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Full text of "Atti della Reale accademia delle scienze fisiche e matematiche."

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ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


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SOCIETÀ REALE DI NAPOLI 


VOL. V. 


NAPOLI 


TIPOGRAFIA DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE FIS. E MAT. 
DIRETTA DA M. DE RUBERTIS E FIGLIO 


1893 


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1862. 
1863. 
1864. 
1865. 
1866. 
1867. 
1868. 
1869. 
1370. 
5971. 
1872. 
1873. 
1874. 
1875. 
1876. 
1977. 


ELENCO DEI PRESIDENTI 


CostA ORONZIO GABRIELE 
CapPoccI ERNESTO 
GASPARRINI GUGLIELMO 
PADULA FORTUNATO 

DE LUCA SEBASTIANO 

DE GASPARIS ANNIBALE 
PALMIERI LUIGI 

TRUDI NICOLA 

DE MARTINI ANTONIO 
PADULA FORTUNATO 


GUISCARDI GUGLIELMO 
FERGOLA EMANUELE 
PALMIERI LUIGI 
PADULA FORTUNATO 
PANCERI PAOLO 
TRUDI NICOLA 


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1878. CESATI VINCENZO 


1879. 
1880. 
1881. 
1882. 
1883. 
1884. 
1885. 
1886. 
1887. 
1888. 
1889. 
1890. 


DE GASPARIS ANNIBALE 
CosTA ACHILLE 
PADULA FORTUNATO 
ALBINI GIUSEPPE 
TRUDI NICOLA 

DE MARTINI ANTONIO 
FERGOLA EMANUELE 
Govi GILBERTO 
BATTAGLINI GIUSEPPE 
DE MARTINI ANTONIO 
PADELLETTI DINO 
CostA ACHILLE 
1891. FERGOLA EMANUELE 
1892. PALMIERI LUIGI 


1893. BATTAGLINI GIUSEPPE 


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Indice delle Materie 


F. CHIZZONI — Sopra î gruppi di punti d’uno spazio lineare ad n dimensioni . 

R. V. Matteucci — Sulla fase eruttiva del Vesuvio cominciata nel giugno 1891 
(con due tavole) 

L. DeLL'ERBA — Considerazioni sulla genesi del piperno . : ta 

L. Pinto — Sull’azione reciproca di due elementi magnetici e sul modo con 


cui dovrebbero variare con la latitudine la intensità e la incli- 
nazione magnetica terrestre nella ipotesi di Gilbert e ‘nelle al- 
tre che analiticamente le equivalgono. 


A. Russo — Embriologia dell’Amphiura Squamata, Sars nigi dell'ap- 


parecchio riproduttore) (con tre tavole) . 
Fr.SaAv. MONTICELLI — Appunti sui Cestodaria N Re n 
F. ANGELITTI — Nuova determinazione della latitudine geografica del R. Osserva- 
torio di Capodimonte mediante i passaggi di alcune stelle al 
primo verticale osservati nell’anno 1889 
G. DE LorENZO — Sul Trias dei dintorni di Lagonegro in Basilicata . n 
F. BASSANI — Fossili nella dolomia triasica dei dintorni di Mercato S. Severino 


in Provincia di Salerno (con una tavola). 


A. NOBILE — Saggio di osservazioni meridiane correlative per correggere le re- 
frazioni . E E e i 

S. Lo Branco — Gli anellidi tubicoli trovati nel golfo di Napoli (con tre tavole). 

C. PATRONI — Fossili miocenici di Baselice in Provincia di Benevento (con una 
tavola) + 2 “9: DIRI ln ni. 

A. NOBILE — Riflessioni sulle variazioni a corto periodo della latitudine . 


A. Costa — Miscellanea entomologica (con una tavola). 


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SOCII DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


Presidente — BATTAGLINI GIUSEPPE 
Vice-Presidente — TRINCHESE SALVATORE 
Segretario — PINTO LUIGI 

Tesoriere —OGLIALORO- TODARO AGOSTINO 


SOCGII ORDINARII 


SEZIONE DELLE SCIENZE FISICHE 


Socii residenti 


-_ 


. SCACCHI ARCANGELO ; 24 settembre 1861, 
2. DE MARTINI ANTONIO; 24 settembre 1861. 
3. NicoLucci GIUSTINIANO ; 24 settembre 1861. 
4. COSTA ACHILLE; 24 settembre 1861. 

5. PALMIERI LUIGI; i9 novembre 1861, 

6. ALBINI GIUSEPPE; 13 giugno 1868. 

7. TRINCHESE SALVATORE; 3 luglio 1880. 


8. OcLIALORO-ToDARO AGOSTINO; 12 agosto 1882. 


x 


23. 


24. 


. LicoPoLI GAETANO ; 7 luglio 1883. 
. Bassani FRANCESCO; 1o dicembre 1887. 


. ViLLaRI EMILIO ; 14 dicembre 1889. 


Socii non residenti 


. CANNIZZARO STANISLAO; 10 febbraio 1872. 
. CANTONI GIOVANNI; 8 maggio 1880. 
. CARUEL TEODORO; 8 giugno 1889. 


. TARAMELLI TORQUATO ; 10 dicembre 1892. 


SEZIONE DELLE SCIENZE MATEMATICHE 


Socii residenti 


. BaTTAGLINI GIUSEPPE; 19 novembre 1861. 
. FERGOLA EMANUELE; 19 novembre 1861. 

. CAPELLI ALFREDO; 20 marzo 1887. 

. Pinto Luici; 8 giugno 1889. 

. CesàRo ERNESTO; 3 dicembre 1892. 


. NoBILE ARMINIO; 10 dicembre 1892. 


Socii non residenti 


BrioscHI FRANCESCO; 3 maggio 1864. 


CreMonA Luigi; 12 febbraio 1881. 


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SOCII STRANIERI 


. CAYLEY ARTURO; 3 maggio 1864. 

. SYLVESTER GIiacoMO GIUSEPPE; 3 maggio 1864. 
. BunsEN ROBERTO; 9 aprile 1870. 

. HELMHOLTZ ERMANNO; 9 aprile 1870. 

. HERMITE CARLO; 9 aprile 1881. 

- DwiGT DANA GrAcoMO; 6 dicembre 1884. 

. Lorp KELVIN (THomson GuGLIELMO); 1° aprile 1893. 


. WEISMANN AUGUSTO ; 1° aprile 1893. 


SOCII CORRISPONDENTI NAZIONALI 


SEZIONE DELLE SCIENZE FISICHE 


. PALMERI PARIDE; 10 dicembre 1870. 

. GEMMELLARO GAETANO GIoRGIO; 8 dicembre 1877. 
. WLAcovicH PaoL0; 8 maggio 1880. 

. Comes ORAZIO; 10 novembre 1883. 

. PATERNÒ EMANUELE; 10 novembre 1883. 

. CAPELLINI GIOVANNI; 14 febbraio 1885. 


. PACINOTTI ANTONIO ; 14 febbraio 1885. 


Lo. 
18. 


19. 


ET 


. BLASERNA PIETRO; 2 marzo 1889. 

. Cossa ALFONSO; 2 marzo 1889. 

. PALADINO GIOVANNI; 13 luglio 1889. 
. ScaccHi EuceNIO; 13 luglio 1889. 


. Grassi Guipo; 21 novembre 1891... 


SEZIONE DELLE SCIENZE MATEMATICHE 


. SCHIAPARELLI GIOVANNI; 12 febbraio 1876. 
. BELTRAMI EUGENIO ; 1° dicembre 1877. 


.D’'Ovipio ENRICO; 12 febbraio 1881. 


SALVATORE-Dino NicoLa; 12 febbraio 1881. 
TORELLI GABRIELE; 14 dicembre 1889. 


BrancHi LurcI; 9 agosto 1890. 


20. DEL PEZZO PASQUALE; 10 dicembre 1892. 


Vol. V, Serie 2. N° 4, 


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ATTI DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


SOPRA I GRUPPI DI PUNTI D'UNO SPAZIO LINEARE AD 7% DIMENSIONI 


MEMORIA 


- di FRANCESCO CHIZZONI 


Presentata nell'adunanza del dì 14 Febbrajo 1891. 


Se i punti d’uno spazio lineare ad n dimensioni sono ordinati in gruppi, è chiaro 
che la determinazione di un gruppo deve dipendere da un certo numero y di condizioni 
arbitrarie, onde i gruppi stessi formeranno un sistema co”. Nel supposto che queste 
condizioni consistano nell’essere ogni gruppo determinato în modo unico da m qualun- 
que de’ suoi punti, «=mr; in questo caso il sistema dei gruppi si dirà una involuzione 
di specie m e il grado di essa sarà il numero v di punti che compongono ciascun gruppo. 

Il minimo valore di m è l’unità e si ha in allora l’involuzione di prima specie od 
ordinaria. Quando m -ha il massimo valore che è v, tutti i punti d’un gruppo sono 
arbitrarî. 

Nel $ I. sono particolarmente considerate le involuzioni di specie m nella linea 
retta e, per occasione , è fatto cenno d’una nolevole corrispondenza fra due spazî. 

Nel g II. trattasi dei gruppi di v punti arbitrarii in uno spazio lineare ad x di- 
mensioni e del problema delle involuzioni di specie m in tale spazio. 

Il % III. è principalmente dedicato alla rappresentazione univoca dei punti 
d'uno spazio a quattro dimensioni sulle coppie di punti di un piano. Tale rappresenta- 
zione, che ottenni con due procedimenti diversi, mi è sembrata interessante per le re- 
lazioni che i problemi geometrici, cui essa dà luogo, hanno colle equazioni alle deri- 
vate ordinarie e ancora per certe superficie, che vi s'incontrano, aventi uno stretto le- 
game con le involuzioni piane di 2° grado (trasformazioni piane univoche involutorie). 


SI 


4. In uno spazio lineare 2, assumiamo una curva fissa (fondamentale) A, dell’ ordi- 
ne v. È noto *) che gli spazî osculatori @,_,, di A, (spazî lineari a v_—1 dimensioni se- 
ganti la curva ciascuno in v punti coincidenti insieme) formano un sistema co' tale 


*) Veronese, Behandlung der projectivichen Verhiltnisse der Riume von verschiedenen Di- 
mensionen durch das Princip des Projicirens und Schneidens (Math. Ann., Band XIX, $ 3, n. 38). 


ATtTtI— Vol. V.— Serie 2—-N.° 1, : 1 


=D 
che v qualunque di essi hanno un punto comune e per un punto arbitrario di Z, ne pas- 
SANO v. 

Dinotiamo con S, una retta fissa comune a v—1 determinati spazî @,_,, cosicchè 
per ciascun suo punto passa un solo @,_, variabile. Gli spazî @,_, passanti per un dato 
punto M, ; di 2,, tagliano S, in v punti che chiameremo le imagini di M, e queste ima- 
ginì determinano completamente la posizione di M, in £,. Così risulta adunque stabilita 
una corrispondenza univoca fra i punti di 2, ed i gruppi di v punti arbitrarî della retta S,. 

Il luogo di un punto per il quale passano A+ 1 spazî @,_, coincidenti insieme è la 
sviluppabile a v—A dimensioni della curva A,. Tale sviluppabile è dell’ ordine (A-4- 1) 
(v— 2) e delle imagini di ciascun suo punto ve ne sono X-+ I coincidenti insieme. La 
curva A, è il luogo di un punto per il quale passano v spazî @,_, coincidenti, per cui essa 
può dirsi rappresentala univocamente, punto a punto, sulla relta S,. 


2. Nella S, sia data un’involuzione di grado v e di specie m. Ai gruppi di essa cor- 
rispondono, in £,, i punti di un luogo R,,, ad m dimensioni. Ora, gli spazî @,_, pas- 
santi per m punti presi ad arbitrio in $, , si tagliano secondo uno spazio lineare av—m 
dimensioni, il quale non può avere in comune con R,, che il punto corrispondente di 
quel gruppo, dell’involuzione, che è determinato dagli m punti considerati. Segue da 
ciò che R_, è uno spazio lineare. Viceversa, si vede facilmente che ai punti di uno spa- 
zio lineare ad m dimensioni, dato in Z,, corrispondono, sulla retta R,, i gruppi d'una 
involuzione di grado v e di specie m. Il numero di queste involuzioni, nella S,, è dun- 
que col) e ciascuna di esse è determinata da m-+1 qualunque de’ suoi gruppi. Si 
conclude pertanto che: 

Ogni involuzione di grado v e di specie m, nella linea retta, è razionale, cioè i 
suoì gruppi sono rappresentabili univocamente sui punti di uno spazio lineare ad m dimen- 
sioni. 

Uno spazio lineare R,, e la sviluppabile a v—m dimensioni, della curva A,, hanno 
(m 4 1) (v— m) punti comuni (n. 1), epperò: 

Un' involuzione di grado v e della specie m, în una retta, possiede (m 4-1) (v — m) 
gruppi in ciascun de’ quali m-+1 punti coincidono insieme. 


3. Da quanto precede risulta, che se F,, F,,--.. Fa SONO polinomi interi di grado 
v nella coordinata d'un punto della retta S,, i gruppi di una involuzione di grado y e 
di specie m sono delerminati dall’equazione 


af, ba,Fit..- eta = 


m+A 
dove le a dinolano parametri affatto arbitrarî. 


4. Sulla retta S, consideriamo v-+% punti qualunque; iv+-% spazî @,_, passanti 
vt% 
v 
gruppi analoghi a questo sono in numero ae**, 


Sia ora 2,,, uno spazio lineare a v-{-k dimensioni contenente $, ed in esso assumia- 
mo una curva fondamentale d’ordine v4- per modo che v+&—1 de’ suoi spazî osculatori 


per essi, presi avay, determinano ( ) punti, di £,, formanti un gruppo G. Tutti i 


pa 
av-4+Xk—1 dimensioni abbiano in comune la retta S, *). Col noto procedimento (n. 1) 
potremo riferire univocamente fra di loro i punti di 2,., ed i gruppi div +k punti ar- 
bitrarî della retta S,, onde risulteranno anche riferiti univocamente i punti di 2,., ed 
i gruppi Gdi 2. 

Essendo T',, uno spazio lineare ad m dimensioni, di 2.2, ai punti di esso corri- 
sponderanno gruppi di v-+ punti, nella retta S,, formanti una involuzione di specie 
m. Dati m punti qualunque, in S,, gli spazî @,, passanti per essi hanno in comu- 
ne uno spazio lineare U,_,,, Dei v4+ZX—m puoti che cogli m dati completano un 
gruppo dell’anzidetta involuzione se ne prendano y—m in qualsivoglia modo; gli 
spazî @,, passanti per essi ed U,__, si tagliano in un punto e di questi punti ne esi- 


stono Rig) . Essi appartengono tutti ad un medesimo gruppo G e sono i soli co- 
muni ad U,_,, ed al luogo formato da tutti i gruppi G corrispondenti ai punti dello 
spazio T',,. Si conclude adunque che: 

Ai punti di uno spazio lineare ad m dimensioni, dato în Xy.x, corrispondono gruppi 


2 : Br ; Sua : vLAkAT-Mm 
G, di £,, formanti una varietà ad m dimensioni dell’’ordine ( È b ) 1 
Poichè i punti di 2,.x corrispondenti ad m-+- 1 gruppi G arbitrarî determinano uno 
spazio lineare T,,, COSì: 
m-- 1 gruppi G giacciono sempre în una medesima varietà ad m dimensioni dell’ or- 
. (v+k_m È mala è 
dine ( NI x ) la quale contiene un numero ce" di gruppi G **). 


Se m== si trova che ai punti dello spazio T',, corrisponde un sistema co’ di gruppi 


+ 


G il quale è un’involuzione ordinaria di grado (' n ) . Infatti, preso un punto P, , in 


Z,, iv spazî 0, _, passanti per esso tagliano la retta S, in v punti pei quali passano al- 
treltanti spazî osculatori a v-+-Z—1 dimensioni della curva fondamentale di Z,,z. Que- 
sti ultimi spazî e T_, hanno in comune un punto al quale corrisponde l’unico gruppo 
G, del sistema sopradelto, che contiene P, ed è da questo punto delerminato. 

Nel supposto, infine, che sia &=0 invece dei gruppi G, si hanno i punti dello 
spazio E, e la corrispondenza fra E, e 2, diviene un’omografia. 


$ II. 


5. Se in uno spazio lineare S, esiste una varietà Y,_,, ad n— X dimensioni e del- 
l'ordine X--1, proiettandola da un suo punto sopra uno spazio lineare ad n — 1 di- 
mensioni, si oltiene una varietà dell'ordine £; proiettando questa da un suo punto so- 
pra uno spazio lineare ad n — 2 dimensioni, si ottiene una varietà dell'ordine &— 1; 
e così continuando dopo & proiezioni successive, si perviene ad uno spazio lineare ad 
n—k dimensioni. Ciò prova che la Y,_, è necessariamente una varietà razionale. 

Dati, in S,, &+1 fasci proiettivi di spazî lineari ad n — 1 dimensioni, il luogo 
dello spazio ad n — & dimensioni comune a k + 1 elementi corrispondenti, de’ fasci an- 


*) Ciò è evidentemente possibile in infiniti modi. 
**) Veggasi Cremona, Sulle superficie e le curve che passano per i vertici d’ infiniti poliedri 


formati dai piani osculatori d'una cubica gobba (Rend. del R. Istit. Lomb., Serie III, vol. XII, fasc. 
VIII). 


ille — 
zidelti, è una varietà ad n—% dimensioni. Segando quei fasci con uno spazio lineare T,, 
si ottengono /+1 fasci proiellivi di spazi lineari a #—1 dimensioni che possiamo rap- 
presentare colle 
apo, =0 3-0 sta +e, =0 (1) 


La condizione di coesistenza di queste equazioni è un’ equazione di grado &+1 
nel parametro p., onde vi sono #1 punti di T, per ciascun dei quali passano &#+ 1 
spazî corrispondenti dei fasci (1); da cui segue che la varietà generata dai dati fasci 
proietlivi ad n— 1 dimensioni è dell'ordine & +1. 

Si ha così un metodo per costruire la varietà Y,_, sopra considerata. È per altro 
da osservarsi che con tal metodo non si ottiene sempre la Y,_, più generale possibile. 
Però non è difficile nei casi particolari in cui n e & hanno determinati valori numerici 
di trovare altre costruzioni della Y,,,, e qui mi limito d’aver dimostrato che tale varietà 
esiste per tutti i valori di n e di f<n *). 


6. La Y__, sia rappresentata univocamente, punto a punto, sopra uno spazio li- 
neare R,_,. In S,, uno spazio T, ha #41 punti comuni con Y,_, i quali sono necessari 
e sufficienti a determinarlo. Facendo corrispondere T, alle imagini di quei k+4LinR,_, 
è evidente che, viceversa, a X4+- 1 punti qualunque di R,_, corrisponde un solo e deler- 
minato spazio T, di S,. Epperò: 

Gli spazî lineari a k dimensioni, di un dato S,,, riguardati come elementi , si pos- 
sono far corrispondere univocamente ai gruppi di k+1 punti arbitrarî d'uno spazio li- 
neare a n— k dimensioni **). 


7. Lo spazio S,, del n.° prec., sia contenuto in uno spazio lineare Len À 
assumiamo ad arbitrio #+1 spazî lineari fissi e distinti VO, V®,, ..., VE? ed 
EE È 


n-k) 
in X ) @) 


; . a, A A . se 3 . . . . (4 
assumiamo altri #41 spazî lineari fissi e distinti DIRE: ia 


(k+1)(n-K) 


gi Die le pio 


(k+1) ALLO AA DA . 0) r(i) 
re Uno spazio lineare T,, di S,, ha un solo punto P.° comune con V.-1P 
tutti i&#+-1 punti analoghi a questo sono necessarî e sufficienti a determinare T,. Il punto 


Po ed Oc _, determinano uno spazio lineare a /(n—%) dimensioni e si hanno &+ 1 


di tali spazî i quali s'intersecano in un punto M, che facciamo corrispondere a T,. 

Col procedimento inverso è chiaro che dato M, si determina in modo unico T,; da 
cui si trae che: 

Gli spazi lineari T,, di un S, , riguardati come elementi, si possono rappresentare 
univocamente sui punti di uno spazio lineare a (Je+ 1) (n—) dimensioni ***). 


k) 


*) Dinotando con &, , 2... ,%,,4 le coordinate (omogenee) di un punto di S,, e con y, ,Wa,... 
- +12 + 1 funzioni razionali di 7 -—% parametri indipendenti (non omogenei) da determinarsi 
opportunamente, è chiaro che la Y_,,, più generale deve potersi rappresentare con equazioni della 
forma: 
Us kg eee RARI pina LA 
**) Così, ad es., col procedimento dato, si rappresentano univocamente le rette di uno spazio or- 
dinario sulle coppie di punti di un piano (v. al n. 16). 

#**) Per il caso di an=3,%=1si ha la corrispondenza univoca fra le rette di uno spazio or- 
dinario ed i punti di uno spazio a quattro dimensioni, ciò che fu argomento d'un mio lavoro pubbli- 
cato dall'Accademia Gioenia di Catania (Anno 1888). Occorrendo in seguito designerò brevemente 
questo Javoro con (C.u..... ) 


i pes 


?i . A (i) . SO derit . . A 
8. Supponiamo che gli spazi 0,,,_,,_, lmangano fissi e distinti, mentre gli spazî 


V® , coincidono tutti in uno solo V,_,. In allora, consideriamo %#+1 punti arbitrarî 


MM, ..., Mi”, di V,_,, per es., nell'ordine stabilito dagli apici; il punto M;” e 


È (i) ED ° . } wii È È + È È 
lo spazio 0},,._x-1 determinano uno spazio lineare a k(n 1) dimensioni ed i X-+-1 spazî 


analoghi a questo si tagliano in un punto, di Z,,.,);n_x Che facciamo corrispondere al 
gruppo M®° , My, ..., MM". Scambiando gli apici che contraddistinguono i punti 
di tale gruppo in tutti i modi possibili, con Ja precedente costruzione si ottengono 
1.2....k(k+1) punti tulli corrispondenti del gruppo stesso. Viceversa è eviden- 
te che ad un punto di £,,.,,,,,, corrisponde un solo e determinato gruppo M;°°, 
M;®.... M,* di V,_,- Da ciò si ricava che tutti i gruppi di 1.2...k(X+1) punti di 


2.1) (n-1)9 Che si costruiscono nel modo indicato, formano un’involuzione ordinaria *). 


9. Dai teoremi dei n. 6 e 7 risulta immediatamente (posto per semplicità n in 
luogo di n-k e v in luogo di #-4-1) che: 

I gruppi di v punti arbitrarî d'uno spazio lineare S,, riguardati come elementi, 
sono rappresentabili univocamente sui punti di uno spazio lineare &,, °°). 

Di qui si deduce che anche l’involuzione di cui si tratta al n.° prec. è razionale, 
cioè i suoi gruppi sono rappresentabili univocamente sui punti di uno spazio lineare. 


10. Consideriamo X spazî lineari Sc, ; S,, 
a, + ...a, dimensioni, che supporremo contenuti in uno spazio lineare Z, ad 
na, +a,+....+a, dimensioni ed in 2, assumiamo ad arbitrio X spazî lineari 
fissi e distinti 0,51, O®na13 +-+, 0a, 1, rispellivamente ad n— a, — 1, 


ii Sa, , rispettivamente ad a,, 


n—-a,—1,......n—a,—1 dimensioni. Se da 0%,.a-4 si proietta un punto qua- 
lunque di S, si ottiene uno spazio lineare ad n—a, dimensioni e i X spazî analoghi a 
i 


questo hanno un punto comune. Viceversa, i 2 spazî che da O'na,13 OPnagi i ee 


«+04, a, proiettano un dato punto di ,, incontrano in un punto rispettivamente gli 


spazî Sa, Sa, ceeeeSay Con tale procedimento, adunque, risultano fra loro riferiti univo- 


pera —29k=ilZaagai = upglivspazii 10, i2,-y sono due, rette 0, 0,0 e V,_1 è 
un piano V,. Mediante il procedimento descritto si fanno corrispondere univocamente le coppie di 
punti del piano V, a coppie di punti, dello spazio Z,, formanti un’involuzione di 2° grado la quale si 
costruisce molto facilmente. Dicasi P, la retta comune a V, ed allo spazio a tre dimensioni determi - 
nato dalle rette 0,‘,0,‘”. Nella rigata di 2° grado possante per le tre rette 0,” , 0,‘ , P,, sia Q, 
la coniugata armonica di P, rispetto ad 0,°,0,‘. Ogni retta appoggiata o Q, in un punto Q, e che 
incontri il piano V, in un punto V, contiene infinite coppie dell’involuzione in discorso e tali coppie 
formano un’ involuzione di 2° grado di cui Q, e V, sono i punti doppii. Ai punti d’una retta, di Z,, cor- 
rispondono coppie di punti, in V,, formanti due punteggiate proiettive nelle quali si corrispondono i 
due punti situati nella P,. Ai punti di un piano corrispondono coppie di punti, di V, , formanti due 
figure omografiche di cui P, è una retta unita, ecc. ecc. 

#*) Per a =v=2 si ha una corrispondenza univoca fra le coppie di punti di un piano ed i punti 
d’uno spazio a quattro dimensioni (v. al $ III). 


na pre 
camente i gruppi formati da X punti presi ad arbitrio, uno in ciascuno degli spazî 
Sas Sas + + + + Sa» ed i punti dello spazio 2, . Tale risultato può venire generalizzato come 


Formiamo un gruppo con «, punti arbitrarî presi in Sa,, con «, punti arbitrarî pre- 
si in Sc, ‘ecc. ecc. Tutti i gruppi analoghi a questo, composti di a, +a, 4... +a 


punti, sono in numero a,x, + a,@,.....4+a,a, volte infinito. Ora, i gruppi di a; 
punti arbitrarì di S.(i=1,2,....2) si rappresentino univocamente sui punti d’ uno 


spazio lineare ad a, a, dimensioni (n. 9). Si avranno così X spazî lineari rispeltiva- 
mente ad a, a, ,d,a, ,.-..0,, dimensioni. Poscia si rappresentino univocamente i 
gruppi formati da X punti, presi ad arbitrio, uno in ciascuno degli spazî ora detli, so- 
pra uno spazio ad a, x, + @,ax, t . -.. t 4a, dimensioni; se ne dedurrà allora che : 

I gruppi formati da a, 4a, 4... -+ a, punti arbitrarî, dei quali a; (i=1,2,....4) 
siano presi in uno spazio lineare ad «. dimensioni sono rappresentabili univocamente sui 
punti d'uno spazio lineare ad a, a, |-a,a,+....-+a,, dimensioni. 

Questo teorema comprende, come caso particolare, quello del n.° 9. 


44. Supponiamo effettuata la rappresentazione univoca dei gruppi formati da » 
punti arbitrarî d'uno spazio lineare S_, sui punti d'uno spazio lineare 2,, (n. 9). Dato 
un punto M,", in S_, noi possiamo prendere X punti infinitamente vicini ad esso in un 
numero X(n— 1) volte infinito di modi *); prendendo poi ad arbitrio, in S,, altri 
v—(X41) punti da riguardarsi come fissi, risulta determinata una X(n—1)-pla infinità di 
gruppi di v punti, X+1 dei quali sono riuniti in M;". A tutti questi gruppi corrispon- 
dono, in 2,,, i punti d’una varietà razionale (n. 9) a X (n—1) dimensioni. Tenendo 
fisso Mi” e variando ad arbitrio iv—(2+1) punti precedentemente riguardati come 
fissi, l’anzidetta varietà descrive un’altra varietà a X(n—1)tn—X-1)=n(-1) 2 
dimensioni che indicheremo con @,,,_,,,- Essa è razionale (n. 10) e delle imagini, in 
S_, d’un suo punto qualunque, una cade in M;" ed altre X sono infinitamente vicine 
ad M,'. Questo punto Mo! e la varietà @,,,_,_, Si diranno corrispondenti, perchè il pri- 
mo determina univocamente la seconda. Le varietà @_,,_,_, S0N0 in numero co” e forma- 
no un sistema razionale. Il lero luogo è una varietà (singolare) a ntn(v—-1)-A=nv_A 
dimensioni che dinoteremo con A,,_,- Essa è caratterizzata da ciò che delle imagini 
di un suo punto qualunque ve ne sono X infinitamente vicine ad un’altra. 

Il massimo valore di X è y—1. Per questo caso si hanno varietà @ 
delle quali è la A,,,1.1 UN punto esistente in A 
cine alla rimanente. 

Il minimo valore di X è zero, nel qual caso si hanno varietà @,,_1y» Il cui luogo 
A _èlospazio E, 

Segue da tulto ciò, che ad un punto qualunque di S, corrispondono le v varietà 
8.010 Paos10 0 + nooo Ciascuna di esse è evidentemente contenuta nella prece- 


SS il luogo 


a ha v— 1 imagini infinitamente vi- 
(n-1)+1 o) 


*) Ciò perchè le rette di S, passanti per M,‘ sono in numero co”. Si noti poi che queste rette, 
e quindi anche i punti infinitamente vicini ad M,'’ sono rappresentabili univocamente sui punti d’uno - 
spazio lineare ad a — 1 dimensioni, 


LUTTO 


A A sono tali che ciascuna 


nv-2 3) * " * 7 av-(Y-A) 


dente, onde le v—1 varietà singolari A,,_,» 
contiene tutte le altre di minori dimensioni. 


42. Siano MM, ..., M;® le vimagini d'un punto M, dello spazio £,, . Le v 
varietà @,,,_, COrrispondenti di Mo, Ms®,..., Mo” (n.11) passano tutte per M, ed han- 
no questo solo punto (variabile) comune. Viceversa è chiaro che le varietà @,,,_,) PaS- 
santi per M, sono solamente quelle corrispondenti di Ms! , M,°°,..., My”, epperò: 

Per un punto arbitrario di £,, passano v varietà ©, y-,, le quali st tagliano in quel- 
l’unico punto (variabile). 

Se dei v punti Ms", M:” ,..., Ml’ ve ne sono x infinitamente vicini ad un altro 
fra essi, delle corrispondenti varietà ve ne saranno X-+1 fra loro successive ed il punto 
M apparterrà alla varietà singolare A_,_1, da cui segue che: 

La varietà A_,_, è îl luogo di un punto, di £,,, per il quale passano X+-1 varietà 
©... fra loro successive, ed altre v— (341) fra loro distinte. 

PerX—=v—1 abbiamo: 

“La varietà singolare A 
© vm Cormcidenti insieme. 

Queste v varietà contengono ciascuna una @,,._1y.y Che appartiene alla A,,,;) 
(n.11). Inoltre una @,,,,) 5ega la A,.,-ya Secondo un luogo ad (n—1) (v—1) dimensioni 
ogni punto del quale ha per imagini il punto fisso corrispondente di quella 0,,,_,, ed 
altri y— 1 punti ad esso infinitamente vicini, onde: 

Una ®,.v-1, € la varietà singolare A_,,_,., RAnnO in comune v varietà @ 
loro successive. 

Infine, y—1 varietà @,,,_,, qualunque, corrispondenti dei punti M,®,M;®,..., 
di S,, banno in comune una varietà T,, ad n dimensioni, ogni punto della quale ha 
per imagini i vy—1 punti fissi anzidetti ed un altro punto variabile M;”. Per un punto 
qualunque M,, di T,, passa una sola @,,,,_,, Variabile avente con T, quell’unico punto 
comune. Essa è corrispondente del punto variabile M”. Si vede da ciò che i punti M, 
ed M.” si corrispondono univocamente fra di loro, per cui la varietà T, è rappresen- 
tata punto a punto sullo spazio S,. Due varietà analoghe a T, sono punteggiate univo- 


camente dal sistema delle © 


vin-nei È ?l luogo di un punto per il quale passano v varietà 


(n-1) (V-1) fra 


n(Y-4) 


413. Nello spazio S, sia data un’involuzione di grado v e di specie m. I gruppi di 
essa saranno le imagini di punti, dello spazio £,, formanti una varietà ®,,, - Presi m 
punti qualunque, in S, , le m varietà @_,,_,, che loro corrispondono (n. 11) e la ®_., non 
potranno avere più d’un punto (non fisso) comune, il quale avrà per imagine, in $S_, 
quel gruppo dell’involuzione che è determinato dagli m punti considerali. Viceversa, 
è evidente che i punti d'una varietà ®_,, avente un solo punto comune con m varietà 
©.) banno per imagini i gruppi d'una involuzione di grado v e della specie m. Per- 
ciò la ricerca di tulte le involuzioni, dello spazio S,, equivale a quella di tulte le ®,,,, 
dotate dall’anzidetta proprietà. 

Data, in S,, una varietà razionale /,, ad # dimensioni, tutti i gruppi di m punti 
arbitrari, presi in essa, costituiscono uno spazio razionale ad mi dimensioni (n. 9). 
Ciascuno di tali gruppi determina un gruppo dell’involuzione e quindi un punto della 
varietà ®,,,, epperò il luogo di questo punto è una varietà razionale 9,,,. Se poi infinite 


ra 
f; formano un sistema razionale *), anche le corrispondenti 9,,; formeranno un sistema 
razionale. Onde : 

Una varietà ®,, , di E, , è cui punti hanno per imagini, in S, , è gruppi di un' în- 
voluzione di specie m , contiene infiniti sistemi razionali di varietà razionali. 


44. Rappresentiamo univocamente i gruppi di m punti arbitrarî dello spazio S, sui 
punti d’uno spazio lineare U,,, nel modo noto (n. 6, 7, 9). In allora è chiaro che ad un 


È . . q ni . y . . 
gruppo dell’involuzione data corrisponde univocamente un gruppo di (7) punti e tutti 
i gruppi analoghi a quest ultimo formano una involuzione ordinaria [I]. Cioè : 

Data un’ involuzione di grado v e di specie m in uno spazio lineare ad n dimensioni, 


. x c o 6 . . . v . . . 
si può sempre costruire un’ involuzione ordinaria di grado (1) in uno spazio lineare ad 


mn dimensioni, i gruppi della quale corrispondono univocamente a quelli della data. 

Vi sarà dunque una corrispondenza univoca anche fra ì punti della varietà ®,,, ed 
i gruppi dell’involuzione [I]. Mediante poi successive proiezioni e sezioni, dalla ®,,,, 
possiamo dedurre una varietà ®',,, contenuta in uno spazio lineare £,,,., , COsicchè si 
corrisponderanno univocamente fra di loro i punti di ®,, ed i gruppi della [I]. 

Nello spazio U,,, consideriamo una retta passante per un punto fisso P.. 

A tutti i gruppi, dell’involuzione [I], determinati dai singoli punti di tale retta 
corrisponderanno punti, della varietà ®, il luogo dei quali sarà una curva razionale 
R, . Variando la retta intorno al P,, la curva R, descrive un sistema razionale “io 
Preso un punto arbitrario M, in ®,, , le curve R, passanti per esso sono quelle che 
nascono dalle rette congiungenti P, coi punti di quel gruppo, della [I], che corrispon- 


de ad M, e quindi per ogni punto della varietà ® _,,, passano (}) curve R,. 


45. Indichiamo con w,,6%,,...,0 mn—1 parametri da un sistema di valori 

. ASCA] da RA 2 mn-1) y 
dei quali risulti determinata una linea retta uscente dal punto P,, dallo spazio U,,,, ; Sia 
po! ©,,, un parametro, dal cui valore dipenda la posizione di un punto su quella retta. 


Da quanto precede risulta, che la varietà ®,, può rappresentarsi con equazioni della 
f mn 
orma: 


XX (1) 


dove le X sono le coordinate omogenee di un punto dello spazio £,,,., € le F sono fun- 
zioni razionali di 6, ,6,,...%,,.17%, OPportunamente determinate. 

I parametri w possono anche riguardarsi come coordinate (non omogenee) di un 
punto dello spazio U,,, , nel qual caso le equazioni (1) definiscono una relazione, fra i 
due spazî U,,.. 3 2,,,, > tale che agli spazî lineari ad mn dimensioni contenuti in £ 
corrispondono univocamente le varietà del sistema lineare 


mn+t 


A, F,+a,Fat--:0-4- Grnee E mne = 03 (2) 


*) In particolare, tale sistema può constare di tutti gli spazî lineari ad è dimensioni contenuti in 
DS. (0: 4) 
n 


I = 

ed in particolare a quegli fra gli spazî anzidelti che passano per un punto di ®',,,. cor- 
rispondono varietà del sistema (2) formanti un sistema lineare 0c0”* e tutte aventi in 
comune un medesimo gruppo (variabile) dell’involuzione [[]. Adunque, èl sistema (2) 
ha la proprietà che tutte le varietà di esso che contengono un punto dato contengono ne- 


cessariamente anche gli altri punti di quel gruppo, dell’involuzione [I], che è determi- 
nato dal punto dato *). 


Da ciò si arguisce che il risultato dell’ eliminazione dei parametri w dalle (1) (cioè 

ma 
l'equazione della ®,,, in coordinate di punti) è la potenza (*) d’una funzione delle 
coordinate. Perciò si può dire che nell’accennata rappresentazione della ®.,, sopra 


Srpel dae : È - : i 
U,.. la stessa ®,,, è una varietà da riguardarsi come multipla secondo il numero ( ) 


$ III 


16. Applichiamo ora i procedimenti indicati ai n.! 6,7, 9 per il caso (v=n=2) 
in cui si tratti di rappresentare univocamente le coppie di punti d’un piano S, sulle 
rette di uno spazio ordinario S,, non che sui punti d’uno spazio lineare x, a quattro 
dimensioni. 

A tal uopo dinotiamo con X, , X, , X,, X, , X, le coordinate omogenee di un punto 
di £,; lo spazio S; sia determinato dalla X, = 0 ed, in questo spazio, il piano S, sia de- 
terminato dalla X, = 0. Assunta in S, una quadrica fissa Y, la cui equazione sia 


XxX, XjX,=0, 


diciamo fF,, ) T333 Ta > 14 o TaioTa; le COOrdinate d’una retta qualunque di S,. Questa retta 
sega Y. in due punti le coordinate dei quali sono: 


X,=fu(—ra-brut Ve), X,= ra(ra+rut Ve), a_- ent Ve)? rs, XF 
dove 


p=iRatra)4+ Arr è 


Proiettando tali punti dal punto fisso C, (X, =; Sul piano 
S,, si ottengono due punti M;° , M,”. Nel supposto che i piani X,.=0, X,=0, di S,, 
siano fra loro paralleli, possiamo riguardare la retta X, 0, X,=0 e la retta X_=0 
X,=0, del piano S,, quali assi cartesiani delle @ e delle y rispettivamente. In questo 
caso le coordinate x, y di Mo” e le coordinate 2’, y di M;® si trovano così espresse : 


L= _ Tatra = y=—_ratbrutVo 


a PL y= 273, ; e, 
*) Il contenere la ®',.,, al pari della ®,,,,,, infiniti sistemi razionali di varietà razionali, costituisce 
una proprietà certamente rimarchevole. Ma questi sistemi, per il modo istesso col quale vennero co- 
struiti, non pare che si prestino a sciogliere il dubbio se la ®',, (e quindi anche l’involuzione [I]) sia 
un ente razionale. È inoltre da avvertire, che tale quistione è intimamente legata a quella che riguarda 
ì sistemi lineari di varietà che presentano il caso eccezionale sopra notato, sui quali sarebbero oppor- 
tune ricerche generali, ch'io sappia non ancora tentate. 


ATTI — Vol. V.— Serie 2*T— N. 1. 2 


NE 
Inversamente si ha 


rata fera =— (ay —y):—(y=y):(a-2): ea'(y—y):yy(e-):(ru—2y). (2) 


Le (1), (2) sono le formule di corrispondenza fra le rette di S, e le coppie dei 
punti di S,. 

È evidente , pertanto , che alle rette di un piano qualunque, di S,, corrispondono 
coppie di punti siluale in una conica passante per i punti all'infinito degli assi 2, y *). 
Si trova inoltre facilmente che ad ogni retta uscente da un punto dato P, corrispondono 
due punti coniugati in una trasformazione di Hirst la cui conica fondamentale è la 
proiezione, in S,, della conica comune alla quadrica y, ed al piano polare di P, , e il 
cui polo giace nella retta C,P.. 

Infine, ad ogni retta del complesso p = 0, cioè ad ogni tangente di Y,, corrispon- 
deno due punti fra loro infinitamente vicini in una direzione determinata. 


47. Nello spazio S, consideriamo i due piani 


Ag(X,=0) , B,(X3=0), 
e nello spazio Si le due relte 


A, (X,=0,X,=0,X;-+X;=0) , B.(X,=0,X3—X,=0,X,+X;=0), 


delle quali, la prima incontra B, nel punto B(X,=X,=X,=X,=0)e la seconda 
incontra A, nel punto A, (X,=X,=X,= X,=0).Il piano A, B, G,; che dinoterò con 
C,, è definito dalle X,.=0, X,=0. 

La retta di S, avente le coordinate r,, , 7,3,--.Y,; sega A, e Ba in due punti, i 
quali rispettivamente con A, e B, determinano due piani che si tagliano in un punto. 
Fra le coordinate di esso e quelle della retta anzidelta hanno luogo le relazioni **): 


1} 


X=frya (7317) Malato rata truta Xtra t ra) Ka 
ossia, inversamente, le altre 


rig XX » fa 3X2(X3-X) 00 tra 3X(X3-X4XK), 


9 = 


rg=—XXK 0 fa 4A) rus (GA) 


14 — 


*) Sono questi i punti fondamentali della proiezione stereografica di Y, sopra S,. 

**) Nella (C.w...n.3) sono indicate con 2,,%,,+..,%; le coordinate di un punto di Z,. Ponendo: 
wi =X,,0%,=X,,t&3=X3-X,,0,=X,,&%,=X;, le formule (1), (2) colà date al n.° 4 divengono 
quelle scritte di sopra. Per agevolare l'intelligenza dei richiami i simboli qui usati per definire certi 
enti geometrici sono i medesimi di quelli usati nella (C.w...:.). 


E 

Perciò le (1) del n. prec. divengono: 
g=_ —KX:+X(K+X)aVE y=X,X,+X(X+X) VE (3) 
= Pa (a Mg) Ap 2X, (XX t.X;) : 


E =[X; (X34-X,) — X,X.}} — 4X,X,.X,(XK}-X). 
Dalle (2), poi, si deducono le seguenti: 


Xx=(ry—ry){(e-e)—ee'(y—y)], X=(ey— ey) 4-y)+yy@—2))] 
X=(7-M)[2ax (yy) ar yy (ar) (a-2)], X=—x2(y—Y)lyy(e-)-(4—y)] } (4) 
X,=(ey-ay)(cy-xy). 


Le (3), (4) sono le formule di corrispondenza fra i punti dello spazio £, e le cop- 
pie di punti del piano S.. 


18. Se si attribuiscono a @ ed y due valori ad arbitrio, nel piano S, è determinato 
un punto M,' e nello spazio £, è determinata la superficie @, corrispondente di M_‘’ 
(n. 11), la quale è rappresentata dalle equazioni (4) quando vi si introducano per « e 
y i valori anzidetti. Ogni punto di ©, ha due indagini in S,, delle quali una cade co- 
stantemente in M,". Questa superficie è una rigata del terzo ordine *); essa contiene 
le rette A, , B, (n. 17) non che la retta C, (X,=0,X,=0,X,= 0) comune ai piani 
A,,B,, elarettaT,(X,=0,X,=0,X,+X,=0) trasversale delle A,,B, ; C,. Tulte 
le superficie analoghe a @, formano una serie razionale co” e per ogni punto dello spa- 
zio £, ne passano due sole (n. 11). 


19. L'equazione £= 0, cioè (n. 17): 


[X; (Xg + XK) — Xi Ka] — 4X, XXX,(X3-X)=0, 

rappresenta la varietà singolare A,, a tre dimensioni, del quarto ordine, ogni punto 
della quale ha due imagini, in S,, tra loro infinitamente vicine in una direzione deter- 
minata (n. 11). Ponendo nelle (4) del n. 17,y=y-+òy,® =x-+@, dividendo po- 
scia per (80) e osservando che quando èx e $Y convengono insieme a zero, il rapporto 


è 4 . d 5 
-% assume il valore di ila risulta: 
da da 


‘( dy d d dy MITE: A dy , 
x.=( oy)(el 1), x=(e (dr), xe leve) 


dy /dy = 3 
e E gg —gy? — pf 
Ac (1 v), sani ce) ì 


*) Nella "(C.Wac.s- n. 9) la @, corrisponde alla stella di rette, dello spazio S,, avente il centro 
in un punto della quadrica Y,. 


equazioni le quali, riguardando le @,y, a , come {re parametri indipendenti, defini- 
scono in altro modo la varietà A, *). 

Assegnando alle 2, y due valori ad arbitrio, nel piano S, è determinato un punto 
Mo e nella varietà A, è determinata una conica 9, , le cui equazioni sono quelle che 
divengono le (5) introducendovi per le @ , y i valori dati. @, è la conica corrispondente 
di M. (n. 11), cioè ogni punto di @, ha due imagini, nel piano S,, delle quali una è 
Mo” e l’altra è infinitamente vicina a questo punto in una direzione determinata. Cia- 
scuna delle superficie ©, (n. 18) ha in comune con A, due coniche ©, coincidenti in- 


sieme (n. 12). 


20. Nella varietà A, possiamo distinguere due specie di superficie, e cioè: 

a) Superficie, ognuna delle quali è il luogo di una semplice infinità di coniche @,. 
b) Superficie che non contengono coniche @,, oppure ne contengono un nume- 
ro discrelo. 

Una superficie della specie a) è determinata da una relazione qualunque fra le sole 
2,4, vale a dire da una curva data nel piano S,. Le coniche @, corrispondenti ai punti 
di questa curva appartengono alla superficie medesima. 

Una superficie della specie 8) si ottiene segando A, con un’altra varietà qualun- 
que a Ire dimensioni, oppure facendo sussistere insieme alle (5) un'equazione ad ar- 


VE d ci core Lai 3 na 
bitrio fra lea, 7, ne . Di qui si vede l’intima relazione che hanno le superficie di que- 


sla specie con le equazioni alle derivate ordinarie. 


21. Le principali proprietà della varietà A, si possono dedurre facilmente conside- 
rando la trasformazione univoca dello spazio rigato S, nei punti dello spazio 2, ed osser- 
vando che i punti di A, corrispondono alle rette del complesso quadratico p=0(n. 16) 
formato dalle tangenti alla superficie Y,. Tale superficie è inscritta nel triedro A,B,C,, 
non solo, ma gli spigoli A,C,,B,G, sono rette di essa. Questa circostanza particolare 
ha contribuito a rendere più semplici le formule (1) , (2), (3) , (4), (5); ma credo op- 
portuno di non tenerne conto nel seguito, considerando il caso più comprensivo in cui 
la y,, pur essendo inscritta nel triedro anzidetto, nessuno spigolo di esso le appartiene. 
A vrò del resto occasione di far notare in che differisce la A, risultante da questa ipotesi 
più generale, dalla A; ottenuta precedentemente. 

Intanto si vede chiaramente che le coniche @, contenute in A, (n. 19) corrispon- 
dono ai fasci nei quali si possono ordinare le rette del complesso menzionato (C.u...n9), 
epperò ogni conica ®; incontra le rette A,,B,,C,. La curva del complesso siluata in 
un piano tangente di Y, essendo spezzata in due fasci coincidenti insieme, ne segue che 
ogni conica @, contata due volte, è la completa intersezione del suo ‘piano con A,; on- 
de il piano stesso è tangente a A, in ogni punto di @, e ciascuna retta di tale piano è 
bitangente a As. Tulti i piani analoghi a questo formano una serie razionale ce'. Dino- 
terò con 7, uno generico fra essi e con (7,), la serie medesima. Poichè per una retta 


de . i di L ton 
*“ Sea,y, 7, Sì assumono quali coordinate di uno spazio lineare a tre dimensioni, le formule (5), 
Ly 


servono a rappresentare univocamente, punto a punto, la varietà A, sopra tale spazio. 


rt pe 
di S, passano due piani tangenti di Y,, così per un punto arbitrario di E, passano due 
piani della serie (r,),. Questi piani, poi, coincidono insieme se il punto giace in A,. 

Alle tangenti di Y, situate nel piano A, corrispondono, in £,, infinite rette appog- 
Biate alle B, , C, formanti una rigata di 2° grado (C.w...n.17), la quale, contata 
due volte, è la completa intersezione di A, con lo spazio (A, C,). Onde segue che tale spa- 
zio è tangente a A, in ogni punto della rigata medesima. In modo affatto analogo si com- 
portano gli spazî (C,A,) , (A,B,) rispetto a A,. 

Le rette A,,B,, C,, T, sono doppie per A, (C.w... n. 25). Ogni retta di Y, è dop- 
pia per il complesso, epperò ai due sistemi di rette della Y, corrispondono due rette 
D,, E, (C.w...n.' 6 e 26) che sono doppie per A,. Le D, , E sono incontrate da tutte 
le coniche @, e quindi da ogni piano della serie (7), ‘). 

Invece di assumere come data la quadrica Y,, si può dare ad arbitrio la retta 
D,, nello spazio X,. In allora ai punti di D, corrispondono, in S;, le rette d’un sistema 
di una quadrica Y inscritta nel triedro A,B,C, e la proprietà della Y, di possedere un’al- 
{ro sistema di rette si traduce nel teorema: i piani dello spazio a quattro dimen- 
sioni-che incontrano quallro relte dale, incontrano ancora una quinta retta deler- 
minata "*). 


22. I piani della serie (7,), che incontrano due rette date ad arbitrio (cioè i piani 
di Z, che incontrano sei rette indipendenti), corrispondono ai cinque piani tangenti co- 
muni (esclusi A,B,C,) a Y, e a due altre determinate quadriche inscritte nel triedro 
A,B,C,. Essi formano una figura correlaliva a quella delle cinque rette A,,B,,C,,D,,E,, 
e quindi verificano il teorema: le relte di uno spazio a quattro dimensioni che incon- 
rano quattro piani dati incontrano ancora un quinto piano delerminato. 

I piani della serie (7,), che incontrano una retta data (cioè i piani di Z, che incon- 
trano cinque relle indipendenli) sono in numero ce' e formano una varietà del 5° ordi- 
ne a tre dimensioni. Essi corrispondono ai piani della sviluppabile circoscritta a Y, e 
ad un’altra determinata quadrica inscritta nel triedro A_B,C,. Ai due sistemi di relle 
d’una quadrica qualunque inscrilta in quella sviluppabile corrispondono due rette di 
È, che incontrano tutti i piani della varietà anzidetta. Il luogo di questa coppia di rette 
è una rigata del 5° ordine, passante per le A, , B,, C,, D,, E, ; la quale è doppia per la 
varietà. La curva comune ad un piano della varietà ed alla sua rigata doppia è del ter- 
zo ordine e può riguardarsi come il luogo dei punti comuni a quel piano e a tutti gli 
altri della varietà e come corrispondenti a quelle rette di $S, (formanti un inviluppo pia- 
no di 3° classe inscritto nel triedro A_B_C,), lungo le quali un piano determinato della 


*) Se gli spigoli A,C, , Bo Co» del triedro A, B, C, appartengono a Y,, le rette D,, E, sono infinita- 
mente vicine l’una ad A, e l’altra a B,. Ciò si vede facilmente osservando che le rette di un sistema, 
della Y,, incontrano tutte la A, C;; quelle dell’altro sistema incontrano la B, © e ricordando quanto 
è detto nella [C.w...n.5 d),c)]. 

**) Tale teorema, a cui è giunto per questa medesima via il Sig. Pieri (sulla Geometria Proiet- 
tiva delle forme di 4° specie, Gior. di Battaglini, vol. XXVIII) è dovuto al Sig. Segre (Alcu- 
ne considerazioni elementari sull’incidenza di rette e di piani nello spazio a quattro dimensioni. 
Rend. del Circolo Mat. di Palermo, tomo II, anno 1888). Date quattro delle rette A,,B,,C,,D,.E,, 
il Sig. Segre insegna a costruire la quinta facendo uso della proprietà che la trasversale di tre 
qualunque delle A, , B, ,C,,D,, E,, giace nello spazio a tre dimensioni determinato dalle altre due. 


— i 
sviluppabile menzionata è incontrato da tutti gli altri o, ciò che è lo stesso, è tagliato 
dalle quadriche inscritte nella sviluppabile *). 

Se una relta L,, di £,, giace in un dato piano ©,, della serie (7,), ai punti di essa 
corrispondono , nello spazio S,, le tangenti d’una conica inscritta nel triedro A_B,C, e 
situate in un piano P, tangente alla quadrica Y, (C. w... n. 13). Il piano P, è doppio 
per la sviluppabile circoscritta alla conica ed alla Y, e ogni quadrica inscritta in tale svi- 
luppabile sega P, secondo due tangenti di Y,. Segue da ciò che la varietà cui apparten- 
gono tutti i piani della serie (7), che incontrano L, ammette il piano doppio ©, e la sua 
rigata doppia ammette la retta doppia L,, ogni punto della quale è doppio per la curva 
di terz'ordine comune ad un piano della varietà ed alla rigata. Questa poi è costituita 
da infinite tangenti a A, nei punti della conica sezione della stessa A, col piano ,. 


23. Da cio che precede discende che la serie (7,), è definita da quattro qualunque 
delle rette A,,B,,C,,D,,E, e la varietà A, può riguardarsi come luogo della conica de- 
terminata dai cinque punti comuni ad un piano variabile, della serie, ed alle rette 
Ax,B,,C,,D,, E, Inoltre è facile comprendere come, se delle cInque rette ora dette se 
ne prendono tre qualunque e queste si sostituiscono nel loro ufficio alle A, ,B,,C, 
(n. 21), si può sempre, ed in infiniti modi, trasformare univocamente lo spazio rigato 
S; nello spazio punteggiato 2,, in guisa che al complesso formato dalle tangenti d'una 
quadrica che soddisfa a certe condizioni, corrispondano i punti della varietà A,. Onde 
segue senz'altro che la trasversale di tre qualunque delle rette A, B,,C,,D,,E,, è dop- 
pia per A,, e quindi questa varietà possiede in tutto quindici rette doppie. Di più cia- 
scuno degli spazî (A,B,) , (4,C,) , (4,D,)  (A,E,) a(B, GC) (BD) (Bb) (0,0) 
(C, E.) ; (D, E,) è uno spazio tangente doppio, cioè tocca A, in tutti i punti d'una ri- 
gata di 2°grado (Seg....n. 1). La trasversale ditre qualunque delle rette A,,B,,C,, D,, È, 
è asse d’un fascio di piani, della serie (7,),, contenuto nello spazio determinato dalle 
altre due fra le rette stesse (Seg....n.3) edi punti dove un piano del fascio incontra 
le due ultime rette nominate giacciono in una retta della quadrica di contatto della A, 
con lo spazio di cui si tralta. 


24. Indichiamo con (A,B,C,) (A,B,D,)...(C,D,E,) rispettivamente le dieci tra- 
sversali delle terne di rette A, , B, , C,; A4,,B,,D,;...;C,,D,, E,. Le rette doppie 
di A, si possono ordinare nelle seguenti sei quintuple: 


A, © Bi C, DI; E, 

A, (B, C, D,) (B,C, E,) (B, D, E,) (C, D, E,) 
B, (A, 0, D,) (A,C,E,) (A, D,E,) (C, D, E,) 
C, (A, B,D,) (A, B, E) (A, D, E,) (B, D, E,) 
D, (A,B, C,) (A,B,E,) (A,C, E) (B,C}E,) 
E, (A,B,C,) (AB, D,) (A, 0, D,) (BG, D,) 

*) I risultati qui enunciati trovansi nella Nota già citata del Sig. Segre, il quale ha stabilito 
le più importanti proprietà della varietà di terzo ordine e quarta classe costituita dalle rette, in nu- 
mero 2°, che incontrano quattro piani dati; epperò un quinto piano determinato (Sulla varietà cubi- 
ca con dieci punti doppii dello spazio a quattro dimensioni). Atii della R. Acc. delle Scinze di Tori- 
no, vol. XXII, anno 1886-87). È da notarsi che gli spazii tangenti della varietà in discorso formano 


una figura correlativa della varietà A,. Perciò, occupandomi ora sommariamente della A,, a luogo op- 
portuno, rimanderò il lettore all’ultimo lavoro citato, con la semplice indicazione (Seg....). 


MN” (- pes 
ciascuna delle quali ha le stesse proprietà caratteristiche di quella formata dalle rette 
A,,B, 0, D, E, (Seg. ... n. 2). Le trasversali delle lerne di rette d’una quintupla 
sono le altre dieci rette doppie di A,. Ogni rella doppia di A, è comune a due quintu- 
ple; viceversa, due quintuple hanno una relta comune, e, astraendo da questa, le rima- 
nenti dell’una quintupla sono le trasversali delle terne di rette rimanenti dell’altra quin- 
tupla (Seg.... . n. 2). 


25. Dinoteremo con (x), , (8,), ; (1.), » (®,), ; (e,)_ le serie di piani affatto analoghe 
alla (7,), che sono determinate dalle quintuple aventi a comune rispettivamente le rette 
A, ,B1;C,;D,, E, con la quintupla A, , Bi , €, , D, , E,. Anche ogni piano delle cin- 
que serie ora dette sega A, secondo due coniche coincidenti insieme, per cui la varietà 
contiene sei sistemi ce? di coniche ed è il lungo di un punto per il quale passano due 
piani coincidenti di ciascuna delle serie (7), 3 (4), 3 (8.), 3 (1). A)» (6) I Sei piani 
di queste serie uscenti da un punto qualunque P,, di A,, giacciono nello spazio a tre 
dimensioni langente in P, a A, e toccano il cono quadrico (ordinario) formato dalle 
rette osculatrici di A,, in P,; le rispellive generatrici di contalto sono le tangenti in P, 
alle sei coniche di A, situate in tali piani *). 

Per un punto d'una retta doppia di A, passano infiniti piani delle due serie deler- 
minate dalle quintuple aventi quella retta comune. 1 piani stessi costituiscono i due si- 
stemi d'una medesima quadrica a tre dimensioni per la quale il punto considerato è 
doppio (Seg....n. 1). 

La varietà A, essendo della terza classe (Seg.... n. 1), un piano arbitrario di x, 
incontra secondo rette tre piani di ciascuna delle serie (7), (4), 1 (Ba: (1223 (9) (E) 


26. Ciascuno dei dieci spazii tangenti doppii (A,B,), (A,C,)..... (D E,) con- 
tiene sei rette doppie, di A,, distinte in due terne, la prima delle quali appartiene al- 
l’uno e la seconda appartiene all’altro dei due sistemi situati nella quadrica di contalto 
dello spazio considerato con A, (Se g. ... n.2). Degli spazii anzidetti ne passano quat- 
tro per ogni relta doppia di A, (Seg....n. l). 

Le relte doppie s'incontrano a tre a tre in quindici punti, dei quali ve n’ ha tre 
sopra ciascuna delle rette stesse (Seg.... n. 1). Quelli fra questi punti che giacciono 
ad es. sulla retta A, sono comuni: il primo agli spazii (B,C,) ,(D,E,), e per esso pas- 
sano le rette (AB, C,), (A,D,E,); il secondo agli spazii (B, D,) , (C,E,), e per esso pas- 
sano le rette (A, B,D,) , (A,C,E,); il terzo agli spazii (B,E,) , (GC, D,), e per esso passano 
le rele (A _B,E,), (A,C,D,) "). 


*) Queste tangenti sono le generatrici, del cono quadrico sopradetto, aventi con A, un contatto 
quadripunto in P,. 

*#) Non sarà inutile avvertire che delle dieci rette (A, B, C,), (A,B, D)..... (C, D, E,) s' incon- 
trano, se i loro simboli hanno una lettera comune la quaie designa quella delle A, , B, ,C,,D,,E,, in 
cui cade il punto d’incontro. Tre delle dieci rette anzidette giacciono in un medesimo spazio tangente 
doppio di A, (senza incontrarsi) se i loro simboli hanno due lettere comuni le quali designano due 
rette che determinano quello spazio. Inoltre, gli spazii determinati dalle coppie di rette A,,(B,C, D,); 
7 NI EIA AR sono rispettivamente (A, E,),(A, D,),..... ; gli spazii determinati dalle cop- 
pie di rette (A, B, C,), (A, B, D,), (A, C, D,), (A, C, E,);--... sono rispettivamente (A, B,), 
"0 SD SETE 


— Rae 

Ciascuno dei quindici punti anzidetti giace in sei spazii tangenti doppii di A, 
(Seg....mn. 1). Il piano di due rette doppie che s'incontrano è comune a due di tali 
spazii e appartiene a quelle due, fra le serie (7), , (4), 3 (8) 3 (1223 (T2 3 (E che sono 
determinate dalle quintuple aventi a comune la terza retta doppia passante per il punto 
d'incontro delle prime due considerate. Epperò due qualunque delle serie anzidette 
hanno tre piani comuni, ciascuno dei quali contiene due rette doppie di A,. 


27.1 piani che contengono due rette doppie di A, sono in numero di 45 e per 
quanto s'è detto (n. 26) possono ordinarsi in 15 terne. Noi assumeremo come corri- 
spondenti una retta doppia ed il piano trasversale ") della terna di piani appartenenti 
a quelle due fra le serie (,), , (4), > (8,), > (1,): » (?.), » (8»), che sono determinate dalle 
quintuple aventi a comune la retta doppia considerata. E chiaro allora che il piano cor- 
rispondente d’una data retta doppia sega A, secondo un quadrilatero ì cui vertici giac- 
ciono nelle sei relte doppie contenute nei piani della terna che risulta determinata dalla 
retta data, e le cui rette diagonali sono nei piani della terna stessa. I lati del quadrila- 
tero sono le intersezioni del suo piano coi quattro spazii tangenti doppii di A, passanli 
per la retta corrispondente del piano medesimo e appartengono alle quadriche di con- 
tatto di quegli spazii con A,. 

Osservando che una retta doppia non incontra il piano che le corrisponde, si vede 
che se due rette doppie non s'incontrano i loro piani corrispondenti segano la quadrica 
di contatto di A, con lo spazio passante per le due rette, secondo due rette d'un mede- 
simo sistema, da cui si deduce che quei due piani non possono avere che un punto co- 
mune. Se invece due rette doppie s'incontrano, il piano corrispondente dell’una sega 
l’altra. Perciò ciascuno dei due spazii tangenti doppii passanti per il piano delle due 
relle è tagliato lungo rette di differenti sistemi della quadrica comune a quello spazio 
ed a A,; quindi i due piani si segano lungo una retta, ossia giacciono in un medesimo 
spazio a tre dimensioni. Da ciò si trae che il piano trasversale di quelli corrispondenti 
a tre rette d'una quintupla è corrispondente alla trasversale delle tre rette, onde segue 
senz'altro che: 

I piani seganti la varietà A, secondo quadrilateri formano una figura correlativa di 
quella costituita dalle quindici rette doppie della varietà. 


28. Consideriamo una quintupla qualunque di rette doppie, per es., la quintupla 
A,B, C, D, E, . Se agli spazii (A,C,) , (A,D,) ; (A,E,) sì fanno corrispondere rispettiva- 
mente i punti nei quali il piano corrispondente di A, è segato dai piani corrispondenti 
di C,,D,, E,; e se agli spazii (B,C,), (B,D,),(B,E,) si fanno corrispondere rispettiva- 
mente i punti nei quali il piano corrispondente di B, è incontrato dai piani corrispon- 
denti di €, , D, , E, : nello spazio 2, è determinata una reciprocità in cui allo spazio (A,B,) 
corrisponde il punto comune ai piani corrispondenti di A,, B,. Tale reciprocità, poi tra- 
sforma il sistema delle rette doppie .di A, nel sistema dei 15 piani che segano questa 
varietà secondo quadrilateri. Di più, le sei serie di piani (7), (4). (Ba (a da 
sono trasformate in altrettante serie di relle appartenenti ad una varietà T, del terzo 


*) Come abbiamo chiamata trasversale di tre rette date in X, la retta che le incontra tutte tre, 
così chiamiamo piano trasversale di tre piani, dati in Z,, il piano che sega ciascuno di essi lungo una . 
retta, cioè passa per ì punti nei quali i tre piani si tagliano a due a due. 


cd DR cen 

ordine e quarta classe *), che conliene i 15 piani sopradetti. I punti e gli spazii tan- 
genti di A, sono trasformati rispettivamente negli spazii tangenti e nei punti di I e 
quindi i dieci spazii tangenti doppii di A, sono trasformati nei dieci punti doppii di T,. 

Sia P, un punto comune a tre rette doppie di A, e P, lo spazio che gli corrisponde 
nella reciprocità. Dinotando con Q,,R,,Sci punti comuni a P, ed alle tre rette dop- 
pie, i piani corrispondenti delle P,Q,,P_R, PS, giacciono in P, e passano rispetti- 
vamente per le rette R, S.S. Q Ro Tali piani hanno un punto comune T, che cor- 
risponde allo spazio T, in cui giacciono le P, 0, , Po Ro» Po So: 

Negli spazii T, e P,, le stelle corrispondenti coi centri in P, e T,, sono reciproche 
(nel senso ordinario) e segano il piano Q, R, S, secondo una reciprocità nella quale ad 
ogni vertice del triangolo Q, R, S, corrisponde il lato opposto. Di qui segue che alle due 
rette che da P, e T, proiettano un dato punto del piano Q, R, S, corrispondono rispetti- 
vamente, nelle stelle di centri T,, P,, due piani aventi in comune una medesima retta 
del piano Q, RS, il quale, perciò, è il piano corrispondente della retta P, T,. Dopo 
ciò si vede facilmente che nel pentagono P,Q, R, ST, ogni vertice ha per corrispon- 
dente il lato opposto, onde la reciprocità considerata, in £, è involutoria. Concludiamo 
adunque che: 

La varietà T, e A, coesistono necessariamente nello spazio E; in virtù di una polarità 
che è determinata dall'una di esse e che trasforma questa nell’ altra. 


29. Uno spazio dato U,, di £,, sega i piani della serie (7,), lungo le rette d'una 
congruenza [2 , 3] di 2° ordine e 3° classe. I raggi della congruenza passanti per un 
punto giacciono nei due piani della serie (7,), uscenti da quel punto (n. 21); i raggi 
della congruenza situati in un piano di U,, sono le relte secondo cui tale piano è in- 
contrato da tre determinati piani della serie (7,), (n. 25). Il luogo di un punto per il 
quale passano due raggi tra loro infinitamente vicini della [2 , 3] è la superficie (focale) 
A, del 4° ordine, secondo la quale U, sega la varietà A, ed i raggi della congruenza 
sono altrettanti bitangenti di A, (n. 21). 

Ciascuno dei 15 punti comuni ad U, ed alle rette doppie di A, è doppio per la su- 
perficie A,. Se dal punto doppio situato in una delle rette A, , B, , C, , D, , E, si proiet- 
tano quelli situati nelle altre quattro, non che quelli situati nelle trasversali di queste 
quattro, prese a tre a tre, si ottengono otto rette di un medesimo cono quadrico (n. 25) 
che appartiene alla [2 , 3]. Di questi coni, adunque, la congruenza ne possiede cinque, 
ed essi a due a due hanno una retta comune. 

Ciascuno dei punti doppii di A, che giacciono nelle 10 rette (A,B,C,),(A,B,D,),... 
-..:(C,D,E,) è centro d’un fascio di raggi (n. 28) della [2 , 3]. Il piano del fascio che 
ha il centro nel punto doppio esistente in (A,B,C,) passa per i punti doppii esistenti in 
D, , E,; il piano nel fascio col centro nel punto doppio esistente in (A,B,D,) passa per 
i punti doppii esistenti in C,, E, , ecc. ecc. Da cui si vede che dei piani anzidetti ne 
passano quattro per ogni punto doppio di A, situato in una delle rette A,,B,,C,,D,,E,. 

Lo spazio U, sega anche ciascuna delle serie (&,), , (B.), 3 (Y.): » (d»): è (€), Secondo 
una congruenza di 2° ordine e 3° classe affalto analoga alla precedente, la cui super- 
ficie focale è A,. Due qualunque delle sei congruenze hanno un cono quadrico comune 


*) É la varietà studiata dal Sig. Segre (V. il lavoro più volte citato). 
ATTI— Vol. V.— Serie 2°— N01, 3 


suo ia 
il cur vertice giace nella retta comune alle quintuple che determinano quelle due fra le 
serie (T,), 3 (4) a (Ba (12) 1 (Ta) a (E) Che sono segate dallo spazio U, secondo le con- 
gruenze considerate. Inoltre sono rette comuni alle due congruenze quelle che risul- 
tano segando con U, i tre piani che appartengono ad entrambe ie serie anzidette (n. 26). 
Ciascuna delle tre rette in discorso è la congiungente di due punti doppii della A,. 

Se supponiamo che lo spazio U, sia tangente alle varietà A,, la superficie A, ha 
un altro punto doppio nel punto di contatto ed i piani delle serie (1), (4), (Bs (T2L 3 
(8). : (6), uscenti da tal punto giacciono in U, (n. 25). Perciò questo spazio sega le 
serie anzidetle secondo congruenze di 2° ordine e di 2° classe con la superficie focale A, . 


Adunque, ogni spazio tangente di A, taglia questa varietà secondo una superficie di 
Kummer *). 


30. Assumiamo come fisso un piano qualunque x,, della serie (r,),, cosicchè per 
ogni suo punto passa un solo piano variabile della serie stessa. Dato un punto M,, nello 
spazio £,, i piani della serie uscenti da esso incontrano x, in due punti che chiame- 
remo imagini di M,. È evidente che queste imagini determinano completamente la po- 
sizione di M,. Si ha così un nuovo procedimento per rappresentare univocamente i 
punti d’uno spazio a quattro dimensioni sulle coppie di punti di un piano **); procedi- 
mento tanto più notevole inquantochè esso è diretto e presenta la più perfetta analo- 
gia con quello indicato al n.° 1 (per il caso di n=1 e y qualunque). 

Dinotiamo con @, la conica sezione di ©, con la varietà A,, la qual curva contiene 
i punti a, ; do 63%,» ©, COMUNI a 7, ed alle rette A, , B, , C,,D, ; E, rispettivamente. 
I punti di un piano qualunque ',, della serie (7,),, hanno per imagini coppie formale 
dal punto fisso 7, 7, e da un'altro punto variabile, cosicchè si può dire che qui i piani 
della serie anzidetta sostituiscono, nel loro ufficio, le superficie ©, del n. 18. La co- 
nica comune a ©, ed alla varietà A, è rappresentata dal punto fisso 7, 7, e dalle dire- 
zioni intorno ad esso; un punto di x, infinitamente vicino a , ha per imagini il punto 
7,7, ed un determinato punto della conica 0,; un punto di questa conica e le direzioni 
intorno ad esso rappresentano punti d’una conica, della varietà A,, situata in un piano, 
della serie (,),, infinitamente vicino a ©, e passante per il punto consideralo. 

Un punto qualunque della quadrica 9,°°, a tre dimensioni, cui appartengono i piani 
della serie (7,), passanti per il punto a, (n. 25), ha per imagini due punti, dei quali uno 
cade infinitamente vicino ad a,. Considerando i punti 5, , 0,43%» Si definiscono, 
nello stesso modo, altre quattro quadriche 9,°, 9,0, 0, che godono della pro- 


È ) 
prietà affatto analoga a quella di Q3°. Le quadriche n° ,,° si tagliano in un luogo 
spezzato nel piano ©, e in una superficie (rigata) del terz'ordine passante per le rette 
A, ,B, €, non che per la loro trasversale. Questa superficie contiene la conica @, e le 
imagini di ogni suo punto sono infinitamente vicine luna a d, e l’altra ad e,. 

Le imagini d’un punto qualunque della retta A, sono due punti soggetti alla sola 
condizione di giacere in una medesima conica circoscritta al quadrangolo bdo cd & 
(n. 25). In particolare, se il punto considerato coincide con a, delle sue imagini una 
cade infinitamente vicino ad a, e l’altra nella conica 0, . 


*) Il cono circoscritto alla varietà T (n. 28), col vertice in un punto di essa, è segato da uno spa- 
zio qualunque secondo una superficie di Kummer. (Seg.... n. 6). 


##*) La rappresentazione di cui si parla differisce, nei particolari, da quella data ai ni 16,...,19. 


ni BO 

Due Kpuoti arbitrarii, l'uno in d, e, e l’altro in è, €, rappresentano il punto dove la 
relta A, è incontrata dalle (A,B,C,) , (A, D,E,), il piano delle quali rette (appartenente 
alla serie (,),) incontra il piano rappresentativo nel punto comune alle d, e, ; db &;- 
Ecc. ecc. 

La trasversale delle rette A,,B,,C, è rappresentata da due punti arbitrarii della 
retta de, (0. 23); la trasversale delle A,,B,,D,, da due punti arbitrari della c, 6, 
ecc. ecc. 

Dei due piani della serie (x), passanti per un punto dello spazio (A,B,) uno con- 
tiene la trasversale delle C,,D,,E, epperò delle due imagini del punto una cade nella 
retta a, d,- Conclusione analoga a questa vale anche per la rappresentazione di ciascuno 
degli altri spazii tangenti doppii di A,. 


341. Da quanto è detto al n. 22 discende che l’imagine d’una retta qualunque dello 
spazio £, è una curva del 5° ordine passante con due rami per ciascuno dei punti 
a, 36%», Uno di questi punti e le direzioni dei due rami uscenti da esso rap- 
presentano i due punti comuni alla retta e ad una determinata delle quadriche 
n,” ,0,° (n. 80). La curva anzidetta, però, è l’ imagine d’ infinite rette 
di E, formanti una rigata del 5° ordine, la quale contiene le A, , B, ,C,,D,,E, ed è 
determinata da una qualunque delle sue relte. 

Dati cinque punti ad arbitrio, nel piano 7,,i piani della serie (r,), passanti per 
essi (escluso 7,) sono incontrati da infinite rette di x, formanti una rigata K,, del 5° 
ordine e sono appunto queste rette che hanno una medesima imagine nella curva %,, 
di 5° ordine, determinata dalle condizioni di dover passare per i cinque punti dati ed 
avere un punto doppio in ciascuno dei punti a, , do , 0, do, e,» Tutte le curve di 5° or- 
dine per le quali sono doppii i punti fissi ora detti costituiscono un sistema lineare 
(x): ; ©°, e sono dunque le imagini delle rette di x, *). Queste relte, perlanto, si de- 
vono riguardare come distribuite in un numero ce di rigate analoghe a K, formanti 
un sistema (K,).. 

Due curve y, determinano un fascio del sistema (y,);: le due corrispondenti 
rigate ne delerminano una serie co' che possiamo chiamare fascio di rigate K,. Le 
relle di tali rigate incontrano tulli i cinque piani della serie (7,), passanti per i cinque 
punti base semplici del fascio considerato di curve y,. Di questi punti uno è determi- 
nato dagli altri quattro, precisamente come de’ cinque piani anzidetti, uno è determi- 
nato dai rimanenti (n. 22). Una rigata del fascio è completamente definita dalla con- 
dizione che le sue rette devano incontrare un nuovo piano della serie (7,), **). 


*) È da osservarsi che i punti base a, 4 € do €, del sistema (Y,), non sono indipendenti fra loro, 
ma uno è determinato dagli altri quattro poichè , com’ è noto (n. 21), quattro delle rette A, , B, , C,, 
D,, E,, determinano la quinta. Questa relazione, fra i punti anzidetti, è richiesta dall’essere lo spazio 
Z, in ùna posizione che si può chiamare prospettiva rispetto al piano rappresentativo 7,. Ma quando 
non si esiga una tale posizione è chiaro che i punti @, » do 3 Co 3 do» 80» SI possono assumere affatto ad 
arbitrio. In tal caso, poichè mediante trasformazioni quadratiche, dal sistema (Y,); si può dedurre un 
sistema lineare di cubiche aventi quattro punti fissi comuni, così segue che è possibile di rappresen- 
tare univocamente i punti dello spazio X, sulle coppie di punti d’un piano, per modo che le imagini 
delle rette di X, siano cubiche passanti per quattro punti fissi dati. 

**) Le rigate di un fascio appartengono ad una varietà T', del terzo ordine come quella conside- 
rata al n.° 28. 


-— 29 


Tre curve y, determinano una rete del sistema (y,),: le tre corrispondenti rigate 
ne delerminano una serie ce°, che possiamo chiamare rete di rigate K,. Una rigata 
qualunque del fascio determinato dalle prime due e la terza rigata definiscono un fa- 
scio contenuto nella rele, Ecc. ecc. Per due punti arbitrarii di 7, passa una sola curva 
della rete considerata: i due piani della serie (7,), uscenti da quei punti, definiscono 
la rigata corrispondente. Infatti, vi è una rigata del fascio determinato dalle prime due 
date le cui rette incontrano uno di quei piani, e parimenti vi è una rigata del fascio de- 
terminato dalla prima e dalla terza, .delle date rigate, le cui rette incontrano quello 
stesso piano. Le due rigate così definite ne determinano un fascio e la rigata di questo 
fascio le cui rette incontrano, l’altro dei due piani considerati è la richiesta. 

E così proseguendo, si vede in qual modo le rigate del sistema (K,), possono or- 
dinarsi in sistemi ai quali corrispondono sistemi lineari contenuti in (y,),. In parlico- 
lare, lulte le relte di Z, che incontrano uno, due, tre ecc. piani dati della serie (7,),, 
possono ordinarsi in rigate, del sistema (K,);, alle quali corrispondono curve del si- 
stema (y,): passanti per i punti comuni ai piani dati ed al piano ©,. 

Osserviamo infine che ad ogni retta di Z, che incontri il piano ©, in un punto M 
corrisponde una curva del sistema (yi), spezzata nella conica fissa @, ed in una cubica 
passante per a, , d, 04,» Mi (0. 22). Che inoltre, se una retta di 2, è situata in 
un piano della serie (7,),, od è tangente alla varietà 43, la sua imagine è una curva 
del sistema (y,), dotata d'un punto doppio esternamente ai punti a,, 0,1%,» + % 
(n. 22). 


32. Un dato piano ©,, della serie (r,),, è rappresentato univocamente punto a 
punto sopra 7, (n. 30). Le imagini delle sue rette sono le curve del sistema (y;), pas- 
santi con due rami per il punto x, 7, e formanti una rete omaloidica. Un'altra rete ana- 
loga e questa giace in 7,; i punti fondamentali di essa sono i cinque punti comuni a 
tale piano ed alle rette A, ,B,,C,,D,,E,eil punto n, a,. 

Sia ora P, un piano qualunque di £,. Consideriamo i tre piani della serie (r,), che 
tagliano x, secondo rette (n. 25) e dinotiamo con f, , 9,» ® i loro punti d’ intersezione 
con ©,. Tutte le rette di 2, che incontrano quei tre piani, epperò anche quelle di P, 
hanno per imagini curve del sistema (y,), formanti una rete di cui /, ,9,,%, SONO Lre 
punti base semplici (n. 31). Questa è la rete generatrice d'una involuzione *) di 2° grado 
le cui coppie di punti coniugati rappresentano i punti-del piano P,. La traccia di que- 
sto piano sopra 7, è il nono punto base 7, del fascio di cubiche passanti per gli otto 
punti a, 0, 3%1d01%3f» Io e le cubiche stesse sono le imagini delle rette di P, 
uscenti da / (n. 31). 

Nella predetta involuzione la curva coniugata d’una retta arbitraria è del 20° or- 
dine passante con otto rami per ciascuno dei punti a, , è, 1,1 do» ®,} con cinque rami 
per ciascuno dei punti /, 9, € con due rami per /,. La curva coniugata di uno dei 
punti a, 0, %,»d0,% è dell'ottavo ordine passante con quattro rami per il punto stes- 
so, con tre rami per ciascuno degli altri e con un ramo per /,. Le curve coniugate dei 


*) Cioè rete due curve qualunque della quale si tagliano in due punti (variabili) coniugati nell’in- 
voluzione. Circa i particolari riguardanti l’involuzione in discorso e la corrispondenza fra i piani 1, e 


P,, cfr. il mio lavoro: Sulle rivoluzioni nel piano (Mem. della R. Ace. dei Lincei, anno 1883-84) n.° 
90:80 


25 = 
punti f, 9, è, sono le curve della rete generatrice dell’involuzione, dotate d’un punto 
doppio rispettivamente în f,, 9, , è, imagini delle rette secondo cui P, è incontrato dai 
tre piani della serie (7,), sopra considerati. La curva coniugata del punto /, è la co- 
nica 0,. 

La curva unita dell’involuzione (cioè la Jacobiana della sua rete generatrice) è del 
10° ordine. Per essa sono 4-pli i punti a, , do 1 %:d 10, € doppii i punti f, 19, &- Un 
punto, di tale curva, ed il suo coniugato, che gli è infinitamente vicino, sono le ima- 
gini di un punto, il luogo del quale è la curva di 4° ordine (curva limite) sezione di 
P, con la varietà A,. Ciascuna tangente di questa sezione ha per imagine una curva, 
della rete generatrice della involuzione, dotata di un punto doppio sulla curva unita, 
(n.31). 


33. Se il piano P, passa per la retta (A,B,C,), e non appartiene allo spazio 
(D,E,) ogni relta in esso contenuta incontra (A,B,C,) in un punto per il quale passa un 
fascio di piani della serie (x,), (n. 23); onde le imagini delle rette di P, sono tutte spez- 
zate nella retta fissa d, eo (n. 30) e in curve di 4° ordine per le quali sono doppii i punti 
a», € Semplici i punti d, , e,- Tali curve formano la rete generatrice dell’ involu- 
zione le cui coppie di punti coniugati sono le imagini dei punti del piano P,. 

Le curve della rete passanti per un punto arbitrario della conica @, sono spezzate 
nella stessa ®, e nelle coniche d'un fascio di cui tre punti base sono a, , d, 1 © 
il quarto punto base. 

Le curve della rete passanti per un punto arbitrario della retta a, è, sOnO Lulte 
spezzale nella stessa a, è, e nelle cubiche d’un fascio per il quale c, è un punto base 
doppio, a, 36,1%,» S0n0 punti base semplici ed un altro punto base semplice sarà un 
certo punto n,. Due fasci di cubiche analoghi a questo si trovano considerando le 
curve della rete passanti per un punto arbitrario di a, €, 0 di 8, 0,-1 punti base de’ fasci 
stessi che cadono fuori di a, ; d, 1% d, 1 €, Si dinotino rispettivamente con p, e 9, 

Dopo ciò risulta che nell’involuzione sopradetta la curva coniugata d’una retta ar- 
bitraria è dell’oltavo ordine, passante con quattro rami per a, , 6, 0, con due rami per 
d,,%,,#, e con un ramo per n, ,P,,9 La curva unita dell’involuzione è del quarto 
ordine passante con due rami per a, ; db, 10, € con un ramo per d, , e,» Ecc. ecc. 

In simil modo si determina l’involuzione che rappresenta in x, un piano passante 
per una qualunque delle nove rette (A,B,D,) , (A,D,E), ...... y(CDjE)). 


see o} Sia Mo 


’ 
Te 
1 


34. Se un piano P, contiene una delle rette A, ,B,,C,,D,,E,, per es. la A,, 
ogni piano della serie (7,), passante per un punto di P, taglia questo piano medesimo 
lungo una retta che incontra A, in un punto. L’imagine della retta è perciò spezzata 
in una conica circoscritta al quadrangolo b, €, d, & (N. 30) ed in una cubica fissa dotata 
di un punto doppio în a, e passante con un ramo per ciascuno dei punti bd, , 64 3 03 
la quale risulta dal segare col piano x, tutti i piani della serie (r,), che tagliano P, 
lunga una retta. 

Di qui segue che due punti arbitrarii della cubica anzidetta sono le imagini d’un 
punto di P,. Le rette secondo cui P, è segato da piani della serie (©), inviluppano la 
conica comune a P, ed alla varietà A_. Le imagini dei punti d'una qualunque di que- 
sle rette constano d’un punto fisso della cubica di un altro punto variabile di essa. 


«da 


35. Infine vogliamo considerare la rappresentazione, sopra 7,, di un piano ap- 
partenente ad una delle serie (2,), ; (8), 3 (121 Gp (6) 

Diciamo M; il punto comune alla retta A, e ad un dato piano «, della serie (2,), 
ed osserviamo che dei due piani della serie (7), passanti per un punto arbitrario di «, 
uno passa anche per M,; onde segue che la imagine d’una retta qualunque di «, è una 
curva del sistema (%,), spezzata in una conica fissa circoscritta al quadrangolo 
bo © do € (N. 30) ed in una cubica dotata d’un punto doppio in a, e passante per 
bo 0,4, Tutte le cubiche analoghe a questa formano adunque una rete omaloi- 
dica, Da ciò si vede che i piani @, er, sono punteggiati univocamente dai piani della 
serie (7,), e quindi anche in «, esiste una rete omoloidica di cubiche, come la prece- 
dente, la quale ha origine dalle rette di ©,. 

Le rette di «, uscenti da M, hanno le loro imagini nelle cubiche di un fascio, un 
punto base del quale cade sulla conica fissa sopradetta. Questa conica è segata in un 
solo punto variabile da una cubica del fascio; tale punto e un’altro variabile, della cu- 
bica stessa, sono. le imagini di un panto, del piano «,, il luogo del quale è una retta 
uscente da M,. Perciò i punti della conica e le direzioni delle tangenti in essi alle cu- 
biche del fascio rappresentano i punti della conica comune al piano «, ed alla varietà A,. 


36. Nel piano @, siano M,® , M® le imagini d'un punto M, ed N°, N° le imagini 
d’un punto N,; proponiamoci di costruire l’imagine della retta M, N,. 

A tal uopo indichiamo con ©, , 1, i due piani della serie (7,), uscenti da M, e con 
©, , ©, i due piani della serie stessa uscenti da N,. Poichè la retta M, N, incontra i 
quattro piani ®, 7°, x," così incontra, in un punto O, un quinto piano determinato 
m,°, della serie, e la traccia 0, di questo piano, in t,, apparterrà all’imagine della 
detta M_N O. I cinque piani ©, 7, ....," formano una figura correlativa a quella 
delle cinque rette A, , B, ....E, (n. 22), epperò i piani trasversali delle due terne 
TT, Ty, 7, ©, ©, contengono la retta M, N 0, e segano ©," lungo due rette X, , Y, 
passanti per O,. 

Il punto O," (una delle imagini di 0,) si determina osservando che le curve del 
sistema (y,), passanti per M,”, M,®, N, N° formano un fascio avente un altro 
punto base semplice il quale è 0, (n. 31). Per ottenere la seconda imagine 0,, di 
O,, osserviamo che le imagini delle rette X,, Y, sono le due curve del sistema (%,); 
dotate entrambe di un punto doppio in 0, e passanti l’una per M;” , M;®, l’altra per 
N”, N°. Tali curve, all'infuori di a, ,6,,0,,4 1 0,,0,, si tagliano dunque in Op. 

Dopo ciò è chiaro che l’imagine della retta M, N 0, è la curva del sistema (x); 
passanle per i sei punti M;® , M;® , N, N°, 0.4, 0, dei quali 05” è determinato 
dai primi quattro. 

Se /, è un punto arbitrario del piano x,, per ottenere l’imagine della retta M,/, ba- 
sta applicare il procedimento ora dato, che, per questo caso particolare diviene il se- 
guente. Costruiscasi il nono punto .base p, del fascio di cubiche passanti per 
00 00r007d0 700 Me, M;® , 7, e descrivasi la curva del sistema (x): dotata di un 
punto doppio in p, e passante per My”, My”. Indi traccisi la cubica che ba un punto 
doppio in p, e passa per a, , do 36,»d1% 4 Le due curve anzidette, fuori di a, , do; 
€,d,30,>P, hanno un punto comune per il quale e per @, 6803 00, do 3 00 Me”, Mo, lo 
passa una cubica che è la richiesta imagine della retta M,/, In simil modo si ottiene 
l’imagine della retta N,/,. 


a 


- 9 


Queste due imagini determinano un fascio, le cubiche del quale rappresentano le 
rette che da Z, proiettano i punti della retta MN, (n. 31). Da cui segue (n. 32) che 
quel fascio ha tre punti base sulla curva imagine della retta M, N, e che questa curva 
è segata, dalle cubiche del fascio, in due punti variabili imagini d’un punto della retta 
MN. 

La soluzione data dell'ultimo problema conduce a rappresentare, sopra r,, ogni 
piano passante per una retta determinata dalle imagini di due dei suoi punti. 

Se poi un piano è determinato mediante le imagini di tre qualunque dei suoi 
punti, costruendo le imagini delle rette che li congiungono a due a duéè si hanno tre 
curve del sistema (x,),, le quali definiscono la rete generatrice dell’ involuzione che rap- 
presenta il piano considerato. 


37. Occupiamoci ora della rappresentazione di uno spazio lineare U, che noi de- 
termineremo assumendo come date le imagini di quattro qualunque H, , LiMaiN 
de’ suoi punti. 

Col noto metodo (n. 36) potremo costruire l’involuzione che rappresenta il piano 
di ciascuna faccia del telraedro H, L, MN, non che la traccia del piano stesso sopra 
m, (n. 32). Le quattro tracce che così si ottengono giacciono nella linea retta traccia 
dello spazio U;. 

I piani della serie (7), sono segati da U, lungo i raggi d'una congruenza [2, 3] 
(n. 29) e le imagini di questi raggi sono curve del sistema (y,), dotate di un punto 
doppio esternamente ai punti a, , è, , €, , 4,3,» formanti una certa serie (x,),, x?. Dato 
un punto X,®, di @,, vi è una sola curva della serie (y,), ivi dotata di un punto dop- 
pio, la quale è l’imagine di quel raggio, della congruenza [2, 3] che giace nel piano 
della serie (,), passante per X,". Questa curva, partendo dagli elementi dati, si co- 
struisce come segue, Si considerino i due punti coniugati di X,' nelle involuzioni rap- 
presentanti due ad arbitrio delle facce del tetraedro A L MN; la curva del sistema 
(x,), passante per i due punti anzidetti e dotata di un punto doppio in X; è la ri- 
chiesta *), 

Risulta ora chiaramente che se due raggi della congruenza [2,3] hanno un punto 
comune, le loro imagini sono due curve della serie (y,), l'una delle quali ha il suo punto 
doppio (variabile) sull'altra. Da cui sì ricava che le curve della serie (y,), passanti per 
due punti dati sono quelle aventi ciascuna un punto doppio in uno dei cinque punti co- 
muni alle due curve delle serie dotate d’un punto doppio l’una nell’uno e l’altra nel- 
l’altro dei due punti dati. Poichè lo spazio Us è determinato da due rette della [2 , 3] 
che non s'incontrino, così: 

La serie (y,), è pienamente determinata da due qualunque delle sue curve, purchè 
il punto doppio (variabile) dell'una non giaccia nell'altra. 

Ciò si rende anche manifesto dal modo istesso col quale, in virtù delle proprietà 
sopra enunciate, dalle due curve date della serie se ne deducono immediatamente al- 
tre cinque, giacchè col procedimento medesimo (applicato indefinitamente) si possono 
costruire tulle quante. 


*) Se si fa corrispondere un raggio della congruenza [2,3] al punto doppio della sua imagine, la 
congruenza stessa è rappresentata univocamente sul piano m,. 


e DE 


38. Da quanto precede si ricava, che la condizione necessaria e sufficiente perchè 
due punti M,", M;®, del piano #,, siano le imagini di un punto dello spazio U,, si è che 
la curva della serie (y,), avente un punto doppio nell’uno contenga l’altro dei punti 
M;%, M’. Partendo da questo criterio si potranno facilmente costruire le imagini delle 
rette di U, non che le involuzioni che rappresentano i piani di U,, tenendo conto delle 
cose già esposte al n.° 36. i 

Circa le rette di U; aggiungiamo che le loro imagini formano una serie c0'. — Le 
curve di questa serie passanti per quattro punti dati sono le imagini delle rette di U, 
che si appoggiano ai qualtro raggi della congruenza [2 , 3] le imagini dei quali sono 
curve della serie (y,), dotate di un punto doppio ciascuna in uno dei punti dati. Perciò 
la serie co‘ e dell'indice 2. 

Quanto ai piani, dello spazio U,, osserviamo che le involuzioni che rappresentano 
due qualunque di essi hanno infinite coppie di punti coniugati in comune, il luogo delle 
quali è una curva comune alle due reti generatrici delle involuziozi musi Tale cur- 
va è l’imagine della retta intersezione dei due piani considerati. 

Nel piano 7, assumiamo un punto P:" ed una direzione intorno ad esso per de- 
finire la posizione di un punto P, della varietà A;. Trattandosi di rappresentare i punti 
di quel piano %, della serie (4), che passa per P,, si costruisca la conica circoscrilta 
al pentagono b,c,d,6, Po; indi si Jessnsa la cubica dotata in a, d’un punto doppio, 


o ce 0 ; 
passante per b, ,,;d,,6, e tangente in P:” alla direzione data. 


3 0? € 

Tale fr fuori dai punti nominati, sega la conica in un punto Q,. Le cubiche 

con un punto doppio in ay e passanti per dy,6534,,0, 2 formano un fascio (che contie- 
ne la cubica considerata) ed una qualunque di esse taglia la conica sopradetta in un 
solo punto variabile. Questo e un altro punto preso ad arbitrio nella cubica stessa sono 
le imagini di un punto del piano < (n. 35). In simil modo si rappresentano anche i 
piani delle serie (8,), , (Y,): » (3). ; (€), uscenti da P,, e ciò è più che sufficiente per deler- 
minare la rappresentazione dello spazio tangente in Po a A,. Notiamo poi che nel caso 
attuale, dalla serie (%,), si stacca la rete formata dalle curve del sistema (y,), che 


sono dotate d'un punto doppio in P:°. 


39. Se U,, V, sono due spazi qualunque, di 2,, dato un punto X;, in #,, il pia- 
no della serie (7), passante per esso taglia U, e V, secondo due rette, le imagini delle 
quali (dotate d'un punto doppio in X,‘) si costruiscono nel modo noto (n. 37). Queste 
imagini, fuori di X,° e dei punti a, Pe crd,» €, Si segano in un punto X,® e saranno 
Li le due imagini di un punto aa nel piano comune agli spazî U,, V, (n. 38). 
Eoiontao: nello stesso modo, le imagini di altri due punti di tale piano, si potrà sen- 
z'altro determinare l’involuzione che lo rappresenta, com'è detto al n.° 36. 

Dalle costruzioni elementari date se ne deducono facilmente altre come la deter- 
minazione dell’ imagine della retta comune a tre spazì; delle imagini del punto comune 
a qualtro spazî od a due piani; ecc. ecc. 


40. Dinotiamo con ®, una superficie, dello spazio Z,, la quale sia caratterizzata 
dalla proprietà di avere un solo punto comune, fuori dalle rette A, ;B,,C,,D,,E,, con 
ogni piano della serie (7,),. Le imagini dei punti di ®,, nel piano x,, saranno allora le 
coppie di punti coniugati d'una determinata involuzione [I], di 2° grado. Viceversa, data 


io 

un’ involuzione [I], del 2° grado nel piano 7,, le sue coppie di punti coniugati sono le 
imagini dei punti d’una superficie ®, dotata della proprietà caratteristica sopradetta 
(n. 13). In ciò che segue supporremo che la [I] sia data nel modo più generale rispetto 
al sistema dei punti a, , do 06,43% 

Osserviamo che il piano della serie (7,), passante per un punto fondamentale della 
[1] sega ®, lungo una curva (n. 30), ogni punto della quale ha due imagini di cui una 
cade nel punto fondamentale considerato e l’altra nella curva coniugata di esso nell’ in- 
voluzione. In particolare, se un punto fondamentale della [I] è isolato (cioè questo 
punto ed un altro ad esso infinitamente vicino sono coniugati nella [1]) il piano della 
serie (7,), passante per il punto medesimo sega la superficie ®, lungo una conica che 
appartiene alla varietà A,. È poi chiaro che il piano x, e la superficie ®, hanno in co- 
mune la curva coniugata, nella [I], della conica @, (n. 30). 

La curva unita dell’involuzione rappresenta la curva comune a Pd, e A,. 


441. Dinoliamo con p. l’ordine della curva coniugata d’una retla arbitraria, nella 
[I], e con & il numero delle coppie di punti coniugati situate in tale retta *), cosicchè 
la curva unita dell’involuzione sarà dell'ordine pf — 2h. La curva coniugata d’una co- 
nica, passante per quattro dei punti a,» b, MAE, d, 0, è dell'ordine 2p.; essa taglia la 
conica in 4p. punti, dei quali 2(2.—A) appartengono alla curva unita; i rimanenti sono 
distinti in p + 2% coppie di punti coniugati nella [I]. 

Da ciò segue che (n. 30) ciascuna delle rette A, ,B, , C,,D,, E, è (1 + 24)-pla 
e ciascuna delle altre (A,B,C,), (A,B,D,)..... (C,D,E,) è h—pla per la superficie ®,. 

‘E noto che due involuzioni dei gradi N, N,, situate in un medesimo piano, hanno 
in comune 


N—-1)N—-1)+1K-L-%M, 


coppie di punti coniugati **), dove K è il numero dei punti (variabili) comuni alle due 
curve coniugate d’una medesima relta; L è il numero dei punti (non fondamentali) co- 
muni alle due curve unite; a è il numero dei punti (non fondamentali) comuni alle due 
curve coniugale d’un medesimo punto fondamentale per entrambe le involuzioni. 

Nel caso attuale, considerando l’ involuzione [I] e quella che rappresenta in x, un 


piano arbitrario di 2, (n. 32) abbiamo: N=N, =2, K=20p, L=10(p— 24), Za=0, 
onde: 


(N) (N—1)+4[K—-L—£a]=145(4+2%). 


Di qui si trae-che /a superficie ®, è dell’ordine 1--5(1-+ 24). Ciò, del resto, ri- 
sulta anche osservando che la ®, ha un solo punto comune con un piano della serie 
(#.),, fuori dalle rette A, ,B,,C,,D,,E,. 

Se un piano di 2, passa per una delle rette anzidette (n. 34) le due imagini di un 
suo punto qualunque giacciono in una determinata curva del terzo ordine. Il numero 


*) Il numero 7 chiamasi anche classe dell’involuzione. 
**) Sulle involuzioni nel piano, n. 62. 


ATTI— Vol. V.— Serie 2°—N0 1. 4 


Ri EE 


delle coppie di punti coniugati nella [I] situate in questa curva è 3 (L+- A), epperò il 
piano considerato sega la superficie ®, in 8 (4 + 4) punti. 

Calcolando con la formula sopra ricordata il numero delle coppie di punti coniu- 
gati comuni alla [I] ed all’involuzione che rappresenta in x, un piano passante per una 
qualunque delle dieci rette (A,B,C,) , (A,B,D,)..... (C,D,E,) (n. 38) si trova, per 
questo numero, l’espressione 1-2 (n +24), epperò quel piano sega la superficie ®, in 
1-2 (p+ 24) punti. 


42. Lo spazio (D,E,) contiene le sei rette D,,E,,(A,B,C),(A,D,E),(B,D,E,),(C,D,E,) 
(n.26), epperò taglia la superficie ®, secondo una curva R, dell'ordine 14+-5(p +24) — 
— 2 (p+ 24) 4h=1-4344+24, la quale è razionale perchè è incontrata in un solo 
punto variabile da un piano dello spazio anzidetto [piano della serie (7,),] passante per 
la retta (A,B,C,) (n. 23). La R, corrisponde univocamente, punto a punto, alla retta 
d, è, non che alla curva coniuzata di d, e, nell’ involuzione [I] (n. 30). 

Due punti coniugati nella [I] e situati l’uno in d, €, l’altro in 6, c, sono le imagini 
di quel punto, della relta A,, dove s’ incontrano le (A,B,C,), (A,D JE). Dalle coppie di 
punti analoghe a questa ve ne sono p, onde il punto anzidetto è p-plo per la curva R,. 
Similmente si vede che p è la molliplicità di R, in ciascuno dei due punti comuni alla 
(A,B,C,) ed alle (B,D, E,) , (C,D,E,). 

Siano M,°, M,® due punti coniugati nella [I] situati nella retta d e. Il punto di 
questa relta nea vicino ad M,' ed il punto della curva coniugata di d, 6, infi- 
nitamente vicino ad M,° sono le imagini di un punto comune ad R, ed (A,B, C,). Simil- 
mente, il punto di d, e, infinitamente vicino ad M;” ed il punto, della curva anzidelta 
infinitamente vicino ad M,"” sono le imagini d’un punto comune ad (A,B,C,) ed R,. 
Così adunque si trovano 2% punti d'incontro di R, con (A,B,C,). 

Un piano dello spazio (D,E,), passante per D, sega ®, in 3 (1 4) punti (n. 41), 
dei quali p + 24 sono riuniti in un punto di E, ed altri & in un punto della (A,B,C,); i 
rimanenti sono le intersezioni di quel piano con la curva R, , fuori della D,. Perciò il 
piano stesso sega R,, fuori della D,, in 2p punti e la curva incontra D, in 14+-p4+- 2% 
punti. Lo stesso dicasi d’un piano dello spazio (D, E,) passante per la retta E,. 

Infine, un piano dello spazio (D,E,), guidato per la retta (A,D,E,), sega ®, in 
1---2(4 +24) punti (n. 41), dei quali ve ne sono A raccolti in ciascuno dei punti co- 
muni al piano ed alle rette (B,D,E,) , (C,D,E,); onde tale piano incontra la curva R,, 
fuori dalla (A,D,E,) in 14+-2(p-+-A) punti. Ciò si deduce anche osservando che la 
(A,D,E,) fuori dal punto dov'essa incontra la (A,B,C,) non può aver punti comuni con 
la R,. Analoghe conclusioni si hanno, considerando un piano, dello spazio (D,E,) pas- 
sante per la relta (B,D,E,) o per la (C,D,E,). 


43. Sulla curva R, prendiamo un punto arbitrario 0, e da esso proieltiamo la su- 
perficie ®, sopra un dato spazio a tre dimensioni. Otteniamo una superficie ®',, dell’or- 
dine (5p. + 2A), per la quale le proiezioni A,,B,,C,,D',,E, delle rette A,,B,,C,,D,;E, 
sono rette (p + 24)-ple e le proiezioni (A,B,C,) , (A,B,D,).....(C,D,E,) delle dieci 
retle (A7/B/C), (A, B,D))..... (C,D,E,) sono rette A-ple. Le sei Hate Di; E (ASBI 
(A,D,E,) ; (B,D,E,),(C,D,E,) sono contenute nel piano o, sezione di (D,E,) con lo 
spazio considerato. La curva R, è proiettata in una curva R, del piano o, , dell'ordine 


Mor: 
31 +24, dotata di un punto p-plo in ciascuno dei tre punti comuni alla (A,B,C,) ed 
alle (A,D,E,) , (B,D,E,) , (C,D,E,). La R, essendo razionale possiede altri 


3 u+2%—1)@1+22—29)—Tu@—1), 

punti doppii, i quali sono punti comuni al piano c, ed alla curva doppia di ®,. Questa 
curva è dotata di un punto A-plo in ciascuno dei punti comuni alle tre rette (A,D,E,), 
(B,D,E,) , (C,D,E,) prese a due a due *) e di altri 2 (1 + 4) punti A-pli su ciascuna di 
tali rette (n. 42). La curva stessa è dotata di un punto (p-+-24)?-plo nel punto comune 
alle D, , E,; di un punto 4(p+-24)-plo in ciascuno dei punti dove le D’, , E, incontra- 
no la (A,B,C,) e di altri 2n—1 punti (p-+24)-pli su ciascuna delle D', , E,. Dopo ciò 
si conosce il numero dei punti d’ intersezione della curva in discorso con il piano 0, , 
cioè l'ordine di essa, epperò si può calcolare il genere d’una sezione piana qualunque 
di ®,, il quale risulta così espresso: 


23 +27 (+ 8h+1). 


Tale è il genere d’una sezione della superficie ®, con uno spazio a tre dimensioni 
passante per il punto arbitrario O, della curva R,. E poichè ogni spazio a tre dimen- 
sioni di £,, ha punti comuni con R,, così ne segue che il genere anzidetto è anche 
quello d’una sezione spaziale qualunque di ®,. Adunque, proiettando la ®, da un dato 
punto di £,, non siluato in ®,, si ottiene una superficie dell'ordine 1-5 (44-24) le cui 
sezioni piane sono del genere 2p°-+-24(7p+81h-+-1). Essa è dotata di cinque relte 
(L+24)-ple e di altre dieci rette 4-ple formanti con le prime una figura particolare le 
cui proprietà si possono dedurre della figura costituita dalle rette multiple di ®,. La 
superficie proiezione possiede una curva doppia (il cui ordine si può facilmente calco - 
lare), la quale è dotata di 3 (p-+-A) punti (p+24)-pli sopra ogni retta (4-+-24)-pla e di 
142(44-24) punti A-pli sopra ogni relta A-pla (n. 41). 


44, È noto (n. 13) come la superficie ®, contiene infiniti sistemi razionali di curve 
razionali. Fra essi è notevole quello co? formato dalle curve, le cui imagini, nel piano 
T,, sono spezzale ciascuna in una retta e nella relativa curva coniugata nella involu- 
zione [I]. Se la ®, è rappresentabile univocamente, punto a punto su di un piano, an- 
che la [I] è rappresentabile sul così detto piano doppio. I lavori pubblicati sulle invo- 
luzioni piane di 2° grado **) indurrebbero a credere che esse godano tutte di questa 


*) Qui si tien conto di ciò che proiettando da un punto qualunque una superficie ®, dello spazio 
È, sopra uno spazio a tre dimensioni, se un raggio proiettante incontra ®, in due punti l’uno r-plo e 
l’altro s-plo , per la stessa ®,, tali punti si proiettano in un punto unico per il quale passano rs rami 
della curva doppia che acquista la posizione di ®,. 
**) Veggansi particolarmente i due lavori del Sig. Bertini: 
Sulle trasformazioni piane univoche involutorie (Rend. della R. Ace. di Napoli, fasc. 9, 
anno 1879); 
Deduzione delle trasformazioni piane doppie dai tipi fondamentali delle involutorie (Rend. 
del R. Ist. Lomb. Serie II, vol. XXII, fase. XVIII, 1890). 


ifee 


proprietà. Rimane però a rimuovere una difficoltà che si presenta nel caso in cui la 
involuzione possiede punti fondamentali infinitamente vicini fra di loro. Può darsi che 
uno studio più profondo delle superficie ®, o delle loro proiezioni sullo spazio ordina- 
rio possa condurre a togliere ogni dubbio in proposito. Qui, per tanto, mi limito d’aver 
presentata la quistione sotto un nuovo punto di vista. 


Catania, li 9 Febbrajo 1891. 


finita di stampare il dì 26 Aprile 1891. 


Vol. V, Serie 2.2 CA 


ATTI DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


SULLA FASE ERUTTIVA DEL VESUVIO COMINCIATA NEL GIUGNO 1891 


MEMORIA 


di R. V. MATTEUCCI 


(con due tavole) 


Presentata nell'adunanza del dì 7 Novembre 1891. 


STATO DEL VESUVIO PRIMA DELLA FASE ERUTTIVA, E SUO DINAMISMO 


Nelle prime. ore della notte dal 26 al 27 Maggio mi trovava in compagnia del Si- 
gnor Arthur Smith Woodward, paleontologo del British Museum di Londra, sul- 
orlo craterico del Vesuvio, che, col suo consueto dinamismo non offriva nulla di spe- 
ciale. 

Il cono avventizio, 0 terminale, sérto sulla superficie di riempimento del grandio- 
so cratere del 1872, era eccentrico rispetto all’apertura craterica di quell’anno e spostato 
verso N. E. Il cratere attuale, pressochè circolare e imbutiforme, non misurava più di 
una quarantina di metri di diametro, mentre la sua profondità non superava certo i 25 
metri. Esso era in perfetto stato di conservazione con un conetto eruttivo eccen- 
tricamente spostato verso Nord, da cui venivano emessi vapori bianchi; a quando a 
quando, con rilmo di circa 10 a 12 secondi, eiezioni di brandelli e di bombe di lava 
scoriacea e filamentosa venivano slanciate, obliquamente a Sud, ad un’altezza non mag- 
giore di 35 a 40 metri e ricadevano quasi tutte nell’ interno del cratere del cono termi- 
nale, nel quale si erano ammassate, costituendovi un vero talus, che mi permise di 
scendervi dentro e raccorvi qualche pezzo di scoria incandescente. 

Da alcune poco vistose fumarole, situate tutte nel recinto craterico del 1872, e 
specie sulla parete occidentale del cono avventizio, si aveva sviluppo ordinario di ani- 
dride solforosa sotto leggiera pressione. Tutto ciò nella massima tranquillità relativa, sen- 
za che nessun fenomeno allarmante nè caratteristico potesse far presumere un immi- 
nente parossismo. 

ATTI — Vol. V.— Serie 2°— N.° 2. 1 


DDR VIA 


Tre giorni appresso, il 30 Maggio, fui nell’ Atrio del Cavallo, dove mi aggirai rac- 
cogliendo qualche campione delle lave del 1872 ed alcune piccole bombe dello stesso 
anno. Mi trovai dunque per tutta la giornata a Nord del cono vesuviano; ma nulla di 
straordinario avvertii sul suo fianco, nel settore compreso fra il crepaccio del 1872 e le 
piccole bocche del 1834. 

La notte seguente , nelle ore mattutine del 31, salii di nuovo il cono vesuviano in 
compagnia del Professore Bassani, ed ebbi a notare una sensibile recrudescenza. 

Nel cratere del cono avventizio erano avvenuti diversi mutamenti. Il suo orlo si era 
alquanto allargato dal lato Nord per il parziale franamento della parete interna, causato 
dall’urto continuato delle eiezioni che venivano slanciate obliquamente verso Sud dal 
piccolo cratere interno, tuttora eccentrico. Giunto fino al ciglio della parete occidentale, 
non mi riuscì vedere l'interno del cratere, stante la considerevole abbondanza dei va- 
pori, dalle dimensioni del cui getto potevasi per altro ben argomentare che la bocca in- 
terna al cratere doveva essersi allargata anch’essa. Le eiezioni di scorie infuocate av- 
venivano ad intervalli più lunghi che quelli della notte dal 26 al 27, ma l’altezza a cui 
giungevano era forse di 45 a 50 metri dall’ orifizio '). 

Nei sei giorni seguenti il Vesuvio, per quanto sia a mia conoscenza, non presentò 
ulteriori mutamenti, e l’attività si mantenne press’ a poco tal quale l'abbiamo riscon- 
trata la mattina del 81 Maggio; senonchè da Napoli in questi sei giorni mi fu dato no- 
tare alcuni sbuffi di fumo nero, indizio sicuro del continuato franamento delle pareti 
nell’interno del cratere. 

In mezzo a tanta apparente tranquillità e senza fenomeni precursori, ove non si 
voglia tener conto degli intensi terremoti che commossero gran parte dell’ Italia setten- 
trionale e media nella notte dal 6 al 7 Giugno °), una eruzione doveva scoppiare, e scop- 


1) Forse è con tale iniziato allargamento della bocca interna al cratere terminale che si trovò 
in diretta relazione un mutamento ivi avvertitosi il giorno appresso e del quale ci parla il Dottor 
Lavis(H.J.Johnston-Lavis, L’erusione del Vesuvio del. 7 giugno 189îÎ — Rassegna delle Scienze 
geologiche in Italia — Redattori M. Cermenati e A. Tellini— Roma, 1891), ossia che «.... Il 
lunedì, 1° giugno, quattro bocche si sono formate intorno all'apertura centrale, in fondo al piccolo 
cratere del cono d’eruzione ». 

?) Anche al Prof. Palmieri non isfuggono i terremoti del 7. Nella sua comunicazione al 
« Roma » dell’8 Giugno , accennando ad una maggiore agitazione che pare abbiano mostrato in 
quest'epoca i sismografi dell’Osservatorio vesuviano, così si esprime: « È singolare che questo 
piccolo incremento d’intensità sia stato preceduto da terremoto ìn qualche Provincia lontana ». 

Per quanto l'Illustre P. F. Denza non trovi alcun legame fra l’attuale eruzione del Vesuvio 
ed il terremoto che la precedette di appena 16 ore, piacemi riportare quasi per intero il suo pre- 
gevole articolo pubblicato nel « Roma » il 17 Giugno, sotto il titolo « IZ terremoto del 7 Giugno ». 
Egli dice: «.... La commozione del suolo avvenuta la notte del 7 corrente è una delle più estese 
che si siano avute da molti anni in Italia. Essa occupò tutta l’Italia settentrionale, propagandosi 
dall'estrema provincia di Belluno in tutto il Veneto, compreso il Trentino , nella Lombardia, non 
esclusa la Valtellina, nel Piemonte, nell'Emilia, sino al territorio bolognese e nelle Marche, nella 
Liguria specialmente di Levante, e in Toscana fino a Firenze e Pistoia. Invase tutte le piànure 
e penetrò nella valle delle Aipi e dell’ Appennino settentrionale. Più a mezzodì, come a Roma, 
Aquila e altrove, fu avvertita dai soli strumenti sismici. Il movimento perciò abbracciò un’ area 
larga circa 6 gradi di longitudine e 5 di latitudine. La zona più fortemente scossa, che fu come 
il centro del moto, è posta nella provincia di Verona, dalla città capoluogo a Tregnago e din- 
torni. Al Nord l’urto fu ancora forte, e andò diminuendo più rapidamente verso il Sud. Dalle no- 
tizie raccolte finora fu il luogo più meridionale in cui la scossa fu avvertita da persone. Nei luoghi 
di maggiore scuotimento, e sopratutto a Tregnago e nelle vicinanze, l’intensione della commo- : 
zione fu grande e disastrosa, e la maggiore che in questo secolo siasi avvertita nel Veronese. 


ea 


piò infatti nel pomeriggio del 7 '). 

Avendo avuto modo di seguirla nella sua variabile attività e nel suo progresso, ho 
potuto riunire materiale sufficiente alla compilazione di queste brevi note. E, poichè ri- 
tengo di grande interesse il fissare per mezzo di disegni, e possibilmente anche di fo- 
tografie, la esatta memoria dei fenomeni che si svolgono nella vita di un vulcano, ho ag- 
giunto alla descrizione delle osservazioni fatte una carta destinata a dare un’ idea della 
ubicazione delle attuali colate, della progressiva loro espansione, della estensione com- 
plessiva delle lave eruttate nel corso di pochi mesi in questa piccola fase, nonchè della 
posizione relativa delle bocche d’ eruzione. 

Tutto ciò fu da me riportato sulla carta al 10.000, rilevata e disegnata dagli Al- 
lievi del nostro Istituto Geografico militare negli anni 1875-76. 

Aggiungo inoltre quattro fotografie, nelle quali trovasi riprodotto ciò che di più 
interessante si avverlì in questa fase eruttiva *). 

Fin dal 31 Maggio, come ho detto, avvertii il degradamento alla faccia interna della 
parete del cono avventizio, e da quel giorno pare che tutta la parete sia andata mano 
a mano disfacendosi, ma abbastanza lentamente, e gli sbuffi di fumi neri che di quan- 
do in quando si vedevano anche da Napoli stanno appunto ad attestarci la lenta ma 
graduale rovina dell’orlo craterico. La più vistosa demolizione, per altro, ebbe luogo dalla 
parte Nord, talmentechè sull’orlo craterico settentrionale non era, in questi ultimi tempi, 
prudenza il salire. Io aveva inoltre osservato che le scorie non venivano proiettate ver- 
ticalmente ma obbliquamente da Nord a Sud. Il piccolo craterino esistente nell’interno 
del cono avventizio avanti dell’attuale parossismo era, come abbiamo visto, eccentrico 


dal lato Nord. 


Furono rovesciate case, spezzate porte, divelti muri e via dicendo.... La scossa principale, secondo 
le migliori informazioni, avvenne verso le 2 e minuti 4 dopo mezzanotte. Essa fu preceduta da 
un’ altra più leggera poco dopo un’ora antimeridiana, e seguita da altre parecchie, come suole 
avvenire in questi casi di scosse violenti ed improvvise. Il movimento fu generale ondulatorio, 
nella direzione prossimamente da NE. a SO; esso però, come per ordinario, andò congiunto a 
sussulti più o meno forti, specialmente nei luoghi di maggiore energia; in molti dei quali venne 
sentito rombo di diversa intensità... ». 

Il Prof. A. Goiran, Direttore dell’Osservatorio geo-dinamico di Verona, nel dare dettagliate 
notizie su questo disastroso terremoto (A. Goiran, I terremoto veronese del 7 Giugno 1891 — 
Rassegna delle Scienze Geologiche in Italia — Redattori M. Cermenati e A. Tellini— Anno I, 
Fasc. 1. e 2.; Roma, 1891) dice: « La scossa.... non sopraggiunse d’improvviso, ma fu preceduta 
da importantissimi fenomeni .... Manifestazioni preannunziatrici si verificarono nei giorni 4, 5, 6 
Giugno non solo nella regione che doveva essere sede del fenomeno stesso , ma in altre pure assai 
discoste ». 

!) Senza entrare nella quistione se esiste o no una corrispondenza fra l’attività dinamica del 
Vesuvio e quella dell’antico cratere della Solfatara, presso Pozzuoli, sembrami degna di nota la 
coincidenza avvertitasì in quel cratere durante l’ attuale eruzione vesuviana (L. Palmieri, JI 
Vesuvio. e la Solfatara contemporaneamente osservati.— Rendiconti Accad. d. Sc. Fis. e Mat., Sez. 
2, Vol. V, Fasc. 6. — Napoli, 1891), consistente nell’aumento di 2° nella temperatura di un’ acqua 
termo-minerale di un pozzo sorgivo poco lontano, e nel graduale innalzamento di temperatura 
(fino a 106°) del sottosuolo. 

2) Colla massima compiacenza colgo l'occasione per ringraziare di vero cuore pubblicamente i 
Professori A. Scacchi e F. Bassani per i sapienti ed amorevoli consigli datimi; il Prof. L. Pal- 
mieri, Direttore dell’Osservatorio vesuviano, per le facilitazioni procuratemi nelle mie gite; i Pro- 
fessori A. Oglialoro ed A. Piutti, Direttori dei Laboratorii di Chimica generale e Chimica farma- 
ceutica, nei quali eseguii parte delle mie ricerche; e il Prof. G. Vigliarolo per aver messo a mia 
disposizione le fotografie da lui prese, in mia compagnia, nell’ Atrio del Cavallo. 


a 

Non è improbabile che tutti questi fatti fossero intimamente collegati con l'aumento 
di attività da cui avrebbero potuto direttamente ripetere la loro origine ed il loro modo 
d’ essere. 

Secondo alcuni abitanti dei paesi vicini al Somma-Vesuvio, si avvertirono leggieri 
tremiti e qualche rumore setterraneo nelle ore che precedettero lo scoppio della eru- 
zione, ossia dalle 3 alle 6 pomeridiane del 7 Giugno. 

Il chiarissimo Palmeri, Professore di Chimica generale alla R.° Scuola Superiore 
d’Agricoltura in Portici, al quale mi sono rivolto per venire ad esatta conoscenza dei 
fenomeni precursori dell’eruzione attuale, ed a cui rendo i miei più sentiti ringrazia- 
menti, mi forniva, con la più cortese sollecitudine, informazioni in proposito, avute spe- 
cialmente dal Signor G. De Luca di Resina, proprietario di importanti e proficue esca- 
vazioni di lave per uso di costruzioni e di lastrico. Il Signor De Luca, cuì pure ringra- 
zio vivamente, scriveva al Prof. Palmeri che uno dei suoi incaricati, il quale nelle ore 
antimeridiane del giorno 7 Giugno si trovava presso il Vesuvio, in una sua cava, 0s- 
servò che il vulcano non emetteva quasi più vapori, solo di tanto in tanto coll’ intervallo 
di 10 a 15 minuti buttava fuori un fumo denso, nero, di ceneri, e seguito immediata- 
mente dai vapori bianchi ordinarii. 

Il Signor De Luca poi aggiunge altri particolari fornitigli da una guida vesuviana, 
certo Michele Cozzolino, il quate in quel giorno fu sul cratere per accompagnarvi 
diversi visitatori. Egli, il Cozzolino, asserisce che la mattina del 7 alla levata del sole, 
verso le ore 4 %/,, sprofondò da un lato, per circa una metà, il cono avventizio che ri- 
posa sulla superficie di riempimento del cratere del 1872; che contemporaneamente si 
udì nell’interno del vulcano un rumore sordo « come per lo sprofondarsi di una grande 
montagna » ; che da quel momento cessarono le eiezioni di scorie incandescenti e si 
originarono moltissime fumarole nella parete superstite del cono avventizio; e che in 
questo stato continuò per diverse ore del giorno |’ altività delia montagna. 

Alle ore 5 °/, pomeridiane di questo stesso giorno la tensione dei gas imprigionati 
nel laboratorio vulcanico divenne massima e, non potendo aver più libero sfogo dalla 
bocca terminale, già assai ostruita dal crollo continato dell’interno del cono, trovò il suo 
effetto utile esercitando la pressione in senso laterale, ed il gran cono si squarciò ‘). 

Il piano verticale, secondo cui si è stabilito lo spacco, è diretto press’ a poco da N. a 
S. con leggiera deviazione a N. 0.-S. E. Quantunque esso passi per l’asse di eruzione e 
sechi necessariamente il cono secondo i suoi lati, preferisco tuttavia adottare un piano 
verticale anzichè una generatrice, onde esprimere l’attuale modo di squarciatura; tanto 
più che non fu in uno solo, ma nei due fianchi Nord e Sud che si stabili il crepaccio. 

La roltura poi, oltrechè non avere interessato il cono dal solo fianco seltentriona- 
le, non è nemmeno costituita da un crepaccio unico. Le fenditure tutte seguono i lati 


') Il Prof. Palmieri che già annunciava una legge sulla corrispondenza tra le fasi lunari ed 
il risveglio nelle attività vulcaniche (di questa legge il Prof. Palmieri parla in molti dei suoi 
scritti), avendo osservato che la maggior parte delle conflagrazioni vesuviane si verificò nel no- 
vilunio o nel plenilunio, e che i più forti incremerti si avvertirono nell'epoca delle sigizie (Il Ve- 
suvio e la sua Storia — Spettatore del Vesuvio e dei Campi Flegrei, 1887), fa notare come anche 
questa fase eruttiva si sia trovata in perfetta coincidenza con l'ecclissi del 7 Giugno. (Ripetizione, 
nel di 7 Giugno di questo anno, dei fenomeni notati nello scorso anno il 17 dello stesso mese, al- 
l'Osservatorio vesuviano, in occasione delle due eclissi solari avvenute in detti giorni. — Rend. d. 
R. Accad. d. Sc. Fis. e Mat., Sez. 2, Vol. V, fasc. 6.— Napoli 1891). 


stai 

del gran cono, ma esse sono molteplici e costituiscono un sistema radiale troppo appa- 
riscente per non esserne colpiti appena sì ponga piede nella regione commossa. Non si 
può dunque in aleun modo parlare di fenditura senza annettere a questa parola il senso 
più lato. 

L’asse eruttivo, epperò la direzione delle forze tensive, non coincidendo in que- 
gli ultimi tempi con l’asse del cono, ma essendo rispetto ad esso alquanto spostato a 
Nord, la tensione doveva naturalmente esercitarsi maggiormente sulla parete settentrio- 
nale che opponeva resistenza minore. Perciò la direzione del piano di squarciatura è 
quasi rigorosamente, come si è detto, quella di N. S., ossia quella stessa direzione, se- 
condo cui si determinarono rispettivamente nei fianchi Nord e Sud i crepacci degli anni 
1868 e 1885. La perfetta corrispondenza con i detti crepacci mi fa ammettere che la 
fenditura pralicatasi quest’ anno non sia che la riapertura degli squarci preesistenti che 
si verificarono in quegli anni '). 

L’odierno crepaccio dal lato Sud è seguito da molte altre screpolature di minore 
importanza, che costituiscono nell'insieme un vero sistema di fenditure radiali. Quivi, 
dal suo aspetto, si potrebbe chiamare più propriamente col nome di frana, giacchè la 
regione fratturata è della larghezza di una quarantina di metri e si prolunga in basso per 
circa m. 100. — In questo sistema il crepaccio mediano, presso l’orlo craterico del 
1872, è di m. 0.80 a m. 1 di larghezza, e si va mano a mano restringendo nell’ abbas- 
sarsi. Oltrepassato un centinajo di metri — e perchè il materiale incoerente che ivi si 
trova si oppose ad una netta e marcata scissione, e perchè colla sua caduta andò a 
riempire questi crepacci — essi non sono più visibili all’esterno. 

Dal lato Nord all’incontro, dove l'impulso fece maggiormente breccia per la com- 
pattezza e tenacità del materiale costituente la parete conica, l’attuale spacco presenta il 
massimo interesse, e di questo solo, che chiameremo crepaccio settentrionale, intendo 
occuparmi. — Esso, all’ altezza dell’orlo craterico del 1872, è della larghezza di m. 
0.70 - 0.90, e raggiunge la massima dimensione dove avvenne il primo trabocco lavi- 
co. In questo punto l’ho riscontrato di m. 1,30 - 1. 60. Quivi potei scendere como- 
damente; ma nulla vidi senonchè un rovinio di massi più o meno voluminosi, precipi- 


2 


1) Il crepaccio formatosi nel 1868 non rimase per molto tempo visibile, giacchè la lava del 
1871 lo ricopri, come sempre sogliono fare le lave allorchè vengono riversate e spinte sopra an- 
frattuosità su cui sono costrette a passare. Ma che tale spaccatura si sia determinata in quell’anno 
lo attesta il Prof. Palmieri nel suo interessante lavoro « Il Vesuvio e la sua storia ». A_pag. 26, 
parlando del periodo eruttivo 1867-68, dice che « al mezzo Novembre del 1868 si aprì una nuova 
fenditura al lato settentrionale del cono, la quale aveva la sua maggiore ampiezza nell’Atrio del 
Cavallo, ove sì formarono ben presto parecchi coni avventicci, allineati fra loro, con emissioni 
di lave molto copiose, le quali, versandosi nel Fosso della Vetrana, e da questo in quello di Fa- 
raone, superata la sinistra sponda di esso, devastarono la fertile ed amena contrada detta delle 
Novelle ». E che questa spaccatura abbia perdurato fino a questi ultimi anni allo stato di galleria 
coperta, che percorreva longitudinalmente quasi tutto il cono vesuviano, ne fanno fede alcuni in- 
dividui di San Sebastiano (paese a N. O. del Monte Somma), i quali per raccorvi delle sublima- 
zioni di cloruro di sodio, che vi si trovava in grande abbondanza, vi penetravano scalandosi giù 
per un profondo dirupo formatosi fin dallo stesso anno nell’ Atrio del Cavallo , in prossimità del 
piede del cono, e risalendolo per quasi tutto il suo fianco. 

Nell’anno 1885 nel fianco meridionale del cono si stabilì una fenditura con relativo riversa- 
mento di lava in corrente, che, dirigendosi verso Boscotrecase, attraversò la valle Pedemontina 
(H.J. Johnston-Lavis, Diario dei fenomeni avvenuti al Vesuvio da Luglio 1882 ad Agosto 1886. 
Spettatore del Vesuvio e dei Campi Flegrei, 1887). 


a 
tati là dentro nel momento dello scoppio e arrestati, nella loro caduta, dalle sporgenze 
delle pareti stesse o dal contrasto reciproco. Non solo al fondo ma neppure più in basso 
che 10 o 15 metri ho potuto spingervi lo sguardo. Al di sotto di questo punto esso non 
si mostra più alla superficie, ma resta disegnato dalle altre bocche di fuoco. È dunque 
tutt'altro che una non interrotta apertura. i 

Le comunicazioni stabilitesi coll’esterno meritevoli d’ essere più davvicino esami- 
nate, per aver preso parte veramente attiva nell’ eruzione, sono cinque. Esse però non 
sono isolate, ma bensì riunite fra loro mediante una serie di fenditure minori tutte al- 
lineate, che nel loro complesso seguono il generale andamento della squarcialura, e 
che anche nella massima attività non furono che semplici fumarole ‘). 

Alla stessa ora in cui si stabili lo squarcio, si avvertì alla sommità della montagna 
a Nord del cono avventizio, e precisamente fra il piede del detto cono e la reliquia di 
parete craterica del 1872, una colonna insolita di copiosissimi fumi, accompagnati da 
ceneri in grande quantità, la quale usciva da un’ apertura che, fin dal suo nascere e nella 
sua breve vita, si costitui a semplice fumarola. Questa è certamente |’ apertura di cui 
parlano i Dottori H. J. Johnston-Lavis e L. Sambon ?), e che nella carta annessa 
è da me rappresentata con la lettera A. 

Quivi al primo getto di fumo nero ne seguirono, quasi senza interruzione, alcuni 
altri, e subito dopo, come pure nel cratere, vi successe una calma quasi perfetta, che 
si continuò appena per venti minuti, e durante la quale non si ebbero ad avvertire che 
pochi vapori bianchi innalzantisi come due colonne: dal cratere la più vistosa, e a Nord 
di questo l’altra. 

Dopo mezz’ora appena, alle 6 '/, pomeridiane, si aperse una bocca laterale sul 
fianco Nord del cono vesuviano, ma sensibilmente più ad occidente dell'apertura che 
presentò la prima manifestazione. 

Questa seconda apertura (che nella carta è indicata con B) si trova a 990-1000 
metri di altitudine, e quindi corrisponde press’a poco al livello del fondo craterico del 
1872. Appena apertasi, ne vennero fuori densi e copiosi vapori bianchi come da enor- 
me fumarola, e contemporaneamente cominciò l’ emissione della lava, che fin dapprin- 
cipio si costituì in due distinte colate, le quali, guardate dall’ Atrio del Cavallo , presen- 
tarono nel loro complesso la forma di un Y rovesciato. 

Quella orientale si diresse verso la Punta del Nasone (cima più alta del Monte Som- 
ma: m. 1137), e l’occidentale verso i Cognoli di Trocchia, deviando poi in basso sen- 
sibilmente ad oriente. Quella orientale fece ben poco cammino, giacchè poco dopo di 
aver raggiunto il piede del Gran Cono si espanse in diversi rami e si arrestò. Probabil- 
mente la stessa vita ebbe quella occidentale, giacchè la sera dell’8 alle ore 6, quando 
io giunsi là col Prof. Bassani, fummo ancora in tempo a trovare incandescente la 


1) Il crepaccio è esattamente della lunghezza del lato del gran cono ed è rappresentato, nel- 
l’annessa tavola da una linea a zig-zag, la quale riunisce le bocche eruttive che hanno preso 
parte più o meno attiva all'attuale parossismo. — Quante volte nella genesi dei filoni vulcanici 
non si osserva un fatto paragonabile a questo ? Quante volte non si nota che un filone verticale 
anche di vistosa potenza viene tutt'ad un tratto a mancare per ricomparire più in alto e più in 
basso? Ora si tratta anche qui di un filone in via di formazione che , nella sua insinuazione attra- 
verso il fianco vesuviano settentrionale, presenta molte soluzioni di continuità. 

2) Corriere di Napoli, 10-11 Giugno 1891. 


lr. 
parte più lontana di questa colata, che però durante la notte si raffreddò tanto che verso 
le 2 del mattino non era più visibile. 

Come ho detto, quivi la spaccatura ha raggiunto la massima sua larghezza di me- 
tri 1.30 - 1.60, ma non è allo stato di semplice spacco che si presenta la regione d’ u- 
scita-delle due prime colate. La violenza dell’ urto prodotto dalla massa fluida erompente 
determinò alla superficie del cono ed all’altitudine compatibile coll’altezza della lava 
nell’interno, uno sfiancamento o erompimento concavo della larghezza di 30 metri, che 
ha l’aspetto di un dirupo, ma che a prima vista potrebbe essere confuso con un piccolo 
cratere laterale. Si è facendosi strada attraverso gli orli orientale e settentrionale di que- 
sta insenatura che si riversarono all’esterno le due colate laviche '). 

Quivi il trabocco dev'essere stato della massima violenza, giacchè vi si vedono di- 
staccati e spostati grossi blocchi di roccia appartenenti alle colate del periodo 1883-84, 
che si erano riversate su tutto il fianco settentrionale del cono, e attraverso le quali si è 
fatta attualmente strada la lava per la durata di due ore circa. In queste due colate si 
verificò la maggiore velocità che abbia raggiunto la lava in questa eruzione, specie pri- 
ma di guadagnare |’ Atrio del Cavallo. Se non vi fosse la prova della nostra testimonianza 

“oculare, che dopo poche ore esse erano completamente ferme, e che per di più, dopo 8 
ore dal principio della loro emissione, la lava sgorgante da aperture più basse vi si è 
potuta riversare sopra, vi sarebbe sempre quella, assai parlante, dell’ aspetto della lava, 
che col suo esiguo spessore (perfino di 2 cm.) e coll’avere agglutinato frammenti di lave 
preesistenti e lapilli, in modo da costituire una vera breccia vulcanica, mostra la sua mas- 
sima scorrevolezza. E se si pensa alla grande fluidità che doveva caratterizzare questa la- 
va, ed alla forte inclinazione (27°) della parete conica vesuviana, e tenendo debito conto 
della pressione esercitata dalla colonna fluida dell’interno del cono, si trova a priori la 
spiegazione della maggiore velocità, la quale doveva necessariamente diminuire allor- 
chè, nel suo avanzamento a Nord, la massa fluida incontrò un terreno assai meno in- 
clinato (15°). 

Queste due colale hanno investito una regione che, durante l’attuale parossismo, 
andò pure soggetta a moti intestini e fors' anche a pressioni interne bastantemente vio- 
lenti. Talmentechè, specie ad oriente di esse colate, dove potei rimanere per un paio di 
ore, osservai che le lave preesistenti erano state qua e là screpolate di recente. Le scre- 
polature, come sempre succede, sì sono praticate in ogni senso, ma la generale loro 
direzione fu per lo più quella dei lati del cono. Sono larghe da pochi millimetri a 10 0 
12 e anche 15 centimetri. Che siano recentissime, lo attesta il loro aspetto. Essendo la 
lava costituente il suolo screpolato ricoperta da materiali detritici, come lapilli e sabbie, 
per uno spessore di 2 a 10 cm., ne viene che, in corrispondenza delle fessure, il ma- 
teriale incoerente soprastante, per la parziale sua caduta nelle fenditure stesse, presenta 
altrettanti solchi. 

Queste fenditure con ogni probabilità avvennero alle 5 °/, del giorno 7. Nei due 
giorni seguenti di mia permanenza non vi notai nessun allargamento nè restringimento ; 
non intendo però asserire che siano rimaste in seguito tutte stazionarie. In alcune di 
esse avvertii leggiero svolgimento di vapor d’acqua e in altre solo alta temperatura. 


1) Desidero a tal proposito far notare come, benchè a brevissimo intervallo di tempo, la colata 
diretta verso la Punta del Nasone, che scaturì ad un livello sensibilmente più alto, debba certamente 
aver preceduto l'altra. 


= = 

Quanto alle altre aperture stabilitesi inferiormente a quella delle 6 '/,, non posso 
che servirmi delle parole del Prof. Bassani ‘), il quale si trattenne meco nell’ Atrio dalle 
6 alle 8 pom. del giorno $. Egli così si esprime: «..... tre bocche si sono aperte alla 
base del cono vesuviano . . . . . La prima di queste bocche, un po’ più elevata delle al- 
tre, ha mandato fuori una colata di lava, che la sera dell’8, verso le ore 8, era già su- 
perficialmente rappresa ». 

Non saprei dire, neppure con approssimazione, l’ora in cui da questa bocca co- 
minciò l’ emissione della lava, la cui corrente si è immedesimata e confusa con quella 
occidentale della bocca apertasi alle 6 '/,. Probabilmente si apri alla stessa ora, ma certo 
si è che la sera dell'8 la sua attività cessò per non ridestarsi più. Si trovava a circa 900 
metri di altitudine, ed è indicata nella carla con la lettera C. 

Il Prof. Bassani ?) così continua: «..... Dalla seconda, un po’ più bassa (875 
metri sul livello del mare ), sgorga tultora una lava non molto fluida, che peraltro, al- 
l’ora predetta, correva, nel principio del suo cammino, con una velocità non minore di 
un metro al secondo, rallentandosi molto notevolmente in seguito, e spingendosi verso 
la base del Somma, dalla quale alle 10 pom. distava circa ottanta metri. Questa colata, 
all’origine, si mostra alimentata da sei piccole fenditure vicine fra loro (D). Le lave sgor- 
ganti da ciascuna di esse però si seguono per modo che non sono discernibili le une 
dalle altre, e formano, può dirsi, una colata unica. La terza bocca (E), anche più bassa 
(ad una altitudine di 880-335 metri), manda lava che percorre |’ Atrio del Cavallo quasi 
parallelamente alla precedente, dirigendosi verso il Somma, senza però raggiungerlo ». 

La lava che fluiva da questa bocca e che scorreva per entro un canale con sentita 
pendenza a Nord, la cui larghezza era approssimativamente di 4 a 5 metri, era scorre- 
volissima (per quanto uno dei caratteri di questa eruzione sia la poca fluidità della lava), 
e presso la sua uscita possedeva anch’essa la non comune velocità di 1 metro al minuto 
secondo. Tale velocità diminuiva d’assai coll’allontanarsi della massa fluida dalla bocca, 
tantochè, a 40 o 50 metri da questa, la lava non percorreva che un paio di metri al 
minuto primo. 

Alla distanza a cui dovetti arrestarmi, per non essere soffocato dalle dense emana- 
zioni di anidride solforosa e di gas acido cloridrico, non mi fu possibile determinare 
neppure con approssimazione la portata di quella corrente; ma credo non allontanarmi 
soverchiamente dal vero considerandola di uno spessore variabile fra i 30 ed i 50 cen- 
timetri. Questa corrente per un certo tratto, pure scorrendo parallelamente ed a contatto 
di quella proveniente dalla serie di sei bocche, di cui si è tenuto parola, era da essa in- 
dipendente; ma alquanto più in basso si univano e si mescolavano i loro materiali, tanto 
da ridurle ad una corrente unica, che acquistò una larghezza complessiva di m. 150, nel 
punto dove faceva gomito, volgendosi verso occidente. Da informazioni gentilmente fa- 
voritemi dal Signor Enrico Treiber, Ingegnere-Ispettore della Funicolare vesuviana, 
risulta che l’emissione della lava dalla bocca più bassa (E) e dalle sei aperture costi- 
tuenti la serie D è cominciata alle ore 2.20 antimeridiane del giorno 8. 

Considerando come unica apertura la serie D, il numero delle bocche, per le quali 
si è manifestata questa nuova attività, ascese a cinque. E mentre tutte si trovano lungo 


1) Corriere di Napoli, 10-11 Giugno 1891. 
2) l. c. 


Sa 
la linea della preesistente fenditura del 1868, la 4% e la 5* (D ed E) corrispondono al 
dirupo a cui ho accennato, nel quale si raccoglievano ingenti sublimazioni di cloruro 


sodico. Per quanto risulta da notizie attinte a tal proposito, questo dirupo non sarebbe 
stato che la bocca eruttiva del 1868 '). 


Passerò ora ad una succinta descrizione dei fatti osservati a più riprese, quando ebbi 
agio di esservi io stesso presente. 


II. 
DIARIO DEI FENOMENI AVVERTITISI DALL’8 GIUGNO AL 15 NOVEMBRE 
Giugno 8. — Dalle 6 alle 8 pomeridiane, fumi densissimi con ceneri copiose dal 
cratere terminale; poi periodo di tranquillità, che dura tutta la notte. La fenditura, al 


disopra della bocca delle 6 '/,, è disegnata da 5 fumarole, tutte allineate, e che spandono 
abbondanti vapori bianchi. Delle bocche apertesi il giorno avanti, non sono in eruzione 


- che quelle della serie D e l’altra più bassa (E). Tanto le prime quanto la seconda sono 


larghe fenditure a livello del terreno , di forma grossolanamente ellittica, aventi | asse 
maggiore di 2-5 metri diretto nel senso S. N., ripiene di lava che rigurgita copiosa tran- 
quillamente, mentre piccole eiezioni di materia fusa vengono spruzzate dalla sua super- 
ficie, e i rumori di vapori sprigionantisi da anguste aperture, assordano. La temperatura 
della lava è al calor bianco non abbagliante. Le due correnti alimentate dalle bocche D 
ed E, costituite in colata unica, deviate dalla direzione N, progrediscono a N. 0. La lava 
uscita da queste bocche, avendo percorso una curva di m. 575 in 20 ore, ha raggiunto 
la velocità media di m. 28.75 all’ora ?). 

Giugno 9. — Ore 3 antimeridiane. Dalla cima del Monte Somma lo spettacolo della 
distesa della lava incandescente è veramente incantevole. Alle ore 3 */, il cratere termi- 
nale dà nuovi segni di vita con pocbi getti di denso fumo, e quindi vapori bianchi. L’a- 
pertura a Nord di esso (A), emette vapori in gran copia. A volte i getti sono isocroni, a 
volte i fumi neri ed i vapori bianchi si seguono l’un l’altro senza regola appariscente. 
Dalle 11 ant. all’! pom. mi trovo nell’ Atrio del Cavallo. Nella colata pochissimi muta- 
menti. Le bocche di fuoco sono delle stesse dimensioni, e la massa fluida ha un’eguale 
velocità che nella sera precedente. Maggiore sviluppo di gas solforoso, e vapor d’acqua 
abbondantissimo. 

Giugno 410.—Alle ore 4 ant. le fumarole che esistevano parecchio al di sopra dell’a- 
pertura B non si avvertono più, e ne esistono altre 3 molto più vicine alla detta apertu- 
ra, come pure se ne vedono 2 al di sotto e più vicine alla serie D. Alle 5 l’attività al cra- 
tere terminale è aumentata rispetto alla sera avanti: s’innalzano due colonne, una verso 
S. di fumo nero ed una verso N. di densi vapori bianchi. Questa corrisponde al punto 


i) Anche questa volta Il Vesuvio ha voluto dimostrare che le sue fenditure si manifestano dall’alto 
al basso (L. Palmieri, Ultime fasi delle conflagrazioni vesuviane del 1868. — Napoli — Stamperia 
Fibreno 1869, p.5), e che per conseguenza le prime manifestazioni si hanno nella maggiore eleva- 
zione, e al di sotto le altre , in ordine cronologico. 

2) Non disponendo di mezzi onde misurare la velocità delle lave avanzantisi nell’ Atrio, vi ho sop- 
perito con le osservazioni fatte direttamente sui fronti delle singole espansioni. 


ATTI — Vol. V.— Serie 22— N02. 2 


RS Ne 
ove si manifestò la prima bocca A. — Alle ore 7, dalle sei bocche in serie, solita emis- 
sione di lava; però l'espansione più inoltrata del giorno 8 comincia a raffreddarsi alla 
superficie. I rumori della violenta uscita dei gas si fanno più forti, talvolta imitano dei 
veri fischi. La bocca più bassa (E) rigurgita al solito, e la sua lava si estende anche verso 
N e NE, ossia verso la Punta del Nasone. Alle ore 10 '/, mi trovo su questa punta. 
L'attività è aumentata, e dalla cima del Somma si vedono due getti di famo da due boc- 
che distinte nel cono terminale, tantochè si ha l'impressione di un cratere gemino. Dopo 
l’emissione forte di fumi neri e lapilli segue sempre l’emissione similmente forte di va- 
pori bianchi, la quale va mano a mano affievolendosi fino ad una nuova boccata di ce- 
neri. Spesso i getti di fumo nero non sono unici, ma sono 2, 3 0 4 e.anche 5, che si 
seguono l’un l’altro con interruzione appena sensibile. Le fumarole lungo il fianco del 
cono sono diminuite d’intensità. Le espansioni più inoltrate della lava, distano appena 
16 metri dal piede del Somma. Dalla sera dell’ 8 la velocità media dell’ espansione N. 0. 
fu di m. 1.56 all’ora, mentre quella dell'espansione N. E. fu di m. 3.44; e in media nelle 
due espansioni di m. 2.50. 

Giugno 15.— Fino alla precedente mia visita la lava veniva eruttata da bocche con 
orli bassissimi. D’allora in poi cominciò a rapprendersi alquanto materiale lavico su que- 
sti orli, sui quali vennero anche a depositarsi e ad agglutinarsi insieme i pochi bran- 
delii di scorie spruzzati ad insignificante altezza. Per conseguenza i suddetti orli creb- 
bero successivamente in altezza e costituiscono oggi dei veri e propri vulcanetti regolari 
con la loro forma conica, col loro craterino, da cui non sono più eruttate lave in corrente, 
ma soltanto abbondanti vapori, che si sprigionano producendo un rumore uguale a quello 
della fuga del vapore acqueo da una caldaia ad alta pressione. Talvolta, sia per 1’ au- 
mento di tensione dei gas, sia per la maggiore ristrettezza delle aperture donde si spri- 
gionano, quei rumori sibilanti divengono apprezzabili, riducendosi a veri suoni. 

Giugno 46. — La notte dal 15 al 16 dalla vetta del Monte Somma si offre ai miei 
occhi lo spettacolo imponente dell'intera distesa della colata. Questa, benchè in via di 
raffreddamento nella parte superficiale, si trova tutt'altro che inerte. La crosta, formatasi 
durante le diminuzioni di efflusso e per azione diretta del contatto coll’aria, incapace di 
sopportare la pressione su di essa esercitata dalla massa fluente sottoposta, si rigonfia, 
e infine si squarcia in tutti i punti in cui offre minore resistenza. Per tali innumerevoli 
aperture, stabilitesi attraverso la crosta solida, avvengono altrettanti piccoli trabocchi di 
lava, le cui colate dirigonsi in tutti i sensi, ma preferibilmente verso il Somma, giacchè 
in questa direzione sono più facilmente sollecitate, sia per la generale pendenza a Nord 
dell’ Atrio del Cavallo, sia per la spinta iniziale da Sud a Nord della massa fluente. La 
temperatura della lava è al calor giallo. Fino al gioruo 10 la lava avanzò con la velocità 
media di m. 2.50 all’ora; ma poi, trovato un terreno meno inclinato, avrebbe dovuto su- 
bire un certo rallentamento. Si verificò invece fino al 16 un notevole aumento di veloci- 
tà, che va naturalmente attribuito ad un temporaneo aumento di attività nelle bocche di 
emissione prima che queste si riducessero allo stato di semplici attive fumarole. La velo- 
cità media dal 10 al 16 fu di m. 2.92 all’ora. Sempre dipendente dall’inclinazione del 
terreno su cui va ad espandersi, la colata ha investito tutto l’Atrio del Cavallo, raggiun- 
gendo il piede del Somma. Si è poi anche allargata ad Est e ad Ovest, dando luogo alle 
diramazioni indicate nella carta. Le fumarole che il giorno 8 erano molto più alle della 
bocca B, e che in seguito si abbassarono tanto, come avvertii il giorno 10, andarono 


n 
gradatamente ad abbassarsi ancora e a diminuire in numero e in intensità, tantochè oggi 
sono del tutto scomparse. 

Giugno 24. — Dalle 3 1/, alle 4 '/, pomeridiane mi trovo sulla Punta del Nasone. Il 
cono terminale, le cui pareti si vedono molto più demolite che nei giorni precedenti, 
emelte tuttora fumi neri e vapori bianchi da due bocche chiaramente distinte dell’interno 
del cratere. Il cono avventizio dal lato settentrionale è interamente ricoperto dei soliti 
prodotti di alterazione delle scorie crateriche e di sublimazione, che lo coloriscono in 
giallo-citrino e giallo-arancio. Perdura ancora, ma peraltro assai diminuita, l'emissione 
di ceneri eruttate in gran copia nei tre giorni precedenti 21, 22 e 23 '). Fin dalla sera 
del 15 le bocche D ed E, al piede del gran cono, non presentano più che un’attività sol- 
fatarica. Le lave sono per la massima parte ferme. Però, ancora pastose inferiormente, 
seguitano ad inoltrarsi verso 0, scorrendo quiete al disotto della loro crosta solida, co- 
me, d’inverno, l’acqua d’un fiume superficialmente agghiaccialo. Solo qua e là piccole 
fumarole.—Dal 16 al 24 le lave raggiunsero, in media, una velocità massima ad E, con 
percorrenza di m. 0.91 ‘all’ora, ed una minima ad 0, con percorrenza di m. 0.36 all’ora. 

Luglio 4.—Nelle ore pomeridiane mi reco di nuovo al Vesuvio. L’attività del cratere 
terminale si dimostra sensibilmente aumentata. Dal mezzogiorno in poi gli sbuffi di fumo 
‘nero si seguono in così gran numero ed a così brevi intervalli, che si potrebbe quasi 
dire si tratti di un sol getto continuato. Alle 6 #/, pom. ne osservo un getto enormemente 
più copioso di quanti ne abbia mai veduti nei giorni precedenti, e che è seguito da altri 
minori e della stessa portata di quelli che lo hanno preceduto nella stessa giornata. Circa 
mezz’ ora dopo, alle 7 '/,, un’altra boccata di fumo si innalza obliquamente a S. S. E., 
dirigendosi fra Boscoreale e Boscotrecase. Questa è assai più colossale dell’altra, e più 
oscura. Con essa ha termine, per questa sera, la serie dei getti di fumo. Malaugurata- 
mente, insieme alla porzione di parete craterica che frana originando quest’ultimo im- 
menso globo di fumo, precipita nell’abisso infuocato l’infelice Silva Jardim ?). Alle ore 


4) Spirando in quei giorni vento di Sud, esse furono spinte a Nord, e, investito l’Atrio del Cavallo 
e superato il crinale del Monte Somma, si riversarono in tutto il suo versante settentrionale, esten- 
dendosi per la regione limitata dalla curva S. Sebastiano — Pollena — S. Anastasia —] Somma — Ot- 
taiano — S. Giuseppe. — Avendo in questo giorno risalito il Somma pel suo fianco Nord, da S. Ana- 
stasia, ho avuto agio di raccogliere alquanta di questa cenere a diverse distanze dall’asse eruttivo, 
cioè al piede del Monte presso S. Anastasia, sulla sua cima alla Punta del Nasone, e in due luoghi 
intermedii a questi; per modo che i campioni possonsi considerare come ceneri lanciate o, meglio, 
trasportate alla distanza di Km. 1'/3, 21/2, 3!/2, 44/2. Di esse farò seguire una succinta relazione, 
formando la loro caduta parte integrante dei fenomeni svoltisi durante questa eruzione. 

?) Il Dottor Silva Jardimdi Rio de Janeiro si era in quel giorno recato a visitare il Vesuvio 
col suo amico Signor Carneiro De Mendongea. Avido di forti emozioni, volle inoltrarsi fino all’orlo 
più sporgente del cratere , che da un mese andavasi gradatamente deteriorando , e volle guardarvi 
dentro; ma il terreno incoerente gli mancò di sotto ai piedi e l'illustre Brasiliano dovette precipitare 
in quell'implacabile voragine, a cui potè per avventura sottrarsi il De Mendonca. Orfano di madre, 
di famiglia povera, Silva Jardimsilaureava in legge in S. Paulo, e si elevava dipoi alla fama di 
fecondo oratore e letterato e di distinto pubblicista. Da circa un anno viaggiava l’ Europa col suo a- 
mico. La morte spaventosa e immatura che lo ha colpito privò dell’ affetto paterno la sua famiglia, e 
Rio de Janeiro dì una individualità politica spiccata, giacchè, perseverante e tenace , contribuì molto 
alla caduta dell'Impero. Trovo in un giornale di Rio (L’ Etoile du Sud —11 Luglio, 1891) un episodio 
saliente della sua vita. Ad alcuni turbolenti furiosi di Angustura, nello Stato di Minos, che minaccia- 
vano di bruciargli le cervella, gridò « tirez, tuez-moi; pour moi la mort c'est un accident de la vie ». 

E le notizie partecipatemi colla massima cortesia dal Sig. Americo de Campos, Console Ge- 
nerale del Brasile a Napoli ed amico del povero estinto, attestano già a sufficienza in quale alta con- 
siderazione fosse tenuto il compianto Brasiliano : 


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nove mi trovo all'Osservatorio vesuviano, di dove si scorgono le lave avanzantisi fin 
dalla sera del 30 Giugno. La massima tranquillità, cominciata nel cratere alle 7 1/,, si 
turba soltanto all’ 1 ‘/, ant. del giorno 2 con leggiera emissione di vapori. 

Luglio 2. — Nelle ore mattutine sono sulla cima del Somma. Lo spettacolo che 
fino a pochi giorni prima si presentava più attraente, a chi l’avesse osservato dalla 
Punta del Nasone, si ammira invece dai Cognoli di Trocchia, perchè la lava ha progre- 
dito, e la sua parte maggiormente incandescente trovasi appunto di fronte a questi Co- 
gnoli. Le espansioni orientali della colata lavica, ferme fin dal giorno 24 Giugno in cui 
ne tracciai i limiti, sono già raffreddate. 

Quelle ad occidente seguitano sempre ad avanzarsi e vi si osservano ancora alcune 
poche fumarole, la cui brevissima vita basterebbe da sola a farci giudicare dell’ esiguo 
spessore della colata. Questa ha percorso, dalle bocche di eruzione D, circa m. 1800. 
Il suo fronte di avanzamento si trova su un terreno sensibilmente più inclinato di quello 
ove scorreva nei giorni precedenti. Ciò nonostante ne è diminuita la velocità, che in 
media raggiunge m. 0.80 all’ ora. Dal 24 Giugno però la velocità media fu di m. 2.895 al- 
l’ora. Tale aumento nella media di tanti giorni deve naturalmente attribuirsi alla mag- 
giore velocità raggiunta quando la corrente era più ristretta. La sera il fronte di avan- 
zamento è molto frastagliato e in complesso misura 74 metri. La temperatura della lava è 
al calor rosso. Senza tener couto del crollo avvenuto prima dello squarcio del gran cono, 
il franamento del cono avventizio si è verificato dal 16 al 24, e specie nei giorni 21, 22 
e 23, su più larga scala che dal 7 al 16 Giugno; ma la massima demolizione, dal prin- 
cipio di questa fase eruttiva, avvenne il 1° Luglio. 

Luglio 23. — Dalle 2 del mattino all’ 1 pomeridiana percorro l’Atrio del Cavallo. 
La lava ha sorpassato la direzione della Crocella (punta orientale della Collina dei Can- 
teroni) e, infilatasi nel Fosso della Vetrana e sceso il pendio all'imboccatura di esso, si 
è alquanto estesa, raffreddandosi nelle estreme diramazioni. La sua pastosità si man- 
tiene pressochè stazionaria, e le fumarole effimere dei fronti di avanzamento si fanno 
sempre più rare e diminuiscono sensibilmente di attività. Il percorso della colata dal 2 
Luglio ad oggi è di m. 850, come si vede indicato nella carla, ed in media si è quindi 
avanzata di m. 1.68 all’ora. Mi trovo nella mattina presso i conetti formatisi al piede del 
gran cono. Essi sono costituiti di lava scoriacea a superficie unita e a corde, e totalmente 
ricoperti da prodotti di sublimazione e di alterazione, di colori svariatissimi. Si presen- 
tano così belli ed attraenti che è difficile farsene un’idea senza averli veduti. Essi non 
misurano più di 3 metri d’altezza, e alla loro base raggiungono al massimo metri 8 di 
diametro (vedi Tav. II, Fot. 1° e 2°). Dalle loro bocche di 10 a 20 cm. di diametro con- 
linua l’espulsione di gas solforoso e gas acido cloridrico. Gli altri prodotti volatili si deposi- 
tano appena che la temperatura è favorevolmente abbassata; e ciò per la massima parte 
avviene alla sommità, giacchè in cima ai conetti, guardando dentro ai loro craterini, 
vi si vede ancora la roccia incandescente. La lava adunque che nei primi giorni sgorgava 


< Quando giunse al Brasile la notizia della morte del Dottor Silva Jardim , le Camere Fede- 
rali in Rio de Janeiro sospesero le loro sessioni in omaggio alla sua memoria. La stessa cosa si veri- 
ficò nella Camera dei Deputati per lo Stato di S. Paulo. — Nel Brasile venne aperta una sottoscrizione 
a favore della famiglia delJardim,e fin dai primi giorni si elevò alla somma di centomila Lire, con 
tutta probabilità di continuare. Tutto il paese restò immensamente impressionato da questo fatto ». 

So che il Direttore dell'Osservatorio vesuviano ha intenzione di porre accanto ai nomi delle vit- . 
time dell’ incendio del 1872 un ricordo della triste fine toccata al compianto Jardim. 


E ige 
da queste aperture, seguita tutl’ora a passare al di soito, come dentro una doccia che 
si prolunga fino al punto più lontano della colata. L’attività solfatarica di tali graziose 
boccucce si mantiene quasi stazionaria, e la lava che sotto fluisce non è forse ancora di- 
minuita di portata. i 

Luglio 24.— Nelle ore antimeridiane sono sulla sommità del gran cono. Il cono 
avventizio, nonostante l’enorme demolizione, si presenta poco e quasi regolarmente 
abbassato (Vedi Tav. II, Fot. 3*), l'asse eruttivo non essendosi affalto spostato durante 
questa fase. Il cratere è per conseguenza eccentrico rispetto a quello del 1872, come 
ebbi occasione di dire pel cono erulttivo, e spostato naturalmente verso N. E. Nel suo 
giro settentrionale mi si presenta press’a poco circolare, e così pure è a dirsi del suo 
giro meridionale; ed ha forma grossolanamente ellittica. Il suo asse maggiore, che coin- 
cide quasi perfettamente col piano di fenditura del gran cono, mostrasi alquanto più 
deviato a N. 0.-S. E. e misura 140 metri, mentre il minore ho calcolato non possa 
superare i 120 metri. Le sue pareti sono quasi verticali, salvo quelle a N. e N. O., che 
sono scavate al disotto; contuttociò la sua forma si può considerare cilindrica. La pro- 
fondità, per quanto lo comportano osservazioni ad occhio faite in condizioni così sfa- 
vorevoli, è da me valutata 150 metri. Cosicchè la sua capacità è di circa me. 2.000.000. 
‘ L’orlo craterico, che raggiunge la massima elevazione a Nord, viene gradatamente ad 
abbassarsi verso Sud, dove scende bruscamente con ripido pendio. In questo punto, 
dove la demolizione è maggiormente inoltrata, si parte, per prolungarsi in basso, il si- 
stema di fenditure a Sud. Si è solo da questo lato che si può accedere all’ orlo craterico 
onde dominarne l’ ampia voragine (Tav. II, Fot. 4°). Il getto continuato di fumo densis- 
simo m’impedisce di spingere lo sguardo fino alla parete opposta, e tanto più fino al 
fondo craterico, dove però mi è dato di constatare la presenza di due bocche distinte si- 
tuate nella linea N. N. 0.-S. S. E., e che, in generale alternativamente, emettono globi 
di fumo, i quali, dopo un movimento vorticoso e radente la parete (in ispecie a N. e 
N. 0.), s' innalzano nell’atmosfera e piovono all’intorno ceneri. Il crepaccio principale 
dal lato Nord è in quiete perfetta, mentre dal lato Sud emette abbondanti gas solforoso 
e cloridrico ad elevata temperatura. Delle fenditure secondarie a N. N. O. ed O. gran 
copia di vapor d’acqua sotto leggiera pressione, mentre quelle a S. E., S. e S. O. pre- 
seniano la stessa attività della fenditura principale. Da nolizie attinte presso il personale 
della Stazione superiore della Funicolare vesuviana, risulterebbe che l'emissione di va- 
pori acidi da queste screpolature a Sud ha avuto, in tutto il tempo decorso dal 7 Giu- 
gno, un qualche periodo di quiete, che con ogni probabilità doveva corrispondere aile 
brevi calme avvertitesi nel cratere terminale. 

Agosto 14. — Dal 24 Luglio ad oggi, benchè sempre ugualmente voluminosi, si 
sono venuti mano a mano rischiarando i fumi emessi dal cratere. Spessissimo essi sono 
tutt’affatto bianchi. Dalle 6 alle 8 pomeridiane mi trovo sul crinale del Monte Somma, 
da dove osservo nella colata un progresso ad Ovest quasi insensibile. Quivi, l’ alimento 
dalla sorgente essendo stato temporaneamente interrotto, la lava si è raffreddata nelle 
ultime propaggini e si arrestò. La nuova lava, non avendo potuto incalzare nè aprirsi un 
varco attraverso quella indurita onde sovrapporlesi, ha dovuto, come sempre succede, 
cambiar direzione; ed ora, piuttostochè continuare la sua facile discesa pel declivio del 
Fosso della Vetrana, preferisce impaludarsi nel terreno che precede immediatamente la 
sua imboccatura, espandendosi in questo punto, come si vede nella carta, a N. 0. e a 
S. E. — Tutto il resto della colata è perfettamente fermo. 


e 

Agosto 45. — Durante la notte forti boati dal cratere, che si sentono distintamente 
dall’ Osservatorio, accompagnati da emissione di globi di fumo bianchiccio. Nelle ore 
mattuline sono sulla sommità del gran cono. I mutamenti che osservo nel cratere non 
sono di grande entità. Dal giorno della mia ultima visita (24 Luglio) non si è verificato 
che un piccolissimo franamento nella sua parete settentrionale, tantochè l’asse mag- 
giore che era di 140 metri, è ora di m. 150. Tutto il rimanente della parete craterica si 
è mantenuto intatto, cosicchè l’asse minore è rimasto di circa 120 metri. La profondità 
sembrami aumentata e la calcolo di un 180 metri. Le due bocche nel fondo craterico si 
mantengono tuttora distinte anche con la vicenda dell’emissione dei fumi. Questi, ben- 
chè chiari, sono copiosi e impediscono qualsiasi osservazione anche da dove si può ac- 
cedere all’ orlo craterico. I boati uditi da presso il cratere sono così forti che talvolta in- 
cutono davvero spavento. Tolte le fenditure secondarie ad O., che svolgono alquanto 
vapor d’acqua, e quelle a S. O., che emettono ancora vapori leggermente acidi per gas 
solforoso e cloridrico, tutte le altre non presentano più nessuna attività. 

Agosto 416. — Nelle ore antimeridiane mi reco a visitare i conetti formatisi nell’ A- 
trio del Cavallo. Due soli presentano ancora una certa attività, che peraltro anche in 
questi è assai diminuita. È del tutto cessata la copiosa emissione di vapor d’acqua, tan- 
tochè l'anidride solforosa che si sviluppa da uno dei piccoli conetti ed altri prodotti aeri- 
formi, da me non definiti, che si svolgono dall’ altro sono perfettamente secchi, e le su- 
blimazioni ed i prodotti di decomposizione delle scorie sono asciutti, ed alcuni di essi 
ridotti perfino in polvere. I fenomeni osservati, avvicinando alle fumarole sostanze in 
combustione o incandescenti, ed anche colla semplice percussione, sono di tanto affie- 
voliti che si avvertono appena. Nella notte scorsa la lava ha ripreso il cammino abban- 
donato fin dal 24 Giugno colle ultime diramazioni a N. E., espandendosi ad oriente in 
prossimità del Monte Somma. 

Novembre 4. — In tutto il tempo decorso dall’ ultima mia visita nulla di speciale si 
è avvertito mai nel vulcano; esso si è mantenuto sempre nella modesta attività che pre- 
sentava ai primi di agosto. L’uscita della lava non è stata mai interrotta, ma ha assunto 
sempre più limitate proporzioni. Le fumarole in corrispondenza delle bocche D ed E 
non hanno offerto più quasi nessuna attività. Dal cratere, emissione incessante di gran 
copia di vapori bianchi; fumi oscuri a lunghe intermittenze e con scarse ceneri finis- 
sime. 

Novembre 10. — La lava che continua a sgorgare dal seno del cono non giunge più 
ad incalzare quella rappresasi degli estremi fronti che si sono quasi tutti fermati. La sua 
fluidità si mantiene tal quale l’ho riscontrata pel passato, e quindi la temperatura non 
ne è presumibilmente abbassata. L’ efflusso avviene per piccole e numerose correnti, re- 
lativamente assai ravvicinate all’apertura D, che sembra sia l’ultima ad otturarsi. La lava 
quindi non si dilaga più, ma si riversa sopra quella già raffreddata dei mesi scorsi e, così 
ammassandosi, va crescendo più che altro in altezza. Il terreno guadagnato dalla co- 
lata in questi ultimi tre mesi trovasi indicato nella carta. Malgrado l’incessante efflusso 
del materiale lavico, le pareti crateriche non hanno sofferto ulteriore vistoso crollo, ma 
è facile congetturare che il loro equilibrio non tarderà molto a rompersi, e il cratere as- 
sumerà alquanto più vaste proporzioni. 

Novembre 14. — Mi reco a visitare il cratere, le cui pareti minacciano sempre più 
un’ulteriore demolizione. I boati non si sentono più, ma solo di quando in quando ru- 


i - Rua 
mori sordi e prolungati come di materiale detritico che precipita. I globi di vapori bian- 
chi abbondantissimi sono talvolta accompagnati, in questi ultimi giorni, da piccoli bran- 
delii di scorie che raggiungono a fatica l'orlo craterico per ricadere di nuovo nella vo- 
ragine. Dalle fenditure determinatesi a Sud della sommità del gran cono si ha ancora 
sviluppo di gas solforoso secco e ad elevata temperatura; il crepaccio Nord è disegnato 
per tutta la sua lunghezza da leggiera emanazione di vapor d’acqua. 

Novembre 45. — Nell’Atrio del Cavallo la colata lavica, da come si presenta oggi, 
non tende ad espandersi ma continua ad ammonticchiarsi. Dei coni-fumarole, di cui al- 
cuni sono figurati nella tavola II, non ne è rimasto che uno; tutti gli altri sono sepolti 
sotto la nuova lava, che si aggira e si accresce più che altro in prossimità delle bocche 
D; ed anche il solo conetto superstite ha ceduto alla pressione della lava sotto di esso 
fluente e, come spesso avviene, si è schiantato trasformandosi in un ammasso di rovi- 
ne, in mezzo alle quali, fra la lava più o meno scoriacea, e in parte alterata dai gas sol- 
foroso e cloridrico, ho rinvenuto molto ferro oligisto micaceo. — Lo spessore della co- 
lata è variabilissimo: mentre nelle propaggini estreme è spesso anche minore del mezzo 
metro, nelle parti centrali (ossia nella regione che comprende la bocca E) raggiunge la 
massima potenza. Quivi io calcolo si sia ammassata lava per uno spessore superiore ai 
20 metri. E non reca meraviglia questa cifra, allorchè venga raffrontata alle dimensioni 
degli squarci avvenuti per raffreddamento e conseguente ritiro della massa fluente in 
alcuni punti anche lontani dalla suddetta regione: uno di questi squarci, ad esempio, 
raggiunge 8 metri di profondità e 10 metri di ampiezza massima. 


III. 


LAVA — SUA PETROCRAFIA 


Omettendo di parlare delle diramazioni secondarie a cui hanno dato luogo le due 
correnti principali che, unitesi alla loro uscita, costituirono la corrente unica direlta a 
N., e quindi piegata ad O., non ho voluto far notare che i soli progressi di questa che 
scorreva, come quasi sempre avviene, in un canale, i cui argini erano costituiti via via 
dal materiale stesso fluente. 

Il differente aspetto presentato dalle lave appartenenti a diverse eruzioni, ed anche 
da quelle di uno stesso trabocco, è stato sempre osservato senza che se ne siano ancora 
potute scuoprire le cause. Io non intendo menomamente contribuire alla risoluzione di 
questo problema, ma piacemi far notare come nel caso attuale non si potrebbe certo 
attribuire alla fluidità delle lave l’ habitus frammentario 0 pastoso che esse assumono; 
giacchè quelle uscite all’esterno dalle bocche D ed E, e che costituiscono il riversa- 
mento distinto nella carta col segno convenzionale del giorno 8 Giugno, sono eminente- 
mente scoriacee, e si possono paragonare a quelle del 1872; mentre le lave assai più 
fluide che uscirono dalle bocche B e €, e quelle (assai meno fluide) che hanno fluito al 
disotto del suddetto riversamento, sono a superficie unita ed a corde, e si possono pa- 
ragonare a quelle del 1858 '). 


1) « Le lave che nel 1855 dall’ Atrio del Cavallo discesero nel Fosso della Vetrana, ne’ primi 15 


== 

Nelle diverse gite fatte al Vesuvio durante il descritto parossismo raccolsi campioni 
della lava emessa a diversi intervalli, come pure il pulviscolo eruttato specialmente nei 
giorni 21, 22 e 23 Giugno, e parecchi prodotti di sublimazione delle fumarole a cui si 
ridussero le piccole bocche apertesi nell’ Atrio del Cavallo. Di questo materiale faccio se- 
guire una succinta relazione. 

La lava emessa in questa fase è per la massima parte di aspetto mammellonare e a 
corde. Sempre più o meno bollosa, anche quella costituente la regione interna delle co- 
late. Non avendone potuto trovare della compatta, priva affatto di cavernosità, ho cre- 
duto superfluo il determinarne il peso specifico. 

Essa è prevalentemente leucitica, ed i grandi cristalli di leucite e di augite le im- 
partiscono una tessitura eminentemente porfirica. 

Il suo colore abituale, in massa, è il grigio quasi nero, talvolta però i cristalli di 
leucite sono così ravvicinati fra loro che la roccia assume un color cinereo abbastanza 
chiaro, una frattura finamente concoide, ed una lucentezza grasso-resinosa. 

Magma. — La massa fondamentale, osservata al microscopio, è di un color grigio- 
ferro-violaceo risultante di un magma vetroso semi-opaco, in cui sono immerse miriadi 
di microliti degli stessi minerali che costituiscono i grandi cristalli disseminati porfirica- 
mente. Si direbbe che, mentre in complesso è ipo-fanero-cristallina, nella massa fon- 
damentale si presenta cripto e talvolta micro-cristallina. Dalla disposizione e dall’orien- 
tamento delle ionguliti e delle trichiti risulta una microfluttuazione assai distinta nella 
massa. Non è raro il caso che veri frammenti prismatici di cristalli siano stati influen- 
zati dal movimento del magma a cui dovettero partecipare, e, compatibilmente alle loro 
dimensioni, si siano disposti essi pure in fluttuazione. Questo fatto l’ho notato special- 
mente su frammenti tabulari di feldispato. 

Leucite. — 1l minerale costituente per eccellenza è la leucite, che è di due gene- 
razioni distinte. Alla prima appartengono i grandi individui, spesso a contorni rettili- 
nei, ma il più delle volte smangiati, corrosi e riassorbiti in parte dal magma che li 
circonda e che assume in tali condizioni la più decisa struttura fluidale. Serepolature pro- 
dotte da azioni meccaniche vi si osservano in tutte le direzioni, senza che ne trasparisca 
alcuna legge; spesso esse sono riempite di massa fondamentale , talvolta di una sostanza 
di un verde più o meno intenso, che ritengo per pirosseno augite. 

Nell’ interno di molti cristalli si presentano inclusioni, regolarmente orientate, di- 
sposte in zone parallele alle facce; si tratta in generale di particelle vetrose, di fram- 
menti di cristalli di augite e, benchè raramente, anche di inclusioni liquide contenenti 
talvolta libella. Inclusioni di qualunque natura, disposte in ordine radiale, non ne ho 
trovate nei miei preparati. 

Colori d’interferenza nulli. A nicols incrociati è ancora più evidente che a luce co- 
mune la striatura sua propria, che la palesa costituita da tante lamelle parallele a 201 
secondo Klein ‘), che la ritiene polisintelica del tesserale, e parallele a 100 secondo 


giorni erano frammentarie e per altri giorni furono senza scorie. Quelle del 1858 e 1859 ad eguali di- 
stanze dalle bocche sono or dell'una or dell'altra natura, sebbene le frammentarie siano poche a 
fronte delle altre » (L. Palmieri, Dell’ Incendio vesuviano cominciato il 13 Novembre del 1867. 
Atti R. Accademia di Sc. fis. e mat., Vol. IV, pag. 8, Napoli 1869). 

1) Klein, C., Optische Studien am Leucit. Gòttinger gelehrte Nachrichten 1884, N. 11, 421-472. 


Klein C., Ueber d. Kryst. Syst. d. Leucit u. d. Einfi. d. Warme auf seine opt. Eigensch ( Nachr. 
Gesell. Wiss. Gottingen, 1884, 6, 129). 


sc ff 
V. Rath), che la ritiene tetragonale-mimetica del tesserale. — Tutti gli altri, estratel- 
lurici di seconda generazione, come si è sempre riscontrato, sono più piccoli, e non pa- 
lesano fratture, nè inclusioni disposte in sistemi zonali o radiali, nè indizio di riassor- 
bimenti. Siano, i cristalli di leucite, di prima o di seconda consolidazione, essi presen- 
tano sempre distinta la forma del leucitoedro. 

Augite. — In cristalli molto sviluppati e accorciati secondo l’asse c. Colore abitua- 
le, verde più o meno intenso. Nelle lamine sottili preparate dalla roccia si vedono so- 
spesi nella massa fondamentale, e le loro sezioni sono per lo più ottagone (ossia paral- 
lele 0 poco inclinate sul piano degli assi a e d) od esagone (cioè parallele o con leggie- 
ra inclinazione sul piano degli assi d e c). Non ho riscontrato mai angoli rientranti at- 
tribuibili a geminazione. 

In molti cristalli d’augite è manifesto l’accrescimento parallelo avvenuto contem- 
poraneamente in tutte le direzioni. Allora si presentano essi costituiti da tanti strati so- 
vrapposti gli uni agli altri e ben discernibili pel diverso loro colore, che varia dal verde 
bottiglia scuro al verde pisello chiaro. Tale accrescimento si osserva avvenuto unifor- 
memente su tutte le facce. Essendo queste d’altronde nitidissime, e le loro sezioni nelle 
lamine sottili essendo sempre, almeno in parte, a contorni regolari, qualunque sia l’ 0- 
| rientamento dei cristalli rispetto al piano che ne ha costituito la sezione, se ne deduce 
che essi si generarono in un ambiente fluido, che non opponeva loro nessun ostacolo. 
Questi sono evidentemente di seconda consolidazione. 

La ripetuta alternanza degli involucri di diversa intensità di colore mi porta ad 
ammettere che tali individui, dal nucleo alla periferia, non debbano essere di uniforme 
composizione chimica, la quale, come ognun sa, è in questo pirosseno sommamente 
variabile. Essa risulta in massima dell’ unione dei tre silicati *): 


Ca 0,Mg0,2Si0? 
Ca 0, Fe 0,2 Si 0? 
Mg0,Al?0*, Si0?, 


nei quali però può 1’ MgO essere sostituito da Fe0 e l’ Al? 0° da Fe? 0*; cosicchè si avreb- 
bero miscele, in diverse proporzioni, dei silicati seguenti: 


Fe O, Fe?03, Si 0? 
MgO, Fe?0?, Si 0? 
Fe 0, Al?0?, Si 0? 
Ca 0,Fe0,2Si 0° 
Mg 0, APPO?, Si 0? 
Ca0,Mg0,2Si0?. 


Da questa osservazione risulta come la struttura zonale dell’augite si potrebbe 


1) G. vom Rath., Ueber das Krystallsystem des Leucits. M. B. A. 1872. 1. Aug. — Pogg. Ann. 
Erganzungsband VI. 1872, 198 ff. und Sitzungsber. der niederrhein. Ges. Bonn. 4 Juni 1883. 

2) Tschermak D. Gustav, Lehrbuch der Mineralogie. Wien, 1884, s. 439-440. — Id., tradu- 
zione dell’ Ing. Prof. G. Grattarola, Firenze, Le Monnier, 1885 (parte speciale), pag. 126 e 128. 


ATTI— Vol. V.— Serie 2—N.° 2. 3 


— = 

considerare dipendente dalla composizione che, dal nucleo interno agli strati che si 
succedono verso l’esierno, varierebbe a seconda del predominio dei detti silicati, 
nell'ordine di loro decrescente basicità. Non è difficile si possa verificare sull’ augite 
questa legge, sull’interstratificazione isomorfa stabilita già per i feldispati triclini. 

I cristalli d’ augite si presentano sempre con numerose fenditure, che interessano 
il prisma nel senso longitudinale, e più precisamente secondo piani paralleli a 010. — 
Queste fenditure hanno un generale andamento retto, benchè per se stesse non siano 
perfettamente rettilinee. ; 

Moltissime inclusioni, costituite da cristallini e masserelle subrotonde di magnetite 
e qualche raro liquido con libella, sono in generale sparse senza ordine, ma talvolta 
sono così ordinatamente disposte, come quelle riscontrate nei tristalli di leucite. Specie 
in un cristallo molto sviluppato ho potuto osservare assai chiara la disposizione zonale 
di iali inclusioni su piani perfettamente paralleli alle facce 111, 010, III, 111, 010, til. 

L’augite di prima consolidazione è in cristalli corrosi, le cui sezioni raramente pre- 
sentano contorni rettilinei, e in piccoli frammenti si trova come inclusione nella leucite 
di prima consolidazione. Ciò prova che non solo nell’ intera durata del consolidamento, 
ma perfino in ogni singola fase di consolidazione l’augite precedè la leucite. 

Nei miei preparati ho trovato due cristalli assai sviluppati di augite con intrusioni 
di leucite di prima consolidazione. Ciò non abbatte l’idea di sopra espressa della pre- 
cedenza dell’augite sulla leucite, giacchè la separazione dell’augite in due fasi non 
esclude che nella seconda essa abbia potuto trovare già formati i cristalli di leucite di 
prima generazione, e questo è appunto il caso nostro. 

In diversi cristalli di augite poi ho trovato molti piccoli frammenti di feldispato , di 
cui parleremo fra breve. È questo un fatto che, a mio parere, parla in favore della pree- 
sistenza del feldispato nella fase di consolidazione dell’augite. Fatto, del resto, che 
potrebbe ammettersi a priori, avendo riguardo alla maggiore fusibilità dell’augite in 
confronto di quella dei feldispati. 

Plagioclase. — Il plagioclase si trova in cristalli e o lamelle grossolana- 
mente rettangolari, striate nel senso della maggiore dimensione e che a nicols inero- 
ciati palesano nettamente la geminazione polisintetica. Quasi sempre ad angoli smussati 
e a contorni corrosi, dipendenti dal riassorbimento operato dalla massa fondamentale. 
Esso è perfettamente trasparente e vitreo. 

Non è molto abbondante, ma vi si trova abbastanza sparso; talmentechè si può 
dire a ragione che costituisca uno degli elementi essenziali della roccia. 

Ne ho trovato un cristallo che non presenta neppure un indizio di striatura dipen- 
dente da geminazione; ciò non pertanto ammetto si tratti sempre di un plagioclase la 
cui sezione sia stata tagliata parallelamente al piano di geminazione. 

Limonite ed Ematite. — Il ferro ossidato vi si trova allo stato di limonite e di 
ematite. La limonite in masse sferoidali a struttura stalattitica sporgenti nell’interno dei 
vacui o bollosità della roccia. Pressochè opaca, in sezioni sottili si presenta legger- 
mente pellucida e di un color giallo-arancio. In masserelle identiche trovasi talvolta 
inclusa nei cristalli di leucite di prima consolidazione. Il ferro oligisto micaceo subli- 
mato trovasi a rivestire le pareti di bollosità lasciate nella massa dai gas sprigionantisi. 


Magnetite ed Iimenite, — La magnetite, uno dei principali costituenti della massa 


fondamentale, trovasi come inclusione, probabilmente con ilmenite, nei cristalli di 


—.Îf 
leucite e di augite. Tanto la magnetite quanto l’ilmenite si separarono durante la prima 
fase di consolidazione. 

L’olivina e la nefelina, di cui non intendo affatto negare la presenza, non mi è 
stato dato di trovarle nelle preparazioni da me osservate. 

Tutta la lava della presente eruzione è impregnata di acidi; basta umettarla con 
poca acqua perchè questa presenti reazione marcata di acido cloridrico e di acido sol- 
forico. Essa dà pure sentita reazione di percloruro ferrico. 


IV. 
ESAME FISICO E CHIMICO DELLE CENERI 


Parlando della demolizione avvenuta nelle pareti del cono avventizio nei giorni 21, 
22 e 23 Giugno, dissi come io abbia raccolto delle ceneri che, spinte dal vento, si ri- 
versarono specialmente nei quadranti N.0. e N.E. — Per averle tal quali caddero dal- 
l’atmosfera approfittai delle foglie dei castagni su cui se ne. erano accumulate parecchie. 
In tal modo ho potuto evitare che fossero mescolate a sostanze eterogenee qualsiansi ; 
cosa che mi fu anche favorita dalla forte pioggia che era venuta in precedenza, e che 
aveva bene asportato dalle foglie degli alberi la polvere che poteva esservisi anteceden- 
temente depositata. 

La loro grossezza varia, come è naturale, in ragione inversa della distanza a coi 
furono trasportate dal vento. Il loro colore è il grigio-fulvo non uniforme, come fra 
poco si vedrà. La cenere di questa emissione è di reazione decisamente acida e che 
viene impartita all’acqua anche a freddo; e della sua sentita acidità mi era accorto an- 
che dall’azione irritante che aveva sulla mucosa dei miei occhi mentre io stava salendo 
il Somma. 

Macroscopicamente, o tutt'al più mediante debole ingrandimento, essa si presenta 
costituita da frammenti angolosi oscuri o bianchi e da masserelle bollose di aspetto 
scoriaceo. Osservata al microscopio, dopo averla bollita con acqua per asportarne la parte 
solubile, e levigata la polvere impalpabile, si riconoscono subito le parti angolose per 
frammenti di cristalli di augite verde-oscura e di leucite bianca o cinerea, semipelluci- 
da, a lucentezza grassa. Vi si scorgono inoltre molti frammenti di una sostanza vetro- 
sa, più o meno trasparente, in generale di un verde-cupo o verde tendente al rossigno. 
Sarebbero scheggiuole di una vera ossidiana. Magnetite vi si trova in granuli, fra i quali 
alcuni che cederebbero alla cenere la reazione caratteristica del titanio, sarebbero con 
ogni probabilità di ilmenite. — Ferro oligisto a cui può attribuirsi qualche laminetta 0pa- 
ca e rossa per trasparenza nei contorni, con leggiera iridescenza, rarissimo. Qualche 
raro frammento di cristallo tabulare incoloro, o bianco per incipiente alterazione, che 
fa pensare a un qualche feldispato. 

Di qualunque natura siano i frammenti, cristallini o vetrosi, essi sono sempre a 
spigoli piuttosto smussati. Ma la troncatura e Varruotatura dei loro angoli dipendono 
evidentemente da attrito sofferto e non da subita fusione. Di scoriacei, pumicosi, a su- 
perficie stalattitica, derivanti da spruzzi di lava fluida ve ne sono rarissimi. Il più delle 
volte possono confondersi con frantumi a struttura bollosa o filamentosa, che non ne 


ia die 


ripetono però la genesi, giacchè i nostri sono il risultato dello stritolamento, e anche 
della polverizzazione delle scorie e di altri prodotti craterici. 

L’ eterogeneità di questa cenere è dunque in perfetto accordo con quella esistente 
fra i diversi minerali che entrano nella composizione delle lave compatte o scoriacee 
di recenti eruzioni. In essa si trovano infatti tutti i loro elementi minerali. 

Paragonando queste ceneri con quelle che si depositano presso il cratere, si trova 
che, vedute in massa, qnelle raccolte più lontano sono sensibilmente più chiare; e ciò 
evidentemente devesi attribuire alla maggior quantità relativa di leucite, mentre in quella 
caduta più vicino è naturale si debbano trovare in maggior proporzione gli altri costi- 
tuenti più pesanti e più oscuri, Augite, Ematite, Magnetite, il cui peso specifico au- 
menta in dipendenza del contenuto in ferro, come risulta dal loro confronto: 


Tenore in ferro Peso specifico 
IHGUEIte* IRA, VIa, Lote ERe TE REP IRA Ana TODI 2,5 
Li Mg O e A1°0* sostituiti in parte, ri- | 
Augijo spettivamente da Fe O e Fe?0? | ade 
Ematite 70°/ 4,5 — 5,3 
Magnetite 724%/o 49— 5,2. 


La cenere, trasportata dal vento, subisce dunque una vera e propria levigazione 
aerea, per la quale più vicine al cratere si depositano le parti più pesanti, e più lontane 
le altre. Parmi quindi superflua un’analisi quantitativa i cui resultati verrebbero inces- 
sanlemente a variare col variare della distanza a cui il pulviscolo fu raccolto, tanto più 
che i suoi elementi sono troppo chiaramente manifesti per non far rimanere in dubbio 
sulla sua natura mineralogica. L’ho però sottoposta a diverse prove analitiche, delle quali 
espongo brevemente i risultati. 

Essa è fortemente acida, come si è detto, e gli acidi che vi si trovano liberi sono il 
cloridrico e il solforico '). Questa cenere, oltrechè di acidi liberi, è impregnata di sali 
solubili. Fattane a caldo una soluzione acquosa, ho trovato che contiene 1.75 9/, di so- 
stanze solubili, costituite principalmente da cloruri e solfati alcalini e di ferro. 

Il quadro seguente raccoglie le ricerche chimiche istituite sulle ceneri eruttate nei 
giorni 21, 22 e 23 Giugno ?). 


1) Della loro presenza non ho potuto accertarmi mediante i sali solubili di argento e di bario, 
giacchè i suddetti acidi vi sì trovano pure combinati con basi alcaline. Ho dovuto perciò servirmiì del 
metodo seguente : 

In un matraccio, con tappo munito di tubo a doppia squadra, posi acqua e parecchia cenere, e scal- 
dai. All’ ebullizione l' acido cloridrico, insieme a vapor d’acqua, passò in un recipiente dove pescava 
il tubo ricurvo. La sua presenza fu constatata con nitrato argentico. L’ acqua nel matraccio, dopo pro- 
lungata ebullizione, era sempre di reazione acida dipendente dall’ acido solforico, giacchè altri acidi 
liberi non potevano rimanere nel liquido portato al di sopra di 100°. La reazione acida, benchè sensi- 
bilmente più forte di quella presentata dall’acido cloridrico, era tuttavia assai debole. 

2) Ai miei amici Dottori Gabella, Giustiniani e Soldaini, che durante le mie ricerche mi usarono 
cortesie e premure, mando un grazie di cuore. 


Parte solubile 


in H?O o in HCI diluito Parte mbolubilo 
——_——r——e—r = ==—=————eeeea@Jgib]le.  =—=—=—-—---rPEEE E<EZÉETETÈ .. 
H°SO* libero 
HCl libero 
H°SO* combinato con alcali 
(e con Mg?) 
HCl combinato con alcali e Fe 
(Mg e Ca?) 
‘Co? combinato con alcali e for- 
se con piccola dose di Ca. 
SO? libero (?) 
HFIl combinato con Ca o, più difficilmente , con NH?. 
Si 0° nella leucite, nell’augite, nel plagioclase. 
Tio? come acido titanico, a costituire l’ilmenite. 
A1?03 nella leucite, nell’augite, e nel plagioclase. 
Fe” Allo stato di cloruri e nell’augite e nell’ ilmenite. 
Fe” (solfati ?) come sesquiossido (ematite) e come ferrato ferrico (ma- 
gnetite). 
Cu tr. come cloruro o solfato (?) 
Mg nell’augite. 
tracce 
Ca nel plagioclase; forse come fluoruro; dubbio come car- 
| bonato. 
K come cloruri e solfati nella leucite. 
Na (come carbonati, se esisten-| nel plagioclase. 
ti, scarsi) 
NH? nei sali doppi (?) 
H?0 in parte, di cristallizzazio- 
ne; in parte, ritenuta 
meccanicamente 


Parte solubile in 


0 
acqua 1,75 “fo 


dal magnete, 
dopo estrattane 
la parte solubile 


. | È 
Parte attirabile 
\. if alomiotiai-otloS44 % 


Sulle ceneri che ebbi occasione di raccogliere alla sommità delcono vesuviano, e 
che erano state emesse il 23 Luglio e la notte dal 23 al 24, non trovai differenze sensi- 
bili nella costituzione. Acide al pari delle altre descritte, assai più oscure però, scarse 
di frammenti di leucite ed assai più minute. Ma sulle dimensioni, naturalmente, non 
si può stabilire alcuna regola, giacchè ogni globo di fumo che esce dal cratere porta 
seco ceneri di dimensioni diverse. 


| 
9 
(oo) 
| 


V. 
PRODOTTI DI SUBLIMAZIONE DELLE FUMAROLE — LORO COMPOSIZIONE QUALITATIVA 


Quanto ai prodotti di sublimazione delle fumarole, credo di massimo interesse l’ i- 
stituirne analisi quantitative razionalmente condotte, le quali possano servire di guida 
alla risoluzione dei tanti problemi enunciati sulle sorgenti di composti volatili a più 0 
meno elevate temperature. Ma fra i prodotti di sublimazione è tanto difficile poter avere 
delle specie mineralogiche ben distinte, e quando si tratta poi di asportarli intatti, au- 
mentano di tanto le difflcoltà, che sorge spontanea l’idea di costruire un laboratorio 
d’occasione intorno alle fumarole stesse. 

Molte poi delle sostanze che vi si trovano non dipendono direttamente da subli- 
mazione, ma, essendo iutte fra di loro a contatto, reso anche più intimo dall’ imman- 
cabile concomitanza del vapore acqueo ad elevata temperatura, le mutue doppie de- 
composizioni sono doviziosamente favorite, e vi si originano così altrettanti prodotti de- 
rivati che, mescolandosi coi primi, costituiscono le difficoltà che a me si sono presen- 
tate. Ciò non pertanto riferisco sui risultati qualitativi da me ottenuti. 

Fra le sostanze aeriformi, che insieme al vapor d’acqua uscivano dalle bocche dei 
suddescritti conetti, non potei notare che l’anidride solforosa in certi momenti soffo- 
cante e l’acido cloridrico facilmente discernibile. Dell’ anidride carbonica e del gas acido 
solfidrico nulla posso dire, difettando assolutamente di ogni apparecchio adatto alla 
loro constatazione ‘). 

A proposito dei prodotti aeriformi piacemi far notare come, al pari che nella bocca 
grande del cratere della Solfatara e in altre fumarole della Regione Flegrea, si avverte 
in queste dell’ Atrio del Cavallo lo stesso fenomeno dell’ aumento dei fumi 0, per lo me- 
no, del loro apparente aumento causato con ogni probabilità dal passaggio allo stato 
liquido o solido delle sostanze aeriformi, qualora si trovino a contatto di una combu- 
stione qualsiasi o di corpi incandescenti. 

Diverse esperienze furono eseguite dal Piria ”) onde rintracciare la causa di que- 
sto fatto e dallo Scacchi fu emessa un’opinione in proposito *). Io, senza il minimo 
intendimento di partecipare alla discussione di questo problema, mi limito per ora ad 
esporre un particolare sulla manifestazione del detto fenomeno ; manifestazione che si 
collegherebbe più che altro colle esperienze eseguite dal Prof. Giglioli*). 


i) La mancanza di carbonati nulla ci dice, giacchè essi sono incompatibili in presenza di acido 
cloridrico. Se l’acido solfidrico, qualora possa entrare in reazione con il gas solforoso (quale sarebbe 
il caso nostro), ci è svelato dallo solfo, l’ assenza di questo non è sufficiente ad escluderlo. 

?) R. Piria, Ricerche sui Fumaiuoli (Lettera di M. Melloni ad Arago) — Antologia di Scienze 
Naturali—R. Piria ed A. Scacchi, Napoli, 1841, pag. 90-95. 

3) A. Scacchi, Memorie geologiche sulla Campania. Napoli, Rendiconti della R. Accademia 
delle Scienze, 1849. 

4) Giglioli Italo, On the condensation of vapour from the Fumaroles of the Solfatara of 
Pozzuoli — Nature, a weekly illustrated journal of science — London and New-York — Vol. XXVIII, 
page 83. 

Il Prof. Giglioli trae dalle sue osservazioni e da’ suoi esperimenti le conclusioni che seguono: 


= $$ — 

Essendomi recato qualche tempo fa a visitare il cratere della Solfatara , il Prof. 
Bassani che era meco mi fece osservare che, non solo avvicinando alla fumarola una 
sostanza in combustione, o incandescente, ma anche semplicemente percuotendo le rocce 
limitrofe all’apertura, si aveva l’impressione di un maggiore sviluppo di prodotti vola- 
tili. Ora, lo stesso fatto io ho potuto constatare nelle fumarole dell’ Atrio; dove ho inoltre 
avvertito che l’ aumento, reale o apparente che sia, fu assai minore quando le emana- 
zioni difettarono maggiormente di vapor d’acqua, cioè il giorno 16 Agosto. 

Venendo ora a parlare dei prodotti solidi che tappezzano la plaga occupata dalle 
fumarole D ed E, dirò primieramente come quasi tutti siano deliquescenti al massimo 
grado, e come il vapor d’acqua sia in tanta abbondanza, che tutti quei sali vi si sciol- 
gono e vanno poi a costituire delle vere formazioni stalattitiche , che incrostano le sco- 
rie nelle loro cavità e pendono dalle loro pareti. 

Una deposizione stalattitica, che riempiva quasi per intero una cavità di circa un 
decimetro cubo, era costituita da cloruro e solfato di ferro e da sali corrispondenti al- 
calini. Ciò che rende però interessante questa inerostazione si è il passaggio ad emalile 
dei sali ferrici. Queste croste di un colore fondamentale giallastro, talvolta bruno, sono 
intersecate da venule luccicanti di un color rosso acceso. In acqua a caldo queste in- 
crostazioni sono solubili, fuorchè le dette venule che, liberate dal resto, si riconoscono 
costituite da esilissime laminette di ematite rossa. Questa ematite incastonata e, direi 
quasi, immedesimata con sali ferrici solubili, sembrami un esempio assai parlante a fa- 
vore della sua genesi per l’azione ossidante del vapor d’acqua ad elevate temperature. 

Cavità rivestite di cristalli tabulari di ferro oligisto spesso si trovano nella parte in- 
terna delle fumarole più attive. 

Un prodotto bianco, fioccoso, deliquescente, contiene: 


H? S0* 
H Cl 
Fe” 


Gli acidi cloridrico e solforico vi si trovano pure liberi. Contiene acqua di cristal- 
lizzazione. 


Alcune sostanze gialle, gialle-arancio e rosse formano più che altro incrostazioni 
costituite da sali ferrici e ferrosi dell’acido cloridrico, constatati rispettivamente col fer- 


« 1. — L'anidride carbonica aiuta la condensazione del vapor d'acqua. 

2. — I leggieri pulviscoli sospesi nell’aria sono la causa determinante la condensazione del 
vapore acqueo (causa principale, secondo Coulier ed Aitken). 

3. — L’azione delle fiamme, o di corpi incandescenti, aumentando così considerevolmente il 
volume del vapore visibile svolgentesi dalle fumarole della Solfatara, deve essere attribuita in pari 
grado all’anidride carbonica e alle minute particelle carboniose generate durante la combustione. 

La prima di queste conclusioni richiede la conferma di accurate ricerche in laboratorio ». 


rociamuro e con la decolorazione del permanganato. Vi rinvenni però altre basi, cioè in 
complesso: 


Na tracce. 


Acqua di cristallizzazione copiosa. 
Un prodotto azzurro, sotto forma stalattitica, che esposto all’ aria perde il suo bel 
colore intenso e sfiorisce in una sostanza polverulenta, la quale peraltro contiene sem- 


pre inclusa alquanta acqua, risulta di 


HCl 

H? SO* 

Cu 

Fe 

NH? (tracce). 


La polvere di sfiorimento, bagnata con poca acqua, ritorna debolmente azzurra. 
Alcune efflorescenze verde-smeraldo, che a prima vista ritenni per un composto 
definito, mi si mostrano costituite di 


Cu SO* 
Cu CI? 
Cu CO? (scarso). 


Contiene tracce di Ca e Na ed acqua di cristallizzazione. 
Una sostanza, di un vivo rosso-arancio, inerostante, è costituita da 


HCl 
Fe 
NH?. 


Un prodotto raccolto il giorno 8 Giugno presso la bocca E, sotto forma di efflore- 
scenza di un vivo colore ocraceo, e che si scolorì assai in seguito, contiene: 


HOI 
H° SO* 
Fe 

Cu, 


e talvolta vi sovrabbonda il ferro, tal’altra il rame vi è in eccesso. 


— 95 
Un’incrostazione incolora risulta costituita di 


H? SO‘ 

Ca 

NH* 

Fe 

Al } (tracce). 
Cu 


i Alcuni prodotti (di decomposizione delle scorie) raccolti attorno all’orlo craterico 
di un color giallo-citrino, si mostrarono costituiti da 


H* S0* 
HCl 


NH? 
Si O? amorfa (in esili croste) 
Leucite 
è non ancora totalmente decomposte. 
Augite 
«In tutti questi prodotti gli acidi cloridrico e solforico si trovano anche liberi. L’a- 
cido borico non ve lo rinvenni mai. L’ammoniaca, sempre scarsa; forse perchè la de- 
posizione dei suoi sali non è compatibile con le temperature elevate a cui queste so- 
stanze sì depongono. 


Via 


RIEPILOGO 


Riepilogando, dal complesso delle osservazioni che siamo venuti rapidamente e- 
sponendo, parmi si possano stabilire i seguenti fatti: 
1. Algrandioso incendio dell’aprile 1872, come è noto, segui nel Vesuvio uno stato 
di riposo che durò fino al 1875. Il 18 dicembre di quell’anno vi si stabilì il periodo 
eruttivo stromboliano, che ha poi continuato ad intervalli di varia durata con fasi poco 
vistose e con emissioni di lava che dapprima riempì l’enorme cratere rimasto dopo la 
memorabile eruzione del 1872 e, riempito questo, rigurgitò dalla sommità riversandosi 
dalla parte dell’Osservatorio, dove l’orlo di quel cratere era maggiormente depresso , e 
fluendo in seguito verso Pompei ed in altre direzioni, tolta quella occidentale. In tal gui- 
sa, ammassandosi la lava per la durata di diversi anni, si formarono ad Est e a Sud del 
gran cono quelle gibbosità che ne deformarono il profilo. Sulla superticie di riempi- 
mento del cratere del 1872 intanto si sono più volte formati, per ammassamento di sco- 
rie, dei coni avventizii che via via scomparvero per sprofondamento. L’attuale parossi- 


ATTI — Vol. V.— Serie 24- N02. i 4 


ui 


smo, pel quale sono crollati due orli craterici quasi concentrici appartenenti a questi 
ultimi anni, si può considerare come fase eruttiva del periodo stromboliano cominciato 
nel dicembre 1875. 

2.I terremoti, manifestatisi nell’alta e media Italia, che precedono di 16 ore 
questa fase eruttiva, sono, rispetto all’ eruzione, assai violenti. Forse non vi influiscono 
se non col determinare il franamento del dotto vulcanico. 

8. Il crollo dell’interno del cono facilitato simultaneamente da azioni meccani- 
che ( per l’urto continuato delle scorie al di sopra del livello della massa fluida) e da 
azioni chimiche (assai più potenti, per l’ alterazione del materiale costituente le pareti, 
specie al disotto del detto livello, dove la temperatura è maggiormente elevata) ostrui- 
sce il canale e quaisiasi sfogo viene a mancare alla lava incandescente ed ai gas impri- 
gionati e latenti. 

4. Dopo circa 13 ore la tensione diviene massima, e la risultante delle interne 
pressioni si trova nel piano di quelle generatrici lungo le quali il cono oppone minima 
resistenza. 

5. Il maggiore sprofondamento del cono avventizio ha preceduto 1’ emissione 
della lava per vie laterali, e ne è stato la causa determinante. Non si può però in alcun 
modo escludere che dallo stesso trabocco lavico dipenda direttamente (essendo venuto 
a mancare il sostegno) l’ulteriore e continuato crollo che si è verificato fino al giorno 
d’ oggi. 

6. Il cono vesuviano si fende, secondo un piano passante per l’asse eruttivo , 
dal vertice fino alla base; e il. suo crepaccio Nord mette in comunicazione il focolare 
vulcanico con l’esterno per mezzo di cinque aperture. 

7. Benchè l’urto sia stato ammissibilmente istantaneo, è degno di nota l’ inter- 
vallo di circa 8 ore (dalle 5 ®/, pom. del 7 alle 2,20 ant. dell’ 8 Giugno) corso fra la 
prima manifestazione in A e lo stabilirsi dei trabocchi lavici in D ed E. 

8. L’eruzione si manifesta all'improvviso, senza produrre tremiti nè boati sot- 
terranei di speciale considerazione. L’ esagerata calma che l’ha preceduta trova la sua 
spiegazione nel fatto, che lo spacco si è praticato lungo gli stessi lati secondo cui sì de- 
terminarono i crepacci del 1868 a Nord e del 1885 a Sud; tantochè si potrebbe consi- 
derare come la riapertura dei crepacci medesimi. Non forti esplosioni, non parossismi 
violenti dovevano accompagnare lo squarcio del cono, dal momento che una limitata 
tensione interna era bastevole a vincere la resistenza opposta da pareti così poco soli- 
damente conformate. 

9. Il resultato ultimo dell’interna pressione si può definire la produzione di un 
sistema di fenditure. Queste seguono i lati del cono, ma non presentano nei loro orli la 
minima differenza di spostamento in senso verticale. Ciò escluderebbe la loro dipen- 
denza da movimenti del sottosuolo. 

10. La bocca B si apre circa mezz’ora dopo dì quella superiore A, ed è la prima 
al emettere materiali lavici. Contemporaneamente, o poco dopo, si stabilisce l’aper- 
tura C con la relativa sua colata. Decisamente l'emissione da B e € si arresta appena 
che la lava trova un’ uscita più bassa nelle bocche D ed E, dalle quali il riversamento è 
di gran lunga più considerevole. In questo fatto trova nuova conferma la legge secondo 
la quale tanto maggiori energie si spiegano quanto inferiore ne è il livello d’origine, e 
tanto maggiore quantità di lava esce quanto più bassa è l'apertura. 


= fp 

11. Il cratere terminale non emette lava in corrente. La sua attività stromboliana 
non viene mai meno durante questa eruzione, la quale quindi non si può in alcun mo- 
do considerare come uno sfogo per vie secondarie; tanto più che l’attività del primo 
momento non ha avuto carattere decisamente parossismico, nè conseguentemente ha 
avuto a subire repentino indebolimento nel seguito. 

12. La demolizione del cono eruttivo precede di circa 13 ore lo squarcio del 
gran cono, e lo segue per due mesi; durante i quali, quasi senza interruzione, vengono 
lanciate ceneri che si riversano su un raggio di circa 6 Km. e che raramente raggiun- 
gono le dimensioni di piccoli lapilli. 

13. La natura di queste ceneri mi fa ritenerle provenienti dal franamento della 
parete craterica e dal conseguente sminuzzolamento dei suoi materiali scoriacei fra- 
gilissimi e in gran parte alterati dalla energica azione di acidi allo stato nascente. 

14. L'emissione diretta della lava dura otto giorni. In questa breve fase l’ alti- 
vità, per quanto si mantenga pressochè stazionaria, a rigore raggiunge due massimi: 
nei due primi giorni, 7 ed 8, e dall’ 11 al 13 Giugno. 

15. Le bocche di eruzione stabilitesi nell’ Atrio del Cavallo dopo otto giorni si 
riducono a vistose fumarole, intorno alle quali si depositano molti prodotti di sublima- 
zione e di decomposizione. Fra i prodotti aeriformi il vapor d’acqua è il primo a scom- 
parire. Il gas cloridrico scompare di poi e l’anidride solforosa persiste maggiormente. 

16. Le lave appartenenti a diverse colate non offrono differenze meritevoli di spe- 
ciale menzione. La presenza, e non scarsa, di feldispato sodio-calcico mi fa ascrivere 
questa roccia alle leucotefriti; ma potrebbe, del resto, far passaggio o essere ravvici- 
nata al tipo delle leucobasaniti qualora vi si rinvenisse olivina come elemento, almeno, 
subordinato. 

17. La consolidazione dei minerali nella lava di questa eruzione segue approssi- 
mativamente la legge enunciata dal Rosenbusch, come si vede nel seguente ordine 
di deposizione: 


Secondo Secondo 
le mie osservazioni la legge di Rosenbusch 4) 
Magnetite 1. Magnetite 
"| Ilmenite 2. Ematite 
2. Ematite 3. Ilmenite 
3. Plagioclase 4. Pirosseno 
4. Augite 5. Feldispato 
5. Leucite 6. Leucite. 


18. La rilevante quantità di plagioclase e la grande abbondanza di leucite nella 
lava, la presenza di acidi solforico e cloridrico liberi in tutti prodotti di sublimazione, 
l’abbondanza degli stessi acidi e di anidride solforosa liberi nelle ceneri, e l'enorme 
sviluppo di acido cloridrico e di gas solforoso accompagnati da vapore acqueo ab- 
bondantissimo nelle fumarole impartiscono alla presente eruzione carattere decisamente 
acido. 


1) Rosenbusch H., Ueber das Wesen der kòrnigen und porphyrischen Structur bei Mas- 
sengesteinen. — Neues Jahrbuch fir Mineralogie, Geologie und Palaentologie, 1882. 


0 


19. Quantunque la fase eruttiva di cui mi sono occupato sembrasse giunta al suo 
termine fin dal 16 Giugno (giacchè in quel giorno, come si è veduto, cessò 1’ emissione 
diretta della lava dalle bocche apertesi il dì 7), pure fino ad oggi non si può dire 
completamente spenta. Giacchè l’attività presentatasi dapprincipio con una certa vio- 
lenza, si è ridotta, è vero, dopo otto giorni, al semplice efflusso della lava per canali 
coperti, al graduale sprofondamento del cono terminale, ed all’emissione raramente 
interrotta di ceneri; ma tale attività si è anche mantenuta di poi pressochè stazionaria. 

20. La corrente lavica nei primi 46 giorni ha avuto un percorso ad Ovest di metri 
2375, dopo di che da questo lato si arrestò. Si deve dunque attribuirle la velocità media 
di metri 51,63 al giorno e di metri 2,15 all’ora.—L’area finora investita dalla lava, cal- 
colata con approssimazione, è di metri quadrati 785000. — Si disse come lo spessore 
ne sia sommamente variabile; d’onde l’impossibilità di determinarne anche approssi- 
mativamente il volume. 

21. Le lave, avendo occupato tutto l Atrio, e da questo essendosi riversate nel 
Fosso della Vetrana, non hanno arrecato per ora nessun altro danno fuorchè quello d’ a- 
ver invaso buon tratto del facile sentiero che, costeggiando il piede del Monte Somma, 
percorreva tutto l’Atrio del Cavallo. 

22. Nell’efflusso della lava si constata una diminuzione lenta ma progressiva. Dai 
suoi sbocchi all’esterno, che si fanno sempre più prossimi all’ estremità inferiore dello 
squarcio avvenuto nel gran cono, parmi si possa argomentare non essere remota la 
fine di questa fase eruttiva. 


Dal Gabinetto di Geologia della BR Università. 
Napoli, Novembre 1891. 


SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE 
TAV. I: 


Quadrante N. O. del Monte Vesuvio riprodotto dalla carta topografica al 1: 10000, 
compilata dagli Allievi del R.° Istituto Geografico Militare Italiano negli anni 1875-76. 

I diversi segni convenzionali che, come si vede nella leggenda, indicano il progres - 
so delle correnti laviche osservato ad intervalli fra 1/8 Giugno ed il 15 Novembre, rap- 
presentano, nel loro complesso, la colata appartenente a questa eruzione. 

Le lettere A, B, C, D, E fissano i punti ove si stabilirono le aperture per le quali 
si ebbero: la prima manifestazione (A) ed i trabocchi lavici (B, C, D, E). 

La linea a zig-zag, che dall’apertura A arriva alla C passando per la bocca B, e 
quella che, nel lato opposto del cono, discende per un piccolo tratto a Sud, indicano 
con alquanta approssimazione i crepacci determinatisi il 7 Giugno 1891. 


Tav; IL 


Fot.® 1.*—Atrio del Cavallo.—Due coni-fumarole formatisi in corrispondenza delle 
bocche di fuoco D; il maggiore dei quali è alto 3 metri ed ha metri 3,50 di diametro 
alla base. A sinistra si vedono altri 8 conetti simili e, in fondo, il piede del Gran Cono. 

Fot." 2.°—Atrio del Cavallo. —Un cono generatosi, come i precedenti, nelle bocche 
D, ma assai più sviluppato nel senso della larghezza, e che non persistè allo stato di 
fumarola perchè la lava, rappresasi alla sua uscita, ne otturò la bocca. Esso misura 3 
metri di altezza ed 8 metri di diametro alla base. In questa fotografia si vede con mag- 
gior dettaglio la struttura a corda della lava. A sinistra, in fondo, il piede del cono ve- 
suviano. 

Fot." 3..—Sommità del Gran Cono.— Veduta presa da Ovest, presso il rudero di pa- 
rete craterica del 1872. — Stato in cui si trovava il Cono terminale il 16 Agosto. — La 
curva soprastante traccia il profilo che aveva il cono terminale il 27 Maggio, ossia pri- 
ma che scoppiasse l’eruzione. 

Fot. 4.*— Cratere vesuviano ai primi di Novembre, ossia 5 mesi dopo scoppiata 
l’eruzione, veduto da S. S. O., alla distanza di 6 metri dall’orlo.— W, parete occidentale 
del cratere; E, parete orientale; S, orlo S.S. E., da dove parte, per prolungarsi in 
basso, il sistema di fenditure Sud stabilitesi il 7 Giugno. 


finita di stampare il di 30 Dicembre 1891. 


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Vol. V, Serie 2? N° 3; 


ATTI DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


CONSIDERAZIONI SULLA GENESI DEL PIPERNO 
MEMORIA 


per l’Ingegnere LUIGI DELL’ERBA 


Presentata nel dì $ Dicembre 1891 


Parecchi geologi si sono adoperati a rintracciare la origine di questa nostra spe- 
ciale roccia, qual’ è il piperno; diversi elementi sono stati da essi presi in considera- 
zione, come la tettonica della roccia, la sua correlazione con altre dei Campi Flegrei e 
della Campania in genere, le sue proprietà fisiche, la composizione minerale e chimi- 
ca, i caratteri microscopici, ecc.; e, vagliando insieme questi elementi, hanno emessi 
dei pareri assolutamente disparati fra loro. Non mi presumo io certamente di risolvere 
la quistione ; tenterò soltanto di fare delle considerazioni sulle principali vedute sin’ora 
manifestate, nella speranza di poter dimostrare che la eruzione del piperno ebbe un ca- 
raltere tutto speciale, e di convalidare con nuovi argomenti la più gran parte della opi- 
nione del mio venerato Maestro Arcangelo Scacchi ‘), che il piperno cioè è roc- 
cia metamorfica, originariamente di natura tufacea; esporrò in fine una nuova veduta 
sulle azioni metamorfosanti, che possibilmente determinarono le singolari proprietà di 
tale roccia. ì 

La prima idea sulla origine del piperno, manifestata da L. v. Buch °), fu di rite- 
nerlo senza dubbio alcuno una vera lava; tale idea fu ed è tuttora accetta ad altri geo- 


1) Rend. della R. Accad. delle Scienze Fis. e Mat.—A. Scacchi, Mem. Geolog. sulla Campa- 
nia, Vol. IV, fase. 5°, 1849, pag. 122. 

2) L. von Buch, Gesammelte Schriften, herausgegeben von J. Ewald, J. Roth und H. 
Eck, Vol. I, pag. 459, Berlin 1867. 


ATTI— Vol. V.— Serie 2.— N.° 3. 1 


PESO ee 


logi, come Breislak ‘), Abich ?), Guiscardi *), Zirkel ‘), Kalkowsky *), Fou- 
qué, Levy, Freda ©), ecc., e per un certo tempo la ritenne ancora A. Scacchi, ri- 
credendosi dopo con valide ragioni. La idea che il piperno fosse venuto fuori come 
magma lavico era avvalorata principalmente dal presentarsi come le altre masse tra- 
chitiche, rapprese dopo aver fluite, di tessitura cristallina, ricco d'individualizzazioni 
sanidiniche e tenace; venne poscia a confermarla la quasi uniformità di composizione 
chimica in tutta la massa, anche in giacimenti lontani, come attestano le analisi di A - 
bich 7) sul piperno di Pianura, e quella di G. Freda *) sul piperno del Vomero. 

Questa massa pertanto in nessun punto si è mai rinvenuta uniforme, o pressochè 
tale, nei suoi caratteri fisici, come si addimostra qualsiasi colata lavica, che formava 
in origine un unico magma fuso, ma lo stesso Breislack *) esprimesi col dire che a 
primo sguardo si prende per una breccia, composta da due materie differenti. In fatti 
è risaputo che il piperno ha una massa fondamentale cinereo-chiara, porosa, meno 
dura e tenace, in cui sono disseminati, spesso con un certo parallelismo, delle parti 
oscure, di varia grandezza, più compatte, più tenaci e più dure, cui il v. Buch diede 
il nome di fiamme, dal presesentarsi il più delle volte allungate ed assottigliate negli e- 
stremi, e che sembrano essere cementate dalla massa più chiara. Tale anomalia per 
una vera lava è stata variamente spiegata, ed esaminerò le vedute più salienti sul pro- 
posito. 

Il Breislak ‘) opina che, nel colare la lava con la sua fluidità ordinaria, si è ma- 
nifestato nella maggior parte della sua massa lo sviluppo generale di un gas, il quale, 
interponendosi fra le sue più piccole particelle ne ha impedita la perfetta approssima- 
zione; epperò ove sviluppavasi questo gas le parti sono rimaste poco coerenti nel raf- 
freddarsi, ove lo sviluppo è stato minore il ravvicinamento di esse parti è stato più 
grande, ed ove, in fine, questo sviluppo non ha avuto luogo, il contatto ha potuto essere 
perfetto. Da queste testuali parole del Breislak emerge chiaro, che la massa lavica do- 
veva essere uniformemente fusa al suo scaturire, e che le parti più compatte si sareb- 
bero formate mentre detla massa correva; ora non ci sarebbe ragione per ammettere 
che il gas, il quale dovrebbesi ritenere in grandissima copia per la enorme porosità 
della roccia, non si fosse egualmente sviluppato nell’intera massa; non ci sarebbe i- 
noltre ragione per ammettere, che in una massa del tutto identica il gas si fosse svi- 


1) S. Breislak, Tra:ité sur la structure extérieure du Globe, T. III, pag. 154-157, Pa- 
ris 1822. 

2) H. Abich, UVeder die Natur und den Zusammenhang der vulkanischen Bildungen, p. 39, 
Braunschweig 1841. 

3) G. Guiscardi, Rend. della R. Accad. delle Scienze Fis. e Mat. 

4) F. Zirkel, Lehrbuch der Petrographie, pag. 231, Bonn 1866. 

5) Ern. Kalkowsky, Ueder den Piperno, Zeitschr. d. Deutschen geologischen Gesellschaft, 
1878, XXX, pag. 663 a 667. 

©) G. Freda, Sulla composizione del Piperno trovato sulla Collina del Vomero e sull’o- 
rigine probabile di questa roccia ( Rend. della R. Accad. delle Scienze Fis. e Mat., fasc. 6°, Giu- 
gno 1888). 

7) v. Rath, Geogr. miner. Fragm. aus Italien, Z. d. deut. geol. Gesel., 1886. 

5) Op. cit. 

°) Op. cit., pag. 154, 

10) Op. cit., pag. 156. 


DES: ere 

luppato con una norma assolutamente speciale, e che mutava a brevissime distanze, 
come lascerebbe supporre la regolare disposizione delle parti più compatte, cioè delle 
fiamme. Bisognerebbe ammettere quindi che queste fiamme già esistevano nella massa 
fluida corrente, ed allora il gas non avrebbe contribuito alla loro formazione. Si po- 
trebbe d’altronde obbiettare che, mentre esse si formavano, il gas vi affluiva in minore 
quantità, incontrandovi resistenza maggiore al suo espandersi, e perciò deviava nei la- 
terali di ciascuna fiamma, ma la omogeneità della massa si opporrebbe a tale supposi- 
zione, come meglio vedremo fra poco. 

Se osserviamo tutte le lave rapprese, e, senza andar lontano, le medesime trachiti 
dei Campi Flegrei, rocce abbastanza porose, noteremo che lo sviluppo maggiore di 
gas è stato sempre alla superficie, ove si sono rese scoriacee, senza perdere in tenaci- 
tà, nè costituirvisi parti di differenti compattezze; scendendo poi nel corpo di esse lave, 
si rinvengono man mano sempre più compatte per l’azione del carico della massa stes- 
sa, tranne qualche rarissimo sito localizzato, per favorevole accentramento di sostanze 
vaporose. Nel piperno, roccia trachitica anch’essa, e di non lieve potenza, avrebbe do- 
vulo riscontrarsi lo stesso; ma invece troviamo che sussistono le fiamme con le mede- 
sime proprietà in tutta l’altezza della massa; che la parte più chiara e meno tenace ha 
acquistata dalla pressione sovrastante una certa maggiore tenacità nelle zone inferiori, 
ma si mantiene sempre ed uniformemente porosa; ed in fine che nella parte superiore. 
non presenta scorie, come afferma il Kalkowsky ‘), sibbene osservasi eminente- 
mente cristallina, fragile, e quindi passa quasi insensibilmente al tufo superiore. Que- 
sto passaggio il Prof. Guiscardi °) spiega, ammettendo che alla emissione della lava 
fosse seguita quella del fino detrito della roccia, il quale facilmente poteva fondersi al 
detrito posteriore del tufo sovrastante; in tal caso però si avrebbe dovuto notare al- 
meno una linea di demarcazione con la materia lavica e coerente del piperno, la quale 
non sussiste. 

Il Kalkowsky ’), nella sua dotta memoria sul piperno, distingue tre fasi nella for- 
mazione di esso, egualmente che si riscontra in moltissime rocce eruttive; nella prima 
fase, precedente alla emissione della lava, ritiene che il piperno dovea trovarsi in uno 
stato fluidissimo ed omogeneo, e, cominciando la individualizzazione degli elementi, si 
segregò dapprima una parte della magnetite; questa, agglomerandosi in ispeciali punti, 
avrebbe data origine alle fiamme. Dallo esame microscopico non mi risulta affatto che 
queste fiamme costituiscano delle parti più ricche in magnelite rispetto al rimanente 
della massa, e.lo stesso Kalkowsky ‘), mentre dapprima dice che le fiamme conten- 
gono maggiore quantità di magnetite, afferma dopo che nelle fiamme stesse e nella 
massa fondamentale sono in uguali rapporti i componenti minerali, differenziando tra 
loro solo per la microstruttura. Lo affermano poi in modo evidente le analisi chimiche, 
le quali mostrano essere pressochè identica la composizione delle parti chiare e di 
quelle oscure della roccia. Dall’analisi del Freda °) risulta nella parte oscura una ecce- 
denza su quella chiara di solo 0,26 °/o di Fe, O,; tale lievissima differenza non autorizza 


1) Op. cit., pag. 664. 
2) Op. cit. 
3) Op. cit., pag. 676. 
4) Op. cit., pag. 673. 
3) Op. cit. 


Mery pr 

a ritenere le fiamme molto più ricche in ferro, e potrebbe procedere tanto dalla varia 
riunione di tutti i minerali componenti la roccia, quanto da un caso accidentale. Il di- 
verso colore tra le fiamme, oscure, e la massa fondamentale, chiara, a parer mio si 
spiegherebbe dal perchè le prime soltanto costituivano brandelli di lava, che solidifica- 
rono in masse compatte, mentre la seconda dovelte trovarsi allo stato di cenere, ed 0- 
gnuno sa che una medesima sostanza polverizzata si chiarisce molto nel proprio colore. 
Ma, pure ammettendo che il cennato carattere della differente ricchezza in magnetite 
tra le parti oscure e le chiare siami sfuggito in parecchi preparati fatti, lo che non è 
probabile, avendo dovuto essere marcatissimo, ripeto anch’ io la domanda che si rivolge 
il Kalkowsky '), cioè: Quale forza o quale stato della lava determinò la differenza di 
ricchezza o povertà in ferro della massa? Se si fosse avuto un magma omogeneo, tale 
dovea appalesarsi ancora nei caratteri fisici dietro la sua totale consolidazione, o con 
lievissime differenze, egualmente che si riscontra in tutte le lave. La omogeneità nel 
piperno poi possiamo dirla essere per la sola composizione chimica, carattere per altro 
non esclusivo di ogni singola colata lavica; ma i caratteri fisici, tanto lontani tra le 
fiamme e la massa fondamentale, attestano che la loro formazione ha dovuto essere ben 
differente. Inoltre la congettura del Kalkowsky viene maggiormente complicata dalla 
troppa regolarità che sì riscontra nelle fiamme per tutta l’ altezza e l'ampiezza cono- 
sciuta del piperno; si avrebbero dovuto formare nella massa lavica varie ed innumere- 
voli caselle parallele, a brevi distanze verticali tra loro, entro cui andarsi ad annidare 
in maggior copia la magnetite, e questo non è concepibile in una massa fusa mine- 
rale. Ed un’altra considerazione, che reputo di un certo interesse, è la seguente: l’ ag- 
glomerarsi della magnetite in punti determinati non avrebbe rappresentato che tante 
oasi, costituita ciascuna da piccoli individui separati tra loro, e sparse in un bagno la- 
vico; ma non poteva, diciamo così, coagulare le masse circostanti, verso cui nessuna 
azione essa magnetite avrebbe avuta, e far rimanere poi il resto della gran massa fon- 
damentale nello stesso stato primitivo di fusione perfetta. In tal caso, sarebbe avvenu- 
to, cosa impossibile, ma che pur lasciano credere tutti coloro i quali ritengono il pi- 
perno una lava, che un magma di uniforme composizione si sarebbe scisso in parti 
pastose ed in parti del tutto fluide, entro cui le prime nuotavano, per tutta la sua al- 
tezza ed estensione. Ma dallo stato perfettamente fluido si passa al pastoso, e quindi al 
solido per abbassamento di temperatura, il quale procede dallo esterno all’interno, e 
non si verifica mai in punti singoli del corpo dell’intera massa fusa. È pur troppo vero 
che le lave presentano quasi sempre due periodi di consolidamento, ma nel primo si 
ha individualizzazione di grossi elementi cristallini, inerenti alla composizione chimica 
generale del magma, che si completa dopo, sempre in individui cristallini e più pic- 
coli, o semicristallini o in vetro, al raffreddamento totale, e non già, come si vorrebbe 
far credere per le fiamme, una prima concentrazione composta insiememente di cristalli 
e di magma stesso. Sarebbe questa una concentrazione di un genere assolutamente 
nuovo, ignoto, e si sarebbe avuta poscia una fluttuazione macroscopica e speciosa, 
mentre noi l’osserviamo appena al microscopio nei più piceoli individui. I grossi indi- 
vidui cristallini di prima formazione, inoltre, s'incontrano tanto nelle parti oscure che 
nelle chiare, l’affermano le osservazioni macroscopiche e microscopiche fatte da tutti, 


!) Op. cit., pag. 677. 


= 

e per la sanidina, con iscarsissima differenza nelle proporzioni, dice il Kalkowsky ‘), 
confutando il v. Rath; ciò attesterebbe che il primo consolidamento della roccia si ef- 
fettuiva egualmente in ogni punto, e non vi sarebbe dunque ragione per ammettere 
che, pur essendo rimasta sempre pressochè identica la composizione in tutte le parti, 
fosse poscia proceduto in un modo per le parli oscure ed in un altro per quelle chiare, 
presentando in ultimo caratteri fisici sensibilmente diversi. Nè è a credere che la mi- 
crostruttura delle parti oscure fosse sostanzialmente diversa da quella delle parti chia- 
re; è microsferolitica nelle prime e microlitica nelle seconde, modalità adunque della 
medesima tessitura microcristallina; sicchè il secondo periodo di consolidazione del 
magma sarebbe stato pressochè identico per le fiamme e per la massa, e questa a- 
vrebbe dovuto presentare la medesima durezza, compattezza e tenacità delle fiamme, 
mentre ciò è tanto lontano dal vero. 

Parmi adunque doversi inferire che le parti oscure, cioè le fiamme, e le parti 
chiare, cioè la massa fondamentale, fossero fin dalla loro origine due parti distinte e 
separate di una unica massa, quasi identiche nella composizione, ma di uno stato fi- 
sico differente. 

A spiegare la disposizione e la forma che presenta la maggior parte delle fiamme, 
cioè più o meno allungata, con rigonfiamento nel centro ed assottigliantisi negli estre- 
mi, il Breislak ?) osserva, che quando una massa fusa scorre in una direzione, se con- 
tiene delle parti, che quantunque molli e fluide, non si sono interamente assimilate ad 
essa massa, dette parti prendono costantemente una forma allungata, ed hanno il loro 
asse maggiore nel senso del movimento. Da ciò s’inferisce che quelle parti molli do- 
vevano nuotare sospese in un bagno lavico molto più fluido; epperò , venendo sospinte 
dal movimento della intera lava, non potevano nè serbare quella regolare posizione e 
disposizione, che ora presentano, nè prendere quella speciale forma sovra indicata. In 
fatti bisognerebbe, per lo meno, ammettere che il detto movimento fosse stato lento e 
non tumultuoso, uniforme e non irregolare; ma in tal caso sarebbero apparse copiose 
le vere scorie alla superficie della lava, scorie di cui fa assoluto difetto sul piperno, ove 
invece le fiamme si rattrovano egualmente che nel resto della massa; questa adunque 
dovrebbe ritenersi essere sgorgata e corsa con movimento rapidissimo, il quale avrebbe 
prodotto tali ondulazioni e sconvolgimenti, che le fiamme, oltre a perdere il perfetto 
parallelismo, si sarebbero trovate ove più ove meno variamente aggruppate; la man- 
canza, inoltre, delle vere scorie lascia pensare ad un raffreddamenlo uniforme ed im- 
mediato in tutta la massa, ma questa sarebbe stata allora un vetro perfetto o quasi, non 
già pressochè tutta decisamente cristallina. Mi si potrebbe forse opporre che il piperno 
rappresenti una vena insinuatasi nel tufo, ed in tal caso da una parte avremmo dovuto 
osservare qualche segno di metamorfismo nel tufo stesso incassante, e dall’altra non ci 
sarebbe stata ragione a che la parte superiore fosse risultata meno tenace e tufacea, 
sino a confondersi col tufo medesimo, nel mentre dovea presentare una chiara linea di 
demarcazione. 

Circa la forma poi delle fiamme osservo, che una sostanza molle, per assottigliarsi 
negli estremi e rimanere rigonfia nel centro, occorre che venga stirata in due sensi op- 


!) Op. cit. 
2) Op. cit., pag. 156. 


o e 
posti nelle estremità, e che le forze agenti vadano decrescendo verso il centro, Ora in 
una lava che scorre noi abbiamo da un Jato la forza di emissione dal centro eruttivo, 
che la spinge innanzi, e dall’altra una forza ritardatrice prodotta dal condensarsi della 
lava, per l'abbassamento sempre crescente di temperatura; queste due forze contrarie 
e comprimenti avrebbero schiacciate le sostanze molli delle fiamme in un senso nor- 
male a quello del movimento, senza però renderle mai fusiformi. 

Talune fiamme si presentano come vere piastrelle; e, ritenendo il piperno una la- 
va, non è possibile addebitarne la forma a schiacciamento per pressione verticale, 
stantechè la massa che le contiene si considera più fluida, e la forma delle piastrelle è 
uguale in tutte le altezze della roccia. 

Il Kalkowsky ') non dissente gran fatto dall'opinione del Breislak; egli dice 
che le parti ricche in magnetite vennero spezzate dal movimento della lava fluida, sti- 
rate nel senso del suo cammino, e largamente schiacciate. Senza ripetere per tali ve- 
dute le medesime considerazioni sovra esposte, osservo che le fiamme di un medesimo 
filare si susseguono spessissimo con spessezze tanto differenti tra loro da non lasciare 
affatto supporre che l’una potette essere parte dell’altra, da cui rimase poscia spezzata; 
e nè anche può chiamarsi in soccorso l’idea che una parte si fosse più allungata e 
perciò più assotligliata rispetto all’altra, poichè la materia è la medesima, ed in punti 
quasi a contatto le forze non si potevano modificare per modo da agire diversamente. 

Finalmente il pregevole mio amico Prof. Freda °) attribuisce la formazione delle 
fiamme anche ad uno stiramento, subito però dalle scorie ancora pastose, che succes- 
sivamente si depositavano nel seno della massa fluente, e convalida questa sua opi- 
nione dal ritenere più addensate le parti brune negli strati più bassi del banco piper- 
noide, quasi avessero subîte una levigazione. Non posso condividere questa opinione, 
non meno ingegnosa delle precedenti, in primo luogo perchè non so concepire come 
una unica massa fluente si possa risolvere parzialmente e successivamente in iscorie 
frammentarie, e ad intervalli tanto prossimi tra loro, che lascerebbero piuttosto pen- 
sare ad una massa densa; questa quindi, pel suo facile e successivo rapprendersi, si 
dovrebbe trovare a lastre, come tante vere lave, e non già una massa unica. In secondo 
luogo le fiamme si trovano egualmente distribuite in tutta l'altezza del piperno, e, se 
questo fosse stato una lava, era impossibile che fosse in esso avvenuto un fenomeno di 
levigazione, un deposito di scorie, siano pure pastose. Una vera lava ricolma interna- 
mente di frammenti scoriacei non si è vista ancora, anzi non potrebbe essere tale, ma 
sibbene un conglomerato. In effetti le scorie si formano sempre alla superficie delle 
lave, e, come il ghiaccio sull’acqua, così esse galleggiano sulla lava fusa sottostante, 
quantunque della. medesima natura; è questo un fenomeno naturale risaputo e conva- 
lidato dalle esperienze; il Pilla °), gettando dei grossi massi lavici vesuviani sulle lave 
fluenti del Vesuvio stesso, li ha visti sempre trascinare a galla dalla corrente, e talvolta 
si è lasciato da essa condurre situandosi sulle scorie; moltissimi visitatori di queste no- 
stre lave si sforzano per curiosità d'immergervi le proprie scorie nel mentre scorrono, 
ma non ci riescono mai, poichè sempre tornano a galla. 


') Op. cit., pag. 676. 
2) Op. cit. 
3) L. Pilla, Zrattato di Geologia, Vol. I, pag. 201 e 203, Pisa 1847. 


= 

Da quanto, adunque, innanzi ho esposto credo risulta chiaro, che nel piperno le 
fiamme e la massa fondamentale sono state sempre due cose distinte, separate, e tali 
vennero fuori dal centro di eruzione, riunendosi posteriormente insieme per ragione 
non ben nota ancora. Le fiamme, per i loro caratteri e per la forma acquistata, dovet- 
tero essere pastose, e si possono perciò ritenere brandelli di lava; questi, slanciati in 
alto dalla forza eruttiva, dovettero avere in massima parte un movimento vorticoso, dal 
quale risultava una forza centrifuga, che, in opposizione alla centripeta, li allungava 
negli estremi, egualmente che vediamo in molte bombe vulcaniche, le quali sono bran- 
delli di lava scoriacea, che prendono forma ellissoidale, con le estremità allungate, du- 
rante il loro tragitto in aria; l’allungamento, inoltre, risultava naturalmente maggiore o 
minore, secondo la velocità del movimento, la pastosità dei detti brandelli e la gran- 
dezza della loro massa; quelli più piccoli erano di leggieri più stirati, e noi troviamo 
che le fiamme in forma di vere piastrelle sono quasi sempre di piccole dimensioni, 
mentre presentano sempre solo assottigliamenti negli estremi quelli di grandi dimen- 
sioni. Ricadendo poi sul suolo, vi si adagiavano secondo la loro posizione di equilibrio, 
cioè con l’asse maggiore orizzontale, donde ne seguiva la loro uniforme, regolare di- 
sposizione e parallelismo. Ho detto che in massima parte e non tutte le fiamme erano 
animate nella loro ascensione da movimento vorticoso, poichè talune si riscontrano di 
forma irregolare; queste per lo più sono piccole, molto bucherellate , talora sembrano 
pomici, e reputo siano state emesse nei momenti di debole parosismo vulcanico, 
quando la forza di emissione era lieve e staccava piccoli brandelli lavici dal magma 
trachitico esistente nel vulcano; nei parosismi più possenti invece venivano violente- 
mente staccate le masse più voluminose, ovvero maggior numero di piccole masse smi- 
nuzzate, alle quali era impresso dalla velocità il movimento vorticoso, egualmente che 
osserviamo nei razzi e nelle granate dei fuochi artificiali, quando vengono sospinti fuori 
dalla esplosione dei mortaietti che le contenevano. Essendo le fiamme brandelli di lava, 
si spiega come esse risultano più dure, più tenaci e di colore più oscuro. La massa fon- 
damentale poi della roccia dovette venir fuori allo stato solido e frammentario , cioè 
sotto forma di cenere, nella quale si venivano ad adagiare e sepellire a brevi intervalli 
le fiamme, le quali perciò restavano separate tra di loro e nel punto ove venivano a 
cadere. 

La eruzione del piperno, adunque, dovette essere una eruzione d’un genere spe- 
ciale, ma che non si discosta di molto da quella dei tufi, nei quali abbiamo le pomici 
come i rappresentanti dei brandelli di lava. Dietro la luminosa dimostrazione della ge- 
nesi delle ceneri vulcaniche, fatta dall’illustre Prof. A. Scacchi '), possiamo ritenere 
come i vapori vulcanici strappavano e lanciavano fuori le parti solide incoerenti dal 
magma fuso; questo, come osserva il distintissimo Prof. P. Franco °), per brevi soste 
ed interpellatamente, subiva una parziale consolidazione alla superficie, e le novelle es- 
plosioni rimuovevano e proiettavano in brandelli la sottile crosta formatasi e tuttora 
pastosa; si rimetteva così sempre allo scoverto il magma fuso, dal quale novellamente 
i vapori traevano ed asportavano le ceneri. Le fiamme, adunque, per la loro genesi, 


1) A. Scacchi, Sulla origine della cenere vulcanica—Rend. della R. Accad. delle Scienze Fis. 
e Mat. di Napoli, Anno XI, fase. 8°, pag. 180. 


* 3) P. Franco, Elem. dî Miner. e Geolog., pag. 268. 


23-V 
provenivano da parti scoriacee, e tali appunto si manifestano attentamente guardando- 
le, cioè tutte porose, cellulose, e con i pori, o pareti delle cellette allungati per lo sti- 
ramento subito. Molte cavità, pertanto, vennero riempiute o tappezzate da prodotti po- 
steriori di sublimazioni. 

Mi è surta in mente l’idea di esaminare se era possibile la preesistenza nell’interno 
del cratere delle fiamme, rimescolate alla rinfusa con i detriti tufacei; ma tale idea ho 
dovuto subito abbandonarla, poichè non sarebbe possibile entro un cratere la forma- 
zione di pezzi staccati di lava fusa a brevissimi intervalli, non che il rimanere avvolte 
fra le ceneri. Le fiamme, dalla deformazione subîfta, dovettero essere necessariamente 
brandelli di lava fusi e sottoposti ad un movimento rapido; ora non è ammissibile una 
fusione parziale, a spizzichi, ed in punti tanto prossimi, del materiale vulcanico; non 
si potrebbe ammettere che la fusione avvenisse a riprese e con periodi quasi sincroni 
e ravvicinatissimi tra loro, fenomeno di perturbazioni veramente strano; e in fine lo 
speciale movimento alla formazione delle fiamme sarebbe mancato nell’ambiente in- 
terno del cratere, e lo avrebbe contrariato la massa circostante ed avvolgente delle ce- 
neri. Nella eruzione di Monte Nuovo si ebbero ceneri frammiste a pezzi di lava, ma si 
vede chiaro essere usciti questi ultimi allo stato solido, strappati a rocce sotterranee 
dalla violenta espansione dei vapori vulcanici. 

Essendo unica la massa che ha fornita la parte fondamentale del piperno e le 
fiamme, ne viene di conseguenza che la composizione chimica e minerale di amendue 
deve essere la stessa; le lievissime differenze possono spiegarsi o per azioni postume 
più facili a verificarsi nella massa fondamentale come più porosa, o per essere stati stac- 
cati i detriti cinerei da un magma non individualizzato. Non v'è ragione poi che detta 
composizione abbia rapporti con quella delle rocce limitrofe, eruttate in tempi diversi, 
forse pure da altri centri, e che anche differiscono alquanto fra loro, o in diversi punti 
e non lontani di una medesima massa, come proprio si riscontra nel tufo sovrastante 
al piperno; la eruzione del piperno medesimo deve ritenersi isolata, speciale, siccome 
speciale fu quella di Monte Nuovo, e come abbiamo esempio ancora nelle eruzioni delle 
nostre masse trachitiche, quale ricca in sodalite (S. Elmo, Ischia), quale no, e quale 
avente l’olivina pur macroscopica (Lava dell’ Arso). La stessa diversità di caratteri della 
roccia sovrastante al piperno e di quelle circostanti, non che il cessare dei brandelli di 
lava nel tufo superiore, segnano eziandio la specialità della sua eruzione. Sembranmi, 
adunque, confutate le investigazioni di quei geologi, i quali, non volendo ritenere la 
genesi di carattere tufaceo del piperno, mettono fra l’altro a confronto la composizione 
di questo con quella dei tufi dei Campi Flegrei, e ne notano le differenze, le quali pro- 
cedono dall’essere masse assolutamente distinte; credo, inoltre, aver dimostrato essere 
inulile l’ ostacolo che sollevano all’azione posteriore metamorfica, la quale, secondo 
essi, avrebbe dovuta anche equiparare, con eliminazioni e con iscambio di elementi, la 
composizione chimica nella massa del piperno, lavorio giustamente difficile ad inten- 
dere, ma che abbiamo visto non era richiesto per la già esistente uniformità di compo- 
sizione. 

Altre ragioni militano ancora a ritenere la natura tufacea primitiva del piperno. In 
vero abbiamo la grande ed uniforme porosità della roccia, per quanto non si raggiunge 
mai nelle vere lave. Ponendo il piperno nell’acqua si ode un sibilo, pel rapido assorbi- 
mento di essa attraverso gl’ innumerevoli pori, egualmente che si verifica nei tufi; que- 


== 

sti pori rammentano la frammentarietà primitiva della roccia, e non possono essere do- 
yuti ad immenso sprigionamento di gas in una intera e potente massa lavica, poichè, 
quantunque il piperno sia più poroso nella parte superiore, lo è grandemente ancora 
per tutta l’altezza della massa conosciuta, ed ho dimostrato che non si può ammettere 
un enorme e libero formicolio interno di gas sprigionantesi, poichè per le parti basse 
opponevasi il carico della massa sovrastante. Sono tanti e così voluminosi i pori esi- 
stenti nel piperno, che, nell’attaccare sulle lastrine i preparati microscopici col balsa- 
mo del Canadà, questo s’insinua nelle numerose cavità, e molto facilmente dopo la 
roccia si distacca in buona parte da dette lastrine, mentre la massa compatta vi resta 
aderente. Osserva al proposito il Kalkowski ') che, malgrado s’imbeva prima la roccia 
del menzionato balsamo per avere un preparato sottile e che non si rompa, pure escono 
nuovi pori nel lisciarla, ed è difficile avere preparati non imbevuti di polvere di smeri- 
glio. Questo ho osservato anche per i miei preparati, e lo stesso mi è avvenuto nel pre- 
parare le lamine sottili dei tufi. I cristalli di sanidina si staccano con molta faciltà nella 
lavorazione della parte chiara in lamine sottili, egualmente che nel tufo, ma non come 
nelle lave trachitiche. Lisciando, in oltre, con la macchina i preparati microscopici, si 
vede manifesto quello che è noto, cioè che le fiamme sono più dure e più tenaci della 
massa fondamentale; da ciò segue essere difficoltosissimo , e quasi impossibile per quelli 
delle parti superiori, avere una superficie regolare, perfettamente piana, dappoiché la 
massa si disgrega in parte e le fiamme resistono, acquistando anche un lucido maggio- 
re; sono adunque due cose separate e distinte. 

Questa distinzione si rende immensamente e macroscopicamente manifesta, osser- 
vando l’alterazione che il piperno subisce sotto gli agenti atmosferici; ne dànno larga 
messe gli antichi edifizi di Napoli, ove tal roccia venne su vasta scala adoperata come 
pietra da taglio. La parte chiara della massa, attaccata con maggiore sollecitudine e fa- 
ciltà, o per caolinizzazione, o per soluzione di sostanze cementizie, o in altro modo, si 
è sgranata, resa polverulenta, e man mano è caduta ovvero è stata asportata dalle pio- 
vane e dal vento; sono rimaste così sporgenti le fiamme, per modo che anche a distanza 
la roccia prende il chiaro aspetto di un conglomerato; da vicino poi ha l’aspetto di un 
vero tufo contenente detriti eterogenei, e si è tentati a raschiare con l’ unghia per assi- 
curarsi se sia una materia tenace o fragile. Talora la corrosione della massa è andata 
tanto oltre che le fiamme rimaste isolate sono cadute, lasciando la roccia tutta caver- 
nosa. Ora la semplice differenza di durezza tra fiamme e massa fondamentale non po- 
teva affatto produrre un fenomeno tale in siti ove non vi ha attrito di sorta, come sa- 
rebbero le parti decorative di un edifizio; i soli agenti esterni operavano, ed ugual- 
mente sull’ intera roccia, e se questa è stata variamente attaccata nelle sue parti, è se- 
gno manifesto che queste avevano un’intima costituzione differente, erano due cose 
distinte. Niente di somigliante si è mai osservato nelle vere lave; in queste le altera- 
zioni avvengono uniformemente nella massa, nè mai si mettono allo scoverto parti es- 
senzialmente distinte. Le medesime trachiti ce ne dànno esempio, e basta guardare il 
piedistallo trachitico ?) dell’obelisco della meridiana nella Villa Comunale di Napoli per 
assicurarsi che l'alterazione procede egualmente per tutta la massa. 


1) Op. cit. 
2) Molto probabilmente trachite sanidinica del Monte Olibano presso Pozzuoli. 
Atm— Vol. V.— Serie 2—N.°3. È 


—d= 

Da ultimo facendo il confronto, tanto nei caratteri fisici che microscopici, fra il pi- 
perno ed i veri tufi si vedrà la grande correlazione che passa fra di essi, e come dal 
tufo propriamente detto si passa al piperno. Per tale studio si prestano i tufi grigi, esi- 
stenti in diverse parti della Campania, e talora dall’aspetto più o meno pipernoide, poi- 
chè nella loro microtessitura e composizione minerale si vanno a collegare al piperno, 
mentre si allontanano dai tufi gialli; pare che le primitive ceneri costituenti detti tufi 
avessero delle proprietà adatte a subire le azioni metamorfiche, quantunque in vario 
grado, forse per ragioni estrinseche. 

Cominciando dall’esame dei caratteri esteriori, abbiamo nei tufi più fragili, come 
quelli di S. Benedetto presso Caserta, e delle parti superiori delle cave di Meta .e di Fia- 
no, una sufficiente ricchezza di piccoli cristalli di sanidina, la presenza di pomici inte- 
gre e non caolinizzate, nere e non gialle, ed il colore della massa molto prossimo a 
quello del piperno. Passando ai tufi più tenaci, come taluni di Meta e di Fiano, vediamo 
crescere il numero e la integrità dei cristalli di sanidina, le pomici nere si osservano 
spesso allungate e parallele, e la roccia, percossa, ha una sonorità sensibile. Prendendo 
da ultimo i tufi più compatti e di una tenacità maggiore ancora, quali abbondano nelle 
due ultime menzionate località, troviamo i numerosi cristalli di sanidina più sviluppati 
in volume, le pomicì nere contenenti anche gli stessi cristalli sanidinici , il loro volume 
assai più grande, allungate poi a segno da sembrare vere fiamme e disposte come nel 
piperno, secondo l'altezza della roccia (Fiano a preferenza), la sonorità di molto cre- 
sciuta, e proprio come nel piperno, da rivelare una massa ad elementi più intima- 
mente collegati, ed infine il colore rendersi spesso più oscuro. In taluni punti la tena- 
cità e l'aspetto esterno di questi tufi simulano per modo il piperno che il Breislak ‘) 
nella penisola sorrentina li ritenne per tale; il Thomson quivi li avea anche ritenuti 
per lave, ed i nostri muratori li addimandano col nome di piperno dolce. In parecchi 
dei menzionati tufi, inoltre, abbiamo prodotti di seconda formazione, come nel piper- 
no, e detriti angolosi del tutto eterogenei incastonati nella massa; di questi detriti 
non mancano nel piperno, entro cui si vede chiaramente restano avvolti dalla massa 
fondamentale, ma separati da questa per modo che spesso vi sporgono isolati e talora 
possono esserne anche distaccati. Pare adunque che un’azione metamorfosante , o sem- 
pre più crescente, o variamente esercitatasi, sia per cause inerenti alle proprietà delle 
primitive ceneri, sia per condizioni estranee diverse, abbia modificati i detti tufi, dan- 
do, diciamo così, un piperno più o meno perfetto. In tutte le rocce metamorfiche noi 
abbiamo di simili passaggi, massime nel metamorfismo dei calcari, delle arenarie e 
delle argille, ora riscontrantisi in un medesimo sito, ora in siti separati; ponendo a con- 
fronto i due estremi della roccia primitiva e di quella completamente metamorfosata, vi 
si riscontrane tali modificazioni di tessitura, tali lontananze di caratteri, da non discer- 
nersi più nell’ultima veruna traccia delle proprietà della primiera roccia, e da impres- 
sionare ancora come quella abbia potuta derivare da questa. 

Ben vero, dagli esempi di tufi presi ad esame nof si ha il passaggio immediato al 
vero piperno, rimanendo tuttora non poca divergenza per la quasi completa cristalli- 
nità macroscopica della massa in quest’ultimo, e per la mancanza dei brandelli di lava 
nei primi, ove restano le pomici quale caratteristica dei tufi. Non è però a dimenticare 


') Op. cit., T. III, pag. 151. 


LB 

che le fiamme del piperno sono rappresentate da lava scoriacea, la quale poco dista 
dalla pomice; ma tanto sarebbe stato più opportuno un più intimo anello di legame 
per dileguare maggiori dubbii, un anello che partecipasse insiememente dei tafi e del 
piperno per una intermedia tessitura macroscopica della massa fondamentale, e per la 
presenza contemporanea delle pomici e delle scorie sotto forma di fiamme. Questo a- 
nello ci fu fornito pochi anni or sono nel cavarsi il traforo del collettore delle pluviali, 
presso la Piazza Amedeo sotto il Corso V. E.; da questo traforo vennero fuori grossi 
blocchi isolati, incastonati nel tufo giallo, i quali a prima vista si giudicano per vero 
piperno, e che naturalmente devono appartenere ad un ammasso non molto lontano, 
ma di cui ci è tuttora ignota la giacitura. I detti blocchi hanno una massa fondamen- 
tale color cinereo, come nel piperno, semidura, tenace e di aspetto piuttosto terroso 
ad occhio nudo, ma largamente cosparsa di grossi e piccoli cristalli di sanidina. In 
essa massa si racchiudono e spiccano in gran copia delle parti di color grigio-oscuro, 
più dure, più tenaci, porose, contenenti cristalli di sanidina, quali allungate negli e- 
stremi e rigonfie nel centro, quali in forma di vere piastrelle sottili , e tutte parallele tra 
di loro; sono, in somma, dei veri brandelli di lava scoriacea, delle vere fiamme. Vi si 
scorgono ancora, ed in non lieve quantità, delle vere pomici nere, ora allungate an- 
ch’esse , ora arrotondite; ed inoltre sparsi qua e là dei detriti angolosi, compatti, di 
trachite sanidinica, che sporgono o si scastrano dalla massa nel tagliare la roccia col 
martello. Si ha adunque un misto di vero tufo e di vero piperno, che non potrebbe me- 
glio collegare queste due rocce, tanto che si resta in forse di appellarlo tufo pipernoide 
o piperno tufaceo. 

. Maggior luce sovra i rapporti tra il piperno ed i tufi verrà a darci il confronto dei 
loro caratteri microscopici, nei quali con l’intima tessitura si disvela ancora la compo- 
sizione minerale. Comincerò dal piperno, in cui la tessitura cristallina è macroscopica, 
la composizione minerale più manifesta, e vedremo come amendue si vanno man mano 
nascondendo a misura che si scende nei tufi più fragili e più terrosi nell’aspelto. 

Piperno (di Pianura e Soccavo *)).—A luce ordinaria la massa fondamentale sem- 
bra costituita di una parte assolutamente bianca e trasparente, e di un’altra grigia, 
traslucida; quest’ultima, quasi in preponderanza sulla prima, bene osservando si vede 
esser resa grigia da innumerevoli e minutissimi pori, a bordi oscuri, che si accumu- 
lano ove più ove meno, lasciando delle chiazze ed interstizi immuni, e perciò più ialini. 
La massa, inoltre, è gremita di microliti verdi e di noduli neri (magnetite); i primi 
trasparenti, per lo più di forma allungata, raramente a contorni decisi, e di dimensioni 
varie; i secondi opachi, irregolari, qualche rarissimo a sezione quadrata, e di varia 
grandezza, essendo pochissimi i grossi, e giungendo a rendersi minutissimi. Finalmente 
nella stessa massa spiccano, non in gran numero, grossi cristalli bianchi, ed altri 
verdi, anche in minore quantità; intorno ai primi si accumulano in copia maggiore 
i pori e noduli suddetti, tanto da costituirvi talvolta una zona marcata. Questa micro- 
tessitura a luce ordinaria l’ho trovata identica tanto nella parte fondamentale della 
roccia quanto nelle fiamme; solo che nella prima i microliti verdi, oltre a vedersi sparsi 
nella massa, si aggruppano ancora in maggior numero qua e là, e nelle seconde i cri- 
stalli verdi sono più piccoli e più scarsi 


!) Non ho potuto esaminare il piperno del quadrivio di Trentola, del sottosuolo di Aversa, e 
l’altro del Vomero, analizzato dal Prof. G. Freda, perchè me ne mancavano i campioni. 


= ae 


Quantunque a luce ordinaria non si scovra linea di demarcazione tra le fiamme e 
la parte chiara della roccia, pure essa si rende manifesta a nicol incrociati. In vero la 
massa fondamentale delle fiamme si risolve in un fitto aggregato di microliti sanidini- 
ci, di forma allungata, e disposti in tessitura microsferulitica; questa disposizione fa si 
che, girando ìl preparato, si ha un roteare di tante croci, ora chiare ora oscure, se- 
condo che la massima trasparenza segue al massimo assorbimento; la estinzione si ve- 
rifica, secondo i lati lunghi, parallelamente ai fili del microscopio per ciascuna micro- 
lite; nell’incontro di più sferoliti resta talora deformato il vicendevole contorno e si ha 
spiccata la polarizzazione polisintetica. La massa fondamentale invece della parte chiara 
appare finamente cristallino-granellosa, si risolve cioè in una tessitura microlitica, e vi è 
spiccata la polarizzazione di aggregati; qualora contenga piccolissime fiamme, queste 
si manifestano distinte, come delle chiazze sparse, costituite sempre da mieroliti allun- 
gati, disposti a raggi. Tale differenza era stata notata ancora dal Kalkowsky ‘), il 
quale si esprime col dire che le fiamme e la massa fondamentale, quantunque abbiano 
i medesimi componenti minerali ed in eguali rapporti, pure differenziano nella micro- 
tessitura; le fiamme sono sferulitiche, e nella massa fondamentale non si vede mai 
questa tessitura. Emerge adunque che sono due parti distinte, e che non hanno mai 
costituito un unico magma fuso, giacchè in tal caso la microtessitura della massa sa- 
rebbe stata uniforme, come accade nelle lave, e non vi sarebbe stata ragione ad una 
individualizzazione differente in punti tanto prossimi tra loro. Nelle fiamme si ha una 
cristallinità più avanzata perchè brandelli di magma fuso, di magma lavico, e nella 
parte chiara si ha una cristallinità accennata perchè costituente modalità tufacea. 

Quanto ho esposto sui caratteri microscopici sarebbe pur sufflciente per lo studio 
genetico della roccia; ma per completarne la conoscenza della composizione minerale, 
e meglio confrontarla con quella dei tufi presi ad esame, dirò delle osservazioni fatte 
sovra le grosse segregazioni cristalline. 

I cristalli bianchi a contorni più precisi presentano una sezione di forma esagona 
o d’un romboide; hanno d’ordinario scarsissime inclusioni di pori, raramente allineati 
secondo le fenditure, ovvero di magnetite in granuli neri, o di apatite in aghetti a forte 
rilievo, e talvolta dei medesimi elementi verdi, che vedonsi sparsi nella massa; sono 
inoltre attraversati da scarse fenditure. Nella parte chiara della roccia i contorni di 
detti cristalli si manifestano abbastanza o del tutto integri, e questa integrità dei grossi 
individui, che mai si nota in quelli di prima formazione nei magma lavici, esclude il 
movimento di una massa fluida nel venire eruttata, ma sibbene ammette la formazione 
in posto. A nicol incrociati taluno presenta sufficientemente distinte le linee di clivag- 
gio, molti altri no; quasi tutti semplici, raro qualche geminato, secondo la legge di 
Carlsbad; in pochi si osservano deboli colori d’interferenza, i quali, nella parte 
chiara della roccia, sono manifesti nei cristalli semplici; gli allungati hanno estinzione 
parallela, e gli altri obliqua. Sono adunque cristalli di sanidina. Mi è occorso vedere 
un cristallo allungato, a sezione esagona, con deboli colori d’interferenza, e presen- 
tare tre zone distinte fra i due lati lunghi con angoli diversi di estinzione rispetto a 
questi, cioè 5°, 7° e 16°; in altri, della parte chiara, la estinzione era graduale, non 
completa per l’intera sezione; queste sanidine a struttura zonata si riscontrano nelle 


') Op. cit., pag. 673. 


E ffiena 

trachiti dei Campi Flegrei molto facilmente, come hanno osservato i Sigg. Fouqué e 
Levy ‘), ed io stesso nelle trachiti di S. Elmo *); il Dott. Bucca *) l’ha osservata in 
un leucitofiro con sanidina di Roccamonfina. In un cristallo gemino (Carlsbad) i due 
individui non si presentavano nettamente staccati, ma tra le posizioni delle loro mas- 
sime oscurità si avea una piccola zona, ad estinzione graduale e vaga. Finalmente in 
uno semplice, appartenente ad una fiamma, la estinzione era del tutto vaga, fenomeno 
ancora non raro nelle nostre sanidine; ed in un altro, appartenente alla parte chiara, 
a forti colori di polarizzazione, era manifesta quella estinzione vaga, che i tedeschi ap- 
pellano marezzata. 

I cristalli verdi non differiscono nel loro aspetto per nulla dai microliti verdi sopra 
cennati; nelle fiamme sono a contorni per }o più indefiniti, ovvero corrosi per altera- 
zione, e solo in taluno si giunge ad osservare la forma esagona od ottagona; nella 
massa fondamentale della roccia in vece si osservano spesso a contorni decisi, e con 
pochissime fenditure, ciò che viene anche a confermare la loro formazione in sito dopo 
avvenuta la eruzione. Presentano ora una ora due direzioni di clivaggio, secondo 
quella del piano onde sono stati tagliati; hanno per incluso qualche nodulo nero di 
magnetite. Nei cristalli a contorno alterato osservasi esternamente una tinta più carica 
(prodotto serpentinoso), e tanto più intensa come dall’interno si va alla periferia; ta- 
lora, e proprio nella massa fondamentale della roccia, si nota una spiccata zona alte- 
rata, che li circonda, di colore giallo-oscuro-verdastro, ovvero qualche cristallo è per 
intero alterato perdendo molto nella trasparenza; questa alterazione totale poi si rende 
comunissima nei microliti verdi. A luce polarizzata manifestano sensibile dicroismo, 
tranne qualche eccezione nei cristalli appartenenti alla parte chiara della roccia, e che 
presentano d’ordinario sezione rettangolare. Per questo carattere e per non essersi ben 
prestate in nessun cristallo le condizioni del clivaggio, non ho potuto a prima vista di- 
scernere che la massima parte dei cristalli verdi in esame appartengono ad una specie, 
cioè al pirossene, ed in minore quantità ad un’altra, cioè all’anfibolo. Ciò ho potuto 
bene determinare a nicol incrociati; in effetti i cristalli di pirossene presentano forli co- 
lori di polarizzazione e grande angolo d’estinzione, in media cioè dà 32°,30' ai 41°,30° 
secondo l’asse di allungamento, riferibili perciò ad augite, e quelli di anfibolo non 
presentano i detti colori, l’angolo di estinzione varia dai 10° ai 19°, e possono perciò 
riferirsi ad bornblenda. In un solo e grosso cristallo di pirossene, appartenente ad una 
fiamma, non ho notato i colori di polarizzazione, ma perchè tagliato normalmente al 
prisma, in fatti esso avea sezione ottagonale, con due lati lunghi paralleli, e secondo 
questi si avea la estinzione. 

Ormai non muove più meraviglia il pleocroismo del pirossene, essendosi riscon- 
trato nello esame di non poche alire rocce. 

I microlili verdi, copiosamente sparsi, guardati con attenzione si comportano nella 
massima parte come gli esaminati grossi cristalli a forti colori di polarizzazione, sic- 
chè si possono ritenere anch’essi per augite, ciò che ritenne pure il Kalkowsky, il 


1) Fouqué et Levy, Mn. Micr., pag. 220. 

2) L. dell’Erba, Sula Sanidinite Sodalito-pirossenica di S. Elmo — Rend. della R. Accad. 
delle Scienze Fis. e Mat., fasc. 6°, 1890. 

®) Dott. L. Bucca, Roccamonfina, pag. 21. 


= TA=S 


quale giunse a misurarne le dimensioni estremamente piccole. Questi 1), pertanto, non 
ha osservato al microscopio l’hornblenda nella massa, la quale invece ha visto solo 
nelle cavità della roccia, come prodotto posteriore. 

Non ho rinvenuto la sodalite, la quale per altro, dice lo stesso Kalkowsky, non 
entra come componente della massa, ma si osserva nei pori quale prodotto posteriore 
di sublimazione, nè appare in tutti i preparati. 

Oltre all’esame della parte più compatta e più tenace del piperno, ho creduto utile 
esaminare ancora quella superiore porosissima e più fragile, per mostrarne la quasi 
nessuna differenza nella microtessitura. Ecco il risultato delle mie osservazioni. A luce 
ordinaria massa fondamentate identica come nel piperno tenace, con eguali microliti 
verdi di augite e granuli neri di magnetite; scarsi gl’ individui bianchi e verdi; questi 
ultimi per lo più molto alterati, e qualecheduno quasi completamente, sicchè ne resta 
un ammasso nero di magnetite col primitivo contorno del cristallo. A luce polarizzata 
nessun elemento pleocroico. A nicol incrociati distinta la massa fondamentale microli- 
tica (granelloso-cristallina) dagli aggregati fibro-radiati, o soltanto fibrosi con intreccio 
ondulato dei microliti. I cristalli grandi di sanidina, a contorni anche abbastanza o del 
tutto integri, e scevri di fenditure, sono più ricchi in inclusi verdi (augite), neri (ma- 
gnetite) e pori senza verun ordine; uno mostravasi zonato; taluno ad estinzione vaga; 
presentano altri colori d’ interferenza. 

Ho notato un cristallo poligemino di plagioclasia, di uguale acidità nelle lamelle, 
desunta dalla contemporanea estinzione. I grossi cristalli verdi hanno per lo più pola- 
rizzazione di aggregati, ciò che si riscontra anche nei preparati precedenti della parte 
tenace della roccia, sicchè la sezione non resta allora completamente oscura nella e- 
stinzione; deboli i colori d’interferenza. Splendido un ciuffo di microliti di sanidina, 
lunghi, ritorti e concorrenti in un punto come trichiti; hanno forte birefrangenza e 
forte rilievo; parecchi altri poi si vedono isolati, che attraversano la massa. 

Tufo pipernoide di Piazza Amedeo. — Il microscopio rivela che la differenza 
precipua fra questo tufo pipernoide ed il vero piperno sta nella minore cristallinità 
della massa, e nella presenza delle pomici, circostanze amendue osservabili ad occhio 
nudo; la composizione. minerale poi è del tutto identica, come pure la microtessitura 
delle fiamme, non che la presenza ed i caratteri delle grandi segregazioni cristalline. 
In effetti a luce ordinaria, guardando con forte ingrandimento, si ha una massa fon- 
damentale traslucida, che in più punti fa passaggio a cordoni bruni, più o meno opa- 
chi, della medesima sostanza; questi cordoni sono le pomici, e non si osservano là 
ove le pomici stesse mancano; osservati con più forte ingrandimento si risolvono 
spesso in minulissime granulazioni (globuliti). Frammista alla microfelsite della massa 
si nota della sostanza bianca, trasparente, sanidinica, che in taluni punti sì risolve in 
cristalli ancora bianchi e trasparenti di sanidina, rarissimamente con contorno netto. 
La medesima massa, egualmente che nel piperno, è gremita di microliti verdì d’augi- 
te, di noduli neri di magnetite e di pori; è facile, inoltre, incontrarvi grossi cristalli 
verdi di augite stessa, a sezione esagona od oltagona, con fenditure irregolari, lraspa- 
renti, resi alquanto neri ed opachi nel contorno e lungo le fenditure per alterazione in 
magnetite. Anche i detti microliti verdi spesso si vedono di tinta più oscura od ingial- 
liti per alterazione. 

1) Op. cit., pag. 665. 


De] - ro 

Riguardo alle fiamme abbiamo la medesima cristallinità spiccata come nel piper- 
no; a luce ordinaria si nota una sostanza bianca e trasparente di sanidina, che s’ ir- 
radia attorno ai cordoni neri ed opachi, ovvero mostrasi un intreccio di cristallini al- 
lungati di sanidina. Nell’un caso e nell’altro i microliti verdi di augite, non che i no- 
duli neri di magnetite, si dispongono lungo le direzioni della sostanza fibro-radiata 0 
semplicente fibrosa. 

A nicol incrociati la massa fondamentale vedesi finamente microlitica, e copiosa- 
mente attraversata da pigmento microfelsitico, per modo che il campo appare semi-o- 
scuro, cosparso di punti o larghe chiazze luminose; i primi sono microliti di sanidina 
ed augite, le seconde grosse segregazioni dei medesimi minerali. Si notano pure, ed 
egualmente che nel piperno della parte superiore, microliti bianchi di sanidina, cui se 
ne aggiungono altri verdi di augite, lunghissimi, esili, a forte rilievo e forte birefran- 
genza, ricurvi o attorcigliati. Le fiamme poi si vedono spiccatamente costituite da mi- 
croliti allungati, fortemente birefrangenti, di sanidina, che si dispongono d’ordinario 
in tessitura sferolitica, come nel piperno, o s’intrecciano tra di loro ; la estinzione in 
essi è sempre secondo la lunghezza. 

I grossi individui a nicol incrociati manifestano bene i loro caratteri di ricono- 
scenza. I cristalli di sanidina sono qualche volta a sezione poligonale, ma in ogni caso 
il contorno è sempre integro, ciò che ha pure riscontro nel piperno; poverissimi d’in- 
clusioni; l'estinzione è parallela in quelli allungati; in uno presentavasi graduale. Non 
ne mancano di gemini, secondo la legge di Carlsbad; ne ho notato uno a struttura 
zonata, con diversa estinzione nelle tre zone che lo formavano. 

Dei cristalli verdi uno solo, avente sezione esagona, manifestavasi eminentemente 
pleocroitico a luce polarizzata; gli altri no. Il primo ho potuto riconoscerlo per horn- 
blenda; esso a nicol incrociati non ha colori d’interferenza, e l’angolo di estinzione, 
rispetto a due lati lunghi paralleli, è di circa 15°, estinzione non completa per tutta la 
sezione. I secondi sono di augite; quelli che più si prestavano alla osservazione, di 
cui due a sezione ottagonale, aveano sensibili colori d’interferenza a nicol incrociati 
ed estinzione completa, con angolo di estinzione di circa 30° a 31° anche rispetto a 
due lati lunghi paralleli della sezione. 

Tufo di Fiano (Nocera). — Sorprende Ia osservazione dei preparati microscopici 
dei tufi di questa località, poichè sembra di avere innanzi un vero piperno, e sarebbe 
chiunque tratto in inganno se non sapesse di che roccia si tratta. La loro microtessi- 
tura poi li lascerebbe ritenere per delle lave, mentre sono tufi nello stretto senso della 
parola. Essi, già forniti nella massa di macroscopici cristalli di sanidina, basterebbero 
da soli a dimostrare come la semplice condizione fisica di una maggiore tenacità sa- 
rebbe la precipua ragione per farli passare alla parte chiara del piperno. Si renderà 
ciò evidente dalle seguenti osservazioni fatte al microscopio. 

A luce ordinaria perfettamente come il piperno; massa fondamentale bianca, tra- 
sparente, si appanna alquanto nei pochi punti, ove pori o cristalliti, ma massime i 
primi si accumulano in maggior copia, lo che si scorge usando un più forte ingrandi- 
mento, che rende del tutto trasparenti anche queste parti appannate. In detta massa 
gremiscono i medesimi microliti verdi e granuli neri indicati nel piperno, e vi sono 
sparse le medesime grandi segregazioni di cristalli bianchi e verdi. Nell’istessa massa 
inoltre osservansi qua e là aggruppate delle macchiette, come formate da una polvere, 


"i — 
le quali sono prodotti di decomposizione ferruginosi; in un punto si poteva bene de- 
limitare una forma poligonale appartenente a cristallo totalmente decomposto. In un 
esemplare poî, ove le segregazioni cristalline erano scarse e piccole, e quelle verdi quasi 
tutte profondamente alterate, si notavano i microliti verdi trasformati in macchie polve- 
rose rosso-mattone, i granuli neri in minore quantità ed esili, e la massa rimaneva co- 
piosamente sporcata dal detto prodotto rosso di decomposizione (ematite), per modo 
che la trasparenza era di molto affievolita. A nicol incrociati la massa foudamentale 
della roccia si risolve in una miriade di cristallini, con polarizzazione di aggregati, 
dando tessitura microlitica spiccata. Non vi ha traccia di microfelsite; questa l’ ho no- 
tata solo, e piuttosto abbondante, nel saggio cosparso dell’ elemento polveroso rosso, 
sicchè quivi ia massa rimaneva in parte traslucida, o del tutto opaca (vetro), ed in parte 
rischiarata dalla polarizzazione dei microliti. Scarsissima la sanidina sferolitica in qual- 
che striscia, che attraversa la massa, a guisa di fiamma, ciò che costituisce la maggiore 
distinzione microscopica col piperno, ma noto però che non vi è la mancanza assoluta 
di tale tessitura. 

Le segregazioni disseminate nella massa fondamentale sono sempre di tre colori, 
l'una bianca, l’altra verde e l’ultima nera; le prime due trasparenti, l’ultima opaca. 

Le segregazioni bianche sono di sanidina, e spiccano nella massa, anch’essa 
bianca, sia per il forte rilievo, che per la forma determinata della sezione, resa talora 
più evidente dall’accomularsi nel contorno pori e microliti diversi, la quale condizione 
abbiamo pure riscontrata nel piperno. Si distiuguono nettamente due varierà di segre- 
gazioni bianche: l’una è rappresentara da pochi cristalli volumiuosi, limpidi, a contorno 
deciso non alterato dalla massa fondamentale, senza o con poche fenditure, ove scar- 
sissimi d’inclusi ove invece ricchi, cioè pori, microliti bianchi allungati (apatite?), 
microlitl verdi (augite) e granuli neri (magnetite), i quali inclusi sono irregolarmente 
disposti, e di rado allineati lungo le fenditure. È sempre notevole nella massa del pi- 
perno e nei tufi la costanza della integrità nei contorni dei grossi cristalli. L’ altra va- 
rietà di segregazione bianca è costituita da numerosi cristallini allungati di sanidina, 
sparsi irregolarmente nella massa, pochi gl’integri, i più internamente fratturati, e con 
rari inclusi, che a forte ingrandimento si riconoscono per pori; quelli molto fratturati 
sono meno trasparenti, resi tali dalle linee di fratture. A nicol incrociati tanto le grandi 
segregazioni bianche che le piccole s’ estinguono secondo i lati lunghi; nelle grandi si 
hanno talora colori di polarizzazione vivi o sbiaditi, giallo, bluastro, e talvolta, con zone 
sbiadite parallele al contorno; qualche cristallo si presenta zonato, con vario angolo 
di estinzione nelle zone; taluno gemino secondo la legge di Carlsbad. Ho osservato a 
luce ordinaria un grande cristallo di sezione esagona, ricco in una larga periferia di 
inclusi, i quali delimitavano nel centro anche una larga porzione (quasi la metà) a 
contorno ottagonale, quasi scevra d’inelusi, ed a nicol incrociati mi sono assicurato 
che queste due parti aveano la medesima orientazione, costituivano un unico cristallo. 

Le segregazioni verdi appartengono a tre specie minerali, cioè augite nella massi- 
ma parte, hornblenda in poca quantità, e rarissima mica. Esse sono nella maggior 
quantità microlitiche, a brandelli, senza contorno ben definito ed in picciol numero in 
cristalli più o meno grandi. Di questi, qualche rarissimo, ma d’ordinario molto gran- 
de, ha contorno netto, non corroso, di sezione ottagonale od esagona, con distinte 
linee di clivaggio secondo una o due direzioni, ed in quest ultimo caso i cristalli di au- 


i fi — 

gite lo presentano poco discosto dall’ ortogonale. Gli altri poi sono più o meno alterati ; 
alterazione si manifesta nel cambiamento di colore, addivenuto arangiato o più carico 
qua e là nel medesimo cristallo o in tutta la sezione, ovvero per un orlo nero, opaco, 
più o meno largo, dovuto ai prodotti ferruginosi; talora poi l’alterazione medesima si 
è estesa nelle fenditure o a tutto il cristallo, nel quale ultimo caso non si osserva che 
una massa a contorno poligonale del tutto nera ed opaca, ovvero con qualche spiraglio 
semi-traslucido per lo mezzo. Nei grossi cristalli non si hanno per inclusi che granuli 
neri di magnetite. A luce polarizzata qualcheduno dei grossi cristalli, e proprio quelli a 
colore più carico, dànno pleocroismo apprezzabile, gli altri no. A nicol incrociati si di- 
scerne bene l’ augite dall’ hornblenda, per avere la prima l'angolo di estinzione rispetto 
alle linee di clivaggio di circa 28° a 43° 30', non che frequentemente spiccati e vivi co- 
lori d’interferenza, e la seconda il detto angolo di circa 15° e verun colore d’ inter- 
ferenza. 

La mica ho potuto riconoscerla in un solo cristallo nell’ esemplare ricco di pro- 
dotto ferruginoso rosso. Esso mostravasi allungato, verde-giallognolo carico, con una 
piccola striscia nera nel bordo di una larga fenditura (magnetite dovuta a decomposi- 
zione); conteneva un incluso bianco di sanidina, e qualche granulazione nera di ma- 
gnetite in taluni punti dell’orlo. Era, inoltre, finamente striato, ed a luce polarizzata 
presentava un forte pleocroismo parallelamente alla detta striatura, addivenendo bruno 
intenso, ed in talune parti, massime nel contorno, del tutto opaco. A nicol incrociati 
si estingueva secondo le strie parallele, che sono tracce di clivaggio , indicando una 
sezione traversale. Credo potersi riferire a biotite. 

Le segregazioni nere appartengono a magnetite; sono granulose ; di varia grandez- 
za, opache; quelle più piccole talora si aggruppano in modo da chiudere degli spazii a 
contorni definiti e taluno poligonale, riempiuti della massa fondamentale delia roccia o 
vuoti; in quest’ultimo caso è possibile che la sostanza racchiusa è caduta nel fare il 
preparato , o trattasi di un cristallo negativo. 

Tufo di Meta (Sorrento, Cava del Ponte). — In questo tufo abbiamo un certo al- 
lontanameuto dal piperno, poichè comincia la diffusione delle parti non completamente 
cristallizzate, o amorfe, senza però mancare ancora una cospicua rappresentanza del 
fondamento cristallino. Si vede adunque come le diverse condizioni interne dei centri 
eruttivi hanno contribuito a fornire sostanze detritiche di una cristallinità più o meno 
spiccata nella loro micro-tessitura. Ho creduto bene fare un esame distinto su saggi 
presi a diverse altezze, cioè dalla parte inferiore, dalla media e dalla superiore della 
cava. 

Parte inferiore della cava.—A luce ordinaria massa fondamentale ove bianca, chia- 
ra e trasparente, ove traslucida, per essere copiosamente attraversata da una sostanza 
grigio-verdastra; quest ultima a fortissimo ingrandimento si risolve parzialmente in glo- 
buliti, vetroliti?, a bordo nero sottile, ed in una sostanza terroso-amorfa ( cemento? ). 
Nella detta massa poi serpeggiano capricciosamente delle lunghe strisce, più o meno 
esili, variamente ritorte, a forte rilievo, di color bruno-verdastro, ove più ove meno ca- 
rico, anche nella medesima striscia, per pigmento colorante onde sono irregolarmente 
compenetrate, dal che segue ancora una maggiore o minore opacità; talune giungono 
ad essere del tutto nere ed opache. Le prime a forte ingrandimento si risolvono in glo- 
buliti minutissimi, e sì riconoscono per microfelsite, le ultime restano omogenee e si 

Atti— Vol V.— Serie 25—N.°3. 3 


= Me: 

riconoscono per vetri colorati. Fra questi ultimi quelli più grandi sono spezzati in tante 
parti grossolanamente poligonali, egualmente che osservasi alla superficie di un fanco 
di fresco disseccato; esse parti sono più o meno allontanate tra loro, e negl’ interstizii 
corre una sostanza bianca o grigia, trasparente la prima e traslucida la seconda. Ho no- 
tato qualche nodulo vitreo piuttosto grande, di colore giallo, e sufficientemente traspa- 
rente. Guardando a nicol incrociati, la massa fondamentale si risolve in un fittissimo 
aggregato di microliti sanidinici, delimitandosi spiccatameute e quasi esclusivamente 
la microfelsite ed il vetro alle strisce o cordoni sopra indicati, i quali restano oscuri. In 
qualche raro punto i microliti sono allungati, semplici o gemini, secondo la legge di 
Carlsbad, visi notano i colori di polarizzazione e si estinguono secondo la lunghez- 
za; essi, egualmente che nel piperno e negli altri tufi precedenti, o restano isolati, o si 
aggruppano ràdialmente. 

Quando si osserva a luce ordinaria, nella massa fondamentale si vedono spiccare in 
discreto numero delle segregazioni cristalline bianche, altre in minore quantità verdi , 
poche giallo-arangiate, ed una quantità di granuli neri. Le segregazioni bianche ap- 
partengono a cristalli di sanidina; sono grandi, limpide, qualcuna a conlorno rettan- 
golare od ottagonale, altre indefinito, in parte corroso dalla massa fondamentale; 
hanno ora poche ora molte fenditure, in uno spiccate le linee di clivaggio; sono quasi 
prive d’inclusi talune, mentre altre ne contengono in gran copia, cioè brandelli verdi 
di augite e granuli neri di magnetite, ove egualmente disseminati, ove aggruppati irre- 
golarmente. Un cristallo allungato e limpidissimo era curvo. A nicol incrociati talune 
si estinguono secondo l’asse di allungamento; ora l'assorbimento è completo ora no; 
in alcune si hanno deboli colori d’interferenza, in altre si osserva distinta la polarizza- 
zione polisintetica, poichè costituite da particelle variamente orientate; noto però che 
talora sembra vedersi un grosso cristallo a polarizzazione polisintetica, ma attentamente 
guardando, si scorge essere un intreccio di microliti allungati, fra cui gl’ interclusi 
segnono l’andamento microfluidale. La sostanza bianca esistente nei vetri spezzati in 
più parti si vede collegarsi a queste insensibilmente sotto forma fibrosa, sicchè sembra 
derivarne; ha sufficiente azione sulla luce polarizzata, e ritengo essere prodotto di de- 
vetrificazione. 

Le segregazioni verdi, quali più quali meno cariche, sono tutte di augite ; hanno 
forma allungata, contorno rettangolare, esagonale o non molto preciso, ed ora fresco 
ora per piccolissima zona esterna trasformato in granuli neri di magnetite ; spiccate in 
talune le linee di clivaggio; vi si vedono inoltre fenditure irregolari e qualche rara in- 
clusione di magnetite in granuli neri. A luce polarizzata dànno talora sensibile pleocroi- 
smo. A nicol incrociati vivi in taluni i colori di polarizzazione ed estinzione completa, 
vaga o polisintetica, con angolo rispetto alle linee di clivaggio di 37° a 45°. 

Le segregazioni giallo-arangiate appartengono a mica (biotite); sono listiformi 0 
in lamine, le prime spiccatamente attraversate da fine striature parallele, dovute a linee 
di clivaggio; i bordi talora dentellati, ma non alterati; o non centengono inclusi o vi 
sono delle macchie, che a fortissimo ingrandimento si risolvono parzialmente in minute 
granulazioni nere di magnetite. A luce polarizzata presentano un pleocroismo fortissimo, 
addivenendo quasi brune quando le linee di clivaggio corrispondono ai fili del miero- 
scopio. A nicol incrociati nelle sezioni trasversali si ha estinzione quando queste linee 
di clivaggio coincidono col piano di polarizzazione del microscopio; la estinzione è com- 
pleta o vaga, e quest’ultima propriamente nelle lamine allungate e ripiegate. 


== 

I granuli neri, che rarissimamente prendono contorno quadratico, sono di ma- 
gnetite; se ne vedono di due dimensioni, pochi i grandi e del tutto neri, immensi i 
piccoli e bruni, ma che a forte ingrandimento si mostrano neri e del tutto identici ai 
precedenti. 

Parte media della cava. — A luce ordinaria massa fondamentale identica al sag- 
gio precedente, ma resa alquanto più chiara dalla scarsezza delle sole strisce di micro- 
felsite e vetri; fra questi ultimi se ne osservano anche di quelli spezzati. A luce pola- 
rizzata identica tessilura ancora. 

Nella massa sono sparse parecchie segregazioni bianche di sanidina, talune a con- 
torno netto ed intatte, rettangolare, prive di fenditure e d’inclusi; nelle altre, in gene- 
nerale, scarsissime le inclusioni di noduli neri di magnetite e poche fenditure; in uno 
distinti i pori ed allineati. A nicol incrociati taluni cristalli hanno vivi colori d’ interfe- 
renza, giallo e bleu, altri deboli, altri niente; nei primi la estinzione è completa, negli 
altri vaga, nei cristalli lunghi l’ estinzione sempre secondo |’ allungamento. 

Si osservano scarsi i cristalli verdi di augite, a contorno per lo più irregolare e 
solo taluno esagonale; molti fratturati; taluni ingialliti quasi per intero, ovvero nell’ e- 
stremità, altri trasformati in masse nere di magnetite, in qualche orlo o nell’intreccio di 
più fenditure, ed altri ancora tutti alterati. A luce polarizzata appena sensibile il pleo- 
eroismo. A nicol incrociati deboli, i colori d’interferenza e polarizzazione polisintetica o 
vaga, angolo di estinzione secondo l’allungamento da 30° a 36°. Un cristallo, con di- 
stinte linee di clivaggio parallele all’allungamento, presentava rispetto ad esse angolo 
di estinzione di 19° e lo reputo anfibolo (hornblenda). Un altro cristallo a sezione esa- 
gonale, con due lati paralleli più lunghi, tracce di g', si estingueva parallelamente a 
questi lati; lo ritengo per mica, e non presenta pleocroismo perchè sezione basale; è 
senza fenditure e quasi privo d’inclusi. 

Moltissimi sono i noduli neri di magnetite disseminati nella massa, con poca diffe- 
renza nella grandezza e spiccato colore nero. 

Parte superiore della cava. — A luce ordinaria ed a nicol incrociati tutto iden- 
tico all’esemplare precedente, epperò più abbondante la microfelsite ed il cemento me- 
scolati alla massa, per cui questa rimane meno chiara; vari i cordoni sopra menzionati, 
scarsissime le segregazioni dì sanidina e pirossene, e quest’ultimo quasi del tutto alte- 
rato; non così abbondanti i noduli di magnetite; notevoli e molti quegli speciali micro- 
liti sanidinici, lunghissimi, attorcigliati ed a forte rilievo. In qualche cristallo di sani- 
dina molti inclusi di magnetite ed estinzione vaga. 

Tufo di S. Benedetto (Caserta). — In questo tufo abbiamo un allontanamento 
‘maggiore dal piperno, per l’incremento delle parti-amorfe, senza scomparire ancora 
‘una certa cristallinità nella massa fondamentale della roccia. Questa è quasi come nel- 
l’ultimo saggio, ma più ricca di microfelsite e cemento colorato, sicchè manifestasi 
meno chiara al microscopio. Sono molte, pertanto, le grandi segregazioni di sanidina, a 
contorni spesso regolari ed integri, semplici e geminate; presentano estinzione completa 
o vaga, talora sì mostrano zonate, ovvero hanno polarizzazione polisintetica. Scarsissima 
l’augite ed a vivace colore di polarizzazione. Distinto un cristallo listiforme, di mica, 
con caratteri identici ai precedenti per forma, colore, e linee pieghettate di clivaggio. 
Si osservano pure quei microliti lunghi ed attorcigliati innanzi detti. 

A partire da quest ultima varietà di tufi, che rappresenta il primo gradino per 


RIE es 


ascendere al piperno, si discende a quei tufi ordinari gialli, nei quali gli elementi cri- 
stallini restano immensamente subordinati, e le parti amorfe prendono il sopravvento. 

Ho esaminato in fatti il tufo giallo della cava delle Fontanelle presso Napoli e vi 
ho notato la microfelsite (colorata), il vetro (chiaro) e le materie cementizie in grande 
quantità nella massa. A luce ordinaria questa si presenta traslucida, gialla, con molte 
pomici fibrose semitrasparenti, ricche in pori allungati; a nicol incrociati poi la massa 
stessa vedesi o traslucida (microfelsite), ovvero oscura perfetta (vetro), con scarsi. mi- 
croliti di sanidina; questi ultimi più abbondanti nei vetri e nelle pomici, e spesso allun- 
gati. Vi si osservano ancora parecchie segregazioni bianche e trasparenti di sanidina, a 
contorno spesso regolare ed integro, carattere che abbiamo visto costante in tutti i tufi; 
taluni hanno degli inclusi, che a forte ingrandimento si riconoscono per pori e gra- 
nuli di magnetite; questi però non sono molti nella massa, e non ho osservato che un 
solo cristallo di pirossene. 

Dando uno sguardo alla microtessitura dei diversi tufi grigi esaminati, si vede chia- 
ramente come, senza mutare di composizione minerale fondamentale, si possa man 
mano risalire al piperno, accentuandosi sempre più la tessitura cristallina, ed indivi- 
dualizzandosi grossi cristalli di sanidina. Questa modificazione ingenera ancora quella 
dei caratteri fisici, e precipuamente la maggior durezza e tenacità della roccia. Di siffatti 
fenomeni abbiamo larghi esempi in natura, ed anche con le esperienze di gabinetto, 
provocati da azioni metamorfiche; così l'argilla, terrosa e tenera, che si trasforma in 
rocce scistose, semidure, dure, tenaci, compatte ed anche più o meno cristalline; l'a- 
renaria che addiviene quarzite, il granito che si rigenera, il calcare compatto e ma- 
gnesiaco che si trasforma in dolomia cristallina, la creta in marmo saccaroide, ecc. 
La metamorfosi del tufo in piperno possiamo dire che si rivela completa a Pianura e 
Soccavo, ma non si arresta soltanto in queste località, sibbene manifestasi meno accen- 
tuata e sovra più piccola scala in altri punti della Campania e nell'interno di veri tufi; 
il Prof. A. Scacchi avea già notato questo in diversi siti, che ho innanzi indicati, e 
nella sua ultima pregevolissima memoria sovra i Vulcani fluoriferi della Campania *), ag- 
giungeva che nelle tufare di Fiano si vede il tufo vero trasformato in roccia somigliante 
al piperno di Pianura, ed altri simili esempi si hanno alle tufare di S. Prisco, di S. An- 
gelo in Formis e di Sorrento. Il non essere rimasto localizzato a Pianura e Soccavo il 
fenomeno della modificazione pipernoide del tufo, ma l’essersi manifestato in più punti 
avvalora l’idea del metamorfismo come causa modificante; aggiungi che questo meta- 
morfismo non si verifica ovunque profondo nella sua ultima fase di espletamento com- 
pleto, nel qual caso sarebbe tornato più malagevole scovrirlo, ma a guisa delle altre 
rocce metamorfosate, si rivela ove più ove meno pronunziato, per lo che riesce più 
agevole riconoscerlo e seguirlo nei suoi risultati. Trovo degno di nota che la modifica- 
zione in parola non esce fuori la zona della Campania; quivi adunque taluni tufi, ad 
elementi minerali pressochè identici e tutti di natura trachitica, aveano le proprietà e 
si sono trovati nelle condizioni di trasformarsi variamente, o per diversa intensità della 
forza modificatrice, o per proprietà inerenti ai primitivi detriti tufacei. 

Resta pertanto un problema tuttora a risolvere, quale sia stata cioè la natura del 
metamorfismo, che trasformò il miscuglio di tufo incoerente e brandelli di lava in pi- 


') A. Scacchi, Regione vulc. fluor. della Campania, 2* Ediz., pag. 36. 


e 

perno. Taluni, facendo capo dalla differenza di composizione chimica del piperno e dei 
tufi adiacenti ad esso o di altri siti della regione flegrea, e tenendo presente che que- 
sta composizione varia sensibilmente nei tufi da un punto ad un altro ed anche nella 
stessa massa tufacea, mentre nel piperno si mantiene pressochè la stessa ovunque, ri- 
corsero all’idea del metamorfismo d’importazione (per la soda) e di asportazione (per 
la calce e magnesia) a mezzo delle acque circolanti; ma questa idea abbiamo visto po- 
tersi assolutamente escludere, poichè la composizione chimica nel piperno, e tanto per 
le fiamme che per le ceneri, dovette essere già uniformemente uguale sin dal momento 
della eruzione, nè questa ha nulla di comune con quella degli altri tufi adiacenti, erut- 
tati in altra epoca e forse da altra bocca di eruzione. Altri geologi hanno ritenuto che 
la pressione, ovvero le azioni chimiche svoltesi fra gli elementi, che costituivano il pri- 
mitivo tufo, hanno potuto consolidarlo e renderlo cristallino; ma tali vedute, che pos- 
sono dir molto, sono monche a segno da lasciare un vuoto completo nella mente. Il 
Prof. A. Scacchi *), nelle sue dotte Memorie Geologiche sulla Campania, disse dap- 
prima che la trasformazione ha potuto verificarsi pel contatto di altre rocce plutoniche, 
che potrebbero supporsi a breve distanza sotto il piperno; e nella sua memoria sulla 
Regione vulcanica flourifera della Campania 2) aggiunse più verosimilmente che i pro- 
dotti di sublimazione nel piperno, i quali si riscontrano anche negli altri tufi delle lo- 
calità sovra indicate, manifestano attività vulcaniche posteriori alla sua formazione, con 
elevate temperature ed emanazioni speciali, e tutto ciò ha potuto influire alla trasforma- 
zione del primitivo tufo; parlando poi delle tufare di S. Prisco, di S. Angelo in Formis 
e di Sorrento, fa rilevare che quivi il tufo sembra come se si fosse fuso, ciò che mani- 
festa elevatissimo calore sviluppatosi, il quale ha potuto bene determinare il metamor- 
fismo. 

Io non tenterò risolvere l’ enigma, che forse resterà tale, sino a che nuovi dati, fra 
cui la conoscenza dei confini del vero piperno, non verranno a fornirci maggior luce; 
voglio soltanto avventurare una idea, che desumo dal modo onde dovette aver luogo 
la eruzione del piperno. 

Ho cercato innanzi di dimostrare come questa eruzione non fu consimile a quella 
degli ordinari tufi, ma fu tutta speciale, cioè una seguela a brevissimi intervalli di ce- 
nere a brandelli lavici pastosi; or bene questi brandelli, cadendo in gran copia infuo- 
cati sulle ceneri ancor esse caldissime, potevano suscitare in queste un metamorfismo 
di contatto, ehe non avea bisogno di estendersi largamente, per la molta ravvicinanza 
degl’innumerevoli brandelli suddetti; da tale metamorfismo ne sarrebbero seguîti la 
completa trasformazione della tessitura in cristallina, la individualizzazione di grossi cri- 
stalli, massime sanidinici °), i cui elementi erano contenuti nella massa, e la cementa- 
zione, il collegamento intimo delle ceneri medesime con essi brandelli di lava. Tale 
metamorfosi, inoltre, sarebbe stata coadiuvata non solo dal grande calore delle ceneri, 
ma ancora dall’accumulamento immediato sovra di esse di altro consimile, materiale 
che da un lato agiva per la pressione alla più intima connessione delle parti, e dall’ al- 


1) Rend. ecec., Vol. VIII, pag. 122. 

4) Op. cit 

®) In talune fabbriche napoletane di mattoni, nelle quali usasi per correttivo dell’argilla grassa 
la pozzolana trachitica, questa talvolta per fusione genera cristalli macroscopici di sanidina, e tra- 
sformasi in una massa da sembrare una vera trachite. 


a a 


tro, quale cattivo conduttore del calore, impediva che questo si disperdesse dalle parti 
interne, ma seguitasse invece ad agire più lungamente. Nelle parti inferiori adunque la 
tenacità della roccia risultava maggiore, e qualche rara fiamma non s’impastò comple- 
tamente con la massa, perchè abbastanza consolidata nel cadere e più fredda, ciò che 
abbiamo visto conferma essere state due cose distinte; nelle superiori invece, pel ces- 
sare della eruzione, vennero a mancare le suddetti pressione e conservazione a lungo 
di calore, sicchè il metamorfismo ne seguì meno intenso; le ceneri e le fiamme rima- 
sero perciò poco connesse tra di loro , sino al punto poi che le parti estreme, conser- 
vatesi più tufacee, più pozzolanee, potettero in certo modo fondersi ai detriti del tufo 
giallo sovrapposto, eruttato posteriormente. 

Le emanazioni, di cui più sopra si è fatto parola, reputo piuttosto che dovettero se- 
guire dopo della formazione del piperno, poichè i prodotti di sublimazione generatisi li 
troviamo tappezzare le fenditure, ovvero racchiusi nelle cavità, e nessuno di essi ha al- 
cun rapporto con la composizione minerale del piperno. 


Dal Gabinetto Geologico 
della ER. Scuola di Applicazione per gl’Ingegneri in Napoli, 
Novembre 1891. 


finita di stampare il dì 8 Gennaio 1891 


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Vol. V, Serie 2.* N° 4 


ATTI DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


SULL’AZIONE RECIPROCA DI DUE ELEMENTI MAGNETICI 
E SUL MODO CON CUI DOVREBBERO VARIARE CON LA LATITUDINE 
LA INTENSITÀ E LA INCLINAZIONE MAGNETICA TERRESTRE 
NELLA IPOTESI DI GILBERT E NELLE ALTRE CHE ANALITICAMENTE LE EQUIVALGONO 


NOTA 


del Socio Ordinario L. PINTO 


Presentata nell'adunanza del dì 20 Febbraio 1892. 


L’azione risultante di un elemento o piccolissimo ago magnetico di momento m 
sopra un polo di intensità -- 1, situato alla distanza r su una retta che fa con esso ele- 
mento l’angolo 8, si trova espressa ‘) da 


rA pd 
RO V1+3000; 


donde si deduce che se quel polo passivo ruota intorno al centro dell'elemento, la pre- 


z + m 2m : G 3 di 
delta azione varia da MAIL Ha il primo valore, quando il polo è all'estremo del 


diametro perpendicolare all’elemento; ha il secondo valore quando n'è discosto di 90°. 
La componente tangenziale della medesima azione è espressa da 


m 
T=-.sen@; 
3 
r 


donde si deduce che la risultante R fa con cotesta componente T l'angolo ? definito 
dalla relazione 


In luogo di 6 ponendo È — A, corrispondendo il X alla latitudine, quando l’ele- 


1) Si veda il mio Trattato di Elettricità e Magnetismo, pag. 425. 
ATTI— Vol. V.— Scrie 29— N.° 4, 1 


mento magnetico attivo è nella direzione dell’asse polare, le precedenti relazioni di- 
ventano 


m 


R=-=|1+3sen) , tgi=2tgA, 


Mok e 5 ; 
ovvero, essendo “i l’azione R, corrispondente all’equatore, 


R=R, Vr+ a senta i les Rai 


Ora nei varii Trattati sul Magnetismo le precedenti formole sono estese al caso in 
cui in luogo di un solo polo passivo ve ne siano a brevissima distanza due eguali 
ed opposti, formanti un altro piccolissimo ago; e, facendone un'applicazione, si sog- 
giunge in quei Trattati che se fosse vera la ipotesi di Gilbert sul magnetismo terre- 
stre o fosse vera ogni altra ipotesi che analiticamente equivale a supporre due masse 
magnetiche eguali ed opposte situate attorno al centro della Terra ad una distanza pic- 
colissima rispetto al raggio, tra l'angolo di inclinazione magnetica i e la latitudine 2 
dovrebbe passare la relazione 


tei =2.t8À%5 


e tra la intensità F, all'equatore e la intensità F, alla latitudine X dovrebbe sussistere 
la relazione 


F,=F,V14-3sen*X. 


Cotesta estensione di azione da un polo a due poli vicinissimi, ovunque situali, 
non mi è parsa evidente, nè esatta. Per tale motivo nella presente nota io calcolo 
dapprima direttamente l’azione reciproca di due aghi magnetici situati comunque, 
purchè a distanza grandissima rispetto alla loro lunghezza; determino poi la relazione 
generale che deve sussistere tra le loro direzioni, perchè l’ uno, pur potendo ruotare 
intorno ad un asse qualunque passante per il suo centro, tuttavia non ruoti. Ed in tale 
condizione della coppia sviluppata o del momento nullo, determino la intensità e la di- 
rezione della forza risultante che il secondo elemento subisce dal primo. Da ultimo 
applicando le formole al caso di un ago che imagino portato in giro attorno ad un al- 
tro fisso e disposto come vuole la ipotesi di Gilbert, trovo le relazioni che seguono, 
ove le lettere hanno gli stessi significati di prima: 


apra «. , sen? A. cos*À 
tgi=2.tgX ,  Fh=F Vi San NA STE 
g g ISEE DI e + "E 1 +3 sen? ) 
Talchè, quando invece di un solo polo passivo se ne considerano due opposti e vi- 
cinissimi, rimane inalterata la relazione fra la latitudine e la inclinazione magnetica ; 
sen? À cos? ) . 


ma la relazione fra la intensità si accresce sotto il radicale del termine +; , i 
143sen°A 


RO <a 
ar + Ù È donosar 0.1 l 
quale acquista il valore massimo di g_ per sen? = x cioè per i=85 19; ed g Dn 


è trascurabile rispetto a ?, quanto in tal caso diventa il binomio 1 + 3 sen? 2. 


Il potenziale magnetico di un elemento sopra un punto esterno è espresso da 


(1) \ —i cos 0, 
ovvero da 
1 
‘(7) 
= 
È; vV= —m,_=— 
( ) m, dh, 7 
1 ; Ma 
essendo (fig. 1) m, il momento magnetico dell’elemento dato, (fig. 1) ge 
h, la sua direzione, r la distanza del suo centro dal punto e- sarti 
sterno che si considera, 9 l'angolo che cotesta r fa con la di “<< 


parte positiva o boreale dell’ elemento. > 
Supponiamo ora (fig. 2) che all'estremo del raggio vettore sia situato un secondo 


‘elemento magnetico, di momento m, e di direzione hs. (fg. 2) 

Essendo V il potenziale del 1° elemento sn, Ù SO TO 

del Ri; iemegio, saranno rispettivamente V ER x V_dh, e LA RSI 
V-F dh, i valori del potenziale ( dovuto Saint al 1° 3$ 

casareiat nei poli n, ed s, di esso 2° elemento. E poichè a 

l'energia di un sistema per l’azione di un altro è e- Latish asl fu 


spressa in generale da W—=/SVdm, sarà nel nostro caso, 
in cui le masse passive m sono +4 p, e — pi, , 


dV dV 
= o cile ==dh; tt, 
w=(v+ Ia) (v dI o) 
ossia 
dV dV dV 
Wi= . 24h ei 
dh, > dia Pa = dh, 2 > 2 dh, 2 


Sarà dunque l'energia del 2° elemento magnetico per l’azione del 1° 


@) w=m, Si È: 
ovvero È 
o) 
(2°) W=—-m,.m , 


2 dh,dh, 
E la intensità della forza che in una direzione qualunque A, subirà il detto ele- 


menlo sarà: 
gal 
d' NE 
dW r 


(8) eri dh, * dh dh, dh, 


cure: Ie 


E se il 2° elemento magnetico è girevole in un piano perpendicolare ad un asse 
h,, passante per il suo centro, poichè, denotando con / la semi lunghezza di delto ele- 
mento, se esso gira di un angolo dg, ogni estremo percorre in direzione perpendicolare 
il camino /.dg, e la forza è sull’uno 


ld dV 
—-_-_[V+ 
(VA Gr Ma) 


l.d dV 
ir ee ir =D 
I do (i dh, © ) ( Wa) | 


il momento di rotazione totale sarà la somma dei momenti 


e sull’ altro 


ld dV 14d dV ; 
—-.,|V 2) al —-—-(V—-_-- dh — A 
l 2A ta dh, 9 n) È l Ri dh, ) ( H) 
cioè 
M& d (dV aa dW 
(4) dpi: GA ) >) pete di: pad 


Denotando con a, , £, € 7, i coseni degli angoli che la direzione 4, del 1° elemento 
magnetico fa con tre assi coordinati, con a, , B, € y, i corrispondenti coseni dell'asse A, 
del 2° elemento e con «,,f, e , quelli dell'asse o della direzione A,, determiniamo i 
valori delle tre derivate 

dV PV d*V 
dh, * dh,dh, © dh,dh,dh," 
In generale si ha 
dV _dV da dV  dy dV' dz 
dh, de’ dh,' dy' dh,' dz’ dh, 
ossia 
dV dV A dV 
@ nie e TE 


Analogamente si ha 
d?V dA d (dV dV d{/dV 
——_ =— [—-]|=- — ( —- Lr}. 
dh,dh, dà, (FA) da da i )+ Pa 7 dy (I ) Ta dz 3, 


- = E - È dV £ 
E sostituendo in ciascun termine per — il precedente valore (a), ed ordinando, 


dh, 
si ha: 


d°*V d*V d3V d°V 
(5) Tirar = Mita + AP trtgat Gata + 


2V a? Tr i 


+ (avi t iz ded Lataloia Bit 7a y da 


| 
Ul! 
| 


Ed analogamente, essendo 


d°V (a (I) E) Tn) 
dh,dh,dhz dh, \dh,dh, Satin dh) 1 Bag diudh,)* 4 (a dh 


si ha, sviluppando ed ordinando, 


d*V d3V 
(©) dh,dhydhy 910,0, ng RAR tr TR 


+ (c,B,B, + PB, P3 + Bag si 


d*V 
Ei, da b (Borirta + Berifs + B,Yaa) dy dz? + 


dv a3V 
+ (azcsti 4 X3%,Y3 + %04,Y3) FERRO + (Baja, 4 Byga3 + Pao dy da "n 


+ (B.Bari + BA + Abr, = dy RT (a ea ia ASI 


d3V 


+ (Bat + AgreB 4 Patata + Bara + YaotaB, + Y30,B; ) dx dy EA 


; ; 1 : 
Nel caso speciale di V — Li essendo 2,y,z le coordinate del centro del 2° ele- 


mento passivo, ed &', 7,2 quelle dell'elemento attivo, in virtù delle relazioni 


N» ate dV© y-y dira 
dai e Cr © Je gg, A perni 
EN... I(a-a')? 1 A RO dios; de) 
dxi — È r> » dy? ra 3 ” de 48 per ’ 
dV _3(a-a)(y—-y) dV _3y—y)(e—-) d'V __3(2—-s' Mea) 
dedy 73 rada 7° È dda — po 
| dV_MUa—-a) 15(0e—a) dV__ y—y) 15(y—yf 
da' rta i cr) Li dg go SDA: 
d°V__ 9(3—-3' 15(2—2)? DV. 3%4-y) 15(0-a)(y-y) 
si pl RR = dedy 1 Ca CA i 
d'V _3(2—2) 15(y—-y)*(=—s)) dV __3(e--x aa 15(e—-2')}(e—a) 
dda 3 i ” dade  r ij ì 
d*V _B@—a)_ 15(e—-a)(y—y)? d*V _3vy )_15(4-y) (es)? 
de diy? p la mi lidyda.. 3 jd, E i 
d°V _3(2-2 SI 15(22)(e-2) dV____15(e_)(y_y)(s—2) 


dada © 150 r! ” dadydz PI ‘ 


Ze 
le espressioni (a), (6) e (c) si trasformano come segue: 
(5) 1 x i ; Il d 
’ ri SS 
(a') a cala dp fra [33 0080=— 3 008(h)). 
ll 


©) TRE = 4,4, ug (aa) o +e.8[3@-m-a]trm [Aeon t]+. 
ul va A e ae +3[frtem] OE 
a = [a. at BB t oa = de ni eni +e ri (' +ri] È sr + pl, ] = 


l 
= (kh, ha) + È cos (7, A,) . cos (7, #3) 


1 
e(—) 

: DA ax a TI y—y (y—-y)? 

o ra [9 para 10 ]+B.8B [oe pra I rirata 


+ [cop + 288 + 20, | ps enna) + [Butera + roBar +rar:8 ] [8 a 15 WE no Ea fi 


an A 15 conii onzi; + [Boono,t B, 4,03 B0,0 | È ce 15 I È 
15 «lea A 
I 


Seal 


J+ 


È [ent 43%,(> + 0,3x13] [ 
{ inisorn 9 s_a' (4 UD (2-2) d_-L' 
sa È aPati + BaPata tr PP aa] [8 TP TRIVIA: “i i; [esrers + asr,t3 + citata] [3 aaa di 
i e-x)(Y-y) (2 
—a [ag + atgraP, + B32,Ya + Bota + Y30%9B, + vs0,Ba] (e-e)y—: & =. ) = 
ASI e-X , Y- si z—-3 x_-x V—y z—-2' LL 
Snai 


43 
a 


yy 4-3 
pe Tora pi J+ 


2î [4,0,9, + 4,230 +- 44303 + 3 B, Bo 4 MB Pa 4 BaBzt CeYYat-2YY3+ atta | cia 


| c 
I 
+ vs [F.6,8, + B.PaP34- B.PsB3+ Batira + YaPar: 4 YaraBi + Ba, + B%30%3 + B0, 0 | "O 
Yala + YaYala + YaYaYa + Ca0t311 4 C30,Va + CtgYa + BaBara + BsBita + BB; | 2 


2* (0, (903-+-BaB3t-YaY3) +-at(4103+-B,B3 +-T1f3) + a3(a, 4+-BBt-Yfta | + 


=. cos(A,,7).cos(4,,7). 008(#3,7)+; 


LI (Amro Afro + attrito) +B(tABetrta)]+ 
+ i [r(osnt+e,frtraro) + Ya(%3+BBst ratti +8, atrvra) | | = 


da cos (4k,,7).cos(A,,7).cos(4,,7) + 


ri 
3|a—a 
+ ni I È . 08 (73,73) +-&,. cos(A,, 3) + 43. cos dix ha) | + 


2 — [Ai . cos (#3,%3) 4 B2 . cos(A,,43) + Ba. cos 0%) ] * 


+ —- [n . COS (2,73) + Ya: COS(A,,%3) +3. cos (19 | | F; 


r 


È 
2 na . c08(4,,7). cos(4,,7). cos(43,7) + S [cos (Ha, hg) . cos(r,h,) + cos(Ak,,73). cos(r,%,) + cos(k; fs). cos(»,h)| . 
r r 


| 


Si ha dunque 


1 
2(7) l 
= Rs ict eh). 

1 


sc 
r 
dh, dhy 


sa 


3 
anah dh — 7A [cos(r,7,)[cos1,%,) —5. cos(r,A,) . cos(r,4,)]+ 
aQNn Ng 


1 3 
Ai (A, Pa) + 7 (4) cose kh.) 


— 


+ cos (43,73). cos(7,7,) + cos (4,43) ; 00s(ry) | 5 
onde per le (2), (3) e (4) [poichè variando ©, variano solo gli angoli (r,4,) ed (4,,4,)] 


m 
x = È cos (r,à,), 


W=—- ea [8 .cos(r,f,).cos(r,7,) — cos (7,, ty) | A 
(5) M=—- —. [sen (A, , 3) —3.cos(r,h,). sen rh) | 3 
SO RA È 
pe vie: mi [cos (r,23)[cos(k,, #3) — Db. cos (r,à,). cos (rl) ] + 


+ cos (%,,%3). cos (r,f,) + cos(k,,#3). cos (r, ho) | - 


La terza delle precedenti equazioni dimostra che il momento di rotazione è nullo 
e quindi la forza è massima nella direzione dell’asse A,, quando si verifica la condizione 


(6) sen (X,,%,) —3cos(r,A,).sen (r,hk,)=0. 


Ora questa condizione è soddisfatta, diventando una identità , 
dequando è /\ (76) =0"ed / (r,h)=0", 
2°quando è /\ (4j; 4) = 0 ed /\ (rjh) = 90°, 
cioè quando le due calamite sono disposte o l’una sul pro- (fig. 3) 
luangamento dell’altra (fig. 3), ovvero l'una parallela al- Cale ae, ee St 
l’altra ma situata sull'asse o sulla perpendicolare con-* ‘ È 
dotta per il centro di essa (fig. 4). Essendo nullo il seno tanto per l’angolo zero, 
quanto per l'angolo di 180°, è naturale che avverrà l’equilibrio anche 
quando una delle due calamite fosse invertita; ma l’equilibrio sarebbe 
stabile nel 1° caso, instabile nel 2°. 
Nel caso del momento nullo, essendo allora evidentemente nello i 
stesso piano le due calamile, sussisterà (fig. 5) la relazione, 


(fig. 4) 


? A (hh) = AMRITA (13h); 
per cui Sa 
sen (,,%,) = sen (1,7,).60s (+,/2,) + sen (r,7,).c0s (1,7), 


== 
(fig. 5) e dovendo essere per la (6) 


ds 
b/ 7 sarà 
® ci ha 


sen (4,,%,) =3 cos(r,7,).sen(r,%,), 


A sen (r,,). cos (r,77,) + sen (r,7y).cos (r,7,)=3 cos (»,7,). sen (r,7,) 
id / 
paia ossia 
er mt ---- 
n 
| i (7) sen(r,%,).cos(r,7k,) =2.cos(r,k,).sen(r,à,). 


3° Avremo dunque mancanza di rotazione e quindi equilibrio anche quando 
sussisterà la relazione 


te (il) =2a (1, h9) 


ovvero (fig. 6) quando sussisterà la re- 
lazione 
cotgAÀ=2.cotg(2,s,,HH)=2.cotgiî, 


essendo è? l’angolo di inclinazione fatta 
dall’ asse dell’ elemento magnetico con 
l'orizzonte HH. In generale adunque 
l’angolo d’inclinazione magnetica ? sarà 
legato con la latitudine X dalla relazione 


(7) igi=2tg. 


Nel 1° dei casi (fig. 3) in cui manca il momento di rotazione, la forza secondo la 
congiungente è espressa da 


(8) pur 0 


rt? 


la quale risulta dall’ultima delle (5), quando vi si pone (r,h,)=(r,h,)=(r,2)= 
(Ah,,h,))=(h,,h))= 0 e quindi si pone 1 per ciascun coseno. 
Nel 2° caso (fig. 4), ponendo nella stessa formola (4,,4,)=0;(r,4,)=(r,4,)=90%, 
si ha 
_3mm, 


(9) Foo, 


ri 


come espressione della forza secondo la congiungente r. Questa seconda forza a pari 
distanza r è dunque metà della precedente F_ed è di senso opposto. Nel 1° è attratti- 
va, nel 2° è ripulsiva. Evidentemente ciascuna cambia senso, se si inverte una cala- 
mita, restando inalterata l’ altra. 

Se le due calamite fossero disposte luna sul prolungamento dell'altra, ma ad an- 
golo retto (fig. 7), sarebbe (h,,4,)= 90°, (r,4,)=0, (r,4,) = 90°, onde si avrebbe 


rr _—_n 


SA 
per il momento di rotazione sollecitante la 2* calamita a 


mettersi per dritto con la 1*, l’espressione: As li 
(10) M= a i 2a 
e per forza parallela all’asse A, l’espressione Si 7 
(10) 7 — ce 


Mita gta 
r3 ri 
forza F, applicata ai due terzi della lunghezza della congiungente i centri delle due 
calamite a partire dalla 2°. Segue da ciò che se alle calamite n,s, ed n,s, si collegano” 
rigidamente due appendici, e queste si congiungono con un filo rigido, il quale di- 
vida la congiungente i centri nel punto C, terza parle di r, il sistema, anche se 
mobile, perchè p. es. è reso galleggiante, non si muoverà affatto e ciò è confermato 
dalla esperienza. 
Quando l’elemento magnetico n,s, si è disposto in modo da soddisfare la relazione 
(7), in modo cioè da non avere più tendenza a girare intorno a qualsiasi asse, passante 
per il suo centro, esso è animato da una forza diretta secondo il suo asse n, s,. Per va- 
lutare cotesta forza (fig. 3), calcoliamone la componente F' perpendicolare e la com- 


ST D vi pre agi? ; > ì ? 
E poichè 2 - 3 può dirsi che in tal caso il momento M risulti dalla 


ponente F' parallela all’asse A, dell'elemento altivo n, s,. Per (fig. 8) 
ciò nell’ultima delle equazioni (5) facciamo successivamente pre s* 
A (h,h)=90° ed /\ (h,4h,)=0, e teniamo conto della rela- A 
zione (7). VAMET 
Nella espressione GO 
ARE 
= e [cos (r,3) [cos(4,,7,) — Bcos(r,k,).cos(r,h,)] + / VAS 
pier spet, 
+ cos(4,,%,).cos(r,7,) + cos(A,,43).cos(7, n) | > 
facendo 
(51) =90%, edi Apr) = ACIIT Ah), 
donde 
cos(4,,h,) = cos(r,4,).cos(r, ky) — sen(r,4,).sen(r,4,), 
cos(4,.43) = sen(4,,%,)= sen”, h,).cos(r, ha) + cos(r, #,).sen(r,4,), 
ed inoltre 
cos(»,43) = sen(r,4,), 
si ha 
F'—- pl [sen (r,h,) [cos(r,A,).cos(r,Ay) — sen(r,4,). sen(7,73) — 5 cos(r,h,).cos(r,R,)]} + 
E 
+ cos(r,4,)[sen(r,%,).cos(7,4,) + cos (rh). sen(r, ny)] | = 
SI [sen (1, 7,) [cos?(r,%,) — sen°(»,7,)] — 3 sen(r, h,). cos (r,%,). cos (r,%)] = 
"ola - 
__3M My 


ine [[2 cos° (r,3,) — 1] sen (1,73) — 3. sen (», 4,) + 008 (1,4,) . cos (,%) |. 


pi 


(AN) 


ATtti— Vol. V.— Serie 2.— N,° 4 


Ma dalla relazione (7) si ha 
sen(r.h,) _, sen(r,à,) 


cos (r,à,) è VI a sen*(r,h,) # 
donde 
dei 
sen (1,3) == Ri 
V1-+3c0s*(r,à,) 
ed analogamente 
cos(r,h,) = lidia E Din US 200 
V1+3.cos*(r,à,) 
quindi sostituendo, la F' diventa 
3 2 
E"— mM, Mm, [[2.cos? tile pene sen(r,à,) pr sen (r,f,).cos TAI] 
Vi + 3cos°(r, CT V1+3 cos" (1,4) 
cioè 
(11) pr___3mum 33M, My È 1 + 4 cos? (r,h,) lu 


r°  Vi+3 cos?(r,4,) 


Facendo poi Ah, = À,, si ha con un procedimento analogo per la componente pà- 
rallela ad A, l’espressione 


ui ne [cos (7,7,) [cos (r,f,). cos (r,%,) — sen (r,f,.sen (r,7,) — 5 cos (r,4,).cos (r,7)] + 


+ cos (r,7,) [cos (r,7,) . cos (r,7,) — sen (r,4,) . sen (r,Ra)] là cos (1,73)] => 


Im,m 


- IL — 3 cos? (r,%,)]cos (r,%,) — 2. sen(r,7,).cos (r,A,).sen (r,23)] = 


a 3 DI, [( i Sas 2008 (rh) 9 sen? (r,7,).cos (r, Set 
1 


V1-+3 cos? (r,à,) V1-+3cos?(r,7,) 
ea ee) (—4cos°(r,h,) 
Li 


A . TESTE E=t3 
ci V14-3cos%r,%,) 


Sarà dunque 
Im, My 4 cos? (r,/,) 


(2) po fai n 
V1 +3 cos*(r,7,) 


. cos (r,7,) 
r 


E la risultante sarà, quadrando e sommando le precedenti espressioni ed estraendo 
la radice quadrata , 


Im,ym il 
ET-A+t 1007 cruna fi i) è aa 
cin de Via + per) ‘cos? ( (1, h,) Vu a 4 cos? (7, h,}}'sen®(r,h,) "E (4 cos? (r, hj). cos(7 sh )° 
____ 3g 1 


n | pla | di t 8 cos*(r,%,) de 8 cos(r,7,) 
04 


i dr 


e () pre 
Per comodità ponendo (r,h,) = 90° — x, sarà la forza attrattiva o ripulsiva, se- 

condo la disposizione delle due calamite. 

8m,m, Vcos?X + 8 sen? X(1- sen?))_ 


(13) F=tLtTi<* 
P V1+3 sen?) 


Per X1=0, cioè quando l’elemento n,s, è nella posizione E (fig. 6), F diventa, 
come si è trovato innanzi (eq.”° 8 e 9). 


FP __3mym, 
e 74 9, 
e per A= 90°, la F diventa 
smjm, 4 
F, i i via Ei; 


e quindi la forza al polo è in valore assoluto doppio di quello all'equatore, e la forza 
alla latitudine X è 
p_VoostA + 8 sen? X (1 4- sen? DE 


Ei 
VI - deg 3 sen? A 
ovvero ì 
(14) FE=F | ESIZZZALE E pf e Cene Ce 
è 1-3 sen°) 1-4 3sen*) 


La forza adunque (quando l'elemento n,s, ha sviluppato la coppia di rotazione in- 
torno al suo centro), cresce con la latitudine, come lo indica la formola 


sen? A. cos”) 


EE VERETETO TEZZE 


E questa formola, anzi che l’allra comunemente citata, cioè 
F,=F,V1-4+3sen*X, 


dovrebbe adoprarsi per verificare e controllare quelle varie ipotesi sul magnetismo 
terrestre, le quali analiticamente equivalgono all’antichissima del Gilbert, a quella 
cioè della calamita centrale, o all’esistenza di due masse magnetiche situate attorno al 
centro ad una distanza piccolissima rispelto al raggio terrestre. 

L’imporlanza del termine di correzione o di aggiunta sotto il radicale, rilevasi dal 


seguente specchietto 


2). costÀ 
bisi pr 


143 sen? X 
Rei... 000 + 0 
eee 090 + 0,027 
NI, 321 + 0,072 
ire, ee 170 + 0,106 
dida o 2000 OR... massimo 
ia MA «L ‘0,108 
fa 4 2.60 + 0,090 
eee 0 13:249 © 10,056 
ET :649 + 0,029 
X=80°... . . 3,909 + 0,008 
GA 00 | 0. 


Vl "era si aa 


Dt 4 ; gngdbnpa ‘Ila ollaip ‘16 AR ip ubi 


x tosza)- PD, prese STIRO 


1% A “I 
Sira soi £ 
L 1 10 MGIOA DI bisi 


| n bs rt ; ” n° 
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1 DISVEN C-158 DO : 
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naltettania inseitasogi sivty siisup, stellentaanco sivofinoà. dedi IR 
glioup n ,it4iDx sb anissidsttog Ta prhogianuna 

iolia slauliz srlvibcngra; ssanni stub ib ssasieien ie 0 ole 
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lil issvoato (slazibei i olios; piioigga i sedile ble o ati id 
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a 


Vol. V, Serie 2° N° 5. 


ATTI DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


EMBRIOLOGIA DELL’AMPHIURA SQUAMATA, Sars 


(Morfologia dell'apparecchio riproduttore) 


MEMORIA 


del Doti. ACHILLE RUSSO 


Presentata nel dì 5 Dicembre 1891 


—_—_—_ 


INTRODUZIONE 


Cenno storico. — A. de Quatrefage per il primo nell’anno 1842 constatò che 
l’Amphiura squamata è vivipara, e ciò in quell’anno faceva noto, comunicandolo a 
Milne-Edwards con una lettera che trovasi inserita nei Rendiconti dell’Accademia del- 
le Scienze di Parigi (Comptes rendus de l’Ac. des Scien. de Paris, An. 1842, T. XV, 
p. 799). 

A. Krohn (XII) *) però, nel 1851, durante un suo soggiorno in Napoli, faceva 
propriamente le prime osservazioni sullo sviluppo alle quali bisogna annettere poca 
importanza, perchè, oltre ad essere state fatte con criterii e con metodi insufficienti, ri- 
guardano solo qualche stadio di sviluppo del sistema apicale e la connessione dell’ em- 
brione nel corpo della madre. 

M. Schultze (XXII) nel 1852 tratta relativamente l’argomento con più larghezza 
di idee, e di tutto il suo studio son rilevanti le osservazioni fatte sullo scheletro calcareo 
embrionale, che cerca rendere omologo a quello di un Pluteus. 

E. Metschnikoff (XVII) nel ’69 riprende questi studii ed estende di molto le 
nostre conoscenze da quel che non aveano falto i precedenti ricercatori. Dimostra anzi 
tulto l’ermafroditismo di questo animale: studia gli elementi sessuali, la formazione della 
blastosfera, dell’ entoderma e del mesoderma. Fa sul sistema acquifero uno studio accu- 
rato, che, se non va esente da alcune inesattezze, pure è meritevole per essere stato il 
primo ad illustrarlo in questo animale. 


1) I numeri romani vicino ai nomi degli autori corrispondono alle opere segnate nella Biblio- 
grafia. 


Atti — Vol. V.— Serie 24-N°5 1 


ale 


H. Ludwig (XIII) nel 1881 studiò lo sviluppo dello scheletro calcareo, dandoci 
per il primo esalte conoscenze per ciò che riguarda le piastre ventrali e dorsali. 

N. Christo-Apostolides (II) nel ’82 comincia a ricercare dell'uovo e corregge 
un errore del Metschnikoff circa la formazione dell’enzoderma. Per il primo nota 
l’esistenza dell’ ano nella larva. | 

W. Fewkes (IX) nell’anno ’86 studia nuovamente la segmentazione e la formazione 
dell’entoderma con le aperture della larva (bocca ed ano). Studia ancora la formazione 
dello scheletro calcareo embrionale e permanente, e da ciò ricava delle vedute morfolo- 
giche riguardanti l’omologia con quello degli altri Echinodermi. 

P. H. Carpenter (VI) infine nell’87 dallo studio sullo scheletro, nota ancora 
alcune omologie ed alcune differenze nello sviluppo del sistema apicale nelle specie vi- 
venti in Europa e quelle viventi in America, 

Altre osservazioni che riguardano lo sviluppo dell’ Amphiura squamata trovansi 
qua e là in lavori di indole generale; come sarebbero quelle del Bury (IV) e del Cué- 
not (Vil). 

Esporrò nel corso del lavoro, al principio di ogni paragrafo, e quando il bisogno 
lo richiedesse per comodità, le osservazioni fatte da ciascuno degli osservatori prece- 
denti, sia per far rilevare le differenze dei risultati ai quali io son pervenuto con le 
presenti ricerche, sia per mettere a corrente il lettore dei punti controversi. 


Tecnica. — La tecnica impiegata principalmente è stata quella della dissociazione : 
i tagli furono falti, sia per comprovare le osservazioni fatte con questo metodo, sia per 
studiare l'apparecchio riproduttore che a fresco riesce impossibile esaltamente prepa- 
rare. Entrambi i metodi, non ancora usati dai precedenti osservatori, come sussidiarii 
l’uno dell’allro, essendosi esclusivamente serviti della dissociazione, oltre a dare alle 
presenti ricerche una sufficiente esattezza, han fatto sì che si potessero allargare le co- 
noscenze riguardanti, cioè, lo studio degli embrioni in avanzati stadii dello sviluppo. 
L'impiego della dissociazione però, rende lo studio delle larve abbastanza lungo, per- 
chè non solo bisogna essere così pazienti da cercare in molti animali dissociati in acqua 
di mare quegli stadij necessarii ad illustrarne lo sviluppo, ma, dopo trovati; stante la 
loro piccolezza, bisogna aver molta cura nell’isolarle e con un contagocce portarle su 
altro porta-oggetti per poter fare osservazioni con maggiori ingrandimenti. In queste 
condizioni l'osservazione si rende sicura, tanto più che riesce agevole volgere la larva 
in tutli i sensi, movendo con gli aghi il coprioggetti, o comprimerla a volontà dopo 
che si è dato una voluta posizione, diminuendo, mercè carta bibula, la quantità di ac- 
qua di mare. Per conservare queste larve usavo esporle ai vapori di acido osmico per 
un 2 o 8 secondi e le osservavo quindi, colorando come ordinariamente si usa. Per i: 
primi stadii dello sviluppo non occorre alcuno di questi procedimenti, presentando le 
cellule di ciascun foglietto una colorazione tipica. Per i tagli gli animali non venivano 
decalcificali per non spostare i rapporti dello scheletro calcareo degli embrioni in essi 
contenuti. I mezzi fissatori e coloranti impiegati sono stati quelli che ordinariamente 
si usano in questa Stazione Zoologica. A preferenza però, ho usato il sublimato (soluz. 
2%) caldo in cui lasciavo gli animali pochi secondi per poi rimetterli in altro freddo 
secondo il solito. Ho usato però, anche di fissare con acido osmico (29/,) 0 con il li- 
quido di Flemming e poi di decalcificare con alcool (30°,) leggermente acidulato. 


Fr 
SEGMENTAZIONE — FORMAZIONE E DESTINAZIONE DEI FOGLIETTI 


Il Metschnikoff (XVII) per il primo si occupò di queste prime fasi dello svilup- 
po, facendo cominciare i suoi studii dalla formazione della blastosfera: non segue però 
la formazione dell’entoderma, onde crede che esso si formi per invaginazione, come 
negli altri Echinodermi. Ci dà alcune figure che ne rappresentano il mesoderma; però 
non segue in ciò neanche il modo di formazione, e crede che |’ archenteron acquisti 
figura piriforme (Birneform) per due vescicole che si formano ai lati di esso, senza dirci 
l'origine. 

L’Apostolides (II) in seguito comincia a ricercare dell'uovo, e ne segue la 
prima segmentazione : dice che l’entoderma si forma per dilaminazione dell’ ectoderma , 
senza però seguire il processo e senza darci alcuna figura per comprovare un fatto 
così notevole. Circa la formazione del mesoderma nulla aggiunge di rimarchevole. 

Fewkes (IX) in ultimo, continuando queste ricerche, riconosce che l’esofago si 

| forma per invaginazione dell’ectoderma, ricavando questa osservazione dallo studio 
delle larve in stadii molto avanzati dello sviluppo. La descrizione della blastosfera e 
della formazione dell’entoderma non è esalta; perchè dal testo e dalle figure poco si 
rileva da poterne chiaramente illustrare il processo di queste formazioni. 

Limitandosi a ciò le attuali conoscenze, facilmente s'intende che queste prime 
fasi dello sviluppo vanno in massima rivedute ed in gran parte rifatte. Io però, non 
esporrò il modo di fecondazione ed il processo che |’ accompagna; perchè, venendo a 
maturazione in ciascuno animale poche uova, è difficile imbattersi in quelle da poco fe- 
condate. Mi sono d’allronde sforzato a provocare una fecondazione artificiale, unendo 
uova e spermatozoi, ma non ci son riuscito, essendo difficile riprodurre le condizioni in 
cui essa avviene. Nella dissociazione però, capita spesso di vedere uova con le vescicole 
polari già espulse, le quali costantemente sono due: l’una vicino all’altra e di gran- 
dezza molto considerevole con colorazione poco più chiara di quella dell'uovo (Fig. 2, 
Tav. I.). Il primo piano di segmentazione è normale alle vescicole ed i due primi bla- 
stomeri sono disuguali. Il più grande, fatto da quasi */ dell'intero uovo, con un secon- 
do piano normale al primo si scinde ed in tal modo si hanno tre blastomeri, uguali 
quasi fra loro e simmetricamente disposti. In una segmentazione successiva i blasto- 
meri sono quattro ed i piani di segmentazione normali fra loro fan credere che il bla- 
stomero piccolo, originato dalla prima scissione, si sia anche diviso normalmente al 
primo piano. Ciò verrebbe a contradire quanto ne riferisce A postolides (II, pag. 206), 
cioè che il frazionamento si opera su una solamente delle due masse (la maggiore ), 
mentre l’altra resta immutata. Ulteriormente è difficile seguire la segmentazione; solo è 
notevole che successivamente i blastomeri, pur conservando la stessa colorazione, 
diventano più chiari e più trasparenti. 

La morula è molto facile a distinguere per le sue cellule tondeggianti, di un co- 
lore uniformemente rossastro e simmetricamente aggruppate. La blastula che ne con- 
segue è molto caralterislica: Le cellule di questa formazione, addossate regolarmente 
sulla membrana vitellina, si sono allungate, formando la vescicola blastodermica con cavità 


Pe, Pe 

molto angusta. Il protoplasma di queste cellule tipicamente si distingue per la colora- 
zione rosso-inlensa che assume nella parte centrale, mentre la periferica resta gialletta 
e trasparenle, in cui si vede un grosso nucleo. La sostanza rossa formante |’ endopla- 
sma *) in queste cellule è fatta dagli elementi di nutrizione di cui l'uovo era provveduto, 
e ciò si connelte al modo di formazione dell’entoderma e delle sue aperture (proctodeo 
stomatodeo). Anche il Brauer ”) in un suo recente lavoro sullo sviluppo dell’Zydra 
ha osservato che le cellule della blastosfera, le quali formano l’entoderma per dilamina- 
zione, contengono nell’endoplasma elementi di nutrizione, mentre l’ectoplasma ne è 
privo. La differenziazione poi de] protoplasma di queste cellule, che inizia Ja formazio- 
ne dell’entoderma per dilaminazione, è stata anche altrove osservata da F ol *) e Met- 
schnikoff *) nello sviluppo della Gergonia e dello stesso Brauer nell’Hydra, però, 
non come qui tipicamente per diversa colorazione, ma sempre per diversa struttura 
della rete protoplasmatica, che fa assumere diverso aspetto all’ectoplasma ed all’ endo- 
plasma. Osservando a fresco una di queste formazioni, o meglio nei tagli, si vedono 
qua e là le cellule in diverso atteggiamento cariocinetico. , 

La formazione dell’entoderma in così fatto modo, che ha dato luogo a molte di- 
scussioni per parle dei sostenitori della gastrulazione, va sempre più acquistando va- 
lore e pare sia più diffusa di quel che prima non si credeva *). Una tale maniera di for- 
mazione è in istrella connessione alle condizioni dello sviluppo, giacchè dove questo è 
libero e la blastosfera è nuotante, l’entoderma si forma per unipolarità, secondo la di- 
rezione di progressione, dal così detto polo vegetativo della blastula, mentre, dove lo 
sviluppo è in uno spazio limitato, cioè, nell’interno dell'animale, si avvera la multipo- 
larità e la dilaminazione delle cellule della Dlastosfera. Questa asserzione dal Brauer®), 
per i Celenterati resa molto evidente, trova negli Echinodermi un’ indiscutibile confer- 
ma, perchè mentre tutti formano l’entoderma per invaginazione, solo lAmphiura squa- 
mata lo forma in modo diverso, evidentemente per le diverse condizioni di sviluppo. 
A tal proposito mi limito solo a citare le più recenti ricerche fatte sullo sviluppo delle 
Ophiureae principalmente, come quelle del Fewkes (IX) sull’ Ophiopholis aculeata 
(Gray) e del Selenka (XX) sull’Ophioglypha lacertosa (Lym) o quelli dello stesso 
Selenka, del Bury (IV) del Ludwig (XIV), per altri ordini di Echinodermi in 
cui sempre l’entoderma si forma per invaginazione. 

Quando tutte le cellule della dlastosfera si sono scisse, si hanno due strati di cel- 
lule: uno esterno (ectoderma) fatto da cellule molto grosse giallette e trasparenti, ed uno 
interno (entoderma) le cui cellule sono piccole, tondeggianti e di un colore rosso-oscuro 
molto intenso da non lasciar vedere alcuna struttura. In queste condizioni in un punto 
alcune cellule ectodermali si atrofizzano ed in ciò son segufte dalle corrispondenti del- 


1) Per indicare le due porzioni di protoplasma delle cellule della blastosfera, ho usato la nomen- 
clatura che Fol impiega per indicare le stesse parti —Vedi Fol Herm.; Die erste Entwickelung des 
Gerjonideneies, in Jenaische Zeit. Naturw. 1873, Taf. XXIV-XXV, u. Figuren in Holzschn. 

2BrauerA., Ueber die Entwickelung von Hydra, in Zeit. Wiss. Zool. Bd. LVI, 1891. 

3) Fol., Cfr. sup. 

‘ Metschnikoff E., Embriologische studien an Medusen — Ein Beitrag zur genealogie der 
primitiv-organ — Wien, 1886. 

3) Si legga all'uopo:Hensen V., Die Plankton expedition und Haeckel’s Darwinismus — Ue- 
ber einige aufgaben und ziele der beschreibenden naturwissenschaften — Kiel u. Leipzig , 1891. - 

®)Brauer— Cfr. sup. , pag. 203 e seg. 


Sl: SPS 

l’entoderma. In tal modo si è formato il dlastoporo e l’archenteron come si vede nella 
fig. 9 e nella fig. seguente, in cui per trasparenza è fatta vedere l’apertura interna 
dell’ entoderma. Quando ciò è avvenuto incomincia a formarsi il mesoderma: Questo fo- 
glietto trae la sua origine anche dall’ectoderma e propriamente da quelle cellule poste 
in prossimità del blastoporo, come si vede in a della fig. 11. Esso da prima apparisce 
come due piccoli gruppi cellulari posti ai lati dell’archenteron, il quale, venendo com- 
presso, acquista la figura piriforme (Birneform) che Metschnikoff (XVII) avea figu- 
rato e creduto si originasse per due vescicole laterali che io non ho mai riscontrato e 
che non esistono. Le cellule del mesoderma sono più tosto grosse e sono munite di brevi 
prolungamenti, che subito perdono per divenire tondeggianti: hanno una colorazione 
gialletta con protoplasma granuloso e nucleo vescicolare e trasparente. Queste cellule, 
aumentando di numero si spingono verso il polo opposto a quello donde ebbero origi- 
ne, occupando quasi tutta la cavità bastocelica. In seguito questi elementi si dispon- 
gono sui due foglietti primarti, limitando una cavità, la quale circonda |’ archenteron, 
non occupando però Lutto il blastocele, arrestandosi solo nella faccia laterale, che sarà 
la ventrale nell’animale adulto. Originandosi così questo foglietto, è impossibile fare 
una distinzione tra mesenchina e mesoblasto propriamente detto: le così delle iniziali 
del mesoblasto non esistono, come nello sviluppo degli Echinodermi in generale fu 
dimostrato da Selenka (XXIII), Fleischmann (X), Korschelt (IX), Ludwig 
(XIV), Barrois (III), Bury (IV). Nell’ Amphiura squamata inoltre il mesoderma si 
forma quando già l’archenteron si è formato, e le cellule sulle prime hanno i caratteri 
di un vero mesenchima, nel senso che ad esso comunemente danno gl’ istologi, simile 
‘a quello che dal polo vegetativo della blastula si origina nella Holothuria tubulosa, Cu- 
cumaria doliolum, nell’ Antedon rosacea, nell’ Echinus microtuberculatus, Strongilocentro- 
tus lividus (Selenka, Bury, Korschelt). Mentre negli altri Echinodermi dall’ ento- 
derma si forma il cul di sacco enterocelico, qui nulla di ciò avviene, ma sono le stesse 
cellule mesenchimatose che limitano una cavità, la quale per il suo modo di origine non 
sarebbe propriamente nè un enterocele nè un pseudocele nel senso inteso dai fratelli 
Hertwig '): Lo sviluppo dell’ Amphiura sarebbe dunque una novella prova che vale 
a conlradire la classificazione dagli Hertwig proposta, con la loro ormai tanto nota 
teoria del Celoma. 

Prima però, che il mesoderma e le vescicole da esso originate si fossero completate, 
si forma lo stomatodeo nel polo opposto a quello in cui si era formato il blastoporo. Que- 
sta formazione si può seguire dal suo inizio fino a che essa si completa, come invagi- 
nazione dell’ ectoderma, occupante quasi un terzo dell’intero embrione. Fino a questo 
stadio le cellule conservano la colorazione tipica dei diversi foglietti, perciò è facile 
seguire a fresco queste diverse formazioni, ma ben presto la larva acquista un colore 
uniformemente giallo-oscuro. 

Dai tre foglielti già studiati si originano i diversi tessuti ed organi del futuro 
animale, come è reso chiaro nel seguente quadro: 


1) Heriwig O. u. R., Die Coelomtheorie — Versuch einer Erkbàrung des mitleren Keimblattes. 
Jena Verlag von G. Fischer, 1881. 


Risi 


Scheletro calcareo cutaneo 
Sistema nervoso 
Borse 

\ Esofago. 


Ectoderma 


Sistema circolatorio 

Scheletro calcareo interno 

Connettivo sotto-epiteliale dello stomaco 
Fasci mesenterici 

Epitelio della cavità generale 
Musculatura 

Glandola ovoide. 


| Sistema acquifero 
Mesoderma 


Entoderma—Epitelio glandulare dello stomaco. 
mi: 


VESCICOLE VASO-PERITONEALI, SISTEMA ACQUIFERO, GLANDOLA OVOIDE 


Gli osservatori che si occuparono del sistema acquifero sono stati il Metschnikoff 
(XVII), l’Apostolides, (II), il Fewkes (IX). Dal complesso delle conoscenze ac- 
quistate per questi ricercatori, mi risulta chiaramente che molte fasi riguardanti lo 
sviluppo furono omesse, che il modo di formazione ed il vero posto del canale petroso fu 
poco osservato e male interpretato, che la chiusura del cerchio acquifero non fu veduta, 
che la formazione delle vescicole dî Poli, esposta da Apostolides è del tutto errata. 

I sacchi originati dal mesoblasto perdurano immutati per poco tempo, dopo che il 
proctodeo e lo stomatodeo si sono completamente formati, ed occupano quasi tntta la 
cavità del blastocele. Ma, col crescere della larva, essi si riducono di molto, occupando 
solo i */, inferiori ( Fig. 15, Tav. I, e Fig. 17, Tav. II). Fino a questo momento la 
larva ha una simmetria perfettamente bilaterale, tanto che, come nelle figure citate, si 
può far passare l’asse principale di simmetria A B, da dividerla in due parti perfetta- 
mente uguali. Però, uno dei due sacchi a poco a poco cresce, si allunga, cioè, da rag- 
giungere tutta l'altezza della larva, per dare in seguito origine all’idrocele (Fig. 18, 
Tav. II). Questo sacco così ingrandito, si strozza in un punto corrispondente ad un 
terzo superiore e la vescicola acquifera che in quel modo si è formata in un primo mo- 
mento della sua differenziazione presenta un solco (fig. 19) che la divide in due locu- 
lamenti. Così s’inizia, e nello stesso modo vien portata a termine (fig. 20) per altri sol- 
chi, che progressivamente si formano dall'alto al basso, questo processo, per cui tutta 
la vescicola viene regolarmente divisa in cinque lobi, come i succitati autori avean 
detto e figurato. Metschnikoff (XVII) però, che descrisse la formazione dei cinque 
lobi dice, raffigurando nella fig. 9 della tavola IV, che la vescicolu acquifera da principio 
presenta cinque piccole prominenze superficiali, che non corrispondono nella interna 
cavità, senza però seguire il modo di formazione. 


Meng Dt 


La vescicola acquifera, divisa regolarmente in cinque lobi (fig. 11), che regolar- 
menle occupa il lato dell’eso/ago, in fasi consecutive si distende in tutti i sensi (fig. 22). 
In questa guisa il Zobo superiore con il suo allungarsi si avanza su l’esofago, intorno a 
cui, per la formazione del sistema acquifero , si svolgerà la futura forma dell’animale. 
Nella fig. 28, infatti, a tale scopo ho rappresentato di fianco una larva, e ciò per mo- 
strare non solo come la vescicola acquifera si spinge su l’esofago per circondarlo, 
ma per far vedere gli assi di simmetria che in esso passano. È notevole che l’asse prin- 
cipale AB è reso normale allo stesso della larva con simmetria bilaterale, essendo ciò 
avvenulo per un progressivo spostamento dell’ esofago verso quel lato che sarà il ven- 
trale dell'animale adulto. In seguito, la vescicola acquifera, avendo in questo tempo di 
molto aumentato le sue dimensioni, comincia con l’occupare una certa porzione del 
lato opposto alla sua posizione primiliva, mentre in fasi consecutive, guardando la 
larva dal lato dorsale, essa si mostra quasi a cavalcioni su l’esofago (fig. 25), I solchi 
che dividevano i 5 lobi, superficiali da prima, a poco a poco si approfondano, mentre 
ciascun lobo si espande, acquistando una figura gemmiforme. Essendo ciascuno di essi 
destinato a formare i primi tentacoli, quando l’ esofago non è completamente circonda- 
to, questi si vedono delineati per mezzo di due solchi laterali molto irregolari, che di- 
vidono ciascun lobo in due porzioni (fig. 23). Con l'ulteriore sviluppo della larva l’ ini- 
zio dei tentacoli si rende bene evidente, perchè i solchi resi regolari e più profondi , 
limitano quattro porzioni dalle quali si sviluppano i tentacoli boccali ed i due primi dra- 
chiali (Fig. 25 e 26). Alle quattro porzioni formate in ciascun lobo se ne aggiunge su- 
bito una quinta, la quale è compresa fra i due fuluri tentacoli brachiali: questo sarà il 
vaso brachiale (fig. 26, vb). Mentre queste fasi percorre ciascun lobo, e mentre le por- 
zioni che in esso si designano si vanno rendendo sempre più indipendenti tra loro, 
incomincia a formarsi il cerchio acquifero. in un primo momento esso è rappresentato 
da brevi tratti, quasi continuazione dei lobi, ma, in fase più avanzata dello sviluppo, 
come fu rappresentato nella figura 26, essi tratti, allungandosi ed assottigliandosi, 
coslituiscono un vero canale quasi indipendente, che circonda l’esofago e che porta ad 
uguale distanza cinque espansioni gemmiformi. La chiusura del cerchio acquifero, es- 
sendo molto difficile a potersi riscontrare non fu descritta da alcuno degli osservatori 
sopra citati. Io però, posso riferire che il cerchio acquifero, circoscrivendo sempre più 
l’esofago, caccia in un certo momento dai suoi due punti estremi due prolungamenti, 
che in seguito si saldano come è chiaro nel punto ch della figura 27. Che la chiusura 
debba avvenire in tal modo e non altrimenti, ce lo dimostra il punto indicato, in cui 
chiaramente si vede che il tratto, da poco saldato, è ancora impervio. 

Il modo di sviluppo del canale petroso non fu ancora seguito, e circa la sua posizione 
il Metschnikoff (XVII), come apparisce dalle fig. 11, 13, 14 della tav. IV del suo la- 
voro; ce la rappresenta in un punto corrispondente alla seconda formazione tentacolare. 
L’Apostolides (Il) dice, che in una fase più tosto avanzata dello sviluppo il canale 
in parola «change de place et il vient se placer à còté de l’endroit qu'il occupera à l’état 
«adulte. Il se trouve dans l’arc du cercle acquifère qui correspond à la partie primilive- 
«ment inférieure de l’embryon, sur celle où se trouve le squelette embryonnaire forte- 
ment réduit». A questa disposizione l’Apostolides annette grande importanza per la 
connessione che egli ‘crede questo canale stabilisse nel punto di attacco con la parete 
ovarica (?). Dopo ciò io mi credo autorizzato a dire, che la vera posizione del canale 


NG ere 

petroso è sempre in prossimità dei cinque tentacoli estremi , e che esso non stabilisce 
alcuna connessione con il corpo della madre, essendo, come meglio sarà detto in se- 
guito, la larva libera nelle borse e solo trattenuta da una ?insaccatura della parete. Come 
si vede in cp della figura 20, quando la vescicola acquifera è prossima ad essere divisa 
in 5 lobi, apparisce un'apertura nella porzione inferiore di essa. Questa formazione, 
visibile solo dal lato dorsale, perdura per un certo tempo, ma, con i differenziamenti 
successivi, indicati nelle figure 21, 22, 23, 25, 26, 27, si forma gradatamente un ca- 
nale, che sempre più va aumentando in lunghezza. Esso sulle prime rivolto verso il 
centro della larva, si va successivamente ripiegando per occupare uno dei futuri inter- 
radii. Quando il cerchio acquifero si è saldato, il canale in parola ha già acquistato un 
certo calibro e si inserisce in questa porzione interradiale (fig. 29). 

Le vescicole di Poli incominciano a formarsi quando il cerchio acquifero si è chiu- 
so. Queste formazioni furono studiate solamente dall’Apostolides (II, pag. 212), il 
‘quale così si esprime a tal proposito : « Nous avons vu dans ce stade l’ébauche d’une vési- 
«cule de Poli; elle était représentée par un petit renflement dirigé en sens inverse de ce- 
«lui qu’elles présentent chez l’adulte... les vesicules de Poli qui primitivement se dirigea- 
« ient intérieurement, peuvent, à un moment donné, prendre leur desposition definitive », 
Io non so in quali condizioni A postolides abbia fatto le sue osservazioni, ma, ho tutte 
le ragioni per credere che egli sia stato tratto in inganno, avendo osservato degli em- 
brioni in uno stadio molto avanzato. In queste condizioni è molto facile che la singolare 
disposizione dello scheletro calcareo ventrale mentisca una formazione delle vescicole 
di Poli nel modo riferito. A me invece è riuscito osservare in stadî poco avanzati dello 
sviluppo , quando lo scheletro ventrale è solamente accennato con piccolissime spicole, 
poste in prossimità di ciascun tentacolo, una formazione molto diversa. In alcuni dei 
tratti interradiali infatti, indicati nella figura 27, si vedono dei rigonfiamenti, che da 
prima comprendono tutto il lume del cerchio acquifero, ma in seguito, come in a, db, €, 
d nella fig. 29, questi procedono, sporgendo però sempre verso l'esterno. 

Quando il cerchio acquifero si è chiuso, dei 5 tentacoli i due inferiori si piegano 
verso il centro del peristoma, mentre il tentacolo brachiale si spinge sempre più in fuori, 
e dai suoi lati, a misura che esso si avanza, si formano delle piccole prominenze, che 
con il loro allungarsi determinano i tentacoli brachiali (pedicelli) (Fig. 38, Tav. III). 

Istologicamente considerata la vescicola acquifera, fatta sulle prime da un solo strato 
di cellule (Fig. 37), quando i /ob? si son formati, ciascuno di essi fa vedere un ispessi- 
mento verso l'esterno, cioè, verso la parte prominente, fatto da strati cellulari soprap- 
posti. Quando poi si son formati i prim? tentacoli, son questi, massime il brachiale, che 
presentano sempre verso il punto estremo la stessa struttura, come è chiaro nelle figure 
32 e 34 della Tavola HI. 

—- Mentre il sistema acquifero così sì forma, la metà inferiore della vescicola, da cui 
esso ebbe origine, si differenzia pure, e primitivamente si allunga, adagiandosi intorno 
allo stomaco (Fig. 20, 21, 22, Tav. II; Fig. 80, 35, Tav. III). In seguito essa lo cinge 
completamente, mentre poi si avvolge intorno all’esofago per dare origine al sistema 
circolatorio. Ulteriormente mi è stato impossibile seguire lo sviluppo di questa vescico- 
la, essendo che, differenziandosi molto tardi, quando lo scheletro calcareo cutaneo si è 
formato, la opacità mi ha impedito la osservazione. La vescicola posta dal lato oppo- 
sto a quella donde ebbero origine i due sistemi già studiati, a poco a poco-*diminuisce 


e 
in volume fino a che non sparisce per atrofia, come si vede in 7, fig. 30, Tav. III, in 
cui essa e già di molto ridolta. 

—Nel tratto interradiale, quando è avvenuta la chiusura del cerchio acquifero, nulla 
ancora si trova da poterne accennare la glandola ovoide. Essa apparisce in fasi poco 
più avanzate dello sviluppo, come si vede in go della fig. 34, tav. III, e sulle prime 
è rappresentata da un accumulo di elementi mesoblastici accanto al canale petroso. 
Ciò esclude assolutamente quello che lA postolides (II, pag. 212) aveva osservato, 
cioè: un piccolo ripiegamento del canale petroso in vicinanza del cerchio acquifero , il 


quale, secondo quesl’osservatore, avrebbe potuto essere l’inizio della glandola da lui 
detta piriforme. 


IV. 


SCHELETRO CALCAREO — SISTEMA NERVOSO 


Lo sviluppo dello scheletro calcareo è stato oggetto di speciali ricerche per parte 
dello Schultze (XXII), del Ludwig (XIII), del Fewkes (IX), del Carpenter 
(VI). Tutti questi però, lasciarono ancora libero il campo all'osservazione, perchè, 
essendosi limitati ad osservare a fresco gli embrioni, non completarono |’ argomento. 
Se per tulti questi ricercatori si riconoscono la disposizione ed il numero delle piastre 
dermali formanti la regione abactinale ed actinale del disco, se si hanno conoscenze su 
le omologie fra queste stabilite e quelle di altri Echinodermi adulti o in fasi di sviluppo 
(Grinoidi, Echinoidi); pure, nulla ancora si è detto circa lo sviluppo dello scheletro 
interno dell'animale, massime del peristoma e delle braccia. 

Lo scheletro calcareo nell’ Amphiura squamata si forma in parte a spese dell’ ecto- 
derma ed in parte a spese del mesoderma. — Esso si può distinguere in scheletro calca- 
reo larvale che scomparisce subito che l'embrione ha raggiunto un certo sviluppo , 
dopo cioè che la forma pentagona si è manifestata, ed in scheletro calcareo permanente. 
Il primo apparisce subito che i tre foglietti si sono differenziati, come si vede nelle fi- 
gure 12 e 13, Tav. I, e sulle prime è rappresentato da due spicole poste in prossimità 
del blastoporo. Questa forma primitiva dello scheletro io la considero come perfetta- 
menle omologa a quella che nello stesso stadio si trova nelle altre Ophiurae , come si 
può riconoscere riscontrando i lavori di Fewkes (VIII), Apostolides (II, cfr. Se- 
conde partie), e negli Echinoidi (Echinus miliaris— Strongjlocentrotus lividus), come fu 
dal Selenka dimostrato, Ma, ben presto a queste spicole altre se ne aggiungono, for- 
mando così da prima un ammasso di piccoli corpuscoli calcaret e poi , fondendosi, una 
piastra areolata, che si adagia sul lato dorsale della larva, corrispondente al polo anale. 
Da questa piastra, dipartendosi alcuni stiletti calcarei di varia lunghezza, non mai su- 
peranti i /, dell'intera altezza della larva, l’insieme fu prima da Schultze e poi da 
Fewkes considerato come omologo allo scheletro del Pluteus. A me, d'altronde, non 
sembra vera questa voluta omologia stabilita fra due forme larvali molto diverse per le 
diverse condizioni dello sviluppo, essendo in vero molto arduo, con le attuali cono- 
scenze, voler stabilire quale delle due forme di sviluppo abbia l’altra preceduta a ciò 
se ne possano riferire le diversità delle forme larvali. 

Oltre a queste spicole caratteristiche della larva, essa è anche provvista di altri 

Arti— Vol V.— Serie 2—N° 5. È 


ME 

corpuscoli sparsi qua e là senza un ordine, massime dal lato dorsale. Essi sono di va- 
ria forma e spesso delle vere piastre areolale, le quali subito scompariscono per dar 
luogo allo scheletro permanente. 

Lo sviluppo dello scheletro calcareo permanente segue in tutto le vicende del sistema 
acquifero, dal quale parte una speciale attività per la formazione dell’Echinoderma. Lo 
scheletro calcareo ventrale (piastre della regione actinale del disco, Fewkes) si inizia con 
piccolissimi corpuscoli, che subito acquistano la forma tricuspide, posti in prossimità 
di ciascun lentacolo, quando ancora i boccali non si sono piegati (Fig. 27, Tav. II). 
Essi a poco a poco si ingrandiscono da divenire delle piastre con forma caratteristica , 
le quali formeranno la piastra terminale e le prime e seconde ambulacrali (Fig. 24). A 
queste subito se ne aggiungono altre due lateralmente, che sono le prime e le seconde 
adambulacrali , le quali ultime iniziano le prime spine del raggio (Fig. 36, Tav. III). 
Alle due piastre adambulacrali, assottigliate verso il centro boccale, si aggiunge subito 
un pezzo bastonciniforme, che è il rappresentante del toro angulare (torus angularis) sul 
quale in seguito altro se ne aggiunge munito di punte: le papille angulari (palae an- 
gulares). 

A misura che il vaso brachiale si avanza per formare il raggio e dai suoi lati si 
formano i pedicelli, vicino a questi si formano aitre piastre adambulacrali, in vicinanza 
delle quali prendono origine le spine. Queste compariscono prima (vedi fig. 38) come 
piccole piastre largamente areolate e presentanti delle punte verso l’esterno, ma, in se- 
guito gli spazii, rendendosi piccoli e frequenti, la spina diviene spessa e segheltala all’e- 
sterno. Le piastre ventrali si formano pure contemporaneamente ai pedicelli e compa- 
riscono sulle prime come una piccola spicola tricuspide, formando poi una piastra che 
si adagia in quel punto del vaso brachiale da cui partono i pedicelli (fig. 38). La piastra 
terminale ventrale subito scomparisce, di guisa che il vaso brachiale resta libero alla 
sua estremità, essendo solo coperto dalla terminale dorsale (fig. 36). 

Contemporaneamente dalla parte dorsale si formano altre piastre (piastre della re- 
gione abactinale del disco, Fewkes), le quali con il loro modo di sviluppo e con la 
loro disposizione chiaramente ci dimostrano come esse anche si conformano sullo svi- 
luppo del sistema acquifero. Difatti, di tutto il sistema apicale, le prime piastre a com- 
parire sono le prime cinque radiali, le quali si adagiano in corrispondenza delle prime 
cinque formazioni tentacolari formate dal cerchio acquifero. La piastra dorso-centrale 
comparisce quando quelle si son molto estese e dopo che le piastre terminali del dorso 
si sono formate in corrispondenza di ciascuna piastra radiale. In seguito, come fu de- 
scritto dai precedenti osservatori, si formano le sotto-basali e le basali che dal Fewkes 
son considerate come omologhe alle basali del calice di un Crinoide. 

L’origine di tulle queste piastre è a spese dell’ectoderma e la sostanza calcarea 
viene elaborata da ciascuna cellula, dentro la quale si trovano piccoli corpuscoli di 
varia grossezza (Fig. @, Tav. III). Il Cuénot (VII, pag. 348) crede però, che nella pro- 
duzione dei corpuscoli calcarei del tegumento il mesoderma invade l’ectoderma e che 
entrambi servono a produrli. 

Unitamente allo sviluppo delle piastre calcaree date dall’ectoderma, prende origine 
lo scheletro interno che vien formato dal mesoderma. Tutto ciò è visibile soltanto nelle 
sezioni di embrioni non decalcificati, come fu rappresentato nella fig. 31 della Tav. III. 
In essa chiaramente si vede che il tessuto mesoblastico, che dovrà dare origine allo sche- 


ni 

letro calcareo interno si è accumulato in determinati punti e che da quelle cellule viene 
elaborata la sostanza calcarea. Questi accumuli si notano anzitutto nelle cinque promi- 
nenze peristomiali e di tratto in tratto nelle braccia. 

Le cellule mesoblastiche sulle prime accumulate senza ordine nelle cinque promi- 
nenze del futuro peristoma, a misura che l'embrione procede nello sviluppo si vedono 
radunate nel punto superiore di detta prominenza (fix. 31, ba), ed inferiormente ai lati 
della stessa (fig. 31, a'). In mezzo a queste cellule si vedono corpuscoli calcarei minu- 
tissimi e spesso molto grossi, che vengono elaborati da quelle cellule, che dopo essere 
a ciò servite, scompariscono. Spesso, come nella figura citata, questi accumuli cellu- 
lari sono solo in parte calcificati, ed allora chiaramente si vede il processo con cui la 
formazione della sostanza calcarea si avvera. — L’accumulo posto nella parte superiore 
della prominenza formerà quel pezzo del peristoma detto toro angulare (torus angu- 
laris), mentre quei due inferiori daranno origine ai due primi pezzi ambulacrati. Nello 
stesso modo, a misura che il braccio si allunga, si formano i pezzi ambulacrali suc- 
cessivi, come nella stessa figura è chiaro. Le papille angulari (palae angulares) si for- 
mano però, dall’ ectoderma, il quale prolifera, accumulandosi all’apice delle cinque pro- 
minenze e segregando la sostanza calcarea, come è reso evidente dalla stessa figura 
nel punto Pa. Da quel che ho esposto è chiaro che il toro angulare, essendo originato 
dal mesoderma come un pezzo unico ed indipendente, non può essere il risultato della fu- 
sione di due pezzi ambulacrali , nè può appartenere allo scheletro del legumento, come 
volle il Lyman (XIII), contrariamente al Miller da cui ebbe questo nome. 

— La formazione del sistema nervoso si può dire non esser stata studiata da alcuno 
fra gli osservatori precedentemente menzionati: L’Apostolides (II, pag. 214) dice, 
che esso si forma quando lo scheletro calcareo si è molto accentuato, il che ne impedisce 
la osservazione; il Cuénot (VII, pag. 458 e seg.), recentemente però, ha fatto note 
alcune sue osservazioni sull'origine di questo sistema. Egli in embrioni misuranti 
240 p.. ed in cui le braccia non sono ancora perfettamente disegnate, ha veduto il sistema 
nervoso ben differenziato e formato da un anello orale, che si invagina per continuarsi 
col tubo digestivo; crede inoltre che questo anello ectodermico superficiale sia come 
nelie Asterie adulte. 

Studiando invece le prime fasi dello sviluppo, a me fu dato osservare che il sîste- 
ma nervoso apparisce subito che lo stomatodeo si è completato. Sulle prime è rappresen- 
tato da quattro cellule gialle, trasparenti con grosso nucleo chiaro e munite di prolun- 
gamenti coi quali si attaccano all’ectoderma ed allo stomatodeo ai lati del quale sono 
situate (Fig. 15, Tav. I). Esse, se si giudichi dalia colorazione, son derivate anche dal- 
l’ectoderma. Questa condizione primitiva del sistema nervoso però, subito si sposta; per- 
chè, a misura che la larva procede in ulteriori differenziamenti, esso si adatta seguendo 
questi e spostandosi seconlo la nuova simmetria. In origine esso, infatti, se- 
gna una simmetria perfettamente bilaterale (Fig. 15, Tav. I; Fig. 40, Tav. II ); ma 
come da uno dei due sacchi si sviluppa la vescicola acquifera, le cellule nervose si ra- 
dunano in gran quantità e poi completamente da questo lato. Così, quando la vesercola 
acquifera cinge l’esofago, le cellule nervose si trovano collocate intorno a questo; e 
quando il cerchio acquifero si è chiuso e si son formati i primi tentacoli boccali e radiali, 
esse si radunano nel punto compreso fra questi prolungamenti (Fig. 24, Tav. II; 
Fig. 34, Tav. III). Tulto ciò si può seguire, sia a fresco, osservando gli embrioni poco 


RES PR 

avanzati nello sviluppo fino ad un diametro di 20 p.., sia nei tagli degli stessi o di più 
avanzati. 

Il seno epineurale si sviluppa molto tardi quando si è costituito un vero cordone - 
nervoso: Questo seno è fatto dal tessuto connettivo, che si eleva ai lati del cordone ner- 
voso, formando due pliche e circoscrivendo a poco a poco un canale, Questo connettivo 
pieno di corpuscoli calcarei, che debbono dare origine ai pezzi peristomiali, si arresta 
attorno al cordone nervoso con un corpuscolo di forma semicircolare molto robusto, come 
si vede nella fig. 37 tratta da un embrione molto avanzato e misurante 40 p. di diame- 
tro. In questa figura si vede ugualmente come il canale in alto sia chiuso dal connettivo 
medesimo, che poi si continua nella parete dello stomaco. 


V. 
PERISTOMA, ESOFAGO, STOMACO, MUSCULATURA, BORSE 


Lo sviluppo dell’apparato digerente e dei tessuti che ad esso vanno annessi non fu 
completamente fatto dai precedenti osservatori, essendosi essi limitati principalmente 
a quello della larva. 

La formazione del peristoma anzitutto presenta grande interesse per la formazione 
dei pezzi calcarei che ad esso si connetiono, come nel paragrafo precedente fu detto. Qui 
noto soltanto che questo primo tratto dell'apparato digerente si accentua molto tardi, 
quando già l'embrione è prossimo ad uscire dal corpo della madre, essendo prima 
fatto da cinque prominenze poco distinte e non ancora calcificate. Nello stesso tempo 
però, in cui si formano i pezzi peristomiali e delle braccia, cominciano a formarsi i 
muscoli motori di questi. Sono gli stessi elementi mesoblastici che ne dànno origine, e 
propriamente quelli posti tra un punto e l’altro che si calcifica. Essi da prima indiffe- 
renti e simili agli altri elementi, in seguito si avvicinano tra loro disponendosi in serie, 
mentre il protoplasma in questo frattempo si allunga, attaccandosi ai due pezzi calca- 
rei vicini (Fig. 33, Tav. III). Il primo muscolo che apparisce è il M. interradialis ea- 
ternus (Fig. 31 mie), che si forma superiormente ai due primi pezzi ambulacrali. In 
seguito, 0 quasi contemporaneamente si forma il M. interradialis internus (Fig. 35 mit) 
che si lega inferiormente a questi stessi pezzi e che si continua nelle braccia dove si 
forma a mano a mano, con lo stesso processo, fra due pezzi successivi. In questo 
frattempo si formano i due piccoli muscoli posti superiormente al m. interradiale esler- 
no e che si legano al toro angulare ed ai due pezzi ambulacrali (Fig. 31, ml). 

L’esofago, considerando quanto si è detto nel primo paragrafo, è falto da un’ în- 
vaginazione dell''ectoderma e nella larva già avanzala esso internamente è munito di 
ciglia vibratili (Fig. 23, Tav. Ii), e gli elementi che lo compongono sono allungati. Si 
contrae inoltre di tratto in tratto per far passare nello stomaco alcuni elementi tondeg- 
gianti più o meno piccoli e trasparenti, i quali sono forniti dall’epitelio borsale su cui 
la larva si è situata. Ben presto intorno ad esso si addossano gli elementi del mesoblasto 
(Fig. 30, 35, ces) e nel connettivo sotto-epiteliale di questo tratto esofageo, quando il 
peristoma si è già formato, si vedono elementi disposti circolarmente, i quali daranno 
origine allo sfintere muscolare. 

Lo stomaco è tondeggiante nella larva e fatto da un solo strato di cellule cubiche 


ig 

molto basse ed a grosso nucleo (Fig. 30, 35). I globuli alimentari introdotti nello sto- 
_maco acquistano un certo movimento dovulo, secondo l’ Apostolides (II), a ciglia 
vibratili, che io non ho mai poluto osservare , non ostante avessi impiegato una ob- 
biettiva ad immersione. — Allo stomaco della larva segue un breve tratto intestinale, 
che si apre all’esterno con l’ ano. Entrambe le aperture del tubo digerente, quando la 
larva è avanzata, trovasi dalla parte ventrale e /’esofago incomincia con una larga 
invaginazione imbutiforme (Cfr. Fig. 28, Tav. II). L’ano si chiude subito, e di esso 
non resta alcuna traccia quando la vescicola acquifera presenta in ciascun lobo accen- 
nati i futuri tentacoli. Lo stomaco allora cresce in ampiezza e le cellule che lo compon- 
gono diventano più numerose e si allungano, mentre in seguito si volge sempre più 
verso quel punto opposto all'apertura esofagea per disporsi perpendicolarmente ad essa. 
In questo momento esso si è situato nel centro del disco già formato e l’asse prin- 
cipale di simmetria passa per il (ubo digerente, in modo da intersecare normalmente 
quello già segnato nella figura 15 della Tav. I. In questo frattempo le cellule dello sto- 
maco cominciano a segregare il fermento digestivo, che sulle prime è di un colore rosso- 
aranciato. 

In corrispondenza dell’epitelio dello stomaco larvale ben presto si addossano al- 
cuni elementi del mesoderma (Fig. 31, 35, Tav. III), i quali in seguito (Fig. 35) con i 
prolungamenti del protoplasma si anastomizzano fra loro e si allungano, cingendolo 
completamente. Questi elementi, addossati in più quantità nel tratto ss0fageo, forme- 
ranno il tessuto connettivo sotto- cepiteliale del tubo digerente. 

I fasci mesenterici ugualmente si originano da queste cellule: Essi sulle prime, 
quando già l'embrione ha figura pentagona, sono rappresentati da una sola cellula con 
nucleo e protoplasma allungati, vera cellula muscolare (Fig. 32, fm), la quale si lega da 
una parte al connettivo sotto-epiteliale dello stomaco e dall'altra a quello del tegumento. 
In seguito a questa se ne aggiungono altre, in modo da avere un fascio lungo e robusto. 

— Le borse si formano molto tardi, quando l'embrione è prossimo a liberarsi dal 
corpo della madre. Come nella figura 3i (B) esse sono in principio chiaramente rap- 
presentate da invaginazione poco profonde dell’ ectoderma, poste ai due lati di ciascun 
interradio e facenti, cioè, continuazione con l’epitelio che riveste ciascun raggio. 


Vi 
MORFOLOGIA DELL'APPARECCHIO RIPRODUTTORE 


Constatalasi la viviparità e l’ ermafroditismo dell’Amphiura squamata, nessuno fino 
ad oggi ha studiato con esattezza la disposizione dell'apparecchio genitale ed il modo di 
fecondazione. Il Metschnikoff (XVII) però, per il primo descrive i sacchi testicolari, 
che dimostra essere inseriti su due sti/etti calcarei posti in ciascun raggio. L’Aposto- 
lides in seguito (II) dice anzitutto che le borse sono completamente indipendenti dagli 
organi genitali; descrive poi i due sti/etti calcarei inseriti nel disco ed i sacchi testicolari 
compresi dal lato interno di questi. Nega che i sacchi respiratorii (borse) possano servire 
come inviluppi embrionali, prendendo così parte alla riproduzione. Afferma inoltre, che 
l’uscita degli elementi maschili si effettua per deiscenza: ciascuna vescicola, cioè, arri- 
vando a malurità a forza di gonfiarsi scoppia e le cellule si disseminano da per tutto. 


sii 
Secondo quest’osservatore gli organi femminili occupano lo stesso posto delle altre 
Ophiureae; però, son differenti per forma e per struttura. Nell’Amphiura squamata, egli 
dice, si ha « uno stroma glandulare alla superficie del quale si sviluppano le uova. Que- 
sto stroma si presenta sotto la forma di un tessuto composto di ammassi cellulari di un 
color brunastro, come se molti corpuscoli della cavità periviscerale si fossero messi in- 
sieme per formare un cordone. Questo è un tessuto eminentemente vascolarizzato, che 
trovandosi a contatto con la cavità generale contiene elementi nutritivi necessarii allo 
sviluppo degli embrioni. Le uova provengono dalle cellule di questo tessuto (?) ». 

lo, per rendermi ragione dell’ apparecchio in generale ho praticato sull’ animale 
non decalcificato dei tagli sia trasversalmente al disco, sia normalmente ad un raggio, 
in modo da comprendere in una sezione due inlerradii. Guardando la figura 47, tratta 
da una sezione trasversa, e le figure 41 e 42 tralte da sezioni perpendicolari al raggio, 
si vede che i sacchi genitali sono siluati in vicinanza dell'apertura genitale, mentre le 
borse liberamente si estendono verso la periferia del disco ed in gran parte dal lato in- 
terradiale. — I sacchi testicolari in numero di due (uno per ciascun lato) occupano cia- 
scuna porzione radiale del disco, e sì poggiano su due stiletti calcarei , ispessimento 
dello scheletro cutaneo del raggio, come è chiaro nella figura 41 e 42, st. Questi sac- 
chi hanno forma allungata e piriforme, comunicano con le dorse per un’ apertura resa 
pervia quando i prodotti maturi debbono fuoruscire e sono liberi in uno spazio dipen- 
dente dalla cavità generale che si prolunga nei raggi. Questo spazio, limitato inferior- 
mente (vedi Figura 41 e 42) dai pezzi scheletrici del raggio, lateralmente dal tegu- 
mento e dai due stiletti calcarei e superiormente libero, io lo chiamo camera testico- 
lare. Questa camera, vista in sezione trasversa, ha forma quasi triangolare con apice 
verso l’esterno dove i due stiletti (Fig. 41) si uniscono e base verso il centro però, li- 
bera e continuantesi con la cavità generale. 

I sacchi ovarici sono situati negli spazii interradiali del disco, nel lato opposto del- 
l’ apertura genitale e poggiano su d'un ispessimento calcareo marginale. Essi non si 
presentano mai in numero maggiore di uno per ciascun lato ed ugualmente hanno 
forma di una pera (Fig. 42 e 47). La maturazione avviene come nelle altre specie del 
gruppo ed all'estremità del sacco si trovano ordinariamente uno o due uova mature fa- 
cili a distinguere per la loro colorazione e grandezza (Fig. 1, T. I). Entrambi i sacchi 
testicolari ed ovarici sono rivestiti dal connettivo borsale e dall’epitelio della cavità gene- 
rale, e sono di dimensione minima messi a paragone con quelli delle altre Ophiureae. 

Le borse, pur non allontanandosi dall’ordinaria struttura, presentano delle partico- 
larità coordinate al modo di fecondazione e di sviluppo. L'epitelio che riveste queste 
cavità si prolunga per buon tratto fuori dell'apertura genitale ed è munito in tutta la sua 
estensione di ciglia vibratili, che massime verso l'esterno hanno un movimento molto 
energico. Quest’epitelio si modifica passando nelle borse, in quanto che esternamente e 
nell'apertura genitale è fatto da cellule cubiche allungate e ben seriate in modo da for- 
mare una superficie liscia (vedi fig. 46, eag), mentre internamente, divenendo più basso, 
si accumula di tratto in tratto quasi irregolarmente (fig. 46, Vi) e forma delle villosità 
O papille più o meno lunghe (Fig. 42, 47, 45). Il protoplasma di queste cellule pag 
liali è abbondante e molto granuloso. 

Le borse (fig. 45) si estendono molto e raggiungono da un Jato quasi la pommmerià 
del peristoma, dove si legano con fasci mesenterici, e dall'altro lato quasi la ‘periferia 
del disco (fig. 47). Queste cavità sono in massima diario disposte dal lato interradiale. 


uf — 

Tulta quanta la disposizione dell'apparecchio riproduttore fu tratta schematica- 
mente nella fig. 48, in cui per maggiore chiarezza fu con punti riprodotto l’epitelio 
della cavità generale, il quale riveste le borse, i sacchi genitali e quello spazio radiale 
dove sono allogati i sacchi testicolari e da me detto camera testicolare. 

Con tale disposizione delle parli componenti l'apparecchio genitale, la feconda- 
zione avviene quando le uova mature cadono nelle borse dove son trallenute dalle 
villosità dell’epitelio. Nello stesso tempo vi entrano gli spermatozoi fuorusciti dal sacco 
testicolare, i quali sono trasportati nel fondo delle borse da una corrente d’acqua deler- 
minata dai movimenti delle ciglia vibratili di cui è fornito l’epitelio anche esternamente 
all'apertura genitale. Gli spermatozoi entrati nelle borse ugualmente sono trattenuti fra 
le villosità come ebbi ad assicurarmi, facendo uso dei granuli di carminio. Avvenuta la 
fecondazione ordinariamente sempre in prossimità dell’apertura genitale, le uova pren- 
dono posto fra ì villi borsali ed a misura che si sviluppano sono avvolti da questa mem- 
brana e trasportati verso il fondo sempre dal lato interradiale. Prendendo posto in 
questo modo gli embrioni, come fu rappresentato nella fig. 45, è chiaro che i meno 
avanzati sono sempre in prossimità dell'apertura genitale, mentre quelli in fasi inol- 
trate di sviluppo si succedono in basso completamente protetti dalle borse. 

Circa alla connessione che la larva acquista con la madre, in generale fu creduto 
che fosse molto intima: difatti, dal Krohn, dallo Schultze, dal Metschnikoff, dal 
Fewkes si rileva che essa viene stabilita mediante un vero cordone od ombelico, che 
a poco a poco si assottiglia, quando l'embrione è quasi al completo, per rompersi poi 
quando deve uscire. Questa connessione inoltre si credeva fosse sempre nel polo poste- 
riore della larva dove è lo scheletro provvisorio. 

Contrariamente ai su citati osservatori, io posso qui riferire che questo supposto 
ombelico ( Nabelschnur-Umbelicus ) non esiste, e che solo la larva è in gran parte ade- 
rente alla parete della borsa. Nella dissociazione, infatti, capita quasi sempre di osser- 
vare queste larve libere o solo trattenute per il polo posteriore dove l’epitelio borsale, 
che per il primo in quel punto si degenera, forma una specie di cemento; mentre nei 
tagli, come fu rappreseritato nella fig. 44, 45, chiaramente si vede che esse non acqui- 
stano rapporto di sorta con l’ovario, come fu da Apostolides (II, pag. 212) asserito, 
nè con altre parti, ma, che solo sono trattenute în sito dalla parete borsale ripiegata. 

Nella figura 44 si vede inoltre che l’epitelio della borsa si è qua e là degenerato, 
massime nel punto inferiore dove le cellule epiteliali sono completamente scomparse ed 
in pid che è in via di degenerazione per fornire elementi tondeggianti e trasparenti di 
varia grandezza. Questi elementi nutritivi si trovano abbondanti dentro l’esofago e tra 
la parete esterna della Zarva e l’epitelio borsale in parte degenerato. Tutto ciò rende evi- 
dente che la larva si nutre a spese dell’epitelio, che si distrugge per fornire questi ele- 
menti che penetrano nello stomaco per contrazioni dell’esofago. Nei tagli dell’intero ani- 
male costantemente si trova degenerato l’epitelio borsale in corrispondenza di quel 
punto su cui poggia il polo posteriore della larva dove era il blastoporo (fig. 4), in quel 
punto proprio dove si era creduto esistesse l'ombelico. 

Da ciò si può supporre che la nutrizione nelle prime fasi di sviluppo si avvera per 
quell’apertura posteriore, mentre, essa in seguito scomparendo, l’epitelio borsale allo 
stesso scopo si degenera in altri punti e più in corrispondenza dell'apertura esofagea. 

L'epitelio della borsa, dove la larva si è situata perde ben presto le villosità de- 


i 
scritte, e si distende. Gli embrioni contenuti in ciascuna borsa sono pochi (4-5) e tutti 
disposti in quella porzione volta verso l’interradio. 


Prodotti sessuali. — Non esporrò l'evoluzione di questi elementi, perchè essa fu 
distesamente trattata in altro mio lavoro *), ed in questa specie non altrimenti si avvera 
che nelle altre Ophiureae. Son degni di nota però, alcuni caralteri degli elementi ma- 
turi, perchè essi si coordinano alla viviparità dell'animale. 

L'uovo misura soltanto 4 p. di diametro, di cui 2 sono occupati dalla vescicola 
germinaliva tondeggiante ed a rele cromalica con maglie robuste e con macchia di 
Wagner molto grossa. Il vitello è fatto da una zona relativamente piccola, in cui son 
contenuti pochi granuli lecitici sparsi qua e là in una rete resa per ciò molto evidente. 

Se l'uovo così fatto si melte a paragone con quello di altre Ophiureae, subito ap- 
parirà una enorme differenza, non solo per le dimensioni diverse, ma più per gli ele- 
menti nutritivi contenuti nel vitello, che in generale sono molto abbondanti e regolar- 
mente disposti da nascondere la rete vitellina. È chiaro però, che i granuli lecitici sono 
necessarii per lo sviluppo libero nell’acqua, mentre l’uovo di Amphiura squamata, per 
quel che sopra fu delto, non ha grande bisogno. Osservando un sacco ovarico di que- 
sto animale, si vede come in esso vengono a maturazione uno o due uova, le quali si 
trovano sempre nel fondo facili a distinguere per la loro colorazione rosso-oscura, men- 
tre il resto è occupato da elementi ovarici di varia grandezza, trasparenti e gialletti 
(Fig. 1, Tav. I). L'uovo è circondato da una membranavitellina spessa e di color 
giallo e di una seconda delicata molto larga da Metschnikoff creduta di natura chi- 
tinosa e da A postolides di natura connettivale. 

Lo spermatozoo è anche notevole per le sue dimensioni. Esso ha una testa pic- 
cola e tondeggiante ed una coda breve, e ciò si concorda con il modo di fecondazione. 
Questi elementi infatti non hanno bisogno di grandi movimenti, perchè come escono 
dal sacco testicolare entrano subito nelle borse per fecondare l'uovo. Osservati fuori 
del sacco non mostrano movimenti energici, non pertanto dentro di esso han moto 
vorticoso. Gli spermatozoi escono già formati dal sacco testicolare, e però non sono 


rivestiti da una membrana che scoppia per farli uscire, come avrebbe voluto l’Apo- 
stolides (II). 


VII. 


CONCLUSIONI 


— Dallo studio generale, riguardante i primi momenti della evoluzione, facilmente 
si possono riconoscere in questo animale dei fatti caratteristici, non ancora riscontrati 
in altri Echinodermi, che solo trovano sufficiente ragione nelle condizioni di svilup- 
po : Mentre tutti gli animali di questa classe si sviluppano liberamente nell’ acqua, solo 
l’Amphiura squamata si sviluppa nel corpo della madre: è perciò che la blastula ciliata 
non esiste e che parimenti non si può distinguere in essa un polo vegetativo , essendo 


') Russo A., Ricerche citologiche sugli elem. semin. delle Ophiureae. — Intern. Monatssch. f. 
Anat. und Physiol. 1891, Bd VIII. Heft 8. 


Call 
che l’entoderma si forma per dilaminazione, come in generale fu dimostrato avvenire in 
altri animali (Celenterati) che nello stesso modo si sviluppano. Nella blastosfera inoltre 
non esistono le così delte cellule iniziali del mesoblasto, ma, questo foglietto si origina 
anch’esso dall’ectoderma: da quelle cellule poste in prossimità del blastoporo. Riesce 
impossibile fare quindi una distinzione tra mesenchima e mesoblasto nel senso dei fra- 
telli Hertwig, essendo le vescicole vaso-peritoneali non date da diverlicoli dell’ ento- 
derma, come in tutti gli Echinodermi, ma dalle stesse cellule originate dall’ectoderma. 

— La vescicola acquifera, proveniente da uno dei due sacchi originati dal mesoder- 
ma, sì divide in cinque lobi per solchi, che successivamente si formano dall’alto al basso: 
Essa incomincia col cingere l’esofago con il lobo superiore, fino a che tutto quanto non 
lo abbraccia quando si è determinato il cerchio acquifero per |’ allungarsi dei solchi 
interlobulari. Da ciascun lobo per due solchi laterali si formano i futuri tentacoli boc- 
cali e primi brachiali. — La chiusura del cerchio acquifero avviene per due digitazioni 
estreme, che in seguito si saldano. — Le vescicole di Poli si formano per digitazioni 
poste nei tratti interradiali rivolte fin dal loro inizio verso l'esterno. — Il canale pe- 
troso comparisce da prima come un'apertura posta inferiormente alla vescicola acqui- 
fera, ma, che poi sporge con un peduncolo fino a che, allungandosi, non sbocca all’e- 
| Sterno in uno degli interradii. 

— L'altra metà della vescicola, da cui ebbe origine il sistema acquifero, si allunga 
e cinge sulle prime lo stomaco, mentre la vescicola situata nel lato opposto della larva 
a poco a poco si atrofizza. 

— Le altre cellule del mesoderma, che hanno tutti 1 caratteri di un mesenchima, 
a poco a poco si accostano alla parete dello stomaco, si allungano, e con i prolunga- 
menti del protoplasma si uniscono, formando il connettivo sotto-epiteliale dello stomaco. 

— Da questo foglietto hanno anche origine i fasc: mesenterici, i quali sulle prime 
sono formati da una sola cellula col protoplasma allungato, col quale si legano al con- 
nettivo sotto-epiteliale dello stomaco da una parte e dall'altra a quello del tegumento. 

— La glandola ovoide ha parimenti origine dalle cellule mesoblastiche che si ra- 
dunano altorno al canale petroso. 

— Il sistema nervoso si origina dall’ ectoderma in un periodo molto precoce dello 
sviluppo. Esso comparisce ai lati dell'esofago, seguendo la simmetria della larva e le 
vicende della vescicola acquifera. Quando si formano i tentacoli boccali e brachiali le 
cellule nervose sono radunate in maggior numero in corrispondenza di queste forma- 
zioni. Il seno epineurale è formato dal tessuto mesoblastico che circonda il cordone 
nervoso già formato. 

— Lo scheletro calcareo ha origine dall’ectoderma e dal mesoderma: Dal primo si 
formano le piastre cutanee e le papille angulari (palae angulares); dal secondo il toro 
angulare (torus angularis) e i pezzi ambulacrali ed adambulacrali del peristoma e delle 
braccia. La sostanza calcarea viene elaborata dalle cellule che si accumulano in quei 
punti dove si forma lo scheletro. Oltre a questo, che è lo scheletro permanente, la larva 
è provvista di uno scheletro destinato a sparire: esso sulle prime è rappresentato da 
due spicole, poste ai lati del blastoporo, quando i tre foglietti si sono già differenziati 
ed in questo stadio è omologo perfettamente a quello delle altre Ophiureae. 

—I muscoli del peristoma e delle braccia (m. interradialis eaternus—m. interradia- 
lis internus) hanno origine dal mesoderma e si formano contemporaneamenle ai pezzi 

Art — Vol. V— Serie 29—N° 5 3 


— B—-. 
calcarei di quelle parti: Essi sono sulle prime cellule accumulate senza ordine, che poi 
si dispongono in serie parallela e con i prolungamenti del protoplasma si inseriscono 
sui due pezzi calcarei contigui. 

— L'apparato digerente è costiluito dal peristoma, che molto tardi mostra le cinque 
prominenze ed in cui anche più tardi si formano i pezzi calcarei quando, cioè, l’anima- 
le è completamente sviluppato. — L’esofago è dato dall’ectoderma e nella larva si con- 
trae per l'introduzione dei globuli nutritivi: Solto di esso si accumulano in gran quan- 
lità le cellule del mesoderma per formare il conneltivo sotto-epiteliale e lo sfintere mu- 
scolare. — Lo stomaco è tondeggiante nella larva però, subito si estende e si sposta con 
l’esofago, in modo che per essi si può far passare un nuovo asse principale di simmetria 
normale a quello della /arva con simmetria bilaterale. 

— Dallo studio generale dello sviluppo mi si rende chiaro quanta parte prende il sé- 
stema acquifero nella formazione dell’ Echinoderma e quanto sia giunta a tal proposito 
l’idea espressa da A. Agassiz contrariamente a quanto J. Miiller avea delto, cioè, 
che il giovane Echimoderma si sviluppa, modellandosi sulla forma dello stomaco. Nel- 
l’Amphiura squamata si è visto, infatti, che lo sviluppo del sistema nervoso si coordina a 
quello della vescicola acquifera, e che lo scheletro calcareo permanente e tutte le altre 
parti si adattano alla forma che assume il sistema che da quella vescicola si svolge. 

— Le parli componenti l'apparecchio riproduttore si coordinano al modo di sviluppo. 
I sacchi genitali sono in numero di uno per ciascun lato e nelle ovaie vengono a matu- 
razione uno o due uova per volta, non potendo altrimenti essere contenuti in ciascuna 
borsa maggior numero di embrioni. Borse e sacchi genitali sono ricoperti dall’ epitelio 
della cavità generale, il quale in ciascun raggio riveste anche una piccola cavità da 
me per il primo descritta e detta: Camera testicolare. L'evoluzione degli elementi semi- 
nali avviene nello stesso modo delle altre Ophiureae, solo sono notevoli i caratteri 
degli elementi maturi che qui assumono forme e dimensioni caratteristiche coordinate 
al modo di fecondazione e di sviluppo. 

— La fecondazione avviene nelle borse, essendo le uova e gli spermatozoi trattenuti 
fra i villi formati dall’epitelio borsale. Non esiste ombelico (Nabelschnur), come cordo- 
ne che unisce la larva con la madre, solo quella è in gran parte aderente all’epitelio 
delle borse, il quale si degenera per fornirle elementi di nutrizione. È notevole che 
l’epitelio borsale si degenera prima in corrispondenza di quel punto su cui si poggiava 
il blastoporo (ano), mentre ulteriormente, quando questo scomparisce, si degenera in 
corrispondenza dell’ apertura esofagea. 


Napoli — Stazione Zoologica — Novembre, 1891. 


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1891, fasc. 2.° 


= Sagre 

XXII. — Russo A. — Die Keimblitterbildung bei Amphiura squamata (Sars) — Zoologischer 
Anzeiger, 1891, N.° 377. 

XXIII. — Schultze M. — UVeder die Entwicklung von Ophiolepis squamata — Muller’s Archiv, 
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XXIV. — Selenka E. — Zur Entwicklung der Holothurien — Ein Beitràg zur Keimblittertheo= 
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ss —_# E. — Keimblatter wr Olgananie der Echiniden — Nello stesso giorn. , 33 

, 1880. 


XXVI. — Seng E. — Studien ber die Entwicklungsgeschichte der Thiere — 2° Vol., Die 
Keimblitter der Echinodermen. Wiesbaden 1883. 


XXV. 


SPIEGAZIONE DELLE FIGURE 


SEGNI COMUNI A TUTTE LE FIGURE 


mv, membrana vitellina ; tb, tentacolo boccale; 
ectp, ectoplasma; tr, tentacolo radiale; 
endp, endoplasma; vb, vaso brachiale; 
ect, ectoderma; esof, esofago; 
mes, mesoderma; sfom, stomaco; 
ent, entoderma ; a, ano; 
dl, blastoporo; ce, corpuscoli calcarei; 
st, stomatodeo; Ta, toro angulare; 
sn, sistema nervoso; a’, a*, 1° e 2* piastra ambulacrale; 
va, vescicola acquifera; ad', ad*, 1° e 2° adambulacrale; 
cp, canale petroso; T, piastra terminale. 
TAVOLA I. 
Tutte le figure di questa tavola furono ritratte col Nachet —. ; 


dalla figura 7° alla 162 furono rappresentate in sezione ottica. 


Fig. 1. Sacco ovarico con uovo maturo («’) ed uovo in diversa fase di evoluzione (w); v9 ve- 
scicola germinativa; ep, epitelio del celoma. 

2. Uovo con vescicole polari (vp); 20, membrana esterna. 

3. Uovo in via di segmentazione. 

4. Uovo già scisso e formante i due primi blastomeri, 

5. Stadio successivo della segmentazione. 

6. Morula. 

7. Blastula, mostrante l’ectoplasma e l’endoplasma con diversa colorazione — a, bd, cel- 
lule in cariocinesi. 

» &. Formazione dei due foglietti primari. 

» 9. Formazione del dlastoporo e dell’archenteron. 

» 10. Lo stesso stadio della figura precedente, in cui per trasparenza è fatta vedere l’aper- 

tura interna del dlastoporo. 

» 11.Formazione del mesoderma ai lati dell’archenteron — a, cellula dell’ectoderma in 
via di scissione. 

12. Il mesoderma si estende ed incomincia a formarsi lo stomatodeo (stom.). 

13. Lo stomatodeo, formandosi, spinge l’archenteron. 

14. Lo stomatodeo è completamente formato. 

15. Stadio più avanzato in cui apparisce il sistema nervoso e le cellule del mesoderma 

circoscrivono due cavità — AB, asse principale di simmetria. 
» 16. Stadio molto più inoltrato per mostrare come le vescicole fatte dal mesoderma si ar- 
restano nella futura faccia ventrale dell'embrione. 


vv % x x v% 


AA AIA 


TavoLa II 


0c.3 


Tutte le figure in cui non é segnato l’ ingrandimento, s'intendono fatte col Nachet 0a * 


Fig. 17. Stadio quasi come il precedente — AB, asse principale di simmetria (dal lato ventrale). 


» 


» 


» 


« 
» 
» 


» 


» 


» 


18. Una delle due vescicole del mesoderma si è allungata e strozzata in & per dare ori- 
gine alla vescicola acquifera. 

19. La vescicola acquifera presenta un solco (dal lato ventrale). 

20. La vescicola acquifera è prossima ad essere divisa in cinque lobi ed inferiormente ad 
essa comparisce il canale petroso — La vescicola tasale comincia a cingere lo sto- 
maco (dal dorso). 

21. Stadio più avanzato del precedente (Faccia ventrale). 

22. La vescicola acquifera si distende e si avanza su l’esofago. 

23. I lobi della vescicola acquifera presentano due solchi laterali, accenno dei futuri ten- 
tacoli (dal dorso). 

24. Sistema acquifero con i tentacoli boccali piegati verso il centro del peristoma — Vi- 
cino si son formati i pezzi calcarei — Le cellule nervose si sono accumulate fra quei 
prolungamenti del sistema acquifero. 

25. Larva vista dal dorso, per far vedere come il sistema acquifero cinge l’esofago. 

26. Il cerchio acquifero porta ad ugual distanza cinque espansioni gemmiformi divise in 
cinque piccoli lobi. 

0c.3 

obb.Timm. * 

28. Larva vista di fianco per far vedere i nuovi assi di simmetria che in essa si possono 
far passare — AB, asse principale, cd, asse accessorio. 

29. Tratto del cerchio acquifero in cui è inserito il canale petroso (cp). 


X—a,b,c,d, diversi stadî dello sviluppo di una vescicola di Poli. 


27. Sistema acquifero già completato e prossimo a chiudersi in ch. Nachet 


i 


TavoLa III 


Fig.30. Sezione di una larva poco avanzata nello sviluppo secondo l’asse maggiore ; mes, cel- 


» 


» 


d 
d 


» 


» 


lule mesenchinatose; sc, vescicola che darà origine al sistema circolatorio; 7, ve- 
scicola quasi atrofizzata. 

31. Sezione trasversa di un embrione quasi al completo per mostrare la formazione dei 
pezzi calcarei interni del peristoma e dei muscoli interradiali; sa, sistema acquifero; 
mit, muscolo interradiale interno; m22e, muscolo interradiale esterno; Pa, papilla 


angolare; B, borse al principio della loro formazione. 

0C.3 

obb2 * 

32. Sezione, come la precedente, di un embrione meno sviluppato; cst, cellule epiteliali dello 
stomaco; ce, connettivo sotto-epiteliale; fm, fasci e cellule mesenteriche. 


Colorazione Carminio allumico — Nachet 


: gue ; 0c.8 
Colorazione Ematossilina alcoolica — Nachet HTEÒ 
i . © 3 i 0c.3 
33. Fibro-cellule muscolari fra due pezzi calcarei di un embrione — Nachet di 


34. Sezione trasversa di un embrione meno avanzato del precedente — Internamente al 
cerchio acquifero si vedono le cellule nervose — Nei tentacoli, massime nel vaso 
brachiale, si vede verso l'estremità un ispessimento; 90, glandola ovoide. 

Color. ed ing. come sopra. 

35, Taglio di una larva secondo il suo asse maggiore — Le cellule del mesoderma si sono 
accostate alla parete dello stomaco per fornirgii il connettivo sotto-epiteliale ; sc, 
sistema circolatorio ; ces, cellule epiteliali dello stomaco; ce, connettivo sotto-epi- 


teliale; cm, cellule del mesoderma. 


0c.3 


Fiss. e col. come sopra — Nachet -;;3 - 


36. Prime piastre ventrali, per far vedere i rapporti col sistema circolatorio. 
37. Sezione perpendicolare ad un dente del peristoma di un embrione molto avanzato — 
In questa si vede l'anello nervoso ben formato con il senso epineurale che lo 


circonda; cgs, cell. gland. dello stomaco; cn, cordone nervoso; cep, canale 


0c.3 


epineurale — Nachet 3 


38. Raggio di un embrione visto dal lato ventrale, per mostrare i rapporti dello scheletro 
calcareo del tegumento col sistema acquifero; Ped, pedicelli; V, piastre ventrali ; 
Sp, spine. 

39. Elementi sessuali maturi; a, spermatozoi; 0, uovo — Nachet a ì 

40. Sistema nervoso di una larva molto sviluppata. 

41. Sezione perpendicolare ad un raggio, sul principio della camera testicolare per mo- 
strare che essa verso l'esterno si restringe; ag, apertura genitale; ze, ispessimento 
calcareo sul margine dell’apertura genitale; sn7, sezione del nervo radiale; m7°, 


muscoli radiali; s/, stiletti calcarei ; c4, camera testicolare, ecg , epiteliale della ca- 
2 si : 0c.3 
vità generale; , borse — Col. Ematossilina acoolica Nachet ri - 

42. Sezione come la precedente, più vicino al centro del disco, per mostrare la camera 
testicolare molto più larga — Le indicazioni sono come nella fig. precedente; pe, 
pedicelli; Te, sacco testicolare; 0v, sacco ovarico — Ingr. e color. come sopra. 

0c.3 


43. Sacco testicolare; $, spermatozoi maturi; Ev, elementi in evoluzione — Nachet zia 


e PL 


Fig. 44. Rapporto tra la larva e l’epitelio della borsa; pi, parte inferiore dell’epitelio comple- 
tamente distrutta; p24, epitelio in via di degenerazione; 97, globuli nutritivi; Vi, 


villi borsali— Col. Emat. alcool. Fissazn Lig. Flemming Nachet SA : 


» 45. Sezione trasversa del disco in corrispondenza delle borse, per mostrare il modo come 
gli embrioni si avvolgono di asse; ag, apert. genitale; ct, camera testicolare; S', 
S°, 1° e 2° embrione in diverso stadio di sviluppo; fim, fasci mesenterici; Per, pe- 


a 0c.3 
ristoma— Nachet oi 


» 46. Sezione trasversa in corrispondenza dell’ apertura genitale e principio della borsa; R, 

raggio; eag, epitelio dell’ apertura genitale; Vi, villi borsali ; 72, ispessimento mar- 
, : .3 
ginale dell’ apertura genitale — Nachet di. 

» 47. Sezione trasversale del disco; &, raggio; m27, muscolo interradiale interno; Dp, dente 
del peristoma; /im, fasci mesanterici; Ct, camera testicolare; Te, sacco testicolare; 

0c.3 

obb.l * 

» 48. Rappresentazione schematica dell’ apparecchio riproduttore: B, borse; 0v, sacco ova- 
rico; Te, sacco testicolare; ct, camera testicolare; ecg, epitelio della cavità ge- 
nerale; sc, stiletti calcarei; î2, ispessimento marginale; ap, apertura genitale; 

0c.3 

obb.7 imm. * 


0v, sacco ovarico — Nachet 


X— Cellule del mesoderma con corpuscoli calcarei — Nachet 


finita di stampare il dì 31 Marzo 1892 


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Atti della RACCaL A ScHISCAMAUE NAV Ser MN 


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Vol. V, Serie 2.* N° 6. 


ATTI DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


APPUNTI SUI CESTODARIA 


DI 


FR. SAV. MONTICELLI 


presentati nell'adunanza del dì 20 Febbraio 1892. 


Col nome di Cestodaria '), indico quelle forme di Elminti parassiti [ Gyrocotyle 
(== Amphiptyches), Amphilina, Caryophyllaeus, Archigetes] finora ascritti ai Cestodi e 
considerati come Cestodi semplici, o non segmentati, o, come altri li disse, monoge- 
netici, e più recentemente ritenuti come monozoici (Lang). 

I Cestodaria corrispondono ai Cestodi aplogonei del Blanchard (1848) [ Scole- 
cina, partim, Dujardin, Monobothria, partim, Diesing, Lénnberg], al quale si deve 
la prima vera grande partizione dei Cestodi secondo il loro carattere essenziale ?): essi 
devono costituire, come io propongo, un nuovo ordine di Platelminti equivalente a 
quello dei Trematodi e dei Cestodi e che deve tenere il mezzo fra i due; essendo da 
entrambi ugualmente distinto e con caratteristiche dell’uno e dell'altro. La creazione 
di questo nuovo ordine per queste forme è pienamente giustificabile per la loro orga- 
nizzazione che, se si allontana da quella dei Trematodi per l'assenza di apparato dige- 
rente — ai quali per contro per molti punti della disposizione generale degli organi ge- 
nitali si ravvicinano e sono del tulto simili per la semplicità, od unicità, dirò me- 
glio, di essi — non meno si allontana da quella dei Cestodi appunto poichè la caratte- 
ristica vera di questi è la moltiplicità degli organi genitali, corrisponda, o no a questa 
la segmentazione del corpo, quantunque con i Cestodi abbiano esse di comune l’altro 
carattere essenziale di questi l’ assenza, cioè, di apparato digerente. 

Dei Cestodaria ho preparata una Monografia il più possibilmente completa, ma 
siccome la compilazione di essa e la esecuzione dei numerosi disegni e delle molte ta- 
vole che accompagneranno il lavoro mi faranno di molto ritardarne la pubblicazione, 
così, per prender data, mi propongo pubblicare col titolo di appunti alcune delle osser- 
vazioni fatte, sotto forma di note preliminari riassuntive. Il genere di queste pubblica- 


1) Nome imitato dal Blainville (1822) che disse Anellidaria quegli Entomozoarii che si al- 
lontanavano dai veri Vermes (Chetopoda ed Apoda): gli Anellidaria di Blainville corrispondono 
oggi ai Gephyrea di Quatrefages. 

2) Recherches sur l’organisation des vers, in: Ann. Sc. Naturelles (3), Tome VIII, pag. 323-324. 


AtTI— Vol. V.— Serie 2°—N.° 6. 1 


Ea IS 


zioni non mi permette di trattenermi più lungamente sulla necessità della creazione del 
nuovo ordine dei Cestodaria, che è anche giustificato dallo sviluppo embriologico, e 
prego il lettore di aspettare il lavoro completo nel quale questa discussione troverà 
largo posto in un capitolo speciale. In questa prima serie di osservazioni intendo dar 
notizia di due forme poco note di Cestodaria: negli appunti seguenti mi occuperò dello 
sviluppo embrionale, del sistema nervoso, della orientazione del corpo di alcune spe- 
cie di Cestodaria, e nell'ultima serie esporrò la loro classificazione ed alcune considera- 
zioni generali sull'ordine. 
Le due mentovate specie di Cestodaria sono le seguenti: 


Amphilina liguloidea Diesing (= Monostomum liguloideum Diesing). 


Per cortesia del D". E. Marenzeller ho potuto esaminare da vicino un esemplare 
di questo verme che si conserva nel Museo di St. Naturale di Vienna, raccolto a Borba 
nel Brasile dal Natterer nel cavo addominale del Vastres Cuvierii ') e ritenuto come 
un Trematode dal Diesing °), che come tale lo descrisse e figurò col nome di Mono- 
stomum liguloideum (1850), collocandolo accanto al Monostomum foliaceum ( = Amphi- 
lina foliacea). 

L'esame di questo esemplare mi ha dimostrato che non è un Trematode, ma una 
forma affine all’ Amphilina foliacea della quale ha tutti i caratteri generici, cosicchè a 
questo genere deve essere ascritto il M. liguloideum, e siccome molto specificamente 
esso dalla A. foltacea differisce, così deve considerarsi specie da questa differente per la 
quale propongo di conservare il nome specifico di A. liguloidea. 

L'A. liguloidea ha corpo appiattito, nastriforme con le due estremità arrotondate, 
lungo da 78-117 mill.; l'estremo anteriore è più ristretto, il posteriore più largo. La 
superficie del corpo è del tutto liscia e levigata. Ventosa anteriore piccola, bene svilup- 
pata, come nell’A. foliacea. Estremo posteriore del corpo, nel punto corrispondente allo 
sprone dell’A. foliacea *), con un piccolo ispessimento cerciniforme che a primo aspetto 
rassomiglia ad una piccola ventosa. La disposizione assai caratteristica degli organi 
genitali è la seguente: con tulte le sue differenze essa, però, si riduce del tutto al tipo di 
quella dell'A. foltacea. Ovario rotondeggianie, situato nella parte posteriore del corpo, 
molto piccolo (ov): l’ovidutto si origina inferiormente e dorsalmente dall’ovario e pre- 
sto si slarga a formare un lungo tubo uterino: questo si dirige prima verso la parte 
posteriore del corpo, descrivendo delle ondulazioni e ripiegandosi su sè stesso, fa un 
arco verso sinistra e, sempre con decorso ondulato e facendo anse, risale descrivendo 
una curva, quasi ad abbracciare l’ovario, che rassomiglia ad una C maiuscola: poi bru- 
scamente si raddrizza e, sempre con cammino ondulato, risale nella zona centrale del 
corpo fino nella parte anteriore, dove molto dietro la ventosa anteriore, all’ altezza de- 
gli ultimi testicoli, si ripiega per ridiscendere, sempre con decorso ondulato, verso la 


') pesce d’acqua dolce dei Tropici della famiglia Osteoglossidae Gunther (=Arapaima gigas 
Cuv.): V. Gunther, Cat. of. Fish., Vol. VII, pag. 377, 379. 

1) Sys(. Helm. 1850, Vol. I, pag. 320, ed in: Denk. k. Akad. Wien, Bd. X, pag. 62, Taf. I, figu- 
re 25-29. 

3) Chiamo sprone nell'Amphilina foliacea la punta con la quale si termina la estremità poste 
riore del corpo di questa specie, in certi casi molto sporgente. 


PE: A 

parte posteriore del corpo: qui giunto l’utero, all'altezza della biforcazione del deferen- 
te, descrive un’altro arco e risale nuovamente verso la parte anteriore e questa volta 
si prolunga fino all'estremo anteriore per sboccare al lato destro della ventosa anterio- 
re: questo ultimo tronco ascendente dell’utero, anch’ esso a decorso ondulato, presenta 
lungo il suo tragitto, specialmente a livello del suo arco anteriore, forti varicosità do- 
vute al numero grande delle uova contenutevi. L’ utero (ut) dunque, disposto ad occu- 
pare la zona centrale del corpo, si origina a sinistra e, dopo aver percorso tre volte in 
tutta la sua lunghezza il corpo, sbocca a destra della ventosa anteriore. L’ovidutto al 
suo inizio riceve lo sbocco di un ricettacolo seminale rigonfio a forma di piccola palla 
di un diametro tre volte minore di quello dell’ ovario che nella sua parte infero-poste- 
riore si prolunga in un piccolo condottolino, assai breve, per mezzo del quale si apre 
nell’ovidutto. Questo ricettacolo seminale interno (rs?) si trova sul decorso della va- 
gina che, invece di terminarsi in esso, si continua per lungo tratto nel mezzo del corpo, 
per una lunghezza uguale al terzo della lunghezza totale del corpo dal suo punto di ori- 
gine all'estremo anteriore, terminandosi a fondo cieco a forma di clava (v'): dal ricet- 
tacolò seminale, dalla sua faccia dorsale, si originano dunque due condotti, l’ uno an- 
teriore, quello innanzi detto, che appena uscito si rivolge verso sinistra e descrive un 
arco di cerchio ad abbracciare, a destra, la parte anteriore dell’ovario fino quasi ad in- 
contrarsi con l’altro arco formato dall’utero e si continua poi dritto per terminarsi, come 
ho descritto, a fondo cieco (v), l’altro posteriore che si rivolge con decorso lee germente 
ondulato verso l’estremo del corpo e sbocca sulla faccia ventrale a sinistra del pene (v), 
poco oltre i due terzi della lunghezza della porzione del corpo che intercede tra la estre- 
mità posteriore ed il ricettacolo seminale esterno '). Quanto ho qui descritto può scor- 
gersi nella figura 1, che è ricavata da una chiarissima preparazione in glicerina ad- 
dizionata di acido acetico dell’unico esemplare in esame. 

I vitellogeni sono disposti su due lunghe linee parallele decorrenti marginal- 
mente: esse si arrestano anteriormente poco innanzi i testicoli e l'arco anteriore del- 
l'utero; posteriormente si arrestano, invece, poco innanzi l’ovario (vt): i due vitello- 
dutti longitudinali, che raccolgono il prodotto delle singole glandole vitelline, disposte 
ai lati del vitellodutto sia isolatamente, sia a coppie di due o tre per volta, posterior- 
mente convergono a formare una lettera V, e si incontrano, fondendosi insieme, poco in- 
nanzi il ricettacolo seminale interno quasi nella linea mediana del corpo : dal punto di 
fusione si origina un tronco impari che si volge verso dietro e verso sinistra e, pene- 
trando tra il ricettacolo seminale e l’ovario, s' insinua fra i due, descrivendo una curva 
rivolta verso la faccia dorsale, per sboccare nell’ovidotto, innanzi l’aprirsi in questo 
delle glandole del guscio e dopo l'immissione del condottolino del ricettacolo semi- 
nale (vd!). Le glandole del guscio sono numerose e formano una massa compatta, spinta 
leggermente verso il dorso, che abbraccia lo slargamento fusiforme dell’ovidotto che 


1) Il Salensky ha descritto nella A. foliacea un canale di comunicazione tra il ricettacolo se- 
minale femminile. e l’apparato maschile sotto forma di un dottolino che, partendo dal fondo del 
ricettacolo seminale femminile, sbocca in una delle anse del ricettacolo, o vescicola seminale e- 
sterna, o maschile. Egli ammette così una comunicazione interna diretta fra i due apparati, intorno 
alla quale mette la quistione sulla possibilità di una autofecondazione interna per questo mezzo 
(Zeit. Wiss. Zool. Bd. XXIV, pag. 330, Taf. XXXI, fig. 15, Vdg.). Tale comunicazione non esiste 
nell’A. liguloidea e le mie numerose osservazione sull'A. foliacea mi mettono in grado di negarla 
anche in questa specie, come dimostrerò largamente a suo luogo. i 


e 0a 
costituisce l’ootipo, e si trova per metà ricoverta , dal lato ventrale, dal ricettacolo se- 
. minale interno (99). 


ES 

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h; 

* | 

| dgr” 


Fig 


Amphilina liguloidea Diesing — Sist. Zeiss, vi camera Abbe. Estremità posteriore del corpo: ov-ovario, rsi-ricettacolo 


seminale interno, gg-glandole del guscio, u#-utero, v-vagina, v’-prolungamento della vagina, v/-vitellogeni, vid-vi- 
tellodutti, -testicoli, df, df'-deferenti, rse-ricettacolo seminale esterno, p-pene e tasca del pene (dalla faccia ventrale). 


I testicoli () sono disposti anch'essi come i vitellogeni a formare due linee paral- 
lele decorrenti marginalmente ed internamente ai vitellogeni: anteriormente essi si ar- 
restano a livello del arco anteriore dell’utero e posteriormente ad un livello corrispon- 
dente a poco meno della metà della lunghezza totale del prolungamento posteriore 
della vagina dal fondo cieco claviforme alla sua origine. I singoli testicoli sono dispo- 
sti irregolarmente a paia ai lati dei due lunghi deferenti (d/) che decorrono per tutta la 
estensione da essi occupata: questi deferenti, dove si arrestano i testicoli, cominciano a 
convergere e finiscono per incontrarsi nella linea mediana del corpo poco prima del- 
l’arco posteriore dell’utero (4/) e proseguono, fusi in un unico deferente (d/) di calibro 
più forte dei precedenti, pigliando tutto l'insieme, così descritto, l'aspetto di una grande 
lettera Y. Questo deferente unico dapprima dritto e mediano, comincia presto ad au- 
mentare di calibro ed a mostrarsi ondulato e volgersi alquanto a destra; le semplici 
ondulazioni si cambiano presto in ravvolgimenti ed attorcigliamenti ripetuti, finchè si 
termina, a circa la metà della lunghezza della vagina, nella tasca del pene. Quest'ultima 
parte slargata del deferente costituisce il ricettacolo seminale esterno (rse). La tasca del 
pene dapprima larga, piriforme, si continua poi, sempre più restringendosi, per sbocca- 
re esilissina, subventralmente, in una insenatura mediana della estremità posteriore del 


lp 

corpo (V. figura (), circondata dallo ispessimento ventosiforme già ricordato. La guai- 
na del pene è nella sua porzione basale a forma di crescente coricato sul dorso, obli- 
quamente spinta da destra verso la linea mediana; poi si ripiega a ginocchio e decorre 
con andare ondulato, fino al suo sbocco, nella linea mediana del corpo (p). 

Tutto l’apparato maschile si mostra quindi formato da due distinti grappoli allun- 
gati, disposti ai lati del corpo e divisi fra loro dalla zona centrale, convergenti verso 
la parte posteriore del corpo. 


Caryophyllaeus tuba Wagener[nec Siebold]. 
(= Ligula (Wagener), Monobothrium (Diesing) tuba). 


Debbo alla cortesia del Prof. P. Sonsino, che io pregai di farne ricerche nelle 
Tinca chrysitis del mercato di Pisa — nelle quali per il primo la ritrovò e descrisse il 
Wagener')—numerosi e belli esemplari di questa specie, che io non ho potuto finora 
ritrovare nelle Tinche di qui per quante ricerche avessi fatto finora. 


IRE 
se reni 


Re 


CPI 


Dain, 


Caryophyllaeus tuba—Lente I Microscop. Caryophyllaeus tuba — Sist. Zeiss, came- Cariophyllaeus tuba— Sist. Zeiss , = ca- 
diss. Zeiss. camera chiara Abbe. ra chiara Dumaige. Estremità posteriore mera chiara Abbe. Estremità anteriore : 
( faccia ventrale ): ov-ovario, 00t-ootipo, —m-muscoli retrattori anteriori, vt-vitel- 
99-glandole del guscio, uf-utero, vtg-utero logeni, t-testicoli. 
glandolare, ut'-utero terminale (ovidotto e- 
sterho), vt-vitellogeni, vtd-vitellodutto im- 
pari, v-vagina, agf-antro genitale femmi- 
nile, #-testicoli, d/-deferente, rse-ricettaco- 
lo seminale esterno, p-tasca del pene e pene 
(faccia ventrale). 


Wagener indicò questo Verme col nome di Ligula tuba (?) Siebold, senza, però, 


1) Entwicklung. d. Cestoden, pag. 24, 25, Taf. I, fig. 14. 


MERI = 

indicare da quale opera del Siebold avesse tratto tal nome specifico 1). Diesing creò 
per questa forma il nuovo genere Monobothrium (tuba) che ascrisse, insieme al gen. 
Caryophyllaeus alla sua 1° famiglia dei Cephalocotylea paramecocotylea *). Sonsino #), 
ha fatto recentemente cenno del ritrovamento di questa forma nelle Tinche: egli ac- 
cetta il genere di Diesing e dice che questo verme offre certamente delle affinità col 
genere Nematobothrium e per esse costituisce probabilmente un anello di concatenazione 
tra i Cestodi e Trematodi. i 

Lo studio dei sopracennati numerosi esemplari mi ha dimostrato che non si tratta 
qui nè di una Ligula, nè di un Monobothrium,-ma invece di un Cestodario, che nulla 
ha di comune coi Nematobothrium e che ha, invece, tutti i caratteri generici dei Caryo- 
phyllaeus, ai quali per tutta la sua organizzazione si rassomiglia, e che differisce solo 
specificamente dal C. mutabilis: cosicchè io lo considero come specie da questo diffe- 
rente per la quale propongo di conservare il nome di C. tuba, riferendo la specie a 
Wagener e non al Siebold per le ragioni espresse nella nota 1 a piè di pagina. 

La forma del corpo è una delle principali e dirò principalissima caratteristica di 
questa specie e differenziale ad un tempo dal C. mutabilis. Il C. tuba è allungato depres- 
so, subcilindraceo dorsalmente (Fig. 2) e terminasi posteriormente molto puntuto e ri- 
strelto: anteriormente si slarga di poco e poi si restringe nuovamente e si termina 
subtroncato (Fig. 3). Ma l’aspelto di questa parte terminale anteriore è assai variabile 
per le contrazioni di essa. Wagener dice che « Der Kopf hatte an der Stirn eine 
tiefe Aushohlung; mit ihr heftete sich das Thiere fest an die Darmwand » dell'ospite. 
Sonsino parla invece di un unico botridio a calice alla estremità anteriore che è in- 
grossata, ed in nola, descrivendo come gli individui trovati erano attaccati alla mu- 
cosa intestinale, osserva che essi « davano luogo ad una placca rilevata ed arrossata 
della mucosa effetto indubitato dell’aspirazione prodotta dai botri dei singoli individui 
applicati sulla mucosa stessa » (loc. cit., pag. 250, nota 1). Lo studio accurato sia su 
esemplari integri, sia su preparati in toto (Fig. 2, 3), nonchè su sezioni traverse, frontali 
e saggiltali della parte anteriore del C. tuba, mi fanno escludere, e lo mostrano bene le 
figure, la presenza dello infossamento (Aushòhlung) osservato dal Wagener ed inter- 
petrato per botridio prima dal Diesing e riconosciuto per tale dal Sonsino. Egli è 
però da notare che l'osservazione di Wagener non è del tutto erronea, come sem- 
bra a prima giunta a chi esamini l’animale in istato di estensione completa (Fig. 3): 


1) Probabilmente il Wagener ha riferito il verme in quistione al C. tuba Siebold, MSS. e- 
numerato dal Baird nel Catal090 degli Entozoi del Museo Brittannico, a pag. 97 come proveniente 
dalla collezione Siebold e raccolto nel Cyprinus (Chondrostoma) nasus. Io ho potuto esaminare 
a Londra questo tipo dei Siebold nelle collezioni del Museo Brittanico di St. Nat. e dallo studio 
fatto ho potuto convincermi che non è altra cosa che il Cyatocephalus truncatus 'Kessler] Pallas, 
che non è un Cestodario, ma un vero Cestode, al quale con giusta ragione il Lònnberg rapporta 
ed identifica l’Acrobothrium typicum Olsson (On Sarcotaces och Acrobothrium, in, Ofversigt af kongl. 
Vet. Akad. Forhand], 1872, N. 9). Lonnberg per questo verme crea l'ordine dei Monobothrida (Bi- 
drag. till. kanned. om i Sverige forekommande Cestoden, in: Bihang till. Svensk. Vet. Akad. Hand]. 
Bd. 14, Af. IV, N. 9, pag. 42-43), al quale ordine più tardi riferirse, a torto, pure il Gyrocotyle urna 
fondandosi sul solo carattere dell'unico botridio anteriore e trascurando il carattere più importante 
di avere il Gyrocotyle unico apparato genitale (Aplogoneo), ed il Cyafocephalus, invece, apparato 
genitale ripetuto (Pollaplasiogoneo nel senso di Blanchard (1848), in: Ann. Sc. Nat. (3) Tome VIII, 
pag. 323-324). 

2) Reo. der Cephalocotyl. ecc. in: Sitz. Ber. Ak. Wien, Bd. 48, pag. 228. 

3) Processi Verbali Soc. Tosc. S. Nat. Adun. 16 Maggio 1891, pag. 256. 


a 

infatti per la potente muscolatura centrale longitudinale che, originandosi molto in- 
dietro dalla muscolatura del sacco muscolare cutaneo, nella quale si sperde, s'inseri- 
sce all'estremità anteriore del corpo (Fig. 3), questa può, per la contrazione del sud- 
detto sistema muscolare, ritrarsi determinando un infossamento che è quello appunto 
descritto dal Wagener, e che serve come organo di fissazione, di ventosa, o botridio 
molto primitivo. 

La disposizione degli organi genitali del C. uba è la stessa che nel C. mutabilis e 
brevemente la riassumerò nel modo seguente, meno per notare le differenze che pas- 
sano da quella del C. mutabilis, quanto per mettere in miglior luce alcuni punti di 
quella del C. mutabdilis che lo studio del C. tuba mi ha condotto ad esaminare compa- 
rativamente. 

Come nel C. mutabilis, i testicoli occupano la parte centrale del corpo e si 
estendono da poco dietro l'estremo anteriore fino in prossimità dello sbocco della ta- 
sca del pene (Fig. 4, t). Questa trovasi sul cominciare dell’ullimo quarto della lun- 
ghezza totale del corpo, e si apre allo esterno con un largo orificio circolare circon- 
dato da un cercinetto papilliforme (p). Dai singoli testicoli partono i deferenti primarii, 
o vasellini efferenti che si riuniscono, convergendo l’uno nell'altro, in unico deferente 


| principale di relativamente grosso calibro che decorre longitudinalmente nel mezzo del 


corpo: tal deferente si origina, da quanto ho potuto vedere, oltre la metà della lun- 
ghezza totale del corpo e dapprima decorre descrivendo larghe ondulazioni , poi, nel- 
l’ultimo suo tratto, diventa di calibro maggiore e si ripiega più volte su stesso e costi- 
luisce così un ricettacolo seminale esterno, o maschile (rse). La tasca del pene è ri- 
gonfia e subpiriforme ed il pene, che per lo più è invaginato, è breve, cilindrico, al- 
largato alla base, di calibro discreto ed all’apice subpuntuto (fig. 2). La tasca (p) 
del pene è situata proprio nella linea mediana ed obliquamente dal dorso al ventre, 
come ciò si può assai bene apprezzare nelle sezioni sagittali. Il pene conseguentemente 
segue, nello svaginarsi, la direzione imposta dalla posizione della tasca e si rivolge 
indietro come mostra la fig. 2, ricavata da uno dei pochi esemplari che avevano il 
pene svaginato fra i moltissimi esaminati. La disposizione testè descritta è identica a 
quella del C. mutabilis salvo poche particolarità, dirò topografiche, fra le quali impor- 
tante, come caratteristica differenziale, è il punto di sbocco della tasca del pene che nel 
C. mutabilis, si apre invece, quasi all’iniziarsi del quinto ultimo della lunghezza totale 
del corpo. Nel C. mutabilis è stata negata la esistenza di un pene dal Duiardin'), 
prima, poi e recentemente dal Saint-Remy *). L'esame comparativo della tasca del pene 
del C. mutabilis e del C. tuba, nel quale l’esistenza di un pene svaginabile è inne- 
gabile, mi induce ad ammettere anche nel C. mutabilis la presenza di un pene simile 
del tutto a' quello del C. tuba e parimente esertile a dito di guanto. Alla quale con- 
clusione dà non poco peso il fatto che il Rudolphi *) ha visto tal pene e lo ha anche 
figurato, il Blanchard lo riconosce anch'egli ‘) e lo disegna 5), ed il Carus °) 


1) Hist. Nat. des Helminthes, 1845, pag. 630. 

?) Recherches sur la structure des organes gtnitaux du Curyophyllaeus mutabilis Rud. in: Rev. 
Biol. Nord. France, 2 Anne, 1890, pag. 258. 

3) Entoz: Hist. Tab. VIII, fig. 16. 

4) Opera citata, pag. 324, 327. 

5) Icon. Regn. Anim. Zooph. Pl. X, fig. 47 (citato dal Van Beneden, v. Mem. Vers. intest.). 

6) Icones Zootomicae, Herste Hafte, Wirbell. Thiere, Leipzig, 1857, Tab. VII, fig. 11. 


DE FI) 
lo disegna nettamente nella buona ed esatta, sotto molti punti, figura dell'anatomia del 
Caryophyllaeus mutabilis che dà nella Tab. VII delle sue Icones Zootomicae ?). 

La disposizione degli organi genitali femminili (Fig. 4) del C. tuba è la seguen- 
te. L’ovario trovasi nel mezzo del quarto posteriore del corpo (ov): esso è costituito da 
due masse reniformi a contorni irregolari situate ai due lati del corpo, parallelamente 
all'asse mediano: queste due masse sono riunite fra loro per mezzo di una commessu- 
ra, situata ventralmente, che è costituita dalla fusione dei due peduncoli delle due masse 
ovariche; cosiffatta disposizione dell’ovario, che si trova così in parte ventralmente, fa 
sì che tutte le altre parti si trovino disposte decisamente dorsalmente, almeno per il 
tratto corrispondente all’ovario. Dalla commessura ovarica un po’ verso sinistra della 
faccia ventrale si origina l’ovidotto (od), alla base del quale trovasi un piccolo sfintere 
ovarico (Schluckapparat Auct.): questo ovidotto, originatosi posteriormente, si dirige da 
sinistra verso destra, obliquamente, poi si ripiega, disponendosi per breve tratto orizzon- 
talmente, dirigendosi verso destra, infine si rivolge indietro verso l'estremo poste- 
riore del corpo e si slarga a fuso: in questo punto sboccano le glandole del guscio che 
sono grandi e numerose e costituiscono un ammasso sferico molto evidente ?): chiamerò 
questa parte dello ovidotto (00t) cotipo; esso è omologo a quello delle Amphilina e delle 
Taenia *) e dei Trematodi endoparassiti ‘). Formato l’ootipo, l’ovidotto si continua, ri- 
piegandosi verso sinistra, in un utero a pareti sottili, che si ravvolge più volte su se stesso 
a spirale nel mezzo del corpo e poi si volge a destra, e risale verso la parte anteriore 
del corpo: a questo punto la struttura del utero si modifica, il lumen diminuisce di 
poco, e lungo le pareti si dispone una fitta e densa serie di glandole unicellulari, pirifor- 
mi, assai somiglianti per forma e per struttura alle glandole del guscio, le quali costitui- 
scono una sorta di manicotto tutt'intorno le pareti dell’utero ; questo manicotto glando- 
lare accompagna l’utero lungo tutto il suo decorso ascensionale, che è a larghe ondu- 
lazioni, e quando l’utero ha raggiunto la tasca del pene cessa: indico questo tratto 
come utero glandolare *) (9). L'utero ripiglia allora la struttura iniziale e descrive 


1) II Van Beneden (Mémoire sur les vers intestinaue, pag. 116), scrive di non aver potuto ve- 
dere « le penis se derouler, mais nous ne doutons aucunnement que sous ce rapport les Caryo- 
phyllés ne ressemblent également aux autres Cestoides ». 

2) Le glandole del guscio esistono in tutti i Cestodaria : nel Gyrocotyle amphiptyches il Bal- 
dwin Spencer (The Anatomy of Amphiptyches urna, in: Tran. R. Soc. Victoria—seduta del 11 Lu- 
glio 1889—pag. 145) le ha negate, ma recentemente il Lòonnberg ne ha confermata l’esistenza (Ana- 
tomische studien uber skandinavischen Cestoden, in: K. Sv. Vet. Akad. 24 Bd. N. 6—Tornata 11 Feb- 
braio 1891—I. Amphipt. urna), e dico confermata, perchè fin dal 1889 io le ho descritte in tutte e due 
le specie di Gyrocotyle (V. Atti, R. Acc. Lincei, vol. V, Rendic. 1 semestre—tornata del 3 Febbraio 
1889 — nota preliminare). Ma il Lòonnberg lo ignora, come ignora, o finge d’ignorare che in questo 
mio lavoro sono stato il primo a dare una completa descrizione sommaria dell’apparato genitale dei 
Gyrocotyle, così frainteso dal Wagener. Egli, infatti, nel suo innanzi ricordato lavoro, cita la mia 
nota in parola quando gli torna comodo per criticarmi a torto, e non sempre con buon garbo, 
come è suo costume, e parlando degli organi genitali dell’Amphiptyches urna cita il Baldwin 
solamente! 

3) V. mie. « Notizie su di alcune specie di Taenia, in: Boll. Soc. Nat. Napoli, Vol. VI, 1891, pag. 
164, Tav. VIII. 

4) Ciò che deve intendersi per ootipo nei Trematodi endoparassiti ho largamente discusso in 
un mio lavoro in corso di stampa che vedrà la luce nel Zool, Jahrb. di Spengel. 

>) Queste glandole dell'utero trovano riscontro in quelle che si osservano lungo l’utero di parec- 
chi trematodi: io le ho illustrate ed ho cercato spiegarne il significato fisiologico nel lavoro innanzi 
annunziato e le ho chiamate glandole glutinipare: esse si trovano pure in altri Cestodaria (p. e. 
nel Gyrocotyle urna). 


POE ra 

nuove e varicose anse che spingonsi fin dietro la tasca del pene, e pci si ripiega, re- 
stringendosi di calibro, e si dirige obliquamente verso la faccia ventrale e quivi sbocca, 
disotto l'apertura maschile, in una infossatura della faccia ventrale larga e poco con- 
cava, che costituisce una sorta di antro genitale femminile (ag/). In quest’antro, disotto 
lo sbocco dell'utero, si osserva un altro forametto che mette capo in un canale di me- 
diocre calibro, il quale decorre per brevissimo tratto parallelamente alla porzione ter- 
minale dell’utero, ed anzi addossato alla sua superficie inferiore, cosicchè i due orifizii 
sono contigui al segno da sembrare, a primo aspetto, fusi in unico e solo; poi si ri- 
piega ad arco posteriormente e ridiscende con decorso poco ondulato ventralmente al- 
l'utero glandolare e, passando dietro la commessura ovarica (dorsalmente), sbocca a 
destra e sul dorso della porzione iniziale dell’ovidotto, prima che questo si ripieghi per 
disporsi orizzontalmente. Questo canaletto è la vagina la quale non forma, nè lungo il 
suo decorso, nè nel suo punto di sbocco nell'ovidotto alcun ricettacolo seminale inter- 
no (v). Nel punto in cui l’ovidotto, dopo lo sbocco della vagina, si ripiega a destra, lun- 
go il gomito (a sinistra e ventralmente) riceve lo sbocco del vitellodutto impari che rac- 
coglie le masse vitelline portate dai due vitellodutti anteriore e posteriore (v/4). Le glan- 
dole vitelline sono disposte per i tre quarti anteriori del corpo lungo le pareti, periferica- 
‘ mente a cominciare poco dietro l’estremo anteriore (Fig. 3), e solo si diradano a triangolo 
isoscele nella faccia ventrale all’ altezza del ricettacolo seminale maschile e della tasca 
del pene ( V. Fig. 4): nell'ultimo quarto esse mancano quasi e sono circoscritte nello 
estremo posteriore del corpo: da questa massa posteriore nasce il vitellodutto posteriore 
il quale confluisce con l'anteriore, che raccoglie il prodotto dei vitellogeni anteriori, nel 
vitellodutto impari già descritto (V. Fig. 4). 

Del tutto identica è la disposizione dei genitali femminili nel C. mutabdilis, come ho 
potuto accertarmi dallo studio di preparazioni in toto e di sezioni così di giovani, come 
di individui adulti con utero pregno, Anche nel C. mutabilis l'utero e la vagina sboc- 
cano ravvicinati e qui, nella prossimità dello sbocco, si fondono in un unico orifizio che 
si apre in un piccolo antro genitale femminile meno accentuato che nel C. tuba. Ciò 
che Van Beneden P. J. '), Van Beneden E. ?) e recentemente Saint Remy *) hanno 
descritto per ovario, è lo ammasso delle glandole del guscio, cosa che mostrano evidente- 
mente i miei preparati, ed i corpi, che dai due primi A. sono stati indicati come vitello- 
geni e più recentemonte minutamente ridescritti dal Saint Remy come lembi laterali di 
vitellogeni, destinati a riunire i vitellogeni anteriori a quelli che occupano l’estremo del 
corpo, non sono altra cosa che le due metà dell’ovario del quale i due primi A. non han 
visto Ja commessura unitiva e l’ultimo l’ha vista, ma interpretata come un vitellodulto 
transverso ‘). Una giusta interpretazione dell’ovario del C. mutabilis era stala già data 


1) Oper. cit., pag. 117-118, PI. XVI, fig. 7,10. 

2) Recherches sur la composition et la signification de l’oeuf ec. Bruxelles 1870, pag. 47,48. PI. IV, 
figura 1. 

3) Oper. cit., pag. 251. 

4) Ces deux regions (anteriore e posteriore dei vitellogeni), sont réunies par deux bandes laté- 
rales de follicules qui s’étendent longitudinalement dans la région où se trouvent les autres organes 
femelles et la poche du cirrhe: enfin ces deux bandes sont reliées l’une à l’autre, en avant de l'o- 
vaire, par un énorme follicule, irrégulièrement cylindrique, étendu transversalement à la face ven- 
trale: c'est de ce follicule médian que se détache, sur la ligne médiane, le vitelloducte. 


ATTI— Vol. V.— Serie 29—N.° 6. 2 


=== = 


dal Carus ‘), e più recentemente dallo Zschokke °). Il Saint Remy dice che lo 


Zschokke « paraît-avoir été influencée par la figure de Carus » ma, invece, pare il 
contrario e che egli, invece, è stato tanto influenzato dalla descrizione di P. J. Van Be- 
neden, secondo lui, « la plus soignée » e che « se rapproche le plus des faits » da non 


riconoscere la natura glandolare di ciò che egli interpetra come ovario che, secondo la. 


sua stessa descrizione, avrebbe una struttura *) piuttosto unica e che non trova riscon- 
tro in tutti i Platelminti Cestodi e Trematodi. Per le cose innanzi dette sullo sbocco 
della vagina e dell'utero 4), ne viene conseguentemente negata la presenza del canale 
utero-vaginale descritto dal Saint Remy, presenza che tanto ha tormentato la mente di 
questo A., che, per cercarne la spiegazione, ha formulato una ipotesi la quale, se ingegno- 
sa, non è meno inverosimile 5). L'apparto riproduttore femminile del C. mutabilis dif- 
ferisce da quello del €. tuba specialmente perchè situato nel. quinto posteriore del corpo 
e perchè le due metà dell’ovario sono molto allungate e non reniformi ed infine perchè 
la commessura ovarica è meno larga e le glandole del guscio più numerose e costituenti 
un ammasso più grosso e subpiriforme, visto nei preparati in toto. 

Il Saint Remy °) discute nella citata sua memoria il modo come può avvenire la 
fecondazione nel Caryophylaeus mutabilis. Per la disposizione reciproca degli orifizii ge- 


nitali maschile e femminile, egli crede più possibile avvenga auto-fecondazione (stante 


l'assenza di pene), per ravvicinamento dei due orifizii maschile e femminile determi- 
nato da contrazione del corpo, che una fecondazione incrociata per accoppiamento re- 
ciproco di due individui. Cionullameno per avere egli osservato il caso di un individuo 
che aveva l’apparecchio femminile completamente maturo con uova nell’utero, e per 


contro l’apparecchio maschile non ancora maturo, essendo i testicoli pieni di cellule se- 


minali giovani senza contenere spermatozoi a termine, crede di non poter « écarter 
d’emblée l’hypotese d’un accouplement, un individu jouant à ce moment le ròle de 
màle et l’autre celui de femelle ». i 

La presenza e disposizione del pene nei CaryophyZlaeus (tuba e mutabilis) e la cor- 
rispettiva dell'apertura femminile comune ((C. mutabilis) e più specialmente di quella 
vaginale (C.tuba) più superficiale e quasi opposta alla maschile, mi fa ammettere che nei 
Caryophyllaeus avviene, come ho cercato dimostrare altrove avvenire, caso ordinario, in 
tutti i Cestodi ?), auto-fecondazione con immisîo penis e mi conduce ad escludere del 
tutto la fecondazione incrociata e la fecondazione nel senso di Saint Remy, che i rap- 


porti reciproci dei due orifizii e la direzione del pene rendono a parer mio del tulto 


impossibile. Il fatto osservato dal Saint Remy innanzi citato, caso isolato, sul quale egli 


1) Icones, Zootomicae, Tab. VII, fig. 11. 

?) Recherches sur l’organisation et la distribution zoologique des vers parasites des poissons 
d'eau douce, in: Arch. Biolog. Vol. V, 1884, pag. 193. 

3) Op. cit. pag. 251. 

4) Anche il Carus ha visto lo sbocco della vagina e dell’utero allo esterno: ma egli disegna 
questi due canali fusi insieme nell’ultimo loro tratto in un unico tronco comune che si apre allo ester- 
no, v. Tab. VII, fig. 11. 

5) Egli infatti scrive che potrebbe il canale utero-vaginale rappresentare « l’extrémité du canal 
de Laurer (l’utérus et l’oviducte en représentant la majeure partie), ce conduit ayant fini par se 
fusionner avec le vagin en perdant son orifice extérieur. 

6) Pag. 259-260. 

7) Notizia su di alcune specie Taenia, loc, cit., pag. 166-167. 


ei 


slesso perciò non crede di insistere, può avere tult’altra spiegazione come cercherò di- 
mostrare a suo luogo. 


Ai Cestodaria è con molta probabilità da riferirsi la Ligula proglottis Wagener; 
ma è questa una forma che aspelta di essere ritrovata e meglio studiata, ma finora non 
mi è stato dato poterla ritrovare negli Scymnus che ho esaminati. Wagener') l’ha 
trovata una sola volta a Nizza nella valvola spirale di uno Scymnus nicaensis (lichia), 
e la credette una Ligu/a e, per la forma del corpo rassomigliante ad una proglottide, le 
impose il nome specifico innanzi detto. Diesing ?) collocò la Ligula proglostis nella 
famiglia Monobothria accanto al genere Diporus *), con l'indicazione. « Vermis, in fa- 
milia, dubii generis ». Dall'esame che ho potuto fare a Berlino del tipo Wageneriano 
non ho potuto ricavar molto sulla sua organizzazione: questo ho visto, e ne ho preso 
anche uno schizzo, ed è che la parte anteriore, più larga della posteriore, che terminasi 
a punta, è rotondeggiante e presenta un piccolo bulbo che è una vera ventosa anteriore, 
molto somigliante a quella impari mediana dei giovani scolici dei Tetrabotri e che par- 
vemi ‘come questa impervia. Questa ventosa non è proeminente ma infossata nella e- 
stremità anteriore come una faringe. Wagener dice che « die structurlose Haut war 
mit Harchen besetz; der Haarbesatz reichte vom Kopfede bis in die Mitte des Leibes: 
nur die àusserste Spitze des nicht weiter ausgezeichneten Kopf blieb frei von Haaren ». 
Questa disposizione degli aculei — chè piccoli aculei sono e non peli setolosi (come 
quelli da me descritti 4) e da Pintner®) in altri Cestodi), di forma conica e disposti con 
le punte rivolte indietro — io ho potuto constatare: solo questi aculei non si arrestano 
anteriormente, ma coprono anche l'estremo anteriore contenente, come ho detto, la 
ventosa. Se non ho potuto ricavare con certezza dalle caratteristiche anatomiche, la 
posizione sistematica della Ligula proglottis, se essa è da riferirsi o no ai Cestodaria, 
posso, per altro, dall’ insieme delle cose osservate e dalla descrizione anatomica, per 
quanto sommaria, del Wagener, concludere che non si tratta certo di una Ligula, 
ma di una forma distinta genericamente dalle altre, alla quale propongo di imporre il 
nome di Wageneria proglottis. 


Napoli, dalla Stazione Zoologica. 
30 Decembre 1891. 


finita di stampare il dì 4 Maggio 1892 


1)\©p. cit. pag. 23-24, Tab. I, fig. 11, 12 e 13. 

2?) Revision ecc., pag. 229. 

3) Questo Diporus |trisignatus] (= Caryophyllaeus trisignatus Molin), come il Monobothrium 
punctulatum (= Caryophylt. punctulatus Molin) Diesing (Op. cit.), sono puramente e semplice- 
mente degli Scolici di Tetrabothridae, come meglio dimostrerò a suo luogo, e quindi nulla hanno 
da vedere coi Monobothria e per esso con i Cestodaria. 

4) Ricerche sullo Scolex polymorphus, in: Mitth. Zool. Stat. Neap. Bd, VIII, 1888, pag. 133-134, 
Taf. 6, fig. 4. 

5) Neue Untersuchung. ueber d. Bau des Bandwurmerkorpers, in: Arb. Zol. Inst. Wien, ec., Bd. 
VIII, pag. 10, Taf. III, fig. 42, nella faccia inferiore dei botridi di Echinobothrium typus; presenza, per 
altro, da me già segnalata (Op. cit., innanzi pag. 134). 


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Vol. V, Serie 2° 


ATTI DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


NUOVA DETERMINAZIONE DELLA LATITUDINE GEOGRAFICA 
DEL R. OSSERVATORIO DI CAPODIMONTE 
MEDIANTE I PASSAGGI DI ALCUNE STELLE AL PRIMO VERTICALE 
OSSERVATI NELL’ANNO 1889 


MEMORIA 


del Dott. FILIPPO ANGELITTI 


presentata nel dì 7 Maggio 1892 


INTRODUZIONE 


La prima determinazione della latitudine dell’osservatorio di Capodimonte fu fatta 


da Carlo Brioschi, il quale nei suoi Comentarj astronomici dalle distanze zenitali cir- 


cummeridiane di nove stelle cireumpolari, osservate sopra e sotto il polo dal 17 Dicem- 


bre dell’anno 1819 a tutto il 1820, dedusse contemporaneamente il valore della latitu- 
dine e quello della costante principale della rifrazione. Il valore della latitudine dedotto 


dal Brioschi, senza tener conto dei pesi delle osservazioni, è ‘) 


40° 51’ 46”. 63 con l’err. prob. © 0”. 184. 


| Il Brioschi, prendendo in considerazione l’ opinione di Legendre sulla variabi- 


| lità della latitudine durante l’anno, esaminò se le sue osservazioni indicassero la neces- 
sità di tener conto di siffatta variabilità. A tale oggetto , dalle distanze zenitali della Po- 


lare alle due culminazioni e della Spica, egli dedusse quattro valori della latitudine, 


| corrispondenti a quatiro periodi dell’anno, e dal loro confronto conchiuse che la latitu- 
dine si può riguardare come invariabile nel corso dell’anno. Quanto poi all’altra opi- 
nione, che la latitudine possa variare in conseguenza di mutazioni nella direzione della 

gravità, prodotte dal traslocamento di grandi masse nell’ interno o alla superficie della 


1) Comentarj astronomici della Specola Reale di Napoli, di Carlo Brioschi. Napoli 1824- 


1826, vol. I, parte 2°, pag. 163. 
ATTI — Vol. V.— Serie 2-N.° 7. 


ri 


-_ 


terra, egli ritenne che tale variazione, se mai esiste, non sia sensibile nel giro di qual- 
che anno, e forse nemmeno di qualche secolo ‘). 

Le osservazioni del Brioschi erano state fatte con i Circoli Ripetitori di Reichen- 
bach, situati in quel tempo nelle due torri ad est e ad ovest dell’osservatorio, impie- 
gando il metodo della moltiplicazione degli angoli. Il Prof. Fergola, sospettando che 
il valore dato dal Brioschi potesse essere affetto da errori sistematici, provenienti dal 
metodo usato nelle osservazioni *), intraprese nel 1871 una serie di osservazioni per ri- 
determinare la latitudine, impiegando il metodo detto di Talcott. Da 850 osservazioni 
di 52 coppie di stelle, che abbracciano due periodi distinti, uno dal 25 Gennajo al ro 
Aprile 1871 e l’altro dal 21 Settembre al 31 Dicembre del medesimo anno, il Fergola 
dedusse il valore *) 


40° 51'45".41 con l’err. prob. © 0”.07. 


La differenza di 1°.22 tra il nuovo valore e l’antico si sarebbe potuta attribuire a 
qualcuna delle cause di errore, sospettate nelle osservazioni del Brioschi; ma, dal 
confronto dei valori della latitudine ottenuti in tempi diversi in parecchi osserva- 
torii 4), parve al Fergola che la si dovesse piuttosto attribuire a una variazione a lun- 
go periodo della latitudine. Egli, richiamando l’attenzione degli astronomi su questo 
fatto, conchiuse mostrando le necessità di fare determinazioni accurate di latitudine ad 
intervalli sufficientemente lunghi, ed in siti che, situati quasi sugli stessi paralleli, pre- 
sentassero le più grandi differenze in longitudine. Queste medesime idee, con le pro- . 
poste concrete dei siti opportuni, furono espresse da lui nella settima conferenza geo- 
detica internazionale per la misura dei gradi in Europa, tenutasi a Roma nell’ Ottobre 
del 1883, e furono accettate all’ unanimità *). 

Verso la fine del 1882 il Prof. Nobile, avendo dei dubbii sul valore della latitu- 
dine, ed ammettendo la possibilità di una variazione secolare e di una variazione perio- 
dica di questo elemento, fece col Cerchio Meridiano di Reichenbach-Heurtaux una 
terza determinazione °), osservando le distanze zenitali di r4 coppie di stelle che cul- 
minano a nord e a sud presso a poco egualmente lontane dallo zenit, impiegando le 
declinazioni del BerZiner Juhrbuch. Queste osservazioni, che abbracciano 20 serate dal 
4 Gennajo 1883 al 23 Febbrajo dello stesso anno, dettero per la latitudine dei Cerchi 
Meridiani il valore 40°5145°.510 © 0'.085 ’), che, trasportato al parallelo dei Circoli 
Ripetitori, diventa 


40° 51°45”.445 con l’err. prob. 1 0”. 085. 


1) Idem, idem, pag. 165-168. 

2) Determinazione novella della latitudine del R. Osservatorio di Capodimonte, memoria di 
E. Fergola, Napoli 1873, pag. 1-3. 

?) Idem, idem, pag. 87. 

4) Idem, idem, pag. 88-92. 

3) Comptes-rendus des séances de la septiéme conférence géodesique internationale pour la 
mesure des degrés en Europe réunie à Rome du 15 au 24 Octobre 1883. Berlin 1884, pag. 157, 206 
e seguenti, 

0) Terza determinazione della latitudine geografica del R. Osservatorio di Capodimonte con esa- . 
me delle osservazioni fatte il 1820 da Carlo Brioschi; per A. Nobile. Napoli 1883, pag. 5. 

7) Idem, idem, pag. 38. 


MIS. gen 
In quell’occasione il Nobile riesaminò le osservazioni fatte il 1820 dal Brioschi, 
le ridusse nuovamente adoperando la precessione di Peters e Struve, e, combinando 
le osservazioni delle distanze zenitali della Polare e della Spica, per mezzo delle decli- 
nazioni di queste due stelle dedotte dal Catalogo fondamentale di Auwers, trovò per 
la latitudine al 1820 il valore ‘) 
40° 5145". 38, 


secondo le distanze zenitali ridotte dal Brioschi, e ?) 


40° 51'45”.70 con l’err. prob. © 0”.075, 


secondo le distanze zenitali ridotte con le nuove costanti. Inoltre, accoppiando a due a 
due le altre stelle, e paragonando la differenza delle declinazioni con la somma delle 
distanze zenitali osservate, egli mostrò che il primo valore dato dal Brioschi è supe- 
riore al vero per circa 1°, senza per altro assegnare la causa di tale errore °). Il Nobile 
conchiuse da questo lavoro che probabilmente la latitudine dal 1820 al 1883, dentro i 
limiti di precisione delle osservazioni, non aveva variato. 

Nel 1883 il Fergola fu indotto a una nuova riduzione delle sue osservazioni del 
1871, e da 23 delle medesime coppie, sostituendo le costanti di Struve-Petersa 
quelle di Bessel adoperate la prima volta, e impiegando le declinazioni tratte dai Ca- 
taloghi di Auwers, di Boss e di Safford, ottenne il valore ‘) 


40° 5145”. 86 con l’err. prob. 1 0”. 04. 


Nel 1884 il Nobile cominciò delle ricerche, le quali manifestano una variazione 
‘+ annua della latitudine intorno ad un medio, che alla sua volta potrebbe pure essere va- 
riabile. Egli rivolse un caldo appello agli astronomi, perchè avessero rideterminate le 
latitudini degli osservatorii con osservazioni uniformemente ripartite in tutto l’anno, e 
ciò per diversi anni. Egli stesso continuò le sue ricerche negli anni seguenti, e ne pub- 
blicò successivamente i risultati in una voluminosa memoria, composta di 3 parti, in- 
titolata: Ricerche numeriche della latitudine del R. Osservatorio di Capodimonte. In que- 
sta memoria non solo si ha la prima notizia, fondata su numeri, della variabilità della 
latitudine nell’anno; ma si mettono anche in luce particolarità ottiche inaspettate, tra 
cui l’esistenza di una correzione nadirale di — o°.19, che, applicata ai risultati del 


1883, da ?) 
40° 5145”. 255 con l’err, prob. È 0”. 085. 


Inoltre il medio non pesato dei valori ottenuti dal Nobile nei tre mesi di Maggio, 
Luglio e Agosto del 1884 risulta per il parallelo dei Circoli Ripetitori °) 


40° 51'45".01; 

1) Jdem, idem, pag. 52. 

2) Jdem, idem, pag. 33. 

*) Idem, idem, pag. 65. 

41) Sulla latitudine del R. Osservatorio di Capodimonte, memoria di E. Fergola, Napoli 1884. 
5) Ricerche numeriche sulla latitudine del R. Osservatorio di Capodimonte, Parte I, Na- 

poli 1885, pag. 11. 
5) Jdem, idem, pag. 44, 89, 109. 


Pg 


il medio non pesato dei valori ottenuti in tutto l’anno 1885 risulta 1) 
40° 51°45".31; 


il medio non pesato dei valori ottenuti in diversi mesi negli anni 1886, 1887 e 1888 


risulta ?) 
40° 51'45”.31. 


Per completare queste notizie storiche sulle determinazioni della latitudine del no- 
stro osservatorio , aggiungo che fin dal 1885 per consiglio del Prof. Nobile mi accinsi 
alla riduzione delle osservazioni, che Carlo Brioschi aveva continuate con i Circoli Ri- 
petitori nell’anno 1821, e che non erano state ancora calcolate. Il Nobile voleva sopra 
tutto conoscere se quelle osservazioni accennassero a variazione durante l’anno. Da 
questo lavoro risultò, che, calcolando le distanze zenitali con le nuove costanti e adope- 
rando le rifrazioni del Brioschi e tenendo conto dei pesi delle osservazioni, si ha 
per la latitudine il valore *) 


40° 51'46”. 32 con l’err. prob. £ 0”.033, pz 


rideterminando contemporaneamente anche la costante della rifrazione, si ha *) 
40° 51'46". 35 con l’err. prob.  0”.090, 

e adottando invece le rifrazioni di Bessel, si ha °) 
40° 51'45”.80 con l’err. prob. + 0”.032. 


Poichè molta parte della differenza tra l’antico valore ed il nuovo risulta dovuta 
alla differenza delle correzioni di rifrazione calcolate con le tavole del Brioschi e con 
quelle di Bessel, parve giusto conchiudere che tale differenza non giustificasse più il 
sospetto d’una variazione a lungo periodo. Esaminata la quistione sulla variabilità del- 
la latitudine durante l’anno con un metodo anologo a quello tenuto dal Brioschi, ri- 
sultò che anche nel 1821 la variazione suddetta era contenuta quasi dentro i limiti degli 
errori di osservazione. 

A questo punto era la quistione della latitudine dell’osservatorio di Capodimonte 
nell’ Agosto del 1888, quando; trovandosi impiantato nella torretta orientale uno stru- 
mento dei passaggi portatile di Repsold, che era servito a rideterminare la differenza 
di longitudine tra Milano e Napoli, cominciai a vagheggiare l’idea di tentare con esso 


1) Idem, idem, Parte II, Napoli 1888. 

2) Idem, idem, Parte III s Napoli 1890, pag. 40. 

3) Distanze celitali li pasraiane di alcune stelle principali osservate nell’anno 1821 dal- 
l’astronomo Carlo Brioschi; memoria letta all'Accademia Pontaniana il 10 Marzo 1889, pag. 91.— 
Colgo questa occasione per esprimere pubblicamente la mia gratitudine verso i cortesi editori del- 
l’Observatory per la benevola accoglienza fatta a quel lavoro e per le lodi tributate al mio > dig 
nome ( The Observatory, N.° 158, January 1890, pag. 58). 

4) Idem, idem, pag. se: 

3) Idem, idem, pag. 93. 


= — 
una determinazione della latitudine dell’osservatorio, adoperando il metodo dei pas- 
saggi per il primo verticale. La proposta piacque al Prof. Fergola, il quale mi inco- 
raggiò al lavoro, e mise lo strumento a mia disposizione fin dal mese di Ottobre del 
1888. Da quell’ora cominciai ad esercitarmi alle osservazioni ed a sperimentare quale 
via fosse più conveniente a tenersi, e, dopo molte prove, potei nel Dicembre dello 
stesso anno dare cominciamento regolare alle osservazioni. 

Era mio intendimento principale ottenere un nuovo valore della latitudine con quel 
metodo non ancora adoperato nel nostro osservatorio, e, subordinatamente, esaminare 
se le nuove osservazioni fossero per accennare a una variabilità nel corso dell’anno. 
Ad ogni modo, mi proposi di estendere le osservazioni sino alla fine dell’anno 1889 e 
di profittare di tulte le serate buone, sperando una certa continuità e uniformità nella 
loro distribuzione. 

Per ottenere un valore assoluto della latitudine, senza impegnarmi in una faticosa 
discussione delle posizioni delle stelle, volli ricorrere ad una fonte unica e sicura, più 
che fosse possibile, e quindi scelsi le stelle da osservare dal Berliner Jahrbuch, ritenen- 
do che le posizioni di questo annuario fossero tali, che, anche sopra un piccolo numero 
di stelle, si potesse fondare un valore sufficientemente esatto della latitudine. Ma nella 
‘ discussione finale delle osservazioni mi son dovuto convincere, che le stesse posizioni 
del Berliner Jahrbuch, le quali, come è noto, sono tratte dal Fundamental Catalog del 
Prof. Auwers, e sono indiscutibilmente le migliori, non si possono considerare come 
esatte se non dentro il mezzo secondo e, qualche volta, forse dentro un intero secondo 
d’arco. Ad onore delle cose patrie debbo dichiarare essermi anche convinto che il Ca- 
talogo del Campidoglio, pubblicato dal Prof. Respighi, merita non minore fiducia di 
quello di Auwers, e avrebbe avuto il vantaggio, nel mio caso, di fornirmi un maggior 
numero di stelle zenitali, se fin da principio io avessi saputo giustamente apprezzare 
il merito di quell’importante lavoro. Le stelle, su cui principalmente si fonda questa 
determinazione, non sono dunque che cinque, cioè: 8 Persei (osservata 24 volte), v Au- 
rigae (10 volte), 9 Bootis (20 volte), Gr. 2415 (19 volte) e v Cygni (27 volte), le quali, 
tranne v Aurigae, culminano a una distinza zenitale non maggiore di 20°. Altre stelle, 
che culminano a maggiori distanze zenitali, non sono state osservate che poche volte. 

Fra i metodi di osservazione, a prima vista mi parve preferibile quello di Struve, 
col quale lo strumento s’inverte due volte, cioè alla metà del passaggio est e alla metà 
del passaggio west; ma, dopo alcune prove, dovetti abbandonarlo ; primieramente, per- 
ché esso non sarebbe stato applicabile che a stelle molto lente, a quelle, cioè, che cul- 
minano a distanze zenitali di pochi primi; secondariamente, e questo è più importante, 
perchè l'inversione alla metà di ciascuno dei passaggi, dovendosi fare con una certa 
sollecitudine, fa perdere all’osservatore la calma necessaria, può alterare l’azimut stru- 
mentale, altera molto facilmente la posizione del livello sopra i perni, e, in generale, 
turba la stabilità dello strumento. Ricorsi quindi al primitivo metodo di Bessel, col qua- 
le si fa un’ inversione sola tra i'due passaggi, che si può eseguire con tutta la calma 
necessaria. Col metodo di Bessel le riduzioni sono, è vero, alquanto più lunghe; ma 
si ha il vantaggio, molto apprezzabile per chi calcola, che, potendosi dedurre un valo- 
re della latitudine da ogni singolo passaggio per ciascun filo, si mettono meglio in evi- 
denza gli eventuali errori di calcolo; laddove col metodo di Struve, deducendosi un 
valore della latitudine da quattro osservazioni dei passaggi per lo stesso filo, un errore 


RIA SIA 
di calcolo sopra uno di essi si presenta diviso per 4, e quindi molte volte non è ricono- 
scibile, confondendosi con gli errori di osservazione. 

A fine di ridurre a un’unica stella, e quindi anche ad un medio delle varie stelle 
osservate, i diversi valori ottenuti, ed anche per ottenere la variazione della latitudine 
indipendentemente dagli errori delle declinazioni, io mi era proposto di non lasciare 
l’ osservazione di una stella prima di aver fatto un certo numero di osservazioni con la 
stella successiva, volendo così concatenare le osservazioni delle diverse stelle. Questo 
disegno però non l’ho potuto attuare .completamente: dal 20 Febbrajo al 29 Marzo le 
osservazioni furono interrotte per cagione del tempo poco favorevole, e furono pure 
interrotte dal 19 Settembre al 21 Ottobre per altre ragioni indipendenti dalla mia vo- 
lontà. Nondimeno, mediante ripieghi, quando sono stati necessarii, ho potuto ridurre 
tutti i valori della latitudine a quelli che si sarebbero ottenuti da una stella unica. 

1 diversi valori, così calcolati e discussi, hanno mostrato la necessità di tener con- 
to di un cambiamento periodico nella latitudine, la cui escursione nell’anno oltrepassa 
2.5. La curva, che rappresenta i valori ottenuti, offre due massimi e due minimi: i due 
massimi hanno luogo verso il 1° Giugno e il 18 Agosto; i due minimi hanno luogo verso 
il 15 Marzo e il 3 Luglio. Sono noti i risultati provvisorii degli splendidi lavori sulla la- 
titudine, eseguiti col metodo di Talcott negli osservatorii di Berlino, di Potsdam e di 
Praga negli anni 1889-90. I risultati dei tre osservatorii tedeschi, maravigliosi non meno 
per il loro accordo che per il numero e l'accuratezza delle osservazioni, sono rap- 
presentati da curve '), le quali hanno un sol massimo fra Luglio e Settembre 1889, e 
un sol minimo in Febbrajo 1890, con un’ escursione di poco più di 0°. 5. Se si facesse 
astrazione dalle osservazioni di Maggio e Giugno, le quali presentano il massimo più 
alto, la curva da me descritta si accorderebbe nella forma con le curve degli osservato- 
rii sopra menzionati, e la sua escursione sarebbe ridotta a poco più di 1.5. Noto del 
resto che anche in quegli osservatorii le più forti oscillazioni della latitudine si sono 
avute appunto nei mesi di Maggio e Giugno, sebbene molto minori di quelle verificatesi 
a Napoli. Questo disaccordo, che presenta la curva da me ottenuta, confrontata con 
quelle degli osservatorii tedeschi, mi ha spinto a ricercare nelle osservazioni antiche 
fatte nel nostro osservatorio una conferma ai miei risultati. Ricavando la latitudine giorno 
per giorno dalle osservazioni delle distanze zenitali meridiane della Polare sopra e sotto 
il polo, fatte da Carlo Brioschi negli anni 1820 e 1821, ho trovato un andamento 
molto simile nella forma e non molto diverso nell’ ampiezza dell’escursione. Io non oso 
affermare che tale andamento sia dovuto a variazione di latitudine; ma il trovarsi un no- 
tevole accordo tra i risultati ottenuti a tanta distanza di tempo, con metodi e osserva- 
tori differenti, induce a ritenere con fondamento che una causa cosmica abbia influito 
sui risultati, essendo poco probabile che il detto accordo sia accidentale. Inoltre, ciò 
che accresce maggior peso, le osservazioni fatte in questo osservatorio nel 1885 dal Prof, 
Nobile, le quali hanno messo in chiara luce la variazione annuale della latitudine, non 
si accordano neanche esse con una curva, che presenti nell’anno un sol massimo e 
un sol minimo, e nei valori mensuali presentano un’ escursione di 1°. 73 ?). 


!) Comptes-rendus des séances de la commission permanente de l’association géodesique in- 
ternationale réunie à Fribourg du 15 au 21 Septembre 1890, rédigés par le secrétaire perpétuel 
A. Hirsch, 1891. 

?) Ricerche numeriche sulla latitudine del R. Osservatorio di Capodimonte, per A. Nobile, 
Parte 2°, Napoli 1888. 


PO, pe 


Il presente lavoro, iniziato per mio personale desiderio, in tutte le sue parti di os- 
servazioni e di riduzioni l’ ho voluto condurre a termine io stesso, con calma e accura- 
tezza, senza avvalermi di aiuti, che pure gentilmente mi erano stati profferti. Terminate 
le osservazioni, esso dapprima, in mezzo ad altri lavori, a cui ho pure dovuto prender 
parte nell’osservatorio, fu tirato innanzi un poco a rilento, compiendo appena, fino al- 
l’Aprile 1891, le letture dei fogli cronografici e le determinazioni del tempo locale; ma 
da un anno, cioè dal Maggio 1891, è stato spinto con alacrità, essendomi ad esso quasi 
completamente dedicato. Perciò nulla potetti rispondere all’appello, che il Prof. Helmert 
nel numero 2963 delle Astronomische Nachrichten rivolse gli astronomi, affinchè aves- 
sero pubblicato o inviato i risultati delle determinazioni di latitudine, che per avventura 
avessero compiute nel periodo dal Gennajo 1889 al Marzo 1890: in quel tempo il ma- 
teriale delle mie osservazioni giaceva nascosto nei fogli cronografici. 

Considero pertanto come risultamenti di questo lavoro una nuova determinazione 
di un valore medio della latitudine dell’osservatorio di. Capodimonte, e un contributo, 
lieve-che si voglia, alla quistione ora tanto agitata della variabilità della latitudine du- 
rante l’anno, alla quale, nello stato attuale, non può venire nuova luce, se non da se- 
rie di osservazioni uniformi, proseguite per molti anni in tutti gli osservatorii, nei quali 
sarà possibile istituirle. 


SEZIONE I. 


Cenni sul metodo adoperato e sullo strumento. 


S 1°— Metodo per determinare ia latitudine geografica mediante i passaggi al primo verticale '). 


4.— Il metodo trovato da Bessel per determinare la latitudine geografica mediante 
i passaggi di una stella di posizione nota per il primo verticale, consiste teoricamente 
nella risoluzione di un triangolo. sferico rettangolo, che ha per vertici il polo, lo ze- 
nit e il punto in cui la stella attraversa il primo verticale. Dinotando con « e è l’ ascen- 
sione retta e la declinazione della stella, con # l'angolo orario al momento in cui passa 
per il primo verticale e con © la latitudine geografica, l’ipotenusa di questo triangolo 
(distanza polare della stella) sarà espressa da go°—3, e uno dei cateti (distanza zenitale 
del polo) sarà espresso da 90°— @. Poichè nel triangolo sferico rettangolo la tangente 


1) Mi si perdoni l'esposizione di questo metodo, che in alcuni trattati non è nè chiara nè scevra 
di qualche inesattezza. La dimostrazione della formola l’ ho appresa dalla memoria del Prof. Mil- 
losevich, Determinazione della latitudine del R. Osservatorio del Collegio Romano, Roma 1886,— 
Io vi ho aggiunto qualche osservazione, non trascurabile per la buona applicazione pratica del metodo. 


0 gn 
trigonometrica di un cateto è uguale al prodotto della tangente trigonometrica dell’ipo- 
tenusa per il coseno dell’angolo compreso, si ha 


cotg = cotò cos?, 


ovvero 
tang= tanò sect. 


Da questa formola, essendo 


1 
cost=1—2 sin*5?, 
si deduce l’altra 


sin (gp—d) = 2sing c0sò sin? 2 È. 


Ciascuna di queste formole potrebbe servire al calcolo della latitudine, quando si 
avesse uno strumento perfettamente aggiustato nel primo verticale, ossia quando l’ asse 
dello strumento fosse diretto secondo la linea nord-sud, fosse orizzontale e |’ osservazio- 
ne del passaggio si facesse al filo di collimazione nulla. Ma in generale, poichè |’ asse 
dello strumento non sarà nè diretto secondo la linea nord-sud, nè orizzontale, e i pas- 
saggi si osservano a diversi fili, così le stelle saranno osservate non al primo verticale, 
ma a circoli minori paralleli tra loro , il cui polo è determinato sulla sfera celeste, e le 
cui distanze dal polo comune sono pure conosciute. In questo caso la ricerca della for- 
mola, che dà il valore della latitudine in funzione delle quantità note o osservate, si fa 
con un’analisi alquanto più complicata. 


2. — Supponiamo che l’ asse di rotazione dello strumento, prolungato verso nord, 
incontri la sfera celeste in un punto N, il cui azimut, contato da nord verso est, sia a, 
e la cui altezza sopra l'orizzonte sia é, e supponiamo che la stella attraversi in S un 
circolo minore, che abbia per asse l’asse dello strumento e che disti da N per la quan- 
tità go°—c: le quantità a, #, c rappresentano rispettivamente |’ azimut, l’ inclinazione 
e la collimazione dello strumento. Indichiamo con P il polo della sfera celeste e con Z lo 
zenit, e consideriamo ì triangoli sferici in cui si scompone il quadrilatero PZSN, 

Nel triangolo PZS sarà 


PZ la distanza zenitale del polo =90°— @, 

PS la distanza polare della stella == 90°— è, 

ZS la distanza zenitale alla quale viene osservata la stella, che dinoteremo con &, 
ZPS l'angolo orario al quale viene osservata la stella = # (in valore assoluto), 


SZP l’azimut al quale viene osservata la stella, che dinoteremo con n. 


Nel triangolo PZN sarà 


ZN la distanza zenitale del punto N =90°—?, 

PN la distanza polare del punto N, che dinoteremo con y, 

PZN l’azimut del punto N=a, 

ZP N l’angolo orario del punto N, contato verso est, che dinoteremo con m. 


SI 1) I 
Nel triangolo PSN sarà 


NS la distanza di Sda N —=90°—c, 
SPN=m— t per il passaggio a est, e = 360°—m — # per il passaggio a west. 


Una delle formole fondamentali nel triangolo PSN ci dà 


cosSN = cos PS cos PN-+ sin PS sin PNcos NPS, 
ovvero 
sine = sind cosp-|- così siny cos(m—#?) per il passaggio a est, 
sine = sind cosù + così sing cos(m+#) per il passaggio a west. 


Sviluppando cos(m —t) e cos(m + t) si ha 


sine = sind cosù + così siny cosm cost © così siny sinm sint, 
valendo il segno superiore per il passaggio a est e l’inferiore per il passaggio a west. 
Da questa formola dobbiamo eliminare le quantità y ed m. Dal triangolo sferico 
PZN abbiamo le formole fondamentali 


cosp = sing sin? + cos g cos? cosa, : 
sinù sinm = cosz sing, 
: sin y cosm = sin? cosg — cos? sing cosa, 
che sostituite danno 


sinc=sin è sing sin-{-sinè cosg cos? cos4-+-così cos? sinzcosp—cosd cosfcosisinpeosateosì sinzcos:sina, 
ovvero 


sinec=sinz(sindèsing-+cosd cosg cos?) + cos? cosa (sind cos — cosd sing cos?) © così sintcoszsina. 
Per una delle formole fondamentali nel triangolo PZS si ha 


sind sin @ -|- cosè cosg cost= cosé, 


inoltre possiamo porre 1—2 sin° 5 t in luogo di cost, e possiamo dividere tutta |’ egua- 
glianza per cos? cosa; sì otterrà quindi 


sine tan? cos 4 


1 
sin(g—d)=2sing così sin' > #— + tana così sint, (1) 


cos 7 cosa cosa 


valendo sempre il segno superiore per il passaggio a est e l’inferiore per il passaggio 
a west. 

Se invece tutta l’eguaglianza precedente si divide per cos? cosa cosg così cost, 
si ha 
i sine pa tan? cos Nam ma tana tant 
cos? cosa cos g così cost È cosa cosg così cos? cos @ 
ATTI — Vol. V.— Serie 22— N07. 2 


tang = tan è sec? — 


ai 

3.—La formola (1), 0, se si vuole, l'equivalente formola (2), è rigorosa e può ser- 

vire a calcolare la latitudine, qualunque siano i valori di a, ?, c. Se questi valori sono 

abbastanza piccoli da poter considerare i loro coseni eguali all’ unità e i loro seni e le 
loro tangenti eguali agli archi, si ottiene 


1 
sin(gp—d) =2sing cosò sin > é—ct i cost Tacosì sint. (3) 


Il termine c esprime la distanza del filo, al quale si è osservato il passaggio, dal 
filo di collimazione nulla, ed è eguale alla distanza del filo di osservazione dal filo di 
mezzo, più o meno la collimazione del filo di mezzo. In questa formola le quantità c, ? 
ed a s'intendono espresse in parti del raggio. 


- SAVA È q_d ES 6) ° " 
Chiamando R il rapporto CE moltiplicando tutta l’eguaglianza per R, ab- 
biamo 
1 
gd =2Rsing così sin° 7 t— Re 4- Ri cost © Ra così sint, 


- 


se le quantità @—3, c, # ed a sono espresse in parti del raggio; ovvero 


sin? z 


9—d=Rsing così —— — Re + Ri cos + Ra cosd sint, (4) 
si 


nl 


se le quantità 9 — È, c, # ed a sono espresse in secondi d’arco. 
I valori dei logaritmi di R, corrispondenti a diversi valori di 9 — è, risultano come 
appresso: 


o—-d=2°30 log &—= 0.000138 g-d=1°20' log R—=0.000039 
220 0.000120 I 10 0.000030 
2 10 0.000104 I 0 0.000022 
20 0.000088 o 50 0.000015 
1 50 0.000074 o 40 0.000010 
140. 0.000061 0036 — * ) 0.000006 
I 30 0.000050 o 20 0.000003 
120 0.000039 o 10 0.000001I 


Nei due ultimi termini della formola (4) si può sempre con sicurezza sostituire |’ u- 
nità in luogo del coefficiente R: infatti in un caso abbastanza sfavorevole, supponendo 
o—-3—=2°10, 8—=38°40, t=23°, perchè in ciascuno dei due ultimi termini l’ errore, 
che nasce dal porre l’unità in luogo di R, potesse raggiungere o°.o1, dovrebbe essere 
i=41"' ed a=134, limiti che non si raggiungono mai nella pratica. Non sempre si può 
sostituire l’ unità in luogo di R nel termine Rc. Se supponiamo che per il filo estremo, 
al quale si osserva il passaggio, sia c— 520°, l’ errore che nasce dal sostituire l’unità in 


n: — 
luogo di R non oltrepasserà 0.01, soltanto se #—è non oltrepassa 0° 35/. La formola 
(4) si può allora scrivere 

2sin? 1 


g-è=Rsing così —-—— Re+:costLacos8 sint. 


I 


Se si osserva allo stesso filo con lo strumento invertito, la collimazione c cambia di se- 
gno, conservando lo stesso valore assoluto, inoltre # e £ assumeranno dei valori diffe- 
renti, che dinoterò con f e £, ed 7 assumerà un valore poco diverso ?’, e si otterrà 


2sin?i t 
g-d=Rsing così ——,- + Re+-#'cost © a così sint. 
sin 


4,— Supponiamo che il cannocchiale abbia un secondo filo quasi simmetrico al 
primo rispetto al filo di collimazione nulla e indichiamo con — c, l’errore di collimazio- 
ne di questo filo, essendo c, in valore assoluto poco diverso da c. Supponiamo che si 
osservino i tempi dei passaggi ad est per i due fili, e quindi, invertito il cannocchiale, 
sì osservino i tempi dei passaggi ad ovest: avremo le quattro equazioni 


2sint1, 


o S-Bsingcosì_ ei Re {20087 +. acondsint 


1 


passaggi a est, strum.° diretto, 
N24 
| 2 sin?-£ 
g-d=Rsing così — + Re, + “cos &,+ 4 cos È sin #, 
in 


2sin?3 2 
ed = Rsingcosì a PR + #'cos$ — acos è sint 
sin 
passaggi a west, strum.° invertito, 
2sin?1 Ù, 


. 2 =; SI, 
pun 8 Re, pi cost, — acosì sin #, 


nl 


dove, a causa della simmetria dei due fili rispetto al filo di collimazione nulla, e della 
piccolezza delle correzioni a ed è, le differenze tra & e &,, &,e ',tet,,t' et, sono 
molto piccole. 

Sommando membro a membro queste quattro eguaglianze, e dividendo poi per 4, 
si ha 


. 1 ’ 1 . L'glete ; bara 
2 2 2 gl 
2sin Più 2 sin 3 2sin° 3? 2 sin LE 


1 
ro R i ce TTT rr 5 peas "n 
Li RI neo SEO calli cn È 
(5) 
î (co o e 4 ing£— sint inf, — sin? 
PREIG dt n i area A de i ). 


Considerando l’ultimo termine della formola precedente, si ha 


int—sint infjz—sin?) 1 1 1 1 24 
acosà STI RATEZI _ 2 gcosdlcosz(14(,) sin 3 (11) +tcos a(trt*) sin5 (it). 


a 


Il coefficiente di a è tanto più grande, quanto più piccole sono le somme #+-t,, 
t,+t e quanto più grandi sono le differenze t — #,, t, —f, ossia quanto più piccola è 
la differenza tra la declinazione della stella e la latitudine. Supponiamo in un caso ab- 
bastanza sfavorevole t-+f,==14°, t—{,=160", t+f=5°, t,—f=300'; il coeffi- 
ciente di acosò assume il valore 0.000555, e supponendo è = 40° 44 30, il coeffi- 
ciente di a assume il valore 0.000421; quindi, affinchè l’ultimo termine della formola 
non raggiunga il valore 0”. 01, è necessario che sia a<23". 78. Prima di trascurare l’ ul- 
timo termine della formola è quindi mestieri assicurarsi che il valore di a non sia troppo 
grande, il che si può fare nel modo che segue. Sommiamo membro a membro la 1° e la 
3°, la 2° e la 4° delle eguaglianze precedenti, e dividiamo le somme per 2; avremo: 


oi seg I 
2sin°? 2sìn°> 4 


1 
g-dè—=—Rsingcosì) —_ mq 
sin 1 sin 1 


2 


cost +?'cos 7 siné— sin? 
—T ___" + 4 cos$ == 
2 1 ira. 


È 1 
2sin°3t, î cos cost 
Di | aa — acosò 


sini, _SInt, 


2 


1 
te FER] == pd 


Poichè è ed è sono. in generale molto piccoli (pochi secondi d’arco), per le stelle che 
passano molto vicine allo zenit, si può dentro il limite di o".o1 ritenere îcost=#c0s%,==1, 
i cost =t'cost,=? ; quindi i secondi termini dei secondi membri delle eguaglianze 
precedenti si possono ritenere eguali tra loro. Se si sottrae la seconda eguaglianza dalla 
prima e si chiama D la differenza tra i primi termini dei secondi membri, si ha 


sinf—sin?, sin?, — sin 4) 
e reorrrr ssi 


1 iL 1 
O0=DH 10088] co85 (t4+#)sin > (£-t) + cos ore t,) sin (—t)| ’ 


dalla quale equazione si può ricavare il valore di a. Nell'esempio numerico precedente 
risultando t=7° 120°, {,=6°58 40",t,=2° 32 30°, {=2°27 30°, si ottiene: 


0=D+a X 0059289, 


e quindi, affinchè a non oltrepassi il limite di 23°. 78, è necessario che D non sia mag- 
giore in valore assoluto di 1°.41. Non sempre dunque, neanche nel medio delle osser- 
vazioni fatte ai fili simmetrici ad est e a west, si può trascurare il termine che dipende 
dall’azimut dello strumento. Le osservazioni stesse riveleranno quando ciò si possa fare 
senza errore apprezzabile. 

Consideriamo ora il termine che dipende dalla inclinazione dell’asse. Se l’ incli- 
nazione è mantenuta dentro pochi secondi d’arco, al medio dei coseni delle distanze 


= n 
zenitali si può sostituire il coseno della distanza zenitale nel primo verticale, che dino- 
teremo con 3, ed allora quel termine diventa 


1 
i (7+ 7) cos. 


Supponendo dunque |’ azimut abbastanza piccolo da poter trascurare la sua in- 
fluenza sul medio delle osservazioni fatte ai fili simmetrici ad est e a west del meridiano, 
la formola (5) si riduce a 


SE: . 1 stelo . LIE 
s- a SS io 
2 sin 5 2 sin 5h 2 sin SL 2 sin SA 


(+3 (#4 #) cosa. (6) 


sin l” sin l” sin l” sin l" 


1 
g_-d= 7 Rsing così 


Se l'osservazione si facesse ad » fili, disposti simmetricamente rispetto al filo di 
collimazione nulla, indicando con &,,t,,...,t,gli angoli orarii corrispondenti ai pas- 
saggi ad est e con #,,t,,...,t, gli angoli orarii corrispondenti ai passaggi a west, 
sì avrebbe 


1 2 sin?> #3 2 sin?1 t, 2 sin*1 L,, 
—è—=—Rsingcosd),—T_— +. —--—- +...+b —-- 
P 2n P sin l' sin l sin] 
(7) 
- l'i - » È | NARP 
2 sin? t, 2 sin?1 di 2 sin°_ di 


+ - (£+4+?)cos 2. 


sin 1” A nce sin 1” 


La maniera più facile per trovare il valore di f— è si è di calcolare con apposite 
alte 
2sinî_é 
tavole per ciascun angolo orario £ i valori numericì che prende il termine — = , for- 
sin 


marne il medio e moltiplicarlo quindi per R sin 9 così. 


2sin?1 4 
Se ie tavole danno invece il valore di log — ni , Il calcolo diventa notevolmente ‘ 
sin x 


più lungo. 


5. — Le deduzioni precedenti sono state fatte, ritenendo che l’azimut strumentale 
abbia lo stesso valore nelle osservazioni ad est ed in quelle a west; ma, se si sospetta 
che l azimut possa venire alterato con 1’ inversione dello strumento, allora si dovrà 
temere nei risultati un errore, che non si potrà determinare con l’aiuto delle sole osser- 
vazioni delle stelle di latitudine, e che rimarrà anche nel medio delle osservazioni fatte 
a due fili simmetrici rispetto al filo di collimazione nulla. Supponiamo che nell’inversio- 
ne dello strumento l’azimut si aumenti accidentalmente di Aa, allora al medio delle 
«quattro osservazioni si dovrebbe apportare la correzione 


1 RL: 1 dd i puoi È 
x Aa cos8 (sin + sinf,) => Aa cosd sin (,4-2)cos-(f,-t), 


Ca — 
la quale è tanto più grande quanto maggiore è la somma dei due angoli orarii f,ef e 
quanto minore è la loro differenza, ossia quanto più è grande la differenza tra la latitu - 
dine e la declinazione della stella. Per tali stelle, dovendo in ogni caso supporre che Aa 


sia al più di qualche secondo d’arco, si può ritenere © (0,4) assai prossimamente 
eguale all’angolo orario, che corrisponde al passaggio al primo verticale, e si può an- 
che ritenere cos 5 (t,—) eguale all’unità. Quindi, chiamando L, l’angolo orario al pas- 


saggio per il primo verticale, la detta correzione, anche per un passaggio completo a 
molti fili simmetrici, si può mettere sotto la forma 


3 Aa così sint, . 


Supponendo Aa=1°,8= 38°41'0°, t,=22°15 0°, la correzione in parola raggiunge 
il valore di 0°. 15. 


6.— Qualche autore, nella formola che dà il valore di @ — è, al coefficiente dell’azi - 
mut, che abbiamo trovato essere cos è sin #, sostituisce erroneamente sin £. Ora, come si 
rileva dal triangolo sferico PZS, cos è sin t=sin & sin n, dove n è l’azimut al quale vie- 
ne osservata la stella; il quale è bensì di go° al passaggio per il primo verticale, ma, 
nell’osservazione delle stelle che culminano a pochi primi a sud dello zenit, può varia - 
re da go° meno alcuni gradi fino a 180°. Alcuni autori notano che, affinchè nel medio 
dei due passaggi ad est e a west nelle due posizioni dello strumento risulti eliminata la 
correzione dovuta all’azimut, è necessario che si siano osservati fili quasi simmetrici ri- 
spetto al filo di collimazione nulla, ma niente stabiliscono sul limite che l’azimut non 
può oltrepassare affinchè anche in questo caso non rimangano errori apprezzabili. Molti 
osservatori, che hanno adoperato questo metodo nelle determinazioni delle latitudini, 
hanno fatto a fidanza con l’ipotesi poco probabile di una invariabilità dell’ azimut du- 
rante le osservazioni. Poichè una variazione anche piccola nell’azimut genera un errore 
non trascurabile nella latitudine, nella presente ricerca, non potendo disporre di mire 
per la verifica dell’ azimut, io aveva dapprima pensato di accoppiare con l’ osservazione 
della stella di latitudine le osservazioni dei passaggi di due altre stelle di grandi distan- 
ze zenitali, per ottenere due valori dell’ azimut, corrispondenti a due istanti, uno al prin- 
cipio, l’altro alla fine delle osservazioni. Le stelle di azimut sono state così osservate dal 
1° Gennajo al 12 Maggio 1889. Ma questo metodo si complica talmente con altre cause 
turbatrici, specialmente con la collimazione, variabile anche essa con le altezze e secon- 
do una legge non bene determinata, che non è possibile con esso raggiungere il grado 
di esattezza, che si richiede per il nostro scopo. Esso del resto non avrebbe scoperto le 
variazioni periodiche dell’azimut, che anche sono possibili, e producono alterazioni sen- 
sibili nel valore della latitudine. Per tali ragioni le stelle di azimut dal 12 Maggio in poi 
sono state abbandonate, e la riduzione di quelle osservate nel periodo precedente non 
è stata neanche tentata. Anche in questa determinazione adunque si è dovuto supporre 


che l’asse di rotazione dello strumento sia rimasto invariabile nel senso azimutale duran- 


te l'intervallo tra i passaggi ad est e a west. 


duo rr rr IIIII:E 


ibi 


$S 2.° — Sullo strumento e sul suo impianto. 


7.—Lo strumento adoperato per le osservazioni dei passaggi al primo verticale è un 
transito portatile di Repsold, di proprietà della Commissione geodetica italiana, nel ca- 
talogo degli strumenti della quale si trova dinotato con la lettera B. Stimo inutile dar- 
ne una descrizione particolareggiata: ne farò cenno quel tanto, che basti a fare intende- 
re le precauzioni, che ho stimato necessario di prendere, per non incorrere in errori. La 
base dello strumento è costituita da un grosso piatto orizzontale di ghisa, poggiato con 
tre punte, e sopra di esso, attorno ad un asse verticale, gira un altro piatto con due ro- 
busti piedritti anche di ghisa, destinati a sostenere i cuscinetti, sui quali poggiano i 
perni dell’asse di rotazione del cannocchiale. Il piatto inferiore ha un cerchio diviso di 
ro in 10 e il superiore porta due nonii diametralmente opposti, che dànno il minuto 
primo. Il piatto superiore è fissato alla base, oltrechè dalla morsa che porta la vite di ri- 
chiamo, anche da due altre robuste morse situate alle estremità di un diametro. Dal cen- 
tro del piatto superiore sorge un apparecchio a due braccia, formanti un U, destinato 
all’inversione dello strumento, che, mediante un ingranaggio, si può facilmente alzare, 
far girare di 180° e abbassare. Il peso del cannocchiale non grava tutto sui perni, ma 
è in parte sostenuto da due colonnine, che poggiano sopra una molla robusta, por- 
tata dallo stesso apparecchio d’inversione: le dette colonnine si possono allungare e ac- 
corciare, e quindi la tensione della molla si può aumentare o diminuire e fare che il 
cannocchiale sia più o meno leggiero sui perni. Il livello, che serve a determinare l’in- 
clinazione dell’ asse, può rimanervi sempre sospeso, anche durante l’inversione. Il can- 
nocchiale è spezzato; ha l’obbiettivo del diametro di 0”.07 e la distanza focale di circa 
o”.80, dei quali 0”.36 formano parte dell’ asse di rotazione. L'illuminazione del campo 
è fatta mediante una piccola lampada, sostenuta da un braccio ricurvo, annesso all’ ap- 
parecchio d’inversione. All’estremità dell’asse opposta all’oculare è unito un piccolo 
cerchio verticale, per le puntate in altezza, diviso di 10 in 10, con due nonii diametra- 
li, che danno il minuto primo. Ai due lati del cubo centrale dell’asse si trova da una 
parte un cerchio manubrio, che serve a girare il cannocchiale, e dall’ altra parte un 
braccio, che, mediante una vite di richiamo e una molla di contrasto, serve a fissare in 
altezza il cannocchiale all’ apparato d’inversione. 


8. — Lostrumento era situato nella torretta orientale dell’ osservatorio, su di un 
pilastrino a base quadrata, fabbricato sopra un gran pilone di muratura, a sezione cir- 
colare, il quale è unito al resto dell’ edifizio per mezzo di una scala a chiocciola e della 
vòlta che sorregge il pavimento della torretta. Il pilastrino suddetto era ricoperto da una 
lastra di marmo, sulla quale erano ingessali i piattelli di ottone, destinati a ricevere le 
ire punte delle viti della base dello strumento. Sul pavimento della torretta era costruito 
un tavolato rialzato di 0". 15: una cassa di leguo garantiva il pilastrino da qualunque 
possibile urto e serviva anche di appoggio all’ osservatore. 


9. — Trattandosi di osservazioni, in cui l'inclinazione ha una parte importantissi- 
ma, furono prese tutte le precauzioni, per assicurare la perfeita stabilità dello strumento 
e spese le cure più minuziose per accertarsi che nè il muoversi comunque di più per- 


<— edit 

sone sul tavolato della torretta, nè lo scendere e il salire per la scala, che circonda il pi- 
lone, alterassero menomamente la posizione della bolla del livello. Da questo lato le pro- 
ve riuscirono soddisfacentissime. Un giorno però, mentre col Prof. Fergola si aggiu- 
stava lo strumento nel primo verticale, si vide che, movendo di qualche giro la vite di 
richiamo del cannocchiale, la bolla del livello si spostò di circa 2°. Il fatto si ripetette 
più volte con sufficiente costanza. Pensando, tra le altre cose, che il cannocchiale pesas- 
se troppo poco sui cuscinetti, si diminuì la tensione della molla, accorciando le colon- 
nine sostenute da essa; ma l'inconveniente non venne eliminato. Parve allora che la ca- 
gione del fatto fosse la seguente. Affinché il livello dia esattamente l’inclinazione dell’ as- 
se, è necessario che ì perni poggino sopra i cuscinetti sempre per le medesime sezioni, 
e che i ganci del livello poggino sui perni anche sulle medesime sezioni. Ora nello stru- 
mento adoperato, l’asse di rotazione del cannocchiale può scorrere sui cuscinetti per 
circa 2 millimetri nel senso della sua lunghezza: questa corsa è limitata da due risalti, 
aderenti all’asse, uno verso l’estremo oculare, l’altro verso l’estremo che porta il cerchio, 
i quali possono venire a contatto con due altri risalti, uniti ai cuscinetti. Allorchè, dopo 
un'inversione, lo strumento viene a poggiare sui cuscinetti, il risalto dell’ estremo che 
porta il cerchio viene a contalto col risalto del cuscinetto corrispondente. Se si gira il 
cannocchiale a mano, senza qualche precauzione, ed anche se si muove la vite di richia- 
mo, questo contatto facilmente si perde, e per conseguenza, cambiando le sezioni dei 
perni, che poggiano sui. cuscinetti, cambia inclinazione dell’asse. È noto che negli 
strumenti dei passaggi e nei cerchi meridiani fissi, l’asse di rotazione è mantenuto co- 
stantemente nella stessa posizione da una lamina a molla, che lo spinge nel senso della 
sua lunghezza. Pertanto pensai di non fare uso della vite di richiamo: ritrassi la detta 
vite per tutta la sua lunghezza, ritrassi pure l’asticina che è spinta dalla molla di con- 
trasto, e lo strumento, rimasto libero, mosso a mano per il cerchio manubrio con movi- 
mento celere o lento, in modo però che il risalto dell'estremo che porta il cerchio si 
mantenesse sempre in contatto col risalto del cuscinetto corrispondente, non offrì più il 
minimo inconveniente riguardo al livello. Durante le osservazioni dei passaggi delle stelle 
il cannocchiale fu quindi sempre lasciato libero, girandolo a mano per mezzo del cer- 
chio manubrio e tirandolo contemporaneamente con moderato sforzo verso l’oculare. 


40. — Per assicurare il più che fosse possibile |’ invariabilità dell’ azimut stramen- 
tale, richiesta dal metodo adoperato, essendomi mancata una mira, ed avendo, per le 
ragioni innanzi dette, dovuto rinunciare aile determinazioni di questo elemento me- 
diante le osservazioni delle stelle, presi a norma le avvertenze già usate in osservazioni 
analoghe, fatte da altri. Quindi non solo ebbi cura di aprire la torretta almeno due ore 
prima che cominciassero le osservazioni, allo scopo di ottenere |’ equilibrio di tempe- 
ratura fra l'interno e l’esterno, e scelsi delle stelle, che, culminando nella massima parte 
a distanze zenitali non maggiori di 20, richiedono meno di un’ora e mezzo per l’ osser- 
vazione complessiva dei due passaggi per il verticale est e per il verticale west; ma an- 
che evitai diligentemente i movimenti troppo rapidi dello strumento, e qualunque urto, 
piccolo che fosse; e misi somma cura nell’ eseguire la inversione del cannocchiale tra i 
due passaggi. Questa anzi è stata la principale ragione, che, come ho delto innanzi, mi 
ha fatto preferire il metodo di Bessela quello modificato da Struve. 


"i 
$3.° — Stelle per la latitudine e maniera di osservarle. 


44. — Per la determinazione della latitudine furono in tutto il periodo osservate 


nove stelle, le cui posizioni medie per il 1889.0, tratte tutte dal Berliner Jahrbuch, sono 
le seguenti: Man: 


m 0 11004 
B Persei gr. var. a—= 3° O) 56.804 è®=+ 4o 31 38.52 osservata 24 volte, 


e Persei E: 3 50 24.3I1 + 39 41 13.16 » 1 volta, 
v Aurigae » 4.0 5 43 47.730 + 39 6 54.06 » g volte, 
6 Can. ven. >» 5.3 12 20 22.904 + 39 33 3.84 » DIASDE 4 
 Bootis » 2.9 14 27 36.493 + 38 47 38.39 » 1 volta, 
© Bootis » 5.0 15 33 50.466 + 40 42 54.04 » ‘20 volte, 
Gr. 2415 » 6.0 17 4 9.435 + 40 39 41.20 » ro, dal 
x Lyrae DET 18 33 10.824 + 38 40 50.71 » SP 
v Cygni » 4.0 20 53 2.113 + 40 44 24.27 » 27, » 


Il reticolo del cannocchiale si componeva di 15 fili di ragno, compartiti in 5 grup- 
pi, le cui distanze dal medio, risultate da osservazioni fatte dal Prof. Fergola nel 1888, 
erano le seguenti: 


Filo I, Distanza dal medio = + 512.44 Filo III, Distanza dal medio = — 59.34 
GL 425.31 III, 118.11 
II, 338.19 IV, 216.98 
II) 278.17 IM. | 279.92 
IL, 218.95 Va 333.97 
III, 121.24 Ni 426.59 
III, 59-33 Va — 514.28 
III, + 0.36 


Il filo I, è quello che si trova dalla parte della vite che trasporta l’ oculare, ovvero, 
quello per il quale entrano le stelle nelle osservazioni al primo verticale, per i pas- 
saggi a est, nella posizione di oculare a nord. 

Perpendicolarmente a questi fili, e verso il mezzo del campo, vi erano due altri fili 
abbastanza vicini tra loro. 

La collimazione del cannocchiale varia con le distanze zenitali. Dinotando con c la 
collimazione alla distanza zenitale 3, e con c la collimazione all’orizzonte, il Prof. Fer- 
gola trovò la formola 


c=c+ 0° 8172 coss, 


con lerr. probabile = 0°.0075 per il coefficiente di cosz. Verso il principio di Ottobre 

del 1888, quando mi fu consegnato lo strumento, era c= — 0°. 1315, e quindi la colli- 

mazione al zenit era + 0°. 1857, cioè + 2°.7855. I segni si riferiscono alla posizione 
Arti — Vol. V.— Serie 29— N° 1. : 9 


cu e 

oculare a est, quando lo strumento è nel meridiano, per i passaggi che cominciano 
dal filo I,, e per la posizione oculare a sud, quando lo strumento è nel primo verticale, 
per i passaggi che cominciano dal filo I,. 

12.— Tulte le stelle precedenti furono osservate ai quindici fili del reticolo, tranne 
la stella v Cygni, per la quale furono tralasciati i gruppi I e V. Gli appulsi erano trasmessi 
elettricamente sopra un cronografo di Hipp, di cui mi servii non solo per maggiore 
comodità, ma anche per ottenere con maggior precisione i passaggi lenti, per i quali 
registravo sul cronografo anche la durata di tempo, che la stella appariva bisecata dal 
filo. I passaggi della stella Gr. 2415, che, essendo di 6° grandezza, scompariva per al- 
cuni secondi dietro ai fili, non si sarebbero potuti ottenere con sufficiente esattezza 
mediante le osservazioni a udito. L’inversione dello strumento si faceva tra il passaggio 
est e il passaggio west di ciascuna stella; per modo che resta così eliminata ogni in- 
fluenza di errori che vi possano essere sulle distanze dei fili, come pure resta eliminata 
la collimazione, qualunque sia la legge della sua variazione in funzione della distanza 
zenitale. Il cannocchiale veniva girato a mano per il cerchio manubrio, e tirato, come 
ho detto precedentemente, con moderato sforzo verso l’ oculare. Gli appulsi delle stelle 
per ciascun filo erano presi verso il mezzo del filo stesso, un poco fuori e a destra della 
fascia formata dai due fili normali a quelli dei passaggi, per un tratto più o meno lungo 
a seconda della maggiore o minore obliquità del movimento della stella, ponendo 
inolta cura, per evitare i movimenti di vibrazione, di non toccare lo strumento du- 
rante il passaggio della stella per un filo, ma di lasciarlo, almeno 15° prima del pas- 
saggio, nella posizione conveniente perchè l’appulso avvenisse nella parte stabilita del 
filo; cosa, che, dopo pochi giorni di esercizio, riuscivo a fare con sufficiente esattezza. 
Ad ogni modo, gli errori accidentali, che potevano nascere dal non osservare i pas- 
saggi est e west della stella precisamente allo stesso punto del filo, per via di qualche 
piccolo errore nella sua orientazione, mi parvero meno a temere, che non quelli, che 
potevano nascere dai moti vibratorii, che si producono negli strumenti, quando si toc- 
cano nell’ istante dell’osservazione; e l’accordo, che si riscontra tra i risultati delle os- 
servazioni ai diversi fili in ciascuna serata, mi fa credere che non mi sia ingannato. Per 
evitare più che fosse possibile il riscaldamento della torretta e l’ influenza nociva dei 
prodotti della combustione, i quali, per la maniera come è costruita la cupola, debbono 
necessariamente uscire per la stessa apertura delle osservazioni, oltre alla lampadina 
dello strumento, accesa appena tanto quanto bastava a illuminare distintamente il cam- 
po, non tennì che un’altra piccola lucerna a mano, di cui mi servivo per leggere il li- 
vello soltanto, e che, durante le osservazioni, riponevo in un sito lontano dallo stra- 
mento. 


13.—Alla livellazione dell’asse orizzontale di rotazione ho rivolto le cure più minu- 
ziose, perchè un errore nell’inclinazione influisce sul risultato per l’intero suo valore. Ho 
segufto la regola di determinare |’ inclinazione, lasciando intatto il livello sull’ asse 
per tutta la durata dei due passaggi est e west di ciascuna stella, e leggendolo sem- 
pre prima e dopo ciascun passaggio, e, quando era possibile, anche nell’intervallo tra 
i diversi gruppi di fili. Ho detto precedentemente che una delle cause, le quali possono. 
alterare l’ inclinazione dell’asse, si è che questo può scorrere sui cuscinetti per circa 2 


+ — 

millimetri nel senso della sua lunghezza, ed ho accennato la maniera tenuta per fare sì 
che l’asse poggiasse sui cuscinetti sempre per le medesime sezioni. Ora bisogna avver- 
tire che anche i ganci del livello possono alla loro volta scorrere sull’ asse, nel senso 
della lunghezza di questo, per più di 2 millimetri, e che i movimenti troppo rapidi del 
cannocchiale, gli urti anche piccoli, a cui potrebbe andar soggetto lo strumento, i mo- 
vimenti di vibrazione di tutto |’ edifizio, possono facilmente far scivolare il livello sul- 
l’asse, ed allora, cambiando le sezioni dei perni in contatto con i ganci del livello, 
sorge una fonte assai temibile di errori. L’inversione dell’asse con tutto il livello fu 
sempre fatta con somma precauzione, impiegandovi non meno di tre o quattro minuti, 
badando che il movimento di rotazione del cannocchiale attorno all’ asse verticale del- 
l'apparecchio d’inversione, e molto più il moto vibratorio, che nel cannocchiale si pro- 
duce per lo scatto della molla, che arresta l'apparecchio appena compiuto il mezzo giro, 
non alterasse la posizione dei ganci del livello sopra i perni. Quando il livello non s’ in- 
verte separatamente, ma si mantiene sempre appeso all’ asse e s’inverte con questo, è 
noto che, per dedurre da una lettura l'inclinazione dell’asse, occorre conoscere non so- 
lamente la correzione per l’ineguaglianza dei perni, ma anche la correzione per l’ ine- 
guaglianza delle braccia del livello. Ora queste due correzioni hanno segni contrarii per 
le letture del livello fatte nelle due posizioni del cannocchiale, di oculare a nord e di 
oculare a sud, giacchè nelle due posizioni anzidette sì trova invertito non solo l’asse, 
ma anche il livello; e, poichè nel nostro caso serve la semisomma delle due inclinazio- 
ni fatte nelle due posizioni dell’asse, è chiaro che, se le sopraddette due correzioni si 
possono considerare invariabili in una serata, durante il corso delle osservazioni di una 
stella, la loro influenza resterà del tutto eliminata nella semisomma delle inclinazioni 
ottenute direttamente dalle letture del livello. La correzione per l’ineguaglianza dei per- 
nì potrebbe variare soltanto, se durante le osservazioni di un passaggio, cambiassero le 
sezioni dei perni in contatto con i cuscinetti; ma sembra che la maniera adottata nel 
muovere il cannocchiale, sia tale da avere sicuramente rimosso il sospetto di un così 
fatto inconveniente. Invece la correzione per la ineguaglianza delle braccia del livello 
può variare non solo per lo spostarsi dei ganci di sopra i perni, ma anche per altre 
cause, che riesce difficile riconoscere non che eliminare. Se queste cause fossero tutte 
accidentali, leggendo spesso il livello, la loro influenza sarebbe molto attenuata nel 
risultato; ma ve ne ha sicuramente delle sistematiche o periodiche, come quelle che di- 
pendono dalla temperatura, la cuì influenza sul risultato può essere nociva. Così, per 
esempio, per quanto piccola sia la quantità di calore irraggiato dalla lampadina, che 
serve a illuminare il campo, gli è certo che essa riscalda più uno che l’altro dei due 
bracci del livello, e tenderebbe a produrre uno spostamento del centro della bolla verso 
uno degli estremi della fiola. Si aggiunga che questo movimento non cambia di senso 
rispetto al livello con l'inversione del cannocchiale, perchè, invertendosi, insieme con 
l’asse e col livello, anche la lampadina, è sempre uno stesso braccio che è più riscalda- 
to dell'altro, e quindi l'errore prodotto non si distrugge con l’inversione; e si aggiun- 
ga pure che tale movimento, se ha luogo, può restare mascherato nelle letture, perchè 
il riscaldamento del piedritto più vicino alla lampadina può produrre nella bolla un mo- 
vimento presso che eguale e contrario. Lo stesso è a dirsi del calore che può emanare 
dall’osservatore, e che può influire tanto sul piedritto quanto sul braccio corrispondente 
del livello. Può darsi quindi che l'osservatore, prendendo argomento dall’ immobilità 


e 


della boila durante una serata, a torto si compiaccia della stabilità di tutto lo strumento, 
laddove potrà essere avvenuto un cambiamento d’inclinazione nell’asse, che non sarà 
stato accusato dal livello. Il solo pregio, che deve avere un livello, è quello d’ indicare 
fedelmente i più piccoli cambiamenti d’inclinazione nell’asse; perchè di qualunque 
cambiamento d’inclinazione, sia accidentale, sia periodico, purchè accusato dal livello, 
si può tener conto nei calcoli, quando le letture si facciano con sufficiente frequenza. 
Ma sulla fedeltà del livello non si può affatto giurare; e quindi nei casi, in cui, comè 
qui, P inclinazione ha un’importanza capitale, lo strumento dovrebbe avere almeno due 
livelli diversamente montati sull’asse.-Per queste considerazioni potrebbe sembrare più 
conveniente il metodo d’invertire il livello indipendentemente dall’asse, se appunto 
nell’operazione d’invertire separatamente il livello non fosse da temere la causa più pe- 
ricolosa di variazione nella correzione per l’ineguaglianza delle braccia. Ad ogni modo, 
nel caso pratico delle presenti osservazioni, queste temute cause di errore nella misura 
dell’inclinazione dell’asse non hanno potuto avere che un’ influenza piccola, perchè i 
valori, che si deducono per la latitudine in una serata da una stessa stella prima di ap- 
plicarvi qualsiasi correzione per l’inclinazione dell’asse, si trovano così strettamente 
d’accordo tra loro, che non dànno luogo a sospettare nè variazioni accidentali, nè ap- 
prezzabili cambiamenti periodici di questo elemento. In ciascuna serata prima e dopo 
delle osservazioni di una stella, ho quasi sempre fatto una livellazione completa, inver- 
tendo separatamente il livello;ma, benchè queste livellazioni fossero state fatte con tutta 
comodità e con quella cura che per me si poteva maggiore, pure il loro risultato, tro- 
vandosi spesso in notevole disaccordo con quello ottenuto dalle letture del livello perma- 
nentemente sospeso all’ asse, è stato bensì riportato nei quadri che seguono, ma non è 
stato impiegato nelle riduzioni. 


14.— Come valore angolare di una parte del livello ho adottato 1°.637 20.017, 
che fu trovato dal Prof. Fergola nel 1888 col sospendere il livello al lembo del cerchio 
manubrio dello strumento meridiano di Re ps old. L’accordo tra questo valore e quello 
di 1.641, ottenuto dal D." Rajna '), è per certo soddisfacente; nondimeno avrei deside- 
rato fare una nuova determinazione di questo elemento, mantenendo il livello sull’ asse 
del cannocchiale, per conservare le stesse condizioni, che si hanno nell’osservazione ; 
ma, con i mezzi di cui potevo disporre non mi è riuscito di farlo. Per attenuare |’ in- 
fluenza di qualche piccolo errore, da cui può essere affetto il valore di una parte del li- 
vello, avrei potuto in ciascuna sera ridurre presso che nulla l’ inclinazione dell’asse; ma, 
per timore che si fossero introdotti nuovi errori, ho preferito per lunghi periodi di non 
toccare le viti di correzione dell’inclinazione, se non quando questa aveva assunto un 
valore abbastanza considerevole. Ed, anche quando ciò mi è stato indispensabile, ho 
avuto cura di farlo sempre almeno nove o dieci ore prima delle osservazioni della sera, 
avendo frequentemente notato, che nelle prime ore, dopo toccate le viti di correzione 
dell’inclinazione dell’asse, questa si presenta notevolmente oscillante, finchè dopo qual- 
che tempo si ferma in un valore, nel quale poi rimane quasi costante per lungo inter- 
vallo. Del resto il valore medio di tutte le correzioni d’inclinazione applicate nelle osser- 


1) Millosevich, Determinazione della latitudine del R. Osservatorio del Collegio Romano, . 
Roma 1886, pag. 5. 


= DI — 


- 


vazioni è risultato di — o”. 44, quindi nel complesso dei risultamenti un errore nel va- 
lore di una parte del livello non ha influenza apprezzabile. 


15. — Ma il livello porta con sè due altre cause di errore, che possono essere va- 
riabili da sera a sera, ma che in una stessa serata possono assumere forma sistematica, 
è sono il limite di sensibilità di cui il livello è suscettibile e incertezza delle letture de- 
gli estremi della bolla. Il limite di sensibilità è il più grande angolo, di cui può variare 
l’inclinazione, senza che la bolla si muova, e per il quale quindi si mantiene fuori 
della posizione di equilibrio. Esso, oltre che dalla forma e grandezza della fiola e dalla 
natura del liquido contenuto, dipende principalmente dalla lunghezza della bolla (es- 
sendo abbastanza grande per {e bolle molto corte) e non è certamente facile a determi- 
nare. Se lo strumento è lasciato immobile in tutte le sue parti, questo limite può rag- 
giungere la grandezza di parecchie decime di secondo d’arco, ma è senza dubbio molto 
minore nell’atto che lo stramento si adopera, per via dei piccoli moti di vibrazione, che 
sì trasmettono al livello, e disturbano l'equilibrio instabile della bolla. Molte sere, nel- 
l’avvicinarmi allo strumento, che era stato per uno o più giorni in riposo, trovava la 
bolla ferma in una posizione, che, non appena cominciavo a girare il cannocchiale, si 
cambiava in un’altra differente di parecchie decime di secondo; e quest’ultima poi 
spesso si conservava invariata durante le osservazioni. L'incertezza delle letture degli 
estremi della bolla credo che nel medio finale di ciascuna stella non debba sorpassare, 
e forse nemmeno raggiungere o”. 1, sebbene l’apprezzamento del decimo o del doppio 
decimo di una parte sia nelle singole letture molto incerto ; quindi l'errore, che ne pro- 
viene, si «può mantenere intorno a o°. 16. Io attribuisco principalmente a queste due 
cause una gran parte del disaccordo, che nella latitudine si manifesta da una serata al- 
l’altra, laddove i valori che si ottengono in una stessa serata e con una stessa stella 
sono così concordanti fra loro. 


46. — Mi resta in ultimo da avvertire che fino al 30 Giugno 1889 tenni il guancia- 
le A (così chiamo il guanciale che porta le viti. di correzione per l’inclinazione del- 
l’asse) al Nord, e che dal 1° Luglio 1889 il guanciale A fu passato a sud, girando il 
piatto superiore dello strumento di 180°. Inoltre la posizione, in cui tenni il livello, 
rispetto all’ asse non fu sempre la stessa. Chiamando 4° posizione quella, nella quale il 
gancio, su cui sta la livelletta, si trova dalla parte del cerchio verticale, e 2° posizione la 
contraria, tenui il livello sospeso nella 1° posizione dal principio delle osservazioni fino 
al 31 Marzo, nella 2° posizione dal 1° Aprile al 30 Giugno, di nuovo nella 1° posizione 
dal 1° Luglio al 30 Settembre, e anche nella 2° posizione dal 1° Ottobre sino alla fine. 

Le stelle furono, in generale, osservate, cominciando alternativamente una volta 
con la posizione di oculare a nord e una volta con quella di oculare a sud. In generale 
ogni sera fa osservata una sola stella; molto raramente furono osservate due stelle 
nella stessa serata. 


— i 


$4°— Determinazioni di tempo. 


17.— Quando si osservano i passaggi completi ad est e a west di più fili simmetrici 
rispetto al filo di mezzo, la conoscenza del tempo è necessaria non per il suo valore as- 
soluto, ma per la sua variazione. Differenziando rispetto a 9 e # l’ equazione fondamen- 
tale, si ha: 

dg i FOO 


dini -— sin 29 tan?. 


Da questa equazione si può dedurre l’ errore de della latitudine prodotto da un errore 
dt nell’angolo orario. 

Riporto qui appresso per le diverse stelle osservate |’ errore, che nasce nella lati- 
tudine ottenuta dall’osservazione dei passaggi est e west per il filo di mezzo, suppo- 
nendo che l’errore del secondo angolo orario differisca di o°. 1 da quello del primo, per 
effetto di un errore nella variazione dell’ orologio; e metto anche a fianco l’errore cor- 
rispondente, che ci dovrebbe essere nella variazione diurna dell’ orologio. 


Errori che nascono nella latitudine dedotta da due passaggi per d# = 0°. 1. 


Stella Errore nella latitudine Errore corrisp. nella var. diurna 
B Persei 0.06 2.06 
e Persei O.II 1.10 
v Aurigae 0.13 0.90 
6 Can. ven. O.II 1.07 
 Bootis 0.15 0.83 
@ Bootis 0.00 2.113 
Gr. 2415 0.00 © 2.67 
a Lyrae 0.15 0.82 
v Cygni 0.00 3.43 


Si vede che per le stelle, la cui distanza zenitale meridiana è di pochi primi, l’ in- 
fluenza è nulla, e che per « Lyrae, la cui distanza zenitale meridiana è la più grande 
fra tutte, occorrerebbe un errore di o°.82 nella variazione diurna dell’ orologio perchè 
si producesse nella latitudine un errore di 0.15, è bisognerebbe che la variazione 
diurna dell’ orologio fosse sicura dentro il limite di o°. 1 perchè l'errore prodotto nella 
latitudine non superasse 0°.02. L’accuratezza che ho messa nelle determinazioni di 
tempo m’induce a ritenere la variazione diurna dell’ orologio sicuramente esatta den- 
tro il limite di 0°. 1. 


48.— Gli appulsi delle stelle e Persei, v Aurigae, 6 Can. ven., y Bootis, a Lyrae e 
quelli di B Persei osservati in Gennajo 1889, sono stati rilevati dai fogli cronografici, 
apprezzando la centesima parte di 1°, e le correzioni dell’orologio corrispondenti a cia- 
scuno appulso sono state quindi calcolate a meno di 0'.005; invece gli appulsi di 9 Boo- 
tis, Gr. 2415,» Cygni e quelli di Perse osservati nel Dicembre 1888 e nel Dicem- 


9 
bre 1889 sono stati rilevati dai fogli cronografici, apprezzando la decima parte di 1°, e 
per conseguenza le correzioni corrispondenti dell’orologio sono state calcolate a meno 
di 0.05. I limiti massimi degli errori sistematici, che si possono produrre nella latitu- 
dine, per effetto dell’approssimazione adottata nei calcoli, si possono ritenere come 


seguono: 


0.0I 


per f Persei (Genn. 1889) 
B Persei (Dic. 1888 e Dic. 1889) 0.06 
e Persei 0.01 
v Aurigae 0.01 
6 Can. ven. 0.01 
y Bootis 0.02 
© Bootis 0.00 
Gr. 2415 0.00 
a Lyrae 0.02 
v Cygni 0.00 


19. — Passo ora ad esporre i risultati delle determinazioni di tempo. L’orologio che 
trasmetteva il tempo al cronografo era un pendolo di Barraud, donato all’ Osservatorio 
insieme con altri stramenti dal Sig. Bishop; ma come pendolo fondamentale mi servii 
del pendolo di Frodsham, al quale con frequenti accordi cronografici riferii in cia- 
scuna serata il pendolo di Barraud. Soltanto nelle osservazioni del Dicembre 1888 non 
mi servii del Frodsham e determinai il tempo sul pendolo di Barraud, perchè 
quelle prime osservazioni non erano allora destinate a far parte della pubblicazione. 

Le determinazioni di tempo furono fatte con lo strumento dei passaggi di Rei- 
chenbach, determinando sempre le costanti strumentali di azimut, d’inclinazione e 
di collimazione, tranne pure nel Dicembre 1888. Nel periodo però dal 2 Giugno al 23 
Ottobre 1889 mi sono avvalso delle determinazioni fatte dal Prof. Fergola a mezzo del 
cerchio meridiano di Repsold, le quali godono di un’ esattezza di molto superiore a 
quella che mi sarebbe bisognata. 

Si ottenne dunque: 


Data TS — Barr. Var. diurna Data TS— Barr. Var. diurna 
1888 n m mos 1888 n m ms 
ia 6a 3 o ts. +0 37.7 s Dic. 17 a 8, O 8.1. 4 bs B2 s 
h ST + 2.1 g . +24 
5 .0 
i O) pur ne” Pau a ai 
- 41. E — 
9- ddr @ +0 43.8 DES 200200 +0 8.21 
+ 2.2 “2.90 
IO 3,9 + 0 46.0 da. 31 18 33 = 02.89, sed 
IT 300 + 0 48.2 di 24 32 18.33 — o 1,18 
12 3.10 + 0 50.6 î 24 Data TS—Frod. Var. diurna 
13 319 +0 53.0 
2.2 1889 n n s 
14 3.0 to 55.2 da Gen. 0n18° 35: te. ESA 2.01 s 
+ 2.3 de. Lieuy 
13 od +0 57.5 B.; 3 #8c35 +0 53.41 Len: 
16 ‘$i + 0 59.8 L'A 4 132.4 + o 53.56 198 c 
17 3cp +1 2.2 5 444 + 0 54.37 hi 


Data TS — Frod, 
1889 a m ms 
Gen. 5 a 4 44 ts. +0 54.37 

6 34° -+o54za 
7 34 to 55.42 
9 34 +0 56.24 
IG: 1,30 +1 1.28 
17 18 36 +1 3:77 
18 357 +1 4.10 
19 5 46 +1 5.16 
25: (Sigean 1. 97 
2610065 35 +1 10.11 
27.545 —Spuantz 
29 545 +1 12.73 
Feb. 6 545 + 1 20.08 
10 545. +1 22.49 
I7 545 + 1 26.02 
18. 5 44 + 1.26.65 
19 5 46 +1 27.17 
Mar. 30 12 17. +1 45.94 
Apr. 10 12 16 +1 47.18 
20 12 16 +1 45.32 
Mag. 12 14 31 + 1 35-03 
21 15 32 +1 28.91 
23 1$.32 +1 27.58 
24: 16 3a +1 26.91 
28 15.32 +1 23.60 
29 15432 -|+ 1 22.80 
30 15 32 +1 21.98 
3I 15 33 +1 21.13 
Giu: 1 19 32 +1 20.38 
> ina +1 19.49 
2 TOS |+ 1 19.378 
3 18 16 +1 18.453 
6 18 29 +1 15.671 
7 18 29 +1 14.896 
8 18 29 +1 13.895 
11 18 29 +1 11.364 
13 18 29 +1 9.521 
17 18 29 Li 6.254 


= ra 


Var. diurna 


| + 0:38 


+ 0.70 
+ 0.41 
+ 0.84 
+ 0.94 
+ 0.93" 
+ 0.95 
+ 0.70 
t 0.74 
+ 0.76 
+ 0.93 


+ 0.92 


+ 0.60 
+ 0.50 
+ 0.63 
+ 0.52 


+ 0.48 


+ 0.11 


— 0.19 


— 0.47 


— 0.68 
— 0.67 
— 0.67 
— 0.83 
— 0.80 
— 0.82 


— 0.85 


— 0.75 


— 0.89 

— 0.951 
— 0.925 © 
0.775 
— 1.001 
— 0.844 
— 0.921 


— 0.817 


Lug. 


Ago. 


ti RO INIL Oi cd ‘(03 N 


sim 
(ea) 


TS — Frod. 

m m s : 
29 ts. +1 6.254 
20 +1 5.392 
29 +1 4.786 
29. +1 4017 
29 +1 3.062 
29 +1 2.338 
29 +1 1.578 
29 +1 0.266 
29 + 0 59.601 
29 +0 56.574 
29 +0 55.485 
29 +0 54.979 
29 +0 54673 
29 +0 54.275 
29 +0 53.354 
29 +0 52.936 
29 +0 52.401 
29 +0 52.145 
29 +0 51.818 
29. +0 51.247 
29 + 0 50.967 
29 + 0 50.424 
29 +0 49.753 
29 + 0 49.404 
19. +0 49.454 
58 +0 49.256 
29. +0 49:484 
29 +0 49.370 
29 +0 49.115 
29 + 0 48.005 
29 + 0 47.612 
29 +0 47.469 
29 +0 47.386 
29 + 0 47.166 
29 +0 47.224 
29 to 47.156 
29. 10 47.199 
29 +0 47.157 
29 +0 46.997 
29 + 0 46.563 
19 + 0 45.268 


“ Var. diurna 


— 0,862 
— 0.606 
— 0.769 
— 9.955 
— 0.724 
— 0.760 
— 0.656 
— 0.665 


— 0.605 


—_ 544 
— 0.506 
— 0.306 
— 0.398 
— 0.460 
— 0.418 
— 0.268 
— 0.256 
— 0.327 
— 0,571 
— 0.280 
—_ 0-543 
— 0.336 
— 0.116 
+ 0.050 
— 0.178 
+ 0.264 
— 0.114 
— 0.255 
— 0.370 
— 0.197 


— 0.143 


— 0.083 
— 0.220 
+ 0.058 
— 0.068 
+ 0.043 
— 0.042 
— 0.080 
— 0.217 
— 0.2 59 


8 


Data TS — Frod. Var. diurna Data TS — Frod. Var. diurna 
1889 pun Ms 1889 hm ms 
Ago. 16a18 19 ts. +0 45.268 — 0/386 Ott. 10a18 29 ts. +0 52.622 + 0/340 
17 18 42 +0 44.876 vir BROS SI +0 52.964 + 0.217 
18 18 29 + 0 44.769 SIRIA Ig: xo si + 0 54.485 + 0,260 
dale 19 10 44738 __ 180 DIO 00 o 167 
ae 0 44007. cor 23 19 48 +0 55.704 
dr 25 + 0 43.805 -- 
+ 0.120 Nov,  & - 26 +1 0.45 ME 
Sett. ‘03 n 4I rg 44.767 SERIA GRISO SR 0.37 Fisse 
18 2 O 45. I 2 I 42,0 
9 45494 + 0.090 5 59 “E 4 + 0.95 
1g at * 5 +0 46.131 (i TO. 2.69 +1 2.99 n irog 
RP 46 + 0 47.184 Big: i, +1 12.31 
a + 0.339 
26 0 7 +0 49.594 " + 0.92 
27 PIS 25 + o 50.166 i Ties ara so +1 19.67 VARA 
28 18 42 +0 50.379 (1 en: SUGAR +1 21.82 log8 
0.81 
+ 0.123 9 30 +1 24.25 AL 2108 
DEE, 09119 4a +0 50.994 , CRM, +1 38.34 pe 
23 +20 
10 18 29 + 0 52.622 FIERO 2 MMNS MO, + 1 39.60 pigli 


20.— Poichè per qualche stella di latitudine occorreva la variazione diurna del- 
l'orologio esatta dentro il limite di o°.1, stimai opportuno determinare la parallasse delle 
penne ogni volta che il cronografo si metteva in moto e ogni volta che si arrestava, fa- 
cendo in modo, mediante una comunicazione aggiunta per una ventina di secondi, che 
la corrente della pila dell’orologio facesse contemporaneamente battere le due penne. 

Un’ altra precauzione, che non ho mai trascurata, è stata quella di regolare ogni 
volta Ja tensione delle molli delle penne secondo la forza della corrente e di assicurar- 
mi con diligenza che i tre tasti di cui mi serviva (uno per le determinazioni di tempo, 
un secondo per gli accordi dei pendoli e il terzo per le osservazioni dei passaggi al pri- 
mo verticale) con i relativi circuiti fossero sempre in buon ordine; perchè, quando la 
molla della penna di osservazione è troppo tesa, o quando vi ha qualche guasto anche 
lieve, nel circuito, i segnali facilmente si perdono, 0, quel che è peggio, possono venire 
erronei di uno, due o più decimi di secondo di tempo, per causa che la penna non 
viene attratta dalla sua elettrocalamita immediatamente appena che si preme il tasto. 
Per assicurarmi contemporaneamente di questi due fatti, io trasmetteva al cronografo 
per una decina di secondi, una serie di segnali molto ravvicinati, in modo che ne ca- 
dessero otto o dieci nell’intervallo di ciascun secondo, ed argomentava che tutto era in 
regola, allorchè la serie registrata era continua e i segnali erano tutti ben distinti ed 
eguali tra loro. 


ATTI — Vol. V.— Serie 22—N.° 7. 4 


a 


SEZIONE II. 


Osservazioni e loro riduzioni. 


24. — Nei quadri seguenti ho riunito i dati diretti forniti dalle osservazioni e i ri- 
sultati delle loro riduzioni. Ciascun quadro, del rimanente chiaro per sè, contiene : 

1) Uno specchietto, che offre il confronto del pendolo di Barraud, che dava il 
tempo al cronografo, col pendolo di Frodsham, preso come fondamentale, e la cor- 
rezione da apportare a Barraud per avere il tempo sidereo. Ciascun confronto risulta 
dal medio di 13 segnali, dati ogni 5 secondi del pendolo di Frodsham. La correzio- 
ne di Barraud si è dedotta da quella di Frodsham, mediante il rispettivo con- 
fronto. 

2) Le livellazioni dell’asse invertendo il livello, fatte ordinariamente prima e dopo 
l'osservazione di ciascuna stella. Le notazioni (1°) e (2*) indicano la prima o la secon- 
da posizione del livello, cioè la posizione, in cui il gancio che porta la livelletta sta 
dalla parte del cerchio verticale, o dalla parte dell’oculare. Sotto la denominazione Jn- 
clinazione è riportata la semisomma delle due inclinazioni corrispondenti alle due posi- 
zioni di oculare a nord e di oculare a sud, la quale moltiplicata per cosz dovrebbe for- 
nire la correzione per la latitudine; ma, per le ragioni esposte precedentemente, della 
inclinazione ottenuta a questo modo non si è tenuto alcun conto. Sotto la denomina- 
zione Correzione per l'ineguaglianza dei perni ho scritto la quarta parte della differenza 
delle due inclinazioni, ottenute nelle due posizioni del cannocchiale: questo numero non 
ha alcun significato, se non nell’ ipotesi, poco probabile, che l'inclinazione della linea 
dei cuscinetti sia rimasta inalterata nell’intervallo. Tutti i numeri di questo secondo spec- 
chietto sono espressi in parti del livello. Gl’istanti sono in tempo sidereo. 

3) Uno specchio contenente i tempi degli appulsi della stella ai diversi fili del reti- 
colo, quali risultano direttamente dai fogli cronografici, e le letture del livello, mantenu- 
to costantemente sospeso all’asse, espresse in parti del livello stesso. Dai tempi degli 
appulsi, mercè la correzione del pendolo e l’ascensione retta della stella, sì ottengono 
gli angoli orarii, e da questi si deducono per i due passaggi a ciascun filo ì valori 
di g--8—/cosz. I calcoli sono stati fatti secondo il modulo dato a pag. 235 delle 
Formeln und Hùlfstafeln fùr geographische Ortsbestimmungen del Dr. Th. Albrecht 
(Leipzig, 1879), facendo uso delle tavole stesse. 

AI risultato di ciascun passaggio per ciascun filo ho applicato la distanza del filo 
dal medio, a fine di poter confrontare tra loro i risultati e verificare per i più discordan- 
ti se mai si fosse incorso in qualche errore di calcolo. È inutile poi ricordare che nel 
medio dei due risultati, ottenuti dai due passaggi est e west per lo stesso filo, qualun- 
que errore nella distanza del filo restà eliminato. I valori di à.—d —#cosz, li ho notati 
in due colonne: nella prima ho riportato ì valori dedotti dalle osservazioni, i quali, in 
generale, presentano un andamento crescente o decrescente, dovuto all’errore di azimul; 
nella seconda ho riportato i valori compensati dall’errore di azimut, i quali si sono otte - 
nuti sostiluendo a ciascuno dei valori di due fili simmetrici rispetto al filo di mezzo la 
loro semisomma. Tutte le volte che si è perduta l’osservazione ad un filo, si è trascu- 


TM + 

rata anche l’osservazione al filo simmetrico, e ciò per non introdurre nei risultati un 
valore influenzato dall’azimut sirumentale. I valori di g— 8 — 7cos 3 notati nell’ ultima 
colonna sono così compensati in parte anche dagli errori accidentali; ma ad ogni modo 
l’accordo soddisfacente, che essi presentano, risponde, se io non m’inganno, al- 
l’accuratezza messa nelle operazioni. 

Le letture del livello, permanentemente sospeso all’asse, sono state fatte sempre 
al principio e alla fine delle due serie di passaggi, e per le stelle lente anche tra i di- 
versi gruppi di fili. Sono dinotate col segno + le letture dell’estremo nord della bolla e 
col segno — quelle dell’estremo sud. In tal modo, avendo fatto sempre lo stesso nu- 
mero di letture per il passaggio est e per il passaggio west, l'inclinazione da adottare 
può essere data dalla somma algebrica di tutte le letture divisa per il numero di esse. 


22. — Seguono i quadri. 


Sr (E 


Data ? Dicembre 1888. 
Confronto dei pendoli 


FRODSHAM BARRAUD TS — BaRR. 


Livellazioni dell'asse invertendo il livello 
Oculare a Nord Oculare a Sud 
h mm O h m v 
a 16 20 (19) + 2004 — 1453 a 19 25 (1°) + he — 20.1 
216 35 (2°) +17.0—17.6|a19 30 (2°) +17.6 — 16.6 
216 40 (1°) + 20.4 — 14-2 | a 19 35 (1°) + 14.0 — 20.1 
| 
Inclinazione= + o. 526 


Correzione per l’ineguaglianza dei perni = +- o. "662 


Stella x Lyrae: x=18"33"?8%.44; d = 38°40'59”.70 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD g—-d—icosz 
Oggetto | ——_____—_ 
oss to saggio a E io a = 
sservato| Passaggio a E |Passagg W (dedotto) |(compen ) 
Oculare a N Oculare a S sato 


" 1 P 
Livello ba0î2 SA 41458 —19 6 


a h Ù h m “ “i 
Filo IL. |17 o "3440 Ig 58 29.00 7846.29 | 7846.47 
» ITali7. 1  3.75|19 59 0.00] 7846-17 | 7846.05 


Livello 


Filo Il 17 I 33.10|19 59 31.00] 7846.49 | 7846.27 
» II2j17 1 5345/19 59 51-45 7845-51 | 7845-93 
» IIL3z3|17 1 13.75/20 o 13.60] 7847-27 |7846.34 


Livello 

Filo III, |17 2 47. 01 o 46.35] 7845-37 | 7845.56 
» II2|17 3 S30/90 1 8.00] 7845.67 | 7846.22 
» IM3|i7 3 28. i 1 28.10] 7845-45 | 7845-45 
» IIL |17 3 48.55/2 I 49.00] 7846.77 | 7846.22 
>» IIy17 4 ssi 1 9.00| 7845-76 | 7845.57 
Livello 

Filo Iv. la 4 44.10120 2 42.70| 7845-42. 7846.35 
» IVa|17 5  5.55/20 3 4.15|7846.36' 7845-94 
» IV3 5 26.60120 3 24.20] 7846.05' 7846.27 
Livello | 

Filo Vi |17 5 57.50/20 3 53.60|7845.93|7846.05 
» Va|17 6 28.40/20 4 23.25] 7846.65|7846.47 


Livello t203 —14h 4g —20/2 


i=4+ o?.150. Medio 3 — J — # cos = 3°%10 40408 
+d=38 40 59 .70 

g— icosz= 40 SI 45 .78 

+icosz= +0 .23 


Data 7 Dicembre 1888. 
Confronto dei pendoli 


FRODSHAM } BaRRAUD TS — BaRR. 


| 


Livellazioni dell'asse invertendo il livello 


Oculare a Sud \ Oculare a Nord 
| 


h m p Pp | 
a 155 (1°) +14.9—20.5| — 
a 2 0 (2*%)+18.7— 16.8 — 
a 25 (1) +141— 211 _ 


Inclinazione= 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = 


Stella 8 Persei: a= 3"056%.9; ds 3138”.63 
Guanciale A al Nord.— Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD o—_d—i cos: 


Oggetto =_ pi 
osservato| Passaggio a E ‘Passaggio aW (dedotto) | e) 


h m d“ “ 
3 26 54.8 | 1204.52| 1205.26 
3 


28 33.7 | 1204.91| 120.51 
Livello |4-15 


È i 
FiloIV3| 2 20 27.3 330 6.9 | 1206.18 | 1206.30 
» IVot.2 21 r44 3 31 7.0 ].\ra05.72)/|Wa05.07 


» IVi| 2 22 45|3 32 84 | 1205.66!1205.77 
Livello +50 Sab +2156 — flo 
h ms h ms 

Filo III: | 2 23 26.0 | 3 33 42.8 | 1206.15| 1206.14 

» IL|2 24 15.9 | 3 34 35.0 | 1205.40| 1205.72 

» II3|2 25 7.5] 3 35 28.5 | 1205.82| 1205.82 

» II3|2 25 599 | 3 36 19.9 | 1206.04| 1205.72 

» IIL,|2 26 56.1 | 3 37 12.1 | 1206.13| 1206.14 


Livello +10 — 20.6 1barl6 —iga 


h m | hà m 
Filo II3| 2 28 289 3 38 3201 1205-89 | 1205.78 


» IlLa|2 29 27.0 |:3 39 19.7 | 1206.22 | 1205.97 
» II] 2 30 27.3|3 40 6.4 | 1206.41]1206.29 


Ì 
Livello |+-1415 —210 14216 —140 


Wise hi. mo è a 
Filo Il] 2 32 04 |3 41 13.0 | 1206.11| 1205.51 


» 1| 2 33 37-9| 3 42 17.5 | 1206.01| 1205.27 


i 


Livello +15 —afo0 (Fan? set 


“î= + 02.425. Medio p—1d—icosz= 0° 20° 5.81 
+d=40 31 38.63. 


— îcose=40 SI 44 .44 
+ icoss= +0 .69 
g="40 51 45-13 


Data 8 Dicembre 1888. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD 


| 
ha 


TS — BARR. 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord 


h m p p 
- a 19 35 (1°) + 137 — 204 


= a 19 40 


= a19 45 (1°) + 13.7 — 20.4 


Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianza dei 


Stella x Lyrae: a=18"33"°8%.4; 


Oculare a Sud 


(2°) + 16.6 — 17.5 


perni = 


d=+ 38°40'59”.40. 


Guanciale A al Nord. — Livello 1° posizione. 


Tempo di BARRAUD 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. 
Oculare a N. Oculare a _S. 


(dedotto) ae) 
sato 


. p 
Livello +00 —15.0 |+-13-7 — 205 


s 


: ù h 
Filo JI, 17 o” 32.3 [19 58° 27.9 
cat {Py nr 190 58 588 


Livello 

Filo-IL |i7 1 31.3 [19 59 297 
DXHS | P7 00% (50.9 [19% 59 510 
Dodi, 0 eta Di | 20 O (11.9 
Livello 

Filo III, |17 2 45.1 [20 o 45.6 
Wei pae 5iorlzo0» r. 7.i 
» (II3|17 3 25.8 [20 1002743 
» HL|i7 3 46.4 [20° r 48.3 
DI |i7 004) 71 207 2 80 
Livello 


Filo IV, [17 4 42.0 |20° 2 42.1 
DIEM |Fm7.00 | 135 | 207 3 .2 
» IV3|17 524-620 37234 


Livello 


Filo V,|17. 5 55.1 [20 3 52:6 
DOW, (7 MeL6.1 2044 20) 4 21,8 


Livello +2d0 Sad +13%6 —205 


i=— 02.438. Medio p—d—îcos 


z= 2° 10° 47.80 


+d=38 4o 59 .40 
g—icosz=40 51 47 .20 
+icosz= —o .68 


p=40 51 46 .52 


Data 8 Dicembre 1888. 


Confronto dei pendoli. 
FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 


| 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 
h_m p p 
a 140 (1°) + 20.5 — 15.0 — 
a 145 (2°) +17,0— 18.7 = 
a 150 (1°) +20.5— 15.0 -- 


Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = 


Stella B Persei: a==3%0”56%9; d=+40°31'38”.75. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD P_d—-icoss 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. 


(dedotto) MR 


Oculare a _S. Oculare a N. sato 


Livello 42051 15/6 Lido ite 


a h ms h ns s“ 
Filo I,| 2 18 126|3 26 53.9 | 1206.53 | 120645 


DV | 200219 (17:27 || 37 28:131.1| 1207.09 || 1206.63 


Livello Laga Lao LO daro 


È h ms h ms 

Filo IL, | 2 20 238 | 3 30 3.9 | 1207.20 | 1206.87 
» II] 2 21 10.2|]3 31 4.1 | 1206.92 | 1206.85 
» II|2 2r 585]3 32 3.0 | 1206.71 | 1206.54 


Livello TIRA —155 +1459 Lirio 


Filo III, ti 23° 18.6 DI 33° 357 1206 80 | 1206.65 
» II] 2 24 10.0 |3 34 320 | 1207.21 | 1206.94 
» II3|2 25 ro | 3 35 25.0| 1207.53 | 1207.53 
» IL|2 25 54.6 | 3 36 16.0 | 1206.67 | 1206.94 
» II;| 2 26 47.8 | 3 37 5-3 | 1206.49 | 1206.64 


Livello a —155 Ma dato 


e h ms nh mos 
FiloIV, | 2 28 22.2| 3 38 27.5 | 1206.37 | 1206.54 


» IV,|] 2 29 230 | 3 39 17.7 | 1206.79 | 1206.86 
» IV3| 2 30 234 | 3 40 4.0 | 1206.54 | 1206.87 


Livello +20; dish 148 Bai 


h ms 


h 
Filo V, | 2 31° 56.4 3 4I 10.7 | 1206.17 | 1206.63 
» Ve|2 33 343 | 3 42 16.2 | 1206.37 | 1206.45 


» , 
Livello 42055 —15:4 Lio 27h 


i=— 02.312. Medio p—d—icoss= 0° 20' 6”.76 
+d=40 31 38 .75 
o—1C00Sz=40 SI 45.51 
Ficoss= — 0 .51 
Qg=="40 51 45 .00 
x% 


PIE get 


Data 9 Dicembre 1888. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD TS — BARR. 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


h m h mM 
a 16 25 (1) + 145 — 2054 a 19 35 (1) + 18% — 1502 
a 16 30 (2°) +17.9— 17.9 | 219 40 (2°) + 15.8— 17.9 
a16 35 (1°) + 14.1 — 20.5 | a 19 45 (1°) + 18.4— 15.3 


Inclinazione = — 02.631. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni =-| 0%.453. 


Stella x Lyrae: a=18"33"854; d = + 38%40'59”.11. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD g—-d—icosz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) (e) 
Oculare a ,S. Oculare a N. sato 
p n 
Livello +13%0 —21.5 +18%2 — 155 
h ms h ms ‘I “ 
Filo Vo [17 o 299 |i9 58 26.0 | 7848.56 | 7849.23 
» V,j|i7 o 58.6 |i9 58 57.6 | 7850.24 | 7849.62 
Livello 
Filo IV3 |17 1 27.5 |19 59 28.0 | 7850.38 | 7849.53 
» IVo {17 1 48.6 |19 59 48.8 | 7848.78 | 7848.90 
» IV, |17 29.9 [20° 0 11.1 | 7849.27 | 7849.12 
Livello 
Filo III: {17 2 44.1 |20 o 45.3 | 7848.23 | 7843.67 
» IL|17 3. 3.6 |20 i 56 | 784909 | 784902 
» III3|t7 3 23.8 [20 I 26.5 | 784999 | 7849.99 
» IIs|17 3 45-0 |20 1 469 | 7848.94 | 7849.01 
» III, |17 4 6.0 [20 2. 7.8 | 7849.11 | 7848.67 
Livello 
Filo IIz |17 40.1 |20. 2 4I.L | 7848.98 | 7849.13 
» II|t7 5 1.0 |20 3 1.4 | 7849.02 | 7848.90 
» I,|17 5 22.0 |20 21.4 | 7848-69 | 7849.54 
Livello 
Filo 1,|t7 5 52.8 [20 3 51.0 | 7849.00 | 7849.62 
» I|t7 6 23.3 |20 4 20.4 | 784990 |7849.23 
Livello +13 ak +18%2 nh 108 


î=— 12.400. Medio g—d —icosz= 2° ro' 49”.21 
+d=38 4o 59.11 
o—icosz= 40 51 48 .32 

+ 2c0s.8= — 2 _.19 


o=="40 51 46 .13 


Data 9 Dicembre 1888. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


hg p p 
a 145 (1°) +13.9— 21.7 = 
a 1 so (28) + 17.6 — 18.0 —_ 
a 155 (128) +14.0— 21.5 = 


Inclinazione = 


Correzione per l’ineguaglianza dei perni = 


Stella f Persei: @= 3#0!%56°%.9; d =+ 40°31'38"”.88. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD pe d—ic08z 


Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) vg 
Oculare a _S. Oculare a N. sato 
Livello dado —n156 +-2053 — 155 
h “ s 

Filo Va| 2 18” 114 3 26° 53,5 1206.87 | 1206,71 
» Vi] 2 19 16.9 | 3 28 30.3 | 1206.10 | 1206.44 
Livello did da15 4204 A4asf 

Filo IV3 a 20 23.0 di 30° 34 1206.81 | 1206.75 
» IVe| 2 21 10.0 | 3 31 3.7 | 1206.50 | 1206.59 
» IVil 2 21 594]|]3 32 5.1 | 1206.82 | 1206.83 
Livello song dark +20%4 Last 

5 rn 

Filo IIIz Ra 23 22.2 3 337 39.1 1206.26 | 1206.59 
» IL |2 24 11.3 | 3 34 32.2 | 1206.45 | 1206.31 
» IIz3|2 25 30] 3 35 25.6 | 1206.69 | 1206.69 
» Il] 2 25 559] 3 36 16.2 | 1206.18 { 1206,32 
» IL|2 26 51.3 |3 37 8.8 | 1206.91 | 1206.58 
Livello dadi —215 +-20%4 155 

3 I 

Filo Il} a" 28” 2314 | 3° 38" 28.6 | 1206.84 | 1206.83 
.» Ho 2 29 230|3 39 167 | 1206.68 | 1206.59 
» Ih|2 30 22.83 4o 2.8 | 1206.69 | 1206.75 
Livello +40 ar add —155 

E h 
Filo Ig Si 317 555 3 rt 9.8 1206.79 | 1206.45 
» I|2 33 3353 42 14.5 | 1206.55 | 1206.71 


Livello dazio —215 +204 —153 
i=— 0.617. Medio pd —icosz= 0° 20’ 6.61 
+d=40 31 38 .88 
g_—Îc0s8=40 51 45 .49 
L+icosz= — 1 .00 

g==40 51 44 .49 


I 


Data 13 Dicembre 1888. 
Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BaRR. 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord Oculare a Sud 


h m v p 
a 345 (1°) +-13.2— 234 
a 350 (2°) +18.0 — 18.7 
a 355 (1°)4-140 — 22.7 


a Lg fi (13) +20%0 — 1655 
4 a 150 (2%) +15.7 — 20.8 
a 155 (19) +20.1 — 16.1 


Inclinazione = — 1.438. 


Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = + 0”.550. 


Stella g Persei: a= 3hoM56°.9; d=+ 40%3139".36. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione, 


Tempo di BARRAUD Q—-d—=tcos 2 


Oggetto 


osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. 
Oculare a N. 


uIEe____— |--—————- 


(dedotto) a 


Oculare a S. sato 


p 
Livello bpaeta —heî +13, —23.0 


TAO: h ms h ms “ “ 
Filo I,| 2 18 0.5 | 3 26 440 | 120799 | 120793 
» Isl 2 19 50|3 28 20.6 | 1207.74 | 1207.95 
Livello +204 —164% +13°0 —236 
x h ms h mi os 
Filo Il, | 2 20 11.1) 3 29 534 | 1208.23 | 1208.41 
» IH] 2 20 5853 30 53.5 | 1207.50 | 1208.08 
Olio Pa. 21, U&5./03. 30 (52:;2..| 120724 | 1207:67 
Livello |+-204 —161 |-+126 —24% 
h h m 
Filo II, | 2 23° 6.0 CIRO 252 120792 | 1207,96 
» HIIs|2 23 568 | 3 34 21.4 | 1208.67 | 1208.34 
» IHg{2 24 496/3 35 13.3 | 1207.35 | 1207.35 
» IIL|2 25 420 | 3 36 5.7 |1208.02 | 1208.35 
» II;| 2 26 35.5 |3 36 555 | 120801 | 1207.97 
Livello Sagl —16% aîf7 ago 
h h 
FiloIV, | 2 28” 100 3 38° 180 | 1208.10 1207.67 
» IVa| 2 29 100|]3 39 77 |1208.65 | 120807 
» IVg| 2 30 114 |3 39 55.0 |1208.60| 1208.42 
Livello +20%4 — 16% 41257 riaflo 
o h mos h mos 
Filo Vj|{ 2 31 436 | 3 41 0.9 | 1208.15 | 1207.94 
» Va] 2 33 21.5) 3 42 5.6 | 1207.87 | 120793 


Livello +20% —162 41257 Sab 
i=— 12,642. Medio p—d — icosa= 0° 20° 8”.00 
+d=40 31 39 .36 

g—iîcosz=40 SI 47 .36 
+icosz= — 2 .67 

p="40 51 44 .69 


Data 14 Dicembre 1888. 
Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD rs — BARR. 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


h m h Mm 
a 16 25 (13) + 13% — 22/4 a 19 20 " (19) 4173 — 1755 
a16 30 (2%) +16.7— 19.1 | a 19 35 (2%) 4 14.5 — 20.2 
a 16 35 (3°) +13.0— 22.6 | a 19 40 (1°) + 17.4 — 17.4 
I 


Inclinazione = — 22.181. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 0.?365. 


Stella 4 Lyrae: a=18"33"8%.4: d=+38%40'57”.60. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD o—TI— ?c0s = 
Oggetto 
osservato Passaggio a W. 


Oculare a N. 


Passaggio a E. (dedotto) (RA 


Oculare a S. sato 


Livello |4+-12°%9 —2256 41755 —1753 


h m h m 


. s $s " Ti 

Filo Va |17 o 17.5 |19 58 16.1 | 7852.31 | 7851.67 
» Vi|iz o 46.5 |19 58 46.9 | 7852.41 | 7851.86 

Livello 

FiloIVz |17 1 15.9 [19 59 180 |7852.78 | 7852.77 
» IVa [17 1 35.6 [19 59 38.4 | 7852.17 | 7851.84 
» IVi|i7 1 57.2 |20 o 0.6 | 7851.69 | 7852.75 

Livello 

Filo II; |17 2 314 [20 o 35.2 | 7852.09 | 7852.08 
» HL|i7 2 51.2 [20 0 55.5 | 7852.50 | 7852.55 
» IS53|i7 3 117 |20° 1 16.0 | 7852.39 | 7852.39 
» IM2|17 3 32.1 |20 1 36.5 | 785261 | 7852.56 
» HI, |i7z 3 534 |20 1 57.3 |7852.06 | 7852.07 

Livello 

Filo Il3/17 4 27.2 |20° 2 31.5 |7853.82 | 7852.76 
» Ipli7 4 484 [20 2 511 |7851.50 | 7851.83 
» I|i7z 5 9220 3 114 | 7852.77 | 7852:78 

Livello 

Filo I|17 5 399 |20 3 40:2 | 7851.31 | 7851.86 
» I|17 6 10.7 [20 4 9.2 | 7851.04 | 7851.68 


Livello +1206 —23% +176 —193 
i=— 2?.450. Medio p—d—?cosz= 2° 10' 52.23 
+d=38 40 57 .60 
g—icosz=40 SI 49 -83 

+ icosg= — 3 .83 

g="40 SI 46 .00 


Data 14 Dicembre 1888. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — Barr. 


—. — — 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud I Oculare a Nord 


hm p D 
a 155 (18) + 13.0—23.4 S 
a 2 o (22)-+ 16.7 — 20.0 — 
a 25 (13)-+-13.0— 23.4 = 


Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianzà dei perni = 


Stella 8 Persei: a=3"0!56°.9; d =+-40°3139”.48. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1* posizione. 


Tempo di BARRAUD Q—-d—icosz 
Upretio i — si 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) es 
Oculàre a S. Oculare a N. sato 


Livello 41550 34 +igîa Zog 


9 a 26° 4312 1208-19 1208.65 
5] 3° 28 22.6 | 1209.87 | 1209.53 
P 


p Pp 
41953 —175 


h h 
Filo IV3| 2 20 10.1 3 29° 336 1208.62 | 1208.92 


» IVa| 2 20 56.9] 3 30 54.1 | 1208.52 | 1208.98 
» IVj| 2 21 46.0| 3 31 55.3 | 1209.09 | 1209.19 


Filo Ve|2 17 58. 
Di Va 2 


USI 
(o) 
wo 


Liv ello +1sh —234 


Livello 4135 3a Bah —175 


£ h m 8 h ms 

Filo II; | 2 23 7.8| 3 33 30.1 | 1209.37 | 1209.46 
» IL|2 23 57.2] 3 34 23.3 | 1209-43 | 1208.94 
» II3| 2 24 485 |3 35 154 | 1209-17 | 1209.17 
» II2|2 25 421|3 36 6.4 | 1208.44 | 1208.93 
» HI,|2 26 375|3 36 597 |1209.56|120947 


Livello 4132 —235 +1955 —1755 


h m 


È s h ms 

Filo I3| 2 28 97]|3 38 19.3 | 1209-28 | 1209.18 
» II2|2 29 85] 3 39 7.3 | 1209-44 | 120898 
» IL | 2 30 go |3 39 53.6 | ‘209.22 | 1208.92 


Livello +1sa —235 +10%6 —175 
y h ms s 
Filo le i'2z Sr igrb6.| 3 4L 8 5a 1209.19 | 1209.53 
» I,|2 33 18.9 |3 42 5.0 | 1209.12 | 1208.66 


Livello +13? —235 +196 —17. 


i=-— 22.112 Medio pg—_d—icosz= 0° 20° 9”.10 
+d=40 31 39.48 

g—icosz= 40 51 48.58 

+icosz= — 3 43 

g==40 51 45-15 


Data 18 Dicembre 1888. 


Confronto dei pendoli. 


FROoDSHAM BARRAUD Ts — BARR. 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 
h m 
a 145 (1) + 185 — 162 — 
a 150 (2°) +15.9— 19.0 == 
a 155 (1°9)+19.0— 15.9 ca 


Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = 


Stella 8 Persei: a=3%0%56%.9; d=+ 40% 1°39".92 
Guanciale A al Nord. — Livello 18 posizione. 


rl _[2——— DD  c«<‘<‘Cc i i 

Tempo di BARRAUD @_-d—?cosz 

Oggetto 

osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. 
Oculare a N. Oculare a S. 


(dedotto) get 


Livello |-19°0 —165 tre — nil 


a h ms h “ “ 
Filo 11|2 17 476|3 26° 20.5 1207.62 | 1207.05 
» Isl2 18 527 3 28 69 | 120724 | 1206.96 


Livello +1d0 —165 Hido 218 
ou h m h 
Filo Il,| 2 19 59.4 3 29” 39.1 1206.99 | 1206.84 


» Ila| 2 20 46.2 3 30 39.7 | 1206.84 | 1206.62 
» I3|2 21 330 3 31 38.7 | 1207.43 | 1207.20 


Livello Jidi —158 So —215 


Filo HI, | 2° 22° 531 f 33° 10.4 | 1206 97 | 1206.91 
» IIa|. 23 45.1 | 3 34 7.2 | 1207.27 | 1207.20 
» II3]2 2 36.7 | 3 34 59.7 | 120695 | 1206.95 
» IL|2 25 30.1|]3 35 52.3 [1207.13|1 207.20 
» II|2 26 235 3 36 41.6 | 1206.85 | 1206.91 


Livello Hdi —158 +ido 218 


; h h 

Filo IV, | 2 27° 576 3 38 3.9 | 1206.96 | 1207.19- 
» IVa| 2 28 591|3 38 53.1 | 1206.40 | 1206.62 
» IV3| 2 29 59.1 | 3 39 39.9 | 1206.69 | 1206.84 


Livello +idi 1588 quale Cai 


2 h h 
Filo V,| 2 gi 3ilo 3 40°” 46.1 1206.69 | 1206.97 
» Valz 33 90|3 41 514 | 1206.48 | 1207.05 


Livello +idi —138 ido 28 


i=— 1?.000. Medio g—d—-icosz= 0° 20° 6.97 
+d=40 31 39 .92 

g—icosa= 40 51 46 .89 

+icosz= 

g="40 SI 45 .26 


=— 35 — 


Data 29 Dicembre 1888. Data 31 Dicembre 1888. 

Confronto dei pendoli. Confronto dei pendoli. 

FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. FRODSHAM BaRrRAUD Ts — BARR 
Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud Oculare a Nord Oculare a Nord Oculare a Sud 

h m h m h m i 

d 20 (19) + 1558 — 184 -. 216 35 (13) + 2157 — 1253 a 19 30 (19) + 1557 — 17.0 

a 25 (23)+193— 14.9 —_ 216 40 (2%) +18.1— 15.8] a 19 35 (2°) 4 17.1— 14.9 

a 210 (13) 15.8— 18.5 —_ a 16 45 (1°) +21.6—12.2| a 19 40 (1°) +15.1— 17.0 

Inclinazione = Inclinazione = + 12.537. 

Correzione per l'ineguaglianza dei perni = Correzione per l’ineguaglianza dei perni = -- 02.694. 
Stella f Persei: x= 3%0"565.8; d=40°31"40".94. Stella 2 Lyrae: a=18"%337#85.;; d=38%40'52”.16. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1* posizione. Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 

Tempo di BarRAUD (‘n d—icos = Tempo di BarRAUD @—Èd—icos 3 
WE e "rene" ==> Oggetto === 
osservato Passaggio a E. | Passaggio a W. compen- osservato Passaggio a E. | Passaggio a W. ‘compen- 
d 
Oculare a S. Oculare a _N. ERO ( sato ) Oculare a N. Oculare a S. o) ( sato ) 
î p p » p 

Livello |4-16.0 —18.3 |+-22.2 —12.3 Livello +2157 —120 +55 ag 
si h ms h ms “ “ h h . 7, “ 

Filo Vs| 2 18 50.3 | 3 27 21.9 | 1201.50 | 1201.48 Filo I,|17 1” 88 19 59° 7.4 7851.44 | 7851-34 
» Vi|2 19 551|3 28 59.9 | 1201.58| 1201.63 » Ix|17 1 37.8 [19 59 38.1 | 7851.40 | 7851.31 

Livello +160 —183 42253 via Livello 

2) h ms h ms - 

FiloIV3| 2 21 20 |3 30 325 |1201.42 | 1201.44 Filo II, |17 2 73 |20 o 09.2 | 7851.64 | 7851.49 
» IVa| 2 21 491|3 31 33.2 | 1201.16 | 1201.31 » IL|i7 2 27.1 |20 o 29.7 | 7851.52 | 7851.52 
» IVy| 2 22 383|3 32 35.8 |1202.17 | 1201.97 » 1I3|17 2 47.9 |z0 o 50.5 | 7850.60 | 7851.05 
e ro p 

Livello \---15.9 —18.4 2053 L12354 Livello 
4 h ms h ms È 

Filo HI; | 2 24 00|3 34 9.0 | 1201.76 | 1201.97 Filo II, |17 3 21.5 |20 1 25.0 | 7850.82 | 7850.93 
» HL,| 2 24 502|3 35 2.8 | 1201.63 | 1201.64 » II9{17 3 41.8 [20 1 46.6 | 785237 | 785141 
» HI3| 2 25 41.3 |3 35 559 | 1202.03 | 1202.03 » II3|17 4 26 |z20 2 69 |785099|7850.99 
» Ha] 2 26 350] 3 36 47.6 | 1201.65 | 1201.64 » HI, |17 4 23.7 |20 2 27.3 | 785045 | 7851.41 
» IHI,| 2 27 306 |3 37 40.1 | 1202.19 | 1201.98 » II |17 4 434 |20 2 47.2 | 7851.04 | 7850.93 
° p 

Livello |4-159 —184 +-2253 Lia} Livello 

Fi h ms h ms 
ilo I3| 2 29 31|3 38 59:7 | 120177 1201.97 FiloIV;j |17 5 18.0 [20° 3 21.4 | 785149 | 7851.04 
» Ia] 2. 30 25|3 39 474 | 1201.46 1201.31 » IVa |17 Ss 39.7 |20 3° 42.5 | 7851.53 | 7851.53 
» Ih|j2 31 30|3 40 340 | 120145 | 1201.43 » IV3 [17 6 0.7 |20 4 2.6 |7851.34 | 7851.49 
P P 7) 

Livello \4-15.9 —18.4 +22) ua Livello 

Fi h ms h mos 
ilo Ia| 232 35913 41 41.3 | 1201 69 | 1201.64 Filo Vi |17 6 31.6 |20 4 320 | 785121 | 7851.30 
» L|2 34 144/3 42. 6.3 | 1201.46 1201.48 » Vs|i7z 7. 2.820 5. 15 |7851.25|7851.35 
s D p D p 

Livello |4+-15.8 —18.5 |+22.3 —12.4 Livello +15%0 — 17,0 
i=-|. 12.860. Medio g—d —icosz= 0°20 1.48 î=-+ 12.925. Medio gp—&—icos== 2° 10' 51".27 

| +d=40 31 40.94 +d=38 40 52 .16 
g—t1C05Sz= 40 SI 42 .42 g—icosz=40 SI 43 .43 
+icosz= +3 .02 +icosa= + 3.01 
p_40 51 45 .44 g=40 SI 40 .44 


ATTI — Vol. V.— Serie 22—N.° 1. 5 


Sn —. 


Data 3 Gennajo 1889. Data 4 Gennajo 1889. 
Confronto dei pendoli. Confronto dei pendoli. 
FRODSHAM BARRAUD Ts — BaRR. FRODSHAM BaRBAUD Ts — BarR. 
h m s RE se ms h m s h m.e ms 
16 54 0.00 | 16 54 43.19 +0 10.19 I 32 0.00 1 30 14.95 +2 3858 
17 9 0.00 | 17 9 43.21 -—-0 10.17 5 1 000 4 59 15.08 +2 3850 


19 49 000 | 19 49 43-49 | +o 9.94 
20 7 000 | 20 7 43.56 +0 9.87 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord Oculare a Sud Oculare a Sud Oculare a Nord 


h h 7 h h 
a 16 dui (13) 1327 a a 19 35° (13) +15 — 20%0 ato” (13) + 16% i 3 a4 29° (12) 42257 — ua 


a 16 45 (2%) +18.6 — 17.9 | 219 40 (2%) 418.5 — 17.3 al 5° (2°) +200—16.5 | 24 43 (29) +19.1 — 18.2 
a 16 50 (1°) +22.7 — 148 | a 19 45 (1°) +15.7 — 20.1 arto (18) +158—21.0|a447 (1°) 4232 — Ml 


Inclinazione =-+o”.694. Inclinazione =-+12.012. 

Correzione per l’ineguaglianza dei perni —-|-0?.728. Correzione per l’ineguaglianza dei perni =-|07.644. 
Stella a Lyrae: a=18"3378%.52: d=+-38°40'50”.83. Stella 8 Persei: a==3"0565.74.; d=+40°3141”.30. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. Guanciale A al Nord, — Livello 1% posizione. 

Tempo di BARRAUD ©—-d —icosz Tempo di BaRRAUD ©—-g—-icosz 
Oggetto Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (aedotto) Peo osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) 7) 
Oculare a N. Oculare a S. sato Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello 42255 a 9- 41658 —20%0 Livello Lis 215 bash adi 
h n "“ ” A i h h “ “” 
Filo h|iz 1° oso|i9 59° 096| 785390 | 785334 || Filo Va| 2° 16” 19091 3° 24 51.59] 1202-11 | 1202.69 
» Liz 1 2940|19 59 31-34] 785401 | 7854 08 » Vi]2 17 2402| 3 26 30.97| 120275 | 1202.96 
Livello Livello +1556 —25 +a3h 4 
4 h ms h Wi 8 
Filo Il, |17 1 5913|]20 o  198| 7853.25 | 7853-55 Filo IV3 | 2 18 30:73] 3 28° 301| 1202.46 | 1202.18 
» IHa|17 2 igzojzo0 o 23.15] 7853-68 | 785384 » IVa| 2 19 17.79 3 29 413| 1202.44 | 1202.43 
» II3|17 2 3910/20 0 44-00] 7854-15 | 785399 » IV} 2 20 7.28! 3 30 529] 1202.53 | 1202.39 
Livello Livello 41556 — 2155 tagli 14 
La h ms h ms 
Filo II, |17 3° 12.15|20 1 17.90] 7854-32 | 7853.71 Filo II; | 2 21 2919) 3 31 40.16] 120289 | 1202.72 
II, |17, 3° 3349/20 1 3930] 7854 06 | 7853-77 » IL} 2 22 18.61) 3 32 3459] 1203 58 | 1203.28 
» dlil3|17 3° 5421|20 1 5993| 7853.8141 | 7853 81 » Hl3| 2 23 1199) 3° 33 2674] 120215 | 1202.15 
» IIy|17 4 1462|20 2 20.18] 785349 | 7853.78 » Mla| 2 24 341) 3 34 18.28] 1202.93 | 1203.28 
» II;|17 4 3472|20 2 4032] 7853.10 | 785371 » IL, | 2. 24 59:20) 3 35 932| 1202.55 | 1202.72 
Livello Livello +156 2.5 23h big 
h ms h ms 
FiloIV{|17 5 it0.00|20 3 14-78] 7853-83 | 7853.99 Filo Il3| 2 26 32.50| 3 36 29.80] 1202.24 | 120238 
» IVa|17 5 3138/20 3 3562] 785399 | 7853.83 » lL| 2 27 31.54) 3 37 18.01] 1202.43 | 1202.44 
» 1Vg|17 5 5262/20 3 5599| 7853.86 | 7853 56 » IL| 2 28 3252| 3 38 4.13] 1201.89 | 1202.17 
: p 
Livello Livello Pit —216 badi —14i 
e h mos h ms ‘ 
Filo Vy|17 6 23.20120 4 2537] 785415 | 7854-08 Filo Ip] 2 30 401/3 39 11.94| 1203.18 | 1202.97 
» Va|i7 6 5490/20 4 5438] 7852.77 | 7853-33 » IL|2 31 40.50|)3 40 16:26] 1203.27 | 1202.69 
Livello 4221 adi +15%6 —20% Livello + —217 +35 L14 
i-=-+0?.875. Medio ,—J—icose= 2° 10' 53".76 i=+0?.738. Medio p_d—icoss= 0° 20° 2”.63 
+3=38 4o 50 .83 +d=40 31 4i .39 
g—icos:=40 51 44 .59 g—icosz=40 51 43 .93 
--icos:s= +1 .37 +icosz= +1 .20 


Q=40 51 45 -96 q==40 5! 45 -13 


= — 


Data 4 Gennajo 1889. Data 5 Gennajo 1889. 
Confronto dei pendoli. Confronto dei pendoli. 
FRODSHAM BaRRAUD Ts — BaRR. FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
—_ Cesi ca Par 0.00 Pi 8 100 + 3 40.11 
i = — 247 0.00 | 245 14.19 | +2 4qo.r2 


TIE = — 3 20 0.00 3 18 14.14 | +2 40.20 
3 = 3 54 0.00 3 52 14.14 | +2 gqoi 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud Oculare a Nord Oculare a Nord Oculare a Sud 


h mm 
_ _ a 135 (19) bali si 15/6 = 


_ _ a 140 (2°) 4+-17.5— 19.2 _ 
= sa a 145 (3°) 421.7 15.0 = 


Inclinazione = Inclinazione — 
Correzione per l'ineguaglianza dei perni = Correzione per l’ineguaglianza dei perni = 
Stella e Persei: a = 3"50%24°.46; d=+-39%41'19".50. Stella f Persei: a=3"0"56%.73; d=+40°3141”.37. 
Guanciale A al Nord.— Livello 1% posizione. Guanciale A al Nord. — Livello 1* posizione. 
Tempo di BarRAUD g_-d- îcos 2 Tempo di BaRRAUD @—d—icos z 
oggetto : U< acre ses TT“ 
RR Lo rh (dedotto) i (ae I (dedotto) is) 
Oculare a _S. Oculare a N. sato Oculare a N. Oculare a S. sato 

Livello +a3!0 — 142 Livello pai ko +1d8 —214 
è s h h “ da a nh h m “ si 

Filo V, | 2 38° 15 15 4 49° 12.31 4225.02 | 4224.81 Filo I 2° 16° 13/67 3° 24 4879 1202 89 | 1203 00 
» Vi} 2 38 s4qo00|) 4 49 55-57] 4224-93 | 4225:14 » IL| 2 17 2071] 3 26 27.49] 120308 1203.07 

Livello Livello |+2:4 —159 |+196 —215 

7 um 

Filo IV3 | 2° 39 33.00] 4 50 3881|4225.53 | 4225.39 Filo Il, | 2 18” 36.80 3 28 149 1204.06 | 1203.67 
» IVa| 2 40 0.18] 4 sr 7.31] 422479 | 422490 » IlL| 2 19 14.61) 3 29 149] 120298 | 1202.90 
» IVi| 2 40 29.08 St 37.60] 4224-49 | 4224 15 » II3| 2 20 140) 3 29 59.34] 120300 | 1203.02 

Livello Livello pali — 155 +16 af 
H È h mos h ms 

Filo III; | 2 4r 14.48) 4 52 25:34] 422499 | 4224.32 Filo II | 2° 21 22.00] 3 31 33.51] 1203 56 | 1203,62 
» NIL|2 41 4201| 4 52 53.10|4224 62 | 4224.25 » IHI2| 2 22 1335| 3 32 29:27] 1203-72 | 1203.60 
» II] 2 42 09584 53 20.69] 4224.43 | 4224.43 » 1I3|2 23 521) 3 33 22.51] 1203.69 | 120369 
» Ila| 2 42 37.48] 4 53 48.83] 422488 | 4224.25 » IL | 2 23 5828) 3 34 1407] 1203.49 | 120361 
» HI,|2 43 7024 54 16.62] 4223.65 | 4224.32 » II} 2 24 5132] 3 35 3-79] 120367 | r203.61 

Livello Livello |+-2 6 —155 4155 216 
n È n h ? 

Filo Il | 2 43 5308) 4 55 2.00] 4224.82 | 4224.16 Filo IV, | 2 26° 25 98 3 36°” 25:28 1203.04 | 1203.02 
» IIL|2 44 2183] 4 55 2932|4225.00 | 4224.89 » IVa| 2 27 2798] 3 37 1541|1202.82 | 120290 
» I,|2 44 5081] 4 55 5653|4225.25 | 4224.39 » IV3| 2 28 2750) 3 38 2.04] 1203.29 | 1203.68 

Livello Livello +-21/6 di 41555 —316 
* = Ù mos } m 

Filo In] 2 45 3382| 4 56 3600|4225.35 | 4225.14 Filo V, 2 30 0.60 3° 39 891 1203.06 | 1203.07 
» I 2 46 17.48 4 57 14:49] 4224.60 | 4224.81 » Vo 231 3901) 3 40 1441] 1203.12 | 1203.01 

Livello +ido 228 Pag +148 Livello +1s5s ni 
i=+ 02.450, Medio pd — icose= 1° 10' 24.82 i=— 02.018. Medio pg—-d—icoss= 0° 20" 3”.30 

_+d=39 4t 19.50 +d=40 31 41 .37 
g—tC0OSz=40 SI 44 .32 g_—icosz=40 SI 44 .67 
+icosz= +0 .72 + icosz= — 0 .03 


g="40 51 45 .04 p="50 51 44 .64 


— I 


Data 6 Gennaio 1889. 
Confronto dei pendoli 


FRODSHAM BaRRAUD TS — BARR. 


hi pe: as h,mis m s 
2 12. 0.00 | 2 10 4.98 | +2 49.72 


2 46 0.00 | 244 4.97 | +2 49.74 
315. 0.00 | 3 13 4.92 | +2. 49.80 
3 54 0.00 | 3 52 4.93 | +2. 49.80 


Livellazioni dell'asse invertendo il livello 
Oculare a Sud Oculare a Nord 
h m 4 
AMS (19) -+1f0— arto —- 
a 140 (2°) +18.1— 17.8 = 
a 145 (13)+15.1— 21.0 _ 


Inclinazione= 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = 


h_m 


Stella 8 Persei: = 3"%0”56°.72; d=+ 40°31'41".42 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Data 7 Gennaio 1889. 
Confronto dei pendoli 


FRODSHAM | BARRAUD Ts — BARR. 
| 


h m 


s h m s nm 
211 0.00 


2-9 3.32 | +2 52.08 
2 47 0.00 | 245 3.31 |it2 52.10 
3 19 0.00 | 3 17 3-27 |H-2 —52.16 
3 54 0.00 | 352 3.25 | +2 52-19 


Livellazioni dell'asse invertendo il livello - 


Oculare a Nord I Oculare a Sud 


h m 1 7 
al 45 (19) +-205— 15h _ 
a 150 (2°) +17.9— 17.9 
a 155 (12) + 20.8— 15.0 


Inclinazione= 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = 


Stella 8 Persei: a = 3*0"%56%.70; d =40°31'41%.47 
Guanciale A al Nord. — Livello 1* posizione. 


Tempo di BARRAU5 

Oggetto | —-—_—_—_—_____|--———_— 

osservato| Passaggio a E. Passaggio a W. (dedotto) (compe) 
Oculare a S. Oculare a N. sato 


g—d—i cosz 


Livello Misti —20,8 +aro —185 


h m s 


m h “” “” 
Filo Va| 2 16 695 3. 24 41.80] 1203.41 | 1203.19 
». _Vi| 2..17. 11.70) 3. 26 2005] 1203-67 | 1203.30 


Livello fliad — 20.9 +10 —1$.5 


à h h m 
FiloIV3 | 2 18” 19.10 Sia 277, 52.42 1203.09 | 1203.02 
» IVa| 2 19 6.22) 3 28 53.92] 1203.21| 1203.33 
» IV,{ 2 19 5491] 3 29 55.08] 1203-81 | 1203.73 


Livello Hack —Léa +a1l0 156 


Li h ms h ms 

Filo II; | 2 21 1697| 3 31 29.89] 1204.05 | 1203.61 
» IL|z2 22 6.72 3. 32 22.36] 1203.46 | 1203.77 
» II3| 2 22 58.58 3° 33 15.10] 1203.23 | 1203.23 
». Hb 2 23 51 col 3. 34 7.71| 1204 08 | 1203.77 
». IL | 2 24 47473 34 58.59] 1203.18| 1203.62 


Livello Liasty —20.9 bali — 153 


m 


ne h s h ms 

Filo Il] 2 26 19.64) 3 36 1940] 1203-64 | 1203.72 
» Il|2 27 18.49 3 37 6.90] 1203.46| 1203-34 
» Il,|2 28 1970, 3 37 53.25] 1202.94| 1203.01 


Livello LE sig. —209 +a1lo —1523 

i h ms h ms 

Filo Ig| 2 29 52 29 3. 39 0.00) 1202.92 | 1203.29 
» I|2 31 29.99 3 40 5.00) 1202.98 | 1203.20 


Livello beroia —209 4217 —13°6 


i= + 02.092. Medio g—d—icosz= 00. 20). 3.41 
+d=40 31 41 .42 

pg_—tC08z=40 SI 44 .83 

+ icosa= + 0.15 

p="40 SI 44 .98 


Tempo di BARRAUD Q_&—icosz 
Oggetto =_= === 
osservato| Passaggio a E. Passaggio a W. (dedotto) | Tessa 
Oculare a N. Oculare a S. sato 


Livello baro Ara +18 =205 
” h Ù h ; m “ “ 
Filo I,| 20 16° 3/75 a 24 37.52 1203.15 | 1203.18 
» TL|2 17 8.88] 3 26 16.20] 1203-29 | 1202.84. 


Livello +aifo — 15% +1558 —204 


h n Ms 


- i h 
Filo II, | 2 18° 1554| 3° 27 49.08] 1203.38 | 1203.01 
» Ila 2 19 2.511 3 28 49.71] 1203-14 | 1203.00 
» II3| 2 19 50.02] 3 29 48.01| 1202.96 | 1203 04 


Livello brano sf +15%8 — 2033 


Filo III, Su Si 9.70 % gag 20.36 1203.11 | 1203.18 
» IHI9| 2 22 2.11) 3 32 16.30) 1202.73 | 1202.86 
» Ia|2 22 53393 33 974|1203.14 | 120314 
» IL| 2 23 46.23] 3 34 1.18] 1202.99 | 1202.86 
» II5| 2 24 3948] 3 34 351.25] 1203.25 | 1203.18 


Livello +a1%0 58 41558 — 2053 


î hm ] 
FiloIV,j| 2 26 14.08 3° 360: 16.50 MRS SA 


» IVa| 2 27 15.31) 3 37 2.90] 1202.83 | 1202.99 
» IVs| 2 28 16.71] 3. 37 4993] 1202.64| 1203.01 


Livello baro db +15%8 —203 


ms 


S h h ms 
Filo Vi|2 29 49.18| 3 38 56.30] 1202.39| 1202.84 
» Va|2 31 26.27] 3 40 2.09] 1203-22|;1203-19 
Livello +2150 ner +15%9 —20 
i=+ 0.382. Medio» —g —icoss= 0° 20' 3.02 
+d=40 31 41 .47 
p— cos s= 40 SI 44 -49 
+icoss= +0 .62 
g==40 51 4511 


| 


Data 9 Gennajo 1889. 


Confronto dei pendoli. 


hai 


FropsHaM | —BarRAUD Ts — BARR. 
h m s h m s mn a 
2 12 0.00 | 2 10 o.60 | -|-2 55.62 
247 0.00 | 245 0.54| +2 55-09 
3 19 0.00 | 3 17 0.52 +2 55-73 
3 54 0.00 |:3 52 0.48 | +2 55-78 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud 


a m 
a 110 (12) + 15%0 — 2054 —_ 
a.1 15 (2%) 19.0 — 16.6 = 
a 120 (1*) + 15.0— 20.4 di 


Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = 


Oculare a Nord 


N 


Stella 8 Persei: = 3%0”56%.67; d =+ 40%31'41".56. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD Q—-d—icosz | 
Oggetto —_—==- | 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W (edotto) perg) | 
Oculàre a £. Oculare a N. sato 
VA 
Livello 41 Lek +2 da —15:0 
4 } L n “ si 
Filo Vy Reni 1.38 3° 24° 3516 1202.86 | 1202.66 
». Vj| 2 17 6.26| 3 26 12.79] 1202.75 | 1202.56 
Livello 4155 ia baro Lan 
A h ms h mo .s 
FiloIV3 | 2 18 13.49] 3 27 44-82] 1202.07 | 1202.54 
» IVa | 2 18 59.801 3 28 46.51] 1202.80 | 120277 
» IV, | 2 19 49.80| 3 29 48.49| 1202.98 | 1202.98 
77) 
Livello +155 doh baro —15.0 
a h ms h ms 
Filo III; | 2 21 11.60| 3 31 22.69] 1203.04 | 1203.19 
» II,|2 22 0.71] 3 32 15.09|1202.79 | 1203.00 
» II,| 2 22 52.793 33 8.81] 120296 | 1202.96 
» III,| 2 23 4540] 3 34 060] 1203.22 | 1203.01 
» II, | 224 -41.93| 3 34 53-24] 1293-33 | 1203.18 
Livello +15 Se Pais HS 
h h 
Filo II | 2 26° 14.36 3 36° 1292 1202.99 | 1202.99 
» II|2 27 13.98| 3 37 0.92| 202.75 | 1202.78 
» II,|2 28 13.69] 3 37 473011203.00 | 1202.53 
Livello +15 Leb +2156 EPA 
È h ms h m 
Filo Ia] 2 29 4691] 3 38 53 59 1202.37 | 1202.56 
» 1h|2 31 24.60 3 39 58.60| 1202,47 | 1202.67 


Livello 4a — 205 (42106 Lat 


i=+ 02.382 


Medio y,—d — icosz= 0° 20’ 2.83 


+d=40 31 41 .56 


g—icosz=40 
+icosz= 
Per 30 


51 44 -39 
+ 0 .62 


SI 45.01 


Data 15 Genna.jo 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM | BARRAUD Ts — BARR. 
h_ M s h m s m s 

212 0.00 | 2 9 55-82 | 4-3 5-43 
2 48. 0.00 | 245 55.85 | +3 5.42 
3 20 0.00 | 317 56.03 | +3 5.26 
3 53 0.00 | 3 50_56.10 | 4-3 5.21 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord 


h m 7 
a 1 30 (13) + 2259 — 1251 _ 
a 135 (23) +19.2— 15.8 _- 


a 140 (1%) 22.2 — 12.7 —_ 


Inclinazione = 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni= 


Oculare a Sud 


Stella B Persei: 4 = 3"0!56%.58; d=+ 40°31'41”.79, 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD o—d—ticosz 
Oggetto 
osservato Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) ‘ipa 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
Livello 22/2 ina +1772 — 185 
x h mi .8 h ms “ IT 
Filo I,| 2 15 5347| 3 24 21.28] 1199.68 1199.83 
» Ia 2 16 58.17| 3 25 5918] 119971 1200.09 
Livello ba222 —13%0 41772 — 185 
x L Ù h 
Filo II, 2° 18° 483 3° 27° 3316 1200.29 | 1200.47 
» Ila| 2 18 s1.50| 3 28 33.80] 1200.24 | 1199.89 
» lI3| 2 19 39.25] 3 29 32.68] 1200.18 | 1200.20 
Livello |--220 —13% |-+1772 —183 
È ” n 
Filo III, Zapizol, 59 39 3° subi 6.47 1200.85 | 1200.32 
» II{ 2 21 51.53] 3 32 1.00| 119988 | 1200.00 
» II3|2 22 4312] 3 32 55.00| 120043 | 1200.43 
» II,| 2 23 36.22] 3 33 46.36] 1200.12 | 1200.00 
» II;| 2 24 29.71] 3 34 35.61] 1199-79 | 1200.32 
Livello bazo — 13% Jazz —185 
È h ms h ms 
Filo IVj|2 26 407] 3 35 58.52] 1200.22 | 1200.20 
» IVa| 2 27 5.30] 3 36 47.20) 1199.53 | 1199.88 
» IV3| 2 28 6.58| 3 37 36.19] 1200.66 | [200.48 
Livello Pro — 135% Ligz 12185 
È ni h LAI h ms 
Filo Vj| 2 29 39-97| 3 38 42.86] 1200.46 | 1200.08 
» Va|2 31 17.77] 3 39 4728|1199.97 |1199.82 
Livello +22/0 Brno biz —184 
i=+ 1.982. Medio g—d —icos:= 0° 20' 0”.13 
+d=40 31 41 .79 
g_—ic052=40 5I 4I .92 
+icoss= + 3.22 
p=="40 51 45 -14 


è 


— 38 — 


Data 17 Gennajo 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FropsHaM BARRAUD Ts — BARR. 
fw vfte cs se m s 
17 10 000 | 17 8 7.94 | +2 55:77 
19 50 000 | 19 48 841 | +2 5541 
zo 6 0.00 | 20 4 8.47 | +2 55:36 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


h m } m p 
a 16 40 (18) + 1721 — 1853 a 19 35 (19) + 22%0 — 12.3 
a 16 45 (2%) +20.3— 14.8 | a 19 40 (2%) + 19.5— 14.9 
a 16 so (1°) +17.,4— 17.6 | a 19 45 (19) +22.1— 12.2 


Inclinazione = + 22.400. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = + 0”.600. 


Stella 2 Lyrae: a=18*337?85.73; d= + 38°%40'46”.41. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


‘Tempo di BaRRAUD 


o—-d—-icosz 


Oggetto 


osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) (ir) 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello Liza — 1756 42157 E ta 
h ms h ms 
Filo Vè|— — — |r9 56 16.58 _ = 
i V| 282-956 1447:01 = = 
Livello 
FiloIV3 |16 59 133419 57 17.64| 7855-27 | 7855-94 
» IVg |16 59 33.39|10 57 38.65] 7855.53 | 7855.67 
» IV, [16 59 54.87|19 58 0.46|7855.04 | 7855-57 
Livello 
Filo III; |17 o 28.54|19 58 35.60] 7856.14 | 7856.27 
» 1IL,|17 o 4878|19 58 5563] 7855 53 | 785581 
» II3 |17 1 9.18]19 59 1644] 785600 | 7856.00 
» Ils |17 I 29.70|19 59 36.90] 7856.09 | 7855.81 
» III |17 I. sr.00|19 59 58.30] 7856.40 | 7856.27 
Livello 
Filo II3 |17 2 24.56|20 30.90| 7856.10 | 7855-57 
» IIgy{17 2 45.70|20 o 51.22] 7855.82 | 7855-68 
pis {177° 3 06:30|(20 i 11.65| 7856.61 | 7855.94 
Livello 
Filo Ia|t17 3 37.40/20 I 41.21 —_ — 
VAI, Ng 1884020, E24MI oi —_ _ 
Livello 417,0 —185 +2158 135 


t=4- 22.212. Medio —d—icosz= 2° 10 55”.87 
+d=38 40 46 .4I 

g—icosz= 40 SI 42 .28 

+ icosz= + 3 .46 

Q=40 SI 45 .74 


Data 18 Gennajo 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
ma ho Ss ms 

2 Il 0.00 2.9 09.59 | +2 5447 
248. 0.00 | 246 9.78 | +2 5431 
3 19 0.00 317 9.85 | +2 5426 
3 54 0.00 | 332 9-94 | +2 54.19 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


h m 
alereza (1%) + 22/0 — 12/2 > 
a 135 (2°) {+ 19.2— 15.3 _ 
a 140 (18) 4 22.2 — 12.3 = 


Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = 


Stella gfPersei: a= 3"0568.53; d =-|40%3141”.86. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD (O d—icoss 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) DES) 
Oculare a N. Oculare a S. Ù sato 
Livello asl —125 41755 —17.6 
Fil I h ms h mos “ si 
Mo U|2 16 4.75] 3 24 31.42] rigg.10 | 1199.00 
» lal2 17 926] 3 26 8.71|1198.97 | 119917 
Livello 4221 — 126 +1755 —1756 
S 7 h 
Filo Il | 2° 18° 16.36 3 27° 4221 1199.00 | 1198.94 
» Ha] 2 19 2.79) 3 28 43.74| 119951 | 119940 - 
» I3|2 19 sori] 3 29 41.65] 119923 | 1199.22 
Livello Farl2 —1256 +175 — 1716 
5 h 
Filo HI, 2 21° 1102/13 31” 13.85] 119851 | 1198.89 
» IM | 2 22 2.623 32 11.60] 1199-54 | 119964 
» II3| 2 22 5413) 3 33° 5-15] 1199-96 | 1199.96 
» Il4|2 23 47.273 33 56-77] 1199-75 | 1199-65 
» II:| 2 24 41.69] 3 34 46.59] 1199.26 | 1198.88 
P p 
Livello +2253 —1256 +17.5 —17:6 
E h mos h ms 
Filo IV, | 2 26 16.17] 3 36 8.79] rrgg21 | 1199.22 
» IVa| 2 27 16.50] 3 36 5795] 1199-29 | 1199.40 
» IV3| 2 28 18.16] 3 37 44-80] 1198.87 | 1198.93 
p 
Livello 42253 1056 +1755 —1756 
h mos h ms 
Filo V;| 2 29 50.80| 3 38 52.35|1199.37 | 1199-17 
» Ve|2 31 2931] 3 39 57-05] 119891 | r1g9.o1 


Livello +23 —1256 +175 —1756 
i=+4- 22.380. Medio gp — è — î cos z= 0° 19° 59".23 
+d=40 31_ 41°.86 
g_—Îc0osz=40 SI 4I .09 
+icoss= + 3.87 

g=40 51 44 .96 


—__yP—_—_É 


Data 19 Gennajo 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD TS — BaRR. 
"n m h m m s 
4 14 000 12 1406 +2 5105 
4 45 0.00 | 4 43 14.14 | 4-2 5099 
645 000 | 643 14.48 1 +2 5071 
712 0.00 { 7 10 14.57 | +2 50.64 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud 


h m p p 
a 330 (1°) +-170— 17.7 
a 335 (2°) +190—156 
a 340 (1°) + 16.4 — 18.0 


Oculare a Nord 


Inclinazione = 
Correzione per l'ineguaglianza dei perni = 


Stella y Aurigae: a=5"43748%.18; d=+ 39%653".64. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Data 25 Gennajo 1889. 
Confronto dei pendoli. 
à FRODSHAM BaRRAUD TS — BARR. 
h m s h m s ms 
4.2. n.000 |M4.:13 (10:03 -<+o 8.70 
4 43 000 | 4 44 055 Lo 8.79 
6 45 0.00 | 6 46 023 +0 9.17 
12 0.18 +0 9.23 


0.00 | 7 13 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


h _m p 7) 
a 330 (1°) 4204 — 16.0 
a 335 (2°) +190—17,6 
a 340 (1%) 421,0 — 15.6 


Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni — 


Stella y Aurigae: a=5%43”48°.14; d=+ 39%54".23. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BarRAUD —-g cos Tempo di BARRAUD O—-g—icoss 
Oggetto Oggetto i 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) gioni osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) POS) 
Oculare a_S. Oculare a N. sato Oculare a N. Oculare a S. sato 
Livello 42118 —135 Livello +20°8 — 165 418% — 195 
% i h h $ " “ 5 nh } di Pr, 
Filo Va| 4 17° 52.89 57° 2 170 6288 56 | 6288.66 Filo I,|4 20° 34:23 7 "Veda 595 6289.60 | 6289 91 
» Vi|4 18 24.99] 6 57 59.53] 628892 | 6288.33 » I|4 21 640,17 o 41.20] 6290.38 | 6290.29 
Livello Livello 
FilolVs| 4 18 57.95] 6 58 13] 6288.44 | 6288.24 Filo Il, |4 21 39:53| 7 I 16.27| 6290.20 | 6289.96 
» IVa| 4 19 20.326 58 357.51] 6288.32 | 6288.32 Diet |bgezzo( 1:55 7 I 39.20] 6290.03 | 6289.74 
» IV,| 4 19 43.90) 6 59 20| 6288.55 | 6288.20 » Il] 4 (22 24.26] 7 2. 3.02] 6290.31 | 628974 
Livello Livello 
Filo IIl;| 4 20 21.72] 7 o  0.67| 628812 | 6288.20 Filo III, | 4 23 0.88] 7 2 41.00| 629079 | 6290.32 
» HL,|4 20 4405] 7 o 23.65] 628855 | 6288.72 » IN] 4 23 24.14|7 3 4:77| 6291.00 | 6290.24 
» lil] 4 21 7.00|7 o 46.80] 6288.64 | E28864 » IHI3|4 23 47:26) 7 3 27/30) 629007 | 6290.07 
» Hlo| 4 26 3003] 7 1 991) 6288809 | 628872 » IHIL| 4 24 10.707 3 50.20) 628949 | 6290.25 
» IEh|4 ‘21 53-61] 7 1 32:70) (288.27 | 628819 » Hi] 4 24 33.371 7 4 12.85] 6289.84 | 629031 
Livello Livello 
Filo Il3|] 4 22 32.15) 7 2  09.92| 628784 | 6288.10 Filo IV, | 4 25 12.29) 7 4 50.30] 628918 | 6289.75 
» Ia]4 22 55.38) 7 2 3266 6288.33 | 6288.33 » IVa| 4 25 36.73] 7 5 14.04| 628944 | 6289.73 
» II|4 23 1873] 7 2 5470] 6288.04 | 628824 » IV3| 4 25 5988| 7 5 36.51] 6289.73 | 6289.97 
Livello Livello 
Filo IL|4 23 5351|7 3 27.26 6287.73 | 6288.32 Filo Vj] 4 26 34.301 7 6 g9.15|6290.20 | 6290.29 
» I|l4 24 2800) 7 4 0.12] 6288 76 | 6288.66 » Va|4 27 938|7 6 41.80) 6290.22 | 6289.91 


Livello +68 185 42253 —129 


î=-+12.912. Medio g—d—icos:s= 1° 44' 48”.40 
+d=39 6 53 .64 

o—îc0s8=40 51 42 .04 

| Ficoss= +3 .02 

9=="40 SI 45 .06 


Livello +209 ehi +1777 Sig 


i=-0?.788. Medio p—d—icoss= 1° 44° 50”.03 
+d=39 6 54 .23 

g—icoss=40 SI 44 .26 

+icosa= +1 .24 

g==40 51 45 .50 


- OR 


Data 26 Gennajo 1889. Data 27 Gennajo 1889. 
Confronto dei pendoli. Confronto dei pendoli. 
FRODSHAM BaRRAUD Ts — BaRR. FRODSHAM BARRAUD Ts — BaRR. 
h h n m h m m 
4 11° 000 4 11° 56.46 ee” 13.60 4 Il 000 4 Il 51172 +0 19.09 
443 000 | 443 56.25 | +o 13.83 4 44 0.00 | 4 44 51.63 | +o 1920 
6 44 0.00 | 6 44 5590 | +o 14.24 6 44 0.00 | 644 51.32 | +o 19.59 
710 0.00 | 7 10 55.82 | +o 14.34 7 10 0.00 | 7 10 51.25 | +o 19.66 
Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud Oculare a Nord Oculare a Nord Oculare a Sud 


h h h m h_ m 
a 3 50° (19) +16 — 195 a 7 5° (13) +-2156 152 a 340 (13) + 2055 — 15/2 a 7 5 (19) 4171 192 
a 355 (2°) +183 —180|a 715 (2°) +192—175 [| 2 345 (2°)+18.0—17.8|a 713 (2%){18.4—18.0 
a 4 0 (1°) +161—200 | a 7 20 (1°) +-213 — 15.2 a 350 (1°) +20.9—15.0|a 718 (1°) + 16.1— 20.0 


Inclinazione = + 0.581. Inclinazione = + 02.400. 
Correzione per |’ ineguaglianza dei perni = 4+- 0?.704. Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 07.525. 


Stella ) Aurigae: a= 5"437488.13; ÈÎ=+ 39%54”.32. Stella y Aurigae: g= 5°43"489.124 d=+ 3996154".42. 


Guanciale A al Nord.— Livello 1% posizione. Guanciale A al Nord. — Livello 1° posizione. 
Tempo di BARRAUD o—d— cos: Tempo di BaRRAUD Q—-È—icos3 
vesdo | —=TTS5AASASAIRE Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (edotto) VEESI osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) Cad 
Oculare a S. Oculare a N. sato Oculare a N. Oculare a S. sato 
Livello 4165 —199 42055 MTA Livello +20°8 —15h +16 —196 
ì h h " “ A h h m “” “ 
Filo Va | 4 20° 29 67 7 è 132 6289.80 | 6289.78 Filo IL,{ 4 20° 2374 6 59 5579 6290 05 | 6289 84 
» Vij4 21 1.87|7 o 36.10] 6289.72 | 6289.88 » I|4 20 56.36 7 o 30.57] 6289.66 | 6289.64 
Livello Livello 
FiloIV3|4 21 34-47| 7 1 10.85] 6289.90 | 6290.09 Filo I, |4 21 29.19) 7 1 5.00) 6289.13 | 6289.30 
» IVa| 4 21 57.00|17 1 34-30] 628965 | 6289.78 » Ial4 21 5173] 7 1 28.63| 628911 | 6289.84 
» IV;| 4 22 20.491 7 1 58.99] 6290.01 | 628987 » II3}4 22 13.73] 7 1 52.29|629012|628994 
Livello Livello 
Filo III: | 4 22 58.31] 7 2 37-79| 6290.00 | 6290.16 Filo HI, | 4 22 50.87|7 2 30.23|628983|1289.23 
» HIL|4 23 20.791 7 3  0-77|6290.23 | 628994 » Ill] 4 23 1409] 7 2 54.05|6290.17 | 6289.89 
» II3{|4 23 4388|7 3 23.25|6289.28 | 6289.28 » 1II3|4 23 3691|7 3 16.54|6289.56 | 628956 
» IIL|4 24 6.67|7 3 46.21] 628965 | 628994 » IL|4 24 041] 7 3 39.97|6289.61 | 628989 
» IL, |4 24 30.24} 7 4 9-97|6290.32 | 6290.16 » II:;| 4 24 23.207 4 1.71|6288.62 | 6289.22 
Livello Livello 
Filo Il {4 25 8.487 4 46.78|6289.72 | 628486 FiloIVj {4 25 1.59] 7 4 40.00] 628976 | 6289.94 
» lI| 4 25 31.61] 7 5 912|62898; | 6289.78 » IVa| 4 25 26.07|7 5  3.51|6289.63 | 628907 
» Ih|4 25 5514] 7 5 3192] 6290.29 | 6290.10 » IV3| 4 25 4968| 7 5 25.90/6289.48 | 628931 
Livello Livello 
Filo Il{4 26 297117 6  4:32|6290.03 628987 Filo Vi] 4 26 2410] 7 5 58.46|628962 | 628964 
» I|4 27 485]17 6 36.81|6289.76 | 6289.78 » Va] 4 26 5890) 7 6 3084|628963 | 628984 
Livello +16%4 208 +2156 —155 Livello +2054 che 41721 dedi 
i=+ 0.701. Medion —g—icosz= 1° 44' 49”.88 i=+-02.725. Medio g — d — icosz= 1° 44' 49”.60 
+d=39 6 54 .32 +9=39 6 54 42 
g—icosz=40 SI 44 .20 g_—icos:= 40 SI 44 .02 
+ icosz= + 1.11 +icoss= +1.14 


pg="40 5! 45 31 g=40 SI 45 .16 


i 


Data 29 Gennajo 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
N. ni". È mr s ms 
4 11 0.00 | 4 11 43:45 | +0 2922 


443 000 | 4 43 43.37 | +0 2932 
6 45 000 | 645 43.06 | +0 2971 
711 0:00 | 7 11 42.98 | +o 2981 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


h n p va) 

SOR) i 572.5 RT 
RNA) pnzio 18:57 Pa 7 
o (19) +148—21.3 | a_7 


h m » _p 
6 (19) 4205 - 16.5 


17 (2°) +180 — 190 
22 (19) 4-213 — 15.6 


Inclinazione = — 0.475. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 02.719. 


Stella y Aurigae: a= 5"437 485.10; d = + 39°6'34".60. 
Guanciale A al Nord.— Livello 1% posizione. 


Data 6 Febbrajo 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 


ta ‘fa ds hm. è mos 
4 11 000 | 4 12 1568 | +0 4.35 
4 43 0.00 | 4 44 15.83 | +o o 4.21 
6 44 0.00 | 645 16.40 | +0 372 
71 0.00 | 712 16.50 | +o 3.62 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


r m rh m 
a 3 30 (3) La1î0 — 1a a 77 (19) 1:58 — 208 
a 335 (2) +17,4—17.8/a 719 (2°) + 19.0— 17 
a 340 (19) +21.2— 14.0|a 724 (13)+14.9—21 


RICE 


Inclinazione = +4 02.388. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 0”.638. 


Stella y Aurigae: a=5%43”48%.01; d =+ 399655" .30 
Guanciale A al Nord. — Livello 1° posizione. 


Tempo di BARRAUD g_d—- icoss3 
Oggetto a 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. n 5 
Passaggio sé (dedotto) a ) 
Oculare a _S. Oculare a N. sato 


Peel 1 177 È (podi 1655 


i ii ca h vu È 

Filo Va | 4 20°” 13:31 6 59 46,57 6291.58 | 6291.48 

» Vi]4 20 45.42|7 o 21.68|6292.31 | 6291.80 
Livello 

.FiloV3|]4 21 18.48|7 o 5613/629147 | 629160 

» IVa]4 21 4100] 7° 1. 19.60| 6291 30 | 6291.50 

» IVi]4 22 431|7 1 43.90] 6291.39 | 6291.58 
Livello 

Filo II; | 4 22 41.91] 7 2 22.52|6291.42 | 629149 

» HL|4 23 470|7 2 45-32] 629101 | 6291.36 

» IH3|4 23 2730|7 3° 8.59] 629175 | 6291.75 

» IIa] 4 23 50.26] 7 3 31.42] 629170 | 6291.35 

» IHI,|4 24 1410) 7 3. 54.83| 6291.57 | 6291.20 
Livello 

Filo Il3 | 4 24 52.32|17 4 32.22] 6291.76 | 6291.57 

» Il] 4 25 15397 4 5438|6291.70 | 6291.50 

» II|4 25 3883|7 5 1675]|6291.74 | 6291.61 
Livello 

Filo I] 4 26 1388/75 4948|6291.29 | 6291.80 

» Il4 26 4871) 7 6 21.58| 6291.38 | 6291.48 


Livello +18 T% +20%5 — 165 


i=— 02.700. Medio —d—icoss= 1° 44° 51°.56 
tre=390 61.54.60 

p_—icosz=40 st 46 .16 

+ icosa= — 1.10 


g="40 51 45 .06 
ATTI — Vol. V.— Serie 22—N.° 71. 


Tempo di BARRAUD —-d—îcos z 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) (a. 
Oculare a N. Oculare a SS. sato 
Livello 4203 L68 +18 —20 5 
} h m tr) O 
Filo I 4° 20.] 39 2 FR O 1165 6288 87 | 6289 18 
e Soli gran fina: 7 o) 46ISI —_ _ 
Livello 
Filo Il, |4 21 44:18 I \'20172 — n 
DEI, |a (06127. 7 1 44:53 —_ = 
DUSMI: | 22 (28:73) 7 2 8.12] 6289.63 | 6289.48 
Livello 
Filo III, | 4 23 5.86] 7 2 46.10] 628943 | 628954 
» Ill,| 4 23 2940| 7 3 9.82] 6289.21 | 6289.33 
VU, |N4-23 (52/2 7 3 32.93| 6289.55 | 62809 55 
» IL|4 24 14927 3 55.57] 6289.46 | 6289 34 
» HI, | 4° 24 37.621 7 4 1812] 62896; | 6289.54 
Livello 
Filo IV, 23 1680| 7 4 56.07| 628934 | 625949 
» IVa| 4 25 4q0.96|— — 
» IV3g] 4 26 474|— — — pr — = 
Livello 
Filo Vi] 4 26 3901|/— — — = È 
» Val 4 27 1380| 7 6 4688/628950 | 628019 
Livello 42054 — 155 +15%8 Lio 
î=+- 02.100. Medio g—g—icosz= 1° 44' 49".40 
+d=39 6 55-30 
p_—iC055=40 SI 44 .70 
+icosa= + 0.16 


g=40 51 44 .86 


- e — 


Data 10 Febbrajo 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BarR. 
ha MW ca h m ss ms 
4 10 0-00 | qui 40.75 | —0 1830 
4.43 0-90 | 4 44 40.89 —o 18.42 
6 44 000 | 6 45 4i.29 | —o 18.88 
7 10 so00 | 7.11 41.5: | —o 18.99 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


7° (13) + 2127 - 150 
5 (2°) 4-17.6 — 19.2 
20 (1°) + 21.8 — 15.0 


#ile a p p 
55 (1°) {152-205 |a 
o (2°) +18.0—179 |a 
5 (19) +147—214|a 


Inclinazione = — 0?.094. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni —-+- o?.690. 


Stella y Aurigae: a=5"43747°-95:; d=+-39°6557.61. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Data 17 Febbrajo 1889. 
Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
hm. s h, mo & m. 
4 11 0.60 | 4 13 25.81 | —o 359.82 
4 43 ‘0.60 | 4.45 25.95 | —0 59.96 
6-44 0.00 | 6.46 26.42 | a  :0.37 
7 10 ‘0.00 ] 7.12 26.53 | da 0.48 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord Oculare a Sud 


h m p p 
a 4 0 (19) +21.1— 14.9 
a 4 5 (23) + 180— 18.0 
a 4 10 (1%) + 20.3 —15.7 


z_m 
a 78 (13)+ 1601 — 20.5 
a 713 (2%) +-18.7— 17.9 


Inclinazione =4- 0”.225. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni =-{-02.563. 


Stella y Aurigae: g=5"43”47°%.83; 
Guanciale A al Nord. — Livello 


d=4-39°056".10. 


1% posizione. 


Tempo di BARRAUD O—d—_icosz Tempo di BaRRAUD Q—-d—_icosz 
Oggetto Oggetto ° ; 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) |(comPen- osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) I mini 
Oculare a S. Oculare a N. sato Oculare a N. Oculare a S. sato , 
Livello 4148 Koi a, ai Livello +2073 Dee 1461 tata 
ù h h } “ “” 
Filo Va Pa 2 ud 1:35 7 Ps 34 68 _ _ Filo L|d4 2 pay 7 " Mai 15.14 6288.15 | 6288.61 
». Vill 4-21 (BA0Df & i (c’p.gl _ _ »-..lo {4 22 05.90) 7 1 49.73| 6287.94 | 6287.94 
Livello Livello i 
FiloIV3| 4 22 . 6.42] 7 I 4400 A = Filo Ij|— — “2 7 2475 — —_ 
» IVa | 4 22 28.66] 7 7-82| 6290.50 | 6289 go » Io] 4 23 33.39) 7 48.23| 6288.24! 6288.19 
» IVi| 4 :22 52.58] 7 32.21] 6289.90 | 6289.59 » l3l- — —|7 3 11.64 -_ _ 
Livello : Livello 
Filo III; {4 23 30.01| 7 3 10.77] 629007 | 6289.96 Filo III, | 4 | 24 10.11 7 3 4975| 6288.73 | 6288.54 
» ILL|4 23 52-49] 7 3 3404| 629068 | 6290.33 » Illol4 24 33.58| 7 4 13.77] 628898! 6288.69 
» 13] 4 24 1531| 7 3 56.58] 6290.18 | 6290.18 » Il3g|- — —|7 4 3649 _ _ 
» Ilo| 4 24 38.59| 7 4 19.60] 628999 | 6290.34 » HL|4 25 19.647 4 59-40] 6288.39 | 6288.68 
» IlLl4 25 2.50|/7 4 43-08] 628985 | 6290.96 » 15] 4 25 41.881 7 5 21.33] 6288.36 | 6288.55 
Livello Livello 
Filo Il3|.4 25 40.90) 7 5 20.08| 6289.28 | 6289:59 Filo IV, | 4 26 21.50|7 5 59-30 _ _ 
». Ilaj4 26 4.05) 7 5 4236] 628930 | 6289.90 » IVo| 4 26 45.82) 7 6 2310) 628814 6288:19 
» Ido {= | F- 5.542 == — » IV3|4 27 954|7 6 45.60 -_ De 
Livello I Livello 
| 
Fio Il|— — —|7 6 g742| — = Filo Vi | 4 27 4390 7 7 1808) 6287.94 | 6287:94 
» ij) — — | 7 10.06 = _ » Veld4. 28 18.30) 7 7 50.91] 6289.08 | 6288.62 
P p p " ) 
Livello |4-14.8 — 216 +-21/7 +i3h Livello 42052 —158 +ish — 205 
i=— o0?.090. Medio ,g—g—icoss= 1° 44'.49".97 i=+o?.100. Medio g—d—icoss= 1° 44° 48”.39 
+d=39 6 55 .61 +d=39 6 56.10 
m—i1C082=40 51 45 .58 g—icosz=40 SI 44 .49 
+ icose= ora. +icoss= +0 .16 


g==40 51 44 -65 


287. DI 


Data 18 Febbrajo 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BaRR. 

h m s h m s m s 
4 IH 0.00 | 4 13 31.48 | — 1 4.87 
443 0.00 | 445 3566 | —1 5.03 
7 6043. u00.ì 6,455 32:12 |i=1 5.44 


iii 000 \|-)7430 32:22 il 5-54 
Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


n m hm 
a 4 0 (13) + 1550 — 2052 a 7 8 (18) +-204— 1501 
a 4 5 (22)+17.5—17.7|]a 713 (2°) +18.4—-17.1 
a 410 (1°) +15.0—20.2 |a 718 (18) +214— 14.1 


Inclinazione = + 0?.237. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = + 0?.819. 


Stella y\Aurigae: a= 5"43”475.81; ÈT=+ 39°656”.16. 


Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD —-d—icosz 
Oggetto = 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. 3 
88 8-2) W. (dedotto) ii 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
î p E) D 
Livello |4-15.0 —20.2 |+202 —155 


î = h h Ti s 

Filo Va] 4 214844 7 Ae A 6288.57 | 6288.64 
» Vi|4 22 20.67|]7 1 55.69|6289.22 | 6288.61 

Livello 

FiloIV3 | 4 22 53.30] 7 30.10] 6288.92 | 6288.83 
» IVol 4 23 15.65| 7 53.57| 6288.94 | 6288.84 
» IVi|4 23 3941| 7 18.30| 6288.99 | 6288.67 

Livello 

Filo Ill; | 4 24 17.15] 7 3 56.71) 6288.54 | 628868 
» IL|4 24 3970/17 4 19.65|6288.65 | 628881 
» II3|4 25 2.511 7 4 43.04|6289.25 | 6289.25 
» IHI| 4 25 25.20|7 5  540|6288.97 | 628881 
» IL|4 25 49.29|/7 5 2905|6288.81 6288.67 

Livello 

Filo II3| 4 26 276217 6 6.02|628835 | 6288 67 
» Ila|4 26 50.7217 6 28.56|6288.75 6288.85 
» II|4 27 1423]7 6 50.98|6288.73 | 628882 

Livello 

Filo Ia] 4 27 4890] 7 7 23.11] 6287.99 | 6288.60 
» I|4 28 23.73] 7 7 5606|6288.72 | 628865 


Livello + —204 +204 151 


i= 0P.000. Medio p—d—icosz= 1° 44’ 48”.76 
+d=39 6 56 16 

g—icosa=40 SI 44 .92 

+icosa= o .00 


p==40 51 44 .92 


Data 19 Febbrajo 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts— BARR. 
h M s h m s m s 
4 13 0.00 | 4 13 37.00 | —1 9-87 
4 44 0.00 | 4 46 37.17 | —1 10.02 
6 45 0.00 | 6 47 37.62 | —1 10.43 
7 10 0.00 | 7 12 37.73 | —1 10.53 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


hm hm 
a 4 0 (13) +1956— 1450 a 7 8” (19) + 1556 — 1916 
a 4 5 (29)+17.5—16.2|a 713 (29) +18.5— 16.6 
a 410 (1°)+19.9—14.0|a 718 (18) +15.5— 19.7 


Inclinazione = +- 02.606. 


Correzione per l’ineguaglianza dei perni=+- 02.578. 


Stella ) Aurigae: a=5"43”47%.79; d == + 39°656%.22. 
Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD Q_d- cos z 
Oggetto 


osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. 


(dedotto) 5) 
Oculàre a S. 


Oculare a N. sato 


Livello +19 i=t40 Pasta A 
h h “4 sl 

Filo I| 4 217 53:39 7 1° 24.62 6287.50 | 6287.40 
Dig a T5 lid 220.2517007 I 59.08] 6287.00 | 6287.43 
Livello 
Filo II, | 4 22 58.39] 7 33.93] 6287.30 | 6287.58 
» Isf 4 23 20.991 7 2 57.60] 6287.26 | 6287.68 
» .I3|4 23 43:61) 7 21.01] 6287.12 | 6287.41 
Livello 
Filo III, | 4 24 20.391 7 3 59-15|6287.58 | 6287.59 
» IMp|4 24 44.31] 7 4 22.88[6286.86 | 6287.09 
» II3|4 25 6.094| 7 4 45.70 6286 96 6286.96 
» IL|4 25 29.68] 7 5  8.62|6287.31 | 6287.08 
» II;|4 25 52.27|7 5 31.15| 9287-61 |6287.60 
Livello 
Filo IV, | 4 26 30.88| 7 6  8.86| 6287.70 | 6287.41 
» IVal 4 26 55.30] 7 6 32.69] 6288.10 | 6287.68 
» IVa| 4 27 19.09] 7 6 55.20] 6287.86 | 6287.58 
Livello 
Filo Vi| 4 27 5376] 7 7 27-89] 6287.86 | 6287.43 
» Va|4 28 28.88|/7 8 0.14] 6287.30 | 6287.40 


Livello 4202 Lan +156 Les 


i=+0?.575 Medio p—d—icosz= 1° 44' 47.42 
+0d=39 6 56.22 

g—ic0osz= 40 51 43 .64 

gt icosz= + 0 .9I 


= 40 51 44.55 
sx 


a Gli 


Data 30 Marzo 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BaRRAUD Ts — BaRR. 
I 7 
10 85” 0.00 10 55 30.30 _ “& 13.62 
11 19 000 | 11 19 30.45 | +1 15.46 
13 12 0.00 | 13 12 31.15 | +1 1480 
13 44 0.00 | 13 44 31.35 | +1 14.61 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


h h m p p 
a 10 35° (12) 4240 ir |a 13 43 (1%) + 17.9 — 17-5 
a 1040 (2%) +200 —15.0 | a 13 48 (2°) +21.3 — 14.0 
a 10 45 (1°) 4240 — 11.0 _ 


Inclinazione = +- 32.062. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = + 02.644. 


LARLLI 


Stella 6 Can. ven.: a = 12*20”245.13; d =+ 39°38/0”.96. 


Guanciale A al Nord. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD o-d— icosz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. Passaggio a W. (dedotto) Cari 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
p p 
Livello |+24î0 — 113 |+180 —174 
È h ms h (SA " “ 
Filo IL, {rt 8° 13.79|13 22 9-48| 4419-05 | 4418.96 
pig tr 8 51.79|13 22 51.70] 4419.20 | 4419.04 
Livello 
Filo Il, |rt 9 30.19|13 23 33-56] 4419-21 | 4418.87 
» Ir 9 56.38|13 24 2.29) 4419-91 | 4419.56 
» I |1r 10 23.15|13 24 30.10] 4419.38 | 4418 94 
Livello 
Filo II, |trt 11 7.05|13 25 15-55] 4419-18 | 4419.14 
» IMls|ir 11 34.95|13 25 44-I1|4419.25 | 4418.80 
» Il, |ir 12 2.47|13 26 11.55|44:8.94 | 4418.94 
» II|it 12 29.72|13 26 38.59| 4418.36 | 4418.81 
» II:|ir 12 56.82|13 27 5-38] 4419.09 | 4419.13 
Livello 
Filo IV, |tt 13 43.60|13 27 49.97|4418.50 | 4418.94 
» IVa [11 14 12.69|13 28 18.20] 4419.21 | 4419.56 
» IVa [ir 14 41.45|13 28 44-44] 4418.54 | 4418.88 
Livello 
Filo V, |11 15 23.01|13 29 22.93] 4418.87 | 4419.03 
» Vafit 16  5.40/13 30 1.15] 4418.88 | 4418.97 


Livello tado gi +18% 174 
i=+ 37.375. Medio p=d — cosz= 19 13' 39.04 
+d=39 38 o .96 
pg—icosz= 40 SI 40 .00 
+icosz= +5 .39 


g==40 51 45 -39 


Data 10 Aprile 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BaRRAUD Ts — BarR. 
hm s h ms NE dae 
II o 3000 | 11 r 25.61 | +0 51.57 
I1 18 30.00 | 11 19 25.72 | +-o 51.46 
13 I0 0.00 | 13 10 56.44 | +0 50.74 
13 42 30.00 | 13 43 26.67 | +o 50.51 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud Oculare a Nord 


h m h m 
ato 40 (2°) + 1852 — 161 | a 13 43 (29) + 10 17,0 
aro 45 (1°)-{+-15.5—19.0/a13 48 (1°) +-21.6 — 13.3 
ato 50 (2°) 18.6 — 15.9 si 


Inclinazione = + 12.025. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 0?.650. 


LCA 


Stella 6 Can. ven.: «= 12"20"24%.14; d = + 39°38'3".27. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2* posizione. 


Tempo di BARRAUD Q_d—ic0sz 


Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. e 
ggi ggio a W (dedotto) Cio 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
: p p p p 
Livello |4-18.5 —16.1 |+18.0 —17.1 


5 1 hm 
Filo Vy tn 8” 38003 3 22 34 80 4420.15 


4420.05 
» Vi|jtt 9 15.28|13 23 17.10] 4421.10 | 4420.42 
Livello 
Filo IVa {tt 9 53.83|13 23 5861]4420.61 | 4420.57 
» IVafit io 20.15|13 24 27-38|4421.18 | 4420.86 
» IVi|itrt 10 48.00|13 24 56.31] 4420.66 | 4420.47 
Livello 
Filo III; |11 11 3301/13 25 43.08] 4420.68 | 4420.68 
» Ily|irt tr 59.90/13 26 10.63] 4420.80 | 4421.05 
» IMl3|ir 12 26.95|13 26 37.88] 4420.83 | 442083 
» IMs|ir 12 54.51|13 27 5-10] 4421.30 | 4421.05 
» IL |rr 13 22.80/13 27 32.88] 4420.68 | 4420.68 
Livello 
Filo Il3 {rr 14 8.82|13 28 16.84|4420.28 | 4420.47 
» IL|ir 14 36.58/13 28 43.36] 4420.54 | 4420.86 
» IL|it 15 460|13 29 9.52] 4420.52 | 4420.56 
Livello 
Filo I {tt 15 47.21|13 29 48.01] 4419.75 | 4420.43 
» Ifrr 16 2947|13 30 26.28] 441995 | 4420.05 


Livello +1853 — 165 +1853 —167 
i=+0?.862. Medio p—d —icosz= 1° 13" 40”.60 
+d=39 38 3.27 

g_—icosz=40 SI 43 .87 
ticosz= +1 .38 

g==40 SI 45 +25 


Liz 


Data 20 Aprile 1889. || Data 12 Maggio 1889. 
Confronto dei pendoli. Confronto dei pendoli. 

FRODSHAM BARRAUD TS — BARR. FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 

h m s h m s ms hocsm ca A Su ne m s 
10 55 0.00 {10 57 22.32 | —o 3698 12 46 0.00 [12 51 16.72 | —3 41.65 
11 19 0.00 [tr 21 22.46 | —O0 37.12 13 29 0.00 |13 34 16.95 | —3 41.90 
13 Io 0.00 {13 12 23.13 | —o 37.82 15 30 0.00 {I5 35 17.68 | —3 42.67 
13 44 0.00 [13 46 23.27 | —O0 37.93 16 6 30.00 {16 ir 47.85 | —3 42.86 

Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 

Oculare a Nord Oculare a Sud - Oculare a Sud Oculare a Nord 


h h h k m 
alo 40° (13) + 20% — 1350 213 43° (23) + 182 — 1651 a 12 25° (18) + 170 — 153 216 5 (2) + 195 — 14.0 
ato 45 (2°) +18.0— 15.3 |[a13 48 (18) + 16.0 — 18,2 a12 30 (2°) +194— 13.0 | 216 10 (1°) +22.2— 11.1 


Inclinazione =+- 1.200. Inclinazione = +- 32.036. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni =-- 02.612. Correzione per l’ineguaglianza dei perni=+ 02.531. 


Stella 6‘ Can. ven.: a=12"20"24".10; d=+39°38'5”.37. Stella y Bootis: a=14"27"385.01; d=-+38%739”.68. 


Guanciale A al Nord. — Livello 2° posizione. Guanciale A al Nord. — Livello 2% posizione. 
Tempo di BARRAUD Q_-d—-ic0sz Tempo di BaRRAUD O—-d—ic0sz 
Oggetto Oggetto 
osservato | Passaggio a E. Passaggio a W. (dedotto) des osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) (prioni) 
Oculare a N. Oculare a S. sato Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello +.8% —158 +18%6 —157 Livello +18 Las _ _ 
Ah h " “ ) È h h “ Pò 
Filo IL |rr 10° 680 13 dh 170 4418.19 | 4417.68 Filo Va |13 17 37:21 15 54” 5812 7441.19 | 7441.46 
» Isfir 10 45.59|13 24 43-71] 4417.13 | 4417.11 » Vi|jt3 2 6.54|15 55 29:77] 7441.86 | 7441.52 
Livello Livello 
Filo II, |tt rr 2409/13 25 25.76] 4417.24 | 4417-33 Filo IV3 [13 2 3718/15 56 2.00) 7441.85 | 7441.48 
» Isjir tr 50.60|13 25 53-97] 4417-04 | 4416.92 » IVa |13 2 57.24|15 56 23.37| 7442.52 | 7442.36 
» Is|jir 12 16.60|13 26 22.50] 4418.13 | 4417.66 » IV,|t3 3 1948|15 56 46.00) 744203 | 7441.70 
Livello Livello 
Filo HI, |it 13 101/13 27  7.67| 4417.09 | 4417.16 Filo III; |13 3 53-92|15 57 21.42] 7442.31 | 7442.12 
» Il |jir 13 2900/13 27 3582] 441662 | 4416.84 » IIL|13 4 14.55|15 57 41.87] 7441.75 | 7441.76 
» I3|jir 13 55-91|13 28 3.12] 4416.83 | 4416.83 » II |13 4 36.00|15 58 3.19] 7442.26 | 7442.26 
» HI |ir 14 2341|13 28 30.69] 4417.07 | 4416.85 » II3|13 4 56.63|15 58 23.08] 7441.76 | 7441.75 
» II;|ir 14 50.90|13 28 57.80] 4417.23 | 4417.16 » IL |13. 5 18.76/15 58 45-97] 7441.93 | 7442.12 
Livello / Livello 
Filo IV, |tt 15 37.40|13 29 42.60] 4417.19 | 4417.66 Filo II3|13 5 53-91|15 59 19-98] 7441.37 | 7441.70 
» IVe|it 16 7.10|13 30 1036] 4416.79 | 4416.91 » II|13 6 1498/15 59 40.97] 7442.20 | 7442.36 
» IVg|jit 16 35.10|13 30 37.08| 4417.42 4417-33 » II, [13 6 3683/16 o 1.22| 7441.12 | 7441.49 
Livello Livello 
Filo V, |1t1_ 17 17.04/13 31 15-34] 4417.10 | 4417.12 Filo I|i13 7 8.50|16 o 31.40] 7441.17 | 7441.51 
» Vaftt 17 59-21|13 31 53.40] 4417-17 | 4417.68 » IL|t3 7 39-91|16 I 135] 744174 | 7441.47 
È p p 
Livello |4-18.7 —156 +18.2 —164 Livello +179 —150 +20%0 135 
i=+12.475. Medio p—d—tcosz= 1° 13° 37”.22 i=+2?.425. Medio p—d—icoss= 2° 4 1”.80 
+d=39 38 5 .37 +d0=38 47 39 .68 
g—icoss=40 51 42 .59 g_—icosz=40 51 41 .48 
ticosz= +2 .35 ticosa= +3 .80 


Q="40 51 44 .94 g==40 51 45 -28 


Data 21 Maggio 1889. 


h m 
14 47 
15 31 
16 9 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM 


7 s 


0.00 
0.00 
0.00 


BARRAUD 


s 
11.2I 


11.42 
11.61 


h m 
14 49 
15 33 
16 11 


A 


Ts — BARR. 


mos 


—o0 42.27 
—o 42.50 


— o 42.71 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord 


n m h _m p 
214 30 (1°) + 20% — 23/0 a16 8 (23) + 20/0 — 24/0 
216 13 (1°) + 17.0 — 27.0 


214 35 


(2%) + 19.4 — 24.0 


Oculare a Sud 


SEE V) 
Inclinazione= — 2.650. 
© "I - ? È p 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 0.425. 


Stella 


g Bootis: g= 15" 337525.2; d=+ 40%42/54”.82. 


Guanciale A al Nord. — Livello 2% posizione. 


Oggetto 


osservato| Passaggio a E.|Passaggio a W. 


Tempo di BaRRAUD 


Oculare a N. 


Oculare a S. 


q_d—?cosz 


(dedotto) (29) 


sato 


Livello +16 Logli 
, h 
Filo JI, |15 1” 462 
> Ia |ISI, 063: 1795 
Livello +16 ‘agli 
m 
Elo. IL sand 
» Ha]i5 5 397 
» Is]ig 6 444 
Livello |-197 —240 
Filo III, da 8" 36.7 
» IIs|i5 9 524 
» II|ji5 11 g.i 
» IL|is 12 209.5 
» IIs|is 13 542 
Livello +20%0 —24 
i hm 
Filo IV, |15° 16 335 
» IVa|15 18 26.3 
» IV3|15 20 28.0 
Livello +20%0 —24°0 
; h m 
Filo Vi [15 24 7.2 
» Va|is 30 9.2 | 
Livello +-20/0 ao 
i=— 22.127. 


+ad0 IA 
h IT (28 

15 39 21.0 

15 45 10.2 


v 
-+20.0 —24 


h ms 
15 48 48.0 
15 50 48.8 
15 52 36.4 
+2050 - 2450 

h ms 
15 55 12.1 
15 56 41.6 
15 58 0.9 
150 59) G17-5 
16 o 28.6 


h m 
6: ga 236 
16 3 314 
16 4 344 
+20%0 — 24.0 
h 
16 6 1.5 
36 7) 25,9 


p 
+-20/0 —24.0 


Medion — gd —icosz= 0° 8' 54”.33 


+d=40 42 54 .82 
g—?ic0sz= 40 SI 49 .15 
Licosa= 


g="40 SI 


= 3047 
45 +68 


Data 23 Maggio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM 


àk m s 
14 48 0.00 


15 31 
16 9 


0.00 
0.00 


BARRAUD 


h m s 
14 50 26.00 
15 33 26.24 
16 11 26.43 


Ts — BARR. 
ms 
—o 58.40 
—o 58.66 
—o 58.87 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud 


h m 
a 14 30 (12) + 160 — 27,6 
a 14 35 (2%) + 20.0 — 24.0 


216 13 


hm 
a16 8 


Oculare a Nord 


(22) + 201 _ 2401 
(18) + 21.6 — 22.6 


Inclinazione = — 22, 562. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni =-+- 0”.656. 


Stella @ Bootis: a=15%33752%.2; d=+-40%2'55".37 
Guanciale A al Nord. — Livello 2* posizione. 


Oggetto 


osservato| Passaggio a E.| Passaggio a W. 


Tempo 


Oculare a S. 


di BARRAUOD 


Oculare a N. 


—-d— cos z 


dedoti compen- 
(dedotto) ( da 


o | tea e_ ‘aaa[__—_t—_°_—__-. i i 


Livello 202 —a40 
n m 
Filo Vg |15 I 59.6 
»  Vi|[i5 3 23.5 
Livello +20%2 Tad o) 
h 
Filo IV3 |15 ali 51.0 
» IVa|i5 5 539 
» «IVy |1st: 2g! 0158 
Livello 42081 Logo 
h m 
Filo II; |13° 8 57. 
Di DI |t50 10% 73 
» II3|jis 11 23.6 
» IIp|1is 12 443 
» III, [15 14 136 
Livello +20 Lago 
n h ms 
Filo II3|15 16 49.1 
» IIL|i5 18 360 
» IL|i5 20 374 
Livello 202 —240 
®n m 
Filo Ip |15 24 14.8 
» I,|1i5 29 58.0 
Livello 4202 Lila 
i= — 12.967. 


+200 Lai 
h ms 

15 39 23.7 

15 45.216 


+a20%0 ali 


h ms 
15 48 58.3 
15° 512991 
IG 524527 


v 
+20%0 —24.0 


h ms 
15 55 316 
15 56 55:3 
15 58 16.9 
I5 59 32.6 


p 
+a2d0 —24.0 


h ms 
h ms 
16 47 138.8 


+a0Î1 + dla 


53451 | 53441 
534.33 | 534.34 
534.62 | 534.62 
534-35 | 534.34 
534.31 | 534.41 


Medio p—d—icosz= 0° 8' 54.42 


+d=40 42 55 +37 
—icosa=40 51 49 .79 


+icosg= 


— 3.21 
g=40 SI 46 .58 


Data 24 Maggio 1889. 
Confronto dei pendoli. 


i 


| Data 28 Maggio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


‘FRODSHAM ‘BaRRAUD — Barr. FropsHAM 
Moma il noe mos Pm: 
14 50 0:00 | 14 51 30.00 | —0 3.07 14 48 0.00 
15 31 0.00 | 15 32 30.05 | —0 (3.14 15 31 0.00 
16 12 0.00 | 16 13 30.14 | —0 3.25 16 9 0.00 


% 
Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord 


“am n m 
a 14 30 (13) + 2055 —_ 2350 | a 16° 7 (29)+ 20.2— 2400 
a 14 35 (29) +19.5— 24.0 |a 16 12 (1°) + 17.3 — 26.8 


Oculare a Sud 


| 


Inclinazione= — 25537. 
7 sa E . 5 P 
Correzione per l'ineguaglianza dei perni = -|- 0.394. 


Stella © Booti sta=15%33"52%.2; d = + 40%255”.63. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BarrAUD o—-d—icosz 
Qustoi.__—————_—___—_—_—_—___— Oggetto 
osservato | Passaggio a E.|Passaggio a W. (dedotto) n] 

Oculare a N. Oculare a $£. sato 
Livello +ad0 2358 Lao 240 Livello 
P h hm P “ 
Filo 1, {15 1” 68 15. 38 342 533.66 |.533-63 Filo Vs 
» Isjis 2 304 |15 44 29:8 | 534.15 | 533.88 » Vi 
Livello +ado —2358 tool —240 | Livello 
é h m hm | 
Filo II, |15 3 586 15 48 ba 533.87 | 53375 Filo IV3 
» lUsfis 5 16 lis so  7:6 533-74 |-533.82 » IVo 
» H3jis 6 - 6.7 15 51 558 9533-87 | .533-73 » IV, 
Livello \+-20%x —2358 20.1 — 24.0 | Livello 
Si h m h mo. | 
Filo IIl,|15 7 582 15 s4 319 | 534.16 | 533.98 Filo 1II; 
» Ils /15 9 129 15 56 04 | 534.14 | 533.90 » III, 
» His |15 .10 29.9 15 57 203 | 533.57 | 533-57 » Hz 
» HI, }15 1 so4 15 58 364 | 633.67 | 533.91 » II 
» HI;|15 13 146 15 59 484 533.80 | 533.98 » III 
Livello 42051 — 235 42012 — 24.0 
9 = h mos n m : 
Filo IV, |15 15 550 16° 1 435 | 533.58 | 53372 Filo II3z 
» IVa|is 17 459/16 2 guai | 533.91 | 533.83 » IL 
» IVs |15 19 482 16 3 535 | 533.62 | 533.74 » I, 
Livello +20%2 — 2356 202 alp | Lirello 
È h ui dee m | 
Filo Vi |15 (23 278 16 4 21,6 533.62 | 5333-89 Filo Joy 
» Vajis 129 265 16 6 452 | 533.60 | 333.63 DEN A 
: p p! p 
Livello |-20.6 —23h 20/2 —240 Livello 
| | | 
i=— 1.840. Medio, — d — îcos:z = .0° 8'.53”.$80 i= — 2?.280. 
+d=40 42 55 .63 
g— icosa=4o0 51 49 -43 
|+icosa= — 3 .00 
o=40 51 46 .43 


‘BaRRAUD 7s — BaRR. 
h mos s 
I4 49 38:54 | —o 14.92 
15 32 38:66 | —o 15.06 
16 10 38:73 | —o0 15.25 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud 


rh m P) p hm 
a14 30 (19) + 18.6— 24.2 /a16 7 
& 14 35 (2°) + 19.2 — 24.0 | 


Oculare a Nord 


(23) + 1955 —_ 241 
(13) + 21.0 — 22.7 


a16 12 
il 


Inclinazione = — 22.087. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni=-}- 0.256. 


Stella 9 Bootis: a=15" 337325.2; d=-+-409%42/56” o 
Guanciale A al Nord. — Livello 2° posizione. 


osservato| Passaggio a E.| Passaggio a W. 


Tempo di BARRAUD 


Oculare a S. 
Pp p 
+195 —240 
h m 
roi ‘La 16.6 
5 ‘2° 40% 
p p 
+19.5 — 240 
h m ss 
5 4 74 
(5 108 
15 6 189 
p p 
+195 —21.0 
h ms 
15 8 12.7 
5. (9 238 
15 10 40.5 
is. caz ) dA 
î5'(4a3 | 500 


c D p 
Livello |4+-19.5 —24-0 


h Migs 
nrabl 92 
5-07 | 583 
15:09 545 


TP P 
‘19.6 —240 


h A, 
15) (23 | 324 
15 29 22!5 
pi p 
19.0 —240 


od —icosz 


(dedotto) ffa0 ) 


Oculare a N. 

Dp p 

+19.4 —24.1 

h m 

15 38 22.5? “si Liz 
p 

-+194 —24.1 

h m es 7] “ 

15 48 12.8 | 534.05 | 533.5I 

15. 50 14.2 | 533.84 | 533.48 

15 52 62] 533.25 | 532.20 
p v 

+194 —24.1 

h ms 

15. 54 45-1 | 533-43' | 1533-44 

15 56 100 | 333.68 | 533.74 

15 57 31.1 | 533.60 | 533.60 

15. 58 48.0 | 533.80 | 533-74 

16 © 23 | 533.44 | 533-43 
pb 

19:57 241 

h ms 

16 1 54.8 | 333.15 | 533.20 

16 2 590 | 533.12 | 533.48 

6 @ 6 32.98 | 533.52 
p 

—+195 —24.1 

h mos 

16 5 30.1 = —_ 

16 6 546 = — 


Medio g— d— icosa = 10° 8’ 537.48 


+d=40 42 56 .69 
—icoss=4%0 Sl 50 .17 
+icosz= = a 

g=40 51 46 .45 


A 


Data 29 Maggio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
bici a hm s m s 
14 49 000 | 14 50 4093 | —o 18.10 


15 31 000 
16 10 0.00 


15 32 41.00 | —o 1820 
16 11 41.07 | —o 1829 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord Oculare a Sud 
h m h m p Fa) 
a 14 30 (13) + 2055 — 22/6 a16 7 (2°) + 19.7 — 24.0 


a14 35 (2°) + 18.4— 24.8 | a 16 12 (13) +-16.5— 27.0 


Inclinazione = — 22.912. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 0”.394. 


Stella è Bootis: 2= 15%33”52%.2: d =-+ 40%42'56”.95. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2* posizione. 


Tempo di BaRRAUD 


o_- ®—icosz 


Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) e) 
Oculare a N. 


Oculare a S. sato 


__iiÒ__[|nn 
Livello 41953 Tal +19%8 dat 


x h ms h ms ‘ 
Filo I, |15 I {Magi [16 138148471 | 63257 1932426 
De CA LE 2 47.0 |15 44 40.6 | 532.60 | 532.30 


P 
Livello +19%4 —24.1 1957 chasb 


& h ms h 

Filo JI, |i5. 4 15.1.|15. 48. 18.7 | 532.50 | 532.36 
» Iogfis 5 17.5 |I5 50 19.9 | 532.58 | 532.44 
» II |15 6 t2255 lis: 52,0 851] 32:80) 532/71 


Livello Selo Sai 4197 Sa 
È h ms h mos 

Filo III, |15. 8 14.6 [150 54 44.9 | 532.88 | 532.75 
» IIIo |15 9 30.4 |15 56 14.4 | 532.74 | 532.61 
» sIl; |) (0 47.2; [150 57: 34-00] 1532-1711 0582.17 
» IIL|is 12 7.2 |15. 58 50.3 ) 
»..III,: |15: 13 32.5 |16 o. 2.8/| 532.62. 53275 


Livello +19 Soa 41957 — 240 
h ms h ms 

Filo IV, |15 16 11.9 |16 1 57.6 | 532.60 | 53 
» IVe|is 18 39 |16 3° 44 | 532.31 | 532. 
» eIVailuz: rizo 74 id gl 7:60) g27200 4 453 


A 5, h h 
Filo V) [15° 23 47.7 |16 5 35-41 | 53199 |:5 
» Va|is 29 59.9 [16 6 595 | 53196 | 5 


P I D) 
Livello +15 l'ala +1d7 — 24.0 
i=— 22.240. Medio p—-—&—icosa= 0° 8' 52".47 

+d=40 42 56 .95 
p—icosz=40 51 49 .42 


|icosa= 


Livello 41955 24.1 +197 24.0 
m s m s 


Data 30 Muggio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BaARRAUD Ts — BARR. 
h m G h m s m Ss 
14 49 0.00 | 14 50 43.23 | —o 21.23 
15 30 3000 | 15.32 13.31 | — o 21.32 
16 9 30.00 | 16 11 13.39 | —o 2143 


Livellazioni acn'asli invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 

h m p h 
a 14 30 (19) + 18% — 2453 a 16 7° (28) +iglo — adi 
a 14 35 (2°) +18.5— 23.9 fa 16 12 (18) +21.0—22.0 


Inclinazione = — 22.200. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 0.338. 


Stella p Bootis: « = 15%33%525%.2; d = + 40%2'57”.21. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BarRAUD g_-d—icosz 


Oggetto 


osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. "3 
Ù o (dedotto) 074 su) 


Oculare a S. Oculare a N. sato 


Livello +188 —33% +19%0 — 23% 
: h h " 
Filo Va |15 1” 258 15 38” 3ilo 533.21 | 532.95 
» Vi[is 2 47.0 |15 44 37.1 | 53306 | 532.84 


Livello |4-:8°9 —2450 [41858 — 245 

È LI mos h m 

FiloIVg [13.4 t45 |15s. 48 16.1 532.97 | 532.74 
» AVelus(5 1735 |15° 50 17:6%4#6532.60||W532.54 
»' «Vi, [15% 006 25.31 | 15° 521 ro% | 532.830)8532:70 


Livello Ergo Lao +18%8 — ato 

o h Ù h n 

Filo II: |15 8” 199 15° 54 ‘5107 533.17 | 532.82 
» IL |15 o 308 [15 56 15.4 | 533.06 | 532.88 


» II3 |15 10 480 


5 57 356 | 532.45 | 532.45 
» Mo | 12 ,8.1 [15 58 521 | 532.70 |1532.89 
» IM, |15 13 37:8.|16 o 7.3 | 532.46 | 532.81 


pila p 
Livello +18% —24.0 189 —24.1 


n 
Filo II3|15 16 13.4 |16 1 59.6 | 532.57 | 532.70 
18 0.1 |16 3 .2 | 532.57 | 532-57 

4 


» II |15 
MTA ist zo | 76 7:2 | 532.52 | 532-75 


Livello |+18.9 —24.0 +igo ur) 


mn 


$ h s 
Filo I,|15 24 38.8 [16 5 354 | 53261 |532183 
» (I,|r5 29 28.3 |16 6 584 | (532.70 |:532.96 


Livello |4+-18%9 —24/0 [190 — 40) 
Medio , — f — tcoss= 0° 8' 52".77 
+d=40 42 57.21 
9 —iC055= 40 51 49 .98 
+icosa= — 4 .16 
g=40 51 45 .82 


i=— 22,550. 


i ele 


Data 31 Maggio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM 


hm s 
14 49 0.00 
15 31 3000 
16 10 0.00 


BARRAUD 


h m s 
14 50 45-36 
15 33 15-47 
16 11 45.53 


CA 


e (6 
o Li 
LI 


I 


Ts — BARR. 


ms 
24-21 


24.34 
24 43 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud 


Oculare a Nord 


h m h m 
a14 30 (1°) + 202 — 218 | a16 7 (+ 19%0 _ 24,0 
214 35 (2°) +18.5—23.7]216 12 (1°) + 16.1 — 26.7 


Inclinazione = — 22.800. 


Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 02.550. 


D 


Stella 9 Bootis: a =15#33”52%.2: d=+ 40°%2'57".47. 


Guanciale A al Nord. — Livello 2% posizione. 


Oggetto 
osservato 


Tempo di BARRAUD 


Passaggio a E. 


Oculare a N. 


Livello +1gh 2 RA 


Passaggio a W. 


Oculare a S. 


p 7) 
+190 —24.0 


o- d — icosz 


(dedotto) at) 
sato 


Data 10 Giugno 1889. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
Km sg h _ mM s m s 
14 50 0.00 | 14 SI 47.45 | —0 27.05 
15 31 000 | 15 32 47.53 | —0 27.15 
16 10 0.00 | 16 11 47.61 | —0 27.25 


Confronto dei pendoli. 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Ocnlare a Sud 


Oculare a Nord 


h m h ‘ 
a 14:30 (13) + 17/6 — 2452 a 16 7° (28) + 1858 — 23°8 


a 14 35 (2°) + 18.0 — 24.0 


Inclinazione = — 27.500. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni =-|- 07.325. 


a 16 12 (12) + 20.0— 22.4 


Stella 9 


Guanciale A al Nord. — Livello 2% posizione. 


Bootis: a = 15%33525.2; d=+ 40%2'37”.73. 


° i=— 22.295. 


I h ms h ms 7) “" 
Filo I,|i5 1 30.0 |i5 38 50.1 | 532.14 | 531.91 
metis 2 54.8 |15 44 48.5 | 532.04 | 532.07 
Livello 41952 dagli +1gîo Lap 
h h 
Filo 1I, |15 ani 15 48° 25.9 532.30 | 532.03 
mr ela fi: 5 (25.1: [15% 50: 025.2;| 531.65: | 531.72 
» II3|is (6 30.4 [15 52 13.8 | 531.75 | 531.99 
Livello 1952 —234 +1g0 lago 
h nh 
Filo III, |15 s"azi 15 cani 50.0 531.95 | 531.96 
.» IM [15 9 380 |15 56 19.1 | 531.63 | 531.60 
» IIz3|is to 54.5 |15. 57 40.7 | 531.92 | 531.92 
» IHIL|is 12 15.7 |15 58 56.5 | 531.58 | 531.61 
» IH:|15 13 39.9 [16 o 8.4 | 531.96 | 531.95 
Livello 41952 dali +19%0 — 24.0 
n h h 
Filo IV, [15 16” 191 160 20 3.6 532.23 | 531.99 
» IVajis 18 12.5 [16 3 10.8 | 531.79 | 531.72 
» IValis 20 16.0 |16 4 14.0 | 531.77 | 53204 
Livello +19î2 Sag +1g0 —24.0 
È h h 
Filo Vi |15 23° 55.6 16 5” 4200 532.09 | 532.06 
maiVa|i5, 190) Gs. 7, 5,] 531.69 | 531.92 


Livello Ho —234 +igo Pago 


Medio 8 —?cosz= 0° 8' 51”.90 
+d=40 42 57 -47 


g—icosz=40 58 49 .37 
+icos:s= = 3 75 
g=40 58 45 .62 


ATTI — Vol. V.— Serie 2°—-N.° 7. 


Tempo di BaRRAUD Q—-d—icosz 

Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) | gn 

Oculare a J. Oculare a N. sato 
Livello +18 Zad +190 Sa3% 

h ms h ms “ “ 
Filo Vs |15 n #20:4 |15% (38/311 | ©532.40* | :532:32 
» Vj 15 2 53.1 |15 44 402 | 532.44 | 532.32 
Livello +18% cars Higo 335 

h ms h ms 
Filo IV3 [15 4 20.7 |15 48 20.1 | 532.37 | 532.31 
» IVa|is 5 236 |15 50 23.1 | 532.39 | 532.26 
» IVj [15 6 31.0 |I5 52 15:3 | 532.34 | 532.14 
Livello Lage 506 +18%8 —238 

h ms h mos 
Filo III: |i5 8 26.3 [15 54 56.0 | 53241 | 532.28 
» IL|i5 9 373 |15 56 19.3 | 532.11 | 532.13 
» Il |15 to 548 |15 57 41.5 | 53213 | 532.13 
» Ig [15 12 140 [15 58 566 | 532.15 | 532.13 
» II, |i5 13 444 |16 o 130 | 532.15 | 532.28 
Livello |\419% —245 |+188 —238 | 

h ms h ms | 
Filo II3 |15 16 19.2 |16 2 40 | 531.94 | 532.14 
» Lis 18 6.5 [16 3 094 | 532.13 | 53226 
» IL|is 20 84 |16 4 129 | 532.26 {1532-32 


P 
Livello +185 o +1818 — 23.8 | 
A h ms h ms I 
Filo I |15 23 446 [16 5 404 | 53220 | 532.32 
» I, |1i5 29 36.0 |16 7 46 | 532.24 | 532.32 
Livello +1855 —240 +18%8 338 
i=— 22.598. Medio », — î — îcosz= 0° 8' 52.24 
+d=40 42 57 .73 
g—icosz= 40 SI 49 .97 
+icosaz= — 4 .24 
g==40 51 45 .73 
Li 


= 


Data 2 Giugno 1889. Data 6 Giugno 1889. 
Confronto dei pendoli. Confronto dei pendoli. 

FRODSHAM BARRAUD Ts — BaRR. FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 

h m s h m s mos k m s h _m s ms 
14 50 0.00 | 14 51 49.69 | —o 30.18 11 49 0.00 | 14 50 57.49 | —0 41.69 
15 31 0.00 | 15 32 4977 | —0 30.28 15 3I 0.00 | 15 32 57.54 | —0 41.77 
16 10 0.00 | 16 11 49.80 | —o 30.33 16 11 0.00 | 16 12 57.61 | —o 41.86 
Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord Oculare a Sud Oculare a Sud Oculare a Nord 


hm hm ®h m 
a 14 30 (1°) + 2001 — 2250 | a 16 8 (22) + 1951 “0 24°0 a14 30 (1°) + islor 2713 
a 14 35 (2°) + 18.5 — 23.8 | a 16 13 (1*) + 16.1 — 27.0 || 214 35 (2°) + 18.5 — 24.0 


di | 6 


h _ m p p 
a16 8 (2°) +18.9—24.1 
a 16 13 (1°) + 19.5 — 23.5 


Inclinazione= — 2. P875. Inclinazione=— 32.375. . 
Correzione per l’ineguaglianze dei perni =-+|- o. 538. . Correzione per l’ineguaglianza dei perni=+- 0”.538. 
Stella g Bootis: = 15% 335252; d=+ 40%2'57”.99. Stella 9 Bootis: a = 15"33%52%.2; d=+40%42'59" .00 
Guanciale A al Nord. — Livello 2 posizione. Guanciale A al Nord. — Livello 2* posizione. 
Tempo di BARRAUD gq_-d—icosz Tempo di BARRAUD g_d—ic0s z 
Oggetbil| E —==i&éiica Oggetto | —__—____————T_ 
osservato| Passaggio a E. | Passaggio aW. (dedotto) lia osservato| Passaggio a E.|Passaggio a W. ua CCD 
Oculare a N. Oculare a S. Oculare a N. Oculare a S. 
Livello agio — 2358 pa io Livello +18%8 olo +1857 Phat 
e h h m “ “ h m h m da Si 
Filo I, |15 | 36.8 15 38 557 531.69 | 531.84 Filo V,|15 1 433 15 38 46,0 532.83 | 532.37 
DI SL 3 0.9 |I15 44 54.9 | 532.06 | 531.77 » Vi|15 3 7.8 |15. 44 58.30] 533-092 532.60 
Livello +10 — 238 +19%0 Life Livello +88 —240 +1858 mali 
: h m hm h ene 
Filo II, |i5 4 29.1 5 48 gi. 531.63 | 531.78 Filo IV3 |15 4° 358 15 48 36,6 532.59 | 532.29 
» II2j1s 5 32.0 lis 50 32.6 | 531-61 | 531.79 » IVa [15 5 38.0 |15 50 38.0 | 532.58 | 532.33 
» IHg|is 6 36.1 |15 52 21.7 | 532-44 | 532.07 » IVi|is 6 46.5 [15 52 314 | 532.38 | 532.36 
Livello +1g0 —2358 +190 Liana Livello +18î8 tao +1858 ali 
} h m h m h m h m . 
Filo III, |15. 8 29.1 (5 54 569 | 531.44 531.63 Filo II; |15 8 40.2 |15 55 10.4 | 532.58 | 532.68 
» IHlI2|is 9 442 |15 56 259 | 531.87 | 532.05 » IHLjis 9 (52.3 |150 56 35.1 | 532.37) |532-25 
» HM3lis rn 1.1. |15. 57. 469] 531.44 | 531.44 » II3|is ir 8.4 |15 57 56.0 | 532.45 | 532.45 
» IL|is 12 20.6 |15 59 3.0 | 532.24 | 532.06 » IM, {i5 12 30.2 |15 59 12.6 | 532.13 | 532.25 
» IIs|is 13 46.2 |16 o 14.2 | 531.82 | 531.63 » III, |15 13 583 |16 o 28.6 | 532.79 | 532.69 
Livello +19%2 — 2356 +1gi0 — 240 Livello +18î8 —250 +18î8 slalg 
"» = h ms h ms 5 h mos te I 
Filo IV, |15° 16 26.5 |16 2 09.2 | 531.69 532.06 Filo II3|15 16 34.6 [16 2 20.0 | 532.33 | 532-:35 
» IVa|i5 18 18.7 |16 3 17.2 | 531.97 | 531.79 » IIfis 18 22.9 |16 3 25.1 | 53209 | 532.34 
» IVg [is 20 21.3 |16 4 199 | 531.93 | 531.78 » IL [15 20 22.8 |16 4 26.9 | 531.99 | 532.29 
Livello +19%2 — 2356 +19%0 lano Livello +18%9 ate +18%9 (lalla 
3; cr ie n (im la i d h_mos ho «mie 
Filo Vi 1524 2.5 |16 5 47.0 | 531.48 | 531.77 Filo Ig |1i5 23 597 |16 5 55.2 | 532.18 | 532.60 
Di VallI5aago dro. |r6 zan 532.00 | 531.85 »  I,|i5 29 53.7 [16 7 19.1 | 531-91 | 532.37 
3 p 
Livello |\4-19.3 — 2357 Higli siae Livello +iglo dalle +18%9 sa 
i=— 22.395. Medio 9—gd—icosz= 0° 8' 51.82 i= — 22.608. Medio p—d—icoss= 0° 8' 52".41 
+d=40 42 57 .99 +d=40 42 59 .00 
g—icosz=40 SI 49 .81 g_—Îcosz=4q0 51 SI .4I 
+icosz= — 3 .9I . +icosa= — 4 .26 


g==40 51 45 .90 g==40 5! 47 .15 


— Si 


Data 7? Giugno 1889. 
Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
n m h m 
14 ca: 0.00 14 53 58,66 co 4362 
15 31 30.00 |15 33 28.66 | —o 43.66 
16 10 30.00 |16 12 28.66 ! —o 43.69 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord Oculare a Sud 
Ah h 
al4 30° (13) + 192 — 232 a16 8° (23) + 17,6 — 255 
a 14 35 (2°) +184— 241 |216 13 (1%)--15.1 — 28.0 


Inclinazione = — 32.812. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni=+- 0?.694. 


Stella Bootis: a=15"33”*52%.2; d=-+40%2'59".24. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2* posizione. 


Data 8 Giugno 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM | BARRAUD Ts — BARR. 

h m s | DAN e m s 
16 14 0.00 !16 15 59.41 —0 4543 
16 52 30.00 |16 54 29.46 | —o 45.51 
17 10 0.00 |I7 II 59.48 | —o0 45.53 
17 43 30.00 [17 45 29.50 | —o 45.58 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud Oculare a Nord 


h n m 
215 45° (13) + 154 — 2700 217 4I (29) + 1972 — 221 
a15 50 (2°) +17.,2— 25.4 | 217 46 (1*) +-19.9— 23.5 


Inclinazione = — 37.538. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni= | 02.709. 


Stella Gr. 2415: a=17% 41154; d=+40°39'42".69. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2* posizione. 


Tempo di BaRRAUD 


| D_-E—ic08z 


Tempo di BARRAUD ®- Sd —icosz 

Oggetto 
osservato | Passaggio a E. Passaggio a W. (dedotto) pesa 

Oculare a N. Oculare a S. sato 

p 

Livello |4-18°8 —241 |+175 —254 
si h ms h ms " “” 
Filo I,|15 I 50.0 |I5 39 105 531.89 | 531.86 
DIESIS 93. 13:50:15, 45. 75 532.32 | 532.14 
Livello +18î8 24 41755 "e, 

h h m 
Filo I, |15 4° 4118 15. 48 458 532.27 | 532.09 
» Ha|!5 5 444 |!5 50 455 | 531.94| 531.89 
» H3jis 6 494 |!5 52 33-4| 532.00] 531.86 
Livello +88 — agli 1755 —2555 

h h 
Filo III |15 8 414 15 590 9.8 532.15 | 532.19 
» IIa {i5 9 577 |!5 56 390) 53173] 531.79 
» IHHI3|is n 138 |15 58. 0.0 531.96 | 531.96 
» lIL|is 12 347 |15 59 16.0 | 531.84| 531.78 
» III;|i5 13 59.2 |16 o 283 | 532.24| 53220 
Livello +185 Coal Hugo —255 
ù h U 
Filo IV, |15 16” 389 16° 2220 531.71 | 531.85 
» IVa|jis 18 32.2 |16 3 304 | 531.85| 53190 
» IV3|15 20 348 |16 4 333] 531.90| 532.08 
Livello +185 Shut 41756 Than 
: hm h 
Filo Vi, |15 24 17.0 16 6° 17 531.96 | 532.14 
» Va|is 30 26.7 |16 7 25.0 531.84 | 531.87 


Livello [4-90 —2411 


v 7) 
+17.6 —25.5 


i=— 39.288. Medio o—d—icoss= 0° 8' 51.97 


+d=40 42 59 .24 
o—icosa=40 50 -:SE .31 
+icoss= — 5 37 

p==40 51 45 .84 


Oggetto —___—_—__—_—rrr—= 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotti compen- 
Oculare a _S. Oculare a N. LORO ( sato ) 
Livello +1756 Lore +1gt2 PRA 
È Le h ms h ms “ “ 
Filo V3|16 29 10.0 [17 9 481 729.96 | 729.86 
» V,4|16 30 27.0 [17 22 330 | 729.61| 730.00 
Livello +1756 — Lala toa as 
x h h m 
Filo IV3 {16 31 % 46.1 I7. 24 55.3 729.67 | 729.59 
» IV, [16 32 42.4 |17 26 25.8 | 730.29] 730.12 
» IV, |16. 33 43.3 |17 27 511 | 729:70| 72977 
Livello +176 as +19 I ngi 
, h mi h mis 
Filo II |16 35 24.3 |!I7 30 0.2 | 730.16 | 729.99 
pa. [1 @a.136 2734/17 3100 99 72955 | 729.67 
» HI3|16 37 32.3 |17 32 189) 730.07 | 730.07 
» II, |16 38 41.0 |17 33 244 | 72979 729.67 
» Ill |16 39 544 |I7 34 294 | 729.83 | 730.00 
Livello 4176 — 355 +ida 26% 
z LL) I, | h ms 
Filo II, |16 42 0.3 117 36 g.0 | 72983| 72976 
» Il [16 43 224 7 37 7-0 | 72995| 730.12 
» II |16 44 515 |17 38° 3.2] 72952] 72960 
Livello 4176 LZasia pala 241 
% h mi xe nh nii ce 
Filo I,|16 47 12.3 {17 39 23.8 | 730.38| 729.99 
» I,|16 49 56.7 |17 40 397 | 72977] 72987 
P p 
Livello +176 age +19.2 —24.1 
i=-— 32.192. Medio gp—d—icosz= 0° 12° 9".87 
+d=40 39 42 .69 
g—icoss=40 51 52 .56 
+icosa= — 5 .20 
g=40 51 47 -36 


** 


Data 9 Giugno 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM 


ha mos 
14 50 


15 3I 
16 10 


0.00 
30.00 
30.00 


‘14 52 


BARRAUD 


DO VR) 
0.24 


15 33 30.29 
16 12 30.32 


— 5 


Ts — BaRR. 


_0 47 
0 47-13 
— o 47.18 


m 


s 
.06 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord 


n m x p 
a 14 35 (1°) + 19.4 — 23.1 
a 14 38 (2%) + 17.7 — 24-9 


3 LE > È È La 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 0.406. 


| Oculare a Sud 


p 


Inclinazione= — 3338. 


h m 
216 8 (2%) + Wa 2410 
a 16 13 (e) + 15.2 — 28.0 


Stella p Bootis: 2= 15"33"52%.2; d = + 40°%42'59".73. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BarrAUD 


Oggetto |: 


Î 
osservato| Passaggio a E. Passaggio a W 


Oculare a N. 


Livello +18°8 241 
h 
Filo I, |15 1 532 
pier Io ]jx5 asigi ross 
Livello +18 —24 
h m 
Filo IL |is v4 454 
» Ila |15 5 484 
»: Il [150016 5346 
Livello |4-18%9 —240 
m 
Filo III, |15°. 8° 454 
» II2 {15 io no 
» HI3|is 11 17.5 
» HIL|is 12 37.8 
Delli. isbra Migg 
Livello +19%0 —2401 
Filo IV, |15° 16° 434 
» IVa|i5 18 37.0 
» IV3|15 20 39.9 
Livello 190 ei 
® hm 
Filo Vi |i5 24 21.0 
» Va|15 30 30.9 
Livello +190 Lal 
i=— 29.450. 


Oculare a S. 


p p 
+193 —240 


h mos 
152 39044.9:9 
15 45 7-9 

p (A 
+19.3 —240 

h ms 
15 48 454 
15 50 474 
ISCR I52iaggi 

p v 
+19.4 — 24.0 
| h ms 
15 55 12.2 
15 56 41.0 
[15:58 11 
(15 59 190 
(16 0 30.5 
| v v 
T19-4 — 24.0 
| 

LU m 
16° 2 25.1 
16 332.4 
16%7. 408352 

P p 
(t194 24.0 

7 m 
16° 6 3.1 
16 7 26.9 

v p 
+19.4 —24.0 


Leti a cs er — e pes se i ceo e 


Q_d—icosz 
. 6 compen- 
(edotto) |(COP ) 
531.75 | 531.34 
532.07 | 531.44 
531.35 | 531.05 
531.31 | 531.04 
531.18 | 531.19 
531.57 | 531.34 
531.27 531.5I 
530.98 | 530.98 
531.75 | 531.54 
531.10 | 531.33 
531.21 | 531.20 
530.78 | 531.05 
530.75 | 531.05 
530.80 |: 531.43 
530-94 | 531.35 


Medio, —d—icosz= 0° 8' 51".25 


+d=40 42 59 .73 
inni SI 50 .98 
-icosz= 
g==40 51 46 .98 


— 4 .00 


di 


i 


Data 11 Giugno 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM 
h_m s 
14 48 30.00 
I5Wgil 0.00 
16 10 0.00 


BARRAUD 
h m s 
14 50 34.95 
15 33 1.97 
16 12 2.01 


Ts — BARR. 
ms 
—0 50.45 
—0 50.50 
—0 50.56 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud 


n m p p 
a 14 35 (1°) + 19.0 — 22.8 
a.14 50 (2%) + 20.1 — 22.1 


Oculare a Nord 


Inclinazione = + 02.087. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni =+ 0”.769. 


h (ama pa D) 
a16 8 (2°) + 22.5— 20.4 
a 16 13 (1°) + 23.6— 19.2 


Stella g Bootis: a= 15"33%52°%.2; d=+40°%43'0”.22. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BARRAUD o_-d—icos 2 
Oggetto |  —T___ 
osservato| Passaggio a E.|Passaggio a W. (dedotto) pis 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello iosa a i: RIA stà 
h m h m “ “” 
Filo Va lis 2 0.0 1500 137 483 524.70 | 524.49 
DI EVI [rst "3. 2481 |\15t6 442 t40;07 || SE4:7oH MMS 8455 
Livello 2052 221 42255 L505 
o ms h ms 
FilolV3 |15. 4 51.9 |15 48. 27.6 | 525.06 | 524.55 
» IVa|1s 5 55.5 |15 50 31.8 | 524.67 | 524.51 
» IV,|is 70 3.1 |15 52 25:3 | 524.64 | 524.51 
Livello lt 20.2 ail «as —20.3 
A h mos h ms 
Filo IIz|15 8 59.1 |15 55 6.9 | 524.41 | 524.5t 
» ILj|is 10 ini [15 56 32.0 | 524.23 | 524.39 
» Ils |i5 11 28.2 |15 57 53-9 | 524.26 | 524.26 
» IN9|is 12 48.7 |15 59 10.9 | 524-55 | 524-39 
» II, |15 14 185 |16 o 26.9 | 524.62 | 524.52 
2 p 
Livello +2083 —22:3 42055 —20.3 | 
h ms h ms 
Filo Il3 {15 16 56.2 |16 2 19.3 | 524.37 | 524-50 
» IHo|15 18 45.9 |16 3251 | 524.36 | 524.52 
» IL|is 20 49.5 |16 4 27.6 | 524.04 | 524.55 
p 
Livello -k203 —224 boss —20 4 
: h ms h ms 
Filo Is [15 24 314 |16 5 56.1 | 524.35 | 524-55 
» I,[is 30 58.3 [16 7 20.6 | 524.28 | 524.49 
) 
Livello toda ds +2255 284 
i=+.09.028. Medio p—d—icosz= 0° 8' 44.49 
+d=40 43 0 22 
— icosz=g0 SI 44 .7I 
+icosa= + 0 .05 


p="40 51 44. 


P29- 


Data 16 Giugno 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRoDsHAM BARRAUD Ts — BARR. 
h m s h m s m s 
14 50 000 | 14 52 499 | —0 57.79 
15 32 1500 | 15 34 20.04 | —o0 57.87 
16 10 30.00 | 16 12 35.10 | —o 58.95 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


h m h Mm 
a 14 30 (1°) + 2353 19.6 a16 8 (2))+ 2002 — 23.3 
a 14 35 (2°) + 20.7 — 22.3] 216 13 (19) +19.6— 24.1 


I 
| 


Inclinazione = — 02,688. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = +- 02.606. 


Stella g Bootis: a= 15335251; d =+ 40%3'1”.39. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2° posizione. 


‘Tempo di BARRAUD (Joni d—?c0os3 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio awW. (dedotto) AP) 
Oculare a N. Oculare a_S. sato 
Livello darli Li 2017 iago 
h h 
Filo I,|15 2° 11.1 15 38” 259 _ = 
«Wes agt t53 GHaue l15) 45) 02 a) — 
Livello 4ooli —222 4205 —a3l 
o } h “ “ 
Filo II, 15° 5” 33 15 48° 43.1 = 
» Ils [15 60 7.1 [15 50 45.4 | 524.24 | 524.58 
» Hg|is 7 11.6 fis 52 35.2 | 52481 | 524.69 
Livello da —2233 ad —2352 
N h sui 3% 1h ms 
Bilo IU, |i5° 9 5.0 [15 55 13.9] 524.82 | 52494 
» II, [15 10 20.5 |15 56 43.0 | 524.99 | 524.76 
IM: |15 31 38.015 580 3:8| 524.22 | 524.22 
DIL, |15° 12 (5g-r0|15% 59 arr | 524.530] 524.76 
» IM |1s 14 25.5 |16 o. 340 525.05. 524.93 
Livello baila —225 +20/2 —23:4 
; U Ù 
Filo IV, 15° 17° 62 |16 2° 288 524.57 | 524.69 
» IVe|i5 19 0.8 |16 3 37.8 | 524.93 | 524.58 
» IVg|is 21 5.9 | — — = = 
Livello |4-2:178 —218 |+202 —235 
, h 
Filo Vi, |15 24° 54.4 cale ji de —_ _ 
» Velisz 31 462 | — — _ _ 


Livello Lato —218 +20%2 —233 
î=— o0?.882. Medio p—$ —icosa= 0° 8° 44”.68 
+d=40 43 1 .39 

g—Îc0sz= 40 st 46 .07 
+icosz= 1 .44 

g=40 51 44 .63 


Data 19 Giugno 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
he. h m s m s 
14 50 30.00 | 14 52 37.94 | —1 3.05 
15 31 1000 | 15 33 17.95 | —I 3.08 
16 ro 0.00 | 16 12 8.00 | —1I 3.14 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


hm ) p 
a 14 30 (1°) + 18.3 — 23.3 —_ 
a 14 35 (2°) + 19.8— 22.0 —_ 


I 
Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = 


Stella pg Bootis: a = 15"33%525.1; d =+ 40%3/2”.06. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BARRAUD —-d—?c08z 
Oggetio 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) (503) 
Oculare a S. Oculare a N. sato 

Livello +19%9 94h 42112 24258 
de = h Mm } “ “” 

Filo Vs |15. 2 12.7 15° 37 53.7 524.20 | 524.16 
» Vilis 3 37.0 |IS 44 509 | 524.23 | 524.09 

Livello +19%9 galà bali da 

n n l/ 

Filo IVg 15° 5 Pa 5.0 15 ‘ 48° 381 524.28 | 524.23 
» IVa[is 6 7.9 |t5 50 42.9 | 524.36 | 524.36 
» IV, |15°. 7 15-9 |15 52 38.0 | 524.56 | 524.35 

Livello 4100 ag tara 13763 
4 h ms h ms 

Filo II: |15 9 11.6 [15 55 19.3 | 524.39 | 524.29 
» II,|15 10 23.4 [15 56 44.3 | 524.24 | 524.26 
» II |15 11 40.8 [iS 58 6.3 | 52419 | 524.19 
» Io |15 13 1.6 |I5 59 23.1 | 524.29 | 524.27 
» II, |is 14 31.4 [16 o 38.6 | 524.19 | 524.29 

Livello LS —22.7 bora ba 
3 h mil. h UD O 

Filo Il3|15 17 9.2 |16 2 315 | 524.14 | 524:35 
Didi, |ipe.i18 (57-90| 16% 315137.2.|./524.35| 524.35 
» LKjis 21 I.1 |16 4 399 | 524-19 | 524.24 

Livello 41955 —235 baila 20103 
S h mos h ms 

Filo Ia|15 24 45.8 {16 6° 8.3 | 523.94 | 524108 
». IH|is 31 10.5 |160. 7. 32.7 | 524.13 | 524.17 

Livello 11955 —235 Laz —215 
i=— 0.772. Mediop—d —icosa= 0° 8° 44.25 


+d=40 43 2 .06 
o—icosz=40 SI 46 .31 
+ icosa= — 1 .26 


g="40 


51 45 .05 


= fi 


Data 19 Giugno 1889. 
Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD TS — BARR. 


h m s | 
17 45 30.00 i 47° 5 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


h m a p p 
_ a 17 41 (23); 20.2— 22.7 
— a 17 46 (1°) +18.8— 24.1 


Inclinazione = 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = 


Stella Gr. 2415: a= 1741154; = + 40°39/45”.82. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2* posizione. 


Tempo di BARRAUD 


Q—_-d—icosz 


Oggetto = 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) pria 
Oculare a N. Oculare a _S. 
Livello |4-21.: —21.5 +20%4 —225 
7 h h “ “ 
Filo I, [16 29° 39.0 17 19° 550 720.89 | 720.90 
» I|i6 30 560 |17 22 42.0 | 720.89 | 720.91 
Livello +51 ag +20%4 —226 
6 hm hm 
Filo II, |16 32 16.0 I7_ 25 6°9 721.22 | 721.04 
» Ilo/i16 33 13.3 [17 26 35.0 | 720.51| 720.87 
» I3|1i6 34 11.6 {17 27 589 | 720.72| 72081 
Livello +21 — 215 +20%4 —226 
— h m h m 
Filo III, |16 35 SUI 17. 30 6.0 721.06 | 721.00 
» II {16 36 57.5 |17 31 19.5 | 720.39 | 720.58 
» 1II3|16 38 3.8 |17 32 28.6 | 72045 | 720.45 
» IILL|16 39 12.3 |17 33 349 | 720.76 | 720.57 
» II|16 40 23.5 |17 34 380 | 72094 | 721.00 
Livello +15 —2155 +20%4 —226 
è hm hm 
Filo IV, |16 42 324 17 36 19,6 72091 | 720.82 
» IVo|16 43 59.3 |17 37 20.8 | 721.23 | 720.87 
» IVg|16. 45 297 |17 38 17.1 720.86 | 721.04 
Livello +arl2 ba 2054 —226 
a h m h m 
Filo V4 |16 47 544 17 39 37,0 720.92 | 720.90 
» Va[16 50 43.1 {17 40 540 | 720.92 720.91 
Livello baila ili +22 22257 
i= — 02.655. Medio g—Pgd—icosz= 0° 12° 0”.84 


+ d=40 39 45 .82 
g_—icosz= 40 51 46 .66 


ticosag= 


if 


— 1 .07 
=40 SI 45 -59 


Data 20 Giugno 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BaRRAUD Ts— BARR. 

h M s he T8s)-d m s 
14 50 0.00 |14 52_ 8.42 |] — 1 4.28 
16 11 0.00 |16 13 8.48 | — I 4.38 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


n_m p p 
a 14 30 (12) + 22.2 — 18.8 — 
a 14 35 (2%) + 20.8— 20.5 — 


Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = 


Stella  Bootis: a=15%33%52%1; d=-40%3'2”.29. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2* posizione. - 


Tempo di BARRAUD q_d—ic0sz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a £. | Passaggio a W. (dedotto) ignara 
Oculare a N. Oculàre a S. ato 
Livello +2153 als +19%9 —223 
h h “u si 
Filo I |15 2 188 15 38° 36.5 523.91 | 523.62 
» Ifis 3 430 |15 45 50 | 52394| 523.87 
Livello 42153 —20,5 +1955 —227 
nm ho am 
Filo Il li5 5 12:3 — e = S = _ 
» Isis 6 14.3 |15 50 51.9 = — 
» IHL3|is 7 20.1 |15 52 413 | 523.80] 523.78 
Livello +a14 — 20.5 +1955 —278 
hm ho m 
Filo II, |15 9 131 |15° 55 188 | 523.66] 523.39 
» II, {15 10 29.6 {15 56 487 | 523.35 | 523.30 
» II [15 11 460 [15 58 ino | 52396| 523.96 
» IL [15.0 13 &7 [15 59 27.2 | 523.22. 523.31 
» IIz|15 14 35.0 |16 o 39.2 | 523-12| 523.39 
Livello 4a —205 +19 —229 
nom hm 
Filo IV, |15° 17 159 |16° 2 355 | 52376] 523.78 
» IVg|15 19 12.30|16 3 42.5 = _ 
» IV3|15 21 16.6 |16 4 46.1 ia _ 
Livello +15 —20.4 +19%4 —2$0 
a h mos h mos 
Filo V, |15 25 50 |16- 6- 14.8| 523.80] ,523:87 
» Valis 32 85 [16 7 38.2 | 523.33 | (523.62 


Livello +a1l6 —205 +1d —230 
Medio g—d — icosz= 0° 8' 43.63 
+d=40 43 2.29 
g—icosz= 40 SI 45 -92 
+icosa= — 0 .95 
p==40 51 44-97 


i—=— 02,580. 


Data 20 Giugno 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRoDsHAM 


BARRAUD 


h h 
17 46° 0.00 |17 48 8.56 


TI 


Ts — BARR. 


m s 
4.52 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord 


Oculare a Sud 


Stella Gr. 2415: 


h m 
217 4l (29) + 2172 — 2055 
a 17 46 (1°) +-22.6— 20.1 


Inclinazione = 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = 


Guanciale A al Nord. — Livello 2* posizione. 


e 


Data 22 Giugno 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BaRRAUD 
h Mm s h m s 
14 49 0.00 (14 SI 9-73 
16 11 0.00 |16 13 9.81 


Ts — BARR. 
m 
7.28 
7.40 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


a= 17"4"11%.4; ÈÎ=+-40°39'46”.10. 


Stella 


Oculare a Sud 


Oculare a Nord 


rh m 
a 14 30 (19) + 18% — 23%4 
a 14 35 (2°) + 19.1 — 22.8 


Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni= 


Bootis: a=15"33%52%.1; d=-+40%43'2".73. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BARRAUD q_-d—icosz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) fs 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello +1977 —22.8 [421.6 —21.0 
è h h “ “ 
Filo Vs |16 297 36.8 17 197 46.1 720.44 | 720.88 
» Vi|i6 30 540 {17 22 35.0 | 720.32 | 720.66 
Livello |+-197 —227 |+216 —2f0 
i: hm LZ m 
FiloIV3|16 32 13,5 17 24 59,5 720.39 | 720.61 
» IVa|16 33 10.8 [17 26 30.5 | 720.43 | 720.62 
» IV,|16 34 1tn2.|17 27 57.3 | 72046| 72052 
Livello 41957 _ 22.7 +2156 cato 
k h m h m 
Filo III; |16 35 53/5 17 30 83 720.90 | 72072 
» IIL|16 36 55.5 [17 31 17.1 | 720.30| 720.59 
» IM3|16 38 20 |17 32 27.4 | 72067 720.67 
» IH,|16 39 10.2 |17 33 334 | 720.88 720.59 
» II, |16 40 24.9 |17 34 387 | 720.53 720.71 
Livello +19%8 — 21.8 +2156 —210 
: h m h m 
Filo 1I3|16 42 3il2 Ig 36 184 720 58 | 720.52 
» Ilg|i16 43 554 |17 37 17.8 | 720.82 720.63 
» I,|16 45 238 [17 38 140 720.84 | 720.62 
Livello +198 —22.7 arl —2153 
È h ms h ms 
Filo Ia {16 47 474 |17 39 342 | 721.00 720.66 
» I|16 50 35.5 [17 4o 514 | 721.32 720.88 
Livello +1958 —228 +ail2 —215 
î=— 02.658. Medio p—d — icosz= 0° 12° 07.66 
+d=40 39 46 .10 
pg_—icos:=40 51 46 .76 
|+icosa= — I 07 
p="40 51 45 .69 


Tempo di BARRAUD g—-d—icos z 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) E) 
Oculàre a S. Oculare a N. sato 
= P v 
Livello {4+-19.5 —23.0 [421.2 —21.5 
È » h mos h ms " “ 
Filo Va |i5 2 17.5 |15 37 46.4 | 523-39| 523.40 
» Vi[:5 3 41.8 |15 44 52.9 | 52361| 523.58 
Livello 41955 —2%0 42153 —215 
n m hm 
FiloIV3 {15 5 9.6 15 48 40.1 523.62 | 523.44 
» IVa {15 6 13.1 [iS 50 45.5 | 523-45| 52341 
» IVi|is 7 21.7 [15 52 39.8 | 523.13] 523.16 
Livello +19%6 — 0 +oils 315 
” hm 7 m 
Filo III; |15 9 16.1 15 j 55 21.6 523.60 | 523.53 
» IIL {15 10 29.0 |15 56 47.9 523.48 | 523.67 
» HII3|i5 rr 45.3 |15 58 9.5 | 52367] 523.67 
» IMs9|i5 13 6.1 |15 59 26.6 | 52380] 523.67 
» II, |19 14 36.7 [16 o 420 | 52346] 523.53 
Livello +19%6 Tao 42155 —21.5 
hm h 
Filo II3 {15 ta, 15,6 16 si 3501 523.19 | 523.16 
Melis. LIST 19. g.1° (10 3 40.3 523.37 | 523.41 
DA |istasizr | 7.:g0|160 4 (43:50| 523-27. | +523:45 
Livello +1957 —23%0 +215 lans 
, h Mms h mos 
Filo I |15 24 524 |16 6 12.6 | 523.54| 523-57 
» Ihjis 31 230 |16 7 36.6 | 52342] 52341 
Livello +19°8 250 +85 —21.5 
i=— 02.865. Medio p—d—icosz= 0° 8' 43"47 
+d=40 43 2.73 
g_—icosz=40 51 46 .20 
+icosz = — 1.4I 


g=40 SL 44.79 


nea 


Data 22 Giugno 1889. Data 24 Giugno 1889. 


Confronto dei pendoli. Confronto dei pendoli. 


FRoDSHAM BARRAUD | Ts — BarR. FRODSHAM BARRAUD Ts — BarR. 
h m s È nl ms hm hm s ms 
17 45 30.00 | 17 47 39-90 | —1. 7.53 14 50 000 | 14 52 11.53 | —1 10.51 

Ra = — 16 9 30.00 | 16 11 41.58 | —1 10.60 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


Oculare a Nord 


h m 
a 14 16 (13) + 2158 — 2052 = 
a 14 23 (2°) + 20.6— 21.5 _ 


h 
_ a 17 Pia (2°) 4200 — 230 
_ a 17 46 (1°) + 19.0 — 24.0 


Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = 


Inclinazione = 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = 


Stella Gr. 2415: 


a= 17" 471154; È =+ 40°39'46”.67. 


Guanciale A al Nord, — Livello 2° posizione. 


Tempo di BARRAUD o—-d— icosz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. Passaggio a W. (dedotto) sig 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
p 
Livello kol So +20%0 —23.0 
h h “ “ 
Filo I 16 29 44,0 17 fori 582 720.17 720.16 
» Isl16 31 10 |17 22 45.8 | 720.30] 720.45 
p 
Livello bails 2156 +20%0 —23.0 
È h ms h ms 
Filo Il, |16 32 21.1 |t7 25 9-8 | 720.27] 720.25 
» IHa|16 33 17.6 [17 26 393 | 72046| 720.52 
» II3|16 34 16.9 |17 28 2.0 | 71973] 71983 
p 
Livello bali —n% +2051 —23.0 
- h ms h ms 
Filo III, |16 35 56.4 |17 30 9-3 | 720.15| 720.36 
» Iil»|16 37 2-0 |17 31 23.-3 | 720.03| 720.11 
» II3|16 38 7.8 [17 32 32.4 | 720.32| 720.32 
» IIL|:6 39 17.0 {17 33 384 | 720.20] 720.12 
» II:;|16 40 28.3 [17 34 42.1 | 720.56| 720.35 
Livello {4-2 a 16 +200 —2300 
ci = h ms h ms 
Filo IV, |16 42 37.9 |17 36 22.8 | 719.93| 719.83 
» IVa|16 44 48 |17 37 246 | 720.58] 720.52 
» IV3|16 45 350 |17 38 208 | 720.24} 720.26 
Livello darà —15 42050 —23% 
> h ms h ms 
Filo Vj |16 48 o1 |17 39 41.4 | 720.60] 72045 
» V2|16 50 48.7 |17 40 574 | 720.15| 720.16 


Livello 14-2 ha —21 5 


i=— 0? 768. 


+20% —235 


Medio g—d —icosz= 0° 12° 0”.25 


Stella ® Bootis: 


a=15"%33752%1; d=+ 40043‘3".16. 


Guanciale A al Nord. — Livello 2* posizione. 


Tempo di BarRAUD ®—-S—icosz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) sang 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
Livello +ailo —218 42050 —229 
e. h m s h mos “ “ 
Filo I, |i5. 2 25.1 |15 38 35.1 | 52340] 523.21 
» Ijis 3 495 |15 45 90 | 52342| 52316 
Livello +arl0 —21°8 42050 —23%0 
: hm x m 
Filo IL 155 17.6 15 48 520 _ _ 
» IL|is 6 21.6 |15 50 56.1 o — 
» H3ji5 7 26.7 |!5 52 459 <= "a 
Livello +arlo —n1Î8 +19%9 —23%0 
- h ms h ms 
Filo III, |t5 9 20.3 |15 55 240 | 52290| 522.97 
» IM2|15 10 35.5 [i5 56 52.6 | 522.65] 523.21 
» I3lis st 51.7 [15 58 159 | 523.65] 52365 
» IIL,|i5 13 13.1 |15 59 33-0 | 523.78] 523.22 
» II {is 14 39.5 [16 o 439] 52303| 522.96 
Livelìo +aro —2158 +20%0 dad 
h m 
Filo IV; _ 16 2 404 _ — 
» IVo - 16 3 47.9 _ —_ 
» IVg _ 16 4 508 - n= 
Livello +ailo —2158 +2050 —23%0 
È h ms h ms 
Filo Vj [15 25 8.5 [16 6 187 | 52290] 52316 
» Va 15:32 5-3 |16 7 430 523.03 | 52322 
p 
Livello +2 —21.8 +2050 —235 
i=— 0P.948. Medio g—g—icosz= 0° 8' 43%.20 


+d=40 39 46 .67 
g_—icosz=40 st 46 .92 
+ icosz= — 1 .25 
g="40 51 45 .67 


+d=40 43 3.16 
g_icosz=40 51 46 .36 
+icosz= — 1 .55 


P=40 51 44.81 


sei, — 


Data 24 Giugno 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BaARRAUD Ts — BaRR. 


h m s h m s mos 
17 45 0.00 | 17 47 11.66 | —1 1071 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 
h 
_ a 17 4° (2) +12 221 
— - a 17 46 (13) +-22.7 — 20.7 


Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = 


Stella Gr. 2415: a= 17° 41154; T=+ 40°39/47”.21. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2* posizione. 


Tempo di BARRAUD Q_ d— icosz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) (2) 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello +19°8 —235 +2 ilo — 2253 
h ms u “ 


h ms 
iva can Qqgio |> — | — = a 


» Vi|i6 31 0.4 [17 22 41.4 | 720.27 | 720.38 
Livello +199 —235 +: ilo —225 
h h 
Filo IV3 |16 32° 20.1 17 s&P 6.6 720.46 | 720.67 
» IVa |16 33 16.8 |17 26 36.4 | 72047| 720.72 
» IV, |16 34 17:9 |17 28 49 | 720.72] 720.50 
Livello -+107 34 + 23% 
A h ms h mos 
Filo III: 16° 35 (59.1 |17 30° 13.3 | 720.70] 720.53 
membre 037 24 (17, 31 236 | 720.17 | 720.33 
» IHl3|16 38 79 |17 32 33.8 | 720.89] 720.89 
» HI, |16 39 16.8 |17 33 393 | 72056] 720.34 
» IMI,|16 40 319 |17 34 45-2 | 720.35| 720.52 


Livello 4197 235 4ail2 —222 


È h n e h ms 
Filo Il3 |16 42 38.5 |17 36 248 


» Il3|16 44 1.2 |17 37 24.0 | 720.96 

» II, |16 45 30.0 |17 38 203 | 720.89| 720.68 
Livello +19 da barl2 —22/2 

. h ms h ms 
Filo I,|16 47 55-0 |17 39 40.2 | 720.50| 720.39 

» IL|i6 50 43.0 17 40 573 _ _ 
Livello +197 —235 tal 221 


iî=— 12.178. Medio g —gd—icoss—= 0° 12° 0”.48 
i +d=40 39 47.21 
g—tcosz=40 51 47 .69 
+icosz= — 1 .92 
g="40 51 45 .77 
ATTI — Vol. V.— Serie 29 -N07. 


Data 25 Giugno 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BaRRAUD Ts — BaRR. 

h m s h m s = Mr x 
16 16 0.00 | 16 18 12.30 | —1 11.97 
17 46 0.00 | 17 48 12.39 | —1 12.10 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Syd 


h m h 
21435 (19)+-218— 19/5 | a 17 41° (2°) +195— 250 
a14 53 (2°) +21.2— 20.5 | a 1746 (1°) +18.3—241 


Inclinazione = — 0”.788. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni =-j- o?.769. 


Stella Gr. 2415: a=17%4"11°.4; d=+ 40°39/477.48. 
Guanciale A al Nord. — Livello 2° posizione. 


Tempo di BARRAUD ©—-d—icosz 


Oggetto _—F x 

osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) | (e) 
Oculare a N. Oculare a S. | sato 

Livello |4-20.5 —21.8 |[+195 —23.0 | 

i h s h m "a “ 
Filo I, |16 29 49.3 |17 20 45 720.17 | 720.14 

Darko DIO ®:31, | 64 (17 22 (5Is1 720.05 | 720.23 
Livello +20%5 —21.8 41955 —23%0 | 

h h m h m 
Filo II, |16 32 26.1 17% 25 148 720.19 | 720.29 


DI |16:% 33 22.8 |17 20 442 


» II3|16 34 21.4 |17 28 7.2 | 720.00) 720.17 
Livello 42055 — 2158 +1955 —23% 
hm rn m 
Filo III, |16 36 0.8 17 30 14.1 720.31 | 720.20 
» IHs|i6 37 7.1 |17 31 28.8 | 720.20) 720.30 
» II3l:16 38 130 |17 32 37.8 720.41 | 72041 
» IIL,|i6 39 22.1 |17 33 439 | 720.39 72029 
» IMI;|16 4o 33.6 |17 34 46.3 | 72009 720.20 


Livello +205 —2157 +19 —23%0 


Ù h m h m 

Filo IV, |16 42 4223 17? ‘30 281 720.35 
DRIM, (10 “44 (10.4 |17 37 1292 
» IV3 [16 45 39.8 |17 38 25.8 


Livello +-205%6 — 216 +1955 —2350 
a È h m h m 
Filo Vj |16 48 60 17° 309 iula 720.40 | 72022 
» Va|16 50 543 |17 41 24 | 720.12] 720.15 
Livello +20.6 —2156 +1955 —235 
i=— 12.172. Medio g—_d—icosz= 0° 12" 07.24 


+d=40 39 47 .48 
g_—icosz=40 51 47 .72 
+icosz= — 1.91 
Q= 40 SI 45.81 

8 


= $ 


Data 26 Giugno 1889. 


Confronto dei pendoli. 


e 


| Data 29 Giugno 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
h_m s hs Ta s 
16 16 0.00 |16 18 12.84 | —t 1319 
17 45 0.00 |17 47 12.90 | —t 13:28 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud 


h 
al5 s5° (13) + 180 — 238 
a16 o (2°) + 19.0— 22.9 


, Oculare a Nord 


(2°) + 20.3 — 21.6 
a 17 46 (1°)---22.0—20.0 


h_ m 
a 17 4I 


Inclinazione = — 12.125. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni =-|- o?.650. 


Stella Gr. 2415: 


a=17" 4"11%4; d=+-40°39/47".75- 


Guanciale A al Nord. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BARRAUD 


Q- d—-ic0sz 
compen- 
(dedotto) ( A ) 
719.64 719.63 
71978 | 71978 
720.20 | 719.97 
719.94 | 719.79 
719.67 | 719.79 
719.88 | 719.73 
719.95 | 719.72 
719.71 | 719.71 
719.49 | 719.72 
719.58 | 71973 
719.92 719.80 
71963 | 719.78 
719.74 | 719.97 
71978 | 719:78 
719.63 | 719.64 


Oggetto 
osservato Passaggio a E. Passaggio a W. 
Oculare a _S. Oculare a_N. 
È Pp p 
Livello |t+-19.5 —22.5 |4-20.3 —21.:6 
7 = h m s h mos 
Filo Va |16 29 46.0 |17 19 52.5 
». Va 16 31 f2.60]177 2200415 
Livello +1955 —2255 42053 ano 
h h 
Filo IV3 |16 32° 220 17 25° 72 
» IVs |i6 33 (19:20/17, 201137:3 
»: IV, |iT6: 2934 6204170082804; 
Livello 4105 Lada 203 —216 
h h 
Filo III: | 16 36” 2.0 17 30° 14.2 
» IIL|16 37. 46 |17 31 254 
DI [16 38 Wra3gl17 832/0345 
» II,|16 39 20.1 |17 33 40.2 
» II, |16 4o 34.3 |17 34 46.0 
Livello +15 —22.5 42053 —anib 
I 7 
Filo II3 16° 42 40.0 17° 367 25%9 
» Ip |16 44 4.5 |17 37 245 
» I,|16 45 33.5 |17 38 21.3 
Livello +1955 —225 42013 —2156 
n» h ms h ms 
Filo I3|16 47 57.0 {17 39 41.2 
» I|16 50 444 |17 40 58.2 
Livello +dîi 2257 +-20/3 —21.6 
i=— 12.080. 


Medio p—d—icoss= 0° 11° 59.77 


+d=40 39 47 .75 
g—icosz=40 51 470.52 
ticosz= 

p=40 SI 


— 1 .79 
45 -73 


FRODSHAM BARBAUD Ts — BaRR. 
h _m s h mos s 
16 16 30.00 |16 18 45.38 | —1 17.54 
17 45. 0.00 |17 47 15.43 | —1 17.63 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord 


h m v v 
a16 o (1°) + 21.7 — 20.5 
a16 5 (2°) 4 204— 22.0 


Stella Gr. 2415: 


Oculare a Sud 


h m 
217 4I 


Inclinazione = — 12.400, 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 02.650. 


a=17" 471154; 


d=+40° 


v v 
(2%) {- 19.4 — 23.5 
a17 46 (1°) +-18.1 — 24.8 


39'48".54. 


Guanciale A al Nord. — Livello 2* posizione. 


Oggetto 
osservato 


Livello 


Filo I, 
DI gallo 


Livello 


Filo II, 
» Ila 
» II 


Livello 


Filo III, 
» III 
» III 
» IL 
» IIz 


Livello 


Filo IVj 
» IVo 
» IV3 


Livello 


Filo Vi; 
» Vo 


Livello 


i=— 12.322. 


Tempo di BARRAUD (o) 


Passaggio a E. 


Oculare a N. 


Passaggio a W. 
Oculare a S. 


+2055 —22%0 +19%5 — 233 


h mos 
16 29 55.2 
LO 31 #13: 
42085 —22%0 

h 
16 32° 32,6 
I6 33 29.1 
16 34 27.6 


4206 box 


h ms 
LA 3008 
16,37 13:3:| 
16 38 19.7 
16. 39 28.8 
16 40 39.6 
+2057 dado 
10” 42 4900 
16 44 16.1 
16 45 484 


P 
-+20.8 —220 


h ms 
16 48 12.9 
16 SI 34 
tarlo —2158 


da 
i 


| 


| 
| 
| 


h m s “ 
17 20,0 .60 719.04 
17 22° 550 | 71949 

P p 
+19.5 —234 

h m 8 
17 25 18.4 | 7Ig.10 
17 26 484 | 71943 
È 28 12.7 | 719.69 
+04 

Sai 189 719.85 

31 33.1 719.41 

32 42.3 719.49 

33 48.8 719 66 

n 34 51.2 719.64 
+194 —235 

17 36 335 | 71990 

17 37 338 | 71973 

17 38 31.3 | 71945 
+19%4 —23%5 

17 39° 50:3 719.20 

17 41 7:3| 718.95 
+19%4 —2355 

Medio pe —d_—_icosz= 0° 11° 

+d=40 39 

g—icoss=40 SI 

+icosz= 


p=40 5I 


— gd — icosz 


(dedotto) pron) 


59" .47 
48 .54 
48 .01 
—2 .16 
45 -85 


== 


Data 1° Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BaARRAUD Ts — BaRR. 
e °_MT I m s 
16 15 0.00 |16 17 17.11 | —1 20.49 
17 46 0.00 [17 48 17.24 | —1 20.65 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


e _ hm 
215 55° (2) + 2183 — 2156 |a 1741 (1) + 192 _ 24 
216 o (1%) + 22.2— 20.7] a17 46 (2%) + 20.0— 23.5 


Inclinazione = — 02.900. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = +- 0”.600. 


Stella Gr. 2415: a= 1741154; È =+ 40°39/49”.04. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD Q_d—;cosz 
Oggetto = 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) compen- 
Oculare a N. Oculare a S. ( sato 
Livello 22/3 — 208 +19î —240 
L h ms h ms “ 7] 
Filo I, [16 29 50.6 [17 20 83 | 71974| 719.02 
» Igji6 31 138 {17 22 55.2 | 719.42 | 719.04 
Livello +-2253 —20 8 +igli —24.0 
h m h m 
Filo II, |16 32 340 Î7. 25 20.1 719.48 | 719.22 
» Ila|16 33 30.8 [17 26 48.2 | 718.94| 718.88 
» 3/16 34 29.5 [17 28 13.5 | 71939] 71901 
Livello 224 — 20.8 +1 Lg Sue 
9 
a h mos h ms 
Filo III, |16 36 9.3 |17 30 20.0! 719.27] 71907 
» II |16 37 15.2 |17 31 346 | 719.23 | 71902 
» II3|16 38 21.1 |17 32 43.0 | 71913 | 719.13 
» II,|16 39 30.5 |17 33 489 | 718.82) 719.03 
» III:|16 4o 41.1 {17 34 514 | 718.87 | 719.07 
Livello +225 — 20.5 +19" —2£1 
; hi, Me hi mole 
Filo IV, |16 42 sti [17 36 334 | 71863| 71901 
» IVg|16 44 18.8 |17 37 349 | 718.81| 718.87 
» IV3|16 45 489 [17 38 32.0 | 718.96| 719.22 
Livello +-22/6 — 205 + 1952 —ag1 
ù h ms h ms 
Filo V, {16 48 15.3 |17 39 52.1 | 718.67| 719.05 
» Va|i6 51 4.9 |17 41 86| 718.30 719.02 


Livello 42257 — 205 +92 —agli 


i=— 0”.775. 


Medio g—-d—icosz= 0° 11° 59.04 


+d=40 39 49 .04 
g—icosz=40 51 48 .08 


+icosz= 


— 1 .26 


p=40 51 46 .82 


Data 3 Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts— BARR. 

RX a h ms mos = 
14 47 30.00 |14 49 43.04 | —1 17.48 
16 8 0.00 [16 10 12.90 | —I 17.37 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


rh m 
a 1450 (23) + 19%0 — 2355 = 
a 14 55 (12) + 18.0 — 24.8 — 


Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni= 


Stella g Bootis: a= 15%33"525.0; 
Guanciale A al Sud. — Livello 1* posizione. 


d =+ 40°%43'4".90 


q_d—îcosz 


Tempo di BARRAUD 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. Passaggio a W (dedotto) (ion) 
Oculare a _S. Oculare a N. sato 
Livello +185 —248 +2158 arl 
h m h m “ “ 
fever co | n, = & 
» Vi|i5 3 50.8 |15 45 20 | 52403) 523.63 
Livello +185 —24,8 +2158 = ri 
N h m° 2 h Ms 
Filo IV3 |15 5 18.4 [15 48 49.1 524.04 | 523.99 
» IVo fis 6 21.6 [15 50 547 | 52401] 523.79 
» IV, |15. 7 29.5 |15 52 49.2 | 524-00| 523.89 
Livello +18%0 —249 +2158 ali 
hm ho m 
Filo II; |15 9 250 |15 55 30.9 | 523.88 | 523.86 
» IL |is 10 37.2 [15 56 569 | 52387] 523.81 
» II3|15 11 53.2 [15 58 18.1 | 523960] 52396 
DET 513! b 153 lr 59 3555 523.74 | 523.80 
» II |is 14 446 {16 o 512 | 523-85| 523.87 
Livello +18%0 ida +219 Ss 
È h mos h ms 
Filo II3 [15 17 22.1 {16 2 44.1 | 523:78| 523.89 
» IIsfi5 19 114 {16 3 49.3 | 52356] 523.78 
DIILI|15®%21 1353 |r6 4 5217 523.95 | 524.00 
Livello +1759 Ida +2 18 —201 
Ò h m s h mos 
Filo (I,.|15. (24 581 |i6 6 20.5 523.23 | 523.63 
Livello +1759 —250 +2158 al 


i=— 12.558. 


Medio p—_d—icosa= 0° 8' 43”.84 


+d=40 43 4.90 
g—icosz= 40 SI 48.74 


Licosa = 
p=40 SI 
*t 


—_ 2.54 
46 .20 


= Al 


Data 3 Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 


h mM, s Rig Mg 8, ms 
17 46 0.00 |17 48 12.71 | —1 1721 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


h 
Ss 217 Pe (13) + 1854 — 249 
= a 17 47 (2°) 4-19.8— 23.5 


Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni= 


Stella Gr.2415: a=17° 41154; d=+-40°39/497.54.- 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD 


Data 4 Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BaRR. 
h m s h m. e m s 
16 15 000 |16 17 9.26 | —1 14.24 
17 46 0.00 |17 48 8.93 | —1 13.94 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud Oculare a Nord 


hr rh m 
a 16 17° (25) + 197 — 234 217 4I (19) +22 ati 
216 22 (1°) +17,9— 25.2 | 217 46 (2°) + 20.2 — 23.0 


Inclinazione = — 1”.600. 


Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 02.575. 


Stella Gr. 2415: a=17% 4"115.3; 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


d=+-40°39'49".79. 


Q_-d— icosz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. Passaggio a W. (dedotto) pera) 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
D p 
Livello pailz la le — 24.9 
} h ms h ms “ “ 
Filo I,|16. 29 543 (17 20 5-9 | 719.43| 719.36 
» I3|16 31 10.9 !17 22 50.9 | 718.96 | 718.46 
Livello +2iî8 Lil 4185 L48 
È h uri | h mos 
Filo II, |16 32 30.5 (17 25 179 | 720.02| 719.78 
» II3|16 33 27.5 117 26 45.5 | 71923| 719.36 
» II3|16 34 26.2 si 28 10.1 71944 | 719.31 
Livello |\4+-2 So presa agg 
= h h 
Filo III, |16 36° 5a IIa 30” 17.5 720.04 | 719.14 
» II3|16 37 11.9 |17 31 31.3 | 719.30|. 719.13 
» II3|16 38 18.1 |17 32 38.9 718.72 | 718.72 
» 1IL|16 39 26.7 (17 33 453 | 71897| 71914 
» It, [16 40 38.3 |I17 34 470 718.23 | 719.13 
Livello +2158 Tara +18 Lai 
5 h h 
Filo IV, |16 42° 480 17 36” 3162 719.19 | 719.32 
» IVs |16 44 15.3 [17 37 32.6 71948 | 719.35 
» IV3|16 45 45.5 |17 38 29.6 | 71955] 719.79 
Livello tao nh 41855 — 248 
= = h ms h ms 
Filo V, |16 48 10.7 |17 39 46.7 | 717.95] 71945 
». Va|i6 51 0.3 |17 41 64 | 71930] 719.37 
Livello 42253 —207 Jah 29 


i=-1 


P_408. 


+d=40 39 49. 
g—icosz=40 st 48. 
+icosz= 2. 
p="40 51 46. 


Medio g—d—icoss= 0° 11° 59 


Tempo di BARRAUD d- d—ic0sz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. Passaggio a W. (dedotto) (ona 
Oculare a S. Oculare a_N. sato 
Livello +179 —252 22/0 —n5 
î h m s h m s “” “” 
Filo Va|16 29 46.7 |17 19 545 | 720.07| 719.64 
» Vi|16 31, .3.4 |17 22 42.6 | 719097 | 71961 
Livello +1719 —252 2250 —215 
h h 
Filo IV3 |16 32° 23.1 17 250 78 720.08 | 719.82 
» IVg |16 33 20.3 [17 26 37.2 | 719.58| 719.60 
» IV, |16 34 20.8 |17 28 5.0 | 719.88| 719.76 
p p 
Livello -+179 —2552 +22.0 —21.2 
h h ms 
Filo III; |16 367 2.6 17 30° 14.6 71992 | 719.92 
» II, |16 37 5-4 [17 31 245 71935 | 719.51 
» 1I3|16 38 117 |17 32 346 | 71970] 719.70 
» III, |16 39 20.1 |17 33 40.4 | 719.67] 719.51 
» IMI, |16 40 343 |17 34 466 | 719.93| 71993 
P 
Livello +18%0 Lat bazo —21.2 
h ms h ms 
Filo II3 [16 42 41.0 |17 36 26.0 | 719.63| 719.75 
» Il|16 44 4.6 |17 37 246 | 71963] 719.61 
» II, |16 45 344 [17 38 21.6) 719.55| 719.81 
p 
Livello +18%0 255 +22.1 ni 
h m es h ms 
Filo I, |16 47 58.6 |17 39 41.3 | 71926| 719.62 
» I,|16 50 46.0 |17 40 584 | 719.21| 719.64 
E) p 
Livello 418% Lgs +22.1 —21.1 
i=— 12.598. Medio g—d—icoss= 0° 11° 59".70 


+d=40 39 49 .79 
g_—icos:s=40 51 49 .49 
+icosa= — 2 .61 

g==40 51 46 .88 


Data 5 Luglio 1889. 


SS 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
bh. m' e i ce m s 
16 17 0.00 | 16 19 5.92 | —1 11.21 
17 47 0.90 17 49 5.61 | —1 11.02 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord 


h m 
a16 20 (2°) + 1959 —_ 23/0 
a16 27 (19) +-21.7—21.2 


Inclinazione = — 12.600. 


Oculare a Sud 


n m 
21741 (19)+ 18%5 — 26.0 
a 17 46 (2°) +-19.8— 23.5 


Correzione per l’ineguaglianza dei perni = +- 02.475. 


Stella Gr. 2415: @ = 17%4115.3; d = + 40°39' 50”.03. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD q_-d—icosz 
Oggetto 
osservato Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) | Co 
Oculare a N. Oculare a S. sato 

Livello +2157 tela +1850 Lat 
E, i h ms h mos “" ” 

Filo I, |16 29 47.4 |!7 19 59.0 | 719.68 | 719.29 
» la|ji6 31 5.2 |I7 22 46.0 | 71908 | 718.77 

Livello +18 Pa 418% —sta 

h h 

Filo II, {16 320 252 17 25° 10.2 719.05 | 718.90 
» Il3|16 33 22.0 |17 26 40.0 | 719.08 | 718.91 
» I3|16 34 20.7 |17 28 3.6 | 718.96 | 718.94 

Livello Eigalo —210 +180 Lai 

h h 

Filo III, |16 360° 0.0 17 30° 10.1 719.96 | 719.02 
» IMI |16 37 6.1 |17 31 25.1) 7igz:ti | 719.10 
» IHI3|16 38 11.9 |17 32 340! 71929 | 719.29 
» IIIL,|16 39 21.2 |17 33 40.0 | 719.09 | 719.10 
» IlI;|16 4o 32.9 |17 34 430 | 718.94 | 719.01 

Livello 42253 — 207 4185 —245 

1 ’ 

Filo IV, 16° al dra 17 36” 24.8 718.92 | 718.94 
» IVa|16 44 10.6 |17 37 25.9 | 718.75 | 718.92 
» IVa {16 45 410 [17 38 22.8 | 718.75 | 718.90 

Livello ba2/4 —2055 41855 —2459 
y LI nm h m 

Filo Vj |16 48 63 17 39 42.3 718.46 | 718.77 
» Va|i6 50 54.5 |17 40 59.6 | 718.91 | 719.30 


Livello |4-26 —204 


+18 —355 


Data 9 Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BaRR. 
h m s h_ Mm -s m s 
14 47 0.00 | 14 49 7.81 |—1 1482 
16 7 30.00 | 16 9 37.89 | —1 14-93 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud 


Oculare a Nord 


h_m p p 
a 14 54 (2°) + 19.2 — 23.2 
a 15 0 (1°) 417.5 — 24.9 


Inclinazione = 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni= 


Stella 9 Bootis: «= 15"33”51%.9: d =-+ 40%435”.90. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1* posizione. 


Tempo di BARRAUD g_-®—?cosz 

Oggetto 
osservato Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) (ee 

Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello +1755 —240 tarli Ign 

h h “ “” 
de aL — 
» Vijis 3 48.3 |15 44 548 | 523.14 | 522.75 
Livello 41756 Tags ta 25 
i h Ù h 
FiloIV3 [15.5 i 16.6 15 48° 444 523.10 | 522.85 
» IVa|i5 6 19.5 [15 50 494 | 523.00 | 522.90 
» IV, |15. 7 27.5 |15 52 443 | 522.98 | 523.01 
Livello +177 —248 Las ani 
b h h 
Filo III; |is" 9226 {15 55° 2618 | 523.23 | 52317 
» IIL,|15 10 354 |15 56 52.1 | 522.69 | 522.80 
» II3|15 it 52.4 |15 58 144 | 522.83 | 522.83 
» Ils |15 13 33.1 [15 59 31.2 | 522.92 | 522.81 
» IM |is 14 42.6 [16 0 47.3 | 523.11 | 523.17 
Livello 41758 — 2457 +2 6 ni 
3 h h 
Filo II3 |15 17° 20.6 [106 2 39,3 523.04 | 523.01 
» Iji5 19 96 |16 3 45.5 | 522.79 | 522.89 
» II |i5 21 13.3 |16 4 48.5 | 522.60 | 522.85 
Livello +178 gala +ail6 2150 
È h mos h ms 
Filo I,|t5 24 59.8 |16 6 17.6 | 522.37 | 522.76 
bebhloa = = | si = —_ —_ 
Livello 4179 2488 +2156 —210 


i=— 12.882. Medio g—_d — icos = 0° 11' sg".01 
+d=40 39 50 .03 

g—icosz==40 5I 49 .04 

+icosz= — 3 .07 

g="40 51 45 .97 


i=— 12.715. Medio g—d—icosz= 0° 8° 42”.91 
+d=40 43 5 .9g0 

o —1c08z=40 SI 48 .81 

+ icosz= — 2 .80 

g="40 51 46 .01 


Data 9 Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM 


BARRAUD 


h m s h ms 
17 46 0.00 | 17 48 8.00 


soi 


Ts — BARR. 


m 


s 
15.05 


— 6 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord 


Stella Gr. 2415: a= 17% 47115.3; d =+ 40°39'50”.98. 


Oculare a Sud 


217 42° (1°) 41719 — 250 
a 1747 (2°) +195—23.5 


Inclinazione = 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = 


Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD g—-È—ticosz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. Passaggio a W. (dedotto) (2) 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
Livello 42155 iau +178 —255 
3 h ms h dr E “ 7 
Filo IL, [16 29 530 [17 20° 1.2 | 718.25| 718.14 
» Is|16 31 9.5 |17 22 49.9 | 718.75 | 718.49 
Livello La155 a +1778 —255% 
h ms h mos 
Filo II, |16 32 29.6 |17 25 13.9 | 718.66] 718.37 
» II|16 33 26.1 |17 26 43.2 | 718.71| 718.46 
» II3|16 34 24.8 [17 28 6.6 | 718.49] 71836 
Livello |4-2 dh +1759 —255 
4 h ms h nos 
Filo III, |16 36 4.3 [17 30 13.9 | 718.81] 71847 
» III, {16 37 11.8 |17 31 28.3 | 71796| 718.27 
» 1II3|16 38 17.4 |t7 32 37.0 | 718.59| 718.59 
» IL|:6 39 26.1 |17 33 438 | 71858| 718.27 
» II:{16 40 37.5 |17 34 459 | 718.14 | 718.48 
Livello |4-2 6 —215 +179 —25%0 
L h ms h ms 
Filo IV, [16 42 474 |17 36 28.3 | 718.23| 718.36 
» IVg|16 44 15.1 [17 37 29.3 | 718.20] 718.45 
» IV3|16 45 45.5 |17 38 260 | 718.08| 718.37 
Livello +2158 316 +18%0 —25% 
x h ms h ms 
Filo V, |16 48 10.4 {17 39 46.0 | 718.24 |" 718.50 
» Vg|16 St 0.4 |17 41 29 | 718.03| 718.14 
Livello +18 26 +17°9 Left 
i=— 12.635. Medio —g—icosz= 0° 11° 58”.38 


+d=40 39 50 .98 
g—icosz=40 SI 49 .36 
+icosz= 

g="40 51 46 .69 


— 2 _.67 


pre. 


- 


Data 10 Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM 


BARRAUD 


Ts — BaRR. 


h mes h mes ms 
16 15 30.00 | 16 17 39.56 | —1 16.87 
17 46 30.00 


17 48 39.66 


16.98 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud 


Oculare a Nord 


hm h 
216 20 (23) + 18Î6 — 2355 a 17 41° (13) + 2156 — 208 
a16 25 (1°) +17.4— 24.8 | a 17 46 (2°) + 20.0 — 22.6 


Stella Gr. 2415: 


Inclinazione = — 12.763. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 02.656. 


a=17°%4"118.3; d=+ 40939%51".21. 


Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Oggetto 
osservato 


Tempo di BARRAUD 


Passaggio a E. 


Oculare a S. 


Passaggio a W. 
Oculare a_N. 


odi cosz 


(dedotto) = 5) 


Livello 


Filo V, 
» Vi 


Livello 


Filo IV, 
» IVo 
» IV} 


Livello 


Filo III: 
» IIL 
» III 
» IIIa 


» III, 
Livello 


Filo Il 
» IL 
» II, 


Livello 


Filo Io 
» I, 


Livello 


i=— 12.455. 


p p 
+17.4 —24.8 
h ms 
16 29 50.0 
Toe 351 Core 

V v 
+17:5 —-24.7 
fai La de 
10032) 2055 
16 33 23.6 
16 34 24.8 
+18%0 248 

Ri gum 
1636. ‘Gi 
16 37 95 
16 38 16.1 
16 39 244 
16 40 39.0 
+18%0 —2450 

’ m 
16° 42 4558 
16 44 10.0 
16 45 38.5 
+18 241 

h ms 
160°" 48 ® 306 
16 50 51.3 
+85 230 


v 
+21.4 —21%0 
h ms 
17 19 524 
17 22 40 


+uî sad 


h ms 
17 25 7:7 
17 26 379 
17 28. 047 
+a156 — 208 

h n ce 
#7 30) Ans 
17 31 25.0 
17 32 35.2 
17 53% ay 
17 34 475 


+2 156 —2059 


h m 
17 36 27.1 
7 37. es6 
17 38 22.0 


+2156 —20%9 


h m s 
#7 99 6i4:9 
17 40 596 


P 
42156 —20.8 


71849 71803 
717.98 | 718.09 
718.42 | 71808 
71848 | 718.08 
718.01 | 717.95 
718.54 | 718.34 
717.66 | 717.94 
717.88 | 71788 
718.22 | 717.94 
718.13 | 718.33 
717.90 | 717.96 
717.69 | 718.09 
717:74 | 718.08 
718.20 | 71809 
71757 | 71803 


Medio g—d—icosz = 0°1 1°.58”.06 


+d=40 39 


SI 21 


g_—icosz=40 SI 49 .27 


+icosz= 


p=40 


137 
51 46 .90 


DEA 3) 


Data 11 Luglio 1889. Data 12 Luglio 1889. 
Confronto dei pendoli. Confronto dei pendoli. 

FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 

h m s b_ d » Mib.s h m s ho _ _m s ms 
16 15 30.00 | 16 17 40.48 | —1 18.06 20 9 30.00 | 20 Il 42.02 | —1 19.90 
17 46 0.00 | 17 48 10.58 | —1 18.17: 21 29 0.00 | 21 31 12.10 | —1 19.99 
Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 

Oculare a Nord Oculare a Sud Oculare a Sud Oculare a Nord 


h m Vo) to) 
azi 23 (1°) +21.0—21.1 
azi 28 (2%) + 20.0 — 22.3 


hm h m h m 
a 1620 (2%) +1955— 22/3 | 217 42 (19)+17°9— 24/0 || a 2013 (29) +18 — 2355 
a16 25 (1°) 421.4 — 20.4 | 217 47 (2°) + 18.4 — 23.3 a 20 23 (1°) + 18.0 — 24.1 


Inclinazione = — 1600. ” Inclinazione = — 12.675. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 0.575. Correzione per l’ineguaglianza dei perni=+- 0?.538. 
Stella Grx2415: a=17" 4”"11°.3; d= + 40°39'51”.43. Stella y Cygni: a=20"53% 4°.3; d=-+40°44'257.56. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione, Guanciale A al Sud. — Livello 12 posizione. 
Tempo di BARRAUD g—-d—_ic0sz Tempo di BARRAUD g—-d— i cos z 
Oggetto | ———______——_——_—__—@|—T___ Oggetto | ——_____ 
osservato| Passaggio a E. |Passaggio a W. (dedotto) fg) osservato| Passaggio a E.| Passaggio a W. Gasaotto) (e) 
Oculare a N. Oculare a S. i sato Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello |4-2 nr —204 +177 alp Livello | — _ —_ _ 
2 h h m “ “ t 
Filo I, |16 29” 55/8 17 20 2.5 717.99 | 717.60 Filo Vef—- — — |- — l— n ii 
» Iji6 31 13.6 |17 22 S1.0 | 717-67 | 717.31 » Vil—_- _ = [-- =. — ai SE 
Livello tali —204 41758 —24°0 Livello +18%0 Lafa +21%0 ali 
i h m h m A h h m “ “ 
Filo Il |16 32 341 |17° 25 154 | 717.41 | 717.31 Filo IV3 [20° 25 57.7 [21° 4 399 | 44438 | 444004 
» Ha|16 33 30.8 l17 26 45.0 | 717:43 | 717.36 » IVa[20 27 3.9 |21 7 18.0 | 444.18 | 443.99 
» IL [16 34 29.1 |17 28 9.1 717.67 | 717.63 » IV; |20 28 16,2 [21 9 35.0 | 444.08 | 443.81 
Livello +2156 201 4178 IT Livello +18%0 Callio +a1°0 ahi 
: hm hh m 9 - hm hm 
Filo III, |16 36 Î4 |17 30 16.7 718.21 | 717.63 Filo III; |20 30 18.7 25) 12 40.0 444.40 | 444.07 
» IH2|16 37 14.6 |17 31 314 | 718.10. | 717.75 » IIj|2z0 31 36.1 |21 14 13.6 | 443.91 | 443.92 
» IM3|16 38 216/17 32 394 | 717.31 | 717.31 » Ill3|20 32 59.2 [21 15 43.1 | 443.96 | 443.96 
» IL|i6 39 309 (17 33 460 | 717.40 | 717.75 » II° {20 34 27.5 |21 17 6.0 | 443.93 | 443.92 
» II |16 40 42.4 |17 34 48.3 | 717.04 | 717.62 » Il, [20 36 7.9 [21 18 27.6 | 443.73 | 444.06 
Livello +-2156 dali +17)8 aa Livello +18%0 241 barili late 
" h m h m x h m h m 
FiloIV, |16 42 510 17 36 30.6 | 717.59 717.63 Filo Il|zo 39 6.6 [21° 20 27,0 443.54 | 443.81 
» IVa|]16 44 195 |17 37 31.6 | 717.29 | 717.36 » Il|20 41 15.2 |21 21 36.4 | 443.80 | 443.99 
» IV3 [16 45 50.0 [17 38 284 | 717.21 | 717.31 » Il, |20 43 51.4 |21 22 43.0 | 443.71 | 444.05 
Ò V 
Livello |4-21.6 —2041 4178 —24.0 Livello +18%0 Lalla aio 2h 
a h ms h m 
Filo Vi |16 48 15.9 |17 39 48 716.96 | 717.32 Filo h|—-_ — — [—- — -— = —_ 
» Va|i6 51 57 |17 41 56 717.22 | 717.61 Did Ii 4 ni = = Di 
Livello +2156 tab +1759 215 Livello —_ a = = 
î=— 12.212. Medion —d —icosz= 0° 11’ 57”.50 i=— 1.542. Medio p—d—icosa= 0° 7' 23".97 
+d=40 39 51 .43 +d=40 44 25 .56 
g—icosz=40 51 48 .93 g_—îcosz=40 51 49 .53 
-+icosz= — 1 .98 +icosa= — 2.52 


g=="40 SI 46 .95 g==40 5! 47.01 


Data 13 Luglio 1889. 


Confronto deì pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
h m s È. e ce m s 
20 13 0.00 | 20 15 13.45 | —1 21.66 
21 30 0.00 | 21 32 13.52 | —1 21.75 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord Oculare a Sud 


h m h m p 
a20 17 (2°) + 1909 — 224 ll azi 23 (1°) + 17;8— 24.8 
a 20 22 (12) + 20.5 —21.9|a21 28 (2%) + 19.2 — 23.4 


a ! ni 
I 
Inclinazione — — 17.888. 


6 = 


Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 02.456. 


Stella 4 Cygni: g= 2053" 45.3; d =- 40%44' 257.88. 


Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BaRRAUD o—- d—ic0s7 


Oggetto 


osservato gi E. | Passaggio a - 
Passaggio a ggio a W. (dedotto) e 
sa 


Oculare a N. Oculare a S, 


Livello _ —_ _ _ 
Filo L|- — — | — t— ni 
» l|l- — — | —_ — _ 


Livello +-2055 —210 41758 —248 


s h ms 


Filo II, {20 260 4-9 |21 4 547 444.28 443.80 
» Ho |20 ‘27 11.6 |2i 7 3I.I | 443.99 | 443.67 
» Il3j20 28 20.3 |21 9 41.1 | 444.19 | 443.89 


Livello 2055 —219 4179 — 248 


h mos h m 


Filo II, |20 30 20.0 {21 12 39.3 443.97 | 443.78 
» II2|20 31 41.8 [21 14 19.8 | 443.91 | 443.78 


» IHI3|/20 33 4.6 |21 15 47.6 | 443.68 | 443.68. 


» IIjj20 34 35.2 [21 17 12.1 | 443.65 | 443.78 
» III; |20 36 8.4 |21 18 28.0 | 443.60 | 443.79 


Livello bali e 41719 — 248 
h 


h 

Filo IV, |20 39” 139 21 20 32,0 443.58 | 443.88 
» IVa|20 41 30.6 |21 21 43.6 | 443.36 | 443.68 
» IVa|20 44 9.9 |21 22 50.0 | 443.32 | 443.80 


Livello parli lan +178 — 248 


Filo V\|— — — |- — +— ale 
» Vel — — |- — — n 
Livello _ _ _ 
i=— 1”.942. Medion -$—icosz= 0° 7 23% 


+d=40 44 25 - 


g—icosa=40 SI 49. 
ticosz= —3. 
g=40 51 46 . 


Data 14 Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BaRR. 
h m s le Ia m Pe 
16 15 0.00 { 16 17 14.60 |—1 2332 
17 45 0.00 | 17 47 14-69 | 1 23-42 


_ — 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud Oculare a Nord 


h_ m h 
216 20 (2°) + 184 — 2353 a 17 427° (13) +arlo — ao 
216 25 (1°) +17.6— 24.0 |a 17 47 (2°) 200— 22.0 


Inclinazione = — 17.662. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = o”.581. 


Stella Gr. 2415: a = 17%4" 115.3; €=+ 40°%39' 52”.11. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BarRAUD Q_-d—icos3 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. 
85 (dedotto) ‘compen- 
Oculare a S. Oculare a N. sato 


Livello |4-176 —240 |4+2100 —205 


= h h ‘ 
Filo Vs |16 29° 577 17 19° 56,0 717.07 | 716.99 
» Vi|i6 31 r15.0|17 22 46.5 | 717.02 | 717.01 


Livello 4176 Lu +allo — 20% 


h h 

Filo IV3 |16 32 346 17 25° 1212 717.20 | 717.10 
» IVa|16 33 31.4 |17 26 430 | 717.31 | 717.27 
» IV; |16 34 32.0 [17 28 11.0 | 717.55 | 717.24 


Livello 41756 —240 baro —2 

Filo HI: 16° 367” 143 17° 30” 2016 717.32 | 717.31 
» IIL]|16 37 174 |17 31 31.2 | 716.87 | 716.87 
» II |16 38 234 |17 32 40.9 | 71719 | 717.19 
» II9|16 39 32.5 |17 33 46.7 | 716.86 | 716.86 
» IMI |16 40 46.7 |17 34 533 | 717.31 | 717.32 


È p 
Livello +176 —245 +21.0 —210 


» IL{i6 44 17.0 |17. 37° 3150 | 71733 


a h ms h mos | 
Filo II3|16 42 53.6 [17 36 32.6 | 716.93 | 717.24 
» IL|16 45 47.0 {17 38 28.2 | 716.99 


Livello +17,6 —245 +aio a 


5 h mos h ms 
Filo I, |16 48 11.6 |17 39 48.5 | 717.00 | 717.01 
» I,|16 50 59.6 |17 4tr 5.6 | 716.91 | 716.99 


Livello 4177 ali tarlo —210 


i=— 12.592. Medio, —d—icosz= 0° 11° 57”.12 
i +d=40 39 52.11 

o — îcosz= 40 SI 49.:23 

‘+icosz= — 2 .60 

g==40 SI 46 .63 


feto 1-2 


Data 15 Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD TS — BARR. 

h m s hm s mire 
16 15 30.00 | 16 17 45.73 | —1 25-27 
17 47 30.00 | 17 49 4582 | —1 25.39 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord Oculare a Sud 
h m h m 
a 16 20 (29) + 205% — 217 217 42 (18) + 185 — 2451 


a16 25 (1°) +21.0— 21.2 


Inclinazione= — sigza 
x ha : - c p 
Correzione per l'ineguaglianza dei perni = + 0.531. 


Stella Gr. 24:53: a=17% 471153; d=+ 40°3952”.32. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


21747 (2°) + 19.2 — 23.5 


Tempo di BaRRAUD Q—-d—icosz 
Oggetto lwe="———_======" 
osservato| Passaggio a E. Passaggio a W. (dedotto) co 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
Livello |+-2 RARA +1853 241 
x h h m 4 “ 
Filo 1, |16 30 4a 17 20 7.0 716.70 | 716-55 
» Ifi6 31 20.6 |17 22 55.3! 716.94 | 716.52 
Livello +13 —210 4185 —240 
7 h m hm 
Filo II, |16 32 4157 17 25 2115 716.81 | 716.74 
» Ia|16 33 38.1 l17 26 50.9 | 716.89 | 716.73 
» I53|16 34 36.7 ii 28 14.6 | 716.80 | 716.84 
Livello Lal —205 ‘p18%4 DOT 
È hm hm 
Filo III, |16 36 15.3 117 30 21,3 717.28 | 717.18 
» II2|16 37 22.0 |17 31 36.6 | 717.12 | 717.01 
» II3|16 38 288 |17 32 453 | 716.73 | 716.73 
» IL|16: 39 38.1 l17 33 52.1 | 716.89 | 717.00 
» II |16 40 48.2 |17 34 544 | 717.09 | 717.19 
- | 
Livello +16 —2057 41885 —240 
A) E hm 
Filo IV, |16 42 581 17 36 36.3 716.87 | 716.83 
» IVa|16 44 26.2 |17 37 37.1 | 716.58 | 710.74 
» IV3 |16 45 56.2 |17 38 340 | 716.67 716.74 
Livello +25 —20!8 14185 241 | 
ù E i: cs h m 
Filo Vi |i6 48 234 |17 39 53.9 | 716.10 | 716.52 
». Va |16. 51 12.7 |17 41 11.3 | 716.40 | 716.55 


Livello +2 iù —2 i 


i=— 12.295. 


Hi 85 ah 


Medio 3 — d — fcosz= opxine 50%. 

+d=40 39 52. 
g—icosz=4o 51 49. 
+icosz= 


dd 
Q=40 51 47. 
ATTI — Vol. V.— Serie 28— N97. 


Data 16 Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 

h m s h _m ss IM 8 
20 8 0.00 | 20 10 16.92 | —1 26.52 
21 30 0.00 | 21 32 17.10 | —I 26.73 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


nh m n m 
a20 13 (22) + 1954 — 2355 a21 24 (19) +2157— 214 
a 20 18 (18) +17.8— 25.0]a21 28 (2%) + 20.2 — 23.0 


Inclinazione = — 12.725. 


Correzione per l’ineguaglianza dei perni =-- 0?.550. 


Stella y Cygni: a=20"%53% 45.3; d=-+-4094426”.84. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1* posizione. 


Tempo di BaRRAUO Q_d—i cos z 
Oggetto | ——TT—______ = 
osservato| Passaggio a E.|Passaggio a W. (dedotto) e) 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello —_ _ — —_ 
Filo VV} _— — | _ —_ — — _ 
» Vi]— — — | — — — —_ 
Livello 4178 — 250 bolld — 21.6 
È h h “” “” 
Filo IV3 |20 36% 64 21 4 436 443.42 | 443.09 
» IVa|20 27 11.9 [21 7 22.5 | 443.16 | 443.04 
» IV) |20 28 24.1 |z1 9 390 | 442.90 | 442.92 
Livello 41758 Tablo +16 Lig 
3 h m ho m 
Filo III: |20 30 27.0 2 12 44,5 443.14 | 443.04 
» IIL|zo 31 44.7 |21 14 196 | 442.98 | 443.07 
» Il3|20 33 7.7 |21 15 50.0 | 443.42 | 443.42 
» IIo|20 34 36.4 i21. 17 12.6 | 443-17 | 443.08 
» III |20 36 164 |21 18 33.6 | 442.93 | 443.03 
Livello +18%0 251 +16 _ai4 | 
- h mos h ms 
Filo Il3|21 39 16.9 |21 20 34.4 | 442.95 | 442-93 
». IL |21 41 250 [21 21 42.6 | 442.92 | 443.04 
DEeMIbilar 844 Morgan 22:148:8 O 442.76 | 443.09 
Livello +17,9 281 +2157 —a2h4 
Filo Ii{-_— — | — -— = _ 
Livello _ —_ — — 
i=— 12.763. Medio gp—d—icosz= 0° 7° 23”.07 


+d=40 44 26 .84 
g_—icosz=40 SI 49 .91 
+ icosz= — 2 .88 
g=40 5! 47 .03 


9 


PR - pe 


Data 17 Luglio 1889. 
Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BaRRAUD Ts — BarR. 
LI h m 
20 “i 0:00 | 20 11” 1845 1 28/38 
21 29 30.00 | 21 31 48.55 | —1 28.50 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord Oculare a Sud 
h_ mm h m 
a20 13 (29) + 1955 — 232 a 21 23 (19) +179 — 201 
a 20 18 (18) +204— 22.5 | a 21 28 (2°) + 19.1 —239 


Inclinazione = — 22.238. 
Correzione per l'ineguaglianza dei perni = + 02.381. 


Stella y Cygni: a=20%53" 454; È =+- 40%44/27”.16. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BaRRAUD g—-d—icosz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) CS 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
Livello = = = a 
Kilo Li == rsa = = 
sc bi == = = 
p 
Livello bad 225 41777 —25.3 
h m 3 h ms "” “ 
Filo Il, |20_ 26 12.3 |21 4 594 | 44346| 44340 
» IHaj20 27 18.5 [zi 7 35-2 | 44335| 443.28 
» II3|20 28 27.2 [21 9 45-:5 | 443.551 44332 
Livello +24 —225 4177 255 
“ h ms h ms 
Filo III, |z20 30 28.0 |21 12 46.6 | 443.57| 44349 
» IIa [20 31 49.1 |21 14 26.1 | 443.54] 44339 
» ill3|20 33 126 |z1 15 53.9 | 443.06| 443.06 
» I_,|2z0 34 42.1 |21 17 18.0 | 44324} 44339 
» IlIz|z0 36 16.8 |21 18 35-65 | 44341 | 44349 
Livello tao —225 4177 2552 
, 3 h ms h mos 
Filo IV, |20_ 39 20.6 |z1 20 37.7 | 443.09| 443.32 
» IVa|20 4it 37.1 |z1 21 50.0 | 443.20| 443.27 
» IVa|20 44 16.5 [21 22 569 | 443.35] 44341 
Livello 42055 225 41759 asl 
Filo Vl—- — — |- — -— = po 
» Val — — | _- —- i ce 
Livello — _ — — 
i=— 22.383. Medio 9 —gd—icosz= 0° 7° 23”.35 
+d=40 44 27 .16 
g—icosz=40 sI 50.51 
+ icosz= — 3 .89 


g==40 SI 46 .62 


Data 18 Luglio 1889. 
Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BaBRAUD Ts — BagR. 
hm ss hm, &. 

16 14 3000 | 16 16 4808 _ 

17 48 0.00 | 17 590 1791 _ 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud Oculare a Nord 
h m h - 
a 16 20 (2°) + 18°0 — 2319 a 17 aa: (12) +20 — 218 
216 25 (1°) + 16.4 — 25.4 | 2.17 47 (2°) +190o0— 23.1 


Inclinazione = — 22.575. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni =-+- oP.575. 


Stella Gr. 2415: a=17%4"1158.2; d=+ 40939/52”.96 
Guanciale A al Sud. — Livello 1* posizione. 


Tempo di BarRaUD g_-d—icosz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (Gedotto) a) 
Oculare a S$. Oculare a N. sato 
Livello 416% Las 4202 — 2118 
h h m “n “ 
Filo Va {16 307 2.3 17 20 39 718.04 | 717.81 
» Vi|i6 31 189 |17 22 53.9 | 718.34| 718.02 
Livello +164 254 42051 —18 
n h mos h mos 
Filo IV3 16 32 38.5 {17 25 17.6] 71796| 71783 
»-IV.|16 33 35.6 {17 26 48.6 | 71798| 717.85 
» IV) |t6 34 36.7 |17 28 16.7 | 718.03| 717.87 
Livello 1165 Se ta0l1 — 218 
n h a: x h ms 
Filo III; {:6 36 190/17 30 26.4 | 71774} 717.96 
» IIL|:6 37 20. |17 31 37-0 | 718:09| 718.11 
» IN3|:16 38 274 |17 32 466 | 718.01 71801 
» Ill2|16 39 360 [17 33 528 | 718.12) 718.10 
» IlI, |16 40 50.5 [17 34 589 | 718.19) 717.97 
Livello +16°6 —2553 +2052 2158 
de E hm 
Filo I{3 {16 42 57.9 17 36 384 717.71 | 717.87 
» IL|16 44 21.7 |17 37 37.1 | 717.72| 717.85 
» IL|:6 45 514 [17 38 340] 717.70) 717.83 
Livello +16%6 25 4202 2158 
è h mos h mè 
Filo I. |16 48 15.5 |17 39 540 | 717.69] 7180t 
» I,fi6 si 35 |17 4r 11.1 | 71759] 71782 
Livello +16%6 255 +2052 —18 


i=— 29.608. 


Medio p—-d—icosz= 0° 11° 577.93 


+d=40 39 52 .96 
g_—icosz=40 51 50 .89 
t+icosz= 
g="40 SI 46 .64 


— 4 25 


2, fi 


Data 19 Luglio 1889. 
Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
hm s IMP O ms 
16 15 30.00 | 16 17 45.19 | —1 2555 
17 49 0.00 | 17 51 15.07 | —1 25.43 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord Oculare a Sud 


h h 
8 1620” (23) +23î5 — 177 a 17 a (19) + 22.6 _ 190 
216 25 (1°) +25.2— 16.0 | a 17 47 (2°) + 23.4 — 18.1 


n — 


Inclinazione = + 22.988. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni=+- 02.381. 


Stella Gr. 9415: a=17* 41152; d=+ 40°39/53”.16. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1° posizione. 


Tempo di BaRRAUD P_d— icosz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. Passaggio a W. (dedotto) SÌ 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
Livello basta —165 42255 —196 
È h Mi h ms “ "“ 
Filo I, |16 30 11:2 [17 14 47:9 | 708.23| 708.14 
»— Inji6 31 284 |17_ 22 41.5 | 708.83 | 708.41 
Livello Loss —160 +2255 219% 
i h h 
Filo H, |16 32 4809 17 25° i 708.76 | . 708.52 
» I |16 (33 45.7 si 26 pe 708.77 | 708.50 
» HI [16 (34 450 vi 28 708.67 | 708.49 
Livello +ashs days riggii Li1959 
n h m 
Fito HI, | 16° 36 246 wi 30° 10,8 708.71 | 708.41 
» Io |16 37 341 | 17 31 27.1 708.57 | 708.46 
» Hz |16 38 385 !17 32 35.8) 708.36] 708.36 
» HI, |16 39 479117 33 423| 708.36] 708.47 
» IH; |16 an 6.3%17 34 456 708.11 | 708.41 
Livello |+25%8 —15% 14226195 
. h 
Filo IV, 16° 1" 10,8 17 36° 283 708.31 | 708.49 
» Va |16 44 394 |17 37 (29.5 708.22 | 708.49 
» IV3 |16 46 109 |17 38 26.9 | 708.20] 708.53 
Livello |+26%0 —15%|4-2256 — 195 
È h mi e h 
Filo V, |16--48 388 {17 39” 468 707.98 708,40 
» —Va|16--51 (30% {17 4ro 38 708.06 | 708.15 


Livello |4-26%0 —152 |+276 — 19% 


î=-+32.398. Medio g—d—icoss= 0° ti" 48%.42 
+d=40 39 53 .16 

g—icosz=40 SI 4I .58 

+icosz= +5 .54 

g="40 51 47 .12 


Data 21 Luglio 1889. 
Confronto dei pendoli. 
Ts — BARR. 


FRODSHAM BARRAUD 


e m 
20 12 8.40 | —1 
21 33 38.08 | —1 


h m s s 
20 IO 0.00 19.00 
21 31 30.00 18.67 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud Oculare a Nord 
h_ m V v h_m p V 
a20 13 (2°) +-23.2— 19.5 | azi 24 (1°) 424.1 — 18.5 
a20 18 (1°) +22.0— 20.7 | a21 29 (25) +23.9— 19.0 


Inclinazione = + 12.937: 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = +- 02.344. 


Stella y Cygni: a=20"53” 4°.4;. d =+ 40%44/28".42 
Guanciale A al Sud. — Livello 1° posizione. 


Tempo di BaRRAUD Q=- d—-?c05z 


Oggetto - 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) e) 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello _ = _ er 
Filo Va — — |. — _ = e 
» Vi] — |[_- —- = Pe 
Livello |+-22%0 — 207 +24î1 —18 5 
h h " 7 
Filo IV3 |20 6" 7.0 21 4° 105 435.10 | 434.66 
» IV, [20-27 14.0:/21 6. 544 | 434.71| 434.42 
» IV, [20 28 26.4 [21 9 14.5 | 434.68| 434.38 
p P 
Livello dadi Lei +241 —18.4 
c h ms h ms 
Filo II; |z2o 30 29.5.|21. 12. 22.4 | 43502| 434.83 
» (II, [2031 47.5 |/21 13. 57.6] 43465| 434.54 
» III |20 33 120.|201 15 28.5 | 434.64| 434.64 
». III, [2034 42.0 |21. 16. 52.4] 43444| 434.55 
» (HI, |20 36 22.4 [21 18. 14.6. | (434.63 | 434.82 
Livello 4222 —205 kad 185 
L h ms h m s 
Filo 1I3|20 139 25.9 |21. 20. 15.1:| 434.09| 434:39 
D' cell, |20}.rops (37.40|212 210/242 434.13 | 434.42 
» (II, |20..44 18.8:|22. 22. 314] 434.23 | 434.67 
Livello basa —205 qalî 2185 
Filo I|—--—_ — |-- — +— _ _ 
pel|/—_ — |— |-. —- — _ — 
Livello _ _ —_ _ 
i=+ 12.800. Medio p--d—icosa= 0° 7° 14.57 
+0d=40 44 28 .42 
g_—icos:=40 51 42 .99 
ticosz= +2 .94 
g=="40 51 45 .93 


baia 


l'e 


Data 22 Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BaRR. 
h _m s hh. fi 3 ms 
20 8 30.00 | 20 10 31.31. | —1 11.86 
21 3I 0.00 | 21 33 0.94 —1 11.50 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


rh m h m 
azo 14 (2°) + 2319 — 1888 a-2î 23% (1°) Hora ada 
a 20 19 (1°) +25.5— 17.7 | a 21 28° (2°) +-23.3 — 194 


Inclinazione = +- 22.235. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = +- 02.450. 


Stella y Cygni: a=20%53" 45.4; d = + 40%44'28”.73. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD Q- d— tdc0osz 


Oggetto 
osservato | Passaggio a E. Passaggio a W. (dedotto) Cr) 
Oculare a N. Oculare a S. sato 

Livello _ —_ — _ 

Flo L|- — — |- — — ni a 
»_ L|- — =|==!—- 2 at 
e pd P P p 

Livello |4-25.5 —17:0 |t-22.4 —20.3 


h mos h ms “u tti 
Filo Il, |z0° 26 6.1 [21 4 15.1 | 434.16 | 434.09 
» Il|z20 27 130/21 6 56.5 | 43393| 433.89 
» II|20 28 22.1 [21 9 94 | 434.01 | 43400 
Livello 42555 —17°0 aa — 2053 
h ms h ms 
Filo III, |20° 30 23.1 |21 12 13.5 | 434.25 | 43402 
» IM, |20 31 45.6 |21 13 554 | 43431] 434.08 
» IIl3|20 33 95 |21 15 24.8 | 434.22] 434.22 
» IIL|20 34 40.4 |21 16 48.5 | 433.86| 434.09 
» II;|20 36 17.0 |2r 18° 6.7 | 433.80] 434.03 
p 
Livello +26%0 —16.6 42252 —20%4 
> h ms h ms 
Filo IV, [20 39 249 |21 20 11.3 | 433.98] 433.99 
» IVa|2z0 41 44.6 |21 21 23.1 | 433.85 | 433.89 
» IV3[20 44 29.5 [21 22° 30.1 | 434.03 | 434.10 
& 
Livello +26% —165 +-2212 204 
Fio V|.—- — — | — -— = asa 
» Vel—- — — | = — 
» 
Livello - - _ 
i=+ 22.725. Mediog—d—icosz= 0° 7' i4°.04 
+d=40 44 28 .73 
g_—icosz=40 SI 42 .77 
+icosz= +4 +45 


g=40 51 47 .22 


Data 25 Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
hm s h m s mis 
20 9 0.00 | 20 10 40.36 | —o 5I.00 
21 30. 0.00 | 21 31 40.12 | —o 50.78 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


h m h 
azo 14 (2°) + 22/9 — 20/1 | a 21 23° (13) + 2401 —_ 19.0 
a 20 19 (1°) +21.4— 21.7 | a 21 28 (2°) + 23.5 — 19.8 


Inclinazione =+- 12.412. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni =+- 02.394. 


. Stella yCygni: a=20%53"4%.5; d=+ 40%429”.66. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1° posizione. 


Tempo di BarRAUD q_d—î cosz 


Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) fi 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello _ = = —- 
Filo. Vy}— — — | — — i + 
» Vi _— — —_ —_ —_ — _ RnS 
Livello Pal —2157 +a4î —19%0 
. h_ m s A) » "a Pi 
Filo IV3 |20° 25 39.3 {21 3 408 | 434.75] 434.14 
» IVa|20° 26 46.4 {21 6 26.1 | 434.54 | 434.29 
» IV; |20_ 27 594 |21. 8 46.5 | 434-32:| 434.07 
Livello +2155 —2156 +aghi —19%0 
hm hm i 
Filo III; [20.30 259 2%e EE 54.8 43457 | 43435 
» IIL|2z0 31 20.5.|21. 13. 294 | 434-20.| 434.26 
» II3|20 32 445 |21 150 0.0 | 434.16.) 434.16 
» III2|20 34 139 |21 16 241 | 434.32| 434.26 
» II, |20 35 55.5 [21 17 46.3 | 434-14| 434.36 
Livello 42155 —216 +24 —19%0 
h m h m 
Filo II3 {2038 58.5 20, 19 469 433.81. | 434.06 
» IL|20 4’ 9.5 [21 20. 56.2] 434.04] 434.29 
» IL [20 43 53.5 |21 22 30 | 433.54| 434.15 
Livello +21!6 —2156 todi —19%0 
Filo..L |=,., e lr = = —_ _ 
p&oli [ee 16 (np ila _ _ 
Livello = = — — 
i=+12.245. Medio p—d—icosz = 0° 7° 14%.22 


+d=40 44 29 .66 
g_—icos:=40 51 43 .88 
+icosa= + 2 .03 
g=="40 51 45 .9I 


ui 


Data 27 Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD TS — BARR. 

h_ m s h., mi s mos 
20 8. 0.00 | 20 9 31.33 | —o 42.61 
21 30. 0.00 | 21 31 31.20 | —o0 42.50 


— -_ _— 


— — —_ 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello, 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


h m h m 
20 13 (2°) + 234 — 20°%0 a21 23 (19) +21 — 22/3 
a 20 18. (1°) 424.1 — 19.1 |a21 28 (2°) + 22.5 — 21.2 


P x p 
Inclinazione=+- 1.100. 


: ; 4 4 È p 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 0.500. 


Stella y Cygni: a=20%53” 4°.5; d=+40%4'30”.28. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1* posizione. 


Tempo di BARRAUD p—-d—ic08z 


Ongettole—__—___- 
osservato | Passaggio a E.|Passaggio a W. (dedotto) pere 
Oculare a N. Oculare a S. sato 

Livello | — _ — _ 

Filo-I|- — — |-____— = na 
» him — —_ |-_ — — PaSi n 
Livello |424î1 —194 |+2iî1 —223 

È h ms h ms “ “ 
Filo II, [20.25 35.4 [21 3 47.1.| 435.05] 434.59 
» Ia |20 26 43.1 [21 6. 28.2 | 434-43 | 434.21 
» Hg|20 27 523/21 8 40.7 | 43437 | 434.52 
Livello pai eli +arla —225 

le hm 
Filo III, att Pay 54 moi Sela _ — 
» HI, |20: 31 15.6 [21 13. 248 | 434.14] 434.08 
» I3|20 32 387/21, 14 559 | 434.84 | 43484 
» IIL|20 34 10.9 |21 16 19.6 | 434.02 | 434.08 
» HI; [20 35 459 [21 17 38.1 —_ = 
Livello +24 —193 +ar4 —222 

4 hm hm 

Filo IV, |20._ 38 52.9 21. 19 422 434.66 | 434.51 
» IVa]|20 41 149 [21 20 54.2 | 433.99 | 434.21 
» IV3 [20.44 0.121. 22. 1.3 | 434.14 | 434.60 
Livello 4241 ua + —223 

Filo Vya|.—- — — |[-_T—_ — —_ = 


» Va fue dee i SS — 


Livello | — —_ co = 
i=+ 02.962. Mediog—d —icosz= 0°. 7’ 14.40 
+d=40 44 30 .28 

g— îcosz= 40 51 44 .68 
+icose= +1 .57 

q==40 51 46 .25 


Data 29 Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRoDSHAM BARRAUD Ts — BARR. 

h _m s h _m s ms 
20 8 30.00 | 20 9 55.77 | —0 37.78 
21 30 0.00 | 21 31 35.75 | —0. 37.78 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


hr m 
221 23 (18) +-.238 — 2054 
azi 28. (2°) + 22.4 — 21.7 


n m 
a20 13 (239) + arl — 2350 
a zo 18 (1°) + 20.0 — 24.1 


Inclinazione = — 02.237. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni=+- 0”.631. 


Stella y Cygni: a=20%53 45.5; d = + 40%4430”.90. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD g_-d—tc08 2 
tei éi. . |‘ .É 
osservato| Passaggio a E.| Passaggio a W. (dedotto) Taeg 
Oculare a S. Oculare a IV. sato 
Livello —_ _ — = 
Filo VV|— _— — |-__ — -- _ 
»_Vil— — —|—_—-. — ca = 
Livello +20%0 el +-2355 —20.6 
h hm “ “ 
Filo IV3 |20. 25 P 244 21 3 355 436.78 | 436.54 
» IVa|20. 26 313.21 6 194 | 436.65 | 436.42 
» IV, |20. 27 43.5 [21 838.6 | 436.69 | 436.51 
Livello Lao0 ii 42355 —20.5 
a h ms h ms 
Filo III; |z0 29 46.8 |21. 11 44.6 | 436.57 | 436.59 
» IIL|20 31  5.2.]21. 13. 20.6 | 436.34 | 436.59 
» IIz|20. 32 28.4 |21, 14 5Lo0 | 436.66 | 436.66 
» II, {20.33 57.7 |21 16 14.5 | 436.85 | 436.60 
» III, [20. 35 38.6 {21 17 36.8 | 436.60 | 436.58 
Livello +20%0 —$% 42355 —20.6 
È h mos h ms 
Filo Il3|20. 38 40.3 |21. 19. 37.0 | 436.34 | 436.52 
» Il [20 4o 54.0 |21. 20. 47.0 | 436.20 | 436.43 
» IL |20 43 33.2 [21 21 53.5 | 436.30 | 436.54 
Livello +20/0 Lat 42398 OA 
Fio L|—- — — |_—_ — — —_ 
» I = —è ui = © sa “sE er 
Livello | — —_ — = 
i=— oP.262, Medio p—d—icosz== 0° 7° 16”.54 


+d=40 44 30 .9g0 
g_—icosz=40 SI 47 .44 
ticosa= — 0 .43 
g=40 5I 47 .0I 


Data 31 Luglio 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Tts— BARR. 

h _m h m ms 
20 8 0.00 |20 9 20.66 —o 33.06 
21 29 30.00 |21 30 50.54 | —0 32.95 


Livellazionîì dell’asse, invertendo il livello. 
Oculare a Sud 


Oculare a Nord 


iQ 


h m n m ) D 
a20 TI (29) +29 — 2157 azi 23 (12) + 19.6— 24.0 


a 20 16 (19) + 23.2 — 20.2 


Stella y Cygni: 


Inclinazione = — 0.475. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = | 02.638. 


Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Oggetto 
osservato 


Tempo di BARRAUD 


Passaggio a E. 
Oculare a N. 


Passaggio a W. 


Oculare a S. 


azi 28 (2°) + 20.5— 23.1 


a= 20539 ° 5; d =+ 40%4431”.53. 


qu d—-i008z 


(dedotto) ( 


prg | 
sato 


Livello 


Filo I 
». Io 


Livello 


Filo II, 
» Ilo 
» IL 


Livello 


Filo II, 
» IIh 
» IL 
» IL 
» Il 


Livello 


Filo IV, 
» IV, 
» IV 


Livello 


Filo V, 
» Vo 


Livello 


232 —202 


h Mms 
20. 25 25.0 
200 ‘26 31.4 
20 27 4.1 


1) v 
423.2 —20.2 


h ms 
20. 29 4I.4 
2031 3.9 
20 32 27.7 
20 33 57.6 
20 35 34.1 


+-2353 —20.0 


hi 2 
20 38 404 


20 40 59.6 
20. 43 437 


v 
+23.4 —201 


+19/6 Paso 


h m s 
21 3 42.1 
21 6 22.6 
2P_ 95363 


— 196 —2£0 


h ms 
21 108985 
21.' 13' (18.2 
21 14 48.5 
ar! 10°°i1m8 
21 17 30.0 


+19%6 —240 


h Mms 
21 19 340 
21° 20°" 40.5 
21° 2159 


41956 2/0 


436.15 436.00 
436.14 | 436.04 
436.27 | 436.09 
436.42 | 436.07 
435.81 | 435.81 
436.03 | 436.03 
435.81 | 435.81 
435.73 | 436.08 
43591 | 436.09 
435.93 | 436.03 
435.86 | 436.01 


i=— oP.312. Medio g—-d—icosz= 0° 7° 16”.01 


+d=40 44 31 
p_—icosz=40 51 47 
+icosz= — o 
p="40 51 47 


+53 
+54 
I50 
.03 


Data 2 Agosto 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts— BARR. 
hm s h m s m's 
20 8. 0.00 |20 9 TI1.50 | —0 24.12 
21 30. 0.00 |21 371 tt.23 | —0 23.86 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


rh m h 
a2o t1 (22) + 2052 _ 2255 a 21 23” (1°) + 231 = 06 
azo 16 (1°) +19.1— 23.8 | a2r 28 (2°) +-21.7—21.4 


Inclinazione = — 0.450. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni=+- 02.650. 


Stella y Cygni: a=20%53# 4%5; 0=+40°%44'32".16. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD Qu I —i cos z 


Oggetto e 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) persi 
Oculare a _S. Oculare a N. sato 
Livello _ i — —_ 
Filo Vo pri _ I era = _—= “a —n 
Matt 10) — I oli ani = — 
Livello Hol —23:8 42217 da04 
ni h m s h m 8 “ Pr 
Filo IV3 |20° 25 120 |2r 3 18.2] 435.61) 43557 
» IVa [20 126 17.9 |2r 6 20 | 436.00) 435.62 
» IV, [20 27 29.4 |2r1 8 220] 436.19) 435.66 
Livello +19 —23.8 42351 =200 
e: h ms h mos 
Filo III; [20 29 341 |2r ir 291 435.72 | 435.68 
» III, |20 30 52.3 [21 13 42 | 435-241 435.38 
» III |20 32 160 |2r 14 35.1 | 43551) 435.51 
» HI, [20° 33 45.5 [21 15 59.1 | 435:52| 435.38 
» II, |20 35 259 |ar 17 2r3 | 43565 435.69 
Livello +19%2 —278 +23 —200 
h_ms n, md 
Filo II3 [20 38 290 |j21 19 21.6 | 435-12| 435.65 
» Ila |20 40 40.6 12r 20 gru | 435-24| 435.62 
» CI [20 43 211 [21° 21385] 435.53 435.57 
Livello roî4 —237 {423 dado 
Filo Li — ="|-——=T< _ _ 
« L| — — | — — _a fer 
Livello —_ _ - SE 


ti=— 0P,420. Medio p—_d—icoss= 0° 7° 15”58 
+d=40 44 32.16 

g—ic0sz=40 51 47.74 
+icosz= — 0 .69 


g==40 51 47.05 


a 


Data 4 Agosto 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM ‘ BARRAUD Ts — BARR. 
h_m s hm. s m $ 
20 8 30.00 |20 9g 25.51 | —o 8.28 
21 29 30.00 [21 30 25.12 | —O0 7:89 


—_ —_— — 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Qculare a Nord Oculare a Sud 


hm 1 hm 
a 20 12 (29) +21 — 2052 a21 23 (12) + 19î5 — 2353 
a zo 17 (1°) +22.8—19-9|az2z1 28 (2°) + 20.4 — 22.4 


Inclinazione = — 02.063. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = 4- 0.662. 


Stella y Cygni: a=20%53"%4%.5; d=+40%44'32”.78. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD Qu d—-{c0s = 


Oggetto - 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. x 
88 ggio a W. (dedotto) (Psa ) 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
Livello _ — — = 
cc CS x a 


» L|- — — 


Livello |+-22?8 —199 +19%6 — 252 


; h Mms h ms “ 7 
Filo 1I,|20° 25 2.4 |21 3 120) 434.31| 434.08 
» Ilgizo0 26 09.7 |2t 5 55-60 | 434.36 | 434.17 
» lI3|20 27 19.2 [21 88.5 | 43438| 43428 
Livello +23%0 — 19.8 +19%6 —232 
4 hm he, mi 
Filo Ill, [20 29 199 2I. TI 10.9 434.27 | 43431 
» Ils |z20 30 42.1 |21 12 51.9 | 434.30 434.14 
» Ill3|20 32 60 [21 14 20.9 | 43408| 434.08 
» IL,jzo 33 374 [21 15 458 | 433.98] 434.14 
» II 20 35 -12.4 [21 17 38 434.36 | 434.32 
Livello +235 194 +19%6 Lada 
K h m h m 
Filo IV, |20°_ 38 202 {21 19 75 43418 | 43428 
» IVa|20 40 399 [21 20 19.2 433.98 | 434.17 
» IV3[20 43 271 |21 21 26.6 | 433.85 434.08 
s v 
Livello |+-23:3 2 RA 195 —233 
boWl= | = | —i. DE de 


LORIS [I SM de, 


Livello _ = ui ES 


SEO Medio p—d—icosz= 0° 7° 14”.19 
+d=40 44 32.78 

g_—tc052=40 51 46 .97 

{+ icosa= — 0 .08 

p=40 51 46 .89 


Data 5 Agosto 1889. 
Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 


h_ Mm s UA LARIRI, ms 
20 8 0.00 |20 8 46.29 | +o 0.86 


21 29 0.00 |21 29 45.67 | +o 1.49 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


hm h 
a20 12 (23) + 201) — 22/2 a 2I 23° (19) 42259 — 199 
a 20 17 (18) + 19.3 — 23.3 | azi 28 (2°) + 22.3— 20.4 


Inclinazione = — 0?.112. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 0”.669. 


Stella y Cygni: a=20"53" 4°.5; d==+40°4433".09. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD (o) — g—-1ic08z 


Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) (SE) 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello _ = —_ > 
Filo Vy|.—- — — | — — = SL 


» Vi i “= 


Livello +-1953 aa 


È h n s s “4 « 
FiloIV3|20 24 48.2 [21 2 44.8 | 433.73 | 433.50 
» IVg [20 25 55.0 [21 5 32.6 | 43398 | 433.70 
» IV, |20. 27 8.1 [21 7 534 | 433-78| 433.72 
Livello +19%4 — 232 +2259 —199 

£ h mi cs h ms 

Filo II; [20° 29 11.8 [21 11 1.2 | 433.85] 433.69 
» III, |20 30 29.7 |21 12 37.0 | 433.72] 433.65 
». Ul, [zo 31 538 (21 14, 7.5 | 43374 | 433.74 
» 1I,|20 33 232 [21 15 310 | 433.58] 433.65 
» III, |20° 35 45 [21 16 53.3 | 433.53] 433.69 
Livello +19% 271 +220 —199 

hm h 

Filo II3 |20° 38 64 |21 18° 54:3 433.66 | 433.72 
» II, {20 4o 20.0 [21 20 3.8 | 43342| 433.70 
DANgIIRo 200043) 2:42.10 200 froiò 433.28 | 433.51 
Livello +1956 29.1 +2259 Ze rgio 
Hog _ = 
« Ih] — — |- — — _ —_ 
Livello _ _ — = 


Medio p—-gd—icosz= 0° 7’ 13”.66 
CA) 7 13 

+ d=40 44 33.09 

g_—icosz=40 51 46 .75 

+ ?icosz= — 0 .29 

g=40 SI 46 .46 


i=— 12.175. 


Data 6 Agosto 1889. 


Confronto dei pendoli. 


72 - 


Data 7 Agosto 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. FRODSHAM BARRAUD TS — BARR. 
. 
h m s h _m s ms h m s Lili] lp ta 
20 8 0.00 | 20 8 35.20 | +o 12.00 20 8 0.00 | 20 8 24.79 | +0 22 36 
21 30 30.00 | 21 31 4.62 | +o 12.58 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


hm v V 
a20 10 (2%) 422.1 — 20.2 


Inclinazione = + 02.137. 


h_m v 1) 
azi 23 (1°) + 20.0 — 22.7 
a20 15 (1°) + 23.0 — 19.4 | a zi 28 (2°) +-20.5 — 22.2 


21 29 3000 


21 29 54.35 |+o 22.80 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud 


Oculare a Nord 


I 


Inclinazione = — 02.050. 


h m p p h m p p 
a 20 10 (2°) + 20.4 — 22.0 |a21 22 (1°) + 23.0— 19.4 


a 20 15 (1°) + 19.2— 23.2 |a 21 27 (2°) +22.1— 20.5 


Correzione per l’ineguaglianza dei perni = +- 02.619. Correzione per l’ineguaglianza dei perni = +- 0%,675. 


Stella » Cygni: a=20%53%45.5; Îd=+ 40%4'33”.40. Stella y Cygni: «= 20%53" 4°.5; d=+ 40%44'33”.70. 


Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD —-d—icosz Tempo di BARRAUD g_ d—tcosz 
Oggetto Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. compen- osservato Passaggio a E. | Passaggio a W. compen- 
Oculare a N. Oculare a S. Kid) ( sato ) Oculare a S. Oculare a N. ii ( sato 
Livello _ —_ e — Livello i — 
Flo h|- — || —)=| = ear See 
» ll- — — |- — — = = » Vi]— —. — [- — - = = 
È vp p p p 
Livello |4-23.0 —19.4 |+20.0 —22.7 Livello +19%2 Li +a30 — 195 
k; h ms h ms “ “ h h m “ “ 
Filo II, [20° 24 437 |21 2 47.8 | 432.97 | 432.92 Filo IVz |20° 24° 26.9 |21° 2 252 | 43397 | 43370 
» IMa]jzo 25 50.1 [21 5 30.6 | 433.11 | 433.08 » IVa|20° 25 342 [21 5 115 | 433-73 | 433.33 
» II3j20 27 0.1 |2t 7 457 | 433.29 | 433.14 » IV, |20 26 47.3 |2t 7 31.5 | 433.36 | 433.28 
. Ma p Pp p D 
Livello |--23.1 —19:4 |+-20,0 —22.8 Livello Lada Lat +290 —195 
4 h ms h n, h h ni 
Filo III, |20_ 29 1.2 {21 10 49.6 433.51 | 433-34 Filo III; |20 Coi 50.7 21 10 "38.4 433.28 433.23 
» III, |20 30 22.6 |21 12 29.6 | 433.41 | 433.23 » II |20 30 85 |21 12 14.5 | 433.24 | 433.39 
» II3/20 31 47.3 |z1 14 04 | 43350 | 433.50 » IMI [20° 31 324 |21 13 45.2 | 433.36 | 433.36 
» IILjz0 33 18.9 |21 15 244 | 433.05 | 433.23 » Ils |20 33 18 |21 15 96 | 433.54 | 433.39 
» II;|20 34 541 |21 16 41.8 | 433.17 | 433.34 » III |20 34 43.8 |21 16 31.6 | 433.17 | 433.22 
5 D p Pp 
Livello |4-23.1 —19:4 |-|-20.0 —22.8 Livello +1955 — 23 +25%0 — 194 
| 
È h ms h ms | h 
Filo IV, [20° 38° 31 {21 .18 46.1 | 432.99 | 433.14. || Filo Ilg|20° 37° 469 |21° 18330 | 433.20 | 433:28 
» IV2|20 40 24.0 |21 19 58.9 43306 | 433.09 » IL|[20 40 0.1 |21 19 42.1 | 432.93 | 433.33 
» IVa|20 43 10.1 |]21 21 5.2 | 432.87 432.92 » II, |20 42 40.0 |21 20 493 | 433-44 | 433.7! 
: P D TA) | 
Livello |4-23.4 —19.1 |+20.0 —22.7 | Livello +15 —236 +25î0 — 194 
Filo V\|- — — |- — — =“ = Filo Il|- — — |- — — na "E 
» Val — ge lette = su » L|- — — [- — — =F a 
Livello -- _ _ —_ Livello — = _= nr 
î=-| 02.270. Medio p—_ È —icosz= 0° 7° 13".18 i=— 0.025. Medioy—d —icosz= 0° 7° 137.38 
+d=40 44 33 .40 +d=40 44 33.70 
g—icosz==40 51 46 .58 o —icosz= 40 SI 47 .-08 
ticosz= +0 .44 t+icosz= —_ 0 .04 
p="40 51 47 .02 p="40 SI 47 -04 


Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


ea 


Data 9 Agosto 1889. 
Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
h m s h ms m s 
20 9 0.00 | 20 9 5.04 | +o 41.94 
21 29 0.00 | 21 29 4.78 | +o 42.20 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


h m h m 
220 II (23) + 22/0 — 2014 a21 23 (19) + 1999 — 2209 
220 16 (1°) +23.4— 19.0 |a21 28 (23) +21.1— 21.6 


Inclinazione = +- 02,312. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = +- 0.594. 


Stella y Cygni: a =20%53"%45.5; d=+ 40%4'34”.30. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD g_-d—ic08z 


Data 11 Agosto 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
h m s h m s m s 
20 9 0.00 |20 8 54.58 | +o 51.96 


21 30 30.00 | 21 30 24.23 | -|+o 52.30 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


h m p h 
a20 12 (22) + 20.4 2250 | a 21 23° (19) + aBiges 19% 
a 20 17 (1°) + 19.8— 22.7 |a 21 28 (2°) +-222— 20.4 
I 
Inclinazione = + 0”.200. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = | 0.662. 


Stella y Cygni: «= 20%53” 45.5; d =+ 40°%434".89. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Oggetto “ns I 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) | (gag 
Oculare a N. Oculare a S. |\ sato 
Livello | — —_ — 
Flo L|j-.T_ — |- — -—- _ _ 
eo— ia |— =. — — 
Livello +oola —190 +20.0 —2258 
La h mu s h m s “ "” 
Filo II, [20° 24 14.8 [21 2 15.1 | 432.03 | 431.71 
» Il,j20 25 22.0 [21 4 58.7 | 431.88 | 431.46 
» II3|20 26 31.7 [21 7 12.4 | 431.80 | 431.59 
Livello ARA 198 +20 — 22.8 
(; h mos h ms 
Filo III, | zo 28 33.0 [21 10 15.1 | 431.46 | 431.50 
» III, |20° 29 55.1 |21 tr 58.1 | 431.96 | 431.76 
» IlI3|20 31 19.4 |21 13 27.2 | 43165 | 431.65 
» III,j|20 32 50.7 |21 14 52.0 | 431.56 | 431.76 
» II |20 34 27.0 [21 16 99 | 431.55 | 431.51 
Livello +23 —195 +19%9 —225 
h h 
Filo IV, |20 37” 360 21 18” 1401 431.37 | 431.58 
» IVa [20° 39 57.9 |21 19 26.3 | 431.04 | 431.46 
» IV3|20 42 44.2 |21 20 33.6 | 431.40 | 431.72 
Livello 42378 —188 +19%9 —2259 


Filo VV\— — — 
» Val — — 
Livello _ _ 


i=+- 02.413. 


Medio p—8—icosz= 0° 7° 11”.61 


+d=40 44 34 .30 
g_—ic08z=40 51 45 .9I 
Licosa= 


+ o .67 
p=40 51 46 .58 


ATTI— Vol. V.— Serie 2, um N° 7, 


Tempo di BARRAUD (© d —ic0sz 
Oggetto 
osservato Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) ed 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello — —_ — — 
Filo VW|—- — — | — — _ —_ 
» Vil — — | — — = ni 
Livello +198 —o55 dadi ig 
Ù h sii cs: h ms “ si 
Filo IV3 |20 23 9.6 |21 1 49.5 | 431.96 | 431.82 
» IVa[2z0 25 6.7 |21 4 36.9 | 431.82 | 431,62 
» IV, |20 26 19.2 |21 6 57.6 | 431.72 | 431.55 
Livello +199 05 EA usi 
S h mi a h ms 
Filo III; |[20 28 23.1 [21 ilo 6.7 | 431.92 | 431.77 
» IIL|20 29 412 |21 11 43.1 | 431.83 | 432.00 
» IIz|20 31 5-9 [21 13 14.1 | 431.75 | 431.75 
» III, |20 32 347 [21 14 38.5 | 432.17 | 432.00 
» III, |20° 34 17.0 |21 16 0.2 | 431.63 | 431.78 
Livello 41959 —225 4233 aa 
x h ms h ms 
Filo Il3|20 37 20.7 |21 18 1.0 | 431.38 | 431.55 
» Ila|20 39 345 [21 19 10.9 | 431.41 | 431.61 
» II,|20 42 17.3 |21 20 18.3 | 431.69 | 431.83 
Livello +109 — 2258 42354 — 1g 
Bilo. Liri ati _ _ 
i RR | —_ 
Livello - _ _ — 
i=+ 0”.318. Mediop—d—icosz= 0° 7° 11”.75 
+d=40 44 34 .89 
— icosz= 40 SI 46 .64 
+icosz= +0 .52 
g=40 51 47 .16 
10 


pe 


Data 16 Agosto 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
h m s Î mn ms 
20 9 0.00 | 20 8 40.34 | +1 4.90 


21.30 0.00 | 21 9 40.13 | +1. 5.11 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


zh m h m 
a 20 13 (29) + sbl7= 2257 a 21 '23 (13) + 18î8 — 348 
a 20 20 (1%) + 222— 21.2 | a 21 28 (2°) + 20.0—23.5 


Inclinazione = — 12.312. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = + 02.531. 


Stella y Cygni: a = 20537 45.5; d =+ 40%4'36”.34. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BARRAUD g—-®—icosz 
Oggetto 
osservato assaggi . | Passaggio a W. - 
Passaggio a E. 8g ww (dedotto) (o ) 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
Livello = = = = 
Filo L/- — — |- — — | — _ 
= ble —_ ar 


Livello baz: ass +1856 — 25% 


h mos h ms “u “ 
Filo II, |20_ 23 50.6 [21 1 53.7 | 432.87] 43283 
» Il3[20 24 574 |21 4 37.4 | 43295| 432:77 
» II3|]20 26 7.3 |2r 6 50.9 | 432.76 | 43266 

p 

Livello asl? —212 +18%6 — 245 
. h ms h ms 
Filo III, |2o_ 28 8.9 [21 9 544 | 432.59| 432.70 
» III, |20 29 30.8 |21 11 37.0 | 43303 | 433.18 
» III3|20 30 55.5 |21 13 5.3 | 432.29 | 432.29 
» IIL|20 32 23.4 |21 14 30.2 | 43332| 433.17 
» II,|20 34 19 |21 15 48.7 | 432.81| 432.70 
Livello 42253 Tardi 41858 — 2418 
A. h ms h ma 
Filo IV, |20_ 37 92 |21 17 51.9 | 432.57| 432.67 
» IV,|20 39 30.3 |21 19 4.8 | 432.58| 432.76 
» IV3|20 42 158 [21 20 tr19 | 432.80| 432.84 
Livello +2253 ni +18%8 —248 
Fio V|.- — — |- — =| — | — 
» Ve|- — — | _ _- — = — 
Livello — o — — 


i=— 12.268. Medio gp—d —icosz= 0° 7 12”.78 
+d=40 44 36 .34 

g_—icosz=40 SI 49 .12 

+ icosaz= — 2 .07 

g==40 51 47 .05 


Data 21 Agosto 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BaRR. 


n mis 
20 9 30.00 


21 30 30.00 


h m s ms 
20 8 3945 | +1 34-91 
21 29 39.51 | +1 35:24 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello, 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


h m h 
a 20 13 (23) + 19%0 — 23/3 a 2I 23” (19) +a7— 200 
a 20 18 (1°) 4 18.2 — 24.1 


a 21 28 (2°) + 20.4 — 22.3 


Inclinazione = — 12.425. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 02.563. 


Stella y Cygni: a=20%53"4%.5; d=+ 4094437”.73. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1° posizione. 


Tempo di BARRAUD Q_d—-fcosz 


Oggetto 


cine 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. È 
88 SS (dedotto) i 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello —_ —_ — _ 
Filo V|—- — — |-—- —| - iù 
» Vi a i oe” = cen Se = _. 


Livello +185 41 +2153 211 


d h ms h ms “ “ 
Filo IV3 {20° 23 16.6 {21 1 65 | 431.93| 431.68 
» IVa|20 24 234 |2i 3 52.5 | 431.65| 431.49 
» IV) [20° 25 36.4 |21 6 15.1 | 431.72| 431.37 
Livello +18î2 tg +2 SA 2 
È ha ho ms 
Filo III; [20 27 39.1 |21 9 22.7 | 43199] 431.61 
» III, |20 28 57.8 [21 11 00) 431.94| 431.71 
» III3 {20 30 226 [21 12 30.0 | 43r.51| 431.51 
» III2|20 31 528 {21 13 545 | 431.47| 431.70 
» IL, |z20° 33 340 [21 15 164 | 431.24| 431.62 
Livello +85 Lai +2155 nl 
h mi sE h ms 
Filo Il3 [20 36 38.2 |21 17 17.5 | 431.02) 431.37 
» !TH, [20 ‘38 5/6 (2° 18°.276 431.32 | 431.48 
» IL [20 41 348 |21 19 350] 431.44| 431.69 
Livello +18%4 241 42157 —a1°0 
Filo D|=- —. = | _ _ 
yu] TU= = jet == — — 
Livello _ — _ — 
i=-— 12.350. Medio g—d—icosz = 0° 7° 11”.57 


+d=40 44 37 -73 
g_—icosa=40 SI 49 .30 
Licosa = — 2 .20 
g==40 SI 47.10 


MOR La 


Data 22 Agosto 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
h _m h m 
20 8 30.00 20 7 32/70 +1 41:48 
21 29 30.00 | 21 28 3226 | +1 41.90 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


h m 
220 12 (23) + 20)2 _ 22/2 
a 20 17 (1°) + 21.6 — 21.0 


Inclinazione= — 1. Para. 


h m 
a21 23 (19) + 19% — 24/1 
azi 28 (2°) 19.6 — 23.5 


Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + o. 1,69. 


Stella y Cygni: 


Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo.di BARRAUD —-S —icos3 


a= 2053" 45.5; d=+ 40°%44'38”.00 


Oggetto ‘— 
osservato| Passaggio a E. Passaggio a W. (dedotto) oe 
Oculare a N. Oculare a S. ) 
Livello | — — — _ 
i è; a a 
ei Re —. —.ba = 2 
Livello +2156 —21.0 41858 2441 
i h m h m “ “” 
Filo II, |20° 23 16.4 [21° 1 135 | 43117 | 430/91 
» Iojz0 24 234 21 3 57.7 | 431.17 | 430.95 
» IHs|20 25 32.9 6. 12.5 | 431.40 | 431.15 
Livello |4-2:57 —nb +13%9 — 24.1 | 
È hm hm 
Filo III, |20_ 27 342 dl 9 156 431.20 | 430.93 
» Ila|20 28 569 /21 10 57.7 | 431.44 | 431.09 
» IM3|20 30 20.6 [21 12 27.4 | 431.30 | 431.30 
» IL]|z0 31 323 ni 13: 51.2.| 430.73 | 431.08 
» II5|20 33 203/21 15 95 | 430.67 | 430.94 
Livello | 4-2 19 — 2156 +i9Î0 ali 
e h m h m 
Filo IV, |20__36 367 2a (17 13.5 30.89 | 431.14 
» IV2|20 38 586 |21 18 26.2 | 430.74 | 430.96 
» 1Vg|20 41 48.0 |21 19 335 30.65 | 430.91 
Livello +9 al +19%0 24 | 
SR Pe E = e 
Dee Mella ln | — 
Livello _ — i; sea 


i=— (P.100. Medio —d —icos:= o al 


+d=40 44 38. 


.03 
.80 


g—icosa=40 51 49 
+icosz= 
Q=40 SI 47. 


ti; 


Data 23 Agosto 1889. 


Confrorito dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 

h m h s ms 
zo 8 30.00 20 7° 25 67 | +1 48.32 
21 29 0.00 | 21 27 55-29 | +1 48.70 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


h h m p p 
a20 ra” GE 19. = A, azi 23 (1°) + 21.7 — 21.4 
a 20 17 (1°) 17.6 — 25.2|a21 28 (2°) +4 20.3 — 22.8 


Inclinazione = — 12.737. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni =-4- 0”.594. 


Stella y Cygni: a=20"53" 45.5; d =+ 40°%4438”.27. 


Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 
Tempo di BARRAUd g_-d—-icosz 
Oggetto $ dia TA I -- 
osservato| Passaggio a E. Passaggio a W. compen- 
| (dedotto) ( 
Oculare a S. | Oculare a N. sato 
Livello fo aa 
Filo Va |— - -- 
» Vit -— |- — = 
A 1) | D 
Livello |4-17.6 —25.2 na Sep al 4 
S h s m “” “” 
Filo IV3 |20 23° 3.5 2 O) 53.2 431.83 | 431.28 
» IVa|20 24 10.8 {21 3 39.4 | 431.37 | 431.16 
BIEN (200025 E2g:af121 | 61) 0.2f) 431-217 ].431-18 
Livello +1756 —25.3 +2156 —214 
A h m s h m 
Filo III; |20 27 27.0 |21 9 9-3 431.53 | 431.24 
» IlL|2z0 28 45.9 [21 10 454 | 431.04 431.03 
» IlNz/z0 30 9.3 |21 12 16.9 | 431.60 |} 431.60 
» II9|20 31 399 [21 13 40.2 | 431.02 | 431.03 
» IH, {20 33 215 |21 15 26 | 430.96 | 431.25 
° I er 
Livello +1757 —25.2 pato elogio | 
5 h m h mm 
Filo Il3|20 36 6 21° 17 dI | 431.09 | 431.15 
» IL{20 38 397 [21 18 142 | 430.95 | 431.16 
Dili, [og 2337) 21° ‘19% 20.8 I 430.73 | 431.28 
Livello +1757 —352 bai, Lod 
Fio Li — — | — — = — 
Dee pis aa = == 
Livello — —_ — i | 
' 
i= — 12.830. Medio p—d—icosz= 0°. 9 41%a1 
+d=40 44 38 .27 
g_—icos3=40 SI 49 .48 
+ icosz= — 2 .99 


p=40 SI! 46 .49 
xx 


Data 29 Agosto 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
h m s D mo ce m s 
20 10 0.00 | 20 8 43.42 | +2 0.87 


21 30 30.00 | 21 29 13.37 | +2 0.93 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord Oculare a Sud 


h m ho m p 
220 14 (23) + 2001 — 242! a 21 33 (1) +16 — 2855 


220 19 (12) + 20.4 — 24.0 | a21 28 (2°) + 17.5 — 27.2 
A i as 
Inclinazione = — 32.725. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = +- 02.900. 


v'vgni: a=20"%53%45.5; d=+ 40%4'39".85. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


Tempo di BaRRAUD q_-d—icosz 


Oggetto» === === === ali 


osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. - 
85 88 (dedotto) ag ) 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
Livello _ _ — _ 
Nilecki- — fede c— 
Deb = —_ 


Pp p 
Livello 30.4 — 24.0 +16%2 —28.4 


h m h m 


| 
s s “ "” 
Filo II, [20 22 53.6 [21 It 3.1 | 434.17 | 433.88 
» Ils|20 24 0.6 |21 3 45.6 | 434.12 | 433.77 
DIF |20% 1257 Mio.7) | 21 5 59.4 | 434.06 | 433.79 
Livello SI Ses +65 he 
h ms h mos 
Filo III, |20 27 t1.0 |21 9 1.3 | 434.10 | 43423 
» III, [20 28 33.5 [21 10 41.6 | 433.67 | 433.91 
»: Ill}2z0 29 57.6 i21 12. 11.5 | 43365 || 433.65 
Di VIU,|:200 131° 127:34|210 2380360.58) 434:15\0433:901 
» II{20 33 41 [21 14 55.5 | 434.35 | 434.22 
Livello +20°6 — 2450 +16 toa, 
nh Mi - 8 h ms | 
Filo IV, [20 36 12.6 [21 16 58.0 | 433.53 | 433.80 
» IVo|20 38 33.0. |21. 18. 10.3 | 43342 | 43377 
» IVgiz0 41 18.6 |21 19 17.4 | 433.59 | 433.88 


) 
Livello +2058 —230 +16 —285 


Filo, «— lee Bi Po 
» Vo = i pupa file EA - fe di ir 

Livello — ci | a e 

i=— 32.938. Medio g—$—icosz= 0° 7° 13".89 


+ d=40 44 39 .85 
g_—tC0sz==40 SI 53 .74 
+icosa= — 6 .43 
g="40 51 47 .31 


wa 


Data 18 Settembre 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 

h m s h mo es m s 
20 Io 0.00 |20 82.76 |4+2 4419 
21 31 0.00 {21 29 2.70 | +2 44-25 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


h m h 
a20 12 ear ao a 21 23° pre ae 
a 20 17 (1°) +17.9— 27.2 |a21 28 (2°) + 20.7 — 25.3 


I 
Inclinazione = — 22.250. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni=+- 0.412. 


Stella y Cygni: «= 20%53# 45.2; d =+ 40%44'44”.30. 
Guanciale A al Sud. — Livello 1% posizione. 


I 


Tempo di BARRAUD Q_d—icosz 
Oggetto 
osservato Passaggio a E. | Passaggio a W. A 
55 55 (dedotto) Te ) 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello —_ _ _ —_ 
Filo Vo — _ — _ — — eni «I 
» Vil — — | — — — = 


Livello +1759 —275 4223 —23% 


x h Ù h “ “ 
Filo IV3 |20 22 12.6 |20 59" 46.2 427.72 | 427.38 
» «IV |20%- 323; 9:37 |21 2 32.6 | 427.18 | 427.23 
» IV, |20° 24 32.0 |21 4 56.9 | 427.49 | 427.24 
Livello Sang —2753 +-2253 Last 
h h 

Filo III; |20 26370 2 8” 6.9 427.25 | 427.26 
» «Il |20% (27 \ra70|201 9 43.8 | 427.43 | 427.42 
» IIIz |20° 29 20.0 [21 11 16.2 | 427.61 | 427.61 
» IIIa |20 30 50.6 {21 12 404 | 427.41 | 427.42 
» II, |20° 32 32.5 {21 14 2.6 | 427.28 | 427.27 
Livello +17%9 -274 bosa — 235 

è h TATE h mo LE 

Filo Il3 [20 35 38.0 |21 16 3.9 | 426.98 | 427.23 
» Ila|20 37 520 |21 17 13.9 | 427:29 | 427.24 
» II, |20 40 39.5 [21 18 210 | 427.04 | 427.38 
Livello +79 MO, ad4 — 235 

Filo Ill- — + |- — + Di _ 


» I = _ _ cc —_ — — —_ 


Livello _ = = 7a 
i=— 22.670. Medio g—d—ficosz= 0° 7° 7%.33 
+d=40 44 44 .30 

o —icoss=g40 SI 51 .63 
ticosa= midi +36 

g=="40 S1 47 .27 


Data 22 Ottobre 1889. 


Confronto dei pendoli. 

Ts — BaRR. 
h m s h mos ms 
20.9 0.00 | 20. 7 32.01. | +2 23.53 
21 28 30.00 | 21 27 2.24 | +2 23.32 


FRODSHAM BaRRAUD 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello.. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


h n "n m 
a20 15 (ip adi — 1953 a zi ‘23 (29) +arl6 — 222 
a 20 20 (2%) +230— 20.6 | a 21 28 (1°) + 20.7 —231 


Inclinazione = +- 0.525. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = + 0”.637. 


Stella y Cygni: a=20"53" 39.5; d =+40%4'48”.45. 
Guanciale A al Sud. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BARRAUD Q_ d— icoss 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) e) 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
Livello.| — — _ —_ 
Flo L|- — — |- — — pa: a” 
pene — | = pes = 


Livello +a90 ae tarli Siad 


h n, E h ms ad dl “ 
Filo Il, |20 22 48.1 |20 59 48.3 | 417.99| 41743 
» Ils|20 23 56.3 21 2 41.5 | 417.58| 417.41 
» Ilgj20. 25 6.6 |21 5 0.7 | 417:57| 41738 
Livello bazo use Paro ts 
h nti LE h mos 
Filo III, |20_ 27 9.8 {21 8 10.1 | 417.53) 41746 
» Ill, |z20° 28 32.6 [21 9 52.8 | 417.48 | 41743 
» lIl3|20 29 58.6 |21 11 25.0 | 417.51] 417.51 
» II_jzo 31 3v1.r |/21 12 50.5 41737 | 417.42 
» IMI; {20 33 90/21 14 90 | 417.39| 417.46 
Livello bag ef air 2201 
h ms h ms 
Filo IV, |20°_ 36 234 [21 16 14.9 | 417.19] 417.38 
» IV,|2z0 38 51.9 |21 17 28.1 | 416.85 | 417.42 
» IVg [20 41 520 |21 18 36.1 | 416.87 | 417.43 
Livello +31 20% 42156 Liza 
Filo Vy}.— — — |- — — = 22 
» Vei—- — — | — -—- = = 


i=+- 02.482. Medio g—d—icosz= 0° 6 57.30 
+d=40 44 48 .45 

g—icosz=40 SI 45 .84 

+ icosa= +0 .79 

g==40 51 46 .63 


Data 23 Ottobre 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BaRRAUD Ts — BaRR. 
h m s h m. s RI RE 
20 9 000 |20 7 36.01 | ---2 19.69 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


hm h 
a20 15 (19) + 21/0 — 23/6 a 21 23° (2) +-233— 206 
azo 20 (2%)-+21.7— 23.0|a21 28 (1%) + 24.1 — 20.7 


Inclinazione = + 02.150. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 02.563. 


Stella y Cygni: a=20%53”35%.4; d =+ 40%4448".49. 
Guanciale A al Sud. — Livello 2* posizione. 


Tempo di BARRAUD Q_d—î cosz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) (E) 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello — _ —_ —_ 
Filo Vyj{—- — — |[- — — = —_ 
» Vi = a = ron ni —a = n 
Livello +2157 —230 42312 —2157 
1 h__ms hi (MIO cs si “ 
Filo IV3 20° 22 45-0 [20 59 34.5 | 418.63 | 41829 
» IV, |20 . 23 (52.6 |z1 2 33.4 | 418.59| 418.23 
‘» IV} [2025 5.9 |21 459.5 | 418.34 | 418.10 
Livello +2156 Le 42352 —217 
‘ hm s hm s 
Filo III; {20 27 10.8 {21 8 13.6 | 41853| 418.24 
» IIL]|20 28 29.2 [21 9 520 | 418.66| 418.47 
» INl3|20 29 55.6 [21 11 25.1 | 418.55| 41855 
» IIa2|20 31 264 i21 12 495 | 418.29] 41848 
» II, |20 33 1ro |21 14 13.2 | 41795] 418.24 
Livello 4216 23% 4238 —2106 
- h ms h ui DI 
Filo Il3 {20° 36 18.9 |21 16 157 | 417.86) 418.10 
» IlL|20 38 390 |21 17 26.9 | 417.87| 418.23 
» IL |20 41 298 [21 18 340 | 417.95| 418.29 
c. p p p p 
Livello |+-21.4 —23-4 |+-23-:3 —21.6 
Filo b|- — — | — — —_ —_ 
veglie sd = == — —_ 
Livello = _ —_ —_ 
i=+ 02.013. Medio g—_d—icosz= 0° 6° 58”.29 


+d=40 44 48 .49 
g_—icosz=40 51 46 .78 
+icosz= + o. .02 


78 — 


Data 24 Ottobre 1889. Data 28 Ottobre 1889. 


Confronto dei pendoli. Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD TS — BARR. FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
h m s m s hu e m s 
— 20 50 47.94 +2 15.47 _ 20 SI 1.99 | +2 1.33 


U 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 
Oculare a Nord 


invertendo il livello. 
Oculare a Sud 


Livellazioni dell’asse, 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


h m 
a21 23 (2%) + 2355 — 2001 
azi 28 (1°) + 25.0 — 18.7 


h 
a 20 15° (19) +14 — 222 
azo 20 (2%) + 22.3 — 21.3 


h 
azi 23° (22) + 21.6 — 230 
azi 28 (1°) 4- 20.7 — 23.9 


h 
a 20 15° pare an 
azo 20 (2°) 22.8— 21.5 


Inclinazione = + 12.237. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni=+- 02.594. 


Inclinazione == — 0”.073. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni =-+- 0? 538. 


m 


Stella y Cygni: a=20"53"3%.3; d =-+40°%44/48".60. 
Guanciale A al Sud. — Livello 2% posizione. 


Stella y Cygni: a =20%53”?3%4; d=+ 40%44/48”.52. 
Guanciale A al Sud. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BARRAUD Q—-È—-<cos z Tempo di BARRAUD ®d- d—-icosz 
Oggetto np Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) (corone osservato Passaggio a E. Passaggio a W. hlane {seneeno 
Oculare a N. Oculare a S. sato Oculare a S. Oculare a_N. sato 
Livello —_ — —_ — Livello = = = x 
Filo I|— — — | — — = _ NONE ES SS == Pa 
» I — — |—- — — = - ei ea ene = E, 
Livello 2258 —215 EEA —236 Livello 42273 — 215 42355 baz 
è h h “ “” n h h ” ” 
Filo II, [20 22° ssi 20 59” 537 417.93 | 417.51 Filo IV3 |20 n 45 20 59” 423 416.34 | 415.80 
D. JI 20,824 | 2,00/21 2 49.0 41794 | 417.58 » IVa 20 24 12.0 |2t 2 444 416.53 | 416.06 
» II3|20 25 13.3 {21 5 8o | 417.88| 417.65 » IVi|20° 25 247 [21 5 11.6 | 416.56 | 416.07 
Livello +2350 Lai bars =bgh Livello Ladd 25 +23 — 2053 
h 7 ; h h 
Filo III, |20 27° 155 21° 816. 3 | 417.85 | 417.63 Filo III: [20 27° 313 tu RU 27,0 416.23 | 415.95 
» IlIa|20 28 39.1 |2t1 10 04 | 417.87] 41777 » IIL |20 28 50.2 |21 io 61 416.34 | 416.23 
» IIIz|2z0 30 5.1 (21 11 3513 | 417.44 | 41744 » Il3/20 230 168 |21 11 38.6 | 415.97 | 41597 
» HIL[20 31 37.1 |21 12 57.5 | 417.66) 417.76 » Ils |20 31 48.1 |21 13 4.6 | 416.12| 416.23 
» II;/20 .33 16.0 |21 14 164 | 417.42] 417-64 » Ill |20 33 32.6 |21 14 276 | 415.66| 41594 
Livello badi A bal 6 —235 Livello 4223 Ze ERA — 205 
h 7 ; h 
Filo IV, |20 36” 293 |21 * 16 22,0 417.41 | 417.64 Filo I3|20° 36 41,6 [21 16” 30.6 | 41558| 416.07 
» .IVo [2038 570 [21 17 354 | 417.22] 417.58 » Ila |20 39 13/21 17. 413 | 415.59] 416.06 
» IVa|j20 41 57:6 [21 18. 43.5 | 417.10 | 417.52 » II,|20 41 56.9 |21 18 487 | 415-26| 415.80 
Livello BA 2210 4a 6 =23%0 Livello 42253 215 +2355 ziadh 
Filo VV} — — -- Ellogkbi-]—- ti == AR sz 
A ri _ D'liio |_e “a Le 
Livello | — _ Livello | — _ _ _ 
=-+02.075. Medio p—d—icoss= 0° 6° 57%.61 î=+- 12.088. Medio p—d—icoss= 0° 6' 56".02 
+d=40 44 48 .52 +d=40 44 48 .60 
g—icosz=40 51 46 .13 o—icosa=40 51 44 .62 
+icosa= +o .12 +icosa= +1 .78 
p=40 51 46 .25 g="40 SI 46 .40 


Data 8 Novembre 1889. 
Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
m hm ni 

A 30/00 »9 55.28 +1 35.17 

35 0.00 34 25:35 | +1 35-10 


— _ _ 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


h h 
a. 2 10° (12) 42553 — 300 |a 3 go (2) + 231 — 275 
a 215 (2°)+234—220 |a 348 (1°)+-21.7 — 24.0 


Inclinazione = + 0?,625. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni= + 0”.525. 


Stella g Persei: a=3% 1054; d=-+40°31"49".95- 
Guanciale A al Sud. — Livello 2° posizione. 


Tempo di BARRAUD q_d— 708 Z 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) pi 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
Livello SEA 22% asti —224 
È x h ms h m s “" “ 
Filo I,;|2 17 327|3 25 536 | 1195.40 | 119503 
» I|2 18 376]3 27 310 | 1595.13 | 1194-75 
Livello | +2 3; —22% ay A 
; rn h 
Filo II, | 2 19 44.6 3 29° 46 1195.42 | 1194.95 
» ll] 2 20 308|3 30 5.5 | 1195.82 | 1195.20 
» 1I3|2 21 195|3 31 47 | 1195.38 | 119503 
Livello 42355 —235 Par il ate 
_ h h 
Filo III, | 2 22° 404 3 32° 366 1194.66 | 1194-81 
» IlI|2 23 32.1]3 33 326) 1194.79 | 119499 
» II3z|2 24 240|3 34 26.3 | 1195.06 | 119506 
» IL|2 25 17,3]3 35 18.5 | rig5 18| 119498 
» II;|2 26 10.9|]3 36 79 | 1194.96 | 119481 
Livello 42355 225 +250 eLab È 
Ù h ms h m 
FiloIV,| 2 27 46.3|3 37 30.3 1194.68 | 1195-03 
» IVo| 2 28 476] 3 38 19.8 | 1194.58 | 1195.20 
» IV3|2 29 490/33 39 6.84: 194.48 | 1194 95 
Livello 42355 -—15 42351 225 
è h ms h 
Filo V| 2 31 22.8 |3 40° 14.0 1194.38 | 1194.75 
» Va|2 33 08|3 41 19.2 | 119466 | 1195-03 


Livello [+95 —22%0 aghi — 2255 


î=-|-0?.522. Medio p—d—icoss= 0° ig 54”.97 


T +d=40 31 49 .95 
p_tC052=40 51 44 .92 
+icos:= +0 .85 
ped 51. 49-77 


Data 11 Novembre 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
me mete h m s ms 

2 4 30.00 | 2 4 28.57 | +1 1.80 
2 37 30.00 | 237 28.45 | +r n.92 
3 14 30.00 | 3 14 28.31 | +r 206 
3 49 30.00 | 399 28.23 | +1 2.14 


invertendo il livello. 


Oculare a Nord 


Livellazioni dell’asse, 
Oculare a Sud 


h h m 
a zio” G)+218— 241 a 343 (29) + 23/2 — 2353 
a 215 (2°) +226—23.5 |a 348 (1°) +25.3— 21.5 


Inclinazione = + 02.062. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni=+- 02.431. 


h im 


Stella B Persei: a=3% 1" 05.5; d=-+40°31'50”46. 
Guanciale A al Sud. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BARRAUD Q- d—-ic0sz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. Passaggio a W. (dedotto) Pay 
Oculare a S. Oculare a_N. sato 
Livello 4226 235 Lola -25 
è È h ms h ms Ùu “ 
Filo Va| 2 18 08 |3 26 20.3 | 1196.32 | 1196.05 
» Vi|2z 19 6.1|3 27 58.9 | 1196.00 | 1195.96 
Livello 4226 — 235 42353 — 235 
7 h 
Filo IV3 2 20° 128 3 29° 321 1196.00 | 1196.02 
» IV. | 2 20 594 | 3 30 339 | 1196.44 | 1196.28 
» IV,j| 2 21 489 | 3 31 35-0 | 1196.35 | 1196.50 
Livello TATA =-3359 +23%0 —232 
h h 
Filo HI; | 2 23° 117 3 337 10.0 1196.01 | 1196.10 
» IILL|2 24 04|3 34 3-2 | 1196.32 | 1196.08 
» 13] 2 24 527 | 3 34 57.0 | 1196.31 | 1196.31 
» II{2 25 455 | 3 35 47.9 | 119585 | 1196.09 
» II, | 2 26 41.2] 3 36 404 | 1196.18 | 1196.09 
Livello +256 —335 boagli — 233 
E h mos h ms 
Filo II3|] 2 28 14.0| 3 38 1.9 | 1196.64 | 1196.49 
» I|2 29 13.5|3 38 495 | 119612 | 1196.28 
» II,|2 30 140 | 3 59 361 | 1196.03 | 1196.01 
Livello P22°6 1435 2352 —235 
à h mos h mos 
Filo I| 2 31 47.1|3 40 43.2 | 1195.93 | 1195-97 
» IL|2 33 244 |3 41 47.7 | 1195-78 | r196.05 


Livello +-22/7 —35 23/2 —235 


i=— 02.285. Medio p—-d—icosa= 0° 19° 56.15 
p 9 

+d=40 31 50 .46 

g—icos3=40 51 46 .6I 

-+icosz= — 0 .46 


g="40 51 46 .15 


1°. pa 


Data 15 Novembre 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BaRRAUD Ts — BaRR. 
hit va Foo MI a m s 

2 4 30.00 Î.2 4 09.34 | +1 22.73 
2 37 30.00 | 2 37 9.26 | +1 22.80 
3 17 30.00 | 317 9.13 | +1 22.89 
3 50 0.00 | 349 39.03 | +1 22.98 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


h m hm 
a 210 (13) Pasta — 2351 a 343 (23) + 2118— a5f2 
a 215 (28) +20.5—26.0|a 348 (1°) +19.0— 28.0 


Inclinazione = — 27.200. 


Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = 4- 02.450. 


Data 16 Novembre 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts— BARR. 
ix Le h m s igte 
2 4 0.00 | 2 3 34.40 | +1 28.56 
2 37 30.00 | 2 37 € 4.29 | +1 28.68 
3 18. 30.00 | 3 18 4.17 | +1 28.84 
3 49 30.00 | 349 4.05 | +1 28.97 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


rh m n 
a 2 10 (13) + 1856 — 28% a 3 43° (23) baro — 269 
a 215 (23) +21.5—25.0/2 348 (1°) +24.1— 22.8 


Inclinazione = — 22.063. 


Correzione per l’ineguaglianza dei perni =+- 02.581. 


n 
TER SEE SIRO A..JguY6uÙl:]) Tgs—<i“«e-”ce-«««“«F[  _—_——_——’@@’-<iijii:iiiiiiirz]j| _ii{i-F. 


Stella B Persei: 


a= 3" 105.5; d=+-40°31"51”.13. 
Guanciale A al Sud. — Livello 2° posizione. 


Tempo di BARRAUD g_-d—icosz 
Oggetto a 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) (RO 
Oculare a N. Oculare a S. sato 
Livello +2055 —260 +2159 —25.0 
h h “” “” 

Filo 1,| 2 17° 4259 3° 126 8î8 1198.21 | 1197.86 
». In] 2 18 47.0| 3 27 46.7 | 1198.73 | 1198.21 

Livello +-20'6 —26% +2158 200 

hm hh Asm 

Filo II,{| 2 19 54.2 5° 29 199 1198.66 | 1198.17 
» IHo| 2 20 40.7 | 3 30 21.4 | 1199.19 | 1198.38 
» 1I3|2 21 28.9|3 31 19.0 | 1198.25 | 119805 

Livello 4207 —260 +2158 —250 

hm hm 

Filo III, | 2 22 487 gi l22 517 1198.61 | 1198.14 
» IlIo|{ 2 23 4uo | 3 33 48.1 | 1198.59 | 1198.18 
» II3| 2 24 32.9] 3 34 41.5 | 1198.69 | 1198.69 
» IL| 2 25 26.5] 3 35 322 | 1197.76 | 1198.17 
» III:{ 2 26 19.9|3 36 21.7 | 1197.68 | 1198.15 

Livello +2152 — 25.5 +18 201 
È h ms h ms . 

FiloIV,j|2 27 542| 3 37 440 | 119785 | 1198005 
» IVas| 2 28 560 | 3 38 33.7 | 1197.57 | 1198.38 
» IVa3| 2 29 576| 3 39 21.1 | 1197.67 | 1198.16 

Livello baila — 255 42157 —262 
x h ms h ULI 

Filo V,| 2 31 297 |3 40 27.4 | 1197.69.| 1198.21 
» Val 2 33 89/3 41 328 |1197.52 | 119787 

Livello baila — 2556 +2:58 dat 
i=— 29.038. Medio p—d —icosz= 0° 19' 58”.18 


+d=40 31 st .13 
p_—icosa=40 
+ icosz= 

g=="40 SI 46 .00 


Stella f Persei: a=3% 1% 0%5; d'=+40°3151".30, 


Guanciale A al Sud. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BARRAUD q_d—-icosz 


Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) PER) 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello +25 Zisso +10 258 
h mi è h mos 7) si 

Filo V2| 2 17 32.0 | 3 25 55.9 | 1198.70 | 1198.41 
» Vi|2 18 36.9 | 3 27 35-0 | 119897 | 1198.58 

Livello +2155 25,0 tao —259 

h m us h Mms 

FiloIV3| 2 19 436/329 7.5 | 1198.66 | 1198.59 
» IV,| 2 20 304 | 3 30 8.9 | 119879 | 1198.50 
» IVj| 2 21 204 | 3 31 10.4 | 1198.59 | 1198.30 

Livello +ul — 2523 +21°0 —259 

h ms h i e 

Filo III; | 2 22 42.9 | 3 32 45.0 | 1198.23 | 1198.20 
» IIL|2 23 32.7] 3 33 38.4 | 1198.00]| 1198.14 
» II3|2 24 237 | 3 34 31.6 | 119841 | 1198.41 
» II] 2 25 165|3 35 23.2 | 1198.28| 1198.14 
» II,|2 26 131|3 36 15.7 | 1198.17 | 1198.20 

Livello ah 253 +21 — 259 

h ms h LL" 

Filo Il3/ 2 27 45.6 | 3 37 36.0 | 119801 | 1198.30 
» Is] 2 28 44.0|3 38 23.9 | 119822 | 1198.51 
» IL| 2 29-446|3 39 11.2 | 1198.52 | 1198.59 

Livello +2152 pda ii +25 —259 

h mos h ms 

Filo Ig] 2 31 17.7] 3 40 18.0 | 1198.18 | 1198.57 

« IL|2 32 55.6|2 41 23.1 | 1198.13 | 1198.42 


Livello +2153 età +arlo ta | 


i=— 22.188. 


Medio p—d —icosz= 0° 19° 58".39 
+d=40 31 51.39 

g—icosz=40 SI 49 .69 
+icosz= — 3.56 

g=="40 51 46.13 


LR 


Data 25 Novembre 1889. Data 3 Dicembre 1889. 


Confronto dei pendoli. Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. FRODSHAM | BARRAUD Ts— BaRR. 
h h ha m È h m 3 

Pet ig 30.00 2 na 31.30 da 10.98 PP, 0.00 | 2 5 32.46 +2 47.19 
2 40 30.00 | 2 39 31.25 | +2 11.04 37 Oo.do.ll 235. 32:36 | La 4730 
3 21 0.00 | 320 1.18 | {2 11.15 3 17 30.00 | 3 16° 2.25 | +2 47.43 
352 0.00] 351 115 | +2 11-19 3 49 0.00 | 347 3216 | 2 47:53 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord 


à m h m 
a 210 (12) + e — 2355 a 343 (29) + 2212 _ 24.8 
a 215 (2°) +20.5—26.4|a 348 (1°) +18.9— 28.0 


Oculare a Sud 


Inclinazione = — 22.213. 
Correzione per l’ ineguaglianza dei perni = + 0”. 356. 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud 


Oculare a Nord 


h m h m 4 
a 210 (12) + 23/9 — 2450 a 343 (2°)+ 254 — 2218 
a 215 (23) + 26.2—21.8|a 3 48 (1°) +-28.4— 19.9 


Inclinazione =+- 12.425. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni=+- 0.425. 


Stella Persei: a= 3*1#0%.6; 


d =+ 40°31'52”.73. 


Guanciale A al Sud. — Livello 2* posizione. 


Stella 8 Persei: a=3"10%6; d=+4093153".97. 
Guanciale A al Sud. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BaRRAUD Q_-d—icosz Tempo di BARRAUD Q_-d—-icosz 
Oggetto È Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (edotto) pai osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) CES 
Oculare a N. Oculare a S. sato Oculare a S. Oculare a N. \ sato 
+ p » 
Livello |+20.5 —26.4 +a22%0 —255 Livello +26 — 218 basta —22.6 
- r h m_es h m “ t7 h h m 14 di 
Filo 1,] 2 16 549 x» 35 182 1197.12 | 1196.81 Filo Vg| 2 16” 216 3: 24 26.5 1188.53 | 1188.29 
» la]2 17 597 3 26 57.1 | 1197.55 | 1197.01 » Vi| 2. 17 26.5] 3 26 5.3 | 1188.51 | 1188.04 
;, p p 
Livello |{-20.6 —26.3 +2250 —25° Livello +60 —22%0 tod —225 
a h ms h ms h h 
Filo I,| 2 19 6.7|]3 28 29.8 | 1197-35 | 1197.10 FiloIV3| 2 18° 334 3 27° 383 1188.19 | 1188.11 
» Hl2|2 19 536|3 29 30.3 | 1197.10 1197.00 » IVa| 2 19 20.3 | 3 28 40.3 | 1188.48 | 1188.16 
» IHa3|2 20 41.3|3 30 292] — = » IV,| 2 20 10.1|3 29 42.4 | 1188.64 | 1188.26 
i P v 1) p 
Livello |-|20.6 —264 +21.9 —25.0 Livello 42508 — 223 tosta —227 
n h ms h ms h h 
Filo III, 2 22 1.8 3 1.3 — e Filo III: | 2 21 "337 3 317° 17.4 1188.38 | 1 188.25 
» Il|2 22 ssu|l- — — — _ » IL|2 22 22.7|3 32 10.5 | 1187.80 | 1188.02 
» I3|2 23 457|3 33 50.9 | 119681 1196.81 » II3|2 23 147|3 33 4.5 | 118807] 118807 
» IL|2 24 396|/|—- — — | — _ » H,|2 24 74]|3 33 564 | 118825 | 118803 
» HI;|2 25 330|— — — _ _ » IL|2 25 36|3 34 48.5 | 1188.13 | 1188.26 
, p p p p 
Livello |-+21.0 —26:0 |+-21.9 —25.0 Livello +60 225 pad 2258 
x h ms h ms h h 
Filo ci, sl 27 78|}—- — — _ —_ Filo II3| 2 26° 37.1 3 367” 9.4 1187.87 | 1188.25 
» pel, 2 28 87|3 37 45.1 | 119691 1197.01 » MIs|2 27 35-73 36 57.0 | 1187.85|1188.17 
» IVa|2 29 105|]3 38 325 1196.85 | 1197.10 » Ih|2 28 36.8|3 37 444 |1188.02]1188.10 
È v4 p p p 
Livello |+21.0 —260 (42210 —24:7 Livello |+-26%0 2202 [bas —228 
: h ms h ms h 
Filo hi 230 437|3 39 38.9 | 1196.46 | 1197.00 Filo IL Pa 30° 11.4 3 38° s109 1187.57 | 1188.04 
» %2a|]2 32 2203 40 440 |1196.51|1196.82 » h|2 31 48.5 | 3 39 57.0 | 1188.06 | 1188.30 
; p 14 Pp p 
Livello |+-2r.0 —26.0 |+-22.2 —24.8 Livello +26%0 —a29 sat — 2258 


i=— 22.072. 


Medio p_d—icosz= 0° 19 56”.96 


+d=40 31 52.74 
g—icos:=40 51 49 .70 
+icosz= —3 .37 
p="40 51 46 .33 


ArTI— Vol. V.— Serie 2°—N.° 7. 


i=+ 12.643 


Medio g—-d—icoss= 0° 19’ 487.16 


+d=40 31 53.97 
g_—icoss= 40 51 42 .13 
+icosz= + 2.67 
g="40 51 44 .80 


ll 


SE pia 


Data 6 Dicembre 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BaRR. 


s s mos 
6 30.00 | 2 4 49.521 43 2.28 
7 0.00 | 235 1943 | +3 2.38 
I 30.00 | 3 19 49.33 | +3 2.50 
9g 0.00 | 3 47 19.28 | +3 2.56 


h m 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


m "n m p 
"0 (13) + 2955 — 185 a 3 43 (23) + 2628 — 2154 
15 (29) 4+25.5— 22.5|a 348 (1°) + 24.0 — 24.2 


[x] 
w in 


Sara pn) 
Inclinazione= +. 2.400. ; 
Correzione per l'’ineguaglianza dei perni = + 0.550. 


Stella B Persei: = 3PrMo.6: d=+ 40°31"54".40. 
Guanciale A al Sud. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BARRAUD Q—-d—ic0s3 
Oggetto E 
i eci A 
osservato | Passaggio a E.|Passaggio a W. (dedotto) Trio 
Oculare a N. Oculare a S. sato 


Livello bass Lg +273 —2057 

h h m ni 
Filo I,| 2 16° 111 st 24 15.4 1187-07 | 1186.67 
» Isl 2 17 15.8] 3 25 54.4 | 1187-47 | 1186.74 


Livello pasto —2255 4273 —207 
L'ACL hm 

Filo Il, | 2 18 23.9 3 27 28.5 1187.09 | 1186.78 
» II3y| 2 19 10613 28 29.2 | 1187.00| 1186.84 

» 13] 2 19 59.1 | 3 29 29.0 | 1186.93 | 1186.77 


Livello Lastg —225 14270 —210 


h ms h mms 
Filo II, | 2 21 191] 35 31 1.6 | 1187.06 | 1186.75 
» II] 2 22 11.6 | 3 31 58.6 | 1187.24 | 1186.86 
» IIg|2 23 343 32 52.1 |1187.44| 1187-44 
» IL]| 2 23 57.6 | 3 33 43.3 | 1186.48 | 1186.86 
» II; |2 24 51.6 |3 34 33.4 |1186.45 | 1186.76 


Livello 42555 —227 1420609 —215 

h m h m 
FiloIV,| 2 26 26.5 3° 3 56.1 1186.61 | 1186.77 
» IVa| 2 27 28.0 | 3 36 46.0 | 1186.68| 1186.84 


» IVa| 2 28 30.3 | 3 37 33.4 | 1186.46| 1186.77 


Livello +-25%5 — 2258 +26 —212 


m hm 
Filo V, 3” 30 4a 3 38 40.1 1186.01 | 1186.74 


» Va|2 31 43.6 | 3 39 45.8 | 1186.27 | 1186.67 


Livello +2555 — 278 +-2658 21% 


i1=4 22.218. Medio, — î — fcosa= o° 19' 46.82 
+d=40 31 54 .40 

— icosz=40 SI 4I .22 

+icosz= +3 .61 

g=40 51 44.83 


Data 9 Dicembre 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BaRR. 


k m s n m s ms 
2 4 30.00 | 2 2 38.27 | +3 15.96 
2 37 30.00 | 2 35 38.19 | 4-3 16.05 
3 20 30.00 | 3 18 38.02 | +-3 16.24 


349 0.00 | 347  7.95[ +3 16.32 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


LIL ) v 
a 343 (2°) +25.5— 22.7 
a 348 (1°) + 29.3 — 19.0 


h_m O) » 
a 210 (1°) + 24.0— 24.2 
a 215 (2°) 427.4 — 20.7 


Inclinazione= +. 27.450. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni=+ 02.413. 


Stella 8 Persei: a = 3"1%05.6; d=40°3154".78. 
Guanciale A al Sud. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BARRAUOD o=d—; c0s 2 
Oggetto I  IIEe 
osservato| Passaggio a E.|Passaggio a W. 


Oculare a S. Oculare a N. 


‘compen- 
(dedotto) ( iù ) 


Livello Fara —20.7 +-2555 —227 
h m h m “” T] 
Filo Va] 2 15 52.6 3a 23 56.2 1188.03 1187:31 
» Vi] 2 16 58.5| 3. 25 35.6 | 1187.57| 1187.28 


Livello +27.1 dalla +a5hs 257 


Filo IVg = 18” 45 » Sui 8°6 1187.82 | 1187.38 


» IVe[ 2 18 51.7|]3 28 10.1 | 1187-65 | 1187.09 
» IV;| 2 19 42.6| 3 29 11.6 | 1186.82 | 1186.93 


Livello +70 —af2 +-2555 —227 


Filo III; = pn 4.9 3 qoli 474 1187.13 | 1186.97 
» IL|2 21 546 | 3 31 40.6 | 1186.84 | 1186.86 
» II3|2 22 46.5 | 3 32 344 | 1187.04 | 1187.04 
» II9| 2 23 396 | 3 33 26.1 | 1186.88 | 1186.86 
» IL|2 24 35.8] 3 34 18.3 | 1186.81 | 1186.97 


Livello +-26%6 lai 2555 227 


h mi. s h m 


Filo, Ilzil 20264 8:7.]| 134035 39.5 1187.04 | 1186.93 
» Ia|2 27 81]3 36 27.0 | 1186.54| 1187.10 
» ILh|2 28 863 37 14.3 | 1186.94| 1187.38 


Livello |+-26%4 —21.7 |4+-255 —227 


h ms h 


m 
Filo... Io'lu2.de2git 41! 135° 38 21.1 | 1186.98 1187.27 
» .IL|2 31 21.3 3 39 27.0 | 1186.60/|1187:32 


Livello |+-26%14 —218 |4+-25%5 —227 


î= + 22.288. Medio g—d—icos#= 0° 19° 47“11 
td=40 31 54 .78 

g_—îcosa=40 SI 4I .89 

+ icosa= +3 .72 

g="40 S! 45 «GI 


298% 


Data 22 Dicembre 1889. 


Confronto deì pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD TS — BARR. 


h h ms m s 
2 63000 2 3 5896 | +4 9:35 


37 3000 | 2 34 58.88 | +4 944 
3 18 30.00 215 58.76 | +4 9.59 
3 50 000 | 347 28.67 | +4 9.69 


Livellazioni dell’asse, invertendo il livello. 


Oculare a Nord Oculare a Sud 


h m h m p p 
a 2 10 (13) + 2858 — 190 a 343 (2°) +27.2— 20.7 
a 215 (2°) +26.0—21.8|a 348 (19) +240— 240 


Inclinazione = + 22.513. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = +- 02.469. 


Stella g' Persei: «= ghiMo8.6; d =-+40931'56”.24. 
Guanciale A al Sud. — Livello 2% posizione. 


Tempo di BARRAUD g_ d—-icosz 
Oggetto 
osservato | Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) a) 
Oculare a N. Oculare a _S. sato 
p p 
Livello +2650 —28 +273 —20.6 
9 ] h mi 8 h ms “ ” 
Filo Lh{2 15 51|3 23 54 | 185.09 | 1184.30 
» Isf 2 16 10.9 | 3 24 44.8 | 1184.88 | 1184.34 
p 
Livello +26%0 —218 +-2753 —20.6 
Ù h i L_IRII h ms 
Filo II, | 2 17 18.6 | 3 26 17.9 | 1184.25 | 1184.12 
» Is] 218: (5.7) 3 27. 20:0, | 1184.57 | 1184.34 
» I3|2 18 540 |3 28 19.3 | 1184.37 | 1184.24 
Livello +60 —218 42753 aolk 
î h ms h ms 
Filo II, | 2 20 147 | 3 29 51.6 | 1183.90 | 1184.15 
» INI] 2 21 7.0 |3 30 49.3 | 1184.53 | 1184.25 
» HI] 2 21 589 | 3 31 420 | 1184.27 | 1184.27 
» II,| 2 22 52.4 | 3 32 33-7 | 1183.98 | 1184.26 
» IHI;| 2 23 458 | 3 33 240 | 1184.39 | 1184.14 
p 
Livello Babo — 218 +27.3 L2056 
E h ms h ms 
FiloIV,| 2 25 21.6 | 3 34 46.6 | 1184.11 | 1184.24 
piVaij 2 26° 240 | 3 35° 37.1 | x184.127|\1184.35 
» IV3| 2 27 25.1 | 3 36 23.7 | 1183.99 | 1184.12 
Livello +-26%0 — 21/8 baza af 
h h 
Filo Vj | 2 28° 50.5 3 37° Zio 1183.79 | 1184-33 
» V| 2 30 38.9 | 3 38 36.0 | 118352 | 1184.31 


Livello 4260 — 2118 bara — 20.7 
Medio g—_d —-icosz= 0° 19° 44.25 
+d=40 31 56 .24 
g_—icosz=40 SI 40 .49 
+icosz= +4 41 


g="40 51 44 .90 


i=+ 22.710. 


Data 23 Dicembre 1889. 


Confronto dei pendoli. 


FRODSHAM BARRAUD Ts — BARR. 
h m s Ra <a m s 

2 6 30.00 | 2 3 5441 | +4 15.15 
2 38 000 225 24:34 | +4 15.24 
3 19 30.00 | 3 16 54-19 | +4 15.43 
3 50 0.00 | 347 24.14 | +4 15.50 


Livellazioni dell'asse, invertendo il livello. 


Oculare a Sud Oculare a Nord 


h m h 1 
a 2 10 (13) + 2309 — 24/1 a 13 43° (29) + 255 — 2204 
a 215 (28) |-27,6—20.3|a 348 (1°) + 29.5 — 18.4 


Inclinazione = + 22.662. 
Correzione per l’ineguaglianza dei perni = + 0”.444. 


Stella B Persei: a = 3*1%05.5; d = + 40°31’56”.33. 
Guanciale A al Sud. — Livello 2* posizione. 


Tempo di BARRAUD Q—-d—icoss 
Oggetto 
osservato Passaggio a E. | Passaggio a W. (dedotto) (sa) 
Oculare a S. Oculare a N. sato 
Livello Hase — 2053 42555 Lungi 
‘ h U “ 7; 
Filo Va | 2 e 549 3° 22° 53.0 1185.24 | 1184.53 
» Vi|2 16 06]|]3 24 32.6 | 1184.93 | 1184.67 
Livello 4277 305 pas LIETA 
h h 
FiloIV3 | 2 17° 7.2 3 260 6.5 1185.20 | 1184.79 
» IVa| 2 17 53.8 | 3 27 7.8 | 1185.12 | 1184.74 
» IV,| 2 18 447) 3 28 10.4 | 1184.98 | 1184.75 
Livello +277 26.2 Sants —22.4 
3 h m h 
Filo III- | 2 20 7.2 3 29 456 1184.84 | 1184.80 
» IIL]|2 20 562 |3 30 38.6 | 1184.82 | 1184.79 
» II3|2 21 490 | 3 31 33.1 | 1184.90 | 1184.90 
» AU 222 41.6 | 3. 32 24:6 | 1184.75 1184.78 
DI | 2/23 5 8520 3033070 184:77 (118481 
Livello 49755 BA Last a 
ò h ms h 
Filo II3] 2 25 11.8 | 3 347 381 1184.51 | 1184 74 
Di IG. 2 26 10.93 35 25.9 || 1184-37] 1184/75 
» IL|2 27 12.0] 3 36 13.0 |1184.37 | 114.78 
Livello azz —2056 bads = 2054 
h h Ma "8 h ms 
Filo I,| 2 28 45.0 | 3 37 20.1 | 1184.41 | 1184.67 
» I|2 30 241 |3 38 250 |1183.83 | 1184.54 


Livello |+272 —2057 |+-25735 —224 
i=+4 22.535. Medio n —d—ticosz= 0° 19 44.74 
+d=40 31 56 .33 

g—icosz= 40 SI 4I .07 

+ icosz= +4 .12 

9==40 51 45 .19 


SEZIONE III. 


Risultamenti delle osservazioni. 


S 1° — Riduzione dei valori della latitudine dati dalle diverse stelle 
a quelli dati da una stella unica. 


23. — La prima ricerca, che si presenta, è la riduzione dei valori della latitudine 
dati dalle diverse stelle a quelli che sarebbero risultati, se tutte le osservazioni si fos- 
sero fondate sopra un’unica stella. Scelgo come stella di riduzione la Gr. 2448, le cui 
osservazioni sono perfettamente concatenate con quelle di 9 Bootis e di v Cygni. 

La stella 9 Bootis è stata osservata con la stella Gr. 24/5 nelle serate del 19, 20, 
22 e 24 Giugno, 3 e 9g Luglio ; inoltre un’ osservazione di Gr. 2445 trovasi fatta 1’ 8 Giu- 
gno e racchiusa tra due osservazioni di g Boots fatte il 7 e il g Giugno. Paragonando 
dunque il medio delle due latitudini ottenute da 9 Bootis il 7 e il 9 Giugno con la lati- 
tudine ottenuta 1’ 8 Giugno da Gr. 2445, e paragonando pure tra loro ì valori dati dalle 
due stelle nelle serate comuni, si ha il seguente specchietto: 


E MiO di mei LE Dalerta 

Giugno 7-9 405 146.41 Giugno $ 40 9 1 47.36 sE 0.95 
19 45-05 19 45-59 + 0.54 

20 44-97 20 45-69 +.0.72 

22 44.79 22 45.67 + 0.88 

24 44.81 24 45:77 +- 0.96 

Luglio 3 46.20 Luglio 3 46.43 -{- 0.23 
9 46.01 o) 46.69 -+ 0.68 


La correzione media per ridurre i valori della latitudine dati da 9 Bootis a quelli 
dati da Gr. 2445 risulta di 


+0".71 con l’err. prob. 10",067. 


Per determinare la correzione da applicare ai valori della latitudine dati dalla 
stella v Cygni per ridurli a quelli dati.dalla Gr. 24/5, paragoneremo i valori ottenuti con 
la Gr. 2415 nelle serate ro, 11, 14, 15, 18 € 19 Luglio con quelli ottenuti con la stella 
v Cygni nelle serate 12, 13, 16, 17, 21 e 22 Luglio, non senza prima ridurre questi se- 
condi valori alle stesse date dei primi, tenendo conto della variazione della latitudine. 
Ora da una curva tracciata con valori della latitudine provvisoriamente discussi, risulta 
che nell'intervallo dal 9 al 24 Luglio la latitudine è andata crescendo quasi uniforme- 


- -$# — 
mente di 0°.20, il che dà un aumento giornaliero di 0°.014. Tenendo conto di questa 
variazione, si ha dunque il seguente specchietto: 


Latitudine ottenuta Latitudine ottenuta 


da v Cygni da Gr. 2415 DPI 
Luglio r2 40° 5147.01 Luglio 10 405 146.98 Luglio 10 4051 46.90 — 0.08 
13 46.49 II 46.46 II 46.95 + 0.49 
16 47.03 14 47.90 14 46.63 — 0.37 
17 46.62 15 46.59 15 47.00 + 0.41 
21 45.93 18 45.89 18 46.64 + 0.75 
22 47.22 19 47.18 19 47:12 — 0.06 


La correzione media per ridurre i valori della latitudine dati da v Cygni a quelli 
dati da Gr. 2445 risulta di 


‘4-0".19 con l’err. prob. 1-0".117. 


La stella B Perse? per il cattivo tempo non si potè concatenare con la v Cygni; 
quindi per ricavare la correzione che dovrà ridurre i valori dati dalla prima a quelli dati 
dalla seconda, paragonerò i valori della latitudine dati dalla 8 Persei nelle serate 8, 
11, 15 © 16 Novembre con quelli dati dalla v Cygni nelle serate 22, 23, 24, e 28 Otto- 
bre, riducendo tanto gli uni quanto gli altri ad un’ epoca intermedia, per la quale ho 
scelto il giorno 4 Novembre. Dalla stessa curva tracciata coni valori della latitudine 
provvisoriamente discussi risulta che nell’ intervallo dal 22 Ottobre al 16 Novembre la 
latitudine è andata diminuendo quasi uniformemente di 0.37, il che dà una diminu- 
zione giornaliera di o°.015. Tenendo conto di questa variazione, si ha: 


Latitudine ottenuta da f Persei Latitudine ottenuta da v Cygni Differenza 


Nov. 8 40° 5145:77 Nov. 4 4051 43.83 Ott22 40 146.63 Nov. 4 40 51 46.44 -+ 0.61 


11 46.15 4 46.25 23 46.80 4 46.62 +- 0.37 
15 46.00 4 46.17 24 46.25 4 46.09 — 0.08 
16 46.13 4 46.31 28 46.40 4 46.29 — 0,02 


In media la correzione per ridurre i valori della latitudine dati da B Persei a quelli 
dati da v Cygmni risulta di 


+ 0”.22 con l’err. prob. +-0”.111. 


La correzione per ridurre i valori della latitudine dati da B Persei a quelli dati da 
Gr. 2445 risulta per conseguenza di 


-+0".19-4-0”.22=-0".41 con l’err. prob. +0”.161. 


Con un metodo perfettamente analogo troverò la correzione per ridurre i valori 


$i 
della latitudine dati dalla stella v Aurigae a quelli dati da 8 Persei. Paragonerò i valori 
dati da » Aurigae nelle serate 19, 25, 26 e 27 Gennajo con quelli ottenuti da B Persei 
nelle serate 7, 9, 15 e 18 Gennajo, riducendo sì gli uni come gli altri ad un’ epoca in- 
termedia, per la quale scelgo il giorno 17 Gennajo. Dalla stessa curva provvisoria si ha 
che nell’intervallo dal 5 al 30 Gennajo la latitudine diminuisce quasi uniformemente 
di 0°.19, il che dà una diminuzione giornaliera di 0.008. Tenendo conto di questa 
variazione, si ha: 


Latitudine ottenuta da v Aurigae Latitudine ottenuta da 8 Persei Differ. 


Genn. 19 40 51 45.06 Genn. 17 40 51 45.08 Genn. 7 40 914.11 Genn, 17 40 5145:03 — 0.05 


25 45.50 17 45.56 9 45.01 17 44.95 — 0.61 
26 45.31 17 45-38 15 45.14 17 45.12 — 0.26 
27 45.16 17 45.24 18 44.96 17 44.97 —0.27 


In media la correzione per ridurre i valori della latitudine dati v Aurigae a quelli 
dati da B Persei risulta di 


— 0”.30 con l’err. prob. 10".078. 


La correzione per ridurre i valori della latitudine dati da v Aurigae a quelli dati da 
Gr. 2415 risulta per conseguenza di 


— 0”.30-+-0”.41—=-0".11 con l’err. prob. 1 0".179. 


$2.°— Riduzione dei valori della latitudine dati dalle diverse stelle 
al medio dei valori dati dalle cinque stelle fondamentali. 


24, — Le correzioni per ridurre i valori della latitudine dati dalle varie stelle a 
quelli dati dalla stella Gr. 24/5, come risultano dalla discussione fatta nel precedente 
paragrafo, sono dunque 


per Gr. 2415 0.00 con l’err. prob. + 0.000 
» @ Bootis + 0.71 » » » 0.067 
» vCygni -+o.19 » » » Lo. 
» B Persei +0.41 » » »:. Ejoiaba 
» vAurigae +-o.11 » » » 0.179; 


Il medio aritmetico non pesato di queste correzioni risulta di 
+0". 28 con l’err. prob. 10".055, 


e rappresenta la correzione per ridurre il medio dei valori della latitudine dati dalle 
cinque stelle al valore che sarebbe dato dall’unica stella Gr. 2445. Quindi il valore e- 


guale e contrario 
— 0”. 28 con l’err. prob. 1 0".055 


i 
rappresenterà la correzione da apportare al valore della latitudine dato dalla Gr. 2445 
per ridurlo al medio dei valori della latitudine dati da tutte e cinque le stelle. Le corre- 
zioni per ridurre i valori della latitudine dati dalle altre stelle al medio dei valori dati 
da tutte e cinque le stelle , si ottengono aggiungendo — 0.28 alle correzioni preceden- 
temente trovate, e risultano come appresso: 


per Gr. 2415 — 0.28 con l’err. prob. 0.055 
» @ Bootis -+0.43 » » » 0.087 
» vCygni —0.09 » » »TI-=E=0:129 
» B Persei --0.13 » » »I. 0130.1561 
» vAurigae —0.17 » » silzo187. 


Rimane ora a determinare le correzioni da apportare ai valori della latitudine dati 
dalle altre stelle osservate poche volte, e che culminano a distanze zenitali maggiori. E 
primieramente potremo paragonare i valori dati da @ Lyrae con quelli ottenuti da B Per- 
seî, osservata negli stessi giorni o in giorni vicini. Si ottiene: 


Latitudine ottenuta da a Lyrae Latitudine ottenuta da ? Persei Differ. 
1888 Dicembre 7 4051 46.01 1888 Dicembre 7 40 51/45:13 — 0.88 
8 46.52 8 45.00 — 1.52 

9 46.13 9 44.49 — 1.64 

14 46.00 14 45.15 — 0.85 

31 46.44 29 45.44 — 1.00 

1889 Gennajo 3 45.96 1889 Gennajo 4 45.13 — 0.83 
17 45-74 18 44.96 — 0.78. 


In media la correzione per ridurre i valori della latitudine dati da « Lyrae a quelli 
dati da 8 Perse: risulta di 
—1".07 con l’err. prob. 10". 091. 


La correzione per ridurre il valore della latitudine dato da a Lyrae al medio dei 
valori dati dalle 5 stelle fondamentali risulta quindi di 


—1°.07+0".13=—0".94 con l’err. prob. +0”. 185. 


Per la stella e Persei, osservata una sola volta, adotterò la stessa correzione che 
per B Persei. Per le stelle 6 Canum ven. osservata 3 volte, e Y Bootis, osservata una 
sola volta, non adotierò alcuna correzione, essendo molto incerto qualunque metodo 
per determinarla. 


$ 3. — Correzione dipendente dalla posizione dei guanciali. 


25. — Le osservazioni della latitudine furono fatte col guanciale A al Nord fino al 
30 Giugno 1889, e col guanciale A al Sud dal 1° Luglio 1889 in poi: conviene quindi 
ricercare quale sia la correzione dipendente dalla posizione dei guanciali. A tale scopo 


8 
esaminiamo i valori della latitudine ottenuti dal 21 Maggio al 29 Giugno 1889, e quelli 
ottenuti dal 1° Luglio al g Agosto 1889, dopo avere ad essi applicate le correzioni de- 


dotte nei precedenti paragrafi per ridurli ad un medio delle cinque stelle fondamentali. 
I detti valori risultano come appresso: 


Valori della latitudine ottenuti = 


col guanciale A al Nord col guanciale A al Sud 

Maggio 21 40 51 46.1 I Luglio 1 40°51/46.54 
23 47.01 3 46.63 

24 46.86 3 46.15 

28 46.88 4 46.60 

29 46.19 5 45.69 

30 46.25 9 46.44 

31 46.05 9 46.41 
Giugno 1 46.16 10 46.62 
2 46.33 11 46.67 

6 47.58 12 46.92 

7 46.27 13 46.40 

8 47.08 14 46.35 

9 47.41 15 46.72 

II 45.19 16 46.94 

16 45.06 17 46.53 

19 45.48 18 46.36 

19 45.31 19 46.84 

20 45.40 20 45.84 

20 45.41 22 47.13 

22 45.22 25 45.82 

22 45-39 2 46.16 

24 45.24 29 46.92 

24 45:49 31 46.94 

25 45-53 Agosto 2 46.96 

26 45.45 % 46.80 

29) 45-57 5 46.37 

6 46.93 

7 46.95 
9 46.49 


Questi valori mostrano alla prima occhiata che la latitudine nel periodo dal 21 al 29 
Giugno è andata diminuendo e che dai primi giorni di Luglio fino al 9 Agosto è anda- 
ta crescendo; ed è poi manifesta la differenza di oltre 1° nel passaggio del guanciale A 
da Nord a Sud. Con i precedenti valori ho tracciato due curve, le quali mi hanno dato 
per la latitudine al 1° Luglio il valore 40° 5145°.22 per la posizione del guanciale A al 
Nord e 40°51'46”.34 per la posizione del guanciale A al Sud; e quindi una differenza. 


co, 
di 1.12 tra i due valori. Risultano dunque le seguenti correzioni da apportare ai valo- 
ri della latitudine: 
per la posizione del guanciale A al Nord -|0".56, 
per la posizione del guanciale A al Sud ——o.56. 


La curva della latitudine, costruita con valori provvisoriamente discussi, pre- 
senta un minimo intorno al 4 Luglio: profittando di questa circostanza, potremo ricava- 
re la correzione per la posizione dei guanciali trovando la semidifferenza di due gruppi 
di valori vicini tra loro ed ottenuti nelle due posizioni dello strumento. A questo scopo 
paragoniamo il medio degli r1 valori ottenuti dal 19 al 29 Giugno col medio degli 11 
valori ottenuti dal 1° al 14 Luglio, escludendo il valore ottenuto il 5 Luglio, che mapni- 
festamente è troppo discordante dagli altri. Si ha: 


Medio dei valori dal 19 al 29 Giugno 40°51'45"”.41 con l’err. prob. 10”.023, 
Medio dei valori dal 1° al 14 Luglio 40 5146 .52 con l’err. prob. To .041. 


Risulta quindi 
la correzione per la posizione del guanciale A al Nord =-+0”.56 con l’err. prob. +0". 024, 
la correzione per la posizione del guanciale A al Sud =—0 .56 con l’err. prob. 10.024. 


$4°— Correzione per il valore della latitudine adottato nei calcoli. 


26. — Dopo avere eseguito le precedenti correzioni, ritenendo eliminati gli errori 
strumentali e gli errori delle declinazioni delle stelle, rimane ad apportare ai valori ot- 
tenuti una piccola correzione per il valore della latitudine provvisoriamente adoperato 
nei calcoli, che è stato 40°51'46". 00. Chiamando Ag la differenza tra il valore ottenuto 
della latitudine e quello adottato nei calcoli e d9 la correzione corrispondente da ap- 
portare al valore della latitudine, si ha: 


dog=cotg tan(o—d). Av. 


I valori del coefficiente di Ag per le diverse stelle risultano come appresso: 


Stelle Q—- d cotgtan(o—d) 
a Lyrae 2° 10° 53" 0.044 
B Persei o 19 58 0.007 
e Persei VOTO 27 0.024 
vAurigae 1 44 SI 0.035 
6 Can. ven. 1 13 43 0.025 
 Bootis 2 6 0.042 
© Bootis o 8 46 0.003 
Gr. 2415 Oi FI 68 0.004 
y Cygni 07 0 0.002 


La correzione dg sarà calcolata moltiplicando il valore di Ag ottenuto da ciascuna 0s- 
servazione per il coefficiente relativo alla stella osservata. 
ATTI — Vol. V.— Serie 2°—N.° 7. 12 


sie. 
$5.°— Valori definitivi della latitudine. 


27.— I valori definitivi della latitudine sono raccolti nel quadro seguente. 


Data oaliftta Alia” eun zile perla poiione — Somma — perla fatine — five 
1888 aria È OI so na 

Dicembre 7 &Lyrae 40 s1 46.01 — 0.94 + 0.56 4051 45.63 —0.02 4051 45.61 
7 B Persei 45.13 + 0.13 + 0.56 45.82 0,00 45.82 

8 a Lyrae 46.52  — 0.94 + 0.56 46.14 -+0.01 46.15 

8 $ Persei 45.00 -+ 0.13 + 0.56 45.69 0.00 45.69 

9 « Lyrae 46.13 — 0.94 + 0.56 45:75 — 0.01 45.74 

9 B Persei 44.49 + 0.13 + 0.56 45.18. — 0.01 45.17 

13 id. 44.69 + 0.13 | 0.56 45-38 0.00 45.38 

14  Lyrae 46.00  — 0.94 +- 0.56 45.62 — 0.02 45.60 

14 Persei 45.15 + 0.13 + 0.56 45.84 0.00 45-34 

18 id. 45.26 + 0.13 + 0.56 45-95 0.00 45.95 

29 id. 45.44 + 0.13 + 0.56 46.13 0.00 46.13 

31 « Lyrae 46.44  — 0.94 + 0.56 46.06 0.00 46.06 

1889 

Gennajo 3 id. 45.96 — 0.94 + 0.56 45.58 — 0.02 45.56 
4 Persei 45.13 + 0.13 + 0.56 45-82 0.00 45.82 

4 € Persei 45.04 + 0.13 + 0.56 45:73 —0.0I 45.72 

5 B Persei 44.64 + 0.13 + 0.56 45.33 0.00 45-33 

6 id. 44.98. + 0.13 + 0.56 45.67 0.00 45.67 

7 id. 45.31 -+- 0.13 + 0.56 45.80 0.00 45.80 

9 id. 45.01 + 0.13 + 0.56 45.70 0.00 45:70 

15 id. 45.14 + 0.13 + 0.56 45.83 0.00 45.83 

17 « Lyrae 45:74 —0.94  +0.56 45:36 — 0.03 45-33 

18 Persei 44.96 + 0.13 + 0.56 45.65 0,00 45.65 

19 cv Aurigae 45.06  — 0.17 + 0.56 45.45  — 0.02 45.43 

25 id. 45.50 — 0.17 + 0.56 45.89 0.00 45.89 

26 id. 45.31 — 0.17 | 0.56 45.70  — 0.01 45.69 

27 id. 45.16 — 0.17 + 0.56 45.55  — 0.02 45-53 

29 id. 45.06 — 0.17 + 0.56 45.45  — 0.02 45:43 

Febbrajo 6 id. 44.86  — 0.17 + 0.56 45.25  —0.03 45.22 
10 id. 45.44 — 0.17 + 0.56 45.83  — 0.0I 45.82 

17 id. 44.65 — 0.17 + 0.56 45.04  — 0.03 45.01 

18 id. 44.92  — 0.17 + 0.56 45.31 — 0.02 45.29 

19 id. 44.55 — 0.17 + 0.56 44.94  — 0.04 44.90 

Marzo 30 6Can.ven. 45-39 0.00 + 0.56 45.95 0.00 45.95 
Aprile 10 id. 45.25 0.00 + 0,56 45.81 0.00 45.81 


20 id. 44.94 0,00 + 0.56 45.560  — 0,0I 45.49 


Data 


1889 
Maggio 


Giugno 


Luglio 


12 


Stella 
osservata 


Latitudine 
dedotta 


* Bootis 40% 14 5:28 


@ Bootis 
id. 
id. 
id. 
id. 
id. 
id. 


id. 
id. 
id. 
id. 
Gr. 2415 
© Bootis 
id. 
id. 
id. 
Gr. 2415 
® Bootis 
Gr. 2415 
@ Bootis 
Gr. 24i5 
@ Bootis 
Gr. 2415 
id. 
id. 
id. 


id. 

@ Bootis 
Gr. 2415 
id. 
id. 

@ Bootis 
Gr. 2415 
id. 
id. 

y Cygni 
id. 
Gr. 2415 
id. 


45.68 
46.58 
46.43 
40.45 
45-76 
45.82 
45.62 


45-73 
45.90 
47.15 
45.34 
47.36 
46.98 
44.76 
44-63 
45-05 
45-59 
44-97 
45-69 
44.79 
45.67 
44.81 
45-77 
45.81 
45-73 
45-85 


46.82 
46.20 
46.43 
46.88 
45-97 
46.01 
46.69 
46.90 
46.95 
47.01 
46.49 
46.63 
47.00 


—. Be 


Riduzione 
a una stella 
media 


0.00 
+ 0.43 
+ 0.43 
+ 0.43 
+ 0.43 
+ 0.43 
+ 0.43 
+ 0.43 


+ 0.43 
+ 0.43 
+ 0.43 
+ 0.43 
— 0.28 
+ 0.43 
+ 0.43 
+ 0.43 
+ 0.43 
— 0.28 
-| 0.43 
— 0.28 
+ 0.43 
— 0.28 
+ 0.43 
— 0.28 
— 0.28 
— 0.28 
— 0.28 


— 0.28 
+ 0.43 
— 0.28 
— 0.28 
— 0.28 
+ 0.43 
— 0.28 
— 0.28 
— 0.28 
— 0,09 
— 0.09 
— 0,28 
— 0.28 


Correzione 
nto 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.356 
+ 0.56 
+ 0.56 


+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 
+ 0.56 


— 9.56 
— 0.56 
— 0.56 
— 0.56 
— 0.56 
— 0.56 
— 0.56 
— 0.56 
— 0.56 
— 0.56 
— 0.56 
— 0.56 
-— 0.56 


Somma 


4051/4584 
46.67 
47-57 
47-42 
47-44 
46.75 
46.81 
46.61 


46.72 
46.89 
48.14 
46.83 
47.64 
47.97 
45:75 
45.62 
46.04. 
45-87 
45.96 
45-97 
45.78 
45-95 
45.80 
46.05 
46.09 
46.01 
46.13 


45-98 
46.07 
45-59 
46.04 
45-13 
45.88 
45.85 
46.06 
46.11 
46.36 
45.84 
45:79 
46.16 


Correzione 
per la latitudine 
adottata 

“a 
— 0.01 
0,00 
0.00 
0,00 
0,00 
0.00 
0.00 


0.00 


0.00 
0.00 
+ 0.01 
0.00 
+ 0.01 
+ 0.01 


0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 


0.00 


0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 

0.00 
0.00 
0.00 
0,00 
0.00 
0.00 

0.00 
0.00 


Latitudine 
definitiva 


4051 45:83 
46.67 
47-57 
47.42 
47:44. 
46.75 
46.81 
46.61 


46.72 
46.89 
48.13 
46.83 
47.65 
47.98 
45:75 
45.62 
45.04 
45-87 
45.96 
45-97 
45-78 
45-95 
45.80 
46.05 
46.09 
46.01 
46.13 


45-98 
46.07 
45-59 
40.04 
45-13 
45.88 
45-85 
46.06 
46.11 
46.36 
45.84 
45-79 
46.16 


Data 


1889 


Stella 
osservata 


Latitudine 
dedotta 


Luglio 16 vCygni 40 61 47:03 


17 
18 


19 
21 


Agosto 


Settembre 18 


Ottobre 22 
23 
24 
28 


Novembre 8 


II 


15 
16 


25 


Dicembre 


o aa UL 


22 


23 


id. 
Gr. 2415 
id. 

v Cygni 
id. 

id. 
id. 

id. 

id. 


id. 
id. 
id. 
id. 
id. 
id. 
id. 
id. 
id. 
id. 
id. 
id. 


id. 


id. 
id. 
id. 
id. 


B Persei 
id. 
id. 
id. 
id. 


id. 
id. 
id. 
id. 
id. 


46.62 
46.64 
47.12 
45-93 
47.22 
45-91 

46.25 
47.01 


47.03 


47.95 
46.89 
46.46 
47.02 
47.04 
46.58 
47.16 
47.95 
47.10 
47-23 
46.49 
47-31 


47-27 


46.63 
46.80 
46.25 
46.40 


45:77 
46.15 
46.00 
46.13 
46.33 


44.80 
44.83 
45.61 
44-90 
45-19 


— 92 —_ 
Riduzione Correzione 
a itpodia 07° de’ guanoiali” 
= 0.09 — 0.96 
— 0.09 — 0.56 
— 0.28 — 0.56 
— 0.28 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0.56 
— 0.09 — 0,56 
+ 0.13 — 0.56 
+ 0.13 — 0.56 
| 0.13 — 0.56 
+ 0.13 — 0.56 
+ 0.13 — 0.56 
+ 0.13 — 0.56 
+ 0.13 — 0.56 
+ 0.13 — 0.56 
+ 0.13 — 0.56 
+ 0.13 — 0,56 


Somma 


40 I ‘46. 38 
45:97 
45.80 
46.28 
45.28 
46.57 
45.26 
45.60 
46.36 
46.38 


46.40 
46.24 
45.81 
40.37 
46.39 
45-93 
46.31 
46.40 
46.45 
46.58 
45-84 
46.66 


46.62 


45.98 
46.15 
45.60 
45-75 


45-34 
45.72 
45.57 
45.70 
45.90 


44-37 
44.40 
45.18 
44.47 
44.76 


Correzione 
perla latitudine 
adottata 


su 


0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 


0.00 


0.00 
0.00 
0.00 
0,00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0,00 
0.00 
0,00 


0.00 


0,00 
0.00 
0.00 
0.00 


0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 


— 0.0I 
==0 01 
—.0.01 
— 0.0I 
— 0,01 


Latitudine 

definitiva 

o Ù 7] 
40 SI 46.38 
45:97 
45.80 
46.28 
45.28 
46.57 
45.26 
45.60 
46.36 
46.38 


46.40 
46.24 
45.81 
46.37 
46.39 
45-93 
46.51 
46.40 
46.45 
46.58 
45-84 
46.66 


46.62 


45.98 
46.15 
45.60 
45:75 


45.34 
45.72 
45.57 
45.70 
45.90 


44.36 
44-39 
45-17 
44.46 


44.75. 


"==" ore dae rn 


agio 
$ 6.°— Curva dei valori della latitudine. 


28. — Prendendo come ascissa il tempo e come ordinata il valore della latitudine, 
ho segnato tanti punti quante sono le osservazioni delle stelle, e tra questi ho condotto 
a mano una curva, destinata a rappresentare l’ andamento probabile della latitudine du- 
rante il tempo delle osservazioni. Questa curva presenta due massimi e due minimi: i 
due massimi hanno luogo verso il 1° Giugno e verso il 18 Agosto ed il primo supera 
il secondo; i due minimi hanno luogo verso il 15 Marzo e verso il 3 Luglio e il pri- 
mo è più piccolo del secondo (Vedi Tav. I). 

Per vedere in qual modo la curva costruita rappresenti le osservazioni e per giu- 
dicare anche del grado di precisione che le si può attribuire, paragoniamo i valori dati 
da essa con quelli ottenuti direttamente dalle osservazioni. Si ha il seguente quadro: 


Latitudine dedotta Diff.® | Quadrati 


acta SaS gone» | dalla curva v | vv 
1888 © 
Dicembre 7 40 5145.63 40 5145,81 +.0.18 0.0324 \[o}=+0"11 , [[v]]=2".93 

7 45.82 45.81 — 0.01 0,0001 
8 46.14 45.81 —0.33 0.1089 f [vo]=1.0919 
8 45.69 45.81 + 0,12 0.0144 
9 45:75 45.80 + 0.05 0.0025 
9 45.18 45.80 +0.62 0.3344 
13 45.38 45:78 + 0.40 0.1600 | 0.8453 tell 91.062 
14 45.62 45:77 +0.15 0.0225 "a 
14 45.84 45-77 — 0.07 0.0049 
18 45:95 45-75 — 0.20 0,0400 nz 
29 46.13 45.70 — 0.43 0.1849 |{0.6745 pro 
3I 46.06 45.69 — 0.37 0.1369 

1889 

- Gennajo 3 45.56 45.58 {-0.12. 0.0144 |[v]=—0"04 , [[w]] =2".16 

4 45.82 45.67 — 0.15 0.0225 
4 45.72 45.67 — 0.05 0.0025 
5 45-33 45.67 +.0.34 0.1156 
6 45.67 45.66 — o.01 0.0001 fl [vv] =0.4648 
7 45.80 45.66 — 0.14. 0.0196 
9 45.70 45.65 — 0.05 0.0025 
15 45.83 45.62 — 0.21 0.0441 - 
17 45.33 45.61 + 0.28 0.0784 0.8453 I 01.088 
18 45.65 45.61 —0.04 0.0016 wa 
19 45:43 45.60 + 0.17 0.0289 
25 45.89 45:57 — 0.32 0.1024 — cir 
26 45.69 45.56 —0.13 0.0169 {0.6745 VE 0.082 
27 45:53 45.56 + 0.03 0.0009 MEO 
29 45.43 45-55 + 0.12 0.0144 


Data 


1889 


Latitudine dedotta 


dalle osserva- 
zioni 


dalla curva v | 


0 i n DIRSI) 7] 
Febbrajo 6 40 5145.22 40 5145.50 -|-- 0.28 


Marzo 


Aprile 


Maggio 


Giugno 


IO 


17 
18 


19 


45.82 
45.01 
45:29 
44.90 


45-95 


45.81 
45-49 


45-83 
46.67 
47:57 
47.42 
47:44 
46.75 
46.81 
46.61 


46.72 
46.89 
48.15 
46.83 
47.65 
47.98 
45-75 
45.62 
46.04 
45.87 
45-96 
45:97 
45-78 
45-95 
45.80 


46.05 


46.09 
46.01 


46.13 


45.48 — 0.34 
45:45 +-0.44 
45-44 40.15 
45:43 + 0.53 


45:43 — 0.52 


45.52 — 0.29 
45.65 + 0.16 


46.33 +-0.50 
46.90 + 0.23 
46.97 — 0.60 
47.00 — 0.42 
47.11 — 0.33 
47.13 40.38 
47.14 +0.33 
47.15 +-0.54 


47.15 + 0.43 
47.15 + 0.26 
47.11 — 1.04 
47.10 -|- 0.27 
47.05 — 0.60 
47.00 — 0.98 
46.85 + 1.10 
46.18 + 0.56 
46.03 — 0.01 
46.03 + 0.16 
46.00 + 0.04 
46.00 + 0.03 
45.95 + 0.17 
45.95 0.00 
45.90 + 0.10 
45.90 — 0.15 
45.89 — 0.20 
45.87 — 0.14 
45.84 — 0.29 


= 


Diff.e | Quadrati 


VV 


0.0784 
0.1156 
0.1936 
0.022 5 
0.2809 


0.2704 


0.0841I 
0.02 56 


0.2500 
0.0529 
0.3600 
0.1764 
0.1089 
0.1444 
0.1089 
0.2916 


0.1849 
0.0676 
1.0816 
0.0729 
0.3600 
0.9604 
1.2100 
0.3136 
0.000I 
0.0256 
0.0016 
0.0009 
0.0289 
0.0000 
0.0100 
0.0225 
0.0400 
0.0196 
0,0841 


\ 


[v]}=+1”.06 


0.8453 Me] 


nYVna—-1 


0.6745 


, 


[o] =1".74 


= 0”.147 


sil adi Mer A 


n(n—-1) 


[e] =+0".63 


è) 


[[v]]=3".88 


[o] =—0".29 
[[v]]} =6".53 
[vo] =4.4843 
0.8453 _allell. sap 068 
nyn_-1 
iva i 
.67 ———T=0".077 
0.6745 27 RE 


b) 


. 


|vv]=0.6910 


[vo] =1.4931 


Data 
1889 
Luglio 


Agosto 


Settembre 


Ottobre 


Latitudine dedotta 


| dalla curva Vv 


LI ATA, Oezanz " 
I 40 5145.98 40 51 45.83 — 0.15 


dalle osserva- 
zioni 

3 46.07 
3 45-59 
4 46.04 
5 45-13 
9 45-88 
9 45.85 
10 46.06 
II 46.11 
12 46.36 
13 45.84 
14 45-79 
15 46.16 
16 46.38 
17 45:97 
18 45.80 
19 46.28 
21 45.28 
22 46.57 
25 45.26 
27 45.60 
29 46.36 
31 46.38 
2 46.40 
4 46.24 
5 45.81 
6 46.37 
7 46.39 
9 45:93 
II 46.51 
16 46.40 
21 46.45 
22 46.58 
23 45.84 
29 46.66 
18 46,62 
22 45.98 
23 46.15 
24 45.60 
28 45:75 


45.82 — 0.25 
45.82 + 0.23 
45.82 — 0.22 
45.82 -4- 0.69 
45.82 — 0.06 
45.82 — 0.03 
45.83 — 0.23 
45.83 — 0.28 
45.83 — 0.53 
45.84 0.00 
45.85 + 0.06 
45.86 — 0.30 
45.88 — 0.50 
45.90 — 0.07 
45.92 + 0.12 
45.93 — 0-35 
45-97 +.0.69 
45.99 — 0.58 
46.06 + 0.80 
46.11 + 0.51 
46.16 — 0.20 


46.21 — 0.17 


46.24 — 0,16 
46.27 + 0.03 
46.29 -+- 0.48 
46.30 — 0.07 
46.31 — 0.08 
46.33 -+- 0.40 
46.34 — 0.17 
46.37 — 0.03 
46.38 — 0.07 
46.38 — 0.20 
46.38 + 0.54 
46.38 — 0.28 
46.29 — 0.33 
45.87 — 0.11 
45.86 — 0.29 
45.84 +- 0.24 
45:77 40.02 


0-95 — 


Diff,e | Quadrati 


VA 


| [o]=—0".82 
[[o]]}=7".02 
[vw] =3.3460 


0.8453 sedie. a = 0".055 


nYVn—-1 
Too] __w 
5 E 01055 
0.6745 PIO 
[0] -4-0".39 [[v]] =2".51 


[vv] =0.8729 


0.8453 AES = 0.053 


nVn-1 
0.6745 = 01058 
[o] =—0%14 , [[]]=0".66 
0.8453 Sella, = 0".081, 0,6745 


nYVn-1 


È) 


[vo]=0.1542 


[vo] 


n(n—-1) 


=0".076 


Moi 


Latitudine dedotta Diff. e | Quadrati 


Data 
Dee doni V® | dalla curva v | vv 
1889 
0 ’ “ 4 “ “ 
Novembre 8 40 5145.34 4051 45.58 +0.24 0.0576 |[v]}=—0"99 , [[o]]}=1".47 , [vo]=0.6085 
II 45.72 45.53 — 0.19 0.0361 [o] . 
15 45-57 45-45 SIONI 0.0144 0.8453 -— vr .124 
16 45.70 45:43 — 0.27 0.0729 
25 45-90 45.25 — 0.65 0.4225 |0,6745 Va era 
n_- 
Dicembre 3 44.36 45.06 +0.70 0.4900 |[e]=-+1".02 , [[v]]=1".88 , [vw] =0.9766 
6 44.39 45.00 + 0.61 0.3721 [(v]] 
6 0.8459 —T = 0,159 
9 45.17 44.92 — 0.25 0.0625 ivan 
22 44.46 44.60 + 0.14 0.0196 
23 44-75 44-57 — 0.18 0.0324 | 0.6745 nei par 149 


Nel complesso risulta 


[o]=—005 , [[o]]=31".58 , [vo]=14.6673 


0.8453 LI  _ 0” 028 , 0”.6745 alvali— puass 
nVa tt | n(n_-1) 

0.84598 LUI 91.949 , 0%.6745 VAI = 0”.248 
Va(a—1) n_1l 


29. — Nei quadri precedenti la notazione [v] esprime la somma algebrica delle de- 
viazioni dei risultati dalla curva, la notazione [[v]] rappresenta la somma dei valori as- 
soluti delle deviazioni medesime e la notazione [vv] rappresenta la somma dei loro 
quadrati. Vediamo ora quale significato sia da attribuire ai valori numerici calcolati 
mediante le formole 


08455 ME + 0.674 / _L1_ 0.845 LI) 0.6745J/ Lon 


n Va-1 n(n_1)° Valn—1) n 


Se le v rappresentassero le deviazioni dei risultati dal loro medio aritmetico, le 
prime due formole indicherebbero, come è noto, l’error probabile del medio stesso, 
e le ultime due l’ error probabile di un’ osservazione isolata. Ora prendere il medio 
aritmetico di più risultati equivale a supporre che i risultati medesimi non siano sog- 
getti a variazione, ossia, quando fossero segnati graficamente mediante punti, equiva- 
le a supporre che essi debbano essere rappresentati da una retta parallela all’ asse del- 
le ascisse, la quale sia situata in modo che la somma algebrica delle differenze tra la 
sua ordinata e le ordinate dei punti risulti nulla. In tal caso dunque le formole prece- 
denti esprimerebbero l’ error probabile di tale retta parallela all’asse delle ascisse e l’ er- 
ror probabile di una osservazione isolata. 


‘a i 

L’ipotesi della invariabilità dei risultati è gratuita ed è, in generale, la meno pro- 
‘babile: analogamente si potrebbe supporre che i risultati fossero soggetti a una certa 
legge di variabilità, ossia si potrebbe supporre che essi dovessero essere rappresentati 
da una curva di dati parametri, che si potrebbe situare in modo tra i punti da fare 
risultare eguale a zero la somma algebrica delle deviazioni. Le formole stesse allora do- 
vrebbero sempre rappresentare l’ error probabile di detta curva e quello di una osserva- 
zione isolata. 

L’ipotesi più conveniente sarà indicata dall’andamento stesso dei risultati, e ad 
ogni modo dovrà essere semplice quanto più è possibile. In altri termini la curva che 
rappresenterà meglio i risultati sarà quella che offrirà il minor numero di parametri e 
per la quale gli errori residui non conserveranno nulla di sistematico e, per ciò che 
riguarda la loro distribuzione secondo i segni, la grandezza e la probabilità relativa, ri- 
sponderanno alle leggi, che la teoria dei minimi quadrati stabilisce per gli errori acci- 
dentali. In simili casi la ricerca teorica della forma della curva riuscirebbe assai laborio- 
sa, mentre la ricerca grafica non presenta difficoltà. 

Mostrerò appresso che la curva adottata per il caso presente risponde alle condi- 
zioni teoriche per gli errori accidentali. Accettando dunque la forma della curva descritta 
come quella che meglio conviene ai risultati delle osservazioni, si può ritenere che delle 
quattro ultime formole del numero precedente le due prime rappresentino l’ error pro- 
babile della curva, che risulta di 0°.023, e le altre due rappresentino l’error probabile 
di un’osservazione isolata, che risulta in media di +0°.245. Avuto riguardo alla pic- 
colezza di questi errori probabili e alla somma algebrica degli errori residui che è ri- 
sultata appena di — 0.05, si può ritenere che questa curva rappresenti abbastanza 
bene l’ andamento dei valori ottenuti. 


30. — Per mostrare anche graficamente come la curva descritta rappresenti l’anda- 
mento dei risultati ottenuti, ho aggruppato questi ultimi in tanti valori medii, secon- 
do che viene suggerito dalla vicinanza delle date e dal numero delle osservazioni. Ho 
ottenuto: 


Data Valore medio N.0 dei valori Data Valore medio N.0 dei valori 
della latitudine isolati della latitudine isolati 
1888 1889 
Dicembre 8 40 si 45.70 6 Marzo 30 40 51 45 95 I 
15 45-69 4 
30 46.10 2 Aprile 15 45-65 2 
1889 
Maggio 12 45 83 1 
Gennajo 5g 45.66 7 23 47.22 3 
18 45.56 4 20 46.87 6 
27 45-63 4 
Giugno 8 47.27 5 
Febbrajo 8 45.52 2° 18 45.89 5 
18 45.07 3 24 45.95 6 


ATTI — Vol. V.— Serie 23— N07, 13 


'R 


Data Valore medio N.0 dei valori Data Valore medio N. dei valori 
della latitudine isolati della latitudine isolati 
1889 1889 
Luglio 3 405 1 45.82 6 Settembre 18 40 51 46.62 I 
II 46.02 6 
16 46.02 4 Ottobre 24 45 87 4 
22 45.82 4 
29 46.11 3 Novembre 10 45-53 2 
15 45-63 2 
Agosto 4 46.20 4 29 45-13 2 
9 46.28 3 
22 46.39 5 Dicembre 7 44.78 2 
22 44.60 2 


Con questi valori medii ho segnato tanti punti, e tra essi ho condotto la curva 
stessa precedentemente adottata, formando così la tavola I dis. 


341. — Ricavando dalla curva di 5 in 5 giorni i valori della latitudine, si ha il se- 
guente quadro: 


Data Latitudine Variaz. Data Latitudine Variaz. 
1888 1889 
Dicembre 1 40 9145:84 BOS: Marzo I1 40 5145-38 d 
6 45.81 di 3 0.00 
02 
È ; 6 .38 
to = a 0.03 i pg + 0.01 
I 45.7 o 21 45-39 QUI 
21 45-74 ch 26 45-41 da, 
26 45.72 | 31 45:44 È 
0.03 Aprile 5 45:47 se, 
Gennajo 0 45.69 dai 10 45.52 uu 
5 45-67 005 15 45.58 Li 
10 45-64 sro 20 45-65 sa 
15 45.62 es 25 45:75 Ss 
20 45.60 I 30 45.88 pa 
0:03. 0.15 
3 45-57 0:03 Maggio $ Ro Su 
o 45-54 10 46.24 
Febbrajo 4 45.51 a 15 46.52 Der 
0.03 0.30 
9 45.48 Si 20 46.82 I 
14 45.46 25 47.04 r 
0.03 + 0.10 
19 45:43 PRPSS % 30 47.14 ssa 
24 45.41 oa Giugno 4 47.14 bo 
Marzo I 45-39 A 9 47.00 di 
6 45-38 al 14 46.44 alli 


Il 45-38 19 46.03 


Data Latitudine Variaz. Data Latitudine Variaz. 
1889 1889 
Giugno 19 40 51 46.03 è Settembre 27 40°5146.21 s 
— 0.13 — 0.06 
24 Dai 7.06 Ottobre 2 - 15 ver 
pena 389 O, 7, 46.09 pa 
Luglio j da A 12 46.02 dep 
: 17 45:95 
0.0 
14 45.85 pre pe3 22 45.88 i 
0.08 0.08 
19 45-93 27 45.80 
0.10 
24 46.03 ò t Novembre 1 45.71 AA 
. .09 
A 29 46.15 DSG 6 45.62 Io 
gosto 3 - 46.25 II 45-53 
0.07 0.09 
8 46.32 16 45-44 
0.04 0.10 
ca > "0.02 5; 45:34 O.11 
lia + 0.01 \ 7 45-23 0.12 
23 46.39 die. Dicembre 1 45.11 ig 
S b af de 0.01 i SIR 0.12 
ettembre 2 46.37 II 44 88 
0.01 0.13 
7 46.36 0; 16 44.75 0.13 
12 46.33 21 44.62 î 
17 46.30 si 26 Log 
0.04 44:49 — 0.14 
22 46.26 pete 31 44.35 
27 46.21 105 


Medio di tutto il periodo = 40°51'45”.806. 
Chiamando w le differenze tra questo valore medio e i valori ottenuti dalle osser- 
vazioni, si ha 


[u]=—16°41 , [[u]]}=51"01 , [uu]=48.8841 


0.8459 —_LI_ _ 01097 » 0.6745 die detto 


n Va=1 n(n—-1) 
08453 LI  _0”387 , 06745 V [usrl — 61448 
Va(—1) ava 


32. — Se si fa il medio aritmetico di tutti i valori ottenuti direttamente dalle os- 
servazioni, si ha 


40°51'45".956 . 


— 100 — 


Chiamando w le differenze tra questo valore medio e i valori ottenuti dalle osser- 
vazioni, si ha 


[[0]]=51"33 , [wxw]=46.4811 


0.8453_Ll211  _0/037 . 0.6745 yVLeel —oon 
0.8453 L@elI  _or389 0.6745 J/ Eee] _ 0496 
Va(n—1) Sta 


33. — Sarà utile fare alcune considerazioni sui valori dedotti e sui loro errori 
probabili. 

La curva, che abbiamo innanzi considerata, non solo per la piccolezza del suo er- 
rore probabile e dell’ errore probabile di una osservazione isolata, ma anche per la di- 
stribuzione degli errori residui accidentali, rappresenta abbastanza bene l'andamento 
periodico dei risultati delle osservazioni. Infatti quanto al segno degli errori, vi hanno 
52 errori positivi e 60 negativi, contando come positivi i due errori nulli. La distribu- 
zione degli errori riguardo alla loro grandezza in relazione con la grandezza dell’ errore 
probabile di una osservazione isolata, corrisponde quasi esattamente a quello che si ha 


dalla teoria dei minimi quadrati. Ritenendo infatti il valore 0°.24 come errore probabi- 
le di una osservazione isolata, vi sono 


31 errori minori di 0.12 (secondo la teoria 30) 
58 errori minori di 0.24 (secondo la teoria 56) 
31 errori maggiori di 0.36 (secondo la teoria 35) 
21 errori maggiori di 0.48 (secondo la teoria 20) 
g errori maggiori di 0.60 (secondo la teoria 10) 
4 errori maggiori di 0.72 (secondo la teoria 5) 
3 errori maggiori di 0.84 (secondo la teoria 2) 
3 errori maggiori di 0.96 (secondo la teoria 1) 
1 errore maggiore di 1.08 (secondo la teoria 0) 


nessuno errore maggiore di 1.20 (secondo la teoria 0) 


34.— Non si può dire lo stesso nè del medio aritmetico dedotto dalle singole osser- 
vazioni, nè del medio aritmetico dei valori che si possono ricavare dalla curva di cinque 
in cinque giorni, qualora tali medii si vogliano considerare come valori che debbano 
rappresentare il complesso delle osservazioni. Mi fermerò ad esaminare specialmente il 
medio aritmetico di tutte le latitudini che risultano direttamente dalle osservazioni, fa- 
cendo un’analisi sulla grandezza e sulla distribuzione degli errori. L'errore probabile 
del medio e l’errore probabile di una osservazione isolata risultano quasi doppii di 
quelli dedotti per la curva. Quanto al segno degli errori residui, vi hanno 64 errori 
positivi, e 48 negativi, contando fra i negativi un errore nullo. Quanto alla distribuzione. 


— 101 — 


degli errori, ritenendo il valore o. 42 come errore probabile di una osservazione isola- 
ta, si trovano 


44 errori minori di 0.21 (secondo la teoria 30) 
69 errori minori di 0.42 (secondo la teoria 36) 
30 errori maggiori di 0.63 (secondo la teoria 35) 
15 errori maggiori di 0.84 (secondo la teoria 20) 
11 errori maggiori di 1.05 (secondo la teoria 10) 
g errori maggiori di 1.26 (secondo la teoria 5) 
8 errori maggiori di 1.47 (secondo la teoria 2) 
3 errori maggiori di 1.68 (secondo la teoria 1) 
2 errori maggiori di 1.89 (secondo la teoria 0) 
1 errore maggiore di 2.10 (secondo la teoria 0) 


nessuno errore maggiore di 2.31 (secondo la teoria 0) 


35. — Il notevole disaccordo che si manifesta tra il risultato di fatto e il risultato 
teorico mostra che gli errori residuali, che si ottengono togliendo le singole latitudini 
‘ osservate dal loro medio aritmetico, non si possono considerare come accidentali. Ma 
si ha un’altra prova anche più stringente, quando si consideri la distribuzione degli 
errori positivi e negativi, degli errori grandi e piccoli secondo i diversi tempi di os- 
servazione. Infatti nel periodo che va dal 7 Dicembre 1888 al 12 Maggio 1889, sopra 36 
osservazioni, occorrono 3 soli errori negativi e 33 errori posilivi, fra i quali 24 sono con- 
secutivi. Ora, ritenendo che gli errori positivi e i negativi siano egualmente probabili, 
la probabilità che si presentino simultaneamente 33 errori positivi contro 3 negativi è data 


/ 3 

dal rapporto di (7) a (3). ossia è eguale a (7) i ; vale a dire che si potrebbe scom- 
‘mettere oltre un bilione contro uno che tali errori non sono accidentali, e la probabi- 
lità che si presentino 24 errori consecutivi dello stesso segno è pure essa tanto piccola, 
che sì potrebbero scommettere oltre 16 milioni contro uno che tale andamento non è 
fortuito. Nel periodo poi che va dal 21 Maggio al 9g Giugno si presentano 13 errori ne- 
gativi tutti consecutivi e sono i seguenti con le rispettive probabilità calcolate avendo 
riguardo alla loro grandezza ir relazione con la grandezza dell’ errore probabile di una 
osservazione isolata: 


errore — 0.71 probabilità minore di 0.312 
» — 1.61 » » >» 0.018 
» — 1.46 » » >» 0.044 
» — 1.48 » » >» 0.018 
» —0.79 » » >» 0.312 
» —0.85 » » >» 0.312 
» —0.65 » » vb 0312 
» — 0.76 » > \iti»to.zIe 
» — 0.93 » >» >» 0.177 
» — 2.19 » » >» 0.00I 
» — 0.87 » » >» 0.177 
» — 1.69 » » >» 0.007 
» —2.02 » » > 0.002, 


— 102 — 

La probabilità che siffatti errori considerati come accidentali siano consecutivi ri- 
sulta estremamente piccola; essa è minore di 2 unità del 17° ordine decimale. Infine 
nel periodo che va dal 24 Ottobre al 23 Dicembre hanno luogo 12 errori tutti positivi , 
dei quali gli ultimi cinque con le loro grandezze e con le rispettive probabilità sono i 


seguenti: 


errore + 1.60 probabilità minore di 0.018 
» -+1.57 » » >» 0.018 
» -+0.79 » » >» 0.312 
>» -+1.50 » » >» 0.018 
>» +11 » Dal (DUONGI 


Ora la probabilità che 12 errori positivi siano consecutivi è così piccola che si po- 
trebbe scommettere 4000 contro uno che tali errori non sono accidentali, e la proba- 
bilità che siano consecutivi 5 errori della grandezza dei 5 ultimi è tanto piccola che si 
potrebbero scommettere circa 3 milioni contro uno che tali errori non sono accidentali. 


36. — Io sono indotto a trarre le seguenti conclusioni. 1 

1.° La grandezza dell'errore probabile del medio aritmetico dei valori dedotti 
dalle singole osservazioni e dell'errore probabile di una osservazione isolata, e la distri- 
buzione degli errori residui, avendo riguardo al loro segno e alla loro grandezza, indi- 
cano la necessità assoluta di tener conto di un cambiamento periodico nei valori della 
latitudine ottenuti dalle osservazioni discusse, cambiamento che nell’ anno oltrepassa 
2°.5. Non si può per ora affermare se tale cambiamento periodico sia prodotto da cause 
cosmiche generali o locali, da cause strumentali o anche da cause personali ; ma nella 
Sezione IV dimostrerò che tale cambiamento quasi nella stessa forma e grandezza si 
manifesta anche dalle osservazioni antiche fatte da Carlo Brioschi negli anni 1819, 
1820 e 1821, e quindi si ha una forte presunzione che debbano venire escluse le cause 
strumentali e personali, e ammesse con grande probabilità le cause cosmiche siano 
esse generali, o siano speciali per il nostro parallelo, per la nostra regione o anche 
per il nostro osservatorio. 

2.° Il medio aritmetico dei valori della latitudine dedotti dalle singole osserva- 
zioni, per non essere queste uniformemente distribuite, non può avere nessun significato, 
nè può rappresentare il complesso delle osservazioni medesime: non è giusto trarre alcuna 
conclusione dal suo confronto con altri valori dati per la latitudine dell'osservatorio. 

3.* Avuto riguardo alla piccolezza dell’error probabile della curva precedente- 
mente ritenuta, alla piccolezza dell’ error probabile di un’ osservazione isolata , alla di- 
stribuzione degli errori residui secondo il segno, la grandezza e la loro probabilità re- 
lativa, si può ritenere che la detta curva rappresenti abbastanza bene l'andamento perio- 
dico delle osservazioni. 

4.° Il medio aritmetico dei valori dedotti di 5 in 8 giorni dalla curva della latitu- 
dine, può avere un significato analogo a quello, che si attribuisce al medio annuo delle 
temperature o delle pressioni barometriche, osservate ogni giorno a una medesima ora. 
Se il periodo del cambiamento della latitudine fosse noto, il confronto di medii siffatti, 
corrispondenti a diversi periodi, e dedolti da osservazioni rigorosamente uniformi po- 
‘rebbe manifestare o escludere l’esistenza di cambiamenti secolari. 


— 103 — 


$ 7.°— Considerazioni sull’error probabile di una determinazione isolata, 
e sulle cause di errori delle presenti osservazioni. 


37.— Ritenendo che la curva precedentemente descritta rappresenti l'andamento 
delle osservazioni, l’error probabile di una determinazione isolata di latitudine, ossia 
del valore ottenuto dal complesso dei passaggi di una sola stella in una sola serata , 
risulta di to. 245. Questo errore probabile è dovuto : 1°) agli errori degli appulsi 
della stella ai fili del reticolo ; 2°) al livello, sia per l’incertezza delle letture degli e- 
stremi della bolla, sia per gli errori provenienti dal limite di sensibilità, sia per altre 
alterazioni ; 3°) ai mutamenti accidentali o progressivi dell’azimut strumentale, di cui 
non si è potuto tener conto ; 4°) ad altre cause ignote e accidentali. La parte prove- 
niente dagli errori degli appulsi della stella ai fili del reticolo si può facilmente sepa- 
rare, ricavando dai quadri precedenti }’ error probabile del valore medio adottato in 
ciascuna serata per @—è —cosz e l’error probabile di un valore isolato di p—d8 —zcos 3. 
Ho stimato inutile di fare questo calcolo per ciascuna determinazione ; ma ho scelto 
fra le stelle più frequentemente osservate tre serate complete, la prima, l’ultima e una 


. intermedia, e per queste, ricavando gli errori probabili suddetti, ho ottenuto: 


| Err. prob. Err. prob. 
Stella Data del medio di di un valore di 
Q—-Η?c0sz 0_-È —?c0s3 
7 Dicembre 88 0.081 + 0.312 
9 Gennajo 89 0.058 0.220 
8 Persei {23 Dicembre 89 0.024 0.094 
Medio 0.054 0.209 
19 Gennajo 89 0.052 | 0.202 
29 Gennajo 89 0.033 0.120 
v Aurigae {| 19 Febbrajo 89 0.052 o 209 
M..dio 0.046 0.180 
‘21 Maggio 89 0.043 0.168 
6 Giugno 89 0.038 0.144 
@ Bootis ‘22 Giugno 89 0.039 0.131 
Medio 0.040 0.154 
8 Giugno 89 0.045 0.175 
1° Luglio 89 0.024 0.09I 
Gr. 2415 | 19 Luglio 89 0.029 0.112 
Medio 0.033 0.126 


— 104 — 


Err. prob. Err. prob. 
Stella Data del medio di di un valore di 
—-È — 00583 —d—-?7c08z 
7 Dicembre 88 + 0.080 + 0.312 
14 Dicembre 88 0.106 0.409 
x Lyrae 18 Gennajo 89 0.079 0.305 
Medio 0.088 0.342 
‘12 Luglio 89 0.027 0.088 
6 Agosto 89 0.050 0.168 
vCygni ‘28 Ottobre 89 0.041 0.136 
| Medio 0.039 0.131 


L’errore probabile più forte corrisponde alla stella «a Lyrae, la quale culmina a 
una distanza zenilale sufficientemente grande, e fu sempre osservata di giorno. Pren- 
dendo un medio generale, si ha: 


Error probabile del valore medio dig —dè—zcosz (per una serata) = 10.050, 


Error probabile di un valore isolato di p—8 —7cos< (oss.° ad un filo) =+0."190. 


La parte dell’errore probabile di una determinazione isolata di latitudine dovuta 
agli errori degli appulsi aì fili risulta dunque di © 0°. 050, ossia notevolmente piccola; 
la parte dovuta al complesso delle altre cause è dunque 


0.245" 0.050*—+0".240 . 


Per le ragioni esposte nelia Sezione I, sono indotto a ritenere 


0.014 come la parte dell’error probabile proveniente da un errore di 0:1 nella 
| variazione diurna dell'orologio, 
0.014 come la parte dell’error probabile proveniente dall’approssimazione u- 
sata nel calcolo degli angoli orarii, 
0.080 come la parte dell’error probabile proveniente dall’incertezza nelle let- 
ture degli estremi della bolla del livello. 


Ritengo inoltre 


0.034 come la parte dell’error probabile proveniente dall’incertezza nel valore 
di 1” del livello, 

20.050 come la parte dell’error probabile proveniente dall’approssimazione a- 
dottata nel calcolo delle declinazioni apparenti. 


— 105 — 
Ed allora, la parte dell’error probabile dovuta al limite di sensibilità del livello , 


agli spostamenti accidentali del livello, ai cambiamenti accidentali dell’azimut e ad al- 
tre cause ignote, risulta espressa da 


V0.245°— 0.050°*— 0.014°— 0.014*— 0.0802— 0.034 0.050*=+0".217. 


Questa breve discussione mi conduce a fare le seguenti riflessioni: 1°) che da una 
parte non sarebbe stata sperabile una maggiore accuratezza negli appulsi delle stelle 
ai fili del reticolo ; 2?) che d'altra parte anche un’esattezza rigorosa negli appulsi, nella 
determinazione del valore di 1° del livello, nei calcoli degli angoli orarii, nelle letture 
degli estremi della bolla, nei calcoli delle declinazioni apparenti non avrebbe fatto di- 
minuire che di pochissimo l’errore probabile di una determinazione isolata di lati- 
tudine. 


Sezione IV. 


Variabilità della latitudine dedotta da altre determinazioni. 


$1°— Esame delle osservazioni fatte negli anni 1819-1820-1821 da Carlo Brioschi. 


38.— Secondo che già ho precedentemente accennato, il Brioschi, fin dal 1820 
prendendo in considerazione l’opinione di Legendre sulla variabilità della latitudine 
durante l’anno, volle esaminare ‘) se le sue osservazioni degli anni 1819 e 1820 in- 
dicassero la necessità di tener conto di siffatta variabilità. A tale oggetto egli paragonò 
fra loro le latitudini date dalle distanze zenitali della Polare alle due culminazioni, e 
della Spica, distribuite in quattro periodi : il 1° va dal 17 Dicembre 1819 a tutto Marzo 
1820, il 2° comprende i mesi di Giugno e Luglio 1820, il 3° comprende i mesi di A- 
gosto e Settembre 1820 e il 4° finalmente comprende i mesi di Ottobre, Novembre e 
Dicembre dello stesso anno. Egli trovò : 


Nel 1.° Periodo dalla Polare 40 5146.61 dalla Spica 40 5147. 15 


2. » edit » 46.67 » » 46.86 
ge » » 46.71 » » 47.02 
died » » 46.82 » » 46.15. 


Riunendo i due valori di ciascun periodo, attribuendo alle latitudini date dalla 
Polare un peso doppio di quello attribuito alle latitudini dedotte dalla Spica, ottenne : 


Nel 1.° Periodo Latitudine media 40 51 46.79 


Br » » » 46.73 
<A. » » 46.81 
> ale e: » » 46.60. 


!) Comentarj astronomici, parte 2%, pag. 165. 
Arti — Vol. V.— Serie 22— N07. 14 


— 106 — 

In questi risultati finali, le differenze tra le latitudini competenti ai diversi periodi 
parvero al Brioschi così piccole da non doverne far caso, e quindi egli opinò che la 
latitudine si potesse continuare a riguardare come invariabile nel corso dell’ anno. 

La ragione principale, per cui il Brioschi in questa ricerca s’ indusse ad accop- 
piare le distanze zenitali della Po/are e della Spica si fu che da queste due stelle, sup- 
ponendo nota la declinazione della Spica, si deducono latitudini, il medio aritmetico 
delle quali è quasi indipendente dagli errori che vi possono essere sulla flessione e sulla 
rifrazione, ed in generale da tutti quegli errori che producono alterazioni eguali ad 
eguali distanze dallo zenit. Infatti la Polare (specialmente sotto il polo) e la Spica pas- 
sano per il meridiano a distanze zenitali poco differenti, quindi gl’indicati errori sono 
sensibilmente eguali per l'una e per l’altra stella, e, alterando in senso opposto la 
latitudine data da ciascuna in particolare, nel medio si elidono quasi totalmente. 


39. — Nel mio lavoro sulla riduzione delle osservazioni del 1821 *) io, seguendo 
l’esempio del Brioschi, volli esaminare se le osservazioni accennassero a qualche va- 
riabilità della latitudine. Accoppiando la Polare alla culminazione inferiore con la Spica 
ed e Orsa maggiore alla culminazione superiore con Arturo ricavai da ciascuna coppia 
sei valori della latitudine, uno per ogni bimestre. Io ottenni 


per Gennajo e Febbrajo dalla 1.° coppia 40 5 146.14 10.106 dalla 2.° coppia 405 1 45.96 L0.126 


Marzo e Aprile 46.23 0.095 46.40 0.112 
Maggio e Giugno 46.19 0.114 46.38 0.085 
Luglio e Agosto 46.54 0.085 46.35 0.092 
Settembre e Ottobre 46.28 0.108 46.58 0.088 
Novembre e Dicembre 46.35 0.093 46.46 0.109, 


nel medio delle due coppie, avendo riguardo agli errori probabili, 


(e°) 


per Gennajo e Febbrajo 40 5146,07 + 0.082 


Marzo e Aprile 46.30 0.073 
Maggio e Giugno 46.31 0.071 
Luglio e Agosto 46.45 0.063 
Settembre e Ottobre 46.46 0.070 
Novembre e Dicembre 46.40 0.072; 


quindi conchiusi che il cambiamento periodico della latitudine durante l’anno, secon- 
do le osservazioni discusse, non oltrepassa una piccola frazione di secondo d’arco. 
Un’ obiezione di qualche momento si potrebbe fare su questa maniera d’ indagare 
l’esistenza della variabilità della latitudine nel corso dell’anno, ed è che i diversi pe- 
riodi, per i quali si sono ricavati i valori medii, sono troppo grandi: infatti ove si vo- 
gliano tenere in qualche considerazione le mie presenti ricerche, è lecito sospettare 
che la latitudine, anche nel giro di due mesi, possa subire forti cambiamenti, che nel 
confronto dei medii bimestrali, possono rimanere quasi nascosti. Ma debbo dichiarare 


1) Distanze zenitali circummeridiane ete., pag. 108. 


— 107 — 


che neanche le latitudini ricavate giorno per giorno dalle osservazioni accoppiate della 
Polare e della Spica nel 1821 presentano variazioni notevoli. 


40. — Sebbene adunque queste ricerche sembrino escludere qualunque notevole 
cambiamento annuo della latitudine negli anni 1820 e 1821, pure ho voluto per altre 
vie fare muove indagini sul medesimo argomento, paragonando fra loro le latitudini 
che si possono dedurre giorno per giorno dalla Polare e dalla B Orsa minore, osservate 
alle due culminazioni, e con mia grande meraviglia ho trovato che la latitudine non 
solo offre notevoli cambiamenti, ma presenta anche un andamento assai conforme a 
quello dedotto dalle mie presenti osservazioni. Io riporto qui appresso la serie dei va- 
lori della latitudine che negli anni 1819, 1820 e 1821 si deducono da ciascuna osser- 
vazione della Polare e di B Orsa minore impiegando per queste due stelle le stesse de- 
clinazioni medie che si ricavano dalle osservazione del Brioschi. Le latitudini degli 
anni 1819 e 1820 le dedurrò dalle distanze zenitali riportate nei Comentarj astronomi- 
ci, ritenendo per la Po/are la declinazione media al 1820.0 di 88° 2054 .41, e per 8 Orsa 
minore la declinazione media al 1820.0 di 74°53 27.65; le latitudini del 1821 le de- 
durrò dalle distanze zenitali riportate nel mio lavoro, calcolate adoperando le rifrazioni 
‘del Brioschi, e riterrò per la Polare la declinazione media al 1821.0 di 88°21'13".67 
e per 8 Orsa minore la declinazione media al 1821.0 di 74°53 12°.94. È chiaro che, 
essendo le stelle osservate con una certa uniformità alle due culminazioni, un errore 
nelle declinazioni non avrà influenza sensibile sulla variazione della latitudine e nean- 
che sul valore assoluto della medesima, ed è pure trascurabile l’influenza di qualunque 
correzione si debba apportare ai valori dell’aberrazione adoperati nei calcoli, e delle 
parallassi delle stelle, e in generale di tutte le correzioni che sono eguali e contrarie per 
le distanze zenitali meridiane sopra e sotto il polo. Nondimeno alle distanze zenitali 
medie calcolate nei Comentarj astronomici con la costante di aberrazione di 20.25 tro- 
vata da Delambre, io apporterò delle correzioni, supponendo nella detta costante un 
aumento di o°.2, con che le distanze medesime vengono ad essere calcolate con un 
valore della costante dell’aberrazione di 20°.45, vicinissimo al valore di 20°.4451 dato 
da W. Struve, col quale sono state calcolate le distanze zenitali meridiane medie del 
1821. Alle distanze zenitali dei Comentarj applicherò inoltre le due correzioni di cui il 
Brioschi fa menzione alle pagine 161 e 164, relative alla flessione ed alla costante 
principale della rifrazione, le quali correzioni saranno computate con l’ajuto della tavo- 
letta che il Brioschi stesso dà a pag. 164, parte 2°. 

Riporterò qui appresso le singole distanze zenitali della Polare e di 8 Orsa minore 
disposte per ordine di data e le latitudini che se ne deducono. Si ottiene: 


dalla Polare 


Data culminazione 
(18200 | d 1820.0 | Latitudine 
1819 
gi DET Se Me oi 
Dicembre 17 sup. 47 29 8.16 88 20 54.41 40 51 46.25 
20 sup. 47 29 7.89 88 20 54.41 46 52 
20 inf. 50 47 19.62 9120550 45.97 
21 sup. 47720)" 8:33 88 20 54.41 46.08 


22 inf. 50 47 19.20 gI 39 5-59 46.39 


Data 
1820 


Gennajo 


Febbrajo 


Marzo 


Giugno 


(© ES) 


culminazione 


sup. 
sup. 
inf. 
sup. 
inf. 
sup. 
sup. 
inf. 


sup. 


sup. 
sup. 


sup. 
sup. 
sup. 
sup. 
sup. 
sup. 
inf. 
inf. 
sup. 
sup. 
inf. 
sup. 
sup. 


inf. 
inf. 
inf. 
sup. 
sup. 
sup. 
sup. 
sup. 
sup. 
sup. 
inf. 
inf. 
sup. 


sup. 


— 108 — 


<1820.0 


4729 8.07 
47 29. 7.90 
50 47 19.22 
47,29 6.89 
50 47 19.06 
47 29 8.33 
4729 8.92 
50 47 19.14 
47 29 9.19 


8.19 


712 


8.63 


5.87 
8.19 


47 29 
47:29 
47 29 
47 29 
47 29 8.42 
47 29 5:74 
50 47 18.31 
50 47 20.75 
47 29 6.88 
47 29 7:97 
50 47 17.62 
47 29 5:49 
47 29 4.62 


0.52 


50 47 20.37 
50 47 19.90 
50 47 19.88 
47 29 
47 29 
47 29 
47 29 
47 29 
47 29 6.78 
47 29 6.94 
50 47 20.50 
50 47 20.14 
47 29 7.93 
47 29 3.48 


6,01 
7.36 
6.75 
7.80 


7.01 


dalla Polare 


d1820.0 


88°20 54:41 
88 20 54.41 
90 39-:5:89 
88 20 54.41 
90,39, 5-59 
88 20 54.41 
88 20 54.4I 
90.39, 5-59 
88 20 54.41 


883 20 54.41 
88 20 54.41 


88 20 54.4I 
88 20 54.41 
88 20 54.41 
88 20 54.4I 
88 20 54.41 
883 20 54.41 
9I 39, 5-59 
91,30. :5:52 
88 20 54.41 
88 20 54.41 
91 39 5:59 
88 20 54.41 
88 20 54.41 


9I 39. 5-59 
93.393 5:59 
91:39 5.59 
88 20 54.41 
88 20 54.41 
88 20 54.41 
88 20 54.41 
88 20 54.41 
88 20 54.41 
88 20 54.41 
9I 39 5.59 
91 39 5-59 


88 20 54.41 


88 20 54.41 


| 


Latitudine 


40 51 46.34 
46.51 
46.37 
47.52 
46.53 
46.08 
45:49 
46.45 
45.22 


46.22 
47.29 


45:7 
48.54 
46.22 
44.89 
45.99 
48.67 
47.28 
44.84 
47.53 
46.44 
47-97 
48.92 
49-79 


45.22 
45.69 
45.71 
48.40 
47.05 
47.66 
46.61 
47.40 
47.63 
47:47 
45.09 
45.45 
47.38 
45-93 


Data 
1820 


Giugno 


Luglio 


Agosto 


Settembre 


culminazione 


inf. 
inf, 
inf, 


inf, 


inf. 
inf. 
inf, 
inf, 


inf, 
inf. 
inf, 

sup. 
sup. 
inf, 

inf. 

inf, 
sup. 
sup. 
inf, 

inf, 


inf, 


inf. 
sup. 
sup. 
inf. 

inf. 

sup. 
sup. 
inf, 
inf. 
sup. 
sup. 
inf, 

inf. 
inf. 

inf. 

inf. 


inf. 


— 109 — 


dalla Polare 


{18200 


0 Ù “ 
50 47 19.75 
90 47 21.12 
50 47 18.77 
50 47 18.05 


50 47 18.27 
50 47 19.58 
50 47 18.76 
50 47 18.40 


50 47 17.52 
50 47 16.96 
50 47 17.95 
47 29 8.79 
47 29.11.12 
50 47 15.56 
50 47 19.04 
50 47 18.13 
47 29 7.82 
47 29 8.77 
50 47 18.29 
50 47 18.82 
50 47 18.19 


50 47 17.83 
47 29 8.83 
47 29 8.15 
50 47 18.66 
50 47 17.65 
47 29 7:34 
47 29 8.56 
50 47 20.69 
50 47 17.56 
47 29 8.78 
47 29 8.00 
50 47 17.79 
90 47 18.84 
50 47 18.64 
50 47 18.32 
50 47 17-74 
90 47 19.02 


d1820.0 


91 39 5/59 
91 39 5-59 
9I 39 5.59 
9I 39 5.59 


9I 39 
gI 39 
9199 
91.39 


5.59 
5:59. 
5.59 
5.59 
9I 39 5-59 
9I 39 5-59 
91 39 5.59 
88 20 54.41 
88 20 54.41 
91 39 5.59 
9I 39 5-59 
9I 39 5-59 
88 20 54.41 
88 20 54.41 
9I 39 5-59 
9I 39 5-59 
91 39 5-59 


9139 5:59 
88 20 54-41 
88 20 54.41 
9I 39 5-59 
9391 5=59 
88 20 54.41 
88 20 54.41 
91 39 5-59 
9I 39 5-59 
88 20 54.41 
88 20 54.41 
9}1.3915-59 
9,139 5-59 
QI 39 5-59 
9I 39 5-59 
9I 39 5-59 
91 39 5.59 


Latitudine 


40 51 45.84 
44.47 
46.82 


47-54 


47.32 
46.01 
46.83 


47.19 


48.07 
48.63 
47.64 
45.62 
43.29 
50.03 
46.55 
47.46 
46.59 
45.64 
47-30 
46.77 
47-40 


47-76 
45-58 
46.26 
46.93 
47.94 
47.07 
45.85 
44.90 
48.03 
45.63 
46.41 
47.89 
46.75 
46.95 
47.27 
47.85 
46.57 


Data 
41820 


Settembre 25 


Ottobre 


Novembre 


Dicembre 


1821 


Gennajo 


26 


culminazione 


inf, 


sup. 


sup. 
inf, — 
sup. 
inf, 
inf. 
sup. 


inf. 


inf. 
inf. 
inf. 
inf, 
sup. 
inf. 
sup. 
inf, 
inf. 
inf. 
sup. 
inf. 
sup. 


inf. 


inf. 
sup. 
inf. 

inf. 

sup. 
inf. 

inf, 
sup. 
inf. 
sup. 


inf. 


inf. 


sup. 


— 110 — 


t1820.0 


(e) ‘ “ 
50 47 19.98 
47 29 5.27 


4729 7.50 
50 47 18.89 
47 29 7:49 
50 47 18.70 
50 47 18.15 
47 29 7.80 
50 47 17.66 


50 47 18.80 
50 47 17.88 
50 47 18.47 
50 47 20.09 
47 29 6.14 
50 47 18.36 
47 29 6.59 
50 47 19-39 
50 47 18.89 
50 47 18.52 
4729 9.34 
50 47 18.43 
4729 6.87 
50 47 18.90 


50 47 19.80. 


47 29 7.64 
50 47 20.06 
50 47 19.64 
47 29 7.87 
50 47 19.14 
50 47 19.30 
47 29 7:57 
50 47 18.87 
47 29 7.20 
50 47 19.01 


<1821.0 


50 47 0.24 
47 29 27.52 


dalla Polare 


d 1820.0 


o ’ ” 
91-39 (5:59 
88 20 54.41 


88 20 54.41 
9I 39 5-59 
88 20 54.41 
91 39 5-59 
9I 39 5.59 
88 20 54.41 
9I 39 5.59 


9I 39 
QI 39 
91 39 5-59 
9I 39 5-59 
88 20 54.41 
9I 39 5.59 
88 20 54.41 
91 39 5.59 
QI 39 5-59 
QI 39 5-59 
88 20 54.41 
OT 39 5.59 
88 20 54.41 
9I 39 5-59 


5-59 
5.59 


QI 39 5.59 
88 20 54.41 
9I 39 5-59 
9I 39 5-59 
88 20 54.41 
9I 39 5.59 
9I 39 5-59 
88 20 54.41 


91 39 5.59 


88 20 54.4I 
91 39 5.59 
d 1821.0 


91 38 46.33 
88 21 13.67 


Latitudine 


40 514561 
49.14 


46.91 
46.70 
46.92 
46.89 
47:44 
46.61 
47.93 


46.79 
47.71 
47.12 
45.50 
43.27 
47.23 
47.82 
46.20 
46.70 
47.97 
45-97 
47.16 
47:54 
46.69 


45:79 
46.77 
45-53 
45:95 
46.54 
46.45 
46.29 
46.84 
46.72 
47.21 
46.58 


46.09 
46.15 


Data 
1824 


Gennajo 


Febbrajo 


Marzo 


Aprile 


Maggio 


13 


culminazione 


inf. 
inf. 
sup. 
inf. 
sup. 
inf, 
sup. 


sup. 
inf. 
inf. 
sup. 
sup. 
inf. 
sup. 
sup. 


inf. 


sup. 
inf, 
inf, 
sup. 
sup. 
inf, 
sup. 


sup. 


inf. 
sup. 
inf. 
inf. 
sup. 
sup. 
inf, 
sup. 
inf, 


inf. 


sup. 
sup. 
inf, 


— lil — 


<1821.0 


50 47° 0.20 
50 47 
47 29 27.99 
50 47. 0.83 
47 29 28.07 
50 47 0.03 
47 29 28.64 


0.02 


47 29 26.88 
50 47 0.43 
50 47 1.07 
47 29 27.94 
4729,28.11 
50 47 047 
47 29 27.46 
47 29 28.10 
50 47 0.23 
47 29 27.72 
50:47. 0.70 
50 47 0.20 
47 29 26.13 
dl RIR729 
50 46 59.60 
47 29 26.95 
47 29 26.99 


50 47 0.86 
SPSIENETÀ 
50 47 0.61 
50 47 0.43 
47 29 26.04 
47 29 26.32 
50 46 59.98 
47 29 26.17 
50 46 59.74 
50 47 0.08 


d7S29 25:99 
47 29 26.56 
50 46 59.66 


dalla Polare 


d 1821.0 


91 38 46.33 
91 38 46.33 
88 21 13.67 
91 38 46.33 
88 21 13.67 
gI 38 46.33 
88 21 13.67 


88 21 13.67 
91 38 46.33 
91 38 46.33 
83 21 13.67 
88 21 13.67 
91 38 46.33 
883 21 13.67 
88 21 13.67 
91 38 46.33 


88 21 13.67 
91 38 46.33 
91 38 46.33 
88 21 13.67 
88 21 13.67 
91 38 46.33 
88 21 13.67 
88 21 13.67 


91 38 46.33 
88 21 13.67 
91 38 46.33 
91 38 46.33 
88 21 13.67 
88 21 13.67 
g1 38 46.33 
88 21 13.67 
g1 38 46.33 
gI 38 46.33 


88 21 13.67 
88 21 13.67 
91 38 46.33 


Latitudine 


4051 46.1 3 
46.31 
45.68 
45:50 
45.60 
46.30 
45,93 


46.79 
45-90 
45.26 
45:73 
45.56 
45.86 
46.21 
45-57 
46.10 


45:95 
45-63 
46.13 
47-54 
46.38 
46.73 
46.72 
46.68 


45:47 
46.30 
45.72 
45.90 
47.63 
47.35 
46.35 
47.50 
46.59 
46.25 


47.68 


47.11 
46.67 


Data 
1821 
Maggio 16 


Giugno 7 


Luglio 11 


Agosto I 


30 
3I 


Settembre 7 


culminazione 


sup. 
inf. 
inf. 
inf. 


SUp.. 


inf, 

sup. 
sup. 
sup. 
sup. 
sup. 
inf, 

sup. 
sup. 
inf, 


inf. 


sup. 
inf. 

inf. 
sup. 
sup. 
inf. 
inf, 

sup. 


SUP. 


sup. 
sup. 
inf, 
inf. 
sup. 
inf. 
inf, 
sup. 
sup. 
inf. 


inf. 


sup. 


>= be 


t1821.0 


47 29 25-41 
50 46 59.23 
50 46 59.68 
50 46 59.91 
47 29 28.06 


50 46 59.60 
47 29 25-44 
i ESTA 
47 29 25-74 
47 29 27:77 
47 29 26.19 
‘50 47 0.67 
47 29 27-75 
47 29 27.03 
50 47 0.38 


50 47 0.72 


47 29 28.06 
50 46 59.43 
50 47 0:33 
47 29 27.72 
47 29 27.82 
50 47 0.05 
50 46 59.81 
47 29 28.08 
47 29 27.69 


47 29 28.73 
47 29 27.15 
50 46 59.64 
50 47 0.70 
47 29 28.18 
50 46 59.56 
50 46 59.64 
47 29 27.92 
47 29 27.98 
50 46 58.55 
50 46 59.66 


47 29 29.63 


dalla Polare 


d1821.0 


88°21'13/67 
91 38 46.33 
gI 38 46 33 
91 38 46.33 
88 21 13.67 


91 38 46.33 
88 21 13.67 
88 21 13.67 
88 21 13.67 
88 21 13.67 
883 21 13.67 
91 38 46.33 
88 21 13.67 
88 21 13.67 
91 38 46.33 
91 38 46.33 


88 21 13.67 
91 38 46.33 
g1 38 46.33 
88 21 13.67 
88 21 13.67 
gi 38 46.33 
91 38 46.33 
88 21 13.67 
88 21 13.67 


88 21 13.67 
88 21 13.67 
91 38 46.33 
91 38 46.33 
88 21 13.67 
91 38 46.33 
91 38 46.33 
88 21 13.67 
88 21 13.67 
91 38 46.33 
91 38 46.33 


88 21 13.67 


Latitudine 


40° 5 1 48.26 
47.10 
46.65 
46.42 
45.61 


46.73 
48.23 
47-93 
47:93 
45.90 
47.48 
45.66 
45.92 
46.64 
45-95 
45.61 


45.61 
46.90 
46.00 
45-95 
45-85 
46.28 
46.52 
45-59 
45-98 


44.94 
46.52 
46.69 
45.63 
45.49 
46.77 
46.69 
45:75 
45.69 
47.78 
46.67 


44.04 


Data culminazione 
1821 
Settembre 14 sup. 
14 inf. 
18 sup. 
20 inf. 
21 sup. 
22 inf. 
26 sup. 
27 inf. 
28 inf. 
., Ottobre 16 sup. 
17 sup. 
2 " 23 sup. 
26 inf. 
28 inf. 
| 29 sup. 
29 inf. 
30 inf. 
31 sup. 
Novembre 8 inf. 
9 alert 
10 sup. 
17 sup. 
17 inf. 
26 sup. 
27 sup. 
27 inf. 
28 sup. 
28 inf. 5 
29 inf. 
Dicembre 10 sup. 
5 12 sup. 
12 inf. 
13 inf. 
16 inf. 
17 inf. 
22 sup. 
22 inf. 
30 inf. 


Atti— Vol V.— Serie 25-N°71. 


— 113 — 


t1821.0 


o * ” 
47 29 26.49 
so 46 58.91 
47 29 25.92 
50 46 59.88 
47 29 27-91 
50 46 58.99 
47 29 28.66 
50 46 59.38 
50 46 59.19 


47 29 27.28 
47 29 26.80 
47 26 28.29 
50 47 0.76 
50 46 59.46 
47 29 28.79 
50 47 0.26 
50 47 0.34 
47 29 27.91 


50 46 59 87 
47 29 28.29 
47 29 27-45 
47 29 27.79 
50 46 59.84 
47 29 27-33 
47 29 28.22 
50 40 59.47 
47 29 27.21 
50 47 0.52 
50 47 0.66 


47 29 28.06 
47 29 27-47 
50 47 0.43 
50 47 0.97 
50 47 0.70 
SO 47 
47 29 28.20 


0.19 


g0 47 0.86 
50473039 


dalla Polare 


di1821.0 


8821 13-67 
gI 38 46.33 
83 21 13.07 
91 38 46.33 
88 21 13.67 
91 38 46.33 
88 21 13.67 
91 38 46.33 
91 38 46.33 


88 21 13.67 
83 21 13.67 
83 21 13-67 
g1 38 46.33 
gI 38 46.33 
S8 21 13-67 
91 38 46.33 
g1 33 46.33 
83 21 13-67 


91 38 46.33 
88 21 13.67 
88 21 13.67 
88 21 13.67 
gI 38 46.33 
88 21 13.67 
83 21 13.67 
g1 38 46.33 
88 21 13.67 
gI 38 46.33 
g1 38 46.33 


88 21 13-67 
88 21 13.67 
gi 38 46.33 
g1 38 46.33 
gI 38 46.33 
91 38 46.33 
88 21 13.67 
91 38 46.33 
91 38 46.33 


fa 
00 


NI 


da 
nu un 
n du LI 
N 


Ottobre 


Novembre 


Dicembre 


1821 


Gennajo 


Febbrajo 


Marzo 


14 


IO 


culminazione 


inf. 
sup. 
sup. 


inf. 


inf. 


sup. 


sup. 
inf. 
sup. 
sup. 


rit. 
sup. 
sup. 
inf, 


inf. 


sup. 
sup. 
sup. 
inf. 
inf. 
sup. 
inf. 


sup. 


sup. 
sup. 
inf. 
inf. 
sup. 
inf. 
inf, 
sup. 


inf. 


sup. 


— 114 — 


dalla 8 Orsa minore 


€1820.0 


64 14 46.50 
34 141.93 
34 140.01 
64 14 45.86 


64 14 46.47 
34 149.27 


34 141.61 
64 14 42.70 
34 1 40.9I 
34 140.5! 


64 14 45.67 
34 140.55 
34 142.14 
64 14 47.56 
64 14 45.07 


18210 


34 127.25 
34 1 26.87 
34 126.82 
64 15 2.08 
64 15 0.66 
34 127.01 
64 15 0.61 
44 126.38 


34 128.02 
JA tu 20.21 
64 15 
64 15 0.28 
34 127.12 
6405 0n.25 
64 14(58.65) 
34 127.18 
64 15 0.44 


5.31 


34 125.85 


t) 1820.0 


105 6 32:35 
74 53 27.65 
74 53 27.65 
109. 6 32.35 


6 32.35 
74 53 27.65 


105 


74 53 27.65 
105 6 32.35 
74 53 27.65 
74 53 27.65 


109 6 32.35 
74 53 27.65 
74 53 27.65 
105. 6 32.35 
105. 6 32.35 


d 1821.0 


74 53 12:94 
7493 12-04 
7493 12-94 
105 6 47.06 
105 6 47.06 
74 53 12.94 
105 6 47.06 
74:53 12-94 


74 53 12.94 
74 53 12.94 
105 6 47.06 


105 6 47.06 


7453 42:94 
105 6 47.06 
109 6 47.06 
74 53-12.94 


109 6 47.06 - 


74 53 12.94 


Latitudine 


4051 45.85 
45:72 
47.64 
46.49 


45.88 
47-38 


46.04 
(49.65) 
46.74 
47.14 


46.68 
47.10 
45-5I 
44-79 
47.28 


45.69 
46 07 
46.12 
44.98 
46.40 
45.93 
40 45 
46.56 


44.92 
46 73 
45:75 
46.78 
45.82 
46.81 
(48.41) 
45.76 
46.62 


47.09 


Data 
1821 


Marzo 


Aprile 


Maggio 


Giugno 


Luglio 


Agosto 


[fo BM LS 


culminazione 


inf, 
sup. 
sup. 
inf. 


sup. 
sup. 
sup. 
inf. 
sup. 


inf, 
inf. 
sup. 
sup. 
sup. 
sup. 


inf. 


sup. 
inf. 
sup. 
inf. 
sup. 
inf. 
inf. 
sup. 


sup. 


inf. 
sup. 
inf, 
sup. 
inf, 
sup. 
sup. 
inf. 
sup. 


inf. 


inf. 


— 115 — 


C18210 


64 15° 1.93 
34 127.80 
34 1.27.47 
64 15 O.I1 


34 1 26.40 
34 11 26 23 
34 126.69 
64 14 58.34 
34 11 26.36 


64 14 58.10 
64 14 59.78 
34 127.15 
34.1 25.32 
34 126.99 
34 126.37 
64 14 59.90 


34 1 25.20 
64 14 59.26 
34 126.39 
64 14 57:77 
34 126.45 
64 15 0.04 
64 14 59.39 
34 126.69 
34 126.07 


64 15. 0.04 
34 1 27.22 
64 14 59.73 
Zq 12681 
64 150.01 
34.1 27.63 
24 120.94 
64 14 58.15 
341 20.70 
64 14 59.89 


64 15, 1.28 


dalla # Orsa minore 


d 1821.0 


105 6 47.06 
74 53 12.94 


74 53 12.94 
105 6 47.06 


74 53 12.94 
74 53 12.94 
74 53 12.94 

105 6 47.06 
74 53 12.94 


109 6 47.06 
105 6 47.06 
74.53 12.94 
74159 12-94 
74°53 12.94 


14059 12-94 
105 6 47.06 


7453 12.94 
105 6 47.06 
74 53 12.94 
105 6 47.06 
7453 12.94 
105 6 47.06 
105 6 47.06 
74 53 12.94 
ZARS3 12:94 
105 6 47.06 
URRBS 12-94 
105 6 47.06 
74 53 12.94 
105 6 47.06 
7-53 12.94 
74493 12-94 
105 
7453 12.94 
105 6 47.06 


6 47.06 


109 6 47.06 


| 


Latitudine 


40 5145-13 
45.14 
45-47 
46.95 


46.54 
45.71 
46.25 
48.72 
46.58 


43.96 
47.28 
45:79 
47.62 
45-95 
40.57 
47.16 


47-74 
47.80 
46.55 
49-29 
46.49 
47.02 
47-67 
46.25 
46.87 


47.02 
45.72 
47-33 
46.13 
47.95 
45:3! 
46.00 
48 91 
40.24 
47:17 


45.78. 


Settembre 


Ottobre 


Novembre 


Dicembre 


14 


culminazione 


— 116 — 


t1821.0 


34 1 26.57 
64 15 1.40 
34 126.15 
64 15 1.08 
04 15 2.44 
34 127.46 
34 12647 


64 15 1,28 
34 1 27.32 
64 15 0.83 
34 +1 25 99 
64 15 0.90 
64 15 1.76 
34 1 26.30 
64 14 59.99 
34 11-&5.25 


64 15 0.55 
34 12545 
64 15 0.85 
34 127.44 
34 1 26.06 
64 15 3.73 
34 127.18 
64 15 
34 1 
34 ! 
64 15 
34 I 
64 15 
34 1 


1.08 
26.26 
2g:zi 

1.34 
26.92 

1.10 
26.37 


64 15 
64 15 
34 12491 
64 15 0.80 
64 15 


1.94 
1.63 


1.05 


64 15 1.37 
34 125.79 


dalla 8 Orsa minore 


d 1821.0 


(+) . “"” 
7453 12.94 
109 6 47.06 
74 53 12.94 
105 6 47.06 
6 47.06 
74 53 12.94 
74 53 12.94 


74 53 12.94 
105 6 47.06 
74°53 12.94 
105 6 47.06 
6 47.06 
74199 12-94 
6 47.06 
53 12.94 


109 6 47.06 


7453 12.94 
105 6 47.06 
7453 12-94 
74153 12-94 
105 
74:53 12.94 
6 47.06 
7453 12.94 


6 47.06 


6 47.06 


| 


74 53 12.94 © 


6 47.06 
7453 12.94 
6 47.06 
74 53 12.94 


6 47.06 
6 47.06 
53 12 94 
6 47.06 
6 47.06 
105 6 47.06 


74 53 12.94 


Latitudine 


40 51 46.37 
45.66 
46.79 
45-98 
44.62 
45-48 
46 47 


45-78 
45.62 
46.23 
46.95 
46.16 
45-36 
46.64 
47.97 
47.69 


46.51 
47-49 
46.21 
45-59 
46.88 
43-33 
45.76 
45-98 
46.68 
45-73 
45.68 
46.02 
45 96 
46.57 


45.12 
45:43 
48.03 
46.26 
46.01 


45-69 
47.15 


— 117 — 


dalla B Orsa minore 


Data culminazione —|_-t€È|È,—=,_HHIIIèBIIII©{©Ibibi 
t1821.0 | d1821.0 | Latitudine 
1821 
Dicembre 12 inf. 64 14 59:44 105. 6 47.06 40 51 47.62 
13 sup. 34 125.16 74 53 12.94 47:78 
14 sup. 34 12403 7453 12.94 48.91 
15 sup. 34 126.05 74 53 12.94 46.89 
16 inf, 64 15 1.43 103 6 47.06 45.63 
17 sup. 34 12403 = 74 53 12.94 48.91 
22 sup. 34 3125-32 74.53 12.94 47.62 
2a inf, 64 15 1.34 105 6 47.06 4Ggzz 
20 sup. 34 126.66 74 53 12 94 46.28 


$2.° — Curve dei valori della latitudine negli anni 1820 e 1821. 


44. — Fermando più specialmente l’attenzione sui valori isolati della latitudine 
dedotti dalla Polare, e aggruppandoli convenientemente, secondo che suggerisce la 
vicinanza delle date e il numero delle osservazioni, si ha il seguente quadro dei va- 
lori medii. 


Data Valore medio N.° dei valori Data Valore medio N.0 dei valori 
della latitudine isolati della latitudine isolati 
1819 1820 
Dicembre 20 40 95 14624 5 Settembre 14 40° 5 146.75 IG 
25 47.11 
1820 
Ottobre 13 46.97 5 
Gennajo 5 46.41 a 
22 46.28 6 Novembre 1 47.23 Sì a 
22 46.78 9 
Febbrajo 30 46.21 I 
18 47.29 ] Dicembre 1 46.38 6 
9 46.57 5 
Marzo 15 46.28 5 24 46.63 3 
22 47.08 4 1821 
29 48.28 4 
Gennajo 15 46.07 
Giugno 17 46.62 6 28 45.61 4 
21 46.33 10 
Febbrajo 15 45.92 4 
Luglio 1 46.95 6 22 45.86 5 
Agosto 13 47.16 8 Marzo 12 46.31 4 


22 46.91 6 20 46.62 4 


xt 


— 118 — 


Data Valore medio N.0 dei valori Data Valore medio N dei valori 
della latitudine isolati della latitudine isolati 
1821 1821 
o ‘ ta ‘ “” 
Aprile 20 4051 46.40 6 Settembre 13 40 51 46.60 4 
26 46.67 4 24 46.44 6 
Maggio 9 47.15 3 Ottobre 21 46.05 4 
18 47.11 4 29 45.91 s 
Giugno 6 47-13 4 Novembre 12 46.10 S 
DE: 46.74 4 28 46.10 6 
28 46.03 4 
Dicembre 13 45.81 6 
Luglio 16 46.10 6 25 45.63 3 
28 45.76 4 
Agosto 25 46.22 5 
30 46.52 5 


42. — Con questi valori medii rappresentati graficamente ho disegnato le curve 
delle tavole II e III, le quali rappresentano l’ andamento della latitudine negli anni 1820 
e 1821. Queste curve, somigliantissime tra loro e a quella ottenuta dalle mie osserva- 
zioni del 1889, presentano anche esse due massimi e due minimi all’anno. Nel 1820 
i due massimi hanno luogo verso il 20 Aprile e il 12 Ottobre, e i due minimi han- 
no luogo verso il 1° Gennajo e il 9g Luglio, con un’ escursione di 2”. tra il minimo di 
Gennajo e il massimo di Aprile. Nel 1821 i due massimi hanno luogo verso il 28 Mag- 
gio e il 27 Settembre, e i due minimi verso il 30 Gennajo e il 26 Luglio, con un’escur- 
sione di 1°.4 tra il massimo di Maggio e il minimo di Luglio e di 1°.6 tra il massimo di 
Maggio e il valore corrispondente verso la fine dell’anno. L’escursione tra il massimo 
di Aprile 1820 e il valore corrispondente alla fine del 1821 è di 2”.6. Non-ho stimato 
opportuno descrivere anche le curve dei valori della latitudine che si ottengono da 
8 Orsa minore; noterò solamente che anche essi si accordano con lo stesso anda- 
mento, per quanto è lecito desiderare, avuto riguardo alla maggiore incertezza che per 
questa stella sì presenta nelle osservazioni delle distanze zenitali alla culminazione 
inferiore. 

Io vorrei anche fare osservare, come cosa degna di nota, l’andamento decrescen- 
te che si presenta nei valori massimi e nei medii delle curve del 1820 e del 1821, 
andamento che concorda con la differenza di o”. 30 che presentano i valori della la- 
titudine dedotti da tulte le osservazioni dei medesimi anni (vedi introduzione); ma 
poichè, come avverte Cicerone, uno dei doveri inerenti alla scienza è quello di guar- 
darsi dal vizio ne incognita pro cognitis habeamus, hisque temere assentiamur, io ces- 
serò di far più considerazioni e di tirar più conseguenze dai risultati che ho esposti; 
anzi dirò, che il compiacimento dell’accordo di essi resta non poco turbato da que- 
sti due fatti: il primo è che bisognerebbe spiegare perchè nei valori della latitudine 
dedotti dall’ accoppiamento della Polare con la Spica non si verifica nessun anda-. 


— 119 — 
mento apprezzabile, e il secondo è l’esistenza nelle osservazioni del Brioschi di er- 
rori periodici, dei quali è ignota l'origine '). 

Noterò anche come cosa che accresce le incertezze delle conclusioni che si pos- 
sono trarre, che nei valori esprimenti le distanze della Polare dal polo, dedotti per 
differenza tra le distanze zenitali alla culminazione inferiore e quelle alla culminazione 
superiore, si manifesta un cambiamento periodico, il quale fino a un certo punto 
concorda con l’andamento della latitudine. Senza entrare in troppo minuti particolari 
si possono confrontare per ciascun mese i valori medii delle distanze zenitali alla . 
culminazione inferiore con i valori medii delle distanze zenitali alla culminazione su- 
periore: le semisomme di questi valori esprimono i medii mensuali della colatitudi- 
ne e le semidifferenze esprimono i medii mensuali della distanza dal polo. Limitan- 
do questo esame alle sole osservazioni del 1821, si ha: 


Data Latitudine Distanza dal polo 

1824 
Gennajo 40°5145.85 138 46.10 
Febbrajo 45.88 46.44 
Marzo 46.41 46.57 
Aprile 46.68 46.96 
Maggio 46.94 46.56 
Giugno 46.57 46.91 
Luglio 46.11 46.02 
Agosto 46.19 45.82 
Settembre 46.50 45-78 
Ottobre 45.89 46.30 
Novembre 46.11 46.18 
Dicembre 45-75 46.34. 


E questo andamento delle distanze dal polo offre anche esso dei dubbii, che a- 
spettano, se pur ne vale la pena, di essere risoluti. 


43. — Quantunque in questo lavoro io mi sia proposto di limitarmi all’esame delle 
sole osservazioni fatte a Capodimonte, esponendo ciò che apparisce dai loro risultati, 
senza indagare le cagioni che li hanno prodotti, pure a questo punto non posso fare a 
meno di notare un certo accordo che si riscontra tra le variazioni qui ottenute e quelle 
trovate dal Prof. Nobile nei valori della latitudine di Greenwich, dedotti anch'essi 
dalle osservazioni della Polare alle due culminazioni nel ventennio 1862-82 *). Le curve 
date dal Prof. Nobile per la latitudine di Greenwich sono fondate sopra valori medii 
mensuali. Esse in generale offrono due massimi e due minimi all’anno: i due massimi 


1) Distanze zenitali circummeridiane di alcune stelle principali osservate nell’anno 1821 
dall'astronomo Carlo Brioschi; Napoli, 1889, pag. 120 e seguenti. 

2) Ricerche numeriche sulla latitudine del R. Osservatorio di Capodimonte, per A. Nobile, 
Napoli 1885, parte I, pag. 131 e seguenti. 


— 120 — 
hanno luogo uno fra Luglio e Agosto e l’altro ira Febbraio e Aprile; i due minimi han- 
no luogo uno fra Dicembre e Gennaio e l’altro ordinariamente nel mese di Maggio. Il 
massimo più elevato è ordinariamente quello di Luglio e Agosto; ma nel 1881 il mas- 
simo di Aprile supera quello di Luglio di 0°.49. La curva del 1881 di Greenwich ras- 
somiglia quindi molto a quelle trovate per Capodimonte. Nelle curve di Greenwich la 
differenza massima tra i valori mensuali raggiunge qualche volta 2°. 0. 

Il Prof. Bakhuyzen in una nota pubblicata nel Marzo 1891 nei Montly notices of 
the Royal Astronomical Society, Vol. LI, No. 5, dice che la notevole variazione annua 
delle distanze della Polare dal polo che si manifesta nelle osservazioni di Greenwich, 
era stata additata da lui nel 1868, da Downing nel 1880 e da Thackeray nel 1888 
e 1889, e afferma che fin dalla sua prima pubblicazione apparisce molto probabile che 
almeno una parte di tale variazione è connessa con la temperatura. Alla stessa con- 
clusione giunge nella nota del 1891, perchè dimostra che le variazioni suddette per la 
massima parte dipendono dalla differenza tra la temperatura esterna e l’interna ed 
hanno per causa probabile una rifrazione nella stanza di osservazione: le piccole di- 
scordanze che rimangono, dopo applicata la correzione dovuta a questa rifrazione, le 
attribuisce a una variazione reale della latitudine. 

Io ho voluto indagare se mai le discordanze tra le distanze zenilali della Polare 
nelle osservazioni del Brioschi del 1821 si potessero spiegare in una maniera analo- 
ga, e perciò dai dati riportati nella mia memoria del 1889 « Distanze zenitali etc. » ho 
ricavato per la distanza zenitale e per le temperature interna ed esterna i seguenti me- 


dii mensuali: 


Polare superiore. Polare inferiore. 

1821 E T; gd Diff. 1821 A Ti E, Diff. 
Gen. 4729 28.05 85 8.4 to. Gen. 50 46 60.26 6.0 5.5 +0.s 
Feb. 27.70 7.1 7.1 0.0 Feb. 60.55 4.6 42 +04 
Mar. 27.01. 10.6 10.9 —0.3 Mar. 60.17 7:3 6.8 -+0.5 
Apr. 26.43 144 15.1  —0.7 Apr. 60.28 11.0 102 +08 
Mag. 26.31 16.0 16.3 —0.3 Mag. 59.61 14.4 135 -—+0.9 
Giu. 26.52 137 ‘35.rpis Giu. 60.34 15.7. 145 +12 
Lug. 27.87 154 145 0.9 Lug. 59.90 20.0 18.2 -+1.8 
Ago. 27.99 16.7 16.0 -+0.7 | Ago. 59.63 21.3 20.8 -+o.5 
Set. 27.73 193 139 0 Set. 59.27 20.4 20.1 -|0.3 
Ott. 27.81 11.5 109 -+0.6 | Ott. 60.20 12.9 130. —o.i 
Nov. 27.70 9.9 94 -—+0.5 | Nov. 6007 10.3 10.1 -+0.2 
Dic. 27.91 7.9 7.8. +01 | Dic. 60.59 7a 6.6  -+0.g 


Da questi numeri apparisce chiaro che solamente le discordanze delle distanze ze- 
nitali della Polare alla culminazione superiore per i primi quattro mesi dell’anno sono 
sensibilmente proporzionali alle differenze tra la temperatura interna e l'esterna; ma le 
altre discordanze non pare che abbiano alcuna connessione né con la temperatura in- 
terna, nè con l’esterna, nè con la loro differenza. Presso di noi rimane quindi intera 
l’incertezza sulla causa probabile delle variazioni che si manifestano nei valori della }a- 


titudine. e 


= ih — 


$3°— Esame delle osservazioni fatte nel 1871 dal Prof. Fergola. 


44,—Le osservazioni di latitudine fatte dal Prof. Fergola col metodo di Talcott 
nel 1871 abbracciano due periodi distinti ; l’uno dal 25 Gennajo al ro Aprile, l’altro 
dal 21 Settembre al 31 Dicembre. Le coppie adoperate sono in numero di 53; però la 
6* coppia, osservata poche volte, non fu più seguita nè calcolata, perchè le osservazio- 
ni riuscivano troppo incerte, a motivo della estrema debolezza di una delle stelle : le 
determinazioni isolate sono 850. Una prima riduzione di tutte le osservazioni si trova 
in una memoria del Fergola intitolata: Determinazione novella della latitudine del R. 
Osservatorio di Capodimonte, stampata a Napoli nel 1873 e inserita nel Volume V degli 
Atti della R. Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche. In questa! prima riduzione 
le declinazioni delle stelle furono tratte da varii Cataloghi, che sono il Nautical Almanac, 
diversi Cataloghi di Greenwich, i due Cataloghi di Radcliffe e il Catalogo riportato 
nel Vierteljahrsschrift der Astronomischen Gesellschaft, 1869, Heft 4; e le correzioni di- 
pendenti dalla precessione, aberrazione e nutazione furono calcolate con i coefficienti 
dati nelle Tabulae reductionum di Wolfers. Nel 1883 lo stesso Prof. Fergola fece una 
‘nuova riduzione di 23 delle medesime coppie, impiegando le declinazioni dei Cataloghi 
di Auwers, di Boss e di Safford e adoperando le tavole del Nautical Almanac per 
il calcolo dell’aberrazione, della precessione e della nutazione, e pubblicò i risultati in 
una memoria intitolata: Sulla latitudine del R. Osservatorio di Capodimonte stampata a 
Napoli nel 1884 e inserita nel Volume 1, Serie 2*, degli Atti della stessa Accademia. Que- 
ste citazioni mi dispensino dal riportare diffusamente i risultati ottenuti nelle memorie 
del Fergola, che io ho presi ad esaminare allo scopo di vedere se essi accennano a 
variabilità durante l’anno. 


45. — Io ho ritenute le correzioni dipendenti dall’aberrazione, precessione, nuta- 
zione e moto proprio come si trovano nella memoria del 1873, avendo verificato che la 
differenza che si ha calcolando le stesse correzioni con le tavole del Nautical Almanac 
e con i moti proprii tratti dai nuovi Cataloghi è molto piccola. Per le coppie ricalcolate 
nella Memoria del 1884, ho adottate le declinazioni riportate in questa memoria, per 
le altre ho adottate le declinazioni contenute nella prima memoria. Del resto gli errori di 
declinazione, qualunque essi siano, non hanno alcuna influenza in questo studio, aven- 
do, come dirò appresso, ridotto tutte le osservazioni a quelle che si sarebbero ottenute 
da una coppia unica. Con siffatti elementi io ho calcolato per ciascuna coppia e per 
ciascuna serata un valore della latitudine. Ho quindi distinte le coppie in cinque grup- 
pi, nel seguente modo: 


I Gruppo, di 7 coppie, dalla “1% all’ 8* (esclusa la 6% non osservata), 
II Gruppo, di 14 coppie, dalla 9° alla 22°, 
III Gruppo, di 8 coppie, dalla 23° alla 30°, 
IV Gruppo, di 11 coppie, dalla 31° alla 41°, 
V Gruppo, di 12 coppie, dalla 42° alla 53°. 


Paragonando i risultati ottenuti dalle varie coppie nelle stesse serate, ho ricavato 
ATTI— Vol. V.— Serie 22—N.° 7. 16 


— 122 — 


le correzioni da applicare alle coppie di ciascun gruppo per ridurle ad una stessa cop- 
pia. Queste correzioni sono risultate come appresso: 


I. Gruppo II Gruppo III Gruppo 

Coppia 1% corr. = — 0.07 Coppia 9° corr. = + 0.80 Coppia 23° corr. = + 0.16 
». 03° 1» 0.00 » 10° » + 1.20 » 24° >» + 0.13 

Di 434 + 1.24 pa e oo > + 1.07 >. a n2biag® 0.00 

+ [Rie — 0.31 » 1a — 0.07 >» 20° » — 0.05 

3 Ap + 0.52 » 13 » + 0.12 » vagare + 0.42 

è Matty + 0.10 te 0.00 DES — 0.17 
giubetbià + 0.40 » dg 1» + 1.74 » 29° » — 0.13 

» 16° » + 1.26 dii got, + 0.17 


» 7a » + 0.56 
» 18°. > + 1.22 
» ma” 7% + 1.33 
w'e20r + 1.13 
> siii” DÈ. + 1.24 


a 


y70 caz + 0.50 


IV. Gruppo V. Gruppo 
Coppia 31° corr. = — 1/15 Coppia 42° corr. = + 0.18 
> 321 0.00 SULA» — 0.61 
PS — 0.29 > gigli 0 ano — 0.37 
imizginò — 0.55 IL Se è — 0.15 
È 235% » — 0.79 »l lg68ris — 0.77 
PRA CY UO — 1.04 » (147%. d 0.00 
da 097° ‘» — 0.46 ». (AS ad + 1.02 
» 28° » — 0.01 >» 49° » — 0.16 
»° 900 6» — 1.II » go» — 0.86 
» 40° » + 1.19 » NEIL — 0.04 
vl 41308 — 0.51 w9> ga. + 0.42 


>il (53%® + 0.02 


Dopo avere applicate le precedenti correzioni, ho per ciascuna serata ricavato un 
valore medio della latitudine da tutte Ie coppie di ciascun gruppo. Questi valori medii 
sì trovano registrati nella metà a sinistra dei quadri seguenti, con a fianco il numero 
dei valori isolati da cui risultano. Facendo il medio delle differenze tra i risultati otte- 
nuti dal gruppo I e dal gruppo II nelle stesse serate, attribuendo a ciascuna differenza 
un peso eguale al prodotto dei numeri dei valori isolati, ho dedotto la correzione da 
applicare ai valori dati dal gruppo II per ridurli a quelli che sarebbero dati dal grup- 
po I. In una maniera analoga ho ricavato la correzione da applicare al gruppo V per ri 
durlo al gruppo I. Paragonando poi i valori del gruppo JI già ridotti al gruppo I con 
quelli del gruppo II, ho ricavato la correzione per ridurre questo gruppo al gruppo I; 
e paragonando i valori del gruppo V ridotti al gruppo I con quelli del gruppo IV, ho 
ottenuto la correzione per ridurre questo gruppo al gruppo I. Così per ridurre i valori 
dati dai diversi gruppi a un gruppo unico, ho adottato le seguenti correzioni: 


Gruppo I corr. = 0.00 
wi. 1 » — 0.47 
> HI » + 0.20 
»|\ INI » + 0.45 
» » + 0.30 


— 123 — 
I valori ottenuti dai diversi gruppi, ridotti tutti al gruppo I, e i medii pesati per 
ciascuna serata si trovano registrati nella seconda metà dei quadri seguenti: 


Latitudine = 40° 51 40"+ 


Gruppi Gruppi ridotti al gruppo I 
Data 1 
1874 Medio 
I II III "È | II III 

Gen. e 92 43] Re LET 5.92 3 
sppiesgi Maj el = f—{@gg sa|—&i=| — {20.53 2 

29 {6.01 7|6.98 3] —  —J6.01 7/6.51 3|—  @—[6.16 t0 
lei oi a ie i CA 

Feb. 15.81 7|6.10, 2/1 — |—{681 7|5.63 2 — —|[5-:77 09 
4|544 3/62 see ea a = [1 =|570et12 
ee n — pale 03) cei 4=|6.37 3 

61 —  —|[6.55 4|—- —|J_-  —|608 4, — —[6.08 4 
miliggo (*|046 (gl — t=15-90 Sa) sg a 1=|5.71 10 
85.88 ‘4|5.81 eee 43 =—1-|3.65 7 
eee ora — =. = d-|5:28 ss 
tig | 696 — (—{539 ‘a/9.68 6 — —{[5:61 8 

Fs k5.83 35.98.09 bre &° Rei Tagasti a 5:59 0 nia 

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— 124 — 


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5:34. 43 
5.26 5 
4.88 2 
5.73 4 
5.36 4 
597. 29| 
5.36 10 
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5.01 2 
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Medio 


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5.25 18 
5.25 14 
5:44 15 
5-54 21 
6.11 ca 
6.02 22 
6.03 20 
6.02 4 
5:76. 6 
6.01 5 
5-99 10 
5-78 

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5.33 2 
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5.81 4 
5.94 21 
5.89 16 
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5.66 16 
5.82 6 
5.86 10 
9.83 1 
6.05 12 
5.63 13 
5.61 Il 
5.65 13 
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5.58 10 
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5.59 706.21 4 | —_ —.[.5-89 1 07 
oz: 12-15-10, 0 4 en] 
5.77 2|5-69 4l— —|6.07 2 
5.54 8596 2| — —|5.84 8 
5.40 76.05 4|— —|[570 +7 
5.60 8f6.35 4 — —|[590 8 
5.36 9|[5-57 4|-—- —|5-66 9 
5.25 f.795-7%, 41 > Lc aaa 
5.17 75:85 6 —|547 7 
5.79 76.08 1|— —|6.09 7 
534.3 231962 07} f7) «| 
"== Ba IXZ9 .21 | E 
578 75.82 71] — |6.08 7 
5-34.$ #68 &73. 7] — | |SA&}ok 
5-25. 4815-39 7 | 4,53 SS 


— 125 — 


46. — Riunendo questi valori giornalieri della latitudine in tanti medii, secondo 
che suggerisce la vicinanza delle date, e dando a ciascuno un peso proporzionale al 
numero delle coppie da cui risulta, sì ha il seguente specchietto. 


Data Valore medio N. delle Data Valore medio N. delle 
1871 della latitudine coppie 1871 della latitudine —coppie 
S Dai a Xi 
Genn. 29 4031 45.90 27 Sett. 25 4081 45-38 102 
Febb. 4 "45.79 36 Ott. 8 46.00 71 
16 45.7! 65 24 45.86 64 
26 46.06 64 
Now 3 45.88 12 
Mar. 5 45.85. 89 13 (4389) . (1) 
12 46 03 52 26 46.03 45 
25 46.04 7 
Dic. 11 45.82 79 
Apr. 5 45.065 54 25 45.71 82 


Nei risultati di queste osservazioni havvi una notevole lacuna di più di cinque me- 
si: nondimeno sembra che essì non siano in disaccordo da quelli antecedentemente di 
seussi. Senza dubbio accennano pure essi a una variazione, reale o apparente che sia, 
della latitudine, e pare anche probabile l’esistenza di due massimi, uno in Marzo e l’al- 
tro in Ottobre o Novembre e di due minimi uno in Febbrajo e l’altro in Settembre 0 
forse prima di Settembre. 


S 4°— Risultati ottenuti nel 1885 dal Prof. Nobile. 


47, — Tra i risultati discussi e pubblicati dal Prof. Nobile nelle tre parti della sua 
memoria intitolata Ricerche numeriche sulla latitudine del R. Osservatorio di Capodimonte, 
io citerò quelli ottenuti nel 1885, che si trovano nella parte 2°, e che, tenuto conto di 
tutte le correzioni indicate nella memoria stessa , si possono riassumere per medii men- 
suali come si vede nel seguente specchietto: 


1885 Latitudine - 1885 Latitudine 
Gennajo 4031 4580 Giugno 405 I 45.38 
Febbrajo 45-30 Luglio 44 94 
Marzo 45.62 Settembre 45.63 
Aprile 46.47 Ottobre e Novembre 45.01 
Maggio 44:74 Dicembre 45-95 


Questi risultati si possono abbastanza bene rappresentare con una curva, che pre- 
senta due massimi, uno in Aprile e l’altro tra Ottobre e Novembre, e due minimi, uno 
in Febbrajo e l’altro forse tra Maggio e Giugno. 


— 126 — 
CONCLUSIONE 


48. — Dal presente lavoro io traggo queste conclusioni: 

— Da tutte le osservazioni fatte fino ad ora a Capodimonte con metodi e aa 
menti differenti e da osservatori diversi, risulta chiaramente confermata la variazione 
della latitudine durante l’anno, reale o apparente che essa sia. Fa soltanto eccezione la 
serie dei valori che si deducono dall’accoppiamento delle osservazioni della Polare con 
quelle della Spica fatte da Carlo Brioschi negli anni 1819-20-21, la quale serie non 
presenta alcuno andamento. 

2. — Con sicurezza forse equale si può asserire che le variazioni della latitudine 
durante l’anno presentano due massimi e due minimi: l'accordo che si riscontra sia nel- 
l'ampiezza dell'escursione, sia nelle epoche dei massimi e dei minimi, è notevole, e induce 
nel sospetto (che deve essere accolto con grande riserva) di un periodo annuale, 0 qua- 
si annuale. 

3. — Un valore medio della latitudine del R. Osservatorio di Capodimonte, per il 


parallelo degli antichi Circoli Ripetitori, e per il periodo dal 4° Dicembre 1888 al 34 Di- 
cembre 1889, è 
40°51'45”.806; 


ma sembra che, appunto a cagione della variabilità che presentano iî risultati durante 
l’anno, nessuna conclusione si possa trarre da questo valore nè dal suo confronto con gli 
altri valori dati per la stessa latitudine. 

4.— Sembra che le variazioni dei valori della latitudine di Capodimonte non 
possano essere spiegate neanche in parte con le variazioni della temperatura. 

Del resto dichiaro qui nuovamente che in questo lavoro non ho avuto altra inten- 
zione che di esporre i risultati, senza indagare le cause che li hanno potuti produrre, la 
cui ricerca sembra per ora prematura. Ripeto che la chiara luce su questo argomento 
non può venire se non da serie di osservazioni uniformi proseguite per molti anni in 
tutti i punti, nei quali sarà possibile istituirle; ed aggiungo che mentre |’ uniformità è 
necessaria per il paragone dei risultati, pure in qualche osservatorio sarà utile di non 
cristallizzarsi in un sol metodo di osservazioni, ma di fare determinazioni di latitudine 
con tutti i metodi che si potranno adoperare. 


ERRATA CORRIGE 
Pag. 3, lin. 2, la precessione di Peters e Stru- la precessione di Peters e Struve, la nutazio- 
ve, e, ne di Peters e l’aberrazione di Struve, e, 
» lin.15-16, di Struve-Peters a quelle di del Nautical Almanac a quelle delle Tavole di 
Bessel Wolfers 
» lin. 25, Ricerche numeriche della Ricerche numeriche sulla 
Pag. 30, parte a sinistra, lin. 11, {-17.9—-17.9 + 16.9 — 17.9. 
» » » lin, 13, — 02.631. — 02.757 
» » » lin. 14, +- 0”.453. + 02.516. 
Pag. 42, parte a destra, lin. 10, a 7° 8” a 7° 8” 


Pag. 45, >» ». Tin,d0, a" a 16%", 


INDICE 


INTRODUZIONE... ca e è + è 
SEZIONE I.— Cenni sul metodo adoperato e sullo strumento. 


$ 1.° Metodo per determinare la latitudine geografica mediante i passaggi al primo verticale 
$ 2.° Sullo strumento e sul suo impianto . ; 

$ 3.° Stelle per la latitudine e maniera di osservarle . 

$ 4.° Determinazioni di tempo. 


SezionE II. — Osservazioni e loro riduzioni. 
Sezione IIIL.— Risultamenti delle osservazioni. 


$ 1.° Riduzione dei valori della latitudine dati dalle diverse stelle a quelli dati da una stella 
unica. 

$ 2.° Riduzione dei salari della Tepiadino. dati dalle dipl gialle n edito dei saloni dati 
dalle cinque stelle fondamentali. È 

$ 3.° Correzione dipendente dalla posizione dei e 

$ 4.° Correzione per il valore della latitudine adottato nei calcoli . 

$ 5.° Valori definitivi della latitudine 

$ 6.° Curva dei valori della latitudine ; 

$ 7.° Considerazioni sull’error probabile di una deteriainazione icgiata, e Saul cause CA errori 
delle presenti osservazioni. 


Sezione IV.— Variabilità della latitudine dedotta da altre determinazioni. 


$ 1.° Esame delle osservazioni fatte negli anni 1819-1820-1821 da Carlo Brioschi. 
$ 2.° Curve dei valori della latitudine negli anni 1820 e 1821 . STE 

$ 3.° Esame delle osservazioni fatte nel 1871 dal Prof. Fergola. 

$ 4° Risultati ottenuti nel 1885 dal Prof. Nobile. z 

CONCLUSIONE . a, 

ERRATA-CORRIGE 


finita di stampare il dì 6 Gennajo 1893 


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a i & 5 Curva dei valori della latitudine a Capodimonte nell Anno 1889. 


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B/uumeri indicano di quanti valori isolati si compone ciascun valore medio ) 


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| Curva dei valori. della latitudine & Capodimonte nell'Anno 1889. 


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Cic ART RAG TONE 


Vol. V, Serie 2. N° 8. 


ATTI DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


SUL TRIAS DEI DINTORNI DI LAGONEGRO IN BASILICATA 


(PIANO CARNICO E PIANO JUVAVICO DI MOJSISOVICS) 
MEMORIA 
di GIUSEPPE DE LORENZO 


presentata nel dì 10 Dicembre 1892. 


INTRODUZIONE 


Questo lavoro contiene le osservazioni da me fatte nell’autunno dell’anno corrente 
sui monti che si svolgono nella parte nord-west della strozzatura prodotta nella penisola 
calabrese dai golfi di Taranto e di Policastro. 

Il tratto di tale regione da me studiato è compreso fra 40° 5" — 40° 10' di lati- 
tudine nord e 3° 16 — 3° 24° di longitudine est dal meridiano di Roma (monte Mario), 
ed abbraccia press’a poco una superficie di 100 km. q. Eccessivamente montuoso, non 
presenta però con decisione i caratteri del paesaggio alpino nè quelli dell’apenninico, 
perchè, se mancano le aguglie erte ed acute, le cime radiose, le cascate spumanti nel 
verde cupo degli abeti e le morbide profumate praterie delle Alpi, mancano del pari i 
monti caratteristici dell’ Apennino, che levano al cielo il grigio capo ignudo, mentre ai 
loro fianchi si addossano e digradano verso il mare le belle colline, le cui verdi chio- 
me fragranti ondeggiano sotto i soffi larghi del maestrale. Qui un suolo argilloso, mo- 
bile, dai colori smorti, ombreggiato da melanconici castagni, si stende come un len- 
zuolo funebre intorno ad alti monti, isolati o riuniti in gruppi e catene, dall’ aspetto 
tondeggiante, ma solcati e squarciati da burroni stretti e profondi, da cui si sente solo 
salire il cupo muggito dei torrenti. 1 boschi cupi e silenziosi di faggi ne rivestono i 
fianchi, e le cime più alte si coprono per sei o sette mesi dell’anno di un fitto e bianco 
mantello di neve, che spesso invade anche le sottoposte vallate. 

I monti maggiori, con una elevazione variabile da 1600 a 2007 metri sul livello 
del mare, costituiscono il gruppo del Sirino, gruppo che rappresenta la catena princi- 
pale dell’Apennino e che è fiancheggiato da catene minori e parallele, le quali si suc- 
cedono ordinatamente da est a west fino al golfo di Policastro, dove con ripidi fianchi 
precipitano nel mare. Ad oriente invece monti minori, con vero tipo apenninico, digra- 
dando insensibilmente in dolci colline, finiscono con lo sfumare in lievi ondeggiamen- 
ti, che sì perdono nei tristi piani del mare Ionio. 


Nell’ inverno o durante le forti piogge numerosi torrenti, gonfi, gialli e limacciosi, 
AtTI— Vol. V.— Serie 25—N0° 8. 1 


Sia 


- 


scorrono con rumore assordante nel fondo dei burroni e scavano canali profondi nel 
suolo argilloso, attraverso a cui debbono aprirsi il passaggio; ma di estate tutto è si- 
lenzio nelle ardenti campagne inondate di sole. Sorgenti numerose ma di poca entità 
sgorgano dai fianchi dei monti, si raccolgono in rigagnoli e ruscelli nel fondo delle 
valli, traversano in tutti i sensi le bassure e finiscono tutte col portare il loro contribu- 
to ai due maggiori corsì d’acqua, il Serra e il Noce. Il Serra nasce dai fianchi occiden- 
tali del monte Sirino e, dopo un corso breve e tumultuoso, si scarica nel Noce, il quale, 
dopo aver preso le sue origini dalle pendici settentrionali dello stesso monte, de- 
scrivendo un cammino tortuoso, con direzione prevalente N. E.-S. W., traversando 
strette gole e bacini franosi, finisce col dilagare nelle paludi malariche di Castrocucco. 

Questo tratto dell’Apennino meridionale geologicamente è poco conosciuto *): data 
la grande scarsezza di fossili nei terreni che lo compongono e le difficoltà materiali 
procurate dal paesaggio così accidentato, per pubblicare su di esso un lavoro coscien- 
zioso ed esatto sono necessarie molte escursioni ed un lungo periodo di studi. In que- 
sta memoria mi limito a descrivere i monti dei dintorni di Lagonegro, costituiti dal 
complesso dei terreni più antichi, che, come si vedrà in seguito, debbono ascriversi 
alla parte superiore del Trias con sviluppo alpino pelagico. Per non lasciare però questi 
terreni triasici assolutamente distaccati da tutti gli altri, enumererò qui succintamente 
le formazioni che si trovano in contatto immediato 0 quasi con essi. 

Come è detto nelle pagine seguenti, il terreno più giovane, da me studiato e de- 
scritto in questo lavoro, è rappresentato dalla dolomia bianca farinosa, riferibile alla 
parte superiore del piano juvavico. 

Nel monte Foraporta e in qualche altro punto alla dolomia bianca farinosa succe- 
de una pila piuttosto potente di calcari grigi, cinerei, friabili e bituminosi, in strati non 
molto grossi, che passano senza un visibile distacco ad altri calcari, compatti, neri, 
bituminosi anch’essi, che all’azione atmosferica si alterano, sgretolandosi e acquistan- 
do un color giallo sporco. Questi calcari neri superiori hanno fornito un certo numero 
di brachiopodi e qualche valva di pelecipodo ; ma finchè non avrò studiato il materiale 
raccolto, non posso dire se essi appartengano alla parte superiore del Lias inferiore 
o rappresentino invece qualche orizzonte del Lias medio. Nei calcari cinerei sottoposti 
non ho trovato alcun fossile, ma per la loro posizione stratigrafica, sono inclinato a 
credere che essi, anzichè alla zona dell’ Avicula contorta, appartengano al Lias infe- 
riore, al pari dei calcari grigi, creduti retici, di Taormina, la cui liasicità fu così chia- 
ramente dimostrata dal dr. Di Stefano °). I calcari neri liasici hanno una notevole 
diffusione sia orizzontalmente che verticalmente, e sono più specialmente sviluppati nei 
monti posti sulla destra del corso medio del fiume Noce. 

Nel monte Cervaro e nel monte Rotondo si appoggiano a questi terreni liasici dei 
calcari arenacei, grigi o giallastri, che hanno una certa affinità petrografica con i. cal- 
cari ad Ellipsactinia ellipsoides Steinm., rappresentanti il titonico superiore, scoperti 
dagli ingegneri Baldacci e Mezzena nei monti al sud di Trecchina, a circa 12 km. 


!) C. De Giorgi, Note geologiche sulla Basilicata. Lecce 1879.— G. B. Bruno, Le frane di 
Lauria, con alcune osservazioni generali su quelle dei terreni cocenici del Lagonegrese. Torino 1892. CI 
C. Viola, Sulla regione dei Gabbri e delle Serpentine nell'alta valle del Sinni in Basilicata (Bale 
Com. geol. ), 1892. 

2) G. Di Stefano, Sul Lias inferiore di Taormina e dei suoi dintorni (Giornale d. scienze na- 
turali ed economiche di Paleztii 1886. 


se a 
di distanza da Lagonegro. Ma, pensando alla poca attendibilità dei caratteri litologici in 
questi casi, non si può per ora esprimere alcun giudizio in proposito. 

Le cime degli stessi monti Cervaro e Rotondo, e gran parte dei terreni che si 
stendono verso il mare Tirreno, sono costituiti da calcari compatti a rudiste, che per 
molti caratteri ricordano le formazioni del neocomiano e dell’urgoniano abbastanza e- 
stese nell'Italia meridionale, quantunque anche qui la mancanza di studi paleontologici 
tolga a queste ipotesi ogni base sicura e durevole. 

Le valli e i bacini interclusi fra i monti secondari, di natura prevalentemente cal- 
carea, sono uniformemente riempiti da una formazione più giovane, dai così detti ga- 
lestri o scisti argillosi, associati alle argille scagliose, e la cui età non credo che sia 
per ora esattamente definibile. Queste ultime sono di colore ordinariamente grigio, gri- 
gio-ardesia, rossastro, divise in lamine o scaglie sottili, levigate, saponacee, spesso 
ridotte dall’ acqua in una pasta più o meno grossolana; ad esse si associano gli scisti 
argillosi, gialli, giallo-rossastri o grigi, che ricordano i galestri della Toscana. Sia nelle 
une che negli altri non ho potuto mai trovar fossili. A questo terreno si uniscono an- 
che dei calcari marnosi o delle marne, e dei banchi di arenaria, in qualche punto ric- 
‘ca di pagliette di mica, apparentemente muscovite. Spesso sulle arenarie o sugli sci- 
sti argillosi si trovano disseminati minuti e limpidi cristallini di quarzo, che presentano 
rare volte il prisma esagonale, in cui spesso le facce del romboedro diretto sono più 
sviluppate a detrimento di quelle dell’inverso. Il passaggio graduale, esistente fra gli 
scisti più compatti e le argille scagliose più suddivise, mi mena a credere che queste 
rappresentino una modificazione, dovuta ad agenti meccanici e chimici, di quelli, e 
che, in luogo di un prodotto di eruzioni fangose, siano da ritenersi come veri e propri 
sedimenti marini. 

Terreni fossiliferi, certamente terziari, non esistono nell’area da me studiata ; in al- 
cuni punti invece si trovano delle grandi masse di conglomerati a grossi elementi, forma- 
tesi col detrito dei monti vicini, che potrebbero riferirsi al quaternario terrestre antico. 

Per completare la enumerazione dei terreni che circondano e coprono le forma- 
zioni triasiche da me studiate, ricordo gli avanzi morenici dell’antico ghiacciaio della 
valle del Cacciatore, importanti perchè nuovi nella geologia dell’Italia meridionale e 
già da me descritti in una breve nota pubblicata poco tempo fa !). 

Tratteggiato così sommariamente lo sfondo di questo quadro geologico, posso ora 
procedere a designare più particolareggiatamente e con maggior precisione quella 
parte dei terreni più antichi che forma lo scopo del mio lavoro. 

Comincerò dall’esaminare singolarmente le formazioni, descrivendone i caratteri 
petrografici e di giacitura, la posizione topografica e i fossili che in esse mi è riuscito 
di trovare; seguirò riassumendo i dati paleontologici e stratigrafici e cercando di trarre 
da essi delle conclusioni sulla età dei terreni presi in esame e di stabilire fra questi ed 
altri già noti delle relazioni, che diano un contributo allo studio della corologia dei 
sedimenti, cosi importante per la storia della evoluzione organica; e finirò descrivendo 
la tettonica delle formazioni più antiche e facendo qualche considerazione di natura ipo- 
tetica sull’ origine di una forma speciale nella costituzione delle montagne. 

! Questo lavoro, per ciò che riguarda le deduzioni d’indole generale, ha forse dei 
difetti, dirò così, organici, dipendenti dalla ristrettezza dell’area in cui ho eseguito le 


1) G. de Lorenzo, Avanzi morenici di un antico ghiacciaio del monte Sirino nei din- 
torni di Lagonegro (Basilicata) [ Rend. Accad. Lincei, ser. 5*, 2° semestre, 1892, pag. 348 ]. 


2 
mie ricerche, e dalla poca esperienza che io ho ancora negli studi geologici. Mi augu- 
ro che ulteriori lavori, di altri studiosi o miei, vengano a colmare le lacune in questo 
esistenti e correggano errori che avessero potuto per poco oscurare le luminose verità 
della scienza. 

Nel finire questi pochi cenni di introduzione sento il bisogno di esprimere la mia 
affettuosa gratitudine al professore Francesco Bassani. Gli anni passati nella sua 
cara compagnia saranno fra i più belli della mia vita, e gli aiuti intellettuali e materiali 
da lui amorevolmente prodigatimi costituiranno per me un indelebile ricordo. 


L 
CALCARE DOLOMITICO A SCOGLIERA 


Questa formazione, ristretta a pochi punti dei dintorni di Lagonegro, si distingue 
nettamente da tutte le altre per i caratteri petrografici e per il modo speciale con cui 
sì presenta. Essa è costituita da un calcare dolomitico compatto, o finamente cristallino, 
a frattura scheggiosa, di colore grigio prevalentemente chiaro, raramente colorato da 
una leggiera tinta rosea e spesso intersecato da vene di calcite spatica chiara o scura 
per sostanze carboniose. In alcuni punti, immedesimati in questa roccia si trovano pezzi 
di un conglomerato compattissimo a cemento roseo, e in altri, appoggiate al calcare, 
delle masse di terra argillosa dì un color rosso molto spiccato. Il calcare è percorso da 
numerosi piani, per lo più verticali e diretti in vario senso, che ad un primo esame si 
scambierebbero per piani di stratificazione, ma che ad osservazioni più esatte si rile- 
vano come facce di frattura o clivaggio. Per cui c’è da ritenere che queste masse non 
stratificate di calcari dolomitici, non potendo cedere e piegarsi, al pari delle rocce se- 
dimentarie, sotto le pressioni forti e continue, cui andarono soggette, dovettero com- 
portarsi come rocce massicce, rompersi cioè e sfaldarsi secondo piani determinati, i 
quali in generale riuscivano perpendicolari alle direzioni delle forze prementi. Conse- 
guenza di questa sfaldabilità sono i grandi mucchi di grosso detrito, che si trovano 
alla base di queste elevazioni calcaree, e che sono apparentemente in contraddizione 
con la resistenza che questa roccia presenta alla decomposizione atmosferica. In que- 
sto modo fu anche spiegato dal signor Lepsius l’identico fenomeno nella dolomia 
dello Schlern ‘). 

Come ho già accennato, questa formazione ha pochissima estensione orizzontale e 
sì presenta comunemente sotto forma di scogli, che sorgono d’ improvviso, con pareti 
piuttosto ripide, dai terreni molto più recenti che ne avvolgono le basi, e con cui fan- 
no un deciso contrasto per la forma e per la caratteristica scarsezza di vegetazione. Di 
solito questi scogli non hanno una grande elevazione, e in un sol caso — all’ Alzo di 
Castello — si spingono fino a 300 metri sul suolo circostante. Nella contrada Roccazzo. 
il calcare dolomitico si estende su -d’una superficie maggiore di un km. q., e la punta 
principale ha 895 metri di altezza sul mare e da 100 a 150 sui terreni argillosi di base. 
A nord-west si dirama un cordone, che va mano a mano assottigliandosi e finisce col 
ridursi nel fondo della valle a pochi blocchi sparsi, per poi sollevarsi di nuovo e for- 
mare le due colline gemelle, nude, bianche e perfettamente isolate, che costiluiscona 
il Monticello. Al punto in cui il fiume Serra riceve come affluente il torrentello s. Fran- - 


') R. Lepsius, Das westliche Sùd-Tirol. Berlin 1878, p. 79. 


Lao lea 

cesco, si innalza d’un tratto uno scoglio del medesimo calcare, a forma di tronco di co- 
no, del diametro medio di 250 e dell'altezza di 150 metri, sulla cui cima è fabbricata la 
parte più antica di Lagonegro. Questo picco, apparentemente isolato, dev’ essere inti- 
mamente connesso all’altro ammasso roccioso, che si trova a nord dell’abitato quasi a 
livello delle argille scagliose, e che, innalzandosi poi nella piccola collina chiamata Co- 
sta dello spavento , va infine ad arrestarsi più in giù, sulla sponda sinistra del Voriello 
contro i ripidi fianchi del monte Arenazzo. Questo terreno ha uno sviluppo relativamen - 
te notevole nella valle del Chiotto e precisamente nel piccolo bacino, compreso fra i 
monti Sirino, Bramafarina, Castagnareto e Gurmara, in cui si estende per circa un 
km. q., addossandosi di preferenza alle spalle nord-occidentali del monte Bramafarina. 
Più in su questi scogli bianchi e privi di vegetazione si restringono fra il monte Gurma- 
ra e l’altro monte situato a nord-est di questo, scompaiono per poche diecine di metri 
sotto il suolo argilloso e subito dopo si risollevano arditamente nell’ Alzo di Castello. 
Questo picco acutissimo, con una pendenza di quasi 45° sul fianco occidentale e slan. 
ciato a circa 300 metri sul livello della base, sorge tutto al sud del fiume Noce, sulla 
cui sponda destra pochi massi rocciosi segnano gli ultimi tratti di questa formazione. 

Il calcare dolomitico, non stratificato, è scarsissimo di fossili. Al Monticello , alla 
Rupe del Castello, al promontorio presso il Voriello si è cavato tutto il materiale per le 
costruzioni edilizie, stradali e ferroviarie dei dintorni, nè in quelle cave mi è mai riusci- 
to trovar qualche avanzo organico sicuro, fatta eccezione di un pezzo di guscio di pe- 
lecipodo, non determinabile, trovato al Monticello insieme a qualche radiolo mal con- 
servato di echino e a modelli di Diplopore. Soltanto nelle rocce che si trovano a nord 
dell’abitato di Lagonegro ho trovato un certo numero di individui appartenenti alle spe- 
cie qui appresso descritte. 


GeneRE DIPLOPORA Schafhautl 


DIPLOPORA del gruppo della D. ANNULATA Benecke? 


Gli avanzi di questi organismi, che costituiscono interi banchi nel Muschelkalk e 
nella parte più bassa del Trias superiore alpino, furono, come è noto, per lungo tem- 
po ritenuti come appartenenti a foraminifere e da qualeuno attribuiti anche a molluschi 
litofagi, finchè il signor Munier-Chalmas li assegnò al loro vero posto nella scala or- 
ganica, collocandoli fra gli avanzi di alghe Dasycladee, Sifonate incrostanti o Sifonate 
verticillate '). Questo gruppo di alghe è rappresentato da un gran numero di forme, che 
compariscono in quantità nel Trias e rimontano probabilmente anche ad epoche più 
antiche, continuano nelle roccie giuresi, cretacee e terziarie, vanno mano a mano as- 
soltigliandosi e limitandosi, e finalmente si restringono ai due generi Cymopolia e A- 
cetabularia, che vivono nei mari caldi attuali, ultimi rappresentanti di un gruppo in via 
di decrescimento *). Degli avanzi più antichi di questi organismi fece uno studio molto 


1) Munier-Chalmas, Observations sur les Algues calcaires app. au groupe des Siphonees 
verticillés (Dasycladées Harv.) et confondues avec les Foraminifères (Compt. rend. hebdom. des 
séances de l’ Acad, d. Sciences, t. LKXXV, p. 814-817). Paris 1877. 

3) G. de Saporta et A. F. Marion, L’évolution du règne vegetal. Les cryptogames. Pa- 
ris 1881. 


* 


ca 
accurato il Gùmbel ‘). Dopo di lui il prof. Benecke ?), studiando alcuni fossili di Esi- 
no, si occupò in modo speciale delle forme comprese da Giimbel nel nome generico 
Gyroporella e le aggregò a due tipi principali, differenti per la costituzione anatomica 
e per i tempi geologici in cui vissero. Al più giovane lasciò il nome Gyroporella e come 
forma tipica assunse la Gyroporella vesiculifera Gùmbel della Hauptdolomit ; al più an- 
tico diede il nome Diplopora, già usato dallo Schafhàutl, aggruppò intorno ad essa 
tutte le forme affini alla Gyroporella annulata Giimbel, e creò così il gruppo della Di- 
plopora annulata, lasciando la cura di una esatta distinzione specifica, non possibile 
con lo stato attuale delle nostre conoscenze, a studi posteriori più dettagliati. Questo 
gruppo della D. annulata fu da lui diviso in due sottogruppi minori, caratterizzati dalla 
diversa disposizione dei canaletti, che nell’uno sono perpendicolari e nell’altro incli- 
nati obliquamente all’ asse longitudinale del tubo. 

Se ora da queste considerazioni teoretiche si passa ad osservare le Diplopore del 
calcare chiaro di Lagonegro, si nota che lo studio di esse non offre dei risultati molto 
soddisfacenti. Il cattivo stato di conservazione non permette di esprimere alcun giudizio, 
deducendolo dall’ aspetto esterno, perchè della maggior parte dei tubi non restano che 
i riempimenti, formati da cristallini di calcite, che si sono disposti in modo da velare la 
costituzione degli organismi originari. Si è un po’ più fortunati nelle sezioni, sia longi- 
tudinali che trasversali: nelle prime si può scorgere un certo accenno alla canalizzazio- 
ne obliqua o convergente, e nelle seconde compariscono, quantunque non molto net- 
tamente, le figure il cui schema si trova nella tav. XXIII, fig. 1a, d, del citato lavoro di 
Benecke. Dall’ esame dunque di queste sezioni sono inclinato ad assegnare, dubbiosa- 
mente però, la specie di Lagonegro al gruppo fondato dal Benecke, e precisamente a 
quel sottogruppo, caratterizzato dai canaletti inclinati all’asse longitudinale del tubo. 

Le Diplopore del gruppo dell’annulata furono trovate nelle Alpi sempre in strati 
più antichi di quelli di Raibl. Gi mbel le riporta a tutte le formazioni alpine dolomitiche 
e calcaree analoghe al Wettersteinkalk, e Benecke osserva che nei dintorni di Esino 
esse si trovano solo nel calcare del Sasso Mattolino, equivalente per lui al calcare di Hall- 
statt, e in altri punti che egli ritiene appartenenti alla parte inferiore del Keuper alpino *). 

A Lagonegro, non molto frequenti, nel calcare a scogliera. 


Genere TRAUMATOCRINUS Wohrmann 
TRAUMATOCRINUS ORNATUS Dittmar sp. 


1866 — Porocrinus ornatus, Dittmar Zur Fauna der Hallstàdter Kalke. —(Be- 
necke’s geogn. pal. Beitr., Bd. I, Heft 2, p. 395, t. 
XX, f. 8). 


Quantunque a volte sia un po’ arrischiato fare delle determinazioni servendosi 
solo dei gambi dei crinoidi, pure in questo caso non è possibile disconoscere l'identità 
di alcuni fossili del Lagonegrese con la forma descritta dal Dittmar. 


!) C. W. Giimbel, Die sogenanntem Nulliporen, II Theil. Die Nulliporen d. Thierreichs 
(Abhandl]. d. bayer. Akad. d. Wissen., Bd. XI, 1 Abheil.), 1871. 

3) E. W. Benecke, Veber die Umgebungen von Esino in der Lombardei (Geognost.-pal. 
Beitràge, Bd. II, Heft 3, p. 261). Miinchen 1876. 

3) Benecke, op. cit., p. 307. 


er DI co 

Sono frammenti di gambi di crinoidi, lunghi a volte fino a 12 centimetri, legger- 
mente tortuosi, e spesso stipati insieme. Il gambo è for- 
mato da un gran numero di articoli, circolari o quasi, 
molto sottili e disposti in modo che fra due, più estesi, 
quindi sporgenti, e più spessi, sono intercalati altri, me- 
no larghi e più fini, in numero variabile. Dei solchi pa- 
ralleli all’asse longitudinale percorrono il gambo, intac- 
cando gli articoli più bassi e lasciando quasi intatti i più 
sporgenti, in modo da dare a tutta la superficie una spe- 
cie di scultura a graticolato. Gli articoli sono intimamente 
connessi gli uni agli altri, così che non è possibile ve- INTTOIE PRA TA RIAD ORBICIA 
dere le facce di articolazione, e ciò fa supporre che questi 
animali avessero i gambi pochissimo o niente affatto flessibili, come già notò il Wòhr- 
mann per il Traumatocrinus caude® Dittmar sp. *). 

Nelle sezioni perpendicolari all’asse del gambo, e situate press’a poco fra due ar- 
ticoli contigui, si vedono i numerosi canali radiali, di lunghezze diverse, sboccare in 
‘altrettanti canali nutritori longitudinali, i quali in sezione appariscono come cerchi pic- 
colissimi situati all’ estremità interna dei canaletti radiali. 

Non si vede alcun tubo maggiore centrale e la struttura finamente cristallina im- 
‘ pedisce di fare delle osservazioni più minule. 

Il Traumatocrinus ornatus Dittmar sp. fu trovato a Teltschen vicino Aussee (grup- 
po di Hallstatt). 

A Lagonegro nelle rocce a nord dell’ abitato. 


GeneERE POSIDONOMYA Bronn 
POSIDONCMYA WENGENSIS Wissmann 


1841 — Posidonomya Wengensis Wissmann, in Miinster, Beiîtr. 2. Petref. IV, p. 
28 toa, fi 12. 


1849 » » D’Orbigny, Prodrome I, p. 201. 
1852 » » Giebel, Deutschl. Petref., p. 361. 

1858-60 » » Stoppani, Les petrif. d’ Esino, p.95, pl. XIX, f. 12. 
1864 » » Laube, Bemerkungen (Jahrb. d. geol. R. Anst.). 
pag. 407). 

1866 » » Id., Die Fauna d. Schichten v. St. Cassian, p. 76, 

te DEVE 3 £: (12 
1879 » » Mojsisovices, Die Dol.- Riffe v. Sùd-Tirol. ecc., 
p. 57, 155, 195, 219, 245, 267. 
1889 » » Parona, Studio monogr. d. fauna raibliana di 
Lombardia, p. 106, t. VIII, f. 10. 
Lunghezza gg Apt. e 40 
Altezza. >. siepe E E O et amm 


Conchiglia piccola, poco convessa, trasversalmente ovale, più lunga che alta e 


') S. F. v. Wohrmann, Die Fauna der sogenannten Cardita und Raibler-Schichten ete. 
(Jahrbuch d. geolog. Reichsanstalt. Wien 1889, p. 190). 


baia 


— &_ 
inequilaterale. Il lato anteriore è più breve e un po’ più convesso del posteriore, che si 
espande e si arrotonda al congiungimento col margine 
Fig.2. cardinale. L’apice, antemediano, acuto e leggermente ri- 
curvo, oltrepassa di poco la linea cardinale, che è diritta 
e piuttosto lunga. Tutta la superficie è ornata da rughe 
concentriche eguali, che, più pronunziate nel mezzo, si 
alleggeriscono verso i due margini laterali. A_ volte sulle 
Posidonomya Wengensis Wissnann. rughe, con la lente di ingrandimento, si osservano delle 
finissime strie di accrescimento, anch'esse concentriche. 
Gli individui trovati nel calcare dolomitico dei dintorni di Lagonegro sono in ge- 
nerale più lunghi, o meno alti, di quello illustrato dal Laube nella tavola XVI fig. 12 
a, mentre corrispondono perfettamente a quelli delle figure 12 d e 12 c della stessa ta- 
vola, anche per la disposizione delle raghe, che nella prima delle suddette figure appa- 
riscono più fitte di quello che è nelle altre due e negli individui da me esaminati. Del 
resto questa specie, al pari di tutte quelle che hanno abitudini gregarie, subisce una 
certa variabilità, cambiando in essa, quantunque in piccola misura. le relazioni di lun- 
ghezza, altezza e convessità. 
Diffusissima negli strati di Wengen, in cui è associata alla Daonella Lommeli, que- 
sta specie arriva fin nel raibliano, in cui si è rinvenuta ad Aèquate presso Lecco. 
Nell’ammasso roccioso a nord di Lagonegro se ne trovano delle sporadiche; nello 
stesso punto ne scopersi un mucchietto , del volume non maggiore di un decimetro cubo, 
costituito da parecchie centinaia di individui, insieme ammassati. 


GenERE DAONELLA Mojsisovics 
DAONELLA MOUSSONI Merian sp. 


1853 — Posidonomya Moussoni Merian, in A. Escher v. d. Linth, Geologische Be- 
merkungen ueber das sùdliche Voralberg und ei- 
nige angrenzende Gegenden, p. 93, t. V, f. 46-48. 
(Denkschrift. d. allg. Schweiz. naturf. Gesellsch. 
Zirich). 

1857 — Halobia Lommeli Fr. v. Hauer, Pal. Notizen., p. 24 (Sitzgsber. Ak. 
Wiss., Bd. 24). 

1858 — Posidonomya Moussoni Stoppani, Petrif. d’Esino, p. 94, pl. XIX, f. 10 e 11. 

1874 — Daonella Moussoni Mojsisovics, Veber die triadischen Pelecypoden- 
Gattungen Daonella und Halobia, p. 9, t. III, 
f. 18 e 19 (Abhandlungen d. geol. Reichsanstalt, 
Bd. VII, Heft N. 2). 


1878 — Halobia Moussoni Lepsius, Das westliche Sùd-Tirol, p. 356, t. II, f. 1. 
Lunghezza . ... 44-56mm 
Alltezza:®0 rn 34-36mm 


Conchiglia quasi piana, più lunga che alta, inequilaterale, con il Jato anteriore più 
corto del posteriore. Linea cardinale diritta e lunga, che alle estremità si incurva dolce- 
mente per congiungersi ai due margini laterali. L’apice, non prominente, leggermente 


‘to, già segnalato dal Mojsisovics come carat- 


— gii 
incurvato, è adorno di rughe concentriche abbastanza forti e serrate, che sì fanno più 
deboli e più lontane a misura che dall’apice si avvicinano al margine palleale. A 
circa 7 od 8 millimetri dall’apice appariscono delle incisioni finissime, simili a tagli 
di temperino, che verso il basso aumentano in 
profondità e in numero, perchè fra ogni paio di Fig. 3. 
esse sì inserisce un altro solco, di solito non ad 
eguale distanza dai due primi. È notevole il fat- 


terislico di questa specie, che le incisioni inter- 
calantesi posteriormente sono della stessa forza 
o quasi di quelle già preesistenti, per cui la con- 
chiglia, a prima vista, pare fornita di coste sem- 
plici, non suddivise. Il margine cardinale aute- 
riore è liscio, il posteriore non sipuò osservare 
bene. . 

Trovata nei calcari massicci a nord di La- 


‘ gonegro, impigliata in un mucchio di individui ainonetie Massone Manzi sp 


della Posidonomya Wengensis Wissmann. 

A Regoledo vicino Varenna a mucchi sui piani di stratificazione del calcare nero, 
marnoso, a lastre sottili; probabîlmente al monte Clapsavon vicino Ampezzo in Carnia 
in un calcare rosso a cefalopodi con Trachyceras cfr. doleriticum; a Besano alla base 
degli scisti bituminosi ittiolitiferi; a Dosso alto in val Trompia nel Plattenkalk nero o 
Guttensteinkalk con Ceratites binodosus. 

Questo bel fossile, così ben caratterizzato, ha ormai ottenuto una certa fama, per- 
chè ancora non è stato delerminato con precisione il livello a cui può riferirsi. 

Nel 1874 il dr. Mojsisovics lo assegnò presumibilmente al piano norico e, nelia 
tabella sulla diffusione verticale del genere Daone/la, agli strati di Wengen (?) ‘). 

Nel 1878 il signor Lepsius *), perchè associato ai Bactrylli, lo riferi, ma non con 
sicurezza, agli strati ad Halobie di Lepsius, equivalenti agli strati di Wengen di 
Wissman e Minster, agli strati di Wengen e al Buchensteinkalk di Richthofen e 
alle zone del Trachyceras Archelaus e del Trachyceras Curionii di Mojsisovics. 

Nel 1880 il signor Gimbel, descrivendo gli scisti ittiolitici di Perledo e il calcare 
nero di Varenna zeppo di Daonella Moussoni, assegnò i primi agli strati di Wengen, e in 
linea subordinata a quelli di Buchenstein, e il secondo senza esitazione al Muschelkalk °). 

Nello stesso anno il Mojsisovics, nel suo lavoro sulle condizioni eteropiche del 
Trias lombardo, parlò lungamente della presenza della Daonella Moussoni alla base del 
«calcare nero di Varenna, che egli assegnò al Muschelkalk inferiore. In relazione a ciò 
citò un esemplare di Ceratites binodosus, del Muschelkalk nero inferiore del Dosso alto 
in val Trompia, sul quale si trovarono parecchie giovani Daonelle che egli non seppe 
distinguere dalla Moussoni, e aggiunse che la Daonella Gimbeli Mojsisovics, trovata 


1) E. v. Mojsisovies, Ued. d. triad. Pelec. Gatt. Daon. u. Hal. (Abhandl, d. geol. R. A.), 
p. 9 e 36. 
3) R. Lepsius, Das westl. Sùd-Tirol., p. 67 e 356. 
3) C. W. Gimbel, Geognostische Mittheilungen aus den Alpen (Sitzungsber, d. mathem. 
physic. Classe d. bayer. Akad. d. Wissensch. zu Miinchen), 1880, Heft IV, p. 556. 
ATTI — Vol. V.— Serie 22 — N° 8. 2 


ME GEA 
nel Muschelkalk inferiore della selva di Bakony, era probabilmente da riferirsi a un in- 
dividuo giovane della Daonella Moussoni '). 

Nel 1885 il professor Benecke confermò le idee del signor Mojsisovics, as- 
segnando il calcare nero di Varenna alla parte bassa del Muschelkalk *). 

Nel 1886 il professor Bassani, descrivendo la fauna degli scisti bituminosi ittio- 
litiferi di Besano in Lombardia, riferì questi alla parte più bassa degli strati di Raibl, 
da inscriversi per lui nella zona del Trachyceras Aon, e citò un esemplare di Daonella 
Moussoni trovato negli strati con molluschi, sottoposti agli scisti con rettili e pesci °). 

Nel 1890 il professor Taramelli disse che non si può stabilire con certezza l’ età 
degli scisti di Besano, i quali sono del resto sicuramente superiori al Muschelkalk e ap- 
partengono probabilmente agli strati di s. Cassiano ‘). 

Ultimamente io ho trovato la Daonella Moussoni, associata alla Posidonomya Wen- 
gensis, nei calcari dolomitici a scogliera, che, secondo me, debbono riferirsi alla zona 
del Trachyceras Aon. 

Riassumendo quanto si è detto, si può affermare che la Daonella Moussoni, partendo 
dalla zona del Ceratites binodosus, arriva fino alla parte inferiore del piano carnico: 
sviluppo considerevole, quando si pensi che le specie dei generi Daonella e Halobia 
hanno una estensione verticale molto limitata e che spesso alcune di esse sono rac- 
chiuse fra confini molto più ristretti di parecchie specie appartenenti ai generi Nautilus, 
Lytoceras, Phylloceras e Arcestes *). 

Ma forse questa anormalità è solo apparente e scomparirà con una delimitazione 
maggiore della specie o con una determinazione più esatta dei piani a cui essa appar- 
tiene. A ogni modo come sede principale del suo sviluppo credo che si possa stabilire 
il piano norico. 


II. 
CALCARE CON LISTE E NODULI DI SELCE 


Il terreno di cui vengo ora a parlare è il più esteso, sia orizzontalmente che verli- 
calmente, di tutti quelli che si trovano nei dintorni di Lagonegro e che sono descritti in 
questo lavoro. 

Esso è costituito da un calcare compatto, leggermente magnesiaco, a frattura pre- 
dominantemente concoide, che non esclude in alcuni punti la frattura scheggiosa. 
Il colore di questa roccia è in generale un bigio scuro che può assumere molte gra- 
dazioni, da quella chiara, che esposta all’aria assume una tinta azzurrognola, a quella 
grigia di piombo quasi nera. A volte, sulle facce di stratificazione si presenta nodulo- 


) E. v. Mojsisovics, Veber heteropische Verhiltnisse im Triasgebiete der lombardischen 
Alpen (Jahrbuch d. geologischen Reichsanstalt). Wien 1880, p. 713. 

2) E. W. Benecke, Erlauterungen zu einer geologischen Karte des Grignagebirges ( Neues 
Jahrbuch fiir Miner., Geol. u. Paliont.), 1885, III Beilage Band, p. 223. 

®) F. Bassani, Sui fossili e sull’ età dali scisti bituminosi triasici di Besano în Limba 
dia (Atti Società fia di sc. naturali, vol. XXIX). 

4) T. Taramelli, Spiegazione della Carta geologica della Lombardia. Milano 1890, p. 52. 

.H.er, Moi nina Ucb. triad. Pel. Gatt. Daonella u. Halobia, p. 1. 


= fil 
so, bernoccoluto, al pari del Knollenkalk del Buchenstein, e i bernoccoli hanno super- 
ficie argillosa giallastra, liscia 0 untuosa al tatto. Il calcare è disposto in strati perfetta- 
mente regolari, che normalmente hanno uno spessore variabile da zo a 50 cm., ma che 
non di rado diventano addirittura dei banchi di un metro e più di potenza. Questi 
strati, a facce rigorosamente parallele, si seguono per lunghi tratti senza interruzioni e 
senza visibili spostamenti, di modo che, in alcune valli di erosione, si possono ammi- 
rare delle pile da essi composte, che hanno un trecento e più metri di altezza con una 
lunghezza eorrispondente. 

Nelle parti più basse gli strali calcarei si sovrappongono direttamente l’uno all’al- 
tro, ma verso l’alto ad essi incominciano ad intercalarsi degli scisti argillosi fissili, gialli, 
rosso-giallastri e rossi, che a volte passano a scisti silicei e che vanno sempre più au- 
mentando in numero a misura che si ascende verso gli strati più giovani fino a fondersi 
insensibilmente nella massa degli scisti silicei sovraincombenti. 

Lo stesso fenomeno, ma in minori proporzioni, si verifica per la selce che impregna 
i calcari, di cui è una proprietà essenziale. Questa selce, al pari di quella che si trova 
nei terreni più giovani, specialmente cretacei, è disposta in liste e in noduli. Le prime 
‘raggiungono anche la lunghezza di parecchi metri, con le facce ondeggianti e sempre 
parallele ai piani di stratificazione; i secondi, sferici, subsferici , ellissoidali e cilindroidi, 
sono disposti in serie lineari, che sono anch’ esse sempre parallele alle facce degli strati. 
Fra gli uni e le altre non esiste un limite netto: da liste continue, di notevole spessore, 
si arriva, passando per liste frammentate e per noduli ellissoidali molto allungati, fino 
a noduli quasi sferici, molto piccoli, disposti in lunghe file. Si vede quindi chiaramente 
che i noduli sferici o quasi rappresentano uno degli ultimi stadi della concentrazione mo- 
lecolare della silice, mentre le liste, più o meno irregolari, ne sono uno dei primi. 

La selce che compone questi nuclei è nera o di colore giallognolo molto oscuro, 
intersecata da numerose vene di calcite spatica, che si prolungano nella roccia calcarea, 
palesandosi come riempimenti di fratture avvenute posteriormente alla concentrazione 
dei noduli. Associate alle concrezioni costituite di selce quasi pura, si trovano altre alla 
cui formazione concorrono anche sostanze calcaree, che alcune volte, ma raramente, 
finiscono col predominare. In questi casi i noduli pigliano un aspelto a zone concentri- 
che o a concamerazioni, che indussero il professor Guiscardi ad attribuir loro un’ori- 
gine organica. Due di tali noduli, mandati appunto da Guiscardi a Meneghini, fu- 
rono da questo descritti minutamente come fossili, e uno di essi, più regolare, parago- 
nato alla Sphaeractinia diceratinia Steinmann ‘). 

ll prof. Parona, che ha esaminato alcuni pezzi di questo calcare con noduli di 
selce, vi ha riscontrato dei fossili microscopici, e precisamente delle radiolarie, la cui 
silice in qualche caso fu sostituita da calcite. Sono piuttosto scarse e malissimo conserva- 
te. Vi si notano numerose Cenosphaera, e altre forme abbastanza comuni appartenenti ai 
generi Staurolonchidium e Triactis. I noduli sono costituiti da sola selce, talora a strut- 
tura distintamente zonaria: essa non contiene tracce di radiolarie o d’altri organismi e 
ingloba dei cristalli microscopici, romboedrici di calcite, specialmente copiosi presso il 
«contatto dei noduli col calcare che li avvolge. 

Oltre alla selce, sono costituenti accessori del calcare la pirite e la calcite. Que- 


1) Processi verbali della Società toscana di Scienze naturali, 6 Luglio 1886. 


Ss 
sta, diffusa molto allo stato di vene bianchicce intersecanti in ogni senso la roccia , si 
trova anche cristallizzata in romboedri molto schiacciati, quasi tabulari. La pirite poi 
si trova cristallizzata in piccoli noduli o in masserelle irregolari che si approssimano 
a pigliar la forma di arnioni; i cristalli sono di solito molto piccoli. Domina fra essi l’e- 
saedro, con gli spigoli spesso troncati dalle facce del dodecaedro romboidale e i vertici 
da quelle dell’ ottaedro; più raramente comparisce il dodecaedro pentagonale. Però la 
pirite allo stato naturale può solo osservarsi nei frammenti di rocce rotte di fresco; or- 
dinariamente invece di essa si incontra il suo prodotto pseudomorfico, la limonite, che 
tinge di un color ruggine sporco i pezzi di calcare esposti agli agenti atmosferici. 

Come ho già detto, i calcari con selce cornea hanno una considerevole estensione 
nelle vicinanze di Lagonegro. Essi costituiscono tutta la gran massa del gruppo del 
monte Sirino, dove sono quasi sempre allo scoperto, fatta eccezione delle ultime pen- 
dici e di alcune cime, ancor coperte da un velo di scisti silicei. II monte Castagnareto 
è tutto formato da questo terreno, che nella Grada e nella parte settentrionale del monte 
scompare sotto il mantello scistoso. Nel successivo monte Gurmara invece, mentre a 
sud predominano gli scisti, a nord i calcari presentano le testate dei loro strati sul bur- 
rone tagliato dal fiume Noce e si ripetono di nuovo sulla sponda opposta di questo. Il 
monte Nicola, con la Costa dell’ Alto, è costituito dai calcari con selce, che a sud si di- 
leguano sotto la volta silicea del monte Milego. Essi affiorano di nuovo nella parte più 
bassa della stretta valle scavata dal Noce fra i monti Nizzullo e Jatile e formano la com- 
pagine del ripido Bitonto. Negli altri punti questa formazione scompare sotto |’ unifor- 
me mantello argilloso, che rompe qua e là per sporgere per pochi metri. 

Questa gran massa calcarea ad osservazioni generali si rivela come molto povera 
di fossili: è sperabile che ricerche lunghe e pazienti riescano a scoprire dei buoni gia- 
cimenti fossiliferi, che gettino nuova luce intorno alla sua età. Sulla cima del monte 
Papa, del Castagnareto e in qualche altro punto ho trovato dei frammenti di Halobie e 
di altri pelecipodi non determinabili. Nel burrone Carboncelle invece ho scoperto un 
giacimento fossilifero ricchissimo di individui, ma disgraziatamente molto povero di 
specie. Nel suddetto burrone, e precisamente sulla sponda destra del fiume Serra che 
lo solca, nella rupe di s. Angelo, pochi metri al disotto della massa degli scisti silicei, si 
irovano dei banchi calcarei (intercalati da strati argillosi), che si possono dire intera- 
mente costituiti da gusci insieme ammassati di Halobie, fra cui si trovano qua e là rari 
esemplari di Posidonomye. 

Descrivo qui appresso le specie da me rinvenute in questo luogo, aggiungendo un 
fucoide trovato dall’ing. Bruno ') in contrada Pompilio, nei calcari con selce del 
Sirino. 


') L’ing. G, B. Bruno, che ha percorso in tutti i sensi il circondario di Lagonegro pubbli- 
cando su di esso delle interessanti notizie, vi ha anche fatto una copiosa raccolta di rocce e di 
fossili, che poi ha gentilmente regalata al Museo di Geologia dell’ Università di Napoli. In questa 
raccolta ho trovato il fucoide qui descritto. 


ro mm. di lunghezza. Gli avanzi sono carbonizzati, e spes- 


Meri — 


GenerE CHONDRITES Sternb. 
CHONDRITES PRODROMUS Heer 


1865 — Chondritres prodromus, Heer O., Die Urwelt der Schweiz, p. 59, t. III, 
f. 10. 

1876 » » Heer 0., Flora fossilis Helvetiae, 2° Lieferung, 
Die Pflanzen der Trias und des Jura, p. 67, 
t. XXIII, f. 34-37. 


Sulla superficie un po’ alterata di un pezzo di calcare bigio si vedono sette od otto 
ciocchette di questi delicati fucoidi. 1 rami, dicotomi e 
strettamente aggruppati insieme, si dividono a forchette 
con angoli acuti e braccia quasi eguali. I ramoscelli se- 
condari, del diametro di un '/, mm. , leggermente ricur- 
vi, con apice ottuso, non oltrepassano che raramente i 


so non resta di essi che il canaletto vuoto, da cui si scor- 
ge chiaramente che i ramoscelli, ora scomparsi, erano 
cilindrici. 

Trovato nell’ Alvierthal (Voralberg), sul fianco occi- 
dentale dirimpetto al Sarotla, negli strati di Partnach 
con Bactryllium Schmidii. Nelle filladi del Trias superiore 
a Campocatino presso Vagli (Alpi Apuane) *). 

In contrada Pompilio, nel calcare con selce del M. Clondi Ea predroas Hib: 
Sirino. 


GeneRE POSIDONOMYA Bronn 
POSIDONOMYA GIBBOSA Gemmellaro 


1882 — Posidonomya gibbosa Gemmellaro, Sul Trias della regione occidentale 
della Sicilia (Memorie Accademia dei Lincei, se- 
rie 8°, v. 12), p. 22, t. V, f. ll e 12. 


Lunghezza .... 4mm 
Alterza io qu 


Conchiglia piccolissima, inequilaterale, obliquamente 
ovale, eminentemente convessa, da giustificare il suo no- 
me, con margine cardinale diritto e apice ricurvo. Lar- 
ghe pieghe concentriche, leggermente convesse e sepa- 
rate da solchi profondi ne occupano in numero di cinque 
o sei tutta la superficie. Su queste rughe , in alcuni indi- i 
vidui, è possibile vedere con la lente finissime strie di ac- Posidonomya gibbosa GEMMELLARO 
crescimento. 


*) C. De Stefani, Le pieghe delle Alpi Apuane. Firenze 1889, p. 17. 


VIE 

Nella zona del Trachyceras Aonoides della Sicilia occidentale con le Halobie e con 
la Daonella styriaca Mojsisovics. 

Nella parte superiore dei calcari con selce cornea del burrone Carboncelle, vicino 
Lagonegro, con Halobia sicula Gemmellaro e Halobia lucana de Lorenzo. 


GeneRE HALOBIA Bronn 
HALOBIA SICULA Gemmellaro 
1882 — Halobia sicula Gemmellaro, Sul Trias ecc., p. 16, t. IV, f 2e 3. 


Lunghezza ,...9mm,.,,. 16m, .,, 8nm,.., 240m 
Altezza. ....% 6,5mm , ., ., jjmm, .,.,,]40m,,,, 18m 


Conchiglia quasi piana, più lunga che alta, leggermente convessa nella regione 
apiciale, col lato anteriore un poco più corto del posteriore. La convessità dell’ apice 
corre quasi direttamente in basso ed è limitata posteriormente da una insenatura larga 
e poco profonda, che parte dall’apice e si allarga a ventaglio verso | orlo infero-po- 
steriore. Il margine cardinale è diritto e lungo. L’ orecchietta, piana o leggermente con- 
vessa, larga, triangolare, è segnata inferiormente da una piega diritta, più o meno larga, 
che partendo dall’ apice va obliquamente in avanti e in basso. L’apice acuto e pochis- 
simo curvo è ornato di rughe concentriche molto fine. A circa 3 millimetri da esso ir- 
radiano delle coste piuttosto larghe, leggermente curve con la concavità rivolta in 
avanti, che a 6 0 7 millimetri dall’apice si dividono in due coste minori, te quali a lor 
volta, ma non sempre, poco prima di raggiungere il margine palleale, subiscono una 
nuova divisione in due brevi costicine. Le coste nel lato posteriore diventano sempre 
più brevi e finiscono col ridursi a leggerissimi intagli marginali, lasciando fra loro e 
l’ orlo cardinale posteriore un’ area liscia abbastanza estesa, caratteristica delle Halobie 

appartenenti al gruppo della H. rarestriata *). Esse nel- 

Fig. 6. la parte anteriore continuano senza interruzione fino alla 

piega subauriculare, giunte alla quale si arrestano, la- 
sciando l’orecchietta perfettamente priva di qualsiasi in- 
cisione radiale. Tutta la superficie della conchiglia è or- 
nata da rughe concentriche, che partono dal margine 
cardinale posteriore, si inflettono nella larga insenatura 
infero-posteriore, continuano sempre con la stessa in- 
tensità fino alla base dell’orecchietta, dove si indeboli- 
scono di molto e così alleggerite arrivano fino al mar- 

Halobia sicula GeumeLLARO. gine anteriore. Le finissime strie concentriche di accre- 

scimento si possono distinguere solo con la lente. Nel nu- 
mero grandissimo di individui appartenenti a questa specie, da me esaminati, ho po- 
tuto benissimo osservare le innumerevoli forme di passaggio, per cui, partendo da in- 
dividui piccoli e giovani, si arriva gradatamente ad altri grandi ed adulti, molto diversi 
dai primi, e che, trovati a distanza e in piccol numero, si sarebbero senza esitare as- 


1) E. v. Mojsisovics; Ted. d. triad. P. G. Daonella und Halobia, p. 23, 


dinale, lunga e diritta, è di poco oltrepassata dall’api- 


== 

segnati a una specie diversa. Nelle forme più giovani la conchiglia è meno inequilaterale, 
l’orecchietta è soltanto accennata da un piccolo spazio libero da coste. Queste sono indi- 
cate da incisioni marginali, rade e poco profonde, che non arrivano neanche alla metà 
della conchiglia, mentre le rughe concentriche sono molto sviluppate: si rivelano in- 
somma in esse chiaramente i caratteri atavici ereditati dal genere Posidonomya '). Mano 
a mano che gl’individui vanno crescendo, le rughe si appianano, le coste si allungano 
e si dividono, l’orecchietta si differenzia maggiormente, finchè negli esemplari maggiori 
si riscontrano tutti i caratteri riportati nella già fatta descrizione. 

Questa specie rassomiglia molto alla Zalobia plicosa Mojsisovics: se ne distin - 
gue per l’orecchietta meno rilevata e meno robusta e non perfettamente liscia perchè 
percorsa dalle estremità assottigliate delle rughe concentriche. 

Ho potuto paragonare queste forme di Lagonegro, e notarne la perfetta somiglian- 
za, con alcuni esemplari siciliani di Ha/obia sicula, determinati dallo stesso professor 
Gemmellaro, e da lui gentilmente inviati al professor Bassani, che glieli richiese 
per me: gli esprimo qui i miei sentiti ringraziamenti. 

La Halobia sicula Gemmellaro è la specie più comune nella parte superiore dei 


‘calcari con selce cornea della Sicilia occidentale, riferita alla zona del Trachyceras Ao- 


noides. 
A Lagonegro, nella parte più alta dei calcari con noduli di selce, sotto la rape dî 
s. Angelo, se ne trovano delle colonie che costituiscono interi banchi. 


HALOBIA LUCANA de Lorenzo, sp. n. 


La conchiglia degli individui appartenenti a questa specie è estremamente delicata 
e facilmente si rompe: non mi è quindi riuscito di ottenerne un esemplare completo, 
ma studiando vari pezzi si può farsene un’idea quasi perfetta. 

Essa è alta press’a poco quanto lunga, col lato anteriore un po’ meno sviluppato 
del posteriore, leggermente rigonfia con la convessità 


rivolta obliquamente indietro. Nel lato posteriore subito Fig. T. 


dopo il rigonfiamento si trova un’ insenatura poco profon- 
da, che, stretta all’apice, si allarga poi a ventaglio, diri- 
gendosi verso il margine infero-posteriore. La linea car- 


ce, molto acuto e adorno di fine strie concentriche. A po- Halobia lucana pe Logenzo. 

co più di un millimetro dall’ estremità di esso irradiano 

delle coste finissime, che si dividono in due a 6 o 7 millimetri di distanza e poi in 
quattro verso la metà della conchiglia: altre volte subiscono una sola divisione e ra- 
ramente percorrono semplici tulta l’ altezza del guscio. Però questo processo di sud- 
divisione delle coste, per la loro grande finezza, si può seguire solo con la lente d’in- 
grandimento. I solchi radiali sì vanno indebolendo e accorciando a misura che si 
avvicinano al margine cardinale posteriore, e finiscono con lo scomparire lasciando una 
area, lunga e relativamente stretta, perfettamente liscia, com’ è del pari liscia l’ orec- 
chietta, alla cui base le coste si arrestano. L’orecchietta, streitissima e fortemente 


1) E. v. Mojsisovics, op. cît., p. 5. 


ob 
convessa, si presenta come una piegatura a cartoccio, molto pronunziata, del margi- 
ne cardinale anteriore. Delle rughe concentriche non molto forti partono dall’orlo car- 
dinale posteriore e, dopo aver percorso piuttosto irregolarmente la superficie della 
conchiglia, si arrestano tutte contro la base dell’orecchietta. Con la lente si vedono le 
fine strie di accrescimento, che spesso, nei grandi esemplari, pigliano aspetto di rughe 
concentriche e increspano le coste radiali. Siccome nel processo di incremento delle co- 
ste le incisioni posteriori sono quasi perfettamente eguali in profondità alle preesistenti, 
la conchiglia pare percorsa da un gran numero di costicine semplici e finissime. 

Per i caratteri generali questa forma si avvicina alle quattro specie del gruppo 
della Halobia distincta illustrate dal Mojsisovics, e rassomiglia in modo speciale alla 
Halobia lineata Minster sp., dalla quale peraltro si distingue per la convessità che 
corre un po’ obliquamente indietro, per le incisioni radiali, che, invece di arrestarsi pri 
ma, arrivano fino alla base dell’ orecchietta, e per quest ultima, che è molto convessa 
e formata immediatamente da un accartocciamento del margine cardinale anteriore. Si 
distingue subito dalla Halobia Mojsisovicsi Gemmellaro per l’orecchietta strettissima 
e perfettamente liscia. Non può confondersi con la Halobia radiata Gemmellaro per 
le dimensioni minori, e perchè, essendo le coste della H. radiata divise da solchi piut- 
tosto superficiali, pare che la conchiglia sia fornita di coste relativamente larghe, che, 
viste con la lente, risultano composte di numerose costelle sottilissime, carattere que- 
sto che non si riscontra affatto nelle forme di Lagonegro. 

Questi contrassegni, apparentemente insignificanti, che si ripetono con costanza 
in un certo numero di individui, mi inducono a fare di questa forma una specie nuo- 
va, non potendo in alcun modo aggregarla ad alcuna di quelle che le sono più affini. 

Solo regolandosi in tal modo si può giungere alla differenziazione e limitazione 
delle forme minuta e precisa il più che è possibile, come l’intendeva quel pensatore 
profondo che fu il povero Neumagyr *), e come l’intende tuttora Mojsisovics ?). 

Insieme alla Posidonomya gibbosa e alla Halobia sicula nei calcari con selce—strati 
più alti — del burrone Carboncelle. 

Sulla cima del monte Papa (2007 m.) ho trovato dei frammenti di Ha/obia che 
molto probabilmente vanno riferiti a questa specie, 


III. 
SCISTI SILICEI 


AI disopra dei calcari con liste e noduli di selce dovette depositarsi un uniforme e 
potente mantello di scisti silicei, che, attaccato in grado diverso nei diversi punti dagli 
agenti atmosferici, in alcuni, specialmente sulle cime dei monti, è scomparso del tut- 
to, in altri si è conservato con poco spessore, e in quei luoghi infine, in cui fu protetto 
da sedimenti soprastanti, presenta la potenza massima, che raggiunge senza dubbio 


!) M, Neumayr u. C. M. Paul, Die Congerien-u. Paludinenschichten Slavoniens und deren 
Faunen , p. 93 (Abhandlungen d. geologischen Reichsanstalt, Bd. VII, Heft N. 3, 1875). —M. Neu» 
mayr, Die Stimme des Thierreichs, Wirbellose Thiere, p. 66 e seg., 1889. 

2) E. v. Mojsisovies, Die Dolomit-Riffe von Sùd-Tirol und Venetien. Wien 1879. 


= ÈÈ — 
un paio di centinaia di metri. Questi scisti hanno una costituzione compatta, durissima, 
con frattura scheggiosa o subconcoide, e sono disposti in strati regolarissimi che non 
oltrepassano quasi mai lo spessore massimo d’una ventina di centimetri. Possiedono 
infinite gradazioni di colore, fra cui predominano quelle della serie del giallo e del ros- 
so, prodotte ordinariamente da ossido di ferro idrato, a cui si associa, in proporzioni 
variabili, l ossido di ferro anidro; vengono poi i colori violacei causati probabilmente 
da minerali di manganese, i quali si trovano anche spesso sulle facce di stratificazione; 
in ultimo la serie molto varia del verde, prodotta da silicati di ferro. Al pari del colore 
varia anche molto la struttura di questi scisti. Da quelli argillosi fissili si arriva, passando 
per modificazioni insensibili, agli scisti bianchi o carnicini, durissimi e compattissimi, a 
cui solo la mancanza di chiara struttura cristallina impedisce di dare il nome di quarziti. 

Il prof. Parona, a cui esprimo i miei vivi ringraziamenti per i consigli gentil- 
mente datimi e per gli aiuti prestatimi in questa circostanza, avendo studiato alcuni e- 
semplari di scisti silicei, da me trasmessigli in esame, mi ha comunicato il risultato 
delle sue prime osservazioni, che io col suo consenso mi permetto di riporiare qui te- 
stualmente. 

« Negli schisti rossi diasprigni le radiolarie sono numerosissime e la roccia può 
dirsi un’agglomerazione di questi rizopodi. Esse sono assai mal conservate ed é diffi- 
cile, col materiale in esame, poter riuscire a qualche determinazione specifica, pur ap- 
profittando della recente opera del Rist sulle radiolarie del Paleozoico e del Trias, Il 
genere Cenosphaera pare il più riccamente rappresentato; seguono i generi E/psidium?, 
Porodiscus, Sphaerozoum, Sethocapsa, Dicolocapsa, e poi i generi, con forme assai rare, 
Lithopium?, Lithocampe, Rhodosphaera?, Amphibrachium, Rhophalastrum ». 

« Gli schisti silicei bianchi sono anch’ essi costituiti da spoglie di radiolarie e non 
differiscono dagli scisti rossi se non per la mancanza della colorazione, che in questi 
ultimi rispetta in generale le radiolarie, le quali conservano la loro silice incolora. Nelle 
sezioni sottili la trasparenza è quasi uniforme, per modo che a grande stento si può in- 
travedere il contorno di questi fossili microscopici ». 

« Per quanto riguarda i generi e anche le forme specifiche, assai limitatamente di- 
scernibili, non riconosco alcun carattere differenziale spiccato fra questa fauna micro- 
scopica degli schisti silicei di Lagonegro e quella degli schisti silicei del m. Cruzenau 
presso Cesana (Monginevra) già da me ascritti al Trias ‘). Trovo poi che gli schisti sili- 
cei diasprigni di Lagonegro, e per le radiolarie che contengono e per i loro caratteri 
litologici, corrispondono in modo sorprendente a quelli del Canavese (Ivrea) ?) e se- 
gnatamente di Rivara, i quali presentano più evidenti i rapporti coi calcari triassici, che 
non quelli dei dintorni di Cesana ». 

— «Ilrinvenimento in Basilicata di questi schisti silicei e diasprigni, compresi fra 
calcari e dolomie indiscutibilmente triasiche, parmi molto interessante per sè stesso e 
perchè offre un raffronto utilissimo per le ulteriori ricerche, che si dovranno compiere 
per risolvere le quistioni tuttora aperte sulla età e sulla posizione stratigrafica delle suac- 
cennate formazioni del Canavese nelle Alpi del Piemonte ». 


1) Parona, Sugli schisti silicei a radiolarie di Cesana presso il Monginevra, 1892, Torino. 
3) A. Issel, Della formazione therzolitica di Baldissero nel Canavese (Boll. Com. geol., 1890, 
p. 433). 


ATTI — Vol. V.— Serie 2° — N° 8. 3 


art 

Passando ora a considerare la genesi degli scisti silicei di Lagonegro, non credo 
che si possa attribuire.ad essi un’ origine diversa da quella dei depositi attuali di ma- 
re profondo. Come ci è già noto dai risultati della spedizione scientifica del Challen- 
ger, nelle profondità oceaniche superiori a 2200-2600 tese, sotto al fango a Globigerine 
si trovano depositi di argilla (red clay), privi di avanzi di animali calcarei e originatisi 
secondo alcuni per il lento disfarsi dei gusci di foraminifere e di altri microrganismi, 
secondo altri per sedimentazione di materiale detritico eruttivo. Più sotto ancora comin- 
ciano ad abbondare i gusci silicei delle radiolarie, che impregnano un fango rossastro 
e crescono così prodigiosamente in numero con l'aumentare della profondità, da costi- 
tuire addirittura un fango di radiolarie. Mi par dunque naturale paragonare gli scisti si- 
licei di Lagonegro al fango a radiolarie dei mari attuali, e supporre che essi non ab- 
biano potuto formarsi a profondità oceaniche inferiori a 3 0 4000 metri, 0 a 1000 me- 
tri al più, come ritiene il prof. Pantanelli. 

Riguardo poi alla diversa costituzione di questi scisti, che varia dalla argillosa fis- 
sile alla compatta diasprina, è da notarsi che essa è quasi sempre in rapporto con la 
posizione tettonica della roccia che la presenta. Se, per esempio, si piglia in esame il 
monte Bramafarina, costituito da strali silicei piegati a fondo di battello rovesciato, si 
possono ricavare delle conclusioni piultosto importanti osservando l’habitus diverso 
col quale si presentano gli scisti delle falde e quelli della cima. 

Vedremo anche in seguito che tanto nel Bramafarina, quanto negli altri monti dei 
dintorni di Lagonegro, gli strati sono generalmente piegati in superficie curve, che ri- 
cordano grossolanamente dei paraboloidi ellittici più o meno regolari. 

Ciò premesso, passo a descrivere il Bramafarina. Gli scisti delle falde, con costitu- 
zione silicea non cristallina, presentano (al pari di molti diaspri di altre età), un clivag- 
gio poliedrico nettissimo: i poliedri di sfaldatura sono di solito dei parallelepipedi rom- 
boidali obliqui molto regolari, e le diagonali maggiori delle facce parallele alle superfi- 
cie degli strati sono d’ordinario dirette in modo, che facendo passare per esse dei piani 
verticali, questi tagliano la superficie del monte secondo le curve paraboliche diret- 
trici della superficie stessa. Salendo dalle falde verso l'alto, il clivaggio prismatico di- 
venta meno rigoroso e distinto e finisce con lo scomparire affatto negli scisti della som- 
mità, i quali si presentano in strati apparentemente continui, senza linee di sfaldatura. 
Questi scisti della cima del Bramafarina (e anche di altri monti) presentano una struttura 
più cristallina degli altri e un numero molto maggiore di linee di frattura. Inoltre, men- 
tre queste linee sono disposte più o meno regolarmente e a una certa distanza l’una dal- 
l’altra negli scisti delle falde, in quelli del vertice invece si incrociano in tutti i sensi e 
sono fitte in modo, che su d’una superficie di circa 2 cm. q. se ne contano almeno una 
quarantina a occhio nudo. Se si mette ora in relazione questo grado di fratturamento 
con la posizione degli scisti che lo presentano, si vede che, dove il raggio di curvatura 
è massimo, come nelle falde, è minimo il numero delle linee di frattura, e viceversa in 
quei punti in cui, come sulle cime dei monti formati da strati disposti a paraboloidi 
ellittici, è minimo il raggio di curvatura, diventa massimo il grado di fratturazione. 
Oltre a ciò, gli strati delle falde hanno facce levigatissime e facilmente scorrevoli l'una 
sull’ altra, mentre quelli delle cime presentano superficie ruvide e scabre, spesso ce- 
mentate insieme. Ciò è una conseguenza naturale del grado di fratturamento, ed è in 
rapporto diretto con esso, perchè le acque silicifere possono più facilmente infiltrarsi, e 


9 — 

impregnano quindi la roccia di una proporzione maggiore di silice cristallina, che agisce 
da cemento, non solo fra i pezzi di un singolo strato, ma anche fra le facce contigue di 
due strati successivi. 

Da quel poco che ho potuto osservare si deve quindi ricavare quella stessa conclu- 
sione a cui arrivò il Gimbel ‘), studiando alcune rocce piegate delle Alpi, che cioè 
il grado di frammentazione è inversamente proporzionale al raggio di curvatura degli 
strati e direttamente proporzionale all’indice di fragilità della roccia sottoposia a piega- 
mento. 

Tratta però questa conclusione, non intendo con essa o con ulteriori argomenti 
appoggiare l’ipotesi del Giimbel sulla universalità del fenomeno della fratturazione 
nel piegamento delle rocce, nè professarmi avversario dell’altra di Heim, che, in al- 
cuni casi, invece che alla frammentazione si debba ricorrere alla ipotesi della plasticità 
latente, manifestantesi sotto alte pressioni*). Questo problema così difficile e complesso 
ha già fornito tanta materia a dotte discussioni da parte di illustri scienziati che io, con 
il mio scarso corredo di cognizioni a tal uopo necessarie, non posso permettermi di espri- 
mere in proposito una opinione qualsiasi. Si aggiunga a ciò il fatto, che le mie ricerche 
.Si sono eseguite in un campo ristretto e che in esse mancano molti degli elementi in- 
dispensabili in tali casi. Posso qui solo dire che nei dintorni di Lagonegro, date la chia- 
ra stratificazione e le pieghe molto semplici e precise presentate dagli scisti silicei, si 
apre una bella palestra per esercitare gli ingegni in tali difficili ricerche. 

Tornando ai fossili di questo terreno, bisogna aggiungere che, se abbondano i 
microscopici, mancano affatto avanzi organici più o meno grandi, sia di piante che di 
animali. Bisogna però fare un’ eccezione per i fucoidi, abbastanza frequenti, ma in uno 
stato di conservazione tale, da non permettere un’ esatta determinazione specifica. 

Riguardo all’estensione orizzontale di questa formazione, si può dire che, in gene- 
rale, appena scompaiono i calcari a noduli di selce, sì presentano gli scisti. Così tutte le 
falde occidentali del monte Sirino sono cinte in basso da un orlo siliceo , il quale, sega- 
to dalle acque torrenziali, ha l’aspetto di una frangia varicolore con i pizzi rivolti verso 
l’alto del monte. Questa fascia gira tutt'all’ intorno della massa complessa del Sirino e 
del monte Papa, si insinua nelle valli di Niello e del Cacciatore e, quando non ha sof- 
ferto una grande denudazione, si stende come una cappa fin su alcune cime del grup- 
po suddetto. Abbiamo già accennato che il Bramafarina è una cupola silicea, che copre 
i calcari con selce, i quali compariscono nella laceratura prodottasi nella parte setten- 
trionale del monte. Parlando dei calcari selciosi si è già vista la posizione del mantello 
siliceo nei monti Castagnareto e Gurmara, e si è anche detto che il Milego è una bella 
volta scistosa, sfondata solo a nord per dar passaggio ai calcari. Aggiungo qui che gli 
stessi scisti si trovano, sempre nell’identica posizione rispetto ai calcari con selce cor- 
nea, sulla destra del fiume Noce, a Costa dell'Alto e a Pètinachiana e sulla sinistra, nel 
monte Vroschilli e nel Timpone Rosso, rimanendo perfettamente scoperti come nella 
contrada Roccazzo, dove si appoggiano contro i calcari dolomitici a scogliera. Sulla co- 
sta orientale del monte Nizzullo e sul fianco nord-occidentale del monte Jatile questa 


1) C. W. Giimbel, Geognostiche Mittheilungen aus den Alpen (Sitzungsberichte der math.- 
physic. Classe d. bayer. Ak. d. Wiss. zu Miinchen, 1880, p. 609). 
:3) A) Heim, Untersuchungen uber den Mechanismus der Gebirgsbildung. Basel 1878. 


N eta 
formazione è compresa fra i calcari con liste e noduli di selce, inferiori, e la sopra- 
stante dolomia bianca farinosa, che in alcuni punti è superata dai calcari Mania 
liasici in transgressione. 


IV. 
DOLOMIA BIANCA FARINOSA 


Questo appellativo farinosa, già adoperato dal professore Taramelli nei suoi vari 
lavori, mi pare molto adatto ad indicare il caratteristico fenomeno di disfacimento, il 
cui prodotto i tedeschi chiamano Dolomitasche, così comune nella Hauptdolomit alpina 
e che rappresenta una proprietà essenziale del terreno triasico più giovane dei dintorni 
di Lagonegro. 

La roccia che costituisce questo terreno è un calcare più 0 meno ricco di carbo- 
nato di magnesio, che a volte passa chimicamente quasi a una vera dolomia, quantun- 
que non abbia di essa la bella struttura saccaroide. È facile osservare il processo di do- 
lomitizzazione, che è continuo e sì estrinseca in modi diversi. In alcuni punti, per esem- 
pio, le acque carboniche, sciogliendo e portando via il carbonato di calcio, non solo 
arricchiscono relativamente la roccia restante di carbonato di magnesio, meno solubile, 
e la rendono quindi cavernosa o porosa, ma spesso, mancando a poco a poco il cemen- 
to calcareo, i pezzetti di dolomia si scompongono, cadono e vanno a formare quei 
mucchi conici di farina dolomitica bianca, a cui i nativi del paese danno in generale il 
nome di arene bianche. In altri punti, per un procedimento inverso, queste particelle 
dolomitiche, ricementate dal carbonato di calcio depositato dalle acque filtranti, costi- 
tuiscono delle brecce ad elementi molto piccoli, che sono abbastanza diffuse. Sempre 
per la maggiore solubilità del carbonato di calcio, invece dei gusci dei molluschi, si tro- 
vano spessissimo i loro modelli dolomitici, e i vuoti della roccia sono tappezzati da mi- 
nutissimi cristalli di dolomite. Questo terreno di norma non è stratificato 0, meglio, ha 
perduto, per la subita metamorfosi, la sua stratificazione, della quale in qualche punto 
ancor si conserva un vago accenno. Nei luoghi in cui esso è per un lungo tratto allo 
scoperto, si presentano in miniatura le ardite aguglie delle Alpi dolomitiche, e blocchi 
frammentati di roccia molto dura sporgono dai mucchi mobilissimi di dolomia sfarina- 
ta. Nelle Mangaredde esistono anche delle fenditure verticali, di 20 a 30 metri di pro- 
fondità e di poco più d’un metro di larghezza, le cui pareti sono rivestite di dolomia 
incrostante e, dove la loro posizione lo permette, di piccole stalattiti, che, per altro, sia 
pel colore che per la forma, differiscono un poco dalle loro affini delle caverne calcaree. 

Questa formazione è pochissimo sviluppata nei dintorni immediati di Lagonegro. 
Nel fianco del monte Jatile rivolto a nord-west e in quello orientale del monte Nizzulto 
comparisce come una lente o massa irregolare incastonata fra il piano degli scisti 
silicei e i calcari grigi o neri bituminiferi superiori. Si presenta di nuovo alla Calda per 
scomparire subito a occidente, inclinando sotto gli stessi calcari bituminosi, e per con- 
tinuarsi a oriente formando la parte più bassa del monte Foraporta. Qui è disposta a 
guisa di una base o zoccolo, inclinata a nord-west e variamente accidentata da sposta- 
menti o faglie di non grande entità, spiccando nettamente sotto i calcari scuri stratifi- 
cati che formano il corpo e la cima della montagna, e si prolunga poi, rialzandosi verso 


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sud-est, nel promontorio delle Mangaredde e nel monte Arenazzo. Sia l’una che l’ altra 
di queste due alture, attaccate dagli agenti atmosferici, presentano in piccolo tutti quei 
grandiosi fenomeni di erosione che si osservano nelle estese formazioni dolomitiche, e 
fanno uno strano contrasto con gli scuri e ondulati terreni argillosi che si svolgono alle 
loro basi. Dal fianco nord-est del Foraporta e dalle Mangaredde le dolomie si abbassa- 
no verso nord per formare la parte orientale della vallata dei Carconi e poi vanno a 
congiungersi alle estese formazioni dolomitiche della provincia di Salerno. 

Alcuni banchi di questa dolomia possono dirsi un impasto di gusci di pelecipodi, 
che però sono in uno stato di conservazione tale che non permette di trarre da essi 
dei risultati molto soddisfacenti. In parecchi fossili, meglio conservati, ho potuto rico- 
noscere con sicurezza le due specie qui appresso descritte. 


GeneRE AVICULA Klein 
AVICULA EXILIS Stoppani 


1857 — Avicula exilis Stoppani, Studi, p. 393. 
1858-60» » Id., Les petrifications d’ Esino, p. 92, pl. XIX, f. 1-4. 


1860-65» » Id., Couches à Avicula contorta, p. 259, pl. LX, f. 9-14. 
1873 » » Id., Corso di Geologia, vol. II, p. 394, fig. 90. 
1876 » » Benecke, Veber die Umgebungen von Esino (Geogn. pal. 


Beitrige, Bd. II, Heft 3, p. 311, t. XAXIV, f. 12 e 13). 


. Il professor Benecke, descrivendo 1’ Avicula exilis, dice che lo Stoppani nelle 
Pétrifications d’Esino diede di quel fossile «..... Abbildungen, die jedoch der schò- 
nen Muschel nicht ganz gerecht wurden...», e quindi, vista l’importanza del mollu- 
sco, ne diede anch’ egli una figura. A questo proposito debbo però notare che nell’ 0- 
pera di Stoppani Couches a Avicula contorta vi sono 
sei buone figure del fossile in discorso. 

Tanto nell’un lavoro che nell’ altro Stoppani ricor- 
da la grande variabilità di questa specie, sia per riguardo 
alle dimensioni proporzionali che alla strultura e dispo- 
sizione delle linee di accrescimento , ed aggiunge che, a 
parte queste variazioni accidentali, si potrà sempre di- 
stinguere questa specie per l’insieme dei caratteri e per 
le abitudini gregarie. Infatti anche nella dolomia dei din- 
torni di Lagonegro si trovano banchi interi costituiti da 
gusci e modelli di questa bivalve, che presenta un nume- 
ro grandissimo di variazioni. La conchiglia in generale è 
più convessa nella regione apiciale che nella palleale e le Avicula exzilis STOPPANI. 
sezioni fatte in essa, che interessano anche l’orecchietta, 
danno sempre delle linee elicoidali a doppia curvatura. L’apice, appuntato, è rivolto 
d’ordinario in senso opposto all’orecchietta: la linea cardinale è diritta. Numerose linee 
di accrescimento, più o meno distinte, percorrono tutta la conchiglia rivolgendo all’api- 
ce la loro concavità, si serrano e si inflettono nel seno subauriculare, e sull’ orecchietta 


sono leggermente convesse verso l’apice. Le dimensioni variano moltissimo. Sui modelli 
* 


Fig. 8. 


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non ho mai visto impronte muscolari o tracce delle fossette ligamentari separate, che 
ricordino i generi Perna e Gervillia. 

Fossile comunissimo nella Hauptdolomit. Nei dintorni di Lagonegro, molto diffuso 
nella dolomia delle Mangaredde, del Foraporta, dell’Arenazzo ecc. 


GeneRE PECTEN Klein 
PECTEN INAEQUIALTERNANS Parona 


1889 — Pecten inaequialternans Parona, Studio monografico della fauna raibliana 
di Lombardia, p. 89, t. VI, f. 7. 


Conchiglia piccola, più alta che lunga, mediocremente convessa, con apice acuto, 
da cui partono delle coste radiali molto sottili. A poca distanza dall’apice, fra due di 
esse si inserisce una terza costicina spostata sempre a de- 
stra o a sinistra della linea mediana: carattere questo , 
che, accoppiato alle dimensioni maggiori, fa subito di- 
stinguere questa forma dal P. subalternans d’Orb. Strie 
concentriche molto fine producono un leggiero increspa- 
mento nelle coste radiali. 
Il professor Parona, che volle gentilmente esami- 
nare l’ esemplare di Lagonegro, trovò una grande somi- 
Pecten inaequiatternans Paros. —Slianza, per la forma e l’ ornamentazione, fra esso e il P. 
inaequialternans, e sulla perfetta identità lo fece rimaner 
dubbioso solo la mancanza di orecchietta. Ad onta però di tale mancanza, l’ essere que- 
sto Pecten associato all’ Avicula exilis costituisce un argomento molto valido per ritene- 
re che esso appartenga precisamente alla specie di Parona. 
Nel raibliano di Acquate in territorio di Lecco. 
Nella dolomia bianca dei dintorni di Lagonegro. 


Fig. 9. 


V. 


CRONOLOGIA E COROLOGIA DEI SEDIMENTI ‘) 


Nel determinare l’ età delle varie formazioni triasiche che sono oggetto di questo 
lavoro, comincio dal fissare prima di tutto quella dei calcari con noduli di selce, come 
rappresentanti i depositi che hanno la più grande diffusione orizzontale e il maggiore 
sviluppo verticale, e a cui si possono poi riferire con una certa sicurezza gli altri terreni. 

La presenza in questi calcari del Chondrites prodromus Heer accenna già vaga- 
mente al Trias superiore, accenno che è poi cambiato in assoluta certezza dalla com- 


!) Quando, nell’adunanza 10 Decembre 1892, questa memoria fu presentata all'Accademia delle 
scienze di Napoli, il capitolo V era trattato così com’ è esposto nella relazione della Commissione e 
nel sunto fatto dall’ autore (Rend. Ace., 1892, pag. 184). In seguito al lavoro, testà pubblicato , del 


sig. E. v. Mojsisovics, Die Hullstàitter Entwickelung der Trias, vi sono state introdotte le necessa- 
rie modificazioni. 


SU. ge 

parsa, negli strati più alti di questa formazione, della Posidonomya gibbosa Gemmel- 
laro e del genere Ha/obia, rappresentato dalle due specie: H. sicula Gemmellaro e 
H. lucana de Lorenzo. Lasciando da parte, perchè nuova, quest ultima specie, che 
pure è strettamenle legata in parentela con la Halobia lineata Minster sp., bisogna 
restringersi alla Posidonomya gibbosa e alla Halobia sicula, due specie, che, specialmen- 
te la seconda, sono molto comuni nella parte superiore dei calcari a noduli di selce 
della regione occidentale della Sicilia, e più particolarmente si trovano alla Portella del 
Fico presso Parco, in contrada Giardinetto presso Trabia, alla Scaletta del monte Cas- 
saro di Castronuovo, nel monte Irione e nel piano del Cervo. Nella contrada Giardinetto 
vicino Trabia, che ho avuto la fortuna di poter vedere sotto la guida sapiente del pro- 
fessor Gemmellaro, questi calcari, ricchi di Halobia sicula, sono compatti, di color 
grigio oscuro, con grana più o meno fina, con vene di spato calcare e liste e noduli 
di selce cornea: vi si trovano anche intercalati scisti argillosi fissili, di colore grigio, 
talvolta tendente a quello dell’ardesia oppure al rossastro ‘). Dunque fra i calcari con 
selce cornea di Giardinetto e quelli di Lagonegro vi è una identità quasi perfetta, sia 
per i caratteri petrografici che per le specie fossili che in essi si trovano: identità la 


‘ quale fa supporre che la deposizione di questi terreni sia avvenuta, oltre che nello 


stesso mezzo di formazione e in una stessa provincia zoo-geografica, anche sotto le i- 
dentiche condizioni fisiche, che permisero la sedimentazione di una medesima qualità 
di roccia e lo sviluppo di organismi di natura affine: ossia, adottando la terminologia 
del Mojsiso vics, sono due formazioni ésopiche. 

La parte superiore dei calcari a noduli di selce della Sicilia occidentale fu dal pro- 
fessorGemmellaro, che vi trovò la Daonella styriaca Mojsisovics e il Pinacoce- 
ras cfr. perauctum Mojsisovics, riferita al piano carnico e precisamente alla zona del 
Trachyceras Aonoides: a questa stessa zona dunque deve assegnarsi la parte alta dei 
calcari selciferi dei dintorni di Lagonegro. 

Precisata l’età di questa formazione, è necessario stabilire delle relazioni fra essa e 
altri terreni contemporanei, perchè, quantunque gli studi del Trias lucano non offrano 
per ora la ricchezza di dati paleontologici di quelli della Sicilia, pure mi sembra che il 
complesso della fauna siculo-lucana, rispetto alla fauna di alcuni terreni alpini della 
zona del Trachyceras Aonoides, accenni a una differenziazione di natura eteropica da 
una parte, e ad una integrazione di natura isopica dall’altra. Questo fatto, ampliato, 
esaminato e discusso da minuti studi ulteriori, porterà forse un buon contributo alla 
teoria dell’evoluzione, colmando uno di quei vuoti apparenti delle formazioni sedimen- 
tarie; che fino a poco tempo fa sono stati adoperati come una delle obiezioni più se- 
rie, quantunque fittizia, contro la teoria della discendenza ?). 

Comincio dal porre un parallelo fra la formazione siculo-lucana e quel gruppo di 
terreni, i quali, con una flora e una fauna press’a poco eguale, hanno un eguale svi- 
luppo petrografico e si estendono dalle scogliere dolomitiche coralligene del piano nori- 


1) G. G. Gemmellaro, Sul Trias della regione occidentale della. Sicilia (Mem. Ace. Lin- 
cei, 1882), p. 6. 


2) M. Neumayr, Uebder unvermittelt auftretende Cephalopodentypen in Jura Mittel- Europa? s 
(Jahrbuch d. geol, R. A. Wien, 1878, p. 38). 


E. v..Mojsisovics, Die Dolomit-Riffe von Sud-Tirol und Venetien, Wien 1879. 


si 
co fino alla base della Hauptdolomit e del Dachsteinkalk inferiore. A_questo complesso 
di sedimenti, diffuso nel Tirolo settentrionale e meridionale, nel Voralberg e nella 
Lombardia, si dà, come è noto, il nome di strati di Raibl o raibliano, e si è tenuto da al- 
cuni per molto tempo distinto dagli strati di s. Cassiano. Molti degli ultimi lavori geo- 
logici e paleontologici ') hanno dimostrato che queste due serie di terreni non possono 
scindersi, e che la parte inferiore dei così detti strati dî Raibl o Cardita-Schichten è 
press’ a poco equivalente degli strati di s. Cassiano, ascritti alla zona del Trachyceras 
Aon, mentre la parte più alta, non divisibile esattamente dalla più bassa, rappresenta 
i depositi della zona del Trachyceras Aonoides. Per non dilungarmi in inutili discussio- 
ni, riporto dagli ultimi lavori un quadro, nel quale si può subito vedere che nel raiblia- 
no alpino i caratteri petrografici sono quasi identici nelle varie località e sono princi- 
palmente dati da calcari marnosi, marne, argille, scisti argillosi ed arenarie, che si al- 
ternano in vario modo. 


1) 1873— E. v. Mojsisovics, Bertràge zur topischen Geologie der Alpen, der Rhdatikon 

(Jahr. g. R. A., p. 137). 

1874 » » Faunengebiete und Faciesgebilde der Trias-Periode in den 
Ost Alpen (Jahr. g. R. A., p. 81). 

1878 — R. Lepsius, Das westliche Sud-Tirol. 

1879 — E. v. Mojsisovies, Die Dolomit-Riffe von Sud-Tirol und Venetien. 

1880 » » Ueber heteropische Verhaltnisse im Triasgebiete der lombar- 
dischen Alpen (Jahr. g. R. A., p. 695). 

1880 — C. W. Giimbel, Geognostische Mittheilungen aus den Alpen (Sitzgsber. d. math 
physic. Classe d. bayer. Ak. d. Wiss. zu Miinchen, p. 164 


e 542). 
1881 — T. Taramelli, Spiegazione della carta geologica del Friuli. 
1882 » >» Geologia delle provincie venete. 
1883 » » Note illustrative della carta geologica della provincia di Belluno. 


1883 —Toyokitsi Harada, Ein Beitrag z. Geologie d. Comelico u. d. rwestl. Carnia 
(Jahr. g. R. A., p. 161). 

1883 — A. Bittner, Nachtràge zur Berichte ueber d. geol. Aufnahmen in Judicarien und 
Val Sabbia (Jahr. g. R. A., p. 405). 

1884 — C. Diener, Ein Beitrag z. Geologie d. Centralstoches der julischen oe (Jahr. 
g. R. A., p. 659). 

1885 — W. Deecke, Beitr. 2. bea der Raibler-Schichten d. lomb. Alpen (N. Jahr 

sor f. Min., III Beilage Bd., p. 429). t 

‘1886 — F. Bas sani, Sui fossili e sull’età degli scisti bitumnibaei triasici di Besano in Lom- 
bardia (Società ital. d. sc. nat., vol. XXIX). 

1888 — S. v. Wéhrmann, Ueb. d. unt. Grenze des Keupers în den Alpen (Jahr. g. R. 
A., p. 69). 

1889 » » Die Fauna der sogenannten Cardita und Raibler-Schichten 
in den Nordtirol. u. bayer. Alpen (Jahr. g. R. A.). 

1889 — C. F. Parona, Studio monografico della fauna raibliana di Lombardia. 

1890 — T. Taramelli, Spiegazione della carta geologica della Lombardia. 

1890 — A. Tommasi, Rivista della fauna raibliana del Friuli. 

1892 — F. Bassani, Avanzi di vertebrati inferiori nel calcare marnoso triasico di Dogna 
in Friuli (Rend. Acc. Lincei, vol. I, 1° sem., serie 5°). 


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ATTI — Vol. V.— Serie 2 — N° 8. 


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Prima si riteneva Ja fauna raibliana come estremamente povera di specie, quan- 
tunque ricca di individui, ma con gli studi fatti in questi ultimi anni dai signori Parona, 
Tommasi e Wòhrmann il numero delle specie è aumentato in modo notevole e pro- 
mette di crescere ancora. Infatti, non tenendo conto delle specie dubbie e delle forme 
non determinate con esattezza, si può fare ascendere il numero delle specie sicure a 
poco meno di duecento, distribuite in più d'una novantina di generi. Di questi generi 
pochi, e di tutte le specie nessuna si trova fra le ventisei fornite fin’ora dalla forma- 
zione equivalente siculo-lucana. Le due faune inoltre hanno un habitus diverso che 
le distingue nettamente l’ una dall’altra. 

Infatti, non solo dai caratteri petrografici degli strati di Raibl e dei terreni loro af- 
fini, ma anche dall’insieme delle loro faune si rileva in modo indiscutibile che nelle 
Alpi lombarde, bavariche e tirolesi esistevano, al tempo del Trachyceras Aonoides, dei 
tratti di mare, poco profondi e fangosi, che offrivano opportunissime condizioni di abi- 
tabilità alle numerose bivalvi di costiera, o delle prime zone batimetriche, mentre era- 
no del tutio inadatte allo sviluppo di animali nuotatori o di alto mare, come ci è atte- 
stato dalla grande scarsezza di cefalopodi fra i molluschi fossili, abbastanza numerosi, 
dei terreni raibliani. 

Questo assieme di condizioni fisiche non trova affatto riscontro in quelle che do- 
vettero predominare durante lo stesso periodo di tempo nella Sicilia occidentale e nel- 
la parte meridionale della Basilicata, nelle quali regioni, oltre al formarsi dei depositi 
che non accennano affatto a una origine litoranea o di acque poco profonde, vivevano 
degli animali che non si trovano in mari bassi e fangosi. Infatti delle venticinque spe- 
cie di molluschi fornite dai calcari con selce cornea sei appartengono a cefalopodi, a- 
nimali che hanno fama di buoni nuotatori, e diciannove a pelecipodi dei generi Posido- 
nomya, Daonella, Halobia e Monotis. Questi generi costituiscono un gruppo speciale di 
bivalvi, che con la loro presenza formano uno dei principali caratteri dello sviluppo pe- 
lagico del Trias, e che, secondo gli ultimi studi di Neumayr °), si debbono staccare 
dalle Aviculidae per occupare un posto a parte nella scala organica. 

Da questo confronto dunque si deve conchiudere che, mentre i sedimenti raiblia- 
ni sono di origine litoranea, quelli equivalenti dell’ Italia meridionale e della Sicilia han- 
no schietta fisionomia pelagica. Per trovare quindi dei terreni e delle faune che abbiano 
delle relazioni più intime con i terreni e la fauna siculo-lucana, bisogna rivolgersi a re- 
gioni diverse da quelle in cui si svolge la formazione raibliana, e ricorrere agli studi 
fatti nel Trias superiore dal dr. Mojsisovics. 

Tutta una serie di lavori *) di questo geologo, serie che si è andata mano a mano 


!) M. Neumayr, Beitràge zu einer morphologischen Eintheilung der Bivalven (Denkschr. Ak. 
Wiss., Wien 1891) p. 737 e seg. 
2) 1874— E. v. Mojsisovics, Faunengebiete u. Faciesgelbilde der Trias- Periode în d. 0. Al- 
pen (Jahr. d. g. R. A). 


1874 » » Ueb. d. triad. Pel. Gatt. Daonella u. Halobia ( Abhandlun- 
gen d, g. R. A.). 

1875 » » Das Gebirge um Hallstatt (Abhand]. d. g. R. A). 

1879 » » Die Dolomit-Riffe von Stid-Tirol und Venetien. 

1882 » » Die Cephalopoden der mediterranen Triasprovinz ( Abhandl. 


d. g. R. A). 


arricchendo di dati e di osservazioni, è indirizzata a dimostrare che nel tempo norico 
esisteva nelle regioni alpine una differenziazione nelle faune, la quale andò successiva- 
mente attenuandosi al principio del carnzco e alla fine di questo era del tutto scomparsa. 
Quando Mojsisovics, in base a questa differenziazione , nel 1874 divise per la prima 
volta la provincia juvavica dalla mediterranea e assegnò loro come linea di confine quel 
tratto d’Alpi calcaree e dolomitiche ad west di Hallstatt, che va dal Tirolo settentrionale 
fino a Salzburg e Berchtesgaden, credette che la provincia juvavica rappresentasse uno 
stretto e limitato seno di mare, nel quale si era sviluppata, per proprio conto, una fau- 
na indipendente dalle altre dei mari vicini. Ma questa prima idea cominciò a dileguarsi 
a misura che nuovi studi venivano a stabilire la grande estensione dei tipi juvavici, fa- 
cendone in pari tempo notare le proprietà evolutive in correlazione all'ambiente in cui 
essi si sviluppavano; e posteriormente altri studi, invertendo le prime deduzioni, asse- 
gnarono alla provincia mediterranea quel complesso di condizioni fisiche, che anterior- 
mente spettava alla juvavica, e questa entrò a far parte della grande provincia artico- 
pacifica. 

Finalmente, verso la metà di Ottobre di quest'anno, il dr. Mojsisovices ha pre- 

. sentato all'Accademia delle scienze di Vienna una comunicazione ') molto importante 
per la storia del Trias alpino, perchè con essa viene modificata parte delle antiche opi- 
nioni e si mette in chiaro la cronologia dei sedimenti triasici con sviluppo Hallstattico 
(Hallstàtter Entwickelung). 

In questa nota Mojsisovics descrive brevemente la stratigrafia molto complicata 
delle formazioni triasiche juvaviche e il modo speciale di presentarsi dei fossili, in giaci- 
menti lentiformi inclusi nel calcare di Hallstatt; accenna ai dubbi sorti più volte nella 
sua mente sulla esatteza della cronologia del Trias usata fino ad ora e ne indica i due 
tratti principali, consistenti nel far cominciare il marmo di Hallstatt al disopra degli 
strati di Zlambach, e nella distinzione eterotopica della provincia juvavica dalla medi- 
terranea. Continua dicendo che solo ora, dopo lunghi anni di studio e in seguito alla 
scoperta di nuovi giacimenti fossiliferi, gli è riuscito di portare nuova luce sulle com- 
plicate condizioni del Trias juvavico e di giungere a una divisione di esso, che molto 
meglio dell’antica e molto più spontaneamente va d’accordo con i caratteri filogenetici 
dei cefalopodi di Hallstatt e con i fatti noti negli ultimi anni. In base a queste scoperte e 
alle rinnovate ricerche la successione cronologica dei diversi orizzonti di faune nello 
sviluppo di Hallstatt è da rappresentarsi con lo schema seguente, che può ritenersi co- 
me sicuro, fatta però eccezione del numero 2, in cui forse si potrebbe palesare neces- 


saria una ulteriore divisione. 


1886 — E. v. Mojsisovics, Arktische Triasfaunen (Mém. de l’Acad. imp. d. sc. d. st. Pé- 
tersbourg, tom. XXXIII, 6). 

1888 » » Ueber einige japanische Triasfossilien ( Beitrige z. Paliont. 
Oesterreicbs Ungarns und der Orients, herausgegeben von 
Mojsisovies und Neumayr), Bd. VII. 


1889 » » Ueber den Charakter der japanischen Triasfauna (Verhandl. 
d. g. R. Anstalt). 

1889 » » Nachweis der Zone des Tropites subbullatus bei Hallein (Id. 
Id.) 


) E. v. Mojsisovics, Die Hallstatter Entwickelung der Trias (Sitzungsberichte der Aka- 
demie der Wissenschaften in Wien. Mathem.-naturw. Classe; Bd. CI, Abth. I, October 1892). 


e 


Lias inferiore. 
1. Calcari poveri di fossili. Piano retico. 
2. Lenti con Cyrtopleurites bicrenatus (Someraukogel, Pòt- 
schen, Sandling). 
8. Calcari grigi con Pinacoceras Metternichi (Steinbergkogel, 
Leisling, Rossmoos ecc.). 
4. Zlambach-Schichten, Piano juvavico. 
5. Lenti calcaree rosse a gasteropodi con Cladiscites ruber 
(Vorder-Sandling). 
6. Lenti calcaree rosse e variegate con Sagenites Giebeli 
(Leisling, im Gfòhl, Graben). 
7. Lenti con Thisbites Agricolae (Vorder-Sandling). a 
8. Zona del Tropites subbullatus 
a) Livello superiore (Raschberg); 
5) Livello inferiore (Vorder-Sandling). Piano Ra 
9. Zona del Trachyceras Aonoides 1 


a) Lenti con Trachyceras Aonoides e con Lobites el- 


lipticus; 
5) Lenti con Trachyceras austriacum. 
Faunisticamente non rappresentato. Piano norico. 
10. Zona del Ceratites trinodosus (Sch lpe, Schichli 
atites trinodosus (Schreyeralpe, Schichling Muschelkalk. 


Hohe). 
Strati di Werfen. 


Questa divisione concorda anche mirabilmente con lo sviluppo delle formazioni di 
Reifling e di Partnach, nelle quali al disopra del Muschelkak segue come più prossimo 
orizzonte fossilifero la zona del Trachyceras Aonoides, per cui l’intero piano norico e 
gli strati di s. Cassiano o mancano, o sono rappresentati da depositi insufficientemente 
caratterizzati, poveri di fossili e di potenza straordinariamente esigua. 

Gli orizzonti ritenuti finora come calcari di Hallstatt norici della provincia juvavica 
pigliano posto al disopra degli strati con Tropites subbullatus, e quindi non può più ri- 
tenersi la provincia juvavica nel senso in cui è stata adoperata fino a questo momento. 
L’appellativo « juvavico » però può rimanere in uso come molto adattato a indicare le 
zone superiori di Hallstatt, tanto divergenti dalle faune mediterranee del piano norico e 
del carnico. In questo stesso « piano juvavico » ricadono anche, come equivalenti delle 
faune di Hallstatt e di Zlambach,i tipi difacies del Trias superiore indicati fino ad 
ora come Dachsteinkalke carnici, Riffkalk del Dachsteinkalk e Hauptdolomit. 

Nella sua nota Mojsisovics indica le ragioni che permettono di stabilire 1’ equa- 
glianza di età di queste ultime formazioni, e finisce col dare in un quadro stratigrafico 
la divisione del Trias alpino secondo zone di faune, con l'aggiunta dei più importanti 
paralleli eteropici. 

Lo sviluppo Hallstattico (Hallstàtter Entwickelung) del Trias delle Alpi nord-orientali 
è caratterizzato da una fauna prettamente pelagica, della quale fanno parte i così detti 
tipi juvavici, che si sono riscontrati mano a mano in tutte le parti del mondo in cui furo- 
no scoperti depositi triasici con carattere pelagico. Numerosi rappresentanti di questi tipi 


A - 

sono dati dai cefalopodi, specialmente dalle forme appartenenti ai generi Phylloceras, 
Dydimites, Halorites, Tropites, Rhabdoceras, Cochloceras ete., mentre fra i pelecipodi 
a tipo juvavico primeggiano Daonella e Monotis, e più di tutti Halobia, le cui forme si 
trovano ammassate in banchi nei giacimenti fossiliferi lenticolari del calcare di Hallstatt. 

Ora, le forme che compaiono nel Trias dei dintorni di Lagonegro e della regione 
occidentale della Sicilia, anzichè avere affinità, come s’è già visto, con quelle dei de- 
positi equivalenti delle Alpi sud-orientali (Tirolo, Lombardia, Baviera meridionale), s0- 
no invece dei tipi schiettamente juvavici o pelagici. 

Esaminiamo dapprima i cefalopodi. 

Nel vallone della Figuredda presso Termini Imerese il professor Gemmellaro ha 
trovato un Trachyceras affine al T. senticosum Dittmar sp. La specie senticosum descrit- 
ta dal Dittmar è di Teltschen (Ròthelstein) vicino Aussee, nè mai fu rinvenuta in qual- 
che terreno spettante alla regione delle Alpi meridionali. 

Negli strati calcarei con selce cornea del piano del Cervo, fra Corleone e Giuliana, 
insieme alla Posidonomya gibbosa, alla Halobia subreticulata e ad altre numerose Ha- 
lobie, si trovano Arcestes aff. periolcus Mojsisovics e Arcestes sp. del gruppo del- 
l'A. colonus Mojsisovics. ]l gruppo dell’ Arcestes colonus compare nella zona del Tra- 
chyceras Aonoides ed è riccamente rappresentato nei calcari carnici e juvavici di Sand- 
ling, Raschberg e Ròthelstein. Viceversa, di questo gruppo non si è trovato nella così 
delta provincia mediterranea altro che un modello, nelle marne di Stuoro-Wiesen vicino 
s. Cassiano, il quale mostra affinità con le forme del gruppo dell’ A. colonus, e un altro 
modello simile proviene dal marmo rosso di PoZoritta, nella Bukowina, che, al pari del- 
le marne di Stuoro-Wiesen, appartiene alla zona del Trachyceras Aon. Senza quindi di- 
scutere sul luogo di origine delle forme di questo gruppo, è palese che, durante il tem- 
po carnico, esse hanno avuto come centro di diffusione il territorio juvavico, e solo 
qualche forma isolata ha potuto eccezionalmente emigrare nel dominio mediterraneo. 
L’ Arcestes periolcus poi non è che una forma del gruppo dell’A. colonus, la quale sì è 
trovata negli strati con Lobites ellipticus e in quelli con Trachyceras austriacum di Rò- 
thelstein, e negli strati con Trachyceras Aonoides di Raschberg. 

Nei calcari con selce cornea della regione occidentale della Sicilia, insieme ai due 
Arcestes su menzionati, si riscontra anche il Pinacoceras cfr. perauctum Mojsisovics. 
1 Pinacocerati più antichi fino ad ora conosciuti provengono dal Muschelkalk superiore, 
la diffusione principale del genere ha luogo nei depositi della cosidetta provincia juvavi- 
ca, e molte forme derivano dai terreni del carnico medio (zona del Trachyceras Aonoi- 
des). Appunto in questi terreni, a Roòthelstein vicino Aussee, insieme al Lobites ellipticus, 
s’ è trovato il Pinacoceras perauctum Mojsisovics. Nella ex provincia mediterranea il 
genere Pinacoceras compare molto di rado, e ciò non sembra prodotto da sfavorevoli con- 
dizioni di facies, perchè anche nelle formazioni calcaree di quella provincia, molto a- 
datte allo sviluppo degli Ammonea leiostraca, i Pinacocerati sono scarsissimi. 

I due generi, Juvavites e Halorites, riscontrati tutt'e due in Sicilia nella zona del 
Trachyceras Aonoides, sono dei tipi schiettamente juvavici, di cui non si trova traccia , 
per quanto io so, nei terreni triasici delle Alpi meridionali. 

In queste solamente nel Muschelkalk si presenta il genere Acrochordiceras, che 
pare un anello di passaggio fra il Gonzatites princeps e il Goniatites virgatus del Carbo- 
nifero, ei due generi Ha/orites e Juvavites del Trias superiore con sviluppo Hallstatti- 


«Ol 
co. In quanto poi alla forma siciliana di Ha/orites appartenente al gruppo del semiplica- 
tus Hauer sp., bisogna notare che questa specie si trova al Someraukogel nel gruppo 
dei calcari di Hallstatt, sempre quindi nelle Alpi del Salzkammergut, 

Già dall'esame di questo piccolo numero di cefalopodi della Sicilia si ricava in 
modo molto chiaro che essi sono così strettamente legati a tipi di cefalopodi juvavici, 
da far ritenere che durante il tempo del Trachkyceras Aonoides questa regione siculo-lu- 
cana formava parte integrante dello stesso grande oceano in cui si depositavano i ter- 
reni triasici con sviluppo di Hallstatt. 

Se ora dai cefalopodi si passa a guardare il genere Ha/obia, che rappresenta una 
serie di forme di tipo essenzialmente juvavico , si resta meravigliati nell’ osservare l’ ab- 
bondanza di specie e di individui ad esso appartenenti, che compaiono nei calcari con 
noduli di selce della Sicilia occidentale e dei dintorni di Lagonegro. Nella zona del 7ra- 
chyceras Aonoîdes di queste regioni le Halobie sono rappresentate da nove specie e da 
un numero straordinariamente grande d’individui, e prevalgono su tutti gli altri fossili 
loro associati. Esse inoltre, come risulta dalle descrizioni del prof. Gemmellaro e dalle 
mie osservazioni, sono strettamente legate in parentela con le forme contemporanee, 0 
quasi, di cui sono così ricchi i terreni calcarei del Salzkammergut. 

Mi pare di aver così a sufficienza indicato quale profondo distacco esista fra la for- 
mazione raibliana e quella siculo-lucana, e come la fauna di questa si rannodi stretta- 
mente alla fauna di tipo juvavico della zona del Trachyceras Aonoides. 

Fatte queste considerazioni teoretiche, posso ora continuare l’esame degli altri ter- 
reni triasici che furono oggetto delle mie osservazioni. 

Dalla grande somiglianza di facies che esiste fra la formazione siciliana e quella 
dei dintorni di Lagonegro si può essere indotti a supporre che anche qui la parte più 
bassa dei calcari selciosi rappresenti la zona del Trachyceras Aon; ma questa non è che 
una semplice ipotesi, la quale, per assorgere al grado di verità scientifica, dovrà essere 
confermata da documenti paleontologici, che, m’ auguro, si troveranno con ulteriori 
ricerche in quegli interessanti terreni. 

Lo stato palese di eteropicità della formazione siculo-lucana rispetto a quella rai- 
bliana alpina scompare quasi del tutto nel piano juvavico. I depositi dolomitici, appar- 
tenenti a questo piano nei dintorni di Lagonegro, sono quasi identici a quelli alpini e 
a quelli che pigliano tanta parte nella costituzione dei monti dell’Italia meridionale-oc- 
cidentale, e specialmente di quelli della provincia di Salerno. In questa regione da un 
po’ di tempo a questa parte sono comparsi, e si sono poi estesi in modo straordinaria- 
mento rapido, i terreni con facies dolomitica appartenenti al piano juvavico grazie alla 
iniziativa data in questo senso dal professor Bassani e agli efficaci studi paleontolo- 
gici e stratigrafici del dr. Di Stefano e degli ing. Baldacci e Viola. Già da parec- 
chio tempo il prof. Bassani, osservando di sfuggita una fauna di pesci di Giffoni, ne 
aveva felicemente intuito l'età triasica: più tardi, precisamente nell’ Agosto di quest’ an- 
no, dopo avere con la solita precisione esaminato quella interessante raccolta, quasi del 
tutto ignota, giunse alla conclusione che gli scisti bituminosi di Giffoni (m. Pettine e 
dintorni) appartengono, al pari del calcare dolomitico che li racchiude, alla Dolomza 
principale *). Un po’ prima di allora, esaminando delle Giroporelle contenute nel cal- 


1) F. Bassani, Sui fossili e sull'età degli schisti bituminosi di Monte Pettine presso Gif- 
foni Valle Piana în provincia di Salerno (Memorie della Società italiana delle scienze [detta dei 
XL], tomo IX, serie 3*, N. 3). 


«IR = 

care dolomitico scuro della base del monte Alpi vicino Latronico, mi espresse l’idea 
che anche questo calcare dolomitico dovesse assegnarsi alla medesima divisione del Trias 
superiore alpino. 

Con questa ipotesi palesata dal prof. Bassani sulla grande estensione della Dolo- 
mia principale, non mi fu difficile, appena giunto a Lagonegro, riconoscere la vera età 
del calcare dolomitico bianco e farinoso, che si trova nei suoi dintorni. La desolante e 
triste uniformità nelle relazioni biologiche, propria della Hauptdolomit alpina, si ripete 
nei depositi equivalenti di Lagonegro, convalidando le idee di Mojsisovics, che poco 
c’è da aspettarsi da questa formazione a favore delle ricerche geologiche sulla evolu- 
zione del mondo organico. La dolomia polverulenta di Lagonegro si distingue però per 
alcuni contrassegni dalla dolomia principale tipica. Anzitutto mancano affatto in quella, 
almeno per quanto ho potuto osservare, i caratteristici avanzi di megalodonti che hanno 
permesso di riconoscere questa formazione anche nell’Himalaya, e, al pari dei mega- 
lodonti, mancano i nuclei di Turbo solitarius così spesso associati agli avanzi di altri 
molluschi nella Hauptdolomit. 

Oltre a ciò, quantunque nella dolomia farinosa si trovino esemplari tipici di Av:- 
cula exilis, pure la maggior parte degli individui appartenenti a questa specie hanno 
un habitus leggermente diverso da quello delle loro coetanee di altre località. Aggiungo 
qui incidentalmente che la dolomia sincrona della regione occidentale della Sicilia non 
ha fornito altro che due valve di Daonella Lepsiusi, mostrandosi diversa dalla Hauptdo- 
lomit tipica in grado ancor più accentuato della formazione dei dintorni di Lagonegro. 
Questa poi, con la sua piccola potenza contrasta con le pile di 6oo a 1200 metri di 
spessore che presenta di solito la Hauptdolomit o il Dachsteinkalk inferiore. Oltre a es- 
ser poco potente, il calcare dolomitico farinoso soffre delle frequenti interruzioni, e i 
calcari scuri bituminosi, probabilmente liasici, a volte ne sono separati mediante un 
grosso complesso di calcari grigi stratificati, altre volte gli si appoggiano direttamente, 
e in alcuni casi infine sono a contatto immediato degli scisti silicei inferiori: pare in- 
somma che i suddetti calcari liasici siano in perfetta transgressione rispetto alla dolomia 
del piano juvavico. 

La poca potenza di questa, specialmente in alcuni punti, potrebbe spiegarsi con 
l’intromissione di un deposito eteropico fra i calcari superiori della zona del Trachyce- 
ras Aonoides e la dolomia suddetta. Questo deposito eteropico sarebbe rappresentato 
dal complesso abbastanza potente degli scisti silicei, che sono fra i più diffusi nella se- 
rie dei sedimenti da me esaminati. Del pari che a Lagonegro, la parte superiore dei cal- 
cari selciferi rappresenta la zona del Trachyceras Aonoides nella regione occidentale 
della Sicilia, ma mentre qua ad essa succede subito la Dolomia principale, là invece si 
presentano immediatamente gli scisti, sui quali poi compare a sua volta la scarsa dolo- 
mia con Avicula exilis. Non è dunque difficile che questi scisti siano sineroni della 
parte inferiore della dolomia siciliana con Daonella Lepsiusi. In tal caso essi sarebbero 
gli equivalenti della parte inferiore della Haupido/omit alpina. Per qual ragione poi vi 
sia qui questa inserzione di una plaga eteropica rispetto ai sedimenti che la compren- 
dono, cercherò di spiegare dopo aver discusso dell’età e dell’ origine dell’ultimo dei 
depositi triasici dei dintorni di Lagonegro, voglio dire del calcare dolomitico a sco- 
gliera. ‘ 

Questa formazione costituisce un problema alquanto intricato nella geologia di que- 


= 
sta regione. Cercherò di dare di esso la soluzione che a me pare più conveniente e più 
naturale, avuto riguardo ai dati che ho potuto raccogliere fin'ora a questo proposito, e 
aspettando che nuove osservazioni vengano a ribadire la mia ipotesi o la distruggano 
del tutto mediante validi argomenti in contrario. 

Ad un primo sguardo che si getti su questi calcari dolomitici chiari, così bizzarra- 
mente incastrati fra i terreni circostanti, non si può ben definire se essi siano superiori 
o inferiori all’estesa formazione di calcari scuri con selce cornea e di scisti che li cir- 
condano. Se infatti si guarda quel gruppo di essi che comparisce nella vallata del Chiot- 
to, oppure l’ammasso roccioso che sì trova a nord delle ultime case di Lagonegro , 0 
anche la massa calcarea maggiore del Roccazzo, si conchiude che la roccia componen- 
te queste masse è appoggiata sugli scisti silicei, che le fanno da zoccolo o base. Ma 
questa idea, che sorge spontanea con superficiali osservazioni, viene distrutta appena 
si procede a un esame più minuto su i rapporti di posizione ( visibili all’ Alzo di Castel- 
lo, al Voriello e al Bitonto), che intercorrono fra i calcari massicci e i sedimenti strati- 
ficati circostanti. Nel primo luogo infatti i calcari con noduli di selce e gli scisti delle 
pendici settentrionali del monte Gurmara hanno le testate dei loro strati rivolte diretta- 
mente a nord contro la rupe calcarea bianca dell’ Alzo di Castello; al Voriello gli scisti 
silicei, che costituiscono la base del monte Arenazzo, hanno press’a poco la stessa posi- 
zione rispetto alle rocce calcaree, che compariscono a sud sulla riva sinistra del ruscel- 
lo; al Bitonto infine, e precisamente sulla sinistra della via carrozzabile che va da La- 
gonegro a Rivello, una piccola e bella sezione artificiale mostra in modo splendido che 
gli scisti silicei sono superiori al calcare dolomitico chiaro. Dico splendido, perchè in 
questa sezione si vede come il materiale siliceo si è depositato strato per strato sul cal- 
care sottoposto, riempiendone i vuoti e le fratture preesistenti, in modo che il primo 
strato si adatta completamente contro la roccia calcarea, seguendone rigorosamente tutti 
gli incavi e i risalti, il secondo presenta un po’ meno spiccatamente le curve del primo, 
e così via, finchè il sesto o settimo strato non offre che delle leggere ondulazioni, le 
quali scompaiono affatto negli strati successivi, che hanno l’orizzontalità caratteristica 
originaria dei terreni sedimentari (v. figura 23). Dunque da questo fatto resta esclusa 
qualsiasi ipotesi che faccia salire il calcare compatto a un livello superiore agli scisti, e 
il graduale mai interrotto passaggio da questi scisti ai calcari sottoposti collega così in- 
timamente questi due terreni, da non dar luogo a congetture dirette a inserire fra essi il 
calcare dolomitico chiaro. 

Non resta quindi a pensare altro che questa formazione sia inferiore ai calcari 
stratificati con selce, oppure sia contemporanea, ma originatasi sotto condizioni ete- 
ropiche. 

Nel primo caso per spiegarne la posizione bisognerebbe ricorrere a un certo numero 
di spostamenti, che avrebbero portato il calcare chiaro inferiore allo stesso livello degli 
scisti silicei. Tali notevoli spostamenti non vanno punto d’accordo con la tettonica del- 
le formazioni da me studiate, che è di una estrema semplicità. Le pieghe si succedono 
alle pieghe, ma hanno tutte un raggio abbastanza grande di curvatura e mai un sensi- 
bile sconvolgimento viene ad alterarne l'uniformità. La ipotesi di spostamenti o faglie 
appare specialmente assurda quando si guarda lo stretto cordone di calcari dolomitici, 
che, nella parte più alta della vallata del Chiotto, è inserito come un cuneo fra le due 
cupole a grande raggio (il monte Gurmara e un altro monte che non ha nome sulla 


Pi SEA 
carta), che gli stanno ai fianchi, quasi soffocandolo sotto le loro moli maggiori. Solo un 
filone eruttivo potrebbe presentarsi in tal modo e con tale piccolo spessore, nel fondo 
di un bacino sinclinale circondato da regolarissime cupole anticlinali. Un altro argo- 
mento contro questi sollevamenti e abbassamenti ipotetici è dato dal fatto che la forma- 
zione in esame, in tutti i luoghi in cui affiora, presenta quasi sempre l’identica posizio- 
ne rispetto ai terreni triasici circostanti, e sarebbe strano supporre, che su essa abbiano 
agito delle forze, che, per produrre gli identici effetti, dovevano essere non solo eguali, 
ma equipollenti. Finalmente , in tutti i luoghi da me visitati, non mi è stato possibile 
vedere affiorare sotto ai calcari con selce qualche lembo del calcare dolomitico, alcuni 
frammenti del quale sarebbero stati portati a giorno da tali spostamenti. 

Non mi resta quindi che pensare a uno sviluppo contemporaneo di due terreni e- 
teropici, l’uno prettamente sedimentario e l’altro dato dai lembi di calcare compatto 
chiaro, i quali rappresentano, secondo me, la parte più alta e visibile delle antiche sco- 
gliere coralline formatesi nel mare a temperatura tropicale, che si stendeva su queste 
regioni durante il tempo norico e il principio di quello carnico. 

Tale ipotesi va pienamente d’accordo con i fatti che fino a questo momento ho po- 
‘- tuto osservare. 

Comincio dal dire che se, come Lyell ci ha insegnato, i fenomeni della storia an- 
tica della terra si debbono spiegare mediante quelli che la stessa terra ci presenta nel 
momento attuale della sua lentissima e lunghissima evoluzione, è lecito supporre, osser- 
vando quale area estesa occupino le grandiose costruzioni coralline nei mari caldi dei 
nostri tempi, che nei sedimenti terrestri debbano essere molto frequenti le masse cal- 
caree; la cui origine è da riportarsi alla attività costruttrice dei polipi secretori. Se tale 
frequenza è stata solo e parzialmente dimostrata per alcune regioni, può dipendere dal 
fatto che le continue e lente trasformazioni hanno fatto perdere alle scogliere coralline 
i caratteri tipici, eguagliandole a comuni terreni sedimentari, come aveva già fatto 0s- 
servare Darwin ‘), combattendo l’ obiezione, mossa contro la sua teoria delle costru- 
zioni coralline, della scarsezza di esse costruzioni nella serie dei terreni costituenti la 
parte accessibile della scorza terrestre. 

Ritornando ora alla formazione di Lagonegro, per vedere se essa si presta alla 
mia ipotesi, bisogna studiarne la costituzione intima e quella esterna, e osservare le re- 
lazioni esistenti fra essa e i terreni circostanti. 

La roccia che la compone si è già detto essere non una vera dolomia, ma un cal- 
care dolomitico, e (mettendo da parte l’idea d’una dolomitizzazione posteriore) si sa, 
per le ricerche di Dana, che i calcari coralligeni attuali contengono sempre una certa 
quantità di magnesia, che in alcuni punti può arrivare fino al 38 per cento, poco meno 
della proporzione occorrente a formare una vera dolomia. Questi calcari dolomitici han- 
no una certa tendenza a sfaldarsi secondo piani, che deviano poco dalla verticale e che, 
‘osservando superficialmente , è facilissimo scambiare per piani di stratificazione e cre - 
dere così a un costante raddrizzamento degli strati, che in realtà non esiste. L’identico 
fenomeno si presenta nelle dolomie del Tirolo meridionale *), che già furono splendi- 
damente descritte da Richthofen e da Mojsisovics come rappresentanti antiche sco- 


!) Letter to M. Maclaren, Scotsman 1843. 
?) E. v. Mojsisovies, Die Dolomit-Riffe, p. 165. 
ATTI — Vol. V.— Serie 22 — N° 8. 


ut 


ii 

gliere coralline. Al pari delle suddette dolomie coralligene tirolesi, i calcari dolomitici di 
Lagonegro hanno struttura granulosa, frattura scheggiosa, povertà di argilla e colore 
prevalentemente chiaro, qualche volta tendente al roseo. Dana, descrivendo le rocce 
coralligene, le dice rappresentate da calcare compatto, finamente granuloso, «flint-like 
in fracture », che in alcuni punti contiene dei coralli, ma che nella maggior parte dei 
casi è perfettamente compatto, senza alcuna traccia di fossili, salvo qualche occasionale 
conchiglia *). Questa caratteristica povertà di fossili, citata anche da Darwin per le for- 
mazioni coralline recenti, e da Mojsisovics per i Riffe del Trias superiore, trova la sua 
spiegazione naturale nei due processi trasformatori delle rocce coralligene, quello mec- 
canico delle onde, che spappolano le parti dure più esposte delle scogliere, e quello 
chimico, ancor più potente, dell’anidride carbonica sviluppantesi dalla putrefazione dei 
coralli morti. Da questo processo dissolutore i coralli, che hanno scheletro aragonitico, 
si salvano ancor meno dei molluschi a guscio calcitico, come fu già da parecchio tem- 
po dimostrato da Suess °). Si aggiunga a questo il fatto, notato da Mojsisovics, che 
le Diplopore, quantunque di calcite, o sono scomparse, o si presentano raramente sulle 
facce alterate della roccia. 

Tutti questi caratteri trovano perfettamente riscontro in quelli, già lungamente de- 
scritti più avanti, del calcare dolomitico di Lagonegro, e non mi resta da aggiun- 
gere, come ultimo contrassegno di simiglianza, che sulla scogliera della valle del Chiot- 
to si trova un’accumulazione di terra argillosa rossa, simile a quella, che si forma 
sulle masse rocciose coralline attuali esposte per lungo tempo all’azione corrosiva del- 
latmosfera, come fu descritta da R. v. Drasche per la massa sollevata di Beuguet 
nell’ isola Luzon *), 

Se ora dalla struttura della roccia costituente le scogliere si passa ad osservarne le 
condizioni tettoniche, queste, anzichè contrastare, confermano l’ipotesi di un’origine 
corallina. 

Nei dintorni di Lagonegro, del pari che nelle Alpi, gli scogli dolomitici spuntano 
fuori come isole dalla facies di terreni silicei e calcarei stratificati, oppure stretti cana- 
li di questa si svolgono fra scogliere di calcare chiaro compatto. Anche quì un mantello 
uniforme di formazioni più giovani si stese su tutta la regione coprendo i terreni ete- 
ropici, e solo più tardi la denudazione lo spazzò in parte, mettendo in alcuni punti allo 
scoperto gli scogli calcarei e i terreni sedimentari più antichi. Vi è però una sostanziale 
differenza fra i Dolomit-Riffe del Trias superiore delle Alpi e le scogliere da me descritte. 
Queste sono dei meschini ammassi rocciosi perduti in mezzo ai terreni circostanti, 
là invece delle montagne grandiose si rizzano audacemente sui sedimenti che ne av- 
volgono le basi, sorpassando i 3000 metri di altezza sul mare. Nelle Alpi si può osser- 
vare il fenomeno dei blocchi calcarei (Riffb0ckkalk) staccatisi dallo scoglio originario 4), 
la stratificazione inclinata del detrito incrostatosi sui fianchi della mole corallina (Ue- 
berguss-Schichtung), ) espansione a scarpa delle scogliere sui terreni eteropici (Riffbò- 
schung) e i calcari scuri ricchi di fossili a contatto immediato delle dolomie coralligene 


1) J. D. Dana, Manual of geology, third edition, New-York 1880, p. 619. 

?) E. Suess, Der Boden der Studt Wien, 1862. 

°) E. v. Mojsisovics, Dolomit-Riffe, p. 504. i 

4) Ch. Darwin, The structure and distribution of Coral-reefs, second edition, London 1874, 
trad. frang. p. Cosserat, Paris 1878. 


e ea 
(Cipitkalk). Nei dintorni di Lagonegro invece non si vede alcuno di tali fenomeni an- 
nessi alle formazioni coralline, e ciò dipende dal modo diverso con cui ha agito la 
sedimentazione nelle due regioni. Nelle Alpi infatti intorno alle costruzioni coralline si 
sono deposti solo i sedimenti eteropici sincronici o di poco posteriori, mentre a La- 
gonegro su questi depositi eteropici si è ammassata una pila considerevole di terreni 
stratificati, che hanno coperto quasi del tutto le scogliere, lasciandone solo spuntar 
fuori le parti estreme nei punti più denudati. È chiaro quindi che, in seguito a tale ac= 
cumulazione di sedimenti posteriori, non è possibile osservare alcuno dei su accennati 
fenomeni. caratteristici delle costruzioni coralline. Del resto, anche non potendo vedere 
tali particolarità, non si può fare a meno di ammettere per i calcari massicci di Lago- 
negro la stessa origine che per la dolomia dello Schlern, nel notare che sempre, e da- 
pertutto allo stesso livello, i terreni sedimentari vengono ad urtare contro le rocce a 
scogliera. Questo fenomeno non si può concepire se non imaginando che questi scogli 
fossero stati già presenti, e avessero opposto una barriera insuperabile all’ ulteriore e 
uniforme diffondersi dei sedimenti vicini ‘). Degno di nota è il fatto che i calcari dolo- 
mitici si trovano costantemente a livello di terreni ad essi posteriori, e quindi fra essi e.i 
sedimenti eteropici vi è un dislivello sensibile, dislivello che trova appunto il suo con- 
frontò nelle costruzioni coralline e nei depositi ad esse vicini, i quali, pur essendo con> 
temporanei, si formano a una notevole distanza verticale da quelle. Da ciò si è inclinati 
a vedere in questa concorde differenza di livello non un giuoco del caso, ma un 
determinato e regolare rapporto originario, che, senza esser pregiudicato dal solle- 
vamento delle montagne, si è mantenuto fino ai tempi nostri °). Ipotesi che trova la 
sua conferma nelle regole molto semplici seguite in generale dalla tettonica di queste 
montagne. 

Il dislivello di cui ho parlato è reso evidente dalla età di questi scogli calcarei, che 
sono più antichi dei circostanti scisti silicei. Quantunque a questo proposito per la 
scarsezza di fossili non sia possibile esprimersi con molta precisione, pure, con quel 
poco che ho potuto raccogliere, mi pare che si possa giungere a risultati abbastanza sod- 
disfacenti. Infatti la Daonella Moussoni, quantunque, come si è già notato, abbia ap. 
parentemente un considerevole sviluppo verticale, pure non è stata mai trovata in terre- 
ni posteriori a quelli della zona del Trachyceras Aon. 

La Posidonomya Wengensis poi, riscontrata isolatamente nel raibliano lombardo, è 
principalmente diffusa negli strati più alti del piano norico, o strati di Wengen. Il Trau- 
matocrinus ornatus fu trovato nei calcari di Hallstatt, e il genere Diplopora è limitato 
alle formazioni calcaree e dolomitiche inferiori alla zona del Trachyceras Aonoides. Credo 
quindi, avendo anche riguardo a quello che succede nei Riffe dolomitici e calcarei delle 
Alpi orientali, di potere assegnare la parte più alta, visibile, del calcare dolomitico a 
scogliera dei dintorni di Lagonegro alla zona del Trachyceras Aon, e di poter supporre 
che esso si prolunghi in giù nel piano norico. Che, del restio, nelle regioni in cui esiste 
Il Trias con sviluppo di Hallstatt le formazioni coralline siano tutt'altro che rare, lo di- 
mostra il Mojsisovics nel suo bel lavoro sui «Dolomit-Riffe ». 

Quest'opera, per le larghe idee che contiene sul significato delle formazioni geolo- 


1) E. v. Mojsisovics, Dolomit-Riffe, p. 487. 
2) Id., Zd., p. 485. 


Men pe 
giche, mi ha fatto intellettualmente tanto bene, ch’io sento il bisogno di esprimerne 
all’autore la mia più sentita riconoscenza. 

Esaminati così i rapporti di successione dei terreni triasici di Lagonegro, è ora 
possibile gettare un rapido sguardo sulle condizioni fisiche, che probabilmente predo- 
minarono in questa regione mentre essi terreni si andavano formando. 

Accettando sulla origine delle scogliere coralline la teoria di Darwin, che, se per 
alcuni singoli casi è contestabile, nella gran maggioranza degli altri è indiscutibilmente 
vera, bisogna ammettere che in questo tratto di paese, mentre i polipi innalzavano le 
loro costruzioni, avvenisse un abbassamento graduale del fondo sottomarino, che per-. 
metteva anche la sedimentazione della pila potente dei calcari con noduli di selce. Dico 
qui abbassamento e sollevamento secondo l’uso comune delle due parole, senza voler 
specificamente indicare un vero movimento della crosta terrestre o un cambiamento 
di livello nella superficie del mare ‘). A questo periodo di abbassamento graduale do- 
vette succederne un altro di movimento discensionale più rapido, che impedì l’ ulterio- 
re sviluppo delle scogliere coralline, e che finì con un certo tratto di tempo, nel quale 
su queste contrade si stese un mare profondo. Durante questo periodo di mare pro- 
fondo si moltiplicarono prodigiosamente le radiolarie, i cui gusci andarono a costituire 
gli scisti silicei varicolori. A questa lunga epoca di depressione ne successe un’altra 
più breve di sollevamento, che permise lo sviluppo delle dolomie con Avicula exilis, 
e che forse si chiuse con una emersione completa di questa regione, come mi pare che 
accennino la probabile mancanza di depositi retici e la transgressione dei calcari bitu- 
minosi liasici sulla dolomia del piano juvavico. 

Riassumo nel quadro seguente i risultati da me ottenuti sulla cronologia dei sedi- 
menti triasici dei dintorni di Lagonegro. 


!) E. Suess, Das Antlite der Erde, Bd, II, Wien 1888. 


= | 


TRIAS DEI DINTORNI DI LAGONEGRO 


PIANI Zone FACIES PREDOMINANTI CONDIZIONI FISICHE 


Z. del Cyrtopleu- i 
rites bicrenatus. Hauptdolomit 


o dolomia bianca, farinosa, in masse poco | Sollevamento continuato, che 


Z.del Pinacoceras | potenti e non estese, coperte in transgres- | forse sì chiude con un perio- 
Metternichi. sione dai calcari liasici. Contiene numero- | do di emersione, durante il 
EI si avanzi di Avicula exilis, Pecten inae- | tempo dell’Avicula contor- 
Neisia ala quialternans e altri pelecipodi. ta. 
. de stoce- 
È x ras Haueri. 
juvavico 
Z. del Cladiscites 
ruber. 
Scisti silicei, a clivaggio poliedrico, o com- | Periodo di mare profondo, 
Z. del Sagenites | patti, quarzitici, sottilmente stratificati e | durante il quale le radiola- 
Giebeli. varicolori. Nessun avanzo animale macro- | rie conle loro spoglie forni- 
patto ce scopico e impronte non rare di fucoidi. | scono il materiale per la se- 
#4 Ricchi, specialmente gli scisti rossi, di spo- |  dimentazione degli scisti si- 
Z.del Thisbites A- di sadidiazia doi ;i Cc h licei 
gricolae. glie di radiolarie dei generi Cenosphae- icei. 
ra, Porodiscus , Sphaerozoum, Sethoca- 
psa, Dicolocapsa etc. 
Z. del Tropitessub- 
bullatus. 
Piano 
i carnico 


Z. del Trachyce- Calcari con selce e con scisti argillosi e sili- | Acceleramento nel moto di- 
rassonondea cei intercalati. Posidonomya gibbosa, Ha- |  scensionale, con estinzione 
i lobia sicula, Halobia lucana. Radiolarie. dei polipi costruttori. 


ir Ag {Calcare dolomitico a scoglie- | Abbassamento graduale ac- 

re degli stes- | 12» COM avanzi di alghe, | compagnato da costruzione 

Rica crinoidi ed echini. P.Wen-| di scogliere dolomitiche co- 
gensis e D. Moussoni., ralline. 


Z.del Trachyceras 
Aon. 


Credo utile riunire nel quadro seguente i paralleli eteropici più importanti del Trias 
superiore delle Alpi ') con quelli di Lagonegro e di Sicilia *). 


1) E. v. Mojsisovics, Die Hallstàtter Entwickelung der Trias (Sitz. Ber. d. A. d. W., Octo- 
ber 1892). 

2) G. G. Gemmellaro, Sul Trias della regione occidentale della Sicilia (Atti A. Lincei, 
1882) —L. Baldacci, Descrizione geologica della Sicilia (Mem. deser. d. carta geol. d’It., Com. 
geol., vol. I) 1886. 


i 


PrinciPALI TIPI DI FACIES DEL TRIAS SUPERIORE ALPINO 


ALPI SICILIA DINTORNI 
ALPI ME : 
PIANI ZONE SETTENTRIONALI MERIDIONALI OCCIDENTALE SI 
LAGONEGRO 
—————@€ {___€É—___—————__————————{ -<< 
Z. del Cyrtopleu- 
rites bicrenatus. Ì 
Z. del Pinacoce- 
ras Metternichi. I 
d 
Piano Z.d 5 
el Choristoce-| x 
= ras Haueri. = Hauptdolomit 
Juvavico Ha A 
& |a[a|# 5 Pi PS 
Z. del Cladiscites| 2 | S{|63 | 3 © Kc) 
ruber. 3 sie A e) ni 
® Con a E A 5 
Ss |B|£|S n s S 
3 [25 0) =) d à [on 
=) 
Z. del Sagenites Ei 
Giebeli. Pi 
Ò 
(>) 
pa A REZZA 
; i. Scisti silicei varicolori, 
Z. del Thisbites| £ con avanzi di radio- 
Agricolae. E larie. 
[a] 
bi 
Z. del Tropites| $ 
subbullatus. 7; 
Piano s E=— — GIG “db Greene Dt — 
Raibler x j alcari con liste e | Calcari con liste e no- 
carnico Sr hidhion Raibler Schichten noduli di selce, ad |  dulì di selce, ad Ha- 
Z. del Trachyce- ) Halobie. lobie. 
ras Aonoides. ee nil || SE 
Fonts) eni 
ss p=i 
SaS [8 . Kalk-u. i 9 
E E PES n Cassianer Dol re Parte infe-” olona Parte infe- ada do- 
23|sla ; ENTO riore de- riore degli] Jomiti 
Z. del Trachyce- “A SE 3 =| Schichten |(Schlerndol., |  glistessi sila stessi cal- poeti De a 
ras Aon. sa|=s/2 2 Esinokalk). calcari. cari ? scogliera. 
ad (eli (e 


VI. 


TETTONICA DELLE FORMAZIONI 


Descrivendo la tettonica dei terreni triasici di Lagonegro, comincerò dal parlar 
prima del modo con cui sì presentano i calcari con selce cornea e gli scisti Silicei, che 
montanisticamente formano un solo e indissolubile complesso, poi delle relazioni esi- 
stenti fra questo gruppo e i terreni più giovani, e infine. dei.rapporti,. già in parte ac- 
cennati, fra le formazioni descritte e i calcari dolomitici a scogliera. .. ov. 


"i 


pali CI 

Il punto, in cui i calcari e gli scisti superiori sono architettonicamente meglio rap- 
presentati, è il gruppo montuoso del Sirino. Per descrivere però questo gruppo con molta 
precisione sono necessarie molte e accurate osservazioni: mi contento perciò di darne 
qui pochi cenni generali, accompagnandoli con due profili riassuntivi. Questo complesso 
di monti, che abbraccia un’area di circa 25 km. q., si può dividere in due masse mi- 
nori, una occidentale, o del Sirino, l’altra orientale, la cui cima più alta è quella del 
m. Papa (2007 m.). 

La massa occidentale è una gran cupola anticlinale, uno di quei paraboloidi ellittici 
dei quali ho parlato più indietro, le cui ellissi generatrici hanno l’asse maggiore di- 
retto da nord a sud. La parte superficiale di questa cupola è costituita dagli scisti silicei, 
scomparsi in gran parte in seguito alla denudazione e rimasti solo nei punti più pro- 
tetti. Partendo dalla estremità settentrionale del monte, e proseguendo verso sud fra il 
Bramafarina e il Sirino, s'incontrano a sinistra i primi lembi scistosi, che sorgono imme- 
diatamente dalle argille scagliose, e, alzandosi sempre di più, rivestono tutto il fianco 
occidentale del monte Sirino d’ una frangia seghettata, composta dagli strati silicei for- 
temente rialzati e pochissimo estesi, in modo che, a circa 1200 metri di altezza, di sotto 
ad essi compaiono i sottoposti calcari a noduli di selce. Fa solo eccezione la vetta del 
Tapparo, che conserva ancora parte della rotonda cupola silicea. Ricordando che all’ e- 
stremità settentrionale gli scisti sono ridotti a pochi strati, destinati anch’ essi a scompa- 
rire, una sezione longitudinale darebbe press’a poco questa semplice e bella piega an- 
ticlinale. 


Fig. 10 (1:50,000). 


M.Tepparo M.Sizimo 


b. Calcari con selce (Z. del Trachyceras Aonoides e forse anche del Trachyceras Aon). — c. Scisti silicei con ra- 
diolarie (parte superiore del piano carnico). 


AI Sirino seguono ad Oriente delle pieghe sinclinali, al di là delle quali sorge |’ al- 
tro grandioso complesso cupolare del monte Papa. Di queste pieghe sinclinali la setten- 
trionale forma la valle del Cacciatore, che, per altro, è stata posteriormente approfon- 
dita da un lungo lavoro di erosione, il quale, dopo aver distrutto il mantello siliceo , ha 
messo a nudo nel fondo della valle gli strati calcarei. La massa orientale non offre però 
una tettonica così semplice come quella occidentale; in essa sembrano fuse varie pieghe 
a cupola, di cui la maggiore sarebbe appunto quella del monte Papa, largamente di- 
strutta nel fianco rivolto a nord-est. Nel profilo seguente può osservarsi la piega anticli- 
nale, quasi intatta e molto precisa, che costituisce la cima del Sirino, l'altra, rotta a 


== 
nord-est, del m. Papa, e gli scisti silicei, addossati ai fianchi delle cupole, che lasciano 
libere le due vette principali. 


Fig. 11. (1: 50,000) 


M.Sirino M.Papa (200/) 


b. Calcari con selce (parte inferiore del piano carnico). — e. Scisti silicei (parte superiore del piano carnico). — 
f. Argille scagliose e scisti argillosi. 


Una cupola molto bella e intimamente connessa a quella del Sirino è data dal 
monte Bramafarina, alto 1326 m. La volta silicea sarebbe chiusa da tutti i lati, se all’e- 
stremità settentrionale una stretta laceratura non la intaccasse profondamente, mettendo 
a nudo la impalcatura interna, calcarea, del monte. Le ellissi sezioni hanno anche qui 
l’asse maggiore diretto da nord a sud. È notevole il fatto che la parte più alta di questo 
monte, invece di essere formata da una piega a cupola perfettamente liscia come il 
suo fianco meridionale, presenta tre leggiere rughe anticlinali, divise da due sinclinali, 
alte non più di un metro e lunghe un centinaio. Questo corrugamento fa supporre che, 
quando ebbe luogo, esisteva sugli strati silicei una massa di altri sedimenti, senza la 
cui pressione non è possibile concepire la formazione di simili pieghe a piccolissimo 


raggio di curvatura. 


Cima del monte, Bramafarina (scisti silicei piegati). 


Un altro gruppo molto importante, composto di due cupole perfettamente distinte 
luna dall’altra e congiunte mediante una depressione sinclinale, è quello dei due monti 
Castagnareto e Gurmara. Dal primo, forse per una frattura originaria approfondita poi. 


dalle acque correnti, si è staccata a sud la Grada. 


nec: Clio 


Della disposizione dei terreni in questi monti si è già precedentemente parlato: do 
qui soltanto una sezione longitudinale. 


Fig. 13. (1 : 50,000) 


trada (astagnareto GCurmarar 


A/4g, 

TL US» 
4,49/4 9, 

MSA 


b. Calcari con selce (parte inferiore del piano carnico). — c. Scisti silicei (parte superiore del piano carnico). — 
f. Argille scagliose e scisti argillosi. 


N.N.E. 


Venendo ora a parlare delle relazioni esistenti fra il complesso calcareo-siliceo con 
‘ tipo cupolare e le formazioni posteriori, mi contenterò di accennare al gruppo del monte 
Milego con ì terreni adiacenti, e all’ altro, molto accidentato, di cui la parte maggiore 
è rappresentata dai monti Nizzullo, Jatile e Timpone Rosso. 

Il primo, o monte Milego, è una cupola silicea semplicissima, rotta a nord per dar 
passaggio ai calcari del monte Nicola, e intatta nei fianchi orientali, meridionali e 0c- 
cidentali. A sud-est l’uniforme mantello argilloso si adatta immediatamente agli scisti 
silicei, mentre a sud-west di sotto alle argille scure traspare la dolomia bianca farinosa, 
a cui succedono i calcari grigi e bituminosi, probabilmente liasici. 


Fig. 14. (1: 50,000) 


Carconi H.Mifego 


b. Calcari con selce (parte inferiore del piano carnico). — c. Scisti silicei (parte superiore del piano carnico). — 
a. Dolomia con Avicula exilis (piano juvarico). — e. Calcari grigi e neri bituminosi, probabilmente liasici. — 
f. Argille scagliose e scisti argillosi. 


AI sud del Milego invece, separata da esso per mezzo di uno stretto canale argil- 
loso, s'erge la massa bianca dolomitica delle Mangaredde, a cui si attacca poi l’altra 
dolomia del monte Arenazzo. Alla base di questo si presentano gli scisti silicei del 
monte Vroschilli, ai quali succedono inferiormente i calcari a noduli di selce, che ar- 
rivano sulla sponda sinistra del fiume Noce. Sulla destra di questo stesso fiume si in- 
contrano immediatamente i calcari bituminosi liasici. E evidente quindi in questo 
punto un notevole spostamento nella serie degli strati, per cui il lias è sceso allo 
stesso livello del carnico medio. Un’altra faglia, meno sensibile, è indicata dall’iso- 

ATTI — Vol. V.— Serie 29 — N 8. 6 


tti 
lotto di scisti silicei, che spunta in mezzo alle dolomie, all’ estremità sud-west delle 


Mangaredde. 
Fig. 15. (1:50,000) 


M.Arenazìo Margaredde z M.milego 


d gr ___SC 
LEZZ3 er  IZZI5 
EE“ xWWNhSo 5 CILIÀ I > > 
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b. Calcari con selce (parte inferiore del piano carnico). — c. Scisti silicei (parte superiore del piano carnico). — 
a. Dolomia con Avicula ercilis (piano juvavico). — e. Calcari grigi e neri bituminosi, probabilmente liasici. — 


Nel secondo dei due complessi accennati, del quale fanno parte le formazioni 
triasiche e i calcari liasici, quantunque molto rotto e frastagliato, si può anche ricono- 
scere la disposizione a cupola. Infatti i calcari con selce e gli scisti, che nel monte Vro- 
schilli spuntano inclinando a nord, si prolungano poi, interrotti da un leggiero spo- 
stamento al Voriello, nel Timpone Rosso, dove inclinano ad est, e finiscono col costi- 
tuire la parte bassa del monte Jatile, scomparendo a sud sotto i calcari liasici del 
monte suddetto. 


Fig. 16. (1:50;000) 


Veoschilli Timp. Rosso M.Jatile 


S.S.E. 


b. Calcari con selce (parte inferiore del piano carico). — c. Scisti silicei (parte superiore del piano carnico). — 
d. Dolomia con Avicula ezilis (piano juvavico). — e. Calcari grigi e neri bituminosi, probabilmente liasici. — 


Questa cupola variamente accidentata è divisa in due dal fiume Noce, che qui, 
come si è già notato, scorre lungo una linea di frattura, in modo che la parte occiden- 
tale di questo complesso di terreni è spostata in basso relativamente alla orientale, 
come può vedersi dalla sezione seguente. 


Fig. 17. (1:50,000) 


MNizxu fo MJatile 


b. Calcari con selce (parte inferiore del piano carnico). — c. Scisti silicei (parte superiore del piano carnico). — 
d. Dolomia con Avicula exilis (piano juvavico). — e. Calcari grigi e neri bituminosi, probabilmente liasici. — 
f. Argille scagliose e scisti argillosi. 


Dee 


Le scogliere di calcare dolomitico hanno il maggiore sviluppo visibile nella valle 
del Chiotto. Riporto qui di esse tre sezioni, di cui la prima passa per il Bramafarina e 
il Gurmara, 


Fig. 18. (1 : 50,000) 


firino' 


M.Gurmara 


Chiotto 


a. Calcare dolomitico a scogliera (Z. del Trachyceras Aon). —b. Calcare con selce (parte inferiore del piano car- 
nico). — c. Scisti silicei (parte superiore del piano carnico). — f. Argille scagliose e scisti argillosi. 


la seconda per il Gurmara e la parte più alta della valle, 


Fig. 19. (1: 50,000) 


M.Gurmara 


Chiotto 


W.S.W. E.N.E. 


a. Ca'care dolomitico a scogliera (Z. del Trackyceras Aon). — b. Calcari con selce (parte inferiore del piano car- 
nico). — c. Scisti silicei (parte superiore del piano carnico). — f. Argille scagliose e scisti argillosi. 


e la terza comprende il Gurmara e l’ Alzo di Castello. 


Fig. 20. (1 : 50,000) 


Alzo 
M.Gurmara del Castella 


5I NE. 


a. Calcare dolomitico a scogliera (Z. del Trachyceras Aon). — b. Calcari con selce (parte inferiore del piano car- 
nico). — c. Scisti silicei (parte superiore del piano carnico). — f. Argille scagliose e scisti argillosii 


Un altro gruppo molto importante per la diffusione dei calcari dolomitici è la re- 
gione del Roccazzo, a cui si annettono i due picchi calcarei del Monticello. Gli scisti 
silicei e i calcari con selce di questa regione indicano anch'essi una disposizione cu- 


RA 
polare, molto incompleta però, perchè manca tutto il lato occidendale e in mezzo esi- 
ste un profondo burrone inciso dal fiume Bitonto. fol 


Fig. 21. (1 : 50,000) 


Bitonto Roecarzo 


E. 


a. Calcare dolomitico a scogliera (Z. del Trach& ceras Aon). — b. Calcari con selce (parte inferiore del piano car- 
nico). — c. Scisti silicei (parte superiore del piano carnico). — f. Argille scagliose e scisti argillosi. 


Andando lungo la via carrozzabile Lagonegro-Rivello, si incontra prima la scoglie- 
ra calcarea del Monticello, poi un lembo di terreno argilloso che ne involge le basi, 
quindi compariscono i calcari bituminosi liasici, seguiti immediatamente dagli scisti si- 
licei e dai calcari con noduli di selce, che più sotto urtano contro uno scoglio di cal- 
care dolomitico coralligeno. 


Fig. 22. (1:50,000) 


Monticello Bitonto 


a. Calcare dolomitico a scogliera (Z. del Trachyceras Aon). — b. Calcari con selce (parte inferiore del piano car- 
nico). — e. Scisti silicei (parte superiore del piano carnico). — e. Calcari neri liasici. — f. Argille scagliose e 
scisti argillosi. 


Precisamente in questo punto al disopra dei calcari sì stendono gli scisti silicei 
nel modo caratteristico già descritto (v. pag. 32), che si può anche rilevare dallo schizzo 


che riporto qui appresso. 


Sezione attraverso il calcare dolomitico a scogliera e gli scisti silicei soprastanti. Sulla via che va da Lagonegro 
a Rivello. 
| 


17 


Nei luoghi da me percorsi non compare più il calcare a scogliera se non che nello 


ci E) — 


stretto cordone che va dalla Rupe del castello di Lagonegro fino al monte Arenazzo. 
Riporto una sezione della prima 


Fig. 24. (1: 50,000) 


M.Nizzullo Timpone 
R 


95$0 


a. Calcare dolomtico a scogliera (Z. del Trackyceras Aon). — bd. Calcari con selce (parte inferiore del piano car- 
nico). —c. Scisti silicei (parte superiore del piano carnico). — d. Dolomia con Avicula exitis (piano juvavi- 
co). — e. Calcari grigi e neri bituminosi, probabilmente liasici. — f. Argille scagliose e scisti argillosi. 


e un’altra del secondo, nella quale oltre ai terreni triasici compaiono anche quelli 
del lias. 


Fig. 25. (1: 50,000) 


osta M.A Zz20 
all Fei ento di 


RIZZI N. 


a. Calcare dolomitico a scogliera (Z. del Trackyceras Aon). —b. Calcari con selce (parte inferiore del piano car- 
nico). — c. Scisti silicei (parte superiore del piano carnico). — d. Dolomia con Avicula exilis (piano juvavi- 
co).—e. Calcari grigi e neri bituminosi, probabilmente liasici. — f. Argille scagliose e scisti argillosi. 


Quest’ ultimo profilo delle formazioni dei dintorni di Lagonegro mostra una grande 
simiglianza con un altro, pigliato dal Diener nelle Alpi Giulie, e che io riporto qui per 
mostrare l’identità di posizione dei terreni sedimentari rispetto alle scogliere coralline’). 


Fig. 26. (1 : 50,000) 


Eibel-Kopf f Imfspibze n 


f'. Wengener Dolomit. — g. Cassianer Schichten. — g'. Cassianer Dolomit, — &. Raibler Schichten. — è. Dach- 
steinkalk. 


1) C. Diener, Ein Beitrag zur Geologie des Centralstockes der julischen Alpen (Jahr. g. R. 
‘Anstalt, p. 653) Wien 1884. 


AB 

Riassumendo quanto si è detto fin qui, si possono trarre alcune conclusioni di 
indole meno particolare , quantunque lo stretto campo a cui si sono limitate le mie ri-. 
cerche non permetta di andar troppo lungi, con una certa sicurezza, sulla via delle ge- 
neralizzazioni. Dalle descrizioni esposte si rileva in modo evidente che tutte le monta- 
gne dei dintorni di Lagonegro sono formate da strati calcarei o silicei piegati in cupo- 
le più o meno precise. Il fondo dei bacini sinclinali, compresi fra queste montagne, è 
occupato dalle argille scagliose e dagli scisti argillosi, in mezzo a cui spuntano le par- 
ti più alte delle scogliere dolomitiche. 

Parecchie diecine di anni indietro si sarebbero viste in queste splendide costruzio- 
ni cupolari le prove più adatte a confermare l’ipotesi del sollevamento delle montagne 
per forze radiali; ma, dopo i lavori di Favre, Dana, Baltzer e Mojsisovics, e 
più di tutti di Suess e di Heim, bisogna invece supporre delle forze orizzontali, svi- 
luppatesi durante l’ abbassamento graduale della scorza terrestre sul nucleo centrale in 
via di raffreddamento. 

Questo tratto meridionale dell’ Appennino è una conferma delle idee esposte nel 
1875 dal Suess sulla unilateralità delle catene montagnose in generale e della catena 
apeuninica in particolare '). Considerando infatti il gruppo del Sirino come l’asse cen- 
irale dell’Apennino in questa regione, si vede subito che esso dista appena 15 km. dal 
mar Tirreno e circa una settantina dalle spiaggie del Jonio. Inoltre, mentre nei 15 km. 
appartenenti al versante tirreno si addensano, si piegano e si rompono in vario modo 
terreni prevalentemente triasici, liasici, giuresi e cretacei, nell’esteso versante orientale 
invece predominano le formazioni terziarie, specialmente plioceniche, che si perdono a 
poco a poco nei piani quaternari. Dunque, considerate in sè, queste montagne offrono 
quella perfetta dissimmetria, che spinse il Suess a considerare |’ Apennino come la li- 
nea di congiunzione fra l’arco settentrionale alpino e quello meridionale costituito dalle 
montagne della Sicilia e dell’ Africa settentrionale *), 

Vero è che la presenza nella Calabria di rocce cristalline antiche strettamente af- 
fini a quelle della Corsica, posta in correlazione con i terreni secondari e terziari di Ba- 
silicata e Sicilia, potrebbe accennare a una normale continuazione della catena alpina 
con simmetria bilaterale, al pari di quella notata dal Bittner nelle Alpi orientali *); ma 
questa vaga ipotesi non può contestare per ora l’unilateralità perfetta di questo tratto 
dell’Apennino. Come origine poi delle forze prementi orizzontali in questa regione cre- 
do che si possa considerare l’area di abbassamento, descritta da Suess, il cui cen- 
tro è dato dal gruppo vulcanico delle isole Lipari ‘); non credo però che la linea ra- 
diale di frattura Lagonegro-Marsico-Vulture passi precisamente per Lagonegro. Nei 
dintorni di questo paese non esistono spostamenti notevoli, e per questa ragione, 
e grazie anche alla struttura cupolare dei monti che lo circondano, il paese stesso ha 
poco sofferto nelle scosse di terremoto, anche in quella molto forte del 1857. Mi pare 
invece di scorgere una regione di forti spostamenti e di fratture notevoli nell’alta valle 
del fiume Sinni, in cui la comparsa e la estensione di gabbri e di diabasi, di serpenti- 


') E. Suess, Die Entstehung der Alpen, Wien 1875. 

?) E. Suess, Das Antlitz der Erde, Bd. I, Wien 1883. 

°) A. Bittner, Bemerk. z. einigen Abschnitten des Antl. d. Erde von E. Suess (Verhandl. 
d. Wien, g. R. Anstalt, 1885). 

*) E. Suess, Die Erdabeben des sùdlichen Italien (Denkschr. d. Ak. Wien. d. Wiss., 1875). 


Li 
ne e di calcari cristallini, nonchè la recente scoperta di vere anfiboliti, sembra accen- 
nare a tali disturbi architettonici '). A tal riguardo del resto la costituzione di questa 
regione dev'essere abbastanza complicata, come fu già notato dal Deecke per le con- 
‘trade che si stendono intorno al Vallo di Diano *). 

Ritornando ora alla costituzione cupolare caratteristica delle montagne di Lagone- 
gro, credo che la sua origine sì debba riportare alla intrusione delle potenti scogliere 
coralline fra le formazioni sedimentari, perchè, quando, a causa dell’abbassamento di 
vaste aree, s’incominciarono a sentire le prime spinte tangenziali, i terreni stratificati 
trovarono in basso e nelle costruzioni coralline un ostacolo sensibile allo sviluppo di 
pieghe molto estese e complicate. Le scogliere calcaree, comportandosi come rocce 
massicce, subirono il caratteristico clivaggio a facce verticali, e, comprimendo i terreni 
sedimentari chiusi fra di esse, li obligarono a piegarsi verso 1’ alto, facendo loro descri- 
vere la maestose superficie paraboloidali, di cui ancor oggi ci rimangono le vestigia °). 


CONCLUSIONE 


Le osservazioni, le idee e le ipotesi esposte in questo lavoro possono riassumersi 
nelle seguenti proposizioni: 

1. I terreni dei dintorni di Lagonegro (meno quelli argillosi più giovani e altri 
liasici e cretacei che non entrano nei limiti del mio studio) appartengono al Trias su- 
periore con sviluppo alpino pelagico, e precisamente al piano carnico e al piano ju- 
vavico di Mojsisovics. 

2.Il più antico di questi terreni è certamente rappresentato dal calcare dolo- 
mitico a scogliera. La parte superiore, visibile, di esso spetta alla zona del Trachyce- 
ras Aon. 

3. Appartiene probabilmente a questa stessa zona la parte inferiore dei calcari 
del Sirino, la quale non ha intercalazione di scisti argillosi o silicei, ha pochi noduli 
di selce e fino ad ora si è mostrata priva di fossili. 

4. Gli strati superiori degli stessi calcari, con liste e noduli di selce e scisti ar- 
gillosi e silicei intercalati, contenenti numerose Halobie, devono riferirsi alla zona del 
Trachyceras Aonoides. 

5. Gli scisti silicei varicolori, superiori ai calcari selciferi e ricchi di avanzi di 
radiolarie, sono equivalenti della parte inferiore della Hauptdolomit alpina. Essi forse 
dal piano carnico si estendono fin nel piano juvavico. 


!) C. Viola, La regione d. gabbri e d. serpentine nell’ alta valle del f. Sinni in Basilicata 
(Boll. Com. geol. 1892). — Id., Sopra un terreno cristallino în Basilicata (com. preliminare ), 
(id. id.). 

2) W. Deecke, Zur Geologie von Unteritalien (Neues Jahrbuch fiir Miner. Geol. und Pa- 
liontologie, Jahrgang 1892, Bd. II, p. 108). 

3) L’ing. B. Lotti, descrivendo la forma ellissoidale dei monti della Catena Metallifera, la 
crede originata dal diverso modo di comportarsi di rocce relativamente plastiche e di rocce rigide 
di fronte a movimenti orogenici posteriori (Considerazioni sintetiche sulla orografia e sulla geolo- 
gia della Catena metallifera, Boll. Com. geol., 1892). Per la struttura cupolare dei monti triasici di 
Lagonegro esiste lo stesso principio causale, ma la posizione delle masse calcaree rispetto agli el- 


lissoidi è precisamente inversa. 


e 

6. La parte superiore del piano juvavico è rappresentata dalla dolomia farinosa 
con Avicula exilis, corrispondente agli orizzonti più alti della Hauptdolomit alpina. 

7.I depositi triasici della regione siculo-lucana, contenendo tipi juvavici, si so- 
no formati in quello stesso grande oceano, in cui ebbero origine i terreni caratterizzati 
dallo sviluppo di Hallstatt. 

8.1 calcari dolomitici di Lagonegro, al pari dei Dolomit-Riffe delle Alpi orien- 
tali, sono delle scogliere coralline. 

o. Le forze prementi tangenziali, coadiuvate dalla intrusione di scogliere coral- 
line fra i terreni sedimentari, hanno prodotto la caratteristica costruzione cupolare di 
quelle montagne. 


Napoli, Museo geologico dell’ Università, 10 Dicembre 1892. 


INDICE 

INTRODUZIONE. 2. sic lcatitì Afilliale è sa nia ie SE 

I, Calcare dolomitico ia scogliera, -. ...- Gin. sat 
II. Calcare con liste e noduli di selce. » di 
III. Scisti silicei. » 16 
IV. Dolomia bianca farinosa i » 20 
V. Cronologia, e. .corologia dei, sedimenti... .. > si iti Sari MOT 
VI. Tettonica delle formazioni. » 38 
CONCLUSIONE . » 47 


finita di stampare il dì 4 Febbrajo 1898 
i e e Dc 


Vol. V, Serie 2° N° 9. 


ATTI DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


FOSSILI NELLA DOLOMIA TRIASICA DEI DINTORNI DI MERCATO S. SEVERINO 
IN PROVINCIA DI SALERNO 


MEMORIA 


del Socio Ordinario FRANCESCO BASSANI 


presentata nel dì 17 Dicembre 1892 


Nell’ adunanza generale che la Società geologica italiana tenne l’ r1 Ottobre 1891 
a Palermo, dissi che, in base al criterio palittiologico, gli schisti bituminosi di Monte 
Pettine presso Giffoni Vallepiana in provincia di Salerno, ascritti dianzi al lias od al cre- 
taceo, dovevano essere assegnati al trias superiore '). Ed avvalorai questa opinione co- 
municando il giudizio conforme dell’amico e collega dottor Giovanni di Stefano, 
il quale, soddisfacendo cortesemente la mia preghiera, avea preso in esame varii mollu- 
schi provenienti da quella località e conservati in questo Gabinetto geologico. 

Alcuni mesi più tardi, per dimostrare il mio asserto, pubblicai la revisione dei fos- 
sili trovati in quegli schisti ed illustrati tra il ?48 ed il 66 da Oronzio Gabriele Co- 
sta, provai l’identità dell’ittiofauna con quelle di Seefeld in Tirolo e di Lumezzane in 
Valtrompia e conclusi riferendo gli schisti in discorso ed il calcare dolomitico che li 
racchiude alla Dolomia principale *). 

Poco dopo, nella riunione tenuta a Vicenza il 10 Settembre ’92 dalla Società geo- 
logica italiana, il dottor Di Stefano espose il risultato delle sue osservazioni sui fos- 
sili raccolti nel mese precedente dagl’ ingegneri Baldacci e Viola nel Salernitano, 
citò le specie rinvenute e, a nome anche dei predetti geologi, dimostrò la presenza della 


!) Boll. d. Soc. geolog. italiana, vol. X, pag. 1005. 

2) Fr, Bassani, Su fossili e sull'età degli schisti bituminosi di M. Pettine presso Giffoni 
Vallepiana in provincia di Salerno (Mem. Soc. it. delle scienze, detta dei XL, tom. IX, ser. III). 
Napoli, 1892. 


ATTI — Vol. V.— Serie 2" — N° 9. 1 


I A 


Hauptdolomit nei monti da Vietri e Salerno a S. Cipriano Picentino, Giffoni sei Casali, 
Giffoni Vallepiana, M. Lieggio, M. dei Mai, Solofra, Montoro e Cava dei Tirreni ‘). 

]l presente lavoro, che cita e figura i molluschi fossili dei dintorni di Mercato S. 
Severino, porge un nuovo contributo, per quanto modesto, alla conoscenza della Dolo- 
mia principale salernitana. Le specie sono, è vero, in numero scarso, e gli esemplari 
raramente perfetti e talvolta allo stato di modelli o di nuclei; tuttavia, trattandosi di 
una formazione tanto importante e così poco conosciuta nell’Italia meridionale , ogni 
notizia ha valore. 

Mercato S. Severino, a circa dodici chilometri a Nord di Salerno, è situato al punto 
di confluenza di varie depressioni, di cui le più importanti sono la valle di Montoro , 
quella dell’Irno e l’altra di Castel S. Giorgio. Il fondo di queste valli è ricoperto dal 
tufo sanidinico ricco di pomici e di fluoruri, così noto dopo le dotte ricerche del prof. 
Arcangelo Scacchi ?). A Nord di Mercato S. Severino, dal piano di questo giaci- 
mento di materiale eruttivo, s' innalza un complesso montuoso, che fa da sperone o con- 
trafforte alla grande massa settentrionale del monte Salto (958 m.). Questo complesso 
montuoso, la cui cima maggiore (407 m.) è rappresentata dal picco S. Croce, scende 
con ripidi fianchi sulle sottoposte vallate, lasciando scoperto da tutti i lati, meno che a 
Nord, le testate degli strali, e riuscendo quindi rigorosamente limitato ad Est, a Sud e 
ad Ovest. Tale modo di presentarsi fa subito pensare alla presenza di alcune delle nu- 
merose linee di frattura, che rendono così accidentata quella regione montuosa e di 
cui il prof. Dee cke indicò già le principali *). Nella carta del Deecke, infatti, tre linee 
di spostamento limitano lo sperone montuoso di Mercato S. Severino: )’ una rappresen- 
tata dalla valle Montoro-Mercato, la seconda da quella di Mercato-Castel S. Giorgio e 
la terza dalla depressione, diretta N.0.-S.E., il cui Thalweg è percorso dal rio Lavinaro. 
Quest’ ultima linea di frattura è resa in particolar modo visibile dal fatto che , mentre 
nelle cave di Costa, ad Ovest del rio Lavinaro, sorgono immediatamente dal tufo i cal- 
cari grigi e compatti dell’infracretaceo, fra S. Vincenzo e Mercato invece, allo stesso li- 
vello s'incontra subito la Dolomia principale. 

La roccia costituente di questo terreno è un calcare dolomitico chiaro, a struttura 
cristallino-saccaroide, che a volte passa a quella granulosa e compatta, mostrandosi in 
questo caso di colore più scuro e leggermente bituminoso: petrograficamente, è iden- 
tico a tutti i calcari dolomitici sineronici dell’Italia meridionale e sul terreno presenta 
lo stesso notissimo aspetto caratteristico della Zauptdolomit alpina. Il calcare dolomi- 
tico o — adottando il senso largo, generalmente adoperato, della parola — la dolomia 
di Mercato S. Severino non è che un piccolo lembo dell’estesa formazione dolomitica 
che forma l’ossatura dei monti Picentini, si prolunga verso Sud con i monti del Vallo 
di Diano , in cui l’ing. Viola trovò avanzi di Avicula ezilis, e va poi a fondersi negli 
splendidi depositi triasici che costituiscono i monti dei gruppi del Sirino e del Pollino. 

A Mercato questo terreno sorge, come ho già detto, immediatamente dal tufo e, 


'‘) G. Di Stefano, Sull’estensione del trias superiore nella provincia di Salerno. Questa 
Nota farà parte del prossimo Bollettino della Società geologica italiana. 

?) A. Scacchi, La regione vulcanica fluorifera della Campania (I ediz. in Atti Ace. sc. fis. 
e mat. Napoli, ser. II, vol. II, 1885. — II ediz. in Mem. Com. geol. d’ Italia, vol. IV, 1890). 

3) W. Deecke, Veber den Sarno in Unteritalien (V Jahresbericht der geographischen Ge-. 
sellschaft zu Greifswald, 1892). 


Dee: Ge 
formando la base del contrafforte montuoso che sta alle spalle del paese, si eleva fino 
a un centinaio di metri sul livello della vallata. La stratificazione, cancellata in alcuni 
punti dal processo di dolomitizzazione, è invece molto netta in altri, come al vicino 
villaggio di Pàndola, dove si vedono gli strati dolomitici, molto sottili, fortemente in- 
clinati a Nord. Salendo da Mercato S. Severino alla sommità del così detto Palco, a una 
certa altezza (200 m. sul mare e roo sulla pianura) e precisamente sotto il primo tor- 
rione del Castello, superiormente alla dolomia s’incontrano dei calcari grigi o scuri, 
compatti, notevolmente bituminosi, con vene di calcite spatica, in istrati piuttosto po- 
tenti. Questi calcari, che continuano fino alla cima del Palco e del picco S. Croce, sono 
molto simili a quelli di Castellammare, contengono, al pari di questi, rare forme di rudi- 
ste affinissime a Sphaerulites Blumenbachi Studer sp. dell’urgoniano, ed hanno una 
stratificazione pressochè orizzontale, in modo da poggiare discordantemente sulla do- 
lomia. Sono gli stessi calcari infracretacei , scarsi di fossili, che occupano la parte più 
elevata dei monti Picentini e che si ripetono in molti punti dell’ Apennino meridionale. 

Fra le quattordici specie comprese in questa Nota, le più comuni sono |’ Avicula 
exilis Stopp. e la Guidonia Songavatii id. sp. (Turbo solitarius Ben.), eminentemente 
caratteristiche della Hauptdolomit. Ve n°ha peraltro alcune che dimostrano le strette 
relazioni di questa formazione col raibliano e col S. Cassiano: valgano ad esempio 
Fimbria Mellingi, abbastanza comune, Mytilus Munsteri, Cardita cfr. crenata ecc. Que- 
sto fatto del resto, non nuovo ') nè strano, fu rilevato anche dal dott. Di Stefano, 
quando esaminò i molluschi di Giffoni, dei quali ho detto pocanzi, e, meglio ancora 
(com’egli ebbe la gentilezza di scrivermi), quando, due anni or sono, studiò i fossili 
raccolti nella Huuptdolomit della Calabria citeriore, che formano l’argomento di una 
sua pubblicazione in corso di stampa °). 

Di questi fossili e degli altri compresi nella comunicazione fatta a Vicenza, l’ egre- 
gio collega mi ha cortesemente fornito l’elenco, del quale mi sono giovato per citare 
nel presente lavoro le varie località in cui le specie sono state trovate. Vi ho aggiunto 
anche quelle della Basilicata, tratte dall’ importantissima Memoria del mio amico ed 
allievo signor Giuseppe de Lorenzo sul trias dei dintorni di Lagonegro, che sta per 
vedere la luce °). 


1) E. v. Mojsisovics, Die Dolomit- Riffe von Sid-Tirol und Venetien, Wien 1879, pag. 69, 

2?) Com'è noto, questa Hauptdolomit calabrese fu riconosciuta nel 1880 dal prof. Lovisato, 
il quale raccolse esemplari di Gyroporella triasina Schaur. sp. nei calcari che occupano la ve- 
sta zona da Scalea per Campo Tenese a Mormanno e di Guidonia Songavatii Sto pp. sp. (Tur- 
bo solitarius Ben.) alla marina di Praia al confine N. O. della provincia di Cosenza (M. Cana- 
vari, Sulla presenza del Trias nell’ Appennino centrale. Transunti Acc. Lincei, vol. IV, 1880, pag. 
37.—D. Lovisato, Cenni critici sulla preistoria calabrese. Mem, Ace. Lincei, ser. III, vol. IX, 
1881, pag. 404). Ora, il dott. Di Stefano ha riscontrato quindici specie nella Hauptdolomit di 
quella interessante regione , oltre ad altre negli strati retici che vi sono sovrapposti. Il lavoro di 
lui — Osservazioni sul trias superiore della Calabria citeriore — comparirà fra breve nel Bollettino 
del Comitato geologico. 

3) G. de Lorenzo, Sul trias dei dintorni di Lagonegro (Atti Acc. se. fis. e mat. di Napoli, 
vol. V, ser. II). 


CS 


GASTEROPODI 


GenerE GUIDONIA De Stefani 
1. Guidonia Songavatii Stoppani sp. 


Fig. 1. a, d. 


1860-65 — TuRBO SONGAVATII Stoppani, Fossiles du trias sup. ou de la dolomie à Megalo- 
don Giimbeli, in Geol. et pal. des couches à Avicula contorta 
(Paléont. lomb., 3° série, pag. 255, tav. 59, fig. 7). 

1860-65 — DeLPHINULA ESscHERI Stoppani, Loc. cit., pag. 256, tav. 59, fig. 12-14. 

1864 —TrocHus conraBuLaTus 0. G. Costa, Note geol. e pal. sui monti Picentini nel Prin- 
cipato citeriore (Atti Ist. incor. Napoli, 2° serie, tom. I, pag. 
232, tav. 5, fig. 4). 


1866 =— Turso soLITARIUS Benecke, Ueber Trias u. Jura în den Stidalpen (Geogn.-pa- 
liont. Beitrige, vol. I, pag. 155, tav. 2, fig. 4 e 5). 

1875  — TurBo SoLITARIUS Loretz, EFinige Petref. d. alpinen Trias aus den Sùdalpen 
(Zeitschr, d. deutsch. geol. Gesellsch., vol. XXVII, pag. 833). 

1878 — Turso soLITARIUS Lepsius, Das westliche Sùd-Tirol, pag. 94. 

1880 = — GuIDONIA SONGAVATII De Stefani, Rend. Ist. lomb., pag. 496.— Proc. verb. Soc. 
tosc. sc. nat., pag. 83. 

1889 = — GuIpoNIA SONGAVATI De Stefani, Le pieghe delle Alpi Apuane (Ist. st. sup. prat. 
e di perf. in Firenze. Sez. sc. fis. e nat.), pag. 19-20, con fig. 
nel testo. 

1892  — Turso soLITARIUS Bassani, Rend. Acc. sc. fis. e mat. Napoli, pag. 178. 


Come è noto, questa importantissima specie venne originariamente illustrata, con 
buone descrizioni e figure, del compianto Stoppani sotto il nome di Turbo Songava- 
tiî. Poco dopo, il prof. Benecke diede il nome di Turbo solitarius ad alcuni esemplari 
rinvenuti nella dolomia di Storo e di Sella e corrispondenti a quelli dianzi pubblicati 
dal geologo lombardo. A ragione, dunque, il prof. De Stefani scrisse che, per le leggi 
di priorità, il nome specifico stabilito dallo Stoppani dev'essere anteposto all’ altro. 
Quanto al genere, già messo in dubbio dall’ Ammon, dal Lepsius e da altri, il De 
Stefani osservò giustamente che la specie in discorso « ha conchiglia quasi rettango- 
lare, a base molto convessa , a giri rettangolari, scalariformi, con apertura rotonda, 
senza opercolo solido » , e che per questi caratteri essa non può certamente appartenere 
al gen. Turbo, di cui è tipo il vivente 7. rugosus Linneo. Nè può riferirsi ai gen. 7ro- 
chus e Delphinula, coi quali ha rapporti; ond’egli, nel 1880, propose il nome Guidonia, 
in memoria del naturalista ligure Girolamo Guidoni. 

Questa specie, eminentemente caratteristica della Dofomia principale, è rappresen- 
tata da parecchi nuclei raccolti nei dintorni di Mercato S. Severino, uno dei quali è ri- 
prodotto alla fig. 1 a, db. 

Essa venne citata anche in altri punti del Salernitano: a Giffoni Vallepiana da 0. 
G. Costa, che, riferendola al gen. Trochus, ne rilevò la stretta affinità con Nerztopsis (2) 
Oldae Stop p., e tra Pellezzano e Cava dei Tirreni dal dottor Di Stefano. 


== 


Fu pur trovata nel trias superiore della Calabria citeriore dal prof. Lovisato 


(Praia) e dal dottor Di Stefano, che ne raccolse esemplari a Mormanno, ad Aieta ed 
a Praia di Aieta. 


GenERE TURBO Linneo 
2. Turbo sp. 


Fig.2.a, db. 


Credo di non ingannarmi riferendo al gen. Turbo il nucleo imperfetto riprodotto 
alla fig. 2. Presenta quattro anfratti , convessi , sull'ultimo dei quali, molto sviluppato , 
corre una fasciolina parallela alla sutura , così come si vede , per esempio , nel Turbo 
fasciolatus Munster ‘) e nella piccola fig. 2, tav. 28 della Pleurotomaria Calypso Lau- 
be ?). La spira è breve. L’esemplare figurato misura l’altezza di dodici millimetri e la 
larghezza dell’ultimo anfratto di quindici. Altri due nuclei, appartenenti alla medesima 
specie, hanno dimensioni molto minori (alt. mm. 3; largh. dell’ ultimo anfratto mm. 5). 

Somiglia al nucleo di 7urbo sp., proveniente dalla dolomia di Storo e rappresen- 
tato dallo Stoppani alla fig. 2, tav. 59 della Paléontologie lombarde (3° série). In que- 
sto esemplare, peraltro, non apparisce la fasciolina sull’ultimo anfratto. 


GenerE NERITOPSIS Grateloup 
3. Neritopsis Costai Bassani 


Fig.3.a,b,c. 


1864 — PyRULA CLATHRATA 0. G. Costa, Atti Ist. incor. Napoli, ser. 2°, tom. I, pag. 231, tav. 
5, fig. 1. 
1892 — NerITOPsIs aff. WaagENI Di Stefano, in Bassani, Sui foss. e sull'età degli schisti bi- 


tum. di M. Pettine (Mem. Soc. it. d. sc., detta dei XL, tom. IX, 
ser. 3°), pag. 20. 
1892 — NERITOPSIS sp. Bassani, Rend. Ace. sc. fis. e mat. Napoli, pag. 178. 


L’ esemplare riprodotto alla fig. 3 presenta tre anfratti, l’ultimo dei quali, a para- 
gone dei due primi, è, come si osserva sempre negli esemplari di questo genere , svi- 
lup patissimo e molto rigonfio. La spira è assai breve; le suture, distinte. La superficie 
è percorsa da grossi cercini trasversali, in numero non minore di diciannove. Nell’ulti- 
mo anfraito essi, distanti un millimetro e mezzo l’uno dall’altro , sono intrecciati con 
otto coste longitudinali, meno robuste , le quali tagliano i cercini ad angolo quasi retto 
e nel punto d’incrocio con questi determinano delle nodosità, non molto pronunziate. 


Le otto coste sì alternano con altrettante costicine più sottili, che non dànno luogo a 
nodi (v. fig. 3C). 


1) In Laube, Fauna v. St. Cassian. Gastropoden, II Halfte, tav. 31, fig. 10. 
2) Laube, Op. cit. Gastropoden, I Hiilfte. 


- alla Sc 

L’ altezza dell’ esemplare figurato è di mm. 5,5; la larghezza dell’ ultimo anfratto 
misura mm, 7. 

Ritengo che questa forma debba essere tenuta separata da quelle note fin qui. Le 
specie con le quali offre maggiore affinità sono N. Waageni Laube ‘'), N. ornata Miin - 
ster ?), N. pauciornata Wòhrmann ?*) e, sopratutto, N. decussata Minster sp. ‘). Alle 
due prime non può venire associata per i caratteri dell’ornamentazione e per il numero 
degli anfratti. Nè corrisponde alla terza, di cui manca veramente una buona figura, per- 
chè non presenta «le piccole e numerose coste longitudinali , intersecate da fitte strie 
di accrescimento ». Quanto alla decussata, alla quale somiglia molto per la forma com- 
plessiva , per il rapporto fra le dimensioni dell’ ultimo e del penultimo anfratto ed an- 
che, a giudicare dalla figura, per 1’ ornamentazione, il Laube dice che gli anfratti sono 
in numero di quattro e che fra ogni coppia di strie longitudinali più forti ve n’ ha due 
più deboli. Nel nostro esemplare, invece ve n’ha una soltanto (v. fig. 3 c). 

Questa forma dovrebbe chiamarsi col nome di Nerztopsis clathrata Costa sp. Ma, 
esistendo già, com’è noto , un’altra Ner. clathrata , la iscrivo col nome di Ner. Costaî 
Bassani. 

Un altro esemplare della medesima specie, che 0. G. Costa pubblicò col nome di 
Pyrula clathrata e che il dottor Di Stefano riconobbe affine a Ner. Waageni, ma però 
distinto da questa forma, proviene dalla dolomia del Cerasuolo, presso Giffoni Vallepiana. 


GenERE CHEMNITZIA d’Orbigny 


4. Chemnitzia sp. ind. 


È un frammento incastrato nella roccia, in cui è associato a Cardita cfr. crenata. 
Conserva tre soli anfratti, tondeggianti e lisci, a suture profonde, i quali hanno l’al- 
tezza complessiva di quattro millimetri e lo spessore di due. Naturalmente, questa pic- 
cola forma, troppo incompleta, non permette alcun ravvicinamento specifico. 


)) Laube, in Denkschr. d. Wien. Al. d. Wiss., vol. XXX, part. II, pag. 16, tav. 31, fig. 1. 

2) Miinster, Beitr. 2. Petref., IV, pag. 101, tav. 10, fig. 14.— Laube, Loc. cit. pag. 17, tav. 
31, fig. 2. 

*) Jahrb. d. Wien. geol. Reichsanstalt, vol. XXXIX, pag. 229, tav. 9, fig. 18. 

4) Miinster, Loc. cit., pag. 102, tav. 10, fig. 21-22.—Laube, Loc. cit., pag. 17, tav. 31, 
fig. 4. 


es = 


PELECIPODI 
GenerE AVICULA Klein 


5. Avicula (Gervillia) exilis Stoppani 


Fig. 4-7. 
1857 = — AVICULA EXILIS Stoppani, Studî geol. e pal. sulla Lombardia, pag. 393. 
1858 — AVICULA EXILIS Stoppani, Monogr. des acéphales appart. au dépòt des petrif. 
d’ Esino (Paléont. lomb., 1° série, pag. 92, tav. 19, fig. 1-4). 
1860-65 — AVICULA EXILIS Stoppani, Palégont. lomb., 3° série, pag. 259, tav. 60, fig. 9-14. 
1864 —— AVICULA POLYMORPHA 0. G. Costa, Atti Ist. incor. Napoli, 2° serie, tom. I, pag. 240- 
243 e 252-253, tav. 5, fig. 14, 24 e 25. 
1873 > — AVICULA EXILIS Stoppani, Corso di geologia, vol. II, pag. 394, fig. 90. 
1876 = — AVICULA EXILIS Benecke, Ueder die Umgeb. v. Esino (Geogn.-pal. Beitrige, 
vol. II, pag. 311, tav. 24, fig. 12, 13). 
1892 = — AVICULA EXILIS De Lorenzo, Sul trias dei dintorni di Lagonegro (Atti Acc. 


sc. fis. e mat. Napoli, vol. V, serie II), pag. 21, fig. 8. 


Come già notarono Stoppani ed il signor de Lorenzo per la dolomia della Val- 
irompia e di Lagonegro, anche quella del Salernitano contiene gusci e- modelli nume- 
rosi di questa specie, la quale, pur offrendo le notevoli variazioni accennate dallo Sto p- 
pani, è sempre facilmente riconoscibile per il complesso dei suoi caratteri. 

La superficie delle valve è fornita di pieghe concentriche grossolane , distanti fra 
loro ed intercalate da sottilissime linee di accrescimento. 

Negl’ individui minori Ja massima altezza misura quindici millimetri e la lunghezza 
dodici; nei più grandi l’altezza raggiunge quarantatre mm. e la lunghezza trenta- 
quattro. 

Gli esemplari riprodotti alle fig. 6 e 7, uno dei quali è parzialmente ricoperto dalla 
roccia, mostrano la valva destra molto più rigonfia dell’altra, ch’ è sensibilmente appiat- 
tita nella regione palleale, ed hanno rispettivamente lo spessore di dodici e di quattor- 
dici millimetri. 

Questa caratteristica specie fu citata in varli altri luoghi della provincia di Salerno: 
al M. Diecimari presso Baronissi, ecc. da 0. G. Costa (Av. polymorpha); alle Creste di 
Salerno, tra Pellezzano e Cava dei Tirreni, al M. Accelica, a Giffoni Vallepiana, al M. 
Lieggio ed al M. dei Mai dal dottor Di Stefano. 

Nella Calabria citeriore, fu riconosciuta dallo stesso Di Stefano a Morano, Mor- 
manno, Aieta, Praia di Aieta e Verbicaro. 

In Basilicata, il signor De Lorenzo la raccolse nella dolomia bianca farinosa del 
M. Foraporta, Mangaredde, Arenazzo e Jatile (dintorni di Lagonegro). 


ida 


6. Avicula sp. n.? 


Fig.8.a, be 9. 


Dimensioni dell’ es. alla fig. 8: alt. mass. mm. 7; lungh. del marg. card. mm. 9,5. 
» » SSA TOR, »_ 65» » » » 8 


Questa forma è rappresentata da due valve destre. L’una, quasi completa (fig. 8), 
è aderente alla roccia; dell’altra (fig. 9) rimane soltanto i’ impronta. 

Essa si scosta dalle specie conosciute per il notevole sviluppo dell’orecchietta po- 
steriore, le quale, acuta ed espansa, occupa un’area superiore a quella del resto della 
valva. L’orecchietta anteriore è, a quanto sembra, brevissima. La valva, separata dal- 
l’orecchietta posteriore per mezzo di un’ insenatura che va dall’apice al margine poste- 
riore, è poco rigonfia e si mostra percorsa da numerose strie di accrescimento, concen- 
triche , irregolari e flessuose. Lungo la metà posteriore del margine cardinale , che è 
rettilineo, corre un solco abbastanza profondo. Il margine anteriore è leggermente ar- 
cuato; l’inferiore ed il posteriore arrotondati. Il guscio è molto sottile. 

Fra le specie affini alla nostra, nessuna presenta uno sviluppo così sproporzionato 
dell’ orecchietta posteriore a paragone del resto della valva, onde ritengo probabile che 
si tratti di una nuova forma. Ma la scarsità degli avanzi non mi consente di proporre 
per essa un nuovo nome specifico, tanto più che gli esemplari in discorso potrebbero 
forse rappresentare uno stadio molto giovanile dell’Avicula exzlis, la quale, infatti, sem- 
bra offrire nella prima età l’orecchietta posteriore relativamente molto espansa. 


GenEeRE PINNA Linneo 
7. Pinna reticularis Benecke 


Fig. 10, 11. a, b e 12? 


1866 — Pinna RETIcuLARIS Benecke, Veber Trias u. Jura în den Sùdalpen (Geogn.-pal. Beitr., 
vol. I, pag. 159, tav. 2, fig. 9 e 10). 


Questa forma, succintamente descritta dal prof. Benecke su esemplari della dolo- 
mia di Storo, è rappresentata da tre e forse da quattro frammenti di valve sinistre. Man- 
cano tutti dell’ estremità apiciale e della porzione frontale. I modelli alle fig. ro ed rr, 
in cui rimane ancora qualche lembo del guscio, assai delicato, offrono |’ impronta di 
numerose pieghe, molto pronunciate ed abbastanza regolari. La valva si presenta note- 
volmente convessa e longiludinalmente piegata ad angolo sulla linea mediana (v. fig. 
11ò). La lente permette di vedere in qualche punto una minuta granulazione, che ac- 
cenna alla reticolazione indicata dal Benecke. Questo carattere peraltro non è ben di- 
stinto negli avanzi salernitani. Ad onta di ciò, ritengo che si tratti della medesima 
specie, alla quale riferisco pure, benchè dubbiosamente, l’avanzo alla fig. 12. 

Non è difficile che ad essa corrisponda anche l’esemplare di P. vetusta, prove- 


MI 
niente dalla dolomia di Colle Pagano presso Giffoni Vallepiana '). Il frammento è però 
così alterato, che non sì può esprimere un giudizio preciso. 
La P. reticularis fa rinvenuta anche nella dolomia di Aieta (Calabria citeriore) dal 
dottor Di Stefano. 


GeneRE MYTILUS Linneo 
8. Mytilus radians Stoppani 


Fig. 13. 


1860-65 — MyrILus RADIANS Stoppani, Foss. du trias sup. ecc. (Paléont. lombarde, 3° série, pag. 
258, tav. 60, fig. 6). 


Credo di non ingannarmi riferendo a questa specie, fondata su esemplari della do- 
lomia a Meg. Gimbeli di Songavazzo, una valva aderente alla roccia, la quale risponde 
alla descrizione ed alla figura della forma lombarda. La superficie, poco e uniforme- 
mente convessa, è percorsa da numerose strie di accrescimento, concentriche e irrego- 
lari, e mostra con l’aiuto della lente alcune pieghe irradianti. 

Il M. radians si distingue dal M. Minsteri, col quale ha una certa affinità, perchè 
la conchiglia di quest’ultima specie è cuneiforme, presenta nel mezzo la maggiore al- 
tezza restringendosi ai lati e non offre le coste raggiate. 


9. Mytilus Cornalbae Stoppani 


Fig. 14. 
1860-65 — MyTILUS cornaLBAE Stoppani, Paléontol. lombarde, 3° série, pag. 259, tav. 60, fig. 7. 


Il modello figurato di valva destra trova riscontro nell’ esemplare riprodotto dallo 
Stoppanie riscontrato nella dolomia di Cornaiba in Val-Serina. Come nel fossile lom- 
bardo, di cui il nostro avanzo, quantunque più piccolo, offre le stesse proporzioni fra la 
lunghezza e l’altezza, il margine anteriore è sinuato ed il posteriore obbliquo. La su- 
perficie, fornita di alcune pieghe concentriche, piuttosto grosse ed alternate con altre 
più sottili e più numerose, presenta l'impronta di quattro coste, che decorrono dall’ a- 
pice al margine inferiore. 


1a 9 
dl 


1) O. G. Costa, Atti Ist. incor. Napoli, 2° ser., tom. I, pag. 238, tav. 5, fig. 22. 
ATTI — Vol. V.— Serie 2" — N°909. 


La°) 


Sa Me 


10. Mytilus Minsteri Klipstein 


Fg: A4d a 0,c: 


1843 — MymiLus MUNSTERI Klips tein, Beitr. 2. Kennin. d. oest. Alpen, p. 257, tav. 7, fig. 12. 

1849 — MyriLus MiNsTERI D’Orbigny, Prodrome de paleont., vol. I, pag. 200, n.° 514, 

1852 — MyTILUS MùNSTERI Giebel, Deutschl. Petref., pag. 375. 

1866 — MyrILUs MùNSTERI Laube, Die Fauna der Schichten von St. Cassian (Denkschr. d. 
Wiener Akad. d. Wiss., vol. XXV, parte II, pag. 44, tav. 16, 
fig. 5). 

1866 — MrtILUS MuNSTERI Dittmar, Zur Fauna der Hallstidter Kalke (Benecke ’s Geogn.- 
pal. Beitr., vol. I, pag. 392, tav. 19, fig. 25 e 26). 

1889 — MyTILUs MiuNsTERI Parona, Fauna raibliana di Lombardia, pag. 107, tav. 9, fig. 1. 

1892 — Myminus cfr. MunstERI Bassani, Rend. Ace. sc. fis. e mat. Napoli, pag. 178. 


Non so trovare alcuna sensibile differenza fra l’esemplare riprodotto alla fig. 15 e 
la specie di Klipstein. Per il rapporto fra l’altezza (mm. 4) e la lunghezza (mm. 8), 
per la convessità ed il contorno della valva, per la direzione e la lunghezza del margine 
cardinale e per l’ ornamentazione della prio esso concorda con i caratteri e con 
le figure offerte dal Laube. 

Anche gli schisti bituminosi ittiolitiferi di M. Pettine fornirono alcuni esemplari af- 


finissimi a questa specie, che dal dottor Di Stefano vennero determinati col nome di 
Myt. cfr. Munsteri Klipstein ‘). 


GenerE LIMA Bruguière 
11. Lima sp. ind. 


Fig. 16-18. 


Alcune impressioni di valve, che in qualche punto conservano lembi di guscio, ri- 
velano la presenza del gen. Lima nella dolomia di Mercato S. Severino. Gli avanzi, pe- 
rò, mal conservati, non permettono una esatta determinazione specifica. Nella valva 
destra riprodotta alla fig. 16 e, meglio ancora, nei frammenti alle fig. 17 e 18 le coste, 
numerose e irradianti dall’apice, si mostrano di varia grossezza, flessuose e legger- 
mente tubercolate. Alcuni cercini percorrono la superficie della valva in senso trasver- 
sale, determinando lievi nodosità sulle coste radiali. 

Questa Lima ha qualche rapporto con Lima (Radula) sp. n. Tommasi, del rai- 
bliano di Rio Pontùz presso Dogna, nel Friuli °), che i signori v. Wéhrmann e Ko- 


') In Bassani, Sui foss. e sull’età degli sc. bit. di M. Pettine, pag. 20 (Mem. Soc. it. delle 
sc., detta dei XL, tom. IX, ser. III). 

?) A. Tommasi, Rivista della fauna raibliana del Friuli (Ann. Ist. teen. Udine, serie II, 
anno VIII, 1890), pag. 16, tav. 1, fig. 4. 


— Mai 
ken) ritengono corrispondente, al pari di Lima Bassaniana Parona), a Lima incur- 
vostriata Gimbel *). 


Genere MEGALODON Sowerby 
12. Megalodon (Neomegalodon) Gimbeli Stop pani 


Fig. 19. a, b, c. 


1862 — MegaLODON (Neom.) trRIQUETER ©  Giimbel (non Wulfen), Die Dachsteinbivalve und 
ihre alp. Verwandten (Sitzsb. d. math.-naturw. CI. d. 
Wien. Ak. d. Wiss., vol. XLV, I Abth., pag. 362, 
tav. 1, tav. 2 e tav. 3, fig. 1-3). 


1865 — MeGALODON (Neom.) GUÙMBELI Stoppani, Palgont. lombarde, 3° série, pag. 252, tav. 
06 e tav. 57, fig. 1-5. 
1880 — MegaLoDus (NEom.) GUÙMBELI Hòrnes, Materialen zu ciner Monogr. der Gattung 


+ Megalodus ece. (Denkschr, d. Wien. Ak. d. Wiss., vol. 
XLII, pag. 105). 


1886 — MeGaLODON (NEoM.) GijMBELI Hoòrnes, Manuel de palegont., trad. fr., pag. 292, 
. i fig. 316. 
1887 — MecaLODON (NEoM.) GiMBELI Zittel, Traité de paleoni., trad. fr., pag. 70, fig. 101. 


1892 — MegaLOoDON (Neom.) cfr. TRIQUETER Bassani (non Wulfen), Sui foss. e sull’età degli schi- 
sti bit. di M. Pettine (Mem. Soc. it. d. sc., detta dei 
XL, tom, IX, ser. III), pag. 20. 


+ Un nucleo abbastanza conservato e parecchi frammenti di altri. Il nucleo figurato, 
che trova riscontro in quello riprodotto da Gimbel alle fig. 6-8 della tav. 1, misura 
l’altezza di cinquanta millimetri, la lunghezza di quarantuno e lo spessore massimo di 
trentadue. 

Quantunque presentino dimensioni più notevoli, sopratutto nello spessore, tuttavia 
corrispondono molto probabilmente a questa medesima specie i tre nuclei provenienti 
dal calcare dolomitico del Cùculo, tra Mercato ed il Lieggio, presso Giffoni Vallepiana , 
che io, nel mio lavoro sui fossili del M. Pettine, ho confrontato con Meg. (Neom.) tri- 
queter Wulfen sp. Le misure di questi tre nuclei, nel mediano dei quali l'apice della 
valva sinistra sormonta alquanto quello della destra, sono le seguenti: 


IL II. II. 
Altezza mm. 92 mm. 77 mm. 99? 
Luvghezza » gi » 60 Di 77 
Spessore » 72 » 56 » 67 


Il dottor Di Stefano riscontrò questa specie nella Zauptdolomit di Mormanno 


1) S. v. Wòhrmann u. E. Koken, Die Fauna der Raibler Schichten vom Schlernplateau 
(Zeitschr. d. deutsch. geol. Gesellsch., vol. XLIV, pag. 172. Berlin 1892). 
3) Parona, Fauna raibl. Lombardia, pag. 82, tav. 4, fig. 1 (Acquate). 
_ 3) Giimbel, Geogn. Beschr. des bayer. Alpengeb., pag. 275.—Wé6hrmann, Die Fauna der 
sog. Curdita-u. Raibl. Schicht., pag. 202 (22), tav. 6, fig. 10, 11. 


su WR 


(Calabria citeriore), e confrontò con essa qualche nucleo raccolto a Corpo di Cava, in 
provincia di Salerno. 


GENERE CARDITA (Bruguière 1789), Lamarck 1799 
13. Cardita (Palaeocardita) cfr. crenata Goldfuss !) 


Fig. 20 e 21. 


1864 — CarpIuM apPIcuLaTUM 0. G. Costa, Atti Ist. incor. Napoli, 2° serie, tom. I, pag. 236, 
tav. 5, fig. 19-21; tav. 6, fig. 10(?). 
? 1864 — CARDIUM ELATUM 0. G. Costa, Loc. cit., pag. 253, tav. 6, fig. 11. 
? 1864 — CARDIUM OBLIQUUM O. G. Costa, Loc. cit., pag. 258, tav. 6, fig. 12. 


Gli avanzi che confronto con questa specie sono qualche frammento di valva ade- 
rente alia roccia, alcuni modelli ed un nucleo incompleto. Essi non raggiungono mai 
le dimensioni offerte dagl’ individui riprodotti dal Goldfuss alle figure 6 bd, c e d e dal 
Laube alle fig. 11 d, c e d; in generale, misurano un’altezza di quattordici millimetri 
ed una lunghezza di dodici. 

Le coste che partono dall’apice sono in numero di ventidue e con l’aiuto della 
lente sembrano leggermente granulate. Le valve, percorse da numerose strie concen- 
triche, grossolane e profonde, richiamano quelle di Cardita crenata, in confronto alle 
quali peraltro si mostrano più convesse e più corte. Forse la grande variabilità di que- 
sta specie potrebbe autorizzare a riferirvi i resti in discorso , se il loro cattivo stato di 
conservazione non suggerisse ogni riserbo. 

O. G. Costa citò avanzi corrispondenti a questi nella dolomia del Cerasuolo e del 
M. Lieggio, presso Giffoni Vallepiana, e forse anche nel Monte di Giove. Il dottor Di 
Stefano confrontò con la specie predetta un esemplare raccolto dall’ing. Baldacci 


negli strati dolomitici di M. Pettine immediatamente sovrastanti agli schisti bituminosi 
ittiolitiferi ?). 


') Cardita crenata Goldfuss, Petref. Germ., 1838, p. 181, tav. 133, fig. 6; Miinster, Beitr. 
z. Petref., IV, 1841, pag. 86, tav. 8, fig. 19; Laube, Denkschr. d. Wien. Ak. d. Wiss., vol. 
XXV, 1866, part. II, pag. 42, tav. 15, fig. 11.— Cardium crenatum d’ Orbigny, Prodrome de 
pal., vol. I, 1849, pag. 199, n.° 477.— Cardita (Palaeoc.) crenata Zittel, Tr. de pal., tr. fr., vol. 
II, 1887, pag. 65, fig. 92; Tommasi, Riv. d. fauna raibl. del Friuli, 1890, pag. 50.— Cardita 
Gimbeli Pichler, Neues Jahrb. fiir Min. ece., 1875, pag. 13.— Cardita crenata var. Gumbeli 
Wéohrmann, Jakrb. d. Wien. geol. R. A., vol. XXXIX, 1889, pag. 218, tav. 9, fig. 10-13. 

?) In Bassani, oss. M. Pettine (Loc. cit.), pag. 20. 


° 


e 


GeneRE FIMBRIA Megerle v. Miihlfeldt 


14. Fimbria (Sphaeriola) Mellingi Hauer sp. 


Fig. 22. a, db. 
1857 — Corsis MELLINGI Hauer, Ein Beitr. 2. Kenntn. d. Fauna d. Raibl. Schich- 
ten (Sitzsb. d. Wien, Ak. d. Wiss., vol. XXIV, pag. 549, 
tav. 3, fig. 1-5). 
1861 — Corzis MELLINGI Giimbel, Geogn. Beschr. d. bayer. Alpen, pag. 273. 
1864 — PHOLADOMYA RUGOSA O. G. Costa, Atti Ist. incor. Napoli, 2° serie, tom. I, 


pag. 235, tav. 6, fig. 16 e 19. 
1886 — SpHaERIoLA (CorBis) MELLINGI —Hoernes, Man. de pal., tr. fr., pag. 300, fig. 324. 
1887 — Fimeria (SpuaerIoLa) MeLLINGI Zittel, Traite de pal., trad. fr., vol. II, pag. 96, fig. 136. 
1887 — Fimeria (SrHaERIOLA) MeLLINGI Parona, Studio monogr. della fauna raibl. di Lombar- 
dia, pag. 140, tav. 13, fig.3 e 4. 
1889 — Fimeria (SpHAERIOLA) MeLLINGI Wéohrmann, Die Fauna der sogenn. Cardita-u. Raibl. 
Schichten (Jahrb. d. Wien. geol. R. A, vol. XXXIX, pag. 
225, tav. 10, fig. 4-6) [nel testo, ad errore, tav. 6]. 
1890 — Fimeria (SpHAERIOLA) MeLLINGI Tommasi, Riv. della fauna raibl. del Friuli, pag. 59. 
1892 — FimeriaA (SpHAER.) aff. MeLLInGI Di Stefano, in Bassani, oss. di M. Pettine ( Loc. 
cit.), pag. 20. 


Questa specie, abbastanza comune nella dolomia triasica del Salernitano, è rappre- 
sentata da qualche valva e da parecchie impronte, che riproducono i caratteri stabiliti 
dal signor Hauer. Gli apici si mostrano alquanto posteriori e ricurvi. Le linee di acere- 
scimento sono concentriche, robuste ed irregolari: alcune, molto spesse , determinano 
altrettante pieghe salienti. Le valve sono più piccole di quelle illustrate dal v. Hauer: la 
loro altezza varia da quindici a venti millimetri ; la lunghezza da diciotto a venticinque. 

O. G. Costa citò questa specie, col nome di Pholadomya rugosa, nella dolomia 
del M. Diecimari presso Baronissi; il dottor Di Stefano confrontò con essa alcuni mo- 
delli provenienti da Giffoni Vallepiana, identici a quelli di Mercato S. Severino , e la ri- 
scontrò a Mormanno (Calabria citeriore). 


A complemento di questa Nota, credo opportuno di riassumere nel seguente qua- 
dro sinottico lo stato delle nostre attuali cognizioni paleontologiche intorno alla Haupt- 
dolomit dell’Italia meridionale. 


> i 


FossiLI NELLA DOLOMIA PRINCIPALE DELL'ITALIA MERIDIONALE 


i Basilicata 


Col 
Salernitano CINHOGI Calabria cit. ri 
1 -_ 
Lagonegro) » 
Giffoni 2 cd 
Vallepiana > ° 
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SPECIE FOSSILI Ca © e 9 È E 
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S . [2 |2|2|012]- s|ofSlslele[Sis]alo 
d, #|2|s|8|2|5]s 2 |={3[3|3{=|315|8{C 
si al3lelolalo'è <151=3[3<'ala =[>IS 
. Coelacanthus picenus 0. G. Costa sp. | | | | | | 
. Belonorhynchus sp. 
. Pholidophorus pusillus A a 
. Pholidophorus latiusculus Ag. . 


. Pholidophorus cephalus Kner. . 

. Peltopleurus humilis Kner. 

. Pterygopterus (2?) sp. + 

. Dapedius Costai Bass. 

9. Eugnathus cfr. insignis Kner. 

10. Lepidotus |Colobodus?] ornatus Ag. 

11. Lepidotus [Colobodus?} latus A g. sp. . 

12. Guidonia Songavatii Stopp. sp. . . . +e. 
(Turbo solitarivs Ben.) 

13. Turbo sp. . . . PE e aa) i esci baglloa: È 


: FEEFPEFEPFF 


14. Neritopsis Costai Beige: sra.leb.cotalfasla|ee | eee 
15. Chemnitzia sp. De 
16. Chemnitzia sp. - atri è | 
17. Pleuromya cfr. lata Pap. TAO RA LI SSA SUE TS CESICCH (04) safe 
18. Fimbria [Sphaeriola| Mellingi Haca sp. ff el +|e]]e- er 
19. Megalodon [Neom.] Gimbeli Stopp. . eee] Se 
20. Megalodon [Neom.] cfr. Gimbeli Stopp.f...| lo]. effe fee] 
21. Megalodon [Neom.] sp. n. Di Stef. cele [e|icefa[eelen]e 
22. Cardita [Palaeoc.] cfr. crenata Goldf. -|...|4|4]-|--- ca LE 
23. Arca rudis Stopp. . ATTO RIRAMETIA MES IE 
24. Pinna reticularis Ben. 
25. Pinna sp. . . aliene sicileee SIC 
26. Mytilus Cor nitbda Stopp.: leo 
27. Mytilus radians Stopp.. 
28. Mytilus Mînsteri Klipst. . or Lo) 5 
29. Mytilus cfr. Minsteri Klipst.. . . . .{+ 
30. Gervillia salvata Brunn. o. o... + fee] fee] pe] ff] ]e] eee] T 
31. Daonella LepsiusiGemm.. . *.. .]..|-- nil senileelt 
32. Avicula [Gervillia] ewilis Stopp. . . .Je-|- HH use fece De prat rat rta Para rai rar sal + 
33. Avicula sp. n. ? Saro DR Diu Do] 5 "E 
34. Pecten aff. subalternans d° Orb, aci >< 
35. Pecten cfr. Tommasii Par... . .. . fee]? n 
36. Pecten inaequialternans Par. Pa Fo ce Oa HT 
37. LimaBpio® NOLI ei calco cha liceeliaza ecs Fees inca 
38. Lima sp.. . a HE Reosto SR N IEEE, fee na e 
39. Ostrea aff. Honéis Caprilis Riiget.o e: ga spes] 2° -# 
40. Ostrea spira i COE Sed RES aa ei E TE TRS) ci (DIS 
41. Terebratula aff. LIES Bid Reglcco Ra a I Ci) zia n 
42. Terebratula sp.n. . . . ann die i ili DE, pesare ai per eni Pe i 
+ 


| 


BT + 
+ ar mi 


+ 


re 


43. Thecosmilia clathrata Hani, PR (00) LC J00I TELO) 09) 00) 63 [IC 

44. Gyroporella vesiculifera Gùimb. . . .fei ven varare are can reale [et sd 
45. Gyrop. sp. del gr. delle annulatae a RIC pi 

46. Cfr. Pterozamites crassinervis &6 pp. sp. {+ | 


47. » Pterophyllum Zinkenianum Germ. . {+ 
48. » Podozamites distans Presl.sp. . .J+ 


SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 


Fig. 1a, D. — Guidonia Songavatii Stoppani sp. [Turbo solitarivs Benecke]. 
» 2a,b. — Turbo sp. 
» 3a,b,c. — Neritopsis Costai Bassani, ingr. (c, ornament.° dell’ ultimo anfratto, 
ingr.). 

» 47. _ i [Gervillia | ewilis Stoppani. 

» 8a,be 9. — Avicula sp. n.? (8 db, valva destra, ingr.). 

» 10, 11a, b. — Pinna reticularis Benecke (11 d, framm. della valva sinistra fig. 11, 

visto di profilo). 

soda. — Pinna reticularis Benecke? 

» 13. — Mytilus radians Stoppani. 

» 14. — Mytilus Cornalbae Stoppani. 

» 15a, b,c. — Mytilus Minsteri Klipstein (dec, ingr.). 

» 16-18. — Lima Sp. 

» 19a,b,c. — Megalodon [Neomegalodon] Gumbeli Stoppani. 

» 20-21. — Cardita [Palaeocardita] cfr. crenata Goldfuss (Il nucleo alla fig. 21 
he è rotto nel lato opposto a quello figurato). 

» ‘224,0. — Fimbria [Sphaeriola] Mellingi Hauer sp. 


Gabinetto geologico dell’ Università 
Napoli, 17 Dicembre 1892. 


finita di stampare il dì 18 Febbrajo 1893 


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Bassani Foss.trias. di Mercato S Severino 


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ASerino inc. 


Vol. V, Serie 2. N° 40. 


ATTI DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


SAGGIO DI OSSERVAZIONI MERIDIANE CORRELATIVE 
PER CORREGGERE LE REFRAZIONI 


FATTE DA 


A. Nobile e J. Thome 


a Capodimonte a Cordoba 
COMPILAZIONE 
del Socio Ordinario A. NOBILE 


letta nell'adunanza del dì 14 Gennajo 1893. 


PREFAZIONE 


Nel corso del 1886 invitai il DE Gould, allora Direttore dell’ osservatorio di Cor- 
doba, a fare una serie di osservazioni meridiane ai relativi cerchi meridiani, nello scopo 
di verificare le tavole Besseliane di refrazione, generalmente usate. Il D." Gould si scu- 
sò, annunziandomi il suo imminente ritorno agli Stati Uniti, cosa che difatti ebbe subito 
luogo ed il D." John Thome lo sostitui nella direzione. Scrissi al Thome che accettò 
immediatamente la proposta, invitandomi a fare il programma delle osservazioni. 

Fondandomi sulle mie ricerche sulla latitudine e sulle correzioni escogitate nella 
lunga pratica di osservazioni meridiane, feci un programma che doveva, quando fosse 
esattamente stato seguito, porger risultati sicuri di ogni errore a noi noto. Ma sventura- 
tamente la enorme distanza fra i due osservatorii rese quasi impossibile la buona intesa, 
a segno che un telegramma costosissimo, da me inviato pochi giorni prima di comincia - 
re le osservazioni, fu fermato a Cordoba senza mandarlo a destino, e ciò per non saper 
quegl’impiegati chi era él Sîg. Osservatorio. Io dunque cominciai le osservazioni il 5 
Seltembre 1887, senza sapere con sicurezza se nell’ altro emisfero si facesse o no lo 
stesso. Quindi per non fare che le mie osservazioni rimanessero un tempo perduto, nel 
caso che il DI Thome non osservasse, stabilii di osservare le stelle zenitali a Cordoba, 
metà direttamente e metà per riflessione, perchè così almeno si sarebbe avula una con- 
tribuzione ad un altro argomento da me prediletto. 

Tuttavia il D. Thome cominciò le osservazioni il 15 Settembre e le finì a fine Otto- 
bre, mentre che io avendole cominciato il 5 Settembre le finii il 13 Decembre per di- 

ATTI — Vol. V.— Serie 2 — N. 10. 1 


dd 


- 


sperante perversità di condizioni atmosferiche. Ed inoltre il programma essendo fatto 
per 24 sere di osservazioni, che in Settembre ed Ottobre ordinariamente non è difficile 
di avere da noi, non potette essere esaurito per la venuta nel troppo chiaro in Novem- 
bre e Decembre che fece perdere le prime stelle. Cosicchè invece di una maniera di pa- 
ragonare le osservazioni delle due località, ve ne ha tre diverse, le quali per altro non 
discordano nei risultati finali. Sarebbe utile ripetere queste osservazioni in condizioni 
migliori, e farò qualche tentativo in proposito. 
IL COMPILATORE 


Sd. 
Programma delle osservazioni e sue variazioni. 


I. Stelle. — Fu stabilito di osservare 12 stelle zenitali a Capodimonte ed altret- 
tante a Cordoba, tutte sempre dentro meno che 2° dal Zenit, ed ancora in modo che in 
ciascuna delle due località capitassero tante stelle settentrionali quante meridionali, con- 
dizione che per le zenitali di Capodimonte fu esattamente potuta ottenere, e per quelle 
di Cordoba si ebbero 7 stelle settentrionali e 5 meridionali. Scopo di questa scelta di 
stelle fu Ja determinazione della quantità da me nominata è ‘), vale a dire l'errore di 
puntata dell’osservatore, che è un errore fisiologico come quello dei passaggi. Era im- 
portantissimo determinare questo è per l'osservatore di Cordoba, dove a mia notizia 
non si erano occupati di questo argomento. 

Le zenitali di Capodimonte furono scelte nel Catalogo Radcliffe I. (Johnson e 
Main), e le loro posizioni furono trasportate all’ equinozio del 1887.0, senza tener con- 
to dei termini dipendenti dalle 3° potenze del tempo, perchè non necessario. Il loro 
elenco è il seguente °): 


Quapro I. RI a 1887.0 d 18870 
Z, 4600 26° 41085 sa” 320.2 
Z, 4712 14 0.77, _ 40 22 46.5 
Zs 4931 39 49.60 41 43 42.7 
Z, 5161 ZI. LI 9.70 dB 13 
Z, 5206 18 24.74 40 27 1.6 
Z; 5309 Z2: 26.12 39 54 23.1 
Z, 5354 37. 1.53 40 17 33.2 
Z 5408 45 14.22 40 37 19.7 
Zy 5623 22 9 59.30 42 23 37.2 
Zyo 5661 17 0.70 41 30 31.2 
Zy 5793 . 36 25.09 39 38 6.8 
Zia 5887 SI 14.02 41 0 37» 


!) Cfr. Ricerche numeriche sulla latitudine, Parte III ; e l’altro opuscolo Osservazioni meridiane 
della 2° metà del 1890. 


*) Le zenitali a Capodimonte sono indicate con Z; e quelle a Cordoba con C;. 


dba 
Le zenitali di Cordoba furono scelte dal Catalogo generale Argentino e ridotte pari- 
menti al 1887.0. Segue l’elenco: 


Quapro II. C.G.A & 1887.0 d 18870 
C, 28032 20204363 _ 31131 1.9 
C, 28178 27 49.28 30 SI 31.2 
C; 28337 34 22 99 31 59445 
Gi 28633 46 30.61 31 835.3 
Ci 23782 54 21,55 32 41 65.1 
Ca 29020 21 3 38.83 30 10 43.0 
Ci 30082 53 20.19 32 355.6 
O, 30178 57 52.90 30 27 47.3 
C, 30704 2225 466 32 55296 
fa 30810 30 1376 32 14 49.8 
C, 31105 45 7.00 300,0. de3 
Ch 31336 57 3356 5I 312.5. 


Si è veduto dal paragone di diversi cataloghi di stelle australi e boreali che que- 
ste posizioni possono avere una incertezza di fino a o°. 3 nelle « e di fino a 2° nelle 3, 
Quindi solo quando si incontrano differenze superiori a tali limiti si possono sospettare 
moti proprii. Dal paragonare delle « delle due liste di stelle si vede anche che le stelle 
non si escludono, vale a dire la possibilità che si possano osservare tutte nella mede- 
sima notte. 


2. Il programma originale fu di impiegare il principio della mobilitazione dei cer- 
chi divisi e di fare per ciascuna posizione fondamentale dell’ istrumento sei osserva- 
zioni dirette, mobilizzando di 15° alla volta. Intendo per posizioni fondamentali quelle di- 
pendenti dalla orientazione del cerchio diviso e dalla posizione relativa dell’ oculare e 
dell’obbiettivo, vale a dire che indicando con A e B le posizioni relative al tubo dei due 
detti pezzi ottici, le dette posizioni fondamentali sono quattro, indicate dalle nota- 
zioni: 


C.E.A C.E.B C.0.B C.O.A, 


scritte qui nell’ ordine in cui furono adoperate a Capodimonte. In tal modo nel medio 
delle quattro serie di osservazioni viene ad eliminarsi l’ errore strumentale e (di orien- 
tazione) e la flessione generale astronomica °). Per le stelle zenitali, in ciascuna delle 
due località fu anche stabilito che esse dovessero osservarsi alternativamente f.S e £.N, e 


3) Non a Capodimonte, perchè si è veduto che al cerchio Reichenbach-Heurtaux la flessione segue 
il pezzo oculare, ed in tutte le posizioni essa flessione allontana le stelle dal zenit. Quanto al cerchio di 
Cordoba la flessione è ritenuta nulla. Cfr. la mia memoria Risultati delle osservazioni meridiane della 2° 
metà del 1890 ed i volumi dell’ Osservatorio di Cordoba. 


pe LE 
ciò per annullare l’ errore da me indicato con w, che è l’ equazione personale di puntata. 


Fu anche stabilito che a Cordoba sì facesse una serie doppia di osservazioni Nadirali 
f.S e f£.N, per dedurre colà l’ errore da me indicato con la lettera y. 


3. Il programma fu seguito pressochè fedelmente a Cordoba, ma non a Capodimon- 
te, dove io, nel dubbio che le osservazioni realmente si facessero o no nell'altro emisfe- 
ro, pensai di renderle utili, nel caso che colà non si facessero, e per questo lasciando 
il programma inalterato quanto alle stelle zenitali boreali, cambiai quello delle australi , 
osservando queste una metà delle volte direttamente e l’altra metà per riflessione nel 
mercurio ‘). Cosicchè le zenitali di Capodimonte dovevano ormai basare sopra 24 osser- 
vazioni nei due luoghi, ma le zenitali di Cordoba dovevano avere ciascuna 24 osserva- 
zioni a Cordoba e 12 a Capodimonte (non potendosi in alcun modo confondere le os- 
servazioni dirette con le riflesse). Invece poi di mobilitare per 15°, lo feci per 30°, di- 
venendo inutile la mobilitazione fissata. 

Ma il pessimo tempo a Capodimonte, facendo durare le osservazioni fino al 13 De- 
cembre, produsse che le prime sei stelle della lista non furono osservate che nelle posi- 
zioni C.E.A e C.E.B, le altre 10 nelle posizioni C.E.A, C.E.B e C.0.B, e le sole 8 ultime 
furono complete. Ho dunque istituito 3 serie di paragoni, cioè la prima di 12 stelle 
in due posizioni fondamentali dello strumento, la seconda di g stelle in tre posizioni, e 
la terza di 4 stelle completamente osservate. I diversi risultati non differiscono tuttavia 
fra loro in modo inconciliabile. 


Avrei voluto usare le tavole di refrazione del Sig. Radau, ma a Cordoba si erano 
già serviti delle Besseliane, e quindi ho dovuto far lo stesso. Ma ho veduto che per di- 
stanze zenitali di circa 72°, la differenza arriva al più a o°.1, mentre che poi oltre 
73° essa comincia a diventare più forte. Avrei pure voluto ridurre le posizioni delle 
stelle al tempo intermedio delle osservazioni, ma ho ridotto al 1887.0 per uniformarmi 
alle riduzioni fatte dal D." Thome. 


4) Quando il 25 Settembre ebbi una lettera del 20 Agosto, in cui il Dot. Thome mi assicurava che 
avrebbe fatte le osservazioni, era già troppo tardi per ritornar sui miei passi. 


o 


$ II. 


Risultati finali di Capodimonte corretti di v e della refrazione 
i e ridotti al 1887.0. 


1. — Distanze zenitali delle stelle zenitali a Capodimonte. 
| Si assume e—=0/98, la correzione w risultando stella per stella, e poi assumo 


92240514564, come il più probabile valore della latitudine al 1° Ottobre 1887, risul- 
tante dalle mie ricerche precedenti. 


A (Sett) = 1114 ®) Z, (Merid.) &$ = 0°28'4- 
f.S. f.N. f.S. f.N. 
C.EA 1 Sett. 3 34:31 Sett. 7 34.62 C.E.A I Sett. 5 59.97 Sett. 7 59.19 
II 9° 34.26 8 34.06 II 9 58.65 8 59.19 
II 12 932.31 I1 3446 II 12 59.58 11 58.40 
M° 33.63 34.38 M° 59.40 58.93 
C.E.B III Sett. 17 34.84 Sett.16 35.73 C.E.B III Sett. 17 57.48 Sett. 16 57.10 
II 24 36.84 30 38.07 II 24 55.85 30. 65.75 
I Ott. 1129409 Ott. 9 33.84 I Ott. 115,57.49 Ott. 6 57.25 
- M°. 35.26 35.88 M° 56.94 56.70 
1 ” “ « 1 “ “ " 
=> (087 031) = t-bib9 wa (0.241.012) = -+- 0.18 

C.E.A = 34.00 + 0.98 == 34.98 _ C.EA= 59.17 — 0.98 = 58.19 

C.E.B== 35.57 — 0.98 = 34.59 C.E.B = 56.82 4- 0.98 = 57.80 

C.E.B— C.E.A senzae=+ 1.57 —_  CEA—C.EBsenzae=-| 2.35 

C.E.B— C.E.A cone =— 0.39 C.E.A — C.E.Bcone = 0.39 

Z, (Sett.) £ = 0°96+ Z, (Sett.) &$= 0°41'4- 9) 

f.S f.N. f. S. ION: 
C.EA I Sett. 5 56.43 Sett. 7 57.23 C.E.A I Sett. 6 19.31 Sett. 7 20.70 
II 9Q 57.64 8 58.09 II 9 19.56 8 22.40 
III I2 55.38 I1 56.31 III 122027 I1 20.32 
 M° 56.48 97.21 M° 19.71 21.14 


°) Per questa stella ed anche per le Z, e Z, vi sono quattro altre osservazioni a C.0.B, che non es- 
sendo (per la mancanza di due) ripartite uniformemente sul ecrchio diviso, si rigettano, sebbene buone. 
©) Questa stella insieme con le Z, Z; Z, Zz è data con 6 osservazioni in ciascuna delle posizioni 
C.E.A, C.E.B e C.0.B. Per le stelle Z, Z, Z vi sono anche osservazioni a C.O.A, le quali non essendo in 


‘numero di 6, sono anche rigettate, sebbene buone e per la stessa ragione detta nella nota (5). 


Z, (Sett.) {= 0°56 + 


f.S 


C.E.B III .Sett.17 58.72 


II 24 59.36 
I Ott. 11 5903 


M° 59.04 


Sett, 18 
Ott... 


9 


as E) 3 
w=- (0.37 — 0.13) =-+- 0.12 


2 


C.E.A= 56.85 -|- 0.98 = 37.83 


C.EB= 58.91 — 0.98= 57.93 
C.E.B — C.E.A senzae=-+- 2.06 
C.E.B — C.E.A con e=-+ 0.10 


Z, (Merid.)-£=0°24 + 


fS. 

C.E.A I Sett. 6 46.93 
II 9 47.13 

III 12 46.92 

M° 46.99 


C.E.BIII Sett. 17 44.36 


II 25 44.29 
I Ott. 11 44.15 


M° 44.27 
C.0.B. I Dil 23 45.37 
II 23 45.50 


III Nov. 3 44.29 
M° 45.06 


Sett. 7 
8 
II 
Sett. 16 
Ott. < 
9 
Ott. 21 
20 
Nov. 3 


f.N. 
47.18 
45.40 
45.43 
46.00 
43.03 
44.65 
43.92 
43.87 


45-87 
44.06 
44.19 


44.71 


= (050-+-0204+-0.18)=+027 


C.EA = 46.50 — 0.98 = 45:52 
C.E.B= 44.07 -+0.98 = 45.05 
C.0.B= 44.89 — 0.98 = 4391 


C.E.A — C.E.Bsenzae=+ 2.43 
C.E.A — C.E.B cone=+ 0.47 


Z, (Sett.) 


C.E.B HI Sett. 17 
II 25 

E Oto nr 

M° 


C.0.B I Ott. 22 
II 23 
III Nov. 4 


M° 


E=0°41+ 

f.S 
23.71 Sett. 18 
23:38 DA + 
24.29 9 
23.79 
20.96 Ott. 21 
21.53 30. 
23.69 Nov. 3 
22.16 


f.N 
sa 
21.68 
23.82 
23-33 
21.23 


23.45 
22.36 


22.35 


1 “” “” "” “ 
Ww= + (0.22 —0.23 + 0.15)=-; 0.07 


C.E.A= 20.43 + 0:98 = 
C.EB—= 23.56 — 0.g8= 
C.0.B= 22.20 + 0.98 = 
C.E.B — C.E.A senzae=+4- 2.13 
C.E.B— C.E.A con e=-+ 1.17 


21.41 


22.58 
23.18 


Z; (Merid.) {= 0°37 + 


C.EA I Sett. 6 
II 9 
III 12 


C.E.B III Sett. 17 
II 25 
IRtOtiera 


CO.B I 0% 23 
II 23 
III Nov. 4 


M° 


ES.°i 


25.59 
24.97 
25:03 
25.20 
22.48 
22.78 
22.59 
22.62 
25.22 
23.25 
23.14 


23.87 


Sett. 7 
8 
II 
Sett. 16 
Ott. 54 
9 
Ott. 21 
30 
Nov. .3 


f.N. 
24.22 
24.50 
23.91 
24.21 
21.21 
22.51 
22.44 
22.05 
23.79 
23-77 
23.73 
23.76 


1 “”" “” “” “” 
w= — (0.49 --+-0.28-+ 0.05) = + 0.27 


3 


C.EA = 24.70 _ 0.98 = 
C.E.B= 22.33 + 0.98= 
C.0.B= 23.81 — 0.98 = 


23.72 


23.31 
22.83 


C.E.A — C.E.Bsenzae=-+ 2.37 
C.E.A — C.E.B con e=+ 0.41 


Z,(Merid.) &=0°34 + 


f.S. 
C.EA 1 Sett, 6 13.67 Sett. 7 
II 9 14.54 8 
II 12 14.84 II 

M° 14.35 
C.E.B III Sett. 17 11.91  Sett.16 
I 25” f12.109**Ott:*1-9 
I Ott. 11 13.07 9 

M° 12.36 
C.0.B .I LOtt. 22.12.39.» Ott. 21 
Il 220 12:79 30 
II Nov. 4 13.94 Nov. 3 

M° 13.38 


sn Dee 


EN: 
13:32 
19:52 
1404 
13.63 


10.74 
11.29 
12.81 


11.61 


12.02 
12.32 


12.22 


12.19 


1 " - " “ d 
st (0.36-+-0.37 + 0.60) =+-0.44 


C.E.A = 13.99 — 0.98 = 


13.01 


C.E.B= 12.134- 0.98 =" 13.11 
“C.0.B=12.78—0.98= 11.80 


| C.E.A —C.E.B senzae=+- 1,86 
C.E.A — C.E.B con e=-— 0.10 
Z (Sett) &=1°31+ 
f.S. 
C.EA I Sett. 6 49.59 Sett. 7 
II 9 49.30 8 
II 14 49.88 Il 
M° 49.59 
C.E.B III Sett.17 51.18 Sett. 16 
II 25 152.44 Ott. cs 
TUOK, it T.91 9 
M° 51.84 
C.0:B I Ott. 22 %50.34' «Ott. 31 
II 23 0.19 30 
III Nov. 5 51.49 Nov. 8 
M° 51.00 


f.N. 
50.62 
51.03 
49.81 


50.49 


52.94 
52.69 
52.44 
52.69 
50.61 
49.70 
51.69 


50.67 


Zs(Merid.) &=0°14' + 


f.S. 
C.E,A I Sett. 6 26.92 Sett. .7 
II 9 28.08 8 
II 12 27.62 II 

M° 27.54 
C.E.B III Sett. 17 25.32 Sett. 16 
II 25 25.43. Ott. (6 
È Otte1r 24:85 9 

M° 25.20 
C.0.B..I..Ott...22. 26.80. Ott. 21 
II 23.25.57 30 
MI ENov. 4, 25-70. Nov. 2 

M° 26.02 

1 


f.N. 
26.67 
27.28 
25.86 
26.60 


23.86 
25-35 
23.79 
24-33 
25.31 


24.73 
25.78 


25.27 


W=- (0.47 + 044 +-0:37) =+- 0.43 


C.E.A = 27.07 — 0.98 = 26.09 
C.E.B = 24.77-|-0.98:=' #'25.75 
C.0.B= 25.65 — 0.98 = 24.67 


C.E.A — C.E.Bsenzae= ++ 2.30 
C.E.A — C.E.B con e=+ 0.34 


Zio (Sett.) &= 0°38'4+- 


f.S. 
C.EA I Sett. 6 4383 Sett. 7 
II 9 4341 8 
III 14 43.69 Il 

M° 43.64 
C.E.B III Sett. 17 47.25 Sett. 16 
II 25 46.87 Ott. 5 
F Ott. 18 ‘45:13 9 

M° 46.42 
C.0.B I Ott. 22 44.63 Ott. 21 
II 23 46.46 30 
III Nov. 4 45.49 Nov. 5 

M° 45.53 


Z, (Sett.) &=1°31+ 


C.O.A III Nov. 13 


II Dec. 8 
I 12 
M° 


t0w= -7(0.454-0.43 —0.16+-0.09)=-{-0.20 


C.E.A = 50:04 + 0.98 = 
C.E.B= 52.27 — 0.98 = 
C.0.B= 50.83 + 0.98 = 
C.0.A= 51.71 — 0.98 = 


f.S. 
51.19 
52.60 
50.93 


J1.57 


Nov. 23 
Dec. 9 


23 


51.02 
51.29 
51.85 
50.73 


C.E.B —C.E.A senzae= + 2.23 
C.O.A — C.0.B senzae=-|- 0.88 
C.EB—C.E.A con e=-+ 0.27 
C.0.A—C.0.B con e=— 1.12 


Z,; (Merid.) 


I Sett. 6 
II 9 
III 14 


C.E.A 


M° 


C.E.B JII 
II 25 
IEOtt, IM 


C.0.A III 
II Dec. 8 


I 12 


$=1°13" 

£.S. 

40.74 Sett. 7 
41.02 8 
39.03 II 
40.26 

38.77 Sett. 19 
7. DI EOS 
40.16 9 
38.85 

38.81 Ott. 21 
37.42 30 
37.50 Nov. 8 
37.91 

38.96 Nov.23 
38.15 Dec. 9 
38.07 13 


a “pe 


f.N. 

52.09 = C.0.A III 
51.48 II 
51.66 I 
51.74 


C.E.A = 44/46 4- 0.98 = 
C.E.B= 46.60 — 0.98 = 
C.0.B= 45.76 + 0.98 = 
C.O.A= 46.62 — 0.93 = 


Zio (Sett) L=0%38+ 


Nov. 13 
Dec. 8 


12 


M° 


£.S. 


46.1 9 
46.04 
47-14 


46.45 


Nov. 23 
Dec. 9 
13 


45.44 
45.62 
46.74. 
45.64 


C.E.B— C.E.A senzae=+ 2.16 
C.0O.A—C.0.Bsenzae=-++ 0.86 
C.E.B— C.E.A con e=+ 0.18 


C.O.A— C.0.B con e=— 1. 


f.N. 

39.16 C.EA I 
38.52 II 
40.16 HI 
39.28 

36.44 C.E.B III 
38.29 II 
37.13 I 
37-29 

38.24 C:0/B° dl 
39.02 II 
39-37 III 
+ 38.88 

36.20 C.O.A III 
37.63 II 
38.16 I 
37-33 


10 


Zia (Sett) E&= 0°8' 


Sett. 17 
25 
11 


M° 


£.S. 


16.33 
16.92 
16.04 


16.50 


18.24 
18.08 


17.90 


18.07 


16.71 
16.80 
16.17 


16.96 


19.40? 
16.74 
17.04 


17.73 


Sett. 7 


Sett. 
Ott. 5 


Ott. 21 
30 


Nov. 8 


Nov. 23 
Dec. 9 
13 


f.N. 


47.38 
46.64 
46.35 


46.79 


1 “” “ “ “" “” 
w=-7(0.81 - 0.17 -4-0.23+-0.17)==+ 0.34 


f.N. 

17.49 
17.00 
16.89 
17.13 


18.61 
18.30 
18.09 


18.33 


17.97 
16.95 
17.73 
17.55 


18.86 
19.02 
18.02 


18.63 


un 


ll " “” IZ) CLI “” 1 “i “4 “ “’ “ 
w=-] (0.49-+-0.78—0.48+-0.53)=-+ 0.33 w=-7 (0.32 +-0.13+- 0.50 -+-0.45)=--0.35 


C.EA = 39.77 — 0:98 = ‘38:79 C.EA= 1682 + 0.98 = 17.80 
C.E.B= 38.07 + 0.98 = 39.05 C.E.B—=18.20— 0.98 = 17.22 
C.0.B= 38.40 — 0:98 =: 37.42 C.0.B= 17.06 + 0.98 = 18.04 
C.OA= 37.864 0.98 = — 38.84 C.OAST8!T8— 098 = -"* 17.20 
C.E.A — C.E.B senzae=-}- 1.70 C.E.B — C.E.A senzae=-+4 1.38 
C.0.B—C.0.A senzae= + 0.54 C.O.A — C.0.B senzae=+ 1.12 
C.E.A — C.E.B con e= — 0.26 C.E.B— C.E.A con e=— 0.58 
C.0.B— C.0.A con e=— 1.42 C.0.A — C.0.B con e= — 0.84 


Ora con la latitudine adoitata si possono avere le declinazioni delle stelle al 1887.0. 
Ma questo risultato è composto di tre diversi, cioè: I. le 12 stelle osservate in due posi- 
zioni strumentali; IL 9 di esse da Z, a Z,, osservate in tre posizioni; e poi IH. le ultime 
quattro osservate in tutte le posizioni. I risultati verranno corretti di e e di w, Si è vedu- 
to che la fiessione apprezzabile di questo strumento è in massima parte dipendente 
della forma del pezzo oculare, cosicchè non è eliminabile con lo scambio dell’oculare 
con l’obbieltivo ”). 


Declinazioni definitive al 1887.0 delle zenitali di Capodimonte 
dalle osservazioni di Capodimonte. 


5 (C.E.A+C.E.B) LI (C.E.A+-C.E.B+-C.0.B) (C.E+-0.0) (A e B) 


Z, + 423 20.42 » 

Zi 40 22 47.64 » 

Zi, 41 48 43.52 » » 
Zg 41 33 7.64 8/03 » 
A. 40 27 0.36 0.81 » 
Zi 20/64 22.12 20:35 » 
do 40 17 32.58 33.00 » 
Zg 40 37 19.72 20.14 » 
Zo 42 23 36.80 37.03 36.86 
Zia 41 30 31.17 31.57 31.50 
LARA 39 33 6.72 7.22 ZI 
Zia 41,9, 3.15 3:33 al 


La stella Z=R. 1 5161, trasportata al 1887.0, dà per declinazione &—= +-41°33/1°.3, 


7) La forma di queste pezzo si può vedere nell’opuscolo I cerchio Meridiano Reichenbach- 
Heurtaux. 


ATTI — Vol. V.— Serie 22— N 10. È 


Er dea 
dunque si ha in 42 anni il moto proprio in è di +- 6°. 34, e per anno +0". ta Nulla 
di notevole può dirsi per le altre. 


2. — Distanze zenttali delle stelle zenitali a Cordoba ridotte al 1887.0. 


Queste stelle, come si è detto, a Capodimonte furono osservate metà delle volte 
direttamente e metà per riflessione. Solo le osservazioni dirette servono qui alla refra- 
zione, essendo ancora incerte le osservazioni riflesse per molte ragioni. Prendendo dalle 
mie memorie precedenti l’ espressione: 


w + f sen £ dove w= + 0.25 , f=-+2.33 (all'orizzonte), 


si trova per valore comune di questo binomio per le stelle al zenit di Cordoba osserva- 
te a Capodimonte, 2°.47. Ma effettivamente esso è calcolato stella per stella. 

I risultati delle osservazioni seguono qui lo stesso andamento che per le prece- 
denti stelle. 


GC, G, 
Dir. Rif. 7 Dir. Rif. 
72°5+ 107°54+- 71°43 + 108°16+ 
C.E.A I Sett. 9 8.78 Sett, 7 56.34 C.E.A I Sett. 5 22/34 Sett. 7 46.88 
II 9. 914 8 57.22 II 9 20.82 8° 45.56 
III 14 S.1E rr 58.84 III I4 20.99 11 48.43 
M° 83.68 57.47 M° 21.38 46.96 
C.E.B III Sett.17 8.33 Sett.16 54.16 C.E.B III Sett. 17 20.73  Sett.16 43.88 
II 24 6.88 Ott. gs 56.14 II 4 Uigî7z4”* Ott. 8% 45-45 
IROLtaraa7:42 17 58.73 I Ott. rfv©+8:87 17 44.06 
M° 7.54 56.34 M° 19.71 44.46 
(C.E.A — C.E.B) Dir.=+- 1:14 (C.E.A — C.E.B) Dir. = + 1:67 
» >». « Rif. -—|-1:13 » » Rif. - 2.50 
C, G, 
Dir. Rif. Dir. Rifl. 
72°514 107°8+ 72°0+ 107°59+ 
C.E.A I Sett. 5 37.30 Sett. 7 29.29 C.E.A I Sett. s 26.43 Sett. 7 41.69 
II 9 37.60 8 29.63 II gi 25-41 8° 38.65 
III 14 38.54 II 30.99 III 12 26.04 Il 30.87 


M° 37.81 29.97 M° 25.96 39.87 


Ci 

Dir. 
72514 

C.E.B HI Sett. 17 35:61 
II 24 34.62 

I Ott 11935.36 

M° 35.20 


Sett. 16 
Ott. 5 
6 


(C.E.A — C.E.B) Dir. = + 2.61 


» » Rifl. +4-131 
G; 
Dir. 
73°33+ 
C.EA I Sett. 6 46.18 Sett. 7 
II 9 45-32 8 
II 12 45.94 11 
M° 45.81 
C.E.B III Sett. 17 45.48 Sett. 16 
II 2a ago Ott. 
I Ott. 11 42.56 6 
M° 44.37 


(C.E.A — C.E.B) Dir.= 4- 1/44 


» >» Rif. -++0.09 
Cc.0.B I Ott. 22 43:49 Ott. 21 
II 23 46.73 30 
III Nov. 4 43.46 Nov. 3 
M° 44.56 


rin 


Rifl. 


107°8'+- 


bri 
29.32 
29.36 


28.66 


Rifl. 


106°26'+ 


20.04 
17.62 
21.48 
19.71 


18.64 
19.26 


20.95 


19.62 


sons 
20.56 
18.69 


19.85 


C, 
Dir. Rif. 
72°004- 107°59 + 
C.E.BIII Sett. 17 25:63 Sett. 18 38.81 
II 2 ag. Otbagh 38-31 
I Ott .11)223.75 6 40.39 
M° 24.51 39.17 
(C.E.A — C.E.B) Dir = + 1/45 
» >» Rift. - 0.70 
C.0O.B I Ott. 22 25.62 Ott. 21 39.46 
II 73 25.07 30 > 41.78 
III Nov. 4 25.27 Nov. 3 40.41 
M° 35.32 40.55 
Co 
Dir. Rif. 
71°24+ 108°57 + 
C.EA I Sett. 6 3423 Sett. 7 32:07 
II 9 31.34 8 31.70 
II 12 30.75 mE 32.02 
M° 32.11 32.23 
C.E.B III Sett. 17 32.88 Sett.16 30.78 
II 25 (gir Ut. =, 22:20 
I. Ott. 11 30.84 9 (93.17 
M° 31.48 31.75 
(C.E.A — C.E.B). Dir. = + 0.63 
» » Rif. + 0.48 
C.0.B I Ott. 22 3343 Ott. zi 32.66 
II 23 30.17 30 33.40 
III Nov. 4 32.14 Nov. 3 30.99 
M° 31.91 32.35 


C.E.A_ I Sett. 6 
II 9 

II 14 

M° 

C.E.B III Sett. 17 
II 25 

I Ott. 11 

M° 


G, 
Dir. 
72°55+ 
45:37 Sett. 7 
45.18 8 
45-95 II 
45-50 
45.20 Sett. 23 
40.88 . Ott. 5 
40.48 18 
42.19 


(C.E.A — C.E.B) Dir =-+- 3.31 


» » 


C.0.:B ba Dik22 
II 23 

III Nov. 8 

M° 


C.E.AUT. Sett. 6 
II 9 

III 14 

M° 

C.E.B III Sett. 17 
II 25 

I Ott. 19 

M° 

C.0.B TP *Ott. @2 
II 23 

IPS NOow: 04 

M° 

C.O.A III Nov. 13 
II Dec. 8 

I 12 

M° 


Rif. 0.00 
44.19 Ott. 21 
43-73- Nov. 1 
44.99 3 
44.00 

C, 

Dir. 
73°47+ 

19.17 Sett. 7 
19.86 8 
19.63 II 
19.56 

18.33 Sett. 19 
17:47: Ott ‘5 
18.38 18 
18.07 

18.58 Ott. 21 
16.29 30 
18.26 Nov. 5 
17.71 

16.77 Nov.23 
17.94 Dec. 9 
19.38 13 
18.03 


(C.E.A — C.E.B) Dir. = + 1.49 


» 


» Rifl 


— 1.24 


(C.0.A — C.0.B) Dir. = +- 0.32 


» 


» Rif. 


+ 0.75 


—12- 


Cs 
Rifl. Dir. Rifl. 
107°4+ 710494 108°40+ 
16.96? C.E.A. I Sett. 6 36.91 Sett. 7 27.92 
22.18 II 9 36.28 8 28.68 
21.88 III 14 38.48 11 26.86 
21.02 mo dara 27.82 
24.02 C.E.B III Sett. 17 35.16 Sett. 27 27.37 
18.14 (Merc. oscilla) II 25 34.32 ‘Ott. 5 26.84 
20.89 I. Ott-ur- 33.096 17 26.20 
21.02 M° 3449 26.80 
(C.E.A — C.E.B) Dir = {2.73 
» >» Rif. -+1.02 
20.43 6.0.B I Ott. 22 38.05? Ott. 21 27:75 
21.19 II 23 35.50 Nov. 1 25.86 
19.36 III Nov. 4 35.85 3 28.25 
20.33 M° 36.47 27.29 
Cho 
Rifl. Dir. Rif. 

106°12 + 73°64+ 106°53'+ 
44.16 C.EA I Sett. 6 40.57 Sett. 7 24.21 
45-67 II 9 38.89 8 23.67 
46.75 III 14 41.47 I1 24.06 
45-53 M° 40,31 23.98 
43.85 C.E.B III Sett. 17 37.82  Sett.23 22.88 
43.50 II 25 39-77.» Ott.0tg (2346 
45.51 I Ott. 11 38.64 18 25.41 
44.29 M° 38.74 23.50 
45.19 C.0.B. «I Ott. 22 39:35 Ott. z1 18.98 
44.06 I 23:11309:23 30 25.00 
43.87 III Nov. 4 40.23 Nov. 8 25.19 
44-37 M° 39.60 23.87 
43:47 C.0.A III Nov. 13 36.07 Nov.23 22.72 
45.71 II Dee. 3'3905% Dee. 9 25:29 
46.19 I 12 5028 13 2458 
45-12 M° 37.77 24.19 

(C.E.A — C.E.B) Dir = + 1.67 

» » Rift. -+0.48 

(C.O.A — C.0.B) Dir. + 1.83 

» » Rif. — 0.29 


assai tremula 


ondeggiante 


=> I HpeS 


Ci, . C,, 
Dir. Rifl. Dir. Rifl. 
70°59+- 10904 71°554+ 108°5' + 
C.EA I Sett. 6 5306 Sett. 7 11.61 C.EA I Sett. 6 2/79 Sett. 7 3.89 
II 9 5474 8 11.66 II 9 203 S. 3023 
III 14 54.68 IT ONI.7I III TAC 09412 fire R333 
M° 54.16 11.66 M° 2.68 352 
C.E.B III Sett. 17 51.81  Sett.23 09.23 C.E.B III Sett. 17 2.87 Sett.23 2.75 
II° ae 51.93 Ott 58.76 II 25 0.59 Ottò%5 ‘274 
I Ott. 17 __53.81 18 10.95 I Ott. 17 1.43 18 2.86 
M° 52.52 9.68 M° 1.63 2.45 
C.0.B I Ott. 22 52.99 Ott. 29 12.72 C.0.B I Ott. 22 0.83 Ott. 29 0.65 
II 23 ‘9129 30 12.70 II 23 0.70 30 2.09 
IH Nov: 4 53714 Nov 78. 1726 IIL:. Nov. 4 1.81 Nov. 8° 0.26 
M° 52.69 12.19 M°* ri 1.00 
C.0.A 1II Nov.13 50.40. Nov.23 9.28 C.0.A II Nov. 13 0.62 Nov.23 0.55 
Bi Dae."*&"*srtg9' °° Dee. ‘9° iT./99 Il Dee. 8° logo: Dec. (9° ‘0,46 
I 12 51.79 13; 10.90 I 12. 0,46 Hoja G£0 
M° 51.20 10.72 M° 0:15 0:42 
(C.E.A — C.E.B) Dir. = + 1.64 (C.E.A — C.E.B) Dir.= + 1/04 
» » Rif. + 1.98 » » Rifl. -+ 1.07 
(C.O.A — C.0.B) Dir. + 1.49 (C.0.A — C.0.B) Dir. + 0.96 
» » Rif. -+ 1.47. » >» Rif. -|- 0.58. 


Ora, come nelle osservazioni delle stelle zenitali, applicando il valore noto di e, 
questo avrà effetto solamente sulle serie di tre posizioni, compensandosi in quelle di 
‘due e quattro. Acceltando la latitudine citata, si ottiene perle osservazioni dirette, in- 
troducendo la correzione — (w + f sen 3) alle distanze zeniltali: 


Quapro IV Stelle zenitali a Cordoba — Osservazioni dirette di Capodimonte. Declinazioni 1887.0. 


cè + f sen 2 3 (0.EA+-C.EB) 3 (CRA-LOEB+00) - (CE+0.0) (A e B) 


C, 2.47 _ 3113 20.00 » » 
C, 2.46 30 51 32.45 » 
C, 2.47 31 59 48.40 » » 
£, 2.47 sr 937.13 36.83 » 


co + f sen 2 3(CEA+-C.E.) 3 (C.EA-+-C.E.B-+C.0.B) + (0E+0.0) (Ae B) 


Cc, 2.49 32/41 56.96 5646 » 

Ci 2.46 30 10 43.70 43.41 » 
C, 2.48 32 355.73 55-45 » 

Cs 2.46 30 27 47.76 47.63 » 

Cs 2.49 32 55 30.85 20.10 30.21 
Cio 2-48 32 14 51.40 gI.IO 50.99 
La 2.45 20. 8 3.260" 4.71 4.55 
Ca 2-40 31 314.06 13.38 13.29. 


La stella C,=C. G. A 28032 ha la particolarità (ignota fino a questo momento) di 
avere un significante moto proprio in declinazione verso il sud. Le declinazioni di essa 
ridotte tutte al 1887.0, presentano l’ aspetto: 


Lacaille 1750 d=— 31 135.7 8) 
Cordoba 1875 13 11.9 
Stone 1880 13 14.6 
Oss. Capod. e Cord. 13/200, 


à ; ; dè piso \ ; i 
ed i valori della derivata 7, sono dalle combinazioni di questi numeri ed epoche i se- 
guenti: 


_ 01770 
0.540 
0.771 
0.761 
0.761 
0.675» 


il cui medio è — 0°.713. Il moto in « pare insignificante. 

La stella è di grandezza 6-7. 

Quanto alle stelle zenitali di Cordoba, osservate per riflessione a Capodimonte, ne 
ricavo qui le declinazioni in due diverse condizioni. Prima si ammette che il termine 
w+-f. sen £ sia uguale a quello delle osservazioni dirette, e si debba anche sottrarre 
alle distanze zenitali osservate, e poi facciamo il paragone senza fare questa correzione 
alle riflesse, che è alquanto arbitraria. Si ottiene così una doppia colonna di valori in 
ciascuno dei tre sistemi di osservazioni, 


8) Qui non avrebbe senso alcuno una introduzione delle differenze sistematiche dei cataloghi per la 


dè 
grande incertezza del Lacaille. Tuttavia i valori 57 dove il Lacaille non entra, sono abbastanza d’ ac- 


cordo con quelli dedotti col Lacaille. 


È MM 


Quanro V. Stelle zenitali a Cordoba — Osservazioni riflesse di Capodimonte — Declinazioni 1887.0. 


+ (C.E.A + C.E.B) 3 (C.E.A + C.E.B+ C.0.B) 3 (CE + C.0) (A e B) 


Corr. Bruto Corr. Bruto Corr. Bruto 
Ci, — 3113 19.93 17.46 » » » » 
C, 30 51 SI.IT "29,05 » » » » 
(0 31 59 47.51 45.04 » » » » 
C, <>, 37.31 34.84 37:29 34-82 » » 
Cs 3241 57.18. 54.69 57:45. 5496 » » 
Cs 30 10 44-83 42.37 45.00 42.58 » » 
0, 32 3 55.82 53.34 56.38 53.90 » » Tutta incerta (3 
G; 30 27 49.51 47.05 49-84 47.38 » » 
Co 32 55 31.94 29.45 32.45 29.96 32.02 29.53 
Leo 2-14. 63.10 50,62 53.38 50,90 52.96 50.48 
Ci 30 8 6.14 3.69 5.96 3.51 5.75 3-30 
Cia di 3 13.84 11.38 14.82 12.36 14.92 12.46. 


Ora facendo il paragone delle declinazioni assolute australi Dirette-Riflesse cor- 
rette e Dirette-Riflesse brute, e considerando il piccolo termine dipendente dalla lati- 
tudine del centro del mercurio diversa della latitudine del cerchio meridiano di circa 
o'.06, che nel nostro caso è 0°.03 tg 3=0". og da togliere alle DZ, per averle come se 
il mercurio stesse sulla verticale del cerchio, ne viene che le declinazioni del quadro 
precedente debbono essere aumentate di altrettanto (o diminuite se le declinazioni si 
considerano come negative). 


Quapro VI. Quadro delle differenze di declinazioni australi assolute D—R per le tre serie di osservazioni 
e nelle due ipotesi del quadro V. 


1 
Di (C.E.A + C.E.B) = (C.E.A+C.E.B+C.0.A) vi (C.E-+ CO)(A e B) 

Corr. Bruto Corr. Bruto Corr. Bruto 
C, — 0.02 + 2145 » » » » 
C, + 1.15 + 3.71 » » » » 
C, + 0.80 + 3.27 » » » » 
C, — 0.27 + 2.20 — 035 + 1"92 » » 
C, — 0.31 + 2.18 — 1.08 + 1.41 » » 
C, — 1.12 + 1,24 — 1.68 + 0.74 » » 
G — 0.18 + 2.30 — 1.02 + 1.46 » 
Cz — 1.84 + 0.71 — 2.30 + 0.16 » » 
Ca — 1.09 + 1.40 — 2.35 + 0.14 181 + 0.68 
Cio — 1.79 + 0,69 — 2.37 + 0.11 — 2.06 + 0.42 
Co — 0.98 + 2.47 — 1.34 + 1.11 — 1.29 + 2.16 
Cnr +0.13. +.2.59 1,53). gt 2:93 — 2.62... 40.74 


M° — 0.45 + 2.10 — 1,56 + 1.02 — 1.82 + 1.12. 


— 16 — 

Questo quadro ci fa vedere diverse cose interessanti: 1° A misura che cresce la pre- 
cisione delle osservazioni con eliminazione degli errori accidentali e strumentali , la diffe- 
renza D — R va crescendo. Dunque questa differenza è un fatto reale *), e si noti che la 
flessione astronomica, tranne la flessione oculare, della quale si è tenuto conto, si elide 
quasi interamente. 2° Non correggendo del binomio w+-f sen.z la DZ nemmeno, si ha 
D-R—=0,e la quantità incognita che produce D=R rimane anche a trovare. 3° A nes- 
sun patto sì può osservare una stella promiscuamente a visione diretta e per riflessione; 


confondendo poi i risultati, o anche separandoli per trarre da essi fatti strumentali , 0 la 
latitudine. i 


$ IL 
Risultati finali di Cordoba corretti di v e della rifrazione, ridotti al 1887.0. 


A metà delle osservazioni fu dal D Thome falta una serie di osservazioni ri- 
guardanti il v, e ciò alla posizione C.0.B dello strumento. I risultati furono i seguenti: 


Quapro VII. f.N £.S N-S 
Sett. 29. + 2:33 + 2124 — 0.09 

30 9502 2.95 +17 

Ott.: 1 3.22 2.90 232 

2 0.29 0.13 .16 

3 0.86 0.66 .20 


M° + 0.19 Correzione = #0".095 
Si prende  To".10, 


mentre che le osservazioni correnti sono fatte sempre f.N. Dunque tutte le DZ delle 
stelle boreali debbono esser corrette di —o”.10, e quelle delle australi di + 0°. 10; 
e quindi le stelle zenitali di Capodimonte debbono avere le loro declinazioni diminuite 
e le zenitali di Cordoba (settentrionali e meridionali), accresciute (in assoluto). Presento 
le riduzioni fatte a Cordoba con questa correzione già fatta, ricavando poi l’w per le di- 
stanze zenitali al Sud ed al Nord. 


?) È ben vero che a Greenvich da parecchi anni si vanno facendo i paragoni D—R, ma non se 
ne assegna un motivo plausibile. Dal 1883 al 1888 ho fatto (intercalando con la latitudine) parecchie . 
lunghe serie di osservazioni in proposito, che giacciono ancora non ridotte, per mancanza di tempo. 


C, (Sett.)(— 31°13') 


C.O.A Sett. 20 
21 


22 
M° 


C.0.B Sett. 27 


C.E.B Ott. 5 


C.E.A Ott. 13 


0=3 (£.N.—fS.)=— 0.48 


= = 


1. — Declinazioni delle stelle zenitali a Cordoba. 


f.N 


20.49 Sett. 23 


19.80 
19:79 


20.00 


13.63 
19.16 
19 6I 


19.13 
20.07 
19.46 
20.44 
19.99 


19.10 
21,36 


20.10 


20.15 


Sett. 
Ott. 


Ott. 


Ott. 


è—=— 31 13 19.34 


24 
26 


30 


C,(Merid.) (—31°59') 


C.O.A Sett. 20 
21 


22 
M° 


C.0.B Sett. 27 
28 


f.N 
48.25 
47.13 
49.35 


43.24 


46.06 
47.72 
47.07 


46 95 


Sett. 


Sett. 


Ott. 


23 
24. 
26 


30 
I 


2 


ATTI — Vol. V.— Serie 2." — N.° 10. 


£S 


18.04 
18.40 
18.11 


18.18 


19.78 
17.84 
18.56 


18.73 


18.61 
18.83 
18.49 


13.64 


20.22 


20.99 
18.42 


19.88 


C.O.A 


C.0.B 


C.E.A 


wa 1 (EN.—£.S)=— 0,31 


C, (Sett.) (— 30°51') 


Sett. 20 


Set 


Ott. 


2I 


22 


M° 


t. 27 


M° 


f.N 
32.61 
32.79 
32.28 


32.56 


30.47 
31.10 
31.02 


30.86 


30.42 
31.63 
31.49 


31.18 


31.80 


31.72 
31.80 


3IZZ 


Sett. 


Sett. 
Ott. 


Ott. 


Ott. 


d=— 30 s1 31.28 


C, (Sett.) (— 31°8) 


C.O.A Sett. 20 


2I 


22 


M° 


C.0.B Sett. 27 


28 
29 


M° 


f.N 
37.63 
37.28 
37.80 


Sett. 


23 
24 
26 


30 


23 
24 
26 


f. 


(02) 


36.20 


35-59 
35-14 


35.64 


35:74 
35.41 
35.19 


35:45 
3 


fondi su 


C,(Merid.)(—31°59') C, (Sett.)(—31°8") 
f.N f.S fN £.S 
C.EB Ott. 5 4923 Ott. 8 47.18 C.E.B Ott. s 3743 Ott. 8 3547 
6 47.69 9 47.50 6 30.12 9.96.73 
7.46.75 10 46.63 7587.2101 10" 36:11 
M° 47.89 47.10 M°._ 36.92 36.24 
C.E.A. Ott. 13 47.03 Ott. 20 49.30 C.E.A Ott. 13 36.29 Ott. 20 38.56 
14 47.83 26 47.38 14 36.79 26 36.12 
160 48.24 28. 47.30 19. 36.56 28 37.66 
M° 47.70 47-99 M° 36.55 37.45 
il “ 1 “ 
w=- (£S_£N)=—o0.29 =: (Ata — oo 
() ‘ " O, “ 
è =— 31 59 47.40 d=—31836.51 
C, (Merid.) (— 32°%41') C, (Sett.) (— 30°10') 
£.N f.S f.N SES 
C.O.A Sett. 20 56. 32. Sett. 23 55.56 C.O.A Sett. 20 44:41 Sett. 23 42.70 
21 154.03 24 54.38 21 43.80 24 42.20 
2zlaicpca 26 654.50 22 43.90 26 41.86 
My b.50 54.81 M° 44.04 42.25 
C.0.B Sett. 27 54.82 Sett. 30 55.36 C.0.B Sett. 27 42.98 Sett. 30 42.84 
28° 56.26 Ott. 1 55.25 28 44/570 OttsL # 18337 
29 55-45 2 \Gh:22 29 43:75 2 42.80 
MESS 55.28 M° 43.77 43.00 
C.E.B Ott. 5 56.45 Ott. 8 54.90 C.E.B Ott. s 44.70 Ott. 8 43.35 
54.85 9 54.65 6 43.90 9 42.77 
55-75 10 54.48 7 4378 10 42.81 
M° 55.68 54.68 M° 44.13 42.98 
C.E.A Ott. 14 355.66 Ott. 20 57.11 C.E.A Ott. 14 4431 Ott. 20 44.84 
15 55-57 26 55.37 i 15 43.77 26 42.60 
16 54.32 28 55.57 16 43.80 28 44.17 
M° 55.18 56.02 M° 43.96 43.87 
1 sI 1 “ 
o=->(£S_£N)c_o.19 w=-> (IN—f.S) =— 0,47 


(0) ‘ “ o ’ “ 
d=— 32 4155-34 è =— 30 1043.50 


C.0,A 


C.0.B 


C.E.B 


C.E.A 


C.O.A 


C.0.B 


©, (Merid.) (—-32°3) 


Sett. 20 
ZI 
22 


M° 


Sett. 27 


Ott. . 4 


Ott. 13 


M° 


f.N 
56.09 
56.84 
56.23 
56.39 


55.20 
57.58 
54-37 


55-72 


57.19 
56.37 
56.43 


56.66 


88-14 
55-36 
55.99 


39*50 


Sett. 23 


Ott. 8 


10 


Ott. 20 
26 
28 


w=3 ((S-{N=— dss 


dè=— 32 355.51 


C,(Merid.) (— 32°55)) 


Sett. 20 
21 


22 
M° 


Sett. 27 
28 


DE, 


Me 


f.N 
29.83 
30.62 


30.11 


30.19 


29.68 


30-94 
28.87 


29.83 


Sett. 23 


£.S 
30.52 
29.18 
29.61 


29:77 
30.79 
29.03 


29.91 


29.91 


C.0.A 


C.0.B 


C.E.B 


C.E.A 


C.O.A 


C.0.B 


C; (Sett.) (— 30°27') 


Sett. 15 


Sett. 27 


M° 


f.N 
48.46 
48.34 
48.39 


48.40 


47.19 
48.12 


47.91 


Sett. 23 


Ott. 8 


Ott. 20 
26 


1 » 
“ca (IN-£S)=— 0.41 


o 


è=— 30 27 47.19 


C,,(Merid.) (— 32°14) 


Sett. 20 
21 


22 
M° 


Sett. 27 
28 


29 


M° 


£.N 


50.54 
51.09 
51.93 


51.19 
50.91 


51.82 
50.33 


51.02 


Sett. 23 


24 
26 


£.S 


47.51 
46.62 
45.88 


46.67 


46.84 
46.29 
45.07 


46.07 


47.36 
46.67 


46.25 
46.76 


48.86 
46.86 


47.08 


47.60 


f.S 
50.14 
49.95 
48.94 


49.68 


51.40 
49.24 
49.66 


50.10 


C, (Merid.) (—32°55') Co (Merid.) (—32° 14) 
f.N £.S f.N f.S 
C.EB Ott. 5 2997 Ott. 8 2970 C.E.B Ott. 5 540.84 Ott. 8 5074 
6 31.33 9 29.83 6 51.75 0 950.48 
7 Regi IO 29.40 7° Gia IO 50.23 
M° 30.80 29.64 M° 51.23 50.48 
GEA Ott. 13 29/66 “PIL zo 31.52 C.E.A Ott. 13 49.79 Ott. 20 52.67 
14 30.85 26 ‘29.70 14 52.10 26 50.35 
19 30.92 28 29.89 19 51:64 228. 60.71 
M° 30.24 30.37 M° 51.18 91.24 
1 n 1 de 7 
w=5 (£S_£N)=— 0.17 ‘ w= (fS_EN)=—0.39 
o ‘ “ o Ù 4 
d=— 32 55 30.09 è = — 32 14 50.77 
C,, (Sett.) (— 3098’) C,a(Sett.) (— 31°3") 
£.N £.S f.N f.S 
C.O.A Sett. 20 4.66 Sett. 23 3:13 C.O.A Sett. 20 14.38 Sett. 23 13:47 
21 + 5:35 24: 2 8-70 2.0 13:42 24 12.36 
î%; Esa 201 83:96 22. 1475 26 12.97 
M° — 5.28 3.56 M° 14.18 12.93 
C.0.B Sett. 27 . 4-79 *:Sett. 30 5.15 .C.0.B Sett. 27 14.09 Sett. 30 12.91 
28 457 ‘Ol. u 359 28 14.28. Ott. 1 ara 
29 4.47 2 307 29 13.58 2 13.09 
M° 471 4.24 5 M° 13.98 i 12.64 
CEB Ott.$ 473 «Ut. S 434 C.E.B Ott. 14.19. Ott. 8 13.52 
6 5.61 9 3.78 6 14.45 Q 12.20 
7 466 IO 4.90 7-14.I1 10 13.18 
M° 5.00 4.34 M° 14.25 12.97 
GEA Ott _13 361, it 20. 653 C.E.A _Utt. 13 13.55 . Ok 20 assi 
14 5.06 nana — — 26 - 13.51 
15 SR 28 3.61 19 1345 28 12.98 
M° 4.60 4.29 i MA 1750 14.00 
1 “ ; 1 “ 
0= > (N —£.S)=— 0,40 w= 3 (£N_£S)——o.42 
è—=—- 30 8450 d=— 31 31 3.56 ) 


‘0) Qui il medio generale è preso = e quindi è alquanto meno simmetrico che gli altri. È una- 


ped” a 
Riunendo le stelle per classi, si ha pel valore di w: 


Stelle Sett. Stelle Merid. 
C, w=—0.48 Cs, w=—0.29 
C, — 0.3I GC; — 0.19 
Cc, — 0.30 0, — 0.55 
€, — 0.47 Co — 0.17 
Cs — 0.41 Co — 0.39 
Ci — 0.40 
Di — 0.42 
M° — 0.40 M° — 0.32 


Ma non essendovi altra differenza che 0.08, e non essendoci ragione apparente per- 
chè il fenomeno debba succedere diversamente dalle due parti del zenit, concluderemo 
che il D Thome avvicina le stelle al zenit di 0.37, mentre che io le allontano di 0.28. 
Se sì esaminano separatamente i risultati ottenuti alla posizione C. E. A, si troveran- 
no alquanto discordi dagli altri; ma è probabite che all'ultimo l’ osservatore si trovas- 
se in una diversa disposizione di animo che non al principio, o anche, che con l’ eser- 
cizio di queste osservazioni speciali il suo giudizio si sia successivamente modificato, 
il chè è reso probabile dal fatto che le più forti differenze f.N. — f.S.; o viceversa, si 
trovano nella prima serie di osservazioni, cioè alla posizione C.O.A. Ad ogni modo 
se questo w sì elimina nella osservazione delle zenitali di Cordoba, a causa della manie- 
ra in cui esse osservazioni sono state istituite, non si elimina punto nell’osservazione 
a Cordoba, delle zenitali di Capodimonte, e converrà tenerne rigorosamente conto. 

Per ottenere l’errore di orientazione e del cerchio meridiano di Cordoba, richiamo 
l’espressione: 


= 7 (GG) (Gia) ’ 


e si debbono formare le coppie di stelle pressochè ugualmente distanti dal zenit dalle 
due parti. Possiamo fare cinque coppie indicate con i numeri I, Il, III, IV, V e formate 
come siegue, cioè: 


I da Cs e Ci 
II » C, e Ce 

HI > Coe (0A 

IV > C, e C, 

V » Cc e Cc 


libertà che mi sono presa trattandosi di stelle zenitali per le quali la refrazione ha pochissima presa. 
Per le stelle basse a Cordoba questo non si deve fare, sì perchè per esse la refrazione è meno sicura e 


ea Tm ° 5 
sì perehè quivi la mobilitazione essendo stata fatta per D' l'assenza di una osservazione produce mag- 


sgior di simmetria. 


= @@ = 
deducendo poi per ciascuna stella la DZ nelle quattro posizioni principali strumentali ed 
in ognuna di esse prendendo 3 (f.N-+ f.S), calcolando con la latitudine —31°25 15.50 


ed indicando per ogni coppia con 


Z, distanza zenitale della stella meridionale C.O.A 


DO, » » » » » C.E.A 
A » » » » » C.0.B 
pie” » » » » C.E.B 
(A » »  dellastella settentrionale C.0.A 
da » » » » » C.E.A 
& » » » » » C.0.B 
& » » » » » C.E.B 


si ottiene riguardo alle distanze zenitali nelle disposizioni contrarie dell’ obbiettivo e del- 
l’oculare: 


A B 

Coppia I — 0.09 ilary 

Dt 15 24 

IRR 3! 20 6 

» CIV 14 25 

Dici 18 22 
M°— 0.15 — 0.18 Medio=0".17, 


e per conseguenza pel cerchio meridiano di Cordoba si ha per le distanze zenitali per 
le stelle 

Meridionali C.E—0.17=C.0+-0:17 

Settentrionali C.E+0.17=C.0—0.17 !'). 


1!) Questa ricerca vale per quelle osservazioni a quello strumento che non siano fatte in tutte le 
disposizioni dello strumento, ma pel caso attuale è evidente che l’errore e si elimina nel medio generale. 


Esa 1° een 
‘2. — Declinazioni delle stelle zenitali a Capodimonte. 
Qui si riportano (per quello che si è detto) le declinazioni diminuite di o°.10, per 


correggere l’ errore denominato v, e non vi è l’osservazione con la faccia alla plaga 
opposta perchè impossibile. 


Z, Zy Ly Z, Zs Zy 
+ 42°3" + 40°%22" +-41°%48" +41°33"  +-40°26° + 39°54 
C.O.A Sett. 20° 22.63 47.90 4420 7:8 G 60.99 20.63 
21 21.28 48.39 44.82 9.01 59.51 21.65 
22 21.96 49-29 45.29 9.71 62.92 21.70 
23 22,58 47.64 42.59 6.06 61,20 19.69 
24 22 40 90.26 45-49 7.35 61.54 21.68 
26 22.16 50.52 44.98 9.60 63.41 25.28 
M° 22.17 49.00 44.56 8.26 61.56 2U77 
C.0.B Sett. 27 21.38 91.00 43-93 8.93 62.06 23.20 
28 20.95 50.48 44-53 9.85 62.99 23.34 
29 22.03 49.19 45.70 10.52 62.79 23.39 
30 20.47 49.58 43.64 9.42 61.11 20:35 
Ott. --I 20.92 49.91 45.06 6.48 61.63 23.70 
2 22.60 50.58 46.29 10.16 62.84 26.84 
M° 21.39 50.12 44.86 9.28 62.24 23.47 
C.E.B Ott. s 20.16 49.20 43:75 6.09 58.88 19.17 
6 22.55 48.68 44.14 10.08 61.82 22,53 
7 2077 48.91 45.16 8.60 61.07 22.01 
8 22.48 49.48 44.26 9.86 60.67 22.10 
9 20.66 49.94 44.55 9-35 60.95 22.62 
10 21.74 49.84 43.72 7.64 60.39 23-79 
M° 21.56 49.34 44.26 8.60 60.63 22.04 
C.E.A Ott. 13 —_ 49.03 44.92 10.23 61.75 21.32 
14 21.47 43.22 —_ — 61.14 24.63 
15 21.60 48.71 44.72 8.15 60.88 23.60 

16 1 49-57 mn 7a Tri THE 
20 —_ 46.35 43.63 5.93 61.03 22.12 
26 —_ — _ 6.85 60.05 20.88 
28 _ — — 7.40 60.85 22.53 


cd £ 


Z, Zy Zy Zio Zi Zia 
+ 40%17"  +40°%37 +42%23" 4+41°30° +4.39°38" +-aro 
C.O.A Sett. 20 3225 19.64 36.08 30.94 697 4.79 
21 32.04 20.60 37.10 31.07 7.51 ‘3.48 
22 33.05 20.93 37.80 32-13 QI III 
23 32192 17.02 35.94 31.46 5.41 2.08 
24 35.02 20.12 38.61 32.43 6.95 3.03 
26 34.90 20.21 38.11 34.17 8.98 4.92 
M° 3330 19.75 37.27 32.03 7.50 3:43 
C.0.B Sett. 27 34.23 19.93 37.84 33.54 8.04 4.42 
28 33.04 DIASS 36.03 Sar 7.80 3.40 
< 29 33.66 21.16 37.15 33.70 10.46 7603, 
30° 32.33 20.20 37-77 30.49 6.19 3-25 
Ott. !*1 zl 19.73 37.76 34-40 7.49 3.69 
2° 34.17 22.64 39-94 34.09 9.43 4.63 
M° 33-25 20.86 37 76 32.93 8.23 442 
C.E:B. Ott. “Ss 30.80 18.25 38.40 32.64 073°" 4.05 
6 32.97 21.13 38.19 33.06 5.63 3.65 
7 32.82 20.30 38.23 3157 7:33 3.66 
8 33.85 20.45 36.78 31.42 6.77 2.96 
9 31.91 19.17 38.19 93523 7.20 4.42 
10 31.62 20.95 36.06 32.08 FAT 2.97 
M° 32.33 20.04 37.64 32.33 6.80 3.62 
C.E.A Ott. 13 32:72 21.05 age: 31.44 7.82 3.90 
14 34.24. 22.03 36.53 32.26 — 2.89 
15 31.62 —_ 37.13 32.41 7.09 2.58 
20 30.97 19.58 36.14 31.86 6.33 FAO. 
26 31.74 tg.II 37.25 31.82 15 2.42 
28 33.88 19.03 36.88 31.21 8.83 4.09 
M° 32.52 —_ 37.63 31.83 — 3-17. 


Ora, le prime quattro stelle non hanno il numero completo di osservazioni, eviden- 
temente perchè verso la fine di Ottobre i giorni nell'emisfero australe erano già troppo 
allungati, ed anche le stelle Z, e Z,, mancano ognuna di una osservazione nella quarta 
serie. Cosicchè vi sono 6 stelle complete, pel cui medio generale e viene eliminato, e 6 
altre, nel cui medio di tre posizioni strumentali e rimane per intero, rimanendo poi per 
tutte egualmente l’ errore w e la flessione astronomica. Prescindiamo momentaneamente 
da questi due ultimi errori e consideriamo ') due serie di valori delle declinazioni di 
queste stelle, la prima di tutte le stelle osservate alle posizioni C.O.A, C.0.B, 


'?) Presso a poco lo stesso di quello che ho fatto per le stelle osservate a Capodimonte. 


LO 


C.E.B, e la seconda delle sei complete soltanto. Abbiamo avuto precedentemente nella 
ricerca di e, e per le distanze zenitali delle stelle settentrionali: 


C.E-+0.17=0.0— 0:17, 


equazione che per le zenitali di Napoli osservate a Cordoba regge nello stesso senso. 
Dovremo dunque per queste stelle prendere il medio dei risultati a C.0.A,C.0.A e 
C.E.B, sottraendo ai due primi medii parziali 0.17, ed aggiungendo la stessa qualità al 
terzo, cioè sottraendo questo valore di e al medio bruto. Facciamo questa operazione 
e prendiamo anche il medio generale nelle sei stelle complete, ed avremo per le declina- 
zioni al 1887.0: 


Quapro VIII. M° di 3 Posiz. M° generale 
Z, 4-42 321.54 » 
Z, 40224932 » 
Zi 41 4844.39 » 
Zi 4133 8.54 » 
i 4027 1.31 1135 
Zi 39 54 22.26 22.45 
Z, 40 17 32.79 32.80 
Zs 40372005 » 

Zs 42 2337-39 37.58 
Zio 41 3032.26 32.28 
Zi, 3938 7:34 » 
dae ad410 368 3.66. 


Questo quadro già fa vedere che la flessione astronomica nel cerchio meridiano di Cor- 
doba '*) deve essere eccessivamente piccola, ma volendo tuttavia fare un tentativo per 
rintracciarla '*), si può procedere come segue. Se la flessione fosse nulla dovrebbe es- 
sere per le distanze zenitali, e nel nostro caso per le declinazioni delle zenitali di Ca- 
podimonte osservate a Cordoba: 


1 1 
= (CE+-CO)A a (C.E+C.0)B=0, 
e nel caso che essa sia diversa da zero 
1 1 
5 (C.E-+ C.0)A—-—(C.E{-C.0)B=27, essendo f la flessione a 72°16" dal Zenit. 
(differenza di latitudini). In questa equazione èw (non ancora considerato) sparisce per 
sottrazione e si ha in ordine dalle sole sei stelle complete 
f=— 0.20 . 
Ma certamente questo valore non si può ritenere, e val meglio non tenerne conto "*). 
13) È ritenuta inseusibile da quegli osservatori. 
14) Tutto teoretico perchè appoggiato a pochissime stelle. 
1") Perchè la determinazione fatta a Cordoba deve essere fondata sopra un numero molto mag- 
giore di osservazioni, ed inoltre, perchè, se si tenta lo stesso procedimento su alcune delle stelle che 


hanno soltanto 5 osservazioni a C.E.A si trovano valori di segno contrario che tendono ad annullare 
il valore ottenuto. 


Arti — Vol V.— Serie 2.— N° 10. 4 


- a 
Ad ogni modo le distanze zenitali riescono maggiori nella posizione B che nella A, e 
quindi la quantità 0.20 si deve sottrarre alla posizione B ed:aggiungere alla A. 
Rimane ora a correggere le osservazioni a Cordoba delle zenitali di Capodimonte 
dell’ errore w, trovato dalle zenitali di Cordoba, e che risulta in media di — o°. 37. Dun- 


que le declinazioni precedenti debbono tutto essere aumentate di 0°. 37 per avere i più 
probabili valori, che sono i seguenti: 


Quapro ]X. M° di 3 Posiz. M° generale 
Z, Men 321/90 » 
Za 40 2249.68 » 
Z, 41 4844.75 » ‘ 
Z; «33 d.go, » 
Z. 3027 1.67 1°71 
Zs 39 5422.62 22.81 
Z, 401733.15 33.16 
Zi .40 3720.41 » 
Z, 42233775 37.94 
Zio ad 33262 32.64 
Zi, 3938 7.70 » 
Zu "R4L,0 4.01 4.02 . 

$ 1 


Deduzione dei risultati più probabili delle osservazioni precedenti. 
1. — Stelle zenitali di Cordoba osservate simultaneamente. 


Riportiamo qui tre paragoni faiti secondo il quadro IV, e prendiamo per semplicità 
le declinazioni australi in assoluto. Le differenze saranno Capodimonte— Cordoba, ed 
indichiamo con I, II, III le colonne di quel quadro. Si ha così: 


Quapro X. L iva III 
C; + 0.66 » » 
C, + 1.17 » » 
C, + 1.00 » » 
C, + 0.62 + 0.32 » 
C, + 1.62 + 1.12 » 
Cs + 0.20 -— 0.09 » 
05 + 0.22 — 0,06 » 
C; + 0.57 + 0.44 » 
C. + 0.76 + 0.01 + 0:12 


Go + 0.63 + 0.33 + 0.22 
Cu + 0.75 + 0.21 | 0.05 
Gi, + 0.50 — 0.18 — 0.27 
M° + 0.72 + 0.17 + 0.03. 


5 SA 

Si deduce da questo primo paragone, che a misura che le osservazioni di Capodi- 
monte divengono più complete, la differenza con le zenitali di Cordoba tende a zero. Dun- 
que fino a 73° di distanza zenitale il raggio stellare passando sul mare prima e poi sulla 
città, si refrange sensibilmente secondo le tavole Besseliane di refrazione. 


2. — Stelle zenitali di Capodimonte osservate simultaneamente. 


Chiameremo qui con I, II, III le tre colonne del quadro HI, e con I, II, quelle del qua- 
dro VIII, e faremo anche le differenze nello stesso senso del precedente. Si ha così: 


Quapro XI. I-1I, I-II, IHI-]I I-II Mi, III, 
Zi — 1.12 » » » » » 
Z, — 1.68 » » » » » 
Zz, — 0.87 » » » » 
Z, — 090 » — 0.$1 » » » 

Z, — 095 — 0.99 — 0.59 ti » » 

Zs — 0.14 — 0.33 + 0.09 — 0.10 » » 

Z, — o2I — 0.22 + 0.21 -| 0.20 » » 

Zg -—— 0.33 » + 0.09 » » » 

Zy, — 0.59 — 0.78 — 0.36 — 0.55 oc — 0.72 
Zio — 1.09 — 1.11 — 0.69 — 0.71 — 0.76 — 0.78 
Z,, — 062 » — 0.12 » — 0.23 » 

Zia — 050 — 0.51 — 0.32 — 0.33 — 0.44 — 0.45 + 


Da questo quadro risulta senza dubbio che le declinazioni di Cordoba delle zenitali 
di Capodimonte sono troppo forti. Dunque nel continente Americano meridionale le re- 
frazioni dentro terra verso il Nord non coincidono con le Besseliane, e queste ultime deb- 
bono essere alquanto diminuite. Le colonne di differenze più omogenee sono la prima e 
la sesta. Dalla prima si cava — 0”. 75 e dall'ultima — 0°. 65. 


Questi risultati non sono comparabili per la natura delle osservazioni dalle quali 
vengono. Tuttavia non saremo lontani dalla verità, assumendo — 0.70. Essendo il me- 
dio delle refrazioni usate a Cordoba di circa 170°, risulta che le refrazioni Besseliane 
si debbono colà ridurre nel rapporto di 1:0.9959. Questo risultato è reso più degno di 
fede dei risultati dello Stone al Capo di Buona Speranza, dove quell’astronomo anche 
credette diminuire le sue refrazioni teoretiche di quantità vicinissime al mio risultato. 


finita di stampare il dì 4 Marzo 1893 


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3 


Vol. V, Serie 2° N° 44. 


ATTI DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


GLI ANELLIDI TUBICOLI TROVATI NEL GOLFO DI NAPOLI 
DA 


SALVATORE LO BIANCO 


Memoria premiata dalla suddetta Accademia 
nell'adunanza del dì 17 Dicembre 1892. 


PREFAZIONE 


Questo lavoro non ha la pretesa di essere una monografia degli Anellidi tubicoli 
del Golfo di Napoli, ma soltanto una modesta contribuzione alla conoscenza del 
gruppo. 

Mi sono limitato alla enumerazione e alla descrizione sistematica di quelle specie, 
che ho avuto l’opportunità di raccogliere nel Golfo, e che ho potuto con precisione i- 
dentificare. Certamente ulteriori ricerche vi potranno far rinvenire parecchie altre for- 
me, che non figurano in questo mio lavoro, tanto più che non mi è occorso di avere 
alcune specie già trovate da altri nel Golfo. 

D’altra parte però ho potuto aggiungere varie specie a quelle già note, di cui al- 
cune nuove per il Mediterraneo, nonchè tre nuove affatto per la scienza. 

Alla descrizione di ciascuna specie ho fatto seguire le notizie biologiche, che mi è 
stato possibile raccogliere, e specialmente quelle trascurate dagli autori precedenti, 
quali, ad esempio, il colore dell’animale vivente, la costituzione e la presenza del tubo 
in alcune famiglie, l’epoca della riproduzione e la loro ubicazione. 

In ultimo ho creduto dare un cenno della distribuzione delle specie nel Golfo, fa- 
cendo rilevare quello che la Fauna del nostro Golfo ha di comune col Mediterraneo e 
con altri mari. 


Napoli, Seltembre 1892. 
ATTI — Vol. V.— Serie 2+— N11. 1 


e - 


Gli Anellidi tubicoli di Cuvier, chiamati Sedentarz dal Lamarck e Limivori dal 
Grube sono Chetopodi con corpo diviso in due o tre regioni, con lobo cefalico per lo 
più poco sviluppato, ordinariamente provvisto di numerose appendici tentacolari, che 
servono talvolta come organi di prensione; spesso esso è saldato con l’anello boccale. 
L’anello boccale porta l’ apertura orale e può essere armato da una proboscide di me- 
diocre grandezza, non si trovano armature chitinose, come mascelle ecc., tanto comuni 
negli Erranti. 

Gli occhi spesso esistono e non sono mai di una organizzazione complessa; essi 
possono trovarsi sul lobo cefalico, su tulti i segmenti del corpo, compreso l’ultimo po- 
steriore, e su diversi punti dei cirri branchiali. 

Generalmente il torace è più sviluppato dell’addome, ha parapodii più grossi ed 
armature di setole speciali. I segmenti toracici, specialmente gli anteriori, portano le 
branchie quando queste esistono; esse hanno forma variabilissima dal semplice rigon- 
fiamento parapodiale dei Capitellidi al cirro branchiale dei Serpulidi. Molte specie 
hanno organi di respirazione anche sulla regione addominale del corpo. 

I parapodii sono sempre più o meno ridotti; il ramo superiore porta ordinaria- 
mente setole capillari: quello inferiore, rappresentato spesso da una cresta lransversale, 
porta setole a uncini. 

I Tubicoli fabbricano d’ ordinario un tubo più o meno consistente, formato dalla 
secrezione delle glandole mucipare, che sono organi segmentali trasformati; questa 
secrezione può essere di varia natura secondo le specie, talvolta mucosa, ma più o 
meno consistente, ovvero calcarea. 

Quelli che vivono sotterrati nel fondo, o nascosti nei corpi sommersi, spesso non 
hanno nessun rivestimento (Ofeliacei, Arenicolidei, Policirridi ecc.). Alcuni fanno un 
tubo temporaneo, che abbandonano nel recarsi da un luogo all’altro (Amphiglena, al- 
cune specie di Myxicola). Molti rivestono il tubo con, fango sottile , granelli di sabbia, 
pietruzze e detriti vegetali o altri corpi (Chetopteridi, Terebellidi, Maldanidi ecc.). 

I soli Serpulidi hanno il tubo di sostanza calcarea. 

Il rivestimento fangoso nel tubo delle Sabelline si forma nel modo seguente. Mercè 
il movimento delle ciglia vibratili, che covrono l'apparecchio branchiale imbutiforme, 
si origina una corrente d’acqua diretto verso la bocca, la quale trascina le particole di 
fango, piccoli organismi e sostanze alimentari che vi sono sospese. Il fango non essen- 
do digerito è cacciato fuori dall’ apertura anale , e passando per il solco ventrale giun- 
ge all'orlo del tubo ove si deposita. 

Generalmente i Tubicoli sono dioici ed emettono le uova racchiuse in nidamenti 
gelatinosi di diversa forma, che attaccano sull’orlo del tubo, nell’interno di esso oppu- 
re sul fondo. Alcuni sono ermafroditi, e questi ordinariamente sono piccoli, ed in mas- 
sima parte appartengono ai Serpulacei ( Amphiglena, Salmacina, Spiîrorbis, Pileola- 
ria ecc.); essi depongono le uova nell’interno dei tubi, oppure nel peduncolo. dell’ o- 
percolo. Le larve ciliate che lasciano l’uovo, generalmente si fissano in vicinanza de- 
gli adulti formando colonie più o meno numerose; alcune specie invece menano per 
alcun tempo vita pelagica; tali, ad esempio, la Mitraria dei Maldanidi, la larva meso- 
troca del Chaetopterus, la metacheta degli Spionidi ecc. 

In varii casi, oltre la riproduzione sessuale, vi è quella per scissiparità (Salmaci- 
na, Telepsavus). Tutti i Tubicoli come gli altri Anellidi hanno la facoltà di rigenerare le 
parti del corpo. 


— 

Riguardo l’ ordinamento delle specie ho segufto il Carus (Prodromus Faunae Me- 
diterraneae , 1885), eccetto in alcuni casi, nei quali ho creduto opportuno introdurre 
qualche modificazione suggeritami dalle mie osservazioni o dai più recenti lavori. Per 
esempio, seguendo l’Eisig ho posto i Capitellidi tra gli Arenicolidi ed i Maldinidi; ho 


‘altresì escluso dagli Anellidi tubicoli gli Sternaspidi, i quali negli ultimi tempi vengo- 


no considerati come Gefirei. Contrariamente al Carus ho creduto uniformarmi alle re- 
gole generali della nomenclatura zoologica, facendo seguire al nome della specie quello 
dell’autore che l’ha creata, anche quando il genere è stato posteriormente mutato. 


FAMIGLIA CIRRATULIDA v. Crs. 


Gli animali che formano questa famiglia sono molto caratteristici per la uniformità 
del loro aspetto esteriore. A prima vista, e specialmente quando il loro corpo è aggro- 
vigliato, si potrebbero scambiare per Terebellidi, non vedendosi chiaramente la posi- 
zione dei cirri tentacolari. 

Il corpo non è mai perfettamente cilindrico, ma quasi sempre un po’ depresso, 
talvolta prismatico e attenuato alle due estremià. 

La testa è conica, breve e raramente provvista di cirri; talvolta porta macchie 
oculari. La bocca pop si apre nella parte ventrale. 

I segmenti sono corti e numerosi e tutti sulla parte dorsale, o solamente alcuni 
anteriori; portano branchie filiformi molto allungate e contrattili. Esistono rami setiferi 
dorsali e ventrali, poco sviluppati, con setole capillari o aciculati. 

I Cirratulidi vivono sempre nascosti, o nei fondi molli o nelle cavità di alghe co- 
ralline, degli scogli e di altri corpi sommersi, da dove estendono i loro cirri, che fun- 
zionano pure. da organi di prensione. Non hanno un tubo proprio. 


GENERE CIRRATULUS Lam, 


Corpo un po’ schiacciato con segmenti numerosi e brevi; il lobo cefalico è promi- 
nente, quasi conico, con l’estremità arrotondato e ben distinto dall’ anello boccale. 

I primi segmenti del corpo non hanno appendici di sorta; a cominciare dal 5° seg- 
mento si trovano le branchie laterali ed i filamenti dorsali; le prime mancano nei seg- 
menti posteriori del corpo. 

I due rami parapodiali sono poco sviluppati, molto avvicinati tra loro, e tanto 
quello dorsale come il ventrale portano setole capillari; in alcune specie portano anche 
aciculi. 


Cirratulus chrysoderma Clpde. 


Corpo sottile lungo 2-2 ‘/, cm., largo 0,05 mm., con più di 150 segmenti, che 
portano in tutti e due i rami setole semplici allungate. 

Nella parte anteriore i quattro primi segmenti sono sprovvisti di cirri branchiali, e 
solamente al 5° appariscono in numero di 3 paja; allo stesso segmento le setole diven- 
tano più lunghe. Tutti gli altri segmenti portano un solo paio di cirri dorsali, che a po- 
co a.poco diventano laterali. 

La regione posteriore si assottiglia, è più trasparente del resto del corpo, e alla sua 


= ea 
estremità forma una papilla con l’ apertura anale alla parte ventrale. Il colore dell’ani- 
male è verde-bruno. 

In Giugno si trovano individui con prodotti sessuali maturi. 

È una specie litoranea che non vive oltre i 2 metri di profondità, si annida tra le 
colonie di Balani e raccoglie del fango, con cui si covre. Alla Punta di Posillipo ne ho 
trovati esemplari assai grossi nascosti nel fango, misto a sabbia minuta, fra le radici 
della Posidonia Caulinii. Ì 


GENERE AUDOUINIA Qtrfgs. 


Corpo con la parte dorsale rigonfia e con quella ventrale piana, con segmenti cor- 
ti e numerosi; il lobo cefalico conico è molto acuto ; è distinto dall’ anello boccale. La 
bocca porta una proboscide poco sviluppata. I filamenti dorsali cominciano sempre 
dietro quelli branchiali; essi si trovano su tutti i segmenti sin quasi l’estremità posterio- 
re del corpo. i 

1 rami parapodiali sono alquanto distanti e i dorsali portano setole capillari, i 
ventrali aciculi e setole capillari insieme, talvolta ambedue portano aciculi. 


Audouinia filigera D. Ch. 


Sinonimia: 
Lumbricus .filigerus D. Ch. 
Cirratulus filigerus D. Ch. 
» Lamarckii (var.) Gr. 


Corpo lungo sino a 25 cm., largo 6 mm., con quasi 300 segmenti; il numero di 
questi è minore negli esemplari più piccoli. 

Nei rami dei parapodii dorsali anteriori non vi sono che setole capillari semplici ; 
al 40° segmento o più in dietro incominciano a vedersi sullo stesso ramo gli aciculi. 
Nel ramo ventrale gli aciculi si trovano fin dai primi segmenti. 

Il primo segmento anteriore , oppure il secondo setigero, portano le branchie la- 
terali; al 5° segmento setigero incominciano i filamenti dorsali. 

Il colore dell’ animale è giallo-aranciato ; i filamenti dorsali sono anellati di bian- 
co e di color rosso-sangue. 

Nel mese di Ottobre e di Novembre si trovano individui zeppi di prodotti ses- 
suali. 

È comunissimo su tutto il litorale nel fango misto a sabbia, e sotto le pietre nei 
luoghi con acqua poco mossa, Si trovano anche tra le radici di Posidonia, da 2-10 me- 
tri di profondità. 


GENERE ACROCIRRUS Gr. 


Corpo quasi cilindrico, allungato, sottile, con segmenti brevi e poco numerosi. 
Il lobo cefalico è sovrapposto all’anello boccale e si termina anteriormente a punta; 
esso è munito di 2 lunghi tentacoli e di occhi. Il 1°, il 2° ed il 3° segmento portano dà 
ciascun lato un cirro branchiale più piccolo dei tentacoli. I parapodii hanno il ramo 


= aa 
superiore che porta fasci di setole capillari lunghe e sottili, e quello inferiore con se- 
tole composte. 


Acrocirrus frontifilis Gr. 


Sinonimia : 
Heterocirrus frontifilis Gr. 


In un esemplare, in cui mancava la parte posteriore, ho contato circa go segmenti ; 
esso era lungo 8 cm. e largo 2 mm.; in un altro intero, lungo 2 cm., esistevano sola- 
mente 62 segmenti. 

Il lobo cefalico si termina a punta e porta sulla faccia dorsale due paja di mac- 
chie oculari disposte a trapezio, di cui gli anteriori molto più grandi. Non ho visto le 
piccole macchie oculari presso i tentacoli, descritte dal Marion e dal Bobretzky ‘). 

I tre primi segmenti portano un paio di cirri branchiali più sottili e più corti dei 
cirri tentacolari; nel primo, al disotto del detto cirro, se ne trova un altro molto più 
piccolo. 

Le setole dei rami superiori sono sottili, semplici, allungate; quelle dell’ inferiore 
sono composte, riunite in un fascio; esse hanno l'apice corto e curvato all’ estremità. 
Nei due rami, presso la base delle setole, si trovano delle papille coniche. 

Il più grande esemplare era di un colore verde-bruniccio con i cirri tentacolari un 
po’ più chiari. I piccoli hanno il corpo giallo-cromo, e nella metà posteriore il torace 
ha una tinta verde-oscura ; i cirri tentacolari sono aranciati. Se dopo narcotizzati que- 
sti ultimi s'immergono in alcool, emettono da tutto il corpo e dai cirri una sostanza di 
color di zolfo con fluorescenza verdina che tinge tutto il liquido. 

Vivono tra le Alghe calcaree , e ne ho trovati alla Secca di Vervece presso Sorren- 
to, e in quella della Gajola, a 40 metri. 

La specie napoletana risponde esattamente ai caratteri dati dal Grube *), ma non 
possiede alcune particolarità descritte da Marion e Bobretzky negli esemplari di 
Marsiglia. Infatti ho costantemente trovato, che sul primo segmento esiste un sol fila- 
mento branchiale e non due; mancano le macchie oculari in vicinanza dei cirri tentaco- 
lari, e questi sono sempre più grossi e più lunghi delle branchie. Potrebbe darsi che 
la specie di Marsiglia non sia quella descritta dal Grube. 

L’esemplare che misurava 8 cm. di lunghezza, fu trovato una sola volta, ed è gi- 
gantesco in paragone degli esemplari dell’ Adriatico e di Marsiglia. 


FAMIGLIA OPHELIACEA Gr. 


Corpo piuttosto breve, non perfettamente cilindrico, attenuato alle due estremità, 
leggermente compresso, con la faccia ventrale piana e solcata. È diviso in due regioni 
poco distinte, con pochi segmenti. Il lobo cefalico è conico, non distinto, spesso mu- 
nito di occhi e di due lobi tentacolari ciliati, ed è sprovvisto di appendici tentacolari. 
La bocca ordinariamente è ventrale, ed è munita da una proboscide inerme. 


1) Marion et Bobretzky, Etudes sur les Annélides du Golfe de Marseille (Ann. sc. nutur., 
6° sér., vol. II, 1875, pag. 65). 
- 3) E. Grube, Beschreibung neuer oder wenig bekannter Anneliden (Arch. Naturg., 26 Jahrg., 
pag. 89). 


6 

I segmenti sono poco marcati, specialmente al lato dorsale, e portano parapodi: 
molto ridotti, che possono anche mancare; essi sono biramati e muniti di setole sem- 
plici e di branchie in forma di cirri per lo più semplici, raramente composti. Le bran- 
chie si trovano in tutti i segmenti, oppure solo in quelli di una regione; spesso man- 
cano completamente. L’ano è terminale, ed è circondato da appendici diverse. 

Vivono ordinariamente sotterrati nei fondi sabbiosi, fangosi o detritici, ed alcune 
forme (Polyophthalmus) si nascondono tra i fitti cespugli di alghe. 

Non fabbricano un tubo speciale e nemmeno un nidamento. 


GENERE OPHELIA Saw. 


Corpo diviso in una regione anteriore rigonfia e formato da segmenti, suddivisi in 
anelli secondarii, da pieghe dermali piuttosto marcate, e in una posteriore che ha i seg- 
menti più o meno lisci. 

Il lobo cefalico è acuminato ed i lobi ciliati sono retrattili. La faccia ventrale della 
seconda regione è scavata da un solco molto profondo; in questa regione su ciascun 
segmento si trovano tubercoli laterali che portano i cirri branchiali. I rami setigeri nella 
regione anteriore portano delle serie di setole; nella posteriore, tanto i rami quanto le 
setole sono molto meno sviluppati o mancano del tutto. 

L’ano è terminale e circondato da papille. 


Ophelia radiata D. Ch. 


Sinonimia: 
Lumbricus radiatus D. Ch. 
Ophelia bicornis D. Ch. 
Neomeris urophylla O. Costa 
Ophelia neapolitana Qirfg. 


Corpo lungo 6 cm., largo 5 mm., con 30 segmenti, dei quali 1o costituiscono 
il torace quasi cilindrico e rigonfiato, ed i rimanenti l’addome, che è convesso nella 
parte dorsale. 

Il lobo cefalico è molto piccolo, forma un cono molto attenuato , ed è separato dal 
segmento boccale da un solco molto marcato; porta due piccolissimi occhi alla superfi- 
cie dorsale. Il segmento boccale è munito da ciascun lato di espansioni ciliate, ed è 
setigero; l’apertura boccale è limitata da 4 labbra. Al segmento boccale ne seguono 
altri 9g armati di setole semplici. 

La regione addominale è compressa e dorsalmente convessa; da ciascun lato del 
solco ventrale vi è un margine ispessito, che sui primi 14 segmenti da ciascun lato 
porta una branchia cirriforme. 

L’ano è terminale e porta 8 papille. 

L’animale ha un colore roseo-violaceo, ed una bellissima iridescenza si vede su 
tutto il corpo. Nel periodo della riproduzione i maschi si distinguono dalle femmine per 
un particolare colore bianchiccio. 

La riproduzione avviene nei mesi di Giugno e Luglio. 

Abitano la sabbia presso al limite delle onde. In grande quantità si trovano alla 
spiaggia presso il Ponte della Maddalena, in quella di Posilipo e dei Bagnoli. 


Mes "A 


Non di rado si trovano esemplari che raggiungono dimensioni doppie da quelle 
date dal Claparède. 


GENERE ARMANDIA de Fil. 


Corpo breve non diviso in regioni, compresso ai lati e attenuato alle due estremità, 
con segmenti poco numerosi. Il solco ventrale si estende su tulta la parte inferiore. Il 
lobo cefalico è molto acuminato, e la bocca, che è ventrale, porta una proboscide sem- 
plice. Quasi tutti i segmenti portano occhi e parapodi, coni due rami armati di setole 
semplici e cirri branchiali. L'’ano spesso è circondato da papille. 


Armandia polyophthalma Kuktl. 


Corpo lungo 3 cm., largo 3 mm., formato da 33 segmenti, 

Il lobo cefalico è allungato, molto acuminato; ai lati del segmento boccale esisto- 
no due espansioni ciliate. 

Tutti i segmenti hanno parapodi con due rami setiferi disposti sopra i margini 
ispessiti del soleo ventrale , e tutti, ad eccezione del primo, portano dei cirri filiformi 
più sviluppati alle due estremità che nella parte mediana dell'animale. 

Nella estremità posteriore i segmenti diventano più brevi, e quindi i parapodi sono 
più ravvicinati tra loro di quelli anteriori ; inoltre le setole che vi sono inserite raggiun- 
gono una lunghezza doppia di quelle del resto del corpo. Dal 6° segmento sino al 2 3° 
incluso si trovano sull’ispessimento marginale del solco, tra lo spazio di due para- 
podii successivi, macchie oculari nere, delle quali le prime 9 sono un po’ più grandi 
delle altre. 1 

Il segmento anale è allungato, molto compresso, e finisce con 16 piccole papille. 

Questa specie ha tutta |’ apparenza esteriore dell’Amphioxus con cui vive. La for- 
ma del corpo, il colore latteo-bianchiccio semi-trasparente, l’iridescenza della pelle ed 
i movimenti rapidi e serpentini con cui solca l’acqua e si affonda nella sabbia, dimo- 
strano chiaramente le relazioni mimetiche che esistono tra i due animali. 

Dal mese di Aprile sino a Giugno ho trovati individui pieni di prodotti sessuali 
maturi. Le uova sono piccolissime e ovali. 

È una specie piuttosto rara che preferisce i fondi arenosi del litorale, sino a quasi 
6 metri di profondità. Fuori il Palazzo di Donn’Anna a Posilipo, e rimpetto la Stazione 
Zoologica, ne ho pescati alcuni esemplari. 


Il Carus non comprende nel suo Prodromus questa specie descritta a Napoli dal 
Kukenthal'). 


GENERE POLYOPHTHALMUS Qtrfgs. 
Corpo breve non diviso in regioni distinte, leggermente compresso, attenuato alle 
estremità e con segmenti lisci e poco numerosi. Solco ventrale lungo tutto il corpo. Il 


lobo cefalico talvolta è emisferico talvolta trilobato , e porta macchie oculari; la bocca è 


i)W.Kukenthal], Ueder nervensystem der Opheliaceen (Jena. Zeit. Naturw. Bd. XX). 


o 
munita di una piccola proboscide. Molti segmenti hanno occhi laterali con un cristalli- 
no; i parapodii biramati portano setole semplici ma non cirri branchiali. La parte po- 
steriore si termina con varie appendici digitiformi. 

Sono ordinariamente di colore bianchiccio, con lieve iridescenza, e spesso portano 
sul dorso macchie di pigmento oscure. 


Polyophthalmus pictus Duj. 


Sinonimia : 
Nais picta Duj. 


Il corpo è lungo 2-2,05 cm., largo 2 mm., e composto da 30 segmenti, di cui 
28 sono setigeri. 

Il lobo cefalico è arrotondato e porta 3 macchie oculari. L'apertura boccale non è 
terminale ma si apre quasi a livello degli organi ciliati. Il dorso dell'animale è conves- 
so, il ventre è piuttosto piano, ed ha un solco mediano più o meno profondo, secondo 
lo stato di contrazione dell’ animale. 

I segmenti non hanno parapodii, sono bianellati e portano un fascelto di setole ca- 
pillari e una macchia oculare per ciascun lato; ma nei 4 o 5 ultimi ciascun fascio di 
setole si divide in due gruppi, l’uno superiore l’altro inferiore. L’ estremità posteriore 
del corpo è compressa e si termina con due labbri paralleli che limitano un solco, in 
cui sì apre l’ano, e portano sui loro margini delle appendici digitiformi variabili in nu- 
mero (3-14). 

Il colore dell’animale è di un bianco-lalteo, talvolta leggermente roseo ; la pelle è 
un po’ iridescente, e su ogni segmento, sulla parte dorsale, esistono delle macchie 
brune, talvolta più oscure, disposte in strisce transversali. 

L’animale è comunissimo e vive nascosto tra i piccoli cespugli di alghe degli sco- 
gli litoranei, sin quasi a 1 metro di profondità. 

Si riproducono nei mesi di Giugno e Luglio, e depongono uova piccolissime, libe- 
re e trasparenti. 


Polyophthalmus pallidus Clpde 


Corpo lungo 16 mm., largo 1 mm. 

Si distingue dalla specie precedente, per avere 27 segmenti setigeri, che portano 
tra i gruppi di setole un tubercolo arrotondato, sormontato da una piccola papilla. 

In questa specie mancano completamente le macchie di pigmento dorsali; quelle 
oculari cominciano solamente al 6° segmento, e se ne contano ro paja. Le papille a- 
nali sono un po’ gonfiate immediatamente al disopra della loro base; alcune sono bi- 
forcate alla loro estremità; sono in numero variabile, e possono anche mancare. 

L’animale è talvolta brunastro anteriormente e bianco-latteo nel resto. 

Vive nelle stesse condizioni della specie precedente. 


e gs 


FAMIGLIA ARENICOLIDAE Qtrfgs. 


Sinonimia: 
Telethusa Sav., Gr., Mlmgr. 


Corpo cilindrico non molto allungato, diviso in 3 regioni. La toracica è la parte più 
grossa del corpo ed è attenuata all’ estremità cefalica; l’addominale porta le branchie 
e la codale completamente sprovvista di appendici, più sottile del resto del corpo, e 
varia molto in lunghezza. Il lobo cefalico è piccolo, conico, e non porta appendici; l’a- 
nello boccale è setigero; la bocca terminale è armata da una proboscide con papille. 

I segmenti del corpo sono molto ben distinti; vi sono parapodii poco sviluppati, bi- 
ramati, con setole semplici al ramo superiore, e talvolta semplici o uncinate in quello 
inferiore. 

Non fabbricano tubo, ma si scavano nella sabbia gallerie, di cui cementano le pa- 
reti con una sostanza vischiosa che segregano dal corpo. È 

Vivono di preferenza nel fondo sabbioso, ricco di sostanze in putrefazione, che si 
trova nei luoghi ove l’acqua si rinnova difficilmente ed in poca profondità. 


GENERE ARENICOLA Lam. 


Sinonimia : 
Lumbricus L., D. Ch. 


Le branchie sono fissate sui lati del dorso nella regione addominale. I rami setife- 
ri dorsali hanno forma di tubercolo, quelli ventrali formano delle creste transversali. 
Gli altri caratteri sono quelli della famiglia 


Arenicola Claparedii Lev. 


Sinonimia : 
Lumbricus marinus D. Ch. 
Arenicola clavatus Ranz. 
Chorizobranchus marinus Qirfgs.. 
Arenicola marina (Mlmgr.) Clpde. 


Corpo lungo sino a 15 cm., massima larghezza 12 mm. 

I segmenti toracici abranchi sono 7, e sono molto più grossi degli altri; esiste 
all’ estremità anteriore un piccolo lobo cefalico (Tav. II, fig. 3, a). 

La bocca è terminale e porta una proboscide cerciniforme (3, d), consparsa da nu- 
merosissime papille di diversa grandezza. 

I segmenti addominali branchiferi sono 13; le branchie s’ inseriscono ai lati del 
dorso mercè un breve peduncolo, che porta 10 paia di ramificazioni. 

La regione codale è stretta e di varia lunghezza ; ordinariamente è ‘/, del resto del 
corpo e talvolta l’uguaglia; vi ho contati sino a 30 segmenti. Questa regione è coverta 
da numerose papille che mancano sopra il solco ventrale, che in questa specie corre 
sino al segmento boccale, dove si divide in due, e sulla linea d’unione dei segmenti. 
Queste papille aumentano di grandezza andando verso l’estremità. 

ATTI — Vol. V.— Serie 2 — N° 11. 2 


== 

Le setole dorsali sono capillari, quelle ventrali sono uncinate, rigonfie nella parte 
mediana, con una strozzatura al disotto della curvatura terminale. 

Il colore dell’ animale è ordinariamente rossastro, con riflessi verdini e talvolta car- 
nicino; quello delle branchie rosso-bruno. tn 

Ho veduti taluni giovani esemplari con la coda giallo-cromo e con le branchie di 
un bel rosso-sangue. Spesso tutta la pelle è trasparente. 

È sessualmente matura dal mese di Novembre sino a Gennaio; 

Si pesca in gran quantità alla spiaggia del Carmine, nel Porto di Mergellina e a 
Santa Lucia, ad una profondità che non eccede i 5 metri. 

Il Claparéède ‘) studiando questa specie sotto il nome di Arenicola marina, L., 
ha fatto notare Ja differenza che esiste nelle branchie tra la specie napoletana e la for- 
ma tipica del Nord. 

Il Levinsen ?), che ha potuto paragonare le due specie, ha trovato che la forma 
studiata dal Claparède è differente dall’ A. marina, L., per le branchie che hanno un 
peduncolo cortissimo e 10 ramificazioni, per l’esistenza di un lobo cefalico vero, per 
le setole dorsali che sono capillari, mentre le ventrali sono aciculari con una strozzatu- 
ra verso l'estremità, e perciò ha proposto di chiamarla A. Claparèdi, nome di già ac- 
cettato dal’Ehlers *). 


Arenicola Grubii Clpde. 


Corpo lungo sino a 15 cm. (6-7 Claparède), largo 5-6 mm. 

I] segmenti toracici abranchi sono 10 e poco più grossi del resto del corpo. 

La bocca porta una proboscide (Tav. Il, fig. 2), abbastanza grande, un po’ coni- 
ca, con numerose papille, le quali aumentano in grandezza verso la base. 

La regione addominale ha 17-20 segmenti branchiferi ; l’ultimo segmento spesso 
non ha branchie. 

La regione codale è cortissima. Spesso manca ed è poco più stretta del corpo. 
Nessun solco nella faccia ventrale. 

Gli uncini di questa specie sono rigonfi nella Joro metà, geniculati alla base e bi- 
dentati all’ estremità. 

Il colore dell'animale è rosso-oscuro con riflessi verdini e con le due estremità del 
corpo di un verde-oscuro; raramente tulto il corpo è di quest’ultimo colore. Le bran- 
chie sono di un colore rosso più vivo e la proboscide ha il colore generale del corpo. 

Vive di preferenza in vicinanza degli sbocchi cloacali, nella sabbia mista a sostan- 
ze in putrefazione, e lho trovata in grande numero nel Porto di Mergellina, lungo la 
spiaggia di Chiaja e a Santa Lucia, non oltre i 3 metri. 

Ha prodotti sessuali maturi nei mesi invernali. 


1) E. Claparéède, Les Annelides chétopodes du Golfe de Naples. Genève et Bale, 1868, pag. 301. 
2) G. M. R. Levinsen, Systematisk-geografisk Oversigt over de nordiske Annulata, Gephy- 

rea etc. (Vidensk. Meddel. fra den naturh. Foren i Kjobenhavn, 1883). . 
?) E. Ehlers, Die Gehòrorgane der Arenicoliden (Zeit. Wiss. Z., Bd. LIMI, Suppl.). 


= 


Arenicola cristata Stipsn. 


(Tav, I, fig. 1) 


Lunghezza del corpo 35 cm. e più, larghezza massima 2 cm., numero dei seg- 
menti circa 47. 

L’animale è cilindico, grosso, ed ha la regione anteriore un poco più sottile di 
quella addominale. 

Il segmento cefalico è acuto e leggermente conico; la bocca è armata da una pro- 
boscide piuttosto grossa, consparsa di papille poco numerose e grandi, con punta ar- 
rotondata nei giovani e puntuta negli adulti. Nella Tav. II, fig. 1, è disegnata una pro- 
boscide ed un paio di segmenti appartenenti ad un giovane esemplare. 

1 segmenti anteriori che non portano branchie sono 6; essi come quelli di tutto l’ad- 
dome sono suddivisi in anelli secondarii, e tra uno e l’altro si trova un cercine assai 
rilevato , su cui s’inseriscono le setole dorsali. Inoltre portano sulla loro superficie una 
scultura a mosaico assai marcata, che si estende anche sui primi segmenti branchiali. 

I segmenti muniti di branchie sono 11; queste sono disposte a guisa di ventaglio 
attorno al ramo setigero superiore; ogni ventaglio è formato da 15-18 cirri branchiali, 
che portano ai due lati piccole ramificazioni secondarie, che si alternano con quelle del 
lato opposto. Il numero dei cirri branchiali si riduce leggermente, tanto in numero come 
in grandezza, andando verso la regione posteriore, ed il primo segmento branchifero 
anteriore è quello in cui sono più ridotti. 

— La regione codale va gradatamente attenuandosi, e nel mezzo della faccia ventra- 
le porta un solco assai appariscente, che talvolta si prolunga sino agli ultimi 4 0 5 seg- 
menti branchiferi. La lunghezza di questa regione rappresenta nell’ animale vivo circa 
la terza parte, e talvolta di più della intera lunghezza del corpo; in essa ho contati 
sino a 30 segmenti. Questi segmenti sono anellati da creste papillose, di cui la poste- 
riore, che sta sul limite del segmento, è più rilevata e porta papille più grosse. Il seg- 
mento anale è più ricco di papille irregolarmente disposte sulla sua superficie. 

Le setole dorsali capillari (Tav. III, fig. 5) sono pinnate alla parte terminale, la 
quale è un po’ curvata e terminano a punta aguzza. 

Le setole ventrali (Tav. III, fig. 6) sono claviformi con due rigonfiamenti, uno 
sotto l’estremità anteriore, l’altro prima dell’ estremità posteriore; esse hanno l’apicè 
arrotondato. 

Il colore generale dell’animale è di un bel verde-oscuro vellutato con iridescenza 
tendente al giallo ed all’azzurro. Le branchie e la proboscide sono di un rosso-oscuro 
quasi marrone, e i fasci di setole capillari hanno una tinta giallo-dorata. 

Questa specie è molto localizzata, e vive nella sabbia mista a sostanze putride nel 
Porto mercantile, e più raramente nella vicina spiaggia del Carmine, ad una profondità 
di 2-6 metri. 

Sin’ ora l’ Arenicola cristata era stata trovata soltanto nell’Isola Maurice apparte- 
nente alla Carolina del Sud, dal suo descrittore W. Stimpson '). Salvo piccole diffe- 


1) W. Stimpson, On some remarkable marine invertebrata inhabiting the shores of South 
Carolina (Proc. Boston. Soc. N. H., Vol. V, 1856, pag. 114). 


pen, E 


renze nel colore, gli esemplari di Napoli corrispondono esattamente alla forma Ame- 
ricana. 

Il Quatrefages ‘) riferisce male la descrizione esatta dello Stimpson, e attri- 
buisce a questa specie 13 segmenti anteriori, mentre come risulta dalla stessa descrizione 
dello Stimpson essi sono 6. 


FAMIGLIA CAPITELLACEA Gr. ?) 


Sinonimia: 
Halelminthea v. Crs. 


Questi anellidi a prima vista si presentano come i Lombrici, tanto per la forma del 
corpo, che è cilindrica, come per la colorazione, che è di un rosso-carnicino , variabile 
nelle diverse specie. 

Il corpo si divide in due regioni: una più corta, che rappresenta il torace; |’ altra 
più allungata, che costituisce l'addome; il diametro maggiore del corpo corrisponde 
alla metà del torace. 

Il lobo cefalico è retrattile e porta occhi. La bocca è ventrale e porta una proboscide 
coverta di papille. 

I segmenti del corpo sono piuttosto corti e numerosi; il primo cefalico e l’ ultimo 
addominale non portano setole. I parapodii sono biramati e armati di setole semplici e 
uncini di diversa forma. 

Molti hanno organi speciali per ia copulazione, ed alcune specie depongouo le uova 
nell'interno del loro tubo, che ordinariamente è fragilissimo, molto tenue e consparso 
di sabbia. 

I Capitellidi vivono nel fondo molle (arenoso, fangoso o detritico), ed alcune spe- 
cie si nascondono tra le alghe calcaree. 


ceNERE NOTOMASTUS Sars. 


Sinonimia : 
Capitella Kefrst. 
Arenia Qtrfgs. 
Sandanis Kinbg. 
Capitella Clpde. 


Capitellidi con torace formato da 12 segmenti, che portano setole capillari; 1’ ad- 
dome è munito solamente di uncini. 

Il lobo cefalico è conico ottuso. Il segmento boccale ha la stessa lunghezza di quelli 
che seguono. I segmenti toracici sono suddivisi in molti anelli secondari, i posteriori in 
due soli. Vi è molta differenza tra i parapodii claviformi del torace e le creste uncinifere 
addominali. Le setole capillari sono relativamente lunghe e sottili e curvate a forma di S; 
gli uncini in tutto l'addome si rassomigliano. 


1) M. A. de Quatrefages, Histoire naturelle des Annelés marins et d’ eau douce. Tom, II, 
deuxièéme partie, pag. 673. 

2) Vedi per l'ordinamento della famiglia: H. Eisig, Monographie der Capitelliden des Golfes 
von Neapel. 


da 
Gli organi respiratorii sono rappresentati da appendici branchiali parapodiali sem- 
plici, che possono essere ventrali o dorsali. Nell’addome i parapodii ventrali sì avvici- 
nano assai al dorso, e quelli dorsali si avvicinano tra loro in tal modo che formano una 
massa comune, nella quale appena si può distinguere la duplicità. 


sorto-GENERE CLISTOMASTUS Eisig. 


I condotti genitali mancano, oppure quando esistono sono rudimentali negli ultimi 
3 segmenti del torace. Non esiste copulazione. La testa degli uncini ed i dentuli sono 
fortemente sviluppati; la base del loro manubrio è molto ricurva. 


Notomastus (Clistomastus) lineatus Clpde. 


Lunghezza dell’animale sino a 15 cm., larghezza 3 mm.; segmenti molto numerosi. 

La scultura della pelle ne’ segmenti toracici arriva sino all’8° 0 al g° segmento; essa 
è molto distinta. 

L’addome si unisce largamente al torace e nella sua parte anteriore è depresso. Le 
branchie paropodiali esistono solamente nella parte dorsale dei rami ventrali, i quali 
diminuiscono di grandezza posteriormente. 

L’animale nel torace e nella prima parte addominale è rosso-carnicino. 

Il periodo della riproduzione dura dal Gennajo sino all’ Agosto. Questa specie ap- 
partiene ai più comuni vermi del Golfo, vive nella sabbia piuttosto pura e si trova dal 
‘Castello dell'Ovo alla Punta di Posilipo; più raramente alla spiaggia del Carmine, alla 
profondità di 1-3 metri. 

Una varietà di questa specie Notomastus (Clistomastus) lineatus var. Balanoglossi 
Eisig, vive a Posilipo, nelle praterie di Posidonia, insieme al Ba/anoglossus minutus 
Kow.; essa generalmente è più piccola, ed ha i primi segmenti dell'addome meno ap- 
piattiti. 

soTTo-GENERE TREMOMASTUS Eisig. 


Condotti genitali bene sviluppati, disposti in numero diverso, secondo le specie, 
‘sui segmenti anteriori dell’ addome. Esiste copulazione. 

La testa ed i denticoli degli uncini sono meno sviluppati ed il manubrio non tanto 
ricurvo quanto nel Clistomastus. 


Notomastus (Tremomastus) Benedenii Clpde. 


Lunghezza 10 cm., larghezza 2 mm. 

La scultura sulla pelle del torace è distinta solamente sino al 6° segmento. La dif- 
ferenza tra il torace e l'addome è poco marcata, essendo i primi segmenti di quest’ ul- 
timo simili a quelli posteriori del torace. Le tasche uncinifere sono poco sviluppate. Le 
branchie parapodiali esistono solamente nella parte dorsale dei rami ventrali. 

Si trovano 5 paia di condotti genitali dal 2° al 6° segmento addominale. 

Il colore generale è carnicino, meno intenso nell’addome; nel mezzo di questo la 
tinta diventa bruna e più in là verde-giallastro. 


= ia 

Il periodo della riproduzione dura da Novembre a Maggio. 

Vive tanto nei fondi sabbiosi puri come in quelli misti a sostanze in putrefazione. 
Accade spesso di cercarne inutilmente in luoghi ove qualche tempo prima erano abbon- 


danti. Da Santa Lucia a Posilipo su tutta la spiaggia si è trovata poco distante dalla riva 
in 1-3 metri di profondità. 


Notomastus (Tremomastus) profundus Eisig. 


Sinonimia: 
Capitella major Cipde. 


Lunghezza e larghezza come nel lineatus. 

La scultura del torace è distinta sino al 10° segmento; la differenza tra il torace e 
l'addome è molto marcata per la larghezza dei primi segmenti dell'addome e per lo svi- 
luppo considerevole delle tasche uncinifere ventrali. Gli uncini sono allungati; le loro 
teste ed i denticoli meno sviluppati del N. Benedenti. 

Le branchie sono inserite sopra e sotto del ramo dorsale; esse sono rappresentate 
nei segmenti anteriori solamente da semplici rigonfiamenti, e più indietro da appendici 
foliacee. 

Esistono 9 paia di condotti genitali dal 2° al 10° segmento addominale. 

L’addome è colorato nella sua parle anteriore di rosso come il torace; la regione 
posteriore terminale è verdastra. 

Epoca della riproduzione da Luglio sino a Dicembre. 

È una forma non rara che vive dai 15-20 metri sino alle più grandi profondità del 
Golfo, preferendo i fondi fangosi. 


Notomastus (Tremomastus) fertilis Eisig. 


Lunghezza e larghezza come nel N. lineatus. 

Scultura nel torace distinta sino al 9° segmento. Uncini come nel N. profundus. 

Le branchie sono rappresentate pure nella parte dorsale da protuberanze rigonfie 
delle creste uncinifere, e non esistono quelie foliacee come nel N. profundus. Le bran- 

chie parapodiali ventrali sono di mediocre grandezza; circa zo paia di condotti genitali 
dal 2° al 21° segmento dell’addome. 

I primi segmenti addominali sono colorati di rosso-carnicino come il torace ; più 
indietro la colorazione diminuisce, e l’ultimo pezzo dell’ addome ha talvolta un colore 
azzurro-verdastro intenso. 

Il periodo della riproduzione dura da Gennajo sino a Giugno. 

Vive in una profondità di 5-10 metri; esso in taluni periodi si pesca comunemente; 
in altri è piuttosto raro. Si trova di preferenza nei fondi sabbiosi della Costiera di Posilipo. 


Sar a 


ceNERE DASYBRANCHUS Gr. 


Sinonimia : 
Dasymallus Gr. 
Notomastus Lnghs. 


Capitellidi con un torace formato da 14 segmenti, armato solo da setole capillari; 
l’addome porta solamente uncini. 

Il lobo cefalico è o piccolo e ottuso conico, o relativamente grande e glandiforme. 

Il segmento boccale è lungo come quelli posteriori o di una metà più lungo. I 
segmenti del torace sono quasi tutti della stessa lunghezza e chiaramente bianellati; i 
due ultimi segmenti di questa regione rassomigliano a quelli dell'addome, che sono 
anche bianellati e conservano le stesse dimensioni sino alla coda. 

Esiste grande differenza tra i parapodi: quelli del torace sono claviformi, quelli 
dell’addome hanno forma di cresta. Le spire degli uncini delle creste ventrali sono di- 
sposte ventralmente invece che dorsalmente. Le setole capillari sono relativamente lun- 
ghe, sottili e debolmente curvate in forma di S. Gli uncini hanno due rigonfiamenti al 
loro manubrio. 

Le branchie possono essere semplici o composte, ma sempre retrattili, e si trovano 
solamente nella parte superiore dei parapodii ventrali. i 

I condotti genitali esistono dall’ ultimo segmento del torace sino al 40° e 60° seg- 
mento dell’addome. 


Dasybranchus caducus Gr. 


Sinonimia : 
Dasymallus caducus Gr. 
Dasybranchus cirratus Gr. 
» umbrinus Gr. 
» tlumbricoides Gr. 
Dasybranchus sp. M. Int. 


Lunghezza del corpo più di 1 metro, larghezza 1 ‘/, cm. 

Il lobo cefalico è relativamente piccolo e di forma conico ottuso. Il segmento boc- 
cale è della stessa lunghezza dei segmenti. 

La scultura del torace si estende sin quasi 1°8° segmento. Gli uncini sono sottili, 
con rigonfiamenti mediani del manubrio poco marcati. 

Le branchie semplici parapodiali sono più o meno sviluppate, quelle composte ar- 
rivano ad avere sin 20 cirri; esse incominciano dal 20° segmento dell’addome e vanno 
aumentando gradatamente in volume ed in numero, solamente verso l'estremità addo- 
minale ridiventano di nuovo piceoli. 

Il colore del torace è sanguigno-intenso, quello dell’addome è giallo-verdastro; 
le branchie di questa regione sono rosso-chiare; sovente il colore di tutto l’animale è 
molto sbiadito. 

Il periodo della riproduzione dura dal Febbrajo sino all’ Agosto. 

È specie piuttosto comune, e va soggetto a variabilità tanto di forma come di co- 
lore, dipendente spesso dalla diversità dell'habitat, dall’età e dal grado di sviluppo dei 
prodotti sessuali. 


ti 

Si trova di preferenza nei fondi sabbiosi e su tutta la spiaggia, da S. Giovanni a 
Teduccio sino alla Punta di Posilipo, e oltre ancora. Non è raro il caso di trovarne in 
quantità tra i rizomi della Posidonia Caulinii in profondità variabile di 3-30 metri. 

Si sviluppa anche nella sabbia dei bacini dell’ Aquario. 


Dasybranchus Gajolae Eisig. 


Sinonimia : 
Dasybranchus caducus Clpde. 


Lunghezza 12 cm., larghezza 6 mm. 

Lobo cefalico relativamente grande e ghiandiforme. Il segmento boccale è della 
metà più lungo dei segmenti che seguono. La scultura della pelle nel torace non è 
tanto distinta come nel D. caducus. I rami dorsali portano dal 20° sino al 30° segmento 
dell’addome glandole assai appariscenti (Parapod. Spiraldriise). 

Gli uncini sono massicci ed hanno i rigonfiamenti mediani assai pronunziati. 

Le branchie parapodiali semplici sono poco sviluppate, quelle composte possono 
avere sino a 6 cirri, e incominciano nel 40° segmento dell’addome. 

Il colore del torace è rosso-sangue sbiadito , quello dell’addome è roseo. 

Il periodo della riproduzione probabilmente dura dal Maggio sino al Luglio. 

Vive sempre nascosto tra le coralline del genere Lithothamnion e Lithophyllum in 
quasi tutte le Secche ove queste si trovano, e specialmente in quelle della Gajola, di 
Benda Palummo e di Forio. 

La profondità varia da 40-So metri. 


ceneRE MASTOBRANCHUS Eisig. 


Capitellidi con 12 segmenti toracici armati di setole capillari; l'addome porta dor- 
salmente setole capillari e uncini, ventralmente solo uncini. 

Il lobo cefalico è lungo, conico e puntuto. Il segmento boccale è la metà più lungo 
dei segmenti toracici che seguono, i quali sono tutti della stessa lunghezza, e solamente 
quelli posteriori sono bianellati. Quelli della parte anteriore dell’addome sono molto più 
lunghi di quelli del torace e sono cilindrici. I segmenti della regione posteriore addomi- 
nale sono molto più brevi, in forma di cono tronco con la base anteriore, così che tutta 
la parte diventa strobiliforme. 

Tra i parapodii toracici e quelli addominali esiste una grande differenza, essendo 
i primi claviformi ed ì secondi a forma di cresta. 

Le setole capillari sono relativamente corte, robuste e molto ricurve a modo di S. 
Gli uncini sono gracili, poco ricurvi, di varia grandezza, e sono provvisti di un breve 
manubrio. | 

Le branchie parapodiali sono semplici e composte; le ultime completamente re- 
trattili si trovano sulla parte posteriore dell’addome, mentre quelle semplici sono sola- 
mente nella regione anteriore. 

I condotti genitali si trovano negli ultimi segmenti del torace e nei primi del- 
l’addome. 


n 


Mastobranchus Trinchesii Eisig. 


Lunghezza 12 cm., larghezza 2 mm. 

La scultura toracica si trova solamente nei 3-4 primi segmenti, ed è poco distinta. 
I segmenti anteriori dell'animale sono molto più grandi dei posteriori. 

Le branchie parapodiali semplici sono poco sviluppate; le branchie composte an- 
teriormente sono formate da un cirro unico; più indietro man mano diventano più nu- 
merosi (fino a 7), e poi di nuovo si vanno riducendo in numero. Sotto l’apertura anale 
esistono 4 appendici digitiformi. 

Vi sono 9g paia di condotti genitali che si trovano nel segmento 7°-12° del torace e 
nei primi 3 dell’addome. 

La colorazione del torace è mattone-oscuro, quella dell’addome rosso-giallastro. 

Il periodo della riproduzione dura dal Maggio al Settembre. 

Il Mastobranchus Trinchesti vive insieme al Notomastus fertilis lungo la spiaggia 
di Posilipo, in una profondità di 5-10 metri. 


GENERE HETEROMASTUS Gr. 


Sinonimia : 
Capitella Clpde., Bened. 
Ancistria Qtrfgs., Verrill. 
Notomastus Verrill. 
Arenia Verrill. 


Capitellidi col torace formato da 12 segmenti ed i 5 dopo il 1° sono armati di se- 
tole capillari, mentre quelli dal 7° al 12° con uncini lunghi e caratteristici. 

I segmenti dell’addome portano invece uncini di forma e grandezza ordinaria. 

Il lobo cefalico molto largo alla base, è lungo e si termina a cono acuto. Il seg- 
mento boccale è quasi della stessa lunghezza di quelli che seguono. I segmenti del to- 
race aumentano di grandezza anteriormente e sono chiaramente bianellati. Nella parte 
posteriore dell'addome i margini dei segmenti dorsalmente e ventralmente si allungano 
in appendici linguiformi e dànno a questa regione un’ apparenza strobiliforme. 

Le setole capillari sono molto forti e ricurve ad S. Gli uncini del torace sono molto 
lunghi e non hanno strozzature sul loro manubrio; la testa ed i denticoli sono poco svi- 
luppali. 

La respirazione si compie per mezzo di sole branchie parapodiali semplici ed hanno 
nella parte anteriore del corpo la forma di tasche uncinifere poco sviluppate, nella po- 
steriore quella di prolungamenti linguiformi in tutti i parapodii. 

I condotti genitali si trovano solamente nel torace. 


ATTI— Vol. V.— Serie 29 — N° 11. 3 


ca 


Heteromastus filiformis Clpde 


Sinonimia: 
Capitella costana Clpde. 
» fimbriata Bened. 
Ancistria minima Qtrfgs. 
» capillaris Verrill. 
Arenia (sp.) Verrill. 


Lunghezza del corpo ro cm., larghezza 1 mm.; numero dei segmenti 140. 

La scultura del torace non è visibile ad occhio nudo. Gli uncini del torace sono 3-4 
volte più lunghi dei soliti. 

Le branchie parapodiali incominciano nell’80° segmento; esse anteriormente sono 
semplici protuberanze, mentre più indietro sono dei lobi linguiformi. È molto caratte- 
ristica per questa specie |’ esistenza di un’appendice digitiforme sotto lano. 

Vi sono 4 paia di condotti genitali dal g° al 12° segmento toracico. 

Il colore del torace è rosso-oscuro, quello dell’addome è giallo o verde-rossastro. 

Il periodo della riproduzione incomincia a Settembre e dura sino ad Aprile. 

Vive nei fondi sabbiosi misti a fango e a detrito vegetale, in una profondità di 5-30 
metri. 

GENERE CAPITELLA Blv. 


Sinonimia : 
Lumbricus Olfsn. 
Lumbriconais Oerstd. 
Valla Johnst. 


Capitellidi con il torace formato da 9 segmenti; i primi 6 portano solamente setole 
capillari, il 7° setole capillari ed uncini, 18° ed.il 9°, come tutti quelli dell'addome, 
solamente uncini. 

Il lobo cefalico è molto voluminoso con l'estremità conica ottusa, e con la parte 
ventrale scavata. Il primo segmento anteriore in questo genere porta pure setole. 

Mancano le branchie parapodiali. Il 7 ha un apparecchio di copulazione formato 
da un grande uncino e da una glandola. 


— fit = 
Capitella capitata Fabr. 


Sinonimia : 
Lumbricus litoralis minor Olfsn. 

» capitatus Fabr. 

» litoralis Johnst. 
Capitella Fabricii Blv. 
Lumbriconais marina Oerstd. 

» capitata Fr. et Leuck. 
Lumbricus canalium Nardo 
Capitella capitata Bened. 

Valla ciliata Johnst. 
Capitella prototipa 


» intermedia 

Se Al Czern. 
» similis 
« capitata 


Lunghezza dell’animale 7 cm., larghezza 2 mm.; numero dei segmenti 80-90. 

La scultura del torace non è visibile ad occhio nudo ; i primi segmenti dell’addome 
sono più grandi di quelii del torace. Le setole del 7° segmento sono molto variabili, 
perchè uno dei parapodii porta o solamente uncini o setole capillari, o tutte e due in- 
sieme. 

Gli uncini della parte anteriore dell’addome sono lunghi il doppio di quelli della 
parte posteriore. 

Un solo paio di condotti genitali nell’ 8° segmento del torace. 

L’epoca della riproduzione dura da Novembre sino a Maggio. 

È forma comunissima e preferisce i fondi con fango putrefatto dei porti. Si pe- 
sca al Porto mercantile, alla spiaggia del Carmine, a Santa Lucia, e talvolta anche nel 
Porto di Mergellina. 


FAMIGLIA MALDANIEAE Sav. 


Sinonimia : 
Clymeniens Qtrfgs. 


Corpo cilindrico, poco allungato, diviso in due o tre regioni quasi dello stesso 
spessore, con segmenti ben distinti poco numerosi. 

D’ordinario quelli della regione mediana sono più lunghi degli altri. 

Il lobo cefalico è poco sviluppato e confuso con lanello boccale; spesso è rico- 
verto da una piastrina, ed allora la testa sembra troncata bruscamente all’avanti; tal- 
volta esistono occhi. Questa regione non porta appendici, e la bocca, che è terminale 
o ventrale, è armata di una proboscide protrattile breve e papillosa. 

La più gran parte del corpo ha parapodi biramati e senza branchie; il ramo supe- 
riore è piccolo e porta setole semplici, capillari o pinnate, che spariscono nella regio- 
ne posteriore; quello inferiore, molto sviluppato, ha forma di cresta transversale, ed è 
armato di setole uncinate. 

L’ano ordinariamente è circondato da un imbuto a margine dentellato, oppure 
porta una piastrina foliacea quasi simile a quella della testa. 


= 


Un certo numero di segmenti, specialmente nella regione anteriore, sono ornati 
di fasce larghe d’un bel rosso-oscuro (cinture respiratorie Claparède); il resto del 
corpo è carnicino con riflessi bluastri. 

Vivono affondati nella sabbia e fabbricano un tubo più o meno lungo, coverto con 
granelli di sabbia, con fango, o con resti vegetali. 


GENERE PRAXILLA Mlmgr. 


Corpo quasi cilindrico con il lobo cefalico che forma un processo breve, semiglo- 
boso 0 conico acuminato. 

Gli ultimi 5 segmenti preanali sono sprovvisti di setole, le quali negli altri seg- 
menti possono essere capillari, lisce e marginate, e unciniformi. Nei primi 3-4 seg- 
menti anteriori vi sono scarsi uncinìi, tra i quali uno più robusto, differenti da quelli 
degli aliri segmenti che seguono, e che sono uniseriati ed hanno il rostro dentato. 

L’ano è circondato da un imbuto a margine dentellato. 


Praxilla collaris Clpde 


Lunghezza del corpo 15 cm., larghezza 4-5 mm., e formato da 25-26 segmenti, 
che dal 9° in poi diventano più lunghi degli altri. 

Il lobo cefalico si prolunga in una punta conica, che porta due macchie oculari, ed 
è circondata da una membrana a guisa di collaretto aperta all’indietro. La bocca è ar- 
mata da una piccola proboscide con papille piccolissime. 

I primi 3 segmenti setigeri portano sul ramo ventrale un uncino semplice e sola- 
mente al 4° incominciano gli uncini caratteristici dei Maldanidi; questo segmento è un 
po’ più corto e più largo degli altri. Il ramo superiore è armato da setole numerose e 
di due forme, cioè capillari lisce e marginate. 

L’imbuto anale è sviluppato ed ha 20-23 papille marginali. 

Il colore è carnicino-verdastro, e dal 4° sino al 7° segmento anteriore vi sono delle 
cinture vascolari colorate di un pigmento rosso-bruno molto vivo. 

Il tubo è fragilissimo e formato da una sottile membrana interna, coverta sulla sua 
superficie esteriore con granelli di sabbia, pietruzze, resti di conchiglie e rizomi di Po- 
sidonia. 

Questa specie non è molto comune e si pesca nei fondi sabbiosi della spiaggia di 
Posilipo e di Pozzuoli in profondità di 2-4 metri. Sembra che in certe stagioni questa 
‘ forma perisce, perchè spesso si trovano insieme gran quantità di tubi vuoti. 


ceneRE AXIOTHEA Mlmgr. 


Corpo quasi cilindrico poco allungato con 24-26 segmenti, dei quali 18 setigeri. 

Il lobo cefalico forma un breve processo a guisa di lembo ventrale; porta macchie 
oculari, ed è sprovvisto di crenelature. 

I 4 ultimi segmenti posteriori sono sprovvisti di setole. Gli uncini ventrali dei primi 
segmenti setigeri sono simili a quelli degli altri segmenti che seguono. 

L’imbuto anale ha margine papilloso. 


Ro 
Axiothea constricta Clpde 


Lunghezza del corpo 5-6 cm., larghezza 1,05 mm.; numero dei segmenti 26. 

Il lobo cefalico è intimamente saldato all’anelo boccale; esso si prolunga ante- 
riormente in forma di cono ottuso e porta sui lati da 4-6 macchie oculari. Il segmento 
boccale è irregolarmente cilindrico e molto allungato. 

Gli uncini ventrali incominciano fin dal 2° segmento ed hanno un rigonfiamento 
mediano. I fasci dorsali sono formati da due gruppi, uno che comprende setole margi- 
nate sottili e brevi, e l’altro setole pinnate molto più grandi. 

I segmenti della regione posteriore sono campanuliformi, i 4 ultimi sono acheti; 
di questi i due anteriori rassomigliano ai precedenti, il penultimo è ridotto alla forma 
di uno stretto collaretto, e l’ultimo è molto meno largo degli altri, cilindrico, e circon- 
dato da una serie di papille, delle quali quella che corrisponde alla parte mediana ven- 
trale è molto più sviluppata. 

Il colore dell’ animale è carnicino-pallido con qualche fascia di color rosso-vinoso. 

Il tubo è formato da minuti granelli di sabbia misti a pezzetti di tubi calcarei ap- 
partenenti a Serpulidi. 

Vive nei fondi a sabbia fina e fango sino a 35 metri di fondo, e spesso ne ho pe- 
scati distanti un 500 metri dalla costa di Mergellina e di Posilipo. 


GENERE MALDANE Gr. 


Sinonimia : 
Clymenia Oerstd. 


Corpo cilindrico con la parte posteriore lievemente attenuata con tutti i segmenti, 
eccettuato quello anale, bianellati. 

Il segmento anale termina con una piastrina distintamente marginata; 1’ apertura 
anale è molto ampia. 

Il penultimo segmento è sprovvisto di setole. Le setole semplici capillari sono mar- 
ginate. 


Maldane cristagalli Clpde 


Non ho mai potuto ottenere esemplari interi, perciò non posso darne le misure ; ciò 
che posso assicurare si è, che certamente questa specie arriva a dimensioni molto mag- 
giori di quelle date dal Claparède, poichè ne ho avuto pezzi dello spessore di 3 mm., 
mentre egli attribuisce a questa specie 1,5 mm. di larghezza. 

Il lobo cefalico è arrotondato, mai troncato. 

Nella regione posteriore ogni segmento è munito di una larga cintura bianca rile- 
vata, che al lato ventrale forma un profondo solco trasversale, che sui fianchi termina 
in una piccola dilatazione , dove è impiantato il fascio di setole dorsali. La cintura bianca 
manca agli ultimi tre segmenti posteriori; l’ ultimo segmento è involto in una specie di 
‘collaretto. 

L’ano forma una protuberanza conica, alla di cui estremità si trovano una 15° di 
papille minutissime. 


=" 

Le setole dei fasci dorsali formano in tutti i segmenti setigeri due gruppi. Nei 3 primi 
segmenti setigeri anteriori il ramo ventrale è armato da una setola unica e forte, dritta 
e attenuata all’ estremità; in quelli successsivi si trovano delle serie ventrali di uncini 
compressi, rigonfiati nella loro metà, a rostro forte e acuminato, muniti sul vertice di 
una cresta di 6 denticoli, e con la barbula sotto-rostrale forte, lunga e ricurva in alto. 

Il colore dei primi 4 segmenti è rosso-vivo tendente al carnicino ; i 4 che seguono 
sono di un rosso-bruno vinoso, ed il resto brunicci. Le cinture dei segmenti posteriori 
sono bianchicci. 

Il tubo è formato da fango durissimo misto a granelli di sabbia e fibre di vegetali; 
è molto resistente, a parete doppia quasi 1 mm., con l’apertura larga circa 3 mm. Il suo 
diametro è di 6 mm. 

Nel mese di Luglio e Agosto questa specie si trova piena di uova mature, ovali e 
appiattite. 

Non è comune e vive nel fondo arenoso misto a fango fuori Mergellina, a 25 me- 
tri di profondità. 


FAMIGLIA AMMOCHARIDEA Mlmgr. 


Corpo cilindrico formato da pochi segmenti, che sono più allungati nella parte me- 
diana di esso. L’ estremità anteriore è circondata di una corona di lobi ramificati bran- 
chiali. 

Le setole ventrali sono uncinate e disposte in serie longitudinali, quelle dorsali sono 
semplici e pinnate. 

L’estremità posteriore è attenuata e non porta papille. 

Fabbricano tubi con granelli di sabbia e vivono sotterrati. 


GENERE OWENIA D. Ch. 


Sinonimia : 
Ammochares Gr. 


È il solo genere che rappresenta la famiglia, e ne ha tutti i caratteri. 


Owenia fusiformis D. Ch. non filiformis D. Ch. 


Sinonimia : 
Ammochares Ottonis Gr. 


Corpo fusiforme formato da 20-22 segmenti, lungo 9 cm. e largo 3 mm. 

La testa porta una membrana, su cui sono impiantate numerose branchie ramificate 
dichotomicamente. I due primi segmenti setigeri sembrano saldati insieme ed hanno 4 fa- 
sci di setole capillari ventrali senza uncini. 

I segmenti che seguono aumentano di lunghezza, tanto da divenire 4-5 volte più 
lunghi dei due primi segmenti presi insieme. Dall’ 8° in poi diminuiscono di nuovo e 
sulla regione posteriore sono molto corti e fitti. 

Le setole capillari dorsali di tutti i segmenti, comprese le ventrali dei due primi, 


e 
sono pinnate all’ estremità. Gli uncini ventrali sono disposti in serie longitudinali molto 
regolari. 

L’ano è terminale e circondato da una membrana breve e semitrasparente. 

Il colore del corpo è sanguigno nella parte anteriore, bianco-gialletto in quella po- 
steriore e talvolta quella mediana è plumbea. Le branchie sono di una tinta rosso-sangue, 
ma ordinariamente sono coverte da un pigmento bruno. 

Fabbricano un tubo coverto di granelli di sabbia, per lo più laminari, i quali sono 
attaccati di profilo, cosicchè sporgono in fuori e rendono la superficie esterna del tubo 
scabra. Il tubo è attenuato alle due estremità, e nella parte posteriore è molto allungato 
e va gradatamente attenuandosi; ha forma di cono tronco allungatissimo, e arriva alla 
lunghezza di 25 cm. con uno spessore massimo di 5-6 mm. 

Individui sessualmente maturi si pescano nei mesi di Maggio e Giugno, e talvolta 
anche in Gennajo. 

È forma comunissima, e vive sui fondi sabbiosi da 3-10 metri. 


FAMIGLIA ARICIDAE Aud. et Edw. 


Corpo allungato depresso diviso in due regioni, con segmenti brevi e numerosi. La 
regione anteriore è breve e comprende pochi segmenti. Il lobo cefalico è depresso , per 
lo più conico ed ordinariamente sprovvisto di appendici; talvolta porta occhi. Il segmento 
boccale è setigero, porta la bocca dal lato ventrale, che è armata da una proboscide 
breve e liscia, che talvolta si termina in parecchi lobi. 

Le branchie dorsali sono brevi, foliacee o filiformi, e incominciano fin dalla regione 
toracica e si continuano in quell’addominale, la quale è molto più lunga, e va grada- 
tamente attenuandosi. 

I segmenti sono biramati e portano setole semplici e uncinate. 

Hanno in generale color carnicino, talvolta più rosso talvolta più sbiadito. 

Vivono sotterrati nella sabbia o nel fango, e preferiscono l’acqua bassa. 


GENERE ARICIA Sav. 


Le due regioni del corpo sono ben distinte. L’anteriore porta nel ramo inferiore 
delle creste papillose molto sviluppate. 

Il lobo cefalico è conico, e generalmente si termina a punta; spesso esistono oc- 
chi. La bocca è armata di proboscide liscia. 

Le papille ‘) del ramo inferiore, appartenenti ad alcuni segmenti intermedii tra la 
regione anteriore e quella posteriore del corpo, si prolungano dalla parte ventrale , ed 
in alcuni segmenti, tanto da raggiungere i margini del solco ventrale. 

La parte posteriore terminale è quasi sempre un po’ attorcigliata, ed il segmento 
anale porta dal lato dorsale dei cirri sottili e allungati. 


1) Il prof. Ehlers parla di queste papille nella descrizione dell’Aricia Kupfferii n. sp., e ne 
dà un disegno nel suo lavoro: Beitrdàge zur Kenntniss der Verticalverbreitung der Borstenwirmer 
in Meere. 


Rig 


Aricia foetida Clpde 


Corpo lungo 15 cm., largo 4 mm., con più di 200 segmenti (130-150 Claparède). 

Il lobo cefalico è a forma di cono molto attenuato e porta 2 macchie oculari. I seg- 
menti toracici sono da 22-24, e portano sul ramo superiore un fascio di setole semplici 
subulate, distintamente anellate, ed una branchia a forma di cirro conico. 

Le branchie mediane dorsali incominciano al 10° segmento setigero. 

Il ramo inferiore forma una cresta regolarmente tagliata in papille linguiformi, ed 
al lato di questa cresta sorge un gruppo di setole brune disposte a ventaglio ed in 3-4 
serie. Queste setole sono semplici, robuste, seghettate ad una piccola distanza dalla 
estremità, che è molto ottusa. 

Alcune papille del ramo ventrale si trovano sulla faccia ventrale dell’animale fin 
dal 17° segmento setigero (Tav. II, fig. 6, a); nel 18° aumentano in numero, e dal 
19° sino al 25° queste papille formano una cresta dentellata (Bb), quasi continua, inter- 
rotta solamente dal solco mediano del corpo. Nel segmento 26° ce n'è talvolta un paio 
solamente, e nei successivi esse mancano del tutto. In alcuni individui incominciano 
solamente nel 18° segmento. 

Dal 22°, ed in alcuni dal 24°, i rami setigeri cambiano di forma; essi non hanno 
che una sola forma di setole semplici, lunghe e sottili. Inoltre il ramo superiore si pro- 
lunga in una branchia lanceolata, ed immediatamente sotto alla superficie dorsale e la- 
terale del segmento si trova un’altra branchia cirriforme; il ramo inferiore è quasi ri- 
dotto ad un lobo membranoso con l’estremità divisa in due linguette, una più grande 
dell’ altra. 

L’estremità posteriore è formata da segmenti più piccoli degli altri, con branchie 
che gradatamente finiscono; al limite dell’anello anale, ai lati del dorso , si trova da 
ciascun lato un’appendice soitilissima lunga 3-4 mm. 

Il colore dell’ animale è rosso-sangue, più sbiadito nella parte ventrale. 

Questa specie si riproduce dal mese di Gennajo sino a quello di Giugno. 

Le uova deposte sono di color verdino nei primi stadii; esse in molto numero oc- 
cupano la parte mediana di un nidamento gelatinoso, vermiforme, cilindrico , che vien 
fissato per una estremità sulla sabbia dove vive l’animale. La lunghezza del nidamento 
varia dai 6-8 cm.; il suo spessore è circa 3 mm. Sviluppandosi di più le uova diventano 
di un colore giallo o grigio, e allo stato di larve queste si spandono in tutto il nida- 
. mento, che ha perduto la trasparenza a causa di uno strato esterno di Diatomee, parti- 
celle di fango e granelli di sabbia, che si deposita sulla superficie. 

Quest’ Aricia è molto comune, e preferisce la sabbia delle acque poco mosse e 
basse, ove si sotterra. Ha un fetore simile a quello di sostanze in putrefazione. 

Nel Porto di Mergellina, alla Loggetta della Villa nazionale ed a Santa Lucia s’ in- 
contrano in grande quantità in un metro circa di fondo. 


Aricia Cuvierii Aud. etEdw. 


Lunghezza del corpo 23 cm. (esemplare mutilato); larghezza 5-6 mm. con più di 
250 segmenti. 


ci È — 

Il lobo cefalico è conico puntuto. Esistono 22 segmenti toracici, che nel ramo dor- 
sale portano setole semplici anellate in tulta la loro metà anteriore, insieme ad una 
piccola branchia conica. 

Le 2 branchie mediane incominciano al 5° segmento setigero. 

Il ramo inferiore porta una cresta papillosa, come nella specie precedente, ed un 
gruppo di setole disposte a ventaglio, che sono grosse, un po’ ricurve, con l’apice 
quasi ottuso, e non seghettate in nessun punto. Queste grosse setole sono disposte in 
3-4 serie transversali, occupando tutto il lato del corpo; spesso tra loro esistono setole 
simili a quelle del ramo dorsale. 

AI 20° segmento setigero anteriore, dalla faccia ventrale, le papille del ramo infe- 
riore si estendono in piccolo numero; nel 21° e 22° si estendono tanto che arrivano 
sino al margine del solco ventrale del corpo; dal 23° al 26° incominciano a diminuire 
di nuovo, finchè negli altri 3 che seguono ne esistono solamente 4 disposte sotto al ra- 
mo setifero ; e nel 30° solamente 2. 

1 primi rami dorsali dei segmenti addominali terminano con un grande lobo coni- 
co; in questa regione i rami ventrali sono più piccoli e presentano un cirro conico in- 
serito verso le base. 

Il colore di questa specie è carnicino, e nella sua parte posteriore è plumbeo, 

È specie rarissima, e l’unico esemplare fu pescato nei fondi arenosi fuori Mergel- 
lina in 6 metri di profondità. 

Il Claparède mette questa specie in sinonimia coll’ Aricia foetida, accompagnan- 
dola con un punto interrogativo. Per la differenza delle setole del ramo toracico ventra- 
le, per la posizione delle branchie dorsali mediane, che nella foetida incominciano al 
10°, mentre nella Cuvieriî si trovano solamente al 5°, per la distribuzione differente 
delle papille nella faccia ventrale, nonchè per gli altri caratteri conosciuti, credo che 
si tratti di due buone specie. 


GENERE THEODISCA F.Mull. 


Corpo di apparenza simile alle Aricie, diviso in due regioni ben distinte. Il lobo 
cefalico è compresso e ottuso, non porta alcuna appendice, ed è munito di macchie o- 
culari. La bocca è armata da una proboscide, che si divide nella parte libera in nume- 
rose appendici digitiformi, che io suppongo abbiano funzione respiratoria. 

Mancano le papille nel ramo inferiore e sulla parte ventrale di alcuni segmenti. 

Le branchie sono linguiformi, i parapodii sono distici con il ramo inferiore bilabiato. 

Il segmento anale si termina con dei cirri conici. 


Theodisca liriostoma Clpde. 


Lunghezza del corpo 8-10 cm., larghezza 3-4 mm., con più di 200 segmenti. 

Il lobo cefalico è più largo che lungo, arrotondato a semicerchio, con una strozza- 
tura all’indietro , e porta nel mezzo due piccoli punti neri oculiformi. 

La regione toracica si compone di 20-22 segmenti setigeri. Il segmento boccale è 
acheto, ed è armato di una proboscide che si termina con appendici digitiformi varia- 
bili in numero. Credo che queste appendici, più che come organi di presa, funzionino 
come organi respiratorii. 

ATTI — Vol. V.— Serie 2.4 — N° 11. 4 


— Bi 


Il ramo setigero superiore è molto ridolto e comprende una breve appendice cilin- 
drica, con un fascio di setole molto tenui, leggermente curvate a gomito e anellate oltre 
la curvatura. L’inferiore è diviso in due labbra verticali ed è munito di un ventaglio di 
setole brune, simili per forma a quelle del ramo superiore, ma relativamente più robu- 
ste, più brevi e più ricurve; esse son miste a qualche setola breve e ottusa , leggermente 
uncinata all’ estremità. 

L’ultimo segmento posteriore si termina con due paia ineguali di cirri conici, e l’ano 
si presenta come una larga fessura, circondata da un labbro a forma di cercine. 

ll colore dell’animale è rosso-bruno con le branchie rosso-sangue ; l’ estremità po- 
steriore è più scolorata e trasparente. 

Vive in località molto circonscritte e si sotterra nella sabbia mista a detrito. Sulla 
spiaggia dei Granili e del Carmine, in vicinanza degli scogli, e a Santa Lucia, in acque 
basse, se ne pescano numerosi individui. 


FAMIGLIA SPIODEA Gr. 


Corpo piuttosto breve diviso in due regioni ben distinte e con numerosi segmenti. 

Il lobo cefalico è sempre ben distinto e talvolta si termina con espansioni tentacu- 
liformi; ordinariamente porta piccole macchie oculari. 

Il segmento boccale è munito di 2 lunghi cirri tentacolari caduchi, che spesso por- 
tano un solco longitudinale. La bocca è armata da una piccola proboscide molto ridotta. 

I parapodii generalmente sono biramati e muniti di setole semplici o uncinate, e 
tutti i rami dorsali, o solamente alcuni tra essi, portano branchie cirriformi, Diverse 
specie hanno sui segmenti delle zone ciliate. 

L’ultimo segmento in alcune forme si termina a guisa di coppa. 

Diversi Spiodei fabbricano dei tubi e vivono in colonie numerosissime; alcuni per- 
forano gallerie nelle conchiglie di Molluschi e di Cirripedi, e talvolta anche nella roccia 
calcarea; altri vivono sotterrati nei fondi molli. 


GENERE SPIO O. Fabr. 


Sinonimia : 
Colobranchus Semda 
Malacoceros 
Uncinia IS 


Corpo piccolo con segmenti quasi simili e non molto numerosi. 

Lobo cefalico conico, che talvolta si termina in piccole espansioni, munito ordina- 
riamente di 4 macchie oculari. 

Rami setigeri approssimati al derso; il superiore porta setole capillari, l’ inferiore 
setole semplici e uncinate ‘). 

Le branchie linguiformi sono numerose e incominciano sin dal 1° o dal 2° seg- 
mento anteriore. 


!) Il Carus nel suo « Prodromus Faunae Mediterraneae », nei caratteri del genere Spio ri- 
ferisce erroneamente le setole uncinate al ramo dorsale, e le capillari a quello ventrale. 


— fi: = 


Il segmento anale è munito di 2 0 più papille. 
Ordinariamente fabbricano un tubo fangoso. 


Spio fuliginosus Clpde 


Corpo lungo 3 cm., largo 2 mm., con circa go segmenti. 

Il lobo cefalico si prolunga al davanti in una specie di tromba, con due espansioni 
tentacoliformi laterali. I due veri tentacoli variano molto in lunghezza e talvolta raggiun- 
gono l’ 11° segmento. 

Nel 2° segmento cominciano le branchie. 

Nella regione anteriore del corpo i due rami non portano se non delle setole sem- 
plici, ma dal 32° segmento in poi si trovano in ciascun gruppo del ramo inferiore un 
uncino forte con il rostro che porta un piccolo dente. Più indietro il numero di questi 
uncini si eleva a 2 e vi si aggiunge inoltre una robusta setola semplice. 

L’estremità posteriore porta 4-8 papille anali. 

Il colore di quest’animale è verdastro-oscuro; nella parte anteriore è gialletto e pig- 
mentato di nero. 

Si riproduce dal mese di Novembre sino a quello di Aprile, e se in quell’epoca si 
tengono in un vaso, essi depongono le uova racchiuse in un piccolo nidamento gelati- 
noso di forma irregolare, che vien fissato alla superficie dell’acqua. 

È comunissimo, e vive nel fango nero del Porto mercantile; di rado ed in minor 
quantità trovasi pure nel Porto di Mergellina, e tra i tubi di Polydora pescati alla spiag- 
gia dei Granili, in vicinanza degli scogli, e sempre in acque basse. 


GENERE POLYDORA Bose. 


Sinonimia: 
Leucodora Johnst. 
Leucodorum Oerstd. 


Anellidi di piccole dimensioni con la parte anteriore del corpo formato da un seg- 
, mento boccale ampio, al disopra del quale si trova il lobo cefalico stretto e allungato , 
che si protende anteriormente e finisce quasi sempre in due lobi ottusi, raramente ap- 
puntiti e allungati. 

Nella parte posteriore il lobo cefalico porta 2 - 4 ocelli, talvolta nessuno. Lateral- 
mente ad essi partono dal segmento boccale due lunghi e sottilissimi tentacoli. 

Seguono 4 segmenti setigeri biramati; spesso le setole mancano sul ramo dorsale 
del primo segmento setigero. Il 5° segmento è sempre ben distinto dai precedenti; è di 
maggior dimensione, sprovvisto sempre di cirri, e raramente anche di setole nella parte 
dorsale. Lateralmente, nello spazio compreso fra le setole dorsali e quelle ventrali, la 
pelle forma un infossamento, e qui si trovano le setole robuste, e di solito uncinate, che 
sono caratteristiche del genere. Seguono poi numerosi segmenti abbastanza uniformi ; 
nella parte superiore essi sono provvisti di setole e anche di cirri, almeno per qualche 
tratto. Nella parle ventrale esistono setole, che si modificano «al 7° 0 all’8° segmento, 
diventando degli uncini incappucciati; i rami ventrali più spesso sono mancanti. 

Le branchie in una sola specie cominciano al 1° segmento setigero, nelle altre sol- 


== 


tanto dopo il 6°; esse sono dorsali, mancano al 5° segmento, e così pure agli Moni 
10-20 segmenti. 

Il segmento terminale forma una coppa anale, qualche volta biloba, altre volte della 
forma dello zoccolo di un cavallo. 

Costruiscono tubetti fangosi o coverti di sabbia. Talvolta formano delle gallerie nei 
corpi calcarei. Vivono associati anche in specie diverse; talvolta in numero enorme for- 
mano tra gli scogli o sul fondo un vero tappeto continuo di tuboli. 


Polydora polybranchia Haswel. 


Lunghezza dell'animale 2 cm., larghezza 1-2 mm.; numero dei segmenti 55-65. 

Il lobo cefalico è bilobato con 4 occhi, raramente mancanti; i due tentacoli sono 
lunghi e scoloriti. 

Le branchie incominciano dal 1° segmento setigero, e mancano, come nelle altre 
specie, al 5° segmento. I 4 segmenti anteriori biramati portano setole lunghe e filiformi 
accanto ai rispettivi tubercoli; tuttavia il tubercolo dorsale del primo segmento ne è 
sprovvisto. Al 5° segmento gli uncini sono 4 sviluppati ed 1 rudimentale, uncinati, 4.0 5 
colla parte superiore a cono rovesciato. Esiste il fascio di setole ventrali, ma manca il 
dorsale. 

Tutti i segmenti dopo il 5°, da 50 a 60 sono sprovvisti di setole filiformi nella parte 
dorsale; in quella ventrale le setole cessano al 6° segmento, ed a cominciare dal 7° sono 
sostituite dagli uncini incappucciati da 7-9 per gruppo. 

L’ano è a forma di coppa. 

Il colore del corpo è verdastro, con granulazione di pigmento nero più abbondante 
intorno alla bocca. 

Vive gregaria in tubi fangosi neri ravvicinati gli uni agli altri, e spesso insieme alla 
Polydora ciliata e all’ antennata. 

La Polydora polybranchia, trovata dall’Haswell in Australia, fu ritrovata in Napoli 
dal Carazzi; è piuttosto frequente in profondità di 1-2 metri tra gli scogli del Chiata- 
mone e del Castello dell’ Uovo. 


Polydora ciliataJohnst. 


Sinonimia : 
Leucodora ciliatus Johnst. 
Leucodorum ciliatum Oerstd. 
Polydora Agassizii Clpde 


Lunghezza dell’ animale 2-3 cm., larghezza 1-1,05 mm.; numero dei segmenti 
sino a 150. i 

Il lobo cefalico forma due capagsiani ottuse; gli occhi sono in numero di 2 0 di 4, 
o mancanti del tutto. 

Le branchie incominciano al 7° segmento e continuano per un 100° di segmenti. 
Il tubercolo dorsale del primo segmento setigero non porta setole; gli altri sopra e sotto 
ne sono provvisti. In tutti i segmenti si trovano setole semplici alla parte dorsale; esse 
cessano nella parte ventrale al 6° segmento, e a cominciare dal 7° sono sostituiti dagli 
uncini a cappuccio, di solito in numero di 8, ma anche sino a 12 per gruppo. 


cvN. pes 

AI 5° segmento da 4-5 uncini bidentati, bene sviluppati, oltre 2 rudimentali. Cla- 
parède erra mettendoli alla regione dorsale; sono mediane come in tutte le altre spe- 
cie. Alla parte dorsale, vicino al 1° uncino c’è sempre un piccolo fascetto di setole nor- 
mali, e più visibile è il fascetto ventrale. 

L’ano è una coppa semplice. 

Il colore del corpo è roseo con molto pigmento nero a fasce nella parte dorsale 
dei primi 3-4 segmenti; tali fasce esistono anche nei due tentacoli, che sono lunghi 
fino ad '/ del corpo. 

Questa specie è la stessa che il Claparède ha descritta col nome di P. Agassizii ; 
il Carazzi ragionevolmente propone che le venga restituito il nome di celata dato dal 
Johnston nel 1838 ad una specie, che descritta più diligentemente nel 1868 da M. » 
Intos h, non può essere che la stessa qui sopra descritta. 

La Polydora ciliata è comunissima nel Porto mercantile (Immacolatella), ove for- 
ma, tra i tappeti di Bugu/a, delle colonie piuttosto fitte con i suoi tubi allungati fatti dal 
fango nero. 

Si trova insieme ad altre specie pure sulla spiaggia del Carmine e al Chiatamone, 
tra gli scogli, da 1-2 metri di fondo. 

Matura in Ottobre; anche in Aprile e Maggio se ne trovano sessualmente mature. 


Polydora armata Lnghs. 


Lunghezza del corpo 5 mm., larghezza 0,5 mm., con 35 segmenti. 

Gli uncini del 5 segmento sono 2 sviluppati e 1 rudimentale, e talvolta tutti e 3 
bene sviluppati; mancano le solite lancette e sono provvisti alla parte superiore di 3 
denti bene sviluppati e posti sullo stesso piano. Esistono le setole normali sopra e sot- 
to. Sulla parte dorsale vi sono i soliti fascetti di setole normali fino agli ultimi 10-12 
segmenti. In questi esse sono sostituite da setole dritte e robuste triangolari, in nume- 
ro di 16-20, piantate tutte intorno ad un disco, e riunite alla punta in modo da forma- 
re un cono. Le setole ventrali sono sostituite, a cominciare dal 7° segmento, e poste- 
riormente dagli uncini incappucciati, che sono soltanto 3-4 per gruppo, e qualche vol- 
ta accompagnati da una setola filiforme. 

‘ Le branchie si vedono solo in 7-8 segmenti come.in tutte le altre forme giovani. 

L’ano ha una forma cilindroide , biloba, cioè con una intaccatura anche alla parte 
ventrale e fornito di tanti piccoli bacilli. 

L’animale è scolorato, come pure i tentacoli; mancano gli occhi, 

Di questa specie singolare il Langerhans ha trovato a Madeira 6 esemplari tutti 
giovani. II Carazzi l’ha trovato per la prima volta nel Mediterraneo, ma anche i suoi 
esemplari, sebbene numerosi, erano tutti giovani. Non vha nessun dubbio che si tratta 
di una specie ben distinta da tutte le altre per la carattestica armatura del 5° segmento 
e degli ultimi fasci dorsali. Ad ogni modo questa descrizione si riferisce ad esemplari 
non adulti. 

Io l’ho trovata davanti il Porto di Mergellina a profondità di 15-20 metri (località 
ove furono trovate anche dal Carazzi) dentro gallerie fatte nei gusci di bivalvi (Venus) 
morte ; le gallerie si continuano all’ esterno con due tubi simili a quelli delle altre spe- 
cie, ma solamente consparsi di minuti granellini di sabbia. Insieme vive la Polydora 
flava Clpde. 


pe 
Polydora hoplura Clpde 


Lunghezza del corpo sino a 5 cm., larghezza 2 mm.; numero dei segmenti sino a 
più di 200. 

Il lobo cefalico forma due espansioni ottuse, e porta 4 occhi, spesso mancanti. 

Le branchie incominciano al 7° segmento e mancano solo negli ultimi 10-20 seg- 
menti, dove cominciano gli uncinì caratteristici della specie. Al 5° segmento vi sono 5 
a 6 uncini tridentali , oltre a 2 rudimentali; esistono le setole normali sopra e sotto. 

Gli uncini ventrali sono 8 per gruppo e incominciano al 7° segmento. Il carattere 
distintivo più importante di questa specie è quello di avere negli ultimi 10-20 segmenti, 
sul lato dorsale, uno o raramente 2 robusti uncini molto ricurvi, che accompagnano le 
setole filiformi. 

L’ano è a coppa, ma di forma molto più slanciata che nelle altre specie. 

Si distingue dalla P. ciliata, perchè i tentacoli hanno delle fasce trasversali colorate, 
ma non nere; le fasce di pigmento sui primi segmenti mancano; il colore del corpo è 
di un rosso più oscuro. 

Si trova poche volte dentro i tubi alla superficie degli scogli o sul fondo, come le 
altre specie. Più di frequente si costruisce delle gallerie con due aperture ravvicinate 
dentro i gusci dei Balanidi e delle Ostriche viventi, e alle due aperture fabbrica un pic- 
colo tubo identico a quello delle altre specie. 

È stato trovato sulla Costa di Posilipo, al Carmine, e nelle Ostriche di Taranto tenute 
a Santa Lucia, e sempre a 1-2 metri di fondo. 


Polydora antennata C]pde. 


Lunghezza del corpo 2-3 cm., larghezza 1-1,5 mm.; numero dei segmenti circa 100. 

Il lobo cefalico è stato mal descritto e figurato dal Claparède. È come nelle altre 
specie bilobo, ma molto spesso i due lobi sono più distinti, allungati e appuntiti; non 
esistono mai le due antenne esterne figurate e descritte dal Claparède. Invece è note- 
vole un cornelto mediano, che sta sul lobo cefalico immediatamente dietro i 4 occhi. 

Gli uncini del 5° segmento , che è provvisto di lancette, formano una specie di ferro 
di cavallo colla convessità rivolta verso la parte ventrale. Sono da 20-30 uncini. 

Le setole sono molto sviluppate in tutti i segmenti, e anche al 5° visibilissime sopra 
e sotto; esse non cambiano forma in tutto il dorso. 

Nella parte ventrale gli uncini cominciano all’ 8° segmento invece che al 7°, come in 
tutte le altre specie; essi sono molto numerosi, da 20-24 per gruppo. 

L’ano è bianco, a coppa, distintamente bilobo. 

Il colore del corpo è giallo, uniforme sui tentacoli e per il corpo; la parte posteriore 
è scolorata se l’intestino è vuoto ; ordinariamente manca il pigmento nero. 

L’aver detto il Claparède che questa specie fu da lui trovata in un pezzo di le- 
gno forato da Teredo, ha indotto in errore il Carus, il quale la crede una specie 
xylofaga. Invece la P. antennata si trova nei soliti tubi assieme alla P. Roplura, alla 
P. polybranchia etc., in profondità da 1-2 metri al Chiatamone, al Carmine ed al Ca- 
stello dell'Uovo. 


= Gia 
Polydora flava Clpde 


Lunghezza del corpo 2 cm., larghezza 1,5 mm.; numero dei segmenti circa 150. 

Il lobo cefalico è bilobo ma non così ottusamente come nelle altre specie ; talvolta 
i due lobi sono appuntiti come nella P. antennata. Gli occhi mancano. 

Al 5° segmento vi sono 3, 4, raramente 5 uncini bene sviluppati ed 1 rudimentale ; _.. 
sono accompagnati dalle solite lancette, ma si distinguono bene anche nei giovani da 
quelli della P. ciliata e della P. Roplura, perchè l’uncino è unidentato è ottuso all’ e- 
stremità. : 

Anche al 1° segmento setigero il ramo dorsale porta le setole. I rami dorsali e ven- 
trali sono ben distinti per parecchi segmenti dopo il 6°. Le setole dorsali sono poco nu- 
merose ma lunghe. A cominciare dal 9g" segmento, oppure dal 12° segmento, sono ac- 
compagnate dal caratteristico fascetto formato da numerosissime setole. Questo fascetto 
si stacca facilmente e da questo dipende l'errore del Claparède, che lo fa cominciare 
dal 20° segmento; si continua fino all’ ultimo. 

Gli uncini ventrali cominciano al 7°, sono solamente 3-4 per gruppo, e dal 7° al 
12° segmento accompagnati da una setola semplice, sempre anche nei giovani. 

Le branchie raramente si vedono all’ 8°, sono un po’ più sviluppate al 9°, e bene 
.sviluppate al 10° e seguenti. Negli adulti fino a 40 paia. Gli ultimi 30-40 segmenti ne 
‘sono sprovvisti. 

L’ano è di forma cilindroide, intero, quasi sempre con bacilli bene sviluppati. 

. Ha colorito uniforme rosso-giallo nella porzione anteriore, piccolissime macchie di 
pigmento rosso, disposte lateralmente nella parte dorsale dei segmenti. Il pigmento nero 
manca assolutamente; ì tentacoli sono scoloriti. 

Questa Polydora vive nei tubi insieme alle altre specie, è più frequente però nei 
gusci dei bivalvi morti, insieme alla P. armata. Si pesca al Chiatamone e fuori Mergellina 
da 1-20 metri di fondo. 


ceneRE NERINE Johnst. 


Il corpo è robusto, uniforme, depresso, non molto lungo, e formato da segmenti 
brevi e piuttosto numerosi. 

Il lobo cefalico è sviluppato, ordinariamente molto acuto, e quasi sempre porta 
macchie oculari. Il segmento boccale è munito sulla parte dorsale di due grandi cirri 
tentacolari, che cadono con grande facilità, e possono piegarsi e muoversi in tutti i 
sensi. La bocca è armata da una proboscide piccola e semplice. 

I parapodii biramati sono muniti di una lamella foliacea, che specialmente nel ramo 
dorsale si prolunga e forma le branchie, le quali esistono fin dai primi segmenti setigeri. 
Nel ramo dorsale s’incontrano solamente setole semplici e subulate; al ramo ventrale, nel- 
.la parte anteriore sono simili, e verso la regione posteriore si associano a setole uncinate. 

Il segmento anale si termina con un cerchio di papille o da una piccola ventosa 
simile alla coppa terminale delle Polydore. 

Vivono sotterrate nella sabbia, ove si scavano delle gallerie come le Aricie. Tenute 
in recipienti, se non si usano grandi precauzioni, facilmente vanno in pezzi. 

Conservate in alcool colorano il liquido in verdastro-oscuro. 


ia 


- 


Nerine cirratulus Clpde 


Corpo lungo 4-6 cm. e anche di più, largo 5 mm., con quasi 200 segmenti. 

Il lobo cefalico è molto acuminato e porta 4 piccolissime macchie oculari. I 2 ten- 
tacoli cefalici arrivano ad 1 cm. di lunghezza. 

Le branchie incominciano al 2° segmento setigero, ed il loro margine posteriore 
porta un labbro membranoso, che si estende dalla base sino all’apice. Nell’ animale 
vivente le appendici branchiali si abbassano transversalmente sul lato dorsale. 

Nella regione anteriore ai due rami esistono solamente setole semplici, e nel ramo 
inferiore, solamente verso il 40° segmento, si trovano degli uncini leggermente ricurvi, 
muniti alla loro estremità di 2 denti quasi della stessa lunghezza e incappucciati. 

L'anello anale si termina con un’ appendice semicircolare membranosa, al disotto 
della quale si apre l’ano. 

Il colore generale di quest’ animale è plumbeo con il dorso rosso-oscuro. L’estre- 
mità anteriore è bianca scolorita, ed i 2 tentacoli sono spesso di un color verde-oscuro, 
tendente all’azzurro, più raramente rossastri. Nel periodo di maturità le £ hanno la 
parte ventrale verde-oscuro, ed i * invece bianco-latteo. 

Vive nei fondi sabbiosi, dove si sotterra; è comunissimo alla spiaggia del Ponte 
della Maddalena, e in quelle di Posilipo e di Bagnoli, al punto dove giungono le onde. 

Nel mese di Aprile, Maggio e Giugno questa specie sì trova piena di prodotti ses- 
suali, e spesso dal Gennaio all’ Aprile s’ incontrano tra gli animali pelagici le larve. 


Nerine auriseta Clpde 


Lunghezza del corpo 9-10 cm., larghezza 6 mm., con circa 150 segmenti. 

Il lobo cefalico è un po’ oltuso. I tentacoli cefalici sono lunghi circa 2 cm. 

Il ramo setigero superiore nella regione anteriore porta branchie più sviluppate che 
nella N. cirratulus, e nella stessa regione le setole dei 2 rami hanno colore dorato ed 
hanno forma rettilinea, molto puntute e marginate. Verso il 30° segmento si aggiunge 
alle setole del ramo inferiore un lungo uncino incappucciato, che è ricurvo ad S verso 
estremità; più indietro il numero di queste setole aumenta. i 

Il colore della parte dorsale anteriore è rosso-sbiadito con riflessi giallicci; talvolta 
questa regione diventa color rosso-vivo, dovuto alle branchie dorsali che s’iniettano di 
sangue- I tentacoli cefalici sono trasparenti e sono segnati da una striscia aranciata ; un 
vaso sanguigno a spirale, che arriva sin quasi |’ estremità, si vede per trasparenza nel- 
l’ interno. 

La parte posteriore è più oscura, bruna, e la regione terminale è quasi trasparente. 

La più gran parte degl’individui adulti sono carichi di prodotti sessuali nel mese 
di Giugno e Luglio. 

Non è molto comune, e vive tra la sabbia ed il limo che si accumula tra gli scogli. 
Ne ho trovati alla spiaggia del Carmine ed al Castello dell’Uovo, ad 1 metro di fondo. 

Spesso ho osservato in questa specie dei casi di rigenerazione dei tentacoli cefalici. 


GENERE PRIONOSPIO Mlmgr. 


Corpo sottile piuttosto piccolo e allungato. 

Il lobo cefalico è breve, talvolta molto sviluppato, per lo più arrotondato alla sua 
estremità e spesso portante 4 macchie oculari. Esistono i due cirri tentacolari come in 
tutti gli altri Spionidi '). 

Sulla parte dorsale dei primi segmenti anteriori esistono branchie piumate oppure 
semplici (probabilmente queste sono anche branchie pinnate in via di rigenerazione). 

I segmenti anteriori portano in ambedue i rami setole capillari; nella parte poste- 
riore, nel ramo ventrale, vi sono insieme uncini e setole capillari. I rami setigeri ante- 
riori si prolungano in un lobo marginato, e su tutti quelli posti indietro si fondono in- 
sieme per formare una cresta membranosa. 

Alcune specie vivono in un tubo tenue fangoso. 


Prionospio Malmgrenii Clpde 


Ho trovato raramente esemplari della lunghezza di 4 cm., con 2 mm. di larghezza, 
e con 85-90 segmenti. 

Il lobo cefalico è molto largo, con il margine frontale arrotondato, e porta 4 mac- 
chie oculari. La bocca è armata di una proboscide breve, coverta di ciglia vibratili. 

I 2 tentacoli cefalici si originano dietro gli occhi e sono piuttosto poco allungati. 

Negli esemplari da me studiati vi erano in tutti e 4 i primi segmenti dal lato dor- 
sale un paio di branchie pinnate; quelle del 1° e del 2° segmento erano più lunghe e 
con le pinnule più sviluppate delle altre. Tanto le appendici branchiali come i cirri ce- 
falici si staccano molto facilmente. 

Nei 9 primi segmenti i 4 rami portano esclusivamente setole semplici, e dal 10° in 
poi sì associano ad esse altre setole quasi simili, ma più corte. Al 15° segmento ed in 
tutti quelli che seguono il ramo ventrale al disotto delle setole precedenti possiede 
pure alcuni uncini con rostro armato di 2 piccoli denti. 

L’ultimo segmento anale è munito di un’ appendice impari e di 2 piccoli tubercoli 
laterali. 

Il colore del corpo è giallo-bruno nella parte anteriore, e bianco-latte in quella 
posteriore (4 maturi). Le branchie sono talvolta pallide e trasparenti, talvolta s° iniettano 
di sangue, che in questa specie è rosso. I due tentacoli cefalici sono trasparenti. 

Gli esemplari trovati nel mese di Luglio erano zeppi di prodotti sessuali. 

Vivono nel fondo fangoso misto a sabbia fina, e suppongo fabbrichino un tubo co- 
verto di fango, poichè ne ho trovato esemplari con frammenti di tubo attorno il corpo. 

Nella zona di sabbia fina e fango, che si estende dal Castello dell’ Uovo alla Punta 
di Posilipo, a 25 metri di profondità se ne pescano rari individui. 


1) Il Carus nel suo Prodromus etc. mette come carattere del genere la mancanza dei ten- 
tacoli cefalici, come avea erroneamente fatto il Claparède, e sembra di non conoscere la cor- 
rezione del Marion e Bobretzky (Annélides du Golfe de Marseille), che trovarono il Prionospio 
Malmgrenii con due tentacoli simili a quelli delle Polydore e degli Spio. 


ATTI — Vol. V.— Serie 29 — N° 11. 5 


— Be 


ceNnERE MAGELONA F. M ill. ‘). 


Sinonimia : 
Maea Johnst. ?). 


Il lobo cefalico è appiattito, largo, a punta ottusa; l’apertura boccale è ventrale ed 
è armata da una proboscide grossa, breve, molle e semitrasparente (Tav. II, Fig. 2, a). 
Da ciascun lato della bocca si trova un cirro tentacolare lungo, che da un lato è prov- 
visto di papille minutissime. 

Il torace è formato da 9 segmenti biramati, che portano setole semplici; ogni fascio 
di setole semplici è accompagnato da un cirro branchiale. 

I numerosi segmenti addominali portano da ciascun lato due serie transversali di 
uncini allungati, una al disotto dell’altra, e tra queste due appendici filiformi o foliacee. 

All’estremità posteriore esistono 2 cirri anali. 

È molto probabile che costituiscono un tubo, in cui vivono nascosti. 


Magelona papillicornis F.Mùll. 


Sinonimia : 
Maea mirabilis Johnst. 


Non posso dare le misure dell’animale intero avendone trovato solamente 2 in- 
dividui mancanti della regione posteriore. Essi aveano la testa con i 2 tentacoli, 9 seg- 
menti toracici ed alcuni segmenti addominali (Tav. II, fig. 2). Erano lunghi 1 '/, cm., 
larghi 2-5 mm., con ì tentacoli della lunghezza di circa 1 cm. 

In questa specie le due regioni del corpo sono molto distinte, specialmente per- 
chè il torace è un po’ più stretto dell’ addome ed i segmenti di quest’ultima regione 
sono più distinti. 

Le setole capillari si rassomigliano in tuttii 9 segmenti toracici, e al 9° non ho 
trovate le setole descritte e disegnate dal M.° Into sh *). Gli uncini della regione addomi- 
nale sono a lungo manubrio, con la testa incappucciata, leggermente ricurva, rostrata, 
e con un dente sul vertice. 

Tutti e due gl’individui furono pescati nel mese di Maggio, ed erano carichi di uo- 
va. Le larve pelagiche sì trovano nel Plankton da Dicembre sino a Giugno. 

Vivono nella zona di sabbia sottile a 15 metri di profondità fuori la Stazione Zoo- 
logica. 

Questa specie fu scoverta dal Fritz Miller nelle acque dell’Isola Santa Caterina 
sulle coste del Brasile. Il Claparède ‘) per il primo ne descrisse le larve, senza trova- 


1) Fritz Mùller, Finiîges ùber die Anellidenfauna der Insel Santa Catarina an der Brasiliani- 
schen Kùste (Arch. Naturg., 24 Jahrg., 1858, pag. 215. 

2) G. Johnston, A Catalogue of the British non parasitical Worms in the Collection of the Bri- 
tish-Museum. London 1865, pag. 278. 

3) W. C. M. Intosh, Beitràge sur Anatomie von Magslona (Zeit. Wiss. Z., XXXI Bd., 1878, 
pag. 402). 

‘) Ed. Claparède, Beobachtungen ùber Anatomie u. Entwickelungsgischichte wirbellose Thiere 
an der Kiiste der Normandie. Leipzig 1863. 


eun a 
re l’adulto a St.-Vaast la Hougue, sulla costa West francese. Il Greville, che ne mandò 
al Johnston, il Carrington ed il M.° Intosh la trovarono sulle coste inglesi, 
specialmente a St.-Andrews. 

Nel Mediterraneo non era stata mai trovata. 


FAMIGLIA CHAETOPTERIDA Aud. etEdw. 


Corpo non molto allangato, formato da segmenti poco numerosi e dissimili, sem- 
pre diviso in diverse regioni distinte. 

La parte cefalica è depressa e la bocca è situata sul lato dorsale, e non possiede 
proboscide; spesso porta occhi e 2 cirri tentacolari. 

La regione mediana ha segmenti di forma anormale e non simili. 

Il 4° segmento toracico presenta delle setole speciali. Esistono uncini pettini- 
formi. 

Il ramo ventrale è bifido nella regione posteriore, e talvolta anche in quell’ ante- 
riore. Le appendici dorsali dei segmenti mediani hanno forma semicircolare, e sovente 
sono lobati. 

Talvolta mancano le branchie. 

Gli animali appartenenti a questa famiglia fabbricano un tubo speciale resistente , 
pergamenaceo, nudo o coverto di sabbia. 


ceNERE CHAETOPTERUS Cuv. 


Corpo grosso, robusto , diviso in 3 regioni, con la testa munita di 2 piccoli tenta- 
goli e di 2 occhi. 

I parapodii della regione anteriore sono uniramati; quelli mediani posteriori bira- 
mati, con ramo inferiore sprovvisto di setole; questi ultimi segmenti sono molto diffe- 
renti tra di loro. 

La parte posteriore ha segmenti simili; è più lunga delle altre regioni e va grada- 
tamente altenuandosi. 


Chaetopterus variopedatus Ren. 


Sinonimia : 
Tricelia variopedata Ren. 
Chaetopterus pergamentaceus Will. 
» Crevis Lespis 
» Leuckartii Qtrfgs. 


Lunghezza del corpo 25 cm. e più, larghezza 2 /, cm., con 50-60 segmenti. 

La parte cefalica è allargata, depressa; si prolunga oltre la bocca in un lembo car- 
noso conformata a gronda. Ai lati della bocca si trovano 2 appendici cirriformi. 

Alla regione toracica appartengono 9 segmenti, dei quali il 4° ed il 5° sono arma- 
ti da setole molto forti coll’apice denticulato. 

La parte mediana ha 5 segmenti, dei quali i 3 posteriori sono simili fra loro, bi- 
ramati ; il 1° è molto sviluppato, ed ha il ramo superiore cirriforme conico e ap- 
piattito. 


usa. 

Ho contato sino a 40 segmenti nella regione posteriore; questi hanno il ramo su- 
periore cirriforme più sviluppato e di forma simile a quelli toracici. 

Il colore dell'animale è bruniccio nella regione anteriore, con la parte sonsglaie ros- 
siccia; i due primi segmenti mediani dal lato dorsale sono di color verde-sbiadito ; tutta 
la regione addominale è bianca-laltea nei *, e giallo-rossiccia nelle $.. 

Fabbrica un tubo pergamenaceo, che talvolta raggiunge 40 cm. di lunghezza e 
circa 3 di larghezza. Ha sezione cilindrica; è curvo, a semicerchio lungo il suo asse, ed 
è attenuato ed aperto alle due estremità , che ordinariamente si biforcano; esso si trova 
inflitto nella sabbia con i due estremi fuori. È color di legno e incrostato sulla sua su- 
perficie esterna con granelli di sabbia e pietruzze. 

Questa specie di Chaetopterus è piena, zeppa di prodotti sessuali dal mese di Mag- 
gio sino all’Agosto, e l’epoca della riproduzione comincia molto prima, poichè ho tro- 
vate nel Plankton le larve mesotroche dal mese di Febbrajo sino a tutto Luglio. 

Più raramente essa si trova fissata alle radici delle Posidonie o su valve di vecchie 
conchiglie. Sulle spiagge sabbiose in 4-6 metri di profondità si pescano esemplari molto 


grandi, invece quelli che vivono a maggiori profondità (sino a 60 metri) sono di mi- 
nori dimensioni. 


GENERE PHYLLOCHAETOPTERUS Gr. 


Corpo sottile, poco allungato, e diviso in 3 regioni. 

Il lobo cefalico è piccolo e poggia sul segmento boccale. La regione toracica ha 
parapodii con un solo ramo, che porta setole semplici. La testa è munita di 2 paia di 
cirri tentacolari: quello anteriore rassomiglia a quelli dei Spioidei; il posteriore è molto 
ridotto, e contiene nei tessuti setole capillari. 

Nella regione mediana i rami ventrali sono doppii, e portano setole uncinate; nel 
ramo dorsale, che è foliaceo, esistono setole capillari. 

In quella posteriore i rami ventrali sono anche duplici, ed i dorsali diventano ci- 
lindrici con setole aciculari sottili. 


Spesso si riuniscono in grandi colonie e fabbricano un tubo sottile, allungato, for- 
mato da una sostanza molto resistente. 


Phillochaetopterus socialis Clpde 


Corpo lungo sino a 3 cm., largo i mm. 

Il lobo cefalico è conico e ottuso; il segmento boccale è cilindrico , e la bocca si 
apre in avanti come un largo imbuto a margini carnosi. 

I due grandi tentacoli sono ciliati, i due piccoli contengono 1 0 2 setole aciculari 
sottili. 

La regione toracica contiene 13 segmenti setigeri armati di setole a forma di lan- 
cella, ed al 4°, oltre le setole a lancetta, ve n'è una cilindrica molto grande, troncata 
e irregolarmente dentata alla sua estremità; talvolta se ne contano 2, una più grande 
dell’altra. 

Dal 15° in poi, i segmenti diventano più allungati: quivi il ramo dorsale porta lobi 
foliacei, ed è armato da 20-30 setole aciculari. Dal 24° incomincia la regione posteriore, 


2° e 

che si compone di circa 35 segmenti, ove i rami dorsali diventano cilindrici; sono un 
po’ gonfiati alla loro estremità, ed il loro asse centrale è occupato da una setola, che 
si termina a ferro di lancia. Tanto nella parte mediana come in quella posteriore il ra- 
mo inferiore è doppio e contiene uncini modificati a forma di paletta. 

L’ultimo segmento posteriore è semplicemente arrotondato senza traccia di cirri. 

Il colore dell'animale è gialletto-pallido, talvolta tendente al rosa nella regione to- 
racica, verde in quella addominale. 

Il tubo è lungo sino a 1o cm. è più, largo 1 mm.; è semitrasparente, di colore 
rosso-bruno, resistente. Molti tubi si trovano riuniti in grandissimo numero e si fissano 
suì corpi sommersi per la loro estremità posteriore. 

Ho visto degli scogli al Castello dell’ Uovo, dal lato di Santa Lucia, ove queste co- 
lonie coprivano una superficie di 4-5 metri quadrati. 

Ogni tubo è regolarmente abitato da 2 a 3 individui. 

Anche sugli scogli del Chiatamone è assai comune, ad 1-2 metri di fondo. 


ceNERE TELEPSAVUS O. G. Costa 


Corpo sottile diviso in due regioni. Quella anteriore è depressa, un po’ convessa 
e formata da 9 segmenti setigeri uniramati. Il segmento boccale porta 2 lunghi tenta- 
coli solcati longitudinalmente. 

La regione posteriore ha segmenti cilindrici differenti fra loro, muniti di parapodii 
a ramo dorsale foliaceo , che porta setole semplici e a ramo ventrale doppio armato di 
uncini. 

Oltre la riproduzione sessuale esiste quella per scissione. 

Fabbricano un tubo trasparente come vetro e anellato. 


Telepsavus Costarum Clpde 


Corpo lungo 5-6 cm., largo 1-7 mm., con oltre 100 segmenti. 

Il lobo cefalico è conico e porta due macchie pigmentate. Il segmento boccale è 
cilindrico e la bocca ha labbra carnose; su questo segmento nella parte superiore si 
attaccano due lunghi tentacoli. 

La regione toracica si compone di 9 segmenti setigeri con tutti i rami simili, i quali 
portano un ventaglio di setole lanceolate, il 5° invece porta in ciascun lato poche setole 
simili a quelle degli altri segmenti ed una setola grandissima rigonfia all'estremità, e 
troncata da una superficie piana e obliqua. 

All 11° segmento incomincia la regione addominale caratterizzata da segmenti 
molto più allungati; al limite di ciascun d’essi si elevano delle appendici foliacee, pro- 
babilmente branchiali, ed alcune di esse racchiudono un fascio di lunghe setole ca- 
pillari. 

Il ramo ventrale è doppio e diviso in 2 palette piuttosto sviluppate, poste una die- 
tro l’altra; la cresta di queste palette è coverta da uncini molto piccoli, numerosi, e 
disposti in più serie. 

Il colore dell’animale è violetto nella parte cefalica; i tentacoli sono giallastri e 
macchiettati di pigmento bruno; altre macchie violette si vedono ai lati dei segmenti 


n = 
ultimi toracici, che sono verdastri, e su quelli che sono compresi tra il 3° ed il 7° seg- 
mento. 

I tubi di questa specie sono cilindrici, incolori, perfettamente diafani e regolar- 
mente articolati; raggiungono una lunghezza di 10-15 cm., ed uno spessore di 
i mm. 

Il Claparède dice che questi tubi sono frequenti, ma pochi solamente conten- 
gono l’animale. Per molto tempo anch'io ho trovato solamente tubi vuoti in quantità, 
ma pescando poi nel mese di Agosto ho raccolto molti tubi di piccole dimensioni 
(6-7 cm. di lunghezza e 0,5 mm. di spessore), i quali tutti contenevano dei piccoli 
Telepsavus in atto di riprodursi per scissione. Sovente nello stesso tubo si trovano due 
individui, uno con la testa e l’altro con la porzione addominale in via di rigenerazione. 

In un sol caso ho trovato un esemplare a cui mancavano i 4 segmenti anteriori, 
senza che l’animale paresse soffrirne. 


GeNERE RANZANIA Clpde 


Corpo diviso in due regioni: l'anteriore è depressa, e formata da 12 segmenti se- 
tigeri uniramati. Il lobo cefalico è piccolo e conico; il segmento boccale si termina con 
una espansione labiale biloba e porta 2 lunghissimi tentacoli (Tav. I, fig. 3). 

La parte posteriore è formata di segmenti diversi con parapodii biramati, ed il 
ramo dorsale non diventa mai foliaceo, invece è cilindrico o conico. 

L’armatura di setole è simile a quella degli altri Chetopteridi. 

Il Claparède nella descrizione dell’unica specie di questo genere stabilisce come 
carattere generico la mancanza dei due tentacoli. Malgrado gli si affacci il dubbio che 
tale mancanza sia accidentale, pure rimane convinto, come appare da quanto scrive nel 
suo lavoro sugli Anellidi del Golfo di Napoli, nella seguente nota a pagina 126: « Jai 
accordé a cette absence des téntacules une attention toute spéciale. J’avais en effet, pré- 
sente à l’esprit la mutilation si fréquente des Phyllochétoptères, qui avait fait dénier les 
grands téntacules à ce genre par M." Grube, quoiqu’à tort. Je savais que M." Leu- 
ckart a décrit une Polydore, accidentellement privée de ses téntacules, sous le nom de 
Leucodora mutica. Je savais en outre, par ma propre éxperience, combien les téntacules 
sont caduques chez le Polydores, les Nerines, les Spio, les Phyllochétoptères et les Telep- 
savus. Mais, malgré tout j'ai dù me convaincre que les Ranzania n’ont que des ténta- 
cules rudimentaires, à peine appréciables ». 

Non so davvero spiegarmi come ad un osservatore così accurato abbiano potuto . 
sfuggire i due tentacoli, che sono lunghi quasi più della metà dell’ animale intero. Tanto 
più che io in quasi ogni tubo che ho aperto per cacciar fuori l’animale ho trovato i ten- 
tacoli qualche volta distaccati, ma per lo più a posto; debbo però dichiarare che gli 
animali erano tutti in buonissime condizioni di vita. 

L’errore del Claparède può forse spiegarsi col supporre, che il materiale da lui 
studiato fosse sciupato. 


— 39 — 


Ranzania sagittaria Clpde 
(Tav. I, fig. 3) 


Lunghezza del corpo 2-2.1/, cm., larghezza 1 mm.; numero dei seguenti 35-40. 

Il lobo cefalico è conico e resta interamente appoggiato sul segmento boccale, che 
in ciascun lato è munito di una macchia oculare molto appariscente. Il segmento boc- 
cale ai lati è un po’ all’indietro del lobo cefalico porta 2 lunghi tentacoli, che giungono 
sino alla metà del corpo. I due tubercoli arrotondati con una cavità interna, che de- 
scrive e figura il CIaparède, probabilmente non sono altro che i tentacoli caduti in 
via di rigenerazione. Questo fatto l’ho potuto osservare in più individui che avevano 
tentacoli poco sviluppati, lunghi appena 1-3 mm. 

Il torace è formato da 12 segmenti setigeri uniramati, dei quali ri sono armati di 
setole semplici in forma di lancetta, e che variano un po’ tra loro. Il 4° segmento è 
come in tutti i Chetopteridi differente dagli altri, ed è armato di forti setole di due for- 
me, alcune più robuste, dritte e subulate, altre appiattite e leggermente ricurve all’ e- 
stremità. i 

I rami ventrali incominciano al 13° segmento e portano delle piastrine uncinate 
pettiniformi. Questo segmento è un po’ più lungo di quelli anteriori e porta il ramo 
dorsale che ha forma cilindrica; il 14° ed il 15° segmento sono 6-7 volte più lunghi, e 
quelli che seguono ridivengono molto più corti. Il ramo dorsale del 14° segmento ha 
forma di una palettina triangolare, e nello spessore di questa esiste un fascio di setole 
capillari; quelli di tutti i segmenti addominali sono un po’ meno sviluppati, hanno for- 
ma conica e sono sprovviste di setole. 

La parte anteriore dell’animale è lattea, un po’ giallognola; i tentacoli sono quasi 
trasparenti e un po’ rossastri alla loro estremità. 

La parte posteriore è verde-oscuro tendente al bruno; per trasparenza si vede il 
tubo intestinale gialletto. 

È una specie comunissima, che covre la regione arenosa poco discosta dal litora- 
rale. I tubi sono riuniti in gran numero, fitti; hanno un diametro di quasi 1 mm., e la 
lunghezza che giunge sino a 15 cm.; la loro superficie esteriore è coverta da granelli 
minuti di sabbia. 

Nei mesi di Giugno e Luglio ho pescato individui sessualmente maturi. 


FAMIGLIA PHERUSEA Gr. 


Sinonimia : 
Chloraemea Qirfgs. 


Corpo più o meno cilindrico, ordinariamente non molto allungato, formato da seg- 
menti brevi, simili e non molto numerosi. 

La parte cefalica è retrattile e porta branchie cirriformi, e spesso 2 grandi tentacoli 
ai lati della bocca. i 

I parapodi per lo più sono biramati e portano setole semplici o uncinate, sempre 


ci Pia 
anellate. I primi segmenti anteriori spesso portano delle lunghissime setole iridescenti 
rivolte verso la testa, disposte in modo da formare una corona. 
Sovente la pelle è consparsa da papille e da peli. 
Certe forme segregano attorno al corpo uno strato mucoso, che non può dirsi pro - 
priamente un tubo; altre si sotterrano nel fondo molle o si nascondono tra le alghe co- 
ralline. 


GENERE SIPHONOSTOMA Otto 


Sinonimia: 
Flabelligera Sars. 
Chloraema Duj. 


Corpo molle, un po’ schiacciato, con le due estremità attenuate, involto in una se- 
crezione mucosa semitrasparente. 

La parte cefalica porta occhi. Le setole del primo segmento sono numerose e di- 
sposte in gruppi a forma di ventaglio; esse non sono molto lunghe e formano un col- 
lare fitto attorno la testa; quelle del resto del corpo sono anche piuttosto sviluppate. 

Sul corpo sono sparse delle papille molto pronunziate. 


Siphonostoma diplochaites O tto 


Sinonimia : 
Siphonostoma Edwardsii Gr. 
» uncinatus 
» diplochaitum 
Chloraema Edwardsii 
» dubium 
Chloraema Edwardsii Du]. 


Qtrfgs. 


Corpo lungo sino a 10 cm., largo 1 cm., formato da 44-55 segmenti. 

La testa, che è contrattile, porta più di 4o cirri branchiali e 2 grossi tentacoli un po’ 
più lunghi di quelli; sul cervello si trovano 4 macchie oculari. 

Il primo segmento setigero è armato di due ventagli di setole capillari, ed ognuno 
ne porta quasi un centinaio. 

Nel ramo superiore vi sono setole capillari molto lunghe, in quello inferiore forti 
uncini striati transversalmente nella loro parte mediana e ad apice quasi ottuso. 

Le papille che si trovano sulla pelle, munite di un Inngo peduncolo, sono un po’ 
diverse da quelle sparse sul ramo ventrale. 

Tutto l’animale è coverto di una sostanza mucosa molto densa, che forma un tubo 
aperto alla estremità anteriore per dar passaggio alla testa. 

L’animale è semitrasparente, violaceo, e facilmente vi si veggono dentro i visceri. 
Le branchie sono verdi. i 

Vivono spesso in grande nnmero sul fondo detritico, ove si nascondono, e fra le 
Coralline; in profondità varia dai 20-50 metri. 


A 


GenERE STYLARIOIDES D. Ch. 


Sinonimia: 
Trophonia Edw. 
Pherusa Blv. 
Lophiocephala O. G. Costa. 


Corpo cilindrico, molto attenuato nella parte posteriore, formato da segmenti non. 
ben distinti, talvolta numerosi. 

La regione cefalica è semitrasparente e porta le branchie cirriformi sopra un largo 
peduncolo membranoso, e due lunghi e grossi tentacoli che si originano alla base di 
esso. Questa regione può retrarsi completamente nel corpo. La bocca porta delle espan- 
sioni membranose. 

I primi segmenti, che sono biramati come quelli del resto del corpo, portano seto- 
le lunghissime iridescenti rivolte verso la testa, le quali circondano la parte cefalica; i 
rami di questi segmenti, a differenza di tutti gli altri, sono piuttosto sviluppati. Le altre 
setole, che armano il corpo, sono ridotte, tetrastiche e un po’ più sviluppate nel ramo 
ventrale. 

Tutta la superficie del corpo è coverta di papille cilindriche terminate a bottone. 

L’ano è circondato da una membrana labiale. 

Vivono sotterrati nel fondo molle o nascosti tra i rizomi di piante, e non fabbricano 
alcun tubo. 


Stylarioides monilifer D. Ch. 


Sinonimia: 

— Siphonostoma papillosum Gr. 
Lophiocephala Edwardsii O. G. Costa 
Trophonia barbata Aud. et Edw. 
Pherusa barbata Qtrfgs. 

Stylarioides Edwardsii Bles 1). 


Corpo lungo sino a 20 em., massima larghezza 8 mm., formato da circa 100 seg- 
menti. 

Il segmento boccale (Tav. II, fig. 7, a) è sprovvisto di setole; esso porta sopra un 
peduncolo membranoso, semicircolare, numerosissimi cirri branchiali (circa 100), di- 
sposti come nei Serpulidi (fig. 7, d). Alla base del peduncolo si eleva il tubo boccale con 
il margine trilobo per 3 espansioni tentacolari, coniche, 2 inferiori ed 1 superiore (fig. 
7, €); esse raggiungono la lunghezza di quasi più di 1 mm. 

1 due tentacoli si originano al punto d’inserzione del peduncolo che porta le bran- 
chie (fig. 7, e) e non ai lati della bocca, come dice il Claparède. Sono grandi, pie- 
ghettati ai margini, specialmente quando si contraggono; non li ho visti mai allungati 
oltre i 2 cm. 


1) Il Bles, in un rapporto all’Associazione Britannica sui lavori compiuti nella Stazione Zoo- 
logica di Napoli (Report of the sixty first meeting of the British Association for the advancement of 
Science, 1892, pag. 373), cade in errore nel considerare lo Sty/arioides Edwardsii (=Lophiocephala 
Edwardsii 0. G. Costa) e lo Stylaricides monilifer D. Ch., due specie differenti, mentre sono 
sinonimi della stessa specie. 

ATTI — Vol. V.— Serie 2.*— N° 11. 6 


us > 


I due primi segmenti anteriori hanno rami relativamente molto sviluppati, scoverti, 
e di forma conica (fig. 7, d), rivolti verso la testa. Ognuno di essi è munito di 3, rara- 
mente 4 setole anche rivolte verso la testa, che vanno gradatamente assottigliandosi, 
molto bene anellate transversalmente, ed un po’ iridescenti. La loro lunghezza in esem- 
plari adulti non sorpassa 1 */, cm. 

Gli altri segmenti sono armati di setole molto piccine relativamente a quelle dei 
primi segmenti; le ventrali sono robuste, anellate, brune, lunghe 1-2 mm., e portano 
una macchia rosso-oscura verso la loro parte anteriore (Tav. III, fig. 12), mentre le dor- 
sali sono più sottili, capillari e anche anellate. Il ramo ventrale è DI appariscente del 
dorsale, che è quasi invisibile ad occhio nudo. 

Il corpo è coverto di minulissime papille cilindriche inerostate di fango, che con- 
servano la stessa dimensione su tutta la pelle dell'animale. 

Il colore generale è grigiastro, fangoso, che può essere più oscuro o più chiaro, e 
un po’ gialliccio nella parte anteriore. Il segmento boccale è verde-oscuro, e lo stesso 
colore hanno i cirri branchiali ed i tentacoli, che spesso si ricovrono di un pigmento 
bruno e bianco. 

Questa specie vive sotterrata nel fondo limoso del Porto mercantile e in quello della 
spiaggia del Carmine, da 3 a 10 metri di profondità. Dall'anno 1890 se ne pesca qualche 
esemplare anche sul fondo sabbioso di Mergellina e del Chialamone, mentre prima era 
localizzata ai due primi punti citati. È piuttosto frequente. 


Stylarioides hirsutus n. sp. 


Lunghezza del corpo 14 cm., larghezza massima 1cm.; numero dei segmenti 60-75. 

Il segmento boccale è più trasparente di quello della specie precedente e più 
stretto, e porta meno cirri branchiali (60-70) (Tav. II, fig. 5, a). 

I 2 tentacoli possono allungarsi sino a 4 cm. ed hanno il margine pieghettato. L’a- 
pertura boccale è triloba e rassomiglia mollo a quella dello Stylarioides monilifer. 

I 2 primi segmenti anteriori hanno rami poco sviluppati, molto avvicinati al mar- 
gine anteriore del corpo e interamente coverti dalle papille del corpo, che in questa re- 
gione giungono a poco meno di 1 mm. di lunghezza (fig. 5, è), così che le lunghe se- 
tole sembrano uscire direttamente dalla pelle. Ogni ramo è armato di 4-6 setole più 
robuste di quelle dello S. monilifer, con striature meno appariscenti, della lunghezza 
di 2-2 ‘/, cm., e con una iridescenza vivissima. 

Le setole dei 2 segmenti che seguono, cioè il 3° ed il 4°, sono capillari, sottili e 
lunghe 2-3 mm.; sono striate e pure iridescenti; il 5° e tutti gli altri posteriori portano 
al ramo dorsale gruppetti di setole capillari brevissime, ed a quello ventrale setole forti 
assottigliate lievemente nella loro porzione mediana, e con la parte anteriore un po’ ri- 
curva, attenuata, che finisce a punta ottusa (Tav. ]II, fig. 11). Manca la macchia rosso- 
oscura come in quelle dello stesso ramo nello S. monilifer, e sono lunghe 1-9 mm. 

Il corpo è coverto da papille molto grosse, che si vedono ad occhio nudo come 
una leggiera peluria; esse verso la parle terminale anteriore aumentano molto di lun- 
ghezza e pigliano una forma cilindrica tubolare. La superficie di queste papille è co- 
verta di granuli di fango; la loro parte terminale è trasparente, ed in alcune sembra 


che vi sia un’apertura. In questa specie, come nello $S. monzlifer, la parte posteriore si 
assottiglia e sì piega ad ansa. 


-— $$ — 
Il colore generale del corpo è ocraceo. 
La pelle è pergamenacea, doppia; è più resistente di quella dello S. monilifer. 
Vive nei fondi sabbiosi, dove vi sono praterie di Posidonia, e si nasconde tra la 
sabbia ed i rizomi di questa pianta. Ho dragato alcune volte dei giovani esemplari nella 
zona di sabbia fina mista a fango; un esemplare adulto fu dragato fuori Santa Lucia nel 
fondo fangoso. La profondità in cui si trova varia da 4-35 metri. È poco frequente. 


GENERE TROPHONIA Aud. et Edw. 


Sinonimia: 
Pherusa Blv. 


Corpo non molto lungo, formato di segmenti brevi e non molto numerosi ; è un 
po’ schiacciato, compresso e quasi tetragono. La parte anteriore è più grossa di quella 
posteriore. Il segmento boccale con il peduncolo branchiale ed i due tentacoli possono 
completamente ritrarsi nella regione anteriore del corpo. 

I primi segmenti anteriori portano setole semplici, anellate, lunghe, rivolte verso 
la testa, e così che vi formano come una corona. Gli altri segmenti hanno nel ramo su- 
periore gruppi di setole semplici assai lunghe e rivolte verso il dorso; il ramo ventrale 
è armato di uncini più forti. 

Vi sono papille sparse in diverse regioni del corpo, e sulla pelle si fissano granelli 
di sabbia ed altri minuti corpi. 

Vivono sotterrati nel fondo, oppure si nascondono tra le radici di Posidonia. 


Trophonia eruca Clpde 


Sinonimia : 
Pherusa incrustata Qtrfgs. 


Corpo lungo sino a 5 cm., larghezza 4-5 mm., con 70-80 segmenti. 

L’apparecchio branchiale ha la forma di ferro di cavallo aperto al lato ventrale; 
da ciascun lato esso porta una dozzina di cirri branchiali simili a quelli del genere Sty- 
larioides, col peduncolo molto più breve. I due tentacoli hanno un solco longitudinale 
e sono mediocremente lunghi. 

Su tutta la lunghezza del corpo i rami setiferi sono rappresentati da due promi- 
nenze distanti una dall’altra in ciascun lato del segmento. 

Le setole dei primi segmenti, che formano la corona cefalica, sono lunghi 5-6 mm.; 
le altre dei segmenti posteriori sono anche molto lunghe, ma non oltrepassano 1 mm. 
di lunghezza. Quelle del lato dorsale formano un fascio, sono semplici e puntute all’ e- 
stremità; quelle ventrali sono più robuste, quasi diritte, e terminano con un rostro un- 
cinato e con un esile dente sotto-rostrale. Tutte e due le forme sono anellate. Inoltre 
ogni ramo contiene 8-10 aciculi molto larghi alla base e a punta acuta. 

La pelle è coverta di papille cilindriche di due diverse grandezze, e che formano 
sul ventre tre serie longitudinali, due laterali ed una mediana. 

Quasi sempre tutta la pelle, specialmente sul lato dorsale, è incrostata di granelli 
di sabbia. 


La 

Il colore del corpo è verde-giallastro, le branchie di un bel verde-muschio, i ten- 
tacoli sono bianchicci. 

Vive per lo più nascosta tra i rizomi di Posidonia e si trova insieme al Balanoglos- 


sus minutus nel luogo detto S. Pietro a due Frati e verso la Panta di begin alla pro- 
fondità di 1-4 metri. 


GENERE BRADA Stimps. 


Sinonimia: 
Siphonostomum Rath ke 


Corpo breve fusiforme un po’ depresso, con segmenti poco numerosi. 

I cirri branchiali non hanno membrana basale. Tutto il segmento boccale può re- 
trarsi come negli altri Cloremidi, e porta due grossi tentacoli. 

Le setole del primo e del secondo segmento sono capillari e non più lunghe delle 
altre; esse non sono iridescenti. 

Tutto il corpo è coverto di papille corte. Intorno ai rami setiferi vi sono papille 
forti e brevi, che formano una specie di cercine. 

Non hanno un tubo proprio, e vivono sotterrati nel fondo. 


Brada parthenopeia n. sp. 


Corpo lungo 3 cm., largo 5 mm., con circa 30 segmenti. 

La parte superiore del corpo è convessa, quella ventrale è quasi piana; tutto il 
corpo è fusiforme, con la regione posteriore attenuata (Tav. III, fig. 1,@ e 1, d). 

I cirri branchiali sono più di 50 (fig. 1,0 e 1, d, a); i due tentacoli sono grossi ed 
hanno un solco longitudinale (fig. 1, db, f). 

Il primo segmento, che segue quello boccale, è armato di setole capillari rivolte 
verso la testa e simili nei due rami; in tutti gli altri quelle del ramo ventrale sono più 
corti, più robuste, brune, e finiscono ugualmente a punta acuta (Tav. III, fig. 9). In tutti 
e due i rami vi sono non più di 4-6, raramente 7 setole, che sono circondate da piccole 
papille cilindriche, sottili; con 1’ estremità nuda, quasi trasparente, e con la parte basale 
coverta di granelli di sabbia. 

Tutto il corpo dell'animale è consparso di granelli di sabbia, e solamente negl’in- 
terstizii dei segmenti si vede la pelle nuda. 

Nel lato ventrale (fig. 1,0); le papille sono più piccole, e i granelli di sabbia dimi- 
nuiscono in dimensione. 

Il colore dell’animale è grigio-oscuro un po’ verdino ; il segmento boccale con i 
cirri branchiali sono di un bel verde-oscuro, ed i due tentacoli sono semitrasparenti 
con la parte mediana anche verde. 

E una forma molto rara; l’ esemplare disegnato fu pescato nel fondo sabbioso rim- 
petto la Stazione Zoologica, in 15 metri di profondità, ed avea i segmenti posteriori in 
via di rigenerazione. 

È per la prima volta che il genere Brada vien trovato nelle acque del Mediter- 
raneo. 


we -e: 
FAMIGLIA HERMELLACEA Gr. 


Corpo diviso in due regioni. Il lobo cefalico è cilindrico 0 foliaceo molto sviluppa- 
to; il margine frontale è troncato e porta una corona di setole opercolari (palmule) nella 
. parte superiore, e cirri tentacolari in quella inferiore. Il segmento boccale è setigero ed è 
sprovvisto di proboscide. Gli altri segmenti portano nel ramo superiore setole uncinate, 
in quello inferiore setole capillari. 
Le branchie linguiformi si trovano nei segmenti toracici e addominali. 
La parte codale è molto sottile, ha segmentazione poco appariscente, ed è sprov- 
vista di ogni sorta di appendici. 
Fabbricano tubi arenosi riuniti in colonie. 


ceNERE SABELLARIA Lam. 


Sinonimia : 
Amphitrite Cuv. 
Hermella Sav. 


Lobo cefalico grosso, ricurvo lateralmente, e non aperto sul dorso. 
Le palmule, larghe e appiattite, sono situate sul margine anteriore, e sono dirette 
alcune con l’apice al di dentro, altre al di fuori, e formano una corona triseriata. 


Sabellaria alveolata Lam. 


Sinonimia : 
Hermella Savignyi Qtrfgs. 


Lunghezza del corpo 3 cm., larghezza massima 4 mm. ; numero dei segmenti 32-35, 
senza contare la regione codale. 

I segmenti dell'addome sono armati nel ramo superiore di numerose piastrine un- 
cinate, obliquamente dentellate da un lato e aderenti alla pelle. Le setole del ramo ven- 
trale sono molto sottili e dentellate finamente ai lati verso |’ estremità. 

Le palmule, che formano la corona frontale, sono disposte in 3 serie. 

Il 1° anello del torace è rudimentale, ed i 3 che seguono hanno il ramo superiore 
molto sviluppato, e porta un fascio formato di 7-8 setole molto forti, dritte, e allargate 
alla loro estremità; il ramo ventrale ha setole più sottili, ma simili di forma. 

Le branchie sono falciformi, quasi triangolari, e si trovano nella parte mediana 
del dorso. 

La regione codale è lunga quasi la metà del resto del corpo, ed è indistintamente 
segmentata ; è molto sottile, e rivolta verso il dorso della regione addominale. 

Formano con i loro tubi consparsi di sabbia e riuniti insieme da una massa terrosa 
delle colonie fitte, simili ad un favo di api. i 

In Settembre ed in Ottobre si può fare la fecondazione artificiale delle uova, che si 
sviluppano sino allo stadio di larva libera. 

Vive nel Golfo di Pozzuoli tra gli scogli, da 1 metro a 2 di fondo, e sin’ ora non è 
stata mai rinvenuta in nessun’ altra località del Golfo. 


= 
FAMIGLIA AMPHICTENEA (Sav.) Mlmgr. 


Corpo quasi cilindrico con la parte anteriore più grossa di quella posteriore; è 
diviso ia 3 regioni, delle quali la prima e l’ultima sono composte di pochi segmenti. 

La parte anteriore è troncata obbliquamente alla sua estremità. Il lobo cefalico è 
depresso; esistono appendici tentacolari nel lato inferiore, e disposti in due gruppi; 
altri si trovano sul segmento boccale. La bocca ha labbro superiore ed inferiore. 

Sul 1° segmento vi sono due serie di palmule molto grosse di color dorato, appiat- 
tite e attenuate all’estremità. Esistono tubercoli setiferi e creste uncinifere. In ciascun 
lato, sul dorso dell’estremità posteriore, ove si attacca la regione anale, si trova un 
gruppo di palmule più piccole di quelle anteriori e coll’apice attenuato e lievemente ri- 
curvo. i 

Sul 2° o 3° segmento anteriore si trovano branchie pettinate. 

Fabbricano un tubo di forma cilindro-conica, libero, che può essere dritto o legger- 
mente ricurvo. 


ceneRE PECTINARIA Lam. 


Sinonimia ; 
Cistena Leach. 
Amphietene Sav. 
Cistenides mia 

Lagis Cai 

Area anteriore del primo segmento , dove s’ inseriscono le palmule, quasi concava, 
con margine intero o dentellato; il lembo che forma il margine frontale è munito di cirri. 

Vi sono 17 rami dorsali muniti di setole semplici e 13 rami ventrali a forma di cresta, 

che portano uncini e che incominciano al 4° segmento setifero. 

L’estremità posteriore ha forma di piccola lamina e ricovre l’ano, 


Pectinaria auricoma O. F. Mdill. 


Sinonimia: 
Amphitrite auricoma O. F. Mùll. 
Pectinaria granulata Johnst. 


Lunghezza del corpo 4 cm., larghezza della regione anteriore 8-9 mm.; numero 
dei segmenti 19-20. 

Le palmule anteriori formano in ciascun lato un gruppo di 12 l'uno. 

Il lobo frontale è quasi conico, un po’ arrotondato, e porta 13-15 papille tentaco- 
lari con 2 tentacoli più grossi in ciascun lato; il margine inferiore è dentellato in tutta 
la sua lunghezza. 

La regione anale è molto differente da quella della P. belgica; relativamente è più 
sviluppata, e tagliata ai due margini laterali in 4 espansioni linguiformi rivolte verso il 
dorso, ed è sprovvista di papille. La sua estremità posteriore si prolunga in un'appen- 
dice triangolare; prima dell’ apertura anale si trova una papilla cirriforme e cilindrica. 


og. fe 

I due gruppi di palmule, che si trovano nella regione posteriore, sono più nume- 
rosi e più sottili di quelli della P. belgica. 

Il colore dell’animale è bianchiccio e la pelle è quasi trasparente, così i che facil- 
mente si vedono gli organi interni. 

Il tubo di questa specie è leggermente ricurvo, conico, con la parte posteriore 
molto più attennata di quella del tubo della P. belgica. Giunge ad avere una lunghezza 
di 7 cm. Gli esemplari che si pescano nei fondi arenosi, dal Chiatamone alla spiaggia 
dei Bagnoli, hanno il tubo formato di granelli di sabbia arrotati, disposti regolarmente 
a mosaico sopra una membrana segregata dall’animale, e che è incolore. 

Quelli che vivono nel fondo arenoso melmoso della spiaggia del Carmine e del 
Porto mercantile fabbricano il tubo con granelli di sabbia più grossi meno arrotati, ed 
hanno la membrana interna di un colore giallo-sporco. 

Una varietà di questa specie, più piccola, si pesca nella zona di fango misto a 
sabbia minuta fuori Mergellina e Posilipo, in 25-40 metri di profondità. Il tubo è anche 
leggermente ricurvo, della metà più piccolo della forma grande, ed è formato di gra- 
nellini di sabbia con la membrana interna giallo-brunastra. 

È forma comune e vive insieme alla P. belgica. 


Pectinaria belgica Pall. 


Sinonimia : 
Nereis cilindraria var. belgica Pall. 
Cistena Pallasii Leach. 
Amphictene auricoma Sav. 
Amphitrite auricoma Cuv. 
Pectinaria neapolitana Clpde 
Lagis Korenii Mlmgr. 


Lunghezza dell’animale 3 '/, cm.., massima larghezza 6-7 mm.; numero dei seg- 
menti 18-19. 

Nell’ estremità anteriore le palmule formano 2 gruppi di 13 ognuno; sono compres- 
se ed hanno l’apice molto altenuato. 

Il margine superiore frontale è munito di 17 papille tentacolari, e ai lati porta 2 
veri tentacoli: l’ inferiore è membranoso e sprovvisto di dentellature. 

Il segmento boccale porta da ciascun lato della bocca un gruppo di tentacoli. Il 
2° anello toracico è molto breve e porta da ciascun lato un cirro assai allungato. Nel 
2° € 3° (anch’essi molto brevi) vi sono inserite le branchie pettinate, e nel 4° incomin- 
ciano nel ramo dorsale le setole capillari, piuttosto robuste e di due forme. Nel 7° seg- 
mento incominciano le setole uncinate nel ramo ventrale: esse hanno l’estremo ante- 
riore ricurvo e armato di più denticoli. 

La regione anale molto ridotta e stretta è divisa in 5 segmenti, dei quali ì 3 primi 
portano in ciascun lato papille rigonfie all’ estremità. 

L’estremità posieriore terminale di questa regione forma un lobo membranoso ap- 
piattito, arrotondato, con il margine finamente dentellato. 

AI punto dove la regione anale si attacca all’addominale si trovano 2 gruppi di pal- 
mule iridescenti e ricurve all’ estremità. 


= è = 

La pelle di questa specie è iridescente, molto trasparente, e lascia vedere gli orga- 
ni interni. Il colore generale è giallo-aranciato chiaro nelle 2, bianco nei x. Le bran- 
chie sono rosso-giallicce. 

Il tubo è dritto, conico, aperto alle due estremità, molto fragile, e giunge a 6 cm. 
di lunghezza. 

Vive nei fondi arenosi vicino al litorale, dai 4 ai 10 metri di profondità, e si è tro- 
vata in tutte le spiagge dal Carmine a quella di Bagnoli. Assai frequente. 


GENERE PETTA Mlmgr. 


Area anteriore dove sono inserite le palmule con margine intero. 

Lembo dell’area boccale sotto le palmule intero. Il margine inferiore del 1° seg- 
mento è dentellato; quello del 2° porta 2 lobi uguali, nella parte mediana, che sono si- 
mili, arrotondati e appiattiti. 

Vi sono 17 segmenti, con rami dorsali armati di setole capillari, e 14 sono i rami 
ventrali muniti di uncini; questi ultimi incominciano al 3° segmento setifero. Gli uncini 
sono pettiniformi. Le palmule che si trovano alla base della regione anale hanno l'apice 
leggermente ricurvo. 

Il tubo è debolmente conico e formato di pezzi di conchiglie, granelli di sabbia e 
pezzi di Alghe coralline. 


Petta pusilla Mlmgr. 


Corpo lungo 12-15 mm., largo 4-5 mm., con 20-21 segmenti. 

Le palmule anteriori sono compresse , attenuate ed in numero di 1: per gruppo. 
Le 5 del lato esterno sono più grandi e più robuste delle altre. 

Il margine inferiore del 1° segmento porta 4-5 dentellature per lato. 

La regione anale è quasi arrotondata con il margine papilloso; essa si termina po- 
steriormente con un’ appendice filiforme. 

Il colore dei maschi è bianchiccio, quello delle femmine è giallo-aranciato ; ambe- 
due hanno la pelle iridescente. 

Il tubo di questo animale è molto resistente e lungo 22 mm.; è del diametro di 3 
mm., e leggermente ricurvo, ed è formato di pietruzze, miste talvolta a frammenti di 
Alghe coralline. 

Abita acque profonde, ed è raro. Si è dragato sin’ora alla Secca di Benda Palummo, 
nelle vicinanze della Grotta Azzurra di Capri, ed alle Isole delle Sirene (Salerno). Una 
sola volta alla Secca d’Ischia, e sempre su fondi ad Alghe coralline, in profondità va- 
riabile dai 530-100 metri. 


FAMIGLIA TEREBELLACEA Gr. 


Corpo vermiforme più spesso anteriormente; la regione posteriore talvolta è molto 
distinta da quella anteriore, più strelta, e va gradatamente altenuandosi. 

Il lobo cefalico è indistintamente separato dal segmento boccale; spesso si trova 
una membrana a forma di collaretto attorno alla bocca, che è sprovvista di proboscide. 


— 19 — 

Il primo segmento è munito di numerosi cirri tentacolari, ordinariamente divisi in due 
gruppi, e molto estensibili. 

Branchie pettinate, ramificate o filiformi, che talvolta mancano, si trovano inse- 
rite sul dorso dei primi segmenti toracici. 

I parapodi portano rami dorsali con setole capillari, e rami ventrali per lo più in 
forma di creste con uncini. 

Fabbricano un tubo talvolta consistente talvolta molto fragile. 


SOTTO-FAMIGLIA AMPHITRITEA MImgr. 


Lobo cefalico breve, troncato anteriormente, e munito di numerosi tentacoli, lon- 
gitudinalmente canalicolati. Esistono talvolta macchie oculari e costantemente branchie. 

Le setole capillari sono più o meno marginate, e numerose specialmente nella 
parte anteriore del corpo. Gli uncini si rassomigliano in tutto il corpo. 


GENERE AMPHITRITE F. Mill. 


Il corpo è piuttosto allungato con la regione posteriore attenuata; il dorso è con- 
vesso, la superficie ventrale piana. Non esistono macchie oculari. 

Il segmento boccale è sprovvisto di setole. Vi sono 2-3 paia di branchie pettinate 
o ramose. Esistono scudi ventrali. 

I rami setiferi esclusivamente toracici incominciano al 4° segmento, e sono portati 
dai 17-24 segmenti seguenti. Gli uncini sono brevi, aciculari, e inseriti in tutti i seg- 
menti setigeri. 


Amphitrite cirrata O. F. Mùll. 


Sinonimia: 
Terebella cirrata Mont. 


Lunghezza del corpo sino a 9 cm., larghezza della regione anteriore 7 mm.; nu- 
mero dei segmenti 85. 

Il lobo cefalico non forma prolungamenti laterali di sorta; vi sono 3 paia di bran- 
chie formate da un ciuffo di cirri, riuniti alla base da una specie di verruca. 

Nella faccia inferiore del corpo vi sono ro-11 scudi ventrali. 

Al 3° segmento, sotto la 2* branchia, vi è una papilla conica molto grande, e se 
ne trovano 6 più piccole nei segmenti seguenti. 

Si trovano -17 gruppi di setole capillari toraciche. Al 21° segmento i rami uncini- 
feri incominciano a diventare più sottili e pinniformi. Gli uncini dall’11° al 20° segmen- 
to sono disposti in doppia posizione e semi opposti. 

Il colore dell’animale è carnicino-pallido, e specialmente nella parte posteriore vi è 
un pigmento bruno tendente al nero; i tentacoli sono trasparenti, con due serie alter- 
nanti di semicerchi neri. Le branchie sono rosso-sangue oscuro. 

Il tubo è fangoso, misto a granelli di sabbia, frammenti di conchiglie e resti ve- 
getali. 

Non è raro, e si pesca ordinariamente nella zona fangosa mista a sabbia minuta, in 

Arti — Vol. V.— Serie 2.* — N° 11. 7 


e n 
profondità di 20-35 metri. Ne ho presi con la draga fuori Mergellina, a Posilipo e nel Golfo 
di Pozzuoli tra le praterie di Caw/erpa prolifera. 


Raramente grossi esemplari si rinvengono fra le Posidonie di S. Pietro e due Frati, 
ad : metro di profondità. 


Amphitrite variabilis Risso 


Sinonimia : 
Terebella variabilis Risso 
» viminalis Gr. 
Amphitrite viminalis Mlmgr. 


Lunghezza del corpo 14 cm., massima larghezza 1 cm.; numero dei segmenti 75-90. 

ll margine laterale del lobo cefalico forma un breve processo. 

Vi sono 3 paia di branchie ramificate e 13 a 14 scudi ventrali. 

Si contano 17 fasci di setole capillari toraciche e 6 papille ventrali, cioè una al 
3° segmento sotto la branchia, una sotto il fascio di setole del 4° segmento, e le altre 
più piccole nei 4 segmenti che seguono. 

Gli uncini dal segmento 11° al 20° sono disposti in doppia posizione e semiopposti. 

I segmenti anteriori hanno rami unciniferi, che posteriormente divengono gradata- 
mente pinniformi. 

Il colore generale del corpo è rosa-sudicio; gli scudi ventrali sono rosso-aranciato. 
Le appendici tentacolari sono bianchicce, talvolta rossicce, e le branchie rosso-sangue. 
Le 2 riempite di uova hanno colore rosso-mattone. 

I giovani esemplari hanno lo stesso colore dell’ A. rubra. 

Nel mese di Giugno e Luglio sì trovano esemplari pieni di prodotti sessuali maturi. 

È forma comune, e vive in acque basse (1 metro) nascosta tra le alghe e sotto 
le pietre, ove attacca il tubo fragilissimo formato di sabbia fina e spesso solo di fango. 
È stata pescata nel Porto di Mergellina , a Santa Lucia ed anche a Nisida. 

Ne ho trovate di rado tra i rizomi di Posidonia fuori il Palazzo donn’Anna a Posilipo, 
a 4-6 metri di profondità, e nelle grandi Spugne cornee ( Cacospongia, Euspongia, Hir- 
cinia), che si pescano in profondità variabile tra i 20-8o metri. 


Amphitrite rubra Risso 


Sinonimia : 
Terebella rubra Risso 
» multisetosa 
» spiralis Gr. 
» compacta 
Amphitrite Olfersii D. Ch. 
» incana Clpde 


Lunghezza del corpo sino a 9 em. , larghezza massima 8 mm.; numero dei seg- 
menti 80-90. 


Il lobo cefalico forma lateralmente delle piccole espansioni. 
Vi sono 3 paia di branchie ramificate e 13-15 scudi ventrali. 
Si contano 14 papille, delle quali 3 più grosse al 2° segmento sotto la branchia, 


= = 
al 4° ed al 5° sotto il fascio setifero. Le altre 11 piccolissime nei seguenti 11 segmenti, 
tra il fascio setifero e la cresta uncinifera. 

I fasci di setole capillari toraciche sono 23, raramente 22 0 24. Le creste uncinifere 
sono molto lunghe. Gli uncini dei primi 6 rami e quelli degli ultimi sono disposti in una 
serie semplice, gli altri in posizione duplice. Non esistono creste uncinifere pinniformi. 

Il colore di tutto il corpo è rosa, talvolta pallido, talvolta più carico; i tentacoli 
sono bianchi, e le branchie color sangue. Le setole dei rami toracici hanno riflessi 
dorati. 

Il tubo rassomiglia molto a quello dell'A. variabilis, ma in certe località esso è for- 
mato esclusivamente di fango finissimo; viene attaccato ai corpi sommersi. Una sola 
volta ne ho trovato un esemplare assai grosso, che aveva preso dimora nel tubo calca- 
reo della Protula protula. 

È più raro dell’A. variabilis, però accade di trovarne talvolta in gran numero; se 
ne pescano al Palazzo di Donn' Anna, sotto le pietre, e fra le colonie di Balanus a Po- 
silipo, al Castello dell’ Uovo, in 1-2 metri di profondità. Pochissimi esemplari sono stati 
dragati alla Secca della Gajola, a 35 metri di profondità. 

Talvolta invade i depositi di Ostriche a Santa Lucia. 


.GeNERE LEPREA Mlmgr. 


Sinonimia : 
| Heteroterebella Qtrfgs. 


Sempre vi sono macchie oculari. Le branchie in numero di 2 0 3 paia s’inseriscono 
dal 2° al 4° segmento. 

I fasci seliferi incominciano al 4° segmento, e vanno sino all’estremità posteriore 
del corpo; le setole capillari, di cui sono formati i fasci, sono brevi ed hanno l’apice 


marginalo e un po’ ricurvo. 
Le creste uncinifere incominciano al 5° segmento e si trovano sino all’estremità 
‘ posteriore del corpo. Gli uncini sono brevi, aviculari, e sul vertice portano 2 0 3 denti. 


Leprea lapidaria L. 


Sinonimia: 

Terebella lapidaria L. 
» constrictor Mont. 
» misenensis O. G. Costa 
» textrix Dal. 
» corallina 
» pectinata Gr. 
» rosea 
» sulcigera Clpde 


Heterophyselia Boscii Qtrfgs. 
Leprea terxtrixr Mlmgf. 
Heteroterebella sanguinea Clpde 


Corpo lungo 5 '/: cm., largo 5 mm., con 90-120 segmenti, che vanno gradatamente 
assottigliandosi verso l’ estremità posteriore. 
Le macchie oculari non sono sempre visibili. 


= has 

Vi sono 3 paia di branchie peltinate dentritiche e 12-13 scudi ventrali. 

AI 3° segmento sotto la 2° branchia vi è una grossa papilla; un’altra piccola si trova 
al prossimo segmento sotto la cresta uncinifera, e nei seguenti 6 si trovano tra i cercini 
unciniferi ed il margine superiore dei fasci setiferi. In tutto 8 papille. 

I fasci setiferi vanno dal 4° segmento anteriore sino al segmento anale e portano 
setole capillari di due forme. Gli uncini dal segmento 11° sono disposti in una serie; 
negli ultimi 25-40 segmenti sono disposti in doppia serie. 

Il colore dell’animale è rosso-sangue piuttosto oscuro; talvolta nelle £ è grigio- 
violetto. Gli scudi ventrali sono di color più intenso. 

Il tubo è molto fragile, molle, e fabbricato con minuti granelli di sabbia o fango. 

Vive nel Porto militare, nel Porto mercantile, al Castello dell’Uovo, a Santa Lucia, 
e di preferenza si nasconde tra le colonie d’Hydroides e di PhyMochaetopterus; sempre 
in acque bassissime. 

GENERE PISTA Mlmgr. 


Sinonimia : 
Idalia Sav. 
Terebella L. 


Corpo piuttosto allungato. Branchie con peduncolo forte e allungato in numero di 
203 paia. 

I fasci di setole capillari incominciano al 4° segmento e si trovano sino al 20°. Le 
creste uncinifere incominciano al 5° segmento e sì continuano sino al segmento prea- 
nale. Le setole capillari sono brevi ed hanno l’apice marginato attenuato ed un po’ ri- 
curvo; gli uncini sono aviculari, seghettati e disposti in doppia serie; essi nei primi 6 
segmenti anteriori s'inseriscono sopra un'espansione assai sviluppata e lunga. 


Pista cristata O. F. Mùll. 


Sinonimia : 
Amphitrite cristata O. F. Mull. 
Terebella cristata Sars. 
Terebella turrita Gr. 
03 viminalis | Stige. 
Lunghezza del corpo 4-5 cm., larghezza massima 3 mm.; numero dei segmenti 
75:80. 
Il 2° segmento anteriore ha un lobo in ciascun lato, il 3° Pha più lungo e più 
sottile, ed anche il margine del 4° segmento è un po’ prominente. 
Sul dorso vi sono 2 paia di branchie ineguali, simili ad un pennello, con ramifi- 
cazioni dichotomiche, disposte a spirale, con il peduncolo molto allungato. 
Nella parte inferiore si trovano: 17 scudi ventrali. 
Ai lati del 6° e 7° segmento vi è una papilla. 
Si contano 17 fasci di setole capillari; gli uncini dall’ 11° al 20° segmento sono di- 
sposti in duplice posizione. 
Il colore del corpo è rosso-bruno sul lato dorsale; gli scudi ventrali sono fasciati 
di rosso-sanguigno oscuro; le branchie hanno un colore brunastro sbiadito. 


=r he = 

Il lubo di questa specie è membranoso e coverto di fango misto a frammenti di 
conchiglie e resti vegetali. E piuttosto consistente e giunge a 7 cm. di lunghezza. 

Non è raro, e vive nei fondi fangosi misti a sabbia fina, tra 20-45 metri di pro- 
fondità. 


Pista cretacea Gr. 


Sinonimia: 
Terebella cretacea Gr. 


Lunghezza del corpo 14 cm., larghezza massima 5-6 mm.; numero dei segmenti 
130-135. 

Il 1° segmento porta lateralmente e ventralmente una espansione non molto pro- 
minente; il 2° è molto breve; il 3° è munito di un lobo laterale, che si prolunga molto 
in avanti. 

Vi sono 3 paia di branchie quasi uguali, dentritiche, portate da un grosso pedun- 
colo e ramificate dichotomicamente. 

Esistono 17 scudi ventrali e 17 fasci di setole capillari in ciascun lato. 

Gli uncini dal segmento 11° al 20° sono semi opposti e portati da una cresta 
molto allungata. 

La parte toracica dell’animale ha un colore rosso-sanguigno più intenso nella 
parle ventrale; quella addominale nel mezzo è rosea, posteriormente gialla. I tentacoli 
sono di un bel giallo-cromo; le branchie color corallo. 

Il tubo di questa specie rassomiglia un po’ a quello della Lanice conchilega , sola- 
menle la superficie esterna è più abbondantemente consparsa di granelli arenosi , e s0- 
vente vi sono attaccati frammenti di Posidonia.. 

Ne ho visti lunghi sino a 15 cm., e del diametro di 6 mm. 

Vive per lo più con la Lanice conchilega; talvolta si trova isolata tra le radici di 
Posidonia. A San Pietro e due Frati se ne pescano raramente degli esemplari in una 
profondità di 1 metro. 


ceneRE LANICE Mlmgr. 


Sinonimia : 
Terebella aut. 


Segmento boccale con membrana labiale molto sviluppata, che circonda il lobo 
cefalico. 

Al 3° segmento vi è da ciascun lato un lobulo. Gli scudi ventrali sono contigui. 

Vi sono 3 paia di branchie eguali, ramificate, con rami minori allungati, e le ulti- 
me ramificazioni fitte, brevi e filiformi. 

I fasci di setole capillari incominciano dal 4° e vanno sino al 21° segmento; esse 
sono brevi ed hanno il margine striato. Le creste uncinifere incominciano al 2 seg- 
mento setifero e vanno sino all’estremità del corpo; gli uncini sono brevi, aviculari, 
col vertice bidentato , e dal segmento 11° al 20° sono disposti in due serie. 


Lanice conchilega Pall. 


Sinonimia: 
Nereis conchilega Pall. 
Terebella giganthea Mont. 


» conchilega Pall. Sav. 
» artifex Sars. 

» prudens Cuv. 

» pectoralis Qtrfgs. 


Amphitrite flezuosa D. Ch. 
Terebella fieruosa Clpde 


‘Lunghezza del corpo 15 cm., larghezza massima 5-7 mm.; numero dei segmenti 
circa 150. 3 

Il 1° segmento con la sua espansione simile ad un collaretto circonda il lobo ce- 
falico; il 2° non ha alcuna appendice; il 3° ha un lobo da ciascun lato. 

Vi sono 14-17 scudi ventrali che formano delle fasce lievemente prominenti. 

Le branchie in numero di 3 paia sono molto ramificate, sottili, ed hanno un pe- 
duncolo brevissimo. 

Un po’ indietro dei tubercoli setiferi, dal 6° al 9° segmento si trova una piccola 
papilla. 

Nel 21° segmento le creste uncinifere diventano più corte e pinnuliformi. Gli unci- 
ni dall’ 11° al 20° segmento sono biseriati. 

Il colore del corpo è bianco-gialliccio nei o*, rosa-violaceo nelle 9 ; i due sessi 
hanno gli scudi posteriori di un rosso-carminio carico; gli scudi anteriori e le creste un- 
cinifere sono orlate di rosso-chiaro. Le branchie sono di color sanguigno, ed i fili ten- 
tacolari scolorati. 

Il tubo varia secondo le diverse località. A Posilipo vivono in colonie; i tubi ven- 
gono fissati tra le radici di Posidonia; hanno la lunghezza di circa 15 cm., con un dia- 
metro di 5-6 mm. Essi hanno la membrana internamente colorata in giallo-sudicio, e 
coverta di granelli di sabbia, pietruzze miste a frammenti di conchiglie piuttosto grossi. 

Nel Porto di Mergellina il tubo viene attaccato alle pietre del fondo, e la sua super- 
ficie porta sparse pielruzze grosse come una nocciuola. Gli esemplari pescati sugli scogli 
del Ponte della Maddalena hanno il tubo coverto in maggior parte con frammenti abba- 
stanza grossi di conchiglie appartenenti al Balanus perforatus, misti a sunto di bivalvi 
e pietruzze nere. 

Nei mesi di Agosto e Settembre, come pure in Gennaio e Febbraio, si trovano pieni 
di prodotti sessuali maturi. 

La profondità dei luoghi dove essi vivono varia da 1-5 metri. 


ceneRE NICOLEA Mlmgr. 


Lobo cefalico breve con punti oculari numerosi e distinti. 

Segmento boccale con labbro mollo grosso e breve. 

Vi sono 2-3 paia di branchie ramificate; il 3° paio è quasi rudimentale; il pedun- 
colo è sempre breve. Gli scudi ventrali sono distinti. 


be 
I fasci setiferi, in numero di 15-17 in ciascun lato, incominciano al 4° segmento. 


Le setole capillari hanno l’apice attenuato, marginato-e un po’ ricurvo. Le creste unci- 
nifere incominciano al 5° segmento. 


Nicolea venustula Mont. 


Sinonimia: 
Terebella venustula Mont. 
» parvula R. Leuck. 


Nicolea sostericola (Oèrst) Gr. 
» vestita Clpde 
Physelia sostericola Qtrfgs. 


Corpo lungo 3 em., largo anteriormente 3 mm., con 58-65 segmenti. 

Il 1° segmento. è veniralmente allungato, lateralmente sporgente e leggermente 
attenuato; i segmenti che seguono sono sprovvisti di papille laterali. 

Vi sono 2 paia di branchie dentritiche; quelle del 2° paio sono più piccole; il pe- 
duncolo è molto corto. 

Dietro la 2° branchia vi è una papilla breve. Si contano 17 scudi ventrali, dei quali 
gli ultimi 6-7 sono quasi quadrati. 

I fasci di setole capillari sono anche 17. Gli uncini, dal 7° al 20° segmento, sono 
uniseriati. 

Il colore rammenta la Polymnia nebulosa Mont. Tutto il corpo è rosso-mattone con- 
sparso di piccoli puntini bianchi. 

Il tubo è molle; sottile, e coperto di granelli di sabbia. 

È piuttosto frequente, e si trova tra le alghe del litorale ad 1 metro di fondo. Più 
raramente si pesca sulle Secche della Gajola e di Benda Palummo, da 35 a 60 metri di 
profondità, come pure nel fondo detritico in 25 metri. 


GENERE POLYMNIA Mlmgr. 


Sinonimia: 
Terebella Mimgr. 


Nel primo segmento dal lato ventrale esiste un lobo largo e prominente, che piglia 
origine dietro l’estremità del lobo cefalico, ed è separato dal margine dell’apertura boc- 
cale per mezzo di una ripiegatura. 

AI 2° e 3° segmento, da ciascun lato vi è un lobo piuttosto sviluppato, mentre al 
4° è poco appariseente. 

Gli scudi ventrali nella parte anteriore sono transversalmente plicati. 

Gli uncini hanno 1-2 denti piccoli ed 1 molto sviluppato, inoltre una serie formata 
da 3 denti più piccoli. 


er 


Polymnia nebulosa Mont. 


Sinonimia: 
Terebella nebulosa Mont. 
Amphitrite Meckelii D. Ch. 
Terebella Meckeliiù D. Ch. 

» tuberculata Delyei. 
Amphitritoides rapax 
Pallonia rapax 
Terebella debilis Mlmgr. 

Terebella nebulosa M. Edw., Gr., Mlmgr. 


A. Costa 


Corpo lungo 6-8 cm., largo anteriormente 7-8 mm., con 75-90 segmenti. 

Il primo segmento dal lato ventrale è un po” prominente; il 2°, 3° e 4° hanno lobi 
laterali brevi e poco sviluppati. Esistono numerose macchie oculari. 

Le 3 paia di branchie sono eguali, molto ramificate e con peduncolo grosso. Si 
contano 14 a 16 scudi ventrali, dei quali i primi 6 sono più lunghi e più stretti, men- 
tre gli ultimi 4-6 posteriori sono esagoni. 

Tra la 2° branchia ed il 1° e 2° ramo setifero si trovano papille. Gli uncini, dall’ 11° al 
20° segmento, sono semiopposti. 

Il colore generale del corpo è rosso-mattone, talvolta più oscuro, talvolta più chiaro, 
e dopo la deposizione delle uova diventa rosso-bruniccio. Su tutta la pelle vi sono 
piccole macchie bianche; i tentacoli hanno colore più sbiadito del resto del corpo, e 
sono fasciati di bianco ; le branchie sono color sanguigno pallido. 

Il tubo è formato da una membrana molto molle, tenue, che lo rende fragilissimo; 
la sua superficie esteriore è coverta di granelli di sabbia, pietruzze e pezzettini di legno, 
e talvolta con frammenti di conchiglie. 

Il periodo della riproduzione dura dal Settembre sino a tutto Maggio. Le uova pic- 
colissime di color giallo-aranciato e in gran numero vengono rinchiuse in un nidamento 
gelatinoso, poco consistente e sferico, che vien fissato sull’ orlo del tubo. Il nidamento 
ha un diametro di 2-4 cm. 

L’animale vive in colonie numerose, e attacca il tubo sotto gli scogli e le pietre 
del litorale. Preferisce i seni chiusi, dove l’acqua è poco mossa. Si trova comunissimo a 
Santa Lucia, al Castello dell’ Uovo, al Porto di Mergellina, ad 1 metro di profondità. 

Quantunque raramente, si trova pure tra le radici di Posidonia e sui fondi detritici 


sino a 30 metri. 


Polymnia nesidensis D. Ch. 


Sinonimia : 
Amphitrite nesidensis D. Ch. 
Terebella lutea Risso 
» Danielsenii Mlmgr. 
» abbreviata Qirfgs. 
» fiavescens Clpde 


Lunghezza del corpo 4 '/, cm., larghezza massima 4 mm.; numero dei seg- 
menli 80. 


n n° 

Il lobo ventrale del 1° segmento è lungo, e lateralmente oltrepassa l’ estremità del 
lobo cefalico. Il lobo del 4° segmento è molto piccolo. 

Vi sono 3 paia di branchie molto ramificate e flabellate. Numerose macchie ocu- 
lari e 15 scudi ventrali, dei quali i primi 8 sono brevi e larghi; l’ultimo è triangolare. 

Le papille sono disposte come nella P. nebulosa. 

Le setole capillari sono lunghe e leggermente ricurve, e formano 17 gruppi in 
ciascun lato del torace. 

Il colore di tutto il corpo è verde-giallastro, talvolta un po’ oscuro. 

Il tubo è molto fragile e coverto di granellini di sabbia e pietruzze. 

In inverno ho osservati esemplari £ piene di uova quasi mature. 

Vive fra le alghe del litorale ad 1 metro di fondo. È stato trovato frequentemente 
al Palazzo Donn’Anna, tra gli scogli di Posilipo, e spesso attorno l’Isola di Nisida. 


GENERE THELEPUS R. Leuck. 


Il lobo cefalico è breve, troncato anteriormente, e munito di numerose macchie 
oculari. 

Il segmento boccale è sprovvisto di setole e circonda la bocca dalla parte infe- 
riore. 

Le branchie numerose e filiformi sono riunite in due paia e inserite sul dorso del 
2° e 3 segmento. 

I fasci di setole incominciano al 3° segmento, e sono sempre più di 17; gli unci- 
ni sono brevi e aviculari. 


Thelepus cincinnatus Fabr. 


Sinonimia : . 

Amphitrite cincinnata Fabr. 
Terebella lutea Risso 

» madida Frey et R. Leuck. 
Thelepus Bergmannii R. Leuck. 
Lumara flava Stmpsn. 
Terebella conchilega Dalyel. 

» pustulosa Gr. 
Venusia punctata Johnst. 
Thelepus cincinnata Mlmgr. 
Heterophyselia cincinnata 
Dio terebelloides Sintan. 
Phenacia pulchella Parfitt. 
Phenacia ambigrada 

» retrograda | Clpde 
Heterophenacia nucleata 
Thelepodopsis flava Sars. 


Corpo lungo sino a 10 cm., massima larghezza 5 mm.; numero dei segmen- 
ti 60-70. 
Al 4° segmento sotto il tubercolo setifero esiste una papilla, e così pure in ciascun 
segmento dal 5° sino al 7°, e tra il ramo setifero e la cresta uncinifera. 
». Vi sono 2 paia di branchie filiformi, e gli scudi ventrali sono numerosi, ma indi- 
stinti. 
ATTI— Vol. V.— Serie 2° — N° 11. 8 


Mer e 

I fasci di setole incominciano dal 3° segmento e giungono sino all’ estremità po- 
steriore del corpo. 

Il colore generale del corpo è di un giallo tendente all’ aranciato con la zona degli 
scudi ventrali più bianchiccia. I tentacoli sono o rosa-pallida o dello stesso colore del 
corpo, ed in alcuni esemplari hanno una serie di puntini rossi da un lato; le branchie 
sono giallicce e pallide. 

Il tubo degli animali pescati sul litorale è membranoso, a parete sottile, di color 
gialliccio, ed è coverto alla superficie esteriore di piccole pietruzze e frammenti di con- 
chiglie; esso vien fissato sopra.e sotto le pietre, tra le alghe e tra le colonie di Bal/anus. 

Il tubo degl’individui pescati nei fondi detritici e a coralline, oltre i zo metri di 
profondità, viene attaccato o sulle alghe coralline, oppure sulle foglie della Posidonia, 
e sì forma di una membrana molto sottile e trasparente, coverta in maggior parte da 
fibre vegetali, e di qualche rara pietruzza e frammento di conchiglia. 

È comunissimo sulla Secca della Gajola e su quella di Miseno (35-45 metri di pro- 
fondità), e sui fondi detritici. Al litorale si trova al Castello dell’ Uovo e sugli scogli di 
Posilipo in 1 metro di profondità. 

Dal mese di Agosto le £ portano le uova, e nel mese di Giugno si pescano gio- 
vani esemplari lunghi 1-2 cm. 


SOTTO-FAMIGLIA TRICHOBRANCHIDEA MImgr. 


Lobo cefalico come negli Amphitritei. Le branchie sono filiformi. 
Gli uncini sono rostrati nella regione anteriore del corpo e aviculari in quella po- 
steriore. 
ceNERE TRICHOBRANCHUS Mlmgr. 


Lobo cefalico breve, munito all’innanzi di numerosi tentacoli, che anteriormente 
sono più spessi e canalicolati; posteriormente molto assottigliati. Gli occhi sono molto 
appariscenti. 

Il segmento boccale forma ventralmente un labbro turgido. 

Vi sono 3 paia di branchie inserite sui segmenti 2°, 3° e 4°. 

I fasci di setole capillari e le creste uncinifere incominciano al 6° segmento; que- 
ste ultime, dopo i rami dorsali, si trasformano in pinnule piccole munite di uncini avi- 
culari. 

Trichobranchus glacialis Mlmgr. 


Corpo lungo 3 cm., largo anteriormente 2-3 mm., con 60-65 segmenti. 

Il segmento boccale forma un grosso labbro convesso, e dalla parte inferiore cir- 
conda l’ apertura boccale. Lo stesso segmento e quello che segue hanno la faccia ven- 
trale longitudinalmente striata. Nella parte posteriore del lobo cefalico si trovano nume- 
rose macchie oculari. 

Le branchie sono filiformi, contorte, spirali, e più lunghe della jnecioba del 
corpo. 

I segmenti 3°, 4° e 5° sono sprovvisti di veri uncini. Nei segmenti anteriori vi sono 
15 creste uncinifere ed altrettanti gruppi di setole semplici capillari. 


— 59 a 
Il colore generale del corpo è rosso-oscuro. Le uova sono gialle. 
Il tubo è assai delicato , fragile, e formato di fango e granuli minutissimi di arena. 
E frequente, e vive nella zona di fango misto a sabbia fina, in profondità di 20-35 
metri. 


SOTTO-FAMIGLIA POLYCIRRIDAE MImgr. 


Sinonimia : 
Terebellina abranchia Qirfgs. 


Lobo cefalico formante un gran labbro intero, raramente tripartito, che porta nella 
parte superiore , presso il margine, mumerosissimi tentacoli canalicolati e piuttosto 
sottili. 

Mancano le branchie e le macchie oculari. Esistono scudi ventrali. 

Le setole capillari, non sono mai marginate, e sovente s'incontrano solamente 
nella regione anteriore. Gli uncini sono ricurvi, talvolta allungati e dritti, talvolta 
mancano. 

Non fabbricano tubi e sono quasi tutti fosforescenti. 


ceNERE POLYCIRRUS Gr. 


Sinonimia : 
Leucariste 
Ereutho 


Mlmgr. 

Lobo cefalico dilatato, flessuoso. Il segmento boccale porta una SO piutto- 
sto sviluppata nella faccia ventrale. 

Vi sono gruppi di setole e creste uncinifere. I primi incominciano nel 2° segmento. 
Gli uncini sono piccoli, ricurvi, con l’apice unidentato, e incominciano dal segmento 
13° o 14°. Gli uncini aviculari si trovano in tutta la regione anteriore munita di setole 
capillari. 


Polycirrhus caliendrum Clpde 


Corpo lungo 4-4 ‘/» cm., largo anteriormente 2-3 mm.; numero dei segmenti 75-90. 

La membrana tentaculifera è striata e pigmentata sul dorso; itentacoli sono di due 
colori. 

Nei segmenti setigeri anteriori si vedono per trasparenza 6 paia di organi segmen- 
tati di un bel colore aranciato. 

I segmenti che portano fasci di setole capillari sono variabili, e se ne contano sino 
a 75. Le creste uncinifere incominciano al 6° segmento setifero, e nei grandi individui, 
nella regione posteriore, si trasformano in pinnule molto sviluppate. 

La colorazione nei d' è gialla-cedro; le £ hanno lo stesso colore, ma più sbiadi- 
to; le uova sono-piulttosto oscure. 

È poco frequente e vive sulle Secche a Coralline, dai 45-100 metri di profondità. 


= = 
Polycirrus aurantiacus Gr. 


Lunghezza del corpo 8-10 cm., larghezza della regione anteriore 3-4 mm.; nume-. 
ro dei segmenti circa 100. 

Vi sono zo paia di scudi ventrali: quello del segmento boccale è impari e oblungo. 
Nei segmenti toracici vi sono 3 paia di organi segmentali. I tentacoli sono numerosis- 
simi e di due grandezze differenti. 

Vi si contano in ciascun lato 4o fasci di setole capillari, e nei 21 segmenti poste- 
riori le setole sono brevissime. Circa 72 pinnule uncinifere. 

Il colore generale del corpo è rosso-aranciato. Le 9 hanno le uova di colore bru- 
no-oscuro. 

Irritata di notte fosforeggia di luce azzurra bellissima. 

E molto comune, e vive tra le alghe e le colonie di Balanus del litorale. L'ho pe- 


scata su tutta la Costiera di Posilipo, e a Capo Miseno, sempre sino a 1 metro di 
fondo. 


Polycirrus haematodes Clpde 


Corpo lungo 3 cm., anteriormente largo 2-3 mm., formato di 75 segmenti. 

21 segmenti anteriori sono muniti di setole capillari; le creste uncinifere incomin- 
ciano al 13° segmento. Gli uncini sono muniti del dente grande principale e di due 
rudimentari. 

Il colore di tutto il corpo è rosso-sangue o giallo-vivo; le uova sono gialle. 


Non è frequente, e vive nella zona di fango mista a sabbia fina, da 20 a 40 metri 
di profondità. 


GENERE AMAEA Mlmgr. 


Lobo cefalico tripartito; la membrana tentacolare, di forma semicircolare, è prov- 
vista di un gran numero di tentacoli molto stivati tra loro, sottili, e canalicolati. Man- 
cano le macchie oculari e le branchie. 

I segmenti non sono distinti. 

Esistono 10 paia di fasci di setole capillari in ciascun lato della regione anteriore 
del corpo, dove mancano le creste uncinifere e gli uncini. 

Le setole capillari sono portate da tubercoli cilindrici; esse hanno l'apice attenua- 
to e lievemente ricurvo. 

Nella regione posteriore vi sono pinnule uncinifere, quasi coniche e piccole, che 
portano uncini di rado allungati, dritti e attenuati verso l’apice. 


Amaea trilobata Mlmgr. 


Lunghezza del corpo 4 cm. (esemplari mancanti della regione terminale), larghez- 
za della parte anteriore 4-5 mm. 

La regione anteriore del corpo è molto rigonfia, il dorso è piuttosto convesso, ed 
il ventre profondamente solcato. Vi sono 5 scudi ventrali molto stretti. 


Mer 

I numerosi tentacoli non sono allungati e differiscono tra di loro in lunghezza ed 
‘in grossezza; tutti indistintamente hanno la parte terminale dilatata. 

Nella regione anteriore tutta la pelle della faccia ventrale è consparsa fittamente 
di piccole papille; quella dorsale ne è sprovvista. 

Vi è una regione piuttosto grande tra i rami setiferi anteriori e le creste uncinife- 
re posteriori, che è sprovvista di setole. 

La regione posteriore è formata da segmenti fitti e ben distinti. 

Il colore dell’animale è bianco-opalescente con i tentacoli lievemente rosei. Tal- 
volta la pelle piglia una tinta violetta tendente al rosa, ed è molto resistente nella re- 
gione anteriore. Per trasparenza sì vedono gli organi segmentali di un bel colore aran- 
ciato. Le uova sono rosa-pallido. 

Ne ho visti pieni di uova nel mese di Maggio e Giugno. 

È frequente, e vive sulla regione formata di fango e sabbia fina, da 25-30 metri 
di profondità. 


SOTTO-FAMIGLIA COREPHORIDEA Mlmgr. 


Una sola dranchia pettinata e quadripartita. 
Gli uncini nella regione anteriore del corpo sono rostrati, nella posteriore petti- 
niformi. 
GENERE TEREBELLIDES Sars. 


. Corpo non molto allungato , con la parte terminale anteriore troncata. 

Il lobo cefalico è ovato-arrotondato, e munito di numerosi cirri tentacolari sottili e 
di mediocre lunghezza , che circondano l'apertura boccale. Mancano le macchie ocula- 
ri. Una sola branchia sul segmento 2° o 3°. 

Vi sono 18 fasci di setole capillari nella regione anteriore; queste setole sono un 
po’ ricurve con l’apice marginato, lungo e attenuato. 

Le creste uncinifere incominciano al 6° segmento setifero, e dietro l’ultimo seg- 
mento setifero si trasformano in piccole pinnule, che giungono sino all'estremità del 
corpo. 

TTerebellides Stroemi Sars. 


Lunghezza del corpo 3 cm., larghezza della regione anteriore 3 mm.; numero dei 
segmenti 50-55. 

L'animale è piuttosto spesso, poco allungato, con i segmenti anteriori molto di- 
stinti, più lunghi e larghi dei posteriori. La faccia inferiore è quasi piana, e longitudi- 
nalmente solcata. Non esistono scudi ventrali. 

Il colore generale del corpo è carnicino, bianchiccio nei d*, più rosso nelle 9; per 
trasparenza attraverso la pelle si vedono gli organi interni. Le branchie sono di color 
sanguigno sbiadito ; le uova rosa-chiaro 

Il tubo è cilindrico, giunge alla lunghezza di 4-5 cm., con un diametro di 3 mm.; 
è piuttosto fragile, e formato di fango e granuli minuti di arena. 

Dal Maggio al Luglio ho costantemente pescati £ e o* pieni di prodotti sessuali 
maturi. 


— 562085, 
È forma comunissima, e vive nella zona di fango, misto a sabbia fina, alla profon- 
dità di 20-40 metri. L'ho pescato pure nel Golfo di Pozzuoli a 35 metri. 


FAMIGLIA AMPHARETEA MImgr. 


Corpo breve, con la parte anteriore molto grossa, e formato di pochi segmenti 
(20-40 raramente 70). 

Il lobo cefalico covre la bocca dalla parte superiore. 1 tentacoli sono numerosi, fi- 
liformi e talvolta ciliati. Le branchie sono anche filiformi, talvolta subulate, in numero 
di 3 0 4 paia inserite sul.dorso dei segmenti setiferi anteriori. 

Nella regione toracica si trovano fasci di setole capillari e creste uncinifere, in 
quella posteriore mancano le capillari e si trovano solo pinnule uncinifere. Talvolta nei 
primi segmenti anteriori si trovano gruppi di palmule. 

Le setole capillari sono marginate coll’apice liscio; gli uncini sono disposti in una 
serie, e sono pettiniformi. 

Il segmento anale talvolta è munito di cirri terminali. 

Si fabbricano un tubo. 


cenere AMPHARETE Mlmgr. 


Lobo cefalico quadrangolare col.margine anteriore troncato e la parte frontale di- 
visa da un solco. Il segmento boccale è un po’ più breve del lobo cefalico; i tentacoli 
sono poco numerosi e muniti di appendici ciliate laterali. 

Il 3° segmento è bipartito da un solco transversale. Le branchie in numero di 4 paia 
sono subulate ed occupano il dorso del 3° ed una parte del 4° segmento. 

Vi sono palmule disposte a gruppo sul dorso del 3° segmento. 

Si contano -14 fasci di setole capillari in ciascun lato, che incominciano al 4° seg- 
mento; essi sono portati da tubercoli cilindrici molto sviluppati. Le creste uncinifere in- 
cominciano al 6° segmento anteriore del corpo e vanno sino a quello preanale. Le setole 
capillari hanno l’ apice ricurvo e marginato; gli uncini sono uniseriati e hanno molti 
denti acuti abbastanza lunghi e ricurvi. 


Ampharete gracilis MImgr. 


Corpo lungo circa 2 cm., largo anteriormente 2 mm.; numero dei segmenti circa 30. 

Le'branchie sono piuttosto lunghe, ineguali. 

Idue gruppi di palmule hanno forma di ventaglio, ognunò ne contiene 12-14; 
esse sono sottili, compresse, e con l’apice lungo e attenuato. 

Negli esemplari napoletani vi sono 14 gruppi di setole capillari e non 13 quanti 
ne dà il Malmgreen per quelli nordici. 

Il segmento anale ha l’apertura circondata da una corona di brevissime papille. 

Iltubo è piccolo e formato di fango misto a granelli di sabbia, fibre di piante, e 
qualche pezzettino di legno. 

Il colore dell’animale è carnicino, talvolta più vivo, talvolta più pallido; le bran- 
chie sono di un bel colore verde-muschio. 


sr Pe 


Non è frequente, e si pesca nella zona formata di fango e sabbia fina, da 20-40 metri 
di fondo. 


ceNERE AMPHICTEIS Gr. 


Sinonimia: 
Crossostoma Gosse 


Lobo cefalico con due brevi carene posteriori; il margine frontale è elevato e se- 
parato da un solco profondo. Il segmento boccale è più breve del lobo cefalico. 

Il 3° segmento è munito in ciascun lato di un gruppo di palmule dorate. Le bran- 
chie subulate, in numero di 4 paia, sono inserite nei segmenti 2°, 3°, 4° e 5°. 

Vi sono 17 segmenti che portano setole capillari con l’apice ricurvo, ed incomin- 
ciano dal 4°. Le creste uncinifere incominciano dal 7° segmento sino a quello anale, e 
portano uncini 5 o 6 volte dentati. 

Il segmento anale si termina con due cirri allungati. 


Amphicteis curvipalea Clpde. 


Corpo lungo 3 cm., largo anteriormente 4 mm.; numero dei segmenti circa 35. 

Il lobo cefalico anteriormente è troncato ed ha un solco mediano longitudinale ; 
‘indietro si trovano 2 gruppi di macchie oculari e al disotto circa 20 tentacoli ciliati. 

Le 4 paia di branchie, grosse alla base e lunghe, sono inserite sul 3° e 4° seg- 
mento. 

Nel 2° segmento, sui lati, vi sono due ventagli di palmule, formate di 12-14 cia- 
scuno. 

I parapodii che portano setole capillari sono 17 e non 16, come erroneamente 
dice il Claparède, trascurando forse il primo, che è molto piccolo e avvicinato al se- 
condo. Ogni parapodio, che porta setole capillari, è munito di un piccolo cirro clavi- 
forme. 

I segmenti addominali portano 14 pinnule uncinifere e più in ciascun lato. Le se- 
tole capillari sono marginate all’ estremità. 

Le coste uncinifere incominciano al 4° segmento anteriore, e portano uncini mu- 
niti di 5 denti ricurvi molto forti, e di un 6° più piccolo. 

L’ultimo segmento posteriore ha 2 lunghi cirri filiformi. 

Il tubo è robusto, piuttosto doppio, e formato di fango, con qualche frammento di 
conchiglia e molte fibre di Posidonia. 

Il colore del corpo è carnicino con punti rossi e bianchi; sotto i parapodii lateral- 
‘mente vi è una serie di macchie aranciate; in alcuni esemplari il corpo è bianco-bru- 
niccio con il dorso coverto di macchie bianche. I tentacoli sono verdognoli, anellati di 
fasce brunastre. Tutia la pelle è iridescente. 

È assai rara e vive nella zona di fango misto a sabbia fina, da 20 a 40 metri di 
profondità. Una sola volta l'ho pescato all'altezza della Stazione Zoologica in fondo di 
sabbia sottile. 


i 
GENERE SAMYTHA Mlmgr. 


Sinonimia : 
Amage Mlmgr. 


Lobo cefalico quasi quadrangolare con la parte frontale elevata e divisa da un solco, 
I tentacoli poco numerosi, filiformi, sono rigonfi verso l'estremità. Le 4 paia di bran- 
chie sono disposte sul lato del 3° e 4° segmento. Mancano i fasci di palmule anteriori. 

I fasci di setole capillari incominciano al 2° segmento e si continuano sino al 20°. 
Le creste uncinifere incominciano al 4° segmento setifero (7° del corpo) e vanno sino a 
quello preanale. 

Le setole capillari hanno l’apice ricurvo e appena marginato; gli uncini hanno 5 
denti lunghi e ricurvi. 


Samytha adspersa Gr. 


Sinonimia : 
Sabellides adspersa Gr. 


Corpo lungo 2 ‘/, cm., largo anteriormente 3 ‘/, mm.; numero dei segmenti 34. 

Il lobo cefalico è piccolo, trapezoide. Si trovano 24 fili tentacolari, più sottili e più 
lunghi delle branchie, che possono essere retratti nella bocca. Le 4 paia di branchie 
hanno la base larga, e altenuandosi finiscono a punta. 

La parte posteriore del corpo è molto attenuata, e finisce quasi a punta. 

Ai fasci setiferi fanno seguito 15 pinnule uncinifere addominali. 

L’ultimo segmento addominale si termina con due cirri filiformi molto lunghi. 

Il colore generale dell’animale è carnicino, più oscuro nella parte anteriore; gial- 
letto, o quasi aranciato, nella regione posteriore. Tutta la parte ventrale è rosea. I fili 
branchiali sono anellati di fasce aranciate e talvolta sono verdognoli; quelli tentacolari 
sono incolori, con una macchia giallo-aranciata nell’ estremità terminale. La pelle è iri- 
descente. 

Il tubo di questa specie (Tav. III, fig. 3) è piultosto lungo (13 cm.), cilindrico, e 
formato da una membrana interna, sottile, poco resistente, che spesso è chiusa da una 
estremità. Tutta la sua superficie esterna è coverta di fibre brunicce di Posidonia, che 
sporgono sino ad 1 ‘/, cm. fuori, così che tutto il tubo ha un’apparenza pelosa. Spesso 
oltre l'apertura terminale (a) ve n’ è un’altra tubolare alta parecchi mm. nel mezzo del 
tubo (0). | 

Non è frequente. Ordinariamente si pesca nel fondo detritico fuori Posilipo, a 35 
metri di profondità, ove il tubo si confonde con la massa detritica che covre il fondo. 
Più raramente nella zona di fango misto a sabbia, e tra le alghe coralline della Secca 
di Benda Palummo, a 65 metri. 


cenere MELINNA Mlmgr. 


Lobo cefalico non elevato sulla parte frontale. Il segmento boccale forma un lab- 
bro assai sviluppato. I tentacoli sono filiformi. Vi sono 4 paia di branchie cirriformi più 
grosse dei tentacoli. 


= .63 = 

Mancano le palmule anteriori, ma vi è una spina a forma di unghia ricurva (spi- 
nula) in ciascun lato dietro l’inserzione delle branchie. 

I segmenti 3° e 4° setigeri anteriori sono fusi insieme e formano una membrana a 
guisa di collare. 

I fasci di setole capillari sono disposti in 18 segmenti, dei quali i primi 3 anteriori 
— sono sprovvisti di tubercolo. Le creste uncinifere incominciano al 4° segmento; una 
papilla piccola, quasi conica, si trova sopra le creste uncinifere della parte posteriore 
del corpo. 

Le setole capillari sono un po’ ricurve; gli uncini sono pettiniformi, quasi triango- 
lari, e muniti di circa 4 denti. 


Melinna palmata Gr. 


Corpo lungo 3 ‘/, cm., largo anteriormente 2 mm.; numero dei segmenti 75-80. 

Il lobo cefalico ha il margine frontale trilobato; dietro e ai lati vi sono due gruppi 
di macchie pigmentale. 

ll margine dorsale del 4° segmento setifero è intero; le 4 paia di branchie sono 
riunite alla base da una membrana, sino quasi al terzo della loro lunghezza. 

Le creste uncinifere incominciano un po’ più indietro del 4° ramo setlifero dorsale; 
gli uncini sono muniti di 4 denti simili. 

Il colore del corpo è bruniccio o carnicino, e nella parte posteriore terminale è 
verdastro. Le branchie sono pure verdastre, e spesso sono anellate di rosso sbiadito. 

Il tubo di questa Melinna è molle, membranoso, e giunge alla lunghezza di 7 cm. 
con 3 mm. di diametro. La sua superficie esteriore è coverta di fango, e specialmente 
di frammenti di alghe morte. 

Vive costantemente nella zona di fango misto a sabbia fina, da 20-35 metri di pro- 
fondità, ed è piultosto frequente. 


FAMIGLIA SERPULACEA Burm. 


Corpo con brevi segmenti, diviso in due regioni. La regione anteriore è formata 
di segmenti più grossi. 

Il lobo cefalico è saldato con il segmento boccale; quest’ ultimo ordinariamente è 
munito di una membrana, che forma una specie di collaretto più o meno sviluppato. 
La bocca è terminale, non ha proboscide, ed è sempre circondata dalla membrana 
che porta le branchie. Queste hanno la forma di cirri allungati, attenuati all’ estremità , 
e portano una o due serie di filamenti secondari (barbule), e talvolta macchie oculari. 

I parapodii sono biramati. Nella regione toracica il ramo dorsale porta fasci di setole 
capillari, il ventrale solamente uncini. In quella addominale la posizione delle setole è 
invertita, trovandosi le capillari nei rami ventrali, e gli uncini in quello dorsale. 

Fabbricano sempre un tubo. 

In questa famiglia si trovano alcuni generi ermafroditi, alcuni altri si riproducono 
per scissione. 


ATTI — Vol. V.— Serie 22—-N.° 11. 9 


ue ee 
SOTTO -FAMIGLIA SABELLINA Mimgr, 


Corpo un po’ depresso, con la regione toracica formata da pochi segmenti (5-12). 
.- Il 1° segmento porta un collaretto membranoso munito di setole capillari. 

Le branchie cirriformi hanno barbule laterali e sono attaccate alla membrana basale; 
che forma attorno la bocca due semicerchi; raramente sì trasforma in peduncoli spirali. 
Sovente esistono uno 0 due paia di tentacoli. ) 

La regione posteriore del corpo è munita di numerosi segmenti; ha un solco ven- 
trale assai marcato, che si prolunga nella superficie dorsale della regione anteriore... 

I segmenti toracici sono armati di uncini, il più delle volte bimorfi. 

Il tubo può essere gelatinoso; generalmente è membranaceo e piuttosto consistente, 
ed è coverto di fango, granuli di sabbia e frammenti di conchiglie. 


ceNnERE SABELLA L. 


Corpo un po’ depresso, con l’ apice posteriore attenuato. 
Il collaretto è diviso per metà da una incisura dorsale; nella parte ventrale forma 
due espansioni frangiate (lacinie). 
__ Olteei cirri branchiali, che non portano mai barbule dorsali, vi sono due tentacoli 
più brevi, quasi triangolari, acuminati e canalicolati. 
I fasci di setole capillari incominciano dal collare, e sono di due specie: le. più 
lunghe sono strette; le brevi hanno i lati marginali, e ambedue hanno l’ apice ricurvo. 
Le creste uncinifere incominciano al 2° segmento setifero; quelle della regione 
toracica hanno uncini di due forme: gli uni sono aviculari e acuti, gli altri sono dilatati 
verso l’apice, troncati obbliguamente e acuti; quelli della regione addominale sono 
aviculari. 
Sabella pavonia Sav. 
Sinonimia : 
Scolopendra major tubularia Baster. 
Sabella penicillus L. 
Tubularia penicillus O. F. Mull. 
Amphitrite ventilabrum Gm. 


Sabella Sarsii Kr. 
Amphitrite penicillus Lam. 


Corpo lungo 25 em., largo nella regione anteriore 6-7 mm.; numero dei segmenti 
circa 275; lunghezza delle branchie 4-5 cm. 

Il corpo è un po’ compresso, con l’estremità posteriore brevemente attenuata. Il 
collaretto è molto aperto dalla parte dorsale e forma due lobi laterali: nella parte ven- 
trale vi sono due espansioni linguiformi molto sviluppate. 

Il torace è formato da 8 segmenti, con rami setiferi superiori, conici, più sviluppati 
di quelli della regione posteriore. Vi sono 35-40 cirri branchiali, allungati, sottili, con 
barbule corte, e con l’apice breve e nudo. Sono sprovvisti di macchie oculari. I due ten- 
tacoli hanno solo la quarta parte della lunghezza dei cirri branchiali; sono canalicolati 
e trigoni, e finiscono a punta. 


== 

Il colore del corpo è gialletto; le branchie sono anellate di fasce cerulee. 

ll tubo è sottile, allungato; giunge oltre i 30 cm. di lunghezza, con 7 mm. di dia- 
metro. Ha la parte posteriore che va gradatamenle attenuandosi, e con questa regione 
è infisso nel fondo. 

Il tubo è fatto di una membrana elastica resistente, coverta su tutta la superficie 
emergente di un fango grigio finissimo; la parte infissa nel fondo è consparsa di gra- 
nelli arenosi piuttosto grossi. 

Vive nei fondi fangosi insieme alle grandi colonie di Aglaophenia myriophyllum; in 
profondità varia dai 25- 100 metri. 

È la prima volta che vien pescata nel Golfo di Napoli. 


Sabella crassicornis Sars. 


Sinonimia : 
Sabella picta Kr. 


Corpo lungo 2 cm. e 3 mm., largo anteriormente 3 mm.; lunghezza delle branchie 
1 ‘/, cm.; numero dei segmenti 53. 

Il corpo è piuttosto spesso, un po’ depresso. Il margine del collare è interrotto da 
ciascun lato nella parte dorsale da una larga incisura; in quella ventrale forma due 
espansioni piuttosto brevi. 

La regione toracica è formata da 8 segmenti. Vi sono attorno alla bocca 14-16 cirri 
branchiali per lato, con barbule mediocremente lunghe, e coll’apice corto, nudo e acu- 
minato. Ogni cirro ha sulla faccia dorsale 4-6 paia di macchie oculari assai grosse. I due 
tentacoli sono lunghi quanto un terzo dei cirri branchiali. 

Il tubo dell’unico esemplare raccolto fu trovato fissato nella parte inferiore di un 
Lithophyllum espansum e coverto per metà da una spugna silicea. La sua lunghezza è 
di 5 cm., con 5 mm. di diametro; è membranoso, elastico, con la parte posteriore, che 
era quella coverta dalla spugna trasparente come il cristallo, mentre quella che emer- 
geva era coverta di un fango grigio minutissimo. 

Il colore del corpo è giallo-cromo con la parte toracica verdognola; le branchie 
sono di colore marrone-oscuro, con le macchie oculari dorsali nere. 

Fu pescato nelle vicinanze della Grotta Azzurra di Capri in un fondo ricco di Co- 
ralline e profondo circa go metri. î 

È la prima volta che questa specie si è trovata nelle acque del Mediterraneo. 


Sabelia reniformis R. Leuck. 


Sinonimia: 
Sabella oculata Kr. 
» sazicola Gr. 
» saricava Qtrfgs. 
» adspersa Kr. 
Potamilla reniformis Mlmgr. 


Corpo lungo 3 cm., largo anteriormente 3 mm.; lunghezza delle branchie 1 cm.; 
numero dei segmenti circa 100. 


= Gir 

Il corpo è piuttosto sottile, assai depresso. Il collare è basso e interrotto nel mezzo 
dalla parte dorsale per la continuazione del solco ventrale ; anche nella faccia ventrale 
ha nel mezzo una piccola incisura. 

Vi sono 15 cirri branchiali per lato; hanno l’apice molto breve e nudo, e portano 
2-5 macchie oculari sul dorso. Tutto l’ apparecchio branchiale è caduco. 

Il torace è formato di ro segmenti. 

Il tubo, che è nascosto con la sua parte posteriore nelle Coralline, giunge a 6-7 cm. 
di lunghezza, con 5 mm. di diametro. È molto resistente, membranoso, di color bruno- 
sudicio, ed è caratteristico, perchè quando l’animale vi si retrae, la parte anteriore si 
chiude avvolgendosi 3-4 volte su se stessa. 

Il colore dell’animale varia molto: talvolta è carnicino, talvolta è bianchiccio; le 
branchie spesso sono violacee e talvolta di color fulvo. 

E frequente, e vive su tutti i fondi a Coralline del Golfo, in profondità che varia 
da 35-100 metri. 

Non era stata trovata sin’ora nel Golfo di Napoli. 


ceneRE JASMINEIRA ') Lnghs. 


Gli uncini toracici disposti in una serie sono muniti di un lungo manubrio; quelli 
dell'addome rassomigliano agli uncini del genere Sabella. 


Jasmineira candela Gr. 


Sinonimia : 
Sabella candela Gr. 


Corpo lungo 12 mm., largo anteriormente 1,5 mm.; larghezza delle branchie 5 
mm.; numero dei segmenti 17-18. 

ll corpo è piuttosto breve con i segmenti posteriori assai allungati. 

Il collaretto è breve, e alla parte ventrale ha un’incisura mediana e due laterali pic- 
cole. Le espansioni della parte dorsale sono molto sviluppate. 

Vi sono 17 cirri branchiali in ciascun lato attorno la bocca, i quali hanno l’ apice 
che porta una membrana foliacea incisa nella metà terminale. Queste membrane si 
staccano facilmente, e per conseguenza è difficile di trovarle in tutti i cirri. 

Il torace è formato di 8 segmenti, dei quali il 1° anteriore porta solamente un fa- 
scio di setole capillari. Dal 2° segmento incominciano nel ramo ventrale una serie di 
uncini con manubrio allungato. 

Il segmento anale, che termina a punta conica ottusa, porta due gruppetti di 
macchie oculari sui lati. 

Il colore del corpo è rosa-pallido, con la regione terminale verdognola; le bran- 
chie sono dello stesso colore del corpo, ma talvolta un po’ marrone. 

Il tubo di questa specie è lungo 4 cm., col diametro di 2 %/, mm., attenuato e chiu- 
so all'estremità posteriore; è formato di una membrana resistente, coverta di fibre di 
Posidonia, lunghe sino ad 1 cm., di Foraminifere e frammenti minuti di conchiglie. 


')P. Langerhans, Die Wurmfauna von Madeira III. (Zeit. Wiss. Z., 34 Bd., 1880, p. 113). 


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0 

In Agosto e Settembre ho visto £ piene di uova mature. 

Non è frequente, e vive di preferenza nel fondo detritico fuori Posilipo alla pro- 
fondità di 25-35 metri. 

È la prima volta che vien pescata nel Golfo. 


GENERE BRANCHIOMMA K 611. 


Sabellidi con creste uncinifere ventrali toraciche armate di due specie differenti di 
setole, cioè di uncini e di setole a forma di zappa. 

I cirri branchiali nella loro parte terminale portano occhi composti. 

Vi sono due paia di tentacoli. 


Branchiomma vesiculosum Mont. 


Sinonimia: 
Amphitrite vesiculosa Mont. 
Sabella vesiculosa Johnst. 
Branchiomma Koellikeriî Clpde 


Il collaretto è mediocremente sviluppato, ha i margini interi, ed è interrotto dor- 
salmente in modo da lasciar scoverto un buon tratto del segmento boccale; ventralmente 
il margine anteriore si termina in avanti con una piccola punta bifida. Il torace è for- 
mato di 8 segmenti. 

Il numero dei cirri branchiali è di 22-25 per lato, raramente più; ogni cirro porta 
poco al disotto dell’apice un occhio composto emisferico irregolare di varia grandezza. 

In un esemplare ho trovato una curiosa anomalia: un cirro nella sua parte termi- 
nale era bipartito, e ciascuna parte avea pinnule ed un occhio all’estremità (Tav. II, 
fig. 4). 

I due cirri branchiali vicini alla linea mediana ventrale non sempre sono i più 
brevi e sprovvisti di macchie oculari, come dice il Claparè de; succede spesso che 
varii cirri non portano occhi; oltre di ciò ho trovato un esemplare giovane lungo 2 
cm., in cui i cirri branchiati non portavano alcun occhio terminale. 

Vi sono due paia di tentacoli, uno più grande dell’ altro. 

Spesso esistono due cirri branchiali dorsali mediani con occhi più sviluppati; a 
differenza degli altri restano dritti. 

Il colore dell’ animale varia moltissimo. I giovani ordinariamente hanno le bran- 
chie violacee, fasciate di strisce bianche; lo stesso colore si trova spesso in quelle de- 
gli adulti. Il corpo è color mattone con dei puntini bianchi disseminati su tutta la sua 
superficie, e nella più parte dei grandi esemplari le branchie hanno un colore rosso- 
vinoso oscuro o fulvo. 

Il tubo è membranoso, lungo sino a 25 cm. e largo 6 a 7 mm.; è cilindrico, chiuso 
all’estremità posteriore, che è poco attenuata e a punta ottusa. Esso è coverto sempre 
di piccoli granelli di sabbia e frammenti di conchiglie, con qua e là pietruzze un po’ 
più grosse. 

Ho esaminati molti individui di differente grandezza e colorazione, e mi sono po- 
tuto convincere della giustezza della supposizione del Claparéède, che cioè la B. Kò/- 


— 70 — 


likerii è forma giovane della B. vesiculosum. Tatti i piccoli che ho esaminati, da 2-5 cm. 
di lunghezza, hanno il corpo formato da circa $8o segmenti, e crescendo in lunghezza 
finiscono per averne quasi 150. Il numero delle branchie oscilla tanto nei piccoli quanto - 
negli adulti, tra 22-25 per lato. Gli uncini e le setole capillari sono simili di forma-nelle 
due supposte specie. 

Le differenze nel collare e nelle branchie non sono che differenze di età. 

Il Branchiomma vesiculosum vive in colonie e si pesca su tutto il litorale, dove vi 
sono fondi arenosi da 1-6 metri di profondità. 

Nel Porto militare, su tutta la Costa del Castello dell’ Uovo, alla Punta di Posilipo - 
è molto abbondante. Bellissimi esemplari si trovano sulla spiaggia di Pozzuoli, a due 
metri di profondità. 


GENERE HYPSICOMUS Gr. 


Sabellidi con membrana basale branchiale molto alta ; il collare a guisa di cercine 
è molto basso. 

I primi fasci di setole capillari formano una serie larga, ascendente e obliqua. 

Nei segmenti addominali vi sono setole capillari poco numerose, e setole remi- 
formi senza punta. 


Hypsicomus stichophthalmus Gr. 


Sinonimia : 
Sabella stychophthalmus Gr. 


Corpo lungo 2-2 ‘/, cm., largo 2 mm.; lunghezza delle branchie 7 mm. ad 1 cm.; 
numero dei segmenti 35-40. 

Il corpo è molto sottile nella sua parte posteriore. Negli esemplari di Napoli la 
membrana che porta le branchie non è così sviluppata come in quelli di Marsiglia ‘') e 
raggiunge al massimo ‘/,, della lunghezza dei cirri branchiali. Vi sono 13-16 cirri bran- 
chiali in ciascun lato attorno la bocca, nei piccoli solamente 7-8. Al terzo della lun- 
ghezza, partendo dalla base, i cirri branchiali portano una doppia serie parallela di mac- 
chie oculari coniche di color nero-brunastro, di cui una incomincia dove finisce l’altra. 
L’apice del cirro è nudo. 

Il fascio del 1° segmento contiene due forme di setole differenti; le più lunghe sono 
leggermente ricurve e marginate all’apice; le altre sono delle setole a paletta terminate 
a punta lunga e acuta. 

Nel resto dei segmenti toracici si vedono poche setole marginate e più setole a pa- 
letta sprovviste di punta acuta. 

Gli uncini incominciano nel 2° segmento, sono aviculari e muniti di una cresta di 
minuti denticoli; tali uneini si trovano insieme ad altri più sottili meno ricurvi, col rostro 
piegato ad angolo e con punta acuta. 

Il colore del corpo è bianco-sbiadito , talvolta un po’ roseo; le branchie ordinaria- 
mente sono giallo-zolfo pallido; raramente se ne trovano di color bianco-latte. 


1) Marion et Bobretzky, Annélides du Golf de Marseille, pag. 93. 


c = 
Il tubo è lungo 2 */, cm., largo 2 mm., quasi cilindrico, e si attacca alle Coralline 
con la sua regione posteriore. È coverto di fango grigiastro finissimo. 
È assai comune, e vive su tutte le Secche a Coralline del Golfo, specialmente su 
quella di Benda Paluinnio. Si è pescata anche nelle vicinanze della Grotta Azzurra, in 
profondità variabile, da 30 a più di 100 metri. Non era sin’ ora conosciuta del Golfo. 


ceneKE POTAMILLA Mlm gr. 


Collare mediocremente sviluppato, molto aperto nella faccia dorsale, con una pic- 
cola incisura in quello ventrale. La membrana, che porta le branchie forma un semi- 
cerchio in ciascun lato attorno la bocca. 

I due tentacoli sono brevi e mollo compressi. 

Le setole capillari incominciano nel collaretto, e sono di due forme: le più lunghe 
hanno l’apice attenuato e marginato; le più brevi sono spatulate, coll’apice brevemente 
marginato inugualmente. 

Le creste uncinifere incominciano al 2° segmento setifero; gli uncini nella parte to- 
racica sono biseriati e di due forme, cioè aviculari e con l’apice ovato e obliquamente 
acuminato; nella regione posteriore solamente aviculari. 

Il solco ventrale non sì continua nella parte dorsale toracica. 


Potamilla Torelli Mlmgr. 


Sinonimia : 
 Sabella brachychona Clpde 


Lunghezza del corpo 5 cm., larghezza 3 mm.; lunghezza delle branchie 1 cm.; 
numero dei segmenti 90. 

__Il collare non è inciso lateralmente. Vi sono 14-16 cirri branchiali per lato con 
l’apice nudo e brevissimo; le barbule sono piuttosto rigide e doppie. Il torace è for- 
mato di 8 segmenti. 

Il colore del corpo è ocraceo-pallido tendente al carnicino. Le branchie variano di 
colore; ordinariamente i cirri sono fasciati di violetio-oscuro e di giallo-pallido, che è 
in prevalenza verso la base; sul dorso di essi si vede facilmente una rai serie di 
punti pigmentati molto pieno: 

Le branchie si aggrovigliano facilmente e l'apice quasi sempre si contorce. 

: Il tubo è membranoso, contorto, semitrasparente, attenuato verso |’ estremità po- 
steriore, che è chiusa; l’apertura anteriore è circolare e trasparente. La superficie spesso 
è coverta da una pellicola bruniccia. 

La lunghezza del tubo giunge a ro cm., con 4 mm. di diametro. Si caccia tra le 
grosse incrostazioni del litorale scoglioso, formate da colonie di Balanus e Briozoi cal- 
carei dei generi Cellepora e Lepralia, ove si nasconde quasi completamente. 

È molto. comune, e si trova facilmente al Palazzo di Donn’Anna, sugli scogli di Po- 
silipo , al Castello dell’Uovo e a Nisida, a 1 0 2 metri di profondità. Più raramente si na- 
sconde nelle Spugne dei generi Hircinia e Cacospongia, che vivono sino a quasi 8o metri 
di profondità. 


= e 
GENERE DASYCHONE Sars. 


Collare piuttosto basso, molto aperto nella parte dorsale. Le branchie oltre di bar- 
bule ventrali, come tutte le altre Sabellide, sono munite di appendici dorsali disposte 
a coppia. 

Le setole capillari sono marginate, con l’apice lungo e un po’ ricurvo. Gli uncini 
sono uniseriati , aviculari e simili di forma. 

Tra il ramo setifero e la cresta uncipifera vi sono delle macchie oculari pigmentate. 

Per il resto questo tubicolo non differisce dalle altre Sabellide. 


Dasychone lucullana D. Ch. 


Sinonimia: 
Sabella lucullana D. Ch. 


Corpo Iungo 3 cm., largo 3 mm.; lunghezza delle branchie 7 mm.; numero dei 
segmenti circa 45. 

Il collare, oltre la grande apertura dorsale, è inciso sulla faccia ventrale nel mezzo e 
forma due espansioni molto sviluppate, che ai lati portano una macchia piuttosto grossa. 

Vi sono 12-18 cirri branchiali per lato, con le appendici dorsali disposte a coppia, 
allontanate tra di loro, un po’ claviformi, ed in numero di 12 paja. L’apice del cirro 
branchiale è nudo e piuttosto breve. 

Il torace è formato di 8 segmenti, quasi tutti della stessa grandezza. 

Nei segmenti anteriori le setole incominciano nel collare e gli uncini al 2° segmento 
setifero. 

Il colore dell’animale è violaceo-oscuro, talvolta solamente brunastro e pigmen- 
tato. Le branchie sono fasciate di bianco e di violetto, talvolta interamente violacee. 

Il tubo ha la lunghezza di circa 4 cm., largo 3 mm., cilindrico, membranoso, ela- 
stico, e coverto da un fango grigio-oscuro; la sua porzione posteriore si attenua e si 
chiude all’ estremità. 

Il periodo della riproduzione in questa specie dura dal mese di Decembre a quello 
di Maggio. Il nidamento gelatinoso ha la forma di un cercine ed è disposto sull’ apice 
del tubo. Negli acquarii le uova si sviluppano in larve mesotroche, che si fissano in vi- 
cinanza degli adulti. 

Forma colonie fittissime, e ne ho visto della lunghezza di 20 cm. e larghe 15 
cm., che erano state pescate nel Porto mercantile e tra gli scogli di Santa Lucia. 

In questi ultimi tempi, probabilmente per le nuove costruzioni falte nelle vicinanze 
del Porto e per il nuovo rione sérto a Santa Lucia, le grandi colonie non si trovano più, 
invece qua e là su tutto il litorale è specialmente tra le colonie di PhyWochaetopterus 
socialis se ne trovano degli aggruppamenti più o meno numerosi. 

Vive sempre da 1 a 2 metri di profondità, e preferisce le acque poco mosse. 


Dasychone polyzonos Gr. 


Sinonimia: 
Sabella polyzonos Gr. 
Branchiomma Dalyelli K611. 
Dasychone argus Sars. 


Corpo lungo 2 em., largo 2-5 mm.; lunghezza delle branchie 10-12 mm.; numero 
dei segmenti circa 65. 

Il collare alla faccia ventrale non è inciso in mezzo, ma ha due piccole incisure 
laterali. Vi sono 15-20 cirri branchiali per lato con appendici dorsali più piccole che nel 
D. lucullana, e quasi così lunghe come la metà delle barbule; sono anche più nume- 
rose, essendo circa 17 paia. I due tentacoli sono appiattiti, allargati un po’ più sopra 
della base e attenuati verso l’ estremità. 

Il torace è formato di 8 segmenti più grossi e più larghi di quelli posteriori. Tanto 
i fasci setiferi come le creste uncinifere sono molto sviluppate. 

Il colore del corpo è di un rosso-brunastro; le branchie sono fasciate di bianco e 
di bruno, talvolta completamente purpuree. Una sola volta ne pescai un esemplare nelle 
vicinanze della Grotta Azzurra con le branchie completamente bianche e con macchie 
nere disposte regolarmente sul dorso dei cirri branchiali. Il corpo era brunastro. 

Il tubo è membranoso, talvolta nudo, talvolta coverto di un sottilissimo strato di 
fango grigio-chiaro; giunge alla lunghezza di 3 cm. con 3 mm. di diametro. 

“Vive in acque più profonde che la specie precedente. Si pesca in tutti i fondi a 
Coralline e nel fondo detritico, in profondità che varia dai 40 ai 100 metri. Esce dal 
tubo non appena l’acqua incomincia a corrompetsi. 


GENERE SPIROGRAPHIS Viv. 


Il collare è piultosto piccolo; la membrana basale delle branchie è dissimile; una 
porzione è semicircolare come nelle Sabelle; l’altra forma un peduncolo spirale. 
La regione anteriore è distinta e corta; quella posteriore molto allungata. 
Le creste uncinifere della regione toracica sono armate di uncini aviculari e di una 
serie di setole a forma di lancia. 


Spirographis Spallanzani Viv. 


Sinonimia : 
Amphitrite penicillus Gm. 
» ventilabrum Gm., Lam., Risso 
» Josephinae Risso 
Sabella unispira Cuv., Sav. 
» ventilabrum D. Ch., Qtrfgs. 
Spirographis elegans 
>» brevispira 


Qitrfgs. 

Corpo lungo sino a 35 cm., largo nella regione anteriore 2 cm.; lunghezza delle 
branchie 8-9 cm.; numero dei segmenti 250-280. 

ATTI — Vol. V.— Serie 2.4 —N0 11. 10 


— Si 

Il collare è quadrilobo e porta sui due lobi ventrali nella faccia interna diverse pa- 
pille digitiformi piuttosto lunghe. 

Una delle branchie, che può essere o quella di dritta o quella di sinistra, è molto 
più sviluppata ed ha la membrana basilare trasformata in un peduncolo spirale, con le 
spire che variano di numero secondo la grandezza dell’ animale. 

I piccoli esemplari, con il corpo della lunghezza di 3 cm., hanno le due branchie 
simili a quelle delle Sabelle. 

Negli animali più sviluppati si trovano da 1 a 7 giri di spira. 

Ho contato in individui molto grandi 55-60 cirri branchiali nella branchia sabelli- 
forme, ed in quella a spirale circa 280. L’apice del cirro è nudo e piuttosto breve. I 
due tentacoli sono brevissimi, con la base larga e con punta acuta. 

Il torace si compone di 8 segmenti, ed i rami setiferi, che nei primi segmenti sono 
dorsali; nei segmenti seguenti si inseriscono sempre più lateralmente, e finalmente si 
mettono in linea con quelli addominali. 

Il solco ventrale non si estende sulla parte dorsale; è molto profondo nella regio- 
ne terminale anteriore. 

Il colore dell’ animale è variabilissimo. Ordinariamente il corpo è bruno-oscuro con 
delle chiazze color mattone. Le branchie sono bruno-rossicce con delle fasce violette e 
bianche ; spesso l'apice del cirro è più intensamente colorato. Ve ne sono varietà con 
branchie bianchicce o fulve, con o senza fasce. 

Dopo una lunga permanenza negli acquarii, le branchie diventano incolori. 

Il tubo è membranoso, cilindrico, lungo sino a 60 cm., largo quasi 1 ‘/, cm. La 
parte interna è formata di sostanza gelatinosa, e tutta la superficie esterna è incrostata 
di fango grigio-oscuro sottilisssimo. La sua parte posteriore si attenua; è chiusa e ri- 
mane quasi sempre nuda. 

Ne ho trovati pieni di uova piccolissime nel mese di Giugno e di Dicembre. 

Questi animali sono comunissimi nel Porto militare, ove si attaccano sotto lo sca- 
fo dei bastimenti e formano colonie tanto fitte, che i fiocchi branchiali formano dei veri 
tappeti, che coprono tutta la superficie immersa del galleggiante. 

Cresce anche sugli scogli in vicinanza del litorale dal Castello dell’ Uovo al Capo 
Miseno, in profondità di 2-10 metri, ove giunge a maggiori dimensioni. Dei rari indi- 
vidui si rinvengono nel fondo detritico e sui fondi a Coralline, sino a 60 metri di pro- 
fondità. , 
Talvolta per condizioni momentanee poco favorevoli nei bacini, ove si tengono in 
cattività, si stacca il fiocco branchiale, che dopo pochi giorni si rigenera nuovamente. 
In un tubo trovai un esemplare spezzato in due metà, di cui la posteriore avea rigene- 
rato le branchie e l’ anteriore la coda. 


GENERE BISPIRA Kr. 


Sinonimia : 
Amphitrite Mont. 
Sabella Sav. 
Distylia Qtrfgs. 


Corpo ordinariamente grosso e largo, con la regione anteriore più larga di quella 
posteriore. 

Le branchie sono simili nei due lati; la membrana basale, dove esse s'inseriscono, 
è contorta a spirale, e forma un peduncolo. 

Il collare è mediocremente sviluppato, e ordinariamente è quadrilobo. 

Le creste uncinifere toraciche molto sviluppate portano uncini aviculari semplici, 
e non a lungo manubrio, come suppone il Claparède. 


Bispira Mariae n. sp. 
(Tav. I, fig. 2) 


Corpo lungo 10 cm. (in alcool si allunga sino a 15 cm.), largo anteriormente 2 cm.; 
lunghezza delle branchie 7 cm.; numero dei segmenti circa 80. 

Il corpo è molto grosso; la sua superficie dorsale è convessa, quella ventrale quasi 
piana; nella sua estremità posteriore si attenua rapidamente per formare la regione 
anale molto stretta e rivolta verso il ventre. 

Il collare è formato da 4 lobi, ed è molto aperto dorsalmente (Tav. II, fig. 4); un’al- 
tra incisura più piccola si vede ai lati, vicino all’ estremità del primo scudo ventrale, 
ed un’ ultima assai profonda nel mezzo della faccia ventrale, che comprende parte del 
1° scudo. 

I lobi membranosi formati da queste incisioni sono molto sviluppati. 

Vi sono 80-go cirri branchiali per lato, muniti di doppia serie di barbule, e la mem- 
brana, su cui sono inserite, forma in ciascun lato un peduncolo breve contorto a spirale, 
con 2 0 3 giri. 

I cirri branchiali hanno l’apice nudo; in vicinanza della membrana basilare essi 
sono riuniti da una membrana sottile e larga 4-5 mm. 

1 due tentacoli hanno la base molto larga e sono simili a quelli degli altri generi ; 
raggiungono una lunghezza eguale alla quarta parte di quella dei cirri branchiali. 

Il torace è formato di 8 segmenti, e vi sono 9 scudi ventrali, raramente 10, che 
non sono soleati, e dei quali il primo ha una profonda insenatura nel margine anteriore 
e lascia scoverto il collaretto ; gli altri sono molto larghi e brevi. Lungo tutta la regione 
mediana del ventre gli scudi sono bipartiti dal solco ventrale. 

Il 1° segmento anteriore è armato di un fascio di setole capillari, molto più piccole 
di quelle che seguono, ed è sprovvisto di cresta uncinifera. Le creste uncinifere inco- 
minciano: nel 2° segmento, sono molto allungate, e giungono sino ai margini laterali 
degli scudi ventrali. 

Le setole capillari del 1° segmento hanno l’apice lievemente marginato un po’ ri- 


€ = 
curvo, e finiscono a punta acutissima; quelle degli altri segmenti toracici sono più grandi 
e di due. forme : le più lunghe (Tav. III, fig. 7) rassomigliano a quelle del 1° segmento; 
le più corte (fig. 8) hanno l’apice con margine più largo e la punta acutissima e breve. 

Gli uncini toracici sono aviculari, hanno il rostro acutissimo, e sulla fronte di esso 
una cresta formata di 5-6 denticuli (fig. 13). Quelli posteriori sono simili. 

Nell'ultimo segmento posteriore, molto piccolo e stretto, vi sono due gruppi di 
macchie pigmentate ai lati. 

L’ano si apre come una larga fessura sulla faccia ventrale. 

Il colore dell’animale varia moltissimo. Ordinariamente è violaceo-oscuro , che 
nell’interno del collaretto diventa più intenso; il margine di quest’ ultimo è orlato di 
bianco; le branchie sono fulve, e sovente anellate di bianco e di violaceo. Le creste 
uncinifere ed i fasci di setole toraciche sono dorate. 

Il tubo raggiunge la lunghezza di 40 cm. e più, col diametro di 12-13 mm.; è 
membranoso nella parte posteriore, che si attenua e viene attaccata alle Coralline e 
agli scogli; nella parte anteriore manca la membrana, ed il tubo è fatto solamente di 
fango finissimo di color grigio. 

È una forma rara tanto, che in quasi 20 anni se ne sono pescate nel Golfo sola- 
mente una dozzina di esemplari. In maggior numero è stata trovata fuori la Punta di 
Posilipo, in un fondo conosciuto dai marinai col nome di Faraglione, e tra i rizomi della 
Posidonia, alla profondità di 20-35 metri. Un paio d’ esemplari si sono dragati alla Secca 
della Gajola tra le Coralline, da 35 a 40 metri di profondità. 


ceNERE FABRICIA Blv. 


Sinonimia : 
Amphicora Ehrbg. 
Othonia Johnst. 


Parte anteriore cefalica del corpo piuttosto distinta; cirri branchiali poco numero- 
si, di rado liberi; mancano i tentacoli, ed il collare manca o è molto ridotto. 

Le due regioni del corpo sono formate da pochi segmenti non ben distinti. Si tro- 
vano occhi all’ ultimo segmento posteriore e al primo anteriore. 


Fabricia Sabella Ehrbg. 


Sinonimia : 
Amphicora Sabella Ehrbg. 
Othonia fabricia Johnst. 
Fabricia quadripunctata Leuck. et Mtschn. 
» affinis Leuck. 
» amphicora Qtrfgs. 


Corpo lungo 1 cm., largo anteriormente 0,5 mm.; lunghezza delle branchie 4 mm. ; 
numero dei segmenti 12-14. 

L’ultimo segmento posteriore è arrotondato e breve e porta due macchie oculari 
pigmentate. Vi sono nell’apparecchio branchiale 6 cirri, e non tutti sono della stessa 
lunghezza. Il segmento boccale porta anch’ esso 2 macchie oculari. 

Il colore del corpo è rosso-sbiadito. 


(A 
È frequente e vive tra le alghe del litorale e nel fondo detritico in profondità varia- 
bile da 1-35 metri. 


cenERE DIALYCHONE Clpde 


Sabellidi con collare inciso solamente nella parte ventrale mediana. 

Nel primo segmento anteriore esistono occhi e una vescicola uditiva in cia- 
scun lato. 

Gli uncini nella regione toracica hanno un lungo manubrio; in quella addominale 
hanno forma pettinata. 


Dialychone acustica Clpde 


Lunghezza del corpo 3 cm., larghezza massima 3 mm.; lunghezza delle branchie 
1 %/, cm.; numero dei segmenti circa 60. 

L’ animale è sottile, cilindrico, con la regione posteriore che termina in punta 
acuta. 

Il collaretto è inciso solamente nella parte ventrale, e talvolta in quella dorsale 
porta due macchie oculari, ed ai fianchi, in ciascun lato, costantemente una capsula 
che contiene un otolito. 

Vi sono circa 12 cirri in ciascun lato dell’ apparecchio branchiale; l’apice dei cirri 
è sottile, incolore, e lungo quasi 2 mm. I due tentacoli sono allargati alla base. 

Il torace è formato da 8 segmenti setiferi, dei quali il primo anteriore porta nel 
ramo dorsale setole capillari di due specie. Gli uncini incominciano dal 2° segmento ed 
hanno un lungo manubrio ed il verlice denticolato. Nell’addome vi sono uncini petti- 
nati con 7-8 denticoli. 

Il colore del corpo è d’un giallo allo sbiadito; in alcuni esemplari è verdognolo ; 
per trasparenza si vede il tubo digerente di colore oscuro. 

Le branchie sono anellate di fasce irregolari rosso-cinabro e di fasce o puntini più 
irregolari ancora, di un colore bianco-opaco, dovuto a depositi che si formano nell’ in- 
teriore delle cellule della cartilagine. Attorno alla bocca i cirri branchiali sono verdi. 

Il tubo è sconosciuto. 

Questa specie è piuttosto frequente e vive nei fondi a sabbia fina su tutto il litora- 
le, dal Castello dell’ Uovo alla Punta di Posilipo, in profondità di 5-20 metri. 


ceNERE EUCHONE Mlmgr. 


Corpo quasi cilindrico un po’ depresso, gradatamente attenuato, e termina nella 
parte posteriore a punta; in questa regione del corpo, nella faccia ventrale, gli ultimi 
8-12 segmenti sono scavati e formano una fossetta anale; all'estremità posteriore di 
essa si apre l’ano. 

Il solco ventrale è molto appariscente e si continua nella parte dorsale del torace. 

Il collaretto è mediocremente sviluppato. Le branchie formano due semicerchi ai 
lati della bocca; i cirri branchiali hanno l’ apice nudo e sono sprovvisti di macchie ocu- 
Jari; ;' esistono 2-10 tentacoli filiformi ineguali in ciascun lato. 


in 
I fasci di setole capillari incominciano dal collaretto e sono di due forme, cioè al- 
cune più lunghe, un po’ ricurve e coll’ apice marginato e attenuato, ed altre più corte, 
che hanno forma di lancetta, coll’ apice breve e acuminato e più marginate delle prime. 
Gli uncini si trovano nel 2° segmento setifero e sono disposti in una serie. Nella 
parte anteriore del corpo sono rostrati e muniti di un lungo manubrio ; inoltre hanno 
il vertice del rostro seghettato ; ì posteriori sono semplicemente aviculari. 


Euchone rubrocincta Sars. 


Sinonimia: 
Chone rubrocincta Sars. 


Lunghezza del corpo 2 ‘/, cm., larghezza della regione anteriore 2-5 mm.; lun- 
ghezza delle branchie 8 mm.; numero dei segmenti circa 31. 

Il collaretto porta un’incisione ventrale brevissima. 

Vi sono 12 cirri branchiali in ciascuna porzione dell’apparecchio branchiale e 6 
fili tentacolari. 

La fossetta anale (rima) comprende gli ultimi 8-9 segmenti, ed è molto larga. 

Le setole capillari anteriori, tanto le lunghe come le corte hanno quasi la stessa 
forma; l’apice, ch’è attenuato, è marginato e un po’ ricurvo. 

Il colore del corpo è uniformemente rosso-pallido; ciascun segmento anteriormente 
è cinto di una fascia di color rosso-carminio interrotta solamente dal solco ventrale. 
Le branchie sono anche color carminio con fasce giallognole; i cirri sul loro dorso 
portano macchie bianche irregolarmente disposte ed hanno l’apice bianco-gialliccio. I 
fili tentacolari sono incolori. 

Il tubo non si conosce. 

È una specie rarissima nel Mediterraneo. La prima volta fu pescata dal Marion *) 
nei fondi fangosi al largo del Golfo di Marsiglia, alla profondità di 100-200 metri. Il solo 
individuo sin’ ora pescato nel Golfo di Napoli l'ho dragato in un fondo a Coralline vicino 
alla Grotta Azzurra di Capri, a 85 metri di profondità. 


SOTTO-FAMIGLIA ERIOGRAFIDAE MImgr. 


Corpo molto contrattile, cilindrico, con le due regioni del corpo poco distinte. 

Il collaretto ordinariamente manca o è poco sviluppato. 

l parapodii sono molto ridotti e portano nella regione anteriore del corpo setole 
capillari sottilissime e uncini diversi, ed in minore numero di quelli della regione po- 
steriore, e spesso possono mancare. 

Le due glandole mucipare saga iti hanno un dotto escretorio comune, che si apre 
sulla parte dorsale. 

Il loro tubo è sempre formato da sostanza mucosa. 


') A. F. Marion, Considérations sur les faunes profondes de la Meditérranée, pag. 26 (Ann. 
Mus. H. N. Marseille, Tome 1°”, 1883). 


MEI 0a 


GENERE MYXICOLA Koch. 


Sinonimia : 
Gimnosoma Qirfgs. 


Corpo grosso, muciparo, sprovvisto di collaretto. 

Le branchie formano un semicerchio in ciascun lato della bocca e sono riunite da 
una membrana sottile; esse sono sprovviste di macchie oculari. Vi sono sempre 2 tentacoli. 

Le setole capillari si trovano nelle due regioni del corpo; il segmento boccale ne 
è sprovvisto. 

Gli uncini nella parte toracica sono scarsi o mancano del tutto; in quell’addomi- 
nale sono minutissimi e disposti su creste molto allungate, che si estendono dal dorso 
sino al ventre. Questi uncini sono birostri. 


Myzxicola infundibulum Ren. 


Sinonimia : 
Terebella infundibulum Ren. 
Sabella infundibulum D. Ch. 
Arripasa infundibulum Johnst. 
Myzxicola Grubii Kr. 


Corpo lungo 12 cm., largo anteriormente 8 mm.; lunghezza delle branchie 2 1/, cm.; 
numero dei segmenti circa 120. 

L’animale è cilindrico e grosso nella parte anteriore, va attenuandosi gradatamente 
verso quella posteriore, sino a che finisce a punta. 

I segmenti sono bianellati e non molto distinti. 

Le branchie sono portate da due semicerchi cartilaginosi e vi si contano circa 20 
cirri per ciascuno di essi. Questi cirri sono riuniti da una tenuissima membrana, e for- 
mano insieme un apparecchio imbutiforme, Le barbule numerosissime all’interno, su 
ogni cirro, cessano dove finisce la membrana, così che solamente |’ estremità del cirro 
in forma di linguetta si prolunga oltre di essa. 

I due tentacoli hanno forma di lobi membranosi semilunari. 

Il torace è formato da 8 segmenti, quello boccale è sprovvisto di setole e si pro- 
lunga nella faccia ventrale in una punta triangolare. 

Gli altri portano un piccolo fascio di setole capillari nel ramo dorsale , lanceolate 
all’ estremità, e sono totalmente sprovviste di uncini. 

A partire dal g° segmento (1° addominale), ciascuno di essi, oltre che di setole 
capillari, è armato pure di uncini aviculari minutissimi, birostri, disposti in una serie 
transversale continua, che si estende dal disotto al di sopra dei fasci di setole capillari, 
interrompendosi solamente nella parte mediana del dorso. 

Dietro la maggior parte dei fasci setiferi capillari sono disposti dei gruppi di mac- 
chie oculari brune. 

Il solco ventrale, assai appariscente, si continua nella parte dorsale del torace. 

L’animale è di color mattone con delle strisce transversali interrotte, di color 
bianchiccio più o meno sudicio. Le branchie sono violaceo-oscuro, sovente vinoso; i 
cirri lanto sulla parte dorsale come nella terminale sono colorati più intensamente. 


= 0 

Il tubo è gelatinoso, grosso, irregolare, e piuttosto trasparente. Talvolta nello stesso 
tubo vi sono due individui invece di uno. 

Quest’anellide è frequente e vive sulle spiagge arenose insieme alla Branchiomma 
vesiculosum. Si trova tra le pietre del Porto militare, e ordinariamente è facile rinvenirlo 
sulla spiaggia di Posilipo e su quella di Pozzuoli a 2 0 3 metri di profondità. 


MyXxicola aesthetica Clpde 


Sinonimia: 
Leptochone aesthetica Clpde 


Corpo lungo un po’ più di 2 cm., largo anteriormente 3 mm.; numero dei seg- 
‘ menti 45-50. 

Il corpo è quasi cilindrico, leggermente depresso. 

L’apparecchio branchiale è formato di circa 8 cirri per ciascun lato; essi sono riu- 
niti, come nella specie precedente, da una membrana alta almeno i tre quarti della lun- 
ghezza totale loro. L’apice libero di ciascun cirro è filiforme. 

Il 1° segmento è sprovvisto di setole, i tre seguenti hanno rami setiferi rudimentali, 
dei quali i dorsali portano setole capillari lanceolate e un po’ ricurve all’estremità; i ven- 
trali sono armati di uncini unirostri a lungo manubrio e rigonfi nella loro metà. 

AI 5° segmento del corpo l'ordine delle setole è invertito: le capillari diventano 
ventrali e gli uncini dorsali; questi ultimi sono differenti da quelli dei primi segmenti, 
hanno forma aviculare; sono in grande numero disposti in una serie e portati da creste 
che cingono tutto il corpo, e interrotte solo da un breve spazio sulla linea mediana 
dorsale. 

Il 1° segmento del corpo porta da ciascun lato delle macchie oculari pigmentate; 
tutti gli altri hanno uno o più occhi laterali di colore rosso-violaceo, e i’ ultimo -seg- 
mento posteriore ne porta un gran numero. Nel 1° segmento setifero si trovano anche 
organi uditivi (otocisti). 

Il colore dell’ animale è variabile: alcuni hanno il corpo giallognolo, altri di colore 
bruno-violaceo. 

Fabbrica un tubo temporaneo mucoso, che lascia nel cambiar posto. 

Vive tra le alghe del litorale, e sovente |’ ho trovato tra le colonie d’ Hydroides del 
Porto militare, alla profondità di 1-2 metri. 


ceneRE AMPHIGLENA Clpde 


Tubicoli con branchie simili alle Sabelle e sprovvisti di collaretto. 

Le creste uncinifere sono armaie di doppia serie d’uncini dissimili. 

Vi sono macchie oculari sul primo segmento anteriore e sull'ultimo posteriore. 
Ermafroditi. 


dii ARI 


Amphiglena mediterranea Leyd. 


Sinonimia : 
Amphicora mediterranea Leyd. 
Amphiglena Armandii Clpde 


Corpo lungo 15 mm., largo 0,5 mm., con 29-33 segmenti. 

Il corpo ha forma cilindrica. L'apparecchio branchiale è formato di 5-6 cirri per 
lato, che portano una doppia serie di barbule sempre opposte. Tra i cirri branchiali, dalla 
parte dorsale si elevano due tentacoli molli e dilatati alla loro base. 

I segmenti che formano il torace sono 8 e non 6, come per errore scrive il Cla- 
paréde parlando della loro armatura *). Essi portano néi rami dorsali setole lunghe, 
capillari e lanceolate, miste ad altre più corte e più allargate. Gli uncini incominciano 
nel ramo ventrale del 2° segmento setifero ; ciascun uncino è accompagnato da una setola 
lanceolata coll’ estremità flessibile. 

Al g° segmento ha luogo l’inversione delle setole, ed in tutta la regione addomi- 
nale gli uncini non sono più insieme alle setole lanceolate, e tanto essi che le setole 
sono inseriti direttamente nella pelle senza che si formi ramo speciale. 

Il colore dell'animale è giallognolo-sbiadito; per trasparenza si vede il tubo dige- 
rente di un verde-brunastro. Le branchie sono incolori. 

ll tubo è membranoso e piccolissimo, e vien fissato sulle alghe. 

Nel mese di Febbrajo questa forma si trova piena di prodotti sessuali. 

È comunissima tra le alghe del litorale, dalla superficie dell’ acqua sino a poco più 
di 1 metro di profondità. 


SOTTO-FAMIGLIA SERPULINAE Qtrfgs. 


Tubicoli con la regione toracica munita di una membrana ciliata laterale. Ordina- 
riamente tra apparecchio branchiale si trova un cirro, che porta un opercolo per lo 
più imbutiforme. 

Non esiste il solco ventrale, ma o la superficie dorsale o quella ventrale è in parte 
ciliata. 
Il collaretto è mediocremente sviluppato e largamente aperto nella parte superiore. 

Il dotto escretorio delle glandole mucipare è comune. Segregano un tubo cal- 
careo. 


GENERE SERPULA L. 


Branchie con membrana basale circolare, ordinariamente munite di un opercolo 
imbutiforme, col margine crenolato e con strie radiate sul piano superiore di esso. 

La membrana toracica è breve. Il torace è formato di 7 segmenti setiferi, che por- 
tano nei rami dorsali setole capillari, ad eccezione del 1° che porta setole a forma di 
baionette rivolte verso le branchie. I rami ventrali portano uncini pettiniformi. 


i) Il Carus nel Prodromus faunae mediterraneae, a p. 275, cade nella medesima inesattezza. 
ATTI — Vol. V.— Serie 2.2 — N. 11. 11 


Sii 


Serpula Philippi Mòrch. 


Sinonimia : 
Serpula vermicularis Phil. 
» interrupta Qtrfgs. 
» echinata Gml. 
» pallida Phil. 
» venusta Phil. 


Corpo lungo 3 cm., largo 4 mm.; lunghezza delle branchie 1 cm.; numero dei 
segmenti circa 140. 

L'apparecchio branchiale è formato da 38 cirri per ciascun lato, con l’ apice piut- 
tosto breve. L’opercolo ha un peduncolo lungo; è imbutiforme col margine crenolato ; 
queste crenolature sono molto variabili in numero; nell’ esemplare, che avea le misure 
sopraddette, ne ho contate 38. 

Il primo segmento toracico è armato di due forme di setole: alcune sono sempli- 
cemente filiformi, le allre sono più grosse e rigonfie all’estremità. 

Questo rigonfiamento si termina con tre denti, due dei quali corti ed ottusi ed il 
terzo molto lungo, arcuato e acuto. Le setole dei segmenti seguenti sono leggermente 
marginate con l’apice un po’ ricurvo ed acuto. 

Nell’addome si trovano setole dritte, allargate all’ estremità come una spatola e 
denticolata al margine superiore; nell’ estremità posteriore, come in molti altri Serpuli- 
di porta setole capillari molto lunghe. Gli uncini hanno 5 denticoli, dei quali )’ inferio- 
re è più grande degli altri. i 

Il colore del corpo è aranciato, la membrana toracica è orlata d’un colore rosso- 
aranciato più vivo; le branchie sono rosso-pallido. 

Il tubo è piuttosto forte, cilindrico, con la parte con la quale aderisce un po’ ap- 
piattita. Talvolta è molto contorto e giunge alla lunghezza di ro cm., con 5 mm. di dia- 
metro; porta nella parte superiore una cresta che varia di forma, spesso interrotta, con 
denti di diversa grandezza; il colore generale del tubo è roseo al di sopra, bianco late- 
ralmente. 

Si pesca sulla zona detritica di Posilipo, da 25 a 30 metri di profondità, e non 
è raro. 


Serpula aspera Phil. 


Sinonimia : 
Serpula octocostata Qtrfgs. 


Corpo lungo 2 cm., largo 3 mm.; lunghezza delle branchie 1 cm.; numero dei 
segmenti circa 120. 

Il collaretto è largo e porta in ciascun lato 3 occhi. L'apparecchio branchiale è 
formato di 16 cirri per ciascun lato; il numero di essi varia alquanto. L’opercolo è im- 
butiforme con crenolature marginali in numero molto variabile; io ne ho contato 
sino a 32. 

Le setole del primo segmento anteriore si terminano con tre denti, dei quali uno 
molto sviluppato ha l'apice marginato e canalicolato. 


= $$ — 

L’addome in tutta la sua lunghezza porta setole spatoliformi denticolate, e gli ul- 
limi 30 segmenti posteriori hanno le solite setole capillari. Le creste uncinifere sono 
munite di uncini a 5 denti, dei quali i due inferiori sono i più robusti. 

Il colore in questa specie è molto variabile. Il corpo talvolta è aranciato , talvolta 
bruniccio. Le branchie sono o rosso-aranciato 0 rosso-sangue; ogni cirro porta sulla 
parte dorsale 8-10 macchie transversali bianco-giallognole; le barbule di ciascun cirro 
sono giallognole, e l’apice di questi è bianchiccio. Il peduncolo dell’ opercolo spesso 
porta nella sua metà una macchia allungata bianca. 

Il tubo è cilindrico, più o meno contorto, lungo sui 7 cm. e largo un po’ più di 3 
mm.; porta nella parte superiore 7 0 più creste longitudinali dentellate, che si esten- 
dono per tutta la sua lunghezza. 

Il colore è rosa sulla parte superiore, bianco nell’ inferiore. 

Si draga frequentemente alla Secca di Benda Palummo, in profondità di 60-75 me- 
tri, e fissa il tubo sui Briozoi del genere Eschara o direttamente sulle Coralline. 


Serpula infundibulum D. Ch. 


Sinonimia : 
Serpula crater Clpde 


Corpo lungo 7 cm,, largo 8 mm.; lunghezza delle branchie 1*/, cm.; numero dei 
segmenti circa 300. 

L’apparecchio branchiale è formato da circa 40 cirri per ciascun lato. 

L’opercolo ha la superficie superiore concava, col margine ornato di 64 crenola- 
ture, ma il numero di esse è alquanto variabile. 

Il torace è molto breve, Nel primo segmento vi sono setole simili a quelle delle 
altre specie, solamente il dente più sviluppato delle setole grosse porta una dentella- 
tura sulla parte convessa. Negli altri segmenti toracici le setole del ramo dorsale sono 
subulate con i due margini striati nella regione terminale. 

Nell’addome vi sono le solite setole a paletta denticolata. 

Le creste uncinifere incominciano al 2° segmento toracico, e tanto in questa re- 
gione come nell’addominale gli uncini sono armati di 6 denticoli. 

Il colore del corpo è giallognolo, le branchie sono di colore rosso-vivo e l’oper- 
colo ha macchie rosse e bluastre. 

Il tubo di questa specie è cilindrico, molto contorto, con l’orlo dell’ apertura al- 
quanto ripiegato all’ infuori; sulla sua superficie esterna si vedono le linee d’ accresci- 
mento molto sviluppate, rappresentate dagli orli dei precedenti peristomi. È lungo 10 
cm. e largo 8 mm. 

Si pesca frequentemente nelle adiacenze dell'Isola di Nisida, e aderisce sugli sco- 
gli a 1 metro di profondità. 


o sible 


GENERE HYDROIDES Gunn. 


Sinonimia : 
Eupomatus Phil. 


Tubicoli con setole simili a quelle delle Serpule. L’ opercolo è imbutiforme legger- 
mente concavo, col margine crenolato, e porta nel mezzo della sua superficie superiore 
una corona di ‘spicoli cornei a Quasi sempre vi è un secondo opercolo molto 
ridotto. 

Fabbricano tubi calcarei lunghi, più o meno sinuosi, e formano colonie molto este- 
se, di preferenza sotto lo scafo delle navi che restano ferme molto tempo nei porti. 


Hydroides uncinata Phil. 


Sinonimia : 
Eupomatus uncinatus Phil. 
Sabella Euplaena D. Ch. 
Serpula uncinata Gr. 


Lunghezza del corpo 2 cm., larghezza 3 mm.; lunghezza delle branchie circa 1 
cm.; numero dei segmenti 120-150. 

L’apparecchio branchiale è formato di 13-15 cirri per lato; l’opercolo ha il mar- 
gine crenolato e porta una corona di 8 uncini semplici con l’ apice ricurvo. Ordinaria- 
mente si trova il vida opercolo molto ridotto. 

Le setole del 1° segmento anteriore rassomigliano a quelle del genere RA Gli 
uncini hanno sino a 7 denticoli. 

Il colore di questa specie è molto variabile. Il corpo è o verde-giallognolo 0 rosso- 
aranciato; le branchie sono verdastre con una larga fascia sulla parte dorsale dei cirri, 
che è talvolta bianca e aranciata, talvolta bianca e rosa-pallido; spesso dalla parte 
delle barbule le branchie sono violacee. L’opercolo ha la medesima colorazione delle: 
branchie. 

Il tubo è cilindrico, bianco , leggermente sinuoso, con l’ apertura più tergd del 
diametro del tubo; la sua skiperficio esterna è rugosa con linee d’accrescimento trans- 
versali, piuttosto appariscenti. Giunge alla lunghezza di circa ro cm., col diametro 
di 3 mm. 

Vive nel Porto militare sotto le navi o sulle pietre delle banchine, ove forma delle 
colonie molto estese. Spesso si trova pure nel Porto di Mergellina, dalla superficie del- 
l’acqua sino a 1 metro di profondità. 

Una varietà di questa specie si trova aderente alle pietre della regione detritica e 
sulle Coralline delle Secche, e non forma mai colonie fitte. 

Il periodo della riproduzione si estende da Aprile sino ad Agosto. 


= 
Hydroides pectinata Phil. 


Sinonimia : 
Hydroides norvegica Gunn. 
Eupomatus pectinatus Phil. 
» trypanon Clpde 
Serpula vermicularis O. F. Mùll. 
Eupomatus vermicularis D. Ch. 


Corpo lungo 1 cm., largo 1 mm.; lunghezza delle branchie 4-5 mm.; numero dei 
segmenti circa So. 

L’apparecchio branchiale ha 18 cirri per lato. Vi sono i due soliti opercoli, il gran- 
de imbutiforme col margine crenolato, che porta sulla sua superficie superiore una co- 
rona di 11 uncini cornei muniti di 2-3 denti laterali, con l’apice leggermente ricurvo ; 
il piccolo ha un accenno di crenolatura ; esso raramente può raggiungere le stesse di- 
mensioni del primo, ma resta sempre semplice. 

Le setole rassomigliano a quelle delle altre specie. 

Il colore del corpo è rosso-oscuro con la regione toracica talvolta verdognola ; le 
branchie sono di colore molto variabile, cioè o rosso misto a violetto molto vivo, oppure 
con gli stessi colori più sbiaditi, o scolorate del tulto. 

Il tubo è molto fragile, cilindrico, lungo sino a 8 cm., largo 2 mm., più o meno 
sinuoso. La sua superficie è rugosa, e sono piuttosto appariscenti le linee di accresci- 
mento. Formano colonie assai estese, ma non così fitte come quelle dell’. uncinatus. 

Ne ho trovate piene di prodotti sessuali nei mesi di Luglio, Agosto e Settembre. 

Vive abbondantemente sotto le navi, insieme alle altre specie, nel Porto militare, 
nel Porto mercantile e a Santa Lucia. D’ estate aderisce sui pali che sostengono gli sta- 
bilimenti balneari della costa. Comunissima. 


Hydroides lunulifera Clpde 


Sinonimia : 3 
Eupomatus lunulifer Clpde 


Corpo lungo 3 em., largo 2-5 mm.; lunghezza delle branchie 7-8 mm. ; numero 
dei segmenti circa 150. 

L'apparecchio branchiale ha 16-17 cirri per lato. L’opercolo maggiore è imbuti- 
forme ed ha nel mezzo una corona formata da una dozzina circa di uncini cornei che 
terminano a paletta appiattita. 

Il primo segmento toracico porta sul dorso un paio di piccole macchie oculari 
triangolari. 

Le setole sono quasi simili a quelle delle altre specie vicine; gli uncini hanno 7-8 
denticoli. inci o 

ll colore del corpo rassomiglia a quello dell’ H. uncinata; anche il tubo è simile a 
quello di questa specie. 

È comunissimo nel Porto militare e mercantile sotto lo scafo delle navi. 


= ga 
GENERE POMATOCEROS Phil. 


Serpulidi con l’opercolo calcareo semigloboso o prismatico, talvolta piano e mu- 
nito di processi spiniformi conici. Il peduncolo dell’opercolo porta due espansioni late- 
rali che terminano a punta. 

Il primo segmento toracico è sprovvisto di setole. Le setole ventrali dell’ addome 
sono incappucciate; gli uncini sono muniti di denti con un processo tagliente. 

Il tubo calcareo è quasi sempre triangolare. 


Pomatoceros triquetroides D. Ch. 


Sinonimia.: 
Serpula triquetroides D. Ch. 
Pomatoceros tricuspis Phil. 
Serpula triquetra L. 
Vermilia triquetra Phil. 
» dinema Mèrch. 


Corpo lungo 1 ‘/, cm., largo 1 mm. ; lunghezza delle branchie 4-5 mm.; numero 
dei segmenti 60-80. 

L’apparecchio branchiale è formato di 16-18 cirri. L’opercolo è portato da un pe- 
duncolo sottile, che si allarga alla sua estremità e forma due espansioni cirriformi; esso 
è sormontato da un cono irregolare, che può essere più o meno alto a seconda la gran- 
dezza dell’ animale. 

L’apice di questo cono porta 3 spine leggermente ricurve, impiantate su d’una 
base comune. 

Il colore dell’animale è molto variabile. Spesso il corpo è giallognolo e le branchie 
azzurre con la base violacea. Sovente si trovano esemplari con branchie grige, lilla e 
anche oscure. 

Il tubo calcareo è a sezione triangolare, con una cresta dorsale che si prolunga in 
un dente al disopra dell’ apertura. Aderisce ai corpi sottomarini, specialmente ai derma- 
scheletri di Echini morti, a vecchie conchiglie, pietre ecc., ove vive in colonie insieme 
ad altri Serpulidi. 

Si pesca a Posilipo sul fondo detritico, ed in diverse altre località a poca distanza 
dalla costa; raramente anche sulle Secche a Coralline. La profondità varia dai 15 agli 
go metri. 


ceNERE PLAGOSTEGUS Phil. 


L’opercolo è peduncolato, ha il margine liscio con la parte cornea piana e discoi- 
dea. Il collaretto forma delle espansioni membranose molto lunghe. 

Il primo segmento è sprovvisto di setole. Le setole capillari addominali e gli uncini 
simili a quelli del genere Pomatoceros. 

Tubo calcareo talvolta trasparente. 


«a 


Plagostegus tricuspidatus Sowerby 


Sinonimia : 
Serpula tricuspidata Sowerby 
Serpula crystallina Scacchi 
Plagostegus crystallinus Phil. 


Non ne ho pescato nel Golfo che un solo esemplare, e non mi è riuscito cacciarlo 
fuori dal tubo, cosicchè non ne posso dare le dimensioni. 

Le branchie hanno 9-11 cirri per lato. L’opercolo é in forma di campana e porta un 
semplice disco corneo terminale. Il collaretto è molto sviluppato. Sul primo segmento 
toracico vi sono macchie oculari. ‘ 

Il tubo è semitrasparente e a sezione triangolare; la sua porzione posteriore è rav- 
volta a spira e aderisce; l’anteriore è libera. É munito di 3 creste: una sul dorso che 
porta 3 spine e due laterali sono semplici; tutte e tre queste creste oltrepassano al- 
quanto l’orifizio del tubo. 

Il colore delle branchie è rosso-sangue leggermente sbiadito. 

Questa specie è rara nel Golfo, e fu trovata aderente ad un vaso romano pescato 
tra Capri e Ischia, in una profondità di 250 metri. 


GENERE DITRUPA Berkl. 


In questo Serpulide ho trovati varie volte il tubo vuoto. 

Il tubo è libero e rassomiglia per la forma alla conchiglia del genere Dentalium. È 
un po’ ricurvo, sottile, stretto verso l'apertura anteriore e allargato subito dopo; va poi 
gradatamente assottigliandosi verso l'estremità posteriore, che si termina a punta e con 
una piccola apertura. 

La sua superficie esteriore è levigata, quasi vitrea. In alcuni esemplari le linee di 
accrescimento sono molto visibili. 


Ditrupa subulata Desh. 


Sinonimia : 
Dentalium subulatum Desh. 


Lunghezza del tubo 4 cm., larghezza massima 2 /, mm. 

Secondo il Prof. 0. G. Costa '): «l’animale cresce sino ad 1 pollice e 2 linee di 
lunghezza; ha le branchie a modo di piume, spiegate in giro, dal di cui mezzo sorge 
l’opercolo a. guisa di campanella attaccato a lungo peduncolo, e questo parte da un ri- 
gonfiamento quasi globoso, cinto da una membrana delicata e pallida, frangiata ed in- 
crespata. Le branchie hanno due zone rosso-vivaci, una terminale più intensa, l’altra 
mediana più larga e più pallida ». 

Il tubo talvolta è bianco, talvolta di color carnicino-pallido con macchie bianche sin 
presso l’ estremità, che è quasi sempre bianca. 


1) O. G. Costa, Fauna del regno di Napoli. — Gasteropodi tubibranchi, 1851. 


n un 
I tubi sono stati pescati nella zona sabbiosa, tra il Castello dell’Uovo e la Punta di 
Posilipo. 1 | 
GENERE OMPHALOPOMA Mérch. 


Serpulidi con opercolo corneo, imbutiforme; le setole del 1° segmento toracico sono 
più grandi di quelle che seguono, le altre setole sono simili a quelle delle Vermilie. 


Omphalopoma fimbriata D. Ch. 


Sinonimia*: 
Serpula fimbriata D. Ch. 
*Plagostegus fimbriatus Phil. 
Omphalopoma spinosa Lnghs. 


Corpo lungo 1 cm., largo : mm.; lunghezza delle branchie 3-4 mm.; numero dei 
segmenti circa 70. 

Le branchie hanno 10-11 cirri per lato; ogni barbula al suo punto d’ inserzione 
porla un occhio peduncolato, che manca in quelle che si trovano in vicinanza del punto 
d’inserzione del cirro. 

L’opercolo è corneo, campanuliforme, ed è inserito su di un peduncolo che porta 
alla sua estremità un rigonfiameuto con due espansioni laterali, una più lunga dell’altra. 

Il collare è munito di due lunghissime espansioni membranose ventrali. 

Nel torace vi sono 7 segmenti setiferi, di cui il primo porta un fascio di setole ca- 
pillari più grandi di quelle degli altri 6. Le setole capillari e gli uncini sono simili alle 
figure che dà il Langerhans ‘) nella descrizione dell’ Omphalopoma spinosa. 

Il colore delle branchie è rosso-cinabro; il corpo è semitrasparente e lascia vedere 
gli organi interni color mattone-pallido ; sulla pelle vi sono sparsi puntini neri. 

Il tubo calcareo è bianco più o meno cilindrico, con 5 creste longitudinali, una 
mediana dorsale e 4 laterali, che portano da un capo all’altro dei verticilli di 4-7 spine 
falciformi. 

. Diversi esemplari di questa specie furono trovati sopra un vaso romano, pescato 
tra Capri e Ischia, alla profondità di 250 metri. 

L’Omphalopoma spinosa descritta dal Langerhans è certamente la stessa specie 
chiamata da Delle Chiaje Serpula fimbriata, che a torto fu da Philippi riferita al 
genere Plagostegus. 


GENERE PROTULA Risso 


Le branchie sono simili nei due lati e spesso sono ravvolte a spira; l’ opercolo 
manca. Il collaretto è piuttosto sviluppato. 

La membrana toracica è molto sviluppata, e talvolta giunge sino alla metà della 
lunghezza del corpo. 

Gli uncini toracici incominciano al 2° 0 3° segmento, ma spesso mancano ; sempre 
vi sono 7 fasci simili di setole capillari in ciascun lato del torace. 


1) P. Langerhans, Die Wurmfauna von Madeira, IV, pag. 281. 


sa 


Protula protula Cuv. 


Sinonimia : 
Sabella protula Cuv. 
Serpula graeca Brullé 


» intestinum Lmk. 
Protula intestinum Phil,, Gr. 
» cinerea Phi!. 


Corpo lungo 9 cm., largo 12 mm.; lunghezza delle branchie 4 cm.; numero dei 
segmenti circa 125. 

Le branchie sono inserite in una membrana, ravvolte 2 a 3 volte a spira, e sono 
formate di 70-80 cirri per lato. Questi cirri portano sulla loro parte dorsale 4 paia di 
occhi composti. 

Il collare è quadrilobo. 

Nel torace si trovano nel ramo dorsale setole subulate, robuste; con l’apice largo, 
marginato e ricurvo; nel ramo ventrale mancano completamente gli uncini. Nella re- 
gione addominale le setole capillari sono molto brevi anteriormente, diventano molto 
lunghe posteriormente, ed hanno la forma di baionetta. Gli uncini sono pluridentati. 

Il corpo dell’animale adulto è o bianchiccio, o giallognolo, con i lati rosso-sbiadito ; 
la membrana toracica è aranciata con piccole macchie rosso-sangue. Le branchie sono 
di color rosso-aranciato, con la membrana basale e il dorso dei cirri gialli. Gl’individui 
giovani hanno sul dorso dei cirri un gran numero di strisce bianche, ed il colore gene- 
rale delle branchie è rosso-vivo. 

Il tubo è cilindrico, bianco, con la superficie liscia e le linee d’accrescimento poco 
appariscenti; giunge alla lunghezza di circa 25 cm., col diametro di 12-13 mm. 

Ho trovato esemplari pieni di prodotti sessuali maturi nei mesi di Maggio, Giugno 
e Luglio. 

Vive ordinariamente sui fondi a Coralline, ed è molto comune alla Secca della 
Gajola. La profondità in cui si trova varia dai 20 ai 100 metri. 


Protula tubularia Mont. 


Sinonimia: 

Serpula tubularia Mont. 
Protula Rudolphii Risso 
Serpula protensa Gml. 
Psygmobranchus protensus Phil. 
Protula protensa Gr. 

» elegans M. Edw. 
Psygmobranchus intermedius Mar. 

» intricatus Gr. 


Corpo lungo 3-4 cm., largo 4 mm.; lunghezza delle branchie i cm.; numero dei 
segmenti circa 55. 

L’apparecchio branchiale è formato di circa 45 cirri per lato; ogni cirro porta nella 
sua porzione libera una doppia serie di 20-24 occhi semplici, piriformi e di color rosso; 
la metà terminale ne è sprovvista. Il collaretto è poco sviluppato. 

ATTI — Vol. V.— Serie 2.*— N. 11. 12 


ew ge 

Nei segmenti toracici le setole subulate sono rettilinee e largamente marginate ai 
lati della loro parte terminale; nell’addome invece sono larghe e appiattite e un po’ ri- 
curve all’ estremità; la porzione terminale posteriore del corpo porta le solite setole lun- 
ghe e capillari. i 

Le creste uncinifere incominciano al 3° segmento toracico, portano uncini laminari 
sprovvisti di denticoli, e sono simili in tutto il corpo. 

L’estremità posteriore del corpo è carenata superiormente. 

Il colore delle branchie è rosso-vivo, e ogni cirro è munito di 5-7 anelli aranciati, 
e alla sua parte basilare è incolore. Il 1° segmento anteriore porta al disopra e al disotto 
un paio di piccole macchie rosse. 

I rami toracici sono aranciati, e questa colorazione si continua sino al margine 
esterno della membrana toracica, che nel resto è incolore. 

L’addome è pure aranciato, mentre il torace è un po’ verdognolo. 

il tubo di questa specie è cilindrico, bianco, della lunghezza di circa 6 cm., con 
3 mm. di diametro, La sua superficie esterna è leggermente rugosa per le linee di ac- 
crescimento. 

Il periodo della riproduzione dura dall’ Aprile all’ Agosto. Il nidamento, che l’ani- 
male fissa sull’orlo del tubo, è gelatinoso, e contiene uova piccole e di color rosso. 

Questa specie è comunissima, e forma colonie sulle pietre del litorale, e special- 
mente al Castello dell’Uovo, dalla superficie dell’acqua ad 1 metro di profondità. 

A Santa Lucia ed al Porto militare talvolta l’ ho rinvenuta tra le colonie di Hydroides. 


ceNERE APOMATUS Phil. 


L’opercolo è sferico e attaccato all'apice di un cirro branchiale. 
Le setole sono simili a quelle delle Protule. 


Apomatus similis Mar. et Bobr. 


Corpo lungo 3 cm., largo 3 mm.; lunghezza delle branchie 7-8 mm.; numero dei 
segmenti circa 100. 

L’apparecchio branchiale ha 21 cirri per ogni lato, che portano sulla parte dor- 
sale da 12 a 15 macchie oculari rosse, che contengono da 12 a 15 cristallini ciascuna. 

Uno dei cirri porta alla sua estremità un opercolo sferico opalescente, che con- 
tiene dei vasi con un liquido verde (sangue). 

Sulla parte dorsale del collaretto si vedono due macchie rosse. 

Il torace ha 7 segmenti muniti di setole semplici; in questa regione le creste unci- 
nifere incominciano al 2° segmento, e gli uncini che portano sono sprovvisti di denti- 
coli. Le setole semplici addominali sono falciformi. 

Il colore del corpo è rosso-vivo aranciato, le creste uncinifere sono incolori. Le 
branchie sono giallognole con delle macchie rosso-vivo sul dorso dei cirri. 

Il tubo calcareo è cilindrico, molto sinuoso e piuttosto rugoso, per le linee d’ ac- 
crescimento ben distinte. Giunge alla lunghezza di 10 cm., ed è largo 4 mm. 

È molto comune e covre le piccole pietre dei fondi detritici di Posilipo ; spesso 
l'ho visto aderente ai vasi di terracotta, che sono usati dai marinai per la pesca dell’Acto- 
pus. Raramente si vede sui fondi a Coralline oltre i 30 metri di profondità. 


il 
“gol GENERE SALMACINA Clpde 


Le branchie sono simili nei due lati, e la membrana basale è circolare; manca 
l’opercolo. i 

Il ramo dorsale del primo segmento toracico porta setole capillari più grandi di 
quelle degli altri che seguono. Al 3° segmento, anche nel ramo dorsale, tra le setole 
capillari ve ne sono alcune dentellate al margine. 

Sono animali piuttosto piccoli, e formano con i tubicini calcarei colonie di una 
certa grandezza. 

Sono ermafroditi, e si riproducono anche per scissione addominale. 


Salmacina incrustans Clpde 


Sinonimia: 
Serpula intricata Gr. 
>» filograna Scacchi 


Lunghezza del corpo 3 mm., larghezza 0,3 mm.; lunghezza delle branchie 1 e 0,5 
mm.; numero dei segmenti circa 50. 

L'apparecchio branchiale ha 4 cirri per lato. 

Il torace si compone di 8 segmenti setiferi, dei quali il 1° è armato di un fascio di 
grosse setole, che innanzi della loro estremità portano 4-5 forti denti; la porzione ter- 
minale è marginata da un lato. Nei seguenti segmenti toracici le setole sono molto più 
piccole e sono di due forme: alcune quasi capillari, leggermente marginate da un lato; le 
altre sono falciformi, ricurve e dentellate; in ogni fascio si trovano 1 0 2 di queste ulti- 
me setole. 

Le creste uncinifere incominciano al 2° segmento, e portano uncini pettiniformi. 

Il colore del corpo è aranciato nella parte anteriore, verdognolo in quella poste- 
riore. Le branchie sono incolori, e la membrana toracica sbiadita. 

Il tubo è sinuoso, sottile, bianco, lungo 2-3 cm., del diametro di 0,3 mm., e forma 
delle colonie incrostate sopra le alghe e sugli scogli del litorale, a poca profondità. È 
comune al Castello dell’ Uovo, e su tutta la costa da Posilipo a Nisida. 

Nei mesi di Luglio, Agosto e Settembre si trovano individui pieni di uova, larve 
nell’interno dei tubi, e molti in via di scissione addominale. 


Salmacina aedificatrix Clpde 


Corpo lungo 3-5 mm., larghezza 0,3 mm.; lunghezza delle branchie 2 mm.; nu- 
mero dei segmenti 45-50. 

L'apparecchio branchiale è formato da 4 cirri per lato. 

Il torace è composto di 9-10 segmenti setiferi, dei quali il primo non porta creste 
uncinifere. Le setole capillari del primo segmento toracico hanno l’ estremità in forma 
di baionetta, e innanzi dell’ estremità portano una cresta striata non armata di denti 
come quelle della S. incrustans. Negli altri segmenti toracici le setole capillari sono di 
due forme: alcune sono setacee e marginate, le altre ricurve a falce, come nella specie 
precedente. 


= 90 

Il colore del corpo è aranciato; le branchie sono incolori. 

I varii tubi di una colonia s’intrecciano saldandosi gli uni agli altri îra loro, e for- 
mano così delle masse che giungono all'altezza di 20 cm. 

Ho trovato nei tubi di questa specie uova e larve in gran numero nel mese di Ot- 
tobre; in Agosto si riproducono per scissione addominale. 

Vive in maggiori profondità che non la S. incrustans. Si trova sul fondo detritico di 
Posilipo e su tutte le Secche a Coralline del Golfo, specialmente su quelle di Chiaia e di 
Benda Palummo, in una profondità che varia dai 60 ai 100 metri. 

È abbondantissima. 


GENERE SPIRORBIS Lmk. 


Anellidi di piccole dimensioni, muniti di un opercolo spatuliforme, o clavato ; le 
branchie sono formate da pochi cirri. 

Il torace si compone di pochi segmenti (2-3). Le setole capillari dei rami dorsali 
toracici hanno il margine leggermente crenolato; quelle dell’addome sono falciformi. 

Il tubo calcareo è piccolo e spirale. 

Ermafroditi. 


Spirorbis Pagenstecherii Qtrfgs. 


Sinonimia: 
Spirorbis spirillum Pgst. 


Lunghezza del corpo 1 mm., larghezza 0,2 mm.; lunghezza delle branchie 0,5 
mm.; numero dei segmenti 18. 

Le branchie sono formate da 4 cirri branchiali per lato , talvolta 3 0 5. 

L’opercolo calcareo è discoidale, portato da un peduncolo grosso e clavato. 

Il torace ha 3 segmenti setiferi che portano setole ricurve con l’apice dilatato e 
dentellato. 

Il corpo è aranciato; le branchie sono rosso-pallido. 

Il tubo è spirale, calcareo, bianco, coll’ apertura ampia. 

Ho trovato dal Giugno al Settembre colonie di questa specie, in cui tutti gl’ indivi- 
dui avevano il peduncolo pieno di uova e larve in diversi stadii. 

È comunissima su tutto il litorale, e sì fissa sulle alghe e sulle pietre in poca pro- 
fondità. 


ceNnERE PILEOLARIA Clpde 


Forma del corpo simile agli Spirorbis. L’opercolo è calcareo, schiacciato e munito 
di denti. 


Ermafrodito. i 
Fileolaria militaris Clpde 


Lunghezza del corpo 2 mm., larghezza 0,3 mm. ; lunghezza delle branchie 1 mm. 
L’opercolo rassomiglia ad un kepì militare, e porta una cresta spinosa mediana. 
Il torace è formato di 3 segmenti setiferi, dei quali il primo porta setole di due 


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forme, alcune filiformi e genicolate, le altre più robuste egualmente genicolate e con 
una strozzatura dentellata sotto la parte terminale, che è anche dentellata. Gli altri due 
segmenti portano setole dorsali molto più piccole, genicolate, ed a margine intero. 


Gli uncini incominciano al 2° segmento toracico; sono pettinati ed hanno sino a 
26 denticoli. 


Il colore del corpo è rosso- pallido. 


Il tubo è più grande e quasi simile di forma a quello dello Spirorbis Pagenstecherii. 


Nei mesi di Giugno e Luglio il peduncolo opercolare è pieno di uova e larve in di- 
versi stadii. 


È comune e vive sulle pietre del litorale a poca profondità. 
GENERE VERMILIA Lam. 


Serpulidi con opercolo calcareo o corneo, conico o glandiforme, talvolta allungato. 

I segmenti toracici setiferi sono 7, e oltre che di setole marginate, sono armati di 
setole a margine crenolato delle Salmacine. 

Nell’addome si trovano setole falciformi genicolate. 


Vermilia multivaricosa Mòrch. 


Sinonimia : 
Serpula infundibulum Gm. 


Lunghezza del corpo 3 cm., lunghezza delle branchie 1 cm. ; numero dei segmenti 
circa 128. 

L’apparecchio branchiale è formato da 16-17 cirri per lato, che hanno l’apice 
nudo e portano in ciascun lato una lunga serie di ocelli irregolarmente disposti, più 
ravvicinati verso l’ estremo del cirro. 

L’opercolo è quasi cilindrico, corneo, e formato da diversi strati; si termina con 
una faccia piana o si prolunga con una punta laterale. 

Le setole dorsali del 1° segmento toracico sono un poco più piccole delle altre, 
sono setacee, angolose e con un margine striato. Non ho visto dal 3° segmento in poi 
le setole simili a quelle di Salmacina, di cui parla il Langerhans descrivendo la Ver- 
milia infundibulum di Madeira '). Nell’addome le setole capillari hanno un margine 
più largo e sono minutamente dentellate all’ estremità. 

Le creste uncinifere incominciano al 2° segmento setifero e portano uncini laminari 
più larghi da un lato, e col margine munito di 11-15 denticoli acuti e un po’ ricurvi 
all’apice. 

Il colore del corpo per lo più è aranciato, il margine superiore del collaretto è or- 
lato di rosso-carminio. Le branchie sono di colore rosso-vivo con fasce bianche, molto 
strette verso la regione terminale ; l’ apice del cirro è scolorato. 

Il tubo di questa specie è molto caratteristico per una serie di creste annulari fatte 
dai margini delle varie aperture del tubo nelle diverse età. È quasi cilindrico , robusto, 


DLE Langerhans, Die Wurmfauna von Madeira, IV, pag. 278. 


Jia 
talvolta molto sinuoso; aderisce per la parte posteriore, e giunge alla lunghezza di 10 
cm. col diametro di 3 mm. 1 

È comunissimo alla Secca della Gajola, ove si fissa sulle pietre e sulle Coralline, a 
35 metri di profondità, e su tutte le altre Secche del Golfo. 


DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA 


Il Golfo di Napoli è certamente uno dei mari più ricchi in forme animali che si co- 
noscano, e per le condizioni climatiche favorevoli e per la grande varietà della costa e 
del fondo ha fornito anche a molte specie di Anellidi l'opportunità di vivere e ripro- 
dursi rigogliosamente. 

La costa è fatta di spiagge arenose e scogli tufacei a Settentrione e a Occidente, 
di rocce calcaree a Levante, e dappertutto è ricchissima di vegetazione. 

In taluni punti il litorale si addentra formando dei seni, dove l’acqua è poco 
mossa. 

Il fondo sabbioso si estende dalla costa sino a poco più di roo metri in fuori, e 
gradatamente giunge ad una profondità massima di 15 metri; questa regione è conspar- 
sa di praterie fatte dalla Posidonia Caulinit Kòn., pianta fanerogama comunissima, la 
quale talvolta per cause ignote cede il posto alla Caulerpa prolifera Lmx., alga apparte- 
nente alla famiglia delle Sifonee. Spesso s’ incontra anche la Cymodacea nodosa Asch. 

Alla regione sabbiosa a poco a poco ne succede un’altra composta di fango misto 
a sabbia fina e fibre vegetali, la quale si allontana di più dalla costa e varia dai 20 ai 
40 metri di profondità. In questa zona si trova un avvallamento poco profondo, che 
da Mergellina va fino quasi alla Punta di Posilipo ; in quest’avvallamento si raccolgono 
in gran quantità detriti vegetali, specialmente di Posidonia, cosicchè ho creduto indi- 
carlo col nome di fondo detritico. 

Più in là, ancora a circa un chilometro dalla costa, incomincia la zona fangosa, 
formata da solo fango, che si estende sino alle più grandi profondità del Golfo. In que- 
sta zona il fondo è molto accidentato , inabissandosi talvolta sino a goo metri per sali- 
re di nuovo rapidamente a 2 0 300 metri di profondità. 

In generale tale fondo è povero di animali. 

In mezzo al fango dal fondo sorgono qua e là, specialmente verso la costa, ad 
una profondità che giunge sino a roo metri, e sulla linea tra Napoli e Ischia numerose 
Secche, che, secondo il Walther), hanno un nucleo formato di scogli di lava o di 
altra materia vulcanica, e sul quale sono venuti formandosi dei banchi di Alghe coral- 
line ( calcaree ), appartenenti in maggior parte ai generi Lithothamnion e Litho- 
phyllum. 

Queste Secche, ricche di una fauna interessantissima, hanno talvolta una notevole 
estensione, tanto che una delle maggiori, quella chiamata di Benda Palummo, misura 
1860 metri in larghezza, su una lunghezza di 3000 metri, e situata alla profondità di 
8o metri. Sulla stessa linea s'incontrano le Secche di Chiaja, della Gajola, di Miseno e 
quella d’ Ischia. Simili formazioni si trovano pure fuori Torre del Greco, a Bocca picco- 
la, e tutt'intorno all'Isola di Capri. 


1) J. Walther e A. Colombo, /I vulcani sottomarini del golfo di Napoli (Boll. R. Com. Geo- 
log. d’Italia, Anno 1886). 


so 

Il numero degli Anellidi tubicoli che ho pescati nel Golfo di Napoli ascende a 106, 
dei quali 18 non vi erano ancora conosciuti; di queste 18 specie, le seguenti 9 sono 
nuove solamente per il nostro Golfo, essendo state trovate prima in altre località del Me- 
diterraneo: Acrocirrus frontifilis Gr., Aricia Cuvieriù Aud. et Edw., Sabella pavonia 
Sav., Sabella reniformis Leuck., Jasmineira candela Gr., Hypsicomus stichophthalmus 
Gr., Patamilla Torelli Mlmgr., Euchone rubrocincta Sars, Apomatus similis Mar. 
et Bobr. 

6 sono nuove per il Mediterraneo: Arenicola cristata Stipsn., Polydora poly- 
branchia Haswell, Polydora armata Lnghs, Magelona papillicornis F.Muùll., Am- 
pharete gracilis Mlmgr., Sabella crassicornis Sars. Di queste | Ampharete gracilis è 
stata trovata prima di me da E. Meyer, che si occupa dello studio del gruppo a cui 
essa appartiene; e due, la Po/ydora polybranchia Haswel e la Palydora armata Lgrhs 
da D. Carazzi, che attualmente studia una revisione di questo genere. 

Le restanti 3 sono nuove per la Scienza: Stylarzoides hirsutus, Brada parthenopeja, 
Bispira Mariae. 

Delle 106 specie, 7 sono caratteristiche dei porti: Capitella capitata Fabr., Spio 
fuliginosus Clpde, Polydora ciliata Johnst., Spirographis Spallanzani Ow., Hydroi- 
des pectinata Phil., Hydroides uncinata Phil., Aydroides lunulifera Clpde. 

2 si trovano nella sabbia delle spiagge, al punto dove si rompono ordinariamente 
le onde: Ophelia radiata D. Ch., Nerine cirratulus Clpde. 

35 vivono tra gli scogli del litorale o tra le radici della Posidonia: Cirratulus chry- 
soderma Clpde, Auduinia filigera D. Ch., Polyophthalmus pictus Duj., Polyophthal- 
mus pallidus Clpde, Polydora polybranchia Haswell, P. ciliata Johnst., P. hoplu- 
ra Clpde, P. antennata Clpde, P. flava Clpde, Nerine uriseta Clpde, Chaetop- 
terus variopedatus Ren., Phyllochaetopterus socialis Clpde, Trophonia eruca Clpde, 
Sabellaria alveolata Lam., Amphitrite cirrata 0. F. Mùll., A. variabilis Risso, A. 
rubra Risso, Leprea lapidaria L., Thelepus cincinnatus Fabr., Polymnia nebulosa 
Mont., P. nesidensis D. Ch., Pista cretacea 0. F. Mùll., Lanice conchilega Pall. , Po- 
lycirrus aurantiacus Gv., Potamilla Torelli Mlmgr., Dasychone lucullana D. Ch., Spi- 
rographis Spallanzani Viv., Fabricia sabella Ehrbg., Myzicola aesthetica Clpde, Am- 
phiglaena mediterranea LeyA., Serpula infundibulum D. Ch., Protula tubulariae Mont., 
Salmacina incrustans Clpde, Spirorbis Pagenstecherii Qrrfgs., Pileolaria militaris 
Cipde. 

Nella zona sabbiosa vivono le 28 specie seguenti: Auduinia filigera D. Ch., Arman- 
dia polyophthalma Kùktl., Arenicola Grubii Clpde, A. cristata Stipsn., A. Clapare- 
dit Lev., Notomastus lineatus Clpde, N. Benedenii Clpde, N. fertilis Eisig, Da- 
sybranchus caducus Gr., Mastobranchus Trinchesiù Eisig, Heteromastus filiformis 
Clpde, Prazilla collaris Clpde, Quenia fusiformis D. Ch., Aricia foetida Clpde, 
A. Cuvierii Aud. et Edw., Theodisca liriostoma Clpde, Magelona papillicornis F. 
Mill., Chaetopterus variopedatus Ren., Telepsavus costarum Clpde, Ranzania sagit- 
taria Clpde, Stylarioides monilifer D. Ch., S. hirsutus Lo Bianco, Pectinaria belgica 
Pall., P. auricoma O. F. Miill., Branchiomma vesiculosum Mont., Dialychone acu- 
stica Clpde, Myzicola infundibulum Ren., Ditrupa subulata Desh. 

21 si pescano nella regione fangosa, mista a sabbia fina e fibre vegetali: Notoma- 
stus profundus Eisig, Heteromastus filiformis Clpde, Aziothea constricta Clpde, 


"Pa 
Maldane cristagalli Clpde, Polydora flava Clpde, P. armata Lnughs, Prionospio 
Malmgrenii Clpde, Brada parthenopeja Lo Bianco, Pectinaria auricoma 0. F. 
Mull. (varietà), Amphitrite cirrata O. F. Mull., Trichobranchus glacialis Mlmgr., 
Pista cristata 0. F.Mull., Nicolea venustula Mont., Polycirrus haematodes Clpde, 
Amaea trilobata Mlmgr., Terebellides Stroemii Sars., Ampharete gracilis Mlmgr., 
Amphicteis curvipalea Clpde, Melinna palmata Gr., Sabella pavonia Sav., Ditrupa 
subulata Desh. 

N.° 13 vivono nel fondo detritico di Posilipo: Siphonostoma diplochaitos Otto, 
Thelepus cincinnatus Fabr., Nicolea venustula Mont., Samytha adspersa Gr., Jasmi- 
neira candela Gr., Hypsicomu stichophthalmus Gr., Dasychone polyzonos Gr., Fabricia 
sabella Ehrbg., Serpula Philippii Mòrch., Pomatoceros triquetroides D. Ch., Protula 
protula Cuv., Apomatus similis Mar. et Bobr., Sa/macina aedificatrix Clpde. 

Sui fondi a Coralline si trovano le seguenti 20 specie: Acrocirrus frontifilis Gr ., Da- 
sybranchus Gajolae Eisig., Petta pusilla Mlmgr., Thelepus cincinnatus Fabr., Nicolea 
venustula Mont., Polycirrus caliendrum Clpde, Samytha adspersa Gr., Sabella crassi- 
cornis Sars., S. reniformis Leuck., Bispira Mariae Lo Bianco, Hypsicomus sticho- 
phtalmus Gr., Daschone polyzonos Gr., Euchone rubrocincta Sars., Serpula aspera 
Phil., #ydroides uncinata Phil. (varietà), Plagostegus tricuspidatus Sowerby, Om- 
phalopoma fimbriata D. Ch., Protula protula Cuv., Salmacina aedificatriz Clpde, 
Vermilia multivaricosa Mòrch. 

Come si vede alcune specie vivono in diverse località ; ne citerò alcune in cui que- 
ste variano molto: 


Spirographis Spallanzani Viv. Porto scogli, raramente Secche a Coralline. 


Potamilla Torelli M\mgr. Scogli detrito, » » » 

Polydora flava Clpde. Scogli fango e sabbia fina. 

Amphitrite cirrata 0. F.Mill. Scogli fango e sabbia fina, detrito. 

Nicolea venustula Mont. Scogli fango e sabbia fina, detrito, Secche a Coralline. 
Thelepus cincinnatus Fabr. Scogli detrito, Secche a Coralline. 


Delle specie napoletane 29 sono comuni ai mari settentrionali: Heteromastus fili- 
formis Clpde, Aricia Cuvierii Aud. et Edw., Polydora ciliata Johnst., Sabellaria al- 
veolata Lam., Pectinaria belgica Patl., P. auricoma 0. F. Miùll., Petta pusilla 
Mimgr., Amphitrite cirrata 0. F.Mùll., A. variabilis Risso, Thelepus cincinnatus 
Fabr., Polymnia nebulosa Mont., P. mnesidensis D. Ch., Trichobranchus glacialis 
Mlmgr., Pistacristata 0.F.Mùull., Nicolea venustula Mont., Lanice conchilega Pall., 
Amaea trilobata Mlmgr., Terebellides Stroemii Sars., Ampharete gracilii Mlmgr., 
Sabella pavonia Sav., S. crassicornis Sars., S. reniformis Leuck., Potamilla Torelli 
MImgr., Dasychone polyzonos Gr., Fabricia Sabella Ehrbg., Myxicola infundibulum 
Ren., Pomatoceros triquetroides D. Ch., Plagostegus tricuspidatus Sowerby, Ditrupa 
subulata Desh. 

28 specie sono comuni alle coste settentrionali dell’Atlantico: Polyophthalmus pic- 
tus Duj., Dasybranchus caducus Gr., Heteromastus filiformis Clpde, Aricia Cuvierit 
Aud. etEdw., Polydora armata Lnghs., Pectinaria auricoma 0.F.Miùll., Thele- 
pus cincinnatus Fabr., Polymnia nebulosa Mont., Pista cristata 0. F. Mùll., Polycir- 


Selo gr 
rus aurantiacus Gr., P. haematodes Clpde, Samytha adspersa Gr., Sabella reniformis 
Mlmgr., Jasmineira candela Gr., Spirographis Spallanzani Viv., Branchiomma vesi- 
culosum Mont., Hypsicomus stichophthalmus Gr., Fabricia Sabella Ehrbg., Myzicola 
infundibulum Ren., Plagostegus tricuispidatus Sowerby, Omphalopoma fimbriata D. 
Ch., Protula tubularia Mont., Apomatus similis Mar. et Bobr., Salmacina incrustans 
Clpde, S. aedificatriv Clpde, Spirorbis Pagenstecherii Qtrfgs., Vermilia multivari- 
cosa Mòrch., Ditrupa subulata Desh. 

L'Arenicola cristata Stmps. era stata trovata sin’ ora nella Carolina del Sud e la 
Polydora polybranchia nell’ Australia. 

Sono convinto che continuando le ricerche molte altre forme comuni ad altri mari 
sì troveranno nel bacino mediterraneo, perciò ogni conchiusione , riguardo al carattere 
della fauna locale, è prematura. E questa mia convinzione è giustificata dal fatto, che 
mentre già il Quatrefages avea sentenziato essere le forme mediterranee specifica- 
mente differenti da quelle dell’Oceano, il Langerhans trovava che su 153 Anellidi 
chetopodi pescati a Madeira, quasi la metà erano comuni al Mediterraneo. 


ATTI — Vol. V.— Serie 2.2 — N 11. 13 


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SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE 


TAVOLA I. 
1. — Arenicola cristata Stipsn. 
2. — Bispira Mariae n. sp. 
3. — Ranzania sagittaria Clpde. 

TAVOLA II. 


1. — Porzione anteriore e proboscide dell’Arenicola cristata Stipsn. 

2.— » » » » » » Grubii Clpde. 

3. » » » » » » Claparedii Lev. 

4. — Torace della Bispira Mariae visto dalla faccia dorsale. 

5. — Porzione anteriore dello Stylarioides hirsutus n. sp.: a, segmento boccale; 5, papille 
anteriori. 

6. Porzione anteriore dell’Aricia foetida Clpde, vista dalla faccia ventrale: a e 5, papille 
del ramo setifero inferiore. 

7. — Porzione anteriore dello Stylarioides monilifer D. Ch.: a, segmento boccale; 8, pe- 
duncolo branchiale; c, espansioni labiali; e, punto d’ inserzione dei cirri tenta- 
colari; d, rami setiferi. 


TavoLa III. 
1 a, Brada parthenopeja n. sp., visto dalla faccia dorsale 
> db, » » » » » » » ventrale: c, cirri branchiali; f, cirri 
tentacolari. 
2 a, Porzione anteriore della Magellona papillicornis F. Mùll. 


| 5, Proboscide della Magellona papillicornis F. Mùll. 

3. — Tubo della Samytha adspersa Gr.: a, apertura terminale; 5, apertura mediana. 
4. — Cirro branchiale anormale della Branchiomma vesiculosum Mont. 

5. — Setola capillare toracica dell’ Arenicola cristata Stipsn. 

6. — Setola ventrale dell’ Arericola cristata Stipsn. 

7. — Setola capillare toracica lunga della Bispira Mariae n. sp. 


8. » » » breve >» » > SUA: SARE 

9.— >» » del ramo ventrale di una Brada parthenopeja n. sp. 
10.— >» » » » dorsale » » » » $ >» 
11. >» del ramo ventrale dello Stylarioides hirsutus n. sp. 

12.— >» » » » » » monilifer D. Ch. 


13. — Uncino toracico della Bispira Mariae n. sp. 


finita di stampare il dì 27 Marzo 1893 


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ATTI DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


FOSSILI MIOCENICI DI BASELICE IN PROVINCIA DI BENEVENTO 
MEMORIA 


del Dott. CARLO PATRONI 


(con una tavola) 


presentata nell'adunanza del dì 11 Marzo 1893, 


Fra le collezioni del Gabinetto geologico della nostra Università ce n’è una fatta, 
parecchi anni or sono, a Baselice, dal compianto prof. Oronzio Gabriele Costa, na. 
turalista infaticabile, che contribuì largamente allo studio della Zoologia e della Paleon- 
tologia nell’Italia meridionale. Essa si compone principalmente di echinidi e di mollu- 
schi lamellibranchi. I primi vennero già studiati dal mio egregio amico ing. Domenico 
Capecelatro, ma il suo lavoro, quantunque completo, per circostanze speciali, non 
ha potuto ancora veder la luce. Restavano da studiarsi i lamellibranchi. Ed il mio Mae- 
stro prof. Francesco Bassani, direttore del Gabinetto predetto, volle cortesemente 
affidarne il compito a me. 

lo perciò sento il dovere di ringraziarlo ancor qui vivamente, come pure lo ringra- 
zio dei sapienti consigli di cui egli mi è stato largo durante lo svolgimento di questo 
modesto lavoro. Mi corre anche l’obbligo di esprimere la mia riconoscenza al chiarissimo 
prof. Carlo Fabrizio Parona, il quale, pregato dal prof. Bassani, mi suggerì alcune 
importanti rettifiche. 


Gabinetto geologico dell’ Università 
Napoli, Febbraio 1893. 


Atti — Vol. V.— Serie 2.2 — N 12. 1 


Agi AT 

Baselice è un paesello della provincia di Benevento ') e siede quasi nel mezzo della 
regione che si estende fra questa città e Campobasso. Alquanto più in su, a nord di 
Baselice, ma un po’ verso occidente, è situato un altro paesello, che si chiama Gamba- 
tesa. In basso, poi, cioè dalla parte di Benevento, quasi alla stessa latitudine di Baselice, 
ma ancora più verso ovest, trovasi Colle Sannita, o più brevemente, come si suole spesso 
chiamarlo, Colle. 

Questi ire paesi — Baselice, Gambatesa e Colle — si possono considerare come i 
vertici di un triangolo, l’area del quale ha fornito i fossili che formano l’argomento di 
questo lavoro. Essi provengono in massima parte da una contrada, conosciuta col nome 
di «< Uomo morto », che trovasi ad ovest di Baselice, verso Castelvetere. Altri furono 
raccolti in vicinanza di Colle Sannita e solo qualcuno a Gambatesa. 

Si rinvennero tutti negli strati di arenaria silicea, che fornirono anche gli echinidi. 

Ecco, intanto, l’elenco di questi fossili, rappresentati da diciassette specie di la- 
mellibranchi, da una di cirripedi e da una di briozoi: 


. Ostrea plicata Chemn. 

. Ostrea lamellosa Brocchi 

Ostrea cucullata Born 

. Ostrea cyathula Lamarck 

. Ostrea crassissima Lamarck 

. Ostrea sp. 

. Ostrea cfr. crassicostata Sowerby 
. Ostrea sp. 

. Hinnites Defrancei Micht. 

. Hinnites Bassanii Patr. n. sp. 

. Chlamys latissima Brocc. sp. 

. Chlamys scabriuscula Math. var. iberica Kilian 
. Pecten solarium Lamarck 

. Pecten (Janira) Besseri Andrz. 

. Pecten (Janira) Beudanti Bast. 

. Cardium turonicum Mayer? 

. Lutraria lutraria (Lin.) De Greg. 
. Balanus perforatus Bruguière 

. Lepralia pyriformis S. Wood?). 


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Sono tutte specie terziarie, delle quali quattordici sono estinte e cinque soltanto 
(Ostrea lamellosa, O. cucullata, O. plicata, Lutraria lutraria e Balanus perforatus) 
hanno ancora dei rappresentanti nei mari attuali. 

Una sola specie è nuova. 


1) Circondario di S. Bartolomeo in Galdo. 
2) L'ing. Capecelatro mi ha gentilmente comunicato il seguente elenco delle specie di echinidi 
rappresentate con sicurezza a Baselice : 


Clypeaster intermedius Des Moul. Clypeaster gibbosus Marc. de Serr. 
» intermedius Des Mo ul. var. cala- » marginatus Lamarck 
ber Seg. 
» Reidii Wright. » alticostatus Mic. 
» Scillae Des Moul. » portentosus Des Moul. 
» altus Lamarck » portentosus Des Mo ul. var. elatior 
Seg. ? 


» pyramidalis Mic. Amphiope perspicillata Ag. 


a 
orli / 

Quanto all’età degli strati a lamellibranchi e ad echinidi di Baselice, essi appar- 
tengono sicuramente al miocene. Infatti vi troviamo rappresentate Zinnites Defrancei, 
Pecten Besseri e P. Beudanti, le quali specie compaiono soltanto nell’aquitaniano; Pecten 
solarium e Cardium turonicum, che hanno anch'esse, come le prime, un significato 
strettamente miocenico '), e Ch/amys latissima, che, a quanto pare, non è mai stata 
trovata in giacimenti più antichi dell’elveziano *). 

Che se si rinvengono, nell’arenaria di Baselice, i rappresentanti di specie comunis- 
sime tanto nel miocene quanto nel pliocene, valgano ad esempio Chlamys latissima, 
Ostrea lamellosa, ecc.; pur nondimeno la presenza di Pecten Besseri e P. Beudanti, che 
non vissero in mari più recenti del tortoniano, e delle altre specie pur esclusivamente 
mioceniche che ho già nominate, mi autorizza ad escludere recisamente un possibile 
riferimento degli strati di Baselice al pliocene. Nè, d’altra parte, possono ascriversi al- 
l’oligocene o all’eocene per la evidente predominanza delle specie mioceniche o mio- 
plioceniche su quelle del terziario inferiore. 

Esclusi così tanto il pliocene, quanto l’eocene e l’oligocene vediamo ora a i 
piano del sistema miocenico possiamo meglio riferire l’arenaria di Baselice. 

L'aquitaniano ed il langhiano vengono messi fuori questione per la presenza di 
Chlamys latissima, che, non conosciuta vivente, comparve, come ho già detto, soltanto 
nell’elveziano. Il messiniano (ancorchè si volesse considerarlo come miocene superiore) 
verrebbe anch'esso, per le ragioni esposte di sopra, ad essere escluso. Restano perciò 
elveziano e tortoniano. 

Dall’elenco dei fossili si rileva agevolmente la minore probabilità di un riferimento 
al tortoniano dell’arenaria di Baselice, prima di tutto, per l'assoluta mancanza delle spe- 
cie caratteristiche della fauna tortoniana, ed ancora poi perché vi si rinvengono, in buon 
numero, i rappresentanti di Chlamys scabriuscula var. iberica dell’elveziano dell’An- 
dalusia. 

I dati forniti dall'esame dei fossili autorizzano dunque a concludere che le arenarie 
di Baselice spettano sicuramente all’elveziano *). 


1) Parona e Mariani, Fossili tortoniani di Capo S. Marco in Sardegna, 1887. (Atti Soc. it. 
sc. nat. pag. 103). 

2) Parona, Appunti per la paleontologia miocenica della Sardegna, 1887. (Boll. Soc. geol. 
it. pag. 290 e 312). 

3) Queste mie risultanze concordano pienamente con quelle ottenute, in base allo studio degli 
echinidi, dal mio amico ing. Capecelatro, ch'egli mi ha recentemente comunicate. 

Il compianto Seguenza ebbe agio di esaminare, parecchi anni addietro, alcuni degli echinidi 
di Baselice e li ritenne dapprima elveziani (Le formazioni terziarie nella provincia di Reggio-Cal. 
Mem. della r. Acc. dei Lincei, 1880, pag. 88), ma poi credette di poterli riferire meglio all’aqui- 
taniano « essendovi tra le specie più comuni il Clypeaster intermedius var. calaber, e trovandosi 
anco il C. Reidii var. depressus, ora raccolto a Belcastro » (op. cit., pag. 402 [nota]). 


Sigg 


MOLLUSCA 
IL.amellibranchiata - Asiphonida 
FamicLia OSTREIDAE Lamarck 


GENERE OSTREA Linné s. str. 


Ostrea plicata Chemn. 


1839 — OSTREA PLICATULA Lamarck, Histoire naturelle des animaux sans vertébres. 
3* ediz. vol. III, pag. 87. 

1843 — » » Brocchi, Conchiologia fossile subappennina, vol. II, p. 381. 

1870— >» » M. Hòrnes, Die fossilen Mollusken des tertiaer-Beckens 
von Wien. II Bd., pag. 439, tav. LXXII, fig. 3-8. 

1880 — » » Seguenza, Le formazioni terziarie nella prov. di Reggio- 


Calabria. (Memorie della Classe di Sc. fis., mat. e nat., 
serie III, vol. VI della r. Accad. dei Lincei). Roma, 
pag. 76. 

1887 — » PLICATA Locard, Description de la faune des terrains tertiaires 
moyens de la Corse, pag. 115. 


Un esemplare intero ed uno di valva inferiore, che corrispondono con esattezza a 
quelli figurati da Hòrnes. 

Questa specie fu citata nel miocene medio della Calabria, del Piemonte e del Bacino 
di Vienna; nel miocene superiore della Calabria; nel plioceneJinferiore della Calabria e 
del Modenese; nel pliocene di Narni, ecc.. 


Loc. Baselice (Uomo morto). 


Ostrea lamellosa Brocc. 


1843 — OSTREA LAMELI.OSA Brocchi, Conchiologia fossile subappennina, vol. II, p. 382. 

1870 — » » Hòrnes, Die fossilen Mollusken des tertiaer-Beckens von 
Wien. II, Bd. pag. 444, tav. LXXI, fig. 1-4 e tav. LXXII, 
fe ie 

1874 — » » Fuchs, L’età degli strati terziario di Malta. (Boll. Com. 


geol., pag. 381). 


Riferisco a questa specie una conchiglia d’individuo adulto e sette di piccoli, tutte 
ben caratterizzate. Di queste ultime, due sono rappresentate dalla valva inferiore soltanto. 

Specie citata nel miocene medio di Malta; nel miocene superiore della Calabria e 
dell'Aquitania; nel miocene del Bacino di Vienna; nel pliocene medio dell’Aquitania; nel 
pliocene della Calabria, del Piemonte, della Toscana, di Sciacca, ecc. 


Loc. Baselice (Uomo morto). 


PI ge 


Ostrea cucullata Born 


1834-40 — OSTREA UNDATA Goldfuss, Petrefacta Germaniae, tom. II, pag. 18, tav. 
LXXVIII fig. 2 (e, f). 
1839 — » » Lamarck, Histoire naturelle des animaux sans vertébres. 


3* ediz. vol. III, pag. 90. 


Una valva inferiore che trova perfetto riscontro nella forma rappresentata da Gold- 
fuss alle figure 2e, 2f, e-riferita da lai ad O. undata Lam. Il Pantanelli ritiene invece 
che debba ascriversi alla O. cucullata Born '). 

È specie del miocene medio della Sardegna; del pliocene medio di Aquitania ecc. 


. Loc. Colle Sannita. 
Ostrea cyathula Lamarck 


1824-37 — OSTREA CYATHULA Deshayes, Description des coquilles fossiles des environs 
de Paris. tom. I, pag. 369, n. 38; tav. LIV fig. 1, 2, 
tav. LXI fig. 1-4. 


1839 — » » Lamarck, Histoire naturelle des animaux sans vertébres. 
3* ediz., tom. III, pag. 95. 

1881 — » » Coppi, Paleontologia modenese, pag. 95, n. 957. 

1889 — » » Sacco, Catalogo paleontologico del bacino terziario del Pie- 


monte (Boll. Soc. geol. it., pag. 330). 


Riferisco a questa specie due esemplari completi d’individui adulti ed uno di valva 
inferiore, quantunque vi si notino delle differenze confrontandoli con le figure del 
Deshayes. Gli umboni sono pochissimo contorti nei miei esemplari, e la valva supe- 
riore è alquanto convessa in prossimità dell’umbone. Il Deshayes stesso, però, osserva, 
nella descrizione della specie, che quest’ultimo carattere si riscontra negli individui 
adulti. 

Di questa specie è stata riconosciuta la presenza nell’oligocene del Piemonte e di 
Fontainebleau; nell’elveziano del Piemonte; nel tortoniano del Modenese, ecc. 


Loc. Baselice (Uomo morto). 


') Pantanelli, Enumerazione e sinonimia dei lamellibranchi pliocenici (Boll. Soc. Malacol. 
ital. Vol. XVII, pag. 67). 


dee 


Ostrea crassissima Lamarck 


1834-40 — OSTREA LONGIROSTRIS Goldfuss, Petrefacta Germaniae, Il parte, pag. 26, tav. 
LXXXII fig. 8 a. 

1839. — » CRASSISSIMA Lamarck, Histoire naturelle des animaux sans vertébres. 
3° ediz. tom. III, pag. 90. 

1855 — » » Raulin et Delbos, Extrait d’une monographie des Ostrea 


des terrains tertiaires de l’ Aquituine. (Bull. Soc. géol. 

i de France 2.° série, t. XII, pag. 1157). 
1870 — » » M. Hòrnes, Die fossilen Mollusken des tertiaer-Beckens von 
Wien, II Bd., pag. 456; tav. LXXXI fig. 1, 2; LXXXII 

fig. 1, 2; LXXXIII fig. 1-3; LXXXIV. 

1881 — » » Coppi, Paleontologia modenese, pag. 94. 


Due valve (inferiore e superiore) appartenenti a due giovani individui, 
Questa specie fu citata nel tortoniano del Modenese, nell’ elveziano dell’ Aqui- 
tania, ecc. 


Loc. Baselice (Uomo morto), 
Ostrea sp. 


Un grosso esemplare di valva inferiore e due di valve superiori, appartenenti a tre 
individui diversi. Trovano qualche riscontro con Ostrea callifera Lamarck. 


Loc. Baselice (Uomo morto), Colle. 
Ostrea cfr. crassicostata Sow. 


Buon numero di valve destre e sinistre che riferisco alle figure 4a, 4b (tav. LXVIII) 
dei Fossilen Mollusken des tertiaer-Beckens von Wien di M. H6rnes. Differiscono i miei 
esemplari dalla forma del Bacino di Vienna, perchè presentano la profonda fossa mu- 
scolare parecchio spostata verso la parte posteriore. Per questo carattere li ho in- 
scritti così. 


Loc. Baselice (Uomo morto). 
Ostrea sp. 


Un esemplare di valva inferiore ed un individuo completo, che si potrebbero rav- 
vicinare per qualche carattere ad Ostrea Bellovacina Lamarck. 

L’impressione muscolare, che ha grossolanamente la forma di uno stomaco, è sim- 
metricamente disposta rispetto alla fossetta ligamentare, ed in posizione orizzontale. 
Su le due valve inferiori, poi, si osserva esternamente una prominenza, quasi mediana, 
formata dalle lamelle. 


Loc. Baselice (Uomo morto). 


I, 


FAMIGLIA PECTINIDAE 
GENERE HINNITES Defrance 


Hinnites Defrancei Micht. 


1870 — HINNITEs DEFRANCEI M. Hòrnes, Die fossilen Mollusken des tertiaer-Beckens 
von Wien. II, Bd., pag. 423, tav. LXVII fig. 1,2. 

1880 — » » Seguenza, Le formazioni terziarie nella provincia di Reg- 
gio-Cal. Mem. d. r. Acc. dei Lincei, pag. 156. 

1887 — » » Parona e Mariani, Fossili tortoniani di Capo S. Marco 


in Sardegna. (Atti Soc. it. sc. nat., pag. 161). 


Due discreti esemplari di valva destra, che corrispondono abbastanza bene a quelli 
figurati da Hòrnes. 
Specie riscontrata nel miocene medio del Bacino di Vienna, della Calabria, del Pie- 


monte, della Sardegna, ecc. 


Loc. Baselice (Uomo morto). 


Hinnites Bassanii Patr. n. sp. 


(Tav. I°) 


Una valva destra, suborbicolare, subequilaterale, molto convessa e di notevole 
spessore. 

Presenta esternamente undici coste, alquanto ondulate, delle quali sette mediane , 
molto grosse, e quattro laterali, due per ciascun lato, relativamente sottili e poco svilup- 
pate. I solchi che separano le coste mediane sono larghi una volta e mezza circa cia- 
scuna costa, ed attraversati longitudinalmente da costicine minori, talvolta una, tal’altra 
due, in qualche punto appena appariscenti. 

— L’umbone è ripiegato alquanto in su e dà a tutta la valva un aspetto caratteristico, 
sembrando come se fosse stata compressa leggermente, nel senso della larghezza. È ri- 
coperto interamente da una colonia di Lepralia pyriformis, la quale peraltro lascia in- 
travedere le coste, che terminano assottigliandosi. Le orecchiette mancano quasi com- 
pletamente. 

La superficie interna della valva è sventuratamente incrostata di calcare, tranne 
l’area cardinale, la quale è larga a bastanza. 

La fossetta ligamentare è allungata, profonda, e striata trasversalmente; ristretta 
alquanto nella parte superiore, termina inferiormente allargandosi a guisa di clava. 

Nessun riscontro trova questo Hinnites con gli altri a me noti. 


= 


Dimensioni : 


Lunghezza. . scenario ra de e ai 
Larghezza >. Lee CI 


Dedico questa specie al mio Maestro prof. Francesco Bassani, in segno di vi- 
vissima gratitudine per le cure affettuose che egli mi ha sempre così largamente 
prodigate. 


Loc. Baselice (Uomo morto). 


Chlamys latissima Brocc. sp. 


1843 — OSTREA LATISSIMA Brocchi, Conchiologia fossile subappennina, vol. II, pag. 
401, n. 30. 

1870 — PECTEN LATISSIMUS Hòrnes, Die fossilen Mollusken des tertiaer-Beckens von 
Wien. II. Bd., pag. 395, tav. LVI e LVII. 

1880 — » » Seguenza, Le formazioni terziarie nella provincia di Reg- 


gio-Cal.. Mem. della r. Acc. dei Lincei (Anno 1879-1880) 
pag. 122, 188. 

1887 — » » Parona, Appunti per la paleontologia miocenica della Sar- 
degna. (Boll. Soc. geol. it., pag. 312). 


Riferisco a questa specie tre individui completi e cinque esemplari di valve isolate, 
destre e sinistre, in ottimo stato di conservazione, che corrispondono fedelmente a 
quelli figurati da M. Hòrnes. Le coste sono sempre in numero di 8 a 10. 

Due di questi campioni presentano qualche carattere che mi par degno di nota. 
Uno è relativamente molto piccolo, e nondimeno ha le due valve notevolmente conves- 
se e le coste, con i rispettivi nodi, molto sviluppate; presenta inoltre, apparentemente, 
nodosità su ambedue le valve. Apparentemente dico, perchè quelle della valva destra 
s'intende benissimo non esser altro che degli ispessimenti al margine delle strie di accre- 
scimento. L'altro, di cui non rimane che la sola valva destra, presenta una certa obli- 
quità, che però non può essere bene apprezzata, essendo rotta la valva in tutto il suo con- 
torno, non escluso l’umbone. Peraltro, v'è quanto basta per non farmi dubitare del suo 
riferimento specifico. Non credo poi che si possa tener separati questi due esemplari 
dalla Chlamys latissima, nè, molto meno, riferirli ad alcuna delle specie affini. 

Questa specie venne citata nel miocene medio del Bacino di Vienna, della Sarde- 
gna, di Torino, di Malta; nel miocene superiore di Castellina marittima, del Modenese e 
della Calabria; nel pliocene inferiore della Calabria; nel pliocene medio dell’Aquitania; 
nel pliocene di M. Mario, Palo, Corneto, Civitavecchia, Pianosa, Sciacca, della Toscana, 
del Modenese, ecc. 


Loc. Baselice (Uomo morto). 


< D= 
Chlamys scabriuscula Math. var. iberica Kilian. 


1889. Kilian, Études palgontol. sur les terr. second. et tert. de |’ Andalousie. - 
(Mém. Acad, d. Sc. de l'Inst. de France, t. XXX pag. 709, tav. XXXIII, fig. 8). 


Tredici esemplari, dei quali cinque interi e gli altri otto rappresentati da valve iso- 
late, destre e sinistre, talune incomplete. Gli esemplari meglio conservati corrispondo- 
no perfettamente per tutti i caratteri distintivi alla figura citata del Kilian. 

Questa varietà è stata rinvenuta nella molassa elveziana di Talara, Beznar, Escuzar, 
le Pradon, Albunnelas, Montefrio, las Perdrices (Andalusia). 


Loc. Baselice (Uomo morto), Colle. 
GENERE PECTEN P. Belon 


Pecten solarium Lamarck 


1839 — PECTEN SOLARIUM Lamarck, Histoire naturelle des animaux sans vertébres. 
3* ediz. vol. III, pag. 60. 
1852 — JANIRA SOLARIA D’Orbigny, Prodròme de paléontologie stratigraphique , 
tom. III, pag. 132, n. 2488. 
1870 — PECTEN SOLARIUM M. Hòrnes, Die fossilen Mollusken des tertiaer-Beckens 
I von Wien, II Bd. pag. 403, tav. LX, fig. 1. 
1877 — » » Locard, Description de la faune des terrains tertiaires 


moyens de la Corse, pag. 131. 


1880 — » » Seguenza, Le formazioni terziarie nella provincia di Reg- 
gio-Cal. Mem. della r. Accad. dei Lincei (Anno 1879- 
80), pag. 53. 

1887 — » » Parona e Mariani, Fossili tortoniani di Capo S. Marco 
in Sardegna. (Atti Soc. it. sc. nat., pag. 163). 

1887 — » » Parona, Appunti per la paleontologia miocenica della Sar- 


degna (Boll. Soc. geol. it. pag. 313). 


Un grande esemplare, rappresentato dalla sola valva destra, estremamente corrosa 
in entrambe le superficie e rolta inferiormente. 

Le coste sono in numero di dodici, almeno, il pessimo stato di conservazione non 
permettendo contarne di più. Per questa ragione non posso dire con sicurezza se l’e- 
semplare che ho tra mano debba confrontarsi col tipo di Loibersdorf, figurato da 
. Hòrnes, ovvero trovi maggiori riscontri con la forma còrsa descritta dal Lo card; tut- 
tavia credo più probabile la seconda ipotesi. La forma di Baselice per altro è ancora più 
piccola delle altre due. 

È specie del miocene medio della Sardegna, della Corsica e del Bacino di Vienna. 


Loc. Baselice (Uomo morto). 


Atti — Vol. V.— Serie 2. — N° 12. 2 


sci 


Pecten (Janira) Besseri Andrz. 


1830 — PECTEN BESSERI Andrzeijowski, Notice sur quelques coquilles fossiles de 
Volhyn. Podol. (Bull. Soc. Nat. Moscou, II, pag. 103, tav. 
6, fig. 1). 

1870 — » » Hòrnes, Die fossilen Mollusken des tertiaer-Beckens von 
Wien. II, Bd., pag. 404, tav. LXII, LXIII fig. 1-5. 

1873 — » » Seguenza, Brevissimi cenni intorno la serie terziaria della 

: provincia di Messina (Boll. Com. geol., pag. 264). 

1874 — » » Fuchs, L’età degli strati terziarii di Malta. (Boll. Com. 
geol. pag. 380). 

1880 — » » Seguenza, Le formazioni tersiarie nella provincia di Reg- 
gio-Cal. Mem. Acc. Lincei, pag. 53, 61, 74. 1 

1881 — » » De Gregorio, Sulla fuuna delle argille scagliose di Sicilia 


(oligocene-eocene) e sul miocene di Nicosia. pag. 37, 
tav. II, fig. 16. 


1887 — » » Parona, Appunti per la paleontologia miocenica della Sar- 
degna. (Boll. Soc. geol. it., pag. 313). 


Riferisco a questa specie e precisamente alle figure 1, 2 e 5 (tav. LXIII) dell’ opera 
di M. Hòrnes un individuo completo, il quale, quantunque manchi affatto delle orec- 
chiette e sia rotto un po’ nel margine inferiore, tuttavia è ben caratteristico e presenta 
nettamente tutti gli altri caratteri distintivi delia specie, in modo da non lasciarmi alcun 
dubbio riguardo alla determinazione specifica. 

Specie citata nell’aquitaniano del Tortonese e del Veronese; nell’elveziano del Pie- 


monte, della Calabria e della Sardegna; nel Leithakalk di Malta; nel miocene del Bacino 
di Vienna, ecc. 


Loc. Baselice (Uomo morto). 


Pecten (Janira) Beudanti Bast. 


1825 — PECTEN BEUDANTI Basterot, Mém. géol. sur les environs de Bordeaux, pa- 
gina 74, tav. I fig. 1(A,C.). 
1839 — » » Deshayes et Milne-Edwards in Lamarck, HMi- 


stoire naturelle des animaux sans vertébres. 3* ediz. 
tom. III pag. 62. 


1857 — » » Meneghini, Paléontologie de l’île de Sardaigne, pag. 580. 
1870 — » » M. Hòrnes, Die fossilen Mollusken des tertiaer-Beckens 
von Wien. II, Bd., pag. 399, tav. LIX, fig. 1, 2, 3. 

1880 — JANIRA » Seguenza, Le formazioni terziarie nella provincia di Reg- . 
gio-Cal. Mem. d. r. Acc. dei Lincei, p. 53, 75, 122. 

1887 — PECTEN (JANIRA) BEUDANTI Parona e Mariani, Fossili tortoniani di Capo S. Marco 
in Sardegna (Atti Soc. it. sc. nat., pag. 166). 

1887 — PECTEN BEUDANTI Parona, Appunti per la paleontologia miocenica della Sar- 


degna. (Boll. Soc. geol. it., pag. 314). 


Quattro esemplari completi ed uno di valva inferiore, tutti ben caratteristici, i quali 
corrispondono esattamente a quelli figurati da Hornes. 


E, ge 
Specie riscontrata nell’elveziano della Calabria, della Sardegna, del Piemonte e del- 


l’Aquitania; nel tortoniano del Piemonte, del Modenese, della Sardegna (elveziano ?), 
della Calabria; nel miocene medio del Bacino di Vienna, ecc. 
Loc. Baselice (Uomo morto). 
SIPHONIDA 
FAMIGLIA CARDIIDAE Lamarck 


GENERE CARDIUM Linné 


Cardium turonicum Mayer? 


1870 — CARDIUM TURONICUM M. Hòrnes, Die fossilen Mollusken des tertiaer-Beckens 
von Wien. II. Bd., pag. 188, tav. 27, fig. 3. 

1874 — » » Fuchs, L'età degli strati terziarii di Malta. (Boll. Com. 
geol., pag. 377). 

1880 — » » Seguenza, Le formazioni terziarie nella provincia di Reg- 
gio-Cal. Mem. della r. Acc. dei Lincei, pag. 120. 

1881 — » » Coppi, Paleontologia modenese, pag. 105. 

Usd — » » Parona e Mariani, Fossili tortoniani di Capo S. Marco 


in Sardegna. (Atti Soc. it. sc. nat., pag. 173). 


Determinazione un po’ dubbiosa, perchè fondata soltanto sopra due modelli interni 
di valve isolate. 


Questa specie è conosciuta nel miocene medio di Malta, della Sardegna, della Ca- 
labria, del Piemonte, ecc. 
Loc. Gambatesa. 
FAMIGLIA MACTRIDAE Deshayes 
7 GeNnERE LUTRARIA Lamarek 


Lutraria lutraria (Lin.) De Greg. 


1745 — MyA LUTRARIA Linné, Fauna suecica 2128. 


1767  — MACTRA LUTRARIA. Linné, Systema naturae, editio XII, pag. 1126. 

1843 — » OBLONGA Brocchi, Conchiologia fossile subappennina, vol. II, p. 349. 

1843 — » LUCTRARIA Brocchi, Conchiologia fossile subappennina, vol. II, p. 350. 

1870  — LUTRARIA OBLONGA M. Hòrnes, Die fossilen Mollusken des tertiaer Beckens 
ron Wien. JI Bd., pag. 58, tav. V, fig. 6, 7. 

1884-85 — LUTRARIA LUTRARIA De Gregorio, Sludii su talune conchiglie mediterranee 
viventi e fossili, pag. 142. 

ass, = » » Parona, Appunti per la paleontologia miocenica della Sar- 


degna. (Boll. Soc. geol. it., pag. 333). 


Riferisco a questa specie un esemplare allo stato di modello interno. 
Il marchese Antonio de Gregorio ha distinto questa specie in parecchie forme. 


— = 


L’ imperfelto stato di conservazione dell’esemplare da me studiato non mi permette di 
stabilire con esattezza a quale di queste forme debba esso ascriversi; e, più precisamente, 
se alla forma tipica, ovvero alla f.* veriga De Greg.. Tuttavia, giudico potersi conside- 
rare, con molta probabilità, appartenente a queslultima. Certo, a nessuna delle altre 
forme istituite dal De Gregorio stesso, nè, molto meno, alla forma Hornesi del Mayer. 

È stala riscontrata nel miocene medio della Sardegna, di Malta, del Bacino di Vien- 
na; nel pliocene della Calabria, ecc. 


Loc. Colle. 


ARTHROPODA 


cCc.rustacea-Girripedia 
FAMIGLIA BALANIDAE Darwin 
ceNneRE BALANUS Lister 


Balanus perforatus Bruguière 


1880 — BALANUS PERFORATUS Seguenza, Le formazioni terziarie nella provincia di Reg- 
gio-Cal. Mem. d. r. Acc. dei Lincei, pag. 125, 292. 
1887 — » » Terrenzi, / pliocene nei dintorni di Narni. (Boll. Soc. 


geol. it. pag. 336). 


Due esemplari interi aderenti a Ostrea lamellosa. 
Mi sono servito per questa determinazione di ottimi campioni della Calabria, esi- 
stenti in questo Gabinetto geologico, i quali furono studiati, parecchi anni addietro, dal 


compianto Seguenza. 
Specie citata nel miocene superiore e pliocene inferiore della Calabria; nel plioce- 


ne di Narni, ecc. 


Loc. Baselice (Uomo morto). 


ehiifgie 


BRYOZOA 


coihilostomata-Inarticulata 


FAMIGLIA MEMBRANIPORIDAE 


GENERE LEPRALIA Johnst. 


Lepralia pyriformis S. Wood. 


1859 — LEPRALIA PYRIFORMIS 


Busk, Crag. Polyzoa, pag. 51, tav. V, fig. 3 (a, b). 
1880 — » » 


Seguenza, Le formazioni terziarie nella prov. di Reggio 
(Calabria). Mem. Acc. Lincei, pag. 204. 


Riferisco alle figure citate dell’opera del Busk parecchie colonie incrostanti Ostrea 
cucullata, Ostrea sp., Ostrea cfr. crassicostata, Ostrea sp., Hinnites Bassanii, Chlamys 
latissima, Chlamys scabriuscula var. iberica e Pecten sp. 


È citata dal Seguenza nel pliocene inferiore della Calabria '). 


Loc. Baselice (Uomo morto), Colle. 


1) O. G. Costa scrive di aver incontrato « rarissimo lo Spondylus gaederopus, men raro il 
Pectunculus glycimeris ed il pilosus, ed ancor qualche esempio del genere Astrea fra i poliparî 


con altri molti »*). Ma questi non figurano nella collezione posseduta dal Gabinetto geologico del- 
l’ Università di Napoli. 


*) Cenni intorno alle scoperte fatte nel Regno riguardanti la paleontologia durante l’anno 1852, pag. 7. 


SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 


Fig. 1, 2, 3, MHinnites Bassanii Patr. n. sp. — Valva destra in diverse posizioni. 


finita di stampare il dì 1° Aprile 1893 


Ual È L Sì ED, th ate 9 st 
Se Fisiche eA 2 V.Sertl NELZ, 


SEli7A Serino- Napoli 


i Vol. V, Serie 2.2 i « | N° 43, 


ATTI DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


Li 
7 
RIFLESSIONI SULLA VARIAZIONE A CORTO PERIODO 
DELLA LATITUDINE 
NOTA 
del Socio Ordinario A. NOBILE 
presentata nell'adunanza del dè 1° Aprile 1893. 
# —_—_ 
$ I. — Moto del polo sopra un meridiano della sfera. 
I. — Cominciamo con supporre la terra sferica (fig. 1) e supponiamo che il polo P 
si sposti seguendo un certo meridiano fino a P,, essendo la piccolissima quantità PP,= e 
} tale da essere sene=e, coss=1, ed anche che se ne possano con tutta sicurezza tra- 
scurare le potenze superiori alla prima. 

Sia PP, il meridiano dal quale contiamo le 
longitudini e siano nel sistema (P) 9 e 2 le 
coordinate sferiche del punto arbitrario A si- 
tuato sulla sfera, mentre che dello stesso punto 
siano 9,, e 2,, le coordinate nel sistema (P,). 

2.— Seguendo il noto metodo della tra- 

‘ sformazione di coordinate sferiche, mercè le 

È - Cartesiane si ottiene facilmente: 

sen 9, = sen 9 — € cos g cos À (1) 

J 

p i in sen À 9 
eesiglaa (©) 


In questa formola supponiamo g costante, vale a dire che esaminiamo quello che 
avviene sopra i punti di un dato parallelo nel sistema (P) e nella (1), si vede (come è 
ATTI — Vol. V.— Serie 2.* — N.° 13. 1 


Le 


facile di vedere anche graficamente) che la massima differenza fra 9 e 9, ha luogo sul 
meridiano PP,, dove cosà prende i valori = !, e che la minima che è nulla avviene 
quando A è 90° e 270°. 

La seconda espressione ci mostra che la differenza X— A, è nulla per 1—=0°, 180°, e 


4.1 
poi che per == 90°, 270° si ha tgà,=*£ , e quindi per X==:90°, 2, prende valori di- 


versi secondo i valori di tg 9. MRI Ta cosa diversamente costruendo il valore 
di tg(2—2,) che dalla espressione 


sen ) 
cos\ +e tg 9 
sen tg) 
così 4 e tg 9 


tgi — 
tg(X — 2,) = 


ci 


si semplicizza fino a 


etggseni 


160 IS gd (3) 


espressione che in generale per #<90° si può sviluppare in serie (secondo un noto 
sviluppo), avendosi allora 


1 
Xi, =etgosend— —e'tg°opsen2X+... 


Ma in generale cerchiamo il massimo di tg(X—A,), che per le condizioni del pro- 
blema possiamo considerare come il massimo di X—2,. Nella supposizione di 9 costante 
e minore di 90°, si ottiene 


d(X-),) 


5° = così +etgo=0. 


E quindi il massimo di X— x, corrisponde a 
X=arccos(—etg 9), (4) 


e possiamo ritenere la (4) come l’equazione in coordinate sferiche di una curva speciale, 
della quale è utile seguire l'andamento. A misura che @ cresce, essa si scosta lenta- 
mente da esso meridiano dalla parte del polo (P,), ma alla latitudine 90° —e essa passa 
per esso polo, dove riesce tangente al parallelo di raggio sferico =e intorno al polo 
(P). Essa non può avvicinarsi a (P) mag giormente, poichè se sota una latitudi- 


ne >90°—e, il coseno di A diverrebbe >I e sarebbe tg ei. Poi discende verso 


l’equatore, lo taglia a 270°, e procede inversamente nell’altro sist Se consideriamo 
il meridiano nel sistema (P,) a 90° dall’ iniziale ed un parallelo di latitudine 9 nel siste- 
ma (P) i punti d’intersezione di queste curve daranno con P e P, due triangoli sferici 
rettangoli dai quali si ricava appunto |’ espressione (4). Dunque il massimo della diffe- 


renza X— A, ha luogo sul meridiano (P,) a 90° dal primitivo, e la massima differenza di 
longitudine ha luogo per X,=90°. 
EsEMPIO NUMERICO.— Mettendo «= 1", g-=70°, il massimo di XA—, ha luogo alla 
longitudine: 
X— 90° 0' 2".75 e si ha XA—-i,=2".7o0=0°.183. 


3.—Si vede che, purchè in epoche diverse nell’anno in diversi luoghi di un paral- 
lelo, abbastanza boreale o australe, si proceda alla determinazione della differenza di 
longitudine, si dovrà capitare sopra una variazione della differenza di longitudine signifi- 
cante fra due almeno di queste località, purchè siano lontane fra loro per un qua- 
dranle 0 quasi. 

Infatti, immaginiamo, presso a poco sullo stesso parallelo, tre stazioni A, B, C, e 
supponiamo che nel corso dell’anno si siano fatte diverse determinazioni di differenza 
di longitudine fra A e B, e fra Be Ce che si prendano le massime variazioni osservate. 
Se i due massimi A—B e B—C, sono numeri che si seguono, vorrà dire che il meri- 
diano detto PP, è situato anche prima della stazione A, ma se sono numeri presso a 
poco uguali, significherà che la stazione B è prossima al richiesto meridiano, il quale 
sì potrà ottenere così con approssimazioni successive; ed allora dalla formola (2) dovrà 
potersi determinare la quantità della e. 

Ed anche se si procedesse alla determinazione della differenza di longitudine per 
un anno intero o più fra due località situate in emisferi diversi e ad una forte differenza 
di latitudine, si potrebbe anche arrivare allo stesso risultato, poichè i due rami (boreale 
ed australe), della curva di massima differenza, procedono in senso inverso, e forse que- 
sta combinazione sarebbe più utile dell’altra se si potessero scegliere due coppie di tali 
punti con piccola differenza di longitudine in ogni coppia. Se sé facessero le operazioni 
alla Patagonia ed al Labrador, si potrebbero usare le stesse stelle equatoriali per le deter- 
minazioni di tempo, ed ogni errore dipendente dalle posizioni delle stelle sarebbe evitato, 
e vi sarebbe ad aspettare in qualche epoca dell’anno una variazione di circa 3",00 nella 
differenza di longitudine pari a 0°,20 se îl movimento del polo fosse circolare 0 se aven- 
do luogo sopra un meridiano questo fosse lontano dai meridiani di America e dippiù 
una volta in un senso ed un'altra nell'altro durante il ciclo. 

Se mai facendo queste operazioni nuila si arrivasse a stringere, se ne trarrebbe che 
le variazioni accertate di latitudine, non sono dovute ad uno spostamento dell'asse di 
rotazione nella materia, ma ad altre cause a noi tuttora ignote. 


4. VARIAZIONE DELL’AZIMUT ASTRONOMICO. — (ui non possiamo considerare che 
due punti, le cui differenze, di longitudine e di latitudine, siano quelle consentite da due 
vertici dello stesso triangolo geodetico di 1° ordine, poichè si tratta di avere le varia- 
zioni in esame non dal calcolo ma dalla osservazione diretta, e del resto sulla sfera anche 
questa condizione non è essenziale. Dei punti A e B siano nel sistema (P) g, € X,, 9,+- 49, 
2, + A2, le coordinate, e nel sistema (P,) siano le analoghe quantità g, e 2,, 9, + Ag, e 
2,+ A2,, essendo poi AB==s. Mettiamo PAB=, e PAB—= «,. Nei due triangoli PAB e 
P,AB, si ha rispettivamente 


cos (9,-+ Av) _ sens cos(9,+4g,) _ sens 
senu, = senQA), ’ sen, = sen A," 


| 
db 
| 


per conseguenza: 
sen, _cos(9,-+-A9,) sen Ai, 
sen,  c03(93-+- Agg) sen AÀ, 


(9) 


Ora il secondo fattore del 2° membro, a meno che non si stia eccessivamente vicini 
al polo (il che geograficamente è impossibile), si può ritenere =1, e quanto al primo 
fattore nelle vicinanze dell’ equatore (dove il secondo fattore è proprio l’unità), anche il 
quoziente dei coseni ha per limite l’unità. Si vede dunque che nulla vi è da aspettare 
dagli azimut, ed il calcolo di un esempio sfavorevole porse differenze insensibili. 


$ II — Moto del polo sopra una circonferenza di cerchio minore. 


I.— l’arta il polo (spostandosi nella materia) dal punto (P), descrivendo con moto 
uniforme un piccolo cerchio minore di dia- 
metro PP,==e, e supponiamolo giunto in Q 
percorrendo l'arco PHQ=". Sia r il raggio ter- 
restre. Si ha 


” 


1 € ; 2 
PP,=2rsenze=r gp (perla piccolezza di e), 


” 


A 7 Aghi 
e quindi il raggio del cerchio PMP, Q è Por? : 
La corda PQ, considerata come corda della se- 
! ; 1 e' i 
zione, è 2 sen 3 %-lap€ considerata come 
; Leb 
corda della sfera è 2rsen 3° indicando con 8 
l’arco PNQ. Dunque 


1 
A 6801 da (6) 
e si vede agevolmente che l’arco QP, che indichiamo con v, sarà 

1 
T=e08 0. (7) 


Ora se attribuiamo ad e, come nell’esempio numerico riferito, il valore di 1", po- 
tremo considerare che il triangolo sferico PQP, sia rettangolo e rettilineo, non arrivando 
la sua ipotenusa PP, a 382 metri. Dopo averne cercato l'angolo in P, che indichiamo con 
w, le coordinate nel sistema (P) di un punto A saranno 9 ed w+-A, e quelle nel sistema 
Q saranno date dalle espressioni : 


sen 9, = sen 9 — fi cos g cos (w + 1) (7) 
___ sen(w4A) 
ES FT ES" ai 


e queste formole, quando l’asse sarà pervenuto in P,, dovranno coincidere con la (1) 
e (2), divenendo w=0 e B—=e. 


PIE: ge i 

2.— Se da Q conduciamo l'arco di cerchio massimo QR perpendicolare al meri- 
diano PP,, sarà tanto difficile dirimere dalle osservazioni gli effetti prodotti sulle coor- 
dinate sferiche di un punto A dal polo istantaneamente in Q da quelli del polo in R 
(quando si rifletta che il moto del polo è tanto piccolo e che le declinazioni delle stelle 
da cui partiamo sono errate per le latitudini credute costanti dagli osservatori che hanno 
prodotto cataloghi di stelle), quanto facile di istituire le formole che debbono darne le 
differenze di latitudine e longitudine, secondo le due ipotesi. Invece se per una conti- 
nua serie di osservazioni si viene a determinare il punto P, in modo inappellabile, sarà 
relativamente meno difficile il dedurre dalle osservazioni se il polo è venuto da P in P, 
seguendo il meridiano che congiunge i due punti o seguendo il diametro del cerchio 
minore che li congiunge. L'importante è di ottenere osservazioni migliori che le attuali 
ed anche libere dall’influenza degli errori delle declinazioni delle stelle, che come ho 
detto, sono în diversa misura lungo l'anno alterate dalla variazione della latitudine *). 


$ III. — Moto del polo sul Geoide. 


ì.—Si ammette ora di avere a fare con l’ellissoide di rivoluzione schiacciato dei noti 
parametri della terra. À 
Supponiamo che al- ld | 
l'origine dei tempi 
che qui si conside- 
rano l’asse coincida 
con l’asse di figura e 
che poi si sposti lun- 
go il meridiano di un 
angolo piccolissimo 
8, Che, come nel caso 
della sfera, sia tale 
da trascurarne la se- 
conda potenza. Il 
punto P che si con- 
sidera, abbia per la- 
litudine geografica 
@, e sia Xla sua lon- 
gitudine dal piano 
3, e queste coor- 
dinate sono riferite 
al sistema in cui K, 
estremo dell’asse mi- 
nore appartiene al- 
l’asse 2. 


*) Ecco perchè per la variazione della latitudine è preferibile un mezzo di ricerca che sia 
indipendente dalle stelle. 


= = 
Col sistema di assi della figura è noto che le coordinate di P saranno 


r=-7 cospeosì | 


a 
Siigo PIVRIRA 


i 0) 


a 
az=—(1—e?)seng 
af 1 ‘ ) 


dove 


q=V1 — e sen gp. 


2.— Nel piano zx conduciamo due nuovi assi che facciano cop i primitivi l’angolo , 
le equazioni del nuovo asse z, cioè z, rispetto agli antichi, sono 


u=-— Fab =0 


(dove e è scritto per tge), mentre l'equazione di un piano condotto per P è in generale 


A(e— 2 608 9 cos 2) + B(y— cos gsen + o(e-T1-e)sn0)=0, 
d 4 


e se questo piano è perpendicolare alla 0z,, dovendo essere 


la sua equazione diviene 


—e(2-È c0sgeos 1) +(e-21— e) sen g)=0, 


equazione che combinata con la x = — ez, porge le coordinate del piede Q della perpen- 
dicolare condotta da P alla 0z,, le quali risultano essere 


m=— 7 e(1— 08) seng u=0 rm 7 {(1—0)seng—ccospeosà). (10) 


Per conseguenza, a riduzioni fatte, e trascurando i termini in e°, otteniamo 


Pa= = Veostp4e(1—#) sen Da così, (11) 


0Q =; (1—e?) sen? @ — e(1—e?) sen 29 cos À » (12) 


e le coordinate di P rispetto al nuovo sistema saranno 


e, =PQ 08), , y,=PQsehA, , #4 =08. (13) 


sità 


Qui la ricavazione delle formole generali produce espressioni molto complicate, che 
possono tuttavia essere evitate con le considerazioni seguenti. Riflettendo che deve es- 
sere y=y,, ne traggiamo semplicemente 


a cos © 


y, = PQsen), = sen À, 


e quindi 
seni _-q.PQ 
senà, acosg 


=V1+2etg@cosM(1—e). (14) 


Per vedere come la formola (2) è un caso particolare della (14), quando in essa si 
mette e=0, scriviamo essa (14) così: 


sen? X, + 2: (1— e°) sen* , tg @cosA = sen? X 
e poi 
sen? A, cos? X 4-22 (1 — e?) sen? A, tg g cos. = sen? A(1— sen? X,), 


e risolvendo per tg°2, 


Pai = sen? ) 
! costà+22(1—e?)tgopcos XA +e?(1—e?) teo 
dove il terzo termine del denominatore è stato aggiunto per quello che si è detto sopra 
il valore di e. Dunque 
sen À 


tex celo e ail, 
si così +e(1— e?)tg@ 


(15) 


formola che coincide con la (2) se si melte e—0. 


5.-- Anche per questa espressione si arriva (come prima) all’altra 


etgosenA(1—e?) 
+ AA A i 0 I 16 
‘8 ( i) 14+e(1—e?)tggcos) ca 


e pel caso di massimo 


mA ita =cosà+e(!—e’)tgo=0. 
di, 

E se con i dati precedenti, cioè e —=1", g—=70° ed il valore di (1—e?) si calcola 
qui il valore di cosà, si trova A—=90° 0' 2,73, cioè una differenza col caso della sfera in 
un caso estremo, che i nostri mezzi attuali non ci permettono di assicurare. Dunque în 
questo problema della longitudine, come rivelatrice del moto del polo, si può prescindere 
dalla ellissoidicità della terra, quando le osservazioni non si facciano in prossimità del 
polo, il che geograficamente è impossibile. 


4,— Considerando il punto C (fig. 3) della intersezione della normale in B col nuovo 
asse @, cioè @,, è manifesto che se esso punto B si sposta lungo il parallelo, fino alla po- 


Sia 
sizione P, la normale incontrerà il piano ye, in un punto E che non può giacere sul piano 
0QPT,; perchè allora essa sarebbe contenuta nei due piani PTOA e PQOT,, che s'incon- 
trano secondo il semidiametro OP. Se proiettiamo essa normale sul piano 0QPT, in PH, 
troveremo che il seno dell'angolo che essa fa con la sua proiezione su di esso è dato 


dalla espressione: 
e-e? sen @ 


Vcosec® X1.-+ 2e (1— e?) cos A tg 9” 


e quindi ques’ angolo è generalmente dell’ordine di e, e senza errore sensibile potremo 
prendere: 


OT,=PQ== cosg,, 
dla cui, col valore di PQ, 
cos g, = Vcos°p+e(1—e?) sen2gcosà. (17) 


Quadrando e risolvendo per sen°g,, poi aggiungendo il termine e°(1—e?)°cos*g cos, 
e finalmente, estraendo la radice, si perviene alla formola 


seng, = seno — e(1—e?) cos g cos À (18) 


che coincide con la (1) per e=0. 
Ed anche qui il calcolo mostra che la differenza dei risultati fra la (10) e la (1) è 
al disolto di quel che oggi possiamo ottenere dalle osservazioni. 


finita di stampare il dî 8 Maggio 1893 


Vol. V, Serie 2. N° 14. 


ATTI DELLA R. ACCADEMIA 


DELLE SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE 


MISCELLANEA ENTOMOLOGICA 


MEMORIA QUARTA 


pel Socio Ordinario A. COSTA 
(con una tavola) 


presentata nell'adunanza del dì 1° Aprile 1893. 


Oggetto principale di questa quarta Memoria di Miscellanea Entomologica l'è di 
apportare un contributo alla conoscenza ed illustrazione della Fauna della Tunisia. Quasi 
come appendice aggiungeremo la descrizione di due nuove specie di Imenotteri, una 
delle quali del genere Nomada proveniente dall'Isola di Malta, e che con molta proba- 
bilità si scoprirà in seguito anche nella Tunisia, ed una di Ditteri Asilidei, della Sicilia. 


I 
Contributo alla Fauna Entomologica della Tunisia. 


Le conoscenze che si posseggono intorno la Fauna entomologica della Tunisia sono 
tuttavia assai limitate. Le ricerche che hanno principalmente contribuito alla raccolta del 
materiale oggi conosciuto possono ripartirsi in tre principali periodi: quelle fatte da 
Abdul Kerim nel 1873; quelle fatte dagli esploratori Italiani D'Albertis, Doria, Gestro 
ed Issel nel 1877; quelle de’ membri della Missione francese particolarmente incaricata 
della Esplorazione Scientifica della Tunisia, Letourneux, Sedillot, Valery Mayet, ecc. Non 
ostante tutte queste ricerche e raccolte, quello che si ha di pubblicato può dirsi poca 
cosa, sopratutto per taluni ordini. 

Nella state del decorso anno siamo stati a Tunisi, di dove proseguimmo il cammino 
per tutta la costa dell'Algeria fino ad Orano. Soltanto da Costantina c’internammo fino 
a Biskra, ove ci fermammo due giorni. Lo scopo però di quel nostro viaggio non era di 
fare ricerche; alle quali non prestavasi neppure la stagione: era il mese di agosto. Sic- 

ATTI — Vol. V.—Serie 2.* — N.° 14. Il 


—_ 2 


chè appena poche cose raccogliemmo, tanto da portarne un ricordo. Però in Tunisi 
vi è un Italiano colà stabilito, il sig. Francesco Miceli, già conosciuto da quanti Na - 
turalisti, italiani e stranieri, capitano in quella città '), perchè alla abilità ed accuratezza 
nelle raccolte associa quella passione indispensabile per dedicarsi a tali ricerche senza 
prospettiva di propria utilità. Nel passare a minuta rassegna il materiale da lui posseduto 
ci fu agevole riconoscere che nella raccolta di Imenotteri e Ditteri eranvi specie assai 
interessanti, talune deile quali prevedevamo non avremmo trovate descritte..In vista 
di ciò manifestammo al Miceli il desiderio di avere in Napoli tutto quel materiale, onde 
poterlo accuratamente studiare: al che egli gentilmente annui. E poichè il risultamento 
ottenuto da tale studio è stato superiore alla nostra aspettativa, abbiamo stimato utile 
darne conoscenza col presente lavoro, insieme a note relative ad insetti di altri ordini. 

Il presente capitolo conterrà quindi: 

1. L'elenco delle specie d’Imenotteri, con note diverse, e la descrizione delle 
specie nuove. 

2. L'elenco de’ Ditteri, come sopra. 

3. Poche note su taluni Coleotteri non-ancora segnati della Tunisia. 

4. Aggiunte a’ due cataloghi di Emitteri della Tunisia sinora pubblicati. 

Avendo il signor Miceli, in seguito a nostre istanze, promesso di proseguire le ri- 
cerche entomologiche, ci auguriamo poter fra non molto presentare novelle aggiunte a 
quelle che oggi esibiamo. 

Non vogliamo omettere di fare una grata menzione de?’ distinti co speciali- 
sti i quali gentilmente ci hanno dato schiarimenti sopra cose dubbie, come Saussure, 
Schmiedeknecht, Handlirsch, Andrè (Ern.), Mocsàry, Bigot ?); non che del 
sig. Gestro, che ci ha fornito talune pubblicazioni sulla Fauna Entomologica Tunisina, 
una delle quali non ancora possedevamo. 


Le pubblicazioni speciali sulla Entomologia della Tunisia, che conosciamo, sono: 


INSETTI — Appunti sull’Entomologia Tunisina, di R. Gestro, 1880. — Annali del Museo Civico di 
Storia Naturale di Genova, vol. XV. | 
COLEOTTERI— Coleoptéres de la Tunisie recoltés, par M Abdul Kerim, decréts par L. Fair- 
maire.—Ann. Mus. Civ. di Gen., vol. VII, 1875. 
. Liste des.Coleoptéres recueillis en Tunisie en 1883, par MF A. Letourneux; par Le- 
fèvre, Fairmaire, de Marseul et Sénac.—Exploration scientifique de la Tunisie, 1885. 
Zusammenstellung der von Herrn W. Kobelt von seiner Reise in den Provinzen Alger 
und Constantine, sowie von Tunis mitgebrachten Coleopteren, per L. von Heyden.— 
Bericht òber die senckenbergische naturforschende Gesellschaft in Frankfurt an Main, 1886. 
ORTOTTERI — Materiali per lo studio della Fauna Tunisina: VII. Orthoptéres par A. De Ro- 
mans, 1885. — Ann. Mus. Civ. Gen., serie 2°, vol. II. 
IMENOTTERI — Sopra alcuni Imenotteri della Tunisia, per G. Gribodo,— Crociera del Violante, 
1880. 
Formiche della Crociera del Violante, per C. Emery.— Ivi. 


!) Kobelt ha insignito del di lui nome una nuova specie di Uro, U. Miceliî, trovata insieme ad 
altra specie (U. Medjerdae) nel fiume Medjerda nella Tunisia.— Nackrichtsblatt der deutschen Mala- 
kozoologischen Gesellschaft, 1884, p. 182. 

2) Con vivo dolore abbiamo appreso, durante la impressione della memoria, la morte di questo 
distinto Ditterologo francese. 

è» 


D) 


— . — 


Materiali per lo studio della Fauna Tunisina: II. Rassegna delle Formiche della Tu- 
nisia, per C. Emery, 1884. — Ann. Mus. Civ. Gen,, ser. 2°, vol. I. 
Fourmis de Tunisie et de l’Algérie orientale, par A. Forel.— Ann. de la Soc. Ent. de 
Belgique, vol. XXXIV. — Compt. rend., 1890. 
Revision critique des Fourmis de la Tunisie, par C. Emery.— Exploration scientifique 
de la Tunisie, 1891. 
EMITTERI — Materiali per lo studio della Fauna della Tunisia: V. Rincoti, per P.M. Ferrari, 
1884. — Ann. Mus. Civ. Gen., ser. 2°, vol. I. 

Énumeration des Hemiptéres recueillis en Tunisie en 1883 et 1884, par MM. Valery 
Magyet et Sedillot; par A. Puton. — Expl. scient. de la Tunisie, 1886. 
DITTERI — Énumeration des Diptéres recueillis en Tunisie dans la mission du 1884, par M. Va- 

lèry Mayet, et description des especes nouvelles , par J. M. F. Bigot.— Expl. scient. de 
la Tun. 1888. 

TISANURI — Materiali per lo studio della Fauna Tunisina: IV. Sopra alcune Collembola e Thy- 
sanura di Tunisi; per C. Parona, 1884. — Ann. Mus. Civ. Gen., serie 2*, vol. I. 
ARAGNIDI — Stud sugli Aracnidi Africani, per P. Pavesi. — Ann. Mus. Civ. Gen., vol. XV, 1888. 

Etudes sur les Arachnides recueillis en Tunisie en 1883 et 1884, par MM, ece.; par E. 
Simon.— Expl. scient. de la Tun., 1885. 


- 


IMENOTTERI 


Se si eccettuano le Formiche, ampiamente illustrate dai signori C. Emery e Fo- 
rel, per tutto il resto degli Imenotteri le conoscenze che sì hanno per la Tunisia sono 
molto scarse. Gribodo ebbe ad esaminarne ventitre specie soltanto, frutto delle ricer- 
che degli esploratori del Violante. Ne’ lavori monografici, la Tunisia è nominata per 
pochissime specie. Per addurne un esempio citeremo la recente grandiosa opera del 
Mocsàry sulle Crisidi '), nella quale la Tunisia figura per la Chrysis viridula Lin. var. 
integra, Fab. e per la Chrysis Vahli, Dh1b. 

Noi possediamo attualmente centonovantacinque specie d’Imenotteri della Tunisia. 
Sono ancora poca cosa. Nondimeno tra esse vi ha specie importanti per la geografia en- 
tomologica e forme del tutto per lo innanzi sconosciute. Delle dette centonavantacinque 
specie, sette soltanto sono già comprese nel notamento del Gribodo. Per talune po- 
che siamo rimasti incerti nella determinazione. 


ELENCO DELLE SPECIE 


. SPHEX MAXILLOSUS, Fab. 
. SPHEX (Enodia) MocsàrvyI, Kohl. var. denudatus, Kohl. 
. SPHEX (Enodia) LivipocineTUSs, Cost. (Priononyx Isselit, Grib ?). 


or to 


Raccolta da noi medesimi nelle adiacenze di Tunisi nel mese di agosto. 

Gribodo ebbe il sospetto che l’imenottero ch'egli descriveva col nome di Prio- 
nonyx Isselii fosse la Enodia lividocincta, ma ne fu dissuaso dal fatto della esistenza di 
quattro, e non tre, denti sotto le unghiette de’ tarsi. Però il Kohl nel suo recente lavoro *) 


1) Monographia Cbrysididarum orbis terrarum universi. 
2) Imen. della Tunisia: Croce. del Viol. p. 209. 
3) Die Hymenopteren gruppe der Sphecinen, 1, gen. Sphex, Lin. 


i 5 
lo riporta senza esitazione come sinonimo. Dal medesimo poi si rileva ancora che la 


nostra lividocincta non è la micans Eversmann come han creduto Radoskowsky 
e Andrè. 


4. PSAMMOPHILA ARGENTATA, Le p. (non Fab.). 


I nostri individui corrispondono esattamente con la descrizione della Ammophila 
argentata data da Lepeletier *) sopra individui di Orano e ripetuta da Andrè sotto 
il genere Psammophila °). Essi sono anche tutti femmine come quelli osservati dai due 
menzionati Imenoltterologi. 


5. AMMOPHILA QUADRATICOLLIS, nob. 


2. Nigra, facie, clypeo, labro , thoracis lateribus (vitta obliqua denudata excepta) 
coxisque posterioribus in dorso, argenteo tomentosis; mesonoto brevissime sericeo puberulo ; 
abdominis (petiolo excepto) segmentis primis tribus ommino rufis, caeteris nigris cyane- 
scentibus; pedibus anterioribus rufis cogis migris, posticis nigris tibiarum dimidio basali 
rufo; alis flavescenti-hyalinis, venis stigmateque testaceis; tegulis rufis; pronoto transver- 
se rectangulo, angulis anticis rotundatis prominulis; mesonoto antice intrigate punctato 
et rugoso, in medio canaliculato, postice utrinque depresso, area media transverse striato- 
rugosa.— Long. mm. 22. 


Mandibole rosse,. col terzo apicale nero. Capo liscio, con pochi punti impressi 
sparsi. Fronte e faccia ricoperte di vello argentino. Clipeo assai convesso, anteriormente 
quasi troncato, liscio, con pochi grossi punti impressi. Guance con una serie marginale 
di lunghi peli argentini. Pronoto trasversalmente rettangolare, con gli angoli anteriori 
ritondati ma molto pronunziati, a superficie liscia, con punti impressi sparsi. Dorso del 
mesotorace nella metà anteriore leggermente solcato per lungo nel mezzo, coperto di 
rughe irregolari e punti impressi formanti una scultura intrigata; nella posteriore con i 
margini laterali depressi e l’area mediana con rughe trasversali ben marcate. I fianchi 
rivestiti di vello argentino, che lascia nuda soltanto una striscia obliqua innanzi la su- 
tura del metatorace. Addome col primo articolo del picciuolo nero, il secondo rosso 
con la base nera, ovvero nero tendente al rosso verso dietro; i tre primi segmenti del- 
l’addome propriamente detto interamente rossi; i rimanenti neri a cangiante cianeo. I 
quattro piedi anteriori rossi con le ànche nere; i due posteriori neri con la metà basi- 
lare delle tibie rossa, e i tarsi di color rosso scuro; dorso delle ànche medie e poste- 
riori con vello argentino. Ali ialine; vene e stigma testacei. 

Nel maschio il vello della faccia, del clipeo e del labbro tendono al dorato, anzichè 
all’argentino. Il dorso del mesotorace presenta una brevissima pubescenza, formata da 
peluzzi quasi squamiformi. Il secondo articolo del picciuolo è rosso con la sola base 
nera: il quarto dell'addome propriamente detto è anche rosso. 

Osservazioni. — Seguendo il sistema dicotomico di André si giunge con questa 


1) Hymen. III, p. 366. 
?) Hymen. d’Eur. III, p. 85. 


- be 

Ammofila alla A. iberica. Nel fatto però la nostra ne è molto diversa, per la colorazione 
delle ali, che in quella diconsi enfumées, noiîrdtres, surtout vers l’extremité, nervures 
noîres '). Uno dei caratteri che più distinguono questa Ammofila di Tunisi sta nella 
forma del protorace, che presentasi esattamente rettangolare a causa degli angoli ante- 
riori bene sporgenti, sebbene arrotondati, mentre nelle specie affini il protorace in avanti 
lateralmente è convesso-declive. 


6. PELOPOEUS SPIRIFEX, Lin. 

7. PELOPOEUS PENSILIS, Latr. ( destillatorius, Latr.) 
8. PELOPOEUS TUBIFEX, Latr. 

9. LARRA ANATHEMA, Ross. var. nudiventris, nob. 


Gribodo notò che nel maschio da lui esaminato mancavano le fasce di pelurie 
argentina su i margini de’ segmenti addominali. Poichè però quell’individuo era stato 
per lungo tempo nell’alcool, dubitò dovesse a tal fatto attribuirsi la scomparsa di detta 
pelurie. Noi abbiamo esaminato un gran numero d’ individui di ambedue i sessi, tutti 
freschissimi ed infilzati agli spilli senza previa immersione nell’ alcool, e possiamo affer- 
mare che la mancanza delle fasce marginali di pelurie argentina nell’addome è un fatto 
normale, notevole sopratutto nelle femmine, il cui addome, di un nero splendentissimo, 
sotto qualunque inclinazione di luce si guardi, non presenta la minima traccia di riflesso 
argentino. Con ciò non può asserirsi che nella stessa Tunisia non si trovino individui 
tipici. Ma quando anche questi si rinvenissero, rimane sempre il fatto della esistenza di 
questa distinta varietà ad addome completamente nudo, che perciò abbiamo controse- 
gnata col nome di nudiventris. 


10. NOTOGONIA POMPILIFORMIS, Panz. 
11. TacHyTEs FREJ-GESSNERI, Kohl. 


De’ numerosi individui che possediamo, solo le femmine hanno il quarto anello ad- 
dominale rosso come i due precedenti, i maschi l’hanno nero. E poichè Kohl, che ha 
osservato ambedue i sessi, non indica differenza tra essi nel colorito dell'addome, è da 
ritenere che tali maschi rappresentano una varietà. 

12. TacHyTES TRICOLOR, Fab. (non Panz.). 
Specie già trovata in Orano ed Algieri. 
13. TACHYTES MELANOPYGA, nob. 
9. Nigra, facie, pronoto, mesopleuris ac metathoracis lateribus argenteo villosis ; 
abdominis segmentis primis duobus rufis, omnibus fascia marginis postici argenteo tomen- 


tosa (in detritis in medio interrupta); geniculis, tibiis tarsisque rufis, tibiis extus pilis 
adpressis argenteis ; scutello nitido, confertissime punctulato; alis hyalinis, venis testaceis; 


1) Andrè, III, p. 69. 


== 
metanoto linea subtili impressa posterius in foveolam terminata; area pygidiali nigra 
posterius minus angustata, opaca, scabra, irregulariter strigulosa.— Long. mm. rr. 
Variat: femoribus posticis ommino rufis. 


Mandibole rosse ad estremità nera; la faccia esterna della porzione basilare rive- 
stita di vello argentino. Capo un poco più largo del torace; gli occhi sulla fronte distanti 
tra loro per quanto son lunghi il secondo e il terzo articolo del flagello delle antenne 
riuniti. Faccia con corto e fine vello argentino: vertice con delicato solco longitudinale. 
Mesonoto finissimamente e stivatamente puntinato, con scarsa pubescenza bianchiccia. 
Dorso del pronoto e pleure con vello argentino. Scutello puntinato come il mesonoto, ma 
nudo e splendente. Metatorace finamente coriaceo, con scarsa pelurie bianchiccia ; sul 
dorso un esilissimo solco che in dietro si termina in una fossetta quasi triangolare. Ad- 
dome coi due primi ') segmenti rossi; tutti i segmenti con una fascia sul margine poste- 
riore, di pubescenza argentina facilmente caduca. La lamina dell’ uropigio è, relativa- 
mente alle specie affini (europaea ed obsoleta), più accorciata e meno angusta posterior- 
mente: la sua superficie è di un nero matto, scabra per punti impressi e piccole rughe 
irregolari. Tutti i segmenti neri sono guarniti , sui lati, di setole rigide spiniformi. L’estre- 
mità dei femori, le tibie ed i tarsi sono interamente rossi. La faccia esterna delle tibie 
rivestita di fine vello argentino. In un individuo anche i femori posteriori sono comple- 
tamente rossi. Primo articolo de’ tarsi anteriori con sei spine marginali. 

Osservazioni. — Sebbene in apparenza somigli molto alla exoleta, nondimeno la 
Tachite descritta differisce da tutte le specie conosciute di europa per la lamina dell’u- 
ropigio, scabra, nuda e quindi senza l’ordinario splendore serico, e ciò non per detrito, 
ma per struttura propria. 


14. TACHYSPHEX PANZERI, V. d. Lind. 
15. ASTATA B0OPS, Schrk. 
16. ASTATA MINOR, Kohl. 


Conosciuta di varie regioni di Europa, ma non ancora segnata di Africa. 
17. ASTATA COSTAE, Picc. 


Trovata dapprima nella Toscana, e di poi nelle provincie napoletane, in Ungheria, 
nel Tirolo. Non ancora segnata di Africa. 


18. BEMBEX OLIVACEA, Fab. (9 glauca, Fab.). 
19. BEMBEX... Sp. 


Avendone soltanto un individuo femmina non possiamo pronunziare alcun giudizio ; 
possiamo solo affermare di non poter identificarla con alcuna delle ordinarie specie 
d’ Europa. 


') Nella indicazione de’ segmenti seguiamo l’antica maniera. Koh] (Lurrider) ha chiamato se- 


condo il primo segmento apparente, terzo il secondo e così di seguito. Siffatta innovazione, se giustifi- . 


cata dall’anatomia, nuoce nella sistematica, inducendo confusione ed equivoci. | 


ni 
20. Stizus TUNETANUS, nob.—Tav.1IV, fig. 1. 


d'. Robustus, niger, capite thoraceque parce albido pubescentibus; capite (fascia 
ocellos amplectente excepta) , antennarum scapo (flagello fulvo), pronoti margine postico, 
mesonoti lateribus lineolisque duabus abbreviatis in disco, sculello, postscutello, fascia ar- 
cuata metanoti, abdominis segmentis tribus primis margine postico nigro-brunneo tantum 
excepto , quarti fascia in medio attenuato-interrupta, ventris (inermis) segmenti tertii fa- 
scia basali medium versus angustata et late interrupta, saturate flavis; geniculis tibiis tar- 
sisque flavo-fulvescentibus; alis flavescenti-hyalinis venis flavis, macula fusca cellulas ra - 
dialem ac cubitales secundam et tertiam occupante; oculis versus clypeum paullo conver- 
gentibus; antennarum flagello apicem versus sensim incrassato. — Long. mm. 16. 


Mandibole gialle nei primi due terzi, nere nel resto. Palpi gialli. Clipeo largo poco 
meno del doppio della propria lunghezza, convesso, col margine inferiore a leggiera 
curva rientrante. Labbro quasi semicircolare. Scudo facciale un poco restringentesi verso 
basso per gli occhi alquanto convergenti; elevato in ottusa carena longitudinale nel 
mezzo, ed inferiormente con due fossette attigue a’ due angoli della base del clipeo. La 
faccia rivestita di pelurie coricata bianca, con leggiero splendore argentino: la pelurie 
del torace è elevata. L’addome è quasi completamente nudo. Lo scutello è largo un 
poco più della propria lunghezza, leggermente allargato d’avanti in dietro. 

Osservazione. — Sebbene questa specie presenti delle affinità con gli St. fascratus, 
integer ecc., distinguesi eminentemente pel sistema di colorazione dell'addome. Qui in 
fatti non trattasi di fasce gialle più o meno ampie, intere o interrotte; ma i primi seg- 
menti sono interamente gialli col solo margine posteriore bruno-nerastro. 


21. GoryTEs curtuLUS, nob. — Tav. IV, fig. 2. 


d'. Parum elongatus, crebre punctatus, parum nitidus, facie lata, oculis inferius 
modice convergentibus; abdomine ovoideo, segmento primo basim versus parum producto ; 
niger, antennarum scapo infra, orbitis internis, clypeo, mandibularum basi extus, palpis, 
pronoti margine, callis humeralibus, macula pone eos, scutello, abdominis fasciîs margina- 
libus quatuor (in segm. 4-4), prima latiore anterius triangulariter emarginata, secunda et 
tertia aequalibus vel margine antico leviter bisinuoso , quarta tenui utrinque abbreviata, 
flavis; pedibus anterioribus nigris, femoribus ex parte, tibiis tarsisque flavis, posticis coxis 
et trochanteribus nigris, femoribus tibiisque flavo-fulvis posterius plus minusve nigris, 
tarsis nigris basi flavis; alis hyalinis, macula cellulam radialem et cellularum primae 
ei secundae cubitalium partem occupante, fusca. — Long. mm. 7. 


Il carattere che principalmente distingue questa specie da altre affini, tra quali il 
latrifrons, Spin., sta nella forma del primo segmento addominale, il quale avanti alla 
parte dorsale convessa scende giù in piano quasi verticale e sì attacca al torace imme- 
. dialamente, per modo da essere più alto che lungo. Da ciò deriva che l'addome intero 
presenta una forma più accorciata, sì che la sua lunghezza eguaglia appena quella del 
capo e del torace insieme. Tutto .il corpo è stivatamente punteggiato, da che risulta che 
è poco splendente. L’ampiezza della fronte tra l'estremo superiore degli occhi è eguale 


— Re 
alla lunghezza del mesonoto, al livello della inserzione delle antenne è di un quarto 
minore. Il flagello delle antenne è un poco più corto e più crasso che nel maschio del 


latifrons. | 
Pare che sia specie non molto rara, avendone ricevuto parecchi individui. 


22. GoRyTES (Hoplisus) quinquecINncTUS, Fab. 
23. CERCERIS ARENARIA, Lin. 
24. CERCERIS QUADRICINCTA, Latr. 


25. CERCERIS RYBYENSIS, Lin. 
26. Un’altra specie di Cerceris, non determinata, avendone il solo maschio. 


27. PHILANTHUS DIADEMA, Fab. var. Abdelkader, Le p. 
Assai frequente, come lo è in molte altre regioni dell’Africa. 


28. THYREUS VEXILLATUS, Panz. 
29. EcTEMNIUS vAGUS, Lin. 


In tutti gl’individui, di ambedue i sessi, nelle antenne sono gialli oltre lo scapo, il 
primo articolo del flagello e la base del secondo: come nella varietà 8, di Orano, indi- 


cata da Le peletier '). 
30. CERATOCOLUS MERIDIONALIS, A. Cost. 


Gl’individui di Tunisi sono tutti maschi e convengono esaltamente con quelli da 
noi descritti 2) provenienti dalla Terra d’ Otranto. Aggiungeremo soltanto che in taluni 
individui sul primo segmento addominale vi ha due maschie trilobe presso il margine 


posteriore, una per lato. 


31. ECTEMNIUS Sp. 


Questo Ectemnio simiglia al vagus, ma ne differisce per lo scutello levigato, spar- 
samente e superficialmente punteggiato, completamente giallo splendente. 


32. BLEPHARIPUS BUCEPHALUS, Smith. 


Descritto primamente di Sicilia, trovato poscia nelle provincie napoletane ed in 
altre parti d’Italia. Non ancora notato di Africa. 


33. CyPHONONYX CROCEICORNIS, Klug. 


Sebbene trovisi anche nella Sicilia e nella Sardegna, l’Africa è la patria principale 


!) Monogr. du g. Crabro. 
2?) Prospetto Imenot. Ital. 


cia 


e primitiva di questa specie. Nella Tunisia è molto frequente. È sorprendente che Lucas 
non l’abbia incontrata in Algeria. 


34. PRIOCNEMIS GROSSUS, A. Cost. 


Gl’individui di Tunisi ci confermano maggiormente della validità di questa specie 
da noi descritta tra gl’ Imenotteri della Sardegna *). Sarebbe interessante riconoscere se 
la specie segnata da Lucas col nome di Calicurgus annulatus sia realmente tale, ovvero 
il grossus che con quella è stato confuso. 


35. PRIOCNEMIS CULPABILIS, nob.— Tav. IV, fig. 3. 


2. Niger, capite cum antennis , prothorace, mesonoto, scutello, tegulisque, testaceis 
immaculatis; abdominis segmento secundo macula maxima transverse ovata sanguinea ; 
pedibus testaceis, coxis, trochanteribus et femorum basi lata, nigris; alis flavo-ferrugineis 
margine externo nigro-violascente; metanoto transverse striato-plicato.— Long. mm. 20. 


Il tipo di colorazione dell’addome distingue nettamente questa specie da altre che 
le sono affini pel colorito del capo e del torace. Esso è di un nero intenso, con una 
grande macchia di color sangue sbiadito posta sul secondo segmento addominale, di 
cui occupa tutta l’ampiezza, arrotondata a’ due estremi, toccante la base del segmento, 
ma ben separala dal margine posteriore di esso in dietro. Nella regione anale non vi ha 
alcuno indizio di peli fulvi. Le pieghe trasversali del metanoto son rilevate ed assai re- 
golari. Ne’ due femori anteriori il nero occupa soltanto la terza parte, negli altri quattro 
i due terzi. 


36. PRIOCNEMIS LUTEIPENNIS, Fab. 


Nel nostro Prospetto degl’ Imenotteri Italiani abbiamo notato come erroneamente 
Dahlbom avea riunite insieme le due specie di Fabricio annulatus e luteipennis, 
considerando il primo pel maschio, il secondo per la femmina. E ciò deducevamo dal 
fatto di possedere la femmina dell’annulatus non corrispondente alla descrizione del 
luteipennis. Attualmente abbiamo la controprova di tale nostra affermazione , poichè 
possediamo tra gl’ Imenotteri Tunisini il Priocnemis cui si adatta esattamente la frase 
diagnostica del P. lute/pennis di Fabricio, il quale lo descrisse precisamente sopra 
individui della Barberia. Aggiungasi che insieme agl’individui tipici con addome intera- 
mente nero, ve ne ha pure uno corrispondente alla varietà menzionata dallo stesso F a- 
bricio, avente sul secondo segmento addominale due grandi macchie rosse che nel 
nostro individuo si fondono insieme per il lato interno. La figura che dà Lepeletier °) 
col nome di Calicurgus luteipennis (di cui non parla nel testo) non corrisponde al vero, 
a causa del secondo anello addominale interamente chiaro. Lucas avea ben ricono- 
sciuta questa specie tra gl’ Imenotteri dell'Algeria. 


1) Not. ed Osserv. s. Geo-Fauna Sarda, mem. 6, p. 29.—Pr. Imenot. Ital., 2, p. 26. 
2) Hymenopt. pl. 32, fig. 2. 
Att — Vol. V.— Serie 2." — N.° 14. 


Lasi 


SO E 
37. PRIOCNEMIS CostAE (Tourn.) Cost. 


Abbiamo già avvertito nel precitato Prospetto degl’ Imenotteri che di questa specie, 
per la quale abbiamo conservato il nome con cui ci venne comunicato da Tournier (che 
pare non l’abbia descrilto), esisteva in collezione un individuo di Orano. Ora ne abbia- 
mo altri due individui di Tunisi, i quali, mentre confermano la costanza de’ caratteri 
distintivi, dimostrano essere tale specie eminentemente meridionale: Sicilia, Tunisi, 
Orano. 


38. PRIOCNEMIS PUSILLUS, Schdt. 
39. PomPiLus vIATICUS, Lin. 


Tra i varii individui ve ne ha uno solo appartenente alla nostra var. d, cioè con le 
tibie de’ piedi posteriori rosse: varietà che avevamo ricevuta dalla Sicilia. 


40. PoMPILUS TROPICUS, Lin. 


L'individuo femina che teniamo di Tunisi corrisponde esattamente con la descri- 
zione che di questa specie dà Lepeletier, sopratutto per riguardo al colorito delle 
ali: alae omnino nigrae violaceo nitentes. Negl’individui di Europa le ali sono più o meno 
oscure, ma non giungono mai ad essere nero-violacee: fatto da noi già avvertito nel 
Prospelto degl’ Imenotteri Italiani. 


41. POMPILUS FUSCOMARGINATUS, Thom. 
42. POMPILUS DIMIDIATUS, Fab. 


Lo aver osservato questo Pompilo tra gl’ Imenotteri della Tunisia, vuol dire della 
regione stessa dalla quale proveniva la specie descritta da Fabricio, ci ha dato novella 
prova della esattezza delle osservazioni da noi riferite nel Prospetto degl’ Imenotteri Ita- 
liani (pag. 64) relative allo apprezzamento di tale specie. Esse trovansi anche di accordo 
con la determinazione fattane da Lucas, che registra questa specie tra gl’Imenotteri 
dell’ Algeria. 


43. POMPILUS QUADRIPUNCTATUS, Fab. 
44, POMPILUS PERLATUS, nob. 


2. Nigerrimus, nitidiusculus, parce nigro pilosellus, linea in orbitis internis maculis- 
que duabus in abdominis segmenti tertii basi lacteis; pronoti margine postico parum pro- 
funde arcuato-emarginato; metanoto laevi, nitido; abdominis segmento ultimo compres- 
so, dorso valde convexo, infra obtuse carinato; alis umbratis, posticis cellula anali paul- 
lulum post originem venae cubitalis terminata. — Long. mm. 9. 


Pompilus tripunctatus Dahlb. (non Spin.) 


Corpo interamente di color nero di ebano, mediocremente splendente. Una parte 


AU 

delle orbite interne bianca. Alla base del terzo segmento addominale vi ha due macchie 
semiovali trasversali di un bianco lalteo purissimo. Nessuna traccia di pubescenza con 
splendore serico. La seconda cellula cubitale è un poco più larga che alta; la terza in- 
vece è un poco più stretta che alta. 

Osservazione. —Affinissimo è questo Pompilo al nostro /unereipes. Se ne distingue 
per l’assoluta mancanza della piastra di pubescenza serica bianca presso la base della 
faccia esterna delle due tibie posteriori, la quale in quello è molto caratteristica. 

Ed in proposito del Pomp. funereipes dobbiamo osservare, che Kohl ') opina esser 
questo la cosa stessa che il Pomp. tripunctatus Dahlb., che non è il tripunctatus di Spi- 
nola, questo essendo un Priocnemis. Dapprima è da notare la differenza di colorito nei 
piedi, che dice tot nigri. Per la qual cosa crediamo che in realtà al tripunetatus Dahlb. 
corrisponda esattamente la specie che abbiamo ora descritta. In tutti i casi il nome di 
tripunctatus Dahlb. non può essere conservato perchè nome non proposto da lui, e 
male applicato. Ed in vero, per le norme di nomenclatura, se Dahlbom avesse de- 
scritta una specie sua, assegnandole un nome specifico già impiegato da Spinola, 
poichè questo nome veniva trasferito in altro genere, quello poteva rimanere. Ma 
Dahlbom non si è avveduto di tenere una specie nuova, ed erroneamente l’ha descritta 
con un nome di altro autore che non le era appropriato. Sicché non si ha alcun diritto 
a conservare quel nome specifico tra i Pompilus, che indurrebbe a maggiori equivoci. 


45. PoMPILUS PLUMBEUS, Fab. 
46. POMPILUS NUBECULA, Cost. 


Gl’individui di Tunisi, ove pare che questa specie sia molto frequente, somigliano 
completamente con quelli che possediamo d’Italia. E siffatta costanza di caratteri ci 
conferma sempre nella opinione che questo Pompilo è una buona specie, e non può con- 
siderarsi qual varietà del cinctellus, come ha opinato Kohl ?). 


47. AGENIA VARIEGATA, Lin. var. hircana, Fab. 
48. APORUS LEUCURUS, nob. 


d'. Niger, facie clypeoque densius, pronoto corisque obsoletius cano-sericeo pube- 
rulis; abdominis segmento primo et secundi basi pallide rufis, septimo dorsali lacteo; alis 
umbratis, apice obscurioribus , anticis cellula cubitali secunda parum longiore quam alta, 
posticis cellula anali ante originem venae cubitalis terminata. — Long. mm. 6. 


Per l’abito generale poco differisce dai maschi di altre specie aventi addome più 
o meno rosso alla base. La nota caratteristica di questo che abbiamo di Tunisi sta nel 
colore bianco latteo dell’ultimo anello dorsale dell’addome, di che non vi ha esempio in 
alcuna delle specie europee del genere Aporus. La faccia ed il clipeo sono rivestiti di 
densa pubescenza a splendore argentino. Il pronoto e le ànche pare che nello stato di 
freschezza dovessero ancora avere una pubescenza a splendore serico. 


1) Zur synonymie der Hymenoptera aculeata. 
DATA 
) Ivi. 


12 — 


- 


49. PLANICEPS LATREILLEI, V. d. Lind. 

50. ScoLIA FLAVIFRONS, Fab. (4 hortorum, Fab.) 

. ScoLIA BIDENS, Linn. (og bimaculata, Fab.) 

. SCOLIA INTERSTINCTA, Klug (unifasciata, Fab. non Cyr.). 


Taluni individui, ideutici al tipo per la colorazione del corpo, hanno le ali assai 
pallide, con la estremità più oscura. 


58. SCOLIA BIRTA, Schrk. (bicincta, Ross. — difasciata, Lep.) 
54. ELIS COLLARIS, Fab. 

56. ELIS cILIATA, Fab. (aurea, Fab. Lep.) 

56. ELIS (Trielis) siDEREA, nob. — Tav. IV, fig. 4. 


2. Atra, nitida, atro hispide pilosa, capite et mesonoto grosse punctatis, scutel- 
lo et postscutello levissimis, utrinque sparse foveolatis; abdominis segmentis dorsalibus 
subtilius et crebrius punctatis, tertio et quarto postice in medio levissimis; alis atro-ceru- 
leis, costa ad basim obscure ferruginea. — Long. mm. 14-15. 


Capo poco men largo del torace, liscio, con grossi punti impressi, più stivati sui 
lati della fronte, rari sul vertice, con peli ispidi quasi setolosi stivati tra le antenne e 
nell’ occipite. Clipeo inferiormente con parecchie pieghe verticali. Protorace con collana 
di ispidi peli stivati. Mesonoto con grossi punti impressi, rari solo nella parte centrale, 
che è assai levigata. Scutello e dietroscutello levigati con grossi punti impressi sui lati. 
Metanoto assai stivatamente punteggiato ; la troncatura posteriore concava, levigata, con 
punti sparsi solo nelle aree laterali. Segmenti addominali dorsali stivatamente punteg- 
giati; il primo con punti più fini e più stivati, il terzo ed il quarto perfettamente lisci nel 
mezzo della parte posteriore: tutti con una frangia di peli setolosi coricati neri. Fianchi 
e ventre setolosi. 

In qualche individuo il ventre verso la base tende al ferruginoso. In uno, poi, ano- 
malo, manca completamente la venetta trasverso-cubitale che dovrebbe separare la terza 
dalla seconda cellula cubitale, per modo che si crederebbe del sottogenere Dielis. 

Sembra specie piuttosto abbondante o per lo meno non rara. Però tutti gl’individui 
raccolti sono femmine. È da sperare che le novelle esplorazioni del Miceli faranno 
discoprire anche il maschio. 


57. MUTILLA CALCARIVENTRIS, Radz. 
58. EUMENES . . . n.sp?29 


Descrivere questa Eumenes sarebbe lo stesso che copiare la descrizione della Eum. 
arbustorum, dalla quale non differisce affatto per colorito. Però il clipeo, che nella ardbu- 
storum è troncato alla estremità, in questa di cui parliamo è fortemente arcuato-smar- 
ginato. Essendo un carattere organico, sul quale taluni classatori hanno stabilita la se- 
parazione delle Eumenes in due gruppi, potrebbe alludere a specie ben distinta. Però 
possedendone un individuo solo, che potrebbe essere anomalo, non avventuriamo al- - 
cun giudizio. Ove però altri individui mostrassero la costanza di quel carattere, dovrebbe 
considerarsi come specie distinta, per la quale proponiamo il nome di Eum. Miceli. 


Rea; perse 
59. EUMENES MEDITERRANEUS, Krich. 

60. EUMENES POMIFORMIS, R0$s. 

61. OpyNERUS TRIFASCIATUS, Fab. 

62. ODYNERUS coNnsoBRINUS, Duf. 

63-66. Altre quattro specie di Odynerus tuttavia indeterminate. 
67. POLISTES GALLICUS, Lin. 

68. DoryLus JuveNcuLUS, Shuch. (Oraniensis, Luc.) 


Le operaje non sono rare. I maschi son meno frequenti. Nessuna femmina. 


69. APHAENOGASTER BARBARUS, Lin. 
70. CAMPONOTUS SYLVATICUS, Oliv. 
71. MyRmecocysTUSs vIaTICUS, Fab. 
72. SPHECODES FUSCIPENNIS, Germ. var. rufipes. 


Assai distinta è questa varietà a causa de’ piedi interamente rossi, tanto che a 
primo aspetto si direbbe specie molto diversa dalla fuscipennis. Il sig. Schmiede- 
knecht, al quale l’abbiamo comunicata, assicura tale varietà trovarsi in tutta la Spagna. 


73. SPHECODES GIBBUS, Lin. var. tibiis tarsisque rufis, abdomine toto rufo. 


Anche in questa specie si osserva un predominio del color rosso. 


74. HaLIetus LEUCOZONIUS, Schrk. 

79. HALICTUS FLAVIPES, Fab. (Apis subaurata, Ross.) 

76-78. Tre altre specie di Zalictus, delle quali una affine al nifidiusculus Kirb., l’altra al 
morio Fab. 

79. ANDRENA FLESSAE, Panz. 

80. ANDRENA FUNEBRIS, Panz. 

81. ANDRENA THORACICA, Fab. (bicolor, R0ss.) 

82. ANDRENA UROMELANA, A. Cost. 


Ne possediamo due individui femmine che convengono benissimo con la descri- 
zione della nostra specie, fatta sopra individui della Puglia '). Solo la statura è un poco 
più vantaggiosa ed i peli del torace tendenti al fulvo. Il flagello delle antenne in uno 
degl’individui è nero nel dorso. 

Altra piccola Andrena, maschio, potrebbe appartenere alla stessa specie. Essa è 
langa nove millimetri ed ha il corpo angusto come tutti i maschi delle Andrene. Diffe- 
rirebbe dalla femmina per aver l’addome interamente nero con i primi cinque segmenti 
forniti di frangia biancastra, le tibie posteriori nerastre con pelurie fulva. Gli articoli del 
flagello delle antenne, eccettuato il solo primo, sono gibbosi di sotto. 


1) Miscellanea entomologica, 2°, p. 4, tav. II, fig. 3. 


= = 
83. DASYPODA PLUMIPES, Panz. 

84. OSMIA CORNUTA, Latr. 

85. OSMIA TRICORNIS, Latr. 

86. OsMIA ATERRIMA, Moraw. 

87. OSMIA IGNEOPURPUREA, A. Cost. 


Sebbene discoperta da noi nella Sardegna e descritta nella 2* delle memorie rela- 
tive alla Fauna di quell’isola, nella Tunisia era già da parecchi anni stata trovata. 
Schmiedeknecht, certamente per equivoco, attribuisce a questa specie la spazzola ven- 
trale fulva, mentre nella frase diagnostica abbiamo detto ventre nigro piloso (1. c., p. 95). 


88. Osmia Giraupi, Schm. 

89. CHALICODOMA SICULA, R08SS. 

90. AnTHIDIUM STICTICUM, Fab. 

91. ANTHIDIUM SEPTEMDENTATUM, Latr. 
92. CERATINA MAURITANICA, Le p. 

93. MEGACHILE APICALIS, Spin. 

94. NOMADA SEXFASCIATA, Pnz. 

95. NOMADA AGRESTIS, Fab. 

96. NOMADA FUCATA, Pnz. 


Gl’individui di questa specie provenienti da Tunisi porgono un altro elemento di 
affinità della Fauna entomologica di quella regione con quella della Spagna. Il color 
rosso è molto più intenso di quel che sia negl’individui di altre regioni. NODDIME ne- 
gl’individui di Sardegna il rosso raggiunge tal grado d’intensità. 


97. CROCISA RAMOSA, Lep. 
98. MELECTA LUCTUOSA, Scop. (punctata, Fab.) 
99. EUCERA NUMIDA, Lep. 


Il colore rosso ferruginoso della pelurie del torace e dell’ addome in due individui 
femmine che abbiamo di Tunisi è molto sbiadito. 


100. EuceRA LONGICORNIS, Fab. 
101. EUCERA SUBRUFA, Lep. 
102. EUCERA ORANIENSIS, Lep. 


Gl’individui della Tunisia simigliano completamente a quelli da noi raccolti in Sar- 
degna. 


103. ANTHOPHORA ALBIGENA, Lep. 
104. ANTHOPHORA PILIPES, Fab. 
105. ANTHOPHORA PERSONATA, Ill. 


= 
106. ANTHOPHORA PENNATA, Lep. 

107. ANTHOPHORA DISPAR, Lep. 

108. ANTHOPHORA ATROALBA, Lep. 


Sembra esser specie alquanto abbondante, giudicando dai numerosi individui esi- 
stenti nella raccolta; siccome lo è pure nell’Algeria. 


109. ANTHOPHORA RETUSA, Lep. 


110elll. Altre due specie di Anthophora non definite, una delle quali affine alla dal- 
neorum, Le p. 


112. XYLOCOPA VIOLACEA, SCOP. 
113. BomBUs TERRESTRIS, Lin. 
114, APIS MELLIFICA, Lin. 

115. ELLAMPUS AURATUS, Lin. 


Sebbene Lucas non registri questa specie, comune in Europa, pure essa è stata 
trovata in Algeria. Della Tunisia non si conosceva. 


116. HOLOPYGA FLAVIPES, Eversm. 


Mocsàry assegna varie regioni di Europa come patria di questa molto caratteri- 
stica specie, ma nessuna dell’ Africa. Neppure Lucas la rinvenne in Algeria. 


117. HoLOPYGA CHRYSONOTA, Forst. 


Secondo le indicazioni di Mocsàry questa specie era stata trovata finora nell’ Eu- 
ropa media e meridionale, nella Siberia e nel Turkestan. 


118. HoLoPYGA AMOENULA, Dahlb. (Hedychrum fastuosum et micans, Luc.) 


Specie diffusa in tutta l’Europa e molto frequente nell’Algeria. Pare che anche nella 
Tunisia sia piuttosto frequente. 


119. HoLoPyGA CURVATA, Forst. 


Anche questa specie, molto diffusa in Europa, era stata trovata nell’Algeria, non però 
nella Tunisia. 


120. STILBUM cvANURUM, Forst. 
21. CHRYSIS CUPREA, Ross. 

122. CHRYSIS INAEQUALIS, Dahlb. 

123. Carysis ExXULANS, Dahlb. 

124. CHRYSIS FULGIDA, Lin. 

125. CHRYSIS PALLIDITARSIS, Spin. 


dé 
Specie descritta sopra individui di Egitto, non trovata da Lucas nell'Algeria, né 
finora conosciuta della Tunisia. 


126. CHRYSIS SUCCINCTA, Lin. 


Pare sia specie non rara nelle adiacenze di Tunisi, ove ne abbiamo anche noi rag- 
colto un individuo. 


127. LEUCOSPIS BREVICAUDA, Fab.. 
128. SMIERA SISpES, Fab. 

129. SMIERA cLavIipEs, Fab. 

130. CHALCIS MINUTA, Linn. 


La smarginatura posteriore dello scutello è più profonda di quella che ordinaria- 
mente s’incontra negl’ individui d’Europa. 


131. EPYyRIS PULCHELLUS, Luc. 
132. EPYRIS NIGER? Westw. 


Giudicando dal colorito interamente nero del corpo di questo Epyr:s siamo indotti 
a crederlo il niger di Westwood. Però non trovando in alcuna delle opere che pos- 
sediamo la descrizione dell'insetto, non possiamo rimaner sicuri di tale giudizio. Ne pos- 
sediamo due individui. 


133. AMBLYTELES NATATORIUS, Fab. 
Un individuo con gli ultimi due segmenti addominali completamente neri. 


134. AMBLYTELES FASCIATORIUS, nob. (9. quadrimaculatus, Grav .). 
135. AMBLYTELES CASTIGATOR, Fab. 


Pare che sia la specie d’ Ieneumonidi più abbondante nella Tunisia. Il Miceli ne 
ha raccolto centinaja d’individui. 


136. ICHNEUMON sARCITORIUS, Linn. (4 vaginatorius, L.). 


I maschi che teniamo di Tunisi hanno tutti la faccia interamente gialla e le antenne 
giallo-rossicce col solo primo articolo di color giallo puro. In qualche individuo poi tutta 
la tinta gialla dell'addome e de’ piedi è convertita in rosea, tinta la quale sembra origi- 
naria e non sopravvenuta dopo la morte. Per tal fatto essi presentano un aspetto più si- 
migliante a quello delle femine. 

In un individuo femina tutta Ja metà basilare delle antenne è ferruginosa. 


137. ICHNEUMON CULPATOR, Schrk. 


Li 

Due individui maschi con le antenne interamente nere. La faccia anteriore de’ fe- 
mori e delle tibie de’ due piedi d’avanti è bianco-gialliccia. In uno de’ due è pure bianco- 
gialliccia una porzione della metà basilare delle due tibie posteriori. 


138. ICHNEUMON APICALIS, Brull. (ranthomelas, Brull.). 


Questa specie abita di preferenza | Algeria e la Tunisia; però noi la possediamo 
ancora del Portogallo, della Sicilia e della provincia di Lecce, ove è piuttosto rara. 

Lucas adotta per questa specie il nome di zanthomelas, Brull. Poichè però Brul- 
lè nella medesima opera ') evidentemente à descritto due volte il medesimo animale, 
dapprima (pag. 290) col nome di Joppa apicalis, e più oltre (pag. 309) con quello di 
Ichneumon canthomelas, è evidente doversi conservare il primo nome specifico apicalis. 
Aggiungi che la descrizione di questo è più completa, nell’ altro mancando le antenne. 


139. CRYPTURUS ARGIOLUS, Grav. 


Tra le molte varietà che questa specie presenta troviamo notevole una nella quale 
sul lobo medio del mesonoto vi ha due linee longitudinali gialle parallele per il lato in- 
terno, esternamente dilatate in triangolo nella parte anteriore e poco prima della estre- 
mità posteriore congiunte da linea trasversale, in guisa che il detto lobo risulta giallo 
con una striscia nera nel mezzo, interrotta innanzi la estremità. 


140. TRyPHON SCOTOPTERUS, Gmel. 
141. TRYPHON sp. 
142. BancHus PicTUus, Fab. 


Un individuo maschio, più grande di quanti ne abbiamo di Europa, lungo 21 mil. 
limetri. Le antenne sono completamente nere col solo primo articolo in parte giallo. 


143. TRACHYNOTUS FOLIATOR, Fab. 
144. PIMPLA INSTIGATOR, Panz. 
145. PIMPLA ROBORATOR, Fab. 


146 e 147. Due altre specie di Pimpla, una delle quali pare che abbia le maggiori affi- 
nità con la abdominalis, Gr. 


148. LYSSoNOTA MACULATORIA, Fab. 
149 a 174. Altre ventisei specie d’ Icneumonidei indefinite. 


175. Vipio DESERTOR, Fab. (algiricus, Luc. anomalus). 
176. Vipio sp. 


1) Hymen. IV. 
ATTI — Vol. V.— Serie 2,9% — N.° 14. 3 


pi 

Tra i molti V/pio desertor tipici ve ne ha uno, maschio, in cui il quarto segmento 
addominale è quasi liscio, senza alcuna traccia della scultura de’ due segmenti prece- 
denti. In quanto a colori, ha il quarto segmento (meno la base) e tutti i seguenti neri. 
| trocanteri sono tutti neri, i tarsi testacei con l’ estremità dell’ultimo articolo nera. At- 
tenderemo altri individui per giudicare. 

Raccolto da noi nelle adiacenze di Tunisi, in agosto. 


177. BRACON FLAVATOR, Fab. 
178. BRACON DISTINCTUS, Luc. 
179. BRACON EXTRICATOR, Fab. 


Ne abbiamo raccolto noi stessi parecchi individui nelle adiacenze di Tunisi. 
180. BRACON URINATOR, Nees. 
181. Altra specie di Bracon indeterminata. 


182. AGATHIS UMBELLATARUM, Nees. 
183. DisopHRys coesus, Klug. 


Nel 1887 raccogliemmo in Sicilia un maschio di questa bella specie di Braconide, 
nella quale intravedemmo la convenienza di istituire per essa un genere distinto, pro- 
ponendo il nome Megagathis ‘). Indicammo alcuni de’ caratteri distintivi, tra quali quello 
de’ nervi delle ali anteriori; aggiungendo che probabilmente la femmina avrebbe offerto 
altri caratteri per giustificare la separazione generica. In effetti ora che abbiamo una 
femmina tra gl’ Insetti di Tunisi possiamo dire che essa distinguesi dalle Agathis per la 
estrema brevità della trivella, che è lunga appena quanto l’ultimo segmento addomi- 
nale, diritta. Il Marshall però ha creduto ripristinare il nome generico proposto già da 
Forster, senza descrizione. 

Marshall, che non ha conosciuto la femmina, sospettò che questa dovesse avere 
l’addome compresso, e si appose al vero. L’addome nella metà posteriore è assai com- 
presso, sopratutto nella parte ventrale, la quale nell’ individuo secco è laminare. 


184. MicROGASTER Sp. 
185. ALYSIA MANDUCATOR, Panz. 
186. EvANIA FUSCIPES, Ill., Nees. (punctata, Brull. Schlet.). 


Illiger nella edizione illustrata della Fauna Etrusca del Rossi (vol. 2°, 1807) notò 
andar confuse col nome specifico appendigaster due diverse Evania di Europa: una 
delle quali avea il peduncolo dell'addome levigato, abdominis petiolo laevi insignis, e 
. questa egli considerò come la vera appendigaster di Linneo; l’altra nella quale petzo- 
lus abdominis aciculatus est: ed a questa diede il nome di fuscipes. Nees ab Esen- 
beck conservò la distinzione delle due specie stabilita da Illiger; anzi per la fuscipes 
disse più acconciamente abdominis petiolo rimuloso. Dopo ciò non sappiamo compren- 


!) Miscellanea entomologica, 1°, p. 9, 1888. 


20 = 

dere come Schletterer nella sua pregevolissima monografia sugli Evaniidei '), mentre 
ritiene tra i caratteri della E. appendigaster il petiolus abdominis levis, vi considera si- 
‘nonimi di questa specie |’ E. fuscipes di Illiger e Nees: adottando per l’altra, cui as- 
segna abdominis petiolus rugis obliquis grossisque, il nome di punctata Brull. (1832), che 
corrisponde alla fuscipes di Illiger. 

Da siffatta inversione risulta ancora un equivoco relativamente alla distribuzione 
geografica delle due specie. Egli, in fatti, tra le località in cui trovasi |’ E. appendigaster 
registra l’Italia con la Sardegna e la Sicilia. Non sappiamo s’ egli abbia realmente osser- 
vato in natura individui della vera apperdigaster provenienti dalle nominate località. 
Possiamo però affermare che in tutte le nostre ricerche nelle provincie napoletane, nella 
Sardegna e nella Sicilia non mai abbiam trovato una sola Evania (delle due in questio- 
ne) con picciuolo dell’addome levigato. Oltre a ciò, per meglio accertarci, abbiam chiesto 
in comunicazione Evanie dell’Italia media e della settentrionale, e sempre le abbiam 
trovate rispondenti alla E. fuscipes Ill. col quale nome |’ abbiam registrata nella memo- 
ria terza sulla Geo-Fauna Sarda ?). 


187. FOENUS GRANULITHORAX, Tourn. 
Raccolto da noi nelle adiacenze di Tunisi. 
188. FOENUS RUBRICANS, Guer. 


«_ Schletterer *) cita l’ Algeria, non la Tunisia, in ambedue le riferite specie di 
Foenus. 


189. ATHALIA ROSAE, Linn. 
190. ALLANTUS SYRIACUS, And. 


Conosciuto dell’ Algeria, della Siria e del Caucaso. 

Il colore de’ piedi, anzichè testaceo, nel nostro individuo, femmina, è giallo pallido 
tendente al verdiccio. André nota che sovente vi ha una linea nera sulla faccia interna 
delle tibie anteriori. Nel nostro individuo una simile linea nera vedesi pure nelle tibie 
medie. In oltre è nera la base della faccia posteriore de’ quattro femori posteriori. Note- 
remo ancora che il primo articolo delle antenne è di color bianco gialliccio ; non bruno 
o testaceo come lo dice Andrè. 


191. ALLANTUS PECTORALIS, Kriech. 


Specie descritta da Kriechbaumer come propria di Tunisi. Ne possediamo di- 
versi individui femmine, ne’ quali abbiam potuto osservare che la estensione del color 


!) Die Hymenopteren-Gruppe der Evaniiden. 

2) Cade in proposito notare che la Ev. dinarica Schlet. (1886) della Dalmazia è la stessa che la 
nostra Ev. splendidula della Sardegna (Mem. 3°, p. 56), 1884. 

?) Hymen.-grup. der Evaniiden. 


so ig 
giallo de’ lati del petto varia di molto. In taluni il giallo prende gran parte de’ fianchi, e 
di nero vi rimane solo la porzione centrale ed una angusta striscia obbliqua tra le pleure 
medie e le posteriori. In altri è il nero che predomina, e di giallo rimane una grande 
macchia trapezoidale sulle pleure medie. 


192. ALLANTUS MAURITANICUS, nob. — Tav. IV, fig. 5. 


2. Niger, clypeo (profunde arcuato-emarginato), labro palpisque pallide flavis, tho- 
racis carinulis ad scutellum et postscutellum convergentibus pallidis; abdominis segmen- 
tis 3°-4° et 5° rufis; pedibus flavis, femoribus ex parte, tibiarum et articulorum tarsorum 
apice nigris; alis hyalinis ; stigmate nigro, basi et ad costam pallide-flavo.— Long. mm. 9. 

d' tarsis posticis nigris, basi pallidis. 


Le tegole delle ali hanno talvolta il margine esterno gialliccio pallido; dello stesso 
colore è in taluni un delicato lembo de’ lobi del protorace. Il primo segmento addomi- 
nale ha il lembo della porzione media che precede l’area membranosa, gialliccio. I 
quattro piedi anteriori hanno le ànche e buona parte de’ femori nere; i due posteriori 
hanno le ànche gialle con due strisce, ovvero tutto il dorso, neri; i femori neri con la 
sola base gialla; le tibie e gli articoli de’ tarsi di tutti i piedi sono neri all’ estremità. Lo 
stigma alare è nero con la base prolungata lungo la costa, di color giallo pallido. 

Il maschio ha le tibie anteriori con la faccia esterna nera, i femori con la metà ba- 
silare gialla, i tarsi neri col solo primo articolo gialliccio alla base. 

Osservazione. — Pare che la specie cui questa Allanto più si avvicina sia L' AZ. 
balteatus, Kriechb., che è anche di Tunisi; ma indipendentemente da parecchie diffe- 
renze nella colorazione dell'addome e dei piedi, c' impone il diverso colore dello stigma 
alare, che nel dalteatus, secondo Andrè, è testacé claîr. 

Pare che sia specie non rara. Il Miceli ce ne ha mandato quattro femmine ed un 
maschio. 


193. CePHUSs TABIDUS, Fab. 
194. CEPHUS MACILENTUS, Fab. 
195. CEPHUS PYGMAEUS, Linn. 


DITTERI 


Più circoscritte che per gl’Imenotteri sono le conoscenze che si posseggono sui | 
Ditteri della Tunisia. Delle raccolte degli esploratori del Violante non si è avuta alcuna 
notizia su tale ordine. Il Bigot ha pubblicato l’elenco de’ Ditteri raccolti da’ membri 
della Commissione per la esplorazione scientifica della Tunisia. Le specie sono trentotto, 
dieci delle quali son descritte come nuove. Però siffatto scarso numero dimostra, non la 
povertà della .contrada, ma la poca premura avuta per gl’insetti di quest’ ordine, non 
ostante che nella raccolta fosse compresa anche la mosca domestica. 

La raccolta che noi possediamo si compone di settantatre specie, delle quali.sol- 
tanto sei sono comprese nella nota del Bigot. 


— 
1. NEMOTELUS PROBOSCIDEUS, Loew. 


Due individui femmine ricevuti da Tunisi sono perfettamente simili ad altri che 
avevamo di Sicilia, ove, alcuni anni dietro, raccogliemmo noi stessi i due sessi, sopra- 
lutto nelle adiacenze di Girgenti. Pertanto la presenza di questa specie a Tunisi potrebbe 
avvalorare il sospetto che fosse questa la specie descritta da Fabricio col nome di pun- 
ctatus, comunque, siccome osserva il Loew '), la colorazione che Fabricio assegna 
a’ piedi della sua specie sarebbe ben diversa. 

In quanto alla descrizione abbastanza minuta che il Loew dà del proboscideus ?) 
una discrepanza troviamo nella colorazione del ventre. Nei nostri individui, nelle fem- 
mine i segmenti 2°, 3° e 4° presentano due macchie gialle formanti due serie longitudi- 
nali: ne’ maschi il colore giallo prende grande estensione in guisa da costituire il colo- 
rito fondamentale de’ detti segmenti, con tre serie di macchie nere, una mediana ed una 
da ciascun lato. 


2. STRATIOMYS FLAVOLIMBATA, nob. — Tav. IV, fig. 6. 


2. Capite, flavo, albido villoso, fascia in vertice nigra; thorace nigro-olivaceo 
albido villoso; scutelli margine spinisque flavis; abdominis margine omni, margine po- 
stico segmentorum 2, 3, 4 in maculas duas late triangulas dilatato, segmenti quinti 
vitta media margineque, flavis ; ventre flavo , segmentis 3, 4, 5 basi fascia brunnea; pe- 
dibus flavis, femorum dimidio apicali ac tibiarum tarsorumque apice brunneis, alis flave- 
scenti hyalinis, venis flavo-testaceis.— Long. mm. 14. 

d' facie densius albido villosa, medio nigra, abdominis margine flavo angustiore. 

Variat: ® fascia verticis exoleta, macula tantum ocellos amplectente nigra. 


A primo aspetto pare che la Strattomys descritta abbia molta somiglianza con la 
cenîsia, figurata anche da Lucas tra gl’insetti dell’ Algeria. Nel fatto però la differenza 
è notevole. Dapprima la nostra specie distinguesi per il margine di tutto l’ addome 
giallo, fatto che non trovasi nè nella cenzsia, nè nelle altre specie affini. La posizione poi 
e forma delle macchie del secondo, terzo e quarto segmento addominale, sono ben diver- 
se. Qui le due macchie di ciascuno dei nominati segmenti han figura di triangolo a larga 
base che poggia sul margine posteriore, distante dalla linea mediana poco più che dal 
margine esterno. Oltre a ciò, lo scutello nella cenzsia è liscia splendente, giallo con una 
macchia semicircolare nera alla base. Nella nostra invece è punteggiato, coriaceo e pelac- 
ciuto come il mesonoto, e come questo ancora colorito, col solo margine e le spine gialli. 


Sebbene avessimo tre individui di un’altra specie di Stratiomys, cui neppure si 
adatta alcuna descrizione; pure ne attenderemo altri, che speriamo ricevere dallo stesso 
Miceli, per parlarne più accuratamente. 


3. CHRYSOMYIA FORMOSA, SCOp. 
4. TABANUS CARBONATUS, Macq. 


È singolare che il Loew nella monografia de’ Tabanus di Europa °) non faccia al- 
!) Europàischer Dipteren, II, p. 45. 


2) Linn. Entom. I, p. 423. 
3) Zur Kenntniss der europdischen Tabanus, Arten. 


= 
cuna menzione di questa specie descritta dal Macquart '), sopra individui di Sicilia, 


nè ritenendola come specie buona, nè citandola come sinonimo di altra. E pure a noi 
sembra essere ben distinta dall’ ater Ross. col quale potrebbe andare confuso. 


5. TABANUS TROPICUS, Linn. 
6. TABANUS AUTUMNALIS, Linn. 
7. TABANUS BOVINUS, Linn. 


8 a 13. Sei altre specie di Tabanus non determinate. 
14. CaRYSOPS MAURITANICUS, nob.— Tav. IV, fi. 76 8 ala” e 2. 


d'. Supra niger, thorace cinereo-abdomine cinereo nigroque pubescentibus; facie 
alba gibberis characteristicis ebeninis nitidissimis ; thoracis vittis quatuor cinereis, duabus 
mediis fere exoletis ; abdominis segmento primo macula utrinque laterali triangula alba, 
codem ac tertio macula minuta triangula în medio marginis postici, quarto, quinto et 
sexto maculis tribus triangulis cinereis; subtus cinerascens pectoris disco maculisque in 
segmentorum ventralium medio nigris; antennarum articulis duobus primis testaceo-cine- 
reis, tertio nigro; pedibus nigris tibiis anticis basi, posterioribus fere totis livido-testaceis ; 
alis pictura fusco nigra, in margine ad alae apicem ducta et intra apicem hamata, in me- 
dio in fasciam characteristicam expansa, fascia ante marginem posticum evanescente, in 
murgine esterno acute incisa, ad basim alae vitta nigredini costali adiacente concolore, 
cellula discoidali aream pellucidam includente. — Long. mm. 7-8. 

2. Griseo-cinerea, capite gibberis characteristicis, macula semicirculari supra an- 
tennarum insertionem, areaque ocellorum nigris; thorace vittis tribus fuscis; abdominis 
segmentis omnibus, maculis quatuor in series digestis, mediis majoribus triangularibus, 
segmentorum basi applicatis, in segmento primo magis obliquis et anterius conjunctis ; 
antennis ut in S ; pedibus flavo-testaceis, geniculis tarsisque (articulo primo excepto) 
fuscis; alis pictura quam in mare dilutiore ac minus expansa. — Long. mm. 8. 


Non ostante i Chrysops siano soggetti molto a variare, pure non stimiamo che 
quello descritto possa ascriversi a varietà del marmoratus, cui molto simiglia. Una diffe- 
renza notevole si osserva nella disposizione del disegno nero delle ali, come dalla fi- 
gura meglio che dalla descrizione può rilevarsi. Ma a questa avremmo pure attaccata 
poca importanza, appunto per lo facile variare. Quello che dimostra la diversità orga- 
nica è la lunghezza minore delle antenne. In questo descritto le antenne sono più corte 
che nel marmoratus, e i due primi articoli in compenso della lunghezza minore hanno 
maggior robustezza, e ciò relativamente tanto nell’uno, quanto nell’altro sesso. 

Il dubbio rimaneva che potesse essere il Chr. conne@us, Loew), ma per quanto 
può rilevarsi dalla descrizione della femmina, solo sesso da lui conosciuto, non vi ha si- 
miglianza nel disegno alare. Una delle differenze sta nell’area ocellare centrale, che 
nel conneaus è giallicecio-pallida *), mentre nel nostro è perfettamente incolore. 


!) Insectes Diptéres, I, p. 
?) Europàischen Chrysops-Arten, p. 199. 
?) Der Augenfleck ist gross, aber nicht weiss, sondern blassbràunlich. 


ex a 
15. PANGONIA MACULATA , Fab. 


16. ANTHRAX FENESTRATA, Fall. 
17. ExoPRosoPA vESPERUGO, nob. — Tav. IV, f. 9, ala. 


Brunneo-nigra, scutello rufescente , nigro rigide pilosa, abdominis segmento primo 
utrinque fasciculo pilorum alborum, altero adiacente nigrorum ornato (in vivo forsan cor- 
pore cum pedibus pilis squamiformibus argenteis plus minusve vestito) ; alis nigris, margi- 
ne lato postico ad costam producto et anlerius iîrregulariter bisinuato hyalino punctoque 
pellucido ad tertium alae. — Long. mm. 12. 


Corpo di color bruno nerastro uniforme; il solo scutello di un bruno rossastro. 
Primo articolo delle antenne bruno con peli setolosi neri; gli altri articoli neri. Faccia 
con breve pubescenza nerastra. Contorno posteriore dell’occipite con corona di corti 
cigli bianchi. Il collo con peli cenerognoli misti a neri: i lati del mesotorace, innanzi 
l'origine delle ali, con ampio fascio di peli setolosi d’ un nero intensissimo. Su ciascun 
margine laterale del dorso del mesotorace, all’interno della base delle ali, una delicata 
striscia di minuti peli quasi squamiformi argentini. Tutta l’area dorsale del torace è 
nuda, ma non possiam dire se sia così nello stato normale. In ciascun lato del primo 
segmento addominale vi ha un fascetto di peli bianchi ed altro più vistoso di peli seto- 
losi nerissimi. Di peli neri sono anche forniti sui lati i rimanenti anelli; ma sul dorso 
vedonsi peli squamiformi argentini, sopratutto sui segmenti quarto, quinto e sesto, i 
quali nel fresco debbono essere più stivati, e forse costituiscono macchie o fasce. In 
quanto alle ali, anzichè dalla descrizione, che difficilmente riesce chiara abbastanza, se 
ne può vedere nella figura la distribuzione caratteristica. 

Osservazione. — Fra le specie africane descritte da Loew '), quella cui più sì avvi- 
cina per la colorazione delle ali è '/E@. :gnava. Mettendo però a confronto le due figure, 
scorgesi agevolmente esser ben diversa la distribuzione della tinta nera. Oltre a ciò, se la 
figura del Loew è esatta, come dobbiamo ritenerla, diverso sarebbe ancora il cammino 
della quarta vena longitudinale. 


18. BomByYLIUS MEDIUS, Lin. 
19. BoMBYLIUS MAJOR, Lin. 
20. AMICTUS OBLONGUS, Fab. 


Sì Wiedemann che Macquart indicano il solo Marocco come patria di questa 
specie, che pare abbastanza rara e non sia stata ancora trovata in Europa. Lucas nep- 
pure la riporta. 


21. XESTOMYZA CHRYSANTHEMI, Fab. 
Anche questa specie sembra assai rara, sebbene trovata già nella Spagna. 
22. THEREVA POECILOPTERA, Loew. 


!) Dipteren Fauna Sudafrica”s. 


"DI 
23. Mipas vittATUS ), Wiedm. (Rhopalia viltata, Luc.) 


La figura di questa specie data da Wiedemann ') sopra individui della Nubia 
lascerebbe dubbia la identificazione specifica degl’ individui di Tunisi. Però la figura 
datane da Lucas sopra gli esemplari di Algeria toglie ogni incertezza, riproducendo 
esattamente quelli di Tunisi. Da ciò pertanto può dedursi che la tinta fondamentale nei 
climi più caldi si oscura maggiormente fino a divenir quasi nera, mentre in altre parti 
della stessa Africa, ma relativamente più temperate, si chiarisce sino a divenire quasi 
cenerina. 7 


24. DIOCTRIA, Sp. 
25 e 26. Due specie di Dasypogon indeterminate. 


27. SAROPOGON LEUCOCEPHALUS, Meig. 
28. STENOPOGON Sp. 


Ne abbiamo un solo individuo maschiv. Ji sig. Bigot nella sua nota registra lo 
St. elongatus, Meig.; ma il nostro è ben diverso da questo. 


29. ASILUS BARBARUS, Fab. 
30. AsiLus sicuLus, Macq. 


Gl’ individui di Tunisi in nulla differiscono da quelli della Sicilia e della Sardegna , 
ove lo abbiam trovato non raro. 


31-33. Altre tre specie di Asi/us non definite, una delle quali molto affine al trigonus. 
34. EMPIS Sp. 

35. ERISTALIS PERTINAX, SCOPp. 

36. ERISTALIS ARBUSTORUM, Lin. 

37. ERISTALIS AENEUS, SCOp. 

38. ERISTALIS SEPULCRALIS, Linn. 

39. MALLOTA Sp. 


Molto affine alla cymbiciformis, Fall. Un solo individuo maschio. 
40. CHEILOSIA , Sp. 


Avendone un individuo solo mancante del terzo articolo delle antenne, non può 
definirsi la specie. 


41. SyrPHus GEMMELLARI, Rond. 


!) Monographia generis Midarum, tab. LIV, fig. 23. 


LRT 


La sola differenza che troviamo in rapporto alla estesa descrizione datane dal Ron- 
dani ‘) sta nel colorito dello scutello, che egli dice Zuteum translucidum, mentre nel 
nostro è bensi traslucido, ma verdastro col contorno gialliccio. Dobbiamo però notare 
che in un individuo ricevuto dallo stesso Rondani e proveniente dalla Spagna meri- 
dionale, lo scutello è colorito come in questo di Tunisi. 


42. SYRPHIS PYRASTRI, Lin. 

43. SYRPHus LUNIGER, Meg. 

44. SYRPHUS COROLLAE, Fab. 

45. SYRPHUS BALTEATUS, Deg. 

46. MELITHREPTUS SCRIPTUS, Linn. 
47. MELANOSTOMA MELLINA, Linn. 
48. SYRITTA PIPIENS, Linn. 

49. CHRYSOTOXUM INTERMEDIUM, Meig. (italicum, Rond.). 
50. CERIA CONOPSIFORMIS, Latr. 
51. MyoPA PICTA, Pa nz. 

52. MyoPA sp. 

53. Conops ALGIRA, Macq. Luc. 
54. ConoPS sp. 

50. ECHINOMYA FERA, Linn. 

56. GONIA CAPITATA, Fall. 

957. LUCILIA CAESAR, Linn. 

58. LUCILIA FLAVICEPS, Macq. 


Sebbene descritta primamente da Macquart, pure il Rondani ne ha meglio sta- 
bilito i caratteri che fan distinguere questa specie dalla comunissima caesar. 


59. CALLIPHORA ERYTHROCEPHALA , Meig. 
60 e 61. Due specie di Muscidei indeterminate. 


62. SARCOPHAGA HAEMORRHOIDALIS, Meig. 
63. SCATOPHAGA STERCORARIA , Linn. 
64. MINTHO COMPRESSA, Fab. 


Raccolta da noi nelle adiacenze di Tunisi. Pare si estenda nelle regioni calde più 
che la praeceps. Noi l'abbiamo trovata abbondante anche nel Basso e Medio Egitto. 


65. OCYPTERA CYLINDRICA, Fab. 
66. OcyPTERA RUFIPES, Meig. 

7. CERATITIS HSPANICA, Br. 
68. TEPHRITIS Sp. 


1) Nota terza per servire alla Ditterologia Italiana. Ann. Accad. Aspir. Natur., vol. III. 


ATTI — Vol, V.— Serie 2.° — N.0 14. 4 


Misery 0 
Affine alla matutina Rond. *). 


69. CHLORIA DEMANDATA, Fab. 
70. PACHYRHINA Sp. 
71. CEPHALEMVIA OVIS, Lin. 


È singolare che Lucas non faccia menzione di questa specie (come di nessun 
altro Estrideo), che noi abbiamo trovata anche in Algeria. 


72. HiprpoBosca EQUINA, Linn. 
73. HIPPOBOSCA CAMELINA, Leach, Sav. 


Anche di questa Hippobosca Lucas non fa menzione, mentre registra la equina. E 
pure la camelina trovasi abbondante nell’Algeria come nella Tunisia, sopra i Dromedarii. 


EMITTERI 


Le conoscenze che si hanno sugli Emitteri della Tunisia sono assai più estese che 
per gli altri due ordini di cui si siamo occupati. La intera raccolta di Emitteri fatta dal 
Miceli non ancora ci è stata comunicata. Ci riserbiamo quindi trattare più diffusamente 
degl’ insetti di quest’ ordine. Pel momento però non vogliamo omettere di registrare talu- 
ne specie scelte da noi medesimi nella sua collezione, e che in conseguenza abbiam po- 
tuto accuratamente studiare, le quali non sono menzionate nè nel Catalogo di Rincoli 
Tunisini pubblicato da Ferrari, nè tra gli Emitteri raccolti dagli esploratori della Mis- 


sione Francese per la Esplorazione scientifica della Tunisia pubblicato da Puton. 
Esse sono: 


PASIRA BASIPTERA, Stàl. (dimidiata, Fieb.). 


Stàl 2) assegna per patria a questa specie l’isola di Cipro e la Grecia. Non sappia- 
mo che sia stata prima d’ ora trovata in alcuna parte dell’ Africa. 


Noi ne possediamo i due sessi. Il maschio ha gli elitri normalmente sviluppati, la 


femmina li ha brevissimi tanto, da non raggiungere il margine posteriore del primo 
segmento addominale. 


NABIS SAREPTANUS, Dohrn. 


Anche questa specie pare non fosse stata prima rinvenuta in Tunisia, siccome non 
la trovò Lucas in Algeria. 


LEPTOPUS ECHINOPS, Duf. 


') Orthalidinae Italicae — Bull. Soc. Entom. Italiana, III, p. 22. 
°) Enumeratio Hemipterorum, 4°, p. 76. 


CICADATRA QUERULA, Pall. 
CICADETTA MUSICA, Germ. 
CICADETTA MEDITERRANEA, Fieb. 
AGLENA ORNATA, Friw. 


COLEOTTERI 
CyMINDIS SUTURALIS, De). 


Dejean descrisse questa specie sopra individui di Egitto. Lucas non la rinvenne 
in Algeria, e neppure la trovarono in Tunisia i diversi esploratori di cui abbiamo fatto 
cenno '). Nondimeno il Miceli ne ha trovato in quest’ultima regione parecchi indivi- 
dui, di cui noi possediamo quattro. 

Il citato Coleotterologo francese dopo aver detto?) che 1’ elitre hanno la sutura bruno- 
oseura ed una linea dello stesso colore presso il margine esterno verso l’ estremità, ag- 
giunge nelle annotazioni che in una varietà l’elitre hanno alla base presso lo scutello 
una piccola macchia bruna ed una linea oblunga che sembra continuazione della mac- 
chia, parallela alla sutura, e che si unisce alla striscia bruna suturale poco oltre il mez- 
zo. Negl’individui che noi possediamo questa linea è sempre ben pronunziata, si esten- 
de dalla macchia basilare fino a tre quarti della lunghezza dell’ elitra, e si unisce alla 
striscia suturale alla base ed alla estremità, rimanendo tra le due una linea del colore 
fondamentale dell’elitra , chiusa in avanti ed in dietro. Noi crediamo che sia questa la 
colorazione normale e tipica della specie, e che siano da considerare piuttosto come 
varietà quelli in cui per diminuito melanismo quella linea bruna rimane più o meno ac- 
corciata od anche scomparisce totalmente. 


ORTHOMUS VARINI, Gaut. 

Anche questa specie non trovasi registrata nè da Lucas per l’ Algeria, nè da Fair- 
maire e Léféèvre per la Tunisia. Noi ne abbiamo raccolti varii individui a S. Luigi di 
Cartagine presso Tunisi. Essi simigliano esattamente a quelli raccolti in Sardegna. 


OPATRUM GRANULIFERUM, Luc. 


Raccolto in abbondanza nelle adiacenze di Tunisi, specialmente a S. Luigi di Car- 
tagine. 


1) Secondo il catalogo di Harold non sarebbe diversa dalla suturalis la marginata Fisch. di 
Kinguis nella Tartaria. 
2) Spec. gen. I, p. 206. 


x Wa 


II 
Descrizione di alcune specie nuove. 
CEROPALES BALEARICA, N. 


9 Robusta, nigra, orbitis internis, abdominis segmenti secundi margine postico in 
medio inlerrupto quintiquefascia, lacteis; pedibus nigro-piceis, femoribus tibiisque infra, 
tarsis basi rufis; thoracis dorso subtilissime coriaceo, subopaco, punctis impressis sparsis ; 
postscutello elevato-convexo, in medio constricto, levi, nitido; metanoto declivi, planulato, 
coriaceo, linea media impressa emoleta; abdomine levi, nitido; alis hyalinis, vio umbra- 
tis, margine apicali obscuriore. — Long. mm. 6. 


Specie molto ben distinta da tutte le conosciute di Europa, tra le quali non può 
neppure indicarsene una che più le rassomigli. La trivella è ben apparente: La seconda 
cellola cubitale delle ali anteriori è rettangolare, lunga quasi il doppio della propria 
altezza; la terza è assai ampia alla base e sensibilmente ristretta verso la radiale, con 
la terza vena trasversale-cubitale molto sinuosa. i 

Proviene dalle Isole Baleari. 


NOMADA MELITENSIS, n OD. 


2. Capite thoraceque nigris, subtiliter punctato-granulosis, breviter et parce albi- 
do pilosis; antennis (flagelli articulo secundo tertio parum breviore), genis, macula supra 
clypeum, clypeo, labro , orbitis posticis, margine postico pronoti, callis humeralibus , 
tegulis, scutello (postice in medio impresso) et postscutello, fulvo-ferrugineis; macula ru- 
fo-ferruginea in propleurarum parte antica; abdomine rufo-fulvo, segmentis 2,3 et 4, 
postice brunneo marginatis; pedibus fulvo-ferrugineis, tibiîs posticis posterius productis, 
spinis duabus brevibus crassis approximatis apice incurvis; alis fuscescenti-hyalinis, 
cellula cubitali secunda ampla, basi altitudine latiore. — Long. mm. 7.. | 


Giudicare della novità di una specie nell’ intrigato genere Nomada non è cosa assai 
agevole. Per tal ragione, sebbene convinti che non fosse alcuna delle già conosciute , 
l’abbiam tenuta inedita per circa quaranta anni. In fine ci siam determinati a farla esa- 
minare dallo stesso autore del migliore lavoro che oggi si possegga intorno a questo 
genere di Apidei, Schmiedeknecht, il quale ha confermato il nostro giudizio. 

Abbiam voluto col nome specifico ricordare il sig. Antonio Schoembri, dal 
quale ricevemmo questa Nomada circa quarant'anni dietro e che in Malta occupavasi 
con molto ardore di Ornitologia ed Entomologia. 


TRICLIS CCTODECIMNOTATA, nob. — Tav. IV, fig. 10. 


Nigra, creberrime punctata, antennarum articulo tertio basi albido, capite longe niveo 
lanoso, thorace breviter sparse pallido piloso; segmentis abdominalibus primis quatuor 


da 


maculis binis oblongis oblique positis prope marginem posticum, iisdem ac quinto macula 
in quovis angulo postico, albis; pedibus albo pilosis; alis hyalinis, basim versus cinereis, 
venis transversis fusco marginatis. — Long. mill. 8. 


Antenne: i due primi articoli molto corti, quasi eguali in lunghezza, il primo un 
poco più grosso; il terzo un poco più lungo degli altri due presi insieme; lo stiletto 
brevissimo e crasso; nere con la base del terzo articolo bianchiccia. Capo interamente 
coperto di folta pelurie d’ un bianco niveo; la faccia al di sotto della pelurie è bianca 
con splendore argentino, leggermente convessa con una carena lineare oscura che dalla 
base delle antenne scende fin presso il margine inferiore. Il dorso del torace è assai 
stivaltamente punteggiato, con corti peli quasi setolosi coricati, poco stivati, bianchi. 
Tra gli angoli omerali e la inserzione delle ali corre una striscia costituita da peli assai 
stivati egualmente bianchi. Una simile striscia, trasversale, sta da ciascun lato dello scu- 
tello. Petto di color nero cangiante in cenerino, quasi nudo. Bilancieri fulvi. Addome 
con gli anelli dorsali convessi, incavati un poco innanzi il margine posteriore, punteg- 
giali slivatamente a mo? di raspa, con corti peli setolosi bianchicci poco stivati; i primi 
quattro hanno presso il margine posteriore due macchie oblunghe, trasversali ed un 
poco oblique, per l’estremo esterno toccando il margine posteriore dell'anello; altra 
macchia bianca quasi quadrata sta su ciascun angolo posteriore laterale de’ detti quattro 
anelli. Il quinto anello ha soltanto le due macchie degli angoli posteriori. Piedi con 
pelurie bianca. Le ali sono leggermente colorate in cenerino verso la base, incolori nel 
resto: la cellula discoidale posteriore esternamente è troncata ad angoli quasi retti. 

Raccolta da noi nella Sicilia e propriamente nelle adiacenze di Caltagirone. 


II. 
Un’aggiunta agl’Imenotteri di Sardegna. 
HEMIPEPSIS BARBARA, Lep. 


Nel Prospetto degl’ Imenotteri Italiani abbiamo parlato di questo interessante Pom- 
pilideo per un individuo di Sicilia ricevuto da Tournier (un’altro, anche maschio ne 
avevamo di Bona). Ora possediamo una femmina, di Sardegna, nella quale abbiam po- 
tuto verificare le differenze relative al colorito del metatorace indicate da Lepeletier, 
Solo troviamo che i tubercoli laterali della base del metanoto sono assai sviluppati e 
striati. 


OpyNERUS Jonius, Sauss.— Due individui £ : trovati uno a Oschiri, l’altro a Ozieri. 
— EGREGIUS, H. S.— Un individuo # di Meana. 
— — PARvVULUS, Lep.— Un individuo * di Laconi. 
PIMPLA CALOBATA, Grav.— Tempio-Arizzo. 
BRACON UROMELAS, A. Costa.—In varii luoghi. 
—  FILICAUDA, A. Cost.— Assemini. 


BS ur. 
Queste due specie di Bracon sono state descritte nella memoria seconda di Miscel- 
lanea entomologica. 
La seconda di esse l’abbiam raccolta anche in Sicilia. 


CHRYSIS COMTA, Forst. var. 


. Il primo segmento addominale dorsale è di color verde puro senza alcuno splen- 
dore dorato, sotto qualunque inclinazione si guardi. 


CHRYSIS VIRIDULA, Lin. 


Per la piccolezza e gracilità del corpo, del pari che per la brevità del terzo articolo 
delle antenne corrisponde alla var. cingulicornis, Forst. — Lungh. mm. 5,5. 


SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA IV. 


Fig. 1. — Strzus tunetanus. 
» 2.— Gorytes (Hoplisus) curtulus. 
» 3. — Priocnemis culpabilis. 
» 4. — Elis (Trielis) stderea. 
» 5. — Allantus mauritanicus. 
» 6.— Strattomys flavolimbata. 
» 7.— Ala del CArysops maurttanicus. I 
» 8. » » » 9 
» 9.— Ala dell’Exzoprosopa vesperugo. 
» 10. — Triclis octodecimnotata. 


finita di stampare il dì 15 Maggio 1893 


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