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HARVARD UNIVERSITY.
LIBRARY
OF THK
MUSEUM OF COMPARATIVE ZOÒLOGY.
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ATTI
DELLA
ACCADEMIA GIOENIA
DI SCIENZE NATURALI
IIV CATATVIA
ANNO LXVII
1890-91
SEI^IE <^TJ^^I^T^^
VOLUME III.
CATANIA
COI TIPI C. GALÀTOLA
1891,
ATTI
DELLA
ACCADEMIA (IIOENIA
DI SCIENZE NATURALI
IIN CATTISI A
ANNO LXVII
1 890-91
SERIE GlTJ J^:EÌT .A.
VOLUME III.
CATANIA
COI TIPI C. GALÀTOLA
1891.
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CARICHE ACCADEMICHE
PER L'ANNO 1891 -!»2.
UFFICIO DI PRESIDENZA
ZURRIA Corani. Prof. Givs^pF'E — Presidente
TOMASELLI Comm. Prof. Salvatore — Vice Presidente
BARTOLI Prof. Adolfo — Segretario Generale
GRASSI Prof. D.r Giambattista — Segretario della Sezione di Scienze
naturali
MOLLAME Cav. Prof. Vincenzo — Segretario della Sezione di Scienze
fisico-matematiche
CONSIGLIO D' AMMINISTRAZIONE
SCIUTO - PATTI Cav. Prof. Carmelo
BERRETTA Cav. Uff. Prof. Paolo
ARDINI Prof D.r Giuseppe
ORSINI FARAONE Prof. D.r Angelo
OAFICI Rev. P. Giovanni — Cassiere.
SOCII EFFETTIVI
1. TORNABENE cav. prof. Francesco
2. ZURRIA comm. prof. Giuseppe
■ò. OAFICI p. Giovanni
4. NICOLOSI TIRRIZZI cav. prof. Salvatore
ó. BERRETTA cav. uft'. prof. Paolo
6. SCIUTO-PATTI cav. prof. Carmelo
7. ARDINI prof. Giuseppe
8. TOMASELLI comm. prof. Salvatore
9. CLEMENTI cav. uff. prof. Gesualdo
10. ORSINI FARAONE prof. Angelo
11. RONSISVALLE cav. prof. Mario
12. BASILE prof. Gioachino
13. CAPPARELLI prof. Andrea
14. MOLLAME prof. Vincenzo
15. ARADAS prof. Salvatore
IG. SANGIULIANO Marchese Antonino
17. GRASSI prof. Giambattista
18. AMATO prof. Domenico
19. BARTOLI prof. Adolfo
20. UGHETTI prof. Giabattista
21. FERRARI prof. Primo
22. FICHERA cav. prof. Filadelfo
23. CHIZZONI prof. Francesco
24. FELETTI prof. Raimondo
25. PENNACCHIETTI prof. Giovanni
26. PETRONE prof. Angelo
27
■2^
29
;50
Sugi' integrali coiiiimi a più sistemi di equazioni
(litì'ereuziali ordinarie.
Nota del prof. G. PENNACCHIETTI
letta all'Accademia Gioenia nell'adunanza del d) 28 dicembre 1890.
Nella nota ') , che ho avuto teste 1' onore di presentare all'Ac-
cadomia , ho adoperato , per la determinazione degl'integrali pri-
mi comuni a più sistemi di m equazioni differenziali ordinarie di
second' ordine, contenenti altrettante funzioni incognite di una va-
riabile indipendente, un metodo, che si può estendere non solo alla
determinazione degl'integrali d'ordine n — 1, comuni a più sistemi
di m equazioni differenziali ordinarie di //^"'"' ordine tra un egual
numero di funzioni incognite di una stessa variabile, ma ancora,
più generalmente, alla determinazione degl' integrali comuni a più
sistemi di m equazioni differenziali ordinarie di prim' ordine con m
funzioni incognite.
Siano infatti :
^ - r. (1)
dt ~ ^' ' ^ '
( s = 1 , 2, . . . m )
t = '■ <^>
due distinti sistemi, composti, ciascuno, di m equazioni differenziali
ordinarie di prim' ordine , essendo le 1'^,, Z, funzioni dì t , y^,
Se
F{f , Vr, y,,... Vm) = a,
1) Sugi' integrali delle equazioni della dinamica — Atti dell' Accademia Gioenia di
. Scienze Naturali in Catania. Voi. Il, Serie 4" 1890.
Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4' 1
2 Sugi' integrali cornimi a jiiti sistemi di equazioni ecc.
essendo a una costante arbitraria, è un integrale comune ai due
sistemi, si dovrà avere identicamente^ qualunque siano i valori di
t, Hi , ih,- iJm ■
ÒF ÒF ^. ÒF ^, ÒF -,
àt òy, òy, dy,n
(3)
a;-' hF ^ ÒF ^ HF ^ ^ \
àt ài/, òy, dy,„
Ora i due sistemi (1). {"2) non possono essere distinti, senza
che due almeno, p. es. Fj, Zi, delle quantità corrispondenti Y,, Z.,
siano differenti I' una dall' altra. Perciò si può porre:
'''- Y, - Z. ' ^^'
(;• = !, 2... m — \)
Si avrà
Ir J r+1 n'r i i . W/
Ir Zp^i fir^i , (b)
o anche :
7 Zp . 1 J , i ri 1 Z,
Il sistema (3) può allora trasformarsi nel seguente :
ÒF ÒF , ÒF ,
òt ài/, d//,
ÒF ÒF , ÒF ,
in gcncj'ale il sistema (S), (9) non può ammettere un dato
numero h di soluzioni, se i coefficienti delle derivate parziali non
soddisfino ad equazioni differenziali parziali, che si determinano
ÒF
àym
= 0,
(8)
^ "/» —
, =0.
(9)
Sugi' inteyraìì comuni a pia .■ii.stemi di equazioni ecc. 3
mediante le note condizioni d' integrabilità, fornite dalla teoria delle
equazioni differenziali parziali simultanee di prim' ordine. Se nel
sistema (8), (9), e contemporaneamente nelle (5), in luogo delle
quantità k,., /,. , si sostituiscono funzioni delle variabili indipendenti
f, ;/,, I/.2, ■■■ i/,„ , tali clie il sistema (8), (9) ammetta // soluzioni, queste
soluzioni converranno agl'infiniti sistemi (1), i cui secondi membri,
considerati come funzioni delle variabili indipendenti /, //, , //,,... ij,,,,
soddisfino alle condizioni (5), o, ciò che è lo stesso, converranno a
tutti i sistemi {"2), i cui secondi membri soddisfino alle condizioni (6).
Supponiamo, p. es., che i due sistemi (1), (2) ammettano m — 1
integrali comuni, e consideriamo dapprima in particolare i due casi,
sebbene estremamente semplici, in cui gli m—i integrali non con-
tengano una delle variabifi y^, ovvero t.
Nel primo caso si ha :
ày, %,
cioè tutti i possibili sistemi, che hanno m— 1 integrali comuni, non
contenenti ij^, sono compresi nel sistema:
dyr+i
-^ = ■*!('' ^1 ' y^,-—yni) ,
= Yr+i {t, y,, y,,... ym), {r = ì, 2,... ni — 1)
dt
differendo un sistema dall'altro soltanto per la prima equazione.
In particolare, se m^='ìn , e si pone:
yn+i = Pi, ( «■ = 1 , 2 , ... « ) , (10)
il sistema (1) non può ammettere il sistema dei 2« — 1 integrafi,
non contenenti esplicitamente y^, in comune col sistema canonico:
(2 = 1, 2,... il) (11)
dyt
dt
OH
~ àpi
dpi
dt
OH
4 Sugi' integrali comuni a più sistemi di equazioni ecc.
dove H non contenga esplicitamente i/^, a meno che il sistema (1)
st esso non abbia la forma :
-^ = i, {.t, yi, y,,.-- Vm) ,
dt
dy,^i ÒH
dt òyi^i
(i =1, 2, ... 71 - l)
dpi+i ÒH
dt òyi+i
del quale le ultime %i — 2 equazioni formano un sistema canonico.
Nel secondo caso si ha :
if = o, z, = o, *A = o,
e quindi la condizione necessaria e sufficiente , afflnchè i sistemi
(1), (2) abbiano in comune m—ì integrali, non contenenti esplici-
tamente t, è che si abbia:
Z.4i = Ir {y,, y,, ... ym ) Z,, ( r = 1 , 2 , ... w - l ) (12)
Y, = ->.{t,y„y„...y„,)Z,, (s = l,2,...m)
essendo Z^ e ''■ funzioni qualunque di i, y^ , 1/.,,... ij,,,. Gli m — 1
integrali saranno le m — 1 soluzioni dell" equazione (9), e conver-
ranno a tutti quei sistemi (2), nei quali le .Z'^ soddisfino alle m—i
condizioni (12).
Se uè Z,, né, per conseguenza, Z, , Z,,...Z„,, contengono
esplicitamente /, la condizione necessaria e sufficiente, affinchè i si-
Si((j/' iiifi'j/ni/i coiiiiui/ (I pia aisteiiiì di e(jtiazi(i)>ì ecc.
sterni (1), ("i) abbiano «^— 1 integrali comuni, non contenenti espli-
citamente t, è che il sistema (1) abbia la forma :
df
essendo >■ una funzione qualunque di f, i/^ , y., , ... //„, .
In particolare, se m=%i, e si fa la posizione (10), il sistema
. (1) non può ammettere i !2«— 1 integrali, non contenenti esplicita-
mente f, in comune col sistema canonico (11), nel quale H non
contenga esplicitamente t, a meno che il sistema (1) stesso non ab-
bia la forma :
dyi _ . OH
dt ~ '~ò^'
dp, _ . OH
dt ' òìji
essendo >■ una funzione qualunque di t,ij^, i/,,...ì/„, p,, p.^,...i}„.
Passando al caso generale, poniamo:
^^ ^.y. òy., òy,„
„ , „. ÒF ÒF , ÒF ÒF
Le equazioni (8), (9) non possono ammettere soluzioni comuni,
senza che si abbia ancora:
SF \, . i ÒF i t ÒF i i
j^)A{l;)-B{l,)[ + ^)A{l-,)~B{l,) ; +...+ _J^,A-„,_0-i?a«.-i)J=O. 113)
Se si richiede che il sistema (8), (9) ammetta m—1 soluzioni,
l'equazione (13) dev' essere soddisfatta identicamente, ovvero deve
essere combinazione algebrica delle equazioni (8), (9). Ma la (13)
non può essere una conseguenza algebrica delle equazioni (8) (9),
l'augi' integrali comuni a piìt sistemi eli equazioni ecc.
perchè da queste due equazioni non si possono eliminare le deri-
. ■ ,. ÒF òr
vate parziali , —
soddisfatta. Si ha così
vate parziali _- _ , __ • Perciò la (13) dev'essere identicamente
òt d//,
A{k,)- B(l,) = 0,
A{1-,)- Bih) = 0,
A ( A-„,-. ) - B ( Z,„_, ì = 0 ,
ossia :
àt ò(/, 0^3 òy,„ d(/, òy, dy,n
Se per mezzo delle (4), (7) si eliminano le /.•, / dalle (14) , si
avranno vi — 1 equazioni, che contengono le derivate parziaU di pri-
m'ordine delle Y^, Z^, e che esprimono le condizioni necessarie e
sufficienti, a cui devono soddisfare le Y^ , Z, , affinchè i due sistemi
(1), (2) ammettano ni — 1 integrali comuni. Se sono date le Y, , Z^ ,
in modo, che quest" ultime equazioni differenziali siano identicamente
soddisfatte, e se le espressioni corrispondenti delle A,., /,. , si sostitui-
scono nelle (5), (8), (9), il sistema (8), (9) ammetterà m — 1 solu-
zioni, che saranno tn — 1 integrali comuni non solo ai due sistemi
dati (1), (2) , ma ancora a tutti gli altri sistemi (1). i cui secondi
membri soddisfino alle condizioni (5). Se il sistema (2) è dato, ed
è canonico, risulteranno determinate le condizioni, a cui deve sod-
disfare un altro sistema qualsiasi (1), affinchè questo abbia in co-
mune ni — 1 integrafi col sistema canonico dato.
I problemi cliimici dell' epoca presente
del prof. V. MEYER
ed
Il nuovo indirizzo da darsi alla Chimica
del prof. D. AMATO.
Raffronti e ragguagli
(li
D. AMATO
Memoria letta all'Accademia Gioenia nell'adunanza del d) 30 Novenhre 1890.
Tre anni or sono, nell" ottobre del 1887, lessi in una seduta
straordinaria di questa Accademia un mio lavoro col titolo: Studii
sperimentali e considerazioni teoriche sopra un nuovo indirizzo da darsi
alla chimica. E siccome in questo lavoro emettevo concetti nuovi
e tali da farmi temere, come sempre avviene in simili casi, d' in-
contrare opposizione nelle vecchie teorie, io esordivo col dire che
pulAlicavo con animo perplesso le mie vedute e i miei risultati.
Epperò poco tempo dopo da questa mia lettura, io ebbi il
piacere che una voce autorevole, quella del professore Iacopo Mo-
leschott, si levasse in sostegno delle mie idee. Questo dotto infatti
nel suo discorso letto nella ricorrenza della solenne apertura del-
l' Università di Roma, si pronunziava, nel concetto generale, iden-
ticamente a me. Cosicché io sentii il bisogno di far precedere a quel
mio lavoro , a guisa di proemio, il seguente brano : " 1 concetti
" che vado a svolgere in questo lavoro e che comunicai a questa
* Accademia il 17 ottobre ultimo — le idee cioè concernenti l'unità
" della scienza ; 1* intimo legame di tutte le scienze fra di loro ; la
" necessità di scoprire altre forme di energia : il non essere tutte,
" queste forme , quelle che oggi possediamo ; la possibilità della
" formazione della cellula ; la necessità di partire , per conseguir
Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4' 2
Nuovo indirizzo da darsi alla chimica
" ciò, dalla sintesi delle sostanze organiche naturali e specialmente
" dalle sostanze albuminoidi ; il giovarsi, la biologia e la zoologia ,
" della paleontologia; la grande importanza dello studio dei pri-
'■ missimi esseri viventi, dei Protisti ; ed il considerare il carbonio
" quale elemento eminentemente biologico e causa prima della vi-
" ta — queste idee dico sono state pronunziate nel novembre ulti-
" mo dal prof. Moleschott, ed io sono lieto di avere prevenuto in
" questo il sommo fisiologo di Roma. „
Ma il prof. Moleschott , benché fornito di grande vastità di
cognizioni, non è un chimico e mi si poteva allora obiettare, che,
per il trionfo delle mie idee, la voce di un chimico sarebbe stata
ancora piìi autorevole. Questa voce non si fece a lungo aspettare.
Due anni dopo dalla mia pubblicazione, il professore Vittorio Meyer
dell' Università di Heidelberga , uno dei più sonmii chimici della
Germania, il successore di Roberto Runsen, nel Congresso dei Me-
dici e Naturalisti tedeschi, tenuto nel settembre dell' anno passato
in Heidelberga , pronunziava un discorso col titolo di Probi emi
c/limici dell'epoca presente, che è bene dirlo , fu accolto da unanimi
applausi da centinaia di naturalisti fra i quali i pili eminenti chi-
mici d' Europa. Ora tra i concetti svolti nel suo discorso da
quest' ultimo e quelli pubblicati nel mio lavoro vi è tale unità di
propositi e tale coincidenza di fatti, che se non fosse che io li abbia
pubblicati due anni prima , e se non conoscessi che i tedeschi dif-
ficilmente leggono i lavori italiani di chimica, direi che V uno ha
copiato r altro. E questa coincidenza è tanto più significante, quando
si pensa che trattiamo temi opposti : infatti mentre il professore
Meyer fa l'elogio della scienza, io tratto il tema di un nuovo in-
dirizzo da dare alla medesima. Ma la verità, o Signori, è sempre
la stessa da qualunque lato essa si guarda.
Io quindi oggi mi propongo di comunicare a questa Accade-
mia alcuni ragguagli tra i concetti svolti nel nominato mio lavoro
e queUi svolti dal professore Meyer nel prefato suo discorso, e ciò
allo scopo di far rilevare la perfetta coincidenza tra le mie idee e
quefie di quest' ultimo. E sono lieto di comunicare ciò alla nostra
Nuovo indirizzo da darsi alla chimica
Accademia, non solo per la coincidenza dei miei trovati con quelli
di uno dei più vak'uti cliimici della Germania, ma ancora perchè
mi assicurano che nel mio lavoro non mi sono allontanato dal vero
e mi persuadono a perseverare sempre più in queste mie ricerche,
colla speranza che mi si vorrà compatire se mi allontano dalle
opinioni di persone, le quali hanno reso alla scienza sjrandissimi
servizi, che io sono il primo ad apprezzare altamente.
A chi poi nel leggere quel mio lavoro, qualche giudizio avesse
potuto sembrare un po' aspro, mi permetto osservare che il pro-
fessore Meyer non è stato meno aspro di me. Ed infatti, cosa si
dovrebbe dire di quesf ultimo quando parla di stato d' infanzia
della nostra scienza? quando afferma che il chimico per la sua
scienza ha fatto quasi nulla in confronto di quanto ha fatto per
essa la scoperta di Newton? qujindo parla di erro/-/ /"«^a/t commessi
dal chimico a causa di avere studiato da un solo punto di vista la
sua scienza? e di tante altre di simiU cose di cui qui taccio per
non ripetermi nel seguito della presente lettura? Certo non si dirà
del Meyer eh' egU col dir ciò abbia avuto l' idea d' infliggere un
biasimo ai suoi contemporanei.
Premesse queste considerazioni entro subito in argomento.
Lo scopo della presente lettura, come ho detto, è quello di
fare rilevare la perfetta coincidenza delle mie idee con quelle del
professore Meyer. E nel far ciò io mi servirò da una parte del ci-
tato mio lavoro " sul nuovo indirizzo da darsi alla chimica „ (1),
che coadiuverò con quello del '" carbonio quale base del mondo
organico „ (2), e dall'altra parte del prelodato discorso dell" illustre
professore di chimica dell'Università di Heidelberga (3).
Onde comincio col dire:
(1) Atti dell'Accademia Gioenia di Scienze Naturali di Catania, Serie 3*, voi. XX, p. 153
anno 1888.
(2) Catania tipografia dei Fratelli Galati— 1885.
(3) Tagehlatt der versammhmg deutscher Naturfurscher und Artze in Heidelberg, p. 126,
anno 1890.
10 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica
I.
Il professore Meyer a p. 126 del Tageblatt citato nella nota
precedente, alle cui pagine da qui innanzi io mi riferirò, dice quanto
segue : " Dovendo il chimico parlare dei progressi che ha fatto la
" sua scienza è costretto a confessare che, a differenza dell' astro-
" nomo, del fisico e del matematico, tratta con animo perplesso un
" tale tema. „
Io, molto più mite nei miei apprezzamenti dell'illustre autore,
nelle pagine 15 e 16 del mio opuscolo sul Carbonio quale base
del mondo organico, ed alle pagine 28 e 29 del mio lavoro sul
nuovo indirizzo da dare alla chimica, mi esprimo così: " La chi-
" mica in genere e la chimica organica in specie hanno certa-
" mente sintetizzato molti corpi naturali; ma a me sembra che
" hanno progredito lentamente nel campo delle teorie. La fisica, la
" termo-chimica, la matematica, V astronomia, etc hanno arricchito
" la scienza d' importanti novità teoriche. Ma la chimica in genere
" e la chimica organica in specie non fanno che ripetere cose ana-
" loghe alle già fatte. „
Come vedete, l' autore dice : che il chimico tratta con animo
perplesso il tema dei progressi che ha fatto la sua scienza, ma
che così non avviene per lo astronomo, il fisico ed il matematico.
Io dico: che la chimica ha progredito lentamente nel campo delle
teorie, ma che così non hanno fatto la fisica, la termo-chimica, la
matematica e l' astronomia.
IL
Nella medesima pagina 126 il professore Meyer dice: " Il più
" grande fra i naturalisti tedeschi dei nostri giorni, fece suo il
" giudizio di Kant sulla chimica, il quale disse che questa, dicasi
" pure una scienza, non è tale nel suo più alto significato della
" parola. Non bisogna considerare un tale apprezzamento come un
Nuovo indirizzo da darsi alla chimica 11
" biasmo, ma come un esatto riconoscimento delle condizioni at-
" tuali della nuova chimicn. „ Ed a pagina 127 soggiunge; " La
" chimica dei tempi d' ogyi è quella che era l'astronomia ai tempi
" di Keplero e di Copernico. „
È chiaro che l'autore con ciò vuol significare che la nostra
scienza, in quanto a progresso scientifico nel vero senso della pa-
rola , ne ha fatto ben poco. Ora io a pagina 18 del mio lavoro
sul nuovo indirizzo, etc. (1), dico: " La chimica attuale è guidata
" nelle sue investigazioni da un principio mal formulato e solo in
" parte esatto ; e che per conseguenza (2) si assiste tuttodì allo
" spettacolo di vedere il chimico vagare da incertezza in incertezza
" ed a spesso fallire nei suoi tentativi. „ Ed a pagina 16 del mio
opuscolo sul Carbonio quale base etc. dico, che la chimica nel campo
teorico ha progredito lentamente e che la chimica organica in specie
si trova in ristagno di 29 anni. Ed infine alle pagine 27 e 29 del
mio lavoro , ripetendo il medesimo concetto, prosieguo a dire che
1' attuale chimica, in quanto a teoria pura e semplice, non ha fatto
quei progressi che hanno fatto le sue consorelle.
m.
Il professore Meyer prosiegue a dire a pagina 127 e ripete
quasi lo stesso a pagina 134 (v. Capitolo XX del presente rag-
guaglio ) : " Se ogni studio della natura si prefigge lo scopo di
" esporre i suoi trovati scientifici in forma matematica, una scienza
" come la nostra la quale è tanto lontana da questa meta da essere
" ancora in cerca della via che deve tenere per raggiungerla, deve
" considerarsi ancora nello stato à' infanzia. Ma verrà il tempo in
" cui la chimica subirà questo grande cambiamento. „
(1) Quando parlo di mio lavoro, da qui innanzi intenderò riferirmi a quello del nuooo
indirizzo da dare alla chimica.
(2) Qui mi occorre dichiarare che io, durante la mia esposizione, per maggiore chiarezza,
qualche volta sono obbligato a suntare e qualche volta a ripetermi ; ma che sarò fedele al
concetto.
12 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica
Io pure, a pagina i26 del nominato mio lavoro, faccio rilevare
il bisogno del trattamento matematico della nostra scienza, e dico
così : " Questo ignoto (ignoto che spiego prima) non si raggiungerà
" se non si farà maggiore attenzione ai niovimenti delle ultime par-
* ticelle della materia, se non si tiene insomma in maggior conto
" lo studio della termo-chimica. Non è bene dimenticare che i fe-
" nomeni chimici, essendo effetti di movimento, devono per forza
'■ sottostare alle leggi generaU della meccanica. „ E per fare rile-
vare , come dice 1' autore , che verrà il tempo in cui la chimica
subirà questo grande cambiamento, dico a p. 16 del mio opuscolo
sul Carbonio: " Io però non dispero per l'avvenire di questa inte-
" ressante branca di scienza, e questa speranza la fondo nei giovani
" chimici e nella gioventù nascente; essi, ne ho fiducia, sapranno
" colmare la lacuna che noi forse lasceremo. „
IV.
Nella medesima pagina 127 il professore Meyer dice:'" In
ogni scienza oltre alla ragione deve assistere un' altra potenza :
la fantasia. Epperò la sua influenza sopra una disciplina è tanto
più grande quanto questa è più lontana dallo stato di scienza.
E così avviene che nella chimica odierna la fantasia e la intui-
zione hanno una parte più grande che nelle altre scienze. Queste
idee non arriva ad intenderle per nulla colui che conosce la chi-
mica solamente dalla tradizione dei fatti completamente chiai'iti,
o colui che fa consistere il vero spirito della indagine chi-
mica nel misurare i processi fisici che accompagnano i trovati
chimici. In questa circostanza lo intelletto si apre solo a colui
che si slancia nel mare dell' incognito, come quello che oggi
giace sparso innanzi a noi nella chimica organica, etc. — Infatti
i più sorprendenti successi sperimentali in chimica organica si
sono ottenuti per mezzo d' intuizioni, che potranno essere spiegate ,
allorquando i progressi della chimica avvierauno questa scienza
alle discipline fisico-matematiche. ,
Xuovo indirizzo da darsi alla chimica 13
Io alle pagine 5-fi del noniiiiato mio opuscolo sul Carbonio
dico : ■■ lo non sono di ({Ui'Ui che amano far poniiia di teorie, ma
" d" altra parte non giudico ben fatto lo eccedere nel semo oppofito.
" Non bastano i fatti : ci vuole V /iiiiiia</iii(izio>ìe che intuisce, etc.
" E credete voi che vi sia opera d* ingegno scompagnato dal lavorio
" segreto^ ed alle volte inconsapevole della immaginazione? Non
" ve ne ha neanche nelle matematiche, nelle quali non solo la geo-
" metria descrittiva, che chiamano la poesia di esse, ma c|ualsiasi
" indagine richiede che il calcolo sia guidato da leggi ed anche
" da lampi d' ingegno, la cui verità non è dimostrata a bella pri-
" ma. Essi servono a rischiarare la via della ricerca: se resistono
" sono lampi di buona luce che scortano il viandante alla meta,
" se la sostanza è cattiva la fiamma si estingue. „
Come vedete, io dico: Non bastano i fatti, ci vuole Y inunayi-
nazione die intuisce: ed il Meyer dice : nella chimica la fantasia e
la intuizione hanno una gran parte. Io dico : e credete che vi sia
opera d'ingegno scompagnata dal lavorio segreto della immagina-
zione? ed il Meyer: in ogni scienza oltre alla ragione deve assistere
la fantasia. Io dico : la cui verità (la verità delle intuizioni) non
può essere dimostrata a bella prima ; ed il Meyer : che saranno
spiegate (le intuizioni s' intende) allorquando la scienza sarà av-
viata, etc.
Il professore Meyer nella stessa p. 127 parla così : " La ra-
" gione di questo singolare metodo d' investigazione chimica (il
" metodo intuitivo) non si può esprimere in parole. Basta dire,
" che senza questo metodo le più brillanti scoperte nella sintesi
organica non si sarebbero potute fare : E a modo di esempio dice :
Kekule intuì, in opposizione a tutti i dati che si leggevano nella
letteratura chimica, che non poteva esistere un isomero del mo-
nocloro benzol, etc. Per intuir questo bisognava possedere un
istinto chimico pronunziato. E come altro esempio soggiunge: Esi-
14 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica
" stendo r ossido di etileno, non vi era ragione logica di non am-
" mettere l' esistenza dell' ossido di fenileno ; e pure vi fu chi ciò
" l'intuì, e r esperimento gli diede ragione. Ma per intuir questo lo
" scienziato ha dovuto essere guidato da un sentimento chimico tutto
" proprio; imperocché nello stato attuale della scienza non ci si
" arriva in forza di un ragionamento. „
A questo capitolo, dove si parla di metodo iìituitivo, d' istinto
chimico, di sentimento chimico, risponde il concetto generale di tutti
e due i miei opuscoli, quello sul Carbonio e quello sul nuovo indi-
rizzo, ed in particolar modo regge quello eh' è stato da me detto
or ora al capitolo IV. (v. p. 1 3).
VI.
Tra le p. 127 e 128 il prefato professore Meyer dice: " Prima
" che la chimica possa essere maneggiata con processi fisico-mate-
" mutici, deve rispondere alle seguenti domande : Che cosa è l' af-
" finità chimica? (1) che cosa è una valenza? — Per risolvere questo
" quesito è necessario che la chimica si metta in un laborioso la-
" voro. E poi a p. 130, parlando della rotazione o no degli atomi
" del carbonio uniti, stereochimicamente parlando, con una sola
" delle loro valenze, soggiunge: Per svolgere questo concetto siamo
" obbligati a parlare nuovamente della natura delle valenze, intor-
* no alla quale è necessario confessare die lottiamo coli' incertezza. „
È chiaro che l' autore voglia con ciò significare che intorno
alla natura delle valenze noi non abbiamo nulla di positivo. Or
bene io a p. 9 del nominato mio opuscolo sul Carbonio, onde fare
rilevare la poca importanza da attribuire alla quistione delle valen-
(1) La parola affinità i chimici l'adoperano spesso come sinonimo di valenza e spesso
come esprimente la preferenza che spiegano alcuni corpi a combinarsi con un corpo piuttosto
che con un altro. Fu Wenzel che pubblicando le sue esperienze sui rapporti degli elementi
che si combinano fra di loro pubblicò a Dresda nell'anno 1777 una memoria intitolata Teoria
delle affinità dei corpi.
Nuoiw indirizzo da darsi alla eli/mica If'
■i'
zr, dico: " Questa iutfi|)iTtazioiR' (pialo tli (ludla del Kckulc. riferibile
" Mila rai/iinic di essere dei corpi orL>auici, che come sapi^te benis-
" Simo è fondata sulle valenze chimiclie ). questa interpretazione
" dico, non risponde alle esigenze moderne delle altre scienze spe-
" rinientali: perchè si conoscono elementi pure tefraralodl ed anche
" abbondanti in natma . i (luali non godono la facoltà di formai
" luno-he catene, e perchè ancora la qiiaììfivalenza degli atomi non
" è una proprietà assoluta , ma bensì una proprietà relativa , la
" quale in uno stesso elemento può variare a secondo le condizioni
" in cui ([uesto viene messo. „
VII.
A p. 130 il nominato professore, parlando del sistema perio-
dico di Mendeìejef, dice : "' Ma ancora numerosi problemi lascia in-
" decisi il nuovo metodo sistematico degli elementi: arr/itutto ci
" manca la conoscenza esatta della causa della intima correlazione
" degli elementi espressa dal sistema stesso. „ Ed a p. 131 aggiunge:
" Nessuno può realmente dire se gli elementi previsti dal sistema
"" saranno realmente scoperti. Abbiamo così pochi indizii sino ad
" ora, che tutto facciamo dipendere dal caso. „
Io a p. 11 del nominato mio hmoro dico: * Secondo me il
" sistema periodico di Mendeìejef k una resiiizione, ed esso o presto
*■ 0 tardi sarà abbandonato o profondamente modificafo: una vera
" classificazione deve basare su tutte le proprietà degli elementi.
'• In tiuesto sono perfettamente di accordo col professore Piccini—
'' (V. traduzione del Richter fatta da questo professore, Appendice
" a p. 406). „
Vili.
A proposito delle basi su cui è poggiata la legge di Rault e
per conseguenza dei lavori di van 't Hoff, Arrhenius, Ostwald, Planck,
de Vries, l'autore a p. 132 si esprime così: " ....In questo modo
Atti Acc Vol. Ili, Serie 4' '^
16 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica
" vediamo la chimica fìsica in potente sviluppo. Per essa fioriscono
" degF istituti speciali ed un particolare giornale, le cui pagine
" sono aperte tanto allo esperimento quanto alle considerazioni teo-
" riche. Tutte le questioni del tempo e di contesa subiscono là
" una discussione profonda. ,
Ciò mostra che il professore Meyer approva ed incoraggia la
pubbUcazione dei lavori teorici ed intuitivi. Ora io nel mio lavoro
dico a p. -2: " Quanto mi pregio di presentare a questa Accade-
" mia fece oggetto di una mia prelezione, etc e siccome in
" questo emetto concetti nuovi, così bramo che siano pulil^licati
" nei nostri Atti, acciocché possano ottenere una maggiore divui-
" gazione nel mondo scientifico e sottoporsi alla discussione dei
" dotti. , E neir altro mio opuscolo sul Carbonio, alle p. 5 e 6
dico: " Non sono di quelli che amano far pompa di teorie, ma
" d" altra parte non giudico ben fatto lo eccedere nel senso opposto.
" Il professore Cannizzaro che vanta in Pirla cotesta riserbatezza
" si duole dell' eccesso opposto, in cui frequentemente cadeva que-
" sto sommo scienziato. , E concludo dicendo: " Moderiamo adun-
" que la tendenza alle intuizioni astratte, ma non tarpiamo le ali
" allo ingegno: questa misura potrà riuscire benefica se moderata,
" potrà diventare esiziale se esagerata. E sopratutto non attendia-
" mo che certe idee ci vengano da oltremonti e da oltremari per
" accoglierle con plauso generale. „
A questo proposito mi sia permesso osservare, che, se al pro-
fessore Paterno, su questo terreno, si fosse lasciata libera azione,
a quesf ora il vanto della scoperta della chimica nello spazio an-
drebbe ad onore di un chimico italiano piuttosto che a quello, de-
gnissimo, di un chimico olandese ; e la scienza non avrebbe sofferto
il ritardo di 18 anni, cioè, dal 1869, epoca in cui il professore Pa-
terno annunziò la prima idea, al 1887 epoca in cui fu diffinitiva-
mente adottata questa teoria. (E già io avevo presentito, nel mio
opuscolo sul Carbonio, il bisogno in scienza di una nuova teoria —
( V. p. 16 di questo lavoro.)
Nuovo indirizzo da darsi alla chimica 17
IX.
Nella stessa pagina 13!2 l'autore dice: " E pure le grandi
" speranze che ci avevano fatto concepire le investigazioni delle
" questioni termo-chimiche non sono state adempiute fin' ora che
'■ solamente in parte; e però anche qui dei mezzi di misura più
" adatti, e che attendiamo in avvenire, fanno sperare la desiderata
" chiarezza. „
Io nel mio lavoro sul nuovo indirizzo etc. a p. 26 dico:" Que-
" sto ignoto non si scoprirà che facendo maggiore attenzione
" ai lìiorimenti delle ultime particelle della materia, tenendo in mag-
" gior conto, e nei suo vero senso, che non credo sia V attuale, lo
" studio della termo-chimica. „
Come vedete, V autore dice : le grandi speranze che ci avevano
fatto concepire gli studii termo-chimici non sono state adempiute
che in parte; io dico: questo ignoto non si scoprirà che facendo
maqgiore attenzione ai movimenti delle ultime particelle della ma-
teria (agli studii termo-chimici). L' autore domanda in termo-chi-
mica dei mezzi di misura più adatti; io dico che lo studio della
termo-chimica va tenuto in maggior conto, ma nel suo vero senso,
che non credo sia 1" attuale.
L'autore a p. 132 critica coloro che studiano o dal lato esclu-
sivamente chimico o dal lato esclusivamente fisico la nostra scienza.
Egli si esprime così: " I cultori della chimica generale invece di
" considerare tutto sempre dal punto di vista esclusivamente chi-
" mico, che sappino promuovere applicazioni fisiche ben pensate.
" Però quei tali che cercano di fare progredire la scienza appli-
" cando metodi fisici senza tener conto delle relazioni chimiche
* non sono stati salvati da errori fatali. „
Io pure insisto sul danno che ne viene alla scienza se si stu-
18 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica
dia soltanto da un solo punto di vista e senza 1' aiuto delle altre
scienze. Infatti a p. 'M) del mio lavoro dico: " Credo di avere ali-
" bastanza dimostrato che mancandosi delle conoscenze delle altre
* scienze si cade nell'inconveniente di guardare da un solo profilo
" la propria; la qual cosa, spingendola in uno indirizzo falso, le
" è causa di regresso. ., Ed a p. :29 dico a guisa di esempio : " Go-
" lui che scoprì la elettricità dinamica fu un professore di anato-
" mia piuttosto che un professore di fisica; anzi da un fisico,
" questa scoperta, venne osteggiata, da Volta (V. la nota), il quale
" fisico anzitutto, non considerando che ìe roiidizioiii fìsiche del fe-
" nomeno, rigettò la teoria della elettricità animale. ,
Parlando poi in termini generali dico a p. 3 : " È mia opi-
" nione che per conseguire un vero progresso in una scienza oc-
" corrono le conoscenze di tutte le altre.... Un passo fatto da una
" di esse senza il concorso delle altre è un passo falso, è un de-
" viare piuttosto che un progredire. ,, Ed a p. :28 faccio risaltare
anche io il concetto del danno che ne verrebbe alle scienze se si
abusasse nelle reciproche loro applicazioni; qui infatti dico: " Non
" è bene fraintendere il significato della parola; altro è special iz-
" zarsi in una scienza altro è isolarsi, rendersi cioè sprovvisti delle
" conoscenze a questa necessarie. In quest' ultimo caso si cadrebbe
" in una autonomia pericolosa, imperocché Y autonomia tanto nelle
" scienze pofitico-sociah, quanto nelle scienze di fatto è indizio
" di regresso. Ora in questo difetto in questa specie d' isolamento
" aristocratico è caduta la chimica. -
XI.
In seguito a quanto ha precedentemente detto, 1" autore nella
medesima p. 13:2, criticando quei chimici, che hanno la tendenza
ad estimare di troppo la portata delle proprie scoperte, dice: "... Go-
" me per lo inverso sarebbe da deplorare se l'interesse dei cliimici
'' per la chinnca fisica diventasse minore , imperocché alcuni rap-
" presentanti della medesima hanno la tendenza ad estimare di troppo
Nuovo indirizzo (in dnrni nlUt chimica 19
■' la [«irtatii dclU' Uiro scoperte. Colin clic nuota in mezzo alle oialc,
" qiialrhi' roìfa noti piiìi ijiiardarc xiiìlc ciinc ili esse. „
10 a i[uesto proposito, parlando dcH' abbandono in cui fu te-
nuta la teoria di Dumas e delia lotta clic (piesti dovette sostenere
con Berzelius ed i suoi seguaci, quasi tutti i cbimici di allora, meno
i giovani Gerhardt e Laurent, dico in una nota a p. 5 del mio
lavoro: " Ciò non deve fare meraviglia, poiché in simili innovazioni
" questo può accadere anche ad uomini eminentemente dotti. „ (E
proprio il caso di dire come dice il Meyer: che cotesti rappresen-
tanti della nostra scienza allora parlavano così , perchè stimavano
ili troppo la portata delle loro scoperte. Ed infatti tutti conosciamo
che Berzelius combatteva la teoria delle sostituzioni perchè questa
avrebbe demolita la sua teoria elettro-chimica , sulla quale questo
sommo scienziato aveva fede illimitata).
Nella medesima p. 5 soggiungo poi: " Il principio di C'.arnot
" che diede le basi ad una importantissima scienza, la tenno-dina-
" mica, a causa appunto di non essere stato capito dai naturaUsti
" di allora rimase in non cale per molti anni, e ci vollero e Me-
" yer (Roberto) e Joule per farlo redivivere. ,, E qui si può dire
pure con 1" autore : a causa di trovarsi gli scienziati di allora, tanto
ingolfati nelle onde da non vedere sulle cim.e di esse.
XII.
11 professore Meyer dice sempre a p. 132: " Dopo i sorpren-
" denti successi sintetici, un quesito chimico mostrasi malaugura-
" tamente pii:i inaccessibile alla sintesi (egli intende parlare della
" sintesi deh' albumina). Ma dietro i lavori di possiamo
" (juardare in faccia pieni di speranza, al grande problema della
" delucidazione, per la sintesi dei corpi albuminoidi. Questi successi
" però non sono atti a farci inorgoglire; essi ci fan piuttosto co-
" noscere gli stretti limiti in cui è confinata la sintesi chimica ! „
Con questo 1' autore vuol significare :
1. La grande importanza eh' egli attribuisce alla sintesi dei
corpi albuminoidi;
20 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica
•ì. Il convincimento che ha delhi ristrettezza delle nostre co-
noscenze sulla struttura chimica dell' albumina ;
3. La persuasione che ha, che i nostri metodi di sintesi in
genere si aggirano in limiti molto ristretti.
Ed io analogamente dico nel mio lavoro:
1. A p. 5: '■ I corpi albuminoidi, che sono il solo e il vero
" sostegno di tutti i fenomeni vitali, non appartengono essi al domi-
" nio della chimica ? nel smtetizzare adunque questi corpi consiste
" l'avvenire della cliimica organica. „ Ed a p. 13 soggiungo: " Ho
detto che 1' avvenire della chimica organica dipende in gran parte
'■ dalla sintesi delle sostanze albuminoidi, non solo perchè esse sono
*■ i termini di passaggio tra i corpi organici e i corpi organizzati,
" ma ancora perchè è sommamente necessario scoprire le cause
" fondamentali, le le(j(ji che governano queste formazioni ; „
2. Dico a p. 25 : " Noi non abbiamo prodotto la sintesi di
* nessuna delle sostanze glucosiche e zuccherine, etc. etc. e del-
l' albumina in specie non ne sappiamo più di quanto ne dissero
" Gerhardt e Liebig. „ (A questo punto erano le nostre conoscenze
quando io pubblicai il mio lavoro, imperocché allora non si posse-
devano i lavori di P. Schiitzenberger. Per altro, 1' autore col dire
che i nostri studii sulla sintesi dell" albumina sono appena tali da
permetterci di guardare in faccia il problema della delucidazione per
la sintesi dei corpi albuminoidi. e non quello della sintesi stessa,
a me sembra che egli esprima il medesimo mio concetto, cioè che
su questi corpi le nostre conoscenze sono assai limitate.)
3. A p. 24 onde far rilevare gli stretti liiiiifi dei nostri metodi
di sintesi in genere, dico : *" Faccio dipendere 1' avvenire della
chimica organica dalla ricerca dei metodi di sintesi; perchè attri-
buisco grande importanza alla sintesi delle sostanze organiche
" naturali e punto o poco a quella delle artificiali, dei quali se ne
possono produrre innumerevoli, senza conseguire altro scopo che
" l'affermazione delle attuali teorie; il che, secondo me, non è un
" progresso. „
Queste medesime idee io le esprimo pure nel mio opuscolo sul
Nuovo indirizzo da darsi alla chimica 21
('(irhu)ìio (V. p. 15). Qui intatti dico così: " L'ho già detto a pa-
" gina 10, bisogna raggiungere la sintesi dei corpi organici che
" hanno stretta relazione coi corpi organizzati. La chimica orga-
" nica ha bensì studiato la costituzione chimica di alcMiii corpi or-
" ganici naturali, sintetizzatone altri pochi pure naturaU e molfis-
" siiiil artificiali, e col far ciò ha riaffermato i principi teorici ri-
" velatici dalla falange degl' illustri chimici dietro nominati; ma in
" generale, a me sembra, che ha progredito lentamente nel campo
" delle teorie. ,
XIIL
Nello stesso periodo l' autore dice : " Dopo che Emilio Fischer
" e Kiliani hanno portato più luce nelle varie specie di zuccheri,
" etc. etc. possiamo guardare in faccia, pieni di speranza il grande
" problema della delucidazione per la sintesi dei corpi albuntinoidi. ,
Da questo periodo si rileva chiaro che 1' autore, per la sintesi
dei corpi albuminoidi, attribuisce molta importanza allo studio degU
zuccheri.
Ora io in una nota a p. 26 del mio lavoro dico queste pre-
cise parole : " Ho più volte parlato della sintesi del glucosio, per-
" che la credo di capitale importanza per la sintesi delle sostanze
" albuminoidi. Ed infatti, s'è vero che i principii azotati dei vege-
" tali e degli animali — gli albuminoidi e le sostanze gelatinose —
" sono, come certe reazioni fanno supporre , dei derivati ammo-
" niacali dei glucosi, e s' è vero che le materie amilacee sono,
" come lo mostra il loro modo di scindersi, dei glucosi condensati,
" allora bisogna ammettere che i glucosi, siano i fattori primi di
" tutte le sostanze organizzate, e c^uindi il vero primo elemento
" della vita. „
XIV.
Siamo ancora nella p. 132, e l'autore dice: " Sarebbe impos-
" sibile produrre nel laboratorio daW acido carbonico e dall' acqua.
•>2 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica
■■ zucchero ed umido coiar la natura In fa un milione di volte nelle
" parti verdi delle piante'':'
Questo che dice 1" autore a proposito dell" amido e dello zuc-
chero, io lo dico, a p. 14 del nominato mio lavoro, a proposito
dei cor])i aliìimiinoidi; e siccome, come or ora ho detto, faccio di-
pendere 1" avvenire sintetico di ({uesti corpi da ({uello del glucosio
e delle sostanze amilacee, così il seiiuente periodo si può anche
riferire allo zucchero e ali" amido. Ecco come mi esprimo: " Il chi-
" mico non è ancora arrivato a prf)dm-re questi corpi nel suo la-
" horatorio , ma la aatiira ti prodacc fatto d) e facilissimamente
'■ neir organismo vegetale, e. cosa degna di nota, partendo da com-
" posti semplicissimi, ilaW acqua , dnW aiaiuoaiaca e d-àlV anidride
" carbonica. Allorquando il chimico li avrà formati nel suo labora-
" torio, allora egU, consegnando il materiale nelle mani del morfo-
" fogo o dell'istologo, in uno ai dati scientifici che gli valgono per
" sintetizza l'I i, potrà dir loro : Ecco, formate . costruite . organiz-
" zate. „
Come vedete, il Meyer dice : la natura lo fa un milione di volte
nelle parti verdi delle piante ; io dico : la natura li produce tutto
dì e facilissimamente nell'organismo vegetale. Il Meyer dice: sarebbe
impossibile produrre nel laboratorio, etc 'ì io dico : quando il chimico
li avrà pi-odotti nel suo laboratorio, alloia, etc.
XV.
L" autoie iirosegue nella medesima [)agina: " // metodo d' in-
*■ vestiyazionc della chiniieu onjanira, malgrado lo splendore dei suoi
" successi, si trova ancora oggi davanti ad una confessione venjo-
" r/wo^flf. : solamente una miniinu frazione delle materie esistenti gli
" è del tutto accessibile. „
Io a p. 15 del mio lavoro dico: "" Di fronte a questo quadro
" sconfortante è mestieri convenire che le attuali teorie e gli attuali
" metodi di sperimentare , specialmente in chimica or(/anica , sono
" davvero insufficienti. „ (Il Meyer dice: il metodo d'investigazione
in chimica organica si trova di fronte ad una confessione vergognosa).
Xuovo indirizzo da darxi alia cìiimica 2/5
Ed a 11. "25 aggiungo: " Sin dai primi momenti che mi sono
" messo a lavorare in chimica organica mi sono accorto deha in-
" siiffcioìza dei nietodì e delle teorie usati. „ E conchiudo a ]). i27:
" Allora giudicai inutile insistere in un tale indirizzo e mi diedi a
' fare cose che avessero un carattere di vera novità. Altri tentativi
" (prosegui a p. 28) avrei desiderato di fare seguendo nuovi me-
" iodi di sperimentazione , ma non l' ho potuto in un laboratorio
' come il nostro, che non appresta quei mezzi che hanno la mag-
" gior parte degli altri laboratori. „
Infine faccio osservare al benevole lettore, che col consigliare
a p. 15 di non adoperare in chimica organica le troppo elevate
temperature e le poco ordinate azioni fisiche e chimiche ; col lamen-
tare a p. 56 che il chimico spesso coli' idea di sintetizzare un cor-
po si mette nefie condizioni in cui questo si disfà; e col consiglia-
re di fare uso di tutte le forze e contemporaneamente , piuttosto
che adoperarle ad una ad una, etc. io anche in queste pagine espri-
mo il concetto del Meyer, cioè che / metodi d' investigazione in chi-
mica organica sono insufficienti.
XVI.
L'autore prosegue a dire, sempre nella p. 132: " Il piti im-
" portante progresso per la chimica organica non sta nelle singole
" scoperte, e molto meno negl' innumerevoli successi sintetici degli
* ultimi tempi {sintesi di corpi organici artificiali) (1). „
Io nelle pagine 24 e 25 del mio lavoro mi esprimo così : " Fac-
" ciò dipendere 1' avvenire della chimica organica dalla ricerca dei
" metodi di sintesi, perchè attribuisco grande importanza alla sin-
" tesi delle sostanze organiche naturali, e ininto o poco alla pro-
" duzione di quelle artificiali delle quali se ne possono ottenere m-
" numerevoli senza conseguire altro scopo che 1' affermazione delle
( 1 ) Fficcio ossen'.xre che qui 1' autore intende pirlure delle sintesi dei corpi org.inici ar-
tificiali, pronunziandosi già, in altre parti del suo. discorso per la grande importanza delle sintesi
dei corpi organici naturali.
Atti Ago. Vol. Ili, Serie 4' 4
24 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica
" vecchie teorie, il che secondo me non è un progresso. Imperoc-
" che qui non è questione di pi'odurre una sintesi qualunque, ma
" di scoprire quelle leggi, quei metodi, quegli artifizii, quell' ignoto
" insomma che adopera la natura per prodarre tali corpi. „
xvu.
" Quel che ci mancano, prosegue a dire 1' autore in seguito
" a quanto ha detto precedentemente, sono nuovi metodi per il ri-
" conoscimento della individualità delle sostanze. Le materie nere
" della terra, gi' innumerevoli prodotti informi e resinosi del corpo
" delle piante e degli animali , lo splendore affascinante delle ma-
" ferie coloranti dei fiori, di cui la natura chimica ancora oggi si
" deride delle nostre conoscenze, forniranno un nuovo campo ine-
" sauribile al lavoro del chimico , quando un giorno saranno tro-
" vati i metodi per cominciare il loro studio. „
Io a p. 19 del mio lavoro dico : " Il chimico piuttosto che te-
" nersi in questa via poco razionale dovrebbe darsi alla ricerca dei
" metodi che mette in opera la natura e procurare d' imitarla. Im-
" perocché , aggiungo a p. 30 , come noi non conosciamo tutti i
" modi di manifestazione della forza così (e conseguentemente) non
" conosciamo tutti i modi di manifestazione della materia. Questo
" è r avviamento in cui, a mio modo di vedere, si dovrebbe met-
" fere una nuova scuola di chimica : Ricerca di altre forze , di
" altre leggi e di metodi nuovi di sperimentare. „ (L' autore dice :
quel che ci mancano sono nuovi metodi).
Dico i)oi a p. 25 : "... . Dopo la prima sintesi (dell' urea)
si sono prodotti è vero moltissimi corpi organici naturali ; ma la
più gran parte, i più importanti, e spesso di non troppo compli-
cata struttura , sono ancora In a resistere agli sforzi faticosi del
" chimico. Noi non abbiamo prodotto la sintesi di nessuno delle
" sostanze glucosiche e zuccherine, feculenti o amilacee, albuminoidi
Xiioro indirizzo da darsi alla chimica 25
" o libriunirt'iii. etc. (1). „ (Meyer dice: Le materie nere della terra,
gì" imiuiiicrevoli corpi resinosi, le materie coloranti dei fiori, si de-
riiìoiio ancora oggi delle nostre conoscenze). „
XVIII.
Dice il professore Meyer nella stessa pagina 132 : " Sia nella
" cìtìiiì/cd iinjaìtìca che nella clnniica mìneraìe noi urtiamo passo a
" passo su questioni alla cui soluzione mancano attualmente ancora
" i mezzi. .,
Io a p. 18 del mio lavoro dico : " Secondo me 1' attuale chi-
" mica è guidata nelle sue investigazioni da un principio mal for-
" Ululato e solo in parte esatto (spiego poi questo periodo). Gon-
" seguenza di questo fatto è che il chimico si trova, inconsapevol-
" mente, in uno avviamento opposto al vero indirizzo della scienza.
" Ecco perchè si assiste tuttodì allo spettacolo di vedere il clii-
'■ mico vagare da incertezza in incertezza e spesso a fallire nei suoi
" tentativi o solo indovinare in cose analoghe o identiche alle già
" fatte. „
Ora io domando: perchè il chimico vaga da incertezza in incer-
tezza e spesso fallisce nei suoi tentativi? Appunto perchè gli man-
cano i mezzi a risolvere le quistioni contro cui urta passo a passo.
XIX.
L" autore prosegue poi a p. 133 : "E così anche nella chi-
mica minerale non solamente debbansi trovare nuovi fatti, ma an-
(1) Qui proseguo a dire: « e uou conosciamo nemmeno lontanamente la cagione del po-
" tere rotatorio dei corpi, quella del carbonio asimmetrico non essendo ancor.i dimostrata per
.1 tutti i casi, e non reggendo affatto per le sostanze minerali. » — Questo che io scrissi al-
lora, lo scrissi prima dell'ultima edizione della chimica nello spazio di vau 't ]ioii (Dix années
dans l'histoire (Vane theorie) , e quantunque in seguito si sono sintetizzati corpi dotati di po-
tere rotatorio , pure il mio concetto regge ancora oggi. Di questo parere sono anche coloro
che, come me, apprezzano 1' ipotesi vantoffiana.
26 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica
" Cora nuovi metodi d' indagine, se si vuole che da questo ramo
" della nostra scienza irrompa una era di nuove scoperte. „
Io, dopo di avere ripetuto in i)arecclii punti del citato mio la-
voro, che abbisognano in scienza nuovi metodi d'investigazione, dico
alle pagine 28 e 29 queste precise parole : " In questo difetto è
" caduta la chimica.. Le altre scienze hanno saputo usufruire degli
" avanzamenti fatti dalle proprie consorelle e perciò hanno progre-
" dito. Ma la chimica in genere e la chimica organica in specie, non
" fanno che ripetere cose analoghe alle già fatte. „ Il che a me
sembra esprima il medesimo concetto dell' autore, cioè che le due
chimiche hanno bisogno, per fare cose nuove, di metodi nuovi.
XX.
L' illustre autore conclude a p. 134 con queste parole : " Di
" questo noi dobbiamo restare persuasi, che la natura non sarà da
" noi capita prima di avere il mezzo di spiegare le sue manifesta-
" zioni mercè movimenti semplici seguibili matematicamente. Verrà il
" tempo in cui la chimica subirà questo grande cambiamento
" E allora di nuovo riunita alla seria sua sorella , la fisica , dalla
' quale ai nostri giorni si era allontanata, la chimica seguirà con
" passo sicuro il suo sentiero. „
A questo capitolo non ho da rispondere che quello che dico a
p. 26 del nominato mio lavoro, e che ho riportato al capitolo III,
p. 11-12 del presente ragguaglio (ve lo ripeto). Dico adunque qui: Io
pure , a p. 26 del nominato mio lavoro, faccio rilevare il bisogno
del trattamento matematico della nostra scienza, e mi esprimo così :
" Questo ignoto (ignoto che spiego prima) non si scoprirà se non
" si fa maggiore attenzione ai movimenti delle ultime particelle della
" materia, se non si tiene insomma in maggior conto lo studio
" della termo-chimica. Non è bene dimenticare che i fenomeni chi-
" mici, essendo essi effetti di movimento; devono per forza sottosta-
" re alle leggi generali della meccanica. „
Nuoro indi rizzo da darsi alla chimica 27
Ed a p. IT) dd mio opuscolo sul Cai-hoii/o esprimo pure la
speranza, clu' verrà il teuipo in cui la chimica subirà il suo gran-
de camhiameuto , e dico così : " Io però non dispero per 1" avve-
'• nire di questa interessante branca di scienza, e questa speranza
" la fondo nei giovani chimici e nella gioventìi nascente ; essi, ne
" ho fiducia , sapranno colmare la lacuna che noi forse lasce-
" remo. „
XXI.
Infine a giustificare la espressione di cui parlo a p. "-21 ed a
p. ^9 del citato mio lavoro, e che forse potrebbe sembrare aspris-
sima , cioè " che la chimica in genere e la chmiica organica in
" specie si trovano, in cjuanto a teoria pura e semplice, in risfagno
" di 29 anni, „ io domando se il Meyer coli' asserire che la nuova
chimica non può considerarsi una vera scienza nel suo più alto si-
gnificato della parola : coli' affermare che il chimico per la sua
scienza ha fatto qtiasi niente in confronto di quanto ha fatto per
essa la scoperta di Newton; col dichiarare la chimica di oggi essere
quello che era 1' astronomia ai tempi di Keplero e di Copernico; col
dire che la termo-chimica non ha dato i frutti che aveva fatto spe-
rare, e che questo ramo di scienza ha bisogno di metodi d'inve-
stigazione più adatti; col parlare di errori fatali commessi dal chi-
mico a causa di avere studiato la sua scienza dal punto di vista
esclusivamente cliimico o esclusivamente fisico: col dire che il chimico
intorno ai metodi d' investigazione in chimica organica, si trova di
fronte ad una confessione vergognosa; coli' asserire che la natura chi-
mica di moltissime sostanze organiche si deride delle nostre cono-
scenze; col ricordare ripetute volte che ci mancano nuovi metodi
d' investigazione ; ed infine col dire che i nostri studii sufi' albumi-
na sono appena taU da permetterci di guardare in faccia il proble-
ma della delucidazione per la sintesi di essa e non quello della sin-
tesi medesima; io domando se col dire tutto ciò il professore Meyer
non vogUa significare che la nostra scienza si trovi in ristagno,
23 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica
«empie sotto il punto di vista teorico, per ben altro che di 29 anni !
" Yi fu un momento, esclama l' insigne autore, quando, dietro
'' le scoperte di Helmoltz, Roberto Meyer, Joule, Clausius, van 't Hoif,
" i progressi della investigazione si limitavano solo alla fìsica, e si
* facevano non poche applicazioni modeste alle discipline affini —
" vi fu un momento in cui si credette venuta Y epoca nella quale
* i processi chimici si potessero seguire in modo analago a quelli
" del suono, della luce e del calore. „ E più in là soggiunge : " E
" pure le granch speranze che ci avevano fatto concepire le inve-
" stigazioni delle questioni tenno-cììi miche, non sono state adempiute
" sin' ora che solamente in parte. „
E qui finisco il mio ragguagfio , nel quale credo di avere di-
mostrato la perfetta coincidenza tra le mie idee e quelle del pro-
fessore Meyer. Non so se sono stato abbastanza felice nello espri-
mermi, ma mi conforta il pensiero che trattandosi di fatti, la loro
natura stessa supplisca alla oscurità del mio linguaggio.
Prima di chiudere mi preme dichiarare che vi sono pure delle
disparità tra me ed il professore Meyer, e che queste sono due e
di due specie ben differenti 1" una dall' altra.
La prima dipende dalla natura stessa del titolo delle nostre
publjlicazioni: Il professore Meyer trattando il tema dei problemi
chimici deh' epoca presente, rileva gl'inconvenienti che s'incontrano
in scienza senza suggerire i rimedii. Io invece trattando il tema di
un nuovo indirizzo da dare alla chimica, agli inconvenienti rilevati
faccio susseguire i rimedi da contrapporvi (V. tutto il mio lavoro e
specialmente ciò che dico dalla p. 18 alla p. 24).
L" altra dipende da opinioni personali : Il professore Meyer non
crede essere ancora arrivato il momento per il chimico di entrare
nel campo biologico e morfologico. Io invece non giudico assoluta-
mente inopportuno il momento, ma credo sia piuttosto questione di
saper scegliere la via da tenere; la quale secondo me, non è quella
che tiene oggi il chimico, poiché con gh attuali metodi, (io sono di
accordo col Meyer), il chimico non riuscirà mai nel suo intento : è
Xuovo indirizzo da dar^ì (dìo chimica 29
questione quindi di taiubiart' indirizzo (V. il mio opuscolo sul car-
bonio e lo stesso mio hiroro sul nuovo indirizzo). E di questa opi-
nione è pure il professore Ferdinando Colui , il quale lo disse al-
l' assemblea berlinese degl' Imhujatori della iiafiira. Per altro il Meyer
stesso non è che dice che non spetta al chimico di entrare in questo
terreno ; anzi il solo ricordarlo mostra precisamente, eh' egli pensi
esser questo appunto un campo inq)ortante della chimica, in cui
presto 0 tardi la nostra scienza dovrà entrare. In guisa che anche
qui mi trovo perfettamente di accordo coli' illustre professore di
cliimica dell" Università di Heidelberga.
Io sono particolarmente lieto, che queste idee, nuove per la
scienza , le quali furono pronunziate un anno addietro in uno dei
centri scientifici più importanti della Germania, siano state, emesse due
anni prima nella Università di Catania, e pubblicate negli Atti della
nostra Accademia.
Catania li 30 Novembre 1890
Sopra un gruppo di Configurazioni regolari
contenute
neirEsai>ramnio di Pascal.
Nota del Prof. VITTORIO MARTINETTI.
Partendo da sei punti arbitrarii di una conica si può gene-
rare una figura, V Esagrammo di Pascal, la quale, come fu messo
in evidenza da molti geometri, è del più grande interesse (*), spe-
cialmente per le numerose ed importanti configurazioni , alle quali
essa dà luogo.
L' oggetto di questa nota è lo studio delle principali proprietà
di una configurazione la quale si può formare coi vertici e con certi
punti diagonali, lati e rette di Pascal di un esagono inscritto in una
conica.
1. Indichiamo con 1, 2, 3, 4, 5, 6 sei punti distinti presi ar-
bitrariamente sopra una conica.
Questi punti si possono dividere in quindici modi diversi in
tre coppie; consideriamone uno, ad es. :
1, 2; 3, 4; 5, 6.
Dei sessanta esagoni semplici di Pascal, i quali si possono for-
mare con quei sei punti, quattro hanno per coppie di vertici opposti
le tre coppie considerate, e sono :
13 5 2 4 6,
13 6 2 4 5,
14 5 2 3 6,
14 6 2 3 5.
(") Nella memoria del Sig. Veronese u Nuovi teoremi sull'Hesagraimiium iiiisticum,» (Mera,
della R. Acc. dei Lincei Serie 3^ Voi I. 1877) sono raccolte, insieme a molte nuove, le prin-
cipali proprietà precedentemente trovate sull'Esagrammo di Pascal, proprietà poi dimostrate in
modo elegantissimo anche dal Sig. Cremona nella memoria - Teoremi stereometrici dai quali
si deducono le proprietà dell' Esagrannuo di Pascal " (Meni, della R. Acc. dei Lincei Scie 3^
Voi. I. 1877). Ci serviremo in seguito delle denominaiiioiii usate iu queste memorie e di al-
cune delle proprietà ivi dimostrate.
Atti Acc Vol. HI, Serie 4' 5
32 Sopra un yruppo di Configurazioni regolari
Due qualunque di questi esagoni hanno una coppia sola di
lati opposti in comune, ed ogni coppia di lati opposti in uno di
essi appartiene sempre ad uno solo degli altri : sicché le quattro
rette di Pascal di quegli esagoni si incontrano due a due in sei
punti P ( secondo la notazione del Sig. Veronese ) i quali sono
perciò i vertici del quadrilatero completo formato dalle rette di
Pascal considerate.
I vertici opposti di questo quadrilatero indichiamoli con
7, 8; 9 10; 11, 12,
ponendo ;
1 3 ■ 2 4 = 11, 15-26= 9, 3 5 ■ 4 6 =- 7,
1 4 - 2 3 = 12, 1 6 • 2 5 = 10, 3 6-45^8.
Le rette di Pascal dei detti quattro esagoni sono perciò ordi-
natamente :
(7 10 IIV , i8 9 111, . (8 10 12Ì, , (7 9 12Ì, .
I dodici punti 1, ^, ..., H sono situati tre a tre sopra sedici
rette (le quattro rette di Pascal e certi dodici lati dell'esagono com-
pleto 123456) le quali passano quattro a quattro per quei
dodici punti. Tali punti e rette formano adunque una configurazione
(12., I63) (*).
Un cenno sull' esistenza di questa Cf. si trova nella citata me-
moria del Sig. Veronese (n' 5, 6) dove si considerano gli elementi
comuni a due delle sei figure t.
NeirEsagrammo di Pascal sono contenute quindici di tali Cf. (**).
Presane una qualunque le altre si distribuiscono, rispetto ad
essa, in due gruppi, uno di sei Cf. aventi una coppia di punti fonda-
mentali coniugati in comune con quella, l'altro delle otto rimanenti non
aventi coppie di pmiti fondamentali coniugati in comune colla data.
(■) Secondo la comoda notazione introdotta dal Sig. J. de Vries « Dber gewisse ebene
Conligurationen .■ ^Aeta Math. 12: 1. 1888).
(■■) Queste quindici Cf. si possono far corrispondere una ad uua ai quindici piani di
Plticker della figura considerata dal Sig. Cremona (« Teoremi stereometrici ecc.» 1. e. n° 18).
contenute neW Esagrammo di Pascal
33
Due qualunque dei punti fondamentali 1, 2, 3, 4, 5, 6 sono
coniugati in tre diverse Cf., le quali hanno due a due un solo punto
Pin comune. Reciprocamente un punto P qualunque dell' Esagranimo
appartiene a due sole Cf. le quali hanno allora una coppia di punti
fondamentali coniugati in comune. Quindi i 45 punti P si distri-
buiscono in terne di punti, ogni terna essendo individuata da uno
de' suoi elementi, e relativa ad una coppia di punti fondamentali.
Si vede tosto, che queste terne, in numero di quindici, sono
costituite dai punti diagonali dei quadrangoli formati da quattro
punti fondamentali, precisamente da quelli distinti dalla coppia di
punti coniugati comune alle tre Cf. che danno origine alla terna.
2. Consideriamo una di queste Cf. e manteniamo per essa la
notazione sopra stabilita.
Un punto qualunque della Cf. è congiunto con otto altri, quin-
di estraneo a tre punti della Cf. i quali sono fra loro estranei, come
appare dalla seguente tabella in cui sono indicati i sedici allinea-
menti dei punti della Cf. :
i)...
1 3 11
2 3
12
7 3
5
8 3 6
1 4 12
2 4
11
7 4
6
8 4 5
1 5 9
2 5
10
7 9
12
8 9 11
1 6 10
2 6
9
7 10
11
8 10 12
La Cf. che ci proponiamo di studiare rientra adunque nel
gruppo di Cf. ( 12^, I63 ) trovato dal Sig. De Vries, soddisfacente
alla condizione, che i punti estranei ad un punto siano estranei
fra loro , ed è precisamente una Cf. del tipo B (*) come immedia-
tamente si riconosce.
(*) Il Sig. De Vries il. e.) trova, che due soltanto sono i tipi di Cf. ( 124 I63) sod-
disfacenti alla detta condizione , quello che ci proponiamo di studiare , e la Cf. dei dodici
punti costituenti tre quaderne ed i punti aventi i medesimi tre tangenziali in linea retta. Lo
studio di quest' ultima interessante Cf. (considerata già da Hesse, Cayley, Pìiicker Salmon e
specialmente dal Sig. Cremona ■■ Introduzione ad una teoria geometrica delle curve pinne >>
Mem. dell' Acc. di Bologna 1* serie voi. XII Art. 24) forma l'oggetto principnle dello scritto
del Sig. De Vries ; ma "però vi si trovano anche accennate alcune delle proprietà della Cf. B,
come a suo luogo diremo.
34 Sopra un gruppo di Configurazioni regolari
I dodici punti della Cf si dividono in tre quaderne di punti
estranei e queste sono :
1, 2, 7, 8;
3, 4, 9, 10;
5, 6, 11, 12;
ogni quaderna essendo costituita da una coppia di vertici opposti
degli esagoni considerati e da una coppia di vertici opposti del
quadrilatero formato dalle loro quattro rette di Pascal.
3. Tutte le sostituzioni dei numeri 1, 2. ..., 12 le quali la-
sciano inalterato il complesso delle terne di numeri della tabella «),
indicanti gli allineamenti dei punti della Cf., formano un gruppo, il
quale si dice relativo alla Cf. (*) : Se questo gruppo è transitivo (**)
la Cf. si dice regolare (***), perchè essa si comporta egualmente
rispetto a tutti i suoi punti.
La nostra Cf. è regolare.
Infatti si vede immediatamente che le due sostituzioni :
Si = (1 11 8 6 2 12 7 5) (3 9) (4 10),
S2 = (l 3 5) (2 4 6) (7 9 11) (8 10 12)
appartengono al gruppo della nostra Cf.. sicché vi appartengono
anche, in particolare, le sostituzioni :
s.,", s/, Si', .-(,% s/', s,', Sj- s,, (s,- s, y, (s,- s, y,
le quah, considerate insieme ad .>^, ed .s, , hanno la proprietà di cam-
biare l'elemento 1 in uno qualunque degli altri undici ; dunque il
gruppo della Cf. è transitivo.
Per la simmetria speciale di questa nostra Cf. è facile trovare
tutte le sostituzioni del suo gruppo, le quali si ottengono, come è
(*) Martinetti « Sulle Cf. piane ^3 " ( Aiiiiiili di Matematica Serie 2" toni. XV, n." 2).
(**) Seguiremo in questo capitolo le usuali denominazioni di gruppo, transitivitU, ecc.
della teoria delle Sostituzioni. Vedi p. es. Netto « Teoria delle sostituzioni ■■ versione italiana
dei Prof. Battagliììi ( Torino - 1885. )
(***) A. Schonflies. » Ueber die regelmassigen Couflgurationen ns " ( Math. Ann. B
XXXI. S. 44)
contenute neW Esagrammo di Pascal 35
noto (*), moltiplicando p. es. le undici sostituzioni sopra considerate
insieme alla sostituzione identica, per tutte quelle sostituzioni del
gruppo, che lasciano inalterato l'elemento 1 . Queste ultime formano
un sottogruppo di sedici sostituzioni ( che si possono scrivere fa-
cilmente), il quale, nel nostro caso, è anche il gruppo minimo (**)
contenente le tre sostituzioni :
0-, = (3 5 4 6) (9 12 10 11) (7 8),
a, = (3 9 410) (5 12 6 11),
ff, = (3 5) (4 6) (9 11) (10 12),
Cloe
1 ='^4', ^, ^3, °i, '^,=^''t ( = «"b' = «ce), ^6 = 0/, <^, = V,
Il gruppo della Cf. è composto di 12. 16 = 192 sostituzioni.
4. Considerando anche soltanto le due sostituzioni s^ , .% del
gruppo si riconosce , che le quaderne di punti estranei della Cf.
si possono scambiare una nell' altra, ossia, che la Cf, si comporta
egualmente non solo rispetto ai suoi punti, ma anche rispetto alle
tre quaderne , che la compongono ( come del resto è naturale ,
essendo ogni quaderna di punti estranei individuata da un suo
elemento, ed essendo transitivo il gruppo della Cf. ).
Si vede ancora , dall' esame del gruppo trovato , che in una
quaderna i punti si dividono in due coppie di punti coniugati, poiché
le sostituzioni, che non alterano una quaderna, 0 lasciano inalterate
le coppie o scambiano queste una nell' altra.
Le due coppie di ciascuna quaderna sono formate una da due
vertici opposti degli esagoni fondamentaU , 1' altra da due vertici
opposti del quadrilatero delle rette di Pascal.
Il fatto della regolarità della Cf. ci averte intanto, che la Cf.
(*) Netto, 1. e. Capitolo IV, n» 62.
(**) Netto, 1. e. Capitolo II, n. 37.
3G Sopra un gruppo di Configurazioni regolari
stessa può essere considerata in varie guise come nascente da sei
punti di una conica (nel modo esposto al n." 1), e la considerazione
del gruppo trovato condurrebbe senza difficoltà ad assegnare i gruppi
di tre coppie di punti , i quali possono considerarsi come fonda-
mentali per la sua generazione :
Ma noi possiamo anche dedurli direttamente.
5. La Cf. considerata è inscritta in una curva di 3." ordine (*).
Infatti, i nove punti della Cf. situati sulle tre rette.
(1 3 11),, (2 5 10),, (7 9 12),
stanno anche sulle tre rette
(1 5 9), , (2 3 12), , (7 10 11), ,
quindi sono la base di un fascio di cubiche. Per la stessa ragione
i punti 1, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 11, 12 situati sulle rette
(1 3 11). , (4 5 8), , (7 9 12). ,
(1 4 12), , (3 5 7), , (8 9 11), ,
sono la base di un altro fascio di cubiche.
Esiste perciò tanto la cubica
(1 2 3 4 5 7 9 10 11 12),
quanto la
(1234578 9 11 12),.
Ma queste due cubiche non sono distinte , perchè dei loro
nove punti comuni
1, 2, 3, 4, 5, 7, 9, 11, 12
le due terne 1, 3, 11; 7, 9, 12 sono in linea retta, mentre non
sono in linea retta i tre punti rimanenti 2, 4, 5. Ciò dimostra l'e-
sistenza della cubica
(1 2 3 4 5 7 8 9 10 11 12),,
(*) De ì'rùs 1. e. n.° 4.
contenute nelV Esagrammo di Pascal ^37
la quale alla sua volta deve passare per 6, poiché essa appartiene
al fascio individuato dalle due cubiche spezzate :
(1 b 9), • (3 6 8ì, • (7 10 in, ,
(1 6 10), • (3 ó 7), • (8 9 11),-
Le coppie di punti 7, 8 ; 9, 10 ; 11, 12 essendo di vertici
opposti di un quadrilatero completo inscritto in una cubica , sono
coppie di punti coniiir/afi ( aventi cioè il medesimo tangenziale) in
un medesimo sistema (*) : e poiché la coppia 11, 12 si proietta
sulla cubica dai punti 3 ed 1 rispettivamente nelle coppie 1, 2; 3, 4 e
la coppia 9; 10 si proietta da 1 sulla cubica nei punti 5, 6 così (**)
anche le coppie 1, 2 ; 3, 4 ; 5, 6 sono di punti coniugati nello
stesso sistema nel quale lo sono 7 ed 8, 9 e 10, 1 1 e 12.
I sei tangenziali di ciascuna coppia di punti coniugati , che
noi indicheremo ordinatamente con
(l). (!)■ {!)• il)- (?o)' (ì^)'
sono manifestamente vertici di un quadrilatero completo , e sono
opposti, quindi coniugati sulla cubica, i tangenziah di due coppie
appartenenti alla medesima quaderna della Cf. , perciò i punti di
una quaderna della Cf. hanno il medesimo secondo tangenziale, ed
i tre secondi tangenziali dei punti delle tre quaderne stanno sopra
una medesima retta , la quale risulta la seconda retta satellite di
ogni retta della Cf. (***) , poiché ciascuna di queste contiene un
punto di ognuna delle tre quaderne.
6. I quattro punti della cubica 3, 4, 5, 6 hanno per punto
opposto (****) il punto (g)^ perchè le due rette (3 5)^ (4 6). pas-
sano per 7 ; Segue adunque che il punto ( g | è situato sulla retta
(1, 2),, essendo i punti 1, 2, 3, 4, 5, 6 sopra una conica, hi
(*) Cremona Introduzione... I. e. Art. 24.
(**) Maclaurin « De linearum geometricaruju proprietatibus •< trad. di De-Jouquières »
Mélanges de geometrie pure " Paris 1856 pag. 242. Vedi anche Cremona, • Introduzione... »
1. e. n.o 134.
(***) De-Vries 1. e. n." 4.
(****; Cremona « Introduzione... .' I. e. n. 65.
38 Sopra mi gruppo di Configurazioni regolari
modo analogo si dimostra , che le rette (3 Af)^, (5 6 ), passano
rispettivamente per \{q\ \-^
Allora, poiché l'ulteriore intersezione della cubica colla con-
giungente due punti coniugati in un certo sistema ha per coniu-
gato in questo stesso sistema il tangenziale comune ai due punti
coniugati (*), così ne viene, che le tre coppie 2 ( 8 )• ( 4 10
( 6 ) 1'^ I ^^^^'^ ^^ punti coniugati nello stesso sistema nel quale 1
è coniugato a '1.
7. Data una Gf. ( 12^, I63) del nostro tipo, è ad essa relativa
una retta, la seconda retta satellite delle rette della Gf.
Prendiamo ad arbitrio una retta segante una data cubica C,
nei tre punti «, /3, 7. e vediamo quante di quelle Gf. siano ad essa
relative.
Prendiamo due punti 2 ) ( 8 ) ^^^^''^ ^'3 aventi a per tangen-
ziale ( questo si può fare in sei modi diversi ) , e perciò coniugati
sulla cubica in un sistema [ ^ ] , da essi individuato.
Prendiamo due altri punti [A ( {g aventi ;3 per tangenziale
e coniugati in [ T ] (il che si può fare in due modi diversi ) e po-
niamo :
(g)-(i)(L>-(^)(?o)-
Sono questi punti {'q\ L 2 ) ^^^ll^'^ cubica e coniugati in [S],
ed insieme ai punti [\] n ) ( g ) | j q 1 costituiscono i vertici di
un quadrilatero completo inscritto in C.^. Di tali quadrilateri ne
possiamo formare dodici , quattro per ogni sistema di punti coniu-
gati sulla cubica.
Prendiamo ora tre coppie di punti sopra C3 coniugati in [S]
ed aventi rispettivamente per tangenziali 2) (4 [&] ^^^ ^^^^ ^^
può fare in 2 ■ 2- 2 = 8 modi differenti) e siano 1, 2; 3, 4; 5, 6.
(♦) Cremona « Introduzione... ■> 1. e. n. 133.
contenute neW Esagra ìììdio di Pascal 39
La retta (1 3), sephi la cubica in 11, e la (1 4). in 12; 11 e li2
saranno coniugati in |^] ed avranno per tangenziale CK^mune L.J
Inoltre, perchè la (3 1 l)i passa per 1, dovrà la (3 H)i passare
per 2; e così la (4 IDi passerà per 2, poiché la (4 1 2); passa per 1.
Le rette (1 5), (1 ())i seghino T,, nei punti 9 e 10: Questi
pure saranno coniugati in [S], avranno Lgj per tangenziale e
saranno situati ordinatamente sulle rette (2 6 )i , (2 5)i.
Le rette (9 1 1 )i (10 11 )i seghino ordinatamente la C^ an-
cora nei punti 8 e 7 , coniugati in [S], aventi (g per tangenziale
e situati ancora rispettivamente sulle rette ( 10 12 )i. (9 12),.
Le rette (3 1 ^^ (4 7 ), segano ulteriormente la cubica negli
stessi punti nei cjuali cjuesta è segata dalle rette (4 8 ), . (3 8 ), .
e questi punti sono coniugati in [S] ed hanno g) per tangenziale.
Per la notissima proprietà , che il tangenziale di due punti coniu-
gati è coniugato ( nello stesso sistema ì all' ulteriore intersezione
della cubica colla cougiungente i due punti coniugati, noi avremo,
che la retta (11 12 )i passa per (g) , ed allora, perchè nelle tre
terne di punti allineati della C^
1 , 5 , 9 ; 11 , 12 , ( ^ ) ; .3 , 7 , ar
si hanno anche gli allineamenti (1 3 11), (7 9 12),, si ricava,
che i punti 5 , {^) , x devono essere in linea retta , però j^ è il
punto 5; Sicché la ( 4 7 ), passa per 6.
I punti 1 , 2 , — 12 ora costruiti appartengono manifesta-
mente ad una Gf. (12,, I63 ) del nostro tipo (basta confrontare
gii allineamenti ora trovati con quelli indicati nella tabella a del
n« 2) perciò: Le Cf. (12, I63 ).del nostro tipo aventi una data
retta come seconda retta satellite delle sue rette (*) sono in nu-
mero di 6 • 2 • 8 = 96-
(*) Tutte le rette aventi una fiata retta per seconda satellite sono 16 • 16 , ed i punti
della cubica situati sopra queste rette souo in tutto 4-12. Tali punti e rette formano una
et. (48,6, 2063 ) inscritta nella cubica, contenente le 96 Cf ( 124 , I63 ) della nostra specie
e relative alla data retta, inoltre 16 Cf ( I2i , I63 ) del tipo A (del Sig. De Vries 1. e. ) e
12 Cf. ( 24s , 643 ) formate da sei quaderne di punti aventi per tangenziale comune i sei
vertici di un quadrilatero completo inscritto nella cubica e formato da rette aventi la data
per (1") satellite ( Cf. considerate dal Sig. de Vries 1. e. u" 4 )
Atti Acc. Vol. IH, Seeib 4» g
40 Sopra tin gruppo di Configurazioni regolari
Le nostre Cf. sono individuate da tre coppie di punti coniugati
sulla cubica- ( in uno stesso sistema ) situati sopra una conica :
Ma si deduce facilmente, dal ragionamento fatto sopra, che condi-
zione necessaria e sufficiente percliè tre di tali coppie di punti
coniugati siano sopra una conica è che i tre tangenziali delle coppie
di punti siano coniugati (nel detto sistema) di tre punti in linea retta.
Questa osservazione mostra, che quattro sono i gruppi di tre
coppie di punti coniugati della Cf. situati sopra una conica, cioè :
1 ,
2 ;
3 ,
4 ;
j> ,
6 ,
1 ,
2 ;
9,
10 ;
n ,
12 ,
3 ,
4 ;
7,
8 ;
11 ,
12 ,
5 ,
6 ;
7 ,
8 :
9,
10,
come ritroveremo anche per altra via.
8. Una retta della Cf. essendo congiunta a nove altre, è estra-
nea a sei rette della Cf. Prese due rette estranee si hanno sem-
pre sei rette contemporaneamente congiunte ad esse , perchè ogni
retta contiene un punto di ciascuna quaderna , epperò ogni suo
punto (si intende appartenente alla Cf.) è congiunto con due punti
di ogni retta ad essa estranea. Vi sono adunque sempre due ret-
te estranee a due rette fra loro estranee.
hi due modi diversi si possono distribuire in due gruppi di tre,
le sei rette congiunte a due rette fra loro estranee in guisa ch'esse
contengano tutti i sei punti delle due rette estranee , e ciascuna
terna di queste rette (estranee) sega allora la cubica in tre punti
della Cf. alUneati sopra una retta della Cf. Perciò da ogni coppia
di rette estranee nascono due figure (.^ ) (*), ossia due Cf. (9, , 63 ) i
cui punti formano la base di un fascio di cubiche, neUe quali ve ne
sono due spezzate in tre rette (queste rette sono quelle della Cf.) (**).
-1 *» /> t)
Le fig. (A) esistenti nella Cf. data sono ^ ^ = 16 : Ma
come si vedrà queste Cf. (9,, GJ sono speciaU, poiché tra i nove
(*) Martinetti. « Sopra alcune Cf. piane « (Annali di Mat. Serie II. Tom. XIV, u.» 5).
(**) É facile vedere, che di Cf (92, 63) non ve ne possono essere che di due tipi icome
accenna anche il Sig. De-Vries, 1. e. n." 3) le fig. (A) e le Cf. che hanno per punti i vertici
di due triangoli arhitrarii riferiti fra loro e le intersezioni dei lati corrispondenti, e per rette
i sei lati dei due triangoli.
contenute neW Esagrammo di Pascal 41
punti , che le componp:ono esiste un settimo allineamento di tre
punti , ossia nel fascio di cuiiiche avente per base i punti di una
di queste Cf. esiste ancora una cubica composta di una retta e
di una conica.
9. Le sostituzioni .s, , .?., e loro prodotti (n.° 3) sono sufficienti
a mostrare come la coppia di punti 1 , 3 possa essere sostituita
da un' altra coppia qualuncjue di punti coniugati della Cf. ; talché
gli elementi della Cf. si comportano rispetto ad 1 e 2 come rispetto
a qualsivoglia altra coppia di punti coniugati. Esaminando (col sus-
sidio della tabella ^ del n." 2), come la Cf. si comporti rispetto
ad 1 e 2, si conclude.
1." Se da due punti coniugati di una quaderna si proiettano
sulla cubica i medesimi due punti coniugati di una seconda qua-
derna , si ottengono i medesimi due punti coniugati della terza
quaderna.
2.° Se da due punti coniugati di una quaderna si proiettano
sulla cubica gli stessi due punti non coniugati di un' altra quaderna,
si hanno due coppie di punti non coniugati e distinti della terza
quaderna.
3.° Se da un punto di una data quaderna si proietta sulla
cubica una coppia di punti della Cf. allineati con un altro punto
della stessa quaderna , ma non ad esso coniugato , si ottiene una
coppia di punti della Cf. allineati al punto ( della quaderna data )
coniugato a quest' ultimo.
Consideriamo una retta arbitraria della Cf. e siano a, b, e \
tre punti (appartenenti adunque a quaderne diverse) situati sopra
di essa, e diciamo a', h' , e i loro coniugati, ed Oi, a\; è,, b\\
Ci, c\ le altre tre coppie di punti coniugati, che insieme a quelle co-
stituiscono le tre quaderne.
Le (a, è)i (rtj e), sono rette della Cf. , le ciuali contengono
ancora due punti. Sulla (r/j è), non vi può essere il punto e e nep-
pure e (per l'osserv. l''), perciò diciamo c^ il punto situato su di
essa: e per la medesima ragione diciamo h^ il terzo punto situato
sulla (rtic)i ■ I punti Ti e è, saranno (per l'osserv. 3*^) allineati con «'.
42 Sopra un gruppo di Configurazioni regolari
Le rette («', b), , {(t\ c)^ conteiTanuo allora rispettivaiueute i
punti c\ e h\ pure allineati con a: E si avrà inoltre (per l'osserv.
l'') che a, bi , c\; a, b\ , c^ sono terne di punti allineati.
Per questo vediamo che i nove punti a , b, e. r/, . h, . i\ , «,,
b\, c\ appartengono ad una fig. (^) nella quale oltre ai sei alU-
neamenti: «i b e,; a, b^ e; a\ b c\; a\ b\ e; a b^ c\: a b\ Cj esi-
ste anche l'allineamento a , b, e e solo quello.
Partendo dalla retta {a b c)^ abbiamo adunque costruita una
fig. (A) formata da punti e rette della Cf. nella quale esiste un
setthno allineamento (a, b, e), di punti fondamentali, e poiché
questo allineamento si comporta diversamente dagli altri sei della
fig. {^) ne viene, che le fig. (A) nascenti in (juesto modo sono le
16 trovate al n. 8.
Considerando ancora la figura precedente riconosciamo che
devono aver luogo anche i tre aUineamenti dei punti: a, b' , e':
n' , b, e; n' , b' , e, per la qual cosa a, b, e, a', b' . r sono ver-
tici di un quadrilatero completo formato da rette della Cf. Di tali
quadrilateri se ne hanno quattro, e le quattro fig. 1-^) relative ai
lati di uno qualunque di essi posseggono tutte sei punti in comune,
i quali sono situati necessariamente sopra una conica.
Dunque i dodici punti della Cf. si possono distribuire in quattro
modi diversi in due gruppi di sei, quelU di un gruppo essendo so-
pra una conica, quelli dell'altro vertici di un quadrilatero completo.
La nostra Cf. può dunque essere generata in ([uattro modi
diversi nei modo che si è detto al n. 1.
I gruppi di punti sopra una conica e quelli vertici di un qua-
drilatero completo sono i seguenti:
Sopra una conica
Vertici di un quadrilatero
1, 2; 3, 4; 5, 6
7, 8; 9, 10; 11, 12
1, 2; 9, 10; 11, 12
3, 4; 5, 6; 7, 8
3, 4; 7, 8; 11, 12
1, 2; 5, 6; 9, 10
5, G; 7, .8; 9, 10
1, 2; 3, 4; 11, 12
contenute iteli' Esacjrdiiniin tU l'aneal 4.'i
Due (inaliuHiuc dclK' i-oniclic liaiiiio due punti coniiiLi^ali in
conuuic, l'dsì pure (lue ([uaUni(]U(' dri (|ua(lrilatei-i liaiiiio in coiuu-
lu' una c(>[ipia di vertici opposti.
Un quadrilatero ha sempre due coppie di veitici opposti so-
pra le tre coniche ad esso non relative.
1 ({uattro quadrilateri contengono conq)lessivamente tutte le
rette della Cf.
Risulta subito ancora, che le rette della Gf. passanti per due
punti coniugati si possono ordinare in modo da formare due gruppi
proiettivi.
10. Il Sig. De-Vries (1. e.) trovò che in ì^ì modi diversi si
possono prendere otto punti della Cf. in guisa che essi diano un
ottagono di Steiner ( cioè i lati suoi passino alternativamente per
due punti — /^/-///rZ/w// — della cubica) e per essi i punti principali
sono le possibili coppie di punti non coniugati di una quaderna
(aventi adunque il medisimo secondo tangenziale ma non il primo,
come necessariamente devono essere tutti i punti principali degli
ottagoni di Steiner (*) ).
Le coppie di ottagoni relative a due coppie di punti [ìriucipali
formanti una quaderna contengono come lati tutte le rette della Ct.
Oltre a questi ottagoni di Steiner, rilativi a due punti princi-
pali, si possono formare con punti e rette della Gf. degli ottagoni
di Steiner relativi a quattro punti piincipali, tali cioè che i lati loro
passino ordinatamente per quattro punti della cubica nella quale è
inscritta la Gf.
Infatti ordinando i punti di due quaderne qualunque della Gf.
prendendo alternativamente un punto dell'una ed un punto dell'al-
tra, i punti della stessa quaderna essendo poi scelti alternativa-
mente nelle due coppie, che la compongono , si formano degli
ottagoni semplici, in numero di ^4, aventi per vertici opposti punti
(•) Per la teoria dei poligoni di Steiner inscritti in nna cubica si può vedere p. es :
H. Schroeter. ■■ Tlieorie der ebenen Kurven drifter Orduiiiiy » Leipzig- 1880 § 31.
Ovvero la nota di Steiner nel Giornale di Creile Voi. 32° pag. 182-184, e le memorie di
K. Kiipper — " Ùber die Steinerschen Polygone anf einer Knrve 3 Ordn...ecc. » (Math. Ann-
B. 24.°) P. H. Schoute « Die Steinerschen Polygone » (Giornale di Creile— Voi. 95» pag. 105
e seg. ) ecc.
44
Sopra un gruppo di Configurazioni regolari
coniugali, i quali, per le proprietà notate al n. 9, (o direttamente
come risulta dalla tabella «)) sono tutti ottagoni di Steiner relativi
;i due od ai quattro punti della terza quaderna.
Di questi !24 ottagoni di Steiner i 12 seguenti sono relativi a
due punti principali :
I. Gruppo.
Ottagon
i (li Steiner
1 3
7 10
2 4 8 9,
1 4
7 9
2 3 8 10,
1 5
7 12
2 6 8 11,
1 6
7 11
2 5 8 12,
1 9
7 3
2 10 8 4,
1 10
7 4
2 9 8 3,
1 11
7 5
2 12 8 6,
1 12
7 6
2 11 8 5,
3 5
9 12
4 6 10 11 ,
3 6
9 11
4 5 10 12,
3 11
9 5
4 12 10 6,
3 12
9 6
4 11 10 5 ,
Iti
principali
11
5;
12,
6;
9
3;
10,
4;
5,
12;
6
11;
3,
10;
4,
9 ;
7,
1 ;
8,
2 •
1,
8;
2,
7,
ed i 12 seguenti sono invece relativi a quattro punti principali :
II. Gruppo.
1 11
1 12
3 5
3 6
3 11
3 12
Ottagoni di Steiner
3 7 9 2 4 8 10 ,
2 3
2 6
2 5
2 10
2 9
2 12
2 11
7 10
7 11
7 12
7 4
7 3
7 6
7 5
9 11
9 12
9 6
9 5
8 9,
8 12,
8 11 ,
8 3,
8 4,
8 5,
8 6,
4 6 10 12 ,
4 5 10 11 ,
4 12 10 5 ,
4 11 10 6 ,
punti principali.
11,
5,
12,
6
12,
6,
11,
5
9,
3,
10,
4
10,
4,
9,
3
5,
12,
6,
11
6,
11,
5,
12
3,
10,
4,
9
4,
9,
3,
10
7,
1,
8,
2
8,
2,
7,
1
1.
8,
2,
7
2,
7,
1,
8
Scambiando in uno qualunque degli ottagoni di un gruppo
due soli vertici opposti si ottiene un ottagono dell'altro gruppo.
contenute neW Esagnrmmo di l'oscal 4.')
Anche per gli ottagoni del II gruppo ha luogo la proprietà ,
che si possono accoppiare due a due in guisa che essi contengano
le rette della Cf. Ma si ha inoltre per questi ottagoni la proprietà,
che le rette di uno qualunque di essi, i vertici e relativi punti prin-
cipali costituiscono una Gf. ( H» 83) (non regolare). Perciò la no-
stra Cf. (Ii2, , I63) si può in sei modi considerare come l'insieme
di due certe Cf. (12j , 83) aventi gh stessi punti ma rette distinte.
Le 12 Cf. (ISj , 83) nascenti dai 12 ottagoni del II gruppo so-
no tutte distinte.
I punti di due quaderne si possono però ordinare ancora in varii
modi, così da formare ottagoni semplici , aventi per lati rette della
Cf. , hasta prendere alternativamente un punto in ciascuna quader-
na, senza prendere alternativamente nelle coppie i punti delle singole
quaderne ; Ma è facile vedere come non nascano cosi dei poligoni
di Steiner propriamente detti.
11. I 24 ottagoni sopra considerati non sono i soli poligoni di
Steiner, che si possono formare con punti e rette della Cf.
Ogni quadrangolo semplice avente per vertici opposti due cop-
pie di punti coniugati non appartenenti alla stessa quaderna, è un
quadrangolo di Steiner relativo a due punti coniugati dell' altra
quaderna.
Esagoni, e decagoni di Steiner relativi a due punti principali,
non ve ne possono essere nella Cf. , perchè tali punti principali de-
vono soddisfare a condizioni diverse da quelle di possedere il me-
desimo primo o secondo tangenziale (*) , le sole condizioni cui pos-
sono soddisfare due punti presi comunque nella nostra Cf. (è evi-
dente che i punti principali dei poligoni, in parola dovrebbero ap-
partenere alla Cf.).
Ma però ogni esagono semplice avente per vertici opposti tre
coppie di punti coniugati sopra una conica (e sono 16 in tutto) è
un poligono di Steiner relativo a tre punti principali (situati sulla
retta di Pascal di quell' esagono), né questi soli sono gli esagoni di
(*) K. Kiipper — 1. e.
46 Sopra un gruppo di Configurazioni regolari
Steiner relativi a tre punti i)rincipali, peroccliè uno di questi esa-
goni semplici, insieme ai tre punti principali ed ai suoi lati costi-
tuisce sempre una fig. (a), e reciprocamente presa una fig. (a)
quale si voglia , e tre punti di essa non situati due a due sopra
rette della figura, gli altri sei punti possono essere presi in modo
da formare un esagono di Steiner relativo a quella terna. Ogni
tig. (^) della Cf. dà adunque sei esagoni di Steiner, de' quali uno
solo è anche di Pascal. Gli esagoni di Steiner relativi a tre punti
principali sono adunque 6. 16=96, poiché da fig. {^) diverse, ed
anche dalla stessa figura, nascono sempre esagoni diversi.
Oltre a questi non vi sono nella Gf. altri poligoni di Steiner.
12. Le rette estranee ad una qualunque delle rette della Gf.
sono sei e contengono insieme nove punti della Gf. , i quali, con
quelle rette, costituiscono una Gf. (9^ , 63 ) diversa da una tig. (A) ,
quindi una Gf. (92 , 63) della sola specie possibile altre alle tig. (a) (*)
In queste Gf. (9^ 63 ) non esiste alcuna terna di rette estranee
fra loro, per la qual cosa non si possono distribuire le rette della
data Gf. in quaderne contenenti tutti i 12 punti (**) cioè non esi-
stono quadrilateri principali.
Si è già notato invece come i punti della Gf. si possano in tre
modi diversi distribuire in quaderne di punti (estranei) pei quali
passano complessivamente tutte le 16 rette della figura, cioè esi-
stono tre quadrangoli principali.
Avendosi perù nella Gf. delle iìg. (a), vi sono necessariamente
dei trilateri principali (tei-ne di rette estranee contenenti nove punti
della Gf.) — Ogni fig. (A) dà luogo a due diversi trilateri principali,
però questi sono 32, riconoscendosi facilmente, che ogni trilatero
principale deve appartenere ad un' unica fìg. ( A ).
13. Se in una Gf. della nostra specie si congiungono fra loro
i punti estranei, si ottengono rette non appartenenti alla Cf. le quali
si distribuiscono in due gruppi secondo che esse congiungono o no
due punti coniugati.
(*) Vedi nota al n. 8.
(**) De-Vries, 1. e.
contenute neW Esagmmmo di Pascal 47
Come si è già veduto (a.* 6 e 9) le rette congiungenti due
punti coniugati, in nunieio di sei , segano la cubica ulteriormente
in punti distinti i quali sono i tangenziali dei punti della Cf.
Le altre rette, in numero di 1:2, congiungenti punti estranei si
distribuiscono a coppie ; una delle rette contiene due punti non co-
niugati, quella formante con essa una coppia contiene i punti co-
niugati a quelli, per la qual cosa le due rette di una coppia si se-
gano sulla cubica, nella quale è inscritta la Cf.
Dunque le ulteriori intersezioni della cubica colle rette con-
giungenti i punti estranei della Cf. sono complessivamente dodici
punti.
Chiamiamo ordinatamente :
7', 8', 9', 10', ir, 12',
i tangenziali dei punti
1, 7, 3, 9, 5, 11
(quindi anche tangenziali dei punti 2, 8, 4, 10, 6, 12 ed interse-
zioni della cubica ordinatamente colle rette (7 8X , (1 2)i , (9 10)^
(3 4),, (11 12),, (5 6). ) e poniamo:
(1 7). • (2 8)i = r ,
(1 8)i • (2 7). = 2' ,
(3 9), • (4 10)i = 3' ,
(3 10), • (4 9), = 4' .
(5 11), • (6 12), = 5' ,
(5 12), • (6 11), = 6' .
Segue subito che le coppie 1', 2'; 3', 4'; 5', 6'; 7', 8'; 9', lU';
ir, 12' sono di punti coniugati sulla cubica nel medesimo sistema
[S] nel quale 1 è coniugato a 2.
Oltre agli allineamenti delle terne di punti 7' 9' 12', 7' 10'
ir, 8' 9' ir, 8' 10' 12', che sappiamo (n" 5) debbono aver luogo
fra i punti 7', 8', 9', 10', 11', 12', se ne hanno altri ancora.
Atti Acc. Vol. Ili, Sbeie 4* 7
48 Sopra un grztppo di Configurazioni regolari
Infatti considerando le due terne 1, 3, 11; 7, 9, 1:2 di punti
in linea retta, ed unendo 1 con 7, 3 con 9, ed 11 con 1:2 otte-
niamo tre rette, le quali segano ulteriormente la cubica in tre punti
in linea retta; questi punti sono 1', 3', 11'.
Allo stesso modo considerando le coppie di terne di punti
allineati :
,1 3 11 ,1 3 11 ^1 3 11 .1 3 11 ^1 3 11 ^ 1 3 11
'71012''? 3 5''? 4 e' ' 8 9 11' ' 8 10 12' ' 8 3 b'
il 3 11 ,1 3 11 ^1 3 11 ,1 3 11 .1 3 11
( 8 4 s'^l 9 n'alio 6''2 9 6''2 10 5'
si dimostrano ordinatamente gli allineamenti delle terne di jjunti :
l'4'12', l'9'5', l'IO'B', 2' 3' 12', 2' 4 11' , 2' 9' 6' , 2' 10' 5' ,
7' 3' ó' , 7' 4' 6', 8' 3' 6', 8' 4' 5'.
Confrontando i sedici allineamenti trovati fra i punti 1', :2', ... 13'
con quelli indicati nella tabella a del n" 2 si conclude senz' altro :
Le ulteriori intersezioni delle congiungenti i punti estranei
di una Cf. { 13^ 16,, ), del nostro tipo, colla cubica, nella quale la
Cf. è inscritta, sono in tutto dodici punti appartenenti ad un'altra
Cf. ( 12, 16^ ) del medesimo tipo. „
Si osservi che dalle sei rette che congiungono i punti di una
quaderna della data Cf. nascono quattro punti formanti una qua-
derna della seconda, e che le due Cf. non hanno elementi comuni.
Si noti ancora come data la prima Cf. la seconda si possa
costruire (linearmente) in modo semplicissimo.
14. " Ciascuna delle nostre Cf. ( 1:2^ 16 ^ ) può essere dedotta,
nel modo detto sopra, da 16 altre Cf. della stessa specie. „
Infatti : Consideriamo una delle nostre Cf. ed i suoi punti e
rette siano indicati come si è detto al n° 1. Assumiamo uno dei
quadrilateri formati da rette e punti della Cf. ( ciò potrà farsi in
quattro modi diversi ) ad es. quello di vertici opposti :
7, 8; 9, 10; 11, 12
contenute neW Esagnannio di Pascal 49
Consideriamo diu' punii della cubica ('3 , nella quale è in-
scritta la Cl".^ aventi per tangenziale 7 e coniugati nel sistema [S]
nel quale 1 è coniugato a 2, e siano 1', "2' (ciò potrà farsi in due
modi diversi.) Come è noto la retta (!' "2'), passa per 8.
Diciamo 7', 8' le ulteriori intersezioni di C, colle rette (1 1'),,
(1 -2')^; questi punti sono coniugati in [S] ed hanno per tangen-
ziale il punto 8, perchè 1 ha per tangenziale l'ulteriore intersezione
di (\ colla (7 8), (n° 6); la (7' 8'), passerà per 7.
Le rette (1' 8'),, {2' 7'), debbono segarsi in 2, sicché se in
luogo di 1 si fosse considerato il punto 2 si sarebbero attenuti
colla precedente costruzione i medesimi punti 7' , 8' .
Consideriamo due punti 3', 4' coniugati in [S] ed aventi '.»
per tangenziale ( due sono le scelte possibili ) e proiettiamo questi
punti sulla C.j dal punto 3 (ovvero 4) ed avremo due punti 9', 10'
( ovvero 10\ 9' ) i quali sono coniugati in [S], hanno 10 per tan-
genziale e sono allineati con 9.
I punti 5', 6', ir, 12' ulteriori intersezioni della C\ ordina-
tamente colle rette
( r 9' X , ( 1' 10' ), , ( V 3' ),,(!■ 4' ),
( e quindi anche colle rette
( 2' 10' ), , ( 2' 9' ), , ( 2' 4' ). , ( 2' 3' ). )
godono rispetto ad 11 , 12 , 5 , 6 delle stesse proprietà che la
quaderna 1' , 2' , 7' , 8' gode rispetto ai punti 7,8,1,2
(ovvero la quaderna 3' , 4' , 9' , 10' rispetto ai punti 9 , 10 , 3 ,
4 ). hi vero 5' e 6' sono coniugati in [S] ed hanno 11 per tan-
genziale : Così pure 11 , 12' sono coniugati in [S] ed hanno 12
per tangenziale ;
Le rette (5' 11'), (6' 12'), si segano nel punto 5 e le (5' 12'), ,
(6' ir)j nel punto 6, perchè le tre rette
(1- 9'). , (1' 3- 11). , (3 5 7),
costituiscono una cubica spezzata, che insieme alla C^ individua un
fascio fra i cui punti base vi sono ancora gli aUineamenti delle
50 Sopra tru grujìpo di Con fi (ju razioni regolari
due terne di punti 1', 1', 7; 3, 3', 9' quindi anche i tre punti 5,
5', ir sono in linea retta: Analogamente per gli altri casi.
I dodici punti 1', i' ,..., 12' così assegnati appartengono ad una
Cf. del nostro tipo, perchè oltre agli allineamenti già stabiliti, cioè :
1' 8' 11', 2' 3' 12', r 4' 12', 2' 4' 11',
r 5' 9', 2' 5' 10', 1' 6' 10', 2' 6' 9',
si hanno anche gli altri
7' 3' 5' , 8' 3' 6' , 7' 4' 6' , 8' 4' 5' ,
7' 9' 12', 8- 9' 11', 7 10' 11', 8' 10' 12';
Infatti le due cubiche spezzate
(5' 6 12'), • (1 1' 7')i • (3' 4' 10),
(1 6 10), • il' 4' 12'), • (5' 7' ).
individuano un fascio al quale deve appartenere la Cj e che avrà
quindi per nono punto base 3', necessariamente situato sulla retta
(5' 7')i. In modo analogo si dimostrano gli altri sette allineamenti.
Questa Cf. {\% I63) dà manifestamente, colla costruzione in-
dicata al n» li2, la Cf. dalla quale siamo partiti.
Dal fatto ragionamento risulta , che ogni Cf. del nostro tipo
può essere ottenuta, nel modo che si disse, da 4. 2. 2 = 16 altre
Cf. dello stesso tipo.
Queste 16 Cf. si distinguono in quattro gruppi di quattro, ogni
gruppo essendo relativo ad un quadrilatero della data Cf. Le quat-
tro Cf. relative, ad un medesimo quadrilatero, sono costituite da rette
aventi tutte la medesima seconda satellite, e le quattro seconde sa-
telliti delle rette delle Cf. dei quattro gruppi formano un quadrila-
tero completo inscritto nella cubica^ sicché tutte le rette delle se-
dici Cf. , le quali generano (come al n° 12) una data Cf. del nostro
tipo , hanno una medesima terza satellite e questa è la retta alla
quale è relativa (n» 5) la Cf. data.
Messina 25 Dicembre 1890.
Sull'azione disinfettante dei Saponi al Sublimato
Nota di E. DI MATTEI
Ietta velia seduta del d) 28 Dicembre 1890.
I risultati ottenuti da me in una serie di ricerche sui saponi
comuni ad uso di lavanderia mi facevano estendere lo studio sur
un'altra qualità di saponi detti al subìimaio, e che vanno nella pra-
tica e neir uso comune fra le tante specie di saponi antisettici e
medicinali.
Questi saponi al sublimato da me studiati sono esteri e na-
zionaU ; appartenenti i primi a fabbriche di Vienna e di Parigi , i
secondi a fabbriche di Milano e di Pioma. Gli uni e gli altri van-
no in commercio col titolo della quantità di subUmato contenuto e
sono quelli ali" 1 al i2 al 5 "/« : altri poi non portano alcun titolo ;
altri infine di titolo superiore che chffìcilmente si trovano in com-
mercio, al 10 al 15 al 20 "/o ci sono stati appositamente fabbricati
e forniti per questo lavoro dalla rinomata fabbrica Torti di Roma.
In questo studio io non mi sono occupato di indagare il pro-
cesso di fal)bricazione di questi saponi e li ho adoperati come ven-
gono venduti in commercio e con quel titolo di quantità di subli-
mato che portano dalla Marca di fabbrica.
Questi saponi sono a pezzi, della forma e grandezza di una
saponetta comune, ed hanno un colorito ora bianco-grigiastro, ora
plumbeo, ora terreo: essi non si lasciano tagliare bene dal coltello,
poiché facilmente si sgretolano in piccoU pezzi : sono discretamente
pesanti, si sciolgono facilmente nell'acqua e danno pochissima spuma.
I saponi adunque da me studiati contengono una quantità
varia di sublimato dall' 1 al 20 % : e con essi , analogamente a
quanto avevo praticato per i saponi comuni, ho intrapreso le mie ri-
cerche, sia sciogliendo dei pezzi pesati di saponi in acqua steriliz-
zata (10 : 100) e in esse diluzioni .saponate innestando delle colture
Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4' 8
52 SuW azione disinfettante dei ISaponi al Siiblimato
di niicroi'ganismi patogeni^ sia seminando questi direttamente sulla
superficie di essi saponi.
In quest' ultimo caso dopo un tempo determinato si ripigliava
con ago di platino sterilizzato la cultura dal punto ove si era se-
minata e si innestava in terreni nutritivi dei quali , nei casi dubbi
mi servivo per le colture piatte rispettive. È naturale che in questi
casi si aveva 1' accortezza di seminare sulla superficie dei saponi
soltanto microrganismi, senza trasportare con essi dei frammenti di
sostanza nutritiva ; la quale depositata anch' essa sulla superficie
del sapone ne avrebbe potuto far variare i resultati per la ragione
facile a comprendersi che i microrganismi, oltre al non poter subire
il diretto contratto con il sapone, avrebbero potuto per via del ma-
teriale nutritivo così trasportato o vivere per un tempo più lungo
0 scampare alla morte addirittura : come anche è inutile dire che
ripigliando dalla superficie dei saponi la cultura seminata si aveva
cura di non trasportare con essa delle tracce di sapone. Credo
utile a questo punto accennare come questi saponi siano un pò
avidi di acqua ; epperò a riprese si lasciava cadere sul punto se-
minato qualche goccia di acqua distillata sterilizzata per mante-
nervi un discreto grado di umidità.
Nel primo caso poi delle diluzioni dei saponi , la cultura, da
terreni nutritivi distesi in superficie a becco di flauto veniva^ come
anche pel caso precedente, raccolta leggermente con una spatola
di platino e sciolta in acqua distillata sterilizzata in modo da fare
come un' emulsione torbida lattiginosa. Di essa con una pipetta
sterilizzata se ne aspirava una discreta quantità che veniva versata
a gocce , aumentandone sempre il numero , in diversi tubi conte-
nenti le diluzioni saponate, preparate come detto precedentemente.
Dopo un periodo di tempo determinato , avendo già preventiva-
mente curato che le gocce fossero venute a contatto diretto con la
diluzione, si aspirava mediante una pipetta sterilizzata una quan-
tità stabilita (da una a due gocce) di essa diluzione saponata ben
agitata e si versava in tubi di brodo , e contemporaneamente in
tubi di gelatina che servivano per farne colture piatte; si facevano
SttW azioììe d'mnfettante dei Saponi al Stihlimato
inoltre degli innesti con essa diluzione in tuln di gelatina agarizzata
elle si mettevano nella iuculiatnce per avere uno sviluppo più ra-
jiido dei microrganisnii.
I microrganismi da me studiati sono parecchi: il vibrio del
colera asiatico, il bacillo del tifo, quello del carbonchio, lo stafilo-
cocco piogeneo aureo, e lo streptococco piogeno.
II bacillo del carbonchio si studiava prima che fosse sporifi-
cato e come bacillo sporificato. Nel primo caso si versava una goc-
cia di sangue del cuore di animale carbonchioso sulla superficie del
sapone : nelf altro caso si pigliava il materiale carbonchioso da pa-
tata 0 da una cultura d" agar (col metodo di Buchner) o da altro
mezzo nutritivo, dopo esserci in ogni caso assicurati mediante esa-
me microscopico che i bacilli erano sporificati.
Volendo compendiare in breve tutte le varie osservazioni fatte
allo scopo di non dilungarci e cpalche volta ripeterci nella loro
singola enumerazione io le riassumo in una tabefia.
E per maggior brevità mi permetto di aggruppare i saponi stu-
diati in tre categorie secondo il titolo di sublimato contenuto : nella
prima comprendo c{uelli aU' 1-2 °/o, nella seconda c|uelli al 7 e
10 p. % , nella terza ciuelli al 15-20 %. In ragione di questo ti-
tolo, e in Jjase ai risultati ottenuti chiamerò i primi saponi deboli ,
ì secondi saponi medi, gli ultimi saponi forti.
Rappresento con P il risultato positivo dell' innesto^ con p lo
sviluppo lento e poco rigoglioso di esso, con N il risultato negativo.
Microrganismi seminati direttamente sulla superficie dei
V. del colera
B. iel Ilio
B. del cartioDcliio
B. del carb. sporig,
Stai. mi. aureo
Saponi deboli
1-2 «lo
Saponi medi
7-10 -^/o
Saponi forti
15-20 «lo
ed innestati nei terreni nutritivi dopo
5' 10' 15' 30' 60' 2» 6" 12" 24"
5' 10' lo' 30' 60' 2"^ 6M2'^ 24'^
5'1015'30'60 2"6"12i'24"
PPPNNNNNN
PpNNNNNNN
pNNNNNNNN
» » » P P » » » »
» P P P » » » » »
P P P » » » » » »
» » » » » P P » »
» » » » P P p » »
» » P P P P » » »
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54 . Stili' azione disinfettante dei Saponi al Sublimato
È da notare che oltre gì' innesti a periodo determinato facevo
anche dei preparati microscopici allo scopo di vedere se la presenza
dei microrganismi coincidesse con il loro sviluppo nei mezzi nutritivi,
e la scomparsa con la impossibilità di potersi ulteriormente svilup-
pare. I risultati di queste osservazioni microscopiche furono d' ac-
cordo con i risultati degli innesti per i bacilli del colera e del tifo;
mentre che per i bacilli del carbonchio e }ier lo stafilococco pio-
geneo aureo noi potevamo ancora microscopicamente notare la loro
presenza, quando nello stesso periodo di tempo non erano stati più
capaci di sviluppo nei mezzi nutritivi. Si presentavano infatti i bacilli
del carbonchio spezzettati, con protoplasma rarefatto, non molto co-
lorabiU e molti anche granulosi e ridotti a detrito.
Volendo in questo periodo vedere se ad onta della loro inca-
pacità di sviluppo questi microrganismi conservassero la loro azione
patogena, feci delle inoculazioni sottocutanee negh animali con il
sottile detrito della superficie di sapone seminato e diluito con
acqua. I risultati ottenuti da questi esperimenti sugli animali fu-
rono tutti negativi : i bacilli del carbonchio e rispettivamente lo
stafilococco piogeno aureo dovevano quindi essere stati distrutti ,
0 in ogni caso aver perduto il loro potere patogeno.
Aggiungo però che la loro presenza non persisteva molto
tempo sulla superficie di sapone , e che dopo qualche tempo da
che si erano mostrati incapaci di svilupparsi essi sparivano poi
del tutto.
Volendo in ultimo vedere se i predetti microrganismi, tolti dopo
vario tempo dalla superficie di saponi seminati, benché capaci di
sviluppo nei terreni nutrivi avessero poi mantenuto integro il loro
potere patogeno, lio fatto negli animali delle inoculazioni con il
materiale di cultura proveniente dagli innesti diretti del detrito sa-
ponaceo seminato, e rispettivamente inoculazioni col detrito sapo-
naceo raccolto subito dalla superficie di sapone.
I risultati sono stati i seguenti. Le inoculazioni negli animali
con culture in cui lo sviluppo era discreto, cioè a dire quelle cul-
ture provenienti da innesti di microrganismi , che erano stati per
Sull'azione disinfettante dei Saponi al Sublimato 55
un tempo rohUivameiitc breve a eonlalto della superfìcie di sa-
pone, furono positive, sebbene in ogni caso la morte negli animali
(se inoculati per carbonchio) sia avvenuta dopo un tempo più lun-
go dell'ordinario (5-8 giorni); e la suppurazione in altri (se inocu-
lati con staf. piog. aureo) sia stata più limitata e più tardiva.
Le inoculazioni invece fatte con culture a sviluppo stentato,
piccolo, e tardo, corrispondenti a quelle dei microrganismi a con-
tatto del sapone per un tempo più lungo furono negative; gli ani-
mali potevano mostrarsi a volte annnalati per qualche giorno ma
più tardi riuscivano a scamparla.
Quasi analoghi ai precedenti però sono stati i risultati quando
le inoculazioni negli animali, invece di farsi con gli innesti dei mi-
crorganismi presi dai terreni nutritivi, si facevano inoculando diret-
tamente sotto cute i microrganismi raschiati dalla superficie del sa-
pone seminato. Ma c^ui pel carbonchio distinguiamo subito due fatti,
a secondo che 1" innesto si faceva o raschiando la superficie di sa-
pone, ed inoculando direttamente questo detrito saponaceo sotto la
cute, o diluendo cfuesto detrito in acqua ed inoculandolo dopo che
esso s' era in questa disciolto. Si ottenne più volte il fatto che a
parità di durata di tempo , relativo alla seminazione dei microrga-
nismi nel sapone, mentre nel primo caso l'animale, specialmente se
robusto, inoculato resisteva , nel secondo caso poteva soccombere.
Ciò da noi veniva facilmente spiegato ammettendo nel primo caso
il fatto che i bacilli pur stando sotto la cute, rimanendo inglobati
entro il detrito saponaceo, non avessero potuto estrinsecare tutta
la loro azione ; mentre che nel secondo caso essendo liberi pote-
vano più facilmente venire in contatto più diretto dei tessuti ove
manifestare tutta la loro attività.
Per queste esperienze abbiamo potuto vedere che non per
tutta quella durata di tempo, nella quale i microrganismi portati in
terreni nutritivi si mostrano capaci di sviluppo, possono essi ezian-
dio mantenere sempre integro il loro potere patogeno. Analogamente
a una serie di esperienze sui saponi comuni, anche qui ci è stato
dato poter osservare che, qualche tempo prima di perdere la ca-
56 Siili' azione di.sinfettaiife dei Saponi al Sublimato
pacità di svilupparsi nei terreni nutritivi, perrlono già o attenuano
di molto il loro potere patogeno.
Dalle mie esperienze risulta che i bacilli del carbonchio presi
dopo due ore dalla seminagione dalla superficie dei saponi for-
ti (15-20 %) inoculati negli animali non si sono mostrati più ca-
paci di ucciderli. Gli animali si mostravano per uno o due giorni
non più vispi e non mangiare come prima per rimettersi comple-
tamente al 3" o al 4" giorno.
Analogamente avveniva per le esperienze fatte con lo stafilo-
cocco piogeno aureo, il quale dopo 30-60' di durata nei saponi forti
(20 p. %) esso perdeva la proprietà di determinare delle suppura-
zioni sotto la cute degli animali nei quali s' inoculava.
Questi fatti di attenuazione però non erano ugualmente con-
fortati dalle esperienze sui saponi deboli ; invece erano eziandio di-
scretamente rilevabili nelle esperienze fatte coi saponi niedii, sebbene
essi a lor volta non fossero paragonabili ai risultati coi saponi forti.
Le esperienze fatte con le diluzioni concentrate delle diverse
qualità dei saponi hanno quasi convalidato i risultati ottenuti, se-
minando i microrganismi sulle superficie dei saponi. Anzi questa
analogia di risultati era più evidente quando le colture da terreni
solidi si diluivano in acqua sterilizzata e se ne versavano delle
gocce (da 2-10) nelle diluzioni concentrate saponacee.
Però è da notare che quanto più aumentava la quantità delle
gocce di cultura diluita in acqua (da 2 a 10) tanto più lunga era
la loro presenza e la loro resistenza nelle diluzioni saponate. Come
anche è da notare che analogamente a quanto si osservò per le
diluzioni dei saponi comuni la durata e la resistenza dei microrga-
nismi nelle diluzioni saponate era molto jiiù rilevante quando la cultura
dei germi era in brodo; poiché in questo caso assieme alle gocce si
trasportava un nutrimento opportuno alla loro più lunga conserva-
zione. Ed in fine è da porre anche in rilievo il fatto che quanto
meno concentrata era la diluzione saponacea tanto meno attiva si
mostrava la sua azione sui microrganismi. Così che nelle diluzioni
SuW azione disinfettante dei Saponi al Sublimato 57
saponate deboli non eoiiceiitrate e paragonabili a qnelle cbe ordi-
nariamente si fanno nell'uso comune per la pulizia della cute
e delle mani ecc. in (jucsti casi, qualunque fosse il IìIdIo dei sali
mercuriali da essi saponi contenuto, essi si mostravano di nessuna
efficacia o quasi e in nulla superiore a quella dei saponi comuni.
Possiamo quindi venire a formulare qualche conclusione generale
che riassuma per sommi capi i risultati ottenuti.
I saponi al sublimato ali" 1-^2 "jo che sono quelli che più
comunemente si trovano in commercio , e le loro diluzioni si mo-
strano quasi inattivi e sono in nulla o assai poco superiori ai sa-
poni comuni adoperati in commercio ; infatti i bacilli del colera,
quelli del tifo, quelli del carbonchio e lo stafilococco piogeno aureo
si comportano sia per la loro capacità di sviluppo sia per il loro po-
tere patogeno quasi analogamente come per i saponi comuni. Nulla
d' importante quindi è da sperarsi nell'uso comune della loro efticacia.
I saponi al subhmato al 7-10 % si mostrano più attivi dei
saponi sopradetti; imperciocché i microrganismi del colera e del tifo
muojono piuttosto presto, e quelli del carbonchio e lo stafilococco
piogeno aureo perdono anche presto la loro capacità a svilupparsi
nei terreni nutritivi e prima ancora di essa attenuano e a volte
perdono il loro potere patogeno.
Finalmente i saponi forti cioè quelli al 15-^0 % agiscono
ancor più attivamente tanto sui bacilli del colera e del tifo , che
vengono distrutti in alcuni minuti, quanto sui bacilli del carbonchio
e sullo stafilococco, i quali pur vivendo su di essi una vita relativa-
mente breve e non del tutto florida, perdono ancora assai per tem-
po il loro potere patogeno.
Sarebbe quindi da questi saponi, a un titolo di sublimato così
elevato, e che si spacciano difficilmente in commercio, forse per
difficoltà inerenti alla loro preparazione, che può aversi un'efficacia
discreta.
Cerchiamo adesso di indagare, sebbene non sia compito di-
retto di queste ricerche, quale sia il composto mercuriale che viene
58 SuW azione disinfettante dei Saponi al Sublimato
a formarsi nella preparazione di detti saponi e che agisce come
abbiamo veduto in modo ])iuttosto attivo sui microrganismi. E ne
vale la pena tanto più che questi saponi così preparati, specialmente
quelli forti (15-20 %), possono essere come si è accennato di qual-
che utilità.
Io in un primo lavoro ho accennato che 1' azione disinfet-
tante dei saponi comuni e la loro azione di attenuare la virulenza dei
microrganismi doveva attriluiirsi ai grassi principalmente (Manfredi)
0 agli alcali o ad ambedue i fattori che vanno a far parte della
composizione dei saponi .
Qui adesso aggiungiamo che 1' azione disinfettante ed attenuante
dei saponi al sublimato, specialmente dei saponi forti studiati, è assai
più energica perchè sono cresciuti i fattori che agiscono sui micror-
ganismi; poiché oltre ai grassi, oltre agli alcali, resta ancora un
composto energico a base mercuriale, che viene a formarsi nella
mescolanza e che è appunto quello che avvalora e rinforza l'azione
disinfettante predetta.
Secondo Guido Pellizzari questo composto mercuriale è in gene-
rale una sostanza insolubile, poiché quando al sapone si mescola un
sale metallico (nel caso nostro sale mercuriale) allora per doppia
decomposizione si viene a formare 1' oleato lo stearato e il palmi-
tato del sale mercuriale che sono poco o punto solubili nell' acqua :
e quindi questi saponi non conservano altro dei saponi al suhVnnuto
corrosivo che il nome sull' etichetta ; poiché 1' alcalinità del sapone
deve a priori far ritenere che il cloruro mercurico deve essersi modi-
fica to.
Facendo di questi saponi una soluzione acquosa non si ha
mai, come anche osserva Pellizzari, un liquido limpido. Filtrando
questo ed analizzando da un lato la parte insolubile sul filtro e
dal!" altro la parte solubile nel liquido filtrato, si trova che la pri-
ma é formata principalmente da sale mercurico e la seconda for-
mata anche da piccola quantità del predetto sale che un poco si
è sciolto.
È egli vero che le acque ove sono stati immersi alcuni sali
iSull' azione dmnfetfante dei /Saponi al Sublimato 59
mercuiiali insolubili o pocliissiino solubili (bijoduro di mercurio ,
joduro mercuroso, solfuro nero, solfuro rosso, calomelano etc.) non
hanno alcun potere antisettico o abbastanza limitato come abbiamo
dimostrato in altro lavoro; e che quindi per analogia è da pensare
che lo stesso debba avvenire con le piccole quantità di sale mer-
curiale formatosi nel sapone e sciolto nell' acqua ; ma pur d' altro
lato non può revocarsi in dubbio che questi sali mercuriali insolubili
o poco solubili, se messi nei terreni nutritivi, son capaci ad impe-
dire lo sviluppo ed anche a uccidere i germi patogeni mano mano
che la quantità dei saU introdotti viene ad aumentarsi; come infine
non può disconoscersi che questi sali mercuriali benché insolubili
hanno una grandissima potenza microbicida , secondo quanto si è
altrove dimostrato , quando vengono adoperati allo stato polve-
rulento, o ridotti per mezzo di acqua a poltiglia.
Ora dunque se anche per i sali mercuriali insolubili noi si deve
ammettere un'azione disinfettante più o meno energica a secondo
lo stato e la quantità adoperata, ci sembra che quest' azione debba
estendersi a ciuegU altri sali clie vanno a formarsi nel sapone ,
quando in questo si è aggiunto un sale mercuriale anche solu-
bile come il sublimato, il ciuale va nella preparazione a decomporsi
e a combinarsi, formando dei composti mercuriali insolubiU. Ed è così
soltanto che possono venire giustificati i risultati ottenuti nelle mie
esperienze.
Un'obbiezione relativa all'applicazione di detti saponi nella pra-
tica io trovo naturale, ciuella cioè che la saponata che viene a for-
marsi con essi, nell'uso comune di lavatura delle mani e della
pelle, sia da un lato forse una diluzione saponata un po' debole ,
e dall' altro tanto breve il suo contatto con la cute, da non lasciare
per ambo le ragioni col suo impiego una completa sicurezza suUa
sua efficacia. Ed è quindi certo che per un' antisepsi scrupolosa o
per una sicura disinfezione non ricorreremmo davvero al sapone
al sublimato , e che d' accordo con Pellizzari preferiremmo ado-
perare separatamente il sapone comune prima e la soluzione al
sublimato dopo. Ma non è anche men vero che i saponi forti, seb-
tìO HulV azione disinfettante dei Saponi al Sublimato
bene non siano destinati ad alcun vero successo , o a sostituire
menomamente le conmni soluzioni di sublimato, pure se potessero
aversi facilmente in commercio , a buon prezzo e senza inganno
di titolo, ben frequente, essi potrebbero rendere dei servizi utili,
anche nelle famiglie (in casi di colera o di tifo) ]ier la disinfezione
d' urgenza di effetti di biancheria; potendosi questi . in specie se
piccoli, facilmente disinfettare, o con la stroflnazione diretta di tali
saponi su essi, o con la loro immersione in diluzioni concentrate
di questi saponi.
Sul calore specifico fino ad alta temperatura delle lave dell'Etna
e di altri vulcani
Nota del Prof. ADOLFO BARTOLI.
La cognizione del calore specifico delle lave ha certamente
qualche importanza per molti problemi della fisica terrestre, ma fi-
no ad oggi non si hanno che pochissimi dati per la temperatura
ordinaria, mentre se ne cercano invano per temperature elevate (1).
Ho cercato di colmare questa lacuna misurando il calore spe-
cifico fra la temperatura ordinaria e quella di + 800°, per un gran
numero di lave dell' Etna, di Vulcano, del Kilauea, etc. , nonché
di altre roccie di origine vulcanica. I campioni mi furono per la
maggior parte favoriti dal compianto Prof. Silvestri ("2).
La roccia veniva adoperata in piccoli dadi di sei millimetri di
lato. Il calore specifico medio fra la temperatura ordinaria e quelle
di + 100° fu determinato col metodo del calorimetro ad acqua, im-
piegandovi quella stessa stufa che mi servì già per la misura del
calore specifico defia Mellite (3).
Diverse difficoltà s'incontrano per le temperature elevate.
Queste difficoltà tengono principalmente :
ì. A mantenere costante per un certo tempo una elevata
temperatura ed a valutarla esattamente.
(1) I (lati si riferiscono piuttosto al calore specifico medio fra 0° e 100" di molte specie
minerali. Compara A. Neumann, Lehr imd Handbucli der Teniiocliemie, Bruuiischweig, 1882,
pag. 2.55-265, dove son riportate le determinazioni di Regnault, Neumann , Dulong e Petit
H. Kopp, Person, Pape. Recentemente il Sig. I. loly ha pure detenninato il calore specifico
di oltre 50 minerali (fra la temperatura ordinaria e quella di 100°) Proc. of the royal society
Voi. XLI, N. 248, pag. 250 (Novembre 1886).
(2) Molte di queste lave furono analizzate dal compianto Prof. Silvestri, ed i risultati
furono da lui pubblicati negli atti dell'Accademia Qioenia di Catania; 3* Serie (passim).
(3) Barioli e Stracciati; Nuovo Cimento, 3» serie, T. XVI pag. 1, Pisa 1884; e Gazzetta
Chimica, T. XIV, Palermo 1884.
Atti Acc. Vol. HI, Sekib 4' ^
62 Sul calore specifico fino ad alfa temperatura
2. Ad evitare l'errore prodotto dalla vaporizzazione dell" ac-
qua^ quando vi s'immerge un corpo molto caldo.
Per riscaldare il corpo io ho impiegato un buon fornello Fer-
ro! a muffola orizzontale. Questa venne internamente rivestita da
una corazza di ferro spessa quasi un centimetro, per rendere uni-
forme la temperatura delle pareti: essa era tenuta chiusa da un
grosso tappo di terra refrattaria, munito di due fori; pei quali pas-
savano con leggiero attrito le bacchette di due cucchiaje di ferro
foggiate a guisa di scatola parallelepipeda. aperta alla faccia op-
posta a quella dove era inserita la bacchetta.
Neil' una di queste cassette erano dei grossi pezzi di platino
(del peso complessivo di 182 grammi) e nell'altra i pezzi della roccia,
in tal massa da equivalere calorificamente al platino.
Regolando convenientemente l'apertura del gaz, riusciva dopo
qualche ora , a mantenere entro la muffola una temperatura sta-
zionaria , cosa di cui potevo accertarmi, per mezzo di una conve-
niente termopila di cui una saldatura penetrava nello interno della
nuiffola.
Allora, con una manovra rapidissima (la quale richiedeva tre
secondi circa) veniva aperta la muffola, estratte le due cucchiaje.
e rovesciatone il contenuto entro due calorimetri ad acqua, uguali,
molto vicini al fornello e perfettamente riparati dallo irraggiamento
di questo.
Ad evitare la vaporizzazione dell' acqua in contatto con corpi
caldissimi , ciaschedun calorimetro portava una camera formata da
due cilindri di rame , penetranti 1' uno dentro 1' altro, a guisa di
rubinetto : ciascheduno dei due cilindri era munito di fori per la
metà della sua superficie ; col girare convenientemente il cilindro
interno , i fori di questo potevano combinare con quelli del ci-
lindro esterno ; si poteva cioè mantenere chiuso l' ingresso all' ac-
qua del calorimetro, oppure farla penetrare nell'interno della camera:
inoltre questa poteva chiudersi perfettamente in alto col mezzo di
un coperchio.
Al principio della esperienza la camera era affatto priva di
delle Im^e dell'Etna e di altri ndcani 63
acqua ed aperta in alto. Appena vi era caduto il corpo caldo, la si
chiudeva eruieticamente, per evitare perdite di calore per correnti
di aria: dopo un minuto si girava il cilindro interno in modo che
l'acqua penetrando nella camera, venisse in contatto col corpo, già
raffreddato.
Il platino che veniva a cadere nell'altro calorimetro, mi dava,
col metodo Pouillet-Violle (1) la temperatura iniziale della roccia.
I termometri furono quelli stessi che mi servirono per la mi-
sura del calore specifico dell' acqua. (2) Come riprova che il
metodo è sufficientemente esatto (almeno pel caso di roccie le cui
proprietà fisiche variano sensibilmente da pezzo a pezzo di uno stesso
campione ) ho rideterminato il calore specifico del quarzo ad alte
temperature , ed ho ottenuto resultati quasi identici a quelli del
Sig. Pionchon. (3) Così pure il ferro ha dato numeri ben d'accordo
con quelli del Pionchon e del Naccaii (4).
Aggiungo senz'altro la tavola seguente, la quale contiene tutti
i dati necessari pel calcolo del calore specifico medio fra la tem-
peratura ordinaria e quella T, per le diverse lave studiate, avver-
tendo però , che la temperatura iniziale t del calorimetro fu letta
quando essa era stabile da venti minuti, e che per la temperatura
finale fu fatta la correzione del raffreddamento secondo Regnault (5).
I valori di C sono dati con tre cifre significative, quantunque,
dopo un accurato esame , io non possa rispondere che della esat-
tezza delle prime due.
Insieme ho aggiunto il peso specifico medio della lava, misu-
rato sul campione stesso che mi ha servito per la determinazione
del calore specifico.
Ecco il significato delle lettere che entrano nella tavola se-
guente :
(1) Violle, Comptes Reudus, T. 85, pag. 543, Auno 1877.
(2) Bartoli e Stracciati. Nuovo Cimento, Pisa 1885; Rend. della R. Accademia dei Lincei,
Roma 1885 : e Ballettino dell'Accademia Gioenia di Catania, Maggio 1889, Fascicolo VII.
(3) Pionchon, Comptes Rendus, T. 106, pag. 1344-1347, Anno 1888.
(4) Naccari, Atti della R. Accademia delle scienze di Torino Voi. XXII, Decembre 1887.
(5) Naccari, Vedi per esempio Mannaie di Fisica, pag 277.
64
Sul calore specifico fino ad alfa temperatura
P peso dell' acqua del calorimetro, più 1' equivalente in acqua
del vaso caloriuietrico, dell' agitatore e del termometro;
P peso della lava ;
T temperatura iniziale della lava ;
t temperatura iniziale del calorimetro ;
0 temperatura del calorimetro dopo 2' dalla caduta del corpo
caldo ;
0' temperatura del calorimetro dopo 6' ;
( ' calore specifico medio della lava fra T e o ;
S peso specifico della lava, alla temperatura ordinaria.
Denominazione
P
I"
T
r
0
9'
V
medio
fra
Te e
S
Lava compatta dell'Etna
dell' eruzione del 1669
613
816
816
613
816
613
816
613
816
613
816
816
613
613
816
816
613
816
816
613
816
816
613
613
816
816
613
816
816
m
30
30
100
30
35
30
100
30
59
30
30
97,5
47,5
30
20
100
30
:50
81
m
29
40
60
30
30
70
30
30
99,82
506,5
786,5
99,80
449,5
21,70
22,20
24,85
18,73
22,43
21,79
23,50
18,70
22,97
23,20
26,80
32,27
23,16
26,68
32,a5
0,201
0,263
0,270
2,90
Lava compatta dell'Etna
dell'eruzione del 1879
21,19
26,80
21,10
26,76
0,195
0,282
2,78
Lava scoriacea dell'Etna
dell'eruzione del 1879
99,82
570,1
99,79
464,3
22,64
28,64
22,62
28,50
21,30
27,34
22,90
30,32
30,70
0,195
0,261
2,57
Lava compatta dell'Etna
dell'eruzione del 1886
21,37
27,44
22,93
30,45
30,88
20,65
0,210
0,280
2,87
Lava basaltica
della grotta delle Palombe
(suir Etna)
99,81
576,9
776,3
21,45
25,31
23,85
0,201
0,258
0,259
2,81
Lava subvitrea
dell'isola di Vulcano
99,82
18,20
20,55
0,198
—
Lava pomice di Vulcano
(presa dall' interno
di una bomba)
9ì),81
389,1
408,4
99,82
561,7
659,8
18,58
25,28
23,47
18,35
24,30
24,65
19,81
28,80
26,06
19,77
28,73
26,01
0,202
0,267
0,278
2,20
Liparite di Vulcano
20,85
29,38
130,55
20,75
29,22
30,44
20,58
28,92
31,10
19,66
0,197
0,262
0,257
2,47
Conglomerato liparitico
di Vulcano
99,81
574,3
823,1
18,51
23,91
24,31
20,58
29,07
31,28
0,198
0,260
0,250
2,55
Lava pomice di Lipari
99,80
18,65
19,70
0,202
—
Lava dell'isola Linosa
99,81
553,5
790,2
21,53
25,50
24,10
23,03
30,41
31,13
23,00
30,24
30,95
0,201
0,258
0,254
—
Lava trachitica
del Monte Calvario
a Biancavilla
99,87
328,3
642,4
21,85
23,(»
24,85
23,57
25,62
30,65
23,51
25,57
30,47
0,199
0,233
0,261
2,68
delle luce dell'Etna e di alfri nilai/u
65
Denominazione
/'
P'
T
r
0
0'
0
medio
fra
T e 0
3
Lava del Kilauea
1 vulcano delle isole
Sandwich) (1)
613
816
816
613
816
613
816
613
816
816
613
816
816
613
816
613
816
613
613
816
816
613
613
816
613
816
816
70
30
30
80
30
79
30
70
30
30
70
30
30
88
30
107
30
70
70
30
30 ■
49,6
50
30
40
20
20
99,74
493,4
696,2
23,10
25,02
22,87
24,77
29,33
29,20
24,70
29,22
29^08
0,197
0,255
0,260
2,88
Lava di Militello
99,79
754,4
19,00
23,28
21,10
29,97
21,04
29,82
0,206
0,253
2,71
Ciclopi te con basalto
99,86
225,3
20,17
24,95
21,82
26,95
21,78
26,90
0,165
0,277
2,86
Lava del Monte
Dolce
i,suir Etnaì
99,87
374,6
687,8
22,01
25,62
27,95
23,74
28,52
34,20
23,68
28,36
33,68
23,li9
28,47
34,00
0,201
0,229
0,263
0,201
0,253
0,268
2,78
Lava della valle
di S. (Giacomo
99,87
381,4
742,0
21,95
25,10
26,77
23,62
28,28
33,50
—
Breccia vulcanica
del capo Pachino
99,81
741,9
19,17
25,54
21,56
32,34
21,50
32,14
0,215
0,263
2,81
Lava del capo
Pachino
99,82
724,0
99,87
19,30
24,57
22,20
31,40
22,08
31,22
0,217
0,270
2,68
Lava preistorica
del Monte Umberto
e Margherita (sull'Etna)
22,02
23,73
23,68
0,199
2,66
Lava con grossi cristalli
di orneblenda
(a Pizzilloì sulla costiera
99,87
524,1
750,5
22,01
24,87
27,35
23,77
29,21
34,04
23,71
29,12
33,85
0,205
0,240
0,256
0,191
2,79
Enceladite dell'Etna
tipo pomiceo dell'eruzione
del 26 Maggio 1886
99,83
21,47
22,65
22,63
1,98
Enceladite dell'Etna
(tipo compatto, della
eruzione 26 Maggio 1886)
99,83
728,7
21,50
24,72
22,75
31,50
22,73
31,33
0,201
0,267
—
Tifeite (dell' Eruzione
del 26 Maggio 1886)
99,87
241,0
738,5
21,87
23,05
25,65
22,85
24,18
30,43
22,82
24,17
30,30
0,197
0,213
0,278
2,44
Orneblenda
delle
antiche lave dell'Etna
613
816
613
816
613
816
613
816
816
69,6
30
50
30
70
100
30
30
99,79
535,8
21,25
25,62
22,94
30,75
22,90
30,60
0,195
0,279
3,12
Feldispato,
labradorite dell' Etna
99,93
528,1
20,41
25,10
20,43
25,30
18,65
24,50
27,25
21,80
30,34
22,28
31,70
21,19
29,30
34,90
21,80
30,20
0,218
0,289
—
Pirosseuo augite
dell'Etna
99,93
686,3
22,24
31,50
0,210
0,269
3,31
Ossidiana di Lipari
99,88
512,8
796,6
21,05
29,17
34,63
0,202
0,272
0,276
2,36
(1) È lo stesso campioue che fu già studiato ilal compianto Prof. Silvestri-
cademia Gioenia. 3" Serie, T. XX, pag. 189 (Anno 1888).
-Atti dell'AC-
(■(t; Sul calore .specifico fino ad alfa femitcratura
Da questa tavola risulta chiaramente che il calore specifico
delle lave cresce dapprima rapidamente colla temperatura, e che a
temperature molto elevate tende ad un certo limite determinato;
resultato analogo a quello ottenuto dal Sig. /Vo^^rAf^» pel quarzo. (1)
Dal Gtibinetto di Fisica della li. Università di Catania, Gennajo 1H91.
(1) Pionchori , Comptes Rendus paa;'. 1344-1347, Aimo 1888, e BeibliittPi- zn lìn^ Anniilon
rter Physik, Bd. XII. S. 769.
Sugl'integrali primi
di secondo grado rispetto alle derivate delle coordinate
nei problemi della meccanica
Nota del prof. GIOVANNI PENNACCHIETTI
letta all' Accademia Gioenia neW adunanza del d) 28 dicembre 1890.
Supponiamo ridotte le equazioni del moto d' un sistema di
punti materiali, libero od a legami qualsiansi, invariabili o no col
tempo, alla forma :
d'x.
df
= A', (s = l, 2,. ..71)
dove le x^ sono n quantità indipendenti, che determinano la confi-
gurazione del sistema, e che chiameremo coordinate generali del si-
stema stesso. Similmente con Thompson denomineremo componenti
generali delle forze le quantità Xs , le quali dipendono non solo
dalle componenti, secondo tre assi ortogonali, delle forze, che sol-
lecitano i singoli punti del sistema, ma anche dai legami di questo.
Supporremo che le componenti, secondo gli assi, siano funzioni
delle coordinate dei punti del sistema, delle derivate di queste coor-
dinate rispetto al tempo, e possano pure essere funzioni esplicite
del tempo ; ma supporremo contemporaneamente che, come può
avvenire, le quantità Xg siano funzioni delle variabili x^, x^, ... x^
e inoltre funzioni esplicite del tempo, senza però che dipendano
dalle derivate x\, x\,... x„ delle coordinate generali rispetto al
tempo. Ciò posto, determino la forma precisa che, in quest' ipotesi,
Atti Acc. Vol. Ili, Sbeie 4" 10
68 Sugi' integrali primi di secondo grado
deve avere un' equazione di primo o secondo grado rispetto alle
derivate delle coordinate generali, affinchè essa sia integrale d' un
problema. Osservo che queste equazioni possono essere integrali
d' un problema, eziandio quando le X, siano funzioni, oltreché
delle .Ti, x^,... x„ , anche delle derivate x\, x\, ... .r'„, e conten-
gano pure esplicitamente il tempo. Ritrovo per integrali di secondo
grado, che possono essere distinti dall'integrale delle forze vive, qual-
che proprietà, che ha analogia con le note proprietà di quest' ul-
timo integrale, e riduco 1' equazioni del moto alla forma canonica
di Hamilton in casi, in cui può anche non esistere una funzione
delle forze.
I.
Cerchiamo le condizioni che sono necessarie e sufficienti, af-
finchè, nell'ipotesi che le X, siano funzioni delle sole coordinate
generali, oltreché funzioni esphcite del tempo^ il sistema delle equa-
zioni del moto :
^ = a; (s = 1, 2, ... n) (1)
ammetta un integrale primo della forma :
.t(«ii ^,' ' + ■•.+ a„n .Tu'' -t- 2«,j ir\ x',-\-2a,^ x\ x\ + ... 4-2a„_i,„ x'n-i a-'n
+ 2c, a?', + .. . +2c„ x'n ) = F{t ,x,,x,,...Xn)-h a , (2)
dove si ha :
dxs
dt
X s , } (Irs — ^sr }
e in cui le quantità a,.^, e, sono funzioni di jj , x^ , ... x„ , e pos-
sono contenere pure il tempo esplicitamente, mentre a è una co-
stante arbitraria.
rispetto alle derit-afe delle coordinate nei problemi della meccanica 69
Derivando la (i2) totalmente rispetto a /, e sostituendo quindi
alle ^ le A', , si ottiene :
^J dXr -^J ^ CXs CXr ^ -^— J ^ dXh dXr CXs ^
r fs fs/i
r rs
r II r
Siccome in quest'equazione le quantità x\, x'.2, ... .r'„ figurano
soltanto esplicitamente, V equazione (2) non può essere integrale
del sistema (1) , a meno che l' ultima equazione scritta non si
= 0, (3)
= 0, (4)
(5)
dove gi' indici /•, s, h sono tre numeri qualunque della serie 1, 2,... n,
e possono anche essere eguali tutti e tre o due soltanto di essi,
sicché le (3) sono in numero di " ("+^)_ (»-h2) ^ j^ ^j^^ j^-i numero
6
1- n (?^+l)
~^~ -
§ II.
Dalle (I, 3) si deduce facilmente che le quantità «,., sono, ri-
spetto alle x^, polinomi razionali interi di secondo grado.
scinda nelle seguenti :
dars
dx/,
das/, Sa/,r
dXr ' SXs
dCr
, dCs , dttrs
dxs
' dXr ' dt
2
2F
70 Sugi' integrali primi di secondo grado
Infatti supponiamo clie le cinque lettere r, s, li, i, J rappre-
sentino numeri qualunque della serie 1, 2, ... ti, in modo che let-
tere differenti possono anche rappresentare lo stesso numero.
Derivando le (I, 3) , se ne traggono 1' equazioni :
d'ars . 3'«./, , d'a„r ^ Q^ ^^.^.^^
dxh dxi dxj d.JCr Sxc dxj Sx^ dx, dXj
d'ars ^ d'a.., ^ S^a,r ^ ^^ ^^^.^
dXi dxk dxj dxr dXh dXj dx^^ 3x,, dx.
^"'''■" + ^-^ + ^ ^^-'- = 0, irU)
dXi $Xs dxj dXr dXs dXj Sx/i dXs dXj
d'ash , d'u/ù , d\hs
dXi dXr dxj dxs 9ic,. dxj 3x/, 3x,. dXj
3'ars , d'asj d\i,r
dXjSX/,dXi dXrSXhdXi dxs3xi,3x,
0 , (uhi)
0 , {rsj)
d'ttr,, d'a,.j d'-ajr _ , ,..
+ 5.„ ^™ 3-.. + ^^ ì. ^^ — ^> ^'"J>
dXj dXs dXi SXr dXs dXi 5x/, 3.r.,. dx
d^a^,, . 3'a/i
dXj dXr dXi dXg dXr dXi dXh Sxrdx
d^ari d^ttij d^ajr
= 0, {shj}
dXjdXsdx/, dxrdxsdx/, dXiSXsdxh
0 , {rij)
3'as, ^ a;a^ ^ 3^. ^ 0^ ^^y
dxj dxr dx/, dxs dxr 3x/, 3xi 3xr 3x.
9'fl/„- 3'ai_j 3%h
Sxj 3xr dxs 3x/, 3xr3xs 3xi 3xr 3xs
= 0. ihij)
Per semplicità abbiamo contrassegnato queste dieci equazioni
cogl' indici, che ha la lettera a in ciascuna d' esse.
rispetto alle derivate delle coordììiate nei problemi della meccanica 71
Sommando e dividendo per 3, si ottiene :
^"a,.,! d'ari, d'a^.,, d^ttri d'a^i
dxh 3jcì S.Fj 3jp,^ dxj 3xj dxr Sxi Sxj $Xs dxn 3xj dx,. dxi, dxj
S'am 9'«,.; , S'agì , 9''a;,j 3'ay ^
SXrdXgSxj SxsSx^SXi dXrSXiidXi dXr3Xs3Xi Sx,.dXs3Xh
Sommando 1' equazioni (rsJi) , (rsi) , (rlii) , (s/ii) e dividendo
per 2, si Ila :
9''rt,-s , 3'arh , 9'«s;i 9'flri 9'as(
dxii dXi Sxj dxs dxi dXj dxr dxt dxj dxg 3xn Sa?; 3xr 3xn 3xj
3^ ahi
dxr 3xs 3.rj
= 0.
Sottraendo quest' equazione dalla precedente, membro a mem-
bro, risulta:
9'a,.j ^ fZ'rt,^- ^ 3'auj , S'atj _
3xs 3xu 3x, 3xr 3x.h 3xi dxr 3xs Sxj 3x,. 3xs dxu
Sommando 1' equazioni {rsj) , {rhj) , {shj) , si ha :
9'fl,-»- _^ 9'fl,-;. ^ 9'«,.,t 9'fljr 9'a;y
9x;i 9j?ì 9a;j 9iCs 9£r, 3ri 3xr 3xi 3xj dxg 3xn 3xi 3xr 3xs 3x,
dXrSXi 3Xu
= 0.
Da questa sottraendo {jsh) , membro a membro , e dividendo
per 2, si trae :
d'asj 3'ajr , 3'auj „
-t- .^ ^ Ti + ;; -z r = U .
3xr 3xh 3xi 3xs dxii 3xi 3x,. 3xs dxi
Sottraendo questa dall' antipenultima, si ottiene :
^^^^ = 0
dXr 3xs dxn '
Sugi' integrali primi di necondo grado
da cui risulta che le quantità Uij sono polinomi razionali interi di
secondo grado rispetto a x^, x^, ... x„.
Il caso, in cui n è uguale ad n, essendo n' < 5, si può con-
siderare come contenuto nel caso generale, in cui sia n = in , es-
sendo m non minore di 5. Basta per questo immaginare che gl'in-
dici delle quantità x^ , </,,, possano prendere anche i valori mag-
giori di n' e non maggiori di m, purché le nuove quantità Urs, che
così s' introducono, si suppongano identicamente nulle , e le anti-
che quantità «„ si considerino indipendenti dalle nuove variabili
.'/■^, i cui indici siano maggiori di «' e non maggiori di m. È evi-
dente che, se nella relazione ( I , 8 ) a qualcuno degi' indici si at-
tribuisce un valore maggiore di w', e non maggiore di m, ogni ter-
mine della stessa relazione sarà identicamente nullo. Perciò fra
tutte le quantità r/„ , in cui r, s siano due numeri eguali o disu-
guali della serie 1, 3, ... m , sussisteranno le relazioni (I, 3), e
quindi anclie tutte le relazioni del presente paragrafo , sicché si
conclude che, anche se w < 5 , le quantità «„ sono polinomi ra-
zionali interi di secondo grado rispetto a x^, x, , ... x„.
III.
Dalle (I, 3, 4) si deduce facilmente che anche le quantità e,.
sono , rispetto alle ./„ , polinomi razionali interi di secondo grado.
Infatti derivando le (I, 3, 4), si ha :
d'Cr S'Cs d'ars p,
dxs dx'' dxi dx,. dxh dx, df dx/, dx
dXh d.Vs dxì dxr dxs 9.r, dt d.Vs dXi
dxii, dXr dXi dxs dxr d,r,i dt dXr dxc
e cirs d a^ìi. d a/ir
0,
0,
dt dxii Sx( dt dXr dXi dt dXs dxt
= 0.
rispetto alle derivate delle coordinate nei problemi della ìueccanica 73
Sommando le prime tre, quindi dall' equazione risultante sot-
traendo la (juarta, e poi dividendo per '■2, si ottiene :
d'Cr 9"'C'.v 3'Cft „
3.rs da-,, djT, S-Vr da-,, S.t,- dxr dx . da-i
Analogamente :
dXs d-i'i dxn Sxr 3xi dxii dx,. dXg dx
II
+ ^''" + ^'"' = 0
dxu dXi dXs SXi 3xr dxs dx,- dxi, 3Xs '
C'Xu
3^Cs S'Cn . d'd
3a';i dxi dx,. 3xs dx,- dx,. dxs dxi, dx,.
0.
Sommando le ultime quattro equazioni, membro a membro ,
dividendo per 3 e dal risultato sottraendo 1' ultima, si ha :
dxs dxii dXi
dove ciascuno degl' indici r , s , li, i può prendere uno qualunque
dei valori 1, !2, ... n.
§ IV.
Da ciò che precede, risulta che le quantità «„ , e,, sono poli-
nomi razionali interi di secondo grado rispetto a x^ , .r.^ , ... .p,, , e
che i coefficienti di siffatti polinomi sono funzioni esplicite del tem-
po. Determiniamo ora le relazioni che esistono fra questi coeffi-
cienti.
Se poniamo :
ars = «r*" -f,' + ... -V ari,"" ■'•//' + ^«™" X, x^ + ... + 2a,.s"-''" a;„_i x„
-+- 2a„' X, + ... + 2a,./' x,, -+- 2 Ars , (l)
Cr = Cr" X,' + ... + Cr'"'X„' + 2tV " X,X, + ... + 2c.. «-'■" Xn-i X„
-^ 2v' a', -1- ... + 2>,.'' x„ + 26',. , (2)
74
Sugi' integrali primi di secondo grado
avremo :
doch
— •>
= 2
dXr
da, a-
dxs
de,-
dCs
dXr
= 9
rt,..,"' X, + «,.,."-■ .r,
ars"" a-n + «r
a^ii''' X, + Osi,''' X., -+- ... -+- a sì,''" Xn + a^,/'
aiu-'"' X, 4- aiir^'' X, + ... + a,,/'^ Xn -t an/
^r X^ — p Cf' Xf "T" •»• ~i~ €r Xn "H '^/>
Cs'-' X, + c,.''" .r, + ... + c's'-" ar„ H- 7,-'-
df
X, X. + 2
dOrs^
df
«'/Tj a^j
+ ... + 2 ^^ .r, + J ^^^ X, + ... + 2 ^^
Sostituendo quest'espressioni nelle (I, 3, 4), queste devono
risultare identicamente soddisfatte. Perciò, uguagliando a zero, nel-
r equazioni che ne risultano, i coefficienti dei termini di primo e
secondo grado rispetto alle .r, e la somma dei termini indipen-
denti da queste quantità, si hanno le seguenti relazioni fra i coef-
ficienti dei polinomi r/,,, . e,. :
ars"' -H ««//■' + a„r" = 0,
01,-.s- '
a,-;,'' + a,,/ = 0,
dars'J
= 0,
dt
Cr'' + C.s'''
7r' + r,"
dars'
dt
€lA.rs
dt
= 0
= 0
(3)
(4)
(5)
(6)
(7)
rispetto alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica 75
Si soddisfa quindi nel modo più generale all'equazioiii (I; 3,4),
assumendo por le a,,, r, l'espressioni (1), (ii) , i cui coefficienti
soddisfino a qucsf ultime equazioni.
§ V.
Tra le forme particolari d'integrali, contenuti nell' equazione
generale (I, 3), consideriamo prima separatamente il caso, in cui
quest'equazione si riduca al primo grado rispetto a .r/, .r'.,, ... .r,/.
Allora i coefficienti dei polinomi a,, sono identicamente nulli, cioè
si ha in tal caso:
Il i . Il
a„
a;' = Ar, = 0, (1)
e i coefficienti dei polinomi e,, dovranno soddisfare all' equazioni :
<^+c-:' = o, (2)
% -+■ >: = 0. (3)
Insieme all' equazioni (2) sussisteranno evidentemente 1' equa-
zioni :
le quaU, osservando che in generale è 4' = e,', sommate colla (1),
danno :
e' -h e, + e- = 0 ,
e perciò in virtù della (2)
cp- = 0. (4)
Dunque: Nei moto d'un sistema materiale di punti, se le com-
ponenti generali delle forze siano funzioni delle coordinate generali del
sistema e funzioni esplicite del tempo, ma non siano funzioni delle de-
Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4" H
76 Sugi' integrai i primi di secondo grado
rivate delle coordinate generali , un iidegraìe di primo grado rispetto
alle derivate delle coordinate generali è altres) di primo grado rispetto
alle coordinate generali.
Essendo le quantità a^,^ identicamente nulle, l'equazioni (I, 6),
nel presente caso, divengono:
—- = -X— . (s = 1, 2, ... n) (5)
Queste non possono essere identicamente soddisfatte, a meno
che non si abbia:
d'Cr d'Cs
2t3j-s 3f3xr '
ossia, per (IV, 2), (4):
dt dt
Tenendo conto di (3), si ha perciò :
3t-'' («)
cioè le quantità 9-^. sono costanti. La (3) stessa, sussistendo per /■=«,
otfre:
7'- = 0.
Le (5), per (IV, 2), (4), (6), divengono :
dF ^ ^dC,
dXg dt
onde integrando :
dC\ dCn
.' = 2['i^,, + ... + '-^., + ,«)], m
riiipetfo alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica 77
essendo <j{f) una funzione arbitraria di f. Avendo dunque riguardo
allo relazioni (I), (3), (4), (6), (7). che si hanno nel presente caso,
e alla (IV, "2), e ponendo:
a
la (I, 2) diviene:
dC
Hy^^iXrX's — x'rXs) + S CrX'r = ^-^^Xr + g(.() + '^i . (8)
Quest'equazione, nella quale le quantità T-^' sono costanti, le CV,
g{f) sono funzioni qualunque di f, e «i è costante arbitraria, costi-
tuisce un integrale primo del problema, ogni qual volta le componenti
generali delle forze soddisfino all'equazione di condizione:
s >; ( xr a; - xs X,. ) + s a. a;. = s '^ «., + |' . (9)
L' equazione (8) rappresenta l' integrale primo più generale di
primo grado rispetto alle derivate delle coordinate generali, che
possa . convenire a un problema del moto d' un sistema, nell'ipotesi
che le componenti generali delle forze siano funzioni delle coordi-
nate generali del sistema, e possano contenere il tempo anche espli-
citamente.
§ VI.
Se le componenti generali delle forze, invece di essere funzio-
ni delle sole coordinate generali, sono altresì funzioni delle derivate
di queste coordinate rispetto al tempo, può avvenire che la (V, 9)
sia nondimeno identicamente soddisfatta, qualunque siano i valori
Xi,x^, ...Xn,x^'^ ....x„',t. Quando ciò avvenga, l'equazione (V, 8)
è evidentemente un integrale del problema.
Nell'equazioni (I, 1) si ha:
A'
2 ^r.. Mr
Sugi' integrali primi di secondo grado
Qui le quantità b^, B^,, sono determinate, appena che si cono-
scano i vincoli del sistema, e non dipendono dalle componenti, se-
condo gli assi, delle forze^ che sollecitano i punti del sistema, men-
tre le c|uantità Mr contengono linearmente ciueste stesse componenti.
Le quantità B^^, sono funzioni di x^, x.^, ... Xn,t, e le èj sono fun-
zioni intere di secondo grado rispetto alle cjuantità xi , xi , ... x „ con
coefficienti funzioni di ,r, , r^ , ... .r„, ^. Se i legami del sistema sono
indipendenti dal tempo, le B,.^ , b^ , com' è noto , non contengono
esplicitamente il tempo, e inoltre b^ è omogenea rispetto alle c[uan-
LI Ld «*'i* '*^2j *■* II'
Risulta da ciò che ogni relazione lineare rispetto alle compo-
nenti generali delle forze, p. es. la condizione (V, 9), si può tra-
sformare in un'equazione lineare rispetto alle quantità M^, M^, ... M^,
o, se si vuole, rispetto alle componenti, secondo gli assi, delle forze
applicate ai singoli punti del sistema.
§ VII.
Ritornando agl'integrali di secondo grado, contenuti nell'equa-
zione generale (I, 2) , aggiungiamo all' ipotesi del § I quest' altra
ipotesi, che cioè essi non contengano esplicitamente il tempo. Con-
sideriamo cioè il caso particolare che il tempo non figuri esplici-
tamente né nei coefficienti dei polinomi «„ , c^ (IV, 1, 2), né nella
funzione F. Saranno allora costanti non solo le quantità «"« , se-
condo (IV, 5), ma altresì le quantità ari, ^rs , c'r, '^'r, Cr. Se, in
quest'ipotesi, l'equazione (1) è un integrale del problema, si deduce
dalle (I, 3-6) che esso è la somma dei seguenti due integrafi dello
stesso problema, 1' uno di secondo, l' altro di primo grado rispetto
afie coordinate generafi del sistema :
Y (rt,i.T,"-|-flj, .-r,"+ ... +2a,.,x\ JL-\ -+- ... + 2a„.,,nX'n.iX'n)
= F {x,,.r,, ... .T„) + /3, (1)
C,X\ -+■ (•,.<■■, +... -+- CnXn = ->. (2)
rispetto alle cìerivafe delle coordinate ììcì prohìemi della meccanica 79
Qui /Se? sono costanti tali che si al)l)ia :
/3 + > = «.
Tenendo ferme le stesse ipotesi , 1' equazione (I, !2) è dunque un
integrale del problema , sol quando sieno soddisfatte a un tempo
tanto le condizioni, che sono necessarie e sufficienti, afthichè la (1)
sia integrale di quel problema, quanto quelle necessarie e sufficienti
affinchè la (^D sia integrale dello stesso problema.
Per quanto abbiamo veduto nel paragrafo precedente, 1" ec^ua-
zione (i^) non può essere integrale primo del problema , a meno
che non abbia la forma seguente :
^.yliXrX's — X'r .Ts) + ZOr .1'' r = 7, (3)
essendo %, Cr costanti qualunque. La (3) si deduce dalla (V, 8),
supponendo costanti le quantità (',., //. La condizione necessaria e
sufficiente , affinchè la (3) sia un integrale primo del problema, è
che fra le componenti generali delle forze sussista la relazione li-
neare omogenea :
Le condizioni , perchè V equazione (1) sia integrale d'un pro-
blema, sono che i coefficienti dei polinomi a,., , di secondo grado
rispetto aUe x, , soddisfino alle " '"^ g — - condizioni (IV, 3 ) ,
alle ^(^+^Hw+2) (,Qj^(j|2Ìoni (IV, 4), e che inoltre le componenti
generali delle forze sieno tali, che 1' espressione :
(a,, X, -f a„ X, + ... H- a,„ A'„) da\ -f ... -f («,a A', + ... -h rt„„ X„)dxn (5)
sia il differenziale esatto defia funzione F {x^ , x^ , ... ./•„).
Siccome il numero totale dei coefficienti ( supposti tutti diffe-
Vi ( ti I 1 I
renti da zero e indipendenti) degli — ^ — polinomi completi o„ , di
80 Stigl' integrali primi di secondo grado
seeoiulo gnido l'ispettu alle ti vuiuujili .r, , e ^y x —^ ; cosi,
detto -A^ il numero delle costanti indipendenti , che figurano nel-
l'integrale (1), quando F sia una funzione data , e non si compu-
tino fra queste costanti né quelle . che possono essere contenute
in /', né la costante arbitraria /?, si ha :
^, ^ njn-biyin-i. 2) _ n' {n-hl){n-h2) _ w(w+l) (w+2) _ n jìi+lf {n-\-2)
~ 4: 6 6 ~ 12 ■
Osserveremo infine che , nella stessa ipotesi riguardo ai coef-
ficienti dell'equazione (1), e ammettendo inoltre però che le com-
ponenti generaU A'^, delle forze possano essere funzioni anche delle
r'i , .t'j , ... a-'n, ^, la iDredetta equazione è un integrale del problema
più generalmente, ogni qual volta le quantità A'^., considerate come
funzioni delle variabili indipendenti ;ri , ... J^„ , .r', ,... ;r'„ , t, soddi-
sfino identicamente alU unica equazione :
(«,, A', -f- ... -4- ili,, Xn) .r , ■+- ... -t- (a„i X, +...-+- fl„„ A'„) a?'„
3F , $F ,
Nelle stesse ipotesi precedenti riguardo ai polinomi «„ , e
senza supporre che il problema ammetta l'integrale (1), e se inoltre
le quantità x^ , x^,...x,i, x\,...x'„, in virtù dell'equazioni integrafi, si
considerano come funzioni dell'unica variabile indipendente f, si ha :
dU= (rt,, A', -I- ... + rt,„ A'n) + ... + (a„i A'i -i- ... + a,,,, A'„) da-„;
onde, indicando con U„ il valore di f/ per f=f„'-
.4 , ,
U— Uo= I , (rti, A, +...-+- rti„ A„) dxi ■+ ... -I- {ani A, -4- ... -i-- n„„X„) dx^y
§. vili.
Nel caso generale, dati i pofinomi a,,. , e,., tra i cui coefficienti
(l'rs, a'U A^^, Cr, yt, supposti funzioni del tempo, sussistano le rela-
rispetto alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica HI
zioiii (IV. 3-7), k' // componenti generali A',, delle forze dovranno
soddisfare alle h + 1 equazioni lineari (I , 5 , 6 ) , afflnchè il pro-
blema ammetta f integrale (I, ±). Affinchè queste «+1 eciuazioni
coesistano , deve essere nullo il determinante d' oi'dine /; + 1 for-
mato coi coefficienti delle quantità A'i , A'^ , ... A'„ e coi secondi
membri delle stesse equazioni, cioè si deve avere:
dF .V,
?.r, dt '
",,,
«,.,
... am
3F de.
dxn dt '
ani)
"«2:
.. aiin
dF
e,,
C2,
.. Cn
Quest' equazione contiene le derivate parziali' della funzione F delle
n-\-i variabili indipendenti x^, x.^,... .r„, f, è lineare, e, se i coef-
ficienti delle derivate parziali non sono tutti identicamente nulli,
serve alla determinazione della funzione F. Determinata F, la con-
dizione per le forze è che 1' espressione :
(rt,, A',-t-...^-rt,„ A'„)rf.i",+... +{ani A',-f ...+ «„„. Y„W.T« +(c, X,-\-...-\-Ch Xn)df
sia il differenziale esatto di F, considerata come funzione delle
n+\ variabili indipendenti x^, x^,... x,„ t.
§ IX.
Non sarà inutile aggiungere qui la seguente osservazione. Se
il sistema si compone di / punti materiali m^, m^,...»)/, ed è n^3/,
le equazioni (I, 1 ) e le conclusioni , a cui siamo giunti nei para-
grafi precedenti, possono ricevere, nel caso d"un sistema vincolato,
anche un' altra interpretazione. Dapprima si può supporre che in
questo caso, come nell'ipotesi d'un sistema libero, x^, x^, ... a-„, sieno
le 3/ coordinate degli i punti rispetto a tre assi ortogonali fissi nello
82 Sugi' integrali primi di secondo grado
spazio. Di poi immaginiamo per ciascun punto ni,, la forza attiva P,,
clie lo sollecita, la forza passiva (9 , che rappresenta 1' azione del
sistema sul inmto ///,,, e la risultante Q,, di queste due forze, cioè
la forza effettiva, la quale, agendo sola sul punto, supposto questo
liberato da ogni legame, basterebbe a comunicargli il moto che ha
realmente. Posto ciò, noi possiamo supporre che Xj , X2, .... A'„
sieno le 31 componenti delle i forze Q,,, secondo gli assi, ciascuna
divisa per la massa del punto , a cui la forza stessa è applicata.
Ora è evidente che quanto abbiamo dimostrato sugi" integrali
primi di primo e secondo grado rispetto alle x'^, continua a sussi-
stere anche, quando alle quantità .«., , X, si attribuisca quest'ultimo
significato.
§ X.
Si consideri il moto d' un sistema libero di punti. Sieno A',
Y, Z, L, M, N le somme della proiezioni delle forze sui tre assi
e le somme dei momenti delle forze stesse rispetto agli assi; e sia
in la massa di uno qualunque dei punti. Come caso particolare di
(VII, 3, 4) , si avrà che , quando tra le sei quantità X^ Y, Z, L,
M, iV sussista una relazione lineare omogenea a coefficienti co-
stanti qualunque :
a A' + bY -+- cZ + pL -+- qM + ;-A" = 0,
il problema ammette 1' integrale :
«2 «i-»' -^ ^'2l1 '».'/' + t;S mz -l-yjS (yz'—y'z) +gS (^./■'— 2'.c) -^ rZ {xy'—xy)—^,
che, per opportuna scelta delle costanti, fornisce gì' integrali pi-imi
delle aree e del moto del centro di gravità, e sul quale il Gerruti
richiamò l'attenzione dei geometri e diede importanti teoremi.
Un esempio semplicissimo d'integrali di secondo grado è :
— (a„ x' ■' + a,, y' ' + a,, z"' + 2a„ .v y + ta,,, y' z -f- 2a,, z'x )
= gia„x-ha,,y + a, ,z) + fi,
rispetto alle derivate delle coordinate ìiei problemi della meccanica 83
dove intendiamo che le quantità a ,, ricevano valori dati qualunque,
e che conviene al sistema dell' equazioni difl'erenziali :
à'-c d\ij d'z
-dF^^^\lF=^' -dF^^ ^^^
del m,»to libero d" un grave nel vuoto.
Il problema del moto libero di un punto ammette 1" integrale :
y m' ) {X 1/' — .r yf +{yz' —y'z)- + {zx —z'xy\=F{x,ij,z) + e', (2)
(dove il primo membro è la metà del quadrato del momento della
quantità di moto , rispetto ali" origine d' un sistema di assi ortogo-
nali .r, //, z) ogni qualvolta siano soddisfatte le seguenti condizioni :
dF ,^ dF .^ dF
essendo :
Z, = zM — yN,
M, — xN — zL ,
N, = yL — xM,
ed essendo L, AI, N ì moment i della forza data rispetto agli assi.
Se L^ M, N si considerano come le componenti d'una forza fittizia G,
avente lo stesso punto d' applicazione della forza data , saranno
L, , 3/, , Ni , presi con segno opposto , i momenti di G rispetto
agli assi coordinati. Conseguenza delle equazioni (3) è :
dF dF i^ _ Q
dx dy dz '
da cui si deduce che la funzione F è omogenea di grado zero.
Data quindi una funzione F, omogenea di grado zero, qualunque,
le condizioni, a cui devono soddisfare le forze, affinchè il problema
ammetta l' integrale precedente, sono espresse da due qualunque
delle (3).
Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4' 12
84 Sugi' integrali primi di secondo grado
Se poi si esclude la condizione che la forza attiva, che solle-
cita il mobile , sia funzione delle sole coordinate x, ij, z, ma si
ammette che tal forza possa anche essere funzione di x , ij , z , t,
Y equazione (2) sarà integrale del problema, tutte le volte che L,
M, N, considerate come funzioni delle variabili indipendenti x^ y,
z, x , y, z , t, soddisfino all'unica equazione:
Z, .t' + .1/, ;/ + .V, z'^F {x, ij, z),
e F potrà ora rappresentare una funzione qualunque delle tre va-
riabili indipendenti x, y, z, anche cioè non omogenea di grado zero.
Eziandio poi quando il problema non ammetta l' integrale (2),
si ha, secondo 1' osservazione generale fatta in fine del § VII :
d 2 m^ \{xy' — x' y/ -h (y z' — i/ zf -t- (z x' — z'xy[ = L,dx -+- .1/, dy -+- iV, dz,
onde
1 i )
"2 m' ) r^ y' — a;' y)' -h fy z' — y' zY + {z x' — z' x)' {
L ->"' ^ (x^ 11' — x' »/ ì^ -t- (il 7\ — il' ? V -I- ly. X — ?: . xy >
m' ] {xo yo — oc'„yJ ' + («/, z'o — y\ z^)'' + (Zo *'» — z'o a-») ^
— I (L, d X ■+- M, d y + iV, d z).
U integrale del secondo membro di quest' equazione esprime il la-
voro della forza fittizia G, che ha per componenti L, , M^ , N^ .
Più generalmente il problema del moto libero d"un punto ma-
teriale ammette 1' integrale :
— {a„x" 4- a,,y' -h a,, z"' -+■ 2a,,x'y' + 2a,, y'z + 2«3, z'x) = F{x, y,z) + lò,
quando 1' espressione differenziale :
(rtii A' 4- a,2 Y -+- aa Z) dx + («21 A'+ «22 }'-+- Un Z) dy + («31 A' + a^i Y+ a-^ Z)dz (4)
rispetto alle derivate delle mordinate nei problemi della meccanica 85
sia il differenziale esatto della funzione F, e inoltre i polinomi a ,.^
abbiano la forma seguente:
flu = a.y'' + a,z' -I- h.yz + tv/ 4- d^z + e, , \
rt^ = rtjz' -h a,.-r' + h,zx -+- c^z + d,a- -h e,, , (5)
«33 = a.o-' + a,y' + ?>3-^7/ + <^.^' + ^..i/ -*" '-'s > ^
2fl,, = 632' — '2a,xi/— b,yz — 6,ir2 — ca- — d,i/ + f,y + g, ,
2fl.,, = b,x' — 2a,yz — b,z.r — h,yx - c,ij — d,z + f,z + .9, , , (6)
2a3i = h,y' — 2a,zx - b.xy — b,zy — c,z — d,,v -+- f^x -h g, , '
dove le tre costanti f,, f,, f, sono soggette alla condizione:
Tra le forme d'integrali, compresi nella equazione (I, 2) e re-
lativi al problema del moto libero del sistema di i punti materiali,
notiamo l'integrale :
U—F{X,, 2/1, Zi, X2, ...Zn) + 0, (7)
dove :
U
= 2 "^ {aax'\+a2-2y'\ + a^z"r + 2aiiX'ry'r-\-2a23y'rZ'r+2a3iZ'rx'r) ,
essendo «„; «22; «12; - i polinomi precedenti, nei quali ad x, y, z si
sostituiscano %,. , y,. , z,. .
Quest' integrale conviene al problema, quando 1' espressione :
"V ^ iai,A'+ai2r-l-ai3Z)c?a- + (a2iA'-t- a.iY+atìZ)dy -^{a-iiX-\-a-i{^-^a^Z)dz
sia il differenziale esatto della funzione F.
§ XI.
Supponiamo che i polinomi a^^ , soddisfacenti alle condizioni
(I, 3), non contengano esplicitamente il tempo.
86 Sugi' integrali primi di secondo grado
Poniamo per brevità:
Yi = au X. -h rt,o A', -I- ... -+- a,n X„.
Una combinazione delle equazioni (I, 1) del moto sarà:
dU= Y, dx, + Fj dx, + ... + Y,, dx,,. (1)
Perciò, senza supporre che il problema ammetta l'integrale
(VII, 1), e considerando le x^yX^, in virtù dell'equazioni integrali,
come funzioni dell' unica variabile indipendente t, si ha, indicando
con ?7„ il valore di U corrispondente a t = U\
U~ f/o= f\ (F, dx, + Y, dx, + ... -f r„ dxn). (2)
Supponiamo che le X^, e per conseguenza anche le y,, siano fun-
zioni delle sole variabili Xi,x.i, ... x^- Noi possiamo ora immaginare
che le n quantità x^ siano le n coordinate di uno spazio S ad n
dimensioni_, e faremo uso delle definizioni e dei teoremi dati dal
prof. Betti nella sua memoria : Sopra gli spazi di un numero qua-
lunque (li dimensioni (1). Ciò premesso, noi considereremo soltanto
quella parte lì dello spazio S , nella quale tutte le X_, e le loro
derivate prime , e per conseguenza tutte le Y^ e le loro derivate
prime^ si conservino finite e continue, e che si ottiene, escludendo
neUa maniera nota, con opportuni spazi a 2, 3, ... n — 1 dimen-
sioni, gU spazi a 1, 3, ... w dimensioni, nei quaU le A',, o le loro
derivate prime non sieno finite e continue. Abbia lo spazio B la
sua connessione di prima specie dell'ordine /; + 1. Siano s, , s^ , ... s^,
le sezioni trasverse di w — 1 dimensioni , semplicemente connes-
se , che rendono semplice la connessione di prima specie. Siano
L, , L2 , ... L,. linee chiuse, in numero di^, che incontrano rispettiva-
(1) Annali ili matematica diretti da F. Brioschi e L. Cremona, Serie II, T. Ili, pag.
140- 158.
rispetto alle derirate delle coordinafe nei problemi della meccanica 87
mente le sezioni .s\ , s^ , ... .--7,. Supponiauio clic in tutto lo spazio R
le funzioni 1' soddisfacciano alle ' — ^ — condizioni :
-^ - -^ = 0.
Siano A, , A\ , A, A' configurazioni del sistema tali, che le coor-
dinate delle prime due e delle ultime due soddisfino rispettiva-
mente afie ecpazioni :
F {X, , X^ , ... Xn) = «0) ^^)
F ix_, X,, ... Xn) = a , (4)
essendo a„ , a costanti date. Supponiamo pure che le x^ , x', soddi-
sfino identicamente all' equazioni :
U=b,, U =b
rispettivamente per le prime due e per le ultime due configurazio-
ni. Indichiamo poi con IT,, TT ciò che diventa V, quando invece
defie X,, , x's vi si sostituiscano i valori, che prendono queste quan-
tità nelle configurazioni A\, A'. Supponiamo che negU spazi (3). (4)
ad iH—ì dimensioni si possano condurre due linee J» ^'0', ^ -4', che
passino , runa pei due punti A„, A',, l'altra pei due pmiti J, A'
defio spazio B^ e che sieno tali, che lungo ciascun punto di esse, tutte
le Xs e le loro derivate prime siano finite e continue. Le equa-
zioni integrali del moto del sistema da una configurazione B a
un' altra configurazione qualunque C fanno conoscere le n coordi-
nate generali x^ in funzione di t, e così determinano una linea BC
nello spazio B. Ciò posto, si ha :
J^^^^Y.dx. 4- j\^.^Y.dx. + j\,^,;JY.dx. + J^.^^^-^Yrdx.
-h 2 ^'-.1 T YrdXr = 0 ,
dove £^ prende i valori 0, 1,-1, secondochè la sezione .s^ non è
incontrata, ovvero è incontrata progredendo in una 0 in altra direzione
88 Sugi' integrali primi di .secondo grado
della linea A^ A A' A\ A^ . Ma evidentemente il secondo e il quar-
to degl' integrali del primo membro sono identicamente nulli , mentre
il terzo è uguale e di segno contrario all'integrale / ,, , ^Yrd.r,..
Perciò :
Onde :
U' - U: =U ~ IT, + y.-V f YrdXr.
Da ciò si deduce che l'aumento di V, nel passaggio del si-
stema dall'una all'altra di due configurazioni, le cui coordinate sod-
disfino rispettivamente alla (3) e alla (4), è costante , se la con-
nessione di prima specie dello spazio i? è semplice; ma non è, in
generale, costante, se questa connessione non è semplice, potendo,
in quest'ultimo caso, tale aumento, da due cammini a due altri,
differire di multipli di [) quantità costanti.
§ XII.
Se C/ e la forza viva T si esprimono per mezzo delle stesse
coordinate generali x^ , x^ , ... x,, e delle loro derivate x\ , x\ , ... a;'„
rispetto al tempo, si vede che, mentre i coefficienti dei quadrati e
dei prodotti di x\ , x\ , ... x'„, due a due, sono in U polinomi di
secondo grado rispetto a a-,, a;^,... x„, in T i coefficienti potranno
essere di forme svariatissime, a seconda dei legami del sistema e
dello scelto sistema di coordinate generali, sicché le due espressioni
saranno, in generale, distintissime l'una dall'altra, com'è mostrato
anche dagli esempi del paragrafo precedente; e inoltre l'espressione
di U sarà molto particolare rispetto all' espressione , che può ge-
neralmente assumere T. Gli stessi esempi dati mostrano tuttavia
che in alcuni casi l'espressione di U può essere più generale deU'e-
spressione di 2\ Ciò avviene, p. es., nel problema del moto di un
sistema di punti liberi nello spazio , quando ?7 e T si esprimono
rispeito alle derivate delle coordhwte né problemi della meccanica 89
per mezzo delle eooidiuate cartesiane ortniionali dei punti mobili e
per mezzo delle derivate delle stesse coordinate rispetto al tempo.
In particolare nel problema del moto d" un solo ]iunto materiale ,
immaginando die x, ij, z siano le coordinate cartesiane ortogonali
del mobile, e supponendo che i polinomi (X, 5) si riducano ai loro
termini costanti, e che questi sieno eguali alla massa del mobile:
supponendo inoltre che i tre polinomi (X , 6) sieno identicamente
nulli, r equazione :
U - F = H
diventerà identica all' equazione :
T - F = i3.
L' equazione :
T — F{x^, a-j, ... ir,,) = fi ,
ha però, com' è noto, eziandio quando non sia un caso particolare
dell' equazione :
U ~ F {.Vi, .Vi, ... .r„) = /6,
pure quest' altra ben nota e importantissima proprietà, che cioè, se
essa è integrale primo del moto d' un sistema dato, o libero o a
vincoli indipendenti dal tempo, e sotto l' azione di forze, le cui com-
ponenti secondo i tre assi siano date funzioni delle sole variabUi
X,, x.,,...x„, 0 anche di x\, x\,...x'„, t, conviene pure se, con-
servando le stesse espressioni per le forze, si aggiunga al sistema
quel numero di vincoli indipendenti dal tempo , che è compatibile
col grado di libertà del sistema stesso.
§ xni.
Supponiamo d' ora innanzi che i polinomi ars si riducano a co-
stanti date.
90 Sugi' integrali primi di secondo grado
Siano :
d'xs
= Xs (.s- = l, 2, ... n) (1)
dt'
le equazioni del moto^ e supponiamo che si abbia:
asi A, + a,.2 A, + ... + a.,,, A„ = ;r , Ui
essendo F una funzione data di x^, x.2, ...x„, t. Supponiamo inoltre
che il determinante simmetrico D d' ordine n , formato coi coeffi-
cienti delle quantità A'^i , X^ , ... A'„ nei primi membri delle n equa-
zioni (2), non sia nullo.
Pongo :
r= - (au x\ + ... -h 2ai2 x\ x\ -f ... -f 2f, x\ -|- ... -f 2c„ .r'„) (3)
dV
^rr=Ps- (4)
Poiché D non è nullo, le espressioni delle ./■', in funzione delle p^,
sono le derivate di una stessa funzione m definita dalla relazione :
u=^ — V+x\p,-\- x\p, + ... + x'„2}n + c, (5)
essendo e una costante arbitraria , e intendendo che il secondo
membro di quest' ultima eguaglianza sia espresso per mezzo delle
^., mediante le (4). Si ha perciò :
Xs = 1^— (6)
Pongo :
Z7=-^(«U X'\ + ... -\-2ai2X\x,' -h ... +2an-i,n-ìc'n-iX'n)
U, = c,.r', 4- e, .r', + ... + Cnx'„ ,
rispetto alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica 91
sicché :
T' = U + U,.
La (5) diviene perciò :
ossia, per il teorema di Eulero sulle funzioni omogenee :
u = —U- U,+2U+ U, + c,
cioè :
M = [/ + e ,
dove U si deve intendere espresso in funzione delle ^;,. mediante
le n relazioni (4), che legano le x\ alle p, .
Le (6) divengono perciò :
dxs dU
dt dps
Dalle (4), in virtù delle (1), (2), si trae :
dps ^ dF
dt dxi
Ponendo :
U - F = H,
e osservando che JJ è funzione delle sole variabili indipendenti p^ ,
mentre F è funzione delle sole variabili indipendenti x^ , si ha il
seguente sistema di equazioni canoniche :
dx.
dt
dH
Sps
dps _
dH
(7)
dt dXs
Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4* 13
92 Sugi' integrali primi di secondo grado
Così ogni qual volta l'espressione:
(«Il X, + ... + a,nXn) rfa-, + ... + (a,u X, + ... + a„„.Y„) dx„
sia il differenziale esatto di una funzione F delle variabili indipen-
denti f, .Ti , iPj , ... Xa, V equazioni del moto si possono ridurre in
infiniti modi alla forma canonica, potendosi attribuire alle costanti
Ci, Ci, ... c„ valori particolari qualunque.
Se F non contiene il tempo esplicitamente , il problema am-
mette, come si è veduto al § VII, l' integrale :
U—F = lì ossia H=fì.
D' altronde si sa che il sistema canonico (7) , in cui H sia una
funzione data qualunque, ammette o no V integrale H = costante,
secondochè H non contiene o contiene esplicitamente il tempo.
§ XIV.
Si formi r equazione differenziale parziale di prim' ordine :
dS „/, dS dS dS\ - ...
dove il secondo termine del primo membro è ciò che diviene la
funzione H, quando, invece di j), , p., , ... ^j„, vi sì sostituiscano rispet-
tivamente r— , ;:^ , ... r— . Sia .S' una soluzione completa di que-
dx, dx, cx,i
st' equazione, contenente cioè, oltre una costante additiva arbitraria,
altre n costanti «„ a,„ ... a„ . I ^2n integrali delle equazioni del moto
saranno :
dS 5S „
essendo /3,, A,, ••• /3„ nuove costanti arbitrarie.
rispetto alle derivate delle coordinate nei prohlemi della meccanica 93
Se F non contiene esplicitamente il tempo, lo stesso è di //,
ed allora ponendo :
S =: — ht + S, ,
dove // è una costante arbitraria, e ò', è una funzione ù\i\, x^, ... a;,, ,
non contenente esplicitamente il tempo, la integrazione del sistema
canonico dipende dalla determinazione di una soluzione completa
*9, dell" equazione :
/ dò, dò, dò, V ,
cioè di una soluzione contenente, oltre una costante additiva arbi-
traria, altre n — 1 costanti arbitrarie «,, «„ ... a„_i. Gl'integrali del
sistema canonico sono in questo caso :
36', _ i^ — fl i^ — fl _i_ / s — ì, 2, ... n
d^ -^^" dx,. - ' '■' dh - ^" + ^ ,,. = 1^ 2, ... n - 1
essendo /3„ /?„ ... /3„ costanti arbitrarie.
Risolvendo il sistema di queste "In equazioni rispetto alle co-
stanti, si può agi' integrali dare la forma seguente :
«s = fs [X, , X, , ... Xn, p, , P, , ... Vn) , S = 1, 2, ... n
H, = <p,, {X, , X, , ... Xn, P, , P, , ... Pn ) , r = 1, 2, ... W -- 1
/3„ +t=<Pn{X, , X.^ , ... Xn, p, , Pi , ... Pn ) ,
contenendo così ciascun integrale una sola costante arbitraria. Con-
tinuando a supporre che F non contenga esplicitamente il tempo,
si verificano immediatamente le seguenti due proposizioni :
lo Se ^ = C è un integrale, contenente una sola costante
arbitraria C e non contenente esplicitamente il tempo, e distinto
inoltre dall'integrale U—F^fi , si avrà:
(->, U—F)=0.
94 Sugi' integrali primi di secondo grado
Qui si è fatto uso della notazione di Poisson :
(,f, Vj - ^ [^^,^ 2^^ g^^ 2_^^ } '
essendo >?, 4^ funzioni delle variabili .r, , .rj^ ... x„, p^ , p^, ... p,,.
2° Se 5 = ^ 4- C è un integrale, contenente esplicitamente il
tempo e contenente la sola costante arbitraria C , si ha :
(5, U-F) = \.
Dalle note proprietà dei sistemi di Hamilton risulta, se F non
contiene esplicitamente t, che, dato un integrale qualunque T-i = C, ,
non contenente esplicitamente il tempo e distinto dall' integrale
H — F = 0, il sistema dei 2n integrali del problema si può imma-
ginare composto :
1° Di 2w— 2 integraU :
>, = Cr, (/• = 1, 2, ... 2» -2)
1 quali contengono le sole 2w — 2 costanti arbitrarie C\, Q, ... C'„„_2,
e non contengono e.splicitamente il tempo, e siano tali che per cia-
scuno di essi si abbia :
(7-,, '>r) = 0 ;
2° D' un integrale :
7-2/t— 1 ^= (-'■in—i )
pure indipendente dal tempo, il quale contenga la sola costante
arbitraria Cj^., , e sia tale che si abbia :
(7i; 72«-i) = 1;
3" D' un integrale :
9-2/i = t -\- Con ,
Hspeffo alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica 95
il quale contenga la sola costante arbitraria ('.,„, non contenga il
tempo esplicitamente, se non aggiunto a questa costante, e sia
inoltre tale che si abbia :
(">,, 72" ■> = 0-
§ XV.
Prendiamo la variazione dell' integrale / Vdt, essendo V de-
Unita dalla (XIII^ 3). Ponendo per brevità :
,, _ d'xs
"^ '- ~dF '
si avrà :
si Vdt = Mrtii.r', + rti2.r'2 + ... +«1,, .r',, + e,) Sx, + .... \^
— f \{anx," + aio.-z-;' + ... +ft,„.T„") 3a-, + ....] dt.
Perciò, se si pone :
S^F= («ii A', 4- ... + rti„ A'„) Òjc, -h ... + {ani X, + ... + a„n A„) Sx,,,
si ha :
f (SV+S,F)=[(anx\-\-...+au.x'„-hc,)Sx,-h...'^'^^
'■0
4- /'' r )au{X,-x,")^a,2{X,-x.n+- [ òx, + ...'{ dt.
Ma la quantità, che è sotto il segno integrale è nulla in virtù del-
le equazioni del moto ; onde :
I {SV+S,F)=2},dx,+2hSx,+...+i}nSxn—2},''5x,''—p./dx,''-...~pu''d.Tn".
96 tiugl' integrali primi di secondo grado
Se supponiamo che si abbiano le (XIII, 2) , è :
Ò,F = SF,
e la (1) diviene :
5 il {V+ F) --= p,òx, + ... -+ p„S.r„ -p^° Sx," - ... —pn" Sx,,". (1)
Se le posizioni, iniziale e finale, del sistema , corrispondenti
ai valori i^, , t del tempo, sono date fisse, quest'equazione diverrà :
òfl (F+Fj dt = 0.
^ ta
Se F non contiene esplicitamente il tempo, il problema ammette
(cfr. § VII) l'integrale:
onde
e SI avrà:
Pongasi
U - F ^ l'i-
SU = SF,
f* òUdf = 0.
§ XVI.
S = fi iU+F) dt. (1)
Ora per conoscere il significato del secondo membro di que-
st'equazione, si deve immaginare dapprima U + F, indi il secondo
membro della stessa equazione , espressi mediante t e le 2n co-
stanti arbitrarie, che figurano negl'integrali dell'equazione del moto.
Possiamo supporre tali costanti essere x\, xl, ... .r)', , x\, ... x'I^,
o, in virtù delle (XIII, 6), possiamo fare che dette costanti siano
X^, ... Xnj \K } ••• Pn •
rispetto alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica 97
Ma le ■in equazioni integrali del molo permettono evidentemente
di esprimere le medesime costanti per mezzo di .x, , ... ic,., J:'1,...Xn.
Dmique S può esprimersi per mezzo di t, .r, , ... z;,, x[ , ... x„.
Onde :
SS = ^Sx,+...-i-^„ Sx," + ...
da\ dx,
Confrontando questa con ( XV, 1 ), se ne deduce :
dS dS
Il problema del moto è dunque ridotto alla determinazione di S in
funzione di t, x, , ... x,„ x'I, ... .r",. Ora si ha da (1):
SS j^ „
¥=^+^-
Ma d'altra parte :
dS dS ^s^ dS
dt dt ^J dXs
2
Perciò
dt
da cui
-2af-' = ^-^-
et
cioè S soddisfa all'equazione differenziale {XIV, 1).
Catania 25 dicembre 1890.
Sopra sistemi di equazioni
aventi analogia con quelli di Hamilton
Nota del prof. G. PENNACCHIETTI
letta air Accademia Gioenia nell' adunanza del dì 25 gennaio 1891.
Sia dato il sistema di "In equazioni differenziali ordinarie di
prim' ordine della forma :
dt ~ dps '
^_ _ _3Z
dt dqs
1, 2, ... n]
In quest'equazioni ^ è la variabile indipendente, q^, qi,...q„, pi ,
p., , ... pn sono funzioni incognite della variabile indipendente, Z è
una funzione data qualunque di q^, ^j,... g», pi, p^ ... pn, la quale
supponiamo non contenere esplicitamente la variabile indipendente,
e / è una funzione qualunque , che non è identicamente nulla , e
che può contenere, oltre le stesse quantità g, , q^, ... q,^, p^, p^, ... p„,
anche la variabile indipendente. Il sistema è canonico, se l è uguale
a+ 1, ovvero — 1, i quali due casi rientrano manifestamente l'u-
no neir altro , cambiando il segno di Z. I 2« — 1 integrali , che
non contengono esplicitamente t, convengono inalterati al sistema
precedente , qualunque sia la funzione l delle variabiH t, q^ , ps , e
sono perciò comuni al sistema canonico :
dqs dZ dpa dZ
dt dps ' dt dqs
Nella presente nota si vedrà, come possano modificarsi le dimo-
strazioni di teoremi fondamentali sui sistemi canonici, per stabilire
Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4" 14
100 Sopra sistemi di equazioni
direttamente le principali proprietà dei sistemi più generali prece-
denti.
§ I.
La soluzione generale del sistema proposto :
dt ~dps ' ' dt ~ dq.. ^ '
consiste nel sistema di i2w equazioni fra le 2«+ 1 quantità 5, , q.^, ...
In, Pi ) i>2 j ••• Pn> t e '2n costanti arbitrarie a, , «2 , ... «„_, , li, è, , b.^ , ...
b„_i, bn. Se, come già si è supposto di Z , nemmeno / contiene
esplicitamente t , il sistema delle equazioni integrali si può porre
sotto una forma tale, che una delle costanti, p. es. b„, figuri in
tutte le equazioni combinata con la variabile indipendente t per via
di addizione. In tal caso, risolvendo il sistema dell' equazioni inte-
grali rispetto alle costanti arbitrarie , possiamo anche immaginare
che il sistema delle 2w equazioni integrali consista in 3// — 1 equa-
zioni, che non contengano esplicitamente t, e in ciascuna delle quali
figuri una distinta costante arbitraria, oltre un' equazione, che con-
tenga esplicitamente t aggiunto ad una costante arbitraria.
La condizione necessaria e sufficiente, affinchè l' equazione :
F {qi , q-i , ... qn, ]h , p2 , ••• Pn, t) = a, {2)
il cui primo membro è ima funzione data qualunque di t, q^ , q., , ...
(/„, Pi, ... pnì e dove « è una costante arbitraria, sia un integrale
del sistema (1), è che si abbia identicamente, in virtù del sistema
stesso :
^ = 0
dt ^'
cioè:
dF ^ ( è!^ ^ 3i^ dps V
dt '^ .Zj \ dqs dt "*" dps dt ì
aventi analogia con quelli di Hamilton 101
Sostituendo dunque per -ji , -jf ' loro valori tratti dalle (1) , la
condizione predetta è che si abbia ideiìticamente :
■ . dF x:i / $F SZ dF dZ
.or '\^ { " ^ ""' "^ "" I n
' dt Zmi\ dqs dps Sps dqs '
Questa condizione, ponendo con Poisson:
^'^' ^> - Zj\ dqs dps dps dqs I '
è espressa dalla equazione :
l^Z + ^F, Z)=0. (3)
et
È facile ora vedere che l'eciuazione:
Z = h,
essendo // una costante arbitraria, è un integrale del sistema (1).
Infatti siccome Z, per ipotesi, non contiene esplicitamente t, si ha:
dt
inoltre è
{Z,Z) = 0,
sicché, sostituendo Z invece di F nella (3), questa diviene identi-
camente soddisfatta.
§ II.
Supponiamo che l'equazione (I, 2) sia anche integrale del si-
stema :
dqs _ dZ_ 7 ^ _ _ ^ ni
^' dt ~ dps ' ' dt - dqs ' ^ '
102 Sopra sistemi di equazioni
e che Z rappresenti la stessa funzione nei due sistemi (1. 1), (1),
mentre l^ sia una funzione qualunque di t, q^ , q^, ... q„, /a , pi , ■■■ p„
distinta da /. Si dovrà avere identicamente :
l-+iF,Z) = 0.
Da questa e dalla (I, 3)^ sottraendo^ si ha:
3F
Ora il primo fattore del primo membro di quest'equazione per ipo-
tesi è essenzialmente differente da zero; perciò si deve avere:
dF
4=°- '^>
{F,Z) = 0. (3)
La (2) significa che una condizione necessaria, affinchè 1' equazio-
ne (I, 2) sia integrale comune ai due sistemi (I, 1), (1), è che f
non entri esplicitamente in F. Dunque: L' integrale, che contiene, espli-
citamente la variabile indipendente, non può essere comune ai due si-
stemi (I, 1), (1). La (3) esprime che gl'integrali comuni sono in nu-
mero di 2w— 1, e che essi sono le "In — 1 soluzioni dell'equazione
differenziale parziale di prim' ordine (3). Siccome poi, quando Tequa-
zione :
F {q,, q, ... qn, }h, P, , •■• _/)„)=«
è una soluzione comune ai due sistemi (I, 1), (1), la condizione
(I, 3), a causa delle (2) e (3), è identicamente soddisfatta, qualun-
que sia /, così si conclude che, data Z, i ^u — 1 integrali, che non
contendono esplicitamente t, e che convengono al sistema (I, 1) per una
particolare forma data di 1 , convengono allo stesso sistema per qual-
sivoglia altra forma data della funzione 1.
aventi anakxjia co» (incili di Hamilton lO.'ì
Prendendo /^l, si conelude che / 2« — 1 inte(jrali del .sl.slc-
ma (l, 1), )ioii contenenti espUcitamente la variabile indipendente^ sono
comuni anche al sistema di Hamilton :
dq, _ SZ^ ^ dp^ _ _ ^ . .^N
Ciò posto, si formi V equazione differenziale parziale di prim' or-
dine :
dove II denota una costante arbitraria, e dove il primo membro è
ciò che diventa Z, quando invece di p,,p2, ■■• Pn vi si sostituiscano
- — ) - — ' ••• ^r — • Di quest' equazione differenziale sia V una solu-
Sq, dq, Sqn
zione completa, contenente cioè, oltre la costante additiva, altre »— 1
costanti rt, , a, , ... a,,., , e siano ò, , h, , ... b„_, nuove costanti arbitrarie.
I 2w — 1 integrali, non contenenti esplicitamente f, del sistema ca-
nonico (4) sono, coni" è noto :
dV
(/• = 1, 2, ... w - 1 ) (6)
(s --= 1, 2, ... n) (7)
i cui primi membri sono le derivate parziali della soluzione com-
pleta V , considerata come funzione delle quantità indipendenti
qiyQi, ... qn, a,,a^, ... a„.i, h. Si ha perciò il teorema seguente : Sia
data r equaziotie differenziale parziale di prim' ordine (b). Supponiamo
che si conosca una soluzione completa V di questa equazione, e siano
«1 , «2 , ... a„.i le costanti arbitrarie , che , oltre la costante additiva ,
essa contiene. Le equazioni (6) , (7) saranno i "in — 1 integrali, non
contenenti esplicitamente i, e contenenti complessivamente i2w — 1 costanti
arbitrarie a, , a^ , ... «.„_„ h, b, , b, , ... i»,,, del .sistema delle %i equazioni
104 Sopra sistemi di equazioni
(liff'erenziali ordinarie di prim' ordine (I. 1) , e converranno a questo
sistema ìndipevdentemevte dall' espressione , die si assume per la fun-
zione 1 delle qìiatdità q,, q., , ... q„, p^ , p, ... p^, t. L'integrale
^ {'h 1 q-ìj ■■• 'In, p i, Pi, ■•■ p,^=^li del sistema (I, 1) è conseguenza de-
gl' integrali (7).
L' integrale contenente esplicitamente t, e che si riferisce a
una forma particolare data di /, si determinerà nella seguente ma-
niera. Si comincerà ad esprimere per mezzo dei "In — 1 integrali, non
contenenti esplicitamente t, tutte le p e le q, eccetto una di esse,
p. es. la g, ovvero la p^ , in funzione delle altre e delle 2« — 1 co-
stanti «, , Uo, ... a,i_i, /i, h^, b.;, , ... b„_^. Poi se ne sostituiranno i va-
lori nell' equazione :
dt dpi
ovvero nelF equazione
l
dj), _ dZ
dt dqi
Per completare quindi la soluzione del problema non resterà che
d" integrare un' equazione differenziale ordinaria di prim' ordine a
due variabili q, , t, ovvero pj , f; anzi , se l non contiene esplicita-
mente t^ basterà eseguire una quadratura. Con ciò s'introduce evi-
dentemente una nuova costante arbitraria b,„ la quale, insieme alle
2// — 1 costanti arbitrarie a, ^ a^, ... a„.t, h, bi,\, ... b„_^, contenute
negl' integrali (6), (7), formali numero i2rt di costanti, che devono
figurare nella soluzione generale del problema. Nel caso particola-
re di /= 1, ossia del sistema canonico (4), non occorre nennne-
no una quadratura, giacché si sa che l'integrale, che non contie-
ne esplicitamente t, è :
-^ = t + b,., (8)
essendo /;„ una costante arbitraria distinta dalle 2« — 1 costanti
fli , a.;^ , ... a ,i_i j lì, Oi , o^j... o„_i .
aventi analogia con quelli di Hamilton
105
§ HI.
Del teorema esposto nel precedente paragrafo si può offrire
anche la seguente dimostrazione, simile alla nota dimostrazione del
teorema analogo di Jacobi.
Se nella (II, 5) si immagina sostituita la soluzione completa V,
questa equazione sarà soddisfatta identicamente, qualmique siano i
valori di q, , q, , ... ?,„ «, , a,,... «„_.. Si può quindi derivare l'e-
quazione (II, 5) rispetto alle «,, e osservando che queste entrano
soltanto nelle p^ , si otterrà :
dZ dps _
dps da,-
= 0,
(r = l, 2,...n-\)
ossia per le (II, 7)
dZ d' V
Bps 3q.^3a,-
= 0.
(1)
Derivando completamente le (II, 6) , si ha :
d'V dq, _
= 0.
^J da,-dqs dt
s
Per confrontare i due sistemi (1), {^2), consideriamo la matrice:
(2)
d'V
d'V
d-'V
da,dq,
da,dq, '
3a,dqn
d'V
3'F
d'V
da,dq,
da.dq, '
da^dqn
d'V
d'V
d'V
dttn-idq, ' dan-idq2 ' '" dttn-idqn
composta di n—\ linee orizzontali e di w verticali. Osserviamo che
106 Sopra sistemi di equazioni
gli ti determiuauti d" ordine n , compresi in essa, non possono es-
sere tutti identicamente nulli. E invero, se ciò avvenisse, da una
nota proprietà dei determinanti funzionali si ricaverebbe che V do-
vrebbe soddisfare a relazioni della forma :
/ dv dv_ ar ^v_ dv \ _
/ dv dv ar dv _dv_\ _
A l'i, , <?=, - Qn, 3^_ , 3^^ , g^^ , ... 3^^_^ , dqnì ~ '
I ^ aF 3F dV dV \ _
f.\q,,q., ... qn, ^^^ , ^^^ , g^^ , ... g^^_^ , a^J - " -
I ar ar aF ^r^ _aT^\ _
/•«l*/,, <?,,... 9„, g^^ , g^^ , g^^ , .-. g^^_^ , g^^^_j - U
nei cui membri non figurano le cosianti a,, a^, ... a„_i , li : la qua!
cosa non può essere, perchè V è soluzione completa di (II, 5).
Perciò, denotando con / una quantità indeterminata, che può
supporsi funzione qualunque di g, , q, , ... q,„ p^, p,,... p,„ f, ma
non identicamente nulla, i due sistemi (l), (2) offrono:
Z%=|^, (3)
dt dpg
cioè si ottiene cosi la prima serie dell' equazioni (I^ 1).
Derivando le (II, 7) si ha :
dt ^ dq.' dqs dt '
ossia, in virtù delle (II, 7) stesse :
dp„ _ 'V Sp£ dq^
'di -4^ 2qs dt '
aventi analogia con quelli di Hamilton 107
e quindi per le (3) :
dt ^ dq^ dp^,-
Derivando la (II, 5) rapporto a q,, la quale entra in Z dap-
a. esplicitamente e
sia nelle j}^, si ottiene:
9 V
prima esplicitamente e inoltre anche implicitamente nelle -^ — os-
az _ ^dZ_dp^
Confrontando quest' equazione con la precedente, si ha :
d2h _ _ 3Z
dt ~ dqs '
cioè si ottiene la seconda serie dell" equazioni (I, 1) ; il che di-
mostra il teorema enunciato.
Supponiamo ora che sia / = 1, cioè che il sistema (I, 1) sia
canonico, e si tratti del sistema (II, 4). La dimostrazione fatta in
questo paragrafo continua a sussistere intieramente, e ci offre gU
stessi 2w— 1 integrali, che non contengono esplicitamente t, e che
sussisterebbero per qualsivoglia espressione di /. Ma allora si può
verificare inoltre che l' integrale che contiene esplicitamente t, è
la (II, 8). E infatti in questo caso ai sistemi (1), (2), composti cia-
scuno di «— 1 equazioni, si aggiungono rispettivamente le equa-
zioiìi :
2dZ
s
dZ_ d'V _
2d'V dqs _
dhdq, dt ~ ^^'^
Atti Acc Vol. Ili, Serie 4» 15
108
Sopra sistemi di equazioni
Allora si osserverà che il determinante funzionale cF ordine >ì
a' V 3' V d' V
da,dq^ da,dq.^
d' V d' V
da^dq, da.^dq.
da,dqn
3'V
da.^qn
a- T" d' V d' V
j ) •••
da,i-idq, dttn-^dq, dan-idqn
3' V d'V 3'V
j ) ••■
3h3q, 3h3q, dh3qn
non può essere identicamente nullo, perchè altrimenti la soluzione
completa V sarebbe anche soluzione d' un' altra equazione della
forma :
„/ dV 3V dV \ ^
priva delle costanti «, , a^,... «„_i , h : il che è impossibile. Con-
frontando quindi i due sistemi (1), (T) : (2), (2') si troverà la (3)
stessa, dove però si ponga / = 1 : ciò che dimostra che la (II, 8)
è integrale del sistema canonico dato.
§ IV.
Dal § II risulta immediatamente che possiamo applicare anche
ai sistemi (I, 1) una nota proposizione di Liou ville relativa ai si-
stemi di Hamilton, formulando il seguente teorema : Dato il sistema
di equazioni differenziali ordinarie del prim' ordine
,dqs _ dZ
dt
Sps
dp.,
dt
dZ
(1)
(2)
nel quale Z non contenda esplicitamente t, se oltre l'integrale
Z (9i , qi, ... q,,, Pi , Pi, ... pn) = l>, (3)
aventi analogia con quelli di Hatnilton 10i(
essendo li kìui eostante arhìtraria, si conoscono altri il— 1 Infiyrd/i :
fr = «r/ ('• = 1, 2, ••• «—1) (4)
se di più I primi membri delle equazioni (4) sono funzioni delle q. p,
non contenenti esplicitamente la variabile indipendente i, e soddisfacenti
alle condizioni :
(y,.9,.) = 0, (Z, ?;,) = 0 (5)
per i calori 1, 'ì, ... «—1 di r, r' ; e se infine l'equazioni (3), (4) si
risolvono rispetto alle ^, e si sostituiscono i valori di queste nell'espres-
sione :
S ps dqs , (6)
quest' espressione sarà il differenziale esatto di una funzione V delle
q, e i rimanenti n— 1 integrali del sistema (1), (2), non contenenti
esplicitamente t, saranno :
^ ^ br, (»■ = 1, 2, ... «-1) (7)
dar
essendo b, , b^ , ... b„_i nuove costanti arbitrarie; e finalmente la fun-
zione V soddisferà all' equazione differenziale parziale :
Z [q.,q., -9^- 3^' 3g7'- 3^1 -'*' ^^^
dV dV
che si ottiene dall' integrale {3) del sistema (1), (2), sostituendo -^ , ^ ,•••
dV
5 — rispettivamente a Pi , Pz , ... p» •
"in
Di questa proposizione si può dare la dimostrazione seguente,
simile alla dimostrazione del teorema analogo di Liouville.
Le condizioni (5) equivalgono alle condizioni d' integrabilità
dell' espressione differenziale (6) , la quale perciò sarà il differen-
110 Sojn-a sistemi di equazioni
ziale esatto di una funzione V delle variabili indipendenti q^ , q, , ... q„ :
onde :
^r=Ps- (9)
Ora si ha :
gSF _^ ,aF
df 3a,. ^ -^ 'di - ^ "S^ df
ossia per (1) e (8) :
^IZ — i V ^Ps 3Z
dt dttr l ^J da,- dps
(10)
Se adesso supponiamo che i valori delle p^ ricavati dalle (3), (4)
in funzione delle q, delle a e di h, si sostituiscano nell'espressione (3).
quest' equazione diventerà un' identità , qualunque siano i valori
delle q, delle a e di Ii^ e si avrà :
dZ dp:
s
Perciò la (10) diviene
•^J Sps da,-
onde i rimanenti >i — 1 integrali del sistema (1), (2), non contenenti
esplicitamente f, sono dati dalle equazioni (7).
Da (3) e (9) poi si deduce immediatamente che V soddisfa
all' equazione differenziale (8).
Se 1=1 si ha, oltre le (10) e (11):
_d ar^ _ yr\dp^ dz_
dt dh ~ 2jdh dps '
s
2dZ_dp^ _
dp,dh~'
arciifi analogia con quelli di Hamiltoìì 111
onde :
d dV
Dunque :
df dh ^"
dV ^ ^
essendo h„ una nuova costante arbitraria, è in tal caso l'integrale,
che contiene esplicitamente il tempo.
Catania, 20 gennaio 1H91.
Sugli esperimenti fatti
con linfa di Koch nella Clinica Medica di Catania
Nota del Prof. S. TOMASELLI.
Si gii ori
Mi limiterò in questa nota a riferire i risultati sull'azione cu-
rativa e sul valore diagnostico della linfa Koch. Gli Egregi Assistenti
della Clinica Dott. Rapisarda ed Aradas si incaricheranno di ri-
ferire in altro lavoro tutte le modificazioni che avvengono e si suc-
cedono neir organismo di seguito all' infezione della tubercolina ;
tenendo conto tuttavia di quegli infermi che tuff ora trovansi in
corso di cura e ciò per avere maggior agio a poter giudicare del
potere terapeutico della tubercolina.
Sebbene sono di parere che 4 a 8 mesi non siano sufficienti
a poter giudicare del valore terapeutico di un rimedio contro la
tubercolosi, la quale, oltre di avere un corso abbastanza lungo, po-
trà avere periodi di sosta e non di rado la completa guarigione
con quei rimedi e mezzi igienici di che la medicina dispone, ciò
non pertanto ritengo che dopo 4 mesi è possibile ricavare una
conclusione pressoché positiva, tenendo presente le fasi del processo
tubercoloso. Ciò è possibile ad osservarsi con esattezza e precisione,
come del resto è stato da noi praticato, una volta che la cura è
affidata alla sola linfa; eccetto di quelle misure igieniche necessa-
rie di unita ad una buona alimentazione sostanziale.
Si cominciarono gli esperimenti con la linfa, che ci fu spedita
direttamente dal Ministero dello Interno, e con altra quantità suffi-
ciente avuta per solerte cura del chiarissimo Sig. Direttore dello
Ospedale V. E.
Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4* 16
114 Sugli esperimenti fatti colla linfa di Koch
Sicuro della provenienza mi proposi provare in larga scala
gli effetti nella Clinica medica generale da me diretta, ed eseguire
una serie di esperimenti in diversi ammalati scelti a tal'uopo, stu-
diando con rigorose ricerche e con diligente osservazione i risultati
di siffatta nuova medicazione tanto nella tubercolosi del pulmone,
quanto in qualche altro processo affine della pelle e in altri stati
patologici diversi.
Le prime iniezioni per tale cura furono da me incominciate il
21 Gennaro ultimo scorso, e^ fino a tutto Aprile gl'infermi sotto-
posti a siffatta prova sono stati in numero di 18 , e nei quali fin
allora si sono complessivamente praticate circa 140 iniezioni.
Gli ammalati a tal'uopo scelti possonsi classificare come siegue ;
dieci sono stati affetti da tubercolosi pulmonare, uno associato a
tubercolosi laringea, due (donne) affette da lupus ; altri cinque con
malattie diverse onde comprovare anche l'azione della linfa in al-
tre condizioni estranee al processo turbercolare, cioè ; uno con ca-
tarro bronchiale cronico ed enfisema pulmonare, un secondo con-
valescente d' un accesso pleurale apertosi per la via dei bronchi,
un terzo con itterizia per semplice angiocolite catarrale , un altro
con una pulmonite cronica rimasta allo stadio d'epatizzamento alla
base del pulmone sinistro, ed altro infine completamente guarito da
reumatismo articolare.
Confermata anzitutto la diagnosi della malattia, la cura si è
incominciata sempre colla iniezione d'un mezzo milligrammo, arri-
vando gradatamente, nelle successive, in alcuni fino a 12 milligram-
mi e in una delle ammalate di lupus fino a tre centigrammi e mez-
zo, e senza aver dovuto mai sperimentai'e effetti tossici nocivi, do-
vuti all' azione speciale del rimedio iniettato.
Negli ammalati tubercolosi, se la malattia non è stata agevole
aversi in un periodo rigorosamente incipiente, pretesa difficile del
resto se non impossibile conseguirsi in un ospedale, ho potuto ac-
certarmi essere stata essa però in tale stadio da offrirsi il processo
appena circoscritto all'apice d'un pulmone e senza notevole inte-
resse nello stato generale dell' infermo.
nella Clinica Medica di Catania 115
L" età in tutti è .stata compresa fra il diciottesimo al trentesi-
mo anno ; eccetto un solo , in cui 1' età oltrepassando il cinquate-
simo anno, e presentando il morbo segni non dubbi d' una fase
inoltrata, lo esperimento fu interretto dopo la 3" iniezione.
Accertata coli' esame clinico la natura della malattia in tutti
gl'infermi di tubercolosi incipiente, la prova batteriologica, colla ri-
cerca dei bacilli specifici del morbo, è stata anch' essa in tutti net-
tamente confermata, tenendo conto sempre di tutti i caratteri mor-
fologici e quantitativi anche di essi per gii ulteriori esami compa-
rativi relativi agli effetti della cura.
Stabilite rigorosamente le condizioni morbose locali e generali
nei diversi pazienti si è incominciata la cura proporzionando sem-
pre per gradi la quantità della linfa a seconda la elevatezza della
febbre, la resistenza dell' individuo o la suscettibiUtà dello stesso
alle possibili evenienze reattive del farmaco iniettato. Le iniezioni
si sono praticate con due giorni o tre di riposo, constatando sem-
pre le modificazioni locali e generali (registrate fedelmente in ap-
posito foglio) regolarmente prima e dopo di ogni injezione, ponendo
sempre cura a praticare le successive, ristabilitosi il relativo benes-
sere dell' infermo dopo la completa scomparsa di qualche feno-
meno riferibile alla precedente quantità di linfa.
Fino al 30 Aprile il massimo numero delle iniezioni praticate
in alcuni è stato fino a trenta ed il minimo fino a dieci.
La intensità della reazione febbrile e dei fenomeni biologici lo-
cali e subbiettivi non è stata però in tutti ne costante né uniforme;
in alcuni per es. è stata varia la intensità della cefalgia, in altri,
mancando questa, è stato anche vario il senso di addoloramento
generale o agli arti, da alcuni altri finalmente di unita ad un sudore
più 0 meno profuso si è accusato un senso diverso di spossamento
generale. La tosse, quando più e quando meno, ha subita anch'essa
qualche leggera modificazione ; però 1' esame attento dei fatti fisici
locali non ha mai addimostrato modificazioni rigorosamente apprezza-
bili, mostrandosi quasi sempre invariati tanto i fatti acustici e flessi-
metrici , quanto quelli relativi alle modificazioni quantitative e quali-
116 Sugli esperimenti fatti colla linfa di Koch
tative degli sptdl scamìaijliati quotidiaiuiìiiente col peso e con le osser-
vazioni al microscopio.
Il numero dei bacilli se qualche volta si è mostrato in difetto,
in prosieguo essendosi constatato il contrario, si è potuto ritenere
essersi da ascrivere più che ad altro ad accidentali ragioni inerenti
a qualche punto degli stessi espettorati, hi qualunque caso la for-
ma dei bacini, è certo, non aver subito affatto modificazioni di sorta.
Il massimo grado della febbre è stata osservata nelle due af-
fette di lupus, dove la temperatura ha raggiunto 40° a 40" 5. Con
siffatta elevazione termica, di unita ai fenomeni accennati , ha co-
stantemente corrisposto anche un proporzionato aumento nel numero
delle pulsazioni e degh atti respiratori per ogni minuto primo. Nei
tubercolosi però il risveglio della febbre non è stato mai così ac-
centuato; in alcuni anche con dosi un po' spinte la reazione invece
è stata ad osservarsi assai mite e leggera; così per es. in un gio-
vane tubercoloso coricato al N." 40 della Sala Curro con 8 milli-
grammi di linfa la reazione febbrile non ha oltrepassato quasi mai
i 38° 5 , mentre in altro con una pulmonite cronica alla base del
pulmone sinistro, (come sopra ho ricordato) e dove fin dal princi-
pio in moltissime ricerche non ci è stato dato rilevare mai la pre-
senza di alcun bacillo della tubercolosi, pure con due milligrammi
di linfa le reazioni febbrili sono state costantemente elevate da
raggiungere il 40° grado.
Del resto mantenuti gli ammalati in condizioni igieniche eccel-
lenti ed ottimamente alimentati, si è in tutti potuto accertare un
certo aumento nel peso del corpo e perciò nella nutrizione, asso-
ciato quasi sempre ad un relativo benessere generale neUe forze e
neUo stato funzionale dei diversi apparecchi come al solito.
In due degl' individui tubercolosi , essendosi la malattia mani-
festata con ripetute emottisi, ed in cui qualcuna anche appena am-
messi air Ospidale, pure , trascorso un certo tempo, dopo accerta-
tasi la natura specifica del morbo, sottomessi all' azione della Imfa,
e parendoci temere il risveglio di qualche abbondante emottisi, (se-
condo è stato da qualcuno anche avvertito) né la tosse però, né i
nella Clinica Medica di Catania 117
fatti fisici locali hanno subito modificazioni di sorta, né la stessa
emottisi si è giammai e sotto cjualunque aspetto anco accennata
con quella iperemia che dicesi svilupparsi di più in quel tessuto
colpito da tubercolosi.
Dove a dire il vero 1" azione della linfa si è mostrata addirit-
tura efficace e pronta (almeno temporaneamente) si è stata in due
donzelle (sorelle) colpite ugualmente da luims alla faccia da detur-
pare, in una principalmente, quasi per esteso le fattezze delle guan-
ce , delle labbra e delle pinne nasali coverte già da spesse croste
e gementi di continuo pus in abbondanza, hicominciando in questa
con due milligrammi, dopo 24 iniezioni_, si è raggiunta la dose di
tre centigrammi e mezzo ; e mentre dapprincipio le reazioni locali
e generaU si ebbero costantemente assai pronunziate , apportando
perfino la completa caduta delle croste fin dalla 5^* iniezione; con-
tinuando ed elevando sempre più la quantità del farmaco , la rea-
zione ad un certo punto si è arrestata, non avvertendo più 1' am-
malata effetto alcuno (anco subbiettivo) da siffatte iniezioni.
Del resto la superficie ammalata arrivò a presentarsi già in
uno stato assai soddisfacente di cicatrizzazione. Nell'altra sorellina
(di età minore) il rimarginamento delle piaghe in diversi punti anche
della faccia mostròssi già completo dopo circa 16 iniezioni e con
un massimo di 15 milhgrammi di linfa.
Divenuta del resto nell' una e nell' altra refrattaria qualuncjue
reazione del rimedio , ho fatto sospendere la cura per circa 18
giorni; dopo tale periodo di riposo si è dovuto constatare però la
ricomparsa in qualche punto della faccia di piccole bottoni facili
ad ulcerarsi , i quaU del resto si sono modificati nuovamente col
ripetersi di successive iniezioni, in seguito alle quah anche le rea-
zioni tanto locali che generaU mostraronsi anch' esse di minore
intensità, è vero, ma discretamente sensibili.
A confermare gfi effetti di questa linfa anche in altri amma-
lati né luposi né tubercolosi, e convincermi di quale importanza se-
miologica avrebbe potuto fino ad un certo punto essa ritenersi, ol-
tre gli ammalati già accennati, ho fatto praticare qualche iniezione
118 Sugli esperimenti fatti colla linfa di Koch
alalie in individui convalescenti o ristabiliti da altre comuni malattie :
or bene, pur essendo stati essi apiretici da parecchio tempo, dopo
la iniezione di un mezzo milligrammo di linfa, si è potuto, trascorse
4 a 6 ore, constatare un sensibile aumento della temperatura fino
a 38° 8, (in uno) e 39° 2, (in altro) con corrispettivo aumento an-
che nella frequenza del polso e degU atti respiratorj, e coll'accom-
pagnamento anche di molti di quei fatti subbiettivi relativi all'azio-
ne della linfa , come in quelli tubercolosi. Siffatti individui invero,
clii più chi meno, dopo la sperimentata iniezione incominciarono a
lagnarsi del solito spossamento generale e d'un dolore più o meno
molesto alle articolazioni e ai muscoli degli arti tanto superiori che
inferiori, accusavano discreta cefalgia, emettevano anche un sudore
abbondante, e che tutto cessava poscia col dileguarsi di quella tem-
poranea ipertermia.
È stato anche per me d"un certo significato l'esperimento fatto
eseguire sopra due ammalati estranei addirittura anch'essi ad ogni
processo tubercolare , uno affetto cioè da un semplice angiocolite
catarrale, e l'altro da enfisema pulmonare; tutti e due apirettici com-
pletamente e nei quali infatti la temperatura non aveva mai oltre-
passato i 36° 8 e 37" i2, nelle ore di sera. Or bene per conferma-
re in questi le modificazioni possibiU apportate della linfa di Koch
sopra una soluzione di continuo di natura non tubercolosa, ho pre-
scritta, nell'uno o nell'altro, l'applicazione di due larghi vescicanti
in uno sulla regione ipocondrica destra e nell' altro sulla regione
sopramammaria di sinistra.
Al secondo giorno ( prima ancora di qualunque iniezione ) il
fondo defia piaga nell'uno e nell'altro caso presentavasi d'un colo-
rito quasi roseo con piccoli solcamenti in certi punti d'un rosso
più intenso e umettato tutto d'un essudato sieroso scai'so.
Stabiliti in tal modo i caratteri , si passa lo stesso momento
alla iniezione d'un mezzo milligrammo di linfa per ciascuno; e men-
tre fin da cinque ore dopo si potè constatare già l'aumento solito
della temperatura (38° 5 neW itterico; 38° 8 neìVenfisematico) coU'ac-
compagnamento di parte di quei fenomeni subbiettivi già descritti,
nella Clinica Medica di Catania 110
potè confermarsi, dopo già sette ore dalla praticata iniezione , 1' a-
spetto del vescicante in tutti e due essersi anch' esso significante-
mente modificato.
Infatti il colorito si è presentato d'un fondo più spiccatamente
rosso e fortemente congestionato, dando luogo anche ad una abbon-
dantissima secrezione muco-purulenta.
Dal riassunto di tutte siffatte osservazioni (da dettagliarsi del
resto in altra apposita relazione) (1) emergono, secondo me, spon-
tanee le seguenti conclusioni :
1.0 Che il valore semioloyko di questa linfa non puossi accet-
tare come assoluto e per tutti i casi decisivo, non essendo la sua
azione sempre costante nel designare in mancanza d'altri criteri la
specialità del processo tubercolare. Restando a tal'uopo sempre supe-
riori i mezzi più inconcussi fornitici dalla Clinica e dafia Batterio-
logia.
2.0 Che gli effetti curativi di essa non si hanno poi quella ef-
ficacia già a priori tanto decantata ; non avendo apportate mai
quelle modificazioni locali capaci a determinare la scomparsa asso-
luta del processo in qualuncjue stadio esso si trovi. E che d' altro
canto il concorso dei mezzi igienici, di cui vengono circondati si-
mili infermi, può molto valere, anche da sola, a determinare quei
periodi di sosta e quel temporaneo miglioramento della malattia fi-
no al momento in qualche caso osservati.
3.0 Che intorno al lupus quantunque non sia a negarsi spesso
una pronta efficacia sul processo d' esulcerazione ; anche fin dalle
prime iniezioni^ non è però ancora a ritenersi decisivo il vero va-
lore terapeutico di essa per la completa e deffinitiva guarigione del
morbo.
(1) Redatta dagli assistenti della Clinica.
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
pel Doti GIOVANNI DI -STEFANO.
paleoutologu dell' rfficlo geologico italiauo.
Il Lias medio del M. San Giuliano.
Questo lavoro è diretto allo studio stratigrafico e paleontologico
minuto di una massa molto potente di calcari del Lias medio, per ri-
cercare se principalmente con la guida dei brachiopodi sia possibile
distinguere in essi vari livelli, che possano servire poi da termine
di paragone per l'ordinamento dei calcari con crinoidi e brachio-
podi meglio studiati del bacino mediterraneo. Simile tentativo non
si è fatto sinora per le difficoltà che si oppongono alla esatta divi-
sione delle faune nei calcari con crinoidi; ma giacché nel Lias me-
dio del M. San Giuliano esiste una linea di divisione stratigrafica, e
lo studio dei brachiopodi, se ancora non può condurre a fondare
vere zone nel significato che loro è dato modernamente (1), può
permettere tuttavia di stabilire dei livelfi, ho voluto esporre qui il
risultato delle mie ricerche che, se non altro, possono servire a far
conoscere un importante deposito liassico.
Il M. San Giufiano, cioè l'antico Erice, è l'estrema diramazione
del gruppo di monti mesozoici della parte settentrionale di Sicilia,
e s'innalza di 751 m. sul livello del mare che ne lambe parte defia
base. Esso è molto noto nell'isola per le memorie del celebrato
tempio di Venere ericina, per gl'importanti avanzi di costruzioni
pelasgiche e per le antiche cave di marmi, ora esaurite. La sua
struttura è messa a nudo dalla frattura che lo sezionò nel lato S. E.
e rese visibile una bella e regolare successione di strati fortemente
inclinati a S. 0. e diretti da N. 0. a S. E. Essi sono riccamente
(l; Neumayr, Ueber unvermittelt auftretende Cephalopodentypen in Jura Mittel-Euroiia's,
1878 CJahrb. d. k. k. geol. R.-A.)
Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4° 17
122 R Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
fossiliferi e fra i più importanti della Sicilia ; nondimeno , dopo la
brevissima descrizione geognostica che ne fece F. Hoffmann (1) ,
solo in tempi molto recenti sono stati oggetto di studio esteso. Nel
1884 io pubblicai la illustrazione dei brachiopodi di quel Dogger
inferiore (2) e più tardi, cioè nel 1886, il prof. Gemmellaro (3)
diede la descrizione geologica del monte e l' esame di tutta 1" ab-
bondante fauna del Dogger inferiore. Nello stesso anno il march.
A. De-Gregorio (4) descrisse alcuni dei fossili dell'Erica, dei quali
ripubblicò le tavole in un secondo lavoro (5), e l' ing. L. Baldacci
stampò dei cenni sulla costituzione del monte nella sua nota bel-
l'opera sulla geologia della SiciUa (6). Ora io credo bene di ri-
tornare sullo studio del M. San Giuliano per esaminare i calcari
del Lias medio, che sono importanti per la più estesa conoscenza
paleontologica e stratigrafica di questo piano. Pertanto noto che la
serie dei piani e dei livelli costitutivi del monte (tralasciando di
riportare i calcari elveziani con Heterostegina, grandi Peden e Clijpea-
ster, perchè sono nella pianura e non fanno parte del monte) è la se-
guente :
8. Calcari dell'Eocene compatti, talora brecciformi, grigi , con
abbondanti piccole nummuliti.
7. Calcari finamente cristallini, grigi o biancastri del Titonico
con Terehratula diphya Cat. , Lytoceras quadrisulcatum d' Orb. sp. ,
Phylloceras 'ptychoicimi Quenst. sp. ecc.
6. Calcari cristallini, grigio-chiari, qua e là macchiati di verda-
stro, della zona con Aspidoceras aclmntkìcmn Opp. sp.
(1) Hoffmann, Geoffiiostische Beohachtungen ecc.; Berlin, 1839, pag. 454.
(2) Di-Stefano, Ueher die Brachiopoden des Unteroolithes ron M. San Giuliano bei Tra-
pani {SicHien); Wieii, 1884 (Jahrb. d. k. k. geol. R. A., 34 Bd.)
(3) Gemmellaho, Sili Doijger inferiore del M. San Giuliano (Erice); Palermo 1886 (Boll.
della Soc. di Se. Nat. ed Econ. di Palermo; seduta del 29 gennaio 1886;.
(4) De-Greoowo , Nota intorno a taluni fossili di M. Erice di Sicilia del piano Alpi-
niano De Greg. ; Torino , 1886 (Estratto dagli Atti della R. Acc. di Se. di Torino , S. II,
T. XXXVII.)
(5) De-Gbeookio, Iconografia della fauna del T orizzonte Alpiniano; Palermo, 1886.
(6) Baldacci, Descrizione geologica dell' isola di Sicilia ; Roma, 1886. (Mem. descrittive
della carta geol. dell' Italia)
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 123
5. Calcari cristallini con grana molto fina, bianchi, tendenti al
verdastro, assai spesso macchiati di carneo, con Peltoceras transver-
sariuìii Quenst. sp. ecc.
4. Calcari compatti, grigio-chiari, con liste e nodoli di selce,
sterili di fossili, rappresentanti con molta probabilità la zona con
Stephanoceras macrocephalum Schloth. sp.
3. Calcari compatti grigio-oscuri, con nodoli di selce, riposanti
in concordanza su quelli del Dogger inferiore. Contengono la fauna
degli strati di Klaus, con Posuìonoimja alpina Gras , Bliynchonella
Alla Opp., Rh. defluxa Opp., Terebratula pteroconcha Gemm. ecc.
2. Calcari neri o nerastri , con grossolane ooliti ferruginose,
riposanti con leggiera discordanza sul Lias medio. Offrono una fauna
ricchissima del Dogger inferiore, con Harpoceras opalinum Rein. sp.
Ludwigia Miirchisonae Sow. sp., Terebratula spheroidalis Sow. ecc.
1. Calcari grigi e bianchi, compatti o cristallini , con o senza
crinoidi, ricchi di brachiopodi e lamellibranchi del Lias medio.
Gli' strati del Lias medio formano la base dirupata del monte,
e, comparendo come roccia fondamentale, non fanno scorgere
gli strati sui quali riposano. La loro potenza apparente è di
circa 250 m., come si vede nel lato S. E. del monte, sulla destra di
chi sale le primi rampe della strada rotabile di San Giuliano. Essi
cominciano molto sotto il balzo dei Cappuccini per mezzo di spessi
strati di calcare tenace, cristallino , grigio, sparso di macchie gial-
lastre e di venature bianche spatiche, zeppo di crinoidi indetermi-
nabili e di brachiopodi , ma scarso di pelecipodi. Le sue specie
più frequenti sono : Sp. rostrata Schloth. sp., Sp). Hartmanni De-
slongc. non Zieten, Sp. gibba Seg., Rh. Briseis Gemm. ecc.
Questi strati, il cui spessore si avvicina ai 100 m. , passano
superiormente ad altri di calcare grigio-chiaro, compatto oppure sub-
cristallino, poverissimo o assai spesso scevro di crinoidi, con molte
Lima, col Peden heterotus Gemm. et Di-Blasi, con alcune Scurriopsis e
con esemplari del Nautilus affinis Gemm. e del N. demonensis Gemm.
Tale calcare ha lo spessore di circa 50 m. e alla parte superiore
124 n Lias medio del M. San Giuliano (Ericé) presso Trapani
passa alla sua volta a strati di calcari cristallini bianchissimi, con
sfumature carnicine qua e là, formati interamente dall' accumulo
di articoli di crinoidi e di conchiglie di brachiopodi e di pelecipodi.
Essi raggiungono la potenza di circa 100 m. Fra i loro brachiopodi
sono notevoli per abbondanza o per importanza la Bh. curviceps
Quenst. sp., la Rh. Eleuteria Di-Stef., la Ter. punctata Sow., la Ter.
Rotzoana Schaur., la Wald. Verneuili Deslongc, var., la Waìd. qua-
drifida Lmk. var. lyliboea Di-Stef. ecc. Fra i pelecipodi predominano
le Lima del sottogenere Plaijtostoma , quasi tutte nuove , il Federi
heterotus Gemm. et Di-Blasi, il P. textorim ScUoth. sp. e varie specie
indescritte.
Come si vede , si presentano dunque nel Lias medio del M.
San GiuUano due livelli di calcari con crinoidi e brachiopodi, se-
condo fu già notato dal prof. Gemmellaro, i quali, per la spessa zo-
na di calcare compatto che li separa e pel loro colore differente, so-
no sul terreno ben distinti a prima vista e sembrano anzi appar-
tenere a due piani geologici. Per questo è necessario di studiare
minutamente e separatamente la loro fauna.
Nel livello più basso, costituito di calcare grigio con crinoidi,
si raccolgono le seguenti specie :
Spiriferina rostrata Schloth. sp.
„ sicula Gemm.
„ Hartmanni Deslongc. non Zieten
„ Darwini Gemm.
„ Statira Gemm.
„ anyulata Opp.
„ Z'Kjnoi Di-Stef.
(jibha Seg.
„ Munsteri Davids.
RhynchotieUa curviceps Quenst. sp.
„ tetraedra Sow. sp.
„ serrata Sow. e var. Kilianl Di-Stef.
„ Scherina Gemm.
„ Glycinna Gemm., var.
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 125
RliyìieìtuneUa palitiata Opp.
„ Dalmasi Dum.
„ Caroli Gemili. {=Hli. ('artieri Opp.)
„ Alberti Opp.
„ Briseis Gemm. e var. Iphimediu Di-Stef.
,, ptinoides Di-Stef.
Wdhllifiiiiia securiformis Gemm. , var. pomatoides Di-Stef.
„ cfr. siihìiìtiiiisinalis Davids.
„• Eie aldi Opp.
„ Rotlipletz Di-Stef. {^Z. liìignafa, var. major Haas
non Bòck = Wald. Haasi Rotlipl. non Buck-
mann)
Lima {Plagiostoma) nov. sp. aff. L. semilunaris Ziet.
Peden {Chlamys) textorius Schloth. sp.
„ „ heterotus Gemm. et Di-Blasi
„ „ anomioides Gemm. et Di-Blasi
„ {Pseudatnussium) Stoliczkai Gemm.
, „ Bellampensis' Gemm. et Di-Blasi
Avicula {Oxijtoma) sinemuriensis d'Orb.
Naidilus sp.
Harpoceras Ahjovianum Opp. sp.
„ Kurrianum Opp. sp.
Nel livello più elevato^ cioè nei calcari bianchi con crinoidi si
trovano queste specie :
Spiriferina rostrata Scliloth. sp.
Handeìi Di-Stef.
„ siculu Gemm.
„ Hartmanni Deslongc. non Zieten
„ Darwini Gemm.
„ Geyeri Di-Stef.
„ Zifjnoi Di-Stef.
, yibba Seg.
, Milnsteri Davids. sp. e var. recondita Seg.
126 II Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
BhyìicìioneUa ciirviceps Quens^t. sp.
„ tetraedra Sow. sp.
„ serrata Sow. e var. KiUani Di-St^f.
„ Dalmati Duni.
„ Eleuteria Di-Stef.
„ Zuymayeri Gemili.
Terehratula punctata Sow.
„ sphenoidalis Mgh. apud Gemm.
„ Botzoana Schaur. e var. pJicata
Waldheiìiiia secìirìfor>nìs Gemm. , vav. poìnato/des Di-Stef.
„ Catìiarinae Gemm.
„ Darwini Deslongc.
„ cfr. subnumisnialis Davids.
„ quadrifida Lmk. sp. , var. ìijiihoea Di-Stef.
„ Verneuili Deslongc. , var.
Kinyena Capellinii Di-Stef.
„ losephinia Gemm.
Placunopsis sp. nov.
Lima Haueri Stol.
„ {Flayiostoiiia) sp. nov. aff. L. semilunaris Ziet.
„ „ sp. nov. aff. L. Edio d' Orb.
„ „ sp. nov. aff. L. Choffati Di-Stef.
„ „ sp. nov. aff. L. Eucharis d' Orb.
„ {Radula) sp. nov. aff. L. pectinoides Sow.
Peden {Chlamys) textorius Schlotli.
„ „ heterotus Gemm. et Di-Blasi
sp.
„ „ sp. nov. aff. P. Boìlel Stol.
„ {Pseudamussium) Stoliczkai Gemm.
» » sp.
IlehlU d' Orb.
Avicula (Oxytoma) sinemuriensis d' Orb.
Mytilus sp.
Pleurotomaria sp.
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 127
Dall' esame di questi elenchi di fossili si trae che le faune
dei due livelli appartengono al Lias medio. I due cefalopodi deter-
minati ( Harp. AÌ(/ovianuin Opp. sp. , Harp. Kurrianum. Opp. sp. )
sono sufficienti a porre in tale piano il livello inferiore; però essi
non hanno valore per una determinazione di zona, essendo i cefa-
lopodi dei nostri calcari con crinoidi e brachiopodi del tutto ina-
datti, almeno per ora, a fare stabilire tali divisioni. Il resto delle
specie del livello inferiore confermano questo riferimento di età.
Su 32 specie che rimangono , una era ritenuta speciale del Lias
inferiore di Taormina {Sp. segregata Di-Stef.), 3 si raccolgono nel
Lias inferiore della provincia di Palermo {Sp. Darwini Gemm., P.
anomioides Gemm. et Di-Blasi, P. heferotus Gemm. et Di-Blasi); delle
quali la Sp. Darwini passa anche nel Lias medio della provincia di
Palermo e di Messina, e una {Eh. Caroli Gemm. = Bli. Cartieri
Opp.) è comune al Lias inferiore di Hierlatz e della provincia di
Palermo. Gli altri fossili o sono speciali del Lias medio {Sp. Statira
Gemm., Sp. gibba Seg., Rh. serrata Sow., sp., Eh. Glijcinna Gemm.,
Eh. Dalmasi Duni., Wald. securiformis Gemm.) , oppure si presen-
tano nel Lias inferiore e nel medio , e qualcuna nel superiore.
Però se fra queste si tolgono la Sp. angidata Opp., la Eh. Alberti
Opp., la Eh. palmata Opp., la Wald Ewaldi Opp. e il P. textorius
Schloth. sp., a dir vero assai più sviluppate nel Lias inferiore ^ la
massima parte sono di quelle che offrono il più grande sviluppo
nel medio {Sp. rostrata Schloth. sp., Sp. sicula Gemm., Sp. Hart-
manni Deslongc. non Zieten, Sp. Milnsteri Davids., Rh. curviceps
Quenst. sp., Eh. Briseis' Gemm., Eh. tetraedra Sow. sp., P. Sto-
liczkai Gemm., Av. sinemuriensis d'Orb.). La Wald. Eothpletzi Di-Stef.
=^ Wald. linguata, var. major Haas non Bòck = Wald. Haasi Ro-
thpl. non Buck. si presenta pure a San Cassiano in calcari riferibili
alla parte inferiore del Lias medio.
È da escludere dunque che 1 calcari a crinoidi grigi del livello
inferiore descritto possano riferirsi al Lias inferiore : essi vanno
posti nel Lias medio, come gU altri di Sicilia detti con T. Aspasia,
128 11 Lias medio del M. San Giuliano [Erice) presso Trapani
che col loro tipo promiscuo di specie del Lias inferiore e del
medio ripetono in questo la facies di Hierlatz.
Cosi esattamente si può anche eliminare il dubbio che il li-
vello più alto possa rappresentare il Lias superiore. Delle sue 43
specie una sola sinora pareva propria del Lias inferiore di Hier-
latz (L. Haueri Stol.); 2 provengono dalla parte elevata del Lias
inferiore di Taormina {Sp. segregata Di-Stef., Sp. Handeli Di-Stef.);
3 dal calcare cristallino del Lias inferiore della provincia di Pa-
lermo [Sp. Darwini Gemm. ; Eh. Zugmayeri Gemm. , P. heterotus
Gemm. et Di-Blasi) ; 2 sogliono essere più proprie delle parti ele-
vate del Lias medio e passano anche nel superiore (T. Rotzoaììa
Schaur., Wald. Darwini Deslongc.) ; 9 sono ritenute finora speciali
del Lias medio {Sp. gihha Seg.^ Rh. serrata Sow. sp., Eh. Dalmasi
Dum., T. sphenoidalis. Mgh. apud Gemm., Wald. Verneuili Deslongc,
var., Wald. securifortiiis Gemm. ) Wald. Catharinae Gemm., Wald.
quadrifida Lmk., Kingena Josephinia Gemm.) , e il resto delle spe-
cie già note, pur trovandosi nel Lias inferiore e nel medio e ta-
luna anche nel superiore, sono nondimeno di quelle che raggiun-
gono il massimo sviluppo nel medio (Sp. rostrata Schloth. sp., 8p.
sicula Gemm. , Sp. Hartmanni Deslongc. , Sp. Miinsterl Davids., Eh.
curviceps Quenst., Eh. Briseis Gemm., E //. tetraedro Sow. sp., Ter.
imnctata Sow., sp. Wald. cfr. snbnumismalis Davids. , A. sinemurien-
sis d'Orb.), se però se ne eccettuano il Pect. teoctoriiis Schloth. sp.
e il P. Helilii d' Orb. più sviluppati nel Lias inferiore. Dodici spe-
cie infine sono nuove e una non permette T esatto apprezzamento
de' suoi caratteri.
Da quanto abbiamo esposto si trae dunque che il livello supe-
riore di calcari con crinoidi e brachiopodi del M. San Giuliano rap-
presenta certamente anch'esso il Lias medio.
Intanto è da notare che tra le faune dei due liveUi di calcari
con crinoidi si rilevano alcune differenze importanti. Prima di tutto
si osserva che in quello elevato, cioè nei calcari bianchi, si presen-
tano alcune specie di molto significato che mancano nel Uvello in-
feriore, come sono la Ter. Eotzoana Schaur. , che si raccoglie
// Lias modio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 129
nelle porzioni elevate del Lias medio e specialmente nel superiore,
la ÌVa/d. quadrifida Lmk. sp. , var. e la IVa/d. Darwini Deslongc,
più solite degli strati alti del Lias medio , e delle quali 1' ultima
passa anche in quelli con Leptaenu del Lias superiore (1). Inoltre
mancano nel livello superiore alcuni tipi del Lias inferiore di Hier-
latz che invece si raccolgono frequentemente in quello inferiore,
come sono la Sp. angidata Opp., la Bh. palmata Opp., la Rh. Al-
berti Opp. e la Wald. Envaldi Opp., e dippiù si nota in esso una
maggior quantità centesimale di specie comuni col Lias inferiore in
generale. Per questi suoi caratteri, che indicano più strette relazioni
con le parti elevate del Lias medio e col superiore , il livello più
alto di calcari con crinoidi del M. San Giuliano mostra rispetto a
quello più basso un carattere di maggiore gioventù, il che corri-
sponde alla sua posizione stratigrafica elevata.
I contrassegni distintivi dei due livelli si mostrano più spic-
cati se si considera che ci sono delle specie e delle varietà nuove
caratteristiche per ognuno di essi. Infatti la Eh. ptinoides Di-Stef. è
speciale degli strati inferiori, mentre la Sp. Geijeri Di-Stef., la Rh.
Eleuteria Di-Stef.,' la Kinyena Capellini Di-Stef., e le varietà riferite alla
Vald. Verneuili Deslongc. e alla Wald. quadrifida Lmk. sp. sono
proprie di quelli superiori.
Pertanto non deve esagerarsi il valore di tali differenze, che
è naturale si trovino in un deposito molto potente e formatosi per-
ciò in uno spazio di tempo relativamente lungo ; nondimeno esse
mostrano che i calcari con crinoidi non occupano nel Lias medio
un livello determinato, ma che possono ripetersi a varie altezze e
con certe differenze di faune^ al quale fatto, già conosciuto per ra-
gioni paleontologiche, mancava sinora la prova stratigrafica che for-
nisce lo studio del M. San Giuliano.
(1) Choffat, Étude stratigraphique et paliontologique des térrains jurassiques du Portu-
gal, 1. Lisbonne, 1880.
Atti Acc. Vol. ITI, Serie 4' 18
130 H Lias medio del M. San Gitdiano (Erice) presso Trapani
II.
Sul possibile ordinamento dei calcari con crinoidi e brachiopodi
del Lias medio mediterraneo.
§ 1. La determinazione dei due livelli di calcari con crinoidi
e brachiopodi del monte San Giuliano stratigraficamente sovrapposti,
può facoltare, per mezzo del loro paragone, a tentare la divisione
in una porzione inferiore e in una superiore di altii calcari fossili-
feri del Lias medio mediterraneo (sebbene non sia facile stabilire
dei retti ciiterj distintivi), e tale che possa servire da riprova ai
minuti riferimenti di età fatti sinora solo paleontologicamente e in
modo vago e generale. Per procedere a questo, fermiamoci prima
sul paragone dei due livelli descritti del M. San Giuliano con i cal-
cari a crinoidi e brachiopodi di altre regioni della Sicilia.
Le faune siciliane del Lias medio meglio conosciute sono quelle
della provincia di Palermo, di Galati di Tortorici ( Messina ) e del
piccolo promontorio di Castelluccio presso Taormina (Messina). Le
prime furono già illustrate compiutamente dal prof. G. Gemmellaro (i),
e all' elenco dei fossili riportato da lui , composto di specie prin-
cipalmente raccolte sulla Montagnola di S. Elia (Palermo), di Ghiusa-
Sclafani e della contrada Sant'Anna presso Giuliana nella provin-
cia di Palermo , non ci è da aggiungere altro che la Sj). Darwini
Gemm. { = 8p. cfr. a ululata Gemm. non Opp. ) di Sant'Anna. Le
faune delle tre località cennate della provincia di Palermo (i2) hanno
(1) Gemmbllako, Sopra i fossili della zona con T. Aspasia Mgh. della provincia di Pa-
lermo e di Trapani; Palermo, 1874. (Sopra alcune faune giuresi e liasiche della Sicilia,
1872-82).
(2) I fossili che si raccolfrono nei tre luoghi notati sono i seguenti. Nel calcare grigio,
talvolta macchiato di rosso, con crinoidi della Montagnola di S. Elia si raccolgono : Koninkella
gihbosula Genun. sp. ; Sp. rostrata Schloth. sp., Rh. pusilla Gemm, Rh. Briseis Gemm., Rh.
Ziiteli Gemm., Rh. serrata Sow. sp., Rh. Scherina Gemm., Rh. fvrcillata Theod. sp., T. riidis
Gemm., T. TaramellH Gemm., T. Piccinina Zht. , T.Aspasia, Mgh., Wald. Ewaldi Opi)., Wald.
Catharinae Gemm., Wald. costuluta Gemm., Wald. cfr. numismalis Link, sp , Anomia numi-
smalis Quenst.
In quello bianco, talvolta tendente al carneo, con crinoidi, di Sant'Anna di Giuliana: Sp.
Staiira Gemm. , Sp. rostrata Schloth. sp , Sp., sicula Gemm , Sp. Darivini (iennu., Sp. Mìln-
Il Liaji medio del M. San Giuliano [Erice) presso Trapani 131
gli stessi caratteri generali e sono sì strettamenente legate che nella
ricerca della porzione antica o recente del Lias medio alla quale
spettano , possono studiarsi riunite. L' insieme delle loro specie è
notato dal prof. Gemmellaro nel quadro che ciiiude il suo lavoro;
io pertanto le ho enumerate qui sotto divise secondo il luogo d'onde
provengono.
Le faune di Galati e del promontorio di Gastelluccio sono state
studiate in parte dal prof. Gemmellaro, che descrisse i cefalopodi
di Galati (1), e dal prof. Seguenza (3); però una critica minuta
degli elenchi puhblicati e l'abbondante quantità di fossili di quei
luoghi raccolti ora nel Museo geologico dell' Università di Palermo,
fanno necessario che io enumeri di nuovo tali faune.
I calcari rossi o grigi^ cristallini o subcristallini del Lias medio
sten' Davvids. sp., Bh. Hetjnesi Genim. non Opp., Eh. tiiquetra Gemm., Eh. Kraussi Gerani.,
Eh. iurersa Opp., Eh. retusifrons Opp., Eh. Orsiiiii Gemm., Eh. Eriseis Gemili., Eh. poli/pli/-
chu Opp., Eh. serrata Suw. sp.. Eh. .Scherma Gemm., Eh. flabellum Mgli. , Eh. Mariottii
Zitt , Eh. furciìlata Tìieod. sp., T. sphenoidaHs Mgh. apiul Gemm., T. Aspasia Mgh , Wald.
Cathariìiao Gemm., Waìd. securiformis Gemm., Wald. stapia Opp., Wald. Eiigelhardti Opp.,
Wald. Eu-aldi Opp., Placi<>W2)sis Zitteli Gemm., Pect. Holkzkai Gemm., Peci. Ponzii Gemm.,
Pect. Agathis Gemm., Lima Deslongchampsi RAuei;L. ìiasina Gemm., Eunema alpina Stol. sp.,
Tr. Cupido d'Orb., Tr. quadrimonilis Gemm., Ch. sinistrorsa Gerani., Ehac. mimatetise d'Orb.
.sp., Earp. algoriaiimn Opp. sp., Ar. efr. tardecrescense v. Hauer sp.
In quello bianco, talora tendente al carneo, con crinoidi, dì Chiusa Sciatimi: Koniiik. gih-
bisula Gemm., Sp. rostrata Schloth. sp., Sp. sicula Gerani., Eh. Orsinii Gemm., Eh. Briseis
Gemm., Eh. Glycinna Gerani., Eh. Scherina Gemm., Eh.flahellfm Mgh., T. sphenoidaHs Mgh
apud. Gemm., T. Aspasia Mgh., Wald. securiformis Gemm., Wald. costulata Gemm., Wald.
Engelhardti Opp., Wald. st.ipia Opp., Wald. Eivaldi Opp., Kingena Josephinia Gerani., Placu-
nopsis Zitteli Geniin., Pect. Agathis Gemm., L. Deslongchampsi Sto\., Av. sinemitriensis d'Orb.
Av. sexcostata Roeni. , Arca aviculina Schafht. , Pleur. Scacchii Gemm. , Pleur. ch: princeps,
Koch. et Dnnk. sp., Pleur. trochotomopsis Gemin., Crypt. heliciformis Deslongc, Crypt. cxpansa
Sow. sp., Dischoh. o/-6(s Reuss, sp., Discoh. excavata Eeuss sp., Emi. alpina Stol. sp , Tr. Cu-
pido d' Orb., Tr. Scherinus Gemm., Tr. quadrimonilis Gemm., Ch. sinistrorsa Gerani. , Phi/ll.
Meneghinii Gemm., Earp. algovianum Opp. sp., Harp. Scherinum Gerani., Lyt. Czizcki v. Hau-
er, Ar. cfr. tardecrescens v. Hauer.
(1) Gemmellaro, Sui fossili degli strati a T. Aspasia della contrada Eoccherosse presso
Galati; Dispensa 1»; Palermo, 1884.
(2) Sequenza, / minerali della provincia di Messina, 1885 (pagine staccate da un'opera
che non fu pubblicata)— /««orwo al sistema giurassico nel territorio di Taormina, 1885. ,Natur,
sieil. a. TV)~Le Spiriferina dei varii piani del Lias messinese 1886. (Boll, della Soo. geol.
ital. ; voi. IV )
132 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
delle Rocche rosse sul M. Ucina presso Galati di Tortorici giacciono
tra il Lias inferiore (1) e un calcare nerastro, che, pe' suoi caratteri
litologici e pel suo posto stratigrafico immediatamente sottostante agli
strati con la fauna di Klaus, sembra corrispondere al Dogger infe-
riore del M. San Giuliano (Trapani). In questi calcari del Lias medio
si raccoglie una fauna abbondantissima e mista di cefalopodi, bra-
chiopodi, gasteropodi e lameUibranchi, che attendono ancora la loro
compiuta illustrazione: io ne cito qui le molte specie note e quelle
nuove che si presentano anche al M. San Giuliano. La lista che è
utile di conoscere è la seguente :
Spiriferina rostrata Schloth. sp.
» pi/riformis Seg. ( = ? Sp. terebratulokles Seg.)
„ gryphoidea Uhlig. {=Sp. ovata Seg.)
„ brevirostris Opp. {=Sp. plano-conoexa Seg.)
„ alpina Opp. {^8p. compressa Seg. ecc.)
„ sicula Gemm. {^Sp. undulata Seg.)
„ Hartmanni Deslongc. non Ziet. {=Sp. capulifor-
mis Seg.)
„ gibha Seg.
a Darwini Gemm.
„ angulata Opp. i=Sp. Carmelinae Seg. e var. pyra-
mirJata Seg.)
„ Miinsterl Davids. sp.
Ehynconella Scherhia Gemm.
„ serrata Sow. sp.
„ Glycinna Gemm. var.
„ Briseis Gemm.
„ ftabeìlum Mgh.
„ Orsinii Gemm.
„ pusilla Gemm.
„ triquetra Gemm.
Sordellii Par.
(1) Baldacci, Descrizione geologica dell'isola di Sicilia ecc., pag. 141.
// Litis medio del M. San Giuliano {Ericé) pres.so Trapani Wò
E/n/ììcoìieìfa riitiosa V. Buch.
IHtljIptijcha Opp.
„ Alberti Opp.
„ ptiiioiiles Di-Stef.
„ Reynesi Gemm. non Opp.
„ pdhìuda Opp.
„ Daloiasi Dum.
Terebnitiila sphenoidalis Mgh. apud Gemm.
„ Aspasia Mgh.
., conìicohuìa Can.
Vnldlieiìiiia securifoniiis Gemm., var. pomatoides Di-Stef.
„ stapia Opp.
„ Ewaldi Opp.
„ Furlana Zitt., var. elomjata Mgh.
Peden (Chlamijs) subreticulatus Stol.
„ {Pseudamussium) Stoliczkai Gemm.
Avicula {Oxytoma) sinemuriensis d' Orb.
Pleurotomaria Stiessi Hoern.
„ cfr. foveolata Deslongc.
„ intermedia Miinst.
„ anglica Sow. sp.
„ princeps Koch et Dunk. sp.
Trochotoma cfr. striatum Hoern,
Eunema alpina Stol. sp., var.
Lewisiella conica d' Orb. sp.
Trochus (Eutrochus) Cupido d' Orb.
„ (Gibbìila) cfr. Avernus Stol.
Chemnitzia (Rhabdoconcha) cfr. hierlatzensis Stol.
Discohelix Beassi Hoern. sp.
„ orbis Reuss
„ cfr. reticulata Stol.
Nautilus affinis Gemm.
„ demonensis Gemm.
Phylloceras Pa rischi Stur.
134 11 Lias medio del M. San Ghdìanu {Ericé) preciso Trapani
Pìnjlìvceras Aluntunim Gemm.
„ Meneyliinu Gemm.
Rhacophyllites lihertum Gemm.
Aegoceras {Liparoceras) Bechei Sow. sp.
„ (Deroceras) suhmuticmn Opp. sp.
Tropidoceras masseanum Opp. sp., var. mediterranea Gemm.
„ Flandrini Dum. sp.
„ Zancleanum Gemm.
Coeloceras pettos Quenst. sp.
Belemnites paxiUosiis Schloth.
Il calcare grigio con crinoidi, che al piccolo promontorio di
Castelluccio presso Taormina riposa sul Lias inferiore, fornisce una
bella fauna, della quale le specie note e quelle nuove, che si rac-
colgono pure al M. San Giuliano, sono queste:
Spiriferina rostrata Schloth. sp.
„ sicida Gemm. ( = Sp. imdulata Seg.)
„ Statira Gemm.
„ angidata Opp. ( = Sp. Carmelinae Seg. )
n gryphoidea Uhi. ( = Sp. ovata Seg. )
„ alpina Opp. ( = Sp. compressa Seg. ecc. )
„ Davidsoni Deslongc. = («S^/'- producta Seg.)
„ segregata Di - Stef.
„ Darwini Gemm.
„ gibha Seg.
Rhynchonella Glgcinna Gemm.
„ serrata Sow. sp.
„ Orsini Gemm.
„ fiabelhnn Mgli.
„ Dalmasi Dum.
Briseis Gemm. e var. Iphimedia Di - Stef.
„ ptinoides Di - Stef. .
pohjptycha Opp.
Terehratula sphenoidalis Mgh. apud Gemm.
Il Lian medio del M. »Sfl« Giuìiano (Erice) presso Trapani 135
Terehrdtiild pìutctata Sow.
, Aspasia Mgh.
„ Beijricìn Opp.
Vaìdlieimiu cfr. numismaìis Link. sp.
„ nmtabilis Opp.
„ stapìa Opp.
„ Engelhardt/ Opp.
„ securiformis Gemm., var. pomatoides Di - Stef.
Eothpìetzi Di - Stef.
Peefeiì [Cìamijs) heterotus Gemm.
„ {Pseudamussium) Stoliezk(// Geiiim.
Avicula {Oxytoma) sinemimensis d'Orb.
Lima {Plagiostoma) sp. nov. aff. L. semilunaris Ziet.
Discohelix Reussi Hoern. sp.
„ orhis Reuss sp.
Trocus {Eutì'ochus) lateiimbilicattis d' Orb.
Plìì/Iìoceras Patiscili Stur sp.
„ Alontinum Gemm.
Rliacophyllites libertum Gemm. sp.
Tropidoceras Zancleanum Gemm. sp.
Harpoceras Algoviamim Opp. sp.
„ Kurrianum Opp. sp.
„ scherinum Gemm.
I cefalopodi delle varie faune notate sopra provano con sicurezza
che esse appartengono al Lias medio ; però tali fossili, pel loro ri-
stretto numero e pel modo del loro aggruppamento, non rendono pos-
sibile una determinazione di zona nel senso che le si dà moderna-
mente, n Coeloceras pettos Quenst. sp., il Tropidoceras masseanum d'Orb.
sp. , r Aegoceras suhmuticttrn Opp. sp. sono più propri delle porzioni
basse del Lias medio, sebbene non manchi chi indica le due ulti-
me specie in istrati attribuiti al Lias superiore (1), ma che potreb-
(1) Meneghini, Monographie des fossiles du calcaire rotige ammonitique (Lias supérieur )
de Lombardie et de V Apennin centrale; Milan, 1867-81. (Paleontologie lombarde ecc.)
136 II Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
bero appartenere forse alla parte elevata del Lias medio. U Aegoceras
{Liparoceras) Bechei Sow. sp. e Y Harpoceras Flandriui Dum. sp. so-
gliono presentarsi nelle zone medie del Lias medio ; nondimeno il
primo è indicato dal Meneghini [Amm. {Aegoceras) striatus apud Me-
negliini] nell' opera qui avanti citata come trovato nei calcari di Bi-
cicola (Lombardia) , da lui riferiti al Lias superiore , ma che pure
possono essere delle porzioni alte del medio. U Harpoceras Kurrianum
Opj). sp., r Tlarp. Alyovianum Opp. sp. e il RhacophijìHtes nimatense
d" Orb. sp. si raccolgono solitamente nella parte superiore del Lias
medio. L' ultima specie ora citata è indicata anche nel Lias supe-
riore dell'Appennino (Cagli) dallo Zittel (1), e il Meneghini la men-
ziona insieme con 1' Harp. Algovianum Opp. sp. in istrati del così
detto rosso ammonitico lombardo da lui ritenuti come rappresen-
tanti del Lias superiore , ma che, come si è detto potrebbero, Al-
meno in parte, non esser tali. È da notare tuttavia che 1" Harp. al-
govianum Opp. sp. fu notato anche nel Lias superiore di Taormina
dal prof. Seguenza ; ma ivi non c'è di certo (2). Il PhyUoceras Part-
scJìi Stur. sp. e il RhacophylUtes libertum Gemm. passano dal Lias
inferiore sino al superiore, e il Belemnites paxìllosus Schloth. si rac-
V V
coglie in tutti i liveUi del Lias medio. Il Lytoceras Czizeki v. Hauer
sp. non è a Hierlatz, secondo scrive il Geyer (3), perchè gU esem-
plari di quella regione così determinati da v. Hauer appartengono
a un' altra specie ; però esso è indicato nel Lias medio dell' Apen-
nino centrale (Canavari) e in calcari dell'Itaha settentrionale (v. Hauer,
Meneghini) finora posti nel Lias superiore, ma pei quali bisogna far
, V V .
le riserbe che ho cennato avanti. Per queste ragioni il L. Czizeki
è lungi dal poter fare determinare con la sua presenza una zona
geologica. Infine I' Arietites cfr. tardecrescens v. Hauer, che si racco-
(1) Zittel, Geologische Beohachtungen aus den Central-Apenninen ; Mtincheii, 1869 (Geo-
guostisch-palaoutologische Beitriige ecc.)
(2) SoHOPEN , Sul Toarsiano , Dogger e Maini dei dintorni di Taormina, Il ; Palermo,
1886.
(3) Geyeb, Ueber die liasischen Bracbiopodeu des Hierlatz bei Hallstatt; Wien, 1886
(Abbandl. d. k. k. geol. R. A. , XH Bd.)
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 137
glie sulla Montagnola di S. Elia presso Palermo , è di determina-
zione troppo dubbia, perchè possa qui venir considerato.
Se si tien conto di questi cefalopodi, sia nel loro insieme, al
che si è facoltati dalle intime relazioni che legano il Lias medio
della provincia di Palermo a quello di Galati e di Castelluccio, sia
divisi secondo i luoghi che li forniscono, non si possono trarre dun-
que sicuri elementi per la determinazione della zona alla quale ap-
partengono i calcari con crinoidi esaminati.
È necessario perciò di dai-e nello studio di questi strati una
maggiore importanza ai gasteropodi, ai pelecipodi e soprattutto, pel
loro forte predominio, ai brachiopodi.
Pertanto i calcari del Lias medio della provincia di Palermo
(montagnola di S. Elia , Chiusa-Sclafani, Sant' Anna) sopra un in-
sieme di 63 specie ne hanno 23 comuni col noto deposito di Hier-
latz, che, secondo l' opinione dell'Oppel (1), ora confermata dal Ge-
yer (2), rappresenta una porzione elevata del Lias inferiore; 2 con
quello di Sospirolo; 3 col Lias inferiore della Selva Baconica; 5 con
la parte assai elevata del Lias inferiore di Taormina e 5 col cal-
care cristallino del Lias inferiore della provincia di Palermo. Quelli
dei dintorni di Galati (Rocche rosse sul M. Ucina) sopra 127 spe-
cie (3) ne hanno 34 comuni col Lias inferiore, delle quali 24 con
quello di Hierlatz, 4 col calcare cristallino del Lias inferiore della
provincia di Palermo, 4 col deposito di Sospirolo, 6 col Lias infe-
riore della Selva Baconica e 5 col Lias inferiore di Taormina. Quelli
del piccolo promontorio di Castelluccio presso Taormina sopra 51
specie ne hanno 23 comuni col Lias inferiore, delle quali 14 sono
a Hierlatz, 3 a Sospirolo , 4 nel Lias inferiore di Taormina , 6 in
(1) Oppel, Ueber das Alter des Hierlazschichten , 1862 (N. Jahrb f. Min. ecc , pag. 59.)
(2) Geyee, Op. cit. , pag. 272.
(3) Alle specie di Galati enumerate avanti se ne bisognano aggiungere, oltre ai 31 cefalo-
podi nuovi descritti dal prof. Gemmellaro, molte altre nuove ancora non pubblicate, che si con
servano nel Museo geologico dell' Università di Palermo, cioè 1 Sperifen'na, 2 Terehratiila, 1
Waldheimia , i Rhynchonella , 3 Lima, 1 Carpenteria, 1 Eunema, 2 Chiysostoma, 8 Trochus, 3
Neritopsis, 3 Discohelix, 1 Eulima ?, 2 Chemnitzia, 1 Cerithium ?. Cosi il numero delle spe-
cie del Lias medio di Galati sale a 127.
Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4» 20
138 II Lias medio del M. San Giuliano (Ericé) presso Trapani
quello della Selva Baconica e 2 nel calcare cristallino del Lias in-
feriore della provincia di Palermo. (1)
La massima parte delle specie delle tre famie ora notate sono
o speciali di esse o di strati del Lias medio delle Alpi, dell' Ap-
pennino e della Spagna, mentre solo un ristretto numero ( che in
parte si presentano anche nell' Appennino e nelle Alpi ) sono di
quelle che hanno un grande sviluppo o il proprio giacimento nel
Lias medio estralpino OSp. rostrata Schloth sp. , Sp. Milnsteri Da-
vids. sp., Sp. Davidsoni Deslongc, Eh. serrata Sow sp., Rh. tetrae-
dra Sow. sp., Bit. r'nnosa v. Buch sp.. Eh. furcillata Theod sp.,
T. punctata Sow.). Taluna di queste passa anche nel Lias superio-
re. La Eh. Dalmusi Dum., menzionata ora per la prima volta nel
Lias medio italiano, proviene da quello del bacino del Rodano ed
è stata trovata recentemente nella Spagna (2); la Ter. Aspasia Mgh.
è citata anche negli strati con Hamm. fallax di S. Vigilio (3).
Ora le faune del Lias medio eseminate qui sopra hanno, come
si vede, esigui rapporti con le parti elevate di esso e col Lias supe-
riore; invece mostrano grandi relazioni con l' inferiore e specialmente
con quello di Hierlatz; sicché gli strati della provincia di Palermo,
cioè quelli della montagnola di S. Elia, di Chiusa-Sclafani e di S.
Anna; quelli delle Rocche rosse di Galati e del promontorio di Ca-
stelluccio presso Taormina possono collocarsi nella parte inferiore
del Lias medio.
Tale determinazione di età è confermata dal paragone di questi
strati con i due livelli di calcari con crinoidi del Lias medio del
M. San Giuliano. Infatti la fauna del livello inferiore corrisponde
a quelle della provincia di Palermo^ di Galati e di Castelluccio ,
con le quaU ha 26 specie comuni sopra 34 e le stesse intime ana-
(1) Se al catalogo (lei fossili del Lias medio di Castelluccio si aggiinigono altre poche specie
sinora indescritte (1 Spiri ferina, 3 lihynchonelìa , 3 Waldheimia e 2 Harpoceras) si avrà che
quella fauna è rappresentata da 61 specie.
(2) KiHAN, Éftides paléontologiques sur les térrains sécondaires et tertiaires de V Anda-
lousie; Paris 1889, (Mission d' Andalousie; Mein. de l'Acc. des Sciences ecc., T. XXX).
(3) Vacek, Ueber die Fauna der Oolithe voti Cup. S. Vigilio, 1880. CAbhandl. d. k. k. geol-
R. A., Bd. XII.)
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 139
lotìie col Lias inferiore di llierlalz; mentre quella del superiore, pur
legata strettamente con esse per l'identità del piano geologico, ne
differisce per le sue relazioni molto minori col Lias inferiore e
maggiori con le parti elevate del medio e col superiore.
Possiamo ora stabilire i rapporti delle faune siciliane con quelle
di altri luoghi del bacino mediterraneo che possono servire al pa-
ragone per la loro facies a brachiopodi e per la sufficiente illustra-
zione ricevuta. I brachiopodi del Lias medio delle Alpi Valdesi e
contrade circostanti illustrati dal dott. Haas (1) non possono for-
nire per ora sicuri elementi per la determinazione del loro livello
geologico , perchè non sempre si hanno esatte notizie sugli strati
che li contengono, e perchè evidentemente accompagnati da altri fos-
sili che sarebbe necessario conoscere molto estesamente. Quelle fau-
ne, poste in una regione che serve da limite tra il bacino mediter-
raneo e quello dell'Europa centrale, hanno un carattere promiscuo
di specie dei due bacini , e perciò sarebbe importantissimo poterle
comprendere nel paragone che facciamo ; ma, attendendo che oltre i
brachiopodi ne siano illustrati del tutto gli altri fossili , è meglio
non dare giudizj deffmitivi sulla minuta determinazione della loro
età.
La fauna del Lias medio spagnuolo , largamente studiata dal
Kilian (2), è citata negli elenchi promiscuamente a quella del Lias
inferiore, sicché il suo studio, per ora, non può servire al nostro
scopo.
I depositi del Lias medio portoghese permettono in buona
parte, pei cefalopodi che contengono, la loro divisione in zone cor-
rispondenti a quelle del Lias dell' Europa centrale (3). Essi, posti
come sono ai limiti dei due bacini, non contengono brachiopodi di
ecclusivo tipo mediterraneo, e non sono adatti pel paragone con i
calcari del Lias medio a facies di Hierlatz.
(1) Haas, Étude monographique et critique des brachiopodes rhétiens et jurassiques des
Alpes vaudoises ecc , II, 1887 (Mèm. de la Soc. pai. suisse, T. XIV.)
(2) Kilian, Op. cit.
(3) Chopfat, Op. cit.
140 11 Lias medio del M. Han Giuliano (Erice) pres.io Trapani
Le poche specie che si conoscono del Lias medio dell'Unters-
berg (Salisburgo), citate del Giimbel (1) e dal Frauscher (:2) , ac-
cennano a una porzione elevata di quel piano ; però pel loro ri-
stretto numero non permettono delle conchiusioni sicure.
Per tutte queste ragioni ci limiteremo a stabilii-e dei paragoni
con gli strati del Lias medio dei dintorni di San Cassiano (Tirolo
meridionale), dell' Appennino centrale, di Gozzano (Prealpi piemon-
tesi) e di Saltrio e Arzo (Prealpi lombarde).
Sulla fauna del Lias medio nel Tirolo meridionale hanno scritto
il prof. M. Neumayr (3), il dott. E. Mojsisovics (4) e il prof. H. Haas (5),
in modo che ora se n' ha una sufficiente cognizione; nondimeno le
conchiusioni che trarremo dal suo studio è possibile che non ab-
biano un valore deffinitivo, perchè non è escluso che le specie,
raccolte presso San Cassiano e nei distretti circostanti provengano
da vari livelli liassici (il qual dubbio non è neanco rimosso dal
recente lavoro del prof. Haas (6) su quelle contrade) , e perchè
la controversia che si è elevata tra il prof. C. F. Parona (7) e
e il prof. Haas (8) sull' età degli strati con brachiopodi di Val-Te-
sino, tocca anche qualche specie compresa dal secondo nella fau-
na liassica di San Cassiano. Se pertanto si ehmina da questa
fauna la Mh. belemnitica Quenst. sp. perchè di dubbia determina-
(1) GiJMBEL, Geognostische Beschreihuny des bayerischen Alpengehìrges und seines Vorlan-
des; Gotha, 1861, pag. 495.
(2) Frauscher, die Branchiopoden des Untersbergs bei Salzburg ; Wieu, 1883 (Jiilirb. il.
k. k. geol. R. - A., 33 Brt.)
(3) Neomayr, die Zone der T. Aspasia in den Sudalpen; Wien 18t>7 (Verliaudi. d. k. k.
geol. R. - A. , N. n.)
(4) Mojsi.sovics, die Dolomit-liiffe vnn Siidtyrol und Venetien ecc.; Wien, 1879, pag. 285.
(5) Haas, Beitrdge zur Kenntniss der liasichen Brachiopodenfauna von Siidtyrol und Ve-
netien ; Kiel, 1884.
(^) Haas, Ueher die Lagerungsverhultnisse der Jurafonnation im Gebirye von Fanis in
Siidtyrol (Verhaiidl. d. K. K. geol. R. - A N. 17; 1887.)
(7) Parona Sull'età degli strati a brachiopodi della Croce di Segan in Val Tesino, 1885
(Proc. verb. della Soc. tose, di Se. Nat., 1 febb.)
(8) Haas, Ueber die Brachiopodenfauna ». Siidtyrol und Venetien, 1884 (N. Jahrb. f.
Miu. ecc., briefliche Mittbeil., 1 Bd. Ì88ó )—Bemerkungen bezuglich der Brachiopodenfauna von
Castel- Tesino, 1886 Veihandl. d. K. K. geol. R.-A.)
Il Lhis medio del M. ,San (italiano (Ei-ice) presso Tm/xmi 141
zione e diftirilinciitt- sep;iral)ile dalla B/i. Jiri.'ieis Gemni. [h'/i. var/a-
bilis Scliloth.): la B/i. Zitteli, perchè nessuno degli esemplari rap-
presentati nelle " Beitràye z. Keitidn. d. Ii(if< lìrach. — F. in Si'altijrol
ecc. ,, corrisponde agl'individui originali della specie del prof. Geni-
mellaro; la Wuld. Hertzi Haas, perchè identica con la Waìiì. cfr.
Cadomensis di Castel Tesino pubhlicata dal prof. Parona (1) e
sicuramente trovata in istrati con Harp. opaUniim alla Malga Ta-
sula (2) (Tirolo) ; la Rh. Suetii Haas trovata pure nella stessa lo-
calità, e che insieme a quella ora citata non lascia perciò sicuri
della sua provenienza nella fauna liassica di San Cassiano; si riunisce
alla Eli. pUcatissiiìia Quest. sp. la Rh. htmyurica Bock; la Wald. oxy-
(jonia Haas non Uhi. alla Wald. securiformis Gemm. e la Wald. ìin-
guata, var. major Haas non Bòck alla Wald. Rothpletzi Di-Stef. ( Wald.
Haas RothpL), che si presenta nel livello basso del Lias medio del
M. San Giuliano, si avrà pel deposito di San Cassiano un insieme
di 30 specie. Di queste 1:2 sono comuni col Lias inferiore in generale,
e fra di esse 8 si raccolgono a Hierlatz, 5 a Sospirolo e 5 nel Lias
inferiore della Selva Baconica: per questo i rapporti di tale fauna
col Lias inferiore non sono maggiori di quelli delle faune basse
del Lias medio siciliano, e non c'è quindi nessuna sufficiente ragione
per non collocarla in quest'ultimo piano. Essa va aggregata ai così
detti calcari con T. Aspasia di Sicilia, con i quali ha 16 specie
comuni, però con la porzione antica di essi, della quale possiede
11 specie {Sp. rostrata Schloth sp., Sp. hrevirostris Opp., Rh. retu-
sifrons Opp., Rh. Briseis Gemm., Rh. fìabelliim Mgh., Rh. cfr. Rey-
nesi Gemm., T Aspa,na Mgh., T. riidis Gemm., T. Taramelli Gemm.,
Wald. securiformis Gemm., Wald. Rothpletzi Di - Stef.) e della quale
ha gh stessi intimi rapporti col Lias inferiore e le insufficienti rela-
zioni con le parti elevate del Lias medio e col superiore. Se, per
conferma, si paragona la fauna di San Cassiano con quella del Lias
(3) Parona e Canavari, / bracìiiopodi oolitici eli alcune località delVltalia settentrionnle;
Pisa, 1882 (Atti della Soc. tose, di Scin Nat., voi. V.)
(l) FiNKELSTEiN, Ueher ein Vorkommen (ter Opalinus — ( und Murchisonae ? \ — Zone im-
westlkhen Siid-Tirol, 1889 (Zeitsr. d. deutsch. geol Gesellschaft Bd. XLI.)
142 II Lias medio del M. San GitiUano (Erice) presso Trapani
medio del M. San Giuliano, si vede che le sue maggiori analogie
sono con la più bassa, che, come essa, è molto vicina al Lias infe-
riore , mentre si discosta da quella del livello superiore , con la
quale ha solo 2 specie conmni.
La fauna a brachiopodi del Lias medio dell' Appennino cen-
trale è stata ampiamente illustrata dallo Zitte! (1), dal Ganavari (2)
e dal Parona (3). Dai loro scritti si trae che i fossiU, prevalente-
mente raccolti nella parte superiore di quei calcari (Ganavari) ,
provengono da varj luoghi spesso molto lontani fra di loro [Gampo
delle Monnece presso Gagliole; Gampi dell' Acqua presso Ficano ;
Precicche, M. della Rossa, M. Rocchetta nel gruppo del Suavicino;
M. Gualdo presso Gamerino; Gagli; tra Gagli e Gantiano ; Marco-
nessa presso Cingoli ; M. Gatria^ Passo-del-prete presso il Gatria;
Foci di Gantiano tra M. Petrano e M. Tenetra; M. Pietralata (Fur-
io), MonticelH, Subasio, M. Soratte^ Papigno presso Terni, Grotta
del miele e Val Mirandola presso Gesi ecc.]. Dippiù si vede che le
specie non sempre sono state raccolte in posto dai valenti studiosi
che le hanno illustrate, ma non di raro da corrispondenti ; sicché è
possibile che involontariamente si siano confusi fossih di varj
liveUi Massici ben determinati.
L' esistenza di varj livelli di calcari a brachiopodi nel Lias
medio dell' Appennino centrale è certo probabile , molto più che
quel piano vi raggiunge una potenza superiore ai cento metri (Ga-
navari), e sarebbe quindi utilissimo fare ricerche estese e minute
nelle singole località. Tuttavia, compilando sui lavori degl'illustra-
tori di quelle faune delle liste di specie divise secondo i luoghi
studiati, potremo tentare delle conchiusioni.
(1) ZiTTBL, Op. Cit.
(21 Canavaki, La montagna dei Suavicino ecc. 1880. (Bull, del R. Coni. geol. d'Italia. —
/ brachiopodi dei/li strati a T. Aspasia Mgh. nell'Appennino centrale, 1880 (Atti dell'Acc. dei
Lincei, voi. Vili)— Alcuni nuovi brachiopodi degli strati a T. Aspasia Mgh. nelV Appennino
centrale. 1881 (Atti della Soc. tose, di Se. Nat., voi. V.)— Contribuzione III alla conoscenza
dei brachiopodi degli strati a T. Aspasia Mgh. tielV Appennino centrale, 1883 (Atti della Soc.
tose, di Se. Nat., voi. VI).
(3) Parona, Contributo allo studio della fauna liassica dell' Appennino centrale, 1883
fin Verri, Studi geologici sulle conche di Terni e di ifiXi (presso gli Atti dell'Acc. dei Lincei)].
Il Lias medio del M. San. Giuliano (Erice) presso Trapani 143
Per venire a queste non terremo conto dei cefalopodi, perchè
essi, contrariauieute a quanto accade in generale, non lianno molto
peso nei nostri calcari con crinoidi del Lias medio per stabilire mi-
nute determinazioni di età, e la loro presenza o mancanza non altera,
come è stato detto, le conseguenze che possono trarsi dall' esame
degli altri resti fossili. Inoltre è da notare che sulla provenienza
di questi cefalopodi dell' Appennino si rimane dubbiosi , perchè,
sebbene dalle indicazioni dello Zittel (Op. cit.) e del Canavari {La
montagna del Suavic'mo ecc.) sembra che essi per lo più siano stati
raccolti insieme ai brachiopodi, tuttavia poi il prof. Canavari esprime
l'opinione che, in parte almeno, appartengano ipoteticamente a un
livello inferiore a quello della fauna di brachiopodi (1 hrachiopodi
degli strati a T. Aspasia ecc., pag. 6), e il prof. Parona invece scrive
(Contributo allo studio della fauna liassica ecc., pag. 93) che i cal-
cari del Lias medio con facies di cefalopodi nell' Appennino cen-
trale (almeno pei luoghi studiati da lui e dal Verri) si stendono
sopra quelli con facies di brachiopodi. Per queste ragioni fondere-
mo le nostre conchiusioni sui brachiopodi e sui rari crinoidi de-
terminati, tralasciando qualche altro fossile specificamente indeter-
minato o di poca importanza.
Se dopo un breve esame delle specie dell'Italia centrale citate
sinora (1), compiliamo gli elenchi delle specie dei varj luoghi fossi-
(I) Alla fauna del Lias medio dell'Appennino centrale, come fu riportata dal prof Zittel
e dal prof. Canavari ne' suoi tre primi lavori, bisogna fare quelle aggiunzioni e rettificazioni
indicate dallo stesso Canavari nella sua " Contribuzione III alla conoscenza dei brachiopodi
ecc. », e dal prof. Parona nel « Contributo allo studio della fauna liassica ecc. ■>, fra le quali
è importante la radiazione della Sj). Meneghininiana Can. e della Sp. Tonti Can. di prove-
nienza e di età mal sicure. Dippiù è necessario togliere dal numero delle specie di quella fauna
la .Sp. cantanianensis Mgh. , che è identica con la Sp. rostrata Schloth. sp., perchè il carattere
dei tubercoli, indicato come speciale della superficie della Sp. cantanianensis, si riscontra anche
su esemplari della specie dello Schlotheim ; la Sp. nudata Can., perchè sembra identica alla
Sp. alpina Opp.; la Rh. variabilis Scloth., perchè gl'individui cosi determinati appartengono a
due specie differenti dalla Rh variabilis {=Rh. Briseis Qemm.), e \a. Rh. deltoidea Can., che
sembra identica alla Rh. Zisa Opp. degli strati di Klaus, essendo la minor conves.sità dell'in-
dividuo dell' Appennino rispetto a quella delle figure di Oppel ( Uéber das Vorkommen von
jurassiìchen-Posidonomyen - Gesteinen in den Alpen. pag. 210, tav. 6 fig. 7) dentro i limiti di
144 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
liferi studiati in quella regione, ci accorgeremo che non tutti offrono
tale numero o qualità di fossili da permettere che si traggano con-
cliiusioni sicure dal loro studio; però la massima parte delle faune
offrono degli elementi che, convenientemente interpetrati , possono
condurre a risultati accettabih. Quelle dei Campi dell'acqua presso
Ficano e del M. della Rocchetta nel Suavicino, della Marconessa presso
Cingoh, delle Foci di Cantiano tra M. Petrano e M. Tenetra, del M.
Pietralata (Furio), di Monticelli presso Roma, di Papigno presso
Terni e della Grotta del miele presso Cesi, che pel numero dei loro
fossiU possono studiarsi con utile, sono intimamente legate dalla
comunanza dalla massima parte delle loro specie. I loro brachio-
podi sono quasi tutti speciaU dell' Appennino e in piccola parte
conmni ai così detti calcari con T. Aspasia della Sicilia e delle
Alpi. Sopra un insieme di 69 specie queste località ne hanno 8
sicuramente determinate comuni col Lias inferiore, delle quali ce
variabilità di questa specie, secondo traggo dall'esame di molti esemplari della Kh. Zisa Opp .,
raccolti nei calcari con P. alpina (Klausschichten) di Sicilia. Inoltre è da fare lo stesso per la Rh.
Mariottii Csii\. non Zittel del M Suavicino e della Marconessa presso Cingoli, perchè essa non
appartiene alla specie dello Zittel; invece 1' esemplare della tav. IV, fig. 2 (Eh. Mariottii).
del lavoro del prof. Canavari. « / brachiopodi degli strati a T. Aspasia ecc. >• pare assai vicina
alla Rh. polymorpha Opp. degli strati di Klaus ed è, pei caratteri della fronte, certamente
differente dalla Rh. Mariottii Zitt ; quello della tav. IV, fig. 3 [della stessa opera potrebbe
forse considerarsi come giovane della Rh. variabilis Mgh. non Schloth. var. laevis Mgli , che
ha però il tipo delle Rhynchonella lisce del Dogger. C'è ancora da notare che la T. fiiihrioides
CaD. non Deslongc. del M. Pietralata (Furio), rappresentata nella tav. 11, fig. l iei Brachiopodi
degli strati a T. Aspasia Mgh. ecc. non potrebbe separarsi dalla T. Renier iCàt., mentre quella
della fig. a è la T. Rotzoana Schaur.; che la T. hypotycha Can. (Contribuzione III ecc., pag. 17,
tav. X, fig. 1) pare non differisca dalla T.fimbrioides Deslongc; che la T. sp. ind. cfr. T. sphe-
noidulis Mgh. della Rocchetta (Suavicino) riportata dal prof. Canavari nella Contribuzione III
ecc. è da riunire con grande probabilità alla T. sphenoidalis Mgh. apud Genim., e che la T
sphenoidalis Mgh. apud Canavari (/ brachiopodi degli strati a T. Aspasia ecc pag. 14, tav.
11, fig. 5, 6.) sembra fondata su individui giovani della T. punctata Sow., come moltissimi se
ne osservano in Sicilia e sulle Alpi. Alla T. punctata possono aggregarsi con certezza gl'indi-
vidui che il Cmavari cita con dubbio.
Questo breve esame, reso necessario dal bisogno di fare un computo esatto della fauna di
brachiopodi del Lias medio appenninico , cosi estesamente e splendidamente illustrata special-
mente dal prof. Canavari, fa valutare in tutto le specie che si raccolgono sui monti della Roc-
chetta nel Suavicino, alle Precicche, alla Marconessa (Cingoli), alle Foci di Cantiano, al M. Pie-
tralata (Furio), a Monticelli, a Papigno, alla Grotta del Miele a 70, salvo errore.
// L/ai< medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 145
ne sono a Hierlatz 7, a Sospirolo 2, nel Lias inferiore della Selva
Baconica 3 e in quello di Taormina 2; sicché siamo lontani dal
trovarvi quelle strette analogie col Lias inferiore che distinguono la
massima parte delle faune a brachiopodi del Lias medio di Sicilia.
Invece in talune di esse (Marconessa presso Cingoli, M. Pietralata
nel Furio) si raccolgono la T. Benieri Cat. e la T. Rotzoana Schaur;
che per le relazioni che indicano col Lias superiore e con la par-
te elevata del Lias medio, le fanno porre in una porzione recente
di questo piano. A tali condizioni bisogna aggiungere quelle date dal
loro posto stratigrafico elevato nella massa degli strati del Lias me-
dio appenninico (Canavari) e dalle relazioni di alcune loro specie
con altre del Dogger, come sono la BliijncìwneUa sp. = i?/?. varia-
bilis Mgh. non Schloth. var. laevis Mgh., che richiama la Eh. coar-
data Opp.; la Bìi. dolahriformis Mgh., che ricorda la Eh. orthoptycha
Opp.; la Rh. Meneghina Ziti., che ha relazione con la Bh. hrentoniaca
Opp. ecc.
Questa determinazione di età, da tempo messa bene in chiaro
dal prof. Canavari, è confermata dal paragone delle faune menzio-
nate con quelle dei due livelli di calcari con crinoidi del M. San
Giuliano, hifatti quello che per la presenza della T. Botzoana
Schaur., per le relazioni con la porzione elevata del Lias medio e
gli esigui rapporti col Lias inferiore corrisponde con esse è preci-
samente il livello superiore, nonostante che abbia comuni con que-
ste faune solo poche specie {Sp. rostrata Schloth. sp., T. pundata
Sow., T. sphenoidaìis Mgh. apud Gemm., T. Botzoana Schaur.). Tali
caratteri delle faune appenniche citate non si riscontrano invece nelle
altre siciliane, che pur tuttavia hanno con esse molte specie comuni
{Sp. rostrata Schloth. sp., Bh.flabellum Mgh. Bh., Sordellii Par., Bh.Ma-
riottii Zitt, T. Aspasia Mgh., T. cornicoìana Gan., T. sphenoidaìis Mgh.
apud Gemm., T. TaranielUi Gemm. T. Piccini niiZxii., Wald. mutahiìis.
Opp., Wald. furlana Zitt., var. elongata Mgh., P. Stoliczkai Gemm.)
La fauna del M. Soratte (Roma), per quanto poco conosciuta,
sembra di occupare nel Lias medio un posto bassso, malgrado le
sue relazioni con quelle dell'Appennino esaminate sopra. Delle
Atti Acc. Vol. Ili, Sbeie 4' 20
146 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
sue 5 specie [ Sp. rostrata Schloth. sp., Sp. alpina 0\y\). ( = t^p.
nudata Gan.), Rh. pediniformis, Rh. Rusconii Can., Wahl. ntntahilis
Opp. ] tre sono comuni col Lias inferiore , mentre nessuna e di
quelle che indicano valevoli relazioni con la parte elevata del
Lias medio o col superiore. Per queste ragioni la fauna del M.
Soratte deve porsi nella porzione inferiore del Lias medio, fin-
ché una estesa raccolta di fossili non modifichi eventualmente que-
ste conclusioni.
Il Lias medio di C4ozzano nelle Prealpi piemontesi è stato il-
lustrato da un importante lavoro paleontologico del prof. C. F. Paro-
na (1). Tenendo conto delle aggiunzioni e delle rettificazioni pubbli-
cate più tardi dallo stesso autore (%) e da poche altre che è pos-
sibile fare (3), si ha per la fauna di quel luogo un insieme di 43
specie, non computando un Lepitodus, un Pentacrinua e un Cidaris
indeterminati, hi essa le specie comuni col Lias inferiore possono
valutarsi a li2, delle quali solo 7 sono comuni col deposito di Hierlatz,
2 col calcare di Sospirolo, 2 con quello della Selva Baconica e 2 con
quello cristallini della provincia di Palermo ; però la presenza della
Gryphaea arcuata Lmk., le manchevoli relazioni con le porzioni ele-
vate del Lias medio e col superiore, nonché i suoi intimi rapporti
con le faune antiche del Lias medio di Sicilia, con le quali ha co-
muni 16 specie {Sp. rostrata Schloth. sp., Sp. sicula Gemm., Sp.
anytdata Opp., Sp. MUnsteri Davids. , Rh. tetraedra Sow. sp , Rh.
I IJ Parona , // calcare liassico di Gozzano e i suoi fossi/i, Roma, 1880 (Atti dell'Acc.
dei Lincei, voi. Vili).
(2) Paroma, Contrihuto allo studio della fauna liassica dell' Appennino centi ale, yrni^. 94. —
Valsesia e lago d'Orla; Milano, 1886 (Alti della Soc. ital di Se. Nat, voi. XXIX) pag- 102.
(3) La Rh. Calderina Par. mi pare che non possa separarsi dalla Rh. Briseis Gemm. ( Rh.
variahilis Schloth.), né la Rh. discoidalis Par. daHa Rh. serrata Snw.; la Rh. Zitteli di Gozza-
no, figurata dal prof. Parona, non corrisponde agi' individui originali della Rh. Zitteli Gemm.,
che ho potuto studiare nel Museo geologico della Università di Palermo ; ma potrebbe esser
riguardata come una varietà nmlticostata della Rh. Briseis, simile a quelle che il sig. Geyer
figura nella tav. V della sua opera più volte citata. La T. cfr. Andleri Opp. è da riferire a
una nuova Waldheimia ; la Wald. cfr Ewaldi riportata dal Parona sembra identica con la
Wald. sp. ind. cfr. Ewaldi di Arzo (Pafona , Jhrachiopodi liassici di Saltrio ecc. ; pag. 259,
tav. V fìg. 15), che per la gonfiezza è differente dalla Wald. Ewaldi Opp .
// Lia.s medio del M. San GhiUano [Erice) jìresso Trapavi 147
Bn's-eis Gemm., E/i. Sorde/lil Par., h'/i. .serrata Sow. sp., L'/t. pabel-
hoì) Mgh., T. ptmctata Sow., T. splienoidaìis Mgh. apud Gemm., T.
TaramelUi Gemm., T. Aspasia Mgh., Waìd. Ewaìdi Opp. , W. cfr.
subuumismalis Davids., P. Stolizckai Gemm.), forzano a porla in una
porzione bassa del Lias medio, come di già ha ben dimostrato il prof.
Parona. Le relazioni del Lias medio di Gozzano sono del resto pic-
cole con quelle elevate dell'Appennino (8 specie comuni) e col li-
vello superiore di calcari con crinoidi del M. San Giuliano (7 specie
comuni.)
•Per quanto riguarda il Lias medio di Saltrio e Arzo nelle Preal-
pi lombarde, tanto bene studiato dal prof. Parona (1), notiamo pri-
ma di tutto che sebbene può riguardarsi come tipica pel massimo
numero di specie la fauna di Arzo, non è necessario di esaminare
a parte quella di Saltrio , perchè così intimamente legata con la
prima da non potersene staccare.
Se consideriamo come appartenente alla Waìd. Eivaldi Opp.
la Waldheimia f. n. che il Parona figura nella tav. V, flg. 16, 17
del lavoro citato sotto, e come una varietà della Eh. Brisei Gemm.
la Bh. cfr. Ziti eli Gemm. di Arzo, perchè vicinissima a questa e dif-
ferente dalla Eh. Zitteli Gemm. di Sicilia, avremo nella fauna stu-
diata un insieme di 28 specie, delle quali solo 9 sono comuni col
Lias inferiore , e che si presentano 5 in quello di Hierlatez , 1 in
quello ad Arietiti dell' Italia centrale, 2 in quello del Bacino del Ro-
dano e 1 in quello dell' Europa centrale. Siccome fra queste spe-
cie poche sono quelle che hanno il massimo sviluppo nel Lias
inferiore , possono riguardarsi come molto esigui i rapporti della
fauna di Saltrio e Arzo col Lias inferiore ; sicché si sarebbe
condotti a porla in una porzione elevata del Lias medio. Tuttavia
è da considerare che essa non ha forti relazioni col livello supe-
riore di calcari con crinoidi del M. San Giuliano, né con le faune
elevate dell' Appenino centrale, né, quel che è più, con altri strati
(1) Pakona, I brachiopodi liassici di Saltrio e Arzo nelle Prealpi lombarde; 1884. (Meni,
del R. Istituto lombardo.)
148 11 Lias medio del M. ^an Giuliano (Erice) presso Trapani
superiori del Lias medio in generale e col superiore; ma che inve-
ce ha molti rapporti con quella di Gozzano (10 specie comuni) e
perciò con quelle basse siciliane. Per queste ragioni deve ritenersi
che la fauna di Saltrio e Arzo occupa la parte media del Lias
medio.
Infine è da notare , il che abbiamo anche accennato avanti ,
che taluni dei livelli di calcari con crinoidi dell' Italia superiore, spe-
cialmenti quelli di Arzo, Besazio e della Bicicola di Suello (Lombar-
dia), contenenti la T. Aspasia Mgh., la T. Renleri Gat., la T. Rotzoana
Schaur. e la T. erbaensis Suess, sono probabilmente gli equivalenti
dei livelli elevati del Lias medio del M. San Giuliano (Trapani) e
dell'Appennino centrale, e ciò pei caratteri della loro fauna e per
la posizione stratigrafica di alcuni che sono immediatamente infe-
riori al Lias superiore , come quelli di Besazio (Spreafico (1) e
della Bicicola (3). Del resto il prof. G. MenegMni (3) aveva fatto
notare le intime relazioni del giacimento della Bicicola col Lias
medio e la mancanza in esso dei tipi più frequenti e caratteristici
del Lias superiore. La fauna di questa località ha invero l'impronta
del Lias medio, molto più che la massima parte delle sue specie
ritenute comuni col Lias superiore sono tali col calcai-e detto Me-
cloìo, almeno per parte del quale il Reynès (4) e lo Zittel (5) hanno
espresso l'uno la certezza e l'altro il dubbio che si tratti di Lias
superiore.
* *
§2.-1 sincronismi indicati nel paragrafo precedente non
sono punto assoluti, né l'aggruppamento delle varie faune in una
parte inferiore e in una superiore del Lias medio può essere pre-
ci) Tabamelli, Il Cantori Ticino meridionale ed i paesi finìtimi, Berua, 1880.
(2) Pakoha, Note paleontologiche sul Lias inferiore delle Alpi lombarde, 1889 iReudieouti
del R. Ist. lomb., S. 11, voi. XXI).
(3) Meneghini, Paragone paleontologico dei vari lembi del Lias superiore in Lombardia
(Atti dell'Acc. dei Lincei, II, S. II, 1875) pag. G3Ì . — Monographie du tulcaire roiige ammo-
nitique ecc., pag. 222.
(4) Reynf.s, Essai de geologie et de paleontologie aveyronnaises; Paris, 1868.
(5) Zittel, Op. cit.
// L/n.s medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 14!t
cisato da una linea netta di divisione. I nostri calcari con crinoidi
e brachiopodi esaminati sono dei depositi per lo più Icnticolari ,
formati sotto determinate condizioni locali , intercalati ad altezze
varie o eguali nella massa dei calcari piìi o meno compatti o sub-
cristallini del Lias medio, perchè rappresentano dei momenti con-
temporanei 0 successivi di formazione. Può infatti eseguirsi negli
strati che abbiamo esaminato uno smembramento piìi minuto , se
si tien conto contemporaneamente della proporzione centesimale di
fossili del Lias inferiore nelle loro faune e della presenza o assenza
di specie che indicano valevoli relazioni con le parti elevate del
Lias medio e col superiore. S'intende che al primo di questi cri-
teri non può darsi un valore ristretto e assoluto , perchè la pro-
porzione di specie del Lias inferiore può variare fra larghi limiti ,
determinati dallo estendersi delle investigazioni paleontologiche, dal
modo di comprendere le specie e dalle condizioni locali sotto le
quali si formarono i depositi; tuttavia, siccome le faune sulle quali
abbiamo discorso hanno ricevuto una sufficiente illustrazione, fap-
plicazione del criterio della proporzione centesimale di specie del
Lias inferiore assai largamente inteso, ma sempre tale da servire
a distinguere UvelU e non piani, può essere utile.
Pertanto, se per conferma delle idee esposte in questo lavoro,
si vuol fare il tentativo di una suddivisione piti precisa dei vari
livelli eh calcari con crinoidi del Lias medio mediterraneo ; si do-
vranno riguardare come più antichi gU strati inferiori del M. San
Giuhano, quelli di Chiusa-Sclafani, di Sant'Anna di Giuliana e della
Montagnola di S. Elia (Palermo), di Castelluccio (Taormina) e dei
dintorni di San Cassiano (Tirolo), nei quah la proporzione centesi-
male di specie comuni col Lias inferiore va dal 37 al 50 per cento
(essendo pei primi 50 " o , pei secondi 43 %, pei terzi 37 " o ,
pei quarti 47 °/o , per la quinta 43 %, per la sesta 38 o/o ,) e non
si notano specie che possano farti collocare in una porzione ele-
vata del Lias medio. La fauna delle Rocche rosse di Galati di
Tortorici (Messina) è intimamente legata con quest' ultime , delle
quaU possiede 28 specie, ed è abbondante di tipi di Hieriatz; non-
150 II Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
dimeno essa ha un così grande numero di specie proprie , e una
proporzione centesimale di fossili del Lias inferiore (30 « o) così
piccola rispetto a quella delle altre citate sopra, che potrà consi-
derarsi come leggermente più giovane.
Accanto a quello di Galati potrà collocarsi il Lias medio del
M. Soratte (Roma), nel qual piano a dir vero, è assai forte la propor-
zione centesimale delle specie comuni col Lias inferiore (60 °/o) ;
però la certezza che la fauna di quegli strati è assai incompleta-
mente nota e gì' intimi rapporti che essa ha con le faune elevate
del Lias medio dell'Appennino centrale, mentre da un canto danno
carattere di provvisorietà alle conchiusioni che se ne possono trar-
re, fanno sospettare più strette relazioni con le porzioni alte del
Lias medio, e permettono, per ora, di porla in un livello più ele-
vato di quelle della provincia di Palermo, di S. Cassiano ecc.
La fauna di Gozzano (Piemonte) è , come fu detto , stretta-
mente legata a quelle basse siciliane , e manca di specie che pos-
sono farla porre nella parte superiore del Lias medio; però le sue
relazioni col Lias inferiore non sono forti (il 28 % di specie co-
muni) , nonostante la presenza della Gryphaea arcuata citata dal
Parona; sicché potrà riguardarsi come più elevata delle faune esa-
minate poco avanti. In un posto leggermente più alto , ossia nella
parte media del Lias medio, potrà mettersi la fauna a brachiopodi
di Saltrio e Arzo (Lombardia), per le ragioni esposte a pag. 27 (1).
Fra i calcari della parte superiore del Lias medio, quelli del
livello alto del M. San Giuliano potranno riguardarsi come i più
antichi , perchè le loro relazioni col Lias inferiore sono (discreta-
mente forti (37 ° 0 di specie comuni). Quelli dell' Appennino cen-
trale sono certo un po' più elevati, ma non tutti nello stesso gra-
do. Infatti le piccole faune della Marconessa presso Cingoli e del
M. Pietralata (Furio) sono distinte dal resto per la presenza di due
importanti specie {T. Rotzoana Schaur., T. Benierl Cat.), che molto
(1) Non è improbabile che occupi lo stesso posto quella zona di calcari compatti che al
M. San Giuliano separa i due livelli di calcari con crinoidi, e che per la sua povertà di fos-
sili non fa emettere giudizj sicuri per la determinazione del livello.
// Lids medio ilei M. San Giuliaìw (Erice) prei<so Trapani lól
le avvicinano al Lias supi'iiort.'. Le altre , in generale più abbon-
danti di fossili , cioè quelle dei Campi dell' acqua presso Ficano
(Suavicino) , dei monti della, Rocchetta (Suavicino) , delle Foci di
Cantiano, di Papigno (Terni), della Grotta del Miele (Cesi), di Mon-
ticelli nei monti Cornicolani, che sono le meglio studiabili, tengono
un posto intermedio tra le prime due (MarConessa e M. Petralata)
e quella del livello elevato del M. San Giuliano, perchè, non solo
mancano delle due specie menzionate ora , ma ne mostrano qualcu-
na, come la Sp. uhiusa Opp. (Monticelli), una Spiriferiva molto af-
fme alla Sp. Pichlerl Neum. (Foci di Cantiano), la Sp. alpina Opp. =
Sp. undata Can. (Papigno, Grotta del Miele, Monticelli) e la Wald.
mutahilis Opp. (Foci di Cantiano, Monti della Rocchetta), che danno
loro un carattere di antichità maggiore di quello delle faune del
M. Pietralata e della Marconessa, ma sempre minore di quello del
livello superiore del M. San Giuliano, che ha piti specie del Lias
inferiore, hitanto bisogna riconoscere che le ricerche più estese
e particolari nelle singole località fossilifere del Lias medio dell' Ap-
pennino centrale sono necessarie per assodar meglio questo modo
di vedere.
Accanto agli strati più alti del Lias medio appenninico potran-
no porsi i calcari con crinoidi e T. Aspasia, T. erbaensis, T. Reuieri,
T. Rotzoana ecc. di Arzo, Besazio e della Bicicola di Snello (Lom-
bardia), ma con un segno dubitativo, finché uno studio più esteso
delle loro faune non avrà del tutto assodato la loro spettanza alla
porzione più alta del Lias superiore.
I risultati di questo tentativo di ordinamento dei calcari con
crinoidi e brachiopodi meglio conosciuti del Lias medio mediterraneo
potranno osservarsi sinteticamente nel quadro che segue :
152 II Lias medio del M. San G'mliano (Erice) presso Trapani
CALCARI DEL LIAS MEDIO
ao M. Pietralata (Furio); Marconessa — (Cale, con T. Ben/eri ecc.
di Arzo, Besazio, Bicicola di Suello)?
Campi dell'Acqua; M. della Rocchetta; Foci di Cantiauo; Papi-
gno; Grotta dfel Miele; Monticelli,
ò^ M. San Giuliano, liv. sup..
Saltrio e Arzo.
^ Gozzano.
cS \ Rocche rosse di Calati ; (M. Soratte) ì
oz, / M. San Giuliano, liv. inf. ; Chiusa-Sclafani; Sant' Anna di Giu-
^ liana; M. di S. Elia; Castelluccio; S. Cassiano.
PARTE PALEONTOLOGICA
BRACHIOPODA
Gen. Spiriferina d' Orbigny
Spiriferina alpina Opp.
\86i. Spiriferina alpina Oppel, Ueber die Brachiopoden des unte-
rei! Lias (Zeitschr. d. deutsch. geol. Ge-
sellschf., XIII Ed.) pag. 541, tav. XI, fig. 5.
1879. „ „ Neumayr , Zur Kenntniss der Fauna des
untersten Lias in den Nordalpen (Abhandl.
d. k. k. geol. R. A., VII Bd.) pag. 9,
tav. 1, fig. 4.
1883. „ „ Canavari, Contribuzione III alla conoscenza
dei jjrachiopodi degli strati a T. Aspasia
Mgh. neir Appennino centrale (Atti della
Soc. tose, di Se. Nat. , voi. VI ) pag. 78,
tav. IX, fig. 3.
1883. „ undata Canavari, Ibid., pag. 80, tav. IX, fig. 4.
1885. „ alpina Haas, Étude monographique et critique des
brachiopodes rhétiens et jurassiques des
Alpes vaudoises, (Mém. de la Soc. paleont.
suisse, XI) pag. 27, tav. II, fìg. 8, 10.
1886. „ compressa Seguenza, Le Spiriferina dei varii piani del
Lias messinese (Boll, della Soc. geol. ital.
voi. IV) pag. 457, tav. XX, fig. 6.
1886. „ tauromenensis Seguenza^ Ibid., pag. 458, tav. XX, fig. 7.
1886. „ alpina Rothpletz, Geologisch-palaeontologische Mo-
nographie der Vilser Alpen ecc. (Palaeon-
tograpliica, 33 Bd.) pag. 158.
1889. „ „ Geyer , Ueber die liasischen Brachiopoden-
fauna des Hierlatz bei Hallstatt (Abhandl.
d. k. k. geol. R. A. , XV Bd. ) pag. 71,
tav. Vili, fig. 4-8.
Atti Acc. Vol. Ili, Seeie 4' 21
154 II Lias medio del M. San (fiuliano (Erice) presso Trapani
La Sp. alpina Opp. ò rappresentata da pochi esemplari nei
calcari grigi della parte inferiore del Lias medio del M. San Giu-
liano. Essi corrispondono alle forme un po' slargate di questa spe-
cie e con apice molto curvato. La loro area è un po' concava e
larga più della metà della lunghezza della conchiglia ; il contorno
della conchiglia è tagliente. Benché questi individui mostrino molti
rapporti con la Sp. rostrata Schloth. sp., nondimeno se ne distin-
guono bene per la grandezza dell' area , per 1' assenza del lobo e
del seno alla fronte, nonché per la minore convessità della valva
imperforata.
La Sp. compressa Seg. e quella indicata col nome di Sp. Can-
tanianensis Can.^ var. tanromenensis Seg. del Lias medio messinese
vanno aggregate alla Sp. alpina Opp., perchè non ne differiscono
in nulla, come del resto mi son convinto con l'esame degli esem-
plari di Galati e di Taormina (Messina).
Il dott. Rothpletz ( Op. cit. ) espresse di già il dubbio che la
Sp. nudata Can. possa rappresentare la Sp. alpina Opp. L' esem-
plare originale figurato dal dott. Canavari si trova nelle collezioni
dell'Ufficio geologico italiano, dove ho potuto esaminarlo e persua-
dermi infatti che esso non si può dividere dalla specie dell'Oppel.
La Sp. alpina Opp. si presenta nel Lias inferiore delle Alpi e
della Selva Baconica; nel Lias medio dell' Appennino centrale ( M.
Soratte) e della Sicilia (M. Ucina presso Galati, Gastelluccio presso
Taormina e M. San Giuliano).
Spiriferina rostrata Schloth. sp.
1822. Terehratulites rostratus Schlotheim, Nachtrage zur Petrefacten-
kunde, pag. 95, tav. XIV, fìg. 4.
1830. Delthyris rostrata Zieten, Die Versteinerungen Wiirtembergs,
pag. 51, tav. 38, fig. 3.
1840. „ rostratus v. Buch, Classiflcation et déscription des
Delthyris (Mem. de la Soc. géol. de Fran-
ce , 1 S., t. IV) tav. X, fig. 24.
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erive) preioio Trapani 155
1851. Spirifer rostratus Davidson, A inonograpli of lirith. ool.
and. liass. Brachiopoda (Palaeont. Society
of London ) pag. '20 , tav. '2 , iìg. 1 - 2
(escluse fig. 7-9).
1851. „ „ Cliapuis et Dewalque, Térrains secondaires
du Louxembourg, pag. TU, tav. XXXV,
fig. 6.
1853. „ „ Oppel , Dei- mittlere Lias Schvi^abens ,
pag. 73, tav. IV, flg. 7.
1854. „ „ Suess, Ueber die Brachiopoden der Kos-
sener Schichten, pag. 19, tav. '2, fig. 8.
1858. „ „ Quenstedt, Der Jura, pag. 181 , tav. 22,
fig. 2ò.
1862. Spirifer ina rostrata Deslongchanips, Études critiques sur des
brachiopodes nouveaux ou peu connus ,
pag. 10, tav. 2, flg. 7-9.
1863. „ „ Ooster, Synopsis des brachiopodes fossiles
des Alpessuisses,pag. 39, tav. 13, flg. 13-20.
1867. „ „ Dumortier, Dépòts jurassiques du bassin
du Bliòne ; Lias inférieur, pag. 227, ta-
v. XLIX, flg. 17.
1871. Spirifer rostratvs Quenstedt, Die Brachiopoden Deutschlands
pag. 527, tav. 54, flg. 96-107.
i87 4^. Spiriferina rostrata Gemmellaro , Sopra i fossili della zona
con T. Aspasia della provincia di Paler-
mo e di Trapani (Sopra alcune faune giu-
resi e liasiche della Sicilia ) pag. 58 ,
tav. X, flg. 4.
1876. „ ;, Davidson, Supplement to the brit. jurass.
and triass. brachiopoda (Paleont. Society
of London) pag. 95, tav. 9, fig. 6.
1880. „ „ Parona , Il calcare liassico di Gozzano e
i suoi fossili (Atti della R. Acc. dei Lin-
cei, a. GGLXXVII) pag. 8, tav. I, flg. 1-2.
156 II Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
i88 i. Spiriferina cantanianensis Canavari, Alcuni nuovi brachiopochi
degli strati con T. Aspasia Mgh. nell'Ap-
pennino centrale (Atti della Soc. tose, di
Se. Nat., voi. V) pag. % tav. IX, fig. 1-4.
1882. , rostrata Haas und Petri, Brachiopoden der Juraf.
V. Elsass - Lothringen ( Abhandl. z. geol.
Spezialkarte v. El.-Loth., 1 1 Bd.) pag. 298,
tav. XVI, fig. 4, 6, 8.
1884. „ „ Canavari, Contribuzione III alla conoscen-
za degli strati a Ter. Aspasia Mgh. nel-
l'Appennino centrale (Atti della Soc. tose,
di Se. Nat., voi. VI) pag. 8, tav. IX, fig. 1-2.
1884. „ , Parona , I brachiopodi liassici di Saltrio
e Arzo nelle Prealpi lombarde ( Mem.
dell'Istituto lombardo ecc.) pag. 9, tav. 1,
fig. 1-2.
1885. Spirifer. rostratus Quenstedt , Handbuch der Petrefakten-
kunde, 3 ed., pag. 734, tav. 57, fig. 5-7.
1885. „ rostratiforinis Seguenza, Le Spiriferina dei vari piani
del Lias messinese (Boll, della Soc.
geol. ital., voi. IV) pag. 303, tav. XIX,
fig. % 'la, "2b.
1885. „ macromorpha Seguenza , Ibid. , pag. 395, tav. XIX,
fig. 3, 3r/, 3/>.
1885. „ coìHjlobata Seguenza, Ibid. , pag. 400 , tav. XIX,
fig. 6, 6f/, 6è.
1885. „ rethica Seguenza, Ibid., pag. 401, tav. XIX ,
fig. 7, la Ib.
1885. „ palaeomorpha Seguenza^ Ibid. , pag. 402, tav. XIX ,
fig. 8, 8a, 8ò, 8c.
1885. „ tauromenitana Seguenza, Ibid., pag. 404, tav. XIX ,
fig. 9, 9a, U.
1885. „ siihquadrata Seguenza, Ibid., pag. 461 , tav. XXI,
fig. 1, la, \b.
n Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 157
1886. Spirifer. jiurr/rostris Segiu'nza. Ibid., pag. 460 . tav. XIX,
fig. 8, 8^/, Sb.
1886. „ onieoiììorpha Seguenza, Ibid., pag. 307 , tav. XIX,
fìg. 4, 4a, 4i.
1886. „ iii/('roiiì<irp/i(i Seguenza, Ibid., pag. 399 , tav. XIX,
tìg. 5, òa 56.
1886. , rostrata Di Stefano,, sul Lias inferiore di Taor-
mina e de' suoi dintorni, ( C4iorn. d.
Soc. di Se. Nat. ed Econ. di Palermo,
voi. XVIII), pag. 78, tav. 1-8.
1886. , „ Rothpletz, Geologisch-palaentologische
Monographie der Vilser Alpen ( Pa-
laeontographica, Bd. 33) pag. 159.
1887. , „ Haas , Elude monographique et cri-
tique des brachiopodes rhétiens et juras-
siques des Alpes vaudoises, II (Meni.
de la Soc. pai. suisse) pag. 73, tav. VII,
fìg. 27.
1889. „ „ Geyer, Ueber die liasischen Brachio-
poden des Hierlatz bei Hallstatt (Ab-
handl. d. k. k. geol. R. A., XV Bd.)
pag. 73, tav. Vili, fìg. 3.
La Sj). rostrata Schloth. sp. è rappresentata nelle due parti del
Lias medio del M. San Giuliano da molti grandi e piccoli esemplari.
Essi sono perfettamente determinabili e non offrono contrassegni
particolari, perchè io li debba figurare e descrivere. Parecchi esem-
plari rammentano molto la Sp. Insignis Seg. (1) , della quale pos-
siedono r apice molto curvo, ma non la valva imperforata così poco
convessa. Del resto nel Lias medio di Taormina (Messina) io ho tro-
vato esemplari di Spiriferina vicinissimi alla Sp. msiynis Seg. e nondi-
meno riferibili sempre alla Sp. rostrata Schloth. sp., in modo che è da
(1) Sequenza, Le Spiriferina dei varii piani del Lias messinese, pag. 448, tav. XIX,
?. 4.
158 11 Lia.s medio del M. San Giulimw (Erice) pi-esso Trapani
ritenere la figura della Sp. insignis come non corrispondente con
esattezza ai \.\\A che se ne raccolgono nella località indicata dal prof.
Seguenza come più ricca di esemplari, cioè al promontorio di Ca-
stelluccio (Taormina), dove si presentano anche la Sp. alpina Opp.
e la Sp. gnjpìioiiìea Uhi. sicuramente determinabili.
Come io dimostrai già nel 1886, quasi tutte le Spiriferina del
Lisa inferiore di Taormina descritte come nuove dal compianto prof.
Seguenza debbono riferirsi alla Sp. rostrata Schloth. sp. hifatti van-
no aggregate a questa la Sp. rostratiformis Seg. , la Sp. ìiiacromorpha
Seg. , la *S^. conglobata Seg., la Sp. rethica, la Sp. palaeomorpha Seg. ,
la Sp. subquadrafa Seg. , la Sp. oiiieoìiiorpha Seg., la Sp. niicroiiior-
pha Seg. , la Sp. parvirostris Seg. e la Sp. tauromenitana Seg. . Que-
st'ultima, a dir vero, è una forma di passaggio alla Sp. alpina Opp. .
Anche la Sp. Cantati ianensis Can. del Lias medio dell'Appennino
centrale non si può dividere dalla Sp. rostrata Schloth. sp. , come
di già notò il Rothpletz, perchè il carattere dei tubercoli della su-
perfìcie, indicato come differenziale dal Canavari, si riscontra spesso
sulla Sp. rostrata tipica. Essa però si avvicina, per varj caratteri
della forma, alle varietà allungate della Sp. alpina Opp.
Per quanto riguarda la riunione alla Sp. rostrata delle due spe-
cie Sp. Handeli Di-Stef. e Sp. Haasi Di-Stef. , proposta dal dott.
Rothpletz, rimando il lettore a quanto io scrivo qui appresso (pag.
38 e pag. 42).
La Sp. rostrata è una specie del Lias inferiore , del medio e
del superiore : esso si presenta in tanti luoghi e così noti del ba-
cino mediterraneo e di quello dell' Europa media che non mette il
conto di farne V enumerazione.
Spiriferina Handeli Di-Stef.
1886. Spiriferina Handeli Di-Stefano, Sul Lias inferiore di Taormina
e de' suoi dintorni, (Giorn. d. Soc. di Se. Nat.
ed Ec. di Palermo, voi. XVIIL ) pag. 83,
tav. 1. fig. 12. 14 (esclu.se fig. 12, 13, 15-17).
Il Li(Ui medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 159
Nel calcare bianco con crinoidi della porzione superiore del Lias
medio del M. San Giuliano si raccol^^ono varj esemplari di questa
Spiriferina, ma generalmente in valve isolate. Essi sono più depressi
e assai più slargati degl' individui estremi di Taormina che di già
figurai e mostrano la linea cardinale quasi retta.
Io feci la separazione di questa specie dalla Sp. rosfratd Schlotb.
sp. ; nonostante conoscessi bene la grande variabilità di forma della
specie dello Scblotheim, percbè mi parve che si estendessero trop-
po i limiti di questa nostra concezione subbiettiva che chiamiamo
gruppo specifico, comprendendo nella Sp. rostrafn i molti individui
di Spiriferina di Taormina che in tutti gli stadj di accrescimento
sono depressi, col contorno tagliente e assai slargati trasversalmente,
sui quali lo stesso prof. Seguenza aveva fondato la Sp. papiìio e la
Sp. latissiìna (Le Spiriferina dei varii piani del Lias mess-inese, p. 430
e pag. 4^22). Ora lo studio degli esemplari di Trapani mi mostra
che la separazione dalla Sp. rostrata delle forme affini, ma appiattite,
slargatissime e a linea cardinale assai lunga e quasi retta non è del
tutto ingiustificata. Io del resto non mantengo nessuna eccessiva
preferenza per la mia specie; però debbo riconoscere che il dare ai
gruppi estremi di forme della Sp. rostrata, cioè a quelle ristrette ,
gonfie e molto allungate da un canto, e a quelle depresse e slarga-
tissime dall' altro dei nomi distinti, non è privo di utilità metodica.
È giusto notare però che solo gli esemplari li, 14 della tav. 1 del
mio lavoro sul Lias inferiore di Taormina io prendo a tipo della
Sp. Handeli, perchè gli altri che io vi avevo aggiunto, sono a dir
vero da riunire senz' altro alla specie dello Scblotheim.
Spiriferina sicula Gemm.
(Tav. 1, fij. 1-3)
1874. Spiriferina sicula Gemmellaro, Sopra i fossili della zona con
T. Aspasia della provincia di Palermo e di
Trapani (Sopra alcune faune giuresi e liasi- •
che della Sicilia) pag. 55, tav. X, fig. 5.
160 U Lias viedio del M. iSan Giuliano {Erice) presso Trapani
1886. Spiriferina sicula Seguenza, Le Spiriferiua dei varii piani
del Lias messinese (Boll, della
Società geol. ital. , voi. IV )
pag. 475.
1886. , loiduìata Seguenza, Ibid., pag. 466, tav. XXI, fìg. 2,
!2a, 2i, 2c.
1886. „ Haasi Di-StefanO; Sul Lias inferiore di Taormina
e de' suoi dintorni , Giorn. d.
Soc. di Se. Nat. ed Ec. di Pa-
lermo. XVIII) pag. 39, tav. 1,
fig. 9, 10.
1890. „ Torholensis Tauscli, Zur Kenntniss der Fauna der
" Grauen iv'alke „ der Siid-Al-
pen (Abhandl. d. K. K. R. A.,
XV Bd. ) pag. 10 , tav. IX ,
fig. 8-10.
n grande numero di esemplari della Sp. slcida Gemm. che
ora si sono raccolti nel Museo geologico dell' Università di Paler-
mo, fa conoscere estesamente i caratteri della specie e rende possi-
bile r esatta compilazione della sua sinonimia.
Nella Sp. sicula sono caratteristici il forte lobo, che, estenden-
dosi fm suir umbone della valva imperforata , rende questa più o
meno gonfiata sulla sua linea mediana e spesso subcarenata ; il seno
della valva perforata sporgente in un lembo linguiforme assai lungo ;
1' area molto stretta , ben limitata e concava ; la fessura deltidiale
molto larga ; 1' apice molto robusto e tuttavia assai appuntito all' e-
stremità, di media altezza e molto curvato ; la commessura più o
meno fortemente arcuata sui fianchi.
La forma della conchigfia è un po' variabile ; essa si mostra
nella massima parte dei casi trasversalmente slargata; ma è anche
talvolta più lunga che larga. Non di raro è asinmietrica, per causa
defio spostamento laterale del lobo e del seno.
La superficie delle due valve è liscia o fornita di costicine lon-
Il TJas medio del M. San Giuliano [Ericé) presso Trapani 161
gitudiuali anoloiidite e leggerissime, ma ben visibili sulla regione fron-
tale. Spesso si notano sulla conchiglia le cicatrici di numerose spine.
GÌ' individui raccolti con abbondanza negli strati inferiori e su-
periori del Lias medio del M. San Giuliano raggiungono spesso grandi
dimensioni, sono trasversalmente slargati e spesso forniti di costicine.
La Sp. Sicilia è certamente molto vicina alla Sp. uhi usa Opp. (1) ;
però ne differisce per la sua area assai meno larga e meno con-
cava , pel più forte e più esteso lobo della valva imperforata , pel
lunghissimo lembo linguiforme della valva perforata , per la linea
cardinale arcuata e non diritta, nonché per la forma meno dilatata
e più globoso-ovale e per le grandi dimensioni che raggiunge. Le
stesse differenze debbono notarsi rispetto alla Sp. acuta Stur di Hier-
latz (2), la quale è con molta probabilità identica alla Sp. obtusa Opp.,
perchè la differenza dovuta all' angolosità del lembo del seno nella
Sp. acuta giustificherebbe forse meglio la creazione di una varietà,
anziché d' una specie.
L' esemplare della Sp. obtusa Opp. , figurato dal sig. Geyer nella
tav. IX, fìg. 1 del suo recente lavoro sulla fauna a brachiopodi di
Hierlatz, é assai più vicino alla Sp. sicula che alla vera Sp. obtusa;
ma sarebbe prematuro per ora di stabilire la esistenza della specie
del prof. Gemmellaro a Hierlatz sulla figura di un solo esemplare.
La Sp. tmdulata Seg. del Lias medio messinese é certamente
la Sp. sicula Gemm. , con la quale conviene per tutti i caratteri. Il
paragone degli esemplari di Galati , (dei quali uno é qui figurato
nella Tav. 1, fig. l, per la migliore conoscenza della specie) con
gli esemplari grandi e piccoli della Sp. sicula di varj luoghi di Si-
cilia mi ha convinto della identità delle due specie.
Invece non posso affermare la corrispondenza con la Sp. sicula
degli individui di Reichebachquelle (Pfroten) e di Bòsen Tritt che
il dott. Rothpletz vi riferì (3) e che forse si potrebbero compren-
(1) Oppel, C'eber die Brachiopoden des unteren Lias, pag. 542, tav. XI, fig. 8.
(2) Geyer, Ueher die liasischen Brachiopoden des Hiarlat:^ ecc. , pag. 77, Tav. IX, fig. 6.
(3J Rothpletz, Geologisch-palaeo'itologische Monographie der Vilser Ai peti , tav. XIII,
fig. 7, 8.
Atti Acc. Vol. III, Serie 4» 22
162 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
dere nelle varietà slargate e a lunga linea cardinale della Sp. rostrata
Schloth. sp., già da me distinte col nome di Sp. Handell. Essi non
possiedono della Sp. sicula ne l' aspetto ovato-globoso, né il forte
lobo della valva imperforata , né il lungo lembo linguiforme del
seno di quella perforata. L' andamento della commessura laterale
è anche differente, perchè non mostra la forte arenazione che di-
stingue la specie del prof. Gemmellaro.
Nel mio lavoro sul Lias inferiore di Taormina distinsi col nome
di Sp. Haasi delle grosse Spiriferina un po' logore , che misi in
istretta relazione con la Sp. sicula Gemm., della quale erano cono-
sciute allora solo le forme piccole. Lo studio dei grandi esemplari
di questa specie mi ha convinto ora che la Sp. Haasi deve riunirsi
alla Sp. sicula e non alla Sp. rostrata Schloth. sp. , come crede il
dott. Rothpletz (1). hifatti la Sp. Haasi, come anche la Sp. sicula, si
dislingue dalla affine 6)>. rostrata Schloth. sp. pel fortissimo lobo
della valva imperforata esteso fin sopra l'umbone, pel lungo lembo
linguiforme del seno della valva perforata, nonché per la costante
pili forte arenazione delle commessure sui fianchi della con-
chiglia.
La Sp. sicula è certamente assai vicina alla Sp. rostrata Schloth.
sp. ; ma, pe' suoi caratteri , tiene un posto intermedio tra questa
specie e la Sp. obtusa Opp. , secondo è stato notato, del resto, da
varj autori.
Il doti. L. Tausch ha descritto una Sp. Torbolensis (i) del cal-
care grigio dei dintorni di Roveredo, riconoscendone bene le intime
analogie con la Sp. sicula Gemm., dalla quale l'ha divisa solo perchè
sulle figure di questa specie pubblicate dal prof. Gemmellaro non si
scorgono coste. La Sp. sicula è però spesso costata nel modo che si
osserva sulla Sp. Torbolensis e corrisponde del lutto^ specialmente
per le sue forme allungate (Sp. undulata Seg.), a questa specie de-
scritta dal mio amico doti. Tausch.
(1) Rothpletz, Op. cit. , pag. 172.
(2) Taosoh, Op. cit.
n Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 163
La Sp. Sicilia abbonda nella parte inferiore e superiore del Lias
medio del M. San Giuliano.
Alcuni esemplari bivalvi offrono le seguenti dimensioni :
I. II. III. IV.
Lunghezza 23mm. 31mm. 35mm. 38mm.
Larghezza 24. 26. 30. 32.
Spessore 22. 23. 26. 27.
Spiriferina Darwini Gemm.
(Tav. 1, p,j. 4J
1874. Spiriferina cfr. angulata Gemmellaro, Sopra i fossili della zona
con T. Aspasia della provincia di
Palermo e di Trapani (Sopra alcune
faune giuresi e liasiche della Sicilia)
pag. 56, tav. X, fìg. 6, 7.
1878. Spiriferina Darwini Gemmellaro , Sui fossili del calcare
cristallino delle montagne del Casale
e di Bellampo nella provincia 'di Pa-
lermo (Sopra alcune faune giuresi e
liasiche della Sicilia) pag. 409, tav.
XXI, fig. 22-26.
La Sp. Dancini Gemm. è rappresentata da pochi esemplali
nella parte inferiore del Lias medio del M. San Giuliano. Essi of-
frono i seguenti caratteri :
Concliiglia un po' più larga che lunga e in qualche caso asim-
metrica ; valva perforata di forma piramidale, elevata, fornita di un
seno largo e leggiero, talora appena visibile, che si estende dall' a-
pice alla fronte ; valva imperforata poco convessa , nondimeno un
po' gibbosa sulla sua linea mediana per effetto di un labo largo e
leggiero, non limitato nettamente dalle parti laterali della conchiglia.
L' apice è acuto e leggermente curvato. L' area è molto larga, alta,
piana, nettamente limitata ai lati e coperta di forti strie trasversali.
La linea cardinale è diritta e lunga quasi quanto l' intiera larghez-
164 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
za della conchiglia. La linea commessurale è diritta sui lati e si-
nuata alla fronte.
La superficie della conchiglia è coperta di fini tubercoli irre-
golarmente disposti, e di forti strie di accrescimento. Sopra alcuni
esemplari mancanti dei primi strati della conchiglia si manifestano
le impressioni vascolari sotto forma di strie o di fine cestelle irre-
golari e longitudinali, che danno alle valve un elegante ornamento.
Suir apice della valva perforata si scorge il setto, che giunge
quasi sul mezzo della valva perforata, e le due lamine rostrali, leg-
germente arcuate verso il setto.
Il prof. Gemmellaro discorse di già a lungo sui rapporti della
Sp. Darwini con varie altre specie. Io mi limito solo a notare che
essa è assai vicina alla Sp. angulata Opp. , ma che se ne differisce
pel seno molto leggiero e mai angoloso al fondo, per la mancanza
delle forti compressioni laterali che rendono quadrangolare la valva
perforata della specie di Oppel, per 1" apice più curvato e non di-
retto indietro, nonché per la mancanza sui lati della sua linea com-
messurale di forti arenazioni. Essa è anche in istretta relazione con
la Sp. obtiisa Opp. ; ma ne è distinta soprattutto per la forma più
piramidata della valva perforata, per la grandezza dell" area, per la
forma più depressa e pel carattere del seno esteso fin sull' apice
della valva perforata.
La Sp. Darwini è una specie del calcare cristallino del Lias
inferiore della provincia di Palermo, per la prima volta trovata ora
nel Lias medio.
Spiriferina Hartmanni Deslongchamps (nonZieten.)
1862. Spiriferina Hartmanni Deslongchamps , Ètudes critiques sur
des brachiopodes nouveaux ou peu con-
nus, pag. 13, tav. 11, fig. 10, 11.
1851. , rostrata Davidson, A Monograph of British oo-
litic and liasic Brachiopoda (Palaeont.
Society of London) pag. 2!2, tav. 11,
fig. 10, 12.
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 165
1867. SpiriferÌHa Hartmanni Dumortier, Études paléontologiques sur
les dépòts jurassiques du bassin du
Rhòne; Lias iuferieur ; pag. :2"i8, tav.
XLIX, flg. 15, 16.
1876. „ Hartmanni Davidson , Supplement to the British
jurassic and triassic Brachiopoda (Pa-
laeont. Society of London) pag. 95 ,
tav. XI, flg. 7.
1884. , Hartmanni Parona, I brachiopodi Massici di Saltrio
e Arzo nelle Prealpi lombarde ( Meni.
deiristituto lombardo) pag. 10, tav. I,
flg. 3.
1886. „ capidiformis Seguenza, Le Spiriferina dei varii piani
del Lias messinese (Boll, della Soc. geol.
ital. , voi. IV) pag. 470, tav. XXI, fig.
4, 4rt, U, 4p.
1886. „ Hartmanni Rotlipletz, Geologisch-palaeontologische
Monographie der Vilser Alpen (Palaeon-
tographica, XXXIII Bd.) pag. 160.
Si debbono riferire a questa specie gli abbondanti esemplari di
una grande Spiriferina che si raccoglie quasi sempre a valve stac-
cate nella parte inferiore e nella superiore del Lias medio del M.
San Giuliano. La valva perforata ha un aspetto ben distinto per la
sua forma grande, alta, conoidale ; per 1' area molto alta_, larga, pia-
na o leggermente concava , ben limitata sui lati ; pel seno largo ,
leggiero e talvolta appena visibile o scancellato ; per 1' apice spesso,
appuntito e poco o discretamente curvato , nonché per la fessura
deltidiale alta e larga. La valva imperforata mostra un lobo molto
leggiero, non ben limitato e largo. La superficie della conchiglia è
solo coperta di strie di accrescimento molto forti, e per lo più di-
stinte in forma di risalti , e di una granulazione fitta e distinta ,
lasciata dalle numerose spine che ornavano le valve.
Tutti questi caratteri corrispondono sì bene a quelli della Sp.
166 II Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
Hartmanni figurata dal Deslongchamps, che è impossibile distaccar-
nela. Alla stessa specie va aggregata la Sp. copuli formis Seg. del
Lias medio messinese, perchè non ne differisce in nulla.
La .S'^^. Hartmamn rappresentata dal Deslongchamps è differente
dalla Sp. Hartìmtmii Zieten {Die Versteinerungen Wurtemhenjs, tav. 38,
fig. 1 .). Questa non ha tali contrassegni perchè si possa tener divisa
dalla Sp. rostrata Scliloth. sp., mentre quella pei caratteri interni,
per la sua area moUo alta e larga e nettamente limitata, nonché
per r apice più spesso, più elevato e meno curvato se ne distacca
bene. In queste condizioni si può mantenere, in via eccezionale, il
nome di Sp. Hartmanni solo per la specie del Deslongchamps, riu-
nendo gli esemplari dello Zieten alla Sp. rostrata Schloth. sp.
Le forme tipiche della Sp. Hartmanni Deslongc. non Zieten so-
no date dalle figure del Deslongchamps , del Dumortier e del Se-
guenza (Sp. capuUformis) ; però gii esemplari inglesi rappresentati
dal Davidson e l' individuo delle Prealpi lombarde dato dal Parona,
gli uni soprattutto per 1' elevatezza dell' apice e F altro per la lar-
ghezza dell' area, non mi pare se ne possano dividere. È da notare
anche che un esemplare di Spiriferina di Hierlatz, riferito dal Ge-
yer (1) alla -Sp. obtusa Opp. , è estremamente vicino alla Sp. Hart-
manni Deslongc. non Zieten, per ragione del suo alto apice e dei
caratteri dell' area.
La Sp. Hartmanni è una delle varie specie intermedie tra la
Sp. rostrata Schloth. sp. e la Sp. obtusa Opp. Da quest'ultima si
differisce per la sua area molto alta e larga, per la forma più glo-
bulare e meno dilatata trasversalmente, per la hnea cardinale non
diritta e per le sue grandi dimensioni. Rimane però sempre molto
vicina alle due specie , senza che si possa identificare con alcuna
di esse.
Non sono da disconoscere gU stretti rapporti della specie in
esame con la Sp. Darwini Gemm. , dalla quale si distingue solo per
la sua area meno acutamente limitata, più alta ma assai meno lar-
(1) Geyek, Op. cit. , pag. 75, tav. IX, fig. 3.
Il Lkts medio del M. !San (jiitltano (Erice) presso Trapani l(i7
ga alla base, per 1' aspetto non piramidale della valva perforata, per
la t'orina più globulare e non dilatata ti-asversalmente, e per le sue
grandi dimensioni. Inoltre è da rilevare che l' estremità dell' apice
nelle forme tipiche della Sp. ILiiimiuini è piìi acuto , pii^i protratto
e più curvato.
Le dimensioni di alcune valve perforate sono le seguenti :
I. IL III.
Lunghezza 46mm. 44mm. 4!2mm.
Larghezza 46mm. 45mm. 41mm.
Spìriferina Statira Gemm.
(Tao. I, fig. 5-)
1874. Spiri ff ri lìa Statira Gemmellaro, Sui fossili del calcare cristal-
lino della zona con T. Aspasia della pro-
vincia di Palermo e di Trapani (Sopra al-
cune faune giuresi e liasiche della Sicilia)
pag. 54, tav. X, fig. 3.
Questa specie è rappresentata nella parte inferiore del Lias me-
dio del M. San Giuliano da rari e piccoli esemplari corrispondenti
agi' individui illustrati dal prof. Gemmellaro. Si raccoglie invece qual-
che individuo relativamente grande nel Lias medio del piccolo pro-
montorio di Castelluccio presso Taormina (Messina), d'onde provie-
ne r esemplare che io , per la più estesa conoscenza deUa specie ,
ho fatto figurare in questo lavoro.
La Sp. Statira Gemm. ha le più grandi analogie con la Sp. an-
(julata Opp. , alla quale vorrebbe unirla il dott. Rothpletz (1); tut-
tavia mi pare che se ne debba mantenere distinta. Infatti la Sp. Sta-
tira negl'individui giovani e negli adulti non ha mai un seno sulla
valva perforata, sibbene un lembo linguiforme piano, largo e spor-
gente, in opposizione ai caratteri della Sp. anrjulata, che mostra un
seno molto profondo e angoloso. Inoltre mancano nella specie del
(Ij Rothpletz, Op. cit. , pag. 160.
I(j8 II Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
prof. Gemmellaro le forti compressioni laterali della valva perforata
che danno a quella della Sp. anguìaia il noto aspetto piramidato, e
dippii^i si rileva che nella Sp. Stativa il piano dell'area è molto piìi
inclinato rispetto alla linea cardinale che non sia nella Sp. ungulata.
Queste differenze sono sufficienti a tener separate le due specie, se
dobbiamo servirci di certi criterj che pur sono necessaij per ag-
gruppare gì' individui in specie.
La Sp. Sfatira si è raccolta finora nel Lias medio del M. San
Giuliano e in quello della contrada Sant' Anna presso il comune di
Giuliana (Palermo).
L" esemplare figurato ha le seguenti dimensioni :
Lunghezza 18mm.
Larghezza 22.
Spessore 16.
Spiriferina angulata Opp.
1861. Spiriferina angulata Oppel, Ueber die Brachiopoden des untern
Lias (Zeitschr. d. deutsch. geol.
Gesellschf.) pag. 541, tav. XI, fig.
la, b.
1878. „ „ Gemmellaro, Sui fossiU del calcare
cristallino delle Montagne del Ca-
sale e di Bellampo nella provincia
di Palermo (Sopra alcune faune
giuresi e liasiche della Sicilia) pag.
412, tav. XXXI, fig, 41-46.
1879. „ cfr. angulata Uhlig, Ueber die Uasische Brachio-
podenfauna von Sospirolo bei Bel-
luno (Sitzb. d. Akad. d. Wissen-
schf., LXXX Bd.) tav. I, fig. 4.
1886. „ angulata Seguenza^ Le Spiriferina dei varii
piani del Lias messinese (Boll, della
Soc. geol. itaUana, voL IV) p. 472.
// Lian ìiiedio del M. !>aìì Giuliano (Erice) presso Trapani 1G9
tSSG. SpiriferiiKi CanHclinac Si'guenza , Ibid. , pag. 478, Uiv.
XXI, fìg. 5, 5rt, 5/;.
ISS6. „ „ var. /ji/ramidata Seguenza , Ibid. , pag.
478, tav. XXI, fig. 6, 6r/.
1886. „ uiKjuìata Pvothpletz, Geologisch-palaeontolo-
gische Monographie dev Vilser AI-
pen ( Palaeontographica , XXXIII
Bd.) pag. 160.
1889. „ anynlafa Geyer , Ueber die liasischen Bra-
cliiopoden des Hieiiatz bei Hallstatt
(Abbandl. d. k. k. geol. R. A., XV
Bd.,ì pag. 74, tav. IX, fig. l-ì±
Questa specie è rappresentata da pochi esemplari nella parte
inferiore del Lias medio del M. San Giuliano, ma esattamente deter-
minabili, perchè oft'ronoa prima vista 1' aspetto caratteristico della
specie di Oppel. Essi non presentano contrassegni particolari e per-
ciò io non credo necessario di figurarli.
La Sj). Carmelinae Seg., del Lias medio messinese è senza dub-
bio Sp. ungulata Opp. Lo stesso è da dire della Sp. Carmelinae Seg.,
var. pijramidata Seg. , la eguale, come ho visto su molti esemplari
del Lias medio delle Rocche rosse di Galati (Messina) corrisponde
per la forma alla Sp. angulata tipica, e, per le leggiere costelle che
la ornano, alla var. costata Geyer.
Dei rapporti della Sp. angulata con la Sp. Stativa Gemm. e con
la Sp. Geyeri Di-Stef., è discorso negli articoli che riguardano que-
ste due specie.
La -S'^. angulata si presenta in Sicilia nel Lias inferiore di Bei-
lampo presso Palermo e nel medio del M. San Giuhano , del pro-
montorio di Castelluccio presso Taormina (Messina) e delle Rocche
rosse di Galati (Messina). Altrove si raccoglie nel Lias inferiore di
Hierlatz, di Sospirolo e della Selva Baconica; nel medio di Gozza-
no e dell' Appennino centrale.
Atti Acc. Vol. Ili, Sebie 4' 23
170 11 Lias medio del il/. San Giuliano {Erice) presso Trapani
Spiriferina Geyeri, Di-Stef.
(Tar. I, fg. 6.)
Conchiglia globulare e più lunga che larga. Valva imperforata
molto gonfia, piti grande del doppio dell" altra , fornita di un lobo
molto elevato e nettamente distinto. Valva perforata conica, bassa,
munita di un seno largo e discretamente profondo, ma non angoloso,
che comincia debolissimo sull" ajjice e si fa più forte alla fronte,
dove sporge in un lembo stretto e lungo. Apice acuto e diritto: area
alta, piana, larga quanto tutta la linea cardinale, acutamente limi-
tata e obliciua rispetto alla linea cardinale, che è diritta e lunga, ma
meno dell" intiera larghezza della conchiglia.
La fessura deltidiale è stretta e molto alta. Il setto, che si os-
serva suir apice della valva perforata, giunge ciuasi sul centro della
conchiglia ; le lamine rostrali sono lunghe e subparallele al setto o
pochissimo divergenti.
La superficie della conchiglia si mostra ornata di costelle ir-
radianti dagli apici, larghe, ma leggiere e bassissime. Finora ho tro-
vato il lobo sempre libero di coste , ma non così il seno , che le
mostra nell" esemplare figurato.
La Unea commessurale è fortemente ed acutamente arcuata ai
lati e sinuata alla fronte per effetto del lungo lembo della valva
perforata.
Di questa specie posseggo solo due esemplari intieri e due
valve staccate , nondimeno la sua forma globulare è così distinta ,
che io non ho potuto recisamente identificarla con la Sj). amjulata
Opp. , che le è estremamente vicina. Infatti la sua valva perforata
non ha punto l'aspetto caratteristico di piramide quadrangolare, come
Io ha quella deUa-S'/). ungulata, nella quale è dovuto alle forti compres-
sioni laterali, né il suo seno è acutamente limitato ai lati e angoloso
nel fondo. Inoltre tale valva è anche bassa e più piccola della metà
di quella perforata, che si mostra invece assai gonfia e ventricosa.
Quesl" ultimo carattere della Sp. Geijeri mi pare molto importante
H Lias medio del M. San Ghdìano [Er/ce) jìresuo Trapani 171
come differenziale, perchè nella Sp. angnhtta il rapporto della gran-
dezza delle due valve è differente , cioè la valva perforata è molto
elevata e sempre più grande , e V imperforata più piccola e de-
pressa. Per queste differenze e perchè il piano dell' area è obliquo
rispetto alla linea cardinale, come nella Sp. Statira Gemm. e nella
Sp. Zi(/noi Di-Stef. , io ho creduto di separare come specie distinta
la descritta Spi riferina , che altri può forse considerare solo come
una varietà della Sp. angulnta.
La Sp. Geyeri si distingue dalla vicina Sp. rupestris Deslongc. (1)
per la grande gonfiezza della valva imperforata, per la bassezza di
quella perforata, per la minore larghezza del lobo, che è però più
elevato, per la forte arenazione della commessura laterale e per le
coste assai più leggiere.
Per quanto riguarda le relazioni con le Sp. Statira Gemm. e
Sp. Ziijìtoi Di Stef., che per l'obbliquità dell'area rispetto alla linea
cardinale appartengono allo stesso gruppo della Sp. Gei/eri, questa
si distingue dalla prima, oltre che pei caratteri notati a proposito
della Sp. amjidata , per la presenza del seno, e dalla seconda per
la presenza del forte lobo e delle arcuazioni della commessura late-
rale, nonché per l'altezza maggiore della valva perforata.
Questa specie si trova solo nella parte superiore del Lias in
esame e offre queste misure :
I II
Lunghezza i24mm. 21mm.
Larghezza 23. 19.
Spessore 22. 20.
Spiriferina Zignoi Di Stef.
(Tav. I, fìy. 7).
Conchigha liscia, molto inequivalve, più larga che lunga. Valva
perforata bassissima, conica, fornita sulla fronte di un seno largo e
(1) Deslongchamps, Ètudes critiques sur des brachiopodes nouveaux ou peu connus, 1862,
pag. 4, tav. I, flg. 3-7.
172 11 Lias medio del M. San Giuliano {Enee) presso Trapani
leggerissimo, che si manifesta rapidamente e talora s' inflette verso
r altra valva. Su certi individui la depressione del seno è quasi in-
visibile. Valva imperforata assai più grande della perforata, gonfia,
con r umbone robusto, sporgente e fortemente curvato sulla linea
cardinale, e munita di un lobo largo, assai leggiero, non ben distinto
dalle parti laterali della conchiglia, ma che tuttavia la rende larga-
mente e leggermente gibbosa sulla linea mediana.
Apice basso, appuntito, diritto, quasi centrale ; area assai stret-
ta, più o meno ben limitata, ma non da angoli acuti, piana, molto
obbliqua rispetto alla linea cardinale , ornata di forti strie trasver-
sali di accrescimento e di fine strie longitudinali. Fessura deltidiale
alta e larga; linea cardinale compresa nell'area, diritta e corta: setto
e lamine rostrali corti.
La commessura delle valve corre in un piano perpendicolare
air asse dell' apice della conchiglia , ed è diritta sui lati e inflessa
più o meno leggermente alla fronte. La superficie della conchiglia
è coperta di una punteggiatura fitta e fina , e di strie di accresci-
mento forti e assai rilevate verso la regione frontale.
Questa specie ha il tipo della Sj). Sylvia Gemm. del Lias infe-
riore (1), dalla quale origina e con la quale ha la più stretta ana-
logia; però se ne distingue per l'apice sempre molto basso e cen-
trale , e per la forma diversa della sua valva imperforata, che è
gonfia, assai più grande di quella perforata , non slargata trasver-
salmente , gibbosa sulla sua linea mediana e provvista di un um-
bone forte e ricurvo.
La Sp. depressa Seg., (2) del Lias medio messinese, che il Ro-
Ihpletz (3) vorrebbe unire alla Sp. capuliforviis Seg., ha certo assai
stretti rapporti con la Sp. Zigiio/ , però la specie del Seguenza è
identica con la Sp. Si/lria Gemm., della quale possiede tutti i ca-
(1) Gemmellaro, Sui fossifi del calcare cristalliiìo delle iiiontdffiic del Casale e di Bei-
lampo, pag:. 410, tav. XXXI, fi^. 27-33.
(2) Sequenza , Le Spiriferina dei varii piani del Lias messinese , pag. 468, tav XXI ,
fig. 3, 3a.
(3) RoTHPLETZ. Op. <it. , pas'. 172.
Il Lias medio del M. San G'mliano [Erice) presso Trapani 1 73
ratteri dell' apice, dell' area, della fessura deltidiale e della forma,
come potei convincermi col diretto paragone degli esemplari del
Lias medio di Castelluccio presso Taormina e con quelli originali
della specie del prof. Gemmellaro. Del resto nel Lias medio del
messinese la Sp. Sijhia Gemm. e la Sp. Zignoi Di - Stef. si presen-
tano associate.
La Sp. Statira Gemm. del Lias medio di Sicilia è anche vicina,
alla 6'p. Zignoi ; però la eccentricità e 1' altezza dell' apice della pri-
ma, la maggiore grandezza della sua area, il molto minore svilup-
po della sua valva imperforata, le forti sinuosità della commessura
laterale e il carattere del lembo linguiforme che nella Sp. Statira
è molto lungo, e, cadendo molto rapidamente, dà alla conchiglia una
forma troncata dietro, non ne permettono la riunione.
Questa specie è rappresentata da un discreto numero di esem-
plari nella parte superiore e nell' inferiore del Lias medio del M.
San Giuliano, ma per lo più in valve isolate. Anche nel Lias me-
dio del piccolo promontorio di Castelluccio presso Taormina (Mes-
sina) si raccolgono molte valve imperforate.
L' esemplare figurato ha le seguenti dimensioni :
Lunghezza 1 6mm.
Larghezza 'ì-1.
Spessore 14.
Spiriferina segregata Di-Stef.
(Tav. 1, fig. 8-12).
1886. Spiriferina segregata Di-Stefano , Sul Lias inferiore di Taor-
mina e de' suoi dintorni, pag. 87, tav. ì,
fig. 18.
Conchiglia nella massima parte dei casi slargata trasversalmente,
talvolta tanto larga che lunga, molto raramente più lunga che lar-
ga, spesso asimmetrica. La sua valva impei-forata , discretamente
174 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
convessa, è fornita di un lobo mediano più o meno forte, ohe co-
mincia sul!" umbone. La valva perforata è alta , conica , fornita di
un seno profondo e largo, che nasce distinto suH' apice e alla fronte
sporge in un lembo più o meno lungo. L" apice è compresso sui lati,
appuntito, più o meno curvato, spesso strangolato, rostrato e con-
torto per deformazione.
L' area è molto alta e larga, più o meno leggermente concava
nei grandi esemplari e piana nei piccoli, nettamente hmitata e striata
longitudinalmente e trasversalmente. La fessura deltidiale è alta e
larga; la linea cardinale diritta, lunga quanto l'intiera larghezza
della conchiglia e compresa tutta neh' area.
La riunione delle valve si fa con angolo ottuso ; la loro com-
messura, mentre negli esemplari molto giovani è dentata sui lati e
sinuata alla fronte, negli esemplari adulti, che sogliono avere il lem-
bo del seno assai lungo, è lateralmente arcuata.
La supercie di ogni valva è ornata di 14-18 coste forti ed an-
golose, in varj casi biforcate o triforcate a varie altezze, delle quali
3 si presentano sul lobo, 1-4 nel seno e 5-9 sulle parti laterali della
conchiglia. Due delle coste del lobo sogliono quasi sempre riunirsi
prima di giungere sulF umbone; le due coste del seno più esterne
sogliono riunirsi sulla regione apiciale con le due che limitano i lati
di detto seno.
La conchiglia è coperta di numerosi piccoli tubercoli disposti
in molte serie longitudinali e sopra sottili linee rilevate (Tav. I,
flg. 10). Essi si presentano sulle coste e sugh spazj che le sepa-
rano. Le strie di accrescimento sono forti e rendono talora le co-
ste subnodulose.
Suir apice della valva perforata si osservano le due lamine ro-
strali subparallele e il setto, che giunge fin quasi sul centro della
concliiglia.
Questa specie si raccoglie abbondantemente nella parte inferio-
re e nella superiore del Lias medio del M. San Giuliano. Le va-
riazioni che presenta si restringono alla maggiore o minore cur-
vatura dell'apice, che rende 1' area talvolta un po' concava, e alla
Il L/ax medio del M. San Giuliano (Erice) pre^sso Trapani 175
maggiore o minore altezza di esso. Il lobo e il seno si spostano
spesso verso mi lato o l'altro.
Nel 1886 descrissi questa specie sopra pochi giovani esemplari
dei dintorni di Taormina, e la diagnosi ne era perciò manchevole.
L' esame del Lias medio del M. San Giuliano , della provincia di
Messina e di Girgenti me ne ha ora fatto conoscere un gran nu-
mero di individui, permettendomi di poterne meglio e più estesa-
mente studiare i caratteri.
Espressi di già il dubbio nel mio lavoro sul " Lias inferiore
di Taormina ecc. „ che questa specie potesse essere riunita alla
Sj). prodiida, Seg. (1) del Lias medio di Galati e di Castelluccio (Mes-
sina) ; però ora il paragone degl'individui messinesi con due esem-
plari della Sp. Davidsoni Deslongc, (2) degli strati con Leptaena del
Lias superiore di May (Francia) , ottenuti in comunicazione dal De-
slongchamps, poco avanti la sua morte, e per mezzo degli amiche-
voli uffici del march. A. De-Gregorio, mi ha convinto che la Sp. pro-
duda Seg., è identica con quest'ultima specie. Nello stesso tempo tale
esame mi ha mostrato le intime analogie della Sp. segregata Di-Stef.
con la 8p. Davidsoni Deslongc. , sicché ho esitato a separarle. A dir
vero la Sp. segregata sembra a prima vista più una varietà della
Sp. Davidsoni Deslongc, che una specie distinta ; pei'ò essa non
mostra mai quella enorme sproporzione nella grandezza delle val-
ve che è caratteristica nella specie francese ; invece la sua valva
perforata è sempre più bassa, meno massiccia , assai più ristretta
sulla regione apiciale e fornita di un apice più piccolo e per lo più
quasi strangolato, pel che 1" area è sempre più bassa, assai più larga
alla base e rapidamente ristretta sopra. Questi caratteri costanti
dell' apice e dell' area danno alla Sp. segregata un aspetto differente ;
(1) Sequenza, Le Spirifenna dei mrii piatii del Lias messinese, pag. 485, tiiv. XXI, fig.
8, 8a, Uh, Se.
(2) Deslongchamps, Hotice presentée a V histitut des provinces sur mi genre nouceau de
brachiopodes, 1855 (Annuaire de l'Institut des proviuoes ; Caeu), pag. 13, fitf. 20 dell' unica
tavola. — Mémoire sur la couche ti Leptaena du Lias, ecc., 1859 (Bull, de la Soc. limi, de
Normaiidie) pag. 40, tav. Ili, fig. 1-3.
176 11 Luis medio del M. San (Giuliano {Ericé) presso Trapavi
ma inolti'e bisogna notare che, mentre nella .S^j. Davidsoni Deslongc.
le spine della superficie si trovano solo sulle creste delle coste ,
nella Sp. segregata coprono tutta la larghezza delle coste e gli spazj
che le separano. Per queste ragioni io ho creduto poterla tener se-
parata dalla Sp. Davidsoni Deslongc , pur riguardandola come una
specie molto affine.
La Sp. Gillieroni Haas (1), a giudicarne dalla figura, parrebbe
un esemplare della Sp. segregata, Di-Stef. , che infatti è spesso a-
simmetrica, sia per espostamento verso un lato o l'altro dell'apice,
che del seno e del lobo.
Parecchie altre Spirlferiiia liassiche e retiche sono vicine alla
Sp. segregata, come la Sp. Tessoni Davids. (2), la Sp. Deslongchain-
psi Davids. (3), la Sp. Foreli Haas. (4), la Sp. expanso-plicata Par. (5),
e la Sp. Collenoti Deslongc. (6). Questa ultima specie, che proviene
dall' Infralias francese, è vicinissima alla Sp. segregata , che ne dif-
ferisce solo per le sue coste non arrotondite sopra, più forti e as-
sai angolose, per l'apice e la fessura deltidiale più stretti, pel lungo
lembo linguiforme del seno e per la commessura laterale chiaramente
arcuata. Le forme giovani della Sp. segregata sono più vicine alla
Sp. Collenoti Deslongc. che le adulte, e mi pare che ne attestino la
derivazione.
Per quanto riguarda le altre specie citate, rilevo che la Sp.
segregata si ditferisce dalla Sp. Tessoni Davids., per la forma più
slargata, per le coste più larghe, di numero molto minore e più ra-
ramente biforcate, nonché pel carattere della sua valva imperforata
(1) Haas, Étudemonogr. et crii, dcs hrachiopodes rhétiens et jurassiques des Alpes vaiidoises
ecc; 1887, p;ig G7, tav. VII, tig. 2H e 29.
(2) Davidson, Annals and Mug. of Nat. History, 1852, voi. IX, tav. XV, fig. 1, 2.
(3) Davidson , Hiipplemenl to the Brit. jur. and trias$. Brachwpoda , pag. 101, tav. XI,
fig. 12.
(4) Haas, Étude monoyr. et crit. des hrachiopodes rhét. et jurassiques des Alpes vaudoises,
ecc. 1, pag. 28, tav. II, fig. 16.
(5) Parona, / biuchiopodi liassici di Saltrio e Arzo ecc., pag. 238, tav. I, fig. 7-9.
(6) Deslonocuami'S , Etiides critiques sur des hrachiopodes tiouveaux ou peti cotinus ,
1862-86, pag. 233, tav. XXV, fig. 1-3.
Il Litìs ìiu'dio del M. San Giuliano [Erke) presso Trapani 177
assai meno convessa ; dalla Sp. DealoìKjclii'inpsi Davids. per le co-
ste angolose sopra e assai meno numerose, per 1' area più elevata
e per la valva imperforata più depressa; dalla Sp. Foreli Haas per
l'apice curvato e per le coste molto forti ed angolose sopra, e in-
fine dalla più lontana Sp. expanso-plicata Par. per la ferula meno
dilatata, per l'area meno larga alla base, per la fessura deltidiale
più stretta e per le coste più forti e angolose sopra.
Fra le spiriferine costati-smuosae del Trias la Sp. gregaria Suess
non Peters, come il Wohrmann (1) e il Bittner (2) ce la figurano,
ha molti rapporti con la Sj). segregata , tanto che può esserne ri-
guardata come la progenitrice.
La Sp. segregata si raccoglie con abbondanza nel Lias medio
di Castelluccio (Taormina) in quello dei due livelli del M. San Giu-
liano, a Taja-di-sopra (Galtabellotta) e raramente nel Lias inferiore
di Taormina.
Le dimensioni dei migliori esemplari completi sono le seguenti:
L IL in. IV.
Lunghezza 20mm. 13mm. i!2mm. llmm.
Larghezza 21. 13. 13. 12.
Spessore 12. 11. 10. 10.
Spiriferina gibba Seg.
(Tav. 1, fìg. 13-16; Tav. 11, fg. 1)
1885. Spiriferina gibba Seguenza, Le Spiriferina dei varii piani del
Lias messinese (Boll, della Soc. geol. ital.,
voi. IV) pag. 481, tav. XXI, fìg. 7, la, Ib le.
Conchiglia quasi equivalve, spesso asimmetrica, più larga che
(1) WòHBMANN, Die Fauna d. sogenannten Cardita-und KaiUer-bchichhen ecc., 1889 (Jar-
buch d. K. K. geol. E. A. , pag-. 197, tav. V, fig. 24-27.)
(2) Bittner, Brachiopoden der alpinen Trias; Wieii, 1890 (Abhadl. d. K. K. geol. R. A.
XrV. Bd.) pag. 140 e 14.5, tav. XXVm, fig. 14-19.
Atti Acc. Vol. Ili, Sebie 4» 24
178 11 LUIS medio del M. San Giuliano (Enee) prcKSO Trapani
lunga o tanto larga che lunga, molto convessa e per lo più quasi
globulare. La valva imperforata è più convessa dell' altra, slargata
trasversalmente e fornita di un lobo mediano discretamente forte
e largo, che la rende un po' gibbosa sulla sua hnea mediana.
Quella perforata è alta, ordinariamente robusta e più o meno
tozza, piramidale , munita di un seno molto profondo e largo , su-
bangoloso al fondo, che comincia sull'apice e alla fronte sporge in
un seno più o meno lungo. Tale seno è frequentemente spostato
verso un lato o 1' altro della conchiglia.
L' apice è discretamente curvo o poco , non di raro quasi
diritto; esso è robusto, ma con estremità appuntita. L' area è mol-
to alta, larga, piana, limitata da due spigoli assai ottusi , coperta
di forti strie trasversali di accrescimento e di sottili linee longi-
tudinali. La fessura deltidiale è molto alta e larga. La linea cardi-
nale è diritta ed occupa i 2/3 dell'intiera larghezza della conchiglia;
essa passa alla commessura laterale, arcuandosi leggermente alle
estremità.
La superfìcie della conchiglia è liscia o più spesso ornata
di 8-12 coste larghe e arrotondile, che svaniscono prima di giun-
gere ali" apice. Esse lasciano libero il lobo e il seno.
Le strie di accrescimento sono molti forti ed imbricate. La con-
chiglia quando è ben conservata, si mostra coperta di tubercoli titti
e fini; se mancano i primi strati di essa , allora fa osservare una
fina punteggiatura.
Suir apice della valva perforata si notano le lamine rostrali e
il setto, che sono molto lunghi.
La riunione delle valve si fa con angolo ottuso; la loro com-
messura è spesso chiaramente dentata sui lati e sulla fronte , un
po' arcuata sui fianchi presso la linea frontale e sinuata alla fronte.
Questa specie è estremamente variabile rispetto ai rapporti
della lunghezza e della larghezza, alla maggiore o minore altezza e
robustezza della valva perforata, alla curvatura dell' apice, che da
diritto diventa discretamente curvato , alla estensione dell' area e
alla presenza 0 mancanza delle coste.
n Lias medio del M. Smi Giuliano {Erice) presso Trapani 179
Gli esemplari lisci sogliono avere la valva perforata alta , più
ristretta sui lati e l' apice curvato. Essi sono abbondantissimi.
Le figure di questa specie date dal Seguenza non ne rappre-
sentano con esattezza i caratteri , segnatamente per quanto ri-
guarda la valva imperforata. Le due valva isolate e 1' esemplare
bivalve da me figurati servono a dare una esatta conoscenza della
specie , sebbene manchi la figura di uno degl'individui lisci , che
per causa delle poche tavole concessemi , non potei far disegnare.
La Sp. yihha Seg: è in relazione con la Sp. semipìicata Gemm.,
con la Sp. Ha neri Suess e con la Sp. nipesfris Deslongc. ecc.
I più intimi rapporti li ha con la Sj). sciHÌplicata Gemm. (1); però
questa ha sempre una forma più svelta e più piramidale, dovuta
all' apice più ristretto e diritto, e, soprattutto, mostra l' area acu-
tamente limitata e la valva imperforata così depressa da sembrare
operculare, mentre cpella defia Sp. yibba è molto gonfia, anche nei
piccoli individui. Dippiù il seno della Sp. semipìicata è assai stretto.
Anche intimi sono i rapporti della Sp. gihba con la Sp. Haueri
Suess (2) ; però la specie del prof. Seguenza se ne distingue per
la forma meno dilatata e più globulosa, per la robustezza dell' api-
ce, per le coste di numero minore, ma più forti e più larghe. Gli
individui lisci defia Sp. gibba se ne separano anche bene per il loro
aspetto globulare e non alato , per la gonfiezza defia valva imper-
forata e per la robustezza defi' apice. È da notare anche che l'area
deUa Sp. gibba è sempre afia base assai meno larga di quella defia
Sp. Haueri.
La Sp. rupestris Deslongc. differisce dalla Sp. gibba , perchè
assai inequivalve , in opposizione ai caratteri della specie sicifiana
quasi equivalve , e perchè ha la valva perforata più bassa e più
tozza, quefia imperforata gonfia , le coste non estese fino all'apice
e il lobo più stretto.
Certi esemplari lisci richiamano molto la Sp. Hartmanni De-
(1) Gemmellabo, Sui fossili del calcare cristallino delle Montagne del Casale e di Bellampo
nella provincia di Palermo, pag. 413, fig. 47-49.
(2) Suess, Veher die Brachiopodcn d. Kossener Hchichten , 1854, pag. 24, tav. II, fig. 6.
180 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
slongc. (non Zieten) (1), dalla quale si separano per la forte gon-
fiezza e per V area non limitata acutamente ; gli altri costati ram-
mentano la Sp. plnguis Ziet. sp. (non Sowerby) (i2), che è più de-
pressa ed ha l'area molto più piccola.
Come si vede la Sp. (jihha Seg. è vicina a molte specie, senza
che sia possibile d' identificarla con nessuna, e perciò è giustificato
il tenerla separata con nome distinto, come fece il prof. Seguenza.
Accanto agU esemplari della Sp. f/ihba descritti si notano pa-
recchie valve isolate (tav. 1., fig. 14, 1.5) che nei caratteri generali
mostrano con essa la più intima analogia, tanto da non potersene
separare nettamente. I caratteri del seno e deUe coste corrispondono
del tutto a quelli della Sp. gihba , e la forma, benché più svelta
per la elevatezza e l'acutezza dell* apice , è legata da innumerevofi
passaggi a quella degl'individui massicci della specie del prof. Seguen-
za. Nondimeno a questo aspetto più elegante va unito un carattere
differenziale importante, dato dagli acuti spigoli che limitano l'area, i
quaU non si mostrano nella Sp. ijihba. Questo contrassegno avvicina
molto tali valve alla Sp. semiplicata Gemm. e alla Sp. aiKjidaia Opp.;
però la estrema grandezza del seno non permette identificarla con
la prima, e la mancanza di compressioni laterali non danno a que-
ste valve il tipo caratteristico della seconda. Tuttavia le analogie
con quest' ultima sono così intime . che io riguardo tali valve co-
me costituenti una varietà intermedia tra la Sp. (jihha Seg. e la
Sp. anyulata Opp.
La Sp. jihha è multo ulìbondante nelle due porzioni del Lias
medio del M. San Giuliano, in quello di Castelluccio (Taormina) e
di Taja-di-sopra presso Caltabellotta (Girgenti).
L' esemplare bivalve figurato ha le seguenti dimensioni :
Lunghezza !27mm.
Larghezza 27.
Spessore 23.
(3) Deslongchamps, Étmìes critiques sur des lirachiopodes nouveaur (tu peu connus, pag.
13, tav. II, tìg. 10, 11.
(4) Zieten, Die Versfeineruiif/e» Wi'irtemherffs, pag. 51, tav. XXXVIII, fig. 5.
Il Lias medio del M. San Giuliano (Ericé) presso Trapani 181
Le misuro di alcune valve perforate sono le seguenti :
i. n. III. IV. V. VI. VII.
Lungli. 29mm. 18mm. lomm. 17mm. I8mm. I9nini. 22mm.
Largii. ^7. ^3. iJO. ^27. 21. 28. 17.
Quelle di alcune valve imperforate :
I. II. 111. IV. V.
Lungh. 28mm. 17mm. 19mm. 12mra. 16mm.
Largh. 26. 27. 28. 18. 24.
Spirifirina Munsteri Davids.
1830. Spirifer ndopUcatiis Zieten (non Sowerby), Die Versteinerun-
gen Wiìrtembergs, pag. 51, tav. XXXVIII,
fig. 6a, e.
1847. „ „ Davidson , London Geological Journal ,
N. Ili, pag. 113, tav. XVIII, fig. 11-14.
1851. , Miinsteri Davidson, A Monograph of british oolitic
and liassic Brachiopoda (Palaeont. Society
of London) pag. 26 , tav. Ili . fig. 4-6.
1852. „ „ Davidson, Annals and Magazine of. Nat.
hisL , S. 2, voi. IX, pag. 15 , tav. XV ,
fig. 8-9.
1853 „ odupìicatus Oppel, Der mittere Lias Schwabens, pag.
72, tav. IV, fig. 3.
1858. „ betacalcis Quenstedt, Der Jura, pag. 146, tav. 18,
fig. 16.
1858. „ Walcotti Quenstedt, Ibid., pag. 99, tav. 12, fig. 16.
1874. Spiriferina Miinsteri Gemmellaro , Sopra i fossili della zona
con T. Aspasia della provincia di Paler-
mo e di Trapani ( Sopra alcune faune
giuresi e liasiche della Sicilia) pag. 57 ,
tav. X, fig. 8, 9.
182 11 Lina medio del M. San Ghdiano (Erice) presso Trapani
1876. Spiriferina Miinsteri Davidson , Supplement to the british ju-
rassic and triassic Brachiopoda (Palaeont.
Society of London) pag. 101.
1886. „ „ Rothpletz , Geologisch- palaeontologische
Monographie der Vilser Alpen (Palaeon-
tographica, 33 Bd.ì, pag. 163.
Questa specie è molto abbondante negli strati bassi ed elevati
del Lias medio del M. San Giuliano , ove è rappresentato da pic-
coli esemplari , corrispondenti in tutto a quelli di S. Anna presso
Giuliana (Palermo) illustrati dal prof. Gemmellaro.
I molti individui studiati sono più larghi che lunghi, talora tan-
to larghi che lunghi o pili lunghi che larghi , ornati di 12-14 co-
ste angolose e larghe. La valva imperforata, non molto convessa ,
porta un lobo mediano largo, elevato e subangoloso sopra, al quale
CQi'risponde sulla valva perforata un seno profondo e angoloso al
fondo , che parte dall' apice. Questo è elevato , appuntito e poco
curvo. L' area è larga, piana e nettamente limitata; la fessura del-
tidiale è alta e stretta; la linea cardinale diritta e lunga quanto la
larghezza della conchiglia. SulF apice di alcuni esemplari si nota un
setto corto e due lamine rostrali, le cui estremità inferiori conver-
gono verso il setto.
La superficie delle valve è coperta di tubercoli minuti e lar-
gamente spaziati fra di loro.
Gli esemplari siciUani , sempre piccoli , hanno le coste meno
larghe di quelle degli esemplala figurati dal Davidson, nondimeno
essi non possono separarsene.
Var. recondita Seg.
1885. Spiriferina recondita Seguenza, Le Spiriferina dei varii piani
del Lias messinese (Boll, della Soc. geol.
ital., voi. IV) pag. 438 , tav. XIX, fig.
10, 10(/, 10/), lOc.
// Lias medio del M. San Giuliano {Enee) presso Trapani 183
188fi. Spiriferìiia recondita Di-Stefano, Il Lias inferiore di Taormina
e de' suoi dintorni , pag. 46 , tav. 1 ,
fig. 19-25.
L'esame recente di un gran numero di esemplari della Sp.
recondita Seg., e della Sp. Milnsteri Davids., mi tacerlo che la spe-
cie del prof. Seguenza deve riunirsi a quest' ultima; però la Sp. re-
condita raggiunge dimensioni molto maggiori di quelle della Sp.
Miinsteri Davids. , è per lo più molto slargata trasversalmente ,
mostra spesso un maggior numero di coste (12-20), ed è coperta
di tubercoli minuti e fittissimi. Questo carattere dei fitti tubercoli,
in opposizione a quello della Sp. Milnsteri Davids., che li ha più
grossi e largamente spaziati fra di loro, può permettere di riguar-
dare la Sp. recondita Seg., come una varietà della specie del David-
son, intermedia tra questa e la Sp. oxi/gonia Deslongc (1). La Sp.
Milnsteri Davids., var. recondita Seg., è infatti assai vicina alla Sp.
oxygonia Deslongc, dalla quale differisce solo per l' area molto più
stretta, per l' apice più appuntito e ristretto sui lati e per le coste
meno larghe e meno elevate.
Come è stato notato più volte, la Sp. Milnsteri Davids., ha
strette analogie con la Sp. Walcotti Sow., sicché se ne è proposta
la riunione, contro la quale si è pronunziato il Davidson. Gh esem-
plari della Sp. Milnsteri Davids., e della var. recondita Seg. del M.
San Giuliano , di Gastelluccio (Taormina) e di Sant' Anna presso
(Palermo), paragonati con parecchi belli individui della Sp. Walcotti
Sow., provenienti dal Gloucester (Inghilterra) e conservati nelle col-
lezioni del Museo geologico dell' Università di Palermo , se ne dif-
feriscono pertanto per le minori proporzioni, per le coste più nu-
(1). L'esemplare della Sp. reconrìUa Seg., figurato dal prof. Haas (Éturle manogr. et crii,
des brachiopodes ecc. tav. II, fig. 26-29) uou fa decidere per causa del suo cattivissimo stato
di conservazione se spetti veramente alla Sp. Munsteri Davids., var. recondita Seg., alla tipica
Sp. Milnsteri o a tutt'altra specie.
(2) Deslonchamps Mèmoire sur la conche a Leptaena du Uas ecc., 18.59 (Bui. de la Soc.
linn. de Normandie, III) tav. IV, fig. 4-10.
184 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
merose e più strette, per 1" apice più alto, spinto indietro e quasi
diritto e per 1' area più alta e piana.
La Sp. Milnsterl Davids. si raccoglie in Inghilterra nel Lias
medio e nel superiore (Davidson)-; in Francia, in Germania e nelle
Prealpi italiane nel Lias medio; in Portogallo nella parte superiore
di quel Lias inferiore (Choffat).
Gen. RHYNCHONELLA Fischer v. Waldheim.
Rhynchonella curviceps Queust. sp.
(Tav. li, fiy. '2.)
1852. Terebratula tetraedra [ì Quenstedt, Handbuch der Petrefacten-
kunde, pag. 138, tav. 17, fig. 13-15.
1858. „ curviceps Quenstedt, Der Jura, pag. 138, tav. 17,
fig. 13-15.
1867. „ tetraedra Quenstedt, Handbuch der Petrefacten-
kunde, pag. 541, tav. 46, fig. 90.
1871. „ curviceps Quenstedt, Petrefactenkunde Deutsch-
lands; Brachiopoden, pag. 57, tav. 37,
fig. 118-127.
1871 „ amaUhei curviceps Q\ìi%n&i%à.i , Ibid. , pag. 66, tav. 37,
fig. 160.
1882. Bìiijnchonella curviceps. Haas und Petri, Die Brachiopoden der
J. - Formation von Elsass-Lothringen
(Abhandl. z. geol. spez. Karte von
Els.-Loth., II) pag. 188, tav. I, fig. 24,
28, 30; tav. UI, fig. 32-36, 38-42.
1885. Terebratula tetraedra H Quenstedt , Handbuch der Petrefac-
tenkunde, pag. 691, tav. 53, fig. 46.
Il IJan medio del M. San Giuliano (Erice) presao Trapani 185
1886. Ehìjìirhoìiella curvieeps Di-Stefano, Sul Lias inferiore di Taor-
mina e de" suoi dintorni, (Giorn. di Se.
Nat. ed Econ. di Palermo, voi. XVIII.)
pag. 102, tav. II, fig. 25-29.
Gli esemplari di questa specie raccolti nel Lias medio del M.
San Giuliano sono piccoli o di discrete dimensioni , più larghi che
lunghi, tanto larglii che lunghi e in varj casi piti lunghi che larghi,
sempre assai globulosi per causa del forte rigonfiamento della valva
imperforata e pel rapido inflettersi delle coste verso la regione fron-
tale. La loro fronte è perciò altissima rispetto alle proporzioni della
conchiglia. Il seno della valva perforata e il lobo dell' imperforata
sono larghi, ma molto leggieri e talvolta appena accennati; però il
seno si prolunga alla fronte in un lungo lembo.
L' apice è appuntito , molto curvato , più o meno compresso
sulla valva imperforata e con angoli laterali distinti , ma non mol-
to acuti, come invece sono spesso negl'individui tedeschi di questa
specie. La superficie della conchiglia è fibrosa ed ornata di 18-25 co-
ste angolose, delle quali 5-8 si presentano sul lobo, che non sempre
è ben distinto dalle parti laterali della conchiglia.
GÌ' individui studiati corrispondono benissimo con quelli tipici
della Bh. ciirviceps Quenst. sp., che mi furono già mandati per pa-
ragone dal prof. Haas, e con quelli del Lias di Taormina.
La i?/^ curvieeps è stata spesso confusa con la Bh. tetraedra
Sow. per causa dei dispareri sul modo di comprendere questa specie
inglese, e perchè, a dir vero, le è vicinissima. I molti esemplari del
M. San Giuliano mostrano infatti che le due specie passano 1' una
all' altra per forme intermedie ; nondimeno gì' individui ben carat-
terizzati delle Eh. curvieeps diiferiscono dalla ^/^ tetraedra perle co-
stanti minori proporzioni, per loro aspetto non alato lateralmente ,
ma meno slargato per causa della compressione sui fianchi della
conchiglia, più globulare e ventricoso per 1' altezza della fronte ca-
gionata dal forte e rapido curvarsi delle coste e non dal l|)bo, che
insieme al seno è sempre debole e per lo più non ben definito.
Atti Acc. Vol. Ili, Sebie 4» 25
186 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
Questa specie è rara nella parte inferiore del Lias medio in
esame e abbondante nella superiore. In Sicilia si raccoglie anche
nel Lias inferiore di Taormina. Essa si presenta nel Lias inferiore
dell'Est della Francia (1) e nel Lias medio dell' Alsazia-Lorena, in
quello della Germania e, a quanto pare , in quello dell'Inghilterra.
Alcuni degli esemplari studiati hanno le seguenti dimensioni :
Lunghezza 21mm. 17mm. ;21mm. 18mm. 16mm. iOmm.
Larghezza 24. 19. 18. 17. 15. 9.
Spessore 19. 16. 17. 17. 15, 9.
Rhynchonella tetraedra Sow. sp.
(Tav. II, fig. 3).
18l!2. Terehratnìa tetraedra Sowerby , Minerai Conchology of Great
Britain, pag. 191, tav. 83, fig. 5.
1828. , „ Young and Bird, Geological Survey of
the Yorkshire Coast, tav. Vili, flg. 15.
1851. Rhynchoneìla tetraedra Davidson, A. Monograph of british
oolite and liassic Brachiopoda (Pa-
laeont. Society of London) pag. 93
tav. XVIII, flg. 5-9 (esclusa fig. 10).
1871. Terebratula tetraedra Quenstedt. Petrefactenkunde Deut-
schlands; die Brachiopoden, pag. 59,
fig. 126 (Hilminster).
1876. Rhynchoneìla tetraedra Tate and Blaeke, The Jorkshire Lias,
pag. 420, tav. XV, fig. 20.
1878. „ „ Davidson, Supplement to the brit. ju-
rassic and triassic Brachiopoda (Pa-
laeont. Society of London) p. 198,
fig. 6-12 (esclusa fig. 5).
(1) Terqubm et Piette, Le Lias inférietir de l'Est de la France; Paris, 1845 (Mém. de
la Soc. géol. (le France, 2 S. T. Vili, pag. 116 )
// Lìtis medio del M. San G-iuUano {Erice) presso Trapani 187
1884. B/n/nr/i<))ii'l/(i fffnifdni (0 Parona , I brachiopodi liassici di
Saltrio e Arzo nelle Prealpi lombarde
(Mem. dell'Istituto loml)ardo) p. 17,
tav. II, fìg. 5.
Conchiglia più larga che lunga, o tanto larga che lunga, spes-
sa, subpentagonale, con l'apice basso, acuto, molto curvato e fornito
di angoli laterali acuti. Forame piccolo, formato sotto dal deltidio,
che è largo. Valva imperforata molto più convessa dell'altra, munita
sulla regione frontale di un lobo molto elevato, diviso dalle parti la-
terali della conchiglia da spazj distinti, però non molto larghi. Valva
perforata depressa, provvista di un seno largo e profondo, che co-
mincia debolissimo sulla metà superiore della conchiglia e si fa forte
alla fronte, prolungandosi e inflettendosi verso la valva imperforata.
La superficie della conchiglia è ornata di 26-30 coste forti e
angolose , delle quali 6-10 si presentano sul lobo e 8-12 su ogni
lato di essa.
L'unione delle valve si fa con angolo ottuso , e la loro linea
commessurale , leggermente arcuata sui fianchi, diviene fortemente
sinuosa alla fronte : essa è inoltre assai dentata sui lati e sulla
fronte.
Gli esemplari simili a quello figurato, paragonati con i molti e
belli individui della B/i. tetraedra Sow. sp. provenienti dal Lias
del Gloucestershire (Inghilterra) e conservati nel Museo geologico
dell' Università di Palermo , (individui corrispondenti a quelU rap-
presentati dal Davidson nella tav. XVIII, fi-g. 5-9 della sua A Mono-
yraph of hrit. ooìitic ecc.), vi somigliano in modo che mi pare im-
possibile di separameli. Certamente la loro valva imperforata mo-
stra una convessità leggermente minore di quella che si osserva
sugli esemplari inglesi , né il loro apice è sempre compresso sul-
r umbone della valva imperforata ; ma io ho notato che simili va-
riazioni si osservano anche su molte forme inglesi, che nondimeno
non possono separarsi dalle forme tipiche.
Accanto agli esemplari del M. S. Giuliano descritti se ne no-
188 11 lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
tano non pochi altri che per le coste più fine , ma soprattutto pel
lobo frontale basso e la minore convessità , rammentano a prima
vista queir individuo del Lias medio di Laurac (bacino del Ro-
dano) riferito dal Dumortier (1) alla Rh. tetraedra Sow. sp., e che
ne sembra piuttosto una varietà; e altri molto convessi, ma col lobo
meno distinto , i c|uali fanno passaggio alla Eh. ciirviceps. Quenst.
La Rh. tetraedra e la Rli. curviceps sono infatti due specie assai vi-
cine e intimamente legate; però gli esemplari della vera Rh. curviceps
di Sicilia (M. San Giuliano e Taormina) si distinguono dalla Rh. te-
traedra non solo perchè costantemente di dimensioni minori^ ma, gio-
va ripeterlo, per la forma assai più globulare, dovuta alla maggiore
convessità della valva imperforata, pel seno ristretto e leggerissimo,
pel lobo indistinto o mancante, e per la grande altezza della fronte,
causata non dal lobo, come avviene nella Rh. tetraedra, ma dal più
forte e rapido curvarsi delle coste verso la fronte. Noto anche che
la Rh. curviceps, non è alata lateralmente, o per lo meno non così
come lo è la Rh. tetraedra, e che suole essere più allungata.
L'esemplare del Lias medio di Arzo , figurato dal dott. Parona
nel lavoro citato sopra , somiglia molto alla Rh. curviceps; nondime-
no per la minore convessità e pel lobo distinto non si può recisa-
mente associare a questa specie. Però è da notare che neanco cor-
risponde bene , per la sua forma molto allungata , agli esemplari
tipici della Rh. tetraedra Sow. sp.
La Rh. cfr. tetraedra Sow. sp., che il Parona figura nella tav. Ili,
fig. 3, del lavoro " // calcare Uassico di Gozzano ecc. „ , è certamente
assai vicina alla Rh. tetraedra, come ce la rappresenta il Davidson;
però non può, pel suo debole lobo, associarsi alle grosse forme ti-
piche. Essa rammenta quella Rhynchonella del Bacino del Rodano ri-
ferita dal Dumortier alla Rh. tetraedra, della quale si jjarlò più su,
e insieme alla quale potrebbe costituire una varietà e forse una
specie distinta.
(l) Dumortier, Ètudes paléontologiqiies sur ìes il^pdts jurassiqiies dit bassin du Rhòne;
Lias moyen; pag. 330, tav. XLII, fig. 11, 12.
Il Lias medio del M. San iìiuliano [Erice) presso Trapani 189
Come è noto, e' è stata siiiora confusione nel nìodo d' inten-
dere la Rh. tetraedra Sow. sp. . percliè il Soverby la indicò nel
FuUer' s Eartli di Aynolie e nell'Oolite di Banbury (Oxfordsliire) ,
il Morris (1) nell" Oolite e nel Chelloviano, il v. Bucb (2) nel Lias
e nel Dogger ecc. Però ben notò il Davidson (A Monograph ecc. ,
pag. 15) che nessun esemplare del Dogger riferito alla Eh. tetrae-
dra da lui esaminato, corrisponde al tipo del Sowerby, da lui stu-
diato direttamente. Per tal ragione egli finì col dare la denomina-
zione del Sowerby solo agli esemplari Massici e col chiamare Rh.
subdecorata quella specie dell' Oolite inferiore di Cheltenham , che
egli nel 1851 aveva associato con dubbj alla Rh. tetraedra. Or è
certo che le due figure del Sowerby corrispondono bene ai grandi
esemplari del Lias inglese, e che il vero tipo del Sowerby non è
stato mai trovato nel Dogger e nel Maini; per questo possiamo rite-
nere la Rh. tetraedra Sow. sp. come una specie liassica, staccando
da essa quelle piccole forme indicate talora collo stesso nome dal
V. Buch e dal Quenstedt e che invece appartengono all' affine Rh.
curviceps Quenst. sp.
I piccoli esemplari figurati dal Davidson col nome di Rh. te-
traedra var. Northamptonensis (Supplement ecc., tav. XXIX, fig. I-i"!)
sembrano varietà della Rh. tetraedra che passano alla Rh. curviceps.
La var. Dumbletonensis Davids. (Supplement ecc. pag. 199, tav. XXIX,
fig. 5,) mi pare che abbia i caratteri di una specie differente dagli
esemplari grandi e gonfi che costituiscono la Rh. tetraedra tipica.
Essa è molto vicina alla Rh. Rosenbuschi Haas dell' Asalzia-Lorena.
La Rh. tetraedra Sow. sp. si raccogfie negli strati inferiori e
superiore del Lias medio del M. S. Giuliano. Essa si presenta inol-
tre nel Lias medio delle Alpi di Vils e in quello delle Prealpi ita-
liane (Gozzano) ; nel Lias inferiore portoghese , e nell' inferiore e
medio della Francia e dell' Inghilterra, nonché in quello superiore
inglese (Davidson).
(1) MoREis, A Caialoque of British Fossils ecc., 1854.
(2) V. Buch, Essai d'une dassification et (Vune déscription des Téribratules, 1838 (Mem.
de la Soc. geol. de France, voi. Ili,) pag. 140.
190 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
L" esemplare figurato lia le seguenti diuieiisioui :
I.
IL
III.
Lunglaezza 23mm. 23mm. 23mm.
Largliezza ;28. 2iJ. 25.
Spessore 18. 18. 17.
Rhynchonella serrata Sow. sp.
( Tav. Il, fiy. 4, 5. )
1825. Terehratuìa .verrai» Sowerby , Minerai Gonchology of Great
Britain, voi. V, pag. 168. tav. 503, tig. 2.
1851. Rhynchonella serrata Davidson, A Monograph of british ooli-
tic and liassic Brachiopoda (Palaeont.
Society of London) pag. 85, tav. XV,
fig. 1, 2.
1874 „ „ Gemmellaro, Sopra i fossili della zona
con T. Aspasia della provincia di Paler-
mo e di Trapani (Sopra alcune faune
giuresi e liassiche della Sicilia) pag. 80,
tav. XI, tìg. 24.
1880 „ discoidalis Parona, Il calcare liassico di Gozzano e
i suoi fossili (R. Acc. dei Lincei, a.
CCLXXVII) pag. 23, tav. III, flg. 5.
Questa specie è rappresentata nel Lias medio del M. San
Giuliano da due serie di forme, una costituita da esemplari piccoli
o di discreti dimensioni, con 12-16 coste un po' strette e con il
lobo e il seno pochissimo distinti (tav. II. tìg. 4) , corrispondenti
all'esemplare del Lias medio della Montagnola di S. Elia (Palermo)
Il Lias medio del M. San Giuliano (Drice) presso Trapani 191
ligurato dal prof. Gemmellaro, e perciò alla varietà allungata della
specie inglese, e l'altra da individui più grandi (tav. II. fig. 5). più
allungati, forniti di un lobo e di un seno ben distinti e largamente
separati dalle parti laterali della conchiglia, nonché di coste molto
larghe, tettiformi e di numero minore (9-12). Se si vuole dare molto
valore al numero minore di coste e segnatamente al carattere del
lobo e del seno ben distinti , questa seconda serie di esemplari
potrà indicarsi col nome di var. KUiani. Riesce impossibile di poter
separare questa varietà dalla Rh. serrata Sow. sp., perchè è legata
intimamente con essa da forme intermedie, che passano alla varietà
allungata della specie inglese pel moltiplicarsi del numero delle
coste e per l' indebolirsi del lobo della valva imperforata e del seno
di quella perforata.
La var. KUiani serve a rilegare alla Bìi. serrata la Rh. Sche-
rma Gemm. e la Rh. quinquepUcata Ziet. sp. (1) La prima di queste
due specie , ben distinta dagli esemplari tipici dalla Rh. serrata e
dalla varietà ora descritta, passa nondimeno all' una e all'altra per
rindebohrsi del lobo e del seno , per le coste che divengono più
strette e di numero maggiore e per la perdita delle forti ali laterali.
Solo le depressioni sui fianchi sogliono mantenersi sempre un po' più
forti. La var. KUiani però non potrebbe aggregarsi alla Rh. Sellerina,
perchè ne è distinta dalle depressioni laterali più corte, più strette
e più leggiere , dalla forma assai più stretta e dalla maggiore lar-
ghezza del suo angolo apiciale. La Rh. quinquepUcata Ziet. ha ve-
ramente strette analogie con la var. KUiani. Il Quenstedt infatti ri-
petutamente notò (2) gì' intimi rapporti della specie di Zieten con
le forme allargate della Rh. serrata e la possibilità della loro riu-
nione ; nondimeno la Rh. quinquepUcata ha la fronte troppo spor-
gente e il seno e il lobo troppo forti e definiti per potersi riunire
alla Rh. serrata o alla descritta varietà. Questa però può riguardarsi
(1) Zieten, Die Versteinemngen Wurtembergs, pag. 55, tav. XLI, fig. 2.
(2) Quenstedt, der Jura, pag. 178 — Petrefactenhunde Deutschlaiids; die Brachiopoden,
pag. 67 — Handbìich der Petrefaktenkunde, 1885, pag. 691.
192 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
anche come formante il passaggio dalla specie dello Zieten a quella
del Sowerby.
La B/i. discoidalis Parona del Lias medio di Gozzano è estre-
mamente vicina alle varietà allargate della Bh. serrata e mi pare
che non possa separarsene. 11 carattere della fronte attenuata che
si nota neir esemplare gozzanese potrebbe servire per fondare una
varietà, ma non una specie distinta.
La li II. serrata con coste relativamente strette e lobo indistinto
si raccoglie con discreta frequenza negli strati inferiori del Lias medio
del M. San Giuliano; la sua varietà a lobo distinto in quelli alti e
bassi.
Questa specie si trova inoltre in Sicilia nel Lias medio della
Montagnola di S. Elia presso Palermo , in quello di Sani' Anna di
Giuliana (Palermo), e del promontorio di Castelluccio. Si presenta poi
nel Lias medio inglese , in quello dell' Appennino centrale, di Goz-
zano (Piemonte) , delle Alpi di Vils, di Salinas nell' Andalusia
( Spagna ) ecc. Choffat la indica con dubbio negli strati portoghesi
di passaggio al Lias superiore.'
Alcuni esemplari della Bh. serrata tipica hanno le seguenti
dimensioni :
L IL in. IV. V. VI.
Lunghezza
27mm.
25mm.
20nun.
21mm.
21mm.
20mm
Larghezza
24.
23.
19.
19.
20.
19.
Spessore
18.
18.
16.
15.
19.
19.
Gl'individui della varietà a grosse coste e lobo distinto offrono
le misure seguenti :
I. II. 111. IV. V.
Lunghezza 29mm.
28nun.
27mm.
26mm.
24mm
Larghezza 25.
26.
25.
23.
23.
Spessore 20.
20.
19.
19.
16.
Il Lias medio del M. *Saw Giuliano {Erice) presso Trapani 193
Rhynchonella Scherma Gemm.
1874. Hhi/tìchoìieìlu Scherina Gemmellaro, Sopra i fossili della zona
con Ter. Aspasia della provincia di Pa-
lermo e di Trapani (Sopra alcune faune
giuresi e liasiche della Sicilia), pag. 8 1 ,
tav. X, fig. 24.
1880. „ „ Parona; Il calcare liassico di Gozzano
e i suoi fossili (R. Acc. dei Lincei, a.
CCLXXVII) pag. 19, tav. II, fig. 9-11.
1884. „ „ Parona, I briachiopodi Massici di Saltrio
e Arzo nelle Prealpi lombarde (Meni.
del R. Istituto lomb.) pag. 243.
Nel calcare grigio della parte inferiore del Lias medio del M.
San Giuliano ho raccolto varj esemplari di una grande Rhynchonella,
che per le forti, concave ed estese depressioni laterali, per l' apice
appuntito e ricurvo sulla valva imperforata, per le forti coste (8-12)
e per l' aspetto chiaramente trilobato , corrispondono in tutto alla
Bh. Scherina Gemm., della quale ho studiati gli esemplari originali.
La Rh. Scherina Gemm. passa alla Rh. serrata Sow. sp. per
mezzo di varie forme intermedie, che per 1' aspetto e per le coste
più numerose e più strette si avvicinano molto alla specie del So-
werby.
L' individuo della Rh. Scherina figurato dal dott. Parona nel
suo bel lavoro " // calcare liassico di Gozzano „ segna il passaggio
di questa specie alla varietà della Rh. serrata da me chiamata var.
Kiliani.
La Rh. Scherina Gemm. si presenta nel Lias medio di Sicilia
a Sant'Anna presso Giuliana (Palermo), a Chiusa-Scafani (Palermo)
a Galati presso Messina, al promontorio di Castelluccio (Taormina);
nel continente italiano nel Lias medio di Gozzano (Piemonte) e di
Arzo (Lombardia).
Atti Acc. Vol. Ili, Sbbib 4' 26
194 II Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
Rhynchonella Glycinna Gemm., var.
(Tav. II , fg. Ga , h, e, d.)
1874. EInjnchonella Glycinna Geminellaro, Sopra i fossili della zona
con Ter. Aspasia Mgh. della provincia
di Palermo e di Trapani (Sopra alcune
faune giuresi e liassiche della Sicilia)
pag. 82, tav. X, fig. 25.
Negli strati inferiori del Lias medio di M. S. Giuliano e nel
calcare rosso con crinoidi del Lias medio di Galati si raccoglie una
Bhynchonella appartenente certo alla Bh. Glycinna Gemm., ma che
ne differisce nondimeno per alcuni importanti contrassegni. I carat-
teri degli esemplari osservati sono i seguenti :
Conchiglia fortemente triangolare ed acuta sopra, più lunga
che larga o tanto larga che lunga, depressa, munita sui lati di due
depressioni lunghe , assai forti , piane o leggermente concave. La
valva imperforata, tanto convessa quanto 1' altra, porta un lobo
mediano elevato e molto largo , distintamente separato dalle parti
laterali della conchiglia, al quale corrisponde sulla valva perforata
un seno largo e profondo, che comincia leggierissimo sulla metà
della lunghezza della conchiglia o un po' sopra.
L' apice è molto basso, piccolo, appuntito e discretamente cur-
vato ; esso nondimeno tocca quasi 1' umbone della valva imperfo-
rata, il quale è piuttosto elevato e nasconde in gran parte il del-
tidio, che è piccolo e basso. La linea cardinale è fortemente arcuata.
L' unione delle valve si fa con angolo molto ottuso, e sui la-
ti nello stesso piano. La linea commessurale, salvo due leggiere ar-
enazioni ai lati della hnea cardinale, scende diritta alla fronte, do-
ve diventa largamente sinuosa e dentata.
La superfìcie della conchiglia è ornata di 5-8 coste angolose
ed assai larghe, delle quali se ne contano 2-4 sul lobo e 1-2 so-
pra ogni lato. È da notare che talune coste sono più deboli delle
altre e che qualcuna svanisce prima di giungere alla fronte.
// Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 195
Questi caratteri legano strettamente gli esemplari in esame alla
B/i. Gli/ci ììiia Gemm. ; però per le differenze dovute alla forma molto
acuminata sopra e perciò allo strettissimo angolo apiciale, alle de-
pressioni laterali più forti ed estese e alla minore convessità della
conchiglia ne costituiscono una varietà.
La Bìì. Glijclnna Gemm. tipica, cioè a valve gonfie e con for-
ma assai meno acuta sopra, si raccoglie in Sicilia nel Lias medio
di Galati (Messina) e di Chiusa-Sclafani (Palermo) ; la varietà descrit-
ta a Galati e al M. San Giuliano.
L' esemi^lare figurato, che proviene da Galati, offre le seguenti
dimensioni :
Lunghezza '24mm.
Larghezza 23.
Spessore 13.
Rynchonella palmata Opp.
(Tav. li, fig. 7a, b, e.)
1861. Rhynchoneìla Greppini Oppel, var. palmata Oppel, Ueber die
Brachiopoden des untern Lias
(Zeitschrf. d. deutsch. geol. Ge-
sellschf. , XIII Bd.) pag. 545,
tav. XIII, fig. 2f/. b, e.
1879. „ palmata Uhlig, Ueber die liasische Brachiopo-
denfauna von Sospirolo bei Bel-
luno (Sitzb. d. Akad. d. Wissen-
schft.) pag. 40, tav. V, fig. 4.
1884. „ Greppini, Oppel, var. palmata Haas (p. p.), Bei-
trage zur Kenntniss der liasi-
schen Brachiopodenfauna von
Sudtyrol und Veneti en, pag. 13,
(tav. I, fig. 2)?, tav. II, fig. 8,
(esclusa tav. II, fig. 3).
196 11 Lias medio del 31. San Giuliano {Erice) presso Trapani
1889. Bliynchonella palmata Geyer, Ueber die liasischen brachiopo-
den des Hierlatz bei Hallstalt
(Abhandl. d. k. k. geol. R. A.
Bd. XV) pag. 50, fig. 11-14.
Conchiglia triangolare, depressa, subequivalve, escavata ai lati,
rialzata agli angoli della fronte. Valve egualmente e poco convesse ,
senza lobo ne seno, riunite nello stesso piano sui lati e sulla fronte.
L' apice è basso, discretameute largo, appuntito all' estremità, assai
curvo, compresso sulla valva imperforata e fornito di due angoli late-
rali ben distinti e lunghi. La linea cardinale è molto arcuata. La fronte
è ingrossata , rapidamente troncata e leggermente arcuata , con la
convessità diretta fuori. La linea commessurale sui lati siegue lie-
vemente r arenazione degli angoli apiciali o è quasi diritta ; essa
taglia il mezzo delle lunghe e concave depressioni laterali, e divie-
ne fortemente dentata alla fronte.
La superficie della conchiglia è ornata di 7-8 coste grossolane,
che partono leggerissime dagli apici e alla fronte s'ingrossano ra-
pidamente e divengono un po' angolose. In qualche caso esse si
biforcano sulle regioni apiciali.
Gli esemplari studiati sono veramente tipici ; io ho potuto as-
sicurarmene col diretto paragone di parecchi belli esemplari della
Rh. palmata Opp. tipica provenienti da Hierlatz e conservati nel mu-
seo geologico dall' Università di Palermo. Essi sono in istretta re-
lazione con la Rh. Greppini Opp. ; ma se ne distinguono per 1' aspet-
to più fortemente triangolare , per la forma più larga , per le più
estese depressioni laterali e pel carattere della commessura, che ta-
glia l'appiattimento laterale non obliquamente ed è per lo più lieve-
mente arcuata secondo 1' andamento degh angoli apiciali , nonché
per la mancanza di seno e di lobo frontale.
Il Geyer pone la Rh. Desori Haas nella Rh. palmata Opp., pel ca-
rattere della commessura; a me pare invece che la specie del dott.
Haas sia molto più vicina alla Rh. Dahnasi Dum. , sì per 1' aspetto
generale, che per l' intensità dell' arenazione della commessura late-
rale. Questa è lievemente arcuata oppure quasi diritta nella Rh.
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 197
palmata Opp. , secondo si nota sugli esefìiplari di Hierlatz del Mu-
seo di Palermo, su quelli figurati dall' Oppel e dal Geyer e sugli
individui siciliani , e taglia spesso , sebbene non sempre , il mezzo
dell' appiattimento laterale; invece nella Bh. Desori Haas essa è assai
pili fortemente arcuata e regolarmente fino alle estremità della linea
frontale ed è vicinissima ai lunghi angoli apiciali , in modo che 1' ap-
piattimento laterale è formato per la massima parte dalla valva im-
perforata, mentre è da notare che nella Rh. palmata Opp. la valva
perforata prende nella formazione dell' appiattimento laterale parte
maggiore.
Gli esemplari detti Eh. Greppini Opp. , var. palmata Opp. dal
dott. Haas nel suo lavoro sui brachiopodi liassici del Tirolo e del
Veneto, non possono tutti riferirsi alla Rh. palmata Opp.: l'indi-
viduo della tav. 11, fig. 8, pel carattere delle coste e della forma,
mi pare che possa aggregarvisi, mentre quello della tav. 11, fig. B,
è un esemplare della Rìi. Greppini Opp.; quello della tav. I, fig. 2
non permette un giudizio sicuro pel suo cattivissimo stato di con-
servazione.
La Rh. cu nei f orni is Can. (1) del Lias medio dell'Appennino
centrale (Rocchetta) è, per 1' aspetto, molto vicina alla Rh. palmata;
essa però se ne differisce bene per la forte arenazione della com-
messura laterale verso la valva perforata. La Rh. Capellinii Par. (2)
del Lias medio di Papigno (Appennino centrale) ha, per la sua for-
ma molto triangolare, strette relazioni con la Rh. palmata, il cui apice,
contrariamente a quanto scrive il Geyer, non mi pare molto diffe-
rente da quello della specie del Parona. Però il leggiero indizio di
seno frontale sulla valva imperforata e i corti appiattimenti laterali
avvicinano la Rh. Capellinii Par. alla Rh. Greppini Opp. , della quale
potrebbe considerarsi come una varietà che segna il passaggio agli
individui multicostati della Rh. palmata. Sulle relazioni con la Rh.
(1) Canavaei, Contribuzione III alia conoscetiza dei brachiopodi degli strati a T. Aspa-
sia ecc. , pag. 12, tav. XII, fig. 2.
(2) Parona, Contributo allo studio della fauna liassica delV Appennino Centrale, pag. 105
tav. IV. fig. 5, 6.
198 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
dolabriformis Mgh. è discorso appresso. La Bh. palmata è anche in
rapporti con la Eh. orthoptycha Opp. (3) degli strati di Klaus, con
la Uh. rectecostata Uhi. (4) e, per mezzo degli esemplari a molte
coste , con la Bh. trigona Quenst. (5) del Calloviano di Windsch-
garsten e del Dogger delle Alpi di Vils (Rothpletz) , nonché con la
Bh. Nicolisl Par. (6) del Mahn.
La Bh. palmata si raccoglie in Sicilia al M. San Giuliano e a
Galati (Rocche rosse); fuoi'i, a Hierlatz, a Sospirolo^ nel Lias infe-
riore della Selva Baconica e nel medio dei dintorni di San Cassiano
(Tirolo).
L'esemplare figurato in questo lavoro proviene dal Lias medio
di Galati (contrada Rocche rosse sul M. Ucina); 1' ho fatto rappre-
sentare perchè, essendo dei meglio conservati , può servire hene
a mostrare i caratteri che offre in Sicilia questa specie. Esso ha
le seguenti dimensioni :
Lunghezza 1 7mm.
Larghezza 20.
Spessore 10.
Rhynchonella Dalmasi Dum.
(Tav. Il, fig. 8-12)
1869. Bhynchonella Dalmasi Dumortier, Études paléontologiques sur
les dépóts jurassiques du hassin du
Rhòne ; Lias moyen, pag. 33, tav. XLII,
fìg. 3, 4, 5.
(3) Oppel, Ueher das Torkommen tìon jurassischen Posidonomyen-Gesteinen in den Alpen
pag. 213, tav. VII, fig. 5-7.
(4) Uhlig, Ueher die Fauna des rothen Kellowaykalkes der penninischen Klippe Barbier-
zówka bei Neumarlt in West-Galizien (Jarl). d. K. K. geol. R. à. 1881) pag. 421.
(5) QoENSTEDT, Petrefakteìikunde Deutschlands ; Brochiopoden, tav. 40, fig. 70-71.
(6) NicoLia e Pakona, Note stratigrafiche e paleontologiche sul Giura superiore della pro-
vincia di Verona, 1885, pag. 56, tav. IV, fig. 2 (Buli. d. Soc. geol. ital. voi. IV).
n Lia^ medio del M. !San Giuliano (Erice) presso Trapani 199
1889. EhijncliDuclld Dalnntsi Kilian, Études pcaléontologiques sur les
térrains sécondaires et tertiaires de l'An-
dalousie (Mission d'Andalousie. Mémoi-
res de 1" Acad. des Sciences, t. XXX)
pag. 61^2, tav. XXIV, fig. 6», (/.
Conchiglia fortemente triangolare, talvolta asimmetrica per leg-
giero ineguale sviluppo delle sue parti laterali, molto spessa, assai
compressa su tutta la lunghezza dei fianchi, ingrossata alla fronte.
La valva imperforata è molto gonlìa, ma appiattita sui lati e sopra.
Essa porta sulla regione frontale un seno largo e molto leggiero ,
non di raro scancellato, al quale corrisponde sulla valva perforata,
che è assai depressa, un altro seno molto dehole , ma più largo e
più lungo. L' apice è piccolo, molto curvato sulla piccola valva, con
angoli laterali acuti e lunghi sin quasi al principio degli angoli
frontali. Il forame è piccolissimo e formato sotto dai due pezzi del
deltidio, che è più piccolo e basso. La linea cardinale è molto ar-
cuata e concava sui lati. Le lunghe depressioni laterali sono piane
o assai leggermente concave ; esse sono formate per la massima
parte a spese della valva imperforata.
La conchiglia è ornata sulla regione frontale di 5-9 coste forti
e leggermente angolose sopra, delle quali 2-5 sogliono trovarsi sul
seno della valva imperforata, 3-6 su quello della perforata, 1-2 sulle
parti laterali delle valve. Le coste si mostrano in generale sulla
fronte, però hanno una estensione ineguale, e si spingono sopra al-
cuni esemplari fm oltre il mezzo della conchiglia e in qualche caso,
in modo debolissimo , fino sul terzo anteriore di essa , senza per-
venire mai alle estremità degli apici.
La linea commessurale sui lati è largamente e fortemente ar-
cuata secondo l' andamento degli angoli apiciali, ai quali è vicinis-
sima, in modo da dividere gli appiattimenti laterali della conchiglia
in due parti molto ineguali. La commessura frontale è largamente
e più 0 meno leggermente sinuata (con 1' apertura della sinuosità
rivolta alla valva imperforata) e fortemente dentata.
Questa specie è rappresentata da un grande numero di esem-
200 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
plari nel calcare grigio della parte inferiore del Lias medio di M.
San Giuliano, mentre è un po' rara in quello bianco della parte su-
periore. L" abbondante materiale che ho avuto a mia disposizione
mi ha permesso di fissare bene i caratteri della specie. Essa con-
serva sempre il suo aspetto fortemente triangolare ed è nella mag-
gior parte dei casi più larga che lunga ; però diventa talora tanto
larga che lunga o un po' più lunga che larga. Lo sptjssore della
valva imperforata è molto variabile. Ci sono due esemplari nel Mu-
seo geologico dell' Università di Palermo gonfi e con pochissime co-
ste (non più di cinque), delle quali una sola si nota nel seno della
valva imperforata , che potrebbero forse costituire una buona va-
rietà.
Gli esemplari studiati rappresentano certo la B/i. Dalmasi Dum.,
e corrispondono benissimo agli esemplari spagnuoli di questa specie,
illustrati dal Kilian, i quaU mostrano tutti la valva imperforata de-
pressa sopra.
La Rh. Dalmasi appartiene al gruppo della Bh. retusifroiis Opp.,
con la quale è in rapporti assai stretti ; però il paragone degli esem-
plari di M. San Giuliano, di Castelluccio presso Taormina e di Ga-
lati (Messina) con molti belli individui della B/i. retusifrons Opp.,
provenienti da Hierlatz e conservati nelle collezioni del Museo geo-
logico dell' Università di Palermo , e con altri del Lias medio sici-
liano (Bisacquino e Galati), mi ha convinto che le due serie d'indi-
vidiii si debbono tenere separate specificamente. La Bh. Dalmasi si
distingue infatti dalla Bh. retusifrons per la sua forma sempre più
fortemente triangolare e meno dilatata, per le depressioni laterali
assai forti e molto lunghe, pel carattere della valva imperforata più
appianata sopra e per quello della perforata , che è molto più de-
pressa che non sia nella specie di Oppel. hioltre è da notare che
la Bh. Dalmasi raggiunge spesso dimensioni molto maggiori.
La Bh. Desori Haas del M. Lavarella presso S. Gassiano mi
pare che abbia la più intima analogia con la Bh. Dalmasi: la sua
forma , 1' andamento della linea commessurale sui lati , il modo di
formazione delle depressioni laterali a spese della valva imperforata
Il Lias medio del M. San Giuliano (Enee) presso Trapani 201
e il carattere delle coste corrispondono infatti perfettamente ai ca-
ratteri della specie del Dumortier. Mostrai avanti come essa si di-
scosti dalla Bìi. palmata Opp. , con la quale il Geyer vorrebbe ag-
gregarla. Per queste ragioni io credo che la B/i. Desori dovrebbe
riunirsi alla Bh. Dui masi, molto più che sulla figura le data dal dott.
Haas nel suo lavoro sui brachiopodi liassici del Tirolo meridionale e
del Veneto si nota un leggiero seno frontale, nonostante che 1' autore
nella descrizione ne neghi 1' esistenza. Però metto con qualche dub-
bio la B//. Desori nella sinonimia della B/i. Dalmasi per causa della
più forte convessità della valva imperforata che mostra la figura
ingrandita dell' esemplare , e perchè il dott. Haas scrive che le coste
cominciano proprio sulla ragione apiciale, il che però non si vede
sulla figura , che invece sembra corrispondere all' esemplare della
BJi. Dalmasi da me rappresentato nella tav. 11, fig. 8.
La Bìi. dolahriformis Mgh. (1) è una di quelle forme vicinis-
sime alla Bh. palmata Opp. , che pel carattere della valva perfo-
rata più depressa e per la più forte arenazione della linea com-
messurale sui lati se ne discosta un po', per mettersi in rapporto
con la Bh. Dalmasi. Essa nondimeno per l'assenza di seno fronta-
le e per le coste estese fino agli apici non può riunirsi a questa,
ed è da riguardare come un termine intermedio tra le due specie.
La Bh. Colombi Ren. è una specie vicina alla Bh. Dalmasi, ma
differente, come è dimostrato nel paragrafo della Bh. Caroli Gemm..
La Bh. Dalmasi si presenta in Sicilia, oltre che nel Lias medio
del M. San Giuliano , in quello delle Rocche rosse di Galati (Mes-
sina) e del promontorio di Castelluccio. Essa si raccoglie anche nel
Lias medio del bacino del Rodano e dell' Andalusia (Salinas).
Le dimensioni di alcuni esemplari studiati sono le seguenti:
L IL in. IV. V. VI. VII. vili.
Lungh. 16mm. 13mm. 14mm. 12mm. 13mm. 14mm. 12mm. 12mm.
Largh. 18. L5. 14. 14. 13. 14. 12. 13.
Spess. 10. 8. 9. 8. 8. 11. 8. 7.
(1) Canavari , / brachiopodi degli strati <i Ter. Aspasia Mgh. nelV Appennino centrale
pag 29, tav. IV, fig-. 8.
Atti Acc. Vol. Ili, Sebie 4* 27
202 // Lias medio del M. San Giuliaìio (Erice) presso Trapani
Rhynchonella Caroli Gemm.
1878. Rhìjnchoneìla Caroli Gemmellaro^ Sui fossili dei calcare cri-
stallino delle Montagne del Casale e di
Bellampo (Sopra alcune faune giuresi e
liasiche di Sicilia) pag. 4:23, tav. XXXI,
fig. 79-87.
1889 Rkìjnchonella ('artieri Geyer , Ueber die liasischen Brachiopo-
den des Hierlatz bei Hallstatt (Alhandl.
d. k. k. geol R. A., XV. Ed.) pag. 03,
tav. VII, fig. 13-14; (fig. 15)?
Di questa specie si raccolgono nella parte inferiore del Lias
medio del M. San Giuliano rari esemplari , ma ben corrispondenti
agl'individui del Lias inferiore di Bellampo illustrati dal prof. Gem-
mellaro. I caratteri di questa specie sono si ben descritti dal prof.
Gemmellaro e dal sig. Geyer, che non vi è necessità di ripeterli.
II sig. Geyer crede che per la specie in esame si debba adot-
tare il nome di Rh. Cartieri Opp. , perchè già usato per essa sin
dal 1861 (1). Or è da notare che -Oppel non figurò la Rh. Cartieri,
e che solo ne parlò brevissimamente in una nota, pel che, seguen-
do le rette norme che ci guidano nella nomenclatura delle specie,
non si è obbligati di accettare il nome di Oppel.
Dei rapporti di questa specie con la R/i. retusifrons Opp., con
la Rh. Colombi Ren. (2) e con la Rh. Lorioli Haas (3) discorse
di già bene il Geyer.
Noto qui che la forma molto triangolare, le forti e lunghe com-
pressioni sui fianchi^ le coste ottuse e le regioni apiciali lisce di-
stinguono bene la Rh. Dalmasl Dum. dalla vicina Rh. Caroli Gemm.
(1) Oppel, Ùber die Brachiopoden àes unteren Lias, pag. .545. (in nota)
(2) Benevier, Notices géologiques et paleontologiques sur ìes Aìpes vaudoises, 1866, (Bull,
(le la Soc. vaud. de Se. Nat.) pag. 84, tav. 3, fig. 6-7— Haas, Étiide won. et crit. (ìes. bradi,
rhet. et. Jurass des Alp^s vaudaises, 1, pag. 22, tav. 1. fig. 17-19.
(3) Haas, Op. cit.; Il, pag. 83, tav. VI, fig. 12.
Il Lhts medio del M. San Giuliano {E r ice) presso Trapani 203
La Bit. Caroli , oltre che nel Lias inferiore di Bello-lampo
presso Palermo, si raccoglie in quello di Hierlatz, nell'Alpe di Vils
e a Bakony.
Rhynchonella Eleuteria Di-Stef.
(Tav. HI, fg. 2-S).
Descrivo questa specie sopra parecchie centinaia di esemplari
del calcare bianco con crinoidi della parte superiore del Lias me-
dio di M. San Giuliano. Essa presenta i seguenti caratteri :
ConchigUa molto spesso asimmetrica, di forma trigona -sub-
pentagonale , acuminata sopra , in generale non molto convessa o
depressa, talora un po' gonfia, fornita di un apice alto e sporgente,
quasi diritto o pochissimo curvato , con angoli laterali acutissimi ,
imitanti una falsa area depressa sui lati. La valva perforata è mol-
to depressa e munita di un seno frontale largo, generalmente leg-
giero, ma talora discretamente profondo ; quella imperforata, molto
più convessa e grande dell'altra, porta un lobo frontale lai'go e più
0 meno forte , separato da spazj un po' larghi dalle parti laterali
della conchiglia. Lobo e seno sono spesso spostati verso un lato o
l'altro della conchiglia, pel che questa diviene leggermente asimme-
trica. La linea cardinale è assai arcuata. Il forame piccolo e for-
mato sotto dal deltidio, che è piccolo e un po' alto.
La superficie delle valve è ornata di 12-18 coste forti ed an-
golose sopra, le quali sulla regione frontale sono sempre sempHci ,
ma su quella apiciale o anche un po' sotto sono divise spesso da
un solco in due costicine minori. Questa suddivisione è molto irre-
golare e non così frequente come nella Bh. fiircillata Theod. e nella
Bh. rimosa v. Buda , perchè un buon numero di coste rimangono
semplici dagli apici alla fronte e talvolta quasi tutte. Sul lobo si
contano 4-6 coste ; su ogni lato delle valve 4-6.
La commessura è fortememte dentata sui lati e sulla fronte ,
204 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapatii
dove è più o meno sinuata; essa è leggerissimamente arcuata sui
lati della linea cardinale. Le strie di accrescimento sono forti.
Questa specie , che gremisce il calcare bianco della parte su-
periore del Lias medio del M. San Giuliano , è rappresentata da
esemplari in tutti gli stadj di accrescimento, in modo che fa osser-
vare bene le sue variazioni. I piccoli esemplari sono appiattiti e
mostrano sempre 1' inizio della suddivisione delle coste. Tale
suddivisione, quando mancano i primi strati della conchiglia, non è
bene osservabile sugli esemplari grandi e piccoli, sicché le regioni
apiciali di essi sembrano lisce a occhio nudo; solo un' attenta
osservazione con la lente finisce col farne osservare le tracce. La
convessità della valva imperforata è variabile ; infatti si passa da
esemplari appiattiti ad altri discretamente convessi o quasi gonfi. Il
numero delle coste è anche variabile , poiché si osservano piccoli
individui con 18 coste e dei grandi con 11.
Ho lungamente esitato se dovessi separare questa Bhijnchonella
del M. San Giuliano dalla Bh. rimata Opp. (1), con la quale ha la
più intima analogia. Pur troppo noi non abbiamo che una descrizione
incompleta di questa specie e le figure di un solo esemplare, in modo
che non possiamo valutare compiutamente i caratteri della specie e la
sua estensione; anzi il Geyer, che pure ha potuto fare uno studio nuo-
vo e così largo della fauna di Hierlatz non solo non descrive la Rh.
rimata Opp., ma fa credere che questa possa essere una varietà della
Rh. Greppini Opp. (2), il che è possibile , perchè la sola riunione
(1) QpPEL, Ueber die Brachiopoden des unteren Lias, pag. 542, tav XII, fig. 2.
(2) Il sig. Geyer nel suo lavoro " Ueber die Hastschen Brachiopoden des Hierlatz ecc. » scri-
ve in una nota a pag. 38: « Die Erschetnung, dass einzelne Rippen sich gegen die Stime zu ve-
reinige», triti rioch bei mehreren andern Arten auf tind zwar ìn'iufger a!s bei li. rariabilis. Man
k-onnte solche Formen der Aiiffussitng ytur^s bei der im Museum der geologischen B. A dur-
chgefiihrten Griippirung des Materials fo/gend, allenfalls als Varietaten gelten lassen. Darnach
muss OppeVs li. rimata (Ueber die Brachiopoden des unteren Lias ecc. pag. 542 Taf. XII Fig. 2)
als Spezies eingezngen werden, dieseìbe durfte einer Rh. Greppini var. rimata entsprechen
Dass die Rippenvereinegung Iceine specifiche Eingenschaft begriinde, iriirde ùbrigens voti Vhlig
{Brachiopoden von Sospiralo pag. il) und von Haas (Liasiche Brachiopoden voti Siidtyrol und
Venetien pag. 3) angenonitnen .
Il Lias medio del M. iSaìi Giuliano {Erice) presm Trapani 205
delle coste non è un buon carattere distintivo. Per questi dubbj
sui diritti della Rh. rimata Opp. a essere considerata come specie
distinta, e perchè la Rìiynchonella siciliana, che è il brachiopode piìi
abbondante del Lias medio del M. San Giuliano e caratteristico
della parte superiore, se ne distingue per la forma meno dilatata
per la valva perforata \)\i\ depressa, per l' apice piìi sporgente ,
quasi diritto e fornito di acutissimi angoli laterali , per il numero
molto maggiore di coste sui lati e per la unione di esse più rara
e più irregolare, io le do un nome distinto.
La Rh. Eleuteria Di-Stef. ha assai stretti rapporti con la Rh.
rimosa v. Buch sp., alla quale si avvicinano dippiù gli esemplari
quasi gonfi; però il carattere dell'apice elevato, sporgente, quasi
del tutto diritto e mai curvato e compresso sulla valva imperforata,
il che non dà alla conchiglia l'aspetto globulare della Rh. rimom ,
e, se si vuole, il carattere della riunione delle coste , che avviene
assai meno frequentemente, in modo più irregolare e per lo più sulle
regioni apiciali o appena più sotto, non ne permettono l' indenti-
fìcazione.
È possibile che si voglia riguardare la Rh. Eleuteria come
fondata sopra esemplari giovani della Rh. furciUata Theod. (1), e
con i quali è in intima analogia; però in generale la RhijitchoneUa
siciliana in esame è più depressa, fornita di coste che alla regione
frontale sono sempre più strette, che si riuniscono molto più rara-
mente e in generale mai così presso alla fronte e che non di ra-
ro si mostrano tutte o quasi tutte semplici. Tuttavia il carattere dif-
ferenziale di maggiore importanza mi pare quello che per lo più
suole averne meno, cioè quello delle costanti minori dimensioni della
Rh. E/euteria, che senza eccezione si riscontra sopra molte centinaja
di esemplari in tutti gli stadj di sviluppo.
Taluni esemplari con le coste semplici o raramente riunite ram-
mentano anche la Rh. plicatissima Quenst. sp. (2); ma questa è
(1) V. BncH, Essai d^ une classification et d'une description des Terebrafules (Meni, de
la Soc. géol de Fraiice, voi. Ili, 1838) png. 143, tav. XIV, fig. 13.
(2) QuENSTEDT, Handbuch der Petrefaktenkunde; 18.52, pag. 451, tav. XXXVI, fig. 3.
206 11 Lias medio del M. San Giuliano iErice) presso 2'rapani
sempre più e regolarmente convessa sulle due valve, ha 1' apice
più curvato e le coste assai spesso più fine. Certamente ci sono
individui giovani della Eh. pì/catissima Quenst. sp. depressi; ma la
loro valva perforata mai si mostra così depressa come è sempre
nella Eh. Eìeuteria.
Il Quenstedt descrive una Eh. a inmonitica della parte inferiore
del Lias inferiore del Wui'temberg (1) e che sembra avere, per l'a-
spettO; molta relazione con la Eli. Eleuteria, però le figure del Quen-
stedt mi sembrano insufficienti per poter dare un giudizio sicuro ;
del resto la specie tedesca sembra più depressa, ha il lobo frontale
molto basso e le coste sempre semplici, il che avviene di raro nella
Eh. Eleuteria, e il deltidio discreto. Quest'ultimo carattere, che suol
provenire dall'età, non si riscontra mai nella EhynchoneUa siciliana
su individui di quelle dimensioni o molto più piccoli.
Questa specie si trova straordinariamente abbondante solo nella
parte superiore del Lias medio del M. San Giuliano. Le dimensioni
di alcuni esemplari sono le seguenti:
L IL III. IV. V. VI. VII. Vili.
Lungh. 17mm. 15mm. 14mm. 15mm. 14mm. 13mm. 13mm. lOmm.
Largh. 17. 14. 13. 15. 14. 14. 12. 9.
Spess. 10. 9. 9. 8. 11. 11. 10. 4.
Rhynchonella ptinoides Di-Stef.
{Tav. II, fcj. 13, tav. HI. fi;j, I.)
Conchiglia generalmente più lunga che larga, talora un po' più
larga che lunga oppure tanto larga che lunga , sub-pentagonale ,
fortemente compressa sui fianchi. Valva imperforata molto convessa,
gibbosa suU'umbone, fornita di un lobo molto largo ed elevato, di-
viso dalle parti laterali della conchiglia da spazj poco profondi, ma
larghissimi. Valva perforata molto più piccola dell'altra e depressa,
(1) Quenstedt, Petrfaktetikunde l'eutschlaìulss; die Brachiopodeii, pag. 39, tav. 37, fig. 2-6.
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 207
munitii di un sena larghissimo e assai profondo, che si manifesta
rapidamente al di sotto dell' apice e si prolunga e s' inflette alla
fronte in un lembo linguiforme largo e lungo.
L'apice è piccolo, basso_, molto curvato^ compresso sulla valva
imperforata, con i margini laterali arrotonditi e corti. Il forame è
piccolo e formato sotto dai due pezzi del deltidio, che è piccolo e
basso; la linea cardinale è fortemente arcuata.
L' unione delle valve si fa con angolo ottuso, e sui lati della
linea cardinale nello stesso piano, per effetto dei due forti appiat-
timenti che vi sono. La commessura frontale è fortemente sinuata
alla fronte e dentata ; quella laterale è sigmoidea nel campo degh
appiattimenti, perchè ivi .mostra due inflessioni, in senso opposto,
una breve verso la valva imperforata, ora forte, ora leggiera, e
un'altra più larga, ma meno forte, verso quella perforata.
La superficie della conchiglia è fibrosa e ornata sopra ogni
valva di 4-5 coste larghe , alte e angolose sopra , che divengono
leggerissime sugli apici e talvolta quasi invisibiU. Di esse se ne
contano 2-3 sul lobo, 1-2 sul seno e 1 sopra ogni lato delle valve.
Le strie di accrescimento sono assai forti verso la fronte.
Questa specie, che pei caratteri della sua forma potrebbe ag-
grupparsi con la Rh. acuta Sow. sp. del Lias, la Rh. rimjensi Hér.
la Rìì. cijnoephala la v. Buch sp. del Dogger, la Rh. Loxiae Fisch.
del Malm. ecc., ha strettissime relazioni con la Rh. lubrica Uhi. (1)
del Lias inferiore di Sospirolo ; però non mi pare che le si possa
identificare, perchè la Rh. lubrica ha l'apice più prominente, fornito
di acuti angoli laterali e pochissimo curvato, non è fortemente gib-
bosa suir umbone della valva imperforata , ha un lobo basso ed è
meno compressa sui lati.
La Rh. Delmensis Haas e la Rh. Steinmanni Haas (2) (due spe-
(1) Uhlig, Ueher die liasische Brachiopodenfauiia voti Sospirolo bei Belluno, ya,g.B9,ts,\.
V, flg. 5-7.
(2) Haas und Petki , Die Brachiopoden d. J-F. v. Elsass Loth. , pag. 191, tav. IV , fig.
1-9.— pag. 197, tav. IV, fig. 15.
208 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
eie che con ragione il Deslongchamps (1) vorrebbe riunire in una)
mostrano anche intima relazione con la Bh. ptiiioides; la quale ne
differisce per le più forti compressioni sui lati della conchiglia, per
la forma meno dilatata , pei lobi laterali meno distinti , più corti ,
separati più in alto , per la mancanza di acuti angoli apiciali , pel
piccolo forame e per le chiare arenazioni della commessura sui lati
della linea cardinale. Nondimeno i rapporti della li/i. ptinoides con
la Rk. Delmensis rimangono così stretti, che potrebbe dirsi di esser
la prima una modificazione mediterranea delle varietà paucicostate
della seconda.
Questa specie è rara nella parte inferiore del Lias medio del
M. San Giuliano e in quello di Castelluccio presso Taormina e delle
Rocche rosse di Galati (Messina). Gli esemplari figurati provengono
da quest'ultima località e sono i meglio conservati.
Le misure di alcuni esemplari sono le seguenti :
L IL IIL IV.
Lunghezza 24mm. 19mm. 19mm. 15mm.
Larghezza 18. 17. 18. 15.
Spessore 14. 12. IL 13.
Rhynchonella Briseis Gemm.
(Tav. in, fi(/. 9-13)
1838. Rhynchonella variabiUs v. Buch, Essai d'une classification e
d' une déscription des Térébratules
(Meni, de la Soc. geol. de France ,
voi. Ili) pag. 141, tav. XIV, fig. 10.
1851. „ „ Davidson, A Monograph of british
oolitic and liassic Brachiopoda (Pa-
laeont. Society of London ecc.) p. 78,
tav. XV, fìg. 8-10 (escluse fig. 1-6
della tav. XVI).
(1) Deslongchamps, Études critiques sur des hrachiopodet nouvenux ou peu connus pag.
316, tav. 16, %. 9.
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
209
1858. Terebrafìila variah/lis Quenstedt, der Jura, pag. 151, tav.
17, fig, 27-Ì29; tav. 22, fig. 10.
1858. , bidens Quenstedt non Phill., Ibid., pag. 179,
tav. 22, fig. 7.
1864. Eliijìichonella variabilis Dumortiei" , Etudes paléontologiques
sur les dép. jurass. du bass. du Rhòne;
Infralias, p. 165, tav. XXV, fig. 5-10.
1867. „ „ Dumortier, Ibid.; Lias inférieur, pag.
230, tav. XLIX, flg. 230.
1869. Rhijnclionella variabilis Dumortier, Ibid. ; Lias moyen, p. 150
tav. XXII, flg. 13, 14.
1871. Terebratula triplicata Quenstedt, Petrefaktenkunde Deuts-
chlands; die Brachiopoden , pag. 71,
tav. 37, flg. 176; tav. 38, fig. 10-12
(escluse il i*esto).
1871. „ triplicata fronto Quenstedt, Ibid., pag. 71, tav. 37,
fig. 177-182.
1871. , triplicata squamplix Quenstedt, Ibid., pag. 73, tav. 38,
flg. 2, (7) ì ; (escluse fig. 3-6, 8, 9).
1874. Rhytìchonella Briseis Gemmellaro, Sopra i fossili della zo-
na con T. Aspasia nella provincia di
Palermo e di Trapani (Sopra alcune
faune giuresi e liasiche della Sicilia )
pag. 77, tav. XI. fig. 19-22.
1880. „ Calderinii Parona, Il calcare Massico di Gozza-
no e i suoi fossili (Atti della R. Acc.
dei Lincei, a. CCLXXVII) pag. 21,
tav. Ili, fig. 2.
1882. „ triplicata Haas und Petri, die Brachiopoden der
Juraformation von Elsass-Lothringen
( Abhandl. z. geol. spez. Karte v.
Els.— Lothr. , 11 Bd.) p. 184, tav. 1,
fig. 23, 26-28, 30, 31, (escluse fig. 22,
24); tav. Ili, fig. 37.
Atti Acc. Vol. Ili, Sbbie 4*
28
210
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
1884. Rhynchonella Briseis Haas, Beitrage zur Kenntniss der lia-
sischen Brachiopodenfauna v. Sild-
Tyrol und Venetien, pag. 1, tav. I,
fig. 4, 7.
1884. , Zitteli Haas, Ibid. , pag. 6, tav. II, fig. 7.
1884. „ Briseis Parona, I brachiopodi liassici di Sai-
trio e Arzo nelle Prealpi Lombarde
(Mem. del R. Istituto Lomb.) pag. 244,
tav. II, fig. 10-20; tav. Ili, fig. 1, 2.
1886. „ variabilis Rothpletz , Geologisch-palaeontologi-
sche Monographie der Vilser Alpen
(Palaeontographica , XXXIII Bd.) ,
pag. 143.
1887. , Delmensis Haas, Étude monographique et cri-
tique des brachiopodes rhétiens et
jurassiques des Alpes vaudoises , II
(Mém. de la Soc. pai. Suisse, v. XIV)
pag. 79, tav. V, fig. 20, 21, (19)?
1887 , Briseis Haas, Ibid., pag. 77, tav. V, fig. 16,
18; tav. VI, fig. 1-11.
1889. „ variabilis Geyer, Ueber die liasischen Brachio-
poden des Hierlatz bei Hallstatt (Ab-
handl. der k. k. geol. B. A. , XV.
Bd.) pag. 36, tav. IV, fig. 16, 22;
tav. V, fig. 1-13.
1889. Rhijnchonella Alberti Geyer (?) (non Oppel), Ibid. pag. 45,
tav. V, fig. 14-17.
1889. „ Alberti var.? lobata Geyer (?), Ibid., pag. 45,
tav. V, fig. 18.
Conchiglia in generale più larga che lunga, talvolta tanto larga
che lunga o più lunga che larga, subpentagonale o subtriangolare,
compressa sui lati, poco convessa, in molti casi asimmetrica per ine-
guale sviluppo delle parti laterali della conchiglia o per ispostamento
del lobo e del seno. Valva perforata depressa, fornita di un seno
Il Liatt medio del M. San Giuliano (Enee) presso Tra/pani 211
largo e profondo nella massima parte degl' individui , ma in parec-
chi casi leggiero , che incomincia debolissimo sotto la regione
apiciale e si fa rapidamente profondo alla fronte. Valva imperfora-
ta in generale poco convessa, spesso depressa, e sempre assai me-
no di quella perforata, formata di un lobo largo, ora alto, ora un
po' basso, separato dalle parti laterali della conchiglia da spazj
larghi e a superficie obbliqua.
Apice basso , piccolo , appuntito , compresso sui lati e come
strangolato, poco curvato, anzi quasi spinto indietro, con i margini
laterali arrotonditi. Forame piccolo , formato sotto dai due pezzi
del deltidio, che è piccolo e basso. Linea cardinale arcuata. Fron-
te per lo pilli sporgente , ma talvolta fortemente troncata e sopra
alcuni esemplari appianata e ingrossata.
Superficie delle valve ornata sopra ognuna di 8-12 coste for-
ti e angolose, delle quali se ne contano 2-5 sul lobo, 1-3 sul seno
e 2-4 sui lati della conchiglia.
Sopra qualche individuo piccolo o di medio accrescimento le
coste svaniscono prima di giungere all' apice, hi pochi esemplari
avviene di trovare delle rare coste biforcate sulla regione apiciale
o un po' più sotto ed eccezionalmente triforcate.
La riunione defie valve si fa con angolo ottuso , e sui lati
della linea cardinale degli esemplari grandi o di medie dimensioni
suUo stesso piano , per effetto degfi appiattimenti larghi e più o
meno forti che vi sono. La linea cardinale tende ad arcuarsi mol-
to leggermente verso la valva imperforata. La fronte e gli angoli
di essa sono fortemente dentati.
La convessità della conchiglia è irregolare nelle forme grandi
0 di medio accrescimento fornite di lobo alto, perchè allora rag-
giunge il massimo sviluppo verso la fronte ; in quelle a lobo bas-
so è più regolare. La Eh. Briseis sicifiana è in generale poco con-
vessa o depressa sotto 1' apice ; solo varj individui del Lias medio
defie Rocche rosse di Galati (Messina) sono più convessi di quefii
defia provincia di Palermo e di -Trapani.
La presente descrizione è fondata solo sugfi esemplari di Si-
212 11 Lias medio del M. Sari Giuliano (Erice) presso Trapani
cilia, fra i quali^ specialmente al M. S. Giuliano e a Galati, ce ne
sono molti che raggiungono grandi dimensioni. La specie è assai
variabile per quanto riguarda il numero delle coste e i caratteri
del lobo e del seno, che sono molto forti oppure leggieri. I gran-
di e i piccoli esemplari sono associati e così intimamente legati
che riesce impossibile di separarli.
Il prof. H. Haas pel primo e più tardi il sig. G. Geyer hanno
dimostrato che la B/i. Briseis Gemm. è identica con quel gruppo
di Bhynchonella Massiche indicate comunemente coi nomi, di Rh. va-
riahilis Schloth. sp. e Rh. triplicata Quenst. (p. p.). Il prof. G. Gem-
mellaro aveva di già notato sin dal 1874 gl'intimi rapporti della sua
Rh. Briseis con gU esemplari Massici solitamente denominati dagli
autori: Rh. variabilis. Orlo studio di tutti gl'individui illustrati dal
Quenstedt, dal Davidson, dal prof. Haas e dal Geyer non può più
far dubitare della necessità di riunire la Rh. Briseis con essi e con
parte della Rh. triplicata Quenst. sp. non PhilL. Al gruppo così costi-
tuito il Sig. Geyer ha aggiunto anche la Rh. belemnitica Quenst. sp.
del Lias inferiore e, a dir vero, con molte buone ragioni, fornitegli
dal paragone degli esemplari di Hierlatz con vari scelti individui
della Rh. belemnitica Quenst. sp. della Svevia. Ad Hierlatz si pre-
sentano infatti esemplari depressi e a lunghe coste, corrispondenti
alla Rh. belemnitica, i quali non si possono dividere dalle altre Rhijn-
choneUa dello stesso giacimento comprese dal Geyer nel nome di
Rh. variabilis Schloth.. Tuttavia il prof. Haas, come rilevo da sue
comunicazioni letterali, persiste a credere che sia impossibile il riu-
nire gì' individui estralpini della Rh. belemnitica con la Rh. Briseis
Gemm. , {Rh. variabilis Schloth.), perchè il loro esame mostra for-
ti differenze. Io non credo che possa darsi oramai un valore dif-
ferenziale al fatto che la Rh. Briseis Gemm. {Rh. variabilis Schloth.)
e la Rh. belemnitica Quenst. sp. si trovano neh' Europa media in
due orizzzonti separati , né nel nostro caso farsi imporre dal dub-
bio che nel Lias di Hierlatz si potranno forse distinguere un gior-
no due piani, cioè il Lias inferiore e il medio. Sento invece la ne-
cessità che sia fatto un minuto paragone delle due specie per pò-
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 213
ter risolvere la questione^ perchè l'esame delle figure della Bh. he-
Icmnifica nei lavori del Quenstedt del prof. Haas fa credere che sia
necessario di riunirle. La figura fondamentale della BM. bel e in nif ira (l)
non differisce essenzialmente dalle varietà depresse e a coste
ottuse della B/i. Briseis (Bh. rariabUis) che si l'accolgono nel ba-
cino mediterraneo, e quelle dell'opera del Quenstedt "' Die Bra-
chiopoden „ (i2) pel carattere delle coste acute, del seno, del lobo e
della forma generale corrispondono in modo alla siciliana Bh. Bri-
seis che io non saprei trovare un importante carattere differenziale.
Il contrassegno distintivo tra la Bh. belemnitica e la Bit. Briseis,
trovato negli acuti angoli apiciali della prima, non può invocarsi ,
perchè incostante e verificabile anche su esemplari della Massica
Bh. variabilis Schloth. sp. e della Bli. triplicata Quenst. sp. (p. p.).
Lo stesso prof. Haas ha di già dimostrato che non si può dare
importanza generale al carattere degli angoli apiciali come contras-
segno differenziale. (Beitrdge z. Kenntn. d. lias. Brachiopodenf. v.
Siidtyrol und Venetien, pag. 4.).
La stessa corrispondenza con le forme poco convesse della
Bh. Briseis di Sicilia mostrano le figure della Bli. belemnitica pub-
blicate dal prof. Haas (3). Tuttavia io sento di non poter dare un
giudizio sicuro, avendo sinora potuto osservare solo due esemplari
dell'Europa media determinati come Bh. belemnitica Quenst. sp.; ma
spero che allo studio fattone dal Geyer si aggiunga anche quello
di altri, che con un copioso materiale possa o provare la necessità
dell' associazione delle due specie in discorso o fissare più netta-
mente ed estesamente i caratteri della Bh. belemnitica Quenst. sp.
La Bh. Calderina Par. del Lias medio di Gozzano corrisponde
così agli esemplari della Bh. Briseis {Bh. variabilis) di Hierlatz e del
Lias medio di Galati (Messina) che non può tenersene separata. La
(1) Qdenstendt, Der lura. 1858.
(2) Qdenstendt, Petrefaltenkuniìe Deufschìands, 1871.
(3) Haas und Petri, Die Brachtopoden der Juraformation V. Elsass-Lothn'ngeii,png. 164,
tav. 1, fig. 4-6. 9-10, 14. -Haas, Étude monograpìuque et critique des brachiopodes rhétims
et jurassiques des Alpes vaudoises, pag. 29, tav. Ili, flg. 20, 31, 44, 55, 57.
214 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) pi-esso Trapani
Rh. Delmensis Haas è fondata sopra grandi esemplari della Rh. Briseis.
Nel Lias medio del M. San Giuliano e di Galati i grandi e i piccoli
esemplari della Rh. Briseis sono sempre associati e legati così in-
timamente pei loro caratteri, che è arbitrario il voler ritenere che
il tipo della Rh. Briseis sia piccolo. Per questo non e' è nessuna
ragione di staccare dalla Rh. Briseis lombarda, figurata dal prof. Pa-
rona , i grandi esemplari per collocarli nella Rh. Delmensis , come
fa il prof. Haas {Elude nionogr. et crii, des brach. rhét. ecc. , II ,
pag. 79).
Il Geyer riguarda (1) la Rh. Alberti Opp. come un membro
estremo del gruppo della Rh. Briseis, e la tiene separata per i ca-
ratteri forniti dalla forte scoltura , dalla forte convessità dell' um-
bone della valva imperforata e dall' apice riverso indietro. Or
è da notare che i grandi esemplari siciliani della Rh. Briseis
differiscono tanto poco dagl' individui della Rh. Alberti figurati
dal Geyer, che rigorosamente riesce difficile di separarli ; tuttavia
tali individui di Sicilia corrispondono talmente agli esemplari piccoli
e di medio accrescimento della Rh. Briseis che è impossibile stac-
cameli per collocarli nefia Rh. Alberti Opp. che, secondo ce la fi-
gura Oppel, pel suo aspetto fortemente triangolare e ristretto sopra
ditferisce bene dalla specie in esame. I caratteri distintivi della Rh.
Alberti indicati dal Geyer nella forte scoltura e nell' apice riverso
indietro si riscontrano negfi esemplari siciliani della Rh. Briseis e
sono insufficienti quindi a dividere da questa le RhynchoneUa rife-
rite dal Sig. Geyer aUa Rh. Alberti Opp.. Rimarrebbe solo come con-
trassegno distintivo tra gU esemplari figurati dal Geyer e la siciUana
Rh. Briseis la gibbosità dell'umbone della valva impeforata dei pri-
mi; ma se si vuol conservare al gruppo della Rh. Briseis (Rh. varia-
bilis) l'estensione che i signori Haas e Geyer gli hanno dato, allora
la Rh. Alberti figurata dal Geyer non può esserne divisa, perchè
in quel gruppo sono state di già comprese forme molto convesse
sotto r apice.
(1) Geyer, Op. cit. pag-. 43, tiiv. V, fig. 1417.
Il Lias medio del M. San Giuliano {Ericé) presso Trapani 215
Ho dato iiJ gruppo in esame il nome di E/i. Briseis Gemm. ,
perchè nelle presenti condizioni non è accettabile un';dtra denomi-
nazione. La controversia che si è elevata tra il prof. Haas, il dott.
Rothpletz e il sig. Geyer riguardo al nome da usare per tal grup-
po persuade sempre più che è necessario di attenersi con rigore
alle norme che solitamente reggono la nomenclatura delle specie
e la compilazione della loro sinonimia. Per esse non è possibile di
ritenere il nome di B/i. variabilis Schloth. sp., perchè, come è noto,
non si sa precisamente quale specie abbia inteso indicare con questa
denominazione lo Schlotheim. Egli fondò (1) la Eh. variabiìis sopra
esemplari del Lias, dello Zechstein e del Devoniano, e la descrizione
e la figura che ne diede sono così indeterminate, che possono adat-
tarsi a varie Rhynchonella Massiche non solo, ma anche, come recen-
temente notò bene il prof. Haas (2), alla Camaropìioria Schlotheimi
King, in modo che non si ha il diritto di ritenere il nome Rh. va-
riabilis per le forme del Lias , dato che queste si avvicinino alla
figura dello Schlotheim. Se lo Zieten e il Davidson fecero così, lo
fecero arbitrariamente : del resto la figura della Rh. variabilis in
Zieten (Die Versteinerimgen Wiirtembergs ecc.) sembra assai piìi vi-
cina alla Rh. rimosa v. Buch che al gruppo della Rh. variabiìis,
come è intesa dal dott. Haas e dal Geyer, e si sa dal catalogo della
collezione di Schlotheim, pubblicato in Gota nel 1832^ che gli esem-
plari del Lias di Amberg corrispondenti alla Rh. variabilis come fu
figurata dal v. Buch, e perciò alla Rh. Briseis Gemm. e alla Rh. tripli-
cata Quenst. non Phill. (p. p.) portavano in essa il nome di Tere-
bratulites bidentales (vedi Suess , Ueber die Brachiopoden d. Koss.
Schichten., pag. 28). Il voler ritenere dunque il nome dello Schlo-
theim perchè antico e già ripetutamente usato, quand'anche inesat-
tamente, nasce solo da ragioni sentimentali, che non bastano.
Rigettata così la denominazione dello Schlotheim, bisogna ac-
(1) ScKhOTHMn, Beitrage zar Naturgeschichte der Versteinerimgen, 1813 (Leouhard. minerai.
Taschenbuch, VII Bd.) pag. 1, fig. 4.
(2) Haas, Kritische Beitrage z. Kenntn. d. jurass. Brachiopodenfauna der Schtceiz ecc ,
I. (Abhaudl. d. schweiz. pai Gesellschf., voi, XVI, 1889), pag. 3.
216 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
cettare fra i rimanenti sinonimi quello più antico, quando però non
vi siano ragioni che vi si oppongano. Pertanto i nomi di Rh. tripli-
cata Phill. e di Rh. bidens Phill. (1) non possono usarsi, perchè non
è punto provata la loro identità con gli esemplari del gruppo che
abbiamo studiato. Il Phillips non dà descrizione di queste specie e le
figure che ne pubblicò possono, per la loro vaghezza, adattarsi a molte
Rhynchonella del Lias; infatti il Quenstedt, che pur ne aveva applicato
il nome a forme del gruppo della Rh. Bì-iseis (Rh. variabilis), finisce
nel 1885 (2) col credere che le figure 22 e 24 della tav. 13 del-
l'opera di Phillips citata qua sotto possano rappresentare delle va-
rietà della Rh. furcillata Theod. sp.. Non si può dunque asserire
che la Rh. triplicata Phill. e la Rh. triplicata Quenst. siano identi-
che; piuttosto è da accettare l'opinione di Tate (3) e di Davidson (4)
i quali sugli esemplari inglesi stabiUrono che la Rh. triplicata Phill. e
la Rh. bidens Phill. rappresentano la Rh. lineata Young et Bird (5).
Se si potesse provare del tutto 1' identità della Rh. belemnitica
Quenst. sp. e della piccola Rh. obtusifrons Suess (6) con le forme
del gruppo in esame , sarebbe allora da accettare quest' ultimo
nome come più antico; ma per quanto riguarda la prima ho di già
esposto quali dubbj per ora impediscano la sua riunione alla Rh.
Briseis (Rh. variabilis) , e per la seconda , vicinissima a questa e
alla Rh. belemnitica Quenst. sp. , anzi, a quanto pare, identica con
questa, non credo possa darsi un giudizio deffinitivo sulle figure di
un piccolo esemplare. Per queste ragione siamo costretti ad unifor-
marci all' opinione ripetutamente espressa dal prof. Haas, e dare al
gruppo in esame il nome di Rh. Briseis Gemm. (1874).
Or bisogna riconoscere che il gruppo della Rh. Briseis, così
(1) Phillips, Illustrations of the Geology of Yorkshire; pag. 57, tav. XLII, fig. 6.
(2j Quenstedt, Handbuch der Petrefaktenkunde, 1885, pag. 690.
(3) Tate and Blacke, The Yorkshire Lias, 1876, pag. 421.
(4) Davidson, Supplement to the hritish. jurass. and triass. Brach., 1878, pag. 209.
(5) Young and Bikd, Geological Surrey of the Yorkshire Coast, 1828, pag. 232, tav. Vili,
fig. 10.
(6) Suess, Ueher die Brachiopoden der KSssener Schichten, 1854, pag. 27 tav. IV, fig. 12.
Il Lias medio de! M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 217
come è stato composto dal prof. Haas e dal sig. Geyer , è troppo
esteso e non omogeneo, perchè comprende individui assai differenti
per la convessità della conchiglia, per la curvatura e forma dell'a-
pice, pel numero e pei caratteri delle coste , e pel rapporto delle
dimensioni, cioè per tutti i caratteri essenziali. Per questo è utile
di eliminarne certe forme.
Così mi pare che la Bh. triplicata sqiiamplix Quenst. , inchiu-
sa dal sig. Geyer nella sinonimia della Bh. Briseis {Bh. variabilis),
ne differisca troppo per la finezza delle coste e la loro abbondan-
te e regolare divisione. Inoltre si estenderebbe troiipo il gruppo
mantenendovi gli esemplari della tav. I, fig. 22, 29 {Bh. triplicata),
della tav. I, fig. 24 e 30 e della tav. Ili, fig. 32, 34 e 36 (Forme
intermedie tra la Bh. triplicata e la Bh. curviceps) dell' opera di
Haas e Petri " Die Brachiopoden d. J.-F. von Els.-Lothr. „. I pri-
mi, cioè quelli della tav. I, fig. 22 e 29, nonostante che siano vi-
cinissimi agli altri individui della Bh. triplicata figurati da Haas ,
hanno nondimeno 1' apice troppo curvato o la forma troppo gonfia
per potersi recisamente associare con la Bh. Briseis di Sicilia, e
le seconde (tav. I, fig. 24 e tav. II, fig. 32, 34, 36), che lo stesso
dott. Haas considera come forme intermedie tra la Bh. triplicata e
la Bh. curviceps, ma che il sig. Geyer comprende recisamente nella
sua Bh. variabilis, differiscono troppo dalla Bh. Briseis del bacino
mediterraneo pel numero delle coste o per la forte curvatura del-
l'apice e per la gonfiezza della conchiglia sotto questo, in modo
che è utile staccamele.
L'esemplare della Bh. triplicata del Lias di Keilberg, rappre-
sentato dal Quenstedt nella tav. 38, fig. 16 dei " Brachiopoden „
non può comprendersi nella Bh. Briseis, per la forma troppo slar-
gata, pel lobo appianato sopra e ornato di molte coste.
Le varietà gonfie, multicostate e dilatate della Bh. Briseis
(Bh. variabilis) figurate dal Geyer, come è specialmente quella della
tav. V, fig. 2 del lavoro sui brachiopodi di Hierlatz, associate agli
esemplari siciliani della Bh. Briseis formano forse un gruppo trop-
po esteso; sicché, considerando che i loro rapporti con gfi altri
Atti Acc. Vol. Ili, Skbib 4» 29
218 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
individui di Hierlatz appartenenti al sovraddetto gruppo sono intimi,
sarebbe bene indicarle come varietà, ma distinte da un nome. Esse
sembrano intermedie tra la Rh. Briseis e la Rh. Zltteli Gemm.
Se pur si fanno nel gruppo della Rh. Briseis queste elimina-
zioni, tuttavia la specie rimane assai larga, perchè comprende in-
dividui depressi sotto l'apice, come sono quasi tutti i tipi siciliani,
e altri molto convessi oppure gonfi, come sono gli esemplari già
distinti dagli autori con i nomi di Rh. triplicata Quenst. sp. e di Rh.
variabilis Schio th. sp.. Per questo non sarebbe inutile di distinguere
nel gruppo chiaramente ed espressamente delle varietà applanatae
e delle altre inflatae.
La Rh. Briseis Gemm. ha qualche relazione con la Rh. Zitte! i
Gemm. del Lias medio di Sicilia ; però una riunione dei due tipi è
impossibile. L' esemplare della Rh. Zitteli figurato dal Prof. Gem-
mellaro (1) non è sufficiente a far conoscere bene i caratteri della
specie, che è stata da varj autori del tutto disconosciuta. Essa si di-
stingue dalla Rh. Briseis per la forma assai più triangolare , più
acuta avanti e così depressa come mai accade di osservare né sulla
Rh. Briseis, né sulla Rh. belemnitica ; per le depressioni laterali più
forti e più estese ; pel lobo larghissimo , bassissimo , poco distinto
dalle parti laterali della conchiglia, fortemente appianato sopra e
quadrangolare di aspetto ; per le coste molto più fine e assai ab-
bondanti sul lobo, che ne mostra ordinariamente 8, 9 e per ecce-
zione 6, 7. hioltre é da notare che la curvatura della conchiglia
sul lobo si abbassa rapidamente alla linea frontale, come avviene
nella Rh. Fraasi Opp. (2). Tutte le Rhynchonella riferite alla Rh. Zit-
teli da Haas e da Parona in varj lavori non corrispondono punto
al tipo siciliano, del quale ho potuto studiare una grande quantità
d' individui nel Museo geologico dell' Università di Palermo.
Il gruppo della Rh. Briseis Gemm. trova le sue dirette rela-
zioni nel Trias superiore nella Rh. concordiae Bittn. e in un' al-
(1) Gemmbllaro , Sopra i fossili della zona a T. Aspasia Mgh. ecc. , 1874 , pag. 78 ,
tav. XI , fig. 23.
(2) QppEL, Ueber die Brachiopoden des untern Lias, pag. .543, tav. XII, fig. 3.
Il Lias medio del M. San Giuliano (Enee) presso Trapani 219
tra forma descritta dal Bittner col nome di Bhynchoneìla ex aff.
Bh. cariahilìs Schloth. (1)
La Rh. Brlseis è molto abbondante nel Lias medio di Sicilia,
ove è rappresentata da piccoli e grandi esemplari (M. San Giuliano
liv. inf. ; Rocche rosse di Galati e promontorio di Castelluccio nella
prov. di Messina; Chiusa-Sclafani e Montagnola di Elia nella prov.
di Palermo). Si raccoglie anche nel Lias medio di Arzo e Saltrio,
in quello dei dintorni di S. Cassiano^ di Gozzano e della Svizzera;
nel Lias medio e inferiore di vari luoghi della Germania nel medio
dell' Inghilterra , nonché nell' inferiore di Saltrio (Lombardia) e di
Hierlatz.
Le dimensioni di alcuni esemplari del M. San Giuliano sono
le seguenti :
L IL III. IV. V. VI. VII. VII. IX X.
Lun^'h SS™"" 22°™' 20™™ 19™™ J3™™ ]^§mm jymm J^gmm | gmm j[2™™
Largh. 25 Tà 23 23 22 16 17 16 15 13
Spess. 15 14 13 12 13 12 10 9 16 7
Var. Iphimedia.
(Tav. ni, fy. 14-17)
Insieme con gli esemplari della Rh. Briseis descritti, se ne rac-
colgono molti altri nel Lias medio del M. San Giuliano, che, non-
ostante gì' intimi rapporti con essa, mostrano dei caratteri pei quali
credo di fondare una varietà, che altri potrebbe separar come spe-
cie. Tali esemplari non possono esser considerati come individui
anormali della Rh. Briseis, perchè si presentano in grande quan-
tità e con costanza di caratteri non solo al M. San Giuliano , ma
anche nel Lias medio del piccolo promontorio di Castelluccio presso
Taormina. Essi mostrano la fronte sempre ingrossata , troncata e
(1) BiTTKER, Brachiopoden der alpinen Trias, pag. 264, tav. XXVII , fig. 1-17.
(2) Bittner, Ibid. pag. 264, tav. XXVII, fig. :.'6.
220 II Lias medio del M. San Giuliano [Erice) presso Trapani
appianata, e sono ornati di 10-18 coste strette, acute, non di raro
biforcate o ti'iforcate sulla regione apiciale o un po' più giù. In ra-
rissimi individui si osserva sulla metà inferiore della conchiglia il
carattere della BhynchoneUa rimose , cioè la riunione di due coste
in una. Il lobo della valva imperforata è forte, largo, separato da
spazj discretamente larghi e sempre piano sopra, fornito di coste
pochissimo divergenti , che spesso giungono fino al numero di
sette e non sono mai meno di quattro. La valva imperforata è poco
convessa in generale, ma talora discretamente e in certi casi molto,
però essa è sempre appianata dal primo terzo della conchiglia sino
alla fronte ; la valva perforata è quasi sempre meno convessa , e
raramente in modo eguale. Le coste del seno in quest' ultima s' in-
curvano rapidamente verso la fronte come nella Bh. curviceps Quenst.
sp. La riunione delle valve avviene sullo stesso piano.
Il carattere della fronte troncata si riscontra in varj esempla-
ri estramediterranei della Bh. Briseis e in taluni mediterranei ; pe-
rò r insieme costante dei caratteri formato dalla fronte troncata e
ingrossata, dalle coste molto fine, numerose, poco divergenti sul
lobo e dal lobo piano sopra e perciò di forma quadrangolare, dan-
no un tipo speciale agli esemplari in esame e differente in modo
dalla Bh. Briseis Gemm. , che permette di fondare una buona va-
rietà. Non ho separato del tutto come specie, le forme descritte per-
chè le loro analogie con gì' individui dela Bh. Briseis a fronte ap-
piattita sono intime e perchè il carattere della finezza delle coste
è variabile, in modo che la varietà descritta passa per gradi inter-
medj alla vera Bh. Briseis con forti coste. L'associazione di esemplari
come quelli della tav. Ili, fig. Da, i, e e della tav. Ili, fig. 15a ,
h, e può sembrare a prima vista poco naturale ; ma i passaggi fra
di loro sono così intimi e abbondanti nel ricco materiale studiato,
che io non mi sento del tutto facoltato a separarli nettamente co-
me specie differenti.
Gli esemplari di questa varietà non depressi mostrano i rap-
porti che la Bh. Briseis ha con la Bh. tetraedra Sow. Sp. . Essi
però ne sono ben distinti per le costanti minori dimensioni, per le
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 221
coste più fine ed acute, per lo più in numero minore e sempre poco
divergenti sul lobo, per la fronte appianata, pel lobo ({uadrangolare
e per la mancanza di acuti angoli apiciali. Ci è qualche raro esem-
plare della Bìi. Briseis, molto convesso e con numerose coste, che
anche si avvicina dippiù alla Rh. tetraedra Sow. sp.
Le analogie della var. Iphimedia sono molto più intime con la
Rh. Rosenbuschi Haas (1) , che appartiene al gruppo della Rh. te-
traedra Sow. sp. ; nondimeno le minori proporzioni della varietà
siciliana, il suo lobo appianato sopra e perciò quadrangolare di
aspetto, le sue coste più fine, la forma meno slargata e talora al-
lungata, la fronte appianata e la commessura laterale diritta la
mantengono distinta.
La var. Iphimedia con le sue forme poco depresse rammenta anche
la Rh. curviceps Quenst. sp., però il carattere della fronte appianata
e del lobo forte, ben distinto e appianato sopra, la differiscono bene.
Infine non sono da disconoscere i molti rapporti di questa va-
rietà con la Rh. ZittelU Gemm. ; tuttavia ho potuto persuadermi
che è impossibile la loro riunione, perchè la Rh. Zitelli è sempre
più depressa^ fornita in generale sul lobo di un maggior numero
di coste e ornata di un lobo bassissimo e non ben separato dalle
parti laterali della conchiglia. Inoltre il suo apice è molto coartato
e la fronte si abbassa così rapidamente da ricordare la Rh.
Fraasi Opp.
Questa varietà è abbondante nella parte inferiore del Lias me-
dio del M. S. Giuliano e rara nella superiore. Nel Lias medio di
Castelluccio presso Taormina se ne raccoglie un discreto numero di
esemplari.
Le dimensioni di alcuni individui del M. S. Giuliano sono le
seguenti :
Lunghezza 20"™ 19""" 18™™ 17™"i 16™™ 14™™ 14™™
Larghezza 22 22 19 18 18 14 13
Spessore 13 13 12 11 10 9 7
(1) Haas und Petri , Die Brachiopoden der J.-F. v. Els.-Lothr. , pag. 195, tav. IV ,
fig. 10, 14.
222 11 Lias medio del M. San Giuliano [Erice) presso Trapani
Rhynchonella Alberti Opp.
1861. Bìn/nc/ionella Alberti Oppel, Ue)3er die Brachiopodeu des un-
tern Lias (Zeitschr. d. deutsch. geol. Ge-
sellschf. , XIII Bd. ) pag. 546, tav. XIII,
fig. 4rt, b, e.
1879. „ „ Uhlig, Ueber die liasischeu Brachiopo-
denfauna von Sospiralo bei Belluno (Sitzb.
d. Akd. der Wissenschf.) pag. 32 , tav.
IV, fig. 1-2.
Nella parte inferiore del Lias medio del M. San Giuliano si rac-
colgono pochi grossi esemplari di una Ehi/nconella , che corrispon-
dono bene alle figure della Uh. Alberti pubbKcate da Oppel, ma non a
quelle date dal Geyer (Ueber die liasischen Brachiopoden des Hierlatz
bei Hallstatt, tav. IV, fig. 14-17). Essi mostrano i seguenti caratteri :
Conchiglia più larga che lunga o tanto larga che lunga, ristretta
sopra. Apice piccolo, poco curvato, anzi leggermente riverso indie-
tro ; forame assai piccolo, formato sotto dal deltidio, che è piccolo
e basso. Valva perforata poco convessa , fornita di un seno largo
e profondo, che comincia debole sotto la regione apiciale, e sul quale
alla fronte si elevano a forma d' ah i lati della conchiglia. Valva
imperforata assai più convessa, specialmente sotto l'apice, munita di
un lobo largo ed elevato, largamente e rapidamente separato dalle
parti laterali della conchiglia.
La superficie delle valve è ornata di 9-10 coste molto forti ed
angolose sopra , delle quaU 2-3 sono sul lobo e 3-4 sopra i lati
delle valve. La commessura è diritta sui lati, sinuata e fortemente
dentata alla fronte.
Ho già detto a proposito della precedente specie che la Rh.
Alberti figurata dal Geyer è probabilmente la Rh. Briseis Gemm. ;
aggiungo qui che la Rh. Alberti, var.? lobata Geyer è certamente
da riunire alla specie del prof. Gemmellaro.
La Rh. Alberti si raccoglie nel Lias inferiore di Hierlatz , di
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 223
Sospirolo e della Selva Baconica, nonché nel Lias medio dell' Ap-
pennino centrale.
L' esemplare del Lias medio del Bacino del Rodano figurato dal
Dumortier (1) non può, pel suo aspetto, riunirsi alla Rh. Alberti Opp.
Rhynchonella Zugmayeri Gemm.
(Tav. Ili, fig. 18; fai: IV, fìg. 1, 2.)
1878. Rhynchonella Zugmayeri Gemmellaro, Sui fossili del calcate
cristallino delle Montagne del Casale
e di Bellampo nella provincia di Pa-
lermo (Sopra alcune faune giuresl e
liasiche della Sicilia) pag. 420, tav.
XXI, fig. 50-60.
Conchiglia generalmente asimmetrica, divisa sulla regione fron-
tale in due parti, delle quali una è abbassata e 1' altra alta ; di-
scretamente convessa , nella maggior parte dei casi piii lunga che
larga , talora tanto larga che lunga o un po' più larga che lunga.
Valva imperforata più convessa dell' altra raramente in egual mi-
sura, con la massima convessità sul terzo anteriore della conchi-
glia, fornita di un lobo leggiero , spesso bassissimo o scancellato,
ora ben distinto dalle parti laterali della conchiglia, ora no. In va-
rj casi il lobo è ben diviso solo da un lato, per effetto dello stac-
carsi delle due porzioni della conchiglia inegualmente alte. Sulla
valva perforata ci suole essere un seno debole, che comincia leg-
gerissimo al di sotto della regione apiciale o anche più in basso ,
ed è ora ben apparente sulla fronte, ora quasi scancellato.
L' apice è poco curvato , piccolo, appuntito e fornito sui lati
di angoli acuti. Il forame è piccolo e formato sotto dai pezzi del
deltidio, che è alto. La linea cardinale è molto arcuata.
(1) DcMORTiEB , Études pai. sto- le bass. du Rhòne; Lias mot/en , pag. 332 , tav. XLII
fig. 14, 15.
224 11 Lìas medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
La superficie di ogni valva è ornata di 16-20 coste forti, an-
golose sopra, che sulle regioni apiciali o più sotto si dividono spes-
so in fascetti di due e non di raro di tre coste. Sul lobo si con-
tano 4-6 coste, sui lati delle valve 5-7.
La linea commessurale è dentata sui lati e sulla fronte, dove
è anche largamente, ma piìi o meno leggermente sinuata.
La conchiglia è variabile di forma per la frequente asimme-
ti-ia, dovuta al dividersi sulla regione frontale in due parti d' ine-
guale altezza e alla mancanza o presenza del lobo e del seuo^ che
quando si presentano, sono sempre spostati verso un lato o 1' altro
delle valve, producendo talora 1' arenazione laterale, delle coste.
Questa specie, che pel suo aspetto dev' essere considerata co-
me la forma più antica del gruppo della Rh. incostans Sow. , ha
certo molti rapporti con la Rh. fissicostata Suess (1), ma nondimeno
non vi si può associare, come pare che vorrebbe fare il Geyer (2),
giudicando solo dalle figure pubblicate dal prof. Gemmellaro. La
Rh. Zugmayeri non può neanco essere compresa nel gruppo della spe-
cie del Suess; essa ne è ben distinta pel numero minore di coste,
che sono assai meno suddivise e mai così fine ed acute sulla re-
gione apiciale come sono caratteristiche in quella , per la sua for-
ma in generale più ovale ed allungata, per la mancanza di campi
concavi sui lati della linea cardinale e per la spiccata asimmetria
di forma della linea frontale , caratteri che la collocano in altro
gruppo. Anche 1' apice più piccolo, più basso e senza falsa area ben
apparente dà un buon contrassegno distintivo.
Il fatto che la Rh. Zugmyeri ha le coste spesso biforcate non
dà ragioni sufficienti per riunirla alla Rh. fissicostata, perchè è noto
come questo carattere sia frequente sopra Rynchonella differentis-
sime; del resto si notano tra ìa Rh. fissicostata eia Rh. Zugmayeri
differenze maggiori che non tra la prima e la Rh. ìatifrons Stur (3),
che pure ne è stata divisa dal Geyer.
( 1) Sdess, Die Brahiopoden der Kossener-^^chichien, 18.54, pag. 30, tav. IV, fig. 1-4.
(,?) Geyer, Op. cit., pag. 57.
(3) Geyer, Op. cit., pag. 64, tav. VI. fig. 25-31.
n Lim medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
225
Ci sono esemplari giovani clie si avvicinano alla Bh. p/icutis-
sima Quenst. sp., dalla quale differiscono solo per l'asimmetria de-
rivante dalla divisione della fronte in due parti d'ineguale altezza e
per le coste più grosse, meno acute e piìi avvicinate fra di loro.
Questa specie si raccoglie nel calcare cristallino del Lias infe-
riore di Sicilia (sulla montagna di Bellampo presso Palermo) e ab-
bondantemente nella parte superiore del Lias medio del M. San Giu-
liano. Essa presenta le seguenti misure.
I.
II.
III.
IV.
V.
VI. VII. vili.
Lunghezza 22""™ 21""" 21™™ 20""" 19™"* IQ™"* 17™™ jgmm
Larghezza 23 21 17 18 17 16 15 12
Spessore 14 14 10 11 10 10 10 7
Gen. Terebratula (Llhwyd) Klein.
Terebratula punctata Sow.
1818. Terebratula punctata
1851.
1851.
1851.
1853.
subpundata
Edwardsi
siibjmnctata
Atti Acc. Vol. IU, Sekik 4"
Sowerby^ Minerai Conchology of
Great-Britain, voi. I, pag. 46, tav.
XV, fìg. 4.
Davidson, A Monograph of bri-
tish oolitic and liassic Brachiopoda
(Palaeont. Society of London) pag.
45, tav. IV, fig. 1, 6.
Davidson, Ibid. , pag. 46, tav. VI,
fìg. 7-10, 12, 16.
Davidson, Ibid. , pag. 30, tav. VI,
fig. 11-15.
Chapuis et Dewalque , Déscription
des foss. des terr. second. de la
province du Luxembourg, p. 239,
tav. XXXVI, fìg. 1.
30
226
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
1855. Terehratula Davidsoni
1858.
1858.
1861.
1861.
1863-85
1863-85
1863-85
1863.
1867.
1867.
1867.
1871.
punctata
ovatissirna
sinemuriensis
Andleri
punctata
suhpimctata
Edtvardsi
punctata
suhpimctata
basilica
sinemuriensis
"punctata
Haime, Notice sur la geologie de
l'ile de Majorque (Bull, de la Soc.
geol. de France, 2 S., voi. XII), pag.
745, tav. XV, fìg. 6a, 6f/; (6c, 6è)?
Quenstedt, Der Jura, pag. 75 e
144, tav. 18, fig. 5.
Quenstedt, Ibid. , pag, 75, tav. 9,
fig. 1-2; tav. 12, fig. 13.
Oppel, Ueber die Brachiopoden des
unteren Lias ( Zeitschrf. d. deut-
sch. geol. Gesellschf.,) XIII Bd.
Oppel, Ibid. , p. 536, tav. X. fig. 4.
Deslonchamps, Paleontologie fran-
gaise; Bracliiopodes, pag. 160, tav.
12, fìg. 1-3; tav. 40, fìg. 1-9; tav.
41, fìg. 1, 2.
Deslongchamps , Ibid., pag. 165,
tav. 39, fìg. 1-7; tav. 43, fig. 4.
Deslongchamps, Ibid. , pag. 167 ,
tav. 41, fig. 3-7; tav. 42 fig. 1, 10.
Ooster, Synopsis des brachiopodes
des Alpes suisses, pag. 8, tav. 1,
fig. 13-16.
Dumortier , Études paléontologi-
ques sur les dèpóts jurassiques
du bassin du Rhòne ; Lias infe-
rieur, pag. 80, tav. XIII, fig. 7,8.
Dumortier , Ibid. , pag. 78 , tav.
XIV , fig. 1 , 2.
Dumortier, Ibid. , pag. 226 , tav.
XLIX, fig. 4.
Quenstedt, Petrefaktenkunde Deut-
schlands; die Brachiopoden, p. 322
tav. 46, fig. 25, 27, 28, (26.?)
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
227
1871. Terebratula ovatissima
1872.
cfr. pundatu
1876.
punctata
1875.
perforata
1880.
punctata
1884.
punctata
1886.
punctata
Quenstedt, Ibid., pag. 328, tav. 46,
fig. 54, 55 (esclusa fig. 56).
Tietze, Geologische u. palaeonto-
logische Mittheilungen aus d. siidl.
Theil des Banater Gebirgstokes
(Jahrb. d. k. k. geol. R. A. , XXII,
Bd.) pag. 125, tav. VII, fig. 3.
Davidson, Supplement to the bri-
tish jurass. and triass. Brachiopo-
da (Palaeont. Society of London)
pag. 130, tav. XVI, fig. 3-5, 9-10
(var. Havesfieldensis) ; fig. 6, 7, 8,
11, 12; fig. 14-18 (var. Radsto-
ckiensis).
Neuniayr, Zur Kenntniss der Fau-
na des untersten Lias in den Nor-
dalpen (Abandl. d. k. k. geol. R.
A., VIIBd.), pag. 11, tav. I, fig. 7
(esclusa fig. 8).
Haas u. Petri , Die Brachiopoden
der Juraformation v. Elsass-Loth-
ringen (Abhand. z. geol. spec. Karte
v. Els.— Loth., II Bd.) pag. 247,
tav. VIII, fig. 1-4, 7-11.
Parona , I brachiopodi liassici di
Saltrio e Arzo nelle Prealpi lom-
barde (Mem. del R. Istituto lomb.)
pag. 23, tav. Ili, fig. 16-25; tav. IV,
fig. 1-14, 16-19 (esclusa fig. 15).
Haas, Ètude monographique et cri-
tique des brachiopodes rhétiens et
jurassiques des Alpes vaudoises, 1
(Mem. de la Soc. pai. suisse, voi.
XI) pag. 47.
228 11 Lias medio del M. San Giuliano (Ericé) presso Trapani
1886. Terebratula pundata Di-Stefano^ Sul Lias inferiore di
Taormina e de' suoi dintorni, p. 82
tav. Ili, fig. 21-30.
1886. „ Ceres Di-Stefano, Ibid., pag. 79, tav. Ili,
fig. 16-19.
1886. „ Danae Di-Stefano, Ibid. , pag. 77, tav. Ili,
fig. 14-15.
1886. „ pundata Rothpletz , Geologisch-palaeonto-
logische Monograpliie der Vilser
Alpen (Palaeontographica, XXXIII
Bd.) pag. 109.
1887. „ pundata Haas, Étude monographique et cri-
tique des brachiopodes rhétiens et
jurassiques des Alpes vaudoises
(Meni, de la Soc. pai. suisse) pag.
110.
1889. „ pundata Geyer, Ueber die liasischen Bra-
chiopoden des Hierlatz bei Hall-
statt (Abhadl. d. k. k. geol. R. A. ,
XV Bd.) pag. 1, tav. I, fig. 1-16.
1890. , pundata Tausch, Zur Kenntniss der Fauna
der Grauen Kalke der Siidalpen
(Abhandl. d. k. k. geol. R. A. , XV
Bd.) pag. 3, tav. 1 1 1 fig. 2-6.
La T. pundata Sow. è assai abbondante nella parte superiore
del Lias medio del M. San Giufiano^ dove offre la solita grande va-
riabilità di aspetto. La massima parte degl' individui sono coperti
di finissime strie longitudinali e sono più o meno troncati alla fron-
te , sulla quale raramente hanno un seno come nella T. punc-
tata , var. Andleri Opp. ; molti altri sono largamente e legger-
mente arrotonditi al contorno, presentando la forma della T. pundata
tipica, e non pochi sono stretti e molto allungati, come la T. punc-
tata var. ovatissima Quenst. Il loro apice è discretamente curvato,
ma non sempre cosi basso da nascondere il deltidio; però ha sem-
Il Llas medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trofìani 220
pre gli angoli laterali distinti e talora acuti. Il forame è discreta-
mente grande. La convessità della conchiglia è variabilissima, giac-
ché si hanno forme depresse e altre molto convesse , senza che
nessuna però lo sia tanto quanto la var. subpimctata Davids. Su molti
esemplari F angola apiciale è largo , su altri tanto stretto che la
conchiglia si mostra acuta sopra.
L' appiattimento sotto l'apice ora è ben visibile o assai forte ,
ora manca del tutto, sicché si ha la conferma dell'opinione che il
carattere della depressione suU' umbone della valva imperforata non
ha importanza.
La linea commessurale si mantiene in generale sullo stesso
piano ; solo alla fronte è qualche volta Hevemente arcuata verso la
valva perforata.
Lo studio esteso di questa specie, mentre ha provato la gran-
dissima variabilità della sua forma, ha dimostrato chiaramente che
non è possibile dividere da essa come specie distinte la T. sub-
pimctata Davids. , la T. sinemuriensis Opp. , la T. Andleri Opp. , la
T. ovatissima Quenst., la T. Davidsoni Haime (almeno in parte) e
la T. Edtvardsi Opp. ecc. ; tuttavia si è dovuto riconoscere che al-
cune di esse sono atte a costituire buone varietà, come la T. An-
dleri Opp., la T. ovatissima Quenst. e, a me pare^ anche la T. sub-
pundaia Davids, grande, gonfia e allungata. La T. basìlica Opp. è
certamente legata in modo intimo con la T. punctata Sow. , var.
Andleri Opp.; però per le sue grandi dimensioni, per la forma molto
pentagonale, per la forte convessità e la grande larghezza costitui-
sce una di quelle forme estreme , che sarebbe meglio tener del
tutto separate dalla T. punctata.
Credo probabile che la T. Bittneri Geyer (Op. cit , pag. 1 1 ,
tav. 1, fig. 36; tav. 11, fig. 1.) sia fondata sopra una varietà del-
la T. punctata, perchè questa specie presenta nel Lias di Sicilia
l'apice così lungo come è in quella (vedi Di-Stefano, Sul Lias
inferiore di Taormina ecc. , tav. Ili , fig. 30 e 26 ). Forme identi-
che a quelle figurate dal Geyer col nome di T. Bittneri se ne osser-
vano non poche nel Lias di Taormina, e io non ho saputo mai
230 11 Lian medio del M. San Giuliano (Erice) presso 2'rapani
dividerle dalla T. punctata. Alcune di esse presentano anche V ap-
piattamento sotto 1' apice.
Tuttavia bisogna notare che la mia opinione è fondata sull'os-
servazione delle sole figure , mentre sarebbe necessario avere in
mano gli esemplari originali per emettere un giudizio sicuro.
Nel mio lavoro '' Sul Lius inferiore di Taormina ecc. „ , pur
conoscendo bene per diretta osservazione la grande vai'iabilità della
T. pitnctata, separai da questa alcune forme perchè offrivano certi
caratteri differenziali; ora però Io studio più esteso della specie del
Sov^rerby mi ha convinto che le mie T. Danae e T. Ceres debbono
senz' altro riunirsi con essa. Anche la T. Enna Di-Stef. è da com-
prendere nel gruppo della T. pundata , se si vuol dare a questo
l'estensione che gii è stata data nei recenti lavori tedeschi ; pei'ò
è da ponderar bene se convenga associare alla T. pundata , (il
cui tipo è dal Sowerby disegnato con sufficiente chiarezza) quelle
forme biplicate come p. es. la T. Enna e gli esemplari figurati
dal Deslongchamps (Paleont. frane; terr. juras, tav. XII, fig. 3)
e dal Tausch (Zur Kenntn. il. " Grauen Kalke „ , tav. II, fig. d) ,
che mostrano tutte anche una più o meno chiara arcuazione della
commessura laterale. Questi caratteri , rispetto alle forme tipiche
della T. pundata , sono importanti contrassegni differenziali, e per-
ciò sarebbe utile di dare ad essi l'importanza che meritano, se non
si vuole smarrire ogni criterio distintivo.
Per quanto riguarda le T. Proserpina Di-Stef. , T. Timaei Di-
Stef. e T. Bahlaccii Di-Stef., che il Geyer (1) riguarda al massimo
come varietà della T. pundata, osservo quanto segue : La T. Pro-
serpina è certamente assai vicina alla T. pundata Sow. var. subpunc-
tata Deslongc. , però la forma molto gonfia della specie di Taor-
mina, r aspetto gibboso delle sue due valve, le forti compressioni
laterali, l'elevatissima regione apiciale, lo stretto angolo apiciale e
la presenza di un lobo alla fronte mi pare che non permettano
r identificazione di questa specie né col tipo, né con le varietà della
(1) Gbyer, Op. cit. , pag. 6.
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) pres.so Trapani 2;51
T. punctata, se non si vogliono estendere infinitamente i limiti di
questa. La T. Timaei ha un distintissimo aspetto piriforme e una
forte gonfiezza, e sembra del tutto arbitrario di volerla compren-
dere nel gruppo della T. punctata, che né sugli esemplari del baci-
no anglo-parigino, ne su quelli mediterranei mostra quei caratteri
cosi spiccati. La T. Baldaccil è con ogni probabilità la T. juva-
vica Geyer (1); essa ha l'apice appuntito all' estremità e angoloso
sui lati , nonché le tracce di un setto , i quali caratteri non sono
a dir vero ben visibili nel disegno che io ne pubblicai. Io rimasi
in dubbio, quando la descrissi, sulla sua riferenza generica, appunto
perchè non ero sicuro dell' esistenza di un vero setto sulla valva
imperforata, che altrimenti l'avrei determinata come Waldheimia: a
ogni modo essa differisce dalla T. punctata quanto la T. jmavica ,
con la quale si dovrebbe associare.
Il dott. A. Bittner (2) ha descritto recentemente una T. prea-
punctata del Lias inferiore (Dachsteinkalk) , la quale é così vicina
alla T. punctata, che difficilmente potrà separarsi, se non saranno
chiarite delle difTerenze neh' apparecchio interno.
L'apparecchio brachiale della T. punctata é stato ben figurato
dal Deslongchamps (3), che ha mostrato che esso per certi rapporti
rammenta quello dei sottogeneri Macandrevia e Dictyothyris, e che
potrebbe servire per fondare un nuovo sottogenere. Il dott. Roth-
pletz (4) ammette che la T. punctata abbia un setto e differisce lo
apparecchio interno di questa specie da quello dei Dieìasma solo
per r assenza di lamine rostrali sulla valva perforata. Il dott. Geyer
ha fatto rilevare recentemente che sulla valva imperforata della T.
punctata non si osserva un vero setto , sibbene una sottile stria
suddivisa all' estremità in altre due , e che certamente è prodotta
(1) Geyer, Ihid., pag. 6, tav. I, fig. 17-23.
(2) Bittner, Brachiopoden der alpinen Trias, (Abhandl. d. k. k. geo. R.-A. XIV Bd.
1890) pag. 257, tav. XXVIII, fig 2-5.
(31 Deslongchamps , Paleontologie fran{ ; Brachiopodes , tav. 40 e tav. 109 — Études sur
des hrachiopodes nouveaux ou peii connus, pag. 308, tav. X, fig. 12.
(4) RoTHPLETz , Op. cit. , pag. 1 10.
232 11 Lias medio del M. !San Giuliano {Erice) presso Trapani
dalle impressioni muscolari. Tale stria si osserva infatti sugli esem-
plari siciliani, accompagnata per lo più da altre divergenti , e non
ha punto l'aspetto di setto: tutte sembrano prodotte dalle impres-
sioni muscolari e dai vasi venosi.
La T. punctata è assai abbondante in Sicilia nella parte eleva-
tissima del Lias inferiore di Taormina, nella parte superiore del
Lias medio del M. San Giuliano , in quello della contrada Taja-di-so-
pra presso Caltabellotta ( Girgenti ) e in quello del piccolo pro-
montorio di Castelluccio (Taormina). Altrove si raccoglie nel Lias
inferiore di Hierlatz, delle Alpi bavaresi, delle Alpi austriache (Brei-
tenberg), del Portogallo (Strati a Gryphaea obliqua) e di Saltrio in
Lombardia. Nel Lias medio è estesamente sparsa in highilterra, in
Francia , in Germania, nelle Alpi valdesi , nelle Prealpi lombarde ,
nelle Alpi di Vils, nel Portogallo e nella Spagna. Pare che passi an-
che nel Lias superiore, e il Rothpletz crede di averne trovata una
varietà nel Dogger {Rothpletz, Op. cit. , pag. 110, tav. IV, fig. 7.>.
Terebratula sphenoidalis Mgh. apud Gemmellaro.
1874. Terebratula sphenoidalis Gemmellaro, Sopra i fossili della
zona con Ter. Aspasia della provin-
cia di Palermo e di Trapani (So-
pra alcune faune giuresi e liasi-
che della SiciUa), pag. 62, tav. X,
fig. 16-19.
Questa specie è rappresentata da pochissimi esemplari nella
parte superiore del Lias medio del M. San Giuliano ; essi sono
però ben determinabili.
Il prof. Gemmellaro nel 1874 mandò per esame al prof. Me-
neghini alcuni individui di questa specie, e ne ebbe risposta che
altri esemplari se ne trovavano nelle collezioni del Museo geologi-
co dell'Università di Pisa sotto il nome ancora inedito di T. sphe-
noidalis Mgh.^Per questo il prof. Gemmellaro adottò la denomina-
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 233
zìone del Meneghini. Or la pubblicazione dei tipi dell' Appennino
centrale conservati nell' Università pisana (Ganavari, I hrachiopodi
th'ffli sfrati a T. Aspasia Mgh. neW Appennino centrale, 1880, pag. 14.
tav. II, fìg. 5, 6) ha dimostrato che la T. sphenoiclaìis illustrata dal
prof. Gemmellaro è differente dagl' individui dell'Appenino ai quali
il prof. Meneghini aveva di già apposto lo stesso nome e che aveva
giudicati identici a quelli siciliani. Le figure date dal Ganavari nel
lavoro citato sopra mi pare che mostrino chiaramente che la T.
■sphenoidaìis di Monticelli presso Roma sia da riunire alla T. [mn-
dafa Sow. , dalla quale difficilmente si potrebbe separare ; invece
quella siciliana ne differisce bene per la presenza delle pieghe
frontali. È necessario perciò di ritenere il nome di T. sphenoidaìis
Mgh. apud Gemm. per gli esemplari illustrati dal prof. Gemmellaro,
perchè furono i primi ad esser pubblicati con tal nome (1874) ,
e di porre gì' individui figurati dal prof. Ganavari (/ brackiopodi
degli strati a T. Aspasia ecc.) nella sinonimia della T. punctata Sow.
Gontrariamente all' opinione del dott. Geyer (1) e del dott. Tau-
sch (2), io credo che la T. sphenoidaìis Mgh. apud Gemm. debba
tenersi separata dalla T. punctata Sow., perchè mostra sempre ne-
gl' individui adulti delle forti pieghe frontali dirette in senso inverso
a quello delle pieghe di quest' ultima. Infatti mentre nella T. sphe-
noidaìis esse hanno le convessità dirette verso la valva perforata,
sulla cui regione frontale si rilevano, nella T. punctata le mostrano
dirette verso quella imperforata. Tale differenza mi pare che sia
sufficiente per tener divisi gli esemplari adulti delle due specie. È
da riconoscere però che esse sono vicinissime e che spesso riesce
difficile o impossibile di separare i giovani individui della T. punc-
tata da quelli della T. sphenoidaìis Mgh. apud Gemm.
La T. sp. ind. cfr. T. sphenoidaìis Mgh. pubblicata dal prof.
Ganavari (3) mostra le tracce di una biplicazione simile a quella
(1) Geyer, Op. cit. , pag. 1.
(2) TAnscH, Op. cit. , pag. 9.
(3) Canavari, Contribuzione HI alla conoscenza dei bvachiopodi degli strati a T. Aspasia
nell'Appennino centrale, pag. 19, tav. X, fig. 2.
Atti Acc. Vol. Ili, Seuib 4* 31
234 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
della T. sphenoidalis Mgh. apud Gemm. , e perciò mi pare che si
porisu riunire con questa.
La specie in esame si raccoglie, rappresentata da un discreto
numero di esemplari , nel Lias medio delle Pvocclie rosse presso
Galati (Messina), del piccolo promontorio di Castelluccio (Taormina),
della montagna della Ficuzza (Palermo), di Sant' Anna presso Giu-
liana (Palermo) e di Chiusa-Sclafani (Palermo).
Terebratula Rotzoana Schaur.
1865. Terebratula Rotzoana Scliauroth, Verzeichniss der Versteine-
rungen im herzogl. Naturaliencabinet in
Coburg, pag. 125, tav. II, fig. 6.
1866. „ n Benecke, Ueber Trias und Jura in den
Sudalpen ( Geognostisch - palaeontologi-
sche Beitrage, I. Bd.) pag. 167, tav. Ili,
fig. 6.
1869. „ „ Zittel, Beobachtungen aus den Central-
Apenninen ( Geognostisch -palaeontolo-
gische Beitrage, IL Bd.) pag. 137, tav.
15, fig. 4.
1879. „ „ Meneghini, Monographie des fossiles du
calcaire rouge ammonitique de Lom-
bardie et de TApennin centrale, 1867-81
(Paleontologie lombarde), pag. 170.
1880. „ fìmbrioides Canavari (p. p.), I brachiopodi degli
strati a T. Aspasia nell' Appennino cen-
trale (R. Acc. dei Lincei, a. CGLXXVII)
pag. 13, tav. II, fig. 2 (esclusa fig. 1.)
1880. „ Rotzoana Canavari, Ibid, pag. 16, tav. Il, fig. 3, 4.
1890. „ „ Tausch, Zur Kenntniss der Fauna der
" Grauen Kalke , der Siid-Alpen (Ab-
handl. d. k. k. geol. R. A., XV Bd. )
pag. 5, tav. II, fig. 7, 8, 10.
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 23ó
Nella parte superiore del Lias medio del M. San Giuliano si
raccolgono pochi e piccoli esemplari di una Terehratida liscia, i quali
corrispondono cosi bene con le figure della Ter. Rotzoann Schaur.,
pubblicate dallo Schaurotli, dal Benecke e dal Tausch, da non la-
sciare alcun dubbio sul loro riferimento specifico. La loro massima
larghezza è al di sopra della fronte ; 1' apice è forte , molto cur-
vato , elevato , fornito di margini laterali arrotonditi , ma visibili e
lunghi. Le valve sono molto convesse, e quella perforata si mostra
più curvata dell'altra. Il deltidio è largo; la linea cardinale arcuata.
La loro commessura rimane sempre sullo stesso piano. Le strie
di accrescimento sono molto forti verso la fronte.
Var. plicata , Tausch.
(TaiK IV, Pj. 3-5)
Accanto agi' individui lisci della Terebratula Botzoana se ne
notano parecchi altri, che corrispondono con essa in tutti i carat-
teri essenziali , e solo ne sono distinti dalla presenza di 10-14
coste irregolari, superficiali, arrotondite, in qualche raro caso dicoto-
me, che svaniscono generalmente prima di giungere sulle regioni
apiciali, che però talora pervengono a toccare. Essi confrontano as-
sai bene con le varietà costate della T. Botzoana figurate dal dott.
L. Tausch nel suo lavoro " Zur Kemdniss der Fauna der Gratten
Kall-e ecc. „. delle quali sono certo giovani esemplari, ed io non
saprei trovar valevoli caratteri per dividerii. Tali individui segnano
i passaggi della T. Botzoana liscia alla T. Bmierì Cat. (1) , come
fu ben notato dal Tausch, e si differiscono dalla specie del Catullo
solo per la finezza delle coste. Se a questo carattere non vorrà
darsi molta importanza, allora bisognerà riguardare la T. Botzoana
liscia come una varietà della T. Ben/eri, tanto intimi sono i rap-
porti tra le forme lisce della T. Botzoana e le varietà costate fi-
(1) Catullo, Saggio di zoologia fossile ecc. 1827, pag 167, tav. X, fig. i, /.
236 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
gurate dal dott. Tausch e da me. Del resto le forme liscie della
T. Rotzoana corrispondono nell' aspetto generale e nell' apparec-
chio brachiale con la T. Eenieri.
Certamente gli esemplari del M. San Giuliano sono vicinissimi alla
T. mediterranea Can. (1) e in ispecie ai piccoli individui rappresentati
dal Tausch {Op. cit., pag. 8, tav. Ili, fig. 4, 5); però non mostra-
no il seno frontale che è caratteristico in quella, ed io perciò non
saprei aggregarveli (2). Il contorno frontale degl' individui in esame
è talora asimmetrico e ondulato, non solo per le leggiere dentature
delle coste , ma per l' ineguale sviluppo di queste , delle quali ta-
lune, e sono le più estese, s'imprimono fortemente (tav. IV, fig.
3(?, Atb.) ; però mai si produce un seno frontale. L' esemplare della
tav. IV, fig. 36, che fa osservare erroneamente come un rudimento
di seno , è inesattamente disegnato, perchè esso ha la fronte solo
ondulosa per effetto delle coste un po' irregolari.
Altre specie molto vicine agli esemplari del M. San Giuliano
sono la T. Eustachiana Can. (3) del Lias inferiore dell' Appennino
centrale (Ganavari) e la T. fimbrioides Deslongc. (4). La T. Eusta-
chiana se ne differisce per la conformazione dell'apice, che somiglia
a quello delle Waldheimia, per la presenza di un seno frontale e per
la forte gibbosità della valva imperforata. Questa specie è però estre-
mamente vicina alla T. mediterranea Can., e solo il diretto paragone
di esemplari completi delle due specie, potrebbe meglio e deffinitiva-
mente farne rilevare le relazioni o i rapporti. L'una e l'altra sono
poi in relazioni strette con la T. fimbrioides Deslongc, che ne dif-
ferisce solo perchè meno globulare.
(1) Canavabi, Alcuni nuovi brachiopodi degli strofi a T Aspasia nell'Appennino centrai*,
pae. 6, tav IX, fig. 10 (T. ^fimbrioides) -- Contribuzione 111 ttllu conoscenza dei brachiopodi
degli strati a T. Aspasia nelV Appennino centrale, pag. 85 ( J'. mediterranea).
(2; Nella parte superiore del Lias medio del M. San Giuliano ho raccolto un solo grosso
esemplare di una Terebratula costata e con feno frontale, la quale sembra identica con la
T. mediterranea Can.; però pel suo cattivissimo stato di conservazione non può qui venire
esaminata.
(3) Camavari, Sui fossili del Lias inferiore nelV Appennino centrale, 1879 (Atti della Soc.
tose, di Se Nat. voi. IV) pag. 1«, tav. XI, fig. 9.
(4) Deslongchamps, Meni, de la Soc. Limi, de yormundie , 10 voi., 1855; pag. 303, tav
XVII, fig. 2-9 — Paleontologie franf.; terr. jurass.; Bradi iopodes, pag. 171, tav. 44, fig. 1-3.
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trajiani 237
La T. fiiiibrioides Deslongc. ha intimi rapporti con questi esem-
plari di Trapani da me ritenuti come varietà della T. Botzoana ;
ma questi ne differiscono per l'apice più fortemente curvato, per la
sua forma piìi gonfia , anzi globulare, per la costante mancanza
di seno frontale e per le coste più deboli. Anche la T. Fotterìei
Bockh(l)è vicina alla varietà descritta; però il forte sviluppo e la
forte curvatura dell'apice della T. Botzoana var. pllcata, nonché la
maggiore convessità di questa ne stabiliscono bene le differenze.
La T. taiiroiiieuifaiia Di-Stef. (2) si distingue dalla descritta
varietà essenzialmente pel lungo lembo e pel seno della valva per-
forata, pel lobo di quella imperforata e per le arcuazioni della com-
messura ai lati della linea frontale.
La T. Botzoana Schaur. var. pìicata del M. San Giuliano ha,
per quanto riguarda almeno i caratteri della forma, intima relazione
con la T. pacheia Uhi. (3) del Lias inferiore di Sospirolo, dalla
quale si distingue per la sua minore convessità , per la valva im-
perforata leggermente depressa sopra , per le coste più leggiere,
di numero minore e meno estese.
La T. pacheia Uhi., la T. Enstachiana Can., la T. ìiiedìterranea
Can., la T. tauromenitana Di-Stef. , la T. finibrioides Deslongc. , la
T. hìjplioptycha Can. (4) , la T. Botzoatia Schaur. , var. pìicata , la
T. Benieri Cat. e la lontana T. fimbria Sow. formano un gruppo
di specie vicine per 1' aspetto , che hanno un rappresentante nel
Trias con la T. suborbicularis Miinst. non d' Arch. e si rilegano cosi
con le Hemiptychina del Paleozoico (5). La T. Botzoana Schaur. ,
var. plicata del M. San Giuliano rilega , per la forma, la T. Bot-
zoana e la T. Benieri alla T. mediterranea Can. e perciò alla T. fim-
(1) BocKH, Die geoì. Verhaltn. des sildl. Tìieiles des Bakony, 11; pag. 140, tav, III, tig. 3.
(2) Di-Stefano, Sul Lias inferiore di Taormina e de' suoi dintorni , pag. 75 , tav. IV,
fig. 2-4.
(3) Uhlio , Ueber die liasische Brachiopodenfanna von Sospirolo bei Belluno pag, 20 .
tav. Il, fig. 1, 2.
(4) Canavari, Contribuzione III alla conoscenza dei brachiopodi degli strati a T. Aspasia
ecc. pag. 84 (17), tav. X, fig. 1».
(5) Waaoeh, Salt-Bangfossils; Productus Limestone fossils {Brachiopoda), 1882 (Mem. of
the Geological Surwey of. India) pag. 335, pag. 361.
238 11 Lias medio del M. San Giulìaììo (Erice) presso Trapani
briuides Deslongc. Questa specie e la T. mediterranea Can., la T. hy-
poptijcìia Cari., la T. Eustachiana Can. e la T. iauromenHana Di-Stef.
sono estremamente vicine , e spesso divise da differenze leggiere.
La T. hijpupiijcha Can. del resto io la ritengo senza dubbi iden-
tica con la T. fìmbrioides, cosi come il Deslongchamps la intende.
Sui rapporti della T. mediterranea con la T. Eustachiana ho discorso
un po' più su.
Perchè si possa costituire perù un gruppo naturale con le
specie nominate bisognerebbe conoscere bene 1' apparecchio interno
di tutte, poiché esso assimila spesso forme che parrebbero diffe-
renti e ne allontana altre molto somiglianti fra di loro. L'appa-
recchio della T. Botzoana e della T. Benieri invece può dirsi di-
scretamente conosciuto con i lavori dello Schauroth e del Tausch.
La T. Botzoana mostra sulla valva imperforata una leggiera e lunga
lamina, molto leggiera per potersi dir vero setto, e due altre parallele
più sottili che r accompagnano; mentre sull'apice della valva per-
forata fa scorgere due forti lamine. L'apparecchio brachiale è corto e
semplice, come quello della Terebratuìa. Nella T. Benieri si riscon-
trano, come notano Schauroth (Op. cit., pag. 125) e Tausch (Op.
cit., pag. 6) i medesimi caratteri. Non è possibile dunque porre in
due generi differenti, come fece il Waagen (1), la T.Botzvana e la
T. Benieri. Esse pei caratteri interni descritti non possono asso-
ciarsi ai CoenofJit/ris, né alle Waldheimia, secondo dubitò lo Zittel (2):
i caratteri del loro apparecchio non permettono di dividerle dalle
Terebrattda. Il Waagen prima e il Deslongchamps poi (3) compresero
la T. Benieri Cat. (= T. fìmbriaeforinis Schaur.) fra le Hemypti-
rhinu; ma a questa divisione può darsi al massimo il valore di
una sezione, anziché di un genere, come del resto fanno lo stesso
Deslongchamps e l'Oehlert (4).
La T. Botzoana liscia e costata si raccoglie solo nel calca-
re bianco con crinoidi della parte superiore del Lias medio del
(1) Waagen, Op. cit. pag. 362.
(2) Zittel, Handbiich chr l'ulneontoìogie, 1, 1876-80, pag. lOÌ.
(3) Deslongchamps, Études critiijues sur des brachiopodes ìiouiaaiix ou peu coiiiius, pag. Ibi.
(4) Obhlkrt in Fischer, Manuel de conchyliologie, ecc , 1877.
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 239
M. San Giuliano, generalmente con poca frequenza. Questa specie
si presenta altrove, come la T. Benieri, nelle parti elevate del Lias
medio dell' Appennino centrale, e più comunemente nel Lias supe-
riore dell' Appennino centrale, delle Alpi lombarde, del Tirolo me-
ridionale e delle Alpi veneziane. Taluni livelli delle Alpi che la
contengono e sono riferiti al Lias superiore, potrebbero invece rap-
presentare le parti elevate del Lias medio.
Le dimensioni di alcuni esemplari plicati del M. San Giuliano
sono le seguenti :
Lunghezza 16"™ IS"""" 15"™ 8"""
Larghezza 13 13 12 7
Spessore 11 11 10 5
Gen. Waldheimia (King non Brulle) Davidson.
Come è noto, dopo che HaU ha proposto {Index of the names
tcìììch have been applied to the subdivisions of the class, brachiopoda;
Washington, 1877) di abbandonare nella classificazione dei brachio-
podi il nome Waldheimia King (1849), perchè usato nel 1846 da
Brulle per un genere americano d" imenotteri, è stato indicato per
tal gruppo di brachiopodi quello di Magellania, Bayle (1880). A ri-
gore dovrebbe accettarsi questa sostituzione di nome; però è ora-
mai assai difficile di poter rimuovere dalla Paleontologia il nome
Waldheimia, e dall' altro canto nel doppio uso della denominazione
non è possibile la confusione dei due gruppi, trattandosi di brachio-
podi fossili e d'un imenottero vivente d'America. Per questo si
può, ma in via eccezionale, seguire l'opinione del Deslongchamps (1)
e del Rothpletz (2), che propongono di mantenere ancora il nome
Waldheimia pei brachiopodi.
Da varj autori è stato mostrato che la divisione fra Tere-
bratulidae e Waldheimidae non è netta , e che perciò è difficile
(1) Deslongchamps, Ètudes critiques sur des brachiopodes nouveaux ou peu connus ;
1862-84.
(2) Rothpletz, Op. cit.
240 11 Lias medio del M. San Giuliano [Erice) presso Trapani
il poter ritenere tutti i gruppi sottogenerici fatti in queste famiglie
dal Douvillè (1) e dal Deslongcamps. Sta il fatto che in talune
Terebrutìda {T. elongata Schloth. , T. hastata Sow., T. sacciihis
Mart. , T. gregaria Suess. ecc. ) si notano delle lamine rostrali,
e che il setto si presenta talora nella T. vitrea Born., si osserva
in varie Biplicatae e anche sparisce per assorbimento in certi stadi
di età nella ^Nald. cranium Miill. (Frile). Dippiù 1' apice delle
Waldheimia giurassiche , appuntito e acutamente angoloso ai lati,
si riscontra in vere Terebrafnhi (T. juvavica Geyerì , e invece il
setto e il lungo apparecchio brachiale delle \Naldheimia si rile-
vano su brachiopodi con apice di Terebrat/da {T. Gerda Opp., fde
Geyer). La lunghezza dell'apparecchio brachiale non potrebbe per-
ciò invocarsi neanco come importante carattere differenziale tra le
Terehrahda e le Waldheimia , tanto più che esso si presenta pure
lungo in varie altre Terebratula ( Dielasma, Dicfdi/ot/n/rifì), oltre a
quella citata avanti. Però se nessuno dei contrassegni delle Wa!-
dheimia, separatamente preso, ha costanza geneiica, l'insieme di essi
(lungo apparecchio brachiale, setto, lamine rostrali ecc.) permette di
distinguere un importante gruppo di brachiopodi, la divisione del
quale sarebbe un errore di abbandonare. Che i generi non siano
assai nettamente divisi , come non lo sono le famiglie ecc. , è un
fatto certo in natura; tuttavia noi dobbiamo sforzarci di scoprire
i rapporti fra gli esseri e di aggrupparh sempre secondo questi ,
pur conoscendo che tutti i gruppi necessariamente si confondono
nei termini estremi.
Per quanto riguarda i varj sottogeneri delle Wcddheimia riesce
al certo diffìcile il poterli mantenere, perchè la loro distinzione ri-
posa quasi sempre sopra differenze di forma che passano lenta-
mente le une alle altre; nondimeno, quando essi hanno una suffi-
ciente importanza, è bene mantenerli almeno come sezioni, perchè
servono a bene ordinare il materiale paleontologico e a far rilevare
(1) DonviLLÈ, Note sur quelques genres de brachiopode.'ì, 1879 (Bull, de la Soc. géol. de
France, Tar. VII, S. III.).
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) jwesso Trapam 241
a prima vista le relazioni e le differenze dei resti organici clie stu-
diamo. Per questo lio conservato in modo subordinato talune di-
visioni, sebbene possano sembrare artificiali ( come sono del resto
la massima parte delle nostre categorie di ogni ordine ), e nono-
stante che si resti talora in dubbio sul collocamento sottogeneiico
di talune forme.
SEZ. ZEILLERIA.
Waldheimia securiformis Gemm., var. pomatoides Di-Stef.
(Tav. IV, fig. 6, 7.)
1874. Waldheiiniu secitrifonnis Gemmellaro, Sopra i fossili della zona
con T. Aspasia della provincia di Pa-
lermo e di Trapani ( Sopra alcune
faune giuresi e liasiche della Sicilia)
pag. 66, tav. X, fig. 10, 11.
1884. „ oxijfjonia Haas, Beitrage zur Kenntniss der lia-
sischen Bracliiopodenfauna von Siid-
Tyrol und Venetien, pag. 24, tav. IV,
fig. 6.
Negli strati bassi ed elevati del Lias medio del M. San Giu-
liano si raccolgono abbondanti esemplari di una Waldheimia in intima
relazione con la Wald. securiformis Gemm., ma dalla quale si di-
scosta per talune diiferenze costanti, che permettono di poter forma-
re una varietà, che io chiamo " pomatoides. „ Essi hanno della specie
del prof. Gemmellaro i caratteri generali e la robustezza dell'apice;
sono però più allungati, piìi fortemente triangolari e hanno i campi
laterali ( che si mostrano lunghi fino , agli angoU frontali ) larghi ,
forti e leggermente concavi o piani , formati quasi intieramente
a spese della valva perforata. La loro commessura laterale è ar-
cuata verso la imperforata e così vicina agli angoli laterali di que-
sta che quasi vi si confonde. La fronte porta generalmente una
Atti .\cc. Vol. Ili, Skrik 4" 32
242 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
depressione per ogni valva. Queste depressioni sono larghe , ma
leggiere, nondimeno fanno spesso arcuare in dentro il margine
frontale, sicché la conchiglia sembra allora bilobata, senza che si
produca un vero seno. La più forte depressione è sempre sulla
valva perforata , così che, mentre non di raro sparisce del tutto
quella della valva imperforata, 1' altra permane con vario g)-ado di
intensità. Sono rari gl'individui privi di depressioni frontali. L'orlo
della fronte è talora retto , tal' altra lievissimamente arcuato in
fuori, ma per lo più è come coartato nel mezzo.
L'apice è, come fu detto, robustissimo, appuntito all' estremità
molto curvato, spesso compresso sull'umbone della valva perforata,
e sempre carenato sui lati. È da notare che gli esemplari figurati
possono riguardarsi come forme estreme riguardo alla spessezza
dell'apice, il quale è solitamente assai più grosso che essi non mo-
strino. Il forame è piccolissimo ; il setto e le lamine rostrali sono
ben visibili.
Gli esemplari descritti rammentano a prima vista per la forma
la Wald. Hierlatzica Opp. (1); però l'apice più robusto, la commes-
sura arcuata e vicinissima agli angoli della valva perforata, e per-
ciò il carattere del campo laterale formato quasi interamente dalla
valva perforata, non ne permettono punto l' identificazione. Molto
meno essi potrebbero unirsi alla Waìd. Purifichi Opp. (2) , che ha
l'apice assai più ristretto, le aree laterali più deboli e meno estese,
la commessura laterale diritta e la fronte più attenuata. Certamente
la Wald. oxj/f/onia Uhi. (3) del Lias inferiore di Sospirolo è vicinis-
sima agl'individui in esame del M. San Giuliano , perchè presenta
gli stessi caratteri della commessura laterale; però la molto minore
robustezza dell' apice nella specie di Sospirolo m' impedisce di
aggregarvi come varietà gli esemplari di Trapani.
(1) OppEL, Uehff die Brachinpoden des uiitireii Lias, p.ig. 5y9 — Geyer, Op. cit., png. 26,
fig. 27-29.
(2) Oppel, Op. cit., pag. 538, tav. X, fig. 6a, b, e.
(3) Uhlio, Veber die liasische Brachiopoden fauna fon Sospirolo ecc., pag. 23, tav. Il,
fig. 4, 5.
// Lian medio del M. >S'«h Giuliano (Erice) presso Trapani 'JA'.>
Siccome ai caratteri della linea frontale è da dare poco valore
nelle specie ora citate, io credo che nel gruppo di specie e varietà,
le quali hanno \n'V forma fondamentale la IVaìd. Partschi Opp., si deb-
bano distinguere due serie di forme, l'una formata dalla Wuld. Patiscili
Opp., dalla IVdhI. Hierìatzica Opp., che sarebbe forse meglio riguar-
dare come una varietà della prima, e dalla WuJd. oxygonia Uhi., le quali
hanno la regione apiciale molto appuntita, ristretta, non robusta e
r apice a pareti piuttosto attenuate; e l'altra dalla '' aìd. seciirifor-
mis Gemm. e dalle descritte forme del M. San Giuliano , che mo-
strano tutte l'apice meno appuntito, molto robusto e a pareti spessite.
In queste due serie si possono poi distinguere specie o varietà a
commessura laterale diritta e tagliante nel mezzo o quasi gli appiat-
timenti laterali {IVald. Purtscìii, Wald. Hierìatzica nella prima serie e
Wald. secnriformis nella seconda) e specie o varietà con la commessura
laterale arcuata e molto vicina agli angoli della valva imperforata
e perciò con l'appiattimento laterale composto per la massima parte
a spese della valva perforata ( Wald. oxijyonia nella prima serie e la
WahUieimia del M. San Giuliano qui descritta nella seconda). Que-
sf ultima è però troppo intimamente legata con la Wald. securi-
formis, che mostra talvolta la commessura laterale leggermente ar-
cuata verso la valva imperforata, secondo si osserva sugli esemplari
del Museo geologico dell'Università di Palermo per potersi recisamen-
te dividere come specie, e perciò io la considero come una varietà
distinta pel carattere della commessura laterale vicinissima agli
angoli della valva imperforata.
Questa varietà si presenta abbondante e con costanza di ca-
ratteri non solo nelle due porzioni del Lias medio del M. San Giu-
liano, ma anche in quello di Galati e di Castelluccio (Messina).
Noto infine che la WahUieimia riferita alla Wald. oxi/goiiia Uhi.
dal prof. Haas nel suo lavoro sulla fauna Massica del Tirolo meri-
dionale e del Veneto, è invece certamente una forma tipica della
Wald. secm-iformis Gemm., alla quale corrisponde per la forma ge-
nerale, per la commessura laterale discosta dagli angoli della valva
imperforata e per 1' aspetto dell' apice.
244 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
Le dimensioni della descritta varietà sono le seguenti :
I. II. III. IV. V. VI. VII.
Lunghezza 25min. 23mm. !23mni. 23mm. 21mm. 22mm. 19niiii.
Larghezza 26. 24. 23. 20. 21. 22. 21.
Spessore 17. 16. 14. 14. 18. 13. 12.
Waldheimia Catharinae Gemm.
1874. Wa hi /lei mia Catharinae Gemmellaro, Sopra i fossili della zona
con T. Aspasia della provincia di Pa-
lermo e di Trapani (Sopra alcune faune
giuresi e liasiche della Sicilia) pag. 65,
tav. X, fig. 12-13.
1879. „ efr. Catharinae Uhlig, Ueber die liasische Brachiopo-
denfauna v. Sospirolo bei Belluno (Sitzb.
d. Akad. der Wissenschf., LXXX Bd.)
pag. 26, tav. II, fig. 9-11.
Di questa specie ho trovato un solo esemplare negli strati
superiori del Lias medio del M. San Giuliano. Esso è ben conser-
vato e corrisponde tanto bene all'individuo rappresentato dal prof.
Gemmellaro nella tav. X, fig. 12 dell' opera citata sopra, che non
fa bisogno di figurarlo e descriverlo.
La Wald. Catharinae Gemm. si raccoglie pure nel Lias medio
della Montagnola di S. Elia presso Palermo e della contrada San-
t' Anna presso Giuliana (Palermo) , nonché nel Lias inferiore di
Sospirolo.
Waldheimia quadrifida Lmk. sp., var. lilyboea Di-Stef.
(Tav. IV, fig. 9-11.)
1819. Terehratida quadrifida Lamarck, Animaux sans vertèbres, voi.
VI, pag. 253, n. 36.
1837. „ „ V. Buch, Essai d'une classification et
déscription des terebratules ( Mem. de
la Soc. geol. de France , voi. Ili )
pag. 190, tav. XVII, fig. 3.
Il IJas medio del M. San Giuliano (Erice) prexso Trapani 245
1850. „ , Davidson, Notes on an examinaiion of
Lamark's fossils Terebratulae (Ann. and.
mag. of. nat. hist.) pag. 9, tav. XIV ,
fig. 35.
1851. , , Davidson, A Monograph of british oo-
litic and liassic brachiopoda (Palaeont.
Society of London ecc.) pag. 28, tav.
Ili, fig. 8-10.
1863. Terebratuhi {IVcdd/n'ìiìiia) q/iaiìri/ìda Deslongchamps , Paleonto-
logie franqaise; terr. jurass.;
Brachiopodes , pag. 89 ,
tav. 14, fig. 6-7; tav. 15,
fig. 1-5, tav. 16, fig. 1-8
1871. Terebratula quadrifida Quensiedt , Petrefaktenkunde Deutsch-
lands; die Brachiopoden, pag. 309, tav.
45, tìg. 125.
1878. Waìdheimia quadrifida Davidson , Supplement to the british
jurassic and tiiassic brachiopoda.
1885. Terehrafulu quadrifida Quenstedt , Handbucli dei' Petrefakten-
kunde, pag. 711, tav. 55, fig. 11.
Nella parte superiore del Lias medio del M. San Giuliano si
raccolgono abbondanti esemplari di una Waìdiieimia in intima ana-
logia con la Wald. quadrifida Lmk. sp. e con la Wald. cornuta Sow.
sp. e che offrono parecchie difficoltà di sicura determinazione spe-
cifica. Essi hanno i seguenti caratteri:
Conchiglia subpentagonale, più lunga che larga , talora tanto
larga che lunga, rarissimamente appena più larga che lunga, ornata
al contorno di quattro lobi, due laterali e due frontali, molto leg-
gieri, separati da leggiere depressioni, che si corrispondono sulle
due valve. Questi lobi tendono a scancellarsi , segnatamente alla
fronte^ in modo che talvolta sono o appena visibili tutti quattro o
del tutto scancellati, nel qual caso la conchiglia è molto pentago-
nale, e tal' altra rimangono leggieri sui lati e spariscono alla fron-
te, che si mostra troncata.
246 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
L' apice è molto prominente, con angolo stretto, appuntito al-
l' estremità, molto curvato, a pareti attenuate, fornito di angoli la-
terali acuti e lunghi e di un forame piccolo e arrotondito. Il dei-
lidio è piuttosto allo e largo; la linea cardinale è arcuata.
Le due valve sono poco ed egualmente convesse in generale;
talvolta quella perforata è leggermente più arcuata dell'imperforata.
Esse si riuniscono con un angolo molto ottuso e non di raro sullo
stesso piano, essendo il contorno della conchiglia in varj casi in-
grossato. La commessura è, sulla fronte e sugli angoli di essa,
spezzata in leggieri zig-zag per effetto delle depressioni che danno
origine ai lobi.
Le strie di accrescimento sono forti e. presso la fronte . rile-
vate in forma di risalti.
Il setto sulla valva imperforata e le lamine rostrali sulla per-
forata sono chiaramente visibili per trasparenza. Le impressioni
vascolari si rilevano talora come strie irregolari e ramificate; quelle
dei muscoli sono ovali ed allungate.
Le variazioni di questa Waìdhe'nDÌa stanno nella maggiore o
minore chiarezza dei lobi e nella sparizione di quelli frontali, men-
tre quelli dei lati sogliono rimanere o ben distinti o accennati.
Se si guardano gli esemplari tipici della descritta varietà, che
sono quelli predominanti nel Lias medio del M. S. Giuliano (tav.
IV, fig. 8, 10, 11), si nota che per la loro forma allungata sono
più vicini alla Waìd. coìiiuta Sow. sp. che alla Wahl. quadrifida
Luik. sp.; nondimeno essi sono depressi, con i lobi frontali leggeris-
simi e spessissimo scancellati, in modo che non possono riferirsi
alla citata specie del Sowerby, sempre gonfia, con i lobi frontali ben
distinti e coi laterali scancellati nella massima parte dei casi. La
forma depressa della conchiglia li avvicina molto dall' altro canto
alla Wdld. quadrifida, dalla quale però si distinguono per la forma
allungata, per lo meno chiara divisione dei lolii o per la loro man-
canza, per la presenza di un alto deltidio, di un apice più elevato
e con angolo apiciale stretto. Tuttavia è da notare che fra
gli esemplari studiati se ne osserva uno (tav. IV, fig. 9), anche de-
// Lina medio del M. San GiHlhino {Erice) presso Trapani 247
presso, estremamente vicino alle forme poco allargate della Wnìd.
quadrifida e così intimamente legato, pe' suoi caratteri e per mol-
tissimi individui intermedj, alle altre forme molto allungate del M.
San Giuliano, che è impossibile separamelo. Per questo io ritengo
che r insieme di tutti questi individui ci rappresenti la Wald. qua-
drifida nel Mediterraneo con tali modificazioni da permettere la
fondazione di una varietà Iiìijba>a, che per altri può essere anche
una specie distinta. Gli esemplari tipici di tale varietà ci rappre-
sentano stabilmente nel bacino mediterraneo quelle forme che fuori
sono riguardate come di passaggio dalla Wald. quadrifida alla Wald.
cornuta. Lo studio di altri individui di varie regioni mediterranee
potrà precisar meglio se si debba fondare una specie nuova con
le forme descritte.
Dei rapporti di questi esemplari con la Wald. Verneuili De-
slongc. è discorso a proposito di questa specie.
La Waldheimia quadrifida tipica è comune nelle parti elevate
del Lias medio della Francia e dell'highilterra. Il Quenstedt la in-
dica nel Lias 5 di Hinterweiler in Germania.
L'individuo figurato nefia tav. IV^ fig. 9 ha le seguenti dimen-
sioni :
Lunghezza l27mm.
Larghezza 28.
Spessore 15.
Il resto degli esemplari allungati offrono le seguenti misure :
I. II. III.
Lunghezza 27mm. 27mm. 26mm. 27mm. 25mm. 2.5mm. 23mm.
Larghezza 26. 25. 24. 23. 22. 23. 21.
Spessore 14. 15. 15. 13. 12. 12. 13.
Waldheimia Darwini Deslongc.
(Tav. IV. fig. 12-14)
1 863-85. Terebratula ( Waldheimia) Dancini Deslongchamps, Paleon-
tologie francaise; terr.ju-
rass.; Brachiopodes, pag.
128, tav. 30, fig. 1-10.
248 lì Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
1878. Waldheimia Danriui Davidson , Supplement to the british
jurassic and triassic brachiopoda (Pa-
laeont. Society of London) pag. 163,
tav. XXIV, flg. 9-11.
Conchiglia piccola, pii^i lunga che larga, depressa, assai spesso
asimmetrica per ineguale sviluppo dei lati, con la fronte per lo più
ristretta, un po' arrotondita o leggermente troncata e talora fian-
cheggiata da due lievissime depressioni laterali. Le valve sono per
lo più egualmente convesse , nondimeno sono molti gli esemplari
nei quali la valva perforata è più convessa dell'altra. L'apice è ele-
vato, sporgente, largo, molto curvato, fortemente carenato sui lati;
il forame è di discreta grandezza e formato sotto dai due pezzi del
deUidio, che è alto e largo. La linea cardinale è arcuata.
Le valve si uniscono con angolo ottuso , anzi spesso sullo
stesso piano ; in modo che il contorno della conchiglia si mostra
ingrossato. La linea commessurale rimane generalmente sullo stesso
piano per tutto il contorno o si arcua leggerissimamente sui lati,
con la lieve concavità rivolta alla valva imperforata.
Sopra un solo esemplare le depressioni sui lati della fronte
producono due strette e lievissime arenazioni, poste in altro piano
di quello della linea frontale.
Le strie di accrescimento sono fortissime e per lo più rilevate
in forma di risalti irregolari. Sulla valva imperforata si nota per
trasparenza il setto e sull'apice della perforata le due lamine rostrali.
Gli esemplari descritti corrispondono perfettamente con la
Wald. Danriììi Deslongc. , della quale ho potuto anche esaminare
nel Museo geologico dell'Università di Palermo varj esemplari pro-
venienti da Subles (Calvados). Una divisione da questi è impossibile.
Come è noto, il Deslongchamps considerò questa specie come
poco bene definita, pe' suoi intimi rapporti con la WahL sabnuìnl-
smalis Dav. (1). Infatti riesce difficile di poterla nettamente separare
(1) Davidson. A Monograph of british oolitic and licissic hrachiopodu , pag. 36, taV. V,
fis. 10.
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 249
•
da questa specie; tuttavia se si considera che essa in Francia , in
Inghilterra e nel bacino mediterraneo si presenta sempre piccola,
meno convessa in generale e talora con la valva imperforata ap-
piattita; che è coperta di strie di accrescimento fortissime e rile-
vate, il che è in opposizione col carattere della Wald. subnumismalis
e indica nello stesso tempo che non si tratta di giovani esemplari,
si potrà con buone ragioni tenerla distinta.
Non sono da disconoscere neanco le strette relazioni che la
n'iiìd. Daru'ini ha con la Wald. sart/iaceìisis d'Orb. sp. (t) del Lias
medio , alla quale passa. Un esemplare del Lias del M. San Giù-
hano con leggiere, ma visibili depressioni latero-frontali, si avvicina
singolarmente alla specie del d'Orbigny; però in generale gU esem-
plari della Waìd. Darwin/ sono sempre molto più piccoli , più de-
pressi sulla valva imperforata, meno allungati alla fronte, dove non
hanno né lobo, né escavazioni, hanno l'apice meno largo e le strie
di accrescimento fortissime. È da notare inoltre che sulla Wald.
Darrvini, almeno sugli esemplari siciliani e stranieri da me esami-
nati, non si osservano sottili linee radiali. Ciò non ostante la Wald.
subnumismalis , la Wald. Sartacensis e la Wald. Darvini rimangono
sempre tre specie vicinissime e passanti l'una all'altra.
La Wald. Darwini ha anche relazioni genetiche con la Wald.
perforata Piette sp. (2), del Lias inferiore, la quale raggiunge mag-
giori dimensioni e ha l'apice assai più stretto e come strangolato,
e con la Wald. elliptica Zugm. (3) del Retico.
Questa specie è più propria delle porzioni elevate del Lias
medio: nel Calvados (Francia) si presenta infatti nelle zone alte di
questo piano. Si raccoghe inoltre nel Lias medio del Bacino del
(1) DOiiBiGKY, Proclrome de Paleontologie stratigraphique ecc., 1850, voi. I, pag. 258,
n. 270— Deslongchamps, Paleontologìe franfaise; terr.jurass.; Brachiopodes, 1863-65, pag. 130,
tav. 31, fig. 1-8.
(2) PiETTE, Note sur le grès d'Aigìemoiit et de Rimogne (Bull, de la Soc. géol. da France
2 S., t. Xin, 185S), pag. 188, tav. X, fig. 1.
(3) ZuoMAYBB, Untersuchungen iieber rhcitische Brachiopoden (Beitràge z. Pai. Gesterreich
Ungariis. 1 Bd , 1882) pag. 17, tav. II, fig. 6-8, 10.
Atti Acc. Vol. Ili, Sbkib 4* 33
250
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
Rodano (Dumortier) e in quello di Clandown Quanies (Radstock)
secondo il Davidson. Ghoffat la indica in Portogallo negli strati di
passaggio al Lias superiore e negli strati con Leptaena di questo.
Le dimensioni di alcuni degli esemplari studiati sono le seguenti:
L IL IIL IV. V. VI.
Lunghezza 21mm. 19mm. 19mm. 18mm. 15mm. 15mm.
Larghezza 18. 15. 15. 15. 13. 9.
Spessore 11. 7. 7. 8. 7. 6.
Waldheimia cfr. subnumismalis Davids.
1851. Terebratiilanumismalis, \ai\ subnmnismalis Davidson . A Mono-
graf of british oolitic
and liassic brachio-
poda ( Paleont. So-
ciety of London) pag.
36, tav. V, fig. 10.
1863. Terebratula (Waldheimia) subnumismalis Deslongchamps , Pa-
leontologie franqaise;
térr. jurrass.; Brachio-
podes, pag. 124, tav.
XVII. XVIII, XIX.
Davidson, Supplement
to the british triassic
and jurassic brachio-
poda (Palaeont. So-
ciety of London) pag.
162, tav. XXI, fig.
1-7.
Parona, I brachiopodi
liassici dì Salirlo e
Arzo nelle Prealpi
lombarde (Meni, del
R. Ist. Lomb.) pag.
257, tav. V, fig. 8-14.
1876. Waldheimia subnumismalis
1884. Waldheimia {Zeilleria) subnumismalis
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 201
18S9. Waìdlieiniia cfr. siihiiiiiH/siiialis Geyer, Ueber die liasischen
Brachiopoden des Hierlatz bei
Hallstatt ( Abhandl. d. k. k.
geol. R. A., XV Bd.) pag. 28,
tav. Ili, fig. 31-32.
Nel calcare bianco con crinoidi della parte superiore del Lias
medio del M. San Giuliano si raccolgono parecchi esemplari di una
Waìdheimia liscia che offre strettissimi rapporti con la Wald. subnu-
mismaìis Davids.
Essi sono suborbicolari o subovah , molto convessi e legger-
mente arrotonditi al contorno. L'apice è discretamente alto, largo,
molto curvato e fortemente carenato sui lati. Il deltidio è largo e
la linea cardinale arcuata. Le valve si uniscono con angolo ottuso
in alcuni esemplari e acuto in altri. La commessura è diritta sui
fianchi e alla fronte leggerissimamente arcuata verso la valva im-
perforata. La punteggiatura della conchiglia e le strie di accresci-
mento sono fine. Il corto setto e le due lamine rostrali sono ben
visibili.
I piccoli individui corrispondono per la forma a quelli giovani
figurati dal Deslongchamps, e i grandi alle figure 1, 2 della tav. 28
della Paleontologie frangaise ; se non che è da notare che la loro
convessità è assai spesso irregolare , perchè si presentano gonfi
sotto r apice e attenuati alla fronte. Per questo li ho determinati
con qualche leggiero dubbio.
Essi si distinguono dalla Wald. numismalis Lmk. sp. (1) per
la forma meno dilatata, molto più convessa e per l'apice più for-
temente sviluppato , più alto , più curvato e non cosi assottigliato
air estremità.
II Geyer (Op. cit., pag. 29) vorrebbe riunire alcune Waìdheimia
lisce del Lias inferiore di Taormina illustrate da me, e che più
sotto enumero, alla Wald. submimismalis. Così procedendo, potreb-
bero riunirsi a questa specie la massima parte delle Waìdheimia
(1) Lamarck, Histoire naturelle des animaux sans vertèbres; 1819, voi. VI, pag. 249, n. 17.
252 IL Lìas medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
del Lias lisce ed ovali , ma non so con quanta utilità per la
scienza. Certamente quelle specie descritte da me appartengono al
gruppo della Wald. ntiniisnialis e della Wdhì. suhnumismaìis ; ma
raffermare la loro identità con una di queste due specie , delie
quali sinora non si è trovata nel bacino mediterraneo nessuna
forma adulta veramente tipica, sarebbe ingiustificato.
La Zeilleria Galathea Di-Stef. è bensì identica con la Zeilleria
Cortesei Di-Stef. , ma tutte due differiscono dalla Wald. subnumisma-
Us per la forma assai allungata, per 1' apice più stretto e l'angolo
apiciale più acuto, nonché per la mancanza di qualunque inflessio-
ne sulla linea frontale. Quest' ultimo carattere è ben vero che
manca sugli esemplari assai giovani della Wald. numismaUs , che
del resto sono sempre dilatati , ma è costante in quelli di medio
accrescimento e negli adulti. Inoltre la Zeilleria Galathea (=Zeil-
leria Cortesei) ha un setto lunghissimo e relativamente alle sue pro-
porzioni è sempre assai più gonfia , sicché non si può essere
convinti della sua identità con la specie del Davidson.
La Zeilleria Mazzetta Di-Stef. non ha alcuna analogia con
la Wald. subnumismalis , dalla quale differisce per la sua forma
molto più stretta ed allungata , per 1' angolo apiciale acuto , per
l'apice più stretto e per la linea commessurale diritta sui lati e
sulla fronte. Essa ha invece maggiori analogie con le forme
della T. pundata Sow. ad angoli apiciali ben distinti, e dalle quali
la mantengo distinta pel solo fatto della presenza di un chiaro e
vero setto sulla valva imperforata. La Zeilleria sp. ind. aff. Z. nu-
mismalis da me figurata insieme alle altre citate nel lavoro " Sul
Lias inferiore di Taormina e de'' suoi dintorni „ è, per la sua forma
e per l'apice assai basso e appuntito, più vicina alla Wald. numi-
smalis che alla Wald. subnuutistiudis.
La Zeilleria Carapezzae Di-Stef. del Lias inferiore di Taormina
è certamente vicina alla Wald. subnumismalis; però il suo contorno
incompleto per ispezzamento non permette punto di poter dare un
giudizio sicuro. Questa specie fu da me descritta, malgrado il suo
cattivo stato di conservazione, perchè i bisogni del fatto che
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 2ó.'5
io dovevo dimostrare rispetto agli strati di Taormina, allora ritenuti
contemporanei a quelli di Kossen, mi costringevano a dover tener
conto di tutti i fossili che vi si rinvengono. A ogni modo sinora non
è punto affermabile la identità della ZeiUeria Carapezzae con la
Wakl. siibnuDilsmalis, che ha un apice assai piìi largo e sviluppato.
Il voler giudicare, come fa il Geyer, solo sulle figure , non sempre
può condurre a giudizj esatti.
La Wald. snbnumismaìi.s si raccoglie nel Lias inferiore di Bosen
Tritt nelle Alpi di Vils (Rothpletz) e forse anco in quello di Hier-
latz (Geyer). Nel Lias medio si presenta in Inghilterra, in Francia
(Normandia, Sarthe, Bacino del Rodano), nelle Prealpi Lombarde e
a Gozzano nelle Prealpi piemontesi.
Waldheimia sp. ind. uff. Wald. subnumismalis Davids.
(Tao. IV, fuj. 15, 16.)
Conchiglia poco convessa o depressa, subpentagonale, più lun-
ga che larga, troncata alla fronte. Valva imperforata poco conves-
sa negli individui adulti, depressa in quelli di medio accrescimento
e nei giovani. Valva perforata in generale più convessa dell'altra,
ma talora egualmente. Tutte due valve sogliono mostrare delle leg-
gerissime depressioni frontali, che però mancano su alcuni esem-
plari. Talora se ne osservano le tracce solo su quella imperforata.
L'apice è largo, un po' ottuso , molto curvato e fornito di angoli
laterali acuti e lunghi.
Il forame è piccolo e formato sotto dai due pezzi del deltidio,
che è basso e piuttosto largo.
Le valve si uniscono con angolo ottuso, e la loro commessu-
ra rimane sullo stesso piano per tutto il contorno della conchiglia.
La linea cardinale è leggermente arcuata. Il setto sulla valva im-
perforata e le lamine rostrali su quella perforata sono ben visibili
per trasparenza o per visione diretta.
2Ó4 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erìce) presso Trapani
La superficie della conchiglia è coperta di una fina punteggia-
tura. Le strie di accrescimento sono forti e presso la fronte rile-
vate in forma di risalto.
Di questa Wuhìheimia ho studiato solo cinque esemplari, pro-
venienti dalla parte inferiore del Lias medio del M. San Giuliano.
Essa è molto vicina alla Wald. vndabilis Opp. (1), alla Wahì. xiib-
monismalis Davids e ad altre che son citate qui sotto. Dalle forme
tipiche della prima si differisce perchè meno convessa , più allun-
gata e fornita di un apice pii^i curvato e più largo; però si avvicina
dippiù alle varietà allungate di questa specie, segnatamente a quella
figurata dal Geyer nella tav. Ili , fig. 5 dell' opera citata. Questa
forma data dal Geyer , se non è molto convessa (e questo non si
rileva né dalla figura, né dalla descrizione) potrebbe unirsi con
essa. La specie in esame è molto vicina anche alla Wald. suhiumi-
smalis, dalla quale solo si distingue per la forma chiaramente sub-
pentagonale, per la molto minore convessità e per la diritta linea
frontale.
Le forme della Wald. indentata Sow. sp. (2) con depressioni
frontali leggiere rammentano anche la Waldheimia in esame , però
esse se ne distinguono soprattutto per la grande gonfiezza. La Wald.
stapia Opp. (3) e la Wald. Emjelhardtl Opp. hanno pure relazioni
con questa Waldheimia; ma se ne differiscono bene, la prima per le
sue piccole dimensioni, la molto maggiore convessità, la forma più
stretta , più allungata e non chiaramente subpentagonale, e la se-
conda , oltre che per le minori dimensioni, per la sua gonfiezza.
Anche la Wald. siibdigona Opp. (4) , che però il Davidson (5) dice
identica con la Wald. Waterhonsi Davids. del Lias medio inglese, si
avvicina molto alla nostra forma; però essa è più piccola, più gon-
fia e non subpentagonale.
(1) OrPEL, Ueher die Brachiopoden des unteren Lias, puff. .n38, tav. X, fi^. 7. — Geteb,
Veher die liasichen Brachiopoden des Hierlatz bei Halhtatt, ptig. 18, tav. Il, fig. 31; tav. Ili,
fig 1-7.
(2) SowEBBY, Minerai Conchology of Great Britain, 1825, voi. V, pag. 65 , tav. 445.
(3) Oppel, Veher die Brachiopoden ffe< unterei} Lias, pag. 539, tav. XI, fig 2.
(4) Oppel, Der mittler Lias Schwabens, (Stuttgart), 1853, pag. 71, tav. IV, fig. 2.
(5) Davidson, Supplement to the british juraasic and triassic Brachiopoda, pag. 174.
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presm Trapani
255
Come si vede, questa Waldheimia è in istretta relazione con
molte specie, senza clie si possa identificare con nessuna: sarebbe
perciò utile dare un nuovo nome specifico; però il ristretto nume-
ro di esemplari che ho potuto studiare e ciuindi la poco estesa co-
noscenza de' suoi caratteri m'inducono a non farlo. Essa pertanto
va posta, pel suo aspetto e pel carattere del largo apice, nel grup-
po della Wald. subnumismalis Davids.
Le dimensioni di questa forma degli strati inferiori del Lias
medio del M. San Giuliano sono le seguenti :
L
IL
III.
IV.
V.
Lunghezza
26mm
25'"™
24""™
22™™
20"""
Larghezza
21
20
22
20
18
Spessore
13
12
13
18
9
SEZ. PLESIOTHYRIS.
Waldheimia Vern euili Deslongch., rar.
(Tav. IV, fig. 17-18)
1863.
Terebratula Verneuili
1864-85. Terebratula (Waldheimia) Verneuili
Deslongchamps, Étu-
des critiques sur des
brachiopodes n o u-
veaux ou peu connus,
tav. XV, fig. 2, 3.
Deslongchamps , Pa-
leontologie frangaise ;
terr. jurass.; Brachio-
podes ; p. 179, tav.
48, fig. 2, 3.
Conchiglia piia lunga che larga , subpentagonale , non di raro
asimmetrica per ineguale sviluppo dei lati della conchiglia , più o
meno depressa nelle forme giovani e di medio accrescimento e
2.ìC> Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
in talune adulte, discretamente convessa o quasi gonfia in altre ben
accresciute. Valva imperforata per lo più leggermente meno con-
vessa dell' imperforata, non di raro egualmente , ornata di tre de-
pressioni, una frontale , di profondità assai variabile , e due late-
rali molto larghe, ora forti, ora leggiere, in modo che la conchiglia
mostra su tale valva due pieghe frontali e due lobi laterali^ che sono
o discretamente distinti o deboli. Valva perforata molto curvata ,
fornita di un leggiero rigonfiamento frontale , corrispondente alla
depressione dell' altra valva , fiancheggiato spesso da due leggieri
solchi. Essa mostra sui lati due lobi ottusi e poco distinti. Apice
largo, elevato e prominente in generale, molto curvato, fortemente
carenalo sui lati, appuntito e troncato da un piccolo forame. Del-
tidio largo e basso ; linea cardinale largamente arcuata.
La linea commessurale è inflessa a zig-zag sulla fronte , per
effetto delle tre depressioni della valva imperforata.
La conchiglia è coperta di una punteggiatura finissima e fitta,
e di strie di accrescimento forti e, presso la fronte, rilevate spesso
in forma di risalti.
Sufi'apice della valva perforata si scorgono, per trasparenza o
per diretta visione nelle fratture, due lamine rostrali ; sulla valva
imperforata si osserva un chiaro e lungo setto, nonché le impres-
sioni muscolari lunghe, strette ed ovali, e quelle vascolari ramifica-
te, ma non esattamente descrivibili.
Questa specie è molto variabile : essa va dalle forme depres-
se a quelle quasi gonfie ; da quelle a pieghe frontaU forti ad al-
tre che le hanno cortissime e appena accennate. I solchi che fian-
cheggiano il leggiero rigonfiamento frontale della valva perforata
spesso mancano ; i lobi della concliiglia si determinano talora sulla
metà della sua lunghezza e tal'altra; segnatamente nelle forme gio-
vani e depresse, assai vicino alla linea frontale. L' irregolarità del
loro sviluppo rende la conchiglia non di raro asimmetrica.
Gli esemplari descritti mostrano due lamine rostrali , un lun-
go setto, un apice appuntito, carenato sui lati e un piccolo forame,
per il che debbono riguardarsi come delle Wuldheimia biplicate.
Il Lias ìiìedio del 3f. aS(?« Giuliano (Erice) pre/i-so Tnipani 257
Certamente la Wald. Venieuiìi ha, pe' suoi caratteri generici, stretti
rapporti con la Ter. (Voenoiìnjris) vul(j(iris Schloth. del Trias; non-
dimeno quesf ultima pel suo tipo paleozoico e per taluni caratteri
interni (1), nonché pel largo suo forame, non potrebhe aggregarsi
alle Waìdheimia giurassiche, mentre la Wald. VenieniU per l'insieme
dei contrassegni notati non può separarsi dal genere JValdheimia, per
metterla, come fa il Bofhpletz (Geologisch-palaeoìitoìogische Monographie
dcr Vil.ser Aìpen, pag. 76 e pag. 106), nelle Terebratida. Ognuno dei
caratteri generici delle Waldlieimia può bene non essere costante; ma
la compiuta riunione di essi in una specie come la Wald. Verneuiìi,
costringe a porre questa in tale gruppo; né la forma hiplicata può
esser tenuta come buon argomento per separarla, perchè, come è
noto , spesso le forme esterne di certi gruppi si riproducono in
altri più 0 meno differenti. Per indicare le Waldheimia biplicate
basterebbe solo il nome Plesiothìjris {1), che del resto é da accet-
tare solo come indicante una sezione. I Plesiothyris però non pos-
sono riguardarsi, secondo recentemente fece con dubbio il Deslong-
champs (3) , come appartenenti alle AntipUjchina , Zittel , perché
queste appena potrebbero costituire alla loro volta una sezione delle
Waldheimia, né alle Macandreicia, alle quali lo Zittel dubbiosamente
le riunisce (4), e che sono distinte dall'essenza del setto e da vari
altri particolari dell' apparecchio interno e dalla mancanza di del-
tidio.
Gl'individui in esame sono, pei caratteri generici e specifici, in-
timamente legati alla Wald. Verneuili, Deslongc. e in modo che io
non saprei recisamente separarli. È ben vero che essi si mostrano
tutti, meno larghi, più allungati, più ovali e non di raro più con-
(1) KoscHiNSKY , Beitrcige ziir Kenntniss von T. vulgaris Schloth. Zeitischr. il. deutsch.
geol. Gesellscaft, 1878, XXX Bd.) pag. 375.
(2) DonviLLÈ, Notes critiques sur quelques genres de hrachioporìes ecc. , 1879 (Bull, de
la Soc. geol. de France, 3 S. t. VII) pag. 275.
(3) Deslongchamps, Etudes critiques sur des brachìopodes tiouveaux ou peu coiinus, 1884,
pag. 186.
(4) Zittel, Handbuch der Palaeontologie, 1 , 1883, pag. 703.
Atti Acc. Vol. Ili, Sekik 4* 34
258 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
vessi sulla valva imperforata, la quale non sempre è depressa ; ma
queste differenze possono giustificare al massimo la fondazione di
una varietà, anziché di una specie ben distinta, avuto riguardo al-
la variabilità di simili conchiglie.
Sono anche molto strette le relazioni di questi esemplari con
quella forma della Ter. Jauberfi Deslongc. figurata nella tav. 46,
lig. 4«, b, e, (l della " Paleontologie frangaise; terr. Jurass.; Brachio-
podes „ alla quale singolarmente si avvicinano taluni individui del
M. S. Giuliano discretamente convessi e con apice un po' piti basso
del solito (tav. IV, fig. 18 del presente lavoro). Io avrei aggregato
tale forma della Ter. Jauherti alla Waldheiniia del M. S. Giuliano in
esame, se gl'individui piccoli e di medio accrescimento di questa, per
la loro forma ovaleallungata e depressa, non differissero del tutto dai
coetani della T. Jauherti figurati dal Deslongchamps, e se si potesse
esser sicuri che la T. Jauberti sia invece una Waldheimia. Pur trop-
po la determinazione generica di questa specie non è sicura sinora,
perchè, se essa mostra acuti angoli apiciali, ha però dubbie traccie di
un setto (Deslongchamps), e non fa rilevare lamine rostrali. Tutta-
via i rapporti dell'esemplare della T. Jauberti già citato e dell'altro
della tav. 48, fig. 1 dell'opera menzionata del Deslongchamps sono
sì stretti con la Wald. Verneuili e perciò con la Waldheimia siciliana
qui descritta, che io non ritengo improbabile possa essere dimostrato
dall'ulteriore studio dei caratteri generici e specifici la necessità di
staccarli dalle rimanenti forme della T. Jauberti per associarli agli
individui del Monte S. Giuliano e alla Wald. Verneuili.
Debbo notare che un'associazione di questa Waldheiiììia di Tra-
pani con la Wald. quadrifida Link, sp.^ var. lilyba'a Di-Stef. o con la
Wald. cornuta. Sow. sp. è impossibile, perchè queste mostrano sulla
fronte due depressioni corrispondenti , cioè una su ogni valva ; e
appartengono quindi a un altro gruppo {Zeilleria) , mentre quella
in esame nel presente scritto ha invece per corrispondente alla
depressione frontale della valva imperforata un leggiero rigonfia-
mento e presenta i caratteri delle Terebratule biplicate.
La Wald. Verneuili Deslongc. si presenta nel Lias medio della
// Lias medio del M. San Giuliano {Ericé) presso Trapani 209
Spagna e negli strati con Peci, acidicosfdfns di Tlioniar in Porto-
gallo (Choffat), i quali comprendono certo varj livelli liassici.
La varietà descritta si raccoglie solo nella parte superiore del
Lias medio del M. San Giuliano, con molta abbondanza. Essa ha
le seguenti dimensioni :
L
IL
in.
IV.
V.
VI.
VII.
Lunghezza
35mm
35mm
33mm
33mm
3 filini 30"""
Cyj min
25'n™
Larghezza
28
27
27
25
23 25
23
22
Spessore
18
18
18
15
15 16
13
12
SEZ. AULACOTHYRIS.
Waldheimia Ewaldi Opp.
1861. Terebratida {WahUìeiìiiia) Eìvaldi Oppeì, Ueber die Brachiopo-
den des unteren Lias (Zeitschr
d. deutsclì. geol. Gesellschf.
XIII. Bd.) pag. 539, tav. XI,
fig. I.
1874. Wall! liei mia Ewaldi Gemmellaro , Sopra i fossili
della zona con T. Aspasia
nella provincia di Palermo e
di Trapani (Sopra alcune fau-
ne giuresi e liasiche della Si-
cilia) pag. 69, tav. X, fig. 7-8.
1886. „ frontensis Rothpletz , Geologisch-palae-
ontologische Monographie der
Vilser Alpen (Palaeontogra-
pica , XXXIII Bd.) pag. 126,
tav. XIII, fig. 16, 17.
1889. „ Eu-aldi Geyer, Ueber die Uasischen
Brachiopoden des Hierlatz bei
Hallstatt (Abhandl . d. k. k.
geol. R. A. , XV. Bd.) pag.
31, tav. IV, fig. 3-7.
260 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
Di questa specie ho raccolto solo due esemplari nella parte
inferiore del Lias medio del M. San Giuliano. Essi sono legger-
mente slargati e corrispondono alle varietà accorciate. Il loro para-
gone con parecchi esemplari della Wald. Ewaldi Opp., provenienti
da Hierlatz e conservati nel Museo geologico dell'Università di Pa-
lermo, mi ha convinto della loro esatta determinazione.
Come fu già notato dal Geyer la ìì'ald. Ewaldi è estremamente
vicina alla Wald. Waterhoitse Davids (1), e forse le si potrebbe riu-
nire , tenuto conto che la presenza del lobo della valva perforata
nella Wald. Waterhouse è un carattere variabile (vedi Wald. Wate-
rhouse in Deslongchamps, Pai. frane; terr. jurass., brac/i.; tav. XXI,
fg. 1-6).
La Wald. Haijseana Bunker tipica (2) e la Wald. Sospirolensis
Uhi. (3) sono specie molto vicine alla Wald. Ewaldi, ma che tut-
tavia si possono tener separate. La prima se ne differisce perchè
troppo slargata e fornita di lobo nella valva perforata e di un
lungo lembo in quella imperforata; la seconda se ne allontana molto
dippiìi, perchè assai piìi allungata e ristretta sopra, e fornita di due
depressioni frontali corrispondenti.
La Wald. frontensis Rothpl. (4) del Lias inferiore di Bòsen Triti
corrisponde alle varietà poco gonfie della Wald. Ewaldi e non può
separarsene. La Wald. civica Can. (5) del Lias medio dell'Appennino
centrale è probabilmente la Wald. Ewaldi; però l'esemplare figurato
dal prof. Canavari è troppo mal conservato e non fa dare quindi
un giudizio sicuro.
(1) Davidson, A Monograph of hritUh oolttic and jurassic brachiopoda, pag. 31, tav. V,
fig. 12, 13.
(2) DrNKER , Ueber eiitif/e neue Versteinerungen iius verschiedenen Gehirgsformationen
(Palaeontographica, 1 Bd.) pag. 129, tav. XVIII, tìg. 5.
(3) TJhlig, Uèber die liasische Braihiopodenfauna von Sospiroìo bei Belhnto, pag. 28, tav.
Ili, fig 1-6.
(4) RoTHPLETz, Op. cit., pag. 127, tav. XIII, tìg. 16, 17.
(6) Canavari, Contribuzione III alla conoscenza dei bruchiopudi degli strati a T. Aspasia
nell'Appennino centrale, pag. 88, tav. X, fig. II.
// Lias medio del M. San Giuliano (Enee) presso Trapani 261
Gli esemplari indicati dal prof. Parona coi nomi di IVaìd. cfr.
Eiraldi Opp. (7/ calcare liassico di (razzano ecc. pag. 1(1, tav. IT,
fi(j. 3) e di n'ald. sp. ind. cfr. EiraJdi Opp. (i hrachiopodi ìiassici
di Salir io ecc., pacj. 259, tav. V, fì(j. !'>) sembrano identici; però
la loro grande gonfiezza rispetto alla ÌVald. Eiraldi Opp. mi pare
che ne giustifichi la separazione in una specie distinta , sebbene
molto affine. La Waldheimia f. n. che il Parona figura nella lav. V,
fìg. 16, 17 del citato lavoro sui hrachiopodi Saltrio e Arzo , può
riunirsi invece alla W(dd. Eiraldi Opp. , perchè non ne differisce
essenzialmente.
La IViild. Eiraldi si raccoglie in Sicilia , oltre che al M. San
Giuliano, nel Lias medio della Montagnola di S. Elia (Palermo) e
delle Rocche rosse di Galati (Messina). Altrove si presenta nel
Lias inferiore di Hierlatz , nel medio di Arzo (Prealpi lombarde) ,
nell' inferiore delle Alpi di Vils.
SEZ. ANTIPTYCHINA.
Waldheimia Rothpletzi Di-Stef.
(Tav. IV, fìg. 20-23.)
1884. Waldheimia (Aidacothijris) l inguaia , var major Haas , (non
Bockh) Beitriige zur Kenntniss der
liasischen Brachiopodenfauna von
Siidtyrol und Venetien , pag. 25 ,
tav. IV, fig. 5.
1886 „ Haasi Rothpletz , Geologisch-palaeonto-
logische Monographie der Vilser
Alpen ecc. ( Palaeontographica ,
XXXII Bd.) pag. 129.
Bella specie depressa , slargata trasversalmente, oppure tanto
larga che lunga o più lunga che larga. Valva imperforata depres-
262 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso T'rapani
sa. con la massima convessità sulla regione mnbonale, d'onde scen-
de alla fronte deprimendosi rapidamente. Essa porta un seno fron-
tale leggiero e largo, che comincia rapidamente sulla metà inferiore
della conchiglia e alla fronte è un po' sporgente dal contorno e
riflesso indietro. Dentro questo seno si scorge generalmente una
piega mediana e frontale, larga, ma molto leggiera , fiancheggiata
da due solclii assai Hevi. Questa piega , mentre spesso è indicata
da una ben chiara ondulazione della commessura , diventa talora
appena visibile e tal' altra sparisce del tutto. La valva perforata è
in generale più convessa, specialmente lungo la sua linea mediana;
in certi casi lo è egualmente quanto l' imperforata, ornata sempre di
un rigonfiamento frontale a forma di lobo , largo e molto leggiero,
sul cui dorso si scorgono le tracce di mi seno largo e leggerissi-
mo, che suol giungere fino al principio della regione apiciale. Tal
seno corrisponde alla piega dell' altra valva , ed è perciò ora visi-
bile, ora scancellato. Il lobo suole essere fiancheggiato da due lie-
vissime e strette depressioni.
L' apice è basso , largo , appuntito all' estremità , molto cur-
vato, fornito di angoli laterali acutissimi, e troncato da un forame
molto piccolo. Il deltidio è largo e basso : la linea cardinale lunga
e leggermente arcuata.
11 contorno della conchiglia è per lo più tagliente. La com-
messura laterale, quando il seno è sporgente, si arcua leggermente
presso la fronte, con la convessità dell' arenazione rivolta verso la
valva imperforata ; quella frontale è più o meno flessuosa per ef-
fetto delle pieghe e dei solchi.
Suir apice della valva perforata sono visibiU le due lamine ro-
strali; su quella imperforata un lungo setto e le impressioni musco-
lari strette, ovali ed allungate.
La superficie della conchiglia è coperta di una fina punteggia-
tura e di abbondanti linee , sottili e rilevate, raggianti dagli apici.
Gli esemplari descritti mostrano i caratteri delle Antiptychina,
secondo le intende lo Zittel. Di questo gruppo può farsi una se-
zione delle Wal(Ui>'ii)iia. ma non un genere nettamente diviso, per-
Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) pretiso Trajyani 263
che ha di esse i caratteri generici essenziali. Grindivi(Uii del M.
San Giuliano hanno talora la piega mediana del seno cosi scan-
cellata, che riesce difficile di poterle separare dagli Aiiìacof/ii/ris.
La Waldlieimia in esame corrisponde del tutto a quella del
M. Lavarella presso S. Cassiano figurata dal prof. Haas nella tav.
IV, fig. 5 del suo lavoro " Beitrdcje z. Kcìiidn. der ìias. Brachio-
podenfauna con iSiidfi/ru! ecc. „ col nome di Wald. (Aidacothijris) lin-
guata Bòckli, var. minor Buckh. Esse però si distinguono dalla specie
del Bockh (1) per la forma meno dilatata, pel seno più sporgente,
per la forma piìi convessa, nonché pei differenti caratteri orna-
mentali della fronte. Il dott. Rothpletz (3) separando la citata Wal-
dheiniia di S. Cassiano da quella ungherese, le diede il nuovo no-
me di Wald. Haasl PiothpL; ma questa denominazione bisogna mu-
tarsi, perchè esisteva di già una Wald. Hausi Buckmann (3) : per
questo io la ho indicata nel presente lavoro come Wald. Bothpletzi
Di-Stef.
La Wald. Haijseana Deslongc. (non Bunker) (4) pare differente
da quella del Bunker (5); essa. ha però molti rapporti conia Wald.
Bothpletzi e se ne differisce per la sua gonfiezza , per la fronte
coartata in generale, per la mancanza di piega e di solchi nel seno
frontale, nonché di tracce di seno sul lobo della valva perforata.
Essa è inoltre sempre più piccola. Gli esemplari riferiti dal Quen-
stedt (6) alla Wald. Huijseana non corrispondono neanco al tipo
del Bunker, e sono invece intimamente legati con la Wcild. Bothplet-
zi, alla quale si potrebbero riunire, almeno gl'individui della tav. 45,
fig. 139, 141, 142, dell'opera del Quenstedt citata sotto, se le indi-
cazioni che dà il Quenstedt sui caratteri dell'apice, del forame e del
(1) BtiCKH, Die geologìschen Verhaltnisse des siidl. TìieiUs des Bakoiit/, 11, pag. 151.
(2} Rothpletz, Op. cit. pag. 129.
(3) Davidson , Appendix io the SupplemetUs to the british fossil Brachiopoda ( Palaeoiit.
Society of Lonaou, 1882-84) pag. 265, tav. XIX, fig 11, 12.
(4) Deslongchamps, Paleontologie frangaise; terr. jurnss.; Brachiopodes, pag. 113, tav. 24,
fig. 1-5.
(5) Bunker, Op. cit. pag. 129, tav. XVIII, fig. 5 (1847),
(6) QcBNSTEDT, Petrefoktenkunde Deutschlands; die Brachiopodsn, pag. 315, fig. 139-142.
264 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
deltidio non rendessero oscura l'appartenenza generica di tali forme.
La Wald. Meneyh'nìii Par. (1) del Lias medio di Gozzano
(Piemonte) è anche vicinissima alla Wnìd. Bothpleizt , tanto che si
sarehl)e tentati di unirle ; però la specie del Parona è meno slar-
gala, più gonfia e mostra i caratteri del gruppo (Antiptychina, Zittel
o Coarctatae, Rothpletz) fortemente impressi, il che non è il caso
nella Waldli. Hotphletzì, che fa osservare solo l'inizio dei caratteri
della sua sezione.
Non e' è bisogno di fermarsi sulle differenze della specie de-
scritta con la Waìd. apennica Zitt. e con la Wald. furlana Zitt. (2).
Nel Dogger inferiore ci sono specie prossime alla Wald. Rofh-
pletzi, come la Wald. Haasi Buckmann (Wald. ant/iistipectus Roihpl.
p. p.), la Wald. awjtistipectus Rothpl., secondo la recente restrizione
fattane dal suo autore (3), e la Wald. supinìfrons Rothpl. (4). Il
gruppo delle Anfiptychina si può eseguire fino nel Maini , ove si
presenta la specie più giovane conosciuta sinora (Wald. subcanalis
Mùnst. non Suess).
La Wald. Rothpletzi è abbondante nella parte inferiore del Lias
medio del M. San Giuliano. Le dimensioni di alcuni esemplari so-
no le seguenti:
L IL III. IV. V.
Lunghezza
2 \ nini
2 \ nim
20.inm
J y nim
16.°""
Larghezza
22.
21.
2L
20.
18.
Spessore
10.
10.
9.
7.
6.
(1) Parona, // calcare h'asaicn iìi\ Gozzano e i suoi /'ossiVi, pag. 10, tav. l,fis. 5. — I hra-
chioijodi (ìf(jli strati a T. Aspasia eoe pag. 20, tav. TI, flg-. 12.
(2) Zittel, Geologische Beohachtungen aus den Ceutral-Apenni», pag. 127, tav. 14, fig. 9
W. apenninica) pag. 128, tav. 14, tig. 8 {W. furlana).
(3) Rothpletz, Xachtriìgliches zu der geologi sch-paìaenntohgischen Monographie der Vil-
ser Alpeii (X. Jahrlmcli ecc. Bil. II, 1889).
(4) Rothpletz , Geologisch-palaeontologische Monographie der Vilser Alpen, pag. 130,
tav. Vili, tìg. 37, 39-40; tav. IX, fig. 18, 22, 23, 30.
Il Lias medio del M. ISan Giuliano {Erice) presso Trapani 265
Gen. KiNGENA Davidson
Kingena Capellinii Di-Stef.
(T„v. IV, fcj. 24-26)
Conchiglia piccola , depressa , slargata trasversalmente. Valva
imperforata appiattita, talora leggermente convessa sulla regione um-
bonale, fornita alla fronte di una depressione a forma di seno leg-
giero, in varj casi scancellata e non di raro spostata verso un lato
o r altro della conchiglia. Valva perforata molto piìi convessa del-
l' altra, un po' gibbosa sulla sua linea mediana. Apice piuttosto spor-
gente, fortemente curvato, provvisto di una piccola falsa area, tron-
cato da un largo forame arrotondito, formato sotto in parte dai due
pezzetti di un deltidio rudimentare, i quali rimangono disgiunti, in
modo che tal forame giunge fino alla linea cardinale.
Questa è lunga rapporto alle proporzioni della concliiglia e
lievemente arcuata alle estremità.
La superficie della conchiglia è ornata di fitti tubercoli, rego-
lari e distinti.
Quando mancano i primi strati della conchiglia si manifestano
sul modello le strie numerose, fine e spesso biforcate, che sogliono
ornare la superficie interna delle valve delle Kingena. Le due valve
poi'tano forti strie di accrescimento , che sulla regione frontale pi-
gfiano la forma di leggieri risalti. Sull' apice della valva perforata
si notano due corte lamine rostrali e un corto setto mediano.
Questa specie è vicina alla King. Desìongchampsi Davids. (1) e
alla Kì)ig. Josephinia Gemm.; però se ne distingue per la sua forma
trasversalmente slargata e per la linea cardinale più lunga e appe-
na arcuata all'estremità. Essa ha inoltre l'apice assai più curvo e
(1) Davidson, Examin. of Lamarcks Species ecc. (Ann. and Mag. of Nat. History, 1850;
2 S. Tol. V) pag. 450, tav. XV, fig. 6.
Atti Acc. Vol. Ili, Sekib 4* 35
266 11 Lias medio del M. San Ghiliano (Erice) presso Trapani
più stretto di quello della King. Deslomjchampsi e una distribuzione
di tubercoli più regolari.
Alcuni dei caratteri di questa conchiglia differiscono da quelli
delle Kingena note sinora, perchè le sue valve non sono egualmente
convesse , la linea cardinale è ben lunga e la forma della conchi-
glia è slargata trasversalmente. Nondimeno essa non può riferirsi che
alle Kingena : ì caratteristici tubercoli della superfìcie , la presenza
del setto e il carattere dell' apice lungo, assai curvato e non forte-
mente troncato la differiscono dalle Megerlia.
Questa specie è assai abbondante negli strati elevati del Lias
medio del M. San Giuliano. Le sue dimensioni sono le seguenti :
L IL m. IV.
Lunghezza
10.™""
Q mm
9_mm
10
Larghezza
IL
10.
10.
10
Spessore
4.
3.
4.
Kingena Josephinia Geinm.
1874. Kingena Josephinia Gemmellaro, Sopra i fossili della zona con
T. Aspasia della provincia di Palermo e
di Trapani (Sopra alcune faune giuresi e
liasiche della Sicilia ) pag. 72 , tav. XI ,
fig. n.
Nella parte superiore del Lias medio del M. San Giuliano si
raccolgono molti esemplari di una Kingena distinta dalla King. Ca-
pellina Di-Stef. che le è associata, ma corrispondente invece agi' in-
dividui tipici della King. Josephinia Gemm. conservati nel Museo
geologico dell'Università di Palermo. Essi raggiungono però maggiori
dimensioni e hanno l' apice più sviluppato. Sulla regione frontale
della valva imperforata si scorge un lieve accenno di seno, man-
cante negli esemplari figurati dal prof. Gemmellaro , i quali sono
piccoli.
11 Lias medio del M, San Giuliano {Erice) presso Trapani 'HM
Questa specie si raccoglie in Sicilia anche nel Lias medio di
Chiusa-Sclafani (Palermo).
Le dimensioni di alcuni esemplari sono le seguenti :
I. IL m.
Lunghezza 9.°"" ^.^^ 9,'""'
Larghezza 8. 7. 9.
Spessore 4. 3. 4.
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE
(1)
TAVOLA I.
Fig. Irt, h, e, d. Spiriferina sicìUa Gemm. (Rocche rosse di Galati).
» 2a, b.-, 3. « » (M. San Giuliano, parte inf.).
» 4a, h. » Darwini Gemili. (M. San Giuliano, parte sup.).
• ba, b. » Statira Gemra. (Castelluccio presso Taormina).
» 6fl, b, e. » Get/eri Di-Stef. (M. San Giuliano, parte sup.).
» la, h, e. » Z/gnoi Di-Stef. (M. San Giuliano, parte inf.).
» 8«, b.; 9. » seg ree/afa Di-Stef. (M. San Giuliano, parte inf.).
» 10. » » (ingrandimento delle coste —
M. San Giuliano parte sup.).
» 11. » » (M. San Giuliano, parte inf.).
» 12a, b, e. » (M. San Giuliano, parte sup.).
» 13. » gibbo » Seg. (Castelluccio presso Taormina).
» 14, If) varietà (2) intermedia tra \& sp. gibba Seg. e la Sp.
anguUifa Opp. (Castelluccio presso Taormina).
» 16. » gibba Seg. (M. San Giuliano, parte sup.).
TAVOLA II.
Fig. Irt, b. Spirlferhia gibba Seg. (M. San Giuliano, parte sup.).
» 2rt, b, e. Hhynclionella carciceps Quenst. sp. (M. San Giuliano, jjarte inf.).
» 3a, ò, e, » tetraedra Sow. sp. (M. San Giuliano^ parte sup.),
» 4a, 6. » serrata Sow. sp. (M. San Giuliano, parte inf.).
» ba, b, e, d. » » var. Kiliani Di-Stef. (Idem).
» 6a, b, e, d. » Glycinna Gemm., var. (Rocche rosse di Galati).
» la, b, e. » palmata Opp. (Rocche rosse di Galati).
» 8rt, b, e. » Dalmasi Dumortier (M. S. Giuliano, parte inf.).
» 9a, b, e. » » (M. San Giuliano, parte sup.).
» \Oa,b,c,d.; \\a,b;\2a,b,c,d. » (M. San Giuliano, parte inf.).
» 13fl, b. » ptinoides Di-Stef. (Rocche rosse di Galati).
(1) Le specie figurate in queste tavole si trovano nelle collezioni del Museo geologico del-
l'Università di Palermo.
(2) La profondità del seno nella fig. 14 è, per errore del disegno, un po' esagerata.
Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani
TAVOLA III.
Fig. la, b, e, d. Rhynchonella pfinoides Di-Stef. (Rocche rosse di Galati).
» 2a, b, e, d. » Eleiiteria Di-Stef. (.M. 8. Giuliano, parte sup).
» 3; 4a, b, e. » » (Idem)
» ha, b, e. d. ^ » (Idem)
» 6a, b; la, b; 8. » » (Idem)
» 9a,b,c,d;lOa,b;l\a,b. Briseis Gemra. (M. vSaii Giuliano, parte inf.).
» 12. » » (Rocche Rosse di Galati).
» 13rt b. » » (M. San Giuliano, parte inf.).
» Ha, h, e, d. r, » var. Iphimedia Di-Stef. (M. San Giu-
liano, parte inf.).
» 15, 16rt, b, e. » » » (Idem)
» \la,(K \Sa,b,c. » . » (Idem)
» 18a, b, e. » Zugmai/eri Gemm. (M. S. Giuliano, parte sup.).
TAVOLA IV.
Fig-. 1«, b. e. d; 2rt, b. I?Ji_i/nchoneUa Zugmayeri Gemm. (M. San Giuliano ,
parte sup.).
» .3rt, b. e; 4rt. b; ó. Terebrafiilit l'ofzoana Schaur. , var. plicata, Tausch
(M. S. Giuliano, parte sup.).
» 6rt, b; la, b. Waldheimia secar/ fori» is Gemm., var. pomatoides Di-Stef.
(M. San Giuliano, parte inf.).
» 8; 9«, b, e; 10, 11 » quadrifida Lmk. sp. , var. lilìjboea Di-Stef.
(M. San Giuliano, parte sup.).
» 12«, b; 13, 14 » i^rty)t7'«i Deslong-c. (M. S. Giuliano parte sup.),
» 15rt, fi; 16a fi. » sp. ind. aff. Il', siibnumismalis Davids. ( M.
vSan Giuliano, parte inf.).
» lla,b,c;li^a,b;Wa,b.y> Verneuili Desìongc. var. (M. S. Giuliano, par-
te sup.).
» 20a,b, e; 21«, b; 22 23. » lìotliphtzi Di-Stef. (M. San Giuliano, parte inf.)
» 24tt. b, e; 25rt, b, Kingena Capellina Di-Stef. (M. San Giuliano, par-
te sup.).
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LilClliihiT
Sulle curve funicolari
IlfOTA I*
del prof. G. PENNACCHIETTI.
Stal)ilite sotto diverse forme le equazioni differenziali dell' e-
quilibrio d'un filo flessibile e inestensibile, dimostro sulle curve
funicolari alcuni teoremi , che hanno analogia con note proprietà
relative al moto d" un punto.
§ I-
Sieno ./•, //. z le coordinate , rispetto a un sistema di tre assi
ortogonali, dell' estremità variabile dell'arco s d' un filo flessibile e
nestensibile. Sieno T , n , v , n- la tensione e le sue componenti,
nel punto di coordinate x , y , z : e denotiamo con A' , Y, Z le
componenti della forza riferita all' unità di lunghezza del filo stes-
so. Le equazioni dell' equilibrio saranno :
— A'
= - r, (1)
= — Z.
dx
u
dti
ds
T '
ds
dy
ds
V
T '
dv
ds
dz
ds
w
r '
dw
ds
Questo sistema, essendo
T — y to' ->r V- 4- "/' ,
ha la forma normale.
Atti Acc. Vol. Ili, Sebib 4" 36
272 Sulle curve funicolari
Per trasformare facilmente il sistema (1) dalle coordinate or-
togonali X , y , z di \m sistema qualmique di coordinate cm-vilinee,
poniamo :
ds
r ds
Al sistema (1) si può allora sostituire il seguente:
Se il filo è obbligato a rimanere sopra una superficie, la cui equa-
zione sia :
f{x,y,z) = 0, (3)
alle equazioni (:2) dovranno essere sostituite le seguenti :
ds,' dx
'^'^ = - YT + >. ^ , : (4)
rf«," dy '
ds,' dz
nelle quali >. è una quantità da eliminarsi.
Prendiamo ora un sistema qualunque di coordinate curvilinee
nello spazio o sopra la superficie. Poniamo :
'^"i" - » (5ì
ossia :
r^=P., m
sicché potremo esprimere T"^ mediante una funzione razionale in-
Sulle curve funicolarì 273
tera omogenea di secondo grado rispetto alle p,, con coefficienti
funzioni delle q,, . Poniamo inoltre per brevità :
T' = 1 7- , (7)
come pure
9(7 V dq„ dq,,
Le equazioni dell' equilibrio saranno, oltre le (5), le seguenti :
A ^ ._ IZ: = _ TP,.
ds^ Spi, dq,- '' '
ossia saranno, oltre le (6), le seguenti:
ds \ dpn' dq,:
§ II.
Il metodo che tiene il Del Grosso (*) per far dipendere la in-
tegrazione delle equazioni del filo dalla integrazione d' un sistema
canonico , è il seguente. Si osservi anzitutto che , quando esiste
una funzione potenziale U non contenente esplicitamente l'arco s ,
il problema ammette 1' integrale:
T + U=l-, (1)
essendo /.• una costante arbitraria, e che si ha perciò :
(*) Nota sull'equazioni differenziali, che si presentano nei problemi di Meccanica , Gior-
nale di Matematiche pubblicato per cura del prof. G. Battaglini, voi. IV, 1866.
274 Sulle curve funicolari
essendo :
Si ponga quindi
V=j{U- kf
dx , di/
r, = ^ (a;" + .v'^ + 2") , H, = T, - V.
Sarà r, una funzione omogenea di secondo grado rispetto alle
quantità -—- (che denoteremo brevemente con q'„) con coefficienti
funzioni note delle variabili q,,. Si ponga inoltre :
dT,
■■ Pi.- ,
dq
e si esprimano quindi T,, H, per mezzo delle variabili q,„ p^.
r, si trasformerà in una funzione omogenea di secondo grado ri-
spetto alle p,. con coefficienti funzioni di q,. . Se nei sistemi (§ I ,
2,4) si sostituiscono invece di — XT , — YT , ^ ZT le espres-
sioni date dalle (2) , evidentemente questi sistemi potranno ri-
dursi alla forma :
ds, Sp,, ' da, Sq,,
Ricordando poi che , per le posizioni fatte , la funzione caratteri-
stica //i contiene necessariamente la costante k dell' integrale (1)
del problema, e supposto che si sappia trovare una soluzione com-
pleta dell' equazione differenziale parziale corrispondente al siste-
ma (3) , sarà facile dedurre da questo sistema le equazioni inte-
grafi del problema dell' equilibrio contenenti , oltre la costante k,
solamente altre tre o cinque costanti arbitrarie distinte, secondochè
è 0 no data la condizione che il filo sia obbligato a rimanere so-
pra una superficie assegnata.
Sulle curve funicolari 275
Nel seguente paragrafo vedremo come sìa possibile sostituire
ai sistemi (§ I, 6, 8) delle equazioni dell'equilibrio un sistema ca-
nonico equivalente, senza cambiamento della variabile indipendente
s, e nel quale la funzione caratteristica sìa 7'+ U, e non contenga
quindi la costante k-. Il metodo, che esporremo, è anzi applicabile
altresì quando si supponga che il problema non ammetta 1" inte-
grale (1), purché esista una funzione potenziale contenente esplici-
tamente r arco.
§ HI.
Per ridurre il sistema (§ I, 6, 8) alla forma canonica di Ha-
milton , si sostituiscano alle variabili p,, nuove variabili r,. definite
dalle relazioni :
T ^ = rn . (1)
Si ha per la posizione (§ I, 7) :
onde :
ilT — S r^dp,, -+■ i] p/rdr^ — N -^ — dq,r — ^ -z — dp,. ,
ossia :
237"
Esprimiamo T , T' per mezzo delle q„ , r,. . Racchiudendo entro
parentesi le derivate parziali prese in quest' ipotesi, si ha :
27G Sulle curve funicolari
Confrontando le due espressioni di dT' e avendo presente la
(§ I, 7), si ha:
\3r,-ì T ' \Sq>.-ì dqn-
In virtù di queste equazioni e della (1) il sistema (§ I, G, S) di-
viene :
dq, dT dr, _ dT
— — li.-,
ds dr,.- ' ds dqii
dove s' intende che T sia espresso mediante le q,, , p,, . Se U è la
funzione potenziale , non contenente esplicitamente le p. e perciò
nemmeno le /•,, , e, se si pone :
r + U =^ H ,
il sistema precedente assume la forma canonica :
dq, _ dll eh;, _ dll
ds 5r/; ' ds dqn
(2)
Se il filo è libero , prendendo x, y, z per variabili q, , q, . q,, , 1' e-
quazione differenziale parziale corrispondente al sistema canonico
(i) è:
\ r,' + r,' + r.; ■+- U = k , (3)
essendo :
_ dS_ _ ^ __ dS
'■' ~ dx ' ''' ~ dy ' ''' ~ dz
Se il filo è obbligato a rimanere sopra la superficie (§ 1 , 3) ,
Sulle curve funicolari 277
r equazione differenziale parziale corrispondente al sistema cano-
nico è :
(4)
dove :
y ECr - F' + U-k,
_ 3S _ dS
§ IV.
Supponiamo che il filo sia obbligato a rimanere sopra la su-
perficie (§ I, 3), e che il quadrato dell' elemento lineare della su-
perficie abbia la forma :
ds' = Edq;' + 2Fdq,dq, 4- Gdq/ .
Dalle (§ I, 6) si avrà :
^ = V J^P' + 2Fp,p, + Gp,' . (1)
L'equazioni (§ I, 8) sviluppate divengono :
{EG - F') r -^ = (- GP, + FP.,) 7' + T, , ,
US ' i
[EG - F')T^ = { FP, - EP,) T+z,, ^
&
dove
> 2 ?(/, 3q., 2 2?, / -^^ ' ^ '
278 Sulle curve funicolari
Il „dE j^dF^i „dE\ ,^l ,.SE „3r?i
àq, 2 2q, 2 dq,l
Le equazioni (2), insieme colle equazioni :
ds T ' ds 2
1 J
i^)
dono le equazioni dell'equilibrio nella forma (§ 1, 6, 8), e costitui-
scono un sistema normale.
§ V.
Sia:
f{^, y, 2, u, V, w) = h,
essendo fi una costante arbitraria , un integrale , non contenente
esplicitamente l'arco, delle equazioni (§ I. 1). Si dovrà avere iden-
ticamente :
dx CI/ dZ ali dr dir
Di qui si conclude quanto segue : Sieno — XV , — YV . — ZV ,
(love V = 4 / {-r-j -+- [-j-j -+- l-rp) ^ le componenti della forza solle-
citante, rife)-ita all'unità di massa, nel moto d'un punto libero. Sieno
X, Y, Z le coinpoìienti della forza, neW equilibrio d' un filo flessibile e
inestensibile , in modo che queste quantità X, Y, Z abbiano nel pri-
,, ... dx dy dz
mo problema, rispetto a x, y, z, -r-, -r- , -rr, t la stessa espressio-
ne analitica che, nel secondo prablenia, hanno rispetto a .\. y, z, u, v.
Sulle curve funicolari 279
\v. s. or integrali . non contenenti esplicitamente il tempo , del primo
problema, e ijl' integrali, non contenenti esplicitamente l'arco, del secon-
do problema, si trasformano gli uni negli altri , scambiando fra loro
le componenti della velocità e le componenti della tensione. In partico-
lare : Se X, Y, Z non contengono esplicitamente la variabile indipen-
dente, e se inoltre non si fa alcuna determinazione sulle costanti arbi-
trarie die appariscono negli integrali non contenenti esplicitamente la
variabile indipendente, le equazioni della traiettoria, nel primo ])'>'ohle-
ma, saranno anc/ie le equazioni della curva d'equilibrio, nel secondo.
Se per un dato valore di x, i valori dati di y, z, THr» 717» "tt > fi^l
primo problema, sono rispettivamente eguali , ai valori dati di y , z ,
u, V, w, nel secondo problema, la traiettoria e la curva funicolare sa-
ranno un' identica curva.
Similmente sia :
un integrale, non contenente esplicitamente 1' arco , del sistema di
equazioni (§ IV, "2, 5). Si dovrà avere identicamente :
ILn ^11 „ df{-CrP^ + FP,)T + T, di {FP,- EP,)T+z,
dq. ' ' dq, ^' dp, EG - F' "^ dp, EG - F' ~^-
Se ne deduce facilmente quanto segue. Sieno :
-P,V, -P,V,
dove :
y^,/M^U2FY-b^o^M'
V^i-)'
le componenti, secondo le linee coordinate, della forza sollecitante nel mo-
to d' un punto obbligato a rimanere sopra una superficie. Sieno Pi , P.^
le componenti della forza nelV equilibrio d' un filo flessibile e inestensi-
bile sopra la stessa superficie, in modo che queste quantità P, , Pj ab-
Atti Acc. Vol. Ili, Seeus 4» 37
280 Stille curve funicolari
biano, nel primo problema, rispetto a q,^ qj , ~tj~, ~df~ ' ^ '''' *''^**''*
espressione analitica che hanno, nel secondo, rispetto a (\^ , q., , Pi , p,, , s.
GV integrali, non contenenti esplicitamente il tempo, del primo problema,
e gVinteifrali, non contenenti esplicitamente l'arco, del secondo problema,
si trasformano, gli uni negli altri , scambiando —rr- , -3— rispettiva-
mente con Pi , p, . In particolare, se P, , Pj non contengono esplicita-
mente la variabile indipendente, e si lasciano completamente arbitrarie
le costanti che devono figurare negV integrali cìie non contengono espli-
citamente la variabile indipendente , l' equazione della traiettoria nel
primo problema è anche Vequazione della curva funicolare nel secondo.
VI.
Determiniamo in qual caso, nell'ipotesi che X, Y, Z sieno
funzioni di x, y, z soltanto, 1' equazione :
Au + Bv -i- Cw -i- IJ = h , {l)
ove A, B, e, D sono funzioni di x, g, z, sia integrale delle equa-
zioni (§ I, 1). Affinchè la (1) sia integrale di queste equazioni, si
dovrà avere identicamente :
IdA dA dA \ idB 2B dB \ iW SO dC \
^dx dy dz ' \dx Sy Sz I \2x Sy Sz 1
dD dD dD
^M-4- — «+— w -{AX-^BY+ CZ) V ti' + i' -+- tv' — 0. (2)
È facile vedere che dev' essere :
AX + «}' + CZ = 0 , (3)
e che quindi 1' equazione precedente si scinde in ({uelle stesse equa-
Sulle curie funicoluri 281
zioni che devono essere verificate , affinchè le equazioni differen-
ziah :
d'x d'y __ d^
IF ~ ' 1F ~ ' Ir
del moto d' un punto libero ammettano un integrale della forma :
, dx ,^ dy ,. dz ., -.
dt dt dt
Perciò è :
A^l + ry — qz , B =^ m + j)z — rx , C = n + qx — py ,
essendo /, m, ti, p, q, r costanti arbitrarie.
L' equazione (1) dovrà quindi ridursi alla forma :
lu -+- nw + nw -f- p [zc — yw) + q (xio — zu) + >• iyti — xv) ^h , (4)
ossia :
^„ r , dx di/ dz 1 dt/ dz\ / dz dx\
-^'■{'^ ~ '' w)]-'- (5)
Quest'equazione è il più generale integrale della forma (1), nel-
r ipotesi che le forze sieno funzioni delle sole coordinate; però esso
conviene al problema, anche se le forze dipendono da if , v, tv, s,
purché A', Y, Z, considerate come funzioni di x, y, z, u, v, io, s,
soddisfino identicamente, per valori arbitrari di queste quantità,
all' equazione :
{l -h ry — qz) X -h {m -hpz — fx) Y + {n + qx —py)Z = 0. (6)
282 Sulle curve funicolari
Si ha così questo teorema : (*ì Neil' equilibrio cV un fio fìes.si-
bile e inestensibile, se le linee d' azione della forza appartenyono ad
un complesso lineare, il momento della tensione rispetto al complesso è
costante in tutti i p)nnti del filo.
Potevamo dedurre questa proposizione immediatamente dal
teorema analogo del Cerruti, fondandoci sull' osservazione che ab-
biamo fatta nel paragrafo precedente.
Volendo far uso della forma canonica (§ III, ^2) , (**) si pren-
dano x, ij, z per variabili q,, q,, q^. L'equazione (1) diviene allora:
Ar, + Br, + CV, + D = h. (7)
Si ponga:
dK dH 3 A' S//(
(A, H)- 2j\d^ dr, dr, dqj '
^dq.- dr/,; dri- dq,;
dove:
q, = X, q, — ij , q, = z-
La condizione necessaria e sufficiente, affinchè 1' equazione (Ti
sia integrale d' un problema, è che si abbia identicamente :
(A-, //) =0.
Sviluppando quest' equazione, si trova che essa si scinde nel-
le stesse equazioni in cui si scinde la (2).
Poniamo per brevità :
dx dy , dz
-17 = ''^ -d7 = '^ 'di = ''
T = Aa -h Bb + Ce .
(*) Ot'r. Cebruti, Intorno ad wici generalizzazione di alcuni teoremi ili meccanica, Cullec-
tanea matliematica in meni. D. Chelini, 1881.
(**) Cfr. E. Padova, Sugli integrali comuni a pii< problemi di Dinamica, Atti del R. Ist.
ven. Voi. I, serie VI, 1883.
SuUe curve funicolari 283
Si avrà da (ni :
h
T =
T
Quindi le equazioni dell' equilibrio offrono :
x = -h4-±, r = _/,Ì_A, z = -a4-- (8)
ds T ds r ds r
Se i secondi membri delle (8) si sostituiscono nella (3) invece
di X, Y, Z, si trova un'identità, sicché, se sono dati il complesso
e la curva^ si possono determinare A', Y, Z in funzione dell'arco.
Dunque : Una curva qualunque può essere configurazione cf equilibrio
iV un filo del quale ciascun punto sia sollecitato da una forza, la cui
linea d'azione rarii in un complesso lineaì'e assegnato ad arbitrio.
Catania 20 novembre 1891.
Contributo sull'azione della tubercolina nei tisici
(culi 2 autopsìe)
pel Dottor ANGELO PETRONE
Professore ordinario di Anatomia patologica a Catania.
Quando si può prendere la parola in argomenti simili e con-
tribuire anche in piccola parte alla loro illustrazione . si è sempre
adempiuto un dovere ; e la questione della tubercolina include il
sollievo dell'umanità sofferente.
Oggi, che non è più lecito discutere sull' origine batterica dei
morbi infettivi, dopo che \\\\ immensa mole di studi positivi 1" ha
stabilito in modo perentorio , è giustificata la febbrile attività di
trovare i mezzi per evitare l'invasione di questi invisibili ospiti ,
toglierne le condizioni favorevoli di attecchimento, facendo calcolo
del loro modo di vivere, e finalmente distruggerli una volta che
hanno invaso 1' organismo eludendo tutte le norme dell' igiene.
L'essere preservati dai batteri patogeni è certamente il primo
desiderato, perchè si evita il morbo non solo come presenza e
moltiplicazione di questi esseri vivi, ma anche come prodotti dele-
teri del loro ricambio materiale, da cui più spesso vengono i danni
maggiori ed irreparabili.
Disgraziatamente non si conosce ancora tutta la biologia di
questi parassiti, i quah d'altronde per la loro piccolezza insidiano
nel modo più occulto il nostro organismo, e da ciò la terribile fre-
quenza dei morbi infettivi con tutto il progresso; sebbene, quando
ci si mette in guardia con le dovute norme, oggi facilmente si ar-
restano o si limitano spaventevoli epidemie ed endemie, come co-
lera, febbre gialla, peste, tifo, ecc. , facendo attenzione al veicolo
principale e più comune che è 1' acqua, o isolando le località col-
pite e via dicendo.
Atti Acc Vol. IH, Serie 4" 38
'286 Contributo sull'azione della tubercolina nei tisici
Ad infezione già avvenuta corre 1' obbligo di distruggere la
causa morbigena, cioè il batterio specifico : e se per alcune infe-
zioni ciò si era ottenuto casualmente ed in modo puramente em-
pirico, come nella malaria e nella sifilide, oggi dietro le nuove con-
quiste della scienza si cerca di risolvere il grande problema cura-
tivo delle infezioni sia con mezzi direttamente microbicidi, sia coi
prodotti di ricambio degli stessi batteri, che poco per volta modi-
ficherebbero gli umo]-i dell' organismo infettato da rendersi final-
mente refrattarii ali" attecchimento del microparassita : su quest' ul-
timo principio si fonda la teoria dei vaccini, almeno la più importante,
senza entrare (che non è il nostro conqjito attuale), sul modo di pre-
pararli, se cioè devono attraversare un altro animale refrattario, ecc.
E per ottenere il primo risultato si impiegano i mezzi già
sanzionati nel laboratorio con effetti portentosi : quindi la medica-
tura Lister per la chirurgia; l' acido fenico, il sublimato, ecc. nella
pustola maligna; il sublimato corrosivo nel colera , e poi il calo-
melano nel tifo, anzi ])erfiuo la difterite, anche nei casi disperati ,
si dice arrestata dalle frizioni mercuriali secondo i dettati di Rauch-
fuss , confermati ultimamente da Smakovski. Sventuratamente si
tratta di morbi gravi e sovente arrivati ad un punto, die il rime-
dio riesce frustraneo per la dose avanzata del veleno microbico, e
da ciò r ignoranza mette i suoi argomenti pel discredito. Com-
prendo, che forse non si avrà tutta la specificità di azione che del
mercurio si ha nel laboratorio e clinicamente nella sifilide; ma sono
convinto^ che il rimedio tante volte riesce inutile ed anche nocivo
per lo stadio in cui si trova il morbo, come tante volte succede
nella stessa sifilide.
Per ottenere il secondo risultato, cioè i vaccini, che possono
essere mezzi preventivi e curativi, ferve oggi nel mondo scientifico
il lavoro sperimentale, dopo che la fortuna arrise a h'uner , dopo
che il genio di Pasteur mise il vaccino pel carbonchio , per la
rabbia ecc. ; e dopo che Koch comunicò la sua scoverta della tu-
bercolina : quindi lavori speciali sul difterismo, sul tetano , ed an-
che sulla pulmonite crupale.
Coìifrihufo sull'azione della hihercolina nei tisici 287
Ma le scoYorte sono sempre le più coinbnttute , perchè spo-
stano la comodità dei retrivi. E pel nostro argomento le 2 più
importanti scoverte di Koch , cioè cjuella sulla causa della tuber-
colosi (;24 Marzo 188'2), e 1' altra sulla materia curativa di questo
morbo (14 Novembre 1890) sono state oggetto di vive opposizioni:
ed oggi che nessuno più discute il valore della scoverta etiologica
della tubercolosi, vi è ancora grande discordia sul valore del ri-
medio trovato da Koch contro la tubercolosi.
In tanta disparità di risultati e di opinioni , che finalmente
porterà i suoi benefici effetti, noi vediamo sempre risaltare la fi-
gura di Roberto Koch , il quale con perizia somma e coscienza
profonda, che ognuno riconosce in questo celebre scienziato , ha
condotto a tei^mine anche questi suoi studi. La sua scoverta
sulla causa della tubercolosi prima fu anche molto oppugnata, ma
oggi non vi sono che pochi ciechi per non veder tanta luce. Vo-
gliamo dire, che un ricercatore come Koch, il quale dopo un lungo
lavoro pubbhca la sua nota del 14 Novembre, ha tutto il dritto
alla nostra fede : la sua ultima scoverta deve avere perciò un in-
concusso valore. Portata la questione sull' uomo per necessità
dovevano venire le contradizioni, quando si riflette alla varietà degli
ammalati, alla differente fase del morbo ed al grande numero dei
medici sperimentatori. Senza dubbio la sana ed illuminata Clinica
deve illustrare , modificare e meglio concretare 1' applicazione di
questo grande trovato : ma non crediamo giusto , che verso un
apostolato così fervido si sia anche da persone autorevoli messo
a priori il dubbio, anzi qualcuno si è opposto all' applicazione del
rimedio, mentre soltanto la scuola dei fatti vale ai giorni di oggi,
perchè l' idea non li partorisce, ma ne dipende; e quindi bisognava
se non altro aspettare prima i risultati clinici.
Esaminiamo ora brevemente la storia dei fatti. Koch pub-
blica anche prima del tempo da lui voluto la sua scoverta della
tubercolina, cioè, di un estratto giicerinoso del materiale di cultura
in cui vissero i bacilH della tubercolosi. I risultati delle sue' espe-
rienze, che egU pubbHca anche nei suoi particolari , gli danno il
288 Contributo sull'azione della tubercolitia nei tisici
dritto a concliiudere , che la tubercolina dà alle cavie l' immunità
per la tubercolosi ed arresta il decorso della malattia nelle cavie
che già ne sono colpite. Quindi egli esprime la speranza , che la
tubercolosi dell" uomo e particolarmente quella dei polmoni deve
essere guaribile : e bisogna por mente a quesf ultima conclusione,
che risalta di tanta modestia per quanto grande è la scoverta : egli
non dice che la tisi tubercolare debba guarire in tutti i suoi sta-
dii, ma che la tubercolosi deve poter guarire.
Già la notizia di questi studi, trasparendo dalla conferenza di
Koch sulla batteriologia fatta al Congresso internazionale di medi-
cina a Berlino, toccando l'interesse di tanti sofferenti, vicino ad un
nome tanto mallevadore dei suoi trovati, aveva commosso il mondo
intero, anche prima della nota del 14 Novembre. Come era na-
turale ognuno, potendolo, si mise alla prova principalmente per la
insistenza dei poveri ammalati, e tutti ricordano episodii raccapric-
cianti di sofferenti quasi moribondi , che si facevano trasportare
dalla locomotiva a Berlino. Si cominciò col disordine, si continuò
coU" esagerazione e si è Anito col discredito. Ma il metodo non
sempre fu praticato con tutte le norme, non si fu severi nelle dosi
da applicarsi all' uomo, né sempre si fece giusto calcolo del tempo
di continuazione della cura, degli stadii diversi della tubercolosi ,
della natura e topograha varia degli organi affetti, della resistenza
speciale dei singoli malati ; e quindi i risultati ed opinioni contrarie
anche di scienziati eminenti. A me però ha fatto impressione ,
che finora non hanno dato un giudizio esplicito gli uomini più com-
petenti, come Pasteur, Lister: solo Virchow ha esposto varii re-
perti anatomici, segnalando fatti funesti probabilmente dipendenti
dall' iniezione di tubercolina , e richiamando 1' attenzione perchè si
fosse cauti nella sua amministrazione. Ho nominato soltanto Vir-
chow_, come il maestro più autorevole e veccliio in Anatomia pato-
logica: autopsie simili sono state fatte datanti altri, ed in generale
la conclusione è stata poco favorevole alla iniezione della linfa.
Ma si comprende facilmente, che non si poteva conchiudere in modo
diverso trattandosi di individui morti, non guariti, e poi influenzati
Contributo xuU'azione della tubercolina nei tisici 289
dal parere di Virchow: forse anche le modificazioni in meglio erano
sopraffatte dai profondi guasti , che più o meno si sono incolpati
alla tubercolina.
Ora io vi esporrò il risultato di ^1 autopsie di tisici trattati
con la tubercolina , aftinché potessi col giusto apprezzamento dei
fatti contribuire al grave argomento.
1.' AUTOPSIA.
L" individuo con tubercolosi pulmonale al 3° stadio , cioè di-
struttivo, era stato accolto e trattato nella Clinica medica ( Toma-
selli) con 3 iniezioni di tubercolina. la prima di ' 2 milligrammo, la
seconda di uno e la terza di uno e mezzo, cjuindi in tutto 3 mil-
ligrammi. Il giorno dopo 1" ultima iniezione , non essendo mai mi-
gliorato anzi il male si aggravava semprepiù, F ammalato volle usci-
re dall' ospedale e morì nella propria casa 15 giorni dopo 1' ultima
iniezione. L' autopsia per la mia insistenza e per la solerzia del
nostro assistente Dottor Condorelli fu praticata di sera al Campo-
santo. I pezzi portati al nostro Istituto mi hanno fatto giudicare
" Tisi tubercolare con grosse caverne in tutti due gli apici, preva-
lentemente nel destro — Estesa disseminazione tubercolare nel resto
dei polmoni sotto le apparenze differenti di granulazioni e nodi
tubercolari a stadii diversi — Pulmonite crupale floscia e corrispon-
dente pleurite secca al lobo inferiore destro — Tubercolosi miliare
acuta nei soli reni : ( questa lesione si è esclusa nel fegato anche
con 1' esame microscopico ) — Le glandule linfatiche peribronchiali
di destra sono tumefatte notevolmente per infiltramento midollare
recente.
2.» AUTOPSIA.
L' individuo era accolto nella Clinica medica propedeutica (Fe-
letti), e decesso nella stessa dopo 19 iniezioni di tubercolina, la
290 Contributo sull'azione della tubercolina nei tisici
prima di ' 4 di milligrammo e poi aumentando gradatamente da ar-
rivare alla dotìe massima di i centigrammi, impiegando una quan-
tità complessiva di milligrammi 165^4. Le iniezioni furono so-
spese pel peggioramento delle condizioni generali e locali , peggio-
ramento che progressivamente aumentò sino alla morte, avvenuta 42
giorni dopo l'ultima iniezione praticata. Il cadavere venne al nostro
Istituto con la diagnosi clinica " Tubercolosi pulmonare e laringea. ,
L' autopsia è stata fatta pubblicamente nella nostra scuola
il 14 Maggio, ed abbiamo trovato. " Tisi tubercolare dei polmoni
con caverne vecchie agii apici , circondate da esteso induramento
ardesiaco in cui risalta un colorito roseo non ordinario. Dissemi-
nazione confluente nel resto dei polmoni con esteso rammollamento
caseoso, avvenuto di recente anche nei focolai più piccoli : perfo-
razione di 3 di questi nel sacco pleurico sinistro e pio-pneumo-to-
race— Laringite tubercolare in via di guarigione. — Nessuna altera-
zione rilevante negli altri organi , meno un certo grado di rigon-
fiamento torbido. „ A proposito delle condizioni anatomiche del la-
ringe, omettiamo i particolari, che già si trovano descritti nel re-
perto anatomico : in succinto però facciamo risaltare, per conferma
della natura del processo, il fatto clinico della tubercolosi della
laringe e dei polmoni , le estese alterazioni anatomiche precedenti
che abbiamo potuto indurre dai postumi di riparazione in parte
alla fase cicatriziale, mentre nei punti ancora ulcerati, sebbene messi
quasi hvello della mucosa vicina, vi è ancora un intonaco caseoso ;
ed infine anche la località prediletta per la tubercolosi , cioè , la
faccia inferiore ed i margini lateraU dell' epiglottide e la parete an-
teriore del laringe.
L' esame microscopico relativo all' esistenza dei bacilli tuber-
colosi r ho fatto a preferenza nel 2." caso, perchè in questo soltanto
si può far calcolo di un'azione vera e prolungata della tubercolina ;
anzi il notevole tempo trascorso dall' ultima iniezione mette , secondo
me, la condizione favorevole per la possibile lenta modificazione
del bacillo , mentre nascono dei dubbii nei casi in cui manca il
tempo utile per simili risultati.
Coììtributo stdl'azione della fubercolina nei fidivi 291
n sangue non ha mostrato traccia di bacilli tuhci-cnlari : l'esame
poi principalmente delle granulazioni più recenti , raramente ha pre-
sentato il bacillo specifico, il quale mi è sembrato: 1." essere un
poco meno colorato che nelle condizioni ordinarie : ■2." più esile ,
sebbene i più corti e quelli incurvati mostrano la spessezza ordi-
naria : 3." talora trasformato in una serie di grossi granuli del proto-
plasma, disposti a rosario, debolmente ma evidentemente colorati nel
modo specifico. Si osserva poi una quantità di granuli liberi nel tessu-
to, purché si trovi in uno stato infiammatorio, perfino nelle pareti
alveolari ed anche in quello essudato gelatiniforme omogeneo che
talora tapezza le pareti stesse. Queste apparenze, colorate perfet-
tamente nel modo specifico del bacillo della tubercolosi, sono simili
soltanto un poco più grosse dei granuli disposti a catena di 3, 4
a 5 nell'interno delle membrane bacillari : somigliano a cocchi iso-
lati, talora riuniti a due, tal" altra aggruppati in mmiero maggiore:
alcuni mostrano la prevalenza di uno dei diametri, e quindi appa-
riscono come corti bacilli. (Di questi fatti troveranno la dimostra-
zione nei preparati esposti.) Io pel momento non mi fido giudicare
di shnili apparenze ; credo che sieno modificazioni importanti del
batterio specifico, e con molta probabilità hanno dipeso dalla tuber-
cohna : se queste apparenze di cocchi sieno spore tubercolari, simili
a quelle che io stesso descrissi pel primo nell'essudato della lepto-
meningite tubercolare nel 1884, ovvero le spore bacillari di Schron
diventate libere; e se le apparenze di bacilli costituiti da una catena
di torule sieno 1" espressione del bacillo tubercolare sporifero anche
da me descritto perfino con ligure nel succennato lavoro , ovvero
il bacillo tubercolare giovine secondo Schron, ovvero un'apparenza
artificiale , come quella indotta principalmente dal lodo, secondo C.
Fraenckel ed altri, abbisognano ancora studii seveii per decidere;
ed io mi riservo di studiare più ampiamente questo argomento, su
tutti i pezzi conservati di questa autopsia e tratterò con lo stesso
metodo quanti altri casi mi sarà possibile di studiare di tubercolo-
tici non trattati con la fubercolina; e devo dichiarare che in questi
studii mi son servito a preferenza dell'acido acetico glaciale in so-
292 Contribnto sull'azione della fnbercolina nei tìsici
stanza come decolorante invece di altri acidi : modifica che notai
nel mio lavoro del 1884, e che mi ha corrisposto sempre e megho
degli altri. Pel momento però devo dire , che quell' apparenza di
cocchi più che ad un fatto regressivo di frazionamento, di involu-
zione secondo Fraentzel ed altri, riporterei ad un' evoluzione progres-
siva, sporigena, tanto le apparenze sono precise, la colorazione per-
fetta ed il graduato passaggio in corti bacilli : e che la disposizione
speciale a rosai-io del protoplasma del bacillo in questo caso non
si può incolpare al lodo , quindi non è un prodotto artificiale :
sarebbe di un estremo interesse poter confermare Y opinione mia
e di Schron in proposito, che cioè sieno bacilli nel loro pieno vigore
prolifico, perchè allora la tubercolina sarebbe condannata. Su questa
quistione fina , intima devo sospendere il giudizio il quale dovrà
essere confermato, modificato o corretto da studi ulteriori. Pel mo-
mento continuerò le considerazioni sulf argomento in parola, indi-
pendentemente dai dubbii suesposti.
Dalla prima autopsia possiamo dedurre poco o niente sugli
effetti della tubercolina : è troppo tenue la quantità iniettata, per
incolpare la linfa di effetti dannosi, come la pulmonite floscia, e di .
non aver arrestato 1' ulteriore progresso del morbo, massime nelle
sue manifestazioni lontane, metastatiche , come la tubercolosi miliare
acuta dei reni. E se la tubercolina in primo tempo non distrugge
il bacillo e la sua virulenza , tanto da poter indurre l'allargamento
e moltiplicazione di focolai circoscritti preesistenti, per avere il ram-
mollamento reso più facile la disseminazione e le metastasi, non si
può dire ciò con asseveranza nel caso in parola per le ragioni sue-
sposte : e poi manifestazioni simili si hanno non infrequentemente
anche senza l'uso della tubercolina. Relativamente alla pneumonite,
a noi non ha imposto l'apparenza speciale floscia, la quale, come è
risaputo, si ha in generale negli individui deboli e nei vecchi a pre-
ferenza : il marasmo indotto dalla tisi tubercolare giustifica la scar-
sezza dell' essudato , mentre la mancanza del bacillo tubercolare ,
r estensione lobare e la pleurite secca corrispondente al lobo in-
fiammato , confermano la natura della pulmonite crupale : non vi
Contributo sull'azione della fubercolina nei fisici 293
abbiamo trovato il diplocorco di Fracnckel o a.Itri equivalenti; ma
si sa , clie specialmente dopo un certo tempo lo pneumococco non
si trova più: e dall' esame microscopico risulta che il processo da-
tava da un tempo maggiore dell" ordinario ^ e che la risoluzione
cominciava in modo lento, sebbene incompleto. L'intiltramento acuto
delle glandule linfatiche peribronchiali a destra è in rapporto solo
con la flogosi crupale , avendosi il riscontro in casi simili e man-
cando il bacillo tubercolare.
Dalla seconda autopsia abbiamo potuto trarre ammaestramenti
più positivi per la questione in parola. Mentre nel 1." caso le
iniezioni di tubercolina furono così scarse da non essere sufficienti
a produrre cambiamenti positivi , straordinarii nei noduli recenti ,
nel 3.0 sono state praticate molte iniezioni , per un tempo lungo
e la somma della tubercolina iniettata è stata considerevole , e
quindi dobbiamo credere sufficiente per gfi etfetti speciali. L" ipe-
remia delle località affette da induramento ardesiaco , oltre quefia
del resto dei polmoni, certamente è un fatto straordinario ; come
pure è straordinario il fatto , che in polmoni affetti da tisi tuber-
colare di data antica ed a decorso lento, sopraggiunge un rammol-
lamento generale delle masse caseose , anche nei nidi tubercolari
più recenti, sino a cagionare , essendo mancato il tempo utile per
la pleurite adesiva , la perforazione del polmone nella pleura ; è
vero, che alterazioni simili troviamo nei polmoni presi da tisi flo-
rida, galoppante, ma allora il processo quasi mai ha una data an-
tica e lunga. L' altro fatto straordinario è il miglioramento esteso,
in varii punti con guarigione cicatriziale del processo tubercolare
del laringe, in modo che l'apparenza ordinaria devastante deh" ul-
cerazione tubercolare , e che nel caso presente ha dovuto essere
profonda a giudicare dalla riparazione cicatriziale, non più appare:
un simile risultato non eravamo abituati ad ottenere con l'impiego
di tutti i mezzi curativi finora conosciuti. Questi fatti straordinarii
hoi mettiamo sul conto defi' azione della tubercofina iniettata.
Io sono defia opinione della maggioranza, la quale oggi ritiene
che r azione dalla tubercolina non sia necrotizzante pei prodotti
Atti Acc Vul. Ili, Sebie 4" 3i)
294 Contributo sull'azione della tuhercoUna nei tisici
tubercolari : "e davvero sarel^be inutile la poca e problematica necrosi
cagionata dalla linfa, quando già V infiammazione specifica per conto
proprio vi è destinata, tanto da aversi più o meno prestamente la
necrosi coseosa, costituente la seconda fase, che è la degenerativa
regressiva nel tubercolo. E poi il fatto di tubercoli miliari e sub-
miliari , già confermato in tanti reperti di individui trattati con la
tubercolina va contro l'opinione necrotizzante della linfa: anzi con-
ferma, per r eruzione recentissima, che la linfa non ha azione di-
retta contro il bacillo , almeno nei primi tempi della sua azione ;
chi sa che invece non metta le condizioni favorevoli per la sua
rapida prolificazione.
Seguiamo invece 1' opinione, almeno sino ad oggi, che accorda
alla linfa un'azione locale speciale sulle parti specificamente infiam-
mate, per cui sarebbe alterato il campo vasale della località, dimi-
nuita la resistenza delle pareti vasali, in modo da succedere dila-
tazione e maggiore riempimento in sangue , e quindi trasudazione
notevole di siero. Ciò è evidente ocularmente nelle affezioni tu-
bercolari esterne e coi segni plessici ed acustici nelle interne ap-
partenenti all' apparecchio respiratorio. E tutto questo è stato con-
fermato dalle osservazioni necroscopiche, in cui ordinariamente si
è trovata iperemia delle loc'alità affette di tubercolosi dietro 1" a-
zione della tubercolina, e nella nostra seconda osservazione colpisce
r aspetto roseo che risalta sulle parti affette da induramento arde-
siaco , e la notevole iperemia del resto dei polmoni là ove sono
granulazioni e nidi tubercolari di data recente , e crediamo che
questo stato iperemico è minore ancora di quello che ha dovuto
essere nel tempo delle iniezioni e nei primi giorni consecutivi.
L' esame microscopico ha confermato la iperemia del parenchima
pulmonale circostante alle formazioni tubercolari recenti, ed ipere-
mia anche nelle parti già obsolescenti per induramento ardesiaco,
ove è straordinario il fatto che parte del parenchima pulmonale
già collabito mostra dilatazione degli alveoh per riempimento di siero
e le pareti alveolari mostrano dilatazione dei capillari ed infiltra-
mento leucocitico recente senza accenno a trasformazioni regressive.
Contributo ntdl'azione della tubetrolina nei tinici 295
È questa azione alterante della tubercolina. quasi come fanno
le sostanze aeri (Liebreicli) , indotta sulle pareti vasali più predi-
sposte, già alterate, cioè sui vasi che circondano i focolai tubercolari,
che deve essere la base dei cambiamenti importanti che si fanno
nella località. Da una parte F invasione di siero, che, grazie ai la-
vori di Buchner e di Stern , si ritiene che agisca poco per volta
come microbicida, sebbene ciò dovrà essere confermato pel bacillo
della tubercolosi; dall' altra, ed è un fatto innegabile, i focolai con
necrosi caseosa dietro questa invasione sierosa si rammolliscono
rapidamente , mettendosi la condizione favorevole per lo sfacelo :
dair altra infine i tessuti piìi vecchi, anche sclerosati, sono infestati
ed animati da elementi attivi , indifferenti, per cui la possibilità ai
processi hmitanti, riparatori.
L' invasione sierosa dei prodotti flogistici tubercolari , già ca-
duti in necrosi caseosa, e consecutivo rammollamento rapido per
opera della tubercolina illustra la questione di genesi del rammol-
limento delle masse caseose nella tubercolosi : per conto mio da
varii anni ho espressa l'opinione che non era cpella specie di
cozione che si ammetteva, né il lento riassorbimento dell' acqua per
cui la parte degenerata si precipitava ecc. , invece ho dato peso
all' invasione di siero dalle parti hmitrofe , le quali iperemizzano
ed infiammano sino alla suppurazione intorno a quella parte mor-
ta, che figura da corpo estraneo ; e quella parte morta in via di
sgregamento granulare per l'indole del processo è invasa passiva-
mente dal siero e perciò rammollita: e se ciò non succede nella
necrosi caseosa della gomma , io dicevo , ciò dipendere dall'impe-
dita invasione di siero per la sclerosi circostante, che lentamente
si fa intorno ai prodotti necrotici delle gomme a differenza che nei
prodotti tubercolari : come anche è risaputo , che gomme le quali
rapidamente assolvono il loro decorso , e sono le piìi esposte ai
maltrattamenti traumatici, come le periostali esterne , appunto per
la mancanza di sclerosi circostante capace d' impedire l' invasione
sierosa rammolliscono anche esse e perfino suppurano. Ed infine
vi sono infiammazioni tubercolari in cui , sia per la località poco
296 Confribxfo nulVazione della tuhercolina nei tisici
esposta ai traumi, sia per condizioni favorevoli di lentezza del pro-
cesso , masse anche grosse sono incapsulate , non rammolliscono ,
anzi calcificano, e ciò succede perfino nell'organo meno favorevol-
mente disposto, nel polmone, sotto la forma dei tubercoli obsoleti.
Ripeto perciò , che 1' azione locale della tubercolina illustra anche,
secondo il mio modo di vedere, la questione generale di genesi
del rammoUamento delle masse caseose per l'invasione di siero.
Crediamo quindi lecito poter conchiudere da tutti i fatti os-
servati, che l' azione locale della tubercolina , se non riesce cu-
rativa specificamente contro il bacillo della tubercolosi specialmente
quando il nodulo specifico è recente e non ancora caseificato ^ ne
dissolve rapidamente il terreno di cultura quando- già è cominciata
la caseificazione, per cui il bacillo può essere coinvolto in quella
distruzione; e ciò che più importa mette le condizioni favorevoli
per r efiminazione dei focolai specifici: inoltre se vi è molta nor-
ma nella propinazione del rimedio si potrà con quella longanimità
richiesta daUa gravezza del male arrivar a sequestrare semprepiù
focolai che non si possono emettere al mondo esterno , mediante
la formazione di tessuti riparatori , che col loro consolidamento
chiudono poco per volta le vie alla disseminazione ed alla meta-
stasi. Non si può negare che per norme non ancora assodate la
tubercoMna tante volte agisce rapidamente, rammoUisce focolai tu-
bercolari, i quali, sia perchè non si trovano su superficie libere
e perciò capaci di essere eliminati all'esterno, sia perchè non an-
cora si è formata la barriera locale di connettivo fibroso, infettano
l)iù rapidamente la vicinanza ed il resto defi' organismo , oltre i
guasti locafi meccanici, come nel laringe, di continuità , come nel-
r intestino, ecc., che si possono indurre.
Suir azione locale del siero trasudato, dietro 1' applicazione
della tubercolina, si sono voluti giustificare gli altri metodi recen-
tissimi per la cuia della tubercolosi ; si opina che sia 1* azione mi-
crobicida del siero del sangue, o aggiunto al tisico da animali re-
frattarii, capra, cane, (Richet, Lepine), ovvero arrivato dallo stesso
malato per iperemie locali indotte nelle parti affette da rimcdii, co-
Confribiiio ttull'azione della tuheirolimi nei tisici 297
me il cantaridato di potassa (Liebreicli. llcàl, quest' ultimo che ne
reclama la pi'iorità di quasi i20 anni), e forse anche col ioduro di
potassio (Sticker) mediante il riattivamento del ricambio materiale, che
ha dato risultati incoraggianti a questi Autori. Noi non possiamo
approfondirci su ciò per non divagar molto, ed essendo ancora le
conclusioni sub indice : solo facciamo rilevare l'esperienza negativa
di Foà, anche rafforzando , secondo Richet , la supposta proprietà
vaccinante del siero di sangue dell' animale refrattario, pollo, verso
la cavia anhnale assolutamente recettivo.
Per ciò che riguarda Y azione generale della tubercolina, seb-
bene fosse un argomento che in gran parte si sottrae agli studii
anatomo-patologici , facciamo rilevare le profonde modificazioni del
ricambio materiale , da cui la febbre , e forse alterazioni più spe-
ciali su certi organi, massime del sistema nervoso , dell' apparec-
chio urinario, ecc. ed in ciò si è quasi generalmente di accordo :
ma non si può ancora dire , se poco per volta avviene tale una
modihcazione del ricambio stesso da indurre 1" immunità per 1' ul-
teriore attecchimento del bacillo tubercolare; come è sicuro il con-
trario , che cioè almeno per un tempo notevole il bacillo che era
annidato non è distrutto.
Non possiamo quindi negare , che finora le grandi speranze
concepite per i risultati ottenuti sugli animali non sono state con-
fermate suir uomo : anzi hanno sorpreso i risultati sperimentali per-
fettamente contrarli a quelli di Koch , ottenuti nelle stesse condi-
zioni e sugli stessi animali, come quelli di Dubief capo del labo-
ratorio di batteriologia di Dujardin-Beaumetz, ed i recentissimi di
Baumgarten per cui i conigli e le cavie , infettati di tubercolosi ,
con tutte le iniezioni di tubercolina fanno svolgere fatalmente il
processo sino alla morte , e che le inoculazioni preventive sono
inefficaci contro il terribile bacillo. A questo proposito dobbiamo
far rilevare che tanti altri , tra i quali nominiamo Klebs e poi
SchoU assistente di Hueppe nell'Istituto igienico di Praga hanno
confermato i risultati di Koch ; e quindi con probabilità i lisultati
298 Contributo sull'azione della tubercolina nei tisici
opposti (lei lìiiiiii hanno dipeso soltanto dal non aver adoperato
tutte le norme e cautele dettate da Koch.
A questa discordia surta anche nel campo sperimentale , ag-
giungendo i risultati clinici contrari abbastanza numerosi , perfino
contro il valore diagnostico (Leyden ecc.), e principalmente contro
il valore curativo, che anche nei casi più fortunati e promettenti
ha fatto notare la recidiva fmanco negli affetti da lupus e tuber-
colosi della ossa , (e ciò da persone competenti nella materia ed
aumiiratori di Koch (Bergmann ecc.), segue ai più fiduciosi il dub-
bio , mentre dimostra che un lato debole sta nella tubercolina , il
quale deve essere corretto : non è ammissibile , che in una que-
stione in cui tutti sperano e con la più buona volontà si fosse
tanto esagerato nei risultati sfavorevoli. Dall' altra parte della bi-
lancia pesano anche i risultati favorevoli , e perciò noi fidenti nel
valore della scoverta aspetteremo, augurandoci da una parte che
le affermazioni di Koch sieno confermate da tutti , e che si arrivi
con nuovi studii di laboratorio e principalmente di clinica a scer-
nere e separare possibilmente i i2 efTetti opposti : e ciò ci farebbe
sperare 1' ultimo lavoro del Klebs, il quale ha cercato di separare
nella linfa di Koch col cloroformio una sostanza di effetto tossico,
dall' altra di effetto salutare, vaccinante, che resta libera nell" alcool:
ed ha dimostrato con una nuova serie di sperimenti , che la tu-
bercolina così depurata produce negli animali tubercolosi gli stessi
benefìci effetti della linfa originaria , e nell' uomo sano nessun ef-
fetto molesto o morboso : Klebs arrivò a queste conclusioni , par-
tendo dal fatto che la tubercolina propinata agli animali non dà
mai certi inconvenienti che si manifestano nell'uomo , e quindi si
mise alla risoluzione del quesito , se per avventura nella linfa di
Koch tra le varie sostanze ne esistesse una capace di [irovocare
suir uomo , e non sugli animali , quelle conseguenze nocive , che
mettono in preoccupazione il pratico nella sua amministrazione.
È quindi necessario ed è stato il voto della maggioranza, mol-
tiplicare gli studii con un esame rigoroso e conq^lesso degli effetti
della tubercolina, possibilmente depurata secondo Klebs , sul san-
Contributo sull'aziom delìn tuhercoUna nei tisici 299
gue, urina, .sudori , saliva e secrezioni in genere , circolazione, in-
nervazione e poi nutrizione generale, tanto rimpetto all' organismo
sano, come all' ammalato , per poter dare conclusioni più positive
fondate sul valore fisiologico e terapeutico della linfa , notando le
differenze di effetti tra gli animali e l' uomo , e possibilmente tro-
varne le ragioni.
Che tante volte si sperimenti con una linfa che non sia la
vera , ed in cjuesti casi probabilmente mal preparata , è possibile,
ma noi riteniamo ciò molto improbabile : chi volete , che volesse
trar guadagno da un'operazione difficile, lunga, costosa massime
per località, apparecchi ecc. quando in generale ognuno se ne prov-
vede dal laboratorio di Koch sia direttamente , sia per mezzo del
Governo ? Si potrebbe anche mettere in discussione, se la linfa di
Koch in tutte le fabbricazioni e manipolazioni successive non abbia
subito delle modificazioni intime , relative a stadii diversi di vita
del bacillo, le quali avessero potuto avere influenza sulla diversità
di natura di rimedio e quindi dei risultati perfino sperimentali : ma
anche a ciò crediamo poco, quando ci è arra 1' esattezza e la mi-
nuziosità a cui si informano i lavori che si fanno nell' Istituto di
Igiene di Berlino.
Il fatto è che la quistione dei vaccini non si può generalizzare
per tutte le infezioni: ve ne sono alcune che danno questa modifica-
zione degli umori in modo che gi' individui una volta sofferta quel-
r infezione per un tempo piìi o meno lungo diventano refrattarii
allo stesso morbo, vuol dire ne restano vaccinati (esantemi acuti ,
tifo , sifilide ecc.) Altre infezioni invece o non inducono questa
modificazione vaccinante, ovvero essa dura tanto poco tempo , per
cui gU ammalati facilmente ricadono (malaria, blenorragia, ecc.). —
Altre infezioni, che meglio dovrebbero dare l'effetto utile della vac-
cinazione , perchè la causa morbosa si mette e sviluppa in modo
relativamente lento , mostrano invece lo sviluppo progressivo ed
inesorabile dell'agente patogeno e dei suoi effetti morbosi, ed in ciò
è tipico il bacillo della tubercolosi; ed infatti l' esperienza e' insegna
che r infezione tubercolare o non è capace di vaccinare l' individuo
300 Confr/bìdo aìill'azione della tubercolina nei fisici
affetto, ovvero i suoi prodotti sono talmente complessi, ohe la so-
stanza vaccinante deve essere neutralizzata e paralizzata nei suoi
effetti salutari da sostanze nocive.
In attesa perciò, che la grave ciuestione s' illustri, io devo ri-
petere anche ora ciò, die dissi fin dal principio della scoverta
nella mia scuola ; che , cioè , è necessario dilucidare certi dubhii
suir azione benefica dell' estratto di culture tubercolari, almeno così
si sarà meno restii a sperimentare questa specie di vaccino anche
suir uomo.
I nostri dubbi!, poi condivisi da altri, sono i seguenti:
1° Perchè i focolai tubercolari non sono essi stessi la fonte
della tubercolina nell'organismo malato?
'2° Perchè i figli di tubercolotici , quasi inesorabilmente fini-
scono col diventare anch'essi tisici, mentre avrebbero dovuto es-
sere vaccinati nell' utero materno (quando la madre è tubercolo-
tica), come succede nel vainolo e forse in altri morbi infettivi : ov-
vero vaccinati fin dal primo momento per vaccinazione già avve-
nuta degli elementi generatori negli organismi dei genitori malati ?
La prole non è altro, che 1' effetto utile o meglio il prodotto
della unione intima della cellula spermatica coli' ovarica, e più pro-
priamente dei loro nuclei, e con maggior precisione , come ha di-
mostrato Fol, di quella danza e fusione intima consecutiva dei cor-
puscoli polari di von Beneden sia del nucleo spermatico che del-
l'ovarico, a cui segue la commistione e fusione dei filamenti croma-
tici dei !2 nuclei, in modo che in ciascun elemento dell' organismo fi-
glio vi è la contribuzione anatomica eguale dei 2 elementi generatori
•del padre e della madre. Così si spiega in un modo chiaro 1' e-
redità, che 1' è una continuazione perfetta delle qualità dei geni-
tori. Ora che cosa si può trasmettere dai genitori tubercolotici
alla prole ì Non il bacillo, a meno che non vi fosse tubercolosi con
ulcerazione dei genitali: allora il bacillo accompagna gli elementi
generatori, ed il primo sviluppo embrionale sarebbe precocemente
arrestato e 1' effetto utile del concepimento nullo ; ciò è indubitalo
per altre infezioni, come la sifilide. Se invece manca la tubérco-
Vontrìhìifo stili' azione lìclln fiihercothia »ei fisici 301
losi dei geniliili non si può tiasmettere con gli elementi generatori
che r estratto, già riassorbito, dei tessuti tul)ercolizzati , e perfino
filtrato attraverso la placenta : allora quei tigli dovrebbero essere
immuni ed addirittura refrattari in tutta la loro vita alla tuberco-
losi: a meno che non vi sia lesione placentare , la quale soltanto
potrebbe far pervenire nel prodotto del concepimento i batterli, ed
allora si avrebbe la tubercolosi non ereditaria, ma congenita, come
si ha col vaiuolo, e si nasce ammalati di simili infezioni. Che se
r infezione congenita manca, i figli dei tisici non dovrebbero mai
diventare tubercolotici : invece disgraziatamente succede il contrario,
e ciò conlradice l' azione salutare vaccinante della tubercolina.
Potrebbe essere che la tubercolosi si trasmette ereditariamente per
germi che noi ancora ignoriamo nella loro esistenza , forse spore ,
o altri stadii speciali del microbio non ancora ben stabiliti, e Baum-
garten conferma questa opinione da ciò che si osserva per la si-
filide ereditaria tardiva : ma per ora ogni affermazione sarebbe gra-
tuita , ed è necessaria la conferma di studii ulteriori : comunque
sia non possiamo pel momento confortare colla statistica desolante
della tisi ereditaria il trovato della tubercolina.
Si potrebbe dire, che 1" estratto dei focolai tubercolari nell'uo-
mo riesce inefficace, anzi dannoso sia per 1' individuo stesso , che
per i figli, perchè all' estratto dei prodotti tubercolari si addiziona-
no quelli piogeni e di putrefazione , che ordinariamente non man-
cano nei focolai tubercolari del pulmone già ulcerati ; e veramente
io aveva creduto in primo tempo che i prodotti specifici del ba-
cillo tubercolare fossero se non distrutti almeno neuti"alizzati nella
loro azione salutare dai prodotti del ricambio di altri batterii : ed
ho detto ciò fin dal principio di quest' anno nella scuola, ricordan-
do che la tisi tubercolare dei polmoni è un morbo complesso, an-
che come lato etiologico, restando sempre la causa primigenia ed
essenziale nel bacillo tubercolare. E quindi dissi , che si doveva
sperare forse nella selezione della linfa, cioè nel suo depuramento
e separazione dei prodotti tubercolari dagli altri quando la linfa
avesse dovuto servire per iniezioni, mentre nello stesso organismo
Atti Acc Vol. IH, Serie 4* 40
3(j2 Contribiifo sull'azione della tubercolina nel tkici
gli effetti propri salutari della tubercolina avrebbei'o potuto risal-
tare e prendere il sopravvento, sopprimendo gli effetti dei prodotti
piogeni, come ad esempio col guaiacolo, sperimentato eccellente an-
tipiogeno da Martori nell'Istituto di Bizzozero.
Ma non si può essere a lungo lusingati da questa speranza ,
riflettendo che nella tubercolosi sperimentale sugli animali , in cui
si forma prima un focolaio tubercolare puro . non si possono in-
vocare prodotti di altri batteri tino a che non è venuta l'ulcera-
zione del nodo : e se resta il sospetto, che soltanto dopo ciò , at-
tecchendo ivi altri batterli dovesse derivarne l' inutilità della vera
tubercolina, sarebbe molto utile con tutti i mezzi opportuni farne
il confronto coli' impedire qualunque altro arrivo di germi batterici
sulla località del nodo tubercolare da inoculazione. Allora sarebbe
giusto il giudizio , che nella tubercolosi miliare acuta dell' uomo
se non si morisse per la grande dose di pura tubercolina riassor-
bita dalle innumerevoli granulazioni grigie, 1' individuo affetto do-
vrebbe guarire nel modo piti radicale dalla infezione tubercolare ;
e si dovrebbe avere la guarigione completa del veccliio focolaio tu-
bercolare più 0 meno nascosto , che col suo rammollamento ca-
seoso e distruzione delle barriere circostanti ha immesso nel tor-
rente circolatorio quei piccoli ammassi caseosi infettanti. Se ciò
fosse vero, e se con ulteriori studii si arrivasse a limitare l'azione
della soverchia quantità di tubercolina, la tubercolosi miliare acuta
con la quale sempre si muore, diventerebbe una crisi salutare, con
la quale si assicurerebbe nel modo più perentorio 1" immunità da
ulteriori infezioni tubercolari.
Crediamo perciò aperto il campo ad una quantità di ricerche
che io stesso avrei in parte intrapreso , se una serie di sventure
non avesse finora paralizzata la mia volontà. Solo col dichiarare
tante altre incognite si potrà meglio apprezzare e mettere nei giu-
sti termini rinipetto all' uomo questa scoverta del celebre profes-
sore di Berlino, al quale invito la nostra Accademia di mandare
un voto di plauso, anche per questo suo ultimo trovato. E con-
cludo, che nella [icggiore ipotesi , se la scoverta ultima di Koch
Contributo sull'azione della tubercolina nei finici 303
non si potrà applicare ali" uomo sofferente , specialmente se sarà
confermato il sospetto suesposto, ciot' diAV nzioiic delld tubercolina
favorevole <tììa molti plicazione spor/foniw del lincillo, resterà sem-
pre una sei'ic di fatti e di metodi , che metteranno gli studiosi
sulla via di ricercare argomenti importanti, e se non altro la feb-
bre di tutto il mondo per trovare un rimedio contro la tubercolosi.
La tubercolina Koch nella Lebbra
del Dott. P. FERRARI.
Memoria
htta air Accademia Gioenia di Catania nella seduta del 24 Maggio 1891.
Quando il prof. Koch presentò la sua linfa come rimedio spe-
cifico contro la tisi tubercolare, la scoperta fu salutata dal mondo
intiero con il maggior plauso per il suo scopritore , con la più
lieta speranza per 1' umanità.
Ma una gravissima malattia pure esisteva, molto analoga alla
tubercolosi, voglio dire la lebbra, per cui il nuovo rimedio anco con-
tro di questa venne adoperato da Goldschmitt , Arning , Doutrele-
pont, Martins, Hallopeau, Josph, Neumann, Bardeleben, Babès, Kalin-
dero, Macs, Kaposi, Watson-Gheyne, Danielssen, de Amicis, e final-
mente da me, di cui eccomi a narrare le osservazioni.
r Caso — P. G. d'Augusta {Siracma) , d'anni !26 , celibe,
operaio. Ha il padre vivo , e sano ; la madre invece gli è morta
per lebbra. Da 14 anni datano le prime manifestazioni del male.
Entra in clinica il 27 gennaio 1890.
Sfato attuale — Costituzione linfatica; apparecchio scheletrico re-
golare: nutrizione deficiente; alto della persona. Esistono ad am-
bedue i sopracigli, disposti in serie lineare, dei tubercoli di varia
grandezza, cioè da quella di un granello ad una nocciuola. Sono di
un colorito rosso-scuro. Altri tubercoli della stessa grandezza stan-
no in modo sparso agli zigomi ed al mento, non che uno si vede
al lato esterno del cerchio pericorneale dell' occhio destro, mentre
Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4» 41
306 La tnbercolma Koch nella Lebbra
molte macchie unite a numerosi tubercoli disseminati si trovano
agli arti tanto superiori, che inferiori dove alcuni hanno sede nel-
r ipoderma. Il padiglione di ambedue gli orecchi è notevolmente
ingrossato per infiltrato cellulare {edema duro), e la regione dorsale
d' ambo le mani apparisce così intensamente pigmentata da simu-
lare il cuoio dell' elefante. Sensibilità elettro-muscolare diminui-
ta ; però si mostra normale se si ha l' avvertenza di lavar pri-
ma la parte con acqua alcoohzzata. Mancava la sensibilità del tat-
to, del dolore, della pressione, e della temperatura. L'occhio destro
non percepisce la notte , né il giorno : il globo oculare nel suo
emisfero anteriore sembra alquanto deformato per "la presenza di
un tessuto giallo-rossastro^ accumulato specialmente sulla regione
ciliare, quadrante inferiore esterno, e che si estende sulla cornea
per 4 mill. circa, con bordo arrotondato, e rilevato per più di un
mill.; liscio, e aderente. Dall'esame fatto sembra dunque che il no-
dulo lebbroso abbia determinato un irido-ciclite cronica , la quale
ancora non si è dileguata. Con l'esame laringoscopico poi si nota;
l'ugola distrutta alla sua punta; epiglottide sana; aritnoidi ingros-
sate ; infiltrato lebbroso nel terzo posteriore della corda vocale de-
stra. L'alito è fetidissimo. Temperatura del corpo 37°.
L'esame microscopico di un tubercolo rivelò numerosi bacilli;
nel sangue nessuno (1). Quello emometrico, ed emoglobinurico non
dette alcun che degno di speciale attenzione ; nelle orine reazione
acida. Onde non stare a ripetere che ogni volta ed in ogni infermo
vennero praticati questi esami lo dirò ora per sempre, che queste
ricerche sono state praticate in tutti con lo stesso risultato. Aggiun-
gerò ancora , che l' esame batterioscopico del sangue fu sempre
negativo, anco durante la reazione generale.
Diagnosi — Lebbra maculo-tubercolare con anestesia.
Cura con la tuber colina — Il primo febbraio inietto nella regione
infrascapulare 1 mill. di questo rimedio, ed ottengo dopo 4 ore
(1) I metodi (:lie iu queste ricerche batterioscopiche ho adoperato furono quelli di Bauin-
garteii, e di Gram.
La fìibercolhia Koch nella Ldìhra 307
reazione generale, e dopo :24 anco tiiu'lla locale nei tubercoli dei
sopracigli , ed in quelli dei;li avambracci in vicinanza delle regioni
radio-cerpiclie, lato della estensione. La reazione generale durò 29
giorni, segnando il tracciato delle curve termometriche un massimo
di 40 , ed un minimo di 36. 5. C4OSÌ dal lato della reazione lo-
cale osservai: 1'' che i tubercoli s'erano l'atti rossi, tumidi, e dal-
la loro superficie si faceva una impercettibile essudazione che sul
principio sembrava raccolta sotto lo stato corneo, ma che poi finì,
col dar luogo ad una sottile squammo-crosta grigia, superficialissima
e sottile, lamellare; 'i° che si facevano novelle eruzioni tubercolari;
3° che i tubercoli nei quali si era manifestata la reazione, scompa-
rivano senza lasciar cicatrice, 0 appena una macula che andò in
seguito dileguandosi.
Dopo questa reazione di 29 giorni, a seguito dell'iniezione di
1 mill. di linfa Koch, cessò ogni fenomeno reattivo, rimanendo lo
infermo diminuito in peso di 4 Kih, con la temperatura del corpo
che non giungeva a 37° ed in uno stato di grandissima prostrazione.
Un vitto ricostituente, e del vino di marsala fecero ritornare nello
infermo la nutrizione e la forza, tantoché egli stesso, incoraggiato
dal vantaggio ottenuto con la prima iniezione, volle li ripetessi la
cura Koch, ciò ch'io feci con un 1 mill. di linfa. Anco questa volta
di lì a poche ore dall'iniezione comparvero la reazione generale e
locale che fu seguita da scomparsa, e riapparizione dì nuovi tuber-
coli. La reazione generale però questa volta non superò i 38, 5
per 14 giorni; poi vi fu apiressia per 11 giorni, dopo dei quali
tornò la febbre, che durò altri 7 giorni segnando un massimo di
38, 9, ed un minimo di 37, 2.
In questo secondo accesso febbrile ridestossi la reazione locale
in qualche tubercolo non distrutto completamente dalla prima rea-
zione. Anzi debbo qui pur notare, come abbia visto ritornare la
reazione locale, dopo che questa e quella generale erano cessate
da 10 giorni.
L' infermo intanto si mostrò ancor più della prima volta ab-
battuto, e denutrito talmente, che pareva addirittura un cadavere,
308 La tiihercolina Koch nella Lebbra
che dico il vero non ebbi il coraggio di avventurarlo alla conti-
nuazione di una simil cura.
Riguardo al decorso debbo notare, che dopo la 1=» iniezione
(8-10 giorni) T infermo provò per 3-4 ore di seguito nausea, e ten-
denza al vomito , disturbo che si dileguò dietro 1' uso di qualche
goccia d' etere solforico, e di qualche pezzetto di ghiaccio. Così eb-
be a lamentarsi nello stesso tempo di dolori intensi, e profondi
delle ossa delle gambe, e delle braccia, che gli durarono per ben
quattro giorni.
Chiudendosi il 30 giugno la clinica , pel cessar degli studi
dell'anno accademico 1890-91 , l'infermo venne licenziato quasi
completamente guarito. Dico quasi, perchè non erano scomparsi
completamente alcuni piccoli tubercoh, che sono stati di poi cau-
terizzati col termo-cunterio al nostro ambulatorio. Ora però si può
dire completamente guarito, perchè ha ripreso la sua nuti-izione, la
sua forza^ ed il suo buon umore, non che ha migliorato nella sen-
sibilità con la cura elettrica. Le macule pure vanno scolorandosi.
Non posso a meno di notare intanto questo fatto; che mentre il
nostro infermo aveva un atteggiamento come di persona sofferente e
profondamente afflitta , ora si presenta invece con 1' aitanza e la
floridezza di un giovinotto a i26 anni , come egli è, dichiarandosi
lieto di tornare a lavorare.
!2o Caso — D. S. di Pachino {Siracusa) d'anni 33, ammogliato
con prole, e di professione carrettiere. I genitori, e gli avi suoi non
soffriron di lebbra , salvo una sorella, ed i di lei figU. La sua ma-
lattia data da sei anni. Entra in clinica il 10 marzo 189 L
Stato attuale — È di costituzione sanguigno-venosa, di forme at-
letiche. Presenta ai due sopracigli una corona di tubercoli grossi
quanto una ciliegia, alla cui superfìcie si veggono delle piccole pun-
teggiature nere, che non sono altro che lo sbocco dei follicoli pi-
lo-sebacei. Altri tubercoli sono al mento, agli zigomi, non che in
modo sparso al petto, all' addome, ed agli arti superiori , ed infe-
riori. Hanno un colorito rosso-scuro. Di più esiste al lato esterno
del cerchio pericorneale dell' occhio sinistro un piccolo tubercolo si-
La fuhei'colind h'orh nella Lebbra 309
inile por forma, e colore ad una IVavola. In nessuna località affetta
vi ha comi)leta anestesia, soltanto si nota una leggiera diminuzione
nel senso tattile, e doloritico invece notevolmente trovasi diminuita
la forza muscolare. Temperatura del corpo 37".
Diagnosi — Lebbra tubercolare.
Cura con la fuberculina — Si praticano sette iniezioni del rime-
dio, incominciando da mezzo milL, e aumentando progressivamente,
di mezzo mill. per ogni iniezione ; cosicché in sette iniezioni ne
inoculai 17 iiiill. Però solo la prima volta si ebbe una reazione ge-
nerale di 38, 7 che durò 4 ore; mai invece si notò quella locale.
Vedendo frattanto inefficace questa cura, ricorsi allora all' inie-
zioni ipodermiche di acetato di tiniol e di mercurio, che con tanto
vantaggio uso nella sifilide. Ma neanche da questo rimedio vedendo
il malato risultarne giovamento alcuno, lasciò la clinica il 19 aprile
per ritornarvi il 18 maggio susseguente. Il 19 gli pratico una
iniezione del rimedio alla dose di 1 mill. al che dopo cinque ore
tien dietro una reazione generale, che s'inizia con la temperatura
di 38, :2, e che di lì a due ore ridiscende a 37. Inietto subito il
giorno dopo altro mill. di tubercolina ma questa volta non ne se-
gue alcuna reazione generale, e locale, ed invece sorgono i seguenti
fenomeni: dolor di denti e loro vacillamento, scosse muscolari clo-
niche di tutto il corpo, che si ripetono tre volte nelle ventiquattro
ore, per la poco durata di un secondo^ o più. Frattanto il dolore
di denti si dilegua, non però il loro vacillamento, che dura diversi
giorni. Così non compariscono più le scosse muscolari. Sospesa la
cura Koch sottopongo l'infermo all'uso interno dell'ittiolo, e del vino
al creosoto, ed all' escisione dei tubercoli. Nel momento l'infermo si
trova migliorato più che altro moralmente, per trovarsi libero dai
tubercoli della faccia, che lo deturpavano; nel resto delle manife-
stazioni maculo-tubercolari e nell'anestesia nessun cambiamento.
3° Caso — C. G. di Solarino {Siracusa) d'anni 20, celibe, conta-
dino, entra in clinica il 20 aprile 1891.
Stato attuale— Allo della persona, di regolare sviluppo schele-
trico e muscolare, ed in buona nutrizione. È di costituzione linfa-
310 La fubercolina Koch nella Lebbra
tica, gli mancano i peli ai sopracigli, ed offre un'infiltrazione le-
prosa diffusa alla fronte, sopracigii, guancie, ed orecchi. Superfi-
ciali ectasie vascolari serpeggiano nelle regioni zigomatiche. Senza
anestesia. Temperatura del corpo 37".
Dia(jnosi — Lebbra a infiltrazione diffusa.
Cura con la tnbercol ina — Dopo tre iniezioni di questo rimedio,
alla dose di un mill. a due e mezzo, in tutto quattro mill. e mez-
zo, r infermo non vedendo seguirne alcuna reazione generale, o lo
cale, spontaneamente lasciò la clinica il 29 aprile.
4° Caso— 0. S. di Solarino {Siracum), d'anni 31 ammogliato,
ma senza tigli. Non riconosce causa ereditaria, ma ha un fratello
lebbroso , che più tardi entra parimente in clinica. È ammesso in
clinica li 8 aprile 1891.
Stato attuale— Ea costituzione linfatica, basso di statura; del
resto assai ben nutrito. Presenta uno stato di edema duro per in-
filtrazione cellulare diffusa dei sopracigli, che mostransi alopecici.
Questo stato apparisce egualmente in ambedue gli orecchi. Inoltre
esistono tre piccoli tubercoli ai sopracigU, ed uno alla guancia de-
stra. Leggiera anestesia nei punti ammalati. Temperatura del cor-
po 37°.
Diagnosi — Lebbra tubercolai'e con anestesia.
Cura con la tuhercolina — Fu fatta una iniezione di un mill. ,
a cui dopo due ore tenne dietro la reazione generale che durò
16 giorni, e gradatamente poi ogni giorno aumentando, al settimo
giorno segnò la sera 40, 5. Poi gradatamente discedendo raggiunse
la mattina del 16° giorno la temperatura normale. Sotto questa rea-
zione si verificò ancora una reazione locale nei tubercoli, che in
breve scomparvero, e quello che è da notarsi sopratutto, che pure
l'edema duro andò diminuendo, diminuzione che l'infermo notò be-
nissimo vedendo muoversi liberamente i suoi orecchini, che prima
stavano come infossati nel lobulo degli orecchi. Feci una 2^ inie-
zione di 1 mill. e mezzo, che venne seguita da una sola reazione
di 39, 6. L'infermo uscì daU' Istituto il 12 maggio contento del mi-
glioramento ottenuto.
La tubefcoUna Koch nella Lebbra 311
5" Caso— M. G. d'anni 38, maritata con prole. È proietta, e
quindi impossil)ilità nella ricerca di cause gentilizie. Entra in clinica
il 19 aprile 1891 e narra, che la di lei malattia data da 4 anni.
Sfato affilale — Macchie e tubercoli spai-si tanto agli arti supe-
riori che inferiori, ed alla faccia. In tutti i punti ove sono queste
manifestazioni esiste anestesia. Curioso che la manifestazione è
pruriginosa. È mestruata regolarmente.
Diagnosi — Lebbra tubercolare con anestesia.
Cura con la taberro/ina — Ab))iamo praticato 6 iniezioni, da 1 a
3 min. Ciascuna volta si è avuta reazione generale, una volta si-
no a 39, 9, ma mai ha durato più di :24 ore. Non notai in alcun
punto il più piccolo segno di reazione locale. Dopo le prime due
iniezioni l'inferma ebbe nella notte abbondantissimo sudore.
6" Caso. — M. G. di Solarino, d'anni ^6, nubile, entra in Clinica il
18 aprile. Ha padre e madre sana. Ha delle sorelle sane, una sola
è morta per lebbra. Fu mestruata a 14 anni, ma fu sempre dismenor-
roica. A 13 anni soffrì di scarlatina a cui seguì anasarca: poi delle
febbri intermittenti. Da 12 anni sono comparsi in lei i primi fe-
nomeni della lebbra.
Sfafo attuale — È alta di statura, e di bello e proporzionato
sviluppo organico. Le sono caduti i sopracigli, ed offre un'intume-
scenza duro-elastica delle guance con arborizzazioni telangettasiche
sulla superficie della pelle. Simile intumescenza esiste al padigUone
di ambedue gli orecchi. Ha tubercoli disseminati agii arti inferiori,
e superiori. Agli inferiori vi sono quattro tuiiercoli ulcerati per la
estensione di due lire. Anestesia sulle manifestazioni.
Cura con la fubercolina — Vennero praticate 7 iniezioni di linfa,
fino a 4 mill. ma non si ottenne ogni volta che una reazione ge-
nerale di poche ore, e che non superò i 38, 2. Ebbe profuso su-
dore nella notte (1), dopo le prime iniezioni. Sottoposta all'uso in-
terno dell'olio di chaulmoogros, e del vino creosotato, e localmente
(1) Il profuso sudore notato in questa inferma, e in quella dell'osservazione precedente
è stato pure osservato dal dott. Ryan di Colchester.
312 La hihercolina KocTi nella Lebbra
a quello dell'iodofornie con calomelano, l' inferma guarì delle ulceri
alle gambe, ma niun altro miglioramento si ebbe a notare. Il 30 giu-
gno usci dalla clinica.
7°. Caso — O. G. d'anni 20. celibe, contadino, entrò in Clinica il
17 aprile.
Stato attuale — Nessuna pertinenza ereditaria , secondo narra lo
infermo, però ha un fratello lebbroso. Il male gli incominciò con
delle macchie rosso-vive a tutta la faccia al suo 19° anno di età;
poi dopo un anno gli comparvero dei tubercoli, i quali a poco a
poco ingrandirono , e confluendo , lo deformarono orribilmente. Di
qui il processo leproso si estese a tutto il resto del corpo, ed agli
arti , ove i tubercoli si ulcerarono , riparandone poi alcuni che la-
sciarono delle cicatrici acromiche, sotto forma di strie atrofiche.
Anestesia nel punto delle manifestazioni.
Diaynosi — Lebbra tubercolare.
Cura con la tuhercolina — Fu fatta un'iniezione di 1 mill. e si
ebbe forte e lunga reazione generale e locale. La prima durò 22
giorni. La seconda si estese alla maggior parte delle manifestazio-
ni leproidi del corpo , le quali modificaronsi con un processo di
atrofia, o di cicatrizzazione dei tubercoli ulcerati. Allora dopo que-
sto primo splendido risultato, con più lieta speranza tornai a ripe-
tere r iniezione, aumentando la dose del rimedio , ma non mi è
stato dato ottener più in 4 iniezioni successive alcuna reazione
locale, 0 generale. Non mi si osservi, che il rimedio potesse aver per-
duto delle sue proprietà, perchè le due iniezioni ultime glie 1" ho
fatte con linfa pervenutami allora allora dal Ministero. Soffrì di
dolori nelle ossa che durarono due giorni facendosi sentire special-
mente la notte. Il 30 giugno lasciò la clinica notevolmente miglio-
rato.
8" Caso — B. G. di Messina, d'anni 26, ammogliato da pochi
mesi, ed al momento senza figli. Da due anni datano i primi segni
del male, e soltanto in famiglia ha avuto un fratello affetto da leb-
bra. È preso in cura da me privatamente.
Stato attuale — Di costituzione linfatico-venosa, assai ben nutrito,
La tubercoUna Koch nella Lebbra 313
di stiutlura regolare. Presenta numerosissimi tubercoli di varia gran-
dezza alla fronte, ai sopracigli, al mento, alle guancie ed agli arti,
In quest'ultime regioni alcuni si sono risoluti lasciando delle ma-
cule pigmentate , che vanno decolorandosi dal centro verso la pe-
riferia. Esiste un tuliercolo tanto a destra che a sinistra in vici-
nanza deir epididimo. Non esiste in alcun i)unto delle manifesta-
zioni anestesia. Temperatura del corpo normale.
Diagnosi — Lebbra tubercolare.
Cura con la tubercolina — Iniettai un mill. di questo rimedio ,
e dopo 10 ore si ebbe una reazione generale fino a 39, che durò
circa 12 ore. Ripetei l'iniezione con due mill. due giorni dopo, ma
non si ebbe che una più breve, e debolissima reazione generale,
fatto che si verificò pure nelle successive iniezioni , che furono in
numero di 7. Quello che tuttavia è degno di nota è questo , che
tanto dopo la prima , che la seconda iniezione l' infermo avvertì
nel punto dell" iniezione, (regione infrascapulare) , un dolore con
senso di formicolio per tutte le spalle , che a dir suo si dirigeva
in doppio senso , cioè dalla puntura alla periferia , e viceversa.
Frattanto non vedendo egh alcun utile resultato dalle iniezioni volle
sospenderle , ed allora gli incominciai la cura seguente , per la
quale migliorò notevolmente; 1° cauterizzazione col termo-cauterio dei
tubercoli più grossi, praticata in diverse volte nei vari punti; 2° com-
pressione dei tubercoli più piccoli, e delle infiltrazioni con le fasce
elastiche; 3" finalmente amministrazione per uso interno del decotto
di Pollini , secondo i formulari , con oho di chaulmoogros , e vino
creosotato.
Questo è quello che io ho ottenuto dai suddetti esperimenti ;
intanto cosa osservarono gli altri ?
Martins costatò in un caso di lebbra tubercolare soltanto una
reazione generale. Arning in un lebbroso sospetto di tubercolosi ,
mentre non vide reazione alcuna, in altri due la reazione l'osservò
dopo che gli erano stati iniettati da 6-10 mill. di tubercolina. Josph
costatò in un caso una reazione locale ben manifesta^ ed Hal-
lopeau una reazione generale e locale accompagnata da intensi do-
Atti Acc. Vol. Ili, Sebie 4" 42
314 La tubercolina Koch nella Lebbra
lori nei noduli, che durarono per alquanti giorni. Anco il Neumann
osservò una reazione locale con dolore nei nodi lebbrosi, e Bardele-
ben r ebbe a costatare soltanto in un caso in cui la reazione ge-
nerale comparve dopo 1' iniezione di 1 cent. Questo autore notò
pure una piccola tumefazione nei punti ammalati, che il giorno do-
po si mostrarono come infossati, cosa ch'io pure osservai nell'infer-
mo dell' ottava osservazione , nel quale s' erano come depressi al
centro, e quello che è singolare, che passandoci sopra con la ma-
no non si aveva più la sensazione di rilievo alcuno. Bardeleben
poi aggiunge ancora , che in altri casi con 1 5 mill. ed anche 1 3
cent, mai vide una reazione generale , solamente le manifestazioni
locali si cuoprivano di squamme bianche, e secche.
Babès , e Kalindero curarono 2 casi di lebbra nervosa , e 5
di lebbra tubercolare , ed in tutti ottennero reazione generale , ed
in quest' ultimi anco quella locale. La febbre in questi casi di re-
gola incominciò dopo 24 ore, raramente dopo 12. La reazione lo-
cale invece dopo più giorni di cura. Videro la lebbra laringea mi-
gliorare dopo una reazione locale , e credono dalla differenza di
azione del rimedio Koch di potere stabilire la diagnosi differenziale
tra la lebbra, e la tubercolosi.
Doutrelepont in un caso ebbe a verificare a seguito della cura
Koch la comparsa di eritemi diffusi, ed uno stato iperemico dei tu-
bercoli , ed in un secondo dei nuovi focolari lebbrosi che ritiene
non una conseguenza del nuovo rimedio. In quest'ultimo caso si
rinvennero nello sputo^ e nel sangue numerosi bacilli della lebbra.
Tuttavia vi mancò una vera azione curativa.
La lelibra delle mucose non ha offerto alcuna reazione. Solo
in casi di lebbra nervosa con un'azione generale si vide comparire
una reazione locale, hi 6 casi uno di questi mostrò una reazione
generale progressiva con febbre serotina, per cui qualcuno ha pen-
sato doversi ciò attribuire forse alla generale malattia della pelle.
Il dott. C. Danielssen ha egualmente sperimentato la tubercoli-
na nella lebbra , ed ecco a quali conclusioni l' egregio speciahsta
La ttthercolina Koch nelìa Lebbra • ?>\ó
viene in una sua memoria pubblicata recentemente a Bergen nel
Medicinsk Revue:
" 1". Che la tubercolina nei lebbrosi dà reazioni generali e
locali : quelle generali si manifestano ordin albamente 4-G ore dopo
riniezione : alcune volte 1:2 ore, e di rado dopo 2-3 giorni. Le rea-
zioni locali appariscono più tardi.
" 2". Che queste reazioni apportano conseguenze sfavorevo-
lissime sulla malattia, aggravandone anzi il male più che mai, seb-
bene generalmente abbiano la più grande uguaglianza con le rea-
zioni delle preparazioni iodiche nei lebbrosi.
" 3". Che la linfa non uccide i bacilli della lebbra, ma sembra
invece gli dia alimento (un mezzo favorevole alla loro vita) vita, e
modo di riproduzione favorendone pure la loro circolazione nel
sangue, e pel corpo, per cui è preferibile di lasciare la malattia a
se stessa.
" 4". Che dopo essere stato iniettato un individuo parecchie
volte con la linfa può divenire in certo modo immune_, ma in nes-
sun modo arresta il male, né distrugge i bacilli.
Finalmente V illustre dermatologo di Bergen scrive . che " I
bacilli della lebbra si trovano con molta facilità sotto la reazione
destata da questo medicamento fallace , e continuano in seguito il
loro lavoro distruggitore, d'onde ne segue un peggioramento sempre
più grande della malattia. ,, (1)
Al Kinys College Hoftpital fu costatato in un caso di lebbra ane-
stetica dopo la :2* iniezione ; febbre, dolore agli arti, eruzione ros-
so-scura, simmetria, squammosa con all'alluce sinistro una vescica
grande, ed al 2° dito ed al mignolo una tumefazione, ed anestesia
di tutto il piede. Kaposi pure ricorda un fatto di notevole reazione
locale e generale in un caso di lebbra anestetica. Così Watson-
Cheyne ebbe a notare in un simile caso di lebbra reazione gene-
(1) Danielssen — Tuberkulinen (Kochs lymfe) anvendt paa spedalske i Luiigegaardsho-
spitalet (Medicinsk Reviie " s jnnihefte 1891).
olG La fiihercolina Koch nella Lebhra
rale, dolori ed un'eruzione ungueale ; ed il Goldschrnidt in 5 casi
sui quali ebbe a provare la linfa, ottenne :
1". Che le dosi al di sotto di 1 mill. erano senza azione;
2°. Di 1 uiill. in 3 casi ebbe dopo piìi di 24 ore reazione ge-
nerale, ed in due reazione locale ;
3". Che dosi maggiori, ma al disotto di 1 cent, eccetto un ca-
so, dettero febbre, ed in una reazione locale ;
4". Che la febbre delle mucose non ha reagito;
5". Che nella lebbra dei nervi vi fu reazione generale, e leg-
giera locale;
6°. Che un caso mostrò una reazione speciale , progressiva ,
accompagnata da febbre serotina , forse in seguito alla universale
malattia cutanea.
Cosicché per il suesposto sembrami indubbiamente ne venga
la conclusione che la tubercolina non dispiega affatto per sé una
diretta azione utile nella lelibra. Come nella tubercolosi così nella
lebbra agisce nella sua forma torpida e ciò ritengo sia da ripetersi
piuttosto che da un'azione specifica del rimedio, dalla poco resistenza
dei tessuti ammalati di fronte all'anormale attività del ricambio ma-
teriale dalla tubercolina suscitato. Questo modo di considerare la
cosa parmi venga a confortare eziandio l'opinione che io tengo sul-
l'analogia di processo fra la tubercolosi, e la lebbra, al che può ag-
giungersi anco il fatto che, ne avvalora poi piti che sempre il con-
cetto nostro, dell'estrinsecazione di nuovi tubercoli durante il pa-
rossismo febbrile, ed il trovare fragmentati i bacilli , come ebbero
a verificarle I il mio 1" assistente D.r R. De Luca , ed il prof. Di
Mattei , che insieme fecero queste ricerche sopra i detti infermi
della mia clinica, e la di cui loro istoria ho innanzi narrato.
Dal R. Cstituto Dormosifiliip;Uico di Catania, il 1" Mafjgio 1891.
COKTRIBrZlOSE ALLA VULCANOLOGIA DELLE ISOLE EOLIE
Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere.
Nota del Prof. S. CONSIGLIO PONTE
letta all' Accademia Gioenia neW adunanza del d) 21 Giugno 1891.
I.
L'illustre vulcanologo Leopoldo Pilla comunicò a questa Acca-
demia nella tornata del 10 settembre 1835 una nota dal titolo
Paralello fra i tre Vulcani ardenti d' Italia „ Vesuvio , Stromboli ,
Etna^ collocando Vulcano fra i semi-spenti o fra le solfatare, con-
trariamente a come pensavano il Dolomieu e lo Spallanzani, che
vi scorgevano un vulcano in riposo piuttosto d' intermettenza che
d'estinzione. Nessun altro studio venne comunicato sulle Eolie fino
al 1888 , in cui Vulcano , quasi a volere smentire il Pilla, ci ha
dato la imponente eruzione, che richiama tuttora l' attenzione dei
geologi e principalmente dei vulcanologi, sia italiani che stranieri.
Il compianto mio maestro Prof. 0. Silvestri, di cui serberò
viva memoria per ossequio e gratitudine , fece , su Vulcano , tre
importanti comunicazioni: una nella tornata del 23 dicembre 1888
tracciando 1' andamento dell' eruzione fino a tale epoca: un' altra
nella tornata del 23 giugno 1889 , con la quale comunicava oral-
mente, e a tratti generah , il seguito della storia della eruzione
medesima, i fenomeni studiati sul posto nel febbraio 1889 e le
ricerche e i lavori eseguiti, ai quali partecipai collaborandovi: una
terza in fine nella tornata del 22 dicembre dello stesso anno ,
occupandosi dell' Etna, della Sicilia e delle isole adiacenti.
Da queste comunicazioni si rileva che la recente eruzione di
Vulcano è stata delle più formidabili e che non trova riscontro tra
le storiche se non in quella assegnata al 1771 e alla quale si
attribuisce la corrente di ossidiana, che tuttora si osserva freschis-
sima suir esterno versante NNW del monte vulcanico. E malgrado
Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4" 43
318 Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere
che la recente eruzione non avesse dato corso di lava fluente ,
pure c'è dovizia di fatti, i quali testimoniano la manipolazione di
un magma lavico, nel focolare vulcanico , lanciato a strappi piìi o
meno voluminosi dalle continue e molteplici esplosioni , da segnarsi
a centinaia in un sol giorno e per la durata di circa venti mesi
con alternativa di depressione e di recrudescenza principalmente ,
nella quale si ebbero violentissimi parossismi.
Negli ultimi mesi di questo periodo la intermittenza delle
esplosioni si fa sempre più lunga , vi predominano le deboli eru-
zioni e i prodotti sono prevalentemente ammassi di vapori con
sabbia e poche pietre, che cadendo entro lo stesso cratere tendono
a colmarlo, hifatti nel settembre 1889, quando Vulcano fu visitato
dall'Associazione geologica di Londra, che organizzò una escursione
scientifica per le regioni vulcaniche italiane , quale centenario del
viaggio alle Due SiciUe di Lazzaro Spallanzani, lo stato del cratere
era immensamente trasformato e assai modificato in confronto a
quello che presentava nel febbraio dello stesso anno, quand'io ebbi
la favorevole occasione di visitarlo per la prima volta.
Nel settembre il cratere si presentava per la maggior parte col-
mato di materiali frammentari, e dalla parte di N. si sprofondava
poco più di una ventina di metri, (1) mentre nel febbraio, quand'era
in pienissima attività , da fare piti di 300 esplosioni al giorno , lo
vidi con una profondità non inferiore ai 150 metri a pai'tire dal
lato di N. ch'è la paiie più bassa dell'arco del cratere medesimo.
Nel gennaio 1890 l'attività continua come nei mesi precedenti
e le eruzioni sono miste, alternandosi le deboli con le forti ad inter-
valli ordinariamente di circa mezz'ora o più, e predominandovi vapore
acqueo e sabbia. Negli ultimi di gennaio il cratere è quasi sempre
pieno di vapori bianchi, sicché in generale è venuta meno la forza
di propulsione e quindi mancano le pietre e la sabbia mentre il
vapore in gran quantità si accumula all'interno del cratere medesimo.
Lo stesso slato manifesta nella 1=* decade di febbraio e in
(1) G. Platania — Stromboli e Vulcano nel settembre 1889.
Fiìie del periodo eruttivo di Vulcano e sfato attuale del cratere 319
corrispondenza pigliano maggiore attività i fumaioli esterni. Nella 2*
decade le eruzioni ripigliano vigoria, che si continua nella 3^ e il
cratere dà eruzioni anche miste. Nel marzo si risveglia sempre più
l'attività del vulcano e le eruzioni si fanno forti e fortissime, per
quanto la sera del giorno 15 alle ore 9,15 il cratere fa un'eruzione
spaventevole con gran fuoco, rombi e rumori fortissimi e prolungati.
Il lapillo, che presento e che faceva parte del materiale fram-
mentario fatto saltare in aria, raggiunge 1' abitato dell' isola di Lipari
attraversando un tratto di sette chilometri circa. La popolazione fu
allarmatissima per la pioggia di quel lapillo, credendolo foriero di un
nuovo periodo eruttivo. Questa esplosione fu preceduta da una
leggiera scossa di terremoto accompagnata da forti rombi e tutto
inteso a Lipari verso le 10 di mattina nella stessa giornata.
Le eruzioni forti continuano Ano al giorno 18 inclusivo , indi
cominciano a indebolirsi e col giorno 28 cessano ; ma i fumaioli
esterni riprendono grande attività e costituiscono la sola manife-
stazione^ che testimonia l'ultimo avanzo di un periodo eruttivo già
quasi esaurito.
Dall'aprile in poi non si osserva che emissione di ammassi di
sabbia , senza pietre , e così di seguito fino a quando il cratere
entra nella fase di sofaltara per avviarsi probabilmente a quella di
estinzione.
Ora la diminuzione di attività eruttiva, che preparò la potente
esplosione del marzo , se fu realmente un accenno di cessazione
della lunghissima attività del cratere di Vulcano, fu nello stesso
tempo una condizione che doveva favorire all'interno lo accumulo
di tanto vapore e con tale tensione da dover produrre uno di
quei potenti parossismi vulcanici, che, come ultimo conato, prece-
dono la fase di estinzione. Infatti i materiali frammentari lanciati
dalle decrescenti propulsioni , doveano ritornare entro il cratere e
doveano ammassarsi in modo da tendere -a colmarlo e quindi ad
impedire l'ulteriore sviluppo di quegli ammassi di vapori, che sa-
rebbero scappati liberi e successivamente, se la gola si fosse con-
servata sgombra, come nel periodo di piena attività vulcanica.
320 Fine del periodo eruttivo di Vukano e stato attuale del cratere
I vapori ammassati e imprigionati dovevano raggiungere tale
tensione da vincere Y ostacolo sovraincorabente e mandare in aria
tutto quel materiale accumulato , sfogando quest' ultimo avanzo di
energia interna. In quell'ultima potente esplosione del marzo quindi
si ebbe una di queste manifestazioni, e dallo stato del cratere pri-
ma e dopo di quella esplosione, e dalla natura del lapillo lanciato
fino a Lipari, si potrà approssimativamente valutare, come rileverò
in seguito , la grande massa di materiale frammentario cacciato in
aria e la forza potente, con la quale agì il vapore accumulato.
Fin dal settembre 1889 si era già osservato che, quantunque
non mancassero le forti e anche fortissime eruzioni e con materiaU
solidi più o meno abbondanti , pure da qualche tempo la maggior
parte dei prodotti eruttivi cadeva entro il cratere stesso, il quale
erasi in gran parte colmato , da presentare a N. ove 1' orlo è più
basso , la profondità di una ventina di metri circa. Così il fondo
era talmente rialzato da far perdere l'imponenza al cratere, il quale
rappresentava solo un' ampia depressione subcircolare con quella
bassa profondità e un maggior diametro all' orlo di poco più di i200
metri. In tale condizione permetteva di potersi attraversare senza
destare quel raccapriccio che destava quando motravasi, e come lo
vidi nel febbraio 1889, quale immensa bolgia con più di 150 metri
di profondità dalla parte dell'orlo più basso. Allora vomitava incal-
zanti e colossali nembi di vapori , fitti, neri, squarciati da fulmini
e accompagnati da massi infuocati , che si vedevano uscire dalla
ignivoma gola, assistendo dall' orlo, e lanciati a più di 700 metri
di altezza, mentre che gli ammassi roteanti di vapori misti a cenere
si elevavano fino a 10 chilometri e mezzo sotto la spinta di propul-
sione per la tensione enorme del vapore compresso entro il focolare
vulcanico (1).
Fino a quando la gola fu aperta e permise il facile passaggio,
le eruzioni si succedevano con un certo ritmo più o meno fre-
(1) Questa osservazione si deve a misure angolari prese dal prof. A. Ricco dall'Osserva-
torio Astronomico di Palermo, sulla colonna ascendente, distintamente visibile anche a grande
distanza, e nella esplosione eh' ebbe luogo alle ore 4 30' p. m. il 6 Gennaio 1889.
Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere 321
quelite ; ma quando le condizioni interne determinarono un certo
grado di depressione nell' attività eruttiva e i materiali ricadevano
entro il cratere medesimo , fu occlusa la via e 1' ostacolo opposto
dalla massa, principalmente di lapillo, che colmava quella voragine,
obbligò il vapore ad accumularsi nel focolare vulcanico e raggiunto
il momento critico vinse quella enorme resistenza e produsse la
spaventevole eruzione del marzo. In essa si mise allo scoperto un'al-
tra bolgia, che, vuotata di quella grande massa di bombe, rottami
e lapillo , raddoppiò il fondo del cratere lasciando in contempo i
segni che testimoniano fin dove si era colmata la fossa.
Il nuovo stato del cratere favori la successiva calma, giacché
non essendo piili il vapore ostacolato nel libero sviluppo, il vulcano
entrò in quella fase di solfatara, in cui è tuttora e, non essendovi
proezioni solide, la gola del cratere si è mantenuta sempre sgom-
bra e lungi dalla minaccia di altra esplosione per accumulo di va-
pore ostacolato nella sua libera emissione.
Si può quindi affermare che il periodo eruttivo di Vulcano ,
durato più di ventidue mesi , ebbe fine col maggio-giugno 1890 ,
entrando il cratere in una nuova fase, in cui tuttora continua, co-
me ho potuto constatare per una recente escursione fattavi e della
quale passo a dare un cenno.
n.
Nello scorcio del marzo 1891 mi recai all'Isola di Vulcano per
completare uno studio speciale sulle bombe di nuova formazione e
venute fuori durante l'ultima eruzione 1888-90. (1)
Ebbi l'agio di potere osservare e studiare lo stato attuale del
cratere, paragonandolo a quello che presentava nel febbraio 1889,
quando trovavasi in pienissima attività. In complesso può dirsi che
(1) Mi propongo di comunicare una nota sul riguardo, dopo la prossima pubblicazione
della Relazione generale snll' eruzione di Vulcano, fatta al E. Governo dall'apposita Commis-
sione, a cui presi parte come assistente. La nota sarà una specie di appendice alla Relazione
medesima.
322 Fine del periodo eruttivo di Vulcano e sfato attuale del cratere
la differenza tra lo stato di allora e l'attuale si è quella precisamente,
che potrà rilevarsi tra lo stato di un vulcano in piena fase pliniana e
quello in fase solfatariana.
Osservato il cratere a distanza o dalla base, lascia solamente
vedere le attive fumaiole che soffiano a getto continuo sull'orlo del
recinto esterno e nell'arco compreso tra N. e NW e principalmente
verso N. Attorno alle fumaiole e per tutto il cennato arco la cresta
è tappezzata di sublimazioni gialle e giallo-bianchicce. In modo in-
certo poi si osservano dallo esterno le emanazioni che s' inalzano
dalla cavità centrale del cratere , cioè dalla gola eruttiva , che dà
luogo a tali manifestazioni gassose. Da una fotografìa presa dal
porto di ponente il giorno 26 marzo alle 5 p. m., si rileva lo stato
esterno del cratere medesimo.
Sui versanti esterni del monte non si manifestano più quelle
emanazioni di vapori, che si sviluppavano nel febbraio 1889 durante
la piena attività del cratere. Per esse , certo risultanti da vapori
acquei , la superficie esterna del cono era tappezzata di grandi
macchie nere per sabbia inumidita, anzi bagnata, dai vapori me-
desimi. Si sprigionavano principalmente sul versante W e proprio
in direzione verso ove all' interno del cratere attivo corrispondeva
il promontorio detto di Mastro Rosario. Quelle emanazioni poi chia-
ramente accennavano che la massa costituente il cono dovea essere
in qualche parte attraversata da fratture radiali; che sotto la ten-
sione dei vapori interni, doveano dare a questi passaggio per ma-
nifestarsi all'esterno.
La serie degli attuali fumaiuoli esterni non la cedono per at-
tività a quelli ch'erano attivi durante il periodo eruttivo del cratere;
solamente ora danno luogo alla produzione di quelle macchie gialle
e giallo-bianchicce, che si estendono attorno alle bocche di emis-
sione (come rilevasi dalla fotografia) e che allora non si sarebbero
potute distinguere, anche formandosi, per la soprapposizione con-
tinua del materiale frammentario proveniente dalle continue esplo-
sioni.
Se si toglie lo spesso strato di lapillo e sabbia disseminato di
Fhie del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere 323
massi e bombe che raggiungono dimensioni colossali e che avvertono
con la loro freschezza di esservi stata recente eruzione , il monte
vulcanico all' esterno non accenna ad alcun cambiamento dello stato,
in cui trovavasi prima che fosse scoppiata 1' eruzione medesima.
Alla base del monte e precisamente nella spiaggia del porto
di levante, proprio dietro il faraglione piccolo o cava dell'allume,
osservai la solita acqua calda, che bagna quella specie di ghiaia, che
si distende verso la riva. Praticato un piccolo cavo a circa due metri
da questa, vi si accumulò dell' acqua calda, quasi fumante, che al
termometro segnava + 79 C. con leggerissima reazione acida inerte
alle carte di sale di piombo. A lunghi intervalli scappava dal fondo
qualche piccolissima bolla gassosa, che suppongo essere di acido
carbonico, e a cui devesi la leggerissima reazione acida. Tentai di
raccogliere quel gas per saggiarlo anche sul posto, ma non mi fu
possibile, giacché dopo più di mezz' ora non potei raccoglierne che
meno di un mezzo contimetro cubico.
Un saggio indicativo fatto in gabinetto su quell' acqua mi ha
dato i seguenti risultati : Cloruri abbondantissimi. Solfati molto ab-
bondanti. Calce abbondante. Magnesia quantità sensibile. Fosfati
tracce trascurabili. Allumina abbondante.
Credo che la composizione chimica di queir acqua e la tem-
peratura dipendano da tre condizioni principali ; cioè, vicinanza al
mare e quindi abbondanza di cloruri e presenza di magnesia, e
r acqua difatti è salatissima al gusto e amara : comunicazione più
0 meno diretta col focolare del cratere per mezzo di fratture sotter-
ranee, quindi 1' alta temperatura e in parte 1' abbondanza dei solfati
e della calce, per la produzione, come vedremo in seguito^ e i de-
positi di gesso; finalmente il passaggio dei vapori interni attraverso
la massa costituente il faraglione piccolo o grotta dell' allume, certo
fratturata, quindi abbondanza dell" allumina medesima. Difatti è in
questo faraglione che si sviluppa la spiaggia e alla parte di levante
era praticato un cavo che metteva allo scoperto l' ammasso dell' al-
lume, di cui risulta. Vi si entrava carponi anzi quasi strisciando
324 Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere
sul ventre, ma ora non trovasi i)iù in seguito ad una frana, forse
per r urto delle onde.
Il 26 marzo feci una prima e il 27 una seconda ascensione sul
cratere. L'inclinazione che presenta all'esterno sui versanti più acces-
sibili oscilla tra 30° e 35°; la superficie è mobilissima essendo comple-
tamente rivestita di lapillo, sabbia e cenere, ultimi prodotti di eruzione
quando il cratere cominciava a perdere la sua attività. Feci l'ascen-
sione a ponente della corrente di ossidiana e serpeggiando per gua-
dagnare l'altezza colla minor fatica possibile. Tuttora non esiste alcun
viottolo battuto e si è obbligati muoversi sopra suolo mobilissimo, ove
si affonda facilmente, e allo spesso si retrocede di qualche passo ,
perchè tuttora quel tritume è del tutto sciolto non avendo avuto il
tempo necessario di essere cementato e così rendere meno faticosa
la salita. Del resto in circa tre quarti d'ora raggiunsi la cre.sta ove
trovasi le regioni dei fumaiuoli esterni, che si osservano nella foto-
grafìa. A questo punto il mio aneroide segnava una elevazione di
circa 250 metri sulla base, questo è 1' arco meno elevato di tutta la
cresta di un primo recinto e che guarda sensibilmente tramontana.
I fumaiuoli esterni di quest'arco originano depositi di sublima-
zioni formando le estese macchie gialle e giallo-bianchicce , delle
quali presento alcuni campioni. Essi risultano costituiti da lapillo ,
sabbia, cenere alterati dalle emanazioni acide , cementati da for-
mazione di gesso e rivestiti di zolfo cristallizzato.
Varcata la cresta esterna si entra in un ampio recinto con
circa cinque metri di depressione e limitato all' interno da un" altra
cresta, più alta che dista dalla prima circa una cinquantina di metri
e la quale costituisce 1' orlo dell' attuale cavo crateriforme, e questo
sul luogo è chiamato la Fossa di Vulcano. Quell' ampio recinto è
quasi concentrico alla bocca del cratere ; ha la massima ampiezza
dalla parte di ponente e si restringe successivamente verso levante
e mezzogiorno, in modo che raggiunto 1' arco SE-S-SW si fonde
neir unica cresta, che limita la bocca del cratere da questa parte.
II recinto è completamente e fittamente disseminato di tutto lo
svariato materiale emesso da Vulcano ; principalmente negli ultimi
Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere 325
periodi di attività decrescente. In mezzo a tanto pietrame e mate-
riale frammentario di tutte le dimensioni e di tutte le varietà, si
rinvengono delle bombe colossali, sia pomicee che compatte e di
grande peso. Presento la fotografia di una delle bombe massicce
che trovasi al lato di ponente e presa sul posto il giorno 27 marzo.
Accanto ad essa osservasi la guida, che mi accompagnava e dalle
dimensioni dell'una e dell' altra potrà rilevarsi l'imponente mole di
quella bomba e lo sforzo potente necessario per cacciarla dal foco-
lare vulcanico attraverso la gola e lanciarla, chi sa a quale altezza,
prima di raggiungere il posto in cui trovasi.
n giovane che mi faceva da guida è dell' altezza di circa metri
1,70 e di compostezza proporzionata.
Percorso quel recinto, per lo studio del materiale ivi dissemi-
nato, mi feci ad osservare, dall' alto, l' interno della gran fossa ,
costituita da un ampio cavo imbutiforme ed ellittico con asse mag-
giore , alla parte superiore , considerato ad occhio , di circa 200
metri in direzione di NNW-SSE e con asse minore di 130 a 140
metri circa. La superficie del pendio interno è tuff altro che rego-
lare e presenta varii gradini, quasiché il cavo crateriforme risultasse
da diverse bolge, che del resto trovano la spiegazione nelle vicende
di periodi alternanti di attività e di sosta del vulcano medesimo.
L' inclinazione interna sensibilmente può considerarsi di 30 a 35
gradi, quindi accessibilissimo il fondo, fino però ad un certo punto;
ivi bisogna assolutamente arrestarsi. Fatta la discesa di poco pili
di una trentina di metri si è varcata la prima bolgia e si è sopra
un gradino di tre o quattro metri di piano per potere entrare poi
nella seconda bolgia. Anch' essa ha poco più di una trentina di m.
di profondità, però neUa metà abbracciata sensibilmente dalla se-
miellisse W a circa 15 metri o poco più di profondità e' è un
gradino con 3 a 4 metri di piano pel quale si scende lungo il resto
della bolgia, mentre la semiefiisse E ha unico pendìo, sempre benin-
teso accessibile come il resto della fossa, principalmente pel mate-
riale sparso su tutta la superficie interna.
Raggiunta la base di questa bolgia , cioè a circa una settan-
Atti Acc. Vol. Ili, Sebie i" 44
326 Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attìiale del cratere
tina di metri di profondità , si è sopra un piano più esteso , rela-
tivamente a quello delle indicate bolge e in esso apresi eccentrica-
mente la bocca dell'ultima bolgia, che comunica con la gola del
vulcano, e della profondità di circa una trentina di metri , ma con
pendio che raggiunge e forse supera i sessanta gradi e a parete
regolarissima. Dimodoché per questo solo sarebbe anche assoluta-
mente inaccessibile, se altre condizioni non concorressero ad impe-
dirlo. Il fondo di quest' ultimo cavo rappresenta il vero fondo del
cratere, eh' è un piano quasi circolare del diametro di circa una
decina di metri. Sensibilmente corrisponde ad uno dei due fuochi
dell' ellisse , che forma la fossa di Vulcano e che si avvicina alla
parte di N e precisamente verso il punto ove si manifestarono le
spaccature del 1873^ quando incominciarono le prime manifestazio-
ni, che con un crescendo interrotto da periodi di apparente diminu-
zione, ci hanno condotto a quest' ultima imponente e lunga eruzione
del 1888-90. Le spaccature del 1873 poi sono in direzione del grup-
po dei fumaiuoli esterni, che nella fotografia si osservano di mag-
giore attività.
Ora io credo fondatamente che la origine di queste bolge si
debba al modo di come è proceduto l'ultimo periodo, quando il cra-
tere entrava nella fase solfatariana, in cui tuttora continua. In es-
se quindi abbiamo i documenti di succesione dell' altalena negli ul-
timi conati di attività esplodente.
Quando nel settembre 1889^ Vulcano fu visitato dalla Società
inglese, la profondità del cratere a N fu trovata poco piìi di una
ventina di metri; vuol dire che la fossa era limitata a quella par-
te dell'attuale, che ho chiamato la prima bolgia e il resto era com-
pletamente colmato , e la fossa come una semplice ampia depres-
sione poco profonda si attraversava passandosi dall' una all' al-
tra parte dell' orlo del cratere. Il materiale frammentario grosso e
minuto , che colmava il resto era il prodotto dell'attività interna ,
che abbassata , volgeva e rivolgeva il materiale che avrebbe dovu-
to lanciare fuori , se vi fossero state forti esplosioni , e che per
deficienza di energia accumulava entro la fossa medesima. Ho tro-
Fine del perìodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere 327
vato la conferma di quel rimaneggiamento di materiale nel cratere,
in parecchi frammenti di materiale spezzato, che si presentano arroton-
dati piuttostochè a spigoli vivi di frattura. Li rinvenni poi quasi im-
pegolati all'esterno di una colossale bomba , emessa probabilmente
in quella potente esplosione e che trasportò seco passando attra-
verso il materiale frammentario accumulato entro la fossa.
Gontirmò quello stato fino al 15 marzo quando avvenne alle
9, 15 di sera la potente esplosione, che lanciò in aria tutto il ma-
teriale, che riempiva l'attuale seconda bolgia e che spinse attorno al
cratere per oltre a 7 chilometri di raggio, almeno verso N, per cui
a Lipari fu raccolto il lapillo , che ho presentato. Calcolata appros-
simativamente la capacità di questa bolgia e quindi il volume e il
peso del materiale frammentario accumulatovisi^ si ha, almeno, un
volume di circa 75000 me. e un peso maggiore a 100000 tonnel-
late. Si desuma ora lo sforzo necessario per lanciare quel materiale
a tanta altezza, dalla quale parte di esso si spinse con traettoria
parabolica e venne a cadere alla distanza di oltre 7 chilometri.
Orbene, l'attuale interna attività del cratere è manifestata da
fumaioli sparsi quasi su tutta la superfìcie interna della fossa, con
intensità crescente discendendosi entro il cratere medesimo. Già ap-
pena si è su r orlo, ove si abbraccia coli' occhio l' interno di tutta la
fossa, si avverte molto sensibile 1' odore caratteristico e abbastanza
intenso dell'idrogeno solforato, che proviene principalmente dalle
attivissime emanazioni della gola del cratere.
Scendendosi per la prima bolgia e anche per la seconda , le
pareti sono del tutto ricoperte di sublimazioni bianche , accidentate
da macchie gialle, principalmente attorno e al disotto delle grossis-
sime bombe compatte, che sono disseminate all' interno, e sotto alle
quaU scappano attivissimi fumaiuofi esalanti vapori acidi, con pre-
dominanza, di acido solforoso.
Le sublimazioni bianche , che presento , risultano da masse
cristalline aciculari e acidissime; sono gruppi di cristalli aciculari
di gesso, limpidi e trasparenti, a reazione acida, per l'acido solfo-
roso , di cui sono compenetrati ; contenendo inoltre tracce trascu-
328 Fine del periodo eruttivo di Vulcano e sfato attuale del cratere
rabili di cloruri, piccola quantità di magnesia e sensibile quantità
di allumina.
Credo di qualche importanza richiamare 1' attenzione su 1' abi-
to cristallino di esse , dovendone possibilmente indagare le speciali
condizioni determinanti. È un abito che molto si approssima a quel-
lo della sericolite o gesso fibroso sericeo ; ma in questo i cristalli
non sono sensibilmente aciculari come quei delle sublimazioni in
parola.
Per quanto io mi sappia non trovo uno studio esteso e fatto
di proposito sulle diverse condizioni determinanti i diversi aspetti
cristallini assunti dal gesso ; solo è detto che il gesso contenente
molto ( beaucoup ) acido cloridrico produce cristallini più delicati e
poco sviluppati (1).
Ho fatto una lunga serie di esperienze sopra varie qualità di
gesso cristallizzato e di diversa provenienza e credo di aver potuto
constatare dei fatti , che ci portano a spiegare fino ad un certo
punto r abito cristallino delle sublimazioni gessose di Vulcano.
Il gesso, sia proveniente da masse concrezionari, sia da sele-
nite, sia da sericolite o da altre varietà più o meno cristalline, sciolto
neir acqua dà al microscopio cristalli quasi costantemente tabulari
o a ferro di lancia o al più bacillari— La stessa soluzione delle di-
verse varietà di gesso, acidificata anche con sole tracce di acido clori-
drico (non fa bisogno che sia molto), acido solforoso, acido nitrico,
idrogeno solforato, acido borico, mi ha dato i seguenti varii risultati.
Con acido cloridrico, cristalli in predominanza aghiformi isolati,
lunghi, sottili e anche bi-acuminati se rari, e intersecantisi a due ,
a tre, a quattro in tutte le direzioni, a forma d' alberetti o dendri-
tiformi, a ramificazioni sottilissime , o a doppii ventagli riuniti per
gU apici e finalmente ad ammassi raggiati o a fìtta rete.
Con acido solforoso, predominanza di cristalli aghiformi anche
(1) e. Klemeiit et A. Renard. Rèactions microchimiques à cristaux et leur applications en
analyse qualitative.
Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere 329
iiitersecantisi e formando gruppi, ma sempre con abito sensibilrnente
aciculare.
Con acido nitrico, quasi tutti bastoncini o isolati o a fascio.
Con idrogeno solforato, bacillari se piccoli e isolati, e a piano
ferro di lancia se grandi o a gruppi ; e proprio con quell' abito, che
predomina nella selenite delle zolfare.
Chi sa che in queste essa non si sia formata sotto l' influenza
di emanazioni d' idrogeno solforato.
Con acido borico, predominanza pacchetti a ventaglio semphce
o doppio , sfrangiati divergendo; acuminati ma corti e formati da al-
tri pili piccoH.
Risulta quindi che l' abito aciculare predomina formandosi i
cristalli sotto r influenza dell' acido cloridrico o dell' acido solforoso.
Ora osservando attentamente questi cristalli , anche isolati , si
può constatare che risultano da fasci paralleli , alle volte con apici
divergenti, di sottihssimi prismi monoclini, non diversi da quelli che,
essendo isolati e bene sviluppati, si presentano bacillari. — Però sic-
come sotto l'influenza di quegli acidi si sono formati sottilissimi e
lunghi non si rende sensibile la coppia pinacoide basale e le estremi-
tà sembrano appuntate. — E se se ne costituiscono dei fasci paralleli
risultanti da sottilissimi prismi a lunghezza sempre piti dicrescente,
si otterranno dei cristalli sensibilmente a forma di aghi biacumina-
ti, non potendosi, per la estrema loro sottigliezza, osservare le gradi-
nate che devono esistere verso le estremità del fascio medesimo. —
Questa spiegazione è suffragata dal potersi osservare in alcuni di
questi cristalli i loro componenti che divergono e si allontanano per
le loro estremità e che costituendosi a fasci sensibili originano i
ventagli sempUci o doppii, oppure le masse raggiate. — Non credo di
potere rassomigliare quei cristalli acuminati , in apparenza , ai mi-
crohti o cristalloidi detti trichiti , non avendo questi alcuna azione
sulla luce polalizzata e quindi ritenuti come principio o aborto di
cristallizzazione.
Ma se quelle osservazioni ci spiegano l' origine dei cristalli
aciculari delle sublimazioni gessose di Vulcano, non ci spiegano
330 Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere
perchè 1' influenza di quegli acidi origini i cristalli di gesso tanto
sottili e allungati.
Trovate quelle condizioni, spiego facilmente 1' abito, che presen-
tano quelle sublimazioni di gesso ; cioè dovere la forma aciculare
all'influenza dell'acido solforoso che l'accompagna, anzi forse che
r origina. — La nitidezza e la trasparenza poi dei gruppi di cristalli
devesi al processo lento di formazione, per cui il gesso non si con-
creziona. — Anche nella regione bassa della Forgia Vecchia ho rac-
colto del gesso in parte cristallizzato in parte terroso , ed è una
vecchia formazione che dovette originarsi con qualche rapidità e non
favorita da vapori troppo acidi.— Lo stesso posso dire per altro gesso
trovato tra le spaccature del tufo, che forma l' interno di uno dei
tre vecchi crateri di Vulcanello.
Or non è improbabile che queste calde e acide emanazioni ser-
peggiando per interne fratture possano comunicare , come dissi, la
temperatura e in parte l' al^bondanza dei solfati e della calce , che
si trovano nell' acqua calda della spiaggia.
Continuando la discesa verso il fondo del cratere si rileva sem-
pre piti crescente l' attività dei fumaiuoh e le sublimazioni cambiano
abito, lasciando la predominanza cristaUina e originandosi piuttosto
concrezioni di gesso, costituenti una trama che viene riempita da
depositi di zolfo sensibilmente amorfo e di solfuri di arsenico. — Le
sublimazioni che presento si mostrano gialle e giallo-rossicce, a se-
condo eh' è il solo zolfo che riempie la trama di gesso o vi ab-
bondano i solfuri di arsenico. — Si osserva inoltre che la loro for-
mazione ha avuto luogo rapidamente e sotto l' influenza di attivis-
sime emanazioni, per quanto tutta la massa è cosparsa di tanti car-
naletti , che rappresentano la via per dove sono scappati i getti di
vapori carichi di quefle sostanze che formano le concrezioni.
Raggiunto il piano , ove incomincia 1" ultima bolgia , ossia la
vera gola attiva del cratere, osservai che la superficie interna è ab-
bastanza levigata ; rivestita completamente da sublimazioni gialle e
giallo-rossicce e gremita d'attivissimi fumaioU, che con incessanti
emanazioni riempiono quasi costantemente quest'ultimo cavo.— Se
Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere 331
qualche corrente d' aria esterna sgombra per poco la gola , si os-
servano le pareti del tutto fumanti. — Le emanazioni poi d'idro-
geno solforato sono tanto intense, che non vi si può restare a lun>-
go senza accusare il disturbo , molesto e anche nocivo , provocato
da quel gas.
Dall' orlo a spigolo vivo del cavo si può osservare , in certi
momenti, il vero fondo del cratere attuale, alia profondità di circa
una trentina di metri. — Fui sorpreso per l'aspetto ch'esso mi pre-
sentò.— Piuttostochè mostrarsi con accumulo disordinato di materia-
le frammentario più o meno grosso in mezzo a spaccature e a fu-
maiuoli attivissimi, coni' ebbi ad osservare, sebbene a maggiore di-
stanza, nei brevissimi periodi di calma nel febbraio 1889, constatai
che il fondo risultava da un piano , quasi circolare , sensibilmente
orizzontale e relativamente levigato, con alquante sporgenze, come
grosse pietre rotondeggianti di colore giallo vivo e giallo-rossiccio
sopra un fondo bruniccio, e come se fossero in esso conficcate.
Profittando di opportuni intervalli, per accurata osservazione,
constatai, sia ad occhio nudo e principalmente servendomi del bi-
nocolo, esservi sul fondo una crosta che uguagliava la superficie di
esso e certamente prodotta dalle attive emanazioni. — Questo fatto
però non mi spiegava come una semplice crosta deposta sopra un
cumulo di materiale frammentario avrebbe potuto rendere sensibil-
mente orizzontale il piano del fondo del cratere. — Mi sorse il dub-
bio che si trattasse di crosta formatasi sopra un elemento livella-
tore e quindi il sospetto di qualche deposito liquido in fondo al
cratere medesimo ; sola condizione che avrebbe potuto spiegare quan-
to si osservava. — Facendovi lanciare dalla mia guida alcune pietre,
mentr' io guardava col binocolo , constatai infatti che trattavasi di
un piccolo lago a piano sensibilmente circolare del diametro appa-
rente di un otto metri circa e rivestito in fatto da una crosta. — ■
Rotta questa sotto l'urto delle pietre lanciatevi, mettevasi allo sco-
perto dell' acqua bruniccia, ove terminato il movimento delle onde
lic|uide prodotte dal tonfo dei sassi, la crosta tornava a chiudersi
e la superficie tornava levigata.
332 Fiìie del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere
Da quanto potei osservare ripetutamente, risulta che in fondo al
cratere trovasi un deposito d' acqua, certamente calda, coperta da
una crosta di zolfo o altro, depostovi dalle continue e attive ema-
nazioni del fondo, e quelle sporgenze gialle o giallo-rossicce dis-
seminate in esso erano il materiale più grosso sporgente e rivestito
di depositi d' incrostazione depostivi dai fumaiuoli attivi.
Sarebbe riuscito impossibile potere attingere direttamente di
quell'acqua e altro materiale, ma se mi fossi potuto trattenere più
a lungo in quella visita , avrei superato probabilmente le difficoltà
servendomi di mezzi indiretti.
Non potendo altro , tentai però di fissare alla meglio lo stato
di c|uella gola fumante servendomi della fotografia. Non possedevo
una machinetta a mano, tanto comoda in simili casi, e mi fu di gra-
ve disagio salire il monte e discendere nel cratere con una macclùna
grande, con la quale non potei rilevare il fondo non essendo stato
possibile inclinarla di troppo, per quanto mi sia avvicinato proprio
all' orlo di quell' ultima bolgia. Inoltre non potevo trattenermi a
lungo entro il cratere e principalmente alla bocca della gola fumante
per le continue emanazioni d'idrogeno solforato, le quali avrebbero
attaccato profondamente il sale di argento della lastra sensibile. Piglia-
te le possibili precauzioni per evitare questo certissimo e gravis-
simo inconveniente, mi accontentai di riprodurre il versante interno
dal cavo centrale e che guarda ponente e l'orlo da questo stesso lato,
ove si osservano tuttora delle grosse bombe.
Or volendo dare una spiegazione dell'origine del laghetto esisten-
te in fondo al cratere , non credo improbabile trovai'la nello stato
di emanazione, in cui è attualmente la fossa. Cosicché potrebbe am-
mettersi essere un accumulo di vapori acquei condensati e trattenu-
ti dal fondo per cementazione avvenuta nei materiali frammentarii,
che lo costituiscono. La incessante condensazione poi di nuovi vapori
compenserebbe quel tanto d'acqua che potrebbe infiltrarsi nel fondo
medesimo. Potrebbe cercarsene anche la causa in condizioni esterne
e ascriverla a deposito d'acqua in seguito a piogge invernali?
Non credo che si possa essere sul momento autorizzati a dire
Fhìe del periodo eruttivo di Vulcano v ^tato attuale del cratere ;-5;-53
sul riguardo 1" ultima parola perchè mancano i ciati necessarii^ e piut-
tostochè precipitare in spiegazioni infondate, credo sia preferibile at-
tendere le condizioni opportune pei- intcì-pretare positivamente il fe-
nomeno osservato. (1)
Dopo di essersi conosciuto il corso del periodo eruttivo e lo
stato attuale del cratere di Vulcano , nasce spontanea la curiosità
di sapere se possiamo formulare delle previsioni sullo stato eh' esso
potrà assumere in seguito dopo un elasso di tempo piìi o meno lungo.
Non credo che si possa dare una risposta in modo afTermativo
ed esplicito perchè non si conoscono tutte le leggi , né credo che
possano essere nettamente delineate. Ma richiamando in concorso
tutti i fatti studiati nel lunghissimo periodo di quest'ultima eruzione
e quelli di altri vulcani nelle diverse fasi, potrà azzardarsi qualche
giudizio di previsione.
Io penso che, per le probabili condizioni interne, sotto le eguali
ha avuto luogo il periodo eruttivo : che per la lunga durata di esso,
e per la fase in cui si mantiene il cratere da circa un anno, non
sia difficile di vedere rientrare Vulcano nel suo relativo stato di cal-
ma per ritornare la Fossa ad essere sorgente di speculazione come
per il passato. Ma potrà anche darsi che il mio giudizio venisse
smentito da inaspettato e imprevedibile risveglio.
Ad ogni modo termino considerando il mio giudizio come Davy
considerava l'ipotesi, la quale, diceva di essere " un uncino a cui
" dobbiamo per forza attaccare il volume delle nostre cognizioni.
" Se collo accumularsi dei fatiti l'uncino reggerà, buon per noi, se
" no, prenderemo consiglio dai nuovi eventi e da quello che il tarlo
" del tempo avrà messo a nudo. ,
(1) Rendo pubbliche grazie ai signori A. E. Narlian , comproprietario e Direttore della
Fossa di Vulcano, e Tommaso Carnevale di Lipari, per le cortesìe usatemi durante la mia
escursione.
Sulle curve brachistocrone
Nota del Prof. G. PENNACCHIETTI
Letta all'Accademia (rioenia neW adunanza del dì 18 giugno 1891.
Dopo avere esposto alcune generalità sulle forme che possono
darsi alle equazioni generali del moto brachistocrono, dimostro in-
torno a questo problema alcune proposizioni che hanno analogia
con teoremi noti riferentisi al moto d'un punto materiale libero
o semplicemente obbligato a rimanere sopra una superficie fissa
data.
§ I.
Le coordinate del punto mobile rispetto a tre assi ortogonali
siano X, y, z al tempo ^ e sia T la forza viva, la quale, suppo-
nendo, per semplicità, la massa eguale all' unità, è uguale alla me-
tà del quadrato della velocità. Siano X, Y, Z le componenti della
forza sollecitante rispetto agii assi^ e supponiamo che esista una
funzione V della forza dipendente dalle sole coordinate del punto
mobile. Le equazioni del moto brachistocrono saranno, com'è noto :
d
dt
/ 1
T
dx
dt ~
A'
T '
d
dt
1
J
dy
dt
Y
T '
d
dt
(^
dz _
dt 1 ~
Z
T '
(1)
Introducendo tre incognite ausiliarie u, v, tv, al sistema di
queste tre equazioni differenziali ordinarie di second" ordine si può
Atti Acc. Vol. Ili, Sebie 4' 46
336 ■ Sulle curve hrachistocrone
sostituire il seguente sistema di sei equazioni differenziali ordinarie
di prim' ordine :
(2)
(3)
'^^ - Tu
dt ~ "'
t = ^-
dt =^"''
du X
dv Y
dtv Z
dt ~ T '
dt ~ T '
' dt ~ T
Se per mezzo di :
— = — {u' + v' -h w' )
eliminiamo T dalle equazioni (2), (3), queste formeranno un siste-
ma normale.
Cambiando momentaneamente la variabile indipendente col
porre :
[t dt ^t,,
le equazioni del moto brachistocrono prendono la forma :
d'x
dt: ~
X
d'y
dt,'
Y
d'z
dt:
z
(4)
Se si aggiunge la condizione che il mobile debba trovarsi sopra
una superficie fissa data, la cui equazione sia :
fix,>,,z) = 0, (5>
tiulle curve hracliisfocrone 337
a questo sistema si sostituirà il seguente
d'x
df,' -
X ^ , df
T' ^ ' dx '
d'y
dt: -
T' ^ dy ^
d'z
di,'
z . df
(6)
dove '^- è una quantità da eliminarsi.
Per ottenere le equazioni del moto brachistocrono in un si-
stema qualunque di coordinate curvilinee q^ , q^ , q-j nello spazio
ovvero (/, , q^ sopra la superficie, poniamo anzitutto :
'^^'^ - Tp, , (7)
di
da cui si dedurrà per -j, un' espressione razionale intera omogenea
di secondo grado rispetto alle p„.
Moltiplicliiamo quindi le (4) ovvero le (6) ordinatamente per
-^ , — ^ , -x^ , e poi sommiamo i prodotti : poniamo inoltre :
dq,, dq,, dq,.
dq,; óQk dqK
Avendo presente la seconda delle note forme date da Lagrange
alle equazioni generali del moto, è manifesto che si otterranno così
le equazioni :
d ^-f ^T P.
dt, dpn: dqic T
1 '
338 Sulle curce brachi stocrone
ovvero ritornando alla variabile indipendente t :
si al
1 d T _ _T_ _ _ J\ (8)
T dt dp^ dq,. ~ T' '
aJle quali sono da unirsi le equazioni (7).
§ II.
Nel caso che il mobile sia obbligato a rimanere sopra la su-
perficie (§ I, 5), se il quadrato dell' elemento lineare è dato dalla
equazione :
ds' = Edq,' + 2Fdq, dq, + Gdq^' ,
dove E , F, G sono funzioni determinate di q^ , q^ , si avrà :
-1, = j- (Ep\ + 2 Fp,p, + Gp,% (1)
Perciò il sistema (§ I, 8) offre in questo caso :
(AG- — /< ) — -^ _ — 1- Ti , ^2)
,j,r j,,, 1 dp, _ FP. - EP.,
dove :
l^dF 1^3^ l ^ dE\ , l .,dG ^ SE\
dq, 2 dq, 2 3qJ ' dq, dq.
Ih
(i-f-'^f-M?)
lì „3£ ^ dF l „dE\ , l^^dE „ dG\
\ dq, 2 dq, 2 dq, ' '^'
Sulh curve brachhtocrone 339
Le equazioni (3), (3), insieme colle equazioni:
^=T,,, % = T,,, ,4,
dopo avervi sostituito invece di T il valore dato dalla (l), costitui-
scono un sistema normale.
§. III.
Il medoto che segue il Del Grosso (*) per far dipendere la
integrazione delle equazioni del moto brachistocrono dalla integra-
zione d' un sistema canonico, si può riassumere cosi. Ammettendosi
dal problema l'integrale delle forze vive:
T — U =k ,
dove l- è una costante arbitraria, si ha:
T' " dx ' T' dy ' T' dz ' ^ '
dove :
F= '
U -h k'
Si ponga quindi:
, dx , di/ I dz
"" - ~d^' ^ ~~dr/ ^ ~ d^'
r, = i- {X-' -h >/'■' ■+■ z\ H, = T,- V,
essendo 6-, definita come al § I. Sarà T, una funzione omogenea
(*) Del Gkosso, Nota sull'equazioni dilìerenziali, che si presentano nei problemi di Mec-
canica. Giornale di matematiche pubblicato per cura del prof. G. Battaglini, Voi. IV, 1866,
pag. 243.
340 Sulle curve brachisfocrone
di secondo grado rispetto alle quantità ~ (che denoteremo in que-
sto momento con q';,) con coefficienti che sono funzioni note delle
variabili q,,. Si ponga inoltre :
37;
e si esprimano quindi T, , H, per mezzo delle variabili q^^ p^..
Allora T, diviene una funzione omogenea di secondo grado rispetto
alle p„ con coefficienti funzioni delle q^. Se nei sistemi (§ I. 4, 6)
Y Y Z
si sostituiscono per — ^ , — ^r, , — ^j le espressioni date dalle (1),
evidentemente questi sistemi potranno porsi poi sotto la forma:
dq,. _ dH, dp,. _ dH,
dti 3pK ' df, dq,.-
Ricordando quindi che, per le posizioni fatte, la funzione carat-
teristica H^ contiene necessariamente la costante k delle forze vive,
e supposto che si sappia trovare una soluzione completa dell' equa-
zione differenziale parziale corrispondente al sistema (2), sarà facile
dedurre da questo sistema le equazioni integrali del problema del
moto brachistocrono contenenti complessivamente, oltre la costante k
delle forze vive, altre tre o cinque costanti arbitrarie distinte, se-
condochè è data o no la condizione che il moto debba aver luogo
sopra una superficie assegnata.
§. IV.
Ma si può, senza cambiamento della variabile indipendente t ,
e senza introdurre la costante delle forze vive nelle equazioni diffe-
renziali del moto brachistocrono, far dipendere, nella seguente ma-
niera, da un sistema canonico la determinazione degl'integrali non
contenenti esplicitamente il tempo, riducendo in ultimo ad una
quadratura la determinazione del rimanente integrale contenente
esplicitamente il tempo.
Stille curve brachi stocrone 341
Il sistema (§ T, 8) si può porre sotto la forma:
df dp,.- dqK
Pongo :
dpi!
e momentaneamente per brevità
al
T
ri.-
Si avrà :
ossia :
da cui:
T ~
--21^-
7" = S r,p,,- - T ,
dT
ovvero
2 '•'.- ^i'- + 2 P" ^''" ~ 2 "a^ ^^^' ~ 2 "a^ ^'^" '
dT'^^p.dr,.-^^dq.
Esprimiamo T , T' per mezzo delle variabili (/,. , />,,, e distinguia-
mo con parentesi le derivate parziali prese in quest'ipotesi. Si avrà :
.7-=S@ *V. + SE) .,.
342 Sulle curve brachistocrone
Confrontando le ultime due espressioni di dT , se ne deduce:
ldT\ _ _ dT ^
^dqj ~ dq,. '
1 ,dT\
Perciò il sistema (§ I, 7), (1), intendendo che T sia espresso per
mezzo delle q,,,, p,,, e onnnettendo quindi le parentesi, diviene:
rp dqn _
dt ~
dT
dvK
t
r^dr, _ dT
dt ag*
- P,.-
Ponendo :
H = T —
u,
e osservando
che
si
ha:
p - ^
dq,.-
il sistema precedente diviene :
df dr/c
^dr^ ^ dH
dt dq,.-
come giunsi, per via differente, in altro lavoro (*).
Il sistema (2) ammette col sistema canonico:
ilqj^ _ dH_^
dt ~ drK
dr\ __ dll
dt dqK
(2)
(3)
(*) Sul moto brachistocrono. Remi. Ciré, matem. di Palenno, t. V. 1891.
Sulle curve hrachistocrone 343
in comune gl'integrali non contenenti esplicitamente il tempo.
Se non è data la condizione (§ I. 5), prendiamo per ^, , q^, q^
le variabili .r, //, z, sicché :
p, = r, =^ u, p, = r, = V, p, = *-3 = w.
La ricerca degrintegrali, non contenenti esplicitamente il tempo, del
sistema (3), e perciò anche del sistema (2), dipenderà, come si sa,
dalla teoria dei sistemi canonici, dalla ricerca di una soluzione
completa dell'equazione differenziale parziale di prim'ordine:
— - t7= A-, (4)
r,' -t- r, +
essendo k una costante arbitraria, e dove:
_ a^' , _ 9^ _ 9*'
'■' ~ dx ' ''' ~ dy ' '"' ~ dz ■
Se è data la condizione (§ I, 5), la determinazione degl' inte-
grali non contenenti esplicitamente il tempo dipende invece dalla
ricerca di una soluzione completa dell' equazione :
2^^^-^^^ -U=k, (5)
Gì;' — 2F)\ ì\ -f- Sr,'
nella quale :
Sia:
_ as _ ds_
§ V.
f ( x, y, z, u, e, w ) = h,
essendo /i una costante arbitraria , un integrale , non contenente
Atti Acc. Vol. Ili, Sebie 4" 46
344 Sulle curve brachistocrone
esplicitamente il tempo, delle equazioni (§ I, 2, 3). Si dovrà avere
identicamente :
dx dy dz Su 1 dv 1 àz 1
Di qui si conclude; Sieno
1 SU _J_9^ L^
"" T' aJ ' ^T^dy' T' dz '
essendo:
-=H©" -il )'-{!)■]■
da;
dy ,
dz
1 dx
dt
dt
dt
in
T dt
le componenti delia forza aeceleratrice nel moto d'un punto libero; sieno
'\T-r '^JT '^71
— - > -— ' -K- le componenti deìla forza nei moto brachistocrono di
ciX) et u dz
un punto materiale. Dogi' integrali , non contenenti esplicitamente il
tempo , del 'primo problema, si deducono immediatamente (jV integrali,
non contenenti esplicitamente il tempo, del secondo problema, cambiando
1 dy 1 dz
fdi ' TWt '
Reciprocamente se negli integrali, non contenenti esplicitamente il tempo,
del secondo problema si cambiano
dx dy dz . „dJ3 ^^^ r^dz
dt' di' llt '" ^dt' ^dt' ^dt
si otterranno gì' integrali , non cotitenenti esplicitamente il tempo, del
pi-imo problema. In particolare : La traiettoria è , nei due problemi ,
rappresentata dalle stesse equazioni, salva la determinazione delle co-
stanti arbitrarie secondo i valori iniziali e le condizioni ai limiti.
Similmente sia:
/■ r<7., Q,, Jh, Pi) = ^
Sulle curve hrachistocroìie 345
un integrale, non contenente esplicitamente il tempo , del sistema
(§ II, 2, 3, 4). Si dovrà avere identicamente:
df df
P>
■ ^ dp, EG — F'
' ■
- GP, -+- FP,
+ T,
^Sf 1
dp, EG - F'
■
FP, — EP,
+ '!•,
Onde : Steno
1 du
1 dU
T' dq, '
T' dq., '
/e componenti della forza attiva che sollecita un pttnto obbligato sem-
plicemente a rimanere sopra una superficie data. Sieno -^ — , ~— le
cq^ cq.^
componenti della forza che sollecita un punto obbligato pure a rima-
nere sopra la stessa superfìcie , ma colla condizione che il moto sia
brachistocrono. Dagl' integrali , non contenenti esplicitamente il tempo,
del primo problema, si deducono gV integrali , non contenenti esplicita-
mente il tempo, del secondo problema, cambiando senz' altro
dq, dq, . 1 dq, 1 dq,
~di ' It '^ T' H ' Y'' Ili '
Reciprocamente , se negl' integrali, non contenenti esplicitamente
il tempo del secondo problema, si cambiano -jy , -j^ in T' -^ , 7" — ' ,
si ottengono gì' integrali non contenenti esplicitamente il tempo, del pri-
mo problema.
In particolare : Le equazioni della traiettoria nei due prohlemi
coincidono, salva la determinazione delle costanti arbitrarie secondo i
valori iniziali e le condizioni ai limiti.
346 Sulle curve brachisfocrone
§ VI.
Cerchiamo in quali casi il sistema (§ I, 2, 3) delle equazioni
del moto brachistocrono ammetta un integrale della forma :
Au ■+- Bv + Cw -^ D = Ti, (1)
essendo // una costante arbitraria, e A, B, C, D funzioni di «, y,
z, da determinarsi. Affinchè lo stesso sistema ammetta l'integra-
le (1), si dovrà avere identicamente per valori arbitrari di ciascuna
delle sei quantità x, y, z, u, v, tv :
idA dA dA \ ,?B ^ dB dB \
\dx dy dz I \ dx ày dz '
tdC dC dC \ SD ^ dD dD
-+■ \^ — '« -i — ^; — '' -^ — ^ — w \ w -r -j — « -r- -^ — t -r- ,
\ dx dy dz ì dx ày dz
- \ (li? + r' + w') K^AX + BY ^ GZ) ^^.
4
Tale equazione, siccome u, v, w vi compariscono soltanto esplici-
tamente, si scinde nelle seguenti :
AX + BY + CZ :^0,
dx dy dz
dA ^ dB ^ dB dO _ dC dA _ i (2)
dx ' dy dz
Quest' equazioni sono quelle stesse , che devono essere verificate ,
affinchè le equazioni del moto d' un punto libero :
d'x _ ^ — Y ^ — 7
dF ~ ' dt' ~ ' dt^
Sulle cu ree brachistocrone 347
iieir ipotesi che F, A', Z siano funzioni delle sole coordinate, am-
mettano un integrale primo della forma :
dt dt di
Perciò il pili generale integrale, della forma (1), del problema del
moto brachistocrono è :
Ut + lìiv + nw + p {zc — ijW) + q [.no — su) + r (yii — ccv) = h,
ossia :
^ dx du dz i dy dz\ i dz dx
I dx di/ \ , ,„
essendo /, ///, )i, p, q, r costanti qualunque. La condizione per le
forze è :
[l + ry — qz) X + (m + pz — rx) Y + (n + qx - py) Z = 0 ,
sicché U dovrà soddisfare all' equazione :
du du - , du ^
( l -h rq — qz) — -i- (m ->r pz — rx) -^ h (n+-qx — py) — = 0 .
Si ha così questo teorema: (*) Nel moto brachistocrono d' un punto
materiale, se le linee d' azione della forza sollecitante appartengono ad
un complesso lineare, il momento della quantità di moto del punto ri-
spetto al complesso è, per tutta la durata del moto, proporzionale alla
forza lì iva.
Questo teorema è pure conseguenza immediata del teorema
(*) Cfr. Cereuti, Intorno ad una generalizzazione di alcuni teoremi di Meccanica. Col-
lectanea Mathematica in memoriam D. Chelini. Milano 1881.
848 Sttlh curve bracMstocrone
cornspoiiclente relativo al moto libero e dell" osservazione fatta nel
§ V. Per dedurre la stessa proposizione dalle equazioni (§ IV, 2), (*)
si prendano in queste equazioni x, ij, z per variabili (^^ , q., , q^ . Al-
lora l'equazione (1) diviene:
Ar, -h Br, + Cr, + Z» = // . (3)
Si denotino con K , Hi primi membri delle (§ IV, 4), (1) ri-
spettivamente. Seguendo una notazione dovuta a Poisson , si
ponga :
\dqk- dvK cr,; àq,.-'
dove in questo caso, è:
A- = 3, q, = X , q2 = y , 9:» = ? •
Affinchè l'equazione (3) sia integrale d'un problema, è necessario
e sufficiente che si abbia identicamente:
{K, H) = 0.
Sviluppando quest'equazione, si trova che essa si scinde nelle stes-
se equazioni (2).
§. VII.
Supponiamo che il sistema (§ II, -2, 3, 4) ammetta un integrale
della forma:
Ap, -h Bp, -h C := h , (1)
essendo /( una costante arbitraria e A, B, C funzioni di q^ , q^ da
determinarsi. L'equazione (1) si può scrivere:
a^-^b"^
^i— — -\- C = h. (2)
(*) C/r. E. Padova, Sut;li integrali comuni a più problenn di Diuumica, Atti del R. Ist.
ven. Voi. I, Serie VI, 1883.
ì^ulle curve hrachhtocrone "549
Sia — un fattore integrante dell'espressione differenziale Adq^ + Bdq.^ ,
e sia:
1
( Adq, + Bdqs ) = dm ,
P
essendo m una funzione di q^ , q^. Al sistema di coordinate curvili-
nee 2i , q^ sostituiamo il sistema delle coordinate curvilinee m = cosi.
e un altro sistema n = cosi., che, per semplicità, supporremo essere
quello delle loro traiettorie ortogonali. L' equazione {-D prenderà la
forma più semplice :
^ dt
dm
-hC = h.
Dunque, continuando a chiamai-e qt, q. le nuove coordinate cur-
vilinee , si vede che , dato un integrale della forma (1) , esso si
può sempre ridurre alla forma piìi semplice:
Bp,-hC^h. (3)
Essendosi supposte le coordinate curvilinee q, , q.^ ortogonali ,
si ha :
ds' — Edq,' + Gdq,-,
e le equazioni (§ II, !2, 8) divengono:
E dp, _ P, l SE , dE 1 dG , \
TW -~ T' ~Y Sq, P' ~ a^ ^'^■' "^ 2" 2^ ^ ^ ' I
G dpi _ P, 1 dE ^ SG l 3G .^ \
Affinchè la (3) sia integrale d' un problema , si dovrà avere iden-
(4)
350 Sulle curve brachistocrone
ticamente , per valori arbitrari di ciascuna delie quantità (/, , q.^,
Pi , Ih ■
1 dE .. dG 1 5(? 1
2 dg-i ??i 2 dq-i .1
Quest'equazione, comparendo jh , Ih soltanto esplicitamente, si scin-
de nelle seguenti :
P, = 0 (5)
= 0, (6)
= 0, (7)
0, (8)
= 0 . (9)
Queste equazioni sono quelle stesse che devono essere verificate ,
affinchè le note equazioni:
d dT _ dT_ _ p
dt dq'i dqi ' '
d dT ^^ - p
dt dq'i 3^2 '
dqt , dqì
del moto d'un punto obbligato semplicemente a rimanere sopra una
superficie, ammettano un integrale della forma:
dt
dB
B
dG
dq^
2G
dqi
dB
B
dG
dqi
G
dq.
dqi
= (
dC
3n.
= 0,
dc
Sulle curve brachistocrone 351
Dalle (9) si trae che C è costante, ed è chiaro che si può
supporre eguale a zero. È evidente che B non può essere identi-
camente nullo, sicché la (8) dà:
'^ =0.
dq^
Da ciò, per un noto teorema di Gauss, si deduce che le linee
q^ = cosL sono geodetiche. Essendo E funzione della sola q, , se si
fa un cambiamento di variabile col porre j' —=- in luogo q, , le U-
nee coordinate non sono cangiate, e il quadrato dell'elemento linea-
re assume la forma più semphce:
rf.s-* = dq\ -f- Gdq\ .
La (7), integrata, offre :
B = f{q,)G,
essendo /' [q^) una funzione arbitraria di q,. Sostituendo quest'e-
spressione di B in (6) e integrando, si ha:
[f(q-2)Y
dove ? iq^) è una funzione arbitraria di (/i .
Facendo un cambiamento di variabile col porre dq., invece di
, con che le linee coordinate non sono cangiate, il quadrato
A?,
dell'elemento lineare prende la forma piti semplice
ds' ^ dq\ +<p{q,)dq%. (10)
Onde: affinchè il problema ammetta un integrale della forma (1),
è necessario che la superficie sia di rivoluzione od applicabile sopra
una superficie di rivoluzione. La condizione delle forze è espressa
dalla (5), sicché la funzione di forza U, dipenderà solamente da ^i .
Atti Acc. Vol. Ili, Sesie 4» 47
352 Sulle curve brachintocrone
L'integrale (3) diviene:
Gp, = h, (11)
ossia :
G dq^ __
T dt ~ '
dove G è funzione di ^i soltanto. (*)
§ Vili.
Trovata la forma più semplice a cui si possono sempre ridurre
gì' integrali della forma (§ VII, 1), si può procedere come segue ,
per riconoscere in tutti i casi 1' esistenza di siffatti integrali.
Sia data una superficie di rivoluzione od applicabile sopra una
superficie di rivoluzione, e prendiamo sopra di essa un sistema di
coordinate curvilinee, formato da una serie qualunque di linee geo-
detiche 22 = cosi, e da quella delle loro traiettorie ortogonali q,=-cost.,
sicché il quadrato dell' elemento lineare della superficie possa pren-
dere la forma :
d.r = dq\ -+- Gdq\ ,
essendo G funzione di r/, soltanto.
Supponiamo che l'equazione (§ VII, 1) sia un integrale delle
equazioni del moto brachistocrono sopra la superficie data.
Avendo riguardo alle equazioni (§ II, 2, 3, 4), si dovrà avere
identicamente:
I dA dA \ I dB dB \ c)C , dC
(*) Cfr. Cerruti, memoria citata.
Sulle curve hraclnstocrone 353
Queste equazioni si scinde nelle seguenti :
4^ = 0, 1^ = 0, (1)
dB A SG ^ a^ r^ ^^ 3^ B dG ^ ,^
= 0»^r-=0, ^— + ^^- __- = o (2)
dqì 2 dqt ' dqi ' dqi dqi G dq^
AGP, + BPi = 0. (3ì
Quest' equazioni sono quelle stesse che devono essere verifi-
cate, affinchè le equazioni del moto di un punto obbligato sempli-
cemente a rimanere sopra la superficie data, ammettano un inte-
grale della forma :
dt clt
Dalla ( l) si vede che C è costante , sicché questo termine
dell' equazione (§ VII, 1) si può supporre identicamente nullo, come
nel § precedente.
Alle (2) si può soddisfare, nel modo più generale, in due ma-
niere, cioè in primo luogo con :
A =0, E = G,
qualunque sia G , purché, come si è supposto, funzione della sola
q^ , e con ciò si ricade nelle formule finali del § VII, e la superficie
data può essere una superficie qualunque di rivoluzione od appli-
cabile sopra una superficie di rivoluzione. Oppure, come risulta dalla
memoria citata del Cerruti, si può soddisfare alle stesse equazioni
con :
^ = a cos ^ (92! > + «i) ,
VG = /^ coshiq, VZ + y,),
B = >.(? — san h ( q^ |/T~+ «i ) ^r— ,
dove a, ■3'i , ■>, 7i , 72 , ' sono costanti arbitrarie.
364 Sulle curve brachisfocrotie
In questo secondo caso la superficie data , di rivoluzione od
applicabile sopra una superficie di rivoluzione, è a curvatura costante,
e l'integrale può , secondo quanto si è detto al § VII, ridursi ad
avere la forma che ha nel primo caso.
IX.
Supponiamo che il problema del moto brachistocrono di un
punto obbligato a rimanere sopra una superficie di rivoluzione od
applicabile sopra una superficie di rivoluzione ammetta l'integrale:
Gpi = h ,
essendo G funzione di g, soltanto.
Le forze soddisferanno , come si è veduto , alla condizione :
P, = 0.
Perciò U e Pi , sono funzioni della sola q^ . Supponiamo inoltre
che sia data la curva brachistocrona , e che si voglia determinare
P, . Dall' integrale dato si ha :
h
Dalla prima delle (§ II, 4) si deduce:
h dqz
onde :
2G'
dq
« - [tn
Sulle ciirce brachistocrone 355
L'integrale delle forze vive offre
= \ +1-, (1)
[--(t
dqi
essendo /• una costante arbitraria, sicché
p _ 2 d G
A' dq^ ^ , (dq.,
dqi
Reciprocamente, data P^, si ha V = f P^dq^, e quindi l'equa-
zione differenziale ordinaria di primo ordine (1), integrata, ci forni-
rà l'equazione della curva brachistocrona in termini finiti.
S X.
Volendo servirsi delle equazioni (§ IV , 2) , (*) si osservi che
r equazione (§ VII, 1) equivale alla seguente :
A^ ì\ -\- Bifi + C — h, (1)
dove :
. _ AG - BF _ —AF-hBE
^' - EG - F-' ' ^' - EG-F' '
Supponendo le linee coordinate ortogonali, è Ai eguale o dif-
ferente da zero, secondochè A è eguale o differente da zero, sic-
ché, come l'equazione (§ VII, 1) si può ridurre sempre alla for-
ma (§ VII, 3), così l'equazione (1) si può sempre ridurre alla forma:
B^n -+- 0 — h. (2)
(*) Cfr. E. Padova , memoria citata.
356 Sulle curve brachistocrone
Indicando con A' , If i primi membri del (§ IV, 5) , (2) ri-
spettivamente, la condizione necessaria e sufficiente, affinchè la (2)
sia integrale di un problema, è che si abbia identicamente :
(K, H) = 0.
Sviluppando quest'equazione, si trova che essa si scinde nelle
seguenti :
(3)
(4)
(5)
(6)
(7)
3C Q dC _
dqi ' 952
= 0,
7. = »•
f =0,
3qi
dqi
Bi 3^ _^ 2 ^^' -
G dqi " dqi
= 0.
Dalle (3) si vede che si può supporre C=0, La (4) ci fornisce
la condizione (§ VII , 5) già trovata per la forza. La (5) esprime
che E è funzione della sola curvabile q^ , sicché, ponendo -77= in-
vece di dqi , le linee coordinate non sono cangiate, e il coefficiente
di dqi neir espressione del quadrato dell' elemento lineare divie-
ne =1. Perciò si può supporre identicamente E=^i.
Dalle (6), (7) si deduce facilmente che G avrà la forma :
G — fiqi)i'{qi).
Ponendo quindi .,=%^< invece di dq^, il coefficiente di dqlneì-
Sitile curve brachisfocrone 357
l'espressione del quadrato dell'elemento lineare diviene eguale a
una funzione di ji . Le (6), (7) mostrano allora che 5, è costante ,
sicché si può supporre = 1. Perciò 1' equazione (2) non può es-
sere integrale d'un problema a meno che non si riduca alla forma :
1-2 — h ,
la quale equazione , ritornando alle variabili pi, p^, diviene identica
alla (§ VII, li) già trovata.
INDICE DEL VOL. Ili, SERIE IV."
G. Pennacchietti. Sugi' integrali comuni a più sistemi di equazioni diffe-
renziali ordinarie pagf- 1
D. Amato. / problemi chimici dell' epoca presente del Prof. V. Meyer ed
il nuora indirizzo da darsi alla chimica del Prof. D. Amato: Raf-
fronti e ragguagli » 7
V. Martinetti. Sopra un gruppo di configurazioni regolari, contenute nel-
r Esagramino di Pascal » 31
E. Di Mattei. Sull'azione disinfettante dei saponi al sublimato . » 51
A. Bartoli. 8ul calore specifico fino ad alta temperatura delle lave dell'Etna
e di altri vulcani » 61
G. Pennacchietti. Sugi' integrali primi di secondo grado rispetto alle de-
rivate delle coordinate nei problemi della meccanica ...» 67
detto. Sopra sistemi di equazioni aventi analogia con quelli di Hamilton » 99
S. Tomaselli. Sugli esperimenti fatti con la linfa di Koch nella clinica
medica di Catania » 113
G. Di-Stefano. Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani
(culi quattro tavole) ........... 121
G. Pennacchietti. Sulle curve funicolari — Nota 1.'-^ .... » 271
A. Petrone. Contributo suW azione della tubercolina nei tisici . . » 285
P. Ferrari. La tubercolina Koch nella Lebbra » 305
S. Consiglio Ponte. Contribuzione alla Vulcanologia delle isole Eolie —
Fine del periodo eruttivo di Valcano e stato attuale del cratere » 317
G. Pennacchietti. Sulle, curve brachistocrotie » 335
niiiiiiiniiii
3 2044 093 259 448
■^-^
Bua
■I^s^
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