cui  è  attualmente  la  fossa.  Cosicché  potrebbe  am- 
mettersi essere  un  accumulo  di  vapori  acquei  condensati  e  trattenu- 
ti dal  fondo  per  cementazione  avvenuta  nei  materiali  frammentarii, 
che  lo  costituiscono.  La  incessante  condensazione  poi  di  nuovi  vapori 
compenserebbe  quel  tanto  d'acqua  che  potrebbe  infiltrarsi  nel  fondo 
medesimo.  Potrebbe  cercarsene  anche  la  causa  in  condizioni  esterne 
e  ascriverla  a  deposito  d'acqua  in  seguito  a  piogge  invernali? 

Non  credo  che  si  possa  essere  sul  momento  autorizzati  a  dire 


Fhìe  del  periodo  eruttivo  di   Vulcano  v  ^tato  attuale  del  cratere       ;-5;-53 

sul  riguardo  1"  ultima  parola  perchè  mancano  i  ciati  necessarii^  e  piut- 
tostochè  precipitare  in  spiegazioni  infondate,  credo  sia  preferibile  at- 
tendere le  condizioni  opportune  pei-  intcì-pretare  positivamente  il  fe- 
nomeno osservato.  (1) 


Dopo  di  essersi  conosciuto  il  corso  del  periodo  eruttivo  e  lo 
stato  attuale  del  cratere  di  Vulcano  ,  nasce  spontanea  la  curiosità 
di  sapere  se  possiamo  formulare  delle  previsioni  sullo  stato  eh'  esso 
potrà  assumere  in  seguito  dopo  un  elasso  di  tempo  piìi  o  meno  lungo. 

Non  credo  che  si  possa  dare  una  risposta  in  modo  afTermativo 
ed  esplicito  perchè  non  si  conoscono  tutte  le  leggi  ,  né  credo  che 
possano  essere  nettamente  delineate.  Ma  richiamando  in  concorso 
tutti  i  fatti  studiati  nel  lunghissimo  periodo  di  quest'ultima  eruzione 
e  quelli  di  altri  vulcani  nelle  diverse  fasi,  potrà  azzardarsi  qualche 
giudizio  di  previsione. 

Io  penso  che,  per  le  probabili  condizioni  interne,  sotto  le  eguali 
ha  avuto  luogo  il  periodo  eruttivo  :  che  per  la  lunga  durata  di  esso, 
e  per  la  fase  in  cui  si  mantiene  il  cratere  da  circa  un  anno,  non 
sia  difficile  di  vedere  rientrare  Vulcano  nel  suo  relativo  stato  di  cal- 
ma per  ritornare  la  Fossa  ad  essere  sorgente  di  speculazione  come 
per  il  passato.  Ma  potrà  anche  darsi  che  il  mio  giudizio  venisse 
smentito  da  inaspettato  e  imprevedibile  risveglio. 

Ad  ogni  modo  termino  considerando  il  mio  giudizio  come  Davy 
considerava  l'ipotesi,  la  quale,  diceva  di  essere  "  un  uncino  a  cui 
"  dobbiamo  per  forza  attaccare  il  volume  delle  nostre  cognizioni. 
"  Se  collo  accumularsi  dei  fatiti  l'uncino  reggerà,  buon  per  noi,  se 
"  no,  prenderemo  consiglio  dai  nuovi  eventi  e  da  quello  che  il  tarlo 
"  del  tempo  avrà  messo  a  nudo.   , 


(1)  Rendo  pubbliche  grazie  ai  signori  A.  E.  Narlian  ,  comproprietario  e  Direttore  della 
Fossa  di  Vulcano,  e  Tommaso  Carnevale  di  Lipari,  per  le  cortesìe  usatemi  durante  la  mia 
escursione. 


Sulle  curve  brachistocrone 


Nota    del    Prof.   G.   PENNACCHIETTI 

Letta  all'Accademia  (rioenia  neW adunanza  del  dì  18  giugno  1891. 


Dopo  avere  esposto  alcune  generalità  sulle  forme  che  possono 
darsi  alle  equazioni  generali  del  moto  brachistocrono,  dimostro  in- 
torno a  questo  problema  alcune  proposizioni  che  hanno  analogia 
con  teoremi  noti  riferentisi  al  moto  d'un  punto  materiale  libero 
o  semplicemente  obbligato  a  rimanere  sopra  una  superficie  fissa 
data. 


§  I. 


Le  coordinate  del  punto  mobile  rispetto  a  tre  assi  ortogonali 
siano  X,  y,  z  al  tempo  ^  e  sia  T  la  forza  viva,  la  quale,  suppo- 
nendo, per  semplicità,  la  massa  eguale  all'  unità,  è  uguale  alla  me- 
tà del  quadrato  della  velocità.  Siano  X,  Y,  Z  le  componenti  della 
forza  sollecitante  rispetto  agii  assi^  e  supponiamo  che  esista  una 
funzione  V  della  forza  dipendente  dalle  sole  coordinate  del  punto 
mobile.  Le  equazioni  del  moto  brachistocrono  saranno,  com'è  noto  : 


d 

dt 

/  1 
T 

dx 

dt      ~ 

A' 
T  ' 

d 
dt 

1 
J 

dy 
dt 

Y 

T  ' 

d 
dt 

(^ 

dz     _ 
dt  1   ~ 

Z 

T  ' 

(1) 


Introducendo    tre    incognite    ausiliarie  u,  v,  tv,    al  sistema  di 
queste  tre  equazioni  differenziali  ordinarie  di  second"  ordine   si  può 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sebie  4'  46 


336  ■  Sulle  curve  hrachistocrone 

sostituire  il  seguente  sistema  di  sei  equazioni  differenziali  ordinarie 
di  prim' ordine  : 


(2) 
(3) 


'^^   -  Tu 
dt    ~     "' 

t  =  ^- 

dt  =^"'' 

du                X 

dv                Y 

dtv                Z 

dt   ~          T  ' 

dt    ~          T  ' 

'     dt    ~          T 

Se  per  mezzo  di  : 


—  =  —  {u'  +  v'  -h  w' ) 


eliminiamo  T  dalle  equazioni  (2),  (3),  queste  formeranno  un  siste- 
ma normale. 

Cambiando    momentaneamente    la    variabile    indipendente    col 
porre  : 

[t  dt  ^t,, 
le  equazioni  del  moto  brachistocrono  prendono  la  forma  : 


d'x 

dt:  ~ 

X 

d'y 

dt,' 

Y 

d'z 

dt: 

z 

(4) 


Se  si  aggiunge  la  condizione    che    il  mobile    debba    trovarsi  sopra 
una  superficie  fissa  data,  la  cui  equazione  sia  : 

fix,>,,z)  =  0,  (5> 


tiulle  curve  hracliisfocrone  337 


a  questo  sistema  si  sostituirà  il  seguente 


d'x 
df,'   - 

X   ^  ,    df 

T'   ^    '  dx  ' 

d'y 

dt:  - 

T'   ^        dy  ^ 

d'z 
di,' 

z       .    df 

(6) 


dove  '^-  è  una  quantità  da  eliminarsi. 

Per  ottenere  le  equazioni  del  moto  brachistocrono  in  un  si- 
stema qualunque  di  coordinate  curvilinee  q^ ,  q^ ,  q-j  nello  spazio 
ovvero  (/, ,  q^  sopra  la  superficie,  poniamo  anzitutto  : 


'^^'^  -  Tp,  ,  (7) 


di 


da  cui  si  dedurrà   per  -j,  un'  espressione  razionale  intera  omogenea 
di  secondo  grado  rispetto  alle  p„. 

Moltiplicliiamo  quindi  le  (4)  ovvero  le    (6)    ordinatamente  per 
-^ ,  — ^  ,  -x^  ,  e  poi  sommiamo  i  prodotti  :  poniamo  inoltre  : 

dq,,       dq,,       dq,. 


dq,;  óQk  dqK 


Avendo  presente  la  seconda  delle  note  forme  date  da  Lagrange 
alle  equazioni  generali  del  moto,  è  manifesto  che  si  otterranno  così 
le  equazioni  : 


d     ^-f        ^T  P. 


dt,     dpn:  dqic  T 


1   ' 


338  Sulle  curce  brachi stocrone 


ovvero  ritornando  alla  variabile  indipendente  t  : 

si      al 

1      d         T  _  _T_  _  _  J\  (8) 

T     dt      dp^  dq,.    ~  T'  ' 

aJle  quali  sono  da  unirsi  le  equazioni  (7). 

§    II. 

Nel  caso  che  il  mobile  sia  obbligato  a  rimanere  sopra  la  su- 
perficie (§  I,  5),  se  il  quadrato  dell'  elemento  lineare  è  dato  dalla 
equazione  : 

ds'  =  Edq,'  +  2Fdq,  dq,  +  Gdq^'  , 
dove  E ,  F,  G  sono  funzioni  determinate  di  q^ ,  q^ ,  si  avrà  : 

-1,  =  j-  (Ep\  +  2  Fp,p,  +  Gp,%  (1) 

Perciò  il  sistema  (§  I,  8)  offre  in  questo  caso  : 

(AG-  —  /<   )  —  -^  _  — 1-  Ti ,  ^2) 

,j,r        j,,,    1    dp,  _   FP.  -  EP., 

dove  : 

l^dF         1^3^  l  ^  dE\      ,        l  .,dG         ^   SE\ 


dq,  2        dq,  2        3qJ  '       dq,  dq. 

Ih 


(i-f-'^f-M?) 


lì    „3£         ^   dF  l    „dE\      ,         l^^dE         „  dG\ 

\       dq,  2       dq,  2       dq,  '  '^' 


Sulh  curve  brachhtocrone  339 


Le  equazioni  (3),  (3),  insieme  colle  equazioni: 

^=T,,,        %  =  T,,,  ,4, 

dopo  avervi  sostituito  invece  di  T  il  valore  dato  dalla  (l),  costitui- 
scono un  sistema  normale. 


§.  III. 

Il  medoto  che  segue  il  Del  Grosso  (*)  per  far  dipendere  la 
integrazione  delle  equazioni  del  moto  brachistocrono  dalla  integra- 
zione d'  un  sistema  canonico,  si  può  riassumere  cosi.  Ammettendosi 
dal  problema  l'integrale  delle  forze  vive: 

T  —  U  =k  , 
dove  l-  è  una  costante  arbitraria,  si  ha: 

T'  "  dx  '  T'         dy  '  T'  dz  '  ^  ' 


dove  : 


F=       ' 


U  -h  k' 


Si  ponga  quindi: 

,  dx  , di/  I  dz 

""  -  ~d^'     ^  ~~dr/    ^  ~  d^' 

r,  =  i-  {X-'  -h  >/'■'  ■+■  z\        H,  =  T,-   V, 
essendo  6-,    definita  come  al  §  I.  Sarà  T,    una    funzione  omogenea 


(*)  Del  Gkosso,  Nota  sull'equazioni  dilìerenziali,  che  si  presentano  nei  problemi  di  Mec- 
canica. Giornale  di  matematiche  pubblicato  per  cura  del  prof.  G.  Battaglini,  Voi.  IV,  1866, 
pag.  243. 


340  Sulle  curve  brachisfocrone 


di  secondo  grado  rispetto  alle  quantità  ~  (che  denoteremo  in  que- 
sto momento  con  q';,)  con  coefficienti  che  sono  funzioni  note  delle 
variabili  q,,.  Si  ponga  inoltre  : 

37; 


e  si  esprimano  quindi  T, ,  H,  per  mezzo  delle  variabili  q^^  p^.. 
Allora  T,  diviene  una  funzione  omogenea  di  secondo  grado  rispetto 
alle  p„   con  coefficienti  funzioni  delle   q^.  Se  nei  sistemi  (§  I.  4,  6) 

Y  Y  Z 

si  sostituiscono  per  —  ^  ,  —  ^r, ,  —  ^j  le  espressioni  date  dalle  (1), 

evidentemente  questi  sistemi  potranno  porsi  poi  sotto  la  forma: 
dq,.  _  dH,  dp,.  _       dH, 


dti  3pK  '  df,  dq,.- 

Ricordando  quindi  che,  per  le  posizioni  fatte,  la  funzione  carat- 
teristica H^  contiene  necessariamente  la  costante  k  delle  forze  vive, 
e  supposto  che  si  sappia  trovare  una  soluzione  completa  dell'  equa- 
zione differenziale  parziale  corrispondente  al  sistema  (2),  sarà  facile 
dedurre  da  questo  sistema  le  equazioni  integrali  del  problema  del 
moto  brachistocrono  contenenti  complessivamente,  oltre  la  costante  k 
delle  forze  vive,  altre  tre  o  cinque  costanti  arbitrarie  distinte,  se- 
condochè  è  data  o  no  la  condizione  che  il  moto  debba  aver  luogo 
sopra  una  superficie  assegnata. 

§.  IV. 

Ma  si  può,  senza  cambiamento  della  variabile  indipendente  t , 
e  senza  introdurre  la  costante  delle  forze  vive  nelle  equazioni  diffe- 
renziali del  moto  brachistocrono,  far  dipendere,  nella  seguente  ma- 
niera, da  un  sistema  canonico  la  determinazione  degl'integrali  non 
contenenti  esplicitamente  il  tempo,  riducendo  in  ultimo  ad  una 
quadratura  la  determinazione  del  rimanente  integrale  contenente 
esplicitamente  il  tempo. 


Stille  curve  brachi stocrone  341 

Il  sistema  (§  T,  8)  si  può  porre  sotto  la  forma: 

df       dp,.-  dqK 


Pongo  : 


dpi! 

e  momentaneamente  per  brevità 


al 

T 

ri.- 


Si  avrà  : 


ossia  : 


da  cui: 


T  ~ 


--21^- 


7"  =  S  r,p,,-  -  T  , 


dT 


ovvero 


2  '•'.-  ^i'-  +  2  P"  ^''"  ~  2  "a^  ^^^'  ~  2  "a^  ^'^"  ' 


dT'^^p.dr,.-^^dq. 


Esprimiamo  T ,  T'  per  mezzo  delle   variabili    (/,. ,  />,,,    e  distinguia- 
mo con  parentesi  le  derivate  parziali  prese  in  quest'ipotesi.  Si  avrà  : 


.7-=S@     *V.  +  SE)    .,. 


342  Sulle  curve  brachistocrone 


Confrontando  le  ultime  due  espressioni  di  dT ,  se  ne  deduce: 

ldT\    _  _    dT  ^ 
^dqj    ~         dq,.  ' 

1    ,dT\ 

Perciò  il  sistema  (§  I,  7),  (1),  intendendo  che  T    sia  espresso  per 
mezzo  delle  q,,,,  p,,,  e  onnnettendo  quindi  le  parentesi,  diviene: 


rp  dqn      _ 
dt      ~ 

dT 
dvK 

t 

r^dr,    _     dT 
dt           ag* 

-    P,.- 

Ponendo  : 

H  =  T  — 

u, 

e  osservando 

che 

si 

ha: 

p  -  ^ 

dq,.- 


il  sistema  precedente  diviene  : 

df  dr/c 

^dr^      ^     dH 
dt  dq,.- 

come  giunsi,  per  via  differente,  in  altro  lavoro  (*). 
Il  sistema  (2)  ammette  col  sistema  canonico: 

ilqj^      _     dH_^ 
dt       ~     drK 

dr\   __        dll 
dt  dqK 


(2) 


(3) 


(*)  Sul  moto  brachistocrono.  Remi.  Ciré,  matem.  di  Palenno,  t.  V.  1891. 


Sulle  curve  hrachistocrone  343 


in  comune  gl'integrali  non  contenenti  esplicitamente  il  tempo. 

Se  non  è  data  la  condizione  (§  I.  5),  prendiamo  per  ^, ,  q^,  q^ 
le  variabili  .r,  //,  z,  sicché  : 

p,  =  r,  =^  u,    p,  =  r,  =  V,    p,  =  *-3  =  w. 

La  ricerca  degrintegrali,  non  contenenti  esplicitamente  il  tempo,  del 
sistema  (3),  e  perciò  anche  del  sistema  (2),  dipenderà,  come  si  sa, 
dalla  teoria  dei  sistemi  canonici,  dalla  ricerca  di  una  soluzione 
completa  dell'equazione  differenziale  parziale  di  prim'ordine: 

—  -  t7=  A-,  (4) 


r,'  -t-  r,    + 
essendo  k  una  costante  arbitraria,  e  dove: 

_  a^'      ,   _  9^         _  9*' 

'■'  ~  dx  '       '''  ~  dy  '       '"'  ~  dz  ■ 

Se  è  data  la  condizione  (§  I,  5),  la  determinazione  degl'  inte- 
grali non  contenenti  esplicitamente  il  tempo  dipende  invece  dalla 
ricerca  di  una  soluzione  completa  dell'  equazione  : 

2^^^-^^^  -U=k,  (5) 


Gì;'  —  2F)\  ì\  -f-  Sr,' 


nella  quale  : 


Sia: 


_  as  _  ds_ 


§  V. 


f  (  x,  y,  z,  u,  e,  w  )  =  h, 


essendo  /i  una  costante  arbitraria  ,    un  integrale  ,   non    contenente 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sebie  4"  46 


344  Sulle  curve  brachistocrone 


esplicitamente  il  tempo,  delle  equazioni  (§  I,  2,  3).  Si  dovrà  avere 
identicamente  : 

dx  dy  dz  Su  1         dv  1         àz  1 

Di  qui  si  conclude;  Sieno 

1  SU        _J_9^ L^ 

""  T'  aJ  '      ^T^dy'  T'  dz   ' 


essendo: 


-=H©" -il  )'-{!)■]■ 


da; 

dy , 

dz 

1    dx 

dt 

dt 

dt 

in 

T  dt 

le  componenti  delia  forza  aeceleratrice  nel  moto  d'un  punto  libero;  sieno 

'\T-r  '^JT  '^71 

— -  >      -—  '      -K-    le  componenti   deìla  forza   nei   moto  brachistocrono  di 

ciX)  et  u  dz 

un  punto  materiale.    Dogi'  integrali ,     non    contenenti    esplicitamente  il 

tempo ,    del  'primo  problema,    si  deducono    immediatamente  (jV  integrali, 

non  contenenti  esplicitamente  il  tempo,  del  secondo  problema,  cambiando 

1  dy         1  dz 
fdi  '      TWt  ' 

Reciprocamente  se  negli  integrali,  non  contenenti  esplicitamente  il  tempo, 
del  secondo  problema  si  cambiano 

dx         dy        dz         .  „dJ3         ^^^  r^dz 

dt'      di'      llt        '"         ^dt'       ^dt'       ^dt 

si  otterranno  gì'  integrali ,    non    cotitenenti    esplicitamente  il  tempo,   del 
pi-imo  problema.  In  particolare  :  La  traiettoria  è  ,  nei  due  problemi , 
rappresentata  dalle  stesse  equazioni,  salva  la  determinazione    delle   co- 
stanti arbitrarie  secondo  i  valori  iniziali  e  le  condizioni  ai  limiti. 
Similmente  sia: 

/■  r<7.,  Q,,  Jh,  Pi)  =  ^ 


Sulle  curve  hrachistocroìie  345 


un  integrale,  non  contenente  esplicitamente  il  tempo  ,     del  sistema 
(§  II,  2,   3,  4).  Si  dovrà  avere  identicamente: 


df        df 

P> 

■  ^  dp,  EG  —  F' 

'      ■ 

-  GP,  -+-  FP, 

+  T, 

^Sf          1 
dp,  EG  -  F' 

■ 

FP,  —  EP, 

+    '!•, 

Onde  :  Steno 

1    du 

1     dU 

T'     dq,  ' 

T'     dq.,  ' 

/e  componenti  della  forza  attiva  che  sollecita  un  pttnto  obbligato  sem- 
plicemente a  rimanere  sopra    una    superficie  data.     Sieno  -^ —  ,    ~—  le 

cq^         cq.^ 

componenti  della  forza  che  sollecita  un  punto  obbligato  pure  a  rima- 
nere sopra  la  stessa  superfìcie  ,  ma  colla  condizione  che  il  moto  sia 
brachistocrono.  Dagl'  integrali  ,  non  contenenti  esplicitamente  il  tempo, 
del  primo  problema,  si  deducono  gV  integrali  ,  non  contenenti  esplicita- 
mente il  tempo,  del  secondo  problema,  cambiando  senz'  altro 

dq,      dq,         .  1    dq,         1    dq, 

~di  '  It         '^        T' H  '    Y'' Ili  ' 

Reciprocamente  ,  se  negl'  integrali,  non  contenenti  esplicitamente 
il  tempo  del  secondo  problema,  si  cambiano  -jy  ,  -j^  in  T'  -^ ,  7"  — '  , 
si  ottengono  gì'  integrali  non  contenenti  esplicitamente  il  tempo,  del  pri- 
mo problema. 

In  particolare  :  Le  equazioni  della  traiettoria  nei  due  prohlemi 
coincidono,  salva  la  determinazione  delle  costanti  arbitrarie  secondo  i 
valori  iniziali  e  le  condizioni  ai  limiti. 


346  Sulle  curve  brachisfocrone 


§  VI. 

Cerchiamo  in  quali  casi  il  sistema  (§  I,  2,  3)  delle    equazioni 
del  moto  brachistocrono  ammetta  un  integrale  della  forma  : 

Au  ■+-  Bv  +  Cw  -^  D  =  Ti,  (1) 

essendo  //  una  costante  arbitraria,  e  A,  B,  C,  D  funzioni  di  «,  y, 
z,  da  determinarsi.  Affinchè  lo  stesso  sistema  ammetta  l'integra- 
le (1),  si  dovrà  avere  identicamente  per  valori  arbitrari  di  ciascuna 
delle  sei  quantità  x,  y,  z,  u,  v,  tv  : 

idA  dA  dA       \  ,?B      ^    dB  dB      \ 

\dx  dy  dz        I  \  dx  ày  dz       ' 

tdC  dC  dC      \  SD       ^   dD  dD 


-+■  \^ —  '«  -i — ^; —  ''  -^ — ^ —  w  \  w  -r    -j —  «   -r-  -^ —  t    -r-     , 
\  dx  dy  dz        ì  dx  ày  dz 

-  \  (li?  +  r'  +  w')  K^AX  +  BY  ^  GZ)  ^^. 
4 

Tale  equazione,  siccome  u,  v,  w  vi  compariscono    soltanto   esplici- 
tamente, si  scinde  nelle  seguenti  : 

AX  +  BY  +  CZ  :^0, 


dx  dy  dz 


dA    ^   dB        ^  dB         dO  _  dC         dA   _  i       (2) 

dx  '        dy  dz 

Quest'  equazioni  sono  quelle  stesse  ,  che  devono  essere    verificate  , 
affinchè   le  equazioni  del  moto  d'  un  punto  libero  : 

d'x  _  ^  —  Y       ^  —  7 

dF  ~      '       dt'  ~      '       dt^ 


Sulle  cu  ree  brachistocrone  347 

iieir  ipotesi  che   F,   A',  Z  siano  funzioni  delle  sole   coordinate,  am- 
mettano un  integrale  primo  della  forma  : 

dt  dt  di 

Perciò  il  pili  generale  integrale,  della  forma  (1),  del    problema  del 
moto  brachistocrono  è  : 

Ut  +  lìiv  +   nw  +  p  {zc  —  ijW)   +  q  [.no  —  su)  +  r  (yii  —  ccv)  =  h, 


ossia  : 

^  dx  du  dz  i       dy  dz\  i      dz  dx 

I       dx  di/  \         ,  ,„ 


essendo  /,  ///,  )i,  p,  q,  r  costanti  qualunque.  La  condizione  per  le 
forze  è  : 

[l  +  ry  —  qz)  X  +  (m  +  pz  —  rx)   Y  +  (n  +  qx  -  py)  Z  =  0 , 
sicché   U  dovrà  soddisfare  all'  equazione  : 

du  du       -  ,  du     ^ 

(  l  -h  rq  —  qz)  —  -i-  (m  ->r pz  —  rx)  -^ h  (n+-qx  —  py)  —  =  0  . 

Si  ha  così  questo  teorema:  (*)  Nel  moto  brachistocrono  d'  un  punto 
materiale,  se  le  linee  d' azione  della  forza  sollecitante  appartengono  ad 
un  complesso  lineare,  il  momento  della  quantità  di  moto  del  punto  ri- 
spetto al  complesso  è,  per  tutta  la  durata  del  moto,  proporzionale  alla 
forza  lì  iva. 

Questo  teorema  è  pure  conseguenza    immediata    del    teorema 


(*)   Cfr.  Cereuti,  Intorno  ad  una  generalizzazione  di  alcuni  teoremi  di  Meccanica.    Col- 
lectanea  Mathematica  in  memoriam  D.  Chelini.   Milano  1881. 


848  Sttlh  curve  bracMstocrone 

cornspoiiclente  relativo  al  moto  libero  e  dell"  osservazione  fatta  nel 
§  V.  Per  dedurre  la  stessa  proposizione  dalle  equazioni  (§  IV,  2),  (*) 
si  prendano  in  queste  equazioni  x,  ij,  z  per  variabili  (^^ ,  q., ,  q^ .  Al- 
lora   l'equazione  (1)  diviene: 

Ar,  -h  Br,  +  Cr,  +  Z»  =  //  .  (3) 

Si  denotino  con  K ,  Hi  primi  membri  delle  (§  IV,  4),  (1)  ri- 
spettivamente. Seguendo  una  notazione  dovuta  a  Poisson  ,  si 
ponga  : 

\dqk-   dvK         cr,;   àq,.-' 

dove  in  questo  caso,  è: 

A-  =  3,       q,  =  X  ,      q2  =  y ,      9:»  =  ?  • 

Affinchè  l'equazione  (3)  sia  integrale  d'un  problema,  è  necessario 
e  sufficiente  che  si  abbia  identicamente: 

{K,  H)  =  0. 

Sviluppando  quest'equazione,  si  trova  che  essa  si  scinde  nelle  stes- 
se equazioni  (2). 

§.  VII. 

Supponiamo  che  il  sistema  (§  II,  -2,  3,  4)  ammetta  un  integrale 
della  forma: 

Ap,  -h  Bp,  -h  C  :=  h ,  (1) 

essendo  /(  una  costante  arbitraria  e  A,  B,  C  funzioni  di  q^ ,  q^  da 
determinarsi.  L'equazione  (1)  si  può  scrivere: 

a^-^b"^ 

^i— —  -\-  C  =  h.  (2) 


(*)   C/r.  E.  Padova,  Sut;li  integrali  comuni  a  più  problenn  di  Diuumica,  Atti  del  R.    Ist. 
ven.  Voi.  I,  Serie  VI,  1883. 


ì^ulle  curve  hrachhtocrone  "549 


Sia  —  un  fattore  integrante  dell'espressione  differenziale  Adq^  +  Bdq.^ , 


e  sia: 

1 


(  Adq,  +  Bdqs  )  =  dm  , 

P 


essendo  m  una  funzione  di  q^ ,  q^.  Al  sistema  di  coordinate  curvili- 
nee 2i ,  q^  sostituiamo  il  sistema  delle  coordinate  curvilinee  m  =  cosi. 
e  un  altro  sistema  n  =  cosi.,  che,  per  semplicità,  supporremo  essere 
quello  delle  loro  traiettorie  ortogonali.  L'  equazione  {-D  prenderà  la 
forma  più  semplice  : 


^   dt 


dm 

-hC  =  h. 


Dunque,  continuando  a  chiamai-e  qt,  q.  le  nuove  coordinate  cur- 
vilinee ,  si  vede  che  ,  dato  un  integrale  della  forma  (1) ,  esso  si 
può  sempre  ridurre  alla  forma  piìi  semplice: 

Bp,-hC^h.  (3) 

Essendosi  supposte  le  coordinate  curvilinee  q, ,  q.^  ortogonali , 
si  ha  : 

ds'  —  Edq,'  +  Gdq,-, 

e  le  equazioni  (§  II,  !2,  8)  divengono: 

E  dp,   _        P,        l    SE      ,        dE  1    dG     ,        \ 

TW  -~   T'  ~Y  Sq,  P'    ~  a^  ^'^■'  "^    2"  2^  ^  ^  '     I 

G    dpi   _        P,         1     dE      ^         SG  l     3G      .^         \ 

Affinchè  la  (3)  sia  integrale  d'  un  problema ,    si  dovrà  avere  iden- 


(4) 


350  Sulle  curve  brachistocrone 

ticamente  ,    per    valori  arbitrari  di  ciascuna   delie  quantità  (/, ,  q.^, 
Pi ,  Ih  ■ 

1  dE     ..        dG  1    5(?        1 

2  dg-i  ??i  2   dq-i        .1 

Quest'equazione,  comparendo  jh  ,  Ih  soltanto  esplicitamente,  si  scin- 
de nelle  seguenti  : 

P,  =  0  (5) 

=  0,  (6) 

=  0,  (7) 

0,  (8) 

=  0 .  (9) 

Queste  equazioni  sono  quelle  stesse  che  devono  essere    verificate  , 
affinchè  le  note  equazioni: 

d    dT  _   dT_  _  p 
dt   dq'i  dqi  '  ' 

d    dT  ^^    -  p 

dt  dq'i  3^2  ' 

dqt  ,  dqì 

del  moto  d'un  punto  obbligato  semplicemente  a  rimanere  sopra  una 
superficie,  ammettano  un  integrale  della  forma: 

dt 


dB 

B 

dG 

dq^ 

2G 

dqi 

dB 

B 

dG 

dqi 

G 

dq. 

dqi 

=  ( 

dC 

3n. 

=  0, 

dc 

Sulle  curve  brachistocrone  351 


Dalle  (9)  si  trae  che  C  è  costante,  ed  è  chiaro  che  si  può 
supporre  eguale  a  zero.  È  evidente  che  B  non  può  essere  identi- 
camente nullo,  sicché  la  (8)  dà: 


'^    =0. 


dq^ 


Da  ciò,  per  un  noto  teorema  di  Gauss,  si  deduce  che  le  linee 
q^  =  cosL  sono  geodetiche.  Essendo  E  funzione  della  sola  q, ,  se  si 
fa  un  cambiamento  di  variabile  col  porre  j'  —=-  in  luogo  q, ,  le  U- 
nee  coordinate  non  sono  cangiate,  e  il  quadrato  dell'elemento  linea- 
re assume  la  forma  più  semphce: 

rf.s-*  =  dq\   -f-  Gdq\  . 

La  (7),  integrata,  offre  : 

B  =  f{q,)G, 

essendo  /'  [q^)  una  funzione  arbitraria  di  q,.    Sostituendo    quest'e- 
spressione di  B  in  (6)  e  integrando,  si  ha: 


[f(q-2)Y 


dove  ?  iq^)  è  una  funzione  arbitraria  di  (/i . 

Facendo  un  cambiamento  di  variabile  col  porre  dq.,    invece  di 
,   con  che  le  linee  coordinate  non  sono   cangiate,    il  quadrato 


A?, 

dell'elemento  lineare  prende  la  forma  piti  semplice 


ds'  ^  dq\  +<p{q,)dq%.  (10) 

Onde:  affinchè  il  problema  ammetta  un  integrale  della  forma  (1), 
è  necessario  che  la  superficie  sia  di  rivoluzione  od  applicabile  sopra 
una  superficie  di  rivoluzione.  La  condizione  delle  forze  è  espressa 
dalla  (5),  sicché  la  funzione  di  forza  U,  dipenderà  solamente  da  ^i . 

Atti  Acc.  Vol.  Ili,  Sesie  4»  47 


352  Sulle  curve  brachintocrone 


L'integrale  (3)  diviene: 

Gp,  =  h,  (11) 

ossia  : 

G    dq^  __ 
T    dt    ~     ' 

dove  G  è  funzione  di  ^i    soltanto.    (*) 

§  Vili. 

Trovata  la  forma  più  semplice  a  cui  si  possono  sempre  ridurre 
gì'  integrali  della  forma  (§  VII,  1),  si  può  procedere  come  segue  , 
per  riconoscere  in  tutti  i  casi  1'  esistenza  di  siffatti  integrali. 

Sia  data  una  superficie  di  rivoluzione  od  applicabile  sopra  una 
superficie  di  rivoluzione,  e  prendiamo  sopra  di  essa  un  sistema  di 
coordinate  curvilinee,  formato  da  una  serie  qualunque  di  linee  geo- 
detiche 22  =  cosi,  e  da  quella  delle  loro  traiettorie  ortogonali  q,=-cost., 
sicché  il  quadrato  dell'  elemento  lineare  della  superficie  possa  pren- 
dere la  forma  : 

d.r  =  dq\  -+-  Gdq\  , 

essendo   G  funzione  di  r/,  soltanto. 

Supponiamo  che  l'equazione  (§  VII,  1)  sia  un  integrale  delle 
equazioni  del  moto  brachistocrono  sopra  la  superficie  data. 

Avendo  riguardo  alle  equazioni  (§  II,  2,  3,  4),  si  dovrà  avere 
identicamente: 

I  dA  dA        \  I  dB  dB      \  c)C        ,    dC 


(*)  Cfr.  Cerruti,  memoria  citata. 


Sulle  curve  hraclnstocrone  353 


Queste  equazioni  si  scinde  nelle  seguenti  : 

4^  =  0,    1^  =  0,  (1) 

dB          A    SG          ^       a^          r^        ^^           3^          B  dG  ^       ,^ 

=  0»^r-=0,     ^—  +  ^^- __-  =  o       (2) 


dqì  2    dqt  '      dqi  '       dqi  dqi  G    dq^ 

AGP,  +  BPi  =  0.  (3ì 

Quest'  equazioni  sono  quelle  stesse  che  devono  essere  verifi- 
cate, affinchè  le  equazioni  del  moto  di  un  punto  obbligato  sempli- 
cemente a  rimanere  sopra  la  superficie  data,  ammettano  un  inte- 
grale della  forma  : 

dt  clt 

Dalla  (  l)  si  vede  che  C  è  costante  ,  sicché  questo  termine 
dell'  equazione  (§  VII,  1)  si  può  supporre  identicamente  nullo,  come 
nel  §  precedente. 

Alle  (2)  si  può  soddisfare,  nel  modo  più  generale,  in  due  ma- 
niere, cioè  in  primo  luogo  con  : 

A  =0,       E  =  G, 

qualunque  sia  G  ,  purché,  come  si  è  supposto,  funzione  della  sola 
q^ ,  e  con  ciò  si  ricade  nelle  formule  finali  del  §  VII,  e  la  superficie 
data  può  essere  una  superficie  qualunque  di  rivoluzione  od  appli- 
cabile sopra  una  superficie  di  rivoluzione.  Oppure,  come  risulta  dalla 
memoria  citata  del  Cerruti,  si  può  soddisfare  alle  stesse  equazioni 
con  : 

^  =  a  cos  ^  (92!  >  +  «i)  , 

VG  =  /^  coshiq,  VZ  +  y,), 
B  =  >.(?  — san  h  (  q^  |/T~+  «i  )  ^r—  , 

dove  a,  ■3'i ,  ■>,  7i ,  72 ,  '   sono  costanti  arbitrarie. 


364  Sulle  curve  brachisfocrotie 


In  questo  secondo  caso  la  superficie  data  ,  di  rivoluzione  od 
applicabile  sopra  una  superficie  di  rivoluzione,  è  a  curvatura  costante, 
e  l'integrale  può  ,  secondo  quanto  si  è  detto  al  §  VII,  ridursi  ad 
avere  la  forma  che  ha  nel  primo  caso. 


IX. 


Supponiamo  che  il  problema  del  moto  brachistocrono  di  un 
punto  obbligato  a  rimanere  sopra  una  superficie  di  rivoluzione  od 
applicabile  sopra  una  superficie  di  rivoluzione  ammetta  l'integrale: 

Gpi  =  h  , 

essendo  G  funzione  di  g,  soltanto. 

Le  forze  soddisferanno  ,  come  si  è  veduto  ,    alla    condizione  : 

P,  =  0. 

Perciò  U  e  Pi ,  sono  funzioni  della  sola  q^ .  Supponiamo  inoltre 
che  sia  data  la  curva  brachistocrona  ,  e  che  si  voglia  determinare 
P, .  Dall'  integrale  dato  si  ha  : 

h 
Dalla  prima  delle  (§  II,  4)  si  deduce: 

h     dqz 

onde  : 

2G' 
dq 


«  -  [tn 


Sulle  ciirce  brachistocrone  355 


L'integrale  delle  forze  vive  offre 


=  \   +1-,  (1) 


[--(t 


dqi 
essendo  /•  una  costante  arbitraria,  sicché 


p  _    2       d  G 


A'      dq^    ^    ,     (dq., 


dqi 


Reciprocamente,  data  P^,  si  ha  V  =  f  P^dq^,  e  quindi  l'equa- 
zione differenziale  ordinaria  di  primo  ordine  (1),  integrata,  ci  forni- 
rà l'equazione  della  curva  brachistocrona  in  termini  finiti. 


S  X. 


Volendo  servirsi  delle  equazioni  (§  IV ,  2) ,  (*)  si  osservi  che 
r  equazione  (§  VII,  1)  equivale  alla  seguente  : 

A^  ì\  -\-  Bifi  +  C  —  h,  (1) 

dove  : 

.    _   AG  -  BF  _  —AF-hBE 

^'  -    EG  -  F-'    '  ^'  -      EG-F'      ' 

Supponendo  le  linee  coordinate  ortogonali,  è  Ai  eguale  o  dif- 
ferente da  zero,  secondochè  A  è  eguale  o  differente  da  zero,  sic- 
ché, come  l'equazione  (§  VII,  1)  si  può  ridurre  sempre  alla  for- 
ma (§  VII,  3),  così  l'equazione  (1)  si  può  sempre  ridurre  alla  forma: 

B^n  -+-  0  —  h.  (2) 


(*)  Cfr.  E.  Padova  ,  memoria  citata. 


356  Sulle  curve  brachistocrone 

Indicando  con  A' ,  If  i  primi  membri  del  (§  IV,  5) ,  (2)  ri- 
spettivamente, la  condizione  necessaria  e  sufficiente,  affinchè  la  (2) 
sia  integrale  di  un  problema,  è  che  si  abbia  identicamente  : 

(K,  H)  =  0. 

Sviluppando  quest'equazione,  si  trova  che  essa  si  scinde  nelle 
seguenti  : 


(3) 
(4) 
(5) 
(6) 
(7) 


3C        Q           dC  _ 
dqi            '          952 

=  0, 

7.  =  »• 

f  =0, 

3qi 

dqi 

Bi   3^  _^  2  ^^'   - 

G    dqi         "    dqi 

=  0. 

Dalle  (3)  si  vede  che  si  può  supporre  C=0,  La  (4)  ci  fornisce 
la  condizione  (§  VII ,  5)  già  trovata  per  la  forza.  La  (5)  esprime 
che  E  è  funzione  della  sola  curvabile  q^ ,  sicché,  ponendo  -77=  in- 
vece di  dqi ,  le  linee  coordinate  non  sono  cangiate,  e  il  coefficiente 
di  dqi  neir  espressione  del  quadrato  dell'  elemento  lineare  divie- 
ne =1.  Perciò  si  può  supporre  identicamente  E=^i. 

Dalle  (6),  (7)  si  deduce  facilmente  che  G  avrà  la  forma  : 

G  —  fiqi)i'{qi). 


Ponendo  quindi  .,=%^<  invece  di  dq^,  il  coefficiente  di  dqlneì- 


Sitile  curve  brachisfocrone  357 


l'espressione  del  quadrato  dell'elemento  lineare  diviene  eguale  a 
una  funzione  di  ji .  Le  (6),  (7)  mostrano  allora  che  5,  è  costante , 
sicché  si  può  supporre  =  1.  Perciò  1'  equazione  (2)  non  può  es- 
sere integrale  d'un  problema  a  meno  che  non  si  riduca  alla  forma  : 

1-2  —  h , 

la  quale  equazione  ,  ritornando  alle  variabili  pi,  p^,  diviene  identica 
alla  (§  VII,   li)  già  trovata. 


INDICE  DEL  VOL.  Ili,  SERIE  IV." 


G.  Pennacchietti.   Sugi'  integrali    comuni  a  più  sistemi  di  equazioni  diffe- 
renziali ordinarie pagf-       1 

D.  Amato.   /  problemi  chimici  dell'  epoca   presente  del  Prof.   V.  Meyer  ed 

il  nuora  indirizzo  da  darsi  alla  chimica  del  Prof.  D.  Amato:  Raf- 
fronti e  ragguagli »       7 

V.  Martinetti.  Sopra  un  gruppo  di  configurazioni  regolari,  contenute  nel- 

r  Esagramino  di  Pascal »     31 

E.  Di  Mattei.  Sull'azione   disinfettante  dei  saponi  al  sublimato        .        »     51 
A.  Bartoli.  8ul  calore  specifico  fino  ad  alta  temperatura  delle  lave  dell'Etna 

e  di  altri  vulcani »     61 

G.  Pennacchietti.  Sugi'  integrali  primi  di  secondo   grado    rispetto  alle  de- 
rivate delle  coordinate  nei  problemi  della  meccanica  ...»     67 
detto.  Sopra  sistemi  di  equazioni  aventi  analogia  con  quelli  di  Hamilton  »     99 
S.  Tomaselli.    Sugli   esperimenti   fatti  con  la  linfa  di  Koch    nella   clinica 

medica  di  Catania »   113 

G.  Di-Stefano.  Il  Lias  medio  del  M.  San  Giuliano  (Erice)  presso  Trapani 

(culi  quattro  tavole)    ...........   121 

G.  Pennacchietti.  Sulle  curve  funicolari  —  Nota  1.'-^  ....        »  271 

A.  Petrone.   Contributo  suW  azione  della  tubercolina  nei  tisici    .        .        »  285 

P.  Ferrari.  La  tubercolina  Koch  nella  Lebbra »  305 

S.  Consiglio  Ponte.  Contribuzione   alla    Vulcanologia  delle  isole  Eolie  — 

Fine  del  periodo  eruttivo  di   Valcano  e  stato  attuale  del  cratere       »  317 
G.  Pennacchietti.  Sulle,  curve  brachistocrotie »  335 


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